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Full text of "Collection of works, mainly in Ital., partly in Fr. 10 vols."

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illllllll 

60004e676Y 
I 



FRA TOMMASO CAMPANELLA 



k^ ^^f^^l 



LA SUA CONGIURA, I SUOI PROCESSI 

E LA SUA PAZZIA 
NAREAZIONE 

(TON HOLTI DOCDHENTI INBDITI POUTICI E OniDIZIARn, 

CON L'iMTERO PR0CBS80 DI BRESIA 

B ST POBSIB DI FRA TOUUASO FlKOOai lONORATB , 



LUIGI AMABILE 

ipk prof. onl. di Anatomia palologiea aalla R. UniveniU dl NapoH. 
gift DspaUto a1 Parlamento Nazlanale, 



1 La ccsl decu cansinn, chs il BaldaooUnI 
a i pid <Isi biograa CampUMUiaDl qoaUfl- 
cuo sumo od InsolabU* proUmu dagll 
snidllii.— BwU, T. CtuptNBLU. 1918 



VOL. II. 

NARRAZIONK, PARTE 11. 




NAPOLI 

CAV. ANTONIO MORANO, EDITORE 
37i, Via Boma, 37S 



A- 



isse 



CAP. IV. 

PROCESSI DI NAPOLI E PAZZIA DEL CAMPANELLA. 

A.— Processo della congiura (primi mesl del 1600). 

I. Al declinare del giorno 8 novembre 1599, le quattro ga- 
lere provenienti dalla Calabria giungevano in vista di Napoli, e 
poco dopo un battello spiccavasi dal Regio « tarcenale », come al- 
lora si diceva^ ed andava ad incontrarle. Nella sera, all' entrare 
in porto, dalle antenne di ciascuna galera si vide spenzolare un 
uomo appiccato, e due altri si videro squartare in mezzo alle ga- 
lere medesime, « per spavento del populo di questa cittA, concorso 
in numero inlinito alia fama di questi funesti spettacoli » (a). L'in- 
domani, i carcerati venivano sbarcati e rinchiusi parte nel Castel 
nuovo e parte nel Castello dell' novo. 

Ecco come era andata la faccenda di queste esecuzioni: ce ne 
dAnno notizie abbastanza precise in ispecie tre documenti autentici 
da noi raccolti, una lettera Vicereale del 9 novembre rinvenuta in 
Simancas, e due certificati scritti piii tardi da' sacerdoti che ave- 
vano assistito alcuni di quegl' infelici , inserti poi nel processo di 
eresia. II Vicerfe scriveva a S. M.^'': « D. Garzia di Toledo con le 
« quattro galere giunse ieri con Carlo Spinelli e i prigioni di Ca- 
« labria, de'quali si aveano da giustiziare in Monteleone sei che 
€ erano convinti e confessi, e per non trattenere le galere li con- 
« dussero con gli altri. Prima di sera mi avvertirono di quanto 
« accadeva, e comandai che andassero ad incontrare le galere al- 
€ cuni Religiosi i quali li aiutassoro a ben morire, e che all'en- 
« trata del porto ne appiccassero quattro alle antenne e ne squar- 
« tassero due, come si fece; ma ordinai che dapprima li strozzas- 
« sero, ed essi morirono molto bene confessando i loro delitti, quan- 



(a) Cos! nel Carteggio del Residente di Vcnezia; ved. Doc. 184, pag. 94. 

AmabiU'^T. Cabipanblla, Vol. II. 1 



— 2 — 

€ tunque uno rimanesse pertinace sino all' ultimo eel infino morisse 
€ come gli altri. Oggi i prigioni sono stati posti ne'Castelli » etc. (a). 
Adunque Tordine delle esecuzioni anche questa volta fu dato dal 
Vicerfe; e da una lettera del Nunzio, come vedremo piii sotto, ri- 
sulta che le galere si fermarono in Nisida per entrare la sera nel 
porto, od almeno che si era diffusa la voce di questo avvenimento, 
senza dubbio insieme con la fama del funesto spettacolo, socondo 
Tespressione del Residente Veneto. Nft fu vero che que' due infolici 
venissero squartati vivi, siccomo dissero di poi il Parrino e il Gian- 
none ed anzi lo stesso Residente, il quale lo riferi al suo (Toverno 
del pari il 9 novembre , mostrando bene che tale era stata 1' im- 
pressione avutane in Napoli; il Vicerfe fu tanto caritatcvole da pon- 
sare non solo a questo, ma anche a far salvare le anime di quegl' in- 
felici coir invio de' Religiosi, mentre sulle galere non mancavano 
mai i rispettivi Cappellani , sicchfe in Madrid doverono rimanerne 
edificatissimi. Un certificato appunto del Cappellano della galera 
denominata S.** Maria, D. Eligio Marti, che poi con la stessa qua- 
lity passd a servire nell'ospedale degl' Incurabili, ed un certificato 
di Gio. Luca de Crescenzio de'Padri Ministri degFinfermi, o Padri 
della Crocella com'erano chiamati volgarmente, ci rivelano il resto, 
mostrandoci a quale ordine di Religiosi il Vicerfe fosse ricorso (//). 
Erano allora in gran voga, e giustamente, i Padri Ministri de^^li 
infermi: lo stesso venerabile Camillo de Lellis li avea condotti in 
Napoli nel 1588, ed avea fatto grandemente apprezzare la loro ca- 
ritatevole istituzione, sicch6 ben presto, per le beneficenze di D.* 
Giulia Castelli, ebbero una distinta casa di Noviziato di rimpotto 
al Castello dell'ovo (alle Crocelle), oltrcch^ s'istallarono negli ospe- 
dali dell'Annunziata, degl' Incurabili, di S. Giacomo, venendo i>oi 
anche il De Lellis pel servizio cotyorale degl' infermi all' Annuu- 
ziata; solo piu tardi, col crescere della loro fortuna, prefer irono il 
servizio spiriluale, onde finirono per mantenersi in riputazione prin- 
cipalmente con la volgare credenza che avessero una speciale i)r(^- 
ghiera per abbreviare I'agonia degl' infermi accelerandone la morte! 
Piu Religiosi di quest' ordine andarono a confortare quelli che do- 
veano essere giustiziati, e al De Crescenzio tocco di confortare Gio. 
Battista Vitale, « il quale fu all'hora affocato dalli ministri di giu- 
€ stitia sopra uno schiffo e poi squartato in mezzo alle dette ga- 
€ lere »; ma « in quel medesimo tempo che stava per morire, pu- 
€ blice et in presentia nostra, e del liscale sciarava, che si ritro- 
€ vava in dette galere con detto Carlo Spinello, dichiaro, che quollo 
« che esso havea detto contro quelle persone da lui nominate nelh* 
« sue depositioni, e specialmente contro monaci, tanto in materia 
« di Ribellione , quanto in materia di heresia non era vero , ma 
€ che il tutto havea detto per dolori de'tormenti datili dal predetto 



(a) Ved. nel Cartoggio Vicereale il Doc. 3G, i)ag. 42. 
{b) Ved. Doc. 382, pag. 395. 



— 3 — 

« fiscale sciarava ». Al Marti poi tocco di udire la stessa dichia- 
razione, durante il viaggio, non solo dal Vitale ma anche dal Cac- 
cia e dal Pisano , e da ultimo, tocco di trovarsi presente ed aiu- 
tare a ben morire « apparandosi detto acto di giustitia sopra la 
« detta galiera S.^ Maria » per Gio. Battista Vitale e per Gio. 
Tommaso Caccia, i quali ad alta voce innanzi al fiscaje Sciarava 
la presente ripeterono la dichiarazione e volevano che fosse scritta; 
< qual dechiaratione da loro facta, fu eseguita la detta giustitia, 
« et furono li predetti Gio. Battista et Gio. Thomaso affoghati so- 
<c pra uno schifo, et poi squartati in mezo di dette Galiere ». In- 
tanto come mai il Vicerfe non disse nulla su tale proposito, e parlo 
invece della temporanea pertinacia irreli'giosa mostrata da uno di 
questi infelici? Verosimilmente essi fecero dichiarazioni di discolpo, 
ma parziali, avendo in realta rivelato per atroci torture piu di quelle 
che conoscevano, e noi Tabbiamo fatto avvertire a suo tempo, nb 
il Vitale pot6 smentire cio che avea rivelato in materia di eresia, 
mentre non era state mai interrogate su tale materia; quanto poi 
alia pertinacia di uno di loro, la cosa fu vera ed accadde appunto 
in persona del Vitale. Difatti si ebbe in sfeguito la testimonianza 
di Mauri^io, il quale sul punto di morte narro a'Delegati del S.^ 
Officio che suo cognate « che fu giustitiato quk in Napoli sopra il 
« molo dentro mare . . . non si voleva convertere, perche cQceva 
€ havere inteso da fra Dionisio che non ci era Christo, cio e, che 
« non ci credeva » {a). Si ebbe poi anche, nel processo di eresia, 
la testimonianza del Barone di Cropani, il quale a detto altrui, 
giacche soffrendo il mai di mare non vide nulla , disse che « tre 
che furo giustificiati sopra la galera>, dove egli si trovava, gri- 
davano essere state loro estorto co' tormenti quanto aveano rivelato 
interne alia ribellione, aggiungendo che « un Gio. Battista de Ni- 
« castro quale fu giustificato non si voleva convertire, mk disse che 
« voleva andare a casa del diavolo, et ivi aspettare don loyse scia- 
« rava, si ben ala fine si ridusse et mori devotamente » {b)\ E fa- 
cile ravvisare che si alluderebbe qui propriamente a Gio. Battista 
Bonazza, il quale come vedremo or era dovfe essere giustiziato del 
pari; se non che in quanto alia pertinacia irreligiosa da lui mo- 
strata probabilmente il Barone equivoco , confondendolo con Gio. 
Battista Vitale. 

Ma, oltre il Caccia e il Vitale, vi furono quattro altri sem- 
plicemente appiccati, e su' nomi di costoro non abbiamo la benchfe 
menoma notizia. Forse nell'Archivio de' Padri Ministri degl' infer- 
mi, che dicono trovarsi in Roma, potrebbe aversene qualche cenno; 
ma fe difficile che costoro abbiano avuti registri particolareggiati 
come vedremo averli i Bianchi di giustizia , i quali confortarono 
alcuni altri piii tardi , e sicuramente non ne dicono nulla nfe gli 



(a) Ved. Doc. 307, pag. 256. 

(b) Ved. Doc. 373, pag. 383. 



— 4 — 

Annali del Lenzo, nfe le Mfemorie storiche del Regi, che abbiamo 
appositamente consultato. Nondimeno per tre di lore, aiichc dietro 
1* indizio datone dal Barone di Cropani, possiaino dire essere stati 
con ogni probabilita quelli presi dal Soldauiero e gia condannati 
a morte , cioe Gio. Battista Bonazza alias Cosentino, Fabio Furci 
e Scipio lo^ Jacono; il quarto dovft essere uno della stessa comitiva, 
owero Gio. Ludovico Todesco che fu preso con fra Dionisio , col 
Vitale e col Maurizio , ma non abbiamo qualche elemento di una 
certa consistenza per affermarlo. II Campanella nella sua Narra- 
zione disse: «4 banditi ne confessi, nfe nominati in cosa di ribel- 
« lione appiccaro nel molo Xarava e Spinelli, perch^ si dicesse in 
€ Ispagna, ch' era verificata la ribellione > ; ma almeno i tre so- 
pracitati erano confessi, ed il prime di loro, il Bonazza o Cosen- 
tino, era state nominate dal Pizzoni oltreche dal Soldaniero. 

Del rimanente fe verissimo che lo stesso Mcerfe esagerava V im- 
portanza dell' affare, per magnificare il servizio reso alia ('orona di 
Spagna e per far valere le pretensioni del potere civile verso V ec- 
clesiastico : ce lo dimostrano le relazioni del Residente Veneto o 
del Nunzio Pontiticio. II Residente, nel giorno medesimo dello sbarco 
de' carcerati, si d\h premura di vedere il Vicer5, che gli disse il 
loro numero essere di 150, de' quali « ottantasei rei convinti da 
non poter fuggir la morte et gli altri indiciati > ! Egli trasmise 
questa notizia al sue Governo, e contemporaneamente parteci])6 an- 
che il genere di morte ideate dallo S[)inelli per Maurizio (cio che 
farebbe credere essergli state del pari comunicato dal Vicerfe), par- 
tecip6 il supplizio inflitto a sei de' carcerati sulle galere , ed ag- 
giunse che il Campanella ed il Ponzio negavano la ribellione ma 
confessavano 1' eresia, per tentare, come credevasi, di « prolongar 
la pena con esser condotti a Roma » ; ciuost' ultimo apprezzamento 
usciva in campo per la prima volta e pote forse provenire dal me- 
desimo Vicer^, ma senza dubbio il fatto era riforibile agli altri frati 
e clerici e non giA a' due che venivano citati. II Nunzio poi avea 
veduto anche prima il Vicerc, « havendo . . . havuto notitia che le 
4c Galere erano a Nisida per entrar al notte (.sic) in porto », alio 
scope di ricordargli che ordinasse al carceriere del Castello di te- 
nere a sua istanza gli ecclesiastici carcerati, i quali avea saputo 
essere al numero di 14 (al di sotto del vero) ; e il Vicere gli disso 
che tutti i carcerati erano 160, che tra gli ecclesiastici vi erano 
8 clerici selvaggi della diocesi del \'escovo di Mileto (la qual cosa 
non era vera), che aveva anche qualche indizio centre il Teolojro 
di quel Vescovo (tale era state nell' anno precedente il Campanella), 
e percid scrivesse al Vescovo di venire a Napoli insieme col Teo- 
logo , aggiungendo che farebbe tenere i carcerati nel Castello ad 
istanza di lui, ma in quanto alia congiura era necessario 1' inter- 
vento di qualcuno de' suoi ufficiali negli esami. Ricordiamo clie , 
nel settembre, il Vicerfe aveva espresso desiderio che si mandasst^ in 
Calabria un delegate del Nunzio, il quale sarebbe intervenuto negli 



— 5 — 

esami degli ecclesiastici da farsi innanzi agli ufficiali Regii, o da 
Roma si era scritto che la causa degli ecclesiastici dovea farsi in 
Xapoli dal Nunzio, vale a dire nel modo normale : ora, venuti i 
carcerati in Napoli, il Vicerfe affacciava la medesima pretensione, 
ma naturalmente sotto forma diversa e senza dubbio piii temperara, 
e j>er appoggiarla metteva innanzi , ad occasione del processo di 
congiura, i clerici selvaggi , Mons.^ di Mileto e il suo Teologo, 
mentre sapeva bene che non c' era alcuna relazione tra essi e la 
congiura. Da cio si vede pure cLe non nacque allora la contesa 
giurisdizionale, siccome scrissero poi il Parrino e il Giannone, ma 
soltanto si rinfocolo, non poteudo nemmeno entrare in mente che 
per vederla nascere dovessero passare oltre due mesi, quando tra 
r uno State e 1' altro non si faceva che lottare per la giurisdizione 
ogni giorno. II Nunzio non tardo a trasmettere a Roma le pretension! 
del \'icere, tanto sul modo di formare il tribunale, quanto sul far 
venire a Napoli Mens/ di Mileto, e in tale circostanza partecipo le 
esecuzioni fatte , aggiungendo che avea mandate una prima volta 
il suo Mastrodatti in Castello, e non si era potuto dargli udienza, 
r avea mandate una seconda volta e gli si era detto che i carce- 
rati erano tenuti ad istanza del Vicere ! Faceva inoltre conoscere 
che si era presentato a lui fra Cornelio del Monte e gli aveva con- 
segnato gli esami raccolti in Calabria d'ordine del Card.^ di S/^ Se- 
verina, annunziando che dirigevasi a Roma per dar conto del suo 
operate , ed egli intanto avrebbe letto quest! esami per valersone 
a tempo opportune. — Come ben s' intende, fra Cornelio consegnava 
il processo di Monteleone e quelle di Gerace, che d' allora in poi 
rimasero nolle mani del Nunzio, mentre una copia ne era stata gia 
mandata dalla Calabria a Roma ; ed ^. notevole, da una parte, che 
il Nunzio non aveva mai saputo nulla de' processi fatti in Calabria 
da ecclesiastici, e d' altra parte, che nemmeno questa volta fra Marco 
di Marcianise credfe opportune di mostrarsi , la (jual cosa appari- 
sce da una lettera posteriore scritta dal Nunzio al Vescovo di Ge- 
race (a). 

Pertanto il Vicer^ si era gi^ date pensiero del tribunale pei 
laici, avea fatta la scelta del personale, e nella stessa sua lettera 
del 9 novembre T annunziava a Madrid. « Avendo trattato nel Con- 
« siglio CoUaterale della gravita di questo negozio e come conve- 
« niva procedervi con molta ponderazione, ho stabilito di nominare 
« in qualita di Delegate Marco Antonio d'Aponte del Consiglio di 
« S.^^ Chiara, che e un uomo molto letterato, molto savio e di molta 
« prudenza, e in qualita di Fiscale D. Giovanni Sanchez del me- 
« desimo Consiglio, che lo assistesse il dottor D. Luigi Xarava Av- 

< vocato fiscale di Catanzaro, e che mi dessoro conto nel CoUate- 

< rale di tutto cio cho si andrebbe facendo, percho li si risolvesse 

< cio che fosse piii conveniente. Credo bene che S. S.*^ debba volere 



(a) Vod. Doc. 61, pag. 53. 



€ quanto all' eresia che il Nunzio giudichi i frati e i clerici, quanto 
€ alia ribellione procurero che giudichiamo tutti ». Noi abbiamo 
potato trovare nelFArchivio di Stato in Napoli la lettera Vicereale 
di commissione , la quale venne si)edita a' suddetti Consiglieri il 
15 novembre, e ci da anche il nome del Mastrodatti di cui si pre- 
scrisse servirsi , che fu Giuliano Canale. Ricordato V invio dello 
Spinelli in Calabria per la congiura che vi si trattava, V informa- 
zione e gli atti da lui compiti , il gastigo dato a' piu rolpevoli e 
il trasporto in Napoli di tutti gli altri contro i quali non era « tanta 
subsistentia et chiarezza », il Vicere si esprimeva in questi termini : 
« vi dicemo et ordinanio, che reconoscendo le dette infonnationi et 
« atti, debbiate nomine regio et nostro, summarie , simpliciter et 
« de piano, sine strepitu et figura Judicii procedere ad omnes et sin- 
« gulos actus usque ad sententiam exclusive, pero delli incidenti di 
4c maggior memento, che in cio occorreranno, ci ne verrete a far 
« relatione nel regio collaterale consiglio , et quando seranno le 
« cause a sententia, debbiate similmente venire a farcine relatione, 
« attal' che in presentia nostra si possano votare et sententiare, e 
« dopoi essequirle (sic) quelle che sera sententiato, et potrete pro- 
« cedere a tutti li atti incumbenti etiam in di festivi et feriali, non 
« complendo che si vada ritardando in questo la bona et breve admi- 
re nistratione della giustitia » etc. (a). E una grande iattura clic 
sieno perduti appunto i volumi intitolati Notamentoynnn relativi a 
questo periodo : in essi si sarebbero certamente trovate, co' processi 
verbali del Consiglio, le notizie, i pareri e le risoluzioni prese noi 
suddetti incidenti di maggior memento e nolle sentenze da doversi 
emettere (b). La perdita e rincrescevolissima, poicho siamo ridotti 
ad avere a nostra disposizione un numero ristrettissimo di docu- 
menti, mentre sappiamo che il processo ebbe a travagliare almeno 
un 130 persone, e sebbene fosse stato spinto innanzi con quella solle- 
citudine che il Vicere aveva ordinata, rimase aperto per piu anni, 
come crediamo di poter dimostrare con sicurezza. — Per ora gio- 
vera dare qualche notizia su' Consiglieri delegati a formare il tri- 
bunale pe' laici. Essi erano enti-ambi assai distinti personaggi. Marco 
Antonio d'Aponte, o de Tonte, apparteneva alia nobilc famiglia di 
questo nome ascritta al Seggio di Portanova, alia quale, oltre varie 
Signorie, vennero mano mano i titoli di Marchesi di Morcone, di 
S. Angelo, della Padula, di Collonise, e poi anche quelle di Duchi 
di Flumeri. Marco Antonio era del ramo di Nicolo 3."* de Ponte, 
primogenito di Gio. Felice Signore di S. Angelo e di Vincenza Ga- 
leota; Consigliere fin dal 1594 in luogo di Pompeo Salernitano, Pre. 



(a) Ved. Doc. 209, piig. 109. 

(b) La serie &q' Notamentomm che si 6 salvata dallo tante sciagurc dcU'Ar- 
chivio di Stato comincia appena col 1610, e dod vi manca la risoluzione presa 
quando, dopo 2Q auni, il Campanella fu liberato; cosl avremmo avute egualnientc 
tutte le altro risoluzioni prose ogni volta intorno a' principal! imputati c a' di- 
versi gruppi degl'iiuputati minori. 



— 7 — 

fetto dei Deputati della pecunia nel 1598, diveime poi Membro del 
supremo Consiglio dMtalia, 1.^ Marchese di S. Angelo, Presidente 
del sacro Regio Consiglio , Reggente del CoUaterale. II Santanna 
nella sua Storia de' De Ponte, ce ne diede il ritratto, che lo rivela 
uomo autorevole ed austere : molti ce ne trasmisero le lodi, un Co- 
dice manoscritto, che si conserva nella Nazionale di Napoli, ci tra- 
smise le pessirae quality de' tre suoi figliuoli che ne amareggiarono 
gli ultimi anni (a). Quanto a D. Giovanni Sances de Luna, apparte- 
neva anch' egli ad una nobile famiglia di origine spagnuola, ascritta 
al Seggio di Montagna nel 1570, ed insignita del Marchesato di Grot- 
tola nel 1574. Era secondogenito di D. Alonso iuniore 1.*^ Marchese 
di Grottola, Tesoriere Generale, Consigliere del CoUaterale e Gra- 
sciere, e di D.* Caterina de Luna figlia di D. Giovanni Martinez de 
Luna Castellano di Milano per Carlo V.^ e poi Generale d' armata. 
Divenne, per donazione del padre, Signore di S. Arpino, comunque 
glie ne fosse state contrastato il possesso da' suoi parenti con molte 
liti transatte piu tardi (b). Consigliere fin dal 1593 godfe serapre mol- 
tissima riputazione, « fu amato, riverito e dope morte desiderate » 
come dice il De Lellis. Una circostanza del sue parentado merita qui 
speciale menzione : la sua cugina D. Anna Sances, figlia di D. Loise 
Sances fratello del 1.® Marchese di Grottola, avea sposato Gio. Bat- 
tista Morano Barone di Gagliato e quindi era cognata di Gio. Gero- 
nimo Morano : trovavasi poi gik intavolato a questo periodo un ma- 
trimonio tra Tunica e ricca erede del Barone, D.* Camilla Morano, 
e un altro D. Giov,anni Sances cugino di lei e del Consigliere, fi- 
glio di D. Giulio Sances. Potremmo aggiungere ancora che una sua 
nipote D.* Caterina Sances, nata da D. Alonso 2.^ Marchese di Grot- 
tola e D.* Beatrice tie Marinis, sposo il fratello di Carlo Spinelli 
D. Gio. Battista, che divenne Marchese di Buonalbergo (c). Abbia- 
mo giA notato altrove, che il Campanella ha reso la circostanza del 
parentado del Sances col Morano assai importante per la nostra 
narrazione. 

Mentre il tribunale pe'laici si costituiva, il Nunzio incontrava 
difficoltA perfino a far ammettere che gli ecclesiastic! fossero tenuti 
nel Castello come carcerati suoi, la qual cosa pure era stata an- 
tecedentemente consentita. Dapprima ando presso di lui lo Xarava, 
a fine di persuaderlo che essendo costoro imputati di ribellione, non 



(a) Pel De Ponte come Consigliere, ved. Reg. Sigillorum v. 30. a. 1594, 
a i7 lObre; come Depuiato della pecunia, ved. Reg. Curiae v. 43, fol. li,let 
del 18 giugno 1598. Intorno alia famiglia e alle notizie biografiche ved. San- 
tanna, Delia Storia genealogica della famiglia del Ponte, Nap. 1708, pag. 98 etc. 

(b) Ved. Registri Privilegiortim vol. 141, fol. 120. 

(c) Ved. per tutte le notizie sul Sances, De Lellis, Discorsi delle famiglie 
nobili del Regno di Napoli, Nap. 1654-71 , vol. 2.* part. 3' p. 390; pel paren- 
tado co' Morano ved. specialmente Della Marra Duca della Guardia, Discorsi 
delle femiglie estinte, forastiere, o non comprese ne'Seggi di Napoli, Nap. 1642 
p. 264 



— 8 — 

si dovevano rimettere al foro ecclesiastico: di poi vi ando D. Alonso 
Manrrique a nome del Vicerfe per lo stesso oggetto, e quest' ultimo 
si servi di un mezzo abbastanza adoperato dagli alti ufficiali spa- 
gnuoli, quelle ciofe di mantenersi nelle grazie di Roma e al tempo 
stesso nelle grazie della Corte di Madrid che si mostrava tanto te- 
ncra per Roma, scovrendo e compromettendo gli alti ufficiali napo- 
lotani; « questi Ministri, egli diceva, che pretendono che nel case di 
« ribellione possa procedere il Principe di propria autoritA, potreb- 
< bero fare qualche male offitio alia Corte di S. M.^ contro S. E. ». 
Ma il Nunzio, che a queste parole riconosceva subito la grande de- 
vozione del Manrrique verso Sua B."", non poteva cedere, e in una 
udienza avuta dal Vicerfe sostenne assolutamente che gli ecclesia- 
stici dovessero tenersi come carcerati suoi, giusta gli ordini che da 
un pezzo e ripetutamente aveva avuti da Roma; tuttavia « per fa- 
cilitare il negotio » dife « speranza » che S. S/*' avrebbe accordato 
rintervento di un ufficiale Regie negli esami di essi intorno alia 
congiura, tanto piil che il Vicerfe gli fece destramente intendere che 
voleva intervenirvi di persona, ed egli ne rimase preoccupato. Cosi, 
in data del 12 novembre, fu scritto dal Vicerfe al Castellano, che 
tenesse gli ecclesiastici carcerati in nome del Nunzio, e da cestui, 
con la relazione di tutto Tandamento dell'affare, fu scritto a Roma 
che sarebbe bene accordare Tintervento di un ufficiale Regio negli 
esami degli ecclesiastici. — Pertanto, procuratasi una copia del bi- 
glietto del \lcere, il Nunzio mando subito a chiedere al Castellano 
se il biglietto gli fosse pervenuto, e il Castellano rispose che Tavea 
ricevuto, ma che nel tempo medesimo gli era state detto di non dar- 
gli esecuzione se il Nunzio non si fosse recato personalmcnte in Ca- 
stello! Queste tergiversazioni continue, e il disegno mostrato dal 
Vicerfe d'intervenire egli medesimo negli esami degli ecclesiastici, 
davano a pensare al Nunzio che si volesse intaccarne la giurisdi- 
zione. E in siffatto sense, il 16 novembre, egli scriveva a Roma, 
aggiungendo che, se fosse costretto a fare qualche cosa, propor- 
rebbe di lasciar trattare prima la causa dell' eresia, per la quale 
si dava anche premura di notare che era disponibile soltanto il Vi- 
cario Arcivescovile di Napoli, trovandosi assente il Vescovo di Ca- 
serta, e pero bisognava ordinare chi dovesse sostituirlo, laddove 
cosi fosse sembrato a Roma (a). 11 Vescovo di Caserta D. Bene- 
detto Mandina de' Clerici regolari, g\k Nunzio in Polonia, era a 
quel tempo il « Ministro della S.^ ed universale Inquisizione » o 
« Inquisizione de Urbe », successo in tale ufficio al Vescovo di Sor- 
rento Mens/ Baldino morto nell'aprile 1598; trattandosi di un pro- 
ccsso clamoroso e non ordinario, dovendovi essere un tribunale piii 
largamente costituito, egli appariva un giudice natui*almente de- 
signate. 

Si puo ben dire che dalla parte del Vicerfe e de'suoi ufficiali, 

(a) Ved. Doc. 54, pag. 51. 



— 9 — 

piu del solito fine di custodire la giurisdizione Regia, vi fosse una 
grande diflSdenza verso Roma ; questo riuscirA sempre piA chiaro 
in s^guito, ma fin d' ora fe gik chiaro abbastanza. Quantunque ognu- 
no de' Regii si fosse affrettato a dire che evidentemente il Papa 
non teneva mano a' disegni del Campanella , in fondo nessuno di- 
menticd giammai che il nome del Papa era state pronunziato come 
quello del gran motore dell'impresa; e cosi, per anni ed anni, il 
sospetto di una segreta protezione di Roma non fu mai abbando- 
nato da tutti i Vicerfe ed alti ufficiali, e influi anche troppo suUe 
loro deter minazioni intorno al Campanella. Dalla parte di Roma, 
quasi non occorre dirlo, non eravi il benchfe menomo interesse pel 
povero frate, ma tutti i pensieri erano rivolti a far « conoscere la 
superiority ecclesiastica » giusta un'espressione del Nunzio; eppure 
avrebbe dovuto oramai farvisi strada anche il sospetto , poichfe i 
dubbii gik concepiti sulla bontA de' procedimenti usati con quegli ec- 
clesiastici, nella Calabria, ricevevano una potente conferma dalle spie- 
gazioni orali che fra Cornelio dava in Roma appunto a quei giorni. 
Fra Cornelio, venuto co'carcerati in Napoli, dope di aver con- 
segnato al Nunzio i processi ne' quali avea rappresentata quella 
parte che conosciamo, si disponeva ad andar subito a Roma, e da 
una lettera del Nunzio si rileva che dov6 partire il 12 novembre (a). 
Intanto non avea mancato di visitare nel Castel nuovo almeno ta- 
luno de' frati carcerati. Dalla testimonianza di un aitro carcerato 
per delitti comuni, inserta nel processo di eresia, sappiamo che vi- 
sitd fra Silvestro di Lauriana, ed ecco in che mode fu riferita questa 
visita: « venne una volta un certo frate rossetto compagno del vi- 
€ sitatore di Calabria , et frA Silvestro li dimandd alcuni dinari 
€ quali erano stati contribuiti in Calabria dali conventi, et massime 
€ che fr^ Silvestro disse haver detto tutto quello che havea voluto 
€ detto frate rosso Uk in Calabria, et questo frate rosso lo consold, 
« dicendo che non poteva patere cosa alcuna perche esse era solo 
« testimonio, 6 cosi li diede nove carlini » (b). Naturalmente dovfe 
vedere ancora qualche altro, ma non ce n' fe rimasta alcuna noti- 
zia: sappiamo invece che giunto col procaccio in Roma, fu subito 
interrogate dal S.^ Officio, e i risultamenti dell' interrogatorio si 
leggono ne' Sommarii del processo di eresia (c). Noi abbiamo gi^ 
avuta occasione di dame un cenno altrove (ved. vol. 1.® pag. 259). 
In sostanza venne a dichiarare che prima fra Domenico da Polistina 
e poi il Soldaniero, e il Vescovo di. Catanzaro e gli ufficiali Regii 
gli comunicarono tutte quelle cose che egli registrd nel processo; 
non potfe determinare e neanche legittimare la provenienza di pa- 
recchie gravi accuse centre il Campanella , espresse nelle lettere 
che avea gi^ scritte al Generale dell'Ordine e al Card.' di S.^ Se- 



(a) Ved. Doc. 52, pag. 50. 

(b) Ved. Doc. 365, pag. 365. 

(c) Ved. Doc. 394, pag. 455 e seg.". 

AmabiU'^T, Campanblla, VoL II 



— 10 — . 

I 

verina, sia quanto a detti e fatti del Campanella, sia (juanto alia 
J diffusione delle eresie di cestui in molti paesi che avea specifica- 

tamente indicati; non potfe dare altre informazioni al di la di quelle 
inserte nel processo, mentre in piil letter e aveva aflfermato di po- 
terle dare meglio a voce. Per tutti i versi egli « non soddisfece)>, 
e in veritA sarebbe state ragionevole un buon processo contro que- 
sto malvagio frate ; ma si conosce che uno de' lati piii deboli del 
S.*® Officio, sia amministrato da' Commissarii speciali sia dagli Or- 
dinarii, era appunto il rispettare colore i quali bene o male da- 
vane preva di zelo nella scoperta delle cose d' Inquisizione. Cosi 
la cittA di Napoli non potfe mai ottenere, malgrado i piil insistenti 
reclami, che ad evitare le tante testimonianze false nolle cause di 
S.*^ Officio fosse lecito di conescere i nomi de'testimoni; Roma vi 
si nego ostinatamente, non dissimulando che preferiva il rischio di 
avere testinieni falsi al rischio di non trovar testimoni, e conten- 
tandosi di ovviare alle testimonianze incerte con le ripetute , pa- 
zienti, laboriose informazioni. Vedremo che questo precisamente ac- 
cadde nella causa del Campanella, non senza aggravare nell'animo 
del Vicer6 e de'suoi ufficiali il sospetto che si volesse, con le lun- 
gaggini, sottrarre il Campanella e i frati inquisiti al gastigo che 
si meritavano. Ma so in Roma non rimaneva piii dubbio che il pro- 
cesso era statd iniziato malamente, non si sarebbe anche dovuto in- 
generare il sospetto per V intervento degli ufficiali Regii nella causa 
della ribellione e tante pii\ rifiutarsi ad ammetterlo? Cosi avrebbe 
dovuto essere; ma si conosce, o almeno si cenosceva ottimamente 
da'padri nostri, che Roma scansa volentieri la letta con chi si mo- 
stra dure. 

II 17 novembre il Card.* S. Giorgio scriveva che S. S.^ sti- 
mava ragionevole V intervento di qualche ufficiale Regie nella causa 
della congiura, e parimente la venuta del Vescevo di Milete alia pre- 
senza del Vicer6 ; stimava insomnia ragionevoli tutte le dimande 
Vicereali , so non cho dichiarava dovero il Nunzio permettere al- 
r ufficiale Regie « d' intervenire in effetto ma non gid d^ingerirsi 
nel resto^ et si>etialmente nolle matorie tangenti al S.^^ Officio », 
dovere inoltre ad ogni mode assicurarsi l)ene che fossero i prigioni 
« custoditi come prigioni suoi, et tenuti a sua libera dispositiofie ». 
Evidentemente c' era un singolare centrasto d' idee, una indetermi- 
nazione curiosa, una voglia mal celata di rendere la cencessione il- 
lusoria. In un' altra lettera del 19 si ripe te vane le medesime cose, 
dicendosi, quanto agli esami dogli ecclesiastici, cbe S. S.^'^ « giu- 
« dicava cenveniente che mentre s' interrogavano delle materia con- 
* cernenti tal congiura, v' intervenisse qualchgduno per il Fisco Re- 
< gio conforme all'instanza del Vicerd », donde parrebbe che volesse 
concedersi tutt' al piil la presenza di un Avvocate fiscale Regie: di- 
chiaravasi pei S. S^" molte soddisfatta del vigore moslrate dal Nun- 
zio nella difesa della giurisdizione, avendo « preteso vanamente i 
€ Ministri regii di precedere di propria autoritA nel case, et nolle 



— 11 — 

« persons de i sodetti ». Ma la Corte di Napoli non aveva preteso 
di assistere vanamente al giudizio, sibbene di prendervi parte, poi- 
ch6 aveva anzi preteso che il tribunale dovesse comporsi tutto di 
laici, e i Ministri Regii non erano tanto dolci da contentarsi delle 
semplici apparenze, onde la quistione ebbe a durare ancora un pez- 
zo. — Nella stessa data del 19, il Nunzio poteva finalmente scrivere 
a Roma che il Vicerfe , dietro le sue lagnanze , avea mandate al 
Castellano un altro biglietto, col quale gli ordinava di ammettere 
chiunque fosse state da lui inviato per eseguire qualunque sue or- 
dine. E scriveva pure al Card.^ di S.^^ Severina, dicendo che gli 
ecclesiastici inquisiti erano 14 (ancora non sapeva che erano in mag- 
gior numero), e la carcere sua era « una sola et non interamente 
sicura per simili huomini > , e perd avea ricercato il Vicerfe che 
si contentasse metterli in Castel nuovo a sua istanza come era se- 
guito: donde risulta sempre piu manifesto non esservi stata vera- 
mente mai, tra il potere civile e I'ecclesiastico, una quistione in- 
torno al doversi quegl' inquisiti tenere nelle carceri Regie o in quel- 
la del Nunzio, il quale, al pari di tutti i suoi predecessori e dello 
stesso Arcivescovo, continuamente profittava delle carceri Regie per 
gl' inquisiti ed anche pe' condannati di una certa importanza. Infine 
scriveva ancora il Nunzio a' Vescovi di Squillace e di Gerace, di- 
cendo che i carcerati erano giunti e si doveano con lore eseguire 
gli ordini che S. S.^ avrebbe dati. Ci mancano le lettere di questi 
Vescovi, e cosi pure quella del Card.' di S.^ Severina, alle quali 
il Nunzio rispondeva, e perd non conosciamo il motive precise di 
queste risposte del Nunzio abbastanza oscure ; ma parrebbe che il 
Card.* di S.^* Severina avesse giudicato poco corretto che gl' inqui- 
siti ecclesiastici fossero tuttora rimasti in mano delle forze Regie, 
e che i Vescovi di Squillace e di Gerace avessero fatto tardivamente 
avvertire che si badasse bene alle qualitit di clerici nelle persone 
del Caccia e del Pisano. 

Non si saprebbe dire veramente perchfe il Nunzio avesse tar- 
dato fine al 23 novembre per mandare a riconoscere gli ecclesia- 
stici carcerati, mentre ne aveva facoltil fin dal 15: comunque sia, 
a quella data egli mandd il sue Auditore, il Rev.^"* Antonio Peri 
fiorentino, che vedremo figurare anche troppo durante il processo 
di eresia , poichfe il Nunzio , occupato in altri affari , si fece so- 
vente sostituire da lui. Lo mandd al Castellano con un suo biglietto 
che pud leggersi tra' Documenti ; qui occorre soltanto notare essere 
state questa volta il Castellano piu che gentile , avendo non solo 
fatta dare una stanza per gl' interrogatorii, ma anche « offerto mi- 
nistri et ogni altra cosa per la tortura » ! Nell' udire un simile sfog- 
gio di cortesia da parte del Castellano , Mons."^ Nunzio , che fine 
allora non era riuscito a nulla con lui, dovfe rimanerne lusingato 
tanto, che non manco di riferire anche quell' offerta a Roma (a). — 



(a) Ved. Doc. 62 e 65, pag. 54 e 55. 



— 12 — 

E necessario pertanto fare la conoscenza di questo Castellano. Egli 
era D. Alonso de Mendozza e Alarcon, di nobilissima famiglia, di- 
scendente da quel D. Ferdinando di Alarcon, il quale tenne prigione 
Re Francesco di Francia dopo la rotta di Pavia, fu creato Mar- 
chese della Valle Siciliana e poi anche di Rende, e maritando 1' u- 
nica sua figlia a un Mendozza , voile che tutti i successori pren- 
dessero perfino il suo nome, onde si ebbe una serie di Ferdinandi 
de Mendozza e Alarcon Marchesi della Valle, che ingarbuglia un 
poco la storia della famiglia. D. Alonso era terzogenito di D. Diego 
de Mendozza, quarto figlio di D. Ferdinando Pietro Gonzales de 
Mendozza, 2.° Marchese della Valle, che mori governando lo State 
di Milano; egli avea sposato D. Maria de Mendozza figlia di suo 
zio D. Alvaro e di D. Anna di Toledo. Secondo il costume del tempo, 
Fufficio di Castellano del Castel nuovo era da anni nolle mani dei 
Mendozza. Dopo la morte di D. Ferdinando Pietro Gonzales, 2.° Mar- 
chese della Valle, era passato al figlio D. Alvaro, e in una delle 
assenze di cestui, che guerreggid in Fiandra con molto valore, fu 
retto da D. Diego padre di D. Alonso; piu tardi, nel 1595, D. Al- 
varo medesimo con licenza del Re ne fece rinunzia a D. Alonso 
suo genero, e tale rinunzia fu confermata nel 1596, continuando 
poi nel medesimo ufficio, dopo la morte di D. Alonso, anche i due 
figliuoli di cestui D. Alvaro e D. Diego iuniori successivamente (a). 
Tutti questi particolari non debbono reputarsi inutili, che anzi do- 
vremo darne ancora altri piu in U, essendo stato il Campanella in 
relazione con qualche persona della famiglia Mendozza e della pa- 
rentela di essa. 

Ecco ora un saggio della ricognizione fatta dall'Auditore del 
Nunzio il 23 novembre; ne prendiamo alcuni brani dal 1.^ volume 
del processo di eresia, dove essa trovasi inserta. Precisamente come 
scrisse il Nunzio a Roma nella stessa data, si voile rilevare quali 
e quanti fossero gli ecclesiastici inquisiti, i lore nomi ed il luogo 
in cui si trovavano carcerati : cosi per la prima volta s' incontra 
un breve interrogatorio del Campanella e di tutti gli altri ecclesia- 
stici, con la descrizione degli abiti di colore che furono presi tra- 
vestiti da secolari ; non di rado vi s' incontra pure la notizia della 
patria, parenti, eta e circostanze in cui ciascuno fu preso (6). 11 
Campanella venne interrogate prima di ogni altro, e diamo qui la 
descrizione che se ne fece, e le due risposte che si ebbero alle due 
interrogazioni fattegli. « Fu esaminato un certo giovane, con barba 
4c nera, vestito di abiti laicali, con cappello nero, casacca nera, cal- 
« zoni di pelle, ferraiolo di lana come volgarmente si dice panno di 
« Morano arbaso, e deferitogli il giuramento » etc. rispose: « Signo- 



(a) Ved. Registri Sigillorum vol. 31 (an. 1595) T lObre; vol. 32 (an. 1596) 
9 7bre e 16 7bre. Inoltre De Lellis, Discorsi delle famiglio nobili etc. Nap. 1654 
vol. r, pag. 399. 

{h) Con.s. Doc. 304, pag. 246. 



— 13 — 

€ re, lo mi chiamo Fra Thomasi Campanella delP ordilie di San Do- 
€ menico, sono di una terra chiamata Stilo in Calabria ultra, mio 
€ patre si domanda Geronimo Campanella et mia matre Gather ina 
€ basile. L' essercitio mio 6 di Religiose, dire V offitio, messa , pre- 
€ dicare et confessare, et 1' habitatione mia 6 in Stilo nel convento 
€ detto Santa Maria di Gesu di detto ordine di S. Domenico, et 
€ si ben mi ritrovo vestito di questa maniera , 6 perchfe fuggiva 
€ Y ira di miei inimici che mi persequitavano , ciofe TAvocato fi- 
€ scale Don luisi Sciarava et Gio. Geronimo Morano che mi ve- 
« niva appresso » . . . « Nell' anno 1581 mi pare ch' io entrassi nella 
< Religione, et per prima era chierico ». Due cose si fanno qui no- 
tare ; r una fe che sua madre vien detta Caterina Basile , mentre 
fe stato assicurato che ne' libri parrocchiali leggevasi Caterina Mar- 
tello, e su questo ci siamo gi^ spiegati fin dal principio della nostra 
narrazione- (ved. vol. 1.^ pag. 2); Taltra fe che il Campanella 
scusa qui la sua fuga dicendo che gli * veniva appresso » Gio. Ge- 
ronimo Morano, non Maurizio de Rinaldis. — Segui V interrogato- 
rio fatto a fra Pietro di Stilo, nel quale si parlo ancora del Campa- 
nella, e ne diamo semplicemente le risposte. « Havra da dudeci anni 
€ ch' io sono entrato nella Religione, et havra da undici anni che 
« ho fatto la professione , et di presente quando fui preso carce- 
€ rato steva a Stilo nel monisterio di S.^ Maria del Gesu dove io 
€ era vicario » . . . « In detto convento vi erano quattro sacerdoti 
€ di messa et uno laico assistenti computati con me, et fra Dio- 
« nisio Pontio ci soleva venire come una furia, et andava et ve- 
€ niva; li quattro sacerdoti sono prima io, il secondo fra Thomasi 
€ Campanella , il terzo fra Domenico di Riaci , il quarto fra Si- 
€ mone della Motta (si noti che il Petrolo non c'era), et non fu 
€ di altri che fugissero di detti frati solo il Campanella avertito 
« da fra Dionisio pontio che venne a dire che era stato avisato che 
€ veniva il s."^ Carlo Spinello contro di loro, et cosi si ne partirno, 
€ et questo fe quelle ch' io so della fuga loro >. — Lasciando poi tutti 
gli altri interrogatorii, riporteremo soltanto quelli di fra Domenico 
Petrolo, di fra Giuseppe Bitonto e di fra Dionisio, con la descrizione 
de' loro travestimenti. Quanto a fra Domenico si scrisse : « Fu esami- 
« nato un certo giovane con piccola barba, vestito di abiti laicali, con 
€ casacca nera di panno d'arbascio, calzoni di panno color lionato, 
« con ferraiolo egualmente di panno nero d' arbascio , dietro giu- 
« ramento » etc. rispose, « lo ?ni chiamo fra Domenico de Stignano 
« dell' ordine di S.*® Domenico, et son figlio ad Augustine peti'one 
« (sic) et a lucretia pelegia, et T essercitio mio 6 di studente sacerdote 
« di Messa, et ha dui anni ch'ho predicate et sono stato assignato 
« al convento di Cosensa et deputato al convento di S.** Maria di 
€ Gesu di Stilo >; ne gli fu dimandalo altro. Quanto a fra Giu- 
seppe Bitonto, troviarao: « Fu esaminato un certo giovane con barba 
« castagnaccia, vestito di abiti laicali, con giubba bianca, cappello 
« nero e calzoni di arbascio nero e ferraiolo di panno nero, con 



— 14 — 

4c giuramento interrogate » etc. rispose, « lo mi chiamo fra Gio- 
« seppe Bitonto di san Giorgio et sono sacerdote di Messa et let- 
« tore » etc. « Quando fui preso carcerato fui preso in casa fuori 
4c alia vigna d'un mio zio, che mi ni era ritirato la per pagura di 
« non essere preso, gia che si diceva che tutti T amici del Cam- 
« panella dovevano essere presi et pero mi ritrovo in questo ha- 
« bito che mi presero che steva dormendo, et li sbirri mi levorno 
« la tunica et 1' habito, et in qyesto carcere di notte e giorno sto 
« solo >. Infine quanto a fra Dionisio si scrisse: « Fu esaminato 
« un certo giovane con barba nera vestito di abiti laicali, con ca- 
* sacca di ciambellotto, calzoni di scottano nero e ferraiolo nero, 
« con giuramento interrogate » etc. rispose , <c lo mi chiamo fra 
« Dionisio Pontio da Nicastro et son frate delFordine di S.^" Do- 
« menico et T essercitio mio fe di sacerdote lettore et predicatore 
« et mio padre si chiamo Jacovo pontio et mia madre si chiamo 
« lisabetta monizza » . . . « lo fui preso carcerato a Monopoli dove 
« io era fugilo et scappato da molti soldati nel convento di piczo- 
« ni, perche mi fu detto da claudio crispo che erano venuti detti 
« homini per carcerare li frati in detto monisterio »• Si puo qui 
notare che egli dicevasi avvertito dal Crispo, il quale era state so- 
lite di dimerare in quel convento e forse allora vi mancava, non 
gid dal Caccia il quale veramente Taveva avvertito, e non cenve- 
niva che fosse nominate, per nascondere che era la venute in sua 
cempagnia. — Facendo questa rassegna, T Audi tore ebl)e a trovare 
non 14 ma 21 ecclesiastici, come si rileva dalla Ricognizione ori- 
ginale, ed ebbe a sapere che altri tre di lore erano stati rinchiusi 
nel Castello dell' uovo, prebabilmente per semplice disavvertenza; 
questi erano infatti fra Pietre Ponzie, Cesare Pisano e Giulie Con- 
testabile, ma nella lista che ne fu redatta lo stesso giorno e che 
puo leggersi tra' Decumenti (a), fu messo non gia il Contestabile, 
sibbene Gio. Temmaso Caccia che era stato gia giustiziato! Chi si 
permise tale sestituzione evidentemente dolosa? Sarebbe difficile 
dirlo; ma peich6 insieme coirAuditere non v' era alcune ufficiale 
Regie che avrebbe potute far nascei^e tale equiveco, bisogna piut- 
toste dire che Tabbia fatto nascere il Nunzie medesimo, per me- 
strarsi ignare di questo grave e d'altrende irrimediabile oltraggio 
arrecate alia giurisdiziene. II Vescovo di Squillace fin dal giorno 1 1 
avea scritte un' altra velta al Nunzie nominandegli in particolare 
un clerice, naturalniente della propria diecesi, che con egni prolwi- 
bilita dev6 essere il Caccia; il Nunzie gli rispose che questo cle- 
rice era stato condotte in Napeli, e interne a lui dov^va osofruirsi 
Tordine che S. S.**' dareblje, come altra volta gli avea scritte (&); 
sicchfe il trovarselo nella lista gli pete servire di ottima scusa. Ma 
se questo non fosse state un artificio sue, avrebbe devuto poi ve- 



(d) Ved. Doc. 64, pag. 54. 
(ft) Ved. Doc. 67, pag. 56. 



— 15 — 

nire il giorno delle lagnanze e de' risentimenti presso il Vicerfe, 
alio scoprirsi dell' inganno; ora siffatto giorno non venne raai, e cio 
mostra che Mons/ Nunzio non vide perchfe non voile vedere, o per 
lo meno che le sue grandi cure intorno alia giurisdizione non erano 
dirette a proteggere le persone ecclesiastiche , le quali potevano 
perfino scomparire senza che egli se ne avvedesse. 

Nel medesimo giorno 23 novembre il Nunzio mandd a Roma 
la notizia della ricognizione fatta e la lista de' carcerati ecclesia- 
stici, che raggiungevano appunto il nuraero di 23, con I'osserva- 
zione che se n' erano trovati 9 di piu ed un solo clerico selvaggio. 
Nel giorno 26 tomd suirargomento e ripetfe I'istanza che venisse 
I'ordine circa le persone le qnali doveano costituire il tribunale per 
r eresia, accertando che in questa materia i Ministri Regii non 
avevano alcxma pretensione d' intervenire , ma soggiunse : « temo 
« bene che nel capo della congiura e ribellione non sia per bastare 
« k medesimi Ministri 1' intervenire, ma che vorranno apparirci prin- 
« cipali, et che sotto lor nome si faccino i Processi non ostante che 
« di ragione non convenga, per che ritraggo che dicono altra volta 
« haverlo usato, et che sia solito de Principi in siraili casi proce- 
« der de facto ». Questo gli venne confermato poco dopo dal me- 
desimo Vicerfe in una udienza avuta, e mentre egli insisteva suUa 
necessity « che tutto apparisse fatto coram Judice ecclesiastico », 
il Vicerfe mand6 a chiamare il Reggente d' Aponte (che era Gio. 
Francesco Marchese di Morcone, cugino del Consigliere, figlio di 
Gio. Antonio e di Costanza Lanaria), e cestui disse che « have- 
« vano trovato che con altre occasioni era state dalli Antecessori di 
€ S. S.^ commesso ad uno de Ministri Regii che intervenisse come 
<c delegate Apostolico in trattar simili cause »; il Vicerfe soggiunse 
che se ne farebbe istanza a Roma. II Nunzio allora non obietto 
altro, ma chiese che i tre ecclesiastici rinchiusi nel Castello del- 
r ovo si facessero condurre in Castel nuovo, e I'ordine in questo 
senso fu subito date; fece in pari tempo notare che i carcerati ec- 
clesiastici si erano trovati in maggior numero, ma un solo vera- 
mente era clerico selvaggio, e il Vicerfe disse che non pensava che 
erano tanti! Insomma il Vicerfe all'occorrenza rappresentava anche 
la parte deir ingenue, e mostrava sufflciente abilitd in questo ar- 
meggio. 

Non si tardd a commettere le trattative all' Ambasciatore di 
Spagna ed all'Agente Vicereale in Roma. Una lettera del Vicerfe, 
in data del 30 novembre, ci pone in grade di conoscere lo state 
delle cose dalla parte del Governo di Napoli; sarA bene riportarla 
qui tutta intera in italiano (a). « Gia tengo date conto a V. M.** 
« dell'aver tradotto qua i prigioni di Calabria, e della giustizia che 
« si fece di sei di lore all'entrata del porto. Centre i laici si va 
« procedendo, avendo delegate per Giudice il Consigliere Marco 



(a) Ved. Doc. 37, pag. 42. 



- 16 - 

« Antonio de Aponte, e per Fiscale D. Giovanni Sanchez, con or- 
« dine che ci vadano sempre dando conto in CoUaterale di quanto 
« si farit. I frati e clerici tengo posti tutti in Castel nuovo, con or- 
« dine che stiano li in nome di S. S.^ e del Nunzio che risiede 
€ qui per lui, ma segretamente ho ordinate al Castellano che non 
4c lasci trarre di \k nessuno. S. S.^"^ invio ordine al Nunzio che ri- 
« siede qui, perchfe con lui, o col Giudice che egli deputerebbe pel 
<c compimento di questa causa, entrasse sempre un' altra persona 
4c di parte mia. lo non mi sono contentato con questo, e perd faccio 
« istanza per mezzo del Duca di Sessa e di D. Alonso Manrrique 
4c che mi rimetta la causa, e quando non potessi ottener questo, 
4c che S. S/* nomini i Giudici che io le presenterd, o mi mandi 
« un Breve perchfe io possa presto nominarli in suo nome. Percid 
4c ho trovato un decreto emanato al tempo delle rivolte del Prin- 
ze cipe di Salerno da due Reggenti di questo CoUaterale, nel qua- 
« le si nominano Giudici creati da S. S.^ e S. M/"^, e cosi con 
4c questo ed altre ragioni convenienti faccio V istanza suddetta, e 
« in tale stato tengo il negozio. L' Inquisizione ancora, da parte 
« sua, tratta di volere coloro che sono inquisiti di eresia; io vado 
€ rispondendo a tutto con buone ragioni e parole, e almeno pro- 
€ curerd che i capi principali, per una via o per 1' altra, non escano 
€ di qui senza aver giustizia di loro » etc. Quest' ultima proposi- 
zione si vedrA affermata ancora piu energicamente nolle lettere Vi- 
cereali consecutive, ed essa fa intendere il deciso proponimento del 
Governo contro il Campanella e socii, malgrado che da parte di 
Roma non apparisse alcuna premura di secondarlo. 

' Naturalmente a Roma tutta questa insistenza per farle sacri- 
ficare i dritti giurisdizionali non piac^va punto, e giA, mettendo 
in un sol fascio i negozii comuni e quello de carcerati per la con- 
giui'a (26 novembre), il Card.^ S. Giorgio dolevasi col Nunzio, per- 
che i Ministri Regii non sapevano lasciare i loro abusi e il Vicerfe 
non riusciva quale si era mostrato da principio: allorchfe poi com- 
parve D. Alonso Manrrique (2 dicembre) con quella specie di di- 
mande sopra menzionate, si affrettava a partecipare al Nunzio la 
maraviglia destata dal vedere che i Ministri Regii pretendevano 
€ di fare la causa soli >. Ma non tardo nemmeno a fargli sapere 
(4 e 5 dicembre) la risoluzione di S. S.*% che la causa del la con- 
giura dovesse farsi da lui « et da un Ministro Regio non conin- 
* gato in sua compagnia, che non essendo Chierico pigli la prima 
€ Tonsura per questa occasione, non essendosi lasciato persuadere 
€ S. B."* di delegare persona meramente Laica » ; ed aggiunse 
pure r altra risoluzione di S. S.*"* « di far venire a Roma . . . fi- 
nita la causa della congiura » coloro tra gli ecclesiastici che erano 
inquisiti 6 sospetti di eresia, onde non solo non accadeva di depu- 
tare alcuno in luogo del Vescovo di Caserta, ma neanche si do- 
veano agitare in Napoli siffatte materie. Evidentemente con que- 
st'ultima risoluzione la Curia Pontificia rinfocolava i sospetti e si 



— 17 - 

preparava un'altra difficoltd, imperocchfe non poteva presumorsi con 
qualche fondamento V assoluzione di tutti g\i ecclesiastici , in una 
causa di congiui*a in cui vi erano gia state dieci condanne di morte 
con otto esecuzioni, nfe doveva attendersi agevolmente il rinvio a 
Roma di coloro i quali sarebbero riusciti condannati, senza far loro 
espiare la pena nel Regno. Intanto, poco dopo, il Card J S. Gior- 
gio fece anche sapere che si spedirebbe un Breve particolare sopra 
il tribunale della congiura, ma desiderando il Vicerfe che la causa 
non si differisse ulteriormente, S. S/"^ voleva che il Nunzio vi raet- 
tesse subito mano, senza nemmeno aspettare il Breve, contentandosi 
inoltre «che il Fiscale e il Notaro sieno quali il Vicerfe gli vorr^». — 
Come si vede, pretendendo sempre di piu e con gran fretta, quasi 
non lasciando tempo alle repliche, il Governo guadagnd molto e 
soUecitamente. II Papa non si riserbd nemmeno la conoscenza per- 
sonale del Ministro Regio che doveva intitolarsi Delegate Aposto- 
lico e procedere in nome della S.^ Sede: bastava che, essendo ce- 
libe, avesse la tonsura, e non avendola se la procurasse, senza con- 
tare che avrebbe poi dovuto sempre il Nunzio trovarsi d' accordo 
con questo Ministro Regio, poichfe in caso di disparity chi mai 
avrebbe sciolta la differenza? Ben di rado la sostanza fu tanto bar- 
baramente sacrificata alia forma. Una relazione di D. Alonso Manrri- 
que in data di Roma 4 dicembre , la quale fu poi mandata in co- 
pia a Madrid, ci fa conoscere i particolari delle trattative da lui 
fatte, e le notizie e i consigli che dava (a). Ci baster^ notare che 
nelle trattative egli svolse V argomento, che il Vicerfe non si fer- 
mava in puntigli di giurisdizione, ma solo desiderava riuscire ad 
accertare il delitto e gastigarlo per soddisfazione del suo Re,.e a 
tal fine era un mezzo piu a proposito quelle de'Ministri di S. M.^'^ 
che quelle del Nunzio : quanto poi alle notizie ed a' consigli che 
dava, gioverA riportare le sue stesse parole. « In tal negozio mi 
« rimane solo a dire che desidero infinitamente che si riesca a met- 
< tere in luce la veritA, essendo molti di avviso che non vi sia 
« nulla da accertare in riguardo al Re, e che a' prigioni non debba 
« mancare il tutore, come altre volte ho scritto a V. E.; oltrac- 
€ cid ho potuto capire che hanno in progetto lasciar finire questa 
€ causa, e subilo che sia conchiusa, richiedere i prigioni per la 
€ causa della fede, e tradurli qua, dove, dicono alcuni, se si giu- 
« stificano intomo alia fede, sfuggiranno quest' altra pena , o per 
« lo meno ne sarit 1' esecuzione poco rigorosa , come accade nelle 
« cause dell'inquisizione. V. E. vedra cid che si conviene fare. Ab- 
« bastanza buono sarebbe che agisse in guisa da far commettere 
« al Nunzio la causa della fede, perchfe fatte costi le prove e riu- 
« sciti convinti di qualcuno de'due delitti, non avendo nuiraltro da 
€ far provare, si possa meglio insistere per Tesecuzione della sen- 
« tenza, ch^ se non si rimette costA il fare questa causa, passa pe- 



(a) Ved. Doc. 39, pag. 13. 

ilma6t^ — T. CAHPAifKLLA, Vol. H. 



— 18 — 

€ ricolo che si porti qua ». II consiglio del Manrrique, senza ino- 
strare un negoziatore di alta levatura, mostra un uoino accorto, 
ed fe superfluo dire che fu presto seguito. 

II Nunzio ricevfe le lettere del Card.^ S. Giorgio per mezzo dello 
stesso Governo di Napoli, poich^ sovente le staffette Regie servi- 
vano anche per lui, e il 10 dicembre, avuta un' udienza, fece co- 
noscere la risoluzione di Roma al Vicerf^, il quale gia ne era in- 
formato e potfe comunicargli la risoluzione sua di deputare il Con- 
sigliere D. Pietro de Vera d' Aragona clerico di prima tonsura. 
Costui era spagnuolo e veramente assai distinto magistrato, Con- 
sigliere dal 1588, « erudite e giusto > come lo disse il Toppi (a); 
ma apparteneva ad una famiglia tutta devotissima al Governo, aven- 
do pure un cugino, Diego de Vera, in funzione di Pro-segretario 
del Vicerfe appunto a quel tempo, inoltre uno zio, Francesco de 
Vera, Ambasciatore di S. M/* presso la Repubblica Veneta. II Nun- 
zio, che lo conosceva , ebhe a dichiararlo « imo de' principal! del 
detto Consiglio , cosi in lettere come in altre qualitk » (6). E si 
offerse subito a cominciare la causa « etiam senza il Breve »; ma 
riferendo queste cose a Roma espresse pure la sua opinione che 
passerebbe altro tempo prima di cominciare, ed intanto potea ve- 
nire il Breve, « per non haver k mettere le lettere in processo per 
fondar la giuriditione ». Piu tardi, il 17 dicembre, riferi la comu- 
nicazione fattagli dal Vicer^ dell' aver gia nominato il De Vera per 
Giudice e lo stesso D. Giovanni Sances per Fiscale, la visita fat- 
tagli da costoro in sfeguito di questa nomina, e la sua novella of- 
ferta di esser pronto a trattare la causa; ma aggiunse che il Vi- 
cer6 stimava a proposito « aspettar detto Breve quanto alii eccle- 
siastici, poich^ intanto si potea trattar contro laici ». — Oramai, 
concluso I'affare, il Vicerfe non avea piu tanta fretta, e voleva egli 
pure un documento il quale suggellasse cio che si era ottenuto e 
che lo rendeva molto soddisfatto. Questa sua soddisfazione rilevasi 
da una lettera che mandava a Madrid fin dal 13 dicembre, insieme 
con una copia della relazione di D. Alonso Manrrique, rilevandosi 
in pari tempo la sua costante premura che il Campanella fosse ga- 
stigato e I'annunzio della prossima esecuzione di altri laici giA con- 
dannati (c) «... S. S.*' si risolvfe di fare quanto V. M.'* potrA 

< comandar di vedere da questa copia di lettera di D. Alonso, che 

< non mi pare si sia fatto poco; e cosi ho nominato D. Pietro De 

< Vera, che ^ il Decano del Consiglio, tanto per le molte e buone 

{a) Ved. Toppi, De origine omnium tribunalium, Neap. 1655-66, vol. 2\ 
pag. 187. 

(b) II Nunzio gli era anche molto amico, siccome si rileva da un*altra sua 
lettera del 1* giugno 1601, dove si legge: <c Fra tutti i Ministri che son qui 
di S. M.** Cattolica non h6 maggiore domestichezza che con il Con>igl. Pietro 
di Vera d* Aragonia , che mi fu dato per Collega da N. S.'* nella causa della 
rebellione ». 

(c) Ved. Doc. 38, pag. 43. 



— 19 — 

« parti che tiene, quanto per essere tonsurato, e credo che I'avra 
€ per molto bene; stimai anche nominare fiscale lo stesso D. Gio- 
« vanni Sanchez, e Mastrodatti il medesimo; cosi comincerA subito 
« a procedersi nel negozio, e di cio che far4 il dottore Marco An- 
« tonio de Ponte co'laici si dara copia a D. Pietro de Vera e al 
« sue compagno pel procedere contro i frati e clerici. Odo che con- 
€ tro il Campanella sono ben provati tanto il delitto delia ribel- 
€ lione quanto il delitto deU'eresia; procurer6, se posso, che si 
« faccia giustizia pel prime, sebbene non riesca a persuadermi che 

< li vogliano tradurre a Roma per I'eresia; ma, per si o per no, 
« faro istanza che quanto riguarda Tlnquisizione si rimetta qui al 
€ Nuiizio. Di alcuni de'laici che sono convinti e confessi cominceri 

< a farsi giustizia secondo la colpa di ciascuno; di cid che si farA 
« andr6 dando conto a V. M/^ » etc. 

Adunque il Vicer6 poteva tenersi certo che il Campanella non 
la scamperebbe, e facendo trattare in Napoli anche la causa del- 
Teresia, per lo meno veniva ad assicurarsi che il povero frate non 
sarebbe mai piu sfuggito dalle sue mani. Vedremo che il far trat- 
tare la causa dell'eresia in Napoli, non offendendo la giurisdizio- 
ne, fu accordato senza la menoma difficolta, laonde non si ebbero 
oontroversie da questo lato, e con la promessa del Breve suUa co- 
stituzione del tribunale per la congiura nel modo convenuto, ebbe 
realmente termine la contesa giurisdizionale. Noi abbiamo voluto 
esporla in tutti i suoi piu minuti particolari, giacchfe essa non rap- 
presenta una delle contese ordinarie, e i suoi particolari soltanto 
possono dare qualche luce su'fatti che si svolsero di poi, sulFan- 
damento e sugli esiti de'processi. Naturalmente il processo di con- 
giura pe'laici sottostava alFazione, legale a que' tempi, del Vicerfe e 
del Consiglio CoUaterale, e il processo di eresia per gli ecclesiastici 
sottostava all' azione legale del Papa e della Sacra Congregazione 
Cardinalizia ; basta dire che le sentenze erano profferite dai Giudici 
cosi come le imponevano le risoluzioni superiori dietro la relazione 
de'fatti delle cause. Ma sul processo di congiura per gli ecclesia- 
stici chi avrebbe avuto influenza? Certamente col Breve Papale il 
Nunzio ed il Consigliere sarebbero risultati « Delegati Apostolici », 
ma poteva attendersi dal Consigliere che si fosse posto alia dipen- 
deoza del Papa e non gik del Vicerfe? II fatto fe che ciascuna delle 
due parti avea presa la sua strada, che il corso delle trattative ci 
fa vedere in un modo abbastanza chiaro, e ci permette di giudicare 
in un modo meno fallace. Dalla parte del Vicerfe si voleva il ga- 
siigo del Campanella e degli ecclesiastici piu compromessi , con- 
forme al gastigo che gia era state dato e si continuava a dare ai 
laici ; bene o male si credeva alia congiura e la si voleva punita. 
Dalla parte del Papa si voleva riconosciuta « la superiority eccle- 
siastica », che « tutto apparisse fatto coram Judice ecclesiastico » 
secondo le espressioni del Nunzio; e ritenendosi non esservi c nulla 
da accertare in quanto al Re >, si voleva che non mancasse « il 



- 20 — 

tutore » agrinquisiti, secondo Tespressione del Manrrique. Ora se 
cosi ritenevasi, se conoscevasi pure essere state malamente condotto 
in Calabria il processo prime e fondamentale da fra Comelie, oc- 
correva una tutela efficace, ed 6 agevole intendere che quel Breve 
sarebbe venuto a tutelare i diritti giurisdizionali , non le persone 
degFinquisiti; 6 agevole anzi intendere che il desiderio di un tu- 
tore rappresentava piuttosto un argomento per non lasciarsi strap- 
pare del tutto le prerogative ecclesiastiche. Anche ammettendo, co- 
me noi ammettiamo, che il Campanella fosse state giui'idicamente 
colpevole, sarebbe stata giusta I'istituzione di un tribunale che avesse 
data guarentigia d' imparzialitA, e I'espediente al quale si era ri- 
corso non poteva riuscire a darla; poteva solo creare nuovi imba- 
razzi, come difatti li creo, senza giovare efficacemente al povero 
Campanella. Vedremo a sue luogo i termini ne' quali il Breve fu 
redatto, vedremo anche la condotta che tenne il Nunzio ulterior- 
mente, e rimarr4 dimostrato appieno cio che qui affermiamo. 

E tempo ora di occuparci della vita che menava il Campanella 
e tutta la turba degP infelici venuti di Calabria : ecco quanto pos- 
siamo dime, secondo le notizie che si trovano sparse qua e la nel 
processo e nelle altre scritture di S.^® Officio. Una parte de' car- 
cerati trovavasi nel Castello dell' novo, e fra essi il Barone di Cro- 
pani, Ferrante Ponzio, Gio. Paolo e Tiberio Carnevale, Jacobo e 
Ferrante Moretti , Francesco Antonio d' Oliviero , Marco Antonio 
Giovino, Geronimo di Francesco, Giuseppe Grille, Felice Gagliardo; 
la parte maggiore trovavasi nel Castel puovo , e ci bastera nomi- 
nare solamente Geronimo del Tufo, Maurizio de Rinaldis, e insieme 
con tutti gli altri ecclesiastici ed anche co' parenti suoi il Campa- 
nella. Mano mano molti carcerati dal Castello delF novo passarono 
del pari nel Castel nuovo, e segnatamente Ferrante Ponzio, Fran- 
cesco Antonio d' Oliviero etc. ; ma perfino un anno e mezzo dopo 
questo tempo di cui parliamo ve n' erano sempre alcuni nel Castello 
dell' novo, p. es. il Gagliardo. Giovera rammentare in breve qualche 
particolarilA del Castel nuovo, poichfe non ci mancano elementi per 
definire la parte di esse occupata da' carcerati calabresi, il torrione 
in cui il Campanella fu rinchiuso, cio che ci sembra dover riuscire 
interessante al cuore di ogni persona bennata. Come conoscono gli 
amatori delle cose patrie, nel Castel nuovo si distingue il maschio o 
castello Angioino del 1283, fornito delle cinque maestose torri, due 
delle quali verso il mare e tre verso terra, e la falsabraca o re- 
vellino Aragonese del 1486, con le sue torri e cortine molto basse, 
poi successivamente elevate, che a' giorni nostri abbiamo visto con 
poco giudizio spianare. A' tempi de' quali trattiamo, la falsabraca 
con le sue torri in gran parte quadre era incomparabilmente piii 
bassa di quanto possiamo ben ricordare averla vista , e le cinque 
torri del maschio, veri torrioni si elevavano un poco di piu sul li- 
vello de' bastioni rispettivi, i quali non raggiungevano 1' altezza at- 
tuale, come si puo vedere abbastanza bene p. cs. dalla gran carta 



— 21 — 

di Napoli incisa da Alessandro Baratta nel 1628, che ogni amatore 
delle cose belle della citt4 ha certamente ammirata nel Museo di 
S. Martino, E possiamo aggiungere che a que' tempi si chiamava 
impropriamente « reveglino » lo spazio compreso tra il maschio e 
la falsabraca; infatti nel processo vedremo parlarsi di uno scritto 
buttato giu dalla « cancella . . . al reveglino tra le dtie porte^ che 
risponde ala finestra dela carcere del Campanella », in un momento 
in cui egli veniva sorpreso da una visita del luogotenente del Ca- 
stello in cerca di scritti. Le cinque torri Angioine poi si chiama- 
vano, la prima sul mare, ad oriente, Bibirella, nome improntato 
certamente da quella porzione di mare che essa guarda e che an- 
cor oggi dicesi dal volgo beveriello, I'altra egualmente sul mare, 
ad occidente , Talassia , vale a dire marina , dal nome greco cor- 
rispondente ; le due laterali alia porta maggiore verso terra , co- 
steggianti il magnifico Arco d' Alfonso , si chiamavano torri della 
porta; T ultima, ad oriente, si chiamava deir Incoronata, del Go- 
vematore o del Castellano, perchfe vi abitava appunto il Castellano. 
Siffatti nomi non s' incontrano nel processo, ma nelle scritture ed 
anche ne' libri del tempo (basti citare il Capaccio), ed importa co- 
noscerli per potersi intendere : nel processo s' incontra solamente 
piu volte citata « la loggetta delle carceri, . . il piano della log- 
getta, . . Tarco e il corridoio della loggetta >, dove potevano in al- 
cune ore i cai'cerati minori salire e passeggiare, ed inoltre citato, 
il « torri one » da cui il Campanella dava i suoi Sonetti a Maurizio 
« calandoli con uno filacciolo > , « il torrione > da cui il Campa- 
nella, mostratosi pazzo, predicava la crociata al « populo che an- 
dava a vedere ad impiccar uno », il quale spettacolo si conosce che 
eccezionalmente si dava nella piazza del Castello , mentre ordina- 
riamente si dava nella piazza del Mercato. E vedremo da' Registri 
de' Bianchi di giustizia risultare , che 1' esecuzione di Cesare Pi- 
sano fu fatta fare « vicino la Guardiola del Castello » (presso a 
poco dove flno a' giorni nostri b stata la posta delle lettere), e quella 
di Maurizio innanzi la « Chiesa di Monserrato » (che sta quasi di- 
rimpetto) vale a dire all' ingresso dell' attuale Strada di Porto, che 
allora dicevasi Piazza dell' Olmo, vale a dire di prospetto alia torre 
del Castellano, senza dubbio per metterle sotto gli occhi del Cam- 
panella e de' suoi calabresi. Da tutto cio puo desumersi con ba- 
stante certezza che il Campanella sia state rinchiuso nella torre 
del Castellano, sotto gli appartamenti di D. Alonso de Mendozza, 
e che le carceri occupavano i piani inferiori di questa torre e i ba- 
stioni vicini, tanto verso la torre Bibirella, quanto verso la torre 
corrispondente della porta, trovandosi appunto sulla sommit^ di que- 
sti bastioni la loggetta del Castello. La massa do' calabresi era 
mista con altri la detenuti, per imputazione o per condanna, sia in 
nome del potere civile sia in nome del potere ecclesiastico , e ne 
vedremo figurare parecchi nel corso di questa narrazione : occupa- 
vano molti il carcere cosi detto « del civile », occupavano altri il 



— 22 — 

carcere rriminale che stava piii in alto e componevasi di camere 
piu piccole, dove erano rinchiusi uno, due e fin quattro individui, 
secondo V importanza di essi, disponendo per solito di un sol letto 
ogni coppia e venendo spesso iramutati da una camera nell' altra. 
1 miserabili ricevevano un carlino al giorno (circa 40 centesimi), 
o sappiamo che cosi vivevano mollissimi, tra gli altri il padre del 
Campanella, il Tirotta, gli stossi frati, come fra Paolo della Grot- 
teria, fra Pietro di Stilo, il Petrolo, il Bitonto, e senza dubbio an- 
che il Campanella , dopochfe fra Cornelio si aveva appropriato il 
danaro raccolto in Calabria per loro. Merce qualche inserviente, e 
sopratutto qualche parente venuto di Calabria per assisterli, i car- 
cerati potevano provvedersi delle cose necessarie al vitto, che erano 
soggette a visita quando s' introducevano nel Castello; e cosi sappia- 
mo che un giovanetto Aquilio Marrapodi figlio di Gio. Angelo, olta^e il 
padre, serviva i Ponzii, il Petrolo, il Lauriana e il Pizzoni, compran- 
do « per questi monaci foglie, fave, carcioffi, radici et altre cose da 
mangiare » (a); potremmo perifino dare qualche lista della magra spe- 
sa quotidiana che si faceva anche per taluni de' carcerati del Castello 
deir novo, essendo notata sul rovescio di alcune carte sequestrate 
al Gagliardo ed allegate nel processo (b). Naturalmente i carcerati non 
mancavano di profittare di questo mezzo e di qualche altro ancora 
per mandarsi cartoline e biglietti, cio che per altro era proibito; 
ma solamente piu tardi dando pochi soldi a uno de'due carcerieri 
Alonso Martines ed Onofrio, nominati anche nella Narrazione del 
Campanella , riuscirono ad avere diverse concessioni che a tempo 
xproprio vedremo. Gli ecclesiastici, servendosi, principalmente di motti 
latini, poterono con tanto maggiore facilita mettersi in qualche re- 
lazione tra loro dalle finestre : poich6 sappiamo con certezza essere 
stati perfino i piu compromessi , dal primo momento , posti nolle 
« segrete », ossia in camere capaci di una sola persona e tenute 
strettamente chiuse , non gik nolle cosi dette « fosse » ; in queste 
furono posti al tempo de' loro esami , quando i Giudici solevano 
dame V ordine per indurli a confessare. Le fosse si trovavano a 
piede del torrione del Castello, e ricevevano luce da aperture che 
corrispondevano alia parete dell' antico fossato, il quale circondava 
il Castello e in origine poteva anche ricevere acqua dal mare ; del 
resto non ne mancavano di quelle affatto oscure , e rinomata fra 
tutte era la fossa del mujlio o del coccodrillo, nota fin dal tempo 
degli Aragonesi , nella quale il Campanella narro di essere state 
posto prima del tormento. Alcuni lavori fatti durante la prima meta 
di questo secolo , ad occasione delP ampliamento della fonderia di 
cannoni la eretta , posero in mostra queste fosse con lagrime- 
voli iscrizioni ed anche con qualche residue di schelelro, la qual 
cosa ribadisce che il torrione delle carceri, dimora del Campanella, 



(a) Ved. Doc. 325, [>ag. ?76. 

(h) Ved. la nostra Copia ms. de'processi ecclesiast. torn. 2* fol. 173 */,. 



— 23 — 

sia stato quelle che abbiarao inJicato (a). Si aveano dunque , da 
sotto in sopra, le fosse, la carcere del civile a pian terreno, le carceri 
criminali che occupavano i due piani superiori : e sappiamo che nel 
primo periodo della prigionia il Campanella trovavasi in una car- 
cere criminale del piano piii elevato , e Maurizio in un' altra del 
piano pii basso immediatamente sottoposta alia prima, sicchfe po- 
terono talvolta scambiarsi qualche parola, e perfino, mediante un 
file, trasmettersi qualche carta (6). Ogni lettore umano , passando 
in vista del Castel nuovo, vorrA, speriamo, rivolgere uno sguardo 
a quel torrione, con un pio ricordo de' generosi, che tanto vi pa- 
lirono senza che V opera loro sia stata nemmeno riconosciuta. 

A due cose attese il Campanella assiduamente fin da' primi 
tempi della sua prigionia in Napoli, sollecitare la ritrattazione da 
coloro i quali aveano rivelato, dare animo a colore i quali si erano 
mantenuti negativi o in qualunque modo gli si mostravano tuttora 
amici. Come gi4 in Calabria, cosi in Napoli, egli rivolse le soUe- 
citazioni particolarmente al Pizzoni e al Petrolo; non occorse che 
sollecitasse il Lauriana, perchfe anzi costui in Gerace gli avea scrit- 
ta egli medesimo una lettera, nella quale, gli comunicava V esa- 
me di Monteleone , gli prometteva con giuramento che si sarebbe 
ritrattato , e finiva per dimandargli il modo di potersi ritrattare. 
Xfe stentiamo a credere che talvolta le soUecitazioni del Campanella 
non sieno state espresse in forma di preghiere , onde i sollecitati 
poterono dire di avere avuto da lui « minacce » ; se non che i po- 
chi documenti che ne sono rimasti non lo confermano, e d'altronde 
vi furono tanti motivi di asserire e di smentire a vicenda queste 
cose, da non poterne facilmente assodare la veritA. Al Petrolo, come 
dicemmo a tempo e luogo, avea fatte alcune soUecitazioni per via, 
tra Squillace e Gerace, direttamente ; altre glie ne potfe fare me- 
diante Cesare Pisano in Monteleone, e poi ancora altre in Napoli 

(a) Un ms. posseduto dal Minieri-Riccio da notizie delle fosse oscure, delle 
iscrizioDi, delle ossa < rinvenute ne' sotterranei della torre Aragonese in occa- 
sione della fabbrica di una stufa per la nuova fonderia di cannoni di ferro ». 
La qnaliflcazioDe della torre 6 uno sbaglio del raccoglitore delle iscrizioni, poi- 
chd la fonderia esiste sempie ed 6 facile vedere dove corrispondano i suoi for- 
nelli. Le iscrizioni trovate leggibili rimontauo solo al 1660; una del 1698 6 di 
un tale che da 27 giorni vi si trova per essere andato incontro al Cardinals 
Principe di Savoia; spaventevole 6 quella di un tale, che impreca a*suoi parenti, 
i quali, per salvarsi, I'hanno fatto menare in quel posto, senza luce e tutto nudo, 
eve cerca la morte per finire di penare, e residui di scheletro ivi giacenti fanno 
pensare che vi trov6 la morte. Ved. Catalogo de' MS. della Bibl. di Minieri-Riccio 
vol. 3.* Nap. 1869, pag. 158. 

{b) Ved. Doc. 421, pag. 527. Quivi specificatamente si notano tutte queste 
cose, attestate da ffa Pietro Ponzio; e fra Pietro, per sua scusa, pot6 bene in- 
ventare che il CampaneUa trasmettesse i suoi Sonetti a Maurizio, calandoli giu 
dalla finestra, ma non inventare che la finestra di Maurizio si trovasse sotto 
quella del Campanella. D'altronde anche nella confessione ultima di Maurizio ve- 
dremo fatta menzione di parole scambiate tra liii e il Campanella nelle carceri 
di Napoli, e queste non potd accadere che dalle finestre. 



— 24 — 

ne fece di persona dalla finestra. C!osi gli avrebbe detto che biso- 
gnava ritrattarsi o altrimenti capiterebbe male, che era caduto in 
irregolaritit avendo deposto in causa capitale contro particolari etc.; 
ma vedremo ulteriormente , che quando si pose a scrivere Poesie 
gli scrisse anche un Sonetto al medesimo scopo , ed in esso non 
si leggono minacce bensi le maggiori lusinghe. Al Pizzoni poi avea 
pure fatte soUecitazioni mediante fra Pietro Ponzio in Gerace, ed 
altre glie ne fece in Napoli per lo stesso mezzo, giacchfe vedremo 
con certezza aver lui potuto parlare con fra Pietro dalla finestra; 
ma poi gli riusci di mettersi in comunicazione diretta col Pizzoni 
mediante lo scambio di un Breviario, e cio che se ne disse in sfe- 
guito mostra che nemmeno vi fm'ono minacce ; ecco pertanto come il 
fatto venne riferito (a). Si trovavano ciascuno in una segreta. II Cam- 
panella dimandd al carceriere Alonso Martines un Breviario, e il car- 
ceriere gli port6 quelle del Pizzoni. Nel Breviario « fra Gio. Bat- 
€ tista pose molti signacoli di carta larghi, fatti k posta di certi 
€ modelli di musica rigati con le note, et d' una lettera nella quale 
« si vedea che li fosse state date avviso , che la Causa era gii 
€ stata rimessa al sig.' Nuntio et a Don Pietro di Vera, et in detti 
€ signaculi scriveva ch' esso fra Gio. Battista havea detto k (rk Sil- 
« vestro che insieme seco deponesse cose di santo officio per scam- 
« par quella gran furia, perche in quel muodo la Corte secolare 
« k viva forza 1' harebbe punito per V heresie, e Ribellione, il che 
« non harebbe fatto per la sola ribellione , ma di fatto 1' harebbe 
« appiccati, gik che quelli di Catanzaro, che la revelorno, dissero, 
« ch' il Papa la favoriva » etc. Dimandava anche il Pizzoni , in 
quelle cartoline, chi fosse state quel frate che, secondo la cronaca 
di S. Domenico, ebbe dalla B.^ Vergine la rivelazione che mai me- 
nace di S. Domenico sarebbe state eretico, se molto tempo innanzi 
non avesse deposto Tabito, e diceva di confidare che avrebbe po- 
tuto facilmente ritrattarsi, e ricordava diverse autoritA, come il Ci- 
poUa Veronese, che permetteva dir cose di eresia a' condannati a 
morte per essere protetti dal S.*° Officio, e S. Girolamo che con- 
cedeva il mendacio ad evadendam mortem. E il Campanella, con- 
servando presso di sfe alcune cartoline piu importanti, scrisse sulle 
altre « che havea fatto molto bene, et che fr^ Domenico petrolo k 
< sua persuasione havea seguitato 1' esempio d' esso fra Gio. batti- 
« sta, con r istesso intento di ritrattarsi, et che quel frate della reve- 
« latione ut supra fu Reginaldo si ben si ricordava etc., et li diede 
« esso Campanella molte altre authoritati per tal difesa ». Ma pas- 
sato e ripassato tra lore questo Breviario, ed esaurite le cartoline, 
cominciarono a scrivere sul Breviario medesimo, ove poteasi vedere 
di mano del Campanella scritto « bene et fideliter . . . ut lacrimas 
emiserim prae laetitia », ed inoltre « Micheas propter timorem mor- 
tis prophetavit falsum, et adiuratus se se retractavit, 3.^ Reg. 24 ». 



(a) Ved. Doc. 370, pag. 386. 



— 26 — 

E il Campanella si dife anche premura di far sapere queste cose a fra 
Dionisio che stava in un'altra segreta; ed avendogli mandata scritta 
< dentro un pasticcio una cartella di simili andamenti , entrati in 
€ sospetto li carcerieri, aprirono il pasticcio, et trovata la cartella 
« quella presentarono al Vice Rfe, come anco per veder cosi scritto 
« et scacacciato il Breviario, quello anco presentorono al medesimo 
« Vice Rfe, et si disse, che furono da lui rimandate al fiscale ». 
Siffatte cose, verificatesi durante un certo perjodo di tempo, furono 
poi riferite da fra Dionisio ; e potrebb' essere che vi sia stata qualche 
esagerazione da parte del relatore, ma bisogna convenire che nulla 
vi s' incontra d' inverosimile , salva sempre la quistione della se- 
riet^ delle cose che si comunicavano i due scrittori nelle cartoline 
e nel Breviario. Poichfe all' uno ed air altro, sotto tutti gli aspetti, 
conveniva scrivere in quel sense ; ma si pu6 dubitare che esprimesse 
la veritA il Pizzoni , il quale infatti non fece di poi nulla di cid 
che scrisse, e si deve dubitare che esprimesse la veritA il Campa- 
nella, 11 quale, mentre dicevasi allietato fine alle lagrime, ad ogni 
buon fine metteva in tasca qualcuna delle cartoline scritte dal Piz- 
zoni, che egli oramai avea potuto ravvisare « bilingue ». Vedremo 
infatti che al memento in cui il Campanella fu spogliato per essere 
sottoposto alia tortura, gli fu trovata una delle dette cartoline, ed 
anche un sunto dell' esame del Lauriana certamente scrittogli da 
costui, il quale soltanto puo dirsi avere agito in buona fede , ma 
sotto r impero di una stringente necessity ; poichfe evidentemente , 
spinto dal Pizzoni, si era posto in un brutto garbuglio, da cui non 
sapeva in qual mode districarsi, e temeva molto che ritrattandosi 
sarebbe capitate male. — Dobbiamo aggiungere che pure con Mau- 
rizio il Campanella si mantenne in relazione, e, a quanto sembra, 
dalla finestra, verbalmente, profittando del trovarsi le rispettive car- 
ceri r una soora 1' altra ; ma non dov6 di certo sollecitarne la ri- 
trattazione, ed invece si dovfe forse scusare presso di lui. Come si 
seppe in sfeguito , continud a dirgli qualche particolare sugli uo- 
mini e suUe cose della ribellione disegnata e tanto acerbamente pre- 
venuta : ma una volta Maurizio , abbandonata ogni illusione , gli 
disse che in que' travagli lore « era tempo di riconoscere Iddio , 
€ e che stava scandalizzato di quella parola che havea detto in Stilo, 
« che Giesu christo era un' huomo da bene », immaginandosi esser 
lui < in opinione che christo non fusse vero figliolo di Die » ; e 
il Campanella gli rispose che lui, Maurizio , « non intendeva bene 
li negotii » nfe si curd di fomirgli spiegazioni. 

D' altra parte, dicevamo, il Campanella attese a dare animo 
agli amici: questo fece componendo Poesie, siccome troviamo ricor- 
dato dal Syntagma, dove per altro se ne parla con una completa 
confusione di tempi. Per fortuna, la raccolta che noi pubblichiamo , 
essendo stata fatta in un periodo ben determinate e relativamente 
breve, ci mette in grade di potere fine ad un certo punto assegnare 
alle diverse poesie la propria data, oltrech<> ci fornisce precisamente 

AmabiU — T. Campanblla, Vol. II. 4 



quelle composte tin da principio e eon lo st-opo di rinforzare I'ani- 
vao degli amici, rimaste poi naturaliiiente inedite perchfe compro- 
meltenti. Ma h facile intendere che pochissime potrebbero riferirsi 
ad un periodo anteriore al cominciamento de'processi, peroechi a que- 
sti si pose niano con soUecitudine, e il maggior numero si coUega 
con le vicende del processo della congiui-a cosi de'laici come degli 
ecclesiastici ; laonde , per non scindere di troppo V esposizione di 
queste poesie, giovera dapprima narrate cio che sappiarao del pro- 
cesso della congiui'a, e in sl'guito ricercare le poesie da doversi dire 
composte nel periodo in cui il detto processo fu istituito e svolto. 

11. Veniamo dunque al processo della congiura pe' laici (a). 
DicemiDo che la commissione Vicereale fu data il 15 novembre a 
Marco Antonio d'Aponte e a B. Giovanni Sanchez o Sances, cott 
I'ordine di riconoscere le informazioni e gli atti di Calabria, pro- 
cedere sommariamente sine strepUu el forma JvdicU, e non ritar- 
dare la buona e breve amministrazione della giustizia, servendosi 
di Giuliano Canale per Mastrodatti. Vedemmo pure avere il Vi- 
cerfe provveduto che lo Xarava aiutasse il Sances, e scritto a Ma^ 
drid, il 30 novembre, cbe si andava giA procedendo contro i laioi, 
e il 13 dicembre, che si sarebbe cominciato a far giustizia di al- 
cuni. Gli ordini del Vicer^ furono eseguiti puntualmente, ed h chiani 
che non si perd6 tempo; solo dobbiarao notare che a Giuliano C»- 
nale venne sostituito Marcello Barrese, il quale servi da Mastro- 
datti egualmente nella causa della congiura per gli ecclesiastici, 
di tale sostituzione ci rimane tuttora ignoto il motivo. 

Serondo il costume del tempo , si procedeva separatamente a 
success! vamente per un determinato individuo o per un determioato 
gruppo d' individui, e si sentenziava a misura che si compivano 
gli atti ad essi relativi : cosi vi furono condanne ed esecuzioni in 
Calabria , e poi in Napoli , ed analogamtmte vi furono altre cm»* 
danne od invece assoluzJoni di tempo in tempo. Trovandosi due giA 
condannati a morte in Calabria, Manrizio de Rinaldis e Cesare Fif 
sano, sopra di essi appunto comincio a svolgersi 1' opera del tribor 
nale, certamente per avenie, se fosse stato possibile, rivelazioni ia 
danno anche degli altri, al quale scopo si era giudicato meglio ta- 
nerii ancora in vita; con gli atti relativi a costoro ebbe ad iniziarsi 
il 3." volume del processo , al s<5guilo di quelli compiuti in Ca- 
labria. Maurizio non avea confessato nulla malgrado gli orribili 
tormenti a^-uti; ricominciarono per lui in Napoli gli esami e rico- 
minciarono i tormenti non meno crudeli. II Campanella medesimo 



(a) Rimanga ben cliiaro cba il processo fa propriamente intitolato < di 

lata ribelliotie » ; solo pel vantaggio della brovitfl noi iliciunio « processo de^ 
coDguira», la quale maniera di espi-imerci e dei resto consentanea aH'altra &«■ 
Eidatta, e certamente preferibile a qneila che troviamo pure usatA negli Atti f 
oe'Carteggi. cio6 < processo di ribellione>. 



— 27 — 

cant6 che Maurizio il primo avea vinto i tormenti antichi e sprez- 
zato i nuovi, che avea soflferto tormenti inusitati per trecento ore (a). 
fi facile qui vedere una esagerazione poetica, ma, come abbiamo 
gi^ avuta occasione di dire altrove, Mons/ Mandina, il quale fu 
piii tardi Giudice dell'eresia e potfe saperlo in modo autentico, af- 
fermo che era state tormentato per settanta ore, alludendo con ogni 
probability a' soli tormenti avuti in Napoli. Per quanto possiamo 
giudicarne, egli dovfe soffrire due volte, a breve intervallo, il tor- 
mento della veglia, ne'modi e forme che vedremo con tutti i loro 
particolari in persona del Campanella, il quale lo soffri in sfeguito, 
per una volta sola, nella causa dell'eresia. Comunque il tormento 
della veglia dovesse durare quaranta ore , pe' modi enormemente 
aspri con cui si amministrava sopratutto in Roma e in Napoli, quasi 
mai si giungeva a siffatto termine, senza che il paziente cadesse 
in tale prostrazione da far cessare la prova innanzi tempo , tanto 
piti che il Giudice era tenuto a rispondere della morte di lui se 
avesse soccombuto nel tormento ; e la prostrazione, quando gF in- 
dividui erano di buona tempra, ordinariamente si verificava fra le 
trenta e le trentacinque ore, ed ecco le settanta ore di tormento 
affermate dal Mandina. Nfe rappresenta una difflcoltA il leggersi 
« tormenti inusitati », poichfe appunto tra questi era annoverata la 
veglia, e vi si ricorreva soltanto per casi straordinarii, mentre poi 
d'altra parte i Giudici di professione, a differenza de' « Capitani a 
guerra », doveano pure contenersi in quelle categorie di tormenti, 
che erano ammesse da'Giuristi e dalle consuetudini di ciascun pae- 
se (6). Ad ogni modo le prove furono terribili, eppure vennero no- 
bilmente superate da Maurizio: il fortissimo uomo non fece la me- 
noma rivelazione, soffocando qualunque rancore, mentre gik cono- 
sceva di essere state nominate fin troppo nella Dichiarazione del 
Campanella! Ma durante i tormenti venne senza dubbio fatta la pro- 
testa che lo s' interrogava « citra prejudicium probatorum »; e poi, 
benchfe non confesso, era pur sempre convinto, e gli si potfe confermare 
la sentenza di morte, condannandolo ad essere appiccato e squartato 
certamente con la formola del tempo, « suspendatur in furcis adeo 
« quod anima a corpore segregetur, eiusque cadaver in quatuor 
« frustra dividatur ». E superfluo poi dire che la sua casa doveva 
essere demolita ed aspersa di sale, e i suoi beni dovevano essere 



(a) Ved. i Doc. 441 e 442, pag. 551. 

(b) Abbiamo fatto avvertire altrove (vol. 1.* p. 303) che potevano i Giudici, 
pe' delitti di lesa MaesIA servirsi de* piii gravi tormenti , ma non di tormenti 
nuovi. Qui aggiungiamo che lo stesso Farinacio cita la veglia, aggravata da 
successive modificazioni, col precetto « non habeatur nisi in vere atrocissimis 
ut laesa Majestate , assassiniis famosis et similibus » ( De indiciis et tortura 
Van. 1649 p. 348). Aggiungiamo ancora che Maurizio, malgrado fosse nobile, 
poteva essere sottoposto a tortura trattandosi di lesa Maest&, ed anzi a tortura 
piti atroce , perch^ € Nobilitas ^aepe auget delictum » secondo la massima del 
Gigante (De crimine les. Majest. Yen. 1588 fol. 67). 



— 28 — 

confiscati: « domus propria diruatur funditus, ei solo aequata, in 
« ea sale asperso, destruatur; singula eius bona publicentur, et fisci 
« commodis applicentur ». Vi fu dunque la conferma della sentenza 
di morte gi^ pubblicata in Calabria, e non poteva essere altrimen- 
ti; deve dirsi inoltre che vi fu una mitigazione nella si)ecie del 
supplizio, in paragone di quelle tanto spaventoso sentenziato dallo 
Spinelli forse a proposta dello Xarava, ed anche da questo lato non 
poteva essere altrimenti, perocch6 il tribunale non era come il pre- 
cedente « ad modum belli ». Dope cio 6 facile giudicare quanto il 
Campanella scrisse molto piu tardi, nella sua Narrazione, circa T in- 
fluenza che avrebbe avuta nella condanna di Maurizio 1' amicizia 
e la parentela del Sances col Morano, il quale desiderava la morte 
di Maurizio per ereditarne un feudo e stringere una nuova paren- 
tela col Sances mediante un matrimonio. Con un po' di confusione 
di tempo e di circostanze, mostrato gia in corso e bene avviato il 
processo degli ecclesiastici che invece non era cominciato ancora, 
il Campanella scrisse: « Sendo state fatto fiscale in luoco di Xa- 
€ rava D. Gio. Sances, la cui sorella havea per marito il Baron 
€ di Gagliato , fratel di Giovan Geronimo Morano , il cui figlio 
« per dispensa venuta del Papa stava per pigliar la figlia unica 
« del Barone, nepote del Sances, e perclio detto Morano havea 
« scorso il regno e preso Mauritio e F. Dionisio carcerati con molto 
« vantaggio e sperava dal Rfe un Marchesato, come si vantava pu- 
€ blicamente, e di piu desiderava la morte di Mam*itio, perche mo- 
« rendo senza herede mascola esse Maiu'itio, il Morano hereditava 
« di quello un feudo , come poi V heredito. Per questo il Sances 
« oltra le sue pretendenze et amicitia delli processanti non cerco 
« s'era vera la ribellione ma si sforzo verilicarla, e far morir Mau- 
€ ritio >. La parentela del Sances col Morano e fuori contestazione, 
ma 6 un fatto che il Sances non poteva non trovar vera la ribel- 
lione, e che Maurizio non poteva in alcun mode scansare la morte, 
come nemmeno la scanso quando piu tardi fece sotto il patibolo una 
spontanea confessione di ogui cosa. E dobbiamo aggiungere cho alia 
mano della figlia unica del Barone di Gagliato, D/ Camilla Mo- 
rano, a quel tempo di soli dodici anni, aspirava il cugino del Fi- 
scale, un altro D. Giovanni Sances, figlio di D. Giulio, die difatti 
la sposo piu tardi, nel novembre 1605, avendone in dote la terra di 
Gagliato e il rinomato feudo di Burgorusso in tenimento di Stilo, 
e fu lui che divenne poi Marchese di Gagliato. Non sarebbo vera- 
mente difficile che vi avesse aspirate anche il figlio di Gio. Gero- 
nimo Morano, giacchfe abbiamo nel Grande Archivio documenti i 
quali mostrano la gran cm'a del Governo nel far tenere D.'"* Ca- 
milla in Monastero, secondo i principii dell'ingerenza govornativa 
ne' matrimonii de' nobili a' tempi feudali (a). Ma 6 evidente che in un 



(rt) !.• No' Reg.* Curiae, vol. 46. (an. 1599-1601) fol. 16 8i legge: «A1- 
r Audientia dl Calabriu ultra. Per alcune cause et degai rispotti movcnti nostra 



— 29 — 

simile conflitto di rivali non avrebbe potuto esservi nemmeno ami- 
cizia tra il Sances e Gio. Geronimo. Vedremo poi come finirono i 
beni di Maurizio, il quale forse potfe essere semplicemente subfeu- 
datario di una parte di Borgorusso, mentre le ricerche piu ostinate 
su tale punto non ci hanno fatto sinora scovrire alcun feudo spe- 
ciale di quella regione da lui posseduto. Nella detta ipotesi la morte 
di Maurizio nemmeno avrebbe profittato a Gio. Geronimo, ma a 
D.* Camilla; ad ogni modo quanto era gik avvenuto, anche prima 
che la causa si agitasse in Napoli, mostra nel modo piu chiaro 
che il Sances non poteva che dimandare ed ottenere la condanna 
di morte per Maurizio (a). 



mente ce 6 parso provedere et ordinare che D. Camilla morano figlia del q." 
Barone di Gagliati di questa cittA di Catanzaro non sia amossa dal Mon.*" di 
S.** Chiara di detta citt^, dove al presente se ritrova per ordine di quessa R.' 
Audientia.... 18 julii 1601 ». — IV Ibid. vol. 49. (an. 1599-1601) fol. 114 f si 
legge: <Air Auditor don Sancio di miranda. Per lettera delli 15 del passato 
mesa de luglio havemo visto quanto per voi e state provisto nel particolare del 
matrimonio di donna Camilla Morana liglia del barone di Gagliano havendola 
posta nel monasterio di S.^ Chiara di quessa citt^ che il tutto sta molto ben 
fatto. et circa quelle che ci dite che donna Anna sancez matre di detta donna 
Camilla tiene per sospetto il detto monasterio et per darli satisfatione V haveti 
offerto un altro, gia che le parte senne contentano, vi dicimo che debbiate dar 
sodisfatione ^ detta donna anna circa il mutare detta donna Camilla sua figlia 
in altro monasterio come vi parerji meglio, non obstante Tordine nostro che non 
si dovesse mutare da detto monasterio senza altro ordine che tale 6 mia vo- 
\\xnUi et intentione. Datum neap, die 4 augusti 1601 ». — II prime figlio di Gio. 
Geronimo Morano , Gio. Antonio , invece di D.' Camilla sua cugina 8pos6 D.' 
Cornelia Ricca de* Signori deir Isola ( ved. Duca dcUa Guardia , Discorsi delle 
famiglie nobili etc. Nap. 1641 pag. 264 ). 

(a) 11 feudo di Burgorusso, gi^ difesa per le razze de* cavalli di Corte sotto 
gli Aragonesi, concesso poi al Conte di S.' Severina, era passato fin dal cadere 
del 1400 a Geronimo de Connestavulo subfeudatario del d.*** Conte, e Francesca 
de Connestavulo lo rec6 in dote a Gio. Francesco Morano fin dal principle del 1500; 
era quindi gi^ da un secolo posseduto da* Morano , onde poi con D.* Camilla 
Morano pass6 al Sances sud.*' che divenne anche Marchese di Gagliato (ved. 
Reg." delle Significatorie de' Relevii vol. 4.* fol. 112 t.^ e confr. Id. vol. 32." 
fol. 154 t.^ inoltre Quintemioni n." 175, fol. 191). Non c* 6 notizia che qualche 
porzione del feudo di Burgorusso fosse stata concessa in subfeudo a* De Rinaldis, 
e si sa che le notizie de* subfeudi si possono trovare solo accidentalmente nel- 
r Archivio di State. Eppure, secondo il cenno datone dal Campanella, non avrebbe 
nemmeno dovuto trattarsi di quella specie detta subfeudum planum o de tabula, 
giaechd in altrettali suffeudi, tanto della variety militare quanto della variety 
rostica, per le costituzioni di Federico II succedevano anche le donne; avrebbe 
dovuto invece trattarsi di quella specie detta svhfeudum quaternatura secun- 
dum quid, che veniva concessa col consenso anche del Re, giacchd in tal case 
veramente, per estinzione di linea maschile ed anche per solo crimine, succedeva 
il Barone sotto cui il feudo era tenuto. Ma rimane sempre che Burgorusso ap- 
parteneva a D.* Camilla , e che agli zii Gio. Geronimo , Scipione e Pietro, se- 
condogeniti di Gio. Battista, spettava solamente la vita-milizia in D." 72, come 
risolta dal sud.*° vol. 32." delle Significatorie fol. 154 t". Piuttosto Gio. Geronimo 
avrebbe potuto pret^ndere ed ottenere in mercede qualche feudo appartenente 
a*De Rinaldis dope la confisca fattane, ma ^ singolare clie non si abbiano no- 
tizie di feudi de De' Rinaldis per tutto il 1500 , n6 se ne abbiano di Gio. Ge- 



Intorno a Cesare Pisano, che il Nunzio aveva nella sua lista 
(jual clerico, e il Governo riteneva doversi continuare a trattare 
qual laico, non sappiamo corae si sia veramente proccduto nel tri- 
fiunale di NapoH; sappiamo solo cid che ne disse il Nunzio quando 
venne a conoscere 1' esito del giudizio, scrivendone una lettera di 
laf^nanza al Vicer(>, neUa quale lo awertiva aver inteso che contro 
del Pisano « si procede con tanto rifrore per il capo della ribellio- 
« ne, che senza ammettergli ne anche la probanza del Clerieato 6 
« stato condannato k morto ». Forse il tribunals stimo che avesse 
confessato abbastanza, e che invece di far nascere la quistione gia- 
risdizionale col rumore di nuovi esami e nuovi tormenti, fosse pre- 
feribile dare un saggio di vigore confermando la condanna ed ese- 
guendola senza curarsi d'altro. Lo argomentiamo dal conoscere la 
prolissa maniera di rispondere, che il Pisano era solito di usare 
ne' suoi interrogator! i, onde non earebbe mancata poi la citaziono 
di qualche notizia tratta da un nuovo intei-rogatorio, laddove que- 
sto ci fosse stato. 

La condanna di Maurizio, e cosi pure quella analoga del Pi- 
sano, doverono pronunziarsi o almeno deciders! nel Consiglio Col- 
laterale il 10 o 12 dicembre, poichfe il 1.3 giA si trasmetteva a 
Madrid la notizia di prossime esecuzioni. Difatti pel giomo 20 si 
allestiva certamente I'esecuzione di Maurizio, e raolto probabilmente 
anche quella del Pisano, onde il Nunzio nel giorno 19 potfe cono- 
scere che costui era stato condannato a raorte, e potfe scriveme io 
fretta al Vicerfe, facendogli notare, che non solo come clerico il 
Pisano avrebbe dovuto essere giudicato pure da lui « secondo I'ap- 
puntamento fatto con S. S.'" >, ma anche come molto informato 
dell'eresie suscilate dal Carapanella, « e forse della medesima 8e^ 
ta >, dovea essere riserbato; « non per campargli la vita, egH scri- 
« veva, se merita perderla per il capo della ribellione, raa per 
« riscontro et castigo di quel che appartenesse al S.'° Officio ^ , 
supplicandolo di « non permettere che la causa della ribellione ho- 



ronlmo Morano e figli pep 1' anno 1600 e seguentl. Per la fine del 1400 
trovato notizia del feudo di S. Marco in Calabria citra (detto anohe S. Msopf.' 
neH'anno 1488) «concesso per la M." del S." Re a Moaoa de Raj-naldo re^ 
cavallarizo » e i feudl di Prato e di Cocchiato « concessi ad Michelangelo A, 
Ranaldo*; ma in s^giiiio questi feudi ai trovatio tutti restituiti al Principe dl 
Bisi^ano, e i due nltimi venduti da lui ad altri. In StOo e Guardavalle poi 
verao i primi anni del 160O, oltre Burgoriisso, si trova U feado di Ra^ro a» 
partenente a'Tomacelti, da Luorezia 2.' figlia di Geronimo e d" Ippolita RdA 
poriato in dote a D. Filippo Colonna, che per morte de! fratello Marcantonio 
diveane Duca di Paliano e Tagtiacozzo e Gran Cootestabile del Re^o ( amicv 
dol CampanelJa piu lardi , e forse con 1' occasione del feudo). Si trova inolti* 
il feudo di Arcamone, disputato tra Salvatore Hejcitano e Ce^aHo Salerno; e tt 
trova inline il feado Colicestra ed Agapito, acquistato da Berto Presterft. D aaat 
di Qio. Geronimo Morano non vi s' incontra affatto, Ci6 darebbe ragioiu A 
croder vera la destinazione dc'beni di Maurizio nel modo che vedremo aSef 
mato dal Residente Vaneto. 



— 31 - 

« mana si solleciti tanto che pregiudichi k quella della ribellione 
€ divina, perchfe si sara in tempo di castigar Tuna et Taltra > (a). 
II Vicer6 sospese allora la faccenda in quanto al Pisano, per farla 
sopire e darle poi corso piu tardi a modo suo, di sorpresa. Rispose 
al Nunzio in termini generali, che in tutto cid che si poteva ser- 
virlo, stesse certo che lo si farebbe, e sarebbero liberati colore che 
non paressero colpevoli in delitti cosi gravi, etc. (6); non prese quindi 
alcirno impegno determinate, ed egualmente fece allorchfe piu tardi 
il Nunzio glie ne parlo, dimostrandogli che bisognava sempre man- 
tener vivo il Pisano per riscontro delle cose del S.*^ Officio, anche 
quando i suoi Ministii non lo ritenessero clerico, come non lo ri- 
tenevano perch6 non avea nemmeno indossato I'abito clericale « non 
« ostante che mostrasse di haver preso gli anni passati gli ordini 
< minori » (c). II Vicerfe non lascio intendere la sua opinione, e frat- 
tanto , con molta unzione, si di6 premura d' intercedere a Roma, 
perchfe fosse assoluto il Principe di Scilla, gik scomunicato per V af- 
fare di Marco Antonio Capito dal Vescovo di Mileto. 

Ma in quanto a Maurizio, il 20 dicembre si and6 per I'esecu- 
zione; se non che una circostanza affatto impreveduta la fece poi 
sospendere per quel giorno. Massimo il relative documento da noi 
trovato nell'Archivio de'Bianchi di giustizia,, ed inoltre una lettera 
del Residente Veneto, ce ne danno sufflcienti particolari. Ginsta la 
consuetudine , il condannato doveva uscire dalle carceri della Vi- 
caria, ed a spettacolo pubblico traversare una gran parte della citt4, 
percorrendo la via oggi detta de' TribUxAali, scendendo pel vice Nile 
(che percio dicevasi « degl'Impisi » e fine a'giorni nostri fa detto 
€ Bisi » ), per dirigersi di Ik alia piazza del Mercato, ovvero scen- 
dendo per la via di Toledo e girando presso Palazzo (e ben s'in- 
tende che qui si parla del Palazzo vecchio), per dirigersi alle adia- 
cenze di Castel nuovo. Maurizio fu egli pure tradotto dapprima 
alia Vicaria, e poi di 14, sopra un carro, certamente perchfe ina- 
bilitato a muoversi dietro le torture sofferte, facendo il lungo giro 
sopraindicato fu tradotto « a vista del Castel novo »; ma giunto 
sotto la forca egli dichiaro di voler rivelare ogni cosa, ed allora 
Pesecuzione fu sospesa. Ecco come il fatto trovasi esposto nel Re- 
gistro de' Bianchi di giustizia : « et 4 di xx di xbre se ando in 
€ Vicaria con tutta la compagnia , et usci la giustitia sopra un 
€ carro, et essendo gia sotto la forca se risolse detto Mauritio con- 
« fessare et rivelare li complici della ribellione, et cosi non si ese- 
« gui la giustitia et ritornd in Vicaria con essersi trattenuta la 



(a) Ved. Doc. 78, pag. 59. 

(b) VecL Doc. 79, pag. 59. Questa copia di biglietto Vicereale senza data 
6 senza indirizzo, ma ioserta fra le lettere del periodo di cui trattiamo nel Car- 
teggio del Nanzio, ci pare appunto che rappresenti la risposta del Vicer^ alia 
lettera aozidetta. 

(c) Cosi scrisse poi il Nanzio a Roma con la sua lettera del 21 gennaio 1600; 
ved. Doc. 83, pag. 60. 



- 32 — 

€ compagnia un pezzo dentro la chiesa di Monserrato » (a). Come 

mai Maurizio fece questa risoluzione? Egli stesso nelle sue ultime 

rivelazioni a'Delegati del S.*^ Officio, sul punto di essere definiti- 

vamente condotto alia forca, lo spiego in questi termini: « lo sa- 

€ pcndo che frA Thomaso si era esaminato contra di me, havendo 

4c io avuto pill volte la corda, non ho voluto mai dire cosa alcuna 

« contra di essi frati, fe si bene poi hd ditto la verity, 6 state per- 

€ che sono state consigliato che era obligate a dirlo per scarico 

« dela mia conscientia, si come me ha ditto lo mio confessore dela 

€ Compagnia di quelli che confortano quelli che si vanno k giusti- 

« tiare > (b). Non altrimenti ne scrisse pure a Roma il Nunzio 

medesimo quando era giA cominciata la causa degli ecclesiastici, 

ed egli , come Giudice di quella causa, poteva e doveva saperlo: 

« condotto alle forche si risolvette a dire spontaneamente, et per 

€ scarico di conscienza, tutto quelle che sempre haveva negate nei 

« tormenti » (c). Inoltre, poco dope Taccaduto, come vedremo piii 

sotto, il Residente Veneto ne fece relazione al sue Governo negli 

stessi sensi , aggiungendo qualche aitra circostanza degna di no- 

ta. Ma il Campanella, dapprima nella sua Difesa che noi pub- 

blichiamo, poi nelle Lettere del 1606-07 pubblicate dal Centofanti, 

da ultimo nella sua Nari'azione pubblicata dal Capialbi, riferi le 

cose assai diversamente, con circostanze che meritano di essere ben 

chiarite, poich^ ognuno comprende Testrema importauza del fatto, 

da cui, secondo la diversa interpetrazione, riesce suggellata o in- 

voce scossa profondamente V esistonza della congiura o almeno la 

parte presavi dal Campanella. Dapprima dunque nella Difesa asseri 

che Maurizio « voile vendicarsi di quanto fra Tommaso scrisse in 

« Castolvotere contro di lui », e che « el)be speranza di redimersi 

« air ultimo memento col far dichiarazioni contro fra Tommaso, 

4c {X)iclu'^ cosi lo persuase im ccrfo fiscale in abito di confrate pro- 

€ mettondogli la vita sotto parola del Re come poi fra Tommaso udi 

« dalla bocca di lui » (queste ultime proposizioni furono aggiunte 

per uso de* Giudici propriamente doireresia). Nelle Lettere al Papa, 

al Cai*d.* Farnose, al Card.* S. Giorgio, al Re di Spagna, rinforz6 

le assertive anteriori scrivendo, che « sotto verbo Regie fecero con- 

« fossar a Mauritio mille bugie >, che Maurizio ^per altra causa 

€ moremh sulle forche persuase dal false tiscale e confessore torno 

« in prigione e disse mirabilia et non subsistentia », che gli « fu pro- 

« mossa la vita sub verlx) regie che dicesse su la ferca quel ch' in 

« mille tormenti negate havea *, che « fu ingannate sotto parola 

« della vita dope melli tormenti quando andava a morire e disse 



{a) Ved. Doc. 239, pag. 155. Chi oonosce NajwH sa che la Chiesa di Mon- 
serrato ti\n\*i5i air in^re$;!0 dell* attuale Strada di IMrto e di rimpetto alia torre 
del Ca$telIano. 

{b) Ved. Doc, 307, pag. 256. 

(o) Ved. Doc, 84, jvii:. CI 



— 33 — 

€ mille bugie » (a). Infine nella Narrazione, scritta tanto piii tar- 
di , espose i fatti con tanto maggiore disinvoltura in questi termini. 
€ Pero vedendo esso Sances, che non si potea verificare la ribel- 
« lione, perche Mauritio con torture terribilissime in Calabria non 
€ havea confessato con tutto che Xarava lo tortnrd un' altra volta 
€ dopo condannato e confessato, dicendoli ch' il confessore era un se- 
« colare vestito di monaco per spiarlo : nfe pur in Napoli poi confessd 
€ tormentato di novo : si vestir di confrati bianchi certi Consiglieri, 
« fingendo che volean farlo morire : et esso Sances con un Gesuino 
€ confessor del Vicerfe, li promisero la vita in verbo regie, se con- 
€ fessava la ribellione sopra la forca, perche havesse color di ve- 
€ ritA. E Mauritio tememio morir de mandato regio perche havea 
€ ucciso un siu) cugtno et una femina , et andato sopra le galere 
€ iurche per scampar la vita confessd sopra la forca quando andd 
€ fintamente ad appiccarsi ». Pur troppo questo garbuglio del Cam- 
panella 6 de' piu dolorosi, e si pud intendere ma non si pud assol- 
vere che egli abbia dovuto infamare Maurizio in tal modo. La con- 
danna di Maurizio alia morte, come convinto di ribellione, era stata 
pronunziata gik una volta in Calabria, e principalmente per colpa 
del Campanella medesimo ; nfe bisognava affaticarsi perchfe la ribel- 
lione acquistasse « color di verity », quando il Campanella V aveva 
cosi bene affermata nella sua Dichiarazione dando anche la spie- 
gazione precisa dell'andata di Maurizio suUe galere turche, e gik ad 
otto persone era state inflitto V estremo supplizio per essa. 11 confon- 
dere gli omicidii anteriori di Maurizio col sue case ultimo, il voler 
far credere che avrebbe potuto scampar la vita confessando quella 
ribellione per la quale era condotto alia forca, V asserire che « andd 
jftntamente ad appiccarsi » quasi che non vi fosse stata una prece- 
dente condanna in tal sense, tutto cid 6 ben poco serio; ed egual- 
mente 6 ben poco serio, o meglio iniquo, il voler mostrare Maurizio 
iivenuto vigliacco a un tratto, dopo le splendide prove di fermezza 
da ltd date, dopo gli splendidi attestati del Campanella medesimo 
espressi gik nella Dichiarazione e in sfeguito nelle Poesie. Pud bene 
ammettersi nel Sances e nel Gesuita confessore del Vicerfe (P.® Fer- 
rante de Mendozza) ogni specie di tentative per indurre Maurizio a 
confessare la ribellione, ma non in Maurizio tanta dose d' ingenuity 
la cedere segnatamente a quella specie di promessa che il Campa- 
nella si fece a narrare. Quanto poi all' esservi stati Consiglieri vestiti 
ia confrati bianchi, i quali esercitarono la lore influenza su Maurizio 
per farlo confessare, la cosa potrebbe ritenersi nel sense, che qualche 
jonfrate addetto a confortare Maurizio allorch^ andava a giustiziarsi, 
per eccesso di zelo, abbia avuto premura di suscitarne gli scrupoli 
3 mostrargli la necessity di confessare per salvarsi 1' anima. Si po- 



(a) Per ci6 che 6 scritto nella Difesa, ved. Doc. 401 , pag. 484. Per ci6 
she d scritto nelle Lettere , ved. Archivio Storico Italiano an. 1866 , pag. 24, 
S9y 68 e 00. 

AmabiU^T. Campanblla, Vol. II 5 



trebbe ritenerlo in astratlo, poichft, come ricordano i nostri Storin 
ed attestano varii documenti, non una volta a quella benemerita Com- 
pagnia de' Bianchi fui-ono mosse accuse di questo genere ed anche di 
genere opposto, da' particolari ovvero dal Governo, essendovi stato 
motivo di ritenere che i confrati avessero spinto qualche condan- 
nato alle confessioni owero alie discolpe ; ma dobbiamo pure sog^ 
giungere che nel caso concrete Maurizio medesimo ebbe pi6 tardi 
a dichiararlo a' Delegati del S.'" Officio; se non che sarebbe dif- 
ficile sostenere essere stato spinto alia confessione dolosamente e 
dietro manovre del Sances e del Govei-no. Per disgrazia questa volta 
non abbiamo nemmeno i nomi de' confrati intervenuti, che i Regi- 
stri della Compagnia danno sempre, speciticando anche colore i qaali 
hanno assistito il condannato all' ufficio, per la strada, alia porta, 
alia scala o al talamo secondo le specie del supplizio: essendo man- 
cata r esecuzione, non vi fu un annotamento apposite, ma vi fu la 
seconda volta, quando I" esecuzione si compi, e non sarebbe troppo 
arrischiato I' ammettere che pure la prima volta fossero interve- 
nuti i confrati medesimi. Laddove questa ipotesi dovesse aramet- 
tersi, potremme dire certamente non essere intervenuti Consiglieri 
nfe Fiscali, essere stali i due principali confortatori, che maggior- 
mente avrebbero avuto ad influire, il P.* Palescandolo governatore 
della Compagnia il quale avrebbe assistito Maurizio lungo la strada, e 
D. Scipione Stinca egualmente sacerdote oltrechfe dottore (ed avremo 
a vederlo piii tardi difensore offlcioso della maggior parte de' frati 
nella causa dell' eresia) , il quale avrebbe assistito Maurizio alia 
scala, dove appunto egli dichiai'6 voler fare le sue rivelazioni : vi 
fossero poi stati anche Consiglieri e Fiscali, si sa che la Compagnia 
ne anneverava moiti, insieme co" piii distinti personaggi del paese (a). 
Ad ogni mode puo dirsi certo che Maurizio non fu indetto a con- 



L 



(a) Facevano parte della Compagnin quasi sempre il Card.' ArcivescoTO dellft 
citti, molti Voscovi, Nobili titolati, Signori, Dottori, Sacerdoti, e per istituto 
UD numero determinato di P.' Gesuiti e P.' deU' Oratorio, non che I'.' di altri 
ordjni- Ne faceva allora parte anche D. Gabriele Sauces Capp^eUano maggiora, 
fratello di D. OiovaiiDi; Id Stinca vi si era ascritto fin dal 6 gennaio 1585; piA 
turdi, nel 1603. vi si ascrisae lo stesso Nunzio Jacopo Aldobrandini Vescovo di. 
Troiu. Annualmente una de' fratelli era eletto all' ufficio di * scri\ nno >. Costui r^ 
gistrava le relazioni delle giustizie, con lu lista de' parenti del giustjziato, die 
la Compagnia aveva il carico di assistere e soccorrere, e con le discolpe e rif 
trattazioni se ve ne erauo , oltrechfi raccoglieva in altri libri i testamenti doi 
giustiziati, gli original! delle Autorita che ordinavano od invitavaiio la Compa^ia 
alle giustizie etc. etc. Secondo 1' attivitA delto scHthdo e I'importanza del caao^' 
si ha qualche notevolissima relazione , come quella della giustizia di fra Tob^ 
maso Pignatelli allievo del Campanella, che fn scritta da i). Antonio d' Ajton*^ 
e che trovata in copia nella Biblioteca Brancacciana dol chiar. prof. De filwiii 
servl di base al suo bel lavoro intitolato Una seconda congiura del Campan^k 
( ved. Giomale Napoletano di files, e lett. giugno 1875). Nella Bibliot«ca dflK 
i'Abate Cuomo, ora Mnnicipale, si hanno parecchie relazioni di giustizte, a^ 
gnatamente de' tempi di Maiianiello, che trascrisae da' Kegiatri della Compagidi- 
lo stesao compiaoto Abate. 



— 35 — 

fessare da alcuna ragione vituperosa, bensi da una ragione che pud 
non essere stimata giusta, ma non t'pud non essere rispettata, tanto 
piu che trovasi in tutto conforme a' precedent! di lui. Da niuno fu 
detto mai, in quel tempo, che avesse confessato per vigliaccheria 
o per capitolazione, e fortunatamente abbiamo la relazione del Re- 
sidente Veneto, la quale ci fa conoscere assai bene i desiderii e le 
condizioni che Maurizio espresse dopo la condanna e al memento 
dell' esecuzione ; 6 superfluo dire che vi si pu6 credere senza ri- 
serve, non trattandosi di fatti awenuti fuori Napoli ovvero in se- 
greto, pe' quali soltanto riesce difficile aspettarsi 1' esattezza dal Re- 
sidente , come s' incontra in realtA anche questa volta per talune 
circostanze che leggonsi in rine del suo dispaccio, Ecco o questo di- 
spaccio, che porta la data del 28 dicembre, e che, unite alle affer- 
mazioni del Nunzio sopra citate, ci pare che venga a togliere ogni 
dubbio sul fatto in quistione. « Quel Mauritio Rinaldi famoso per 
« essere state capo della congiura et non meno perche o'gniuno sa- 
« peva, che dal signer Carlo Spinelli era state condannato di esser 
« segato vivo tra due tavole, condotto di ordine del Vicer6 a' 23 
€ del presente a vista del Castelnovo per dover essere impiccato, et 
€ poi squartato, non havendogli giovato di offerire sei raille ducati 
€ piu di alcuni suoi beni liberi conflscati , per ottenere che per 
€ non derogar al suo nascimento di nobiltA gli fosse solamente ta- 
€ gliata la testa, giunto al luogo del supplicio, tutto converse a 
€ Dio, disse , che havendo in questa sua prigiona sofferto in tre 
« mesi quaranta here di corda, et altri tormenti per i quali si tro- 
< vava tutto attratto et quasi morto senza haver mai confessato al- 
« cuna cosa, haveva k bastanza comprobato che egli per vilt4 non 
€ consentiva di mancar di fede a' suoi collegati , ma che allhora, 
€ essendo all' ultimo cimento delP anima , per non seppelirla nel- 
€ r Inferno voleva scoprir tutte le cose trattate senza niuna condi- 
€ tione di salvarsi la vita. Fu perd per ordine di Sua Eccellenza 
€ trapposto piu tempo alia sua morte, et hA egli manifestate cose 
€ maggiori che non si sapevano, et nominate persone di quality per 
« infette della heresia et della rebellione, onde, non ostante gli or- 
€ dini di Spagna che furono che si procurasse di poner in silentio 
« quanto prima questa materia, incominciano pur hora i processi 
« et le retentioni > {a). 



(a) I suddetti ordini di Spagna rappresentano seDza dabbio una deUe voci 
diffuse allora ad arte; abbiamo altrove riferita la lettera del Re, che mostra gli 
ordini veri e ben diversi. Rappresenta del pari una voce diffusa ad arte queUa 
che il Residente avea gi^ trasmessa in un dispaccio anteriore (ved. Doc. 185, 
pag. 94) e che fornl al Mutinelli Toccasione di una nota sul tone di un idillio. 
Da' Registri Sigillorum di quel tempo si pu6 vedore come S. M.^ di Spagna 
avesse piet^ della borsa de* napoletani , facendo diluviare le grazie co* diversi 
titoli, di pension!, avantagii, intertenimionti, piazze morte, sempre nell' interesse 
degli spagnuoli; e il fatto ^ illustrato assai bene da un* affannosa lettera del Vi- 
cerd che noi pubblichiamo (ved. Doc. 41, pag. 45). Si comprende poi che non 



— 36 — 

Ripigliamo il racconto particolareggiato di quanto accadde , do- 
pochfe Maurizio manifesto la risoluzione di voler confessare ogni cosa. 
L' esecuzione fu sospesa ed egli venne ricondotto nelle carceri della 
Vicaria, come ci fa conoscere il documento esistente neirArchivio 
de' Bianchi, Nfe confesso sotto la forca, come risulterebbe dalla di- 
citura poco precisa della Xarrazione del Campanella ed anche di 
qualcuno de' documenti per gli ecclesiastici conservati in Firenze, 
ma confesso per lo meno il giorno dopo nel tribunale. Questo si 
argomenta da una lettera del Vicerfe , il quale trasmise subito a 
Madrid, il giorno 21, la risoluzione presa da Maurizio, ma sola- 
mente piil tardi potfe annunziare che avea confessato « e molto bene », 
senza per alti'o dire i particolari della confessione (a). Si argomenta 
inoltre dall' ampiezza della confessione medesima, la quale, scritta, 
occupo per lo meno 32 fogli, come si rileva da' numeri notati pei 
brani di essa inserti ne' suddetti documenti conservati in Firenze, 
Aggiungiamo che da questi documenti si rileva pure essere state 
tale atto tenuto sciolto, ma al sfeguito del 3,^ volume del processo ; 
la qual cosa si spiega benissimo, considerando che erano stati gi^ 
compiti tutti gli atti relativi a Maurizio ed anche queili relativi al 
Pisano, aUorchfe si ebbe la lunga confessione del tutto inaspettata, 

Ecco ora quanto sappiamo delle cose confessate da Maurizio, 
poich6 ne sappiamo appena quella parte che si trova inserta a brani 
ne'documenti per gli ecclesiastici sopra citati, e quindi siamo ben 
lontani dal possedere tutta intera la confessione (b), Maurizio andd 
una notte al monastero di S.** Maria di Gesu a Stilo, dove trovd 
fra Tommaso ed altri; fra Tommaso parlo in lode delle armi e della 
campagna. E mentre cosi parlava nella sua camera, fra Pietro di 
Stilo entrava ed usciva. Di poi, egualmente a Stilo, in casa di D. 
Gio. Jacovo Sabinis, vennero a trovarlo fra Tommaso, fra Dionisio 
e Gio. Gregorio Prestinace, ma c'era gente e si parlo d'altro. Nella 
notte seguente o in quella dell' indomani tornarono (Maurizio non 
ricordava se ci fosse stato anche il Prestinace), e fra Tommaso 
comincid a citare esempi di uomini che dal niente erano diventati 
grandi, allegando il Macchiavelli ed altri autori; animandolo alle 
armi disse che vi sarebbero mutazioni, che egli voleva fare repub- 
blica, che bisognava trovare amici a questo eflfetto, e parlando con- 
tro la nuova numerazione disse che le anime di Dio erano contate 
come animali bruti, che si offendeva Dio, che quando David voile 
numerare il suo Regno, Dio non gastigo David ma i popoli che si 
erano lasciati numerare. Maurizio allora si offri. C era anche Giulio 



si pu6 fare alcuno assegnamento su quanto il Residente dice che Maurizio avrebbe 
confessato, trattandosi di un atto processuale del tutto segreto ; e non abbiamo 
veramente notizia cbe fossero < cominciati » allora altri processi e catture die- 
tro le confessioni di Maurizio. 

(a) Ved. Doc. 40, pag. 44. 

{b) Ved. Doc. 244 pag. 141-142-143; D. 247 pag. 159; D. 248 p. 160-161; 
D. 250 p. 103; D. 252 p. 166; D. 263 p. 175; D. 265 p. 182; D. 266 p. 184. 



— 37 — 

Contestabile, il quale stava sempre insieme con fra Tommaso e non 
si scovriva perchfe inimico a Maurizio: ma durante la carcerazione 
nel Castello fra Tommaso avea detto a Maurizio che Giulio con 
tutta la casa sua era consapevole. E una volta, stando del pari in 
casa Sabinis, essendosi visti certi legni in mare , fra Tommaso e 
fra Dionisio (Maurizio non ricordava se ci fosse state anche il Pe- 
trolo), dissero di volere scendere per trattare co' turchi di questo 
negozio, e fra Dionisio si awi6 con scusa di voler andare a ri- 
scattare un sue fratello, Fra Tommaso intanto gli diceva di stare 
in ordine e trovar compagni, non dovendosi perder tempo, di avere 
gik molti con* lui, averne parlato a persone principali e tra gli altri 
a D. Lelio Orsini; Maurizio disse non voler cominciare nfe portar 
gente, se prima non vedesse cominciata la guerra, e fra Tommaso 
gli dimandd se quando si cominciasse a ribellare Catanzaro non 
avrebbe accudito , ed allora egli acconsenti, Inoltre Maurizio gli 
obietto che non si potevano mettere ad un'impresa cosi grande senza 
danari, e fra Tommaso gli disse che avea persone le quali li avreb- 
bero dati e specialmente sarebbero venuti dal Castello di Arena, 
di dove Marcantonio Contestabile confldava poterli pigliare, la qual 
cosa fra Tommaso gli confermo anche dopo la carcerazione. Si con- 
cluse di mandare fra Dionisio Ik presente a Catanzaro, per cercare 
ed indurre gente a far parte dell'impresa; e fra Dionisio vi andd, 
e al ritomo disse a Maurizio in Davoli che avea trattato con al- 
cuni gentiluomini, e gli nomino Fabio di Lauro, Gio. Battista Bi- 
blia e il Barone di Cropani. Risolverono poi di chiamare Gio. Paolo 
di Cordova e Gio. Tommaso di Franza che Maurizio preferiva come 
uomini di valore, e Maurizio, a consiglio di fra Tommaso, scrisse 
loro sotto colore di trattare della lore nativitA: questi vennero con 
Orazio Rania a Davoli, ove Maurizio si trovava in casa di D. Marco 
Antonio Pittella, e fra Tommaso vi era venuto la notte precedente 
col Petrolo e Fabrizio Campanella; Tindomani parlarono in S.** Ma- 
ria del Trono, nel castagneto, e fra Tommaso discorse delle pros- 
sime guerre e delFutilita del trovarsi pronti in armi, e trattenutisi 
piu di due ore con fra Tommaso, dissero di poi che fra Tommaso 
era un grande uomo ed avea parlato della loro nativitA. Ancora 
fi^ Tommaso disse a Maurizio che v'intervenivano Claudio Crispo 
e Gio. Francesco d' Alessandria, fra Gio. Battista Pizzoni, e forse 
anche Giulio Soldaniero, ma Maurizio non si ricordava bene se glie 
lo avesse detto prima o dopo la carcerazione; e voleva che Mau- 
rizio fosse andato a Pizzoni , ma Maurizio non voile andarvi ed 
andd invece il Petrolo. Fin da che si tratto del negozio con fra 
Tommaso, fra Dionisio, Gio. Gregorio Prestinace e Gio. Jacovo 
Sabinis, si stabili che quando apparissero galere turche, o fra Tom- 
maso, o fra Dionisio, o il Petrolo , andrebbero a trattare co' tur- 
chi perchfe volessero dare aiuto e favore. E poi vi ando spontanea- 
mente egli stesso, Maurizio, senza alcuna missione del Campanella, e 
trattd con Morat Rais detta ribellione, e al ritorno mostro il salva- 



condotto a Gio. Gregorio Prestinace , fra Tommaso Campanella, 
D. Marco Antonio Pittella ed altri, a'quali disse ci6 che avea trat- 
tato e conchiuso con Morat Rais, e ne giubilarono lodandolo e di- 
cendogrli che avea fatto assai di quello che desideravano; ben vera 
il Pittella non mostrd contento come ^li altri, poichfe non era coai 
addentro al negozio come pli altri. E in somma conclusero tutt'in- 
sieme, Maurizio, fra Tommaso e fra Dionisio, che quando cestui 
avesse finite di trattare ed avuto il consenso di quelli di Catanza^ 
ro, avviserebbe, e si sarebbe pigliato espediente di eflFettuare la ri- 
bellione ed entrare in Catanzaro, e fra Tommaso diceva dovera 
pridare liberty, scassinare le c^rceri e ammazzare gll ufficiali. — 
Fu questa la confessione di Maurizio, che abbiamo cercato di nor- 
dinare diligentemente secondo i numeri de'folii notati per ciascun 
brano di ossa, e I'analogia delle circostanze espresso in ciascun 
brano. Facciamo subito avvertire, che se la confessione apparisca 
addirittura acre verso il Carapanella, fra Dionisio, il Petrolo ecc., 
cio avviene p6rch<> i hrani di essa a noi pervenuti son quelU soli 
che il Mastrodatti sceglieva pe' riassunti degl' indizii contro costoros 
ma 6 facile comprendere che tutta intera avrebbe un altro aspetto, 
senza per altro rimanerne alterati i fatti sopra riferiti, mentre poi 
anche in questa parte a noi nota si vede che Maurizio non rispar- 
mia panto sfe stesso. N6 i fatti vi riescono esseozialmente diverd 
da quelli esposti dal Campanella nella sua Dichiarazione, essendovi 
solo la diflferenza che nella confessione di Maurizio fra Tommaso 
risuJta il motore fondamentale di ogni menomo paaso. Ora intornft 
a cio basta considerare che non si sarebbe proceduto neirimpresa, 
senza quelle tali profezie e previsiooi di avveiiimenti, dapprima piii 
lontani, poi divenuti imminenti, siccome il Campanella li ooncepiva, 
e d'altronde si sconoscereblje del tutto e il carattere, e la posi- 
zione, e il credito del Campanella, quando si volesse pensare che 
egli si fosse lasciato condurre invece di condurre; anche il conte- 
gno suo nel carcere ci apparisce n6 pii nfe meno che quello di un 
capo, sia quando prosegue a discorrere di queste cose con Maori- 
zio, sia quando lo giudica, lo esalta o lo vitupera, come fa del 
resto con tutti gli altri. Qualche lieve inesattezza nella successione 
de'fatti esposti da Maurizio, qualche vacillamento di memoria, ai 
spiega agevolmente con lo state della sua persona affranta e stri- 
tolata dalle torture. Ma non v'fe luogo ad ammettere che il Fiscalft 
abbia protittato di una simile condizione per fargli dire cio che gli 
promeva che dicesse. Vedremo 1' altra confessione di Maurizio itt> 
nanzi a'Delegati del S.'" Officio, fatla oltre un mese piii tardi, in 
un memento supremo e lungi dall'intluenza di Giudici d'ogni sorta, 
nella quale, benchfe si espongano cose di altro genere, non si nota 
la menoma dissonanza ed invece si hj una sufficiente corrispon- 
denza con le cose esposte nella presente confessione; e questo ci 
pare un argomento fortissimo per ritenerla del tutto vera. 

La confessione di Maurizio, perche acqui&tasso forza coQtro i 



corapUoi, come allora ai oostumava, veiuie ratificata con una nuova 
tortara. Questa, secondo i proceiliuienti in vigore, dovfe applicarsi non 
pill tardi del giorno conspcutivo, leggendo dc verba ad vey-hum tutte 
le cose deposte, c facendo dicliiarare al paziente sospeso alia corda 
che egli le confermava in omnibus et de omnibus. Quindi, come fu poi 
scritto a Madrid, parve bene al Vieer(>, « avendone tenuto consuita 
« col Collaterale, di trattenere I'esecuzione di Maurizio sino a con- 
« frontarlo con fra Tomraaso Campanolla » (a). Credevasi allora che 
non dovesse tardare di molto V arrive del Breve Papale , con cui 
A'eniva ad essere costituito il tribunale della congiura per gli ec- 
clesiastic!; ma invece esso tardo ancora, e frattanto il tribunale pei 
laid continuo nel corapito suo. 

Le notizie ulteriori intorno all' opera di questo tribunale pei 
laici Bono tanto deficienti , che in veritA non ahbiamo troppe cose 
a dire. Possiamo affermare con sicurezza che furono esaminati tutti 
prioqxiisiti giA carcerati, amministrando o ripetendo torture piu o 
raeno crudeli a parecchi fra loro; oltraccio furono presi i prowe- 
dimenti piii gravi contro i eontumaci, e il tribunale resto aperto 
per varii anni. 11 Campanella, mettendo insieme gl'inquisiti eccle- 
siastici e i laici, nelle sue lettere del 1606-07, una volta scrisse 
che vi erano slati 80 tormentati ad potnpam, un'altra volta scrisse 
che i tormentati erano stati quasi 100, ed aggiunse che niutio avea 
confessato (6); nella Narrazione poi ridusse"di molto queste cifre, 
e scrisse che « fuio tormentati ... da cinquanta e nullo confessd 
cosa alcuna », nominaudo de'laici appena un Geronimo Politi pro- 
curatore di fra Dionisio (nome nuovo) e taluni fra'rivelanti tardivi 
di Catanzaro, Gio. Tommaso di Franza, Mario Flaccavento, Tom- 
maso Striveri. Or sapendo che furono tormentati non piii di sei o 
sette ecclesiastici, 6 facile vedere il numero de'laici tormentati, per 
quanto le cifre suddette lo consentono; e ben s'intende che nessuno 
di eostoro confess6 cosa alcuna relativamente a sfe stesso, non giA 
relativamente al Campanella e a fra Dionisio. Massime que' ire di 
Catanzaro sopranominati non poterono certamente contraddire le 
prime loro deposizioni; e difatti anche nel processo di eresia ebbe a 
vedersi piii tardi Mario Flaccavento, insieme con Felice Gagliardo 
e COD Camillo Adimari, sollecitare Giuseppe Grillo perch^ deponesse 
contro fra Dionisio (c). 11 Campanella scrisse pure che lo Xarava dio- 
de a due de' sopra nominati le cartelle « di quello haveano a dire »: 
evidentemente le cartelle, se ve ne furono, doverono contenere il 
ricordo di ci6 che essi avevano deposto in Calabria. Da parte no- 
stra possiamo aggiungere soltanto il nome di qualche altro de'laici, 
che figur6 pure nel processo di eresia ed ebbe ivi occasione di far 



(a) Ved. Doc. 40, pag. 44. 

ib) Ved. la Lett, jil Card.' Farnese e quella latina al Papa e Cardinali, Arch. 
Storico ItaliaDO 1866 p. 59 e 8i!. 

(c) Vod. Copia ms. da'processi ecoles. torn. 1." fol. I3£. 



' - 40 - 

motto del tormento sofferto: tale fu Felice Gagliardo, che disse avere 
avuto ^ a morire ^ nella « seconda corda » che gli diedero in Na- 
poli; ma cid avveniva abbastanza pift tardi, nientemeno che verso 
il marzo 1602, onde rimane dimostrato che tutto questo lavoro durd 
molto a lungo. 

Circa i contumaci poi , dietro documenti da noi trovati nel 
Grande Archivio , possiamo dire che non si mancd di venire alia 
<c forgiudica » per parecchi di lore, e non sempre in sfeguito di in- 
dizii gravissimi. Come abbiamo accennato altrove, con questa pa- 
rola € forgiudica », parola non giuridica ma di uso comiine nel 
Regno, sMntendeva di costituire gl'inquisiti fuori ogni adito al gin- 
dizio, ovvero di giudicarli fuori giudizio, se a questo non si pre- 
sentassero fra un certo termine; il quale termine le Costituzioni del 
Regno prescrivevano dover essere un anno, ma la licenza del Prin- 
cipe potea ridurre a pochi giorni e perfino ad ore! Si pubblicavano 
i bandi per citare gV inquisiti a comparire personalmente « ad in- 
fer mare ed a*capitoli », e i bandi, intrinsecamente mortali, erano 
connessi airannotazione de'beni: fatta poi e letta la sentenza, i rei 
si avevano per confessi, non potevano appellarsi nfe supplicare, nfe 
erano ascoltati nella causa principale; si ritenevano morti e i lore 
beni venivano conflscati, ognuno poteva ucciderli impunemente e i 
lore cadaveri non potevano esser seppeliti, potevano bensi, con certe 
regole, essere rilasciati per Tanatomia. Del resto, tanto prima che 
dope la sentenza, si potevano opporre non poche eccezioni e capi- 
toli, sia dagl' inquisiti medesimi, sia da' lore consanguinei, Una prima 
lettera Vicereale concesse a Marc' Antonio d'Aponte facoltA di di- 
chiarare forgiudicati, con termine abbreviate, parecchi che a rela- 
zione di lui e di D. Giovanni Sances erano stati dichiarati contu- 
maci ad infonnandum et ad capihda nella causa della € sedutione 
de congiura » : la lettera reca la data del 31 dicembre 1599. I 
contumaci erano: « Alexandre tranfo di tropea, Gio. francesco d'a- 
« lexandria di Monte lione, Marco ant.*' Contestabile di stilo, Matteo 
€ famareda di Catanzaro, Geronimo baldaya di Squillace, pietro 
€ paulo santa guida, Antonio verlino di S.** Caterina, francesco 
« antonio de lo Joyo di girifalco et Tolivio de lo doce de satriano »: 
il Vicerfe accordava ^ di possere abreviare il termine dela forgiu- 
« dicatione alii sopradetti contumaci, prefigendoli termine di gior- 
« ni venti k comparere . . . non obstante la constitution del Re- 
« gno, che vole il circolo deir anno per possere declarare forgiu- 
^ dicati » (a). Riesce certamente notevole il non vedere compreso 
in questo elenco V amico intimo del Campanella e compare di Mau- 
rizio, Gio. Gregorio Prestinace : ma venne piu tardi anche la volta 
sua ; abbiamo difatti rinvenuta un' altra lettera nel sense medesimo, 
esclusivamente per lui, ma scritta circa dieci mesi dope la sopra- 
detta, neir ottobre 1600 , e cio conferma che pure da questo lato 



ia) Ved. Doc. 217, pag. 115. 



— 41 — 

il lavoro fa lungo (a). Con ogni probabiliti non mancarono altre 
deliberazioni contro altri contumaci di Calabria : le evidenti e scon- 
fortanti lacune , che presentano le scrittiire rimasteci nel Grande 
Archivio , ci autorizzano a ritenerlo, D' altronde V elenco soprari- 
ferito ci presenta non solo nomi d' individui de' quali abbiamo avuto 
notizie piu o meno ample dagli Atti processuali che ci sono rima- 
sti, ma anche qualche nome d* individuo che ci riesce del ttitto nuovo. 
Non parliamo di Marcantonio Contestabile e di Gio. Francesco d* Ales- 
sandria^ citati ampiamente da moltisHimi testimoni i ricordiamo sol- 
tanto che il Famareda fii citato da Fabio di Lauro come particolare 
amico ed ospite di Maurizio de Rinaldis, il Baldaia fu perquisite e 
trovato possessore di una lettera di Maurizio a Gio. Francesco Fer- 
raima e di poi citato dal Vitale qual complice in colloquio con Mau- 
rizio e raccoglitore di fuorusciti per conto di lui , il DelF Joy fu 
citato dal Biblia e poi dal Mileri come complice in colloquio col 
Campanella e fra Dionisio, il Dolce fu citato dal Pistacchio come 
compagno di Maurizio nelF andata a Davoli, il Santaguida fu citato 
da piu testimoni come uno degF individui di S.^ Caterina i quali 
salirono suUe galere turche e vi rimasero piu di un' ora , cid che 
verosimilmente fece del pari il Verlino ( leg. Merlino ) anch' egli 
di S.** Caterina. Ma quelFAlessandro Tranfo non si rinviene citato 
da alcuno negli Atti processuali in nostro potere finoggi, e cid mo- 
stra che non conosciamo davvero quanto si fece pe' laici, e che ve 
ne fiirono altri , forse in numero ragguardevole , tuttora rimasti 
ignoti. Notiamo qui che documenti da noi trovati ci mostrano que- 
sto Alessandro Tranfo, figlio di Jacovo Giovanni Barone di Preca- 
core (o Crepacore) e di S. Agata, qualificato Barone egli medesi- 
mo poco dope il periodo di tempo di cui trattiamo, con ogni pro- 
bability per « refutazione > fattagli dal padre , il quale mori pid 
tardi , nel 1611 (6). A tempo della congiura avrebbe avuto appe- 
na 19 anni, e dovfe essere di quelli ricercati da Maurizio dopo il 
convegno di Davoli, allorchfe Maurizio and6 in giro per parlare a 
Gio, Battista Soldano (egualmente di Tropea) e ad altri. Insieme 
col Barone di Cropani, egli va compreso nel gruppo dei « Baroni 
Provinciali », che secondo il Giannone parteciparono alia congiura 
del Campanella « in numero ben grande )►, e non furono da lui no- 
minati nella sua Istoria civile per rispetto alle lore famiglie: noi 
pertanto conosciamo solamente i due anzidetti, e dobbiamo dire che 



(a) Ved. Doc. 218, pag. 115. 

(b) Nella Numerazione de' fuochi di Tropea per T anno 1595, vol. 1398 
della collezione, si legge: «n.<> 60. M. Jacovo Giovanno Tranfo a. 05; M. Ipo- 
lita Barone moglie a. 56; (*) M. Alessandro f." a. 15; Isabella f.' a. 18; Cassan- 
dra £• a. 11; Caterina schiava a. 30; Pietro schiavo an. 35; Giovanne schiavo 
a. 10; Fabritio scbiavo a. 5. [ Barone de la terra de crepacore (sic) et del Ca- 
sale de sant* Agata » etc. — Per la successione di Alessandro Tranfo al padre 
ved. i Reg. delle Signifieatorie de* Relevii, — Un altro documento intorno a lui 
trover^ |>OBto nel s^goito della narrazione. 

Amahile-^T, Gampanblla, Vol. II. 



- 42 — 

ve ne furono senza dubbio parecchi altri. Dietro laboriose ricor- 
clie siamo veramente pervenuti a sapere che varie famiglie dei 
carcerati di Calabria possedevano feudi rustici, e basteri citare i 
feudi di Guarna e Palermiti per gli Striveri, Pantano Pratovecchio 
e Tornafranza pe' Susanna, Caiazza pe' Salerno, Montalto pe' Dolce, 
S. Andrea con Turchisi e Cai'ia pe' Vella imparentati mercfe matri- 
monio a Gio. Gregorio Prestinace ; ma non ci consta che a que' tempi 
i possessori di feudi rustici si fregiassei^ del titolo di Baroni, e ci 
sembra chiaro doversi dire che piu individui siano rimasti ignoti, 
avendo la congiura, o almeno la repressione della congim^a, avuto 
proporzioni assai piu larghe di quelle che siamo in grade di am- 
mettere finoggi, come per altro apparisce assai bene dalF estensione 
del territorio che diede inquisiti. Del resto, se non sappiamo i nomi 
de' molti Baroni propriamente detti, sappiamo che molti tra' carce- 
rati appartenevano a famiglie nobili riconosciute : bastera fare av- 
vertire che tra' soli carcerati di Catanzaro , oltre quelli sopra no- 
minati, anche il Franza, i due Cordova, il Famareda, il Giovino, 
appartenevano a « famiglie nobili serrate », come rilevasi dal D'A- 
mato, che ne fa distinta menzione e ne offre i rispettivi stemmi {a). — 
Notiamo poi che il tribunale di Napoli, coir anzidetto elenco di for- 
giudicati, ci si mostra piu severo di quelle di Calabria : poichfe se 
pel Baldaia, lasciato dapprima in pace, emerse la testimonianza po- 
steriore del Vitale che aggravd gl' indizii conti'o di lui , pel Mer- 
lino e pel Santaguida non s' intende quali nuovi indizii fossero ve- 
nuti in campo , mentre un altro Santaguida ecclesiastico , come 
vedremo a suo tempo, fu incolpato dello stesso fatto e subito apparve 
catturato senza fondamento. Dobbiamo del resto aggiungere , che 
se fu spiegata tanta severity per alcuni, nessun provvedimento ri- 
sulta preso per altri non meno gravemento indiziati, come in ve- 
rita 6 accaduto sempre in tali faccende sine a' giorni nostri. Ognuno 
p. es. crederebbe che i fuorusciti nominati dal Campanella nella 
sua Dichiarazione scritta, i figli di Jacobo Grasso, il liglio di Nino 
Martino, Carlo Bravo, i Baroni di Reggie, fossero stati immanca- 
bilmente perseguitati ; lo stesso si crederebbe p. es. per Geronimo 
Camarda, colto nientemono che in corrispondenza con Claudio Cri- 
spo ; invece documenti che abbiamo trovato intorno a tutti costoro 
mostrano persecuzioni e catture pe' loro delitti comuni, senza che 
sia mai citato il delitto di ribellione, onde si deve conchiudere che 
da questo lato siano stati veramente lasciati in pace. Ma di cio piu 
tardi, quando con la nostra narrazione gi\mgoremo agli anni suc- 
cessivi , ne' quali vedremo da una parte assoluzioni e rilasci , da 
un' altra parte la cattura e V invio in Napoli di taluno de' forgiu- 
dicati sopradetti e del rispettivo manutengolo. 

Sorgeva intanto il nuovo anno 1600, e il Breve Papale, per 



(a) Ved. D'Amato, Meraorie historicho doirillustr."" famos."" e fodel."" citti 
di Gntanzofo, Nap. 1670. 



— 43 — 

cominciare a procedere contro gli ecclesiastic! , non arrivava an- 
cora. Come dicevamo , durante Y aspettativa, il Vicerfe aveva in- 
terceduto a Roma per V assoluzione del Principe di Scilla dalla sco- 
munica che il Vescovo di Mileto gli aveva giA da un pezzo inflitta; 
in pari tempo aveva sempre continuato ad insistere presso il Nun- 
zio per la venuta del Vescovo medesimo in Napoli. Da Roma fu 
presto data al Nunzio, fin dal 22 dicembre, la facolta di assolvere 
il Principe, a patto che fossero state gia adempite tutte le neces- 
sarie condizioni. E il Principe venne assoluto, e in tale occasione 
egli medesimo fece istanza che venissero assoluti egualmente il suo 
Vice-Principe dottor Fabrizio Poerio e D. Luise Xarava, i quali 
erano stati scomunicati insieme con lui. Questo fu pure piu tardi 
concesso, e con lungo giro eseguito pel Poerio, mercfe facolta tras- 
messa all' Arci vescovo di Reggio, ma non risulta che sia state eseguito 
del pari per lo Xarava, il quale sappiamo che assai piu tardi, nel 
1605, richiese al Gran Duca di Toscana che gli ottenesse da S. S.** 
la dispensa da qualunque irregolaritA coramessa pel passato (a) : 
cosi non a torto il Campanella scrisse essere state lo Xarava per- 
se verante nella scomunica. Arrivava poi nella capitale , la prima 
settimana del nuovo anno, il Vescovo di Mileto, che aveva impie- 
gato circa un mese per venirsene a tutto suo comodo da Cala- 
bria, onde il Vicerfe pretendeva doversi ritenerlo contumace. Una 
lettera del Nunzio, in data 11 gennaio 1600, narra tutti i partico- 
lari deir udienza datagli dal Vicerfe, essendovi lui pure intervenuto, 
e ci fa conoscere gli appunti e le ammonizioni dal lato del Vicerfe, 
e le discolpe e la richiesta di un passaporto dal lato del Vescovo, 
con la conclusione del rilascio del passaporto senza difficoM, Uno 
degli appunti che riesce importante per la nostra narrazione fu que- 
sto, che il Vescovo « desse occasione di sospettar di lui, come haveva 

< fatto adesso col difendere qualch' uno di 'quelli che si pretende- 
4c vono complici della ribellione seguita in Calabria; come era un 

< Clerico Cesare Pisano , in favore del qiiale si trovava fatto ex 
« officio im Processo per Giustificatione del suo Clericato per es- 
4c simerlo dalla Corte Secolare quando si trattava d' un negotio cosi 
« grave ». II Vescovo disse « che il Processo del Clericato di quel 
4c Cesare era state fatto avanti si sapesse nulla della congiura, 6 
« ribellione, ad altro fine come poteva vedersi » (6) . Ma finaJmente, 
nella stessa data 1 1 gennaio, arrivd pure il Breve Papale, e D. Pie- 
tro de Vera lo portd di persona al Nunzio. E gik costoro si dispo- 
nevano a dare cominciamento al processo, quando il Vicerfe, avuto 
il Breve, e trovandosi ancora in Napoli il Vescovo di Mileto, diede 
improwisamente ordine che Cesare Pisano fosse giustiziato. 

II Pisano, secondo il solito, fu tradotto alle carceri della Vi- 



(a) Ved. i nostri Doc. 83, 86, 89, pag. 61, 63, 64; e le notizie date nella 
nota a pag. 127 del vol. 1^ di questa narrazione. 

(b) Ved. Doc. 81, pag. 59. 



— 44 — 

caria, e un documento, che abbiamo allegato al pi^ocesso di ere- 
sia, ce lo mostra il sabato 15 gennaio 16()0 entro la cappella se- 
greta di quelle carceri, in presenza de'Rev.'' Orazio Venezia, Cur- 
zio Palumbo e Geronimo Perruccio, ufficiali delia Curia Arcivesco- 
vile appartenenti alia Congregazione diocesana del S.^^ Officio, alia 
quale, mediante i Confrati bianchi, vicino ad essere giustiziato, egli 
avea fatto istanza di voler confessare per disgravio della sua co- 
scienza. La lunga confessione che egli fece, e che secondo lo stile 
del S.^^ Officio 6 detta denunzia poichfe in fondo con essa riusciva 
a denunziare sfe medesimo e gli altri, lo rivela turbato, confuse, in 
qualche punto speciale contradittorio, ma nel complesso coerente in 
tutte le cose di eresia che altre volte avea deposte, con qualche 
rettificazione verso fra Dionisio, con qualche circostanza aggravante 
verso il Campanella ed anche verso s6 medesimo, riconoscendo di 
aver creduto a quelle opinioni, la qual cosa aveva altra volta ne- 
gata. I lettori troveranno questa confessione riportata nella sua in- 
tegrity tra gli altri Documenti, o potranno scorgere le varianti in 
rafftonto delle deposizioni anteriori (a); qui basterA citarno i punti 
piil importanti per la nostra narrazione. Intorno al Campanella, 
egli riveld che fra Tommaso, nelle carceri di Squillace, gli avea 
raccomandato di non voler « ruinare li amici » col suo esame, quando 
non poteva salvare s6 stesso; che inoltre, a tempo della gita da 
Monasterace a Stilo (cosa da lui prepedentemente negata) fra Tom- 
maso gli avea parlato dell'analogia de'nostri corpi con quelli dei 
cavalli e giumente, e della conversione delle anime nostre « in non 
essere » non trovandosi inferno , purgatorio e paradise , ma circa 
r esistenza di Dio avea detto dovergli bastaro quanto gli aveano 
comunicato que' frati, essendo cose troppo alte per poterle capire; 
infine accenno all'essere stato visitato da fra Tommaso nelle car- 
ceri di Castelvetere a' prinii tempi della sua carcerazione. Intomo 
a fra Dionisio, revocA di aver saputo da lui le cattive relaziooi tra 
S. Giovanni e Gesft, ma non altro che qucsto, e intorno a fra Bi- 
tonto e fra Jatrinoli noa revocd nulla; che anzi ripetfe ancora una 
volta tutti i discorsi di eresie fatti da' frati da lui accompagnati 
nelle gite a Bagnara e a Messina, e poi a Stignano in casa GriUo etc.. 
come pure i discorsi consimili da lui stesso tenuti nelle carceri di 
Castelvetere col Gagliardo, che vi partecipava, c col Sanlacxoce, 
col MaiTapodi e coU'Adimari, che egli voleva indurre in quelle opi- 
nioni, delle quali infine si pentiva e volova far penitenza, vedendo 
€ di havere da morire frA breve termino ». Tutto cio dovfe sembraro 
di troppa gravity agli ufficiali della Curia, i quali non presero al- 
cuna risoluzione; sicch6 I'indomani, 16 gennaio, intervenne il Vi- 
cario Arcivescovile in persona, Ercolo Vaccari, che poi troveremo 
come Giudice nella causa deir eresia, e costui, fatta qualche altra 
interrogazione, decretd che per rondere valida la deposizione anche 

(a) Ved. Doc. 30«, pag. 248. 



— 45 — 

contro i complici « et ad omnem alium bonum finem et effectum » 
fosse al Pisano amministrata la tortura con la corda per un ottavo 
di ora. Ed immediatamente la tortura venne amministrata , ed i 
lettori troveranno fra' Document! il prime processo verbale di questo 
genere, Spogliato, legato ed attaccato alia corda, di poi tratto in 
alto, il Pisano dovfe piu volte dichiarare che le cose dette erano 
vere, verissime; e soggiunse « lh6 ditto per scaricarmi in tutto 6 
« per tutto la conscientia, fe per salvarmi Tanima, et se non V ha- 
€ vesse ditto, lo tornaria k dire ». Poi soggiunse ancora: « Mon- 
€ signor mio, misericordia, che hd ditto la verity, et sono quattro 
€ giomi che non hd mangiato, 6 mi trovo debole »; ed allora, con 
la solita formola, il Vicario ordino che fosse deposto, che gli fos- 
sero accomodate le braccia e venisse rivestito, quindi lo condannd 
come eretico formale, imponendogli Y abiura ed alcime penitenze 
« in questo poco spacio di tempo di vita » che gli rimaneva. La 
sentenza fu subito letta dal Mastrodatti della Curia Qio. Camillo 
Prezioso, T abiura fatta e sottoscritta dal Pisano e Tassoluzione data 
dal Vaccari, nell' Audienza criminale della Vicaria, — Ma in pari 
tempo anche i Confrati bianchi ricevevano dal Pisano talune « escul- 
pationi » intomo alia congiura, come ci mostra il docuraento rela- 
tive alia sua esecuzione, e queste meritano bene di essere ricor- 
date (a). In fondo il Pisano si ritrattava sul conto di talune per- 
sone che avea nominate ne'tormenti sofferti in Squillace, e negli « ul- 
timi tormenti » sofferti in Gerac^. In Squillace egli avea dichiarato 
che il fratello di Orazio Santacroce avrebbe date aiuto « al trattato 
della rebellione », ed inoltre die avea parlato pure con Geronimo 
Conia di detto trattato, e questo non era vero. In Geraco avea di- 
chiarato che i fratelli Moretti consentivano al trattato e che fra 
Dionisio glie Tavea detto, come pure che Gio. Angelo Marrapodi 
avea promesso di portar gente in aiuto, e tutto questo nemmeno 
era vero. — Tali furono gli atti estremi del Pisano , che nel me- 
desimo giorno, malgrado fosse di Domenica, venne condotto al sup- 
plizio; oi corre pertanto il debito di giudicarli. A rigore, la con- 
fessione delle eresie potrebbe dirsi fatta con la speranza di susci- 
tare direttamente nel S.^ Officio la premura di avocare la causa 
al suo tribunale, e quindi intercedere perchfe 1' esecuzione fosse so- 
spesa; tuttavia il tenore di essa fe tale da poterla credere sincera, 
mostrando un uomo per quanto turbato altrettanto scevro d'illusio- 
ni, mentre d'altra parte tutta la vita anteriore di lui ce lo rivela 
di costumi tristi, ma leggiero piu che malizioso. Le discolpe poi 
intomo alia congiura, le quali attenuano la responsabilitd di pa- 
recchi ed anche esonerano perfino fra Dionisio circa un punto spe- 
ciale, non fanno motto n6 del Gagliardo, nft del Bitonto, nft del 
Jatrinoli, e perd implicano evidentemente una conferma dell' esi- 
stenza del concerto per la ribellione: se non era vero che il tale 



(a) Ved. Doc. 238, pag, 124. 



— 46 — 

c il tal altro vi avessoro avnta parte o che ve Tavessero avnla nella 
misura prima deposta, era vero che vi avessero avuta parte in una 
misura piu circoscritta e che ve Tavessero avuta tutti i rirnanenti. 
Di certo non gli era mancata Topportunita di disdirsi in tutto e per 
tutto, e gli sarebbe riuscito tanto piu facile il farlo in poche pa- 
role qualora la coscienza glie Tavesse consentito. Dopo cio bisogna 
dire che fu assai male informato il Campanella, quando nella sua Nar- 
razione scrisse che « il Pisano si ritratto piil volte, e poi dicendo 
« che r heresia lo havea salvato , lo fecero morir di domenica , 
« avanti che si presentasse la boUa del clericato per lunedi, e nella 
« sua morte si scommosse il cielo el mare, e s'annegaro 8 navi e 
€ galere in porto di Napoli ». Che propriamente nella notte del 16 
gennaio, ed anzi sulF alba del 17, vi sia state un uragano, pel 
quale perirono in Napoli 7 navi e diverse altre egualmente nelle 
spiagge vicine, 6 ricordato da'nostri Storici, e meglio anche dagli 
Agenti di Toscana e di Venezia ne'loro Carteggi, e su cio non v' fe 
nulla da dire (a). Che Tesecuzione sia stata fatta di Domenica per 
ragione non del Vicer6 ma del S.**' Officio, si rileva da quanto ab- 
biamo narrate con la scorta do' documenti autentici ed anche dal 
documento de'Bianchi che dice: « a questa giustitia ando la com- 
« pagnia il sabato prima 15 del mese et aspetto sine a 2 hore di 
« notte, et poi fu licenziata per non possere I'afflitto essere asso- 
« luto del s.^ officio ». Che non la boUa ma I'informazione del cle- 
ricato abbia dovuto gia essere stata esibita al tribunale innanzi que- 
sta data, si 6 visto dall' averne il Vicere fatto perfino un appunto 
al Vescovo di Mileto. Che inline il Pisano non siasi ritrattato mai, 
ed invece con una desolante persistenza abbia ripetuto, piil o meno, 
le cose dell'eresia e della congiura innanzi qualsiasi tribunale, 6 
accertato da tutti gli esami e rivelazioni che di lui possediamo , 
e precisamente nella persona di lui la raccolta che possediamo fe 
completa. 

I particolari del supplizio del Pisano ci vengono forniti dallo 
stesso documento deirArchivio de'Bianchi. Col lunghissimo giro al- 
tro ve accennato, dalla Vicaria « s' ando per palazzo »; e si esegui la 
« giustitia per ordine di S. E. ad appiccare et squartare vicino la 
« guardiola del Castello ». Anche nelle scritture di S.^ Officio rela- 
tive alle persone di questa causa, troviamo che Felice Gagliardo, 
menzionando Cesare Pisano, lo disse « giustitiato al largo del Ca- 
stello » (fe). Cosi quest' infelice giovane, di 26 anni, servi di spet- 



(a) Ved. noirArch. Mediceo, filz. 4087. Let." del Battaglino del 18 gen- 
naio 1600: <(Horrendo spcttacolo hobbi hieri nella raia loggia col veder perire 
incsorabilmonte sotte navi con quantity di marinari , fra esse 6 il galeone di 
Giorgio d* ulista carico di grani di Puglia come le altro cinque navi; il settimo 
fu un vascello Brettone chiamato da* nostri Vecchietti c' havea cominciato a ca- 
ricar alberi et remi per andar in Spagna » etc. Un' allra del Turamini, ibid, stessa 
data, lo ripete. Inoltre ved. la Lett, dello Scaramelli, stoss^i data; Doc. 1 88, pag. 96. 

(b) Ved. la nostra Gopia ms. de' processi ecclcs. torn. 2."* fol. 236. 



— 47 — 

tacolo non solo al popolo della fedelissima cittA, ma anche a'suoi 
compagni di sventura , che dalle career! del Castello doveano ve- 
derlo. E meritano pure di essere notate ed interpetrate due circo- 
stanze che si trovano riferite dal Residente Veneto (a). La prima, 
che il Vicerfe fece affrettare Tesecuzione, poichfe il Pisano nelle car- 
ceri avea disegnato di avvelenare Maurizio, il quale continuava a 
svelare il negozio della congiui'a; e fu questa verosimilmente ima 
voce sparsa dal Governo medesimo, per giustificare un abuso giu- 
risdizionale aggravate anche dal mode tenuto. La seconda, che il 
Pisano, essendo prete, fu impiccato in abito di prete; e questa cir- 
costanza dovfe esser vera unicamente nel senso che si fece andare 
il Pisano al patibolo col ferraiolo nero di clerico; poichfe non solo 
trovasi attestato dalla lettera del Residente il fatto deir impiccato 
coir abito di prete, ma anche trovasi riferito da tutti gli Avvisi del 
tempo essere state impiccato un sacerdote, anzi lo stesso Campa- 
nella, cio che significa esservi stata tale credenza, originata vero- 
similmente dal fatto deir abito, che va interpetrate come uno sfregio 
inflitto al potere ecclesiastico. — Per certo il Nunzio ebbe a rima- 
nere duramente deluso nella sua aspettativa intorno al Pisano, e 
non se ne potfe neanche lagnare immediatamente in Corte, essen- 
dosene il Vicerfe andato fuori Napoli: ne fece bensi risentimento con 
D. Giovanni Sances, e ne dife conto al Card.' S. Giorgio con la sua 
lettera del 21 gennaio, senza far motto della circostanza dell' abito 
di clerico fatto indossare al Pisano. Piu tardi potfe parlarne al Vi- 
cerfe, il quale disse che di queste cose se ne rimetteva a'suoi uffi- 
ciali e che non avea saputo nulla di tale esecuzione; ed al Nunzio 
parve che le sue lagnanze avessero lasciato il Vicerfe « confuse » 
e percio si era espresso in quel mode « punto verisimile »! Per non 
intralciare la narrazione, aggiungiamo che ancora piu tardi ne dovfe 
dar conto egualmente al Card.' di S.** Severina, il quale glie ne 
scrisse inculcando di risentirsene ; ed egli fece del pari conoscere 
di aveme gik parlato al Vicerfe, e di essergli state da lui risposto 
« che non haveva saputa tal esecutione > , come pure di averne 
parlato a' Ministri e di essorne costoro « rimasti confusi ad ogni 
mode » (6). In verita bisogna dire che il Nunzio non rifuggiva dai 
concetti piil arrischiati, quando si trattava di scusare la sua non 
rara indolenza in queste materie cosi delicate, che egli aveva per 
lo meno il torto di mettere alio stesso livello de'negozii ordinarii. 
Due volte la Compagnia de'Bianchi era andata in Vicaria pel Pi- 
sano, due volte il S.^° Officio si era trattenuto col povero condan- 
nato, e il Nunzio non ne avea saputo nulla. 11 vero b che egli so- 
leva scansare ad ogni costo le imprese laboriose: cosi avea fatto 
pel Caccia, cosi fece pel Pisano, cosi lo vedremo fare anche jn qual- 
che aJtra occasione. 



(a) Ved. il Doc. anzid.** 

(b) Ved. Doc. 85 pag. 62, e Doc. 88 pag. 63. 



— 48 — 

III. Intanto, dietro V arrivo del Breve Papale, il tribunale doUa 
congiura per gli ecclesiastici si costituiva, e sollecitainente corain- 
ciava a funzionare. L'll gennaio il Breve era state presentato al 
Nunzio da D. Pietro de Vera e letto da entrambi; il 16 la nomina 
del medesimo D. Giovanni Sances per fiseale e di Marcello Barrese 
per Mastrodatti fu trasmessa ufflcialmonte, da parte del Vicerfe, a 
D. Pietro de Vera con V incarico di comunicarla al Nunzio; il 18 si 
tenne la prima seduta. Queste date risultano dagli Atti che si con- 
servano in Firenze, posti al s^guito del Breve, parzialmente anche 
dal Carteggio del Nunzio, e dal Carteggio del Vicerfe, infine da un 
documento che abbiamo rinvenuto nell'Archivio di State (a): ma pri- 
ma d' inoltrarci nella narrazione di cio che si fece nel tribunale, non 
sarA inutile dare un' occhiata al Breve. Esse vedesi diretto al Ve- 
scovo di Troia Nuniio Apostolico e a Pietro de Vera Consigliere^ e 
reca la data dell' 8 gennaio. Con quella dicitura contorta e atentata 
di Marcello Vestrio Barbiano Segretario de' Brevi, e con quel piglio 
altiero ed ingiurioso tanto comune ad incontrarsi ne' document! della 
Curia, Clemente VIll comincia dal ricordare la partecipazione avuta 
« pocof;^ » dal Vicer6, che taluni frati e clerici « figli delP iniqaitA» 
aveanp cospirato nello State del carissimo figlio Filippo e trattato 
di dare la Calabria « nolle mani de' turchi nemici del nome cri- 
stiano », e la dimanda dello stesso Vicerfe, che si fosse degnato di 
provvedere con la benignity Apostolica perchfe i parecchi carcerati 
avessero il meritato gastigo ; ond' ogli stimando que' « ribaldi e 
scdiziosi uomini indegni dell' immunita e liberty ecclesiastica », con- 
cede alia fraternity del Vescovo, e alia discrezione di Pietro, fa- 
colta di esaminare carcerati e carcerandi, complici, testi etc. Fin- 
qui ognuno avrA notato quel « pocofa » da doversi riferire a tre 
mesi indietro, una definizione della congiura che la Curia sapeva 
da un pezzo non esser la vera con qualche sosj>etto che la congiura 
medesima fosse destituita di fondamento, inoltre una durezza estrema 
di linguaggio verso individui i quali tuttora non erano che semplici 
imputati: si faccia un confronto col linguaggio tenuto dal Vicerfe 
neir istituire il tribunale pe' laici (Doc. 209 p. 109) e si vegga la 
differenza. Ma cosa voleva dire quell' essere i ribaldi e sediziosi uo- 
mini indegni dell' ecclesiastica immunitA? Era forse un tribunale 
laico quello che s' istituiva per essi ? Senza dubbio si derogava ai 
Canoni e alia procedura ordinaria, massime coll' intervento del Fi- 
seale Sances e del Mastrodatti Barrese, individui laici nominati dal 
Vicer^ ; ma colore i quali doveano in ultima analisi giudicare 6 
sentenziare erano sempre il Nunzio, giudice naturale segnatamente 
de' frati , e il de Vera clerico , proposto dal Vicer6 ma nominato 



(a) Ved. il Breve e gli altri Atti suddetti ne' Doc. 242 e 243 pag. 1 29; la 
Lett, del Nunzio degli 11 e 21 gennaio, Doc. 81 o 83, pag. 60 e 61; la Let 
Vicereale de' 18 gennaio > Doc. 40 pag. 44; e Taltra Let. scritta d' ordine del 
Vicer6 egualmente il 18 gennaio, Doc. 216 pag. 115. 



— 49 — 

giudice dal Papa, e quindi fimzionario Papale, precisamente come 
p. es, erano i Vescovi proposti dal Govemo e nominati dal Papa 
senza potersi dire percid funzionarii Governativi. Difatti « Commis- 
sarii Apostolici, Delegati Apostolici », si dissero poi sempre il Nunzio 
e il De Vera, e solo per le facoltA avute direttamente dal Papa essi 
furono in grado di esaminare gV imputati, prescrivere i tormenti, 
emettere le sentenze ; se il Campanella in sfeguito pose sempre in- 
nanzi il Sances e le sue crudeltA, fe chiaro che To fece unicamente per 
mettere nelP ombra le persone e le crudeltA de' Commissarii Aposto- 
lici de' quali non gli conveniva sparlare. Si chiami dunque « tribunale 
misto > il tribunale create col Breve, ma s' intenda bene la costitu- 
zione sua , e non se ne sconosca la natura al punto da attribuire al 
Govemo Vicereale ci6 che esse fece : sicuramente esso fu costituito 
in mode da dover servire in tutto e per tutto il Governo Vicereale, 
ma rimanendo pur sempre un tribunale i cui Giudici funzionavano in 
nome del Papa, coll' autoritA avuta dal Papa. Non meno importante 
poi riesce il notare 1' estensione de' poteri accordati a questi Giudici 
verso gli inquisiti : concediamo, diceva il Breve, facoltA « di sotto- 
« porli alia tortura ed altri tormenti giusta le disposizioni del drit- 
« to, • . • di procedere fine alia sentenza esclusivamente^ e di conse- 
« gnare e rilasciare alia Curia secolare, senza pericolo di censure . . , 
« colpiti dalle condegne pene giusta le sanzioni canoniche colore i 
« quali a voi sia constate essere legittimamente convinti e confessi ». 
Ecco un abbandono insolito di ci6 che le AutoritA, tanto ecclesia- 
stiche quanto laiche, ordinariamente si riserbavano ; ma si noti che 
i Delegati potevano agire fine alia sentenza di condanna « esclusi- 
vamente », sicchfe quando una tale sentenza si fosse dovuta emet- 
tere, sarebbe occorsa 1' approvazione del Papa, Con cio risulta chia- 
rita anche meglio la natura del tribunale ; e s' intende che 1' ap- 
provazione del Papa non sarebbe mancata, ma s' intende pure che 
per aalvare 1' apparenza della superiority ecclesiastica, il Papa con- 
sentiva ad assumere di dritto la responsabilitA di ci6 che sarebbe 
awenuto, mentre abbandonava di fatto gli ecclesiastici inquisiti al- 
r influenza prepotente del Governo Vicereale; non si neghi dunque 
tale responsabilitA, e si riconosca questo abbandono del Campanella 
e socii fin dal memento della istituzione del tribunale col detto Bre- 
ve. — Poniamo qui che il Campanella, nella sua Narrazione e poi 
anche in una delle sue lettere pubblicate dal Baldacchini (a), disse 
questo Breve € sorrettitio ch' esponea ribellione », ed affermd che 
« el S. Papa Clemente 8.*^ dond licenza che si facesse questa causa 
« nelli carceri regi per confrontar li frati con li laici carcerati e 
« mostrar che lui non era consapevole ». In verity la concessione 
del Breve fu indipendente dal fatto della confronta, che venne in 
campo piu tardi ; quando poi all' esporre ribellione, certamente il 
Breve non poteva esporre altro, e solamente avrebbe potuto esporla 

(a) Ved. in Baldacchini la Lett, a Cassiano del Pozzo del 26 . giugno 1 624. 

AmoLbiU'^T. Campanblla, Vol. II. 7 



— 50 — 

in migliori termini ; sappiamo poi che giA da un pezzo il Governo 
Vicereale si era mostrato o aveva finto di raostrarsi persuaso chp 
il Papa non fosse consapevole della congiura. Assai meglio di questo 
avrebbe potuto il Campanella dire intorno al Breve ; ma, come sem- 
pre, nelle parole di lui bisogna leggere lo sforzo costante di ap- 
poggiarsi a qualunque specie di argomento, e al tempo medesimo 
di non dare motivi di disgusto al Papa, dal quale soltanto potea 
sperare la sua liberazione. 

Dicevamo che il 17 e 18 gennaio si tennero le prime sedute 
del tribunale. Probabilmente il 17 si tenne seduta preparatoria fa- 
cendo la rassegna degli Atti raccolti a carico degV inquisiti, ma il 
18 si produsse i\ rescritto Vicereale che nominava il Sances e il 
Barrese, e si delibero di conservarlo ed eseguirlo, quindi si dovfe 
subito metter mano all' interrogatorio del Campanella : cosi venne 
iniziato il 4.*^ ed ultimo volume di tutto il processo, consacrato ap- 
punto alia causa della congiura per gli ecclesiastici. La « deposi- 
zione » del Campanella k solo menzionata negli Atti esistenti in 
Firenze, e ci6 si spiega con la circostanza che essa risulto nega- 
tiva : quegli Atti per altro mostrano che si estese dal fol. 3 a 9 del 
volume e quindi fu molto lunga (a). Una lettera del Nunzio, in data 
del 21 gennaio, fa conoscere precisamente che il Campanella negava, 
e che foi'se V indomani si sarebbe fatta la confronta : « sono state, 
€ egli dice, gik due volte con il Sig.' D. Pietro di Vera in Ca- 
4c stello, et essaminato {sic) fra Thomaso Campanella il quale stk su 
€ la negativa, ma ha tanti che gli testificano contro, de' quali for- 
€ se domani si fara la confrontatione, che credo bisognera si risolva 
€ a dir il fatto come sta circa la congiura , et ribellione ». Ma 
la confronta si fece solamente il giorno 28 gennaio, come risulta 
da una lettera del medesimo Nunzio scritta 1' indomani, e non vi 
furono altri Atti fra 1' esame del Campanella e la confronta , ve- 
dendosi questa occupare nel volume il fol. 10 ed 11, come 6 no- 
tato negli Atti sopra menzionati. Si riconiincio coiresame del Cam- 
panella rammentandogli la Dichiarazione da lui scritta, ed egli, se- 
condo il Nunzio, la nego egualmente, ed allora si venne alia con- 
fronta; ma forse il Nunzio voile dire che nego la ribellione della 
(juale aveva altra volta scritto, e non deve far meraviglia questa 
distrazione da parte del Nunzio, che sempre, cosi nella causa della 
congiura come in (juella dell' eresia, lascio fare a'suoi collegia, in- 
tervenendo solo in qualche occasione nella quale gli pareva che po- 
tesse « far conoscere la superiority ecclesiastica ». Ecco come egli 
riferi il fatto nella sua lettera del 24 gennaio. « . . Hieri stando 
€ pur fra Thomaso Campanella su la negativa, etiam d'una narra- 
« tione del fatto scritta di sua mano sin nel [»rincipio che fu preso, 
« se gli condusse a i>etto, et per riscontro cinque, et particolar- 
4c mente un' Mauritio de Rinaldi che fu quello che condotto alle 



(a) Ved. Doc. 244, pag. 143. 



— 61 — 

€ forche si risolvette k dire spontaneamente, et per scarico di con- 
« scienza, tutto quelle che sempre havea negate nei tormenti, il 
€ quale disse sul viso k detto Campanella il trattato della Ribel- 
€ lione che havevano havuto insieme, e che per questo era state 
« su le Galere Turchesche, e tutto quelle ch' era seguite ; et egli 
« pure stette sil la negativa , ende il fiscale fece instanza che si 
« venisse k tertura » (a). Prima d' ineltrarci nell' incidente della 
tertura, debbiame dire che se nel gierne suddette vi furene seltante 
cinque cenfrente ceme il Nunzie asseri, ve ne furene di pei altre 
due, poichfe sette ce ne mestrane fueri egni dubbie, successivamente 
avvenute, gli Atti esistenti in Firenze; da'quali apparisce pure che 
queste cenfrente nen durarone a lunge, eccupande appena il fel. 10 
ed 11 del velume {b). Difatti, secende la precedura che cestante- 
mente accade d'incentrare in qualunque precesse del tempe, s' in- 
troduce va il teste, gli si deferiva il giuraraente in presenza dell'in- 
quisito, gli si dimandava se cenescesse cestui, e verificatesi che lo 
conosceva, gli si dimandava in termini generali se le cose che avea 
deposte centre di lui fessere vere; ed allera, riuscende negativa la 
confronta, mentre il teste diceva che tutto era vere, verissime, I'in- 
quisite diceva che nen era vere, che tutto era bugia, che il teste 
ne mentiva per la gela; cesi la confronta finiva in pochi mementi. 
I sette confrontati furene, eltre Maurizie, Gio. Tommase di Fran- 
za, Gio. Paolo di Cordova, Tommase Tirotta, Felice Gagliardo, 
Geronimo Cenia, fra Silvestre di Lauriana. Le parole del Nunzio 
sopra riportate ci mestrane che Maurizie, alia presenza del Cam- 
panella, nen devfe limitarsi alia semplice rafferma della sua con- 
fessiene in termini generali, ma traspertate dal sue zele per I'ani- 
ma dov6 rammentare qualche cosa del pregetto e de'preparativi di 
ribelliene, e segnatamente dell' andata suUe galere turche delibe- 
rata d'accordo con lui. Quante a Gio. Tommase di Franza, Gio. 
Paolo di Cordova e Tommase Tirotta, evidentemente la lore con- 
fronta devfe servire a raffermare il fatto del cenvegne di Daveli e 
(le'discorsi ivi tenuti; quante a Felice Gagliardo e Geronimo Cenia, 
la lore confronta dovfe raffermare segnatamente il fatto della visita 
del Campanella a Cesare Pisane nelle carceri di Castelvetere e le 
parole ivi scambiate, giacchfe vedreme essere state queste uno dei 
principal! capi deir accusa che il fiscale scrisse centre il Campa- 
nella. Infine quante al Lauriana, la sua confronta devfe raffermare 
il fatto del cenvegne di Pizzeni e delle parole del Campanella ai 
congregati, ed fe manifesto che al cespette de'Giudici caddero tutti 
i proponimenti di ritrattaziene che il Lauriana aveva esternati al 
Campanella. Vedreme altre cenfrente di altri inquisiti col Campa- 
nella nel tratto successive; intanto gia fin dalle prime cenfrente il 
fiscale dimand6 a'Giudici che si ordinasse di amministrare la tor- 



(a) Ved. Doc. 84, pag. 6i. 

(b) Loc. cit. Doc. 244, pag. 143. 



— 52 — 

tura, ma il Nunzio voile che prima se ne informasse S. S.** per ot- 
tenerne la licenza. 

Ecco in che modo il Nunzio riferi questo incidente. « . . fl 
€ fiscale fece instanza che si venisse k tortura, et mettendogli io 
€ in consideratione che se il detto Campanella domandava la copia 
€ delli inditii non vedevo come se li potessero negare, disse, e mo- 
€ strd che secondo Tuso della Vicar ia e di tutte I'udienze di Re- 
€ gnOy ne casi cosi enormi si veniva k tortura per il processo in- 
€ formative. . , et che anche questo si era fatto nell'ultimo caso di 
€ ribellione dove intervenne un deputato dalla sedia Apostolica et 
€ che me lo mostrerebbe; gli replicai che era piu espediente saper 
€ sopra questo il comandamento di S. S.^ che ne pu6 dispensare, 
€ et pero mi son risoluto a scriverne per la staffetta , tanto pii 
€ quanto intendo che questo medesimo 6 state usato dalli Offitiali 
* deir Arcivescovato in casi d' importanza, et 6 state ottenuto li- 
4c cenza di peter venire k tortura nel processo informativo senza 
€ fame altra copia, che certo conosco che in questo negotio sarebbe 
« cosa di molta difficolta, e lunghezza, ma non voglia {sic) consen- 
« tire k nulla di straordinario secondo Fuse di qu^ senza partico- 
€ lare ordine il quale desidero quanto prima, accio il negotio si 
« possa tirar avanti conforme al desiderio del sig/ Vicerfe ». Abbia- 
mo volute riportare per intero questo brano di lettera, per potere 
ben valutare T incidente. Da esse si dovrebbe inferire che fosse bea 
poca nel Nunzio la conoscenza del dritto e la pratica del tribunale, 
mentre pure ne presedeva uno e di non poco rilievo. Poichfe se la 
Curia Arcivescovile ne' casi importanti doveva ottenere licenza da 
Roma per amministrare la tortura durante il processo informativo, 
senza dare all'inquisito la copia degl' indizii, cio accadeva perch6 
ne'casi importanti la Curia Romana voleva essere intesa di tutto, 
e dirigere essa medesima il processo in ogni sua parte. D'altronde 
r amministrare la tortura durante il processo informativo non era 
un use particolare di Napoli, bensi un principio riconosciuto da 
tutti i Giuristi, ogni qual volta si trattasse di casi gravissimi e 
specialmente di lesa MaestA. Adunque la tortura dimandata dal fi- 
scale, nel caso del Campanella, non usciva da' limiti del dritto e 
delle facoltA date dal Papa a'Giudici col sue Breve, essendovi tra 
le altre quella di peter sottoporre gl'inquisiti « alia tortura ed altri 
tormenti giusta le disposizioni del dritto ». Non potendosi ammet- 
tere nel Nunzio tanta ignoranza del dritto, bisogna piuttosto con- 
chiudere che egli abbia volute dar prova di saper sostenere la su- 
periority ecclesiastica, mostrando che in tutto si doveva dipendere 
da Roma; e con cid non giovava alia causa del Campanella e so- 
cii, ma la danneggiava senza dubbio, poichfe rinfocolava la sorda 
diffidenza della Corte di Napoli verso quella di Roma nella faccenda 
de'frati. Bisogna tener presenti queste cose, poichfe esse influirono 
certamente sulla condotta ulteriore del Governo Vicereale. — La 
richiesta della nuova facolt4 per dare la tortura al Campanella fu 



— 53 — 

subito fetta dal Nunzio, medianle una staffetta spedita dal Vicerfe, 
e si ebbe cura di farla in modo da comprendervi anche gli altri, 
che il Nunzio in una sua lettera di sollecitazione , in data del 4 
febbraio, qualificava « inditiati per non dir convinti >. Naturalmente 
la richiesta venne accordata senza la menoma difficoltA, trattandosi 
di una quistione di forma, non di sostanza; ma la lettera che Tac- 
cordava si fece attendere alcuni giorni. 

Intanto il tribimale non perdeva tempo. Dope V esame e le 
confronte suddette del Campanella, immediatamente dopo, si venne 
air esame di fra Dionisio, come si rileva dal trovare la deposizione 
di cestui, negli Atti conservati in Firenze, notata col fol. 12 del 
volume (a): anche di essa per altro quegli Atti non d^imo che la 
semplice menzione, e certamente perchfe risultd del pari negativa. 
Se non c'fe una lacuna, del resto poco note vole, nolle notizie dei 
folii del volume, dope fra Dionisio fu esaminato fra Gio. Battista 
di Pizzoni. Dichiarazioni fatte piu tardi nel processo di eresia mas- 
sime da fra Dionisio (6), quindi ripetute dal Campanella nelle sue 
Difese (c) e poi ancora nella Narrazione, tenderebbero a far credere 
che le cose fossero passate nel modo seguente. II Pizzoni dapprima 
si ritratld, onde fa posto in una fossa, dove col carbone scrisse sul 
muro il suo nome aggiungendovi « positus ut dicat mendacium ad in- 
stantiam fiscalium »; ma il Lauriana dalle carceri del civile, dietro 
il consiglio di un dottore Domenico Monaco, che la si trovava e 
che aveva consigliato lui stesso a non ritrattarsi perchfe sarebbe 
state punito come falsario, potfe con lo stesso argomento indurre il 
Pizzoni a revocare la ritrattazione; cosi uno o due giorni dopo ce- 
stui dimando di essere udito di nuovo e revocd quanto avea dap- 
prima ritrattato. Di tutto questo non si ha veramente notizia negli 
Atti sopra citati ; solo vi si trova Y esame del Pizzoni qualificato 
« deposizione ultima di fra Gio. Battista che . accetta quella fatta 
innanzi al Vescovo di Gerace » , e da cio potrebbe desuraersi che 
le suddette dichiarazioni esprimessero il vero. Ma dobbiamo notare 
che possediamo tale deposizione di fra Gio. Battista integralmente 
riportata nel processo di eresia, perocchfe venne trasmessa in copia 
dair imo alPaJtro tribunale, e non vi scorgiamo alcuno indizio di 
un esame anteriore che con essa il Pizzoni si facesse a revocare {d). 
La deposizione porta la data del 29 gennaio. I Giudici dimandano 
dapprima, « come si ritrova esse deposante carcerato in questo Re- 
gie Castello », ed egli dichiara come e quando e da chi venne car- 
cerate in Calabria « accio deponesse . . . contra fra Thomase Cam- 
4c panella et fra Dionisio Ponsio de le cose, che esse deposante ha- 
4c vea denuntiato tanto al' Avvocato fiscale di Calavria in scritto 



(a) Ved. Doc. 247, pag. 160. 

(b) Ved. Doc. 376, pag. 387. 

(c) Ved. Doc. 40i, pag. 485. 

(d) Ved. Doc. pag. 389. 378, 



— 54 — 

€ quanto per lettre al Generale » : poi, dietro altre dimande, dice 
di essere stato gik esaminato dal Visitatore ed anche dal Vescovo 
di Gerace e si rimette a questi esami, spiega come non depose gia 
per timore ed insiste ad atteggiarsi a denunziante, rettifica la pa- 
rola « complied > che fu scritta nel suo esame a proposito degli altri 
frati da lui nominati, nega assolutamente di aver mai consentito 
alia ribellione, dicendo che piuttosto vorrebbe gli « fosse stata ta- 
gliata la lingua ». Vedremo or ora che ben diversaraente fu re- 
datto il processo verbale dell' esame del Petrolo, il quale davvero 
prima si ritratto e poi revoco la ritrattazione : ad ogni modo, la 
deposizione del Pizzoni che riraase e servi nello svolgimento ulte- 
riore del processo fu quella sopradetta. — Non appena raccolta tale 
deposizione , fu immantinente chiamato il Campanella per fare la 
confronta, e come sempre ora avvenuto, il Pizzoni disse che era 
vero quanto avea dichiarato nelle sue deposizioni contro di lui, e 
il Campanella disse che egli mentiva per la gola. Si passo allora 
alia confronta del Pizzoni con fra Dionisio; quindi si fece la con- 
fronta del Lauriana con lo stesso fra Dion:sio, e il risultamento fii 
sempre identico, come si rileva dagli Atti che pubblichiamo trai 
Documenti (a), 

Nel giorno medesimo 29 gennaio si venne anche all'esame di 
fra Domenico Petrolo, e cestui positivamente si ritratto, ma poi 
revoc6 la ritrattazione aggravando fuor di misura la condizione del 
Campanella. Possediamo egualmente questi Atti nella lore integrita, 
giacchfe vennero inserti in copia nel processo di eresia (6). I Giu- 
dici dimandarono, al solito, come e perchfe egli si trovasse carce- 
rate, e il Petrolo rispose che credeva essere stato carcerato per 
deporre contro il Campanella: poi, dietro altre dimande, rispose di 
aver deposto che il Campanella volea ribellare la provincia di Ca- 
labria coiraiuto de' turchi e de'fuorusciti, di averlo deposto a sug- 
gerimento di fra Cornelio, che lo persuase di dirlo per non essere 
maltrattatq in Calabria e venir rimesso a'proprii superior!; quindi 
espose tutte le circostanze della sua fuga insieme col Campanella 
temendo che Maurizio volesse ammazzarlo, tutte le circostanze della 
lore cattura e carcerazione. Ma i Giudici gli obiettarono che avea 
deposto spontaneamente e poi avea ratificato la deposizione innanzi 
al Vescovo di Gerace, ed egli rispose che non avea ratificato nulla 
e che quanto avea deposto non era vero; infine gli dimandarono 
se era vero che avesse concertato col Campanella di ribellare la Ca- 
labria e farla repubblica, ed egli rispose, « non fe vero, Giesii 3>! Si 
puo ritenere per certo che i Giudici fecero allora porre il Petrolo 
nella fossa, onde egli ben presto si raccomando al carceriere, di- 
cendo che volea manifestare la verity. — Cosi nella seduta del 31 
gennaio il Petrolo fu sottoposto a un nuovo esame; e nel processo 

(a) Vod. Doc. 379, pag. 390. 
(6) Ved. Doc. 380, pag. 391. 



— 55 — 

verbale trovasi consacrato che, essendo venuti i Giudici, il carceriere 
fece loro intendere il desiderio del Petrolo, e che costui tradotto nel 
luogo dell'Audienza ed interrogato se volesse manifestare la veriU 
come avea dichiarato, disse di avere negate il prime esame per le 
minacce fattegli dal Campanella a nome sue ed anche a nome di 
fra Dionisio in piu circostanze. E comincio dal riferire i niotti la- 
tini scambiati tra il Campanella e lui durante il tragitto da Squil- 
lace a Gerace, la cartolina mandatagli dal Campanella appunto in 
Gerace, Tambasciata fattagli a Monteleone per mezzo del Pisano, 
le parole direttegli in Napoli dalla finestra del carcere; inoltre ri- 
feri le soUecitazioni avute perchfe deponesse falsamente contro Me- 
suraca, il Principe della Roccella e Giulio Contestable, e concluse 
che dubitando di poterne aver danno si era ritrattato. Lettogli quindi 
il primo esame, lo confermd, rettificando ed aggiungendo qualche 
cosa pur sempre a carico del Campanella ed a scusa propria. Cosi 
disse che solo il Campanella gli avea manifestato piu liberamente 
doversi far ribellare Catanzaro, ma « lo di prima della cattura >; 
che poi € alia Roccella » gli avea manifestato aver lui, il Campa- 
nella, questi pensieri nello stomaco da tredici anni e fin d'allora 
averli comunicati a fra Dionisio, avere inoltre mandate fra Dioni- 
sio alia Plana per mettere in ordine la gente e i fuorusciti, infine 
venire per lui trenta vascelli turchi dietro le trattative fatte da Mau- 
rizio, con altre circostanze relative a' fatti e detti di que' giorni. 
Interrogate aggiunse pure che il Campanella avea detto bastargli 
essere amico di Maurizio perch6 i turchi non lo facessero schiavo; 
ed aggiunse inoltre spontaneamente, che una volta in Stilo essen- 
dosi il Campanella vantato di aver fatto nominare dodici Vescovi, 
ed avendogli lui detto « piacesse a Die che tu fossi fatto Cardinale 
per fare bene a noi altri >, il Campanella avea risposto, « io Car- 
« dinale? io voglio fare altri Cardinali, et non aspettare che me fac- 
< cino k me». Fu questa la deposizione ultima del Petrolo, la quale, 
come ben si vede, riassumeva in brevissimi tratti perfino la storia 
de' disegni del Campanella , senza tralasciare nemmeno di far ca- 
pire r altissimo grade che egli si riserbava nel nuovo State da do- 
versi fondare : e comparando i fatti accennati dal Petrolo con quanto 
sappiamo da tutti gli altri fonti , tenendo presento V indole stessa 
del Petrolo, si pu6 conchiudere che egli non abbia mentito, eccet- 
toche nell'asserire di aver ben conosciuti i disegni della congiura 
solamente negli ultimi giorni e alia Roccella. Pertanto i Giudici 
fecero subito una confronta del Petrolo col Campanella, come si ri- 
leva da'soliti Atti, ne'quali la € deposizione > o « seconda deposi- 
zione » del Petrolo ti-ovasi notata co' fol. 18 a 20, e la confronta 
col fol. 21 (a). Si ebl>e cosi la nona ed ultima confronta in per- 
sona del Campanella, <^ non sara strano V ainmettere che il risul- 
tamento di essa sia sfato pur sempre identico a quelle dello altre. 

(a) Ved. Doc. 252, pag. 167. 



— 56 — 

Molto probabilmente allora appunto, il 31 gennaio, cssendosi 
mostrato negative con tanta ostinazione, il Carapanella venne rin- 
ohiuso a sua volta nella fossa, donde non fu iratto che per essei*e sot- 
tojK>sTo alia tortura: e veramente, nella sua Xarrazione, il Campa- 
nella no paria come di un fatto awenuto dope le confronte di Mauri- 
zio non solo con lui ma anclie con fra Dionisio, cio che sappiamo es- 
s^^re avvenuio immediatamente dopo la controma sua col Petrolo. Ecco 
in che moiio eirli raccoma il faiio. * Per questo il Sances credon- 

< dosi haver trionfato di tuna la causa, pose il Campanella dentro 
« la fossa del uiiffh in Castelnovo, che va quasi soilo mare, oscu- 
« rissima humidissinia dicendoli e facendoli dire che senza altro 

< havea a morire e li davan de maniriar malamente solo una volta 
« il giorno. stava con li ferri alle iraiabe , dormia in terra ; e li 
« vennero riussi di sangue. E cosi inferm«:i poi lo posero nel tor- 
♦ memo >. Non stemiaiii.^ a credere che la fossa in cui venne posto il 
Campanella sia staia la piii lerril-ile, deua del coccodrillo, ovvero 
anche del iftijh'o. non rn)]lio come si lesrire nella Narrazione (a). La 
menzione di questa fossa risale al tempo ileirli Aragonesi e vedesi 
coniinuata rino a* giorni nosiri. ser.zr\ ivr altro poter dire dove essa 
sia veramente stata, iriacch^ parreM-:* essersi successivamente cosi 
chiamaia ogni fossa molto profunda e .^uasi del tuiio oscura ; no- 
liamo solamenie esser prohabile »7he il livello sottomarino di delta 
foss:^ sia s:ato asserito dietro la nozione deila profondita delF in- 
tero fossa!o, d"ve ne' primi temr-:. come a'vviamo accennaio in altro 
luosro. jvtevasi immeitere 1" acqiia del m:\re. Vedremo che il Cam- 
panell:; vi riinase sol* ivr unri sotvimana. 

l:rr*r.:o s: ftw an.vra .^iialAe ooiifr-n-a e se^naiamente quella 
di Mauririv cvii fra Dionisi:-: su"' i: • loro s: esamino pure il Bi- 
Ton: \ n.-n pu;« osser .:u -b: • che r:>;:': • ■ .'^•riiuonie negaiiro; quindi 
si '.«:'.ss.- a :ra Pa lo d^'.'.a T-.v-r-riiu iir.-rn ■ ?A :uaie sappiamo di 
CtT:.' che neg;^ o^rn: c.-sa i' . N.n :v.:vir:s."-- :•:•: che siano stati esa- 
mir.ar! r.o fra P:e:r.'» li: >::'.:• n-^ :Va P:-?:r.^ P:!iz:o : ne' Riassunti 
deirVindid: c::npi'a:i c.r.:r;' li o>>:, c/.i-e c.n:r.j diversi altri, non 
e r:ci:ro.a:a un:^ l;r.^ vi.^:- »>::.: ne ::*: Vi,'^.;:n;ue sensj. a differenza 
di .raan:.^ si vele ivr .:\:::-i s.vrri r.. ./..rir.:: e :«er j-jalche aliro an- 
cora, AyviarisiV ir;V:\v oss-.r,^ s:a:.^ esai-VTirr • :t\ S.^ipione Politi, 
:1 cUA;e dissi^ che av-.v, - n > i.::.. i". rri..r..:v.v /..^. e che nel sren- 
na.: \^^ 1.^ ani- a >i>. ::•.?•;• :vr :\verr. uns Ir'^vrri in favore di un 
su: ;\aror.:o. e vvi, iss:::.;- */ .ra :v..\:: :.'ir.;.^, rimase a dormire 



" r. v'Jt^si.^ ;::>* r.i':uv.:: vt...i >5i::v.: '. :. :":•: J-.-.rt"::-: riTedert-. II Ca- 

:..i '/:■■. Jcs« •;/'.^ :.: .'*^c.::: >i :.. v.-.' *:",.... :•:■.•.■;•.■::-."-!: ^. c:::i::viT T AAitto 

S.nnorl it" Kocr-: i.S. «.•:'.:. :v'w. -ir. a*:. A;. ..:.^-.-'\. .v.- avivb^ie forse al- 

jujc k.i* fiMtsjcr.-.s ::»ss.'. M.s :?or .•: ;• v:,:." »:.-: .:i :i:.r:'.ji -.-jeric^ ni^lio corri- 

i A rS.:i I* d.» .-^ : .>sssi i; '. >.. .- ' ... o.i v ^ :: .s /. .....' « .". . . ■ i : . .' . :. : :■;.:«■".. : ic' Bianeh i d i 

»/ Vt*d Tk< ?>*. -.Aj: '*» 



— 67 — 

con lui; che piu volte andd a visitarlo di nuovo per parlargli di 
cose letterarie , ma non gli riiisci possibile per le molte persone 
che si trattenevano con lui, « et precise quando stava con Gio. Gre- 
« gorio Prestinaci , et Gio. Jacovo Sabinis, si ponea k ragionare 
« con quelli et lasciava tutti ». Aggiunse che dopo la venuta di 
Carlo Spinelli si era detto * che lo fra Tomase, fra Dionisio, Mau- 
< ritio, et altri forasciti trattavano di dare, prime si disse, in poter 
« del Papa questo Regno, et poi si disse che lo volevano dare in 
« mano deli Turchi , et V hk inteso generalmente , ma dopo che 
« fu cai'cerato fr4 Tomase, V intese dire questo dal Capitan Fran- 
« cesco Plotino , et si dicea , che Mauritio havea trattato con li 
« Turchi et fra Dionisio ancora, et fra Tomase con altre persune 
« et forasciti sen delinquenti » (a). Cosi questo fra Scipione , gik 
intimo del Campanella, se la cavo felicemente, e non pud dirsi che 
il tribunale sia state severe con lui. 

Ma dobbiamo tornare a Maurizio, il quale aveva esaurito il 
compito per cui era stato fin allora serbato in vita, onde non si 
tardo a fame T esecuzione. La confronta con fra Dionisio fu V id- 
timo atto giudiziario certo della sua vita. II Campanella, nella Nar- 
razione , scrisse pure che « lo portaro, . . a conurtar F. Pietro di 
« Stilo prelate del Campanella che confessasse per salvarsi come 
« lui havea fatto, e poi fatto questo officio iniquo, mandd il car- 
« cerere Alonso de Martinez *, et Onofrio a dir al Gesuino , che 
« r osservasse la parola : el Gesuino rispose, che non si osserva pa- 
« labra con ladrones^ e fu appiccato con perdita del corpo et del- 
« r anima ». Lasciamo da parte queste ultime asserzioni, che vedre- 
mo bilanciate da altre diametralmente opposte, e che ad ogni mode 
rappresentano la continuazione del disgustoso atteggiamento preso 
dal Campanella verso Maurizio. Quanto all' incarico che gli avreb- 
bero date di esortare fra Pietro di Stilo , il fatto non pud recare 
sorpresa, visto lo zelo religiose eccitato in Maurizio, che era anche 
pai*ente di fra Pietro ; ma h singolare che non se ne trovi qualche 
traccia nel processo di eresia, dove gl' incidenti della causa sogliono 
trovarsi menzionati in gran numero. Vedremo per altro che qual- 
che poesia del Campanella si spiegherebbe ottimamente con questo 
fatto , e del pari con esse pu6 spiegarsi in gran parte il non es- 
sere stato poi fra Pietro nemmeno chiamato all' esame : conosce- 
vano che sarebbe risidtato ostinatamente negative, e gli esami ne- 
gativi non tornavano convenienti, poich6 gl' indizii raccolti a carico 
degl' inquisiti principali ne rimanevano sempre alquanto vulnerati. 
II 3 febbraio era gia avvenuto il passaggio di Maurizio dalle 
carceri del Castello a quelle della Vicaria, e le scritture di S.*® Of- 
ficio ce lo mostrano appunto a quella data, come gia il Pisano, in- 
nanzi a' Delegati della Curia Arcivescovile, che questa volta furono 
i Rev."** Orazio Venezia e Curzio Palumbo Consultori e Marco An- 



(a) Ved. Doc. 256, pag. 172. 
AmabiU^T, Gampanblla, Vol. II 



— 58 — 

tonio Genovese Avvocato fiscale , riuniti iieirAudienza criminale 
della Vicaria. Non bisogiia credere che siinigliaiiti ricorsi al S.*° Of- 
ficio, ill punto di morte, si fossero veriticati soltanto in persona dei 
condannati per la causa presente : era un uso molto coniune a quei 
tempi, spesso veriticatosi senz' altro motivo clie quello di ritardare 
per qualche giorno V eseciizione. Tra le carte veiiute uelle nostre 
mani abbiamo p. es. due lettere del Card.* di S.** Severina , che 
trattano delle deposizioni di uno Scipione Prestinace egualinente di 
Stilo, celebre bandito menzionato in qualche documento del Grande 
Archivio (a) e decapitato il 17 febbraio 1597, il quale avea diman- 
dato ed ottenuto di confessare al S.*** Officio: e vedremo pure Fe- 
lice Gagliardo, sul punto di essere giustiziato piu tardi per delitto 
comune, fare una lunga deposizione innanzi a quel tribunale. Re- 
lativamente a Maurizio non si potrebbe supporre il motivo sopra 
indicate, giacchfe T esecuzione sua era stata gia differita anche trop- 
po ; oltraccio non lo troviamo a rivelare in S.'^ Officio il giomo 
'medesimo dell' esecuzione, come abbiamo visto in persona di Cesare 
Pisano , ma mentre V esecuzione era stabilita pel 4 febbraio , egli 
il giorno precedente trovavasi innanzi agli ufficiali della Curia 
Arcivescovile da lui richiesti pur sempre con la clausola * a sca- 
€ rico della mia conscientia secondo me ha imposto il mio padre spi- 
« rituale » (fc). Ed ecco in breve quanto, giusta lo stile del S.*° Of- 
ficio, egli « denunzio » contro il Campanella e fra Dionisio: gioveri 
conoscere il complesso delle sue rivelazioni, anche a costo di an- 
noiarsi trovando una ripetizione di cose gia narrate. In prime luogo 
depose che presso D. Gio. Jacobo Sabinis il Campanella avea detto 
essere state Cristo un grande uomo da bene, ed aveva anche detto 
bene de' turchi (allora era di obbligo dime male), end' egli poi in 
Castello ebbe ad avvertirlo che stava scandalizzato di quelle parole, 
e fra Tommaso gli rispose che lui non conosceva bene li negozii, 
Dippiii , che pure nella stessa data , « con occasione della guerra 
€ che voleva cominciaro, 6 fattione che voleva fare contra il Re », 
fra Tommaso disse che voleva « fare brusciare tutti li libri latini 
€ perche era un inbrogliare le gente >, senza precisare quali libri 
e senza scovrirsi molto con lui per cose di religione, giacchfe egli 
era stato sempre saldo nelle cose della fede, « anzi chiari al detto 
4c {rk Thomaso che di queste cose di religione non bisognava trat- 
4( tarne, perche non ci haveria mai consentito >, e fra Tommaso 
rispose che egli voleva solamente riformare gli abusi della religione. 
Inoltre che avea saputo da Gio. Gregorio Prestinace volere il Cam- 
panella « fare una republica dove si havesse da vivere in commune », 
cio che fra Tommaso medesimo gli confermo, dicendogli « che la 
« generatione humana si dovea fare dagli huomini buoni » cio6 ga- 



(a) Veil. Registri Curiae '\ol 38.° (an. 1595-99) fol. 13, Let Vicereale del 
23 febbr. 1596. 

(6) Ved. Doc. 307, pag. 254. 



— 59 — 

gliardi e valorosi, e che « con la medesima occasione della guerra. . . 
« voleva aprire li sette sigilli >, ricordando che in Calabria dicevasi 
pubblicamente « che la scientia di delto fra thomaso sia del demo- 
« nio 6 di Iddio, perche ogn' uno che parla con esso lo ritira dove 
« vole esso con la scientia fe con la persuasione sua ». Aggiunse 
pure infine, che intese da fra Tommaso « come quando voleva fare 
« le guerre haveria fatto deli miracoli, et mostrato con la scientia fe 
« raggione che quelle che mostrava esso era ben fatto >. Relativaraen- 
te poi a fra Dionisio, dichiaro che cestui aveva una volta raccontato il 
solito fatto osceno in dispregio dell' ostia consacrata, ed anche V an- 
negamento di quel sacerdote che a tempo deir inondazione del Te- 
vere volea salvare il SS. Sacramento; che un' altra volta, stando 
lui, Maurizio, inginocchiato nella chiesa del convento, fra Dioni- 
sio gli disse che cosi voleva gli uomini, che sapessero fingere; e 
Tin' altra volta, stando a desinare, fra Dionisio, ovvero fra Tom- 
maso, avea detto che i Cardinali non digiunavano, e le riforme si 
facevano per tutti ma non per lore. Aggiunse, dietro domanda di 
rivelare i complici, che ricordava solo di avere inteso dal Vitale 
suo cognate, giustiziato in mare, che fra Dionisio, avendo celebrate 
la messa in Nardo dentro la sua cella , gitto a terra 1' ostia , nfe 
credeva a Cristo, nfe alia verginita di Maria. Da ultimo, interro- 
gate se avesse deposto per odio, per inimicizia o per passione, egli 
appunto allora ricordo che non avea mai rivelato nulla centre quei 
frati, malgrado ripetute torture, e malgrado sapesse che fra Tommaso 
si era esaminato centre di lui, nfe aveva poi detta la veritA per altro, se 
non perche il suo confessore della Compagnia de' Bianchi lo aveva 
consigliato a farlo per obbligo di coscienza. — Cosi, in fondo, non 
si ebbero rivelazioni nuove o numerose di Maurizio , il quale non 
potea nemmeno ignorare che vi erano state anche troppe rivela- 
zioni di eresia, o per debolezza, o per artiiicio, alio scopo di pas- 
sare alia Curia ecclesiastica : nc vi fu bisogno per lui di assoluzione 
e di abiura, poiche egli non era imputabile in siffatta materia. Ma 
r importanza delle dette rivelazioni per noi sta in questo, che esse 
danno una notevole impronta di autenticita a' tratti principali dei 
disegni del Campanella e delle riforme politiche e religiose da lui 
progettate, come anche alia via seguita da fra Dionisio in questa 
faccenda; poichfe, quasi non occorre dirlo, noi crediamo pienamente 
sincere quelle rivelazioni, senza alcuna riserva, e pero siamo stati 
anche soUeciti di riferirle con le parole testuali. In un memento 
supremo, quando ogni speranza di salvar la vita, se mai ve n' era 
stata, avea dovuto rimanere del tutto spenta, vedere Maurizio non 
gia ritrattare le confessioni fatte nel tribunale, ma aggiungere ri- 
velazioni in termini tali da suggellarle , fe certamente un fatto di 
suprema importanza; no cesseremo dal dire egualmente da questo 
lato, che la condotta di Maurizio si puo giudicare inaccettabile ma 
non mai indegna di rispetfo, e chi volesse ad ogni mode biasimarla 
dovrebbe rivolgere i suoi biasimi piuttosto a colore i quali abusarono 



— 60 — 

di queir anima tutta imbevuta della fede in cui era stata educata. 
Ci rimane intanto una somraa di notizie in tal guisa raccolte, che 
non ammettono dubbio. 

II giomo seguente, 4 febbraio , con lo stesso corteggio della 
prima volta, Maurizio venne condotlo al patibolo, e di rimpetto al 
torrione del Castel nuovo, dal quale i suoi compagni di sventura po- 
teano vederlo, lascio miseramente la vita col capestro a soli 28 anni. 
II Registro de' Bianchi lo ricorda in questi termini: « A di 4 di 
€ febraro Venerdi 1600, per ordine di S. Ecc* fii giustitia di Mau- 
« ritio Rinaldi de Guardavalle appresso Stilo. lascia una figliuola 
€ d' anni tre, nomine Costanza in potere de sua matre nomine Giu- 
€ lia Vitale ; et una sorella d' anni 30 vidua nomine Costanza. Ve 
€ intervennero » etc. II Campanella, nell' Informazione, scrisse che 
€ li fecero perder V anima e M corpo, e non li donaro tempo di ri- 
€ trattarsi se non alii confrati » : bisogna dire che egli non abbia co- 
nosciuto nulla delle rivelazioni fatte in S.*" Officio, e poi sappiamo 
oggi ci6 che avvenne presso i confrati ; se mai vi fossero state di- 
scolpe, nel Registro de' confrati si leggerebbero come si leggono 
quelle del Pisano. — Dobbiamo aggiungere che il Residente Veneto, 
r 8 febbraio , riferiva V avvenimento al suo Governo con qualcbe 
altra circostanza degna di nota e ne' termini piii lusinghieri per 
Maurizio ; non possiamo dispensarci dair esporre qui il suo dispaccio 
e tutto intero, senza rimandare i lettori a' Documenti. « Quel Mau- 
« ritio Rinaldi doppo haver ratificato alia presentia de i frati au- 
€ tori della ribellione tutte le cose fra loro accordate in Calavria, 
€ propose da s^ stesso di lasciarle comprobate senza piu dilatione 
€ con la sua morte perche non habbia loro a restar piu s{>eranza 
€ di poterle negar nei tormenti ; con che fini la vita nel luogo et 

< modo istesso dove anco la prima volta era stato condotto pub- 

< blicamente. Le attioni fatte da costui, et vivendo, et morendo sono 

< generalmente stimate di tanto memento che da esse si possa far 
€ giudicio qual fossero stati i suoi progressi se fosse riuscito V ef- 

< fetto della congiura. Et havendo colla volontaria revellaiione, per 
« solo zelo deir anima sua, mosso V animo del V. Re, non parfindo 
« a S. Ecc.'^ in case di M.'* lesa di dover jiermutargli la pena 
« della vita , hk fatto , con atto magnanimo , che la fecolta sua, 
« gi^ per la sententia confiscata, sia hora divisa in tre parti, una 
« delle quali sia data per Dio, et una alia madre, et V altra ad 
^ una figliuola nubile di esso infelice, con la qual graiia gli fe pars<3 

< morendo rinascere al mantenimento di persone a lui tanto con- 
« giunte >. Una tostimonianza del iutto disinteressata, come questa 
del Residente Veneto, su fatti awenuti in Xapoli, regge assai bene 
a fronte delle molte, delle troppe affermazioni vituperose del Cam- 
panella verso Maurizio. Forse, come tanto s[>esso, non tutte le cir- 
costanzo uci lui riferite debbono ritenersi esatte. Verosimilmente non 
sar^ esatto che Maurizio abbia proposto di voler comprovare con 
la sua morte le cose da lui rivelat^ a carico de' frati, giacch^ per 



lo meno questo non era punto necessario ; del pari non sara forse 
esatto che egli abbia saputo in precedenza, con sua letizia, la re- 
voca almeno parziale della confisca de' suoi beni, non essendo fa- 
cilmente ammessibile nn cosi pronto senso di pietA Vicereale verso 
un ribelle. Possiamo ritenere che la confisca non abbia avuto ef- 
fetto, e forse per questo motive son riuscite vane finora tutte le no- 
stre ricerche neU'Archivio di State su tale argomento: vi era V inte- 
resse di « Dio », cio6 de' monasteri, a' quali con siffatto titolo tanto 
indegnamente adoperato si prodigava la roba altrui, e vi era anche il 
gusto Vicereale di mostrarsi in gara di coramozione ne' casi di co- 
scienza commossa. Ma ci basta sapere che i contemporanei giudica- 
rono Maurizio ben divei'sainente da quanto il Carapanella ci lascio 
scritto , e crediamo che oramai il nome di Maurizio debba registrarsi 
nel martirologio italiano, dandogli lo splendido posto che gli compete. 

Continuava intanto nel tribunale lo svolgimento delle prove a 
carico di fra Dionisio. Furono esaminati Mario Flaccavento e Gio. 
Battista Sanseverino, i quali confermarono di essere stati da lui 
sollecitati a prender parte nella congiura. Anche Fabio di Lauro 
e Gio. Battista Biblia fecero la confronta con fra Dionisio; e forse 
si udi pure qualche altro contro di lui, giacchfe si nota a questo 
punto una piccola lacuna nella numerazione de'folii del volume (a). — 
Ma giunse finalmente da Roma la lettera che dava licenza di am- 
ministrare la tortura al Campanella e agli altri indiziati. 11 Nunzio 
si affrett6 a comunicarla al Vicerfe, e dovfe pure esser subito ema- 
nate dal tribunale il decreto per I'esecuzione. Questa lettera fe men- 
zionata in un' altra posteriore del Nunzio {b) , e non si trova nel 
Carteggio, sicuramente perchfe venne inserta nel processo, come al- 
lora solevasi fare. 

II 7 febbraio 1600 venne amministrata la tortura al povero 
Campanella, e la specie prescelta fu quella cosi detta del polledro. 
Gio rilevasi da un documento trasmesso dall'uno aH'altro tribunale 
ed inserto nel processo di eresia, il quale comincia cosi: € a tempo si 
< dede lo poUetro a fra thomase campanella ali 7 di febraro* etc. (c). 
Di questa specie di tortura, tutta napoletana, non ci e costato poco il 
rinvenire i particolari ; e li abbiamo finalmente rinvenuti in un trat- 
tato di Medicina legale intitolato II Medico fiscale di Orazio Greco 
fisico della Gran Corte della Vicaria, trattato totalmenie ignoto agli 
Storici deir arte, essendo state annesso ad un' opera legale {d). II 

(a) Ved. Doc. 247, pag. i60. 

(b) Ved. Doc. 87, pag. 62; ma bisogna notaro che la data del 24 gennaio, 
quivi assegnata alia lettera in quistione, potrebb'essere errata, poich6 il 4 feb- 
braio essa era ancora attesa. 

(c) Ved. Doc. 38 i, pag. 394. 

{d) Samo (Anelli de) Novissima praxis civilis et criminalis, cum observa- 
tionibus. . . ac singular! tractatu inscripto II Medico fiscale pro optima cogni- 
tione delictorum in gonere, videlicet cadaveris venenati, virginis defloratae, pueri 
constuprati et aliorum consimilium Doctoris Horatii Graeci Medici phisici Re- 
giae Curiae etc. Neap. 1717. 



— 62 •— 

concetto del polledro apparisce preso da quel chiuso fatto con barre 
di legno che adoperavasi per fermare i poUedri indoraiti, attaccan- 
done gli arti alle barre mediante funicelle. Non era un tormento 
com line: usavasi in casi d' importanza, ed il Greco, che scriveva 
oltre un secolo dopo il tempo di cui trattiaino , accerto che « sin 
« dalle popolari revolutioni {in!, quelle di Masaniello) non si era piii 
« pratticato ». 11 paziente veniva situato come in una cornice di le- 
gno a modo di scala piramidale, luunita di traverse tagliate ad an- 
golo acuto per cruciare tutta la parte posteriore del corpo, dalla 
nuca a' talloni: il capo era incassato come in una cuffia di legno 
nella quale la scala terminava; un foro si trovava nella parte po- 
sterior-superiore della cuffia , e fori analoghi si trovavano lunpo 
gli assi della scala, per far passare gli estremi di tante funicelle 
che doveano stringei-e il capo o gli arti in piii punti. Oltre due 
funicelle fortemente applicate a'polsi per tenerli uniti insieme, un'al- 
tra ne era applicata alia fi-onte, due alio braccia, otto alle cosce 
e gambe; in tutto 13 funicelle, i cui estremi passati pe' fori sud- 
detti erano ritorti mediante bastoncelli di legno, cosi che le cArni 
venivano strette suUe ossa; e perche gli arti inferiori non si allon- 
tanassero tra loro, una funicella su[)plementare era passata intorno 
agli alluci. Del resto il Greco ebbe cura di darcene un disegno, 
e noi abbiamo creduto che valesso la pena di riprodurlo, per avere 
una nozione pin chiara di tale tormento, e cosi intendere cid che 
il disgraziato filosofo ne disse nella sua Narrazione (a). II Campa- 
nella dovfe essere tratto dalla fossa del miglio per avere questa tor- 
tura, e pero pud contarsi che vonne a dimorare nella fossa sette 
giorni. Un primo fatto da essere notato nella sua tortura fu que- 
sto , che mentre veniva spogliato gli cadde una carta contenente 
la relazione dell' esame del Lauriana, che costui gli avea scritta, 
e D. Giovanni Sances la lesse, e il Campanella gli disse che quella 
carta volea presentarla; D. Giovanni affermo che Tavrebte presen- 
tata egli medesimo, ed allora il Campanella gli consegno pure una o 
due cartoline scrittegli dal Pizzoni, dicendo che le presentasse egual- 
mente. Qucste cose furono poi da fra Dionisio riferite al Vescovo 
di Termoli, Giudice nel tribunale delFeresia, il quale voile da lui 
una relazione suMocumenti attestanti la corrispondenza passata tra 
il Pizzoni e il Campanella; ed il Vescovo, avutane notizia, fec« ri- 
chiesta de' detti documenti al tribunale della congiura, ed in tal 
guisa se ne trova una copia nel processo di eresia. Ma notiamo 
che si ebbe la copia di una sola delle cartoline che sarebbero state 
scritte dal Pizzoni, oltre la carta che sarebl)e stata scritta dal Lau- 
riana: e la cartolina reca la semplice assicurazione che egli non 
avea dot to ne direbl)e mai essere que' tali Signori (certamente i Del 
Tufo, Orsini, Sangro etc.) fautori del preteso delilto, ina auiici 

{a) Ecco il fac-simile del di. segno del polledro datoci dal Greco (op. cit. 
pag. 409). Non rifuggano i lettori dal contemplarlo, specialmente quelH, che per 



della persona e delle opere di lui; la carta poi reca veramente !'e- 
same del Lauriana iiinanzi al Visitatore e a fra Cornelio, scritto 
abbastanza fedelinente, e con ogni probabilita secondo la vera lua- 
nier.'i d'interrogare tenuta dagl'Iiiquisitori {a). 

Questa prima tortura data al Campanella non duro molto. Egli 
non resse alln strazio, dichiard di voler confessare e fece una lunga 
(,-onfessione, tanto lunga da occupai-e due sedute in due giorni di- 



coso mena^ero vanto di priacipii repubblicaQi ; vedranno c 
Dostri il professarli, e rileveranDO bene )a differenza: 



costava a'padri 




(a) V«d. Doc. ciL 381, pag. 394. 



— 64 -- 

versi: dovfe quindi esser posto due volte nel tormento del polledro 
con la solita formola « continuaiido et non iterando » per inaDte- 
nere gli effetti legali di una confessione « in tormentis »; cosi pos* 
siarao spiegarci il trovarsi in una Lettera del Campanella al Papa 
il 1607 , da noi pubblicata , la menzione di « dui polledri >, e in 
uno de'brani della sua confessione pervenuti fino a noi la circostanza 
espressa con le parole « come disse Taltro di » (a). In fondo nella 
sua confessione il Campanella ammise che aveva avuto il progetto 
di fare la repubblica e che doveva con altri suoi compagni predi- 
carla, ma solo nel case in cui fossero accadute le mutazioni da lui 
previste , al quale proposito espose quanto avea raccolto ne' suoi 
profetali; inoltre sostenne che avea consigliato di ricorrere alle armi 
ma per difendersi, e rigetto poi sempre su Maurizio le trattative 
fatte col Turco. Ma un memento di tanta importanza merita bene 
di essere esposto con tutta la possibile larghezza. Vediamo dappri- 
ma cio che ne disse egli medesimo nella sua Narrazione , avver- 
tendo che egli pone in molto rilievo I'infermit^ contratta nella fossa 
del miglio e qualche altro suo incomodo, cei'tamente perchfe dovea 
sentirsi umiliato dal fatto delFavere lui solo confessato, mentre tutti 
gli altri ecclesiastici, che vennero dopo di lui egualmente tormen- 
tati, non confessarono nulla, o non aggiunsero nulla a quanto aveano 
gia detto. « E cosi infermo lo posero nel tormento del polledro 
« senza lasciar che andasse prima del corpo ... II Campanella an- 
« tevidendo, che era forzato morire, tanto piu che il Sances disse 
« al boja che lo tormentasse a morte e fu stretto con le funi al 
« polledro con tanta strittura , che si rompevano tutte , e subito 
« le raddoppiava: et il dolor cresceva tanto horrendamente che lo 
« fecero spasmare, et uscir di cervello: per questo, secondo havea 
« previsto, conoscendo che di certo moria se non diceva; pero per 
« dar tempo disse, che volea confessare. E perchfe il Sances e li 
« giudici non sapeano di Theologia et Astrologia li lev6 dalla legge 
€ a queste altre scienze con arte; dicendo ch'era vero, che lui pre- 
^ dico che si dovea mutar il mondo, el regno, et che s' havea a 
4c far una repubblica nova universale secondo molte revelationi di 
€ Santi e d' Astro logi, e che quando questo fosse succeduto, lui vo- 
« leva predicarla e farla, e che sendo dimandato da molti disse a 
« quelli, che attendessero all' armi , perche occorrendo mutatione 
« fatale da qualsivoglia banda si difendessero, e facessero la re- 

< pubblica antevista nelFApocalissi di S. Giovanni e nomind molti 
« che consentiano a questo parere. Ma pero non confessd herasia 

< alcuna nfe ribellione n6 volunta di ribellare. Anzi dice nella sua 

< confessione, ch'interrogato da Mauri tio come potea far questo, li 
« rispose, che essi non havean d'assaltar il regno; ma con questa 
« conditionale se venta mutatione , volean far la repubblica nelle 
« montagne difendeudosi come li Spagnoli nelle montagae quando 

(a) Ved. Doc. 250, pag. 163. 



— 65 — 

« entraro li Mori. E par lava in tal modo che li giadici si credeano 
€ che coafessava , e che solo negava la prattica con Turchi , la 
4^ quale nega espressamente, e dice haver ripreso Mauritio perche 
€ era andato su le galere d' Amurat. E perche essi giudici non 
€ sanno quel che dice ArquAto Astrologo, et Scaligero, et Carddno, 

< e Tic6ne e Gemma Frisio et altri Astrologi della raulatione in- 
€ stante al secol nostro: nfe quel che dicon li Santi Caterina, Bri- 
« gida, Vincenzo, Dionisio Cartusiano . . . pensaro che queste pro- 
« fezie fossero finte dal Campanella.per tirar la gente a ribellare, 
« e ch'erano false; e si contentaro di tal confessione, sperando an- 
« che che poi nel tribunal del vS. Officio confessasse che quella re- 
« publica che dicea voler fare havea d'esser heretica: e cosi saria 
€ stato brugiato ». In verity i Giudici della tentata ribellione non 
aveano alcun motive di preoccuparsi della qualita erotica della re- 
pubblica voluta dal Campanella, qualita che si sarebbe dimostrata 
pill tardi in un altro tribunale. Bastava lore che venisse da lui 
confessato il trattato di far repiibblica, per ritenerlo un reo con- 
fesso con tutte le terribili conseguenze legali ; e non importava 
neanche troppo se per tale repubblica avessero dovuto aversi o no 
certe condizioni, se avessero dovuto usarsi le armi in difesa ovvero 
in ofiesa, se avessero dovuto esservi gli aiuti de' potentati esterni 
e segnatamente del Turco, da qualunque de' complici invocato. Le 
conseguenze legali non variavano punto per tutto cio, e tale fu in- 
fatti Topinione che ne portarono i Giudici; lo rileviamo benissimo 
da una lettera del Nunzio, in data 1 1 febbraio. « Nella causa della 
c ribellione finalmente con poco tormento, per vigor della facoM 
« venuta et per la sua {int. la lettera del Card.* S. Giorgio) de'24 
« del passato , che comunicai subito con S. E. , si cavo da quel 
* Campanella tutto il fatto come era passato, se bene non ha mai 
€ voluto chiamarlo ribellione ma detto che voleva far Repubblica 
€ la provincia di Calabria per mezo delle Armi e delle Prediche, 
« quando pero seguissino i garbugli in Italia , che lui si era pre- 
€ supposto, et intanto andava disponendo gli animi et procurando 
€ seguito; il trattar col Turco dice che fu concetto di quel Mau- 
€ ritio di Rinaldo, che poi hanno fatto appiccare, non di meno il 
« negotio resla di maniera scoperto che non par che possa haver 
« difesa, alia qual cosa se gli e di gia date il termine, e la com- 
« modita, et intanto si seguir^ contra complici ch'egli h^ nomina- 

< to, con i quali si terra il medesimo modo che si fe tenuto con 
€ seco, poich^ ^ rtuscito hene^. Vedesi qui manifestamente che 
neppure il Nunzio diede alcuna importanza a'Profetali esposti dal 
Campanella in rapporto al disegno della repubblica da lui conce- 
pito e promosso, e ritenne puramente e semplicemente essersi avuta 
la confessione di una congiura o trattato di ribellione, per lo quale 
il Campanella era andato disponendo gli animi e procurando se- 
guito, ne deve sfuggire che egli mostrS chiaro qual fosse I'animo 
sue, ed anche I'animo della Curia alia quale scriveva e doveva in- 

AmahiU — T. Campanblla, Vol. IT. • 9 



gegnarsi di dar buone notizie, dicendo che 11 modo tenuto era riu- 
scito bene, mentre il povero filosofo si era avviato all'estrema ro- 
vina. Da uii lato solo V esposizione de' ProfeUli dovfe colpirlo ed 
incutergli anche xm certo timore, dal lato della profonda eradizione 
e dottrina che il Campanella palesava; poich6 nella stessa data egli 
si di6 subito a chiedere al Card.' S. Giorgio ed anche al Card.' di 
S.'^ Severina , per la prossima causa dell'eresia, 1' intervento di 
« persona pratiche e buoni Theologhi per disputare con quel Cam 
« pauella, che per haver ahiurato ultra volla, com' egli stesso dice, 
« vorra forse in questo dar che fare dinuovo », notando che avevs 
« umore in difendere le sue opinioni » (a). Da queste parole del 
Nunzio riniangono appieno giustificate quelle della Narrazione ri- 
feribili piii direttamente a lui, che ciofe « H giudici non sapeano ili 
Theologia et Astrologia »: e ci sembra conveniente aggiungere, che 
da quanto sappiamo deirandamento della confessione potrebbero ri- 
sultare giustificate anche certe parole del Giannone iiitomo alia me- 
desima. II Campanella ci lascio scritto, e non stentiamo a crederlo, 
che gli orrendi spasimi lo fecero « uscir di cervello »; da pai'te sua, 
almeno nel 1" giomo, chi sa in qual mode il Maslrodatti potfe se- 
guirlo nelle considerazioni apocalittiche dettate con una inevitabile 
confusione ; non puo quindi sorprendere 1' impressione avuta d«l 
Giannone quando ebbe a leggere nella copia del processo « la sua 
« lunga deposizione lalta nel mese di febbraio . . . nella quale (egli 
« dice) a guisa di fanatico e di forsennato, sia per malizia, sia per 
« lo terrore, ora affermando, ora negando, tutto s' intriga e B'in- 
« viluppa ». 

C incombe pertanto I'obbligo di vedere piii da vicino ed anche 
commentare sobriamente la confessione del Campanella, adunando 
i brani a noi pervenuti con gli Atti esistenti in Firenze, e riportao- 
doli secondo il teste del sunto fattone dal Mastrodatti (b), Non si 
avptl r intera confessione e tanto meno la prccisa fisononiia di essa, 
ma se ne avranno i punti di maggior rilievo , pe' quali risultera 
sempre piu chiara la posizione derivatane a lui medesimo cd a' com 
pagni suoi propriamente ecclesiastici. Notiamo innanzi tutto che ci 
raancano i brani relativi alle Profezie ed a' pronostici, i quali do- 
veano verosimilmente occupai-e i fol. 28 e 29 del processo, ed ab- 
biamo solaniente alcuni di quelli compresi tra il fol. 30 e 34; essi 
cominciano dalla esposizione del |.artito che il Campanella intaa- 
deva trane dagli avvenimenti previsti, e furono riferili dal suo At- 
vocato nella Difesa. « Che soccedendono detli romori, et revolutioii 
« che lui per Profetie et altri segni prevedea, con detta occasioOB 
« si volea forzare fare detta Provincia di Calabria RepubUca, che 

(a) Ved. Doc. 87 9 88, pag. 62 e 63. 

(ft) Ved. Doc. 245, pag. i45-46; Doc. 247. pag. 160; Doc. 248. pag. IS!: 
Doc. 253, pag. 169; Doc. 250, pag. 163; Doc, ^."i|, pag. IC5; Doc. 252, pag. 167; 
Doc. 265, pag. 183; Doc. 2tj'J, pag. 175, e Doc 264, pag. 176. 



— C7 — 

€ con pigliare li monti si hariano mantenuti, et con questo il Papa 
€ et Rfe di Spagna li hariano lasciati vivere in Republica, Che di- 
€ cendoli Mauritio che detta Republica non i^ possea fare senza 
€ aiuto di Potentati esterni, Lui rispose che non havevano d'as- 
€ saltare il Regno, et per questo non haveano bisogno di potenza 
€ esterna ; mk che con la mutatione del Regno, che havea da soc- 
€ cedere secondo havea trovato per Profetie , lore soli bastavano 
€ con r eloquenza et con gl' amici. Che 1' Imperio Torchesco s* ha- 
€ vea da dividere in due parti, Et una saria stata da parte de Chri- 
€ stiani , Et un' altra dalla parte Maumettana , et che di quella 
« parte di Christiani se n' haveriano visto dove per fato inclina- 
€ vano. Che havendoli ditto Mauritio, che lui era andato sopra le 
« Galere Torchesche k parlare con Morat Rais, che V havesse vo- 
« luto dare aiuto in fare detta Republica , esse fra Thomaso lo 
€ riprese di questo , che non havea fatto bene , per che li turchi 
« sempre sogliono essere infedeli et inimici. Che lui dicea che suc- 
« cedendono detti romori, et mutationi nel Regno, si seriano fatti 
« grandi, 6 della parte del papa, 6 della parte del Rfe. Che in detto 
« anno del 600 havea da essere unum ovile et unus Pastor, et che 
« lui con li compagni suoi Monaci con detta occasione haveriano 
« predicate in favore di detta Republica profetizata in benefitio del 
« Papa ». Ma dovfe nominare quelli co* quali egli avea fatti tali 
discorsi, in ispecie poi i frati compagni suoi che avrebbero predi- 
eato con lui, giacchfe il tribunale doveva occuparsi appunto degli 
ecclesiastici ; ed ecco nominati parecchi , e s' intende che a noi 
sono propriamente pervenuti i nomi degli ecclesiastici gik carce- 
rati. Forse si era al secondo giorno, ed egli avea dovuto riflet- 
tere a* casi suoi ; ad ogni mode troviamo qui pure V animo sue , 
come sempre , soggetto all' impeto de' risentimenti , malgrado la 
confusione suscitata dall' atrocitA de' dolori. Scorgeai infatti senza 
riguardi verso il Pizzoni, il Laurian.a,;il Fetrolo, che si erano da 
poco tempo confrontati con lui a suo danno, abbastanza riguardoso 
verso fra Dionisio e naturalmente anche piii verso fra Pietro di Stilo, 
abbastanza riguardoso perfino verso Giulio Contestabile , al quale 
gik prima in Calabria, per lo stesso motive de' risentimenti, aveva 
usato tutt' altro che riguardi. « In interrogatione chi sono questi 
« altri religiosi, che volevano agiutare col predicare et eloquentia 
« in detta Republica et NovitA? dice che era esse deposante, Fra 
« Gio. Battista de Pizzoni , frk Dominico Petrolo , frk Silvestro 
< de Lauriana, fvk Dionisio Pontic, et frA Pietro de Stilo lo seppe 
« air ultimo quando stavamo per fugire, et non seppe manco tutto 
« lo negotio, et non ci confidiamo comunicarli questo, per che era 
« un pazzo » ! Con questo titolo di pazzo , dato al piu giudizioso 
della compagnia, evidentemente egli quasi venne a porre fra Pietro 
di Stilo fuori causa. Rispetto a fra Dionisio non potea fare altret- 
tanto , e si limitd a dire che « era consapevole di quanto si trat- 
« tava , et esso fra Dionisio havea trattato , et parlato di questo 



— 68 — 

€ negotio di fare republica la provintia in genere con fra Gioseppo 
€ Yatrinoli et fra Gioseppo Bitonti, et con Cesare Pisano, li quali 
« vennero una serjfta Stilo, et la matina per tempo si partero et 
« non li parld ». Kispetto al Pizzoni fu piii lar}i:o ed anche molto 
ostile, a differenza di quanto avea fatto nella Dichiarazione scritta 
in Calabria. « La prima volta clie esso fra Thomaso ne parlo con 
« detto fr^ Gio. Battista fu V anno passato del mese di Setteinbre 1)8 
« in Stilo, conferendo certe conclusioni che esso fra Gio. Battista 
« havea da tenere nel capitolo ». In dette conclusioni « tratto . . . 
« de statu optimae Reipublicae, et dicendoci lo le legge di quella, 
« Lui disse, volesse Dio, che si trovasse, ma 6 quella di Platone, 
4c che non si trovo mai, et lo le risposi che s' liavora da trovare 
« questa republica innanzi la fine del mondo per compire li desi- 
re derij humani del secolo d' oro , et che cosi era profetato, et non 
4c se ne parlo piu, et dopo a Giugnctto 99. venne fra Gio. Batti- 
« sta 4 Stilo, et per strada ragionammo, et li disse io tengo p*^r 
€ fermo che V anno 600 facendosi mutationi , ne haveriaino fatii 
« grandi 6 da la parte del Papa, 6 da la parte del Re, et lo fr;i 
« Gio. Battista comincio a dire venosso presto questa. mutatione, 
« finalmente disse che io volesse andare a Pizzoni a parlare con 
4c Claudio Crispo et animarlo con questa novifc'i, che non pigliasse 
« moglie. Et in conformita di questo quando fra Gio. Battista nif^ 
« disse che volea portare Claudio Crispo in Arena li i)crsuadesse 
« che non si maritasse , per che volea clie U' agiutasse a fare le 
4c sue vendette , et finalmente dopo d' essere andato a Pizzoni re- 
€ chiesto da fra Gio. Battista , mi parlo Claudio, et ragionammo 
4( un giorno sopra V astrolabio, accio che con questa occasione ha- 
« vesse possuto subintrare a trattare con detto Claudio de la muta- 
te tione del mondo, et persuaderlo k volersi trovare pronto A la no- 
€ vitd predetta, et a fare la Provintia di Calabria Republica, ot in 
<c quella occasione havendosi aboccato esso doposante con Claudio 
€ Crispo presento fra Gio. Battista Pizzoni li dissi, che la fine del 
€ mondo era presta, et che innanzi a questo havea da essere una 
4c Republica la piu mirabile del mondo, et che li monaci di sail Do- 
€ menico V haveano da prei)arare secondo Tapocalissi, et che havea 
€ da cominciare dall' anno fJOO, et esso Claudio s' ofTerse stare in 
« ordine, et se ricorda ancora esso deposante che in Arena li mostro 
« una lettra, a Claudio Crispo, et a fra Gio. Battista Pizzoni di Giu- 
€ lio Condestabile, dove I'avisava che Mauritio era andato sopra le 
€ galere in Costantinopoli (sic), Et dice de piu clie fn\ Gio. Battista 
<c Pizzoni, et Claudio Crispo mandorno a chiamare Eusobio Solda- 
€ niero da Serrata per fra Silvestro Lauriana, et non ci volse venire. 
« A fra Silvestro Lauriana esso deposante non ha parlato di questo 
€ negotio, se non genericamente , dicendo, volesse Dio, che fusse 
« tutto quelle, che aspettamo, presupponendo, che lo sapesse per 
« quanto fra Gio. Battista m' havea referito>. Cito pertanto (e questo 
forse era un po' troppo) anche il Lauriana tra quelli « che volevano 



— 69 — 

4c agiutare col predicare et eloqnenza . . . con li quali da Pasqua 
« di resurrettione deiranno passato 99 in qu^ havea trattato di fare 
« detta Republica, et mutatione ». Rispetto al Petrolo dichiard 
avergli « parlato k Stilo dicendoli che nell' anno 1600 havea da co- 
« minciare ad essere Unurn ovile, et Unus Pastor, et che noi have- 
« riamo predicato in favore di questa republica profetizata in be- 
^ neficio del Papa , et che il Papa V haveria esaltati perch^ loro 
« si voleano pigliare alcuna parte della Provintia, et esso fra Do- 
« menico si ne contentava , et di questo ne ha parlato piu volte, 
<c et esso fra Domenico era tutto cosa di esso deposante, et sem- 
^ pre lo h^ sequitato, et cossi se offerse sequitarlo in questo ». Onde 
lo citd egualmente tra' futuri predicatori, ed aggiunse che « con 
^ fra Domenico petruolo et fabritio Campanella andammo a Davoli, 
«c et trovo Mauritio che stava in casa di donno Marco antonio pit- 
« tella, et per lettre Mauritio maudo a chiamare da Catanzaro Gio. 
« thomase franza, et Gioan paulo de Cordoa ». Infine rispetto a 
(iriulio Contestabile confermo che era intervenuto al trattato, « quale 
« si contentava trovarsici et era uno delli capi » , aggiungendo 
<( ch' un giorno .del mese di Maggio il detto Giulio steva in ca- 
« inera d' esso fra Toinaso , et dicea male del Capitano di Stilo 
« ch' era spagnolo, et in questo il vento f6 cascare in terra il ri- 
« tratto del Re nostro Sig/*', et detto Clerico Giulio uscendo la 
« porta r incontrd innanti , et lo calpestro , dicendo , mira k che 
« stamo soggetti , h uno sbarbato , Re dell' uccelli ». Fu dunque 
il vento che fece cadere il ritratto del Re, e Giulio V incontro in-* 
nanti e cosi ebbe a calpestarlo, non giA che lo prese e se lo pose 
sotto i piedi, secondochfe il Campanella medesimo avea dichiarato 
in Calabria: non k dubbio qui che il risentimento con Giulio Con- 
testabile si era calmato, e il fatto di lui veniva attenuate ; invece 
col Pizzoni, col Lauriana e col Petrolo, il risentimento era vivissi- 
mo, e i fatti occorsi con loro venivano aspramente asserti. 

Da'suddetti brani, i soli che ne rimangono e cosi trivialmente 
redatti, possiamo rilevare che la confessione orale in tortura non 
suggellava soltanto la dichiarazione scritta, ma faceva anche emer- 
j^ere manifesto il disegno del Campanella di rendere il paese indi- 
pendente da Spagna e costituirlo in repubblica, essendone autore 
non altri che lui, ed avendolo ad i stanza di lui accettato diversi 
frati che doveano d'accordo predicarlo, come pure diversi laici, spe- 
cialmente fuorusciti, che doveano con le armi per lo meno soste- 
nerlo. Vero e che tale disegno presentavasi subordinate alia condi- 
zione di future rivolte e mutazioni; ma questo importava poco, non 
potendosi ammettere nemmeno con riserva Tapostolato per una forma 
di Governo diversa da quella costituita, e tanto meno il preparative 
dell' azione rappresentato dalle ricerche e concerti di persone che 
doveano promuovere quella forma di Governo con la parola e con 
le armi. D'altronde non appariva decifrabile per opera di chi sa- 
rebbero avvenute le rivolte e le mutazioni antivedute con le Pro- 



— 70 — 

fezie 6 co'segni astronomici , n^ in qual modo la delta repubblica 

dovesse riuscire toUerata dal Papa e dal Re, essendo stata profe- 

tizzata in beneficio del Papa ; egualmente non appariva decifrabile 

che il Campanella, mentre non voleva Faiuto de'turchi per la detta 

repubblica ed avea rimproverato Maurizio che si era spinto a chie- 

derlo, ammettesse doversi una parte de' turchi porre dal lato dei 

Cristiani, ed avesse continuato a trattare con Maurizio il quale avea 

concordato Faiuto de' turchi, e a confabulare con persone disposte 

chiamate a fare delle armi un uso piu spinto e piu pronto. Con 

ci6 manifestamente veniva confermato quanto il Pizzoni, il Lauria- 

na, il Petrolo, oltrechfe molti laici, aveano deposto contro di lui, 

quanto aveano denunziato Biblia e Lauro, potendo solo ammettersi 

che Favessero denunziato con la piu grande ed iniqua esagerazio- 

ne. E veniva in pari tempo giustificato quanto il Governo avea 

detto e fatto sin allora, potendo solo ammettersi che avesse tolle- 

rate negli ufficiali suoi lo sfogo della lore ambizione e rapacitA 

suUa povera Calabria, considerandola gia ribellata, e perd « mac- 

chiandola di falsa ribellione », come ebbe a scrivere il Campanella, 

e come si trova anche scritto, con le medesime parole, dal Resi- 

dente Veneto, benchfe, al pari di altri Agenti accreditati in Na- 

poli, non avesse mai posto in dubbio la congiura o il tentative di 

ribellione (a). — Al Campanella potfe sembrare , come nella Narra- 

zione ci lascio scritto, che non avesse confessato « nfe ribellione nfe 

voluntA di ribellare » e che i Giudici « accortisi che la confessione 

« era erronea, perch^ li altri non pigliassero la medesima fuga, 

« non fecero ch'esso Campanella facesse la confronta a F. Dioni- 

« sio, et a gli altri, come la facean fare da tutti F altri che con- 

« fessavano ». Ma naturalmente i Giudici, per quanto videro chiara 

e limpida, e niente affatto erronea, la confessione di aver voluto 

ribellare, altrettanto videro oscura e misteriosa, ed al postutto in- 

differente, la condizione alia quale si diceva subordinata : n6 ebbero 

a temere che fra Dionisio e gli altri, con la confronta avrebbero 

pigliato € la medesima fuga », poiche non accordavano alcun va- 

lore a questa fuga, la quale, per essere stata cosi denominata dal 

nostro filosofo, dovrebbe tradursi sotterfugio, onde le profezie e le 

vedute astrologiche risulterebbero, se non finte, certamente evocate 

« per tirar la gente a ribellare ». E conviene aggiungere che fii 

una buona fortuna pel Campanella il non essere stata ordinata dai 

Giudici la sua confronta con fra Dionisio e compagni, poiche nul- 

Faltro poteva seguirne, se non che costoro sarebbero risultati con- 

vinti per opera sua ; e fra Dionisio principalmente, che dovfe senza 

dubbio irritarsi per la confessione del Campanella e ne vedremo una 

prova piu in la, avrebbe ben a ragione finite con odiarlo a morte 

dope una confronta. In conclusione non puo recare maraviglia che 

i Commissarii Apostolici si fossero trovati d'accordo nel giudicare 



(a) Ved. Doc. 192, pag. 97. 



— Ti- 
ll Campanella « confesso »; in tal guisa egli trovasi qualificato ne- 
gli Atti due volte, ed fe superfluo dime le conseguenze (a). 

. Secondo la procedura del tempo, in questi giudizii celeri, non 
appena esauriti per ciascuno inquisito tutti gli Atti infer mativi ed 
offensivi, fatta anche ratificare la confessione nel giomo seguente 
a quelle della tortura allorch^ essa era stata amministrata, i Giu- 
dici emanavano un decreto che ordinava la consegna di una copia 
degli Atti all' inquisito con la conclusione del Fiscale, assegnando 
un termine di pochi giorni per la difesa, ed all' occorrenza depu- 
tando anche un Avvocato di uflBcio. II Mastrodatti allora, che avea 
gik preparato ogni cosa, trasmetteva in via legale la copia degli 
Atti, Tassegnazione del termine etc. all' inquisito, ed anche un Rias- 
sunto degl' indizii a' Giudici. L' Avvocato quindi ponevasi in rela- 
zione col giudicabile, scriveva TAtto di difesa, che comunicava al 
tribunale nel termine stabilito, e poi attendeva la notificazione di 
un alti'o decreto ad dicendum per la trattazione della difesa, cid 
che del resto importava solo la dimanda se avesse altro da aggiun- 
gere alia Difesa scritta. Debbono dunque riferirsi al tempo cui sia- 
mo giunti, alia 2* metA del mese di febbraio 1600 il Riassunto de- 
gl' indizii, alle prime settimane di marzo la Difesa scritta dall' Av- 
vocato pel Campanella, ed anche la Replica scritta dal Fiscale, i 
quali Atti, come quelli analoghi successivamente compilati per gli 
altri incriminati ecclesiastici, rimasero nolle mani del Nunzio, e per- 
vennero quindi con altre carte di lui nell'Archivio di Firenze {b). 
Riserbandoci di esporre a sue tempo gli Atti sopra menzionati, qui 
dobbiamo notare che al Campanella fu assegnato per difensore il 
dott.' Gio. Battista de Leonardis Regie Avvocato de'poveri, e da 
una poesia di fra Tommaso a lui diretta vedremo che cestui ebbe 
I'incarico di difendere anche gli altri frati inquisiti. AUorchfe il Ve- 
scovo di Termoli, uno de' Giudici dell'eresia, scrisse a Roma la sua 
opinione su questa causa della congiura, tra le altre cose fece cono- 
scere che « non si trovo un dottore il quale avesse volute scrivere 
in jure a lore favore » (c). Ci6 deve intendersi nel sense che si 
cerco e non si trovo un Avvocato particolare, e con ogni probabi- 
litit il Vescovo intese pai*lare segnatamente di fra Dionisio, poichfe 
il Campanella e gli altri non ne avrebbero avuto i mezzi; ad ogni 
mode poi 1' Avvocato de'poveri non era una persona da nulla. Nate 
in Cicciano presso Nola, da umili origini, Gio. Battista de Leo- 
nardis si era dapprima mostrato uomo di lettere tale da venir chia- 
mato ad insegnarle pubblicamente in Cosenza, dove comincio anche 



(a) Ved. Doc. 241, pag. 127, e Doc. 244, pag. 143. 

(b) Alludiamo a' Doc. 244-266, pag. 129-183. II Notamentum (Doc. 241, 
pag. 127) doYd essergli trasmesso o neirinizio del processo, o piuttosto nel pe- 
riodo di cui trattiamo , essendovi poi state aggiunte a lato di ciascun nome le 
annotazioni relative all* esito del giudizio mano mano che questo si compiva per 
ciascuno inquisito. 

(c) Ved. Doc. 394, pag. 456. 



- 72 — 

Tesercizio Jpiravvocatura: riiluuosi poi in Napoli e studiato accu- 
raiaiiienie il diriito, era gia un doitoiv Iwin oonosciuin, (|uando con 
Privilegio del -30 seiteinbre 1599, visto e promulgato il 2H gen- 
naio \&M), fu cliiamaio airutHcio di Avvocaio ile'poveri doUa Vi- 
caria in luuii*} di Anfunio Caialano ia). — Ma nel medesiino tempo 
avvenne pure un altro faito. che il Catii]»anella ci fece conoscore 
nella sua Narrazione e clie linura non ri risulia <la verun altro 
fonte; siccho giovera tantu piu esporlo ijui con le parole medesi- 
ine della Narrazione . * Pero dandoli le difese poi al Cainpanell.i 
*< e r Avvocato dtj' poveri . . . (/>) il Sances Fiscale tinse die per 
^ curiosita desiderava sapere in clw* profetie lundava quosii suui 
« detii, e li fece scriver dal suo notario ^loitando il Canipanella 
« niolti ariicoli profetali: li quali ossu Sancfs porto a'Gesuini, et 
« ad altri, e molti di quelli dissero, che CainpaucUa liavea ragione 
« e che non eran finte per rihr'Uare. Pen* li nian<ln inolti Gesuini. 
« e Theologi Spagnoli a disputare. Li 4|uali si divisero, altri Ji- 
« cendo che diceva hene , altri che no. VA <.'ainpamdla allego li 
€ predetti Santi, et Astrolotri et il Cardinale anche Bellarmino. E 
< poi disse, che quandu pur fusser falsi^ le pr«ilezie sue, questa nun 
« era confessione di rihellare, ma di lalsitirar la Theologia, ei 
« appartiene al S. Officio, non a loro >. Ci leriniamo a quesio punto. 
non senza raccomandare a'leiiori ^li ])ercorrere tutio il rosto che il 
Campanella narro a tale pro])osito. E rijieiiamo che non vi sono 
altre notizie capaci d'illustrare il laiio, ma dobbiamo ad oprni modo 
avvertire che cjuesti Articoli profetali di cui ijui si parla , dettaii 
al notaro della causa della ribellione ad istanza del Sances, non 



ta) 11 Toppi (I>e Oritrin*-^ nmnium tribunal ium etc. Non p. lC55-6»i, vol. 2.* 
pajT. '^J0|, iiol dan* le notizi-.* ilel Li'on.n-.lis non riesee C!<:itto intoriio alia data 
della noniina di liii ad Avvocato d'/ po\eii. iniiioando |)er es>:a il 30 liiirlio 1601. 
die urta cuii la eivmoloiria del jiruCi;.s<o di.-l raiiii»nnL'lla. nel <|nalt» si s>a avere 
il Leonardis lunziuiiato. Invccc al«Manin trovaT«» ue' KeL'istri Pririh'giorvtn le 
date ^ivpra indicate pel Piiviifizio di iiMii.iiiM ad A''r,j.oto tl^ Poc*'n' ( Ved. Pri- 
vUeg. vol. li>0. an. J.VJ1m;(>0 lol. ISS k e ne' Kol-.' Sitpflonna la data 3o Ju- 
jrlio 1601 come ijuella del pagamonto ji-.-r 1" ♦'seeiitoi'i;i del I'l'ivilegio col «|urile 
venne poi noniinatu Avv^tcafo fismf'^ f^'fht VI' or la (Wd, >'/////. vol. 38, an. l6o|. 
introiti del 2 J novembrri. A CiMjiplernemo d«*lla rettiiienziono air^iuhgiamo ehe 
nej:li stes^si Keg.* SiffiUorvm abl«i;iino irovatn 1' rj^eentoria del lYiviJegio di Av- 
vocato de' poveri pel Catalan* ► in data 10 iVbbraio I.V.U (vol. '29 ). poi la nomina 
provvisoria di ,To. Vinccnzo C'avaliero « inentre ^ua M.^= e sua Kee.* provedera* 
in data 25 gennaio 159'J (V(»l. 35). inline T f<e«*iiii»!i:i del Privilegio pel Leo- 
nardis in dalii 5^9 febbraio lOUo (vol. 37). Indiil'iuUaiuente qne>to niodo Ji siu- 
cessione , ed iuoltre la data stessa del Privile-rio del heonardis « ML-tininae 
coeli 30 7bris 1599 >. mostrano die il Leonarilis non dov«> e<scre nominato a 
bella posta neir occasions di tjuesto processo : sarebbe siat»» necessarlo un pt- 
riodo di tempo molto luaggiore [>or far ^'inngere in Ispagna la [»i*oposta ed averi- 
la decretazione di essa nclla data siiddetia. 

(b) Naturalnionte furono i Giudiei quell i olie urdinarono la consegna dodi 
Atti al Campanella e gli assegnarono anclie Y Avvocato : ma il Canapanella 
PArimente qui si sstudia di mettei'e ncll* ombra i Giudiei e di far compurire ii 
Sanoea. 



— 73 — 

debbono confondersi con quelli che il Campanella scrisse egli me- 
desimo confe una delle sue difese: noi li abbiamo trovati nel pro- 
cesso di eresia, presentati in giugno dell' anno seguente, e dovremo 
parlarne piu in Ik. 

Come abbiamo visto dalla lettera del Nunzio sopra riportata , 
r 11 febbraio gia si era dato al Campanella « il termine e la commo- 
dita )► per la difesa, e si era deciso di seguire con gli altri lo stesso. 
nietodo, ciob quello delle torture acri. Infatti puo ritenersi con si- 
curezza che i fol. 35 e 36 del volume siano stati occupati dalla 
ratificazione della confessione del Campanella e dal decreto per I'as- 
segno del termine e deputazione deU'Avvocato; ed ecco il fol. 37 
occupato dall' Atto della tortm'a data a fra Dionisio (a). II Rias- 
sunto degl'indizii contro cestui ci dice che gli fu dato egualmente 
il poUedro e non confesso nulla , e un brano di lettera del Ve- 
scovo di Termoli, inserto ne' Sommarii del processo di eresia, ci 
fa conoscere che « fu tormentato con '1 tormento del polledro, et 
« delle 19 funicelle (sic) con le quali era tormentato 7 se ne rup- 
« pero neir atto della tortura datali per ribellione > (&) ; vedremo 
nel medesimo processo che fino a tutto giugno egli non potfe fir- 
mare gli Atti che lo riguardavano , e dovfe segnarli portando la 
penna stretta tra' denti, giacchfe i polsi torturati non si prestava- 
no. Dopo fra Dionisio venne la volta del Pizzoni, il quale ebbe la 
corda aggravata da' funicelli per quasi due ore, e nemmeno con- 
fesso (c) : come riferi lo stesso Vescovo di Termoli, « fu ligato con 
€ li funicelli e posto alia corda per la causa della ribellione et fe 
« restate stroppiato d' un brazzo » ; infatti vedremo che una delle 
sue spalle non guari mai piii, e questa lesione 1' avvid alia morte 
durante il processo di eresia. Nella stessa seduta, o in una seduta 
successiva, furono interrogati il Clerico Gio. Battista Cortese e il Sa- 
cerdote D. Andrea Milano, che si ricordera essersi trovati nominati 
in una lettera di Claudio Crispo a Geronimo Camarda , la quale 
I>arlava della congiura e futura vittoria nel mese di settembre : non 
sappiamo cio che essi risposero , ma possiamo ritenere per certo 
che non si passo oltre contro di lore. E si ripigliarono subito le 
torture col Petrolo, che ebbe la corda per due ore ed egualmente 
non confesso : sappiamo da lui medesimo la specie di tortura avuta, 
poichfe. quando V ebbe di nuovo nel 1G03 per 1' eresia , rivolto al 
Nunzio esclamava, « hoggi fanno tre anni, e fu pur Sabbato come 



(a) Ved. Doc. 247 pag. 160; e rise. V Illustr."" II, pag. 619, per tutti gl* in- 
quisiti che seguono. 

(b) Ved. la nostra Copia ms. de'processi eccles. torn. !.•, fol. 377. 

(c) II dottor Orazio Greco, che abbiamo citato a proposito del polledro, ci 
fa conoscere a proposito delle funicelle che se ne applicavano quattro, due ai 
carpi con uno o piu nodi, le quali sempre recavano un' incisione della cute pid 
o meno superficiale, e due alle braccia, a quattro dita sotto i cap! dcgli omeri: 
preparato in tal guisa il paziente era poi elevato in alto con la corda , e fi- 
niva per rimanervi in uno state orribile, che il Greco descrive minutamente. 

AmabiU-^T. CAypANRixA, Vol. II ^ 10 



faog^ che hebbi un' altra volta la corda ». Poi si venne a Oiulio 
Contestabile che non era stato interrogato ancora, onde si raccolse 
la sua deposizione che riueci negativa; e si passd al Bitonto e gli 
si diede la tortura « ad sciendum complices et fautores citra preju- 
diciura probatorura » , ed egli come tutti gli altri , ad eccezione 
del Carapanella, non confesso, sicchfe il metodo vantato dal Non- 
zio non riusci. Possiamo affermare che non vi furono altre toi-tore 
di frati, e per6 in conclusione I'ebbero solamente il Campanella e 
fra Dionisio merc(> il polledro , il Pizzoni, il Petrolo e il Bitonlo 
merci; la corda forse in tutti aggravata da' funicelli per due ore: 
i[Uesto risulta dal cenno fattone in coda a' rispettivi Hiassunti de- 
gl' indizii che si conservano in Firenze ; e dieti-o la scorta del 
medesimo fonte dobbiamo dire che per fra Paolo della Grotteri* 
si proced^ al solo interrogatorio, mentre pel Lauriana, per fra Pie- 
tro di Stito e fra Pieti'o Ponzio non vi furono nemmeno altri in- 
terrogatorii , e si ritennero sufficienti quelli fatti da fra Marco e 
fra Cornelio e dal Vescovo di Gerace. — Inimediataraente dopo il 
Bitonto ebbe la tortura anehe Giulio Contestabile, per quasi due ore 
riim funiculis come dice il Riassunto degl" indizii compilato contro 
di lui, ed egli nemmeno confessii : naturalmente cosi a lui come a 
tutti gli altri, mano raano che si esaurivano gli Atti offensivi, era 
decretata la consegna della copia del processo, 1' assegno del isr- 
mine per le difese , la deputazione dell'Avvocato ufficioso qualora 
non avessero un Avvocato particolare ; e vedremo tra poco che il 
Contestabile si provvide di un Avvocato particolare. 

Tutto cid fu compito nella 2." metA di febbraio e 1.' metA di mar 
20, con molta sollecitudine, poichfe intendevasi finir presto ogni cosa, 
per liberare i parecchi prigioni poco o punto indiziati e quindi pas- 
sare alia causa dell' eresia, come il Nunzio facea sapere a Roma. 
Difatti nello stesso periodo or ora indicate furono liberati dapprima 
otto, poi altri quattro, in tutto dodici incriminati ecclesiastic!, come 
si rileva da due lettere del Nunzio, 1' una del 3 e 1' altra del 10 m»r- 
zo, che gioverd riportare testualmente. « La causa della ribellioae 
« si tira avanti con ogni diligenza, et di gi4 si fe ordinato la ll- 
« beratione di 8 fra I-'rati et Clerici che si trovavono presi per di* 
« versi sospetti senza fondamento et 4 altri spero ne liberaremo do- 
« mani, poich^ i principal! sono tutti essaminati, et di giA si veds 
« in che il negotio potrA principalmente parare. et per che la m*- 
« desima Ecc." mi ha richiesto che i Calabresi che dovratmo conB 
« h6 detto liberarsi non si lascino cosi subito ritornare in Calabri% 
« gli ho detto che si farA con un Pi'ecetto che non partino di N»- 

< poll senza licenza , parendomi cosa che come propone possa es- 
« ser di qualche consideratione, che tornino \k persone avanti che 
« il negotio si finisca che sieno informati come gira, et ne susci- 
« tino qualche nuovo bisbiglio ; procurero che si risolva quanto 

< prima per manco incommodo di quei poveri huomini » (3 maj'zo). 
La causa della ribellione si tira avanti con la solita diligenza. 



- 75 — 

< et di gik se ne sono liberati 12 fra regolari et Clerici , et la 
€ prohibitione del partirsi che le scrissi con altra si fe ristretta k 
« due frati Bomenicani, che non tornino in Calabria senza licenza, 
« et altrove vadino dove vogliono » (10 marzo). Non si potea vera- 
mente procedere con maggior soUecitudine : il tribunale teneva se- 
date quasi ogni giorno, come si rileva da un' altra lettera del Nun- 
zio della stessa data (10 marzo) che dice, « dal Venerdi in poi che 
« Toccupo in dettar lettere, et le feste, gli altri tutti si va in Ca- 
€ stello » (a). Trattandosi d' individui non trovati delinquenti, ai ter- 
mini del Breve i Giudici aveano facoltA di pronunciare senz' altro 
la sentenza; per essi non c^era la limitazione di procedere usqif^ 
ad sententiam exclusive, ed b poi facile conoscerne i nomi guar- 
dando V Elenco degF incriminati ecclesiastici (6). I primi otto furono: 
D. Gio. Battista Cortese, D. Gio. Andrea Milano, fra Scipione Politi, 
fra Francesco di Tiriolo, D. Marco Petrolo, fra Pietro Musso, D. 
Domenico Pulera, fra Vittorio d'Aquaro; gli altri quattro furono D. 
Colafrancesco Santaguida, fra Giuseppe Perrone di Polistina, Gio- 
vanni Ursetta e Valentino Sam4. Di tutti costoro vennero esaminati 
solamente il Cortese e il Milano ; e i due Domenicani, a' quali si 
vietd di tornare in Calabria, doverono essere il Tiriolo ed il Musso, 
mentre contro fra Giuseppe di Polistina, come contro qualche altro, 
non si potfe neanche compilare un Riassunto d' indizii, non essen- 
dosi trovata in processo cosa alcuna. Rimasero dunquef in carcere 
nove frati Domenicani compreso il Campanella, e dippiu il clerico 
Giulio Contestabile ; vi pervenne poi molto piu tardi, come vedremo 
a suo tempo , il clerico D. Marco Antonio Pittella , il quale era 
scappato di mano alle guardie in Calabria, ma fu ripigliato nel 1601. 
E non fe dubbio che gli Atti difensivi ebbero immediatamente corso 
pel Campanella , per fra Dionisio e per gli altri frati ; cosi pure 
per Giulio Contestabile, e vi 6 motive di ritenere che co' suoi mezzi 
cestui abbia potuto far procedere la difesa deUa sua causa, essendo 
stato in grade di presentare in suo favore , senza ritardo , docu- 
menti, testimoni ed un Avvocato proprio. 

La Difesa scritta per Giulio Contestabile ci fa intendere le ac- 
cuse formolate dal Fiscale contro .di lui, e ci dk notizia de'docu- 
menti e testimoni da lui presentati (c). Secondo il Fiscale , Giulio 
Contestabile dovea dirsi uno de' capi della congiura dietro la Dichia- 
razione del Campanella, la cui amicizia con Giulio era confermata 
da sei testimoni uditi in Calabria, come pure dietro le deposizioni 
del Caccia, del Vitale e dello stesso Maurizio nell' ultima sua con- 
fessione; inoltre dovea dirsi reo di fatti e detti in dispregio di 
S. M.^ dietro le rivelazioni del Campanella e del Petrolo, e indi- 
rettamente anche di fra Pietro di Stilo. I documenti prodotti da 



(a) Ved. Doc. 93, pag. 65. 

(b) Ved. Doc. 241, pag. 127. 

(c) Ved. Doc. 264, pag. 175. 



— 76 — 

Giulio furono: un certificato di buona vita e fama, rilasciato dal- 
r Universita, clero e particolari di Stilo ; V istrumento pubbliro di 
pace tra'Conteslabili e Carnevali, stipulato raerco 1' opera del Cam- 
panella e non ratificato; le fedi di trc Confessori che aiutarono a 
ben rnorire il Caccia, attoslanti la revoca della sua confessione fana 
per forza di torrncnti. 1 testimoni furono quattro: essi airormarono 
principalmente (con poca verita) che Giulio e il Campanella erano 
nemici prima del majjgio 1599, fin dal gennaio di quell' anno, ma 
dal maggio « ne si parlavano, no si cavavano la l)errotta ». E I'Av- 
vocato si appoggio moltissimo a questa circostanza dolF inimicizia 
anteriore, e cerco di confermarla anclie col fatto, che appena v«?- 
nuto lo Spinelli in Calabria, Giulio avea dato accuse scritte contro 
il Campanella , e procurata i)resso D. Carlo UulFo coiiiinissionaiu 
dello Spinelli una commissiono pel cognato Di Francesco in p»M-- 
secuzione del Campanella e complici, come [)ure il Campanella avpa 
date egualmente accuse scritte contro Giulio ed avea sedotto il Pe- 
trolo a far lo stesso, mentre poi le sue aflermazioni non i)oteain» 
far fede, essendo lui « notato d'infamia per avere abim-ato tie re- 
hcuienti » (a). Invalido inoltre le dej)Osizioni del Caccia , notando 
che cestui non avea determinato il genere di discorsi passati tra 
Giulio e il Campanella , che era state esaminato da un tribunal 
incomi)etente, e poi in ultimo avea revocato i suoi esanii presso i 
Confessori/ Invalido la deposizione del Vitale, notando che non era 
stata fatta la rii)etizione di lui innanzi a' Commissarii Apostolici, 
n6 egli avea potuto conoscore da Maurizio la partecipazione di Giulio 
nella congiura, mentre Maurizio medesimo avea rivelato clie la cosa 
gli era stata delta dal Campanella nolle carceri di Napoli, ed al- 
lora il Vitale era state gia giustiziato. Invalido ancora la rivela- 
zione di Maui*izio, notando sempro che non era stata fatta la ripe- 
tizione di lui innanzi a' Commissarii Apostolici, ed aggiungeiido che 
egli non avea potuto parlare col Campanella trovandosi rinchiusi 



(a) Si avverta questa ossorvazione fatta dalF Avvocato, che si accorda con 
quanto avea ght dctto il Niinzio (ved. pajr. 06) o che vodrcmo poi accordarsi an- 
che con lo ailbrmazioni del Fiscnlc e infinc con le alTerniazioni del Campanella 
medesimo nella sua Difesa; (|U.-ittro allcrmazioni parallelo emerse co' processi di 
Napoli. N6 si creda ua' esagerazione curialesca il notntus infamia con le sue 
consegaenze. Era massinia del S/** Ollicio clio la sola carcerazione per delino 
di eresia apportasse < notabilo infamia » al carcerato, e i confessori , i medicl, 
maestri di scuola^ i ([uali avessero abiurato come veementemente sospeiti 
d' eresia , non solevano restituirsi o abilit^irsi a' loro priniitivi ullicii se non di 
espresso ordine e grazia del sommo Pontefice (Ved. Masini, Sacro Arsenalc overo 
Pinttica della S.** Inquisitione, Honui 1639. pag. 300). La coudanna poi in ere<ia 
formale colpiva d* infamia, di privazione di ullicio ed anche di successione i di- 
aoendenti, e il potere civile in Napoli lo riconoscuva. Ecco un breve documoDt*^ 
in proposito, molto signiticativo e appunto del tempo del quale trattiamo : es:>o 
Idggesi ne'Registri SigiUorum vol. 34, an. 1598, sotto la data 20 settembiv: 
« Lettera per la quale se reintcgra bercole miglionico a la dignitA del dotuv 
€ rato et altri honori e officii publici e successione jier lo delitto del ere&i.i 
€ d0 SQo avo » ! 



— 77 — 

non solo in career! separate ma anche in torrioni separati (fatto 
non vero), nfe poteva credersi che Giulio fosse entrato in un con- 
certo nel quale erano capi il Campanella e Maurizio, entrambi no- 
torii nemici suoi. Infine, quanto all' ere Giulio oltraggiato il ri- 
tratto del Re, gli basto mettere in rilievo le contraddizioni tra le 
rivelazioni del Campanella e quelle del Petrolo, e tra le prime ed 
ultime rivelazioni del Campanella medesimo. — Con siffatti argo- 
menti 1' Avvocato pot^ far ritenere Giulio Contestabile qual sem- 
plice sospetto di complicity, e cosi poi, allorchfe molto piu tardi si 
venne alia sentenza, il Contestabile, aiutato forse anche dalle po- 
tenti raccomandazioni delle quali vedremo che dispone va, riusci a 
cavarsela con la condanna ad una pena relativamente mite. 

Poco dopo, tutt' al piu contemporaneamente, venne fuori la 
Difesa del Campanella scritta dal De Leonardis ; e in sfeguito di 
essa una Replica di D. Gio. Sances. Ad entrambi questi Atti pos- 
siamo facilmente assegnare la data delle prime settimane di marzo, 
poiche certamente durante il marzo le difese doverono essere di- 
scusse: vedremo infatti esservi state negli ultimi giorni di marzo 
e primi di aprile le feste di Pasqua, c poco dopo, il 12 aprile, la 
richiesta del Sances a'Giudici di venire alia spedizione della causa. 
La Difesa scritta dal De Leonardis mostra che pel Campanella non 
ci furono nfe documenti n^ testimoni a discarico: nulla di simile vi 
si trova citato, e chiaramente vi si scorge che V Avvocato sentiva 
di scrivere per una causa persa, giacchfe il Campanella non poteva 
non dirsi convinto e confesso qual capo della congiura o tentata 
ribellione (a). Fin dall' esordio della Difesa 1' Avvocato non potfe 
fare a mono di riconoscere una criminosa cospirazione contro la 
Real M.*^; se non che goifamente magnified la clemenza e la bontA 
di Filippo III, per avere ordinata questa Difesa, ed affermo che da 
parte sua avrebbe voluto dilaniare e fare a brani con Neronica vo- 
lutin « simili facinorosi delinquenti >, e dichiaro che per obbedienza 
agli ordini del Vieerfe presentava al Nunzio e al De Vera « dot- 
tissimi e religiosi Giudici Apostolici » le ragioni che gli parevano 
favorevoli alia causa. Due questioni egli vide nella causa: la 1% 
se il Campanella , dato che fosse reo di tale delitto di lesa Mae- 
sta, polesse consegnarsi alia Curia secolare, e siffatta questione egli 
dovfe riconoscere gia sciolta col Brevo Papale , che ne avea dato 
larga facoltA a' Giudici Apostolici; la 2^, se il Campanella avesse 
commesso tale delitto di lesa Maest^, che dovesse consegnarsi alia 
Curia secolai'e, cid che equivaleva a condannarlo alia morte, e so- 
pra tale questione egli stimo aversi a considerare le circostanze del 
fatto e la quality della persona. Noto quindi che il Campanella non 
gli pareva « legittimamente convinto > giusta i termini del Breve, 
poichfe tutti i testimoni erano soeii del delitto, i quali bastavano a 
provare la congiura, ma non bastavano a far condannare alia pena 



(a) Vod. Doc, 245, pag. 144. 



— 78 — 

di morte, massime in persona di un Clerico in saeps^ contro il quale 
occorreva sempre una forma piii privilegiata che nel Laico; oltrac- 
cio tutti i testimoni lo aveano detto capo della congiui*a, e per es- 
servi congiura avrebbe dovuto esservi concerto di molti a fine di 
sovvertire lo State, ma i testimoni medesimi aveano detto che do- 
voano fatalmente avvenire rumori e rivoluzioni. nel Regno, ed al- 
lora egli avrebbe sottratta la Provincia alia potest^ Regia, ma al- 
lora si era gik verificata la sovversione dello Stati). Non gli pareva 
poi nemmeno confesso di congiura e per questo legittimamente con- 
vinto, mentre dalla sua confessione non risultava « ima cosi grande 
« ed acerba cospirazione quale era stata asserta da' testimoni », 
perch6 appunto egli voleva far la repubblica quando fatalmente sue- 
cedessero rumori e rivoluzioni, e non aveva mai approvato Taiuto 
de'turclii. Aggiunse inoltre che la congiura non doveva avere una 
esecuzione prossima ed immediata, e poteva anche non verificarsi 
poteva verificarsi in un sense buono, essendo preferibile nel caso 
di grossi trambusti, che si costituisse la repubblica dall' inquisito con 
la volonta del Papa e del Re, rimanendo impedita la conquista a' ne- 
mici invasori. In somma trattavasi della preparazione ad un muta- 
mento in caso di un futm*o evento dubbio , e 1' inquisito non era sud- 
dito del Re e non avrebbe quindi dovuto mandarsi a morte come se 
il delitto fosse state consumato o vi fosse state disegno di uccidere il 
Re ; non era poi Y inquisito nemmeno tale da peter sovvertire uno 
State, e quindi la pietA e I'equita de'Giudici Apostolici poteva fargli 
scansare la morte, <c salvo sempre il piii sane giudizio e V autorita 
« della Sede Apostolica », in servizio della quale e del Re Filippo egli, 
TAvvocato, avrebbe volute volentieri morire se fosse state nece&- 
sario! — Messe da parte le goffe ampoUosita del tempo, rimane che 
il Do Leonardis cerco, per quanto pot^, di salvare il CampaneUa 
dalla morte: tutti i suoi sforzi furono concentrati su questo punto, 
riuscendo impossibile negare cio che fra Tommaso avea confessato, 
e parecchie osservazioni deirAvvocato, che i lettori vorranno senza 
dubbio piu minutamente conoscere percorrendo la Difesa da lui 
scritta, oflfrono tutti gli elementi di una critica di quel Breve Pa- 
pale che avea tanto largamente concesso di rilasciare alia Curia 
secolare gli ecclesiastici legittimamente convinti o confess! « di ri- 
« bellione o prodizione, o altri delitti di lesa Maestd », senza tener 
cento di alcuna delle circostanze restrittive ammesse dalla giuri- 
sprudenza del tempo. Una sola cosa a noi profani in giurisprudenza 
apparisce imputabile al De Leonardis, la mancanza dell'argomeato 
che i testimoni nella piu gran parte non erano stati esaminati o 
ripetuti nel fore competente, e pero non potevano dirsi capaci di 
legittimamente convincerc: ma bisogna pur riconoscere che si era 
fatta una inestricabile confusione di fori, mentre da' « Giudici Apo- 
stolici », e segnatamente dal Nunzio, si era toUerato che figurassero 
nel processo, e quindi ne'Riassunti, come elementi del giudizio, per- 
fine le deposizioni raccolte da fra Marco e fra Cornelio, ed anche 



— 70 -- 

dal Vescovo di Gerace, nel foro di S.*° Officio; cosi la mancanza del 
detto argomento non potfe davvero influire in nulla. Avremo poi a 
vedere che il Campanella medesimo, nella Difesa sua propria, ve- 
nuta in luce pii tardi ed inserta nel processo di eresia, non trov6 
argomenti migliori di quelli del De Leonardis, e distinguendo il 
crimen volitum e il crimen patratum (distinzione che ne' delitti di 
lesa MaestA non giovava) concluse doverglisi dare piuttosto ta pena 
del carcere perpetuo e non la pena di morte. Assai pii tardi poi, 
nella sua Narrazione, scrisse che il suo Avvocato « piA presto av- 
vocd contra per diventar Consigliero »: ma anche questa volta bi- 
sogna riconoscere, che le necessita sue Tabbiano spinto a scrivere 
senza alcun ritegno tutto ci6 che potfe sembrargli utile a farlo uscire 
da una tristissima posizione. 

Venendo all' AUegazione del Sauces in risposta a quella del 
De Leonardis , abbiamo poco da dire (a). Egli , rivolgendosi alio 
jll mo Presidente e al dottissimo Magistrate, stim6 del tutto natu- 
rale che il Campanella, « legittimamente convinto e confesso » del 
delltto di lesa Maest^ , dovesse « essere attualmente degradato e 
€ consegnato alia Curia secolare, tanto per disposizione del dritlo, 
« quanto in forza del rescritto di commissione del SS."^ Padre ». 
E confutando le ragioni dell'Awocato, fece notare che, circa la qua- 
lity della persona, trattavasi di un frate di mancata vita monasti- 
ca, assiduo co'malfattori, gik condannato ad abiurare, cospiratore 
contro gli Stati del Re Cattolico per menare vita lussuriosa e se- 
minare eresie, autore e capo di tutto, convinto da testimoni come 
il Franza, il Cordova e due altri gik carcerati col Pisano (sicura- 
mente il Gagliardo e il Conia), i quali, sebbene socii nel delitto , 
in questo di lesa Maest^ per una speciale disposizione del dritto 
provavano; che inoltre era confesso, come essi medesimi i « Padri » 
lo avevano udito, di avere eccitato a prendere le armi e procurare 
amici, confesso di formata macchinazione , soggetto ad essere de- 
gradato e consegnato alia Curia secolare anche per un rescritto 
espresso del Papa, il quale voile mostrare quanto difendesse e pro- 
teggesse gli Stati di S. M.^. Nfe egli faceva istanza che fosse con- 
dannato perchfe avea gik cacciato il Re e fatta la Repubblica, ma 
per avere macchinato e sedotto a farla le persone che si erano mo- 
strate pronte, dovendosi nel delitto di lesa Maest^, per dritto, pu- 
nire con la stessa pena cosi la volenti come Teffetto ; la macchi- 
nazione era seguita, e i Giudici poteano degradare questo clerico 
ribelle alia MaestA Divina ed umana, causa della perdita della vita, 
de'beni e deU'onore, per tanti infelici, e de'beni e della patria per 



(a) Ved. Doc. 246, pag. 149. Le parole, dalle quali risulta che questa Allegu- 
zione sia stata scritta in risposta a quella dell* Avvocato, si leggono a pag. 151: 
€ DOS non instamus puniri* eum , quod iam ejecerit Regem a Regno , Rempu- 
blicam fecerit, quod dicit se facturum procurasse, et hoc sab conditione et spe 
fnturi eventas^ ut advocatus partis fatetur » etc. 



— 80 — 

molti contumaci, costituiti anche in pericolo di vita, essendo state 
lui di ogni cosa duce, autore e capo. 

Una Difesa scritta, analoga a quella pel Campanella, parrebbe 
che avesse dovuto csservi anche per conto di fra Dionisio ; giac- 
ch^ il Sances chiese di poi a' Giudici che spedissero la causa tanto 
del Campanella quanto di fra Dionisio. Forse, essendo in sfeguito 
cestui scappato senza rimedio , il Nunzio credfe inutile consen^are 
tale Difesa e cosi essa non sarebte a noi pervenuta; ma forse anche, 
con maggior probabilita, avendo lui dichiarato di volersi servire di 
un Avvocato proprio, e non essendo poi riuscito a trovarlo, rimase 
senza Difesa scritta, giacchfe, nel decretare il termine per le difese, 
i Giudici solevano dichiarare che badasse V inquisito a provvedersi 
di un Avvocato o a chiedere quollo di ufflcio , menti'e in difetto, 
scorso il termine, il tribunale avrebbe spedita la causa anche senza 
r Avvocato. Cio per altro non vuol dire che fra Dionisio non si sia 
difeso da sft , oralmente e presentando documenti ; che anzi dob- 
biamo ritenerlo, trovandosi in coda al Riassunto degl' indizii cen- 
tre di lui r annotazione « habuit defensiones qiias (ecil >. Non po- 
tremmo dire lo stesso pel Campanella, mentro in coda del relativo 
Riassunto degF indizii troviamo scritto solamente « habuit defen- 
siones » : la qual cosa riesce diiBcile a spiegarsi , e bisognerebbe 
ammettere che veramente non sia state chiamato a parlare, come 
di poi si dolse; ma forse egli avea dichiarato che intendeva pre- 
sentare una propria Difesa scritta ed anche difendersi oralmente, e 
non giunse in tempo a presentare la Difesa scritta, come vedremo 
pill in la, e i Giudici poco giustamente passarono oltre ritenendo 
decaduta la sua dichiarazione. Ad ogni modo la sorte del Campa- 
nella, e cosi pure di fra Dionisio, non poteva esser dubbia, e stiamo 
per vedere che il Nunzio non ne foce un mistero. 

Di certo durante il marzo vi fu un poco di rilasciamento nel- 
r attivita del tribunale ; le foste di Pasqua poi, negli ultiini giorni 
di marzo e jirimi di aprile, vennoro a sospenderno aflatto le sedute. 
Durante il marzo la causa del Contestal)ile, con V esanie de' quat- 
tro testimoni, non pot*"* occupare molto sodutc, tanto meno la Difesa 
orale di fra Dionisio, ancor meno la Difesa scritta delF Avvocato del 
Campanella, e d' altronde conosciaino che i termini per le difese so- 
levano essere brevissimi. liisogna dunijue ammettere qualche ragione 
estrinseca, e questa potrebbe ravvisarsi ncll' assenza del Vicero da 
Napoli in tale periodo : poiche egli dovo linalmente adcmpiere la 
missione gia troppo ritardata, di Ambasciatore straordinario di obbe- 
dienza al Papa in nome di Filippo III, o cosi venne meno la sua 
inesorabile insistenza (a). 11 9 marzo egli era partite da Napoli, in- 

(a) K bello conoscere V att^ggianionto do' giiiristi napolotani e del Coosiglio 
Collaierale, fin dalla prima notizia di queslo passo dclla Coi*ona di Spagna verso 
Roma: ce Y insegiiano due brani di dispacci del Kcsidcnte Veneto scritto il 14 
7bre e 2(j Bbre 1599. — I."" « Intorno alia invostitura del Reame persistono tai- 



— 81 — 

sieme con la Viceregina ed una distinta comitiva di Nobili ^ che 
erano felici di potersi mostrare servitori affezionati a S. M.^ e di 
poter guadagnare anche le indulgenze del Giubileo in Roma, n6 fu 
di ritorno prima del 27 aprile. Potremmo narrare una grande quan- 
tity di aneddoti intorno a questo viaggio, ma ce ne asteniamo. Di- 
remo solamente, per quanto riflette i casi della nostra narrazione, 
che tra' nobili i quali ottennero V onore molto ambito di accompa- 
gnare il Vicerfe vi fu il Principe della Roccella , insieme col suo 
primogenito Girolamo Marchese di Castelvetere, la qual cosa venne 
ritenuta un favore particolare del Vicerfe dietro la brillante con- 
dotta del Principe nella cattura del Campanella: oltraccio il Nun- 
zio espose al Card.^ S. Giorgio il desiderio che si trattassero in 
Roma direttamente col Vicerfe gli affari piu gravi , e tra questi 
non v'era compreso Taffare del Campanella, ma del resto, mal- 
grado le promesse del Cardinale, non se ne fece nulla. Era rima- 
sto in Napoli Luogotenente del Regno il figliuolo secondogenito 
del Vicerfe, D. Francesco de Castro, giovane di anni e maturo di 
senno, il quale non fu tiepido nel volere spedita la causa del Cam- 
panella , ma non avea la voce autorevole del padre , e il Nunzio 
poteva tanto piu opporgli la sua. II 12 aprile, forse in previsione 
del prossimo ritorno del Vicerfe , ma piuttosto in sfeguito di una 
novitA manifestatasi nel Campanella , come vedremo piu oltre , il 
Sances chiese istantemente a' Giudici che si spedissero le cause 
del Campanella e di fra Dionisio: il Nunzio si avvide allora, ab- 
bastanza tardi, degP inconvenienti a' quali si andava incontro, e si 
oppose , e voile che si attendesse per avere nuove istruzioni da 
Roma. Ecco come egli ne scrisse al Card.^ S. Giorgio in una sua 
lettera del 14 aprile, che importa tener tutta sott' occhio, mentre 
da essa si ri^eva qual fosse la posizione giuridica del Campanella 
e di fra Dionisio, con la corrispondente condanna in vista. « Tor- 
€ nammo due giorni sono k trattar della causa della ^ibellione, 
€ et perchfe il Fiscale di essa mi fece una gagliarda instanza della 
« speditione quanto alia persona di fra Thomaso Campanella et 
« di fra Dionigi Pontio, non volsi consentire che si trattasse della 
« fine, non si sapendo ancora dove N. S.'® voglia si conoschino le 
« materie appartenenti al S.^^ Offitio, oltre che reputandosi Vuno 



tavia quelli cbe nelle materie feudal! sono stimati piii intendenti, che non do- 
vesse la MJ* Cattolica condescender mai ^ dimandarla, poich6 il Re suo padre, 
neir atto che allhora era necessario per la rinoncia fatta vivendo dall* Imperator 
Carlo , iiji investito da Papa Giulio terzo per s6 et legitimi heredi , et discen- 
denti secondo Tobligo et uso delle antiche et moderne infeudationi ». — 2." < II 
Consiglio non 'pu6 accomodarsi che sia la persona sua {int, del Vicer6) che faccia 
r atto di prestar Y obedientia al Papa , facendo in ci6 molte considerationi , et 
movendo eonsequenze importanti per gli interessi di questo Regno con la Sede 
Apostolica, le quali tutte sono state con esso corriero rappresentate alia M.** Cat- 
tolica ». — Ma le rimostranze furono vane, e al Viceri fu rinnovato Tordine di 
recarsi a Roma. 

AmabiU'^T. Gaiipanblla, Vol. II. 11 



— 82 — 

€ confesso cfie d il Campanella, et Valtro convinto die d il PontiOy 
€ potrd facilmente essere la fine delle loro cause il degradarli , e 
€ darli alia CuirHa secolarej ma non mi h parso che questo si deva 
« fare in modo alcuno, senza parteciparlo prima con S. S.^* rima- 
« nendo sospesa la causa del S.*° Offitio. Et se bene di questo se 
«^ ne potri fare espressa riserva, ho non dimeno per un certo che 
« di convenienza reputato sia bene che S. B."** lo sappia , et co- 
« mandi se in cio gli occorre altro. questo medesimo risposi hieri al 
« Sig.' D. Francesco de Castro che k suggestione, per quanto credo, 
« del medesimo fiscale me ne parlo tanto efficacemente, non si vo- 
« lendo far capace delle ragioni che mi movevano k voler prima 
« parteciparlo costA, che mi hebbi k risentii'e, parendomi d' esser 
« troppo stretto, et k dire risolutamente che non ne voleva far nulla 
« et che mi pareva strano che in un negotio che \ik durato piu 
« di 6 mesi mi si volesse ridurre ad un' giorno, quando per haver 
« una risposta di costA ne bisognavano 10 6 12 che non erano anche 
« tanti che si convenisse negarmeli , et percio desidero haver di 

< questo risposta quanto prima ». 

La posizione del Campanella, e cosi pure quella di fra Dioni- 
sio, erano dunque nettamente definite : il Campanella ritenevasi con- 
fesso , fra Dionisio convinto , e secondo la giurisprudenza e i ter- 
mini chiari ed espliciti del Breve Papale dovevano essere, previa 
la degradazione, consegnati al braccio secolare, naturalmente con 
quella rutinaria preghiera altrove menzionata che la pena fosse 

< senza pericolo di morte » etc., preghiera che la giurisprudenza 
imponeva, e che era sottinteso non doversi tenere dal braccio se- 
colare in alcun conto (a). Erano dunque accolte le conclusioni del 
Sances, e senza dubbio, pronunziata la condanna di degradazione e 
consegna alia Curia secolare, la Curia Pontificia non avrebbe piu 
ricevuto il Campanella nolle sue mani per sottoporlo al processo del- 
r eresia, segnatamente essendovi 1' intenzione, come appunto il Papa 
r avea una volta manifestata , che gl' interessati nel negozio del- 
V Inquisizione si mandassero a Roma. II Nunzio ebbe a capire quanto 
male a proposito si era procrastinate il giudizio dell' eresia, e nel 
tempo stesso si era largheggiato in concessioni pel giudizio della 
congiura ; ed il pericolo di non poter piu fare il giudizio delF ere- 
sia, non gi^ la menoma idea di salvare il Campanella, indusse lui 
ad esigere e Roma ad approvare che si soprassedesse alia spedizione 
della causa. Intanto siffatta sospensione giunse realmente a salvare 
dalla morte il Campanella e cosi pure fra Dionisio; ma il Governo 
Vicereale dov6 ritenerla una manovra dalla parte di Roma in be- 
neflcio de' frati ribelli, e dov6 legarsela al dito, poich6 a' termini 
del Breve Papale non c' era da rivolgersi ancora a Roma ed « aspet- 
tare il comandamento di S. S.^^», ma potevasi concretare la sentenza 
6 poi aspettarlo. Ad ogni modo la sospensiva non fu messa innanzi 

(a) Confr. vol. I." pag. 70. 



— 83 — 

dal Governo perchfe non sapeva come condannare que' frati inno- 
centi, secondo che 6 stato affermato da altri scrittori; e vedremo 
anzi quanto esso insists, durante piu anni, perch6 si compisse una 
volta la spedizione della causa, finchfe non sopraggiunsero altri fatti, 
pe' quali sorse un grave sospetto che Roma volesse addirittura sal- 
vare que' frati in dispregio del potere civile. 

Da Roma, il 22 aprile, si scrisse al Nunzio che tra poco si 
manderebbe una risposta risoluta, e intanto si lodava che egli non 
avesse consentito alia spedizione della causa della ribellione, men- 
tre pendeva la deliberazione da prendersi per quella delFeresia. 
Effettivamente venne poi, alcuni giorni dopo, comunicata la deli- 
berazione che vi si procedesse in Napoli, e gia durante tutto questo 
tempo si era continuato lo svolgimento del processo della congiura, 
trattandosi le difese degli altri frati. Questo si rileva dalle lettere 
del Nunzio del 24 e del 28 aprile, nella quale ultima si dice « che 
€ i prigioni per la ribellione . . . seguono le loro difese, nolle quali 
€ non ci 6 parse restringerli, se bene i termini concessi k tal ef- 
« fetto erano passati ». Quali siano state le difese de' rimanenti frati 
non conosciamo : alcuna Difesa scritta per loro dal De Leonardis non 
ci 6 pervenuta, e questo ci fa pensare che forse essi siano rimasti 
senza Difesa scritta. Del rimanente ecco quanto troviamo in coda 
a' rispettivi Riassunti degl' indizii, dove si ebbe cura di registrare 
ci6 che si fece da questo lato. Pel Pizzoni troviamo, « habuit de- 
fensiones qitas fecit >, e da cio desumiamo che egli siasi difeso da sfe. 
Pel Petrolo, e cosi pure pel Bitonto, troviamo semplicemente « ha- 
buit defensiones >, donde desumeremmo che questi due si siano ri- 
messi alia giustizia del tribunale senza difendersi, la qual cosa colli- 
merebbe col loro grade di cultura molto piu basso. Per gli altri frati 
poi, ciofe il Lauriana, fra Paolo della Grotteria, fra Pietro di Stilo 
e fra Pietro Ponzio, non troviamo alcuna annotazione, e dovremmo 
desumerne che il Sances abbia rinunziato all' azione penale contro 
di loro. E quasi superfluo aggiungere che pe' frati suddetti, come 
pel Campanella e fra Dionisio, e parimente pel Contestabile, fui'ono 
compiute le difese ma restd sospesa la spedizione della causa : essi 
dovevano, o come principali o come testimoni, sottostare al processo 
deir eresia, e la Curia Romana avea deliberate che dovesse prima 
svolgersi quest' altro processo. Cosi la sorte di tutti costoro rimase 
sospesa durante molto altro tempo, e da ci6 rimase danneggiato sin- 
golarmente fra Pietro Ponzio , il quale non era implicate in nes- 
suno dei due processi e restava intanto nel carcere; ma vedremo tra 
poco che appunto nel carcere erano giA cominciati a sorgere alcuni 
sospetti contro di lui. — La deliberazione che il processo dell' ere- 
sia dovesse trattarsi in Napoli fu annunziata dal Card.* di S.** Se- 
verina, con lettera del 28 aprile che troveremo a capo del relative 
processo : questa lettera pervenne al Nunzio verso i primi di mag- 
gio, come si rileva dalF altra che egli scrisse al Card.* S. Giorgio 
in data del 5 maggio. Si fu dunque perfettamente in tempo a co- 



— 84 — 

minciare il processo dell' eresia mentre terminava il processo della 
congiura per gl' inquisiti ecclesiastici iin allora presi ; e come la 
spedizione di quest' ultimo processo rimase sospesa, cosi dobbiamo 
anche noi sospendere il racconto dell'esito riserbandolo pel tempo sue. 
Ci occorre pertanto narrare un fatto importantissimo, che si era 
gik verificato in persona del Campanella fin dai primi di aprilc. 
Con un accesso subitaneo e violento si era manifestata in lui la 
pazzia: questo incidente, non senza conseguenze giuridiche per lui, 
merita tutta la nostra attenzione, e cominceremo dal vedere dap- 
prima quanto egli medesimo ne lascio scritto. Nelle lettere del 
1606-1607, pubblicate dal Centofanti, una volta scrisse, ^c furono 
negate le difese, e per questo sopraggiunse la pazzia »; un* altra 
volta scrisse, « mi fecero pazzo essi con tanti tormenti et con non 
lasciarmi difensare » (a). Piii tardi (il 1614) in una delle note nelle 
sue Poesie scrisse, « brucio il letto, e divenne pazzo 6 vero 6 fin- 
to » (b). Piu tardi ancora (il 1620), nella sua Narrazione, tomo alia 
prima versione del fatto e con molta larghezza scrisse, che il San- 
ces € con altri di sua fattura » (e questi non potrebbero essere stati 
che il Nunzio e il De Vera), udendo le ragioni da lui addotte in 
sua discolpa, « levaro al Campanella la commodita di scrivere, e 
4c d'esaminare, e difensarsi, e li libri e il commertio con avvocati, 
« e lo posero dentro al torrione inferrato dicendoli, che dovea morir 
« per ragion di state e che s' apparecchiasse i sacramenti, non a 
« difensarsi, e li mandaro Gcsuini, e frati a conortarlo a morire, 
<c e volendo presentar il Campanella li libri da lui fatti sopra la 
« mutatione del mondo e la monarchia di Christo, d'una greggia 
« sotto un pastore, presto apparitura in tutto il mondo, data da 
« lui al Cardinal Sangiorgi dui anni avanti perchfe si vedesse che 
€ non era invention contra la chiesa, n6 contra il Re fatta nova- 
te mente (sic). E di piu volea presentar un volume scritto della Mo- 
« narchia di Spagna molto utile alia corona, e la tragedia della Re- 
€ gina di Scotia fatta da lui per Spagna contro Inghilterra, e li 
« discorsi alii Principi d' Italia, che per ben comune non devono 
€ contradir a detta monarchia, e questi libri fece venir dalla pa- 
€ dria subito. Ma il Sances non volse che si presentassero, n6 si 
« sapessero, e pero lo ristrinse nel torrione con le fenestra serra- 
« te, e mise timore a chiunque parlava d' aiutarlo , e li f6 tanti 
<c stratii al povero Campanella che lo ffe impazzire, brugio il letto, 
« e lo trovaro la mattina mezzo morto, e pazzio cinquanta di ». — 
Parecchie riserve debbono farsi intorno alle circostanze qui esposte. 
Vedremo che la sua pazzia duro anche oltre 14 mesi, o scorso que- 
sto tempo fu provata col piu atroce de' tormenti; sai^emmo perfino 



(a) Ved. neirArchivio Storico Italiaiio an. 1866 la Lett, latina al Papa, a 
pag. 82, e la Lett, al Re di Spagna a pag. 91. 

(b) Ved. le Poesie ediz. d'Ancona p. 100. Anche nelle Lettero piu volte 
accenna a riconoscere che la pazzia fosse simulata. 



— 85 — 

tentati di credere che vi sia stata in tal punto una lezione sbaglia- 
ta. Vedremo dippiu che i libri i quali volea presentare non ven- 
nero dalla patria subito, e nella Difesa scritta da lui medesimo, 
compiuta dopo la manifestazione della pazzia e venuta in luce 14 
mesi piu tardi, egli chiedeva a' Giudici che gli si dessero i libri, 
menzionando i Discorsi politic! inviati all' Imperatore , il Dialogo 
contro gli eretici esistente presso Mario del Tufo, la Monarchia dei 
Cristiani data al S. Giorgio, la Tragedia e il libro Del Reggimento 
della Chiesa che diceva trovarsi in Stilo tra le sue piccolo mas- 
serizie, ed aggiungendovi di seconda mano la Monarchia di Spa- 
gna, che diceva trovarsi pure in Stilo tra le sue piccolo masseri- 
zie, € in meis sarcinulis ». Ognuno poi avri gi^ notato che i tor- 
menti gli erano stati dati il 7 e 8 febbraio, mentre la pazzia co- 
mincid a' primi di aprile, e circa il non essergli state date le co- 
moditA di difendersi, bisogna tener presente che nella prima delle 
sue Lettere del 1606 a Paolo V egli scrisse esplicitamente, « quando 
€ mi citaro mi protestai che voleva io difensarmi di propria bocca 
« almen che (sic) non mi lasciaro articolare , e '1 Nuntio passato 
€ non mi ffe chiamare , che penso non ci V han detto nfe potea » 
(accenn|lndo alPAldobrandini, che mostro di scusare poichfe scriveva 
a un Papa): e certamente il Nunzio, che benissimo lo potea, non 
b scusabile di non averlo fatto chiamare , ma bisogna riconoscere 
che erano state date le comodit^ per la difesa, e, come vedremo 
tra poco, egli non giimse in tempo a presentare la Difesa scritta, 
e venne poi, il 2 aprile, a manifestarsi pazzo; sicchfe riesce del tutto 
credibile essere sorta la pazzia quando dovfe persuadersi che pel 
momento non dovea piu pensare alia difesa, e per giunta mostra- 
vasi imminente il processo di eresia tanto piu spaventevole per lui. 
Infine anche la circostanza dell' essere state trattato con rigore mag- 
giore del soli to mentre dovea fare le difese, merita di essere ac- 
colta con riserva ; poichfe , all' opposto , nel detto tempo si soleva 
trattare gl' inquisiti con larghezza, e vedremo tra poco da una de- 
posizione del carceriere Alonso Martinez confermata la cosa in per- 
sona sua. Tutte le altre circostanze poi debbono essere riconosciute 
esatte, giacchfe concordano con quanto emerse in sfeguito nel processo 
deir eresia, onde siamo in grade di dare la data precisa delF in- 
cidente e tutti i suoi particolari. 

Non pu6 dubitarsi che fornirono I'occasione o il pretesto per 
la pazzia le esorbitanze di confessori , che specialmente a motive 
della Pasqua frequentavano allora piu del solito il Castello. Vi erano 
assidui il P.« Pepe gesuita, il P.® Muzio, un P.® Pietro Gonzales 
Domenicano, e quest' ultimo specialmente confessava i frati carce- 
rati, come trovasi attestato nolle lore deposizioni. Notiamo che fra 
Pietro di Stilo ebbe a dire del Gonzales : « soleva venire spesse 
€ volte . quA, 6 ci faceva delle belle esortationi, et andava anco dal 
€ Campanella spesse volte per quanto mi 6 state detto, 6 li faceva 
« delle brutte riprensioni ». Piu esplicitamente il Vescovo di Ter- 



— 86 — 

moli scrissc a Roma: « dubito che la pazzia sia aata che andando 
€ il Padre Maestro Pietro Gonzales k confessar et communicar al- 
« cuni di questi carcerati prima che lo venisse A Napoli, andava 
« dal Campanella et T essortava ad haver cura dell' anima perchfe 
« il corpo era spedito ». Ben si vede che il Gonzales non godeva 
pienamento le simpatie del Vescovo di Termoli, e possiamo aggion- 
gere che tanto meno godeva quelle del Nunzio, nel cui Carteggio 
si trovano piii lettere contro di esso , dalle quali apparisce molto 
amico di fra Serafino di Nocera tanto affezionato al Campanella (a): 
inoltre egli conosceva assai da vicino qualcuno de' frati carcerati, 
p. es. il Petrolo, che era state con lui in Milano; e per tutti questi 
motivi rimane dubbio se egli avesse agito a quel modo per legge- 
rezza ed imprudenza, o invece per malizia, vale a dire d' accordo col 
Campanella medesimo, a fine di rendere spiegabile Tinatteso manife- 
starsi della pazzia. Ecco ora in che maniera il Campanella si mostro 
pazzo, secondo che depose il carceriere Alonso Martines quando ne 
fu interrogate. « La matina di pasqua del spirito santo prossime 
« passato havendo io la sera precedente lassato una lucerna accesa 
€ dentro la priggione di detto fra Thomaso quale poteva durare 
« circa un' hora, 6 mezza a far lume accio egli vedesse a mangia- 
€ re, la matina secondo il mio solito, visitando tutti li carcerati, 
€ ritrovai che fra Thomaso havea brusciato la lettora, le asse, le 
€ tavole, un saccone di paglia, et una coperta, et la priggione era 
« tutta plena di fumo, et fra Thomaso era gettato in terra, et io 
« credevo che fusse morto, ma poi io udj che si lamentava, et io 
4c lo levai da terra, et lo messi in un'altro loco, et rivenne quanto 
« alle forze del corpo, et ritornato da esso per coiulurlo alia messa 
« che alhora havea licenza di condurlo, detto fra Thomaso mi venne 
« a dosso h poco ci manco che non mi levasse il naso dalla^ fac- 
4c cia, 6, da questa hora in quA hA parlato spropositatamente , et 
« anco con altri » (fe). Da diversi fonti all' uopo ricercati abbiamo 
potuto trarre che la Pasqua nel 1600 si colcbro il 2 aprile: fu que- 
sta dunque la data precisa in cui si manifesto la pazzia del Cam- 
panella, ed essa spiega pienamente cosi I'opportunita e convenienza 
della pazzia dal lato suo, come I'ui^genza estrema della spedizione 
della causa dal lato del Sances. Reca poi senza dubbio una grande 
meraviglia il fatto , che il Nunzio non abbia partecipata a Roma 
tale novitA; nel suo Carteggio non se ne trova menzione per lungo 
tempo, e il prime a parteciparla a Roma apparisce nel processo di 
eresia il Vescovo di Termoli, in data del 25 maggio (c). 



(a) Ved. il Carteggio del Nunzio filz. 231, Lett, del 13 aprile, 25 maggio 
e 15 giugno. 

(6) Ved. Doc. 392, pag. 416. 

(c) Ved. la nostra Copia ms.. do' process! eccles. torn. !.• fol. 362 */,. Dal 
brano della lettora del Vescovo risulterebbe che il Nunzio avesse fatto molii 
giorni prima osservarc il Campanella , e gli fosse state riferito che in segreto 
egli parlava assennatamente : ma fu questa senza dubbio una piccola vantena 



— 87 — 

Non appena ebbe notizia delP incidente, il Sances ordind che 
si spiassero gli andamenti del Campanella, per conoscere se la pazzia 
fosse vera o simulata; e fin dal 4 aprile alcuni scrivani andarono 
nelle ore della notte ad appialtarsi presso il carcere del Campa- 
nella per raccogliere cio che avrebbero udito, Ebbe cosi due rela- 
zioni, che esponevano due colloquii notturni tra il Campanella e fra 
Pietro Ponzio rinchiusi in due carceri vicine, in data Tuna del 10 
e Taltra del 14 aprile: queste relazioni furono piu tardi Irasmesse in 
copia a' Giudici deir eresia, i quali le inserirono nel lore processo, 
e in tal guisa ci fe venuto tra mano non solo un documento impor- 
tantissimo per intendere le cose del Campanella e la condotta del 
Governo Vicereale verso di lui, ma anche il racconto di uno de' piii 
drammatici episodii del tempo de' processi (a). Una delle relazioni 
scritta da Marcello de Andreanis , scrivano fiscale ordinario della 
Banca di Marcello Barrese, dice che essendosi insieme con Francesco 
Tartaglia, scrivano straordinario della medesima Banca, recato per 
ordine del Sances nelle carceri del Castello, e propriamente in un 
corridoio vicino alle carceri del Campanella e di fra Pietro Ponzio, 
accostatisi pian piano nel detto corridoio, il 10 aprile, a tre ore di 
notte, udirono il seguente dialogo. II Campanella dimandava: che 
n'fe di mio fratello e di mio padre? E fra Pietro rispondeva: stanno 
nelle carceri del civile con Giuseppe Grillo e Francesco Antonio di 
Oliviero. Ancora il Campanella: e di tuo fratello che n' 5 ? E fra 
Pietro: Ferrante sta con quella marmaglia delle carceri del civile. 
Continuava il Campanella: oh che piet^, che ne sa quel poveretto 
Francesco Antonio di Oliviero! E fra Pietro: tu vedi! Ripigliava 
fra Pietro in latino : hai scritto abbastanza oggi? E il Campanella: 
assaissimo , tutto. Ancora fra Pietro : il Martines 6 rimasto fuori 
del Castello ed Onofrio (I'altro carceriere) fe stato chiamato dal Ca- 
pitano; noi possiamo parlare ? E il Campanella, in latino : tu non 
conosci la razza degli spagnuoli; e fra Pietro, in latino: conosco la 
razza e la scelleratezza degli spagnuoli. Continuando quasi sempre 
in latino, il Campanella diceva: sai se Tommaso d'Assaro 6 stato 
liberate? E fra Pietro: no, dimandane a colui che sta nel carcere 
superiore {intend, superiore a quelle di fra Pietro). E il Campa- 
nella: non posso; aggiungendo: fa in mode che dimani possa dare 
una pagina scritta a fra PiStro (certamente fra Pietro di Stilo), 
perchfe non posso parlare e sento un odore di uomo ! E fra Pietro : 
scongiurali, e parla in latino, giacchfe sono idioti e non conoscono 
la lingua latina. Rimasti quindi un poco in silenzio, fra Pietro ri- 
comincio: non ci 6 nessuno, perchfe il vizio li porta via, tu hai lu- 



del Nunzio , mentre 1* osservazione del Campanella venne ordinata dal Sances, 
il quale doy6 poi discorreme al Nunzio ; difatti le relazioni avute dal Sances si 
raccolsero in s^guito nel processo di eresia, non le relazioni avute dal Nunzio, 
11 quale si curava ben poco del Campanella e de* frati. 
(a) Ved. Doc. 350, pa^. 327. 



me? B il Campanella: no, affatto; e soggiunse: andiamo a dormire 
perchfe ho visto uii luine. E fra Pietro : andiamo a dormire. F^ 
questo uno de'colloquii. Notiamo che Tommaso d'Assaro trova\'aai 
carcerato e doveva essere vicino ad uscire in liberta, vedendosi il 
suo nome pii!i tardi nelia lista de' testimoni dimoranti in Napolii 
dati da fj-a DJonisio nella causa dell'eresia, per fatti awenoti od 
carcere (a). Ma cio che riesce notevolissimo e il sapere che il Cam- 
panella sci'iveva , che aveva in quel giorno scritto « assaissim«j 
tutto » , come pure una pagina da doversi passare a fra Pietro M: 
Stilo, e che fra Pietro Ponzio ne pigliava raolto interesse. Cosa scbS 
veva il Campanella? Non mancheremo d' indagarlo piii ia 1^ — I 
Veniamo all' altro colloquio. Esso e riferito da Francesco Tart*» 
glia sopra nominate, il quale dice di essersi recato per dodici nolti 
successive nel Castello , dietro ordine del Sances , e pit! volte ht 
udito il Campanella discorrere con fra Pietro « de bonissimo modouj 
e segnatamente la notte del 14 aprile, in compagnia anche de'cai^ 
cerieri Martines ed Onofrio, udi le seguenli parole. Fra Pietro ebb- 
ni6 quattro volte il Campanella dicendo, o fra Tommaso . . . non 
senti DO o cor mio? E il Campanella: bona sera, bona sera. E fra 
Pietro; o cor mio, come stai, che fai, sta di buon animo", perchA 
domani verrd il Nunzio e sapremo qualche cosa. Ed il Campanellai 
fra Pietro, perchfe non trovi qualche modo per potere dormire 
sieme e godeie? E fra Pietro; volesse Iddio, anche a dover pa^an 
dieci ducati al carceriere, a te, cor mio, vorrei dare venti baci per 
ora; ho sparso per tutta Napoli i tuoi Sonetti, li so tutti a memoria* 
nulla mi da piu gran gusto che il leggere qualche frutto dell' ingegiw 
tuo. E il Campanella; voglio ora comporne uno pel Nunzio. E fim 
Pietro: si cor mio, ma ti chiedo in grazia di comporre prima quelli 
per me o quelli che desidero per mio fratello, e poi coraporrai quelM 
pel Nunzio. E il Campanella: va a riposare, buona sera. Ben si rilev* 
qui la tenera ed irreraovibile amicizia di fra Pietro pel Campanell;^ 
e il suo ardore per averne le poesie, spinto ftno aU'indiscrezione (M 
volerne per s^ e per suo fratello, mentre il povoro filosofo ne medi> 
tava qualcuna che riusci^e a rendergli propizii i potenti nella SOR 
terribile condizione; e si rileva al tempo medesimo I'animo depresa? 
del filosofo, e il suo vivo bisogno della compagaia di un amice 
come fra Pietro. Si vide poi tale affettuoso colloquio dare al V« 
scovo di Caserta motivo di sospettare nieutemeno che dell' oaes< 
deile relazioni tra il Campanella e fra Pietro: evidentemente qnesti 
due giudicabili erano assai migliori di alcuni de'loro Giudicil Ma 
dunque il Campanella componeva Poesie, oltrechfe scriveva paging 



(a) Ved. Doc. 361 , pag. 356. Ma non 6 aicuro che questo d' Assaro : 
carcerato per la congiura: un Cesare d'Assaro, clerieo, trovasi DomiaLto qnd 
prigioue nel Carteggiu del Nunzio; egli era incrtminato di assassinio, cob la ua^ 
tura avea purgatu gl' indizii, e non vedendosi liberato fuggl di Castello in eoiir- 
pagnia del cav.' Capece ma fu ripigliato. Ved. Lett, da Roma, filz. 210 e SM.lei 
delieSbre <&97. 13 marzo 1598 etc. etc. 



- 89 ^ 

da doversi trasmettere a fra Pietro di Stilo, e il Sances gik ne sa- 
peva qualche cosa : e come mai poteva egli raeditare un Sonetto 
pel Nunzio? Non ne Iroviamo alcuno con questo indirizzo nella rac- 
colta fattane da fra Pietro, e bisogna dire che o lo scrivano sia 
caduto in un equivoco, o il Campanella abbia voluto alludere al 
Sonetto indirizzato al Papa, da doversi per vie trasversali far ca- 
pitare nelle mani del Nunzio, il quale si sarebbe poi fatto un do- 
vere d'inviarlo al Papa. Si puo intanto immaginare quale concetto 
abbia dovuto formarsi il Sances intorno a questa pazzia, durante 
la quale il Campanella scriveva Sonetti perfino al Nunzio: eviden- 
temente egli non poteva che chiedere d'urgenza la spedizione della 
causa. 

Ed eccoci condotti a narrare la vita intima del Campanella, 
coDsiderandola propriamente dal lato dalle sue opere d'ingegno, in 
questo prime periodo della sua prigionia di Napoli, rappresentato 
dal tempo in cui venne istituito e svolto il processo della congiura 
cosi pe' laici come per gli ecclesiastici. Dicemmo gik che fin dai 
primi momenti dell'arrivo egli compose Poesie per dare animo agli 
amici, che nel Syntagma se ne ha il ricordo ma con una completa 
confusione di tempi, che la Raccolta fattane da fra Pietro ci mette 
in grado di potere fine ad un certo punto distinguere ed assegnare 
alle diverse poesie la propria data. E veramente nel Syntagma 
si parla delle poesie in questi termini : «c Fui condotto a Napoli 
« qual reo di Maesta, ed ivi , mentre si negava 1' aiuto de' libri, 
« composi molti versi latini ed italiani, sul prime Senno e prima 
« Possanza, sul prime Amore, sul Bene, sul Bello e simili, che 
« tutti scriveva di nascosto quando ne aveva I'agio. Di essi ven- 
« nero format! sette libri intitolati La Cantica , de' quali in parte 
« Tobia Adami pubblico una scelta, fatta secondo il giudizio suo, 
« sotto il nome di Settimontano Squilla, aggiuntavi Y esposizione. 
^ Composi parimente Elegie suUe sventure mie e degli amici, inol- 
« tre Ritmi profetali ed una quadruplice Salmodia su Dio e su 
« tutte le opere sue , e a questo mode con le poesie diedi anche 
« vigore agli amici accid non si abbattessero ne'tormenti ». Ora tra le 
poesie raccolte da fra Pietro, alia cui composizione quasi totale pos- 
siamo assegnare un tempo certo, compreso tra il 10 novembre 1599 
e il 2 agosto 1601, non si trovano le Canzoni, le Elegie, le Sal- 
modie ricordate nel Syntagma e poi pubblicate veramente dall'A- 
dami; nfe occorre dire che vi si troverebbero, qualora fossero state 
composte nel tempo anzidetto. Appena vi si trovano i Ritmi pro- 
fetali, sicchfe bisogna rimandare le poesie sopra ricordate ad un pe- 
riodo posteriore di molto ; nel qual caso, gli amici rinvigoriti con 
esse ne' tormenti dal Campanella sarebbero i soli pochi frati tor- 
mentati pei* Teresia, cio che vedremo accaduto nel gennaio 1603; 
invece la raccolta fatta da fra Pietro ci presenta le poesie del prime 
periodo, e tra esse quelle che servirono a rinvigorire gli amici tutti 
ne'tormenti per la congiura. La detta Raccolta non serba un ordine 

AmahiU-^T. Campanri.la, Vol. II 12 



— 90 — 

strettamente cronologico, ed abbiamo gik rilevato altrove che con- 
tiene pure qualche poesia certamente del tempo della prigionia di 
Roma, conservataci per reiliiniscenze comunicate dal Campanella al 
raccoglitore : ma essa nemmeno procede scompigliata del tutto, e 
in generale vi si possono molto bene riconoscere due gruppi che 
indichiamo subito, assegnando al prime il periodo del quale ci siamo 
finora occupati , vale a dire dal novembre 1599 alF aprile 1600. 
Questo primo gruppo b rappresentato essenzialmente dalle prime 24 
poesie, che mostrano un distacco sensibile dalle rimanenti, tra le 
quali per altro fe capitata ancora qualcuna da doversi riferire al 
prime gruppo, mentre poi nell'uno e nell'altro gruppo son capitate 
quelle poche di reminiscenza, giA composte ne' tempi anteriori (a). 
11 primo Sonetto col quale si apre la Raccolta di fra Pietro, ben 
conosciuto perchfe fu poi pubblicato dall'Adami, fe quelle « sul pre- 
sente state d' Italia > che comincia col verso 

< La graa Donna ch'a Cesare comparse »: 

in veritA noi lo crederemmo scritto piuttosto ne' giorni de' prepa- 
rativi, in Calabria, contemplandosi in esse che per la patria infelice, 
dominata da stranieri, non c'era piii da sperare nfe nel Principato 
nfe nel Sacerdozio, ma bisognava tornare a' puri principii del Cri 
stianesimo e della Sapienza greca; ad ogni mode riesce abbastanza 
interessante il sapere che un Sonetto simile, decorate del sacro nome 
d' Italia e tutto soUecitudine per le sciagure di essa , sia di vec- 
chia data ed abbia circolato tra le mani de' congiurati o de' per- 
seguitati per la congiura {b). Piu sicuramente appartiene al primis- 
simo tempo della prigionia di Napoli , e forse 6 state davvero 
prime composte nel Castello nuovo, quelle che viene in 29 luogo 
€ sopra r istesso state d' Italia » ( titolo verosimilmente dato da 
fra Pietro), avendo tutta V impronta dell' attualitA, esprimendo la 
preoccupazione che il Conte di Lemos avesse a menar buoni 1 tristi 
processi fatti in Calabria, promettendo in tal case piu grave la rovina 
profetizzata agli oppressori, ed esalando il dolore del filosofo an- 
cora sotto r impressione della bieca accoglienza popolare sofferta nel 
viaggio da Gerace a Rivona; 



(a) Si dia uno sgiiardo all' indice delle poesie che pubblichiamo. E ci « 
permetta di aggiungcre che qnando fra Pietro fu poi interrogate circa le poesie, 
tra le diverse provenienze, iiidic6 « per la niaggior parte che sono piti di 25 » 
quella da altri carcerati, i quali dicevano averJe avute da Maurizio, cui sareb- 
bero state date diretiamento dal (Jampanella etc. Non ci fermiamo su questa scosa 
di fra Pietro che cita il niorto , scusa manifestanicnte inventata anche perch* 
sarebbe diliicile riferire tante poesie al breve periodo in cui Maurizto rima^e 
nello grazie del Cani[)anella, vale a dire dal 9 9bro al 19 lObre, e poi gli ar- 
gomenti di molte fra esse alludono fuori ogni dubbio a circostanzc posteriori a 
talc periodo; ma notiamo la distinzione di questo numero di « piu di 25 » poesie. 
che rappresentorebbero un {rruppo speciale piu antico. 

(h) Ved. Doc 430. pag. 549. e i seguenti. 



— 91 — 

« II fEito doir Italia hoggi dipende 
dair esser vera 6 falsa rebellione 
questa, ch* & calavresi Carlo impone 
e Sciarava, ch' el Regno el R6 n' offende. 
E s' il Conte che regge ancor pretende 
che lor finte ragion sian vere e buone 

piu grave fia Y antevista ruina. 

Ahi cieca Italia oella tua rapina! 
sin quando il senno tuo sopito langue? 
8* io ben ti desiai, che t* ho fatt' io ? > 

Sarebbe poco ragionevole voler qui trovare una Musa felice e splen- 
dida, e lo stesso va detto per tante altre poesie di questa raccolta : 
il filosofo dovea sentirsi disposto a tutt' altro che a poetare ; d' al- 
tronde poesie simili bastavano per que' rozzi ma generosi patriotti. 
II 3*^ Sonetto , intitolato dalF autore «c a sfe stesso », pu6 ritenersi 
bene al suo posto, valendo ad ispirare conforto e fiducia a' compagni 
suoi in un modo generale, e sempre promettendo la vendetta divina : 

€ Spesso m'han combattuto, io dico anchora, 
fin dalla giovanezza, ahi troppo spesso, 



ma la spada del ciel per me lavora ». 



Non cosi r altro intitolato anche « a sfe stesso », con la giunta do- 

vuta a fra Pietro e certamente errata, ciofe « subito fii preso >: esso 

venne pubblicato dall'Adami senza questa giunta, che forse potfe 

essere suggerita a fra Pietro dalle parole che si leggono nel 2? verso, 

€ il flero stuol confondo > ; ma tutte le circostanze, che accompa- 

gnano queste parole, le mostrano riferibili a' Giudici, Fiscale e con- 

tradittori intervenuti nolle confronte, sicchfe il Sonetto risulta pre- 

cisamente del tempo degli esami e confronte del Campanella, che 

aveano dovuto sembrargli tali da poterne menar vanto. Passiamo 

quindi sopra di esso, e del pari sopra il seguente , che gli appa- 

risce coUegato e che dinota un grave sconforto succeduto ad una 

viva fiducia ; ci troviamo cosi in presenza del Sonetto « in lode di 

carcerati e tormentati », che ci conduce al periodo in cui si pose 

mano alle torture cominciando da Maurizio. 

Siamo dunque alle prime settimane del dicembre 1599, al tempo 

del massimo fervore nel processo della congiura pe' laici. Maurizio 

avea sostenuto con fermezza terribili e lunghissimi tormenti, e gli 

altri avrebbero dovuto imitame 1' esempio ; il Campanella lo esalta 

con entusiasmo, e merita di essere notato che attribuisce alio « ar- 

dore di liberta e di ragione » il superare que' tormenti, armi del 

tiranno : 

« Veggio spirti rivolti al Creatore 
schemir tormenti e morte, del tjranno 
armi sovrare, e scherzar con TafflBLnno 



— 92 — 

Di liberta e ragion tanto d Tardore 
che dolcezza 11 dolor, ricchezza il danno, 
seguendo Y orme di color che sanno, 
stimano, armati di gloria et honore. 

Rinaldi il primo sei notti e sei giomi 
vince i tormenti antichi o i nuovi sprezza 

esempio k gY altri d* invitta fermezza > (a). 

Ma il poeta dovea sentirsi anche personalmente grato a Maurizio, 
il quale , non avendo confessato , aveva contribuito assaissimo a 
fame migliorare la causa; ed ecco quel Madrigale: 

< Generoso Rinaldi 

vera stirpe del sjr di Monte Albano » etc. 

Nfe deve fare irapressione qualche concetto come quelle di « aver 
reso il pegno di fedelta al Re ». Bisogna tener presente che sta- 
vano entrambi in carcere e sotto un processo capitale ; la poesia 
avrebbe potuto essere sorpresa da' carcerieri e trasmessa al Sances, 
onde naturalmente non puo darsi molto peso a qualche concetto che 
esprima innocenza, ed invece deve darsene molto a quelli che espri- 
mono sentimenti di liberta. — Ma giunge il 20 dicembre, e Mau- 
rizio sotto le forche si decide a confessare per iscrupolo di coscienza: 
si rivolta allora V animo del poeta , e scrive quel « Madrigale di 
Palinodia », che 6 triste dover ricordare, e che i lettori troveranno 
dopo il precedente ; un passaggio cosi brusco dalla lode al vitupe- 
rio stringe veramente il cuore. Conoscendo poi che egli credfe, piu 
meno, all' influenza del Gesuita confessore del Vicerfe, il Padre 
Mendozza , che avrebbe determinate Maurizio alle rivelazioni , ci 
parrebbe naturale cellegare con tale fatlo quel Sonette che pott 
anche scrivere piu tardi, col titolo « centre i G » ossia « cen- 
tre i Gesuiti », pubblicate negli anni successivi dall'Adami col ti- 
tolo piu prudente « centre gl' ipocriti > : che esse debba riferirsi 
a' Gesuiti risulta manifestamento da' primi versi , 

< Gli aflfetti di Pluton portano in core 
il nome di Giesu segnano in fronte » ; 

ben doveva il poeta trevarsi in grande eccitamento centro costero, 
allerchfe accennava alle lore malizie , e non soltanto per aggiostare 
la rima egli scriveva 

« questo veggendo fk cW io mi dischiome » (6). 

N6 scergiame altre poesie da deversi con qualche probability rifiv 
rire a' fatti concernenti i laici, fra' quali pel sole Maurizio si vede 
che il Campanella peeto, mentre da una cancellatura fatta da fra Pie- 



(a) Ved. Doc. 441, pag. 551, e i seguenti. 

(b) Ved. Doc. 459, pag. 558. 



] 



— 93 — 

tro nella sua raccolta rilevasi che perfino il Sbnetto ^c in lode di 
carcerati e tormentati » aveva dapprima il titolo di Sonetto < in 
lode di Mauritio Rinaldo ». 

Ma nelle prime settimane del gennaio 1600 gi^ si conosceva 
non lontano il cominciamento del processo della congiura per gli 
ecclesiastici , e le poesie furono piu frequenti. Non 6 arrischiato 
r ammettere che siano stati composti in tale data que' due Sonetti 
profetali, V uno ancora inedito che comincia col verso 

€ Toglie i dl sacri il Tebro e calca Roma », 

e Taltro gia pubblicato dalFAdami che comincia col verso 

< Veggio in Candida roba il Padre Santo ». 

Questi Sonetti con qualche altro analogo, che trovasi disperse nel 
2? gruppo e che vedremo altro ve , sarebbero appunto i Ritmi pro- 
fetali menzionati nel Syntagma ; e non debbono sfuggire que' versi 
del prime rimasto inedito, forse rimasto inedito per essi, 

< La giustizia si compra, el verbo santo 
sotto favole e scisme ogn* hor si vende » (a). 

Egualmente fe verosimile che siano stati composti in tale data quei 
tre Sonetti concernenti lo Sciarava, i due primi di maledizione, il 
terzo, diremmo, d' insinuazione (fe). II prime che comincia co' versi 

« Campanella d*horetici e rubelli 
Capo in Calavria raai non s* 6 trovato » 

offre anche una discolpa, oltre la maledizione nella quale son com- 
presi tutti i persecutori di alto grade 

« Ruffi, Garraffi, Morani, e Spinelli ». 

II secondo, che ci sembra abbastanza bello, e che comincia co' versi 

« Mentre Talbergo mio non vede esangue 
6 gli spirti poggiar tromanti al cielo », 

offre una maledizione ed anche una preghiera, la quale mostra che 
r autore riteneva del tutto imminente la chiamata agli esami, 

€ Deh Sig/ forte, in me volgi tua faccia, 
d^ authority piu espressa al mio sermone 
ond'i ministri di Sathan disfaccia ». 

II terzo, che porta veramente il titolo € in lode di spagnuoli », oflfre 
una insinuazione centre lo Sciarava e una protesta di devozione 
a Spagna, la quale certamente nessuno vorri prendere sul serio: 



(a) Le favole da una parte, gli scismi dall'altra. Vedi Doc. 456, pag. 556. 

(b) Ved. Doc. 452, 453 e 457, pag. 555 e 557. 



— 94 — 

bisognava pure che il poeta si preparasse qualche argomento in sao 
favore pel caso di tma scoperta delle poesie, massime quando avea 
mostrato tanto poco rispetto verso un funzionario importante del Go- 
verno spagnuolo e tuttora deputato ad assistere il Sances durante 
il processo. Poniamo inoltre qui il « Sonetto di rinfacciamento a 
Musuraca », senza dubbio mal situate tra le poesie del 2® gruppo, 
e sempre capace di eccitare gli amici a rimaner tali anche « a tempo 
d'infelice state » (a). Con tanto maggior ragione poniamo qui an- 
che il € Sonetto fatto a tutti carcerati » , che del rimanente po- 
trebbe esser posto anche tra le poche poesie del tempo del processo 
de' laici (6): in esse si dice che era negata, oltre la favella e il 
commercio, benanco la difesa, ci6 che si spiega col fatto dell'am- 
ministrazione delle torture decretata durante il processo ioformati- 
vo, senza dare anticipatamente la copia degli atti ; e tra' varii istru- 
menti di morte fe citata pure la sega , cio che aggiunge qualche 
cosa anche alia credibility dello strano supplizio gik destinato a 
Maurizio in Calabria. Vi brillano poi i concetti elevati e i consigli 
virili al maggior segno; vi si canta 

< .... sol la virtti de* vostri petti 

r orgoglio del tjraono affrena e loga »; 

vi si esalta il glorioso e bel morire per la liberty, e vi si dice 

< Qui dolce liberty V alma gentile 
ritrova, e prova il ver, che senza lei 
sarebbe anchor il paradise vile ». 

Ma oltre gli eccitamenti in generale, diretti a' frati rimastigli fc- 
deli, il Campanella diresse anche qualche eccitamento in pai'ticola- 
re, p. es. al Petrolo, che sperava poter ricondurre a fedelta; cod 
dett6 quel Sonetto ch,e fra Pietro intitold « in lode di fra Dome- 
nice Petrolo », e che veramente si deve dire di soUecitazione a ri- 

trattarsi: 

< Venuto d '1 tempo homai che si discuopra, 
Petrolo mio, V industriosa fede 

che serbasti all'amico, e gi& si vede 
ch' k tutte r altre questa tua v^ sopra. 

Mortifera, infedel, empia, ingrata opra 
far simolasti, ch' a lui vita diede » etc. (c). 

Non si sarebbe potuto adoperare modi piil insinuanti, facendo ot- 
timo vise a pessimo gioco; s'intende quindi che il Petrolo ne sia 
rimasto convertito, come mostr6 con la sua deposizione del 29 gen- 
naio, ma pur troppo per brevissimo tempo. 

Cominciata in sfeguito la causa, sostenuto I'esame ed essendo 
in corso le confronte, precisamente al cadcro del gennaio 1600, il 



(a) Ved. Doc. 489, pag. 569. 

(b) Ved. Doc. 447, pag. 553. 

(c) Ved. Doc. 45 i, pag. 554. 



i 



— 95 — 

Campanella rincorato dovfe scrivere quel magnifico Sonetto « a s6 

stesso », che fu poi pubblicato dairAdami e che comincia coi noti 

versi : 

< Legato e sciolto, accompagnato e solo 
chieto, gridando, il iiero stuol confoDdo, 
foUe ajr occhio mortal del basso mondo » etc. (a) ; 

le quali idtime parole dinoterebbero il valore dato da'Giudici alle 
profezie e presagi, che egli dichiaro averlo guidato a ritenere im- 
minenti grandi mutazioni. Di poi sofferta la dimora nella fossa del 
miglio e quindi la tortura, fatta in questa la sua confessione, non 
dovfe mantenersi in tanta fiducia , e lo mostrerebbe il Sonetto « alia 
Beata Ursula napolitana a cui si raccomanda », inserto nella rac- 
colta dopo il precedente (6): tutto il Sonetto esala lo sconforto del 
Campanella, che in quel memento sperava soltanto in una prote- 
zione superiore; 

€ Pregoti per T honor del sacro manto 
di cui spogliato incorsi in gran ruina, 



E canter6 tomando al mio bel nido 
il fin de' miei travagli » etc. 



inutili speranze, desolanti ricordi. Ma non dov6 tardare a sentire 
tanto maggiormente il bisogno di ravvivare la fede ed anche I'af- 
fetto de'suoi compagni, e crederemrao che dapprima gli abbia data 
una buona occasione la fermezza di fra Pietro di Stilo nel respin- 
gere le esortazioni di Maurizio a seguire V esempio suo e a con- 
fessare: cosi alia 2* metk di febbraio e 1* di ^arzo ci parrebbe po- 
tersi assegnare i due Sonetti « in lode di fra Pietro di Stilo » se- 
guiti da' tre « in lode del Rev/'' P.** fra Dionisio Pontio » (c); I'es- 
sere stati posti nella Raccolta in ordine inverse ben pu6 spiegarsi 
con la classificazione della relativa importanza data da fra Pietro 
Ponzio a'frati compagni del Campanella. Fra Pietro di Stilo, che 
aveva tanto poco partecipato alle speranze ed a'maneggi della con- 
giura, soffriva tanti disagi e maltrattamenti per Taffetto al Cam- 
panella, su cui vegliava assiduamente e senza ritrarsi per qualsi-. 
voglia motive; cosi ben si spiega tutto il contesto de'due Sonetti, 
ne' quali si vede pure il Campanella tuttora sconfortato: 

< Sino all' inferno un cavalier seguio 
r ay venturato amico & grande impresa. 

Frati, amici, parenti, chi mi nega, 
chi piu ingrato mi trade, e mi maligna {int. il Pizzoni) 
chi non volendo nel mio mal si piega (int, il Lauriana), 



(a) Ved. Doc. 439, pag. 550. 
(6) Ved. Doc. 440, ib. 

(c) Ved. Doc. 449 e 450 , pag. 554 ; dippiu gli anteriori 444-46 , e 448, 
pag. 552-53. 



— Of) -w 

Solo il travaglio e la mbbia maligna 
titulo in fronte del tuo honor dispiega 
R^ della fede chi mai non traligna. 

Feder combattitor, mai non s* estingue 
pid il nome tuo, poiche serbasti solo 
virtti, religion, patria, et amici >. 

In tal guisa il Campanella, pieno di gratitudine, onorava fra Pie^ 
tro Presteri, « Pietro suo», come poi lo disse neir opera ricompo- 
sta Del Sense delle cose : ma per fra Dionisio il caso era abba- 
stanza diverse. Senza dubbio fra Dionisio avea motive di dolersi 
del Campanella, che gia prima nella Dichiarazione, ma poi anche 
peggio nella confessione in tortura, avea rivelato Tesistenza di un 
concerto per fare la Calabria repubblica compromettendo lui ; ed 
avendo sostenuto il polledi*o con tanta fermezza, verosimilmente la 
sua vanitA lo conduceva tanto piu a sparlare del Campanella, il 
quale, fin dal 1^ Sonetto, « senza voce, afflitto e lento » ne carezza 
al maggior segno la vanitd: 

€ Oantai Taltrui virtuti (int. di Maurizio\ hor me ne pento 
Dionigi mio, non havean senno vero > etc. 

Umiliato per non essere riuscito, all' opposto di lui, nella prova del 
polledro, il Campanella spiega la cosa con una finzione poetica, raa 
anche piu curialesca, e infine si rivela disposto a soggiacere a tutto: 

« In me tanto martlre io non sofTeriii 
cii* in to stava il valor, ol scnno mio, 
e solo al viver tuo fur ben conversi. 

S' a te par, io men vado, o frate, a Dio 
n6 chiegg^o marmi, n6 prose, n6 versi, 
ma tu vivendo sol viver6 anch' io ». 

11 2® Sonetto, che risente troppo del gusto triviale del tempo, toma 
suirargomento -e glorifica fra Dionisio perfino con la testimonianza 
degli spiriti di Averno; ma vi si fanno notare i seguenti versi, 

« Sfogaro mille Spagne e mille Rome, 
al tuo martir unite, Fodio interne ». 

11 3® Sonetto loda fra Dionisio per Taltro atto sue, per le confronte, 
le quali davvero non si scorge da qual lato potrebbero dirsi glo- 
riose; e Tinnesto, che vi si trova, dell'arme de'Ponzii, del giuoco 
degli scacchi e cose simili, apparisce una concessione al gusto non 
solo de' tempi ma anche de' Ponzii : nfc bastarono i tre Sonetti, e 
piii tardi ce ne voile ancora un quarto. Ma bisogna per era ag- 
giungere che oltre a questi sinora detti vi fu anche il Sonetto « al 
sig.' Gio. Leonardi Avvocato de'poveri », Sonetto tirato addirittura 
co'denti, manifestamente obliato tra le poesie del 1° gruppo e posto 
di ripiego tra quelle del 2": esso deve riportarsi per lo meno alia 
fine do] febbraio, poirh*'^ allude alio difese che il De Leonardis gia 



I 



— 97 — 

scriveva, ed agli argomenti che preparava quale Avvocato comune 
a tulti i frati 

« Contra V ombra di morte accesa lampa » (a). 

Sicuramente poi nel marzo e prima metk di aprile la mente del 
Caiupanella fu tutta rivolta alia prosa e non alia poesia: basta ri- 
cordarsi de'due coUoquii notturni passati tra lui e fra Pietro Pon- 
zio, il 10 e il 14 aprile. Ma a quest' ultima data appunto fra Pietro 
gli annunziava di avere « sparse per tutta Napoli > i Sonetti, il Cam- 
panella annunziava di volerne comporre uno pel Nunzio, fra Pietro 
gli chiedeva in grazia di voler comporre prima quelli per lui e 
per suo fratello. Attenendoci piu che fe possibile all'ordine serbato 
nella raccolta di fra Pietro, dobbiamo dire che il Campanella siasi 
adattato a compiacere il suo amico , ma componendo un solo So- 
netto, in cui abbraccio insieme fra Pietro, il fratello Ferrante, ed 
anche I'altro fratello fra Dionisio; di poi compose quelle pel Nun- 
zio, o meglio, come abbiamo gic^ detto altrove, quelle pel Papa da 
doversi far capitare nelle mani del Nunzio (b). II Sonetto « in lode 
de'tre fratelli di Pontio » concede lore per attributi nientemeno che 
i tre principii metafisici, e li mostra un riflesso della Trinita: Fer- 
rante rappresenterebbe la potenza, fra Dionisio la sapienza, fra Pie- 
tro r amore ; e ci basti sapere che fra Pietro abbia rappresentato 
pel Campanella T amore o « il buon zelo». Quanto al Sonetto «al 
Papa », Tultimo del gruppo che abbiamo fin qui esaminato, esso 
puo considerarsi come I'embrione di quelle « appellaiioni segrete » 
che il Campanella intese poi di avere inviate al Papa massimamente 
con le sue lettere del 1606-1607: egli si raccomanda bome meglio 
puo, e riescono notevoli sopratutto i seguenti versi: 

€ Non vedi congiurati a farli guerra 
i nemici alia patria Italia bella, 
ch' egli al valor anticho rinovella, 
dove U zelante suo parlar s' afferra ». 

Ignoriamo se il Sonetto sia state trasmesso al Papa: nel Carteggio 
del Nunzio non ne troviamo il menomo indizio, e del rimanente, 
laddove fosse state trasmesso, niuno potrebbe meravigliarsi che il 
ricordo della patria Italia bella, e del valore antico da rinnovel- 
larvisi, avesse trovato il cuore SS."*® indifferente o peggio; basta 
che esso sia giunto a noi , per farci sempre meglio conoscere ed 
apprezzare gl' intendimenti del Campanella. 

Passiamo era a vedere le prose, delle quali il Campanella si 
occupo nel tempo suddetto. Ve ne sarebbero a considerare innanzi 
tutto tre, la i' Delineatio defensmiuni, la 2^ Delineatio. . . Ar- 
ticuli prophelales , V Appendix ad amicum pro Apologia : le due 
prime , che rappresentano le Difese presso i Giudici , comparvero 



(a) Ved. Doc. 464, pag. 559. 

(b) Ved. Doc. 455, pag. 556. 

iiffia6t^—T. Campanblla, Vol. II. 13 



piu tardi , il 3 giugno 1601 , durante il proceaso di eresia per 
mano di fra Pietro di Stilo (o); rultima, che rappresenla una di- 
fesa presso un amico , comparve varii anni dopo, coo ogiii pro- 
babilita nel 1607, in coda agli Articoli profetali ricnmposti allora 
in una forma piu larga , verosimilmente essa pure ricomposta in 
una fornin piii larga di quella della composizione primitiva (6). Si 
puo affermare con certezza, e ne vedremo tra poco le ragioni, che 
appunto in quest' ordine di successione le dette tre scritture siano 
state composte, essendone cominciata la composizione un po* prima 
della 2' met^ di febbraio. Si ricordi che agli 11 febbraio era state 
gih accordato al Campanella « il lermine e la commodltA * alle di- 
fese, e che allora il Sances voile da lui una esposizione delle pro- 
fezie sul?"^ quali fondava le sue credenze di vicine mutazioni, onde 
egli detlo al Barrese notaro detla causa molti Articoli profetali 
(ved. pag. 72 e 73). E naturale ammettere che il Campanella ab- 
bia posto subito mano a scrivere le sue Difese, stimando indispen- 
sabile aggiunp-ervi anche gli Articoli profetali , mentre al Sances 
era parso conveniente acquislarne una nozione meno vaga niediante 
uno scritto. Ma tutto questo lavoro non pot^ esser pronto che pel 
10 aprile, e il Campanella, giudicando che la causa sarebbe presto 
finita male e che bisognava puie aprirsi una via di uscita dairim- 
minente processo di eresia, avea dovuto raanifestarsi pazzo tin dal 
2 aprile : cosi le Difese scritle non poterono venir presentate in 
tempo, ma il Campanella continue a lavorarvi di nascosto, senza 
dubbio nella speranza fallace cho qualora non fosse stata giuridl- 
camente convalidata la pazzia, esse avrebbei'o ancora potuto servi- 
re. Che il lavoro sia stato compiuto il 10 aprile, si desume dal col- 
loquio notturno tenuto a quella data con fra Fietro Ponzio, il quale, 
avendo domandato al Campanella se avesse scritto abbastanza in 
quel giorno, ne ebbe per risposta « assaissimo, tutto »; Paver poj 
". Campanella soggiunto che avea bisogno di dare V inrlonaani una 
pagina scritta a fra Pietro di Stilo, farebbe credere che in quel 
giorno medesimo egli avesse composta pure I'Appendice in formt 
di lettera, rappresentata da quella pagina scritta; sicchfe la data di 
essa sai-ebbe il 10 aprile, ma resti ben ferraato non potersi sostfr- 
neve che essa sia stata allora scritta ne'termini precisi ne' quali i 
pervenuta a noi. Dopo le dette scritture abbiamo fondata ragione 
di ammettere che il Campanella si sia occupato di ricomporre To- 
pera gid composta in Calabria « Della Monarchia di Spagoa », vft- 
lendosi servire anche di essa per ^ua difesa, quamlo si fosse ripi- 
gliata la spedizione della causa rimasta sospesa in que' giorni; a 
nella ricomposizione di detta opera ebbe ad implegare il tempo iro- 
mediatamente consecutive, dal maggio 1600 ad una parte del 1601, 
mentre era in pieno svolgimento il processo di eresia. 



(a) Ved. Hoc. 400, pag. i7&. 
(6) Ved. Doc. 268, pag. 188. 



— 99 — 

Prima di esporre i particolari della Difesa , vogliamo notare 
alcxine interessanti singolarit^, che colpiscono vedendo in qual modo 
le Difese si trovano scritte : ne risultera provato V ordine di suc- 
cessione con cui vennero composte tutte le scritture sopra menzio- 
nate, ed anche chiarita la quistione de'libri, che il Campanella in 
sfeguito affermd aver voluto presentare in sua discolpa, e in parte 
aver fatto subito venire dalla sua patria , ma che il Sances non 
voile si presentassero nfe si sapessero (ved. pag. 84). Le Difese con 
gli Articoli, cosi come furono trasmesse piu tardi a'Giudici dell'e- 
resia, non appariscono scritte di mano del Campanella , bensi tra- 
scritte da due copisti, de'quali il primo che trascrisse la « 1* De- 
lineatio » e rimasto ignoto, ma vedremo a suo tempo essere statb 
procurato da un Vincenzo Ubaldini di Stilo, V altro che trascrisse 
gli Articoli fu certamente fra Pietro Ponzio , come apparisce dal 
carattere e come fu chiarito anche presso il tribunale per Teresia: 
costoro ebbero a porre in ordine il contenuto di tante carte e car- 
toline staccato avute dal Campanella, il quale poi lo rivide, lo cor- 
resse, vi appose qualche postilla e qualche aggiunta di mano sua, 
cio che merita la nostra attenzione (a). Fin dalla prima pagina col- 
pisce il vedere eriumerati quali libri suoi, atti a mostrare la sua 
affezione al Re e alia Spagna , i Discorsi a' Principi d' Italia che 
avea mandati all'Imperatore, il Dialogo contro i Luterani mandato 
a Massiniiliano ed osistente anche presso Mario del Tufo, la Tra- 
gedia della Regina di Scozia conosciuta in Stilo e dal Principe 
della Roccella, e poi anche la Monarchia di Spagna, ma questa 
con un' aggiunta posteriore autografa, e con le circostanze dell' es- 
sere stata scritta « ad instantiam praetoris » e del trovarsi « in 
suis sarcinulis », naturalmente in Stilo; la cosa medesima si veda 
neir ultima pagina degli Articoli profetali, dove sono enumerati i 
libri suoi atti a chiarire le cose enunciate negli Articoli, cio6 le 
Monarchia de' Cristiani esistente presso il Card.* S. Giorgio, e il 
libro Del Regime della Chiesa esistente in Stilo « in suis sarcinu- 
lis » e poi anche, e sempre con un' aggiunta autografa, la Monarchia 
di Spagna, con la circostanza del trovarsi parimente in Stilo. Adunque 
il libro della Monarchia di Spagna dovfe essere scritto dopo le Dife- 
se, probabilmente in rifazione di un esemplare perduto in Stilo du- 
rante le sue peripezie, ma non pot6 essere presentato perchfe il Cam- 
panella mantenevasi tuttora pazzo, onde v'fe ragione di credere che 
invece di farlo venire subito da Stilo, lo abbia mandato a Stilo per 
farlo trovai'e in quel posto e giustificare in tutto e per tiitto la sua 
asserzione; questo per un altro verso si dovrebbe dire egualmente del 
libro del Regime della Chiesa, perchfe sappiamo che era stato scritto 



(a) Anche nella stampa di questi documenti ci siamo ingegnati di riprodurre 
le pastille e le aggiunte in modo da poterle distinguere dallo scritto primitivo 
impiegandovi altro carattere : preghiamo i lettori di gnardarli , in riscontro a 
quanto stiamo per dire; ved. Doc. 401, pag. 478. 



— 100 — 

fin dal tempo della dimora in Padova ed era stato mandate a Mario 
del Tufo, e con ogni probability, mentro premeva che fosse venuto 
nelle mani de' Giudici , non si voile compromettere ulteriormente 
r amico e protettore che ne possedeva un esemplare ; deve d' al- 
tronde ritenersi molto naturale che in Calabria la prima composi- 
zione della Monarchia di Spagna si fosse perduta durante le peripezie 
del Campanella, mentre sappiamo con certezza che pure V originale 
del Regime della Chiesa fu ivi « rubato da infedeli amici » come 
si legge nel Syntagma. Un' altra importante aggiunta autografa 
nella « P Delineatio » si legge poco dopo quella finora esposta e 
commentata : avendo afFermato che dalle profezie si rileverebbe non 
aver finto « ad malum tegendum », di seconda mano aggiunse che 
cio si rileverebbe « et ex articulis prophetalibus ab eo additis > etc. ; 
deve dunque dirsi che gli Articoli siano stati veramente scritti dopo 
la « P Delineatio », che ad essi quindi si riferiva la dimanda fatta 
nel coUoquio notturno da fra Pietro Ponzio il quale era impegnato 
a ricopiarli, e la data del 10 aprile sarebbe senz'altro la data in 
cui il Campanella dovfe finirne la composizione. Mettiamo poi in un 
fascio tutte le altre aggiunte sparse nella 4c p Delineatio », le quali 
recano essere stati i testimoni uniformi nelle profezie e varii nel 
rimanente, essere stato Maurizio persuaso a rivelare da un Fiscale 
in abito di confrate, ossersi ritrattati il Caccia e il Vitale, essersi 
una volta ritrattato anche il Pizzoni ; tutto cio mostrerebbo che la 
composizione della « 1* Delineatio » dovfc cominciare anche prima 
che fosso stata consegnata la copia degli Atti processuali, rappre- 
sentando le dette aggiunte, quasi tutte, notizie raccolte dagli Atti; 
n6 osta che in una si legga « dotur copia processus et demonstra- 
bitur », poich^ vo ne sono altre che dicono « ut patet ex processu * 
e il Campanella avrebbe voluto non solo gli Atti concernenti la per- 
sona sua ma anche quelli concernenti i suoi compagni, che del re- 
sto dov6 avere almeno in frammenti di soppiatto. Puo dunque dirsi 
che egli abbia cominciato a scrivero questa <c 1* Delineatio > .non 
appena sofferto il polleclro e fatta la confessione, quando n' ebbe ira* 
mediatamente « la comoditA » , ma deve anche dirsi che V abbia 
compiuta dopo di avere avuto conosconza della Difesa scritta dal 
De Leonardis e della replica del Sances, poichfe vedremo or era, 
neir ultima parte di essa, non solo discusse con calore le identiche 
quistioni di dritto, ma anche ros[)inte lo cose che il Sances avea 
notate su' costumi , suUo passato imputazioni di eresia , suir aver 
dato motive di far moriro molte porsone : e gli Articoli profetali, 
da non doversi confondere con gli Articoli analoghi dettati al Bar 
rese dietro richiesta del Sances, e rimasti senza dubbio nelle mani 
del Sances, naturalmente doverono essere scritti, nolla loro ultima 
parte, tra le angustie della dimoslraziono di pazzia c tra' pericoli 
della rigorosa sorveglianza. 

Veniamo a' particolari delle Difese, che ci sembra conveniente 
osporre con larghezza e poi commentare un poco , sebljene venute 



- 101 — 

tanto piu tardi in luce, non presentate al tribunale competente e 
rimaste affatto perdute pel Cainpanella. Teniaino per fermo che i 
lettori vorranno conoscerle nella loro intef^rita testuale, ma ci6 non 
ci dispensa dall' obbligo di fame una minuta esposizione: deve anzi 
dirsi una fortuna poter udire subilo dopo lo svolgiraento del pro- 
cesso la voce delF imputato, e poterne trarre una conclusione meno 
fallace intomo alia sua colpabilita ottenebrata da tanti interessi di- 
versi. 

Nella « 1* Delineatio », appellandosi a' Libri sacri come fonte 
di ogni legge, il Campanella comincia dal notare che in essi son 
detti colpevoli di lesa Maesta solamente quelli che prendono le armi 
contro il Re giusto o per malevolenza o per ambizione, non quelli 
che perfino consumarono la ribellione guidati dalla profezia e co- 
munque fossero cattivi soggetti , adducendo gli esempi di Siba e 
di Chore da una parte, e di Jeroboam, di Jehu e di Joiada dal- 
Taltra, E soggiunge: «ma fra Tommaso Campanella, insieme con 
« quelli i quali aderirono a lui con retta intenzione, non fu mosso 
« a cospirare ne dall' ambizione ne dalla malevolenza, se pure co- 
« spiro , bensi guidato dalla profezia umana e divina; nfe la sua 
« fu una cospirazione contro il Re, ma una certa cautela contro 
< le incursioni de' barbari e un' ammonizione a' contcrranei perchfe 
« si mantenessoro incolumi ne' monti, se per fatalitA avvonisse quanto 
« si prediceva, laonde egli non k ril)3lle ne d(3gno di morte >. Passa 
quindi a dimostrare che non lo fece per ambizione di Regno, per- 
ch6 era impossibile a lui poveretto distrarro il Regno o la provin- 
cia dal dominio di un Re tanto forte, e bisognava osser matto per 
ingannarsi fine a questo punto ; e dice che p3r natura e per for- 
tuna egli era imi)otente a tali desiderii , e rassegna i suoi prece- 
deati, e nota le sue carcerazioni e malattie anteriori, il ritorno in 
patria per salute a consiglio de' modici Tancredi, l*oliti e Carne- 
vale, i suoi studii alieni dalle armi, le sue predicazioni per indurre 
il popolo a fabbricarc una Chiesa di cui il convento difettava ed 
egli scav6 i fondamenti; e nota il libro Sidla predestiYiazione che 
scriveva contro Molina per S. Tommaso, e la Tragedia dclla Re- 
gina di Scozia contro gli Anglicani in favore del Re, la sua vita 
(li studioso e religiose, la sua opera di pacittcatore , e perfino la 
sua timidita provata nel tormento, citando come testimoni fra Pie- 
tro di Stilo, il Petrolo, tutti i suoi compagni di dimora, e conchiu- 
dendo che < dissero cosa mostruosa colore i quali gli attribuirono 
la cupidigia di Monarchia ». Dimostra poi che non cospiro per ma- 
levolenza verso il Re e il suo dominio, perchfe aveva sempre ottenuto 
favore dagli spagnuoli ed austriaci, come dal Roggente Marthos (Reg- 
gente di Cancelleria in Napoli) e dair Ambasciatore di Roma (il Duca 
di Sessa), e parimente dall'Arciduca Massimiliano e dall' Impera- 
tore, i quali scrissero a Roma in favore di lui e di Gio. Battista 
Clario carcerati; onde per gratitudine egli compose il Traltalo in 
cui sosteneva che V Italia per suo bone dovoa clesiderare il domi- 



nio del Re di Spagna, Trattato che mandd all' Imperatore medianM 
Gio. Battista Clario, ed egualmente il Dialogo conti'o gli Stati dal 
settentrione calvinisti e luterani, che mando a Massimiliano e chff 
trovavasi io copia presso D. Mario del Tufo , foine pure 1' anii-' 
detta Tragedia > nota a Stilo ed al Principe della Roccella , ed ff 
libro della Monarchia di Spagna, scritto ad istanza del pretore (Go* 
vernatore de Roxas?) e colrao di lodi per gli spagnvioli, che troW' 
vasi nelle sue poche inasserizie. Nota infino la sua amicizia col pt*J 
tore spagnuolo e co' Presidi della Provincia (gli Audltori'f), I' esserrf 
state sempre invitato dal governatore a prodicare, e T aver dettrf 
nelle sue prediche tanle cose in favore del Re: che Dio avea dafcf 
la Monarchia agli spagnuoli perchfe aveano combattuto 700 anSE 
contro i mori nemici della fede, mentre gli altri Principi cristiaar 
si combattevano tra loro; che il Re avrebbe distrutto i turchi quaodo* 
costoro si sarebbero divisi giusta la predizione di Arquato ftstro^ 
logo ; che se nel Regno esisteva qualche durezza, essa dovevasi sS* 
difetti del popolo e de' ministri, non giA del Re ; cho nella proft^ 
sinia mutazione del mondo il Re Filippo avrebbe rappi'eseatata U' 
parte di Giro, secondo i detti di Esdra e di Isaia, itoich^ doT*'* 
liberare la Chiesa dalla Bahilonia do' turchi e degli cretici, edit 
care Gerusalemme , ciofe Roma , e stabilire il vero sacrificio d(K 
vunque nel mondo, girando il suo imperio rol sole, t^ni ora facendo' 
gioino in qualclie parte del Regno suo e celebrandosi continuament«' 
la Mossa in siffatto giro, la quale sentenza era invalsa tanto, che 
Fulvio Vua sindaco di Stilo 1 avea riprodotta nel recitare il pro- 
logo di una rappresentazione della Passione di Cristo , citando il 
Campanella fra' battimani generali. Cosi egU era stato sempre pel 
Re ed avea procurato die gli altri lo fossero, ne conservava 1' iin- 
magine ed amava coloro che le facevano onore, come erano in grado 
di attestare fra Pietro di Stilo, il Petrolo, fra Scipione Politi, tuUi 
gli Stilesi ; nfe poteva dirsi che egli si fosse infinto, raentre avrebbe 
agito contro sfe medesirao, perocchfe se voleva tra due mesi distrug- 
gere il dominio del Re, come mai cosi accanitamente Tedificavat 
come mai il Popolo poteva credergli in tanta contraddizione 1 con- 
ehiudendo; « I'edificazione k attestata da molti e probi uomini, la di- 
« struzione segreta da pochi e scellerati, a chi crederete voi o giusti' 
« giudici? ». Escluso quindi il raovente dell' ambizione e della m 
levolenza contro la MaestA, rimaneva il movente della profezia, e m 
gii contro ma a tutela della Maest^. E qui egli si fa a citare tut 
le previsioni, tutt' i prodigi, tutte le profezie ad una ad una (soi 
state giA accennate troppe volte e possiamo dispensarcene), aggii 
gendo di avere inlerpretate le imminenti mutazioni a favore del 
e della Chiesa, col servirsi delle affecmazloni de' Profeti e de* Sanl 
col sostenere che prima della fine del mondo doveva esservi « 
€ solo ovile ed uq solo pastore in una sola Repubblica cristia 
« a capo della quale il Paiiteflce Romano », che « il Re avrel 
« adunato i Regni e il Papa li avrebbe accolli nel suo ovile 



— 103 - 

€ maggior potesU >. E dice che i frati di S. Domenico doveano 
preparare tale repubblica, e con autoritit sacre e profane dimostra 
la futura repubblica, preludio della celeste, desiderio degli uomini 
pii e de' Profeti, de' Poeti e de' Filosofi, da verificarsi con la fu- 
sione di tutti i principati in un Regno Sacerdotale ammesso anche 
da Platone ; e nota che riusciva esaltato il Re Filippo , posto da 
Die per soggiogare tutte le genti e i Regni , onde il sense della 
repubblica predetta « era utile al Re prima che al Papa ». Aggiunge 
non poter essere condannato nemmeno quando le mutazioni predette 
non si avverassero, poichfe egli seguiva i Padri e i Santi, che pui'e 
errarono ; egli non era Profeta ma seguiva i Profeti, e d' altronde 
nota che chi scorge i segni fe tenuto a mostrarli , citando in cid 
r esempio di Geremia e il precetto di S. Pietro. Prevede intanto 
un argomento del Fisco, V avere ciofe lui detto che bisognava « fare 
« la repubblica con 1' eloquenza e con le armi ne' monti » : e ri- 
sponde che spettava a' Domenicani il prepararla, e lo dimostra con 
molte autoritA, aggiungendo che pure a' filosofi spetta trattare della 
repubblica, ed egli, filosofo cristiano , come S. Tommaso, Egidio 
ed altri, ne tratto scrivendo il libro della Monarchia universale dei 
Cristiani che trovavasi presso il Card.^ S. Giorgio, ed in Stilo scri- 
veva un libro sulla maniera di formare quella Monarchia secondo- 
chfe avea promesso nel libro anteriore ; donde bellamente provavasi 
« che egli non avea voluto preparare la repubblica per sfe stesso, 
« ma preparare pel Papa e pel Re un seminario di uomini grandi 
€ nelle lettere e nelle armi, accio potessero essere inviati dal Re 
« e dal Papa pe' negozii di pace e di guerra, e mostrare il preludio 
« della repubblica grande universale » etc. Prevede ancora un obie- 
zione , ciofe , chi gli avea data una missione simile? E risponde 
che avea « avuto nell' animo un istinto divino appoggiato da segni 
e da profezie », che Dio gli avea dato de' segni, ed egli avea con- 
siderate a proposito servirsi del cattivo evento in bene, e cosi « cid 
« che disse non fu un tentative di ribellione ma una caulela contro 
« il male imminente , perocchfe non avrebbe fatta la republica se 
« non si fosse avverata la mutazione ; secondochfe provasi dalla 
« confessione sua » ; e come i Veneti non furono ribelli , quando 
per mettersi al sicuro da' barbari occuparono gli scogli e il mare 
Adriatico e fecero la repubblica , cosi essi pure non lo sarebbero 
stati nell'occupare i monti se la mutazione si fosse avverata. 

Continuando, passa a ribattere le testimonianze raccolte contro 
di lui. I testimoni aveano deposto « che egli voleva ribellarsi ap- 
« poggiato agli aiuti de'turchi, de'banditi e de' predicatori »; ma 
non lo convincevano intorno a ci6, sia perchfe egli non poteva am- 
bire I'impossibile ed era amico degli spagnuoli, come avea gi4 pro- 
vato, sia perchfe que' testimoni o parlavano per detto altrui, o erano 
complici ed uomini scelleratissimi , ed anche aveano fatte confes- 
sioni estorte per forza e per inimicizie. Tutti aveano detto che egli 
metteva innanzi le mutazioni, laonde non vi era intenzione di ri- 



- 104 — 

bellarsi ma di difendersi da' nemici del Re e del Papa ; quanto 
essi aveano aggiunto proveniva o da cattiva intelligenza, o da iui- 
micizia, o da malvagita, e nelle cose aggiunte a Iui sfavorevoli 
erano « varii >, e nella cosa principale a Iui favorevole, ciofe la 
profezia , erano uniformi , onde risultavano a discarico piii che a 
carico. D'altronde la profezia di una niutazione e sempre apparsa 
cosi vicina alia ribellione medesinia, che tutti i Profeti, come Mi- 
chea, Geremia, Amos e del pari gli Apostoli e Cristo Signer no- 
stro, furono incolpati di tale delitto; qual meraviglia che lo sia 
stato Iui poveretto? Ma egli non si appoggio mai all'aiuto de'tur- 
chi; nessuno lo disse se non per detto altrui, e lo slesso Maurizio 
che parlo co' turchi non disse che vi era stato mandato da fra Tom- 
maso, ma che vi era andato spontaneamente; e cio quantunque gli 
fosse nemico. Gli era nemico, perch^ dubito che esso fra Tommaso, 
il quale lo rimprovero pel salvacondotto stabilito co' turchi, lo ri- 
velasse; inoltre perchfe esso fra Tommaso, mediante una domesti- 
ca, avverti Giulio Contestabile che Maurizio si era nascosto nella 
piazza di Stilo per ucciderlo , e ([uesto non succedendogli , nello 
stesso giorno Maurizio si porto a S. Maria di Titi per uccidore fra 
Tommaso e lo perseguito per 7 miglia. E pero Maurizio risultava 
degno di fede quando negava di essere stato mandato presso i tur- 
chi da Iui, non gia quando deponeva contro di Iui per inimicizia; 
poichfe era testimone unico, nemico, e facinoroso, che aveva ucciso 
pin persone e voile vendicarsi di cio che esso fra Tommaso avea 
deposto in iscritlo contro di Iui in Castolvetere, come rilevavasi dal 
processo. Allorche esso fra Tommaso lascio Davoli e Maurizio, tro- 
vandosi insicme con fra Domenico, veduti in mare i turchi li sfuggi, 
malgrado avesse visto il salvacondotto dato da essi a Maurizio; e 
I>er6 non avea conlidenza ne' turchi , sebbene avesse detto doversi 
essi dividere sotto due Re secondo la profezia di Arquato astrolo- 
go, ed uno di costoro dover venire alia fede ed alia repubblica; 
ma Maurizio faceva queste cose perche fosse temuto ed avesse da- 
naro dagli amici , servcndosi male de' detti di esso fra Tomma- 
so , al pari degli scellerati ed erotici i quali abusano anclie dei 
detti degli AiH)stoli. E poi Maurizio ridotto agli estremi ebbe spe- 
ranza di salvarsi, deponendogli contro; giacche glio lo {>ei'suase un 
certo tiscalc in abito di confratollo, i)roniettondogli la vita sotto la 
parola Regia, como in soguito udi dalla bocca di Iui esso fra Toui 
maso , vi erano per t(»stimoni sacerdoti o persone dabl>ene che 
raffermavano. « Ne esso fra Tommaso voile servirsi de'banditi come 
* nemici del Re, ma come uomini armati, volgendoli al l)ene: pe- 
4c rocche {u'opose di servirsi anche di uomini probi non banditi, come 
« rilevasi dal i)rocesso. A' Princij)i amici i)oi egli dichiara non aver 
« rivelato nulla, non perche fosse cosa cattiva, ma ])erch6 agli uo- 
4c mini felici ogni presagio di mutazione rincresce >. Quanto a Clau- 
dio Crispo, cestui rivelo per orribili tormenti non scritti in process 
so; ed era bandito, omicida e nemico di esso fra Tommaso, il quak 



— i05 — 

non avea voluto trattarne il inatrimonio ed avea detto al Pizzoni 
che avvertisse il Signore del hiogo che Claudio voleva ammazzarlo, 
onde si rifiutd di recarsi a Davoli quando egli ve lo chiamd per 
mezzo del Petrolo; adunque non meritava fede. Quanto al Caccia, 
al pari del Pisano, era stato esaminato in foro non ecclesiastico, 
ed era bandito ed omicida, nemico egualmente di esso fra Tom- 
maso, il quale ricetto nella sua cella Marcantonio Contestabile quando 
egli voleva ucciderlo per averne avuto un colpo di archibugio; ed 
avea detto di aver parlato con fra Tommaso nel giugno, mentre 
aveagli parlato nella settimana santa, e poi sul punto di morte si 
era ritrattato. Quanto al Pisano e a Gio. Battista Vitale, oltrechfe 
erano scelleratissimi, non aveano mai parlato con fra Tommaso; e 
nel carcere di Castelvetere non si parl6 di quello che disse il PI- 
sanoj come lo provavano la sconvenienza della cosa e le testimo- 
nianze del Bitonto e di fra Dionisio; il Vitale poi sul punto di morte 
si era ritrattato. Quanto al Pizzoni, esso era scandaloso, scellerato 
ed infame (e qui nota ad una ad una tutte le colpe di lui minu- 
tissimamente ed anche ingenerosamente , con un odio manifesto); 
avea promesso di ritrattarsi nolle cartoline scritte entro il Brevia- 
rio, e si era una volta ritrattato, e poi era tomato alle prime di- 
chiarazioni, onde dovea dirsi bilingue, detestato da Dio nell' eccle- 
siastico, e qual fede potea fare? II Lauriana era falsario, come lo 
provavano le sue lettere mandate a fra Dionisio ed a^fratelli Pon- 
zii, e varie altre circostanze rilevate nel processo; era infame, come 
lo provava la sua vita anteriore; ed esso fra Tommaso nella sua 
confessione non lo nomind, poich^ essendo infame non aveagli mai 
parlato, ed anzi si rifiuto di Carlo accogliere nel convento di Stilo, 
onde gli divenne nemico. Fra Domenico Petrolo poi nemmeno me- 
ritava fede, perch6 si lascio persuadere dal Lauriana mentre era 
nella medesima fossa, nella quale scrisse esservi stato posto perchfe 
dicesse il false; inoltre in Lombardia aveva avuto penitenze come 
manesco. 

Dope di aver combattuto i testimoni, il Campanella combatte 
i primi giudici, accenna all'imputazione di eresia, discute le quistioni 
di dritto, e formola la sua conclusione. Fra Marco di Marcianise era 
vecchio nemico di fra Dionisio per le controversie de'frati Rifor- 
mati. Fra Cornelio lombardo era egualmente nemico di fra Dionisio 
per molte cause fratesche, e poi avea preso danaro; 100 ducati da 
Mesuraca per fare un processo capitale, 50 ducati da' parenti di 
Cesare Pisano per favorirlo, 100 ducati da fra Vincenzo Rodino e 
fra Alessandro di S. Giorgio per liberarli dalla carcere. Lo Scia- 
rava, giudice neH'altro foro, era stato giudico e parte, avea ma- 
gnificata la causa della ribellione per magnificare sfe medesimo presso 
il Re, trovavasi da due anni scomunicato dal Vescovo di Mileto 
patrono di esso fra Tommaso; avea preteso la ribellione essere fo- 
mentata da Prelati e da Principi, ed aveva amministrati tali e tanti 
tormenti da far dire ad ognuno piii di quanto sapesse, mentre an- 

JmaW/^ — T. Caupanblla, Vol. 11. 14 



— 106 — 

che i calabresi, per natura loro, credono di esonerarsi col dire piA 
di quanto sanno non solo contro i nemici ma anche contro gli amici. 
E poi soggiunge: « Non deve pregiudicare ci6 che falsi testimoni 
€ affermano, I'aver lui voluto fondare eresia, poichfe questo deve 
« discutersi non glA ritenersi in anticipazione , nfe egli ne fu mai 
€ confesso o convinto, benchfe ne sia stato veementemente sospetto; e 
« la sospizione si fe verificata anche in persona di Profeti e di Santi, 
« che trovansi condannati come eretici e seduttori. N6 in Calabria 
« fe possibile fondare eresia senza Ic forze de'Principi, sicconie egli 
€ disputd nel libro della Monarchia, e so avesse avuta questa in- 
€ tenzione sarebbe andato in Gcrmania o a Costantinopoli. Cosi mo- 
« stransi riprensibili le parole sue mal comprese, non giA la sua 
« 'vita e i suoi coslumi, circa i quali egli chiede di essere inqui- 
€ site benchfe si trovi diffamato. E i suoi Iravagli passati non lo 
€ rendono cattivo , ma forse piutlosto timido , giacchfe la cattiva 
€ azione fa Tuomo caltivo. . . . Oramai si 6 fatto palese che i pen- 
€ sieri di fra Tommaso erano rivolti all'unione de'Cristiani ». Sog- 
giunge ancora: le pruove testimoniali dicono tutto al piii aver lui 
voluto ribellare solamente di seconda intenzione, ciofe nel case in 
cui fossero avvenute mutazioni. Ma bisogna distinguere il reato 
commesso e il reato semplicemente voluto, e quelle contro la per- 
sona del Re e quelle contro il Regno. Chi I'abbia commesso me- 
rita la morte e non pud darglisi di pi A; chi I'abbia solamente vo- 
luto merita qualche cosa di mono; chi Tabbia voluto di seconda in- 
tenzione merita anche mono di chi I'abbia voluto di prima inten- 
zione ; e chi non fe suddito merita meno del suddito, e il frate meno 
del derico secolare, poichfe la Religione Domenicana dipende im- 
mediatamente dal Papa; chi poi dice bene del Re merita anche me- 
no. Inoltre non ci fu mai un concerto, ma ci furono coUociuii acci- 
dentali. Cosi nella casa di Gio. Jacopo Sabinis esse fra Tommaso 
and6 a far la pace tra' Contestabili e Carnevali ; erano presenti 
Maurizio e Gio. Gregorio Prestinace suo compare venuti per la pa- 
cificazione, e cadde il discorso suUe mutazioni, ma nessuno inter 
venne per la ribellione, che nessuno di loro avea mai ideata. A Piz- 
zoni esso fra Tommaso ando sollecitato tre volte da fra Gio. Battista, 
e comunque vi fossero altre persone, il coUoquio si tenne solamente 
tra lui, fra Gio. Battista e Claudio Crispo: non erano presenti fra 
Dionisio e gli altri, e per6 non ci fu concerto; esso fra Tommaso 
parlo al Crispo dictro istanza di fra Gio. Battista per trattenerlo 
nella difesa di lui, non gia per la ribellione, e ando pure a vedere 
una fabbrica di carta , ed aveva compagni porch6 la strada non 
era sicura. A Davoli neanche vi fu concerto, j>oichft il Rania e Mau- 
rizio non furono presenti al colloquio che esso fra Tommaso ebbe 
con Gio. Paolo di Cordova e Gio. Tommaso di Franza, « onde riesce 
« chiaro non esservi stato da parte di fra Tommaso fermo consi- 
« glio, se fatalmente le mutazioni non avossero fomita V occasiiv- 
« ne ». Egli non merita pena, avendo solo razionalmente dubitato 



I 



— 107 — 

pe'segni e per le profezie; nfe 6 responsabile deU'essere molti morti 
per questa causa, poich6 tutti erano omicidi, e Dio permise che 
morissero per avere abusato de'detti di fra Tommaso e per gli altri 
loro peccati, Anche le predicazioni degli Apostoli e de'Profeti ec- 
citarono molti rumori , ma la predicazione di fra Tommaso fu a 
vantaggio della repubblica si del Re che del Papa. I socii di Ca- 
tilina convinti e confessi di congiura per mettere a fuoco la pa- 
tria e distruggere il Senate, avendo giurato col bere sangue misto 
con vino, perche non giunsero a consumare la loro scelleraggine, 
trovarono una parte di Senatori che con Cesare disse non doversi 
dare loro la morte: e non trovera misericordia presso cristiani fra 
Tommaso, che non commise scelleraggine, non si ricinse di armi, 
non mosse a sedizione, ... n^. b suddito, nfe Principe o potente da 
cui possa temersi qualche cosa? I Dottori dicono, che fe in facoltA 
del giudice consegnare o no un clerico alia Curia secolare, vista 
la condizione della persona: la condizione deve intendersi relativa- 
mente all'atto in quistione non gik relativamente ad ogni altra cosa, 
e qui c' fe difetto di condizione spettante alia sostanza dell' atto, 
poichfe essendo fra Tommaso inabile a ribellare e per natura, e per 
fortuna, e per professione, non deve credersi che abbia cercato di 
ribellare, anche quando fosse un cattivo soggetto. Oltraccid il Papa 
nel suo Breve dice che si consegnino alia Curia secolare colore i 
quail sono legittimamente convinti, e fra Tommaso non 6 convinto, 
sia perchfe manca il corpo del delitto, sia perche i testimoni sono 
complici, nemici e scellerati, ed anche varii intorno alia cosa, al 
modo, al luogo e al tempo. E la convinzione deve intendersi nel 
sense del reato commesso, non gi^ soltanto voluto, e se la convin- 
zione manca, la condanna deve pronunziarsi secondo il dritto cano- 
nico, non secondo il dritto civile: ne la ragione politica lo consi- 
glia, poichfe e odioso lo spargere il sangue di un sacerdote, mas- 
sime pel motive di profezia; e il popolo lo loderebbe quando avve- 
nisse qualche sciagura. Tutti i testimoni ne' tormenti negano di 
essersi accordati con fra Tommaso intorno alia repubblica; adunque 
fra Tommaso fu solo a volerla, cio che h impossibile, e cosi essi 
lo assolvono, e « mostrano .fra Tommaso aver detto questo nella 
« sua confessione pel minor male, sotto I'impressione del tormento, 
« macerato dal carcere, dalla fossa e dall'inedia ». 

Ed ecco la conclusione: « Meglio fe che sia messo in custodia 
^ fino al tempo della predizione sua, si che il popolo ne vegga la 
« falsita, ovvero si penta accio non accadano i mali quando siano 
« veri; come avvisava Geremia... Che se avvenga danno al Regno, 
« egli si offre di risarcirlo al doppio; poichfe della morte sua il Regno 
« non rimane edificato ma scandalizzato, laddove si verifichi qual- 
« che sciagura, come apparisce dalla perdita delle navi sofferta (a). 

(a) Allude manifestamente alia perdita delle navi che si ebbe al tempo in 
cui si fece morire il clerico Cesare Pisano. 



— 108 — 

€ La morte fe una cautela di mali futuri, non giri de' passati : a 
« cio meglio provvede il carcere in materia di predizioni e novita ». 
E ripigliando le sue considerazioni sul processo aggiunj^e di non 
dover morire , perchfe non 6 ribelle no di P no di 2* intenzione, 
perchfe non e convinto, perchfe seguendo il fato predisse e desidero 
preparare un bene da un male; e Ic inimicizie, tra tutti quelli die 
volevano cio, mostrano non esservi state tra lore alcun proix)sito di 
•ribellare, poiche la cospirazione esige Tunione degli aninii e molta 
confidenza, e tra lore non ve ne fu; vi fu abuso delle predizioni da 
parte di taluno. La ribellione non venne diniostrata con qualche atto, 
ma solo concepita nell' intenzione; nuU'altro il fisco puo provare dal 
processo, ma non si puo provarlo nommeno dalle parole di fra Tom- 
maso agli altri, poichfe egli poteva altro dire od altro intendere; 
ma dalle parole sue nel tormonto non si ])rova T intenzione di ri- 
bellare, bensi il contrario, e pero contro di lui non c' e nulla. Fi- 
nisce chiedendo i suoi libri e la facolta di essere esaminato, e di- 
mostrando che non si deve seguire il Palermitano , il (juale dice 
che nel case di delitto di riljellione il derico ha da essere conse- 
gnato alia Curia secolare, poiche le teoricho di cestui non sono sol- 
tan to erronee ma perfino eretiche {a). 

La « 2* Delineatio » e rappresentata dagli Articoli ])rofetali. 
Sono 15 articoli ne'quali il Campanella mostra la necessita di oc- 
cuparsi de' segni e delle profezie, espone e giustifica quanto avea 
raccolto in tale materia, ed infine ricorda anche i segni speciali 
visti in Calabria, onde era state condotto a determinare rinizio delle 
imminent! mutazioni nel 1(300 e nel prime settenario del nuovo se- 
colo. Andremmo troppo in lungo nel volerne dar cento; e trattan- 
dosi di cose le quali riescono a chiarire il punto di partenza della 
sua azione, ma non propriamente la sua aziono ne'fatti della con- 
giura, crediamo l)ene potercone dispensaro. Kgli li scrisse in ag- 
giunta alia sua 1* Difesa, per dimostrare « che non si era inlinio 
alio scope di covrire un male >, come appunto ivi dichiaro; non 
rappresentavano quindi propriamente una dilesa , ma un allegato 
della difesa, e questo si rileva anche dalla lore intestazione. II 
Campanella si proponeva di svolgerli • innanzi a' fliudici coir aiuio 
del libro suUa Monarchia de'Cristiani e del libro sul Regime della 
Chiesa, 1' uno in potere del Card.^ S. Giorgio, T altro lasciaio in 
Stilo; e chiedeva questi libri, e si protestava della nullita degli aiii 
se i libri non fossero dati, come si logge appunto nella tine degli 
articoli. 

Dobbiamo era fare qualclie commento su queste Difese, o se- 
gnatamente sulla 1'' di esse. Lasciando da parte la forma, notianio 
che varii tentennamenti appariscono no' concetti medesiuii csposti 

(a) InleiiJi NiccolO 'J'edoschi, Benodottino Catanese, Arcivescovo di Palennc. 
poi Cardinale , dotto anche \ Abate Paloroiitano. Di hii si haniio molte ojwrf: 
morl nel 1445. 



— 109 — 

dal Campanella, ed in ultima analisi non fe assolutamente negate 
il fatto di nn disegno partecipato con soUecitazioni a diversi ade- 
renti, banditi e non banditi, di un concerto per far la repubblica nei 
monti, avvalendosi di mutazioni in vista ed aiutandosi con le armi e 
le prediche ; ma questo fatto e semplicemente attenuate e fornito 
di spiegazioni, il cui valore doveva senza dubbio riuscire quistio- 
nabile assai nella mejite de' Giudici. D' altronde non si vede effl- 
cacemente combattuto il cumulo di testimonianze raccolte contro di 
lui , ma anch' esso appena attenuate e fornito di spiegazioni non 
sempre felici ; sicchfe non fe pienamente negata la reita , ma sole 
rimpiccolita al punte da respingere per essa la pena di morte ed am- 
mettere la pena del carcere indefinite. Mehtre si propone di soste- 
nere che non abbia cospirato , comincia col dimostrare che « non 
« fu messo a cospirare nb dall' ambizione nfe dalla malevelenza, ma 
« guidato dalla profezia » ; intende di provare non esservi state con- 
certo, e frattanto parla di « colore i quali aderireno a lui con retta 
intenziene », e spiega che « voile servirsi de' banditi non come ne- 
« mici del Re, ma come uemini armati convertendoli al bene , e 
« propose di servirsi anche di uemini probi non banditi » ; ed fe su- 
perflue insistere sul buie fitto della natura delle mutazioni , della 
condiziene della repubblica da fondarsi, del Regno sacerdotale unice 
« utile al Re prima che al Papa >, dell'essersi messo a preparare 
la repubblica « per istinto divine e perchfe spettava a' Domenicani il 
prepararla », e parimente degli scopi singelari affibbiati a tale repub- 
blica. Non riesce poi certamente a cembattere i testimeni dicendoli 
« complici e scelleratissimi », giacchfe I'esistenza del reato veniva 
con cio tristamente ribadita, e per la giurisprudenza del tempo nel 
reato di MaestA anche i complici valevano a cenvincere ; nb riesce 
esatto dicende che « tutti ne' tormenti aveano negate di essersi ac- 
cordati con fra Tommase interne alia repubblica » e pere fra Tom- 
maso sarebbe state il sole a velerla , mentre invece taluni erano 
risultati confessi di avervi direttamente o indirettamente aderito. 
E guardando alle obiezioni avverso ciascun testimene, debolissime 
riescono p. es. quelle fatte al Petrele, e quante al Pizzoni, niente 
di serio prova 1' enumerazione delle sue scelleraggini ed infamie 
passate, le quali non aveano mai impedito che fosse corsa tra lui 
e il Campanella una grande intimita; nb prova melte la ritratta- 
zione da lui fatta ma non mantenuta, e 1' essere state bilingue prova 
tutt* al pill che gli avea mancato di fede, denunziandolo in un reato 
nel quale erano complici, ma non che il reato era state da lui in- 
ventato. Quante al Caccia ed al Crispo , non riescono facilmente 
ammissibili le spiegazioni date per mestrare la lore inimicizia verso 
di lui, mentre egli si era mantenute in istretta relazione con lero, 
e massime con V ultimo avea tenute una corrispendenza scritta, assai 
compremettente e caduta nolle mani del fisco ; quante al Pisano ed 
al Vitale, 6 vero che coster o non aveano mai parlato con lui, ma 
aveano pur treppe parlato ce' due suei piii attivi compagni, fra Die- 



— 110 — 

niftio c Maurizio, V uno lasciato dal Campanolla assolutamente ncl- 
roinbra, Tallro posto sotto una luce orribile; d' altronde, circa le 
rilrattazioni avvonuto i>er taluni di costoro in punto di morte, esse 
a quel tempo nemmeuo godevano molto credito, sapendosi clie erano 
troppo spesso dovule alio istanze de' supersliti, e alia credenza che 
fosse opera cristiana e nieritoria V aiutarli. Quanto a Maurizio, 
I' iniinicizia di cestui non ricsce cencepibile , nientre in tanti tor- 
menti soflerti non aveva mai nominate il Canipanella, e Ic storie po- 
stunio di tale inimicizia, come il movente delle ultimo rivelazioni 
da lui fatte, appariscono assorzioni inventate po' bisogni della causa: 
sul fatto medesimo dell' avore Maurizio deposto chc il Campanella 
non area volute il soccerse de' turclii, fatlo ripetuto costantemenie 
dal Campanella, c'era un po' di equivoco, {jriacchfe Maurizio avea 
con lealta deposto di ossere si)ontaneamente andato presso i lui'chi, 
non fflii che il Campanella fosse propriamente contrario alia di- 
nianda di questo soccorso, mentre invece egli appunto ne avea faiio 
sorgere il pensiero. Ma del resto lasciando anche da parte tutte le 
testimonianze di questi « complici e scelleratissimi », c'era la le- 
siimonianza dello stesso Canipanella, la Dichiarazione scriita in Ca- 
stelveteiH?, suggellata dalla confessione orale intortura; c il Cam- 
jvinella nella sua Difesa accenna appena a questa confessione , la 
quale era sempre della piii aha imi>orianza, jriacclie, pur quando 
avesse ih)Iuio dimosirare di non essere siato convimo, gli rimaneva 
ancora a dimosirare di non essere state confesso; egli si limitaa 
diiv, col solito leniennamenio, una volia che « dalla sua confes- 
« sione si provava solo che non avrelilx? fatta la repubblica se non 
« quando fosse avvenuia mutaziime *, ed un' ahra voha che « dalle 
« sue parole nel tormenio non si provava 1' intenzione di ribellare, 

* iKMisi il contrario ♦, laoutle questo laio imporianiissimo della di- 
fesa apparisce deticiente. Inline lorna anche inutile per lui ricordare 
che i primi Cliudici erano nemici e venali. quando le imputazioni 
risuliavano conferniaie innan/i a' successivi : inutile far notai*e che 
lo Sciai'ava si era serviio di lormenti gravissimi, quando la giuris- 
prudenza concedeva ili potersene servire nel case di lesa Maesia; 
inutile disiinguen* il reaio connnesso e il reaio semjdicemenie vo- 
lute quando la giurisprutlenza nel case di lesa Maesia assegnara 
la jvna medesinia all' um» ed alFahro: inutile discutere le condi- 
zioni in cui si j^neva consegnare il Clerico alia Curia secolare* quando 
il Iv/ove Paj\ile aveva oonceduto che le si consegnassero quelli 

* lo:;ittimauiente cenvinti o cent^ssi >. In condusione le Difese del 
Campanella non avrebK»ro ['Otut^.* distrugg^M-e V imputaziouo faitagli, 
pori'he la sua causa disgra/iaramente era insostenibile con etficacia. 
Gli Articoli pret'etali ila lui scritti, sen/a cumaiv ijuellosorl^ioin petiv 
concernente la >K'narchia a lui profeiizzata daU'asirologo, valevano 
bene a dimostraiv che egli jvuetrato di cerii principii superiori 
aveva agito in <'inisecuen/a di essi: ma non era siata {vr anco faiu 
a que' tempi la gramliosa s^'operia della /'»'cn »rresistibiU\ e V opera 



— Hi - 

sua, comunque ricinta di certe condizioni , non era e non poteva 
essere che una congiura, un disegno di ribellione, e i Giudici non 
avrebbero potuto profferire altra sentenza che quella di consegna 
alia Curia secolare. Egli medesimo si contentava allora di ci6 che 
lo rese scontento in s&guito, quando il case glie lo fece ottenere, 
di esser messo in custodia fine all' avveramento della predizione sua ; 
e si sa che il tempo ne era definite sine ad un certo punto, lasciando 
un margine piu che largo, come rilevasi chiaramente dalla slessa 
edizione posteriore de' suoi Articoli profetali. Dope tutto cio pud 
ognuno formarsi un criterio intorno alia colpabilitA del Campanella 
nel delitto appostogli; a noi essa apparisce manifesta. 

Ci rimane a parlare dell'Appendice o Lettera « ad amicum pro 
Apologia*, scritta, come abbiamo veduto, subito dope le Difese. Quale 
oggi la possediamo, essa trovasi in coda a ciascuna delle tre copie 
ms. degli Articuli prophetales, ultima ricomposizione , che si con- 
servano in Roma nella Casanatense, in Napoli ed anche in Madrid 
nelle rispettive biblioteche nazionali. II Berti fu il prime a scovrirla 
nella Casanatense, e nel 1878 ne dife un sunto molto precise, giu- 
dicandola documento valevolissiino a smentire 1' esistenza della con- 
giura. Noi la diamo per esteso, nella lezione della Casanatense e 
in quella di Napoli , giacchfe ognuna di esse 6 molto scorretta e 
pud r una correggersi con 1' altra, raccomandando a' lettori di per- 
correrla nella sua integrity : essi la giudicheranno probabilmente, 
come noi la giudichiamo, un documento apologetico, al pari delle 
lettere del 1606-1607 e della Narrazione che il Campanella scrisse 
tanto piu tardi, per giustificarsi alia meglio e in tutti i modi , i 
quali d' altronde non escono dall' ordine de' modi da lui adottati e 
ripetuti sempre ; nfe sfuggirA certamente la concordanza de' concetti 
in essa svolti con quelli svolti nella Difesa. Diciamo d' un tratto 
che la Lettera apparisce scritta ad un compagno di carcere simil- 
mente frate, con ogni probability a fra Dionisio, durante la causa 
della congiura, dietro il risentimento di cestui perchfe le mutazioni 
previste non erano succedute o erano succedute a rovescio, ed anche 
perchfe avea confessato di voler predicare la repubblica. Ma eccone 
una rassegna particolareggiata. II Campanella vi ricorda aver detto 
che dair anno 1600 in poi sarebbero succedute grandi novitd , ed 
afTerma che sul negozio di Calabria 1' amico dovea sdegnarsi non 
giA contro di lui ma contro sfe stesso, che avea parlato di ci6 che 
meno comprendeva. Che egli vide una cometa marziale la quale 
correva dall' oriente all' occidente , ed argomento che sarebbe ve- 
nuta gente estranea contro i Reggitori della Provincia, ma non potfe 
vedere che razza di gonte si fosse, e vennero i Capitaiii Regii e de- 
solarono il paese (infatti venne Carlo Spinelli avverso a De Roxas 
Preside della Provincia, ma di questo pronostico sl)agliato da cima 
a fondo avrebbero potuto forse rimanere capacitati i Giudici, non 
mai r amico suo ). Ed estendendosi ne' prodigi apparsi « che po- 
teano muovere ogni savio a parlare », dice che nelle sue predizioni 



— H2 — 

• 

non tocca questo Regno piu che lo stesso mondo, di cui preconizza 
la fine (veramente nella Dicliiarazione avea ammesso di aver pre- 
detto le mutazioni pel Regno di Napoli), ed annunzia la fine del 
mondo e la Santa repubblica aspettata da' profeti, da' filosofi e dalle 
genti ; e dice che 1' amico non puo far difese se egli non parli ai 
Giudici , la qual cosa non si permctte (ma pure fino ad un certo 
punto ne aveva parlato a' Giudici ed anche dettato uno scritto per 
uso del Sances). Predice all' amico che la congiunzione magna gli 
sara fatale e non potra sfuggire agli spagnuoli , che gli sovrasta 
la morte ne' 38 anni di eta , come a s6 stesso sovrasta ne' 43 , e 
quindi gli raccomanda di trovar mezzi perchfe la causa sia finiia 
prima di tre anni (donde si dovrebl)e inferire che la lettera fosse 
stata scritta dopo la sospensiva prodottasi nella spedizione della cau- 
sa, vale a dire dopo il 12 aprile, ma bisogna sempre tener pre- 
sente che si ha sott' occhio un esemplare della lettera rifatta). Passa 
a giustificarsi dell' aver confessato di voler predicare la desiderata 
repubblica, se fatalmente fosse avvenuta la rovina del Regno e della 
Provincia, raccogliendone i residui su' monti : io, egli dicxj, non ho 
confessato eresia ne riljellione, ma di aver voluto profittaro di un 
male volgendolo in Ijene ; cosi non furono i Veneti ribelli all' Im- 
pero, quando percossa Aquileia da Attila ripararono nelle lagune 
e costituirono una nuova repubblica libera dall' Impero. E poi dice 
che spettava a' Domenicani predicare tale repubblica, e lo dimostra 
co' testi ecclesiastici, con S. Vincenzo Ferrer, S.^ Caterina, TApo- 
calisse, e cita fra Rusticano, Savonarola, M.° Catarino, il B.*° Rai- 
mondo etc., c nota che quelli i quali tengono la fede per ragion 
di State giudicano che essi pure abbiano parlato per acquistare uno 
State , ma chi crede per ragione Divina li difende con Davide e 
S. Paolo. Aggiunge che egli fe umiliato troppo, che tutti sono umi- 
liati e fiagellati troppo, che egli meritava un premio , che quelli 
che non credono nelle sue predizioni se ne avvedranno, e qui cita 
S. Pietro, Isaia etc. concludendo che le profezie si adempiranno, 
e raccomandando a tutti di agire virilmente e soUevare il loro cuo- 
re. — Che questa lettera si debba ritenere diretta a fra DionisiOf 
come il Berti ottimamente afferma sebl)one non ne dica le ragioni, 
apparisce dal vederla scritta ad uno che si era sdegnato coirau- 
lore, che avea gia i)rima parlato a sproposito, che era in pericolo 
di non potere sfuggire agli spagnuoli, circostanze tutte riferibili ap- 
punto a fra Dionisio. \'i sarebbo solo da obiettare clio aveiid(^li 
il Campauella prcde^.tta la morto a 3S anni, nel tempo della con- 
giunzione magna, vale a dire nel 2i lObre l(j03 conio ci la.sci6 
scritto anche nolle Pcx^sie , fra Dionisio avrobbe dovuto nel 1(>HI 
avere 35 anni di ota; o s(»blxuie ci facciano difetto le notizio intornoa 
cio, mancandone sempre tutti i costituti suoi, Tota di :{."> anni nel l«>tH» 
non puo dirsi probabilc p<*r hii , tanto piu cho coiiosciamo avi-re 
allura il germano fra Pietro Tela di 31 anno, e Taltro germauo 



— as — 

Ferrante 29 (a); tuttavia fra le moltissime scorrezioni di entrambi 
i manoscritti questa potrebbe esser una , e invece di 38 dovrebbe 
forse leggersi 35. Ma cid che non persuade si fe, che in una lettera 
confidenziale occorresse esporre tutte quelle giustificazioni estranee 
a' rimproveri che erano stati mossi, e ripetere tutte quelle profe- 
zie e citazioni che fra Dionisio e gli altri compagni aveano dovuto 
udire gi4 troppe volte, come lo mostrano le deposizioni fatte da al- 
cuni di loro in Calabria. Bisogna quindi dire che in ultima analisi, 
come gli Articoli profetali delle biblioteche sono certamente un' e- 
dizione posteriore rifatta ed ampliata degli Articoli scritti al tempo 
de' processi, cosi la lettera che sta in appendice a quelli Articoli 
dev' essere un' edizione rifatta ed ampliata della lettera scritta dap- 
prima , e quindi un' edizione adattata alle circostanze dell' autore 
a' tempi ne' quali essa venne rifatta. Vedremo che gli Articoli Jpro- 
fetali vennero rifatti nel 1607, con la speranza che sarebbero stati 
presentati ad alti personaggi, de' quali il Campanella soUecitava 1' a- 
iuto ; e cosi 1' Appendice avrel)be servito presso costoro, ripetendo 
gli argomenti che si trovano addotti nella « P Delineatio defen- 
sionum » e poi nolle lettere del 1600-1607, svolti di nuovo in sfe- 
guito nella Narrazione; laonde bene a ragione dicevamo trattarsi 
di un documento apologetico non dissimile da tutti gli altri che si 
conoscono, e da doversi apprezzare co' criterii medesimi co' quali i 
detti documenti vanno apprezzati. 

Nulla abbiamo poi a dire circa la ricomposizione del libro della 
Monarch I a di Spagncf; ci bastera solo far avvertire clie essa venne 
eseguita realmente nel corso del processo dell' eresia, essendo ri- 
masta sospesa la spedizione della causa della congiura, e conti- 
nuando il Campanella a dimostrarsi pazzo. 

Ma non c'ingolferomo nel racconto del lungo processo dell'e- 
resia, senza parlare de' premii che da un pezzo i denunzianti e i 
persecutori della congiura dimandavano, il Vicero sollecitava, e il 
Governo di Madrid venne accordando mano mano e senza alcuna 
fretta. « Non era negotio questo da passar irremunerato; furono ri- 
« conosciuti non solo dal Conte, ma anche da S. M.^^ in molte ma- 
« niere »: cosi scrisse il Capaccio vissuto a que' tempi, discorrendo 
fli Fabio di Lauro c Gio. Battista Biblia (6). Disgraziatamente i 
Registri Mercedum rimastici nell'Arcliivio di State, ne'quali insie- 
me con le ricompense si sogliono trovaro specificati i servigi, comin- 
ciano solo dall'anno 1006; ma altrc categorie di scritture forniscono 
anche notizie di concessioni fatte a questi due sciagurati, ricordando 
il loro servigio sj)eciale della scoperta della* congiura. Per Fabio 
di T.auro, ne'Rogistri Sigtllorum in data di aprile 1600, troviamo 

(a) Ved. per Ferrante la Nnmerazione do' fuochi riportata nella nota alia 
pag. 10 del vol. I.°; per fra Pietro ved. la sua prima doposizione innanzi al Ve- 
scovo di Gerace (Doc. 204, pag. 226). 

(b) Ved. Capaccio, II Forastioro, Nap. 1634, pag. 503. 

AmabiU — T. Campanklla, Vol. II. 15 



- 114 ~ 

una grazia tatta a sei iiidividui che avevano assassiiiato fra Mail- 
rizio Barracco, altra nostra conoscenza, sicuramente dietro la sua 
intercessione o « nominatione » come allora si diceva , « stante lo 
€ servitio fatto in scoprire la congiura tentata in calabria, in de- 
« servitio de Dio et de sua M/'' » etc. (a): ma troviamo pure in 
data del 3 gennaio 1602 e 3 aprile 1004 una licenza d'arme per 
lui con altri tre compagni, la qual cosa potrebbe indicare che era 
obl)ligato a guardarsi da qualche vendetta (6). Per Gio. Battista 
Biblia poi, abbiamo veduto essergli stato ucciso il fratello Marco 
Antonio fin dal novembre o dicembre 1599: questo Marco Antonio, 
dapprima sostitulo credonziore. era stato in s^guito nominate per- 
cettore della gabella della seta di Catanzaro , con privilegi notati 
per le esecutorio fin dairultimo di febbraio e 12 maggio 1595; ed 
ecco Gio. Battista Biblia succedergli in questo ufficio con privilegio 
notato per Tesecutoria il 10 dicembre 1600, ma naturalmente con- 
cesso alcuni mesi prima (c). Oltraccio i Registri Privilegionnn 
ce lo mostrano con la data del 12giugno 1002 insignito del titolo 
grado di nobilta , trasmissibili a' suoi discondenti : e in siffalta 
occasione troviamo menzionato « il singolaro servizio > di avere 
partecipato al Sovrano « la congiura e i)erfi(lia di taluni della stessa 
citiA di Catanzaro y> (d). ft del tutto verosimilo clie la medcsiina 
onorificenza, con qualche allrn lauta rarica, abbia avuta ogualmente 
Fabio di Lauro, e lo cont'oi'inoreblx} il fatto, che alcuni anni du[»o 
il Campanelia, nelle sue lettere del 100(5, parlo do' « revelanti 
falsi fatti cavalieri »; ma non ci e riuscito trovarne i documenii. 
Lo stesso ci b avvonuto per Gio. (n^ronimo Morano, \hA quale le 
ricompense doverono essore C(M'tamen(o pin laute: possianio soltantu 
dire che egli non si mosso da Catanzaro o continuo a spadroneg- 
giarvi , ma vi fu grav(Mnent(^ avversato dagli Spina. E corto }K»i 
che da Madrid, allorcht* si trattava di pure lottere di complimenti, 
queste non si facevano tr()]>})o attendero , ma allorche si trattava 
di ricompense sode, (fueste vt^nivano con comodo e dopo maturi ron- 



{a) Ved. Doc. i^20 pa^^ \2(). II poter <(nominai'ev dcliniiueiiti, per farli indul- 
tare, era uno de' divcrsi modi di compeiisi pro merit is: nel caso del Lauro la no- 
minazione fatta non d espres>a , iria s>' intende, mentre in altri casi ^ espres.^ 
Ne citiamo uno relative ad nn so^'^gelU) del quale anche si ^ parlato in <ju€9ta 
narrazione: < a 17 de marzo 1594 indulto et gratia facta ik Prospem morales de 
pcczolo per riiomicidio coniniesso in persona de ninlio costantino stante lo servitio 
facto per battista de amicis d' havere datu in mano dela corte Marco sciantie 
nominatione facta in persona de docto pro^[>tM'o ». Ma generalmonte era questa 
una delle concessioni minoi i, che si accompa'jrnavano ad altre di ma^g^iore entity 

(/>) Ved. iReg. Sif/iUonim vol. 40 e 4:.^ — I." <( 3 Gennaro 1602. LicentiA 
de armc in persona de Fabio de Laui'o. pietro dc lauro, mauritio spina et fer- 
rante de lauro ». — 2.** « :^ do aprile 1004. Lieentia de arme in persona de fabio 
de lauro, pietro de lauro. mutio spina (sic) et ferrante de lauro ». 

(c) Ved. i Keg. Sif/i/iorfn)i vol. 'M (an. 1505) e vol. 37 (an. IGOO): in iju«^ 
St' ultimo si leg^e : «A d'l IG xbro, Privilei^Mo del off.* di porooptore della seta 
della citta di Catanzaro in persona de <iio. Haftista Uiblia >. 

(d) \'ed. I)oc. :l<^|, pa-:. li?0. 



— 115 — 

sigli. E p. es. il Principe della Rorrolla non tardo ad avere , in 
data de'27 aprile 1600, una lettera del Re, pubblicata dall' Adi- 
mari nelhi Storia della famip:lia Carafa e ripubblicata dal Baldac- 
chini, con la quale Filippo III diceva che avrebbe nelle occasioni 
tenuto presente I'avviso avuto dal Vicere « de la promptitud con 
« que acudistes a la defensa de las cosas de Calabria, en la oca- 
« sion dela venida dela Armada Turquesca el ano passado, y el 
« cuj'dado con que os erapleastes en atajai' la coniuracion que al- 
« gunos tratavan en aquella Provincia >. Ma, utilitario qual era, 
il Principe si fece anche 'cedere dal Conte di Condeianni D. Gio. 
Battista MaruUo le difese di Bianco e Condeianni involte in una 
grossa vertenza col Fisco , o inizio una favorevole transazione su 
questo capo, inoltre chiese un comando di gente d' arme (titolo di 
alto onore, con buon soldo, senza obbligo di servizio); scorse allora 
molto tempo, ma infine ottenne, oltre la transazione desiderata, un 
posto di Consigliere del Collaterale, con la promessa che dandosi 
roccasione sarebbe stato tonuto presente pel posto di Capitano di 
gente d'arme (a). Quanto a Carlo Spinelli, fatta una dimanda for- 
male, con Tosposiziono di tutti i suoi meriti, e tra gli allri quello 
della diligenza e premura usata « en acquietar y guardar la pro- 
« vincia de Calabria dela armada del Turco y alboroto que alii 
< occurrio el ano passado >, onde soUecitava o la proprieta del co- 
mando della cavalleria che teneva intei^inalmente, o I'aumento della 
pensione di I).*^ 400 che godeva, sempre con la facolta della tra- 
smissione a vita a un suo nif)ote, dove attendere che il Vicere e il 
Consiglio Collaterale dessero il loro parere suUa dimanda. 1 lettori 
troveranno ne' Documenti da noi raccolti la lettera Regia con la 
quale veniva ordinate V invio di tale parere (h) : ed aggiungiamo 
che non prima del 4 settembre 1601 fu accordato alio Spinelli il 
posto di papitano della cavalleria pesante, « avendo per' aggiunto 
« con futura successione D. Scipione Sanseverino Marchese di S. 
<< Donato suo pronipote da sorella )> che egli nomino (c); cosi questo 
giovane cavaliere , Marchese dal 1598 e subito promosso Duca il 
20 setiembre 1602, favorite dallo zio Spinelli e dal padrigno Reg- 
gente Costanzo, divenne sempreppiu scapestrato e prepotente, ne a 
case parliamo di lui, dovendo incontrare anche la sua sorella nel 
corso di questa narrazione. Maggior tempo ancora dovfe attendere 



(a) Ved i Reg. Litterarum S, MJ" vol. 12, (an. 1602-1610) fol. 545. Re 
Filippo dice al Vicerd che approva la transazione proposta dal Principe , ed 
aggiunge : « y por obligar le mas , he tenido por bion de le honrrar y hazer 
merced de una placa del Conseio Collateral de que se le embiara su Titulo como 
se lo dereis de mi parte, y que en lo de la Compania de gente de armas que 
pide , en las ocasiones que se offroscieren se tenra con su persona y meritos 
la cuenta que es razon para hazer le la merced que huviere lugar ». La lettera 
^ in data del 12 luglio 1606. 

(b) Ved. Doc. 232, pag. 121. 

(c) Ved. i Reg. PrivUegiorvm vol. 125 (an. 1602) fol. 13. t.*; e confr. i Reg. 
Officiorum Suae Maj^'* vol l.** fol. 202. 



- 116 - 

D. Carlo Ruffo, per vedere accolte le diinande fatte: abbiamo in- 
torno a lui solamente il Privilegio col quale gli si concede la di- 
gnita e il grade di Duca di Bagnara, con la circostanza dell'averlo 
diraandato; esse fe in data del 19 gennaio 1603 (a). Come si vede, 
D. Carlo salto da Barono a Duca, pe'meriti suoi, di tutta la sua 
famiglia e de' maggiori, secondo 1' espressione del Privilegio; e il 
Campanella fu pur troppo la causa principale di tante grandezze. 
Naturalmente non venne dimenticato lo Xarava e neanche fra 
Cornelio. Documenti rinvcnuti nell'Archivio di Napoli ci inostrano 
che il Conte di Lemos propose immediatamente lo Xarava al posto 
di Consigliere del Sacro Regie Consiglio di Capuana, non appena 
vi fu una vacanza per la nioi-te di D. Alonso Ximenes; ma in Ma- 
drid si affacciarono dubbi sulla sua capacity, integrita e prudenza, 
il Re voile esserne bene informato, e per quella volta fu nominato 
Consigliere il Ruiz de Baldevieto, del quale accadrA pure di dovor 
parlare in sfeguito (6). Nel frattempo vaco un altro posto di Consi- 
gliere per la morte di D. Francisco Bermudez de Castro, e Tebbe 
TAvvocato De Leonardis, state gia promosso a Fiscale della Vi- 
caria; ne vac6 poi un terzo pel passaggio di D. Pietro Do Vera a 
Presidente, ed allora lo Xarava, recatosi personalmento a Madrid, 
pot6 essere nominato Consigliere, ma cio avvenne non prima del 
14 aprile 1603 (c). Vedremo die al nuovo ufficio agevolo ancora 
la via un altro avvenimento, che eccito sempre piu a'rigori verso 
i frati incriminati , a' quali rigori lo Xarava si offri in un modo 
perfino strano: per ora aggiungiamo che tanto piu tardi, nel 1615, 
ottenne ancora una peusione annua di D.^ 300, e sempre venendo 
annoverati tra'meriti i servigi resi in Calabria da Avvocato fiscale (d). 
Quanto a fra Cornelio , anch' egli dov6 aspottare , ma iinpaziente 
qual era, d'accordo col Vicorfe o con le commendatizie di Carlo Spi- 
nelli, nel marzo 1601 si reco a Madrid, e vedremo che subito fra 
Dionisio lo fece conoscere a Roma, essendosi ritenuto che avesse 
intrapreso tale viaggio per dar notizia al Governo dcirandamento 
del processo deU'eresia g\k in corso, nel quale si trovava a ridire sul 
conto sue, e sul conto di fra Marco da Marcianise come di tutii 
colore i quali aveano tenuto mano o a perseguitare o a giudicare i 
frati; se non che, oltre questo scope, dovft esservi anche T altro di sol- 
lecitare almeno una pensione, ed 6 certo che fini per ottonerla. Lo 



{a) Rog. Privilegiorum vol. 123 (an. 1002-IG03) fol. 128. 

(6) Ved. Doc. 233, pag.' J 22. 

(c) Vod. Doc. 235, pag. !23. 11 suo viaggio a Madrid 6 ricordalo in um 
dello suo lettere al Gran Duca di Toscana, cho abbiamo giil citata alti'ove: vei 
vol. 1.° pag. 127 in nota. 

{(1) Ved. i Reg. Mcrcedum , vol 2** , fol. 203. La pensione dicesi data po* 
€ niulta grataque obscquia. . . per spacium triginta quatuor annorum singular, 
lide , vigilantia ot integritate tarn in dicto Consilio quam in olficio Advooati 
flscalis nostri Provintiao Calabriae ac interim in rebus magni pondoris uobii 
praejstila ». 



J 



- 117 - 

abbiamo desunto da due documenti raccoiti tra diversi altri nell'Ar- 
^hivio di Torino, essendo stato fra Cornelio il protagonista di un in- 
cidente che avvenne parecchi anni dopo e che accenneremo in breve. 
Trovavasi Vicerfe di Napoli il 2® Conte di Lemos, e fra Cornelio era 
ben veduto da lui: con lettere commendatizie del Card.* Aldobran- 
dini, e con un atteggiamento di suddito fedele a casa Savoia, pro- 
getto un matrimonio tra il Re di Spagna e Maria di Savoia ter- 
zogenita del Duca Carlo Emmanuele; in giugno 1613 impegno nella 
faccenda I'Agente del Duca in Napoli Melchiorre Reviglione, e ne 
fece fare la proposta al Conte di Lemos, offrendosi di andar lui in 
Spagna, giacchfe essendo « pensionato del Re » nessuno avrebbe mai 
potuto intendere lo scope del viaggio, che sarebbe stato attribuito ai 
suoi particolari interessi. La guerra pel Monferrato assopi la fac- 
cenda, ma nel novembre 1616 fra Cornelio se ne andd a Roma per 
parlarne al Ministro di Savoia, 1' Abate Scaglia Conte della Verrua, 
al quale gik si era ofTerto prima quale agente di fiducia mandan- 
dogli una cifra e qualche lettera di poca importanza: 1' Abate non 
lo ritenne altrimenti che un furbo, desideroso di assicurarsi in Ma- 
drid la pensione, posta in pericolo dall'essere succeduto il Duca di 
Ossuna al Conte di Lemos, mentre egli trovavasi « da tanto tempo 
pensionato dal Re »; infine poi fra Cornelio, divenuto giA gottoso, 
non voile contentarsi di 300 ducati d' oro fattigli oflrire dal Duca 
pel viaggio, ma a noi basta che sia accertato il fatto della pen- 
sione giA ottenuta da antica data (a). Cosi non a torto poi il Cam- 
panella ebbe a mettere innanzi i tanti premii che il Re avea dati; 
e s' intende che per un servigio di quel genere i premii erano un 
fatto naturalissimo, ma veder premiato e notoriamente premiato an- 
che fra Cornelio giudice di S.^^ Oflficio, senza che il Nunzio Aldo- 
brandini se ne fosse mai curato in alcun mode, non puo non dirsi 
un fatto veramente scandaloso. 

Dobbiamo aggiungere ancora qualche parola sulla promozione 
avuta egualmente dall' Avvocato De Leonardis , di cui il Campa- 
neUa poi nella Narrazione disse che avea « piu presto avvocato con- 
tra per diventai* Consigliero». Non pare che I'appunto possa qui dirsi 
fondato. Oltrechfe abbiamo testualmente la Difesa scritta dal De Leo- 
nardis, ed ognuno h in grade di valutarla, sappiamo che egli non 
diventd Consigliere a un tratto, ma prima passo air uflRcio di Fi- 
scale della Vicaria, e piu tardi all'ufficio di Consigliere; percorse 
quindi la carriera giudiziaria comune, nella quale non poteva in- 
contrare obiezioni, giacchfe era universalmente riconosciuta la sua 
cultura e la sua buona morale, come I'attestano varie scritture del 
tempo. Non siamo riusciti a trovare nell'Archivio di Stato il Pri- 
vilegio della sua nomina ad Avvocato Fiscale, dove avrebbe vera- 



(a) Ved. neir Arch, di Stato in Torino Lettere Ministri Due Sicilic , maz. 
2.% let. del 4 o del 14 giugno 1613, dell* 8 novembre 1616 o 6 gonnuio 1617; 
inoltre Lettere Ministri Ronur maz. 27, fasc. 2°, let. del 26 novembre 1616. 



— 118 — 

mente potato esservi qualche parola di ricordo de*suoi meriti spe- 
cial! anche per la causa degl' incriminati della congiura, giacchfe 
il Governo spagnuolo non si sarebbe fatto scrupolo di parlarne; ab- 
biamo soltanto trovato Tesoeutoria di tale Privilegio in data del 2 
novembre 1601. Ed abbiamo poi trovato anche il Privilegio della 
nomina a Consigliere in data di Valladolid 3 aprile 1602, la comu- 
nicazione fattane al Consiglio in data del 1*^ maggio, e V annota- 
mento delFesecutoria in data dell' 11 ottobre detto anno; nfe 11 Pri- 
vilegio reca alcuna menzione del servizio prestato nella causa della 
congiura, come s'incontra p. es. in persona dello Xarava (a). Dopi^ 
cio possiamo venire all'esposizione cM processo dell'eresia. 



{a) Per le esecutorie di eiiti'ambi i Piivilegi successivamente avuti, ved. i 
Registri Sigillorum vol. 38 e 39 idle (lat(> suddetto. Pel Privilegio della nomina 
a Consigliere, ved. i Reg.* Privilrgion/m vol. 123 fol. 168: quivi i meriti della 
sua persona sono espressi no* segnonti termini, < cuius nobis et eruditio ac dili- 
gentia, et quidem probitas atque prudentia probantur, quandiu hactenus ofticium 
Advocati fiscal is nostrae Magnae Curiae N'icariae ct alia munia cum laude eier 
cuisti ». Per la conmnicazione fattane al Consiglio , ved. i Reg.* Notamenic- 
rum 5. R. C. ab anno 1599 usque et per totum annum 1609, data suddetta. 



— 119 -^ 



CAP. V. 

SEOUITO DE'pROCESSI D1 NAPOLl E DELLA PAZZIA DEL CAMPANKLLA. 

1^. — Processo dell'eresia (maggio 1600 a settemLre 1602). 

I. Rammentiamo innanzi tutto , circa V eresia , che dapprima 
il Papa avea manifestato di volere a Roma gl' incriminati o sospetti 
in tale materia finita la causa della congiura (4 lObre 1599); ma 
in s^guito, vista senza dubbio 1' impossibility della cosa, giacchfe il 
Governo Vicereale non si sarobbe lasciato trarre di mano i frati 
che il processo della congiura mostrava colpevoli, avea spedito or- 
dine mediante il Card.^ di S.^* Severina che se ne occupasse il 
Nunzio, con ogni probability perchfe il Vescovo di Caserta Ministro 
della S.** Inquisizione Romana nel Regno trovavasi assente, in com- 
pagnia del Vicario Arcivescovile della Curia napoletana , il quale 
presedeva il tribunale diocesano di S.^'^ Officio (4 febbraio 1600) (a); 
il Nunzio poi, che molto volentieri ne avrebbe fatto di meno, vista 
la profonda dottrina del Campanella, il quale sviluppava tante pro- 
fezie e produceva tante citazioni in suo favore , scrisse subito al 
Card J S. Giorgio, ed anche al Card.' di S.** Severina, che « se 
pur tal negotio dovea spedirsi ({ua » in Napoli, reputava necessario 
1' intervento di qualche persona pratica e buon Teologo (II feb- 
braio). Cosi scorse ancora un certo tempo, sino a che non fu di- 
sponibile 1' uomo capace di stare a fronte del Campanella secondo 
le preoccupazioni del Nunzio, e solo verso la line di aprile si potfe 
costituire il tribunale per 1' eresia, associando a' due Giudici prima 
designati il Vescovo di Termoli. Era cestui quel fra Alberto Tra- 
gagliolo da Firenzuola Domenicano, che abbiamo giii visto Com- 
missario generale del S.^" Officio sin dalF ottobre 1592 e durante 
i processi avuti in Roma dal Campanella nel 1594-1595, divenuto 
molto benevolo verso il filosofo in tale occasione e senza dubbio 
assai competente ed opportune nel case attuale. Malamente desi- 
gnate dal Fontana col nome di « frater Albertus Tragnolus » e poi 
anche con quelle di fra Alberto Drago (6), cosi ritenuto dairUghelli 
e dope di lui anche da Qu6tif ed Echard (c), malamente creduto 

« 

(a) Questa lettera del S.*' Severina non si trova nel Carteggio esistente in 
Firenze, ma 6 citata nelle due lettere del Nunzio al S. Giorgio e al S.*" Seve- 
rina degli H febbraio (ved. Doc. 87 e 88, pag. 63). L' assenza del Vescovo di 
!3aserta dal Regno rilevasi dalla lettera precedentc del Nunzio del 16 novera- 
twpe 1599 (vedi Doc. 54, pag. 51). 

{b) Fontana, Sacrum Theatrum Dominicanorum, Rom. 1666, pag. 589 e 544. 

(c) Ughelli, Italia Sacra, Venet. 1720. t. 8 , p. 37. — Qu«^tif et Echard, 
^criptores ordinis Praedicatorura, Lutet. Parisior. 1721, t. 2, p. 343-44. 



— 120 - 

Firenzuola e non Tragagliolo dal Capialbi (a), egli cognominavasi 
Tragagliolo ed era nativo di Firenzuola nel Piacentino: avea gii 
funzionato da Coramissario del S.*^ Officio in Faenza, in Geneva, 
in Milano, quando venne chiaraato Commissario generale in Roma 
da Clemente VIII; poi dietro la morte di Mens/ Francesco Scoto 
fu promosso al Vescovato di Termoli , secondo il Fontana e V U- 
ghelli il 29 novembre 1599, ma certamente provvisto di eocequalur 
soltanto air ultimo di febbraio 1600, con esecutoria in data depli 
8 marzo, come risulta dalle scritture esistenti neirArchivio di Na- 
poli (6). Pud dirsi con sicurezza che si pensd a lui per la causa del 
Campanella piu che alF ultima ora, essendogli stata mandata a Na- 
poli la nomina di Commissario della causa dope la sua partenza 
da Roma; ond'egli assai probabilmente non giunse nemmeno a ve- 
dere la sua Chiesa, obbligato ad un lavoro assiduo pel processo di 
cui andiamo ad occuparci, fino al tempo della sua morte, che av- 
venne disgraziatamente otto mesi dope, succedendogli nel carico di 
giudice D. Benedetto Mandina Vescovo di Caserta. Quanto al Vi- 
cario Arcivescovile , abbiamo gia avuta occasione di rilevare che 
teneva detto officio il Rev.*^® Ercole Vaccari ( ved. pag. 44 ) : qui 
dobbiamo aggiungere che per le molteplici e gravi faccende della 
Curia Arcivescovile erano allora i carichi distribuiti a piu persone 
in quality di Vicarii, e nelle scritture del tempo, oltre il Vaccari, 
designate « Vicarius generalis capitularis et locumtenens in spiri- 
tualibus » , troviamo il Rev/'" Curzio Palumbo, designate « Vica- 
rius generalis Monialium et locumtenens in civilibus >; e vedremo 
nel processo figurare da giudice o « congiudice » prima il Vaccari 
con la qualitA di Delegate, poi il Palumbo con la qualita di subdele- 
gato, poi ancora il Rev.'*"* Alessandro Graziano successo al Vaccari 
dope la morte dell' Arci vescovo Card.' Gesualdo. 

11 18 aprile 1600, alle istanze del Nunzio, il quale in data 
del 14 aveva ancora mostrato di non sapere dove S. S/* volea che 
si trattassero le materie appartenenti al S.*** Officio, il Card.* di 
S.** Severina rispondeva, avere S. S/'' « per satisfare a cotesti Si- 
gnori et Ministri Regii » risoluto che la causa spettante al S.*® Of- 



{a) Nella sua Narrazione il Canipanolla lo nomina due volte, dicendolo Tra- 
gagliola, e il Capialbi lo corregj^e senipro dicondo « leg. da Firenzuola >; inoltre 
il Capialbi lo dice di Firenzuola in Toseana , ma nncho Y Ughelli V avea gii 
dicbiarato € Insuber ». 

(b) Vedi iRegistri Cotnvnr vol. 20 (an. 1599-100:5) fol. 28 t.",dove il Ve- 
scovo 6 cognominato <tragaiolo», e i Kegistri Sitjillorum vol. 37 (an. 1600). 
data 8 marzo, dove si legge : « Exe([Uotoria do hullo jipostolice del Voscpvalo 
della cittA di termole in persona del Rev. frate Alberto tragarola taxato nihil 
solvat » etc. Ancbe nel processo del Campanella non di rado 11 cognome del 
Vescovo trovasi scorretto ; ma nel Carteggio del TS'unzio ( Lettere dal 1597 
al 1598, Filza 210 ) pu6 vedei-sene la tirma autografa sotto una Fede rilasciata 
per aver ricevuto un frate prigione inviato da Ts'apoli, e del pari se no legge 
molto esatlamente il cognome ne' preziosi documcnli del processo di Giordauo 
Bruno raccolti dal Berti. 



ficio si irattasse in Napoli dal Nuiizio, dal Virario Arcivescovile 
e dal Vescovo di Termoli, il quale da tre giorni era partito per 
Napoli , onde egli dirigeva al Nunzio medesimo la lettera scritta 
I)er lui; e soggiungeva essere intenzione di S. S/', che procuras- 
sero di terminar presto la causa, ma ne inviassero a Roma un 
breve Sommario , coll' avviso su' meriti del processo , e col parer 
loro intorno alia spedizione, prima di dare la sentenza. Analoga- 
mente egli scriveva pure al Vescovo di Termoli ed al Vicario Ar- 
civescovile, aggiungendo al Vescovo, che per essere persona « molto 
« ben pratica , et anco informata delle altre cause conosciute in 
« questa santa Inquisitione contra il Campanella, ove abiuro come 
< sospetto vehementemente di heresia V anno 1591 », non gli di- 
ceva altro, bensi offriva di mandargliene le scritture se lo repu- 
tasse necessario: dalle quali parole risultano chiariti assai bene gli 
antecedenti cosi del Vescovo di Termoli come del Campanella, e 
chiarita la posizione giuridica in cui il Campanella veniva a tro- 
varsi, cioe la posizione di relapso^ qualora le nuove accuse di eresia 
fossoro state provate. Siffatte lottere leggonsi nel processo di Napoli, 
2y volume dell' intero processo, costituendone i primi atti (a). Sap- 
piamo poi dal Carteggio del Nunzio che egli vide il Vescovo di 
Termoli il 5 maggio, e in tale data gli consegno ad un tempo la 
lettera del Card.^ di S.^^ Severina e il processo di Calabria portato 
da fra Cornelio fin dal novcmbre e giacente presso di lui. Cosi al 
Vescovo di Termoli veniva in realta « deferita ogni cosa », come 
il Nunzio ebl)e a dire piii tardi, ed egli, presa stanza nel convento 
di S. Luigi dell'ordine de'Minimi di S. Francesco di Paola, posto 
presso Palazzo Reale, si diede con molta alacrity a compiere il suo 
mandate. Gli altri coUeghi si occuparono della causa piuttosto con 
la semplice loro prcsenza, ed il Nunzio, benchfe figurasse come il 
principale tra'Giudici, nemmeno della presenza sua onoro largamente 
il tribunale; egli aveva pur allora ottenuto dal Papa di passare la 
Pasqua rosata nella sua Chiesa <li Troia, ove non apparisce che si 
fosse mai recato tino a quel momonto, e nel dichiararsi pronto a trat- 
tare la causa, riser vavasi di voler andare a Troia per la Pasqua, 
la quale si celebrava il 22 del meso, come ci mostrano diverse scrit- 
ture del 1600. 

11 10 maggio, in una camera del Castel nuovo, si di6 principle 
agli esami, continuandoli poscia il 15, il 17, il 19, il 26y il 28; 
ina fin dalla 3'^ seduta, in sostitazione del Nunzio assente intervenne 
r jVuditoro di lui, il Rev.''" Antonio Peri fiorentino: come Notaro 
e Mastrodatti , servi sempre , dal principio alia fine della causa, 
Gio. Camillo Prezioso, ono de' vecchi Notari della Curia Arcivesco- 
vile, che figura nella piii gran parte de'processi del tribunale dio- 
cesano della fine del 1599 e principio del 1600 (6). Fu esaminato 



{a) Vedi Doc. 308, pag. 256. 

(b) Anche nel Carteggio del Nunzio si trovano parecchie notizie sul Prezioso, 

AmabiU — T. Campanella, Vol. U. 16 



— 122 — 

dapprima il Pizzoni. Confermando in termini generali quanto avea 
deposto innanzi al Visitatore in Calabria, egli aggiunse che era stato 
piu volte da parte del Carapanella minacciato di farlo trovare in 
maggiore intrigo se non si ritrattasse specialmente suUe materie di 
S.*® Officio, una 1* volta in Gerace mediante fra Pietro Ponzio che 
avea ricevuta per questo una cartolina da fra Tommaso, una S* 
volta alia presenza di fra Paolo della Grotteria in Bivona, quando 
erano per imbarcarsi, mediante un soldato del capitano Figueroa, 
una 3* volta in Napoli mediante lo stesso fra Pietro Ponzio, che 
avea ricevuto per questo nuove lettere da fra Tommaso. Aggiunse 
pure che nelFudire la lettura del suo esame in Napoli (c^rtamente 
a proposito della congiura), si era avveduto trovarvisi detti cow- 
pltci quelli che egli aveva indicati come familiari del Campanella, 
verosimilmente consapevoli delle opinioni eretiche di lui, e ripetfe 
che costoro erano fra Pietro di Stilo, il Petrolo, fra Paolo della 
Grotteria, il Bitonto, il Jatrinoli. Ripetc I'occasione con la quale 
nel luglio scorso il Campanella aveagli parlato delle sue eresie, e 
come fra Dionisio, due giorni prima, gli aveva esternato le mede- 
si me eresie dicendogli di tenerle per vere. Aggiunse infine , che 
aveva rimproverato e cacciato il Campanella da Pizzoni , aveva in- 
formato di ogni cosa per lettera del P agosto il Generale in Roma, 
ne aveva anche informato di persona il Visitatore in Soriano il 28 
agosto. Tale fu la deposizione del Pizzoni, che egli non potfe sotto- 
scrivere e dove soltanto crocesegnare, trovandosi col braccio oflfeso 
dalla tortura avuta nell'altro tribunale {a). Persistente nelle accuse 
contro il Campanella, aggravandone la responsabilitA col fatto delle 
minacce, egli cerco di scusare s6 medesimo con la cacciata del Cam- 
panella da Pizzoni e con gli avvisi datine a' superiori. — VoUero 
allora i Giudici udire su tale asserzione il Visitatore ed anche fra 
Cornelio, il quale era gia tornato da Roma a Napoli in quel tempo 
(circostanza probabilmente ignorata dal Pizzoni). Entrambi , V un 
dope r altro , nella 2* seduta del tribunale , il 15 maggio , ricor- 
dando qualche faccenda trattata col Pizzoni in Soriano, negarono 
di aver avuta quivi da lui alcuna notizia delle cose del Campa- 
nella (6). Aggiungiamo che poco dopo il Vescovo di Termoli dovfe 
pure interrogare per lettera il P.** Generale Beccaria, poichfe se ne 
trova nel processo la risposta in data del 12 giugno dal convento 
di S. Tommaso, vale a dire da Napoli, dove a que' giorni era ve- 



ina posloriori al poriodo di cni vi stiaiiio occupando. Egli era in eontinui con- 
ivasii con Gi.iconio Protonotaro, altro MaMrudatii dolla Curia, invadeiidone senza 
posa le attribuzioni ; e fu i)rocisamento ]ui, che alcuni auni piu tnrdi, per una 
quistiouc iutorno a un processo di bigamia , essendosi negate di consegnare il 
processo all* auloritii civile, fu senz' altro preso e raandato in galera , onde na 
nacque la scoraunica al Reggento de l^onte ed una delle piii ruiuorose contro- 
versie giurisdizionali. 

(a) Ved. Doc. 309, pag. 258. 

(b) Ved. Doc. 310. pag. :.^60. 



— 123 — 

nuto pel Capitolo generale chc vi si tenne, e dove qualche mese 
dopo, il 3 agosto, niori col compianto de'cittadini e in voce di san- 
tita e di miracoli. Non contento delle reminiscenze proprie, il P.* 
Generale voile consul tare anche quelle del suo P.*^ compagno, e 
venne a dichiarare che non si era mai avuta dal Pizzoni lettera 
alcuna contenente 1' avviso asserto {a). E per verita cosi il Visita- 
lore come il Generale , ;il monomo avviso , non avrebbero potuto 
mancare di provvedere inimediatamente contro il Campanella e fra 
Dionisio; e gia riesce nianifesta la pessima via in cui il Pizzoni si 
era posto e si manteneva. — Frattanto, nella stessa seduta, fu esa- 
minato pure il Petrolo. Cestui voile che gli si rileggesse la depo- 
sizione fatta in Calabria, e trovo solamente a ridire che non avea 
deposto con quelle precise parole che erano state scritte. Ripetfe ad 
una ad una le eresie udite dal Campanella, quasi tutte quelle deposte 
in Calabria, dicendo di averle udite ncl passeggiare con lui a' Lan- 
zari presso Stilo, nel mese di maggio, e ripetendo i noini de' frati 
e secolari co'quali il Campanella dava segni d' indevozione e par- 
lava delle sue opinioni , ma non tanto apertamente , sicche a lui 
non constava che fossero veramente complici ; ripeteva pertanto di 
aver saputo da fra Pietro di Stilo che il Laui'iana gli aveva dette 
carte parole pronunziate da fra Dionisio in dispregio dell'eucaristia. 
Inoltre si dichiaro egualmente minacciato dal Campanella perchfe si 
ritrattasse, una P volta per via dal Campanella in persona che gli 
disse « per Deum oportet te retractare alioquin agam ut mecum mo- 
riaris >, una 2* volta in Monteleone per mezzo di Cesare Pisano, 
una 3* volta in Napoli parimente dal Campanella in persona dalla 
tinestra della carcere (6). Come ben si vede, anche cestui non fa- 
ceva che aggravai*e la posizione del Campanella cercando di sal- 
vare la propria, e quanto alle minacce avute, noi ci siamo giA ma- 
nifestati nel sense che poterono esservi, dovendo il Campanella sen- 
tirsi esasperato contro questi suoi scempiati compagni, i quali ave- 
vano dapprima udito benevolmente le sue opinioni, si erano anche 
impegnati a propagarle, e poi le avevano manifestate a' Giudici ri- 
gettandone sopra di lui tutta la responsabilita. 

11 17 maggio, 3* seduta del tribunale, in cui comincio ad in- 
tervenire 1' Audi tore Antonio Peri invece del Nunzio , si procedfe 
air esame del Campanella; ma egli, gi^ mostratosi pazzo innanzi 
che si desse principio alia causa, continud a mostrarsi tale. Gli si 
deferi il solito giuramento, ed egli non dife segno di capire ; gli si 
disse di lasciare le finzioni, poichfe altrimenti, per avere la rispo- 
sta precisa, si sarebbe ricorso a' rimedi opportuni, vale a dire alia 
tortura, e gli si offerse il Diurno, sul quale avrebbe dovuto giu- 
rare toccandolo, ma egli rispose « voletemelo legere » continaando 
a mostrare di non capire; allora fu ri mandate alia sua carcere (c). 



(a) Ved. Doc, 33i, pag. 284. 

(b) Ved. Doc. 311, pag. 261. 

(c) Ved. Doc. 312, pag. 263. 



— 124 — 

E si passo a fra Pietro di Stilo , il quale, con fina ironia , disso 
che non avrebbe voluto mancare di dire la verity per uomini quali 
il Campanella e fra Dionisio, mentre dal volgo erano allora chia- 
mati iniraici di Dio e del Re ; nego di aver mai parlato con alcuno 
delle opinion! del Campanella, e solo ammise di averlo lodato come 
sapiente quale era stimato da tutti , affermando che un gran nu- 
mero di persone di ogni ceto accorreva a vederlo , e ripetendo i 
nomi de' piu particolari amici di lui, il Vua, Marcautonio Conte- 
stabile e il Prestinace (tutti gia posti in salvo), il Caccia « quale 
€ fu squartato dalle galere, et Giulio Contestabile quale vcneva piu 
€ presto per il fratello che per il Campanella » (non piu dichiarato 
intimo amico cestui, ora che si trovava in pericolo ed erano pia 
sbolliti i primi rancori). E noverd tra lore anche il Soldaniero, cui 
egli avea portata una lettera del Cami)anella, continuando a negan^ 
di aver mai saputo cio che quella lettera contenesse, negando ancli»» 
di aver saputo mai che fra Dionisio fosse state in relazione col Sol- 
daniero. Egualmente nego di aver mai persuaso o tentato di per- 
suadere alcuno (cio6 il Soldaniero) che non rivelasso Ic opinioni 
eretiche di fra Dionisio, che volesso credere alle opinioni di cestui, 
e che andasse dal Campanella. Quanto poi alle opinioni eretiche 
del Campanella , disse di aver solamente saputo da alcuni birri i 
quali accompagnavano i prigioni, che il Campanella diceva di esser 
profeta e negava 1' inferno e il paradise, ma direttamente egli avea 
da lui udito soltanto che vi era poca diflerenza tra' peccati di lus- 
suria ritenuti assai diversamente gravi (attenuazione notevole). Sein- 
pre dietro dimande , ripetfe che il Campanella gli avea due vohe 
detto di dover essere monarca, come gli era state vaticinate pure 
da un astrologo ; e in quanto a sfe, ripete di aver detto per burla 
voler prendere moglie, e di non aver mai sognato che avesse a pro- 
dicare centre la fede (a). Cosi, evidentemente, fra Pietro continuava 
a non negare cio che riusciva impossibile negare, e difendendo se 
stesso si sforzava di difendere in pari tempo il Campanella. att^?- 
nuando perfino le cose altre volte da lui medesimo deposte. — Si venne 
allora all' esame anche di fra Silvestro di Lauriana, di fra Paolo 
della Grotteria, di fra Giuseppe Bitonto. 11 Lauriana disse non aver 
altro a dire se non che ])ativa continue minacce da parte del Cam- 
panella ed egualmente di fra Dionisio perche si ritrattasso, rive- 
lando che costoro continuamente si scrivevano cartoline, e cho qua- 
lora si facesse ricerca suUe persone di fra Pietro e di F<3irrante 
Ponzio, forse si troverebbe qualche cosa; onde i (Jiudici fecero fare 
immediatamente questa ricerca sulla persona di fra Pietro che era 
in Castel nuovo , mentre Ferrante ora in Castello dell' uovo, ma 
non si trovo nulla. Inoltre, dietro interrogazioni, il Lauriana aflbrmo 
di essere andato col Pizzoni presso il Visitatore, per denunzian* i 
fatti del Campanella, dopoche il Campanella era state nel loro cuii- 



(a) Ved. Doc. 313, pag. 264. 



— 125 — 

vonto; e disse di non sapere propriamente che persona fosse il Piz- 
zoni, non avendolo avuto in pratica, ed attenuo di molto cid che 
altra volta avea dichiarato a carico di Ini, dicendo che mentre leg- 
gevano insieme un libro del Campanella, il Pizzoni, da lui interro- 
pato, avea risposto che alcune cose del Campanella p^li piacevano 
ed altre no (scuse sicuramente concertate tra loro). Fra Paolo poi 
disse non occorrergli dire altro, e nego di aver mai saputo tenta- 
tivi di qualche carcerato verso altri carrerati perchfe rovocassero 
le deposizioni fatte ; nego di aver mai trattato cosa alcuna col Cam- 
panella; afiermo che quel libretto di cose superstizioso, trovato sulla 
sua persona, era state in suo potere due giorni soli, e spiego che 
avea avuta la condanna alia galera per aver minacciato il P.* Pro- 
vinciale Pietro Ponzio, il quale fu poi ucciso mentre egli gia tro- 
vavasi alia catena. Finalmente il Bitonto disse che avea bensi vi- 
sitato due volte il Campanella, di cui era familiare, ma senza avere 
avuto nemmeno agio di trattenersi con lui ; nomino quelli che aveano 
in sua compagnia visitato il Campanella, e li dicliiaro tutti uomini 
dabl)ene, all' infuori del Pisano, che era tristo e voile accompagnarlo 
senza potersene liberare , ed abito con lui otto giorni (contraddi- 
cendo con cio la sua prima deposizione) ; disse pure non aver mai 
udito eresie da alcuno, ma solo nolle carceri avere udito dal Piz- 
zoni e dal Lauriana che il Campanella e fra Dionisio aveano sparse 
eresie, e fattagli 1' osservazione che sapevasi nel tribunale aver lui 
applaudito a certi discorsi eretici e segnatamente alia proposizione 
che la Messa si celebrava per l)ere ancora una volta, egli rispose 
di non saperne nulla (a). 

Dobbiamo qui aggiungere che nella stessa data del 17 maggio 
venne presentata al Vescovo di Termoli una denunzia contro il Cam- 
panella da parte di fra Agostino Cavallo di Cosenza. Sappiamo che 
oostui era Provinciale di Calabria in quell' anno (6), ed avea dovuto 
venire in qualita di definitore del Capitolo generale che allora ce- 
lebravasi in Napoli, al pari di fra Giuseppe Dattilo egualmente di 
Cosenza, stafo gia Provinciale due altre volte ed appartenente alia 
fazione del Polistina. Fra Agostino consegno al Vescovo di Termoli 
una scritta in cui esponeva che, avendo udito essere stata a lui af- 
fidata la causa del Campanella, per disgravio della sua coscienza 
pli faceva conoscore che il (Jampanella gia da dieci anni in circa, 
st^ndo in Cosenza , avea stretta amicizia con un ebreo chiamato 
Ahramo, sospetto negromante e possessore di spiriti familiari, amico 
stretto anche di fra Dionisio; che col dotto ebreo orasi il Campa- 
nella partito'da Calabria, e di tutto cio poteva aversi notizia anche da 
fra Giuseppe Dattilo. — L' indomani, d' ordine del Vescovo di Termoli, 
il Prezioso ando a raccogliere la deposizione di fra Agostino, ed al- 
cuni giorni piii tardi raccolso pure quella di fra Giuseppe Dattilo. 

(a) Ved. Doc. 314, 315, 316, pag. 265 e 266. 

(b) P.* Fiore, DeDa Calabria illustrata, Nap. 1691, vol 2.», pag. 394. 



— 126 — 

FraAgoslino confermo la pratica delFebreo col Campanella inCosen- 
za, in Montalto, in Altomonte (sic), di dove poi essi se ne andarono 
insieme a Napoli, con tutte quelle particolaritA da noi gia esposie 
a tempo debito in questa narrazione : confermo pure la pratica del- 
r ebreo con fra Dionisio in Catanzaro, notando che era corsa voce 
essere state poi quell' ebreo giustiziato in Napoli come spia del turco, 
ed aggiungendo che allora dicevasi aver lui vaticinate al Campa- 
nella la Monarchia del mondo e che era state lui, V ebreo, la ro- 
vina del Campanella. Fra Giuseppe Dattilo fu meno esplicito : at- 
tribui la scoverta di ogni cosa a fra Domenico di Polistina, e disse 
. che a relazione di cestui rimprovero in quel tempo il Campanella, 
perchfe volea svestirsi dell' abito religiose, cio che poi non fece, ma 
solamente se ne ando con 1' obreo a Napoli ; disse che non si ri- 
cordava bene se fosse partite con sua licenza o no, e che in Cala- 
bria era corsa voce essere state 1' ebreo « brugiato in Roma per 
ordine del Santo officio ». Quanto alia pratica dell' ebreo con fra Dio- 
nisio, non ne fece parola (e veramente il fatto era piu che dubbio). 
I letter! troveranno ne' Documenti la denunzia e le deposizioni dei 
due frati (a), e leggendole sentiranno forse, come noi lo sentiamo, 
il sospetto che a quelle rivelazioni tardive pot6 dare la spinta fra Do- 
menico di Polistina piu volte in esse citato, tanto piu che dalle pa- 
role e da' concetti di que' frati, coraunque pezzi grossi dell' ordine, 
si rileva manifesta la lore raelensaggine, della quale i nemici del 
Campanella , e ancor piu di fra Dionisio, aveano tutto T interesse 
di proflttare. E difficile intendcre che fra Agostino, cosi tenero della 
sua coscienza , avesse aspettato dieci anni a sgravarsela , e che 
fra Giuseppe Dattilo , cosi smemorato , avesse potuto ricordare la 
voce corsa che 1' ebreo era state bruciato dal S.*" Officio, senza che 
qualcuno si fosse data la premura di eccitarne gli scrupoli e rawi- 
varne la memoria ; del resto c' 6 anche da sospettare che costoro 
si mostrassero melensi per progetto, trovandosi ascritti alia fazione 
del Polistina, e volendo farsi credere ingenui. 

Dobbiamo d' altra parte aggiungere che il Vescovo di Termoli 
si era presto messo in corrispondenza con Roma, dando ragguaglio 
al Card.* di S.** Severina di cio che veniva rilevando negli esami 
de' frati, e di cio che gli riusciva sapere anche per vie estragiu- 
diziarie; poichfe con una premura lodevolissima, oppostamente al- 
r incuria sempre addimostrata dal Nunzio, cercava la luce dovun- 
que, non solo dagl' inquisiti, ma anche da fra Cornelio, dallo Scia- 
rava , perfino da Fabio di Lauro , oltreche da D. Pietro de Vera, 
parlando lore privatamente. Abituato a quelle ricerche diligentis- 
sime che si adoperavano nel giudicare le materie di S.*® Officio, 
colpito dalla feroce prepotenza de' Giudici Regii e dalla condotia 
per lo meno deplorabile de' Giudici ecclesiastici nella Calabria, con- 
sapevole degli odii feroci e criminosi che campeggiavano segnaia- 



(n) Ved. Doc. 328 e 329, pag. 281 e 282. 



— 127 — 

mente neir ordine Domenicano al quale egli stesso apparteneva, forse . 
anche trasportato dall' ammirazione e dalla benevolenza che da un 
pezzo nutriva pel povero fra Tommaso, non cred6 mai di aver fatto 
abbastanza per iscoprire la veritA , e vedremo che , fino alia sua 
morte, egli, tanto pratico nelle cose giudiziarie, rimase perplesso 
e dubbioso su tutto, Delle sue lettere non conosciamo che i punti 
piu notevoli, i quali vennero inserti negli ultimi Sommarii de' pro- 
cessi , e senza le date che pure favorirebbero tanto piii la buona 
nozione dell' argomento ; laonde non possiamo 'riportarli, come vor- 
remmo, a proprio tempo e luogo, ma ci vediamo obbligati a riu- 
nirli tutti in un fascio al sfeguito-degli atti compiuti da quel Vescovo. 
Conosciamo per altro le date delle prime lettere, che furono il 12 
e il 19 maggio (a). II 12 maggio il Card.' di S,'* Severina gli man- 
dava il Sommario del processo, o meglio de' processi ecclesiastici 
di Calabria (di Monteleone, di Gerace ed anche di Squillace), Som- 
mario compilato nel S.^° Officio di Roma dal Rev.*^** Procuratore 
fiscale, che era quelle stesso Giulio Monterenzio , il cui nome fi- 
gnra anche ne' documenti del processo di Giordano Bruno : infatti 
oltre la lettera di S.^ Severina ne abbiamo un' altra posteriore di 
questo Monterenzio, che spiega un dubbio sorto sopra un punto del 
sue Sommario, cio che dimostra pure la diligenza grandissima con 
la quale il Vescovo di Termoli attendeva alia causa (b). Nella stessa 
data , due giorni dope la prima seduta del tribunale , il Vescovo 
scriveva al Card.' di S.^* Severina partecipandogli senza dubbio che 
la trattazione della causa era gia cominciata : il 19 maggio poi , 
due giorni dope che il Campanella chiamato all' esame erasi mo- 
strato pazzo, egli scriveva la sua 2* lettera, con la quale manife- 
stava di credere che la pazzia del Campanella fosse simulata, che 
11 Nunzio da molti giorni V avea fatto sorvegliare ed avea saputo 
che parlava assennatamente , che stimava doversi venire alia tor- 
tura € pro praecisa responsione > (secondo la giurisprudenza del tem- 
po) ; ed aggiungeva essere a sua notizia che il Campanella non 
temeva la tortura, e che la pazzia era nata da che il P.® Gonza- 
les, confessore di alcuni tra' carcerati , prima della sua venuta a 
Napoli, aveva esortato il Campanella ad aver cura dell' anima per- 
chb il corpo era spedito (c). Come mai questi ultimi fatti, di or- 
dine assolutamente riposte, erano venuti a notizia del Vescovo di 
Termoli? Vedremo fra Pietro di Stilo, assai piu tardi, esporre ai 
Giudici la circostanza delle esortazioni e riprensioni del P.*-' Gonza- 
les*; 6 chiaro quindi che il Vescovo non rifuggiva dalF informarsi 
dell' andamento delle cose da' frati medesimi, mostrandosi con loro 
Giudice severe ma tutt' altro che inumano. 



(a) Si rilevano dalla risposta del Card.* di S. Severina ; ved. Doc. 330 , 
pag. 284. 

{b) Ved. la nostra Copia ms. de' processi eccles. torn. 1.**, fol. IH '/,. 
(c) Ibid, fol. 362 '/,-63. 



— 128 — 

Si ripigliavano intanto piii e pin volte gli esami de' frati , ^ 
poi si passava a quelle de' testiiiioni. Nel iiiodesimo gioriio, 19 mag- 
gio, si esaminavaiio ancora fra Paolo, il Bitonto, il Petrolo, fra Pie- 
tro di Stilo , il Lauriana (a). Fra Paolo fu interrogate di nuovo 
circa quel libretto di cose superstiziose, e richiesto del motivo pel 
quale vi si leggeva un segreto per non confessaro alia corda, onde 
si poteva dedurre clie egli temesse di averla a soffrire; fu interro- 
gate ancora.su' detti e fatti del Campanella, su' frati i quali si erano 
congregati in Pizzoni, suU' impegno preso di dover predicare coniro 
la fede al tempo della ribellione. Ed egli in fondo nego ogni cosa, 
nomino i congregati in Pizzoni, e all' ultima dimanda rispose * son 
frate semplice et non intendo Latino, come volea predicare »? — 
11 Bitonto fu interrogate circa la sua conoscenza con Felice Ga- 
gliardo e con Cesare Pisano, 1' andata in Messina con Cesare, i di- 
scorsi fatti in tale occasione, la consaci*azione di diverse ostie e lo 
scellerato abuse faltone, come pure circa il motivo pel quale avea 
lasciato 1' abito e tolta la corona al tempo della sua cattura. Ed 
egli, qualiticando il Gagliardo, come il Pisano, tristissimo uomo, 
ricordando le circostanze per le cjuali avea dovuto trovarsi con loro, 
nego energicamente tutti i fatti criminosi clie se gl' imputavano; e 
addusse una sua malattia e il trovarsi in una vigna, per ispiegare 
il fatto deir abito e della corona, conchiudendo sul fatto dell' oslia 
consacrata, « mi potete fare mettere nel foco e farmi ingiottire cosi 
come datum, et abiron, se mai ho ditto, ne fatto tal cosa ». — II 
Petrolo fu esortato a dire la verita, se gli fossero piaciutc le opi- 
nioni del Campanella , mentre 1' aveva tanto spesso udito parlare 
di eresie ed aveva continuato sempre a trattarlo, lino ad associar- 
glisi nella fuga travestito quando era ricercalo dal S.^° Officio, e 
poi trovavansi nel processo tante cose centre di lui da doversi ri- 
tenere convinto. Ed egli si scuso sopra ciascuno addobito , persi- 
stendo pur sempre nel sistema di denunziare senza parsiraonia i 
detti e fatti del Campanella, onde rij)et^ che fra Tommaso presso 
la RocccUa gli avea detto essere state da lui mandate Maurizio 
presso i turclii, come pure esser baie le crcdenze sul tico mangiaiu 
da Adamo , e in Squillace avea detto a un capo di Si^uadra non 
trovarsi morte ma mutazione di essere, conchiudendo, « in altn* 
son grandissimo peccatore, ma contra la fede non ho peccato ». — 
Fra Piet.ro di Stilo fu (jsortato egualmente a dire la verita, se fuss*' 
state consapevole de' fatti i) detti del Campau(3lla contro la fede e»l 
impegnato a predicare in quosto sense a tc^iipo della rilxdlione, ci«» 
che rendevasi credibile , essondo lui intimo del ('ampanella e di 
fra Dionisio, ed avendo anche esortato (jualcuno (intendasi il Sol- 
daniero) a non rivelare ed anzi a credere quelle eresie, come cun- 
stava nel processo. Ed egli nego di aver mai saputo cosa alcuiKi 
del Campanella contro la fede, nego di essere amico di fra Dioni- 

(a) Ved. Doc. 317 a 321, pag. 268 a 273. 



— 129 — 

sio, mentre era invece amico del Polistina, confermando che fra Dio- 
nisio era scelleratamente abituato a parlare senza ritegno della piu 
turpe lussuria, ed egli avea rimproverato il Campanella perchfe con- 
versava con lui ; inoltre negd di aver mai parlato con alcuno in 
lode del Campanella se non per cose di filosofia. — Da ultimo il 
Lauriana fu interrogato sul motive pel quale avea saonate le cam- 
pane all'armi quando i ministri del S.^" Officio erano venuti a cat- 
turare certi imputati , e fu eccitato a dire la veritA , mentre era 
tanto amico del Campanella e di fra Dionisio da doversi ritenere 
non pure consapevole ma complice delle loro eresie ed impegnato 
a predicarle, come era noto per deposizio'ni. Ed egli si scuso, dicen- 
dosi suddito del Pizzoni ed obbligato ad eseguirne gli ordini ricevuti 
dietro erronei apprezzamenti ; fece avvertire che non era letterato 
e quindi non era capace di predicare, ed aggiunse che avea comu- 
nicato al Pizzoni quanto gli era accaduto di sapere, che aveva pure 
scritta una lettera dettata dal Pizzoni per dar notizia al P.** Gene- 
rale della ribellione e di alcune cose di S.^ Officio , che aveva 
egli medesimo portata questa lettera alia posta di Monteleone. In 
tal guisa procedevano gli esami, condotti con molta perizia e cono- 
scenza della causa , come risulta da' documenti ; questi mostrauo 
inoltre lo studio che il Vescovo di Termoli vi faceva, notando al 
margine di essi non solo i punti piu importanti, ma anche i raffi*onti 
con gli esami anteriori, le menome varianti e le cose che gli sem- 
bravano inverosimili. 

Si produsse allora un prime incidente tra' parecchi che in questa 
causa si verificarono. Fra Pietro Ponzio, sulla cui persona era stata 
fatta una ricerca di corrispondenze provocata dal Lauriana, si pose 
con tanto maggiore accanimento, egli e fra Dionisio, a sorvegliare 
il Lauriana e il Pizzoni, che tenevano corrispondenza tra loro. II 
Lauriana trovavasi nella carcere da basso con piu di vcnti indivi- 
dui, ed il Pizzoni stava in una delle carceri suporiori con Gio, An- 
gelo Marrapodi, Geronimo Conia e Marcantonio Stanganella: Aqui- 
lio Marrapodi , giovanetto quattordicenne , figlio di Gio. Angelo, 
serviva questi ultimi ed anche il Lauriana, fra Pietro e fra Dionisio, 
ed eludendo la vigilanza de' carcerieri portava le corrispondenze; un 
giorno fra Dionisio lo sorprese, gli tolse una lettera che teneva na- 
scosta in petto, lettera senza fir ma e senza indirizzo, ma scritta cer- 
tamente dal Lauriana al Pizzoni. Con essa il Lauriana diceva di 
avere inviate prima altre lettere, raccomandando di lacerarle, e di 
aver fatto capitare a fra Francesco da Tiriolo (che ricordiamo aver 
visto carcerato per la causa della congiura e gia liberate) alcuni 
rriemoriali da doversi presentare ; infmo raccontava minutaraente 
1' ultimo esame cui era state sottoposto. La lettera fu mandata da fra 
Dionisio, mediante lo stesso Aquilio, a fra Pietro Ponzio, e da ce- 
stui fu presentata al Vescovo di Termoli, qualificandola « un con- 
cetto importante pel progresso della presente causa > ; immediata- 

AmabiU-^T. Campanslla, Vol. II. 17 



meute, il 2G maggio, il tribunale venno ad occuparsene {a), Fu inte^ 
rogato fra Pietro, che disse avere avuta la lettera da quel servito- 
rello, e crederla scritta tial Laui-iana al Pizzoni. Fu inten-ogato in 
generc il Lauriana, che nego ogni cosa. Fu interrogato Aquilio, cho 
a£Ferm6 di servire suo padre ed anche que' inonaci pei (joaJi cora- 
prava cose da inangiare ; affermo di aver poi'talo lettere di secolari 
alia posta ma non di mouaci, aggiungendo con grande disinvolta- 
ra, « se si trova che habbia portato pur un viglietto di questi lafl- 
naci, voglio che mi sia tagliata la testa ». GH fu presentata, si^ 
lora la lettera, dimaudandogli se sapeva leggere e scvivere ; ed egli 
disse di saper « legere quando la lettera fe bona et un poco scrivfr 
re », ma afformA di non conoscere quella scrittura. I Giudici, per 
convincerlo , fecero subito venire fra Pietro , il quale gli ricordd 
che avea portato biglietti e lettere del Lauriana e del Pizzoni, d 
n'era stato rimprovorato da lui ed anche da un altro carcerato, Go^ 
sare Bianco ; ed Aquilio dov6 confessare ogni cosa; e licenziato fra 
Pietro, richiesto perchfc non avesso dctto prima la veritA, con noD 
minore disinvoltura rispose che non se n' era rieordato, aggiungead* 
di aver portato un' altra volta al Pizzoni un biglietto che il Lau- 
riana gli avea detto essere raeraorialo, che non credeva di esserel 
stato veduto ma che Cesare Biauco I'avea voalmonto rimproveratof 
e dietro altre dimando rispose che il Pizzoni non potea scriverfl' 
(aveva la spalla offesa), ma che con lui stavano suo padre e U Conia 
e lo Stanganella, i quail sapevano scrivere. I Giudici vollero lu^ 
cora interrogare Cesare Bianco, che era di Nicastro e trovavasi car- 
cerato per la congiura, e cestui confermd di aver visto il Lauriana 
dare il biglietto pel Pizzoni e di averne mosso rimprovero ad Aqoi^ 
lio: e fatto venire il Lauriana lo confronUrono con costui, ed 6glt' 
giunse a dire , « Dio mi mandi alle pene dell' inferno se mai M 
fatto tal cosa », e licenziato il Bianco e richiamato Aquilio, con- 
frontarono il Lauriana anche con lui, e il Lauriana continud sem- 
pre a negare, e rimasto solo e presentatagli ia lettera, disse ch* 
non avea fatta tale scrittui-a , che essa non era di mano sua e4 
egli non avea comunicato il suo esame ad alcuno. Ma lo notizw 
deir esame erano [ireciso, e potevano essere state date solo o d^ 
componenti il tribunale, o da lui, che aveva in tal guisa tradito 
pure il segreto solito ad imporsi dal tribunale ail ognuno che li 
esaminava: rimase quindi ben provato che il Pizzoni e il Lauriaa* 
si concertavano tra lore, per esimersi dalla responsabilitA che pifl 
o raeno aveano comune con gli altri frati da lore accusati ; eranft 
perci6 sospetti, ed anzi falsi, se non in quanto agli altri , oertft' 
mente in quanto alle persone proprie. 

Nella stessa seduta fu esaminato di nuovo il Pizzoni (6); e primi. 
di tutto gli si dimandd so avesse mai ricevuto lettere e memoriaB 



(a) Ved. Doc. 322 a 326, pag. 274 a 277. 
(6) Ved. Doc. 327, pag. 279. 



— 131 — 

dal Lauriana, ed ogli rispose negativamente. Si voile allora che 
ripetesse le circostanze in cui il Campanella gli avea parlato delle 
profezie e delle rivoluzioni die dovevano accadere, e dicesse come 
e perchfe fra Dionisio gli avea gia parlato prima dell'eresie mede- 
sime ripetutegli in sftguito dal Campanella, opponendo essere inve- 
rosimile che, mentre il Campanella indignato di non poter avere 
da lui fuorusciti a sua divozione aveva esclamato « ben mi fu detto 
da M.® Gio. Battista (Polistina) che tu sei un traditore », si era 
tuttavia lasciato andare a rivelargli tante eresie e tante empietA; 
inoltre gli si dimando se conoscesse complici degli errori del Cam- 
panella e di fra Dionisio, Evidentemente si voleva cogliere il Piz- 
zoni in qualche contraddizione, ma egli impertm^bato ripete le cir- 
costanze di que'discorsi, e Toccasione avutane dall' essere stati ri- 
cordati i travagli patiti in Roma dal Campanella, e le opere com- 
poste da lui; disse che la qualificazione di traditore, secondo I'av- 
viso di M.° Gio. Battista di Polistina, gli fu data dal Campanella 
dope i discorsi della ribellione e dell'eresia e non gii prima; infine 
dichiaro di non conoscere complici. 

II 29 maggio si ritorno ad esaminare il Lauriana ed il Pe- 
trolo (a). Al Lauriana si dimando dapprima se si fosse risoluto a 
dire la verity sulla faccenda della lettera mandata al Pizzoni, ed 
egli rispose di averla detta la veritA. Poi gli si dimandd una quan- 
tita di circostanze in cui avea dovuto udire le eresie del Campa- 
nella e di fra Dionisio, e se le avesse udite anche da altri, e come 
si fosse accorto che il Pizzoni vi partecipava, e se veramente fosse 
state dal Pizzoni esortato a credere le eresie del Campanella, se- 
condochfe avea dichiarato nel prime esame sostenuto in Monteleone 
e ratificato in Gerace. Ed egli rij^et^ soltanto la scusa gik data altra 
volta su quest' ultimo fatto, ma per tutto il resto disse sompre di 
non potersene rammentare, e si riporto costantemente al sue prime 
esame; « vedete Ua ala mia esamina che \\k lo trovareti ». — Quanto 
al Petrolo, gli si dimandarono diversi chiarimenti sulle cose dette 
oegli esami sostenuti in Calabria, e massime come e dove il Campa- 
nella dicesse le sue eresie a frati e secolari, come fosse egli venuto 
St conoscere la cifra che il Campanella e il Pizzoni adoperavano tra 
loro, come e dove ed a chi il Campanella esponesse le rivoluzioni 
che doveano accadere e le profezie che vi si riferivano, e quando 
ad a chi dicesse di voler predicare la liberta. E il Petrolo ripeteva 
le cose giA deposte , confermando sempre che il Campanella non 
parlava di eresie agli altri cosi liberamente come faceva con lui, 
ma per motti e in diversi luoghi; che alia Roccella avea vista la 
5ifra in una scrittura, la quale il Campanella gli disse essere una 
lettera del Pizzoni; che le profezie e le rivoluzioni erano state espo- 
jte dal Campanella dapprima nella Chiesa di Stilo, predicando al- 
* altare sopra una sedia , ed a lui solamente il Campanella avea 

{a) Vod. la nostra copia ras. de* process! eccles. torn. 1.® fol. 96*/,. 



— 132 — 

detto, <c par che queste profezie parlino di me »; infine che non ri- 
cordava dove, e quando, e con chi il Campanella avesse detto voler 
predicare la liberta. 

Continuarono gli esami nel giujii^no seguente, e in essi potfe in- 
ter venire il Nunzio, essendo tornato in Napoli dalla sua Chiesa di 
Troia; ma dopo quattro sole sedute ogli mando di nuovo in sua vece 
TAuditore Antonio Peri, che lo sostitui per tutto il rimanente del- 
I'anno, sicchc nella piii gran parte del processo offensive, in tutto il 
ripetitivo, ed anche in quasi tutto il difensivo, il Nunzio non assistfe 
menomamente. Dal suo Carteggio rilevasi che in questo ritorno da 
Troia egli potfe vedere quale fosse la sicm'ezza delle strade, ed es- 
sere informato sopra i luoghi intorno alle criminose relazioni tra 
banditi ed ecclesiastici: non sara inutile riportaro qui un 1>rano di 
lettera da lui scritta al Card.* S. Giorgio su tale argomento, poi- 
ch6 interessa conoscere pienamente i tempi e farsi tin concetto giu- 
sto di quella abominevole miscela di frati, clerici e banditi, la quale 
non era propria dcUa Calabria a' tempi del Campanella, ma comune 
a tutto il Regno anzi a tutto il mondo che diceasi civile, venendo 
dalle autorita ecclesiastiche riguardata in un modo per lo meno 
singolare {a). « Le replicaro che quanto alia ricettatione de* ban- 
« diti et al commercio che tengono con loro molti Clerici, et tulli 
« i religiosi che stanno in certi Conventi, dove per il poco numero 
« non si osserva regola alcuna, b necessario provedervi in qualche 
« modo accio non segua cosi spesso che le Chiese et i Conventi 
« sieno violate da questi Ministri Regii (ecco il vero e proprio in- 
« conveniente agli occhi del Nunzio), che gridono alle stelle che 
« dette Chieso et Conventi sieno ricetto di tristi et d' assassini come 
« riscontro pur troppo vero, et al ritorno di Troia e bisognato che 
« mi proveda di chi mi assicuri la strada, poichfe la sera che ar- 
« rivai ad Ariano intesi che poco avanti erano stati rubati dne 
« mercanti Raugei ot menati via da una truppa di Banditi per fame 
« ricatti, onde scrissi al Vicerfe della Provincia che 6 il Conte del 
« Sacco , il quale non solo mi mando 20 Ai'chibusieri ma venne 
« ancora lui su la strada per aboccarsi con me, et mi fece gran 
« querela di quanto ho detto, con soggiugnere che fra gli altri certi 
« Monaci di M.'*' Vergine cho stanno a S. Guglielmo , luogo in 
« quelle campagne (6), non solo raccettano, ma partecipano i loro 
« furti, portano ambasciate fra di loro, et sono mezi alii ricatti > 
etc. etc. — Continuarono dunque gli esami colP intervento del Nun- 
zio, e il 7 giugno si udi per la 3"* volta il Pizzoni, rimanendo dal 
suo esamo occupata Tintera seduta (c). Diremo in breve che, seni- 

(a) yod. Lett, del Nunzio del IG giugno IGOO filz. 230. 

(b) Cio6 al Monaster© di Monte Vergine propriamente detto, sul monto Parte- 
nio presso Avellino. Chi scrivo questa narraziono serba dolorosissimi ricordi fami- 
liari di fatti dello stesso genero, avvenuti in questi nostri tempi sul detto monta. 

(c) Vo^l. la nostra Copia ms. de' process! eccles. torn. 1.** fol. 98 */,; coal pure 
per gli esami seguenti. 



— 133 — 

pre dietro dimande, egli dichiard di avere udito una volta sola par- 
lare di eresie e di ribellione tanto il Campanella quanto fra Dio- 
nisio ; e redarguito, perchfe nel primo esame avea detto di avere 
udito eresie dal Campanella in Stilo ed in Pizzoni, dichiaro che in 
Gerace non gli era state letto il primo esame , e che il processo 
del Visitatore conteneva falsita. Addusse un altro motive della sua 
andata a Stilo, un pagamento che dovea fare ad un frate, e ne fu 
redarguito da'Giudici. Narro la sua andata a Stilo, seguita dall'altra 
ad Arena, insieme col Campanella accompagnato da' parenti armati. 
Disse di aver conosciuto gia prima il Soldaniero, capo di banditi, 
che gli avea mandate una lettera minatoria, e di averlo poi visto 
passeggiare col Visitatore e fra Cornelio nel convento di Soriano 
il 28 agosto, ma di non sapere se egli fosse infer mate delle eresie del 
Campanella, sapere bensi che avea parlato con fra Dionisio; e re- 
darguito, perchfe nel primo esame avea detto che il Soldaniero era 
informato di tutto, dichiard che fra Cornelio lo scrisse di sua vo- 
lontA e poi non glie lo lesse. Nego di avere usato mai cifre col 
Campanella; confermo di avere scritto al P.® Gene rale e di aver 
dettata la lettera al Lauriana; stretto dalle dimande dovfe negare 
che il Campanella e fra Dionisio gli avessero in Pizzoni parlato di 
eresie alia presenza d'altri, e dichiarare che fra Dionisio non si trovo 
mai in Pizzoni in compagnia del Campanella (dovfe quindi dare una 
grave smentita al Lauriana). Accetto di avere ordinate al Lauriana 
che suonasse le campane all'armi nel tempo della lore cattura, ma 
aggiunse di ayerglielo subito vietato quando seppe che trattavasi 
della venuta de' soldati del Battaglione. Confermd di aver prima 
parlato al Visitatore delle eresie udite, notando che vi era andato 
egli solo: ma i Giudici gli obiettarono che se avesse davvero par- 
lato prima al Visitatore di quelle eresie estragiudizialmente, non 
gli sarebbe state possibile il volerle poi occultare, quando fu tratto 
in giudizio innanzi al medesimo Visitatore; ed egli si scusd addu- 
cendo il terrore avuto perchfe ognuno gli annunciava la morte, Tes- 
sergli state quindi necessario che il Visitatore e fra Cornelio gli 
ricoi'dassero ogni cosa con una nota scritta che tenevano nolle mani, 
aggiungendo pure che aveva fin d'allora avuto minacce dal Cam- 
panella per mezzo di Gio. Tommaso Caccia. N6 dope tutto questo 
i Giudici ritennero esaurito T esame del Pizzoni. 

n 17 giugno furono esaminati nuovamente il Lauriana, il Pe- 
trolo, fra Pietro di Stilo; il 20 giugno fu esaminato per la 4* volta 
il Pizzoni. Stretto dalle dimande, il Lauriana confermo che quando 
il Campanella si fece a parlare di eresie c'era anche fra Dionisio 
3ltre il Pizzoni (ed in cio per lo mono la memoria non Tassisteva 
bene). Cito due occasioni per le quali il Campanella avea manife- 
jtato eresie: Tuna, V essere stata condotta dal Casale di Vazzano 
91 Pizzoni una donna spiritata, e il Campanella la giudicd pazza, 
3 nel dopo pranzo disse, « mi portano innanzi queste donne spiri- 
c tate e matte, et io non tengo che ci siano ne spiriti, ne diaboli, 



« ne inferno, e ne paradiso »; I'altra, I'avere il Campanella letto 
capitolo di Plinio in cui parlavasi della natura, ondc disse che Dio 
la natura con tutto le altre proposizioni altra volta deposte (sii^c^ 
lai-e raffronto con cio che avea puro gia dichiarato il Caccia, m>' 
attribuendolo al Pizzoni). Bisse che fra Dlonisio gli avea solainco**. 
parlato contro I' eucaristia, ma preseiite il Canipanella e il PizMh 
ni; e che il Pizzoni non avea mostrato di credere all' eresie, nf 
di approvare alcune opinioni scritte dal Campanolla in un suo U- 
bro, aggiungendo che in quel libro trattavasi di opiaioDi contro S. 
Toraraaso. — II Petrolo poi dovfe rispondere ancoi-a una volta io- 
torno a'complici del Campanella; e continue) a dire che non ne ctj- 
nosceva, e che il Campanella non avea manifestato mai eresJe for 
mali in presenza di alti-i, siWcno si esprimeva per motti, de'qa^i 
fomi qualche esempio. — Inline fra Pietro di Stilo dovfe dare chia- 
rimenti intorno a cio che il Campanella avea dotto della elezione 
del Papa e de'miracoli; e fattosi leggere il primo esarae cercd di 
attenuarne la misui'a, dolendosi anche di fra Cornelio che scrivera 
troppo diffusamente, ma conchiuse che conferrnava quanto neli'esa- 
me trovavaei ecritto. — Ben piii lungo fu I'esame del Pizzoni, che 
di nuovo occupo Pintera seduta. Sempre dictro dimande, dovfe di- 
chiararo in qual Ixiogo fosse state ammalato negli ultimi tre anni, e 
se in Stilo (che egli aveva taciuto nella sua rassegna) avesse avuio 
stanza anche il Campanella al tempo della sua raalatlia. Dovt'^ Ai 
chiarare di nuovo se in Pizzoni, quando il Campanella parlo di ere- 
sie, fosse stato presente fra Dioiilsio; e dettogli che un testimooc 
suo araico afferraava die fra Dionisio c'era, fu costretto a smen- 
tirlo definitivamente, dicendo che quo! teslimone (il Lauriana) ss- 
peva di tali cose quanto il inuro della stanza, che quel testimonc. 
alia presenza di quasi tutti i frati ed altri secolari, aveva in M*m 
teleone confessato che non sapeva addirittura nulla nfe di ribollioH 
nb di cose di eresia, e che avea parlato per paura e per subonu 
zione del Visitatore, di fra Cornelio ed anclie di D. Carlo Ruffo, 
con la speranza di ossere subito liberate anzi premiato, e la paon 
era stata tale che avrebbe deposto peril no contro suo padre; cIk 
quanto avea deposto eragli note solamente per la lettera al P.' (1» 
nerale scrJtta di sua niano sotto la dettatura di oss<j Pizzoni. In- 
torno a tutto le altre citazioni di deposizioni Lestimoniali coDtrane 
(riferibili segnatamente al Caccia, senza che il nome di lui tarn 
pronunziato ) , egli dichiaro che doveano provenire da persone ia- 
fami e bugiardo, o inimiche, o sedotte, ovvero anche da falsilAA 
scrittura, dando per sospetto il Visitatore e fra Cornelio, od aflisr 
mando che in Monteleone il Pisano e il Caccia se n'erano lamflt- 
tati con gli altri prigioni, pcrche gli aveano carpiti 100 scudi per 
uno ed altri donativi, con la promessa di sottrarli alia Corte soc* 
lare , e cosi gli aveano falto dire quelle che aveano voluto; inol* 
tre il Caccia avea dimandato perdono ad esso Pizzoni, per aver de- 
posto dietro insinuazione di que' duo frati, che gli dicevano essers 



— 135 — 

TUte deposizioni del Pizzoni contro di lui, e poi anche dietro gli 
troci tormenti sofferti mentre era travagliato dalla febbre. Nego 
i nuovo la cifra; confermo che il Lauriana gli avea detto essere 
imasto scandalizzato, perchfe il Campanella in una predica in Stilo 
veva esclamato, « oh si mi fusse lecito estendermi in questa mate- 
ia », parlando del governo de'Principi e Prelati, non gist di eresia; 
iifine ripndid ad una ad una tutte le eresie che gli erano state ad- 
ebitate* 

L'indomani, 21 giugno, fu esaminato di nuovo il Bitonto, e 
oi, per la prima volta, fra Dionisio (a). II Bitonto dovfe dar conto 
i ciascuno di que'molti fatti che avea deposti il Pisano, e che di- 
dttamente o indirettaraente lo riguardavano (senza che il nome del 
^isano fosse mai pronunziato); ed egli rispose costantemente « non 
o mai inteso tal cosa>, qualche volta anche «rho inteso da che 
on qua carcerato », ovvero « 1' to inteso quando so state esami- 
alo dalli giudici et in particolare in hierace » , aggiungendo che 
uivi fu esaminato dal Vescovo e dal Visitatore, essendo presente 
nche Carlo Spinelli; e conchiuse che tutte quelle cose avevano 
ovuto esser deposte da qualche infame o nemico suo. — Si passo 
uindi a fra Dionisio. Cestui, sempre dietro dimande, disse di aver 
aputo dal Sances e dal carceriere che era state imputato in cose 
i S.*^ Officio insieme col Campanella, e nego con la piu grande 
Dergia di aver peccato nella fede. Di6 una lunga lista de'suoi ne- 
lici, a cominciare da'Polistina e dagl'inquisiti per la morte dello 
io M.® Pietro, e venendo sine a fra Pietro di Stilo che disse crea- 
lira del Polistina, al Pizzoni finto amico nelle sue liti col Polistlna 
ladro di molti suoi scritti predicabili onde dovfe infamarlo, al 
lauriana partecipe del furto degli scritti ed incaricato della ven- 
ita di essi, oltrechfe legato in nefande relazioni col nipote del Piz- 
oni, fra Fabio, e col Pizzoni medesimo, onde dovfe scacciarlo dal 
onvento di Nicastro dove esse fra Dionisio trovavasi Priore. Nego 
i aver mai trattato con qualche ebreo in Cosenza, dichiarando 
pontaneamente che a tempo di quell' ebreo, allorchfe venne eletto il 
\" Generale Beccaria (cio6 nel 1588), egli trovavasi in Napoli, 
tel convento di S.^ Caterina a formello, e che seppe in Napoli da 
tna lettera di suo zio M.° Pietro avere il Campanella avuto con- 
ersazione con quell' ebreo di cattiva fama in Cosenza, essere fug- 
fito in compagnia di lui da Calabria ed avere arrecato questa fuga 
^nde scandalo, onde gl'ingiungeva di non avere piu relazione col 
Jampanella; dichiaro anche, dietro dimande, di non avere mai piu 
Lvuta notizia di quell' ebreo, nfe occasione di parlare col Campanella, 
:he non vide piu per 7 od 8 anni dope quel tempo. Nego assolu- 
amente di avere mai avuto scandalo dal Campanella per cose di 
ede, mentre pure avea cercato di chiarirsene, poichfe dicevasi che 
ivea diavoli, comandava diavoli e credeva poco: aggiunse di aver 



(a) Yed. Doc. 332, pag. 284; quivi aDche gli esami segaeoU di fra Dionisio. 



— 136 — 

saputo da lui che era stato inquisito nel S.*® Officio per un Sonetto 
bnittissimo contro la fede e contro Cristo, quale Sonetto gli recito, 
che Taccusatore era stato condannato in galera ed esso Campanella 
liberalo senza abiura, non avendo mai voluto accettare di avere 
abiurato, montre di poi in Napoli ebbe a sapere che Tabiui^a c'era 
stata (ondo dovrebbo dirsi che pure tra loro amici intimi si man- 
teneva I'equivoco, confondondo I'esito di processi diversi). Tale fu 
la prima deposizione di fra Dionisio , che egli non potfe sottoscri- 
vere per la tortura avuta nel tribunale della congiura, e che cro- 
cesegno tenendo la penna slretta traMenti. 

Fu poi fra Dionisio esaminato di nuovo tre altre volte suc- 
cessivamente, il 26 e 28 giugno, ed il 13 luglio, continuando sem- 
pre ad intervenire agli esami non il Nunzio, ma I'Auditore di lui 
Antonio Peri. II 26 giugno fra Dionisio comincio dal dire sponta- 
neamente che avea ricevute dal Lauriana due lettere, con le quali 
gli narrava I'esame sostenulo in Calabria e gli chiedeva perdono, 
avendolo a torto accusato di proposizioni eretiche contro Teucaristia, 
a suggestione del Pizzoni e per uscire dalle mani de' secolari ; che 
queste lettere gli erano state tolte da'carcerieri, ed egli riteneva 
dovessero trovarsi nell'altro processo; che da esse rilevavasi essere 
stato deposto dal Lauriana di avere udite le ercsie in un discorso 
tenuto dal Campanella in Pizzoni con lui, fra Dionisio, e con fra 
Gio. Battista di Pizzoni, e tale fatto era la piu grande menzogna, 
non essendosi lui fra Dionisio mai trovato in Pizzoni contempora- 
neamente al Campanella (il fatto era fondamentale , e il vederlo 
a notizia di fra Dionisio mostrava che le lettere c' erano state, salva 
la quistione di sapere se in esse si parlava realmente di accuse in- 
giuste e di domanda di perdono), Narro poi, interrogate, le circo- 
stanze della sua cattura e di quanto gli era avvenuto ne' giorni 
consecutivi (cio che fu da noi esposto a sue tempo). Forni spiega- 
zioni sulla sua lettera trovata presso fra Vincenzo Rodino, sulla 
sua conoscenza col Pisano, suU' andata con cestui a Messina e sul- 
Tandata successiva col Campanella e col Bitonto a Castelvetere, 
dove il Pisano trovavasi carcerato pel furto di una giumenta del 
Principe, riconoscendo di aver voluto aiularne la liberazione, ma 
semplicemente per I'onore della famiglia di esso. Forni spiegazioni 
sul fatto deir inglese che in Roma avea date un pugno all' ostia 
consacrata, dicendo di averlo veramente narrate perfino dal pul- 
pito € etiam cum laclirimis », per dimostrare la gran bonUi e toUe- 
ranza di Die: dichiaro di non aver mai conosciuto V avvenimento 
del prete annegatosi con V ostia, o ripudio assolutamonte il fatto 
osceno commesso con Tostia, facendone rilovare V inverosimiglian- 
za. Infine nego di aver mai parlato in dispregio delF eucaristia, 
e disse che le precise parole , con le quali gli si faceva tale di- 
manda , si trovavano nolle lettere del Lauriana (altra prova che 
tali lettere c' erano state) ; notando che in Pizzoni egli non potea 
dire tali cose, poichfe c' erano soltanto suoi nemici e un vigliacco 



— 137 — 

fnoruscito (certamente il Caccia), il quale poi si disdisse neiratto 
di essere giustiziato. — II 28 giugno , esaminato per la 3* volta, 
fra Dionisio negd ad una ad una tutte le eresie e tutte le accuse 
che gli erano state apposte (dal Soldaniero, dal Lauriana, dal Pi- 
sano etc.) e che i Giudici gli vennero successivamente formolando, 
non senza dare qualche spiegazione in sua difesa. Cosi, a propo- 
sito del pugno da lui dato a un'immagine del crocifisso in Soria- 
no, dichiard che il Priore e Lettore di quel convento erano suoi 
nemici, che vi si trovava anche un gran fuoruscito a nome Giulio 
Soldaniero state per tutta la quaresima in relazione con fra Gio. 
Battista di Polistina, ed egli avea temuto di essere ucciso o almeno 
bastonato da lui, e gli avea parlato sempre in pubblico. A propo- 
sito di altre eresie che si era deposto aver lui udite dal Campa- 
nella e lodate ed insinuate ad altri, dichiard che il Petrolo, gik 
da circa un mese, passando innanzi alia sua prigione si era awi- 
cinato alia finestrina di essa e gli avea dimandato perdono, facen- 
dogli sapere che avea deposto essere state detto dal Carapanella, 
in presenza di lui fra Dionisio, che non c'era purgatorio nfe infer- 
no; onde temeva che questo potesse nuocergli, sebbene avesse pure 
aggiunto alia deposizione che il Campanella prima diceva le eresie 
a lui e poi le diceva anche agli altri, ma in mode che esse Pe- 
trolo non sapeva se gli altri le intendessero (e questo mostrava che 
veramente il Petrolo avea dovuto parlargliene). Infine negd di aver 
mai saputo che il Campanella si fosse proposto di predicare, e che 
egli medesimo dovesse predicare contro la Chiesa. — 11 13 luglio, 
esaminato per la 4* volta, dovfe dar conto di altre eresie ed accu- 
se, suUe quali non era state ancora interrogate (quelle deposte da 
Maurizio per propria scienza o per detto del Vitale , come pure 
quelle raccolte nel processo di Squillace). Ed egli nego egualmente 
ogni cosa; ed a proposito del fatto dell'ostia che pretendevasi avere 
una volta consacrata e poi gettata a terra, disse di aver saputo da 
Maurizio, nel venire a Napoli, che tale fatto era state deposto da 
Gio. Battista Vitale 4c credendosi schifare la morte almeno per al- 
cuno giomo », e fece rilevare che il Vitale prima di essere squar- 
tato avea revocata quella deposizione (c' era quindi state ad ogni 
mode un colloquio con Maui'izio su tale fatto, salva rimanendo la 
quistione di sapere se Maurizio avesse realmente attribuito il mo- 
tive suddetto alia deposizione, ed anzi se vi fosse stata realmente 
una deposizione del fatto innanzi a' Giadici da parte del Vitale). 
Pot6 poi questa volta dope cinque mesi, stando meglio co'suoi polsi, 
sottocrivere il processo verbale dell' esame sostenuto. 

Dobbiamo aggiungere che nella seduta medesima fu esamijiato 
ancora Giulio Contestabile , qualiflcato non solo teste , ma anche 
principale , senza dubbio per avere troppo conversato col Campa- 
nella (a). Egli disse di conoscere il Campanella e fra Dionisio , e 

(a) Ved. Doc. 333, pag. 295. 

Amabite^T, Campanrlla, Vol. H. 18 



di stimarli uomiiii tristi mentre erano inquisiti di cose trisle; dissQ 
di sapere che il Campanella era stato gia prima processafo per ero- 
sia, ma non sapere altro, e di avere due volte sole parlato col Caio- 
panella in Stilo , in casa sua , per la conchiusiooe della pace tra 
la famiglia sua e quella de' Carnevali; ma Oeronimo suo fratello 
scrisse da Napoli che non volea si trattasse con persona giA pro- 
cessata per eresia, ed avendo lui divulgata la lettera, il Campa- 
nella gli divenne nemico. Dichiard di non aver mai udito il Cant 
panella parlare di Cristo n6 di Mosfe, e fece rllevai'e che in Stilo 
c' era un altro Giulio Contestabile figlio di Lucio , Maestro dell& 
confraternita del Rosaino e perei6 molto assiduo nel convento dtt 
Domenicani (il fatto era vero (a), ma rappresentava una scusa grew 
solana). 

11 1" luglio fu interrogate Giulio Soldaniero, testiraone impor- 
tante, che si dovfe far venire dalla Provincia. II Carteggio del Nun* 
zio ci raostra che egli non trovavasi piii in Calabria, ma in terra 
d' Otranto, e che lo si fere venire per mezzo del Vescovo di Nar- 
dil; parrebbe pure dall' esame suo che fosse stato tenuto in prigioiw 
fin dal marzo , sicuramente ad istanza del S.'" Officio. Lo 
Carteggio ci mostra che appunto per lui la trattazJone della caus* 
soffi-i un ritardo nolle prime settimane di luglio; poichfe alia sua ve^ 
nuta era stato rinchiuso in Castel dell' ovo, e quando si voile esa' 
fflinarlo, si trovo il solito intoppo del non esserci ordine alcuno del 
Vicerfe, onde il Nunzio ebbe a fare istanza che u si desse quest' op* 
dine o si conducesse il prigione in Castel nuovo {b). Vediemo in ei^> 
guito che si fece venire anche il suo fido Valeric Bruno , ed en— 
trambi furono rinchii^i in Castel nuovo insieme co' frati inquisitii 
11 Soldaniero , dietro dimande , disse che era stato esaminato cUl 
fra Cornelio, e successivauiente dal Vescovo di Gerace, dopo di avai» 
mandate il Priore di Soriano al Visitatore per rivelare le cose doH 
tegli da fra Dionisio ; e ripetfe talune di queste cose , affepmandQ( 
che quando vennero dette o fatte , era presente e consenziente Ai 
Pizzoni , e tutto proveniva dal Campanella. Invitato ad esporrti 
ci6 che fra Dionisio gli avea detto di provenienza del Campanella^ 
non seppe dire piu nulla e si richiamo all' osame precedente, poichkl 
non se ne poteva ricordare. Aggiunse di aver visto in sfeguito fra Pi*i 
tro di Stilo, che gli raccomando di non dir nulla di quauto gli av« 
detto fra Dionisio, ma egli gik avea raccontato tutto al Priore 
Lettore di Soriano : non potfe ricordarsi se fra Pietro gli avi 



(rt) Nella Nwnerazione de' fuochi di Stilo (vol, i385 dolla collez, ) 
deir anno 1636, 1' elenco < veteris numeratiouis (1596) per comprobatiooem >i4 
oltre Giulio tiglio di Paulo Contestabilo di an. 36 sotto il n.° 200, reca 
< D." 256, Giulio Contcstabilo a. 35, Catering uxor on. 20, Lucretia filia 
Ne'Registri Partium vol. 1390 fol. 28 (an. 1596)8itrova « Giulio Contestabile 
de Tbeseo »; invoce nel proceaso leggesi < di Lucio ». 

(6) Ved. Let, del Nun;£io al Vescovo di Nardil, Jol 28 giugno, e I^t AA 
Nunzio al ViceWi del 4 luglio; Doc, 103 o 104, pag. 67. 



- 139 — 

parlato di eresie, ma nego di aver ricevuto lettere del Campanella. 
Disse che avea raccontato pure ogni cosa a fra Domenico e fra Gio. 
Battista di Polistina e costoro se ne maravigliarono, che vide fra Dio- 
nisio una sola volta (prima avea detto due volte), e parlo al Priore 
ed al Lettore perchfe lo cacciassero dal convento (a). 

Ma il fatto piu importante della seduta del 18 luglio fu il tor- 
mento della corda dato al Campanella per un'ora, fatto ricordato 
poi da lui medesimo nella sua Narrazione, U dove dice : « el Cam- 
€ panella sendo impazzito hebbe un' hora di corda, e restd per pazzo 
« quando era il Tragagliola ». Gi4 fin dal 12 maggio, dietro la 
richiesta del Vescovo di Termoli, il Card J di S.** Severina avea scrit- 
to : « quanto al particolare che ella avvisa, che fra Tomaso Campa- 
€ nella si finge pazzo, et non vuol giurare ne rispondere a quelle, che 
€ se gli domanda, le dico che S. S.^ rimette air arbitrio di Mon- 
« signor Nuntio e di V, S. , e del Generale Vicario Archiepisco- 
« pale di dargli la corda per h^^vere da lui la precisa risposta, con 
« avvertire di non interrogarlo de' capi del negotio principale per 
« non debilitare le ragioni del Fisco » . Adunque , dope il Solda- 
niero, venne introdotto il Campanella (6), e questa volta egli toccd 
il libro su cui fu invitato a giurare, ma fin dalla prima dimanda 
che gli venne diretta rispose in modo strano ed incoerente. « Voll^ero 
« pigliai'e fratimo, et poi si concitorno tutti contra di me, et mi hanno 
« spogliato, et mi ritrovo in questo modo, et ho fatto tanti libri, et poi 
« me li hanno cambiati » etc. Era sempre vestito da secolare, col suo 
cappello nero tra mano, e diceva : « questo cappello fe tutto strac- 
« ciato, et tutte queste veste che h6 sopra sono stracciate »; e voUe 
coprirsi il capo ma 1' aguzziuo glie lo scopri, onde egli si rizzd contro 
Taguzzino dicendo, «guarda cestui che mi vuol levare il cappello », e 
soggiunse « bisogna che venghi il Papa et sbroglia queste cose » etc. 
Fu quindi fatto condurre alia stanza del tormento e \k venne spo- 
gliato e ligato alia corda, con le proteste che il S.^ Severina avea 
raccomandate : ed elevate in alto comincio a dire « hoimfe che moro, 
« ah traditori, figlioli di cornuti, bagascie, mi hanno ammazzato, 
« madonna santissima aiutami ». Rinunziamo a continuare questa 
atroce rassegna di dolori , che d' altronde i letter! troveranno nel 
relative Documento : solo diremo che il povero Campanella, talvolta 
furioso, talvolta abbattuto, ingiuriava o invece blandiva chiedendo 
pietA, e spesso invocava il Papa e a lui si appellava, nota domi- 
nante per tutto il tempo della sua pazzia; allorchfe si rivolse a 
qualcuno de' Giudici in particolare , per muoverlo a misericordia, 
si rivolse sempre al 4c frate », ciofe al Vescovo di Termoli. Tra le 
avariate dimande fattegli vanno notate le seguenti : quanto tempo fu 
carcerato in Roma, se era state visitato da qualche medico nolle car- 



(a) Ved. Doc. 334, pa^. 296. 

{b) Per la lettera del S.*' Severina ved. Doc. gi^ cit,*" 330, pag. 284. Per 
Tatto del tormento del Campanella ved. Doc. 335, pag. 298. 



•i 

.1 



ceri, come si chiamava il Commissario del S.*" Officio in Roma aL 
tempo in cui fu carcerato, ed anche, cou ludibrio indegno, coea 
avrebbe avuto di buono a pranzo , e dope di avergli due volw 
minacciato il poUedro, che dimandasse qualche grazia. E il Cam- 
panella, obbligato allora appunto a soddisfare a' suoi bisogni natll- 
lUi stando sospeso alia corda, replied all' ultima domanda che io 
lasciassero , , . fare ; nfe rispose mai a proposito, e tra' diversi suoi 
detti incoerenti nomino il Marchese d' Arena, dicendo che « se havesso 
fatto (sic), non paleria questo », nomiuo Paolo Campanella, che 
avea disegnato una figura di S. Rocco, nomino Cicco Vono, qua- 
lilicandoly suo nemico, Infine, scorsa un' ora, venne deflnitivamente 
deposto e sciolto , a secondo 1' uso gli aguzzini gli ricomposero le 
braccia, quindi lo rivestirono e lo riconclussero nella sua carcere. 
Subito dopo fui'ono esaminati Geronimo padre e Gio. Pietro 
fratello del Campanella (a). Geronimo si dichiar6 di Stignano, dai- 
V eth di circa 05 anni, e dovfe rispoodere intorno alia causa dellft 
carcerazione di suo figlio, intorno a un libro che costui avea scritto 
ed egli avea lodato come superiore anche a quelle degli Apostoli, 
intorno alle divincizioni faltegU sull' avvenire degli altri figli , io- 
torno al rifiuto di predicare espressogli da fra Tommaso e motivato 
col non volei' fare 1' ufficio di saltimbanco, intorno al pranzo di Sti- 
gnano in casa Grillo, dove egli avea fbrnite vivande ed avoa do- 
vuto udire eresie da fra Dionisio. II povero vecchio disse di sapen 
solamente che suo figlio era state carcerato da Carlo Spinelli , e 
per detto d' altri che avea scritto un libro in Napoli, mentre quanta 
a s6 egli non sapea leggere n6 scrivere , soggiungendo, « alhora 
tutti rai dicevano bcato et hora tutti mi dicono sfortunato ». Qnanto 
alle divinazioni, disse che suo figlio era stato quattordici anni fuori 
di Calabria, ed al ritorno appena lo riconosceva per padre, trati- 
tando solo con Principi e Signori, come il Principe della Roccella, 
e il Marchese di Arena ; quanto poi al rifiuto della predicazioat 
disse che veramente avea pregato fra Tommaso di accettare 1' ofi- 
ferta fattane da que' di Stilo col compenso di 200 ducati , « per' 
aiutare alcune figlie femine che h6 & sono pezzenti », ma fra Tom- < 
raaso non voile, dicendogli che sapeva quel che si faceva. Accett*,'^ 
di aver visitato fra Dionisio in casa Grillo, ma nego di aver fo»^I 
nite vivande, aggiungendo, « non ho per me, et ho novo tra figlit 
et nipote femine » ; nego pure energicamente di avere udito discorA 
eretici, ed aggiunse, « si fra Dominico (Petrolo) lo dice, fatimfi 
mettere un chiappo al coUo et impendere ». Da ultimo a' Inginoot 
chio innanzi a" Giudici e disse , « Signori , siamo tutti spersi pet; 
« povero regno, et si questi monaci hanno fatto male, vi pr^<^ 
« castigateli per amore di Dio » : con cio, s'intende, egli volfl* 
dire che facessero presto, perchfe cosi sarebbe presto tornato a < 
sua ove 1' attendeva una frotta di giovani donne rimaste nell' ab- 



(aj Ved Doc. 336 e 337, pag. 300 e 301. 



bandono e nella miseria ; e 11 suo desiderio era naturalissimo, ma 
faceva dimenticargli che tra' monaci i quali avrebbero dovuto essere 
gastigati , e non lievemente , c' era anche il migliore de' suoi fi- 
gliuoli. — Molto piu breve fu 1' esame di Gio. Pietro Campanella, 
che si dichiaro di 28 anni in circa e di mestiere calzolaio. Gli chie- 
sero se avesse mai udito suo fratello fra Tommaso parlare di ri- 
voluzioni da dover accadere nel 1600 ; ed egli rispose che poche 
volte gli avea parlato e non mai di tali cose. Al pari di suo pa- 
dre, non sapendo scrivere, segno con una croce il processo verbale 
dell esame. 

II 20 luglio venne il Campanella ricondotto innanzi a' Giu- 
dici, e continuo a mostrarsi pazzo (a). Non voleva rimanere nella 
sala di udienza, si tirava indietro, e poi comincio a baciare certe 
figure disegnate nel foglio del Calendario. Gli si fecero dimande 
strane; quante sorelle aveva, dove trovavasi il suo padre carnale 
e da quanto tempo non V aveva veduto, se possedeva il breviario etc, 
poi lo si avverti di cessare dal fingersi pazzo. Ed egli nomino piu 
sorelle, Costanza che era Badessa, Emilia maritata, Giulia da do- 
versi maritare con Michele Castellano ; parl6 del padre in modo 
incoerente, ricordo che gli aveano presi tutii i suoi libri, accenno 
ad una « Signora grander, a soldati che 1' aveano perseguitato , 
ad una sua fuga di 20 miglia. Lamentavasi per avere le braccia 
addolorate in sfeguito della tortura, e da ultimo disse, « dammi da 
« bere frate, quattro confortini (confortatori) negri negri vengono 
« ogni sera et mi ammazzano. . . ». Dal processo verbale si rileva 
che avrebbe sottoscritto 1' esame, se non* avesse avuto le braccia 
debilitate. 

Fu di poi, nella stessa seduta, interrogate nuovamente il Sol- 
daniero, quindi Giuseppe Grille ; inoltre furono richiamati fra Dio- 
nisio ed il Pizzoni, per dare qualche chiarimento (6). Al Soldaniero 
si fecero molte dimande ; come mai fra Dionisio avesse cominciato 
a parlare con lui contro la fede mentre non c' era mai stata fami- 
liarity tra lore, se fra Dionisio fosse venuto a Soriano egli solo o 
in compagnia di qualcuno, come si fosse comportato il Pizzoni in 
quella circostanza, in quale giorno si fosse mangiato carne, a quale 
scope que' frati gli avessero dette tante eresie. E il Soldaniero narrd 
di nuovo i particolari della venuta di fra Dionisio a Soriano, ed 
aflfermd che questa accadde di martedi, nel quale giorno , avendo 
precedentemente riportata una ferita di archibugio, egli non man- 
giava carne per divozione alia Madonna dell' Idria (ciofe di Costan- 
tinopoli), ma fra Dionisio mangio carne ed eccito lui a mangiarne ; 
non pot6 poi ricordarsi se il Pizzoni fosse presente , ma dichiard 
che gli pareva di si, e che cestui confermava le opinioni di fra Dio- 
nisio, dicendo che erano opinioni del Campanella. I Giudici gli fe- 



(a) Ved. Doc. 338, pag. 301. 

(b) Ved. la nostra Copia ms. de'proces. ecclejs. torn, i." fol. 130 e seg.'.* 



— 142 — 

cero notare che nella prima deposizione avea detto non essere stato 
presente il Pizzoni, essere avvenuto il fatto in giorno di venerdi, 
non avere fra Dionisio mangiato carne (1' aveva solamente deside- 
rata per mangiarla), e che badasse quindi a non dire menzogne: 
egli rispose piu volte che non se ne poteva ricordare e si rimet- 
teva al suo prime esame, conchiudendo che le eresie gli erano state 
raccontate perchfe le credesse. — Giuseppe Grille, fatto venire dal 
Castello deir ovo in cni era rinchiuso, dietro dimande, dichiaro di 
aver conosciuto anteriormente fra Dionisio e gli altri frati che poi 
vennero a pranzo in casa sua in Stignano, e di averne buonissima 
opinione, ma non cosi Cesare Pisano che vide allora per la prima 
volta ; dichiard che durante il pranzo fra Dionisio avea detto do- 
versi « rengratiar Dio di tante gracie che ci f^ e cose simile », ma 
non avea detto nulla contro la fede , perchfe egli « saria ricorso 
da superiori », ed anzi lo stesso fra Dionisio fece poi un sermone 
in Chiesa, in Stignano, presenti tre dottori e moltitudine di popolo, 
e fu lodato assai. Avvertito di non dir bugie, il Grillo soggiunse 
che avea detto la verity ; che dal Petrolo , per mezzo del figlio 
di Desiderio Lucane, gli era stato raccomandato di volersi esami- 
nare in favor suo; che da Mario Flaccavento come pure da Felice 
Gagliardo e Camillo Ademari , prima di venire dal Castello del- 
r ovo, gli era stato raccomandato di voler dire che in Stignano si 
era mangiato carne in giorno di venerdi o sabato, e che egli stesso 
r avea mangiata inavvertentemente, poichfe cosi trovavasi affermato 
in processo, e non dicendo cosi anche lui, avrebbe avuto la corda, 
ma egli avea risposto di non voler dire la bugia (tanti erano im- 
pegnati a non far alleviare la posizione degl' inquisiti , o invece 
tanto era furbo questo giovanotto che inventava sollecitazioni per 
procurarsi credito). — Si fece poi venire fra Dionisio , per sapere 
in che giorno fosse stato in Soriano, e se il Pizzoni vi fosse stato 
con lui. Dietro varii tentennamenti di reminiscenze , egli conchiuse 
che vi fu col Pizzoni il mercoledi, e il Pizzoni si parti subito pel suo 
conventino poco distante da Soriano, che in quella sera si mangio 
co' frati, e 1' indomani, giovedi, si mangio nel dormitorio col Priore, 
col Lettore , con alcuni spagnuoli, ed anche con Giulio Soldanie- 
ro. — Da ultimo si fece venire il Pizzoni per udirlo suUo stesso fatto, 
ed egli lo nego assolutamente (senza dubbio a torto); e dietro di- 
mande disse che non era mai stato a Soriano con fra Dionisio, che 
non aveva mai confermato eresie nb biasimata V astinenza dal man- 
giar carne per divozione, e che questa era un' infamia in suo danno 
da parte di fra Dionisio e del Campanella conformemente alle loro 
minacce ! 

A questo punto si erano gik raccolti esami sufficienti per pe- 
ter passare dal processo informative, che dicevasi pure oflfensivo, 
al processo ripetitivo: difatti il 31 luglio, sull'istanza del Procura- 
tore fiscale, la Corte emano i suoi Decreti in questo senso, ed ab- 
biamo ragione di credere che non poco v'intiui Mens/ Nunzio, il 



— 143 — 

» 

quale era spesso sollecitato dal Vicerfe a terminare la causa del- 
r eresia, accid si potesse procedere alia spedizione di quella della 
congiura. Ma il Vescovo di Termoli, che avea realmente studiata 
la dtusa ed era abituato alia ricerca della verity senza transazioni, 
scorgendo un cumulo di circostanze poco atte a rassicurare la sua 
coscienza, voile che fossero interrogati dal tribunale il Priore e il 
Lettore di Soriano, fra Domenico da Polistina e cosi pure Valerio 
Bruno, inoltre fra Gio. Battista di Placanica e fra Francesco Mer- 
lino gik interrogati dal Vescovo di Squillace in Calabria: e perd 
fin dal 18 luglio avea con una sua lettera commesso a quel Ve- 
scovo di mandare tutti que'frati in Napoli, e di chiarire con nuovi 
esami alcuni punti del processo gik da lui fatto nell' anno prece- 
dente; ed il Vescovo esegui la commissione con ogni soUecitudine, 
procurando la comparsa de'frati al tribunale di Napoli ed inviando 
poi anche V Informazione supplementare da lui presa, che per tal 
modo trovasi inserta nel processo di Napoli. Come si rileva dai 
documenti che fanno parte di questa Informazione, il Priore di So- 
riano era gik venuto in Napoli chiamatovi dal P.® Generale, e fra 
Domenico da Polistina, funzionante da compagno del Provinciale 
di Calabria, fu da cestui immediatamente inviato; a fra Gio. Bat- 
tista da Placanica e a fra Francesco Merlino fu fatto dal Vescovo 
di Squillace, con la comminatoria di molte e gravi pene, precetto 
di presentarsi al tribunale in Napoli, I'uno nel termine di 20, I'altro 
nel termine di 25 giorni; al Lettore di Soriano fu fatto un uguale 
precetto, col termine di 30 giorni. — Si ebbe quindi una serie di 
altri esami, alcuni de' quali si compirono mentre gi^ il processo 
ripetitivo faceva il suo corso: noi li poniamo tutti qui in continua- 
zione degli esami precedenti, senza attenerci con rigore assoluto alia 
cronologia de' diversi atti processuali, per non intralciare di troppo 
il corso della nosti'a narrazione. 

Ed in prima I'S e I'll agosto, nel convento di S. Luigi ove ri- 
sedeva il Vescovo di Termoli, furono esaminati e riesaminati fra Giu- 
seppe d'Amico Priore di Soriano e fra Domenico di Polistina (a). 
L'esame del giomo 8 fu fatto innanzi all' intero tribunale. Fra Giu- 
seppe d'Amico, dietro dimande, disse che fra Dionisio e il Pizzoni 
vennero insieme a Soriano, un giorno di giovedi al tardi, ed allora nel 
convento trovavasi pure il Soldaniero, uomo di mala vita, che Mons."^ 
di Mileto non voleva fosse cacciato , come anche Valerio Bruno, 
servitore del Soldaniero ed egualmente fuoruscito ; che il Pizzoni 
I'indomani se n' ando al suo convento di Pizzoni, d' onde tomo il 
sabato con Claudio Crispo e si diresse tosto ad Arena ove trova- 
vasi il Campanella; che fra Dionisio, rimasto il venerdi a Soriano, 
parti egli pure il sabato per Arena , poco dope ch' era partite il 
Pizzoni, dicendo di temere che cestui conducesse il Campanella a 



(a) Pel D'Amico ved. la nostra Copia ms. de' process! torn. i.° fol. 134 e 
137; pel PolistiDa ved. Doc. 339 pag. 302. 



— 144 — 

Pizzoni mentre egli volea condurlo a Soriano, e poi Tistesso giorno 
torno a Soriano e vi rimase la domenica per farvi una predica, 
dopo la quale definitivamente se ne parti. Disse che, appena giunto, 
fra Dionisio dimandd del Soldaniero, e si reed in camera di lui e 
vi si trattenne un pezzo in coUoquio, e ci6 accadde nel giugno o 
luglio 99; che da otto a quindici giorni dopo, il Soldaniero parld 
ad esso fra Giuseppe della ribellione, ma solo nel mese di agosto 
gli raccontd diverse eresie dette da fra Dionisio; che poi, trovan- 
dosi esso fra Giuseppe presso il Visitatore in Monteleone, quando 
giA la congiura era scoverta e fra Dionisio era fuggito con una 
cavalla presa nel convento, riferi ogni cosa al Visitatore ed al Pro- 
vinciale , ed avverti al suo ritorno il Soldaniero di quanto avea 
fatto; che il Soldaniero allora gli rispose di dover essere esami- 
nato, perchfe avrebbe deposto anche di pii, ma non aveva mai pre- 
gato lui che cacciasse fra Dionisio dal convento. Aggiunse che il 
Soldaniero non gli aveva mai discorso del Pizzoni come fautore di 
eresie, bensi come sollecitatore perchfe « si havesse voluto trovare 
con Tintentione lore », e solo di fra Dionisio gli racconto le diverse 
eresie, che egli si fece a ripetere; (cosi era certo I'armeggio per la 
ribellione da parte di tutti costoro insieme col Campanella, ma la 
faccenda dell' eresia era imputabilc solo a fra Dionisio, che vera- 
mente ne faceva professione almeno come di un'arma di guerra). — 
Quanto a fra Domenico di Polistina, cestui coafermo che agli 8 o 
9 di agosto dell' anno precede nte, dopo Tincontro avuto col Campa- 
nella in Davoli, la sua fuga da quel posto per minacce di banditi 
e il suo arrive in Soriano, seppe dal Soldaniero che fra Dionisio 
gli aveva esposto un gran numero di eresie, il fatto osceno contro 
I'ostia etc., eresie che fra Dionisio e il Campanella doveano pre- 
dicare al tempo della ribellione, ed egli poi ne parlo a fra Cornelio 
del Monte; che del Campanella non seppe al di lA delle cose dette, 
e con fra Cornelio non parlo del Campanella per conto dell' ostia 
consacrata (cosi fra Cornelio risultava false, ma rimaneva pure a 
vedere se non era false in cid fra Domenico, e fine a qual punto 
cestui fosse state informato dal Soldaniero o viceversa). Aggiunse 

f)oi, spontaneamente, che il Campanella molti anni prima avea vo- 
uto uscire dalla Religione, e si era detto pubblicamente che avea 
lasciato la Calabria in compagnia di un certo Abramo ebreo o cal- 
deo; (era sempre lui fra Domenico che evocava tale fatto, e questa 
volta per detto altrui, non per propria scienza). — II nuovo esame 
di costoro, 1' 1 1 agosto, fu fatto innanzi al solo Vescovo di Termoli. 
Fra Domenico da Polistina narro qualche circostanza di poco valore 
relativamente al suo incontro col Soldaniero. Fra Giuseppe d'Amico 
aggiunse che, parlando della ribellione col Soldaniero nell' agosto, 
ebbe a vedere nolle mani di lui una lettera del Campanella scritta 
di suo pugno, giacchfe ne conosceva il carattere, la quale finiva col 
dire al Soldaniero che su quanto gli avea discorso fra Dionisio, se 
ne rimetteva al suo luogotenente fra Gio. Battista di Pizzoni; (cosi 



- 145 — 

fra Giuseppe parlava sempre de'soli fatti della ribellione, ma fe pur 
vero che non avrebbe potuto parlare de' fatti di eresia laddove fos- 
sero stati a sua notizia fin da principio, mentre non si era curato di 
denunziarli per tanto tempo). Infine, dietro dimanda, depose che il 
Campanella, quando si parti dalla Calabria, diceva di partirsene per 
la persecuzione che soffriva dal Provinciale di quel tempo P.® Pietro 
Ponzio, e si disse che era partite con un Abramo, ebreo molto scien- 
ziato ma che esse fra Giuseppe non avea veduto; (nessuno dunque 
avea veduto questo ebreo, ma 6 pur vero che a nessuno conveniva 
aramettere di averlo veduto). 

Di poi, il 21 agosto, fu interrogate in Castel nuovo Valerio 
Bruno (a). Cestui disse che era state per circa un anno col Solda- 
niero nel convento di Soriano, che avea \k veduto fra Dionisio ri- 
mastovi due giorni, durante i quali venne pure il Pizzoni, e che 
li avea veduti cacciare entrambi dal Priore a richiesta del Solda- 
niero , scandalizzato perchfe gli avevano palesate molte eresie , le 
quali egli si fece a ripetere. Disse che fra Dionisio e il Soldaniero 
aveano mangiato insieme un giorno di martedi o venerdi; giorno 
in cui il Soldaniero si asteneva dalla carne per vote fatto in sfe- 
guito di un colpo di archibugio ricevuto , ed egli avea udito fra 
Dionisio maravigliarsene; che non seppe altro di cio, ma poi Tin- 
domani, essendo venuto il Pizzoni ed avendo confermato le eresie 
dette da fra Dionisio , ad im' ora o due in circa di giorno udi il 
Soldaniero che « commincid a gridare che cose son queste che mi 
« dite, k par mio dite queste cose, 6 commincio k chiamare il Prio- 
« re, Padre Priore venite, cacciati questi »; che il Priore il quale 
nella sera precedente avea cercato di scusare fra Dionisio dicendo 
che era briaco, ed avea raccomandato al Soldaniero, per amore di 
Dio, Tonore della Religione, fini per accorrere insieme col Lettore 
ed altri e cosi cacciarono que' due frati. Insomma , accumulando 
circostanze in mode abbastanza cornice, questo furfante procurd di 
rendere sempre piii credibile il sue racconto, ma avvertito da'Giu- 
dici che era caduto in qualche contradizione e che badasse di non 
dire bugie, comincio lui a turbarsi veramente e ad esclamare « mi- 
« sericordia Signore, per V amor di Dio , che questa cosa hk un 
» anno che b passata che non mene ricordo; . . . io non son dottore, 
4c facilmente si puo pigliare ot errare una parola, habbiatimi com- 
« passione Signore >. Infine dichiaro di non avere udito egli stes- 
so, nfe da altri allMnfuori del Soldaniero, cose contrarie alia fede 
provenienti da fra Dionisio e dal Pizzoni; ( evidentemente Valerio 
Bruno si era messo anche questa volta d' accordo col Soldaniero, 
per appoggiarne le deposizioni). 

Vennero in sfeguito da Calabria fra Gio. Battista da Placanica 
e fra Francesco Merlino, e il 30 agosto e il 2 7bre, quando gia 
il processo ripetitivo faceva il sua corso, e furono sottoposti al prime 

(a) Ved. Doc. 340, pag. 303. 
Amahile^T. Campanblla, Vol. II. 19 



esamc e aU'esauie ri|ietitivo ik-I solit,(» convcnlu ili S. Luigi prossf) 
Palazzo: venne egualirnjiite fra Vincenzo di Lungro Lettoio (U So- 
riano, e [lOco dopo, il 7 7bre, fu egli pure esainiLato nel inode- 
simo convento innanzi all' intero tribunale («). 1 clue prirai riuscJ- 
rono di specials interesse circa la persona del Catnpanella, Taltro 
circa la persona di Cra Dionisio e i fatti di costui in Soriano. Fra 
Gio. Battista di I'lacanica disse di stare « di mal cervello, cio e, 
di inal meraoria » , e si rifei-i costantcmente all' esame gia fatto 
dieci raesi innanzi in Stjuillace; fu intorrogato su' concetti che il 
Cainpanella aveva espressi intorno airiramortalilA dell'aniina, alia 
fornicazione, alia scomunica, alle ceriraonie de'turclii, alle religioni 
claustrali, e in gencre iion se ne seppo piii di ijuanto se n'era sa* 
puto prima; puo dirsi che fa esplicito solamenle ncll'attestare che 
il Campanella pArlava della fornicazione in modo da senibrarc che 
quasi dicesse non esser peccato, ed oltraccio nell'attestare che non 
potfe avero nfe dal Vescovo di Stiuillace n6 dal P.* Provinniale !a 
licenza di confessaro e predicare in Monasterace. NeU'esarae ripe- 
titivo in sostanza disse di aver conosciuto il Campanella quando 
osso era novizio in Placanica, non aver mai udito dircttamente da 
lui cose di eresie, aver solamente udito da lui dire « die inferno, 
che inferno » nel parlare a'suoi discepoli e seguatamente a Falvio 
Vua e Giulio Contestabile, come pure die gli atti carnali non erano 
peccati tanto grandi quanto si ritenevano, poich^ «Dio havea fatto 
il menibro genitale ...» per usarne. — Fra Francesco Merlino, 
nel prime esame, rifereudosi lui pure all'esame sostenuto in Calabria, 
disse di avere solamente udito dire che il Campanella negava i 
miracoli fatti da Mosf;, che avea mangiato pin volte carne in giomi 
proibiti e segnatamcnle una porchetta insieme co'banditi in Pizzoni, 
che teneva con s6 il demonio, e par arte diabolica conoscevs lutto 
quelle che sapeva; disse pure, a proposito del dJsprezzo della sco- 
munica, che egli si Irovava studente in S. Domenico di Napoli, 
quandd il Campanella dimorava pure in questa cittA presso Mario 
del Tufo, e che venulo un giorno in S. Domenico il Campanella 
fu preso e tradotto nelle career! del Nunzio, essendosi allora dato ^ 
per motivo della carceraziono cho aveva spirit!, ma essendosi poi ' 
saputo che ci erano altr! mcitiv!, e in ispeeie che parlando della' 
scomunica per coloro i quali estraevano libri dalla libreria avea' 
detto, « come ^ questa scomunica, che, si mangia »? Nell' esame' 
ripetitivo poi dichiaro, die avea cominciato a conosijero di vista il ' 
Campanella nel convento di Placanica, di cui .esao Campanella era 
figlio, che in sftguito I'avca conosciuio in Napoli, quindi di naova 
I'avea visto in Calalu'ia, essendosi piii volte visitati , die non sa-*i 
peva che avesse detto eresie, che altri aveano palesate piii cose' 
contro la fede da lui dette o fatte, le quali egli si di6 a ripetere; ' 
che in Stilo passava per uomo onesto, che si era detto essere par-'' 



(a) Vtid. Doc. 351 u 355, pag. 32y a 337. 



— 147 — 

tito dalla Calabria coll' ebreo Abramo, ed avere la sua scienza per 
arte diabolica, ma egli non eredeva questo, avendo conosciuto « che 
ha bello ingegno et ha studiato assai >. Inoltre che si era detto 
« che esso si voleva fare nominare il Messia della verita », ma di 
questa, come di altre cose, si parlo dopo la carcerazione, e piu di 
una volta fece notare tale circostanza, dicendo, « molte cose sono 
« state dette subito che questi fratri furono presi, et non so come 
4c uscessero », (ben si vede che in fondo il Campanella non riusciva 
aggravate di troppo da tali deposizioni). — Quanto a fra Vincenzo, 
Lettore di Soriano, egli narro la venuta di fra Dionisio e del Piz- 
zoni in Soriano con lievissime differenze dal modo in cui V avea 
narrata il Priore fra Giuseppe: soltanto aggiunse di piu, che quando 
fra Dionisio ando momentaneamente ad Arena per condurre il Cam- 
panella a Soriano, il Campanella non voile venirvi; inoltro che ve- 
ramonte, 4 o 5 giorni dopo la dipartita di fra Dionisio, il Solda- 
niero gli disse che fra Dionisio era venuto a trattare della ribel- 
lione contro il Re, avendo molti Signori per lui, e gli disse pure 
che fra Dionisio non eredeva a nulla, comunicandogli il fatto del 
puguo dato al crocifisso e il fatto osceno contro 1' ostia perpetrate 
da fra Dionisio medesimo, cose « approbate da fra Dionisio come 
cose del Campanella ». Nego assolutaraentc che il Soldaniero avesse 
comunicato al Priore i detti o fatti contro la fede , se non dopo 
un mese o dieci giorni in circa; e per quanto i Giudici avessero 
insistito con le lore dimande, nego che il Soldaniero avesse mai 
parlato di tali cose mentre fra Dionisio era in Soriano per farlo 
cacciare dal convento , come pure che avesse attribuite le eresie 
anche al Pizzoni, dichiarando che il Soldaniero «ben diceva, che 
« fra Thomaso Campanella, fra Dionisio Pontio, fra Gio. Battista 
« di Pizzoni, fra Silvestro di Lauriana, fra Pietro do Stilo, et (rk 
« Dominico di Stignano erano tutto una cosa insiemi, mk non mi 
« parlo di lieresie contra fra Gio. Battista predetto ». (Si sarebbe 
tentati di credere che il Pizzoni, per essersi stretto a fra Dioni- 
sio e al Campanella, dovea dapprima venire spietatamente involto 
nel medesimo destine lore , ma avendo poi fatto il suo orribile 
voltafaccia , questi frati di Soriano , appartenenti alia fazione del 
Polistina , doveano oramai proteggerlo : intanto per fra Vincenzo 
il Campanella riusciva egli pure imputabile delle peggiori cose con- 
tro la fede, e il Soldaniero rimaneva per entrambi que' frati sco- 
perto ). 

Mentre in Napoli si facevano questi esami, in Squillace nello 
stesso tempo, dall'S agosto all'S 7bre, il Vescovo esauriva la sua 
Informazione supplementare , la quale riguardava interamente la 
persona del Campanella. Mediante i diaconi selvaggi della sua Corte 
cito ciascun teste a comparire personalmente innanzi a lui, sotto 
le solite gravi pene ecclesiastiche , in brevissimi termini : ed egli 
medesimo nel suo Palazzo , col suo Vicario Sir Agazio Colobraro 
e coir Auditore Andrea Mantogna, precede a quasi tutti gli esa- 



mi (a). — Eccone un sunln, Vespasiano Vosco dottoro di Girifalwi 
dichiaro, ehe dopo la oareerazione del Campanella udi nella piazza 
di Squillace dire pubblicainentc che costui riteiieva Cristo csserA 
un semplice eremita e Maria Maddalona sua concubina. — Gio. Ilatn 
tista Rinaldis dottore di Guai'davalle dichiar6 di aver saputo dalla 
sua suocera Dianoia Santaguida, vcdova di Ottavio Carnevale, che 
fra Scipione Politi le aveva detto che il Campanella « per slra- 
« tiare et hui'lare li patri cappoccini, nientre andavaiio in Cliiesa, li, 
« dicia dove andati, ad adoraro un appincato ». — Marcello Fonte dit 
Stignano conferrao di aver saputo da Geronimo padre del Campa-r 
nelia, che costui non voile prcdicare in Stilo diccndo di non volec 
Tare 1' officio di Cantimbanco. — 11 Rev. Scipione Cioi'do di Cainioi 
confermo di avero udito da alcune persone del suo paese che U. 
Campanella dicova « che la buggera (la fornicazione) non era jwc- 
cato ». — Fabio Contestabile di Stilo conCermo che gli era stato 
detto dal Campanella di pigliarsi spassi c piaceri quanto pii'i potova 
« che del resto fe pensiero di chi k ». — -La Sig." Dianora Santa- 
guida di S.'* Caterina {questa sola iananzi alFAuditore Mantegn^ 
espressamente inviato) dichiaro che da Luzio Paparo suo parentft 
;tvea saputo di aver lui udito dire che il Campanella diceva, * noa 
vi ca {inl. non vedi die) adorano uno irnpiso *; dichiaro che qoq 
avea saputo questo fatlo da fra Scipione Politi, poichfe costui noo 
era venuto in casa sua, ma nello studio di suo tiglio, separate dalla 
casa sua; aggiunse che I'aveva poi comunicato a Marcello Conte- 
stabile suo nipote. — Marcello Contestabile dl Guardavalle raccontd 
ne'seguenti termini un discorso avuto con sua zia la Sig." Santa- 
guida, a tempo della persecuzione fatla da Carlo Spinelli c dall'Av- 
vocato fiscalo: essa disse, «o Marcello figlio mio, secondo si intende 
«\questo fra Thomaso che vene a S.'" Nicola alii monaci b peccatA 
«- non me e abruscialo, et io le disse S." zia che cosa passa, ^. 
« la delta mi rispose dicendomi figlio mio io tremo do dirti quesU 
« paroli, et raggionandomi disse credi Marcello che uno homo da 
« bene die sta sotto parte illoco, nominando il norae ma non mi 
« si ricorda come le nomino ma per cjuanfo mi ricordo mi para 
« che Io chiamo mastro Jacopo, el disse che quelle V havea dettt^ 
« che Io delto fra thomaso solia venire in S.'" Nicola monesteriB' 
« de dominichini di delta terra, et illA con li monaci facia banchettl 
« et dopo si faciano portare uno lento et sonavano et detti monaoi 
* et altri seculari ballavano et che. . . (un luridume da non ripor- 
« tarsi). . . et delta donna me Io dicia con gran modeslia sugiuiir 
« gendo cho Io detlo pure li disse che Io detto fra Thomaso rag- 
« gionando di Jesu Christo disse, dati eredilo ad uno che morio 
« irnpiso, et di questa parola spavenlati io ot la detla mia zia di- 
« cendono Jesu Jesu Vergine maria mi levai » etc. — Jacopo Squit 
lacioti di S.'* Caterina (il maslro Jacopo delta Santaguida) negi' 

(a) Ved. la nostra Copia ins. de'procoa. occles, torn. 1" fol. 30g e f 



— 149 — 

assolutamenle di aver mai saputo e detto alia Sig.'* il lurido fatto 
che la modesta e pia donna riferiva, e cosi pure qualche concetto 
eretico che il Campanella e suoi compagni avesscro in qualunque 
modo espresso: unicamente attesto avere udito dire « che era ve- 
« nuto a S.*** Nicola delli dominichini uno fra Thomaso, et diciano 
« li genti di S.'^ Catherina che non guardava horn' in faccia ma 
4c sempre si guardava la ungnia >. — Fu qucsta 1' Informaziono 
supplementare di Squillace , dalla quale sicuramente non emerse 
nulla di nuovo, e se qualche aneddoto venne in luce, esso fu smen- 
tito sul nascere; puo dirsi di piu che rimase quasi sempre infrut- 
tuosa la ricerca della provenienza de' fatti in quistione, e sopratutto 
la ricerca delle persone presenti allorchfe essi erano stati enunciati, 
oggetto principale dell' Infer mazione, per quanto dalle interrogazioni 
ivi registrate 6 lecito argomentare. 

II. Possiamo ora occuparci del processo ripetitivo, per lo quale, 
come abbiamo fatto avvertire piu sopra, la Corte fin dal 31 lu- 
glio 1600 aveva gia eraanati i suoi decreti. E giovera innanzi tutto 
dire in che consistevano le ripetizioni, e in qual modo vi si pro- 
cedeva secondo la giurisprudenza del tempo. Le ripetizioni concer- 
nevano essenzialmente i testimoni del fisco. 11 Procuratore fiscale, 
che compariva in dati momenti senza assistere alle sedute della 
Corte, facendo lo spoglio degli esami raccolti compilava tanti Ar- 
ticoli, capi, o posizioni, esprimenti tanti fatti o detti incriminabili 
da'quali emergeva il delitto onde si intitolava la causa. Questi ar- 
ticoli egli redigeva ed esibiva per far constare chiaramente il de- 
litto, e in ciascuno di essi poneva, ofTriva, e voleva e intendeva 
provare ciascun fatto o detto, cio che per altro era state ed era 
vero, pubblico, notorio, pubblica voce e fama, e pero egli, il fi- 
scale, protestava di non ritenersi costrctto ad una prova super flua! 
Presentando gli articoli conditi di un simile noioso formulario, fa- 
ceva istanza e chiedeva che si venisse alia ripetizione; e la Corte, 
veduti gli atti e 1' istanza del fiscale, emanava un Decreto, col quale 
ordinava la consegna di una copia degli articoli aU'imputato, e sta- 
biliva un terinine entro il quale I'imputato dovea formare e pro- 
durre gl' Interrogatorii da farsi a' testimoni del fisco sopra quegli 
articoli, ed anche dimandarc un Avvocato e procuratore, dichiarando 
che in contrario si sarebbe proceduto alia ripetizione de' testimoni 
senza interrogatorii; per solito la Corte deputava pure fin d'allora, 
ex nunc prout ex tunc, un Avvocato e difensore di ufficio quando 
prevedeva che I'imputato non I'avrebbe chiesto da sfe, ed infine or- 
dinava di notificare ogni cosa aU'imputato. Nello stesso giorno il 
Mastrodatti faceva la consegna degli articoli e la notificazione del 
termine con la deputazione dell' Avvocato, e ne redigeva un atto in 
presenza di quattro testimoni, ordinariamente carcerati e carcerieri. 
Quindi 1' Avvocato presentava a nome dell' imputato gl' interroga- 
torii da rivolgersi a'testimoni contro gli articoli, e faceva istanza 



1 



— 150 — 

ed umilmento chiedeva die i test) moni prima di esaminarsi su cia- 
scuno articolo rispondessero a quegrinterrogatorii, in contrario con 
riverenza protestava. Quest' interrogatorii erano preceduti rutinaria- 
inente da alcune ammonizioni che si doveano fare a ciascun testi- 
monio, ciofe, di essere obbligato a dire la pura e semplice verita, 
sotto pena di scomunica ed altre molte e gravi pene, di tener pre- 
sente che si commetteva falsi td non solo col proferire il falso nia 
anclie col tacere il vero, e clic coinmettendo , Dio non voglia, la 
falsita, era sempre tenuto a restituire la fama. E non mono ruti- 
nariamente esigevano die ciascun testimone dicesse il sue nome, 
cognome, padre, madre, patria, esercizio, a spese di chi vivesse, 
quanto possedesse, se fosse solito confessarsi e comunicarsi, e presso 
quale confessore e in quale diiesa e da quanto tempo Y avesse fatto, 
se fosse state mai scomunicato, e da quanto tempo e per quale causa: 
e poi, se conoscesse 1' imputato, da quanto tempo e per quale causa, 
se gli fosse amico o nemico e perch(>, se ci avesse mai conversato 
intrinsecamente e quale opinione ne avesse circa le cose doUa fede; 
e poi, venendo a ciascuna imputazione, se avesse udito qualche volta 
parlare I'imputato del tale argomcnto e in che sense, e con quali 
parole, e in qual luogo, e in qual parte di quel luogo, e con quale 
occasione, e in presenza di chi, e quante volte, e in quale era, 
giorno, mcse ed anno, e se determinatamente o d'improvviso, e se 
con assenso o con dissenso del testimone , e in case di dissenso , 
con quali parole questo fu espresso e quali risposte ebbe etc. etc. etc. 
Ci rimangono saggi d' interrogatorii che costituiscono vcri monu- 
menti di fccondita in sottigliezze, e sempre alio scopo di far tro- 
vare qualche contradizione ne' teslimoni, o di stancare interroganti 
ed interrogati e premier tempo. Era poi anclie in facolta dell'Av- 
vocato di aggiungere qualche speciale interrogatorio , oltre quelh 
calcati sugli articoli, e perfino d'indicare qualche persona speciale 
cui quell' interrogatorio aggiunto dovea rivolgersi: d'altra parte, e 
quasi superfluo il dirlo, i Giudici non mancavano quasi mai di ri- 
volgere di tempo in tempo a ciascun testimone, oltre la detta doppia 
serie di dimande, qualche loro particolaro dimanda d'ufficio. 

In tal mode fu iniziato e condotto anche il processo ripetitivo 
nella causa del Campanella e socii. Procuratore fiscale fu il Reve- 
rendo Andrea Sebastiano, fiscale della Curia Arcivescovile, che tro- 
vasi nella massima parte dcllc scritture processuali di quel tempo, 
avendo poi avuto a successore nel 1003 il Rev."^^ Silvestro Santo- 
rello : egli diede gli articoli soltanto centre ciascuno de' tre impu* 
tati principal!, il Campanella, il Pizzoni e fra Dionisio, incolpan- 
doli tutti egualmente « de haeretica pravitate et atheismo > ; ma 
vedrcmo che durante la causa svani 1' ateismo e rimase unicamente 
r erotica pravita. 11 tribunale emano tre Decreti, uno per ciascuno 
de' tre impu tati , asscgnando il tcrmine di soli 4 giorni perche si 
producosscro gl' interrogatorii, ma veramentc tollero che questi fos- 
sero prodotti lin 10 giorni dopo , come si vedo accaduto ai)puato 



— i5i — 

jx*! Campanella, essendo stati grinterrogatorii innome suo presentati 
il 16 agosto. Nel Decreto relative al Campanella si disse; « atteso 
€ che fra Tommaso Campanella simula o sembra simulare la paz- 
« zia, i Signori giudici, senza deliberar nulla sopra di cio, perchfe la 
€ giustizia non patisca danno in qualche parte e per abbondanza 
€ di cautela , decretarono che ad esse fra Tommaso Campanella 
« vcnga assegnato d' ufficio come si assegna per curatore ed av- 
« vocato il Rev/''' Attilio Cracco y> (a). Questo medesimo Cracco fu 
assegnato per Av vocato e difensore al Pizzoni e a fra Dionisio, nel 
case in cui costoro non avessero da lore medesimi chiesto un Av- 
vocato e procuratore. Per quanto ci consta da diverse scritture di 
quel tempo, il Rev/^'* Attilio Cracco era Tavvocato ofRcioso quo- 
tidiano nelle cause del S/^ Officio in Napoli, salvo T assistervi o 
no con la debita diligenza; cosi nel cdrso di questo medesimo pro- 
cesso troviamo una supplica di fra Dionisio a' Giudici perchfe prov- 
vedessero a far andare presso di lui il Cracco che non ci andava. 
Da una nota confidenziale, scritta da cestui a pife di un atto del 
processo , rilevasi che egli era compare del Mastrodatti Prezioso 
e certamente coll' avvocatura di officio faceva la sua carriera nella 
Curia: difatti in una scrittura del 23 luglio 1615, durante I'Ar- 
civescovato del Card.* Carafa, essendo Curzio Palumbo Vicario delle 
Monache e Commissario delle cause di S.^"* Officio, troviamo il 
Rev/*" Attilio Cracco Canonico ed Av vocato fiscale. 

Ecco ora con la maggior brevity possibile i particolari degli 
articoli e degl' interrogatorii dati per ciascuno de' tre inquisiti, cen- 
tre i quali si fece il processo ripetitivo. — Centre il Campanella 
fiirono dati dal fiscale non meno di 20 articoli, riproducendo anche 
tutte le scritture , atti e processi formati contro di lui (b). Co' 20 
articoli, cerredati delle formole sopra esposte, il Fiscale voile pro- 
vare avere il Campanella dctto apertamente e pubblicamente : che 
non c' era Die , che la Trinita era una chimera , che Cristo non 
era Die ma un pezzente, che 1' ecclissi del sole a tempo della pas- 
sione di Cristo non fu miracolosa n6 universale, che la risurrezione 
di Cristo non fu vera e il corpe di lui, al pari di quelli di certi 
logislatori, fu rubato, che Maria non rimase vergine, che nell'Eu- 
caristia non c' era il corpe di Cristo ed essa fu istituita per sem- 
plice commeraorazione, che i Sacramenti erano invenzioni di uomini 
ed istituiti per ragione di State, che i miraceli di Cristo non erano 
veri ed ognune potea fame, e Mose passo il mare profittando del 
flusso e riflusso e Lazzaro risuscito per finzione, che era una stol- 
tezza adorare il crocifisse , che non c' era purgaterio nfe paradise 
nfe inferno e le anime tornavano nel nulla, che I'anima era mor- 
tals, che non c' erano i diavoli, che egli volea predicare una nueva 
legge raigliore di quella de' Cristiani , che il peccato era tale in 



(a) Ved. Doc. 341, pag. 306. 
(6) Ved. Doc. 343, pag. 309. 



quanto cosi credevasi dagli uomini e non ei-a peecato quelle che coin* 
mettevasi di nascosto, che gli atti venerei non eraiio peccati e la 
Chieaa avea falto male a proibirli, che le Sacro Scritture eraao in- 
venzioni degli Apostoli ad oggetto d' introdurre la fede di Cristo, , 
che era lecito cibarsi di canie in oyni tempo, che egli sapeva fara 
miracoli e poteva farli , che la leggo de' turchi era raigliore di 
quella de" Cristiani. Come si vede, egli presents i fatti eniersi dai 
varii processi, accogliendoli con tatta la larghezza possibile e cosi 
come erano stati deposti. Naturalraente anche I'Avvocato ripro- 
dusso le cose luedesime per conto sue negl" interrogator ii con tuUo 
il formulario d'uso; nb aggiunse alcana cosa di pruprio per com- 
battere le accuse, ma invocij la dottrina, bonti e religioae de* Si- 
gnori della Corte , notaudo die in simili casi conveniva che essi 
fossero non solo giudici ma ancho patroni per indagare la veritA (o). 

Quanto al Pizzoni, gli articoli del flscale contro di lui furono 
solaniente 4, volendo provare aver lui detto, creduto ed anche ten- 
tito d' insegnare, che non c' era Dio, che non c' era TrinitA, che 
era vano astenersi dal mangiar carne, ed in complesso tutte le ere- 
sie che si pretondevano dette dal Campanella, per lo che aveva con 
costui una cifra secondo la quale si scrivevaiio seambievolmeute. 
E rAvvocato si attenne alle stesso cose negl' interrogatorii, e per 
r articolo in cui si affermava avere il Pizzoni professate tutte to. 
eresie del Campanella voile che ogni testimoue dicesse ; se com)-, 
sceva che il Pizzoni e il Campanella fossero faniiliari tra loro e da 
quali segni 1' avea rilevato, se aveva mai udilo costoro parlare di 
cose contro la fede e di quali cose, dove, e qnando, e alia presenEAi 
di chi, e in modo aperto e chiaro o piuttosto oscui'o, so aveva poi 
riferito ad altri queste cose , e a chi , e dove , e quando , e cOBt 
quale oceasione e a quale scopo, se infine conosceva quali fosi 
le opinioni del Campanella e che le espoiiesse etc. etc. Diode dippii^ 
altri interrogatorii aggiunti, volendo che ogni testimone dicesse as 
era st-ato persuaso da (jualche giudicc a deporre contro il Pizzooi^ 
segnatamente perchfe il Pizzoni avea deposto contro di lui, se 
peva che fossero state scainbiate lettere tra il Pizzoni e il Camp»j 
nella, e cosa esse contenessero e in quale carattero fossero scriltAi 
se sapeva che il Campanella e fra Dinnisio avessero minacciato il 
Pizzoni e procurate fedi testimoniali false, se sapeva che il Pizzoii 
fosse stato lettore e predicatore di buoue dottrino cattoliche t 
fosse mai detto il contrario, se infine esse testimone era statu 
inquisito, processato e condanaato, e da clii, e dove e per qvak 
causa. 

Da ultimo, quanto a fra Dionisio, vi furono per parte del fi* 
scale 17 articoli, volendo provare aver lui dotto, creduto ed inse? 
gnato o tentato d" insegnare : che uon c' era Uio , che la TriniU 
era una chimera. . . insomma quasi tutte le cose aflermate contra if 



(a) Ved. I>QC. 342. pag. 300. 



— 153 — 

Campanella, aggiuntovi il fatto osceno in dispregio delF ostia che 
sarebbe stato da esso fra Dionisio perpetrate, e con la conchiu- 
sione, dope tanto lusso di articoli, che aveva tenuto, creduto, in- 
segnato o tentato d' insegnare tutte e ciascuna delle opinioni ere- 
tiche le quali si pretendeva aver tenute, credute e insegnate il 
Campanella. E superfluo dire che rAvvocato segui puntualmente 
il fiscale negl' interrogatorii ; ma bisogna notare che aggiunse un' al- 
tr?L quantity d' interrogatorii divisa in tre gruppi , 1' uno circa la 
persona del Pizzoni, V altro circa la persona del Lauriana, il terzo 
circa la persona del Soldaniero. E col P voile che fosse il Pizzoni 
interrogate sopra piu fatti : se esso Pizzoni fosse stato amico o ne- 
mico di fra Dionisio ed essendogli nemico come mai avesse fra Dio- 
nisio potuto comunicargli tanto gravi eresie , se fosse vero V aver 
rubato molti scritti e prediche di fra Dionisio e I'essersene cestui la 
gnato co' superiori, se avesse fatto fuggire fra Gio. Battista di Po- 
listina quando fra Dionisio cercava di farlo carcerare per 1^ omici- 
dio del P.® Ponzio, se fosse stato mai cacciato da qualche convento 
in cui fra Dionisio era Priore, se nel luglio 99 incontratosi con 
fra Dionisio in Stilo avesse cercato di parlargli e fra Dionisio vi si 
fosse rifiutato, se avesse dimorato piu a lungo col Campanella ed 
avutane maggibr conoscenza in paragone di fra Dionisio. Col 2° grup- 
po d' interrogatorii voile che il Lauriana dicesse : se esso Lauriana 
avesse cercato di vendere a fra Vincenzo Perugino certi scritti, che 
fra Vincenzo non voile comprare avendo conosciuto che apparteneano 
a fra Dionisio, se fosse stato mai suddito di fra Dionisio e da cestui 
pubblicamente gastigato ed espulso dal convento per mala vita, se 
nel convento di Pizzoni ci fosse un passaggio per la cella del Vica- 
rio volendo andare alia cucina, se in Pizzoni fra Dionisio fosse stato 
prima o contemporaneamente al Campanella. Infine col 3^ gruppo 
d' interrogatorii voile che il Soldaniero dicesse: se esso Soldaniero 
fosse andato nella camera in cui trovavasi carcerato fra Dionisio 
per parlargli , avendogli pure fatto visite, assistenza, spese, e pro- 
state danaro quando fra Dionisio era infermo, alio scope di conci- 
liarsi con lui ; inoltre se nolle carceri gli avesse rivelate le deposi- 
zioni fatte centre di lui, e divulgate alcune circostanze deposte nel 
sue esame. 

Evidentemente gl' interrogatorii aggiunti , pel Pizzoni e per 
fra Dionisio, venivano da costoro medesimi suggeriti all'Avvocato 
con lo scope di prepararsi il terrene alle difese. E cosi pel povero 
Campanella, che continuava a mostrarsi pazzo, non vi furono in- 
terrogatorii aggiunti , ed invece di essi vi furono le semplici rac- 
comandazioni a' Signori Giudici. 

II 21 agosto 1600, nella seduta medesima in cui si faceva 1' e- 
same informative di Valerie Bruno , procedevasi alle ripetizioni , 
cominciando da quelle contro il Campanella, che furono in breve 
esaurite nolle sedute successive del 22 e 23, aggiungendovisi una 
ripetizione supplementare il 29 agosto. Furono ripetuti il Solda- 

Amafrf^— T. Campanella, Vol. II 20 



niero, il Pizzoni, il Lauriana , il Petrolo , fra Pietro di Stilo; la 
ripetizione del Petrolo ehbe bisogno di un supplimento, i>ei' chia- 
rii-e alcuni punti su' quali non pai've di avere avute rispoate da , 
poter contentai'e (n). Ad ognuno di costoro si lesse dapprima, con 
le debite ammonizioni, ogm siugulo intenogatorio, Ji poi ogni sin- 
golo arlicolo « della parte avversa », a meno che la persoua del 
testimone non vi fosse del tutto estranea , aggiuntavi pure qua e 
lA qualclie dimanda ex officio ; e pero nel processo si trovano in- 
serti pi'ima ^V interrogator! i con le ammonizioni e poi gli articoli, 
secondo 1' ordine cul quale doveano rivolgersi al testimone per averne 
le risposte. I lotlori intenderanno che noi non potremino in alcuit 
modo rifeiire tutta la serie di queste risposte, le quali veraraente 
dinno una quantil;i uotevole di notizie, onde simili atti processuali 
riescono sempre di una grande importanza: moltissime notizie, da i 
essi pilevate, hanno servito di base alia nostra narrazione degli an- 
tecedenti del Campanella , della congiura ed anche de' primi atti 
del processo; qui terremo conto essential niente delle cose che riflet- 
tono i punti piii cospicui della causa. 

11 Soldaniero (21 agoslo) dovfe dichiarare che era stato una 
volta scomunicato « per havere preso alcuni ribelH in chiesa » senza 
dire se fosse stato assoluto; e vedremo che pure di questo fatto si' 
servi poi fra Bionisio per inlermare la validita della sua tfiStimo- 
nianza. Del rimanento continue a dire che non aveva mai cono- 
sciuto il Campanella , non aveva mai ricevuta da lui alcuna let- 
tera, e ne aveva avuta relazione solo da fra Dionisio, dal Pizzoni 
e da fra Pietro di Stilo, il quale ultimo non gli disse nulla del 
Campanella contro la fede , mentre i due primi gli dissero che il' 
Campanella era uomo d' importanza, poteva fare miracoli, poteva 
risuscitar morti {null' altro che questo). Continuo a dire che mand&i 
il Priore di Soriano a rivelare ogni cosa al Visitatore, e dicliiar* 
di non avere avuta niuna promessa per deporre nel modo in cui 
depose. Naturalmente, non avendo mai conosciuto il Campanella, 
non pot6 attestare niuna delle cuse aifermate ne' 20 articoli del fi- 
scale. — II Pizzoni (22 agosto) ripetfs le solite cose. Aveva cono- 
sciuto il Campanella da lungo tempo, uia solo, quella volta che lo- 
vide in luglio, lo udi parlare di eresie. Accennu (abbastanza gofTa-^ 
meule) alle argomentazioni con le quali si era sforzato di ribattere' 
le eresie che il Campanella aveva proferite , ed alia lettera chei 
scrisse al P.'-' Generale, con V opera del Lauriana, per informarlff' 
di tutto; aggiunse che non pote fare altra dimostrazione contro dt^ 
lui, perchfe egli era accompagnato da tre o quattro banditi, come' 
il Caccia e Marcantonio Contestabile ; (sempre senza riguardo alcunO' 
verso il Campanella e solo intento a salvare s6 medesimo con la 
menzogna). Conferm6 che al suo esame innanzi a fra Cornelio era < 
presente D. Carlo Ruffo, che quell' esame conteneva molti errori et 



(a) Vod. D&c. 34-1 a 349, pag. 311 i 



— i55 — 

non gli era stato letto come era stato scritto. Sopra ciascuna eresia, 
che avrebbe udita dal Campanella, molto spesso si riportd agli esami 
fatti, non ricordandosi bene (circostanza da notarsi), ed infine ag- 
giunse che quando parlava degli esami fatti, intendeva parlare di 
quelli fatti in Napoli , perchfe in quelli fatti in Calabria ci erano 
€ mille errori del scrittore ». — II Lauriana (nella seduta medesi- 
ma) disse che conosceva il Campanella da due anni, e pel rimanente 
non fece che risponder sempre, « vedete al mio esamine che sari 
lU , . . non mi posso ricordare , . . vedete Ua air esamine > . Ag- 
giunse infine, « queste cose le mantenero in faccia k fra Dionisio 
et k fra Thomaso » ; ed allora i Giudici gli fecero V obiezione na- 
tiiralissima, « come potr4 sostenere quelle cose che dice di non sa- 
pere e non ricordare »; ed egli, « io lo sostenero perchfe essi T hanno 
detto »; e i Giudici, «quali sono queste cose che i predetti dissero*; 
ed egli, « stanno scritte all' esamine, vedetelo UA » ; e i Giudici , 
« dica le cose che si contengono in detto esame » ; ed egli , « io 
non me ne ricordo » ! Confermo del pari che a Monteleone D. Carlo 
Ruffo fu presente all' esame ; e poi , venendo agli articoli , sul 
prime, ciob che il Campanella aveva detto non esservi Dio, rispo- 
se, « vedete 1' esamine che mi pare che lo dica, et esse havea un 
libro in mano, che trattava de Deo, et si chiama Plinio » ; su tutti 
gli altri rispose che non se ne ricordava, appellandosi continua- 
mente al suo esame. — II Petrolo (23 agosto) disse di avere cono- 
sciuto il Campanella prima che fosse frate, « che esse era preve- 
tello», e poi negli ultimi due anni. Quindi, molto diffusamente , 
citando una quantita di circostanze , confermd ciascuna delle cose 
che avea deposte contro di lui. Narro le pressioni sofferte la prima 
volta da parte di fra Cornelio per farlo deporre , la lettura fatta- 
gli privatamente dell' esame del Pizzoni per avere da lui le depo- 
sizioni medesime; e poi la presenza di D. Carlo Ruffo, del Capi- 
tano di campagna e di molti birri, nell' esame di Gerace, le pres- 
sioni ivi sofferte da parte di fra Cornelio per fargli sottoscrivere un 
esame che conteneva piu di quelle che aveva detto, I'andata alia 
stanza della tortura con lo Sciarava, le violenze di cestui che pren- 
dendolo pel petto V obbligo a sottoscrivere ; onde si rimise all' esame 
fatto in Napoli « perchfe quelle di Calabria non fu scritto come egli 
diceva ». Intanto venne ripetendo le eresie che il Campanella gli 
aveva espresse in discorsi confidenziali, negando quelle non deposte 
da lui e taluna malamente scritta in Calabria, come pure le diverse 
esagerazioni accumulate su quelle da lui deposte (che il fiscale aveva 
tratte dalle deposizioni del Caccia, del Pisano etc.). — Fra Pietro 
di Stilo (nella seduta medesima) dicendo che si era confessato al 
P.^ Gonzales, aggiunse che cestui faceva a tutti belle esortazioni, 
ed andava spesse volte dal Campanella e gli faceva « brutte ri- 
prensioni ». Narrd la sua conoscenza col Campanella « da che 
era figliolo », accennando anche ad un progetto di matrimonio tra 
un fratello suo ed una sorella del Campanella, che poi non si 



concluse « per qnesti romoi-i *. Confermo di non aver mai udito il^ 
Campanella parlare contro la fede, e di avorlo solamente dovuto rim-, 
proverare come superiore del convento, ammonendolo che non pra^ 
ticassG tanto con secolari. Espose assai minutamente le circostanza. 
verificatesi nel suo primo esame in Squillace, ricordando' le dimande 
fattegli e le pisposte date, e il non essei-si voluto scrivero il processO| 
verbale, e 1' essere stato minacciato di consegna alia Corte Regi*; 
da parte del Visitatore e piii ancora di fra Cornelio, presenti i biiTi, 
della Coi'te; poi le cose medesime verificatesi in Clerace, presenli| 
il Capitano di campagna e i suoi soldati, e T avergli fra Cornelio 
mostrati certi ferri co' quali voleva fargli stringero il petto, e d'al-' 
tra banda 1' avergli promesso liberty se dicesse di avere udito eresie 
dal Campanella , aggiungendo che fra Cornelio aveva preso mold, 
danari da' conventi ed altre robe da' particolari per fornirne gl'in- 
quisiti, e intanto nessuoo avea ricevuto nulla. Intorno alia Trini- 
ty, a' Sacramenti ed in ispecie all' Eucaristia, e cosi pure intorno 
alle Sacre Scritture, non solo nego die il Campanella ne avesse par; 
lato male, ma attesto che alle volte disputando con dottori o cob 
Cappuccini, alle volte predicando in Chiesa, ne aveva parlato sem- 
pre bene; del resto egli disse, « io non mi intendo di queato cosa 
perchfe son ignoranto ». Intorao aU'ecclissi avvenuta a tempo della 
morte di Cristo rispose, « so che il Campanella parlava di stello,, 
< de lune, di clisse, fe di terremoti et di tutte le scientie del mondo,, 
. « ^. mi parevann cose ruriose, fe buone, mk dela oscuratione fatti 
« a tempo dela morte di christo non ne sri niente >; intorno a' mi- 
racoli poi, pur negando che jl Campanella avesse parlato de' mir&- 
coli di Cristo come era state malamente scritto in Gerace, ammiso 
che una volta , mentre il Campanella diceva che le opere sue si 
potevano comprovare con miracoli , avendo taluno, che forse era 
il Prestinace, argomentato in materia di miracoli , il Campanella 
mostrd di sprezzare quegli argomenti ed accenno ad una certa « ele- 
vatione di niente ». Passando agli articoli, fin dal 1" disse, « poi 
« che il fiscale dice questo , et b comprobato dalla Santa Chiesa 
* che il Campanella b teuulo per uno heretico, vi dieo che per V ar 
« venire lo voglio tenere anchora io per heretico, ma pero di quO; 
« ste cose contenute in questo articolo non ne so niente »; ed egual^ 
mente per tutti gli altri articoli disse non saperne niente. — Infin 
il Petrolo (29 agosto) fu esaminato di nuovo, per dare chiarimeoti 
intorno ad alcune cose che aveva ammesso per dette dal ,Caia- 
panella ovvero enunciate in modo confuse , e segnatamente intorno 
alle superstizioni che c' erano nell' Eucaristia, intorno all'ecclisa 
a tempo della morte di Cristo, intorno all" essere stato il sacr*-, 
mento dell' Eucaristia istituito per ragione di Stato. Ed egli, negandi(i 
quest' ultima proposizione , che disse di non intendere ed attribati 
totalmente a fra Cornelio, negando che il Campanella avesse mw 
parlato di quella tale ecclissi od ammettendo invece che avea dotto 
essere il sole calato alcune miglia, dichiaro di non ricordarsi dellt 



— 157 — 

superstizioni che c'erano neirEucaristia. Ed aggiunse: « per Ta- 
€ more di Dio, le Signorie Vostre non liabbiano tanto riguardo alle 
« cose fatte in Calabria, perchfe le cose furono fatte tanto irabro- 
« gliate, fe sotto sopra che non si potria dire »; e ricordo avere nn 
prete di Gerace detto che lore frati si cavavano gli occhi V un 
1' altro, ed essere stati dal Mesuraca dati 100 scudi a fra Corne- 
lio, perchfe processasse mortalmente il Campanella ed egli potesse 
cosi guadagnarsi il taglione dalla Corte Regia, narrando di nuovo 
tutte le circostanze della fuga e cattura sua insieme col Campa- 
nella per opera del Mesuraca. 

Se ci facciamo a valutare i risultamenti delle ripetizioni contro 
il Campanella, troviamo le seguenti cose. Riuscirono: assai meno 
gravi e quasi insignificanti le testimonianze del Soldaniero, giA pri- 
ma poggiate essenzialmente sopra vaghi detti e congetture; abba- 
stanza chiaramente false le deposizioni del Lauriana, gia dettate 
da suggestioni ed ingrossate per bestiale scempiaggine; pur sempre 
molto gravi e compromettenti le testimonianze del Pizzoni, giA date 
senza dubbio per doppiezza e speranza d'impunitA; non meno gravi, 
comunque attenuate di molto, le testimonianze del Petrolo, gi^ rese 
per eccessiva timidezza piuttosto che per malvagitA; sempre piii fa- 
vorevoli e giustificative da ogni lato le testimonianze di fra Pietro 
di Stilo, gik prima niente affatto lievi per avveduto apprezzamento 
de' tempi, de' luoghi e delle circostanze. Riuscirono poi unanimi le 
dichiarazioni di mala condotta de' primi processanti da parte dei 
frati d'ogni colore, ma se esse giungevano ad infondere gravi dubbi 
suUa legittimitA del processo fondamentale di Calabria, non pote- 
vano giungere a scuotere la convinzione che molte eresie aveano 
dovuto essere manifestate dal Campanella almeno ne* discorsi con- 
fidenziali, poichfe, mentre p. es. il Pizzoni diceva che « mille er- 
rori del scrittore » erano corsi nel suo esame, e 11 Petrolo diceva 
che « le cose furono fatte sotto sopra », in fondo entrambi confer- 
mavano in tutto o in gran parte le lore testimonianze precedenti. 

Ecco ora i particolari degli esami ripetitivi contro il Pizzoni. 
Essi si fecero immediatamente dope quelli del Campanella ed oc- 
cuparono due sedute, il 23 e 24 agosto: furono ripetuti, il Solda- 
niero (in due volte), il Lauriana, Valerie Bruno e il Petrolo. — 
II Soldaniero disse di avere gik conosciuto il Pizzoni qualche tempo 
prima che confermasse le eresie di fra Dionisio , perchfe veniva 
spesso in Soriano ; che quando vi venne con fra Dionisio, in due 
giomi successivi confermo le eresie che cestui diceva, ciofe che il 
Sacramento dell'altare non era vero, che egli se n'era servito per un 
liso osceno, e che i sette peccati (sic) erano stati fatti per ragion di 
State, rimettendosi in tutto il resto all' esame primitive giacchfe non 
se ne ricordava. Persists nell'asserire che ne avverti il Priore ed il 
Lettore fin dal 1° giorno, e poi, nel 2? giorno, procuro che que'frati 
fossero cacciati dal convento, affermando che il Pizzoni avea detto 
potersi sempre mangiar carne, ed avea lodato il Campanella e le 



— 158 — 

sue opinioni eretiche, ond'egli congetturd che tutti e tre que'frati 
si avessero comunicate le eresie tra loro. Inoltre confermd di aver 
narrate il fatto a fra Domenico e poi a fra Gio, Battista di Poli- 
stina, e dietro dimanda d' ufficio, attesto che credeva costoro uo- 
mini da bene; disse di non conoscere lettere scambiate tra il Pii- 
zoni e il Campanella, e infine dovfe dichiarare di essere stato pro- 
cessato, secondo lui falsamente, per I'omicidio di due fratelli Sol- 
daniero parenti suoi. Quanto alle cose contenute negli articoli del 
fiscale, disse che non si ricordava se il Pizzoni avesse o no parlato 
deiresistenza di Dio e della Trinita, che avea parlato del potersi 
mangiar carne ogni giorno, e che egli riteneva avergli discorso di 
eresie in que'dae giorni per insegnargliele! — II Lauriana disse di 
aver conosciuto il Pizzoni da oltro sei anni, non averlo mai visto 
fare o dire qualche cosa contro la fede, e solo averlo udito dire, 
a proposito di un libro del Campanella, che alcune delle cose scritte 
in quel libro gli parevano buone ed altre no, mentre esso Lauriana 
non le riteneva buone, perch6 erano contro S. Tommaso, non gii 
contro la fede. Confermo che in Pizzoni il Campanella e il Pizzoni 
stettero insieme sette giorni, e che quando il Campanella parl6 di 
eresie era presente anchc fra Dionisio. Disse di non sapere che il 
Pizzoni avesse professate le eresie del Campanella, di sapere che 
costoro si scrivevano ma di non averne mai visto i caratteri, infine 
di non essere a sua notizia che alcuno avesse minacciato il Piz- 
zoni e procurato fedi false contro di lui. Quanto alia materia degli 
articoli del fiscale, sopra ognuno di questi rispose o di non averue 
udito nulla o di non ricordarne nulla. — Valerie Bruno disse di 
aver conosciuto il Pizzoni in Soriano, ma non avergli mai parlato; 
di aver udito dal Soldaniero, quando lo fece cacciare dal convento 
insieme con fra Dionisio, che avea detto mille cose contro la fede, 
ma non avere j^puto nulla di particolare. Non avea saputo nen!- 
meno che avesse detto potersi mangiar carne ogni giorno. Cosi non 
potfe dare alcuna notizia precisa, e su ciascuno articolo rispose non 
saperne nulla. — Finalmente il Petrolo disse di aver conosciuto il 
Pizzoni da due anni, ma non aver mai trattato con lui, di sapere 
che il Campanella era stato in Pizzoni e che gli era amico, onde 
si visitavano Tun Taltro; di non potere dir nulla delle opinioni di 
lui non avendolo trattato. Confermo che alia Roccella , \m giorno o 
due prima della cattura, avea visto lettere venute al Campanella e 
scritte in cifra, che il Campanella gli disse provenienti dal Pizzoni 
da non potersi intendere che tra loro due ; dietro dimande d' vi- 
ficio, disse dapprima che la lettera in cifra non avea sottoscrizione, 
di poi che non sapeva se avesse sottoscrizione e che egli non la 
lesse lib poteva leggerla; (si ricordi che di questa cifra esisteva in 
processo la sola sottoscrizione del Pizzoni e del Campanella , ver- 
gate di mano di fra Cornclio). E in somma non pot6 dare la ben- 
ch6 menoma notizia delle cose che s'iraputavano al Pizzoni, e ft 
negative in tutto, dicendo che avea solo congettui'ato che il Piz- 



— 159 — 

loni e il Campanella fossero amici intrinseci, perchfe si scrivevano 
ia cifra tra di loro. 

Come si vede, le prove testimoniali contro il Pizzoni si anda- 
vano attennando in un modo sensibile. II Petrolo e Valerio Bruno 
non attestavano quasi nulla, metitre il fatto della cifra, deposto e 
confermato dal Petrolo, poteva riguardare la congiura, non 1' ere- 
sia, 6 quel tanto che in genere deponeva Valerio Bruno si fondeva 
nella deposizione del Soldaniero. II Lauriana disimpegnavasi straor- 
dinariamente bene , con ogni probabilita guidato dallo slesso Piz- 
zoni, attenuando le cose gi^ deposte. II Soldaniero medesimo atte- 
stava meno del soli to, e d'altronde, continuando a sostenere che il 
Pizzoni era state presente in due giorni a'coUoquii di fraDionisio 
con lui e che egli era ricorso al Priore e al Lettore contro quel 
frati, cose, specialmente in riguardo al Pizzoni, gik ben provate 
false, non poteva punto conciliarsi la fede de'Giudici. E si pu6 dire 
che il peggior testimone rimasto a carico del Pizzoni era il Piz- 
zoni medesimo , che con le sue tante rivelazioni contro il Campa- 
nella, e col fatto, gi4 ben provato false, dell' essere ricorso contro 
costui al P/ Generale e al P.® Visitatore, infondeva grave sospetto 
che veramente avesse trattato di eresie col Campanella , egli che 
n' era stato uno degli amici piu intimi ed operosi ; di tal che la 
fiirberia e doppiezza che gli erano naturali, eccitate dalle pressioni 
inique di fra Cornelio, mentre tanto nocquero al Campanella, nocque- 
ro non meno a lui medesimo. 

Ci rimane a dire degli esami ripetitivi contro fra Dionisio. 
Essi si fecero il 26, 28 e 29 agosto, aggiungendovisi anche una 
ripetizione supplementare nell' ultima seduta. Furono esaminati il 
Bruno, il Soldaniero, il Pizzoni, il Lauriana, il Petrolo e fra Pietro 
di Stilo. — Valerio Bruno (20 agosto) disse di conoscere fra Dio- 
nisio da un anno, di non avere mai parlato con lui, e di crederlo 
un uomo dabbene e buon cristiano (singolare credenza mentre an- 
dava di nuovo a farlo dichiarare eretico). Attesto di avere solamente 
ndito dal Soldaniero che avea detto « alcune cose contra Dio, . • • 
€ non so che per raggione di Stato, e contra li* sette peccati mor- 
«tali»; inoltre, nel corso degl' interrogatorii, disse di avere anche 
udito dal medesimo Soldaniei'o, quando due volte ricorse al Priore 
e al Lettore contro di lui e del Pizzoni, che avea parlato della Tri- 
nita , deir abu^o osceno dell' ostia , del disegno di predicare una 
nuova legge; per altro dichiaro pure che in que' giorni avea pre- 
dicato in Soriano, « et li gentilhomini dicevano che predicava buo- 
« no, m^ io non so quel che si dicesse , mk mi pareva che par- 
« lasse de le cose di missere Domine dio, 6 che parlasse bene ». 
Aggiunse di aver veduto discorrere tra loro alia tavola fra Dionisio 
e il Soldaniero, ma discorrevano piano, e non sapeva quel che di- 
cessero, nh sapeva « che tra di loro venessero a parole »; di poi 
dichiard che fra Dionisio non avea mangiato carne, e avea detto 
al Soldaniero « Signore, cammai'ati, perchfe non b peccato mangiare 



« caso, ova, h latticini, e niente pii'i occorse » (cliiare contradizioi^ 
con le deposizioni precedent]). Dimandato d'ufficio se avesse vedata 
in Napoli il Soldaniero da.che trovavasi in earcere, rispose di arcrlo 
veduto due volte e di averao solamente avuto conforto , con dire 
che stesse allegraraente, e di averlo poi veduto anche dopo di es- 
sere state esaminato ma senza parlargli. Infine, veneodo a^li arti- 
coli del fiscale , riaffermo le cose dette negl' interrogatorii , e di 
nuovo attest^ di non sapere che fra Dionisio avesse detto esser le- 
cito il mangiare carne ogni giorno indifferentemente. — II Soldaniero 
(nella stessa sedula) conferrao di aver veduto a Soriano per la prima 
volta in giugnetto, ciofe in luglio, fra Dionisio che gli « fece de 
basciainano » e rimase a Soriano ilue giorni, aggiuugendo di non 
averlo mai piu veduto in s&guito se non carcerato, a Gerace, a Mon- 
teleone, sulle galere, e poi in Napoli, dove trovandosi lui amma- 
lalo a letto, esso Soldaniero lo avea guardato dalla porta, seoia 
entrare nella camera. E ripetfe ciascuno de'detti e fatti di fra Dio- 
nisio contro la fede, presente ed accettante il Pizzoni (poichfe cia- 
scuno interrogatorio gli dava roodo di ricordarsene) , e disse che 
(jue'frati aveano deflnito « impressioni di testa » i voti e le dlvo- 
zioni, come pure i miracoli, che aveano detto essere stati istituiti 
i Sacramenti dalla Chiesa « ad trahendum ad se »; del resto, nel 
ripetere ciascuno de'eapi da lui deposti, per maggior cautela si ri- 
feri sempre al primo esame, dicendo anche una volta, « non esca 
« da queste carceri se quanto ho detto nel mio esamine non 6 vero». 
E confermij di averne avvertito il Priore ed il Lettore, ma dovjt 
non di meno attestare che fra Dionisio , ad istanza di un Rutilio 
di Pucci, predic6, e a lui parve che predicasse dottriae cattoliclw 
(aon era stato dunque cacciato a sua istanza dal coavento). Ncffl 
mancarono poi i Giudici di rivolgergli gl'interrogatorii dali espre*- 
samente per lui, se cio6 avesse visitato, asslstito, cibato coa le mani 
sue e fornito di danaro a prestito fra Dionisio, mentre costui tro- 
vavasi infermo, per riconciliarsi con lui; il Soldaniero rispose n»- 
gativamente su tutto. Infine, su ciascuno articolo, non occorre dkfl 
che ripetfe quanto negrinteri'ogatorii avea dichiarato. — U Pi2Z(n{ 
(28 agosto) disse di aver conosciuto fra Dionisio fin da che era sbt 
dente del Fiorentino, e di essere poi stato suddito di lui nel i 
vento di Nicastro: aggiunse che gli era divenuto nemico da 
esso Pizzoni ne avea riconosciute le eresie , onde ne avea avots 
mille minacce. Confei'ra6 quinii avergli fra Dionisio in PiMOBl 
raanifestate quelle medesime eresie, che tre o quattro giorni d(^ 
anche il Campanella gli manifest6, e che esso Pizzoni poi espoaflt 
al Visitatore e scrisse al Generale, servendosi del Lauriana, il qoaJfl 
cost venue egli pure ad averne notizia. Addusse taluni degli argfr 
menti co' quali combattfe fra Dionisio , affermando che per queUs 
cosi dettt' verita, mentre erano eresie, non si poteva dir savio i! 
Campanella, dal quale fra Dionisio le faceva derivare; nari-A come 
costui fini per dargli dell" asino, ed egli lo scacci6 dal convent), 



— 161 — 

» 

ricordando una quantity di circostanze, di tempo, di luogo, d' occa- 
sione (che poteva bene citare a modo suo poichfe non c'era stato pre- 
sente alcun altro). Venne cosi confermando ciascun capo di accusa 
a misura che gl' interrogator! i li riducevano alia sua meraoria; e 
sugl'interrogatorii dati espressamente per lui rispose, che veramente 
fra Dionisio aveva persi alcuni scritti suirApocalisse e gliene aveva 
chiesto conto, mentre egli. non ne sapeva niente, che non aveva fatto 
fuggire fra Gio. Battista di Polistina quando fra Dionisio cercava di 
farlo carcerare, che cestui mentiva quando diceva essere lui stato 
espulso da un convento per delitti e furti, che nel luglio 99 erano 
andati insieme ad Arena e quindi avevano di necessity dovuto con- 
versare tra loro, che in Stilo fra Dionisio e il Carapanella aveano 
perfino dormito insieme e quindi erano intrinseci amici. Sugli ar- 
ticoli del fiscale si riferi a quanto avea detto sugl' interrogatorii , 
talvolta anche a quanto avea detto negli esami precedent! , ripu- 
diando cio che non aveva udito o visto (come p, es. il fatto del 
pugno dato al crocifissso, del quale veramente avea parlato il Sol- 
datiiero ), e tornando a ripetere che V esame di Calabria era stato 
falsificato dal Visitatore e da fra Cornelio , i quali aveano preso 
anche danari dal Pisano e dal Caccia e gli aveano fatti rimanere 
ingannati, come costoro dicevano in Monteleone alia presenza di molti 
frati e secolari mentre stavano tutti in una carcere. Conchiuse col 
dire che egli aveva inteso di sgravare la sua coscienza, e non di 
gravare quella degli altri indebitamente. — II Lauriana (nella se- 
duta medesima) dissc di aver conosciuto fra Dionisio da quattro 
anni, perchfe era stato suddito di lui in Nicastro, e di esserne ri- 
masto in Pizzoni scandalizzato per una proposizione da lui detta 
centre I'Eucaristia; ma ostinatamente disse di non ricordarsi di tale 
proposizione, e se ne riferi al prime esame, come fece anche per tutta 
la serie degl' interrogatorii senza che i Giudici avessero mai potuto 
cavarne alcuna spiegazione. Dietro dimanda d' ufficio, disse che il 
Pizzoni gli aveva fatto scrivere al P.® Generate una lettera in cui 
gli pareva «piu presto de si che altramente* che si fosse fatta men- 
zione di fra Dionisio, parlandosi di ribellione e di cose di S.*° Offi- 
cio. Sugl' interrogatorii special! per lui , disse che il Pizzoni lo 
aveva una volta mandate a vendere per se! ducat! un libro di pre- 
diche a fra Vincenzo Perugino, il quale non lo voile, ed egli non 
ricordava che fra Vincenzo avesse detto che erano prediche di fra Dio- 
nisio ; che egli aveva una volta avute penitenze da fra Dionisio; 
che nel convento di Pizzoni, per salire alia cucina, si doveva passare 
per la cella del Vicario; sul resto si riferi al prime esame. Final- 
mente sugli articoli del fiscale si riferi del pari al prime esame, 
peich& non ricordava alcuna cosa. 

Centinuareno il 29 ageste gli esami ripetitivi centre fra Dio- 
nisio. — E dapprima il Petrolo disse di avere, fin dS quando era 
novizie, conosciuto fra Dionisio, ed averlo poi vedute due volte in 
Stilo di passaggio, eltrechfe in Stignane, V ettava del Cerpe di Cri- 

Amabiie ^T. Campanvlla, Vol. II. 21 



- 162 — 

sto, quando fece una predica sul SS.*"'^ Sacramento die non si po- 
teva sentire piu bella « et tutti la laudorno » ( la predica egli 
menzionava , il pranzo in casa Grille no). Disse di non aver inai 
udito eresie dalla bocca di lui, ma solamente udito da fra Pietro 
di Stilo che egli, fra Dionisio, aveva dette al Lauriana alcune pa- 
role contro il SS.'"^ Sacramento, oltrecli^ aveva commesso qualche 
peccato di carne della peggiore specie. Rispose quindi su tutti gli 
interrogatorii negativamente : e dietro dimande d' ufficio disse che 
fra Dionisio era veramente amico del Campanella, ma egli non sa- 
peva che il Campanella gli avesse comunicato eresie, nb aveva mai 
detto che il Campanella discorresse di eresie alia scoperta, mentre 
invece ne discorreva in modo che solamente qualcuno poteva in- 
tenderle. Sugli articoli del fiscale rispose del pari negativamente. — 
Fra Pietro di Stilo disse di aver conosciuto fra Dionisio ed averlo 
veduto tre volte in Calabria , due volte in Stilo ed una volta in 
Briatico quando andava contro fra Gio. Battista di Polistina; e di- 
chiaro di averlo ritenuto semprc un ciarliero e vendicativo, ma non 
cattivo nolle cose di fede. Dimandato di ufficio se avesse almeno 
udito dire qualche cosa contro di lui in materia di fede , rispose 
che una volta il Lauriana gli comincio a dire qualche cosa contro 
di lui, «ma non fini»; ed avvertito di non dir bugie, rispose die 
non aveva potuto comprenderlo (oramai fra Pietro era in vena di 
difender tutti, anche tirandola un po' troppo). Insomma non eblje 
nulla a dire contro fra Dionisio, eccetto che era «scaccione, ci6 e 
chiacchiarone», e riusci negative su tutti gl' interrogatorii e cosi pure 
sugli articoli : segnatamente sull' ultimo articolo, che diceva avere 
fra Dionisio creduto, insegnato o cercato d'insognare tutte le opinioui 
eretiche del Campanella, egli rispose di non aver mai udito dire tali 
cose contro la fede da niuno di lore. Ed aggitmse, spontaneamente, 
che stando in Pizzoni ed avendo udito frati e secolari sparlare di 
fra Dionisio pe' suoi discorsi di cose lascive, avendogli anzi Claudio 
Crispo detto che pure nel discorrere la prima volta col Soldaniero 
si era comportato egualmente e costui n' era rimasto scandal izzato, 
egli nel passare per Soriano andando ad Arena, poichfe il Solda,- 
niero V interrogo circa il Campanella e gli disse che fra Dionisio 
era un cervellino, lo prego di tacere quauto fra Dionisio gli aveva 
detto, essendo nella natura di lui il ciarlare con tutti, ed intese di 
alludere a' discorsi di cose lascive; (cosi voile sopprimere la circo- 
stanza dell' aver lui portato una lettera del Campanella al Solda- 
niero, e veramente la tiro un po' troppo). — Da ultimo il Soldaniero, 
e successivamente Valerie Bruno, vennero entrambi interrogati in 
via supplementare sul fatto doll' espulsione di fra Dionisio e del 
Pizzoni dal convento di Soriano per j)arte del Priore e del Lettore. 
II Soldaniero confermo che nel secondo giorno in cui que' frati gli 
aveano parlato di eresie, il Priore, dietro il suo reclamo, li caccio 
entrambi, e poi gli disse, « che ti pare, non te 1' ho fatti sfratta- 
re? » ed egli rispose, « havote fatto bene >. Valerie Bruno confermo 



— 163 — 

egli pure che que' frati furono cacciati nel secondo giorno in cui il 
Soldaniero avea parlato al Priore ed al Lettore, ed aggiunse che 
gli aveva veduti parti re ; ( ma oltrechfe il Priore e il Lettore lo 
negavano , era state pure da entrambi questi testimoni affermato 
che fra Dionisio aveva fatt^ una predica in Soriano, e cio non si 
accordava coll' espulsione), 

EJvidentemente anche per fra Dionisio le prove testimoniali riu- 
scivano sempre meno gravi in questi esami ripetitivi. Fra Pietro 
di Stilo deponeva a favore di lui, e il Petrolo non V accusava me- 
nomamente. L' accusava bensi il Lauriana, ma cestui, che non sa- 
peva piu dar conto di nulla, era state gi^ dichiarato lestimone falso 
dal Pizzoni medesimo che ne aveva diretto i passi. Non rimanevano 
dunque contro fra Dionisio che il Pizzoni e Giulio Soldaniero con 
Valerie Bruno: tuttavia il Pizzoni si andava scovrendo di una mo- 
rale assai disputabile, ed intento solo ad accusare gli altri per iscu- 
sare s6 medesimo ; il Soldaniero poi non poteva riuscire ad accre- 
ditarsi, mentre sosteneva essergli state fatte tante confldenze in ma- 
teria di eresie durante una prima visita di fra Dionisio (bisognava 
conoscere a fondo il mode di agire di cestui per ammetterlo), ed 
oltraccio confessava di aver prima confabulate co' Polistina nemici 
capitali di fra Dionisio, continuava a deporre fatti indubitatamente 
falsi come 1' espulsione di fra Dionisio e del Pizzoni dal convento, 
e mostrava abbastanza chiaramente di avere indettato il sue fide 
Valerie Bruno (come il Pizzoni avea fatto col Lamiana) e spintolo 
a deporre cio che ad esse Valerie non constava, per far risultare 
piu credibili le proprie deposizioni. N6 occorre dire che la condotta 
iniqua de' primi processanti , entrambi devoti alia fazione de' Po- 
listina, accertata anche dal Pizzoni testimone del maggior peso con- 
tro fra Dionisio, faceva apparire per lo meno esagerata la colpa- 
bilitA di cestui e di tutti gli altri inquisiti. 

SifTatti apprezzamenti , che sorgono spontanei nell' animo di 
chiunque sia fornito di una dose anche discreta di equanimita, non 
potevano non sorgere nell' animo del Vescovo di Termoli, che al 
rigore di un vecchio Commissario del S.^^ Officio sapeva accop- • 
piare un sense squisitissimo di giustizia. E ci 6 rimasto di lui un 
documento che lo dimostra abbastanza bene, rivelandoci cio che 1' a- 
gitava a questo periodo della causa : poichfe precisamente alia fine 
del volume che comprende il processo offensive e ripetitivo, in uno 
de' folii esuberanti rimasti in bianco, troviamo un quadro di note 
ed appunti che egli redigeva interne alia colpabilit^ di ciascuno in- 
quisito, note ed appunti incompleti e in qualche tratto vergati con 
parole tante abbreviate da rendersi poco intelligibili, ma in somma 
csprimenti le diverse contradizioni , inverosimiglianze , falsitA, ed 
accuse rimaste infondate, che emergevano dalle deposizioni raccolte. 
I letter! troveranno questo quadro tra' Documenti (a) : d' altronde. 



(a) Ved. Doc. 358, pag. 340. 



— i64 — 

vedremo in s6guito, dopo il processo difensivo, cio che il Vescovo 
scriveva a Roma intorno alia causa , e il concetto che in ultima 
analisi se n'era formate. 

Non appena esaurite le ripetizioni, nello stesso giorno 29 ago- 
sto 1600 i Giudici deliberarono di de venire alia spedizione della 
causa e al processo difensivo: pertanto disposero che fosse subito 
inviato al S.*° Officio di Roma una copia del processo tanto infor- 
mative che ripetitivo; e sappiamo che 1' 8 settembre questa copia 
fu mandata al Nunzio dal Vescovo di Termoli insieme con una sua 
lettera, e che nella stessa data il Nunzio la trasmise al Card J di 
S.^ Severina, accompagnandola con un' altra lettera sua, in cui 
partecipava le sollecitazioni che spesso riceveva da'ministri Regii 
desiderosi di potere spedire la causa della ribellione (a). Diremo 
ora anche qui, innanzi tutto, in che mode si procedeva nolle difese. 
Un decreto fermava che ciascuno inquisito avesse una copia del 
processo (copia repertorum), ma senza nome c cognomc di colore 
i quali aveano deposto, « secondo lo stile del S.*° Officio »; che 
inoltre fosse avvertito aver facolta di scegliersi un Avvocato e pro- 
curatore a sue piacere, bensi persona cognita ed approvata dalla 
Curia, fornita de'requisiti necessarii, e con cio un termine di tanti 
giorni per fare ogni e qualunque difesa, se intendesse e volesse far- 
ne: questo decreto era da' Giudici medesimi partecipato di persona 
a ciascuno inquisito, che facevano tradurre al lore cospetto sepa- 
ratamente. Scelto T Avvocato, o dall' inquisito, o in mancanza dai 
Giudici, d' ufficio, cestui recavasi nella casa di qualcuno de' Giu- 
dici a prestare il giuramento nolle mani di lui, inginocchiato, toc- 
cando i Santi Evangeli e promettendo di fare « le giuste difese » 
del tal di tale secondo lo stile del S.*° Officio. II Notaro e Ma- 
strodatti consegnava allora al piu presto le copie d^'reperti a cia- 
scuno inquisito, e redigeva sempre un atto di questa consegna e 
del seguito ricevimento in presenza di quattro testimoni (i soliti car- 
cerieri e carcerati) decorrendo dalla data di quest' atto il termine 
per le difese: talvolta pure, sia d'ordine de'Giudici, sia dietro spon- 
tanea deliberazione dell' inquisito, redigeva o autenticava una di- 
chiarazione, in cui 1' inquisito manifestava di volersi difendere, ov- 
vero di non volersi difendere riposando nella giustizia e pietd dei 
Giudici, ed avendo per rate, fermo e valido quanto essi ordine- 
rebbero, cio che poteva farsi anche durante lo svolgimento delle 
difese. Mettendosi d'accordo coll' Avvocato, allorchfe voleva difen- 
dersi, 1' inquisito redigeva e presentava una serie di cosi dette ec- 
cezioni ossia articoli, in ciascuno de'quali eccepiva, poneva e vo- 
leva provare un date fatto in sua discolpa, affermando per solito 
ogni volta che esse era vero, verissimo, come constava a coloro 
che lo sapevano o I'avevano udito: e quasi sempre cominciando dai 
fatti della sua buona vita fin dalla tenera eta, passava, mano mano, 



(a) Ved. nel Carteggio del Nunzio, Doc. 105, pag. 68. 



— i65 — 

a'fatti delle inimicizie che aveva incontrate, alia mala coadotta e 
speciale odiositA de'testiraoni che intendeva o supponeva aver de- 
posto a suo carico (a), alia falsity ed erroneitA delle imputazioni 
fattegli , a tutti gl* incident! che spesso si verificavano durante i 
processi. Oltraccio dava una lista di testimoni a difesa, indican- 
done anche la residenza, i quali dovevano essere esaminati sopra 
tutti sopra alcuni deterrainati articoli. Dal canto suo il fiscale, 
sugli articoli presentati, faceva ed esibiva i suoi interrogatorii, ed 
istantemente chiedeva che i testimoni fossero esaminati prima sopra 
di essi e poi sugli articoli: gl' interrogatorii erano preceduti dalle 
solite ammonizioni, ed esigevano le solite informazioni sulla per- 
sona del testimone, e poi le informazioni su' fatti posli negli arti- 
coli con tutte le relative circostanze , terminando con un appello 
alia diligenza de'Signori Giudici. In somma si teneva la via me- 
desima del processo ripetitivo ma all'inversa: gli articoli erano pre- 
sentati daU'inquisito assistito dal suo Avvocato, e gl' interrogatorii 
erano presentati dal fiscale; e pero questi ultimi erano sempre re- 
datti senza tante sottigliezze e con molto maggiore concisione. Dob- 
biamo anche dire che i Giudici talvolta cassavano qualche articolo 
contenente fatti gia enunciati in altri articoli, e il processo presente 
ce n* offre un esempio; inoltre non accoglievano mai tutti i testi- 
moni dati se erano assai numerosi, come sovente accadeva, ma ne 
sceglievano un certo numero a loro piacere. S'intende poi che I'Av- 
vocato non assisteva alle sedute del tribunale , ma poteva all' oc- 
correnza fare una comparsa e piii tardi presentare una vera e pro- 
pria Difesa scritta, come ne conosciamo in gran numero pervenute 
sino a noi (b). Figurava poi sempre quando esauriti gli esami te- 
stimoniali e consegnatane una copia airinquisito, costui era citato. 



(a) Ricordiamo che questa odiosit^ o inimicizia capitale avea sempre una 
importanza particolare nelle cause di S/" Officio ; ved. la nota a pag. 200 del 
i* volume di questa narrazione. 

(b) Quando negli esami difensivi si vede interrogate un testimone sopra una 
serie di articoli, e poi sopra altri, saltatine alcuni con la formola «omissis aliis 
de voluntate producentis », s'intende che questa omissione non 6 fatta per vo- 
lenti di persona presente, ma per volontA espressa dairinqiiisito, d'accordo col 
suo Avvocato, nel dare la lista de' testimoni, nvendo indicate che quel testimone 
doveva essere udito sopra determinati articoli. L' Avvocato dunque non era pre- 
sente agrinterrogatorii. Circa le Difese scritte, anche tra* MS. della Biblioteca 
iNazionale di Napoli c' 6 una cosl dotta « Collezione di processi per carcerati 
nel S.*" Officio della Curia Napolitana » (XI, B, 34), che veramente 6 una Col- 
lezione di Difese per carcerati nel S.*' Officio e in piccola parte anche per cause 
civili e criminali del foro ecclesiastico. Naturalmente in ogni Difesa, spesso in- 
titolata € Tutamen pro . . . > etc., la < enucleatio facti » d^ una certa contezza 
sommaria del processo. Le Difese per cause di S.*' Officio, riunite in quella Col- 
lezione, vanno dal 1673 al 1680 ed appartengono quasi tutte a un D. Clemen to 
Ferrelli avvocato de* poveri : i testimoni vi si veggono indicati con lettere A, 
B, C, talora anche Tinquisito, spocialmente se 6 sacerdote, 6 indicate con N. N. 
Possediamo poi una Difesa anche stampata per causa di S.^* Officio, ed d la sola 
che abbiamo incontrata fra tanti opuscoletti da noi veduti. 



— 166 — 

« ad dicendum », e neanche nel tribunale ma nella casa di abita- 
zione di uno de' Giudici, Quest' ultima circostanza mostra sempre 
piu chiaramente che non I'inquisito ma il suo Avvocato presenta- 
vasi allora in nome di lui, era interrogate se dovesse dire altro e 
potea forse presentare anche una Replica scritta; ma non apparisce 
che fossero ammesse le arringhe. 

Come dicevamo, il 29 agosto i Giudici deliberarono che si pro- 
cedesse alle difese; nello stesso giorno fecero tradurre alia loro pre- 
senza, I'uno dopo T altro, il Petrolo, fra Pietro di Stilo, il Pizzoni, 
il Lauriana, il Bitonto, fra Paolo della Grotteria, e a ciascuno di 
essi separatamente parteciparono la loro deliberazione, assegnando 

' per le difese il termine di otto giorni; poi si recarono alia carcere 
di fra Dionisio, die trovavasi ammalato a quel tempo, e parteci- 
parono anche a lui la loro deliberazione e il termine stabilito di otto 
giorni. Sappiamo infatti che fra Dionisio fu ammalato una prima 
volta nel r agosto del 1600: ce lo mostra un conto di spese che vedrc- 
mo pill tardi fatte pe'frati inquisiti, e che contiene la nota delle me- 
dicine fornite a fra Dionisio dallo Speziale del Castello Ottavio Ce- 
sarano, con Tindicazione de'giorni in cui esse vennero fornite; e fu 
in questo frattempo che il Soldaniero vide fra Dionisio, gli prest6 
qualche assi«tenza e forse anche gli chiese perdono pe' travagli pro- 
curatigli coll' opera sua, come fra Dionisio asseri e il Soldaniero 
nego negli esami ripetitivi, Dobbiamo intanto notare che pel Campa- 
nella non fu tenuto lo stesso procedimento, senza dubbio a motive 
della sua pazzia, ma ebbe in s^guito un Avvocato: per fra Pietro 
Ponzio poi non vi fu provvedimento alcuno, giacchc davvero in que- 
sta causa, come in quella della congiura, nulla gli si pot^ addebi- 

, tare, all' infuori dell' intima amicizia col Campanella, provata spe- 
cialmente con la scoperta delle conversazioni notturnc tenute tra loro, 
II 5 settembre nel convento di S. Luigi il Vescovo di Termoli, 
presente anche I'Auditore del Nunzio Antonio Peri, ricov6 il giu- 
ramento del dot/ Carlo Grimaldi Avvocato del Pizzoni; il 15 set- 
tembre ricev5 ancora , egli solo , quelle di Gio. Filippo Mentella 
Avvocato del Petrolo, di fra Pietro di Stile, del Lauriana, di fra 
Paolo e del Bitonto; il Mentella nello stesso giorno presto giura- 
mento anche nolle mani del Vicario Arcivescovile, ma, non si sa- 
prebbe dire perchfe, venne piu tardi sestituito dal Rev. '"" dot."^ Sci- 
pione Stinca, il quale presto giuramento il 13 ottobre, e trovasi 
qualificato « avvocato deputato » per la difesa do' frati suddetti. 
Alia mancanza del Mentella, seguita dalla deputaziene dollo Stinca, 
si deve forse riferire un memoriale de' frati al Vescovo di Termeli 
per dimandare un Avvocato, memoriale senza data, od inserto nel 
processe un pe' a case, dope le difese di fra Dionisio (a). Nessuno 



(a) Ved. la Copia ms. torn. 1°, fol. 267. II Memoriale, scritto dal Lauriana e 
degno di lui, vedesi firmato appunto da' frati alfidati alle difese del Montella e 
poi dello Stinca, ed attesta la bonl^ del Vescovo di Termoli per quo* frati. Fu 



— 167 — 

Avvocato si trova nominalo per IVa Dionisio, comunque in una let- 
tera, da lui scritta nell' inviare taluni articoli a' Giudici, si legga 
che non avea « potato accapar dal suo Avocato la compilatione di 
« tutti gli articoli . . . per la lunghezza del processo et occupation! 
« d' infiniti altri negotii di detto suo Avocato ». II 17 setterabre fu 
consegnata a fra Dionisio la copia de' reperti della sua causa se- 
condo lo Stile del S.^° Officio, e il giorno seguente una copia ana- 
loga fu consegnata al Pizzoni; di poi (15 e 18 ottobre) fu conse- 
gnata alio Stinca la copia de' reperti della causa de' diversi frati 
che egli doveva difendere. Aggiungiamo che ancora piii tardi (31 
ottobre) fu prestato il giurainento dal dottore di leggi Gio. Battista 
dello Grugno in qualita di Avvocato difensore del Campanella, cer- 
tamente « Avvocato deputato » anche lui, comunque di una simile 
qualificazione non si trovi alcun ricordo (a). Dobbiamo dire che I'opera 
di questi Avvocati nel presente processo apparisce anche meno del 
solito. Vedremo mancanti del nome dell' Avvocato non solo gli ar- 
ticoli di fra Dionisio, che forse li compilo da so, ma anche quelli 
del Pizzoni, ne'quali per altro la mano dell'Avvocato si rivela da 
qualche errore materiale circa le persone , errore che 1' inquisito 
non avrebbe certamente commesso; pel Campanella poi vedremo una 
comparsa del procuratore rimasto anonimo, ma vedremo anche qual- 
che altro atto in cui il nome dell'Avvocato non manca; infine per 
gli altri frati vedremo che non ci fu occasione di comparsa del- 
l'Avvocato, perchfe non si fece nulla. — Ci crediamo pertanto nel 
dovere di dare qualche notizia intorno a' suddetti Avvocati. Carlo 
Grimaldi era un dottore non ispregevole ; pervenne all' ufficio di 
Giudice della Gran Corte della Vicaria nel 1022-23, come 6 atte- 
stato anche dal Toi)pi (b), 11 dot/ Scipione Stinca ft stale da noi 
giA incontrato una volta nel corso di questa narrazione, sotto le 
forche preparate pel povero Maurizio , che egli ebbe ad assistere 
neir estremo memento. Apparteneva ad una famiglia illustre per 
magistrati, nella quale figurava tuttora il dot."^ Ottavio Stinca, che 
abbiamo pure avuta occasione di nominare qual difensore del Duca 
di Vietri, ed avremo occasione di nominare ulteriormente a propo- 
sito di qualche altra singolare persona la quale verrA in iscena pii 
tardi. Era Avvocato e sacerdote, come tanto spesso accadeva a quel 
tempi: nel processo ft detto « Presbyter Neapolitanus»e possiamo ag- 
giungere che eraascritto all'ordine de'Cappellani Regii,poichft abbiamo 
trovato il suo nome neirdenco di que'Cappellani, ripetuto dal 1595 



inserto nel processo a lato di una comparsa di fra Piotro di Stilo del 17 no- 
vembre, con Ja quale fra Piotro rinunziava alio difese. Ma essendovi nel me- 
moriale , con cui si dimandava un Avvocato , la firma anche di fra Pietro di 
Stilo, 6 chiaro che la data di tale scrittura deve riferirsi a un periodo anterio- 
re, e verosimilmentc a'primi di ottobre. 

(a) Ved. Doc. 357, pag. 330. 

(b) Ved. Toppi, De origine omnium tribunalium etc. Neap. 1655-60, vol. 3* 
p. 29. 



— 168 - 

al 1603 5 nelle scritture della Cappellania maggiore esistenti nel 
Grande Archivio (a). Quanto al dot/ Gio. Battista dello Grugno 
Avvocato del Campanella, egli era un uomo ancor piu distinto. No- 
minato lettore delle Instituta e glose nel pubblico studio di Napoli, 
in sfeguito deir ingresso di Giulio Berlingieri nella Congregazione 
de'Gerolamini (31 8bre 1598), fu poi promosso alia lettura De Actio- 
nibus^ vacata per morte di Gio. Maria Cossa, con provvisione rad- 
doppiata in omaggio alia sua persona (ult/ di febbr. 1601); ed in 
tale quality mori verso la fine del 1604, avendo a successore Ot- 
tavio Limatola, come ci risulta daMocumenti sparsi nelle medesime 
Scritture della Cappellania maggiore (h). Bisogna dunque ricono- 
scere che le difese de'frati, e massirae del Campanella, non si tro- 
vavano affidate a dottori di poco conto; solo si pud dire che la ri- 
cerca di essi fu laboriosa, poich(^ durd circa due mesi, e forse, ol- 
tre il Montella, parecchi altri rifiutarono il carico di queste difese; 
d'altronde occorre anche vedere se vi attesero con diligenza, e su 
questo punto li giudicheremo all' opera. 

11 30 settembre si dife principio agli esami difensivi per fra Die- 
nisio, co' quali si apri il 3° volume del processo dell' eresia, Egli 
aveva scritto a' Giudici di non aver potuto ancora ottenere dall' Av- 
vocato la compilazione di tutti gli articoli a sua difesa, e di averne 
intanto formato da sfe un certo numero, pregando che sopra di que- 
sti venissero esaminati « alcuni carcerati , quali per essere stati 
« habilitati facilmente partiranno per la Calabria »; ed 6 superfluo 
dire quanto sia per noi degna di nota siffatta circostanza, poichfe ci 
rivela lo stato del processo della congiura pe' laici a quel tempo, e 
il destino di taluni tra loro, i cui nomi si leggono nella lista de' te- 
stimoni dati da fra Dionisio contemporaneamente a' suoi articoli. 
Appena sette furono gli articoli allora presentati da fra Dionisio, 
e con essi poneva e voleva provare la falsi ta delle deposizioni del 
Lauriana, e cosi pure del Soldaniero e di Valerio Bruno. Intorno 
al Lauriana, egli affermava, che costui avea gi^ detto nelle carceri 
di Squillace e poi in quelle di Gerace , present! molti, di e^sersi 
esaminato contro fra Dionisio ed allri , deponendo falsamente in 
materia di eresia e di ribellione persuaso dal Pizzoni, e di volei-si 
ritrattare per scrupolo di coscienza; che poi nelle carceri di Na- 
poli si era consigliato circa tale ritrattazione con un dot.*^ Dome- 
nico Monaco egualmente carcerato, il quale gli avea detto che ri- 



(a) Questo elenco anniialo de'Cappellani Re«,qi fu redatto in quel tempo per 
la franchigia del pagamento del < grano a rotolo » ed inviato a'Deputati della 
pecunia dal Cappellano maggiore. Vi si legge: « Rev. dot/ Seipione stinca con 
doi servitori >. Notiamo che dairanno 1604 in poi non fu inviato un elenco no- 
minativo, e per6 non si trova piu rcgistrato il nome dello Stinca. 

(b) Ved. i Certificati de'lettori, che il Cappellano maggiore inviava alio Scri- 
vano di razione pe' pagamenti. La provvisione raddoppiata , concessa al Dello 
Grugno, raggiungeva appena D.' 80 annul; cosl poco costava a que* tempi un 
buon lettore. 



— 169 — 

trattandosi avrebbe avuta la corda e sarebbe stato mandato in galera ; 
che quando in Napoli ratified il primo esame, rimproverato da molti 
a' quali avea detto di essersi esaminato falsamente, avea risposto, 
« die sempre c'era tempo per accomodar la conscientia, ma non 
« sempre c* era tempo d* evitar la corda, et la Galera, et che pii 
« facilmepte si potea accomodar con Dio, che con gl' huomini, et 
« oflSciali » ; che dope cio , quando nolle litanie si giungeva al 
verso a falsis tesUbus libera nos Domine^ tutti guardavano in faccia 
al Lanriana e ridevano, ed egli arrossiva, e quando toccava a lui 
dir le litanie, ometteva quel verso con grandissimo riso di tutti; 
che infine avea negli ultimi giorni cercato perdono ad esse fra Dio- 
nisio, facendosi piu volte chiudere per questo nella stessa carcere 
con lui dal carceriere. Intorno al Soldaniero e Valerie Bruno af- 
fermava , che il Soldaniero , egualmente per ottenere il perdono 
delle falsita deposte contro di lui, gli avea fatto visite, servigi, re- 
gali e prestito di danaro; che inoltre teneva, continuamente presso 
di sfe Valerie Bruno suo servitore, e poteva presuraersi avergli fatto 
deporre il false, essendosi da entrambi dichiarato ne' rispettivi co- 
stituti che non aveano mai parlato tra lore, mentre a tutti era note 
il contrario. Sopra siffatti articoli dava per testimoni, variamente 
sopra ciascuno di essi, oltre fra Pietro di Stilo e fra Paolo , Ge- 
ronimo Marra, Francesco Salerno, Nardo Rampano, Cesare Bianco 
e tutti gli altri carcerati di Catanzaro, Giuseppe Grille di Oppido, 
Domenico Monaco il dottore, Aquilio Marrapodi suo servitore e il 
carceriere. D' altra parte il fiscale (sempre D. Andrea Sebastiano) 
presentava i suoi interrogatorii al n.° di 18, preceduti dalle solite 
ammonizioni , q contenenti le informazioni di rutina e le informa- 
zioni su' fatti asserti negli articoli (a). — 1 Giudici si limitarono ad 
esaminare Geronimo Marra , Francesco Paterno (o forse Salerno ) 
e un Minico Mandarine , tutti giovani sarti di Catanzaro carcerati 
per la congiura; e li udirono su tutti gl' interrogatorii e tutti gli 
articoli indifferentemente, impiegandovi la sola seduta del 30 set- 
tembre. Le deposizioni di Jostoro non diedero alcun risultamento 
serio, Nessuno sapeva nulla; nessuno avea veduto nulla. II solo 
Geronimo Marra dichiaro di avere udito in Napoli il Lauriana , 
dope di essere stato esaminato, dire ad alcuni carcerati, « quando 
uscird, Die provederA all' anima », ma senza aver capito a quale 
scope avesse dette tali parole (6). Perfino intorno a Valerie Bruno 
rimase assodato che stava in una camera diversa da quella del Sol- 
daniero, ma non si giunse a sapere nemmeno se facesso V ufficio di 
servitore presso di lui ( i guai sofferti aveano resi quei testimoni 
piu che riservati). 

Una lunga interruzione si verified dope questa seduta, la qual 
cosa reca un po' di meraviglia, mentre non si pud negare che fine 



(a) Ved. Doc. 359 e 360, pag. 341 e 342. 
(6) Ved. Doc. 362, pag. 359. 

AmabiU — T. Cam panbli.a, Vol. II. 22 



allora si era proceduto con la piu grande celeritA, e se molto temp^ 
si era impiegato nello svolgimento del processo, cio era accadobo 
unicamente per I' intrinseca quality della procedura, che oelle caus^, 
di S.'" Officio era sempre scrupolosamente osservata. Bisogna dira 
che i Giudici ebbero a persuaders! non potcr convenire quesli esaiQi 
sopra articoli in numero ridotto, dupo i quali si era costretti a lar^ 
nuovi esami sopra articoli in numero complete. E in tal guisa ri&j 
see di spiegarsi che il Nofaro e Mastrodatti Prezioso, d' ordine dM 
Vescovo di Termoli, il 6 ottobre si reco presso fra Dionisio , gjf' 
chiese formalraente se volesse o no difendersi, ed innanzi a test^ 
moni rog6 un atto in cui fra Dionisio dichiaro che voleva ed effotf 
tivamente intendeva fare le sue difese, e si sottoscrisse confermaad(> 
tale sua volonta {«). Ma senza dubbio non potfe presentare le sofi. 
eccezioni od articoli se non a'primi del mese consecutivo, poichfe A 
venne agli esami sopra di essi soltanto il novembre. Verosimilioen^ 
fu sollecitato anche il Pizzoni a voler presentare i suoi articoli , a»-' 
sendo scorso da un pezzo il termine assegnato di otto giorni, a^ 
che era sempre tollerato dal S,'° Officio, ma non poleva poi durar^. 
indefinitaraente ; cosi, nientre si menavano innanzi gli esami difen>< 
sivi per fra Dionisio, si fecero ancora quelli pel Pizzoni. E certj^- 
raente I'AvTocato del Campanella, non appena prestato il suo giu- 
ramenlo il 31 ottobre, dovfe essere sollecitato del pari; giacchfe poep' 
dopo fu presentata al tribunale una comparsa, con la quale si di- 
ceva essere il Campanella pazzoj non polersene fare le difese, chio* 
dersi un termine per provare la pazzia ; e nello stesso giorno G no- 
vembre, quando cominciarono gli esami difensivi per fra DionisiQ,< 
cominciarono pure gli esami informativi sulla pazzia del Camp%r 
nella. Sicch^ dal 6 al 16 del mese venne simultaneamente esauritft', 
tutto ci6 che rifletteva la difesa degl' inquisiti principal! ; ma p«, 
procedere ordinatamente, sari Ijene narrare prima gli esami difen- 
sivi per fra Dionisio, che erano stati gi^ in parte iniziati, poi gU^ 
esami difensivi pel Pizzoni, che rappresentano il contrapposto de^ 
anzidetti, inline gli esami informativi ItiUa pazzia del Campanellak. 
Le eccezioni od articoli, che fra Dionisio definilivamente pr* 
sentd in sua difesa, ascesero nienteraeno al numero di 58; e np| 
pur troppo non possiamo dispensarci dal darnc conto, tanto pii ch« 
in sostanza vi si comprendono le difese di lutli gli altri frati al- 
I'infuori del Pizzoni e del Lauriana, non escluso il Campanella cto. 
per la pazzia riraaneva ecclissato (6). Con le sue eccezioni fra Dio» 
nisio afferrao i suui titoli di onore , cominciando dalla teuera eik, 
e passando a' tempi della vita monastica, ricordando pure I'andala 
presso Clemente VIll come procuratore della citti di Nicastro per 
la faccenda dell' interdetto, e la premura spiegata per « manifestftr; 
« r innocenza del sangue del P." M.° Pietro Pontio suo zio ucciso. 



(a) Ved. Doc. 356, pag. 339. 
(6) Ved. Doc. 361, pag. 344. 



— 171 — 

€ proditoriamente da alcuni monaci >, come potea rilevarsi dagli 
Atti esistenti nella Corte del Nunzio, onde si acquisto le inimicizie 
di tutti gl' inquisiti e lore parent) , e massime de' due Polistina. 
Affermd che costoro, d' accordo col Priore di Soriano eccitarono il 
Soldaniero contro di lui, e fecero circondare di birri il convento per 
costringere il Soldaniero ad accettare Y indulto offertogli da fra Cor- 
nelio altro suo nemico, e cosi poteva intendersi 1' inverosimiglianza 
deir avere esso fra Dionisio confidate a un tratto tante gravissime 
cose al Soldaniero. Che cestui era di pessima vita e cattivo cri- 
stiano al punto di persistere tuttora nella scomunica inflittagli in 
Calabria, teneva per servitore Valerie Bruno nolle carceri di Napoli 
e dichiarava di non aver mai parlato, ed avea piu volte cercato per- 
dono ad esso fra Dionisio narrandogli i particolari del fatto di So- 
riano; che mentre era impossibile accordare la cacciata di esso fra 
Dionisio da Soriano e la predica contemporaneamente permessagli 
dal Priore> dovea notarsi aver lui deposto dope il Pizzoni, quando da 
fra Comelio gli fu detto che il Pizzoni 1' aveva nominate come uno 
de' capi della congiura. Che esso fra Dionisio avea nella predica 
di Soriano, a santo e pio fine, parlato di qualche fatto esecrabile 
commesso contro il SS."° Sacramento, per mostrare 1' infinita pa- 
zienza di.Dio; che lo stesso Valerie Bruno avea con piu persone 
lodata la predica di lui in Soriano, dicendo che era riuscita a farlo 
piangere, la qual cosa non gli era mai accaduta ; che se il Priore 
e il Lettore di Soriano avessero deposto di aver cacciato esso fra Dio- 
nisio dal convento, risulterebbero mendaci, poichfe gli aveano per- 
messo di predicare e non aveano partecipato nulla a' superiori. 
Che il Pizzoni gli era nemico, atteso il furto degli scritti per lo 
quale esso fra Dionisio T aveva svergognato; che era sempre state 
amice de' nemici di lui, ed avea fatto fuggire il Polistina, procu- 
rando che fra Pietro di Stile I'avvertisse, quando esso fra Dionisio 
cercava di farlo carcerare; che era sempre state di pessima vita, 
soggetto a penitenze per molti furti (citato uno per uno), affetto da 
mai francese etc., scappato in pianelle, senza cappello e senza cappa 
dal Capitolo di Catanzaro per fuggire la prigionia, obbligato a cir- 
condarsi di fuorusciti per salvarsi dalle vendette di colore che aveva 
offeso con le sue disonestA. Che nella causa della congiura , ne- 
gando dapprima I'esame di Calabria, il Pizzoni aveva espressamente 
affermato di aver detto anche in materia di eresia molti mendacii, 
amplificati ed accresciuti da fra Comelio e dal Visitatore, e nella 
fossa in cui fu posto avea pure scritto sul mure di esservi stato 
posto perchfe si volea che dicesse bugie, come tuttora potea veder- 
si, ma poi persuaso dal Lauriana confermd di nuovo il primo esa- 
me. Che aveva scritto al Campanella, entro il suo breviario, es- 
sere state da lui deposte le eresie per eccitare gelosie di giurisdi- 
zione tra il Papa e il Re, ma essere risoluto di ritrattarle, e due 
cartoline di questo genere furono prese dal Sances sul Campanella, 
quando cestui fu tormentato. Che veramente 11 Pizzoni avea prati- 



cato col Campanella piii lungamente di esso fra Dionisio, eA avrebba 
potuto piuttosto il Pizzoni dire a lui, che lui al Pizzoni, le cose 
del Campanella ; o poi a molti avoa dichiarato essergli state da 
fra Dionisio dette le eresie non assertive ma i'ecilaiive lanlum 
poi nel vespro di quel giorno di luglio in cui parlai'ono tra lorft 
in Pizzoni , esso fra Dionisio fu visto parlargli sdegnato e bra- 
varlo, poiche gli dimandava conto del furto degli scritti (lato qud- 
sto il pill debole della difesa per essere stato troppo spinto). Chq 
il Lauriana gli era nemico perchfe creatura del Pizzoni , perso- 
guitato fin dal P.^ Pietro Ponzio pe'suoi vizii e disonestA, coHb 
plice del furto degli scritti che cerco di vendere al P." Peruginc^ 
scacciato da esso fra Dionisio dal convento di Nicastro per le turpi 
relazioni con fra Fabio nipote del Pizzoni; che avea scritto due let- 
tei-e ad esso fra Dionisio chiedendogli perdono, come I'avea pura 
chiesto a voce a traverso un foro esistente tra le carceri rispet- 
tive , ed inoltre Tavea chiesto anche a Ferrante Ponzio per let- 
tere delle quali esibiva una in data 10 ottobre 99. Che nelle car- 
ceri aveva tenuta corrispondenza col Pizzoni ed animatolo a staf 
saldo suUg cose deposte, perchfe si trov^tssero uniformi nelle falsitA, 
come fu provato durante il processo, rimaoendo anche convinto dl 
averlo falsamente negato; che avea fatto sapere a molti essere state 
costretto a deporre il falso da fra Cornelio e dal Visitatore ; chfl. 
aopratutto avea falsamente deposto essersi trovati in Pizzoni aL 
tempo raedesimo esso fra Dionisio e il Campanella, mpntre esso fra 
Dionisio vi era stato molti giorni prima; che avea detto a molti 
volersi ritrattare, cercando anche perdono a fra Pietro Ponzio, e 
poi consigliato da un Domenico Monaco non 1' avea fatto ed ave- 
va indotto il Pizzoni a non farlo; che n' era stato rimprovorato dft 
molti, ed era ritenuto falso testimone e deriso nel dir le Utaoie.; 
che avea chiesto anche negli uUimi giorni perdono ad esso fra Di^^ 
nisio infermo (come negli altri articoli giA dati precedentemente). 
Che il Visitatore gli era stato sempre nemico, perchfe esso fra DiiK- 
nisio avea dovuto presentare al Papa memoriali contro di lui nelle' 
quistioni de' Riformati e poi nel tempo de'torbidi di S. Domenico dj 
Napoli; che aveva in Calabria forzato i testimoni a deporre contra 
esso fra Dionisio, e 1' aveva condannato a gravi peniterue negai^ 
dosi sempre a perdonarlo. Che fra Cornelio gli era nemico per fatUi 
personali occorsi tra loro (gifl narrati altrove); che si era percii 
unito a' Polistina, insieme co' qaali avea sedotto e forzato il Solda- 
niero a deporre come avea deposto, procurandogli I'induUo, Che U 
Petrolo gli era nemico, perchfe riteneva derivati da esso fra Dio- 
nisio tutti i suoi travagli, e percio, come si era espresso con molU,,; 
I'aveva conciato a dovere ne' suoi costituti (n) ; oltraccio nell' altrai 



(a) Questo <^ i! signiflcato della cspro^sione che si le^ge nell' art 53, cb^ 
eiod < non I'aveva mandate a Roma per pcnitenza », mode volgare ancor — 
abbastan/a usato nel mezzogiomo d' Italia. 



— 173 — 

tribunale si era dapprima disdetto, dichiarando che il Campanella 
Taveva indotto ad imitare il Pizzoni nell'esporre eresie per sottrarsi 
alia furia secolare; che poi, al pari del Pizzoni, non era rimasto 
saldo in tali assertive , ed entrambi rimproverati per questo da 
molti carcerati aveano detto esservisi determinati pe' maltrattamenti 
del fisco e le visibili propensioni de'Giudici. Che fra Pietro di Stilo 
gli era egualmente nemico, perchfe creatura del Polistina, che si di6 
premura di far fuggire quando esse fra Dionisio cercava di farlo 
carcerare; nb avea voluto andare al convento di Nicastro dove era 
stato assegnato quando esso fra Dionisio vi si trovava Priore. Che 
infine per tutto il tempo, in cui esso fra Dionisio era stato carce- 
rato, ognuno avea dovuto persuadersi esser lui vittima di falsiti 
fatte deporre dal Visitatore, da fra Cornelio e dallo Sciarava, ed 
essere cosa impossibile in lui la colpa specialmente di eresia. 

In prova di cosi numerose affermazioni, fra Dionisio dife testi- 
moni non meno numerosi, oltre 60 individui, secolari ed ecclesia- 
stici (a). Alcuni tra loro erano individui liberi dimoranti in Na- 
poli, ed altri gi^ carcerati e rimasti in Napoli, come p. es. Tom- 
maso d'Assaro, Pietrantonio Tirotta, Cesare Forte (6); altri gi4 car- 
cerati e tornati in Calabria, come D. Marco Petrolo, D. Minico Pu- 
lerA, Gio. Francesco Paterno e Geronimo Marra, su' quali ultimi 
abbiamo cosi la data precisa della liberazione; altri tuttora carce- 
rati, sia per le cause presenti, sia per cause diverse come vedremo 
pill sotto. Vi erano poi egualmente tra' testimoni frati disseminati 
in tutti i conventi di Napoli, come pure dimoranti in Calabria e 
in altre provincie, perfino in Siena e in Venezia. Ognuno de' testi- 
moni era indicate per la prova di determinati articoli ; ed oltrac- 
cio erano prodotti diversi documenti, e date le indicazioni per averne 
altri de' quali gli articoli facevano menzione. Cosi troviamo inserte 
nel processo, al sfeguito delle difese di fra Dionisio: la procura ori- 



(rt) Ved. Doc. cit. pag. 356. 

(b) Costoro sappiamo certamente essere stati gi& carcerati, poich6 se ne fa 
menzione in diverse parti del processo. Su molti altri, compresi nella roedesima 
categoria de'testimoni dimoranti in Napoli, non abbiamo u,'uale certezza: po- 
ire bbe supporsi che fosse ro stati anche carcerati, poich^ fra Dionisio li d^ per 
testimoni precisamente sulFart. 58, vale a dire sulla sua condotta « da tutto il 
tempo in qua che 6 stato carcerato »; ma riesce note vole che non abbia date 
alcuno di loro per testimone anche su qualche fatto avvenuto nel carcere, come 
si verifica in persona di quelli che sappiamo essere stati certamente carcerati. 
6 piii probabile quindi che si tratti di frequentatori del carcere per ragione di 
visite, come si ha per Aquilio Marrapodi compreso nella stessa categoria, fre- 
quentatore del carcere per ragione di servizii; e cosi ci 6 parse doverli esclu- 
dere daU'elenco de'carcerati che ci siamo ingegnati di compilare (ved. nel vol. III. 
lUastraz. IV, pag. 644). Diamo tutte queste spiegazioni perch6 la cosa rifle tte- 
rebbe individui di conto, tra gli altri il Dot. Gio. Vincenzo Serra e il Dot. Ot- 
tavio Serra, sul quale ultimo dal documento inserto nel processo si ha che tro- 
vavasi Sindaco di Nicastro quando fra Dionisio fu inviato al Papa per la fac* 
cenda dell*interdetto, e molti altri documenti potremmo produrre esistenti nel 
Grande Archivio. 



ginale in pcrgamena fattagli dalla citt^ di Nicasiro per trattare ajts 
che presso tl Papa la faccenda deU'iiiterdetto; la lettera del 10 ot* 
tobre 99 scritta dal Lauriana a Ferrante Ponzio, per iscusarsi dell« 
falsiti, deposte insieme col Pizzoni contro fra Dionisio, e pregarlo 
che trovasse modo di farlo venire a nuovo esame per ritrattarsi; a 
poi una fede deii'UniversitA di Fiumefreddo suUe eccellenfi predt* 
cazioni ed opere di caritA fatte da Ira Dionisio in quella terra; inot' 
tre le fedi di Gio. Luca de Crescenzio de' P.' Ministri degrinfermj 
e di D. Eligio Marti Cagpellano della galera S.'» Maria, gia. cow 
fortatori di Gio. Battista Vitale e Gio. Tommaso Caccia sul punto 
di essere giustiziati, attestant! che da costoro si era dlchiarato aveo 
deposto il falso per forza de' tormenti dati dallo Sciarava (a). A 
questi document! si aggiunsero poi quelii che il Vescovo di Ters 
raoli, sulle indicazioni date da fra Dionisio, venne procurando so- 
pratutto daH'altro tribunale; lua allora si era giA agli esarai difeib 
sivi, e di essi conviene oramai occuparci. 

Naturalmente non tutti i testimoni dati da fra Dionisio furono 
chiamati all' esame, ma soltanto i frati intjuisiti (ail' infuori del Pi* 
zoni e del Lauriana), parecchi carcerati per la causa della ribeU 
Hone, tra' quali il Contestabile, il Di Francesco, Geronimo padm 
del Carapanella e il Barone di Cropani, dippii'i quattro carcerati per 
altre cause, e con tulti costoro il carceriere. Su' quattro carcerati 
per altre cause ci crediamo in dovere di dare qualche notizia spo- 
ciale; trovererao due di loro celebrati dal Campanella nelle sue poof 
sie, da doversi considerare come suoi amici ed anche benefattori, 
e per parte nostra non avverrA mai che un amico e benefattore dev 
povero fllosofo rimanga in alcun modo trascurato ; d' altronde im* 
porta pure conoscere un po' addentro le quality de' testimoni, pet 
essere in grado di valutare la fede che lo loro testimoniaoze poaj 
aono meritare. Essi furono": Cesare Spinola, D. Francesco Ce^U- 
glia, fra Antonio Capece cav. Gerosolimitano, Domenico Giustinianil' 
raarinaro. Cesare Spinola nel suo esame si dichiar6 genovese, dofc 
I'etA di 30 anni in circa, celibe, benestante tale da potere spendera^ 
100 scudi al mese: senza dubbio egli era uno di que'niimerosi Spi- 
nola, che al pari di moltissitni altri Llguri ammassavano ricchezn 
con le loro speeulazioni e facevano continui acquisti di rendito ia 
Napoll. Di altrettali Spinola I'Archivio di State fornisce una serie' 
intinita al cadere del seeolo 16.", anche con frequent! omonimi; mft' 
per fortuna col nome di Cesare se ne trova solamente uno deitd; 
« q.™ Stephani q." Bartholoraaei *, e v.arii document] lo mostraof 
abitantc dapprinia in Genova, dove stava anche una sua sorella 
nome Antoaia, monaca in S. Silvestro de Pisis, possidente del pari 
varie rendite acquistate dal padre, massime sulla gabella della sdtl 
ma anche sopra altri cespiti. Da uno do'documenti raccoUi Cesart 
apparisce inoltre parente , forse cugino, del Marchese Ambro^ 



(a) Ved. Doo. 382, pag. 395. 



— 175 — 

Spinola, essendo insieme col Marchese erede di una parte delle fa- 
coltk di Lorenzo Spinola; da altri document! apparisce sotto la tu- 
tela di alcuni suoi parenti nel 1588 , ed abitante gik in Napoli 
nel 1602, circostanze tutte che rispondonc^ a quelle notate nel pro- 
cesso (a). Ci rimane tuttora ignoto il motivo della sua prigionia: 
ma sappiamo che nel 1599 un Cesare Spinola trovavasi affittatore 
del feudo di S. Nicola, e con ogni probability era appunto il Ce- 
sare del quale si fe discorso, avendo sempre avuto i genovesi di 
ogni ceto il lodevole costume di lanciarsi nolle speculazioni {b) ; nfe 
fe difficile intendere che per quistioni insorte, col metodo spiccio di 
quel tempo , egli fosse state imprigionato. Vedremo che di poi il 
Campanella in un suo Sonetto, fra mille lodi, lo ringrazio anche 
della difesa che di lui avea fatta. Quanto a D. Francesco di Ca- 
stiglia, era cestui uno de' tanti spagnuoli che facevano la lore car- 
riera nolle provincie napoli tane, ma era nato a Verona, ed avea 
gik i suoi 40 anni : ne' Registri Ofpctor^m Viceregum lo troviamo 
nominate Capitano di Rossano pel 1594 , poi Capitano di Ostuni 
pel 1598 (c) ; e mentre era al governo di Ostuni fu carcerato in 
Lecce e tradotto nel Castel nuovo di Napoli ; il Campanella lo lodd 
non solo come un alto personaggio, cio che era quasi di obbligo 
con uno spagnuolo, ma perfino come poeta, cantore delle Donne 
sante e de' suoi cocenti amori , della vinta Antiochia e delF abo- 
minio che si meritavano le Corti false e bugiarde (dope di averne 
persa la protezione ). Quanto a fra Antonio Capece , la sua sto- 
ria 6 molto brutta : il suo esame ne dice poco o nulla , ma ce 
r insegnano ampiamente moltissime Lettere esistenti nel Carteggio 
del Nunzio, ed anche qualche documento de' Registri Curiae del- 
I'Archivio uapoletano. Era uno de' tanti Cavalieri di Malta , che 
profittando delle guarentigie giurisdizionali cominciavano per fare 
i prepotenti, e poi ben presto finivano per fare gli assassini di strada 
insieme co' compagni a' quali erano costretti ad appoggiarsi. Di 
nobile famiglia napoletana, dimorante nel vicino paesello di Melito, 



(a) Ved. i Reg.* Partium vol. 1165 bis e 1181 fol. 126; 1244 bis fol. 6; 
1271 fol. 193; 1275 fol. 205 etc. etc. Inoltre i Reg.* Privilegiorum vol. 91 fo- 
lio 137; e gli stessi Reg.' Partium vol. 1317 fol. 100 t.^ e vol. 1508 fol 133. 

(6) Ved. Reg. Sigillorum vol. 35 (an. 1599), sotto la data 21 giugno. Qulvi 
si legge: « Licentia d'arme a Cesare Spinola aflfittatore de S.*° Nicola, Massari 
6 garzoni, taxato tarl uno ». 

(c) Ved. Reg. Officiorum Yiceregmn vol. 6 (an. 1593-96) fol. 75, e vol. 7 
(an. 1595-98) fol. 155. Quivi si legge: « Expedita fuit provisio Patens officii 
Capitaneatus Hostuni in personam mag.*"' Don Francisci de Castiglia pro uno 
anno integro, et deinde in antea ad beneplacitura , cum provisione, lucris, ga- 
giis, et emolumentis solitis, et consuetis, et cum clausulis in forma Regiae Can- 
cellariae, qui etiam praestitit Juramentum in posse mag.*=' et circumspecti D. 
Petri de Castellet regii Collateralis Consilii ac Regiam Cancellariam Regentis. 
Neapoli die 31 mensis Januari m." d.® nonagesimo octavo. El Conde de Oliva- 
res>. — Per Tesecutoria ved. Reg.* Sigillorum vol. 34 (an. 1598) sotto la data 
20 febbraio. 



aveva appena 26 anni e gii fin dal 9 marzo 1595 trovavasi car- 
cerato in Castel nuovo perchfe \e career! del Nunzio erano raalsi- 
cure per lui, essendosi distinto per moiti e gravi delitti, omicidJi, 
scarcerazione violenta di detenuti , svaligiamento del procaccio di 
Puglia, ricalti, furti ed assassiiiii al passo tra Melito ed Aversa, 
fui'to e ricatto di notte nella stessa citlsi di Napoli in casa di Asc%- 
nio Palmieri fuori la porta del pertuso (quella che fu poi detta port^ 
Medina e non ha guari fe stata diroccata): fuggito una volta dall? 
galere mentre lo traducevano a Malta per esservi giudicato, nel 159$ 
era riuscito a fuggire anche dal Castel nuovo con un alti*o carcft- 
rato del Nunzio, Cesare d'Assero clerico, ma semplicemente < per 
« chfe il eareeriero havea lassata la porta aperta et egli voleva bu^ 
« tarsi alii piedi di S. S.*^ », siccome scrisse a Roma quando ft 
ripreso in Gaeta e ncondotto in Castel nuovo; e poicli^ tutti i suoi 
compagni nelle scelleraggini, i quali aveano testificato contro di lui^ 
erano stati prontaraente appiccati dalla Corte Regia e non potevaO^ 
piii farsi gli esami ripetitivi per convincerlo, il Nunzio lo tenevi 
cosi in careers senza sapere cosa dovesse fame (a). Ci afTrettiam^ 
a dire che la Musa del Campanella non si mosse per lui. Final- 
inentd quanto a Domenico Giustiniano, sappiamo dal processo ch* 
era un povero marinaro di Scio, preso da' tui-chi all' eU di 7 ad 
8 anni e divenuto cosi maomettano, poi tornato in grembo alia ma^ 
dre Chiesa, ed in espiazione della colpa di rinnegafo gia da 10 aiu)! 
in carcere, con otto grani al giornu pel vitto: il suo contegno eft 
lo mostra un uomo semplice ed ingenuo, senza ombra di fiele, A 
si che egli poteva ben raccontare quanto fosse dura la via del pa^ 
radiso; dimenticato nel carcere, quivi mori il 28 marzo 1607, come 
si legge ne' libri parrocchiali del Castello. 

11 6 noverabre si tenne la prima seduta, ed ecco le deposiziom 
che si raccolsero (6). B. Francesco di Castiglia disse correr voce trt> 
i carcerati in generale che i frati si accusavano 1' un 1' altro' 
avere udiio che Valerio Bruno teneva pralica col Soldaniero m _ 
non averlo visto; aver saputo direttaraente dal Soldaniero che eA 
stato assediato nel conveuto di Soriano e forzato a dire ci6 che ^ 

(o) Non umneavaiio frattanto in favore di (|ii6sto pessimo aoggetlo _ 
mendatizie jierfino da Cardinuli como il Bellarmiuo; ed il Nunzio, dopo la fugw 
fl la ripresa di lui in Gaeta, soriYeva che il suo negozio era < aggravato " 
iDtiera sua colpa, che s'e lassato ripigliare », n& seppe far di megUo che 
segnarlo nel 1(505 alia Religione di Malta die lo recIamO. 11 Vicerd fin da _ 
cipio avea fatto istanza che fosse giudicato dal Nunzio coirint«rYento di un 
ci&le Regio (come £i fece pel Campanella piti tardi), ma S. S.'° non ToUe ( 
cederlo, benchfi si trattasse di un cosi volgnre aasassino. Ved. ii Cartegglo 
Nunzio in Firenze: Lett, da Roma del 5 maggio lb9T>, 8 novembre 1600, 
giugno 1602, 12 novembre 1604; o Lett da Napoli 3 marzo 1598, 17 manoii 
5 maggio I60U, 17 maggio e 22 giugno i602, 14 e 30 luglio e SB ottobre 160S. 
Inoltre i Reg' Curiae in Napoli: vol. 40 (an. 1596-09) fol. 181, 12 luarzo lS9fl; 
e vol. 47 (an. 1599-600) fol. 15 t.". 31 agosto 1599. 

(6) Ved. Doc. 363 6 364, pag. 360 e 361. 



— 177 — 

era stato domandato. — Di poi fu interrogate Giulio Contestabile, 
che riusci un testimone di grande importanza. Egli disse avere udito 
da molti, e li nomind, che il Lauriana avea lasciato intendere di 
essersi esaminato contro il Campanella e fra Dionisio per istiga- 
zione del Pizzoni e per timore di D. Carlo Ruffo, Carlo Spinelli , 
Sciarava, fra Cornelio ; aver lui medesimo veduto in Calabria, men- 
tre fra Cornelio esaminava, que' secolari assistere con molta distin- 
zione alle sedute e interrogare ; avere piA tardi saputo che il Lau- 
riana volea ritrattarsi in Napoli, e non 1' avea fatto per consiglio 
di un dottore; esser vero che tutti lo ritenevano testimonio falso 
e che arrossiva quando nolle litanie si diceva a foists teslibus ; aver 
veduto lui stesso il Lauriana enlrare nella camera di fra Dionisio, 
e cosi pure il Soldaniero piil volte, avendogli costui inviato anche 
regali e fatto fare il pranzo da Valerio Bruno che lo serviva sem- 
pre , come ben sapeva perchfe era compagno di stanza del Solda- 
niero. Aggiunse essere stato presente, quando Cesare Spinola disse 
al Soldaniero non dover procurare tanta rovina a que' frati , e il 
Soldaniero si scus6 raccontando come era stato costretto di deporre 
contro fra Dionisio dopochfe fu circondato il convento in cui stava 
per opera de' Polistina e del Priore ; avere lui stesso udito il Sol- 
daniero lamentarsi, perchfe i frati 1' aveano ridotto nelle mani del 
diavolo e non poteva ritrattarsi senza essere appiccato ; aver ve- 
duto r indulto concesso al Soldaniero da Carlo Spinelli coll' inter- 
cessione di fra Cornelio, e sapere che trovavasi depositato alia banca 
di Barrese. Aggiunse aver saputo in Napoli direttamente tanto dal 
Pizzoni quanto dal Petrolo, che in Calabria fra Cornelio diceva loro 
doversi dare soddisfazione a' Giudici laici, che essi aveano dovuto 
deporre eresie per isfuggire da' secolari e tentare di esser chiamati 
a Roma, e che « per verity tutto era stato inventione »; aver sa- 
puto anche dal Di Francesco suo cognato, carcerato insieme col Piz- 
zoni in Gerace, che fra Cornelio « con bravate, e con bone parole 
€ lo suggeri ad esaminarsi contra non so chi frati ». Conchiuse 
aver dovuto giudicare, dietro le cose sapute dal Soldaniero, dal Piz- 
zoni e dal Petrolo, che erano state dette molte falsity (e vede ognuno 
di qual peso riusciva una simile testimonianza da parte del Con- 
testabile, convertito oramai in deciso difensore de' frati). 

II 7 novembre s'inizid la seconda seduta col cavaliere fra An- 
tonio Capece (a), il quale disse aver veduto una volta un frate ros- 
setto, compagno del Visitatore di Calabria, venire a visitare il Lau- 
riana nel carcere, e costui ricordargli che avea deposto quanto egli 
avea voluto , e dimandargli qualche somma de' danari che erano 
stati contribuiti da'conventi di Calabria, ricevendone buone parole 
e nove carlini; aver poi saputo dallo stesso Lauriana che era si- 
curo di aver la corda, ma non se ne curava per amore del Pizzoni 
suo maestro, che lui veramente non conosceva nulla di quanto avea 



(a) Ved. Doc. 365, pag. 364. 
Amahile — T. Campanella, Vol. IL 23 



— 178 — 

deposto, ma V avea deposto per liberarsi dalla Corte temporale e 
non essere « inforcato et fatto in pezzi », e si voleva veramente ri- 
trattare; essersi ritenuto pubblicamente che si sarebbe ritrattato, 
ma non lo avea fatto dietro consiglio dato dal dot.*" Monaco, pre- 
sente Domenico Giustiniano; essere state una sera omesse da lui 
nella litania le parole a falsis testihus , ed avergli fra Pietro di 
Stilo detto « che non si vergognasse ma che le dicesse » ( vigiie 
ed accorto sempre quel fra Pietro ); essere corsa pubblicamente la 
voce che avea chiesto perdono a fra Dionisio per le deposizioni 
fatte contro di lui. Aggiunse aver veduto il Soldaniero visitare e 
servlre fra Dionisio ammalato, presenti anche il Contestabile, fra 
Pietro Ponzio e il carceriere. Inoltre aver veduto una lettera che 
fra Pietro Ponzio diceva scritta al Pizzoni dal Lauriana; avere udito 
lui stesso il Pizzoni da una fossa parlare al Lauriana in latino e 
percio non averlo capito; aver saputo dal Pizzoni medesimo, che 
andava in quella fossa per non aver voluto confermare 1' esame di 
Calabria fatto per uscire dalle mani de'laici e tutto false; aver sa- 
puto dal Pizzoni e dal Lauriana che il Visitatore e fra Cornelio li 
avevano esortati a confessare per dar soddisfazione a' Giudici seco- 
lari, € che poi passata quella furia sarebbero andati in Roma per 
il S.**' officio fe 11a si saria accomodate ogni cosa » ( testimonianze 
per c^rto troppo esplicite, e troppe volte poggiate su notizie rac- 
colte direttamente). — Di poi Cesare Forte di Nicastro, conciatore 
di pelli, carcerato per la congiura (a), confermo avere udito trai 
.carcerati che il Lauriana si voleva ritrattare ma un Domenico Mo- 
naco lo sconsiglio; essere ritenuto testimonio falso, riflutandosi a dire 
le parole a falsis teslibus, onde i carcerati ne mormoravano; su 
tutto il resto disse non saper nulla. — In seguito Cesare Spinola (b) 
attestd aver veduto un giorno fra Dionisio e il Lauriana in alter- 
co, aver domandato allora al Lauriana come mai nel Castello « non 
« c'era cane nfe gatto che lo potesse vedere, et alhora fra Silve- 
« stro rispose Die perdoni a chi n' fe causa », e dietro le sue in- 
sistenze gli paleso esserne state causa il Pizzoni che gli avea fatto 
deporre quanto avea deposto. Aggiunse di sapere che il Soldaniero 
aveva parlato a fra Dionisio quando costui era ammalato, e che 
aveva a'suoi servigi Valerie Bruno; di avere una volta veduto il 
Soldaniero tornare dall' esame col vise infuocato, ed avergli detto 
€ non piu contra questi poveri frati, che tante cose? et esse rispo- 
« se, che voi che io faccia? per Die che non posse far di manco 
« per trovarmi haver detto contra di essi monaci », e racconto il 
fatto deir essere state circondato in un convento ed obbligato da un 
menace a deporre contro fra Dionisio per non essere consegnato 
alia Coi'te; ond'egli, lo Spinola, volgendosi al Contestabile che era 
presente, ebbe a dirgli in disparte « mira che anima negra ». Ag- 



(a) Ved. Doc. 366, pag. 366. 

(b) Ved. Doc. 367, pag. 367. 



— 179 — 

giiinse di conoscere che il Soldaniero aveva avuto Tindulto da Carlo 
Spinelli, ma non conoscere ad istanza di chi (testimonialize tutte 
gravi anche per la loro provenienza da nn uomo non volgare). — 
Venne quindi la volta di Domenico Giustiniano, il quale dichiard 
avergli un giomo il Lauriana dimandato consiglio, dicendo « che 
« non havea faccia di comparere avanti di fra Thomaso Campa- 
€ nella perche si havea esaminato falsamente contra di lui, e detto 
€ milli falsitA »; avergli lui risposto essere in obbligo di dire la 
verity, ma temendo il Lauriana che avrebbe la corda, essersi de- 
ciso consultare qualche letterato; « e cosi chiamassemo un giovane 
« nominato Gio. Vincenzo mezzo monaco il quale non si volse im- 
« pacciare, chiamassemo poi Domenico Monaco Dottore, et fra Sil- 
« vestro li proposse il caso, et il dottore li disse, lo te ho ditto 
€ piu volte che tu debbi star saldo alia prima esamina che altra- 
€ mente sarrebbe andato in una galera ». Confer m6 avergli il Lau- 
riana detto che i suoi superiori I'aveano forzato a deporrs in quel 
modo, essere da tutti ritenuto falso testimone, avere una volta nolle 
litanie omesse le parole a falsh tedihus, onde fra Pietro di Stilo 
lo rimprovero e tutti ne risero. Aggiunse di sapere che il Pizzoni 
e il Lauriana erano stati piu mesi insieme nella carcere civile, ma 
non sapere che si fossero concertati o no fra loro (testimonianze 
rese ancora piu gravi dall'ingenuita della persona). — Infine Giu- 
seppe Grillo, che gia conosciamo, dichiaro essere state presente al- 
lorchfe nolle carceri di Gerace il Lauriana si scuso con fra Pietro 
Ponzio perchfc non si era ritrattato, dicendo che « esse era andato 
« con animo di disdirsi pensando di trovare solo la Corte spiri- 
4c tuale, ma che ci era anco presente Carlo Spinello et TAvvocato 
« fiscale Regie, h clie lo spaventavano solamente k guardarlo ». 
Confer mo tutto il rcsto intorno alio stesso Lauriana, ma solamente 
per detto di altri. ConformA che il Lauriana e cosi pure il Solda- 
niero e Valerie Bruno aveano parlato con fra Dionisio, ci6 che 
avea visto egli medesimo. 

L' 8 novembre fu dapprima interrogate , senza il formulario 
solito , il carceriere Alonso Martines di Medina del Seco (a), il 
quale disse: « fra Dionisio Pontio stette male k morte, et il sig.^ 

* Don Giovanni Sanges mi ordino che io li dovesse dare un com- 
« pagno, et che dovesse lassar aperta la porta dela priggione nella 

* quale era il detto frA Dionisio »: e quindi vi entro piii volte il 
Soldaniero, che con le proprie mani imboccava fra Dionisio quando 
mangiava, e diceva di farlo per carita; vi entro pure Valerie Bru- 
no, che portd a fra Dionisio da parte del Soldaniero « qualche re- 
galillo di frutta », ed anche il Lauriana, che una volta rimase a par- 
lare con fra Dionisio per un' ora. Egli vide tutto cio , e quando 
erano partiti il Soldaniero e il Lauriana , fra Dionisio gli dis^e, 
« guarda costoro, si sono esaminati contra di me, et adesso mi ven- 

(a) Ve4 Doc. 368, pag. 369. 



— i80 — 

< gono k dire che non si erano essaminati contro . . • niente » (non 
disse dunque che gli avessero dimandato perdono, ma d'altro canto 
perchfe il Soldaniero specialmente negava con tanta ostinazione la 
visita fatta?). — Nardo Rampano di Catanzaro, sarto, carcerato per 
la congiura, disse essere stato sempre compagno del Lauriana nelle 
carceri di Squillace e poi anche in quelle di Napoli, avere udito 
pill volte fra Pietro di Stilo in Squillace dare del falsario al Lau- 
riana, che € piangeva e diceva che lo lassasse stare con li guai 
suoi »; aver veduto ancora in Napoli venire alle mani il Lauriana 
ed il Petrolo, il quale anche dava del falsario al Lauriana. C!on- 
fermd tutto il resto circa il Lauriana, ed aggiunse inoltre di avere 
lui stesso udito il Pizzoni parlare dalla fossa col Lauriana « per 
€ un pertuso che risponde fuori, et parlavano latinamente » e dopo 
tre giorni il Pizzoni fu tolto dalla fossa e rimase da basso per piu 
di due mesi in compagnia del Lauriana che lo governava; (senza 
mettere in dubbio Torribile condotta del Lauriana, bisogna pui* dire 
che tutti i frati d'ogni colore, eccetto il Pizzoni, seppero organiz- 
zare una vera crociata contro di lui). — Di poi Marcello Salerno 
di Guardavalle, sarto, carcerato egualmente per la congiura, con- 
ferm6 di avere udito tutte le voci che correvano su'fatti del Lau- 
riana, tra le altre « che un certo dottore chiamato Dominico era 
stato la salute di (rk Silvestro et la ruina dela causa »• Aggiunse 
di aver udito prima fra Dionisio e il Lauriana quistionare e gri- 
dare tra loro e poi quietamente parlare insieme; aver veduto an- 
che il Soldaniero visitare fra Dionisio. Non potfe pertanto attestare 
di aver veduto in Squillace il Lauriana dimandare perdono a fra 
Pietro Ponzio per le falsitA dette contro fra Dionisio , perch6 al- 
lora esse Marcello aveva avuta la corda e stava male; attesto so- 
lamente di averlo udito dire da altri carcerati, come pure di aver 
udito che il Lauriana era stato sedotto a deporre in quel modo da 
un frate chiamato fra Cornelio. Aggiunse che veramente il Lau- 
riana e il Pizzoni erano stati in un medesimo carcere piii mesi; 
(nulla di nuovo , ma una concordanza notevole). — Quindi Cesare 
Bianco di Nicastro, domestico, carcerato come sopra, confermo le 
voci che correvano intorno al Lauriana, che tutti lo dicevano fal- 
sario, aggiungendo prudentemente, « quanto a me lo tengo per re- 
ligiose da messa di S. Domenico ». Attesto di aver veduto lui me- 
desimo il Soldaniero ed anche Valerie Bruno parlare con fra Dio- 
nisio; ricordo di avere gid deposto circa la lettera che il Lauriana 
avea mandata al Pizzoni; nego di avere udito il Lauriana dire che 
ci era tempo ad accomodare la coscienza, avendolo invece saputo 
per detto di altri carcerati ; conchiuse dicendo, « fra Dionisio publi- 
« camente si tiene per homo da bene come lo tengo io, fe per buon 
« religiose, fe predicatore, et publicamente si b ditto, b si dice par- 
« ticolarmente tra li carcerati che le cose che li sono state apposte 
« sono state falsitA »; (una testimonianza simile da un uomo piut- 
tosto prudente merita di essere considerata). — Venne poi esami- 



i 



— 181 — 

nato Greronimo padre del Campanella (a), che questa volta si disse 
di Stilo, calzolaio, costretto a vivere col carlino al giorno che a 
lui dava la Corte ( come agli altri compagni poveri ) , e dichiard 
di non saper nulla su quasi tutte le dimande che gli furono fatte. 
Attestd che dicevasi il Lauriana essere falsario, aggiungendo « et 
esso se lo sape ». Attestd che avea veduto il Lauriana visitare fra 
Dionisio e parlargli, come pure il Soldaniero, non cosi Valerie Bruno, 
il quale serviva di cucina il Soldaniero; (il povero vecchio era sem- 
pre di molto cattivo umore). — .Successivamente venne esaminato 
Gio. Battista Ricciuto di Monteleone, orefice, che dichiaro del pari 
non saper nulla su quasi tutti i punti e voile barcamenarsi. Disse 
il Lauriana ritenuto « appresso di alcuni per buono et appresso di 
alcuni altri non »; aver recitato la litania « giusta », ma lui, Gio. 
Battista , non saper « lettera » ; non sapere se il Lauriana avesse 
visitato no fra Dionisio, ma la camera di cestui essere rimasta 
aperta a tutti. Quanto al Soldaniero fu piu esplicito; Tavea veduto 
in camera di fra Dionisio, avea veduto Valerie Bruno servirlo, 
avea saputo da cestui 1' indulto accordatogli. — Finalmente Tom- 
maso Tirotta, gik servitore del povero Maurizio e carcerato e tor- 
mentato per questo, dovfe rispondere solo interne al Soldaniero e 
a Valerie Bruno : e disse aver conosciuto 1' uno e V altro fin da 
quando stavano ritirati nel convento di Soriano, sapere che il Bruno 
serviva il Soldaniero anche nel Castello, sapere che il Soldaniero 
avea visitato fra Dionisio, non sapere che il Bruno T avesse egual- 
mente visitato ed anche servito, peter attestare aver lui medesi- 
mo, Tirotta, cucinato due poUi per fra Dionisio nel focolare del 
Soldaniero col consenso di cestui (testimonianza insignificante per 
questa causa). 

II giorno seguente, 9 novembre, si comincid ad interrogare i 
frati (6). E dapprima fra Paolo confermo che il Lauriana da tutti era 
stimato falsario, ricordando specialmente che cosi I'avea chiamato 
pure il Petrolo nel venire alle mani tra lore. Disse aver udito in 
Gerace perfino da-birri, ma non dal Lauriana, che costui avea detto 
volersi ritrattare e poi non Tavea fatte per timore, aggiungendo, a 
dimanda d'ufficio, che lo Spinelli e lo Sciarava erano presenti agli 
esami e minacciavano, ed il Capitano di campagna era anche pre- 
sente e insolentiva, come avea provato egli stesso e parimente il 
Petrolo. Confermo aver udito in Gerace e in Monteleone che il 
Latiriana non conosceva nulla di quanto avea deposto, ma 1' avea 
deposto per timore di fra Marco e del sue compagno, i quali di- 
cevano volerlo consegnare alia Corte secolare se non confessava. 
Dichiard aver veduto nella carcere di fra Dionisio , in colloquio 
con costui, il Lauriana, e cosi pure altra volta il Soldaniero; d'a- 
vervi veduto egualmente Valerie Bruno, che era servitore del Sol- 



(a) Ved. Doc. 369, pag. 370. 

{b) Ved. Doc. 370 a 372, pag. 371 a 379. 



— 182 — 

daniero, tanto che pur in que'giorni, essendo il Soldaniero passato 
al Castello dell' ovo, gli preparava il pranzo e glie lo mandava, 
aggiungendo che da Valerio era state detto di aver udito quanto 
avea deposto non da fra Dionisio ma dal Soldaniero. Attesto che 
trovandosi in Pizzoni, vide fra Dionisio venuto per ricuperare certi 
scritti dal Pizzoni e sdegnato verso costui uscire dalla Chiesa dove 
gli avea parlato (testimonianza troppo tardiva e quindi sospetta). 
Attestd le cattive quality del Pizzoni, i furti, il mal francese, le 
disonestd che gli erano addebitate. Disse di sapere che in Pizzoni, 
quando vi fu fra Dionisio, non c'era il Campanella; confermo che 
fra Pietro di Stilo non era amico di fra Dionisio, ed invece lo era 
del Polistina; (cosi fra Paolo si mostrava ben diverse da quelle di 
prima, ma percio appunto non poteva conciliarsi molta fede). — Suc- 
cessivamente fu interrogate fra Pietro di Stilo, che abbondo moltissi- 
mo ne' particolari, profittando della circostanza per far entrare nelle 
difese in un mode anche piu largo la persona del Campanella, sic- 
chfe la sua deposizione riesce di una importanza straordinaria. Di- 
chiard aver saputo direttamente dal Lauriana , in Squillace e in 
Monteleone , che avea deposto « tutto buggie ad instantia di fra 
Cornelio, fe di fra Gio. Battista de Pizzoni », cd espose I'occasione 
a questo modo: « io dissi k fra Silvestro, come fe possibile che tu 
« che sei inimico di fra Dionisio perche li persequito per conto di 
€ fvk fabio in Nicastro. . . . et tu sempre sei state lontano da fr4 
€ Thomaso, che essi ti habbiano communicate queste cose a te, et 
« A me che ere amico di fra Thomaso, e paesano, non habbia ditto 
« niente, Et fra Silvestro alhora mi disse, non per Dio, io mai 
« seppi queste cose , ma me V ha fatto dire il maledetto fra Gio. 
« Battista da Pizzoni , in servitio del quale ho posto V onoro , 6 
« molte volte in pericolo la vita , Et io dissi come 6 possibile 
« che si hai deposto contra fra Dionisio , et il Campanella ad 
« instantia di frk Gio. Battista, che tu poi habbi accusato fra Gio. 
« Battista, esse mi rispose che quelli doi cio 6 il Campanella, 6 
« frA Dionisio li dovesse nominare come in effetto li nominai, et 
« io da me aggionsi fra Gio. Battista per torzo, massimo che fra 
« Gio. Battista mi havea ditto di haver udito heresie dal Campa- 
« nella, 6 da fra Dionisio » (rivelazioni molto sottili). Attesto che 
pure alia presenza di molti di Catanzaro il Lauriana disse di aver 
deposte falsi ti, ed esse fra Pietro glie ne fcco rimprovero. Attesto 
di aver saputo dal Dottore Monaco il consiglio dimandatogli dal 
Lauriana; disse che uguale consiglio fu dimandato al Giustiaiano 
e poi ad esse fra Pietro medesimo, onde ebbe a rispondere, « che 
4c si havea detto la verita stasse saldo, et moressero li tristi, 6 si 
4c havea detto la falsi ta mirasse a s6, fe che li testimonii falsi con- 
« dennorno il figliolo di Dio alia morte ». Confermo che il Lau- 
riana era falsario, anche perchfe avea deposto di avere udito eresie 
da fra Dionisio, dal Campanella e dal Pizzoni, « e non dimeno, egli 
« disse, frd Dionisio non 6 state mai in Pizzoni con fr^ Thomaso 



— 183 — 

€ Campanella, perche io era in Pizzoni in questo tempo, et Thave- 

< ria saputo si ci fusse stato », indicando testimoni, per sapere la 
veritA, fra Paolo e il Pizzoni medesimo. Confermd aver fatto un 
appunto al Lanriana durante le litanie, quando si giunse alle pa- 
role a falsts testibusy poichfe « parve che k fra Silvestro s' ingrop- 
passe, 6 non potesse dire ». Attesto che un giorno fra Dionisio e 
il Lauriana vennero a briga tra loro per le falsita, e poi la sera 
li vide discorrere insieme , come il Lauriana medesimo gli disse 
r indomani. Attesto aver veduto piii volte il Soldaniero parlare con 
fra Dionisio; quanto a Valerie Bruno, aver saputo lo stesso da car- 
cerati. Dichiard aver saputo da Giulio Contestabile che il Solda- 
niero gli avea detto essere stato da fra Cornelio forzato a deporre, 
ma attestd averlo poi saputo anche direttamente ed ecco in quale 
occasione: « al Soldaniero dissi che fra Gio. Battista di Pizzone se 
€ li raccomandava per amore di Dio, et Giulio rispose che non li 
« volea perdonare, ink roinarlo, perche esso fit il prime che ac- 
« cuso il Soldaniero che con trenta persone voleva uscire in cam- 
« pagna per la ribellione, et che li rencresceva bene di haver detto 
€ contra fr^ Dionisio, perche la sospittione che havea contra fvk 
« Dionisio che se la tenesse con Eusepio suo inimico non era stata 
« vera, 6 disse di haver fatto il debito suo verso {vk Dionisio in 
« camera di (rk Dionisio , ma che al Pizzone lo voleva convin- 

< cere col detto di valerio bruno suo servitore de locoy et tempo- 
« re, perche da quello servitore faceva dire quel che lui voleva, 
« h questo sara if servitio che voglio fare k fra Gio. Battista, Et 
« dop6 questo biastemo San Gio. Battista, S. Giovanni evangelista, 
« 6 Santo Cornelio, Et soggionse se venessero persone che haves^ 
« sero questi nomi io non li crederia mai, ne tan poco voglio cre- 
« dere k questi Santi per tali nomi, perche questi, cio 6 fr^ Cor- 
« nelio del Monte, e Maestro Gio. Battista Polistina, sono stati 
« causa, che ho perso I'anima, la robba, e dubbito che perderd la 
« vita, Et poi caccio una carta reale, fe disse questa mi costa un'a- 
« nima, 6 tre mila docati, et confortandolo io che saria remesso, 
« mi rispose questo fe I'indulto, et maledici quando mai fu indultato, 

< et che era meglio per esso che fosse stato alii passi » ( rivela- 
zioni sempre piu sottili ed anche abbastanza teatrali , un pochino 
inverosimili trattandosi non di un uomo semplice ma di un capo 
di fuorusciti qual era il Soldaniero). Dichiaro inoltre avergli lo 
stesso Soldaniero affermato, che i fatti esecrabili commessi contro 
Tostia consacrata erano stati narrati da fra Dionisio nella predica 
di Soriano a pio fine (unico testimone fra Pietro su questo articolo 
tanto scabroso); avergli dippiii Valerio Bruno lodato grandemente 
quella predica. Accettd di aver fatto molto opportunamente fuggire 
il Polistina quando era perseguitato da fra Dionisio (con che si ac- 
creditava come testimone a favore di cestui), e confer md ad una 
ad una le accuse di furto, malattie e « cose di donne » addebitate 
al Pizzoni, mostrandosi personalmente informato di tutto. Riconobbe 



— 184 — 

cho il Campanolla avea trattato molto col Pizzoni, ma disse di non 

fotor entraro a ^iudicaro se dovesse ritenersi piu probabile che il 
^izzoni avosse manifestate a fra Dionisio opinioni del Campanella, 
invoce il conlrario. Affermd di avere tanto lui quanto il Petrolo 
saputo dal Pizzoni che fra Dionisio avea parlato di eresie disputa- 
tivanionto, o soggiunse cssergli stato detto dal Pizzoni, nolle carceri 
di Montoleono, che volea ritrattarsi di quanto avea deposto contro 
fra Dionisio o il Campanella , allegando « molte raggioni per le 
« quali csso havea confossato la prima volta, 6 fra 1' altre . . . il 
« timoro dolla morte, o la speranza di libertd, T odio che havea 
<c ron frA Dionisio, ct T occasione dela soversione delle cose, che 
<c alhora parova che il mondo tutto andasse sotto sopra » ( non si 
potova dir moglio); al quale proposito ritorno suUe minacce fatte 
da D. Carlo Ruflb , da fra Cornelio , dal Visitatore , da Ottavio 
(lagliardo, e rioordo quello che costoro aveano fatto contro lui me- 
dosimo. Ma la lunghezza di qnesto esame obbligo i Giudici a ri- 
mandarno il s6guito ad altra seduta. 

L* indomani 10 novembre fa ripigliato V esame di fra Pietro 
di Stilo. Ed ogli continue sulFarticolo delle minacce fatte in Ca- 
labria a ciascuno do' frati inquisiti , esponendo anche a lungo gli 
eccitamenti avuti da fra Gio. Battista di Polistina unite con fra Cor- 
nelio, poco prima di montai*e sulle galere in partenza per Napoli, 
porcht"^ doponesse contro fra Dionisio , onde giudicd che in questa 
facconda si trattasse di una vendetta jvarticolare del Polistina. Con- 
formo rinimioizia del Lauriana con fra Dionisio, avendolo cosiui 
l>iM'seguiiato per lo possime ivlazioni tra lui e fra Fabio Pizzoni: 
attesto di aver voduto la lettera scriita dal Lauriana a Ferranie 
Ponzio, di avore udito piu di quarama volte dal Lauriana che era 
stato sodotto dal Pizzoni e da fra Cornelio, es[x>nendo tutti i par- 
lioohu'i del nuxlo di proi^edore tenuto per gli esami in Calabria, h 
letiura dolP esame del Pizzoni agli ahri che dovevano esaminarsi, la 
prosenza de* laioi cho iniorrogavano anche in materia di eresia pw*- 
tino in Goraeo, faivndosi gli esami innanzi al Vescovo. Cosi man».^ 
mano cv^nformo ciascuno artioolo su cui venne interrogate, s^mpre 
tli soionza propria: o nol parlnre del mulo ruhato dal Pizzoni ad 
uu uomo di Siilo. dichiaro oho ogli. insiomo col Campanolla o o.^I 
Sig.' KraUiVSiV Potrillo, s' intor[K>so [H>r aocomo^laro la facoenda: nel 
|virlaro dogli ovvitamonti del Visitatore [>orcho si d'^ponosso oontr.^ 
fra Dionisio. aiTiriunst^ di ossoiv stato Ot.'iMtato a doi>jrro anohe •.'^atro 
il Campanolla. Cosi putv. nol jvirlaro dolla conforma doU'esamo di Ca- 
labria fatta in NajxUi dal Pi/zoni a oousiglio dol Lauriaaa, aggianse 
oho Oi:u;Um .^:uo il Porivio ia.vusaroro del Catuwrnolla ^ ci>nfonn'? 
Posamo a ^vusiirlio dol Lauriana dat-.^Lrli alio s:oss*> m-xio; nel oar- 
lar^* jvi doir immioizia tra Dionisio o il Potrolo. dioiiiajn.> one noQ 
no saj^na nulla, ma oho sa^^va bono ossorvi inim^ioizia era il P-?- 
U\>lo o il Caiu^Kinolla. < fvrv.'ho si disso oho una s*>rolla di {r:k IX- 
« luiuico era iniuimorata di fra Thomaso, o( cho havevano {N^^ra:«.> 



— 185 — 

< insiemi , et per questo si disse che fvk Dominico cercd di fare 
« ammazzare il Campanella dal Mauritio, ma Mauritio non lo volse 
€ fare ; quando poi si suscitorno questi rumori di ribellione il Mau- 
« rilio cercd di ammazzare il Campanella , 6 fra Dominico , mk 
« non pot6 si ben li sequito per alcune miglia » ! Finalmente, nel 
parlare del motivo per cui il Pizzoni e il Petrolo dicevano aver do- 
vulo confermare i rispettivi esami, ciofe V insistenza minacciosa del 
fisco, non solo dichiaro averlo udito da que' frati mentre discorre- 
vano tra loro di notte, ma soggiunse averlo udito particolarmente 
dal Petrolo mentre lo dicova al Campanella per iscusarsi (e ben si 
vede che il povero fra Pietro si spingeva quanto piu poteva, cer- 
tamente un po' troppo , per giovare al suo disgraziato amico). — 
Dopo di lui fu esaminato il Petrolo, ma sopra un numero di arti- 
coli assai limitato. Egli attest6 aver saputo direttamente dal Lau- 
riana che avea deposto contro il Campanella, fra Dionisio e il Piz- 
zoni, che vi era state colto da fra Cornelio e dal Visitatore mentre 
non sapeva nulla di quanto depose, che voleva ritrattarsi almeno 
relativamente al Pizzoni suo maestro, ma non gia clie avesse de- 
posto il false ad istigazione del Pizzoni ; e spiego le confidenze fat- 
tegli, dicendo essere state assistito dal Lauriana dopochfe ebbe due 
ore di corda (naturalmente per la congim'a). Attesto essere il Lau- 
riana ritenuto pubblicamente falsario, persistente nel false a consi- 
glio di un dottore « furbo e mariolo », riluttante a dire le parole 
a falsis testibus nolle litanie per quanto avea saputo da fra Pietro 
di Stilo. Attesto aver veduto il Lauriana e fra Dionisio parlare in- 
sieme, sibbene fuori la carcere ; aver udito il Soldaniero bestem- 
miare santo diavolo (a) e borbottare minacce contro i Polistina, cid 
che il Bitonto gli spiego col dire che i Polistina lo avevano costretto 
a depon'e cio che depose; inoltre aver veduto il Soldaniero visitare 
fra Dionisio dentro la carcere e prestargli danaro, come pure aver 
veduto nella carcere di fra Dionisio Valerie Bruno servitore del Sol- 
daniero. Dichiaro di avere non solo udito il Soldaniero lamentarsi dei 
Polistina, ma ricevuie lui stesso in Bivona raccomandazioni dirette 
da fra Gio. Battista di Polistina perchfe non risparmiasse fra Dioni- 
sio, e nella medesima occasione veduto anche il Polistina riscaldarsi 
con fra Pietro di Stilo. Dichiaro di aver udito il Soldaniero dire 
che in Calabria avea dovuto fare il birro per salvarsi la vita; di 
sapere che il Pizzoni era stato in relazioni molto strette col Campa- 
nella; di avere udito dal Pizzoni che le cose dettegli da fra Dio- 
nisio erano state dette recitalive e poi egli 1' aveva accomodate 
nella sua deposizione a mode di disputa ; di avere avuto preghiera 
dal Pizzoni, perchfe raccomandasse al Lauriana di persistere nella 
discolpa conoscendo che 1' aveva discolpato ; di sapere che il Cam- 
panella non era stato a Pizzoni quando vi fu fra Dionisio , per- 
chfe il Pizzoni e il Lauriana glie 1' aveano detto, ed anzi il Lau- 



(a) Esclamazione comunissima tra' caiabresi. 

AmabiU-^T. Campanblla, Vol. 11 24 



— 186 — 

riana , preoccupato di aver detto il contrario , lo prego di racco- 
mandare a fra Paolo che non lo scovrisse su questo punto. Infine 
dichiard di sapere che il Pizzoni e il Lauriana erano stati piii 
mesi insieme nelle carceri civili , e di credere che si fossero 14 
messi d'accordo a voce dopochfe aveano cercato di farlo in iscritto; 
(cosi oramai il Petrolo, col contatto de' frati, si era modificato di 
molto, ed avea capito che la causa di ognuiio rifletteva quella di 
tutti; ma si era troppo spinto innanzi per tornare francainento in- 
dietro). — Fu interrogato da ultimo il Bitonto, e cestui dichiai'6 di 
aver saputo dal Lauriana in Gerace, che si era esarainato centre 
fra Dionisio e il Campanella a persuasione del Pizzoni, che non si 
era ritrattato per timore di Carlo Spinelli, ma che si sarebbe ritrat- 
tato in Napoli, dimandando ad esso Bitonto se si dovesse o no ri- 
trattare. Attesto di aver veduto un giorno fra Dionisio e il Lau- 
riana quistionare insieme ed aver poi saputo dallo stesso Lauria- 
na che la sera era andato a cercare perdono a fra Dionisio per 
le falsitA deposte contro di lui ; aver veduto il Soldaniero visitare 
fra Dionisio nella carcere e portargli cose da mangiare, ed aver 
veduto egualmente presso fra Dionisio Valerie Bruno servitore del 
Soldaniero. Attesto aver udito dal Soldaniero che non gli si teneva 
conto del guidatico , e che i Polistina e fra Cornelio lo avevano 
consigliato e costretto a deporre le cose di eresie. Attesto che il 
Pizzoni avea fatto fuggire fra Gio. Battista di Polistina quando 
fi*a Dionisio cercava farlo carcerare, che in Calabria era reputato 
un cattivo soggetto, avea rubati scritti a fra Dionisio e conimessi 
altri furti, aveva avuto il mal francese e fatto udire molte cose in 
materia di donne. Attesto egualmente di propria scienza la pessima 
condotta del Lauriana in materia di costumi, e per detto altrui le 
lettere che avea scritto a Ferrante Ponzio i*evocando le cose aflfer- 
mate contro fra Dionisio e il Campanella. Infine attesto V amicizia 
di fra Pietro di Stilo per fra Gio. Battista di Polistina nemico di 
fra Dionisio (come si vede, nulla di nuovo, e d' altronde il testi- 
mone era troppo ligato a fra Dionisio per potergli accordare molta 
fede ). 

II 16 novembre si tenne T ultima seduta, e furono interrogati 
il Barone di Cropani e Geronimo di Francesco , fatti venire dal 
Castello deir ovo. II Barone di Cropani, Antonino Sersale (a), narro 
come egli si fosse adoperato per far perdonare dal Provinciale fra Dio- 
nisio quando cestui ebbe grave punizione per aver bastonato un fratc, 
come inutilmente avesse in tale circostanza procurato i buoni utficii 
del Vescovo di Catanzaro e dell'Auditore De Lega presso il Visit a- 
tore, con la conseguenza rincrescevolo per lui di essere ritenuto a mo- 
tive di queste trattative con fra Dionisio, <c sospetto come li altri ca- 
labresi carcerati ». Attesto per scienza propria le ottime qualita di fra 
Dionisio, e per detto altrui 1' ostilita del Visitatore verso questo frate 

(a) Ved. Doc. 373, pag. 381. 



— 187 — 

dietro antichi dissensi circa le controversie de' frati Riformati, come 
pure r amicizia del Visitatore per fra Gio. Battista di Polistina ne- 
micissimo di fra Dionisio. Attest6 aver saputo da due Padri Ge- 
suiti, mentre si trovava nelle carceri di Monteleone, che il Mileri 
e il Crispo, quando vennero giustiziati, dicevano con alte grida aver 
tutto deposto in materia di ribellione per forza di tormenti avuti 
dallo Sciarava; e la cosa medesima essersi detta di altri tre che 
vennero giustiziati sulla galera in cui egli si trovava^ sebbene non 
r avesse udito di persona poichfe soffriva il mal di mare, special- 
mente di Gio. Battista di Nicastro (il Bonazza), che per questo 
motive non voleva nemmeno riconciliarsi con Dio ma poi si piego. 
Aggiunse essere anche in materia di fede fra Dionisio 4c da tutti 
tenuto per bonissimo Catholico ». — Geronijio di Francesco disse 
di avere appena conosciuto fra Dionisio, e di poter attestare che 
tutte le accuse fatte a questi frati erano falsitA , come aveva in 
parte udito e in parte saputo dal Pizzoni, aggiungendo che i due 
giustiziati in Catanzaro (Mileri e Crispo) avevano confessato di aver 
tutto deposto per forza di tormenti e persuasione dello Sciarava; (e 
cosi entrambi i testimoni confondevano troppo la materia della ri- 
bellione e quella dell' eresia). 

Abbiamo gia avuta occasione di dire che in questo stesso pe- 
riodo di tempo, oltre gli esami difensivi per fra Dionisio, si fecero 
anche quelli pel Pizzoni. Costui presento in sua difesa 34 articoli, 
e poi ne diede in supplemento pure qualche altro nell' ultima ora 
scrivendolo di suo pugno (sicchfe a quel tempo dovfe la lesione della 
spalla dargli un po' di tregua), ma i Giudici non vi badarono nem- 
meno {a), Secondo il solito voile provare che fin dal suo ingresso 
nella vita monastica avea vissuto religiosamente, e poi predicate ed 
insegnato ne' conventi principali, aggiungendo di avere strettamente 
digiunato ogni sabato e di non essere state mai inquisito nfe processato. 
Che il processo fatto da fra Marco e fra Cornelio era false, avendo 
ricevuto danari e donativi da diverse persone per fare un processo 
tale da guadagnarsi un premio. Che que' frati eccitavano gl' inquisiti 
r uuo contro 1' altro dicendo che 1' uno avea deposto centre 1' altro, 
leggevano in precedenza all' uno 1' esame raccolto dall' altro, face- 
vano co' tormenti dire quanto lore piaceva. Che senza precedente 
denunzia, inquisizione o querela, aveano fatto carcerare esse Piz- 
zoni, dicendolo pubblicamente nemico di Cristo e del Re. Che il fi- 
sco e gli ufRciali Regii promettevano premii e diedero indulti per 
far deporre contro la propria coscienza. Che un testimone del fisco, 
il Caccia, aveva in punto di morte dichiarato di aver deposto il false 
e se n'era fatta fede che esse Pizzoni riproduceva; inoltre questo 
Caccia era state sottoposto alia tortura mentre aveva la febbre e in 
tale condizione era state sedotto da que' frati a nominare esse Pizzoni! 
Che i due Polistina erano suoi nemici, essendo lui stato a Roma 



(a) Ved. Doc. 384, pag. 397. 



— 188 — 

contro di loro quando concorrevano al Provincialato. Che Giulio 
Soldaniero gli era nemico capitale e 1' avea piu volte minacciato, 
pretendendo che avesse nascosto Eusebio Soldaniero; e poi era state 
eccitato da' Polistina a deporre contro di lui. Che Valerio Bruno 
era compagno di delitti e servo stipendiato del Soldaniero, e quindi 
non meritava fede; e poi egli medesimo confuse per le sue falsitd 
avea detto a' Giudici, 4c misericordia signore, che sono ignorante >. 
Che esse Pizzoni non era state mai cacciato dal convento di So- 
riano, ma sempre accoltovi con afletto, e vi avea pure cantata la 
messa in presenza del Visitatore nel giorno di S.^^ Agostino (vale 
a dire il 28 agosto). Che il Campanella e fra Dionisio non aveano 
mai parlato di quelle cose che esse Pizzoni avea deposte, se non 
separatamente e fuori la presenza di alcuno; e il libro del Campa- 
nella stampato in Napoli non era scritto contro S. Tommaso ma 
contro Antonio Marta napoletano, e S. Tommaso vi si trovava no- 
minate sempre coUa massima riverenza (in questo contradiceva al 
Lauriana, col quale oramai il disaccordo era complete). Che avea 
sempre letto e predicate dottrine approvate dalla Chiesa. Che fra Dio- 
nisio gli era divenuto nemico mortalissimo da che esse Pizzoni avea 
deposte contro di lui molte cose interne alia congiura e alia fede; 
fra Domenico Petrolo era state eccitato a deporre contro esse Piz- 
zoni da fra Cornelio, il quale glie ne lesse pure Tesame, oltrechfe 
non avea potuto vederlo aramalato in Pizzoni due anni prima, per- 
ch6 allora esse Pizzoni si trovava in altri posti. Che mai vi era 
stata tra- lui e il Campanella corrispondenza in eifra, che non era 
mai il Campanella venuto altre volte a Pizzoni, che quando ci venne 
fu perchfe volea vedere i Vescovi di Mileto e di Nicotera i quali do- 
vevano \k venire, che dopo di averlo esse Pizzoni cacciato dal con- 
vento, non gli scrisse mai piu. Che se esse Pizzoni lo vide in Stilo, 
cio fu per certo danaro che dovea restituire a un fra Marcello Ba- 
sile, e per certo altro danaro che doveva esigere ando a vederlo 
presso il Marchese di Arena. Che avverti il P.^ Generale facendo 
scrivere la lettera al Lauriana e raandandola egualmente per ce- 
stui alia posta di Monteleone, non appena seppe le cose delittuose 
del Campanella e di fra Dionisio. Che tutte le deposizioni de'frati 
furono fatte innanzi ad ufficiali Regii, ed anche innanzi a D. Carlo 
Ruffe, il quale era speciale nemico di esso Pizzoni per controversie 
passate tra loro. Che nel convento di Pizzoni egli non era stato se 
non durante tre mesi prima della sua carcerazione , mandatovi a 
forza da' Superiori suoi nemici, ed avea supplicate inutilmente di 
peter lasciare quel posto, solito ad essore frequentato da fuorusciti 
protetti dal Vescovo di Mileto, onde due Vicarii suoi predecessori 
aveano dovuto scapparne di soppiatto. 

A questi articoli, redatti con un po' di disordine e con diversi 
errori di nomi, attestanti la poca eura delF Avvocato e raffievolimento 
del Pizzoni pur sempre infermo, venne aggiunto un elenco di te- 
stimoni rappresentati da tutti i frati inquisiti all'infuori di fra Dio- 



— 189 — 

nisio (oltrechfe del Campanella come ben s'intende), da molti frati 
de'conventi di Calabria, e da taluni de'conventi di Napoli, dal Con- 
testabile e dal di Francesco carcerati per la ribellione, dallo Spi- 
nola e dal Castiglia ed anche da un D. Francesco di Geneva car- 
cerati per altre cause, da Fabio Pisano disgraziato padre di Cesare 
dimorante in Calabria. E con una fiacchezza di accorgimento sem- 
pre piii notevole, vennero tutti i frati inquisiti indicati come testi- 
moni su tutti gli articoli indifferentemente, sicchfe p. es. il Petrolo 
ed il Lauriana doveano provare anche le aflermazioni contenute 
negli articoli addotti contro di lore; e puo dirsi senza esitazione, 
che la difesa del Pizzoni, gia essenzialmente scabrosa, fu mal con- 
dotta davvero. — II fiscale Sebastiano diede dal canto suo appena 
6 interrogatorii, contenenti le solite ammonizioni e generality ru- 
tmarie, senza brigarsi menomamente de'fatti affermati negli arti- 
coli, tan to dovea sentirsi sicuro che non ve n' era bisogno. I Giu- 
dici poi chiamarono alPesame soltanto i frati inquisiti, lo Spinola 
6 il Castiglia, il Contestabile e il Di Francesco, e in due sedute 
successive, il 14 e 15 novembre, esaurirono le difese del Pizzoni (a). 
II 14 novembre fu interrogate dapprima fra Paolo della Grot- 
teria, il quale disse di conoscere da poco tempo il Pizzoni e non 
peter dare testimonianze suUa vita di lui; avere udito con molti 
altri carcerati in Monteleone Cesare Pisano affermare, che da suo 
padre era state date danaro ed altro al Visitatore e compagno, per 
passarlo dalla Corte temporale all' ecclesiastica ; esser vero che il 
Msitatore e compagno, present! Spinelli, Sciarava e il Vescovo di 
Gerace, minacciarono esse testimone se non avesse deposto contro 
il Pizzoni intomo al mangiar carne in tempo proibito; che D. Carlo 
RufTo con suoi famigli era venuto nolle carceri a sedurlo e cost 
pure fra Cornelio; che avea veduto minacce di pugni e di conse- 
gna alia Curia secolare, la quale procedeva a mode di campagna, 
fatte al Petrolo e a fra Pietro di Stilo. Avere udito parlare della fede 
fatta dal Caccia a tempo della sua morte, ma non averla veduta; 
poter attestare che il Caccia fu tormentato mentre avea la febbre, 
ma non sapere se il Visitatore e compagno fossero stati presenti. 
Avere udito da un birro che i due Polistina colFintervento di un 
secolare, il quale doveva essere Giulio Soldaniero, avevano fatta 
una lista di accuse, non sapere se il Campanella e fra Dionisio 
avessero parlato o no di eresia, ma poter attestare che il Pizzoni 
si era con lui lamentato del Visitatore e compagno , perchfe con 
buone parole e promesse di liberazione, al pari di D. Carlo Ruffo, 
I'aveano indotto a deporre contro que' due frati, ed eglifravea fatto 
tanto piu perchfe pensava di non avere a nuocere a fra Dionisio che 
era fuggito ; potere inoltre attestare che nella Chiesa di Pizzoni fra 
Dionisio avea parlato al Pizzoni con sdegno. Su tutto il resto disse 
non saper nulla (la difesa del Pizzoni gi^ cominciava a risultare ben 



(a) Ved. Doc. 385 a 391, [Tag. 402 a 414. 



[ 



altro che difesa, e se venivano a galla tutte le infamie del VisiWN- 
toi'e di fra Cornelio, non per queslo il Pizzoni se ne jjiovava). — te 
s^guito il Petrolo disse del pari aver conosciuto poco il Pizzoni ^ 
avendolo veduto appena una volta in Slilo e poi nel carcei-e; sapew 
die era buon predicatore e letterato ma assai maledico, e che avev 
cominciato a digiunare il sabato da sole tre o quattro settimanftP, 
Aver udito in Gerace ehe il Mesuraca avea daio 100 scudi a firt^ 
Cornelio per far processare mortalmente i frati inquisiti, a fine dfr 
guadagnarsi il taglione sopra il Campanella ed esso Petrolo; avet^ 
udito in Monteleone da Cesare Pisano ed anche dal padre di costuij' 
present! altri frati, che erano stati dati iOO scudi e robe di tels 
a fra Cornelio, convenendo di far dire cose di ereaie per passare d'. 
foro ecclesiastico. Essergli stato da fra Cornelio letto in gran pariB 
r esame del Pizzoni , ma non detto che dovesse deporre contro il-* 
Pizzoni. Essergli stato detto dal Pizzoni che fra Cornelio, preseotv 
Geronimo di Francesco, I'istruiva nella carcere su quanto avrehW 
dovuto deporre; poter assicurare che esso testimone luedesirao er»: 
stato visitato nella carcere da fra Cornelio, il quale voleva farglti! 
sottoscrivere un verbale che egli non voleva sottoscrivere, <e disrff 
« con giuramento, dicendo per queste mani, monstrando le masll 
« sue, che tu non hai da uscire da (luesto Castello se non in pezzi,'>, 
« et io mi humiliai, et esso col visitatore mi sputavano in facc4» 
« eon dire non hasfa questo, ma volevano che io dicesse delle cowi 
« che non sapeva . . , et il Sciarava mi piglio una volta per 3li 
« petto , b mi condusse alia banca sotto la corda , et voleva che^ 
« conflrraasse Io mio esamine quale io non voleva confirraare pen 
< le falsity che contineva •». IJichiaro inoltre che taiti i frati di 3. 
Domenico erano chiaraati ribelli, che ognuno de' persecutor! si aspet- 
tava un premio, e di fra Cornelio si diceva die sarehlie slato IsttO' 
Arcivescovo di Toledo! Avere udito che il Caccia avea fatto taa 
una fede per ismentire le falsitA deposte, e che era stato torme» 
tato mentre avea la febbre ; aver saputo da lui medesirao , is 
Squillace e poi in Monteleone, che era stato esaminato contro il 
Pizzoni e avea deposto il false; ma i Giudici gli fecoro osservare 
d' officio che dal processo si rilevava essersi le deposizioni del Cacci& 
avute senza tormento, e il Petrolo ripetfe che in Gerace aveva avuta 
la corda (erano state confuse negli articoli le deposizioni suUa con- 
giura e quelle suU' eresia, e i testimoni continuavano in tale con- 
fusione). Avere udito che il Pizzoni non era nemico ma amico del 
Polistina (confusione di due periodi diversi); aver saputo dal Piz- 
zoni medesimo che fra Dionisio non gli avea dette tante eresie; e 
che glie le avea dette recitativaraente; nulla poi aver saputo in- 
torno al Campanella. Poter assicurare che il Pizzoni era stato ou- 
minato innanzi al Visitatore e compagno, alio Spinelli e alio Scia- 
rava, come esso medesimo era stato esaminato; che anzi Io Spi- 
nelli e Io Sciarava volevano esaminarlo soli ed egli si rifiutd di 
rispondere dicendo che era ecclesiastico, ma Sciarava gli disse che 



— 191 — 

non lo era piu, perchfe aveva allora lasciato Tabito, e finirono per 
interrogarlo (ma questo era accaduto in Gerace, e il Pizzoni avea 
gia deposte tante cose propriamente in Monteleone, fuori la pre- 
senza dello Spinelli e dello Sciarava). Sugli arlicoli che concerne- 
vano direttamente la persona sua , confermd essergli state da fra 
Comelio letto in gran parte Tesame del Pizzoni ma non fatto ec- 
citamento a deporre contro il Pizzoni ; confermd inoltre aver ve- 
duta una lettera in cifra che il Campanella gli disse essere stata 
scritta dal Pizzoni. Su tutto il resto dichiaro non saper nulla. — 
Venne poi la volta del Lauriana, il quale disse aver conosciuto il 
Pizzoni da molto tempo, non essergli amico nfe nemico, sapere che 
era buon predicatore ma non che digiunasse o no. Aver udito dal 
Pisano e dal padre di cestui il pagamento e regale fatto a fra Cor- 
nelio; aver saputo dal Caccia essere state spinto a deporre contro 
il Pizzoni dietro assicurazione che il Pizzoni avea deposto contro di 
lui. Avere lui medesimo avuta dal Visitatore e compagno la mi- 
naccia di essere consegnato alio Sciarava, il quale diceva volergli 
dare la corda. Avere udito dal Caccia che molte cose erano state 
da lui deposte contro il Pizzoni e che venendo in Napoli si sarebbe 
ritrattato; sapere che il Caccia era state sottoposto alia corda mentre 
aveva la febbre, ma non sapere se il Visitatore e compagno vi fos- 
sero intervenuti. Avere il Soldaniero scritto a Claudio Crispo la- 
mentandosi che in Pizzoni si desse ricetto ad Eusebio sue nemico, 
la qual cosa non era vera. Riferirsi al sue esame circa la presenza 
contemporanea del Campanella e fra Dionisio in Pizzoni quando si 
parlo di eresia, e cosi pure circa la lettura del libro stampato dal 
Campanella. Esser vero che il Pizzoni leggeva la dottrina di S. 
Tommaso, che era state Teologo del Vescovo di Nicotera, che era 
andato presso il Campanella per le ragioni da lai addotte. Avere 
scritto realmente la lettera al Generale, con cui il Pizzoni rivelava 
le cose del Campanella e di fra Dionisio, ed averla lui medesimo 
portata alia posta. Nel sue prime esame non esser vi stati altri esa- 
minatori che il Visitatore e fra Cornelio, senza intervento di per- 
sone laiche. Esser vero che il Pizzoni si lamentava sempre del Pro- 
vinciale e del Polistina i quali V avevano mandate nel convent o 
di Pizzoni, e che in questo convento erano stati sempre ricoverati 
banditi, da' quali una volta il Vicario predecessore del Pizzoni aveva 
avuto minaccia di essere buttato dalla finestra. 

II 15 novembre si venne agli esami di tutti gli altri testimoni. 
E dapprima fu esaminato fra Pietro di Stile, il quale, come sem- 
pre, ebbe di mira principalmente la difesa del Campanella, sicchfe 
il Pizzoni non pot6 punto giovarsene. Egli disse aver conosciuto il 
Pizzoni da otto anni, averlo avuto a lettore in Briatico , essergli 
amico, essere rimasto con lui una volta che gli altri scolari gli si 
ribellarono ; sapere che era buon lettore e buon predicatore , ma 
di vita scandalosa. Confermd di avere udito da alcuni preti in Ge- 
race che a fra Comelio erano stati dati danari da Misuraca, perchfe 






aggrarasse la condizione de' frati e cosi egli guadagnasse la tagliaj 
e si diffuse sull' argomento de' premii e quindi della falsitA del prftr- 
cesso, dicendo , « chi pretendeva per questa causa di voler esser^ 
« vescovo, chi cardinale, chi conte, chi una eosa, et chi un' altra, 
« et comuneaiente fra Cornelio et il visitatore si tenevitno vescovi,- 
« et quelli preti dissero con piet^, la causa di questi monaci iu)|fi.< 
« pud andare bene perch6 li istessi raonaci li cacciano , et altrii 
« non mi racordo per ora, Et poi si il processo sia falso, dico chtf 

< frji Gio. Battista da Fizzone et fni Silvestro de Lauriana sep^*! 
« ratamente V uno dall' altro mi hanno detto che hanno detto Ift' 
« falsittl, et per questo bisogna che il processo sia falso, qoanuii 
« poi alii Giudici cid e, Visitatore, et corapagno, facevano, fe d^ 
« cevano tante cose, come saria pi^liavano me, k mi conducevuiKf 
« avanti li giudici secolari , et dicevano , ve lo consegno per tiv, 
« hore, facciati quel che vi piace, fe se partivano . . . , di piij ii- 
« cevano si tu coafessi non morirai, 6 sarai libero, et liaverai pr* 
« mio, et altre parole simili, et 1' istesso anco mi k stato fatto di' 
« don Carlo RuIIb fe da quello di casa guagliardo (intend. OUavb 
« Gagliardo) il Monteleone... ; fra Cornelio si monstrava non amic^ 
« mk servitore deli giudici secolari, et 1' istesso visitatore paren 
« che dependesse da fri Cornelio, et per tutte queste cose, et allrt, 
« ho anco sospetto che per mali modi tenuti dal visitatore, h coni- 
« pagno che il processo sia falso ». Disse poi non sapere che si 
leggessero prima a' testimoni gli esarai raccolti contro di loro, ma 
saper bene che i giudici « fingevano et dicevano parecchie cose con- 
« tra il Campanella, fra Dionisio, et il Mauritio, che erano tristi, 
« et scelerati , et heretici , fe che fra thomaso Campaneila havea 
« predicate publicamente le heresie, Et io facendo instantia di ve- 
« dere le cose che mi dicevano non me le volevano monstrare, i 
« poi mi dicevano hor su tu vuoi morire . . . », Ed inoltre : « fra Co^ 
« nelio con belle parole , ^ lusinghe mi voleva persuadere tt. dire 
« quel che lui voleva, ci6 e, che io accettasse Tesamina deli altri, 
« dicendomi tu solo non puoi portare il carro et si tu solo sarai 

* pertinace, tu solo raorirai, monstrando certe pieta, h forfanterie 
« con me, ot ultiraamente sempre mi lassava con bravarie ... Fa- 

* cevano gran cose per fare confessare , e massime fri Conielio, 

< it quale mi minacciava la morte, et io risposi paciontia, piit pre- 
« sto la morte che offendere Dio ». Dichiaro non conoscere che il 
Caccia avesse fatta una carta di ritrattazione, ma conoscere cho ftt 
tormentato mentre avea la febbre senza essere informato se v' iii- 
tervenisse o no il Visitatore ovvero fra Cornelio ; poter poi atte- 
stare , avendolo udito dal Caccia medesimo , che si lamentava dj 
fra Cornelio perchfe 1' avea sedotto a dire la falsitA con 1' asaicura- 
zione clie avrebbe eosi evitata la corda, onde diceva aver deposto 
la falsitA per la corda (evidente ripiego per profittare in qoah^ 
mode di un articolo scioccamente redatto). Disse di sapere che il 
Soldaniero si era lamentato di fra Dioniaio (anche di fra BioQisi<^ 



— 193 — 

del Pizzoni e del Lauriana , perchfe ospitavano Eusebio fuornscito 
suo pemico ; sapere per detto di fra Paolo che il Soldaniero si era 
concertato col Polistina in questa faccenda, e che a lui parea Tero, 
mentre il Polistina avea tentato di sedurre lui medesimo perch6 
deponesse contro fra Dionisio (ma non si pronunzi6 sulla inimici- 
zia sorta tra il Pizzoni e i Polistina). Dichiard non potere esser 
vero che fra Dionisio avesse dette eresie al Pizzoni , mentre nel 
principio di Inglio, essendo in Stilo e sapendo che vi era venuto 
il Pizzoni, corse a prendere un candeliere dair altar maggiore per 
ucciderlo, a motive di certi scritti rubatigli da lui; ed esse testi- 
mone col Campanella doverono quietarli, promettendo il Pizzoni che 
avrebbe restitulti gli scritti e mandatili ad Arena (mezzo di difesa 
venuto in campo negli ultimi tempi). Dichiard non sapere che il 
Pizzoni avesse accusato fra Dionisio a' superiori ; potere invece at- 
testare, che il Pizzoni voleva persuadere esse testimone a dire che 
avea veduta una lettera da lui scritta alio Sciarava e che cestui 
glie I'avea mostrata, la qual cosa era « bugia tremendissima »; 
potere attestare ancora che il Lauriana avea detto ad esso testi- 
mone non esser vero che avesse portato alia posta una lettera del 
Pizzoni al P.® Generale (troppe confidenze ricevute). Quanto a fra Do- 
menico Petrolo , dichiard non sapere che cestui avesse avuto ter- 
rori da fra Cornelio perchfe deponesse contro il Pizzoni, ma avere 
xidito dal Petrolo medesimo che aveva avuto terrori per deporre 
contro il Campanella e fra Dionisio (sempre confidenze da tutti co- 
storo, che pure lo conoscevano amico intimo del Campanella). Quanto 
al non avere piu il Pizzoni trattato col Campanella dope di averlo 
cacciato dal suo convento; dichiard constargli il contrario, mentre 
essendo il Campanella in Pizzoni verso la fine di luglio, fu pregato 
di volervi rimanere ulteriormente, e vi rimase tre giorni piu di quan- 
to si era proposto ; aver sempre il Pizzoni pregato il Campanella che 
si recasse al convento di Pizzoni, averlo anche in Arena pregato in 
tal sense, sicchfe per queste falsity non avrebbe dovuto farlo esami- 
nare come testimone ! Esser vero che quando il Pizzoni venne a Stilo 
portd certi danari a M.*' Marcello Basile, come « ne portd anche al 
speciale che li curd il mal francese»! Sapere che fra Gio. Battista 
di Polistina 1' avea processato per i suoi delitti ; sapere che in Piz- 
zoni vi erano banditi, ma non sapere che vi fossero prima che ci 
andasse per Vicario il Pizzoni (altro che difesa; il Pizzoni amico 
infedele, doveva essere trattato come un deciso nemico, oltrechfe di- 
mostrato testimonio false per le seduzioni e il terrore incussogli da 
fra Coraelio). — Venne di poi il Bitonto, il quale disse aver cono- 
sciuto il Pizzoni da dodici anni , averlo saputo di mala vita , es- 
^ sere state tenuto per scandaloso e maligno. Avere udito da Fabio 
Pisano la faccenda de' danari e regali dati a fra Cornelio per far 
liberare il figlio dalla morte, e da' carcerati la faccenda de' danari 
pagati alio stesso fra Cornelio dal Mesuraca, per far processare mor- 
talmente il Petrolo e il Campanella. Avere fra Cornelio detto a lui 

ilmaMlff — T. Campaitblla, Vol. II. 25 



— 194 — 

medesimo che il Pizzoni gli si era esaminalo contro, eccitandolo cosi 
a deporre contro il Pizzoni ; e dicendo lui che non sapeva nulla, avere 
avuto da fra Cornelio minaccia di consegna a' Giudici secolari. Sui 
cattivi modi di esame, e suUe speranze do' premii da parte de' Giu- 
dici e persecutori, disse : ^c usorno milli stracie verso di noi il fra Cor- 
€ nelio, et I'Avocato fiscale, et Carlo Spinello, accid per le stracie 
4c dicessimo quelle che volevano lore . . . , quelle che piglio a me 
4c pretendeva di acquistare una baronia, fe don Carlo Ruffo, preten- 
ce deva essere Prencipe de Stilo , 6 fra Cornelio per quanto disse 
« I'Avocato fiscale se li saria procurato un vescovato , et io udi 
€ quando che il fiscale disse questo in risposta che diceva non ha- 
€ veria mancato di fare tutto quelle che havesse possuto in ser— 
« vitio del Re Catholico al quale era devote ». Interne al Caccia 
disse sapere che gli fu data la corda mentre aveva la febbre e che 
in particolare gli fu dimandato del Pizzoni, ma non sapere clii ci 
fosse presente e se vi fosse intervenuto il Commissario e compagno. 
Interne alle relazioni tra il Pizzoni e -il Polistina, disse sapere che 
il Pizzoni era andato a Roma per mostrare che I'elezione del Po- 
listina al Provincialato non era valida. Confermd che il libro del 
Campanella era scritto contro un certo Marta napoletano (egli solo 
tra' testi si trovo in possesso di tale notizia). Confermo che il Petrolo 
era stato eccitato da fra Cornelio a deporre il false contro il Pizzoni, 
dicendo averlo saputo dallo stesso Petrolo ed aggiungendo essere stato 
lui medesimo presente alle bravate di fra Cornelio verso il Petrolo. Su 
molti altri articoli, sulla condotta del Soldaniero messosi di accordo 
co' Polistina, su' fatti del convento di Soriano , sulle relazioni del 
Pizzoni con fra Dionisio e il Campanella disse non saper nulla ; sulla 
presenza di banditi nel convento di Pizzoni disse aver saputo dal 
Lauriana che c' erano gia prima che il Pizzoni ci andasse per Vi- 
cario (e ben si vede che le testimonianze del Bitonto furono pel 
Pizzoni assai migliori di quanto si poteva attendere). 

Nella stessa seduta fm'ono esaminati i rimanenti testimoni, chia- 
mati a deporre sopra determinati articoli. — Cesare Spinola disse 
di conoscere un frate chiamato fra Gio. Battista di Pizzoni ma non 
avergli mai parlato; non sapere che il Soldaniero si fosse messo 
d' accordo co' Polistina contro il Pizzoni; sapere bensi che Valerio 
Bruno passava per servitore del Soldaniero. — Giulio Contestabile 
disse aver conosciuto il Pizzoni nolle carceri; poter attestare che il 
Caccia avea deposto contro esse testimone e al momento dell'estre- 
mo supplizio si era ritrattato, onde egli se ne avea procurata dai 
confortatori una fede che aveva presentata in giudizio a sua difesa; 
non conoscere i Polistina e non sapere die si fossero concertati col 
Soldaniero a danno del Pizzoni, sapere che Valerio Bruno era da 
tutti tenuto per servitore del Soldaniero. — D. Francesco di Casti- 
glia disse non conoscere il Pizzoni personalmente, non saper nulla 
del concerto del Soldaniero co' Polistina, sai)ere che Valerio Bruno 
era servitore del Soldaniero. — Infine Geronimo di Francesco disse 



— 195 — 

aver conosciuto il Pizzoni solamente nelle carceri di Gerace, dove 
stava con lui in una medesima camera , ed aggiunse : « essendo 
€ priggione con frA Gio. Battista di Pizzoni, venne un frate ros- 
€ setto, di bassa stalura, e giovane quale lo chiamavano il com- 
€ pagno del visitatore, e per nome intendo si chiama frk Cornelio, et 
€ parlando con fra Gio. Battista udii che disse: Padre frk Gio. Bat- 
€ tista mio bisogna per sutterfuger lo giudicio temporale che de- 
€ ponestivo in materia del Santo Officio, et confermassi Tesamina 

< fatta, et k questo mode si daria satisfatione A questi Signori, cid 
« e, al Advocate fiscale di Calabria , et saressi forzato di andare 
« in Roma per ordine del Santo officio, Et questo detto si appar- 
€ torno un poco da me che io non potesse udire et raggionorno 
« quasi mezza hora secretamente che non udii, mk dopo frk Gio. 
« Battista mi disse che il Compagno non havea parlato solamente 
« come da se, ma mandate dal Padre visitatore k posta per per- 
« suaderlo k quanto ho ditto di sopra ». Ed interrogate d' ufficio 
dichiard ancora: « fra Gio. Battista disse cosi confusamente per 
« che io non volsi sapere quel che havea deposto, che esse si era 
« esaminato avanti don Carlo Ruffo, et che era molto attimorato, 
« 6 mi giur6 sopra li ordini che lui tiene, che delle cose che lui 
€ havea deposto , non ne sapeva niente , et che si Dio li faceva 
« gratia di venire in buona sanitA, che alhora havea certi discensi 
« molto fastidiosi nelle braccia, voleva morire in una corda per 
« mantenere la veritii , essendo che quelle che haveva detto non 
« era la verity, et k questo niuno altro fu presente perche noi doi 

< soli eravamo in quelle carcere » (troppe confidenze). Interne alle 
sevizie da parte del Visitatore e compagno dichiaro, che al Petrolo 
esaminato da fra Cornelio, <c perche non disse come voleva esse, li 
« levd il ferrarolo, et il cappello essendo alhora in habito secolare 

< nel quale era state preso, et lo fece tornare alia carcere che pa- 
4c reva un pescatore, et io lo viddi senza cappello, e senza ferra- 
4c rolo, per il che mi mossi a dimandarli perche non havea il cap- 
« pello, et il ferrarolo, et esse mi raconto quanto ho ditto ». In- 
torno al Caccia , disse che « fu tormentato k tempo che havea la 
« febre, et TAvocato fiscale fece venire un medico, il quale dubi- 
4c tando di non essere carcerato, disse per quanto si b inteso che 
m si li poteva dare la corda >. Dichiaro per altro non sapere che 
il Visitatore e compagno vi fossero intervenuti, ed aggiunse: <c quando 
« questo Gio. Thomaso Caccia et Gio. Battista Vitale furono giu- 
« stitiati io mi trovai presente su le galere , et questi doi publi- 
« camente dissero, havendo anco chiamato prima TAvocato fiscale, 
« 6 li padri dela Crocella, et Maestro Cesare Pergola franciscano 
4c che era passiggiero, che quanto havevano detto contra di lore 
« nelli tormenti, poiche non voleva credere detto fiscale che fusse 
« mentita , 6 falsity , e percio si contentavano di morire; m^ in 

< quelle che toccava li altri dichiaravano che quanto havevano detto 
4c tanto in materia di ribellione come del Santo officio tutto era 



— 196 — 

< falsitA, ^ fecero instantia che ne facesse fare atto publico, mk 
€ esso non volse » (dichiarazioni evidentemente troppo larghe, estese 
anche alia congiura, della quale lo stesso Di Francesco era state 
almeno persecutore; in quanto al Pizzoni poi testimonianze di ac- 
cusa, non di difesa). E cosi ebbero termine gli esami difensiyi pel 
Pizzoni. 

Ecco ora gli esami informativi sulla pazzia del Campanellay 
che si fecero contemporaneamente agli anzidetti, in due sedute, il 
6 e il 15 novembre, ad istanza del suo procuratore. Senza dubbio 
vi erano state da parte de'Giudici soUecitazioni per procedere alio 
difese del Campanella, poichfe il Dello Grugno era^entrato in fun- 
zione non prima del 31 ottobre, e ben presto fu presentata una com- 
parsa scritta chiedendo un'informazione sulla pazzia; onde con ap- 
pena sei giorni d' intervallo le si dife principio (a). La comparsa, 
che trovasi inserta nel processo, non reca il nome di chi la scrisse^ 
ed 6 redatta in latino ne'seguenti termini che diamo tradotti: « In- 
€ nanzi agriU."* e Rev.™' Signori giudici delegati dal Santiss,"® 
€ S.' N.® nella causa di fra Tommaso Campanella dell'ordine dei 
€ predicatori carcerato nelle carceri del Castel nuovo, comparisce 
« il procuratore dello stesso e dice, che il detto frate, da alcuoi 
« mesi in quA, b state ed 6 in manifesta demenza, b stato ed 6 
€ privo totalmente d' intelletto, siccome fe apparso ed evidentemente 
« apparisce dalle sue parole e da' suoi gesti , poich5 a modo dei 

< matti sempre ha detto e continuamente dice parole risibili, non 
€ a proposito, stravaganti; e pero che non si possono fare per lui 
« difese intorno alle cose delle quali trovasi inquisito , mentre a 
« volerle fare bisognerebbe cavarle dalla bocca sua. Laonde chiede 
€ gli si conceda un termine conveniente per provare la predetta 
« demenza, e frattanto si sospenda ogni cosa, premessa la protesta 
€ di non decorrenza del termine concesso per le difese ...» etc 
I Giudici diedero immediatamente corso alia dimanda, e comin- 
ciando dal carceriere esaminarono dieci testimoni, de' quali poterono 
aver notizia da' primi esaminati. Dobbiamo anche dire che nella 
prima seduta iritervennero il Vescovo di Termoli, il Vicario Arci- 
vescovile di Napoli e I'Auditore Antonio Peri (il Nunzio era pur 
sempre occupato in altre faccende), e nella seconda seduta raccolse 
gli esami il solo Notaro e Mastrodatti Prezioso per mandate dei 
Giudici. Daremo con tutta la larghezza possibile le cose raccolte, 
poich6 esse non solo addimostrano la vita , almeno la vita appa- 
rente, del povero filosofo, ma anche rivelano le sue vedute e le sue 
tendenze in questo periodo molto importante della sua prigionia. 

II 6 novembre Aloaso Martinez , carceriere , esaminato disse 
avere piu volte parlato al Campanella, che gli avea risposto sem- 
pre € spropositatamente » , e narro come 1' avea trovato la prima 
volta pazzo nel giorno di Pasqua, col letto bruciato e la prigione 

(a) Ved. Doc. 392, pag. 415. 



J 



— 197 — 

piena di fdmo, giacente a terra e poco dopo fdrioso al punto da 
»serg]isi avventato contro per morderlo; tutte le circostanze gii 
la noi dette altrove (ved. pag. 86). Interrogato se credesse che 
nmulava la pazzia per isfuggire le pene forse dovategli, rispose, 
t k giudicio mio il Campanella h pazzo ». Indicd lo Spinola, il Ca- 
stiglia , il Contestabile , il Grille , tra coloro che potevano essere 
Maminati suirincidente. — Giuseppe Grille disse non avere parlato 
sd Campanella, ma averlo visto quando il carceriere andava a dar- 
jli da mangiare; narrd che « diceva parole spropositate, b che vo- 
leva fare la bibbia, h la Cruciata, et pigliava le scarpe, fe quando 
altra cosa , et faceva cose da pazzo ». Indicd come contesti il 
Salerno, il Ricciuto, il Marrapodi, lo Stanganella, il Tirotta: in- 
terrogate se credesse che era finto pazzo, rispose crederlo « pazzo 
vero, perche la fintione in tanto tempo saria scoperta ». — Ce- 
sare Spinola disse: « io ho visto et parlato col Campanella molte 
volte, secondo 1' occasioni, et sempre hk parlato spropositatissi- 
mamente, et io alle volte ci ho posto pensiero particolare per 
vedere si era cosa finta 6 reale questa sua pazzia, et in somma 
k mio giudicio 6 pazzo per le cose che Thd sentito k dire, h dice 
che aspetta il Papa, et Tindulgentia per la cruciata, che bisogna 
che il Papa sia Monarcha, et k me diceva che mi voleva fare 
Confaloniero della Cruciata, mk con patto" che io dovesse digiu- 
nare quai'anta giorni, et quaranta notti »! (non poteva riuscire pid 
Bsplicito). — Giulio Contestabile disse : « dicono che trk Thomaso 
Campanella sia pazzo, fe cosi quando il carceriero li porta da 
mangiare sono andato k vederlo et sentire li spropositi che lui 
diceva, non che io V habbia parlato in secrete ne di cose partico- 
lari »; inoltre, « dalle cose che lui ha ditto k fatto io lo giudico 
per pazzo, e potrebbe essere che lui simulasse, mk pero dagli 
effetti lo giudico pazzo » (sempre riservato e cinto di cautele; era 
compatriotta del Campanella e clerico). — Marcello Salerno disse: 
sempre dice parole al sproposito, et hier sera cercando del pane 
da noi altri carcerati, et non havendo, esse Campanella disse, 
questi diavoli di soldati che ho mandate alia Cruciata tutto se 
lo mangiano. . ; subito cominciato una cosa passa in un' altra...; 
io per quelle che ho visto lo giudico pazzo ». — D. Francesco 
di Castiglia disse: « io h6 udito frk Thomaso Campanella parlare 
dalla porta della priggione, quando si li dava da mangiare, et 
anco dala finestra, fe li raggionamenti suoi sono stati sempre mai 
spropositati, et io h6 posto particolar cura per farlo parlare al- 
cuna cosa k proposito in materia di filosofia, 6 in altra cosa cu- 
riosa, et esse sempre risponde, di fare la Cruciata, et che spetta 
(intend, aspetta) sua SantitA, 6 dalla fenestra comincio k diman- 
dare il populo che andava k vedere ad impiccar uno, 6 diceva 
che li voleva dare il confalone dela cruciata che faceva, 6 milli 
altri spropositi. . ; V animo sue non lo posse giudicare, ma dico 
bene che le parole sue, et atti sono da pazzo, ne mai I'hd po- 



— 198 — 

« tuto cavare da bocca cosa al proposito, et quando ultimamente 
« li fix data la corda si lamentava che li forausciti Thavevano rob- 
« bato trenta carlini, et 1' havevano battuto assai in milli modi, 
« senza dir parola che li fosse stata data la corda per ordine delle 
« Signorie Vostre ». 

II 15 noverabre furono dal Prezioso esaminati i rimanenti te- 
stimoni. Gio. Angelo Marrapodi disse: « molte volte io h6 udito k 
€ parlare fra thoraase Campanella dentro le career i dove stA, et 
€ il parlare suo fe al sproposito dicendo delle parole spropositate, 
« et parla pazzescamente, perche comincia a dire una cosa, et lassa 
« quel parlare , et entra in altre parole . . ; lo tengo per pazzo 
€ come h tenuto dali altri ...» — Gio. Battista Ricciuto disse: 
€ da che si fe ditto che trk thoraaso Campanella sia pazzo , io 
« con curiosita piu volte Iho parlato, et anco inteso quando altri 
« li hanno parlato, a tempo che il carceriero hk aperto la porta 
« dela carcere dove sta per darli da mangiare, et ogni volta che 
« hct parlato con altri ha parlato molto spropositatamente come 
« soleno parlare li pazzi, et quando io, 6 altri Ihavemo di mandate 
« qualche cosa non ha risposto a proposito, uscendo k diversi rag- 
« gionamenti , che non ci era proposito , et hd visto che quando 
« parla fk atti di pazzo, non stk fermo in un loco dela carcere, ma 
« passeggia , fe si h^l soluto affacciare alia fenestra dela sua car- 
« cere, 6 chiamare dicendo 6 Jaconi del convento, che si fd, ve- 
« nete qua che ci mancano cavalli, 6 dice che vole fare lo confa- 
« loniero, et che vole fare la cruciata, et chi vole fare capitano, 
« b chi alfieri, 6 sargente maggiore, et che il Papa Ihave scritto 
« che metta in ordine li cavalli, e li soldati, tal che sempre Iho 
« inteso parlare al sproposito, e fuori di raggione come soleno par- 
« lare li pazzi, et dicontinuo dice di simili cose, et quando parla 
« fa molti segni con la bocca, b con li occhi, et con le mani, et 
« alle volte piglia lo terrene dall'astraco dela carcere, b la butta 
« in faccia di quelli che li parlano, et quando piglia li suoi scar- 

* poni che porta in piedi, b con quelli dA, et sequita quelli che 

* sono ne la sua carcere. . . ; da tutti q\xk in castello b tenuto per 

* pazzo ... et a giudicio mio dice che b pazzo, che si non fusse 

* tale qualche volta parlaria al proposito ». — Marco Antonio Stan- 
ganella, oltre le solite cose, disse: « alle volte salta, alle volte gioca 

* di mano ad alcuno, e con li suoi scarpuni da a quelli che li parlano, 

* e li lira mo ad uno, et mo ad un altro, et alle volte hk detto che 

* aspetta il Papa, e che voleva far confaloniero il Sig.*" Cesare, et 
^ alle volte si accosta ala fenestra dela sua carcere, b gridando, dice 
^ 6 Jaconi Jaconi del convento mettetivi in ordine che viene il Papa, 

* e cosi sempre io Iho visto fare atti al sproposito , b parlare al 

* sproposito . . . ] b tenuto da tutti li carcerati per pazzo, ed anco 

* da altri che vengono in castello che lo sentono parlare, et io lo 

* tengo per pazzo ». — Da ultimo Tommaso Tirotta disse: « sem- 
4c pre vole parlar esse , et ho udito che h^ detto parole al spro- 



— 199 — 

< posito, et dice che vole fare la Cruciata, et che aspetta il Papa, 

< et diceva 6 Ik scopati bene, acconciati le stantie per il Papa, et 
« che have tanta migliara di cavalli, et vole fare soldati, et che 
€ vole fare confaloniero il Sig/ Cesare Spinola che sU qak carce- 
« rate, et k me disse una volta che mi voleva fare artiglieri, che 
« havesse cura deir artegliarie, et chiama li Jaconi del convento, 
« et per nome sole chiamare fvk Giovannello, e fra luca, e fra ni- 
« codemo, e sole chiamare Scannaribecco (a), e cosi di continue 
4c hk parlato, e sole menare k quelli che li parlano terrene in fac- 
« cia, li scarpuni che porta in piedi, et vk saltando per le carceri, 
« e f4 altri atti al sproposito, et parla spropositatamente , giusto 
« come li pazzi , et quando ebbe la corda qu^l ultimamente , non 
« si lamentava dela corda, ma diceva solo che li forasciti Ihave- 
« vano tirato delle archabusciate, e date delle bastonate, e che ne 
« voleva scrivere al Papa, et mai hk parlato ne risposto k propo- 
« site, et hieri per ultimo lo viddi e fece il medesimo . . . ; a giu- 
« dicio mio lo tengo per pazzo, et cosi fe tenuto dalli altri, et in 
« quanto k me non lo posso passare per sapio , mentre parla al 
« sproposito e risponde al sproposito, e fatti atti {sic) spropositata- 
€ mente, come ho ditto ». — Adunque tutti e dieci i testimoni af- 
fermarono che il Campanella era realraente pazzo; quasi tutti poi 
aflFermarono la sua mira verso il Papa, che doveva essere Monarca 
secondo la testimonianza dello Spinola , che doveva fare la Cro- 
ciata secondo la testimonianza della massima parte ; e si conosce 
che questo disegno della Crociata era una delle idee fisse di Cle- 
mente VIII, e si comprende che essa conveniva molto al Campa- 
nella accusato di connivenza col Turco. I carcerati accorrevano 
presso di lui quando il carceriere ne apriva la prigione, e cosi pure 
coloro i quali solevano venire a visitare i carcerati, per la curio- 
sity di vedere il pazzo. 

Esauriti gli Atti pe'tre inquisiti principali, si sarebbe dovuto 
passare a quelli per gli altri frati; ma per essi non si fece nulla. 
Probabilmente i Giudici ritennero che le difese di costoro si tro- 
vavano incluse in quelle de'principali; tuttavia non ne abbiamo ve- 
ramente alcuno indizio. Abbiamo soltanto una comparsa di fra Pietro 
di Stilo, il quale, col sue squisito buon sense, esponeva « che li 
« giorni passati essendoli stati k bocca dichiarati dal Sig.'^ Avvo- 
« cato Scipione Stinca alcuni capi sopra li quali li fu da quelle, 
« come anco dalle SS.'^** Y.^^ detto che si volesse difendere. . . . 
« hk risoluto , conoscendo penitus la sua innocentia sensa niuna 
« culpa, renuntiar dette sue defese . . . havendo per rato , fermo, 
« et valido quanto faranno le ss.'*® lore ». Cio in data 17 novembre, 
vale a dire immediatamente dope terminati gli Atti pe' principali. 



(a) Intendi Scanderbeg; nel volgare napoletano dicevasi Scannaribecco, e del 
resto € Scannalibec » e « Scandalibechi » leggesi anche in molte scritture pub- 
bliche, p. es. ne'processi della Sommaria. 



— 200 — 

Nello stcsso giorno 17 novembre una copia degli Atti, formata a 
misura che essi si compivano, fu inviata con una lettera del Vescovo 
di Termoli al S.*^ Officio di Roma, secondochfe rilevasi da un' an- 
notazione inserta nel processo originale ed anche da una lettera del 
Nunzio al S.** Severina in pari data (a). Certamente insieme con la 
copia degli Atti dovfe essere inviata anche una copia de' document! 
che fra Dionisio avea presentati , e cosi pure de' document! che 
aveva indicati e che il Vescovo di Termoli si era dato a racco- 
gliere con la piil viva premura. II Vescovo avea raccolto dair altro 
tribunale la copia dell' indulto concesso al Soldaniero e a Valeric 
Bruno da Carlo Spinelli per opera di fra Cornelio, le copie dell' e- 
same del Pizzoni , delle confronte del medesimo Pizzoni col Cam- 
panella e con fra Dionisio, del primo e secondo esame del Petrolo, 
delle cartoline trovate suUa persona del Campanella quando ebbe il 
tormento del polledro ; e cosi ci sono pervenuti quest! preziosi do- 
cument! insert! nel processo dell' eresia (b). Egli aveva chiesto pure 
una copia delle lettere inviate dal Lauriana a fra Dionisio , che 
avrebbero dovuto trovars! egualmente nel processo fatto dall' altro 
tribunale; ma, come si rileva da quanto ne scrisse a Roma e fu 
rammentato ne' Sommari! de' process!, le lettere non v! s! trova- 
vano ed erano state forse perdute. Aveva inoltre chiesto il Breviario 
del Pizzoni, che recava la corrispondenza scritta tra esso Pizzoni 
e il Campanella, ed ebbe a sapere che questo Breviario nemmeno 
si trovava ed era state sicuramente perdu to. Non potendo rasse- 
gnarsi a questa perdita, il buon Vescovo pens6 allora di rivolgersi 
a fra Dionisio medesimo, dimandandogli a nome del tribunale una 
relazione particolareggiata sulla faccenda del Breviario ; e la re- 
lazione , trascritta da fra Pietro Ponzio, venne anch'essa inserta 
nel processo tra' document! a difesa di fra Dionisio (c). Diciamo qui 
di passaggio che molto piu tardi a questa massa di document! fu 
aggiunta anche una fede di alcuni frati carcerati, compreso il Lau- 
riana, e di alcuni laici, attestant! che il Pizzoni piu volte, e segna- 
tamente tre giorni prima della sua morte , avea dichiarato di es- 
sere debitore di fra Dionisio degli scritti dell'Apocalisse da lui presi 
(confessione del furto fatto) del valore di D.' 10, come pure di 
D.* 4 avuti in prestito , commettendo al Lauriana di notilicare a 
fra Dionisio dove si trovavano le sue robe in Calabria accid sopra 
quelle fosse soddisfatto ; inoltre, sempre piil tardi, una fede del clero 
di Fiumefreddo, attestante le ottime qualita di fra Dionisio dimo- 
strate due volte in quel paese con la predicazione cattolica, la bontA 
della vita e il fervore di caritA. , e questa fede potfe essere inser- 
ta solamente nel 4^ volume del processo. Aggiungiamo pure che 



(a) Ved. Doc. 106, pag. 68. La ricevuta del processo fu da Roma anniin- 
ziata il 16 lObre, ved. Doc. 107, ibid. 

(b) Ved. Doc. 377 a 381, pag. 388 a 394. 

(c) Ved. Doc. 376, pag. 386. 



— 201 — 

il Vescovo di Termoli provvide che fosse interrogate di ufficio fra Pie- 
tro Ponzio suUa asserta domanda di perdono fattagli dal Lauriana 
in Gerace, ed egualmente che fosse istituita una perizia calligra- 
fica suUa lettera che era stata presentata come scritta dal Lauriana 
a Ferrante Ponzio; e furono questi gli ultimi Atti processuali com- 
plementari , che si fecero durante la commissione tenuta da quel 
rispettabile Prelate. 

II 21 novembre, d' ordine de' Signori Giudici, il Prezioso ri- 
ceveva in Castel nuovo la deposizione di fra Pietro Ponzio (a), il 
quale, con molte particolarita e citando i testimoni, espose la co- 
municazione fattagli dal Lauriana in Gerace nella carcere detta la 
Marchisa; V inquietudine da lui mostrata perchfe si trovava « in mano 
del diavolo » avendo deposto molte falsiti\ in materia di S.*° Offi- 
cio contro fra Dionisio e il Campanella , ad istanza del Pizzoni e 
parimente del Visitatore e compagno dietro minacce e promesse; 
la determinazione del Lauriana di volersi ritrattare con la dimanda 
del come dovesse procedere, e il rifluto fattogli da esse fra Pietro 
di volersene occupare, per non trovarsi intrigato in queste faccende 
dubitando di commettere errore ; la consegna di una lettera scritta 
dal Lauriana a Ferrante Ponzio per dimandare a cestui il consi- 
glio rifiutatogli da esse fra Pietro, e Y invio di detta lettera al suo 
destino; la non avvenuta ritrattazione del Lauriana in Gerace per 
paura dello Spinelli e dello Sciarava , e la dimanda di perdono 
avuta da lui in tale occasione ; la nuova comunicazione fattagli in 
Napoli di volersi ritrattare, con V invio di un' altra lettera a Fer- 
rante Ponzio , la quale ultima lettera era stata presentata nella 
causa della congiura, mentre la prima, passata nelle mani di fra 
Dionisio, era stata presentata nella causa dell' eresia. 

II 3 e 4 dicembre furono raccolte le deposizioni di due periti 
calligrafi su questa lettera dal Vicario napoletano Ercole Vaccari 
« congiudice » nella Curia Arcivescovile. Gio. Antonio Trentaca- 
pilli « scrittore » disse che « essendo prattico, et versato nel scrivere 
« diverse sorte di lettere cossi cancellaresche, come tonde, et cor- 
< sive, potria conoscere per qualche similitudine di tratti, e di sil- 
45 labe et di ligature di sillabe , et conietturare si fussero scritte 
45 da una mano istessa »; e mostratagli la lettera del Lauriana in 
data di Gerace 10 ottobre 1599 ed alcune sottoscrizioni del Lau- 
riana medesimo agli Atti processuali, disse: « fatta la comparatione 
« da lettera k lettera, da sillaba a sillaba, da tratto a tratto , e 
<c da carattere d carattere della lettera, et sottoscrittioni di fra Sil- 
« vestro da Lauriana , dice che la sudetta lettera 6 stata scritta 
4c con inchiostro bianco, et con penna accomodata sottile, et le sot- 
4c toscrittioni . . . sono state scritte con inchiostro piil negro, et con 
4( penna accomodata piu grossa, et per tale differentia non si pu6 
« conoscere chiaramente che siano scritte di una istessa mano, per6 



(a) Ved. Doc. 374 e 375, pag. 383 e 384. 
Amabiie^T Caiipanblla, Vol. \l 20 



« come esperto et al mio giudicio giiidico el dico che alci 
« (lelle sottoscrittioni . . hanno similifudiue in parte coUe 
« della sottoscrittione della lettera sudetta*.^ — Bi poi Alfonso Perel' 
« esercitato in tenere la scola di scrivere et di abbaco », interrogator 
egualmente, col formulario medesimo conchiuse: « dico et conferinq 
« come esperto et prattico di diverse sorte di lettere scritte k mano, 
« che tanto la sottoscrittione che sla in piedi di dette lettere . . coma 
« anco le sottoscrittioni che dicono lo fri Silvestro de lauriana h& 
« deposto ut supra sono state et sono scritte da una stessa mauo ». 
Cosi mentre uno de' periti rimaneva in dubbio . I* altro affermava 
che la lettera in quistione era veramente del Lauriana. 

Dopo tutio cio non sapi'emmo dire quale fosse stata , intorno 
a' meriti della causa, 1' opinione formatasi dal Vicario Arcivesco- 
vile e dall'Auditore del Xunzio , mentre della persona stessa del 
Nunzio , teuutasi cosi a lungo lontana , non accade dover parlare, 
per ora; ma in quanto al Vescovo di Termoli sappianio benissimch 
che rimase sempre piu perplesso e duhbioso, nfe soltanto suU' eresiai^ 
ma di rimbaizo anche , e raaggiormente , sulla congiura ; lo sap-r 
piamo da' cenni della sua corrispondenza con Roma , inserti i»v 
gli ullimi Sommarii del processo compilati in Napoli , e pari-« 
mente da uu brano di lettera del Nunzio scritta piu tardi. 11 Nun* 
zio, in una circostanza in cui ebbe a parlare di Ira Marco Vjsilft^, 
tore , disse di sapere che cestui « era mal sodisfatto del VescovA 
« di Termoli ... per V opinione che teneva, ot se ne lasciava inn- 
« tendere, che 1' essamine fatte da lui et da fra Cornelio in Calai', 
« bria fussero state fatte piu per sodisfattione de Ministri Regii 
« che per la veritA » (a); e realmente anche piu di questo trovianuk 
ne' cenni delle lettere scritte dal Vescovo a Roma, de' quali 6 tempftj 
oramai di tener parola. Abbiamo gia avuta altrove (vedi pag. IzlT 
occasionc di dire che il Vescovo diede continuamente ragguagl, 
al Card.' di S."* Severina di cid che veniva rilevando negii esam^ 
de' frati, e di cio che gli riusciva di sapere anche per vie estrt'^ 
giudiziarie: cosi il 19 niaggio, due giorni dopo che it Campanellhi 
erasi nell" esame mostrato pazzo , di6 ragguagli su questa pazzi«|| 
sulle ragioni Cue 1' aveano fatta nascere, su' motivi che c' erauo par( 
crederla simulala. sulla necessita di adoperare la tortura. Egualj 
mente inlomo al Pizzoni, mostratosi con la spalla iesa, fece conp* 
scere che era rimasto storpio per la tortura avuta nell' altro tribuaaj 
le: intorno a fra Dionisio, mostratosi anche impossibilitato a sottoscri'^ 
vere i processi verbali, fece sapere in qua! modo atroce fosse statdu 
tormentato. Nfe manc6 poi di scrivere, « non sembra verosiraile chOj 
« fra Bionisio, senza grande familiarity col Soldaniero giovane s, 
« 22 anni, avesse voluto comunicargli tante eresie »; e d' altra parte, 
« Aloisi spagnolo gik Fiscale in Calabria (lo Sciarava) mi hk detto, 
« che fra Gio. Battista da Pizzone non voleva confessare coutro il 



(a) Ved. Let. del 6 .iprile 1001, Doc. tSO, pag. 71. 



- 203 - 

€ Campanella avanti il visitatore, ma che esso li disse non hai tu 

€ detto la tale, h tale cosa d'heresia? et che alFhora testified >. 

Ancora non mancd di far sapere che « quando Cesare Pisano fu 

; « esaminato, il 19 ottobre 1599, gik il Campanella era carcerato >. 

E circa il processo di Calabria scrisse senza esitazione : « questo 

« mi pare malissimamente fondato , et prime per quel che spetta 

« k tutto il processo non si vede fondamento alcuno, et quella scrit- 

« tura, che fe stata posta inanzi al processo ( V elenco delle 36 pro- 

« posizioni ereticali), fe un compendio fatto di tutto il processo dopd 

« che fe state finite, come mi hk detto k bocca {rk Cornelio e dalla 

« scrittura istessa appare ». Circa poi la congiura fece sapere aver- 

g\i fra Comelio detto « che Fabio di Lauro di anni 20 fu il prime 

c che gli riveld il capitolo della ribellione , il quale Fabio riferi 

€ ad esso Vescovo medesimo avergli fra Dionisio manifestato che 

€ il Papa voleva il Regno di Napoli e molte altre cose inverosi- 

« mili, dalle quali si desume essere il prime fondamento di tale 

« Ribellione molto tenue anzi false >. Non mancd nemmeno di far 

rilevare la nessuna delicatezza de' primi Giudici scrivendo : « si fe- 

€ cero dar molti denari per provedere k questi carcerati et non gli 

< fe state provisto, mk frk Cornelio li ha spesi in venir a Roma, 

€ et si come intendo ne diede conto al!i superiori in Calabria > (a). 

Passando al processo di Napoli e toccando i fatti accaduti prima 

del suo arrivo, fece conoscere che le due lettere scritte dal Lau- 

riana a fra Dionisio circa V esame fatto in Calabria , e sorprese 

da' carcerieri, non si trovavano nel processo della congiura, e che 

€ D. Pietro De Vera gli riferi che erano state forse perdute giac- 

€ chfe erano state portate al Vicerfe >; e cosi pure che il Breviario 

in cui si conteneva la corrispondenza del Pizzoni col Campanella 

nemmeno si trovava, come « gli riferi il notaro della causa », ag- 

giungendo che del pari « D. Pietro De Vera gli disse che il detto 

« Breviario era state perduto, giacchfe date al Vicerfe ed alFArci- 

€ vescovo di Taranto » (fratello confidente del Vicerfe) ; le quali ul- 

time notizie su' danari di Calabria, suUe lettere e sul Breviario, in 

fondo venivano a mostrare tutla V incuria del Nunzio , al quale , 

e come Nunzio e come Giudice della causa della congiura, incom- 

beva r obbligo di guardare alle cose de' frati con ogni diligenza. 

La conclusione del Vescovo presso il Card.* di S.^ Severina fu 

questa: « i frati carcerati debbono essere tradotti alle carceri del 

€ S- Officio in Roma per cavarne la verita >;"e su tale conclusione 

insists anche con altre lettere, scrivendo: « questi rei non furono 

€ ben difesi , perchfe furono perdute due lettere e il Breviario di 

€ cui di6 notizia fra Dionisio Ponzio, e perchfe non fu trovato un 

€ Dottore che avesse volute scrivere in dritto a favor lore, e credo 



{a). Ved. Doc. 394, pag. 448, 455, 456, 449. Per le parecchie altre propo- 
sizioni ved. la nostra Copia ms. torn, r, fol. 362 V,, 363, 380 */,, 377, 394, 398, 
392*/,. Sod questi tutti gV importanti bran! del Carteggio del Vescovo. 



« die in r[ae8ta causa J tesiimoni habbiano deposto per isfilggire 
« foro secolare. per li essempi quotidiani che havevano avanti (d* 
€ V occhi, il qua! timore si vede che peisevera in essi mentre soaa 
« nelle forze de i ministri Regii, ma trnigo per cosa certa che se 
« fuBsero fatti venire k Roma si scopriria la pnra verilA dei ne- 
« gocii passati , et parmi apunto che qnesto negocio sia simile a 
« quelle di bitonto » {a). Aggiungiamo che il Wscovo trasmise pura 
a Roma un memoriale di fra Dionisio intorno alia causa deUa cott- 
giura, concepito negli stessi sensi. II memoriale , di cui ci dAnilO 
notizia egualmente i Sommarii de' process], era diretto a S. S.*^ 
e fra Dionisio vi diceva essere innocentissimo tanto \)er I'eresi* 
quanto per la ribellione, credere di averlo abbastaiiza provato pat 
r eresia, ma dubitare di poterlo pienamcnte provare per la riw^ 



(a) Ved. Doc. oit. pag. 457. — Molte I'icerche nbbiHmo fatte su tale M* 
gozio di Bitonto (nota cilta ddla Puglia), od alibiamo trovato qaesti tre doo■^ 
menti, che ci sembrano riferibili al iie^ozio cui allude U Veseovo di Tenud^, 
easi si leggono ne' Reg.' Curiae vol 34, fol. 216, 270 e 277 t."— r « .\1 m.~ f^ 
dice di butonlo («ic). Havemo vieto quaoto ei scrivete i>er la vostra delli 14 ddT 
mesa passato intorno nl partioolarj della earcepalione fattii per !o Rev,*' TioariV. 
di queusa citi& della dooiia fHttocc;hiara contra la qualo pretende prooodere naUbi 
sua cort« ecdesiaslica proaopponendo che iL sortilcgio fatto per delta doona 4n 
hereticnle et per vol si prctende proccdcj'o nella vostra corte per le caiik jbI, 
raggioni che in detin vostm ci nllegate dandoci del tiitt.o aviso accio baTMsinW' 
oFdinato quello bavessivo dovuto exequire, al che respondendo vi dicimo <^' 
esseodosi per noi ben considerate quanto ci scrivete ci A par^o di ordinarvi clfe> 
non vi dobbiate introtnett«rvi in quella causa ma in quella la&sarote prooedar^ 
dal detto Ticario nella detta sua corto Kcclesiastica, et eossi 1' easeqairela do^. 
facendo lo contrario per quanto se hfl cara la gratia deila predetta M." Dat. "--" 
die 8 aprilis 1593. El c. de Miranda ». — S.' « Al m."' Jodice de bitonto. 
la vostra de li xi de febraro die haveto seritta all' infrascritto mag,"" et eirci 
spetto Reg.'* Mole!) havemo visto I'avlao cho li dato deli sortilegii, et 
cbe si fanno in quessa terra. In resposta dela quale vi decimo che baveW fol 
bene a dar I' aviso predetto et vi ordinamo cbe da mano in mano ci debt|| 
donar particolare aviso di quello che ncoadorA in simili negotii accio per noi 
possa provedero et. ordinare quello cbe piii meglio ci [mrera che convenghi . 
cossi lo debinte exequire che lal 6 nostra volunt&. Uat. neap, die 24 iDOStf 
mnrlii 1504. El c. de Miranda ». — 3." * Al Capitano della citta de Bitcmta^ 
Nelle carcere della Viscoval corte de qiieata citta do Bilonto ».■; ritrovano rib 
nute alcune donne e tin giovanetto vaxullf del t^lato ecclosiastico per canxe grv 
de apostasia dalla santa fede impieta n]a>;ario et altro cose spettanti at saol 
officio del inquisitione, et per che convione per il servitio do noatro Sigiior HdU^ 
che quelli »o mandino in qiiesta Rdelissima cUtu de Napoli nel migtior modo di^' 
si potra, o coa sicurta o pleggiaria se I'haveranno o vorranno dare, overo 






dandola o volendola dare con farli <vondurre preggiuni secondo sari* gtudici 
per i! Rev.'i" Vescovo de questa predelta citta, per cid ci e parse farv! la pr^ 
sente per la quale ve dicimo, et ordinamo che al riceveri.- d'essa parendo iP 
d." Rev.'i" Veacovo dare quella pleggiaria che al d."" Rev.'i" Veaoovo parirft i 
versl dare, la quale per quella quantitii sia hnona et sufboiente de venire rettdl 
tramite et preaentarsi nelle carcere della Vicaria etc. Dat. Neap, die 23 iut^ 
8ti 1504. El Conde de Miranda ». Sembra manifi'sto rhe gl' imputati venDti 4 
Napoli aieno stati mandati n Roma, dove le imputaziooi furono poi trovaU Id* 
soscistenti. 



- 205 - 

lione, allegando le molte ingiustizie patite da parte de' Ministri Re- 
gii, a' quali importava grandemente che non si scovrisse la sua in- 
nocenza, e il non aver potuto trovare iin procnratore che non gli fosse 
sospetto. Faceva conoscere che molti condannati all' ultimo supplizio 
aveano disdette le cose deposte contro gli altri tanto in materia di 
ribellione che di fede, ma i Ministri Regii aveano proibito che si 
niettesse in iscritto qualche cosa intorno a cio ; esponeva la crudelis- 
sima tortura avuta e le inumanitA sofferte in sfeguito ; conchiudeva 
supplicando il SS.™^ si degnasse comandare che gli fosse data oppor- 
tuna facoltA di potersi legittimamente difendere, che fosse rimosso 
dalle carceri secolari e tradotto nelle ecclesiastiche poichfe in tal mode 
avrebbe potuto difendersi , che la causa della ribellione non fosse 
spedita sul processo sin' allora fatto come nuUo ed invalido, appel- 
landosi al SS."*° e protestando della nullitit di tutta la causa e di 
qualsivoglia Atto di essa. 

Senza alcun dubbio i frati non avrebbero potuto avere un Giu- 
tiice pill del Vescovo di Termoli benigno verso di lore, pur essendo 
ad un tempo severo applicatore della giurisprudenza inquisitoriale. 
La sua benignity emerge da tutti gli esami fatti e rifatti con tanta di- 
ligenza, e massime dalle diverse sue dimande d'ufficio rivolte agl' in- 
quisiti; ma rifulge straordinariamentc nel giudizio che si permise 
di enunciare intorno alia congiura, e nella conclusione alia quale 
si dichiard pervenuto intorno a tutta la causa. Egli giudico il prime 
fondamento, su cui era stata poggiata la faccenda della congiura, 
« molto tenue, anzi false >, cid che per altro disse unicamente a 
riguardo delle ciarle che Fabio di Lauro riferiva essergli state ma- 
nifestate da fra Dionisio, e ci preme assai che non rimangano equi- 
voci su tale punto ; ma il vedere quel fatto messo in rilievo da 
lui, che non aveva 1' obbligo di occuparsene, mostra bene qual fosse 
r animo suo verso gl' iiiquisiti. E sempro meglio ancora lo mostra 
la conclusione da lui palesata, che cio5 i rei dovessero essere tra- 
dotti nelle carceri di Roma, sottratti al terrore delle forze de' Mi- 
nistri Regii, € che se fossero fatti venire a Roma si scopriria la 
pura veritA de i negocii passati » ; con la quale conclusione egli 
non disse gia que' frati innocenti, degni di essere liberati, cd anche 
qui ci preme che non rimangano equivoci, ma accolse appieno i de- 
siderii lore, i desiderii adombrati da fra Dionisio nel suo memoriale e 
abbastanza apertamente espressi anche dal Campanella, che nella sua 
pazzia e durante la tortura gridava « al Papa al Papa, quA biso- 
gna che venga il Papa ». Senza dubbio il Vescovo di Termoli, ignaro 
de' riguardi e delle transazioni abituali tra le due Corti, onde ta- 
lora giungevasi fine a conculcare la giustizia e a sacrificare gl' in- 
nocenti, non teneva conto delle difficolta che si opponevano all' a- 
dempimento della sua conclusione; dovea qnindi di necessity trovarsi 
in un ordine d' idee ben diverse da quelle del Nunzio , che gid 
abbiamo visto esclusivamentc tenero della buona amicizia tra il Papa 



e il Vicer6, condiscendente alle richieste Vicereali pui'chfe si saU 
vasse I'apparenza, incurante non solo degl' interessi degrimputati 
ma perfino del buono andainento della giustizia verso di loro, e, corns 
vedremo in s^guito, censore singolarissimo dell' opera del suo col- 
lega, cio che per certo rappresenta il migliore elogio di coslui. Ani-. 
raato dal puro e seniplice amore per la verita, il Vescovo di Ter- 
moli dovea sentirsi imbarazzato vedendo quante circostanze aveaao 
concorso ad ottenebraria , la prepolenza ed immanita de' Giudici 
Regii, la nequizia de' primi Giudici ecclesiastici , la ferocla degli 
odii frateschi, lo spirito dl profitto da una parte, la sete di ■ven--, 
delta dair altra, il terrore incusso agl' inquisiti da tutti i lati ; %, 
dovea soffrirne pure non poco , amiamo crederlo , per quel senti-- 
mento di afletto die il Campanella avea saputo da lungo tempo ispi-t 
rargli, e che se non giunse mai a farlo deviare un solo momentoi 
da' suoi doveri d' Inquisitore, lo rese certaraente sempre piu caldO' 
nella ricerca della verita. Ma la niorte venne a loglierlo da tanta 
inquietudine, e venne anche a togliere a' frati inquisiti l' unico so-i 
stegno, su cui potevano contare nella loro infelice condiziooe. 

III. L' anno 1601 s'iniziava con tristi auspicii pe' poveri frati. ^ 
II 1" gennaio il Vescovo di Termoli moriva nel convento di S.'* Ca-' 
terina a Forraello, presso la poria Capuana, convento del suo or- 
dine, in cui si era negli ultimi mesi recnto, abbandonando quello'i 
di S. Luigi, e il 2 gennaio era sepolto nell' attigua Chiesa di S.** C*^j 
terina. Nessuna niemoria speciale ricorda il buon Prelato , ma ia^ 
una lapide posta non lungi dalta sacristia, rilevata dall' Engenio (a)ti 
e poi, a quanto pare, dispersa, si leggevano i « Nonii e Cognomii 
« deiriU"" Cardinal!, e Rev."' Arcivescovi et Vescovi die sono a6*l 
* polti in questa venerabil Chiesa, come quivi di sotto sono scritti,t 
« e la maggior parte sono sepolti con li Padri saceixloti ». e V vUt 
timo dell'elenco, I'll", era « il Rev.™" Maesfro Alberto di Firen^ 
« zuola del medem' ordine Vescovo di Termoli, mori a 3 di Cren-x 

< naio 1601 » (sic). Le circostanze della sua morte ci sono int*^t 
ramente ignote finora. Nel Carteggio del Nunzio una lettera ddC 
3 gennaio, dopo notizie di lutt' sltro genere , reca anche questasi 
« hieri si diede sepoltura al Vescovo di Termoli in S.'" Cateriull 
« A Formello, dove si era ritirato come frate di quella Religionw 
« di S. Domenico » (b) ; nS si trova una parola sola di chiaritaentoi 
e anche nieno di compianto per la perdita del collega Giudic« iw 
una causa di tanto rilievo ! La Narrazione del Campanella poi, 
proposito di questa morte , reca qualche parola che ha tutto l' *^ 
spetto di una iiisinuazione, oltre le solite atfermazioni spinle che ii« 
Campanella sapeva ben trovare a sua difesa: « Sendo per la caua&k 

< del S. Officio venuto dal Papa per Commissario il Vescovo di" 
— ^ . '* 

{a) Engeaio, Napoli sacra. Nap. 1623, pag. 15t-15^. 
(6) Ved. Doc 108, pag. 68. 



* Termoli M. Alberto Tragagliola, 6 si scoperse la falsity del pro- 
« ces»o di ribellione per le molte ritrattation che fur fatte dalli 
« teslimoni vivi e morendo; e per le contradittioni, e sconvenienze, 

* e manifeste scolpationi dell' heresie trovate per schifar la pena 
« della flnta ribellione, el detto Vescovo si ffe intendere , che vo- 
« lea liberal- tulti, anche che il Vicerfe e Fiscal! con proraesse e 
« minacce lo voleano levar di questo proposito, e venue a morte, 
€ Dio sA perclife, e disse morendo « mi displace ch' io moro, e non 
« ho liberato questi frati » e lo scrisse al Papa ». Adunque la morte 
del Vescovo sarebbe stata forse procurata nientemeno che dal Vi- 
cerfe e da' fiscali : ma nulla veramenfe autorizza ad accogliere un 
sospetto si grave, nfc quel Vesc^ivo avea propriamente scoperta la 
lalsitA del jirocesso della congiura, il quale tr.vavasi fuori la sua 
ingerenza, n^ volea propriamente liberare tutti i frati ; e se avesse 
scritto al Papa in questo senso , i Sommarii de' process! ecclesia- 
stici non avrebbero mancato di riferirlo. Ben potfe rincrescergii che 
morendo rimanevano i frati senza alcuno appoggio; e dal complesso 
delle affermazioni del Canipanella devo anche conchiudersi che il 
Vescovo effetti varaente non faceva un mistero assoluto delle opi- 
nion! che su qu3" negozii si avea formate, e « se ne lasciava inten- 
dere », come il Nunzio scrisse piu tardi a Roma. 

Naturalraente un'interruzione si verifico ne! corso del proces- 
so, non solo perchfe dovfe sostituirsi un nuovo Giudice al Vescovo 
di Termoli, ma anfhe perchfe doverono in Roma studiarsi gli Atti 
processuali fin allora compiuti per mandare a Napoli istruzioni su 
ijuanto rimanesse a farsi ulteriormente. E frattanto il Governo Vi- 
cereale raddoppid le sue insistenze, perchfe si tei-minasse una volta 
la causa dell'eresia, e si potesse cost spedire quella della congiu- 
ra. G\k abbiamo visto die tin dall'S settembre, nel mandare a Roma 
la copia del proceaso offijnsivo e ripetitivo, il Nunzio avea parteei- 
pato le premure fattegli dal Vicerfe e da'suoi Ministri; ma dopo di 
aver raandata la copia anche del processo difensivo, non cesao mai 
di soUecitare una risoluzione, e di far conoscere le vive istanze dei 
Ministri Regii e de' « Deputati insieme seco nella causa della ri- 
bellione », vale a dire anche di D. Pietro de Vera certaraente dietro 
doglianze del Vicer^. Cosi nolla lettera stessa di annunzio della 
raort« del Vescovo di Termoli, e in molte altre successive, del 19 
e 26 gennaio, del 2, 10 e 23 febbraio e del 15 marzo, non si trova 
altro che una sei-ie di comunicazioni nello stesso senso, leggendosi: 
sono stato sollecital* « nfe solo hora ma infinite altre volte per il 
passato, si che ho havuto st ho che disputare •»..,; « vengo di 
nuovo sollecitato molto per la speditione della causa de'frati » . . .; 

* son di conlinuo raolestato da questi Ministri Regii per la spedi- 
« tione della causa della ribellione » etc. (a). Queste lettere, non pub- 
blicate dal Palermo, son riraaste ignorate; ma vede ognuno quanta 



(d) Ved. Doc. lOtJ a 115, pag. 68 a 70, 



- 208 — 

importanza esse abbiano per raddrizzare certi giudizii molto Ine- 
satti, che sono stati proferiti sulla condotta del Governo spagnuolo 
nella faccenda del Campanella. 

U 24 marzo (non maggio come fu letto dal Palermo) il Card.* 
di S.^* Severina partecipava finalmente al Nunzio la risoluzione di 
S. S.^, che Mons/ Vescovo di Caserta intervenisse nella causa del 
Campanella e complici « nell' istesso modo che faceva Mons.' Ve- 
scovo di Termoli »; oltraccid Tordinedato, dopo aver visti i pro- 
cessi, di far nuove diligenze col ripetere alcuni testimoni ed esa- 
minarne altri , come pure di far « diligenze sopra la simulatione 
della pazzia di esso Campanella » secondo che scriveva a lungo a 
Mons/ di Caserta , il quale glie V avrebbe comunicato (a). E nel 
processo dell' eresia abbiamo appunto la lettera del Card.* di S.^* Se- 
verina al Vescovo di Caserta; ma crediamo bene dar prima qualche 
notizia sulla persona del Giudice, cui doveva oramai deferirsi ogni 
cosa, come g'lk al suo predecessore. — Vescovo di Caserta era D. 
Benedetto Mandina, nato in Melfi di nobile famiglia. Aveva gii 
prima esercitato in Napoli V avvocatura con uu certo credito , e 
poi, illuminate da un grave calcio di cavallo ricevuto ad una gamba 
mentre cavalcava con gran s6guito di suoi clienti, era entrato nella 
Congregazione de'Chiericiregolari al coiivento di S. Paolo nel 1583. 
Successivamente trasferitosi a Roma, perch6 pure in S. Paolo era 
sempre consultato per faccende legali, gli accadde la cosa mede- 
sima da parte delle diverse Congregazioni, onde venne in credito 
tanto maggiore, e da Clemente VIII fu create Vescovo di Caserta 
neir ultimo di gennaio 1594 (6); poco dopo, nel 1595, fu inviato 
come Nunzio in Germania, in Boemia, in Polonia, presso Massi- 
miliano, Rodolfo, Sigisiaondo ed altri Principi, a'quali fece un'o- 
razione nel convegno di Varsavia, determinandoli alia lega contro 
i turchi e a quella guerra in cui si ebbe la famosa rotta di Agria 
che abbiamo gia avuta occasione di ricordare a proposito del Bassi^ 
Cicala. Al suo ritorno, dopo la morte di Mous."^ Carlo Baldino Ar- 
civescovo di Sorrento avvenuta nel 1598, gli fu alfidata auche la 
carica di Ministro della S.** ed Universale Inquisizione Romana nel 
Regno, e pero, naturalmente, avrebbe dovuto a lui esser commessa 
la causa del Campanella se fin da principio si fosse trovato presente 
in Napoli. Tutti questi elevati ulHcii da lui tenuti, a'quali venne 
poi ad aggiungersi auche la sopraintendenza della Chiesa Arcive- 
scovile di Napoli dopo la morte del Card.* Gesualdo, fauno inten- 
dere I'opportunita della sua vocazione a Chierico Regolare, e fanno 
anche intendere la profusione di lodi cantategli da' suoi biograti (c). 



(a) VecJ. Doc. 116, pag. 70. 

(b) Vedi r Ughelli loc. cit. — La data delV exequatur fu il 25 fob. 1594, 
come si rileva da' Reg. Sigillorum, vol. 21 (an. 1586-95) fol. 213 t.* 

(c) Ved. I'Engenio, Napoli sacra, Nap. 1623, p. 562; Silos, Historiarum 
dericorum regularium t. 2. Rom. 1655, p. 67 e 156. 



— 209 — 

Era caritatevolissimo, generosissimo, giustissimo; lo si disse perflno 
morto in concetto di santita come il P.® Beccaria (solo pel Vescovo 
di Termoli non ci fu alcuno che sentisse il menomo odore di san- 
titi). Erasi fin dal tempo del suo laicato « esercitato in tntte le 
« opere di caritd nel sodalizio della SS."* Trinity de'Pellegrini al 
€ quale avea dato il suo nome » ; la generosity ed umilta sua V a- 
veano ridotto al punto che si rappezzava le vesti da sfe medesimo 
etc. etc. Inoltre « neiramministrar la giustizia era innocentissimo », 
ma severe co' delinquenti, ed una volta, in Caserta, gli fu dato il 
veleno nel vino con cui celebrava la Messa, ed egli se ne avvide, e 
perdonando chiunque glie 1' avesse dato, se ne venne immediata- 
mente a Napoli per curarsi. Da parte nostra non ci saremmo per- 
messo il menomo dubbio su cosi splendide virtu, se non avessimo 
trovato fatti assolutamente opposti nella trattazione della causa del 
Campanella e socii. 

Ecco ora in breve quanto il Card.' di S.** Severina scriveva 
al Vescovo di Caserta nella stessa data 24 jaarzo; la lettera fu in- 
serta nel processo, iniziando con essa la serie degli atti compresi 
nel 4^ volume (a). Per ordine di S. S.^"" egli doveva intervenire 
nella causa del Campanella « con 1' istesso modo , et autorita che 
faceva il Vescovo di Termole», e perd gli si mandava una copia 
del Sommario del processo. Dovevano farsi alcune nuove diligenze 
€ co' testimonii tra' quali puo essere contestura, k fine di, convin- 
€ cere il detto Campanella, poichfe degl'inditii ve ne sono assai », 
ma cid nella diocesi di Squillace, dal Vescovo di quella diocesi che 
allora trovavasi in Roma e presto se ne sarebbe tomato; si erano 
quindi redatti in Roma alcuni articoli addizionali per la ripetizione 
de'testimoni, e se ne mandava la copia a Napoli per farli presen- 
tare in processo e dame comunicazione legale al procuratore del 
Campanella , il quale avrebbe redatti gl' interrogatorii da dovorsi 
fare sopra i detti articoli e da doversi mandare a Squillace. Tro- 
vandosi carcerati in Napoli due di que'testimoni, ciofe Giulio Con- 
testabile e Geronimo di Francesco (e ben si vede che il S.^ Seve- 
rina non conosceva la condanna all' esilio giA in corso pel Conte- 
stabile), dovevano essere egualmente esaminati, ed anche ripetuti 
su'medesimi interrogatorii ed articoli laddove avessero deposto cose 
rilevanti. Infine dovevano pure per ordine di S. S.^* farsi le dili- 
genze necessarie per scoprire la simulazione della pazzia del Cam- 
panella a questo modo: « che si faccia visitare da Medici piu volte, 
« et poi si habbia il loro parere in scritti, et anco se gli dia il 
« tormento della veglia con quella circonspettione che parerA con- 
« veniente per scoprire, et ritrovare questa simulatione di pazzia ». 
Tutte queste cose egli dovea comunicare a'suoi coUeghi, ^1 Nunzio 
ed al Vicario Arcivescovile. 

Mandava percio il Card.' di S.'* Severina Telenco delle dili- 



(a) Ved. Doc. 396, pag. 470. 
AmabiU^T. Campanella, Vol. 11 27 



genze da doversi fare in Squillace c parzialmente in Napoli, coll' ina 
(iicazione de' testimoni da doversi esamiiiafo e ripetere su ciascuno 
de' fatti clie si volevano provare; inolti'e gli articoli, ne' quali si 
trovavano espressi i pii cospicui tra codesti fatti (a). I testimoni 
erano parecchi. E dapprima fra Simone e fra Dionisio di Placa- 
nica, o fra Domenico di Riace; questi erano stati norainali da fra 
Gio. Battista di Placanica, siccouie presenti alle due affermazioni 
del Campanella, la fornicazione non essere peccato, e la leg'ge dtt 
turchi essere inigliore di quella de'cristiani, Dippiu Tibcrio e Sci- 
pione Marullo, Fulvio Vua, Gio. Gregorio Prestinace, Giulio Con- 
testabile e Geronimo di Francesco, Giulio Presterd, Francesco BonOj 
Fabrizio e Paolo Campanella, fra Scipione Politi, tutti nominati dal 
Petrolo come coloro a'quali il Campanella avea comunicate diverse 
eresie delle quali si dava un ricordo. Dippiii altri ed altri ancoraj 
nominati nel primo processo del Vescovo di Squillace, siccome pr»- 
senti alle affermazioni del Campanella , del potersi salvare ancbe 
senza 11 battesirao, del non esser valida la Messa celebrata da cM 
si trovasse in peccato mortale. Inline anche D. Marco Petrolo, n* 
minato da Cesare Pisano come presente al sermone di fra Dioniai* 
nella casa di Gio. Alfonso Grille; nella quale occasione jxiteva es»- 
minarsi anche Tiberio Lamberto che avea detto volere il Campa- 
nella predicare una nuova legge. — Gli articoli, compilati dal so- 
lito Procuratoro flscale Rev/" Giulio Monterenzio bolognese , ftt- 
roDo solamente quattro, attestant! avere il Campanella osalo affer- 
mare « etiam cum pertinacia », che non valeva, e dava solo quat 
che vantaggio temporale, la Messa celebrata essendo il sacerdota 
o I'instante in peccato mortale, che poteva esservi salvazione senn 
liattesimo , che non occorrevano tante religioni di frati , le qiuii 
cose erano notorie nella diocesi di Squillace e qua e lA nella Ca- 
labria anche prima della carcerazione del Campanella. Il fatto di 
maggiore importanza in questi articoli fu la qualideazione della causa 
del Campanella, che venne delta « di eresia e di relapso »; perl* 
prima volta non si parh^ pid di ateisrao e si comincio invece a 
parlare giudizialmente di relapso, cio che era ben piil grave nelle 
sue conseguenze, come abbiarao giA avuta occasione di mostrare 
altrove (6). 

Avuta la lettera e gli atti or ora indicati, il Vescovo di Ca- 
serta recatosi dal Nunzio, secondoch^ ci fa sapere una lettera di 
costui del 30 marzo (c), disse che per allora gli occorreva andare 
alia sua Chiesa, ma sarebbe presto tornato per condurre a termioe 
la causa. Ed intanto si provvide che tin dallo stesso giorno 30 
marzo fosse data all'Avvocato assegnato al Campanella la copia de- 
gli articoli addizionali, col termine di due soli giorni per produrre 



(n) Vod. Doc. 396 e 308, [lag. 461 o 473. 
(i) VeJ. vol. 1*, pag. 70. 
(c) Ved. Doc. 117, pog. 70, 



^ 



grinterrogatorii; e il 2 aprile, il m&^niiico Gio. Battista duUo Gru- 
gno, che questa volta si noniino, produsse 11 interrogatorii, scritti 
nelle solite maniere, ma meiio banali, pii'i conducenti alio scopo, e 
in diversi punti non senza un certo acume. P. es. a proposito del 
non essere necessarie tante religioni, egli voile cho i testimoni di- 
cessero se ci6 era stalo afteriuato nel senso che non fossero neces- 
sarie nelle citta, o\Tero ool senso cho non fossero buoni luezzi di 
salute; a proposito del potersi salvare senza battesimo , egli voile 
che i testimoni dicessero se cio era stato affermato parlando del 
battesimo in re, ovvero del battesimo in volo. Del resto, come Atti 
riguardanti la persona del Campanella, noi ci siamo creduti in de- 
bito di riportarli tra' documenti, e i lettori potranno giudicarli (a). — 
Mettiamo qui, per non intralciare la narrazione, che gli articoli 
del iisco vennero subito mandati a Squillace, ma in ultima analisi 
non si potfe quivi conchiuder nulla, come ci mostrano due lettere 
del Card.' di S." Severina, 1' una al Nunzio scritta il 30 marzo, 
I'altra al Vescovo di Caserta scritta parecchi mesi dopo (6). I te- 
stimoni in generale probabilmente aveano fin perduta la meraoria 
di quelle proposizioni ; parecchi tra loro e i piu important), come 
il Vua e il Prestinace, erano irreperibili, poichfe si tenevano na- 
scosti per isfuggire i rigori del Governo; ed oltre a tutto cio fra 
non molto tempo, nel giugno di quell'anno, il Vescovo di Squillace 
se ne mori , onde la Sacra Congregazione di Roma dovft persua- 
dersi che non c' era piu nulla a sperare da quella via. Dalla via 
di Napoli poi nemmeno si potfe raccapezzare qualche cosa, e il ri- 
sultamento piil certo dov6 esser questo, che il Governo Viceroale 
rimase tanto piii sospettoso ed irritate per quelle lungaggini , le 
quaJi doveano parergli tergiversazioni. 

11 7 aprile fa esaminato Goronimo di Francesco, uno de' due 
testimoni da doversi interrogare in Napoli secondo le ultime pre- 
scrizioni di Roma. 11 Vescovo di Caserta si era gid istallato in Na- 
poli, cio che mostra in lui raolta alacrita nel compiere I'ufflcio suo, 
e conosciamo che prese stanza nelle case di S. Andrea dello mo- 
nache, propriamente nei palazzo posto all'augolo tra la via di Co- 
stantinopoli e queila della Sapienza. Aggiungiamo che il Nunzio 
medesimo, al contrario di quanto avea fatto durante la vita del Ve- 
scovo di Termoli, non manco mai piil alle sedute, o almeno alle 
sedute riguardanti la trattazione dell' argomeuto principale. 11 di 
Francesco, interrogate, disse di conoscere molto bene il Petrolo e 
il Campanella patriotti suoi, di aver trattato poco col Petrolo, ma 
aver desiderato di far amicizia col Campanella « per la nominata 
che senliva di esso, di essere litterato, et nominata di esser dotto »: 
ma soggiunse che fu colto da una informita che lo tenne a letto 
cinque mesi, onde non potfe trattare con lui, e poi per un cattivo 



L 



(a) Ved. Doc. 398 b, [iiig. 473. 

(6) Ved. Doc. 118 pag. 70, e Doc. 407 pag. 507. 



— T(2 - 

ufficio fattogli da esso Campanelia presso certi suoi parenti, al punto 
da metterlo in questions con loro, gii divenne nemico. Dietro altra 
inteiTOgazioni , disse di non a%'er mai trattato da solo a solo col 
Campanelia , di avergli parlato una volta di cose coiauni inaiema 
con fra Pietro di Stilo, di averlo un'altra volta visto «in sua cells 
dove legeva di filosofla » essendosi lui fermato alia porta senza par- 
largli, e di avergli forse qualche altra volta parlato in piazza, senza 
ricordarsi di che, present! Marcello Dolce, morto, e Gio. Francesco 
d'Abssandria (che sappiamo nascosto e forgiudicato; senipre tosti- 
moni irreperibili). Soggiunso di non ricordarai che jn presenza sua 
il Campanelia avesse mai parlato di cose di fede. Con cio manifs- 
stamente non v'era alcnn luon;o a ripetizione, e gl'interrogatorii e 
gli articoli doveano raettersi da banda. — Ci sarebbe stato da Bsa- 
niinare anche GiuUo Contestabile; ma non si sapeva neuimeno dove 
si trovasse , ed fe certo che , oltre un mese dopo questo al quaW> 
siamo pervenuti, il Nunzio non era riuscito ad avorne notizia, com* 
rilevasi da una sua letfera al Vescovo dl Squillace (a). i 

Fu quindi aospesa la trattazione della causa, probabilmente com: 
la speranza di trovare la persona del Contestabile, ed anche coBj 
la speranza di avere qualcho risultamento dalle informazioni 0000*' 
messe a Squillace. Scorsero cosi jiresso a poco due mesi senza fart, 
nulla, e puo intendersi con quanta mala soddisfazione del Governoi 
Vicereale : ma si veriticarono in questo perioJo di tempo divorsi> 
avvenimenti, de'quali andiamo a dar coiito. E dapprima furono ri-- 
pigliate le sedute deU'altro tribunale p^>r trattare la causa del cle-. 
rico Mai'cantonio Pittella, che le forze Regie aveauo catlurato auo-. 
vamente dopo la sua fuj.^a: ma di (juesto, che non entra neU'argo-* 
mento attuale della nostra narraziono , discorreremo altrove. Ua< 
avvenimento, da doversi qui ricordare, fu I'invio di un memorial6t 
di fra Pietro Ponzio a S. S.'", per reclamare un provvediraento in-» 
torno alia sua singolare posizione. Non ci 6 venuto sott' occhio il* 
testo del memorlale, ma ne abbiamo trovato qualche allro cousi-i 
mile inviato piu tardi dallo stesso fra Pietro, che non cessd mwi. 
dall'inviarne; e in sostanza egli, non vedendosi incriminato in nulla,, 
chiedeva di essere giudicalo, e non trattenuto in carcere solamenta 
perchft germano di fra Dionisio. 11 Nunzio, cui fu trasmesso il me- 
raoriale dal Card.' S. Giorgio, con sua lettera del 6 aprile rispose, 
esser vero che fra Pietro « fii preso come fratello di fra Dioni| 
« Pontio capo insieme con il Campanelia della pretensa ribellioi 
« pretendendolo informato di essa, et non havendo trovato contr] 
« di lui cosa di fondamento, si sarebbe liberato con raoUi altri chfi" 
« si liberarono, ae eqVi stesso con i ragionamenti fatti di notte ci 
« il Campanelia da certe tinestre non si fosse roso sospetto d'essi 
« informato del tutto; et perch6 questa causa della ril«llione real 
« sospesa da quella della Inquisitione, per questo non si t- passaW, 



(a) Vod. Let. del 18 magyio 1001; Doc. 122, pag. 72. 



— 213 — 

€ pill avanti coniro di lui; quando si tratti di nuovo di questo nego- 
« tio, che potra esser presto, per la speditione che si deve dare ad 
« un Clerico {int. il Pitlella), che dopo d'essere stato un pezzo la- 
€ titante b venuto finalmente in mano della Corte, et la sua causa 
« 6 in speditione, procurero si tratti anche di spedir quella di que- 
« sto fra Pietro, che per quanta vado considerando deve essere an- 
« che lui di mala razza » (a). Vegga ognuno se possa dirsi questo 
il linguaggio di un Giudice serio e giusto: d'altronde egli non fece 
nulla di quanto promise; scorso poco piu di un mese il Pittella era 
g\k fuori carcere come si rileva dalla sua lettera al Vescovo di 
Squillace, e fra Pietro rimaneva a languire nel Castel nuovo {b). 
Un altro avvenimento d' importanza anche maggiore fu V invio 
di un memoriale di fra Dionisio a S. S.^, per far conoscere che fra 
Marco di MarcianiL;e avea mandate fra Cornelio in Ispagna, la quale 
circostanza poteva ben connettersi con le lore gesta in Calabria con- 
tro i poveri frati (c). S. S/\ per mezzo del Card.' di S.^* Severina, 
ingiunse al Nuuzio che s' informasse di tale partenza di fra Corne- 
lio per la Spagna, « da chi vi sia mandate, et k che effetto»; ed 
il Nunzio , con sue lettere del 6 e del 20 aprile , rispondeva in 
certi termini che meritano di essere testualmente riferiti e ben consi- 
derati. « Quanto al particolare che mi domanua di quel fra Come- 
€ lio, posso dirle che hd parlato h chi 1' ha visto in Geneva per la 
« volta di Spagna, et ho ritratto che fe andato con partecipatione 
« del Sig/ Vicerfe, nfe son lontano k credere che sia stato di con- 
« siglio et d' ordine di quel fra Marco da Marcianise, il quale sd 
« che era mal sodisfatto del Vescovo di Termoli, che Dio habbia 
« in gloria, per V opinione che teneva, et se ne lasciava intendere, 
« che le essamine fatte da lui et da fra Cornelio in Calabria fus- 
« sero state fatte piu per sodisfattione de Ministri Regii che per 
« la veritA, et Dio voglia che T opinione in cid di detto Vescovo 
€ non r habbia fatto piu largo di quel che conveniva in dar adito 
« k quei. frati di ritrattare le loro confessioni, come mi lasciai un 
« tratto intendere che mi pareva, et ne avvertii, se bene lasciavo 



(a) Ved. Doc. 119, pag. 71. 

(b) Ved. il cit. Doc. 122 pag. 72. In questa lettera si parla anche di pa- 
benti e licenze da trasmettersl al Pittella o al Contestabilo : non riesce agevolo 
intendere di che si tratti, ma parrebbe trattarsi di fornir loro i permessi di 
indare a deporre in Squillace circa le nuove diligenzo ordinate da Roma, poi- 
3hd per la condanna avuta essi dovevano rimanere « extra provinciam Cala- 
briae >. 

(c) II fatto 6 registrato anche dal Campanella nella sua Informazione , ed 
nterpetrato naturalmente cosl : « fra Cornelio era di mala conscienza, poi c* ha 
^enduto il sangue di suoi fratelli, ct and6 fin a Spagna per la jMtga alio ingan- 
lato Re >. E da notarsi che il Campanella non aggrav6 mai la mano sopra 
fra Marco e lo disse perfino « huomo buono ingannato da loro, che stava tan- 
jttam idolum et pastor », mentrc tutto il processo, ed anche la parte del Car- 
teggio del Nunzio di cui ci stiamo occupando, mostrano il contrario; parrebbe 
che al Campanella premesse di non tirarla troppo. 



« gTlidare A lui il negotio, come pratico et essercitato lungo tempo 
€ in cotesto S.'° officio dal quale era stato deputato , ma per Ig 
« molte occupationi non potei sempre trovarmi a quelle lunghe re- 
« petitioni et difese che potettero fare, vi mandai bene il mio Audi- 
« tore quelle volte die non potei esser io. Se sarA vero, come temo, 
< ehe detto fra Cornelio sia andato alia Corte per scusare tai fatto, 4 
« per far altro officio concernente questo interesse, lo reputero moUo 
« errore et del Marcianese et dl lui, perche se erano raal sodisEattl 
« dovevano pigliare altra strada ». Ed in 8^guito : « lid havut* 
« occasions di parlare con il Padre Fra Marco da Marciaoise, 'i 
« quale mi hi detto clie egli (fra Cornelio) fe andato in Spaga* 
« principalmente per un negotio del Slg.' Carlo Spinello , et cbs 
« sapeva che haveva parlato al Sig.' Vicerfe avanti partisse, et ctu 
« poteva esser che trattasse la del negotio della rii>ollione et deb 
« r Inquisitione, poi che si era trovato in Calabria a quei Frocesaii 
« ma che sopra di cio non gli haveva ordinato cosa alcuna. C-onu 
« si sia, non voglio dubitar punto che ne parlera, et questo non si 
« so potrA piacere; sapri V. S. 111.°"' quelle che dovra farsi » [a)i 
Con ogni probability il Card.' di S.'" Severina non fece nulla contro 
que' frati : ma cio che riesce ancor piii interessante jier noi fe il w- 
dere il Nunzio riscaldarsi tanto, sol perch(> poteva essere alia Cortt 
di Spagna riferita sotto mala luce 1" opera de' Giudici ecclesiaBtiot 
di Napoli, e con questa preoccupazlone, intento solo a salvare A 
medesimo, spingersi lino a censurare 1' opera del defunto Vescov* 
di Termoli. Egli che non aveva forse nemmeno letto il procesae 
di Calabria, egli che certamente non aveva avuto cura de' piu sft- 
cri dritti degl' inquisiti nel trihunale della congiura o d' altra partft 
aveva assistito ijen poco alle sedute del tribunale dell' eresia, egli 
osava niettere innanzi i suoi scrupoli, perche il Vescovo di Termoli 
era stato largo nel dare agl' inquisiti agio di ritrattarsi, ed avev* 
professata I'opinionG che i processi di Calabria fossero stati fatti piut- 
tosto per dar soddisfazione a' Ministri Regii. Ed era proprio bene 
scelto il memento per fare queste osservazioni, mentre que' due rt 
haldi davano la miglior dimostrazione che il Vescovo di Terinoit 
era nel vero, e facevano raanifesta la loro scelleraggine, ricorrendo 
a Spagna d'accordo col Vicerfe e con Carlo Spinelli. Ma bisogoaw 
dunque schiacciarii ciecamente quegl' inquisiti per non turbare k 
buone relazioni con la Corte di Spagna, bisognava sacrificarli alk 
« ragione di Stato », della quale ben si vcde che non a torto m 
dolse continuamente in versi ed in prosa il Canipanella. Per veritA 
il Campanella e socii potevano essere molto colpevoli, ed-ami p* 
noi giuridicamente lo erano, ma meritavano senza dubbio Giudici 
assai migliori di quelli che ebbero. 

L' ultimo avvenimento, che si verified nel periodo di tempo at 
quale siamo pervenuti, fu la morte dello sciagurato fra Gio. Bal 



(a) Ved. Doc. 118 pag. 70, e 180-121 pag. 71-72. 



tista di Pizzoni. 11 14 maggio, dopo tante soflerenze per !a spalla 
slogata e suppurata, dopo un' apoplessia clie gli tulse la pai-ola p«i' 
quattro giorni {circostanza da notarsi), egli 8pir6 nelle carceri del 
Castello; lo mostra un' informazione , clie d' ordine de' Giadici fu 
presa da Gio. Camillo Prezioso, e sulla data della morte concorda 
anche la notizia che ne abbiamo trovata ne' libri Parroeehiali della 
Chiesa del Castel nuovo. Difatti iu un elenco di morti posto al s6- 
^ito del libro 111 , col titolo « Memoria de quilti che inorino in 
« questo Castello novo dal di 23 de giugno fatta 1597 » si legge : 
« A di 14 de maggio 1601 morse ira gio. batt.' calabrese ». Con 
questa vaga indicazione , impossibile a decifrarsi senza 1' aiuto di 
altri docuraenti, trovasi registrato 1' amico intimo divenuto poi ac- 
cusatore del Campanella, colui che forni la base principale a quei 
processi, onde il povoro filosofo ebbe a patire tante miserie, ed egli 
medesirao fu tratto ad una precoce fine odiato e malmenato da 
tutti. — L' inforniazioae su questa morte fu pi'esa il 1" giugno , e 
fu ioserta nel 3" volume del processo, al sfeguito delle difese che 
il Pizzoni avea fatte, Vennero esaminati Alonso Martines carce- 
riere, Antonio de Torres carceriere anche lui e socio del Marlines, 
inoltre Marcelio Salerno carcerato per la ribellione, che gia abbiamo 
conosciuto in altri Atti precedent!. 11 Martines espose la malattia 
e la morte del Pizzoni a questo mode ; « 1' infermitA sua fii che 
« havea un braccio guasto per la tortura che hebbe qud in questo 
« Castello per ordine delli Officiali Regii per la causa della ribel- 
« lione (si vede bene che il Nunzio, la tonsura di D. Pietro De Vera, 

* il Breve e Clemente VIII, non bastarono per far credere nem- 

< meno al Prezioso, che raccolse !a deposizione , essere sul serio 
« quel tribunale per la ribellione un tribunale ecclesiastico); et per 

< tal causa a lo braccio se li fece una postema, et dalla postema 
« poi... se li fece una piaga, et li sopravenne un discenso grande 
« che li levo la parola, et sequitandoli quella intirmiti tr4 quattro 
« giomi se raori, et morse la notte de li quattordici di detto mese 
« di maggio, alle cinque here, et io lo viddi morto ad una camera 

< dove stava, e morse in questo regio Castello novo, et non solo 
« lo viddi morto ma anco lo viddi sepellire alia sepoltura dove si 
« soleno sepellire li preti, et di detta morte di fra Gio. Battista de 

* pizzone ne fc stata et fe publica voce et fama in questo Castello 
« novo tri quelli che lo conoscevano, 6 cosi k la verittl ». Le cose 
medesime esposero in sostanza anche gli altri, con un identico for- 
mulario ; potrebbe appena rilevarsi che aggiunsero essere stato il 
Pizzoni leso nel braccio destro, avere usato molti rimedii inutilmente, 
avere avuta la visita di due medici etc. In conchiusione la morte 
di lui risulto con siffatte testiraonianze legahuente accertata. 

Intanto fin dagli ultimi giorni di maggio erano in corao i pre- 
parativi per ripigliare il processo, in adempimento delle diligenze 
ordinate da Roma a fine di scovrire la pazzia simulata del Cam- 
panella. Si era provveduto che due medici visitaseero piii volte il 



Campanella, rome risulta da una delle fedi che costoro sorisseroe 
come d'altronde era staio da Kouia oi-dinato; ma senza utteudere 
tali fedi, si era provveduto anche quaiito occorreva pel tormento 
della veglia; per questo dov6 farsi venire ogni oosa dalle caivjeri 
della Vicaria, poichfe sappiamo di certo essere stato della Vicari* 
uno degli aguzziiii che a suo tempo vedrenao entrare in iscena. Sifr 
fatti preparativi, che non potevano tenersi nascoBti , posero in ap» 
tazione vivissiraa i poveri inquisiti : apparve a tutU che speciaJ- 
mente o fra Dionisio o 11 Campanella fossero sul punto di avere n 
tormento de" piu gravi, e che di poi sareljbe venuta la volta degi 
altri ; si pens6 quJndi di fare qualclie tentativo capace almeoo dj 
trattenere un poco V amministrazione del tormento. » 

11 3 giugno fra Pietro di Stilo trasmise con -una sua lettafS 
al Vescovo di Caserta alcune carte del Campanella, sulla proTO* 
nienza delle quali, dovendo nascondere il vero, fece una narrazioM 
abhastanza inverosimile (o). Erano le proprie Difese con gli Arti* 
coli Profetali, che il Campanella aveva scrilte durante il proceaH 
della congiura, e cbe non aveano potuto essere presenlale a temp* 
debito. Fra Pietro, che fin dalPinizio di questi procesai avea pr* 
scelto di far la parte dell' ignorante, mostrando di non conosceW 
die cosa quelle carte rappresentassero, scriveva al Vescovo di aTW 
ricevuto dal Campanella giA da un anno, poco dopo il suo prints 
tormento (il tormento del poliedro), alcune carte scritte di sua auuMJ 
con preghiera che le facesse copiare e le conservasse, perchfe eraU 
cose di molta importanza; ed egli le avea prese, e perchfe non k 
intendtjva, le avea fatte leggere all'o^im fra Oio. Batiista di Pifr 
zoni {sempre citato il morto o I'assente) accid vedease se ci fosserfl 
cose di S.'" Officio da poterlo compromettere, nfc avea mai pit"! pw 
Into riaverle, dicendogli il Pizzoni che le avea perdute e che ei*aB4 
cose sospette; ma appunto nella sera precedente le avea riconosciufti 
tra altre earte lasciate dal Pizzoni, e per suo discarico le conae* ■ 
gnava a S. S." III."", perchfe vedesse se c'erano cose di eresia cota^ 
il Pizzoni avea delto, e provvedease secondo giustijtia, as8icurand( 
che quelle carte erano « il vero trasunto di quelli scritti del detii 
fril Thomaso Campanella ». — Da parte sua fra Dionisio, il 4 J"""* 
gno, trasmise con una sua lettera a' Giudici, (lerchfe provvedesi 
come meglio fosse lore parso di giustizia, una lettera a lui direl 
dal Pelrolo fin dal 28 maggio, nella quale costui, dicendosi infermi 
ed abbandonato, scriveva: « intendo che si fanuo molti preparameUr 
« di tormenti, e dubito che non siano per V." Revereriza, o per 4 
« Padi'e Campanella, io, come ii6 possuto vedere nella copia (W 
« processo suo, non m' ho esaminato contra V.» paternitA in nieatBi 
« perche non ei era occasione, si bene mi hd esaminato contra dl 
« irk Thomaso ad un certo fine, ch' io esposi in un niemoriale »l- 
« rill.""* Sig/ vescovo di 'renuoli ulim cominissario di quesla cauaa 



(a) Ved. Doc. 400, pag. 47; 



— 217 — 

# 

€ (pia menzogna, sempre citando il morto), per il quale memoriale 
€ credeva io che fosserao tutti rimessi alii nostri superior!, ma vedo 
€ che non ha fatto effetto mentre cqnk si tormenta, dunque vostra 
> paternity mi favorisca di avvisare li signori superior! e protestarsi 
€ che facciano la causa nelle career! dell! nostri superior! (c!6 era 
« state gik eseguito appunto da fra Dionisio), 6 vero che prima che 
« procedano a cosa alcuna mi'reesaminino » etc. (a). Evidentemente 
questa lettera, fatta scrivere dal Petrolo infermo, era un pretesto 
per pigliar tempo e scansare il tormento almeno per qualche gior- 
no; la lettera medesima di fra Pietro di Stilo, senza dubbio pog- 
giata su qualche cosa assai piu concludente, non aveva uno scopo 
diverse; ma i Giudici cominciarono per fare amministrare il tor- 
mento, e di poi, anz! durante il tormento, si occuparono di tali 
lettere ad ess! inviate. 

II 4 giugno dunque il povero Campanella ebbe quell' atroce 
tormento detto la veglia, prolungato senza misericordia fine alia 
met^ del giorno successive. E prima di tutto dobbiamo spiegare in 
che consisteva la veglia, ed inoltre rammentare in che mode lo 
stesso Campanella ne parlo specialmente nella sua Narrazione. An- 
che qui le piu esatte notizie ci sono fornite da un medico, e que- 
sta volta de'pid celebri, da Paolo Zacchia. Si conosce che la ve- 
glia fu inventata nella P meta del 1500 da Ippolito de Marsiliis, 
famoso criminalista bolognese e Giudice nella Valle Lu^ana, « av- 
verso gl! ostinati e colore i quali non temevano i torment! ». Egl! 
si serviva soltanto di uno scanno di legno su cu! faceva sedere 
rinquisito per 40 ore, con due uomini a lato, ! quali, ogn! qual 
volta rinquisito accennava a dormire, gl! davano con la mano sul 
capo e glie lo soUevavano per tenerlo desto, venendo di tempo in 
tempo surrogat! da altri, mentre i prim! andavano a riposare; e 
il De Marsiliis si applaudiva molto di questo sue trovato, il quale, 
come egl! scrisse, eragl! parse piuttosto una cosa da ridere che un 
tormento , prima che ne avesse fatta 1' esperienza , mentre invece 
ebbe a vedere « non trovarsi alcuno tanto feroce da potervi resi- 
stere » (era feroce I'inquisito, non il Giudice); al piu tard! in due 
nott! ed un giorno, con la promessa del riposo, I'inquisito confes- 
sava tutto, e pero bisognava rammentarsi di questo genere di tor- 
mento che era della massima potenza e non affliggeva il corpo, 
€ sicchfe per esse il Giudice non incorreva ma! in sindacato ». Im- 
mediatamente i sue! contemporanei e successor! se ne giovarono, 
accertandone tutti ! vantaggi, come 1! accerto p. es. Paolo Gril- 
lando nel sue trattato. Ma il progresso si fece sentire anche in 
questo tormento, e si comincio coU'aggiungervi copioso cibo e vino 
in precedenza, accio il sonno divenisse tanto piu grave, e si fini 
col modificare lo scanno ed associarv! altre specie di torment! per 
accrescerne 1' efRcacia. Cosi diedesi alio scanno una maggiore al- 



(a) Ved. Doc. 399, pag. 474. 
AmabiU^'T, Campanella, Vol. II. 28 



tezza affinchS i piadi dell' iuquisito non poggiassero a terra 
anche una superticic non piana ina ad angolo, denoiuinanilo percM^ 
lo scanno capra, cavallo o caralletlo, affincli^ le parti deretane del- 
I'inquisito ne venissero travagliate. E vi si associd pure la sospen^ 
sione dell' inquisito alia corda con le braccia torte in dietro, uqi 
soliti modi, ed anche con gli omeri fermati niediante fuQicelli aUfl 
mura latei-ali dflla stanza , talora perfino col petto fenoato ma- 
diante una fascia al muro corrispondente ai doi'so , senza dabliiQ 
per impedire clie 1' inquisito col dondolarsi potesse sfuggire 1' Sr 
zione dello scanno. Infine vi si aggiunse lo scostaraenlo, e Telev^- 
zione forzata degli arti inferiori, mediante un lungo bastone postA 
per traverso, suUe cui estremita venivano ligati i piedi con altri fif 
nicelli, mentre un terzo funicello attaccato alia parte media del fai* 
stone lo attirava verso il muro di fronte, senza dubbio per inipedin 
del pari che il tormentato, con lo stringers le cosce suUo scanno, 
potesse di tempo in tempo sottrarre le sue parti deretane airazioo? 
di esso. Prospero Farinaceo , criminalista appunto del tempo d^ 
quale trattiamo, voile mostrarsi umanitario ritiutandosi di descri- 
vere il tormento della veglia, perclic, egli disse, non era « ni * 
guzzino nh birro » ; ma TAmbrosino acceuno alle pundizioni delld 
scanno, alto 7 o S palmi, fornito di tre piedi e a superficie ango- 
lare ottusa, su cui doveva poggiare I'inquisito con le parti deretaos 
nude, aggiOngendo di aver visto talvolta lo scanno ad angulo acuW^ 
che poteva uccidere il torturalo venendogli rotte e perforate quelle 
parti. Paolo Zaeehia , di poco posledore per tempo , ci di^e h 
descrizione completa del tormento quale allora si usava, e non |i 
dubbio averlo dovuto il Campanella sostenere pi-esso a poco in quells 
maniera perfezionata, che lo Zacchia descrisse e che noi abbiamo 
stimato necessario rijferire (a). Che al Campanella sia stata amtni^ 



(a) Ved. Hippolyti De Marsiliis Bononieasis, In nonnullos S. et G. titiiM|<' 
CommeDt. ct Repetit. etc. Venet. 1635 p. 45: < Aliud ost tormcntiim, qao M^k 
II3US jum contra obstiriatos et contra non fimentes tonni.'ntA, et vere nemo M 
feroi invenitur qui huic tormento posait resistere, et est tormentuin non laedM^ 
corpus, tamcQ est maiimae pot«ntiac, et antequam <ie ipso fecisscm oxpcrioi 
tiam, videbatur mihi potius res ridiciilosa quam tormentum , quod tormeata 
tjile eat. Nam ponifur i-eua super uno scamno ad sedendum, et ibi ndsiint iM 
qui eum custodiunt ut non dormiat, nee de die nee de nocto, et cum ipse rej 
incliaet capat in una parte propter somnum , ille famulus qui est ibi nb di 
parte dat cum manu sibi in capite, et cxcitat eum et elevat ^ibi caput, el idcL^ 
faciat alter famulus quando inclinat caput ab alia parte versus euoi, et qtMnA 
ill! duo sunt fessi et Tolunt dormire, alii duo novi subrogantur in locum Vttih 
rum, et non permittunt unquum dictum reura dormiro nee quiescoro, In tantnii! 
quam ad tardius in duabus noctibus et uno die , reus omnia confitabitur pro- ' 
missa sibi quiete... > etc, — Grillandus Paulus Castilioneus, TraL-titus Je hero- 
ticis et sortilegiis omnifariam coitus etc, Lu^d. 1536 fol. 94 V. * Profecio vidi 
ea quae prius non credebam, quod illad affert maximum tormetitum et fastidium 
in corpore, absijue aliqua membrorum lesione ». — Ambroaini TranqnflCi Sciwv 
gallienaiB Processus informativus; acced. Bernardini I-'ranc. Modiolaiiensis Scho- 
lia, at Farinacei Prosp. ttecisionea de indiciis et tortura Vcnet. 1649, pag. 34S: 



nistrata la veglia secondo gli ultimi pcrfezionamenti risulta dal- 
I'Atto del suo tormento, in cui oUre lo scanno di legno detto il 
pavallo, la sospenBione alia corda con le mani ligate dietro la schie- 
na, I'aguzzino sedutogli accanto che !o toccava ed avvertiva di non 
dormire, fe citato anclie il funicello applicato a'piedi, che il povero 
tormentato chiedeva si portasse pii'i in alto perchfe i piedi gli bru- 
ciavano; e risulta egualraente da quanto ne lascio scritto in ispeeie 
nelle Quaaslionum moralium, non che dalle parole stesse della BUa 
Nai'razione, in cui i lunicelli sono ricordati in prime luogo, e sono 
ricordati anche i guasti verificatisi nelle sue parU inferiori. « Al 
« tempo del Manini {int. Mandina) fu ad istanza del Sances Fiscale, 
« ch'ando fin a Roma personaliler per tal licenza, tormentato 40 
« Iiore di fimicelli usque ad ossa, legato nella corda a braccia torte, 
« jiendendo sopra un legno tagliente et aeuto, che si dice la Vi- 
"t glia: che H taglio di sotto una libra di carne, e molta poi n'uscio 
< pesta el infracidata, e fu curate per sei mesi eon tagliarli tanta 
€ carne, e n'uscir pift di ID libre di sangue delle vene et arterie 
« rotte, et sano delle mani, e parti inferiori contra la speranza di 
* medici (juasi i>ei' niiracolo, nfe confesso heresia nfe ribellione, fe 
« resto per pazKo non finto come diceano >. E qui non possiamo 
dispensarci dal far avvertlre che questa menzione del Sances, fatta 
giA. anche nella lettera a Paolo V, ci apparisce uno de' piu spinti 



« Quomodo haec duo tormenta dentiir (ignis et Vigiiia) console alioa, ego enim 
non sum apprtPitor aut birruariits ». E pag. 237: « Tormentum vigiliae est sca- 
mnum quoddam altuin a terra per septeiii vel octo palmos in circa tribus inhae- 
rena hastis tanquam fulcris, non planum sed i»aulum acclive et in medio eleva- 
tuio, conliciens angulum sed obtusuni, super quo angulo manet reus ano denii- 
daio. Dixi angulum obtusum, quia si esset acutus, ut quandoque vidt, posset 
iortum ipsum fractis et foratis sibi inferioribus partibus interimcre ». — Zac- 
chia Paul. Quaestionca Medico-iegales , ed. 4.^ Avenion. 1655, t. I, pag. 4tl: 
< Secundum tormentum, quo in praesentiarum utuntur, illud est quod tormen- 
tum Vjgiliue nominant, quod quidem ex nonnulUs conditionibus atrocius niulto 
videtur quam tormentum funis; est aut«m hoc tormentum hujusmodi. Reu^ in 
totnm donudatus, illique pilis omnibus etiam reoonditnrum partium derasis, bra- 
chiia versus epinara retro contoptis, ut in toi-mento chordae, alligatur tanquam 
fiine toi-qaendua. Tripes tum scamnum in promptu est, quod Capram, vel Equum, 
vei vulgo il Cavalletto nuncupant, seiipedalis altitudinis , cujus summitas ex 
quadrangular! tabula lignea est poUicaris crassitudinis , latitudinis undique bt- 
palmaris: ejus tabulae superficies plana quidem in totum non est, sed sensim 
paulatimque versus medium ex singulis latibus sese elevans, in obtusum angu- 
lam desinil sen potius oblusam planitiem efformat. Reus eo modo chordae ei 
trochlea pcndcnti alligatus hie aedens aistitur. Lata insuper fascia ad pectus in- 
ditur, ac retro in proximo pariete firmatur; uterquo humerus muris hie inde 
a lateribtis ezistentibus longo funiculo medius deligatur; tum ad pedes longus 
inditur baculus ipsos pedes divaricans, ne eos Reus jungero possit; hie hacnlus 
per alium funieulura, quo medius ligatur, sursum elatus pedes ctiam, et crura 
Rei attoUit, adversoque parieti firmatur. Hoc modo relinquitur misellus par de- 
cern, duodeeim, quiadecim, aut viginti, et plures horas aj Judicis libitum, niii 
delicta conflteatur , ea tamen cautela adhibita , ne brachia retro contorta per 
crasaiorera fiinem trochleae appensam nimis eitendantur; fit enim, ut miaeri 
^R^ mnltum estenais brachiis de vita periclitontur » etc. 



— 220 — 

ripieghi del Campanella per mettere nella penombra V opera dei 
Giadici ecclesiastic! e far risaltare la ferocia degli ufficiali Regii; 
e il ripiego gli riusci tene, se non presso Roma, presso il resto 
del mondo, poichfe fino a'giorni nostri e stata sempre attribuita agli 
ufficiali Regii 1' amministrazione della veglia, rimanendo pure di- 
menticato il canone allora vigente , « clericus regulariter torqueri 
non potest per laycum ». Non intendiamo mettere in dubbio che 
il Governo Vicereale, e per commissione di esso il Sances, abbia 
potuto insistere presso la Curia, perchfe si badasse bene a provare 
energicamente la pazzia la quale si avea ragione di credere simu- 
lata; ma crediamo assai difficile poter ammettere che da tali insi- 
stenze fosse nata V idea di amministrare il tormento della veglia. 
Da un lato non si comprende in che modo il Sances avrebbe potuto 
sapere, o mostrar di sapere, lo stato della causa di S.*^ Officio e 
prendervi un' ingerenza diretta; d' altro lato in Roma non aveauo 
bisogno di eccitamenti per ordinare Tamministrazione della veglia, 
non solo perchfe era massima di giui'isprudenza che agF inquisiti 
finti pazzi si potevano e dovevano amministrare i tormenti gagliardi, 
tanto piu che ritenevasi esservi con loro minor pericolo di morte (a), 
ma ancora perchfe, ogni qaal volt a a Roma appariva necessario un 
tormento gagliardo, solevasi in quel tempo ordinare T amministra- 
zione della veglia. Difatti dal Carteggio del Nunzio si rileva che, 
meno di un anno dopo di aver data la veglia al Campanella, ad un 
altro frate Domenicano, fra Raimo delPOlevano, cssendo stata inu- 
tilmente adoperata la corda nel tribunale della Nunziatura, dietro 
licenza di Roma fu data pure la veglia e del pari senza cavarne 
nulla, si che fu poi mandato alle galere: vero e che questo frate 
trovasi qualiticato « Theologo et Predicatore se bene un gran tri- 
sto », gia evaso dalle carceri del Nunzio fin dal 1593, ripigliato 
dalla Corte nel 1601 in abito di assassino con 7 palle in tasca, stato 
in campagna ed imputato di 6 delitti capitali ed un ricatto; ma 
r imputazione del Campanella non era niente meno grave per la 
Curia Romana (&). 

Ecco ora il doloroso racconto di quanto accadde durante la ve- 
glia data al Campanella, come risulta dall'Atto che ne fu disteso e 



(a) Ved. E.ymerici Nicol. Directoriiim Inqiiisitorum etc. Rom. 1578, p. 136: 
€ Saepe contingit liuic fictao insaniae rcniediiim afferrc torturam ; nam dolor 
non facile patitur jocum ct fictionem, atquo in hoc casu nullum videtur peri- 

culum ac! oxplorandum animi morbum cum nullum hie mortis poricuhnu 

timeatur ». 

(h) Intorno a questo fra Raimo ved. nell* Archivio di Firenze il Cartegfrio 
del Nunzio; Lett, da Napoli 19 febb. 1593; 1" giugno e 1^8 lObre 1601; 25 febk* 
e 20 9bro 1602; e Lett, da Roma 16 feb.® 1602; 28 mag. e 4 giugno 1604. Fn 
Raimo non confess6 nulla nemmeno alia veglia e fu nmndato alle galere Pa- 
pali ; ma giunse a farsi credere inabile e quindi a fars;! liberare dal Generale 
delle galere; di jioi fu nuovamonte oarcerato por indebita liborazione. Vu6 s^er- 
vire per esempio del come audassero le cose u que' tempi. 



— 221 — 

che pubblichiamo tra' Documenti (a). Tutti i Giudici erano al loro 
posto : il Campanella introdotto dal carceriere Martines e richiesto 
del giuramento disse, Juravit Dominus, Deus in adiutorium . . ; am- 
monito su' guai a' quali andava incontro rispose, dicci cavalli bian- 
chi; toccato dal cursore della Curia Arcivescovile gli disse, non mi 
toccare che sei scomunicato per la boUa in coena Domini. Alle ore 7 
del raattino (ora 11*) fu ligato alia corda e sospeso sul cavalletto: 
neir essere ligato diceva, ligatemi bene, badate che mi storpiate ; 
poi con alte grida comincio a dolersi, massime per la forte strettura 
de' polsi, dicendo son morto, non foci nicnte, e tante altre cose fuor 
di proposito, che era nn santo,. che era un Patriarca, che aspet- 
tava il Breve della Crociata etc. chiamando uno de' Giudici Monsi- 
gnore, e il Vicario Arcivescovile « zio Arciprete ». Chiese che gli 
si pulisse il naso, e si dolse di nuovo fortemente quando gli fu- 
rono ligati i piedi ; toccato dall' aguzzino gli disse, non mi toccare, 
che sii squartato. IJdi suonare le trombe suUe galere ormeggiate 
al molo presso il Castel nuovo , e disse , suonate , suonate , sono 
ammazzato frate ; guardo la porta della camera che stava aperta 
e disse air aguzzino, aprimi, oh frate, oh frate. Poi abbasso il capo 
e tacque per un pezzo, e toccato dall' aguzzino disse , oh frate, e 
continuo a stare per un' ora col capo e col petto abbassati. Richie- 
sto se volesse discendere, giurare e rispondere, accenno di si, ma 
non voile proferire parola: lo fecero poi discendere perchfe soddis- 
facesse a' bisogni naturali. Quindi fu posto di nuovo al tormenlo 
(2** volta) e disse, ora mi ammazzate ohirafe, e tacque: I'aguzzino gli 
ricordava di non dormire, ed egli diceva, siedi , siedi alia sedia, 
taci, taci, nk rispose mai alle continue ammonizioni di mettere da 
parte la pazzia, ed alle diverse interrogazioni sulla sua patria, sulla 
sua etk etc.; si lagnava di tempo in tempo, ma alle interrogazioni 
non rispondeva. Si giunse cosi alle 8 della sera (ora 24*) essendo 
questa volta rimasto sempre nel tormento senza interruzione , n6 
altro si udi da lui che, ohimfe , ohimfe; e battute le 9 (1* ora di 
notte) chiese da here e 1' ebte, nfe mai rispose alle interrogazioni, 
ma si noto che mostrava di udire con cura e di percepire le parole 
6 le ammonizioni a lui dirette, e guardava anche i circostanti. Di 
poi disse, Cicco Vono 1' aramazzo ; e dichiaro che era di Stilo, Do- 
raenicano da Messa, che aveva impiantato il monastero di S. Ste- 
fano, che aveva preso Tabito alia Motta Gioiosa, e nomino Lucre- 
zia sua sorella e Giulio suo fratello ivi dimoranti , nomino anche 
Emilia figlia di suo zio che egli aveva maritata. Piu tardi chiese 
da here vino e 1' ebbe, e ricomincio a lagnarsi , a dire che chia- 
massero suo padre, quindi si ripose a tacere, e gli dicevano, « Tom- 



(fl) Ved. Doc. 402, pag. 498. Per le frequenti parole in dialetto ed anche 
per r abbondanza del latino, onde TAtto potrobbe riuscire oscuro ad alcuni let^ 
tori, ci crediamo obbligati ad esporlo qui senza restrizioni, mentre avremmo tanto 
voleDtieri fatto il contrario. 



^ 222 — 

maso Campanella che dici? non parli? », ed egli non rispondeva, 
e solo volgevasi di qua e di la guardando i vicini. Sorse cosi il 
giorno e furono aperte le finestre e spenti i lumi, ed egli, sempre 
taciturno, appena diceva qualche volta, moro, moro, non posso piu, 
non posso pin, per Dio. Ma poco dopo parve che svenisse, onde i 
Giudici ordinarono di toglierlo dal tormento e porlo a sederc ; quindi 
gli concessero di soddisfare a certa sua necessita, e poco dopo batte- 
rono le 7 (erano gia 24 ore di tormento). L' infelice chiose allora 
qualche novo da bore , e glie ne furono date tre , aggiuntovi del 
vino; disse che sentivasi morire, e chiestogli se volesse confessare 
i suoi peccati , rispose di si e che gli chiamassero un confessore. 
Ma non se ne fece nulla esscndosi ristabilito, e venne ordinate che 
fosse riposte nel tormento , ed egli incomincio a dire , lasciatemi 
stare , aspettate frate mio ; gli fu detto allora perclio mai avesse 
tanta cura del corpo e non dell'anima, ed egli, « I'anima ^ ininior- 
tale ». Fu dunque riposto nel tormento (3*'' volta), e rimase taciturno, 
ma poi chiese all' aguzzino che portasse piu in alto il funicello con 
cui erano ligati i piedi, perche qiicsti gli broiciavano; e i Giudici lo 
concessero. Continuo a star quieto, gli si dimando se volesse dor- 
mire e disse di si, gli si promise che avrebbe avuta comodita di 
dormire dopo di aver risposto alle interrogazioni, ed egli non parlo 
piu, e talora si lamento dicendo, oh mamma mia. Erano le 11 del 
mattino (ora 15*) ; i Giudici aveano profittato di queila seduta per 
esaminare fra Dionisio sulle lettere che avea presentAte ; gli ordi- 
narono quindi di ])arlare al Campanella che stava nel tormento, e 
di persuadcrlo a rispondere formalmente, ad evitare i tormenti che 
per lui erano affatto inutili, avvertendolo che il S.*^ Officio avrebbe 
procurato di ottencre da lui le risposte in tutti i modi ! Fra Dionisio, 
come si noto nell'Atto, « adempi V incarico con bastante diligenzae 
carita >, discusse , disimto , e il Campanella gli disse clie voleva 
rispondere alle interrogazioni. 1 Giudici allora concessero che foss^ 
deposto dal tormento, oltrech6 venisse ristorato con cibo e bevanda; 
intanto gli accordarono che andasse a soddisfare certe sue neces- 
sity, lasciandolo accompagnaro da fra Dionisio, e in cio scorse piii 
di un' ora di tempo (cosi fra Dionisio obbe tutto V agio di consi- 
gliarlo, ma si puo supporre in ({ual sense). 1^'ecero di poi sedere il 
Campanella presso il lore tavele , 1' eccitarene a rispondere e gli 
dimandarene perche si trevasse carcerato nel Castelle ; il CainjKi- 
nella rispose, che volete da me? Avondone solo parole, lo fecero 
riporrc nel tormento (4* volta), e il Campanella vi rimase taciturno, 
insensibile, appena dicendo di temj^o in tempo, mere, more. E quando 
videro che vi stava senza dire la menema parela, senza muoversi, 
senza dar segno di dolore, tinirono per ordinare Aie le deponessero, 
gli accomodassero le braccia, le vestissoro e ripertassero alia sua 
carctH'o, dopo di essere stale nel tormento per circa 36 ore. 

La jirova data dal Cam])anella fu certamente grande, tamo piii 
grande perche nel tormento del polledre non gli era riuscito di mo- 



i 



— 223 — 

strarsi forte. Quattro volte successive, con brevi intervalli, era stato 
posto alio strazio e vi avea resistito un giorno e mezzo : i suoi 
amici ne rimasero amrairati , e vedremo segnatamente fra Pietro 
di Stilo fame gli elogi piu entusiastici. Cosa ne avessero concluso 
i Giudici, si puo rilevarlo dal Carteggio dell' Agente di Toscana. 
Era morto allora il Battaglino fin dalla notte di Natale dell' anno 
precedente, ed eragli successo Alessandro Turaminis senese,. venuto 
nel 1592 ad insegnare con forte stipendio il « Jus civile della sera » 
nello studio pubblico di Napoli , rimanendo anche avvocato di S. 
Altezza il Gran Duca per gli affari di Capestrano e in buone re- 
lazioni col Nunzio: il Turaminis fin dal 2^ giorno del tormento, es- 
sendone Tesito tuttora ignoto, avea scritto a Firenze che il Cam- 
panella veniva provato « nella sveglia ad istanza del S.'° Officio » 
sul fatto della pazzia ; e il 12 giugno scrisse , che avea lasciato 
« dopo hore 37 di risveglia confuse ognuno, et in dubio piu che 
« raai se fosse savio o matto » (a). Rimase dunque scossa Y opi- 
nione che la pazzia fosse simulata, se dobbiamo credere al Tura- 
minis, che potfe veramente saperlo dal Nunzio; ma vedremo tra 
poco che ad ogni modo si ebbe presto motive di non recedere da 
quella opinione, ed intanto conviene fermarci un poco suUe lesioni 
riportate daH'infelice filosofo in questo che fu I'ultimo de'suoi tor- 
menti. Cio che abbiamo visto da lui scritto su tale proposito nella 
sua Narrazione trovasi gia riferito anche in piu Lettero ed in qual- 
cuna delle sue opere , col ricordo che era stato « sette volte tor- 
mentato »; e per I'ultimo tormento trovasi detto, piu o meno, che 
avea perduta « una libbra di came nolle parti deretane e diece 
libbre di sangue », che era uscito sano dalla fossa {inL dalla sua 
tristissima condizione) dopo sei mesi », che avea « riacquistata la 
sanita per la diligenza dell'ottimo uomo, il chirurgo Scamardelli » (6). 



{a) Ved. Doc. 168 e iCO, pag. 86. 

(b) Nella lettcra al Card.* Farnese del 30 agosto 1606 pubblicata dal Cen- 
tofanti si legge : « Quello Altissiino ])io, che mi liber6 di setto tormenti horren- 
di »; e in quella al Papa e Cardinal! del i;:^ aprile 1607: « bis tormentiim eouiei 
snstinui; semel torlurani brachiorum; et 40 horas suspensus fuue et funiciilis ad 
ossa penetrantibus , insidens acutissimo ligno quod devoravit carnes meas ad 
duas libras, et sanguinem ad octo soxtertia exhausit plagis decurrentibus ». — 
Nella Lett, al Papa del 1607 pubblicata da noi : « oltre li tormenti asprissimi 
di eorda, e dui polledri, et 40 hore di veglia con funieelli sin' all' ossa, et se- 
dendo sopra un acutissimo logno, chi mi secaro piu di due libre di came e piu 
che vinti di sangue in diverse volte »; e in quella a Mons.' Querengo dell'S lu- 
glio 1607: « per sapientiam et per stultitiam 7 volte dalla presentissima morte 
il Senno cterno mi libeW); et inanti ^ questi 8 anni stetti in carcere pid volte, 
che non posso numerar un mese di vera liberty se non di relegatione : hebbi 
tormenti inusitati e li piii spantosi del mondo cinque fiate e sempre in timore 
e dolore »; (non contemplandosi qui il solo case dell' ultima prigionia di Napoli, 
le cinque fiate darebbero motive di sospettare che vi sia stato anche un tor- 
mento in Roma nel 1591, ma bisognerebbe ammetterne dippiu un altro in Pa- 
dova nella 1* prigionia della fine del 1592, altrimenti il conto non tornerebbe, 
e non abbiamo criterii bastevoli a chiarirlo ). — Nelle Poesie fUosofiche^ ediz. 



— 224 — 

Senza dubbio in tutto cio deve riconoscorsi qualche esagerazione ed 
anche una inesattezza tipojrralira. Per intendere che il Campanella 
sia stato sette volte tormentato, bisogna computare ciascuna delle 
quattro riposizioni nel tormento verificatesi durante la veglia, e 
percio noi abbianio procurato di notarle : il conto torna solo col 
sommare le quattro riposizioni nella veglia, la corda seniplice avuta 
a tempo del Vescovo di Termoli, e le due riposizioni nel poUedro 
avuto per la congiura ; nb sara inutile rii>etere ancora una volta 
che tutti questi tormenti furono dati sempre da Giudici deputati dal 
Papa, dietro ordine o consenso espresso del Papa, sicclife non riesce 
giusto attribuirli agl' inuinani spagnuoli, pur riconoscendo che questi 
avrebbero fatto niolto peggio se avessero potuto. Non fe dubbio poi 
che la veglia abbia prodotto una ferita lacero-contusa con inorlifi- 
cazione ed emorragie consecutive, sebbene le valutazioni della came 
del sangue perduto Hpi)ariscano fatte con molta larghezza: di certo 
vedremo risultare dal processo, che due mesi e mezzo dopo il to^ 
mento il Campanella trovavasi })ur sempre a letto, assistito da suo 
padre e suo fratello ancora prigioni. ('lii era intanto I'ottimo uomo. 
il chirurgo Scamardelli che gli presto le sue cure? Ognuno com- 
prendera facilmente quale interesse egli ci abbia destato, ma nes- 
suno potr«a mai immaginare quanti sforzi ci abbia costato il cono- 
scerlo, sino a che non ci venne I'idea di consultare i libri parroc- 
chiali della Chiesa del Castello nifovo. Sai)evamo che in ogni Ca- 
stello si tenevano a que' tempi, con misero stipendio, un medico 
ed un chirurgo, e pel Castello di S. Elmo ci era riuscito di tro- 
vare che funzionava allora da medico-chirurgo un Bonifazio del 
Castillo con cui senza dubbio il Campanella dovfe aver che fare 
quando piu tardi fu trasportato a S. Elmo, ma pel Castello nuovo 



d'Ancona a p. 110, si legge: < Cinquanta prigioni, sette tormenti Passai... >; e 
a pag. 117, « II corpo sottc volte tormentato ». — Nella Lett, alio Scioppio po- 
sta come procmio al ms. deirAtheisnius triumphatus o pubblicata dallo Struvio, 
a pag. 0: < Vido (iuaeso simue asinus ipsorum cjiii (luidem jam in quiiKpiagintA 
carceribus hue usque clausus, alliictusque fui, .septios tormento durissinio exa- 
minatus, postromumquc perduravit lioris quadraginta, funiculis arctissimis ossa 
usque socantiims ligatus, pendens nianibus rotro de fune super acutissimuni li- 
gnum, (|ui oarnis sextertiuni in posterioriinis uiihi devoravit, et decern sangai- 
nis libras tollus ebibit. Tandem sanatus post sex menses divine auxilio fosa 
deuiersus sum ». — Nelle Disputatiomun in quatuor partes suae philosophiae 
roalis, Qvacstionum mornlium pag. 8: « Id ego t'xpertus sum 40 horis pendens 
de Tune tortis bracliiis ligatus et funiculis sinml uscjue ad ossa adstrictis; super 
acuminatum li^^num insidens , ita ut si velim bracliiis me subtinere O(»ntortis. 
nimis allligercntur brachia scapulae, et i>ectus, et collum, si me deniitterem a 
ligno nates devoraliantur: quae distentae usque ad vessicae collum et radioes ge 
nitalium, sanguinem multum emitt<)bant, donee tanr^uam mortuum post 40 boras 
torqu(?re cessarunt. Homines alii me maledicebant, et intendebant dolores, fu- 
nem excutiondo: alii laudabant clanculum fortitudinem ». — E wq" Mcdicinaliutn 
juxtii propria principia lib. G, pag. 5«: <f. Mihi autom (»t venas et arterias disrupit 
nedum carnes laceravit cruciatus e(iuulei in postorioribus i)artibus, et tauien di- 
ligentia Chirurgi Scamardelli. optimi viri, sanitatem adeptus sum ». 



le scrittui'e di piu Archivii non ci aveano rivelato che il medico 
Gio. Geronimo Orabona fino all' anno 1591 (a): d^altronde nel pro- 
cesso attuale trovavamo, per altre cure delle quali si parlerA in s5- 
gnito , nominato il chirurgo Scipione , e da un pezzo ci eravamo 
accorti che in tutte le opere del Campanella , non impresse sotto 
gli occhi suoi, le storpiature di nomi sono abbastanza frequenti. I 
libri parrocchiali del Castello nuovo ci hanno appunto mostrato che 
il chirurgo era Scipione Camardella (o Cammardella), appartenente 
ad una famiglia da molti anni dimorante in quella fortezza e stretta 
in parentela con molte persone ivi impiegate: onore a lui, che seppe 
ricondurre a sanity il povero filosofo, e meritarne la stima e la ri- 
conoscenza {b). 

Come abbiamo accennato, il 5 giugno, 29 giorno del tormento 
del Campanella, i Giudici vollero profittare del trovarsi riuniti, per 
esaminare fra Dionisio intorno alle lettere che avea presentate. Trat- 
. tavasi di sapere se appartenesse veramente a lui la lettera o me- 
moriale diretto a' Giudici, se appartenesse al Petrolo la lettera in- 
viata con quel memoriale ed in che mode esso fra Dionisio I'avesse 
ricevuta. Fra Dionisio accertd quanto si volea sapere, dicendo di 
aver ricevuta la lettera del Petrolo gik da otto o nove giorni per 
Tfiezzo di Felice Gagliardo carcerato per la congiura, il quale glie 
Tavea data passandola per la fessura superiore della porta del car- 
cere, in cui si trovava egli solo e sempre chiuso. E i Giudici non se 
ne brigarono ulteriormente, nfe chiamarono a nuovo esame il Petrolo 
come cestui dimandava. — Si fecero invece, nella stessa seduta, ad 
esaminare fra Pietro di Stilo intorno alia sua lettera ed alle scrit- 
ture del Campanella con essa inviate, ciofe le Difese con gli Articoli 



(a) Nelle Cedole di Tesoreria e Cassa Militare vol. 439 (an. 1610), fol. 869 
si legge: < a ultimo de maggio 1610... a Bonifatio del Castillo medico Cirugico 
del r." castello di Sant* Elmo per suo soldo de mesi ventidue etc. a ragione do 
d.** 3 il mese, D.* 72,3, — ». Pel medico Orabona ved. segnatamente i Processi 
delta Cappellania maggiore, 

{b) Nel Lib, L Baptizatorum ah, an. 1544 usque 1600 si legge: « A di 3 
de Agosto 1566 Lucretia Camardella fig. de Gio. Antonio Camardella et Mad.' 
lavina CamardeUa » etc. Nel Lib. Ill Baptizatorum et Mortuonim , air elenco 
de' morti si legge: « A di 22 de febraro 1601 morse lavina madre de iiipione 
{sic) camardella medico »; inoltro « A dl 29 de luglio 1 63 1 morl Scipione Cam- 
mardella Gerusico del Castello sepolto alia sep." de Sacerdoti nella Chiesa ». — 
fi facile intcndere che le parole scritte da fra Tommaso « diligentia Chirurgi 
S. Camardelli (Scipionis Camardelli) » sieno state nella stampa interpctrato « di- 
ligentia Chirurgi Scamardelli ». Cosl nella stessa opera Medicinalium a p. 350 
si parla di < Cioccio del Tupho ». evidentemente Ciccio ossia Francesco del Tu- 
fo; a pag. 378 si parla del « medicus Santarellus nolanus », alludendo senza 
alcun dubbio al medico Antonio Santorelli da Nola, celebratissimo in quelFetA, 
lettore di pratica nello studio pubblico dopo il Canifhsales nel feb.® 1613, poi 
lettore di filosofia dietro il ritiro di Latino Tancredi neirsbre 1017 etc. etc. In 
somma 6 difiicile avere un nome senza storpiatura , ci6 che s' incontra egual- 
mente ne' non pochi libri italiani del tempo , dati a stampare all' estero senza 
la reyisione degli autori. 

AmabiU^T. Campanblla« Vol. II. 29 



— 226 — 

profetali (a). Fra Pietro, sempre dietro dimande, disse che fin dal- 
Tanno scorso, nel principio di quaresima, il Campanella gli avea 
mandate certe carte scritte per mezzo di un figliuolo che serviva nelle 
career! ed egli non sapeva dire chi fosse; costui glie le passd per la 
fessura inferiore della porta a nome del Campanella, dicendogli per 
ambasciata che le facesse copiare e le tenesse a sua richiesta, per- 
chfe erano carte che grimportavano. Ed egli, nella settimana santa, 
fece copiare il P fascicolo da fra Pietro Ponzio venuto allora a stare 
nel suo carcere, e diede I'altro ad un compatriotta, Vincenzo Ubal- 
dini di Stilo, il quale dimorava in Napoli con un suo fratello, presso 
un Signore che non sapea dire chi fosse e che avea udito essere 
andato alia guerra, e il detto Ubaldini I'avea fatto copiare da un 
copista (6). Aggiunse che gli originali non c' erano piii, perch6 il 
copista non voile restituire quelle a lui consegnato, dicendo che era 
cosa curiosa, e 1' altro, consegnato a fra Pietro Ponzio perchfe lo 
copiasse, fu date al Pizzoni insieme con la copia, e costui non voUe 
restituir nulla dicendo che erano cose sospette; quando poi trovd 
quelle scritture, nel cercare un foglio di carta sotto il materasso 
del letto in cui era morto il Pizzoni, trovo pure Y originate pre- 
detto, ma fatto a pezzi e ridotto in altro uso, e c' erano stall pre- 
senti il Bitonto, fra Paolo ed anche il Petrolo ammalato. Aggiunse 
che aveva bensi lette quelle scritture , ma senza capir nidla dei 
profetali, e facendosi spiegare da fra Pietro Ponzio qualche cosa 
del fascicolo che egli copiava : inoltre che il martedi o un altro 
giorno della settimana santa, il Campanella « che non si era an- 
cora publicato pazzo » mando a chiedergli le copie fatte e se le tenne 
dalla mattina alia sera e poi glie le rimandd; ed allora vi appose 
certe note, che riconobbe essere di mano del Campanella ma scritte 
con carattere piii piccolo del solito. Aggiunse infine che non avea 
mostrato ad alcun altro quelle scritture, nfe sapeva che alcun altro 
le avesse viste all' infuori de' gia nominati, e che non le avea pre- 



(a) Ved. il cit.** Doc. 400, pag. 476. 

(b) Questo Vincenzo Ubaldini non ci riesce ignoto. Era di Stilo e insieme 
con tutta la famiglia dimorava in Napoli. Andato a Stilo col fratello Francesco, 
fu carcerato insieme col fratello e tradotto in Vicaria ; rArchivio di Stato ci 
fa conoscere la famiglia loro cd anche il motivo della loro carcerazione ; tro- 
vandosi in Vicaria ebbero piu turdi ad essere chiamati quali testimoni in dm 
informazione di S.** Officio presa appunto contro fra Pietro di Stilo. — !• Ntfrne- 
razione de'fuochxy vol. 1385. Fuochi di Stilo della vecchia numerazione (1598) 
estinti: « n.* 39. Bartolo Baldino a. 48; Livia uxor a. 30; Vincenzo f.* a. 18: 
Francesco f.* a. 15; Mutio f." a. 5; Daltina Brescia famula a. 18 >. — 2* Reg: 

Curiae vol. 55 fol. 9 t.® « AirAudientia di Calabria ultra Da alcune Mona- 

che del Mon.'" di S. Maria della gratia de' Vergini della cittA di Stilo ci vieoe 
scritto deir insulto, et parole ingiuriose fattoli da Vincenzo ot Francesco baldioi 
deir istessa QxiiA in detto loro monasterio ..» (segue Tordine di prendere infor- 
mazione, assicurarsi dello persone ed avvisare) 29 maggio 1603. — 3' Contra fra- 
trem Petrum Dominicanum etc, nella n.' Copia ms. de* proces. eccles. torn. ?•. 
fol. 267. 



— 227 — 

sentate prima perchfe iion le avea potuto aver prima. — E super- 
fluo dire che molte circostanze di tale racconto erano mentite: la- 
sciamo da parte il non conoscere il figliuolo che a nome del Cam- 
panella avea portato gli originali delle scritture (forse Aquilio Mar- 
rapodi) e il copista laico che avea trascritto una di esse; lasciamo 
da parte che quelle scritture erano state sempre nelle mani del 
Pizzoni, e poi ancora rimaste ignorate sotto il materasso fino a 
circa tre mesi dopo la morte di lui; ci limitiamo a dire esserci note 
con bastante certezza, che il Campanella attendeva a comporre quelle 
scritture anche quando si era gik mostrato pazzo, che di tempo in 
tempo mandava qualche pagina scritta a fra Pietro di Stilo, e che 
i frati vi annettevano anch'essi molta importanza, sperandone forse 
un grande effetto pel buon esito de'loro processi. Abbiamo a tempo 
opportune esposto con larghezza la materia di tali scritture , che 
rappresentavano le Difese del Campanella nella causa della con- 
giura: potrebbe sembrare che il Nunzio, uno de' Giudici in detta 
causa, avesse dovuto sentir 1' obbligo di trasmetterle al tribunale 
proprio; ma per verity quella causa era finita pel Campanella, e non 
rimaneva a' Giudici che mettersi d'accordo sulla sentenza da doversi 
pronunziare. Un Giudice coscienzioso non avrebbe certamente man- 
cato di occuparsene ad ogni mode, ma tale non era il Nunzio, su 
cui, ben piu che sul Sances, il Campanella avrebbe fatto senza dub- 
bio cadere i suoi risentimenti, se non si fosse trovato nella necessity 
di parlarne il meno possibile ; non far4 quindi meraviglia che quelle 
Difese fossero rimaste inserte nel processo dell' eresia , utili sola- 
mente a noi, che abbiamo cost potuto avere la comoditA di esami- 
narle. Ma perchfe furono esse presentate al tribunale dell' eresia? 
Evidentemente, nel presentarle, fra Pietro di Stilo non potfe aver 
altro scope, che quelle di fare un tentative disperato per allonta- 
nare almeno temporaneamente I'amministrazione della veglia, senza 
punto sospettare ch' esse avrebbero potuto andare perdute. E il ten- 
tative non riusci, ed anche la perdita non influi in alcun mode sul- 
r esito della causa della congiura. 

Dopo il tormento della veglia si ebbero le relazioni de' medici 
periti ; il 7 giugno fu scritta quella del magnifico Pietro Vecchione, 
il 15 quella del magnifico Giulio Jasolino. Costoro appartenevano 
alia piu elevata categoria de' medici allora in voga , e non sari 
inutile dame qualche notizia, onde riuscirA manifesto che le ricer- 
che sulla pazzia del Campanella, se vennero condotte con precipi- 
tazione, almeno in quanto alle persone de' periti vennero prese cer- 
tamente sul serio. Pietro Vecchione da Nola, col sue esercizio d' in- 
segnante private, secondo il costume napoletano, aveasi acquistato 
tanta riputazione, che giovane ancora, di circa 33 anni, sulla pro- 
posta del Cappellano maggiore era state dal Conte di Lemos il 
15 ottobre 1599 nominate lettore della « theorica della medicina 
ordinaria », cattedra fra le piu stimate, alia quale sovente si chia- 
mavano anche i non napoletani, e giA occupata da Filippo Ingras- 



— 228 — 

sia (insieme con la pratica) dal 1547 al 1553, da Giovanni Argen- 
terio nel 1556 , dal Covillas nel 1560 , da Gio. Geronimo di Co- 
trone da Nola (o viceversa) nel 1565, da Salvio Sclano nel 1570, 
da Innocenzio Cauti nel 1577, da Quinzio Buongiovanni nel 1579, 
da Latino Tancredi in quality di straordinario nel 1589, tutta una 
serie di uomini stimati altamente. Esercitava poi la pratica con 
immense successo, ma del resto era uno de' molti, anzi ti'oppi, che 
non avevano scritto mai nulla , facendo parte di quella beata fa- 
lange degli uomini illustri ineditij specialita non napoletana 8oltanto 
ma italiana, ancor oggi niente affatto estinta, e prova sciagurata 
che la sua 6 la via meno disputabile per ottenere la pubblica sti- 
ma, le alte cariche, i primi onori : il Vecchione infatti ebbe frequen- 
temente accresciuto il sue stipendio, nel 7 giugno 1612 passo alia 
lettm'a di pratica, succedendo al Buongiovanni, mori Protomedico 
neir aprile 1619. Quanto a Giulio Jasolino, Jazzolino o Azzolino, 
calabrese (a) , gia distinto allievo dell' Ingrassia , era un vecchio 
cultore di anatomia e chirurgia assai accreditato, e basta dire che 
fu maestro di Marco Aurelio Severino: non ebbe lettura pubblica 
essendo allora la cattedra di chirurgia ed anatomia occupata da 
Giuseppe Perrotta di Fratta, che fu il prime a riunire insieme nel 
pubblico studio in un mode definitive queste due branche d' insegna- 
mento ; ma scrisse alcuni opuscoli, tuttora pregiati da que' pochissi- 
mi che si occupano di cose patrie, ed anche illusti'6 le acque termo- 
minerali d' Ischia. Avea giti circa 60 anni al tempo di cui trattia- 
mo, e stando in Ischia detto la sua relazione sul Campanella ; mori 
vecchissimo nel 1633, e fu sepolto nella Chiesa di SJ* Chiara. — 
Ecco ora cio che essi riferivano intorno al Campanella (6). Pietro 
Vecchione scrisse , che invitato a visitare piu volte fra Tommaso 
per riconoscere se fosse davvero desipiente e melanconico o simu- 
lasse tale malattia, per quanto avea potuto esplorare con la mente, 
con la conversazione e coll' opera, avea ben rilevato che egli aber- 
rava nell' immaginativa, nel discorso e nella memoria ; ma poich^ 



(fl) Nei suoi scritti si disse sempro « Ilipponiata », dando cosl liiogo ad io- 
terpetfcizioni diverse, onde fu diehiarato di Monteleone, di S. Eufoniia, di Ge- 
race , di I'averna. In un curioso docuraento da noi trovato , del 1614, egli si 
dice napoletano, di circa 12 anni, tiglio del q." Mario e Lucrezia Galfuna. In- 
tan to ci consta pure che dopo il Perrotta, dal 23 8bre 1G07 fmo al 1622, lenne 
la cattedra di chirurgia ed anatomia un Mario dc Burgos y Azolin ; potrebl'o 
stare che questo Mario fosse un paronte di Giulio , accoinodatosi a ripigliare 
r originario cognome spagnuolo i)or ottenere piu facihnente la cattedra; so cosi 
fosse, s' intende che riescirebbe accertata Torigine s[»ai;nuola di Giulio Jasolino, 
nia d indubitabile che egli era nato in Calabria, e ci consta da altri fonti clie 
aveva due fratolli in Napoli, Orazio e Ferrante, oltreclii) vi fu contom|K)ranea- 
niente qualche altro dottore .Jazzolinus di Taverna in Calabria (ved. per que- 
st' ultimo nel Grande Archivio la Collectio ScUernitana vol. 170 fasc. I.'* f. 47; 
il torn, l." fasc. del 1588 della stessa CoUezione ha un autografo di Giulio .la- 
solino). 

(h) Ved. Doc. 403, pag. 502. 



— 229 — 

non avea visto alcuno de' sintomi che sogliono trovarsi negl' in- 
fermi di tale malattia e v' erano grandi cause per siinulare , era 
venuto nel dubbio che qiiella pazzia fosse simulata. Aggiunse che 
ad esplorarla con maggiore certezza occorreva lungo tempo e gran 
diligenza degli astanti, cio che non si era potuto eseguire nelle car- 
ceri in cui esso Campanella si trovava, ond' egli non poteva affer- 
mare nulla di certo ; ma conchiuse, « per quanto mi 6 date scor- 
gere congetturalmente, giudico che colui simuli la malattia *>. D' altra 
parte Giulio Jasolino, con un lungo scritto, venne nella medesima 
conclusione, ricingendosi di alquanto maggiori riserve, ed appog- 
giandosi ad un nugolo di citazioni d' Ippocrate e di Galeno. Cio che 
fa riuscire notevole per noi questa sua relazione si b qualche no- 
tizia che vi si rileva intorno al mode tenuto nell' osservare il po- 
vero Campanella, e qualche motive di congettura che vi si adduce 
intorno alia persona del filosofo. II Jasolino osserv6 fra Tommaso 
e gli parlo, a quanto pare, una sola volta, ma certamente in pre- 
senza del Nunzio, del Vescovo di Caserta e del Vicario napoletano: 
ne ebbe risposte non a proposito, e lo vide « melancolico » nell' a- 
bito del corpo e nel colore ; ma dichiaro non potersi giovare di que- 
st' ultimo fatto, non avendo prima conosciuto il Campanella e non 
sapendo se tale temper amento fosse il suo naturale ovvero « acqui- 
€ state per il lungo patimento delle carcere et per il gran timore 
« et mestitia » (non si parla di altre specie di sofferenze, e questo 
mostra che la visita precede la veglia). Inveco noto che « essendo 
€ cestui persona malitiosa, come si dice, vafer, callidus, et astu- 
te tus, se hk da dubitare che la sua pazzia sia simulata » : ma ag- 
giunse che intorno a cio non intendeva affermare nulla di certo, 
e dichiaro che una lunga osservazione poteva farsi da' custodi , e 
questa avrebbe voluto , conchiudendo « che cossi si potrA chiarire 
4c della verita della fitta, che io stimo 6 pure vera pazzia ». Adun- 
que, tra il si e il no, il Jasolino stava egli pure per la pazzia si- 
mulata, e il giudizio de' periti in questo sense riusciva uniforme. 
Piu tardi, il 20 luglio, un' altra circostanza venne a provare 
a' Giudici che la pazzia doveva essere simulata (a). L' aguzzino che 
aveva date il tormento della veglia al Campanella e I'aveva anche 
riportato nelle carceri, un Jacovo Ferraro di Trani, fa esaminato dal 
Vescovo di Caserta ed interrogate sopra le « parole che si lascio dire 
« fra Thomaso Campanella dopo che fu sceso dal tormento » . Ed egli 
rispose : « essendo io intervenuto come ministro dela gran Corte dela 
« Vicaria a dare lo tormento dela veglia k fra thomaso Campanella 
« predetto , dove io intervenni continuamente, havendomelo posto 
€ in coUo per consegnarlo alio carceriero delle carceri di detto Ca- 
« stello novo, et cacciatolo cossi in cello dala camera dove hebbe 
« lo tormento fine alia Sala reale, detto fra thomaso Campanella 
« mi disse da s6 le formate 6 simili parole, che si pensavano che 



(a) Ved. Doc. 404, pag. 503. 



— 230 — 

€ io era co {int. sciocco) che voleva parlare ? et it queste 

€ parole non ci fu nessuna persona presente » . A voler giudicare 
la cosa secondo quel che sappiamo della natura del Campanella, 
bisognerebbe senz' altro ritenerlo del tutto vera ; ma Tessersi verifi- 
cata dope un tormento di 36 ore, in quelle state descrittoci dalPAtto 
che ne fu raccolto , riesce sorprendente in mode , da potersi per- 
fino accogliere Y opinione di chi dicesse procurata dal Sances V as- 
sertiva dell' aguzzino ; intanto, deposta sotto giuramento da una per- 
sona disinteressata, essa aveva ad ogni mode un valore incontra- 
stabile. 

Ma non ostante siffatte prove ed indizii, la giurispnidenza del 
tempo accordava al tormento una forza tale, da annullare tutte le 
altre prove e « purgare gl' indizii »; e giacchfe il tormento era stato 
gagliardo e non ordinario, tanto piu V inquisito veniva a giovarsi 
deir esito avuto , secondo le dottrine de' criminalisti piii in voga. 
Cosi il Campanella dovea giuridicamente ritenersi pazzo, quantun- 
que tutti fossero persuasi che egli simulasse la pazzia. E la con- 
seguenza nel tribunale di S.*° Officio non era indijSerente ; come 
« relapse » egli anche pentito avrebbe dovuto essere degradato e 
consegnato alia Curia secolare, che V avrebbe fatto morire ; essendo 
pazzo , non poteva piu patire condanna, e laddove fosse stato gii 
condannato dovevagli essere risparmiata la pena di morte, sul ri- 
flesso che avrebbe potuto un giorno rinsavire e pentirsi (a). Non 
occorre dire quanto siffatto principio sia degno di nota, per valu- 
tare giustamente la risoluzione che da Roma venne presa piii tardi 
intorno al Campanella. 

Le copie di tutti questi Atti processuali erano inviate mano 
mano a Roma, secondochfe mostrano le note di tempo in tempo in- 
serte nel processo dal Notaro Prezioso : ma dope tanto movimento 
si ebbe una lunga fermata, sicuramente perchfe i forti calori della 
stagione estiva solevano tenere lontano da Napoli il Vescovo di Ca- 
serta, e poi piu tardi perchfe la malattia la quale afflisse il Vicerfe, 
e fini per trarlo alia tomba, fece mancare un assiduo ed istanca- 
bile soUecitatore della causa. Appena un solo altro Atto fu compiuto 
nel resto deir anno, e con molta fiacchezza , per un novello inci- 
dente sorto in questo tempo. 

II 2 agosto avveniva tra frati e laici carcerati una rissa, della 



(a) Ved. Pegna, Scholia in Eymerici Directorium Inquisitomm, Romae 1578, 
Schol. XXV pag. 136 ; « Quid si revera haereticus in furorem incidat,... quo- 
modo ejus causa tractanda ? Respondeo custodiendum esse omnino, donee ad sa- 
nam mentem ?evertatur: nee potest damnari priusquam in furore moriatur, quia 
fortassis resipiscet et reconciliabitur Ecclesiae: nee ob id dicetur recedere im- 
punitus , cum satis ipso furore puniatur >. Anche se V eretico fosse divenuto 
pazzo raentre era gid condannato all' ultimo supplizio , bisognava sospenderne 
r esecuzione : « Minus malum videtur eum impunitum relinquere, quam pnniendo 
animam perdere; differenduni est igitur aut etiam amovendum penitns omne 
supplicium » (Ibid.). 



— 231 — 

quale non si potrebbero in modo assoluto affermare le parti colaritA 
precise, poichfe fu seguita da fatti ne' quali dovfe intervenire il tri- 
bunale, e naturalmente ogni inquisito si fece a narrare le cose a 
modo suo : ne diremo quanto si potfe raccogliere inter no ad essa 
dalle migliori testimonianze non soltanto degl' inquisiti ma anche 
degli ufficiali del Castello. Quello spirito irrequieto di Felice Ga- 
gliardo era stato dapprima in compagnia di Orazio S.** Croce nel 
Castello deir ovo per 17 mesi , ed ivi , oltre al mantenere corri- 
spondenza co' banditi delle vicinanze di Reggie , che stavano in 
relazioni col padrigno suo Pietro Veronese , oltre al comporre 
prose e versi , un po' per bizzarria un po' per bisogno si diede a 
coltivare la negromanzia: il Castellano D. Melchiorre Mexia de 
Figueroa, che gik V avea fatto rinchiudere in un criminale, avver- 
tito da' carcerati, e tra questi anche da Jacobo Moretto, che presso 
di lui si tfovavano molte carte di negromanzia e gi^ molte altre 
dello stesso genere ne avea lacerate , fece egli medesimo una ri- 
cerca e prese tutte le carte che trovo, delle quali alcune trasmise 
a D. Giovanni Sances, altre tenne presso di sfe, altre lascid pren- 
dere da Scipione Moccia Auditore del Castello. Tradotto poi nel 
Castel nuovo , il Gagliardo venne posto in una medesima camera 
con Orazio S.** Croce, con fra Paolo della Grotteria, fra Giuseppe 
Bitonto e Giuseppe Grille , di poi insieme col S.** Croce passd a 
stare col Soldaniero, pii tardi fu di nuovo allogato nella camera 
in cui si trovavano fra Paolo e il Bitonto, e con essi il Petrolo e 
fra Pietro Ponzio: naturalmente egli si strinse subito in amicizia 
con fra Paolo, che sappiamo amatore di segreti e sortilegi, e col 
Bitonto, che gik conosceva e che si mostrd egualmente proclive a 
questo genere di cose; un altro carcerato Cesare d'Azzia napoleta- 
no, li aiut6 grandemente ne' lore stud!, prestando una copia ma- 
noscritta della cosi detta Clavicola di Salomone, ancor oggi tenuta 
in onore dagl' imbecilli che si occupano di divinazioni segnatamente 
pel giuoco del lotto, inoltre un libro manoscritto di segreti, ricette, 
scongiuri ed artifizii magici (a). II Gagliardo e il Bitonto si die- 
dero subito a trarre una copia di tali scritture , e s' intesero tra 
lore al punto, che o per amicizia o piuttosto dietro qualche piccolo 
compenso, facile ad assumere ogni maniera di responsabilitA quasi 
bravando i rigori del tribunale, il Gagliardo rilascid al Bitonto una 
dichiarazione scritta in presenza del Curate del Castello ed altri 
testimoni ; con questa affermava non esser vero quanto in processo 



(a) Su questo Cesare d* Azzia potremmo dare varie Dotizie, ma ci basterft 
dire che era di famiglia Dobilissima , bensi di costumi molto tristi. Anche nel- 
r Arch, di Stato in Torino, LeUere-Ministri Due Sicilie maz. 4°, lett. deU*A- 
geute Melchiorre Reviglione 28 mag. e 7 giugno 1602, trovasi qualche cosa 
intomo a lui; poichd egli era Cay. di S. Lazzaro fin dal 1560 e possedeva le 
commende di Ariano, Barletta, Venosa e Rocca-Rainola. II Reviglione suggerl 
di &rlo processare e privare dell' abito dal Nunzio Pontificio, del quale il Duca 
di Savoia si serviva in simili casi. 



- 232 - 

leggevasi deposlo da lui contro il Bitonto, ciofe che cestui gli avea 
detto di stare in ordine perche presto vedrebbe succeder guerre, 
ma esservi state falsamente inserto da quelli che formarono il pro- 
cesso. Tali scritture, con altre ancora, si conservavano in una cassa 
appartenente al Bitonto , e questa cassa , non molto tempo prima 
deir avvenimento die dobbiamo narrare, fu portata dal Bitonto nella 
camera di fra Dionisio, ritenutane la cliiave in poter suo, pel mo- 
tivo o pel pretesto die nella camera in cui stava erasi verificalo 
qnalche furto. Ora appunto il 2 agosto fra Pietro Ponzio disse al 
carceriere che facesse uscire il Gagliardo dalla camera dove tro- 
vavasi in compagnia di loro frati , e gli suggeri di allogarlo in 
nn' altra camera in cui si trovava Camillo Adimari col Marrapodi, 
Conia, Soldaniero e SJ^ Croce. L' Adimari uscito fuori suUa loggetta 
del corridoio, se ne risenti, perchfe giA stavano tropi)i letti in quella 
camera , e venne alle mani con fra Pietro il quale gli diode uno 
schiaffo. Accorsero allora i laici da una parte e i frati dall' altra, 
gli uni in difesa dell' Adimari e gli altri in difesa di fra Pietro: 
segnatamente il Soldaniero, il S.*'** Croce e il Gagliaido, si azzuf- 
farono col Petrolo, col Bitonto ed inoltre con fra Dionisio uscito 
dalla sua camera per quel rumoro , avendo i frati « sarcene alle 
mani e seggiolelle di paglia » (fascetti di legna da ardere e sedie 
comuni), e servendosi i laici de' loro cinturoni di cuoio come allora 
si usavano. 1 soldati del Castello e il carceriere intervennero e se- 
pararono i contendenti , cacciandoli nolle rispettive camere ; ma 
fra Dionisio fu trovato ferito alia fronte, e dappriina disso che V a- 
vcano ferito il S.*^ Croce e il Gagliardo, poi, venuto nel Castello 
r inframmettente Padre Mendozza, disse a cestui che T avea ferito 
il Soldaniero. 

Nella sera dello stesso giorno, da un late il Soldaniero si pre- 
sento al luogotenente del Castello 1). Cristofaro de Moya, d'altro 
late il S.** Croce e nientemcno anche il Gagliardo si presentarono 
al sergente Francesco Alarcon, dicendo che per servizio di Dio e 
di S. M/*' facessero fare una ricerca nella camera di fra Dionisio, 
rovistande tutta la camera ed una cassa che la si trovava, percb^ 
sareb)x?ro venute fuori « scritture e carte triste e prohibite >; e 
quegli ufficiali, insieme con due soldati e col carceriere Martines, si 
portarono a fare la ricerca non solo nella camera di fra Dionisio, 
iacendolo stare presente , ma anche nella camera degli altri frati 
e in quella del Campanella. Presso fra Dionisio fu trovata qualche 
lettera e segnatamente una lettera di un S9rtorio del Buono da Fiu- 
mefreddo a lui diretta; fu trovata inoltre la cassa di pioppo bianco 
ma senza la chiave, e fattala trasportare alia camera del Castol- 
lane ed avuta la chiave dal Bitonto, ne furono estratte le < carte 
di lattocchiarie », la dichiarazioue rilasciata dal Gagliardo in fa- 
vore del Bitonto ed anche le scritlure concernenti la persona di fra 
Dionisio nella causa di erosia, vale a dire gli articoli del fiscale 
contro di lui, gli articoli suoi in sua difesa, e dippiii una « Con- 



— 233 - 

€ sideratione deiressamina et letlura del processo de pretensa rebel- 
« lione ». Presso fra Pietro Ponzio fii trovato « dentro uno marza- 
pane gi'ande tondo » (canestro tondo di vimini fornito di coverchio) 
un libretto di Poesie rivestito di pergamena , « con zagarelle di 
seta pavonazze e rangiate » per fermagli; erano le poesie del Cam- 
panella che fra Pietro si occupava di raccogliere e divulgare. Presso 
gli altii frati la ricerca riusci infruttuosa, ed unicamente sotto il 
capezzale del letto del Gagliardo, che stava con loro, furono tro- 
vate scritture di magia con circoli e segni; ma pifl si sarebbe tro- 
vato se la ricerca fosse stata condotta con maggior diligenza , e 
difatti pii tardi ne vennero fuora altre carte di sortilegi. Infine 
presso il Campanella fu trovata qualche altra cosa, e ne lasciamo 
il racconto al sergente Alarcon che cosi si espresso quando fu poi 
esaminato piu tardi su tale incidente: « Andassemo ancora k cer- 
€ care la camera di frA Thomaso Campanella , et non vi trovai 
« altro eccetto che una lettera serrata, non mi ricordo k chi era 
« diretta, et perche lui stava malato in letto, ce stava un suo fra- 
€ tello dentro la camera, non mi ricordo il nome, et il patre stava 
« fuori la camera, et mentre si faceva la cerca, se accorse lo te- 
« nente che il fratello di Campanella era state alia cancella , et 
« entrd suspetto che non havesse buttato alcuna cosa dala fenestra, 
« et quando fummo k basso al reveglino tr^ le due porte del Ca- 
« stello, trovassemo una scrittura di diece 6 dodici fogli in circa 
« scritti , quali anco io pigliai 6 portai al Sig.^ Castellano » (a). 
Vedremo piu tardi cosa fosse qnesto scritto del Campanella: diremo 
intanto che il Castellano D. Alonso de Mendozza, viste le carte, 
il giorno dopo ordind che fossero rinchiusi nel torrione del Castello, 
in due criminali separati , fra Pietro Ponzio prime motore della 
rissa e fra Dionisio ritenuto autore delle carte proibite; ordin6 inol- 
tre che tutte le carte troviate nella ricerca fatta fossero portate al 
Vicerfe dallo stesso. luogotenente De Moya. Con ogni probability al- 
lora appunto, nelFessere fra Dionisio preso e tradotto al torrione, 
vennero trovate ancora nella camera di cestui quattro lettere di 
fra Pietro di Stilo, in data del 3 agosto, scritte pochi momenti 
prima da fra Pietro a persone amiche e parenti di Gio. Gregorio 
Prestinace. Ecco ora quanto accadde delle carle portate al Vicerfe, 
secondochfe narro il De Moya quando fu poi chiamato a deporre: 
« Le fici portare . . a sua Eccellentia del vicerfe di questo Regno, 
« che stava alhora k chiaya alle case 6 giardino di Don Pietro di 
« toledo, et io proprio in nome di detto Sig/ Alonso castellano le 
« consegnai al vicerfe alia presentia di Don Pietro Castelletta Re- 



(a) Ved. Doc. 417, pag. 521. Si ricordi che dopo la veglia il Campanella 
fu posto in una camera presso la Sala Reale, ed ora si badi che lo scritto fu 
trovato nel reveglino tra le due porte del castello : a chi conosce il luogo 6 
chiaro che il Campanella dovea trovarsi nel bastione che rimane tra i due tor- 
rioni, quelle detto Bibirella e quelle detto del Castellano, ma piii dappresso a 
quesV ultimo e nel 2'* piano. 

AmabiU — T. Campanblla, Vol. H. 30 



— 4 — 

€ gente di Cancellaria, b di Don Giovanni sanges de luna, dandoli 
« conto come si erano trovate fe dove, et in parti colare dissi che 
€ alcune di quelle scritture erano state trovate dentro di una cas- 
€ setta di detto fra Dionisio pontio , et detto Don Pietro et Don 
€ Giovanni le veddero fe lessero, et alhora medemo il vicer6 ordino 
€ fussero date sicome foro date al detto Sig/ don Giovanni sanges 
« de luna, il quale se le piglio in suo potere, e Ijen vero che tre 
« a quattro di quelle carte restorno in potere del vicere, il quale 
4c ordino che se notassero che scritture fussero, et credo che don 
« Giovanni le notasse, et quali foro quelle che si piglio il vicerfe 
« io non le so, 6 mi ricordo che io ci viddi una carta nella quale 
« era una mano pinta, 6 fatta con la penna et inchiostro, altro 
« in particolare non mi ricordo, 6 poi io mi licentiai dal vicerfe 
« et me n' andai » (a). Probabihnente le scritture che il Vicerfe 
tenne presso di sfe furono quelle di segreti, ricette e sortilegi, le 
quali destavano curiosita: ad ogni modo doverono certamente de- 
stare curiosit4 sopra tutte le altro quelle della difesa di fra Dio- 
nisio nella causa di eresia, per le quali si poto avere una notizia 
abbastanza precisa di detta causa. Riesce poi notevole che il Vicer^ 
non abbia fatto trasmettere al S.**^ Ofiicio le carte che cadevano 
sotto il dominio di quel tribunale: 6 impossibile ammettere che egU 
non vi avesse dato importanza, ma si puo meglio ritenere che egh 
non le abbia trasmesse per evitaro un motive di ulteriori lungag- 
gini. Invece se ne di6 moltissima cura fra Dionisio, che non quieto, 
finchfe non vejme ordinate di pigliare informazione su questa fac- 
cenda delle scritture. 

Non appena pote, fra Dionisio mando al Vescovo di Caserta im 
memoriale , supplicandolo di venire in Castello « per cose impor- 
tantissime di S.^"^ Officio »; e il 2G agosto, innanzi al Vicario Ar- 
civescovile e al Rev.*^^ Antonio Peri, trovandosi impedito il Nunzio 
ed assente il Vescovo di Caserta, fu interrogate circa il memoriale 
mandate (h). Egli disse che colore i ([uali gli si erano esaminati 
centre, in materia di eresia e di ribelliono, avevano assaltato lui 
ed il germane fra Pietro, T avevano ferito alia fronte con effusione 
di sangue, e poco dope, fatta una ricerca nella sua camera, erano 
state trovate scritture proibitc in una cassa, la quale apparteneva 
al Bitonto, che I'avea per lata presso di lui perchi:^ la conservasse; 
e ne'giorni seguenti aveva visto quoUo scritture in mano del Bar- 
rose, venuto in Castello per dimandargli se fossero sue, e credeva 
che il Bitonto gli avesse « fatto il tradimento » d'accordo col S.** 
Croce, Soldailiero e Gagliardo, tanto piu che fra Pietro, il quale si 
trovava, come egli stesso, in un criminalo, avca minacciato costoro 
di volerli denunziare al S.'^ Officio i)er cose gravissime. Chiose 
quindi che si pigliasse informazione interne a ((uelle scritture, che 



(a) Ved. Doc. 423, pag. 528. 

(b) Ved. Doc. 405, pag. 504. 



— 235 — 

ne fossero gastigati gli autori o possessor! , che si desse a fra 
Pietro suo germano il modo di poter presentare i capi di accusa 
contro que' suoi nemici , che fossero costoro « separati e posti in 
clausura », tanto perch5 potesse scovrirsi la loro perversity, quanto 
perchfe erano incorsi nella scomunica. Dietro dimande , disse che 
avea conosciuto essere quelle scritture di carattere del Gagliardo, 
aggiungendo che insieme con esse avea veduto in mano al Barrese 
anche le sue scritture di difesa e i capi del fisco in materia di S.*^ 
Officio (cosi profittava dell'occasione, se pure non I'aveva egli stesso 
provocata, per giustificare i suoi ritardi e prender tempo ulterior- 
mente): disse ancora che tutti e tre que'ribaldi Taveano percosso, 
ma il S.^ Croce I'avea ferito, mostrando la ferita, medicatagli «dal 
chirurgo del Castello nomine Scipione » di cui non sapeva il co- 
gnome (Scipione Camardella). Diede Telenco de'testimoni, e dichiaro 
causa della rissa I'aver voluto fra Pietro Ponzio discacciare dalla 
camera sua il Gagliardo « per alcuni furti et perche haveva inteso 
« che andava vendendo magarie »; aggiunse che la cassa del Bi- 
tonto era stata solamente circa otto giorni in camera sua. — Verso 
lo stesso tempo, Camillo Adimari sporse querela al Vicario Arci- 
vescovile contro fra Pietro Ponzio, perchfe aveva insultato esso que- 
relante pacifico e quieto, e gli avea date uno schiaffo in presenza 
della maggior parte de'carcerati, onde chiedeva una diligente in- 
formazione su questa insolenza e un provvedimento di giustizia. Na- 
turalmente fra Pietro non poteva starsene tranquillo, dovea rispon- 
dere alia provocazione e gik avea mostrato, per mezzo di fra Dio- 
nisio, che non gli mancava la materia per la risposta. D'altra parte 
ancora, non si saprebbe dire perchfe, il Lauriana mandd al Rev."™** 
Vicario un memoriale , supplicando di essere riesaminato. Ma il 
tribunale non si riscaldo menomamente, non di6 segno di vita per 
tutto il resto dell' anno, n6 ripiglio poi le sedute senza una solle- 
citazione del Card.^ di S.** Severina. Evidentemente le soUecita- 
zioni efficaci dalla parte del Governo di Napoli erano venute meno. 
Come abbiamo avuta occasione di accennare, il Vicerfe fu in 
questo tempo afflitto da una malattia che lo condusse alia tomba. 
Fin dal giugno erasi recato a Pozzuoli, con la speranza di guarire 
da certi edemi che gli erano comparsi e che si dicevano « pienezza 
di carne »; quindi era tomato a Napoli prendendo stanza a Chiaia. 
Ma a'primi di settembre gia susurravasi essere la malattia dell' in- 
testine retto e dover linire con una « fistola penetrante »; se ne 
indicava anche la cagione, attribuendola alia intemperanza dell'in- 
fermo , per la proclivita ad accettare i banchetti ofTertigli conti- 
nuamente da'Nobili e forse gracliti alia sua Signora piu che a lui. 
I medici erano in moto, e come faceva sapere il Residente Veneto 
al suo Governo, il 18 7bre ritenevasi ottenuto un miglioramento, 
per una medicina che « una parte de' medici si era arrischiata a dar- 
gli dope molti dispareri ». Una insignificante relazione suUo state 
dell'infermo, con richiesta di consiglio e rimedio, fu inviata dalla 



— 236 — 

casa del Vicerfe al dottor Diaz a Pisa , e leggesi in quel grande 
emporio di notizie che fe I'Archivio di Firenze (a): ma un medico di 
provincia, che abbiamo gi4 avuta occasione di nominare, Giacomo 
Bonaventura, predisse francamente male, e questo esatto pronostico 
gli valse V onore di esser chiamato al servizio di Clemente VIII, 
avendo Gio. Geronimo Provenzale dovuto recarsi aU'Arcivescovado 
di Sorrento, che gli era state concesso nel 1598 e che si godfe fine 
al 1612 (6). Dope di aver molto penato, « con febbre, flusso, siero 
e fistola penetrante », il 19 ottobre il Vicerfe venne a morte; a 57 
anni di etA, dope 57 giomi di malattia, come notarono gli studiosi 
de'numeri di quel tempo, calcolando il principio della malattia dal 
giorno in cui pel suo aggravamento si divulgd; essi notarono aa- 
cora che a breve intervallo venne a morte anche il fratello suo da 
lui tanto stimato, I'Arcivescovo di Taranto. 11 Parrino ci ha tra- 
mandato le notizie delle pompe funebri , con V elenco de' distinti 
personaggi che portarono sulle lore spalle la salma del Vicerfe, trai 
quali Carlo Spinelli; cosi pure le lodi dell'estinto, il compianto dei 
cittadini etc. etc. e questa volta bisogna dire che abbia ragione, 
poichfe dopo la condotta per lo meno scempiata del Conte Olivares 
suo predecessore, la condotta del Conte di Lemos apparve tanto piu 
degna di encomio. Non mancarono a'canti delle vie, come giA in 
certi altri momenti del suo governo, le cosi dette pasquinate e i 
cartelli infamatorii, sfogo abbastanza frequente e per lo piu espresso 
in modi goffi, ma che pure gioverebbe e non sarebbe sempre diffi- 
cile conoscere rovistando le antiche scritture: bisogna pertanto no- 
tare che p. es. il Residente Veneto biasimd sempre tali manifesta- 
zioni contro il Lemos, e talora con parole estremamente acerbe (c).-— 



(a) Ved. Filza 4089, Lettere di particolari scritte da Napoli al SigS Lo- 
renzo Usimbardi V anno iSOi et 1602. La rclaziono 6 senza data, ma precede 
di poco r annunzio della morte del Vicerd; per altro le Lettere stanno in quella 
Filza assai disordinatamente. 

{b) L' Ughelli, Italia Sacra t. 6" p. 624, qualifica il Provenzale « nobile Fi- 
losofo e Teologo » non gi^ medico; ma dice che Clemente VIII si servl dell'o- 
pera sua e cita i libri medici di lui — Quanto al Bonaventura, pu6 leggcrsi il 
Carteggio del Nunzio, Lot. di Napoli 2 9bre e 7 iObre, 4 8bro 1602 e 26 7bre 
1603; e Lett, di Roma del 30 9bro 1601, 13 7bre 1602, 15 maggio 1604.— 
Notianio che negli ultimi giorni della malattia del Vicer6 il Nunzio non si tro- 
vava in Napoli; avea dovuto recarsi, con suo vivo displace re, a Larino , dove 
il popolo avea chiuso le porte della cittA in faccia al suo Vescovo Mens.' Velio, 
e vi si era fatto accompagnaro da 50 soldati a cavallo concessigli dal Governo: 
ved. il suo Carteggio, Lett, da Napoli del 21 7bre, 5 e 15 Sbre 1601 etc. c il 
Carteggio Veneto, Let. del 9 Sbre 1601. 

(c) Anche ne' Diurnal! di Scipione Guerra, ms. della Biblioteca Nazionale 
di Napoli (X, B, 11) si trova un Sonotto apparso al tempo della morte del Le- 
mos, che canzona la sua intemperanza e comincia cosi : 

€ Giungi roba al pignato Satanaaso 
vien teco a cena V alma di un ghiottone 
che and6 mangiando per ogni pontone 
con scusa di portar la moglie a spasso » etc. 



— 237 — 

Successe come Luogotenente generale D. Francesco de Castro se- 
condogenito del Lemos, il quale pure altra volta, in assenza del 
padre andato a Roma, avea governato il Regno con lo stesso ti- 
tolo. Gi4 sappiamo che allora non manco d' insistere perch6 il ne- 
gozio de' frati avesse un termine, ma non apparisce che avesse fatto 
soUecitazioni in qnesto periodo del suo governo, avendo invece co- 
minciato a farle molto piii tardi. 

Intanto i frati languivano gi^ da un pezzo e continuarono a 
languire nella piii squallida miseria, circostanza da notarsi per com- 
prendere alcune delle poesie del Campanella, che a suo tempo do- 
vremo passare a rassegna. Una lettera del Nunzio, scritta fin dal 
7 7bre al Provinciale do'Domenicani di Calabria (a), ci fa sapere 
che da'conventi di quella Provincia erano stati una volta mandati 
danari perchfe fossero distribuiti a' carcerati , ma che appunto il 
Campanella, il quale ne avea « bisogno piii che gli altri come ma- 
lato, non hebbe nulla >; e pero il Nunzio aveva ordinate che fosse 
risarcito con la somma che allora si diceva pronta per lo stesso 
oggetto, e che tutti i danari rimanessero in mano di un corrispon- 
dente del Campanella in Napoli, il quale I'avrebbe provveduto di 
quel che gli fosse occorso, ed avrebbe badato, « sendo mentecatto », 
che non gli fossero rubati; aggiungeva poi il Nunzio che di tempo 
in tempo avrebbero dovuto mandarsi altre somme. Ma non appa- 
risce che i danari, i quali si dicevano allora pronti, fossero stati 
cosi presto disponibili; essi doveano passare per varie mani e po- 
teano per lo meno incagliare per via. Difatti vedremo piu in 1^ che 
una somma di D.^^ 200 inviati da Calabria, con ogni probabilita 
quella medesima per la quale avea scritto il Nunzio, ebbe a patire 
la detta traversia ed anche qualche cosa di peg'gio. Nfe ci mancano 
documenti da' quali si desume che i poveri carcerati, nel tempo cui 
siamo pervenuti, doverono reclamare piu volte a Roma e poi anche 
a Napoli, perch6 si provvedesse alle cose necessarie pel loro vitto. 

IV. L'anno 1602 comincio con una soUecitazione d^l Card.^ di 
S.'* Severina al Vescovo di Caserta , per la quale si vide presto 
cessata la sospensione della causa (h). 11 4 gennaio, a nome della 
Congregazione de'Cardinali coUeghi il S.^ Severina scriveva che 
non si era saputo piu nulla intorno alia causa, che oramai per la 



Nel Carteggio poi del Rosidcntc Veneto, una volta in data del 7 7bre 1599, a 
proposito delle doglianze affisse pe' cantoni circa la carestia , 8i biasima « la 
smoderata prosunzione et superbia del popolo >; un* altra volta in data del 1 9 
8bre 1601, a proposito delle accuse che si facevano al Lemos estinto, trovasi 
un' osservazione molto amara, ma che 6 bene conoscere, perchd rimossa Tesa- 
gerazione potrebbe anche offrire qualche cosa da apprendere, ed essa 6, che i 
napoletani < per natura danno sempre per fatto da altri quelle che fariano essi 
86 havessero la potest^ > ! 

(a) Ved. Doc. 123, pag. 72. 

(b) Ved. Doc. 407, pag. 507. 



— 238 — 

morte del Vescovo di Squillace, pel lungo tempo trascorso etc. non 
c'era nulla da attendersi sulle informazioni commesse in quella dio- 
cesi, che infine si voleva conoscere se fosse state provvisto al vitto 
de'carcerati, come piu volte erasi da Roma ordinate a' lore supe- 
riori. — E gli 11 gennaio i carcerati dirigevano anch'essi un me- 
moriale al Vescovo (a) facendogli sapere che in quel giorno si era 
recato presso di lore lo scrivano dell'Inquisizione (forse il Prezioso) 
per intendere i lore bisogni, ma avea « dimostrato non troppa in- 
tentione di charita », e quindi supplicavano che si provvedesse. 
Tutti i frati apposero la lore firma a quel memoriale, ma pel Cam- 
pane 11a r appose il carceriere Alonso Martines, e da ci6 ben si ri- 
leva che egli continuava sempre a mostrarsi pazzo. 

II 13 gennaio, innanzi al Vescovo di Caserta e al pro-Vicario 
generale Curzio Palumbo, che a questo periodo del processo sostitui 
detinitivamente il Vaccari nelPassistenza alle sedute, fu esaminato 
di nuovo fra Dionisio e gli fu dimandato se volesse dire altro, poi- 
che le risse e le inimicizie da lui deposte non erano materia di 
S.^** Officio. Fra Dionisio rispose che aveva inteso deporre sulle 
scritture trovate in camera sua o mostrategli dal Barrese, per le 
qilali voleva essere punito se mai fosse risultato colpeyole. Ag- 
giunse poi che il Soldaniero, comunque scomunicato per averlo per- 
cosso, e gik prima scomunicato anche dal Vescovo di Tropea per 
violata immunity ecclesiastica, non se n' era mai curate n6 se ne 
curava, continuando ad ascoltare la Messa nella Chiesa del Castel- 
lo. — Certamente il tribunale dov6 allora rivolgersi a S. Eccellenza 
per avere le scritture in quistione, giacchfe poco oltre un mese dopo, 
per ordine di S. Eccellenza, le scritture gli furono inviato: ma non 
cred6 di dover ritardare per questo la spedizione della causa prin- 
cipale, non si euro dell' avere fra Dionisio esposto che gli erano 
state tolte anche le scritture di difesa e i capi del fisco, proced6 agli 
atti ulteriori e poco dopo abilito, come allora si diceva, il Soldaniero 
ad uscire dal carcere. Fra Dionisio ebbe a sentirsene gravemenle 
offeso , e penso allora di rivolgersi al S.**^ Officio di Roma , dal 
quale vedremo in seguito ordinato di procedere alia debita infer- 
mazione sulla faccenda delle scritture. Non meno ebbe a sentirsene 
offeso fra Pietro Ponzio, il quale poco tempo prima avea poluto ti- 
nalmente presentare i suoi capi di accusa, una denunzia formale in 
materia di S.'^ Officio contro i laici intervenuti nella rissa e qualche 
lore aderente, tra gli altri contro il Soldaniero. Entrambi i Ponzii 
erano stati tenuti quattro mesi ne'criminali del torrione, e puo in- 
tendersi facilmente come fossero anche per questo divenuti furiosi. 

Dobbiamo qui dire che nella stessa data, IS gennaio 1(><)2, fu 
iniziato un processo secondario contro Orazio S.*^ Croce continuato 
poi contro Felice Gagliardo, sulla base appunto della denunzia pre- 
sontata da fra Pietro Ponzio, la quale veramente, oltre il S.** Croce 

(a) Vod. Doc. 406, pag. 506. 



— 239 ~ 

9 il Gagliardo comprendeva anche Giulio Soldaniero e un Ferrante 
Calderon dottore spagnuolo del pari carcerato (a). I lettori inten- 
ieranno che riuscirebbe impossibile seguire tutti i particolari di 
juesto processo, condotto a sbalzi per due anni interi, senza intral- 
siare orribilmente la narrazione del processo principale ed anche 
Borrere il rischio di non finirla pid; ma non possiamo dispensarci 
lal darne alcuni cenni, i quali veramente sono necessarii a chia- 
Pire certi fatti del processo principale, senza contare che ci fanno 
apprendere come si passava la vita nel Castel nuovo qnando c'era 
il Campanella. La dennnzia di fra Pietro mandata al Card.*® Ar- 
civescovo di Napoli, recava le seguenti cose, illustrate ed ampliate 
poi nel cofso del processo a questo modo: P Contro il S.^ Croce; 
che era un pubblico bestemmiatore e diceva anche continuamente 
« santo diavolo » (esclamazione calabrese ancor oggi comunissima); 
che giocando a dadi col carceriere avea detto « Dio, non ti credo, 
« se la prima volta ch'io giocaro con Martines non mi farai uscire 
€ da questo Castello con un Crocifisso alle mani et un chiappo in 
« canna » (un laccio al collo per essere appiccato), e poi avea se- 
guitato a giocare col Martines; che avea detto essere « il diavolo 
« assai piu potente di Dio, perchfe Dio non aiuta gl' innocenti e 
€ il diavolo aiuta li suoi vassalli li tristi > ; che non dava alcun 
segno di devozione , non andava a Messa n6 recitava officio n6 
rosai'io, e ne' giorni solenni era visitato da una certa Delia sua 
antica concubina, con la quale stava di giorno e di notte, man- 
^iava e giaceva in presenza anche de' frati , ed essendogli stato 
cid proibito avea proferita una laidissima proposizione (la quale 
percid sarA meglio non ripetere); che avea ferito fra Dionisio nella 
rissa, e ti'ovandosi scomunicato non se n' era dato mai pensiero, 
anzi alle osservazioni fattegli avea risposto con un proverbio cala- 
brese, « meglio essere scomunicato che comunicato all'imprescia » 
(comunicato in fretta). 2^ Contro il Gagliardo; che era un pubblico 
mago 6 disegnava circoli con nomi di demonii , ed un libro con 
circoli disegnati trovavasi nelle mani degli ufficiali del Castello, 
anzi una volta un soldato con una gamba di legno, che stava al 
Castello dell'ovo, venuto ad esigere danari da lui avea detto che 
in quel Castello gli erano state trovate carte contro Dio; inoltre 
che nel Castel nuovo un certo Marcantonio Buono calabrese veniva 
a visitarlo per cose magiche, ed un giorno rimasti soli fecero in- 
sieme suflFumigi con zolfo « e una pignatella piena di milF imbro- 
glie », e Geronimo Campanella entrando nella camera se n'usci su- 
bito spaventato e cacciato dal puzzo gridando che U « ci erano 
cento mila diavoli », che in presenza de!carcerati si era vantato di 
rapporti carnali avuti con la suocera e la sorella della suocera, 
dicendo che era piu dolce avere di tali rapporti con le parenti, e 
bene avea fatto Mos6 a prescriverli ; che pubblicamente ritenevasi 

(a) Ved. la nostra Copia ms. de'proces. eocles. torn. 20, fol. 180 e seg/'. 



— 240 — 

aver lui scritto col proprio sangue una carta al diavolo donandogli 
anima e corpo; cbe era ladro, e in tutte le sue azioni avea sempre 
mostrato poco timore di Dio. 3*^ Contro il Soldaniero; che da due 
anni scomunicato per Cedoloni affissi alia Catledrale di Tropea, e 
poi incorso nuovamento nella scomunica per aver percosso sacerdoti 
suadenie diaholo , non si era curato dell' assoluzione , continuando 
a udir la Messa e conversare con tutti dbsque resipiscentia. 4® Con- 
tro il Calderon; che avendo chiesto a fra Pietro su che si fondava 
il Campanella per sostenere prossimo il di del giudizio, ed avendo 
udite citazioni della scrittura e de' Padri , e tra esse qualcuna di 
Esdra, si era lasciato dire essere Esdra semplice storico e non pro- 
feta ; che avendo udita la citazione di S. Vincenzo Ferreri , cui 
Cristo aveva ordinato di predicare nell' occidente la prossima ora 
del giudizio, come leggevasi nel Breviario, si era lasciato dire que- 
ste essere ciarle fratesche per accrescere onore alia religione; che 
discorrendo della fede ne' beati ed in noi viatori , si era lasciato 
dire altro essere cio che noi crediamo ed altro cio che quelli ve- 
dono, ed esservi differenza non solo nel principio e nel mezzo, ma 
anche nolle conclusioni della fede; die infine si era lasciato dire la 
fede vera procedere dall'esperienza e non dall'udito, nfe voler cre- 
dere se non cio che vedeva. 

Co'criterii odierni non si potrebbe comprendere come mai fosse 
state tratto in iscena questo povero dottore; ma bisogna sapere che 
nolle cose di S.*° Officio non si transigeva facilmente in quel tem- 
po, ed al contrario di quanto generalmente si ritiene, lungi dal- 
r essere il tribunale della fede mal toUerato, vi si accorreva molto 
volentieri, come lo dimostrano le « spontanee comparse > contro la 
propria persona, numerose al punto da far rimanere stupiti allo^ 
che si esamina una coUezione di scritture di questo genere. Ad 
ogni modo suUa denunzia suddetta di fra Pietro Ponzio, cui si ag- 
giunse la querela di Camillo Adimari contro fra Pietro per lo schiaffo 
che costui gli avea dato, querela del resto malamente diretta al tri- 
bunale della fede e pero inutile, si die principio al processo in qui- 
stione. Funzionarono quali Giudici il Vescovo di Caserta , Curzio 
Palumbo ed Antonio Peri, nella sola prima seduta; poi Curzio Pa- 
lumbo e D. Manno Brundusio Fundano, clerico, Segretario del Ve- 
scovo di Caserta, nella 2** seduta e in qualche altra (a); pin tanli 
funziono il solo Curzio Palumbo qual deputato speciale, e talvolta 



(a) D. Manno Brundusio di Fondi era stato dapprima Segretario del Ve- 
scovo di Lucera, e poi divenne Segretario del Vescovo di Caserta; secondo al- 
cuni suoi reclami ne V uno nd V altro gli avrebbero dato mai comiKsnso : vedi 
nel Carteggio del Nunzio Aldobrandini Lett.* di Roma del I" 7bre IGOO e 24 
lObre 1004; e Lett." di Napoli del 2\ genn. IGUo. Suo fratello parrebbe che 
fosse stato quell* « Appio Brundusio Fundano filosofo e medico preclarissimo » 
il quale diresse ad Antonio Serra V economista alcune poesie che si leggono in 
fronte air opera di costui intitolata: Delle cause che possono far abbondare gli 
Kegni d' oro et d'argento, Nap. 1613. 



— 241 — 

senza qnesto titolo, che anzi in qualche decretazione figurd il Car- 
dinale Arcivescovo Gesualdo, e il nuovo Vicario generale Alessan- 
dro Graziano. Un notevole elenco di testimoni fu dato da fra Pietro 
ed anche dalFAdiraari, e questo riesce di molta importanza per noi. 
Oltre i frati, D. Francesco Castiglia, il carceriere Martines e il 
sottocarceriere Antonio Ettorres (sic)^ vi figuravano pure Francesco 
Gentile, Geronimo e Gio. Pietro Carapanella, il Marrapodi, il Co- 
nia, rAdimari medesimo (dato da fra Pietro); Geronimo Baldaia, 
Marcello Salerno: il Notaro Prezioso, che dovea fame la ricerca, 
scrisse i nomi di questi ultimi, eccetto quello di Gio. Pietro Cam- 
panella forse per dimenticanza, e vi segno a lato il rispettivo do- 
micilio, onde si legge, « Geronimo Campanella 6 in Stignano, Ge- 
€ ronimo Conia k Castellovetere, Camillo Adimari b d'altomonte non 
4c si sk dove sia » etc; quanto a Francesco Gentile si legge, « 6 stato 
carcerato e liberate, non se sape dove habita », e poi, « k mezzo 
4c cannone alia banda de la fontana, sagliendo ad alto passata la fon- 
4c tana > ( una via di Napoli molto conosciuta). Raccomandando al- 
Tattenzione de'lettori qnesta notizia sul Gentile di cui avremo ad 
occuparci piil in la, osserviamo per tntti i calabresi suddetti che 
erano gi^ liberi nel tempo in cui fu scritta dal Prezioso quella li- 
sta, ed anche 1' Adimari era liber o, onde aggiungevasi quest' altro 
motivo perchfe la sua querela rimanesse abbandonata : il processo 
della congiura era dunque finite per essi prosperamente, nfe il S.*® 
Officio avea posta Vempara per quelli che aveva esaminati in ma- 
teria di fede , vale a dire Marrapodi , Conia, Adimari e d' altra 
parte Geronimo Campanella, sicchfc avea lasciato cadere le impu- 
tazioni dapprima accolte contro di lore. Ma la data in cui fu scritta 
la lista del Prezioso non fe determinata; si pu6 solamente dire che 
dovfe essere scritta tra il febbraio e I'aprile 1602, e per6 tale sa- 
rebbe la data approssimativa del rilascio della maggior parte di 
que'carcerati, mentre sappiamo che taluni di loro, come il Baldaia 
ed anche il Salerno, erano liberi da un pezzo; difatti dobbiamo ri- 
tenere essere stata scritta la lista quando trovavasi ancora in ufficio 
il Martines, che dal processo sappiamo aver patita Y esonerazione 
in maggio, mentre poi il processo fu avviato realmente nel mese di 
niarzo, e continuato a riprese in luglio, agosto, settembre e no- 
vembre. Dapprima , il 13 e 19 gennaio , fu esaminato fra Pietro 
Ponzio per lo svolgimento della denunzia presentata; di poi si at- 
tese fino al 6 marzo per esaminare il Soldaniero, il quale gik tro- 
vavasi fuori carcere e ad ogni mode pervenne a giustificarsi , af- 
fermando che nella rissa si era limitato a dividere i contendenti, 
e che in Tropea non era stato scomunicato lui ma un Camillo di 
Fiore al quale egli era subordinate; inoltre il 7 e 19 marzo furono 
esaminati quali testimoni fra Pietro di Stilo e il Petrolo, che con- 
fermarono i fatti asserti nella denunzia, e gl'illustrarono fornendo 
tutti i particolari sopra esposti. Si effettud poco dope la pace tra i 
Ponzii e il S.^ Croce, e cestui, assolto dalle censure, venne quindi 

AmabiU'^T. Campanilla, Vol. II. 31 



L 



esamiuato intomo alia rissa {28 marzo), nella quale alTermd aver 
presa parte solo per dividere i contendenti, ed essere la ferita di 
fra Dionisio imputabile non a lui ma al Solclaniero. Dopo quests 
esame il processo riniase lungamcnte interrotto, n6 venne ripigliato 
che acorsi quattro altri mesi, nel lugHo; dobbiamo dunque ancbe 
noi inteiTomperne I'esposizione. 

Dicevamo cho il tribuQale non credfe di dover ritardare la sp* 
dizione della causa principale per qualsiasi motivo, e difatti il 19 gea? 
naio 1602 ordind che fosse coudotto alia sua presenza fra Dioni^ 
sio, e gli assegnd un tennine preciso e perentorio di altri 15 giorni 
per fare qualunque difesa se volesse fame ; e fra Dionisio espoai 
che non aveva Awocato, e che gli occorreva la copia delle difess 
sin allora fatte. Nel giorno medesiino tenne lo stesso procedimento 
col Petrolo, col Lauriana, con fra Pietro di Stilo, con fra PaoI<^ 
col Bitonto, chiamandoli in massa alia sua presenza, e non new- 
dando che fra Pietro di Stilo aveva giA da un pezzo rinuazialo alls 
difese. — Ma il 26 gennaio fra F'aolu e il Bitonto presentarono egual- 
mente la loro rinunzia e dimandarono di essere spediti secondo gli 
Atti del processo che ritenevano legittimamente compilato, dicendua 
poverissimi ed innocentissimi , cruciati da lungo cai-cere « per b 
« tentata ribellione pretesa e figurata in aria, con riverenza, e per 
< r eresia »: lo stesso poi fecero, il 29 gennaio, il Lauriana o il 
Petrolo , dicendosi del pari innocenti , innocentissimi , cruciati d» 
lungo carcere e 1' ultimo di loro ancho da un lungo tormento. U 
tribunale allora, il 31 gennaio, cito quest! frati compreso fra Pifr 
tro di Stilo , ed il loro Awocato Stinca e Procuratore MontelU] 
perchfe dopo di essere stata intimata tale citazione venissero suUe 
19 ore (verso mezzogiorno) alle case de' Giudici, per dire cd allo^ 
gare su' capi spettanti al S.'° Officio cio che volessero, tanto a vooe 
che in iscritto, nel diritto e nel fatto; e T intimazione fu esef^uiUi 
il 2 febbraio. Gortaraente non si potfe fare lo stesso con fra Diooi- 
sio, poichfe bisognava prima fornirlo de' documenti ciie gli manes* 
vano e che egli aveva indicati al tribunale per poter fare le sue 
difese; e cosi forse accadde di dover procurare dall' altro tribunatsi 
la copia deir esame di Cesare Pisano innanzi alio Sciarava, coiHft 
che trovasi inserta nel processo tra gli Atti del tempo al qnai*' 
siamo giunti, senza saperne il motivo {a). * 

Deliberavasi intanto r« abilitazione » del Soldaniero, e il 12 fefc- 
braio, fattolo venire alia presenza de' Giudici nel palaz/.o del Nu» 
zio, lo si avverti che dovea tenore per carcere la citt4 di Napoli^ 
in guisa da non poterne partire senza licenza ottenuta da' Giudici 
in iscritto, sotto pena di D.' niille in bcneficio del fisco apostoUco; 
e il Soldaniero si obbligo alia detta pena dando in garanzia tutti 
i suoi beni, ed indico qual suo domicilio V alloggio di Lucrezia la 
Iwttegaia alia CaritA. — Ma i frati giA avevauo concertato di far 

(a) Ved. Doc. 408, pag. 507. 



cadere interamente sopra di lui la responsabilita delle scritture di 
sortilegio, e senza alciin dubbio si diedero premura di far accedere 
anche Felice Gagliardo al loro disegno, Cosi, fin dal 2 febbraio, 
fra Dionisio potfe presentare al tribanale una Dichiarazione in que- 
sto senso, scritta da Felice Gagliardo e da fra Giuseppe Bitonto, 
a' quali si aggiunse inoltre fra Pieti'o di Stilo e fine ad un certo 
punto anche il S.*^ Croce : costoro, pin o meno, dichiai-avano che 
alia ioro presenza, mentre stavano suUa loggetta del Castello e il 
Bitonto portava la sua cassa nella camera di fra Dionisio, Giulio 
Soldaniero lo avea pregato di conservargli certe sue scritture d'im- 
portanza, le quali erano chiuse e suggellate, e il Bitonto per fargli 
servigio aveva aperta la cassa e rinchiuse in essa quelle scrittu- 
re (a). II Gagliardo, che n' era state per lo meno il copista insiemo 
col Bitonto, con la solita disinvoltura aggiunse nella dichiarazione 
sua, che quando il Soldaniero, dopo la rissa, fece istanza al luo- 
gotenente e sergente del Castello perchfe procedessero arl una ri- 
cerca di carte presso fra Dionisio, disse a lui Gagliardo, « non du- 
« bitare, ch' io cilo carricata (int. ce I' ho caricata) a fra Dionisio, 
« et adesso si che lo faro bruggiare, perche quelli scrittut-e che me 
« vedesti porro in quella cassa sono pieni di negromantii'* et, d' in- 
« vocatione di diavoli, et sara il complimento della sua rovina, et 
« poco li gioveranno le defensione sue ch' ha fatte ». Quanto al 
Bitonto, si capisce che cadendo su lui la responsabilitA prineipale 
in questa faccenda , avea tutto 1' interesse di fare e di procurare 
che altri facessero simili dichiarazioni : fra Pietro di Stilo poi vi si 
prestava gentilmente nell' interesse di tutti i frati, e si vede bene che 
i corauni pericoli aveano in lui cancellata ogni traccia della ripu- 
gnanza che avea sempre sentita per la persona di fra Dionisio. A 
questi tre venne ad aggiungersi ancora Orazio S.'" Croce, il quale 
per altro attesto solamente di aver veduto il Bitonto portare la sua 
cassa in camera di fra Dionisio e 1^ deporla: con ogni probability 
egli dovfe rilasciare questa dichiarazione, del resto veridica, a fine 
di cattivarsi i Ponzii co' quali gli premeva di far la pace, che difatti 
fu segnata tra loro nel aeguente mese e gli procuro 1' assoluzione 
dalla scomunica in cui era ineorso. Fecero da testimom nell' anzi- 
detta dichiarazione il Curato o il Sagrestano del Castello, D. Ga- 
spare d'Accetto D. Francesco della Porta, inoltre il sergente 
Alarcon e due altri: essi certidcarono le firrae de' dichiaranti, ma 
solo quelle de' primi tre, la qual cosa dji motivo di ritenere che 
il S.^ Croce dovfe intervenire piii tardi. 

E si ebbero finalmente le scritture che si aspettavano, verso il 
20 febbraio. A questa data, secondochfe si logge nella prima carta 
del volume in cui quasi tutte furono riunite come allegati, D. Juan 
Lezcano, segretario di S. Eccellenza, partecip6 a! Vescovo di Ca- 
serta che S. E. aveva ordinate a D. Giovanni Sauces di coase- 



(a) Ved. Doe. 415, pag. 519. 



— 244 — 

gnare a S. S.** R."* le scritture trovate nella cassa di fra Dioni- 
sio Ponzio, ed insieme con esse una relazione di Marcello Barrese 
sul come erano state trovate. Questa relazione o non fu fatta , o 
non rimase nel processo, cid che riesce piii probabile ; ma le scrit- 
ture furono consegnate tutte , per quanto fe lecito giudicare dagli 
Atti processuali che ne trattarono , comprese quelle trovate fuori 
la cassa , ed esclusa soltanto la lettera trovata chiusa presso il 
Campanella, della quale non si fece mai piu parola. Alcune ven- 
nero senz'altro inserte tra gli Atti, e queste furono: la lettera di 
Sertorio del Buono a fra Dionisio, le quattro lettere di fra Pieirc 
di Stilo a diversi, e la dichiarazione di Felice Gagliardo a favore 
del Bitonto circa le cose che avea deposte in materia di ribellioiw 
(ved. pag. 231); quest' ultima scrittura, se i Giudici , e segnata- 
mente il Nunzio, fossero stati pin teneri del loro dovere, avrebbe 
dovuto essere trasmessa al tribunale della congiura, ma invece ri- 
mase nel processo delF eresia. Tutto le altre scritture , divise in 
due gruppi , vennero sottoposte al giudizio del P.® Cherubino Ve- 
ronese Agostiniano, Teologo qualificatore della Curia Arcivescovile; 
nel P gruppo si contenevano quelle che sappiamo essere state tro- 
vate nella camera di fra Dionisio o presso gli altri frati, e pero 
imputabili piu o meno a' frati ; nel 2^ gruppo si contenevano quelle 
trovate presso il Gagliardo , secondoch6 rilevasi dal processo , e 
tale distinzione , fatta sin da principio , mostrerebbe che ci dove 
essere la relazione del Barrese, quando le scritture furono cx)nse- 
gnate. Vedremo che al 2^ gruppo si aggiunse ancora un' altra scrit- 
tura, composta dal medesinio Gagliardo nientemeno mentre il tri- 
bunale procedeva agli esami su tale argomento ; e poi si formo inol- 
tre un 3" gruppo con le scritture appartenenti del pari al Gagliardo, 
trovate quando egli era rinchiuso in Castello dell' ovo e consegnate 
piu tardi dal Castellano D. Melchiorre Mexia de Figueroa. Cosi il 
Padre Cherubino ebbe a fare tre relazioni successive, le prime in 
data del 15 e del 17 marzo, e questa con una aggiunta, la terza 
in data del 24 aprile; le scritture furono messo insieme in un vo- 
lume col titolo « Scritture o Segreti manoscritti proibiti trovati nella 
« cassa di fra Dionisio Ponzio in Castel nuovo con le relazioni del 
« Rev."^® Teologo suUe loro qualita », mentre non tutte erano state 
trovate in Castel nuovo e nella cassa di fra Dionisio, e gia sapevasi 
che la cassa non apparteneva a fra Dionisio ma al Bitonto. 

Innanzi di procedere oltre, importa dar conto di tali scritture 
ed anche della qualificazione espressa dal P.*' Cherubino su quelle 
che egli ebbe ad esaminare. Cominciamq dalle scritture inserte im 
mediatamente tra gli atti del 4** volume del processo, e dapprima 
dalla lettera di Sertorio del Buono di Fiumefreddo in data del 9 lu- 
glio 1601 (a). Cestui rilevasi un amico affettuosissimo di fra Dio- 
nisio e del fratello Ferrante , dal quale avea pur allora riceMito 

(a) Ved. Doc. 410, pag. 509. 



— 245 — 

canzonette spagnuole (anche Ferrante era virtuoso in poesia), e pro- 
mette una fede del Clero di Fiumefreddo in favore di fra l)ionisio, 
la quale difatti giunse e trovasi in questo volume del processo che 
non brilla per I'ordine date a'documenti in esso contenuti: spera poi 
ardentemente la liberazione di tutli, manda un abbraccio al P.** fra 
Pietro « et alF amico », ricorda « la nativity » e promette « alcuna 
cosella >; sulla soprascritta si dice quella lettera « data in potere 
della S." Donna Ippolita cavaniglia al castel nuovo ». Vedremo 
che fu poi dichiarato essere appunto il Campanella 1' amico , dal 
quale il Del Buono si aspettava che consultasse Y oroscopo e dosse 
la nativita di un suo figliuolo; ^ vuol essere intanto notato il nome 
di colei alia quale era raccomandata la lettera, D. Ippolita Cavani- 
glia, pietosa Signora die troveremo esaltata nolle poesie del Cam- 
panella come sua grande benefattrice , onde avremo ad occuparci 
di lei debitamente. — Passiamo alle quattro lettere di fra Pietro di 
Stilo (a). Esse risultano scritte con la data del 3 agosto e dirette 
tutte a Stilo, alia Sig/^ Giulia Prestinace sorella di Gio. Grego- 
rio (ft), alia Sig/* Porzia Vella suocera dello stesso, a Suora Fran- 
cesca Prestinace monaca di S.^* Chiara altra sorella, ed al P.® Do- 
menico Caristo vecchio frate ed amico comune. In sostanza, piil o 
meno, con parole coperte e sentenze curiose vi si ammonisce che 
r amico (Gio. Gregorio Prestinace) non si fidi nelle assicurazioni del 
fratello, partite da Napoli credendo « di haver effettuato ogni cosa 
k loro sodisfattione »; aspetti che la forgiudica sia tolta , la qual 
cosa solamente il giudice Marc' Antonio di Ponte puo sapere quando 
accadrA, e non si piglino « viziche per lanterne » ma si ascoltino 
€ li consigli delli mal patiti »; e badi 1' amico « che con vane spe- 
ranze se ne ritorni alia patria » e pensi che vi sono nemici « et 
massime nci fe illoco Giuda Scarioto » (forse Giulio Contestabile), 
e che nel Castello « ci sono emoli . . quali non cessano dalla loro 
anticha perfidia » (certamente Geronimo di Francesco come fu poi 
dichiarato), e finita ogni cosa ne dara avviso « et allora 1' amico 
potr^ far la sua risolutione di appresentarsi ». Contemporaneamente 
vi si d^ speranza di prossima fine della causa con buon esito, perchfe 
il Campanella ha vittoriosamente superato un grosso tormento e deve 
averne un altro , e fra Dionisio pure dovra averne un altro per 
le scritture di segreti che si scoversero, ma un altro ne avr4 anche 
il Petrolo, e su cestui non si puo contare come su' due primi , e 
per6 bisogna stare a vedere: questi concetti che esprimono i giudizii, 
le speranze e i timori, senza dubbio divisi dallo stesso Campanella, 
meritano di essere testualmente conosciuti. Fiero del suo fra Tom- 



(a) Ved. Doc. 4H, pag. 510. 

(b) Questa Sig." Giulia fu poi moglie del medico e filosofo celebratissimo 
a' tempi suoi, Francesco Leotta, di cui fanno menzione il P.* Fiore, il P.* Elia 
de Amato etc. etc. Nella Numerazione de'/uochi di Stilo, fasc. del 1630 si legge: 
< n.« 411. Dott.' Francesco Leotta (assente nella citt^ di Roma); Giulia Presi- 
nace moglie a. 62 » (con due serve). 



— 246 — 

maso per Tottima prova da lui data, alia Sig/*^ Giulia fra Pietro 
dice : « Campanella hebbe quaranta hore di tormento chiamato vi- 
€ glia, che fe stupir il mondo, et basta la ft piu di ua lione sea- 
€ tinato , et speramo haver purgato le cose della inquisitione ; a- 
€ dosso aspetta un altro tormento di polledro chiamato , pessimo 
« tormento, quale sostenuto Campanella serk assoluto da ogni cosa, 
€ per tanto vidiamo {int. aspettiamo a vedere) questo fine, de piu 
€ si hk di tormentare fra Dionisio per li secret! adesso si sebbero 
€ {int. le scritture di secrcti che adesso si seppero) et si scoversero 
€ per vere, et si i questi dui non temeti come huomeni di honore, 
€ che diremo di fra Domenico di Stignano, quale rovino tutta que- 
€ sta causa , quale hara di avere uno grave tormento ? » E alia 
Sig." Porzia: « Campanella dopo lo tormento di quaranta ore, so- 
€ stenuto valorosamente come leone, si dice per verissimo che in 
€ materia di ribellione lui et fra Dionisio haranno k esser tormen- 
€ tati un'altra volta et assoluti da ogni male, al che non dovemo 
« certo dubbitare, lo dubbio fe che ha di esser tormentato frk Do- 
€ menico petrolo, rovina della causa si bene si hk ritrattato, et per 
€ questo hk di esser tormentato, et per 1' esperienza fatta non li 
« dovemo haver credito ». E a suora Francesca: « Campanella. . . 
« queste settimane passate sostento uno horribile tormento di qua- 
« ranta ore non senza grande honor suo et bene quanto alia in- 
« quisitione; ben presto per materia di ribellione hara un altro po- 
« chetto di tormento insieme con fra Dionisio, quali dope questo 
« tormento saranno liberi et assoluti omnino da tutte le cose pre- 
€ tenze, et di questo non teneti dubbio; lo dubbio 6 che hi di esser 
€ tormentato fra Domenico petrolo di stignano, del quale la per- 
« sona puo dubitare et deve assai per la sua mala riuscita et paz- 
« zia, ma piu tosto vilta che iniquita ». E si adopera sempre a 
confortare ognuno, ed appunto a suora Francesca , dopo di avere 
con delicata attenuazione parlato del < pochette di tormento » da 
doversi sostenere da'due principal! inquisiti, scherzosamente dice che 
al suo ritorno le dara gran penitenza, perche non ha pregato Dio 
per lui: confortatore egli che avrebbe pure avuto bisogno di con- 
forto , quantunque ignaro che un tormento era riserbato del pari 
alLi persona sua, questo frate dabbene non puo non destare la piu 
viva simpatia. Pertanto interessa notare que'suoi giudizii sul Pe- 
trolo, giudizii assolutamente confidenziali e quindi schietti: il Pe- 
trolo t"* diohiarato da lui non gia inventore delle cose di ribellio- 
ne, ma uomo di mala riuscita e di niuno accorgiraento. vigliacco 
piuttosto che iniquo. — Circa la dichiarazione rilasciata da Felice 
Gagliardo in favore del Bitonto abbiamo poco da dire: essa risulu 
soritia in data del 5 giugno \i\^M , od olire la drma del dichia- 
rante reca quoUa, scioocamonio vorgata, del Curaio del Castello, 
eil anche quelle deMue clerici assistenii la Chit?sa, Come abbiamo 
giA esposto altrove, il Gagliardo con es^i nogava di aver detto ci6 
che trovavasi da lui deposto contro il Bitonto in materia di ribel- 



Hone: ed afferma che fe falsi(,A « falsamente posta, con reverenza, 
da quolH che faeeano il propesso ■» ! 

Veniamo alle scritture costitucnti il volume di allegati e qua- 
lificato dal I'/ Chorubino. Cominciando da quelle del 1" gruppo 
appartensnti a' frati o attribuite a' frati, si ha in primo luogo la 
cosi detta Clavicola di Salomone in molti fogli e con la seguente 
nota: « fatta esperientia per il Re di franza, per il Gran Duca di 
« fiorenza et altri Signori , at hoggi in questo Regno un solo la 
« tiene et il Prencipe di Conea sta dando opera di far tal arte » (a). 
II carattere di tale scrittura non 6 da per tutto uniforme, sia per 
essere stata copiata in piii volte, sia per essere stata copiata da di- 
vers! individui: vedremo che il S.'^Croce, niolto competente, la disse 
di mano del Gagliardo, ma coBtui la disse in parte di mano sua 
e in parte di mano del Bitonto, aveudo entrambi alternatamente la- 
vorato per quella copia, e cosi confermd pure in punto di morte, 
aggiungendo che ne aveano avuto 1' originale da Cesare d' Azzia 
egnalmente carcerato, ed aveano data quella copia a fra Dionisio 
perch6 la conservasse nella camera sua, dove poi fu trovata. II P.' 
Cherubino, nel qualiiicarla, riconosce che 6 una copia, o raramenta 
che neirindice Romano allora stampato essa fe notata nella prima 
claase delle opere proibite di autori incerti , risultando dichiarati 
veementemente sospetti di eresia colore che la leggono, la posseg- 
gono e si servono delle cose in essa contenute, e formalraente ere- 
tici coloro che credono verc le cose in essa inseguate. Si hanno 
poi diverse scritture di minor mole che recano quasi sempre scon- 
giuri, per trovare un tesoro, per rintracciare un furto, per avere 
uno spirito in forma di cavallo , per renders! invisibilo etc. etc. 
sovente tratti dalla Clavicola di Salomone; per taluna di esse po- 
trebbe dirsi che sia stata copiata dal Bitonto, ma generalmento il 
carattere 6 quelle del Gagliardo, e il P." Cherubino appone ad ognuna 
il « sapit haeresim manifeste ». Inoltre si ha un opuscoletto sulla 
musica evidentcmente di mano del Pizzoni , riraasto in potore di 
qualcuno de' frati (i). Ancora un grosso fascicolo con raoltissime ri- 



{a) 11 Principe di Conca, di cui '{ui si parla, non patrcbb' ossore allri cfae 
(juel Miittoo di Capoa, « grande Ammirante dol Itogno » fin dal 1597, cav." del 
i'oson d'oro elc. clie nfabiamo visto tostimone a carico di ColantoDio Stigliola 
nel proeeaso che eostai ebbe dal S." Officio (confr. vol. 1", pag, 95 in nota). 

(i) Qiiesto opuscoletto, di carte 1 1 '/, non niiraerato, comineia coal : « Pitha- 
goram, oiun oeoiiltam mnsices rationeni adrairatum esse legeretur, et ei fabroram 
malleia Juxta pondera invcniase : eumdem quoque ad bomiimra natalcs et genitu- 
ras descondisso videtiir. Iileoijiie hominis partum vttalem easo, quum armanias 
explesse (?) videtur: perfectiorera vero noniraestrem, no quod pluribiis simpho- 
niis confectum esse dicitur (?) : soptimestris igitur ideo arittonicus, qimm id tem- 
pns ex trjginta quinquo (?) per senarium ductum constat. Triginta quinquo vera ei 
aonoris numeria coliigitiir, quibua homo formatur in utora. Nani primia aex diebua 
semen ul lac decoquitur, scquenlibua octo enibcscit in sanguineia: aubaequen- 
tibtis 9 fit caro; postremis ^2 organizatur et in hominem formatur. Vado per 
armoQwa tnuuit. Nam a primis aex ad octo Diatesaeron sat : et ad Qovem CiA- 



— 248 — 

cette e « percanlazioni » curiose; per non far dormire alcunii per 
non esser preso, per far divenire zoppo un* cavallo, per indurre di- 
scordia, per sciogliere un ligato o per chi non potesse stare con la 
moglie etc., tutto di mano del Gagliardo e qualificato dal P.'' Che- 
rubino nel solito modo; alia fine poi di questo fascicolo si trova 
una poesia in dialetto calabrese distinta in due parti col titolo di 
4C Amorosa » e « Partenza » , di mano del Gagliardo e con ogni 
probability di sua composizione, non vista o non curata dal Notaro 
e dal P.® Cherubino. Sono 24 stanze, alcune sufficientemente belle, 
e giover4 riportarne un saggio per conoscere le quality deU' auto- 
re. Deir € Amorosa » scegliamo le seguenti: 

• 

« Quandu ti viju a sa fenestra stari 
mi pari in celu un Angela vidiri 
e poi mu ti viju amacciari {a) 
mi piglu pena afl'annu e dispiaciri 
ca chi raggiuni non mi voi parlari 
chi ti haiju fattu lu vorria sapiri 
poi ca lu mancu non mi voi guardari 
fingi chi non mi vidi o non fuijri (b), 

Volsi provari lu luntanu stari 
forsi di menti mi potovi usciri 
I'amuri a autra banda volsi dari, 
e ijri arrassu per non ti vidiri 
st* afflittu cori dissi nun lu fari 
non ti scordari di lu ben serviri 
milFanni mi paria lu riturnari 
cara patruna mia per ti vidiri. 

Si vidi un* ursa in silva tetra et scura 
aspra silva ggia, mansueta fari 
si vidi un scogliu et una pctra dura 
spissu cadendu V acqua arrimollari 
e vui chi siti humana creatura 
non vi potiti cu piantu placari 
eccu chi siti ingrata di natura 
essendo amata non voliti amari ». 



pente : et ad duodecim Diapason: ox quibus triginta quinque conflantnr: cai si 
denarium adas, qucatraginta quinque conticies; quem si per senarium ducas cf- 
ficies 270, quem numerum, si in menses dividas, novera menses faciunt Dena- 
rium si per unum, duo tria et quatuor dividas totum decern faciunt: si bina- 
rium ad unitatem comparabis Diapason videbis : Ternarius ad binariam Dii- 
pente : Quaternarius ad ternarium Diatessaron : o contra vero Quatornarius ad 
unitatem His diapason : Ternarius ad unitatem Diapason cum diapente. Qnae 
cum plures sint, nonimestris vitalis erit: Octomestris vero cum nullas istas ha- 
beat proportioiics, immusicus est, et non vivet quod in oo nascitur mense. «i 
clarius in hoc excmplo schematis hujus patet ». Segue una tavola schematici, 
che lasciamo, come tutto il resto, anclie perohtj hi scrittura riesce di una lezione 
molto difficile; vi scapitcranno solamcnto i Musici e i Fisiologi, che avrebbero 
forse visto con piacere accomunati i piii sublinii principii dolle rispettive discipline- 

{a) Pare die debba leggersi: « a mucciari > che vuol dire « a nascondere >: 
ma Ci scritto « amacciari >. 

(fj) Veramente 1* originale dice : « fingi chi mi vidi » etc.; ma uon andrebbe 
nd ii sense n^ il verso. 



— 249 — 

E queste altre della « Partenza » : 

« Cori mi partu e mi ndi vogliu ijri 
restati in guardia dilu miu sustegnu 
e di lu pettu so mai ti partiri 
ch' in cambiu la sua imagini mi tegna 
avisami per via dili suspiri 
si ilia ti tratta cu amuri o cu sdegnu 
6 si canusci chi mi ha da tradiri 
ijetta un suspiru chi subbito vegnu. 

Quia d' argentu cinta di ligustri 
pettu chi si la bianca nivi equali 
bucca suavi chi parlando mustri 
vivi rubini e perni orientali 
occhi sireni piu di un suli lustri 
» 

Ma ci6 basta per mostrarci Tingegno e la fantasia del Gagliardo. 
Finalmente tra le scritture di questo gruppo si ha un libretto co- 
perto di pergamena , contenente le poesie raceolte da fra Pietro 
Ponzio, composte dal Campanella: esse si veggono, con un princi- 
pio di dedica, indirizzate da fra Pietro al Sig/ Francesco Gentile 
patrizio genovese, e ci danno un quadro de'pensieri, delle azioni, 
della vita intima del Campanella nel carcere fino al 2 agosto 1(501, 
vale a dire fino a 2 rnesi dopo la veglia, laonde meritano di es- 
sere diligentemente considerate ed illustrate; noi I'abbiamo gik fatto 
in parte e seguiteremo a farlo piu in la, limitandoci per ora a no- 
tare che il P.® Cherubino le qualifico in latino ed italiano « Car- 
« mina in laudem et improperium multorum, ad amorem allicien- 
4c dum ; in quibus sunt multa quae videntur sapere idolatriam. 
« Scrive a la donna da lui amata chiamandola Sommo bene. Dicte- 
4C ria multa, quae videntur sapere libellum infamatorium ». Deci- 
samente il P.** Cherubino era disposto a trovarvi il peggio possi- 
bile. Dobbiamo poi aggiungere che in questo gruppo di scritture si 
sarebbe dovuto avere anche quella trovata nel reveglino del Ca- 
stello, sotto la finestra del carcere del filosofo, gettatavi dal fra- 
tello Gio. Pietro al memento in cui venivano gli ufficiali in cerca 
di scritture; ma essa non vi si trova, non essendo stata aggiunta 
alle altre inviate al P/ Cherubino e nemmeno inserta puramente 
e semplicemente nel processo, mentre senza dubbio fu dal Sances 
trasmessa a'Giudici del tribunale di eresia, nolle cui mani si tro- 
vava il 6 marzo 1602, quando fu esaminato il sergente Alarcon! 
La scomparsa di questa scrittura merita di esser notata, ma non 
si pud interpetrarla in mode plausibile, se non ammettendo in qual- 
cuno de' Giudici, o de' loro auditori e segretarii, il gusto di pos- 
sedere un' opera filosofica del Campanella, giacchfe con la scoria 
deirunico cenno datone nell'esaminare 1' Alarcon si rileva che tale 
era detta scrittura. Vedremo infatti tra poco registrato in questo 
esame che essa, composta di 32 fogli, in carattere minuto e senza 
coperta, cominciava con le parole « Per che teco menare la vita 

AmabiU^'T. Campanrlla, Vol. II. 32 



non posso », e flniva con le altre, « ma che ne fece poi voi lo sa- 
pete »; donde si rileva rhe trattavasi delle due prime parti del- 
VEpilogo di filosofia, edito poi in latino dall'Adami nel 1623 cot 
titolo di Philosopkia realis epilogistica: e ci rimangono tuttora due 
copie manoscritte, nelle quali si leggono appunto le delte parole, 
ma di cio parleremo piil opportunamente in altro luogo di qnesU 
narrazione. Qui vogliamo soltanto notare che se i Giudici avessen) 
avuto un vivo Sentimento del proprio dovere, senza dubbio si sa- 
rebbero guardati dal lasciar perdere una scritlura, nella quale fin 
da' primi vei'si e da'prinii capitoli si trattava di Dio, di Dio cre» 
tore e della Provvidenza Divina, mentre il Campanella era stato in- 
colpato di ateismo oltrechfe di eresia: d' allra parte dobbiamo notart 
che il Sances e il Govemo Vicereale, nelle cui mani venne dapprv- 
ma la detta scrittura, ebbero sicuramente ad avvertire clie il Cam- 
panella era tutt' altro che pazzo , mentre si trovava occupato itt 
un' opera simile. 

Ben poco ci tratterranno le scritture del 2° gruppo, apparta- 
□enti esclusivamente al Gagliardo presso cui furono rinvenute. Una 
sola, in lingua latina, rapprosenta una breve consultazione o me- 
glio istruzione di uq dottore intorno al valore gjuridico della lor- 
tura, che 6 dichiarato potentissimo con FautoritA di Alberico e ^ 
Farinacio e con I'appoggio di qualche caso pratico atto a far ve> 
dere che la tortura immoderata, riuscendo negativa, giova sempi» 
anche al delitto principale malgrado la protesta del dtra prejvtdv- 
cium 'prdbatot'um, poichfe il Giudice nmane obbligato a punirlocM 
pene mili: vedremo poi come il Gagliardo profitto moltissimo ifi 
tale istruzione. Le rimanenti scritture, quasi sempre di una sol>. 
carta ognuna ed anche costituite da piccole cartoline, mostrano tw 
lora seraplici ricette e disegni astrologici , talora segreti e 80rti*> 
legi. Vi sono ricette per fare lo stagno, la tintura d'oro, uu'acqttl' 
mirabile per la vista; vi sono figure di circoli e pianeti, e il P.^ 
Cherubino per queste come per la scrittura precedente dichiai*, 
« nihil contril tidem ». Vi sono d'altra parte segreti molto spessd 
ad amorem, con oscenita da non potersi ripetere, scongiuri, evo^' 
cazioni, divinazioni; una scrittura tra le altre reca il disegno d}'! 
una mano a grandezi^a naturale, in piii punti della quale son segoatft 
certe parole, e qua e lA, invocazioni di demonii, abuso di nomi st> 
cri etc.; per tutte queste scritture il P.^ Cherubino dice « !;apiuill 
haeresim manifeste ». Tali furono le scritture dapprima raccolte) 
alle quali altre se ne aggiunsero ma un po' piu tardi. 

Ripigliamo ora la narrazione deilo svolgimento ult«riore 
processo, II 1" marzo 1G02 il Card.' di S.'' Severina scriveva 4' 
Vescovo di Caserta (o), che avendo fra Bionisio presentato meaur' 
riale, con cui esponeva essergli stale tolte dagli ufficiali Regii IC 
scritture della sua causa , ed essere state trovate in camera 



(a) Ved. Doc. 409, pag. 509. 



- SM - 

scritture cattive appartenenti al Bitonto, delle quali doveva rispon- 
dere il Bitonto e non esso fra Dionisio, S, S.'" avea ordinato che 
si procurasse di ricuperare le serittin'e delle cause di S.'" Officio, 
e che si pigliasse la debita informazione contro il Bitonto od altri 
colpevoli per quelle scritture c!ie risultassero cattive. In verita, 
come abbiam visto, il tribunale avea gik pracurato di ricuperare 
quelle scritture, ed anzi le area ricuperate fin dal 20 febbraio: 
solo non si era dalo pensiero di restituire a fra Dionisio le scrit- 
ture della causa, nfe glie le restitui flno a quando non ebbe ad esa- 
minarlo sull'incidente. Ma dietro Tordine venuto da Roma, procedfe 
subito air informazione prescritta, e dal 6 marzo ai l''maggio esauri 
gli esami sulle scritture gia raccolte e su qualche altra aneora pre- 
sentata durante V informazione ; al tempo medesimo non lascio di 
provvedere intorno alle ultima difese che avea da fare fra Dionisio 
nella causa principale, tollerando che il termiae accordatogli fosse 
gik scaduto. Diremo dapprima dell' informazione presa sopra le 
scritture. 

II 6 e 7 marzo, e poi il 19 il 21 e 22 dello stesso mese, quasi 
sempre innanzi al Vescovo di Caserta, al Vicario Curzio Palurabo 
e all'Auditore Peri, si venne agli esami de'testimoni e degl'inte- 
ressati. Nella prima seduta del 6 marzo, si comineio dall'interro- 
gare il sergente Francisco Alarcon (a), il quale narrd minutamente 
la causa ed i particolari della ricerca fatta dal tenente del Castello 
e da lui nelle camere di fra Dionisio, di fra Pietro Ponzio e del 
Campanella; parlo in generate di scritture trovate all'aperto, presso 
fra Dionisio e presso fra Pietro , e della cassa di pioppo che ne 
conteneva altre, le quali poterono prendersi dal Castellano dopo di 
avere avuta la chiave da un allro frate, a cui, secondo fra Dio- 
nisio, quella cassa apparteneva. Disse che tutte le scritture furono 
portate al Castellano e da cestui trasmesse al Vicertl Conte de Le- 
mos bona raemoria, che egli non aveva nemmeno viste le scritture 
trovate dentro la cassa, ed aggiunse, « se io vedesse quella scrit- 
« tura ritrovata al reveglino tra le due porte, menata, per quanto 
« si potte sospt^ttare da me et dal tenente, dal fratello di frA tho- 
« niaso, la riconosceria, 1' altre non mi conrideria di conoscerle »; 
aggiunse aneora che, dopo la pacificazione di fra Dionisio col S.'* 
Croce e col Gagliardo dentro la Chiesa del Castello innanzi al P." 
Cura chiamato D. Gaspare d'Accetto, egli come testimone avea sot- 
toscritta una carta nella quale si dichiarava che fra Dionisio non 
avea colpa in quella faecenda delle scritture. E mostratagli la scrit- 
tura di 32 fogli che cominciava con le parole « Per che teco me- 
« nare la vita non posso », e finiva con le altre « ma che ne fece 
« poi voi lo sapete », disse, « questa mi pare la serittura che fu 
€ trovata al reveglino tr^ le due porte, che risponde ala fenestra 
< deia carcere del Campanella, che si sospett6 che fusse stata but- 



(a) Ved. Doc. 417, pag. 521. 



butr^H 



— 252 — 

€ tata dal fratello del Campanella, et mi pare alia lettera minuta, 
€ fe che non ci era coperta, pero quello che si contenga in detta 
€ scrittura non lo so perche non Iho letta ». — Si passo quindi al- 
Tesame di fra Pietro di Stilo {a) e mostrategli le 4 lettere che gli 
appartenevano, disse die erano state scritte di sua niano nella ca- 
mera di fra Dionisio ma non ancora mandate , e riteneva essere 
state prese con le altre scritture. Dietro dimande spiegd che Ta- 
mice del quale si parlava in quelle lettere, raccomandando che si 
guardasse dall' essere pigliato, era Gio. Gregorio Prestinace, fra- 
tello di Suor Francesca e della Sig/* Giulia, e genero della Sig." 
Porzia Vella; che non sapeva « la causa di che era inquisito e lo 
vero negocio », ma da carcerati suoi compatriotti aveva udito * che 
€ lo detto Gio. Gregorio si era appartato per la causa dela riljel- 
4c lione » (senipre neirattoggiamento d' ignorante e d' ingenue); che 
cestui gli era amico ed anche parente, ed avea scritto con tanto 
calore avendo udito che Geronimo Francesco , pur suo parents e 
parente di Gio. Gregorio, « procurava farlo pigliare 6 vivo 6 moilo, 
4c perche li era inimico, et di cio ne havea date memoriale al vi- 
« cere del Regno, et 1 havea trattato lo fratello di Giulio contesta- 
€ bile, li quali tutti erano inimici del detto » (studiata confosio- 
ne di due periodi diversi, e diffidenza non cessata mai ; nominate 
il fratello di Giulio , invece di Giulio Contestabile , per riguardi 
facili ad intendersi). Dimandato se il Prestinace praticava col Cam- 
panella nel convento di Stilo e se mai il Campanella avesse par- 
lato di cose appartenenti alia fede in prescnza di esse deponente, 
rispose che Gio. Gregorio vi praticava e conversava come gli altri, 
e pel resto si rimise a quanto ne avea detto negli esami anteriori. 
Dimandato inoltre su' segreti de' quali avea parlato nella lettera 
alia Sig.*"^ Giulia Prestinace rispose, 4c sono secreti di taverna, che 
€ ogni uno die viene porta novelle di quello che sente, b le dicono 
€ qua in castello, et non so veri, et di questi secreti io scriveva » 
(accorta confusione di cose per non dare spiegazioni compromei- 
tenti). — Venne poi la volta di fra Dionisio (6). Egli disse che te- 
neva le scritture , le quali gli furono trovate , in parte nelle sue 
tasche, in parte sotto la materassa, ma le scritture della causa erano 
state a sua dimanda poste nella cassa allorcho il Bitonto glie la 
portd in camera ; e soggiunse essersi oramai scoverto che il Solda- 
niero, suo nemicissimo , avea date le scritture proibito al Bitonto 
per farle trovare nella camera sua, e presento lo dichiarazioni rila- 
sciatene dal Gagliardo , dal Bitonto^ da fra Pietro di Stilo e dal 
S.^^ Croce. Disse non aver visto lo scritture proibito se non in mano 
del Barrese, poichfe la cassa in cui si trovavano fu portata chiusa 
al Castellano, e le scritture tolte da essa furono poi date a D. Gio. 
Sances e quindi portate in Castello dal Barrese , il quale glie le 



(a) Ved. Doc. 418, pag. 522. 

(b) Ved. Doc. 419, pag. 524. 



— 263 — 

Qiostrd e voleva esaminarlo sopra di esse. Presentategli alcune scrit- 
kure (quelle del P gruppo, escluse le poesie trovate a fra Pietro 
Ponzio), le riconobbe di mano del Gagliardo, ed una sola di esse, 
juella suUa musica, di mano del Pizzoni; riconobbe anche le scrit- 
ture della sua causa, ed invitato poi a dare spiegazioni suUa let- 
tera di Sertorio del Buono e massime sulla «nativitA> che cestui 
jli chiedeva, rispose: « mi scriveva che io mi ricordasse dela na- 
c tiviU di un suo figliolo , la quale mi cerco che Ihavesse fatta 
€ fare da frk Thomaso Campanella che havea inteso che si delet- 
« tava di queste cose, et me la cerco quando fu in napoli 1' anno 
€ santo del 1600 dopo pasqua che torno da Roma, et io per darli 
€ parole le dissi che fra thomaso non stava in cervello, et che si mai 
€ st^se in cervello ce Ihaveria fatta fare, si ben io non so che frk 
€ thomaso ne sappia fare, 6 so certo che non ne sape fare, si ben 
€ lui diceva de si, et cosi passa Io fatto di questa nativity, perche 
€ io non so fare tal cosa >. Nel rimandarlo, i Giudi'ci ordinarono 
che gli fossero restituite le scritture della causa. — II giorno se- 
guente (7 marzo) fu esaminato fra Giuseppe Bitonto. Egli disse che 
Qon aveva mai posseduto scritture ma solo qualche lettera, e con 
un poco di biancheria la teneva in una cassa, la quale porto presso 
fra Dionisio, perche nella camera di cestui, che stava solo, poteva 
essere meglio custodita ; che mentre portava detta cassa , Giulio 
Soldaniero Io prego di conservargli in essa un pacco di carte le- 
gato e suggellato con pasta od ostia , dicendo essere un suo pro- 
cesso che gl' importava piii di 1000 o 1500 ducati, presenti fra Pie- 
tro di Stilo, il Gagliardo ed altri ; che fra Dionisio voile pure con- 
servare in detta cassa certi scritti concernenti la sua difesa. Dietro 
iimande poi narro come la cassa fu presa dagli ufficiali del Ca- 
stello , esponendo la rissa nella quale il Soldaniero, il Gagliardo 
B il S.^ Croce vennero contro di lore frati « et li maltrattorno as- 
€ sai, con pugni, et con Io stregneturo (stringitoio, cinturone) et rop- 
€ pero la testa k fra Dionisio », la ricerca di scritture proibite fatta 
ad istanza de' tre sopramenzionati , come gli fu riferito da molti 
€ et in particolare da Scipione medico di questo Castello » (gia no- 
minato anche da fra Dionisio altra volta), e quindi la presa della 
cassa che gli fu piu tardi restituita. Aggiunse di aver poi saputo 
che in detta cassa erano state trovate « la Clavicola di Salomone 
Bt altre cose di magarie », le quali il Gagliardo gli avea confessato 
Bsser sue, ed averlo saputo dal Marrapodi e dal Conia, i quali gli 
dissero che avendo fatta quistione tra loro il Soldaniero e il Ga- 
gliardo , cestui gli rinfacciava di aver dovuto fare questo tradi- 
mento a' frati per servir lui, oltrechb il Gagliardo medesimo avea 
loro detto che era state fatto concerto di porre le dette scritture 
sotto il capezzale del letto di fra Dionisio, ma poi aveano potuto 
riporle nella cassa (un mucchio di menzogne e una doppiezza ve- 
ramente fratesca). Infine cito anche la dichiarazione rilasciata dal 
Gagliardo su tale proposito (ma nella dichiarazione il Gagliardo 



non diceva che quelle ficrilture fossero sue proprie). I Giudici vol- 
lero altora che i'i(;onoscesse dette scritture, e moslratagti la copia 
della Clavicola di Salomone, disso che « alii sigilli di pasta » che 
recava quella scrittura gli pareva essere 1' involio datogli dal Sol- 
daniero; e richiesto delle qualiti del GagUardo e della causa per 
cui si trovava in carcere, disse che era di mala coscienza, ladro, 
besteraraiatore, odiato da' suoi parenti medesirai, i quali I'aveaao 
fatto carcerare ed aveano detto ad esso deponente che si era dato 
al demonio merc6 una carta scritla col proprio sangue , e si tro- 
vava poi carcerato in Napoli per conto della ribellione ; aggimua' 
che essendo stato durante un anno in Castello dell' ovo, il CasUtV 
lano di quel tempo, a nome Figueroa, avea pure trovato presso di 
lui scritture sortileghe, come si era saputo da un soldato di detto 
Castello con la gamba di legao a nome Navarro, che era venutoa 
riscuotere da lui certo danaro per un letto datogli in fitto, ed ave* 
detto di volerlo accusare per quelle scritture. Dopo ciA riconobbe 
che la Clavicola di Salomone era di mano del Gagliardo , e cosi 
pure tutte le altre scritture sortileghe a misura che gli furono mo- 
strate {quelle del 1" gruppo) insieme con la poesia « materno idiomate 
in octava rima »; riconobbe che il trattatello di musica era di mano 
del quondam Pizzoni « quale si delettava di musica et ne sapera 
molto »; e richiesto se nella camera sua fossero state trovate scrit- 
ture, disse che alcune furono trovate sotto il capezzale del letto del 
Gagliardo, altre in un canestro tondo appartenente a fra Pietro Pon- 
zio, ma piii tardi , nell' accomodare il letto comune ad esso depo- 
nente e a fra Paolo, trovaro^io entrambi « un libro starapato grande, 

* in quarto foglio, di astrologia, con moiti caratterj, et un pezio 

* di carta dentro , nel quale erano scritti secreti contra la cords 

* con nomi di demonii, et ci era il nome di feiice gagliardo , et 
« questo libro e foglio, overo pezzo di carta, restorno in potere ili 
« fra Pietro Pontio ». Inline gli fu mostrato anche il libretto di 
poesie « lingua paterna » (le poesie del Campanella) , e riconoblti 
che era di mano del suddetto fra Pietro. 

U 19 marzo, con un ritardo verosimilmente prodotto dalla ne- 
cessity di trovare il Figueroa e Jl Navarro, vennero esaminati Fe- 
lice Gagliardo e fra Pietro Ponzio. 11 Gagliardo disse essere stato 
carcerato in Castelvetero per un colpo di fucile tirato in rissa ad 
un 8U0 cognato, e poi essere stato tradotto in Napoli per ta causa 
della ribellione, dopoch& Cesare Pisano, venuto nelle stesse careen 
Hi Castelvetere e quivi visitato da fra Dionisio e dal CampaneUa, 
lo avea nominate in tortura qual complice nella detta ribellione. 
Chiesero allora i Giudici di che aveano parlato al Pisano il Cim- 
panella e fra Dionisio ; ed egli rispose che aveano parlato segre- 
tamente , e non ne sapeva nulla , ma che fra Dionisio gli aveva 
poi detto che avesse dato credito a quanto gli diceva Cesai-e Pi- 
sano, e soggiunse, « io credo che mi volesse significare che havesse 
« credito a quelle mi diceva detto Cesare k prestarli dinari, di che 



— 255 — 

c ne hd fatto fede k detto fr4 Dionisio » (ben si vede che rilasciava 
Tedi senza difficolU , e senza nemmeno curarsi delle contradizioni 
in materie tanto gravi). Dietro altre dimande disse che de' frati 
avea conosciuto solo il Bitonto venuto a predicare in Condeianni ; e 
fattagli Tobiezione, come mai, non avendo prima conosciuto nfe visto 
fra Dionisio, costui avesse potuto dirgli che prestasse danaro a Ce- 
sare Pisano, rispose, « lo detto Cesare havea detto che io era fe- 
€ lice gagliardo gentilhomo di hierace, et cossi detto fra Dionisio me 
« disse quelle parole » ! Ma infine si venne alia faccenda delle scrit- 
ture, e dietro varie dimande rispose, che ciascuno de' frati carce- 
rati, co' quali si trovava di camei^a, aveva una cassa, ma egli non 
aveva nfe cassa, nfe scritture, nfe libri, e solamente qualche lettera ; 
che in luglio « perch6 in detta camera ci entrava ogn' uno et non 
« so che si perdio, ... frA Paolo porto la sua cassa alia camera 
€ di Geronimo Campanella patre di fra thomaso Campanella , e 
€ {rk Gioseppe (Bitonto) porto la sua cassa in camera di fra Dio- 
€ nisio pontio »; che il Soldaniero diede allora al Bitonto un in- 
volto di scritture si gi Hate perchfe glie lo conservasse, ed egli non 
sapeva che scritture fossero , ma poi il Soldaniero gli avea detto 
che erano scritture proibite, senza manifestargli altri particolari sopra 
di esse, e che le avea fatte trovare in camera di fra Dionisio per 
rovinarlo, ond' egli ne avea rilasciata una fede, alia quale si ri- 
metteva. Mostratagli questa fede , la ratified , negando di sapere 
che specie di scritture fossero state trovate nella cassa. Chiesero 
allora i Giudici se il Pisano avesse parlato con lui di cose ereti- 
cali e se egli ne avesse fatta denunzia a' superiori come era obbli- 
gato ; ed egli rispose che il Pisano ne avea parlato anche in pre- 
senza dell'Adimari, del Conia e del Marrapodi, e consigliatosi col 
8U0 confessore D. Pietro Manno, dietro ordine di costui egli scrisse 
e mando per D. Pietro medesimo un memoriale al Principe della 
Roccella, il quale lo partecipo al Vescovo di Gerace, e il Vescovo 
quando poi vennero « li rumori universali di Calabria » mando un 
Commissario che V esamino. Cosi fini la sua deposizione , con un 
nuovo garbuglio, per lo quale venne poi commesso dalla Sacra Con- 
gregazione di Roma e soUecitato dal Vescovo di Caserta I'esame 
di D. Pietro Manno in Gerace. — Fu quindi esaminato fra Pietro 
Ponzio (a), ed egli narro il trasporto della cassa del Bitonto presso 
fra Dionisio, per furti verificatisi nella camera in cui si trovavano e 
dovuti al Gagliardo, la sua istanza al carceriere che ponesse costui 
in altra camera e la rissa avvenuta per questo, la voce corsa che 
il Soldaniero e il S.^* Croce si erano concertati di far trovare le 
scritture proibite presso fra Dionisio, la ricerca fatta anche in ca- 
mera sua con la scoverta di un libretto di poesie che egli teneva 
sul letto, e di altre scritture che stavano sotto la materassa del Ga- 
gliardo. Riconobbe il libretto di poesie e disse, « 6 scritto di mano 



(a) Ved. Doc. 420, pag. 525. 



« mia et ^ intitolato (mt. dedicato a) francesco gentile, e won so- 
« netti del Campanella e di diversi alti-i autori, che sono andalA 
« radunando, et vanno per tutta questa cittA di napoli ». Fece ai^ 
vertire che il Gagliardo soleva sorivcre con caratterl di diverse 
maniere , ed aggiunse che avea visto presso il Bitonto \ina carta 
con un cii'culo e un segreto « per havere una donna >, rbe il Ofr 
gliardo avea rilasciato ad un paggio carcerato in Castello a. jxotat 
Nicol6, ottenendone per compenso un vestito di vcUuto. Confenni 
inoltre che, dopo la ricerca delle scritlure, fra Paolo avea trovatt: 
un libro atampato di astrologia con un circolo e un segreto oontro lii 
tortura di mano del Gagliardo, e disse averlo letto iasieme con ^ 
altri frati e poi consegnalo al luogotenente del Oastello. Scovrivarf'"^ 
per tal modo un nuovo fatlo e sempre a danno del Gagliardo, C0B>^ 
tro il quale non agiva soltanto fra Pietro per iscagionare sao fi»- 
tello, ma si erano rizelati senza ritegno principalmente i gia stuj 
complici in materie sortileghe per iscagionare le persone pro[«ie, •' 
la quistione delle scritture proihite veniva ad allargarsi sempre pidt. 
II 21 marzo fu di nuovo esaminato il Bitonto per quest' alW 
sci'ittura del Gagliardo da lui scoverta, e disse clie ne' giomi scoisi 
avea veduto il Gagliardo serivere una carla e poi darla segretSf 1 
raente a un paggio di D. Andrea de Mendozza figlio della Mw 
chesa della Valle, carcerato per ordine della Marches^!, e chiaraatd 
Nicolo, il quale avuta la carta venne a faria leggere ad esso Bi- 
tonto per sapere se poteva starci bene in coscienza, e udito eha la 
carta recava la scomunica a clii la teneva, glie la lascio, Ed esibi la 
atraua scrittura a' Giudici, i quali la fccero unire con le altre scrit- 
ture proibite. Dietro altra doinanda poi disse , che pure un Mar- 
c' Antonio Bruno di Condeianni , dimorante in Napoli alia piam 
deir olmo, era venuto piu volte nel carcere, ed avea avuto segrtd 
dal Gagliardo, e si era lameutato che gU avea fatto spendere 10 d* 
cati senza alcun profitto, aggiungendo che spesso si cliiudevano in 
camera e scrivevano, ed una volta « haveano fatto non s6 che pi- 
« gnatelio al ibeo , pieno di capelli et ossa, cera et altre forfan- 
« tarie che il fuoco ce bavea inimorbati tutti, et questo lo vedde 
« ancora fra Paolo della grottaria e fra Domenico di Rtignano » 
(ma c'fe ragione di credere che costoro, o massirae il Bitonto, fofr 
sero consenzienti a queste prove di suffumigi). Aggiungiamo che la 
novella scrittura fu subito mandata al P." Cherubino, che la qua- 
lified col « sapit haeresim manifesto », e fu unita con le altre co- 
stituenli il 2" gruppo o gruppo delle scritture appartenenti al Ga- 
gliardo (a). — Frattanto vemie subito chiamato Nicoto Napolella, gio- 
vane a venti anni, nativo di Napoli e paggio come sopra si h detto, 
il quale cred^ opportuno mettersi in assoluta negativa, oode il sua 

(a) Ecpola questa scrittnra; 6 brevissima, e possiamo soddisfaro chi Toglii 
un aaggio di tiili scempiaggini : « Aric seqni Cunaim Enamenicon Atnael settactot 
Gooiuro V08 per Uonj. aaatr. Jes. GhrisC et Marine {sic} Virginia matiis (tut 



— 267 — 

interrogatorio ci risulta un modello di pervicacia nell' inquisito e di 
pazienza ne' Giudici. Sempre dietro dimande disse aver conosciuto 
il Gagliardo nel Castello, ma noii aver mai trattato di segreti con 
lui; averlo visto sei o sette giorni prima, ed avergli parlato in frotta 
con molti, « e si raggiono come stai, come la passi, e vi bascio la 
mano »! Disse aver conosciuto anche il Bitonto, ma non avergli mai 
parlato di scritture nfe chiesto consigli, aggiungendo, « faccionosi li 
€ fatti loro, 6 mi lascino stare, fe non mi vadano inbrogliando k que- 
€ ste cose ». E i Giudici, « che dica chi sono quelli che lo voleno in- 
brogliare, et in che »; ed egli si fece allora a narrare che la sera 
precedente fra Pietro I'avea chiamato in disparte, dicendogli di avere 
informato il tribunale del segreto per amore dato al Gagliardo e rac- 
comandandogli di deporre che era vero, ed egli avea risposto « buo- 
no > (int. € bene », espresso alia spagnuola); poi 1' avea condotto 
presso il Bitonto che gli disse e gli raccomandd la cosa medesi- 
ma, ed egli avea promesso, ma nella notte ci avea pensato meglio 
e si era deciso a non fame nulla, dicendo, 4c mi sono risoluto di 
non dannare Tanima mia ». E i Giudici, « in che cosa si pensava 
di dannare I'anima sua »: ed egli, « in dire una falsitA; avanti vo- 
glio che si perda tutta la Calabria che dire una falsitA » ! E i 
Giudici dimandarono chi fosse state presente alia chiamata di fra 
Pietro , e T ammonirono di nuovo di dire la veritA sul fatto del 
segreto; ed egli nomino Ferrante Caldarone e Simone Garzia spa- 
gnuoli, ed anche fra Paolo; ma sul fatto del segreto disse, « non 
fe vero niente ». — Immediatamente vennero esaminati i tre testi- 
moni indicati dal Napolella. Simone Garzia disse che in quel me- 
mento medesimo il Napolella gli avea parlato della chiamata avuta 
da fra Pietro nella sera precedente, ed egli avea risposto che non 
sapeva tal cosa. 11 dottore Calderon della citt^ di Pax , di anni 
trenta, disse che nel passeggiare suUa loggetta col Garzia e col 
Napolella avea veduto fra Pietro accompagnato da un altro frate, 
chiamare il Napolella in disparte, parlargli segretamente e poi con- 
durlo alia camera in cui stavano il Petrolo e il Bitonto. Infine fra 
Paolo accertd egli pure la stessa cosa. — Fu allora interrogate fra 
Pietro, e cestui disse che veramente avea chiamato il Napolella in 
presenza di fra Pietro di Stilo, e V aveva avvertito che dietro la 
sua deposizione intorno al segreto sarebbe state certamente esami- 



ut statim talis in amore meo corrumpere faciatis ». E poi : Abagator Amon 
Averamon canus masque pcdasque coDturbant te 



soneatur 



^ I It 



ja^H'eaosjoj 



AmahiU'^T, Gamfanilla, Vol. II. 93 






nato, e pero attendesse a dire la veritd ; che il Napolella si era 
mostrato dolente del Bitonto, perch^ avea divulgate il fatto del se- 
greto, che egli nun volea si sapesse da alcuiiu e specialniente dalU 
Marchesa della Valle; che alluia lu condusse dentro la camera in 
cui stava il Bitonto, il quale gli fece intendere che trattandosi di coe& 
di S.*" Officio era state obbligato di agire come aveva agito. — Ed 
ecco in iscena fra Pietro di Stilo, il quale confermo ogni cosa, spifr 
gando essere il Napolella dolentissimo che il Bitonto avesse pub; 
blicata la faccenda del aegreto , perch6 « stando lui male con It 
« Sig." Marchesa dela valle che havesse fatto casare lo figlio 
« per via di raagavie, si saria confermata in questa opinione at 
« non I'haveria mai fatto escarcerare de Castello » (a). Aggiunst 
aver visto la carta del segreto in mano al Bitonto, ed aver avut* 
preghiere da fia Paolo e dal dottore Calderon perchfe facesse l)uoDO 
ufiBcio verso il Napolella accio non fosse rovinato preaso la Marcheea; 
aver avuto inoltre preghiera dal medesinio fra Paolo, perchi noa 
facesse cattivo uificio verso il Gagliardo e il S.'* Croco , coDsid&-, 
rando che erano catabresi (tutto ci6 dava forza grandissima al fatto 



(a) Su questa facceoila del matrimonio di D. Andrea de Meodozza , figliO: 
di D. Isabella de Mendozza 2' moglie e gift vedova di D. Pietro Goazalet d* 
Mendozza 4" Marcheae della Valle Siciliana e Rende, abbiamo trovato notiiift 
quasi complete nel Carteggio del Nunzio,notizie che non lik ii De Leilis (Di^ 
scoFsi dclle faniiglie Dobili del Regno di JN'apoH 1654 part. 1' p. 398); ed 4 ben* 
sapeme qualche coaa , poichS madre e figlio abitavano nel Cast«l nuovo , • iBi 
questa bccenda del mairimonio si trovano implicate certe persono che haaw, 
potuto aver relazione col Campanella, Adunque D. Andrea, essendo capitaoo d'iiH 
fanteria spagnuola in guarnigione a Bisceglie, s'invagbl di D.* Ilaria StfidaL 
che abitava in quella cittA con la madre Beatrice Sassi, ed apparteneva a V 
miglia nobilissima e potentiasima in quella regiono, tanto da far correra Q 
verbio netato dagli scrittori di cose nobtliari, « pe'Sifoli e Palagani noa si , _ 
vivere in Trani ». D. Andrea la aposCi c vi si unl, nia la madre Marchesa deOi^ 
Valle montd in tanta collora da far istituiro un processo di resctsaione di nikr 
trimonio nel tribunalo del Nunzio; D." Ilaria Sifola, contro la volontA della iSwf 
chesa cbe avrebbe preferito rederla in un convento, venne sequesti^ata 
una nobile Signora di Barietta D." Giulia Gontila, certaniente de* oobilissiat 
Gentili cbe vantavano nella loro famiglia 14 Conti di Lesina ( ved. Zazi«ni^ 
delta nobiita dell' Italia, Nap. 1625 t.° 2." pag. 81} sorella di Micbele 2' Gaa» 
tile e di Tommaso, cbe da D.* Eleonora della Gatta ebbe Francesco GentUe. Ii 
Carteggio del Nunzio ofTre atcuni memot'iali delJa madre della Sifola ed ancl^ 
di D. AIoDso de Mendozza il Costellano, cbe era fratello dolla Marchesa tf 
Valle e qiiindi zio di D. Andrea, diverse lettere di Roma e di Napoli sd qi 
memoriali , cd una lettera del Nunzio medesinio a B. Artuso Pappacoda , 
sappiamo essere ancho parente della Marchesa della Valle (marito della za 
Cat«rina dc Mendozza) ed inoltre a quel tempo Goveruatore della Capitac 
onde avea voluto ingerirsi nella quistione, tentando, a quanto sembra, far Di 
D.* Ilaria dalla casa GentUe per ingarbugliai-e semprcpiii la lite aul matrimoili 
(ved. Lett, di Roma 13 Vbre, ti 8bre e I" o 29 9bre IG02; e Lett, di Nafg~ 
18 7bre, 25 8bre, 22 9bre e lUbre 1G02). Ma il matrimonio fu da ultimo j 
chiarato valido, aiccb6 D. Andrea si unl di nuovo a D." Ilaria c q' ebbe tigU 
flglie, una delle quali si maritd ancora a uti Gentile : i libri parroccbiali del 
Cbiesa del Castel nuovo recano i nomi di taluno de' dlscendenti di D.* Ilaria . 
D. Andrea, corainciando per altro D. Ilaria a Qgurarvi noa prima deiraono 16I9»' 



— 259 — 

in quistione, rimasto vacillante per Tassoluta negativa del Napo- 
lella). — Infine fu esaminato anche il Bitonto, il quale confermd 
che il Napolella era venuto con fra Pietro presso di lui, ed avea 
detto che quando fosse stato interrogato sul fatto del segreto, avrebbe 
manifestato la veritA. 

Ma non erano ancora scorse 24 ore, e il Napolella, riflettendo 
meglio sul caso suo, mediante il carceriere Martines mandd al Ve- 
scovo di Caserta un memoriale , con cui esponeva che per essere 
stato esaminato airimprovviso aveva avuta tanta paura da non aver 
saputo cosa si dicesse (eppure avea mostrato di saperlo molto bene); 
laonde supplicava Monsignore, che si degnasse « di restar servita 
€ di novo venirlo a saminarlo, che dirra la ystessa e pura verita 
€ come passa chi li ha dato detti scritti ». 

Cosi il giorno seguente, 22 marzo, innanzi al Vescovo di Ca- 
serta assistito dal suo segretario D. Manno Brundusio, fu esami- 
nato dapprima il Napolella , che riconobbe il memoriale mandato 
e confess6 di aver narrato al Gagliardo che « amava una donna 
ma non sapeva se si era dismenticata » di lui, onde il Gagliardo 
gli voile dare quel rimedio perchfe la donna non se ne scordasse; 
e riconobbe lo scritto avuto e attesto di averlo mostrato al Bitonto 
e di averlo poi lasciato nelle raani di lui quando udi che recava 
la scomunica. Dietro dimande, disse che non in questa circostanza, 
ma fin da tre raesi scorsi, il Gagliardo gli avea chiesto « un paro 
di calzoni usati per amor de Iddio > ed esso glie I'avea donati; che 
dopo il suo esame avea udito tenere il Gagliardo « mala fama di 
queste poltronerie ». Infine scuso il non aver detto prima la verity, 
allegando I'essere « giovanetto di poca eta. . . b travagliato di car- 
cere longo tempo >, e I'aver dubitato che accettando quel fatto ne 
sarebbe venuta la rovina sua. — Si passo allora all' esame di Ora- 
zio S.** Croce, il quale, sompre dietro dimande, disse che era stato 
gi^ carcerato in Siderno e a Castelvetere il 22 luglio 1599, per 
aver bastonato un tale che gli aveva uccisa una giumenta, e poi 
era stato incolpato della ribellione e tradotto in Napoli; che nelle 
carceri di Castelvetere udi esservi gik venuti il 2 luglio il Cam- 
panella e fra Dionisio per far liberare Cesare Pisano; che costui 
parlava di cose contro la fede e tutti i carcerati ne presentarono 
memoriale al Principe della Roccella per mezzo di Mario Scadova 
carceriere. Inoltre che conosceva Felice Gagliardo, gentiluomo di 
Gerace, che non aveva mai udito dir male di lui, e solo da pochi 
giorni aveva udito che veniva processato « per fatochiaro ». Ed 
avendo detto che era in grado di conoscerne il carattere, gli fu- 
rono mostrato le solite scritture (tanto del P che del 2? gruppo), 
e le riconobbe tutte di mano del Gagliardo, eccettuandone quella 
sulla musica che gli veniva mostrata insieme con le altre, ed inclu- 
dendovi quella contenente la poesia in dialetto calabrese, a propo- 
sito della quale disse crederla di mano del Gagliardo « tanto pi A 
che lui (k professione di fare versi fe sonetti volgari » (non gli fu 



— 260 — 

mostrata la scrittura contenente il segreto dato al Napolella, forae 

perchfe era stata trasmessa al P.® Cherubino, ma intanto per tutte 

le altre potea dirsi decisive il giudizio del S.^ Croce, uomo com- 

petentissimo e non sospetto). — Si coiitinuo ancora Y informazione 

esaminando fra Pietro Ponzio (a). Si voile sapere da lui se cono- 

sceva il carattere del Gagliardo e se era a sua notizia che si di- 

lettasse di far versi; ed egli rispose che lo conosceva, e che vera- 

mente il Gagliardo si piccava di far versi e sonetti, tanto che nei 

giorni scorsi avea fatto versi a fra Dionisio, cercando di pacificarsi 

con lui e chiedendogli perdono. Gli furono quindi mostrate tutte 

le scritture che si reputavano di mano del Gagliai'do (come si era 

fatto pel S.** Croce), ed egli confermo che veramente lo erano, 

escludendone solo quella sulla musica che disse di mano del Piz- 

zoni: poi gli si chiese conto delle poesie trovate a lui, quelle del 

Campanella, ed in cio importa conoscere la dimanda e la risposta 

testualmente. « Et di mandate alcuni sonetti che stanno scritti al 

« libro n.® septimo, che sono maledicenti, altri che trattano di cose 

€ oscene {sic)^ et ci sono alcune cose scritte a donne amate che 

« sapiunt idolatriam, da chi sono stati composti detti sonetti. Resp.^ 

€ io un altra volta me ricordo di havere deposto che ad instantia 

€ di francesco Gentile haveva io radunato questi sonetti insiemi, 

4c deli quali parte mene havca dato esso gentile di mano sua, h 

« quali non so Tauthore, et alcuni altri me li ha dato il Sig. Ce- 

4c sare Spinola, et particolarihente li sonetti che sono dedicati alia 

« Sig." Maria et alia Sig."^* donna Anna et uno k se stesso, ei 

« io ne ho avuto la maggior parte che sono piu di venticinque iho 

« avuti da altri carcerati, li quali dicevano che erano stati com- 

« posti da fra thomaso Campanella, et cho il Campanella Ihavesse 

« dati k Mauritio de rinaldo calandoli con uno filacciolo dala fe- 

« nostra del torrione , et che depoi la morte di Mauritio Ihavea 

« dati alii altri carcerati uno Cesare forse che havea servito detto 

« Mauritio, et altri ne ho havuto da fra Giovan Battista de piz- 

« zone » (il Vescovo di Caserta ne dava il giudizio del Qualifica- 

tore peggiorato, e fra Pietro si schermiva almeno per quelli piii 

scabrosi, massime perchfe composti nel tempo della pazzia, mettendo 

perfino in dubbio Tautore ed al solito traendo in iscena gli assent! 

e i morti). Infine gli si chiese pure conto del come avesse parlaio 

al Napolella delle cose che avea deposte, mentre gli era ingiunto 

I'obbligo del silenzio: e fra Pietro si scuso, allegando il suo zek- 

di carita, e il desiderio di accertarsi che il Bitonto gli avesse detto 

il vero intorno alia scrittura data dal Gagliardo al Napolella. — 

Da ultimo fu csaminato anche fra Paolo della Grotteria il qua!*' 

disse di non conoscere il carattere del Gagliardo, non avendo avut^ 

mai amicizia con lui , comunquo egli dimorasse in una medesiina 

stanza e scrivesse tutta la notte (negativa tirata un po' troppo). Die- 



(a) Ved. Doc. 421, pag. 526. 



— 261 — 

tro diraande, attesto che il Gagliardo avea pessima faraa, dicendo, 
« et ognuno se ne lamenta e ne dice male, et mo inganna uno et 
« mo im altro , et dk ad intendere molte cose de fattochiarie » ; 
attesto ancora che la cassa trovata nella camera di fra Dionisio vi 
era stata portata dal Bitonto, « che nella ricerca fatta dagli uffi- 
ciali in camera sua molte scritture fm'ono trovate sotto il capezzale 
del Gagliardo, e andati via gli UiSiciali il Bitonto trovd a terra mi 
libro e disse dover essere quello il libro che il Gagliardo dolevasi 
di avere perduto. Cosi mentre il Bitonto deponeva che il libro era 
stato trovato da fra Paolo, cestui deponeva essere state trovato dal 
Bitonto, e tutto induce a far ritenere che il libro stava nelle mani 
di entrambi, come pure che il Gagliardo avea bensi copiate di sua 
mano le piu notevoli tra quelle scritture, ma in servigio special- 
mente del Bitonto, il quale vi annetteva molto interesse e le teneva 
suggellate e chiuse nella sua cassa. Pertanto si riusci a far cadere 
ogni cosa suUe spalle del Gagliardo, ed anche, fine ad un certo 
punto , se ne trasse profitto per la difesa della causa principale , 
mostrando nel Soldaniero un fatto di animosity ed inimicizia, che 
costui non avea nemmeno sognato. 

Rimanevano tuttavia ad esaminarsi il Moya gik luogotenente 
del Castello a tempo della ricerca delle scritture, oltrechfe il Fi- 
gueroa gia Castellano del Castel dell' novo , e il Navarro soldato 
del medesimo Castello, per le altre scritture ivi trovate al Gagliardo 
anteriormente. 11 Moya, divenuto capitano e non piu dimorante nel 
Castel nuovo, fu citato piu volte a voce ma non si curd di com- 
parire; laonde il 28 marzo fu ordinate dal Vescovo di Caserta ed 
intimata dal cursore una nuova citazione in iscritto esistente in pro- 
cesso, con monitorio di dover comparire Tindomani personalmente 
sotto pena di scomunica ipso facto incurrenda, e malgrado cio an- 
che questa volta egli non comparve. Ma comparve il Navarro e 
poi il Figueroa ( 20 e 22 aprile ). Francesco Navarro , di Mont- 
beltran nella nuova Castiglia , disse aver conosciuto il Gagliardo 
fin dair anno precedente carcerato nel Castello dell' novo, essergli 
state trovate dal Castellano di quel tempo certe scritture che fu- 
rono date a Scipione Moccia Auditore e potersene avere piu di- 
stinta notizia dal detto Castellano Figueroa. — D. Melchiorre Mexia 
de Figueroa, di Messico nella Nuova Spagna (a), disse di aver te- 
nuto carcerato nel Castello dell' novo il Gagliardo , e "perchfe era 
molto inquieto, avere ordinate che fosse chiuso in un criminale lui 
ed anche Orazio S.** Croce; narro la ricerca di scritture fattagli 
dietro awiso di altri carcerati, e la scoverta di molte carte di ne- 
gromanzia, per le quali fece relazione a D. Gio. Sances, non na- 
scondendo che alcune di quelle scritture furono prese dall' Auditor 
Moccia, ed altre rimasero presso di lui, le quali offri di esibire al 
tribunale dope di averne fatto parola al Sances. Dietro altra dimanda 



(a) Ved. Doc. 422, paj . 527. 



disse che il Oagliardo avea « molta mala fama e di huorao pessi- 
« rao, et in particolare di essere neeromante et fattochiaro , e di 
« essersi dato al demonio in anima et in corpo, et che ne li havea 
« fatta una scritta col suo sangue ». — Venne poi finalmente ri- 
dotto anche il Moya a comparire. 11 26 aprile il Vescovo di Ca- 
serta ordinfi contro di lui una nuova citazlone per sentirsi dichia^' 
rare scoinunicato coll'affissione de'cedoloni, e non avendo il Moji 
neanche questa volta obbedito, il 29 aprile lo dichiard scomunicato, 
ordinando che fosse come (ale pubblicato mediante i cedoloni affisa 
ne' luoghi pubblici della citti, dandone all'uopo la relativa bozza (a). 
Ed ecco, affissi i cedoloni, i rained iatamente il Moya innanzi al Ve- 
scovo di Caserta , il 1" ma^gio , a scusarsi, dichiararsi pronto i' 
deporre, dimandave Tassoluzione; e nella stessa data, raccolto IV 
same ed emanato il decreto di assoluzione, venendo questa cont' 
messa al Cuiato di S. Anna di Palazzo, che senza perdita di temp»' 
assolvfe il Moya ed anche i domestic! di lui , accorsi a chiedet* 
egualmente 1' assoluzione per avere parlato con lui ne' due ^on^' 
ne'quali egli trovavasi scomunicato. Ben poco intanto ci tratteni* 
il suo esame che fu raccolto dal solo Notaro Prezioso (6). D. Cri* 
stofaro do Moya, della cittA di Mensinor nella nuova Castiglia,' 
narro 1' istanza fattagli da un carcerato calabrese , di cuj non A 
rammentava il nome , perch^ avesse proceduto ad una ricerca di' 
scrltture proibite nella camera e cassa di fra Dionisio; la ricena' 
eseguita alia sua presenza dal sergente Alarcon, dal carceriere Mai* 
tines ed altri; la scoperta di scritture in quella camera ed ancha' 
in altre camere di frati delle quali non si rammentava in partioft^ 
lare; la presa della cassa ch^ fii portata al Castellano; e la scoperU'' 
di altre scritture in essa contenute; infine la sua andata al Vicert' 
con le scritture raccolte, per ordine del Castellano, e tutti i parthi 
colari che su questo proposito abbiamo a suo tempo esposti. Dietro' 
dimande, disse di non aver lette quelle scritture, e solo ricordara^ 
di avervi visto disegnata una mano, come pure certe ruote o civ 
coli, e di avere udito nel Castello, e forso anche dal Vicer^, « ch** 
erano cose di fattochiarie »; ricordarsi inoltre che la ricerca di quelle* 
scritture venne fatta dietro una rissa tra carcorati nella quale fra Dio 
nisio fu ferito nel capo, Mostrategli le scritture, riconobbe i circol 
e la mano disegnata che altra volta avea visto , e cadendogU sott' oe* 
chio il libretto di poesie (le poesie del Campanella) disse, « et questf 



'i apparisce anche il fisco pa 



(a) Riportiamo qui la bozza de' cedoloni 
pura e semplice flnzione legale : « Hie auctorttate Apostolica denuntiatnr et 
blicatur Excorounicatus, 6t ab omnibus chriati tidelibus arcUus cvilsndos Ga^ 
taneus Moya, qui fuit locumtenens Regii Ca«tri Dovi hujns Civitatia, ob 
pAritionem mandntorum Apostolirorum eidem intioiatorum, instanto fisco ot 
Wnte. — . . . . locus sigi Hi. — Donnua lienedietas Episcopus Casertanos et 
missarius. — Amoventes , et lacorantos, aut quomolibet {lic) deturpantes 
etiam ExcomaDicati >. 

(*) Ved. Doc. 423, pag. 528. 



— 263 — 

€ libro ancora riconosco che portai al vicere con V altre scritture, 
« et lo riconosco alia coperta, et alle zagarelle, benissimo ». Notiamo 
che nulla egli accennd intorno alia scrittura trovata sotto la fine- 
stra della camera del Campanella , non essendone stato nemmeno 
interrogato, e perd deve ritenersi che a questa data essa era gi4 
scomparsa. / 

Intanto il Figueroa, ottenuto certamente V assenso del Sances, 
avea subito consegnate al tribunale le carte trovate al Gagliardo 
nel Castello dell'ovo e rimaste presso di lui; il P.® Cherubino le 
aveva immediatamente qualificate con una sua relazione in data del 
24 aprile, e il tribunale, costituendone un 3° gruppo, le avea fatte 
riunire alle altre. Esse vennero in tal guisa ad aumentare indebi- 
tamente il volume delle cosi dette scritture proibite trovate nella 
cassa di fra Dionisio Ponzio, tanto piu indebitamente perchfe non 
erano punto proibite, riguardando tutt' altro che negromanzia. Forse 
il Figueroa si studid di non consegnare quelle che potevano farlo tro- 
vare alle prese colF autoritA ecclesiastica come sciente e non rive- 
lante od anche come semplice detentore di carte proibite, avendo 
gik altra volta , e precisamente nell' anno al quale si riferiva la 
sua deposizione, sperimentato i rigori deir autoritA ecclesiastica (a). 

GioverA non di meno occuparci di queste carte, perocch6 quan- 
tunque riguardino materie comuni, servono bene a mostrare in tutta 
la sua luce il Gagliardo, e di cestui c'interessa molto acquistare 
una plena conoscenza, a motivo di certe altre rivelazioni da lui avute 
in sfeguito. Per ordine di data precede una lettera di Pietro Vero- 
nese padrigno del Gagliardo scritta da Gerace il 3 gennaio 1600; 
con essa il Veronese gli dd notizia della salute della moglie , so- 
relle e madre, lo eccita « a far cose honorate », e riverisce il Si- 
gnor Orazio (S.^'^ Groce) dal quale ha avuta una lettera, come pure 
i due fratelli Moretti. Segue una lettera di Marcello Gagliardo, 
scritta da Gerace il 12 9bre 1600 forse ad Orazio S.^* Groce (manca 
la carta della soprascritta) ; e in essa si parla pure di Felice Ga- 
gliardo, si tratta di un invio di danaro, si fa sperare la dimanda 
di remissione da parte del Principe (il Principe della Roccella che 
era Signore di Condeianni) etc. Segue un' altra lettera di Pietro 
Veronese scritta da Gerace il 14 lObre 1600, quando egli tornava 
in patria dopo di aver visitato il figliastro in Napoli : con essa il 
Veronese gli dk notizia della salute de' parenti, ossequia i due Mo- 
retti, il Sig. Orazio (S.** Groce) « et tutti quelli Signori », e gli 
partecipa che a Gerace « fu amaczato gelonardo regitano come vile ». 
Questo disgraziato verosimilmente apparteneva alia famiglia del co- 



(a) Nel Carteggio del Nunzio (Let. da Napoli filz. 230) trovasi la seguente 
lettera del Nunzio al Card.* di S.** Severina: « 17 marzo 1600. H6 ordinato mi 
sia cbiamato quel Melchiorre Mescia de Figueroa che V. S. 111."* mi scrive per 
la sua de* 10 del corrente che sta in Castello deU' ovo et d scomunicato, acciO 
sappia che hO facolt^ di assolverlo, come Tassolyerd tuttavia che veoga con- 
forme al suo ordine >. 



^ 264 ^ 

gnato di Felice Gagliardo a nomo Francesco Regitano, che il Ga- 
gliardo avea ferito con un colpo di fucile, causa della sua carce- 
razione ; V essQre stato ammazzato come vile, nel gergo de' facinorosi 
ancor oggi in uso, vuol dire che era stato ammazzato per non aver 
saputo tacere suUe mosse loro. Pertanto a siffatto annunzio esulta 
il Gagliardo e scrive una poesia in dialetto calabrese , intitolaU 
4c Capitolo delo scaduto », che rappresenta un' altra delle scritture 
raccolte. Son 25 strofe, e ne riportiamo le prime per saggio: 

€ PiaDgia Geraci, fior ridarii eterno, 
per ch'e guarito delo antique mali, 
hora che Gio. lonardo iju a lo inferno. 

Rid! Siderno, che Matteo Spetiali 
dessi li cunti ii \o amaro scaduto 
ridimu tutti, riditi ho (sic) Casali. 

Non dar^ parapezzi (a) lu tribatu^ 
ne sar^ chiu Brombaci assassinatu 
hora che fu amazatu stu fallutu. 

Tu Condianni statti arritiratu 
e fa allegriza d'ogni cantu e locu 
chi li frutti anderanno k bon mercatu. 

£ Yui massari fati festa e giocu 
cu li sacculli vostri sompri chini {int, pieni), 
hora che Riggitan' e intra lu focu > etc. 

E continua cosi fino all' ultima strofa, con vituperii ed inso- 
lenze contro il povero morto, terminando coU'accertare che lo sca- 
duto fe andato all' inferno e che sara da tutti ringraziato colui che 
r ha ucciso; e il P.® Chernbino, che in tutte le scritture del pi'e- 
sente gruppo non trova « nihil contra fidem vel bonos mores » de- 
finisce la detta poesia « una facetia ridiculosa », mostrando bene 
che pure i Teologi qualificatori sottostavano all' influenza de'gusti 
del tempo. Seguono due lettere di im Don Gioseppe di Capoa al Ga- 
gliardo, I'una scritta « dala per me oscura selva li 22 di xbre 1600 », 
I'altra da Reggio, convento di S. Francesco, gli 11 gennaio 1601: 
sono due lettere brigantesche, atte a chiarire molto bene i proce- 
dimenti de'fuorusciti di que'tempi, e massime a tal fine ci fe parse 
bene riportarle tra'documenti (6). D. Giuseppe di Capoa, come si 
rileva dalle lettere , era un capo di fuorusciti con 43 compagni, 
tra' quali Luzio fratello del Gagliardo ed altri < amici sui et del 
Sig.*^ Veronese che li coraanda », tutti del resto in relazioni strette 
col Veronese, alia cui chiamata, dopo il 12 lObre, parti vano sotto 
il comando di D. Giuseppe per Gerace senza saperne la causa; e 
D. Giuseppe, che avea pure nella banda un suo parente Andrea, 
unitosi con lui per avere ucciso Carlo Barone e figlio, teneva molto 
a non diventare un ladrone di strada, onde scriveva al Gagliardo, 
€ ho dato licenza a Caporale Giulio et compagni per haver fatto 



(a) Contrada nel territorio di Gerace. 

(b) Ved. Doc. 435, pag. 547. 



— 265 — 

€ un atto brutto, che si unirno con minichello et lutio il vostro, 
€ et hanno boscato molti migliara di scuti et volevano dar parte 
€ a me, ma per nessuno mode la volse, che tant' anni sono in cam- 
€ pagna ho vissuto con le mie intrate, ne habbia dio ordinate tal 
« fdrfanteria ». Poi agli 11 gennaio, dietro la persecuzione da parte 
di "an Auditore che faceva ogni sforzo per prendere que' fuorusciti, 
D. Giuseppe con tutti i 43 compagni erasi rifugiato nel convento 
di S. Francesco in Reggie , di dove scriveva la sua seconda let- 
tera ; ed avea gii raccomandato al Gagliardo di scrivergli dirigen- 
dosi al cognate, ed allora raccomandava la lettera propria ad un 
tale, che non 6 nominate , con queste parole caratteristiche , « la 
4c gentileza d' V. S. et la protetione che come Cavaliere Cristiano 
« tine (sic) de miseri gentilhuomeni travagliati attortamente dalla 
« fortuna et dalla giustitia ne danno animo ». II Gagliardo avea 
scritto a D. Giuseppe che presto sarebbe uscito dal carcere , che 
un Cavaliere sue amico, in proeinto di ottenere la commissione di 
capitano, aveva offerta a lui 1' msegna (il posto di alfiere) per ar- 
rolar gente, che tutta la banda avrebbe potuto andarsene con lui 
alia guerra ; e D. Giuseppe si dichiarava in ordine con tutti i suoi 
compagni, aspettandosi di essere guidato per questo, come allora 
si usava, e faceva esibizioni al Gagliardo, e si disponeva a man- 
dargli sei canne di tabbi per un vestito da dovergli servire all' u- 
scita dal carcere, ma anche con la franchezza del bandito gli di- 
ceva, « tutto quelle che V. S. ha patuto lo meritava , per haver 
« corse con il cervello sue balzano et non con consiglio di amici »; 
poi, air ultima data, s' impazientiva e dichiarava di ritirare la sua 
parola se fra un mese il Gagliardo non avesse 1' insegna, sottoscri- 
vendo la lettera insieme con altri compagni, « Lutio Gagleardo sue 
€ fratello, Caporal Antonio Bregandi alias il Siciliano, Gio. ben- 
€ nardo Sdragona et Minichello MuUura » (a). Non sapremmo dire 



(a) Nel Grande Arehivio non mancano notizie intorno ad aleuni di costoro, 
e propriamente intorno a quelli die hanno maggiore attinenza eo* soggetti della 
Dostra narrazione. Luzio Gagliardo finl amniazzato con taglia promessa dal Go- 
verDo, come si rileva dal seguente dispaccio Vicereale air Audienza di Calabria 
altra : <c Magn.** viri etc. Per parte de Vincenzo Schinosi ci e stato fatto in- 
tendere come ritrovandosi Cap.*" della citt^ di S. Agata di quessa Prov.* andando 
in perseq.'* di Banditi ammazz6 Jutio Gagliardo Capo di Banditi , la testa del 
quale ha presentato a D. Garsia de Toledo olim Governatore di quessa prov.* 

et per tal causa li spettano I).' cento in virtu deli regii banni » (dietro la 

dimanda di pagamento il Vicer^ vuole informazioni) 14 lObre 1603. Ved. Reg. 
Curiae vol. 55. an. 1603 — 1604, fol. 78. — Ed anche il Veronese dovd saldare 
qnalche conto, come si rileva da un altro dispaccio parimente diretto alF Au- 
dienza di Calabria ultra: <c Magn.*' viri etc. Si 6 ricevuta T informatione che ci 
havete inviata con la vostra delli 4 di maggio prox.* passato presa di nostro or- 
dine in Gerace ad instantia del Rev.^'" Vescovo di quella citt^ contra aleuni par- 
ticolari laici di essa, et essendosi vista per noi et referitaci in questo regie Col- 
laterale cons." ci 6 parse per risposta di delta vostra dirvi sincome per questa ve 
dicimo et ordinamo che al recevere di questa la debbiate (sic) incontinente con 
ogni diiigenza procurare de haver in mano Pietro Veronese inquisito tra V altri 
Amabile^T. Campanella, Vol. II. 34 



— 266 — 



se la proposta di andarc alia guerra, fatla dal Gagliardo a D. Oiu- 
soppe fosse stata un' invonzione del cervello suo balzano, ovvoro un 
disegno fondato sopra un fatto positivo ; ma dobbiamo attestare es- 
serci note da altri foiiti clie a quel tempo si trovava pure car- 
cerato nel Castello dell' ovo Alessandro Piccolomini , 5^ Duca di 
Amalfi, il quale dope avere avuto gia 12 anni di carcere per parte 
del Governo Vicereale ed una condanna a 10 altri anni da doversi 
espiare nel Castello di Aquila, dope di avere avuto anche un pro- 
cesso di S.**^ Officio, per bestemmie ereticali e ricerche di scgreti 
e sortilegi, finite con la condanna air abiura e ad un anno di car- 
cere, chiedeva allora appunto la grazia di uscire dal carcere col- 
r obbligo di andare a servire nelle guerre di l^^iandra; ed ohl>e quo- 
sta grazia dal Conte di Lemos e gli fu commutata la pena da ("le- 
mente VIII con rescritto del 6 gennaio IGOO, sicch^ riescc prol>al)ile 
aver lui appunto offerto il posto d' alfiere al Gagliardo (a). Ad ofrni 



in essa et carcerato che rhavoreti debbiato incontinentemcnto mandarlo sotto 
buona e cauta custodia nelle carcere doUa gran Cone del la Vicaria con vostro 
aviso a noi, verum ofFerendove plegiaria di venirsono ii presentare fra termiDe 
di un meso dandola di d.*' mille debbiati libcrarlo o pormettero che venga in- 
yiandoci copia di detta plegiaria et aviso del dl della sua scarceratione acci6 che 
non vencndo fra d/* tempo si possa procedere all* accusa di quella. Dat. neap. 
dieSOjunii 1612. El c.''*= de lemos >. Ved. Reg. Curiae vol. 83, an. 1612-1616, 
fol. 24 f. 

(a) I Registri Curiae (vol. 30 an. 1581-1588, fol. 241) recano solamente, 
in data del 21 gennaio 1587, T ordinc al dot.' Velio, Commissario di campa^na 
contro fuorusciti e malfattori, di avere in ogni modo nelle mani il Duca di A- 
malti. II processo di eresia, cbe abbiamo potato esaminare, reca la notizia della 
carcerazione solFerta, secondo i diversi tempi, nclla Vicaria, nel Castello nuov<>, 
nel Castello deir novo, e cosl pure quolla della condanna avuta e della grazia 
concessa, oltre tutti i particular! de' fatti in materia di S.'° 0(Kcio. Vi abbiamo 
notato fra' testimoni « carcerati in Castello » fin dal 1505, anche il Sig. Ccsare 
d* Azzia (che fu in rclaziono col Gagliardo noUa facccnda dclle scritture proi- 
bite) insiome con altri nobili di primo ordine, come Alvise d'Aragona, Arimanno 
Pignone, Francesco LoHredo. II Duca aveva posseduto egli pure una copia della 
Clavicola di Salomone , e fin dai primi anni suoi, nel 1579, passando jjer Ve- 
nezia, con un monaco del convento de' Frari si era occupato di sortilegi, eon- 
tinuati poi di tratto in tratto con altri frati e preti in modi spesso curiasL 
Abiur6 il 21 agosto nclla Chiesa di S. Maria a Cappolla, dove fu tradotto dal 
vicino Castello deir novo. II rescritto di abilitazione da parte di Clemonto VUl, 
in data del 6 gennaio IGOO, fu firmato anche da fra Alberto (Tragagliolo) V«^ 
scovo di Termoli Commissario gcnerale del S.*" Ollicio; e la commntazione del- 
r anno di carcere in ponitcnze salutari fu dccrotata dallo stesso fra All>orto il 
13 gennaio IGOO. La rimozione doir empara fu fattii il 24 marzo IGOO, o a que- 
sta data il Duca dov6 uscire in libert*'i, ma alia guerra ando nelT anno soguonte 
e dur6 molti anni nclla vita militaro. — 11 Rosidento Veneto, effcttuata Tahiii- 
ra, la partecip6 al suo Governo in data dol 7 7l)ro 1500 in (niosti termini: < 11 
Sig. I). Alossandro Piccolomini Duca di Aiiialll, che i)er antichit\ di titolo on 
uno do' primi SS.' di questo Regno, dopo havere alienate il state et consumaio 
affatto ogni alti*o suo havi^re, et pcrmcsso che sua nioglic con potestA PontificLi 
si sia sacra ta monaca, et essendo poi lui per diverse colpe state dal Conto <l'01i- 
vares confinnato xij anni in Castol novo si d questi ultimi giorni nella Chiesa lii 
Capella alle mure dolla Cittii abiurato in valida forma di cose heretical! ». I>i 



- 267 — 

modo ricsce maravigliosa la iiducia del Gagliardo nella sua pros^ 
sima liberazione, mentre nulla veraraontQ potcva fargliela supporro. 
In cio bisogna vedere un effotto della sua fantasia, della quale sono 
egualniente un parte lo sue poche altre scritture di questo gruppo 
che debbiame ancora inonzionare. E dapprima vi sono due prole- 
ghi di commedie (oltre una storia di S. Agata o S.** Dorotea e 
un principio di racconto mitologico) , che si mostrano infiorati di 
concetti non ispregevoli, certamente raccolti da trattati di siffatta 
materia, o clie potrebbcro pure rappresentare semplici ricordi di pro- 
loghi composti da altri e da lui recitati, ma sempre scritti col co- 
lore locale e con que' suoi curiosi modi calabresi (a). Vi b poi una 



poi, il 23 maggio 1600, partecip6 il desidorio del Duca <cgi^ libero > di servire 
la Repubblica Veneta. Infine, il 9 gennaio 1001, partecip6 T andata del Prin- 
cipe di Avellino alia guerra con 24 compagnio e 43 capitani, tra*quali il Duca 
di Amalfi. 

(a) No diamo alcuni brani per saggio. « Prologho (sic). Se *1 vorno coprisso 
di continue la terra di giaccio, o di neve, c gli estivi, rt tepidi soli non la di- 
sfacessero, come potro])ono gli albori e gli pianti produrre i fiori et frutti ? cossl 
so qualche brovo riposo non iscemasso tal volta la fatica, et allcggiasso il peso 
de' continui fastidj, ot do noiosi pension cli' agravano gli aninii nostri, come po- 
tfemmo noi lungamcnto vivero? non i\ diibio die per ripararci dolF arma della 
morte piu cbe si pu6, ne fa bisogno d* alcun soccorso honesto, 6 utile, 6 dilet- 
tevole , et che soccorso pu6 dunque trovarsi piii convenevolo che la Comedia, 
che ^ in se tutto questi tre parti , 6 honesta , perclie fu trovata i»er ritrarre 
gli huomeni dell' ampia strada do \itii, et guidarli per lo stretto sentiero della 
virtii ...» etc. « Ma air etA nostra si prezzano si poco che rarissime si ne veg- 
gono a rapresentare, n6 so si di ci6 debba incolpare Y avavitia o il poco amore 
che si porta alia virtu, dair un canto mi cade nel pensiero di darne cagione al- 
r avaritia poi che non e chi voglia scomodarsi di un mine danaro (sic) per fare 
una 8cena, e dair altro canto in' induce ad accusare il poco amore della virtii, 
per che gli ascoltanti, vedendosi porgere a gli occhi un vitio, del quale essi sono 
machiati, temeno in presentia delF altri non arrosirse, et conferma questa mia 
oppinione il vedere che non voglino in quelle poche comedie che si fanno, che 
si reprendino vitii ma solo si dicano ciance et cose ridicole o di nisuna sostan- 
tia, servendosi della Comedia per uno spasso et per un gioco, e non a quel fine 
che fu ritrovata, et sono alcune persone che essendo elle degne di riso, come 
sentonu una parte che move meraviglia ^ dolerore (sic) ^ compassione 6 ad altro 
effetto contrario o di verso dal riso si sentono svenire, et bisogna apparechiare 
lo aceto per unger loro i polsi, et stimano piii una chiachiarata air improviso 
et fori di proposito d* un vecchio venetiano o di un trastullo accompagnata di 
quattro accione disonesti et vili usati favsi da bagattellieri , che una Comedia 
grave che si serrA stentato tre anni a comporla et sei mesi a recitarla , ve- 
deto a chi termine e ridotto il poeta Comico , che essendo state ripotato da 
ingegni eccellentiss.""* piii difficile a comporro che lo Epico e '1 tragico , non 
mancano infiniti che non havendo pure una minima notitia di poesia solo con 
un corto lore discorso naturalo, o per dir meglio materiale, et con V osservanza 
secca c* hanno fatta in leggere quattro e sei comedie , stimandosi dotti senza 
arte presummeno darne gi ;dicio, et poi come sentono una protassis, una epi- 
tassis, una catastrophe, o simil altra sorto di voci convien loro di ricorrere ogni 
tratto al Calepino: et perci6 (mtend. se perci6) V autore havesse pensato di con- 
tentare tutti i cervelli non si sarrebbo mai messo a durare questa fatica, per- 
cho non d tanta albaglia (sic) nel capo, che presumma esser miglore di Plauto, 
o di terontio, et di gli altri Autori moderni cccoUenti, le Comedie de i quali 



— 26S — 

Lettera in versi italiani, in cui finge una Lucrezia o Cieca, (forse 
volea dire Ciecia da doversi intendere Z-eza, vezzeggiativo di Lu- 
crezia) innamorata di lui per averla udita recitare in una commedia, 
adoperatasi a trarlo in liberal, e flnalmente rimastane ingannata, 
perchfe egli con la scusa di andare a visitare le antichita di Poz- 
zuoli se n' e partite per la Calabria ; una specie di Didone abban- 
donata, invano confortata dalla sua nutrice ToUa (a que' tempi vez- 
zeggiativo di Vittoria), die sfoga il suo affanno , e narra e ram- 
pogna e prega il seduttore che ritorni, stemperandosi in oltre 30) 
endecasillabi, qualcho volta zoppi, non di rado privi di sense ov- 
vero sconnessi, ma quasi seraprc pin o raeno sonori, e diretti < Al 
S. F. G. dela C. di G. » (evidentemento Al Sig/ Felice Gagliardo 
dela CittA di Gerace). 

« Questi mesti sospiri 6 quest! vers! 
da lo inie proprie man vcrgt* o scritte {sic) 
coss' cantando, e sospirando muore 
del bel Mcandro in su V herbose rive 
il bianco Cigno k la sua morte appresso 
se cancellanti (sic) c malamente intesi 
seranno i tristi miei dolenti versi 
fia solo (oime) perche sar^ la carta 
dal proprio sangue mio machiata e lorda 
allor dovean V invidiosc parcho 
che dispensan V vite de i mortali 
haver finite d' avoltare il fuse 
lo stame di mia vita air hor potei (sic) 
chiudere in bella et honorata sera 
i miei si belli et honorati giomi 
quando tc vidi in quella Real Sala 
rapresentaro in detti versi belli 
il pastor Ergasto » 

E cosi via via, prendendo rararaente fiato e non giungendo neanche 
a dire 1' ultima parola con tanto diluvio di versi. II P.** CherubiiiM 
dichiaro questa scrittura « litera aniorosa, . . simpliciter enarratur 



non hanno potuto passare senza reprensione per li mani di certi Maestri Ari- 
starchi, che con la barba quadra et col mantello lungo , col passo della picca, 
col far carestia dellc parole et non dire che non sieno sesquipedali et prengne 
di sententie, aquistono crodito appresso gli ignorant! et fanno profissione di ha* 
vere i nasi critici che sentoiio V odore iusino al vetro, et non componendo essi 
mai, sono severissimi (Wudici dello conipositione altrui...» etc. « La Coniedii 
6 nova non piii recitata e pur hora uscita di sotto il ponnello del pittore e chia 
masi torti Amorosi, da torti grandi cho fa Aniore alio persone che ne interveir 
gono, facendole seguir olii lo fugge scacciar chi li brama e i desiderii loro dif- 
formi et non corrispondcnti , ma acortosi al fine che la Comedia si rapresenta 
in Gerace che d questa che vedete, che (> lugo (sic) dove si puniscono severa- 
mente le ingiustitie et i torti ben che legerissinii, et per6 temondo che costor 
non ricorressero per gustitia (sic) al tribonal dello sdegno, si risolve far raggione 
a ciascuno, et farlo riiuaner contonto. Di silentio non ardisco ricercarvi, percl^' 
mi parrebbe far inguria (.sic) alia cortesia et alia gentileza vostra vedendove 
stare cossi chieti, attendeti che adesso si derra principle >. 



i 



— 269 — 

€ amor unius ad alterum, neque miscentur aliqua, quae aliquo modo 
€ sapiant haeresira ». Ci resta infine a menzionare ancora un'altra 
lettera che dovfe essere stata scritta al (lagliardo, in caratteri molto 
grossi segnati con la matita o forse col carbono, da uno che stava 
nella segreta, in questi termini: « Patron mio V. S. me mandi per il 
€ Carceriero il suo pastor fido et la fida ninfa che non so quelle mi 
« fare il giorno, mandatime si avete alcuno altro spassatempo, il 
€ grinto voli ch'io amo scosse che vostra Matri ami o la cara del 
« Carpio et il carniero del bar one (gorge di convenzione tra car- 
€ cerati), avisatime alcuna cosa et dite al Sig. Scipione (Scipione 
« Moccia Auditore del Castello), e al sig. Gio. Paulo (ignoto) che 
€ si adattano al favorirme con il Sig. Castellano fame uscire de qua 
« o farme unire con mio Compare » (notiamo che Orazio S.^^ Croce 
dicevasi compare del Gagliardo e trovavasi allora egli pure in se- 
greta). — Cosi uno de' « passatempi y> del Gagliardo era la poesia, 
un altro la negromanzia, e tutto cio che di lui abbiamo potuto co- 
noscere ci mostra che questo giovane a 22 anni , audace , pieno 
d'ingegno e di fantasia, potfe poi realmente, nel trovarsi a contatto 
col Campanella in Castel nuovo , divenirgli accetto , guadagnarne 
la confidenza, averne comunicazione di cose le piu intime che po- 
steriormente si fece a rivelare in punto di morte; ma pur troppo 
senza ombra di coscienza, capace di tutte le improntitudini , cgli 
pud ispirarci fede limitatamente, e le sue assertive dovranno sem- 
pre essere vagliate con la piu grande circospezione. 

Non essendo le ultimo scritturo suddette del dominio del S.^" 
Officio, con le deposizioni del Figueroa e del Moya chiudevasi la 
lunga e noiosa infer maziono suUe scrittui*e proibite. Noi abbiamo 
volute esporla in tutti i suoi particolari, non solo per dar notizia 
di tutti gl'incidenti verificatisi durante il processo, singolarmento 
poi di questo che ci fece avere le Poesie del Campanella, ma an- 
che per mettere in luce tutti gli elementi capaci di farci intendere 
le qualitA del Gagliardo. Aggiungiamo che i colpevoli delle scrit- 
ture proibite pervennero con le lore deposizioni a far cadere ogni 
cosa suUe spalle precisamente del Gagliardo, sicche cestui ebbe a 
dame cento egli solo: fu dunque stralciato questo carico dal pro- 
cesso principale e riunito agli altri della ferita inflitta in rissa a 
fra Dionisio e delle proposizioni eretiche, onde abbiamo veduto isti- 
tuito quel processo secondario centre il S.^ Croce e lo stesso Ga- 
gliardo , che avrebbe dovuto comprcndere anche il Soldaniero e 
Ferrante Calderon (cfr. pag. 239-240). E per finirla interne a questo 
processo, notiamo qui, che contro il Calderon dovfe aprirsi un pro- 
cesso speciale, poich6 non lo troviamo esaminato ulteriormente; con- 
tro il Soldaniero, non avendo lui osservato V obbligo di rimanere 
in Napoli ed essendosene partito per la Calabria, si prescrisse una 
apposita informazione, si confisco la cauzione data, si ordino a'Cur- 
sori quarumvis Curiarum di citarlo a comparire fra tre giorni, sotto 
pena di essere dichiarato scomunicato oltrechfe confesso e convinto 



— 270 — 

del delitto appostogli, e fu carcerato di nuovo in Calabi^ia ma dope 
([ualche tempo , sicch6 avremo agio di parlarne con coraodo ; re- 
lativamonte poi al Napolella , essendo state perdonato dalla Mar- 
cliosa della Valle, supplied il Vescovo di Caserta per la sua lil)c- 
razione, impedita d^Wempara interposta dal S.^" Officio, e rottennc 
(9 luglio 1002) con la fideiussione di 25 once d'oro prestata da un 
Michele Cervellone palermitano (a). In tal guisa rimasero sotto il 
processo gia istituito i soli S.'^ Croce o Gagliardo. Si ripigliarono 
dunque gli csami , il 12 luglio, cominciando dal S.** Croce, il 
quale si ricorderA che fin dal marzo era state g\k esaminato intomo 
alia rissa e alia ferita intiitta a fra Dionisio (ved. pag. 241-42). 
Egli fu questa volta esaminato interne alio cose della fede, e disjw 
che si trovava « lo piii maravegliato liuomo del mondo » per tale 
imputazione, negando ad uno ad uno tutti i capi di accusa e qualili- 
candoli invenzioni de' suoi nemici, vale a dire de'frati ed anclie del 
Martines, al quale egli avea < fatto perdere le chiavi » percho convi- 
vea pubblicamente con la cognata nel Castello led angariava i car- 
cerati con le estorsioni; d' altra parte fece intendere che sehbene in 
Calabria « li villani e rustici sogliono dire questa parola Santo dia- 
« volo, tutta volta li gontil homini e persone civile non lo dicono », 
ed cspose i biioni principii che professava e le divozioni che fa- 
ceva, ed aflermo die prima della rissa i)agava cim^ue grana alia 
guardia, come le pagavano anche gli altri carcerati, per essore con- 
dotto alia Mossa. Ma nel giorno medesimo fu esaminato qual test!- 
mono il Bitonto, che ribadi la maggior parte delle accuse c di*' 
pure cattive informazioni sul Gagliardo. ('on tutto cio il S.** Cron? 
lu, come allora dicevasi, « abilitato » ad uscire dal carcere, col- 
Tobbligo di tenoro per carcere il domicilio che avrebl)e indicato in 
Napoli e di dare per (juosto una cauzione di 25 once d' oro, ch«> 
forni un Rev.**" D. Marcollo Palermo (18 e 23 luglio): in soguil^ 
trovo pill comoda per lui una casa « nel fondico d'Eliseo alia ca- 
rita dove si dice la pigna secca », e si rinnovo Tolibligo imi)ostogli 
e la fideiussione del Palermo; deve dunque dirsi che per lui era 
finite egualmente con un'assolutoria il processo della congiura. Gli 
fu poi dato per Avvocato, a sua ri(*hiesta, il solito D. Attilio Crar- 
co, e gli furono dati i capitoli del fisco col termine di due giunii 
per formare grintcjrrogatorii (29 ages to): ma egli espose che turto 
procedova dalle inimicizie capitali contratto, con Alonso Martini*^ 
per avergli fatto perdere 1' uificio, cu frati in generalo a motiv'* 
della rissa, col liitonto in j)arlicolare « i)erch(> mandate da fra Di'» 
« nisio alia casa di esso comparente fu, insieme coiraltro, auton* 
« di farlo trovare iiKjuisilo di ribellione »; e poro dava la riiiuki 
a tutti i testimoni e chiedeva essere spedito secondo gli iVtti mede- 

(n) Notianio di passaggio che quosto Micliole Cervellone, propriamento mo? 
jsiiioso, fu poi uno do' -1 pi-iuoipali imputiHi nulla eosl detti i^* congiura di*l Cai- 
panclla, che lini col supplizio di fra Toinmaso l*ignatol!i il 1034. 



I 



— 271 — 

simi (12 setterabre). Ad istanza del fisco fu esaminato ancoi-a il 
Martines fjia carceriere , il quale conformo le accuse principal! , 
senza punto mostrarsi nemico del S.^ Croce. Ma costui, prima che 
la causa fosse spedita , penso bene di partirsene per la Calabria, 
come spessissimo facevano gli « abilitati », lasciando i fideiussori alle 
prese col fisco, e dando a qucsto, per siffatta via, un cespite rag- 
guardevole di entrala. Furono allora esaminate dal Prezioso, per 
commissione del Vicario , Lucrezia Papa V albergatrice con altre 
due donne (17 novembre), ed accertata la fuga del S.^^ Croce venne 
« incusata » la cauzione e carcerato D. Marcello Palermo, il quale, 
per la fideiussione prestata e per qualche altro conto che dovea 
saldare, riusci appena a liberarsi nel principio dell' anno successi- 
ve, sborsando D.*^* 30, avuti, come egli disse, « per carita d'alcuno 
timoroso d'lddio ». — Quanto al Gagliardo, le cose andarono molto 
pill in lungo, poichfe si era coraraesso al Vescovo di fierace I'esa- 
me di quel D. Pietro Manno, che egli avea nominate qual sue 
confessere pel tempo in cui trovavasi nel carcere di Castelvetere, 
(ved. pag. 255) e gli Atti relativi a tale commissione, bench6 com- 
piuti con la maggior sollecitudinc, giunsero nolle mani del Vescovo 
di Caserta non prima del 1G03, ed il processo pot6 proseguirsi e 
terminarsi stentatamente dal maggio 1603 al marzo 1604. Per tutto 
questo tempo non breve, il Gagliardo continue a rimanere in mezzo 
a'frati; intante la commissione data a Gerace risulto negativa, ed 
egli, esaminato dal Vicario Curzio Palumbo per delegazione dei 
Commissarii della causa principale , non manco di profittare del 
trevarsi gi^ fuori carcere, a quel tempo, fra Dionisio c il Biton- 
te, e scovrendo specialmente quest' ultimo cerco di scusarsi mercfe 
una serie di garbugli sostenuti con una improntitudino singolare (a). 
Narro che al tempo del sue prime osame que' due frati gli censi- 
gliareno di negaro ogni cosa, perchfe altrimenti sarebbe state bru- 
ciato dal S.'** Officio, ma velendo era manifestare la vcrita, rico- 
nesceva che quelle scrittui-e erano di mano sua nella piu gran parte, 
avendele cepiate per cento del Bitonte ed anche del Pizzoni (il 
morte), i quali gli davane in compenso un carlino al giorno e gli 
dicevane che erano cose di filesofia; e mostrategli le scritture, in- 
died specificatamente quali di esse , ed anche quali parti di esse, 
erano state cepiate da lui e quali dal Bitonte, affermando di non 
sapere da chi fosse venute ed a chi fosse state poi rcstituito I'eri- 
ginale; ammise che la carta data al Napolella era stata scritta da 
lui, ma setto la dettatura del Bitonte, il quale diceva essere un 
segrete centre la corda che volea mandare ad un sue amice, e pel 
gli « fece il tradimente » col sedurre il Napolella e suggerire a 
costui un secondo esamc in contradizione del prime , acci6 appa- 
risse che era un segrete di tutt' altro genere avute da esse Ga- 
gliardo, aggiunse che il Bitonte gli era divenuto nemico, perclife 



(a) Ved. la nostra Copia nis. dc' proces. ecclesiaiit. torn. 2% fol. 215 */,. 



— 272 — 

amoroggiava con una donna la quale stava sotto la lore caroere e 
corrispondeva con loro per un buco fatto al pavimento , ed egli 
aveva anclie lui le sue pretension! verso quella donna, e inline tutto 
era stato inventato da' frati , perchfe egli si era esaininato contro 
fra Dionisio, il Campanella e il Bitonto, nella causa della ribellio- 
ne. Nego poi di essersi vantato di aver segreti per corrompere le 
donne, di aver conosciuto carnalniente la suocera e la sorelia della 
suocera trovando piu dolce il concubito con le persone parenti, di 
aver lodato per questo la legge di Mos6 (giusta le accuse origi- 
nate dalla denunzia di fra Pietro Ponzio) ; nego inoltre di aver 
mai aderito alle eresie die da Cesare Pisano erano state annun- 
ziate nelle carceri di Castelvetere. Ed ebbe i capitoli del fisco, e 
gli fu assegnato il solito Avvocato Cracco; ma rinunzid alle difese, 
ed iunanzi al Nunzio ed a' due Vicarii, Graziano e Palumlx), sostenne 
un'ora di corda senza ri velar nulla, onde fattane relazione a Roma, 
coH'assenso della Sacra Congregazione fu decretata per lui Tabiura 
de leviy Tiraposizione di alcune penitenze salutari, e il rilascio in 
libertA dietro fideiussione, obbligandosi di non partire dalla citta 
di Napoli. Tutto cio fu eseguito;^ diedero per lui cauzione di M 
once d'oro Sigismondo Cainpo di'Oppido e Tarquinio Granata di 
Tortorella, e cosi il 2 marzo 1G04 pote uscire dal Castello nuovo, 
dovendosi dire gia assoluto circa la congiura nel principio del 1602, 
dietro la grave tortura sofferta con esito egualmente favorevole. 
E quasi superfluo dire che senza licenza se ne parti per la Calabria. 
Ma avendo poi \k commesso un omicidio, fu ricondotto in Napoli 
e quivi giustiziato due anni dopo, e in tale occasione venne a tro- 
varsi di nuovo alia presonza del S.*^ Officio , avendo volute fare 
una deposizione in disgravio della sua coscienza ; questa deposi- 
zione, molto importante per noi, ci dara ancora motive di parlare 
di lui. 

Possiamo oramai tornare a' frati, e innanzi tutto ci conviene 
dire, che durante Tinformazione sulle scritture proibite giunse per 
loro la sovvenzione prescritta da Roma a'conventi di Calabria, ed 
attesa fin dal settembre deiranno precodente; ma non ci voile poco 
per ricuperarla, c ne fu pure distratta una parte. Si era in mar- 
zo 1002; sapevasi che 200 Ducati erano giunti a Napoli con let- 
tera di cambio nolle niani di un frate del convento di S. Domeiii- 
co, e questo frate non compariva: il Vescovo di Caserta, in data 
2*3 marzo, mando un precctto al P.*^ Arcangelo da Napoli priore di 
vS. Domenico , perclio sotto pena di privazione del sue utiicio nel 
pn^sento, c d'inabilita a qualunque altra dignitu e prorogativa nel- 
ravvenire, carcorasso in ({uei modesimo giorno il frate che avea 
ricovuto il danaro, o mandassc* una lede deireseguita carcerazione 
(la doversi Irasmottero a S. S/' in Roma. Con tutto cio non risulta 
che il danaro fosse stato immediatamontc ricupcrato, j^iacch«\ uial- 
grado TurgcMitissimo bisogno ch(^ so ne sentiva, si cominciu a J:- 
sporno solamente il 2.'i maggio. A questa data il Vescovo di Ca- 



— 273 — 

serta emise i primi ordini di pagamento, ed il Notaro Prezioso li 
esegui, essendo stata a lui girata tutta la somma, posta in depo- 
sito nel Banco del Sacro Monte della Pieta; nella stessa guisa con- 
tinu6 a farsi di tempo in tempo fino al 9 giugno 1604, giorno in 
cui stava ancora in cassa un piccolo residue della somma, e i frati 
reclamavano, il Vescovo ordinava, Prezioso nicchiava, e vi fu bi- 
sogno di un ordine al Prezioso sotto j^na di scomunica ipso jure 
incurrenda! Tutti gli ordini di pagamento, le copie delle polizze di 
Banco, i ricevi di ciascuno de' frati co'nomi de'testimoni presenti, 
ed anclie i memoriali deTrati medesimi ogni qual volta reclama- 
vano la sovvenzione, furono riuniti in un fascicolo allegato al pro- 
cesso, che rappresenta il conto reso dal Prezioso ed fe per noi di 
un' importanza grandissima: poichfe esse non ci mostra solamente 
come e quando" il danaro sia state distribuito, ma anche ci fa co- 
noscere le miserevoli condizioni de' frati e la condizione speciale del 
Campanella, il quale fu sempre riguardato qual pazzo, sicch^ dap- 
prima fra Pietro Ponzio e poi fra Pietro di Stilo riceverono [)er 
lui la rata che gli spettava; inoltre ci fa conoscere la data delle 
vicende successive de'frati rimasti in Castel nuovo, o cosi rilevare 
quando fra Dionisio e il Bitonto riuscirono a mettersi in salvo, 
quando fra Pietro Ponzio fu rilasciato , quando il Campanella fu 
segregate e posto in carcere dure. Circa la distribuzione del dana- 
ro, dobbiamo dire che esso non fu veramente impiegato tutto nei 
bisogni de'frati: per la massima parte fu lore distribuito, dando a 
ciascuno dapprima 8 ducati, poi 2, 3, 1 ducato etc., e nella di- 
stribuzione di 1 ducato fra Pietro Ponzio non voile ricevere tale 
miseria dicendo di non averne bisogno ; fu anche pagata in due 
rate una somma per medicinali forniti a fra Dionisio infermo dallo 
speziale del Castello Ottavio ('esarano, ma una somma di D.^^ 14 
e tari 2 fu data al Prezioso per la copia degli Atti ofiensivi e di- 
fensivi mandati a Roma, ed aazi il prime ordine di pagamento fu 
per questa somma. Un ordine simile da parte del Vescovo di Caserta 
risulta indubitatamente biasimevole sotto tutti gli aspetti: egli non 
prese in benefizio sue, come avea gia fatto altra volta fra Cornelio 
del Monte, ma destine in benefizio altrui una somma che doveva 
esser sacra e non mai distratta dallo scope pel quale era stata rac- 
colta; d'alti»onde trasgredi le prescrizioni categoriche di un decreto 
Papale , che era state eniesso appcna nelF anno antecedente. Le 
prescrizioni erano: che per le cause del S.'*^ Officio non si esigesse 
nulla da nessuno, e che si mandassero anche gratis a Roma gli 
Atti de'Segretarii, Cancellieri etc.; il Vescovo di Caserta non poteva 
ignorarlo (a). 



(a) II decreto leggesi nel Carteggio del Nunzio, Filz. 216. Esso 6 stampato, 
e fu cosl trasmesso al Nunzio per farlo conoscere a tutti, con lett. del 18 lObre 
1602; bensl la sua data 6 anteriore, e rimonta al 1601. Le ragioni del decreto 
sono espresso ne' considerandi : < Ut causae et negocia quovismodo spectantia 

AmahiU — T. Campanella, Vol. II. 35 



— 274 — 

Ma veniamo al processo , al cui compimento oocorreva solo 
esaurire le ultinie difese di fra Dionisio. Abbiaino ^:ia (lotto cho 
il tribunale non lascio di provvedere intorno a quoste difese durante 
r informazione sulle scritturo proibitc: esse fin dal 19 gennaio 1(X»2 
aveva assegnato a fra Dionisio un nuovo termine perentorio di 
15 giorni ; ma fra Dionisio chiese che gli fossero prima date Ic 
copie degli esami do' testimoni, come pure che gli fosse assegnato 
un Avvocato e procuratore , die fosse esaminato di nuovo il Pe- 
trolo, che fosse presa informazione sulla ritrattazione fatta dal Piz- 
zoni in punto di morte. 11 marzo, quando fu chiamato alP esame 
sulle scritture proibite, egli rinnovo tali dimande con una comparsa 
e protesta scritta esistente in processo, dimandando di pin che prima 
si vedesse nel tribunale « caritativo e santo delP inquisitione > la 
falsity de' testimoni a suo carico, avendo quosti medesimi deposto 
falsamente nella causa del la ril^ellione, cio che egli non avea p^)- 
tuto dimostrare in quella causa per la potenza del fisco. Cosi di- 
cendo egli alludeva anche al Soldaniero , contro cui nella stessa 
seduta presentava le dichiarazioni scritte del Gagliardo, del Bitonto, 
di fra Pietro di Stilo e del S.** Croce, attestanti quasi tutte, che 
le scritture proibite erano state fatte trovare nella camera di fra 
Dionisio per astuzia del Soldaniero. 11 27 marzo, il tribunale assegno 
per Avvocato il Rev.'**" Attilio Cracco , ordino la consegna della 
copia degli esami testimoniali fatti in difesa di fra Dionisio e pre- 
scrisse al Cracco un termine di 10 giorni per venire innanzi a' (Viu- 
dici, nel palazzo del Nunzio, ad dicendum. 11 ^iO marzo, non appena 
intimate questo decreto a fra Dionisio, cestui mando un niemorialo 
a' Giudici, supplicando che facessci*o andare il Cracco presso di lui, 
poiche altrimenti il termine passorebbe invano, trovandosi iiiferino 
e povero, e non essendosi ancora visia la sovvenzione ordinata ai 
conventi di Calabria. Ma senza dubbio V informazione sulle scrit- 
ture proibite, riuscita piii lunga di quanto polevasi credere, inipedi 
a' Giudici di andare innanzi speditamonte ; d' altra parte fra l)io- 



ad Sanctam Inquisitionein cogiioscantiir et cx])odiantnr omni qua decet intoLrri- 
tate , amotis quibusvis sordibus ac pecuniariis solulionibui? » etc. Vero t!? oho 
la Camera Apostolica iioii dava mai nulla e non conipensava neanche il Mini- 
stro Generale della 8.** Inquisizione : si attesta inlatti in una letteiti a proi^*- 
sito della morte di Mons. Carlo IJaldino pro(le<-essore d^.-l Vescovo di Cast-rtn, 
che egli avea «servito 30 anni air ollicio dell' in(|ui$itione senza nieivede » (Lett, 
di Roma del iO aprile ir)<»8, Filz. :^li). In che njodo duiniue dovca provvedoi>i 
alle spese ^ Ne' tribunali Diocesani vi provveih'va il Vescovo et>n T entrali* del 
Vescovado, c infatti in un' altra leiiera , scritta a tempo della vaoanza della 
Chiesa Xapoletana per la morte del Card.' (irsualdo, si ordina al Nunzio, aii.- 
minislratore teniporaneo, che faccia pai:are dall' entrate delT Aiviveseovado «le 
spese del vitto et altre necessario occorrenti per li eareerati del S."* oilitio et 
speditioni delle loro cause » (Lett, di Koina del 'S,^ niajr-jMo 10n3. FUz. 'J 18): ii'i 
nel tribunale del Ministro (fcnerale dell' Inquisizione pote\ano sopporiiv aiie 
spese unicamento le contische delle cau/ioni dc;.^li <( abiliiati >; ad o«rni moi*' 
non avrebbero mai dovuto sopperirvi V elemosine raccolte in soUievo de'pover; 
earcerati. 



— 275 — 

nisio, il 15 aprile, presento una nuova comparsa, per chiedere co- 
pi a di altri esami che non trovava fra quelli consegnatigli (I'esame 
del Soldaniero in Gerace, e quelli del Priore e del Lettore di So- 
riano), come pure « lettere e monitorii contro colore che tenevano 
« o in qualsivoglia modo conoscevano la ritrattatione fatta dal Piz- 
€ zoni »; nb prima del 10 aprile furono da lui presentati gli ultimi 
articoli di difesa scritti di sua mano, ma senza 1' elenco de' testi- 
moni da doversi esaminare sopra questi articoli (a). L' indomani, 
20 aprile, i Giudici ordinarono che fra Dionisio, o il suo Avvocato, 
tra due giorni presentasse la copia degli esami consegnatigli, perchfe 
verificata la mancanza di quelli nuovamente richiesti ne fosse prov- 
veduto ; inoltre che del pari fra due giorni presentasse V elenco 
de' testimoni , pe' quali avea dimandate le lettere e i monitorii. 
Questo elenco fu presentato il 24 aprile, e con esse dov6 presen- 
tarsi ancora la copia dej^li esami gia consegnati e trovarsi vera 
la mancanza di quelli indicati : infatti si vede nel processo regi- 
strata \a consegna de' documenti mancanti, tra' quali pure la con- 
fossione ultima di Cesare Pisano in punto di morte, che fra Dioni- 
sio richiese posteriormente , ed inoltre si vede registrat^ una se- 
conda consegna finale di tutti gli esami raccolti a tempo del Ve- 
scovo di Termoli; la prima consegna reca la data del 31 aprile, 
la seconda quella del IS maggio, sicche solamente a tale data si 
pot6 davvero esser pronti, e il 21 maggio si pot6 passare agli esa- 
mi testimoniali. 

Gli ultimi articoli presentati da fra Dionisio non furono piu 
di tre {b). Col 1." egli affermava che il Pizzoni venendo a morte, 
per disgravio di sua coscienza , avea detto in presenza di piu e 
diverse persone avor deposto il false contro fra Dionisio ed altri 
in materia di S.*^ Officio e di ribellione, ed avere solamente aspet- 
tato, per ritrattarsi, che fosse posto in carceri ecclesiastiche. Col 
2.° affermava che il Petrolo avea dichiarato ad infinite persone vo- 
lersi ritrattare su quanto avea deposto contro fra Dionisio ed altri 
in materia di S.^^ Officio, voler mostrare tutta la radice della fal- 
sita del processo, ed avere percio fatto due volte istanza a' Sig.'^ 
ufficiali di essere riesaminato. Col 3.^ affermava che Giulio Sol- 
daniero « per dar credenza alle falsitA da lui deposte contro esse 
fra Dionisio y> avea fatto mettero scritture proibite in una cassetta 
dentro la sua camera e poi fatta fare la ricerca dagli ufficiali, onde 
egli era state chiuso in un torrione per sei mesi e il Soldaniero 
Tavea diffamato dovunque. Con questi tre articoli semplicissimi evi- 
dentemente fra Dionisio giocava una grossa partita ; ed ecco i testi- 
moni che egli dava per comprovarli. Sul 1.^, Alouso Martines oltm 
carceriere (era state licenziato , come si b. detto altrove , appunto 
nol maggio), il dot/ Michele Caracciolo, D. Francesco di Castiglia, 



(a) Ved. Doc. 412, pag. 513. 
(fj) Ved. Doc. cit. 



— 276 — 

il clerico Masillo Blanco (Gio. Tommaso Blanch), il clerico Cesare 
d'Azzia, Gio. Francesco d'Apuzzo: ma il D' Azzia era stato gii 
liberate dal carcere, e con diversi altri fu scartato dal Vescovo di 
Casnrta, rimanendo solo il Castiglia , il Blanch, il D' Apuzzo, ai 
quali vennero poi apgiunti d' nflicio il Curalo del Castello D. Ga- 
spare d' Accetto e il Sagreslano D. Francesco della Porta , che 
aveano dovuto vedere il Pizzoni vicino a morire. Sul 2.® articolo, 
oltre i suddetti, erano dati fra Antonio Capece (il cav/^' gerosoli- 
mitano), il Bitonto, fra Pietro di Stilo e il Petrolo; ma tra questi 
ultimi il Vescovo di Casena accolse solamenle il Petrolo e il Ca- 
pece. Sul 3.*^ articolo era riprodotta la dichiarazione scritta di Fe- 
lice Gagliardo ed altri, coll' istanza che Ibssero esaminati i dichia- 
ranti nel case in cui non lo fossero stati ancora ; ma il Vescovo 
di Caserta li ritenne gia esaminati (la qual cosa era vera per alcuni 
e non per tutti) sicchc di tale articolo non si parlo piii. — Voglia- 
mo intanto, ginsta il nostro costume, dar qualche notizia delle i>er- 
sone de' testimoni accettati, cio che riesce indispensabile in questo 
memento di tanta importanza: trasanderemo quelli altra volta conc^- 
sciuti, e diremo qualche cosa del Blanch e del D'Apuzzo, come puiv 
del D' Accetto e del Della Vovici cho al)hiamo bensi conosciuti ma un 
po' troppo alia sfuggita. Cominciando da 1). Gaspare d' Accetto, le 
scrittm-e della Cappellania maggiore cho si consorvano nel Gramlo 
Archivio, ed egualmento i lil)ri parrc:cchiali della Chiosa del Casiel 
nuovo, ci fanno conoscere i punti i)iu notevoli della sua vita. Era 
di Massa Lubrense nel Sorrentino, ed a 50 anni, nel 1501, ebU? 
r ufflcio di Sagrestano della Chiesa del Castello, ufRcio perduto da 
un D. Cesare Boda, dietro un processo fatlogli nel tribunale della 
Cap])ellania maggiore col titolo De rajplu el fuga nxoris Franrisci 
Ahcgia miliiis: pertanto neU'anno medesimo D. Gaspare fu sottoposio 
anch' egli a processo, per V omicidio in persona di un D. Gio. Carlo 
Coppola, che dovea sposare una nipote di D. Gaspare, non avea 
voluto pill sposarla e fu trovato ucciso; ma ne riusci assoluto, c 
nel 1502 trovasi gia in funzione di P.*-* Cura ne' libri parrocchiali. 
D' intelletto molto limitato, come lo mostrano gli Atli del processo 
del Campanella ne' quali prese parte, non api)ariscc punto infram- 
mettente, e nel tempo di cui trattiamo tirava innanzi con una licenza 
annuale di poter confessare e amministrare gli altri sacramenti nel 
Castel nuovo, al i)ari di tutti gli altri ecclesiastici dello stosso or- 
dine, mentre anclie il Cappellano maggiore, 1). Gabrielc Sances fra- 
tello di D. Giovanni, sottostava a riconoscimenti temporanei da pari** 
di Roma, in stguito di una Hera lotta giurisdizionale allora sorta. 
D. Gaspare tenne rufficio fino all' anno seguente, anno in cui mori. 
(iuanto a D. Francesco della Porta, cestui era della Biocesi di Oria, 
pill svelto di D. Gaspare, e forse per questa ragione mono graditu: 
infatti non divenne P.*^ Cura cho verso il IGOO, mentro alia mnrt'- 
di D. Gaspare , per decreto del Cappellano maggiore in data dol 
3 aigosto, lo divenne D. Alessio de Magistro napoletano, « preccdenio 



— 277 - 

€ (dice il decreto) la nomina nobis fatta da Maria de Mendozza mo- 
€ glie e procuratrice di D. Alonso de Mendozza Castellano del d.° Ca- 
« stello > ; fino a tale punto si estendevano le ingerenze delle mogli 
de' Castellani (a). Veniamo a Masillo Blanco ossia Gio. Tommaso 
Blanch , come leggesi sotto la sua deposizione. In questa egli si 
disse figlio del Barone di Olivito {int. Oliveto) dell' eta di 19 anni, 
carcerato da oltre 13 mesi per un « preteso insulto » in persona 
di Ottavio Stinca (V insigne avvocato che abbiamo avuto oecasione 
di menzionare in questa narrazione); gli scrittori di cose nobiliari 
e sopratutto il Carteggio del Nunzio , ci dicono il resto (b). Era 
uno de' pin giovani figli di Francesco Blanch, 2'^ Barone di Oliveto, 
e di Lucrezia Capecelatro, la cui discendenza brillo moltissimo nella 
carriera militare: il terzogenito di costoro, Alfonso Blanch, si di- 
slinse piu di tutti nolle guerre del Piemonte e mori in Fiandra, 
neir assalto di Capelle, avendo sotto i suoi ordini il fratello Mario 
cavaliere gerosolimitano, che fu poi ucciso da' vassalli in Oliveto; 
il De Lellis non parla di questa brutta fine di Mario, ma ne parla 
il Nunzio nel suo Carteggio, i)eroc('hfe il ])rincipale tra gli uccisori 
fu un clerico, ed opponondo lo solite rlifficolta delle prerogative eccle- 
siastiche il Vicario della dioccsi nor voile consegnarlo per piu anni, 
tmch6 il Governo, stance dell 3 terf iversazioni, lo fece prendere e 
sommariamente impiccarc. Fo'so m la difosa di questo clerico eb})e 
parte lo Stinca^ ondo i due fral 3lli V acenzo e Gio. Tommaso Blanch, 
cntrambi clerici per poter go? ere telle prerogative ecclesiastiche, 
gli fecero « un brutto assassinamemo con ferito et in casa propria » 
secondochfe scrisse il Nunzio a Roma ; e il disgraziato dottore, un 
po' troppo tardi, si muni di licenza d' arme « con 4 suoi creati » 
<?ome si legge ne' Registri Sigillorum (c). Vincenzo Blanch riusci 
a mcttersi in salvo, ma Gio. Tommaso fu preso, e peno molto ad 
ottenere la remissiono al foro ecclesiastico. Aggiungiamo che lanto 
Vincenzo , quanto Gio. Tommaso medesimo ed anche 1' altro fra- 
tello Michele, finirono con abbracciarc la carriera militare e vi si 
distinsero tutti. Vincenzo mori in Fiandra alia presa di Ostenda, 
Gio. Tommaso, divenuto Capitano d' infanteria, si segnalo nell' as- 
sedio di Vercelli, fu promosso Sergente maggiore nel Barese e sposo 
D. Anna Gattola; ma al tempo del quale trattiamo, essendo gio- 
vanissimo e spensierato, non farebbe meraviglia se si fosse accor- 
dato co' frati per assumere la parte che rappresento nell' informa- 
zione della quale andiamo ad occuparci. Rimane a parlare di Gio. 



(a) Le scritture doUa Cappellania maggioro, dalle quali ab])iamo dosunto i 
particolari suddetti, sono rapprcsentate da* Processi della Cappellania magrporey 
cho avemino a stiidiare nel far le i-icv^rcho siil chirurgo Scipione Caiuardella. 

(h) Ved. De Lellis, Discorsi delle famiglie nobili del Regno di Napoli, Nap. 
1054 — 71, vol. 2°, part. 3% pag. 349. — Carteggio del Nunzio, Lett, di Roma 
30 nov. 160i, 23 feb. 16U2, 24 genn. 1603; e Lett, di Napoli 14 lObro 1601, 
25 gen. 1602, 21 marzo 1603, 24 marzo 1605. 

(c) Ved. Reg. Sigillorum vol. 38 (an. 1601) sotto la data 24 di maggio. 



Franr^esco crApuzzo. Egli era di Acerra, avoa 23 anni, trovavasi 
iinputato nientornoiio clie di parricidio, ed avea gia due volte avuta 
la tortura: nril Grande Arcliivio non manca iiitomo a lui un docu- 
moiito che conferina la specie dell' imputazione fettagli , la quale 
imputazionc sonza dubhio non lo raccomandava presso i Giudici me- 
noinanionte (a). 

11 21 maggio, dal Vescovo di Casorta e dal Peri vennero esa- 
niinati tutti i testiinoni (6). D. Francesco di Castiglia depose aver 
veduto il Pizzoni poco prima che morisse, cliiamato dal carceriere 
Martines insienie col Blanch e con un altro (il dWpu^zo), ed avere 
udito dal Pizzoni che volea sgravaro la sua coscienza , essendosi 
esaminato contro fra Dionisio e il Campanella perch(> cosi gl' im- 
pose un monaco di cui esse deponente non ricordava il nome (fra Cor- 
nelio) , a fine di doclinare la giurisdizione laica e liberarsi ; che 
percid ne avessero fatta testimonianza scritta, avendone lui gia di- 
scorso col Curato e con altre persone, ma esso deponente non voile 
intrigarsi in questa faccenda , tanto piii che il Pizzoni diceva es- 
servi altre persone che lo sapevano. Dietro dimande aggiunse che 
non era state ricercato da fra Dionisio nfe da alcuno do' fratelli 
Ponzii per tale testimonianza, e non ignorava quanto importasse 
far testimonianza falsa spocialmente in materia di S.*" Officio. Nulla 
gli fu dimandato intorno alio dichiarazioni di volersi ritrattare fatie 
dal Petrolo. — Si passo al Blanch, il quale depose esser andato presso 
il Pizzoni infermo, richiesto dal Martines insieme con Gio. France- 
sco deir Acerra, perch6 il Pizzoni vol::ia dichiarare di aver deposto 
il false in Calabria e in Napoli contro fra Dionisio e il Campanella 
per sottrarsi al foro tomporale; aver trovato nolla camera (L^l Piz- 
zoni il Castiglia, ed aver udito dal Pizzoni che erano attesi perch^ 
volea si facesso detta scrittura, la quale fu distesa da Gio. Fran- 
cesco (d'Apuzzo) e sottoscritta da lui, dal Martines e dallo stesso 
Pizzoni ma con la mano sinistra, essondo storpiato a destra. Dietro 
dimanda aggiunse aver conosciuto il Petrolo, die piii volte gli avoa 
dichiarato volor ritrattare le sue deposizioni contro il Campanella 
e fra Dionisio, le quali erano false, ed aver presentato per ([Uesio 
un memoriale al Nunzio ed un altro al Papa; aggiunse pure ess»^r 
moi'to il Pizzoni pochi giorni dopo fatta quella scrittura, la quale 



(n) Vod. R'»g. Curiae, vol. 52 (an. 100 1 — ir>()3) fol. 17, ove leggcsi il s.- 
giionto niiMnorijile: « Gio. Francesco do Apiiczo expone a V. Ecc.''* come soD'"» 
octo iiiesi e pin die so riti'ova carcer.ito sonza haver' fat to male sot to pretest'> 
fovse consapovole dela morte del q." notir' Gio. Carlo d* Apuczo suo padre peril 
clio fu delejjfato per la felicis."^ inemoria dell' Hcc.*''' del Conio di lemos in delta 
causa il j^'iudice (Jio. Andrea Auletta, il (pialo coui ^ delegate procod»> in deiu 
causa et liii tormentato atrocissimamente esso supplicante inediaiito il quale {<'.'.': 
(> ridotto in tanta poca salute die si rit.rova in pericolo di niortc seiiza pt^sv-r' 
ricorrere a persona alcuna die lo proveda per non haver' giodice . . . > et;. 
(supplica che gli si facoia giu^tizia, e S. H. all' ultimo di ottobrc i(>0i deleja 
per la causa il giudice Tiroue). 

(b) Vcd. Doc. -il3, pag. 514. 



J 



- 579 — 

• 

rimase in potere dello stcsso Pizzoni, die volea darla al suo con- 
fessore pcrch^ fosse presentata. E da notarsi clie i Giudici non lo 
interrogarono sul contegno del Castiglia in quella circostanza. — 
D. Gaspare d'Accetto depose non aver mai trattato nulla col Pizzoni 
nb prima nfe dopo V infermitA da cai fu colto ; essere state a Massa 
(suo paese native) ed al ritorno aver trovato il Pizzoni senza la fa- 
vella; esser possibile che Don Francesco della Porta, il quale lo 
sostitui neir ufRcio di Curate, sapesse qualche notizia della dichiara- 
zione per cui veniva interrogate. — Gio. Francesco d'Apuzzo disse es- 
sere state condotto dal Martines presso il Pizzoni insieme col Blanch, 
e non ricordarsi bene se il Castiglia fosse venuto con lore o si fosse 
trovato gia nella camera del Pizzoni ; avergli il Martines detto che 
il Pizzoni si volea ritrattare per disgravio di coscienza e che ne 
facesse scrittura, end' egli si pose a scrivere quanto il Pizzoni di- 
ceva , ed infatti diceva di ritrattare cio che avea detto contro il 
Campanella e fra Dionisio, cosi in materia di eresia come di ribel- 
lione, avendolo detto per isfuggire il fore temporale; essere stata 
quella carta sottoscritta da lui, dal Blanch e dal Pizzoni (non piu 
anche dal carceriere), « atteso francesco de Castiglia non ci si volse 
intromettere », ed essere rimasta quella carta in potere del Pizzoni, 
che diceva volerla dare al suo confessore. Dietro dimande aggiunse 
essersi lui ofTerto di fare questa deposizione, ed esserne state quindi 
ricercato da fra Dionisio ; aggiunse inoltre avere piii volte udito 
dire dal Petrolo che si volea ritrattare di quanto avea deposto, e 
che avea date piu volte memoriali a questo fine. — D. Francesco della 
Porta disse aver confessato il Pizzoni solamente pochi giorni prima 
che morisse, avergli anche amministrata V estrema unzione, ma non 
essersi mai parlato di ritrattazione tra lore, essersi invece parlato 
pel Castello di una scritta fatta dal Pizzoni vicino a morire ; ag- 
giunse aver udito che il confessore di questi frati Domenicani era 
un Domenicano vecchio. — Fu poi esaminato il Petrolo circa la sua 
pretesa volonta di ritrattarsi, espressa e comunicata a piu persone, 
ed ecco 1' importantissima deposizione che egli fece : « Signori, la 
4c veritA 6 che io non posse vivere in queste career i alle persecutioni 
4c che mi fanno li frati, non solo li carcerati , et altri dela reli- 
4c gione , ma hanno sollevato tutta la Calabria contra di me, con 
« dire che io habbia infamata la provintia e la religione con quelle 
€ che ho deposto , et che per cio io per defendermi et mantener- 
« mi , vado dicendo con li carcerati 6 con altri per posser vi- 
« vere con poco di quiete , et per non essere ofTeso , che mi vo- 
« glio retrattare sempre che havero commodita, per mantenerli cosi 
« in speranza perche non mi oflendano , mentre sto qua , et anco 
« che non facciano ofTendere li miei in Calabria , ma la verity 6 
« che non Iho ditto mai con animo di volerlo mettere ad effetto, 
« perche quanto ho deposto avanti di Monsignor Vescovo di ter- 
« mole bona memoria 6 stata la pura 6 semplice verity. Et per 
« questo non ho di che retrattarmi, et per amore di Iddio vi prego 



- 380 - 

« che questo negotio stia secreto, perche altrimcnte pericolaria dela 
« vita et deir anima». E i Giudici ordinarono che di questa deposi- 
zione non si rilasciasse copia («). — Intine fu esaminato il Ca{)ece 
sul 2° articolo, sul quale era state date per testimone, vale a dii-e 
sulla volonta di ritrattarsi espressa dal Petrolo a piu persone; e 
il Capece depose non saperne nulla. 

Cosi quest' ultima difesa di fra Dionisio, che sarebbe stata uti- 
lissima egualmen^le al Campanella, non riusciva punto bene. II 3.® 
articolo non era neanche messo in discussione ; il 2.® articolo pro- 
vocava la deposizione del Petrolo tanto brutalmente esplicita; il 1.® 
articolo veniva infermato notabilmente dalle deposizioni del Curato 
e del Sagrestano male a proposito citati dal Castiglia. Da questo 
lato dobbiamo rilevare che il Castiglia, il quale veramente avrebbe 
potuto fare impressione su' Giudici, si mostro abbastanza impacciato 
nella sua deposizione; ma ad ogni mode attesto il fatto essenziale, 
e non si comprende come i Giudici non si fossero creduti in obbligo 
di udire su quel fatto il Martines ed anche il Domenicano confes- 
sore del Pizzoni , che avrebbero potuto recarvi luce grandissima. 
Tuttavia bisogna ricordare che si era avuta una dichiarazione scritta 
per conto del Pizzoni vicino a morire, avendo lui voluta sgravare 
la sua coscienza per quegli scritti di fra Dionisio che si aveva ap- 
propriati (ved. pag. 200); e non avrebbe dovato allora sgravare la 
sua coscienza, se veramente questa gli rimordeva, sul fatto tamo 
incomparabilmente piu grave che era la sua falsa deposizione? E 
non avrebbe dovuto fra Dionisio dare per testimone quel Domeni- 
cano confessore del Pizzoni , che dicevasi avero avuta la dichia- 
razione scritta intorno a quel 'atto? Relativamente al Petrolo, Ik'h 
si a])poneva fra Pietro di Stil< , che ne dubitava in modo assoluto 
nello scrivore alle persone di -asa 1 'restinace; il Petrolo nou ehU^ 
neanche bisogno del tormento per cc'nfermare quanto avea dei>osto. 
Temfe d' incorrere nell' accusa di fa'sa testimonianza col disdii'si, 
veramente la sua coscienza aon ^li permise di disdii*si ? Tutio 
sommato, riesce difficile non abbracitiare questa seconda opinion«': 
ad ogni modo egli non si disdissc no sulla ribellione nb sull' eresia 
come si era sperato. Quando le copie degli esami raccolti furoni* 
date a fra Dionisio , costui , non trovando quella dell' esame dol 
Petrolo , pot6 capire come la cosa fosse andata : non di meno il 
Campanella , dapprima nelle sue Lettere tanto spesso citato , pi'i 
tardi nella Narrazione ed anche nell' Informazione , scrisse ciy 
« fatto poi proccsso nel S. Officio... tutti li testimoni si ritrattar^ 
« in uty^aque causa >, come pure che « li monaci fur in S. Offioi.' 
« ritrattati o convinti di falsita)>. Per lo meno il Campanella non 
fu bene inforniato: solamente il Lauriana fu sufficientemente pr.- 
vato ftilso testimone, ma il Pizzoni e il Petrolo, i due testimvi:. 

{n) Veil. Doc. -114, pajr. 518. 



— 28i — 

davvero gravi per lui, non si poterono dimoslrare ritrattati niente 
affatto, ed fe superlfluo notare quanto la cosa debba dirsi importante, 
II 24 maggio, il Vescovo di Caserta decret6 che fossero con- 
segnate a fra Dionisio le copie degli ullimi esami , ma tale con- 
segna non fu eseguita prima del 18 gingno (a). Per 1' abitudine 
poi di quel Vescovo di trattenersi fuori Napoli durante i forti ca- 
lori estivi, la causa de' frati non progredi nel luglio e nell' agosto. 
Soltanto si procedfe a qualche Atto per Valerie Bruno, il quale con 
nn prime memoriale al Vicario Palumbo, e poi con un secondo 
al Vescovo di Caserta (20 e 28 agosto) reclamd contro V empara 
interposta dal S,*° OflScio alia sua liberazione \nentre era stato 
« liberate dalle altre cause », e supplied di essere spedito e abi- 
litato. II Vicario emise 1' opinione che fosse di nuovo interrogato 
6 poi spedito, e il Vescovo emano da Caserta \m decreto per Tabili- 
tazione, la quale fu accolta anche dal Nunzio e dal Vicario gene- 
rale Graziano e subito eseguita, con la fideiussione prestata dal 
padre del Bruno , e con 1' obbligo di non partire da Napoli sotto 
pena di D,' mille e della galera ad arbitrio de'Giudici: nella quale 
fideiussione una circostanza degna di nota si fe, che dal Bruno 
venne indicata per domicilio legale la casa di Carlo Spinelli a S.** 
Lucia a mare , donde si scorge che lo Spinelli non abbandonava 
colore i quali gli aveano reso servigi. E stando pur sempre in Ca- 
serta, il 30 agosto, il Vescovo spedi un ordine in nome sue e dei 
suoi coUeghi, perchfe fosse citato fra Dionisio ad dicendum nel pa- 
lazzo del Nunzio, dove coir Avvocato di lui sarebbe stata spedita 
la causa nella sua prossima venuta a Napoli (b). Quest' ordine 
singolare , con 1' assegno di xm giorno non determinate , era un 
mode di mostrarsi obbediente alle ingiunzioni che venivano da Roma 
dietro le soUecitazioni che il Nunzio riceveva in Napoli dal Vicer6. 
Abbiamo infatti dal Carteggio del Nunzio che il Governo Vice- 
reale non cessava di tener d' occhio 1' andamento del tribunale di 
S.*® Officio, ed ogni qual volta ne vedeva sospese le sedute , ri- 
cominciava le sue lagnanze. Cosi il 2 agosto il Nunzio scriveva 
al Card.^ Borghese (successo nolle cose dell' Inquisizione al Card.* 
di S.** Severina morto il 1.° giugno 1602), che pii volte il Vicerfe 
gli avea ricordata la spedizione de' frati inquisiti di eresia « per 
« che poi si potesse spedir anche il negotio della Ribellione trattato 
« son giA circa due anni >, e il giorno precedente gli avea pure 
fatto scrivere dal sue Segretario Lezcano un biglietto in tale pro- 
posito ; laonde pregava che si desse ordine a Mens. ^ di Caserta di 
mandare a Roma le scritture e quanto si era fatto per la spedi- 
zione della causa. 11 9 agosto ripeteva le istanze, dietro soUecita- 
zioni avute da D. Gio. Sances « Fiscale di permissione di N. S." 
nella causa della rebellione di Calabria » ; e nella stessa data il 



(a) Ved. Doc. 416, pag. 520. 

(b) Ved. Doc. cit. 

AmabiU'^T. Campamslla, Vol. II. 36 



Card.' Borghese gli facea sapere, che scriveva contemporaneamente 
al VescOTO rli Caserta di mandai-e « il resto delle scritture co' votil 
de' signori Congiudici », sicchfe verso la metd di agosto pervenivano' 
finalmente gli ordini di concludere , e il Vescovo di Caserta ers' 
obbligato ad occuparsene senza ritardo. '- 

Dobbiamo aggiungere che in questo tempo fra Pietro Ponztd' 
supplied di nuovo S. S.'* perch6 la sua causa fosse spedita , nod' 
essendosi in lui trovata alcuna colpa (a). II 17 agosto il Card.' S;l 
Giorgio lo partecipava al Nunzio, richietlendolo a nome di S. S.'*cl»'' 
desse informazione sul caso di fra Pietro, e mandandogli percid una' 
copia del memoriale. In esso fra Pietro dolevasi di aver sofferttf 
inuocentemente tre anni di earcere, di essero piu volte ricorso all 
Vicer6, al Nunzio, a D. Pietro de Vera senza aver mai ottenut*" 
nulla, di trovarsi in earcere solamente perchfe fratello di fra Dio-' 
nisio, concludendo col aupplicare S. S." che si degnasse < ordinarflf? 
« A Mons.'' Nuntio, et altri Giudici, che debl^ano con effetto pro-* 
« vederlo di giustitia , giudicandolo secondo la sua propria colpa' 
« 6 innocenza, et non secondo la ragion di Stato di Ministri tern-"' 
« porali, la quale dopo tanto tempo dovria cessare ». E il Nomio,' 
il 23 agosto, rispondeva come gi^ altra volta (ved. pag. 212), cbtf? 
veramente fra Pietro era stato carcerato « piii per essei-e fratello 
« di fra Dionisio... che per delitto che si pretendesse contra di lui »,' 
ma « pe' suoi ragionaraenti molto domestici » avuti di notte cw^ 
Campanella, era stato ritenuto oonscio del fatto e quindi da doverf 
rimanere in earcere fino a che la causa fosse spedita: < intAnto' 
« (egli aggiungeva) il Campanella si scoperse matto , et si fermd^ 
« il negotio ne termini che si trovava, che veramente ^ alia fine,-* 
« et si potrebbe ogni volta si)edire , ma si fe soprasseduto per ur- 
« causa deir Inquisitione »; questa si era protratta tanto che i Mi-? 
nistri Regii ne aveano inolte volte fatto rumore, ma giA al Ve-* 
Bcovo di Caserta era stato ingiunto di proeurarne la fine , e alW 
venuta di lui in Napoli dovea ripigliarsi, ed allora egli avrebbe pro^ 
curata la spedizione di fra Pietro (b). "^ 

In fondo pel povero fra Pietro non c' erano che buone parole.'' 
Come gia una prima volta nell' anno precedente, cosi anche quests 
volta il Nunzio promise e non attenne ; bench6 riconosciuto inno^ 
cente, fra Pietro aspett6 invano un provvedimento speciale per lui^' 
e dov6 rassegnarsi a vedere prima terminata la causa di ereaS 
per tutti gl' inquisiti, tra' quali apparve egli pure corapreso, mentis 
neanche il Nunzio nella sua lettera a Roma avea mostrato di 
sersene mai avveduto ! Fortunatamente si era giA ordinate di 
nire alia conclusione intorno all' eresia, per poi passare alia t 
clusione intorno alia congiura, cid che ci resta appunto a nami^ 
esponendo gli esiti de' processi. 



(rt) Ved. Doc. 127, pag. 73. 
(6) Ved. Doc. 128. pag. 74. 



L 



y. SarA bene pertanto occuparci delle opere scritte dal Cam- 
panella in questo lungo periodo di tempo, che comprende oUre due 
arnii, dal rnaggio 1600 al settembre 1602: potremo cosi dare an- 
che ua qualche soUievo alfinflnita noia inflitta a'lcttori coU'espo- 
sizione del processo di eresia, intlitta vei'amente non per colpa no- 
stra, ma per colpa de'Giudici. Come avea cominciato Hn da'prinii 
raomenti dell'an-ivo nelle carceri di Napoli, egli continue a com- 
porre poesie e prose, e per determinare nei miglior mode la data 
rispettiva, sara beee dividere in due il periodo anzidetto. Nel 1", 
che va dal raapgio 1600 al 2 agosto 1601, data della ricerca di 
scritture fatta dagli ufflciali del CasteUo, egli senza dubbio com- 
pose tutte le Poesie che furono trovate presso fra Pietro Ponzio, 
airinfuori di quelle che abbiamo veduto costituire un prime gruppo 
riferibile al periodo antocedente; inoltre compose o meglio ricom- 
pose il libro della Monarchia di Spagna. Nel 2", che va dal 2 
agosto 1601 in poi , egli pose mano alle opere filosofiche, corain- 
ciando dal portare a compiraento V Epilogo di Filosofia, o la Filo- 
sofia epilogistica, che si ricorderA essere stata trovata sotto la fl- 
nestra del sue carcei-e, buttata giii al momento in cui vi entravano 
gli ufficiali del CasteUo. 

Al libro della Monarchia di Spagna egli attese certamente 
con la maggiore assiduity, avendolo ritenuto raolto giovevole per 
la difesa della causa della congiura; dopo gli ArticoU profelali, 
probabilmente dalla 2^ meta del raaggio 1600, dovfe esser questa 
la sua unica occupazione seria, onde pot6 poi aggiungere di second* 
mano il ricordo del libro nelle Difese gii ricopiate. Noi ci siamo 
spiegati a lungo altrove intorno alia data della composizioue della 
Monarchia (ved. vol. 1", pag. 146-17) e ne abbiamo anche detto 
qualche altra cosa parlando delle Difeae (ved. qui pag. 99 e 113); non 
sentiamo quindi la necessity di discorrerne alttjriormente. Solo di- 
remo, che prima del giugno 1601, data in cui fra Pietro di "Stilo 
present^ le Difese al tribunale, il libro dov6 essere stato giA scritto 
e mandate a Stilo, per farlo trovare in quel posto e fame raen- 
zione appunto nelle Difese. Nfe ei dissimoliarao che siffatto termine 
di un anno, impiegato nella ri composizioue di un libro da parte di 
un uomo come il Campanella, sapendosi non averne allora scritto 
alcun aitro, riesce estreraaraente lungo, sicchfe tanto piii si avrebbe 
motive di pensare che il libro sia stato davvero composto, non gii 
ricomposto nel carcerc; ma ricordiamo pure che per tutto 1' anno 
il Campanella fu guardato di molto a causa della sua pazzia, fin- 
ch6 poi non ebbe a provarla col tormento della veglia. Del resto, 
come abbiamo giA fatto notare altrove, importa poco che il libro sia 
stato composto nella fine del 1598 o nel 2° semestre del 16(X), non 
essendovi gran differenza tra 1' essere stato scritto quando si me- 
ditava una congiura o quando si voleva dimostrare che non c'era 
stata congiura; importa solo sapere che non fu composto dopo dieei 
annj di prigionia, e che fu ad ogni modo un libro di occasione, 



— 284 — 

destinato ad addormentare od a placare la Spagna, onde non gli 
si pu6 dare la significazione che gli h stata data, e bisogna tratr 
tenersi dal vedervi il saggio di una delle grandi aspirazioni del 
Campanella. 

L'autore poi dov6 certamente rivedere in sfeguito questo libro, 
e per lo meno ritoccarne il proemio e la concliiusione , \k dove, 
negli esemplari manoscritti che tnttavia se ne hanno in gran co- 
pia, esso reca Tindirizzo ora semplicemente a un D. Alonso, ora 
al Reggente Marthos Gorostiola, ed ora 6 sfornito di provenienza 
e di data , ora reca la provenienza dal convenlino di Stilo e la 
data del dicembre 1598, aggiuntavi talvolta anche V etk dell' au- 
tore. Nel Syntagma de libyHs proprits troviamo registrato che egK 
compose la Monarchia dapprima in italiano , e poi essa « giunse 
« nolle mani di tntti , nella lingua italiana e nella latina , dalle 
« collezioni di Gaspare Scioppio e di Cristoforo Flugio ». Vedremo 
pill in \k che il Flugio fu presso di lui nel 1603 e ne ebbe cer- 
tamente la Filosofia che il Campanella fini di scrivere dopo la Mo- 
narchia; non ci sembra quindi arrischiato 1' ammettere che abbia 
avuta anche la Mo7iarchia in sifFatta occasione; lo Scioppio poi ebbe 
egli pure la Monay^chia con diverse altre opere verso la meta del 
1607i Volendo prestar fede al Syntagma^ bisognerebbe dire che il 
Campanella abbia voltata in latino la Monarchia innanzi il 1607: 
ad ogni modo ci pare che le due date diverse della consegna di 
questo libro, il 1603 e il 1607, dieno la ragione del trovarlo in- 
dirizzato una volta semplicemente a D. Alonso, e un' altra volta 
al Reggente Marthos con tutte quelle altre sfolgoranti circostanze 
della provenienza e della data. Giacchfe appunto nel frattempo, 
alia fine del gennaio 1604, come si rileva anche dal Carteggiodel 
Residente Veneto , era trapassato il Marthos ; avea quindi potato 
il nome di lui esser posto in luogo di quelle di D. Alonso, rima- 
nendo cosi eliminata ogni reminiscenza del De Roxas , e foroita 
una prova piu limpida deiraffezione delFautore agli spagnuoli, se 
non presso il Governo Vicereale che lo conosceva bene, presso la 
Curia Romana, Tlmperatore, gli Arciduchi di Austria e il mede- 
simo Re di Spagna , presso tutti i potenti Principi a' quali il po- 
vero filosofo ebbe a rivolgersi. Ma non vennero fatte nel libro altre 
innovazioni, e si puo dire che le piccolo varianti introdottevi sieno 
piuttosto dovute a' cattivi amanuensi, giacchfe per lungo tempo To- 
pera, assai ricercata, corse solamente manoscritta tra gli eruditi; 
del resto un confronto qualunque de'diversi esemplari non h state 
mai fatto^ e varrebbe la pena di farlo cosi per questa come per 
ogni altra opera del Campanella rimasta lungamente manoscritta, 
poichfe nolle varianti potrebbe rilevarsi meglio la mano deirautore 
e scoprirsene anche I'animo o piuttosto i bisogni ne'diversi tempi 
successivi. Si conosce che la Monarchia fu pubblicata per le stampe 
dapprima in tedesco, senza indicazione di luogo, nel 1623, a cura 
di Cristoforo Besoldo , il quale V ebbe certamente dal suo amico 



— 286 — 

sone diverse, taluna delle quali persona veraraente ufficiale, come 
p. es. la Sig/* D.''^ Anna che vedremo dover essere stata una pa- 
rente di D. Alonso il Castellano, in un tempo in cui il Campanella 
mostravasi pazzo! Possiamo in verity rimandare le poche poesie con 
siffatto indirizzo al tempo posteriore alF amministrazione della ve- 
glia; ma neanche possiamo rimandarle tutte come vedremo, e do}> 
biamo ricordare che quel tempo non raggiunse due mesi, essendo 
circoscrilto dal 4 giugno al 2 agosto, e la Musa doveva mostrarsi 
allora ben riluttante, sicchfe un numero molto tenue fe lecito asse- 
gnarne al detto bimestre; d' altronde sono anche troppe le poesie 
indirizzate a persone, specialmente del bel sesso, in rapporti piii 
meno diretti con la famiglia del Castellano , nfe poi il Campa- 
nella dope la veglia avea peranco cessato di mostrarsi pazzo, Bi- 
sogna dunque conchiudere che nel Castello, perfino presso il ceto 
autorevole, non mancarono persone pietose e ben disposte verso il 
prigioniero ; nfe egli manco di procurarsene la benevolenza e mo 
strarsene grato, esaltandone le virtu, carezzandone anche la vanita, 
abbandonandosi perfino al genere erotico e lascivo, sempre col gusto 
de'tempi, non senza comporre versi egualmente per conto di altri, 
spesso per procurarsene qualche favore e sovvenzione nella squal- 
lida miseria in cui si trovava. Non farA quindi maraviglia se queste 
poesie riescano quasi tutte scadenti, di niun valore letterario, ma 
in compenso di molto valore storico; nfe farA maraviglia se in queUe 
poche, le quali trattano soggetti pin elovati, si notino principii po- 
litici e religiosi comuni, mentre Tautore avea bisogno di giustifi- 
carsi, e le sue poesie doveano circolare tra persone sovente attac- 
cate al Governo, piu sovente attaccate alia religione nel sense vol- 
gare. Si comprende agevolmente, che non potremmo fare una ras- 
segna minuta di tutte queste poesie senza allungar troppo la nostra 
narrazione, ma si comprende pure che non possiamo passarcela di 
volo, dovendo rilevarne specialmente cio che pud chiarire la vita 
intima del Campanella, ed anche la vita riposta per quanto 6 pos- 
sibile, in questo notevole periodo della sua prigionia, 

Poniamo in prime luogo alcuni Sonetti profetali, che si tro- 
vano disseminati nel presente gruppo di poesie, come ne abbiamo 
visto disseminati anche nel gruppo appartenente al periodo ante- 
riore, e menzionati nel Syntagma quali Ritmi consolatorii, diretii 
a dar vigore agli amici. Uno di essi comincia col verso 

€ La scola inimicissima del vero » 

e I'altro col verso 

€ Mentre V aquila invola e I'urso freme » (a). 

Entrambi ebbero 1' onore della stampa per cura delPAdami. 
ma non senza mende, come del pari Tebbe un terzo, die raostra 

(a) Ved. Doc. 497 e 498, pag. 572 e 573. 



— 287 — 

quanto U Campanella tornasse volentieri su questo tema, per ricor- 
dare « il fine instante delle cose umane »: esso fa dettato ad oc- 
casione di lina richiesta avuta di scrivere qualche Commedia , e 
comincia col noto verso 

€ Non piaccia a Dio che di comedie vane » etc. (a). 

Chi mai potfe fare tale richiesta al Campanella? Oseremmo dire Fe- 
lice Gagliardo, che si 6 visto avere scritti piu Prologhi di Com- 
medie. Un altro Sonetto consolatorio di genere diverso fe quello 
poco convenientemente intitolato « Al Principe di Bisignano », che 
6 veramente un ricordo dell'essere state il Principe rinchiuso nella 
medesima prigione , e dell' esserne poi finalmente uscito, onde il 
po6ta ha motive di dire 

« Gran forza e speme tanto essempio adduce » {b): 

vi si possono fare varie osservazioni circa il numero di anni pas- 
sati dal Principe in prigione, circa i motivi della prigionia, ed an- 
che circa i motivi del ritorno in libertil , ma a' poveri calabresi 
la sola « cessata ragione di State » dovea sembrare un motive sod- 
disfacente. 

Passando alle Poesie politiche, ne troviamo solamente cinque, 
intitolate all' Italia, a Genova, a Venezia, a Roma, e « Roma a 
Germania » (c). Le tre prime furono poi pubblicate , le altre due 
furono scartate; ma quella all' Italia fu pubblicata sotto la forma 
di Canzone , mentre originariamente era stata composta in forma 
di Sonetto con appendici, e fu anche intitolata « Agl' italiani che 
attendono a poetare con le favole greche », mentre originariamente 
non aveva titolo determinate; nfe sarA superfine far avvertire, che 
le prime notizie delle proprie Poesie date dal Campanella nella 
lettera al Card.* Farnese del 1606, seguita dalle altre al Card.* 
S. Giorgio e al Re di Spagna, poi anche nel Memoriale al Papa 
del 1611, fanno distinta e principale menzione di tali poesie po- 
litiche (d). 

Quella air Italia pud dirsi un verp Inno al primate italiano, 
nel quale son pure notevoli diversi concetti generali e particolari: 
r essere ciofe « sepoltura de' lumi suoi , d' esterni candeliere », il 
ferir sempre di nuovi aflanni « lo stilense » il quale « quella pa- 
tria honora che poi lui dishonora », il non cessar mai « di servir 
chi la paga d' ignoranza , discordia e servitute » alludendo certa- 
mente a Spagna ed a' Principotti italiani. Non parliamo poi del So- 



(a) Ved. Doc. 494, pag. 571. 

(b) Ved. Doc. 488, pag. 569. 

(c) Ved. Doc. 504, 512, 515, 513, 517, pag. 575, 579, 580, 581. 

(d) Nella lett al Card.' Farnese si legge: < un volume di sonetti e can- 
zoni a varie repubbliche regni et amici e salmodie. . . » etc. Nel Memoriale 
al Papa, pubblicato dal Baldacchini e riprodotto dal D' Ancona, si legge: « un 
volume di varie rime e Salmodie . . . moral! e politiche ». 



- 288 — 

netto a Genova nfe di quelle a Venezia, permettendoci solamente 
di ricordare ancora una volta, che da quest' ultimo, e non da cio 
che dovfe scriverfi in certi momenti tristissimi, conviene desumere 
i convincimenti del Campanella intorno a quella mirabile repubbli- 
ca, fondata sul sapere e sul potere, condotta senza fiacchezze sen- 
timentali , e percio durata tanti anni. Circa il Sonetto a Roma , 
conviene notarvi quel concetto osservabile 

« Deh non pianger Tlmperio, Italia mia, 
ch' hoggi r hai vie piti certo e venerando », 

mentre nel primissimo Sonetto all' Italia, composto in altre circo- 
stanze, il poeta si era doluto che non si vedeva gik piu « verge- 
gnarsi per V onor di Dina » nfe Simeone nfe Levi, Ecco dunque uno 
spiccato ritorno indietro , e non di poco momento : ma non deve 
sfuggire che il Sonetto fu scartato quando si venne alia pubblica- 
zione delle poesie, e si puo anche osservare, che mentre ne' versi 
originarii della poesia menzionata piii sopra e diretta « Agl' italia- 
ni » etc, si leggeva 

« la gran Roma 

dove anche ha Dio suo tribunal costrutto », 

ne' versi rifatti posteriormente e cosi dati alle stampe si lesse 

« £ del cielo alle chiavi aMn per venne »; 

ciofe a dire , fu sostituito un encomio di ability politica ad un ri- 
conoscimento di dono soprannaturale. Circa il Sonetto « Roma a Ger- 
mania », esso segna il passaggio alle poesie religiose , rappresen- 
tando una tirata contro la riforma, e questo veramente non h affatto 
nuovo neir ordine delle idee del Campanella, cui la dissociazione 
nella fede cristiana riusci sempre assai molesta : ma 6 nuovo quel 
tuono da pergamo accompagnato da vaticinii d' immancabile rovina. 
e bisogna tener presente che questo Sonetto fu pure scartato, e ma- 
nifestamente imo studio dello scarto fatto riescirebbe davvero istrm- 
tivo. — Citiamo qui, al sfeguito degli anzidetti, il Sonetto « Sovra 
il monte di Stilo » (a), poesia di niun valore, ma espressione di un 
caro ricordo del povero prigioniero , e passiamo subito a' Soneiii 
religiosi. Essi sono al numero di sei, de' quaii fm^ono poi pubbli- 
cati quattro, e riflettono la morte di Cristo, il sepolcro di Cristo. 
la Croce, V Ostia consacrata (b). In tutti brilla la professione di cri- 
stianesimo senza riserve, il concetto di Cristo vero figliuolo di Di". 
cio che il processo mostrava essere stato da lui negato; intorno alh 
Croce, egli spiega la sua poca simpatia verso la tendenza a met- 
tere in mostra Cristo crocifisso invece di Cristo trionfante, ed ancb 
in ci6 si trova una giustiticazione riferibile alle cose emerse dal 



(a) Ved. Doc. 502, pag. 574. 

(b) Ved. Doc. 507, 505, 506, 509, 510, 508; pag. 576-577. 



— 289 — 

processo. De' due, che non farono poi pnbblicati, V uno tratta an- 
cora del sepolcro di Cristo ma in tuono assolutamente predicatorio, 
r altro rappresenta un fervorino suU' Ostia consacrata, e risulta esso 
pure una giustificazione. Si direbbero tutti questi Sonetti composti 
nella Pasqua del 1601. 

Giungiamo alle poesie con indirizzo o menzione di persone di- 
verse, talora non determinate, talora piu o meno determinate, delle 
quali, potendo, c' ingegneremo sempre di dare qualche notizia, mas- 
sime allorchfe si tratti di persone benefattrici del povero prigio- 
niero, Ci liberiamo dapprima di due Sonetti , V uno per V entrata 
di un alunno incognito nell' ordine monastico de' Somaschi, V altro 
per r entrata di un' Artemisia del pari incognita in un convento (a). 
Citiamo poi due Sonetti indirizzati a due persone delle quali gi^ 
abbiamo fatto conoscenza (b) : V uno al Sig/ Cesare Spinola « splen- 
dor d' Italia, difensor di virtd », che 1' autore encomia e ringrazia 

« Del Campanella per la defensione 
contro lo stuol traditoresco e rio », 

8 manifestamente esso deve dirsi scritto poco dopo il 15 novem- 
bre 1600 , giacchfe a questa data lo Spinola lo difese mentre era 
chiamato qual testimone dal Pizzoni ; 1' altro, senza dubbio di pari 
data e per la stessa circostanza, indirizzato a D. Francesco di Ca- 
stiglia, che V autore loda molto anche come poeta, cantore di donne 
sante, di cocenti amori, e perfino di Antiochia vinta. E forse egual- 
mente al Castiglia, seguace del Tasso, deve dirsi indirizzato il So- 
netto che nella Raccolta vien subito dopo (c) ; esso rappresenta una 
gentile ammonizione al seguace del Tasso , cui addita una meta 
piu alta e abbastanza notevole per V argomento della nostra nar- 
razione, quella meta per la quale, il poeta dice, gioverebbe avere 
a guida Dante e Petrarca, scaldarsi al « fuoco de' lor petti », sen- 
tirsi il cuore punto « da giuste ire », elevarsi ed elevare 

< Al degno oggetto dell'umana mente ». 

Ricordiamo inoltre qui il Sonetto indirizzato a un Sig.' Aurelio (d), 
un € canoro Cigno » tra' molti che si riunivano nolle Accademie 
napoletane , tanto piu puUulanti quanto piii avversate da Spagna. 
Non sapremmo, tra' mille Accademici di quel tempo, chi abbia po- 
tato essere questo Sig.' Aurelio : ad ogni modo egli dov6 vedere 
il Campanella ed eccitarlo a cantare di Cesare, e il Campanella se 
ne scus6 adducendo le sue tristi condizioni, 

« Che in atra tomba piango i miei dolori 
sol pianto rimbombando il ferro e 11 sasso ». 



(a) Ved. Doc. 495, pag. 571; e 511, pag. 579. 

(b) Ved. Doc. 462, pag. 559; e 491, pag. 570. 

(c) Ved. Doc. 492, pag. 570. 

(d) Ved. Doc. 499, pag. 573. 

AmabiU'^T. Campanblui, Vol. IL 37 



Ecco ora un Sonetto al Sig/ Troiano Magnati {a), un cavaliere 
del quale possiamo dare qualche notizia sicura. Primogenito di D.' Ip- 
polita Cavaniglia, che vedremo tra poco celebrata egualmente, egli 
faceva parte della Conipagnia de' cosi detti Continui , una specie 
di Guardia del corpo del Re, e per esso del Vicerfe, composta pei 
metA di spagnuoli e per metA di napoletani , scelti sempre tra fe 
persoae nobili, e ne' primordii dell' istituzione tra le persona nobiU 
di prim' ordine : una cedola di pagamento del soldo per 1' anno 150^ 
ed una dimanda di lieenza al Vicerfe per 1' anno IGIO, che si leg^ 
gone nelle scritture dell'Archivio di State, ci Lanno fatto conoscera 
questa sua condizione di Contimio (b). II Campanella, dopo lodi en- 
faticlie e seicentesehe, gli chiede unailmente protezione per s6 e pd 
suoi 



Veniamo a D." Ippolita Cavaniglia, la pill alta benefattrice del Cam- 
panella e de'frati; a lei sono indirizzate non meno di tre poesie (c). 
Un documento , da noi rinvenuto nell' Archivio di Stato , ci mo-, 
stra questa Signora esser figliuola di D. Garzia Cavaniglia Conte dl 
Montella, ma forse figliuola naturale, gia vedova fin dal 1593 di 
Fabio Magnati, e madre di Troiano, Flaminio, Gio. Battista e Ge- 
ronimo (rf). Si sa che i Cavaniglia, gente valorosa e fida e di sangue 
regio , vantavano 1' essersi stabiliti nel Regno col 1." D. Gaiiia, 
venuto da Valenza in Napoli con Alfonso d' Aragona, fatto Conta 
di Troia nel 1445 e celebrate dal Sannazzaro ( la Contea di Mon- 
tella sopraggiunse piu tardi , nel 1477, con D. Diego, T amaoU 
della sorella di Ferdinando Aragonese ) ; ne abbiarao un trattato 
scritto dal Sarrubbo , oltre le notizie registrate dal Be Leilis nw 
suoi ms. che si cunservano nella Bibl. nazionale di Napoli; ma 1» 
donne non figurano mai nel Sarrubbo , e il De Leilis ricorda bo- 
lamente, quali liglie del 2." D. Garzia, Cornelia e Fulvia mon*- 
che; e tuttavia il documento suddetto non lascia dubbio suUa on- 
gine di D.' Ippolita, mentre d' altra parte i libri parrocchiali dell* 
Chiesa del Castel nuovo fanno spesso menzione di lei e de' suoi (^' 



(a) Ved. Doc. 463, pag. 559. . 

(fi) Ved. te Cedo/e di Tesoreria vol. 427. an. i59R, pagamento in datt rf 
giagno di D.' 150 per soldo de anno uno; e le Carte diverse del Oovemo dK 
Viceri, fasc, 2°, an. 1610, dimanda in data 10 luglio, con la quale D. TroiaMlt; 
chiede lieenza di poter rimanero un anno fuori Napoli. 

(c) Ved. Doc. 467, 468, 477; pag. 560, 561, 564. 

(d) Ved. i Registri Privileffiorutn vol. 104, an. 1593-05, fol. 84, 
tiamo che la madre di D.» Ippolita non sia stata Porzia Pignatelli inogli« 
D. Garzia, giacchd in quosto documento, oltre I'assegno in moncta fattote 
padre, si ricorda anche questa proraeasa da lui avuta. < vita durante della nu 
di d." D. Ipolita consigtiarli ogni anno mensatim tomola ventiquattro di granoh 

(e) Ved. Sarrubbo, Trattato della famiglia Cavaniglia, Nap. 1837, a D* 
Leilis, Famiglie nobili di Napoli, ms. della fiibt. naz. nap. X, A, 3, fol, 263, • X. i. 



— 291 - 

Quanto a Fabio Magnati , il Capaccio mostra la famiglia de' Ma- 
gnati proveniente da Bologna , dove essa era una delle 40 , ve- 
DUta in Napoli con Carlo 1.®, e dichiara Fabio « dottore di leggi, 
gentir huomo virtuosissimo » (a): non h improbabile che egli fosse 
Auditore del Castel nuovo, ma ad ogni modo \k abitava con la sua 
Tamiglia. Nel corso di questa narrazione abbiamo visto raccoman- 
iata a D.* Ippolita la lettera inviata da Sertorio del Buono a fra 
Dionisio, che fu poi trovata il 2 agosto 1601 dagli ufficiali del Ca- 
stello. Nelle poesie, oltre la sua nobiltd affermata con le nozioni 
storiche suddette , oltre la maestosa bellezza e tanti altri pregi , 
vrediamo esaltata la sua 

€ Generosa pieUt, man liberale » 

3 sempre col maggior rispetto, e con una impronta di serietA so- 
irente lasciata da parte nelle altre poesie dirette al bel sesso; onde 
d vede che effettivamente il Campanella sentiva per lei quanto le 
5sprimeva nel verso 

< L'altre femine son, ta donna sei ». 

tfa nella terza delle poesie , che k un Madrigale , il Campanella 
•ivela tutta T intensity della sua gratitudine: 

€ . . mille grazie e benefizii farmi 
volesti ancor; felici ferri e sassi, 
che stringete i miei passi, 
ringraziar non poss*io 
nd gioir del sol mio, 
ringrazio vol e di vol piii non mi doglio » etc. 

Abbastanza analoga a codeste poesie , comunque meno fervo- 
osa, 6 r altra seguente, indirizzata a una Sig." Olimpia (b) : non 
i 6 riuscito interpetrare chi abbia potuto esser questa Signora e 
wwrebbe che non abitasse nel Castello, poichfe i libri parrocchiali 
ion fanno alcuna menzione di un nome simile ; il Campanella ne 
oda essenzialmente « V umanit4 ». Lo stesso dobbiamo dire della 
Jig.'* Maria, della quale il Campanella esalta la grande bellezza 
id invoca la cortesia e la pietA, mostrando pure che glie ne avesse 



, fol. 175-193. — Negli stessi Reg.* Privileffiorum vol. 86, an. 1587-88, fol. 96, 
rovasi la donazione della parte legittima de*suoi beni fatta da Cornelia Cavani- 
lia nel vestirsi monaca, e in essa si citano la madre Porzia Pignatelli e i fra- 
alli Troiano, Scipione, Fabrizio e Mario. Ne'libri parrocchiali della Chiesa di 
•astel nuovo d citato piti volte Fabio Magnati fino al 1585, e Troiano Magnati 
ae volte, nel 1596 e 1598; D.* Ippolita Cavaniglia poi h citata an grandissimo 
amero di volte, specialmente come madrina, anche in compagnia £ D.* Anna 
di D.* Maria de Mendozza, talora in compagnia del Principe di Bisignano 
oando costoi era carcerato; e da ultimo V elenco de* morti reca, « A di 29 de 
bre 1615 mori D.* Polita Cavaniglia, sepolta nel ibs vecchio > {intencL nella 
hiesa del GeatL vecchio). 

(a) Capaccio, II Forastiero, Nap. 1634, pag. 774. 

(b) Ved. Doc. 469, pag. 561, 



— 292 — 

dato prova una volta e poi si fosse posta in contegno (a) : tali cir- 
costanze ci hanno fatto per un momento pensare che potesse trat- 
tarsi della Castellana medesima , cugina e moglie di D. Alonso, 
che varii documenti e perfino il Carteggio dell'Agente Toscano at 
testano sovranamente bella, e che per la sua posizione sarebbe stata 
veramente in grade di giovare il Campanella con la pieti ; ma non 
pud ritenersi punto consentaneo all' indole de' tempi veder chiamata 
la Castellana di casa Mendozza col nome di « Sig/* Maria », e difatti 
« D.* Maria » o semplicemente « Maria » si trova sempre chiamata 
ne' libri parrocchiali del Castello. Potrebbe essere stata una Maria 
Gentile o una Maria Spinola, e piuttosto quest' ultima, poich6 le 
si vede anche indirizzato ad istanza del Sig."^ Francesco Gentile 
un Madrigale tutto smancerie e peggio secondo il gusto de' tempi; 
e vi sarebbe una Maria Spinola Centurione da potersi supporre quella 
di cui qui si tratta, ma non vale la pena di sciupare il tempo in 
supposizioni troppo vaghe. Giungiamo alia Sig/* « D.* Anna ». Qui 
il titolo 6 tale da dover fare ammettere senz' altro una Signora di 
casa Mendozza, ma, secondochfe insegnano i libri di materie nobi- 
liari e i libri parrocchiali del Castello, vi furono non meno di tre 
Signore di questo nome; 1.° D.* Anna di Toledo figlia di D- Pietro 
il Vicerfe, maritata a D. Alvaro di Mendozza gik Castellano e madre 
di D.* Maria la Castellana moglie di D. Alonso, rimaritata a D. 
Lope di Moscoso Osorio 4.^ Conte di Altamura, onde ne' libri par- 
rocchiali trovasi anche detta « Anna Moscosa »; 2.° D.* Anna so- 
rella del predetto D. Alvaro , quindi zia di D.* Maria ed anche 
dello sposo di lei D. Alonso il Castellano che le era cugino, ma- 
ritata a Lelio Carafa e rimaritata al Conte di S. Angelo , lunga- 
mente vedova e fondatrice della Chiesa di Pizzofalcone, spesso detta 
ne' libri parrocchiali Contessa di S. Angelo ; 3.^ D.* Anna ultima 
sorella di D. Alonso il Castellano , malamente detta Claudia dal 
De Lellis, maritata nel 1594 a D. Ferrante de Bernaudo e dimo- 
rante senza dubbio nel Castello, detta sempre « D.* Anna > ne' libri 
parrocchiali (6). Forse a quest' ultima, forse anche meglio alia prima 



(a) Ved. Doc. 465, pag. 560. 

(b) D.' Anna de Mendozza, figlia di D. Diego e D.' Claudia de Caro fu sposa 
a D. Ferrante de Bernaudo (ved. Reg.' Sigillorum 18 7bre 1595 ) e ne ebbe 
varii figli, Claudia, Francesco, Diego, Beatrice (ved. i libri parrocchiali per gli 
an. 1595-98-99 etc.); era dunque figlia e non moglie al Bernaudo, che fu poi 
create Duca, la Claudia di cui parla il De Lellis (Discorsi dolle famiglie n«v 
bili etc. Nap. 1564 vol. r» pag. 399). Aggiungiamo che vi fu una Claudia An- 
tenia de Mendozza, ultima figlia di D.» Isabella Marchesa della ValJe e quindi 
nipote di D. Alonso il Castellano, la quale nel 30 8bre 1614 spos6 Alessnndro 
Ridolfi di famiglia fiorentina, generale del Papa, Ambasciatore straordinario di 
Mattia Re d'Ungheria al Re di Spagna, divenuto in Napoli Consigliere del Col- 
laterale, pensionato con D.** 1000, ed anche Marchese di Baselice: costui pa- 
recchi anni piu tardi fu in relazione col Campanella, il quale parl6 appunto ^ 
lui in una Lettera al Papa del 9 aprile 1635, che 6 tra quelle pubblieate 'iil 
Berti, quando disse che co*fratelli Lu device ed Ottavio (Ridolfi) stava € in Ca^iti 
di Napoli dove era accasato il Marchese et io carcerato >. 



— 293 — 

D.* Anna, la quale era tuttavia una delle belle, fu indirizzato il 
Sonetto dal filosofo; ma a qualunque delle dette Signore sia stato 
esso indirizzato, si tratterebbe sempre di persone in parentela stretta 
col Castellano, ed in cio precisamente risiede la singolariU del fatto, 
mentre il filosofo mostravasi a quel tenipo nel colmo della sua paz- 
zia. Quanto ai concetti espressi nel Sonetto, vi si trova lodata la 
bellezza e nobilt^ di D.* Anna, se ne vede invocato V amore, con 
quegli spasimi a freddo che fe maraviglioso come abbiano potuto re- 
gnare in poesia tanti e tanti anni senza nauseare (a): lo stesso si trova 
cgualmente in piu composizioni del Campanella, delle quali dobbiamo 
ancora discorrere, onde si rileva cbe pure da questo lato egli abbia 
sacrificato al gusto e alia necessita de' tempi senza esitazione. 

Ed eccoci all' ultimo gruppetto di poesie, nelle quali general- 
mente il pessimo gusto signoreggia sovrano. Le facciamo comin- 
ciare dal Sonetto che fra Pietro Ponzio trascrisse senza titolo, ma 
che mostrasi indirizzato ad un Gentile (6). Non fe dubbio che si 
tratti qui del Sig.*^ Francesco Gentile, per conto del quale fra Pietro 
raccoglieva le poesie del Campanella nel libretto che gli fu poi tro- 
vato dagli ufficiali; e possiamo affermare di non aver risparmiato 
assolutamente nulla per sapere chi fosse questo Sig.*^ Francesco 
Gentile, ma pur troppo senza esservi riusciti. Dalle poesie egli ap- 
parisce parente di una Sig.^* Giulia Gentile, alia quale il Campa- 
nella non manca di scrivere un Sonetto e un Madrigale, innamo- 
rato di una Flerida, alia quale il Campanella scrive poesie per 
conto di lui e poi anche per conto proprio, e spesso e vivacemente: 
ad istanza di lui ancora il Campanella scrive il Madrigale alia Sig.*^* 
Maria gik ricordato qui sopra, e crediamo che per conto egualmente 
di lui sieno state composte molte poesie di amore anche lascivo, 
mentre alcune altre dello stesso genere appariscono pure indubita- 
tamente scritte dair autore per conto proprio. Avevamo dapprima 
pensato che potesse essere Francesco Gentile da Barletta, nipote 
della Sig.*^* Giulia Gentile, presso la quale stava ritirata D.* llaria 
Sifola sposata a D. Andrea de Mendozza figlio di D.* Isabella Mar- 
chesa della Valle con grandissimo sdegno di costei (confr. pag. 258): 
questo D. Francesco , nobile di prim' ordine ed amico delle buone 
lettere come lo provano due Commedie che di lui ci rimangono (c), 
avea potuto venire con la sua zia in Napoli, per placare la Mar- 
chesa e cercare un accomodamento nella lite di nuUiti intentata 
da lei a proposito del matrimonio di suo figlio. Ma al tempo del 
quale trattiamo egli doveva essere molto giovane, e la Marchesa 
trovavasi nel maggior colmo de'suoi furori: abbiamo infatti visto 
che il povero Nicold Napolella ne sofiri le conseguenze fino ad una 

(a) Ved. Doc. 466, pag. 560. 

(b) Ved. Doc. 473, pag. 562. 

(c) Ved. in Allacci Drammaturgia, Venez. 1775, pag. 522 e 779, Le Com- 
medie sarebbero: «La memoria di Dario e OrisaDte> e « I trastulU d* Amore ;► 
Viterbo 1647. 



parte del 1602, e i libri parroccliiali del Castel nuovo d mostrano 
D." Ilaria riunita a D. Andrea non prima del 1618. D'altronde ftS' 
Pietro Ponzio nel principio di dedica della Raccolta delle poesW' 
lo dice Patrizio Genovese, e il processo dell' eresia c\ mostra nel' 
14 novembre 1600 dato per testimone dal Pizzonl nelie sue difese' 
un D. Francesco di Genova che verosimilmente fe il Gentile, inolU9' 
ci mostra dopo il 2 agosto 1601 dato per testimone da fra Pietro 
nella denunzia eontro gli oifensori de'frati il Sig.^ Francesco Get 
tile, di cui il Mastrodatti dice, «fe stato carcerato e liberato... »' 
etc. (ved. pag. 241). Dovi; dunque essere compagno di carcera' 
de'frati, forse uno della famiglia de'Gentili che tenevano Banco ill< 
Napoli, del quale Banco esistono tuttora nel Grande Archivio tre 
libri che vanno dal 1592 al 1599; e ne' libri parrocchiali della 
Chiesa del Castel nuovo egli figura qual padrino in un Battesimo 
del 18 aprile 1601. Ad ogni mode egli non era persona volgare, 
e nel Sonetto gia citato, dicendosi pazzo, il Campanella gli chiede 
aiuto per s6 e pe'suoi in nome deH'amore che egli porta a Flerida, 

« Ond" io m' inchino a, lei © per lei ti priego 
ch' a lei, et a te, et a uoi Oentil ti moatri 
i) fatal pazzo Campanella aitando », 

Ma alia Sig." Giulia il poeta chiede nfe piil nfe meno che amore e 
in un Sonetto la dice 
I « Oioia, idea, vita, luce, idolo, amoro >, 

I e in un Madrigale ne loda la bellezza al punto, che dichiarandoU 

superiore a Lia e Raehele egli si compiacerebbe di essere scbiavo 
per sette e sette anni (a). Intanto ad istanza del Sig."" Francesco Gen- 
tile scrive un Madrigale per Flerida, forse anche il Sonetto che seguOi 
piil probahilmente ancora un altro Sonetto posto nella Raccolta dopo 
quello indirizzato a lui {b); e scrive inoltre il Madrigale alia Sig." 
Maria, dal quale si vede che il Gentile si compiaceva di fare il 
cascante a dritta ed a manca (c). Vogliamo credere che egualraente 
per lui egli indirizzi a Flerida un Madrigale, da cui si nlevij- 
rebbe essere stati ammalati entrambi ed essere cio accadato alU 
fine deir anno, naturalraente alia fine del 1600 (d); dippiii il So- 
netto col quale ne loda i n6i sul labbro e sul ginocchio, da'quaU 
il poeta si lascia trasportare perfino 

< . . . . ■ Eul consecrato fonte 
dell'immortalitate alj'appetito » (c), 



(a) Ved. Doc. 470, pag. 561; e 478 pag. 584. 

(6) Ved. Lloc. 471, pag. 562; ilH ib.; e 474, pag. 563. 

(c) Ved. Doc. 475, pag. 563. 

(d) Ved. Doc. 479, pag. 564. 

(e) Ved. Doc. 476, pag. 563. Pel Campanella la filoprogenttura 6 una ingift- 
nevolo tendenza naturjle ad etornarsi o imraortalarsi, come si puO riievara u* 
che da uii brano della lettera al Flugio, che fu da noi puhblicata; da ci6 emerp 
cMaro quale sia il fonte consecrato all'appotito deli' immortality. 



— 295 — 

onde poi riesce di comprendere quel Madrigale, in cui si accenna a 
un certo fiasco fatto e spiegato non senza sufflciente industria (a); 
fiBalmente anche il Sonetto in cui ringrazia Amore , 1' altro sul- 
r inestricabile laberinto d' Amore, e poi le Ottave e il Sonetto di 
sdegno, che dinotano una rottura completa e perfino villana (6). 

Ma non siamo sicuri che tutte le poesie amorose dirette a Fie- 
rida siano state scritte per conto del Gentile, e una parte di esse 
ha potuto essere stata scritta per conto dell'autore, massime dopo 
la rottura anzidetta : fe certo d' altro lato che V autore credfe egli 
pure dilettevoli o piuttosto comodi simiglianti passatempi, onde ab- 
biamo almeno sei Sonetti di relazioni amorose indubbiamente sue, 
non mancando nemmeno nel titolo di alcuni fra essi indicato spe- 
dficatamente « T Autore ». Forse presso Flerida ed anche qualche 
altra fanciulla egli trovd distrazioni, come di sicuro ne trov6 presso 
una Dianora, al cui indirizzo la Raccolta ci oflBre un Sonetto; ve- 
dremo poi , nel sfeguito della nostra narrazione , attestato da lui 
medesimo in una sua lettera il ricordo di scherzi a'quali certe don- 
zelle lo invitavano dalle finestre, ed attestato dal Gagliardo in al- 
cune sue deposizioni il ricordo di una certa Oriana, o secondo Tuso 
del paese D. Oriana, nome ingarbugliato che risponde bene a quello 
di Dianora, la quale abitava sotto la prigione e gli conservava libri 
e scritti, fornendoli ad ogni sua richiesta mediante una cordicina. 
La Dianora parrebbe una suora francescana, a giudicarne da' versi 
co' quali cominc^a il Sonetto 

< Donna che in terra fai vita celeste 
sotto la guida di colui che in Cristo 
amando trasformossi >: 

% lei il Campanella fa ringraziamenti , ma si dichiara nel tempo 
stesso devoto abbastanza intimo co' versi 

€ Stella DiAN, Ora al mio fragil legno 
che solca un mar d'affanni, onde non parte 
Tocchio del mio desire e della mente >; 

nfe ci manca ne'Reg.^ Partium la notizia di una « Sore Elionora 
Barisana », e, ci6 che vale dippiii, ne' libri parrocchiali del Castel 
Quovo la notizia di una « Sore Dianora Barisciana di Barletta » (c). 
Per questa donna, che potrebbe supporsi appartenente alia famiglia 
del € torriero » come allora si diceva il guai'diano della torre , o 
per Flerida e altre fanciuUe che potrebbero supporsi appartenenli 

(a) Ved. Doc. 484, pag. 568. 

(b) Ved. Doc. 483, pag. 567; 482, ib.; 480, pag. 564; 481, pag. 566. 

(c) Pel Sonetto ved. Doc. 501, pag. 574. I Reg.* Partium, volume 1420, 
in. 1597-1599, fol. 133, neU'elenco de'possessori di rendite pagabili sulFarren- 
lamento del vino recano, « Sore Elionora Barisana D.* 14 >; i libri parrocchiali 
iel Castel nuovo, neU'elenco de'morti, fol. 93, recano, « A di ij de marzo 1620 
norl Sore Dianora Barisana de Barletta sepolta a Monte Calvario >. Si sa che 
a Dianora del diaietto vuol dire Eleooora. 



— 296 — 

alia bassa famiglia de' Mendozza y egli dov^ scrivere i rimanenti 
cinque Sonetti ne'quali canta il suo intrigo amoroso, un laccio di 
capelli da lui dimandato ed avuto, un presente di pere inviatogli^ 
un bagno fornitogli in soUievo de'suoi dolori, ed anche una scena 
erotica abbastanza vivace accaduta a traverso il muro della pri- 
gione (a). Mettendo da parte siffatta scena che i lettori potranno 
rilevare col loro comodo, notiamo quella singolare dichiarazione che 
il Campanella fa nel Sonetto sul presente di pere 

« Che solo Amor pu6 darci il sommo bene 
lo qual filosofando io non trovai » (b); 

notiamo poi con tanto maggiore interesse la circostanza, che I'av- 
venimento del bagno fornitogli dalla sua donna si deve riferire a! 
tempo che scorse dopo il tormento della veglia, onde il povero fi* 
losofo si senti ristorato ed anzi poeticamente risanato, 

« Tolsi Facqua, applicaila al corpo mlo 
gi& fracassato dopo lunga guerra 
per graa tormento ch' ogni forte atterra, 
del medesmo liquor bivendo anch' io > (c). 

Abbiamo dunque un Sonetto composto certamente dopo la veglia, 
a tempo de'bagni, vale a dire in luglio secondo il costume del pae- 
se: ma esse non fu il solo, e possiamo con ogni probability a^iun- 
gervi anche con precedenza due altri Sonetti indirizzati a un < Sig/ 
Petrillo » ; nfe ci trattiene il rinvenirli a capo di tutto il gruppo 
delle poesie appartenenti al periodo di cui discorriamo, giacch^ que- 
sto potrebbe significare solamente una speciale distinzione (d). Dal 
prime de'due Sonetti questo Sig.*^ Petrillo apparisce un fanciullo, 
piu verosimilmente un giovanetto, leggiadro e riservato, che con- 
sola il povero filosofo con la sua presenza, e I'eccita a scrivere nuo- 
vamente qualche poesia, 

€ 11 vecchio canto a ripigliar m' invita »; 

e il filosofo dicendosi pazzo ed incapace di poetare con gusto, ap- 
parisce addolorato e affranto addirittura, 

« Carme ti rendo d*ogni gusto parco, 
ch' esce da bocca di dolcezza lungi, 
ch'agli ultimi sospiri 6 fatta varco >; 

ci parrebbe impossibile riferire simiglianti espressioni , e tutto il 
resto, ad un tempo diverse da quelle che segui immediatamente la 
veglia. Con Taltro Sonetto il filosofo loda la bellezza del fanciullo 
e gli comunica eccellenti riflessioni morali, ma continua sempre aJ 
apparire profondamente mesto, ed anche oppresso dal pensiero dei 

(a) Ved. Doc, 516, pag. 581. 
(6) Ved. Doc. 485, pag. 568. 

(c) Ved. Doc. 486, ib. 

(d) Ved. Doc. 460 e 461, pag. 558. 



— 297 — 

tradimenti che nella vita si patiscono; e chi era dunque questo Sig/ 
Petrillo? I libri parrocchiali del Castel nuovo ci d^nno un po' di 
luce anche in questa come ce Thanno data in altre circostanze: vi 
era un € Petrillo » figlio dello speziale del Castello Ottavio Cesa- 
rano e di Polissena Cammardella; nato nel 1583, egli mori nel 1603, 
ed avea quindi poco piii di 17 anni allorchfe comparve al filosofo, 
e doveva essere leggiadro come uno di que' fiorellini i quali , al 
vederii, fanno temere che ben presto piegheranno il capo (a). Grande 
meraviglia ci avea recato il non trovare qualche poesia diretta dal 
filosofo al suo migliore aiuto, al chiru^o Scipione Cammardella; 
ma ecco che lo vediamo onorato in persona del nipote , il quale 
verosimilmente Taccompagno in taluna delie prime visite e poi piii 
tardi, quando il filosofo era sempre assai sofferente, e in principio 
tuttora non fiducioso al punto da fargli comprendere la simulazione 
della pazzia, in sfeguito divenuto fiducioso in modo da mostrarglisi 
un vero e buono sapiente. 

Furono queste le poesie che il Campanella compose dal mag- 
gio 1600 al 2 agosto 1601, e tutt'al piu una sola di esse potrebbe 
dirsi apocrifa nella Raccolta fattane da fra Pietro, quella intitolata 
€ Sonetto di Horatio di G. » etc. (6). Sicuramente dopo il detto 
periodo egli non cesso dal poetare, ed anzi allora appunto compose 
le maggiori sue poesie, che si leggono nella Scelta pubblicatane 
piii tardi dall'Adami: cercheremo a tempo e luogo di determinare, 
86 sar4 possibile, la data almeno di taluna di esse. 

Veniamo alle opere alle quali il Campanella attese consecuti- 
vamente, e per ora a quelle composte dall' agosto 1601 fin verso 
la fine del 1602, ciofe fino a che si compi il processo delFeresia. 
Giover4 qui avvertire una volta per sempre che i fonti migliori , 
per determinare in un modo meno fallace le date di quanto egli 
compose negli anni piu difficili della prigionia, saranno sempre le 
sue Lettere del 1606-1607 a' Card.'* Farnese e S. Giorgio e al Re 
di Spagna, alle quali egli annesse 1' elenco delle opere fin allora 
composte ; meglio ancora la lettera alio Scioppio, egualmente del 
1607, posta come proemio alF « Ateismo » e pubblicata dallo Stru- 
vio, nella quale cit6 ad una ad una con un certo ordine, ma nem- 
meno con un ordine cronologico esatto, le opere che realmente te- 
neva a sua disposizione e che infatti gli mand6, avendole rivedute, 
ritoccate, ovvero composte di pianta, e facendo menzione anche di 
taluna che avea composta e perduta o stava componendo e non potea 
mandare ancora; inoltre il Memoriale del 1611 al Papa pubblicato 
dal Baldacchini , al quale fu pure annesso un elenco delle opere , 
e in generale tutte le lettere del Campanella scritte durante la pri- 



(a) Nel !• de'Libri parrocchiali si Jegge, « 1583 12 marzo, se battez6 Gio- 
seph Horatio figlio de Ottavio Cesarano e de pulisena Camardella »; nel 3" poi 
Telenco de*morti reca, < a di 16 de marzo 1603 morse petrillo Cesarano >. 

{b) Ved. Doc. 490, pag. 570. 

AmabiU^T, GAMPAiotLLA, Vol. IL 38 



gionia. Ma ad uii grado Umitatissimo potra servire il Syntagma de 
librts proprtis, pubblicato tanti anni dopo su note confusainente rac- 
colte dal Naudeo, e manifestamente disordinato intorno alle opere 
scritte nel carcere, come si puo rilevare dalle notizie cbe fornisce 
il pi'oeesso dell' eresia, da quelle che forniscono i document! anzi- 
detti, non che dalla lettura medesima del Ubro (a). Pel momento il 
pi-ocesso deir eresia fe ancora il fonte certo, su cui si pud contare 
senza riserva, e da esso sappiamo che il 2 agosto 1001 il Canv^ 
panella gii metteva mauo a compiere VEpilogo di Filoso/ia, o li 
Filosofia epilogistica. ' 

Rammentiiio i lettori il manoscritto buttato giii dalla finestra 
del carcere del Campanella il 2 agosto, mentre venivano a visltarlo' 
gli ufEciali del Castello. Oggi ancora vi sono in Italia due Mano- 
scrittl col titolo di « Epilogo ...» o < Epilogo maguo di quelto 



(a) Percorrendo infatti I'art. 3" del Syntagma, dove appunto si parla delibrf 
composti o rioomposti nel carcero, noo 6 difficile scorgere che la cronologla il 
genere e in ispecie i stata addirittura neglctta. Lasciamo da [>arte le Potxitr 
sulle quali ci stamo gia Kplegati nel ti'attarne iln da principio. Dopo le Poesia 
si parla degli Aforismi politici elc. , eho siamo per vcdere easere slati scrild 
non prima della 2> metfi del t60]; poi della Monorchia di Spagna, che abUuw 
veduta indubitatamente gift ricomposta, se non composta, prima degli Aforuai}! 
poi si parla de' 15 Ariieoli profelali, cbe sicuramente furono seritli ancbd prini^ 
della Monarchia di Spagna. In 8^guito si parla do' liliri Medicinali e dtigli JUtrO'- 
logiei, che non aono nominati ancora negli olenchi del 1006; e passoudo aofltA 
a'libri Astronomici e alls QuUtioni, osserviamo che dopo tulto ci&.conuflM- 
tevole salto indietro, si legge, < poco di poi in Napoli scrissi una Meta/i»ia 
e questa ricev6 dalle niie mani Geroniino Tufo Marchese di LaveJlo nell'sOM^ 
1603 >1 In s^gnito ai passa a parlare de' libri di Teologia, del RcminitcerOvt^ 
delle Ora:ioni alle 4 grandi nazioni con la data del lfil7 e 1018, e quindi, voxt^^ 
aggiunte a' libri anzidetti, si parla della Monarchia della Sapifnza interna o i&. 
Dritto del Re Cattolico svl nuora tnondo , libri cLe si tpovano registrat! Ur 
quelli inviati alio Scioppio nella sua Icttcra del 1607 I I'ralasciamo la Uetaft4, 
slca scritta nel 101 1 e la Conswllazione 3ulle entrate del Regno che vedmnoi 
scritta piCi anni prima, e notiamo che a questo punto , essendo atati gi& citat^ 
libri perfino con la data del 1618, si dice, < tutti i suddetii libri 1o Scioppio 
da me ricev^ nell' anno IG08, quando venne raandato da Paolo V. . . ed an-' 
che gli diedi 1' Ateismo debellato » I Coal mostrasi fuori ogni dubbio m&l Am 
dato tutto cid che 6 stato detto in tale materia sempre con la scorta del SyM 
tagma, il quale pu(j servire pe' particulari della cotnposizione, non per la tbtt 
di easa, verosimiJmente perche fu redatto su note staccate. Aggiuugiamo di 
negli elenchi annessi alle lettere del 1606 sopra menzionate si da talvolta p< 
compiuta qualcbe opera che ancora non 1' era, p. es. i 18 Articoli profetali (ii 
tiraa coroposizione accresciuta), e si afferma anche essere le opere < tutto salre: 
ci6 che par alcune non era vero. e basta citare T opera « l)e reram UDiver^ 
tate », quelJa « De Philoaophia Pithagoreorum », la « Tragedia della Regina 4 
Scozia >. Is'ella lettera alio Scioppio poi si citano le opere con 1' online s«gim 
te : Monarchia di Spagna, Discorai a' Principi, Dialogo contro i Liiterani, iM 
senso delle cose. Pronostici aatrologici, Compendio (epilogo) di Filosofia etc, et( 
e ben si vede che 1' ordine cronoli^ico non d serbato, e insomnia UQicameal 
con accurati confronti. e tonendo solt'occbio le opere stesse o tutto Tepiiti 
lario del Campanella dal momento in cui coniinciO a scriver letlere stando I 
prigione, si pu6 venire a capo di qnesto iniportantissimo Uvoro. 



« che della natura dello cose ha filosofato e disputato fra Tliwaaso 
« Campanella servo di Dio > : analogamente al manoscritto buttato 
giil dalla finestra del cai'cere, 1' uoo, della Magliabeclnana, comin- 
cia con le parole, « Perche teco menar la vita non posso Signore, 
« come il desiderio siio grande delia virtii vorrebbe *, V altro, della 
Casanatense comincia con le parole , « Perchfe menar teco la vita 
non posso Signore » etc.; entrambi liniscono con le parole, « quel 
che ne face poi voi lo sapete », alle quali parole nell'esemplare della 
Magliabecliiana succede un epigramraa latino in lode del Campa- 
nella , e nell' esemplare della Casanatense succede un piccolo nu- 
niero di brevissime note e postille. L' opera poi in latino , stain- 
pata a cura delFAdami nel 1623 col titolo di « Philosophiae realis 
epilogisticae partes quatuor », comincia con le parole, « Quoniam 
« tecum vitam ducere , charissime, non datur, ut avidissime eu- 
« pis » etc., e nella sua 2" parte, cbe rappresenta VEtica, Snisce 
con le parole tradotte alquanto liberaraente, « quid autem subinde 
« fecerit, historia doeet». Come si vede, trattasi qui deir opera che 
sappiamo cominciata in Roma verso la flne del 1594 col titolo di 
« Compendio di Fisiologia », quando il Campanella non potea « me- 
nar la vita » con Mario del Tufo cui la mando, continuata poi in 
Napoli nel 1598 con I'aggiunta anche deWEtica. Dopo due mesi 
dal tormento della veglia , stando sempre a letto , il Campanella 
gid attendeva a rivedere quest' opera e ne meditava il compimento: 
perduta la copia che ne aveva avuta senza dubbio da Mario del 
Tufo, 6 naturale ammettere che se n' abbia procurata un' altra, ma 
intanto, senza sospendere il suo lavoro, compose gli Aforismi po~ 
litici e V Economica, poi ritocco VEtica e compose ancora la Cittd, 
del Sole menando cosi a termine tutta 1* opera. Quest! particolari 
dol modo in cui il lavoro fu eondotto si rilevano dal Syntagma, e 
lino ad un certo punto riescono confermati da cio che mostrano in- 
torno air opera gli elenchi annessi alle lettere del 1606-1607 ed 
anche del 1611, come ancora da cio che mostra il confronto dei 
Manoscritti in italiano con la parte corrispondente dell" opera stam- 
pata in latino. Gli elenchi del 1606-1607 mostrano I'opera col ti- 
tolo di « Epilogo magno di cio che ha filosofato » etc. , e quello 
del IGl 1 la raostra col titolo di « Epilogismo delle scienze naturali e 
raorali e potitiche » etc., citando poi separatamente i libri degli Afo- 
rismi e della Citla del Sole o « De propria Republica »; il confronto 
degli esemplari manoscritti in italiano coll' opera stampata in latino 
mostra nell' Sica molte varianti, sebbene vi si serbino interi lun- 
ghi tratti della composizione originaria non che la chiusura; e po- 
tremmo dare molti altri ragguagli, ma per lo scope nostro ci pare 
che queste poche cose bastino. Cosi 1' « Epilogo » o « Epilogo ma- 
gno », come sotio intitolati i Manoscritti della Magliabechiana e 
della Casanatense, sebbene con titolo rinnovato, rappresentano sem- 
pre r opera quale fu continuata il 1598 in Napoli, e ci manca un 
manoBcritto in italiano con TEtica uel modo io cui fu ritoccata 



verso la fine del 1601 nel carcere ; abbiarao bensi gli Aforisrm 9 
la Cittd, del Sole in italiano separatamente, quali furono composti 
nel detto tempo ma con precedenza , uiancandovi ancora 1" Ecoqof 
mica. Tutte queste circostanze raostrano in pari leinpo clie verat 
mente al Syntagma si pud aggiustar fede in quanto a' parlicolan 
della composizione, se non in quanto alle date, mentre vi si leggej 
« Scrissi inoltre gli Aforismi polilici, che poi distinsi in capitol^ 
« e cosi composi la scienza politica; e vi aggiunai V Economica, atir 
« lissima; ed instaurai nuovamente VMica secondo la dottrina delk 

< PrimalitA, e vi posi in ultimo un' idea dl Repubblica che chiamo 
« Cittd del Sole, molto piu eccellente della Platonica e di quala» 

< que altra » etc. 

Adunque gli Aforismi politict, al numero di 150, furono compo- 
sti con molta probability nel medesimo mese di agosto, sicuramenia 
non piu tardi del mese di settembre o ottobre 1001, mentre il pover* 
iilosofo stava ancora a letto col coqio lacerate dal tormeato delU 
veglia! Di poi fu scntta V Economica, ed avuta forse uu' altra copii 
deir « Epiiogo » fu rimaneggiata VEtica. Degti Aforismi intants 
molte copie si diffusero, pnma che venissero ricomposti in capilofi 
e tradotti in latino. Se ne hanno tuttora in Napoli, nella BibU*^ 
teca nazionale, due copie, una delle quali b la copia gi^ inviata alio 
Scioppio ehe ha note e postille autografe del Campanella, con ci- 
tazioni di altre opere sue posteriori, come la Monarchia del Mea- 
sia e i libri Astronomici ; ce n' 6 una in Lucca nella Bibl. pubUiei 
(cod. 2618), una in Firenze gia nella Magliabechiana ed ora neU'A^ 
chivio di State tra le scritture Medicee miscellanee («), una in To* 
rino nella Bibl. dell' Universita; ed anche a Parigi ne pervenne tun 
copia nella Bibl. dell' Arsenale. Le due copie napoletane , al pari 
della fiorentina, hanno qua e lA piccolo aggiunte e specchietti in la- 
tino per taluni aforismi ; ed offronrf poi un piccolo garbuglio di di- 
stribuzione della materia, onde apparisce un numero di Aforismi flo 
po' minore de' 150, mentre la materia c' 6 tutta. Si conosce che siama 
debitori al D'Ancona della starapa degli Aforismi in italiano, coal 
come furono composti originariamente dal Campanella: egli si port 
servire solamente di una copia tratta da due Manoscritti parigini 
entrambi scorrettissimi, e dovft lavorare di molto a ridurla; le coplo 
napoletane potrebbero ottimamente servire per qualche altra edizioD& 

Relativamente alia Cittd del Sole, la pii importante per ikh^ 
di certo essa non fu romposta dal suo autore < avanti che eatrasM ' 
nel carcere » come ^ sembrato al Berti {b) : era bensi nella mffotti 



(a) ATremo altrove occasioae di vedere che questa copia fu involftta 4*Bl: 
Magliabechiaoa, e poi torod nella m.ini del tioverno cnn altre scritture, parll 
quali ebf>c posto nell' Archivio. Ma vogliamo dire ehe did Magliabechi in qat 
si trova sempre citata col titolo di Concetti me/hodici etc., mentre veramenli 
il Buo titolo e iso Concetti meihodici etc. 

(fi) Ved. Lett, inedita di T. Campanella e Oatalo^o de' suoi scritti , KoOA 
1878, f&g. 74. 



- 301 — 

e nel cuore di lui in quel tempo, ed anche sulle sue labbra a spraz- 
zi, ma fu posta in iscritto solamente nel carcere, durante il 1602. 
Con ogni probability fu cominciata a' principii del 1602 , scorsi i 
6 mesi di cura che sappiamo essergli stati necessarii dopo la ve- 
glia, quando il suo corpo era tornato florido e il suo spirito trovavasi 
grandemente confortato ; giacchfe sostenuta bene la veglia, provata 
giuridicamente la sua pazzia, egli poteva reputarsi salvo, in forza 
di quel principio che registro di poi in una delle note annesse alle 
sue poesie, ciofe che « de jure gentium i pazzi son salvi » (a) ; ed 
oltraccid , vedendo condotto cosi in lungo il processo dell' eresia , 
donde un ritardo sempre maggiore nella conchiusione del processo 
della congiura, dovea trarne la conseguenza che la ragion di State, 
della quale egli ritenevasi vittima, si sarebbe trovata verso di lui 
gi^ calmata. E per verity, senza ammettere queste rosee speranze, 
non si potrebbe comprendere il suo ritorno a' cari sogni di un tempo, 
nel quale doveva allora sentirsi rivivere; non si potrebbe spiegare 
la sua audacia nel dar fuori , anche nascostamente e in mano di 
fidi amici, 1' idea « della propria Repubblica » come egli V intitold 
di poi nelle sue Lettere a' Oardinali e al Re ed egualmente nel suo 
. Memoriale al Papa ; imperocchfe grande dav vero fu 1' audacia sua 
nello scrivere un libro simile, mentre era in carcere e la sua sorte 
pendeva tuttora indecisa. Anche i biografi Campanelliani restii ad 
ammettere che il Campanella si fosse mai spinto a cospirare , se- 
gnatamente il Berti, hanno riconosciuto che nella Cittd del Sole sia 
stata da lui adombrata la Repubblica che si sarebbe fatta in Ca- 
labria, € nella quale esso si riprometteva non poca autorita » (b) ; 
il Nunzio, che tenea sott' occhio al tempo medesimo i processi pu- 
raraente ecclesiastici come p. es. quelle di Squillace , ove erano 
registrate tante particolarita ammesse poi nella Citta del Sole^ po- 
tea formarsi un criterio gravissimo della colpabilita del Campanella 
intomo alia congiura e intorno all' eresia , nfe occorre dire come 
dovesse ad ogni modo formarselo il Governo Vicereale , nel case 
in cui gli fosse rimasto qualche dubbio intorno alia congiura. Ma 
r indole del Campanella era appunto tale, da offrire una pieghevo- 
lezza eccessiva ed una temerity a tutta prova. — 11 libro, come tutti 
gli altri finqui detti che vennero a costituire la « Filosofla epilogi- 
stica », fu scritto in italiano secondo il costume adottato dal Cam- 
panella gi4 da qualche tempo , e fu da lui tradotto in latino piil 
tardi, verso il 1613, quale si vede nella pubblicazione fattane dal- 
TAdami il 1623; piu tardi ancora fu ripubblicato egualmente in 
latino a cura deirautore ormai libero in Parigi il 1636. Ma si com- 
prende che esso dovfe eccitare la curiosity al . piu alto grade, onde 
ne furono sin da principio fatte molte copie, delle quali ne riman- 
gono tuttora alcune^ sovente annesse agli Aforismi. In Napoli ve 



(a) Ved. la nota alle Poesie Filosofiche nell' ediz." D' Ancona pag. 100. 

(b) Ved. Berti, Tommaso Campanella, Nuova Antologia, luglio 1878, p. 217. 



ne sono due , una delle quali fe la stessa giA data alio Scioppic^, 
non corretta dalF autore ma abbastanza buona, e V altra b d' altrL 
mano e raolto buona; una copia ve n' fe pure in Roma nella Casanfc 
tense, un' altra in Firenze, parte di un codice Riccardiano, un'altraif 
Lucca parte del codice sud.'" della Bibl. pubblica; ed anche in Msq 
drid ranimentiamo di aver preso nota di un' altra copia lA esisten^ 
senza il nome deir autore. Le copie di Napoli, che abbiamo avBft 
tutto r agio di esaminare, ci hanno mostrato due fatti imporlaitf^ 
non ancora avvertiti per quaiito sappiamo: 1°, cbe esse rapprese 
tano la composizioae originaria del libro in una forma molto rozz8|j 
ma robusta e ad ogni modo caratteristiea ; 2°, che varii ritocchi siWf 
cessivi furono fatti al libro quando venne tradotto in laiino nel IGl^ 
e perfino quando ne fu preparata la ristampa , ci6 clie deve 
rirsi a dopo il 1629. E poicbfe questo libro offre un saggio nota^ 
volissimo delle opinioni politico-religiose riposte dell' autore, merb 
tano di essere ponderate le modiflcazioni successive introdottevi il 
tre date diverse, corrlspondenti agli anni 1602, 1613, 1629; I'esiri 
medi tali moditicazioni, raentre rivela I'animo deir autore nelledettji 
date, rivela in pari tempo che le opinioni espresse in quel libro noi 
furono da lui abbandonate giamniai non ostante tutte le apparena 
incontrario, come del reato si desunie egualmente dalle Qitistiomi 
suW ottiina repuhblica scritte in difesa della CittA del Sole tanto [ 
tardi, e tino ad un certo punto anehe dalla dedica della 2* edijiow' 
del libro De Sensu Rerum fatta nel 1637 al Card.' Richelieu, d^ 
quale, niente meno, 1' autore disse di attendersi 1' edificazione delli| 
CittA del Sole (a). Facciamo voti che questo libro, di cui si 



LIS 



(a) La cosa 6 di un' importanza capitale per 1' argomento cbe tratUaiiw,i 
ci si perroetterft di riprodurre qui taluni oonfrouti gia notati nella I." nocfl 
pubblicazione sul Campanella (II Codice delle lettore ete.) e^primenli carte i. 
ferenze cont«tnplabili, nella forma e nella sostanza, tra la composizione origioi 
ria del libro fatta nel 1(303 e rappresentata da' codici napoleutui, la Tenioa 
latina fatta nel 1613 e pubbliaita dail' Adami in Frankfort, la 2* ediiJoaa del 
versione latina preparata dopo il 1629 e pubblieata dall'autoro in Parigi; qoi 
st' ultima veraniento differisce dalla penultima quasi sempre per qual^e oj 
giunzione, e volgarizzata a ciira di un editore Luganeao fu poi riprodotta d_^ 
D' Ancona, sicclid posaiamo citare I'edizioDe D'Ancona nell' esporre i coDfroaV 
uncbe perctid essa b piii diffusa e popolare. — Circa la forma, si direbbe ^ 
con la magniloquenza latina fosse apparao necessario niagnillcare perfino gl'i| 
terlocutori del dialogo, i quali nella composizione originaria del libro erano « ff 
epitalario, Genovese marinaro », col latino furono promossi ad * Hospitalui 
magnus, et Nautariun Guljernator Genuensis hospes >, o col volgarizzaroento A 
vennero « II Gran Maestro degli Ospitalieri ed un Ammiraglio CieDovese dl 1 
ospite >. 0Uracci6 il Capo Supremo della Repubblica, che' dapprima «ra aemp 
cemente (con o senza un pmito nel mezzo, ciod a dire il SrAe, come si ma 
tenne nell' esemplare latino dull' Adami) divenue in sSguitO Hoh. Naturalmei 
nncbe la dicitura italiana priniitiva, convertita in latino e poi riioroata. U 
liana, ai vede trasformata di molto. P. es.: (cod. nap.) < S' io liai'esse Urn 
a mente e non havessa pressa e paura, io te sfondacaria gran cose, ida i»b 
la nave se non mi parto>; (ediz. I>'Anc.) «0h! se mi ricordassi d'oj^' M 
e non mi st«s8e a cuore la partenza, e piii se nulla temessi . ti diroi alt»( 



esegnite divei-se trartuzioni e efliiiioni, sia pubblicato anche con le 
variant! dello diverse date suddette. Piii edizioni sono totalnaente 
esaurite : T ultima del Daelli (Bibl. rara, Milano 1863), che ab- 
biamo non lia guari potuto avere, fe stata condotta sulla 2* ediz. di 
Lugano 1850, analogamente a quella piu diffusa del D'Ancona, il 
quale non pot^ servirsi del codice Riccardiano perch6 scorrettissi - 
mo. Entrambe quindi rappresentano un volgarizzamento dal latino, 
e per veritA non ritraggono nel miglior modo la fisonomia del Cara- 
panella, de' suoi tempi e de' suoi luoghi, come lo farebbe 1' italiano 
originale; basterebbe avere di esso almeno alcuni tratti, e possono 
sotto tutli i rispetti servire raolto bene per una nuova edizione i 
codici napoletani. 

Dopo la Citta del Sole il Carapanella attese certamente a com- 
porre la sua Metaflsica j e conoscendo essere stata questa un' opera 



ben piti soqirendente, ma perdo la nave se non mi aflretto a prendere il lar- 
go *. Ancora : (cod. nap.) « Nulla femioa si sottopone & maachio se non arrira 
a' lb aani, ne il mascbio si mette ft g^eneratione innanzi il 21 »; (ed. D' Anc.) 
« Alcuna doDna prima del decimonoDO anno non puCi consacrarsi a questo mi- 
nisterio, e gli uoinini debbono aver paasato il ventesimo primo ». Coal la forma 
venne in^etitilita, ma cessb di esaer caratteristica, e cib che & pcggio non sem- 
pre riusci a serbare la precisions. P. es. : (cod. nap.) < Una fiata mangiano cai^ 
na, una pesce, et una herbe, e poi tornano alia carne per circolo »; (ed. D'Ano.) 
« Dapprima mangiano carni, poi peaci, intine erbaggi. Rieorainciano poscia con 
le carni, » — etc Ma cin che maggiormente interessa ft la diveraita nella ao- 
stanzn in piii luo^hi. Da una parte Ic co.se relative a filoaofla e roligiouo sono 
pid spinte nella 1' maniera e piii attenuate oelle posteriori. P. ea. (cod. nap.) 
<Son nemici di Ariatotile, rappellaao pedante »; (ed. D'Anc.) < Sprezzano To- 
pinione di Aristotile , che chiamaao logico non filoaofo ». Ancora : (cod. nap.) 
< trovai Moisd , Osiri , Giove Mercurto Macometio et altri a^sai, et in luoco 
aasai onorato era Uiesu (Jbristo et 11 12 Apostoli, ohe ne tengono gran conto. 
Ond' io amrairato come sapeano r|uelio Liatorie » etc. ; ( ed. D'Anc. con moUo mag- 
giori distinzioni e qualiflcazioni j « ho veduto Mosfi, Oairide, Giove, Mercurio, 

Licnrgo, Pompilio, Pitagora, Zamolxi e moltissimi altri. Che piii f Hanno 

dipinto lo stesso Maometto che perO reputano fallace ed inonesto legislatore. 
Ma Tidi 1' immagine di Gesu Cristo eaaere stata coUocata in un po»to eminen- 
tissimo, aasiema a quelle del dodici Apoatoli da easi altamente venerati e cre- 
duti aiccome superior! agli uomini. Sotto i portici eatemi oaservai dipinti Ce- - 
Bare, Aleasandro, Pirro, Annibale ed altri sommi la maggior parte cittadini ro- 
nmni ... Ed avendo con maraviglia chieato come eaai conosceaaero le nostre 
istorie » etc. Inoltre : (cod. nap.) * tengono per cosa cerla rimmortalitA del- 
r anima et che s" accompagni morendo con s^riti buoni o rei seoondo il merito; 
ma li luochi delle pene e premii non 1" hKnno per tanto certo (sic) ma assai ra- 
gionevole, pare che sia il cielo et i luochi sotterranei. Stanno anche molto cu- 
riosd dl aapero se (|ue3te pene sono etorne 6 nb. Di pin son eerti che ei siano 
aiig;eli buoni e tristi come awiene tra gli huomini ; ma quel che sara di loro 
aspettano aviso dal cielo. Stanno in dubbio, ae ci aiano altri mondi fuori di que- 
sto » ; (ed. D'Anc.) « credooo all' immortaliUi dell' anime, ed alia loro ausocia- 
zione dopo la aortita del corpo coglL angeli buoni o cattivi secondo le azioni 
dolla presente vita, e queato percb^ lo cose simili amano i loro simili. Dtffe- 
rcnte della nostra 6 la loro opinione intorno ai luogbi delle pene e de' premii. 
Dubitano se esistano altri mondi fuori del noatro ». Come si vede, la prima com- 
poaizione era ben cruda e molto piu spinta, e le attenuazioni venute in s^guito 
DOR furoDo lievi. D' altro lato poi per un f'atto riaguardante la persona delT'an.- 



an.- I 

M 



voliiminosa possiamo ritenere che ebbe a lavorarvi per tutto U «■ 
sto del 1602. Essa ando poi perduta, almeno per iin certo tempo 
come vedremo , e nou avendo altro fonte dal quale trame ma^ 
giori notjzie, dobbiamo ricorrere al Syntagma, il quale per fortont 
apparisce esatto in tale circostanza. Ecco quanto vi si legge: « Pen* 
« di poi a Napoli scrissi una Melafisica in italiano, distinta in tn 
* parti e quindici libri , ove trattki de' principii dell' essere , dd 
« conoscere e dell' operare, e posi allora le cause, i principii e It 

< priraalita dell' ente, sopra la Necessitfl, il Fato e I'Arraonia escfr 

< ^tati prima da mo: e questa ricevfe dalle mie mani Greronin* 
« Tufo Marc'hese di Lavello nell'anno 1603, nfe me la restitui pl4 
« mai Jt. Adunque il Marchese di Lavello ebbe a fargli una visits 
in Castel nuovo il 1603, ed 6 verosimile che glie I'abbia fatta i 
principii dell' anno, quando il processo dell' eresia era finito, ed ancbl 
la sentenza era stata comunieata al Campanella, cio che Tedreaio 



tore troviamo tutta la riserva poasibile nella prima composizione, e Tabbasdoiw 
di ogni risorva in s^guito: I" (cod. nap.) < dicono che se in 40 bore di tormeDto 
un huoniD Don si lascia dire quel che si risoire tacere, manco le stelle cbe if 
clinano con modi lontoni ponno sforzare » etc.; 2' (ed. D'Anc), « dicono ch» ~ 
uD aommo filosofo per quaranta ore venne crudelmente tormentato da' sdoI i 
mici senza mai polergli strappare di bocca una parola su qnanto essi doinio- 
davano, perchs uel fondo dell' animo avea determinato di tacere, cos) nemoifiio 
le stelle che movonsi in diatanza e con lentezza non possono costringerci > eiu. 
Adunque scrivendo il libro nol 1602 non palesft la faccendn della &ua paziix »• 
mukta, la palesO inrece nel 16i:i, quando diede il libro tradotto all' Adami; t 
per verita sarebbe stata una pazzia vera il farlo prima. V' introduase poi Tari" 
aggiunzioni raauo mano , ed anche , quando prepare 1' edizione di P&rigi. CoS, 
mentro nell'esemplare primitivo si trova notata soltanto I'invenzione del 'o- 
lare (che nel libro de Sensu rerum et Magia 6 riconosciuta in un calahKAc), 
in quello latino dato all' Adami si trova notata anche 1' invenzioue degli Btra- 
inenti oculari per vedere le occulte stelle (riconoscimento delle cose del G&lilw 
eulle quali egli gift cominciava a ritlettere], e dcgl' istrumenti auricolari per 
udire le armonio de' cieli (presagi del telefono ad un'altezza non ancora r»^ 
giuntn) : ma 3 singolare cbe non vi si trovi 1' invenzione sua, attribuendola a^ 
abitanti della cittft del Sole, del modo di navigare senza vek' e sonza retni, dt 
che pure avea gia promesso con le lettere del 1606-1607 a' Cordinali e al . 
di Spagna. Invece essa si trova nella 2» ed ultima edizione della versione 
tina, dove S registrata pure !a acopcrta del modo di evitare il falo sidereo, 
tribuita sempre agli abitanti della citti del Sole, da doversi riferire al libro A 
lui coraposto De fata siderali vitando ; ed ia pari tempo A registrata la pnk- 
bizione dell' Astrologia da i>arte del Papa, ci6 die prima egli non reputam ba 
fatto e poi e\ credd in obbligo di accettare e difendere col sua oposcolo iM 
Bullae Si.vti V.' et Urbani Till.' contra judtciarios calumniam in aiiqve f^- 
tiantur. Per le quali ultimo circostanze abbiamo detto che la S* edizione M 
libro dov6 esaere proparata dopo il lG20:g'iaccb6 dal Si/nlagma sappiamo 
certezza che il libro De falo siderali etc. fu scritto nel S. Ufticio di Roma i., 
la liberazione dal lunghissimo carcore di Ntipoli, vale a dire tra il 1426 tl 
1629. Non h arnscliiato 1' ammettore che le modificazioni saccessive iotroilotti 
dair autore nel modo di esprimere le sue opinion! circa GesA, a circs i fit" 
mil e le pene e I' eternity di esse, rappresentino pure e semplici attenoauc^' 
pro bono pads: e merita di essere considorata la sua persistenza in altrettii 
opinioni fino agli ultimi anni della sua vita, benchd abMa contemporaoeaiiMlV 
abbondato nella uomposizione di libri di assoluie credenze Crii^tiane Cattoli^ 



M 

10- ' 



— 306 — 

accadxLto in gennaio 1603 ; non sarebbe quindi arrischiato V ammet- 
tere che a tale data la Metafisica fosse stata gia menata a termine. 
Circa il non essergli stata restituita la detta opera, vedremo che 
egnahnente nella lettera del 1607 alio Scioppio il Campanella si 
dolse di « nn Marchese discepolo ingrato » che se la r?ie:ieva , e 
quindi non a Gio. Geronimo, ma al figlivolo di lui clie avea dovuto 
essergli discepolo, il Campanella credevasi in dritto di r"^:over rim- 
provero ; difatti nel Syntagma medesimo si trcvaro registrate le 
peripezie sofferte dal libro « essendo morto il IviarcVcse r^, peripezie 
le qnali con ogni probability il Campanella non conosceva ancora 
allorchfe scriveva la lettera alio Scioppio. 

Ci fermiamo qni per contenerci nel periodo che ci siamo pre- 
fisso. Agginngiamo solamente che di tempo in tempo il Campanella 
dovfe scrivere ancora altre poesie dopo quelle gi^ mer.'rionate , e 
fuori ogni dnbbio nna gran parte di esse, di natura intima, dov6 
essere eliminata quando si fece la scelta che fa poi pubblicata a 
cura deU'Adami : intanto, con nn poco di bnona volontA, si pud 
pervenire a riconoscere qualcuna delle rimaste appartenente al pe- 
riodo attuale. Ne indichiamo p. es. una che si rivela del tempo 
in cui r autore scriveva la Citld del Sole ; fe il Sonetto annoverato 
tra' Profetali che ha quella chiusa: 

€ Se in fatti di mio e di tuo sia il mondo privo 
neir util, nel giocondo e neir onesto, 
cangiarsi in Paradise il veggo, e scrivo: 

E il cieco amor in occhiuto e modesto, 
r astuzia ed ignoranza in saper vivo, 
e *n fratellanza 1* imperio funesto > (a). 



{a) Ved. Poesie, ed. D'Ancona, p. 95. 



Amabile^T. Campanblul, Vol. II. 39 



— 308 — 



CAP. VI. 

ESITI DE' due PROCESSI, PINE DELLA PAZZIA E CONCHIUSIONE. 

(dal settembre 1602 al novembre 1604 e seg.") 

I. Nel settembre 1602, ritornando a Napoli, il Vescovo di Ca- 
serta giusta gli ordini avuti dovfe riunirsi col Nunzio e col Vicario 
Falumbo, procedere con loro a'voti su ciascuno de'frati, e poi pa^ 
tecipare questi voti a Roma. Egli avea fatto redigere un completo 
« Sommario del processo », sulla base di quello formato in Roma 
dal Monterenzio con Taggiiinta delle cose raccolte posteriormente, 
ed anche iin « Riassunto degl'indizii » per ciascuno degrinqnisiti, 
in fine del quale si registrd di poi il voto di ciascun Giudice. Quesle 
Bcritture, composte quasi tutte dal Segretario del Vescovo D. Manno 
Brundusio, insieme con le bozze e con le copie de' Riassunti for- 
nite di numerose postille di carattere del Vescovo, sono pervenute 
in mano nostra : esse non fanno parte del processo propriamente 
detto , ma ne compiono molto bene la conoscenza (a) II Vescovo 
medesimo scrisse di suo pugno un elenco de' giudicabili in testa 
delle Copie de' Riassunti, e segnd queste con un numero progressive 
in comspondenza dell' elenco suddetto: naturalmente dobbiamo cre- 
dere che nell'ordine medesimo si precede alle votazioni; e siccome 
troviamo in primo luogo fra Pietro Ponzio , sul quale certamente 
nella 2* metk di agosto non si era votato ancora (ved. pag. 282), 
possiamo desumere che le votazioni cominciarono al piu presto in 
settembre, verosimilmente nella 2^ met^ di settembre. 

Si votd dunque dapprima su fra Pietro Ponzio. II Riassimto 
contro cestui recava: non essere stato nominato nel processo di Ca- 
labria ma carcerato d'ordine del Visitatore e per detto di D. Carlo 
Ruffo come germano di fra Dionisio; essere stato piu volte accn- 
sato dal Pizzoni di minacce fatte nelle carceri da parte del Cam- 
panella, perchfe esso Pizzoni si ritrattasse, ma avere ci6 negate fra 
Paolo citato per conteste; essere stato sorpreso in colloquio not- 
tumo col Campanella che finppvasi pazzo, dal quale colloquio ri- 
sultava « non lieve sospetto di familiarit*^ lasciva e disonestissima 
« tra di loro, sebbene fra Pietro fosse innanzi negli anni, rilevan- 
€ dosi dalla sua deposizione, e dall'aspetto, di maggiore eta, di 
€ anni trenta »; infine non essere stato nfe reputato n^ esaminato 
come reo dal Vescovo di Termoli e da'coUeghi (si sarebbe dunqw 
potiito e dovuto lasciarlo in pace da molto tempo). II Nunzio, il 
Vescovo medesimo ed il Vicario Palumbo, a voti uniformi giudi- 
irono dover essere rilasciato per cio che spettava al S.*^ Officio, 

I Vad. Doc. 395, pag. 457. 



— 307 — 

ma con fideiussione, potendo forse risultare qualche cosa contro di 
lui nel progresso delle cause del Campanella e fra Dionisro, — Da 
questo primo Riassunto puo gi^ rilevarsi V animo e V andamento 
del Vescovo di Caserta; precise nella esposizione de'fatti, come del 
rimanente ci consta per tutti i Giudici di S,*^ Officio la cui opera 
abbiamo potuto studiare , ma feroce e senz' ombra di caritA nella 
valutazione ed interpetrazione de'fatti esposti, ad un grade che ben 
raramente ci 6 accaduto d'incontrare. I lettori conoscono il coUo- 
qnio nottnrno del Campanella e fra Pietro che il Vescovo citava 
(ved, pag. 88); come mai cestui potfe dargli quella brutale inter- 
petrazione ? E la cosa che piu ci offende da parte di questo Vescovo, 
e che mostrerebbe veramente in lui un' anima abietta al maggior 
segno: si pu6 solo perdonargli, conoscendo come fra tutte le grandi 
soddisfazioni, che altrettali soggetti possono godere, fe del tutto ne- 
gata loro quella di una tenera e sentita amicizia, onde debbono finire 
col perderne assolutamente ogni sense. 

Si venne poi a fra Paolo della Grotteria, Recavasi contro di 
lui essergli state trovato un libercolo di segreti e sortilegi, scritto 
non di sua mano, pel quale avea prodotto sense varie e non mai 
accertate ; essere state nominate tra' complici del Campanella dal 
Pizzoni, dal Soldaniero, dal Petrolo, ma da una parte averlo poi 
fra Dionisio negate, e d' altra parte avere il Pizzoni chiarito che 
non dovea dirsi complice ma familiare, ed anche avere il Petrolo 
chiarito che lo conosceva amice del Campanella solo per detto al- 
trui. Considerando che il libercolo, per relazione del P.® Cherubi- 
no , conteneva semplici superstizioni soltanto , e per diretta ispe- 
zione, appena due volte mostrava abuse di parole s^lcre, tutti e tre 
i Giudici , a voti uniformi , decisero doversi fra Paolo rilasciare 
con fideiussione, pel medesimo motive detto innanzi, valutando qual 
pena il carcere sofferto, — Cosi verso questo frate de'piu fangosi, 
6 gi4 galeotto, il tribunale fu piutlosto benigno, tanto che vedremo 
la Sacra Congregazione di Roma giudicare necessaria per lui qual- 
che pena spirituale. 

E si pass6 al Bitonto. Ricordavasi per cestui la sua amicizia 
intrinseca col Campanella e fra Dionisio attestata da diversi, la 
visita da lui fatta al Campanella, la dichiarazione del Pizzoni di 
essere complice del Campanella; inoltre 1' essere state preso in abito 
secolare, 1' avere conversato con secolari di pessima vita , tra gli 
altri con Cesare Pisano; principalmente poi venivano messe in mo- 
stra le ripetute deposizioni del Pisano, il viaggio fatto con lui a 
Messina e le molte eresie formali dette in tale occasione, rilevate 
anche nell'altro fore innanzi alio Sciarava, senza sapersi con quale 
autoritA raccolte da costui, confermate poi in punto di morte, rati- 
ficate col tormento, e non invalidate da una deposizione di Giu- 
seppe Grillo. I Giudici, del pari a voti imiformi, decisero doversi 
al Bitonto amministrare la tortura per xm' ora, e non risultando 
altro doversi rilasciare con fideiussione. — Venne poi notato, dopo 



— 308 — 

la discussione sul Bitonto, che gl' indizii medesimi constavano tutti 
anche per fra Giuseppe di Jatrinoli, contro cui non erasi mai pro- 
ceduto ad Atto alcuno, forse perchfe non si trovava preso, igaoran- 
dosi anche se ne fosse stata mai ordinata la cattura o la citazio- 
ne; e perd i Giudici emisero il voto che fosse carcerato e si pro- 
cedesse contro di lui. 

Contro fra Pietro di Stilo rammentavasi la sua familiarity ed 
amicizia intrinseca col Campanella fin dalla puerizia ; la testimo- 
nianza del Lauriana, che il Campanella ne faceva gran capitale e 
parlava con lui delle eresie; la testimonianza del Soldaniero che 
fra Pietro era venuto presso di lui a sollecitarlo perchfe andasse 
a visitare il Campanella; 1' aver lui portata una lettera al detto 
Soldaniero, cio che lo dimostrava consapevole de'segreti del Cam- 
panella. Inoltre il non aver denunziato il Campanella, mentre ne 
conosceva alcune eresie, e come religioso e come Vicario del con- 
vento era strettamente obbligato a denunziarlo e a fuggirlo; averlo 
invece continuato a commendare per uomo dotto e sapiente, ed es- 
sersi poi negate a deporre, nel 1° processo, cio che egli ne cono- 
sceva. E qui, accennate le divergenti opinioni de'dottori intornoal 
doversi o no ritenere veementemente sospetto di eresia lo sciente e 
non rivelante, concludevasi per TaSfermativa, aggiungendo che tale 
veemente sospetto di eresia veniva comprovato dali'avere fra Pietro 
piu volte dichiarato di volerc ammogliarsi, benchfe si fosse poi scu- 
sato allegando di averlo detto in via di scherzo. E pero il Vescovo 
di Caserta emetteva il voto che gli si dovesso amministrare la tor- 
tura per purgare gl' indizii: ma il Vicario Palumbo opino che do- 
vesse prima cottostare ad un nuovo interrogatorio piu diligente e 
poi darglisi una lieve tortura, e non risultando nulla, dovesse abiu- 
rare come lievemente socpetto di eresia ed essere rilasciato, ma 
col bando dalla Calabria; il Nunzio, da parte sua, si uniformo al 
voto del Palumbo. — Cosi questa volta la maggioranza del tribu- 
nale non segui la foga del Vescovo di Caserta, il quale evidente- 
mente potea riuscire toUerabile come accusatore ma non come Giu- 
dice. Egli confondeva nel piu basso modo curialesco i fatti conce^ 
nenti la ribellione con quelli concernenti T eresia, non teneva conto 
deir essere state il Lauriana dimostrato false testimone, non teneva 
conto deir essere state il Soldaniero dimostrato di pessime quahta 
e forzato da fra Cornelio a dire quel che disse, non teneva conto 
degli esecrabili procedimenti di fra Cornelio, onde fra Pietro non 
avea creduto di dover rispondere nell'esame al quale costui Tavea 
chiamato. I Sommarii de'processi ofTrivano capitoli speciali contro 
il Lauriana, contro il Soldaniero, contro fra Cornelio e lo stesso 
Visitatore, ma questi capitoli pel Vescovo di Caserta rimanevano 
inawertiti. Eseguita poi la votazione, il Vescovo aggiungeva che 
le lettere di fra Pietro ultimamente scoverte (le lettere alle Sig." 
Prestinaci etc. ) aumentavano i sospetti contro di lui ( quasi che 
quelle lettere alludessero ad eresie) ! Poteva e doveva fra Pietro ri- 



\ I 



— 309 — 

tenersi colpevole , ma molti degli argomenti addotti dal Vescovo 
potevano e dovevano tralasciarsi. 

Contro il Petrolo allegavasi V amicizia , conversazione intrin- 
seca e confidenza col Campanella, di cui era discepolo; la fuga in- 
sieme presa in abito secolare; la comunicazione fattagli dal Cam- 
panella di piu e diverse eresie oltrechfe del segreto della ribellione, 
come esso Petrolo avea confessato, senza mai allontanarsene e senza 
denunziarlo, avendo appena deposto tali cose sotfo le minacce e i 
teiTori da parte del Visitatore. Inoltre la confessione ultima di Ce- 
sare Pisano ratificata in tortura, clie rivelava molte eresie dette 
da fra Dionisio essere state confermate dal Petrolo; la testimonianza 
del Lauriana che egli fosse complice nella ribellione; la sua stessa 
condotta variabile tenuta neU'affermare, nel ritrattarsi, nel dichia- 
rare falsa la ^ua ritrattazione. Laonde il Vescovo di Caserta opi- 
nava che gli si dovesse amministrare due volte la tortura, e non 
risultando altro, si dovesse farlo abiurare come veementemente so- 
spetto di eresia e bandirlo dalla Calabria rilasciandolo sotto fideius- 
sione; il Nunzio si uniformo a questo voto, ma il Vicario Palumbo 
void per una tortura sola bensi gagliarda, accettando tutto il re- 
sto. — Come si vede, erano sempre messe in fascio la ribellione e 
Teresia; e quantunque cio accadesse ora in un campo pii\ generale 
e piia comportabile , non si pao non riconoscere che il tribunale 
sconfinava, ed ammetteva un fatto, il quale non gli constava diret- 
tamente, e non era nemraeno passato ancora in cosa giudicata nolle 
perSone de'frati. D'altronde pel Petrolo bastavano le proprie con- 
fessioni, rivedute e corrette con quelle del Pisano, ma il Vescovo 
di Caserta si credeva in obbligo di raccogliere tutto il peggio pos- 
sibile, senza curarsi troppo di fame la scelta. 

Contro il Lauriana ponderavasi la sua quality di discepolo e 
confidente del Pizzoni « indiziato e quasi convinto delle eresie e 
degli altri delitti del Campanella »; la testimonianza del Soldanie- 
ro, che fosse uno degli eletti a predicare; I'avere udite eresie dal 
Campanella e dallo stesso Pizzoni senza averle rivelate; Paver suo- 
nato la campana all' armi quando si ando a carcerarlo , con che 
mostrava « aver avuto coscienza e partecipazione de' delitti del Cam- 
panella ». Inoltre il non aver deposto in giudizio se non dopo di 
essergli state comminate pane piti gravi; e poi Taver variato nelle 
deposizioni, 1' aver cercato per lettore intorno ad esse consigli al 
Pizzoni e sense a Ferrante Ponzio, negando in s6guito questi fatti 
e rimanendo convinto di mendacio; V aver menato vita criminosa 
con costumi riprensibili etc. E pero il Vescovo di Caserta espresso 
anche per lui il voto che gli si dovesse dare due volte la tortura, 
e non risultando nulla, dovesse abiurare come veementemente so- 
spetto di eresia ed essere rilasciato con fideiussione: il Nunzio ac- 
consenti a questo voto, ma il Vicario Palumbo voto per una tortura 
sola e per I'abiura come lievemente sospetto. — Senza dubbio contro 
questo abietto frate si sarebbe state assai piu nel vero procedendo 



— 310 — 

per falsa testimonianza ; ma non si usava, senza evidentissime ra- 
gioni, passar sopra alia quistione deir eresia. 

Con la YOtazione sul Lauriana chiudevasi la discussione sui 
frati i quali aveano rinunziato alle difese, e per tutti costoro i Giu- 
dici concordemente emisero pure il voto, che dovessero essere esi- 
liati da entrambe le provincie di Calabria, e tenuti in monasteri 
ne' quali i loro Superiori potessero osservarne la vita e i procedi- 
menti. Notiamo qui che non ci 6 pervenuta alcuna notizia di vo- 
tazione fatta intorno al Campanella, e che verosimilmente non ce 
ne fu , a motive della sua pazzia legalmente accertata , la quale 
facea sospendere ogni Atto ulteriore contro di lui. Ma non deie 
sfuggire che ne'Riassunti degrindizii sopra riferiti, e basta guar- 
dare quelle del Lauriana, trovasi espresso in termini non equivoci 
il giudizio di colpabilitA sul Campanella, e cosi pure sul Pizzoni 
defunto. Notiamo ancora che in tutte le votazioni fatte il Nunzio 
non mostro mai un'opinione propria, mentre pure egli che sedeva 
al tempo stesso nel tribunale della congiura, e conosceva intima- 
mente molte e molte cose estragiudiziali, avrebbe potato e dovuto 
tenerla; ma indubitatamente egli non avea studiato nfe seguito coa 
premura lo svolgimento del processo, fu quindi obbligato a rimet- 
tersene a'coUeghi, e pur troppo preferi quasi semnre uniformam 
al voto del collega peggiore. Invece il Vicario Palumbo mostrd so- 
vente \m' opinione propria: i motivi da lui addotti per sosteneria 
non furono registrati, ma possono intendersi agevolmente da quanto 
sappiamo intorno al processo, e bisogna dire che questa opinione 
riusci molto piu giusta; vedrcmo che la Sacra Congregazione di 
Roma la preferi costantemente. 

Non rimaneva che procedere alia discussione e votazione su fra 
Dionisio. 11 20 settembre i Giudici emisero Tordine di citarne I'Av- 
vocato D. Attilio Cracco, perchfe Tindomani comparisse nelle case 
loro a dire ed allegare quanto volesse, a voce ed in iseritto, av- 
vertendolo che avrebbero spedita la causa anche senza la sua com- 
parsa. E subito dopo doverono imprendere la discussione de'meriti 
della causa, poich^ nel Riassunto degP indizii troviamo affermato 
essersi i Giudici piu volte ri uniti a tale oggetto , e nel processo 
troviamo registrata la loro decisione in data del 24 settembre (a). 

Ben lungo e circostanziato fu il Riassunto degl' indizii, scritto 
interamente dal Vescovo di Caserta, contro fra Dionisio : e poichft 
esse da tanti lati riguarda anche la persona del Campanella, con- 
tro cui non abbiamo un' analoga scrittura, lo riporteremo per quanto 
6 possibile minutamente , accompagnandolo pure con qualche ap- 
punto; del resto raccomandiamo di consultare il documento origi- 
nale (6). Rammentavasi contro fra Dionisio la 1* deposizione del 
Pizzoni in Calabria ed anche la ripetizione del medesimo in Na- 



(a) Vcd. Doc. 425, pag. 531. 

(b) Ved. Doc. 395, alia pag. 464. 



— 311 — 

poll ; la deposizione del Lauriana, e quelle del Soldaniero, del Pi- 
sano, del Conia ; la sua fuga dal convento di Pizzoni mentre proce- 
devasi all' arresto del Pizzoni, e la sua cattura awenuta in Monopoli 
mentre cercava mettersi in salvo con Maurizio ; la sua amicizia 
strettissima e plena confidenza col Campanella, durata anche dopo 
che lo zio P.« Pietro Ponzio glie Taveva inibita sotto pena di 
maledizione; la sua lettera al P.® Vincenzo Rodino, in cui parlava 
di molti segreti che non conveniva affidare alia penna, la sua qua- 
lity e i suoi costumi di poco buono odore, le vanterie di brutti pec- 
cati commessi, 1' irrequietezza e il continuo vagare per la provincia 
anche « in compagnia de' giovanetti Cesare Pisano e Alfonso Grille » 
(evidentemente il Vescovo aveva una speciale tendenza a vedere certi 
. vizii da per tutto) ; infine V ultima rivelazione di Maurizio, che non 
avendo mai confessato nulla con 70 ore di tortura, voile poi sgra- 
vare la sua coscienza, e « comportandosi abbastanza sobriamente, 
« disse soltanto cio che avea saputo dal suo cognate Gio. Battista 
« Vitale » (era proprio certo che dovesse saperne di piu). AUegavasi 
poi e combattevasiNcio che fra Dionisio si era sforzato di dimostrare 
nelle sue difese centre le persone e i detti de' testimoni a suo ca- 
rico. E circa il Pizzoni , notavasi che gli era state nemico e gli 
avea rubati alcuni scritti, ma osservavasi che gist si erano riconci- 
liati tra lore* onde conversavano sempre insieme e si trovarono riu- 
niti anche nel momento dell' arresto del Pizzoni ; notavasi che il 
Pizzoni avea pessimi costumi, ma con una classica frase osserva- 
vasi che in cid « nulla avea da dire Catilina a Cetego »; notavasi 
che era state vario in certi fatti ed avea osservato molte cose essere 
state inserte falsamente negli esami da fra Cornelio, ma osserva- 
vasi che si erano avute « correzioni piuttosto che varianti », e si 
dovea credere a quel testimone tanto piu , perchfe in fondo avea 
sempre persistito nella prima deposizione malgrado i tanti esami 
fatti e rifatti dal Vescovo di Termoli (e qui un calcio d'asino al 
suo predecessore) ; nfe doveasi prestar fede all' ultima assertiva di 
ritrattazione scritta dal Pizzoni in punto di morte e consegnata al 
suo confessore , poichfe questa non s' era trovata e il confessore 
P.* Pietro Peres (forse Gonzales) non era di buoni costumi ed avea 
confessato di nascosto , senza il permesso de' Commissarii e del 
Curato , e poi per comune sentenza de' dottori non si dovea tener 
= conto delle dichiarazioni de' morenti, estorte da confessori e con- 
fortatori, non essendo neanche ogni morente un S. Giovanni Bat- 
tista (ma in tutti i modi, lasciando in pace S, Giovanni Battista, 
bisognava cercarla quella confessione e non essere verso i costumi 
del confessore piu severe che verso quelli del Pizzoni , del Lau- 
riana e del Soldaniero). Circa il Lauriana notavasi esserne stata 
messa in mostra 1' intima amicizia col Pizzoni, la mala vita, 1' opi- 
nione acquistata di testimone false ; ma osservavasi che queste ra- 
^oni erano frivole, e bisognava tener conto della diffamazione pro- 
curatagli da' Ponzii medesimi e dagli altri frati; che anzi le sue 



— 312 — 

deposizioni erano assai verosimili, mentre gik da nn pezzo prima, 
quando non vi era sospctto d' inquisizione, per iscrupolo egli aveva 
attestato qualche cosa contro fra Dionisio, e poi non risparmid nean- 
che il suo maestro Pizzoni, e catturato con lui all' improvviso, senza 
precedente concerto, si trovo d' accordo con lui, nfe cedfc alle mi- 
nacce de' Ponzii, * i pin furbi ed astuti tra' calabresi » (e le sugge- 
stioni di fra Cornelio provate per tante vie? e le incertezze poste- 
riori e i mendaci provati dallo stesso Pizzoni?). Circa il Soldaniero 
notavasi essere stata allegata la seduzione per parte de' Polistina, 
sotto promessa dell' indulto che poi gli fu concesso dallo Spinelli, 
le sue molte varianti con sfe medesimo e con Valerio Bruno suo 
domestico, il mendacio provato con le deposizioni del priore e let- 
tore di Soriano suUa circostanza dell' aver fatto cacciare fra Dio- 
nisio e il Pizzoni dal convento : ma osservavasi che nulla constavs 
della pretesa seduzione (pertanto il norae di fra Cornelio figuravs 
neir indulto) , e il Soldaniero era 4^to dichiarato dal Pizzoni gii 
anteriormente consapevole di tutto, per comunicazione fattagli dal 
Campanella mediante fra Dionisio, cio che era del pari provato dal 
priore e lettore di Soriano, e poi il Campanella medesimo gli avea 
mandato per fra Pietro di Stilo una lettera , come era confessato 
da fra Pietro ed attestato dal priore e dal lettore che la videro 
(ma la lettera non parlava di eresia, e si trovano qui sempre stu- 
diatamente confuse 1' eresia e la congiura) ; nfe le differenze tra lui 
e Valerio Bruno erano sostanziali, e Valerio, scorso un anno, avea 
potuto dimenticare qualche cosa ed anche mentirla, sussistendo non 
di meno una conformity tra il Soldaniero ed altri testimoni non so- 
spetti. Circa il Pisano, si era allegata un' antica inimicizia per la 
parte da lui presa nella causa di fra Dionisio contro i Polistina, 
e la deposizione del Bitonto e del Petrolo, come pure di Giuseppe 
Grillo, attestanti non essersi fatti discorsi di eresia nella casa del 
Grillo : ma 1' inimicizia era senza dubbio estinta, mentre fra Dio- 
nisio era andato col Pisano fino a Messina, e pin tardi , insieme 
col Campanella, era andato a visitarlo nolle carceri di Castelvetere , 
per procurarne la liberazione, come aveva anche scritto al P.* Ro- 
dino ; nfe poteva tenersi conto delle deposizioni negative del Bitonto 
e del Petrolo , essendo costoro complici e socii nel delitto , nfe di 
quella del Grillo, essendo inverosimile che i frati avrebbero par- 
lato di cose tanto gravi in presenza di persone non sicui^e, e d' al- 
tronde la deposizione del Pisano era stata convalidata pure in punto 
di morte e ratificata in tortura. Circa il Caccia, si era allegata 
una fede del Cappellano della galera su cui fu confortato a ben 
morire, attestante aver dichiarato false le cose da lui deposte con- 
tro monaci , in materia di ribellione e di eresia , essendogli state 
estorte con le torture dategli dallo Sciarava : ma questa fede non 
aveva alcun valore, perchfe non rappresentava una deposizione gin- 
rata, perchfe citava come contesti i P.^ Ministri degl' infermi ed uno 
di essi nella sua fede parl6 del Vitale e non del Caccia , percbt 



riguardava le deposizioni fatte innanzi alio Sciarava e non quelle 
fatte spontaneamente innanzi al Vescovo di Gerace etc. Aggiungevasi 
che erano state pure prodotte fedi di alcune university cho attesta- 
vano avervi fra Dionisio predicato con edificazione dottrine cattoli- 
che, ma, natural mento, cio non bastava. E ricordata una quistione 
trattata dal Pegna nolle sue agjiriunte all' Einierico, che ciofe essendo 
i testimoni legittimi e degni di fede, ma diversi per luogo e per 
tempo, non si aveva una convinzione piena e tale da fare assegnare 
la pena ordinaria per T eretico negativo ed irnpenitente (vale a dire 
la degradazione e la morte), ricordata d' altro lato la gravita de- 
gr indizii , presunzioni e congetture , scgnatamente la circostanza 
del trovarsi < pienarnente convinto nella connessa causa della ri- 
bellione », si veniva a' voti. Ed uniformemente tutti e tre i Giu- 
dici votarono la doppia tortura, seguita dall' abiura per veemente 
sospetto di eresia, aggiungendovi la relegazione, dope scontata la 
pena per la causa della ribellione che dovova ancora essere spedita, 
in un convento fuori la provincia, a scelta de' Sig/^ Cardinal! su- 
premi inquisitori , con 1' obbligo di alcune penitenze salutari vita 
durante, 

Gli appunti sparsamente fatti nell' esporre questo Riassunto ci 
dispensano da ogni ulteriore commento sopra di esse. Principal- 
mente fra Dionisio era piu che colpevole in eresia, ma il Vescovo 
di Caserta spiegava contro di lui insinuazioni su tutto e su tutti, • 
equivoci volontarii, interpetrazioni doppie, giudizii benignissimi sui 
testimoni a carico e severissimi su' testimoni a discarico, premura 
nel trovare la colpa piii che la verita, indilferenza per gli odii fe- 
rocissimi delle fazioni fratesche e per la nequizia de' primi inqui- 
sitori , che avevano tanto influito nella formazione del process© : 
insomma, 1' abbiamo detto altra volta, i frati erano colpevoli, ma 
meritavano migliori Giudici; un solo ne ebbero veramente buono, 
il Vescovo di Termoli, e fu tolto lore dalla morte, e il Vescovo 
di Caserta non risparniio le insinuazioni nemmeno verso di lui. 
Giova conoscere testualmente cio che egli ne disse : « ognuno che 
« si faccia a guardare I'ettamente il mode tenuto dal predetto Ve- 
« scovo nel ripetere tante volte i testimoni del processo offensive, 
« l)enchfe debba piamente credere che il Vescovo 1' abbia usato per 
« investigare e ricercare la verita, pure vi trova non saprebbe dirsi 
« quale umano desiderio di voler cogliere in false i testimoni del 
« fisco e distruggere il processo di Calabria ». Xon era umano ma 
divino desiderio quelle di legger chiaro in un processo nato sotto 
tanti maligni influssi e brutto per tante irregolaritA; il Vescovo di 
Caserta, scrivendo a quel inodo, mostrava bene che il senso della 
giustizia non era in lui molto sviluppato. 11 Campanella, nella sua 
Narrazione, come deploro la morte del Vescovo di Termoli cosi giu- 
dicd il Vescovo di Caserta, e disse che cestui « con dar tormenti 
€ at esser troppo liscale non provo altro »: la qualita di « troppo 
fiscale » era il mono che potesse dire, e bisogna tener presente che 

AmaHU-^T Cahpanblla, Vol II 40 



— 314 — 

nelle sue condizioni il Carapanella dovea mostrare i piA grandi ri- 
guardi alle persone e alle cose di S.** Chiesa. 

Esaurite le discussioni e le votazioni , doverono mandarsi a 
Roma i Riassunti degFindizii co' voti de' Giudici , ed una copia, 
con le relative bozze, ne rimase presso il Vescovo, ed fe quella a 
noi pervenuta: ma dobbiamo notare che il Riassunto contro fra Dio- 
nisio vi si trova solamente in bozza, non ricopiato, donde si desu- 
merebbe che tutto questo lavoro dur6 fin oltre il 16 ottobre, e che 
il Riassunto contro fra Dionisio forse non fu mandato , come non 
dovfe essere mandato nemmeno quelle contro il Bitonto, poichfe co- 
store a quella data riuscirono a mettersi in salvo. — Intanto deve 
notarsi che nel processo fu registrata la decisione presa su fra Dio- 
nisio con la data de' 24 settembre : questo fatto riesce singolare, poi- 
chfe i voti de' Giudici servivano solamente per proposte da sotto- 
mettersi alia Sacra Congregazione Romana de' Cardinali Inquisitori, 
dalla quale poi veniva presa la risoluzione che doveva essere se- 
guita da' Giudici nella spedizione della causa. Noi crediamo assai 
verosimile che la decisione su fra Dionisio sia stata inserta nel 
processo molto piu tardi, quando tutto fu esaurito, per far trovare 
un ricordo e non lasciare addirittura senza conclusione la causa di 
un soggetto principalissimo, su cui si aggirava la piu gran parte 
del voluminoso processo. 

Come dicevamo, fra Dionisio ed il Bitonto riuscirono a mettersi 
in salvo il 16 ottobre; essi fuggirono dal Castello insieme col ca^ 
ceriere, e senza dubbio tale fuga dovfe essere preceduta da lunghi 
concerti, pe'quali probabilmente occorsero tutte quelle tergi versa- 
zioni, tutti quegl'incidenti fatti nascere da fra Dionisio negU ultimi 
tempi, non esclusa forse la rissa medesima con tutte le sue con- 
seguenze prevedute e calcolate. II Nunzio, il Vescovo di Caserta, 
e parimente il Card.* Gesualdo Arcivescovo di Napoli, tutti man- 
darono a Roma la notizia della fuga, che appunto dal Carteggio 
del Nunzio si rileva nella sua data e quality precisa. In Romase 
n' ebbe dispiacere, come si rileva da una lettera del Card.* Bop- 
ghese in risposta a quella del Nunzio, al quale fu raccomandato 
caldamente di adoperarsi per riavere nelle mani i frati fiiggia* 
schi(a). In Napoli se n'ebbe * universale meraviglia», come si rileva 
da una lettera del Residente Veneto Anton Maria Vincenti (6); 6 
sicuramente il Vicerfe dovfe ordinare un' apposita inchiesta, ma di 
tale ordine non c'fe riuscito trovare alcuna traccia. Abbiamo bensi 
trovato ordini vigorosi in questo senso, venuti da Madrid non ap- 
pena vi giunse la notizia della fuga , e con essi menzionata una 
carta di avvertenze da doversi tener presenti, la quale carta per 
altro non fu trasmessa all'Archivio di State: con ogni probabiliti 
le avvertenze principali riflettevano la convenienza e la maniera di 



(a) Ved. Doc. 131, pag. 75. 
(6) V«d. Doc. 193, pag. 97. 



J 



— 315 — 

conoscere se Roma avesse tenuto mano in tale faccenda. Abbiamo 
trovato inoltre che lo Xarava, recatosi a Madrid per soUecitare la 
sua nomina a Consigliere, profitto deiravvenimento per offrirsi ad 
« impinguare », come allora si diceva, Tinchiesta, e finqui la cosa 
riesce naturale: ma cid che riesce strano si fe Tessersi offerto pure 
nientemeno che a procedere nella causa di eresia tanto di fra Dio- 
nisio quanto del Campanella, siccome bene informato di tutti i loro 
disegni, e V essersi da Madrid ordinate al Vicerfe di vedere cosa 
convenisse fare circa I'intervento dello Xarava; decisamente la fuga 
di fra Dionisio avea fatto volgere la piu viva attenzione verso Ro- 
ma. Questo si pud argomentare da due Lettere Regie esistenti nel- 
TArchivio di State (a); ma anche senza di esse, si comprende che, 
dopo le lungaggini verificatesi nello svolgimento della causa, il Go- 
verno Vicereale dovfe rimanerne tanto piu diffidente e sospettoso. 
Nulla poi conosciamo interne a'particolari della fuga, la quale del 
resto non era un fatto assolutamente straordinario; basta ricordare 
che ne abbiamo gik citato un altro esempio in persona del cav." 
gerosolomitano fra Antonio Capece. Non potremmo nemmeno dire 
con certezza chi fosse state il carceriere che se ne andd co'fuggia- 
schi. Senza dubbio non fu il Martines, che avea gik da un pezzo 
perduto TuflSicio; ma tutto induce a credere che sia state Antonio 
de Torres detto « sotto-carceriero » nella denunzia e ricorso di 
Camillo Adimari centre fra Pietro Ponzio , e. successo interinal- 
mente al Martines , perchfe ne' libri parrocchiali della Chiesa del 
Castel nuovo, dopo di aver figurato piu volte a motive di paternity 
dal 7 8bre 1587 al 4 7bre 1601, egli scomparisce affatto senza la- 
Bciare alcuna traccia di sfe, e d'altra parte Onofrio Martorel, che 
dovrebb'essere TOnofrio sotto-carceriere citato nel processo e nella 
Narrazione del Campanella, dopo di avervi figurato del pari assai 
sovente fin dal 1583, 6 registrato neU'elenco de'morti in data del 
14 gennaio 1605; aggiungiamo poi che nel processo, fin da'primi 
giomi del 1603, poco dopo la data di cui qui si tratta, incontrasi 
il nome di un nuovo carceriere, Martino Sances. Conosciamo per 
altro che fra Dionisio se ne andd a Costantinopoli e quivi abbraccid 
la fede Maomettana: ma le ricerche da noi istituite neirArchivio 
Veneto , rovistando il grandiose Carteggio de' Baili , ci han fatto 
sapere che egli giunse a Costantinopoli nel maggio dell' anno se- 
guente, essendosi trattenuto segretamente sulle galere di Malta, ed 
avendole lasciate nel trambusto di una fazione vittoriosa di quelle 
galere contro il castello di Lepanto. Avremo campo di parlarne 
piA in Ik: per era notiamo che questo incidente faceva peggiorare 
moltissimo la causa del Campanella. 

Apparve allora un ordine di cattura « a' cursori, aguzzini ed 
« ioservienti di qualsivoglia Curia , tanto ecclesiastica quanto se- 
« colare, in qualsivoglia luogo, ecclesiastico, secolare, regolare ed 



(a) Ved. Doc. 234 e 236, pag. 122 e 124. 



— 316 — 

« anche di Monache comunque dotato di esenzione , non ostante 
« qualunque privilegio », venendo dal tribunale accordate le veci 
e le voci propria, ed inculcate a tutti e singoli, ecclesiastic! e se- 
colari , di dare aiuto , consiglio e favore necessario ed opportuno 
aU'effetto predetto (a). Quest'ordine si trova in processo senza data, 
ma non fe dubbio che dov6 essere emanate propriamente il 17 ot- 
tobre; poichfe vi si rileva questa circostanza, che al momento in 
cui fu scritto, vi si parlo solamente della cattura di fra Dionisio 
fuggito, e poi, con una postilla in margine, vi si aggiunse anche 
il Bitonto' ; e non ci manca nemmeno un docuraento fuori il pro- 
cesso , che attesta essere dapprima venuta al Vescovo di Caserta 
la notizia della fuga del solo fra Dionisio (6). Un'altra circostanza 
dobbiamo notare nell'ordine suddetto. Esso fu emanate a nome del 
Nunzio, del Vescovo di Caserta e del Vicario Alessandro Grazia- 
no: era cestui il nuovo Vicario generale successo al Vaccari , e da 
queste momento in poi trovasi in quasi tutti gli Atti co'quali ebbe 
termine il processo principale. 

Ma finalmente con lettera del 29 novembre il Card.* Borghese 
partecipava la risoluzione della Sacra Congregazione de' Cardinah (c), 
ed ecco quanto alia presenza di S. S/"" si era risoluto. Pel Cam- 
panella, « che sia condannato alle carceri di questo santo Uffitio 
« {int. di Roma) ove perpetuamente sia ritenuto senza speranza al- 
« cuna di esserne liberate »; pel Lauriana e fra Pietro di Stilo, 
« che si dia lore la corda moderatamente . . . et non sopravenendo 
« cesa che gli aggravi, si facciane abiurare come leggiermente so- 
« spetti di heresia, con impor lore alcune penitenze salutari »; pel 
Petrole, « che se gli dia la corda piu acremente . . . et non risul- 
« tando altre, si faccia abiurare come sospetto vehementemente di 
« heresia con imporgli alcune penitenze salutari »; e si aggiungeva 
per questi ultimi tre frati « Tessilio da tutto cotesto Regno » e Fas- 
segnazione « da' lore superiori » in conventi ne' quali si vivesse con 
maggiere osservanza, notando essere « raente di N, S.""® che perle 
« dette pene . . . non si pregiudichi nfe si ritardi la speditione della 
« causa della pretensa ribelliene da farsi da'giudici sopra cio de- 
« putati da S. S/"^ ». Quanto a fra Paolo, si era risoluto: « che 



(a) Ved. Doc. 426, pag. 531-32. 

(b) Questo documento 6 rappresentato da un foglietto di pergamena, su cui 
a grossi caratteri si trovano segnati i nomi di tutti coloro le cui cause doveaDO 
spedirsi, frati ed anche secolari; ed ^ notevole che solamente a lato del nome 
di fra Dionisio si legge < aufugit », raentre a lato del nome del Bitonto non si 
legge nulla di simile. Tale foglietto stava insieme con lo bozze e copie de* Ria*?- 
sunti degl'indizii presso il Vescovo di Caserta, e lo si dov6 scrivero subito dopo 
la notizia della fuga di fra Dionisio , contemporanoameiite air ordine di cui a 
parla nel teste, forse nel determinarsi a rompere ogni altro indugio, fare le copie 
de' Riassunti ed inviarlo sollecitamente a Roma; sicch6 fine ad un certo punio 
esso confermerebbe il riti\rdo avvenuto neirinvio delle copie de'Riassunti oliw 
il 16 ottobro, e la non a v venuta copia del Riassunto coutro fra Dionisio. 

(c) Ved. Doc. 134, pag. 75. 



— 317 — 

« sia rilasciato con imporgli alcune penitenze salutari »; e quanto a 
fra Pietro Ponzio, « che sia rilasciato liberamente dalle carceri per 
4c quello che spetta al santo Uffitio ». 

Ben si vede che in Roma furono accolti i voti de'Giudici nel 
sense pill mite; solo per fra Paolo furono aggiunte le penitenze sa- 
lutari, e per gli altri fu accolto propriamente il voto del Vicario 
Arcivescovile, che si era mostrato mite piu di tutti. Ma pel Cam- 
panella, pel *quale non vi furono o non giunsero fino a noi i voti 
de'Giudici, si prese una risoluzione abbastanza difficile a spiegarsi. 
Secondo la giurisprudenza del S.*° Officio che abbiamo gia altra ' 
volta avuta occasione di ricordare, come pazzo, quale era legal- 
mente riuscito a dimostrarsi col tormento della veglia, il Campa- 
nella non avrebbe dovuto essere condannatoj ma ritenuto in car- 
cere , fino a che o rinsavisse o morisse , potendo solo in uno di 
quest! due casi avere una condanna (6 noto die in materia di eresia 
anche i morti non venivano risparmiati); invece come sano di mente, 
per la sua qualita di relapse, avrebbe dovuto essere condannato alia 
degradazione e cdnsegna alia Curia secolare, dalla quale sarebbe 
state giustiziato. II carcere perpetue ed irremissibile, ovvero la cosi 
detta « immurazione » che avea lo stesse significato, era la pena 
deir eretice pentito, e piu propriamente, secondo una prescrizione 
del Concilio Tolosano , la pena dell' eretice , che pel timere della 
morte e per qualunque altro motive, ma non di spontanea sua vo- 
lonta, era ternate in grembo alia Chiesa: pesto che pel timore della 
morte il Campanella si fosse Ante pazzo, egli non avea pero date 
alcun segno di ritorno in grembo alia Chiesa. D' altronde la con- 
danna al carcere perpetue avrebbe dovuto sempre essere preceduta 
dair abiura pubblica ed anche dalla degradazione, almeno verbale 
se non attuale, come ordinava nn rescritte di Urbane IV; e di ci6, 
a proposito del Campanella , non si fece alcuna parola , nfe real- 
mente si vide pei alcun Atte in s^guite. Bisogna del reste ricor- 
dare ancora che nfe il carcere perpetue, nfe T irremissibile, impor- 
tavano assolutamente la ritenzione vita durante, come dalla lore 
deneminaziene si potrebbe inferire; il S.'° Officio non isconosceva 
del tutte la massima del fore laico, che ciee il carcere deveva ser- 
vire a custedia e non a pena , e quindi soleva condonare il car- 
cere perpetue dope tre anni, ed il carcere irremissibile dope otto 
anni (a). — Queste considerazioni non poterene certamente sfuggire 



(a) Giustifichiamo le proposizioni emesse nel teste. l.*<Se Theretico pen- 
dente la sua causa diverra pazzo o furioso . . . bisogner^ tenerlo ben custodito 
nd condannarlo fino ii tanto che egli 6 risani 6 muoia nel furore: perch6 risa- 
nandosi potria per avventura rihaversi , e convertito , ritornare al grembo di 
S.** Chiesa »; Masini, Sacro Arsenalo, Roma 1639, pag. 381. art. 99. — 2." « II 
rilasso legitimamcnte convinto dee, 6 confessando , 6 n6 , rilasciarsi al braccio 
secolare »; Id. pag. 331. art. 93. — « Quantumcumque pojniteat, nihilominus re- 
lapsus est tradendus Curiae saeculari , ultimo supplicio feriendus » ; Eymerici 
Directorium Inquisitorum, Romae 1578. p. 33i. — 3.* e 4.* < ... A gli heretici 



al Govemo Vicereale, cbe a simili argomenti attendeva con moltft 
premura in que'tempi, ma non ci pare che siano state fatte da cfc 
loro i quali si sono occupati del Campanella; e per6 si sono avilb' 
giudizii veramente un po' strani sullo spirito della condanna cu 
il Campanella ebbe da Roma, suU'atroce condotta del Governo V^ 
cereale verso di lui, suUa stessa determinazione presa in Rona^ 
quando , dopo tanti anni di ritenzione in Napoli , il CampanelU 
giunto nelle carceri Romane fini per acquistare la liberti. Cert^^ 
menfe il Campanella fa da Roma giudicato colpevole in eresia,.{t 
non sapi-emmo punto ammettera che il S.'° Officio gli avesse daw 
una condanna al carcere iiTeraissibile senza molivo, o per sempIiMf 
finzione con lo scopo di trarlo a Roma: se i compagni del Campte 
nella furono sottoposti a tortura ed obbligati ad abiurare come sfc' 
spetti leggermente o veementemente di eresia , come mai si pn^ 
concepire che egli non sia stato giudicato eretico? Forse potfe iwa' 
essere ritenuto plenariamente convinto, come si era riconosciuto i»^ 
Giudici per fra Dionisio; ma anche ammesso ei6 pel CampanellJi, 
il cui caso era veramente piii grave di quello di fra Dionisio, rir 
mane sempre a spiegarsi come mai potfe avere la condanna chq 
ebbe. Se ci 6 lecito esprimere una nostra opinione, essa &, che da 
Roma si voile dare a questa faccenda un termine ad ogni costo, 
poichfe con la semplice ritenzione nel carcere, per aspettare il ritkz 
savimento o la morte del Campanella e poi venire alia condanna. It 
faccenda sarebbe durata indefinitamente, e questo era divenuto im- 
possibile: si mut6 quindi la ritenzione eontinua in carcere perpetQO 
sine spe, senza prescrivere 1' abiura e la degradazione , che nello 
stato in cui il Campanella si trovava, o pii veramente fingeva di 

pentiti. oltre alia pitblica, abiuratione a'impona anco la pena di carcere perp^ 
tuo, perch6 altrimenti, non potendo i Sacri Canoni con pena di morte cwU- 
gar alcuno, non ci sarebbe pena alia gravity del delitto confacevole » ; Maaini 
pag. 325. art. 76. — « Career perpetuus est poena haeretiui reversi»; Loci- 
tus, Opua JudiciaSe Inquisitoruni, Roinae I'lTO. pag, 269. — Ppescrizione del Con- 
cilio Tolosano: < Haeretici autem qui timore mortis vel alia quacumque cans, 
daromodo non sponte redierint ad catholicam nnitatem , ad agendam poeoitw 
tiam per Episcopum loci in mure cum tali includantur cautela. quod facaltaUn 
non babeant alios corrumpendi »; Pegna, Scholia in Ejmerici Directorio. ScboL 
LXV. lib. 3. pag. 185. — Rescritto di Urbano IV: « CI eric us, qui est perpetov 
immurandua, priua debet a suis ordintbus degradari »; Id- ibid. — « Cam iUii 
qui vel in perpetuum carcerem vel in perpetuura ad trireoies condemnantor A 
spensari soleat, ideo non anient condemnandi ad bas poenas actual iter degradin 
sed soiuna Terba]iter>; Id. ibid. — 5." « Poena perpetut carceria post Upoim 
triennij remitti solet »; Siroancae Jacob. Enchiridion Judicum violatae religioim 
Venet. 1578. — < Qiiaesitum scio. post quantum tempus solent in carcera p•^ 
petuo dispensari. . : post lapsum triennii remitti anlere scripsit Simancas. Qm 
si poena carceris irremtasi bills faerit imposita, elapao octavo anno solet reU» . 
ri >: Pegna, op. cit. p. 224. — Aggiimgiamo a cbiarimento dell' immuraiiooft 
« Eadem prorsus poena immurationis et carceris perpetui » ; Pegna, op. A ' 
Schol. LXV. lib. 3. pag. 181. — « In aliquibus partibus. . . . Inquisitores halNil | 
in suis domibaa carcerea, quoa vocant muros, quia domunculao illae adhaenri ^ 
mure loci, qui est Episcopo et Inquisitori communia »; Locatus, op. cit- p. 3ft 



trovarsi, non si sareWje nemmeno riusciti ad effettuare, e con tale 
ripiego si apriva la via di dare un termine anche alia causa della 
congiura, essendo esaurita quella dell'eresia. La condizione poi del 
doversi la pena scontare nel carcere di Roma non fu nemmeno spe- 
ciale, perocchfe trattandosi del giudizio di un tribunale noa dioce- 
sano, I'andata a Roma era di regola, e se si credfe conveniente di 
esprimerla nella risoluzione, cio si fece per evitare ulteriori contro- 
versie col Governo Vicereale, bltrechfe per affermare quella « su- 
perioritA ecclesiastica » sempre ambita da Roma piii di ogni altra 
cosa e non del tutto riconosciuta dal Governo in tale faccenda: d'al- 
tronde 1' andata a Roma si sarebbe effettuata dopo la spedizione 
della causa della congiura, che non doveva essere « nfe pregiudi- 
cata nfe ritardata » , e se per questa causa il Campanella avesse 
riportata la condanna della degradazione e consegna alia Curia se- 
colare, come D. Giovanni Sances avea giA chiesto, egli noa sarebbe 
andato a Roma certamente. Aduntiue la risoluzione della Congre- 
gazioue Romana non avea punto lo scopo di trai're il Campanella 
da Napoli a Roma: essa faeilitava solamente, e di molto, cio che il 
Governo Vicereale bramava, la spedizione della causa della congiu- 
ra; essa dava modo di far proferire una condanna in quella causa, 
come una condanna era stata proferita nella causa dell' eresia, senza 
tener conto della pazzia legalmente accertata! Con cio non diremo che 
il Governo Vicereale avesse dovuto rimanerne contento e soddisfatto. 
Si comprende die esso avrebbe preferita una condanna di degra- 
dazione e consegna alia Curia secolare, essendo it Campanella re- 
lapso in eresia, come D. Giovanni Sances non avea mancato di ri- 
cordare nella sua Allegazione : d' altronde non poteva fargli un' ot- 
tima impressione quella condanna di ripiego ad un carcere irre- 
missibile che tale non era di faf.to, quel ricordo di doversi codesta 
pena scontare in Roma, dopo « la speditione della causa della pre- 
« tensa ribellione da farsi da'giudici sopra cio deputati da S. S"*, 
quasi che tale causa potesse terminare con una condanna a pena 
insigniflcante o con un semplice rilascio. Quando vi erano giA state 
tante ragioni od occasioni di sospetti e diffidenze, riesce ben natu- 
rale ammettere che tutto ci6 venisse ad aggiungere qualche cosa 
a' sospetti e alle diffidenze. Eppure non abbiarao alcuno indizio che 
il Governo Vicereale fosse rimasto irritato dalla risoluzione di Roma: 
se ne rinverrebbe qualche traccia nel Carteggio del Nunzio, come 
la si rinviene ogni qual volta vi era stato un positive scontento da 
parte del Governo. Invece se dovessimo credere a ci6 che ne disse 
poi il Campanella nella sua Narrazione, tutto fu fatto per compia- 
cere il Governo; e per veritA, quanto a sfe, egli aveva ragione di 
dirlo, poichfe Roma avea mostrato di non ritenerlo pazzo, mentre 
egli avea comprovala col piu solenne de'tormenti la sua pazzia. Non 
sard inutile ricordare qui le parole del Campanella. « Dopo questo 
« (dopo il suo tormento) fuggio F. Dionisio daUi carceri, e li altri 
« fur liberati ; ma solo li frati furo esiliati dal regno per aoddiafar 



— 320 — 

« alii regi Fiscali, el Campanella in perpetuo carcere del S. Offi- 
« cio in Roma sine spe. Ma perche li frati condannati a compia- 
« cenza d' officiali regi subito in Napoli et altri in Roma fur ag^ 
« gratiati e diventaro priori et officiali nella Religione, e si vide 
€ che questa condanna era ad oslentationem fatta dalli ecclesiastici ; 
« e sapendo ch' il Campanella senza esser esaminato fu condannato, 
« e la sentenza h nulla per questo e per le appellationi secrete che 
« prima e poi mando a Roma, non volsero mai permettere che an- 
« dasse alii carceri di Roma ; nh che si facesse la causa sua di 
« ribellione a Napoli » etc. Ma i frati, nella piu gran parte, fu- 
rono liberati dopo tortura e solenne abiura, e se furono di poi gra- 
ziati deU'esilio, ci6 accadeva sempre nelle condamie del S.*** Offi- 
cio, e sarebbe del pari accaduto per lo stesso carcere perpetuo del 
Campanella: e dopo tutto quello che abbiamo visto, potrebbe mai 
ritenersi che le condanne con le torture fossero state date a com- 
piacenza degli officiali Regii e ad ostentationem? A noi basta as- 
sodare che non vi fu, come non vi poteva essere , una grave di- 
spiacenza del Governo Vicereale per quella specie di condanne, e 
che esso non ne rimase irritato piu di quanto lo era gi4 per molii 
altri fatti , ed in ultimo luogo pel lunghissimo tempo impiegato 
nello svolgimento della causa e per la fuga di fra Dionisio ; ve- 
dremo in sfeguito che la sua irritazione crebbe veramente piu tardi 
per qualche altro fatto, il quale esacerbo la diffidenza e 11 sospetto, 
aggiungendovi il risentimento e il puntiglio della peggiore specie. 
Pervenuta in Napoli la risoluzione di Roma , non rimaneva 
che spedire la causa secondo il dettato di essa. Si sarebbe potuto 
farlo in pochissimi giorni, ed invece, non sapremmo dire per quale 
motive, scorse oltre un mese, e le sentenze e gli atti ultimi non 
si compirono che al principle dell' anno seguente: lo stesso fra Pie- 
tro Ponzio, per lo quale era state ordinate il rilascio semplice, e 
gia il Nunzio avea piu volte date a Roma proniesse formali di sol- 
lecita spedizione, non si vide libero e dove attendere ancora. II Nun- 
zio si limitd a partecipare al Card.* Borghese di aver ricevuta la 
risoluzione presa intorno alia causa del S.*° Officio, e di aver fatto 
sapere al Vescovo di Caserta, che era sempre pronto ad intervenire 
nella spedizione di detta causa {a). 

L'8 gennaio 1603 si venue finalmente alia spedizione della 
causa. Secondo lo stile del S.*" Officio, le sentenze furono prima 
scritte, e quindi promulgate e lette dal Notaro della causa agl' in- 
teressati , non essendo lecito fare altri menti sotto pena di nullita. 
Si comincio dal Campanella [h). La sentenza , sottoscritta da' tre 
Giudici, diceva che, viste le iuformazioni e gli Atti, visto il tenore 
della lettera del Card.* Borghese scritta il 29 novembre 1G02 d' or- 
dine de' Cardinali sommi Inquisitori, in esecuzione di detta lettera 



(a) Ved. Doc. 137, pag. 77. 

(b) Ved. Doc. 427, pag. 532. 



essi Giudici provvedevano e decretavano, che per le cause di eresia 
per le quali trovavasi carcerato e detenuto il Campanella doveva 
essere condannato, come con quel decreto era condannato, sua vita 
durante alle career! formali deUa S.** Inquisizione in Roma etc. etc., 
ripetendo la condanna e la pena ne' termini precisi da Roma tra- 
smessi. Nel medesimo giorno suddetto il Prezioso, chiamato il Cam- 
panella con r intervento di due testimoni, i Rev.''* D. Antonio Peri 
e D. Vincenzo Pagano , gl' intimo e lesse la sentenza audtente et 
intelligente^ e ne rogo un Atto appunto in questi termini. Dunque 
il Campanella udiva e comprendeva, e non tenevasi piu conto della 
sua pazzia , circostanza di cui non avea da dolersi certamente il 
Governo Vicereale : intanto, in una ricevuta di piccolo sussidio tratto 
dalla somma venuta di Calabria, alia data del 30 marzo 1603, tro- 
vasi che la parte spettante al Campanella era ancora esatta da fra Pie- 
tro di Stilo, il quale dichiarava di aver « pensiero » della persona 
del Campanella , naturalmente perch^ pazzo (a). Si venne poi a 
fra Paolo della Grotteria, per lo quale la sentenza, scritta con lo 
stesso formulario, decretava il rilascio dalle carceri con V indica- 
zione dqlle penitenze impostegli (recitare in giorni determinati V uf- 
ficio de' morti, il Credo, i Salmi penitenziali e le Litanie, recitare 
ogni giorno il Rosario, digiunare il sabato) « riservatane la mode- 
€ razione, la mitigazione e la commutazione a' Cardinali sommi In- 
€ quisitori ». Ed egualmente il Prezioso, con le cautele medesime, 
gli lesse la sentenza audienle el bene intelligente y et omnia ac- 
ceptante; piu tardi poi, scorse oltre due settimane, gli consegno la 
copia delle dette penitenze salutari, rogandone un altro Atto innanzi 
a due altri testimoni, uno de' quali era Martino Sauces carceriere. 
Ma bisogna notare che il rilascio di fra Paolo rifletteva le cause 
di S.^ Officio , e poichfe egli era inquisito anche della ribellione, 
continud a rimanere in carcere. — Si passd quindi a fra Pietro Pon- 
zio, cui fu decretato il rilascio per le cause spettanti al S.*° Offi- 
cio, sempre in esecuzione della lettera di Roma ; e il Prezioso gli 
lesse la sentenza audtente et intelligente. Fra Pietro fu veramente 
posto in liberty: non abbiamo notizia della data precisa in cui usci 
dalle carceri, ma verosimilmente cio accadde senza molto ritardo, 
non essendovi empara per lui ; possiamo solamente dire con cer- 
tezza che neir ordine di pagamento del piccolo sussidio menzionato 
sopra, alia data del 22 marzo, egli non era piu computato tra' frati 
esistenti in Castello e non flgurava di poi nella ricevuta. Lo tro- 
veremo in sfeguito nel suo convento di Nicastro, poichfe ci darA an- 
cora occasione di parlare di lui. 

Nello stesso giorno 8 gennaio, innanzi al Nunzio, al Vescovo 
di Caserta e al Vicario Graziano, si amministro la tortura, prima 
a fra Pietro di Stilo e poi a fra Silvestro di Lauriana (6), tortura 



(a) Ved. la nostra Copia ms. de'proces. eccles. tona. 2^, fol. 124. 

(b) Ved. Doc. 428 e 429, pag. 533 e 535. 

AmabiU-^T. CAMPAiriLLA, Vol. II 41 



— 322 — 

moderata, di poco piu di mezz' ora, dimandando loro se fossero vere 
le cose che aveano deposte contro gli altri, e se avessero aderito 
air eresie che avevano udite (precisamente come in Roma era state 
risoluto). Possiamo dire che T uno e 1' altro si mostrarono quali li 
abbiamo visti finora in tutto il processo. Fra Pietro di Stilo, let- 
togli il teste della sua deposizione fatta in Gerace, dichiaro vere 
le cose che avea deposto avere udite dal Campanella in Calabria, 
6 quanto all' avervi aderito, disse che egli non avea nemineno ca- 
pito tutto quelle che il Campanella diceva, anche perch6 come Vi- 
cario del convento non gli riusciva star sempre fermo e poter udire 
tutto il discorso : incalzato dalle domande, se avesse creduto a cio 
che aveva udito intorno a' miracoli, che era manifesta eresia, e se 
sapesse che un cristiano avea I'obbligo di fame denunzia a' supe- 
rior! ecclesiastici , disse che non vi aveva mai creduto , che non 
aveva nemmeno immaginato essere quella un' eresia, che aveva ap- 
preso Tobbligo della denunzia solaraente dope di essere staio car- 
cerate (sempre la parte delF ignorante). Posto allora alia corda, 
fra le solite grida di dolore confermd ad una ad una le risposte 
date , ed avendogli i Giudici domandato se voliesse scendere per 
poter dire piil comodamente la verita, disse « io non voglio scen- 
dere et non so altro che dire, b la verita fe detta ». Poi oppresso 
dair atrocity del dolore si fece a dire, « scenditimi, scenditimi che 
dirrd la verity »; ma mentre i Giudici ne davano I'ordine grido, 
« non mi scenditi, non mi scenditi, perche la veritA Tho ditta (il 
povero fra Pietro diffidava di s6 medesimo, e si sforzava in tutti 
i modi di non lasciarsi andare a dire cose compromettenti). Inline 
non potfe piu resistere e voile scendere , ma disse <c per Dio che 
non ho da dire niente, nfe posso dire altro per Dio »; e piu volte 
mantenuto in alto, piii volte sceso , dicendo sempre che la verita 
r avea detta, con segni di grandi sofferenze., essendo scorsa oltre 
mezz' ora, fu lasciato definitivamente, — Quanto al Lauriana , let- 
togli il teste della deposizione fatta in Monteleone alia presenza di 
fra Cornelio, e dimandatogli se le cose quivi deposte erano vere, 
disse, « io sono state essaminato un' altra volta in Napoli dinanzi 
al Vescovo di Termoli » (sempre un appello a deposizioni anterio- 
ri) ; circa poi 1' avere aderito all' eresie, Io nego con gravissimi giu- 
ramenti ; dimandatogli se sapesse che c' era V obbligo della denun- 
zia, disse di si, ed osservatogli che non avea subito fatta la denun- 
zia a' superior! disse « mi riferisco all' essamine ». Posto alia corda, 
emettendo le solite grida, deplorando di aver conosciuto quelle per- 
sone che aveano proferito eresie, rispondendo senqire di aver detio 
la verity, fra le angosce del suo dolore esclamo, « Monsignore aiu- 
tatemi, Fra Campanella 6 luterano marcio, abrusciatelo »! Ed allora 
gli venne domandato in che fosse luterano fra Tommaso Campa- 
nella, ed egli « me rimetto alle mie essamine » (sempre ignorame 
e brutale). Infine, essendo anche per lui trascorsa mezz' ora e piu, 
fu fatto scendere. 



— 323 - 

Gli 11 gennaio, del pari innanzi a tutti e tre i Qiudici, si am- 
ministro la tortura a fra Domenico Petrolo, secondo le prescri- 
zioni di Roma, piu acremente e rivolgendogli le solite dimande (a). 
Con molti parti colari, come era suo costume, egli disse avere udito 
le cose deposte non tutte in Stilo, dalla bocca del Campanella, ma 
averne udite anche in Castelvetere, quando fra Tommaso gli per- 
suase di imitare il Pizzoni, di farsi leggere la deposizione di costui 
e deporre alcune delle cose che costui avea deposte ad oggetto di 
scampare dalle mani de'secolari: ond'egli cosi fece, e fra Cornelio 
scrisse aggravando la deposizione, ed egli non si euro di questo 
aggravamento perchfe fra Tommaso gli avea detto che cosi gli pia- 
ceva; ma poi, innanzi al Vescovo di Termoli, avea corretto il prime 
esame, spogliandolo di tutto cio che fra Cornelio aveva aggiunto. 
E lettegli le deposizioni fatte innanzi al Vescovo di Termoli, egli 
dichiard che le cose in esse contenute erano vere, ed aggiunse che 
non aveva mai aderito alle proposizioni eretiche, ed aspettava che 
il Campanella le avesse proferite alia presenza di altri, per poterlo 
denunziare e far constare le cose da testimoni. Fu allora posto alia 
corda , sempre in esecuzione di quanto era state ordinate con la 
lettera di Roma, che venne costantemente ricordata in tutti questi 
Atti. Le sue sofferenze furono vivissime, le sue esclamazioni stra- 
zianti continue: rivolgevasi al Nunzio, rivolgevasi al Vicario, di- 
ceva lore che si sentiva aprire il petto e si protestava che moriva; 
al Nunzio ricordo pure che compivano appunto allora tre anni, ed 
era egualmente giorno di sabato, quando aveva altra volta avuta 
la corda (per la congiura). Del rimanente confermo sempre che le 
cose deposte erano vere, e che non aveva aderito all'eresie udite: 
ed essendo scorsa un' ora intera, fu ordinate, come per tutti gli 
altri, che lo scendessero, lo slegassero, gli accomodassero le brac- 
cia, lo rivestissero e lo riponessero nel suo carcere. 

Immantinente si passo a dar fuori le sentenze gik scritte, e a 
promulgarle e leggerle, procedendo anche alia consegna delle copie 
delle penitenze, agli Atti dell'abiura e a quelli delFassoluzione dalla 
scomunica, tanto pel Petrolo quanto per fra Pietro di Stilo e pel 
Lauriana successivamente; sicch^ tutto venne esaurito nello stesso 
giorno 11 gennaio 1603 (b). Le sentenze furono questa volta, se- 
condo il rituale, scritte con maggiore solenniti ed in lingua vol- 
gare. I Giudici, dichiarandosi speciali delegati de'Cardinali sommi 
Inquisitori , e rivolgendo la loro parola all' inquisito , gli ricorda- 
vano la sua causa: trovarsi lui nel tribunale del S.*° Officio per 
avere udito « da alcuni religiosi » proferire eresie formali e non 
averle denunziate , avere avuto un termine per le difese senza a- 
verle fatte, essersi proposta e discussa la causa e fattane relazione 
a'Cardinali sommi Inquisitori, e dietro loro risoluzione essersi pro- 

(a) Ved. Doc. 430, pag. 537. 

(b) Ved. Doc, 431, pag. 540. 



ceduto air esame rigoroso (la tortura) con le debite proteste del 
Procuratore fiscale, e visti e considerati i meriti della causa, es- 
serei deliberato di venire alia spedizione e alia sentenza ancbe d'or 
dine particolare di detti Cardinali. Invocato quindi it nome di Gesii 
Cristo e di Maria Vergine, nella causa vertente tra il Procurators 
fiscalo e lui « reo, inquisito et processato », sedendo pro trilninaH, 
dicevano, pronunziavano, sentenziavano e dichiaravano essere statn 
lui giudicato sospetto di eresia {veementeraente o lievemente) e per- 
ci6 incorso nelle censure; ed affinchfe togliesse dalle menti loro e 
di altri fedeli questo sospetto contro di lui concepito, ordioavano 
che avanti di loro, nella Chiesa del Castello, pubblicamente e in 
giorno festive abiurasse , maledicesse, detestasse ed anatemizzasse 
questa ed ogni altra eresia nella forma che da loro sareblie slata 
data, conteutandosi, dopo cio, di assolverlo dalla scomunica incop- 
sa. E per non far rimanere que' gravi errori totalmente imponiti 
e dare esempio agli altri, lo condannavano all' esilio fuori Regno 
vita durante o pel tempo die parrebbe a' detti Cardinali , e alia 
permanenza in nn convento assegnato dal suo superiors regolare, 
dando cauzione di 25 once d'oro per I'osservanza dell' esilio, e id 
difetto obbligandosi a servire « per un remigante alle galere dt^Ua 
S.'" Sede » per un tempo ad arbitrio di detti Cardinali. Grimpn- 
nevano poi per penitenze salutari la confessione una volta la s?l- 
timana , la frequente celebrazione della Messa e il Rosario Ofni 
giorno, dichiarando che questa condanna non dovea ritardare b* 
impedire la spedizione della causa della ribellione, e riservando la 
moderazione, commutazione e mitigazione delle dette pene e peni- 
tenze a'Cardinali sommi Inquisitori. Conch iudevano: « Et cosi di- 
* cemo, pronontiamo, sententiamo, condanniamo, penitenliamo, et 
« riserviamo in questo et in ogn'altro miglior modo et forma ch> 
« di raggione potemo et dovemo », sottoscrivendosi ognuno col sua 
titoio e con la qualitA di Commissario Apostolico. — Una simile 
sentenza di veomente sospetto fii dal Notaro della causa promol- 
gata e letta dappi'inia al Petrolo, audienie et intelligente, alia prfr 
senza di 7 testimoni, e subito dopo, avuta anche la copia delle pe- 
nitenze salutari impostegli, tutto addolorato com'era, il Petrolo II 
tradotto nella Chiesa del Castello, ed ivi inginocchiato iunanzi li 
Giudici pronunzio la soienne abiura, secondo la scritta gi& prew 
rata, e vi appose la sua firma. L'abiura conteneva la Dotizia deU 
causa e della condanna, calcata sul formulario della sentenza. L' 
quisito dirhiarava die, inginocchiato innanzi a'Giudici e toccandot 
Santi Evangeli, confessava e si doleva di avere gravenient* erraH' 
contro la Chiesa, perchfe avendo da alcuni religiosi udilo profarirt 
eresie formali non li aveva denunziati; ed essendo stato giudicAtt' 
veemeniemente sospetto di eresia, per rirauovere dalla mente di tndl 
i fedeli questo veemente sospetto abiurava etc. etc., prometteodol' 
giurando di non mai pii'i ascoltare eretici, di denunziarli subito qui- 
lora gli accadesse di conoscerli e udirli per 1' avveoire, di adem* 



— 325 - 

piere a tutte le pene e penitenze impostegli, ed infine ricercando 
il Notaro \k presente di scrivere quella cedola di abiura recitata 
parola a parola, non sapendo lui bene scrivere (!) e di fare d'ogni 
cosa pubblico istrumento (cio che per altro era state gik prepara- 
to). Da ultimo il Curate D. Gaspare di Accetto, con le solite ceri- 
monie, procedeva alle assoluzioni dalla scomunica, censura e pene 
incorse; ed anche di questo fu rogato un Atto. — Alio stesso mode 
si fece di poi per fra Pietro di Stilo e pel Lauriana colpiti di lieve 
sospetto: I'uno dope T altro adempirono agli Atti e formality di cui 
si fe finora discorso. 

Rimaneva intanto a compiersi ancora la parte piu difficile pei 
poveri frati, la fideiussione di 25 once d' oro per ciascuno. Natu- 
ralmente, nella lore condizione, era quasi impossibile trovare anche 
uno degli strozzini i quali solevano fare questa specie di affari, e 
i Giudici Taveano preveduto nella lore sentenza. Mandarono dun- 
que un memoriale con cui diceano volersi obbligare alia pena della 
galera invece di dare la fideiussione, giacchfe « per essere forastie- 
ri > non aveano fideiussori. E il 16 marzo il Notaro Prezioso, an- 
dato in Castel nuovo, rogo un Atto coll' intervento di cinque testi- 
moni, e tra essi Felice Gagliardo, pel quale i tre frati, « sciolti 
da' ceppi e dalle catene e costituiti in libera liberty » secondo la 
formola solita in questi casi, spontaneamente dichiararono che non 
avendo trovato fideiussori si obbligavano a servire da remiganti 
suUe galere della S.** Sede, per un tempo ad arbitrio de'Cardinali 
sommi Inquisitori, nel caso di contravvenzione all'esilio fuori Re- 
gno vita durante, e alia permanenza in un convento assegnato dal 
loro superiore giusta la sentenza (a). II 21 marzo la copia delle 
sentenze, decreti, abiure, ed obbligo della galera fu mandata a 
Roma. 

Cosi fiel marzo 1603 ebbe veramente termine il processo di 
eresia del Campanella e socii, durato, soltanto in Napoli, poco meno 
di tre anni, dal 10 maggio 1600 al marzo 1603, e finite con sole 
quattro condanne di frati propriamente per 1' eresia: ve ne sareb- 
bero state sei, qualora fra Dionisio e il Bitonto non fossero riusciti 
a fuggire, e computandovi anche il Pizzoni morto nel carcere, si 
sarebbero in tutto avuti, dope tanto scalpore, sette frati solamente 
piu meno eretici. Ecco a quali proporzioni si riducevano le cose 
circa T eresia, ed essendoci note le condizioni di taluni di questi 
frati, sopratutto del Lauriana ed anche del Petrolo, di fra Pietro 
di Stilo e del Bitonto, dobbiamo assolutamente ridurre le cose sem- 
pre pill, accordando a' soli tre nominati nel processo in mode piu 
spiccato, Campanella, fra Dionisio e Pizzoni, la possibility di una 
opera efficace nel senso di una riforma religiosa , e riconoscendo 
unicamente nel Campanella la capacita di concepirla ed insinuar- 
la. — Pertanto i frati rimasti in carcere, ciofe il Campanella, il Pe- 



{a) Ved. Doc. 432, pag. 543. 



— 326 — 

trolo, fra Pietro di Stilo, il Lauriana ed anche fra Paolo della Orot- 
teria, erano in grado oramai di saldare il loro conto col tribunale 
per la congiura: ma vedremo che vi furono altri incidenti e si and«> 
incontro a lungaggini egualmente da questo lato , nfe si pot6 ro- 
minciare a prendere una risoluzione a loro riguardo che nel luglio 
deir anno seguente ! 

Dobbiamo aggiungere che il tribunale per V eresia ebbe ancora 
a compiere qualche altro Atto circa il Soldanioro e Valeric Bruno, 
mentre per Orazio S.^ Croce e Felice Gagliardo avea provvisto con 
quelle speciale processo secondario affidato al tribunale diocesano, 
le cui vicende abbiamo anche gia narrate. Circa Valeric Bruno, 
rammentiamo che dietro due suoi memoriali, favorevolmente accolti 
dal Vicario Paluinbo e dal Vescovo di Caserta , egli fu abilitato 
con fideiussione e coll' obbligo di non partire da Napoli, legalrnenie 
domiciliate presso Carlo Spinelli, avendo il Vicario Palumbo opinato 
che dovesse essere interrogate di nuovo e poi spedito. Fu quindi, 
il 19 luglio 1603 , decretato un nuovo esame pel Brunc , ad og- 
getto di sapere se veramente il Soldaniero avesse chiesta al priore 
e al lettore di Soriano I'espulsione di fra Dionisio e del Pizzoni da 
quel convento, per 1' eresie che aveano manifestate. Costretto a ri- 
presentarsi in tribunale, il 19 agosto fu esaminato dal Vicario Pa- 
lumbo « sostituto e deputato », e nelF esame si ricordo solamente 
di aver conosciuto fra Dionisio e il Pizzoni in Soriano, ma pel ly- 
sto mostro non ricordarsi piii di nulla, dicendo, « dope che hebbi 
4c la corda {int. per qualche incidente od anche per la sola ratiti- 
4c cazione delle cose deposte nella causa della congiura) ho persa 
« la memoria, fe da qua ad un Credo non mi ricordaro di quelle 
« che V. S. me ha dimandato » {a). Cosi il 19 novembre fu ema- 
nate per lui un decreto di rilascio ma pur sempre con lideiussiono: 
e questa volta, il 28 gennaio 1604, si trovarono due disgraziati, 
un tessitore ed un calzolaio, che si obbligarono a presentarlo ad ogni 
richiesta nelle carceri Arcivescovili sotto pena di 50 once d' oro, 
obbligaudosi il Bruno medesimo alia pena della galera , e tutti <* 
tre indicarono per domicilio legale la casa di Carlo Spinelli, onde 
si vede che costoro erano tutti dipondenti dallo Spinelli. — Circa il 
Soldaniero, rammentiamo che essendo nel marzo 1602 partite |)erla 
Calabria in contravvenzione all' obbligo assunto di rimanere in Na- 
poli , accertato il fatto con una informazione , venne contiscata la 
cauzione data e prescritta la citazione a comparire fra ire giorn: 
sotto pena di essere dichiarato scomunicato oltreche confesso e con- 
vinto del delitto appostogli , onde Hni poi per essere carcerato <li 
nuovo in Calabria. L' informazione eseguita dal Prezioso nel domi- 
cilio del Soldaniero in Napoli, osaminando la sua alborgatrico Lu 
crezia Marmana bottegaia alia Carita, Beatrice d'Avanno inaritati 
ad un genovese e divenuta amante del Soldaniero , incltre anch-^ 



(a) Ved. Doc. 433, pag. 544. 



— 327 — 

Agostino S.** Croce clerico, fratello di Orazio ed albergato del pari 
in casa della Marmana, avea fatto conoscere che il Soldaniero se 
n' era andato in Calabria per arrolare soldati , avendo avuto V uf- 
ficio di alfiere dal capitano Gio. Paolo de Corduba; poichfe i ban- 
diti davano un contingente notevole all' esercito, come del resto do- 
vunque, e nelle occorrenze il Governo concedeva anche indulti agli 
assassini coll' obbligo di servire alia guerra per un numero di anni 
deterininato, facendo desolare segnatamente le provincie di Fiandra 
e facendo maledire il nome napoletano con altrettali soggetti. II 
Soldaniero si schermi per non breve tempo, ma cadde finalmente 
in potere delle forze Regie, e venne chiuso nelle carceri dell'Au- 
dienza di Calabria a disposizione del Vescovo di Caserta. Carlo Spi- 
nelli s' interesso allora anche per lui, lo raccomando a voce e scris- 
88 di poi una lettera al Vescovo , che fu perfino inserta nel pro- 
cesso e ne mostra la firma autografa, presentando i norai di varii 
individui capaci di fornire la cauzione pel Soldaniero , tra' quali 
uientemeno che il nome di Valerio Bruno (a). La lettera fu scritta 
il 23 gennaio 1604, e il 26 il Vescovo di Caserta emano un de- 
creto di rilascio pel Soldaniero dalle carceri della R.* Audienza di 
Calabria, con la cauzione di 50 once d' oro e V obbligo di presen- 
tarsi fra quindici giorni nelle carceri Arcivescovili di Napoli. Una 
si^ificatoria di tale decreto fu subito spedita al Governatore e alia 
R,* Audienza di Calabria , ma senza aspettarne 1' esecuzione , il 
28 gennaio 1604, nella stessa data in cui rogavasi la fideiussione 
per Valerio Bruno, fu rogata anche quella pel Soldaniero , rima- 
nendo accettato per fideiussore, insieme con due altri individui, ap- 
punto Valerio Bruno, e sempre indicata per domicilio la casa di 
Carlo Spinelli presso la Chiesa di S. Lucia a mare. Evidentemente 
lo Spinelli e il Vescovo di Caserta erano due anime fatte per in- 
tendersi senza la menoma difficolta: abbiamo motivo di ritenere che 
il Soldaniero sia stato lasciato in pace, non trovandosi alcun altro 
esame di lui , e conviene dire che con tanta benignitA verso due 
furfanti quali il Soldaniero e il Bruno, dopo tanto rigore verso i 
poveri frati, il Vescovo di Caserta nella fine della causa abbia emu- 
lato la condotta tenuta nel principio da fra Cornelio. Ma conviene 
anche dire che non dal tribunale , bensi dal solo Vescovo di Ca- 
serta, furono compiuti questi ultimi Atti, co' quali rimase definiti- 
Tamente chiuso il lungo processo dell' eresia. 

II. Passiamo all'esito del processo della congiura; e qui espor- 
remo dapprima le poche altre notizie che ci fe riuscito raccogliere 
intomo agli Atti ulteriori del tribunale pe' laici, il quale non cesso 
mai di funzionare durante il lungo tempo in cui funziond il tribu- 
nale deir eresia, ed anzi si tenne ancora aperto per qualche anno 
dope. Abbiamo gia detto altrove, che secondo il costume del tempo 

(a) Ved. Doc. 434, pag. 546. 



— 328 — 

si sentenziava separatamente e successivamente per ciascuno inqni- 
sito per gnippi special! d' inquisiti ; vi furono quindi , di tratto 
in tratto, sentenze non solo pe' catturati, ma anche pe' contumaci 
che con pubblico bando erano stati dichiarati « forgiudicati >• Pos- 
siamo dire con certezza che non si ebbero altri supplizii, poichfe eo- 
noscendo i nomi de' principal! inquisiti , li avremmo senza dubbio 
ravvisati ne'Registri deU'Archiviode'Bianchi di giustizia: si ebbero 
invece gravi condanne a parecchi anni di carcere, come per taluno 
degl' inquisiti ci risulta da document! che abbiamo trovat! nel Grande 
Archivio ; e si ebbero ancora piu numerose assoluzioni e rilasci, 
come ci risulta dalle notizie autentiche, registrate nel processo del- 
r eresia, circa coloro i quali figurarono egualmente in tale processo 
vi furono semplicemente nominati. 

Cominciando da quest' ultima categoria , non abbiamo che a 
riassumere le notizie sparsamente apprese dal processo di ei'esia- 
Ricordiamo dunque, che verso la fine di settembre 1600 erano stati 
abilitati e si trovavano pronti a partire per la Calabria tutti o quasi 
tutti gF inquisiti di Catanzaro, segnatamente Geronimo Marra, Fran- 
cesco Salerno, Nardo Rampano, e con costoro probabilmente anche 
il Franza, il Flaccavento, gli Striveri etc., onde a tale data nel 
processo dell' eresia fra Dionisio chiedeva che fossero interrogati di 
urgenza, prima che partissero. Ricordiamo che Felice Gagliardo, 
gid torturato una prima volta in Calabria , ebbe un' altra tortura 
per la ribellione, un po' prima del 19 marzo 1602, quando fra Pie- 
tro Ponzio ne fece menzione come di un fatto non remoto (a) ; e la 
tortura fu acre, verosimilmente tamquam in cadaver come allora 
si soleva prescrivere ne' delitti gravi, onde il Gagliardo medesimo 
disse di aver avuto « a morire », ma non confessd nulla e dovi 
essere assoluto, poichfe non trov6 alcuno ostacolo all' uscita dal car- 
cere quando flni di saldare i suoi conti col S.*® Officio. Ricordiamo 
inoltre che tra il febbraio e I'aprile 1602 erano gik stati assoluti 
il Conia, il Marrapodi, I'Adimari, probabilmente anche il S.^ Croce, 
tutto il gruppo degl' inquisiti che insieme col Gagliardo e col Pisano 
si trovarono rinchiusi nelle career! di Castelvetere ; e i prim! tre 
aveano pure fatto ritorno in Calabria subito dopo 1' assoluzione, men- 
tre il S.** Croce rimase in carcere essendo implicate nelle niaterie 
di S.*° Officio. Ricordiamo infine che nel tempo medesimo era stato 
egualmente assoluto Geronimo Campanella e forse anche Gio. Pietro 
Campanella (ved. pag. 241): 1' ultima notizia avuta intorno a Ge- 
ronimo si fu r assistenza che egli faceva insieme con Gio. Pieiro, 
il 2 agosto 1601, al povero fra Tommaso ancora ammalato pel grav*^ 
tormento sofferto; piu tardi, tra il febbraio e I'aprile 1602, egli era 
giA tornato a Slignano. 

Relativamente a' contumaci forgiudicati, dallo stesso processo 
di eresia abbiamo appreso che Gio. Gregorio Prestinace nelP ago- 



(a) Ved. Doc. 420, pag. 526. 



— 329 — 

sto 1601 voleva presentarsi, e fra Pietro di Stilo vivamente racco- 
mandava che se ne astenesse : ne altro sappiamo intorno alia fine 
di questo araico intimo del Campanella, come pure dell' altro egual- 
mente fuggiasco, Fulvio Vua, mentre intorno a Tiberio e Scipione 
Marullo possiamo ritenere che non patirono gravi molestie, poich6 
troviamo Scipione registrato tea colore i quali si dottorarono nel- 
r aprile o maggio 1604, e pero bisogna ammettere che egli abbia 
potuto fare i suoi studii negli anni precedenti (a). Abbiamo appreso 
poi da documenti , che ci fe riuscito del pari trovare nel Grande 
Archivio, talune altre notizie sul Baldaia, sul Dolce, sulF Alessan- 
dria, sul Tranfo, inscritti, come si b veduto a suo tempo, in una 
lunga lista di forgiudicati. 

Geronimo Baldaia di Squillace verso la fine del 1603 scorreva 
la campagna con comitiva di fuorusciti, ed aveva pur allora coramesso 
un omicidio , d' accordo , a quanto pare , col capitano di Petrizzi 
(tanta era la confusione e corruzione amministrativa a queHempi): 
la Corte del Principe di Squillace lo catturd , e pretese di fame 
essa la causa, ma I'Audienza di Calabria ultra si diede a racco- 
gliere contro di lui infer mazioni « de piu delitti »; nel luglio poi 
1604 il Vicerfe ordino che queste informazioni gli fossero trasmesse, 
come pure che il Baldaia fosse dalle carceri di Squillace tradotto 
a Napoli , senza per altro fare alcun cenno della sua condizione 
di forgiudicato per la causa della congiura, sicchfe dovrebbe dirsi 
essere stata quella condizione affatto dimenticata (b). Quanto a To- 
libio Dolce di Satriano, nel giugno 1604 il Capitano di Stilo aveva 
gi^ catturato un Gio. Antonio Lucane , che gli avea date ricetto 
mentre trovavasi « forgiudicato per la causa di ribellione », e poi 
fini per essere catturato egli medesimo, neirottobre di quell' anno, 
per opera di D. Carlo di Cardines Marchese di Laino, Governatore 
di Calabria ultra in quel tempo: il documento che lo riguarda non 
fa menzione di altri delitti da lui commessi, ma lo dichiara sola- 
mente 4; forgiudicato nella causa della pretensa ribellione », ed in- 
viato a Napoli perchfe quivi « in detta causa ... si precede per 
delegatione > , onde il Vicer6 loda molto nel Marchese « la dili- 
gentia de un cossi accertato et signalato servitio » (c). Da cid ri- 
levasi che al cadepe)*l((el 1604 il tribunale speciale deUa congiura 
I)e'laici era semprp;aperto; ed aggiungiamo che un altro documento 
ci mostra il Dolce tiittora nelle carceri del Castel nuovo nel 1610 (d). 



(a) Ved. la cosl detta Collectio &ilemitana, vol. 171. fasc. I.* fol.* 166 t*: 
« Ego Scipio Marullus Stilensis > etc. 

(b) Ved. Doc. 219, 220 e 221, pag. 116 e 117. Vi sarebbe anche un altro 
Documento, per brevity omesso, una lettera Vicereale che prescrive Tinvio della 
persona stessa del Baldaia nelle carceri della Vicaria in NapoU, sempre per 
i*omicidio suddetto, senza alcun ricordo de'fatti della congiura. Ved. Reg. Curiae^ 
vol. 55, an. 1603-1604, fol. 163 t.« 

(c) Ved. Doc. 222 e 223, pag. 117. 
(df) Ved. Doc. 224, pag. 118. 

AmabiU^T. Campanblla, Vol. II. 48 



— 330 — 

Passando a Gio. Francesco d' Alessandria, dobbiamo dire che egli 
continuava nella sua mala vita di fuoruscito in compagnia pure di 
Antonio suo padre, e nel 1(305 venne finalmente catturato: un re- 
clamo contro di lui lo dichiara « carcerato inquisito per la causa 
della Rebellione », sottoposto ad inforniazione per un omicidio in 
persona di un Antonio Lapronia e per « altri homicidii et enorrai 
delitti »; un reclamo poi contro I'Auditore Fen-ante Barbuto, suc- 
cesso air Audi tore Iloquenda come delegate a tale informazioae, ri- 
vela che il Barbuto ebbe per mezzo di Carlo di Paola, nostra vecchia 
conoscenza, D.*^ 200 « accio guastasso Tinformatione presa » (a). 
Entrambi questi documenti meritano di essere consultati per acqui- 
stare una nozione de' tempi sempre piu esatta, ma principalmente 
il secondo, scritto dal figlio di Gio. Geronimo Morano , altra no- 
stra conoscenza, merita di essere consultato in tutta la sua esten- 
sione: poichfe esso^ oltre T Alessandria, menziona diversi inquisiti, 
tra' quali Paolo e Scipione Grasso figli di Jacovo, presi con bando 
che concedeva indulto a chi li consegnasso vivi o morti ; ed anclie 
Gio. Domenico Martino famoso fuoruscito, probabilmente « il figlio 
di Nino Martino », che insieme co' « figli di Jacovo Grasso » il Cam- 
panella nomino nella sua Dichiarazione scritta come individui sui 
quali i Contestabili facevano assegnamento per la ribellione. Nes- 
suno di costoro trovasi qualificato « inquisito per la causa della ri- 
bellione* come s'incontra in persona del D' Alessandria; e notiamo 
qui che la cosa medesima accado pure per altri fuorusciti egual- 
mente nominati dal Campanella come amici di Maurizio disposti alia 
ribellione, ciofe per Carlo Bravo e pe' Baroni di Reggie, secondo- 
chfe ci mostrano altri documenti dello stesso tempo , onde si pu6 
dire che essi nemmeno vennero perseguitati per questa causa (6). 

(a) Ved. Doc. 225 e 226, pag. 118 e 119. 

(b) Intorno a' Grassi sara bene conoscere ancora i documenti di data an- 
teriore che abbiamo trovati nel Grande Archivio: !.• Registri Curiae vol. 46, 
an. 1599-1601, fol. 40, t." « AlFAudientia di Calabria ultra... Semo informati 
come Paulo, Pompeo et Scipione Grassi del Casale de Gionadi destritto di Me- 
lito hanno commesso molti delitti, per il che fu mandato Commissario dal nostro 
predecessore , et se le verificorno molti homicidii et furno reputati contumaci 
per la Vicaria , et dalF hora in poi sempre hanno (sic) armati in cometiva di 
dodici et piu banniti commettendo delitti, et particolarmente li di passati in- 
trorno in lo casale de S.*** Constantino et scassorno la casa de una vidua nomine 
Gratia, et pigliatole due sue liglio Tuna zita, et Taltra vidua, et violentemente 
conosciutole et stupratole , al che volendo noi provedere come conviene ...» 
(segue Tordine di catturarli, prendcre I'informazione sul fatto e dame avviso) 
27 giugno 1600. — i\^ Id. vol. 55, an. IGU3-1G04, fol. 195. < All'Aud. di Cala- 
bria ultra . . . Con questa v'inviamo Talligate copie d'informationi contro Paulo 
Pompeo et Scipione grasso sopra il particolare della causa delle scoppettate ti- 
rate a francesco aquaro et sua cometiva, et vi dicimo et ordinamo che nelli 
causa predetta debbiate procedcre ii quanto sara de justitia che tar<> nostra to- 
luntA. Dat. neap, die x" Tbris 1004 ». — Al 1606 parrebbe che Pompeo io><^ 
stato gi^ ucciso. = Relativaniente a' Baroni di Uegj^io, essi erano parecchi e si 
distinguevano da* Baroni di Tropea e da' Baroni di Annova, egualmente fuoro- 
sciti ed anche piu numerosi; intorno a loro abbiamo i seguenti documenti, cod- 



Infine quaiito ad Alessandro Tratifo, un documi^iito dei Grande Ar- 
chivio ce lo m(jstra nel 1606 nella sua Baronia di Precacore, ma 
non perseguitato, sihbene in contliito con un altro individiio di no- 
stra conoscen/a, quel furfantello di Aquilio Marrapodi figlio di Gio. 
Angelo (ved. pag. 129), V'erosimilmento egli si presento e riesci ad 
opporre qualcuna delle eccezioni consentite dalla giurisprudenza del 
tempo anche a' forgiudicati , e dovfe difendersi in raodo da riina- 
nere assoluto: coai, trovandosi nel luglio 1606 in compagnia del Ca- 



temporanei e snccesBivi alia datade'processi: I," Reg. Curiae \o\. 46, an. 1599-1601 
fol. 30, « AJl'Aud. dj Calabriii ultra . . . Dnl Capttaneo delJa citt& de riggto ci 
viene scritto che liavendo havuto notitia, che alcunc; per»ODe di quella si erano 
divftdati et che la citta stava in... (sic) andfi in persequtione di quelJi et ear- 
cerfi li eapi de le due partite die si erano diafidati nomine franceseo pesello 
et domitio barone, per la ijuale carcerationu se quieto il rumore. et furno ex- 
carcerati, dopoi li snpraditti francesco et domitio giontaniente con innocentio 
candeloro delta medesima citUt, per causa che U caporale di detta Corte li havea 
carcerati, in presentia di detto Oapitaneo assaltorno dctto caporale et con scop- 
pettfl ot spade rammaczorno, et fatle.si per etiao alcune diligentie tion ha pos- 
suto averli nelle mani slondo in pnlicici . . > (segue il fatto di un altro caporale 
amniozzato per la stessa ragione, avendo carcerato I'aolo Melissari « contumace 
et uno delli prcdi-tti che si diafidorno », e quindi I'ordine di catturare i delin- 
quenti). Ultimo di lObre 1599. — 2.<' Id. vol. 54, an. 1603, fol. 15. « A D. Garzia 
de Toledo (governatore di Calabria nitraV .. Per la Tostra delli 7 del presente 
havemo visto quel' che vi yeneva havisato da riggio , che Puulo et Gio, Do- 
menico barone fratelli haveano ammazzato Pielro Gueria per causa di una lite 
oivile che tenevano fra loro, quali ai sono andati li salvare dentro una Ecclesia 
di detta citia, et havendoli posto le guardie attorno, il Rev.'f" in ChriRto P.* Ar- 
. civescovo non li Iia voluto permettere se non per quaranta passi attorno detta 
Ecclesia dentro k quale si stnnno detti delinquenti senza nessuno timore, auppli- 
candoci ve si ordinasse quel' che doverete exequire. Al'che respondendo ve dicimo 
et ordinamo, che ai I'homtcidio predetto ^ stato coramesso appensatamente, poi che 
non deve godere deU'imniunilii dell'Ecclesia debbiati procurare d'haverli nolle 
mani in ogni moglior modo avisandoci di quel' che exequireti accio ne si possi 
ordinare quel' che convener^ per eastigo di detli delinquenti. Dat. neapoli die 
ultima mens, februar. 1603. • = Da ultimo relativamente a Carlo Bravo, costui 
scorrova la carapagna gia prima del 1599 con un 8uo fratello Fabrizio, e poi, 
rimaslo solo, fu preso nel IG03, ma per delitti comnni, aeeondochfi risulta dai 
seguenti documonti: 1.° Reg. Curiae vol. 45, an. 1596-1601, fol. 47 t." « Gom- 
tnissione in persona del magnif.^ u. j. d. Julio Cesare malatesta quale si con- 
ferisce nella terra di lilogasi il pigliare informatione . . . A noi 6 siato presen- 
tato memoriale del tenor sequento videlicet: lU."" et exce!l.°" Sig." la povera 
gratia teti d' anni undid della terra de filogasi della prov. di Calabria ultra 
fa intendero a V. E. come li mesi passali da fabritio et carlo hravi et ferrante 
pisano di monte aanio fu proditoriamente ammazzato Vincenzo teti patre d'essa 
supplicante ad instantia di Minico di tini della terra dJ filogasi per anLiquo odio 
ehe detto Minico portava ad es^o Vincenzo suo patre raediante una certa quan- 
tiift di denari data a'detti tre ass<assini, quali latto delto assassioio perch6 poco 
distante veddero una certa donna nominata antonin quale haveria possulo ve- 
dere commcttere detto assassinio rammazzorno, et dubtlando dctto minico di tini 
mandanto che tale sceleragine non si scopresse fd dare suhito tutore dal Capi- 
laneo d'ea^ tarra, come pot«nte in quella et essendo persona facultosa, ad essa 
Gupplicante Masiello di nofrio can il quale prpprio haveva trattato di farsi fare 
subito la rcmissione per potersi transigcre con la corte baronale ...» (segue 
la Commissione ad iaimza del R." flsco e oon la preemiaenza della Yioaria). 



pitano di Precacore, ed essendogli passato arrogantemente dinan^' 
Aquilio Marrapodi gid divenuto contumace per cause crimmaJi, died^ 
ordine che fosse preso , ma ne ebbe immediatamente minaccia di^ 
morte e dovfe lasciarlo andare ; nfe manca qualche docuraento chjBt> 
accenna alia violenze ed omicidii comraessi cosi da Aquilio coma^ 
dal raedesimo Gio. Angelo Marrapodi suo padre (a). Di Marcanio^' 
nio Contestabile, del Faraareda, dell' Joy etc. non c' 6 riuscito ti*, 



Ult.' di ottobre 1597. — S." Id. vol. 55. an. 1603-1604, fol. 80. « Al Mnrchoi^- 
de lajno . . . Per la vostra delli 15 del passato havemo inteso coma hai 
iDcominciato a procedere nella causa cootra Carlo bravo conforme Tordtne 
slro non jbataote la remessione cbe dimanclava 11 Prencipe de melito et DtK% 
di Nocera , et como che tal remcssione 1' ha dlmandata quessa cttta di 081111* 
zaro, et per nan farsene mentione nel predetto nostro ordine cj supplicate # 
posser procedervi non obstante delta remcssione si dimanda per questa clttA en 
lo de pta c:he in clo andate signiUcando. Alia quale respondondo ve dicimo obf ' 
coasl si intende lo predetto nostro precalendnto oiMline ancorche non ci sia p«p^ 
ticulare eipressione ...» (segue la raccomandazione cbe si spedisca con td- 
lecitudine, vedeodo che < in questo negotio ae ci precede con molta flemma >} 
19 decembr. 1603. — 3.° Id, ibid. fol. 175. « AirAudtentin di Calabria oltn... 
Havemo visto la relacione che di ordine nostro ci havcte fatta delli delittieh*, 
ai ritrova ioquisito Carlo bravo, per lo che coosiderato la gravity et moltiplk 
citA delli delitti cbe h& commessi ve rispondemo et ordinamo die ci debliUl|i 
procedere all' espedi clone della sua causa conlurme & giustitia seoza perdereoi't 
momento di tempo, el prima de publicare la aententia ci debbiate doDru*e par** 
ticolare aviso del voto che ssranno quessi magn." Auditori in tal causa et eotth 
I'essequirete che tale 6 nostra volunta. Dat. neap, die 28 mens, julii 1604 >.-« 
4.° Id. vol. 64, an. 1603-1608, fol. 21. «AU'Aud. di Calabria ultra... Per oat. 
nostra de H IS del passato havemo vista per che voto & quessa Reg.* Andieotib 
di condennare k Carlo bravo carcerato in quesse carceri per 1' inqnisitione ^| 
Buoi delitti, mfl non haveti voluto publicare la aententia per exeiiutioae del 
dine cbe da noi teneti, et ci supplicati siamo serviti darvi ordine di quel 
in cio haveti da exequire, alia quale rispondendo vi dicimo et ordinamo cbe 
causa di detio C.irlo bravo debbiate procedere aquantovi pari rA cbe conv4 
de justilia che tale 6 nostra volunU. Dat. neap, die ult.'' raonsis martii t606' 

(a) 1." Reg.' Curiae vol. 64, an. 1605-1608, fol. 138. « AirAod. di ~ " " 
ultra. . . Dal Capitanio della Baronia di precacore et S." Agata di quesm 
vintia di Calabria ultra ci 6 slato scritto come olli 1 4 de tuglio prossimo : 
sato ritrovandosi in compagnia dc Aiexandro tranfo Barone dl delta P 
venne pasaando per avante di esso Barone Aquilio marrapodi suo vassallo 
di scoppetta a focile delle lunghe , et essendo passato eon arroganza senia '. 
'varsi la barretta, et in oontento dela Corte raenlre era contumace per cat 
criminale, detto fiarone bavendoli detto per che causa passava cossi mal en 
taraente ordind fosse carcerato, et detto Aquilio con la delta scoppetta che p> 
tava cal6 il cane drizzd la bocca di essa verso detto Barone dicendo adi«1 
non passati avaati che vi ammazzo fando resistenza non lasciandosi pigliar c 
cerato, per lo che oi ha preso informatione et 1' ha ioviata a noi per cbe i 
proveda a lo che conviene . . > (segue I' ordine che procuri aver nelle maai I 
delto Aquilio e lo mandi In Vicaria) Dat, Neap. 27 septembr. 1606, — Inolin 
a fol. 178 t." trovasi pure una lettera sullo stesso tema al Cap. di Precacoi*.- 
2." Id. Ibid. fol. 142. * Al Gov." di Calabria ultra che faccia rolntione di qiu 

fer la vedova portia sotira della terra di precacore 6 slato scritto intomo 
eccessi et homicidii commessi per Oio. Angelo Marrapodi et AquQio suo fl^ 
in persona de molte persone di d." torra et precise del suo marito ft ' 
providendi >. Lett, dell'nlt." di ottobro 1606. 




vare altra traccia; non ci farebbe meraviglia che, dopo uti' ecclisse 
durante qualche tempo, abbia ognuno ripigliata la sua soUta maniera 
di vivere, rimanendo nella mala vita coloro i quali vi erano abi- 
tuati; senza dubbio questo s' iocontra per parecchi gJA imprigionati 
e tormentati per la congiura, con essersi io loro verificato un peg- 
gioraraento di vita dietro i travagli sofFerti (a). Ma in somma, per 
quanto finora sappiamo, col 1605 cessano le notizie intorno al processo 
della congiura pe' laici, e non abbiamo raotivo di ritenere che siasi 
ulteriormente proceduto per essa. Ci resta solo la notizia di una re- 
legazione del D' Alessandria all' isola di Capri nel 1615, senza alcun 
oenno della causa ; ma verosimilmente fu questa una mitigazione 
della pena negli ultinii anni che dovevano' ancora scontarsi, secondo 
il costume del tempo (i). 

Veniamo ora all' esito del processo della congiura per gli ec- 
clesiastici. Anche da questo lato dobbiamo dire innanzi tutto, cha 
il tribnnale Apostolico non solo rimase aperto, ma tenne pure altre 



(fl) i." Reg.' Curiae vol. 64, an. 1605-1608, fo!. 60. « A D. luiae de mon- 
cada gov.' di Calabria ultra ... A nostr.i notitia 6 pervenuto come franceaco 
strivieri, Gioseppe Serra, Gio. thoraase di franza, Gioseppe di Paula et aurelio 
biaao di quessa cittft di Catanzaro nnii lassaao ogni dl fare assassioii, robare 
chiese, svergognare monnaterii de doiiDe monache , staprare vergine , uccider 
hor questo et hor quel altro, tagliur faeci ad homiai et donne honorate, raan- 
tener latri et far altri delitli, et ohe nel raese di 8bre prox." pass." non con- 
teoti delle cose prodette habbiano svergognato a una casa nobilo di quessa cttUi 
in haver appostatamente struppiato ud povero homo delli piu honorati di quessa 
citta in havendoli tagliato il naso, cavato un occhio et laglialoli le labra et da- 
toli ana ferita in testa, delitti veracaonte molto imperiosi . . . » (segue I'ordlDe 
che coU'intervento deH'Aud." Barbuto s'informi) 18 9bre 1605, — ■2.' Ibid. fol. 71, 
« A D. luiae de nioncada . . . Dall'Auditor fabritio anietta, et Marc' Antonio ros- 
aino advocato fiacale di questa reg.* Audientia, et anco dal Capitaneo di quessa 
citia di Catanznro semo stati avisati como asaendono stati occiai Gio. francesco, 
et vitaliano bonelli patre et flglio da Geronimo et Gio. Paulo di Cordua di d." 
citUl di Catanzaro, che nel pigliare dett' in formation e sia Btato maltrattalo il 
detto Capitaneo dalli Comraisaionati et soldati di quessa Regia Audientia . . > 
( segue I'ordine elie prenda subito informazione ) 15 lObre 1605. — 3.* Ibid. 
fot. 81 t.° « RIsposta a don loise di moncada per conto delli forasciti di Catan- 
zaro... Havemo recevuta la vostra relatione de nostpo ordina fattaci Intorno 11 
delitti se pretendono ^.ssere stati commessi per franceaco strivieri, Gioseppe Ser- , 
ra, Gio. thomase di franza, gioseppe di pauta et aurelio biasi di quessa cittA 
di catanzaro, et come per voi aono stati inviati in carti lochi destinati, et de 
poi usate tutte le deligentie possibile per scoprir li detti delitti non haveti pos- 
suto in sin adesao havers tracza alciina de easi. solo havete inquisito & Oio. 
Lhomaso del stroppio fatto in facci de gio. domenico marcello per la causa COQ>| 
tentn in detia relatione, at come non 1' haveti possuto havere alle mam , nar-^ 
randoci come li predetti insieme a gio. paulo di cordova ammazzorno gio. fpan-^ 
cesco et vitaliano bonelli padre e Qglio et anco insultocno al dottor fabio Gon*fl 
te...» (lo loda e ordina ehe continui) 30 gen.° 1606, — Questo per la sola cittA dl I 
I^atauzaro, dove g manifesto che II Franza, il Cordova e lo Striveri con gli altrj^ J 
iveano intiroidato tutti; e .senza uacire dallo stesso and." vol. Curiae si puti ve- ■ 
dere cosa accadeva a Stilo. dove (fol. 59) trovandosi il Capitano in Guardavalle, J 
IE alia casa del giudice di Stilo absente fu fatta petriata due QOtte » etc. ' 

(6) Ved. Doc. 228, pag. ISO. 



. etc.,1 






,e, dopo che ebbe liberati i 12 iniiuisiti presj per sospetti sena 
fondamento, e trattate le cause di tutti gii altri eoclesiaslici incri* 
minati, riservando la spedizioiie di esse tino a che ciaseuno, o cotoo 
principale o coino testiraone, avesso esaurito it suo compito nel pro* 
cesso dell' eresia. Cosi per Giulio Contestabile , visto nel coi-so dk 
riuest' ultimo processo che egli risultava non piia innriiiiinabile com 
principale ed era state gia piii volte interrogato qual testimony/' 
dopo il suo ultimo esame del 15 uovembre IGOO il tribunals dov^ iito 
mediataraente riunirsi per spedirne la causa della congiura, e safK 
piamo che emano una sentenza di condanna a cinque anni di esiUi 
da Napoli e da entramhe le provincie di Calabria. Tale esito delift> 
sua causa trovasi notato in coda del Riassunto degl' indizii 
pilato contro di lui (a); e che la sentenza abbia dovuto essere prth 
nunziata appunto nel novembre 1600, si desume da'documenti rftr 
lativi all' espiazione della pena assegnatagli. lufatti una lettera dil 
Card.' S. Giorgio al Nunzio , in data del 15 novembre 1(}02, fii 
conoscere che il Contestabile avea supplicate S. S.'" di rimetter(^" 
per grazia tre anni di esilio che gli rimanevano da scontai'c, aveit; 
done giA scon/ali due, e S. S."" volea sapere qual fosse I' opimoBR 
del Nunzio intorno a cio (A). Fermandoci un momento a queslo paDM$> 
dobbiamo indispensabilmente notare che circa tale condanna il tri" 
bunale non chiese a Roma la risoluzione da doversi pi'endere, «4 
anzi non ne diede nemraeno partecijmzione alia Curia, come si put 
desumere dal non vederne fatto alcun cenno in questo senso asl 
Carteggio del Nunzio : eppure il Breve avea prescritto di prow* 
dere < usque ad senlenfiam exclusive »; sicchfe bisogna dire esserri 
state un tacito abuse da parte del tribunale e una tacita acqniw 
scenza da parte di Roma. Cio forse di6 poi motive o pretesto ti 
Carapanella di credere che il Breve avesse prescritto di procedei* 
« usque ad sententiam inclusive » , come egli scrisse in una Let-' 
tera del 1624 a Cassiano del Pozzo pubblicata dal Baldacchini ,*, 
dolendosi pereh6 nella persona sua non aveano neanche osservaio 4 
Breve che cosi prescriveva : ma invece fe certo che il Breve avefc 
la parola exclusive ( noi V abbiamo riscontrata tanto nella copi*. 
che se ne conserva in Firenze quanto nella copia che se ne coU'*: 
serva in Simancas), e bisogna pur dire che coll' abbandono di t^ 
riserva divenne tacitamente compiuto in fatto. mentre non stava ift 
dritto , 1' abbandono degli eeclesiastiei all' influenza del Goverat 
Vicereale , essendo questa predominante per l' apatia del NuniUt 
verso di lore. Tornando era alia grazia chiesta dal Coateslabilw 
a S. S.'\ dobbiamo dire che il Nunzio, in data del 22 novembre lfiO?ii 
rispondeva che non stimava conveniente alcuna grazia prima ch*> 
il negozio fosse finito, « percht?, direva, come viene rimproveral* 
« da questi Ministri Regii la tardanza in tale speditione, non a> 

[a) Ved. Doc. 203, pag. 175. 
{b) Ved. Doc. 132, pag. 75. 



« vetiisse rimproverato anche quosto » (a): e per veritA in Roma 
non si leneva abliastanza cotilo dtjU' irritazione non del tutto ingia- 
sta del Governo Vicereale, e deve anzi notarsi che nella stessa Let- 
tera suddeita del Card,' S. Giorgio il Contestabile era indicate al 
Nunzio quale « band i to da V. S. di Calabria et di Napoli », come 
SB D. Pietro De Vera non fusse esistito. N& 1' opinione del Nunzio 
valse a nulla. Non appena deliberata da Roma la sentenza da do- 
versi pronunziare neila causa dell' eresia, il Card.' S- Giorgio nella 
data meilesima scrisse al Nunzio essere cessato il rispetto che si 
opponeva alia grazia chiesta da! Contestabile, poichfe nella Congre- 
gazione del S.'" Officio era stata « spedita la causa del Campanel- 
la »; il Nunzio naturalmente rispose, che quando non si era mo- 
strato favorevole alia grazia perch^ il negozio non era (inito, aveva 
inteso dire che dovesse aspettarsi la fine del processo della con- 
giura, nel quale il Contestabile era stato condannato, ma che poi 
se ne rimetteva a quanto in Roma si stimasse meglio (6). E si pu6 
ritenere per fermo essersi in Roma stimalo meglio accordare la grazia, 
poichfe troppo vive furono le insistenze del Card.' S. Giorgio, troppo 
potenti le raccomandazioni delle quali godeva il Contestabile ; n6 
occorre dire come il Governo Vicereale dovesse rimanere disgu- 
stato ed anche sospettoso relativamente agli altri giudicabili, raas- 
sime relativamente al Campanella, vedendo che da un moinento al- 
r altro poteva esser concessa da Roma una grazia la quale rendeva 
fnistranea ogni condanna , mentre esso avea tanto penato perch6 
alia determinazione di questa condanna avesse preso parte un Giu- 
dice di sua fiducia, 

Bopo il Contestabile venne la volta di D. Marco Antonio Pit- 
tella , che scappato g\k in Calabria fu poi ripigliato e tradotto a 
Napoli verso il marzo del 1601; in tale data il tribunale dovfe riu- 
nirsi di nuovo e procedere alio svolgimento di questa nuova causa, 
la quale compi nell' aprile seguente, come rilevasi da una lettera del 
Nanzio che abbianio pure avuta altrove occasione di menzionare (c). 
Potremmo dire in breve che questa causa procedfe e fini come quella 
del Contestabile, ciofe con una tortura e con una condanna a 5 anni 
di esilio ; ma appunto perchfe si tratta di una causa finita con una 
condanna, gioverA sapere come e perchfe essa si ebbe. Oltre il Rias- 
sunto degl'indizii rontro il Pittella, ci 6 pervenata pure ta Difesa 
scritta per lui dallo stesso Regie Avvoeato de' poveri Gio. Batti- 
sta de Leonardis che difese il Campanella; questa Difesa del Pit- 
tella non solo ci fa intendere le accuse del fisco, ma anche rischiara 
tutto lo svolgimento della causa {d). Si ricorderA che il Pittella a 
Davoli accoglieva in casa sua Maurizio e poi il Campanella ed altri 



(a) Ved. Doc. 133, pag. 75. 

(6) Ved. Doc. 135 e 136, pag. 76 e 

(c) Let. del 6 aprile IGOl; ved. Do. 

(d) Ved. Doc. 266, pag. 183. 



incriminati di congmra. Esaminato aflermo che Maui'izio veniva 
una casa la quale egli avea rlata in litto ad ua Astolfo Vitale 
rente di lui , e quanto al Carapanella egli non lo conosceva : 'fti 
sottoposto ad oltre un'ora di corda e non confessfi nulla; infiae ebbs 
il decreto per le dif'ese. 11 fisco pretese che dovea dirsi colpevols 
di conversazione con Maurizio e col Campanella e di ricetto di Mu-' 
rizio, sciente la ribellione e preparato a prendervi parte dietro tg* 
testimonianza del Vitale, convinto sciente e non rivelante dielro te 
testimonialize del Vitale e di Maurizio; e questa volta il Leonardi^ 
avendo una buona causa per le mani, fu piuttosto audace nel faraft. 
la difesa. Dope di aver ricordato clie la conversazione e il ricatto< 
si effettuarono in agosto e che il Bando proibitivo fu emanato ft 
17 e 18 settembre, il Leonardis fece anche notare che que! Bandflj 
euianato da un Giudice laico, non poteva colpire il Pittella clerico; 
che la deposizione del Vitale, testimone unico e socio nel delitto, not 
provava nulla e non avrebbe dovuto neanche bastare a far dare Ii 
tortura, tanto pii"! che era stata fatta innanzi ad un Gi udice laicO) 
tanto piii che era controbilanciata da ua' altra testimonianza in coo- 
trario fatta da Maurizio capo di quella fazione ; che per altro il 
Pittella con la tortura sofferta si era scolpato di tutto; che il Vi- 
tale e Maurizio, socii nel delitto ed infami, non potevano convincere 
nemmeno nel delitto di lesa Maesta, tanto pii che erano stati esa- 
minati in un foro laico ed incorapetente, non ripetuti nel foi-o eccle- 
siastico, ne poi il Pittella, clerico, era obbligato a rivelare la rilid- 
Hone contvo il Principe di cui non era suddito. Malgrado tutte queste 
ragioni, il tribunale lo condanno a cinque anni di esilio da Napoli 
e da entrambe le provincie di Calabria, come avea fatto pel Con- 
testabile, verosimilmente ritenendolo del pari sospetto di complicity 
nella progettata ribellione. Ognuno trovera senza dubbio un po' grave 
questo giudizio e la relativa condanna, poichfc il Pittella avea per 
sfe la testimonianza decisiva di Maurizio in punto di morte, alte- 
stanle che egli non era nella congiura come gli altri, n^ mostrava 
di goderne come gli altri; si vede bene quindi che il tribunale Apo- 
stolico non avea punto smesso il suo rigore , comunque il tempo 
trascorso avesse dovuto calmare i furori primitivi, N6 oecorre dire 
che esso riteneva sempre la tentata ribellione qual fatto voro ed 
indiscutibile, mentre condannava il Contestabile e il Pittella a qwl 
modo, donde fe facile desumere abbaatanza cbiaramente conne avrebb* 
trattato il Carapanella e gli altri frati piu compromessi. E possiai*; 
oramai occuparci appunto di costoro. 

11 Carapanella e gli altri frati, avuta la condanna per I'eresii 
ed esauriti tutti gli Atti relativi a (|Uesta condanna, nel febbraic 
o tutt' al piu nel marzo 1603 avrebbero potuto vedere s[»ediu b 
loro causa della congiuta. Ma da una parte avvenne allora un mo 
tamento di Vicer6, succedendo il 3 aprile a D, Francesco de Ca- 
stro D. Alonso Pimeiitel d' Herrera Conte di Beiiavenle, e sempr^ 
fia dalle prime notizie di prossima mutazione, gli affari d'ogni g»- 



— 337 -^ 

nere solevano rimancre piil o meno incagliati ; d' altra parte so- 
praggiiinse direttamente , nello stesso tribunale per la congiura, 
una difHcolt^ inaspettata. D. Pietro de Vera, gik divenuto sin dal- 
Taprile 1601 pro-Presidente del Sacro Regie Consiglio per morte 
di Vincenzo de Franchis, poi dal 16 lObre 1602 passato a Presi- 
dente per la promozione di Fulvio Costanzo a Reggente di Cancel- 
ler ia (a), comunque in etk piu che matura, era preoccupato del non 
aver discendenza e trattava un matrimonio. Non era qnesta vera- 
mente la prima volta che a D. Pietro fosse venuto tale pensiero; 
11 Residente Veneto, che non si lasciava sfuggir nulla ed anche di 
siffatte cose teneva infer mate il sue Governo, nel 1598 (25 7bre) 
scriveva che D. Pietro era sul punto di sposare la figlia di D. 
Hernando Majorca gik Segretario di piu Vicerfe, il quale, egli di- 
ceva, € prima non avea che la penna » ed allora, morendo, lasciava 
alia figlia 50 mila due." di dote , ad un figlio 15 mila due." di 
entrata. Ma poi non se ne fece nulla, ed al tempo al quale siamo 
pervenuti, come accade col progresso dell' eta, D. Pietro non an- 
dava pill in cerca di ricca dote ma di bellezza e gioventu, ed aveva 
intavolate trattative con la figliastra appunto del Reggente Fulvio 
Costanzo, D.* Livia Sanseverino , sorella di D. Scipione che ab- 
biamo visto Marchese e poco dope Duca di S. Donate (confr, pag. 
115): era questa , come dice un manoscritto di Ferrante Bucca 
che Taveva probabilmente conosciuta, « la piu bella e bizzarra dama 
dell'eta sua », e quasi non occorre dirlo, D. Pietro fu tutto occu- 
pato a vagheggiare la sua Diva andando allegramente incontro alle 
solite conseguenze {b). Un altro motive tenne pure distratto D. Pie- 
tro in questo tempo, la morte di sue zio Francesco de Vera, Amba- 
sciatore di Spagna a Venezia, end' egli dove partire per quella cittd: 
tin documento rinvenuto nel Grande Archivio ci fa conoscere che 
D. Pietro sottoscrisse il contratto di nozze il 29 aprile, ed una let- 
tera rinvenuta nel Carteggio del Residente Veneto ci fa conoscere 
che parti per Venezia il 30 aprile (c). Con queste circostanze e que- 



(a) Ved. Registri Privilegionim vol. 124, an. 1602, foL 114. II Privilegio 
per D. Pietro in data « Vallis OJeti 16 xbris 1602 > ebbe Tesecutoria in Is'a- 
poli il 18 marzo 1603. 

(b) Ved. il ms. della Bibliotcca Nazionalo di Napoli (X, c. 20), intitolato 
< Desgratiato fine di alcune case napolitiine » , fol. 62. Pur troppo si rinven- 
gono in questo codice registrato niolte nostre conoscenze, il Principe di Conca, 
1). Ottavio Orsini Conte di Pacentro, Fabrizio di San^ro Duca di Vietri, Mar- 
c' Antonio d'Aponte, Gio. Battista De Leouardis. Non la finiremmo piii a voler 
dare anche un piccolo cenno delle miserie patite da tutti costoro. 

(c) Ved. Registri Privilegiorum vol. 137, an. 1607-1608, fol. 80, ove tro- 
Tasi il Regie assenso alia convenziorie tra D.* Livia o D. Scipione Sanseverino 
Duca di S. Donate, pel pagamento di D.** 15mila assegnati in dote con molti 
patti e clausule dalla madre e balia D.* Lucrezia Carafa Marchesa di Corleto 
giii moglie di D. Ippolito Sanseverino , ed 6 citato < Y albarano » tra la Mar- 
chesa e D. Pietro nella data suddetta. — Ved. inoltre il Carteggio del Residente 
Veneto anno 1603, Dispaccio del 29 aprile. 

AmabiU'^T. Campanklla, Vol. II. 43 



— 338 — 

ste date si pud intendere una lettera del Nunzio, nientemeno del 
18 luglio 1603, nella quale faceva sapere a Roma (dove non ap- 
parisce punto che si pensasse tuttora al Campanella) che subito dopo 
la spedizione della causa di SJ° Officio egli non aveva mancato 
di soUecitare il suo coUcga D. Pietro per la spedizione della causa 
della congiura, ma senza riuscirvi mai; che avendo avuta notizia 
della partenza di lui per Venezia, 1' aveva sollecitato di nuovo ed 
aveva pure sollecitato il Vicer^, tanto pin die i frati no facevano 
istanze continue , ma gli si era risposto non essere possibile far 
nulla prima deU'andata, bensi tutto si sarebbe fatto al ritorno; che 
infine essendo J). Pietro tornato, e trovandosi prossimo a sposare, 
fra 10 12 giorni, la figliastra del Reggente Costauzo, egli non 
avea mancato di muovergli il dubbio che sifFatta mutazioae di stato 
poteva recare impedimento alia funzione di Giudice deYrati, e gli 
si era risposto che non dicondo il Breve dover essere clerico noa 
coniugato, non appariva impedimento alcuno. Ora su tale quistione 
il Nunzio chiedeva gli ordini di S. S.''' (a). 

Gli ordini, al solito, tardavano a venire da Roma, e per sol- 
lecitarli il Nunzio scrisse ancora il 1", il 15, il 29 agosto, inoltre 
il 12 settembre, e a quesf ultima data aggiunse esser venuta nuova 
che fra Dionisio trovavasi coll' armata turca ; ma poi ebbe a sa- 
pere che in Roma gia aveano avuta da altro fonte una tale nuova, 
ed anzi I'avevano partecipata al Duca di Sessa Ambasciatore di Spa- 
gna ed Agente di Napoli (b). 11 fatto merita bene di essere consi- 
derate, ed importa fermarci alquanto sopra di esse: uu dispaccio 
del Bailo Contarini , da noi trovato nelFArchivio di Venezia, ci 
mostra che n' era rimasto anch' egli colpito , e torna impossibile 
immaginare che non ne dovesse rimanere colpito il Governo Vi- 
cereale. 11 Contarini scriveva, che col Cicala si erano imbarcati due 
uomini del Regno, concertatisi con lui per guidarlo a « svaligiare » 
un posto di quel paese; inoltre era venuto un frate gi^ carcerato 
col Campanella per complicita nella congiura e poi fuggito di pri- 
gione. Cestui, trattenutosi segretamente suUe galere di Malta, nella 
fazione di Lepanto avea trovato mode di venirsene a Costantino- 
poli, avea preso I'abito di turco « come haveva anco il cuore », avea 
« havuto ricapito in casa del Cicala », diceva di conoscere in Ca- 
labria oltre 300 affiliati alia setta maomottana e tra essi alcuni 
di conto, predicava in italiano a' giovani rinnegati « facondo assai 
danno con la sua lingua », affermava <c che presto uscira anco di 
< prigione il predelto Frate Campanella et ch' ancor lui venira qui; 
« il che se riuscirA, per esser anch' esse molto litterato, risultera 
« k grandissimo prejudicio della religione Christiana »; aggiungeva 
poi il Contarini, che « oltre di questi » si erano imbarcati pure dur' 
soldati di Malta fuggiti in Lepanto, i quali fattisi turclii olferivano 



(a) Ved. Doc. 138, pag. 177. 

(b) Ved. Doc. 139 a 142, pag. 77 e 78; inoltre Doc. 144, pag. 79. 



— 339 — 

al Cicala V isola di Gozo etc. (a). E agevole comprendere quanto 
siflFatte notizie dovessero aumentare nel Governo Vicereale il so- 
spetto e r avversione pel povero Campanella. Possiamo affermare 
con sicurezza, che il Governo Veneto trasmise a Napoli, come era 
soli to, le notizie della prossima venuta deH'arraata turca con due 
uomini del Regno accordatisi col Cicala, e noh disse una sola pa- 
rola del frate gia carcerato col Campanella, del quale d' altronde 
il Bailo non avea distintamente detto che si era imbarcato del pari : 
questo abbiamo rilevato dagli ordini de' Savii del Consiglio, regi- 
strati ne' cosi detti Codici-Brera che si conservano nell'Archivio Ve- 
neto (b). Ma il Governo Vicereale avea pure informazioni p^oprie 
direttamente da Costantinopoli e in brevissimo tempo, onde non si 
puo affatto dubitare che gli fossero egualmente pervenute le noti- 
zie relative a fra Dionisio, tanto piu che era gia preoccupato del- 
r amicizia intiraa di lui col Cicala, siccome ci mostra una Lettera 
Regia da noi rinvenuta nel Grande Archivio di Napoli (c); nfe oc- 
corre dire come per siffatte cose dovesse sentirsi rimescolato. Esso 
era stato sempre persuaso che questi frati aveano gia iniziati i loro 
disegni di ribellione e di eresia col mettersi d' accordo co' turchi, 
segnatamente col Cicala , ed ^ facilissimo intendere 1' impressione 
che dovea fargli il contegn'o di fra Dionisio dopo la fuga, la sua 
andata tra' turchi, 1' apostasia, I' intimita col Cicala, la venuta con 
Tarmata nell' ordinaria escursione di essa verso il Regno, T an- 
nunzio misterioso della prossima liberta del Campanella che sarebbe 
andato del pari a Costantinopoli. Come fin da principio , cosi an- 
che adesso il Campanella era danneggiato dall' imprudenza , dalla 
loquacity, dalle vanterie di fra Dionisio, il quale non si smenti mai 
in tutta la sua vita; e bisogna sommare anche queste circostanze 
con tutte le altre, per intendere il contegno del Governo Vicereale 
verso il povero frate , ritenuto sempre pericoloso per la sicurezza^ 
e la fede del Regno. Vedremo piu in \k che tin dal memento in 
cui giunse la notizia dell' imbarco di fra Dionisio suU' armata turca, 
il Campanella fu rinchiuso in un carcere molto piu dure. — Po- 
niamo intanto qui che il Cicala in quest' anno , come ne' tre pre- 
cedenti, non potfe compiere alcuna impresa contro la Calabria, ed 
anzi fu notevolmenle disgraziato : giovera conoscere quanto avvenne 
tra napoletani e turchi in detto periodo di tempo. Dopo 1' inutile 
venuta in Calabria nel 1599, egli usci di nuovo da Costantinopoli 
in luglio 1600 con 30 galere, portando scale, zappe e badili, con 
r intenzione, per quanto fu riferito, di scendere a Cotrone, sicchfe 
venne spedito a quella volta il Priore di Capua D. Vincenzo Ca- 



(a) Ved. Doc. 200, pag. 99. 

(6) Ved. Doc. 201, pag. 100. 

(c) Ved. Doc. 237, pag. 124. Si noti che il 12 di luglio avvenne la par- 
tenza deirarmata: il 27 gi^ poteva il Governo Vicereale averlo conosciuto, poi- 
ch6 soleva contemporaneamente partire un legno sottile con una spia, che in 
quindici giomi toccava le coste del Regno e trasmetteva le notizie a Napoli. 



— 340 — 

rafa : e il Cicala mando, come allora si diceva, « due lingue » cioft 
due galere a prender lingua, a ricevere e dare notizie in Puglia 
e in Calabria, e scrisse anche al Vicerfe, il 14 settembre, che pas- 
serebbe nella fossa di S. Giovanni , € quando non per altro , per 
€ sbarcare il Sig.^ Carlo suo fratello escluso dal possesso del Ducato 
€ di Nixia »; ma up grosso temporale lo colse alia Vallona, e lo co- 
strinse a ritirarsi in Costantinopoli, dove rientrd a' primi di dicem- 
bre. Anche Arnaut Memi, in settembre, apparve con tre galere in 
vista di Brindisi, ma forse per la ragione medesima non si mosiro 
pill : invece Amurat Rais, uscito da Biserta piii presto, ebbe a sof- 
frire la perdita di una galcra presagli da D. Garzia di Toledo, e torno 
per vendicarsene e ze ne vendic6 pur troppo in Calabria. D. Gar- 
zia, a* primi di agosto, scorrendo con sei galere le coste del capo 
Bianco vi aveva incontrate tre galere di Biserta, ne aveva presa 
una facendo 110 schiavi e liberandone altrettanti , e secondo lui 
avrebbe preso anche la capitana se i suoi artiglieri avessero fatto 
fuoco a tempo: Amurat, tomato con sei galere e con una scorta 
di rinnegati calabresi, a' 23 settembre shared a Cetraro presso Sca- 
Ifea, vi uccise il Principe di Scalfea nostra vecchia conoscenza con 
altre 27 persone, e rimbarco a suo comodo portando con s6 30 pri- 
gioni e il corpo del Principe (a). Nel 1601 poi, al P di luglio, il 
Cicala usci da Costantinopoli con 35 galere che giunsero per via 
fine a 60, e con queste potfe prendere qualche nave; ma avendo, 
11 22 ottobre , spedito da Navarino verso la Calabria tre galere 
per lingua, ed essendo state informato che la costa era molto ben 
munita, alia fine di dicembre rientro in Costantinopoli senza aver 
nulla tentato. Xel 1602, parimente in luglio, usci con 37 galere 
che sempre si ^ccrescevano per via, col proponimento di danneir- 
giare la Calabria o la Puglia, e pero senza ritardo, fin da' primi 
di luglio fu mandate per Governatoro di Calabria ultra D. Garzia 
di Toledo : alia fine di agosto apparve al capo di Otranto Y armaia 
divisa in due squadre e diretta verso la Calabria , ed a' primi A\ 
settembre, giunta nella fossa di S. Giovanni, ne sbarcarono circa 
ti'e mila uomini, ma furono respinti con la perdita di 5 de' lore: 
poi r armata si diresse a Reggio e vi perd^ circa 100 uomini, si 
rivolse indietro e tentd di sbarcare al Bianco, luogo del Principe 



(n) Tutti qnosti fatti, e cosl pure i secruenti, sono stati raccolti nell'Ar- 
ohivio Vonoto o nel Tosoano, ilaTarteggi d^ R:\ili da Costantinopoli. del Ro-i- 
dente di Venezia e dolKAgonto di To^Ciiiia da Napoli. I Baili al ritomi^ del Ci- 
cala, sempre che potevano, facovano procodore all'int rrocratorio con gritiraiU'-nto 
di qnalche schiavo o di qualche altro individuo loro contidente che uvea pros'* 

Farte alia sj>edizione , e mandavano il proces>:o verbale a Venezia : tania crx 
importanza che Venezia annetteva airavere notizie precipe di ciC) che avveniv.i 
8ul mare. II Parrino fa snccedere la spedizione ben riuscita di D. Oarzia ;\i> 
sbarco di Amnra', ma «> attestato inveoe il contnrio tanto dal ResiJente di V.^- 
nezia qaanto daH'Aj^ente di To^cana. Vedi pe' Dispacci Veneii i vol'inii d^ .: ■ 
anni suddetti, e per quelli di Toscana le tilze Medicee 4U87 e 4088, di^rticoi 
del 22 e del :ei) agosto l-oOO. 



• — 341 — 

della Roccella, e vi soffri la perdita di circa 100 morti e 30 pri- 
gioni, infine spicco 10 galere da quest' altra parte della Calabria 
e vi furono incontrate dalle galere di Geneva, sicch^ doverono an- 
ch' esse desistere da ogni impresa. Se ne tornd quiudi il Cicala an- 
che prima del solito a Costantinopoli , in novembre , e vi fu uni- 
versalmente biasimato, tanto piu die al tempo stesso giunse la nuova 
che i napoletani aveano fatta una diversione in Algieri e presa 
Bugia neir ottobre. Da ultimo nell' anno presente 1603 egli usci 
di nuovo in luglio con 37 galere che poi si accrebbero sino a 60, 
ma dov6 in agosto liberarsi di parecchie di esse andate a male per 
vetustA, ed impazientito le fece vendere in Negroponte, rinunziando 
a tutti i suoi progetti e contentandosi di rimanere neirArcipelago a 
dar la caccia alle navi che andavano in cerca di grani : cosi fra Dio- 
nisio non giunse nemmeno a vedere le coste della Calabria , e il 
Cicala, compiuti i servizii annuali in Salonicco, in Scio, in Alessan- 
dria, rientro a' primi giorni dell' anno seguente in Costantinopoli. 
Aggiungiamo che quivi era pur allora morto il Gran Signore € senza 
precedente male », come scrisse il Bailo Contarini, e succeduto Ach- 
met giovanetto a 13 anni ; e con suo dispiacere il Cicala dov6 ab- 
bandonare il capitanato marittimo, inviare la moglie e la suocera 
al Serraglio e recarsi come generalissimo in Persia. 

Giungeva frattanto, il 19 settembre, la risoluzione di S. S/'' 
circa il dubbio sorto pel matrimonio di D. Pietro de Vera (a). S. S.*^ 
non credeva conveniente che un coniugato giudicasse cause di per- 
sone ecclesiastiche; ordinava quindi al Nunzio che « per s6 solo » 
conoscesse, spedisse e terminasse per giustizia le dette cause, ma 
contentavasi che D. Pietro lo assistesse nel conoscerle e spedirle, 
rimanendo € la totale giuridittione » presso il Nunzio. Pur troppo 
Roma mostrava di non avere il sentimonto esatto della situazione, 
o piuttosto ciava un' altra fra le tante prove di veler mantenere 
senz'altro riguardo « la suporiorita ecclesiastica », con quella in- 
sistenza che sovente b stata detta fermezza, ma che evidentemente 
si sarebbe dovuta dire incorreggibilita. Vi era prima di tutto una 
notevole contradizione con la teorica ogni giorno professata dai Ve- 
scovi e sostenuta sempre da Roma, che i clerici coniugati dovessero 
ritenersi quali veri e pretti clerici, con tutte le immunity e prero- 
gative ecclesiastiche; il Governo non aveva mai volute riconoscerlo, 
ed avrebbe avuto torto a pretcnderlo in tale circostanza; ma poteva 
Roma sconoscerlo? In fin de' conti poi, dope sforzi non liovi, bene 
o male, da Roma si era ottenuto che una persona di fiducia del 
Governo sedesse e giudicasse ncl tribunale Apostolico per la con- 
giura; ed era, nel memento decisive, profittando di una circostanza 
che non poteva punto menare a tale conseguenza, si ordinava che 
quella persona sedesse ma non giudicasse, mentre uno de' princi- 
pali imputati, fuggito dalle carceri senza sapnrsi come, si era unite 



(a) Ved. Doc. 143, pajr. 78. 



- 342 - • 

a'turchi e veniva con essi ad offesa del Regno, strombazzando che 
Taltro imputato sarebbe uscito dalle carceri egualmente e presto! 
Ma qualora al Nunzio fosse parso bene assegnare al Campanella una 
pena relativamente mite, si dovea perfino sottostare al ludibrio che 
Tuomo di liducia del Governo si trovasse presente a tale decisioneJ 
Ci afFrettiamo a dirlo : se il Governo si fosse seriamente preoc<5upato 
di questa ipotesi, avrebbe avuto torto. 11 Nunzio, come si rileva 
da tutto il suo Carteggio, era pronto a dare mille volte il Cam- 
panella al braccio secolare. Egli era convinto che il Campanella 
fosse colpevole e non aveva per costui, al pari di Roma, il me- 
nomo sentimento di pieta: gli fosse pure apparso innocente, per un 
Nunzio il bisogno supremo era quello di mantenere le buone rela- 
zioni tra i due Stati , attenderc al ricupero delle grosse entrate 
della Camera Apostolica e al riconoscimento della « superiorita ec- 
clesiastica » senza guardare troppo pel sot tile in tutto il resto. Ma 
gli uomini di State professavano allora strettamente la massiina 
che abbiamo vista enunciare dal Conte di Lemos, « per non erra- 
re, fa mestieri ritener sempre il peggio ». II Campanella era pure 
una forza potente, come avea ben dimostrato col riuscire ad ecci- 
tare in tanto poco tempo gli animi di molta gente in Calabria; a 
Roma poteva essersi formate il pensiero di tencre viva ed in mano 
sua questa forza per ogni evenienza futura, e poteva esser questo 
il significato del volere che la pena inflitta al. Campanella per To- 
resia fosse da lui scontata neiralma citta. Varie altre ipotesi avreb- 
bero potuto ancora affacciarsi alia mente del Governo Vicereale, 
ammesso che faceva mestieri ritener sempre il peggio. Ma poi, 
in ultima analisi, perchfe doveva esse rinunziare alia sua influenza 
con tanti sforzi conquistata in tale causa? Come potea riconoscere 
in modo assoluto la superiorita ecclesiastica anche pe'delitti di lesa 
Maesta, cio- che si era sempre negate a riconoscere? Senza alcun 
dubbio, agr incessanti motivi di sospetto e di diffidenza venivano 
ad aggiungersi il risentimento e il puntiglio giurisdizionale, e bi- 
sognerebbe dimenticare tutta la storia napoletana per credere che 
questo risentimento e puntiglio avrebbero potuto rimanere senza 
conseguenze; evidentemente c' era piii che non bisognasse per far 
ricorrere il Governo a'propositi piu atroci, a fine di non lasciarsi 
sfuggire di mano il Campanella. 

11 Nunzio non tardo a coniunicare al Vicerfe la risoluzione di 
S. S/^, ed il 20 settombre poto ragguagliare il Card.* Borghese su 
quanto avea fatto (a). Egli avea niostrato a S. E., che la risolu- 
zione presa « non alterava quello che era state fermato co' suui 
antecessori in tal negotio »; D. Pietro de Vera « doveva interve- 
« nire a tutto quello che si trattava in detta causa; solo si voleva 
<c che non apparisse piu come giudice ». Arreslandoci un moment'' 
su queste parole del Nunzio, osserviamo che egli non interpetrava 

(a) Ved. Doc. 145, pag. 79. 



— 343 — 

fedelmente la risoluzione Papale, e la rendova nel fatto assai meno 
amara; poichfe ammetteva die D. Pietro sarebbe intervenulo a luUo 
e bastava che non apparisse giudiccy mentre S. S/' avea ritenuto 
non conrentente che gixuHcasse , ed ordinato al Nunzio che coyio- 
scesse spedisse e terminasse la causa pey* s^ solo. 11 Vicero, clie si- 
curamente avea avuto notizia della risoluzione originale di S. wS/", 
modiante gli uflScii non mai interrotti della fazione Cardinalizia 
attaccata a Spagna, pot6 mostrarsi sereno, ma nel tempo medesi- 
mo dove sentirsi preso sempre piii da diffidenza; d' altronde era per 
lui molto facile vedere che a nulla avrebbe giovato il rinfocolare 
una quistione gia pregiudicata da un solenne pronunciato del Papa, 
e conveniva meglio farlo cadere senza strepito, opponendovi la forza 
d'inerzia: cio spiega il suo contegno nel momento, quale lo espresse 
il Nunzio nello scrivere a Roma , ed anche il suo contegno ulte- 
riore, quale lo vedremo nello svolgimento successivo della faccen- 
da. Secondochfe scrisse il Nunzio, egli « mostro di restare in pa- 
ce >, ma per non essere informato del fatto richiese che glie ne 
fosse lasciata memoria; rappresentava dunque la parte dell' inge- 
nuo, e voleva intanto poste in iscritto le parole del Nunzio che gia 
costituivano un guadagno. Da parte sua il Nunzio pote ancora scri- 
vere a Roma, « non vedendo in qucsto quelle che si possa opporre, 
€ spero che il negotio andra per i suoi piedi » : con cio egli mo- 
stravasi ingenue davvero, mentre pure ricordava quale fiera lotta 
giurisdizionale vi era stata per costituire il tribunale, e sapeva che 
ii Governo Vicereale non era punto avvezzo a cedere facilmente in 
queste lotte: ma forse rappresentava egualmente la parte delT in- 
genuo con Roma , dando larghe speranze per non avere richiaKii 
sul modo in cui aveva interpetrata la risoluzione di S. S.'*. E quasi 
sentisse il bisogno di far bene iritendere la sua interpetrazione, 
conchiudeva, che con D. Pietro aveva fin allora traftato luiilamenle 
e cosi procurerebbe di trattare per Tav venire, accio il negozio si 
tirasse avanti. Dalle quali parole puo rilevarsi che egli intendeva 
un po' meglio le circostanze, e puo rilevarsi ancora che avrebbe fatto 
terniinare la causa condannando senz' altro il Campanella, giacchfe 
D. Pietro non si sarebbe certamente pronunziato per un'assoluzione. 
L'indomani, 27 settemln'e, il Nunzio scrisse la memoria chie- 
stagli dal Vicer^: nel suo ('arLeggio n'c rimasta la minuta che noi 
pubblichiamo (a). Dopo di aver fatta la storia particolareggiata di 
tutti i precedent!, egli terminava con lo specificare sempre meglio 
che S. S/"^ si contentava che D. Pietro intervenisse ad ogni cosa 
« eccetto che al sententiare » a<:::}z:iuni2:endo, « il che alia sustanza 
« del negotio non vuol dir nulla, perche saremo d' accordo come 
4c siemo stati sin' adesso , et quelle che concordemente si fermara 
4c si esseguira, si che V effetto sara il medesimo come le diss! a 
4c bocca; desidero dunque che ella commetta al medesimo che in- 



(a) Ved. Doc. 147, pag. 79. 



— 344 — 

« tervenf^a quanto prima*. Da tutto ciA il Vicerft potea desnmerc 
anch' egli ben chiarainente, che per parte del Nunzio il Campanella 
sarebbe state senza alcun dubbio condannato; ma o si serb6 dilfi- 
dente o nen voile passar sopra alia quistione giurisdizionale, e ve- 
ramente si ha motive di ritenere Tuno e I'altro concetto, per in- 
tendere T ultimo periodo del processo. Cosi tanto nel Vicerfe quanto 
in D. Pietro de Vera si vide una moUezza, una flaccona, da do- 
versi dire che gik si era deciso di opporsi a Roma col non far 
nulla: e non 6 dubbio che D. Pietro trovavasi nello stadio piu acuto 
deir € attender solo a star allegramente innamorato della propria 
moglie » come ci lascio scritto il Bucca ; ma se il Vicerfe avesse 
volute, D. Pietro avrebbe adempito all'ufficio sue. 

II 3 ottobre, e poi il 9, e poi ancora il 17, il Nunzio faceva 
sapere a Roma, che il Vicerfe avea commesso a D. Pietro di an- 
dare a vederlo, che D. Pietro non era venuto ed il Vicerfe avea 
detto che vi sarebbe andato ad ogni mode, che poi D. Pietro avea 
mandate a fare le sue scuse con Tassicurazione che sarebbe venuto 
nella prossima settimana (a). — Ma in che mode fu appresa in Roma 
I'interpetrazione data dal Nunzio alia risoluzione di S. S.**? II 2i 
ottobre il Card.^ Borghese, partecipando al Nunzio che la lettera 
del 26 settembre era stata letta in Congregazione innanzi a S. S/', 
diceva laconicamente , € in risposta non mi occorre altro , se non 
« ch'ella si regoli conforme a quel che sopra di cio per ordine 
€ della S.^ sua le fu scritto »• Riesce impossibile vedere in queste 
parole un consentimento; tutt'al piu vi si potrebbe vedere un'acquie- 
scenza, ma vi si trova ad ogni mode ripetuto T ordine di adempiere 
alia risoluzione quale era stata trasmessa (6). 

Finalmente in data del 7 novembre il Nunzio fece sapere a 
Roma essersi date ordine che i frati, i quali avevano avuto il t*^r- 
minc alle difese avessero I'Avvocato e il Procuratore, per poter poi 
finire il negozio colF intervento del Sig/ D. Pietro de Vera (c). 
Non apparisce qui chiaramente che D. Pietro abbia preso part^ 
nella decisione di dare quell' ordine, ma parrebbe piuttosto di no. 
E superlluo intanto ripetere che TAvvocato e il Procuratore occor- 
revano solamente per intimar loro la citazione ad dieetidumy ne- 
cessaria nel memento in cui il tribunale dovea riunirsi per senton- 
ziare ; ma le difese erano state giA fatto pel Campanella, rinunziat*^ 
dagli altri rimanenti frati. Si potrebbe credere che allora veraraente 
I'Avvocato avesse dovuto cominciare 1' adempimento delF ufficiosuo. 
e perfino cho la Difesa scritta d(3l De Leonardis abbia a riten»^i*<; 
composta nel periodo al quale siamo pervenuti : ma oltrecli** \\ 
procedura del tempo non giastificli<n'ebbe tale crcdonza, il titolo <li 
advocahis pauperum aggiunto al nome del De Leonardis basiaa! 



(a) Vod. Doc. i48 a 152, pag. 80 o 81. 
(h) Ved. Doc. 153, pag. 81. 
(c) Ved. Doc. 154, pag. 81. 



I 



— 345 ^ 

eliminarla ; poichfe abbiamo giA. visto I'Avvocato De Leonardia pro- 
mosso a Fiscale , e successivainente anche a Consigliere il 3 a- 
prile 1602, siccho egli era gia Consigliere in tal tempo, e qui 
possiarao aggiungere cho V ufficio di Avvocato de' poveri si teneva 
da Gio. Geronimo di Natalc , con esecutoria di Privilegio notata 
il 21 giugno 1002 (a). Adunque, come 6 stato detto altl'ove, le di- 
fese doveano dirsi compiute, e V intervento dell' Avvocato rappre- 
sentava una quistione di forma piu che di sostanza (b). 

Dopo il 7 novembro 1603 si verified una lunga interruzione per- 
fino nelle notizie riguardanti la causa: e questo non puo spiegarsi 
in altro modo, che ammettendo un' assoluta noncui'anza di D. Pie- 
tro do Vera neiradenipimento del suo ufRcio, naturalraente col con- 
senso segreto del Vicere. Le lettere del Nunzio non offrono piu alcun 
cenno del Campanella fine al 23 luglio 1604 ; manca veramente 
un registro ossia un fascicolo di questc lettere, ma la mancanza si 
estende appena dal 4 maggio al 5 luglio 1604, e la lettera del 
23 luglio , nella quale si ricomincia a parlare del Campanella , 6 
concei)ita in modo da fare intendere che non so n' era mai piu 
parlato da lungo tempo. Anclie le lettere di Roma non offrono nulla 
per tutto il suddetto periodo ; nh puo supporsi che nella raccolta 
di esse vi sia qualche lacuna concernente il Campanella, poichfe se 
da Roma fosse venuta la menoma richiesta di notizie intorno a lui 
ocl intorno alia causa de' frati in generale, il Nunzio non avrebbe 
potuto mancare di rispondere , e nel modo in cui sono registrate 
le lettere o meglio le minute dcUo lettere del Nunzio, la risposta 
si sarebbe dovuta trovare. Cio mostra bene quanto pensiero si da- 
vano del Campanella in Roma, e quanto siano andati lungi dal vero i 
biografi, i quali hanno ritenuto che in Roma volevano assolutamente 
trarrc il Campanella da Napoli, e clie il S.^*^ Officio con la sua con- 
danna, concepita nel sense che conosciamo, aveva avuto principal- 
mente quelle scope. Frattanto e certo che un nuovo aggravamento 
si era verificato nelle condizioni del Campanella. II silenzio serbato 
per tanto tempo dal Nunzio, e poi la solita necessita d' ingarbugliare 
laluni latti da parte del tih)S()ro, hanno contribuito del pari a ren- 
dero oscuro (juesto periodo della sua prigionia: ma le deposizioni 
(li Felice Gagliardo in punto di iiiorte , e un altro documento da 
noi trovato. in altro scritture d' Imjuisiziono, ci mostrano indubita- 
tamente cho il (ilosofo venne separate da' frati suoi compagni e rin- 
chiuso con maggiore durezza nel torrione del Castel nuovo ; altri 
(locumenti poi, allogati al procosso di eresia, ed ancho alcuno no- 
tizie date in s(>guito dal filosolb medesimo , ci fanno argomentare 

(a) VcdI. Ke^istri S'u/illnriim vol. 39, data siuldetta. 

(/>) II Cnmpanella medesimo dift modo di farlo rilevare, quando piii tardi, 
in agosto I60r>, vistosi abbandonato con la causa indecisn, scrisse a Papa Paolo V: 
« hora informano monsignor Nuntio come essi vogliono . . . e diran ch' 6 Mnita 
la causa, cho mi condauni senza ascoltarmi ». Ved. Centofanti, Arch, storico ita- 
liaoo 1866, pag. 24. 

AmabiU^ T. Campanella, Vol. II. 44 



— 348 ^ 

stra narrazione. Una lunga lettera posteriore del Campanella di- 
retta alio Pflugh e da noi pubblicata, riferibile all' anno 1607, ci 
fa conoscero che tanto lo Pflugh quanto il Conte Giovanni s^ inte- 
ressarono molto della sua sorte , e promisero di aiutarlo presso i 
Principi di Germania, che lo Pflugh spccialmente si afFeziono a lui, 
ascolto le sue meditazioni filosofiche e religiose chiamandolo Mastro, 
gli giuro che avreblje avuto pensiero della sua liberta , ne ebbe 
r opera della filosofia (senza dubbio VEpilogo^ e probabilmente anche 
altre opere tra la quali la Monarchia di Spagna) ; mostro poi una 
volta al Campanella un libro di spiriti clie il Campanella derise, 
e videro anche insieme certe donzelle, che dalle finestre invitavano 
il Campanella a scherzi piii che egli non avrebbe voluto (certaniente 
le donzelle abitanti no' piani superiori del Castello, a taluna dellf* 
quali il (yampanella avea diretlo c forse dirigeva ancora poosie piii 
o mono vivaci) ; infino liberato dalla carcere ed andato a Roma si 
convert! al Cattolicisnio , onde al Campanella baleno la speraiiza 
che glie ne sarebbo derivato un gran bene presso la Curia, avendo 
lui influito su tale conversione, e poi, col procurargli V aiuto di 
altri suoi potenti amici e piii tardi anche quelle dello Scioppio, die 
motive di fargli concepire speranze sempre maggiori (a). Le dep> 
sizioni di Felice Gagliardo, fatto al SJ" Officio in punto di mono, 
compiono la conoscenza di questo incidento. Lo Pflugh ed il TucIut 
andarono a stare nella camerata del Gagliardo , il quale insogno 
lore le orazioni cattoliche poiche dubitavano di essero stati presi 
come eretici ; ma fecero anche, tutti insieme, certe pratiche di ne- 
gromanzia per rendersi invisibili ed uscire cosi dal Castello, s«?- 
condo i precetti di Gio. Wierio, avcndone procurato il libro Ue Mr^- 
nomachia daemonum (sic) e trattane anche una copia {b). Fu (luesto 
certaniente il <c libro di spiriti )>, che lo Pflugh mostro al Campanella, 
e, come si vede, il Gagliardo trovavasi gia molto avanii negli sp.»- 
rimenti di negromanzia e nella evocazione de' demonii. 

Ma dope circa sei mesi il Campanella dov5 essere separate 
dagli altri frati e posto nel torrione del Castello, come risulta da 
pin documenti. In prime luogo le mcdesime deposizioni anzidett^' 
del Gagliardo ce ne danno notizia precisa, rivelandoci in pari Unn\K^ 
fatti della maggiore importanza, capaci d' illustrare non solo tal»^ 
periodo della prigionia ma anche il toma difficilissimo delle cr«^ 
denzc riposte del Campanella con qualche tratto della sua vita in- 
tima: e sebbeno al Gagliardo non si possa menomamcnte accordarc 

(a) Ved. II Codico dcllo Lettero etc. pag. 63. 

(b) Ved. Doc. 518, pag. 585. II Rierio citato dal (lagliardo <n senza diibh-o 
Gio. Wierio, dotto e benemerito medico Belga, cho tratt6 aiiipiamente dcllo cox 
demoniache. Nella ristampa delle sue « Opera omnia Amstcl. 1 000 t, "2 > si lii 
il trattato intitolnto verarnente « Pseudo monarchia Daemonum » con gli nltr; 
« Do origino et lapsii Daemonum, Do Pracstigiis daemonum ot. Do Laiiiii< *: 
il traUato « De Monomachia (o meglio Monomacliia, duello ) daemonum » ci .ip* 
parisce ima svista del Gagliardo. 



— 349 — 

una cieca fede, massime poi nelle condizioni in cui si trovava al 
momento di depoire questi fatti, vedri ognuno se essi non concor- 
dino con le notizie che abbiamo da altri fonti indubitabili (a). II 
Gagliardo disse, che essendosi gik dato alia negromanzia, eserci- 
tata pure con taluni de' frati prigioni ed egualmente con altri, avea 
conosciuto il Campanella nel Castello, e nella carcere dove il Cam- 
panella stava, « al torrione )>, aveva appresa da lui segretamente 
r astrologia, studiandola nelle Efferneridi del Magino, neU'Alma- 
nach, nel Cardano, libri che con altri ancora, e con gli scritti, un*a- 
mica a nome Oriana, dimorante sotto le career! , con la quale il 
iilosofo « faceva all' amore », conservava e poi porgeva mediante 
una cordicina dietro segnali convenuti, allorchfe il filosofo li vole- 
va: aggiunse, riportandosi evidentemente ad un periodo anteriore, 
che il Campanella non era affatto pazzo, ma tale si era finto per 
salvare la vita, che quando veniva gente estranea egli faceva paz- 
zie, e poi con lui e con fra Pietro di Stilo, il quale gli era com- 
pagno, ridevano che avesse fatto credere di esser pazzo. Riferi inol- 
tre che avendo piii volte discorso da solo a solo col Campanella 
del testamento vecchio e del miracolo di Mos6 al mare rosso, egli 
avea detto « che ne credesse solo quello che havea potuto essere 
€ naturalmente, et che Taltre cose che non potevano essere natu- 
€ ralmente non bisognava crederle , ancor che fussero scritte alia 
« biblia » etc.; che poi gli aveva pure insegnato in Castello come 
dovesse adorare Dio, facendoglielo scrivero ed anche scrivendoglielo 
di sua mano, cioc"^, a dire in piedi, col capo scoperto o coporto a 
volonta , guardando al cielo e recitando alcuni detcrminati salmi 
(ved. nel d.^** Doc.) ma senza termiuare col Gloria Patri etc., non 
credendo alia 2^ e 3* persona doUa Trinity , ed invece dicendo: 

< Deo Optimo maximo, potentlssimo ot sapientissimo, io te prego 

< k supplico per lo fato armonia et necessity, per la potentia sa- 

< pientia et amore et per te medemo, et per il cielo 6 per la terra 
« et per le stelle erranti 6 fisse. . . ». E gli aveva insegnato egual- 
mente come dovesse adorare il sole e la Tuna, guardando in piedi, 
coperto scoperto, fissamente il sole al nascere o al tramontare, 
6 dicendo, « sacro santo sole, lampa del cielo , patre doUa na- 
€ tura, portatore delle cose k noi mortali, conduttieri dela nostra 
« Simblea > etc. per poi diinandare cio che desiderava ; ed alia 
luna, « Matre di tenebre » etc. etc. facendo lo stesso anche verso 
ciascun pianeta , le quattro parti del mondo e gli angeli che ad 
esse presedevano. Conchiuse poi il Gagliardo afTermando, che con 
tali preghiere non aveva mai ottonuto nulla, che le eresie apprese 
dal Pisano e dal Campanella erano « capricci di huomini bestiali, 
dissoluti, senza foutlamento di ragione alcuna », che il Campanella 
talora gli diceva certe coso e talora il contrario, e quando egli di- 
mandava il motive di questo coatradizioni, gli rispondeva non cs- 



(a) Ved. Doc. cit. pag. 589. 



— 350 - 

sere state inteso bene la prima volta. Naturalmente il Campanella, 
con la solita astuzia, faceva la parte del distratto: ci toccheri poi di 
vedere che alcuni cenni, datici da lui in qualche lettera ed anche 
in qualche opera, confermano sufficientemente le notizie deposte dal 
Gagliardo; ma gik fin d' ora ognuno avrA senza dubbio ravvisato 
il riscontro che esse offrono con la legge naturale lodata dal Cam- 
panella, co'suoi principii metafisici, con le cose esposte nella Citid 
del Sole ed anche cantate nelle Poesie (a). Si ha quindi un gra- 
vissimo argomento per non dubitare del racconto del Gagliardo, 
della relazione del filosofo con D.* Oriana, la quale evidentemente 
sarebbe la Dianora che abbiamo visto celebrata da lui con un So- 



(a) Sar& bene ad ogni modo rammentare le parole testuali chew si le^oDo 
nella Citid del Sole, riferibili alle deposizioni fatte dal Gagliardo. « Studiarono 
(i solari) aver propizie le quattro costellazioni di ciascuno de* quattro angoli del 
mondo (ediz. d' Ancona pag. 267). Al mattino... rivolgendosi verso oriente reci- 
tano breve orazione (ibid.). Ogni volta che fanno orazione si rivolgono a* quat- 
tro angoli del mondo; al mattino guardano prima air oriente, poi all' occidente, 
indi al mezzodl (274). Onorano, non adorano il sole, le stelle, siccome cose vi- 
venti, statue e tempii di Dio ed altari animati del cielo... Nel sole contemplano 
r immagine di Dio e lo nominano eccelso volto deH'Onnipotente, statua viva, fonte 
d* ogni luce e calore, vita e felicity d* ogni cosa . . .; in lui i sacerdoti adorano 
Dio, e rafl&gurano nel cielo un torapio, nolle stelle altari, ed anche case viventi 
di angeli buoni nostri intercessori appresso Dio (275). Adorano Dio nella trioiU 
e ci6 fa meraviglia, ma dicono che Dio 6 somma Potenza dalla quale procede 
la somma Sapienza che 6 pure Dio, e da ambedue poi V Amore, che e Potenza 
e Sapienza...; non hanno pevb distinte nozioni delle tre nominate persona come 
i Cristiani, non avendo essi avuto rivelaziono » (277). — Rammenteremo inoltre 
ci6 che si legge nelle Poesie, a proposito deir orazione a Dio nella « Canzone 
3* in Salmodia metafisicale » : 

« Poi ti prego, ti supplico e scongiuro 
per r influenze raagne 
necessity, fato, armonia, che '1 regno 
deir universe mantengon sicuro 



pe '1 tempo, e per le statue tuc viventi 
stelle, uomini ed armenti >; etc.; 

e a proposito deir orazione al Sole neir « Elegia al Sole » 

« Tempio vivo sei, statua, e venerabile volto 
del verace Dio, pompa e suprema face. 

Padre di Natura, o de gli astri rege beato 
vita, anima e sense d' ogni seconda cosa » etc. etc., 

aggiuntovi in nota che « il Sole 6 insegna della sembloa d' esso autore >. Circa 
la preghiera alle stsllo o agli angelici spiriti in esse abitanti , se ne trova un 
saggio perfino nella « Canzone di pentimento » : 

<K Arin, tu vivo ciel, voi sac re stelle, 
voi spirti vajj:anti dentro a lore 
ch' hor m' ascoltate cd io non veggio voi, 
miratc al raio martoro, 
di voi sicnri pregate per noi ». 



netto, non clie deU'essere stali insieme contemporaneamente il Cam- 
panclla e il Gagtiardo « al lorrione>; giovera tU altroade ricor- 
darsi che il Gaf^^Hardo dovfe passare nel torrione appunto nel se- 
condo semesti-e del 1603 e rimanervi fino al 2 marzo 1604, es- 
sendo stato quello il tempo delle sue strette col S.'" Officio, sicch& 
non ci uianca nemmeno I'indizio della data. 

Abbiamo pol anrhe un documento notevole raccolto in altre 
scriiture d'lnquisizione, che attesta del pari essersi il filosofo, nel 
periodo anzidetto , trovato nel torrione del Castel nuovo separate 
dagli altri frati: 6 la deposizione di un carcerato della Vicai'Ja In 
una Informazione presa contro fra Pietro di Stilo quando era giA 
uscito dal carcere. Un Cioinmo ossia Girolamo dell' Erario, diraan- 
dato se fosse raai stato in altre carceri oltre quelle della Vicaria, 
rispose di essere stato, precisamente verso il marzo 1604, nel Ca- 
stel nuovo; e « prima (egli disse) fui posto in una fossa dove stetti 
< per otto giorni , dopoi fui levato da la fossa , et fui messo alo 
« torrione dove stava uno che si diceva fusse Carapanella, et por- 
« tava la chierica come portano li frati, non intesi di che ordine 
« fusse, et il Carceriero, et Campanella dicevano che era Calabre- 
« se, et per un mese in circa dimorai k quello torrione con lo Cam- 
« panella, fe ci venevano altri carcerati, ft poi ne erano levati. Et 
« essendo stato con lo Campanella da un mese , fui messo dopoi 
« ad un altra carcere di castello, dove trovai uno monaco che an- 
« dava vestito da monaco con le veste bianche, che si chiamava 
« fra Pietro, uno mastro Marco scarpellino . . . etc., et alia carcere 
« di fra Pietro dimorai da un mese in circa, dopoi fui tormentato 
« in castello per la causa mia, k fui messo al civile del castello, 
« dove stavano diversi carcerati, tra li quali ci erano tre frati ve- 
« stiti di bianco, che uno havea nome frA Paolo, deli altri non mi 
« ricordo lo nome » etc. (a). Ouesta separazione anche di fra Pietro 
di Stiio, questa differenza di trattamento, piu duro per fra Pietro 
e meno duro per gli altri frati, meritano del pari di essere awer- 
tite. Sorge naturalmente il pensiero che fra Pietro, I'amico intimo 
del Campanella, avesse date motive di rJchiamare sopra di sft I'at- 
tenzione del Governo; rimanga intantu assodato che nel marzo IGOl 
il Campanella trovavasi nel torrione, e non sembri puerile so fac- 
ciamo avvertire che egli vi si trovava tuUora in abito laicale, ri- 
conoscibile solo pel suo capo raso e per la sua « corona *; qua- 
lunque fatto anche niinimo della persona sua ci apparisce sempre 
momorabile. 

No questo 6 tutto. Rammentino i lettori que' due." 300 in- 
viati da' convent! di Calabria in sussidio de' frati , e la stenlata 
distribuzione che ne faceva il Prezioso dietro ordini successivi 



(a) Ved. Informazione eontro fra Pietro di Calubm Domenicano carcerato 
in Cuiitel nuovo, depos. sudiiotta, nolla nostra Copia ma. de' procea. ecclea. torn. 

2." fol. 273 '/,■ 



-. 352 — 

del Vescovo di Caserta : un ordine del 2 settembre 1603 assegna 
duc.*^ due a ciascuno de' quattro frati carcerati, non piii 5, man- 
candovi il Campanella : questo stesso si verifica in due altri ordini 
posteriori (27 febbraio e 9 giugno 1604). Non sarebbe impossibile 
che specialmente nel P ordine del 2 settembre 1603 fosse corsa una 
pura e semplice dimenticanza del Campanella da parte di quel Ve- 
scovo, che se ne curava cosi poco e cosi male : egli vi dimentico 
certamente fra Paolo della Grotteria , ma ve T aggiunse subito 
come il documento mostra, e cosi avrebbe potuto aggiungervi nel 
tempo stesso il Campanella; laonde bisogna dire che il 2 settembre 
era gia accaduto qualche cosa di nuovo per il povero iilosofo, e 
non abbiamo bisogno di far notare come questa data coUimi \m 
che sufficientemente con quella del luglio o agosto che vedremo or 
ora da lui accennata. L' ultimo ordine di pagamento poi, T ordine 
del 9 giugno 1004, fu provocato da due memoriali de' frati, e se- 
gnatamente uno di essi reca che « li poveri quattro frati di S.** 
Domenico carcerati nel Regie Castello novo » si trovano ignudi ed 
affamati, senza il denaro della Corte da piu mesi e senza alcuno 
indizio di prossiraa spedizione, onde supplicano che si dia loro quel 
poco danaro rimasto e si parli a S. E. per la spedizione della loro 
causa (a); adunque nemmeno da questo lato figura piii il Campa- 
nella , e parrebbe veramento che soli quattro frati fossero rimasti 
in Castel nuovo e che il Campanella non vi si trovasse piu. Ma 
non 6 possibile passar oltre alia deposizione di Ciommo deU'Erario 
sopra riportata; e quindi persistiamo nel ritenere che il Campanella 
alle date suddette trovavasi anch'egli nel Castel nuovo, bensi ri- 
stretto nel torrione, toltagli qualunque comunicazione con gli esterni 
ed anche co' frati suoi compagni; questi non ne parlarono ne' me- 
moriali presentati , essendo loro vietato di comunicare con lui , c 
forse pure avendo dovuto persuadersi, che a voler fare causa co- 
mune con lui non sarebbero mai piu venuti a capo di nulla. 

Vi sono infine i cenni datine dal Campanella medesimo in piii 
letterc ed anche nell' opera AaW Atheismus triumphattiSy che scriss»* 
dopo questo periodo , sobbene, come abbiamo giA detto, egli siasi 
ingegnato di fondere insicrae il passaggio al torrione o quelle alia 
fossa di Castel S. Elmo. In una sua Icttcra al Papa, in data M 
13 agosto 1006, egli scrisse cosi : <c Hor sono tre anni ( e quinili 
€ verso il luglio o T agosto 1(503) havondo interrogate) il <loiii'> 
« nio che si faceva angelo, e compariva ad una [x^rsona da in»' 
« instrutla a pigliar V iullusso divino, al qual mi [»areva dis{H»st«' 
€ per la sua nativita cho niirai , rispose di tutti i r«^gni che <li- 
€ mandai . . . {sajuono mollc ynvelazioni sinijolari specialmente in- 
€ torno a Venczia e a Roma), lo accorto che era diavolo in mf»lti 
« scgni, ct avvisando ((uolla porsona dicendoli chr^ dimandasse Sl^ 
« gnali come (ledeone et allre Industrie, promesse il diavulo darli 

{a) Ved. la nostra Cop. ms. torn. 2% fol. 125 */,. 



— 353 - 

€ poi ; ma comparse ad un signore in uno specchio, che trattava 
€ farmi fuggire , e lo f^ che mi traclisse e rivelasse ; e fui posto 
€ in questa fossa pur dal diavolo predettami >. Ecco qui un disegno 
di evasione trattato e scoporto , che vedremo affermato anche dal 
Nunzio e che, naturalmente, ci occuper^ di proposito; ma per ora 
lo mettiamo da parte. AI Card J Farnese, pochi giorni dopo, il 
Campanella scrisse pure : « M' occorse ver la nativita d' una per- 
4c sona, li dissi ch' era inclinata alia profezia, li donai il modo di 
« disponersi all' intiusso divino , e perchfe egli era scelerato , li 
4c comparse il diavolo e dicea esser angelo, e ci dond avviso di 
« molte cose future in molti regni del mondo e del Papato e di 
« Venetia ch' ha a rovinare. lo poi dimandai segni come Gedeone; 
« s' era Dio o angelo , ci li promesse, e perchfe non insegnassi a 
« colui a scoprir il diavolo, esse diavolo mi fece ponere in questa 
« fossa con stratagemma stupenda che non posso scrivere ». Egual- 
mente al Card.^ S. Giorgio riferi la cosa medesima, con poca diflFe- 
renza di parole e con questa circostanza di piu, che il diavolo « ffe 
capitar male quel pover' huomo )>, senza dime altro (a). Non oc- 
corre poi riportare testualmente i brani delV Atheismus triumphalus 
allusivi alio stesso fatto, avendo avuta girl da un pezzo occasione 
di riportarli (ved. vol. 1.*^ pag. 21 in nota). 11 Campanella in essi 
parla di « un astrologo moderate » spinto dalla superstizione di Aly 
Aben ragel, avido di sperimentare la dottrina de' Santi, che istrui 
un giovane incolto nel modo di pregare gli Angeli de' pianeti, lo 
dispose con le orazioni e le cerimonie, e il giovane comincio a ve- 
dere cose mirabili, apparendogli uno spirito che si fingeva Angelo 
o luna , o sole , o Dio : V astrologo per mezzo di cestui ebbe ri- 
sposte su cose gravissime, ma essendosi accorto che si trattava del 
demonio, si vide il falso angelo con inganni incredibili separare il 
giovane dall' astrologo e condurlo a morte violenta, oltrech6 si vide 
un altr' uomo , che aspettava certe promesse fatte prima del case 
del giovane , condotto a malanni atrocissimi etc. etc. Avremo in 
s^guito a commentare tutto questo garbuglio, ma gia si vede ma- 
nifestamcnte clie si tratta qui delle relazioni passate tra il filosofo 
e il Gagliardo, con le preghiere al sole, alia luna, alle stelle, e 
con tutte le altre cose insegnategli mentre componeva appunto la 



(a) Aggiungiamo che la data del luglio o agosto 1G03, como quella dell'en- 
trata in una fossa venne sempre mantenuta dal Campanella anche in altre let- 
tere, come p. es. in quella opuscolare suUa peste di Colonia e quella a Mons/ 
Querengo, da noi pubblicate, dove in data 24 giugno e 8 luglio 1607, afferma 
trovarsi nella fossa giii da 4 anni (ved. II Codico delle lettere etc. pag. 54 
e 60). Ma in altre lettere e p. es. in quella al Papa da noi pubblicata, neiraltra 
latina al Papa ed a' Cardinali , e nolle altre al Re di Spagna, air Imperatore, 
agli Arciduchi di Austria pubblicate dal Centofanti, tutte sicuramente del 1607, 
egli dicesi da 8 anni nella fossa, vale a dire fin dal memento in cui venne tra- 
dotto a Napoli , cib che riesce assolutamente inesatto : laonde bisogna ammet- 
tere che egli abbia parlato di fossa, ogni qual volta intese dire di essere stato 
posto in carceri dure. 

AmahiU-^T. Campanblla, Vol. II 45 



sua opera di Aslronomia, essendo rastrologo o 1* altro uomo, pO" 
8ti in iscena neW Atheismus, una persona sola, ii Campanella. L« 
lettere chiariscono i racconti deW Aiheismus, ed esse, come abbiama 
veduto , ci menano al luglio o agostn lfi03 (^uanto alle pralicbe 
astrologiche fatte dal Gagliardo con 1" assistenza del Campanella; 
d' altro lato il processo del Gagliardo ci mena ai 2 marzo 1604 
quanto alia separazione di lui dal Campanella, giacch6 appunto is 
tale data egli fu liberato dal carcere, per poi tornarvi di nuorft 
ed essere condannato all' ultimo supplizio due anni dopo. Manifo- 
stamentc quindi la data del luglio e agosto 1603 fc quella del pas- 
saggio « nel tornone del Castello » dove il Campanella di certo fl 
trovava tuttora il 2 marzo 1604, giacchfe il Gagliardo dilficilmentt 
avrebbe mancato di dime qualche cosa laddove ne fosse stato toltl 
prima; risulta perci6 ben giustilicata anche I'affermazione di CiomtM 
dell'Erario, d'averlo visto nel torrione in marzo 1604 separate da^. 
altri frati, e come il non trovare il Campanella contemplato negK 
ordini di pagamento della sovvenzione ai frati in data del 2 set* 
tembre 1603, e 21 febbraio 1604, non implica che egli fosse state 
gih ti'adotto a S. Elmo, cosi non I'implica nemmeno il non trovarrf 
contemplato in quello del 9 giugno 1604. Vedremo poi che non mwf 
cano aitri argomenii per farci dire clie il Campanella dov6 emen 
tradotto dal torrione nella fossa di S. Elmo appunto verso il In- 
glio 1604. E se vogliamo indagare pei-ch(> sia stato posto nel toe- 
rione in luglio o agosto 1603, ne troviamo facilmente il motivoj 
ricordando che appunto in tal tempo giunse la notizia dell' imbarco 
di fra Dionisio suU' armata turca, con ie sue ciarle gitl narrate dell* 
prossima liberazione del Campanella. 11 fatto della conversione & 
fra Dionisio alia fede maomettana, die recava un aggravio manifis^ 
sto a' giudizii giS. gravi intorno alle impress disegnate in Calabria,' 
fu sentito dal Campanella al punto , da vederlo scherrairsene coi 
tutti gli argomenti, possibili ed irapossibili, in ciascuna delle I<fr 
tere che scrisse nel 1606-1607, non appena vide la necessity di ht 
udire la sua voce direttamonte ai porsonaggi altolocati. 11 fatto pof 
egualmente grave dell' imbarco sull'armata turca, veleggiando vers* 
il Regno, fu dissimulato dal Campanella costanteraente, e col pro* 
posito suo di volerlo dissitnulare si spiega benissimo I'aver confosJ 
il passaggio al torrione del Castel nuovo, il disegno di evasione sco* 
perto, il trasporto a Castel S. Elmo, tre avvenimenti adatto distinll 
e verificatisi in tre tempi diversi. 

Veniarao appunto alia faccenda del disegno di evasione t 
perto e del passaggio a S. Elmo. Come dicevamo , 11 Nunzio Uf^ 
fece menzione egli pure nelle sue lettere a Roma. Dopo circa otVt 
mesi di silenzio, ripigliando la sua corrispondenza , nella letter! 
del 23 luglio 1604 egli ritesseva la storia delle peripezie awenntJ. 
per la spedizione della causa; riproduceva il fatto del matrimotti# 
di D. Pietro de Vera, ricordava la risoluzione presa da S, S." Mf 
tale circostanza, esponeva le sue sollecitazioni continue por venin 



« a qualche conclusione. >. E so^giungeva : « Ma I'essersi scoperto 
« qua uii corto Oreco die pralicava di fare scappare di Castello 
« Fra Toimnaso Campanella, come scappo Fra DJonisio Ponlio et 
« un' allro suo conipagno, hA tenuto il negotio sospeso in modo, 
« che non si 6 potuto trattar della sua speditione. Finalmente sa- 
« bato passato fummo inBieme, et quanto al detto Campanella S. E. 
« r ha fatto condurre nel Castello di S. Elmo, et non vuole che 
« per ancora si tratti della sua speditione, credero io, per quanto 
« scuopi'o, per non haver interamente chiarito questa pratica che 
« si teneva \Kr la sua liberatione, Trattammo degli altri quattro 
« che restavano » etc. (a). Se non c' inganniamo, dal contesto della 
lettera del Nunzio appariscono due fatti non contemporanei, la sco- 
perta di certe pratiche per far fuggire il Campanella, la quale avea 
per qualche tempo tenuto sospesa la spedizione della causa , e il 
trasporto del Campanella a S. Elmo del tutto prossimo alia data 
della lettera, per un motive che il Nunzio mostra di supporre e 
che difEcilmente persuaderil alcuno, giacch^ per continuare a chia- 
rire le pratiche dell' evasione non occorreva tradurrc il Campanella 
a S. Elmo; dovfe quindi esservi un altro motive che il Nunzio voile 
diasimulare , e la cosa riusciri confermata da quanto saremo per 
dire. Innanzi tutto cercliiamo d'indagare chi mai abbia potuto avere 
tanta pietA pel povero prigioniero da intavolare trattative di eva- 
sione, chi mai abbia potuto essere quel Greco che praticava di farlo 
fuggire, come pure in che data pot^ questo accadere. 

Sappiamo dalle notizie sparse nel processo di eresia che molti 
venivano nel Castel nuovo, ed entravano col carceriere nella stanza 
del Campanella per vederlo quando era pazzo ; ma evidentemente 
biaogna guardare un po' in alto per la faccenda in quistione. Senza 
dubbio ebfae a visitarlo piii o meno spesso il Marchese di Lavello 
Gio. Geronimo del Tufo, ed abbiamo visto che « nel 1603 » ci fu 
una sua visita ricordaia nel Synlagma. Pertanto il Residente Ve- 
neto, in data del 3 febbraio 16(J4, riferiva al suo Governo, che pa- 
reva si andassero « risvegliando novi pensieri del Campanella che 
« si trova in Castello per li trattati da lui maneggiati in Cala- 
« bria », che era state ultimamente di ordine del S.^ Vicerd « car- 
« cerato il Marchese di Laviello, di casa del Tuffo, sospetto alia 
« Ecc.'" sua che tenesse le mani in simili negotii », e che ad essi 
si attendeva con molta diligenza etc. (i). Ecco un nome ed una 
data che fanno volgere a buon dritto la mente sul progetto di eva- 
sione state scoperto: il Residente pot^ non essere inforraato della 
co.sa a fondo, e tutto il suo Carteggio mostra che davvero non lo 
fu mai; ma non gli manco la notizia di diligenze che si facevano, 
e di una carcerazione, che riesce del tutto naturale credere moti- 
vata da qualche indizio o sospetto di maneggio in tale faccenda. 

<fl) Ved Doc. 155, pag. 81. 
(A) Vod. Doc 194, pag. 98. 



— 356 — 

Anche il Gagliardo nelle sue ultime deposizioni ricordo V aweni- 
mento senza accennare a' motivi , cio che raostra essei-e stato da 
lui. pure ignorato il progetto di evasione e la scoperta fattane: ma 
riescono sempre notevoli i termini ne' quali si espresso, avendo ri- 
cordato che il Marchese « per un tempo stette carcerato in detto 
Castello» (a). Considerando che il Gagliardo ne usci nel marzo 1604, 
bisogna conchiudere che il Marchese ne fosse gik uscito a questa 
data , e perd vi fosse rimasto un mese o poco piu : natiiralmente 
tale circostanza raena a ritenere essersi avuto per lui un sempUce 
sospetto ben presto chiarito senza solida base, oppure aver lui avuta 
una parte del tutto secondaria ed anche inconsapevole ne'manepgi 
per Tevasione. Chi dunque potfe provvedervi? La mente ricorre su- 
bito a Cristoforo Pflugh, ed a'Fuggers de' quali abbiamo gia dato 
notizia a proposito dello Pflugh; le promesse di Cristoforo, ed an- 
che una parola del Naudeo, il quale nel Panegirico ad Urbano VIII, 
enumerando i tentativi fatti per la liberazione del Campanella, ciio 
i « tot evanidos Fuggerorum ausus », ci aveano indotto a ritenere 
che con ogni probability i potenti mezzi di questa famiglia aves- 
sero potuto preparare 1' evasione; le notizie poi deU'Epistolario dpi 
Fabre ora pervenuteci col nuovo libro del Berti, mostrando chain 
particolare Giorgio Fugger, dopo questo tempo, fisso perfino una 
somma di 10 mila ducati per aiutare la liberazione del Campanella, 
convalidano sempre piu tale opinione (b). Aggiungiamo inollre che 
non deve recar meraviglia 1' intervento pure di quel certo Greco 
che praticava di farlo scappare, secondo la notizia datane a Roma 
dal Nunzio. II Carteggio Veneto ci mostra che da un pezzo tro- 
vavasi nel Castel nuovo un Pietro Lanza, bandito di Corfu, al quale 
facevano capo i parecchi Greci che venivano in Napoli con pro- 
getti di imprese da corsari contro i turchi. 11 Lanza, gi^ capo delle 
spie del Levante per conto del Governo Vicereale, si era dilettato 
di simili imprese perfino nelFAdriatico, che la Serenissima oonsi- 
derava come suo Golfo : dietro richiami del Residente il Viceri 
Conte di Lemos lo rinchiuse nel Castel nuovo (6 novembre 15i>9), 
ma dandogli tutto il Castello per carcere e speranza di prossims 
liberty. Egli propose allora alia Viceregina , e costei accetto , di 
mandare due feluche in corso alia Vallona « nelle viscere de i stati 
da mare di quella Serenissima repubblica )>, come diceva lamen- 
tandosi il Residente, e nel marzo 1600 fu liberate per tentare Tira- 
presa, essendo stato il suo ufficio gia dato a un Jeronimo Combi: 
fatti i preparativi, il Lanza si uni con un Michele Protetri, egual- 
mente bandito di Corfu e corsaro, venuto in Napoli a rilevarlo, e 
con lui si parti di notte segretamento (7 maggio 1602). Cercarono 
insieme d' impadronirsi diuna nave Buduana nelle marine di Otran- 



(a) Ved. Doc. 518, pag. 583. 

(b) Ved. Borti, Nuovi docuiucnti su Tommaso Campanella, Roma l>bre 1S8I. 
pag. 22. 



i 



to, ma non riuscirono: il Lanza torno a Napoli e dovfe rientrare 
nel Castel nuovo (7 agosto 1602). Quivi egli non cessd mai di far 
progetti contro i turchi, lasingando le cupidigie spagnuole, e giunse 
a prevalere su Jeronimo Combi e ad avere diversi incarichi di 
spedizioni segrete : nh gli raancarono mai collaboratori levantini , 
specialmente Greci , che venivano in Napoli e si dirigevano ap- 
punto a lui nel Castel nuovo, con disegni di sorprendere senza pe- 
rieolo, sicurameote, il tale o tal altro Castello turco e farvi ottiraa 
preda (a). Riesce quindi del tiitto verosimile che qualcuno di co- 
storo siasi preso rincarico di procurare la fuga del Campanella, e 
che iaoltre rappresenti quel Signore il quale poi fini per tradii-lo 
e rivelarne i disegni, secondo ci6 che ne lascid scritto il Campanella 
medesimo. 

Volendo dunque detei-minare la data della scoperta delle pra- 
tiche di evasione, non ne avremrao altra piii verosimile che quella 
della carcerazione del Marchese di Lavello, ciofe il gennaio 1604; 
e sarebtie pure, natural niente, di poco anteriore la data della com- 
parsa del diavolo con le sue rivelazioni, e dello spavento incusso 
a quel Signore che rivelo il disegno della fuga. Potrebbe sembrare 
una grossa obiezione la difficolta di una riunione di piii individui, 
perflno con qualcuno estraneo, in una carcere dura ; ma bisogne- 
rebbe non aver mai conosciuto la curiosita de'carcerieri, prigioni 
e visitatori di ogm genere, in fatto di cose soprannaturali, sempre 
supposte feconde di grandi guadagni, in grazia de' quali non c' 6 
ofe compromissione nb rischio che valga a trattenere. E se fe certo 
che nel raarzo 1604 il Campanella trovavasi tuttora nel torrione 
del Castel nuovo , bisogna dire che la scoperta delle pratiche di 
evasione non abbia avuta inflaeniia sul mutamento di Castello, e 
bisogna trovare un altro motivo per ispiegare il passaggio a Castel 
S. Elmo. Ritenendo che questo passaggio sia avvenuto nel lu- 
glio 1604, in un tempo del tutto prossimo alia data della leltera 
con la quale il Nunzio faceva conoscere la avvenuta riunione del 
tribimale Apostolico, troviamo facilmente il motive del trasporto a 
S. Elmo nell'essersi voluto dal Governo che il tribunale si riunisse 
per la spedizione della causa degli altri frati senza potersi occu- 
pare del Campanella, tanto piii dopoch^ il Xuiizio aveva insistito 



(fl) II Cartoggio de' Residenti Pietro Bartoli ed Agostino Dolce , non solo 
col Serenia."" Principe ma anche con gl' 111.°" et Ecc.°" Sig.'' Capi del Cooai- 
glio de' Dieci, oiTre spesso notizie di questo genero e talvolta aasai curiose; no- 
tiamo tra le altre quelle di certe palle di foco per ineendiarG I'arsonale di Co- 
atantinopoli, ed anche di certe maccbiao per dnr morte al Oran Signore, costi- 
tuite da scatolo derate con sapone muschiato , che naacondovano archibngettj 
forniti di micce la cui preparazione veniva accuratamente descritta. 11 Vico- 
r6, per una scala aegreta, andi^ nel Caatello a vcdere questo sottili invenztoni 
di Piotro Lanza, e parimente si occupft sempra con molta cura de' disegni dei 
Greci, aocogliendoli con favore ( ved. i Carteggi sud." e segnatamontc quello 
eo" Capi del Gmaiglio dei Died, Busta n." 10, fasc 2." an. 1608). 



nel Toler sentenziare egli solo; con ei6 ci spieghiamo pure che 3 
Nunzio abbia voluto dissimulare questo avvenimento rincrescevole',' 
compiuto in dispregio di lui o dolla Cui-ia. E chiaro infatti che d»- 
vendo il tribunale riunirsi, ijualora il Carapanetla fosse anch'egli 
rimaato nel Castel nuovo, non si sarebbe potuto evitare, scnza re- 
crimiuazioni e contrast!, che ii Nunzio lo avesse fatto almeno Tfr^ 
nire alia sua presenza, mentre egli trovavasi lA rinohiuso qua! soft 
prigione, a sua istanza e sotto la sua autorita, secondochfe fin da 
principio era stato convenuto con Roma. C irabattererao poi, ndi 
progresso di questa narrazione, in pareccbie circostanze che riescona 
a conferinare la data del luglio 1604 , e non mancheremo di oo- 
tarle a misura che si presenteranno. Vogliamo intauto far a^vei^ 
tire che la scoperta del progetto di evasione non diede propria- 
mente niotivo di far finire il processo del Campanella nella barhari. 
guisa in cui fini, ma diede soltanto occasione di giustiflcare in qaal» 
che inodo il sistema dell' inerzia che era stato deciso ed attuato gil 
da inolto tempo ; quando vi fu pericolo di vedere qaesto sistemi^' 
compi'omesso, si venne nella determinazione di aUontanare il Can^ 
panella ordinandone il trasporto a S. Elmo. 

Gome abbiamo avuta occasione di dire, i quattro frati minori, 
raal ridotti, insistevano vivamento per la spedizione dolla loro causa, 
e tolta di mezzo la persona del Campanella, venneni finalmente i 
Giudici a riunirsi e ad occuparsene nella 2" meti di laglio IGOi 
D. Pietro de Vera, che per tanti e tanti raesi non si era prestal 
si decise allora a prestarsi, ma sara bene rilevare dalle parole 
stuali del Nunzio in qual raodo: « Trattammo degti altri qiiatttf) 
« che restavano, et 1' uno, Fra Domenifo da Stignano, come pi 
« colpevolo, fummo d' accordo che si condennasse per (.re anni i 
« Oalera , gli altri che restavano , attesa la pui'gaiioae fatta i 
« loro con li tormenti , si licentiassero , con queato perd che ao 
« potessino tornare in Calabria per tempo k beneplacito di S. S." I 
< quando si cominciorono A dettare le sontenze, scoprendo che i 
« esse il Sig.^ D. Pietro di Vera voleva esser nominato come prjmi 

* contradissi, et gli mostrai la lettera che tenevo. Rispose che no 
« voleva risolversi sopra questo, seaza parlarne prima con S. B. 
« et se bene gli replicai che questo non serviva k niente, toccaod* 

* a N. S." il risolver sopra cid , stetto pur nel proposito , e ilSI 
« chiese copia della lettera, et io glie la diedi, parendomi necea^ 

* sario metterla anche nel processo ». Cosi veramento D. Pieir* 
disctisse e fu d' accordo col Nunzio, il quale si attenne all' interpfr' 
trazione che avea data alia risoluzione Papale; e fra Domeuico Pfr 
Irolo fu condannato a tre anni di galera « come pift colpevoie t» 
sicchfe fino all' ultimo raomento venne ammessa la colpa; gli aUrf 
poi furono rilasciati solamente coll' obbligo deU'esilio dalla Cal*^ 
bria, ad arbitrio di S. S." « attesa la purgatione fatta da loro ooi 
li tormenti ». Si vede qui ancora una volta con quanto poca atie» 
zione il Nunzio si era occupato e si occupava di questa causa: per ' 



congiura il solo Petrolo avova avuto il torraento , gli altri noQ 
ne avevano avuto punto, siccouie mostrano anclie due loro comparse 
altrove ricordaie (ved. pag. 242); I'avevano bensi avuto per I'eresia 
e neanche tutti, essendone rimasto esente fra Paolo, ed il Nunzio 
confondeva insieme 1' una e I' altra causa. Ma riesce notevolissimo 
[jueir atleggiamento di D. Pietro nel voler figurare come Giudice, 
dopo che si era tanto parlato della risoluzione contraria di S. S.*', 
come del pari 1' atteggiamento del Nunzio nel volerglielo impedire. 
D. Pietro, Commissario Apostolico, per tanto tempo non si era cu- 
rate di leggere la risoluzione Papale die lo riguardava, ed in ul- 
tima analisi voile prender consiglio dal Vicerfe intorno ad essa: in 
tal modo egli mostravasi quelle che realmente era, e che un Breve 
Papale non valeva a far cessare di essere , il rappresentante del 
Governo. Ed il Nunzio continuava a dar prova di una sorprendente 
ingenuity, obiettandopii che il parlarne al Vicer& « non serviva a 
niente, toccando a N. S."* il risolver sopra cio ». Fin allora dun- 
que il Nunzio non aveva capito ancora , che i vincoli effettivi di 
D. Pietro col Governo orano ben superiori a quelli fittizii col Papa 
creati dal Breve, e tanto meno avea capito che le tergivei*sazioni 
di D. Pietro, negli ultimi tempi, non erano state spontanee ma pre- 
scritte dal Vicerii. 

Quale fosse davvero 1' opinione del Vicerfe su quell' incidente, 
non si potfi sapere prima di un altro paio di settimane. D. Pietro 
non si afTretto a parlare al Vicer&, o forse meglio, sollecitato dal 
Nunzio, il Vicerb diede ad intendere che D. Pietro non gli avea 
parlato ancora, e giunse fino a promettere , che non appena gli 
avrebbe parlato, la spedizione della causa sarebbe stata commessa 
« conforme a quello che comanda S. S."* »; ma intorno al Campa- 
nella disso di nuovo, « bisogna lasciarlo star cosi per buon rispetto, 
per il tempo che sarA necessario ». — Queste notizie trasmesse a 
Roma non vi fecero punto cattiva impressione ; bastava che il coraan- 
damento di S. S,'* fosse per trionfare, il resto non importava nulla. 
11 30 luglio (a) il Card.' Borghese partecipava al Nunzio, che a 
S. S.'-'* era piaciuta la risoluzione sua di non ammettere a congiudice 
il de Vera e farno capace il Vicerfe, che ordinava si regolasse tut- 
tavia conforme alle lettere scritte ne' mesi passati, nh gli occorreva 
altro. E pel Campanella? Nfe S. S.", nfe alcuno de' Cardinali com- 
ponenti la Sacra Congregazione, innanzi a' quali la lettera del Nun- 
zio era stata letta, si diedero il raenorao pensiero di lui: al contra- 
rio di quanto si k tinoggi creduto, a nessuno di loro importava che 
queir infelice rimanesse a languire nelle carceri di Castel S. Elmo 
e la spedizione della sua causa fosse sospesa indofinitamente. Se vi 
era qualche ragione per la quale non conveniva tenerlo nel Castel 
nuovo, perch6 raai non poteva il tribunale riunirsi nel Castel S. Elraol 

Ma verso il 7 agosto, dietro nuove sollecitazioni del Nunzio, 

(a) Ved. Doc. 456, pag. 82. 



— 360 — 

il Vicerfe non tenne piu oltre nascosta la sua vera opinione sull' inci- 
dente. A questa data (a) il Nunzio faceva sapere a Roma, che avendo 
parlato di nuovo al Vicerfe , 1' avea trovato « diverse > da quello 
di prima, perchfe gli avea detto che non potendo D. Pietro de Vera 
intervenire come Giudice, avrebbe scritto a Roma e nominato un 
altro il quale potesse intervenire. Aggiungeva che invano egli avea 
replicate al Vicerfe non esser queste necessarie, « perch6 il fine prin- 
« cipale di N. S.'** era state che intervenisse qualch' uno de* Mini- 
« stri di S. M.^ acci6 vedesse come passava la causa, la qual cosa 
« era fatta » (!) ; dimandava quindi nuovo ordine , poichfe aveva 
saputo dal Notare della causa che gli Atti, le minute e le sentenze 
erane in mane del medesimo D. Pietro, nfe egli poteva andare oltre 
« senza qual che turbatione», che non gli era parse di dover eccitare 
mentre la faccenda poteva avere altro rimedio. — Ma il rimedio non 
poteva essere altro eramai che quello di cedere , poich6 si aveva 
manifesto terto : e nessuno \0Yvk ritenere che il Vicer6 fosse stato 
mai diverse in cuer sue. II Conte di Benavente aveva adottato un 
mode di procedere del tutto oppesto a quelle del sue antecessore 
Conte di Lemos. Per quanto cestui si era mostrato attivo, insistenie, 
premureso, personalmente impegnato, altrettanto egli aveva prefe- 
rito mostrarsi freddo, inerte, distratte, poco informate ; e lusingando 
a tempo la vanitA della Curia, mezzo di riuscita sempre sicure, avea 
scansato i richiami suUa gravissima decisione da lui presa intorno 
al Campanella, e fatta anche essenzialraente terminare la causa per 
gli altri frati, rimanendo perfino le minute delle sentenze nelle mani 
della persona di sua fiducia. Cosi, salvata la sostanza , occorreva 
solo provvedere alia forma, ed egli poteva finalmente scovrirsi ed 
anche non aver fretta, mentre al Nunzio non rimaneva che zittire. 
Cestui avrebbe potute e devuto gridare quando il Campanella venne 
tradotto al Castel S. Elmo a sua insaputa , ed avrebbe potuto e 
devuto ricerdarglielo la Curia vedendo che egli non se n' era dato 
pensiero: ma per appellarsi alle convenzieni stabilite col Govemo 
Vicereale, bisognava non pretendere di trasgredirle. 

I frati non cessavane d' insistere per la spedizione della lore 
causa, ed il 20 agosto (6) il Nunzio ne dava cento a Roma, par- 
tecipando essergli stato detto dal Vicerfe, in risposta alle sue sol- 
lecitazioni , che avrebbe fatto neminare in Roma la persona che 
desiderava in luego di D. Pietro de Vera. 

E qui, nel Carteggie del Nunzio, cessa ogni altro documenio 
interne alia causa ed intorno alia persona del Campanella. Vero ^ 
che bisogna ammettere senza esitazione qualche lacuna nelle Let- 
tere di Roma, e notare una lacuna evidente di tre registri delle Let- 
tere di Napoli , da' primi di ettebre 1604 al 14 gennaio 1605. I 
soli documenti di queste periodo, che ci rimangono, son quelli per 



(a) Ved. Doc. 157, pag. S2. 

(b) Ved. Doc. 158, pag. 83. 



— 361 — 

venutici con gli Atti processuali inserti nel noto Codice Strozziano: 
1° il Breve Papale del 27 ottobre 1604, calcato suiraltro prece- 
dente , col quale si ricorda la concessione fatta gik al Conte di 
Lemos, si menziona la lettera ricevuta dal Conte di Benavente circa 
11 matrimonio di D. Pietro de Vera , che « lo stesso Nunzio pre- 
tende > aver fatto spirare la facoM accordatagli, e si nomina D. Gio- 
vanni Ruiz de Baldevieto in luogo del De Vera, accordandogli identica 
facolU (a) ; 2? le note marginali, apposte neir Elenco degP incrimi- 
nati a' nomi de' quattro frati de' quali si dovea spedire la causa, 
ed esprimenti le sentenze per loro emesse, ciofe pel Petrolo un trien- 
nio in galera , per gli altri il rilascio {b). — Si pud dunque rite- 
nere che il Vicer6 presentd direttamente a Roma il nome di colui 
che volea sostituito al De Vera, onde il Nunzio non ebbe ad oc- 
cuparsene nel suo Carteggio, e che venuto il Breve potfe il tribu- 
nate tener seduta tutt' al piil a' primi di novembre, e senza discus- 
sione emettere le sentenze secondo le minute gi^ fatte e ne' termini 
stabiliti fin dal luglio precedente. Aggiungiamo qui che D. Gio- 
vanni Ruiz de Baldevieto o Baldeviescio (come si trova talvolta 
nominate nelle scritture dell'Archivio di Napoli) era anch' egli mem- 
bro del Sacro Regie Consiglio al pari di D. Pietro de Vera e di 
D. Giovanni Sances, ma entrato in ufficio da piii fresca data, nel 
1602(c). fi superfluo poi far avvertire che doveva esser clerico; 
ed avendo di certo funzionato coll' apporre solo il suo nome alle 
sentenze, possiamo dispensarci dal discorrere ulteriormente di lui. 
Intanto la causa del Campanella rimase tuttavia sospesa. Non sap- 
piamo se, ad occasione delle sentenze emesse per gli altri frati, il 
Nunzio si sia tenuto obbligato di spendere qualche parola col Vi- 
cerfe intorno a lui : la lacuna sopraindicata, esistente nel suo Car- 
teggio, non ci permette di affermar nulla su tale proj-jsito, ma 6 
un fatto notevolissimo che dal 14 gennaio fine al 16 dicembre 1005, 
data in cui egli lascio il suo ufficio, nessuna parola fu spesa intorno 
al Campanella, sicch6 bisogna dire che il povero filosofo rimase e dal 
Nunzio e dalla Curia Romana affatto dimenticato. 

Invece sappiamo che se ne ricordarono gli aderenti suoi , ai 
quali egli stava realmente a cuore : essi presentarono al Nunzio un 
memoriale che cominciava con le parole « 111.™° e Rev.™° Signore, 
€ Noi amici, e parenti e discepoli di Fr. Tommaso Campanella Sa- 
« cerdote della Religione di S. Domenico carcerato in S. Ermo ». 
Questo documento citato dal Nicodemo, e cosi pure dal Cipriano, 



{a) Ved. Doc. 267, pag. 186. 

(b) Ved. Doc. 241, pag. i27. 

(c) II Toppi (De Origine omnium Tribunalium vol. 2.® p. 425 e seg.) & 
figurare D. Giovanni Ruiz nel Sacro Rogio Consiglio dall'anno 1604-1605 flno 
al 1610: ma ne' Registri Sigilloy-um, vol. 39, an. 1C02, si legge in data del 19 
giugno r esecutoria del Privilegio che assogna al Ruiz € la piazza de Consigliero 
che vaca per morte de Ximenes ». La cronologia del Toppi avrebbe potuto far 
pensare che il Ruiz fosse stato nominate pe' bisogni del processo del Campanella. 

AmabiU'^T, Campanblla, Vol. 11. 46 



— 362 — 

dietro una nota rimessa loro dal Magliabechi intorno alle opere ma- 
noscritte del Campanella a quel tempo esistenti nella Magliabechiana, 
pud dirsi oramai irrei)arabilmente perduto (a) ; e la perdita non sari 
mai abbastanza deplorata, massime perchfe le sottoscrizioni apposte 
al memoriale, oltre al far conoscere i nomi de' coraggiosi cittadini 
che soli si diedero pensiero del Campanella, avrebbero anche fatto 
rilevare il prime nucleo di quella scuola, che andd crescendo piii 
tardi e rappresent6 in gran parte la cultura napoletana del secolo IT**, 
secolo pii calunniato che conosciuto. Ignorando la data del memo- 
riale, non si saprebbe nemmeno dire se esse sia state. presentato poco 
dope il luglio 1604, alio scope di reclamare contro i pessimi trat- 
tamenti che il Campanella soffriva senza ragione, ovvero sia stato 
presentato nella fine di ottobre 1604 ed anche piil tardi , quando 
il tribimale era prossimo a riunirsi o si era gi4 riunito per la de- 
finitiva spedizione della causa de' quattro frati, alio scope di otte- 
nere che la causa del Campanella fosse egualmente spedita. Ma qu*^ 
st' ultima ipotesi b la meno plausibile , ed anzi veramente da riget- 
tarsi. Avremo infatti occasione di vedere piu in Ik che a questa 
data, e fin qualche anno dopo, il Campanella non voleva raenoma- 
mente che la sua causa terminasse in Napoli, e i suoi aderenti non 
avrebbero mai agito in controsenso. Ad ogni mode il memoriale ri- 
mase tra le carte inutili del Nunzio, verosimilmente con esse ando 
poi a Firenze, di dove b in sfeguito scomparso. 

(a) Vedi Nicodemo, Addizioni copiose alia Biblioteca Napoletana del Toppi, 
Nap. 1683, e Cyprianus, Vita Th. Campanellae , Traiocti ad Rhcnum 1741, 
pag. 69. II memoriale nella raccolta Magliiibechiana trovavasi intitolato < Epi- 
stola sociorum et parentum Fr. Thom. Campan.'* J. Aldobrandino Nuntio Nea- 
politano » ( nel Nicodemo leggesi malamente stampato « S. Aldobrandino > ma 
nel Cipriano leggesi esattamente ). Riscontrando il Codice Magliabecbiano men- 
zionato anche altre volte (Campanellae et aliornra Op. varia Class. VIII. 6) 
alia fine del fol. 509 , sotto 1' ultimo verso si trova la parola « Epistola » per 
richiamo al principle del fol. seguente ; ma , come si rUeva appunto dalla no- 
merazione e dalle tracce de* guasti avvcnuti, furono quivi strappate ed involate 
molte carte, nelle quali, secondo la nota del Magliabechi pubblicata dal Nico- 
demo e dal Cipriano, erano compresi anche i « Concetti metodici o ammaestra- 
menti politici di Fr. Tom. Campanella >. Noi abbiamo potuto veritlcare che il 
furto avvenne in tempo molto rimoto; perch6 sapendo esservi in quella Biblio- 
teca il Catalogo a classi compilato dal medico Giovanni Targioni-Tozzetti dc 
dalla metd del secolo passato , ci siamo data la pena di consultarlo , e non vi 
abbiamo rinvenuta alcuna menzione nd dell* Epistola n6 de' Concetti metodi- i 
Avendo poi conosciuto cho il D'Ancona avea trova to quest i Concetti metodici k 
un Miscellaneo deirArchivio Modicco (Filza VIII, G) siamo corsi a fame richic- 
sta, nella speranza di trovare con essi anche T <( Epistola » : ma la speranza '^ 
riuscitii vana, perocch^ la dottix Filza 6 stata scomposta, e i Concetti metod:-.: 
si trovano staccati, senza alcuna traccia delT « Epistola ». Abbiamo potuto in- 
tanto verificare cho la numerazione d^llo cartf^ nelle quali si contengono quX: 
Concetti metodici va dal fol. 510 al oM, e tornando al Codice Magliabechiar. • 
abbiamo trovato che dopo il f >1. 509 si ha un fol. 517 che (> tutto bianco, qu^ni. 
il fol. 538 che reca i <biscorsi a* Principi d' Italian etc. Adun(jue Y 4l EpisloU*. 
cominciando dal fol. 510, andava con ogni probabilitii fino al 510 ed occopa^i 
7 fblH, circostanza da doverne far deplorare la i)erdita tanto maggionnent<?. 



— 363 — 

Adunque mentre i frati uscivano di carcere, all' infuori del Pe- 
trolo che dovfe essere tradotto nello Stato ecclesiastico per servire 
sulle galere di S. S/'^, il Cainpanella rimaneva in Castel S. Elmo, 
indefinitamente carcerato. Nella Narrazione egli disse, che i frati 
« subito in Napoli et altri in Roma fur aggratiati e diventaro priori 
a et officiali nella religione . . , » mentre in quanto a lui « non vol- 
« sero mai permettere che andasse alii carceri di Roma, nfe che si 
€ facesse la causa sua di ribellione a Napoli, perchfe non poteano 
m condannarlo in altro, e perchfe non andasse a Roma dove sapean 
4c c' havea d' esser liberato. Pero con crudeltA et astutia grande 
« lo posero in Castel Santelmo dentro a una fossa oscura 23 gradi 
4c sottoterra, sempre alia puzza oscuro et acqua, et quando piovea 
€ s' empia d' acqua, e mai ci entrava luce, stava inferrato sopra 
€ uno stramazzo bagnato con appena mezzo reale di vitto mala- 
€ mente ». Che il Petrolo abbia dovuto essere graziato del la galera 
in Roma, e gli altri dell'esilio in Napoli, bisogna ritenerlo senz' al- 
tro, tale essendo il costume della Curia in quel tempo, e ne abbia- 
mo pure veduta qualche cosa in persona di Giulio Contestabile. 
D'altronde le anzidette dcposizioni ultimo del Gagliardo, in data 
del 12 luglio 1606, ci danno notizia che fra Pietro di Stilo nella 
1* laetk di quell' anno era gik nel suo convento in Stilo, non sappiamo 
se in carica o no; ed un' Informazione presa contro fra Pietro Ponzio 
in Nicastro in data di dicembre 1604, ci dk notizia che fra Pietro 
trovavasi allora nel convento dell'Annunziata di Nicastro ed era 
divenuto abbastanza audace, avendo in Chiesa, ed in presenza del 
Vicario capitolare, del Clero e di un num^rosissimo pubblico, osato 
d' interrompere e protestare durante la predica di un Cappuccino 
che sosteneva la credenza dell' Immacolata Concezione (a). Che poi 



(a) Ved. la nostra Copia ms. de' proc. eccl. torn. 2.", fol. 255 a 265. In questa 
Informazione, presa per conto del Nunzio, il Vicario generale Abate Achille 
Cittadino attesta che fra Pietro avova un grande partite favorevole in Nicastro, 
e un tcstimone, incidentalmente , aflferma che egli 6 frateUo di fra Dionisio, il 
quale , fuggito in Turchia e rinnegato , dicevasi gi^ morto in quel tempo. II 
Capaccio (nel Forastiero , Nap. 1634 pag. 503) dice che fra Dionisio pag6 la 
pena del suo peccato , porch6 « un giorno quistionando con un Giannizzero fu 
ucciso ». Ma bisogna accogliere con riser va altrettali dicerie , non raramente 
sorte pel desiderio di mostrare la punizione del peccato. — Degli altri frati non 
abbiamo notizia. Aggiungiamo solamente, circa fra Pietro di Stilo, qualche fatto 
singolare che risulta da un* Informazione presa contro di lui dal S.** OflScio in 
data deir 11 luglio 1605 (ved. la cop. sud." torn. 2.° fol. 269 a 280). Un Lelio 
Macro di Pietrafitta, studente di legge condannato a morte, nelle sue ultimo de- 
posizioni prescrittelo dal confessore afFerm6 di essere stato in novembre 1604 
per 22 giorni nel torrione del Castel nuovo, avervi conosciuto un fra Pietro 
Domenicano, aver saputo da lui che il Campanella era stato tradotto a S. Elmo 
e cho col tempo sarebbe riuscito legislatore, aggiungendo che bisognava adorare 
il sole, la luna, le stellc, donde si aveva bene e male, suggerendogli anche le 
formole delle orazioni, e poi le solito storie suUa Trinitii, suJla persona di Cristo, 
8U Maria, su' luoghi di prcmio c di pena, su' sacramenti etc. II Macro nomiD6 
pure altri individui che avrobbero dovuto conoscere fra Pietro e le sue opi- 



— 364 — 

il Campanella sarebbe stato liberate in Roma non possiamo meno- 
mamente dubitare : abbiamo veduto qua!' era la giurisprudenza del 
S.^^ Officio intorno a cio, ed abbiamo fatto avvertire che il Go- 
verno Vicereale non poteva non preoccuparsi di questa circostanza, 
e tanto piu ricorrere ad ogni mezzo per non lasciarsi sfuggire di 
mano V infelice filosofo. Ma che non sia stato permesso di far la 
cansa della congiura, « perchfe non poteano condannarlo in altro », 
deve ritenersi un assurdo, e nel tempo stesso una delle tante affer- 
mazioni equivoche, alle quali il Campanella fu troppo sovente ob- 
bligato a ricorrere nel resto della sua vita : la causa era stata gii 
fatta, rimanendo solo il dover formulare la sentenza ; e dopo la 
condanna da lui avuta per V eresia, con la quale egli non era stato 
riconosciuto pazzo, dopo la condanna per la congiura avuta dagli 
imputati di second' ordino, dal Contestabile, dal Pittella ed in ul- 
timo luogo dal Petrolo, il Nunzio non ' avrebbe potuto non condan- 
narlo, lib occorre dire che T altro Giudice, compagno del Nunzio, 
non avrebbe esitato un memento ad emettere un voto conforme. 
Inflno quanto all'essere stato cosi duramente trattato in Castel S. 
Elmo, ed anche all'esservi stato tradotto con crudeltA ed astiuia 
grande, bisogna accettarlo pienamonte. Senza dubbio si dife prova 
di una grande astuzia, per riuscire a tenerc il Campanella nelle 
mani eludendo i dritti di Roma, o di altrettanta crudelt4 nel farlo 
macerare in quella specie di carceri senza un motivo ragionevole, 
mentrc anche il disegno di evasione era un fatto gia vecchio di 
alcuni mesi. N6 si pud dubitare delle pessime condizioni in cui e^li 
ebbe a trovarsi, poich6 qualche notizia contemporanea intorno alle 
carceri gravi di Castel S. Elmo ce le mostra appunto a quel modo. 
In sostanza quindi, menzionando i suoi patimenti, egli non esagero 
di molto, cosi nelle poesie e nei libri, che sappiamo aver sempre 
continuato a comporre coll' assistenza di fra Serafino di Nocera 
malgrado i rigor i che soiTriva, come pure nelle parecchie lettere, 
che conosciamo avere scritte al Papa, a' Cardinali ec. dopochfe si 
era gi^ da qualche tempo deciso a smettore aportamente la sua 
pazzia : non esagero menzionando € il Caucaso » in cui si trovava 
qual Prometeo novello, la fossa nella quale era sepolto, T acqua 
che lo bagnava ne' giorni di pioggia, il giaciglio fradicio, il puzzo 
e il freddo, il vitto poco e sporco da provvedersi con 17 tornesi 
(40 centesimi), 1' inverno e la notte continua « con tre here sole Ji 
luce la sera et il giorno un poco a 22 here per dire V officio » 
sicchfe invidiava « alle mosche et a' serpi la mirabile gratia della 



nioni , tra essi Ciommo dell* Erario e i due Baldini di Stilo ( ad uno de' quuj 
fra Pietro disse aver commesso di far ricopiaro lo difese del Campanella ): nes- 
suno de' nominati attest6 cosa alcuna contro fra Pietro, e veramonto, per quanto 
sappiamo almcno doUa sua avvedutezza, la cosa riescc incredibilc; tuttavia coma 
potrel»boro Npiojrnrsi le tanto }iarticolariti\ esposte da Lolio Macro, che haiina 
tanti riscontri ? Si sarobboro forse alquanto diffuse tra' carcerati di quo! ieiLy^ 
lo notizio del processo dcU' eresia e le orazioni a* plane ti ? 



— 365 — 

luce » (a). Egli mostro allora di attribuire questi cnideli tratta- 
menti al Capitano del Castello amico de' suoi nemici , ciofe Carlo 
Spinelli, Principe della Rocella, Barone di Gagliato, Barone di Ba- 
gnara e D. Loise Sciarava, amico de' « Satrapi » che avevano tanto 
guadagnato coU' ammettere la congiura. Sappiamo che Castellano di 
S. Elmo era D. Garzia di Toledo, gid tomato in quel tempo dalla 
missione di Governatore di Calabria ultra, e poi, nell'aprile 1605, 
mandate a Porto Longone qual Commissario della fabbrica di una 
fortezza, onde talvolta il Campanella si dolse non piii del Capitano 
ma del Luogotenente del Castello (6). D. Garzia dimque, co' suoi 
4c 50 leopardi » (i soldati spagnuoli) si sarebbe permesso di trattare 
cosi male il Campanella, impedendogli anche di parlare al Vicerfe, 
com' egli avrebbe volute, e ci6 per suggestione de' Satrapi, i quali 
consigliavano il Vicerfe « di non darlo al Papa e non lasciare che 
si difendesse seeondo i canoni e la ragion naturale »: ma 6 chiaro 
che D. Garzia obbediva agli ordini ricevuti , e verosimilmente li 
eseguiva con un eccesso di zelo, facendo egli pure, seeondo la cu- 
riosa espressione del Campanella, « como quelli che son pagati a 
« piangere i morti, che gridano piu che li figli e mogli che si do- 
« glion davero » ; nfe c' era da fare col Vicerc nuove difese seeondo 
1 canoni e la ragion naturale , quando un Breve del Papa aveva 
definite il mode di trattare la sua causa e questa era stata gia 
tratiata, oltrechfe una decisione egualraente del Papa avea mostrato 
chiaramente che non c' era da ritenerlo pazzo. 

III. Nel Castel S. Elmo si chiuse finalmente alia scoperta il 
periodo della pazzia del Campanella, e si chiuse col sue rivolgersi 
dapprima al Vicer5 per mezzo di fra Serafino di Nocera, mandando 
ad esporgli taluni suoi concetti che costituivano promesse mirabili 
pel bene del Regno e quindi in favore del Re; poi col rivolgersi 
al Nunzio e al Vescovo di Caserta, procurandosi una visita di co- 
storo ed esponendo in essa gli studii fatti e certi suoi concetti in- 
torno alia fine del mondo, gl'inganni avuti dal diavolo e poi le gra- 
zie avute da Die con le rivelazioni vere, onde potea far cose mi- 
rabili ad utile del Cristianesimo, delle quali cose presentava Telenco 



(a) Quo8te ultime particolaritA si leggono nella lettera a Mons.' Querengo 
da noi pubblicata ( ved. II Codice doUo lettere etc. pag. 60 ); di tutte le altre 
riboccano le poesie e i libri, non che le altre lettere del tempo, segnatamente 
quelle pubblicatc dal Centofanti. 

{b) Cosl si espresso nella lettera al Re pubblicata dal Centofanti (pag. 91). 
II ritorno di D. Garzia al comando in S. Elmo accaddo nel luglio 1603; ved. 
Reg. Curiae vol. 55, an. 1603-i604 fol. 16, dove si logge la Commissi one data 
al successoro Marcheso di Laino (D. Carlo de Cardines) Governatore di Cala- 
bria ultra € air estirpatione de forasciti et annettare (sic) la detta provintLa de 
quelli ». La Commissiono di sopraintondere alia fabbrica in Porto Longone fu 
data neH'aprile 1605; ved. Carteggio Veneto Napoli 1605, Resid. Pietro Bar- 
toli, lett. del 26 aprile o seg.'* che rivelano anche i modi afiatto selvaggi ado- 
perati per procurare i lavoratori. 



- 366 — 

in un memoriale. A queste prime mosse tenne poi dietro piu tardi 
il suo rivolgersi al Papa, ad alcuni Cardinali ed anche airintero 
Senate Cardinalizio, quindi al Re di Spagna, all' Imperatore, agli 
Arciduchi di Austria, segnatamente dopochfe gli venne procurato 
I'aiuto di Gaspare Scioppio, inviando lettere che ritessevano la sto- 
ria delle cose sue, giustificavano la pazzia pregressa, ripetevano 
le promesse delle cose mirabili in vantaggio della Chiesa e dello 
State, presentavano I'elenco delle opere fin allora scritte, conchiu- 
devano col supplicare che fosse udito e posto alia prova. Indubitata- 
mente ciascuna delle dette mosse del Campanella fu coordinata a 
certi suoi pensieri, che egli andava esprimendo in varie e succes- 
sive opere di occasione, alle quali attese col raaggiore impegno co- 
munque sepolto in una fossa tanto orribile; e diciamo opere di oc- 
casione, perocchfe esse furono scritte con lo scope manifesto di pro- 
curarsi grazia presso gli arbitri della sua sorte, ppesso il Vicerfe e 
gli Agenti del ramo teraporale e spirituale della Curia Romana, 
infine anche direttamcnte presso la Curia e tutti i potenti capaci di 
aiutarlo, sforzandosi di far acquistare di s6 un miglior concetto nel 
campo politico e nel religioso, di mostrare quali e quanti servigi 
egli avrebbe potuto rendere laddove fosse posto in liberta. Riuscira 
quindi utilissimo vedere in precedenza le opere che compose, con 
tutti gli accidenti della composizione di esse, in questo periodo che 
comprende gli esiti de' processi e che dalla fine del 1602 puo pro- 
trarsi al 1605-1606, data almeno del termine della pazzia, giacchfe il 
termine del processo della congiura non si vide per lui mai pii. 
Cominciamo dunque dal ricordaro che il 1602 era stato im- 
piegato dal Campanella per una piccola parte nella composizione 
della Citta del Sole^ e per la massima parte nella composizione 
della Melafisica , la quale verosimilmente fa compiuta ne' primi 
mesi del 1603 (ved. pag. 305). D' allora in poi egli dov6 subiio 
nietter mano a' 4 Hbri di Astronomia centre Aristotile, Tolomeo, 
Copernico e Telesio, indicati anche col titolo De motibus asirorum 
jfixta physzca nostra e forse indirizzati alia memoria di Giulio Cor- 
tese , come abbiamo detto altrove potersi desumere da un brano 
deir opera ^ Del Senso delle cose » che ha richiamata la nostra at- 
tenzione {a). Sulla data di composizione dell' Astronomia non cade 
dabbio: la troviamo infatti r^i^istrata fra lo altre opere aegli elen- 
chi inviati il 1606 a'Card.''* Farnese e S. GioL'gio; la troviam) d-jl 
pari noU'olenco inviato il 1007 al R) di Spagaa coU'altro titolo 
De nova as^roniuiia Hbri 1 etc., aggiantovi che erano rimasti < im- 
perfetti )>, la quale ultima circostaaza, motivata con oj^ni probabi- 
lita da' nuovi travagli s^pravvenuti , dove impedirgli di maulare 
I'opera alio Scioppio nel 1607. D'altra parte la cosa ci 6 confer- 
mata abbastanza dalle deposizioni ultimo del Gagliardo, per le quali 
abbiamo gia veduto che nel 1603 il filosofo si occupava di Asirir 

(a) Ved. vol. !• pag. 91. 



- S67 — 

logia e ccrtamente ancor pid di Astronomia, avendo per le mani, 
con quel singolare ripostiglio, il Magino, rAlmanach, il Cardano, 
senza il quale aiuto non avrcbbe in veritA potato trattare una ma- 
teria simile; e secondo lo stesso Gagliardo ne avrebbe trattato cosi 
nel carcere ordinario come nel torrione, vale a dire dal febbraio o 
marzo al luglio o agosto 1603 ed anche da questa data in poi, fin 
verso il tempo delF uscita del Gagliardo dal carcere, vale a dire fin 
verso il marzo 1604. E verosimile poi, die se non all' entrare nel 
torrione, almeno quando vide scoperto il disegno di evasione, carce- 
rato il Marchese di Lavello e poi protratta tanto la spedizione della 
causa della congiura , penetratosi delle circostanze evidentemente 
aggravate, egli abbia interrotto la composizione della pura Astro- 
nomia, e posto mano al traftato De Symptomatis mundi per ignem 
interituri; infatti questo trattato si vede sempre menzionato come 
annesso a' libri di Astronomia nelle lettere del 1606-1607 e se- 
guenti, e fu inviato esso solo alio Scioppio nel 1607, senza i libri 
di Astronomia, col titolo di Prognosiicum astrologicnm de his quae 
mundo imminent II Campanella poteva servirsene per difesa, es- 
sendo ricominciato ad apparire il bisogno di ulteriori difese, e cosi 
come gid si fe visto aver fatto altre volte, egli passava iramedia- 
tamente a comporre opere adatte a' suoi bisogni: aggiungiamo che 
il trattato potrebbe ancora trovarsi in qualche Biblioteca, essendo 
state mandate alio Scioppio, ma per Tautore and6 certamente per- 
duto insieme co' libri di Astronomia^ che gli furono tolti dietro una 
perquisizione ordinata dal Nunzio il 1611, come apparisce dal Syn- 
tagm^ay nel quale per altro la data di composizione di questi libri 
si mostra esposta in una maniera impossibile. S'intende poi che il 
Campanella in tutto questo tempo continuo a comporre poesie, e 
che esse ci furono conservate solamente in parte , rimanendo eli- 
minate le poesie confidenziali. E molto verosimile che debbano as- 
segnarsi alia prima meti del tempo trascorso nel torrione le tre 
Salmodie, che vennero riportate in ultimo luogo nella scelta data 
alle stampe, dicendosi nel Syntagma che ve no furono di quelle 
servite a rinvigorire gli amici ne' tormenti ; esse sarebbero state 
composte a'primi del gennaio 1603, quando tre de'frati suoi com- 
pagni furono tormentati , e bisogna dire che veramente poterono 
servire pel solo fra Pietro di Stilo. Negli elenchi delle opere in- 
viati a' Cardinali ed al Re si trova anche citata tra le Rime la 
« Salmodia della legge naturalo e divina in tutte cose », ma es- 
sendo stati quegli elenchi compilati il 1606-1607, parecchie altre 
Salmodie poterono essere indicate sotto quolla dicitura cosi gene- 
rale; tuttavia le tre sopradette appariscono Inni suggeriti dalla spe- 
ranza di un termine de'travagli, che a quella data poteva sembrare 
davvoro imminente. 

Al tempo trascorso nella fossa di Castel S. Elmo appartengono 
di certo molte opere e la massima parte delle poesie che furono 
pubblicate; nfe si pud dubitare che fin dal prime memento il Cam- 



— 368 — 

panella abbia dovuto porre mano alia composizione delle opere, giac- 
chfe il numero di esse riferibile a'primi anni della dimora in S. Elmo 
h davvero sorprendente; e pero crediamo che egli abbia dovuto ben 
presto trovar modo di ottenere- da' « leopardi » un maggior nu- 
mero di ore di luce, alia qual cosa provvidero verosimilmente gb' 
aiuti di fra Serafino di Nocera ed anche le risorse sue proprie, es- 
sendo state sempre stimato tale da comandare al diavolo. Una delle 
poesie, che apparisce la prima di questo periodo, ce lo mostra ras- 
segnato , come d' altronde era naturale , dovendosi stare a vedere 
dove la cosa andrebbe a riuscire; alludiamo al « Sonetto nel Can- 
case », in cui il Campanella professa inutile il credere la morte 
un rimedio a'guai, giacchfe «per tutto fe sense », e conchiude: 

« Fllippo in peggior carcere mi serra 
or che V altr' ieri: e sonza Dio no '1 face, 
stiamci come Dio vuol, poich^ non erra » (a). 

Non abbiamo bisogno di dire che il carcere dell' « altr' ieri » sa- 
rebbe il torrione del Castel nuovo. Ma la fossa non consentiva 
una calma rassegnazione : ben presto egli dovfe comporre ancora la 
« Lamentevole orazione profetale » e un po' piil tardi le « Quattro 
Canzoni indispregio della morte »,.cosi indicate neU'edizione Adami. 
Infatti la Lamentevole orazione tra gli altri dolori esprime quello 
per la separazione dagli amici tuttora in carcere, cid che pud ri- 
ferirsi solamente a'frati lasciati nel Castel nuovo, ed ancora esprime 
Tapparizione di mostri e di draghi, cio che flno ad un certo punto 
accenna all'apparizione de'diavoli, da'quali in piu luoghi il Cam- 
panella affermo di aver ricevuto travagli noUa fossa : 

€ Qui un mar di guai confuso 
pien di mostri e di draghi 
sopra di me si aduna, 
e '1 tuo furor spirando aspra fortuna ». 



€ Da gli amici disgiunto 

sono, e obbrobrio al mio sangue ». 

« La gentc del mio seme 
m' allontanasti, e preme 
dure career gli amici, 
altri raminghi vanno ed infelici » (b). 



Nolle Canzoni poi in dispregio della morte c' b V affermazione espb- 
cita di aver visto il diavolo, di gustare gik la dottrina di Cristo, 
di essersi fatto certo dell' immortalita dell' anima, de' futuri pre- 
mii pene etc., e nelle note si dice che allora I'autore compose que 
sta Canzone (la 4^) e « scrisse TAntimachiavellismo », la qual cosa 

{a) Vcd. le Poesie, od. D' Ancona, pag. iOo. 
(b) Ibid. pag. 106-108. 



— 369 — 

vedremo avvenuta in una data non molto lontana da quella del- 
r entrata nella fossa : 

€ Or cli'han visto i miei sensi 
non piti opinante son ma testimonio, 
n6 sciocche pruove ho di secret! immensi, 
gia gusto quel die sia di Oristo il pane. 
Deh sien da noi lontane 
quelle dottrine che '1 celeste conio 
non ha segnato; ch* io vidi il Demonio. 

Credendosi i Demon malvagi e fieri 
indiavolarmi con V inganni loro, 
bench6 con mio martoro, 
m' han fatto certo ch' io sono immortale, 
che sia invisibil piii d' un concistoro, 
che r alme uscendo van co* bianchi e neri » etc. (a). 

Ben si rileva che il Campanella s'infervorava assai nelle dottrine 
della Chiesa, e come nelle poesie cosi vedremo pure nelle prose; 
ma il lato singolare del fatto 6 che questo venne determinate pro- 
priamente dal diavolo, e potrebbero anche dirsi abbastanza singo- 
lari i modi usati da lui nell'esprimere i concetti nuovamente acqui- 
stati; vale la pena di farvi attenzione. Non apparisce intanto che 
egli abbia scritte altre Salmodie nel periodo in esame. La Salmodia 
metafisicale b assai posteriore , giacchfe vi si parla di « sei e sei 
anni » di pena, di « dodici anni d'ingiurie e di stenti » (6); e per 
verity le prose I'occupavano anche troppo, 

Nel tenersi rassegnato ed in aspettativa, egli non rimase cer- 
tamente in ozio, e ben presto dove attendere alia ricomposizione 
deir opera Del Senso delle cose, che questa volta scrisse in italia- 
no, come ci mostrano i Codici della Nazionale di Napoli e della 
Casanatense, la lettera del 1607 alio Scioppio da noi pubblicata, 
nella quale disse voler tradurre in latino il Senso delle cose e la 
Metafisica (c), da ultimo anche un brano deir opera medesima, ri- 
prodotto del pari nella traduzione fattane, che venne poi stampata 
il 1620 {d). E verosimile che il Campanella siasi deciso a questo 
lavoro, perchfe era di semplico reminiscenza, avendolo giA una prima 
volta fatto in Napoli il 1590, nfe esigeva essenzialmente Taiuto di 
altri libri. Ad ogni mode non dubitiamo di assegnargli la data del- 
r ultimo quadrimestre 1604, poichfe vedremo or ora il Campanella 
nel gennaio 1605 occupato in un lavoro di altro genere, poi Io ve- 
dremo ancora occupato in altri lavori, ed intanto troviamo il Senso 
delle cose gi& inserto negli elenchi delle opere compilati il 1606, 
quindi Io troviamo pure inviato alio Scioppio il 1607; d' altro lato, 
percorrendo 1' opera, vi troviamo citata principalmente la Metafi- 



(a) Ibid. pag. 138. 

(6) Ibid. pag. HO e 124. 

(c) Ved. II Codice delle lettere etc. pag. 42. 

(d) Abbiamo dato questo brano nel vol. 1.° }>ag. 41 in nota. 

AmabiU — T. Campanblla, Vol. II. 47 



— 370 — 

sica e i lihri Astrologici, le ultime opere composte dairautore, ma 
non rAntimachiavellismo e del pari i Machiavellisti, citati in due 
brani delF opera che fu poi stampata, d'onde si rileva che rAnti- 
machiavellismo fu composto veramente piu tardi. Cosi un confronto 
tra i manoscritti e T opera stampata, mentre ci conduce a determi- 
nare la data di questa ricomposizione in un modo abbastanza esatto, 
ci mostra pure che i manoscritti debbono dirsi realmente la ricom- 
posizione originaria deiropera, non una traduzione dal latino fatta 
per conto di qualcuno poco versato nelle lingue antiche. Abbiamo 
detto che ci son due manoscritti di quest'. opera , in Napoli e in 
Roma; aggiungiamo che del 4*^ libro di essa, costituito dalla « Ma- 
gia naturale », vi sono inoltre piu copie, una in Firenze nella Ma- 
gliabechiana, due ancora in Parigi, nella Bibl. dell'Arsenale n.° 14 
e in quella di S.** Genoveffa n.^ 15. La dicitura italiana vi si mo- 
stra oltremodo rozza; alcune parole esprimenti gli organi sessuali 
e gli atti generativi non si potrebbero ripetere, e si direbbe aver 
I'autore sentita 1' influenza del linguaggio delFergastolo nel torriooe 
6 in. S. Elmo. II Berti, ispiratosi senza dubbio alia lettura della 
Monarchia di Spagna, degli Aforismi etc., ha giudicato che « quesie 
4c. versioni ilaliane . . . fatte per lo piu con correzioni e purgatezza 
« si potrebbero raccogliere e pubblicare » (a); ma si tratta in realta 
di compostziont originariey ed alcune tra esse, in particolare quella 
Del Senso delle cose, sono tutt'altro che purgate. Notiamo poi nel- 
r opera, sotto il punto di luce del nostro argomento, il ricordo di fra 
Pietro di Stilo piu volte e quasi sempre in termini affettuosi; il ricordo 
analogo di D. Lelio Orsini due volte; fino ad un certo punto il ricordo 
anche de'Ponzii, la dove, recando un esempio, dice, «et cosi nel senso 
che quando vedo Pietro mi pare vedere Dionisio perchfe simigliano ». 
Notiamo ancora il ricordo indiretto del trovarsi carcerato, la dove, 
parlando della calamita, dice, « non so se miri al polo antartico, 
che non mi lice parlare a' naviganti » (nella trad. lat. « non licet 
misero navigantes interrogare »); dippiu il ricordo dell' essere a lui 
pure riuscito, come all' Orsini, di atterrire con lo sguardo e con 
la voce colore i quali lo teneano preso , alludendo con ogni pro- 
bability ai momenti piu acuti della sua pazzia ; e da ultimo il ri- 
cordo che « li profeti hoggi si chiamano brabanti {leg. birbanti) ei 
sciagurati dall' empio volgo », alludendo in modo chiarissimo alle 
condizioni proprie. Ma sopratutto crediamo notevoli varie afferma- 
zioni che si direbbero ostentati ripudii dello accuse mossogli nel pro- 
cesso di eresia , e in ispecie le ripetute affermazioni dell' esservi 
angeli e diavoli indubitatamente, dell' essere « empia » 1' opiniono 
che non esistano demonii ma solo esorbitanze d'umore melanconico, 
deir essere 4cuna sfacciataggino » nogaro che Tuomo comunichi con 
gli angeli e demonii e con Dio ; alle quali affermazioni si irovano 

(a) Ved. Lettero inodite di T. Campaiiella e Catalogo de' tuoi jcritli. Ro- 
ma 1878 pag. 73. 



— 371 — 

associate le altre , che « per esperienza propria » avea conosciuto 
solamente diavoli, i quali gli erano apparsi e si erano sforzati di 
fargli credere la trasmigrazione delle anirae e la mancanza di li- 
bero arbitrio, oltrechfe gli avevano predette cose vere e false, ed 
egli avea pregato Dio che gli facesse vedere angeli buoni e non 
r avea « mai impetrato », ma era diventato per la malignitA del 
diavolo 4c piu huomo da bene >. Taluna di queste proposizioni, cosi 
spinte, fu poi alquanto smussata nella traduzione, e cosi « la sfac- 
ciataggine » fu detta « imprudentia »; ma T essere « divenuto pii 
huomo da bene » si elevo a « sanctior evasus »; e in tutti i conti 
il Campanella aggiunse con asseveranza, « nfe questa fe esperienza 
« de sciocco ne di bugiardo, che dell' uno el dell' altro sempre mi 
« guardai piu che del diavolo stesso » , cio che fu tradotto « nee 
f experientiam narro imperiti, timidi, vel mendacis hominis, utrum- 
« que enim vitavi semper sicut pestem diram ». Intanto nell' ul- 
timo libro deir opera si trova notata un' altra circostanza,. ma in 
modo assai oscuro : « Porfirio e Plotino aggiungono che vi siano 
« gli Angeli buoni et perversi, come ogni di si vede esperienza et 
« io ne ho visto manifesta prova, non quando la cercai, ma quando 
« pensava ad altro (lat. non quando investigatione avida id tentavi 
« sed quando aliud intendebam) ; per6 non e meraviglia se al cu- 
« rioso Nerone non sono comparsi » : ignoriamo a quale mometito 
il Campanella alluda, ma parlandosi della curiosity, di Nerone non 
soddisfatta , e sapendosi che Nerone voile vedere i diavoli senza 
potervi riuscire, 4 certo che finqui il Campanella, ripetendo quanto 
cantava nolle Poesie, non aveva ancora progredito al punto da es- 
sergli comparsi angeli, come poi gli comparvero piti tardi, essendosi 
sempre piu ingolfato nolle dottrine de' Santi. Da cio rimane anche 
chiarita la data di questa ricomposizione in italiano dell'opera Del 
Senso delle cose (a). 



(a) Possiamo dire che il Codice della Bibl. nazionale di Napoli sia state 
scritto da un amanuense non napoletano ed anche ignorantissimo : difatti nel 
lib. 1.*^ cap. 3, vi si leggo , « T esperienza di quei che girano il mondo doppo 
la scoperta del Palombo » , in vece di dire « del Colombo > , e nel lib. 2.' 
cap. 26 si leggono le parole « coquiglie , ostraghe , incini > , con dicitura non 
napoletana; ma tutto il contesto e mille altre parole sentono anche troppo del 
napoletano e mostrano V originaria ricomposizione dell' opera. 11 Codice della 
Casanatense in taliini punti ha miglior lezione, ma in generale 6 piu scorretto: 
basti citare p. es. che k dove il Cod. nap. dice « el cavallo Montedoro di Mario 
dello Tuflfo » etc., il Cod. rom. dice , « e il cavallo del Monte d' oro di Mario 
del Tufonico » etc. Potremmo riferire varie diflferenze non prive d' interease; 
ma almeno due vogliamo notarne. La !.■ 6, che nel Cod. rom. parecchie note 
marginali rimandano ad altre opere delF autore ; la 2.' 6 , che mentre il Cod. 
nap. nella fine dell* opera dice, « La quale (universale sapienza) sia pregata che 
me et te N. mio alzi alia sua dignitA et cognoscenza, Amen », il Cod. rom. dice, 
€ La qual sia pregata clie me et Berillo mio alzi alia sua dignity et conoscenza 
et mandi presto il mio libera tore ». Si sa dalle Poesie (Canzone di pentimetito, 
senza alcun diibbio del 1613) che Berillo era D. Brigo di Pavia amico dell' au- 
tore, con ogni probability Cappeliano del Castello dell'uovo, e si sa che nel 1613 



— 372 — 

In gennaio 1605 abbiamo ragione di credere che il Campanella 
siasi occupato de' due opuscoli intitolati Del Governo del Regno e 
ConsuUazione 'per aumentare le entrate del Regno. Lo argomen- 
tiamo dal fatto che in questo tempo appunto, dopo di avere aspet- 
tato invano qualche provvedimento intorno alia sua persona, dov^ 
uscire dal raccoglimento, non far piu un mistero delle sue buone 
facolU intellettuali, e sotto gli auspicii di fra Seraflno di Nocera 
trasmettere proposte e promesse mirabili al Vicei*fe , naturalmente 
per conquistarne la grazia ed essere chiamato innanzi a lui. Certa- 
mente le proposte doverono essere analoghe a quelle espresse negli 
opuscoli, e naturalmente questi non si potevano ancora presentare, 
senza svelare e compromettere la comoditA di scrivere di cui il 
prigioniero godeva; mentre poi era pure necessario che fra Sera- 
flno, il quale dovea presentare tali proposte , ne avesse avuto un 
cenno scritto, vale a dire avesse avuto gli opuscoli, i quali ne trat- 
tavano. D' altronde sappiamo che almeno la ConsuUazione fu poi 
data alio Scioppio separatamente dalle altre opere, ma nello stesso 
periodo di tempo, un poco prima o un poco dopo della data in cui 
le opere furono inviate , come apparisce da una delle lettere del 
Campanella pubblicate da noi (a) ; sicchfe laddove sia corse un qual- 
che intervallo tra T aver ventilate le proposte e I'averle scritte, 
esse sicuramente non fu molto lungo. L'opuscolo Del Governo del 
Regno non h pervenuto sino a noi ; la ConsuUazione col titolo di 
Arbitrio o Discorso primo sopra I' aumento dell' entrate del Regno 
di Napoliy fu scoperta dal Dragonetti nella Casanatense e poi con 
accurate lavoro pubblicata dal D'Ancona. Quantunque relativa ad 
un tema niente aflFatto biblico, il Campanella, pur facende proi>osie 
non indegne di considerazione, vi fa campeggiare la Bibbia larga- 
mente e vi si mostra un fervido religiose : e dev' essere netato che 
malamente nel Syntagma fu scritto essere stata diretta « al Come 



r opera era stata pur allora tradotta in latino: pu6 dunque al Cod. rem. asse- 
gnarsi la data del 1610-1612, e su questa base possono valutarsi le altre pic- 
cole difFerenze tra' due Codici. Veniamo ora alia giustificazione delle cose notaie 
sopra. 1 luoghi, ne' quail non si trovano le citazioni dell'Antimachiavellismo e 
de' Machiavellijiti , come si trovano nella ver^iione latina , sarebbero i cap. 24 
e 25 del lib. 2.^: anche nel cap. 18 dello stesso libro si trova non citaui Tan- 
torita del Papa e qualche altra variante; nel resto non ci sono differenze c^n- 
templabili, e le citazioni della Metafisica e dell' Astronomia , si trovano epnal- 
mente nel lib. 1.*' cap. 3, 6, 7, 13, e nel lib. 3.^ cap. 2. — Pel ricordo di iV^ 
Pietro ved. il lib. 2.° cap. 20 e 21, e il lib. 3.** cap. 10; quivi c' 6 nome e cognome. 
€ Pietro Prestera». Pel ricordo di D. Lelio Orsini, ved. il lib. 3.^* cap. 9e^ 
lib. 4.'^ cap. 17; per quelle riferibilo a' Ponzii, il lib. 2.° cap. 21. — Pel rioori 
dello state di prigionia e delle altre circostanzo personali dell' autore vei. lib 1. 
cap. 8, lib. 4.* cap. 17, lib. 4.° cap. 1. — Per 1' argomento degli angeli e 'tei 
diavoli ved. lib. 1.' cap. 6 in fine, lib. 2.^ cap. 25, lib. 3."^ cap. 4 e 5. lib. 4/ 
cap. 1 e 2; segnatamente nel lib. 2." cap. 25 si hanno le notizie delle appari- 
zioni del diavolo e delle sue rivelazioni con tutte le conseguenze in persoiii 
del Campanella. 

(a) Ved. 11 Codice delle lettere etc. pag. 47. 



— 373 — 

di Lemos », cio che rimanderebbe la cosa al 1610. Fin dalle prime 
parole deir opuscolo si vede che V autore si dirige ad un Vicerfe 
tenerissimo dell' annona, e sappiamo che il Conte di Benavente se 
ne occiipo davvero con un' attivitA e severita straordinarie : nell' ul- 
tima pagina poi, evidentemente aggiunta con alcune altre dopo che 
si riusci a far accogliere 1' opuscolo dal Vicerfe, b detto che il Torres 
Segretario di S. E. lesse 1 opuscolo ; e sappiamo dal Capaccio , 
come dal Parrino , che D. Baldassare Torres fu Segretario del 
Conte di Benavente con autorit^ eccessiva, tanto che le popolazioni 
assai se ne dolsero, ma assai piii si dolsero poi di averlo perdu- 
to. — Lo stesso dobbiamo dire di due altri Dzscorsi^ qualificati se- 
condo e terzo , che abbiamo trovato nella Casanatense al sfeguito 
del precedente e che diamo oggi alia luce, essendo parte integrante 
della ConsuUazione , siccome mostra anche il cenno fattone dallo 
Scioppio in una delle sue lettere pubblicate non ha guari dal Ber- 
ti (a). Mentre il prtmo tratta propriaraente dell' annona, il secondo 
tratta della moneta scadente o falsa, e il terzo della pena di morte. 
Da ognuno di questi articoli il Campanella intende trarre un utile 
di 100 mila ducati pel Governo, 300 mila in tutto, merc6 prov- 
vedimenti benefici in pari tempo alle popolazioni; ma V aumento 
deir entrate fe il suo scopo principale , sicch6 le sue proposte rie- 
scono vere proposte di occasione, fatte per rendersi propizii i po- 
tenti, come gia abbiamo annunziato fin da principle verificarsi am- 
piamente nolle opere del periodo attuale. 11 Dragonetti non pose 
mente a questo fatto nel giudicare il Discorso prime relative all' an- 
nona, e pero tanto piu crediamo necessario farlo rilevare. 

In sfeguito, dal febbraio al luglio 1605, rivolgendo i suoi sguar- 
di al Papa, dopo di averli inutilmente rivolti al Vicerfe, il Cam- 
panella dov6 porre mano alia Monarchta del Messia coll' annesso 
capitolo De* dritti del Re di Spagna sul nuovo mondo^ ed ancora 
alia Ricognizione della Religione secondo tutte le scienze contra Van- 
ticrtsttanesimo machiavellistico , cui lo Scioppio voile poi dare in- 
vece il titolo di Atheismus triumphatus. Lo argomentiamo dal fatto 
che appunto nel luglio 1605 o qualche mese piu tardi secondo i 
nostri computi che piu sotto esporrcmo, il Campanella si procurd 
la visita del Nunzio e del Vescovo di Caserta dicendo di volersi 
accusare, e manifesto in essa i principii che andava svolgendo nolle 
dette opere, essere sicuramente venuto il tempo di « far una greggia 
« et un Pastore » , avere « esaminato la fede con la filosofia Pita- 
« gorica, Stoica, Peripatetica, Platonica, Telesiana e di tutte sette 
« antiche e moderne » etc. etc., ed avere « con tutte le scienze fi- 
« nalmente humane e divine assicurato se stesso et gli altri che 
€ la pura legge della natura fe quella di Christo a cui solo li Sa- 



(a) Le parole dello Scioppio son questo: « Oonsultatio de reditibus regni... 
300 augendis mire mihi placuit »; ved. Berti, Nuovi Documenti etc. Rom. 1881 
pag. 30. I Discorsi che pubblichiamo si leggono nel nostro Doc. 519, pag. 591. 



— 374 — 

cramenti son aggiunti » etc. ; con singolari affermazioni di aver 
ottenuto da Dio rivelazioni e potest^ di difendere il Cristianesimo 
dopo di essere stato con altri ingannato dal diavolo, potesta per- 
fino di far miracoli etc. La Monarchia del Messia fu scrittai in ita- 
liano, messa da parte una volta e ripigliata tra mano piu tardi; 
molto piu tardi poi fu tradotta in latino. Ne esistono ancora in ita- 
liano una copia in Lucca, nel codice 2618 piu volte citato, due 
in Parigi, nella Bibl. nazionale n.® 985, e nella Bibl. di S.^ 6e- 
noveflfa n.° 3, inolti*e una in Londra, nel Brith. Mus. n.*^ 22». II 
non trovarsene alcuna nelle Bibl.** di Napoli ci ha tolto di poter 
vedere se e quali differenze vi siano tra il manoscritto in italiano 
e il libro che fu poi stampato in latino a Jesi nel 1633; ma cre- 
diamo bene che non vi siano differenze contemplabili, sapendo per 
prova che il Campanella nelle traduzioni fe stato sempre fedele alle 
composizioni originarie (salvo il case in cui qualche brano fosse 
riuscito troppo spinto in un senso o in un altro), forse perchfe le 
composizioni originarie si trovavano sempre gia diffuse nel pubUico 
ed egli non volea mostrare di aversi a correggere. Naturalmeme 
nella Monarchia del Messia la Bibbia campeggia in modo quasi 
esclusivo. AUorchfe la diede alle stampe, disse in una prefazioDe 
che il libro si connetteva agli altri anteriori della Monarchia del 
Messia ; e cosi dicendo ci pare che abbia alluso alia « Monarchia 
de' Cristiani » e al « Governo della Chiesa », mentre quando ciu 
la prima di queste due opere nelF elenco mandato il 1606 al CanL^ 
S. Giorgio, dice che essa offre i soli primi fondamenti, poich6 egli 
« anchora non haveva proceduto nelle leggi e profezie , ma solo 
« per historia politica e natura » , e quando la cita nella lettera 
latina al Papa , la chiama addirittura « Monarchia del Messia >. 
Ma la Monardiia del Messia di cui qui parliamo non si trova re- 
gistrata negli elenchi mandati il 1606-1607 a' Cardinali e al Re 
di Spagna , e si trova poi nell' elenco mandato in giugno o lu- 
glio 1606 alio Scioppio : cio vuol dire che essa fu condotta a ter- 
mine solamente verso quest' ultima data, nfe deve sorprendere che 
non si trovi nell' elenco mandato al Re, che fe quasi contempora- 
neo, poiche conveniva poco nominarla al Re, al quale si vede an- 
che la « Monarchia universale de' Cristiani » annunziata col titolo 
di « Monarchia universale alii Principi Christiani ». — Quanto al- 
VAteismo dehellaio (lo chiamiamo fin d' ora cosi pel vantaggio della 
brevita), esso dov^, essere scritto fin dall' origine in latino, ovvero, se 
fu cominciato in italiano, dovfe essere presto tradotto e poi compiuto 
in latino accio potesse meglio servire alio Scioppio, per cui fu com- 
piuto ed a cui fu dedicate ; e puo dirsi che precisamente al tempo 
nel quale fu menato a termine , il Campanella abbia abbandonaio 
il costume di comporre dapprima in italiano per poi tradurre in 
latino. Sicuramente fu menato a termine del pari verso ia meti 
del 1607, essendo rimasto interrotto per qualche tempo: difatti esso 
81 trova gia chiaramente indicato nelle lettere del 1606 a' Canii 



nali , nia quasi in un poscritto, non figurando negll elenchi delle> 
opere ad essi mandati, ed invece figura nell' elenco del 1607 mau- 
dato al Re. col titolo « La esamioa di tutte le sette del moiido a 
paragon del Vangelio con la ragion comune e di tutte scole » etc.; 
la qual cosa contribuisce a dimostrare quanlo abbiarao so3tenuto 
nella nostra precedente pubblirazione sul Campanella circa la data 
della lettera al Re, assegnandole probabilmente quella del giugno 
1607, raentre appunto verso tale data VAleismo fu certamente com- 
piuto e mandato alio Scioppio con tutte le altre opere disponibili. 
Dovrebbe anzi dirsi clie il Campanella vi abbia lavorato fino all' ul- 
tima ora, se si trovasse realruente esatto quanto affermo lo Stru- 
vio, che ciofe nella copia mandata alio Scioppio tutta la materia dal 
cap. 7° air 1 1" fu scritta di rnano dell'autore. Senza pretendere me- 
nomametite di dare un cenno qualunque di tale opera, meravigliosa 
per eesere stata scritta in una fossa e lungi dal corredo opportune 
di libri che ad ogni altro sarebbero stati indispensabili, ci limiteremo 
a far avvertire che essa era destinata a mostrare come 1' autore 
oraiuai , perfino co' soli lumi della filosofia e della critiea , fosse 
giunto a convincersi profondamente della verita della fede di Cristo, 
e si sentisse tutto fuoco e tianime contro gli Atei, contro gli An- 
ticristiani, contro i Machlavellisti e il Machiavelli ; che al tempo 
medesimo essa era destinata a rappresentare la confutazione e la 
condanna delle tante accuse mosse all' autore col processo di ere- 
sia, la sua professione" di fede ardente, in modo da farlo stimare 
capacissimo d'iraprendere e conseguire cose grandi, qualora, s' in- 
tende, fosse stato posto in UbertA. Dedicata poi alio Scioppio, che 
appariva 1' unico aiuto possibile e che era noto per la rabbia fana- 
tica ed insolente contro i suoi antichi correligionarii, 1' opera riu- 
soi forse anche per questo assai piccante , e pero venne a procu- 
rare giudizii molto ostili all' autore da parte degli Acattolici, senza. 
nemmeno conciliargli la benevolenza del Capo del CattoUcismo. Per 
noi riescono notevoli sopratutto alcune parti di essa, che ofFrono la, 
confutazione di cose particolarmente addotte nel processo di eresia 
e contemplate con molta puntualitii: cosi accade p. es. a proposito' 
dell' Eucaristia, ove si park della « contumelia vermium, musca- 
rum et murium », e si muove la quistione « cur irrisa Eucharistia 
miracula non facit semper »; egualmente a proposito della « religrio 
colendi imagines », del « colere Crucera in qua repraesentatur cru- 
cifixus ». del « peecatum Adae » , del « transitus maris rubri » , 
etc. etc. Notevoli riescono inoltre le narrazioni circostanziate, ma 
pur sempre oscure, di quel tale astrologo che istrui un giovane in- 
colto ad invocare gli angeli de' pianeii, d' onde si eblw la comparsa 
di diavoli e una quantita di rivelazioni, con la conclusione che essi 
separarono poi il giovane dall'asti-ologo e lo trassero a morte vio- 
lenta; non pud qui non colpire che i! Campanella parli di un astro- 
logo, e taccia delle posteriori comparse di angeli eon le rivelazioni 
e facolta ottenute, mentre, al tempo in cui il libi-o fu compiuto , 



— 376 — 

gi4 con le sue lettere del 1606 al Papa e a' due Cardinali aveva 
aifermato essere stato quel giovane istrutto da lui medesimo , ed 
avere poi lui medesimo visto altri diavoli e da ultimo angeli ; si 
direbbe che nell' opera egli avesse avuto ritegno di esprimere ape^ 
tamente quanto si era permesso di esprimere nelle lettere confiden- 
ziali (a). E si sa che lo Scioppio non tradusse in tedesco T opera 
nfe la pubblicd, come V autore desiderava, e dovfe 1' autore mede- 
simo pensare a pubblicarla quando divenne affatto libero, nel 1630, 
ma fu obbligato ad aggiungervi in alcuni punti le autorit^ de' S.^ 
Padri, mutando lo stile filosofico in teologico; che piu tardi, perfino 
dopochfe r opera era stata ampiamente approvata e pubblicata , vi 
si trovarono altri appicchi n6 si consent! che fosse ripubblicata, 
e in somma Roma fini per non rimanerne contenta. Si sa d'altro 
lato che presso gli Acattolici Y avere spiattellato tutti gli argomenti 
degl' increduli, come pure V averla tirata troppo contro 11 Machia- 
velli, dife motive di far dubitare della sincerita deH'autore. Maba- 
sta aver chiarita V occasione nella quale V opera fu scritta, meri- 
tando senza dubbio tale occasione di essere molto bene considerata. 
Diremo ora in breve delle altre opere appartenenti a questo 
stesso periodo, scritte fra le interruzioni delle precedent!, secondochfe 
le circostanze le facevano apparire all' autore piil o meno atte a pro- 
curargli la liberty. Dopo V agosto 1605 egli ebbe verosimilmente ad 
occuparsi de'due trattati, de'quali si trova fatta menzione negli elen- 
chi delle opere mandati a' Cardinali Farnese e S. Giorgio, col titolo 
Cur sapientes el prophetae Nationum omnium in magnis temporum 
articulis fere omnes rehellionis et fieresis tamqtmm proprto simul m- 
mine notentur ac morti violentae subjaceant^ et postmodum cxdlu et 
religione reviviscant y^ : Tesito del suo coUoquio col Nunzio e col Ve- 
scovo di Caserta spiega ad un tempo V interruziohe deWAieismo e la 
convenienza de' detti trattati ; pertanto 6 notevole che essi non si 
trovino registrati nell' elenco mandate in sfeguito al Re. Forse Y au- 
tore stimo piii conveniente metterli da parte dirigendosi airAutoriti 
civile, mentre vi si parlava della « morte violenta de' filosofi » come 
di un affare ordinario e consueto; forse anche egli li face presen- 
tare appunto al Nunzio e al Vescovo di Caserta non appena li com- 
pose, e cosi potrebbe pure spiegarsi che siano andati perduti; in- 
fatti non li troviamo nemmeno nell' elenco delle opere mandate alio 
Scioppio. — 11 titolo medesimo de' detti trattati ci mena a ritenere 
che subito dopo egli abbia posto mano alia ricomposizione degli Ar- 
ticoli profeiali con una maggiore ampiezza, quali son pervenuti, tut- 
tora manoscritti , fino a noi : essi figurano negli elenchi mandati 



(a) Anche alio Scioppio, prima che gli raandasse V Ateismo^ 11 CampanelU 
avea scritto in termini aperti e chiari di aver visto non solo diavoli ma ancbe 
angeli (ved. il brano di lettera del 6 maggio 1607, pubblicato dal Centofanli 
noir Arcliivio storico italiano 1866, pag. 86). Nell' A^mmo si limita a dire ch« 
si era accertato deir esservi angeli e diavoli in s6guito de* mentx)vati esperimeDii 
(ved. cap. 13.^ in fine). 



— 377 — 

cosi a' Cardinali come al Re con la nuova intestazione, De eventi- 
bus praesentis sacculz ArticxUi iirophelales IS. La nuova intestazione 
e il numero degli Articoli mostrano bene che non si tratta qui de- 
gli Articoli primitivi; il numero medesimo mostra die al tempo in 
cui I'autore redigeva i detti elcnchi, gli Articoli non erano compiuti 
ancora, poich6 egli credeva che dovessero raggiungere il n.° di 18, 
ed invece non oltrepassarono il n.^ di 10, come si trovano in piu 
Biblioteche (a). D' altronde sappiamo che nel giugno o luglio 1()07 
il Campanella non pot^ o non voile ancora mandarli alio Scioppio, 
il quale vivamente li desiderava trovandosi impegnato in una qui- 
stione circa TAnticristo, provocata da una sua opera su tale argo- 
niento; e una lettera posteriore del Campanella, da noi pubblicata, 
mostra che in novembre 1608 erano gid pronti, sicchfe per essi bi- 
sogna con tare un anno iniziale 1605-1()0G e un anno finale 1008. — 
Ma ecco ancora un' altra opera, per la cui composizione dove ri- 
manere interrotta egualmente quella degli Articoli, vogliamo dire 
i tre libri intitolati Anliveneti^ a' quali b del tutto naturale asse- 
gnare la data della fine di agosto e mesi seguenti 1000, non ap- 
pena V autore ebbe notizia delT interdetto lanciato dal Papa Paolo V 
contro Venezia, come si desume dalla P e 2** lettera al detto Papa 
pubblicate dal Centofanti : a questa data il Campanella die fuori 
febbrilmente le rivelazioni del diavolo e (juelle dell' angelo, alle quali 
i fatti di Venezia si prestavano in un mode magnifico; gli Anti- 
veneti doverono essere composti con ottima vena in un tempo re- 
lativamente breve , e si trovano regislrati nell' elenco delle opere 
mandate alio Scioppio. — Inoltre, un po' piu tardi, egli dove senza 
dubbio ricbmporre ed ami)liare i Discorsi a' Principi (V Italia^ che 
dapprima verosimilmente erano in una forma piii ristretta ; lo si 
puo argomentare anche vedendo che gli elenchi inviati a' Cardinali 
recano « Un discorso a' Principi » etc., mentre le copie manoscritte 
che tuttora ci rimangono in gran numero sono abbastanza volumi- 
nose recando 11 o 12 discorsi, e, cio clie piu monta, citano tutte 
assai spesso non solo la Monarclna di Spagna^ ma anche la Mo- 
narchia del Messza, il Discorso de' dritti del Re Cattolico sul nuova 
mondo, gli Articoli profetoli'^ ne vi manca (alia fine del disc. 7° 
od 8^ secondo le diverse copie) una menzione dell' « empio Machia- 
vello » che ricorda troppo V Aleismo dehellato appena compiuto e 
forse non ancora compiuto (/>). La data di siffatto lavoro puo dirsi 



(a) Abbiamo detto giii in altri luoghi che ve n' h una copia nella Bibl. 
nazionale di Napoli, un' altra nella Casanatcnso , ed un* altra anche nella Bibl. 
nacional di Madrid (L, 101): quest' ultima 6 mancantc delle prime \A carte ed 
ha per titolo, scritto in margine da altra mano, « Quest iones lilosoticas y astro- 
logicas ». L' < Apjiendix ad amicum > gia esposta altrove (pag. ill) riusciva 
opportunissima ne' tempi a' quali «iarao pcrvcnuti; merita bene di essere consi- 
dcrata egualmente 1' occasione in cui fu riprodottii. 

(b) Le copie manoscritte di quest' opera, tuttora esistenti nolle diverse Bi- 
blioteche J offrono una variante nella distribuzione della materia e quindi nel 

Amabiie — T. Campanblla. Vol. II 48 



quella il<;' primi iiiesi del 1(.H>7, ((uando (;ristoforo Pfliigh fece aoqai- 
stare al Campanclla la conosceiiza dello Scioppio, c-he appunto allora 
fu nominato Consigliere Austriaco e designate dal Papa ad andare 
invece del Nunzio al Congreaso di Ratishona. Tutte queste circo- 
stanze di tempo di luogo e di persone, che si vedranuo giustificafe 
pill in Id, fanno intendere le opinioni manifesfate dal Campanell* 
ne' Discorsi, i quali doveano servire a rendergli propizii il Re di 
Spagna, 1' Imperatore e gli Arciduchi dj Austria. Aggiuiigianao che 
specialmente dope di avere acquistata la eonoscenza di Gaspare Sciop- 
pio, ed ancbe del medico Gio. Fabre di Bainberga residente in Roma, 
nel corso del 1607 e in parte nel 1608, il Catnpanella ebbe a serf- 
vere diversi opuacoli epistolari , come quello Sul tnodo di evilare 
il freddo , qiiello Bxdla sordi/d e I'ernia, e gli altri tutti da noi 
pubblicati, ciofe Sulfa pesle di Colonia, Sul modo di eviUire il Of- 
lore estiva , Sul Peripaleiicismo , Svl tempo successivo alia mortt 
dell' Anticristo, Sul Pieno e sul Vacuo; avremo occasione di par- 
lame nel corso della nostra narrazione (a). 

Possiamo oramai venire al racconto de" particolari di rid cbf 
il Campanella imprese per uscire daila fossa di Castel S. Elmo 9 
riacquistare la liberta: egli niedesimo ne parlo segnatamente netU- 
lettere che scrisse piu tai-di, in agosto 1606, al Papa Paolo V i 
al Card.' Farnese; e da questi fonti possiamo attingcre le principal 
notizie ed anche argomentare le date approssimative degU avveoi- 
menti, alle quali siamo sempre usi di annettere molta importanza {&).' 
« Dopo 5 mesi di stento » {cosi egli si espresse) propose al VicertI 
di fare in servizio del Re cose mirabili, che importavano piii cba 
tre regni con aver parole del cielo, ma il Principe non voile ascoP 
tarlo nfe cavarlo da quella fossa orrenda, nfe dargli agio di scri^ 
vere quelle cose n& di difendersi; « dopo 6 mesi » ottenne con art* 
di pariare al Nunzio e al Vescovo di Caserta, dicendo che si vo- 
leva accusare (vedremo tra poco in qual maniera si accus6 e quaE 
risposte ne ebbe), ed erano scorsi gici « 10 mesi » senza che pcK "] 
tesse trovar credito (tale ii il significato della eapressione volgare 
ila lui adoperata, « aver udienza » ). Fermandoci dapprima alle date, 
ammesso il trasporto del Campanella a S. Elmo nel luglio 1604, 



numero de' Diacorsi, oltre non pocbe varinnti nclla materia medesima. La BtbL 
Brancacciana di Napoli ne ha due copie , una in italiano , I' altni tradotta in 
spagnuola; la Nazionale ne ha una in apagnuolo; quella de' PP. Gerolamini am 
in italiano. Dippiti, sempre in italiano, ce n' 6 una copia nella MAgliabechiau. 
ma scorrettiasima; un' altra iu Luccn, un' altra in Torino. Ancora un' allra ae ut 
conaerva in Harigi (fiibl. naz. num. nuov. Ital. 988 ). Si sa che aell' origiul' 
italiano i Discorai furono gia pubblicati dal Oarzilli (Nap. 1848), poi aiiclie dtl 
D'Ancona (Torino 1854). 

(a) Avvertiamo intonto che tra le nostra lllustrazioni i lettori potmnDO tiv 
vara raccolto in ud Catalogo quanto Gnora abbiamo sparsamente detto circa k 
opere del Campanella; ved. Illustraz. VII. pag. 663- 

(li) Ved. Arch, atorico italiano nn. Irt60; Let. a Paolo V, pa^, SS e S4: 
e Let. al Card.' Farnese pag, tJ6. 



abbiamo che egli si sarebbe rivolto al Vicerc nel geanaio 1605, e 
poi avrebbe ottenulo di poter parlarc al Nunzio e al Vescovo di 
Caserta nel luglio ilello stesso anno; cosi il 13 agosto 160G eraao 
scorsi all'incii'ca dieci mesi, e diciamo « all' incirca » pei'chfe vi sa- 
rebbe una differenza di poco oltre due raesi, i (juali del resto avreb- 
bero potuto essere scorsi dalla data deirassentimento ad una visita 
aJIa data della visita fatta; tenuto conto della stagione la cosa riusci- 
rebbe natural) ssini a, ed allora il coiloquio dovrebbe dirsi avvenuto in 
settembre od ottobre 1605. D' allronde non deve sfuggire che se si 
aramettesse il Irasporto a S. Elmo avanti il luglio 10(34, il conto 
non potrebbe tornare in alcun modo, e pero le dale anzidette sono 
le approssimative unicamente possibili. In qual modo il Campanella 
abbia fatte le sue proposte al Vicer^, emerge precipuamente da cio 
rhe sappiamo intorno a' suoi opuscoli Del Governo del Hegno, e 
Constiltazione sopra I' avmento (Idle entrate. Dovfe presentarsi fra 
Serafino di Nocera, esporre principalmente i rimedii escogitati in- 
torno aH'annona, che tanto teneva occupato il Conte di Benavente, 
poi anche quelli intorno alia uioneta scadente e alia pena di morte 
nel senso di far guadagnare altri 200 mila ducati, ed indicare la 
provenienza di cio che aveva esposto mettendo fuori il nome del 
Campanella, capace di queste e di molte altre cose niirabili; raa 
non dovfe trovare buona accoglienza, e cosi il Campanella pote poi 
dire che il Principe non voile ascoltarlo. Parrebbe che fra Seratino 
avesse anche sollecitato pel Campanella, ed inutilraente, il permesso 
di porre in iscritto le sue idee; ma se cosi passarono realmente 
le cose , non potrebbe trarsene la eonseguenza che il Campanella 
non avesse gi4 scritti questi rimedii intorno alle entrate, ed anche 
altri libri, poichfc conveniva tenere tale fatto nascosto. Le sue « cose 
mirabili » furono ricordate egualmento nelle lettere del 1606 ai 
Cardinali, nella lettera del 1607 al Re, e tanto pii'i tardi ancora 
nel Memoriale del 1611 al Papa che pubblico il Baldacchini, non 
senza un qualche miglioraraento ed accrescimento ulteriore: a capo 
di esse nel 1606-1607 troviamo sempre, e sotto pena della muti- 
lazione di una mano nel caso di nienzogna , il far aumentare le 
rendite nel Regno di 100 mila scudi oltre I'ordinario, appunto cio 
che si legge ne'primi versi della Consullaswne; poi vengono altre 
promesae, far guadagnare per una volta 500 mila scudi per una 
impresa importantissima a tutti i negozii d'Europa, fare un libro 
ove si mostri venuto il tempo di riunire tutte le genti sotto una 
sola legge ed un principato felicissimo etc., fare un altro libro se- 
grefo al Re ove si mostri il modo di arrivare a rjuesta monarchia, 
e cosi tante altre cose atte ad eccitare 1' estro del soprannaturale 
e I'ingordigia terrena {a). Molte di queste cose erano evidentcmente 



(a) Si eomprtiiile portanto che ddle molte promeaae e cose iiijrnbUi, delle 
Quali si trova I'elenco ne' documenti suddetii, mm parte solanipntf! n'm statn 
nieGVt innnriEi rii>l tempo di cui ili scorn amo. I', es. uuii li pot^ tigurare ancortl 



nieMM I nil 



— 380 — 

« parole di cielo», e del resto la Consultazione medeBimsL si vede 
saper tanto di cielo che fe un piacere. Malgrado cio, non fu pos- 
sibile piegare Tanirao del Vicere, come non fu possibile nemmeno 
di piegar Tanimo del Papa in seguito. Intanto il Campanella mo- 
strava che la sua pazzia era finita ; e siamo in prado di espoiTr^ 
I'esilo finale delle dette pratiche, poichfe dagli ultimi brani di cia- 
scun Discorso della Consiillazione, aggiunti come poscritti pin tar- 
di, se ne puo rilevare qualche notizia. Solamente dopo alcuni anni 
Topuscolo venne accolto in Palazzo, ove fu portato dal P." Pegna 
(un P.® Gaspare Pegna forse Domenicano, del quale non ci k riu- 
scito finora saper altro), o il Segrelario Torres, che lo lesse, aj>- 
provo taluni mezzi in esso suggeriti , cohtro altri fece varie obie- 
zioni alle quali il Campanella rispose. In particolare circa Tannona 
il Torres comando che I'autore scrivesse sopra un altro punto: ma 
il Campanella fece sapere che ne avea scritto nella Monay^chia gia 
mandata al Re, appellandosi al Vescovo di Monopoli il quale Tavea 
letta , e si rifiuto di scriverne ancora volendo essere « inteso a 
bocca » da S. E., costante desiderio che non fu mai esaudito. I/ap- 
pello al Vescovo di Monopoli ci mostra che tutto cio dov6 acca- 
dere non prima del 1608, quando gia al Campanella erano state 
procurate molte commendatizie presso il Vicere, come sappiamo da 
altri fonti, e il Vescovo di Monopoli P.*' Gio. Lopez Domenicano, 
rinunziata la sua Chiesa per grave eta, e giunto in Napoli, vi era 
trattenuto dal Vicer6 qual suo Consigliere intimo, sine a che gli 
fu concesso di ritirarsi a Valladolid sua patria (a). 

P'ermandoci alle mosse del Campanella nel 16<15, riuscita inu- 
tile quella fatta in gennaio presso il Vicere, dicevamo che in luglio 
ne fece un' altra presso il Nunzio e il Vescovo di Caserta: e qui 
innanzi tutto dobbiamo avvertire che Nunzio era ancora V Aldo- 
brandini, ma Vescovo di Caserta era fra Diodato Gentile, successo 
gia al Tragagliolo nel Commissariato generale del S.*® Officio in 
Roma, e poi successo al Mandina defunto nel Vescovato di Casena, 
con exequatur del 24 luglio 1G04, occupando del pari la carica «li 
Ministro della S.** Inquisizione nel Regno. Senza dubbio per far 
uscire il Nunzio dalla sua apatia verso di lui, il Campanella diss** 
di volersi accusare , ondo il Vescovo di Caserta fu cliiamaio ad 
intervenire egli pure; e cosi il Campanella potfe anche dire di averli 



il fare un volume contro i Machiavollisti, che il Campanella medit6 e comincio 
a scrivcre piu tardi , onde si (rova poi monzionaio neir elcnco di ajjosto Ua>'» 
insieme con diverse altre promcsse in vantaggio della Chiesa che veniiero UV-- 
consecutivamonte. 

(a) II P.* Giovanni Lopez note per Ic .sue opere (Epitome SS." Patruin *'^'- 
vol. 3, Hom. 1506), giii Vescovo di (..'otrone sin dal 1595, fu trasforio al Ve- 
scovato di Monopoli il 25 Obre 1598; ma non prima del 1G08 al»h;indoii'» Ia 
sua Chiesa e se ne veime in Napoli; si sa che morl poi a Valladolitl deir<'«i 
di 108 anni ( ved. Fontana , Sacrum Theatrum I)ominicanorum , Kom. !<>'>• 
pag. 181 e $39). 



— 381 - 

chiamati « con arte ». Naturalmente, piii o meno presto, essi do- 
verono recarsi a S. Elmo, ed ivi in qualche sala ascoltare il Cam- 
panella, ma non videro la sua prigione: questo leggesi in un altro 
brano della lettera a Paolo V, ove il Campanella racconta che Mons.'. 
Nunzio vide il carcere di fuori, e per non avere a contradire al Vi- 
cere non entro nfe mando a vederlo, e disse che era buono, « nel 
modo ch'ogni sepoltura par buona di fuori ». Ecco ora il discorso 
del Campanella e le osservazioni de' due Vescovi ; sara meglio far 
parlare il Campanella medesirao: « M'accusai come, per mancanza 
« dello spirito, che trovai tra' Cristiani molto difformi delFantichitA 
« e profession nostra, mi risolsi ad esaminar la fede con la filosofia 
€ Pitagorica, Stoica, Epicurea, Peripatetica, Platonica, Telesiana 
4c e di tutte sfette antiche e moderne, et con la legge delle genti 
« antiche e d'Ebrei, 'I'urchi, Persiani, Mori, Chinesi, Cataini, Gia- 
4c ponesi, Bracmani, Peruani, Messicani, Abissini, Tartari, et co- 
« m' ho con tutte le scienze finalmente humane e divine assiciu'ato 
« me stesso et gli altri che la pura legge della natura fe quella 
4c di Christo, a cui solo li Sacramenti son aggiunti per aiutar la 
4c natura a ben operare con la gratia di chi Fha dati; et che son 
« pur simboli naturali et credibili: et vidi come Dio lascid tante 
« sfette caminare, e la mancanza dello spirito in noi, e lo scom- 
« piglio della natura e suo fine. Onde son fatto possente a difen- 
4c sar con tutto il mondo il Christianesmo ; che fui sentinella fin 
4c mo dell'opere di Dio. E come la divina Maesta disegna in que- 
« sto tempo^ far una greggia et un Pastore, e '1 giudicio dell' er- 
€ rore di tante nationi, e quel che soprasta al Christianesmo: e li 
4c sintomi celesti et terrestri del mondo morituro per fuoco, contra 
€ li filosofi con S. Pietro et Heraclito. La difficolta del mondo 
€ nuovo, e dell' incarnati one et altri articuli difficultosi, Tesamina 
« delle profetie e miracoli veri e falsi d'ogni setta. Et com'io et 
€ altri fummo ingannati dal diavolo aspettando scienza e liberty 
€ da lui, credendoci che fosse Angelo, e poi Dio, secondo si fin- 
« geva; e come, dope lunga dieta, Dio benigno condescese al mio 
€ desiderio , che mai non fu maligno, se fu erroneo : e presentai 
€ memoriale di questa, e molti capi di cose faciende ad utile del 
« Christianesmo. Nondimeno Monsignore Nuntio rispose ch' io era 
« poco humile. Non so se I'ha fatto per provarmi: perchfe ben so 
« ch' b scritto nella Sapienza: Qui inluetur illam permanebit con- 
« fidens: et che V humilta 6 magnanima et non vile , et io certo 
€ SO che mai non ho bramato dignita nfe honori, et a tutti vilis- 
« simi servitii ho posto mani. Sed neque me ipsum judico. Mon- 
« signer di Caserta fece conseguenza , ch' havendo io vagato per 
« tante s^tte, e cercato li miracoli veri e falsi, e le profetie e la 
« novitA del secolo, com'egli lesse nel mio processo in Roma, non 
« havevo cattivato me ad ossequium Christi: e che m6 voglio far 
* miracoli falsi per scampare o allungar la vita. Ben fanno a non 
« creder subbito; ma negarmi Tesperienza, o scriver a V. B. che 



— 382 — 

« non la voglia vedere, e un negar lo spirito di Dio, che tihi vuU 
4c spiral^ et seguir lo spirito degli huomini : Venile cogitemus ad- 
« versus Jeremiam » etc. Cosi il Campanella mostrava anche da 
,questo lato che la sua pazzia era finita e giA da qualche tempo, 
tamo che avea visto anche con altri il diavolo, e poi, dope lungo 
aspettare in penitenza, Dio I'aveva esaudito ed oramai si sentiva 
in grade di far cose mirabili ad utile del Cristianesimo. Quali ab- 
biano dovuto essere queste cose, delle quali di6 « molti capi », si 
puo comprenderlo dagli elenchi piu volte indicati, estraendo da essi 
i capi relativi appunto all' utile del Cristianesimo: dovfe quindi pro- 
mettere di far il libro in dimostrazione della prossima fine del mondo 
coll' uni one di tulte le genti costituendo una gregge ed un solo pa- 
store, far il libro contro i politici e Machiavellisti, un libro per con- 
vertire i Gentili delle Indie orientali, un libro contro i Luterani, 
ed andare in Germania ottenendovi la conversione di due Principi 
protestanti e il discredito complete di Calvino, fare al ritorno 50 
discepoli contro gli eretici etc. etc. Di certo egli dov6 promettere 
anche di far miracoli, come non cesso poi di prometterli piu o meno 
esplicitamente fine al 1611; ed anche nella sua prima lettera al 
Papa e in una lettera posteriore alio Scioppio, pubblicate entrambe 
dal Centofanti, si dolse che il Nunzio e il Vescovo di Caserta aves- 
sero chiamato finzioni, delirii od astuzie, per uscire dal carcere, i 
suoi presagi, i suoi segni nel sole, luna e stelle, e i miracoli che 
avrebbe fatto per costringere ogni anima a riconoscere il Vangelo. 
Questo d'altronde emerge dalle osservazioni medesime fatte da co- 
storo , quali il Campanella le narro al Papa , da doversi dire in 
verita rispondenti a quanto sappiamo del carattere deirAldobran- 
dini, che ci h abbastanza nolo, e del Gentile, che parecchi documemi 
ci mostrano spietato ed esorbitante non meno del Mandina (a). Se- 
* condo il nuovo Vescovo di Caserta, il Campanella voleva « far mi- 
racoli falsi per scampare od allungar la vita »; sicchfe, nel concetto 
di questo Vescovo , pel disgraziato filosofo si trattava sempre di 
avere a perdere la vita piu o meno presto. Dobbiamo intanto dire 
che il Vescovo di Caserta, per parte sua, ebbe a sci-ivere qualche 
cosa a Roma intorno a tale colloquio , ma il Nunzio non scrisse 
certamente nulla, come ci mostra il suo Carteggio del 1605, ultimo 
anno di ufficio per lui : che anzi in una sua lettera del 24 ago- 
sto 1605 al Card.* Valenti, tenuto allora provvisoriamente da Papa 



{a) Ci basteni qui dire che il Gentile si mostrc) avverso al Campanelb 
anche dopo il tempo del quale trattiamo. Fu lui il Munzio che nel 1611 ordin) 
la perquisizione e il se(iuestro delle opero del Campanella dentro il Casteil 
deir uovo , come si legge nel Syntagma in termini curio:>iimente ridotii. KM-e 
il carico di Nunzio con exequatur del 14 aprile 1610, succedendo a fra VyK- 
riano Muti Vescovo di Castelli, e lasciando il carico di Ministro dell* Inqui<- 
zione a fra Stefano de Vicariis Vescovo di Nocera (ved. nell' Arch, di Sutc: 
Registri Comune vol. 31, fol. 75 t.% e Parrino , 'J'eatro etc. Vicer«> h, Pietr.^ 
Fernandez de r'ju^tro). 



I*aolo « iifl luogu chc si sopliono adoperan^ i proj>i'ii niiioli », |>;is- 
sando a rassegna, per sua giustificazione, i casi ilj torto giurisdi- 
zionale da lui trattati, egli non cito puuto il caso de! Campanella, e 
quindi dalla parte del Nunzio, non meno che dalla parte di Roma, 
rimaneva non curato il torto ricevuto in persona del povero filo- 
sofo, contentandosi -che la sua causa non fosse spedita. Dalla parte 
del Canapanella poi ognuno avrA notato come, tanto presso il Vi- 
cerfe, quanto presso il Nunzio, egli non fece la menoma richiesta 
che la sua causa fosse spedita; ii^ veramente espresse mai pin un 
desiderio simile per lungo tempo, se non sotto certe condizioni. 

Scorsero non meno di 10 mesi dal detto colloquio, e il 13 ago- 
sto 1606 il Campanella si spinse a rivolgersi direttamente al Papa, 
mohiplicando anche questa volta i reclaml e !e lettere in piii sensi 
e non Irovando requie per molto tempo. Sicuramente tanto ritardo 
non provenne dalP essersi rassegnato , e lo dimostrano i gridi di 
dolore che sovente erompono nelle dette lettere; ma bisogna dire 
che egli non nutriva alcuna speranza di essere ascoltato, e pero 
non si mosse di nuovo ae non quando avvenne un fatto tale da te- 
nere in agitazione vivissima I'aninio del Papa; fu questo 1' inter- 
detto scagliafo a Venezia, seguito ilalla superba resistenza del Go- 
■ verno Veneto, e daU'abhandono del Papa in una pessima condizione 
da parte di coloro niedesimi che gli aveano oft'erto aiuto. Allora 
appunto il Campanella tento di protittare delt* occasione e scrisse 
la sua lettera, nella quale comincia col giustificarsi degli strata- 
gemmi usati durante la causa (e certamente del principale tra essi 
che era stato la pazzia, corae risulta dal veder citata I'autoritA di 
S. Geronimo), si appoUa aiostrando la necessity di venir tradotto 
a Roma e 1' impossibilitji di consentire che il giudizio della con- 
giura ed anche dell'eresia termini in Napoli. fa un racconto delle 
cose di Calabria e degli awenimenti posteriori come pu6 farlo un 
giudicabile, i-iconosce commessa da lui la colpevole imprudenza di 
aver servito alia « revelation presente » ed esservi stato un « voluto, 
non fatto, eccesso*, chiede per giudici il Bellarmino e il Baronio ma 
non in Napoli, coll'aflermare che ha cose grandi, parole di cielo, 
da dire al Papa e alia Chiesa , ed aggiunge un poscritto in cui 
diehiara avere avuto nuova delle cose di Venezia, occorrere una 
guerra spirituale e la chiamata di tutte le persone sante a Roma, 
per parte sua obbligarsi a mostrare con miracoli stupendi la veritA 
del Vangelo ed allungare le profezie laddove sia necessario. Questo 
poscritto appai-isce Toceasione vera della lettera, la quale 6 seguita 
poi da un' allra, o, se piace meglio , da un allegato , in cui pel 
fatto di Venezia insiste sempre piu sulla necessita di venir tradotto 
a Roma, narra le rivelazioni avute dal diavolo fintosi angelo tre 
anni prima, e per esse la caduta di Venezia nel 1607 con la per- 
dita di gran parte deH'autoritA del Papa, la caduta della digniti 
Pontificale e del Senato Cardinalizio dietro uno scisma dopo il 1025; 
narra poi la comparsa successiva di altri diavoli che I'afflisseroj 



— 384 — 

e in sfeguito, dietro preghiere a Dio, le rivelazioni vere che ebbe 
con gli avvertimenti da dover dare a S. S.^\ e suggerisce consi- 
gli, e cita profezie, e dichiara di voler parlare a S. S.^ e poi mo- 
rire etc. etc. 

Importa commentare quest' altra mossa del Campanella, sem- 
pre pill degna di attenzione comunque rimasta senza il menonio 
effetto. Non a torto dovfe sembrargli molto opportuna V occasione 
per riyolgersi al Papa. Fin da'primordii del suo Pontificato Paolo V 
si era mostrato assolutamente deciso a far rispettare ad ogni costo 
r imtnunita ecclesiastica , e dopo di aver fatta e facilmente vinta 
una quistione con Lucca e poi con Geneva in condizioni davvero 
esorbitanti, avea voluto fame un' altra anche con Venezia, che non 
si era mai adattata a riconoscere V immunity ecclesiastica negli 
Stati suoi (a). Annunziato dapprima con un Breve fin dal diccmbre 
deiranno precedente, emanate dappoi nel solenne Concistoro del 17 
aprile 1606 il gran Monitorio, che dichiarava incorsi nelle scomu- 
niche il Doge e il Senate Veneto per essersi rifiutati a consegnare 
al Nunzio due scellerati malfattori, il Canonico Saracino e il Conte 
Brandolino Abate di Narvese, Venezia si era mostrata inflessibile, 
si che il Papa avea stimato opportune radunare un grosso esercito, 
e Venezia avea dovuto fare altrettanto. Napoli , cosi vicina , non 
poteva rimanersi indifferente , e dal Carteggio del Residente Ve- 
neto Agostin Dolce si rilevano, con le rispettive date, i fatti avve- 
nuti allora nella citta. I Gesuiti , irritati anche per essere stati 
espulsi da Venezia i frati del lore ordine insieme co'Teatini e Cap- 
puccini ossequenti al Papa, gridavano nelle scuole contro Venezia 
e difTondevano per la citta alcuni presagi iratti specialmente dal 
libro di M.^ Antonio Arquato medico (in cio i Gesuiti s'inccntra- 
vano col Campanella). II Nunzio Mons."^ Guglielmo Bastoni Vescovo 
di Pavia, successo all' Aldobrandini fin dal dicembre passato , be- 
nediceva pubblicamente la capitana delle galere che partivano sotto 
il comando del Marchese di S.^"* Croce per fare una dimostrazione 
ostile a Venezia, mentre un inviato, Ugo de Moncada, andava a 
Roma per dichiarare il Vicero i)ronto a vendicare con la persona 
e col Regno le offese che fossero fatte a S.** Chiesa, emulando !♦* 
ofTerte del Conte di Fuentes Governatore di Milano e de'Duchi di 
Modena e di Urbino. Ma appunto a' primi di agosto si venne a 
sapere che il Marchese di S.** Croce si era limitato a veleggiare 



(a) Per comedo di qualche lettore che non lo tenga presontx? , ricordiaino 
clic Lucca avea proibito il comnu'icio epistolare tra' cittadini e que' j>iirenti <li 
cssi i quali abbracciatu la Hifornia aveaiio emigralo, e Roma approve il lati. 
ma l)iasim6 clie fosse s'ato conipiuto dalle autorita laiclie, dovendo compierlo I«'i. 
(lenova poi sciolse una congrcirazione gesuitica, alia quale i (iesuiti aveano falto 
<;iurart; di non dar voii per niagistiati so non agl* individui appartonenti alh 
congreji;azione, oltroclu'' pnnl laliini aniministi'atori di conlVaternite clie si a^l" 
vano appropriato il danaro di esse: e Roma, per la solita raj^ione , \ollo cl-' 
la conj^^regazione fosse riprislinata e gli amministratoii ladri fossero rilascian- 



- 385 — 

nelle acque di Brindisi, cio che in realtA non era tollcrato da'Ve- 
neziani, ma avea finito poi col rivolgersi contro i pirati di Durazzo 
ed espugnare questa eitta; che per armare le galere si era preso 
il danaro de'privati dal Banco di S. Eligio; che bisognava pensare 
a provvedersi di grano poichfe quello prornesso, da doversi estrarre 
dalla Marca d' Ancona, non sarebbe piu venuto; che mancando il 
danaro, ed essendo lo gabelle divenute insopportabili, gia si pen- 
sava di sospendere il pagamento degli interessi agli assegnatarii 
( creditori dello Stato ) come poi si verified ; che per tutte queste 
ragioni non si sarebbe passato alle armi, e in ultima analisi da Spa- 
gna erano venuti anche ordini di non passare alle armi (a). Natu- 
ralmente il Campanella dov6 giudicare che oramai poteva provarsi 
l)resso un Papa tanto attaccato alFimmunita da pretonderla anche 
la dove non c' era mai stata , e tanto poco avveduto da compro- 
mettere a quel mode 1' autorita Pontificia, riducendosi poi a sup- 
plicare almeno Tinvio da Napoli di un'Ambasciata a Venezia per 
trattare la pace , cio che fu commesso a D. Francesco de Castro 
accompagnato dal Duca di Vietri, due nostre vecchie conoscenze. 
Egli cred6 pertanto necessario rannodare la sua mossa alle pre- 
cedenti , dare alia sua lettera 1' impronta di un « appello » , che 
secondo lui dovea render nullo il giudizio compiuto, siccome disse 
tanti anni dope nella sua Narrazione, e credfe anche necessario ri- 
fare la storia delle cose di Calabria , spingendosi ad affermazioni 
che crediamo inutile dimostrare insussistenti dope tutto ci6 che ab- 
biamo visto nel corso della narrazione nostra. Bastera citar quelle, 
che r eresia fu trovata da' frati , che il negozio de' turchi fu in- 
ventato da lui i)er non moriro, che furono appiccati sul molo uo- 
mini per altra causa, clie fecero confessare a Maurizio sub verho 
regio mille bugie , che tutti morendo si ritrattarono. Ma gioverA 
uotare due cose : V una, il bisogno che senti sempre di non essere 
messo a fascio con fra Dionisio divenuto maomettano , « di cane 
fatto lupo pe' gridi di mali pastori >; 1' altra il nessun desiderio ed 
anzi il rifiuto di vedere spedita la sua causa in Napoli. Su que- 
st' ultimo punto egli si espresso recisamente: non consentirebbe in 



{a) Ved. nel Carteggio Veneto suddetto specialmente le lettere del 20 e 27 
giiigno, 18 e 25 luglio ed 8 agosto 1606. Non sarii poi inutile notare che pochi 
mesi prima del tempo suddetto, j);irlando dello gabelle divenute insopportabili, 
c in is|>ccie delle nuovc gab<'ll(3 Milla seta riuscito gravi sopratutto in Calabria, 
il Residente Bartoli scriveva dc' Calabrcsi: <c dicono palesemente che si dareb- 
bero , se haves.soro chi li volcsse ricevero, non solamento a' turchi , come ten- 
tarouo di fare cinque anni sono, ma anche a peggior genera tinne piii tosto, (?he 
vivere sotto a qui'.vto govcrno >>. iS'ommono sara inutile notare in che manii^ra 
rispondevano gli ufTioiali del (lovenio agli as>egnatarii, i quali si dolevano del- 
1' essere stato tratt(»nuto il pagamenlo doLrl' interessi lore dovuti : scriveva il 
Residente Dolce essersi risposto, « chf v\\\ noto a cadauno the T anima dol- 
r huonio era di Dio, ma lo vite , le la col a et il danaro dei sudditi sono del 
Prencipe , et come padrone li era nelle occasioni Iccito valersene a gusto o 
piacer suo ». 

AmahiU'^'V, Campamblla. Vol. II. 4V) 



— 386 — 

Napoli a giudizio alcuno , perchfe era odiatissimo , perchfe non vi 
erano aeqiia jura^ perchfe avrebbero detto al Nunzio che era finita 
la causa e lo condannasse seiiza ascoltarlo (cosi difatti avrebbe do- 
vuto accadere). Nfe si trattenne dallo scrivere : « questi giudici anche 
« ecclesiastici piu tosto mi vorrebber trovar nocente che innocente, 
« perchfe . . . non si fidano n6 ponno difensarmi la innocenza , se 
« in me la trovano, come Nicodemo non difese Christo ; ma sendo 
€ colpevole senza briga ponno starsi e gratificarsi con questi Si- 
« gnori », mentre « non hanno alcuna autoriU se non di farmi 
« male, perchfe son ligati al farmi bene ». In somma la sua causa 
era straordinaria e dovea trattarsi in Roma, annuUando, s' intende, 
cio che si era fatto sin allora, ed egli volea che si dimandasse la 
persona sua , anche con V obbligo di restituirla a Napoli qualora 
fosse trovata in false. Piu tardi poi disse che non aveano potuto 
conchiudere la causa della congiura in Napoli, perchfe non aveano in 
che condannarlo : questa contradizione non ha bisogno di commento. 
Ma un po' di commento occorre al fatto della comparsa del 
diavolo tre anni prima , invocato da una persona che egli aveva 
istrutta a pigliar Tinflusso divino (sicuramente il Gagliardo), delle 
rivelazioni avutene anche circa Venezia e il Papato , e poi della 
comparsa di altri diavoli nella fossa , col sfeguito delle grazie ot- 
tenute per via di flagelli e di studii, dell'avere avute altre rive- 
lazioni, dell'esser divenuto capace di far miracoli, o, secondoch^ 
disse poco dope, dell' aver visto angeli ed avuto autoritA come quella 
di S. Giovanni a' farisei e potes^a di far miracoli piu stupendi che 
quelli di Mosfe (a). La frequenza ed asseveranza , con le quali il 
Campanella parlo in prosa ed in versi della comparsa del diavolo. 
delle rivelazioni avute e delle conseguenze di esse , non possono 
non fare un certo peso ; e la cosa riesce di tanto maggiore inte- 
resse , in quanto che segna il punto di partenza del suo passag- 
gio definitive, reale o simulate, nel campo delle credenze cattoliche 
pure, e quindi riflette il vero problema difficilissimo della vita del 
Campanella, cio6 1' essenza delle sue intime convinzioni religiose. 
Potrebbe ammettersi un' allucinazione, ma non mai la « lunga aber- 
razione mentale », che il Centofanti ha invocata e che si vede ricor- 
data ancora da altri, mentre il Campanella medesimo non fece {»ui 
un mistero che la sua pazzia era stata simulata, e lo ripet^ egua!- 
mente in prosa ed in versi troppe volte, sebbene in qualche deter- 
minata circostanza siasi contradetto (b). Ci sembra pertanto che in- 



{(i) Cosl nella sua lettcra di poco posterioro , in data del 30 agosto 1C<"''. 
al CardJ Farnesc ; ved. Centofanti, nclF Archivio storico itiiliano, luglio 1^00. 
pag. 66. 

(h) Le lettere c i libri del ramjiancUa in molti luo^hi fanno intendcre che 
ejili sinuilo la sua pazzia. Difatti. quanto allu lettere, parecchie tra quelle puK 
blicate dal Centofanti lo rivelano , onde ritsec strano che il Centofanti nude 
simo al)bia ainmesjsa nel filosofo < una lunga aberrazione mentale ». Nella letters 
a I*aolo V, fin da principio, col ricordo del fatto « naturale anche a' bruti de- 



— 387 — 

vece deir allucinazione riesca piu verosimile tratlarsi di un fatto 
molto semplice, dell' evocazione de' diavoli esercitata dal Gagliardo, 
amplificata e messa iunanzi dal Carnpanella cosi per premunirsi con- 
tro qualche nuova denunzia al S.*** Officio specialmente da parte 
del Gagliardo , come per procacciarsi qualclie via di uscita nolle 
sue tristissime condizioni, giustiticando il suo ritorno nel retto sen- 
tiero con un evento straordinario, ed eceitando la curiosita e V in- 
teresse del Papa, mentre poi, alia peggio, avrebbe potuto tutt'al 
piu acquistarsi una riputazione di stravagante, die sarebbe sempre 
ri uscita giovevole alia conclusione della sua causa. Benchfe si possa 
dire aver lui veramente professata 1' esistenza di spiriti buoni e rei, 
o € piu o mono buoni », custodi do' pianeti e delle stelle ed anche 
vaganti pel mondo, dal processo di eresia conosciamo che con gli 
amici suoi avea sempre rise del diavolo nolle condizioni e forme 
comunemente ammesse; e conosciamo che il Gagliardo si era oc- 



boli servirsi deir industria contra li possenti », coiresempio de' savii, e coirau- 
toritd di S. Geronimo , confessando « le strattagemme usate non per fuggir la 
giustitia ma la violcnza », il Carnpanella fece allusione evidente anchc alia pazzia 
simulata. Nella lettera al Card.* Farncse ricordO pure fin da principio il motto 
€ placuit Deo per stultitiam salvos facere credentes », e in quella al S. Giorgio 
non solo ripet^ che era stato conservato da Dio « con la stoltitia dov' era odiosa 
la virtu >, ma anche ranmientO che « la fintione s' usa contro la violenza, come 
insegna S. Geronimo con T esempio di David e di Solone ». Nella lettera latina 
al l*apa ed a' Cardinali, cd egualmente nella lettera al Re di Spagna, afierm6 
che per avergli nogato le difcse e pe' tanti tormenti « lo fecero pazzo > ; ma 
perfino al Re non si perit6 di scrivere, « dicono c' ho finto d' esser pazzo, io 
rispondo che David e Solone si finsero pazzi per lo stesso modo , e son lodati 
da S. Geronimo ». — Quanto a* libri, il tratto piii singolare 6 quello che leggesi 
nella Cittd del Sole e che oggi sappiamo doversi riferire alia pazzia, ma che 
pur quando non si sapeva che dovesse riferirsi alia pazzia , avrebbe meritata 
tutta r attcnzione degli scrittori intenti a dccifrare le faccendo del Carnpa- 
nella ; vogliamo dire quel tratto gia da noi riportato parlando del libro ( ved. 
la nota alia pag. 304), la dove si cita un gran filosofo, che per 40 ore venne 
crudelmente tornientato da' suoi nemici, senza mai potergli strapparc di bocca 
una parola su quanto essi domandavano , perch6 nel fondo delV animo avea 
determinato di tacere, D' altra parte son conosciuti da un pezzo i versi e la 
nota ad un suo Sonetto intitolato « Di s6 stosso » ove si riproducono i concetti 
palesati al Card.* S. Giorgio , leggendosi : « quando bruciO il letto e di venne 
pazzo o vero o finto; Stultitios simularc in loco prnientia est disse il comico, 
et de Jure gentium i pazzi son salvi »; mentre nel Sonetto si canta: 

< Bruto e Solon furor finto coperse 
e Davide temendo il re Geteo. 

Per6 li dove Jona si sommerse 
trovandosi V Astratto, quel che feo 
al santo Senno in sacrificio oifersc ». 

S' intende bene che V Astratto qui 6 11 Campanella, il quale si trovava in fau- 
cibxis Orci . come sovente si espresso ; e che avrebbe potuto dire di piu nolle 
sue condizioni ? Pur troppo, segnatamente nella Narrazione, disse anche cjsscre 
8t;ito pazzo « non finto » ; questo pertanto niostra solo che lo suo circostanzo 
r obbligarono molto volto a nascondere il vero, o che pero lo sue assertive deb- 
bono essere vagliate con molta circospezione. 



— 388 — 

« 

cupato realmente di diavolerie, con ogni probability sotto pli occhi 
del Campanella, ma nemraeiio possiamo dire che V avesse fatto con 
quella larghezza e serietd che dalle afferinazioni del Campanella 
emergerebbero, poichfe egli iion si sarebbe traitenuto dal fame pa- 
rola nolle sue ultimo dcposizioni in S.*^ Officio, alnicno per teniare 
di allungar la vita ; forse egli attese alle scene di coniparsa del 
diavolo, secondo il suo solito, per profltto, non che per acquistarsi 
la considerazione e 1' ossequio do' carcerieri, e fu in questo agevo- 
lato dal Campanella che ne avea bisogno eguahnente, laonde non 
dovfe poi dare a quelle scene tanta importanza, e riesce un po' dure 
ad accettare che invece abbia dovuto darcela sul serio il Campa- 
nella. Conosciarao poi che non appena pose mano a comporre poesie 
ed opere nella fossa di S. Elmo , il Campanella attesto dapprinia 
il fatto puro e semplice dell' apparizione evidente di diavoli a lui 
occorsa, ma con la circostanza un po' singolare nel fondo e nella 
forma, che per quel fatto era divenuto piu uomo da bene (come 
abbiamo visto in qualche poesia e nell' opera Del Sen^^o clelle cose); 
pill tardi, neW Afets7720y torno sul fatto corredandolo di molti parti- 
colari mister iosi gia piu volte menzionati, n6 si trattenne dair aller- 
mare nolle lettere che gli era stata con inganno promessa dal dia- 
volo scienza e liberta, e dall' affermare nolle poesie che gli era stato 
pure promesso che « sarebbe esaudito », die « si canterebbe Viva 
Campanella nel fine del suo carcere » {a) ; d' altronde in un brano 
dello stesso Ateismo dehellato , lasciando chiaramente intendere os- 
sere stato lui medesimo in relazione co' diavoli per mezzo del Ga- 
gliardo, reca un' altra delle risposte avute la dove dice, « Astrolojio 
« per juvenem interroganti de multis dixerunt, (juod ipse scripsissei 
4c de libero arbitrio, sod rectius Calvinum)>. Dopo tutto cio si ani- 
metta pure che tra le bizzarrie del Gagliardo, durante V evocazione 
de' diavoli, vi sia stata quella di far pronostici su Roma c su \'e- 
nezia; ma nessuno vorra credere che il Campanella abbia prese sul 
serio altrettali visioni, e non le abbia rivedute e corretto, agpiun- 
gendovi del suo tante singolari particolarita oltrech5 una coda \vn\ 
indifferente , in vista de' suoi gravi bisogni. Nfe ci sembra pumo 
temerario il ritenere che le visioni consecutive degli angeli , »i lo 
facolta ottenute da Dio, siano del medesimo stampo; e tutto il }:ar- 
buglio ci api»arisce consentaneo all' indole del Campanella , ptMp;- 
tuamente motteggiatrice anche nolle circostanze piu terribili, riina- 
neudo vero soltanto che Dio gli avoa concesse facolta intellouivo 
ed operative straordinarie, atte a costituirlo, secondo il suo conct*u«». 
condottiero della umanita con un migliore indirizzo. 

Ma dunque il Cainpanolla pote mentiro a tal segno? Eli si. ii'-n 
c' 6 da fame le meraviglie, e <*' e da farle invece i)erclio si sia inaii- 
cato di riconoscerlo, mentre egli non manco di dichiararlo, soi^na- 



(n) Ved. gli ultimi versi, con la nota annessa, della Canzone III in SalnioJii 
metatisicale. 



- 389 — 

tamente nelle sue Poesie ; nfe adoperd alcuna circumlocuzione nel 
dichiararlo, e se i poster! non hanno voluto capirlo, la colpa senza 
dubbio non fu sua. Egli disse nettamente che era « bello il mentire » 
in determinate circostanze, appellandosi agli esempi della storia sa- 
cra e profana, e non meno nettamente pure disse che i savii, per 
schifar la morte , « furon forzati a dire e fare e vivere come gli 
pazzi, se ben nel lor segreto hanno altro avvtso » (a). Nfe fu propria- 
mente lui che invento la trista massima 4c intus ut libet, foris ut 
moris est », bensi egli fu costretto a seguirla; nfe ci sorprenderebbe 
che si gridasse alio scandalo, comunque pur oggi si toiler! con la 
piu grande indifferenza che quella massima sia seguita gloriosamente 
da tanti e tanti, senza pur V ombra delle condizioni del Campanella; 
basta considerare il numero grandissimo degli spirit! fort! in reli- 
gione, e de' partigiani de' cosi detti grand! principi! in politica, che 
quasi sempre « nel lor segreto hanno altro avviso » per onta e ma- 
lanno dell' umanita. Ma bisogna anche guardars! dal com par are le 
cose grand! alle meschine, e pero aggiungiamo di non credere che 
possa rimanerne vulnerata la fama del Campanella presso le persone 
non volgari. A niuno b venuto in mente ma! che la fama di Galileo 
Galilei sia rimasta vulnerata dall' avere, con la sua abiura, affer- 
mato il contrario di c!6 che pensava: 1' infamia h ricaduta su co- 
lore che ve lo costrinsero, e pel Campanella, travolto in un abisso 
di miserie che non ha riscontro nella storia de' nostri uomin! di let- 
tere, non e possibile avere un concetto diverse senza manifesta ingiu- 
stizia. Aggiungasi che egli si credeva nato per una missione altissi- 
ma, per 4c debellare i tre mali estremi, tirannide, sofisma, ipocrisia», 
nb semplicemente con lo scriver libri, come potrebbe suppers! dietro 
monche notizie della sua vita; cd ebbe po! a provare, nel mode piu 
efferato, « il senno senza forza de' savii esser soggetto alia forza de! 
pazzi » non solamente dall' alto, ma anche dal basso, non solamente 
da parte de' grand!, ma anche da parte del popolo le cu! sort! egli si 
era sforzato di rialzare, cio che gli diede amarezza infinita, come si 
rileva da piu punt! delle sue poesie. Eppure non dispero nb si arre- 
sto mai, cio che prova la ricchezza e la nob! It A della sua natura; 
ma necessariamente tutte le maniere di astuzia doverono sembrar- 



(a) Cosl nella Canzone < Delia Bellezza » , Madrigale 9", egli dichiar6 che 

« Bello 6 il mentir, se a far gran ben si prova ». 

E nella nota quivi annessa cit6 la menzogna di Ulisse a Polifemo , e di Sifra 
e di Puha a Salomone. In un'altra nota annessa al Madrigale 4.*^ della « Can- 
zon II al Primo Senno », parlando dello Spirito impure , disse che csso d per 
natura mendace, ma aggiunse che < d segno di natura corrotta e viziosa, quando 
mente non per industria , bisogno e sagacit-^ ». L' essere poi state costretto a 
fingere, e Taver finto, si rileva dal Sonetto intitolato « Senno senza forza de' savii 
esser soggetto alia forza de* pazzi », dove il filosofo ci apparisce ritratto con la 
maggior fedeli^, essendo quivi citati i suoi presagi , le sue « Regie impre^e » 
c le conseguenze di esse. 



— 390 — 

gli accettevoli, anche quelle che agli animi nostri , tanto distanli 
dal suo, recano molto dolore. Cosi colore i quali ebbero V oppor- 
tunity la sagacia di saperne o penetrarne i pensieri intimi , lo 
apprezzarono maggiormente o lo vituperarono secondo i proprii umori 
diversi ; e son note certe qualificazioni denigranti assegnate special- 
mente a talune delle sue opere piu caratteristiche, certi epiteti in- 
giuriosi aflSbbiati alia sua persona, quando non si voile o non si sepi>e 
intendere che egli aveva idee riposte, nemmeno tenute addirittura 
sepolte ed erompenti sempre, perfino mentre era obbligato ad ester- 
nare idee di tutt' altro colore per uscire dalla sua tristissima con- 
dizione. Egli non tacque le sue idee riposte in politica e in reli- 
gione , che trovo mode di esporre con un vero stratageinma , se- 
condo una maniera non nuova ma piu che ardita nello stato suo, 
facendo la descrizione della iramaginaria Cilld del Sole; e poich^ 
nella sua estrema vecchiezza ne euro la ristampa e vi aggiunse an- 
cora le Qutstioni suWotlima repvhblica^ composte veramente da un 
pezzo e poi messe da parte, si ha motive di ritenere che a queste 
idee, con poche varianti, egli sia stato attaccato fine alia morte. 
Intanto fe costretto a salvarsi dall' ira universale, fe costretto a mo- 
strarsi diverse da quel che h ; non giunge per questo a nascondere 
le sue interne credenze , e piu volte anzi s' ingegna di farle rile- 
vare almeno a' savii, ma pur troppo i savii riescono vigilant i solo 
tra' suoi avversarii o sonnecchiano affatto. Perfino nella lettera che 
egli scrive in appello al Papa, lo si vede deplorare « V ecclisse di 
spirito » e che « bisogna credere o andar prigione », lo si vede an- 
nunziare che il Cristianesimo fe < la pura legge della natura, a cui 
« solo li sacramenti son aggiunti per aiutare la natura a ben ope- 
« rare », non lodando cosi cortamente lo spirito della Curia, ed at- 
tribuendo a Dio creatore una parte aflatto preponderante su Dio 
salvatore. Nelle opere poi, nello stesso Ateismo debellatOy destinato 
a rappresentare la sua rumorosa professione di fede atta a salvarlo, 
sia quando impiega la maniera di esposizione ad niramque 'parleuu 
sia quando adotta la maniera di esposizione ordinaria ed olneclio- 
nilnis occurrit , lo si vede produrre con tanta larghezza gli arjro- 
menti degli avversarii, da aggiungerne perfino molte volte taluni 
non prodotti mai e suggeriti propriamente da lui. II fatto trovasi 
notato da un pezzo quasi come una scoperta , mentre , se fossero 
state sempre lette con attenzione le cose del Campanella, si sarebl«e 
visto che da lui medesimo non era stato taciuto (a) : pertanto esso li 
rimane molte volte incerto se 1' autore abbia veramente voluto con- 
vincerti appieno sulF opinione che sostiene , o invece illuminarn 
meglio su quella che combatte; sempre poi ti obbliga a riflettore 



{n) € Nee potest Macchiavellista dissimnlarc in hoc aliisque saoculis prae- 
teritis, futurisque, quod argnmenta potiora dissiiiiulaverim: nam plura quam ipsi 
qiicani iniaginari et Ibrtiora apposui , dissolvi(|uo per coelostem ot hnnian;iy 
philosophiam non semel neqiie bis, usque ad radices ». Cosi nella lettera proe- 
miale aH'A^^etATnw^ pubblicata dallo Struvio. 



- 39i ^ 



su quello che espone e su quelle die non puo esporre , su quelle 
che spesso accenna doversi fare e che s' intende non poter fare. Ma 
il nostro assunto ci trattiene dall' affisare lo sguardo in quesio oriz- 
zonte elevate, e ci richiaraa al penese viagj^ie pedestre che abbiamo 
intrapreso: sele diraandiamo di peter- dichiarare ancera una velta, 
che a nestre mede di vedere e indispensabile farle queste vi aggie 
prima di librarsi a vele, in case centrarie si cerrera il rischie di 
una falsa strada (a). 



(a) Abbiamo detto che il Campanella fu divepsamente ed assai spesso vi- 
tuperosamente giudicalo nella persona e nelle opere sue. Segnatamonte circa 
le opere politiche e religiose, che appunto riguardano piu da vieino V argomento 
nostro, fu amraessa in lui un' astuzia con frode, un Machiavellismo combattendo 
il Machiavelli , un Ateismo combattendo gli Atei, la quale ultima proposizione 
in verity 6 affatto insulsa. Possono leggersi nel Cjprianus e nclF Ecliard le te- 
stimonianze di questo genere emesse dal Boeder, dal Conringio, dal Voet etc. etc. 
e non a torto V Echard fece ritiettere che in altrettali giudizii ostili dominava 
il dispetto de' Protestant! di Germania, i quali furono voramente, per esagera- 
zione di zelo, Irattati con molta durezza dal Campanella. Per conto nostro dob- 
bianio dire che nel pacse, dove pot6 essere mcglio conosciuto intimamente, oltre 
la caratteristica di astuto e furbo , stabilita a* tempi suoi e mantenutasi per 
tradizione , non mancarono le testimonianze deir aver lui scritto ben diversa- 
mente da ci6 che sentiva, e questo per veritu importa di assodare. Cosl il Ni- 
codemo , da potersi considerare un' eco di atfepmazioni d' individui che aveano 
trattato col Campanella, nelle Addizioni alia Biblioteca del Toppi disse, « Per 
quanto ebbe ingegno e dottrina , tanto fu ingannatore , e spesso , spesso , per 
compiacere altrui e per proprii fini , cose scriveva lontanissime da quello che 
neir interne sentiva »; respingendo un modo di esprimersi tanto sciocco, che non 
tiene il menomo conto della posizione orribile del Campanella, riraane accertato 
il fatto della dissonanza tra i suoi pensieri e i suoi scritti. Potremmo poi ri- 
ferire testimonianze e ricordi pieni di stima e di affetto , da parte di qualche 
suo discepolo distintissimo, che ebbe campo di conoscerlo intimamente e di va- 
lutarne al tempo medesimo le stringent i necessity; n6 vi 6 chi ignori le testi- 
monianze di stranieri illustri che lo conobbero, come Tobia Adami il quale ebbe 
a conversare con lui per piii mesi al Castello delF uovo nel 1G13, e Gabriele 
Naudeo il quale ebbe a conversarvi del pari lungamento a Roma nel 1631, mo- 
strandosi entrambi convinti non solo dell' ingegno e della dottrina del filosofo, 
ma anche d^l suo candore ed innocenza , mentre per lo meno il Naudeo era 
certamente consapevole dcllc sue imprese di Calabria. Ora a' tempi nostri il 
Sainte-Beuve (Portraits litteraires, Paris i862, vol. 2.° p. 522) ha pubblicata 
un* altra lettera del Naudeo, rinvcnuta nella corrispondenza ms. di Mens.' Pei- 
rescio, nella quale, in data del 30 giugno 1636, invelenito contro il Campanella, 
che assicuravasi avere sparlato di lui e che protestava di « non aver detto nulla 
a suo svantaggio e voler morire suo servitore ed amico », il Naudeo vomita lar- 
gamente grossolani giudizii sul conto di lui. E dice che vuole « una sodisfazione * 
per lettera di propria mano, concepita in guisa da mostrare almeno di essere 
dispiaciuto di avere offeso a torto e con leggerezza >, ma aggiunge che « qua- 
lunque sodisfazione gli avesse date, non lo stimerebbe mai altrimenti che un 
nomo stordito piu di una mosca e negli affari del mondo meno sensato di un 
ragazzo », e « se ha evitato i giusti risentimenti del M.' del Palazzo di Roma 
/u(/gendosene a Parigi sotfo preCeato di essere perseguitato dagli spagnuoli che 
non pensavano punto a lui , non eviter^ frattanto i suoi > (giunge il Naudeo 
a tradire la verity fine a questo punto). E dice che il Campanella « ciarla po- 
tentemente , mentisce impudentemente , spaccia bagattelle al popolaccio , e con 
tutto ci6 ^ un matto arrabbiato, un impostore, un mentitore, un superbo, un 



— 392 — 

IV. Noi potremmo fermarci qui, bastandoci di aver mostrato 
non senza una certa larghezza le tre principali occasioni e manie- 
re, nelle quali il Campanella, dando un termine manifesto alia sua 
pazzia, tento successivamente ed infruttuosamentc, presso lo Stato 
e presso la Chiesa , di essere ascoltato per non rimanere sepolto 
nella fossa di S. Elmo. Ci parrebbe tuttavia di non avere esaurito 
il nostro compito, se non narrassimo anche il s^guito de'tentativi 
da lui fatti ulteriormente ed a breve intervallo, non solo presso la 
Curia Romana, ma anche presso la Corte di Madrid e presso le 
Corti Cattoliche di Germania, con tutte quelle lettere e mediante 
tutte quelle persone che abbiamo avuto bisogno di citare piu volte. 

Nello stesso anno 1600, quasi immediatamente dope di essersi 
rivolto al Papa, egli invoco Taiuto del Card.*** d'Ascoli (fra Giro- 
lamo Bernerio Domenicano , protettore dell' Ordinc) , e poi anche 
quelle de' Card." Farnese e S. Giorgio, Non fe pervenuta fino a 
noi la lettera diretta al Card.**^ d'Ascoli, ma n'ferimasta soUanto 
la notizia nelle altre dirette agli altri Cardinali. Queste furono 
scritle in data del 30 agosto 1606, cioe 17 giorni dope che era 

irapaziente , un ingrato , un filosofo niascherato . . . » , terminando col motto 
€ ipse est catharma, carcinoma, fex, excrementum di tutti gli uomini di lettere. 
a* quiili fa vergogna e disonore > ! 11 Sainte-Beuve , aggiungendovi anche uoa 
nota del Guj-Patin, che dopo di aver visitato il Campanella in Parigi scrisse di 
lui nel suo libro di ricordi il beau-mot « multa quidem scit, sed non multum », 
dice per conto suo bonariamente : « in un tempo in cui si ^ in via di csage- 
rare sul Campanella , ho stimato bene far conoscere questa opinione segreta 
del Naud6 e della cerchia degli amici del Naud^ ; giacch6 sovente d invooati 
la loro testimonianza esteriore . . . , era giusto che se ne avesse anche la te- 
stimonianza intima e confidenziale >. Per conto nostro, a fronte di testimonialize 
provenienti da uomini di coseienza sciaguratamente doppia , siamo disposti aJ 
accogliere le testimonianze segrete anzich6 le pubbliche, ma, naturalmento, ri- 
serbandoci il dritto di approzzarne il valore ; ed essendoci noto come negl* Ita- 
lian! si trovi ancora tanta dabbenaggine, che mentre al di h\ delle Alpi si pro- 
fessa lo cheZ'7ious ad ogni costo, essi si aftaticano a professare il facorite-signon 
senza eccezioni , stimiamo bene speiulervi intorno alcune poche parole. La^e- 
remo da banda le testimonianze del Guy-Patin: vi sono le opere del CampanelK 
e chi 6 avvezzo a leggere deve da esse trarre i suoi convincimenti, non dalle 
impressioni di un uomo che studiava spirito e maldicenza per fame tratfiw, 
ricavandone un [)ranzo e un luigi per ogni seduta, ed era tanto coinpetente in 
lilosofia da maledire Descartes. Quanto alia lettera scritta nel 1030 dal Naudto. 
essa per noi vale solo a mostrare due cose: 1." che il Campanella non aveva 
r abitudine del rautuo incensamento tanto ditTuso tra' dotti a qnell' eta, onde il 
Naudeo , come il Peirescio, il Gassendo etc., non potovimo tollerarne qiialclu 
giudizio sul conto loro, che non fosse un clogio coniiniio in tutlo o per tint': 
2." che il Naudeo era capace di bizze momentanee senza alcuna inisura, da d- 
\QVi>i dire francaiucnto be.stiali. Quaiulo si avesse a ritonere la dett:i lettera <! ■- 
Naudeo non come una bizza monientanea, ma come T espressione del suo [•!"- 
fondo convincimento .ul (\'ur)i)anc'lla , allora , avendo lui scritto le note lot'-r- 
latiiie posteriori al I03<) e la letteri dedii*atoria del Sipifafjma , avendo in.'!- 
tre pubblicato il Panegirico ad Crbano VIII con la relativa avvertenzn , !:■ ' 
quale del rosto dioile veramonto [)n)va solonne di monzogna o d' inipostur.i. ;in- 
drebbe a lui rivolto quel suo motto <( ipse est catharma, carcinoma », con ci- 
che segue. 



— 393 — 

stata scritta la lettera al Papa, ed offrono gli argomenti medesimi 
addotti al Papa, con poclie varianti ed uii cenno fugace delle ri- 
velazioni intorno a Venezia. Sempre rifacendo la storia delle cose 
di Calabria in una nianiera adattata alia sua difesa, dichiarando di 
essersi salvato con la stoltezza dove era odiosa la virtu e di aver 
finto contro la violenza dietro Teserapio di David, annunziando gran- 
di rivelazioni avute e le grazie de'miracoli per beneticio della Chiesa, 
supplied die fosse ascoltato de jure e che Taiutassero a farlo chia- 
mare a Roma anche condizionataraente; aggiunse Telenco delle pro- 
messe fatte ad utile del Re e della Cliicsa, come pure Telenco dei 
libri fin allora composti per dimostrare che egli era in grade di 
mantenere le sue promesse (a). E superfluo dire che non ottenne 
nulla; probabilmente non ebbe nemmeno una risposta da qualcuno 
de' Porporati suddetti. 

Ma ne' primi niesi del 1607 nuove e piu forti speranze si de- 
starono nel Campanella, avendo gia potuto acquistare la conoscenza 
di Gaspare Scioppio oltre quella di Giovanni Fabre, spinti da'Fug- 
gers in aiuto suo. Qui alle notizie deU'Epistolario che diremo na- 
poletano, pubblicato in parte dal Centofanti e in piu gran parte da 
noi, son venute or ora ad unirsi le notizie dell'Epistolario romano 
del Fabre dateci dal Berti , ma h a deplorarsi che la massa dei 
docuraenti di quest' ultimo Epistolario giaccia pur sempre inedita, 
sicclic nemmeno si k in grade di parlare del periodo in quistione 
con tutta I'esattezza che si richiede (i). Cristoforo Pflugh, che aveva 
eccitato in favore del Campanella i Fuggers e tra essi principal- 
mente Giorgio, eccito pure lo Scioppio, avendo con ogni probability 
giA prima impegnato il Fabre. La lettera autografa del Campanella 
alio Pflugh, da noi pubblicata, ci mostra fuori contestazione che lo 
Scioppio venne eccitato da Cristoforo: e possiamo ben dire che le 
relazioni tra il Campanella e lo Scioppio cominciarono non prima 
del 1(507. Per certo il brano di Icttora del Campanella alio Sciop- 
pio, posto dal Centofanti innanzi tutto le lettere Campanelliane da 
lui pubblicate, perfino innanzi a quella del 13 agosto 1606, fu cosi 
posto ar])itrariamcnte , e non puo servire a dimostrare una rela- 
zione tra' du# porsonaggi anteriore al 1607: parlandosi, in quel 
brano, dell'impresa di convertire due Principi non che di allettare 
1 savii di Germania mercfe le nuove dottrine , risulta abbastanza 
chiaro che debba riferirsi al 1607, al tempo in cui lo Scioppio era 
destinato a partire per la Germania in missione presso la Dieta di 



{a) Vcd. Doc. 520, pag. 596. 

(h) Alludiamo a* « Nuovi Documenti sii T. Campanella tratti dal Carteggio 
di Giovanni Fabri , Roma 9bro 1881 ». Notiamo cho i docuraenti di tale Car- 
teggio pubblicati nella loro integrita sono solamonte cin(iuo , rappresentati da 
due let tore deirArcidnca Fordin;m*lo c tro lettere dello Scioppio, mentre lo no- 
tizie che li accompagnano ne most!V\no un numero assai njaggiore. Come ab- 
biamo detto nella Prefaziono di questo libro, ancora nou si concede di poter 
vedere il Carteggio. 

Amabite « T. Campanblla. Vol. H 50 



Ralisbona {a). Gaspare Scioppio di Neumark, giovane grammatici 
eruditissimo, ae ne stava da 8 o '.) anni iu Roma, dove aveva abiat 
rato il ProtestaQtismo, e spiegando un fervore rabhioso contro gli 
anticiii correligionarii, scnvendo successivamente panegirici al PapS 
e al Re di Spagna, Commentarii suUa verila Cattolica, suU'ADtii 
cristo, sul primato del Papa ed aiiclie su' Priapei, era veiiuto in 
fatna e al tempo stesso in raolto tavore presso la Curia Roioana^ 
tanlo che dovendosi raandare f|ualcuno invece di un Nunzio alia 
Dieta di Ratisbona, Paolo V deeise mandarvi lui con la veste di 
Consigliere di casa d' Austria ; e jiossiamo afTeruiare che giA nfll 
febbraio 1607 era Consigliere Austriaco, poichfe con questo titoto 
lo troviamo nominato appunto nella Disputa del Fabre « De Xardo 
et Epithirao adversus Scaligei'um , Rom, UiU7 » a lui diretta in 
data del 1" febbraio di tale anno. Quanto a Giovanni Fabre df 
Bamberga, domiciliato in Roma dal 1600, egli era medico dell'O* 
spedale di S. Spirito , lettore di Anatoniia alia Sapienza , inoltr^' 
Prefetto dell'Orto Vaticano onde s'intitolava Semplicista di N. S.^J: 
6 noto poi che venne piii tardi ascritto alia famosa Accademia drf' 
Lincoi insienie col Persio (1611), e divenutone Cancelliere (161^ 
ebbe a scrivere le « Praescriptiones Lynceae » etc. etc. Lo scop(> 
di Giorgio Fugger nel proteggere tanto vivamente il CampanellaJ 
era sopratutto quello di ado]>erarlo a'servigi del Cattolicismo in Gep- 
mania, giudicandolo per la sua dottrina, eloquenza ed attivitA, il pi^ 
capace di corabattere con successo i Protestand. Si sa che nelte 
feroci dissensioni religiose di Germania i Fuggers erano tra'Catto^ 
lici piu caldi, e che un Ottone Enrico Fugger, giovinetto al tempo 
del quale trattiamo , distintosi poi in molie fazioni militari sottO' 
le bandiere di Spagna, fu quello che in ultima analisi prese Au- 
gusta, vi depose il Senate Luterano e ve ne istitui uno CattoUco;> 



(a) Ved. ContofDiiti nell'Arch. storico italmno, luglio 186S pag. 19: «l)|f 
cleri reformatione iterum dico tibi me quasi nihil spernre . . . ; jpsi orabuiA 
no3, bI PriDcipea duoa, quos quasi maiiibus teneo convertemus, et sapientes Get^ 
maniae per Dovitatfim doctrlnae adniirabilis allicienius > : d' an<Je si v«de chr 
il Carapanella avca gii riounzinto a sostenere la riforma del Clero coDsiglia^ 
come iodispensabile nella lettera del 1606 al Papa, e il suo pensiero era UdOi 
rivoito alle imprese di Germaniii da Joversi compiere insieme con lo Scieppto^ 
al quale aveva pure scritto un' altra volta. Aggiungiamo che essendo ora acce^ 
tato da lino de' documenti rinvenuti ditl Beni essere lo Scioppio venuto in N»^ 
poli neiraprile 1607, e couincinndo la lettera di^l OampaneJla cod le parole 
« Mirifice me atigit quod adspectus denegatur tuus » , saremmo tentati di a^ 
sugnarle appunto la data suddetia, ipiando essi stavano vicini e ood si permed 
leva che tii vedesscro. Aggiungiamo ancora che oon puCi dubitarsi essera stslo' 
I'anDO I(i07 quello in cui lo Scioppio ebbe la missione di Germania, poid^ 
una lettera autograra di lui a Caijsiano del I'ozzo, da noi pubblicata, i«ca;' 
«L'anno 1607 havendo gli C.itolict di Germania snpplicato il Papa Paolo T| 
che soprasedesae di mandar un Nunzio ajhi Dieta di Ratispona per eviUr h, 
gebsia de' Proteatanti, si risolse i! Papa di mandarvi la mia persona come C^ 
segliero di casa d' Austria < etc. (ved. 11 Godice dello lettere del CampuMUt/ 
pag. 80 in nota). 




Non fa quindi meravig:lia I'ardoro di Giorgio per liberare il Cam- 
panella, non eonosciuto da lui come colpevole di eresia ed invece 
slimato viltima di malevoli , onde lungamente tento tuiti i mezzi 
per averlo in Augusta, lo soceorse in danaro e in coramendatizie, 
lo protesse e lo fece proteggere , lo fece visitare e lo visito egli 
medesimo, destino una forte somina per farlo fuggire o liberai-e: 
le promesse di iniratioli , le afformazioni di possedere segreti nie- 
ravigliosi, le esagerazioni di ogni maniera, che il Campanella avea 
poste innanzi per acquistarsi la grazia e Tinteresse de" potent), non 
destavano allora le diffidenze di oggidi se non presso i ben pochi 
spregiudicati ; si puo dire che esse giovarono piii che nocquero , 
e forse contribuirono sopra ogni attra cosa ad infervorare i Fug- 
gers nella protezione del Campanella. Lo Scioppio riusciva pel fi- 
losofo un uomo prowidenziale, essendo coafldente della Curia Ro- 
mana e destinato ad avvicinare 1' hnperatore Rodolfo , FArciduca 
Massimiliano di Baviera, TArciduca Ferdinando di Austria e tutti 
que' Principi di Germania che erano impegnati con Spagna a so- 
stenere gl'interessi del Cattolicismo; il Fabre poi riusciva serapre 
un buono assistente ed un utile intermediario |>er la corrisponden- 
za , la quale era gi^ avviata da un pezzo ti'a i Fuggers residenti 
in Augusta e il Carapanella, venendo le lettere dirette a un Marco 
Velsero gentiluomo di molta levatura ed influenza e non a' Fug- 
gers, e d' allora in poi doveva allargarsi comprendendo anche le 
lettere dello Scioppio. Motori di tutte queste pratiche erano, come 
ben si vede, i Fuggers, e di essi specialraeute Giorgio, mentre in 
Napoli si prestava con tenera soUecitudine fra Seralino di Nocera, 
che il Campanella chiamava suo « tutore »; per altro Giorgio mando 
talvolta anche qualche suo agente particolare, dapprima forse un 
Sigisraondo , che trovasi nominato nell' Epistolario napoletano ma 
che potrebb'essere veramente un incaricato dello Scioppio, piu tardi 
poi un Daniele Stefano di Augusta, clie trovasi nominato nell'Epi- 
stolario romano e che deve dirsi con sicurezza un agente di Giorgio. 
Parrebbe che lo Scioppio avesse giA letto qualche opera del 
Campanella, con ogni probabilitii avuta da Cristoforo Pflugh, e che 
ne fosse rimasto altamente sodisfatto: cosi, dietro le solleeitazioni 
de'Fuggei-s, che doveano equivalere a comandi atteso I'enorme cre- 
dito ed influenza di quella famiglia, dirigendosi al Campanella gli 
manifestava aramirazione per la prestanza sua apparsagli ne' libri 
suoi, gli prometteva di adoperarsi per la sua liberazione presso i 
Principi del Cristianesimo, gli esprimeva il desiderio di averlo a 
socio contro gli eretici ; questo si puo argoraentare da un brano 
della lettera pubblicata poi dallo Struvio, con la quale piii tardi 
il Campanella accompagn6 I'invio di una copia delle sue opere di- 
mandate dallo Scioppio. Naturalmente eostul apparve al Campa- 
nella un Angelo, un Liberatore, un Redentore, e cosi trovasi chia- 
mato sempre nolle lettere del lilosofo. I nuovi document! rinvenuti 
dal Berti mostrano che il 26 aprile IG07 egli era in Napoli 



"J 



— 39C — 

scriveva al Fabre , « De Campanella in bona spe sum fore ut ei 
« loquar, et quae velim ab eo auferam: interque coetera disputa- 
« tionem adversus Venetos, quam Pontifici gratissimam fore con- 
€ fido ». Questa 6 la sola notizia datane finoggi , e da essa non 
risulta che lo Scioppio abbia visto il Campanella, ma risulta che 
sperava di vederlo e di carpirne tutto cio che volesse, accennando 
agli Anitveneti che diceva dov.3r rinscire assai graditi al Papa, e 
mirando senza dubbio agli Articoli 'profetali che sarebbero rinsciti 
graditissimi a lui medesimo; troveremo infatti che egli li desidero 
e li chiese per lungo tempo e per tutte le vie, mentre il Campanella, 
tutt'altro che facile ad essere superato in avvedutezza, Taveva ben 
capito e se ne schermi fin da principio. Lo Scioppio si era impe- 
gnato neir astrusa quistione deirAnticristo e de'futuri eventi della 
fine del mondo (a), o cio forse, piu di ogni altra cosa, gli fece ap- 
parire il Campanella tanto interessante; poichfe, quanto agli scritti 
contro Venezia, il Papa trovavasi gia in via di accomodamento [»er 
mezzo del Card.* di Gioiosa, che mandate da Errico IV era stato 
in Venezia ed era poi giunto a Roma fin dal 22 marzo , la qual 
cosa lo Scioppio non poteva ignorare. E posto intanto fuori con- 
troversia che lo Scioppio sia venuto in Napoli nelF aprile 1607, 
non gi^ nel 1608; ma b posto in pari tempo fuori controversia che 
egli sia venuto per parlare al Campanella e carpirne le opere , 
d' accordo col Fabre , e che non abbia menomamente avuta una 
missione del Papa per trattare la liberta del prigioniero, come fi- 
nora si era creduto dietro una delle tante erronee notizie regisirate 
nel Syntagma^ che noi abbiamo recisamente oppugnata ; ei riser- 
biamo per altro di tornare piu in la su tale quistione, di cui ognuno 
intende la grande importanza. 

Come dicevamo, rimane tuttora ignoto se in Napoli lo Sciop- 
pio abbia visto il Campanella ; ma non sarebbe meraviglia che non 
avesse potuto vederlo, mentre era tanto rigorosamente guardato, e 
le premui'e di un note faccendiere della Curia Romana doveano 
piuttosto riuscire a farlo guardare maggiormente. Forse in tale oc- 
casione , se pure la cosa non sia accaduta un po' prima per via 
epistolare , lo Scioppio ebl)e le copie delle lettere gi^ dirette dal 
Campanella al Papa ed a' due Cardinali nell'agosto 1606, accio ri- 
manesse informato de'passi fatli, ed ebbe poi quella lettera al Paj^a 
da noi pubblicata; la quale mostra bene di essere del 1607, dicen- 
dovisi il Campanella carcerato da otto anni , ed oltreche attesia 
I'invio delle lettere antecedenti con le parole « scrivo treniando et 
altre lettere mandai », accenna pure in modo manifesto alio Scioppio 
che si era ofTerto a favorirlo con le parole abbastanza notevoli, 



(a) Scioppii, De Antichristo, Epistola ad 111.'" quemdam Germaniae Prin- 
cipem Protestantem scripta, accesserunt ejusdem I)c Petri priniatu, l>e adon.- 
tione summi Pontilicis, de splendore ct divitiis ecclesiasticorum , de Papin 
denique potestate in saecularibus etc. Ingolstadii 1605. 



— 397 - 

€ et mo io stava piangendo com' Helia sotto il Junipero, diman- 
« dando la morte, et ecco venir quest' Angelo Samaritano , dopo 
€ che mi sprezzaro li Leviti e li Sacerdoti , e me tradiderunt in 
« manus trihulanlium ei in animam inimicorum meorum, questo 
« dico mosso da spirito di Sapienza . . , et vult alligare vulnera 
€ mea ». Tutta la lettera rappresenta un 2^ appello al Papa, come 
h attestato fin dalle prime parole , « Io di novo appello la causa 
mia al Tribunal proprio di V. B. » etc.; e del resto vi si trovano 
ripetute le solite cose, essersi in procinto di veder le meraviglie, 
avendo parlato di segni e profezie essere stato ritenuto ribelle , 
aver sofferto tormenti e malanni gravissimi, voler essere ascoltato 
nel tribunale romano , poter mostrare cose mirabili , aver visto e 
toccato ne' suoi guai i misteri della fede e le cose celesti (a). Ma 
ancora in data del 7 aprile 1607, non sapremmo dime il motive, 
scrisse quella lettera latina solenne al Papa ed a tutto il Senate 
de'Cardinali che fu pubblicata dal Cent.ofanti, e in essa, tra umili 
supplicazioni e audaci rampogne , si dolse che non aveano voluto 
ascoltarlo, mentre « spesso li avea avvertiti di voler mostrare in- 
4c nanzi a'Principi del sue popolo ed alle tribu d'Israele secondo le 
« sacre decretali, merce le aiitorita della Scrittura come Giovanni 
« Battista, e con miracoli da nun potere essere imitati dal diavolo, 
« come quelli di Mos5 alia presenza di Faraone, che per volenti 
« di Dio egli era chiamato alia salute de'popoli »; e dicendo che 
« se era pazzo lo liberassero » (proposizione degna di esser nota- 
ta), ricordando le imputazioni ingiustamente soflerte per Taddietro 
e poi quelle degli ultimi tempi , accennando alle opere che avea 
composte, esponendo i segni della prossima fine del mondo e le re- 
lative profezie , difendendosi dalle accuse , mostro la necessita di 
esser tradotto a Roma, cito i casi analoghi ne' quali si era fatto 
lo stesso, si dolse di non vedere esaltata la giustizia. Lo Scioppio 
avrebbe dovuto presontare questa lettera, ma da'documenti che fi- 
nora possediamo emerge essersi rifiutato a presentarla, consigliando 
che non si parlasse di miracoli e si facessero semplici supplicazio- 
ni, al quale consiglio il Campanella non si piego; e forse apparve 
per questo uno stravagante , come del resto apparve anche a pa- 
recchi in seguito, mentre i tanti garbugli prodotti in sua difesa, 
le scene non brevi di simulazione di pazzia, gli sforzi continui per 
farsi credere ispirato, e le vicende tutte di una cosi lunga prigio- 
nia doverono fargli acquistare un portamento tale da rendere plau- 
sibile un giudizio di quella fatta. Ma si converra che specialmente 
presso Paolo V, il quale negli ultimi tempi del sue Cardinalato 
avea tenuto il suggello dell' Inquisizione, e presso il Card.* S. Gior- 
gio, il quale avea tenuto il suggello dello Stato, e pero buoni co- 
noscitori entrambi degli avvenimonti di Calabria e relativi processi, 
il Campanella nel 1606 non avrebbe potuto sperar nulla senza pren- 



(a) Ved. II Godic6 delle lettere etc. pag. 35. 



- 398 - 

dere un atteggiamento straordinario ; e naturalmente presolo una 
volta, egli non si poteva piu smentire senza suo danno, e doveva 
ad ogni costo mantenersi nella condizione d' ispirato. Lo Scioppio 
non poteva capacitarsene, perchfe in realty non conosceva ancora, 
meglio conosceva solamente in parte lo state vero delle cose del 
Campanella : per altro continuo a mostrargli stiina grandissima , 
si attendeva di poter apprendere molto da lui in poco tempo , ol- 
trechfe di ottenere la spiegazione delle cose piu recondite intorno 
all'Anticristo, nfe cess6 mai di dirigergli di tratto in tratto quesiti, 
perfino dopo che avvenne qualclie cosa per la quale lo vedremo 
essersi ritenuto offeso : e il Campanella prometteva che gli avrebbe 
insegnate tutte le scienze durante un solo anno, si offriva a fargli 
la nativity, ne secondava ed ampliava i disegni di voler convertire 
i Protestanti e i Gentili, dava soUecite risposte a' quesiti di lui non 
appena gli pervenivano , affaticandosi anche a menare a termine 
VAtetsmo e que' Profelali clie erano sommamente desiderati da lui. 
L' Epistolario napolotano ci mostra tutte queste cose, e ci mostra 
pui'e che lo Scioppio inviava al Campanella qualche sussidio, o del 
suo del danaro de' Fuggers, per pli alimenti e per la trascrizione 
delle opere, la quale, come aljbianio dimostrato con V esame delle 
copie pervenute fine a noi, venne fatta da un amanuense non na- 
poletano. 

Secondo una notizia tralta dall' Epistolario romano, il Fabre 
avrebbe accompagnato lo Scioppio o meglio sarebbe venuto poco 
dopo lo Scioppio in Napoli, e, nientemeno, avrebbe ottenuta V uscita 
del Campanella dalla fossa di S. Elmo ! Egli lo fece sapere a Marco 
Velsero, e cestui, in data del 9 maggio 1607 gli scriveva, «gran- 
d' obbligo debbe tener il Campanella a V. S. di essere stato trasfe- 
rito et accomodate come lei dice >. Siamo tentati di credere che 
per lo meno debba esservi qui un errore di data, parendoci raolto 
strano che il Fabre abbia potuto far credere una cosa simile, men- 
tre non solo sappiamo che il Campanella il 26 giugno e T 8 lu- 
glio 1607 (nella sua lettera sulla peste di Colonia e nell' altra a 
Mons.^ Querengo) disse trovarsi ancora nella fossa in ceppi, ma sap- 
piamo pure dal medesimo Epistolario romano che vi fu bisogno di 
far scrivere al Vicerfe dall'Arciduca Ferdinando, nel gennaio 1608, 
che volesse far trasferire il Campanella « dalla fossa di S. Elmo, 
dove giaceva, nel Castel Nuovo » (cosi si esprime il Berti). Vi fu 
poi un' altra venuta del Fabre abbastanza piu tardi, dopo che avea 
pubblicata la disputa « De Nardo et Epithimo >► e coll' occasione di 
dover raccogliere piante per 1' Orto Vaticano : queste due circo- 
stanze si trovano ricordate da Giulio Cesare Capaccio che vide il 
Fabre in Napoli (a), e ci fanno comprendere lo scope della venuta 



{a) Jul. Caesaris Capacci, Illustrium mulierum et illustrium virorum elo^ 
Neap. 1608-i609, t. 2, pa-. 275-77. 11 Capaccio dice che il Fabre gli < moitrO> 
la disputa mandata alia stampa contro lo Scaligero. 



ed anche la data di cssa; poichfe basta g;uardare la disputa anzi- 
della , per veilere die quosta fu diretta alio Scioppio in data del 
P febbraio , ma fu dedicata all'Arehiatro Pontificio Vittorio Me- 
rolli in data del P agosto 1G01. Vedremo che la venuta di cui par- 
lianio si deve riportare propriamente all' anno 1008. Notiarao per- 
tanlo non essere dimostrato davvero che il Fabre e lo stesso Sciop- 
pio, venendo a Napoli, si siano adope.'ati in favore del Campanella 
nel senso di avere direttamente procarato dal Vicerfe raitiyazione di 
custodia, miglioramento di vitto, e tatito meno avviamento alia li- 
bertil : in obbedienza alle preraure di Giorgio Fugger essi doverono 
recar sussidii e procarare facilitazioni per questa via; ma tinoggi 
possiamo affermai'e che realniente il solo fra Serafino, il meno nomi- 
nato, si presento una volta al Vicerfe per parlargli del Campanella. 
Assai pill del Fabre, per quanto eappiamo, lo Scioppio fliresse 
quesiti al Campanella. Ve ne furono Sul modo di emtare tl freddo, 
come pure Sutla sordild e I' ernia, a'quali il Campanella risposa 
prima che agli altri, secondoch(5 rilevasi dal Syntagma e in parte 
anche da qualcuna delle risposte a' quesiti suceessivi ; ma le rispo- 
ste a' detti quesiti non sono pervenute fino a noi. Ve ne fa un al- 
tro Sul modo di far cessare la, pesie in Colonia , trasmesso rae- 
diante fra Serafino, e il Campanella vi rispose il 24 giugno 1607 ; 
un esemplare della risposta si trova anche nella Magliabechiana, 
ma scorrettissimo e senza data ; quelle che fu da noi pubblicato k 
sodisfacente , e dobbiamo notarvi la premura del Campanella an- 
che presso i Colonies! per essere chiamato cola a curarvi la peste, 
offrendosi perfino ad essere lapidato nel caso d' insucceaso ! Aneora 
ve ne fu un altro Sul modo di eeitare il colore eslivo, e la rispo- 
sta, da noi pubblicata, fu fatta TS lui^lio 1007: in essa si notano 
anche varie precauzioui da doversi adottare durante il viaggio, ac- 
cennandosi abbastansa al viaggio che lo Scioppio dovea intrapren- 
dere, ed oltraecio si parla di lettore commendatizie avute e di altre 
aspettate, a cura delto Scioppio; ci riserbiamo di dime i partico- 
lari pii sotto, limitandoci qui a stabilirne la data. Altri quesiti , 
come quello Sul Pertpalelicismo che il Campanella condannava, I'al- 
tro Sul tempo suecessivo alia morte deW Anticrislo, che si riteneva 
(lover essere di soli 45 giorni , cosi pure un altro Sul Pieno e 
sul Vacuo nell' interesse del Fabre , parrebbe che verain^nte fos- 
sero stati diretti al Campanella nell' anno 1608: noi abbiamo pub- 
blicate le risposte, che recano la data del 13 giugno e del 7 noveni- 
bre senza indicazione di anno, e vedianio ora tea i nuovi docuraenti 
del Berti una lettera dello Scioppio, senza indicazione n6 di luogo 
n6 di tempo, che rappresenta iudubitatamente la proposta de' que- 
siti suddetti; raa alludendosi in essa ad una lettera che il Cam- 
panella avrebbe dovuto scriver^j particolarraente all'Arciduca Fer- 
dinando, bisogna riferirla al 16IJ8 e cun ogni probaljilita alia fine 
di maggio di tale anno. — Uobbiamu iatanto dire , che terminata 
oramai la trascrizione delle opere, pot6 farseue I'invio alio Sciop- 




— 400 • 

pic con quella lettera notevolissima anche pel ricordo delle perse- 
cuzioni sofferte, posta qual Proemio alVAteismo e pubblicata dallo 
Struvio con la data del P giuj^no ; se non che trovandosi nella 
lettera citate come gia mandate le risposte circa il freddo, il calore 
e la peste di Colonia , b evidente che la data di essa , quale fa 
letta dallo Struvio , riesce errata , e invece del 1® giugno si do- 
vrebbe forse leggere p. es. 10 luglio 1607 (a). Ecco T elenco delle 
opere trasmesse alio Scioppio in tale data, essendogli stata la Con- 
stdtazione per aumentare i ft^ibuti consegnata separatamente : la 
Monarchta di Spagna , i Discorsi a^Principi d' Italia , il Dialogo 
conlro i LtUerani, 1' opera Del Se^iso delle co$0y V Epilogo magno di 
Fisiologia seguito dagli Aforismi polilici e dalla Cittd del SolCj 
la Monarchia del Messia col discorso De' driili del Re di Spa- 
gna etc., il libro De Rejimine Ecclesiae, gli Antivenetiy e la Re- 
cognitio verae Religionis delta poi Alheismus triimiphatus : possiamo 
aggiungere ancora che talune copie furono dal Campanella corrette 
ed altre no, come si rileva da quelle pervenuteci, V una dejarli Afo- 
rismi politici fornita di correzioni autografe, V altra della Ciltd del 
Sole rimasta senza correzioni. AW Ateistno il Campanella diede la 
niassima importanza, evidentcniente per le sue condizioni infelicis- 
sime: lo dichiaro « sue monumento », lo dedico alio Scioppio, mo- 
stro desiderio che egli lo traducesse in tedesco insieme col Dialogo 
contro i Luterani. Si dolse pure di non poter mandare la Metafi- 
sica, perch6 « un certo Marchese discepolo ingrato la riteneva ad 
istigazione di Satana », alludendo senza dubbio a Francesco del Tufo 
successo al padre Gio. Geronimo, che le scritturc deir Archivio di 
State, da noi ricercate appositaiiionto, ci mostrano defunto il IT lu- 
glio 1600. E dobbiamo dire che a torto cgli credo effelto d' ingra- 
titudine il non aver avuta la Motatisica, poiclio ossa, inorto il Mar- 
chese Gio. Goronimo, era statM rubati da un domostico coprnoniinato 
Gallo e venduta a Gio. Battista Eredio Pisano di Puglia, come il 
Campanella medesimo dov^ sapere piii tardi onde se ne trova il 
ricordo nel Syntagma; dobbiamo diro inoltro che verosirailmente 
reclamo V opera sua quando seppe V accaduto, alcuni anni dopo, e 
cosi essa pote capitare nolle mani del Reggente della Vicaria e del 
Vicerc, secondochfe risulta da un documento che abbiamo rinvenuio 
del pari nell' Archivio di State (b). Ma non mando gli Af^licoli Pra- 



ia) Questo errore non sarebbe il solo : probabilmente per colpa dell' ama- 
nuenso la lettera si mostra erronea in piii punti. Fin daH' inlostazione vi si 
le«r^o « Gaspari Scioppio . . . qui se litteraloreni exhibet » e dovea dire « li- 
beratorcm > ; oU're poi « politicae XV aijhorisinos » e dovea dire « CL » : pia 
oltre, « rogo te sis mihi ac tibi dedecori el oncri », e dovea dire « no sis » elc. eu\ 

(^) La data delJa morte del Maretie-e di Lavello (Uo. (ieronirao trovasi 
no' Keg.' delle Si(/nificiitoric dc' Urlcvii vol. 39, fol. 108. — (Jiianto al lio;- 
pero (liiWix MetafU'ca ved. Doe. 5:.^:^, pa- r)()3. L' iiiter\ento del Ri'.-jvi-i' 
della Vicaria fa ritenero che il Campanella abbia dovuto reclamare pel ricuperr? 
deir opera sua. 



•^ 401 - 

fetali e disse che li avrebbe mandati in sfeguito: forse non aveva 
potato compierli , o invece voile tenerii in serbo (e difatti non li 
mando neanche quando poi disse di averli gi4 pronti), accid lo Sciop- 
pio, rimanendo nell' aspettativa, non cessasse dal favorirlo. Egli se 
ne attendeva V adempimento delle promesse , cio6 « essere suo li- 
« beratore presso i Principi del Cristianesimo , e dargli modo di 
« essere suo commilitone contro le eresie de' tigli di Abaddon »• 
Questo gli ricordd nella sua lettera, e fatta la rassegna delle opera 
che gl' inviava soggiunse : « vedi , ho consegnato tutto nolle tue 
4c mani ; poich6 mi prevenisti co* tuoi beneficii, non voUi apparire 
« ingrato > . Ma inoltre lo avverti che molti , ricevute le opere , 
trascrivevano da esse le proprie, e gli raccomando di badare a non 
cadere con gli altri, « poiche questo furto h peggiore di quelle della 
€ fortuna e dell' onore e di ogni altro delitto, venendo soltratti i 
« figli non del corpo raa dell' anima, e figli perenni .... », ed al- 
lora potrebbe « volerlo estinto , e il diavolo subito gli direbbe nel 
4c cuore bastare quanto avea fatto intorno a cio che avea promesso 
« con giuramento, bastare averlo tentato, essendo impossibile pro- 
« curare la salvezza del Campanella . . . di cui ogni male gli par- 
« rebbe provenire dalla giustizia di Dio ». E finiva dicendo: « Ti- 
« bique commendo libros, sicut me Deus tibi, si forte non simulas, 
« ut coeteri »! Pare impossibile che un uomo come lo Scioppio non 
sia rimasto offeso da simili parole ; ma sappiamo con certezza che 
se ne mostro irritate in s^guito allorchfe il Campanella , non ve- 
dendo pubblicare le sue opere, gli fece intendere di nuovo la sua 
preoccupazione che egli volesse servirsene, e non gli mando i Pro- 
fetali che egli desiderava sempre piu. Per altro c' h motive di ri- 
tenere che lo Scioppio siasi mostrato toUerante verso il Campanella 
molto al di la del solito suo, per deferenza a' potenti Fuggers, che 
non cessavano di proteggerlo accanitamente. 

Abbiamo visto che il Campanella, nell'inviare le opere, diceva 
di farlo per non sembrare ingrato. Egli ritenevasi obbligato alio 
Scioppio, perchfe era condisceso a favorirlo e si era impegnato a 
patrocinare la sua causa: d'aHronde sappiamo avergli lo Scioppio 
procurato alcune lettere comn 3ndatizie dirette al figlio del Vicer6, 
altre averne soUecitate mediante Mons.^ Querengo dal Card.^ Bor- 
ghese dirette egualmente al figlio del Vicerfe, che le cronache ci 
dicono essersi recato a Roma insieme coll' altro suo fratello non ap- 
pena eletto Paolo V, e pero doveva essere state conosciuto da molti 
della Curia ; forse lo Scioppio medesimo soUecito le lettere del- 
I'Ambasciatore Cattolico e cleirAmbasciatore Cesareo, che il Cam- 
panella nella lettera deir 8 luglio 1607 diceva di attendere. Ma 
nessuna sollecitudine egli mostro presso il Papa; e non deve nem- 
meno sfuggire che egualmente Mens/ Querengo non si adoperd 
presso il Papa, mentre non solo era suo Prelate domestico assai 
ben veduto, ma anche, secondo I'Eritreo, precettore ed aio del ni- 
pote di lui Gio. Battista Vittorio. Sicuramente al Papa non dovea 

AmafrOf— T. G4MPANBLLA, Vol. II 51 



- 402 - 

piacere di udire' a parlare del Campanella, e niuno os6 affrontarne 
il disgusto; ma fe chiaro che vennero grandemente ridotte le pro- 
messe di aiuto fatte dallo Scioppio, per le quali il Campanella era 
condisceso a dargli nelle mani tutte le opere sue. Poniamo qui ehe 
ad occasione delle commendatizie promesse dal Querengo dietro le 
istanze dello Scioppio, il Campanella scrisse al Querengo una let- 
tera di ringraziamento notevolissima, con molti cenni della sua vita 
passata, de'suoi studii e del suo modo di filosofare: verso il tempo 
mcdesimo scrisse una lettera non meno notevole a Cristoforo Pflugh, 
per rimoverlo da una tresca lasciva alia quale si era abbandonalo 
in Siena, ed eccitarlo ad andarsene con lo Scioppio che prepara- 
vasi a partire per la Germania (a). — Ma importantissime riescono 
per la nostra narrazione le lettere che in questo periodo il Cam- 
panella scrisse al Re di Spagna , all' Imperatore , agli Arciduchi 
d' Austria, e che lo Scioppio dovca far ricapitare o presentare perso- 
nalmente. Esse vennero scritte senza dubbio nel 1607, come risulta 
dal vedere che il Campanella vi si dichiara sempre carcerato « da 
8 anni >; e puo dirsi anche essere state scritfe tra il giugno e il 
luglio, poichfe quella diretta al Re, scritia prima delle altre, reca 
nell'elenco delle opere « La esamina di tutte le s6tte » etc. ossia 
r Ateismo dehellalo allora appunto condotto a termine. La lettera 
al Re fu scritta prima, giacch6 trovasi menzionata nelle altre. Pren- 
dendo sempre le mosse da'futuri eventi, lusingando con la Monar- 
chia universale che dovea veriflcarsi , rifacendo come altre vohe 
la storia delle cose di Calabria, non negando ed anzi giustiticando 
la simulazione della pazzia, dichiarando di trovarsi aggravate dai 
vassalli di S. M/'' che non volevano no udirlo nfe consegnarlo al 
Papa, perchfe « temevano che lo liberasse subito », si appellava a 
S. M/'', e per la solenno occasione della nascita del folicissimo 
Principe {intend, della fiitura nascita del Princii)e che accadde in 
ottobre, venendo alia luc(3 I'lnfante Ferdinando che fu poi il Card.** 
Infante) chiedeva la grazia di essere ascoltato secondo la legpo. 
Ricordava di avere scritto la Monarchia di Spagna, i Disco7*si ni 
Principi d' Italia, la Tragedia della Regina di Scosta, annunziava 
di avere autorita come S. Giovanni e miracoli piu grandi di quelli 
di Mose; progava quindi che lo facesse venire innanzi a lui e al suo 
Consiglio, terminando con Telenco delle promesse anche accresciute, 
come pure con I'elenco delle opere che avea composte, ed aggiun- 
gendo che lo lasciasse dar prove celesti degli avvisi celesti almeno 
in Roma (fe). Poi dovi^ scrivere ancora le due lettere latine airim- 



(a) Entranibe le lettere sono si ate da noi pubblicato. 

(b) E curioso il vedere che al Ho, oltre le promesse solito di edificare una 
cittii inespuj^'iiabile etc.. far che i vascolli navighino senza remi e senza vomo, 
far che Ic carra caniminino ool vento con buoni pesi, far che i .soldati a cavrillo 
adoperino entrambe le mani senza obbligo di tener la briglia (cose piu o mtrn- 
giA detto pure nella CUtd del Sole), aggiunse straordinariamente la promcssa 



— 403 — 

peratore e agli Arciduchi di Austria, che lo Scioppio avrebbe pre- 
sentate mostrando in pari tempo le opere da lui avute, non che le 
copie della lettera scritta al Re e di quella scritta al Papa e a 
tutti i Cardinali, « da doversi consegnare, se il timore non trattenga 
pure TAngelo suo » (non aveva mai cessato di sperare che lo Sciop- 
pio r avrebbe consegnata, smettendo il « timore » che lo trattene- 
va). In entrambe queste lettere egli press' a poco ripeteva le cose 
stesse tante volte dette, i segni da lui studiati, le opere composte 
per tale circostanza, le imputazioni avute di « volere usurpare il 
Regno » e di essere eretico, Paver trovato salvezza con la pazzia, 
Tessere state posto in una fossa, I'avere scritto cose mirabili e il 
doverne dire a voce molte di piu. In ultima analisi poi, all'Impe- 
ratore chiedeva che lo facesse venire in ceppi innanzi a lui, dan- 
nandosi al fuoco se si fosse trovato mendace, ovvero procurasse di 
farlo andare presso il Papa o alraeno presso il Re Cattolico; agli 
Arciduchi chiedeva di adoperarsi presso il Re, perchfe volesse udirlo 
o farlo udire dal Papa o dall' Imperatore , sempre dannandosi al 
fuoco se fosse trovato mendace, ed additando lo Scioppio che avrebbe 
mostrato le opere e le lettere da lui scritte, e molte altre cose 
avrebbe esposte a voce. Ognuno avra notato, che dalla prima al- 
Tultima sua mossa la dimanda continua del Campanella fu sempre 
quella di essere ascoltato: anche dope di avere scritto tante opere 
che potevano farlo ben conoscerc nel sense in cui voleva essere co- 
nosciuto, egli non rifini dal voler essere ascoltato; e perfino in una 
delle sue lettere alio Scioppio (a), dope di avergli detto che i pro- 
prii libri di Metafisica gli sarebbero parsi scritti da un Angelo e 
non da un uomo , essendo superiori a tutti gli altri « che aveva 
gia ricevuti », soggiungcva, « ma quando mi udrai faccia a fac- 
« cia, terrai a vile anche gli stessi miei libri di Metafisica » (cid 
che prova pure non aver mai avuto lo Scioppio tale occasione). Per 
intendorlo, bisogna ricordarsi della prepotente efficacia del suo di- 
scorso, attestata in ogni tempo e dalle persone piu diverse, a co- 
minciare dal povero Maurizio , che lo provo in Calabria e disse, 
« quando parla , ritira ognuno dove vuole » , a finire a Vincenzo 
Baronio, che lo conobbc negli ultimi anni in Parigi e scrisse, « maior 
« fuit impetu ingenii, quod in conversationibus eminebat, et in libris 
« obscurum est et pene extinctum > (b). 

Nell'agosto o forse nel settembre 1607 lo Scioppio partiva per 
la Germania fermandosi un poco in Venezia: I'Epistolario romano 
ha una sua lettera da Venezia in data del 22 settembre d.^** anno, 
e poi ne ha anche un'altra posteriore da Ratisbona, in cui egli dice 



de' € Rimedii di rinnovar la vita ogni 7 anni ». Nessuno meglio del Campanella 
sapeva adattarsi nlle persone con le quali avea da fare. 

(a) Ved. II Codice delle lettere etc. pag. 45. 

(b) Cosl neir Echard, Vita Oampanellae, ediz. agg.*' al Cyprianus, Traiecti 
ad Rhenum, 1741, pag. 175. 



— 404 — 

aver portato dair Italia una malattia delP intestine rette cagionatajrli 
dall'aver mangiato troppo melloni ed altre frutta in Roma; da rio 
si desume chiaramente che parti da Roma al cadere dellVsta. In 
Venezia egli afFermo aver patito fastidii dal Magistrate de' Dioci 
avendo portato nella sua valigia le opere del Campanella , o y\\\ 
volte poi ripetfe di averle tutte date al libraio Gio. Battisra Ciotii 
per farle stampare, senza che cestui avesse volute piu ne stanij)arl^ 
nb restituirle, sicchfe dov^ poi reclamarle per mezzo deH'Ambascia- 
tore Cesareo , n^ potfe ricuperarle che dope molto tempo (a); ed 
inutilmente anche reclamo gli Antiveneti ^ e dovfe esserne inviata 
da Napoli un' altra copia , e il Governo Veneto fece proposte vo- 
lendo acquistar Topera accio non si stampasse. Ma su questi fatti, 
asserti dalle Scioppio e rilevati dal Berti ne'documenti dell' Episto- 
lario romano, accade di dover fare qualche osservazione. E notis- 
simo che in Venezia lo Scioppio fu imprigionato per due giorni ed 
obbligato a sfrattare, sia perche tonto di sedurre o spaventare fra 
Paolo Sarpi , sia perchfe venue accusato di essere V autoro di un 
libello a favore del Papa centre Venezia intitolato « Nicodenii Marri 
Romani cum Nicolao Crasso Veneto disputatio » , siccome legp'^si 
in una Vita di lui pubblicata da lui medesimo col nomo di Oporino 
Grabinio (b): ponendo in rapporto tale avvenimento co' fastidii avuti 
per le opere del Campanella, c' e da sostenere che lo Scioppio ah- 
bia compromesse quoste opere, assai piu che queste opere abbiano 
compromesso lui. Nfe riesce facile intendere il sue desiderio di daiv 
alle stampe.le opere del Cami)anella appunto in Venezia e la sua 
determinazione di lasciarle li, mentre si era impegnato di mostrarl<* 
airimperatore e agli Arciduchi, e il Campanella ne avea fatta men- 
zione nolle sue lettere a questi personaggi. Finche altri docunienii 
non chiariranno tutte queste cose, avremo sempro il dritto di diro 
che il Campanella aveva ben capito lo Scioppio, e non a torto si 
doleva di lui, avendolo in sospetto circa le opere consegnategli.— 
Intanto nell'ottobre il Fuggcr avea mandate in Italia Daniole Ste- 
fano di Augusta, percho cercasse di far liberare o fai* ovadon"* da 
S. Elmo il Campanella a qualunque spesa. 11 Fiigger dovoa pr«>- 
fessare I'opinione deironnipotenza del danaro, e in cio quest a voha 
s' ingannava. Lo Scioppio , meglio avveduto , stimava che siffani 
tentativi avrebbero potuto nuocere, e in realta il Governo Vicereale 
non era composto di dormienti; esse aveva le sue inforniazioni a 



(a) Ved. i Nuovi documenti pubblicati dal Berti, Doc. 1."^ pa'j:. i^O, Ma ci 
permettiamo di far avvertiro che la data di esso , 17 marzo ir>07 , non p' u 
stare; la lettera evidcntementc fu scritta dalla c^ermania e basta rifloitoro oho 
accenna ad una lettera commendatizia gia scritta dall' Arciduca Ferdinando. h 
qual cosa conosciamo essero fivvenuta in gennaio 1608; vedrenio poi, nol oorso 
della narrazione, come cssa si colleghi a qualche altra lettera ]»ubblicat.'i da noi. 

{b) \'ed. Griselini, Memorie aneddote spettanti alia vita di fra Paolo S^r- 
vita , Losanna 1760, pag. 142, o Oporini Grabinii , AmpLotides Sciop[aai!a<' . 
Paris. 1611, pag. 162. 



— 405 — 

tempo e luogo, nfe sarebbe arrischiato lo spiegare il tanto protratto 
rigore di custodia del Campanella per qualche sentore di maneggi 
di altrettali Papalini accaniti. Ma giova conoscere cio che lo Sciop- 
pio avrebbe preferito: come ci narra il Berti, egli « proponeva che 
« venissero espugnati i segretari col denaro, facendo forza sul loro 
« animo affinch6 lo assolvessero , od anche, se non volessero ve- 
« nire fino airassoluzione, lo proscrivessero dal Regno, purchfe fi- 
« iiita la causa non fosse poi consegnato all'Inquisizione ». Da cio 
si vede che lo Scioppio avea gia saputo essere state il Campanella 
condannato nel tribunale dell'Inquisizione, ma non avea punto ca- 
pito da chi dovesse venir sentenziato nel tribunale di State; poich6 
non i Segretarii Vicereali avrebbero dovuto sentenziarlo , ma il 
Nunzio e il Consigliere Baldevieto , nfe il Nunzio avrebbe poi la- 
sciato andare il Campanella al trove che nolle carceri dell'Inquisi- 
zione di Roma. 

In Germania lo Scioppio potfe presentare all'Imperatore le let- 
tere del Campanella ma non le opere, per la semplice ragione che 
non le aveva ; poi disse che pure avendole non gli sarebbe state 
possibile presentarle, per le proposizioni che contenevano ; ma ve- 
ramento le proposizioni, che a lui parevano compromettenti, si tro- 
vavano nelle lettere piu che nelle opere. Ad ogni mode dovfe per- 
suadersi che 1' Imperatore era inforraato di cose gravi interne al 
Campanella, e pero egli scrisse da Ratisbona il 19 lObre 1607, e 
ripete il 27 febbraio 1608, che poco o nulla doveva attendersi da 
quel lato. Forse I'lmperatore avea avuto notizia dell'esservi state 
certamente un disegno di ribellione coiraiuto del Turco; e secondo 
lo Scioppio, gl'italiani medesimi residenti in Praga gli aveano date 
cattive informazioni sul Campanella (miseria, come si vede, non 
nuova). Ando poi ad Oetingen e present6 la lettera del Campanella 
air Arciduca Massimiliano, il quale scrisse una commendatizia al 
Vicerfe; e non potendo ancora recarsi a Gratz, mando \k la lettera del 
Campanella all' Arciduca Ferdinando , il quale dapprima si nego, 
ma otto giorni dope scrisse anche lui una commendatizia al Vice- 
rb. Questo affermo lo Scioppio, ed affermo pure di aver mandata 
la lettera al Re, facendola presentare alia Regina insieme coll' opera 
della Monarchia di Spagna. Ma si dolse che le promesse fatte in 
quelle lettere toglievano credito al Campanella, parendo favolose, 
e se non bugiarde, almeno dettate dalla tetraggine del carcere; n6 
manco di rammentare che egli le avea sconsigliate. Maggior fiducia 
mostro di avere nelle commendatizie dell' Arciduca Ferdinando, che 
diceva « sue patrono » ; ma conchiuse che non dovesse concepire 
speranze, che non dovesse confidare , come soleva , piu nell' aiuto 
umano che nel divine; se Die non voleva esaudirlo, si uniformasse 
e gli dimandasse la morte! Queste cose lo Scioppio scrisse al Cam- 
panella in data del 27 febbraio 1608, e ci sembra veramente che 
a siffatta lettera abbia dovuto seguire quella del Campanella al Fa- 
bre da noi pubblicata, che comincia con le parole, * Mi scrisse i 



— 406 - 

« mio Angelo Scioppio ch'io attendessi airoratione, che piu devo 
« sperar in Dio che negli huomini . . . ; ho fatto a Dio questa ora- 
« tione, che le mie peccata non sieno impedimento aU'attioni Scioj)- 
« plane » etc. (a) ; ci sembra pure che ad una lettera del Fabre 
alio Scioppio, esprimente il dolore e il timore del Campanella per 
le dette parole, abbia dovuto seguire quella dello Scioppio al Fa- 
bre pubblicata or ora dal Berti, che evidentemente 6 del marzo 160S 
enon 1607, leggendovisi tra le altre cose, « Quod meum officium, 
« quo ut ad mortem aequo animo subeundam se compararet monui, 
« sic interpetratur quasi qui charitatem et opem ei praecidere ac 
« negare volucrim, suo more facit ». Lo Scioppio, nella lettera di 
cui parliamo si mostra ristucco del Campanella e de' suoi sospetli, 
perocchfe il Campanella tornava a dolersi del non essere state le 
sue opere nft date alle stampe nfe presentate all'Imperatore (la qual 
cosa pur troppo era vera); e ripete ci6 che egli ha fatto, e mani- 
festa che il suo patrono Ferdinando ha scritto piu efficacemente di 
quanto era lecito speraro, avendo chiesto al Vicerfe non il irasfe- 
rimento ma la lil3erta del Campanella. Aggiunge per altro che 
I'invio della lettera c state ritardato; che tutti dubitano se sia bene 
farlo mottere in liberta , cssendo lui andato tanto innanzi con la 
sua pazzia, da credersi un nuovo legislatore del mondo e pertino 
da anteporsi a Cristo, « perocchc Cristo ebbe soli 5 pianeti ascen- 
« denti ed egli no ha 6; queste cose son ventilate dagli araici suoi 
€ nolle aule medesime de'Principi, e non pu6 dirsi quanto abbiano 
« alienato da lui gli animi loro ». Infine non dispera, e vuole che 
sieno trascritte compiutamcnte le opere della Metafisica e de' Pro- 
fetali, accio possano mandarsi quanto prima al suo patrono, in cui 
eccitcra il desidorio di vederle, proponendosi in tanto di prcsentargli 
la Consultazionc per aumentare i tributi del Regno, che egli, lo 
Scioppio , ha gustato molto. — Ognuno avra qui notata la propo- 
sizione do' pianeti ascendenti favorevoli , e si sara rammentato di 
fra Pietro di Stilo, che deponcva averlo il Campanella saputo da 
un astrologo delle parti di Germania, conosciuto nel SJ^ OHicio di 
Roma: la cosa riosce quindi confermata, ma risulta anche chiarito 
cho il Campanella 1' aveva invoce dctto lui a quel tale astrolou'o 
(Gio. Battista Clario), forse dopo di essere state messo sulla via di 
fame la scoperta dall' astrologo Abramo in Cosenza ed Altomonto. 
Gio. Battista Clario era tuttavia il Protomedico doUa Stiria . to- 
sidento in Grfitz presso Ferdinando come si rileva dal libro do' suoi 
Dialoghi, stampato nel 1(500; riesce quindi naturalissimo ammei- 
tere che cestui principalmente tra gli amici del Campanella abbia 
manifestate le dette cose neiraula del Principe, e che molto abbia 
agito egli pure nel determinare Ferdinando a scrivere in favore 
del Campanella , mentre conosciamo che alle prime istanzo dello 
Scioppio Ferdinando si era gi^ negate. Sarebbe puerile il credere 

ia) Ved. II Codice delle letterc etc. pag. 50. 



i 



— 407 ^ 

che cestui, il quale attendeva egualmente la sua stella per ascen- 
dere al soglio Imperiale, abbia davvero provato disgusto pel Cam- 
panella tanto protetto da' pianeti, e non invece curiosita di fargli 
indagare anche i pianeti Arciducali: vedremo tra poco lo Scioppio 
raccomandare al Campanella di volergli manifestare qualcuno dei 
segreti suoi utili a Ferdinando, perchfe questo avrebbe giovato non 
poco alia sua liberazione, e vedremo anche Ferdinando stesso scri- 
vere al Vicerfe di farsi dire dal Campanella questi segreti; era dun- 
que state tutt'altro che balordo il Campanella a far tante promesse, 
come lo Scioppio diceva. D' altronde gli Arciduchi solevano an- 
nettere molta importanza ai frati predicanti nelle guerre contro i 
Maomettani, ed anche in questi ultimi mesi, a proposito della ca- 
nonizzazione del P.** Lorenzo da Brindisi, ci venne rammentato che 
cestui, fondatore de' conventi cappuccini in Praga, Vienna e Gr&tz, 
predico nell' esercito guidato dall' Arciduca Massimiliano contro i 
turchi, e nella sua letlera agli Arciduchi il Campanella non manco 
di dire , « jam paro libellum ad Paanoniae filios contra Macome- 
thum ». Aggiungasi che in Gr^tz gli eretici aveano pure dato molto 
da fare a Ferdinando, sicclife egualmente da questo lato il Campa- 
nella poteva essergli utile come e quanto il Fugger stimava che sa- 
rebbe riuscito utile a tutta la Germania; e da un brano di una 
delle lettere dello Scioppio al Campanella , per verita non molto 
chiaro, si avrebbe motive di ritenere che Giorgio Fugger temesse 
di non peter avere con s6 il Campanella qualora fosse state libe- 
rate da Ferdinando (a). In somma un' idea di tornaconto non man- 
cava in tutti questi protetteri, e il Campanella I'avea calcolato con 
la sua solita avvedutezza, come avea pure previsto che durando a 
lunge il gioco sarebbo sfumato; cid forse aumentava la sua impa- 
zienza anche piii del giusto. 

La 1* lettera dell' Arciduca Ferdinando al Vicerfe, almeno fi- 
neggi, non ci k nota testualmente : sappiamo solo che T Arciduca 
scrisse nel principio dell' anno 1608 da Ratisbona, avendolo ricor- 
dato cgli stesso nella 2* lettera, e die dimando la liberazione del 
Campanella , ma 1' invio della lettera fu ritardato da un tale che 
non conosciamo. Tutte induce a credere che in conseguenza di essa, 
forse meglio in attesa di essa per prevenire le sellecitazioni, il 



(a) Riportiamo qui il brano suddetto perchd 1 lettori possano valutarlo: 
« Primum ab Archiduce Maximiliano, cum totos XI dies cum maxima mea 
molestia neque minimis} impensis Oeniponti desedissem , literas ad Proregem 
impetravi , et quidem adnitente D. Georgio nostro. Deinde ut ipse Georgius 
bominem ei rei allegaret perfeci: ita tamen ut stipulanti promitterem, curatu- 
rum me ut secum prius toto anno esses quam quaquam discederes ; tum etiam 
nulHus me alterius principis auxilia imploraturum, quamdiu spes aliqua sit suam 
tibi operam profuturam . . . Kt tamen , bona cum ipsius pace , ut te Serenis- 
simus Patronus meus Ferdinandus Archidux ex praescripto meo Proregi com- 
mendaret perfeci ». Cosl nell* ultima delle tre lettere pubblicate dal Berti, che 
a noi pare debba mettersi in prime luogo. 



— 408 — 

Campanella sia uscito dalla fossa, rimanendo per altro sempre in 
S. Elmo. Una lettera dello Scioppio al Campanella senza indica- 
zione di luogo nfe di tempo, ma evidentemente riferibile air aprile 
maggio 1608 come vedremo, comincia col dire , « Godo che le 
tue cose vadano un pochino meglio », cio che indica essere avve- 
nuto un cambiamento nelle condizioni del prigioniero in febbraio o 
marzo. Continua poi col suggerire che scriva particolarmente al- 
I'Arciduca Ferdinando, rendendo grazie delF aver cominciato a gu- 
stare il frutto delle sue commendatizie, pregando di richiederlo in 
ceppi al Re di Spagna , con la promessa di restituirlo quando e 
dove al Re piacerebbe, e dichiarando che in tre mesi avreblx) falto 
molte e cosi grandi cose a vantaggio dell'Arciduca e di casa d' Au- 
stria, da dover confessare che a niun altro egli era tan to debiiore 
quanto alio Scioppio che glie V avea raccomandato. Aggiunge ino!- 
tre voler essere spiegate due opinioni sue che venivano censurate; 
come mai il Peripateticismo , che avea messo tanta railice iiella 
Chiesa, poteva dirsi empio al punto da ritenere Aristotile precur- 
sore dell'Anticristo; percho mai bisognava affaticarsi a propagare 
la Monarchia Austriaca, se I'Anticristo era prossimo, e per opinione 
di molti, poggiata sopra alcune parole di Daniele, appena 45 giorni 
doveano passare tra la morte dell'Anticristo e il giudizio universale. 
Aggiunge da ultimo che assai avrebbe giovato comunicargli (jual- 
cuno de' segreti che egli possiede in beneficio delPArciduca. Cuiin^ 
ben si scorge , lo Scioppio riconosceva finalmentc che lo grandi 
promesse non alienavano niente afFatto gli animi de' Principi , ♦>! 
anzi , furbo com' era , si disponeva a gustarne lui pure i frutti , 
espilando sempre ; coglieva al tempo stesso destramente T occasiune 
per essere illuminato suUe maggiori quistioni relative airAnticri- 
sto, suo tentalivo continue di ospilazione. in fondo poi, il ronsijrlio 
che dava al Campanella, circa il modo di scrivere all'Arciduca Fer- 
dinando , era identico a quelh) che il Campanella aveva postu in 
atto presso I'lmperatore; non avea potato riuscire presso riiii[»o- 
ratore, ma conveniva tentarlo presso Ferdinando. — A ([uesta lei- 
tera dello Scioppio dovft certamente seguire quolla che reca la data 
del 13 giugno senza I'anno, e poi ancora Taltra in data del 7 nr 
vembre egualmente senza I'anno, entrambe da noi pubblicate (a)\ 
giacchfe vi si trovano riprodotte intere frasi dello Scioppio , vi si 
parla del doversi ricorrere del tutto all' aiuto del patrono Fenli- 
nando, vi si risponde a' quesili proposti. Nolla 1^ lettera il Cam- 
panella dA la spiegazionc de' tempi doirAnticristo e del Feripa!'/- 
ticismo che considera come uiio do' capi dell'Anticristo medosiiii". 
distinguendo in questo 7 capi, 7 corna, ed anehe una cola ra;- 
presentata da Gog e Magog , con molto altro particolaritA atto a 
solleticare maggiormente la curiosita dello Scioppio: nia non si .-.'- 
cupa della quistione de' 45 giorni , cho interessava [^ersonalmoii:^ 

(a) Ved. 11 Codice delle lettere, pa^'. 40 c 6S. 



— 409 — 

il suo interrogante come si vide in sfeguito e come*egli avea ca- 
pito fin da principio; si duole del resto di non aver potuto man- 
dare i Profetali , facendone nascere sempre piu vivo il desiderio , 
e cerca infine qualche sussidio per gli aliraenti e la trascrizione 
de' libri. Ma Y importante per noi 6 che riconosce doversi riporre 
ogni speranza in Ferdinando, per opera del quale solamente vede 
farsi semprepiu sereno , menti'e da niun altro c' 6 da sperare; e 
ripete che deve ottenersi da Ferdinando il suo trasferimento in ceppi 
presso di lui per tre mesi , manifestando che il Papa non aveva 
potuto ottenere nfe il trasferimento suo a Roma nfe la terminazione 
della causa de jure in Napoli (la quale notizia non saprebbe dirsi 
donde gli fosse venuta). Nell'altra lettera poi si rileva qualche cosa 
di piu. Lo Scioppio, irritate , non rispondeva giA a molte lettere 
del Campanella, principal mente perchfe il filosofo sospettava sempre 
che egli volesse farsi bello con le opere sue ; ma gli premeva di sa- 
pere come dovesse interpetrarsi la faccenda de' 45 giorni successivi 
alia morte delPAnticristo, poiche il Re d' Inghilterra lo aveva con- 
futato e deriso circa tale fatto ; si era quindi rivolto a fra Serafino di 
Nocera perchfe procurasse una risposta dal Campanella, dicendo con 
furberia che la confutazione cadeva meno sopra di sfe che sopra lo 
Squilla, il quale ammetteva doversi verificare dope I'Anticristo la 
Monarchia de' Santi, e pero, laddove non producesse argomenti ca- 
paci di sodisfare, egli ne avrebbe deriso i Profetali (e manifesto che 
i Profetali gli aveano toccato il cuore). Questa lettera a fra Serafino 
era stata scritta il 23 ottobre e giunse nelle mani del Campanella 
il 7 novembre, d'onde si potrebbe desumerc che lo Scioppio si tro- 
vasse pur sempre in Germania ; ma forse qualche circostanza estra- 
nea impedi un sollecito arrivo della lettera, essendo ad ogni modo 
indubitabile, per notizia tratta da una lettera dello stesso wScioppio 
scritta assai piu tardi a Cassiano del Pozzo e da noi pubblicata, che 
il 1608 egli torno a Roma in qualita di Ambasciatore Cesareo per 
menare innanzi la lega Cattolica , e siffatta circostanza non deve 
sfuggire. 11 Campanella, nella sua risposta, si duole della freddezza 
deir amico, e soggiunge, « abbastanza in addietro hai fatto per me, 
se non vuoi far altro, nessuno ti costringerA »; ma avendo lo Sciop- 
pio affermato essere facilissimo e sponlaneamente offerto dal suo pa- 
trono il trasferimento « ad urbem », dice che lo gradirebbe assai, 
amando meglio morire in grembo alia Chiesa che essere ben nu- 
drito in mano di nemici, e soggiunge, « non dire di non poterlo fare, 
« poichfe altrimenti riterro essere state uno scherzo quanto hai pro- 
« fessato di aver fatto per me » (forse si allude va al trasferimento 
da S. Elmo nella cittA di Napoli, ma piuttosto a quelle da Napoli 
a Roma, essendo oramai certo che lo Scioppio non credeva utile que- 
st' ultima maniera di trasferimento, perchfe il Campanella sarebbe 
state rinchiuso nelle carceri del S.'® Officio, e ne sarebbe rimasto 
contrariato il Fugger che lo voleva presso di sfe). Del resto, quanto 
alia Curia Romana, il Campanella dice con disdegno ed alterigia, 

Amahi/e ^ T. Campanblla. Vol. II. 52 



« cessino di auguravmi il peggio in Roma; la terra tollera ^ 
« facilmente un Sole che due » (parrebbe che in Roma avessaj 
conosciuto gli sforzi che si facovano in Gerniaiiia per averlo ooli 
ma non li avessero piinto approvati, e il Canipanella avea dovuij 
persiladersi non esservi per lui alcuna simpatia nella Curia, ma ~ 
vece una decisa avversione). Chiarisce poi la quistione de' 45 gioi 
successivi alia morte deirAnticristo, ed accenna che per lui cjuei 
tempo 6 di molti secoli, facendo avvertire la oecessitA di disti 
guei'e i capi e la coda deirAnticristo, la necessity di bene intei 
petrare i tipi e i postipi , il trigono net tetragono , i fini latan( 
• negli esordii (nn mucchio di particolarit^ astruse); ed agg;iu[i( 
« i Profetali potrebbero ora servirej di al Papa che comandi 
« portino a lui, e forse io pure saro trasferito con essi >; qui] 
cerca di rabbonirlo e dice, « ti aspetto fra breve ed avrai cio c 
desideri da me » (io quali cii-costanze menerebbero tutte a far ni 
tenere che Io Scioppio gia si tvovasse in Roma), ed infine chied 
che gli mandi il libro del Re d' Inghilterra, perchfe risponderebfc 
egli medesimo, e questo forse gli prohtlerehbe di piii (ma non tuanj 
niente affatto i Profetali). 

Non conosciamo finoggi alti'e lettere del Campanella alio Sciog 
pio , comunque apparisca possibile che ve ne siano state ancon. 
Aggiungiamo poi che neirintervallo scorso tra gl' invii delle doa 
lettere suddette, nell' autunno 1608, dov^ accadere la venuta cW 
Fabre a NapoH, nella quale egli « lascid » al Campanella un que- 
sito Sul Pieno e sul Vacuo; e il Campanella vi rispose, e in fin* 
della sua risposta, che fu da noi pubblicata, disse che stava « jni 
stretto di prima quanto alio scrivere » e che sperava venisse una 
lettera da Ferdinando, per la quale potesse andare presso di lui; 
tale circostanza fa determinare con esattezza la data che nella ri- 
sposta manca, e giova tener presente che a tale data i rigori versQ 
il Campanella non erano del tutto cessati (a). Bisogna anche dire, 
secondo le notizie tratte daU'Epistolario romano, che tanto Io Sciop- 
pio in Germania quanto il Fabre in Roma aveano cominciato ad 
occuparsi della traduzione delle opere del Campanella: il Fabre fi- 
ceva tradurre in latino e in tedesco il Dialogo contra i LtiteratU, 
e Io Scioppio, che ue soUecitava I'invio al Fugger, faceva tradurre 
in latino i Discorsi a'Principi d'llalia ed anche il prime libro degli 
Aniiveneti; ma di tutte queste traduzioni non si vide mai la fin^. 
Bel pari non si vide mai la conchiusione della mossa del Canipa- 
nella presso Ferdinando cost come era stata concertata con Io Scio]'- 



(u) Ved. II Codice delle lettere, pag. 42. Dohbiamo fare avTertira cbe 
questa lettera i) Campanella dice diiipiti esservi disgusto fra Ahacnc e il Ti- 
tore: ogjji, sapendosi daU'Epistolario romano clic lin dall' ottobre IflffTenda' 
dal Fugger mnndalo in Italia Daniele Stefano di Augusta, por (ar cvadcn 
Campaiiella, putrebbe Io Stefano esser rit^nuto per Abacuc. disgustatcei ool f*. 
tore ossia fra Serafloo. 



IV J 
■'I 



pio, vale a dire che Ferdinando scrivesse al Re di Spagna di-lasciar 

venire il Campanella in ceppi presso la persona sua per tre raesi: 
invece se ne ha una lettera al Vicorfe in data di Gi-atz 3 ottobre 1608, 
con la quale, accennando all'altra sua precedente inviata nel prin- 
cipio dell'anno, dice che, sebbene non gli sia nota la causa della con- 
tinuazione della prigionia del Campanella , essendo informato che 
questo soggetto « per la sua rara dottrina puo far gran protitto 
« nella religione Cattolica, si come massime in questi tempi simili 
« persone sono molto necessarie », prega S. E. « di fare gratia al 
« nominate Campanella, liberandolo quanto prima della sua ritentio- 
ne », ci6 che sarA a lui « et a' principal] altri, che fanno la medesi- 
« ma instartza, di molto gusto ». Come mai Ferdinando desiste dal 
chiedere il trasferimento del Campanella presso la persona sua? Forse 
egli seppe che questo non piaceva punto a Roma, dove per lo meno 
si dovea pretendere che il prigioniero venisse a scontare nel S.'" OfB- 
cio la eondanna riportata, onde il Campanella ebbe poi a dire « ces- 
sino di augurarmi 11 peggio in Roma»; forse anche il progetto di far 
dimandare quel trasferimento fu un semplice artificio dello Scioppio 
per indurre il Campanella a rivelargli qualcuno de'segreti, de'quali 
avea dappriraa biasimata la promessa. Forse vi fu I'una e I'altra 
cosa insieme, ma privi della lettura di tutti i documenti noi non 
siarao in grado di tentarne 1' interpetrazione : solo possiamo dire 
che il Berti assicura essersi dalla lettera ottenuto il semplice tra- 
sferimento del Campanella dal Castel S. Elmo al Castel nuovo. 
Dobbiamo poi aggiungere che vi fu ancora un'altra lettera di Fer- 
dinando al Vicerfe, scritta ad istigazione di Giorgio Fugger jn data 
di Gratz 10 raaggio 1609, e in questa non si parlil pifi di libera- 
zione del Campanella, raa invece di due altre cose ben diverse, che 
meritano di ferraare I'attenzione. Ferdinando prego S. E. in questi 
termini; « di dar ordine et procurare afflne che detto Campanella 
« flnisca senza impedimento e dimora i suoi libri della Matematica, 
« d'Articoli profetali et anco della Metatisica. E tanto maggiors 
« sarebbe I'appiacere se mi fossero mandati essi libri, come spero 
« non r sara contrario. E poiehfe molti degni di fede rendono testi- 
« monianza et affermano che I'istesso Campanella habbi per il ra- 
« rissimo sue ingogno et sottil intelletto molte cose di palesare che 
« ridondano in utile et beneficio della M."' Cat.'" niio sig. cognate, 
« e della nostra casa d' Austria, sarebbe ben fatto che V. Ecc." lo 
« facesse venir avanti di s6, et intendesse quelli suoi secreti; 
« come la prego a farlo per amor mio, et coniunicarmi poi quel 
< tanto che 1' parerd necessario ». A questa lettera il Vicer6 avrebbe 
risposto « che non era in sua facolta di far uscire il Campanella »: 
come ognuno vede, tale risposta non ha alcuna relazione con la pro- 
posta, e potrebbe intendersi meglio in relazione con la letters an- 
tecedente. Ma ad ogni modo, con T ultima lettera, a che riduce- 
vasi infine la protezione accordata da tutti questi Signori al Cam- 
panella ? Ad una pura e semplice espilazione e su tutta la linea, 



— 412 — 

col riconoscimento di quality superior! nell' uomo di cui s' inten- 
deva carpire le opere e i consigli; e cio forma il piil grande elogio 
del Campanella, e dovrebbero riflettervi coloro i quali trovano in lui 
tanti difetti, e cercano sparger dubbi perfino sulla sua capacity e 
sulla sua dottrina. Con tanti difetti, con tanto poca capacity e dot- 
trina, per si lungo tempo e con si grande ardore egli fu stimato 
in Germania quasi indispensabile per tener fronte agli eretici di 
quelFeta: non 6 a nostra notizia che parecchi individui siano stati 
stimati altrettanto (a). 

E inutile oramai per la nostra narrazione vedere come anche 
il Fugger dopo altri tentativi presso la Corte di Madrid , venuto 
egli medesimo in Napoli nel 1610, si fosse raffreddato definitiva- 
mente, e il Fabre e lo Scioppio si fossero persuasi che il Campa- 
nella « stava bene dove stava » , con accompagnamento anche di 
dileggi villani e spudorati da parte dello Scioppio : la nozione 
chiara del disegno di congiura d'accordo col Turco, e il convinci- 
mento che varie cose, e tra le altre le apparizioni di diavoli, (os- 

(a) Abbiamo cercato di vedere con la maggiore attenzione se nell' Archivio 
di State in Napoli fosse rimasta qualchc traccia di questo Carteggio dellWr- 
cidiica Ferdinando ed anche dell* Arciduca Massimiliano intorno al Campanella. 
Ci pare che le tre seguenti Lottere Regie vi si riferiscano; ma il mistero col 
quale sono scritte vieta di ritonerlo in modo assoluto. E per6 le mettinno qui 
per lasoiarne giudici i lettori, pregandoli di ricordarsi che prirao a scrivero fu 
Massimiliano, che pochi giorni dopo scrisse Ferdinando, nel gen." 1G08 (lottere 
giunte con ritardo), e che Ferdinando scrisse ancora in s^guito, il 3 8bre 1008 e 
il 10 maggio 1609. — !.'» « El rey. 111.* Conte de Venavente Primo mi Visso Hey, 
lugar teniente \ Capitan general del Reyno de Napoles. He visto vuestras cartas 
de los 23 de mayo y 30 de iunio con los papeles que acu.san tocante a mejorar 
el presidio y poblacion de puerto Ercules, y sobre el socorro que pide el Ar- 
chiduque Maximiliano Ernesto, y agradezco os mucho el cuydado que tenoy.< 
de lo primero, en lo qual quedo mirando para proveer lo que convenga, y en 
lo que toca a lo que os escrivio el dicho Archidu^ue no se oftViice que derir, 
sine que fue acertado lo que le respondistes y lo sera que sicmpre vays con 
la misma consideracion no resolviendo nada sin avisarmelo, porque ay mucho 
que mirar en la forma de hazer aquellas ayudas. De Valladolid a 10 de sjiiern- 
bre 1608. Yo el Rey ». — 2.° « 111.' Conde etc. Las cosas de la Religion Catolioa 
en Alemana se van poniendo en t;m raal estado que obliga a atendor a su r-v 
paro con summo cuydado, y haviendo entendido el en que se hallan los Ser."" 
Archiduques ferdinando y leopoldo mis hermanos por lo que toca a sus estaJo^. 
He acordado de engargaros y raandaros, corao lo hago, les asestays y ayu levs 
en lo que pudieredes do esse Reyno , y dem:is desto procureys que por tod;i> 
vias se entienda que yo de acudir a la defonsa de la causa Catolie.i y al t'ln- 
paxo de la cassa (sic) de Austria en qualquior evoiito, conio debo, para que c •:! 
esto se repriina el atrevimiento de los heregcs , y avfsareysme <Ie lo que L - 
zieredes, y se os ofreciere acer-a desta materia. Do Segovia a 13 de ai;o<to I '•'>'. 
Yo el Rey ». — 3.** «... . queda entendido lo que el Archiduque ferdin mdo mi 
Hermano os ha embiado a pedir con el Conde lu.® elforc i de Porcia, y que o- 
le aveys respondido y ya se os ha avisado lo quo es mi Volunlad. se haya \}-\' 
agora ensto. a quen no so offreze que anadir. sine que aquellas cosus me Jn 
el cuydado que es razon y se va mirando en lo que se deve hazer. . . . !>-' 
Segovia a 22 de Agosto 1609. Yo el Rey ». (Da' Reg.* Litteranon S, M/ vol. U'. 
fol. 878, 1053, 1703). 



— 413 — 

sero state simulate per uscire dalla prigione , tolsero al Campa- 
nella ogni appoggio ; ed 6 indubitabile che cessato questo appog- 
gio , i rigori del carcere furono per lui sempre piu mitigati dal 
Governo Vicereale. A noi importa qui principalmente mettere in 
luce, che in tutti i maneggi per la liberazione del Cainpanella non 
vi fu la menoma partecipazione della Curia Romana. Nella no- 
stra precedente pubblicazione sul Campanella avevamo combattuta 
la pretesa « missione Papale avuta dallo Scioppio per trattare la 
liberazione del prigioniero >, ed anche negata la venuta dello Sciop- 
pio in Napoli che dicevasi efFettuata nel 1608, essendoci cestui ap- 
parso senza dubbio un protettore del Campanella ma col fine re- 
condite di espilarne le opere : i nuovi documenti datici dal Berti 
hanno provato che vi fa una venuta dello Scioppio, ma nol 1607, 
ed hanno confermato appieno che la Curia Romana non contribui 
per nulla a' tentativi di liberazione ma forse li contrario, nfe hanno 
affatto smentito che lo Scioppio fu principalmente un espilatore. La 
missione Papale avuta dallo Scioppio fu gia affermata dal Naudeo, 
il quale nel Syntagma^ a proposito de' libri inviati alio Scioppio, 
fece dire dal Campanella « omnes jam dictos libros Scioppius a me 
« accepit anno 1608, cum venit missus a Paulo V meam tractaturus 
« libertatem, dedi otiam et Atheisiuum triumphatum »: e rimarr^t 
sempre un esempio di grande distrazione I'aver volute trovare nella 
lettera del Campanella con la data del 1607, posta qual Proem io 
deWAteismo e pubblicata dallo Struvio, la conferma di una venuta 
che dicevasi effettuata nel 1608; cosi pure T avervi voluto trovare 
la conferma della missione favorevole data alio Scioppio da Paolo V, 
mentre vi si legge, « Levitae et Sacerdotes pertransierunt me ab- 
4c sque benedictione . . . , jacebam praestolans mortem sicut Elias 
« sub junipero, tu autem tanquam Angelus me ad vitam excitasti, 
« sed subcineritium panem non attulisti , in cujus fortitudine me 
« usque ad Oreb faceres ambulare ». 11 Campanella in una prefa- 
zione a nome del tipografo , apposta alia ristampa dell' opera De 
Sensu rerurn fatta in Parigi il 1637, disse che al pari di Tobia 
Adami e Rodolfo di Bima venuti in Napoli il 1613, anche lo Sciop- 
pio si aveva procurate dagli amici tutto le opere che egli avea com- 
poste « in anno 1608 »; ma in una data piu vicina a questa di cui 
trattiamo, nel 1631, quando potfe pubblicare per la prima volta in 
Roma VAteismo debellalo^ nella prefazione disse, « misi hunc libel- 
ee lum amico ut proficeret in Germania, anno Domini 1607, mul- 
« tosque libros meos »; nfe in alcuno di questi due brani parlo mai 
della missione data alio Scioppio da Papa Paolo. 11 Naudeo, che fu 
il vero redattore del Synlagma^ venne forse tratto a scrivere cio che 
scrisse, rilevando 1' anno dal prime de' due brani suddetti, ed ag- 
giungendo la circostanza della protezione del Papa pel gusto inop- 
portune di recar gloria al Papato e vantaggio alia riputazione del 
Campanella : egli avea gi4 fatto lo stesso scrivendo il celebrate Pa- 
negirico ad Urbane VIII, in cui non solo esalto questo Papa qual 



protettore del Campanella, ma anche (Iregorio XV, Paolo V, e per-^ 
fino Clemente VIIIj che aveva certaraente inaugurato I'abbandoiw 
del filosofo nelle mani degli spagnuoli. Ma , al soiito , lo slesso 
Naudeo parlo nuovamente della venuta dello Scioppio a Napoli in 
una lettera privata diretta appunto a lui , che fu pubblicata dopo 
la sua morte e che noi non mancammo di ricordai'e; e in quests 
lettera pai-lo ben diversaniente dello scopo della Venuta a Napoli,. 
riducendolo alia semplice voglia di vedere il Caiupanella, senza al* 
cuna missione Papale. « Neapolitanum iter, quod ejus tantum in- 
visendi gratia susceptum a te fuit »; e del reslo [>er non mancai* 
air abitudine dell' elogio continuo , vero o false , il Naudeo ag- 
giunse essere state dallo Scioppio procurato al prigioniero 1' a»-. 
segno di una non mediocre quantita di danaro per vitto e la con- 
cessione di una sorama liberta, i quali benelicii sappiamo vera- 
mente essere stati goduti dal prigioniero alcuni anni dopo (a). — 
Non paia eccessivo questo trattenerci a lungo sul fatto della raift 
sione Papale; se ci fossero elenienti capaci di accredilarlo, il fatio 
riuscirebbe sufficientemente grave ; o per esso appunto siamo en-; 
trati ne' tanti e tanti particolari di cio che avvenne dal 1607 iQ 
poi, giaccht altriiuenti ci sarebbe bastato dire che il CanapaoeUa 
non trovo ascolto favorevole alle sue dimande nb in Roma afe in 
Spagna, in nessuna delle due parti chp avrebbero potuto realmeaiej 
dare un termine a' suoi guai. Qualora avesse dovuto accogliersi ij^ 
fatto di una missione di Paolo V « per trattare la libertA del Cani». 
panella » od anche una partecipazione di Paolo V a' luaneggi ali 
trui per favlo uscire in libertA, sarebbe apparso molto naturale ea* 
sere state mandate buone al Campanella le ragioni da lui addoK^ 
in difesa presso la Cui'ia, circa la congiura e Teresia, essersi ric»\' 
nosciuta ne' guai del Campanella una pura e semplice soperchieri* 
di Spagna: per verita questo non avrebbe scosso dalle fundameDtC- 
cio che abbiamo esposto massime intorno alia congiura, mentre Ub 
Curia raille volte pretese essere stati calunuiati i deliuqueiiti sol per^, 
chfeclerici; ma avendo spesso abbandonato griniputati ecclesiastioil 
anche appena sospetti, ogni qual volta trattavasi d" imputati poU* 
tici, sarebbe sempre rimasto un motive di dubbi e di perplessit4«( 
Invece h chiaro che Paolo V, gii guarito della mania dell' imn»h' 
nita ad ogni costo dopo la faccenda di Vene/ia , avrebbe potuto, 
solamente reclamare dal Governo Vicereale che si pronunziasse un* 
volta la sentenza nella causa della congiura in persona del Cam- 
panella, la qual cosa nemmeno il tilosolb desiderava, ma non mai 
trattare perchfe egli fosse posto in liberty. Essendo state dal eufl 
antecessore, con un Breve in plena regola , istituilo un tribunals 
ecclesiastico speciale in Napoli, non avrebbe potuto seriamenle esi- 
gere che il Campanella fosse state giudicato dal tribunale Romano 
com' egli dimandava : fe superfluo poi dire quanto grave sarebbe 

{a) Ved. Gabr. Nuudael Epistolac, Genevae 1667. £p. 82, pag. 614. 



rioscito I'accogliere I'altra dimanda del Campanella, raimullamento 
di un giiidizio di eresia, menato innaiizi coti tulta la solennit4 possi- 
bile, sotto r ingevenza continua della rispettiva Congregazione Cardi- 
nalizia presedata dat raedesimo Papa anteeessore. Ed appunto per- 
ch6 vi era stata una eondanna in siffatto giudizio, riesce chiaro che 
il Papa avi-ebbe sempre dovuto esigere che il CampaneUa, non appena 
uscito dal carcere di Napoli, I'espiasse, e non andasse giA a pre- 
dicare contro gli eretici, nientre con quella eondanna egli medesirao 
era stato implicitamente dichiarato un eretico: sotto tale rispetto 6 
pure da notarsi die lo Scioppio, consapevole della eondanna e tanto 
svisceratamente attaccato at Papa e allc istituzioni Cattoliche, vi 
si sia mostrato dav-vero tanto poco ossequente; ma vediamo anche 
oggi dove vada per solito a parare lo sviscerato attaccaraento al 
Papa e alle istituzioni Cattoliche. 

Inutili dunque riuscirono gli appelli, le suppliche, le lettere 
del Campanella, e gli sforzi de' suoi protettori , compresi quelli at- 
tuati per mezzo dello Scioppio, non approdarono a nulla: egli I'i- 
mase nel carcere, dove i rigori furono ulteriormente mitigati sem- 
pre, ma non si venne mai piu alia sentenza, essendosi poi col tempo 
perfino disperso o bruciato il processo, sicehfe, anche volendo, non 
si sarebbe potato sentenziare. E vogliarao dire che egli non cesso 
mai di serbarc viva gratitudine verso coloro i quaU si adoperarono 
per lui, verso lo stesso Scioppio, sebbene avesse avuto ragione di 
convincei'si che si era servito delle opere trasmessegli per coui- 
porre le proprie. Appunto nella prefazione dell'^^czsmo dehellalo 
stampato nel 1631, ricordando di aver mandato « ad un amico » 
quel libro con molti altri , il Campanella aggiunse , « quibus ad 
suorum compositionem profecit », ed auguro ^iV Aielsmo « meliores 
fructus apud veritatis et non propriae gloi-iac cultores »: nella pre- 
fazione poi della ristarapa parigina dell' opera De Sensu rerum, 
nel 1637, lodando Tobia Adami cho gli si era mostrato fedele nel- 
r aver procurata la pubblicazione delle opere avute, e nienzionando 
lo Scioppio ed altri tedeschi e francesi, che avute le opere « nulla 
fecero per la gloria dell' autore », 'aggiunse « nisi Scioppius pro 
vita in principio». Cosi fino agli ultimi anni suoi il Campanella, 
ricoi-dando il male , non dimeoticfi il bene , e ci6 prova la bonti 
della sua natura, la quale del rimanente fe attestata anche da varii 
altri fatti meraorabili: basta considerare la difesa di Galileo Gali- 
lei, che Bcrisse mentre si trovava tuttora nel carcere di Napoli, e 
la difesa di Girolamo Vecchietti, die sostenne con pieno successo 
quando se lo trovd a lato nel carcere del S.*" Officio in Roma (a). 

{a) It Berti, nella Vita dol Campanella st<iinpatii nelln Nuova Antologia 
(luglio 1878, p. 015), pnrlaodo del carcere di Napoli dice che U CampaneUa 
< ricevetto pure nel carcere la visita dol celebre Geroiarao Vecchietti, di cui 
preso a difendere lalune opinioni che erano stata allora giudicate ereliche »; 
e in una nota agginnge, * coteste opinioni si riferiscono alia cronologia aacra 
□ella Riforoia del Caleodario Giuliaoo ». Ma in un Afviso di Homa della Col- 



- 410 — 

Le speranze cli prossima liberazione lo lennero inerte per molto 
tempo. Dopo di aver menato a tannine febbrilmente le opere da 
doversi trasmettere alio Scioppio, scrisse soltanto gli opuscoli epi- 
stolari che abbiarao menzionati : gli nltimi tra questi , riferibili 
al 1608, furono gli opuscoli Sul Peripateticismo e Std tempo stir- 
cessivo alia morte deW Anticrhlo, clie forse rappresentano le rispo- 
ste al Re d' Inghilterra delle quali si trova fatta menzione nol ^yn- 
tagma, ed inoltre quelle Sul Pieno e sid Vacuo diretto al Fabre. 
Al ^feguito di essi si pu6 mettere quelle Per I' Abate Pcrsto f^vl- 
I'uso delta hevanda calda, che dovfe essere di maggior mol<* e ve- 
desi gi^ preconizzato nell' opuscolo antecedente Sul calore estito: 
esse apparisce riferibile a questo periodo, nel quale certainento il 
Canipanella trovavasi in assidua corrispondenza col Persio , come 
mostra T ultima sua lettera al Fabre tra quelle da noi pubblicafe: 
ma bisogna anche dire che vi furono molti opuscoli e lettere alF in- 
dirizzo de' Fuggers, secondochfe risulta dalla menzione fattane nol 
Syntagma. Compose inoltre senza dubbio molte poesie di dolore o 
di sdegno pubblicate poi dall'Adami, delle quali riesce di peter de- 
terminare talvolta la data precisa e piu sovente la data approssi- 
mativa, sia dietro qualche circostanza che vi si vede notata . sia 
dielro qualche riproduzione di pensicri che si trovano espressi nelle 
lettere e nelle opere di data conosciuta. P. es. non si puo dubi- 
tare che V « Elegia al Sole », composta quando stava ancora nolla 
fossa, debba dirsi della fine di niarzo 1G07, poichfe vi si parla del 
sole in ariete e del tempo in cui Gesu risorse , cio che ci mena 
alia Pasijua di risurrezione del 1007, sapendosi che in quest' anno 
veramento la Pasqua si celebro col sole in ariotc il 20 marzo, men- 
tre neir anno anteriore e nel posteriorc si celebro in aprile ; dippiii 
vi si trova quel pensiei'o che fu poi riprodotto nella lettera a Mens/ 
Querengo del luglio 1007: 

€ Lc sniorte sorpi al tuo raggio tornano vivo, 
invidio luisero tuttu la schiera loro ». 

Ancora il pensiero che trovasi nella stessa lettera, Tesser cio^ il 
povero prigioniero « un meschino condannato dairopinione popolare 
« e di Principi, come il piii einpio e malvagio che fosso mai stato 
« nel mondo », ci apparisce quelle che ispiro i Sonetti « Delia 
plebe > ed « A certi amici , utficiali e Baroni » etc. ; iiia i)erlino 
le lettere al Papa, oltrech6 VAleismo debellato , recano pensiori 

leziono esistcnte nella Bibl. Corsiiiiana ( cod. 1708 ) abbiamo trovato in Jiti 
del 30 aprile 1G33: « 11 Vecchiotti llorentiiio dopo ossor stato sett' anni prij:: -li^.' 
air Inquisitione quosta settiinana n' e uscito ». Km dunque prigione liii dal !»':''. 
(juindi compa;j:iio del Campaiiolla; e lo Lettere Incdito del Canipanella ii:i-'V 
dallo stesso Herti 




— 417 — 

posti del pari in versi quasi letteralmente , nfe possiamo far altro 
qui che indicare tale criterio per la ricerca delle date. E poich6 
abbiamo citati que' due Sonetti , vogliamo pur dire che nelF uno 
€ Delia plebe » il sentimento di un legittimo disgusto ci apparisce 
fin dal titolo predorainante su quelle della compassione, e nell' altro 
« A certi amici > il contesto di tutta la proposizione , Ik dove si 
dice che « un piccol vero gran favola cinge », non rende queste 
parole applicabili propriamente alle imprese tentate in Calabria, 
come fe parse ad un egregio storico; ne sappiamo poi resistere alia 
tentazione di ricordare qui I'aurea sentenza che vi si legge, e che 
non e riferibile propriamente alia plebe, da cui il Campanella pro- 
fessava non potersi trar nulla, l^ensi riferibile a colore che vanno 
per la maggiore: 

< N6 11 saper troppo come alciin dir suole, 
ma il poco senno degli assai ignorant! ^ 

fa noi meschini e tutto 11 mondo tristo >. 

Ma cid che qui principalmente c' interessa di ricordare si fe, che 
tutte queste poesie insieme con le altre scritte posteriormente fine 
al 1613 , come pure le note delle quali vennero corredate dallo 
stesso Autore, sebbene fossero state soggette ad una scelta e non 
col solo criterio del merito filosofico e letterario, bensi con quelle 
pure della convenienza politica e giudiziaria, costituiscono pur sem- 
pre un fonte prezioso di ricerche sugli atti e sugl'intendimenti veri 
del Campanella, le notizie de' quali doverono sottostare a tanti gar- 
bugli. Come da un late la CtUd del Sole mostra le idee riposte del 
Campanella, cosi questa Scelta delle Poesie filosofiche con I'esposi- 
zioney studiata con amore ed accorgimento , rivela notizie impor- 
tanti e testimonianze autentiche ben capaci di stare a fronte alle 
testimonianze del pari autentiche ma in sense affatto diverse : nella 
nostra precedente pubblicazione sul Campanella, a proposito della 
edizione Adami da noi trovata e studiata nella Biblioteca de'PP.' 
Gerolamini, ci si b offerta I'occasione di fare alcune considerazioni 
su tale proposito, e ad esse rimandiamo i nostri lettori (a). 

Abbiamo detto che secondo le notizie tratte dall' Epistolario 
romano il Campanella sarebbe uscito dalla fossa di S. Elmo, rima- 
nendo sempre in quel Castello , verso il febbraio o marzo 1608, 
dope che era stata scritta la P lettera dall' Arciduca Ferdinando 
net gennaio : noi eravamo pervenuti alio stesso risultamento con 
calcoli fatti sopra una notizia, per altro poco chiara , che trovasi 
nella nota posta in coda alia Canzone « Della Prima Possanza » (b). 
Quivi si legge che egli usci dalla fossa, in cui stava quasi disfatto, 
otto mesi dope di avere scritta quella Canzone, « sebbene ci stette 
tre anni ed otto mesi »: il « sebbene » rende poco chiara la noti- 



(a) Ved. II Codice delle Lettere etc. pag. 131 e seguenti. 

(b) Ved. le Poesie, ediz. D'Ancona pag. 151. 

AmabiU'^T. Campanblla. Vol. II. 53 



— 418 — 

zia, ma ritenendo Tentrata nella fossa avvenuta in luglio 1604 se- 
condo i computi altrove esposti, e aggiungendovi tre anni ed oito 
mesi, abbiamo che, mentre la Canzone fu scrilta in luglio 1607, 
r uscita dalla fossa dovfe accadere verso il raarzo 1608; ed ^ su- 
perlluo fare avvertire come ri manga provato sempre meglio che la 
data delFentrata nella fossa deve dirsi quella da noi stabilita. Im- 
porterebbe poi conoscere con precisione la data del trasferimento 
dal Castel S. Elmo al Castel nuovo, c finora si ha in mode vapo 
che il trasferimento sarebbe accaduto dopo la 2* lettera di Ferdi- 
nando, vale a dire dopo Tottobre IGOS: dal Syntagma si ha dijv 
piu che nel 1611 era gia accaduto un altro trasferimento dal Ca- 
stel nuovo al Castello dell' novo. La conoscenza della data precisa 
del P trasferimento, dal Castel S. Elmo al Castel nuovo, imp<»r- 
terebbe anclie per fermare una circostanza fondanientale, capace di 
conlribuire al chiarimento di un fat to della vita intiraa del Caui- 
panella, che e affermato dalla tradizione ma che potrebb'' essere 
piuttosto leggendario. Alludiamo alia nascita di quel grande che 
fu Gio. Alfonso Borrelli , alia cui memoria si vedrebbe gia ele- 
vato in Napoli un monumento, so vi fosse , come vi dovrebb' os- 
sere, il culto della dottrina e della virtu ; 6 noto che verso questo 
tempo egli nacque nel Castel nuovo, e che una tradizione vorrebln? 
fosse nato dal Campanella (a). Agiriungiamo poi che tanto nel Ca- 
stel S. Elmo, quanto nel Castel nuovo e del pari nel Castello del- 
Tuovo, il Campanella, assomigliandosi a Prometeo, continuo SL*m- 
pre a dire di trovarsi « nel Caucaso »; altre volte disse di trovarsi 



(a) Di testinionianze relative a tsilo notizia non conosciamo finora altra piu 
antica di quelJa del Bulifon, cronista dolla line del iOOO e prineiiiio del ITO'»: 
ed essa vione a luce o^rgi per la prima volla , comunicataci dal chiar ■" Sci- 
pione Volpicclla. Si sa che il IJiilifon, libraio, registrava nolizio di o;rni s rie 
per compilare il sno cos^ detto Cronvntncronc; ina essendo stalo sacchoir«'i.iio 
il 8U0 neji^ozio e il suo (lornicilio il 1707, i inaiioscritti andarono pt^rduti eon 
tutto il resjto, e poi se n* 6 vennto ricuperando (jualche volume piu tardi. I>no 
di essi stanno nella HiMiotoca Nazionale (X, F, 51-52), altri in niano di pai-ti- 
(olari, ed uno di (juosti ultiini reca: < ha notto che divide Tanno 1070 dal I'^o^o 
morl in Ron)a quasi in miseria il cclehre matematioo (liovanni Alfonso l^orolii 
d' anni 72. Egli nacque spurio , come dicono, nel Ca>tello Nuovo di Najwii d.i 
un oliiciale spagnolo, sebbene v' 6 chi dica dal J^adre Tommaso Cannwinella W\ 
carcerato. Ma restO tanto odioso di <|uella nazione che si cossunsc il co;:nomtf 
didla madre. Questo nolle sue opere stampato e ristampate in piu luoghi diode 
saggio della profonditj^i di sua dottrina, con la quale gareggio con li primi in- 
gegni deir Europa. Non si dove tacoro che la maggior parte dolle esperionr.e 
fatte neir Accademia del Cimento in Fironze sono del nostro Borelli in f|uolla 

aggregate. Le opere da lui stampate sono Do vi (^'>*'<*), I>e motibu> 

a gravitate pcndentibus, De motionibus aninialium , Dell* incendio del Vesuvi'.\ 
e Euclide restituito >. — Ognuno appivzzora, come morita, la notevolissima r.t- 
gione del cambiamento di nonie del Horrelli addotta dal Rulifon, tanto piu che 
da' posteriori 6 stita variamonte e meno acconciamonto intorpetrata. Noi fK^r- 
tanto abbiamo raccolto e discusso in una <pocialo Illu^trazione (juolle pt:)cho co<e 
che finora ci e riu>cito di trovare su tale argomcnto ne' lihri parrocchiali dol 
Tastcl nuovo e nelT Archivio di Stato. Ved. Illustraz. V, pag. 646. 



— 419 — 

« nella Ciclopfea caverna > ; questo rilevasi dalle Lettere e dalle 
Poesie. Perchfe mai il Campanella si assoinigliava a Proineteo? In 
molte sue lettere egli si riconobbe colpevole di aver voluto servire 
alia rivelazione de' tempi, e cosi essendo le cose dovrebbe inten- 
dersi avere avuta la sorte di Prometeo per aver voluto scrutare ed 
annunziare agli uomini i pensieri di Dio , gli eventi ordinati da 
Dio. Ma nella lettera alio Scioppio pubblicata dallo Struvio parlo 
esplicitamente della sua condizione di Prometeo, consegnando V o- 
pera delF Ateismo dehellato con queste parole : « Eia mi Scioppi , 
< cape facellam banc, in pectoribus hominum interclude, si forte ex 
« ruderibus fiant animalia, ex animalibus homines; tibi debetur hoc 
« munus, qui huju^ saeculi es aurora; ego tanquam Prometheus 
« in Caucaso detineor, quoniam non rite hoc functus sum munere, 
« abusus sum donis ejus, ebibi indignationem ejus ». Intanto nella 
lettera medesima lo Scioppio era sospettato tutt'altro che I'aurora 
del secolo, e quindi ognuno, teriendo presente V alto concetto che 
il Campanella aveva di s6 e della sua missione nel mondo (prin- 
cipale ragione di fargli desiderare la vita) , ammettera piuttosto 
che siasi rassomigliato a Prometeo nel sense della trilogia di Eschi- 
lo: aver concepito disegni divini, riilessi del Prime Senno, ed es- 
sersi sforzato d'infonderli ne' petti umani; venir punito « per avere 
troppo amato gli uomini »; aspettarsi un giorno la liberazione e il 
trionfo. Su questo ultimo fatto non cade dubbio , sapendosi dalle 
sue Poesie che egli sperava doversi al termine del suo carcere gri- 
dare « Viva, Viva Campanella »; sicch6 da tutti i lati emerge ab- 
bastanza chiara anche la vera condizione sua per la quale ritene- 
vasi punito, conforme a quella dichiarata dal Prometeo d'Eschilo: 

Tby Jibs ^X^Q^*^> ^^'^ ^dtai Siois 
6i ' hnsx^^ioLi ikdoyd* bndci 
TTjy Jibg alXrjy etaotxy^vaiy 
6ih TTjy kiay q)iX6Trjra §QOJ&y, 

Certamente poi bisogna del pari intondere con le nozioni dateci da 
Omero quell' arguta versione tra le tante, che lo stesso Campanella 
forni circa il termine della sua condizione di Prometeo o 1' uscita 
dalla Ciclopfea caverna: tale versione si legge nella sua lettera a 
Pietro Seguier , posta innanzi alF opera intitolata Disputattonum 
Philos. realis lib. quahwr Paris. 1637, ed essa, a parer nostro, 
avrebbe dovuto fermare moltissimo I'attenzione de'biografi del filo- 
sofo. Parlando degli ergastoli, ne'quali i persecutori, € gl'ingrati 
padroni >, I'aveano tenuto < gratis », il filosofo dice che non avrebbe 
mai pubblicate le opere in essi composte, € nisi Deus per miracu- 
4c lum longe mirificentius quam astutum facinus Ulyssis, quod de 
€ antro Polyphemi fecit ut exiret, me liberasset >. Si comprende 
che il titolo d' « ingrati > dato a' padroni, naturalmente tanto laici 
quanto ecclesiastici, b consentaneo all' atteggiamento preso dal fi- 



— 420 — 

losofo dopo la carcerazione e mantenuto per tutto il resto della sua 
vita ; ma in ultima analisi quesli padroni rappresentavano per lui 
Polifemo, e coll' aiuto di Dio egli ne scampo mediante un « astutuin 
facinus longe mirificentius » di quello di Ulisse, vale a dire che astu- 
tamente, e in una sfera ben piu elevata, egli li ubbriacd, li acceco, 
e riusoi a salvarsi ponendosi in branco tra le pecore, aggrappato 
bravamente agli egregi velli del pecorone massimo (storia che non 
ha bisogno di commenti e che dice anche troppo) : 

tot xatdc y&ra ka^(ji>y, Xaaiy bnb yaaz$^* iXvadBtg 
xBlfir^y altaQ x^Q^'''^ idtzov Sfansaioio 
y(oXefiea>s <ngs^$eig ix^/xrjy tszXTjdu Ovfim. 

Una simile proposizione , anche figurata , emessa quando gia non 
c'era piu nulla a temere e tanto mono a sperare da tutti i laii, 
riesce degna di fede incomparabilmente piu di tutte le altre eraosse 
in tempi ben diversi: e questo criterio vale senza dubbio per jriu- 
dicare le cose dette si dal Campanella che da'suoi piu intimi amiri 
circa le cause delle sue sciagure; poicho non mancano noppure pro- 
posizioni di qualche suo intimo amico, attestanti piena innocenza 
quando gravi riguardi imponevano di parlare in tal modo, ed at- 
testanti tentativi di nuovo Regno e di-nuova religione quando non 
c' era da usare riguardi e poteasi dire la verity senza danni. 

II nostro cdmp.to 6 esaurito; dobbiamo solamente fermarci an- 
cora un poco su due quistioni, che senza dubbio saranno sor to n«?l- 
r animo de' lettori, i quali per avventura abbiano seguito con inte- 
resse il corso di questa narrazione. Perch^ mai il Governo Vicei-ealo 
voile comportarsi cosi brutalmente col Campanella , costituendosi 
anche dal lato del torto, mentre avrebbe potuto ottenerne dal tri- 
bunale Apostolico la condanna all' ultimo supplizio? Porcho mai il 
Governo Vicereale voile far soffrire al Campanella il martirio di 
oltre un quarto di secolo, e la Curia Romana, tanto lesta ed ardita 
nell'esigere il rispetto delle prerogative degli ecclesiastici, non oblje 
alcun sentimento o per lo meno alcun sentimento effioace della tu- 
tela di queste prerogative in persona del Campanella? 

Circa la prima quistione, a noi sembra evidente che sulla deter- 
minazione del Governo abbiano avuto ad influire dapprima il so- 
spetto e la difRdenza, poi anche il puntiglio jriurisdizionalo, in s»^- 
guito la sconvenienza assoluta di uu supplizio tanto ritardato. C^'i 
criterii d'oggidi sarebbe quasi impossibile intenderlo, ma <> ne(vs- 
sario riporlarsi a' criterii del tempo. II sospotto e la diffidenza, c•ll^' 
aveano sempre campeggiato in questa causa per una lunga S'.tI*' 
d' incidenti, doverono al termine di essa destarsi con maggiore in- 
tensila. C era il gusto della soverchieria anche tra' Governi, o V a- 
bilita si faceva consistere nel sovorchiare. Poteva darsi il caso, v«- 
r^mentQ improbabile ma non impossibile , che all' ultima ora da 



- 421 — 

Roma fosse stato insinuato al Nunzio il risparmio della vita del 
Campanella , con la condanna p. es. alia galera in vita ; 1' altro 
Giudice, coinpagno del Nunzio, si sarebbe invece pronunziato per 
la pena di morte ; chi avrebbe allora dovuto risolvere la discrepan- 
za? E risolata la discrepanza nel sense della galera in vita, come 
si sarebbe scansata la richiesta dell' invio del condannato a Roma, 
per remigare sulle galere di S. S.'"? Quanto al puntiglio giurisdi- 
zionale, bisogna considerare le tendenze del tempo veramente in- 
credibili'in tale materia, la lotta vivissima e continua, benchfe non 
sempre appariscente , tra Napoli e Roma. In questa lotta , anche 
pill degli spagnnoli, si distingnevano i napoletani, e il Vicerfe me- 
desimo, trattandosi di qnistioni giurisdizionali, difficilmente riusciva 
a sottrarsi all' influenza lore nel Consiglio Collaterale ; se si avesse, 
come sarel)be a desiderarsi grandemente, una storia di questo Con- 
siglio, riuscirebbe manifesto die i Consiglieri napoletani, serbando 
tutte le possibili forme di devozione e di ossequio, in sostanza erano 
i pill difFidenti e puntigliosi verso Roma ; tra le scene di servilismo 
pill abietto, le quistioni con Roma avevano il potere di far lampeg- 
giare in essi il patriottismo piii rovente. Cosi a ragion veduta, an- 
che a proposito degl' indegni trattamenti a' quali il filosofo venne 
sottoposto , noi abbiamo parlato di Cioverno Vicereale piii chc di 
spagnuoli e Corto di Spagna, contro cui sono stati sempre esclu- 
sivamente diretti i biasimi e i viluperii, sapendo che il Vicerfe dov6 
udire 1' avviso del Consiglio Collaterale negl' incidenti della causa 
del Campanella (a), E pur troppo Roma avea data occasione a' pun- 
tigli: durante la causa, i superbi « comandamenti di S. S/*» erano 
venuti in campo abbastanza sovente , ma 1' ultimo di essi , quelle 
di far sentenziare dal solo Nunzio in una causa di Stato mentre 
si era pure convenuto altrimenti, sorpassava davvero ogni limite. 
Bisognava dare una risposta a Roma, e la risposta fu atroce, quan- 
tunque in forma piu che modesta e affatto calma. Roma la com- 
prese perfettamente e non parld piu, ma bisogna pure ammettere 
che essa venne ad accomodarvisi di buon grade : riuscirebbe altri- 
menti inesplicabile I'aver potuto toUerare in pace, nft per breve 
tempo bensi per anni , la violazione psrfino di quanto si era con- 
venuto fin da principio , di doversi ciofe tenere il Campanella in 
carcere , egualmente che tutti gli altri ecclesiastici , a nome ed 
istanza del Nunzio, come prigione di lui ; e cio mentre quotidia- 
namcnte per ogni menoino clerico, ancorch^. malfattore de' piu fe- 
roci , fioccavano i suoi reclami laddove si fosse verificata la piu 
lieve infrazione dell'immunita ecclesiastica. Non occorre poi spen- 
dere molte parole per dimostrare, che essendo scorsi gik varii anni 
dal memento del reato e della cattura del reo, al Governo doveva 
ripugnare 1' esecuzione di una pena capitale , massime in persona 



(a) II Conte di Lemos lo aveva dichiarato a S. M.^ fin da principio (ved. 
Doc. 36, pag. 42); d*altronde talo era la regola. 



— 422 — 

di un ecclesiastico, Trattandosi di reati gravi, non appena il vo- 
luto reo era cadulo nelle mani della giustizia , per canone inde- 
clinabile si abbreviavano i termini in modo spietato , e si prefe- 
riva di andare incontro ad una condanna meno giusta, anzich^ ad 
una condanna tardiva: la prontezza ed esemplaritA della pena era 
ritenuta una condizione tanto necessaria, che quasi non occorreva 
piu pensare alia pena allorcli6 quella condizione mancava. Un cu- 
mulo di circostanze, non provocate ma deplorate dal Governo Vi- 
cereale, aveano prodotto un ritardo notevole, ed oramai alia pena 
capitale non si poteva piu pensare : si devenne a cio che dapprima 
il Campanella medesimo avea proposto come il migliore espediente, 
il carcere per un tempo indcfinito, il quale fu poi anche mitigate, 
sia pure dietro le potenti commendatizie, e mitigate di carlo ulte- 
riormente in modo niente affatto ordinario , ma scnza dubbio fa- 
cendo rimanere negata la giustizia, calpestata ogni maniera di dritto. 
Tuttavia non deve sfuggire che se in dritto il non essersi proce- 
duto alia sentenza fu una solenne ingiustizia, nel fatto solaraente 
in tal guisa il Campanella riusci ad aver salva la vita, non po- 
tendo dubitarsi che la senten ;a del tribunale Apostolico, anche col 
nuovo Nunzio e col nuovo ( onsig iere , sarebbe stata serapre la 
degradazione e la consegna ilia Caria secolare e quindi T ultimo 
supplizio. Cosi bisogna pure i^uard.irsi dal maledire V interrazione 
della causa, e bisogna piuttosto esser grati alia lotta giurisdizio- 
nale, alle superbie, alle pretensioni, alle diffidenze, a' puntigli, al- 
r abbandono ; perfino all' abbandono, poichfe se Roma avesse insi- 
stito su ci6 che era veramento un suo dritto, la cosa non sarebbe 
andata affatto meglio pel povero Campanella, e si 6 visto che egh 
medesimo si protestava energicamente che la sua causa non doveva 
terminare in Napoli. 

Circa la seconda quistione, non ci pare dubbio che i due fatti 
egualmente notevoli, ciofe la pervicacia e crudelta del Governo Vi- 
cereale nel non desistere da un' ingiustizia, e I'indolenza e moUezza 
della Curia Romana nel non reclamare seriamente un suo dritto 
per anni ed anni, si spieghino solamente con V opinione divenuta 
comune ad entrambe le parti , che il Campanella fosse un uomo 
pericoloso per lo State e per la Chiesa. Possiamo aggiungero sonza 
esitazione , che piu si mostrava la rigogliosa vitality del prigio- 
niero, piu si veniva a manifestare la sua dottrina, la sua enerjria, 
la sua vcrsatilita, la sua vena inesauribile, piu doveva egli essore 
giudicato pericoloso. La cosa merita di essere ben valutata, e gio- 
vera trattenervisi qualche memento. 

Lo State, che avea veduto sorgere in breve tempo un disegno 
non lieve di ribellione per la sola parola eflicaco del Campanella, 
non pot6 mai rimanere tramjuillo sul conto di lui; e per quamo 
egli si steniperasse in proteste di devozione, e spiegasse nelle sue 
opere un grande attaccamonto a Spa2:na, non gli accordo mai fetlo. 
Vedendolo poi rivolto a Roma assiduamente, con la teorica del do- 



— 423 — 

vervi essere una sola greggia ed un solo pastore Sacerdote e Re 
al tempo medesimo, sospetto sempre che una volta liberate avrebbe 
potuto riuscire nelle raani del Papa una forza notevole. Cosi dopo 
una diecina di anni al piu , sebbene il Campanella avesse conti- 
nuato a dire che si trovava nel Caucaso, in realt^l sappiamo che 
il Governo Vicereale lo tenne in carcere da potersi veramente chia- 
mare cortese, come il Baldacchini cliiamo il carcere di S. Officio 
sofferto piu tardi in Roma, e con ragione incomparabilmente mag- 
giore , vista la quality del Governo che a tanto si piegava e il 
tempo in cui vi si piegava ; ma di mandarlo via non voile mai 
udire a parlare, presage che avrebbe avuto a pentirsene. Gli con- 
cesse perfino di tenere insegnamento private nelle carceri, oltrechfe 
scrivere a sua volonta, porsi in corrispondenza con chi gli piaces- 
se, ricever visite anche da illustri viaggiatori di passaggio per Na- 
poli, e quanto alle opere che componeva, si vide il Nunzio nel 1611 
fargli fare una perquisizione ed impossessarsi di quelle che gli si 
trovarono, mentre nulla di simile si vide da parte del Governo. I 
Vicerfe che si successero, il Conte di Lemos figlio, il Duca d' - 
suna, infine anche il Duca d'Alba, ebbero per lui stima e riguardi, 
piu che non ne ebbero i Vicerfe ecclesiastici, il Card.* Borgia e il 
Card.* Zapatta, e fin dal 3 novembre 1616, certamente pe' favori 
deirOssuna, il Campanella pote scrivere al Galilei « sto quasi in 
liberta »; ma Tuscita dal Castello non gli venne accordata, se non 
dopo che scorse oltre un quarto di secolo, dopo che il processo si 
era gi4 perduto da un pezzo, ed un'ulteriore custodia del prigio- 
niero non sentenziato nh sentenziabile si potea dire, piu che inu- 
mana, vergognosa. La preoccupazione del Governo fu sempre che 
il Campanella avreb])o potuto riuscire una forza notevole nelle mani 
del Papa: ce lo ha dimes trato utto 'atteggiamento da esse preso 
durante i processi, e ce lo conf« ;rma in prezioso documento da noi 
rinvenuto in Madrid. Periino p^co te;apo prima che il Campanella 
fosse liberate, il Card.* Trexo spagnuulo, ammiratore sue e giudice 
competentissimo della posizione, gli ricordava le condizioni del Re- 
gno a fronte di Roma, gli faceva riflettere che troppo sovente egli 
aveva ne'suoi scritti lodato V insolito governo di un Principe che 
fosse Re e Sacerdote ad un tempo, e soggiungeva: « poni mente 
€ a cancellare quest' articolo, o almeno a spiegarlo in un sense tale, 
€ che Tanimo del Re, il quale non 6 n6 pud essere Sacerdote, e 
€ le orecchie de' suoi ministri non se ne ofTendano e ti abbiano 
€ ancora in sospetto ». Nossuno intanto, speriamo, vorrA supporre 
in noi Tintenzione di scusare il Governo Vicereale, adducendo le 
concessioni fatte al Campanella e la preoccupazione che gli vietava 
di accordargli la libertA: noi, forse piu di chiunque altro, siamo 
convinti che il procedimanto del Governo fu non solo iniquo ma 
anche letale segnatamente pel Napoletano; poichft il colpo gravis- 
simo, inflitto alia cultura e al carattere di un uomo portentoso^ 



— 424 — 

ricadde suUa cultura e sul carattere del paese. Colui che aveva 
iniziato la sua carriera con la « Filosofia dimostrata co'sensi », ed 
aveva osato concepire un piu clie audace progetto di riscossa nei 
campi dello Stato e della Chiesa, non pote appunto profittare dei 
suoi sensi, dovfe abbondare in fantasie, abbondare anche pur troppo 
in siraulazioni; e parecchi i quali emersero di poi sulla folia de- 
gl' ignoranti, essendo accorsi al suo privato insegnamento non ap- 
pena mitigati i rigori del carcere , ne riportarono naturalmente i 
molti pregi ma anche i gravi difetti. A noi pero incombe il debito 
di spiegare la condotta del Governo e di mostrare che essa non fu 
capricciosa. II Campanella era giuridicamente colpevole verso lo 
Stale, e venne ritenuto inesorabilmente un pericolo continue per la 
Spagna: fu questa la maggiore delle sue glorie, e il Governo vi 
provvide con quella ferocia che era la sua forza. 

Ma al martirio del Campanella non contribui solamente lo Stato. 
La Chiesa aveva avuto occasione di conoscerlo gia da un pezzo, 
nb poteva non tener conto degli antecedenti ; dapprima un grave 
sospetto di eresia finite con una solenne abiura, poi varie altre im- 
putazioni dello stesso genere ma riuscite a vuoto , da ultimo un 
disegno di ribellionc d'accordo col nemico del nome Cristiano e un 
mucchio di eresie, accertati con un processo Apostolico ed un pro- 
cesso Inquisitoriale ; c' era piu di quanto occorresse, per rimaner 
sorda alle proteste di devozione, e guardare con diflidenza le oi>ore 
del prigioniero ancorche riboccanti di fervore religiose. Come ab- 
biamo dimostrato, la condanna pronunziata dalla Chiesa nel pro- 
cesso di eresia non fu l>enevola pel Campanella, ma al contrario, 
e le ripetute istanze fatte porche si sentenziasse nel suo processo 
di congiura, dopo di aver dato tormine a quelle di eresia, non erano 
dirette a salvarlo. Ignoriamo (juali praticho Roma abbia veramontt? 
fatte doj)o un lungo, lunghissimo sil(3iizio, a fine di oitonere il pa>- 
saggio del Campanella almeno sotto T autorita del Nuuzio, cunio 
essa esigcva per ogai ordinario delimiuente ecclesiastico, e coino 
erasi convenuto fin da principio. Conosciamo soltanto con sicurozza, 
che pur quando si seppe indubitatamente che il processo della con- 
giura non si trovava piu essendo stato dispei'so o bruciato , come 
accadde nel 1020 a tempo del Vicer6 Card.* liorgia il quale volea 
vederlo e non lo pot6 avere , nessun reclame etficace fu sporto 
da Roma per uscire da una posizione tanto scandalosa. Conosria- 
mo inoliro che perrino doi)o 25 anni di carcere, durante il Ptniii' 
ficato di Url)cUio VIll, il Camj>anella chiedeva istantoniento cho il 
r/* (Tcneralo delFOrdine facesse una diinanda al Re percho lo <*.»n- 
cedesso a' Supcriori, come da Spagna si dcsidorava i»or uscire «Ial- 
r imbarazzo: e non avendo potato ottenorlo, ed essendosi fatiurao- 
comandare al potentissimo Card.' liarberini i)er (luesto, eh]>e a i'ri»- 
vare che il Cardinalo si ac([uet6 facilniente alia neural iva del P/ Tie- 
nerale, e ripelendo una pruposizione emessa gia dal Kabre e dallo 



• Scioppio disse che il Campanelia < stava meglio dove stava » (a). 
Conosciarao infine che dietro li." insistenze di Mons/ Massimi Nun- 
zio in Ispagoa, fautore particolavB del Campanelia e carissimo al 
Re, venne una lettera Regia per lui, e sopra ua raemoi-iale da lui 
presentato si decreto in Consiglio Collaterale non la consegna al 
NuBzio ma la libertA provvisoria con I'obbligo di risedere nel con- 
vento di S. Domenico in Napoli; che di poi, in barba del Governo 
Vicereale, se ne fuggi travestlto a Roma, e quivi sconto tre anni 
di pena nel carcere del S.'" OfBcio, come era solito fai-si pe'con- 
dannati al carcere perpetuo, senza che fossero veramente computati 
i 26 anni di carcere sofferti in Napoli; nfe per quanto mite sia stato 
il carcere di Roma, si pu6 dirlo piii mite di quello di Napoli negli 
ultirai quindici anni, mentre in quest' ultimo era stato permesso fln 
r insegnamento, che non fu mai permesso in Roma, non solo dentro, 
come era naturale, ma neanche fuori del carcere, consecutivaniente. 
Tutto citi mena a far ritenere che durante la prigionia di Napoli 
r abbandono del Campanelia fosse dipeso anche dalla sua condizione 
di delinquente politico, giacchfe di simili abbandoni si ebbe pure un 
altro esempio piii spaventoso sotto lo stesso Pontilicato di Papa Ur- 
bano; c noto come fini I'allievo del Campanelia fra Tommaso Pi- 
gnatelli, reo di Stato in un ordine incomparabilmente inferiore a 
quello del suo maestro, abbandonato al giudizio di un ecclesiastico 
gradito al Vicerfe nominate dal Nunzio per delegazione avutane dal 
Papa; egli fu atrocemente strangolato, dopochfe quell' ecclesiastico, 
con la semplice assistenza di un Consigliere Regie , lo sentenzio 
reo di lesa Maestd , e bisogna tenerlo presente quando si discute 
de' casi del Campanelia. Del resto la sola condizione di condan- 
nato per eresia bastava a far si che Roma si curasse poco o niente 
del Campanelia prigione, e sarebbe strano il pretendere die avesse 
ilovuto raostrare tenerezze per lui. Qui dunquo, speriamo, nessuno 
vorra attendersi da noi vederci ingrossar la voce contro Roma: noi 
invece siamo dolenti di cio cbe accadde piii tardi e cbe 6 da tutti 
glorificato, della benevolenza mostrata al Campanelia da Papa Ur- 
bano, la quale per veritA non fu punto disinteressata, e in ultima 
analisi fini QOn la compromissionc, con 1' esilio, con 1' abbandono 
spietato del filosofo uella piu alfliggente miseria. Ma pel nostro 
assunto ci preme ora solamente riievare e spiegare la condotta di 
Roma verso i! Campanelia durante la prigionia. II Campanelia era 
non solo giuridicamente colpevole ma anche condannato dalla Chie- 
sa, nb giunse ad ispirare fiducia per Tavveuire, e Roma si com- 



(o) Questa iniqua proposizione del Card.' Barberioi trovasi riportata in una 
dtille lettere del Campanelia pultblicata dal Baldacchini, quella del 10 agosto 16^4, 
ed era pcrcid nota iin dal I)t40{ ce I' ba poi conferraata uti' altra lettera pub- 
bliciila nel 1878 dal Bcrti, quella del 13 agosto I6S4 (non 13 aprile come il 
Hcrti losse, avendolo noi personalmente veriticalo nella BarbGrinianu). E tuttavia 
si k continuato semprc a parlare dalla gloHosa proteziono del Campanelia spie-J 
gata da Roma, dovo 6 noto che il Card.' Barberini, Card.' Nipote, spadroneg^pav*,! 
Amabile—T' Cahpahblli, Vol. II. 



port6 con lui non diversamente da quanto doveva attendersi dft' 
essa. Cosi lo Stato e la Chiesa vennero a trovarsi tacitamente d'afr 
cordo nel far soffrire al dis^raziato iilosofo un martirio efferato. 
In conclusione ci si pei-metta ancora di dire, che non sol*r 
raente due tribunali in regola, entrambi istituiti da Roma, aveaa*- 
verilicata e punita la eongiura e I'eresia ne' pochi ecclesiastici pit 
indiziati e non isfuggiti al Fisco, onde rimaneva del pari giustir 
ficata r opera del tribunale pe' laid, ma tutti veraraente in ijiaj' 
tempo ammisero esservi state pratiche dirette dal Campanella me 
fondare, aiutandolo anche il Turco, un nuovo ordine di cose in Cfri 
labria, con nuove istituzioni politiehe e religiose. Nfe solo pel tempa 
degli avvenimenti , ma anche per piu anni consecutivi ijuesta fi| 
r opinione generale, partecipandovi del pari senza riserva Ageotf 
di altri Stati perfino in momenti di forte irritazione verso Spago^, 
come si pu6 rilevare da'Carteggi de'Residenti Veneti che si saor 
cessero nel Regno: se qualche volta si disse, come il Campanellft' 
medesimo affermo , che la Calabria era stata macchiata di falat^ 
ribellione e straziata per questo, si voile intendere che tutta quelh' 
regione era stata tenuta responsabile di un fatto concepito e prs- 
parato da un gruppo d'individui, e con tale false giudizio se n'ect 
abusato scelleratamente. Ma, oltrechfe negli avversi a Spagna, nfr 
gli indifferenti raedesimi non del tutto inetti , venne mano maoo 
a destarsi la piu profonda pieta verso un uomo tanto straordinario, 
che si vedeva indefinitamente prigione di Stato senza alcana coo- 
danna, mentro, dopo i primi supplizii e le estese carcerazioni, gii 
tutti i complici e in ispecie i frati si trovavano in libertA. Veii- 
nei'o quindi le voci de' pietosi e degli ammiratori ad unirsi aU« 
franche denegazioni ed agli amari lamenti del prigioniero, massioM 
dopo che, mediante I'insegnamento, gli fa pormesso un piii lai^ 
contatto co'migliori, o le corrispondenze, le visite, e sopratatto le 
opere che si diflbndevano manoscritte o si citavano con mcraTigUaf 
diedero motJvo a far parlare di lai diversamente dalla manieraiB 
cui se n'era parlato prima. Talora in buona fedo, piu sovente con ' 
lo scopo di giovare al prigioniero, lo si disse candido ed iagenuu, 
vittima del suo spirito d'innovazione scientiflca, avversato dagl'in- 
vidiosi; si accreditarono le sue discolpe, e fa agevole dimostrarle 
giuste nominando certe opere da lui scritte; si diflFtise che Sp^na 
gli negava la libertA per errore e per tirannia, che Roma Tavrebbe 
voluto e r avea volute , che il Papa era tutto per lui. Comincio 
quindi a ritenersi, press'a poco come lino ad oggi i piii gravi bio- 
graft del Campanella hanno mostrato di ritenere , che egli avea 
solamente fatto presagi e raccolto profezie per dimostrare la im- 
minente fine del mondo e il secolo d'oro da doversi godere pritu 
di essa, che della eongiura era affatto innocente, che il Papacoi' 
la sua coudanna in materia di S.'" Officio aveva inteso trarlo 
Roma per toglierlo dalle mani di Spagna, che Spagna lo tenei 
Tiolentemente prigione in Napoli non avendo potato trovare lau 



— 427 — 

che bastasse a farlo condannare, che era infine stato disperse, ce- 
lato bruciato il processo, per impedire che Tinnocenza fosse ri- 
conosciuta e Tanaloga sentenza fosse pronunziata. Le denegazioni 
del Campanella sempre piu spinte nel conoscere che il processo non 
si trovava piu, Tinteresse spiegato per lui dal Massimi Nunzio del 
Papa a Madrid , quindi la sua fuga a Roma non appena uscito 
dalle mani del Governo Vicereale, la su^ prigionia nel carcere del 
S.**^ Officio in Roma per soli tre anni e non perpetuamente giu- 
sta le consuetudini non a tutti note, di poi la benevolenza mostra- 
tagli da Urbano VIII senza essersene capiti i veri motivi , tutti 
questi fatti suggellarono 1' opinione che egli era stato davvero in- 
nocente, oppresso da Spagna , protetto da Roma ; e vi furono al- 
lora, come vi sono stati di poi e vi sono ancor oggi, ammiratori del 
filosofo credutisi in obbligo di purgarlo dalle calunnie sofferte e di 
cantare le glorie del Papato che spiego tanto favore verso di lui (a). 
Sappiamo che perfino un cronista calabrese contemporaneo, Gio. An- 
gelo Spagnolio la cui conoscenza si deve al Capialbi, mentre avea 
dapprima, nel 1599, affermata la congiura di Calabria e la parte 
presavi dal Campanella, si fece poi a revocare almeno quanto con- 
cerneva il filosofo nel 1642 (b). Gia in Napoli Antonino Marzio fin 
dal 1626 aveva scritta un' Elegia e un Discorso a proposito della 



(a) Anche oggi di questo favore di Papa Urbano pel Campanella si ha una 
notizia molto confusa, perfino riguardo al tempo in cui avvenne. P. es. il Berti 
parla della « pensione mensile che gli fu accordata quando venne di Napoli in 
Roma »; ma evidentemente una pensione, o meglio uno stipendio per la carica 
di cameriere intirao, non si pot6 accordare allora al Campanella, se fu rinchiuso 
nel carcere di S.** Ufficio per tre anni. E circa questo fatto della prigionia pa- 
rimente il Berti dice, che il Campanella € pass6 tre anni sotto la mentovata 
custodia senza muoverne lagnanza >; ma non poteva muoverne lagnanza se aveva 
avuta una condanna al carcere irremissibile ; del resto, dov6 pure trovare chi 
r aiutasse ad uscirne, disobbligandosi col fargli la nativity, e in una lettera scritta 
al Papa, quando stava nel S.'* Officio, us6 le espressioni medesime usate con 
lo Scioppio quando stava nella fossa di S. Elmo , € Adiutor mens et liberator 
mens es tu Domine , no tarda veris ». Queste notizie risultano dagli stessi pre- 
ziosi documenti datici appunto dal Berti ( ved. Nuova Antologia luglio 1878 p. 400 
e 392, e Lettere inedite , let. 12.' p. 40, e let. 4.' p. 21). Chiunque si faccia 
a leggere i documenti e a considerare le cose senza idee preconcette, trovertt 
che la Curia Romana non ebbe mai alcun riguardo pel Campanella eccetto quello 
finale dell' averlo tenuto nel carcere di Roma per soli 3 anni. invece degli 8 anni 
soliti a farsi scontare, trattandosi di condanna al carcere perpetuo ed anche ir- 
remissibile. Ma si deve tener presente che dope la condanna egli avea sofferto 
oltre ventitr6 anni di carcere, che varii Cardinali e Prelati aveano molta conside- 
razione della sua dottrina, massime poi che sopraggiunsero circostanze straordi- 
narie e del tutto estrinseche, per le quali Papa Urbano, personalmente, mostr6 
di proteggerlo ed anjarlo, e pure fine ad un certo punto. Si pu6 ben dire che 
quella volta il Campanella non vide chiaro, e ad ogni modo, circa la protezione 
trovata da lui in Papa Urbano, si sarebbe dovuto accuratamente distinguere pitt 
periodi successivi, ne' quali le cose andarono ben diversamente. 

(b) Da buon teologo , lo Spagnolio < reverentemente aboil > ci6 che avea 
detto del Campanella e de' congiunti e familiar! di lui ; pel resto scrisse , € de 
coeteris, jure, an fraade et calamnia circamveDti , saevis sint affeeii suppliciis 



— 428 — 

liberazione del Campanella facendone la dedica a Urbano VIIl e 
forse in buona fede , ma alcuni anni piu tardi in Roma Gabriele 
Naudeo scrisse uno sfolgorante Panegirico ad Urbano VIII a pro- 
posito de' favori accordati al Campanella, e senza dubbio artiliciosa- 
mente ; poichfe in nn' altra opera posteriore , destinata a rinianer 
segreta, egli ingenuamente narro che a breve intervallo il Posiel 
in Francia e il Campanella in Calabria aveano tentato di fondare 
un nuovo s<ato di cose, ma non erano riusciti per non avere avuto 
forze, € condizione necessaria a tutti coloro i quali vogliono stabi- 
€ lire qualche nuova religione »; ed aggiunse, che « quando il Cam- 
« panella ebbe il disegno di farsi Re dell' alta Calabria, scelse molto 
€ a proposito per compagno della sua impresa un fra Dionisio Toii- 
€ zio che si era acquistata riputazione del piu eloquente e del i»iii 
€ persuasivo uomo del suo tempo » {a). Questa testimonianza di un 
disegno del Campanella di voler fondare una nuova religione e farsi 
Re in Calabria, con 1' indicazione del modo prescelto e del motive 
per lo quale non riusci, da parte del Naudeo state in intime rela- 
zioni col Campanella nell' anno 1G31 e seguenti, poi anche le leitere 
del Campanella pubblicate in piccola parte dal Baldacchini e in piu 
gran parte dal Berti, avrebbero dovuto richiamare le menti a piu 
esatti giudizii, far ricercare con diligenza i documenti dell'accusa 
e non soltanto quelli della difesa, far guardare un po' piu adtlentro 
sulla condotta vera del Papato in genere e di Url>ano VIII in ispecio 
verso il Campanella. 

Su quest' ultimo punto, ed anzi su tutte le tribolazioni patiie 



aut morte puniti, nullo modo contendo ». Gli riusciva quindi anche indilTerente 
il determinare so ci fosso stata o non ci fosse stata una congiiua. 

{a) Cosl nel libro intitolato < Considerations politiques sur les cou[>s d'l']tat, 
Hollande 1679 » p. 262 e 277. II libro era state stampato anche ncl I6(i7 e 1071 
serapre assai dope la morte deirautore, e come abbiamo dimostrato nella no- 
stra precedente pubblicazione sul Campanella, esse fu certamente stampato [>or 
la prima volta in piccolo nnmero di esomplari, dovendo rimaner se'j:reto, dopo 
il 1638 ; poichd nella dedica al Card.' di Bagno, il quak avea data al Nauileo 
la commissione di .scriverlo, si pnrla del riposo e degli onori che il Cardinilo 
godeva in Roma dopo sette governi di provincio, una Vicelegazione e due Nun- 
ziature , e si sa che tutto questo accadeva dopo il 1638, avendo in tale anno 
il Cardinalo rinunziato il Vescovato di Rieti e preso stanza in Roma. — Qiiamo 
al < Panegyricus dictus Urbano VIH Pontif. max. ob benoticia ab ipso in Thoni. 
Campanellam collata, Paris ap. Sebast. Cranioisy 1644 >. esso reca in tine Ii 
data del 1632, e sebbcne nel titolo od anche nella dedica si affcrmi ossere -tai-^ 
« recitato » ad Urbano VIII, e 1' Kchard nggiunga che appunto nel [i)3'^ qne^t ) 
sia accaduto « coram percelobri omnium ordinum conscssu >, giovei;\ cunosceiv 
un brano di lettcra autografa inedita dello stesso Naudeo, che riporti;»nio ti-n i 
Documenti (ved. Doc. 527 h, p. 607). Vi si rilevcrc\ che il Panegirico non fu lu..: 
recitato, e che nel 1635 T autore dolevasi di non poterlo dare alle stampe, dtl 
quale ultimo fatto ognuno naturalmento intcndera la ragione. Nulla dicianio \'X 
del trovare affermato nel Panegirico, che Papa Urbano benelicO il Can:p:ntlla 
€ judicium non modo suum . . . , sed Clcmeniis VIII, et Pauli V nirnroin. in 
aestimandis Campanellae dotibus mirificis, sequutus »; perfino Clemente VIII avea 
stimato le quality del Campanella ! 



— 429 — 

dal Campanella dopochfe usci dalle mani degli spagnuoli, nemmeno 
ci pare che siasi profittato davvero de' documenti del tempo, stu- 
diandoli da tutti i lati e con la necessaria equanimita. Si 6 rico- 
nosciuto oramai che il Campanella non fini col godere un Iranquillo 
ed agiato riposo, come del tutto erroneamente era stato ammesso ; 
ma si b posta anche troppo in mostra la sua irrequietezza, la sua 
imprudenza, la sua testardaggine, senza porre in altrettanta mostra 
la condotta di coloro che dapprima lo trattarono con benevolenza 
pel gusto de' dispetti politici e pel desiderio di trarne vantaggiosi 
consigli, e poi lo abbandonarono, lo sprezzarono, lo lasciarono per- 
seguitare fino alia morte da due ribaldi invidiosi, il P.® Generale 
deir Ordine e il Maestro del Sacro Palazzo, d' accordo con un altro 
ribaldo, il Card.^ Nipote, i quali tutti avrebbero voluto vederlo as- 
solutamente annuUato. E certo che Papa I'rbano, quando gli parve 
giunto il memento di scovrirsi partigiano di Francia, mostro bene- 
volenza ed accordo uno stipendio al Campanella, per far dispetto a 
Spagna ed anche per averne conforti nolle vive apprensioni circa la 
propria salute, essendo rimasto scosso dalle varie predizioni astro- 
logiche venute fuori contro di lui, e poi dalle sciocche malie cho 
Giacinto Centini con 1' assistenza di un frate e di un eremita esegui 
per afFrettarne la morte: allora egli senti il bisogno delle conver- 
sazioni del Campanella ed anche delle sue contro-predizioni astro- 
logiche, bench6 avesse solennemente condannata 1' astrologia, onde 
molto si mormoro in Roma per questo, e il Card.^ Nipote vide ne- 
cessario allontanare un poco il Campanella dal Palazzo Apostolico. 
E certo inoltre che quando i Card.*^ di casa Barberini crederono 
conveniente di non tirarla troppo con la Spagna, la quale anche 
venne a rilevarsi di molto con la vittoria di Nordlinga, e d' altro 
lato Papa Urbano giunse a rinfrancarsi intorno alia sua salute me- 
diante gli esorcismi del rinomato frate della TrinitA de' monti , e 
le predizioni astrologiche di un ebreo Abramo che gli assicuravano 
24 anni di regno avendo il Sole nella 9.* casa, il Campanella fu 
abbandonato all' avarizia e alia perftdia del Card.^ Nipote, che de- 
siderava risparmiare lo stipendio accordatogli ed era collegato col 
Generale de' Domenicani, il cui fratello Ludovico g\k trattava se- 
gretamente col Vicer6 di Napoli per conto de' Barberini : cosi, alia 
richiesta del Vicer6 che voleva riavere il Campanella nolle mani, 
si facilito 1' andata di lui in Francia donde non sarebbe piu tor- 
nato , invece dell' andata a Venezia dove egli avrebbe voluto re- 
carsi, e mentre il povero esule era ancora in viaggio, il Card.^ Ni- 
pote commetteva al Mazarini , Nunzio straordinario in Francia, di 
€ screditarlo » (a). E certo ancora che il Re di Francia lo accolse 



(a) Tutte lo suddette particolaritA emergono da' Carteggi e dagli Avvisi 
del tempo; Y ultima poi, la piii scellerata, d venuta fuori co' documenti raccolti 
dal Bazzoni pel suo bel lavoro intitolato « Un Nunzio straordlDario alia Corte 



con benevolenza e gli accordo una pensione per far dispetto a Spa- 
gna, ed anche per averne consigli politici, come lo affermo an te- 
stimone irrecusabile, il Foerstuer, ehe vide piii volte il filosofo ia 
colloquio col Re e col Card.' di Richelieu su raaterie di Stato; ma 
poi la pensione non fu pid pagata , e riraasero i dileggi del Ri' 
chelieu ed anche del Mazarini , atti solo a provare una volta di 
pill che in essi non c' era alcun sense di onestA e di giustizia. B 
certo infine che ben presto gli fu intimato da Roraa di non stam- 
pare alcuna opera senza il perraesso romano, il quale non veniva 
mai, altrimenti lo stipendio gli sarebbe stato tolto, esigendo pure 
che si fosse « quietato » a vedersi sospeso il pubUc^lur per le opei-e 
gik approvate e stampate, come VAleismo, la Monarchia del Met- 
sia, i Discorsi delta liberld e fe'ice soggesione etc., e a vedersi so- 
speso Vimprimatur per altre opere da doversi starapare , come il 
Reminiscentur , il Cento thomisticus de Praedestinaltone etc., cod 
la circostanza aggravante del non vedersi restituiti i manoscrilti oft 
significate le proposizioni censurabili in essi rinvenute. Insomma egK 
avrebbe dovuto annullarsi, veder soppresse le opere sue benchi^ non 
condannate, vedersi trattato jieggio del Galilei, il quale assists aJ-, 
r abbruciaraento del suo libm ma dopo che era stato condanuato. 
E il Campanella non vi si piego , e dategli appena 900 lire-tor- 
nesi fino al 15 marzo 1636 lo stipendio gli fu tolto, ed invano il 
povero vecchio , con una continua serie di lettere, fece conoscere 
le sue condizioni infelici esclamando, « mi muoio di neeessitA . . ; 
« egestate premor . . ; non rai levate la lemosina che S. B. mi donA 
« perchfe la levate a Dio croclflsso . . ; sono uscito della memoril 
« di V, B. in manera che mi lascia morir di fame e di necessilA . . ; 
« crepo di fame. . ; sto mendicando ». Qual raeraviglia se in una 
persecuzione simile siasi mostrato irrequieto, riotloso, irapmdenieJ 
Sarebbe tempo oramai di non guardare taluni portamenti del Cam- 
panella senza tener conto degli strazii che gli furono inflitti, di noa 
accogliere quasi con eompiacenza certi giudizii sul conto di lui e- 



di Franeia nel aecolo 17* », pubblicato nolla Rivista Europea 2.* semegtre 1880. 
Notevole riesce ]' indtislria del Maiarini per adempiere alia commissioDe iic»- 
Tuta ; si serve del noto P." Giuseppe o vuol servirsi anche d«l Card.' Della Val- 
letta, ma att«3la che il Campanella parla raolto bene del Card.' Barberini doo 
che del Papa (ecco una difficolUi). Piii tardi fa sapere che ha parlato risenti- 
tamente al Campanella percb^ vuole stampare alcune opere avendone otienuta 
la permiasione dalia Sorbona; vnole slampiire 1' Ateismo o vi si riacaltia, * per 
qualche proStto che ne cavcrd >; e malvoleDtieri si lascia pferauaderc che aon 
starapi, « parendogli che I'opporvisi sia togliergli la gloria* (cose da nulla). 
Con ci& fa anche sapere che il Richelieu lo stima un chiacchierone, e che re- 
ramente U giudizio suo non corrisponde all' ingegno. Senza dubbio in quelle con- 
dizioni r avrebbe perduto ognuno il giudizio; ma che dire poi del giudizio di 
chi ha cantato icni di gloria a Papa Urbano ed a' Barberini a proposito ikl 
Campanella 1 Ed oggi c' b da temere per soprappii^, che debba il fjlosofo bcod- 
turc il risentimento di colore i quoli non sono riusciti a capirlo. 



— 431 — 



messi perfino da chi non si fece scrupolo di trattarlo in un modo 
tanto abominevole, di riconoscere che tutta la sua vita fu un mar- 
tirio continuato , e che ben pochi meritano quanto lui V ammira- 
zione e la gratitudine dovute a colore i quali fortemente voUero e 
grandemente patirono. 



PINE. 



INDICE DEL VOL. H. 



Cap. IV. — Processi di Napoli e pazzia del Campanella. pag. 1. 
A. — Processo della congiura (primi mesi del 1600). » ib. 

I. Arrive delle quattro galere co' prigioni in Napoli; per ordine del Vicerd, 
airentrare in porto ne sono impiccati quattro alle antenne, ed anche squartati 
due in mezzo alle galere , 11 Caccla e il Vitale , ma dope di averli fatti soffo- 
care; ultirai atti di costoro (i). Notizie esagerate che ne dava il medesimo Vi- 
cer^; sua istanza che il Vescovo di Mileto si rechi a Napoli, e che nella causa 
dei frati e clerici intervenga un suo ufficiale; fra Cornelio consegna al Nunzio 
il processo di Calabria (4). Scelta de' componenti il tribunale pe' laici ed istru- 
zioni relative; Marcantonio de Ponte Giudice commissario, D. Giovanni Sances 
Avvocato fiscale assistito dallo Xarava, Giuliano Canale Mastrodatti; notizie sul 
De Ponte e sul Sances (5). DiflBcolt^ incontrate dal Nunzio per riconoscere i 
carcerati ecclesiastici; fra Cornelio, dope di averne visitato qualcuno, parte per 
Roma, dove non riesce a sodisfare il S.*" Officio che Tinterroga; non per tanto 
Roma accetta che oltre il Nunzio intervenga nella causa degli ecclesiastici un 
ufficiale Regie (7). Ricognizione de' carcerati ecclesiastici nel Castel nuovo ese- 
guita dair Auditore del Nunzio ; il Castellano D. Alonso de Mendozza; ricogni- 
zione del Campanella e socii; si trovano al n.* di 23 i carcerati ecclesiastici de- 
tenuti a nome del Nunzio di S. S.^ (il)* Trattative per la costituzione del tri- 
bunale per gli ecclesiastici; Rqma accorda che uno de' Delegati Apostolici venga 
nominate dal Vicerd, purch6 non sia coniugate, ed abbia o pigli la piima tonsura; 
il Vicer6 nomina D. Diego De Vera, mantenendo il Sances come fiscalo anche 
per gli ecclesiastici; giudizie su tale determinazione di Roma (15). Vita del Cam- 
panella nel carcere; il Castel nuovo, i suoi torrioni, le sue carceri, le sue fosse; 
il Campanella d posto nel 2? piano del terrione dette del Castellano; nel r, setto 
di lui, trovasi Maurizio; parole tra' carcerati dalle finestre e carteline scambiate 
tra loro (20). II Campanella sollecita il Petrolo e piii ancora il Pizzoni perchd 
si ritrattino ; scambia col Pizzoni cartoline in un breviario ; inoltre si occupa a 
scrivere poesie (23). 

II. Comincia il processo della congiura o < tentata ribellione > pe* laici, 
venendo sostituito al Canale per Mastrodatti Marcello Barrese; nuovi e terribili 
tormenti a Maurizio de Rinaldis che non confessa nulla; se ne conferma la con- 
danna a mortc, condanna che fu poi attribuita dal Campanella ad altre cause (26). 
Si conferma la condanna anche del Pisano gi^ confesso, e si fanno i prepare tivi 
per le due esecuzioni; ma il Nunzio interviene e fa sospendere 1* esecazione del 

Amabiie^T. Campanblla, Vol. II. 55 



Pisano che era clerico ; invece Maurizio 6 condotto al patibolo dirimpetto al 
torrione in cui stava il Campanella, ma sotto la forca, dietro V ingiunzione avii- 
tane dal confessore, dichiara di voler rivelare ogni cosa a scarico della sua co- 
scienza e no rimane quindi sospesa V esccuzione (30). Motivi inaccettabili addotti 
poi dal Campanella per la spiegazione di tale fatto ; sunto delle rivelazioni di 
Maurizio; dopo di averle fatte ratificare con una nuova tortura si decide di 
ritardare ancora la morte di Maurizio per fame la confronta col Campanella e 
CO* complici (32). Tormenti a molte altre persone: provvedimenti conlro i cod- 
tumaci; forgiudicazione di parecchi sccondo i documenti raccolti (39). Giunge da 
Roma r assoluzione della scomunica pel I^.pe di Scilla, pel Poerio e per lo Xa- 
rava, richiesta dal Vicer^ e dagl* intcressati ; giunge da Calabria il Vescovo di 
Mileto ed lia un colloquio col Vicer6 ; giunge infine ancbe il Breve del Papa 
circa la costituzione del tribunale per gli ecclesiastic! , ed allora il Vicere. di 
sorpresa, fa procedere all' csecuzione di Cesare Pisano (42). Ultimi atli del Pi- 
sano ; sue dicbiarazioni innanzi a' Delcgati del S.** Officio e discolpe innanzi ai 
Biancbi di giustizia; particolari del supplizio e delusione del Nunzio (43). 

in. Si costituisce il tribunale dolla congiura per gli ecclesiastici ; analisi 
del Breve Pa pale , risulta ebe con Ciso crcavasi un tribunale Apostolico (48). 
Si esamina il Campanella, die nega anche il contenuto della sua Dichiarazione 
scritta in Calabria; si precede alia confronta di lui con Maurizio e iK)i col Franza, 
Cordova, Tirotta, Gagliardo , Conia, fra Silvestro di Lauriana ; il fisco cbiede 
che si venga alia tortura, ma il Nunzio csige che se ne cbiegga licenza al 
Papa (50). Si esamina fra Dionisio, che nega: si esamina quindi il Pizzoni, che 
forse dapprima si ritratta ed 6 posto in una fossa , ma finisce col confermare 
quanto ha deposto in Caiabria con pocho varianti; si esamina quindi il IV'trolo, 
che certamente comincia col ritrattarsi cd 6 posto nella fossa , e poi non solo 
conferma ma anche sviluppa i disegni del Campanella ; si procede quindi alia 
confronta tra lore due (53). II Campanella ^ posto nella fossa del miglio jior 
una settiniana ; intanto si fa la confronta di fra Dionisio con Maurizio, si esa- 
minano il Bitonto ed aliri, tra' qiiali fra Scij)iono Politi (5G). Si conduce Mau- 
rizio ad esortare fra Pietro di Stilo cho confossi e poi si procede all' esccuzione 
di esse ; sue ullime rivelazioni innanzi a' Delegati del S.** Officio ; particolari 
deir esccuzione; ottima ripnta/.ione cho lascia di s<> ; i suoi beni sono distribuiii 
in tre parti , a' monasteri . alia vedova e alia figliuola (57). Sono esaniinati il 
Flaccavento e il Sanseveiino, e inoltre Lanro e Biblia che sono pure confron- 
tati con fra Dionisio ; vcnuta la licenza da Roma si dii al Campanella il tor- 
mento del polledro; particolari di questo tormento (61). Nello svestire il Cam- 
panella gli sono trovate cartoline scrittegli dal Pizzoni , e una carta scrittairli 
dal Lauriana; sono con.segnate al bances; non reggendo alia tortui*a egli eonfe>sa 
aver voluto fare la repubblica , ma sotto corte condizioni (62). Confessione del 
Campanella in tormento sccondo i brani che ne rimangono; complici da lui ntf- 
minati ; commenti ; non senza ragione 6 dichiarato « confesso » (GO). Gli si dii 
la copia degli atti esistonti contro di hii con un terniine per le difese, e gli >i 
assegna difensorc Gio. Battista de Lconardis avvocato de' poveri; notizie intonio 
a cestui; il Sanccs fa anche dettaro dal Campanella molti articoli profetali iui 
quali egli si fondava per sostcnere T avveniniento dello mut'izioni (71). Si da 
lo stesso tormento del polledro a fra Dionisio, che non confessa nulla; si da la 
cordf. aggravata dalle funicelle per due ore al Pizzoni con lo stesso risultamento, 
ma rimane leso in una spalla (73). Si esamina il Cortese e il Milano; si da h 



— 435 — 

corda per due ore al Petrolo che nemmeno confessa; si esanaina Giulio Coate- 
stabile; si d^ la corda al Bitonto e poi anche al Contestabile, i quali risultano 
parimente negativi (ib.). Sono rilasciati dapprima 8 e poi altri 4 tra frati e 
clerici imputati di minor conto; Giulio Contestabile presenta subito documenti, 
testimoni e la Difesa scritta da un avvocato proprio; particolari di questa Di- 
fesa (74). Difesa del Campanella scritta dal Leonardis ; commenti ; AUegazione 
scritta dal Sances in replica; non 6 nota la Difesa di fra Dionisio (77). L*at- 
tivitA del tribunale si rallenta per Tandata del Vicer6 a Roma e poi per le 
feste di Pasqua; 11 Sances dimanda che si spediscano le cause del Campanella 
e di fra Dionisio^ ma il Nunzio prevedendo che la fine delle cause sarebbe stata 
la loro condanna a morte , mentre non ancora si era fatto nulla circa V ere- 
sia, si oppone per attendere gli ordini del Papa; intanto continuano le difese 
per gli altri frati (80). Durante le feste di Pasqua |si manifesta nel Campanella 
un subitaneo e violento accesso di pazzia ; particolari tii e motivi del fatto ; il 
Sances, alcuni giorni dopo, fa spiare il Campanella da due scrivani , i quali 
sorprendono due volte il Campanella in dialoghi notturni con fra Pietro Pon- 
zio; relazione di questi dialoghi (84). Vita intima del Campanella nel carcere 
fin da principio della sua venuta in Napoli ; poesie da lui composte per dare 
animo agli amici , le quali oggi si pubblicano per la prima volta ; rassegna di 
queste prime poesie, cercando di ognuna la data e rilevandone V importanza (89). 
Difese da lui scritte che non giunge in tempo a presentare, « i.' Delineatio > 
e « 2.' Delineatio , Articuli prophetales > ; analisi di esse e commenti ; inoltre 
r « Epistola ad araicum pro apologia » con ogni probability diretta a fra Dio- 
nisio per giustificarsi; infine la ricomposizione del libro della Monarchia di Spa- 
gna, eseguita mentre rimaneva sospesa la spedizione della causa della congiura 
ed il filosofo continuava a mostrarsi pazzo (97). Premii dati frattanto a Lauro 
e Biblia; concessioni fatte e posto di Consigliere del Collaterale date piu tardi 
al P.pe della Roccella; posto di Capitano della cavalleria pesante dato alio Spi- 
nelli, avendo per aggiunto e successore il suo nipote Marchese di S. Donate poco 
dopo nominate Duca; promozione di D. Carlo RufPo da semplice Baron e a Duca 
di Bagnara ; nomina dello Xarava a Consigliere, e pensione accordata a fra Cor- 
nelio ; la nomina del Leonardis a Consigliere, avuta dopo il passaggio a Fiscale, 
non reca alcun cenno del servizio prestato nella causa della congiura' (113). 

Cap. V. — Sfeguito de' process! di Napoli e della pazzia del • 

Campanella pag. 119. 

B. — Processo deir eresia (maggio 1600 a settembre 

1602) > ib. 

I. Viene risoluto da S. S.** che il processo dell' eresia si faccia in Napoli 
dal Nunzio, dal Vicario Arcivescovile e dal nuovo Vescovo di Termoli, che 6 
il Tragagliolo gi^ Commissario del S.** Officio in Roma; notizie sul Tragagliolo 
e sul Vicario (119). La parte principale 6 deferita al Vescovo di Termoli, e il 
Nunzio spesso manda in vece sua alle sedute il Rev. Antonio Peri fiorentino suo 
Auditore; Mastrodatti 6 Gio. Camillo Prezioso, Notaro della Curia Arcivescovile; 
comincia 11 processo offensive coll' esame del Pizzoni, che dichiara di avere avuto 
minacce dal Campanella, conferma le cose gik deposte in Calabria con varianti 
di minor conto, e sostiene avere gi& prima denunziato il Campanella per lettere 



- 436 - 

al P.* Generale, e di persona a fra Marco e fra Gomelio (121). Sono esaminati 
fra Marco e fra Comelio che negano quanto ha asserto il Pizzoni ; 6 interrogate 
per lettere il P.* Generale Beccaria che risponde negando del pari; d e^aminato 
il Petrolo , che conferma le cose gi^ deposte con poche varianti e dichiara di 
avere anche avute minacce dal Campanella (\22). Si esamina il Campanella 
che s^guita a mostrarsi pazzo ed 6 rinviato; si esamina fra Pietro di Stilo che 
attenua le cose gi& deposte; si esamina il Lauriana che dice occorrergli soltanto 
di manifestare che ha continue minacce dal Campanella, ed attenua di molto 
anicamente le cose gi^ deposte centre il Pizzoni , evidentemente per concerti 
presi tra loro ; si esaminano inoltre fra Paolo della Grotteria e il Bitonto che 
fanno deposizioni negative (123). fi presentata una denunzia contro il Campa- 
nella da fra Agostino Cavallo circa le sue passate relazioni con Y ebreo Abramo: 
sono esaminati per questo il denunziante ed anche fra Giuseppe Dattilo (125). 11 
Vescovo di Termoli privatamente raccoglie informazioni anche presso fra Cor- 
nelio, Xarava, Fabio di Lauro, D. Pietro de Vera, e le comunica ul Card.* di 
S.** Severina; ritiene che al Campanella debba amministrarsi la tortura, ma sa 
che non la teme ; da Roma gli si mandano i sommarii de' processi di Calabria 
ciod di Monteleone, di Gerace, di Squillace (126). Sono riesaminati fra IV^lo, 
il Bitonto, il Petrolo, fra Pietro di Stilo e il Lauriana; fra Pietro Ponzio in via 
al Vescovo una lettera del Lauriana al Pizzoni sorpresa da fra Dionisio; sono 
esaminati diversi su tale incidentc; il Lauriana nega con giuramenti, ma risulta 
indubitato che egli ed il Pizzoni agivano d'accordo ed in false (128). Sono lie- 
saminati il Pizzoni, il Lauriana ed il Petrolo, su varie circostanze; il Nunzio, 
tornando dalla sua Chiesa di Troia, si convince per via della pessima vita de' fraii 
in relazione co' banditi e ne scrive a Roma ( 1 30). Sono ancora riesaminati nuova- 
mente il Lauriana, il Petrolo, fra Pietro di Stilo, il Pizzoni e poi anche il Bi- 
tonto; cominciano a rivelarsi i modi iniqui usati da fra Marco e fra Cornelio in 
Calabria, ma le cose deposte non sono smentite (133)., Quattro esami succes<ivi 
di fra Dionisio, che nega di avere avuto mai scandalo dal Campanella per cose 
di eresia , parla di dimanda di pcrdono direttagli dal Lauriana, fomisce ampie 
spiegazioni e cerca di ribattere tutte le accuse ; esame di Giulio Coutestal»il»*. 
che sostiene esscrgli il Campanella divenuto nemico per aver lui divulgate che 
era state gi^ condannato alFabiura (135). Esame di Giulio Soldaniero, fatto ve- 
nire da terra d' Otranto ove si era ritirato ed era state carceraio ad ist-iim 
del S.*" Officio; egli ha giA dimenticate troppe cose e si contradice su varie cir- 
costanze (138). Avuto Tassenso da Roma si d^ un' era di corda al Campanelh 
che continua a mostrarsi pazzo ; poi sono esaminati sue padre Geronimo e suo 
fratello Gio. Pietro; poi 6 ricondotto il Campanella innanzi a' Giudici, e mostra>i 
sempre pazzo (139). Nuovo esame del Soldaniero, cui si fanno notare le con- 
tradizioni nolle quali ^ caduto ; esame di Giuseppe Grille ; nuove dimande a fri 
Dionisio e al Pizzoni circa la loro andata a Soriano (141). II tribunale eaiana 
i decreti occorrenti per passare al processo ripetitivo ; ma sono ancora esami- 
nati il priore e il lottore di Soriano come pure Valerie Bruno , ed inoltre fr* 
Gio. Battista di Placanica e fra Francesco Merlino fatti venire da Calabria j-er 
chiarimenti; al tempo stesso in Squillace si compie un supplimcnto d' inf 'piua- 
ziono commesso dal Vescovo di Termoli (142). 

II. Processo ripetitivo; maniera di farlo; il fiscale della Curia Rev.'*' Andr-:'. 
Sebastiano dk gli articoli solamente contro i tro imputati principali, il Caru;'^!- 
nella , il Pizzoni e fra Dionisio; il Rev.''" Attilio Cracco 6 assegnato quale av- 



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vocato di ofl3cio ; particolari degli articoli del fiscale e degl' interrogatorii pre- 
sentati dalFav vocato (149). Si comincia dalle ripetizioni contro il Campanella, 
e sono esaminati il Soldanioro, il Pizzoni, ii Lauriana, il Petrolo e fra Pietro 
di Stilo; riescono attenuate lo deposizioni del Soldanioro, false quelle del Lau- 
riana, scmpre gravi quelle del Pizzoni e del Petrolo, piu favorevoli quelle di 
fpa Pietro di Stilo; unanimi le dichiarazioni di mala condotta de* primi proces- 
santi (153). Seguono gli esanii ripetitivi contro il Pizzoni; sono esaminati il Sol- 
daniero, il Lauriana, il Bruno e il Petrolo; le accuse riescono attenuate, e ri- 
mane il grave sospetto contro di lui principalmente per le troppe rivelazioni 
fatto e le sue stesse discolpe trovate false (157). Esami ripetitivi contro fra 
Dionisio: sono esaminati il Bruno, il Soldanioro, il Pizzoni, il Lauriana, il Pe- 
trolo e fra Pietro di Stilo: anche per lui le accuse riescono attenuate, e sempre 
son pos'i in ri'ievo i modi iniqui di fra Marco e fra Cornelio (159). PerplessitA 
del Vescovo di Termoli, quali si rilevano da una lista di varianti e di contra- 
dizioni da lui compilata ; sollecitazioni del Governo perch6 si possa terminare 
la causa della congiura; i Giudici per T eresia doliberano di venire alia speli- 
zione; maniera di procedervi (163). Aesegno del terraine di 8 giorni per le difese; 
avvocati Grimaldi e Montella, il quale ultimo 6 sostituito poi dallo Stinca; Gio. 
Battista dello Grugno av vocato pel Campanella; notizie intorno a costoro (166). 
Procosso difensivo; esami difensivi per fra Dionisio; alcuni articoli vengono pre- 
sentati in fretta, acci6 siano esaminati sopra di essi alcuni de* carcerati per la 
congiura che stanno per uscire in libertii; 18 interrogatorii dati dal fiscale; sono 
cosl esaminati Geronimo Marra , Francesco Paterno e Minico Mandarine , ma 
infruttuosamente (168). Articoli completi per fra Dionisio al n.® di 58, con oltre 
60 testimoni e varii documenti in sup favore; notizie su' tostimoni Spinola, Ca- 
stiglia, Capece e Giustiniano (170). Sono esaminati dapprima il Castiglia e il 
Contestabile, poi il Capece, Cesare Forte, lo Spinola, il Giustiniano e il Grille; 
ne risulta che il Lauriana era stimato false, testimone, come pure il Bruno, e 
che il Soldanioro medesimo avea fatto intendere le cose passate tra lui, il priore 
di Soriano e fra Cornelio (176). Sono ancora esaminati il carceriere Martines, 
Nardo Rampano, Marcello Salerno, Cesare Bianco, Geronimo Campanella, Gio. 
Bat. Ricciuto e Tom. Tirotta; di poi fra Paolo, fra Pietro di Stilo, il Petrolo 
e il Bitonto; infine il Barone di Cropani e Geronimo di Francesco; ne risultano 
sempre piii messe in rilievo le tristi quality del Lauriana, del Bruno, del Sol- 
daniero ed anche del Pizzoni, oltrech^ la malvagit^ de' primi Inquisitori (179). 
Contemporaneamente si menavano innanzi gli esami difensivi pel Pizzoni , che 
avea presentato 34 articoli con molti testimoni scelti senza alcuna avvedutezza; 
erano esaminati dapprima fra Paolo, il Petrolo, il Lauriana; poi fra Pietro di 
Stilo, il Bitonto, lo Spinola, il Contestabile , il Castiglia e il Di Francesco; ne 
risulta il Pizzoni niente affatto difeso, e circa le qualita sue abbastanza aggra- 
vate (187). Pel Campanella, avendo il sue procuratore dichiarato non potersi 
compilare gli articoli difensivi perch6 pazzo, ed avendo anzi dimandato un ter- 
mine per provare detta pazzia, si precede a una informazione, e 10 testimoni, 
compreso il carceriere , attestano il Campanella esser pazzo ; particolari della 
pazzia (196). Fra Pietro Ponzio comunica le istanze fattegli gia dal Lauriana 
per essere perdonato delle falsita deposte , e consegna anche una lettera ana- 
loga scritta dal medesimo a suo fratello Ferrante; perizia calligrafica circa la 
lettera (201). II Vescovo di Termoli non nasconde lo sue perplessitA circa i me- 
riti della causa, fa note a Roma le tante irregolaritiSi commesse e finisce coo 



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dichiarare che dovrebbero gl' inquisiti esser tradotti a Roma per potere scopr re 
la veritA ; trasmette anche un njcinoriale analogo di fra Dionido , mostrando:?! 
animato dalle piu caritatevoli intenzioni (202). 

III. Morte del Vescovo di Termoli con grave danno de' frati ; insistenze 
continue del Governo perchd la causa dell* eresia abbia termine ; 6 nominaio 
Giudice il Vescovo di Caserta D. Benedetto Mandina; notizie intorno a cestui (206 1. 
Istruzioni del Card.* di S.*' Severina a nome di S. S.** ; si prescrivono visite 
mediche e il tormento della veglia per chiarire la pazzia del Campanelia, inoltre 
nuove diligenze in Squillace ; articoli del fiscale ed interrogatorii dell' a vvocato 
per esse; 6 esaminato Geronimo di Francesco in tal senso (209). Le sedute del 
tribunale son sospese; fra Pietro Ponzio dimanda inutilmente di 68501*6 gindicato 
rilasciato ; fra Dionisio fa sapere a Roma che fra Cornelio era partito per 
Madrid; il Nunzio 6 costretto a confermarlo, dolendosi di lui ma dolendosi anche 
de' giudizii molto severi che avea sempre manifestato il Vescovo di Termoli 
contro di lui e contro fra Marco (2i2). 11 Pizzoni, rimasto leso nel braccio dielro 
la tortura avuta, mnore nel carcere; i prcparativi per la veglia da darsi al Cam- 
panelia mettono in agitazione i frati; fra Pietro ^i Stilo manda a' Giudici alcune 
carte gi^ dategli dal Campanelia, che sono le proprie Difese con gli Articoli 
profetali scritte per la causa della congiura; fra Dionisio m.-mda una lettera dol 
Petrolo che chiedo di essere riesi.minato (215). Senza aspettare le fedi de' mc- 
dici si dii al Campanelia il torraeulo della veglia; notizie intorno a questo tor- 
mento; particolari del tormento scfferto per 36 ore; durante 1' amministrazione 
di esso si prescrive a fra Dionisio che consigli il Campanelia a rijipondere ado- 
guatamente , ma il Campanelia pcrsiste a mostrarsi pazzo (217). Conseguenze 
del tormento solFerto ; il chirurgo Scipione Cammardella curanto di fra Tom- 
maso (222). Esami di fra Dionisio e poi di fra Pietro di Stilo circa le comu- 
nicazioni fattc a' Giudici; fedi de' medici Vecchione e Jasolino, che sebbcnc por- 
plessi inclinano a ritenore essere la pazzia simulata; esame di un aguzzino che 
fa conoscere alcune parole dette dal Campanelia dopo il tormento ; condizione 
giuridica del Campanelia in sc^guito di tutte queste prove (225). Nuova so2:i)en- 
sione delle sedute del tribunale; accade una rissa tra i Ponzii, il Bitonto e il 
Petrolo da una parte, c il Soldauiero, il S.*' Croce, il Gagliardo e P Adimari 
da un' altra parte, risultando ferito fra Dionisio; dietro denunzia de'laici si pro- 
cede dagli uificiali del Castello ad una ricerca di carte, e si trovano scritture 
di sortilegi presso fra Dionisio, ma non appartenenti a lui, diverse lettere ap- 
partenenti a fra Pietro di Stilo , una raccolta di poesie del Campanelia presso 
fra Pietro Ponzio, uno scritto del Campanelia che il fratello di lui butt6 dal la 
finestra al memento della venuta degli ufllciali (230). Le carte sono portate al 
Vicer6; fra Dionisio, riiichiuso in un torrione al pari di fra Pietro Ponzio, scrive 
a' Giudici di voler essere esaminato circa le carte trovate nella sua cassa, e prc^M 
che si dia agio a fra Pietro di peter presentare capi di accusa contro i fori- 
tori; TAdimiiri si querela di uno schiaftb avuto da fra Pietro, ed anche il Lau- 
riana reclama di volcr essere riesaminato (233). II Vicer6 si ammala e muore: 
il suo secondogenito I). Francesco de Castro rimane Luogotenente general^ ; h 
causa dcir eresia languisce; languiscono anche i frati in desolante miseria, e i! 
Nunzio chiude nuovi sussidii per loro da' conventi di Calabria (235). 

IV. Dietro sollecitazioni del Card.* di S.*' Severina si ripigliano le seduta 
del tribunale ; si riosamina fra Dionisio circa le carte trovate nella sua cas>;i: 
si fa richiesta delle carte al Governo ; fra Pietro Ponzio denunzia i feritori e 



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qualche altro loro compagno in materia di S.'"" Officio (237). S' inizia an processo 
secondario specialmente contro il S/* Croce e il Gagliardo; dalF elenco dei testi- 
moni presentati per questa causa si rileva che parecchi carcerati, tra gli altri il . 
padre e probabilmente anche il fratello del Campanella, erano stati allora rila- 
sciati; comiDciano gli esami pel detto processo , ma poi questo ^ interrotto per 
dar termine al processo principale (240). S' intima a fra Dionisio un termine pe- 
rentorio per le difese ; cosl pure agli altri frati i quali vi rinunziano ; si abilita 
il Soldaoiero a starsene in una casa in Napoli loco carceris, e i carcerati, frati 
e laici, dichiarano appartenere a lui le carte trovate nella cassa di fra Dioni- 
sio (242). II Govemo manda le carte richieste; rassegna di queste carte; le lettere 
di fra Pietro di Stilo mostrano in che maniera i frati giudicassero le cose loro; 
carte di sortilegi e poesie in dialetto calabrese del Gagliardo; come il Teologo 
qualificatore abbia giudicate le poesie del Campanella ; lo scritto buttato dalla 
finestra del Campanella risulta essere una copia della Filosofia epilogistica su 
cui r autore lavorava (243). Dietro ordine del Card.* di S.*' Severina il tribunale 
si occupa delle carte avute; esami del sergente Alarcon, di fra Pietro di Stilo, 
di fra Dionisio, del Bitonto; si viene a conoscere che vi sono altre carte tro- 
vate presso il Gagliardo fin da che stava nel Castello deir uovo (250). fi esa- 
minato il Gagliardo, e poi fra Pietro Ponzio e il Bitonto, il quale esibisce una 
nuova carta di sortilegio scritta dal Gagliardo per un Napolella carcerato ; il 
Napolella ed alcuni testimoni sono interrogati per questo, e poi sono esaminati 
di nuovo fra Pietro Ponzio, fra Pietro di Stilo , il Bitonto e il Napolella me- 
desirao a sua richiesta (254). Continua V informazione suUe carte avute, con gli 
esami del S.** Croce e poi di fra Pietro Ponzio circa la*provenienza delle poesie 
del Campanella trovate presso di lui, inoltre con Tesame anche di fra Paolo della 
Grotteria; da ultimo sono esaminati il Figueroa e il Navarro circa lo carte tro- 
vate nel Castello deir uovo; rassegna di queste carte ; un' altra poesia del Ga- 
gliardo in dialetto calabrese, due lettere di un capo di fuorusciti, tre prologhi 
di commedie, molti versi sciolti sempre del Gagliardo (259). Rimangono in causa 
solamente il S.*' Croce e il Gagliardo, a* quali si fa un processo separate che 6 
commesso al Vicario Arcivescovile ; brevi cenni su questo processo; il S." Croce 
finisce per essere abilitato ad uscire dal carcere e se ne parte per la Calabria 
senza licenza; il Gagliardo 6 sottoposto a tortura, e finisce egli pure per essere 
abilitato e pariirsene senza licenza, vcnendo poi, due anni dope, ripigliato e 
giustiziato in Napoli per un omicidio commesso in Calabria (269). Circa il pro- 
cesso principale, si provvede alle miserie de* frati col danaro venuto di Calabria, 
ma se ne dispone di una parte per pagare il Mastrodatti; nel tempo medesimo, 
facendo cessare le tergiversazioni , s* intima a fra Dionisio un brevissimo ter- 
mine per le nuove difese (272). Tre nuovi articoli difensivi di fra Dionisio, at- 
testanti le ritrattazioni fatte dal Pizzoni in punto di morte, i replicati desiderii 
di ritrattarsi mostrati dal Petrolo. V aver fatto Soldaniero porre scritti proi- 
biti nella sua cassa per rovinarlo definitivamente; varii testimoni esaminati sopra 
di ci6, e notizie sopra di loro; gli esami non riescono vantaggiosi a fra Dioni- 
sio ; in ispecie il Petrolo dichiara di aver detto volersi ritrattare per sottrarsi 
alia persecuzione de* frati, ma non aver nulla a ritrattare (275). Nuovi ritardi 
del tribunale per la stagione estiva, con raddoppiate lagnanze del Govemo Vi- 
cereale; Valerie Bruno 6 abilitato a stare fuori carcere per essere poi nuova- 
mente interrogate e quindi spedito; fra Pietro Ponzio fa nuove istanze perchd 
la sua causa sia spedita, ma inutilmente (281). 



— 440 — 

V. Opere composte dal Campanella in questo lungo periodo di tempo: dopo 
gli Articoli profetali, composizione o raeglio ricomposizione della Monorchia di 
Spagna; fasi e successo di questo libro (283). Al tempo medesimo Poesie; esse 
rivelano la vita intiraa del Campanella , e conviene rieercare la data ahneno 
delle principali ; sonetti profetali , ed anche al P.pe di Bisignano , alF Italia, a 
Geneva, a Venezia, a Roma; commenti (285). Altri sonetti sul monte di Stilo 
e su temi religiosi; altre poesie indirizzate a persone dimoranti nel Gastello ed 
anche fuori, come lo Spinola e 11 Castiglia carcerati, il Sig/ Troiano Magnati, 
D.* Ippolita Cavaniglia, la Sig." Olimpia, D.* Anna; notizie circa queste per- 
sone (288). Sonetti al Sig.' Francesco Gentile, alia Sig." Maria, alia Sig." Giu- 
lia, a Flerida, a Dianora; sonetti composti dopo il tormento della veglia, spe- 
cialmente quelli al Sig.*" Petrillo; commenti (293). Ritorno alle opere filosofiche; 
com pimento della Filosofia epilogistica o Epilogo magno, con T aggiunta degli 
Aforismi politici e dell* Economica, istaurata anche IfEtica; poco dopo, al comin- 
ciare del 1602, composizione della Citt^ del Sole, quindi composizione della Me- 
tafisica, con altre poesie di tempo in tempo (297). 

Cap. VL — Esiti de' due processi , fine della pazzia e con- 

chiusione (dal 7bre 1602 al 9bre 1604 e seg.% pag. 306. 

I. Giusta gli ordini avuti, il tribunale per V eresia precede finalmente alia 
discusiione de' meriti della causa e alia votazione ; Sommarii del Processo e 
Riassunti degl' indizii co' voti de' Giudici per fra Pietro Ponzio , fra Paolo , il 
Bitonto, fra Pietro di Stflo, il Petrolo e il Lauriana; lo stesso per fra Dionisio 
un po' piu tardi; commenti (ib.). Fuga di fra Dionisio e del Bitonto dal Casiello 
insieme col carceriere ; ordini da Roma e poi da Madrid perch6 i fuggiaschi 
siano ripigliati; inchiesta ordinata dal Governo, e singolare prolferta dello Xa- 
rava per tale inchiesta; ma il tribunale non avea mancato di decretare prov- 
vedimenti (314). Viene da Roma la risoluzione presa dalla Sacra Congregazione 
al cospetto di S. S.^'^ nella causa di eresia del Campanella e socii ; il Camp- 
nella 6 condannato al carcere perpetuo ed irremissibile nel S.*' Officio di Roiim; 
altri frati sono condannati air abiura dopo un tormento; per fra Paolo d ordi- 
nate il rilascio con penitenze salutari ; per fra Pietro Ponzio il rilascio senza 
condizioni; commenti in particolare sulla condanna riportata dal Campanella (3ir»). 
II tribunale spedisce la causa secondo la risoluzione venuta da Roma ; la seii- 
tenza 6 partccipata al Campanella; sono tormentati e fatti abiurare fra Pieiix) 
di Stilo, il Lauriana e il Petrolo (320). Non potendo dare fideiussione, i frati 
si obbligano invece a tre anni di jjalera e co^i possono andar via rimanentlo in 
carcere il Campanella ; poco dopo anche Valerio Bruno , e piii tardi il SolJa- 
niero, carceralo di nuovo in Calabria, sono rilasciati con Iideiussione elegj^n^io 
il loro domicilio in casa di Carlo Spinelli; in tal mode flnisce il lunjro prooo^-o 
di erejjia (3i?5). 

II. II tribunale della congiura pe' laici 6 tenuto sempre a; erto, anche do[ o 
finita la causa di eresia ; prime gruppo di carcerati abilitati a tornare in Ci- 
labiia si conosce essere stato quello do' carcerati di Catanzaro; secondo grujjj'O 
quelle de' gia carcerati in Gerace col Pisano, dietro torture anche atroci : con 
esse fu abilitato egualmente il padre del Campanella e con ogni probabiliia anche 
il Iratelio , ma restarono in carcere il S.*' Croce e il Gagliardo per conto dA 
S.*' Olticio (3:^7). Intorno a' forgiudicati, si hanno notizie del Baldaia, del l)olce. 



— 441 — 

del D* Alessandria, del Tranfo; pel solo Del Dolce, catturato insiome con Desi- 
derio Lucane suo ricettatore, si conosce che fu condannato a parecchi anni di 
carcere e trovavasi ancora carcerato il IGIO; notizie circa gli altri anzidetti e 
circa diversi gi^ rilasciati che ripigliarono la mala vita (328). Quanto al tri- 
bunale della congiura per gli ecclesiastici, dope la liberazione di molti e lo svol- 
gimento delle cause degli altri lasciandone sospesa la spedizione , finisce per 
condannare Giulio Contestabile a 5 anni di esilio, e poi tratta la causa del Pit- 
tella nuovamente carcerato ; particolari di questa causa , difesa del Leonardis, 
condanna egualmente a 5 anni di esilio (333). La spedizione della causa degli 
altri frati 6 impedita definitivamente d^l matrimonio di D. Pietro Do Vera con 
la sorella del Duca di S. Donato ; opposizioni del Nunzio , tergivcrsazioni del 
De Vera; giunge intanto la nuova che fra Dioijisio, capitato a Costantinopoli in 
casa del Cicala e fattosi maomettano , erasi imbarcato sulF armata turca che 
veniva verso il Regno; ciarle di fra Dionisio in Costantinopoli nocivo al Cam- 
paneUa; fatti deir armata turca dal 1600 in poi, e sua rinunzia'ad ogni impresa 
neir anno in corso pel cattivo stato delle navi (336). S. S.** ordina che il Nunzio 
dia termine per s6 solo alia causa, rimanendo il De Vera qual semplice assistente; 
impossibility di tale pretensione ; il Nunzio si sforza di farla accettare , il Vi- 
cer6 finge, il De Vera temporeggia; s' intima a' frati un- ultimo termine per lo 
difese, ma il Campanella era stato gi^ da un pezzo separato dagli altri frati e 
posto nel torrione (341). Fatti del Campanella dopo la sua condanna per T e- 
resia; visita.avuta dal Marchese di Lavello cui consegna la sua Metafisica; re- 
lazioni acquistate col Conte Giovanni di Nassau, Cristoforo Pflugh e Geronimo 
Toucher venuti prigioni nelle carceri del Castello; lo Pflugh, o Flugio, 6 da lui 
convertito al Cattolicismo, gli rimane amico, e piti tardi poi gli procura il patro- 
cinio de' Fuggcrs e di Gaspare Scioppio (346). Posto, dopo 6 mesi, nel torrione, 
il Campanella si occupa a scrivero TAstronomia , e piti tardi De* Sintomi della 
futura mortc del mondo per fuoco ; testimonianze che lo provano ; suoi impor- 
tanti colloquii col Gagliardo in questo tempo, credenze che gli svolge ed orazioni 
che gl' insegna con riscontro delle cose scritte nella CittA del Sole; altre testi- 
monianze; scene di evocazione di spiriti (348). Essendosi poi scoperto un disegno 
di evasione, 6 trasportato nel Castel S. Elmo; indagini su questo disegno di eva- 
sione; il Marchese di Lavello 6 carcerato probabilmente per esso (354). II Nunzio 
e il De Vera vanno in Castello per la spedizione della causa, e si trovano d' ac- 
cordo nel condannare il Petrolo a tre anni di galera, e rilasciare fra Pietro, fi^ 
Paolo e il Lauriana con V esilio dalla Calabria per un tempo a beneplacito di 
S. S.^"^ ; ma il De Vera vuol continuare a figurare come giudice, il Vicerd intor- 
pellato s'infinge, Roma insisto, il Campanella rimane dimenticato in S. Elmo; il 
Vicer6 fa poi sapere che nominerA un* altra persona invece del De Vera, ed essa 
fu il Ruiz de Baldovieto che approvato da un altro Breve ebbe a sottoscrivore 
la sentenza; ma pel Campanella dice dovorsene pel momento sospendere la spe- 
dizione (358). Gli amici, parent! e discepoli del Campanella presentano un me- 
moriale al Nunzio per lui ; indagini su questo documento oggi perduto ; afferma- 
zioni equivocho del Campanella circa questo periodo importante della sua vita; 
durissimi trattamenti soiferti in S. Elmo (361). 

III. Fine palese della pazzia del Campanella in S. Elmo; dopo 5 mesi egli 
manda a far proposte al Vicer6, dicendo aver concetti tali da dare vantaggi mi- 
rabill al Regno ed al Re, ma non trova ascolto; dopo altri 6 mesi manda a dire al 
Nunzio e al nuovo Vescovo di Caserta di volcrsi oonfessare, ed espono loro studii 

Amabile'-'T. CAMPANELLii, Vol. II. 56 



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fatti, visioni avute, concetti capaci di difendere il Cristiancsimo in tutto il mondo, 
facoltA di far miracoli etc.; quanto a' concetti , egli si rifcriva ad opcre che diceva 
dover comporro e forse stava gi^ componendo a fine di uscire dalla sua trisui 
posizione (365). Rassegna di qucste opere; lasciando imperfetta V Astrononiia, e 
continuando a comporre di tempo in tempo poosie come il Sonetto nel Caiicasc^ 
la Lamentevole orazione profetalo e poi le Canzoni in dispregio delia morte, cgli 
ricompone 1* opera del Sense dello cose; poi compone gli opuscoli Del Governo 
del Regno e la Consultazione per aumentare lo entrato del Regno , in tre di- 
scorsi , de' quali si d&nno gli ultimi due finora inediti (3G7). In seguito , rivol- 
gendosi a Roma, compone la Monarchia del Messia, aggiuntovi un capitolo Iki 
dritti del Re di Spagna sul nuovo mondo, inoltre la Ricognizione della vera 
religione , detta piu tardi Ateismo debellato ; considerazioni 8u queste opere c 
specialmente sull' ultima; composizione di un altro opuscolo e poi ricomposizione 
ampliata degli Articoli profetali; ancora gli Antiveneti, o poi i Discorsi a' l*rin- 
cipi d' Italia del pari^ampliati, tutto opcre di occasione; inline pareccbi opuscoli 
specialmente a ricliiesta di Gaspare Scioppio e Gio. Fabro da lui conosciuti in 
tal tempo (373). Racconto particolareggiato dalle mosse del Campanella presso il 
Vicer6, poi presso il Nunzio e il Vescovo di Caserta, poi ancora prcsso il Pa^ja; 
sue promesse mirabili ed esito delle proposte fatte con le Consul tazioui ; discorso 
fetto al Nunzio e al Vescovo di Caserta in S. Elmo, promesse sue ancho in tale 
circostanza; non gli si crede e dope altri 10 mesi scrive lettere al Papa Paolo V, 
a modo di appello, con affcrmazioni di comparsa del diavolo e rivelazioni avutcMic 
circa Venezia e V avvenire del Papato (378). Comnienti su quest' ultima nios^a 
del Campanella, e principalmente sulla comparsa del diavolo cbe si rannoda alio 
evocazioni di spiriti fatte dal Gagliardo; essa 6 una delle parecchie sue linzioni, 
e fra le altre quella della pazzia sotferta, a proposito della quale non mancO (loi 
di dichiarare che egli ammetteva il mendacio quando trattavasi di un alto fine; 
onde malamente la sua riputazione 6 stata bistrattata da colore i quali non lianuo 
volute darsi la pena di studiarlo bene (384). 

IV. Sdguito de' tentativi del Campanella per uscire dalla fossa di S. Elmri; 
scrive anche a* Card." D* Ascoli, Farnese e S. Giorgio , e manda V elonco delle 
promesse fatte e de' libri composti; poco dope acquista la protezione do' Kug^-^ors, 
e con essa quella di Gaspare Scioppio e Gio. Fabre, mediante Cristoforo Ptiuirh; 
notizie intorno a costoro (392). Lettere tra lo Scioppio jo il Campanella; vcnuta 
dello Scioppio a Napoli per favorirlo , certamente non per missione del Pa[>a 
come si disse di poi ; richiesia da lui fatta di tutte le opere del Campanella; 
costui scrive un' altra lettera al Papa , a guisa di un 2." appello , poco dopo 
scrive una lettera latina al Papa ed a* Cardinal! da doversi presentaro dallo 
Scioppio, il quale non la presenta perch6 vi si dicea di voler fare miracoli (30r>). 
Venuta anche del P\ibre a Napoli ; pareccbi quesiti sono dirotti da lui e dallo 
Scioppio al Campanella, o diinno occasione a pareccbi opuscoli episiolari: linita 
la trascrizione delle opere, il Campanella ne fa V invio con una letiera preiiio.<<a 
air Ateismo debellato, ma non manda gli Articoli profetali nui«j;gionuentc dosi- 
derati dallo Scioppio (398). Commendatizie procurate dallo Scioppio al Ca 1141:1- 
neUa, ma non presso il Papa; lettera del Campanella a Monsig.' Quereni:o in 
tale occasione; lettere a Cristoforo Pflugh e poi al Re di Spagna, airimponi- 
tore , agli Arciduchi di Austria , da doversi presentare daUo Scioppio faoendo 
anche vedere le sue opere, ad occasione della andata di lui in Germania qual 
Consigliere di casa d'Austria presso la Dieta di Ratisbona ; in quoste leitoio ai 



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Sovrani il Campanella, narrando i suoi guai a modo suo, chiedc di esscre ascol- 
tato (401). Partenza dello Scioppio per la Germania con fermata a Venezia, dove 
consegna le opere del Campanella al Ciotti perch6 le stampi e cestui non se ne 
cura; 6 poi imprigionato per due giorni ed obbligato a sfrattare, vencndo seque- 
strata dal Consiglio de* Dieci T opera degli Antiveneti del Campanella; invio di 
Danielo Stefano in Napoli da parte di Giorgio Fugger per faro evadere il Campa- 
nella a qualunque. spesa ; nocumento di questi tentativi proved uto dallo Sciop- 
pio (403). In Germania lo Scioppio presenta la Icttera del Campanella all* Im- 
peratore, che trova mal prevenuto; manda la Icttera al Re di Spagna e confida 
nieglio neir Arciduca Ferdinando, ma si duolc de* sospetti continui del Campa- 
nella, il quale a sua volta si duole di non vedere le sue opere n6 stampate n6 
presentate (405). Ferdinando scrive piu volte a favore del Campanella diman- 
dandone perfino la liberazione; in fondo egli, come il Fugger, riponeva grandi 
speranze nella dottrina e nel fervore del filosofo per propugnare in Germania la 
causa Cattolica contro gli eretici, oltrech6 ne attendeva ottimi consigli nolle cose 
di State ; ma alia fine , abbandonando la persona del filosofo , chiede al Viccr6 
che gli faccia compiere i libri della Matematica, de* Profetali e della Metafisica, 
gli faccia dire anche qualche segreto che ha in favore di Spagna ed Austria , 
o mandi a Grdtz libri e segreti (407). Si raffredda il favore di Giorgio Fugger 
pel Campanella, dope di aver conosciute le cause vere della prigionia sua, e i 
garbugli da lui messi innanzi per acquistare la liberty; lo Scioppio e il Fabre 
finiscono per dileggiarlo, dope di averne espilate le opere; deve poi dirsi smen- 
tito che la Curia Romana abbia partecipato a' tentativi di liberazione, i quali non 
potevano neanche esser visti da essa di buon occhio (412). Malgrado Tabbandono 
da parte do* suoi protettori , il Campanella continu6 scrapre a mostrarsi grato 
verso di lore; sua inerzia di qualche anno durante gli ultimi tentativi infruttuosi 
di liberazione ; pochi opuscoli scritti in tal tempo e diverse poesie di doloro e di 
sdegno, di alcune delle quali 6 possibile determinare la data; importauza delle 
sue Poesie in complesso e delle note aggiuntevi in s^guito, rivelatrici de* casi del 
filosofo da lui ingarbugliati per necessity in altre suo opere; ricerca della data 
in cui uscl dalla fossa rimanendo in S. Elmo, per poi passare al Castel nuovo e 
quindi al CastcUo delFuovo; interpetrazione del suo rassomigliarsi a Prometeo 
nel Caucaso (415). Si discute perch6 il Governo Vicereale abbia volute compor- 
tarsi cosl brutalmentc col Campanella, e la Curia Romana non si sia curata di esi- 
gere il rispetto dell' immunity ecclesiastica in persona di lui ; ragioni abbastanza 
chiare che spiegano questi fatti ; lo State e la Chiesa contribuirono egualmente al 
martirio del Campanella risparmiandone la vita (420). Due tribunali in regola, en- 
trambi istituiti da Roma, aveano trovato il Campanella colpevole verso lo Stato 
e verso la Chiesa ; le denegazioni posteriori sorsero abbastanza tardi dietro un 
sentimento di pietii e varii apprezzamenti inesatti ; la benevolenza di Urbane VIII 
cominci6 sol quando cestui pieg6 verso Francia e voile far dispetto agli spagnuoli, 
oltrech6 ebbe bisogno de* consigli e conforti del Campanella per la sua salute, ma 
cessate o modificate tali condizioni il Campanella fu abbandonato alia persecu- 
zione de* suoi rivali e alia piu desolante miseria in terra straniera; cosl ben pochi 
meritano quanto lui la nostra ammirazione e gratitudine (426). 



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ERRATA. 

pag, 264; vors. 9 : fior ridar& eterno — leg. hor ridar& eterno