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Full text of "Collezione di monografie illustrate"

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C6987 


ROBA 


Digitized  by  the  Internet  Archive 

in  2011  with  funding  from 

University  of  Toronto 


http://www.archive.org/details/collezionedimono25berg 


COLLEZIONE 


MONOGRAFIE   ILLUSTRATE 


Serie  I.a  -  ITALI  fi  ARTISTICA 

25. 


MILANO 
i. 


Collezione  di  Monografie  illustrate 
Serie  ITALIA  ARTISTICA 

DIRETTA  DA  CORRADO   RICCI. 

Volumi  pubblicati  : 

l    RAVENNA  di  Cokrado  Ricci.  VI  Edizione,  con  156  illus. 

2.  FERRARA  e  POMPOSA  di  Giuseppe  Agnelli.  Ili  Ediz., 
con    138  illustrazioni. 

3.  VENEZIA  di  Pompeo  Molmenti,  con  132  illustrazioni. 

4.  GIRGENTI  di  Serafino   Rocco;   da    SEGESTA  a  SELI- 
NUNTE  di  Enrico  Mauceri,  con  101  illustrazioni. 

5.  LA  REPUBBLICA  DI  SAN  MARINO  di  Corrado  Ricci. 

II  Edizione,  con  9b  illustrazioni. 

6.  URBINO  di  Giuseppe  Lipparini.  II  Ediz.,  con  llb  illus. 

7.  LA  CAMPAGNA  ROMANA  di  Ugo  Fleres.  con  112  illus. 

8.  LE  ISOLE  DELLA  LAGUNA  VENETA  di  P.  Molmenti  e 
D.  Mantovani,  con   119  illustrazioni. 

*9.  SIENA  d'ART.  Jahn  Rusconi.  Il  lui.  con  1<)()  illustrazioni. 

10.  IL  LAGO  DI  GARDA  di  Giuseppe  Solitro,  con  128  illus. 

11.  S.  G1MIGNANO    e  CERTALIK)    di    Romualdo    PXntini, 
con    128  illustrazioni. 

12.  PRATO  di  Enrico  Corrai- ini  ;  MONTEMURLO  e  CAMPI 
ili   <ì.   A.   BORGESE,  con   122  illustrazioni. 

13.  GUBBIO  di  Arduino  Colasa.nti,  con   114  illustrazioni. 
*14.  COMACCHIO,  ARGENTA  E    LE    BOCCHE    DEL  PO  di 

Antonio   BELTRAMELLI,  con   134  illustrazioni. 
*15.  PERUGIA  di  R.  A.  Gallenoa  Sri  art,  con   169  illustraz. 

16.  PISA  di  I.  B.  Supino,  con   147  illustrazioni. 

i;  VICENZA  di  Giuseppe  Pettina,  con  1 17  illustrazioni. 
*18.  VOLTERRA  di  Corrado  Ricci,  con  it><,  illustrazioni. 
*19    PARMA  di  LAUDEDEO  Testi,  con   130  illustrazioni. 

20  II.  VALDARNO  DA  FIRENZI    Al    MARI-:  di  Guido   Ca- 

i.  con   138  illustrazioni. 
'21    L'ANIENE  di  Arduino  Colasanti,  con  105  illustrazioni. 
22     IRIISII    di  (inno  CAPRI N,  con   139  illustrazioni. 
•23.  CIVIDA1  i    DEL  FRIULI  di  Gino  Focolari,  con  143  ili. 

21  VENOSA  l    l  \  REGIONE  DLL  VULTURE  di  (-usi  iti 
I  »i    LORI  NZO,   con    121    illustra/ioni 

Ogni  volume  L.  3.50.  rilegato  L  5  -  quelli  eon  asterisco  L.  4.  rilegati  L.  5.50 

lodiriuare  cartolina-vaglia  all'lst.  li  ti' Urli  Grafiche,  Bergamo 


Art 

c£e&7 


12. 

-e. 

'  5* 
FRANCESCO  MALAQUZZI  VALERI 


MILANO 


PARTE    I. 


CON     155    ILLUSTRAZIONI 


B ERG AMO 
isi  [TUTO   II  Al.lA.V  >  D'ARI  l  GRAFICHE 

I  9  i)  6 


V^ 


EDITORE 


\ 


TUTTI  I  DIRITTI  RISERVATI 


Officine  dell' Mimi-.  Italiano  <l  Arti  Ora  fichi 


INDICE    DEL    TESTO 


I.   Origine  di   Milano  -  L'epoca  preromana  -  IV 

La  città  romana  -  Il  basso  medioevo  - 
Le  chiese  di  S.  Ambrogio,  di  S.  Sim- 
pliciano,  di   S.  Marco,   di    S.   Sepolcro 

-  Il  periodo  comunale  e  il  palazzo  del 
Podestà 9 

IL  I  Visconti  -  Il  Duomo  e  1'  architettura 
ogivale  religiosa  e  civile  -  Le  terre 
cotte  -  Giovanni  di  Balduccio  da  Pisa 
e  il  suo  influsso  su  gli  scultori  del  luogo 

-  Le   arti   minori  nel  trecento.     ...     38 
III.  L'architettura  e  la  scultura  di  transizione: 

il  Filarete.  i  Solari.  Jacopino  da  Tra- 
date,   il    Kaverti.   il   Luvoni 77 


Il  Rinascimento  -  La  corte  sforzesca  - 
L'arte  edilizia:  Bramante,  il  Dolcebono, 
Cristoforo  Solari  -  La  scultura:  i  Man- 
tegazza,  l'Amadeo,  i  Cazzaniga,  Bene- 
detto Briosco,  il  Fusina,  Caradosso,  il 
Bambaja  -  I  pittori  primitivi  e  i  pre- 
leonardeschi :  Giovanni  da  Milano,  Si- 
mone da  Corbetta  e  i  miniatori,  Mi- 
chelino da  Besozzo,  Giovannino  de' 
tirassi  e  i  maestri  minori  -  Il  Foppa, 
Bufinone  e  Zenale,  il  «.  maestro  della 
pala  sforzesca  »,  il  Civerchio,  il  Bra- 
mantino,  il  Bergognone  e  i  suoi  seguaci, 
il   Montorfano  -  Le   arti  minori   . 


97 


INDICE  DELLE  ILLUSTRAZIONI 


Amadeo  :  La  Natività Uh.  i  2')       Basilica  di  S  Ambrogio       Pagina  del  corale 


—  (Scuola  dell'i:  Monumento  Della  Torre  .  131 
Archi  di  Porta  Nuova,  dall'esterno  .  .  .  U 
Bambaja:  La    Flagellazione l-tt> 

—  Pietra  tombale  di   Gastone  di   Foix      .     .Iti 

—    Particolare I  lr> 

Stela   funerari;!,  di  Lancino  Curzio  .     .     ,143 

Basilica  di  S.  Ambrogio 2t 

—  —  Atrio  e  facciata     ...     ... 

—  —  ciborio  dell'aitar  maggiore    .    . 

—  —  Cofano  degli  Innocenti  ... 

—  —  argento  .... 

—  —  Frammento  originale  delle  antiche  porte     30 

—  —  I  rotitene  in  oro  con  imalti  della  ne 
dell'aitar  maggiore        JH 

—  —     Interno 27 

—  '  ''  e    .......    31 

—  —  Ostensorio     ..........    166 

Pace              ■"          ,:     Kilippo     Maria 
Visconti        '>'< 


di  Gian  Galeazzo 7?> 

—  —  l'orla  maggiore 2(> 

—  —    Porticato     bramantesco   nella   canonica  Ut1» 

Pulpito 31 

Stalli .  11)4 

di  S.  Eustorgio 18 

Ancona    in    marino    dell'aitar    maggiore  65 

—  —    ('appella     dei     Magi    —    La    storia      dei 

Re  Magi <>  t 

(appella    l'oli  m.'iil   o    (li    S.    Pietro    Mai- 
tire  -      Esterno 99 

•  —  —    Giro  d'angioli lui 

—  Interno,  con  la  tomba  del  santo     .  lui» 

—  —         La  guarigione    del    fanciullo,  nella 
tomba  «lei    ..-mio n.' 

-    —     V.     I    oppa:     S.     Pietro     .Marine      -iì 

1 1  ce  un  ferito i  *  i 

—  —  —  Particolare  degli   aflTre  chi,     .     .  L63 

—  -    i  lance i'» 


INDICE  DELLE  ILLUSTRAZIONI 


Basilica  di  S    Eustorgio  —    Interno    .     .     . 

—  —   Monumento  Brivio      .......  133 

-   —  a  <  raspare                         .  66 

—  -                -                     :onti 63 

»no    .     .     .     ,159 

—  L                                              jjine 160 

Biblioteca  Ambrosiana        Pagine  del  I 

165 

Bramante  :   Figura                             I"-1 

Bramantino  :  1                                    158 

Briosco   I  '» .  :     I  >                              I  >  l 

Untinone    B                                         155 

Campanile  ili  S.    Vntonio 52 

—  di  S    Gol       ili» .53 

i         tosso  (attribuito  al):  11  gruppo  della  De- 

di  G.  ( .     .     .11- 

Casa  Bagatti  Valsecchi       (Rodari(?):  I  )&\  Lde    137 

dei  Castani         Cortile 120 

Portale il'' 

Fontana.  S        stri 116 

Pozzobonelli         Cortile 115 

in  via  Torino  n.  12         Cortiletto    a    tre 
pia  i      lecorazioni  in  teri  acotta  .     .     .    1  l  ^ 

Castello  Sforzesco      ........  77,  79 

>  ortile B5 

della   Rocchetta 113 

—  Finestra 80,  81 

La   Resurrezione  (affresco  nella  Cappella)   151 

ili    (  Galeazzo    M.   Sforza    e    pori  ;i 

verso  la  campagna s-; 

Lodo\  ico  il    Moro   i      .     .111 

Scalone M 

di  Savoja 82 

Veduta  ideale  (dalla    -  Cosmographia  >  di 

S.    m  .   iter) 7^ 

1                     rommaso  :    Monumenl  o   Brivio      .  1 33 

i  \n  ribuito  a ii  :   Pilasl  rello  scolpito  ...  1  35 

Chiesa  del  Carmine .91 

dell'Incoronata         Fianco 92 

M  mumento  Tolentino Ili 

—  Sepolcro  di  Gabriele  da   Cotignola      .  95 
di  S.  Babila  con  la  nuo             ciata  e  co- 
lonna  \  eneziana 22 

—  -                                       23 

—  -  .  23 

di  S.  Lorenzo         Ksedra   laterale  .    .     .  18 

—  -  Mosaico  di         cappella  di   S.    Umilino  li 
di  S.  Marco 51 

—  —  '                                                                            \li- 

li i>7 

—  —  Martino 
Miprandi                                         oto      ...72 

•  68 

di  S.  Maria  delle  Grazie  . 


Chiesa  di  S.  Maria  delle  Grazie  —  Interno  ss 

—  —    Donato  da  Montorfano: La  Crocifissione  1<>I 

—  —   .Monumento  a   Branda  Castiglione        .  132 
—  Monumento  Della  Torre    .     ,    .     .     ,131 

—  —   Parte  absidale 107 

—  —    Tortale Ini, 

di  S.  Maria  della  Pace,  dopo  i  restauri  90 

-  di   S.   Maria   della  Passione  —     Monu- 
mento a   Daniele   Birago        ...              .  138 

di  S.  Maria  Podone  -  Cappella  Borromeo  93 

di  S.  Maurizio  del   Monastero   Maggiore  122 

—  —    Interno <  ,123 

di  S.  Nazaro L21 

Capsella  argentea 17 

di  S   Pietro  in  Gessate         A.ffreschi   155,  162 

—  —  Statua  funeraria  ili   Ambrogio  Grifo  .  146 

—  di  S.  Satiro  —  Esterno 104 

Il  gruppo  della  Deposizione  ili    <;.  C, 

già  attribuito  al  Caradosso I  12 

Sagrestia 105 

—  di   S.    Sepolcro,    dopo   idi    uh  imi     restauri  33 
di  S.  Simpliciano 32 

—  —    Bergognone:  L'incoronazione  della  Ver- 
gine   l'ili 

—  di  S.  Vincenzo  in  Prato         Abside  21 

Interno 19 

(  i\  er.-luo  V.  :  L'adorazione  del  Bambino  .  156 
Collezione  Borromeo  —  A.  Fusina:  Madonna 

col  Figlio  benedicente  Francesco  Idi  Francia  I  10 

—  Trivulzio  —  B.  Briosco:  Testa  d'angiolo  134 
Colonne  romane  di  S.  Lorenzo  ....  1  1 
Cortile  del  Convento  di  S.  Ambrogio,   ora 

i  (pedale   militare LIO 

Donato  da    Montorfano:  La  Crocifissione.     .  161 

Duomo 39 

—  AU-une    guglie 4.? 

—  Area    di    Marco   Carelli 76 

—  Coperta  di  un  evangeliario lt> 

Cuspide  della  porta  della  sagrestia  meri- 
dionale     . 60 

-  —  settentrionale. 61 

—  Diti  ico  saero 15 

Effigie    dell'  \ malico    su    la    guglia  da  lui 

eretta 127 

—  Fiancata  a  mezzogiorno il 

Finestrone  dell'abside .  40 

—  La  guglia  dell' Amadeo 130 

—  Statua    di    papa    Martino    V 94 

Statue  nel  tiburio  .........  17 

—  Tiburio I-1 

Veduta  parziale  dell'interno 15 

loppa   V.  :   Martirio  di  S.  Sebastiano    .    .     .  152 

Particolare  degli  affreschi  in  S.  Eustorgio  153 

—  S.  l'ietto   Martire  guarisce  un  ferito    .     ,154 


INDICE  DELLE  ILLUSTRAZIONI 


Fusina  Andrea  :    Madonna  col  Figlio  benedi- 
cente Francesco  I  di  Francia 14u 

—  Monumento  a  Daniele  Birago 138 

—  —  al  vescovo  G.  B.  Bagaroto      ....    139 

Loggia  degli  Osii  riaperta 59 

Michelozzo  :   Un  portale  scolpito l>7 

—  (Attribuita    ai  :   "Porta    dell   antico    Banco 
Mediceo .   103 

Museo   Archeologico    —    Basamento  con  fi- 
gure  romane    dipinte 13 

—  —  Bassorilievo  di  Porta  Nuova  ....      35 

—  —   Busto   maschile  in  terracotta  ....    148 

—  —  —   virile  in  bronzo 12 

—  —  Federico  Barbarossa 35 

—  —   Frammento  di  una   Venere      ....     1" 

—  —  Giangaleazzo   Visconti  (restituzione)     .     38 

—  —   Il   Redentore  (dal   Duomo i  .     ....     73 

—  —  Bambaja  :   La   Flagellazione     .     .     .      .    14b 
Amadeo  :  La  Natività     .     .     .     .128,    129 

—  -    La   Vergine  idal   Duomo i 73 

—  —   Monumento  al  vescovo  G.  B.  Bagaroto    139 

—  —  —   a  Regina  della    Scala 71 

—  —   —   di   Barnabò   Visconti 71» 

—  —   Pietra  tombale  di  Gastone   di  Foi\       .    144 

—  —  —  Particolare 145 

—  —  Pilastrello  scolpito 135 

—  —  Porta  dell'antico  Banco  Mediceo     .     .103 

—  —   Portale   scolpito 97 

—  —   Sarcofago   di   Giovanni   da   Fagliano     .      69 

—  —   Stela  funeraria  di    Lancino  Curzio  .     .143 

—  Industriale       (  'alice  sforzesco  del  sec.  XV   1  68 
Poldi-Pezzoli   —   Pace  del  XV  secolo      .   166 


Ospedale  Maggiore  —  Finestra 86 

—  La  parte  antica 87 

Palazzetto  dei  Notai  in  Piazza  Mercanti    .  58 
Palazzo  Arcivescovile  —  Il  cortile    .    .     .114 

—  Borromeo  —  Il  cortile 54.  55 

—  —  Giuoco  del  tarocco  in   una  sala  al  pian 
terreno 150 

—  Dal  Verme  —  Il  cortile .117 

—  Ponti   —   Il   cortile 125 

—  della  Ragione 36 

—  —   Statua  del  podestà  (  )ldrado    da    Tres- 
seno 37 

—  Trivulzio  —  Arazzo   del  XV  secolo,  di  of- 

ficina lombarda L63 

—  dei  Vimercati  —  Porta 57 

Panorama   di   Milano 9 

Pinacoteca  Ambrosiana  —  Bergognone:  La 

Vergine   in  trono 159 

—  di  Brera  —  V.  Civerchio  :    L'adorazione 

del  Bambino 156 

—  —  Bramantino  :  La  Crocifissione      .     .     .  158 

—  —   Lodovico   il   Moro    e    Beatrice    d'  Este 

coi   figli   dinnanzi   alla   Vergine 157 

—  —   Simone     da     Corbetta  :     Madonna    col 
Figlio  e   Santi 14') 

—  —   V.   Foppa  :    Martirio   di   S.   Sebastiano.  152 

—  —  Una  delle   figure   a  fresco  di  Bramante  102 
Predis  (Cristoforo  de):  Pagine  del  Libro  d'ore 

Borromeo L65 

Rodati  (?):   Davide 137 

Simone  da  Corbetta:    Madonna  col   Figlio  e 

Santi 14') 


MILANO 


<  L'amore   è  tanto  più  fervente  quanto 
la  cognizione  è  più  certa  >. 

Leonardo  da  Vinci. 


A  conoscenza  di  Milano  artistica  è  cosi  incompleta  da  parte  della  gran  maggioranza 
degli  Italiani  che  si  crede  ancora  da  molti  che,  oltre  a  due  o  tre  luoghi  ormai  consacrati 
t  dalle  vecchie  guide,  poco  o  nulla  vi  meriti  una  visita.  La  sua  giusta  fama  di  centro 
d'industrie  fiorenti  e  le  stesse  distrazioni  mondane  ch'essa  offre  in  misura  maggiore  delle 
altre  città  italiane  hanno  contribuito  ad  eclissare  il  ricordo  di  lontani  splendori  e  di  an- 
tiche glorie  dell'arte.  Dalla  foresta  di  fumajoli  dei  sobborghi  che  la  circonda,  superbe  antenne  della 
forza  nuovissima,  a  pena  la  gran  guglia  del  Duomo  s'erge  quasi  ultimo  e  venerando  baluardo  di 
ben  diverse  conquiste  a  ricordare  a  chi  sopraggiunge  di  fuori  il  predominio  dello  spirito  sulla 
vita  materiale.  Kppure  la  città  vanta  ancora,  nonostante  le  troppe  vittorie  del  piccone  demolitore. 
cosi  esuberante  patrimonio  artistico  che  all'artista  e  allo  studioso  potrebbe  opportunamente  rivol- 
gersi l'avvertimento  che  a  un  poeta  straniero  aveva  provocato  la  visita  diligente  di  l'arma:  non 
creda  di  conoscere   l'Italia  nell'arte  sua  e  nelle  sue   glorie  quegli  che   non    conosce    Milano. 

-  >po  di  questa  pubblicazione  è  di  ricordare  quell'arte  e  quelle  glorie.  Non  è  e  non  vuol  essere 
.  ;ida  perchè  a  ciò  hanno  provveduto,  qualche  volta  ottimamente, "antichi" e  modèrni  amatori  della 
città,  ma  piuttosto  una  storia  dell'arte  locale  —  se  la  parola  non  presume  troppo,  dato  il  carattere 
divulgativo  di  questa  si-rie  di  monografìe  —  destinata  alla  illustrazione  delle  sole  opere  create  sul 
dall'epoca  romana  fino  ad  oggi.  Desiderio  di  chi  scrive  fu  di  tracciare  la  -rande  parabola 
artistica  che.  dopo  le  potenti,  ma  Oggi  frammentarie  costruzioni  della  città  romana,  s'inizia  con  le 
originalissime   fabbriche   delle   chiese   medioevali   —  su   cui    dovrà   gigari  quella     di    Sant'Am- 

brogio —  si  afferma,  nel  trecento  e  nel  quattrocento,  col   Duomo    e    con  numerose  chiese   minori   — 
maestri  campi"  minarono  ornatissimi         trionfa,  dopo  :   geniali    tentativi    di 

tri   primiti-.  di    una  attività    meravigliosa  a    capo    delle    quali    son     Bramante, 

■do  da  Vinci  —  declina,    non    senza    ultimi    fulgidissimi    splendori    degli    artisti     del 
rio  Borroi  ali   anch'essi,   più  che   m  ogni  altra  regione  del  tempo,  e  riattacca 

e  al   glorioso  passato.    Io    mi    auguro    che    meglio    che    non 
ile  per  la  fredda  oggettività    ;he  la   informa  deve  additare  al  visitatore 
une  le  opi  ^ul  luogo,    contribuisca    il    presente    scritto    a    rompere    la 

tto  avrà  raggiunto  LI   suo  scopo  se,  alla  conoscenza 
delle  '  suole  locali    dalle    audacie    che    han    pochi    ri  tche  :"-i  centri  d'arte   più 

l'amo..  allo    ipettacolo    i  gran  numero  di   eh  tu  te  e  belle, 

lo  ipìrito    inventivo  ed  equilibrato    dei    grandi    maestri 
numero  di    collezioni    pubbliche  e  rigurgitanti    di    opere 

che  quello  che  quasi 
tributato  odierna, 

ai  ghezza  to  dello     critto    e   nella   scell  a 

del  materiale  di  to  dividere  la   n  In  due  parti),  mi   limitato 

dare  lo  izioni  delle  opi  Vnche  da  que  te    è    ben 

ni'-  la  dell 

•    iti  un  mazzo  olto  da  un 

\l  m  \..i  //i  Vali 


PANORAMA   DI    MILANO. 


Origine  di  Milano  —  L'epoca  preromana  —  La  città  romana  —  TI  basso  medioevo  —  Le  chiese  di 
S.  Ambrogio,  ili  S.  Simpliciano,  di  S.  Marco,  di  S.  Sepolcro  —  Il  periodo  comunale  e  il  palazzo 
del  Podestà. 


lj.FR  chi   vuol  conoscere,    a  grandi  linee   ma  con    gli  esatti  criteri  che   gli 

studi    moderni    impongono    anche    ai    modesti    contributi    della    scienza 

storica  e  artistica,    le  vicende  della  città  di    Milano,   In  modo   da  avere, 

rapida    ma  giusta,    la    visione  della    origine  delle  opere  d'  arte,    che    di 

quelle   vicende   sr.no    il  risultato  e  l'affermazione,    poco    può  interessare 

to  vi  sia  di   vero  nell'asserzione   di  Tito   Livio  che   Milano  sia    stata  fondata  da 

Belloveso,    duce    dei    dalli,    nella  quarantacinquesima    olimpiade,    vivente   Tarquinio 

Prisco,  e  tanto  meno     l'esame    dell'etimologia  del    nomo  della    città,  derivi    esso  da 

quello  dei  capitani    Medo  e  Olano        donde  Mediolanum        ai  quali  si  dovrebbe  la 

prima  pianta  della  città,  o  dal   tedesco    MavLind,   paese  di   maggio  o  di   primavera. 

A   quest'ultima  versione  la  temperatura  prevalente,  per  sei  mesi  dell'anno,  nella 

città,  e  alla  precedente  il  contrario  parere  di  Sidonio  Apollinare  s'incaricaron  già,  da 

molti    secoli,  di    opporsi    radicalmente;  come  il  buon  senso  e  la  mancanza  di    serie 

ragioni  i   ad    altre    spiegazioni  sull'origine  stessa,    compresa  quella  che  la 

vorrebbe  causata  dalla  scoperta  di  un  porco  selvatico,  o  troja  mezza  lanuta,  in  medio 

lanae,  che  dicevasi  trovata  nello    scavare  i  fondamenti  delia    nuova   città,  a  (pianto 

narra  Isidoro  <■  rome  cantavan  Sidonio  Apollinare  e  (  |;, udi, ino;  il  più  antico  sim- 
bolo che  a  quell'origine,  secondo  alcuni,  alluderebbe,  è  opera  iarda,  medioevale, 
sopra  un  arco  del    palazzo   della  e  in    piazza    dei    Mercanti.   Più   verosimile 

e  che  la  parola  risponda  alla  fusione  della  parola  latina  allusiva  alla  situazione  me* 


IO 


I  I  ALIA   ARTISTICA 


.  del  luogo  e    il   m   tt  i  gallico  Lui         la   torri  por  antonomasia  —   a  indicare  il 
centro  insubre  della   popolazione  gallica,  che  appunto  altri   Mediolani  ebbe  altrove. 

il  campo  delle  leggende,    iniziando  la  rassegna  delle  opere  d'arte 
che  ì  irono,    a    più   sicuro    e    attraente    fondamento   di  ricerca  e 


FRAMMBNTO   l'I    Ina   VENERB     mi  m  o   ARCHBOLOOICO). 


(Pot.  I.  I.  l'Arti  Grafiche). 


di    si  _'  i    può    esaminare    con   profitto,    poi  periodo  che    riguarda  l'e- 

ivanzi  rintracciati  presso  ja  cascina  Ranza,  fuor  di  porta  Ti- 
cinese, attestanti  l'esistenza  d'abitazioni,  durante  l'età  del  bronzo,  nella  località,  a 
un  <ii  presso  rse    la  città:    cimelii  che,  come    precisò  il  Castelfranco,   appai- 

no ai    per  tico   cui   ci   abbiali   fatto   risalire  le  scoperte   fatte   finor.i  nel 


,2  ITALIA  ARTISTICA 

ne  -li  Milano  e  eh  nerebbero  allo  stesso  popolo  che  occupava  alcuni  villaggi 

nel  lago  di   Varese        almeno,  ad  uno  che  con  quello  trova  vasi  in  relazione  diretta, 
i  municipale,  nel  Castello  Sforzesco,  l'archeologo   può  studiare,  ac- 
a  quegli  i  ordati,  quelli  rintracciati  dal  Biondelli  a  Sesto  Calende,  tombe, 

sitale,    e  altri  della  cosi  detta  civiltà  gallo-italica,    ritrovati  a    Golasecca,  dove 
una    ni  li    oltre    tre  mila    tombe  attestò  la  presenza  di  un    popolo  nu- 

meri 


Nel  periodo  romano  la  città  ebbe  un'epoca 
di  sviluppo  edilizio  e  di  prosperità,  specialmente 
quando  Marc'Aurelio  Valerio  Massimiano  Er- 
culeo vi  pose  la  sede  della  corte  imperialo.  Ma 
sulla  cinta  di  mura  ch'egli,  secondo  Aurelio 
Vittore,  v'avrebbe  innalzata  molto  favoleggia- 
rono i  vecchi  storici  del  luogo,  e  la  critica 
moderna  non  è  disposta  ad  accettare  ad  occhi 
chiusi  le  asserzioni  di  Acerbo  Morena  podestà 
<li  Lodi  ohe  lodava  di  Milano  la  forte  cinta 
provvista  di  cento  torri  e  tanto  meno  quelle 
«lei  Fiamma  e  di  Landolfo  seniore  che  parlano 
adirittura  di  trecento  torri.  Gli  scavi  perla  co- 
struzione del  palazzo  della  Cassa  di  Risparmio 
misero  in  luce  buon  tratto  di  quella  cinta  a 
grosse  pietre  quadrate  e  durissimi  mattoni,  ri- 
vestita di  poderosi  massi  spianati  e  diligente- 
mente  disposti:  struttura  che  richiamò  alla  me- 
moria qualche  altro  avanzo  rintracciato,  nel 
sottosuolo,  altrove. 

Una  torre  romana   rimase   nel  recinto  del 
Monastero   Maggiore,  con  un  diametro  interno 
«li   7   metri   ed  esterno  di    ii  ;  altre,  di  che  ap- 
pariron  tracce  durante   lavori    per    costruzioni, 
sembraron   rimaneggiate    o    medioevali.    Secondo   Landolfo    il    vecchio  le    sei  porte 
principali    della  città  erano  muniti'    di   torri  alte    e    rotonde,  all'uso  romano.  Avanzi 
di   un   teatro   furor]   rintracciati    in    via    Meravigli,   costruendosi    il    palazzo    Turati:    di 
i    romani,    mosaici,    frammenti    decorativi    un  [po'  dovunque.    Di    palazzi    furori 
ierte  vestigia  in  diversi    luoghi:  di  quello  che  sarebbe  stato  il  palazzo  imperiale 
ionio  il    pavimento  venuto  in  luce  nella  sistemazione  di  via  'Torino 
dalla  corsia  di   S.   Giorgio  alla  via   Merino;    di   templi  appariron  avanzi  in  luoghi    di- 
vi rsi  e  avrebb*  r  ri<   irdato  il  culto  di  Giano,  di  Vesta,  di  Marte,  di  Giove,  di  Apollo, 
di   Venere 

ivanzi  dell'epoca  romana  non  son  certamente  molti  e  notevolissimi:  ma  chi  ha 
il  culto  delle   memorie    e    sa  tenere  nel  dovuto  conto  anche  i  prodotti  modesti  del- 

riflessione  che   a  freddo  esime  oggettivo  di  concetti  e  di 


0  VIRILI      IN    BRONZO     Misi.,    \k<  ili  iiLOOICO 

B  ro     i). 


MILANO  13 

linee,  vedrà  sempre  volentieri  i  pochi  avanzi  di  quella  civiltà  rimasti  a  Milano  no- 
nostante le  rovine,  le  ricostruzioni,  gli  ampliamenti,  i  vandalismi  antichi  e  moderni 
che  passaron  frequenti  attraverso  la  grande  città.  Tali  le  colonne  dette  di  S.  Lo- 
renzo, grandiose,  esuberanti  nelle  belle  forme  corinzie,  di  molle  profilatura  nelle 
controscanalature  del  fusto  fino  al  primo  terzo  e  nell'allungato  capitello  a  fo- 
gliami ;  la  statua  marmorea  in  veste  consolare  presso  le  antiche  case  ch'eran  dei 
Menclozzi,  e  nota  al    popolo    col    nomignolo    di    «  uomo    di    pietra  »,    addossata    a 


BASAMI  WO  CO»    PIOUKE  ROMANI     DIPINTE, 


Fot.  1.  1.  d'  Wti  Grafiche). 


una  casa  del  corso  Vittorio  Emanuele;  le  numerose  accolte,  in  varie  epoche,  nel 
Museo  Archeologico,  quali  il  torso  scavato  in  via  S.  Vito  al  Pasquirolo,  le  co- 
lonne 'li  porfido  e  le  altre  binate,  a  scanalature,  rintracciate  nel  Carrobbio,  i  capi 
telli  corinzi  esuberanti  di  foglie  a  profondo  intaglio,  fra  cui  superbo  uno  trovato  .1! 
netto,  i  cippi,   il  bel  freg  genietto  alato  già    in    via    B.   Luini,    la  Venere 

enza  braccia  scavata  in    via    S.  Primo,  non    priva    «li  grazia  e  dì  morbi 
dezza,  un  bassorilievo  trovato  in  via  Rovello  e  l'altro,  esuberante,  sapiente  d'effetti 
di  luci  e  di  ombre  nel  quale  è  un  povero  avanzo  'li  una   vivacissima    sfilata  'li  Ci- 
ri, dalla  distrutta  torre  di    s    Giovanni    ;      '  dove  fu  rintracciato  .indie  il 
grande  mosaico  a  complessi  fregi,  il  piccolo  torso  d'i  :  nei  pressi  del 


14 


ITALIA    ARTISTICA 


tri  »,  un  busi  eno  di  verismo,  una  testa    femminile  di   curiosa  accon- 

ra,  un   gn  vivacissimo  putto  che  a  qualcuno   fece  nascere  il  dubbio  che 

■    ri  >do  aureo  del  Rinascimento  e  i  molti  frammenti  rintracciati 

rni  di  S.  in   Palazzo  a  riprova  che  in  quella  zona,  ove  pur  sorgon  le 

colonne  di  S.  già  credute  l'atrio  delle  terme  costrutte  da  Massimiano,  era  il 

nucleo  più  ri'         Iella  <  ittà  romana,  e  ancora  i  molli  busti,  e  i  frammenti  di  una  statua 

di  C.Valerio  Petroniano  e  i  marmi  funerarii,  e  le  are 
e  i  ricordi  minori.  Il  che  è  ancor  troppo  poco  per  ronderei  ragione  delle  magnilo- 
queti  di   Ausonio  che  ricordava,  in  versi,  le  meraviglie         mira  omnia 


III  >.\l>  (i   DELLA   CAPPELLA    l'I   8     AQUILINO   IN   S.   LORENZO. 


I.    I.    d'Arti   Grafiche). 


della    città,    i    circhi,  i    teatri,    i' templi,  le  terme,  il  lusso  dei  cittadini,  sì  che  la 
allora,    avrebbe    persia    potuto    vantare    il    paragone   di    Roma!    I    rapporti 
con  !  imperiale  e,  in  seguito,    la    residenza  del    Vicario  d'Italia,    il    governo 

del     q  imprendeva    le    regioni    dell'Italia    supcriore,    e    la    dignità    vescovile 

rebber    lustro  <•  rinomanza  :  la    libertà  di  culto    contribuì    allo   sviluppo    edilizio 
della  città  cris  numerose    sorser    le    basili,  ]ic    s.    Ambrogio,    pretore  impe- 

rialo   ch'i  etto  vescovo  nel    374,    v'iniziò    l'opera    sua    feconda  di    pace  e 

di    grand»  me    nella  storia   e  nella  tradizione    milanese,  che  han  fatto 

dell'epitel  no  un   vanto  poi   cittadini   (piasi  come   quello  del  civis  di  Roma, 

quanto   v'     in   — a   di   litro,  di  indipendente,  di   buono:  e  indipendente  e    fiero 
fu  d  rito,   e  b  del   santo  che  la   tradizione  ama  veder    rispettato  dallo 

ì     quale   chiedo   conto    delle  violenze    dei   satolliti,    o    riscattare 
prigionieri  con  1  chiesa  0  vincer  gli  ariani  con  la  dolcezza  della  parola. 


M  I  L  A  X  O 


A  ricordo  dell'arte  cristiana  dei  bassi  tempi  non  mancano  avanzi,  qualcuno 
notevolissimo  :  un  frammento  d'intarsiatura  marmorea  con  l'agnello  allegorico  nella 
chiesa  di  S.  Ambrogio  (sec.  IV),  il  mosaico, 
nel  quale  è  ancora  un'eco  vivace  della  gran- 
diosità romana,  nella  cappella  ora  annessa 
alla  stessa  basilica  detta  già  di  S.  Vittore 
in  ciel  d'oro,  poi  di  S.  Satiro,  quelli  della 
cappella  di  S.  Aquilino  presso  S.  Lorenzo 
(V  sec.  ?),  il  dittico,  con  le  scene  della  Pas- 
sione e  della  Resurrezione  di  Gesù  Cristo 
nel  tesoro  della  Cattedrale  (del  V  sec.  pel 
Venturi,  del  IX  pel  Labarte)  e,  ivi,  le  co- 
perte di  libri  sacri,  la  meravigliosa  teca  d'ar- 
gento di  S.  Nazaro  ricca  di  rilievi  di  rara 
bellezza  e  che  al  Graeven  sembrò  opera 
dell'oriente  ellenico  più  che  d'arte  classica 
romana  come  pare  preferibilmente,  e  alcuni 
avorii  nella  collezione  Trivulzio  e  nel  Museo 
Archeologico  sui  quali  il  carattere  sintetico 
di  questo  scritto,  che  vuol  esser  traccia  non 
illustrazione,  ci  toglie  d'intrattenerci   di  più. 

La  dignità  dell'arte  classica  è  rappre- 
sentata anche  in  un'opera  a  colori  ascritta  al 
[V  secolo,  l'Omero  dell' Ambrosiana,  nel  quale 
le  rappresentazioni  dell'  Iliade  son  trattate  a 
tempera  con  preponderanza  del  minio  e  le 
terre  sono  alternate  ai  colori  vegetali.  Più 
tarda,  del  periodo  carolingio,  è  la  croce 
astile  di  S.  Maria  di  S.  Celso,  ricchissima  di 
figure  e  di  pietre,  ma  che  appare  piuttosto 

Come    la   sovrappostone   di    due   croci   entro 
una  stessa  teca. 

Gli    studi    dell' Htìbsch    furori    diretti    a 
provare  di'-  la  chiesa  di   S.   Lorenzo   iri' 
strutti  al  tempo  di  S.  Carlo  Borromeo),  ri 

tenuta    un   tempo    come    il    risultato    di    tra- 
sformazioni  d'antiche   terme.   .'•    piuttosto    un 

tempio  della   prima  epoca  cristiana:   e  vien 
'    considerata      •        i  quell'attrai  nte  co- 
struzione de]  vi   secolo  ch'è  il  s.  Vitale  di  Ravenna. 

i   è   un  edificio  ottagonale,    cinto   internamente  da  due  loggiati  sovrapposti 
•tenuto  da  quattro  lati  per  mezzo  di  t'-rri  quadrate;    eoi., une,   capitelli    corinzi 
:r  di  base  e  una  porta  architravata  nella  cappella  di  s.    \<|m 


>l  I  I  IO)    SAI  HO 

u  ....  i,  i.  d'Arti  '■ 


IO 


1  l'ALIA   AR  USTICA 


te    romana    della    decadenza;  all'esterno  i   muri    originariì 
perimetrali  sì    presentano  a  mattoni  e  son  rinforzati  agli  angoli  da  vigorosi  contraf- 
forti, mentre  i  lati  son  provvisti  di  lesene  e  di  una   cornice  che  rivela  i   loggiati  interni 
a   S.   Vitale.  La  meglio  conservata  delle  sue  torri  è  quadra,"  rafforzata    da  le- 
sene  t  angoli. 


".TOB" 


DUOMO    —    COI'I  KTA    DI    IN    I  \  ANOI.LIAKIO. 


(Dal  Duomi)  di  Milano  d    C.  Hoito). 


Là  chiesa   di  S.  Vincenzo  in  Prato  della  primitiva   costruzione    dell'abate    Gisel- 

berto  nel!  tserva  duo  capitelli:  dopo  il  mille   (anzi,  secondo   alcuni,  nel  XIV 

o)  in   rii  ta.  Oggi      -    dopo  i  restauri    del    1885-1888    —    si    presenta  a 

tre  navate  divise  da  colonne  con  tre  absidi  a  nicchiette  a  fornici  e  archetti  spartiti 

Ambrogio,  le  muraglie    dei    fianchi    e    della    fronte    nude;  le 

iate  anti  ri   re       p  steriore  presentano  gli  archetti  pensili  ricorrenti  lungo  il  de- 


MILANO 


17 


clivio  del  tetto  e  la  finestruccia  crociforme  che  si  osservano  in  diverse  chiese  di 
tipo  lombardo.  Un'alta  cripta  si  stende  sotto  il  presbitero.  Invece  la  chiesa  di 
S.  Satiro,  sorta  per  cura  dell'arcivescovo  x\nsperto  nell'879,  di  minore  interesse 
quale  oggi  si  presenta  rifatta  dopo  il  mille  e  trasformata  nel  Rinascimento,  è  a  volte 
semisferiche  nelle  absidi,  a  botte  nelle  corte  braccia  della  croce  ed  a  crociera  con 
spigoli  molto  marcati  negli  spazi  risultanti  fra  gli  angoli  del  quadrato  perimetrale 
e  le  colonne;  ma  il  suo  campanile    è    il    prototipo  dei  campanili    lombardi.    E    qua- 


N/AKO  l.AITI.U.A    AKOI.NTI  A 


Fot.  1.  1.  d'  \ni  Grafiche). 


drato,  in  mattoni,   diviso    in  quattro    piani    da    cornici  'li  denti    a  sega  sorrette    da 
•.•ini  peti  li  il  primo  e  l'ultimo  poggiano  sulle  Easce  d'angolo,  coperto  di 

tetto  a  quattro  spioventi,  con  feritoia  e  strombatura  interna  nel  primo  piano,  mono- 

fore  nel  secondo,  bifore  nel  terzo  e  nel  quarto. 

La  chiesa  'li  S.  Babila,  sorta  al  principio  del  mille,  offriva  già  piloni    lombardi 

a  fascio   che  spartiscono  le  tre  navi  e  reggono  gli  archi  longitudinali  e  i  trasversali 

cingenti    •  1  botte  della  navata  'li    mezzo  e  con  gli  archi  trasversali   reggenti 

•     1  vela  delle  navi  minori. 
Le  absidi  'li  San  Calimero,  in  cui   le  lesene  spartiscon  le  nicchiette  a  fornici  di 

a 


i8 


I  l'ALIA  ARTISTICA 


tre  in   tre,  ili  S.    I     -  (chiesa  ritenuta  in  parto  —   la   tribuna    e    le    due    arcate 

-ne  delle  navafc     torrette  da  pilastri  —  dello  scorcio  del  IX  o  dell'inizio  del  X  se- 
colo), di  S.  Celso,  a  nicchi  tir-  molto  slanciate,  e  di  S.  Nazario,  offron  oggetto  di  studio 
soluzione  dell'architettura  lombarda. 


Al  periodo  longobardo  succeduto  quello  dei  Franchi,  la  trasformazione  della  città 
ina  in  crisi  ana  si  completò  nelle  coscienze  e  nello  spirito  come  s'era  compiotata 


Mills\    ni   S.    LORENZO  l  si  |.|(A   LATERALE. 


(Fot,   Brogi). 


nonumenti:  il  rito  ambrosiano  ebbe  lustro  e  fama  dai  sacerdoti  che  v'eran  pre- 
maggiore del   I)u>m<>    s'andò    scegliendo    fra    lo    prime    famiglie 
patri  hiese  sorgevan   dovunque,  con  gran  cura  costrutte  in  scolto  materiale 

laterizio  •  inte  al  sole:  maggiore  fra  tutte,  e  intorno  alla    cui  origine  vivo  è 

gli    studiosi    dell'arte,  quella    di    S.  Ambrogio.    La    questiono 
dell'el  tempio  lombardo,  che  sembra  accogliere,  noi    nuovo    ridestarsi 

di  dis(  omaggi  «li  fede  nuova,  è  del    maggior  interesse  anche 

di  storia   e. istruttiva  e  ornamentale    che    vi    si   collegano.    La 
•lo    IX  e    non    mancan    valorosi    sostenitori   dell'antica   tra- 


MILANO 


21 


dizione:  ma  un  più  numeroso  stuolo  di  studiosi  ritiene  che  la  basilica,  ad  ecce- 
zione dell'abside  o  delle  absidi,  venisse  rifabbricata  a  partire  dal  XII  secolo.  Chi 
accoglie  quest'ultima  opinione  si  basa  sul  principio  che  nessun  forte  cambiamento 
avviene  d'un  tratto  senza  una  graduale  preparazione:  la  basilica  ambrosiana  sarebbe 
sembrata  <  una  stupefacente  eccezione  >,  ciò  che  non  toglie  che  si  osservi,  nel 
campo  opposto,  che  tuttavia  la  basilica  non  manca  di  difetti  appunto  perchè  sarebbe 
l'esempio  più  antico  di   costruzione  a  vòlte,  delle  quali   tutto    il    rimanente    dell'edi- 


9      VIHCI   S/(l    IS     l'KA  TO  AlìsIM   . 


i  Fot.  De   Marchi), 


apparrebbe  deduzione  logica.  E  si  cita  l'esempio  di  S.  Maria  In  Aurona,  «li  cui 
gli  avanzi  son  oggi  conservati  presso  il  Museo  Archeologico,  a  provare  che  v'era 
un'altra  costruzione  dello  stesso  tempo  con  volte  analoghe  al  S.  Ambrogio,  in  tal 
modo  non  più  unico,  anche  Be  meravigliasse  u  fatto  che  S.  Guglielmo,  gran  co- 
struttore di  monasteri  in  Francia,  non  avesse  poi  ripetute  là  le  agili  e  pratiche 
novità  delle  vòlte  a  costoloni  a  crociera  della  basilica  ambrosiana.  A  noi,  dato  il 
eminentemente  divulgativo  della   serie    di    monografie    'li    cui  f.i  parte    la 

ute,  non  conviene  '"-porr'-  .1  [ungo  il  prò  e  il  contro  della  bellissima  questione, 
n<-  le  ragioni  per  cui  da  altri  si  ritiene  che  la  <  hiesa  'li  Aurona  i  i.i  uni  ricostitu- 
zione dell'antica  e  che  anche  il  Sant'Ami  borio  debban  esser  portati 
ben  avanti,  al   Xlf  secolo.   Korse  nuovi  elementi        sia  di  ricerche  storiche  'li'-  cri* 


ITALIA    ARTISTI''  \ 

ridono  ano  ra  chi  se  ne  valga  a  contributo    dell'attesa    risoluzione.  Co- 
nni., -     consideri    la    bella  ine,  sia    o  non  sia  quella    basilica   «  la    madre 
na  delle  chiese  lombarde  >  come  la  volle  il  De    Dartein,  è  certo    che  essa 
iia  nuli.;                        •;  ri  quelle  stesse  del  XII  secolo  d'oltr'alpe; 


9     r.  Vr.li.  \    CON    LA  NUOVA  FACCIATA  I    COLONNA  VENEZIANA. 


i  cu.  i.  I.  d'Arti  Grafiche). 


d'altra   parte,  bei sserva  G.    B.    foschi  che  l'architettura  romanica  non  può  dirsi 

piuttosto  lombarda  che  francese,  inglese  o  tedesca;  essa  sorse  col  generale  movi- 
meli' ;  ssei  ntemporaneamente  l'Europa  occidentale  od  ha  perciò 
clementi  comuni  insieme  con  caratteri  speciali  alle  diverse  regioni;  il  che  spiega,  e 
in  par  .  i  diversi  nomi  che  le  furon  dati  nella  prima  metà  dell'ottocento, 
quando  si  cominci       i    studiarla    e    per    conseguenza  ad  apprezzarne  il  valore  altis- 


S     BABILA    —    FIANCO    ED    ABSIDE. 


(Fot.  De  Marchi). 


-     BABILA  imik.no. 


I  .  I     I . 


-'4 


1  I  ALIA    AK  riSTICA 


simo.  E,  qualunqu  essere  il  risultato  definitivo  della  questione    ambrosiana, 

[a    basilica    non       i<    itera   meno  la  bellissima   pagina    nella    quale  il  Dartein  t'issò  le 
impressioni  i  glia  nel  visitatore  colto. 

Essa   rimarrà    fra  le  più    attraenti  costruzioni    d'Italia  col  suo  insieme  così  sug- 
■1  granii-  atrio   t   portici  retti  da  pilastri  polistili,  col  suo  grandioso 
interi  con  le  leggiadre  decora/ioni  del  portale  dovute  ad  Adam  uu- 

gister  che  vi  appose  il  proprio  nome. 


jTTT 


LA   BASILICA    DI    S.    AMBROGIO. 


i  Fot    AlinariL 


La  più  sbrigliata  fantasia  ha  diretto  gli  artisti  che  decorarono  il  tempio  e  av- 
volsero  i  capitelli  di  fratti,  di  foglie,  di  nastri,  di  trecce,  di  animali.  Le  pareti  del- 
l'atrio sono  un  museo,  il  museo  del  tempio,  come  lo  chiamò  un  vecchio  acuto  scrit- 
I  Ville  pietre  gentilesche  agli  avelli  dell'evo  medio,  dalle  sculture  della  romana 
decadenza  alle  lapidi  cristiane  ed  agli  avanzi  blasonici  dei  secoli  XV  e  XVI,  un 
po'  di  tutto  qui  s'incontra  allineato  ».  Anche  l'arte  della  Rinascenza  ha  portato  il 
suo  contributo  alla  decorazione  del  portico  innalzandovi  l'arca  funebre  di  Candido 
Maria    Dece]  i     ornandovi,   a   monocromato,    con   istorie    popolose,  due    fianchi 

pi". 


ITALIA    ARTIS1  ICA 


L'interno  '  imp  »  d'ammirazione  e  di  studio  all'osservatore  dell'arte  costruttiva 
contesile  tre  navate  che  pongon  capo  ad  altrettante  absidi,  conia  maggior  nave  co- 
stituita   da    quattr  li  campi  di  volta,  quadrati,  a  crociere  continate  da  cordoni 

li   archi  trasversali    s  Trotti  da  forti  pili  a  fasci    angolari    e 
hi,    gl'intercolonni    a    «lue  piani,  bipartiti  da  pili   speciali,    superior- 


s     AMBROGIO  i   \   PORI  A    UAOOIORE. 


(I«"ot.   .Minarli. 


mente  quello  biforo  dei   matronei,    al    disotto  quello  pure   a  doppio  arco   dello    navi 
minori;  i  sua  cupola  che,  secondo  l'uso  lombardo,  dal  quadrato  si  trasforma  in 

ottagono    per   mezzo    «li  quattro   pennacchi    a    tromba   sui  quali    si    regge  un   breve 
tamburo     ■  Le  stesse  opere    del    Rinascimento,  poche  d'altronde,    cedono  il 

posto,  per  importanza,  al  capolavoro  dell'oreficeria  dell'età  carolingia  (e  che  dobbiam 
ena  a  ricordare   dato  il  carattere  di  questo  scritto  rivolto  di  preferenza 
ai  prodotti  d'  ti    locali),  l'altare   d'oro  della   basilica,  dono   dell'arcive- 


MILANO 


29 


scovo  Angilberto  II  che  lo  fece  eseguire  nell'anno  8,55  da  Vuolvinio,  il  quale  vi  rap- 
presentò una  serie  di  fatti  del  nuovo  Testamento  e  della  vita  di  Sant'Ambrogio. 
«  frutto  di  un'arte  raffinata  che  trae  suo  prò  da'  materiali  e  dalle  forme  classiche  » 


.  IBOI  l"   DELL'ALTARI     M  \'.'.M>Kl 


Brogl 


come  lo  disse  il   Venturi;  al  ciborio,  del   IX  secolo  per  qualcuno,  del   XII   per  altri 
«  d'un  maestro  edu<  Bizantini,  che  creò  un'opera  'li  scultura    insigne,   senza 

riscontro  con  l'arte  romanico-lombarda  contemporanea  >,  ornato  a  bassorilievi  con  le 
figure  <1<-I   Redentore  in  trono        che  dà  la  legge  a  s   Paolo  e  le  chiavi  .1  S.  P 
-  di  s.  .\:n  ,-  della   Vergine,  di  s    Gervasio  e  S.  Protasio  con  figure  di  fedeli; 


3o  MALIA    ARTISTICA 

e  al  mus  IX    secolo  secondo    la    tradizione,    di   maniera  greca  del 

\1I   per  altri,  col  in  alto  trono  tempestato  di  gemme    fra  S.  Gervasio  e 

S.  Pr  imperatori  bizantini,    gli    arcangeli,    Santa  Candida,    Santa 

M  ir<  ellina   e  S        Satir  .   Milano  con  S.  Ambrogio  nella  basilica  Fausta  trasportato 

in    ispirit                          .  in    questa  città,  le    esequie    di  S.   Martino   alle  quali  assiste 
quel 

forme  ma  degna  'li  studio  <•  il  pulpito   nella  sua  varia    decora- 
zione scolpita  a  leoni  a  un'unica   I                 tbbin  iti   ad    animali  bizzarri  e   a  cariatidi, 


s.    AMBROOIO  FRAMMBNTO  ORIOINALE    DELLE   ANTICHE   POSTI    (ARCHIVIO   1)1  1.  CAPITOLO). 

i  ofc  l.  l.  d'Arti  Grafiche). 


quali  ritornano  nelle  opere  del  principio  del  XII  secolo.   Più   degna  d'attenzione  po- 
trebbe- essere  la  porta  in  legno  del  tempio  a  molteplici  istorie  figurate,  se  non  fosse 
tata  troppo  restaurata:  un  frammento    esente  da  restauri  è  nell'archivio  capitolare 
■  offri  argomento   al   Goldschmidt  per  ritenere  la  antica  porta  anteriore  di  qualche 
nnio  a  quelle    li  S.  Sabina  in  Roma  |  |,v>  (>  prodotto  di  un'arte  locale   d'intaglio, 
e  vorrebbe  lo  Strzygowski,  quando  Teodosio  fissò  nella  città  la  sede  dell'impero 
•luta  poi  rapidamente  col  sormontare  dell'importanza  politica  di  Ravenna.  L'an- 
ondo  cui  la  porta  attuale  sarebbe  la  medesima  che  Sant'Ambrogio 
aveva  chiusa  in  faccia  a  Teodoro  non  visse  più  che  nel  cuore  dei  fedeli. 


Altre  chiese    milanesi    andavan    sorgendo  ad  affermazione  della  fede  dei  citta- 
dini e  a  trionfo  dell'arte  costruttiva  del  luogo,  tutta  severità  di  linee  e  diligenza  di 


S     AMBROGIO    —    IL    REDENTORE,    VARI    SANTI    E    DUE    STORIE,    MUSAICO    DELL  ABSIDE. 

(Fot.   Alinari). 


WU'kO'il''  II.    1*1  ;  I.  l'IK). 


ITALIA   ARTISTICA 


S      NIMH  li    I  \  M  i 


tremmo  dire  che  questo  primitivo  periodo  dell'architettura  lom- 
barda  segna  il  tri  »nl  i  della  statica  quanto  quello  della  Rinascenza  dovrà  più  tardi 
rappresentare  il  trionfo  dell'eleganza  e  della  ricchezza. 


M  I  L  A  N  O 


33 


Così  S.  Simpliciano,  con  un  fregio  ad  archetti  intorno  al  coro  simile  a  quelli 
del  fronte  occidentale  del  Sant'Ambrogio,  il  San  Marco,  di  cui  i  frontali  dei  bracci 
del  transetto  sono  esempio  della  maturità  dell'edilizia  romanica,  che  sa  sfruttare 
i  mattoni  a  vista  e  crearne  una  vera  opera  d'arte,  S.  Nazaro,  S.  Giorgio  in  Palazzo 
consacrato  nel  1129,  San  Sepolcro  che  presenta  la  stessa  pianta  di  San  Fedele  di 
Como,  meno  l'atrio  e  i  campanili  e  che  non  ebbe  mai  la  pianta  rotonda  del   tempio 


i  POI  •  I"'     DOPO   OLI    1  1  MMi    Kl 


(I  ..1      I 


1  I  ALIA  ARTISTICA 

di  Gerusalemme  come  raccoglieva!]  con  compiacenza  le  vecchie  storie  locali,  ma  che 
è  a  croce  e  fu  rim  to  completamente  da  Federico  Borromeo  che  vi  lasciò  tut- 

tavia l'antica  interessante  chiesa  sotterranea,  come  ebbe  a    rilevare    Paolo  Fontana. 

■  >.  nelle  vecchie  carte  del  luogo,  che  sulla  fine  del  XVI  secolo  si  pensava  a  rifor- 
mare la   chies  «curolo  »   e  che  più  tardi  il  Richini  vi  diresse  lave-ri  di  restauro. 

Milano,  ricca  e  soggetta  a  rapidi  mutamenti  interni,  conservò,  fatti-  le  debite 
•ii,  minor  numero    di  monumenti  del  glorioso  periodo  dell'arte    che   si  suol 


OLI    AKUU    DI    l'OKTA   MOVA   DALL'ESTERNO 


din-  comacina  che  non  la  provincia  circostante.  Ma  le  opere  rimastevi  e  i  gloriosi  ri- 
tirili storici,  dall'editto  di  Liutprando  —  qualunque  sia  la  portata  che  si  voglia  darvi 
in  poi,  numerosissimi,  son  monumenti  eretti  alla  gloria  dell'antico  genio  lombardo. 


Del  periodo  comunale,  sorto  per  l'evoluzione  dei  tempi  nuovi  che  agli  albori 
del  mille  pareva»  scuotere,  con  vigoria  sconosciuta,  coscienze  e  intelletti,  e  della 
lotta  audace  contro  il  Barbar- -sa  <•  le  città  alleate  la  tradizione  trova  un  ricordo 
negli  archi  di  Porta  Nuova  che  hanno  il  valore  di  un  Palladio  cittadino,  come   fu  detto 


MILANO 


BASSORILIEVO   DI   PORTA  NUOVA   (MUSEO   ARCHEOLOGICO). 


da  uno  scrittore:  sì  voglion  costrutti  tra  il  1 156  e  il 
cerchia  preparata  a  difesa  contro  Federico  e 
rifabbricati  nella  forma  attuale,  (le  due  torri 
laterali  caddero  per  pretese  esigenze  edilizie 
moderne),  nel  1171.  Son  povera  cosa  d'arto 
—  grande  invece  a  ricordo  storico  —  i  rilievi 
che  ornarono  la  distrutta  Porta  Romana  eretta 
nel  11 71  dai  milanesi  di  ritorno  nella  città 
distrutta,  rilievi  accolti  nel  Museo  Archeolo- 
gico cittadino  al  Castello  Sforzesco.  Due  mo- 
destissimi scultori,  Anselmo  e  Gerardo,  ricor- 
dativi dalla  retorica  del  tempo,  ben  inferiori 
ad  altri  maestri  che  lavorarono  in  quel  periodo 
disgraziatissimo  per  l'arte,  vi]  rappresentarono 
i  milanesi,  che,  uscendo  dalle  città  amiche  di 
Bergamo,  Brescia,  Cremona,  ritornavano  in 
patria,  e  L'esaltazione  'li  S.  Ambrogio  che  caccia 
Ariani  ed  Ebrei.  La  figura  del  Barbarossa,  se- 
duto con  Ir-  gambe  a  cavalcioni  sopra  un  drago 
che  gli  si  erge  contro,  le  fauci  aperte  -  co- 
m'eran  rappresentate  allora  sulle  cattedrali  le 
dei  peccatori  -  completa  la  rappre- 
sentazione storica.  Né  meri  povera  è  l'opera 
dello  scultore  —  un  comacino  verosimilmente 
lo  il  Venturi  ,  che  volle  rappresentare 
nei  rilievi  dello  stesso  tempo,  nel  fianco  destro 
di  S.  Maria  a  Bertrade,  la  processione  della 
Candelara,  sostituita  ai  sacrifìci  espiatori  del 
periodo  pagano,  1  he  si  soleva  fare  a  quella 
chiesa  il   2  febbraio.  Nella  collezione  cittadina 

migli'  rivelano     le     SI  ulture     di 

carattere    decorativo:    oltre   i    ricordati   tram- 
menti  della  chiesa  di  s.  Maria  in   Aurona 
ricchi  di  trer.ie,  di  foglie  ricorrentisi   con   mo- 


parte    della    nuova 


IIMIIIAimv.A    IMI   '.Idi 

l'Ol      I  111) 


36 


ITALIA    A  RUSTICA 


tvi  serrati  e  in  cui  è  continuità  della  decorazione  minuta,  poco  profonda,  di  ca- 
rattere  quasi  calligrafico  —  son  quelli  provenienti  da  S.  Eustorgio  e  altri  di  fattura 
larga,     profonda,  in    S.    Celso,    con    bizzarri    animali    intrecciati    con    le    code, 

un    tabernacolo    ■  S.  Ambrogio    benedicente    e    il  pezzo  di  portico  di    S.  Rade- 

gonda.   svi  |  I  isi  elegante.  Più  tardi,  a  sede  delle  conquistate  libertà,  s'in- 

nalzava il  palazzo  del  Podestà,  dopo  che  in  tutte  le  città  di  Lombardia  s'era  sen- 
tito il  i  di  un  luogo  dove  più  decorosamente  potesse  raccogliersi  il  popolo  per  le 


■  U  './/<)    I>1  ILA    RACIdM 


ioni,  pei  bamli  dei  consoli,  per  tutte  le  manifestazioni  pubbliche  del  governo 
che  Don  fosse  la  piazza,  intorno  alla  pietra  arringadora.  Sin  dal  1198  a  Milano,  se 
crediamo  a  Tristano  Calco,  serviva  all'uopo  la  torre  chiamata  della  Credenza  di 
Sant'Ambrogio:  finché,  al  principio  del  XII  secolo,  si  costruì  un  edificio  pel  podestà  e 
un  altro  nel  Broletto  nuovo.  11  palazzo  per  le  pubbliche  adunanze,  eretto  nel  1223,  che 
rimano  tuttora  in  via  Mercanti,  presenta  una  notevole  somiglianza  nella  forma,  nella 
distribuzione,  un  gran  portico  al  pian  terreno,  una  vasta  sala  al  superiore  alla  quale 
èva  da  un  cavalcavia,  non  danna  scala,  con  quello  di  Monza.  Nel  1233 
l'edifìcio  era  compiuto  evi  si  innalzava  la  statua  del  podestà  Oldrado  da  Tresseno, 


M  I  L  A  X  O 


37 


ultima  opera  dell'attivo  Benedetto  Antelami,  come  avvertì  il  Venturi.  «  Così  la  statua 
equestre,  il  monumento  eroico  per  eccellenza,  riapparve  nel  palazzo  del  Popolo,  sul 
prospetto  d'una  piazza  pubblica,  dopo  tanti  secoli  dall'ultimo  monumento  equestre 
di  Teodorico  in  Ravenna  e  per  opera  del  più  grande  scultore  romanico  dell'Italia 
settentrionale  ».  L'edificio  è  ora  oggetto  di  studi  e  di  assaggi  per  un  restauro,  che 
speriamo  non  lontano,  destinato  a  ridare  al  vetusto  edificio  il  suo  coronamento 
merlato  originale  e  il  suo  assetto  definitivo. 


srA  ri  *  i'i  i.  r«.;.i  ■  i  v  oldhadu  i>\   rwi  r a lazzo  mai. a 


II. 


>;///'  —   Ti  eligiosa  e  civile  —  Le   lene  colle  —  eiaculiti    ili    Bah 

Jii  i  e  il  suo  in/lusso  su  gli  scultori  ile!  lungo  —  Le  arti  minori  nel  trecento. 


OIAIIOALEAZZO   VISCONTI   MIMO  ARCHEOLOOICO 
Restituzione  . 


Il  nomo    dei   Visconti  —  che    impostisi 

ai  Tornarli  ebber  supremazia  da  prima,  si- 
gnoria di  poi  della  città  dal  1294  al  1447 
—  è  Jegato  nella  storia  dell'arte  al  più  gran- 
dioso monumento  di   Milano:   il  Duomo. 

Pochi  monumenti  raccolsero,  in  Italia 
e  all'estero,  così  ricco  omaggio  di  lodi  e  di 
popolarità  come  il  Duomo  di  Milano.  Il 
colosso,  sormontato  da  una  foresta  di  pina- 
coli,  di  guglie,  di  creste  in  marmo,  desta 
sempre  l'ammirazione  dello  stesso  forestiero 
abituato  alle  meraviglie  delle  cattedrali,  più 
sapientemente  e  più  omogeneamente  co- 
strutte,1 di  Germania  e  di  Francia.  Y'ù  in 
esso  minor  rigidità  di  leggi  costruttive  che 
nelle  grandi  cattedrali  d'oltr'alpe  di  cui  è  piuttosto  una  imitazione  apparente,  su- 
perficiale, anche  per  effetto  dei  tentennamenti,  delle  incertezze  cui  andò  soggetta  la 
fabbrica  nel  corso  dei  secoli,  così  che  ne  risultò  un  monumento  in  cui  gli  effetti 
pittorici  hanno  il  sopravvento  su  quelli  puramente  architettonici;  non  per  nulla  eran 
spesso  i  pittori  chiamati  a   preparare  i   modelli  dell'opera  degli  scultori. 

Quando,    verso    il   tramonto,  .questa    enorme    foresta    di    marmo    si    accende    di 

sfumature   leggermente    incarnate  e   i  contorni    delicatissimi    sembrati   diventare    èva- 

■  nti   nel   t'ondo   azzurro,   si   è   disposti  facilmente  a   perdonare  ai   buoni   ambrosiani 

■  lei    \\'l!   secolo  d'aver  voluta  una  fronte  in  così  aperta  discordanza    col  rimanente 

e    al    buoi!    Canonico     Torre    il    suo   sonetto    dedicato   al    Duomo    nel    167.): 

Oh  Tempio  Sunto,  oli  ingigantita  Mole 
Oh  marmoreo  Colosso,  oh  vasto   Monte 
Opra  Divina  sei,  ch'ergi  tua  fronte 
Sin  dove  il  cocchio  d'"!-  corre  'lai  Sole. 

Gian  (i  ileazzo  Visconti,  protettore  di  dotti  e  di  artisti,  al  quale  dovetter  tanto 
l'Università  di  Pavia  e  la  biblioteca  di  quel  castello  ducale,  mente  eletta  e  ardi- 
mentosa fr,i  le  più  belle  d'Italia  del  suo  tempo,  raccomandò  ai  posteri  il  proprio 
nome    iniziando    quest'opera    colossale    nel     1,^86.     Chi     fosse  il    primo    architetto    è 


MILANO 


39 


tuttora  ignoto.  Xei  libri  della  fabbrica  ricorrono  numerosi  nomi  di  architetti 
d'oltr'alpe  ;  fra  gli  italiani  sono  Andrea  degli  Organi  da  Modena  —  che,  sembra,  fin 
dal  1387  lavorava  intorno  a  un  modello — .Filippino  suo  figlio,  Guglielmo  di  Marco, 
Simone  da  Orsenigo  magistro  ingenerici,  Marco  Frisone  campionese,  Giacomo  di 
Giovanni  Buono  e  uno  stuolo  di  maestri  di  Campione,  la  terra  dei  costruttori  per 
eccellenza.  L'Orsenigo  è  il  più  vecchio  e  il  più  nominato  ingegnere  dei  primi  tempi 
della  fabbrica  ;    fra  i  tedeschi  son  Giovanni  di  Fernach,   Enrico  di   Arler  dì  Gmund 


InìlfP 

1* 


(Fot.    Ulnari). 


detto  il    Gaimodia,    Ulrico  di   Fùssingen;    tra  i  francesi    il    famigerato  Giovanni  Mi- 
gnot  di  Parigi,    che    nel    [400    aveva    profetata    la  rovina  della  parte  costrutta  del 

Duomo.  Morto  Gian  Galeazzo  cani  pianto  e  pietade,  e  privato 

questo  emisfero 
I  >•■  quel  1  he  col  pensiero 

li     Vllì.l     l'it   ili     0    |)  1 

cantava  l'anonimo  poeta  dì  una  canzone  del  embraron  venir  meno  l'atti- 

nell'opera  grandiosa.  L'eco  dell»  1  ongiure,  dei  delitti,  < l«  11* •  carestie  entrò 
•  ime  arcate  del  Duomo;  comunque,  furon  ripresi  i  lavori  ed  eran  tuttavia  a 


4o 


ITALIA  ARTISTICA 


;i    Maria,    ne]     i  (  u,   fu  ucciso  a  pugnalate    dai  congiurati 

e  trascinato    noi    Duomo.   Filippino    era   intanto   confermato   architetto   di  dodici  in 

:  anni  e  a    i  nto  'li  salario;  sotto  la  sua  direzione  i  piloni  si  completarono, 

gli      •  .11    rampanti    s'innalzaron    grandiosi;    la    scultura    figurativa 


DUOMO  l\    PINESTK0N1     IH  l.l.'AIiSIDK. 


(lot.   Alinarij. 


ugualmente  sollecita  e  gli  scultori  si  sbizzarriron  principalmente  nelle 
grottesche  Pig  re  Iella  grondaia  e  nelle  teste  dei  beccatelli  pendenti  dagli  archetti 
l'arte  tedesca  appare  in  molto  di  osse  potente  e  originale.  Durante  il 
quattrocento  uno  stuolo  di  artisti  fu  chiamato  ai  lavori:  Giovanni,  Pietro  Antonio, 
Guiniforte  Solari,  Antonio  Averulino  il  Filarete  di  Firenze,  Cesare  Cesariano  il  biz- 
zarro artista  che  avrebbe  voluto   innalzare  il  tiburio  in   terra    pnuiice  per    renderlo 


hi  omo  FIANCA  IA    \    mi  ZZOGIORNO, 


■  i..i     innari) 


I* 


ITALIA  ARTISTICA 


irò,  Giovanni  Antonio  Amadeo,  lo  Zenale  e,  più  tardi,  e  per  tacer  d'altri,  Leo 
nardo  da  Vinci. 

Il  US  settembre  1500  il  tiburio  era  finito,  meno  la  guglia  che  sovrasta  alla 
cupola,  che    non    ebbe  il  suo  compimento    che    nel    1774.  Il  tiburio  rappresenta  tut- 


ni  <>\i<>         rmi  hii). 


I  r.i.  ben<  b  appaia  come  un  grandioso  lavoro  di  oreficeria,  nel  suo  organismo  ar- 
chiacuto  trasformato  dal  Rinascimento  italiano,  il  miglior  prodotto  lasciato  dall'arte 
lombarda  del  quattrocento  nel  Duomo  di  Milano.  Frutto  di  discussioni  infinite,  esso 
è  il  risultai  :ompleto  e  più  geniale  dello  sforzo  concorde  dei  più  grandi  artisti 

del  temp 

Il     Duomo  è   il    frutto  di  un  entusiasmo  tardivo  per  lo  stile  gotico,  non  richiesto 


MILA  X  O 


43 


da  esigenze  di  clima  e  d'epoca:  basta  salire  sul  monumento  per  persuadersi  che 
tutta  quella  grande  combinazione  di  vòlte,  di  archi  rampanti,  di  controspinte  è  più 
apparente    che    reale.    Ma  è    pure,    per  dirla    con  gli    autori  del  Cicerone,  un    mo- 


li <>\IO  A  Ut  M     CI  1,1  II 


|  Poi      Ali'    hi  '. 


numento  senza  uguali  nel  mondo,  che  produce  sull'immaginazione  un  effetto  straor- 
dinario: <■■  una  montagna  'li  marmo  trasparente  tolta  dalle  cave  d'Ornavasso,  splen- 
dida alla  .il  riflesso  della  luna,  coperta,  al  'li  Inori,  di  scul- 
ture, all'interno  di  vetriate  dipinte,  che  fa  dimenticare  facilmente  i  difetti  sostanziali 
dello  stile. 


44  ITALIA    ARI  ISI  ICA 

La  sua  a    croce    Latina,  a  cinque  navate,  di  cui  la    centrale    lar- 

lente,  con  due  sagrestie,  una  periato  alla  base  dell'abside  ;  il  tetto 
è  a  tr-'  i  ppi  pioventi  sul  tronco  maggiore  che  si  tramuta  in  due  per  le  braccia  e  per 
l'abside.   <  La  igine  del  tempi)-»,  riferisco  qui  e  nelle  cifre    successive  dal  di- 

ligente jMongeri,  -  consta  di  quaranta  contrafforti  esterni,  contati  peri  uno  i  gemini 
e  trigemini  della  iata,    e    di  cinquantadue    piloni  o  pilieri   interni:';  contrafforti  e 

piloni  sono  internamente  congiunti  da  grandi  archi  acuti,  fra  cui  s'incrociano  le 
nervature  diagonali  a  crociera,  riempite  da  vòlte  a  vela.  La  forma  predominante 
nell'arci  è  l'acuto  equilaterale.  Le  pareti, verticali  sovrastanti  si  connettono  da  pi- 
lone a  pilone,  e  da  questa  a  contrafforte  per  mezzo  d'archi  rampanti  esteriori; 
ond'è  che  sopra  questi  ultimi  viene  a  cadere,  specialmente,  l'equilibrio  della  mole 
fuori  della  verticale  >.  Le  misure  principali  sono:  l'asse  principale  metri  148,10; 
l'asse  'lei  trame//."  metri  87,80;  il  diametro  dei  piloni  alla  loro  base  metri  3,42;  la 
larghezza  delle  cinque  navi  nel  piede  di  croce  metri  57,67;  l'altezza  del  monumento, 
compresa  la  statua  torreggiante  e  dorata,  metri   108,50. 

E,  poiché  siamo  frale  cifre,  aggiungiamo  che  le  statue,  dentro  e  fuori,  vi  am- 
montano, dicesi,  a    1140. 

Della  facciata  e  delle  opere  aggiunte  più  tardi  a  ornare  il  monumento  diremo 
più  innanzi.  Prendendo  le  mosse  d  ill'abside  e  precisamente  dalla  parte  di  nord-est, 
seguendo  il  giro  verso  la  fronte  si  percorre  dalla  parte  più  antica  l'edificio  e,  di  mano 
in  mano,  ci  si  avvicina  alla  moderna.  I  capi  dei  bracci  di  croce  e  i  fianchi  del  piede 
di  croce  non  sono  che  opera,  per  la  maggior  parte  loro,  dei  secoli  X  V  e  XVI;  le  ab- 
sidi poligonali,  appiccicate  alle  facce  dei  bracci  di  croce,  appartengono  invece  al  se- 
colo XVII. 

La  parte  prettamente  gotica  e  che  può  dare  tuttora  chiara  la  visione  dei  con- 
cetti che  prevalsero  al  principio  della  grande  costruzione  è  dunque  la  parte  absidale 
co'  suoi  grandi  Einestronì  da  cui  la  luce  entra  sovrana,  benché  attutita  dalle  vetrate 
a  colori.  Il  sistema  dei  contrafforti  è  qui  sviluppato  nel  modo  più  evidente  e  ca- 
ratteristico. I  tre  grandi  finestroni  del  centro,  che  illuminano  il  retro-coro,  sono  una 
delle  opere  più  ardite  ed  originali  onde  il  tempio  si  contraddistingue;  si  può  dire  la 
medesima  cosa  delle  altre  sei  finestre,  di  impari  dimensione,  tre  per  lato,  le  quali 
rispondono  verso  l'interiore  delle  .sagrestie.  Tutte  coteste  finestre  sono  le  più  ricche 
e  le  più  eleganti  del  tempio,  per  la  varietà  e  la  bellezza  delle  nervature  marmoree 
onde  vanno  co  ripartite,  e  pei  cartocci  e  fil  atteri  gotici  che  ne  decorano  i  gusci  >. 
Intorno  alla  gran  cupola  o  tiburio  sorgono  quattro  torricelle:  Luna  costrutta  su  di- 
segno  dell'. \madeo  e  decorati,  secondo  i  gusti  del  Rinascimento,  da'  suoi  scolari, 
la  seconda  del  Pestagalli,  di  freddo  stile  neoclassico  dell'inizio  dell'ottocento  come  la 
da  lui  o  dal  Vandoni  costrutta,  e  la  quarta,  di  carattere  sovrabbondante, 
opera  dell'eccletismo  moderno. 

*  * 

La  fabbrica  del  Duomo,  con  le  sue  interminabili  discussioni  a  proposito  di  ogni 
parte  nuova  da  farsi,  influì  efficacemente  su  altre  fabbriche  della  città.  Ma  lo  stile 
archiacuto  aveva  trovato  troppo  tardi  la  sua  manifestazione  maggiore  in  città  perchè 


DI  omo  VI  ui  i  A    PARZIALE   in  LL  INTERNO. 


■  i  •  ■  i     i  : , . .    i 


46  ITALIA  ARTISTICA 

gii  altri  edifìci  che  seguirono  possan  presentare  un  grande  interesse  come  puri  esempi 
di  lincilo  stile)  1  i  pochi  quelli  che  han  potuto  giungere  fino  a  noi  senza  che 

i  pseudo-restauri        iddirittura  i  rifacimenti  non  vi  abbian  tolto  il  carattere  originale. 
Ricordia  bbriche  principali.   Notevolissima  ciucila  dedicata  a  S.  Eustorgio. 

Il  Cattaneo,    e  con    lui  il  Rivoira,  la  credono  in  parte  (la  tribuna  e  le   due  ar- 
streme  dell  corrette  da   pilastri)  eostruzione  dello  scorcio    del  secolo  IX 

iio  'l'I  successivo  e  ritengono  il  resto  ricostruzione  posteriore  al  mille: 
il  Rivoira  crede  di  poter  stabilire  il  rifacimento  della  chiesa  primitiva  fra  l'epoca 
della  edil  del  S.  Vincenzo  in  Prato  (a.    833)  e  quella  di  S.    Celso  (a.  992)  di 

cui  rimane  tuttora  l'abside  che  servirebbe  appunto  di  termine  di  confronto  per  con- 
cludere ch(  si  può  precisare  la  ricostruzione  nella  prima  metà  del  secolo  X.  Nel 
[227  si  insediarono  in  S.  Eustorgio  i  frati  predicatori  di  S.  Domenico:  al  tempo  di 
<  ottone  Visconti  si  atterrò,  sembra,  la  divisione  del  nartex  e  nel  1290  circa  si  prov- 
vidi- alla  costruzione  delle  volte  e  poscia  all'alta  torre  delle  campane  (1 297-1309). 
Sulla  fine  del  XIV  secolo  Gio.  Galeazzo  fece  prolungare  per  tre  intercolonnii  la  co- 
pertura della  volta  e  donò  la  meravigliosa  tavola  scolpita,  oggi  sull'altar  maggiore  ; 
minici  ose  famiglie  vi  fondaron  cappelle  gentilizie,  finché,  più  tardi.  Pigolio  Portinari 
vi  fece  erigere,  dall'arte  di  Michelozzo,  la  splendida  cappella.  Ma  nel  secolo  succes- 
sivo  incominciaron  Le  rovine,  gl'imbratti,  i  rimodernamenti  che  non  impediron  tut- 
t  ivia  che  il  grandioso  monumento  rappresenti  tuttora  uno  dei  più  suggestivi  esempi 
d'architettura  in  laterizio  che  siano,  con  la  sua  fronte,  rifatta  su  disegno  dell'archi- 
Giovanni  Brocca  dal  1803  al  1865,  tutta  in  laterizio  per  armonizzarla  coi  fianchi 
antichi  che  rappresentan  la  parte  più  pittoresca  e  vivace  del  monumento,  in  laterizio 
e  pochi  ••onci  di  marmo  bianco  nelle  ghiere  degli  archi;  il  sesto  acuto  fa  timida- 
mente capolino  nelle  bifore,  negli  archi  ornamentali  dei  pilastri  destinati  a  regger 
le  ■  mtrospirite,  nei  piccoli  coronamenti  ad  archetti  lobati,  he  antiche  cappelle  dei 
Brivio,  degli  Arluno,  dei  Portinari  si  susseguono  in  forme  diverse,  vivaci,  eleganti, 
svelte,  alzando  i  piccoli  tiburi  e  le  rispettive  lanterne  del  Rinascimento,  tutte  rosseg- 
gi,uni  al  sole  in   una   festa  di  colori  e  d'armoniche  eleganze. 

s.  Simpliciano,  secondo  le  antiche  memorie,  conservava  fino  alla  metà  del  NVII 
lo  l'antica  struttura  romanica  e  l'aitar  maggior  coperto  da  edicola,  sorretto  da 
quattro  colonne  dì  marmi  serpentinosi.  Nel  secolo  IX  v'avevan  preso  stanza  i  Be- 
nedettini Cluniacensi  che  verosimilmente  allargarono  l'edificio;  ma  sembra  che  solo 
verso  l'Xl  la  basilica  .1  tetto  si  trasformasse  a  vòlte  quando  si  ebbero  in  favor 
della  chiesa  i  lasciti  dell'arcivescovo  Ariberto  d'Intimiano  nel  1034  e  di'  un  nobile 
Azzone  nel  1079,  ricordativi  in  un'antica  iscrizione.  Nella  seconda  metà  del  XV 
secolo,  all'epoca  dell'abate  Alimento  Negri  o  nei  primi  anni  del  XVI,  quando  i  Be- 
nedettini ripreser  possesso  della  basilica  e  del  monastero,  fu  fatto  un  ingrandimento 
compreso  probabilmente  l'abside,  che  il  Bergognone  ornò  del  noto  grande  affresco 
con  l'incoronazione  della  Vergine.  Nel  1813,  durante  i  lavori  per  l'erezione  di  un 
nu  >vo  aitar  maggiore,  si  rinvennero  le  fondazioni  di  un'abside,  forse  della  primitiva  basi- 
più  tirili  furon  rintracciati  laterizi  con  bolli  dell'epoca  di  re  Agilulfo,  Quando 
l'ed  '  trasformato  quale    ora  lo  si  vede    con    l'aggiunta  'dei    bracci   di 

tramutamento  della  sua  copertura    dal    tetto  alle  vòlte,  è    un'incognita.  I 
rifacimenti  non  si  arrestaron  qui,   anche  in  seguito,   nei   bracci   di  croce,  nelle   vòlte. 


M  I  L  A  X  O 


47 


Queste  ultime,  tonde,  furori  sostituite  a  quelle  ogivali  nel  XVI  secolo.  Xelle  ricerche 
fra  le  vecchie  carte  del  luogo  potei  constatare  che  nel  1491  il  luogo  era  ancora 
«  una  bellissima  et  antiqua  eclesia  in  la  quale  reliquie  de  molti  gloriosi  Confessori 
et  martiri,  con  una  delissima  sacrastia  bene  adobata  de  ogni  ornamento  »  con  «  assai 
bocali  de  argento,  oro,  tapasarie,  libri  »,  nonché  diversi  «  organa  suavia  et  optima  ». 


■il  MI  I     M  1.  I  liti  KIO. 


Trovo  inoltre  che  prima  del  1553  si  demoliva  la  cappella  della  Madonna  per  fare 
ne  nel  1546  l'ingegnere  Dionigi  da  Varese  dirigeva  grandi  lavori  nel  chiostro 

locali  finitimi,  <\\<-  nel    1  si  eseguivan  nuovi  locali  nel  convento,  compreso 

il  Refettorio,  che  nel  lóooe  1610  deostruiva!]  molti'  cappelle  m'Ha  chiesa,  ci)'1  nel 
1622  si  innalzava  un  nuovo  chiostro  e  i  Livori  eran  collaudati  dal  Richino,  che  nel 

si  fabbricava  una  nuova  cappella,  non  è  detta  quale,  nella  chiesa,  che  nel  [698 
si  rif  ran  parte  dei  tetti  delle  cappelle,  che  nel   1707,   1711,   1724  si  lavorava 


5° 


I  l' A  1.1  A   ARTISTICA 


ancora  al  chiostro,  e  che  finalmente  nel  1793  si  rifaceva  il  pavimento  all'intera  chiesa. 
Nessuna  meraviglia  quindi  che  con  tante  manomissioni  la  chiesa  si  presenti  oggi 
nello  stato  attuale:  on  la  sua  facciata,  incompleta,  a  tre  porte,  —  di  cui  la  centrale 
a  più  cordonature,  in  marmo,  -  due  trifore,  sulle  porte  minori,  e  due  bifore  abbi- 
nato sulla  maggiore,  e  in  cui  gli  arconi  rivelan  la  struttura  delle  navate  interne; 
l'interno  a  tre  ampie  navate,  piene  di  luce,  divise  da  piloni,  reggenti  gli  archi  tondi 
e   a  cappelle  laterali  pure   ad   archi    tondi.    Ma  le  nuove  vòlte  si  presentano  oggi  a 


S      I  1  srOKCIO       -    I.  IMI  UNO 


(Fot   Aliriarit. 


sesto  acuto  e  costoloni.  Il  congiungimento  delle  braccia  è  opera  di  epoca  posteriore 
alla  primitiva  costruzione,  come  ce  ne  persuade  l'attacco  disforme  all'angolo  d'incontro 
dal  piede  ili  croce  col  tramezzo,  in  cui  per  un  piccolo  spazio  la  nave  minoro  si 
prolunga  prima  di  arrivare  all'angolo  effettivo.  I  fianchi,  all'esterno,  appaion  poi  raf- 
forzati da  grandi  e  profondi  archi  a  muro.  In  unaparola.il  rimaneggiamento  subito 
dalla  chiesa  non  autorizza  torse  gli  dogi  tributatilo  dagli  autori  de]  Cicerone  che  la 
dissero  una  delle  più  eleganti  chiese  gotiche  di  Milano. 

La   chiesa  di   S.   Marco,  che  abbiam  ricordato  precedentemente  per  la  sua  parte 
più  antica,  costrutta  a  partire  dal    1254,  anno  in  cui  ne  fu  posta  la  prima  pietra  da 


MILANO 


5i 


frate  Lanfranco  Settala  generale  degli  Eremitani  di  S.  Agostino  che  là  si  insediarono 
poscia,  fu  rimaneggiata  in  più  epoche  e  in  parti  diverse  della  sua  primitiva  compa- 
gine. Ma  le  vòlte  del  presbitero,  dei  bracci  di  croce  e  verosimilmente  delle  prime 
campate  vicine  della  navata  maggiore  possono  appartenere  al  XIV  secolo,  per 
quanto  se  ne  può  giudicare  dalle  superfetazioni  che  invasero  principalmente  la  nave 
maggiore  e  la  cupola,  quando  vi  furon  apposte  le  attuali  forme  barocche  nel  169 1- 
1698.  Della  facciata,  del  bel   portale  a  dolce  sesto    acuto  a  molti  pilastrelli  e  colon- 


1  tot.    Ulnari). 


nine,  privo  qui  del  caratteristico  cordone  a  spirale,  che  continuati  in  molteplici  cor- 
dosature  intorno  all'arco,  si  fa  autori-  un  Menclozzo  dello  scorcio  <1H  XIV  0  del 
principio  del  XV  secolo;  le  st.itu<-  del  tabernacolo  che  gli  sovrasta  son  modellate 
nello  stile  di  Balduccio  da  Pisa.  Il  rimanente  della  fronte,  di  stilo  archiacuto 
a  finestre  bifore  e  trifore  e  un  gran  rosone  ornatissimo  nel  centro,  è  ricostru- 
zione moderna.  Ma  la  parte  più  ricca,  più  caratteristica  del  monumento  è  la  torre 
campanaria  che  vuoisi  appartenga  al  periodo  delle  vòlte  acute  del  presbitero,  cioè  ai 
primi  decenni  de  che  fu  anch'esso  completato  anni  sono  in  modo  da  pre- 

'osimilmente  in  origine,  la  grande  cella  campanaria  a  bifore,  il  I 


5  2  ITALIA  ARTISTICA 

a  vistosa  ornamentazione   di  archetti  intrecciati   e  l'acuminato  cono  cestile  caratteri- 
stico dell'architettura  lombarda  archiacuta  e  del  successivo  periodo  di  transizione. 

Analogo  a  qu  'elegante  campanile  di  S.  Antonio,  restaurato  nel  1893-95, 

che   r;<-  'fili   •.   -  l'arte    delle    torre    cotte  nel    periodo  archiacuto:    le  bifore 


CAMPANILE    l'I    S     ANTONIO. 


(Fot.  I.  1.    l'Arti  Grafiche). 


per  li  cella  campanaria  sono  ad  arco  acuto  a  lor  volta  racchiuso  da  una  bella 
ghiera  dello  stesso  sosto,  che  risvolta  all'altezza  dell'imposta  dell'arco,  secondo  una 
carati  lombarda  ch<>  rimase  e    si    sviluppi')  per  due   terzi   del    XV  secolo;  le 

mì  ad   archetti  che  ricorrono   anche    lun^o  le  lesene   angolari  e  l'uso   degli 
smalti  di  calce  per  <ì  ir  risalto  alle  terre  cotte  vi  ricordano  altre  geniali  caratteristiche 
di   «li   (|U('sto  periodo. 


MILANO 


53 


Ma  il  più  ricco,  il  più  elegante  e  nello  stesso  tempo  il  più  sapientemente  ideato 
-dei  campanili  milanesi  in  cui  le  terre  cotte  si  affermino  come  sola  materia  alla  deco- 


(.AMI-AMI  I.    I>l    V    (,«.!  I  \KI.O. 


(Fot,    Ulnari). 


quello  'li  S.  Gottard  >,  nel  palazzo  reale.  Dell'antica  chiesa,  riattata,  •     Bulla 
S    G    vanni  alle  Fonti  ch'era  fra  le  sei  chiesuole  che  ancora  nel  XII 
io  l'antica  S.  Maria  Maggiore,      da  Azzone  Vi  conti  intorno  al 


ITALIA  A  RUSTICA 


rimase  (dopo  la  ricostruzione  del  palazzo  reale  intrapresa  nel    1770  dal  Piermarini)  a 
pena  L'abside  ile  e  il  campanile.  Il  nome  dell'architetto  arrivò  fino  a  noi,  inciso 

alla  base,  nell'interno:  Magister  Franciscits  de  Pecoraris  de  Cremona  fedì  hoc  opus. 
Il  campanile,  analogo  a  quello  dell'abazia  di  Chiaravalle,  sorge  di  fianco  all'abside  : 
è  di  torma  ottagonale,  a  cinque  piani,  con  cordonature  agli  spigoli,  destinati  ad 
-trattura  eminentemente  verticale  e  a  raccordare  i  vari  piani  fino  al- 
l'edicola    delle    campane  con    una    combinazione  originalissima  di  archetti  a  strabal- 


COHTILI     ]>l  I.    PALAZZO   lìoKKOMI.O. 


(Fot  I.  I.  d'Arti  Grafiche). 


zamento  che  fan  corona  alla  torre  sormontata  da  un  cono  costile  agilissimo.  Il  la- 
voro è  eseguito  con  la  maggior  diligenza  di  costruzione  statica,  di  congiungimento, 
di  tcrn-  «otte  ornamentali,  d'innesto  dei  marmi  delle  colonnine  e  dei  cunei  lisci  che 
danno  all'agilissima  eostruzione,  come  fu  detto  da  un  vecchio  scrittore,  l'aspetto  di 
un  lavoro  di  legno  «li  rosa  intarsiato  d'avorio. 


Non  mancano,  anche  nell'architettura  civile,  attraenti  esempi  dello  stile  ogivale 
interpretato  con  spontaneità  e  con  freschezza  di  ornamentazione. 

La  (  Borromeo,   nella  piazza  omonima,  la  più   notevole    costruzione  signorile 

prettamente  ile  che  rimanga  a  Milano,  appartiene  al  principio  del  XV  se- 


MILANO 


03 


colo.  La  porta  a  puro  sesto  acuto,  dall'archivolto  di  grossi  cunei  di  marmo  a  colori 
alternati,  analoga  a  quella  dei  Vimercati.  in  via  dei  Filodrammatici,  si  adorna  di 
una  larga  ghiera,  provvista  di  un  cordone  a  spirale,  di  una  fascia  ornamentale  e 
di  un  seguito  di  fogliami  risolventisi  al  sommo  della  cuspide  nell'araldico  cammello 
caricato  della  corona  comitale  adagiato  entro  il  cesto,  emblema  di  pazienza  e  di 
lontane  peregrinazioni,  adottato,  insieme  all'unicorno,  dai  Borromeo.  All'interno  ac- 
coglie ancora  omaggio  d'ammirazione    e  di  pazienti  restauri  il    cortile    d'onore,    cir 


V  -^J^yJ 


DEL   !'  \l.  \//u   isnKkOMl  O. 


I  l-..i.   I.   I.  d'Arti 


ronfialo  per  tre  lati  dal  portico  a  larghi  archi  ogivali  sorretti  da  pilastri  ottago- 
nali, comuni  nelle  costruzioni  civili  di  quasi  tutte  le  città  «Iella  vallata  del  Po  nel 
XIV  e  per  due  terzi  del  XV  secolo,  con  modeste  basi  e  capitelli;  nel  lato  de) 
cortile  privo  delle  logge  s'apron  belle  finestre  archiacute  a  ricche  incorniciature.  Le 
decorazioni  delle  pareti,  gli  affreschi  della  prima  metà  del  XV  secolo  in  una  sala  a 
pian  terreno,  dei  quali  parleremo  più  avanti,  i  soffitti  con  le  originarie  decorazioni 
aggiungon  ricchezza  al  palazzo,  ben  noto  anche  pei  tesori  d'arte  che  racchiude  e 
per  le    simpatiche   memorie  di  vita  milanese  che  vi  si  collegano. 

Altre  costruzioni  in   cui  si   trovin  predominanti  le  liner-  archiacute  n<-i   portici, 
nei  portali,  nelle    fin'  nvien    piuttosto    cercare    nelle    costruzioni  «lei  dintorni 

della  <  ittà,  come    quelle  che    han  saputo  salvarsi  dalla  sin. mia  di  ricostruzione  che, 


56  ITALIA  ARTISTICA 

specialmente  negli  ultimi  tempi,  ha  invaso  i  quartieri  più  eentrali  della  città;  tali  la 
casriii. i   Mirabi  11  ri  di    Porta  Nuova,  la  chiesa  di  Santa  Maria  di  Monzoro  pressa 

Cuvi'j".  illa,    la  Badia   di   Viboldone,    quella    di    Chiaravalle  e    diverse 

roccle  telli. 

1.  .    piazza    racchiusa  dal  palazzo  della   Ragione,   dalla  loggia  degli  Osii  e 

da  qu<  sto  edificio  si  presenta  fra  1'-  più  suggestive  d'Italia.  Un  notevolissimo  restauro, 
■  -nte  compiuto,  è  quello  «Idia  ricordata  loggia,  eretta  da  Matteo  Visconti  nel 
1 3 1 6  sull'arco  delle  case  degli  Osii,  tutta  a  marmi  bianchi  e  neri,  a  due  loggiati 
sovrapposti  «lì  cinque  archi  ciascuno,"  l'inferiore  ad  arco  tondo  con  tozzi  pilastri  otta- 
gonali, il  superiore  a  colonne  su  cui  s'impostano  gli  archi  acuti,  testé  riaperti:  il 
da!  quale  si  bandivano  gli  editti  del  Comune,  le  insegne  elei  quartieri  della 
città,  il  frontone  a  nicchie  constatile  aggiungon  leggiadria  al  delicatissimo  edificio 
nel  quale  par  di  vedere  l'araldo  della   Rinascenza  edilizia  che  trionferà  più  tardi. 


Gli  altri  rami  dell'arte  non  furon  meno  fiorenti  a  Milano,  nel  trecento,  di  quel 
che   tosse  l'architettura. 

La  stessa  fabbrica  del  Duomo,  gran  focolare  di  maestranze  in  Lombardia  come 
lo  diverrà  nel  secolo  successivo  la  Certosa  di  Pavia,  aveva  richiamato  anche  dal 
di  fuori  numerosi  maestri  dello  scalpello.  I  più  ricordati  sono  Alberto,  Bonino,  Gia- 
como, Giovanni  Fernach,  Pietro  di  Francia,  Giovannino  De  Grassi.  Giovanni  Mar- 
chestem,  Pietro  e  Walter  Monich,  Fritz  da  Norimberga.  Matteo  Kaverti.  Lodovico 
R'-i.  Lorenzo  degli  Spazi,  Pietro  Uni,  Nicola  da  Venezia,  qualcuno  chiamato  alle 
volte,  secondo  l'uso,  anche  lapicida.  Di  Hans  de  Fernach  di  Friburgo  è  l'ornato 
sulla  cuspide  della  porta  di  una  sagrestia  (1393)  diligentemente  intagliato  in  marmo 
a  figure  e  fogliami,  mentre  il  lavoro  marmoreo,  convertito  a  copertura  del  lavabo 
nell'interno  della  sagrestia  meridionale,  è  segnato  col  nome  ili  Giacomo  da  Campione 
e  non  può  esser  quindi  di  Giovannino  De  Grassi  come  credette  il  Mongeri  :  opera  no- 
tevolissima in  cui  campeggia  entro  la  cuspide  delicatissima  la  composizione,  già  or- 
nata  in    policromia,   della    Samaritana   al   pozzo. 

I.\eoi!vs  fii.ivs  ser  Zambonini  de  Campilione  fabricavit  hoc  opvs  è  scritto  sul 
contorno  inferiore  del  grande  bassorilievo  nel  sopraornato  della  porta  alla  sagrestia 
meridionale,  eseguito  prima  del  luglio  del  1395,  perchè  gli  Annali  del  Duomo  ci  as- 
sicurano che  allora  Giovannino  De  Grassi  fu  chiamato  a  dipingervi  e  dorarvi  le 
sculture  stesse,  nelle  quali  trionfa  il  bassorilievo  del  sopraornato  col  Signore  benedi- 
ca una  gloria  d'angeli  e  una  ghirlanda  di  santi.  Date  le  relazioni  di  Giovanni 
Fernach,  il  teutonico  com'era  chiamato,  con  la  Germania,  quella  scena  e  quella  sovrab- 
bondanza un  po'  eccessiva  di  rappresentazioni,  di  fogliami,  di  figurette  decorai i vi- 
ni quella  porta  non  può  far  meraviglia.  Ne  risulta  quindi  che  l'altra  porta  appare 
ente,  .Mine  osserva  il  Boito,   più  proporzionata,  organica  e  logica. 

11    sopraornato  del    lavati"    fu  eseguito    da    Giovannino  De  Grassi    dal    1391   al 
ma  la  parte  decorativa  a  colori  è  oggi  scomparsa  e  l'insieme  ha  perduto  l'ar- 
monia <■  l'equilibrio  impressivi  dall'artista  multiforme.    Il  gruppo  della  Samaritana  e 
di  Gesù  ,'■  pieno  ancora  di  dignità  e  di  dolcezza.  Quale  scultore,  come  osserva  Pietro 
Toesca,  che  ha  dilgentemente  studiate  le  caratteristiche  dell'artista,  Giovannino  De 


M  I  L  A  X  O  57 

Grassi  appartiene  a  quello  stile  di  transizione  verso  il  Quattrocento  al  quale  spet- 
tano le  più  antiche  sculture  del  Duomo.  Questo  maestro  fu  anche  pittore  e  minia- 
tore: gli  spetta  un  volumetto  di  disegni  della  biblioteca  civica  di  Bergamo  (sul 
quale  lo  studioso  ricordato  richiamò  l'attenzione),  bizzarri  e  vivaci,  nei  quali  non 
manca  qualche  influenza  dell'arte  settentrionale  che  il  maestro  subì  verosimilmente 
dal  contatto  degli  artisti  d'oltr'alpe  che  lavoravano  nella  fabbrica  del  Duomo. 

Ma  è  sopratutto  nella    statuaria  che    il  Duomo    presenterà  maggior  importanza 


l'OKTA   DEL    I-ALA//0    IH  1   MUIKCATI. 


i  ot.   Brogi). 


studioso  dell'arte,  il  quale,  attraverso  la  fase  transitoria  in  cui  l'arte  d'oltr'alpe, 
o  decisamente  o  indirettamente,  siaffermacon  notevolissimi  esemplari,  intravvedrà  il 
tri-.nfo  finale  dell'arte  italiana.  Nei  doccioni       le  gargulle,  o  giargolle  degli  Ann. ili 
■'•        La  storia  arti  Duomo,  come  notò  il  Meyer,  e  il  trapasso  dell'arte 

dal    gotico  transalpino    alla  fantasia  libera,    indipendente  dell'arte  nostra.    Le  figure 
d'animali,    meo  p  »ni  'li  cani  e  di  leoni,    <i  riportano   al  favoloso    regno 

dei  draghi  r-  dei  mostri,  dove  !'••  forme  umane  si  fondono  conquelle  delle  bestie 

o  animato  <li  preferenza  dalla  fantasia  nordica  e  per  le  quali  si  potrebber  tro- 
vare rapp  r  ne  d'acqua  «li  S.  Urbano  in  [royes.  Il  punto  di  partenza, 
il  motivo,  era  nordico:  ma  lo  spirito  <h<-  le  rivestiva  si  animava  dalla  fantasia  ita- 


53  ITALIA    ARTISTICA 

liana  esigente  maggior  misura  che  forse  non  avesser  voluto  i  maestri  d'oltralpe , 
avvezzi  alle  acri  oscenità  delle  loro  sculture  di  analogo  uso,  in  cui  prodominava  l'e- 
lemento sozzamente  burlesco.  Di    dar  loro    significato  speciale,  come  qualcuno  sem- 


■ 


I-  M.A//I.I  IH    1>II     \UI\I    l\     IIA//A    MI  Ki    WII. 


i  credere,  non  pare  fosse  intenzione  dei  committenti,  almeno    a  giudi- 
si  del  tempo,    come  da  quella   del    9  ottobre   1406    in  cui  si  parla,   in 
un  latino  *  itt'altro  che  classico,  d'una  gorgula  cum  uno  babuvno,    qui    habet    caput 
ad  modunt  unius    'erpentis    cum  parvo  soldato   ad  collum  circumcirca.    La  fantasia 
più  bizzarra  ["Hata  nel  concepire    queste  figure  decorative  dei  doccioni:    or 


MILANO 


59 


di  draghi  in  atto  di  aprire  le  fauci,  or  di  un  uomo  che  afferra  il  tubo  da  cui  esce 
l'acqua  piovana,  or  di  un  fanciullo  che  s'avvinghia  ad  un  ramo,  or  di  un  giovane 
corpo  di  donna  ignuda  avvolta  da  un  lungo  rettile  in  una  vivente  spira. 


•    m.nu  <>   ii 


-  Fot,   l.  I.  d'Arti  Grafiche). 


Spe<  tre     .il   primifilo 

su»  <  <  tistu  he  fra  le  m<  'Ite   gr<  ndaie 

ch<                               nu mento  dal  ca]                ii  iati    da 

alile..-  ■                      e  con  l'ali  di  pipistn  111 i 

• 


6o 


ITALIA  ARTISTICA 


DUOMO  i   I  sl'IDI     DILLA    l'OUTA    Iti  LI   \    SAGHI. S  f  I  A    M I  HIDION  ALI  . 


vano  acuire  agli  scultori  numerosissimi:  nel   1403  Xicola  da  Venezia  e  Alberto 

<■  Bartolo  da  Campione,  nel   1404  il  Raverti,  ch'eseguì  un  gigante  armato,  Jacopino 
[badate,   ch'esegui  un   gigante  scalzo,    .Viroli,  che   modellò  un  gigante    cum  ca- 
super  caput,  un  Solari,  che  scolpì  una  donna   che  suonava  un  corno,    Alberto 
da  <   impione,    al    quale  si  deve    l'homo  selvaticus,    Annex  Marchestem,  che    scolpì 
un'altra  figura    [  un  una  bissa  circuiti  collimi  et  dorsunt  ecc. 

Le  1  ti,  -     Era  le  quali    invano    si  troverebber  de'  santi,  —  che 


MILA N O 


61 


lil  uve,  i  i  siMM    ni  i.i.a    l'OKl  \    rTENTRIONALB. 


s'ergono,  ;*.  mo1  'li  cariatidi,  Botto  i  doccioni,  ritti  sopra  una  incus,  da  a  piano  inclinato 
perchè  si  potesser  vedere  interi,  dal  b  n  tolti  al  mondo  sopranaturale  «li  cui 
la  fantasia  nordica  amava  popolar'-  i  regni  della  natura  e  le  foresti-:  som  figure  «li 
Tieri,  'li  ri  di  paggi,  <li  araldi,  di  capelluti  uomini  dei  boschi,  rappre- 
sentati tal  varietà  <\.i  non  aver  le  uguali  in  altro  monu- 
mento d'Italia.  Da  principio,  ne'  primi  lavori,  osservava  il  compianto  dott,  A. 
Gotthold  ira  lombarda,  specialmente  di  questo  periodo,  dedicò 


ITALIA  ARTISTICA 


studi  e  ricerche  amor  -  son  figure  di  sapore  tedesco  e  son  tedeschi  gli  esecu- 

tori: ne'  più  antichi  giganti,  come  in  quelli  della  guglia  Carelli,   v'è  qualcosa  di  stra- 
che  ricorda  i  giganti    de'  romanzi    cavallereschi    medioevali.   Poco    dopo  l'arte 
incomincia  a  trarre  le  sue  ispirazioni  da  un  sano  realismo  e  l'araldo  del  Rinascimento 
appar  in  perdendo,  in  queste  figure  del  Dui  uno,  le  piegature  nervose  e  spezzate 


LA  OUARIOIONI     mi    FANCIULLO  NELLA    fOMBA  DI  S.  PIE 


ARTI  B  l. . 

|  Fot.   I.    I.    'l'Ani   <'.r.: 


alla  Hans  von    Fernach  che  ricordano    le  duo  sculture  in  legno  del  Nord,  e  formo  più 
più  larghe,    più    omogenee,  non  escluse  quelle    derivato,   forse  indirottamente, 
dall'arte  veneta,  si  sostituiscono  .die  prime. 


ino  'lei   trecento  clic  lavorò  a   Milano,  scolaro  per  qualcuno  di 
ma  piutto  Qtinuatore  della  miniera  di   Giovanni    Pisano,  è  Gio- 

vanni    di  'amo    della  chiosa    di    Santa     Mari  i     del    Prato, 

:ordia,  in  Sm  Casciano  presso   Firenze. 


MILANO 


A  ricordare  una  delle  glorie  del- 
l'ordine dei  Domenicani  e  ad  accogliere 
i  resti  del  loro  capo  di  Milano,  Pietro 
da  Verona,  ucciso  proditoriamente,  con 
un  suo  compagno,  presso  Barlassina, 
fra  Milano  e  Como,  il  6  aprile  1252, 
e  ch'ebbe  corona  di  martire  e,  più 
tardi,  di  santo,  l'arcivescovo  Giovanni 
Visconti,  protettore  de'  Domenicani, 
commise  a  Giovanni  di  Balduccio  che, 
sembra,  trovavasi  già  a  Milano  per  or- 
nare il  palazzo  di  Azzone  Visconti,  di 
erigerne  la  nuova  tomba  nel  1339, 
data  incisa,  col  nome  dello  scultore, 
sul  monumento  che,  trasportato  nel 
1736  dalla  vicina  chiesa  di  S.  Eustor- 
gio,  sorge  ora  nel  centro  della  cappella 
IJ'>rtinari,  detta  appunto  di  S.  Pietro 
Martire,  dietro  la  stessa  chiesa.  Con- 
siste essa  in  una  grande  arca,  sorretta 
da  otto  pilastri,  a  ciascun  dei  quali  è 
addossata  una  statua  rappresentante 
una  Virtù.  Tre  bassorilievi  per  ciascuna 
faccia  maggiore  dell'arca,  e  uno  nei 
lati,  presentano  le  istorie  della  vita  del 
santo  :  il  miracolo  per  cui  die  la  fa- 
vella a  un  muto,  la  sua  predicazione 
al  popolo,  la  guarigione  degli  infermi  al 
contatto  delle  vesti  del  santo.  ]  1  de- 
])  >siz:  \  stima  nel  convento,  la 

canonizzazione,    la    liberazione    «la    un 
naufragio,   il   trasporto   della   salma  dal 

ùo  al  nuovo  avello.  Altre  men 
notevoli  rappresentazioni  son  sai  co- 
perchio inclinato;  altre  statuette  di 
santi,  a  dividere  i  bassorilievi,  sorgono 

rrispondenza  alle  grandi  si 
dei  pilastri  e  ,1  lor  volta  son  v,nnnn- 
tate  da  altretl  mte  statuette.  II  monu- 
mento è  provvisto,  al  ■  di  una  piramide  tronca  sormontata  da  mi  tabernacolo 
biforo,  entro  cui  trionfa  la  figura  della  Vergine  col  Bambino  fra  due  santi,  sormon- 
tato da  pinaf '.li  e  da  tre  statuette  terminali.  In  tutto  vm  dieci  bassorilievi  e,  fra  questi 
e  le  staro  sto  il  capolavoro  di  Balduccio,  grandioso, 
concep  larghezza,  modeii.it.,  con  diligenza,  anche  so  vi  si  voglion  scorgere 
le  tracce  d'altra  man',  men  corretta  nei  bassorilievi. 


s      I  I  SIO|(l,|i. 


MONI  \IISK.    A    sui    \mi    \  im  unii 

I  ..i .    Alm.irh. 


64 


ITALIA   ARTISTICA 


S  si  eccettua  quello  più  ordinato  e  chiaro  »  osserva  infatti  il  Venturi  «  che 
rappresenta  il  miracolo  della  guarigione  del  fanciullo  muto,  tutti  gli  altri  si  vedranno 
di  mani  inferiori,  di  una  fra  le  altre  che  fa  le  teste  ossute  e  corpi  grassi  nelle  vesti 
insaccate.  Anche  negli  angioli  sulla  cimasa  dell'arca  si  distinguono  per  purezza  e 
candore  quelli  della  faccia  anteriore,  da  quelli  della  posteriore  che  sembrano  in- 
vecchiati Il  nome  di  Balduccio  si  leggeva  anche  sulla  porta  di  S.  Maria  di  Brera: 
i  frammenti  ne  son  oggi  nel  Museo  Archeologico. 

Il  buon    frutto  dell'arte    pisana  trovò    terreno   poco  adatto    a   Milano,    poiché  il 
Duomo,  grande    focolare    d'arte    attaccata    alle  vecchie  tradizioni,  chiamava  a  sé  la 


S     I  l  vroROlO   —   CAPPELLA   DUI   MAGI    -    LA  STOKIA   DBI    KB   MAOI. 


i«.r  parte  degli  artisti  del  lungo  o  dell'intera  regione.  Tuttavia  nella  tomba  di 
Can  dr.i  [e  a  Verona  Bonino  da  Campione  rivela,  specialmente  nelle  figure,  remi- 
niscenze dell'arte  pisana  e,  accanto  ad  elementi  gotici  trattati  originalmente,  fonde 
elementi  11     Meyer  è  disposto    a    vedere  anche  minori  rapporti    d'arte    fra 

Giovanni  di  Balduccio  e  i  campionesi,  —  intendendo  con  questo  nome  i  rappresen- 
i. aiti  indigeni  della  scultura  lombarda  del  trecento,  -  che  non  vedesser  preceden- 
temente  altri  studiosi,  il  Baldoria  fra  questi. 

|r'  s'"ìl  »so  tedesco  ascrisse  a  Bonino  diverse  opere  di  scultura  di  Milano:  i 
sarcofagi  di  Stefano  e  di  Umberto  III  Visconti  in  S.  Eustorgio,  il  bassorilievo  affisso 
illa  parete  al  disopra  del  monumento  di  Salvatore  Aliprandi  in  San  Marco,  il  gran- 


INCONA   IN    IfARMO   Di  LL'ALTAR    m  \<.  IIOR] 


(Poti    Almniii 


66 


ITALIA   ARTISTICA 


-.  ii,, 


IN  li'    A   GASPARE  visconti. 

Fot   l.   I.  d'Arti  Gral 


dioso  monumento  di  Barnabò 
Visconti  ora  nel  Museo  Ar- 
cheologico al  Castello  Sfor- 
zesco. Giovanni  di  Balduccio 
ebbe  parte,  forse,  insieme  ai 
maestri  lombardi,  all'esecuzione 
del  monumento  ad  Azzone  Vi- 
sconti, del  quale  si  conservano  i 
frammenti  nel  palazzo  Trivul- 
zio.  Gli  si  attribuisce  l'altare 
a  mo'  di  trittico  scolpito  in 
marmo,  eseguito  nel  1347,  in 
S.  Eustorgio  nella  cappella  dei 
Magi  e  nel  quale  è  rappresen- 
tato, in  vari  momenti,  l'omag- 
gio dei  Re  a  Gesù  Bambino  ■ 
ma  è  più  verosimilmente  opera 
di  un  discepolo  del  maestro 
pisano. 

Il  monumento  a  Stefano  1 
Visconti  e  a  Valentina  sua  mo- 
glie presentami  sarcofago  sor- 
retto da  quattro  colonne  a  spi- 
rale e  coperto  da  un  baldac- 
chino pur  sorretto  da  altre 
quattro  colonne  uguali  e  cor- 
rispondenti alle  sottostanti.  L'o- 
pera rivela  la  scuola  migliore 
di  Giovanni  di  Balduccio.  Il 
monumento  di  Uberto  III  Vi- 
sconti è  opera  di  altro  seguace 
del  maestro  pisano  «  che,  (ri- 
porto dal  Venturi)  nel  rappre- 
sentar la  Vergine  incoronata 
e  l'angiolo  che  introduce  nel 
cielo  il  principe  e  suo  figlio 
Giovanni,  mostrò  ricordare   gli 

ipi  pisani  e  non  altrettanto 
nelle  figure  dei  cori  angelici  e 
dei  santi  patroni,  anche  di 
quelli  che  a  destra  accompa- 
gnano le  mogli  di  Uberto  HI 
e  del  figlio  Giovanni  nella  bea- 
titudine ». 

L'eco    dell'arte   del    mae- 


68 


I  I  ALIA   ARTISTICA 


stro  pisano  ritorna  nel  sarcofago  di  fronte  all'altare  dei  Magi  e  nelle  parti  più  an- 
tiche del  ricchissimo  aitar  maggiore  di  S.  Eustorgio  stesso  e,  più  modestamente, 
nell'arca  di  Gaspare  Visconti,  nel  luogo  stesso,  sorretta  ancora  da  colonne  tortili  e 
ornata,  fra  gli  altri,  d'un  bassorilievo  nel  mezzo  della   cassa  marmorea  con  l'Adora- 


s    MARCO         t  usa   in   la\ì  kav.o   MTTALA 


i  l"ot.  I.  I.  d'Arti  <  .1 


dei   Magi,  che    ispirerà  più  tardi   i  primi  maestri  del  Rinascimento  lombardo, 
tivo  de'  leoni  che  si   volgon    l'un  contro   l'altro    servirà    all'Amadeo  per 
1 1  t(  imba  d  i  a  1  Bergamo. 

An'he   il   davanzale   dell'arca   di   Salvarino   Aliprandi    del    1344   in   S.   Marco,    di- 
in   due  zone  con   le   figure  di   due  devoti,  padre  e  figlio,  dinnanzi  alla  Vergine, 


MILANO 


69 


la  Pietà  e  l'incoronazione  della  Madonna  nella  zona  superiore,  e  il  Redentore  benedi- 
cente il  defunto  raccomandatogli  da  un  santo,  dalla  Vergine  e  da  S.  Giovanni  Bat- 
tista in  un  unico  comparto,  nella  zona  inferiore,  ricorda  l'arte  del  maestro  pisano, 
specialmente  ne'  due   angioli  reggenti  il  candelabro. 

Quanto  al  monumento  di  Lanfranco  Settala,  morto  nel  1264  e  fondatore  della 
chiesa  di  S.  Marco  dove  molto  tempo  dopo  trovò  sepoltura,  la  critica  è  molto  di- 
scorde. Il  Giulini,  il  Calvi,  il  Perkins  lo  attribuirono  a  Giovanni  di  Balduccio,  il  Mon- 
geri  dubitativamente  a  Bonino  da  Campione  aiutante  del  maestro  pisano  nella  tom- 
ba di  S.  Pietro  martire,  il  Mever  vi  trovò  un  indirizzo  artistico  parallelo  al  senese 
e  tutto  proprio  di  Giovanni  di  Balduccio,  il  Venturi  vi  scorse  soltanto  l'opera  di  un 
maestro  inferiore  a  quello  che  esegui  la  tomba  di  Salvarino  Aliprandi.  Un  maestro 


>AK(.OIA',0   ili   OIOVANM1   DA   FAOHAKO     MIMO   AECHEOLOOICO). 


diver-  tt'essere  L'esecutore    del    monumento    di    Giacomo    Bossi  (1355)    nella 

stessa  chiesa,  con  la  rappresentazione  <1<-1  defunto  dinanzi  alla  Vergine  col  Bambino; 
un  frammento,  che  si  vuole  parte  di  questo  sarcofago,  è  presso  la  famiglia  Frova, 
nel  palazzo  Borromeo,  e  nel  quale  è  particolarmente  sviluppata  la  disposizione  dei 
panni  verso  terra  a  piegoline  ondulate  che  è  proprio  di  questo  momento  della 
scuola  lombarda  e  dal  quale,  più  tardi,  Io  stesso  [acopino  da  Tradate  non  saprà 
rsi. 

Il  Venturi  notò  le  affinil  •  men  palesi  con  l'arte  pisana  in  diverse  scul- 
ture del  Archeologico  presso  il  Ca  nelle  dm-  Madonne  col 
Bambino,  luna  già  sulla  porta  Orientale,  l'altra  già  sulla  porta  Romana,  nel  sarcofago 
di  Giovanni  da  I  ampionese  affine  a  Bonino,  nel  Cristo  sul  sacrofago 
e  in  diversi  frammenti,  1                1  tutti    nel    sepolcro   della  famiglia    Rusconi  già  in 

elio  di  Bari  >  In  S.  (  riovanni  In  <  '■  >nca 


MONUMENTO    DI    BARNABÒ   VISCONTI   (MUSEO   ARCHEOLOGICO). 


(Fot.  Anderson). 


'    REOINA    DELLA    SCALA    (MUSEO    ARCHEOLOOICO). 

(1  .,!.     Min   .1). 


72  ITALIA  ARTISTICA 

a  Milano.  Nella  tomba  Rusconi  ritornano  i  caratteri  architettonici  senesi  per  opera 
di  un  campionese  che  modella  le  sue  lunghe  figure  con  le  fronti  appuntate  e  gli 
occhi  stretti,  le  piegh*'  larghe  e  schiacciate.  Il  monumento  a  Barnabò  è  sorretto 
da  dodici  colonne  e   presenta,   ne'   vari    lati  del  sarcofago,    con    le    rappresentazioni 


\\    PARI  il    i  "l.   MONUMENTO    \    MASTINO   AJ.IPRAND1  l    CON   ALTKO  D'IONOTO. 

dot.  1.  I.  d'Arti  Grafiche). 


dell'Incoronazione  tra  due  santi  in  una  faccia,  S.  Girolamo  e  S.  Gregorio  e  gli 
I  lanisti  Dflla  seconda,  <  risto  sul  sarcofago  fra  la  Vergine  e  molti  santi  nella 
ter/a.  il  Crocifisso  al  quale  S.  Giorgio  raccomanda  Barnabò  e,  ai  lati,  molti  santi, 
nella  (piarla.  Al  sommo  sorge  la  figura  del  Visconti,  a  cavallo,  rigido  in  arcione: 
ai  lati  del  cavaliere  due  figurette  ricordano  le  virtù  del  principe  :  la  giustizia  e  la  for- 


MILANO 


73 


tezza.  II  monumento  era  delicatamente  ornato  e  dorato  con  arte  d'orafo;  ma  oggi,  a  pena 
qua  e  là,  negli  addentramenti  delle  pieghe,  si  scorgon,  dell'oro  antico,  le  tracce. 
II  monumento  ha  rapporti  con  quello  a  Cansignorio  a  Verona  e  fu  eseguito  da 
Bonino  a  giudizio  del  Morigeri  e  del  Perkins,  su  disegno  di  Bonino  che  avrebbe 
eseguito  solamente  la  statua  maggiore  secondo  il  Meyer;  «  vi  si  nota  la  debole 
imitazione  delle  forme  di  Giovanni  di  Balduccio  >  noto  col  Venturi,  <  anzi  il  ri- 
vivere delle  vecchie  e  rudi  forme  romaniche  sulle  eleganze  toscane  :  la  traccia  pi- 
sana resta,    ma    sgretolata  e  guasta,  grossa    e  volgare  ».  Ricorda  l'indirizzo  antico 


1 1   UDÌ  «TOBI  HI  OLOOICO 

DAI    DI  OMO  .  Brogi). 


I  \    \li',IM       HDBBO    AUi.HEOLOOICOl. 

DAI   l'i  OMO),  il  ot,   Hro^i). 


'li  Bonino  anche  l'arca  'li   Regina  della  S  asorte  'li  Barnaba;  e  in  generale, 

pel  Venturi,  l'influsso  del  maestro  toscano  ritorna  ancora  nelle  statue  della  loggia 
degli  Osii,  più  antiche  'li  quanto  il  Mongeri  non  credesse,  sì  che  egli  vTntravvedeva 
la  maniera  di  Ja<  opino  da  Trad 

Ai  maestri  pisani  il  Meyer  avvicinò  le  figure  del  sarcofago  Carelli  nel  Duomo 
'li  Milano,  che  piuttosto  tengon  della  maniera  dei  Dalle  Masegne,  ciò  che  trova  un 
appoggio  indiretto  anche  dalla    considerazione    che  Marco    Carelli  morì  nel    130:4  a 

/ia  dove  quei  maestri  principalmente  lavoravano.  E  1  rapporti  fra  l'arte  veneta 
e  la  lombarda  troveranno    applicazioni    fruttifere  e  inti  anche  nell'inizio  del 

prima  dell'avvento  dell'Amadeo, 


74 


ITALIA     ARTISTICA 


l)Hle  stesse  arti  minori  nel  trecento  non   mancan  saggi  notevoli  in  città. 
Della  bottega  artistica  degli   Embriachi,  che  principalmente  a  Venezia  produsse 


BASILICA    ni    8.    IMBKOOIO  CKOCB    IN    A.KOENIO. 


(Fot.   AHnari). 


cosi  gran  numero  di  Livori  in  osso  e  in  avorio,  son  numerose  le  opere  nell'alta  Italia; 
a  Milani  son  opere  di  Baldassarre  degli  Embriachi,  come  comprovano  i  documenti, 
le  arche  Viscontee,  in  casa  Cagnola,  già  nella  Certosa  di  Pavia,  che  figuran  fra  i 
più    notevoli    esempi    di    quell'industria,    in  una  coll'altare    di    quella    Certosa,    con 


M  I  L  A  N  O  75 

l\iItro  del  Louvre  già  nella  badia  di  Pcissy,  con  un  altro  ancora  nella  badia  di 
Cluny  che  lo  Schlosser  illustrò  e  classificò  a  seconda  delle  loro  rappresentazioni, 
ispirate  quando  alla  mitologia  e  all'antichità  classica,  quando  alle  istorie  derivate  da 


BkOOIO  I  \.\    l'A'.r.v    PI  i    CORALI     l'I    '.l  *  s    <,Ai.lA//n 


I..I .   Al  in  uri  i. 


un  romani  del  ciclo   del    Lohengrin        le   chevalier   au  Cygfie        e   alla 

storia  <li  Griselda,  ai  canti  di  quando  alle  rappresentazioni  delle  Virtù  e 

delle   Arti  liberali,   quando  alle   scene  bibliche   e  alle    sacre  rappresentazioni,    Nelle 
archi  Milano,  eseguite  negli  anni   1400*1409  da   Baldassarre,  v'è  ancor  l'eco 


ITALIA   ARTISTICA 


dell'arte  toscana,  ciò  che  induce  giustamente  il  Venturi  a  consigliare  di  non  localiz- 
zare a  Ven  via  l'industria  delle  cassette  alla  Certosina.  Allo  stesso  secolo  appartiene 
un'edicoletta  in  avorio  del  Museo  Archeologico,  con  le  figure  della  Madonna  e  del 
Bambino  col  fondo  decorato  a  u'igli  e  le  ante  laterali  provviste  di  scene  della  vita 
della   V.  ■ .  di  decorazioni  e  di  policromia. 

dia  pittura  nel  trecento  ciò  che  rimane  a  Milano  è  troppo  povera  cosa 
perch  fare,   per  ora,    poco  più    che    un  accenno.    Gli    stessi  affreschi 

sparsi  in  alcune  chiese  delle  campagne  circostanti  e  che  si  ascrivevano  Mi  preferenza 
a  Giovanni  da   Milano  rivelati  piuttosto  altri  influssi   e  altri  ideali  d'arto. 

Negli  altri  prodotti  s'andò  accentuando  nel  trecento,  specialmente  nella  orefi- 
ceria,  il  vero  senso  d'arto,  raffinandosi  la  tecnica  della  lavorazione  e  si  limitò  il  va- 
lore della  materia,  che  dianzi  rappresentava  il  maggior  pregio  dell'opera  d'arte.  Fra 
1  •  opere  del  XIV  secolo  rimaste  tuttora  a  Milano  ricordiamo  la  croce  portatile  del 
Capitolo  ambrosiano  e.  quale  ricco  esempio  dell'arte  dell'alluminatore,  il  messale 
detto  dell'Incoronazione  di  G.  Galeazzo  Visconti  nella  Basilica  di  S.  Ambrogio,  perchè 
sarebbe  troppo  lungo  ed  esorbitante  i  modesti  limiti  di  questa  pubblicazione  ricor- 
dare tutte  le  miniature  del  tempo  o  anche  le  principali  delle  biblioteche  Ambro- 
siana e    Braidense. 


HI  OMO  Ahi    \     DI     MARI   e    I    ANI   I  LI 

t.  I.  I.  d'Ari 


IL    CASTELLO    DI    MILANO 


III. 

L'architettura  e  la  scultura  di  transizione  :    il    Filarete,  i  Solari,  Jacopino    da    Tradate,    il    Rarcrti,    il 
Linoni. 


L'ultimo  dei  Visconti,  Filippo  Maria,  legò  il  proprio  nome  alla  storia  dell'arte 
pel  fatto  di  aver  chiamato  presso  di  sé,  fra  gli  altri,  il  Brunellesco;  egli  si  meritò 
le  lodi  in  versi  di  Tommaso  da  Rieti  e  l'attaccamento  del  Decembrio.  Ma  Fran- 
cesco Sforza  (1401-1466),  prendendo  il  governo  dopo  il  breve  periodo  della  Repub- 
blica Ambrosiana,  trovò  più  adatti  tempi  a  incoraggiare  le  arti.  Alla  sua  corte,  fa- 
stosa quanto  le  maggiori  d'Italia  in  quel  tempo,  accorrevan  letterati  e  buoni  artisti. 
Milano  accolse  allora  Jacopo  da  Cortona,  il  F*ilarete,  Bartolomeo  Gadio,  Michelozzo, 
Aristotile  Fioravanti,  il  Pisanello,  Cristoforo  Moretti,  Bonifacio  Bembo,  Zanetto  Bu- 
gatto.  intenti  alla  decorazione  delle  sale,  delle  cappello,  dei  giardini  del  Castello  ;  fra 
gli  umanisti  e  i  dotti  Francesco  Filelfo,  Candido  Decembrio,  Costantino  Lascaris, 
Cicco  Simonetta.  Allo  Sforza  si  dovette  anche  l'inizio  di  quella  grandiosa  costruzione 
'li  carattere  cosi  emiiK-ntemente  pratico  e  moderno  che  è  l'Ospedale  Maggiore, 
tanto  che  il  Filarete  volle  dedicare  al  principe  mecenate  il  suo  Trattato  d'Architettura. 
Frar.  provvide    subito,  appena  impadronitosi  della  città  nel   1  ;  50,  a 

riedificare  la  tortezza  ch'era    stata  dei  Visconti  '■    che  il  popolo  aveva  demolito*;  la 
riedificazione,    notava  il    f'orio,  fu  ordinata    dal    Duca    non    perchè    dubitasse  [della 

dei  novelli  sudditi,  ma  solo  per  ornamento  della  città  t  sicuri  la  contro  qua- 
lunque^nemico  che  in  ogni  tempo  la  voli  -e  molestarci  e  aggiunge  che  <  non  sola- 
mente come  prima  ma  più  ampio  il  ri/ece{:  di  sorta  che  senz'aleuti  dubbio  si  può 
me  il  più  superbo  e  forte  che  sia  nel  piano  per  tutto  l'universo,  et  es 
aere  costato  mi  milione  di  durali  >.  L'ardi.  Luca  Beltrami,  che  come  ebbe  il  prin- 
cipal  merito  d'aver  salvato  il  <  lastello  dalle  demolizioni  pr  «gettate,  dedi<  '•  al  monumento 
l'opera  attivi  prò  del  restauro,  provò  che 'primo  architetto  ne  fu  un  Giovanni 

da  Milano,  il  quale  vi  prestò  cosi  propria  che  dopo  soli  cinque 

dall'inizio  dei  lavori  di  ri  rovine  della   rocca   vi  contea  detta  di 


7^ 


MALIA     ARTISTICA 


/'orla  Giovia  si  trattava  già  di  compiere,  con  la  merlatura,  una  torre  verso  la  chiesa 
del  Carmiu''  e  già  <  rano  ultimate  le  fronti  esterne  verso  il  giardino,  cioè  i  muri  della 
cortina  detta  ghirlai 

Verso   la   fine  del    1 4  s  i   i  lavori  erano  avviati   lungo  la   fronte  della  città:  i  do- 
cumenti  del  cennan  già  alla    torre  della    Rocchetta,  che  è  la    castellana  o 


VililiA    UH   \l  1     l>l  1    CASTELLO   DI   MILANO   \IIIA        C08HOORAPHIA   >   1)1   S      Missili;,    BDIZIONB    DEL   1550. 


ntayslra  e  più  tardi  del  Tesoro,  all'angolo  ovest  del  quadrato  sforzesco.  L'anno 
susseguente  a  Giovanni  da  Milano,  morto  di  peste,  successe  Jacopo  da  Cortona  e, 
per  la  decorazione  della  parte  centrale  della  fronte  del  Castello  volta  verso  la  città, 
Antonio  Averulino  di  Firenze  dotto  il  Filarete.  La  fronte  doveva  esser  costituita  di 
una  robusta  cortina  racchiusa  fra  due  alte  torri  rotonde  in  pietra:  nel  mezzo  della 
cartina  dovevi  aprirsi  la  porta  principale  d'accesso  al  Castello  sulla  quale  si  sa- 
rebbe  innalzata  la  torre  di  difesa.  Nell'agosto  del   1452  la  torre  costrutta  dal  Filarete 


8o 


II  ALIA   ARTISTICA 


si  trovava  già  all'altezza  delle  cortine  laterali  e  Francesco  Sforza  disponeva  che  venisse 
innalzata  sin"  all'imposta  della  merlatura.  Il  fiorentino  Ridolfi,  che  la  vide  nel  14S0,  la 
disse  torre  quadra  altissima  e  il  Guicciardini  la  chiamò  torre  di  unir mo  bellissima 
fabbricala  sop  porta,   nella  sommità  della  quale  stava  l'orologio.  Ma  nel   1521, 

per  un  disgraziato  accidente,  la  torre  cadde  e  solamente  in  questi  ultimi  anni  si 
è  provveduto  a  rifabbricarla  per  opera  del  Beltrami  che  si  giovò  Mi  numerosi  do- 
cumenti  grafici  del  tempo,  quali  un 'graffito  della  cascina    Pozzobonella,    un   intarsio 

nel  coro  del  Duomo  di  Cre- 
mona e  diversi  sfondi  di  qua- 
dri leonardeschi,  oltre  che  di 
torri  analoghe  tuttora  in  piedi 
nei  castelli  di  Cusago  e  di  Vi- 
gevano. 

Numerosi  architetti,  scultori. 
pittori  lavorarono,  in  epoche 
diverse  ,  a  render  piacevole 
questa  nuova  residenza  sfor- 
zesca che  s'andava  ampliando 
a  seconda  dei  tempi  e  delle 
tendenze:  Bartolomeo  Gadio, 
Benedetto  Ferrini  fiorentino 
da  prima,  diversi  pittori  lom- 
bardi al  tempo  di  Galeazzo 
Maria,  Bramante  e  Leonardo 
al  tempo  di  Lodovico  il  Moro. 
Vedremo  più  innanzi,  parlando 
dell'arte  della  Rinascenza,  la 
parte  che  loro  spetta  nel  mo- 
numento. 

A  noi  basta  per  ora  insi- 
stere sul  fatto  che  ,  benché 
iniziata  alla  metà  del  XV  se- 
colo e  susseguita  senza  interruzione,  la  grande  fabbrica  del  Castello  è  ispirata,  al- 
meno in  parte  delle  sue  linee  e  principalmente  nelle  porte  e  nelle  finestre,  allo  stile 
archiacuto,  nel  quale  però  l'ornamentazione  nuova  accenna  già  a  una  transizione 
verso  nuove  idee  d'arte.  Spetterà  al  periodo  di  Galeazzo  Maria  e  principalmente  a 
quello  di  Lodovico  il  Moro  attuare  le  nuove  parti  e  le  decorazioni  in  quello  stile 
della  Rinascenza  che  aJMilano,  come  in  altre  città  dell'Italia  superiore,  tanto  stentò 
a   tarsi   strada   e   ad   ai  formarsi. 

Le  belle  finestre  degli  appartamenti  ducali,  delle  cappelle,  della  cancelleria  du- 
cale, sia  quelle  che  prospettano  sul  grande  cortile  come  quelle  che  ricevon  luce  dai 
lati  e  dalla  campagli  1,  si  presentano  grandiose,  a  elegante  sesto  acuto,  con  larghe  fascie 
contornate  da  soprarchi  in  ricca  decorazione  in  cotto  che,  nei  restauri  recenti,  ha 
ritrovato  le  antiche  sagome  e  la  originaria  vivacità  accresciuta  dai  caratteristici  ri- 
quadri di  cemento  bianco.  Le  decorazioni  continuano  sotto  il  davanzale  in  belle   file 


INA   FINESTRA  DEL  CASTELLO. 


(Fot.  Ferrano), 


MILANO  81 

d'archetti    a  lobi,    in  bel  rilievo  di  cotto,  e  già  accennano,  nel  fare  largo,    nella  po- 
licromia generale,  alla  transizione  che  troverà  più  tardi  proseliti  numerosi  e  arditi. 


Il  periodo  transizionale  nell'architettura  lombarda  che,  basandosi  su  gli  elementi 
ereditati  dalla  tradizione  e  principalmente  sulle  vòlte  acute,  accoglie  già  elementi 
dell'arte  nuova  irradiata  dalla 
Toscana  infiltratisi  lentamente 
in  Lombardia  o  che  almeno 
ingentilisce  quei  vecchi  concetti 
medioevali  e  li  riveste  di  nuove 
decorazioni  più  fresche  e  più 
vivaci,  è  fra  i  più  interessanti 
a  studiarsi  come  tutti  i  periodi 
di  tentativi  e  d'audacie  nuove. 

Al  periodo  di  transizione 
appartengon  le  belle  e  ancor 
severe  costruzioni  in  laterizio. 
parcamente  ornate  di  leggera 
policromia  e  sapienti  di  linee 
nuove,  dei  .Solari.  A  una  mia 
pubblicazione  dedicata  allo  stu- 
dio delle  opere  di  questa  fami- 
glia d'artisti  tolgoquanto  basta 
per  dar  qui  un'idea  sommaria 
dell'attività  loro  e  delle  loro 
belle  costruzioni  :  "  •  same 
delle  quali  spiegherà  i  succes- 
sivi trionfi  dell'architettura  lom- 
barda. 

1 1     I  Hovanni    si    sa    che 

lavorò    in     diverse     'ostruzioni 

:   rz<  »  he  .    castelli ,     r  .<  ■<  he, 

restauri  di  edifici  minori,  dal  1445  al  1481:  pel  Duomo  di  Milano,  per  la  Certosa 
di  Pavia  e  per  privati;  ma  dei  monumenti  ricordati  sarebbe  difficile  rintracciare  la 
parte  che  spetta  all'opera  sua  personale  non  molto  notevole. 

più  interessante  è  la  figura  artistica  di  Boniforte  o,  com'egli  stesso  si  chia- 
mava. Guinifo  s'inizi/)  all'arte  delie  seste  sotto  la  guida  del  padre.  Si  sa  dai 
:  d'archivio  che  l'8  marzo  1  (.59  egli  era  stato  eletto  ingegnere  della  fabbrica 
del  Duomo  con  r  mensile  di  1  2  fiorini  e  8  brente  di  vino,  che  nel  1462  era 
deputalo  alla  fabbrica  della  Certosa  di  Pavia  anche  prò  faciendo  capilélos  claustri 
li  modelli  del  cremonese  Rinaldo  De  Stauris  magister  ab  intaliis  il  ■• 
novembre    141  nere  e  1  ite    a    tutti    i  lavori   dell'Ospedale 


IIMMI1A    DELL'APPARTAMENTO    DUCALI 


I  '  I  '  1  r  .  1  1  1 , .  i . 


■li". 


1  //  illtnl     ■■in 


8: 


MALIA   ARTISTICA 


Maggiore    di    Milano,  in  sostituzione    del    Filarete,  con  lo  stipendio  di  tre  fiorini  al 

mese,  come    quegli    che  s'era    già    prestato    altre    volte,    lodevolmente,  a    quei    la- 

Xel    1472    costruiva  pel  gentiluomo  Pietro  Figino  un  palazzo   fra  la  piazza    di 

Santa  Tecla  e  la  strada  dei  Borsinari,  che,  deformato  in  seguito,  col  nome  di  coperto 


TORBE    DI    DONA   DI   SAVOJA   SI  l.    CASTBLLO. 


rimase  fino  al  1868  in  cui  cadde  sotto  il  piccone  per  far  posto  all'attuale  piazza 
del  Duomo.  Lavorò  anche  pel  Castello  di  Milano  e  per  privati.  I  vecchi  storici 
gli  attribuirono  inoltre  il  disegno  dell'antica  chiesa  di  .Santa  Maria  delle  Grazio,  dal 
incominciata  a  risorgere  sul  luogo  attuale,  e  di  altri  edifici  minori  oggi  scom- 
parsi. Mori  nel  1481  lasciando  fama  di  architetto  i  d'ingegno  e  d'arte  ammirabile  », 
come  I"   ricordava  la  patente  ducale  in  favore  del  figlio  Pietro  Antonio. 


:    CO  LOOOIA     l>\    0  MI  KZZO    M.    SFORZA 

i     PORTA    DEL   CASTELLO   vi  km»   i. a    CAMPAONA 


ITALIA   ARTISTICA 


Il   Morigeri  credette    ch'egli  non  prestasse  l'opera    sua    a    prò    del  Duomo    che 
quale   amministratore:  ma  le  nuove  notizie   venute  in  luce  provano  che  nel    tempo 
in  cui   il  Solari  rimase  alla  direzione  dei  lavori  il  tiburio    fu  costrutto  in  quanto  ri- 
guardava   la   zona    inferiore   di  innestamento    con    le  navate  maggiori,   la  quale  era 
riamente  riparata  con  tegole. 


SCALONE   DEL  CASTELLO. 


iFot.  Ferrarlo). 


É  boto  che  il  Filarete  aveva  ideato  e  incominciato  la  fabbrica  dell'Ospedale 
Maggiore  di  Milano  con  un  tipo  classico,  diremo  meglio,  fiorentino:  ce  ne  assicurano 
e  i  suoi  disegni  e  la  parte  in  opera. 

I  documenti  confermano  che  il  Filarete,  venendo  a  Milano  a  lavorare  per  I'O- 
spe  lale,  non  rinunciò  alle  dottrine  apprese  alla  scuola  del  Brunellesco;  le  parti  in 
cui    predomina  lo  stile    archiacuto    dell'edificio    che  stiamo  esaminando  spettano  del 


86 


ITALIA    A  RUSTICA 


m 

m 


tutto  a  <  iuiniforte  Solari  e  a  diversi  tagliapietre  lombardi.  In  tal  modo  la  storia  del- 
l'edificio si  pri  i  naturale.  Il  Filarete  rimase  in  qualità  di  architetto  della 
fabbrica  dal  principio  fino  al  1465.  In  questo  periodo  i  libri  mastri  dell'Ospedale  ri- 
cordano che  nel  1461  si  lavorava  già  a  rivestire  di  marmi  la  fronte  col  portico 
verso  il  Cascinotto,  cioè  il  lato  dell'attuale  facciata  verso  S.  Nazaro,  che  un  Giovanni 
Cairati  s  >mministrava  le  colonne    per    il  portico  avanti   all'accesso,  e    che    nell'anno 

stesso  un  Cressolo  Ma  Castello 
dava  28  braccia  di  pietra  d'An- 
gera  lavorate  per  la  stessa  fron- 
te, mentre  il  Filarete  consegnava 
gli  ornamenti  di  tre  finestre  e 
di  tre  porte,  e  si  incominciavan 
le  crociere  o  infcrmerie,  i  cui 
lavori  venivan  dati  in  incanto. 
Il  7  gennaio  del  1462  Guiniforte 
Solari  appare  già  presente  al- 
l'opera: da  questo  momento  i 
lavori,  anche  di  decorazione,  si 
susseguono  con  rapidità  e  i  ma- 
stri continuano  a  registrare  pa- 
gamenti al  Filarete  per  le  co- 
lonne di  sarizzo,  per  le  finestrel- 
le, per  la  cornice  e  a  Pietro 
Ambrogio  de  Monti  detto  il  Fra 
per  otto  colonne  con  basi  e  ca- 
pitelli a  22  fiorini  por  ciascuna, 
a  Giacomo  Guimolti  e  Guglielmo 
del  Conti  pure  per  le  colonne, 
a  Pietro  Lonato  nel  1463  per  la 
costruzione  ddle  finestre  e  fine- 
strelle in  conformità  al  disegno 
del   Filarete. 

La  parte  superiore,  al  di  sopra 
della  cornice  o  fascia,  nella  quale 
campeggiano  le  finestre  archiacu- 
te, fu  costrutta  lai  Solari:  e  a  riprova  che  questo  ordine  superiore  non  vuole  aspirare 
ad  accordarsi  col  sottostante  sta  il  fatto  della  nessuna  corrispondenza  delle  finestre 
stesse  con  gli  archi.  La  stessa  costruzione  materiale  è  diversa.  Il  primo  piano  è  a 
mattoni  a  vista  diligentemente  disposti,  in  modo  che  il  cemento  che  li  congiunge  non 
si  scorge,  al  contrario  del  secondo  piano  che  rivela  minor  diligenza  costruttiva.  Le 
finestre,  elegantissime,  acute  e  binate,  son  divisi;  da  una  colonnetta  in  marmo,  tal- 
volta (verso  il  Naviglio)  provveduta  del  tradizionale  anello  a  metà  del  fusto  ;  anche 
le  luci  dell<  bifore  sono  a  sesto  acuto;  nel  timpano,  immediatamente  al  di  sopra 
della  colonnella,  è  collocata  una  patera  0  tondo  da  cui  sporge  (come  in  molte  fab- 
briche   di    Milano    e   di    Cremona)   un    busto;     le     finestre    son     poi     racchiuse,     all'uso 


,!*TV 


lINDsIKA    li]  11.  OM'l.DAI.I      MAIKì  10KI  . 


MILA  N  O 


87 


lombardo,  in  una  riquadratura  o  cornice,  ornata,  nei  pennacchi,  da  due  piccole  me- 
daglie a  figure.  La  larga  cornice  del  vòlto  acuto  delle  finestre  è  quanto  di  più 
ricco  e  fantastico  abbia  saputo  creare  l'allegra  fantasia  dei  decoratori  lombardi  in 
quel  periodo  di  transizione  :  le  corde  torte,  le  foglie,  le  perle,  i  tralci  di  vite  carichi 
di  pampini  e  di  grappoli  entro  cui  si  aggrovigliano  bellissimi  putti,  con  un  motivo 
tolto  a  noti  esemplari  di  Milano  e  di  Pavia,  formano  una  decorazione  lussureggiante 
e  geniale. 


ì.\    l'AlfTI.    ASTILA    DELL  OM'J  IlAI.I      M  \  < .  ■ .  1  •  .  le  J 


L'AI  -  trìbui  a  Guiniforte  Solari  la  chiesa  «li  Santa  Maria  delle  Grazie, 
alla  ',  ■  tardi  tu  aggiunta  la  imponente  abside   monumentale  da   Bramante   e 

mtinuatori  suoi.   La  chie  tre  .  mostra  evidentemente  di  appartenere 

al  periodo  lombardo  <li  transizione    dallo    stili  a  quello  della   Rinascenza.   I  a 

ita,  di  aspetto  m<  grandi  spioventi,  tutta  In  mattoni,  nasconde  la 

struttura  interna   «■    r  quindi  l'organismo   della  chiesa,  cosi  che   alcuni  dei 

t  >ndi  d^iia  par'"  uperiore,  fra  le  lesene,  che  dividono  verticalmente  la  fronte,  som,. 
finti;  in    bass'»    q  grandi    fine  tri     a     i  ito   acuto  a    ornatissime   strombature, 

camp  eristico   riquadro  bianco,  illuminano  l'interno.   La  porta 


^s 


ITALIA   ARTISTICA 


attuale    della    fine    del    quattrocento    appartiene    al    periodo    bramantesco    e    vero- 
similmente allo  -  Minante. 

Trovo,    dai  d  cumenti,  che    fin  dal    giugno    del   1458   l'abate  del   monastero  di 


l\riKMi   DELLA    CHIESA    DI    S     MAK1A   DELLB  OBAZIB 


1  l'"ot.   Uro^i). 


Morini  indo  aveva  donato  ai  frati  di  S.  Domenico  la  casa  e  gli  orti  già  delle  monache 
di  S.  Vittore  .ti  Corpo:  ciò  che  confermerebbe  le  notizie  degli  storici  che,  come  ve- 
demmo, assicurano  che  la  nuova  chiesa  fu  fatta  pochi  anni  dopo:  possiam  quindi 
ritenere  che  fu  iniziata  intorno  al  1460;  nel  1465  fu  intitolata  a  S.  Maria  delle 
Grazie.  Trovo    inoltre  che  la  cappella,    detta  allora  di  S,  Paolo,  la    prima  a  destra 


I  • 


go 


!  ITALIA    ARTISTICA 


(  MllsA    DI    s     MAUIA    DELLA    PA(.l.    DOPO    I    RESTAURI. 


fu  eretta  nel  i  194  e  che  è  del  1497  un  breve  di  Alessandro  VI  per  L'erezione  di 
una  cappella  dedicata  a  S.  Tecla. 

Le  notizie  abbondano,  dal  1501  in  poi,  nelle  successive  costruzioni:  la  cappella 
Borromeo  fu  eretta  nel  1522  e  dipinta  da  G.  Pietro  Gnocchi  nel  15S5;  nel  1598  si 
riparava  la  tribuna,  nel    1613  si  lavorava  intorno  al  tiburio. 

La  somiglianza  con  la  costruzione  interna  di  questa  chiesa  consiglia  ad  ascri- 
vere a  Guiniforte  Solari  anche  quella  di  S.  Pietro  in  Gessate,  pure  a  Milano,  ri- 
e  istrutti   intorno  al     1460  e   ampliata   più   tardi. 

Anche  qui  L'interno,  a  tre  navate,  con  sette  archi  per  lato,  cui  corrispondono 
verso  l'esterno  delle  minori  sette  cappelle,  mostra,  come  a  S.  Maria  dello  Grazie,  le 
vòlte  a  sesto  acuto  che  s'impostano  sui  pilastri  spezzati  e  poggianti  sui  capitelli  delle 
colonne  :   i   capitelli  che  arieggiano  il  composito  romano,  le  chiavi  di  vòlta  a  figure,  le 


M  I  L  A  X  O 


9i 


crociere,  i  profili  ricordano  ancora  le  Grazie.  Ma  v'è  di  nuovo  il  sistema  costruttivo 
adottato  pei  fianchi,  in  cui  le  cappelle  poligonali  rìcevon  luce  non  dal  fondo  ma  dai 
lati,  ognuna  da  due  finestre  a  sesto  acuto  incorniciate  disposte  obliquamente,  mentre  un 
tetto  unico  unisce  e  copre  tutte  le  strombature  delle  finestre,  così  che  la  luce  che  entra 
nella  chiesa  è  molto  limitata,  ciò  che  non  accadrebbe  se  le  cappelle  fossero  indipen- 
denti all'esterno  fra  loro  e  la  luce  non  fosse  inceppata  dal  tetto  sporgente  sugli  strombi 
delle  finestre.  Forti  pilastri  a  sezione  poligonale  rafforzano  agli  angoli  le  cappelle. 

Un'uguale  distribuzione  delle  cappelle  laterali  si  trova  nella  chiesa  di  S.  Maria 
della    Pace,    benché    di    proporzioni    più    piccole    che    non  le    chiese    su   esaminate. 

Quanto  al  portico  dei  Figini,  già  negli  ultimi  tempi  aveva  perduto  il  primitivo 
aspetto  per  rimaneggiamenti  fatti  in  epoche  diverse.  In  uno  dei  quadri  del  Duomo 
di  Milano  che  si  espongono  per  le  feste  di  S.  Carlo  è  riprodotta  una  parte  dell'  antico 
palazzo  ancora  intatto:  con  una  loggia  ad  archi  a  sesto  acuto  al  pian  terreno,  or- 
nati di  tondi  a  mezze  figure  nei  peducci  e,  al  di  sopra,  due  file  di  finestre  a  sesto 
acuto,    bifore.    Le    decorazioni  in  cotto    nelle  ghiere    degli    archi    rivelavan    pure  il 


1  rti.i 


■     ■  ■ 


92  ITALIA  ARTISTICA 

periodo  transizionale.  I  capitelli  che  rimangono,  nel  Museo  Archeologico,  hanno  sa- 
gome e  targhe  di  pretto  sapore  dell'arte  locale  di  transizione  del  XV  secolo. 

Acquista  importanza  eccezionale,  per  il  nostro  esame,  il  ricordo  del  Fornari,  che 
nella  sua   <  V  .    Carmine  edita  nel    1685    e  cue  ri^  ^a  storia  del  luogo    sulla 

guida  di  d  amenti  oggi  in  gran  parte  perduti,  ci  assicura  che  la  chiesa  del  Car- 
mine a  Milano  fu  ricostrutta  dal  [4*46  al  1449  e  che  il  nostro  Solari  diresse  i  lavori. 

L'antica    primitiva    costruzione    apparteneva  al    XIII  secolo,    poiché  trovo  che 


l\\ LA    (  llll  sa    IH  LL'INCOUONATA. 


1     1.  I.  I.  d'Arti  Grafiche) 


IT  1  novembre  del  1268  n'era  stata  posta  la  prima  pietra.  La  chiesa  del  Carmine 
è  a  pianta  a  croce  latina  e  presenta  nell'insieme  un  pretto  esempio  di  stile  di  tran- 
sizione: la  tacciata  è  sorta  da  non  molti  anni,  mentre  ancora  ai  tempi  del  Mori- 
geri non  mostrava  [che  un  gretto  intonaco  senza  ^studio  d'arte  »  e  appariva 
fuori  delle  pareti  il  rilievo  di  archi  acuti,  più  grande  al  centro  che  ai  lati:  un  occhio 
circolare  a  finestra  v'apriva  nel  seno  di  questi  archi  ed  enormi  contrafforti  s'ad- 
dossano tuttora  e  c  «ntrastano  tutta  la  fronte  così  agli  estremi  come  fra  le  porte; 
tutto  ciò  trova  spiegazione  col  fatto  che,  come  assicura  il  Fornari,  la  chiesa  rimase 
tronca,  mentre,  da  questo  lato,  doveva  inoltrarsi  ancora  per  una  campata  di  nave, 
circa  m  'tri  9:  il  che  provava,  secondo  il  Mongeri,  che  era  in  certo  modo  la  sezione 
''resi  0  l'organisno  suo  sull'asse   maggiore    quella    che    si    vedeva. 


MILANO 


93 


Nelle  mie  ricerche  ho  rintracciato  numerosi  ricordi  di  rimaneggiamenti  alla  chiesa: 
dal  1579  in  avanti  furon  fatti  il  coro  nuovo  —  con  stalli  intagliati  da  Anselmo  del 
Conte  e  Giovanni  Pietro  da  Appiano  — ,  un  tabernacolo,  il  claustro,  il  refettorio  del- 
l'unito convento  dall'architetto  Ambrogio  Alciato  ;  nel  1602  furon  eseguiti  lavori  di 
decorazione  e  Aurelio  e  Michele  Alberi  dipinsero  il  Refettorio  e,  forse,  la  chiesa; 
nel  1626  si  lavorava  intorno  a  una  cappella  presso  l'aitar  maggiore  e  Marco  Bar- 
bero   e    Bernardino    Pozzi  v'intagliavan    le    balaustrate  di  brocatello    e  l'anno  dopo, 


(AI'I'I.U.A    HOKKOMMl    IN    S.     M  A  l<  I A    l'dliONI 


sotto  la  direzione  dell'architetto  Bombarda  ingegner  collegiate,  si  eseguivate  ripara- 
zioni alla  chi» 

Per  ragione  'li  confronti  alcune  altre  costruzioni  si  potrebber  attribuire  a  Pietro 
Solari,  0  aimenc  si  possono  raggruppare  con  la  chiesa  del  Carmine:  le  date  e  le 
notisi  che  loro  si  riferiscono  iano  a   farlo. 

Prima  fra  queste  la  chiesa  dell'Incoronata,  in  Milano.  Si  compone  di  due  chiese 
unite:  l'uria,  a  sinistri,  eretta  da    Frani  Sforza  nel   1451,    l'altra,  a  destra,   nel 

1460  dalla  moglie  Bianca  Maria  Visconti,  come  si  rilevava  da  due  lapidi  antiche 
vedute  dal   Latuada  e  dai  ricordi  nei  registri  antichi  del  luogo, 


ITALIA  ARTISTICA 


Nonostante  privilegi  e  concessioni  ai  padri  dell'Incoronata,  come  quello  otte- 
nuto nel  1445  dal  primo  Eondatore,  cioè  il  diritto  di  questua  e  nel  1452  quello  di 
ereditare    e  la  facoltà  di  costituire  presso  la  chiesa  cappelle  sepolcrali    di    famiglie, 

struzione  durò  quasi  quarant'anni,  dal   145 1   al   1487. 

La  costruzione  della  gemina  chiesa  deve  però  rimontare  ai  primi  anni:  i  lavori 

successivi  debbon  riferirsi  al  vicino 
monastero,  in  seguito  trasformato 
del  tutto.  Disgraziatamente  anche 
la  chiesa  dovette  subire  alterazioni 
parziali,  fattevi,  sotto  il  nome  di 
restauri,  nel    1654  e  nel   1S27. 

Un'altra  costruzione  che,  nel 
movimento  delle  linee  e  nei  parti- 
colari, ricorda  la  chiesa  descritta 
è  la  cappella  Borromeo  che  sporge 
dal  corpo  della  chiesa  di  Santa  Ma- 
ria Podone,  in  piazza  Borromeo. 

Le  creazioni  dei  Solari,  sapien- 
ti, pure,  armoniose,  che  sposano  la 
severità  con  l'eleganza  delle  belle 
terre  cotte  campeggiami  su  leggere 
riquadrature  bianche  d'intonaco,  re- 
steranno a  ricordare  splendidamente 
alle  generazioni  future  l'interessante 
periodo  di  transizione  dell'architet- 
tura lombarda,  nata  al  tramonto 
dello  stile  gotico  e  all'alba  della  Ri- 
nascenza novella. 


Nella  scultura  il  periodo  di  tran- 
sizione che,  in  certo  modo,  raccorda 
il  vecchio  stile  che  si  vuol  chiamare 
non    del    tutto  esattamente  campio- 
nese  e  che    trova    la  sua    maggior 
fioritura     nel    trecento    con    quello 
della    Rinascenza    è    rappresentato 
poveramente  a  Milano  pel  fatto  che 
quei   focolari  di   maestranze  ch'eran  la  Certosa  di  Pavia  e  il  Duomo    permiser    d'ac- 
coglierò abbastanza  presto,  in  confronto  all'architettura,  le  nuove  idee  irradiate  dagli 
scultori  toscani  e  veneti. 

I  rapporti  fra  gli  artisti  che  lavoraron  a  Castiglion  d'Olona,  a  Bergamo,  allor 
soggetta  al  dominio  veneto,  e  quelli  di  Milano  e  della  Certosa  pavese  sembran  sicuri. 
Ma    i    nomi  di    scultori   di    qualche    fama   in  Lombardia,    in  quel   periodo,    non   son 


STATUA    DI    PAI'A    MARTINO    V. 


MILANO 


95 


molti.  V'è  cenno  di  Maffeo  da  Civate  scultore  e  medaglista,  di  Matteo  riaverti,  di 
Michele  da  Marliano  che  nel  1459  aveva  composta  una  maestà  lavorata  ad  la  mo- 
sayca,  di  Giovanni  Maffeo  di  Foppa,  di  qualche  altro:  l'opera  più  notevole  tentata 
a  Milano  allora  è  il  monumento  equestre  a  Francesco  Sforza,  intorno  al  quale,  più 
tardi,  ebbe  ad  occuparsi  lo  stesso  Leonar- 
do. Intorno  al  Duomo  molte  statue  accen- 
nano al  potente  risveglio  verso  idee  nuove, 
ma  fra  le  figure  di  carattere  ancor  me- 
dioevale e  quelle  più  vicine  all'  arte  dei 
Mantegazza  —  specialmente  nel  tiburio  — 
o  del  Solari  non  si  saprebbero  indicare  con 
precisione  molte  opere  di  transizione.  Nella 
Certosa  di  Pavia  v'erano  Guiniforte  Solari 
che  lavorava  anche  prò  faciendo  capitelos 
del  chiostro  grande,  Giovanni  da  Cariate, 
Antonio  da  Lecco,  Rinaldo  de  Stauris  ma- 
gister  ab  intaliis  e  con  lui.  nel  1465,  Cri- 
stoforo Mantegazza  e  Magistro  Rizo  de  Ve- 
rona, artisti  tutti  che  pur  non  rinunciando 
completamente  alle  idee  antiche  tradizionali 
appartengon  già  al  rinascimento  dell'arte, 
benché  non  ancor  fiorito  in  tutto  il  suo 
fulgore. 

A  Milano  v'è  invece  Jacopino  da  Tra- 
date,  che  fin  dal     14  io  lavorava  intorno    al 

•no  e  nel  14 15  vi  modellava,  in  bronzo, 
una  mezza  figura  del  Padre  Eterno.  Gli  fu 
attribuita  la  tomba  di  Pietro  Torello  (f  1416) 
in  S.  Eustorgio,  pei  rapporti  delle  forme, 
nelle  teste  piccole,  nelle  membra  ottuse,  ne' 

:  molli,  tondi,  adiposi  con  la  statua  di 
papa  Martino  V  nel  retrocoro  del  Duomo 
di  Milano  1  1  135),  opera  autentica  e  segnata 
da  una  lunga  iscrizione  allusiva  a  Prassi- 
tele.  Potrebbe  1  0  anche  il  monu- 
mento a  Perino  da  Tortona  del  [426,  nella 
di     Volpedo,     illustrato    dal 

Sant'Ambrogio. 

Di  altro  attivo  scultore  di  quel  periodo, 
erti,  si    han  notizie    nelle   carte 
antiche,    si  g  j  aveva  lavorato  nella  fabbrica  del  Duomo  dal    [398  al   1409. 

Vi  esegui,  fra  le  altre,  una  statua  di  S.  Babila  con  tre  fanciulli  per  uno  degli  ac- 
quedotti del  Duomo,  la  quale  rimane  tuttora:  opera  un  po'  rude,  sommaria,  ma 
vigorosa  e  di    molto  interesse  per  segnare  il  punto  di  partenza  della   parabola  arti- 

■    dello   scultore. 


si  pOL(  i(i   l'i   (.  IBRII  LI    DA  (  OTIONOLA 

M  I  I     IV  CUCINAI  A 


96 


ITALIA  ARTISTICA 


Nel  braccio/destro  della  croce  del  tempio  di  S.  Marco  v'è,  fra  l'altre,  l'arca  mar- 
morea  dedicata  id  Andrea  Birago,  alle  spoglie  del  quale  i  figli  unirono  •  quelle  del 
fratello  Antonio.  Sulla  fronte  della  tomba  son  rappresentati  a  bassorilievo  Andrea, 
ai  piedi  della  .   raccomandato  da    S.    Giovanni    Battista    e  nelle  due  nicchie 

laterali  sorgon  due  statuette  forse  anteriori  di  tempo;  due  angioli  son  collocati' al 
sommo.  L'esecuzione  è  rozza,  lo  stile  quasi  ancor  trecentista,  benché  porti  la  data 
avanzata   MCCCCLV  oltre  la  scritta  Cristophorvs  de  Luvoxihus  i-kcit. 


S.    AMBKOr.IO  l'Ali:    IN    AROENTO   1)1    III.II'I'O   MAKIA    VI8C0NTI 


Bi»».inn_»)M  nn,,nnMn\ivM>'niM.M  r,--,-" ~  \y  Ti'ii'  <  \'  n  V  riTYYTrrr.-  ■ 


♦     •  I  ■»  •  M  »  I  \\   1     M   «  !  I   I   1  •  f<   »  I  ■  I    1        l"_.     IVMH'^I      •  1 ! 


■ 


MJCHKLOZZO  :   US    POKTALK    SCOLPITO     MUSEO    ARCHEOLOGICO  I. 


IV. 


//  Rinascimento  —  La  corte  sforze  a  —  L'arie  edilizia:  Bramante,  il  Dolcebono,  Cristoforo  Solari  — 
La  scultura:  I  Mantegazza,  l'Amadeo,  i  Cazzaniga,  Benedetto  Briosco,  il  Fusina,  Caradosso,  il 
Banibaja  —  I  pittori  primitivi  e  i  preleonardeschi  :  Giovanni  da  Milano,  Simone  da  Corbetta  e  i 
miniatori,  Michelino  da  Besoz  tnnino  de'  Grassi  e  i  maestri  minori  —   Il  Foppa,   Butinone  e 

Zenale,  il  <  maestro  della  pala  sforzesca  >.  il    Civerchio,    il  Bramantino,    il    Bergognone    e    i    suoi 
taci,  il  Montorfano  —   Le  arti  min 


Il  rinascimento  artistico  a  Milano  e  in  Lombardia  continuò  la  sua  via  trionfalo 
nel  periodo  dei  successori  di   Francesco  Sforza. 

Galeazzo  Maria,  amante  delle  raffinatezze  e  del  fasto,  impresse  alla  vita  citta- 
dina nuove  idee  e  nuove  tendenze;  il  Verri,  fin  dal  principio  della  storia  di  quella 
signorìa,  osservava  che  il  duca,  desideroso  <  della  pubblica  magnificenza  »,  aveva  co- 
mandato che  si  lastricassero  le  vie  di  Milano,  il  che  non  fa  puocha  graveza,  notava 
il  Cono. 

II  viaggio  del  duca  e  della  duchessa  Bonaa  Firenze  nel  1471  aveva  servito  a  mostrare 
anche  fuor  del  ducato  il  fasto  del  nuovo  signore,  'ili  sposi  eran  seguiti  dai  personaggi 
tardevoli  <  fon  vesti  cariche  d'oro  e  d'argento  ■.  ciascun  d'essi  seguito  da 
iplendidamente  ornati  ■»-,  seguivano  i  funzionari  dì  corte  in  vesti  di  vel- 
luto, quaranta  camerieri  con  collane  d'oro,  gli  staffieri  in  livrea  di  seta  ornata 
cinquanta  corsieri  con  selle  di  drappo  d'oro  e  staffe  dorate,  cento  uomini 
d'arme  <  le  magnificenza  come  se  fosse  capitano  ■■.  cinquecento  sol- 

dati a  piedi,  cento  mule  ornate  di  drappi  d'oro  a  ricami,  cinquanta  paggi,  dodici 
mi,  duemila  altri  «avalli  e  duecento  muli  coperti  di  damasco  pei  cor- 
tigiani; v*  eran  cinqueceni  p  ini  da  caccia,  sparvieri,  falconi,  trombettieri, 
musi'  i,  A  Milano  Galeazzo  Maria  fu  invaso  di  tale  smania  per  la  decora- 
zione delle  £sale  de'  suoi  castelli  da  esigere  che  i  suoi  pittori  lavorassero  giorno 
e  notte  svolgendovi  curio»  rioni  di  carattere  cosi  intimo  e  geniale  che 
avrebbe?  forni  il  »,  d  1  iole,  uno  dei  cicl  -  più  interessati  'li  quel  tempo    I  In   ri- 


QS  ITALIA  ARTISTICA 

trattista   caro   alla  a  rte,   —   che  fin  dai  tempi  di  Bianca  Maria,  che  ne  riconobbe  il 
lare  ingegno,  er;     stato  mandate  in   Fiandra  a  studiare,  —  Zanetto  Bugatto,  era 

in    contin  ide  per  accontentare  le  richieste    del    duca  che  commetteva  a  lui 

e  a  qualche    altro  ritratti  sopra  ritratti,  non  esclusi  quelli  della  belissima  fiola  di  un 
Giovanni    Avogadro,  della  fiotta  de  ser    Prinzivallo  de  Lampugnano    e   di  qualche 

altra   bel]  li    Famiglia  nobile,  forse  per  trovar  loro  marito  fra  i  cortigiani,  ciò 

che  potrebbe  darci  un'idea  di  più  sulla  curiosa  ingerenza  del  principe  negli  affari 
dei  sudditi.  Intanto,  per  incarico  del  duca,  di  privati,  di  monasteri,  sorgevan  palazzi, 
chiese  grandiose  inondate  di  luce  e  adorne  d'ori  e  di  colori,  quasi  reazione  alle 
vecchie  tradizioni  medioevali,  e  gli  scultori  li  andavan  ricoprendo  all'esterno  di 
un'allegra  decorazione  ispirata  alla  flora  e  alla  fauna  più  geniale  e  fantastica, 
mentre  i  pittori  stendevan  all'interno  dei  palazzi  lunghe  file  di  composizioni  con- 
sigliate dal  realismo  invadente,  cacce,  feste,  tornei  e,  nelle  chiese,  santi  o  Madonne, 
nelle  quali  il  dolce  sentimento  della  maternità  aveva  preso  il  posto  della  monotona 
severità  ascetica   del  secolo  precedente. 

La  biblioteca  ducale  era  reputata  la  più  ricca  d'Italia  e  Nicolò  di  Napoli,  pro- 
curatore dei  Carmelitani  presso  la  Corte  di  Roma,  si  dichiarava  più  lieto  d'aver 
veduta   quella  che  il  sepolcro  di  Gerusalemme. 


Il  Muntz  credette  che  il  Filarete  fosse  «  il  principale  apostolo  del  Rinasci- 
mento »  in  Lombardia.  Ma  abbiam  veduto  come  la  parte  che  gli  spetta  nella  co- 
struzione dell'Ospedal  Maggiore  sia  minore  di  quanto  qualcuno  sia  disposto  a  ritenere, 
né  l'influsso  del  Filarete  in  altre  costruzioni,  specialmente  per  la  parte  statica,  fu  tale 
da  giustificare  quella  lode  dello  scrittore  francese:  a  rigor  di  termini  sarebbe  difficile 
rintracciar  un'opera  sola  completa  che  possa  dirsi  prodotto  di  quel  supposto  apostolato. 

Né  l'opera  di  Michelozzo,  che  al  Filarete  sarebbe  succeduto  nell'opera  sua  di 
banditore  dello  stile  nuovo  irradiato  dalla  Toscana,  è  più  sicuramente  indentificata. 

Bigello  Bortinari,  nobile  fiorentino  e  gestore  generale  delle  rendite  del  Ducato 
di  Milano,  forse  più  per  far  cosa  grata  a  Bianca  Maria  moglie  di  Francesco  Sforza 
particolarmente  devota  di  S.  Bietro  Martire,  che  per  devozione  propria,  fece  erigere, 
a  incominciare  del  1462,  una  cappella  nell'area  adiacente  all'abside  della  basilica  di 
S.  Eustorgio  e  che  era  destinata  a  cimitero,  per  custodirvi  decorosamente  il  corpo 
del  santo.  Nel  1468  la  cappella  era  certamente  compiuta,  perchè  si  sa  che,  soprav- 
venuta la   morte  del  Portinari,  egli  vi  fu  sepolto. 

La  cappella,  molto  affine  nelle  forme  architettoniche  e  decorative  alla  cap- 
pella de'  Pazzi  di  Firenze,  ma  qualche  po'  differente  nella  disposizione  planimetrica, 
è  a  pianta  quadrata,  con  una  cella  pure  a  pianta  quadra  per  l'altare:  sui  quattro 
grandi  archi  che  abbracciano  i  lati  del  quadrato  s'imposta,  con  la  disposizione  dei 
pennacchi,  un  tamburo  sorreggente  la  cupola  a  sedici  cordonature  che,  alla  base 
della  cupola,  danno  origine  ad  altrettante  lunette,  delle  quali  otto  provviste  di  fine- 
strelle tonde:  tipo  comune  di  costruzione  religiosa  in  Toscana.  Anche  la  decora- 
zione a  rilievo  dei  pilastri,  del  fregio  policromo  a  cherubini  nella  trabeazione,  dei 
sottarchi  coi   caratteristici    comparti    rettangolari  spezzati  rimessi  in  onore    da    Bru- 


BASILICA    i-i    i.    EU8TOR010  rERNO   DELLA   CAPPELLA    DI    S    PIETRO   MARTIRI 


ìoo  ITALIA  ARTISTICA 

nellesco,  e  che  invano    si  cercherebbero    nelle  costruzioni  lombarde  del  tempo  o  di 
poc<>  posteriori,  hanno  pretto  sapore  toscano  benché  non  sempre  purissimo. 

Il  nome  dell'architetto  non  è  ben  sicuro.  Per   tradizione  si  fa  quello  di    Miche- 


INTHRNO   DM.LA    CAIM'I  i.LA    IH    s     PIETRO    MARTIRI    CON    LA   TOMBA   OBI    SANTO. 


lozzo  Michelozzi  poi  fatto  elio,  in  quegli  anni,  egli  era  a  Milano  per  deco- 
rarvi, comi1  riferisce  il  Filarete  nel  suo  Trattato  d'architettura,  la  casa  che  era 
sede  dol  Banco  dei  Medici  in  via  dei  Bossi  e  le  spese  di  ricostruzione  n'eran  pre- 
cisamente  stite  sostenuto  da]   Portinari  nella  sua  qualità  di  rappresentante  della  casa 


M  I  L  A  X  O 


101 


dei  Medici  in  Milano;  il  Vasari  assicura  che  relegante  cappella  di  S.  Pietro  Mar- 
tire fu  edificata  colla  direzione  di  Michelozzo.  Ma  il  Filarete  —  che  poteva  dare  la 
più  attendibile  assicurazione  —  non  fa  cenno  di  Michelozzo  descrivendo  la  costru- 
zione fatta  a  spese  del  Portinari.  Inoltre  la  cronaca  del  domenicano  Gaspare  Bugatti 
(152  1-1588),  che  ricorda  tutti  gli  avvenimenti  del  luogo  su  documenti  del  convento, 
se  conferma  la  data  della  costruzione  e  il  nome  del  committente  della  cappella  e 
osserva  che  il  pittore  fu  Vincenzo  Vecchio,  il  Foppa,  non  ricorda  affatto  l'architetto 
Né  le  mie  ricerche  dieder  miglior  risultato. 

Il  Beltrami  credette  di  non  riconoscere  sicuramente  l'opera  di  Michelozzo  nella 
cappella  Portinari,  pur  trovandovi  spiccatamente  alcune  forme  architettoniche  del 
rinascimento  toscano,    pel    fatto    della    presenza,    nel  grazioso  edificio,    della    forma 


OIKO   D'ANOIOLl    SILI  \    (AI-IELLA    PORTINARI 


medioevale  delle  bifore  a  sesto  acuto  per  quanto  aggraziata  dalla  disposi/ione  di 
colonnine  a  candelabro:  ciò  che  lascia  supporre  che  il  concetto  fondamentale  della 
cappella  :  la  risultante  di   una  combinazione    fra  le  nuove  torme  impor- 

rla  un   artista  toscano  e   le   forme   tradizionali   lombarde, 

Tuttavia  a  chi  osservi  nell'insieme  e  nei  particolari    la  cappella  e  specialmente 
la  sua  decorazione    che  deve    rappresentare  l'ultima  parte  applicatavi   e  che  quindi 
l'edificio  fosse  stato  iniziato  da  Michelozzo    e  finito  da  un  lombardo      -    do- 
vrebbe aver  carattere  precisamente  lombardo,  vien  più  naturale,  a  mio  modo  di  ve- 
ritenere  la  cappella  'piale  una  costruzione    creata   di   getto  da    un    architetto 
mo   e    preferibilmente   da   Michelozzo,  il  quale,  con    fine   senso  d'arte,  avrebbe 
to  di  accordare  in  qualche  modo    l'architettura    nuova  del    piccolo  edificio  con 
l'architettura  medi  .-.ale  dei  lunghi  fianchi  della  vicina  chiesa  di  S.  Eustorgio,  adot- 
tando largami  riale  di  1  ostruzione,  il  laterizio  e  Fai  endo  una  piccola  con- 
[otte  ai  gusti  della  regione  nell'adottare  la  finestra  a  sesto  acuto,  nella  quale  però 


102 


MALIA    ARTISTICA 


sono  una  eleganza  e  una  linea  esile  e  slanciata  che  invano  si  cercherebbero  in  altri 
edifici  milanesi,  come  l'Ospedal  Maggiore  in  cui.  come  vedemmo,  si  tratta  non  di 
fusione,  ma  di  sostituzione  di  due  stili,  é  dove  le  finestre  ogivali  larghe  e  un 
po'  tozze,   i  '  ssiva  decorazione  in  cotto  non  ambiscono  a  sposarsi  con  le  linee 

sottostanti  ideate  dall'architetto  toscano. 

S  amina    poi  la  decorazione    all'interno    della  cappella    vien  fatto  di    per- 

rsi    che    un    artista   toscano    l' ha  ideata    e  in  gran    parte  eseguita.    Le    forme 

grassoccie    dei    putti    ad 
~-^^mm^^^^^^^^^^^^B^mr  alto    rilievo    son   trattate 

r'  i    ,■-  alla  brava,  con  vero   ca- 

rattere decorativo,  e  ri- 
cordali da  vicino  quelle 
che  si  notano  in  altre 
opere  sicure  di  Miche- 
lozzo,  quali  la  cappella 
Aledici  a  S.  Croce  a  Fi- 
renze e  il  monumento 
Aragazzi  a  Montepulcia- 
no :  in  queste  come  nella 
cappella  Portinari  i  putti 
son  grassi,  quasi  gonfia- 
ti, presentano  gli  occhi 
sbarrati  e  vuoti,  i  capelli 
a  ciocche,  e  son  atteg- 
giati in  pose  vivaci  e  ar- 
dite ;  i  festoni  di  frutta, 
le  palle  vegetali,  le  tar- 
ghe a  testa  di  cavallo 
pesanti  e  poco  allungate, 
i  capitelli  dai  grossolani 
caulicoli  (identici  nell'  in- 
terno come  nell'esterno  della  cappella  Portinari  a  provare  l'ugual  esecutore)  ritornano 
nelle  opere  toscane  del  maestro  e  in  quella  di  Milano,  nella  quale,  ripeto,  ad  allon- 
tanare il  sospetto  dell'intervento  di  artisti  lombardi  —  o  almeno  di  un'idea  creatrice 
Lombarda  —  basterebbero  i  fregi  policromi  a  cherubini,  i  comparti  nei  sottarchi,  le 
profilature  tutte  che  rivelano  l'allievo  di  Brunellesco  attaccato,  un  po'  rigidamente, 
ai  precetti  ilei  maestro.  Anche  il  confronto  fra  i  particolari  decorativi  degli  archi 
e  specialmente  dei  sottarchi  del  palazzo  rettorale  di  Ragusa  (che  lo  Schmarsow 
attribuì  a  Michelozzo)  e  questi  della  cappella  Portinari  conforta  l'attribuzione  al 
maestro  toscano.  A  un  artista  lombardo  si  devono  invece  le  figure  laterali  della 
a  del  Banco  dei  Medici  che  ricordano  il  Raverti  nelle  pieghe  e  negli  atteg- 
giamenti un  po'  duri  — ,  ma  il  motivo  superiore  dei  putti  coi  festoni  che  a  quelle 
figure  sovrastano  deve  far  parte  del  concetto  originale  attribuito  al  Michelozzo 
come  provano  la  stessa  qualità  del  materiale  usato  per  la  parte  architettonica,  quale 
e  possibile  constatare  esaminando  da  vicino,  e  la  presenza  degli  identici  putti  della 
cappella  1'.  >rtinari  reggenti  i  grandi  cesti  piramidali  di  frutta. 


UNA   DELLE  FIGI  HI     A    FBESCO   1)1    BRAMANTE     H.    l'INACOTECA  DI   BKEKA). 


PORTA    DELL  ANTICO   BANCO    MEDICEO    ATTRIBUITA    \    MICHELOZZO  (MU8EO    IRCHEOLOOICO). 

i.i    -.'-ii    QUATTRO  OBARDI  riOVBI    iaiikAii     II .ti    Di    mii.ia   LOMBARDO 


ESTERNO    DELLA    CHIESA    DI    S-    SATIRO. 


(l'"ot.  Almari.i. 


iAOKI  STIA    M    S     sAIIKD. 


(Fot.   Il 


ioó 


ITALIA   ARI  ISTII  A 


Xel  giro  d'angioli  in  torri  cotta  dipinta  che.  reggendo  grosse  palle  vegetali, 
ornano  in  leggiadrissima  ghirlanda  il  tamburo  della  cupola  nella  cappella  Portinari 
qualche  studioso  è  disposto  a  vedere  l'operò  di  artista  lombardo,  per  l'affinità  enn 
altre  sculture  di  Pavia  e  specialmente  dei -chiostri  della  Certosa.  Convien  notare  però 
eh"    in   nessuna  di  queste  sculture    pavesi,   nelle  quali  il  carattere   decorativo    e  una 


S      MANIA    II  1.1. 1      1,1    \/ll  II.    POS  I  Al  I   . 


certa  rigidità  delle  figure  eseguite  su  gli  stampi  non  mancan  mai,  vicn  fatto  di 
notare  tanta  nobiltà  e  scioltezza  di  atteggiamenti,  dolcissimi  e  pur  varii  por  ogni 
figura,  ••  tanta  nobiltà  di  panneggiamenti,  (pianto  quelle  che  si  osservano  in  questi  an- 
gioli della  cappella  che  ad  ogni  modo  potrebber  esser  stati  posti  dopo  qualche  tempo 
dalla  costruzione  della  cappella  stessa,  dove  infatti  la  loggetta  che  fa  loro  da  sfondo 
poco  omogeneo  co'  suoi  contrasti  di  luci  e  d'ombre  profonde  parrebbe  lasciar  dubitare 
■  he   non   fosser  nel   progetto  primitivo  del  costruttore.  D'altra  parte,  a  ritenere   che 


\<\\   Di  i  i.i    ORAZII  l'Mni     ABSIDAI  I 


io8  ITALIA  ARTISTICA 

se  queste  leggiadre  figure  d'angioli  appartengono  a  un  maestro  lombardo  vi  sian 
state  poste  ben  più  tardi  della  costruzione  della  cappella,  sta  la  considerazione  che 
nel  1462-  146S  nessuno  degli  scultori  che  lavoravano  a  Milano  era  in  grado  di  ese- 
guire opera  di  tanto  valore. 

* 

Br  Mante.  «.  il  più  grande  inventore  di  nuove  idee  architettoniche  che  dai  tempi 
antichi  fosse  apparso  »,  il  riformatore   dell'architettura  in  Lombardia    e,    sotto  certi 

ti,  in  Roma  più  tardi,  venne  a  stabilirsi  a  Milano  intorno  al  1474  al  tempo  di 
Galea//o   Maria.  Ma  già  prima  di  lui  un  architetto  lombardo,  l'Amadeo,  aveva  dato 

pi  di  costruzioni  in  istile  della  Rinascenza,  benché  moti  pure  di  quelle  dell'ar- 
tista urbinate.  La  cappella  Colleoni  a  Bergamo,  da  lui  costrutta  e  decorata,  e  che 
ripi  te  la  disposizione  planimetrica  e  alcune  linee  generali  della  cappella  Portinari, 
nel  1475  era  già  quasi  per  intero  innalzata,  così  che  poteva  accogliere  le  spoglie  del 
grande  condottiero  delle  milizie  venete,  come  prova  una  lettera  del  10  dicembre 
1475  che  mi  fu  dato  rintracciare  e  "che,  confermando  l'attribuzione  all'Amadeo  di 
quel  gioiello  d'arte  decorativa,  assicura  ch'egli  in  quell'epoca  era  ancor  creditore  di 
una  forte  somma  per  quel  lavoro:  nel  1477  si  provvedeva  a  farvi  de  piombo  ci  co- 
primario.  Xell'ideare  le  porte  dei  bracci  trasversali  della  chiesa  della  Certosa  pa- 
vese, luna  alla  sagrestia  vecchia,  l'altra  al  lavabo,  l'Amadeo  s'era  ispirato  alla  porta 
settentrionale  del  Duomo  di  Milano,  con  la  sua  incorniciatura  a  strombo  e  l'arco  or- 
nato: dall' Amadeo  quindi  i  Rodari  tolser  l'idea  delle  porte  del  Duomo  di  Como, 
specialmente  di  quella  della  Rana,  nella  quale  si  volle  veder  l'intervento  di  Bramante. 
Bramante  iniziò  la  sua  carriera  artistica  con  la  pittura:  ce  ne  assicurano  le  te- 
stimonianze del  Cesariano,  del  Caporali,  del  Lomaz/.o.  L'opera  sua  di  pittore  che 
sola  rimane  e  che  con  maggior  sicurezza  gli  si  può  attribuire  —  qualche  altra  gli 
vien  data  per  confronti  con  quella  —  è  la  serie  di  affreschi  di  casa  Panigarola,  ora 
a  Brera,  pei  quali  numerose  attestazioni,  dal  cinquecento  in  poi,  fanno  il  nome  di 
Bramante:  son  le  figure  d'Eraclito  e  Democrito,  di  sei  uomini  [d'arme,  e  d'un 
cantori',  belle,  vigorose,  floride  e  che  avvicinano  il  maestro  urbinate  a  Melozzo  da 
Forlì;  queste  «  figure  monumentali  di  Bramante»,  come  osservò  il  Frizzoni,  «vanno 
considerate  come  un  anello  di  legame  fra  la  nobile  arte  dell'Italia  centrale,  qual'è 
rappresentata  da  un  Melozzo  da  T'orli,  e  quella  che  veniva  svolgendosi  in  Lom- 
bardia ». 

(ili  studi  del  barone  di  (ìcymuller  han  valso  a  gettare  molta  luce  sull'attività 
di  Bramante  architetti»,  e  a  limitare  un'influenza  che  da  quattro  secoli  si  fondava 
sull'equivoco  della  denominazione  di  bramantesco  indistintamente  assegnata  alle  opere 
dell'edilizia  lombarda  del  Rinascimento  :  ma  i  risultati  non  posson  dirsi  ancora  esau- 
rienti finché  nuovi  contributi  di  ricerche  storiche  e  critiche  non  sian  portati  all'ar- 
gomento. 

Nel  [476  s'era  innalzata  la  chiesa  di  S.  Satiro  a  Milano  per  opera  — secondo 
il    De    Pi  g  di    Bramante,   il  nome  del    (piale    infatti  ricorre  in  una  lettera  del 

17  dicembre  1498  di  Francesco  Corio  segretario  ducale  diretta  al  collega  Barto- 
lomeo Calco  ch'ebbi  occasione  di  rintracciare  relativa  a  quei  lavori  e  più  preci- 
samente   ,1    una    cappella    di    S.    Teodoro,    in    quella    chiesa,    che    non  si  saprebbe 


I  [O 


ITALIA    ARTISTICA 


indie;-  [uali  l'ar  dovette  sfruttare  ciò  che  si  poteva  dell'antica  basilica, 

i    d'altronde    poto  r    dare    un'espansione    maggiore    alla   nuova   chiesa  pel  fatto 
da    vie  e  case    nel   cuor  della  città.    Anche    nello   sviluppo    ch'Ile 
navate  egli  Lte  -  a  vincoli   d'altezza:  la  chiesa    è    tuttora  collegata    al- 

l'ami 'a  Pietà  o  della  Deposizione  attribuita  all'arcivescovo  An- 

I  .  rie»  rrenza  dei  capitelli  nelle  colonne  reggenti  la  cupola  della  cappella  e 
dei  capitelli  nelle  colonne  minori  su  cui  si  impostano  le  piccole  arcate  ha  ser- 
vito a  determinare   la  ricorrenza    pei  corrispondenti    capitemi  e  per    le  cornici    nelle 


tiÈÉM 


CORTILI    DEI    CONVENTO   DI    S.    IMBROOIO   (ORA   OSPEDALE   MILITARE). 


arcate  delle  navate  minori  della  costruzione  bramantesca:  ciò  che  spiegala  propor- 
e    bassa    e    ristretta    di    tali    navate,  come   osserva    Luca  Bel  trami    richiamando 
■i/i one  su  un  disegno  antico  del  Louvre  quale  un   progetto  del     Bramante    per 
la   iarci.it. i  di  S.  Maria  di  S.  Satiro;  e  il   Beltrami,   sull'esame  del  monumento  e  di 
rici,  venne  nella  conclusione  che  la  cappella  di  S.  Teodoro,  che  poi  mutò 
nome,  altro  non  debba  essere  che  il   braccio  di  croce  di   destra  della  chiesa.  In  con- 
clusione, quando  nel    1479   venne    deciso  il  rinnovamento  dell'intero  tempio    che  per 
le   caratteristiche  architettoniche  e  per  tradizione  vieti  attribuito  a  Bramante,  questi 
avrebbe  costrutte  le  tre  navate  col  simulato  sfondo  prospettivo  del  coro  —  che  è,  da 
solo,   la    trovata  ili  un  g<  nialissimo  maestro    —    e  la  navata    trasversale    di    sinistra 
re  la  parte  nuova  con  l'antica,  cioè  la  cappella  della  Pietà  e  il  campanile. 
Più   tardi,  nel    1  f.98,  si  accinse  a  completare  la  navata  trasversale  mediante  il  braccio 


i  i  2  ITALIA  ARTISTICA 

di  croce  di  destra  che    iveva  ad  essere  la  cappella    di  S.    Teodoro,  condotta    a  ter- 
mino solo  dal    [511    al    1514  con  altro  nome. 

La  fronte  verso  via  Torino  fu  eseguita  oltre  30  anni  fa  con  poco  discernimento 
delle  carati  te  dell'edificio  e  dell'architettura  locale  della   Rinascenza. 

Nel  grandioso  coro  in  finta  prospettiva  con  ampia  vòlta  a  botte  v' è  già  in 
embrione  l'idea  che  Bramante  sviluppò  più  tardi  pel  S.Pietro  a  Roma  e  nella  pro- 

tà  data  alla  prospettiva  stessa  l'esempio  più  antico,  se  non  di  costruzione  esat- 
tamente  1  croce  greca  in  Lombardia,  almeno  un  tentativo  per  avvicinarvisi  :  le 
finte  campate  del  coro  sono  infatti  tre  sole,  mentre  le  effettive  son  quattro,  tenuto 
pur  che   la  quinta  fa  parte  dei  bracci  del  transetto. 

La  sagrestia  ottagonale  con  cupola  e  lanternino  è  così  vivace,  così  elegante  nei 
molti  particolari  decorativi  che  corrono  lungo  i  pilastri  angolari,  fasciano  i  fregi 
delle  trabeazioni  all'ingiro,  invadono  basi  e  capitelli  senza  che  ninno  spazio  sia  libero 
dalla  ornamentazione,  che  il  piccolo  luogo  —  in  cui  l'intervento  di  ippocampi,  di 
sfingi,  di  uccelli,  di  bucrani,  di  putti  nudi,  di  teste  di  tipo  classico,  di  chimere,  di 
are  da  sacrificio  mette  una  nota  profana  —  appar  quasi  come  un  gentilissimo 
grande  cofano,  opera  piuttosto  di  orafo  che  di  architetto. 

Un'altra  opera  per  la  (piale  l'intervento  di  Bramante  è  ammesso  dal  Geymùller 
è  la  cupola  e  la  parte  absidale  della  chiesa  di  Santa  Maria  delle  Grazie,  ma  nessun 
documento  comprova  con  sicurezza  quell'intervento.  E  dunque  solamente  per  ragion 
di  confronti  che  si  può  cercar  di  risolvere  il  bel  problema  della  paternità  artistica 
di  (pici  monumento  che  così  vasta  influenza  ebbe  sull'architettura  lombarda  della 
prima  metà  del  XVI  secolo. 

Il  lavoro  appartiene  al  1492  circa;  v'è  chi  osserva  che  nella  compagine  di 
quella  parte,  dell'edificio  è  un'incertezza  di  stile,  un'ornamentazione  trita  e  in  qualche 
parte  irrazionale  e  contraria  alla  maniera  di  Bramante,  così  da  lasciar  credere 
che  si  debba,  piuttosto  che  a  lui,  a  diversi  architetti  che  si  sarebber  succeduti 
senza  unità  di  concetto  statico  e  decorativo  (il  tetto  della  parte  rettangolare  del 
coro  copre  le  finestre  binate  circondanti,  all'esterno,  la  cupola,  e  mentre  l'abside  è 
divisa  in  cinque  regolari  scomparti  le  laterali  sono  in  sette;  la  parte  poligonale 
della  cupola  oltrepassa  in  larghezza  quella  del  quadrato  sottostante,  così  che  una 
parte  di  esso  poggia  in  falso  talché  fin  dal  1598  tutta  la  cupola  minacciava  rovina); 
ma  il  <  reymùller,  basandosi  sulle  correzioni  eh'  egli  vorrebbe  aggiunte  da  Bramante 
stesso  sul  disegno  conservato  dall'Accademia  d'Urbino,  spiega  la  cosa  con  un'assenza 
momentanea  di  Bramante  chiamato  in  Roma  per  la  costruzione  del  palazzo  della 
Cancelleria;  ma  gli  acuti  studi  del  Gnoli  farebber  credere  di  artista  toscano,  non 
dell'urbinate,  quest'ultimo  edificio;  e  recentissimi  scritti  hanno  rinfocolata  la  elegante 
questione. 

Il  Geymiìller  vede    già  nel  progetto    della    lanterna  a  coronamento   dell'edificio 
Grazie  il   profilo  del  tempietto  di  San    Pietro  in   Molitorio    a  Roma    e    il    con- 
cetto generale  della  lanterna  della  basilica   di   S.   Pietro:  nel  che  Bramante  si  pale- 
lle  temperamento  di  pittore,  desideroso  di   novità  ardite. 

ittavia  anche  oggi  giustificato  l'entusiasmo  del  Pasquior  le  Moine  che,  vi- 
sitando Milano  al  seguito  di  Francesco  I  nel  1515,  disse  la  chiesa  di  S.  Maria  delle 
Grazie  la  più  bella  della  città. 


MILANO 


113 


La  riproduzione  aiuta  meglio  di  una  lunga  descrizione  a  dare  idea,  per  chi 
non  conosce  questo  ricchissimo  monumento,  dell'irregolare  ma  pittoresco  partito  ar- 
chitettonico messo  in  opera;  aggiungeremo  che  all'interno  quattro  immensi  arconi, 
sorretti  da  poderosi  pilastri,  reggono  il  tamburo  su  cui  s'innalza  la  grandiosa  volta 
della  cupola,  che  a  Milano  dovette  rappresentare  allora  una  novità  sorprendente. 

Anche  il    portale  —    due  colonne  e    due  lesene  riccamente  ornate  sorreggenti. 


COUTIL!     l'I  I  /.A    I  in  .  in  I  I  A. 


un  architrave,  un  baldacchino  semicircolare  .1  volta  e  il  chiostrino  ele- 
ganti -  li  colonne  e  diligenti  profilature  e  la  bella  sagrestia 
rettangolare  illuminata  d  chi,  nelle  belle  profilature,  nella  genialità 
d>-lla   distribuzione    delle    \.iri<-  pLrti,  nella  decorazione    parca  e  severa  autorizzano 

nante,  benché    nessun    documento    sicuro   la   confermi, 
Anzi  in  una  lettera  del  penult  ,  1  ,7  che  il  Duca  indirizzava  .il  s< 

de    bavere    tutti  li  piò  periti  se  tr 
ire  el  fare  un  modello  per  la  fazada  de  S.  Maria  de 
a   ricordo,   .VI  ■  »gni  modi  1  alla   nu< iva 


i  14 


ITALIA  ARTISTICA 


ciata  si  pose  mano  in  quell'epoca  e  il  fatto  di  non  esserne  rimasta  che  la  porta  si 
può  spiegare  con  la  raduta  della  signoria  del  Moro. 

Le  notizie  son  più  sicure  por  quanto  riguarda  l'intervento  del  maestro  dalle 
risorse  geniali^sime  a  prò  della  fabbrica  della  canonica  di  S.  Ambrogio. 

Sembra  che  nel  1492  Lodovico  il  Moro  gli  avesse  affidato  il  compito  di  ri- 
cominciare  il   lavoro  da  capo  troncando  ogni  discussione  su  quella  fabbrica.  11  libro 

"liti  di  (niella   fabbrica  ricordato   dal  Casati  così  ne  faceva    menzione:   «     1492. 


'ALAZ/O    ARCIVE9COVILE    -    IL   CORTILI: 


(Fot.    lìro^h. 


Nota  e<>me  die  19  septembrio  cìieì  illustrissimo  signore  Ludovico  elici  vene  qui  in 
Canonica  et  ordini)  in  presentici  del  (^ajntolo  che  magistro  Bramante  designasse  et 
inginiasse  questa  Canonica  conio  li  pareva  luy  e  luy  fece  lo  dessegno  >.  Ma  i  lavori 
non  furono  por  questo  solleciti,  benché  Bramante  si  facesse  sostituire  da  maestro 
Giacomo  da  Solaro  e  maestro  Cristoforo  Negri  compagni  nella  Canonica  di  Saneto 
Ambrosio  Trovo  infatti  che  diversi  anni  dopo,  nel  1497,1111  ingegnere  ducale  faceva 
rilievi  e  stima  della  Canonica  di  Santo  .Ambrosio  per  maestro  Bramante  occupato 
in  altri  lavori,  così  che  il  Duca  doveva  scrivere  a  Marchesino  Stanga  sollecitandolo 
che  se  forniscila  e!  portico  di  S.   .Ambrogio  al  quale  sono   deputati  li  200  ducati.  In 


MILANO 


quel  tempo  Bramante  aveva  preparato  un  nuovo  modello,  in  legno,  compensato 
con  73  lire.  Nonostante  le  sollecitazioni  ducali  l'edificio  non  ebbe  mai  termine  e 
quando,  nel  1499.  Bramante  lasciò  Milano  per  sempre  non  era  costrutto  che  un  solo 
dei  quattro  lati,  tuttora  incompleto.  Monco  e  grezzo,  nelle  pareti,  qual'  è,  quel 
lato  del  chiostro  è  tuttavia  uno  degli  edifici  più  suggestivi  della  città  per  la  ele- 
ganza di  proporzioni  delicate  e  sapienti,  pel  movimento  delle  profilature,  per  la 
policromia  dei  marmi  e  la  bizzarra  e  piacente  novità  delle  colonne  d'angolo  e 
fiancheggianti  la  parte  cen- 
trale sagomate  a  rao'  di  albe-i 
con  numerose  protuberanze 
lungo  il  fusto. 

Dello  stesso  monastero  di 
S.  Ambrogio  fondato  dal  car- 
dinale Ascanio  Sforza  nel  1498. 
oggi  Ospedale  Militare,  il  Bra- 
mante avrebbe  dato  il  disegno: 
e  il  Geymuller  gli  attribuì  la 
pianta  dei  due  chiostri  vera- 
mente agili  ed  eleganti  nei  loro 
giri  d'arcate. 

Ma  gli  antichi  disegni    di 
qur-i  locali  che  rintracciai  presso 
l'Archivio  di  Stato  e  che  sem- 
brano i  progetti  pf-r  le  costru- 
zioni   circostanti    alla    basilica, 
se  hanno  l'eleganza  e  il  tratto 
delicato    del    periodo  braman- 
tuttavia,  pei  caratteri  del 
io    e  dello   scritto  espli- 
cativo chi      1  impaglia,  la- 
sciano adito  al  dubbio   ch< 
tratti  di  opera  qualche  po'  po- 
alla  partenz  t  di   ani- 
mante per  Roma:  forse  si  ap- 

che 
vide  in  quella  par 

l'intervento  del  timido  lei   Dolcebuono,    un  continuatore    della 

era  di  Bram  locumenti  pubblicati  dal  Casati  assicurano  che 

nei   1498  due  capomastri,  Bertolino   Daroca  e  Paolino  Cenderaro  magistri  de  muro, 

-mire  i  lavori  dell'abazia      -   abbattimento    di    edifici  vecchi  e 

ne  dei  nuovi  quattro    chiostri    a    collaudo   di    .1/./ 

U  ducale  in  ir  dunque  difficile  che  cosi  grandiosi  lavori  di 

.pimi  pr  1  partenza  dell'ari  hit»  tto  per  Roma, 

,  ro  a  lungo  comi  le  sembran  compro;  are  1 

le  misuri  nte  ai 


CASA   POZZOBOM1  i  LI         U>  '  ORTII  i 


ITALIA   ARTISTICA 


piani  son  evidentemente  posteriori  a  quelli  posti  dallo  stesso  disegnatore:  ciò  che  è 
prova  di  un  successivo  sfruttamento  dei  disegni  stessi  conservati  dai  monaci.  Forse 
•ò  info  rno    dia  Fabbrica  quell'ingegnere   Ambrogio    d'Alzato    che    ■ —    a    quanto 
trovo  ne)  del    luogo    —    era    chiamato  dal   convento  nel   1568  per  misurare 

certe  fabbriche. 


1   \s  \    FONTANA,   ORA   sii  \  ]  srid. 


(Fot.    A 1  in  ari;. 


Altri  edifici  milanesi  vennero  attribuiti  al  grande  architetto  urbinate  perchè 
ne  conservar)  qualche  cosa  della  sapiente  eleganza  costruttiva.  Ma  nulla  autorizza 
quelle  attribuzioni  e  qualche  volta  anzi  esigenze  di  dato  vi  si  oppongono.  Così  i 
due  chiostri  di  S.  Pietre»  in  Gessate  furon  costrutti  sotto  il  terzo  regime  abbaziale 
di  padre  Ilario  Lanterio  (  1  506* 151 1),  cioè  diversi  anni  dopo  la  partenza  di  Bramante 
da  Milano;  cosi  il  lato  esterno  e  il  primo  chiostro  di  Santa  Radegonda,  oggi  tra- 
sformato,  son   piuttosto  dovuti  a    Lazzaro   Palazzi,    altro    scolaro  di    Bramante,  come 

izza  .1  credere  una  lapide  col  suo  nome  rintracciatavi  ;  così  nel  Castello  di  porta 


MILANO  117 

Giovia  la  ponticella  di  Lodovico  il  Moro  che,  staccandosi  dall'estremità  del  lato 
nord-est  del  quadrato  sforzesco,  attraversa  il  fossato,  attribuita  al  nostro  architetto 
dal  Geymùller  sull'assicurazione  del  Cesariano,  è  difficilmente  quale  fu  ideata  da 
principio,  causa  le  sopravvenute  trasformazioni.  Quanto  alle  costruzioni  indicate  dal 
Carotti,  —  la  casa  dei  Pozzobonelli  in  via  dei  Piatti  n.  4.  oggi  Minoia,  dal  leggiadro 
ma  non  purissimo  cortile,  il  cortile  dell'Arcivescovado  che  sorge  verso  piazza  Fon- 
tana, recentemente  ridonato  alla  sua  primitiva  eleganza  coi  due  lati  di  portico,  il 
cortile  della  Rocchetta   nel    porticato  settentrionale   dalle   colonne   tozze  a  leggiadri 


PALAZ/0    DAI.    VI  KMI  II     e  UMILI  . 


capitelli,  il  cortile  del  palazzo  del  Broletto,  oggi  sede  dell'Intendenza  «li  Finanza,  ben 

ino  dall'esilità  di  forme  propria  del  maestro,    il   tratto  di   j>< >rt i<< •    settentrionale 

nel  gran  cortile  dell'O  ''  r  il  convento  delle   Benedettine 

invia  Lentasio  in  cui  la  colonna  d'angolo  del  portù  ito,  dal  fusto  a  bugne,  richiama 

irria   bra  >nti   Fiorani  in  via  G.   Verdi  n,   ■-]         nessun 

itorizza  l'attribuzione  sicura  che  quello    scrittore  accoglie 

l  della  corte  della   casa  Si!  dei    chiostri  di  S.m  Sim 

litro  edificio  0  |>tn<-  di  edifii  io  1  he  si  ascrivono,  con  poco  fonda 

mento,  a  1  perchè  ttraente  dell'arte  sua  tutta 

armonia  -  a  che  un  dil  con  le  sole  pochissime  opere 

tarde  veramente  prodotto  del  nsiglia  j »iut t« >^t < .  attribuire  ai  numerosi 


I  !  8 


ITALIA   ARTISTICA 


conti::  latori  della  sua  maniera.  Alla  serie  dei  ricordati  edifici  nei  quali  già  il  Pagave 
e  il  Casati  avevao  voluto  vedere  altrettante  op->re  dell'architetto  urbinate,  aggiun- 
geremo il  cortile  di  casa  Dal  Verme,  in  Foro  Bonaparte,  in  cui  l'uniformità  delle 
si  rraglie  d'arco  —  contrariamente  a  quanto  si  verifica  negli  edifici  bramanteschi  e 
precipuanvute  nella  canonica  di  S.  Ambrogio  —  e  certa  esuberanza  di  forme  allon- 
tanano il  sospetto  dell'intervento  del  caposcuola;  il  leggiadro  cortile  con  decorazioni 


I     \^  \     IN     \  I  \     I(IKINL)     H.    15 


CORTILBTTO    A   TRB   PIANI,   CON    DECORAZIONI    IN    TI.KKAcOTTA. 


in  terra  cotta  in  via  Torino  n.  12  — bello  esempi)  di  costruzione  civile  del  periodo 
sforzesco  — .  la  casa  dei  Castani  in  piazza  S.  Sepolcro  dalla  severa  ed  elegante 
porta  e  dal  bel  cortile  a  doppio  loggiato,  affine,  nei  caratteri  prevalenti,  a  quello 
del  Dal  Verme,  il  chiostro  di  S.  Antonio  dove  il  fregio  in  cotto  di  grifoni  sopra 
il    log  richiama    quello    dell'interno    di    S.   Satiro,    il    cortile    dell'Ospedale    di 

S.    Fi  -    Kustorgio    e    qualche    minor    edificio  nel  suburbio;    in    tutti    il    buon 

esempio  del  caposcuola  hi  lasciato,  per  opera  dei  continuatori,  tracce  leggiadre  di 
un'arte    che    domandò,     più     che    alla     sovrabbondanza     della    decorazione,    attrattive 


♦ 


MILANO 


119 


particolari  al  ritmo  e  ai  contrasti  di  effetti,  e,  per  dirla  col  Vasari,  alla  bellezza 
delle  modanature  delle  cornici,  alla  grazia  dei  capitelli,  alle  basi,  alle  mensole,  ai 
cantoni,  alle  vòlte,  alle  scale. 

Le    opere    di  Bramante    a  Milano,  ad    Abbiategrasso,  a   Pavia,    a  Vigevano,  a 
Como  provano  uno  spirito  di  assimilazione  degli  elementi  locali  precedenti  fuso  con 


i.ASA    Iti  I    1    4>I  <  NI  II.    Voli  1  Ali 


genialità  innata  che    valse  a  creare   opere  nuove   e,  in  Lombardia,  una  scuola 
delle  più  fortunate  e  che  vani  liti  come  Giovanni  Dolcebuono,  Giovanni  Bat- 

Bartolom  Li  detto  il   Bramantino     -  del  quale  l'Am 

brotiana    conferva    l'interessante   albo   di  delle  rovine  'li   Roma        e,  con 

influsso  1.  Bramante,  Giov.  Anioni'.  Amadeo,   Cristoforo  Solari,    [om« 

maso  Rodari,  Cristoforo  Etocchi,  L.-t//.ir<>  Palazzi,  Vincenzo  dell'Orto  e  qualche 


I  20 


ITALIA  ARTISTICA 


Le  opere  1  >r  >  difettano  della  chiarezza  di  concetti  e  dell'eleganza  sapiente  e 
castigatissima  di  Bramante  che  creava  capolavori  con  la  geniale  combinazione  di 
linee  e,  come  pel  S.  Satiro,  con  mezzi  ristretti,   fra  vincoli  quasi  insormontabili. 

Al   Bramantino  da  qualcuno,  a   Francesco  da  Briosco  dal  Mongeri,  si  attribuisce 

l'edicola  trivulziana  che  fa  da  fronte  alla  chiesa  di  S.  Nazaro  a  Milano.    Fu   erotta  noi 

[518  con  ra  l'iscrizione  sul  frogio  della  porta  e  poiché  dagli  Annali  del  Duomo 

^;  sa  che  appunto  un  anno  prima  il  Briosco  aveva  ottenuto  dai   fabbricieri  del  Duomo, 

lì   era  a  stipendio,  di  recarsi  a  lavorare  nella  chiosa  di  S.  Nazaro  a  richiesta 


CASA  l'I  1   <  ASTANI  IL   c.OKTILi:. 


del  maresciallo  Gian  Giacomo  Trivulzio  —  insieme  a  uno  stuolo  di  scalpellini  — 
pare  indubitato  che  l'attribuzione  del  Morigeri  sia  la  giusta.  Il  Burckhardt,  per  con- 
fronto delle  linee  semplici  e  un  po'  povere  di  questo  edificio  con  quelle  della  casa 
già    Landriani  in  via    Borgonuovo  —  che  a  sua  volta  ha  qualche  rapporto  col  chiostro 

•  li  S  Maria  presso  S.  Celso  erotto  su  disegno  «li  Cristoforo  Solari  —,  attribuisce  a 
quest'ultimo  la  stessa  cappella    Trivulzio.   Ma  il  fatto  che  nel    1504,  tanti  anni  prima 

•  li  questa    costruzione,    il    Solari    lavorava  pel  Trivulzio    —    non  si   sa  bene  in  che 

di  fronte  alla  notizia  ricordata  dagli  Annali  del  Duomo  non  è  sufficiente 
por  diminuire  l'attendibilità  dell'attribuzione  al  Briosco  (che  non  va  confuso  con 
Bened  :    cappella  in    questione.    La  quale  si  eleva  sopra  una  base 

quadrata   a  due  piani,  s  trretta  per  ciascun  piano  da  un  tetrastilo  di  pilastri  innestati 


♦ 


MILANO 


121 


nella  parete.  L'interno  è  ottagonale,  spoglio  d'ornamenti  e  sol  provvisto  degli  avelli 
dei  vari  membri  della  famiglia  Trivulzio  entro  grandi  archi  a  fondo  cieco  ;  su  gli 
avelli  son  stese  le  figure  dei  tumulati  dovute  forse  a  Bartolomeo  della  Porta  e 
agli  scultori  che  lo  aiutarono,  di  che  fan  cenno  gli  Annali  del  Duomo. 


Del  Dolcebuono  •    la   fabbrica  di  S    Maria  presso  S.  Celso,  come  assicurano  le 

vecchie  carte,    attestanti  che    nel    1403    vi  furori   posti    i    fondamenti    <•  quell'archi* 

(che  fin  'lai  rilevo  da  un  prezioso  fa  pe  e  del  tempo, 

in    una    cappella    vicina   dedicata    a    S.  Celso)    ns  appare    i  e  dei 

lo  <-r;i    ancora    nel    gennaio   'l«-l   1498,  quando  presentava  il  modello  della 


16 


122  ITALIA    ARTISTICA 

cupola  e  del  lanternino.  Bramante  dunque,  al  quale  si  attribuiva  un  tempo  l'edificio, 
non  ha  a    eli  i.     M  t    dell'idea    prima  a  una    sola    navata  come  la  chiesa  di 

S.   Maurizio  non    rimane  ora    che  l'ossatura:   fu    più    tardi    allargata  a  tre  navate  e 
da    tre  campi    precedenti    hi   cupola  estesa  a    quattro,    coperte  da    vòlte  a  botte.  Il 


S.    MAURIZIO  DEL   MONASTERO   MAOOIORI     (DEL    1503  I    UNITO    NBL    1581). 


Dolcebuon  >  morì  nel  1506,  ma  nel  15130,  ancora,  nel  1523  non  eran  finiti  i  lavori 
della  fabbrica,  alla  (piale  fu  apposto  un  portico  a  ino'  di  claustro  precedente  alla 
chiesa,  del  quale  Cristoforo  Solari,  fin  dal  30  giugno  1505,  aveva  presentato  un 
disegno  che  non  fu  attuato  che  sette  anni  dopo.  Al  Solari  successe,  nella  direzione 
dei  lavori,   lo   Zenale  e  a  questi   —  ne  ho  trovato  conferma  nei  documenti  del  luogo 


imi  RNO   DI  li. \    «.ini  SA    DI    -     \i  \i  RIZIO   (  I 


i     i     Minar  l) 


i24  ITALIA  ARTISTICA 

—  un    Cristoforo    de'  Lombardi,  del  quale    può  essere  il  rimaneggiamento  generale 
della  chiesa,   la  chiusura  del  claustro  verso  il  cimitero  e  l'apertura  verso  la   via. 

La  chiesa  di  S  Maurizi')  —  nota  per  la  profusione  di  pittoriche  decorazioni 
dell'interno  dovute  al  Luini  e  agli  scolari  —  già  del  Monastero  Maggiore  delle 
Benedettine  tu  ricostrutta  dalle  fondamenta  a  partire  dal  1503,  come  attesta  la 
pietra  —  lapis  primarius  —  innestata  nel  lavabo  dietro  la  chiesa  interna,  per  opera, 
si  vuole,  del  Dolcebuono,  che  abitava  appunto  in  confine  con  lo  stesso  recinto  del 
monastero.  Le  carte  del  luogo  e  l'esame  della  costruzione  lascian  credere  che  la 
fabbrica,  iniziata  da  un  primo  architetto  che  potrebbe  essere  il  Dolcebuono,  sia 
poi  stata  condotta  a  termine  da  altri  e,  per  la  parte  superiore,  senza  le  cure  che 
si  addicevano  a  un  monumento  di  questa  natura.  Lo  stesso  esame  delle  linee  archi- 
tettoniche della  fronte  conforta  questa  supposizione  e  prova  una  diversità  d'indirizzo 
artistico.  Sopra  un  bel  basamento  la  fronte  s'innalza  divisa  in  tre  piani,  d'ordine  do- 
rico il  primo,  ionico  il  secondo,  corinzio  il  terzo,  a  pilastri  di  pure  e  sapienti  profi- 
lature ;  quelli  del  terzo  ordine  son  scanalati.  : 

In  corrispondenza  del  terzo  ordine  la  fabbrica  dà  luogo,  sui  due  fianchi,  a  una 
serie  di  alti  archi  di  scarico  dei  muri  di  sostegno  delle  ali  del  tetto.  Ma  la  parte 
superiore  della  fronte,  lontana  dalla  purezza  composta  ma  elegante  della  parte  sot- 
tostante, s'innalza  oltre  i  due  pioventi  del  tetto  con  un  fastigio  cuspidale  a  sagoma 
ondulata  che  accenna  già  alle  intemperanze  del  cinquecento  inoltrato. 

Le  mie  ricerche  m'assicurano  infatti  che  l'architetto  Francesco  Pirovano  — 
che  fin  dal  157 1  insieme  al  capomastro  Cesare  Fobia  e  a  uno  stuolo  di  muratori 
era  agli  stipendi   del  monastero  per   costrurre  un   dormitorio  e  diversi    locali  minori 

—  nel    15S1    lavorava   intorno   alla    fronte  della  chiesa. 

L'interno  della  chiesa  offre  lo  maggiori  attrattive  all'artista  e  allo  studioso  tanto 
per  l'architettura  elegantissima  sua  (pianto  per  la  decorazione  pittorica  che  la  riveste. 

È  diviso  in  due  parti  da  una  parete  che  si  arresta  all'  imposta  della  vòlta  così 
che  ne  risultino  due  chiese:  l'una  pel  pubblico,  aperta  verso  la  fronte,  l'altra  per 
le  monache.  L'interno  richiama  le  linee  del  partito  esteriore:  al  piano  del  primo 
ordine  corrisponde  lo  stesso  pilastro  dorico,  al  secondo  il  pilastro  ionico,  al  terzo 
s'innalzano  le  volte.  Nel  piano  inferiore  l'ordine  si  adatta  a  una  serie  di  cappelle  ad 
arco,  in  quello  superiore  invece  si  accomoda  a  forma  di  loggia!  elegantissima.  Sa- 
rebbe difficile  trovare  in  Lombardia  un'altra  chiesa,  dell'inizio  del  cinquecento,  di 
proporzioni  altrettanto  armoniche  e  leggere,  di  più  puri  profili  e  in  cui  il  bel  ciclo 
di  decorazioni  a  fresco  e  a  stucchi  s'innesti  così  felicemente  con  l'organismo  statico. 

irreva  il  pennello  fantasioso  di  Bernardino  Luini  e  de'  suoi  e  la  magnificenza 
delle  famiglie  che  curarono  questa  festa  dell'arte,  —  prima  di  tutte  quella  dei  Bnn- 
tivoglio  che  vollero  continuare  a  Milano  le  gloriose  tradizioni  bolognesi,  —  per  con- 
durre il  luogo  a  tanta  gaiezza  di  linee»  e  di  colori  arrivati  a  noi  quasi  con  l'origi- 
nile vivacità,  nell'interno:  non  fuori  perchè  le  intemperie  guastaron  quasi  intera- 
mente gli  ornamenti   policromi   dei   fianchi. 

Anche  Cristoforo  Solari  detto  il  Gobbo,  benché  più  noto  e  valente  quale  scul- 
t  >re,  come  si  vedrà  più  innanzi,  esercitò  l'arte  delle  seste  e  mostrò  di  valersi  degli 
insegnamenti  e  dell'esempio  lasciato  da  Bramante. 

Sembra,  ma  non  è  accertato,  che  nell'eseguire  il  chiostro  che  precede  la  chiesa 


MILANO 


125 


di  S.  Maria  presso  S.  Celso  si  seguisse  un  suo  disegno  precedentemente  presentato  : 
ma  non  mancò  chi  ne  diede  merito  al  Cesariano. 

Conta  cinque  archi  per  lato  e  fu  in  parte  alterato  quando,  costruendosi  la 
fronte  in  marmo  della  chiesa,  si  applicarono  le  mezze  colonne  provviste  di  basi  e  di 
capitelli  corinzi  di  bronzo  per  uniformarlo  al  primo  ordine  della  fronte,  in  luogo 
degli  antichi  pilastri  interamente  di  mattoni  e  dell'antica  trabeazione,  ch'era  forse  di- 
pinta nel  fregio  come  nella  cupola  della  Passione. 


I-M  A//U    COMI  II     CO 


Il  tempio  fu  ideato  da  principio  a  forma  di  croce  greca  e  -  I"  in  seguito  Fu 
prolungato  a  croci  che    la    fronte  del   tempio  fu  guastata  col  pretesto  'li 

arricchirla  nel  1092.  Ma  le  forme  nelle  parti  originali  e  il  profilare  severo  del  fianco 
,.  della  cup  no  nell'autor  iva  il  Mongeri,  una  mente  educata  ad 

ipj    eletti  •  1  di  un  profondo  sento  d'arte.   Il  mutamento  della  costruzione 

latina  appare  dal  fianco  che  si  attacca  in  falso  e  sconcia 
i  bracci  laterali  della  croce  originale.  L'insieme,  specialmente  le  bellissime  profila- 
ture in  laterìzio,  1  ilmente  nella   cu- 


i2Ó  ITALIA  ARTISTICA 

pola  a    sezione   ottagonale  e  a  due  ordini,  che  prelude  già  agli  ardimenti  della  ge- 
nerazione di  Michelangelo. 

Per  alcune  altre  fabbriche  si  fa  incidentalmente  il  nome  di  Cristoforo  Solari, 
ma  più   per  richiamo  d'idee  che  per  identicità  di  caratteri. 

Di  ignoto  architetto  dell'inizio  del  XVI  secolo,  che  rivela  di  aver  ereditato  dal 
Bramante  l'elegante  sapienza  delle  linee  delicatamente  combinate  alla  riproduzione 
della  vera  opera  d'arte,  è  la  casa  già  Aliprandi-Taverna,  ora  Ponti,  in  via  Bigli  n.  11, 
che,  mercè  i  prudenti  restauri  compiuti  e  la  cura  con  cui  è  conservata,  rappresenta 
uno  dèi  più  attraenti  esempi  d'architettura  della  Rinascenza  lombarda  fusa  con  la 
più  ricca  decorazione  pittorica.  L'edificio,  incominciato  dai  Bigli,  fu  ceduto  agli 
Aliprandi  il  29  marzo  1500  e  fu  decorato,  nel  cortile,  nel  primo  ventennio  del  XVI 
secolo  da  ignoto  pittore  che  il  Mongeri  credette  identificare  con  Giovanni  Pietro 
Crespi,  avo  di  Daniele,  pei  confronti  con  gli  affreschi  della  chiesa  di  S.  Maria  in 
Piazza  di  Busto  Arsizio  eseguiti  nel  153 1.  il  quale,  nel  cortile  della  casa,  v'avrebbe 
riprodotto  le  figure  che  vi  si  vedono,  d'Apollo  e  delle  Muse.  Altri  vi  scorsero  addi- 
rittura la  mano  del  Bramantino,  o  quella  di  Bernardin  dei  Conti  o  di  qualche  diretto 
seguace  di  Gaudenzio. 

A  noi,  qui,  interessa  esaminare  la  parte  architettonica  che  è  particolarmente 
commendevole  nella  purissima  porta  e  nel  cortile  quadrilatero  —  originariamente 
ad  un  solo  piano  oltre  il  terreno  —  terminante  con  una  cornice  a  vòlta,  scom- 
partita in  vele  e  pennacchi  e  provvisto  di  quattro  finestre  per  lato  incorniciate  da 
leggere    modanature  in  terra  cotta. 

Purtroppo  altri  notevoli  edifici  della  Rinascenza  lombarda  furon  demoliti  in 
varie  epoche  non  sempre  per  serie  esigenze  della  vita  moderna  che  impone  sacri- 
fici al  patrimonio  artistico:  recente  e  vivamente  rimpianta  da  quanti  hanno  il  culto 
delle  memorie  la  bella  casa  che  fu  dei  Missaglia,  armaioli  milanesi  del  XV  se- 
colo  giustamente  famosi  al  mondo  allora  e  oggi  per  l'eleganza  e  la  tempra  dei  loro 
prodotti. 

Altrove  —  cito  il  refettorio  del  convento  di  S.  Maria  della  Pace,  elegantissimo 
di  linee  veramente  bramantesche  e  di  decorazioni  leggiadre  che  invadon  lesene, 
fascie  e  lunette  —  i  guasti  sono  men  radicali,  ma  la  incombente  e  febbrile  vita  mo- 
derna  avvolge  e  deturpa,  guastando  la  serenità  dell'ambiente  antico. 


Nella  scultura  il  Rinascimento  artistico  trova  il  suo  sviluppo  maggiore,  in  Lom- 
oardia,   per  opera  dei  Mantegazza  e  specialmente  dell'Amadeo  e  de'  suoi  seguaci. 

L'attività  dei  Mantegazza  si  svolse  principalmente  a  Pavia  intorno  alla  Certosa 
e  perciò  sfugge  quasi  per  intero  al  presente  studio  che  si  limita  alla  storia  artistica 
di   Milano  a  commento  delle  opere  che  vi  si  conservano. 

Fra  le  poche  opere  che  sembra  di  poter  loro  attribuire  a  Milano  son  quattro 
pezzi  1  he  rivestivano  il  basimento  dell'antica  fronte  di  S.  Satiro,  oggi  conservati 
pr<  sso  il  Museo  Archeologico  nel  Castello  Sforzesco,  dovute  verosimilmente  ad 
Antonio,  perchè  si  --a  che  a  quella  facciata  si  pose  mano  quando  Cristoforo  era  già 
morto:   son  «lue  figure  <li   Sibille  e  le  scene  della  creazione  dell'uomo  e  della  donna, 


.MILANO  127 

oggi  assai  guaste,  d'esecuzione  rude,  coi  contorni  eccessivamente  spezzati,  come  in 
un  abozzo,  e  con  certa  spezzatura  delle  pieghe  de'  panni  che  le  fa  apparire  come 
di  carta  :  particolarità  che  passò  poi  all'Amadeo.  Eppure  fra  i  difetti  evidenti  d'e- 
secuzione quanta  ingenua  forza  di  sentimento  emana  da  quelle  rozze  sculture  ! 
L'atto  del  Creatore  che  dà  vita  ad  Adamo  e  lo  aiuta  a  rialzarsi,  la  vivacità  di  Eva 
che  si  avanza  maestosa  verso  Dio,  mentre  l'uomo,  seduto,  si  fa  schermo  con  le  braccia 
della  luce  divina  che  lo  abbaglia,  son  così  potentemente  espressi,  attraverso  la  dif- 
ficoltà della  materia,  da  ritenerle  fra  le  opere  più  forti  e  caratteristiche  della  scuola 
lombarda,  così  da  ricordare  nella  vigoria,  se  non  nella  forma,  l'arte  potente  di 
Jacopo  della  Quercia. 


EFFIOIE    lil.LI-'AMM'l  "    -I     LA    OtOLIA 


ni  r  ia  mi.  ni  "}io 


* 
*   * 


vanni  Antonio  degli  Amadei     -  com'egli  stesso  si  chiama  in  una  supplici 
0  Amadeo  (non  esattamente  chiamato  da  molta  scrittori  Omodeo),  pavese  di  nascita, 
milanese  d'<  que  nel   1447  e  mori  nel    1522. 

All'ari    ■  nabile        bì  che  per  ben  tre  volte  mutò  radi- 

calmente il  propr  -  ho  dedicata  una  monografia  alla  quale  rimando  il  lettore 

che  più  intima  desse    tire    con    le   opere    del    maggior   scultore    lom- 

sue  che   rientrano  nei  limiti  «li  questo  studio. 

A   Milano  appari  al  period  nile  dell'artista  alcune  sculture  conser 

Archeoli  ni      b   in    pietra    grigia    con    L'Adorazione    del 


Vrtl  Gì  al  1  he,   1904 


128 


ITALIA   ARTISTICA 


Bambino  —  soggetto  che  l'artista  svolse  poi  più  sapientemente  nelle  tombe  dei 
martiri  a  Cremona  — .  due  angioli  in  adorazione,  una  testa  di  fanciullo  benché 
men  sicuramente.  L'edicola  al  capitano  Alessio  Tarchetta  fu  costrutta  nel  14S0  nel 
Duomo;  i  frammenti  migliori,  ornatissimi,  son  presso  il  Museo:  sul  posto,  in  Duomo, 
nella  navata  di  sinistra,  non  restano  che  due  lesene,  due  colonne  a  fogliami  e  due 
pilastrini  minori.  Posteriori  di  qualche  po'  sono  un  tabernacoletto  con  S.  Sebastiano, 
dato  erroneamente  al  Caradosso  da  altri,  due    tondi    con    l'Angelo    e    l'Annunciata 


AUADBO  :    LA   NATIVITÀ    (MUSEO   AKCHKOLOGICOt. 


di  delicatissima  esecuzione,  un  S.  Cristoforo  e  un  frammento  con  Caino  e  Abele 
sacrificanti,  timorosi,  a  Dio,  e,  della  sua  scuola,  il  bassorilievo  con  Gesù  ritrovato  dai 
genitori  con  S.  Rocco  e  S.  Sebastiano,  tutti  nel  Museo  Archeologico  milanese.  In 
questa  stessi  colleziono  il  tondo  col  bassorilievo  della  Natività,  del  periodo  succes- 
sivo dell'artista  sotto  l'influsso  dei  Mantegazza,  ornava,  insieme  a  uno  simile,  del 
Museo  del  Louvre,  la  tomba  dei  martiri  Mario,  Marta,  Audiface  e  Abacucco,  le  cui 
st'.ne  rheston  ora  i  pulpiti  del  Duomo  di  Cremona.  Dell'opera  dell'Amadeo  a  prò 
del  Duomo  si  è  veduto  dianzi:  a  lui  si  deve  l'esecuzione  del  tiburio;  non  invece,  a 
mio  modo  di  vedere,  la  decorazione  della  guglia  che  porta  il  suo  nome,  di  cui,  tut- 


MILANO 


129 


t'alpiù,  diresse  la  costruzione,  come  gli  si  deve  merito  alla  fabbrica  dell'Ospedal 
Maggiore,  per  la  quale  scolpì  anche  due  statue  di  cui  è  sol  memoria  nelle  carte 
del  luogo.  Analoghe  alle  sculture  della  Certosa  di  Pavia,  e  che  sarei  disposto  ad 
assegnare  al  periodo  149 1- 1500,  son  quattro  statuette  nel  Museo  di  Milano,  il  meda- 
glione di  Antonio  Landriani.  benché  men  sicuramente  opera  del  nostro,  nell'Inco- 
ronata, il  medaglione  d'Alessandro  nel  Museo  municipale. 

Seguaci  dell' Amadeo,  a  Milano,  furono  i  Cazzaniga  —  che   lavorarono    a   scoi- 


r<   i  ì'.M-y.HAVU1 1  /  >   ■» 
(IT  MAI 

y      >  ■    y      ■  ik.' "■■' 


AMAM  HI   DI  CREMONA  (y USEO   AKCHBOLOOICO), 


Brivio  in   5.   Eustorgio  e   verosimilmente  quello    ai    Della    torre 

Maria  delle  Gr  della  cripta  dei   Duomo  di   Borgo  S.  Donhino 

Bei*  1  'a  del  maestro,  leziosamente  spesso;  e, 

;i  Pavia  0  nel  gr  ■    della  I                   P          1   Rodari,    i    Gaggini,    Pietro 

•li  Rho  [e  loro  open  re  d rativo  a  Cremona, 

.t  Bfe  1  ,    dove   più  do\  e  meni  ■. 

in    quasi    tutta   la    vallata   del    Po 

Il  periodo  li  dunque  il  colmo  della    parabola   a 


ISO 


ITALIA  AR  USTICA 


cui  giunse  la  scultura  lombarda.  Dopo 
di  lui  altri  maestri,  il  Solari,  il  Fu- 
s'ma,  il  Bambaja,  tennero  alta  la  fama 
dell'arte  regionale  limitandola  a  più 
modesti  e  corretti  confini,  ma  nessuno 
compendiò  il  cammino  dell'arte  pla- 
stica per  quasi  un  secolo  con  carat- 
teri così  personali  e  soggettivi  come 
il  nostro  grande  maestro,  che,  racco- 
gliendo l'eredità  dei  vecchi  campio- 
nesi,  seppe  dare  all'arte  un  impulso 
potente  e,  trasformandola  attraverso 
a  diverse  fasi,  la  trasmise  alle  nuove 
generazioni  spoglia  delle  ultime  ec- 
cessività. Della  simpatia  che  la  sua 
maniera  incontrò  per  lungo  periodo 
d'anni  anche  dopo  la  sua  scomparsa 
sin  prova  le  lunghe,  insistenti  ripeti- 
zioni di  suoi  motivi,  specialmente  da 
parte  degli  artisti  della  Certosa  di 
Pavia,  dove  lo  stile  dei  Mantegazza 
e  dell'Amadeo  finì  col  diventare  quasi 
una  cosa  sola  con  lo  stile  decorativo 
del  monumento,  finché  la  freddezza 
dei  trattatisti  non  vi  s'  impose  per 
ceder  poscia  il  campo  all'  invadente4 
barocco.  E  anche  in  quest'ultimo  pe- 
riodo si  trovò  modo  di  sfruttare  scul- 
ture  e  frammenti  del  buon  tempo  a 
rivestir  pulpiti,  a  ornar  porte,  a  de- 
corare il  coro  e  il  presbitero. 

Giannantonio  Amadeo  non  arrivò 
certamente  alle  altezze  della  scuola 
toscana,  che  sola  seppe  sciogliere  il 
miracolo  di  sposare  la  scienza,  la  pu- 
rezza e  l'eleganza  della  forma  con  la 
genialità  del  concetto  ispiratore,  né 
alla  sfolgorante  decorazione  di  sapore  classico  della  scuola  veneta,  che  trovò  nel 
Rizzo,  nel  Hregno,  nei  Lombardo,  nel  Leopardi,  nel  Bellano,  nel  Briosco  maestri  di 
un  valore  grandissimo;  in  compenso  la  sua  attività  senza  precedenti  e  il  senso  ec- 
cezionale della  decorazione,  frutto  dell'ambiente  e  della  tradizione  locale,  arricchi- 
rono il  patrimonio  artistico  di  Lombardia  di  una  grandissima  serie  di  opere  nelle 
quali  la  fantasia  creatrice  e  la  ricchezza  decorativa,  anche  attraverso  alle  deficienze 
della  forma,  aleggiano  sovrane.  Il  deplorare  nella  scuola  lombarda  la  mancanza  di 
coltura,  in  confronto  alle  opere  fiorentine,   vuol  dire  disconoscere  la  forza  della  tra- 


I.A    OlOl.IA    DI  LL'AMADEO. 


BCI  01  \    DELI    tMADI  0:    MONI  MI  NTO    DELLA    rORRI 

il  \\<\\    DI  l  i  i     ORAZII 


132  ITALIA   ARTISTICA 

ne  e  dell'ambiente:  se  tutte  le  scuole  vantassero  gli  stessi  pregi  mancherebbe 
al  patrimonio  artistico  nazionale  una  delle  maggiori  attrattive,  la  varietà,  e  se  la 
scultura  lombarda  s'ornasse  della  sapiente  purezza  toscana  mancheremmo  del  più 
ricco  e  più  meraviglioso  monumento  del  mondo,  la  fronte  della  Certosa  di  Pavia. 

Di  Andrea  Fusina  non  restan 
gran  cose  sicure  a  Milano:  il 
monumento  dell'arcivescovo  Bi- 
rago  nella  chiesa  della  Passione 
e  quello  di  Battista  Bagaroto 
nel  Museo  Archeologico  ;  il 
primo,  segnato  col  nome  dello 
scultore  e  con  la  data  1495,  ^ 
secondo  del  15  1  7,  ornato  di  mo- 
tivi che  ricordano  .incora  il  re- 
pertorio di  decorazioni  della 
Certosa  di  Pavia.  Si  sa  che 
lavorò  molto  per  la  fabbrica 
del  Duomo  specialmente  dal 
1500  al  1526,  e  diverse  statue 
ornamentali  del  monumento  ri- 
cordali tuttora  il  suo  fare  ele- 
gante, vistoso,  ma  superficiale. 
Il  confronto  coi  suoi  putti  nel 
fregio  dei  due  monumenti  ri- 
cordati —  putti  grassocci,  di 
belle  forme,  ma  che  sembran 
di  pelle  gonfiata  per  l'assenza 
completa  di  pieghe  e  di  studio 
del  modellato  —  m'induce  ad 
attribuire  a  lui  il  bassorilievo 
con  la  Madonna  che  regge  il 
bambino  nudo,  in  atto  di  be- 
nedire I-Vancesco  I  di  Francia, 
nella  collezione  I'»  irromeo  a  Mi- 
lano, e  due  piccoli  bassorilievi, 
di  ugual  grandezza,  con  la  Ver- 
gine e  il  putto  e  alcune  teste 
di  cherubini  nel  fondo,  nella 
sala     del     Bambaja     presso     il 

Museo  Archeologico.  A  lui  il 
Sant'Ambrogio  ascrisse  anche  la  lastra  tombale  dei  Medici  di  Seregno  in  S.  Torn- 
ii:, lso  e  i  monumenti  Tolentino  all'Incoronata  e  Della  Valle  in  S.  Maria  delle  Grazie. 
Il  Fusina  fu  preferibilmente  decoratore  che  scultore  e  mentre  i  suoi  coetanei  Amadeo, 
Briosco,    s  sepper   spesso   fondere  la   statuaria   con   rornamentazione,   egli  ridusse 

a  ben  poco,  ne' suoi   due  monumenti  che  sicuramente  gli  appartengono,   la  parte  figu- 


S.    MANIA    DELLE   GRAZIE    —    MONlMIiNTO   A  UKANDA   CASTIOLIONI. 


♦ 


MILANO 


133 


rata  —  i  putti  e  la   figura    del  defunto  —  per  lasciar  campo    allo  svolgersi    di    fe- 
stoni di  frutta,  di  teste  di  Medusa,   di  cartelli,  di  girate   ricchissime    che    avvolgon 


[ito         l        >i  putti  \  i\  aci  e  il  <  arattcre  dei    fr<  g  i    .1   tutto 

lere   'li"  '".'li   si    ispirassi    preferibilmente 

..Ile  opere  'li  Michelozzo        dei  ntini  del  tempo.    Il   fregio  -li  putti  in 


'34 


1  L'ALIA   ARTISTICA 


vivacissime  pose,  reggenti  i  festoni  del  monumento  Birago.  sembra  derivare  diretta- 
mente da  quello  dell  porta  già  in  corso  Magenta  oggi  nel  Museo  Archeologico 
(opera  certan  Michelozzo),  come  i  due  putti  librantisi,  di  prospetto,  e  reggenti 

la  cartella,  scolpiti  dal   Fusina,  derivan  da  quelli  della  porta  del  Banco  dei  Medici. 
Di  Cr  Foppa  detto  il  Caradosso,  scultore  e    orefice,  favorito  particolar- 

mente da  Lodovico  il  Moro  che  gli  commise  lavori  di  oreficeria  e  se  ne  valse 
per  ri  ioie,  per  stimare  oggetti  preziosi,    è   ricordo    anche    in    un    sonetto    di 

Bernardo  Bellincione  che  parlò  dell'artista  con  entusiasmo: 

Si  ben   non   lega   al  ramo  la  natura 
Un  pomo  o  Primavera  all'erba  i  fiori 
l'omo  di   man  di  Caradosso  mori 
Legate  escon  le  gioir  a  chi  misura. 

E  Sabba  Castiglione:  «  Il  mio  Caradosso,  oltre  la 
cognition  grande  delle  gioie  in  lavoro  di  metallo,  in 
oro  et  in  argento,  o  di  tutto  o  di  basso  rilievo,  all'età 
nostra  è  stato  senza  paro   ». 

Nato  nel  1452  nella  Brianza,  faceva  le  sue  prime 
armi  a  Roma,  come  notò  il  Venturi  che  ne  illustrò  le 
prime  opere,  nel  1477.  Trovo,  nelle  carte  del  tempo, 
che  suo  padre  Giovan  Maffeo  era  pure  orefice.  E  cenno 
di  Cristoforo  in  un  documento  milanese  del  1480,  ma 
la  prima  prova  del  suo  ritorno  a  Milano  non  è  che  di 
dieci  anni  dopo:  forse  le  sue  opere  eseguite  nella  gio- 
vinezza a  Roma  son  quindi  più  numerose  di  quelle 
rintracciate  fin  qui.  Nel  1495  l'artista  era  a  Firenze  e  della  sua  attività  alla  corte 
dei   Medici  vi  son   ben  altre  notizie  delle  poche  rintracciate  dal   Muntz. 

A  Firenze  il  Caradosso  fece  incetta  di  gioie  e  d'opere  d'arte  pel  Duca  di  Mi- 
lano: l'artista  mandò  addirittura  l'inventario  delle  robbe  di  Piero  de  Medici  che  pa- 
revan  alienabili.  A  Parma  poi  aveva  rintracciato,  cercando  cose  antique  et  bone  de 
SCtllptura  0  metal!",  una  statua  multo  bella  pel  Duca.  E  a  Roma  aveva  dato 
prove  notevoli  dello  studio  fatto  sulle  cose  della  classica  antichità. 

Il  27  febbraio  1  1.95  l'artista  scriveva  a  Lodovico  il  Moro  «  Ogi  me  parto  per 
Roma  e  dalla  città  eterna,  a  quanto  sembra,  non  ritornò  più;  ma  il  suo  nome,  se 
crediamo  al  Bertolotti,  non  si  trova  ricordato  nelle  partite  della  contabilità  papale 
prima  del   1.513. 

Al  Caradosso  vengon  attribuiti  il  gruppo  della  Deposizione  di  Cristo,  eseguito 
in  t<Tra  cotta  colorata  e  dorata  in  S.  Satiro,  nella  cappella  della  Pace,  e  il  fregio 
di  putti  e  I uisti  a  rilievo  entro  i  tondi  all'ingiro  del  battistero,  o  sagrestia  che  dir 
si  voglia,  nella  stessa  chiesa.  Ma  la  duplice  attribuzione  non  è  confortata  da  ra- 
gioni stilistiche  e  da  sussidio  di  documenti:  le  une  e  gli  altri  anzi  sembrati  escluder 
nel  modo  più  assoluto  almeno  una  di  quelle  opere  -  la  più  notevole  dal  novero 
dei  lavori  del  Caradosso.  La  costruzione  del  battistero,  pel  quale  il  Caradosso 
avrebbe  eseguite  le  decorazioni  che  vi  si  innestano  così  mirabilmente  da  palesare 
l'intenzione  evidente  nell'architetto  di    dar  quasi    campo   maggiore  alle  sculture    de- 


li. BRIOSCO  :  TESTA  D'ANOIOLO 

m  01.1 1  /ioni,   rim  1  i./io 


MILANO 


*35 


corative  che  alle  iinee  del  piccolo  edificio,  sembra  do- 
versi riportare  al  decennio  1480-1490,  secondo  le  in- 
dagini di  Luca  Beltrami  :  cioè  precisamente  al  periodo 
in  cai  il  Caradosso,  a  quanto  sembra,  si  trovava  ancor 
lontano  da  Milano,  o  almeno  prima  del  16  aprile  il 
carteggio  ducale  non  fa  il  suo  nome,  ciò  che  fino  a 
prove  più  sicure  non  vuol  dire,  ne  convengo,  che  l'artista 
non  potesse  anche  trovarsi  già  a  Milano.  Certo  è  che  i 
documenti  abbastanza  abbondanti  del  tempo  relativi  alle 
opere  d'arte  in  S.  Satiro,  se  ricordan  l'intervento  di  Bra- 
mante quale  architetto,  di  Boltraffio  quale  pittore  e  di 
Gio.  Antonio  da  Oggiono,  Mariotto.  Cristoforo  da  Birago 
quali  lapicidi,  non  fan  mai  cenno  di  Caradosso  Foppa. 

Nel  battistero  di  S.  Satiro  il  fregio  attribuito  fin 
qui  al  Caradosso  presenta  certamente  qualche  rapporto  co' 
suoi  lavori  d'oreficeria  —  rassettine,  medaglie,  placchette, 
e  secondo  il  Venturi,  pel  confronto  con  uno  stipo  del 
Museo  di  Firenze,  anche  le  portelle  in  bronzo  di  San 
Pietro  in  Vincoli  — .  ma,  a  chi  osservi  attentamente. 
quei  rapporti     son    forse    dovuti   più  a  somiglianze    occa- 

ali  per  uniformità  di  motivi  mossi  di  moda  nel  Ri- 
nascimento che  a  vera  somiglianza  di  esecuzione.  La 
differenza  appare  meglio  nei  busti  'nudi  che  escon  dai 
tondi:  leggermente  piegati  sulla  spalla  sulla  quale  è  get- 
tito, alla  classica,  un  manto,  e  dal  viso  abbondante  con 
le  gote  rotonde  incorniciato  da  una  zazzera  ricciuta  0  a 
ciocche  nei  bronzi  attribuiti  al  Caradosso  che  ho  ricor- 
dato; nudi,  dal  collo  lungo,  rigido,  rivolti  costantemente 
all'insù,  coi  visi  larghi,  ossuti,  gli  zigomi  molto  distanti 
fra  loro  e  ]<■  chiome  fluenti  e  affini  all'arte  tutta  locale 
dei  Manteca/za  nel  fregio  di  S.  Satiro;  questi  ultimi 
fanno  parte  delle  s<-r:<-  di  teste  decorative,  sempre  pre- 
sentate di  prospetto  e  vedute  in  iscorcio,  volte  all'insù, 
molto  comuni  in  Lombardia  e  in  varie  1  ttù  dell'alt  1  [talia 
•  .  la  loro  orìgine    nei    maestri  modellatori   in 

terra  cotta    di    Cremona:  i  busti  provenienti   dal   palazzo 
hi  di  questa    città,    or   1  ti    nel   Museo  di   Mi- 

lano, pr-    ■  una  notevolissima  affinità  'li  esecuzione  con  questi  di  S.  Satiro, 

Ma  d     1  renza  -•  talmente  grande    da    indurmi    .1  togliere    il  < '.tradosso 

ippo  dei;.     /<  ne    nella    cappella  delia    Pietà,  Son  dodici 

figure  grandi  quasi  quanto  ii  'e-        morto  1  illi    ginocchia  della  Ver* 

ne,    mentre    una    pia    donna    le    prende     U   testa    e, n    le   due    mani    in    at- 

>    profonda    1  itito:  in  \  fedeli  assistono  pian- 

gendo o,  gli  occhi  inariditi  dal    p  vi    dia  tragica  scena. 

Il  Molinier,  tro\  indo  eh    le    opere  d'oreficeria  attribuite  .il  I  aradi     0  rivelano 


PII.A8TRELLO    -■<   "MI  in 

Ai  unni  ie>    Mi   IZZANIOA 
su  si  11    IRCHBOLOi 


i36  I  ITALIA   ARTISTICA 

un  maestro  <  qui  a  l'exécution    jusqu'aux    dernières  limites  du  fini  »,  è  co- 

stretto a  convenire  che  è  ben  difficile  avvicinarle  alle  sculture  che  si  voglion  sue  e 
conclude  con  che  la. porta  è  aperta  a  tutte  le  congetture:  ciò  che  m'in- 

duce .1  proporre  di  togliere  addirittura  dal  novero  delle  opere  di  un  artista,  che 
i  numerosi  documenti,  si  noti,  ricordan  sempre  quale  orefice  e,  più  che  tutto,  gio- 
jelliere  «Iella  corte  sforzesca,  questa  che  è  vigorosa  affermazione  di  uno  scultore 
lombardo  preoccupato  unicamente  dell'effetto  drammatico  dell'opera  sua  attraverso 
un'esecuzione  grandiosa  e  un  po'  alla  brava.  Si  credeva  che  questo  gruppo  di  figure 
fosse  open  giovanile  dell'artista  che,  più  tardi,  avrebbe  cambiato  maniera.  Ma  poi- 
clic  i  documenti  ci  assicurano  che  la  sua  prima  educazione  artistica  si  formò  a  Roma, 
dove  egli,  per  dirla  col  Venturi,  «  si  erudi,  si  vestì  delle  antiche  forme  »,  appar 
molto  difficile  ritrovarne  la  prova  nelle  sculture  di  S.  Satiro,  che  probabilmente  furon 
eseguite  all'epoca  del  rimodernamento  della  chiesa  per  opera  di  Bramante.  Ad 
ogni  modo,  nelle  vecchie  carte  del  luogo  il  più  antico  ricordo  dell'altare  de  la  Pietà 
non  risale  più  indietro  dell'anno  15  14,  benché  risulti  che  l'altare  stesso  era  già  fatto. 
Il  gruppo  in  terra  cotta  della  cappella  della  Pietà  è  piuttosto  opera  di  un 
maestro  lombardo,  pratico  nel  modellare  la  creta,  ricercatore  dei  forti  effetti,  affii  e 
ma  più  composto  dei  Mantegazza;  opera  che  nell'aggruppamento  generale  e  nella 
disposizione  ai  lati  della  composizione  di  due  figure  complementari  ricorda  la  De- 
posizione  di  Tommaso  Rodari  (1498)  nel  Duomo  di  Como,  ben  inferiore  però  a 
questa  di  S.  Satiro  per  la  scienza  della  modellatura  e  del  muover  le  pieghe.  II 
maestro  è  forse  a  ricercarsi  fra  i  valenti  terracottari  che  a  Cremona  arricchiron  di 
medaglioni  e  di  larghe  fascie  figurate,  sapientemente  concepite,  cortili  e  facciate  di 
palazzi. 


Nell'inizio  del  cinquecento  la  scultura  lombarda  incomincia  a  perder  le  migliori 
qualità  che  diremo  sostanziali  per  rivestirsi  di  eleganza,  di  leziosità,  benché  il  Lo- 
mazzo  cantasse  che 

Alzar  Tullio    Lombardo  e   A^ostin    Busto 
Con  Giovanni  e  Cristoforo   Romano 
La  scoltura  a  tal   colmo  entro   Milano 
che  poi  diede  di  sé  mirabil  gusto. 

I  );  Agostino  Busti  detto  il  Bambaja,  che,  insieme  al  fratello  Polidoro,  lavorò  pel 
Duomo  di  Milano  per  lunga  serie  di  anni  così  che  le  tracce  dell'opera  sua  son  fa- 
cili a  rintracciarsi  in  diverse  leziose  statue  di  quell'edificio,  si  mostra  il  monumento 
a  Lancino  Curzio  già  nella  chiesa  di  S.  Marco,  ora  presso  il  Museo  Archeologico, 
ele-aiite,  leggero,  un  po'  slegato,  con  la  figura  del  defunto  sull'arca  funeraria  in  basso, 
e,  al  ili  sopra,  ai  diversi  ripiani,  varie  figure  allegoriche,  tra  cui  campeggiano  le  Tre 
1  .  Ile  forme  classiche  eccessivamente  assottigliate  attraverso  lo  stile  del  maestro 

lombardo.  Forse  il  Bambaja  tentò  avvicinarsi  alla  maniera  di  Gian  Cristoforo  Ro- 
mano che  aveva  lavorato  negli  ultimi  anni  del  quattrocento  intorno  al  monumento  di 
Gian  Galeazzo  nella  Certosa  di  Pavia  e  al  quale  potrebbe  ben  appartenere,  come 
osserva   il   Venturi,  un  leggiadro  pilastrino  di  casa  Valsecchi.    A  quella  derivazione 


MILANO 


!37 


sta   ^£»g 


artistica  mi  fan  pensare  le  forme  esili  delle  figurette  di  Gian  Cristoforo,  modellate 
a  tutto  tondo,  e  un  po'  affastellate  :  caratteri  che  il  Bambaja  accolse  ed  esagerò. 
L'opera  più  nota,  starei  per  dire  popolare,  del  fortunato  artista  è  il  ricchissimo 
monumento  a  Gastone  di  Foix  ordinato  da  Francesco  I  dopo  la  battaglia  di  Mele- 
gnano  ;  il  giovane  condottiero  era  rimasto  ucciso  nel  1512  nella  battaglia  di  Ra- 
venna e  la  sua  morte  gloriosa  era  stata 
cantata  in  poesie  popolari  stampate  a  Mi- 
lano, a  Venezia,   a  Bologna, 

Lo  scultore  avrebbe  incominciato  il  la- 
voro intorno  al  15 15  e  nel  152 1  era  al  ter- 
mine dell'opera  grandiosa,  se  crediamo  al 
Cesariano.  Il  monumento  fu  tolto  dalla  chiesa 
di  Santa  Marta  delle  Agostiniane  quando 
questo  edificio  fu  atterrato  e,  messe  in  ven- 
dita le  sculture,  i  frammenti  della  bella  opera 
andaron  disseminati  dovunque. 

Diego  Sant'Ambrogio,  sulla  guida  di  un 
disegno  del  South  Kensington  che  riproduce 
un'idea  dell'insieme  del  monumento,  si  studiò 
di  precisare  quali  dei  molti  pezzi  scolpiti  do- 
v  irti  al  Bambaja  spettassero  al  mausoleo  di 
Gastone  di  Foix  e  quali  al  monumento  Bi- 
rago  in  S.  Francesco  Grande.  L'insieme  del 
primo  si  componeva  di  una  serie  di  bassori- 
lievi di  fatti  d'arme  e  delle  gloriose  gesta 
del  giovane  eroe  ornati  eli  fregi  e  di  figure 
he.  La  parte  più  caratteristica,  la 
star.  ente,  e  diversi  particolari,  si  con- 

servati   Oggi   presso  Archeologi) 

milanese.    Le    varie    parti    del    monumento 

go  11  ~22\  del  quale  il  Sant'Ambrogio 
presentò  una  ricostruzione  grafica,  sarebber 
quelle  conservate  a  Varese,  all'  Isola  Bella 
n'-ll  pp  Ila  dei  Borromeo,  a  Castellazzo, 
nel  castello  di   B<  Museo   della 

Certosa  di  Pavia,    nella  ^.mbro- 

Cri  Ho  incoronato 

me  -  p>  il  popolo  -  caduto  sotto  la  croce  -  spogliato  delle  vesti)  e,  nel 

Museo  Archei  F  mone  e  frammenti  minori.  Il   Vasari  vide  a  post.,  la 

tura  ìnula  e  murala  ne  lodò  ì  belli   Hmi  ornamenti. 

Se  la  ri<  ta    dal  Sant'Ambrogio    risponde  al  ver..,  è  certo  che  il 

•aia  non  era  felice  distributore  delle  vari'-  parti  de' suoi  monumenti      che  man- 
ticlle linee  d'insieme       quanto  era  molle  e   manierato 
I    .       :•    <• .    dell     tomba  'li  Gastone    di    Foix  rappresentano    il    colmo 
delia  virtuosità  dello  -  io  tempo,  di  quelli  1  he  gli  autori  del   (  f- 


)f)t|l|    IIIKIHUDU 


li  \\  un  CASA  BAOATTI-VAI    i  l 


ANDREA    FUSINA:    MONUMENTO    A    DANIELE    BIRAGO    NI  Ll.A    CHIESA   DELLA    PASSIONI!. 


ANDREA  MONUMENTO    \l     VESCOVO    G     B     BAGAROTO 

(MI  SI  0    IRCHI  ni.iH.ii  o 


i4o 


I  IALIA  ARTISTICA 


cerone  chiamaron  la  caricatura  dello  stile  lombardo,  notandone  la  mollezza  senza  ca- 
rattere delle  figure,  il  drappeggio  a  pieghe  monotonamente  parallele  e  senza  studio 
del  vero,  le  figure  pomposamente  manierate  e  di  cattive  proporzioni.  Nelle  sue  ul- 
time opere  posteriori  al  1537  —  la  tomba  del  cardinale  Caracciolo  e  quella  di  Giov. 
A.  Vimercati  in  Duomo  —  divenne  freddo,  insignificante,  benché  più  calmo  e  mi- 
surato. Gli  appartiene  verosimilmente  anche  la  lapide  tumulare  di  Francesco  Orsini 
(;  1515)  nell'andito  presso  la  sagrestia  di  S.  Fedele,  già  in  S.  Maria  della  Scala. 
L'arte  del  Bambaja,  men  che  nel  monumento  a  Lancino  Curzio  e  in  qualche  bel 
gruppo  qua  e  là        la  Flagellazione  del  Museo  anzi  tutti  — ,  esorbita  dal  severo  campo 

della  scultura  per  entrar  quasi  in  quello 
pittorico  o  dell'intagliatore  :  egli  fece  stu- 
pire i  vecchi  storici  compiacenti  e  ottiene 
ancora  ammiratori  convinti  pel  suo  rag- 
gruppar figurette  di  guerrieri  scolpite  a 
tutto  tondo,  pel  dar  forte  risalto  di  ombre 
e  di  luci,  pel  ricamare,  piegolinare,  tritare 
i  suoi  fregi  ricchissimi  profusi  a  piene 
mani,  qualche  volta  con  eleganza  gran- 
dissima. 

Qualche  sua  figuretta,  esile,  piena  di 
reminiscenze  classiche,  delicata,  presenta 
vere  attrattive:  ma  l'aver  esteso  a  tutte 
le  stesse  forme  manierate,  avvolgendo  i 
corpi  in  larghi  manti  a  mo'  di  fascie, 
piegando  leziosamente  le  teste  sulla  spalla 
a  dar  grazia  ricercata,  accarezzando,  li- 
sciando, pettinando  quelle  chiomate  teste 
di  santi,  più  che  non  avesse  fatto  Cri- 
stoforo Solari  stesso  (di  questo  scultore, 
che  sta  a  sé,  parleremo  più  innanzi),  — 
e  in  ciò  il  Priosco  fu  probabilmente  seguito  dai  molti  suoi  aiutanti  ricordati  dal 
D'Adda  finì  col  danneggiar  l'arte  sua  e  mutarla  in  meschina  maniera  industriale. 
Se  certi  gruppi  son  vivaci  e  pieni  di  movimento,  le  figure,  in  confronto  alla  grande 
statuaria  e  ai  vigorosi  tentativi  di  naturalismo  dei  Mantegazza  e  dell'Amadeo,  ed 
esaminate  una  per  ima,  stanno  come  sta  la  miniatura  alla  pittura  e,  per  dirla  col 
Muntz,  più  d'una  servirebbe  bene  per  coronamento  d'una  pendola. 

Altri  artisti  sono  ricordati,  per  modeste  opere  di  scultura,  nelle  vecchie  carte 
della  fabbrica  del  Duomo  nel  quattrocento:  Biagio  d' Alessandria,  Alberto  da  As- 
sisi, Martino  Benzoni  (1473-1478),  quattro  Brioschi,  Matteo  Castoldi,  Lorenzo  da 
<  ivate,  Antonio  Del  Conte,  Simone  Grassi.  Bernardino  Maggi  ricordato  nel  1487  per 
aver  eseguito  un  modello  nel  tiburio  ideato  da  Leonardo  da  Vinci,  Giov.  Pietro 
Mozaj^o,  Urbano  da  Pavia,  Gabriele  da  Rho,  Giorgio,  Francesco  e  Pietro  Antonio 
Solari,  Giacomo  Sora,  Beltramino  Zutti  da  Rho. 


I  1  SIN  \ 
CESCO 


MADONW    COL   FIGLIO   BENEDICENTI     PRAN- 
DI   FRANCIA     COLLEZIONE  BORROMEO), 

(Fot.   Alinari). 


MILANO 


i-M 


La  pittura  lombarda,  nel  periodo  che  precede  quello  delle  ricerche  naturalistiche 
e  dello  studio  tenace  del  vero  a  creare  l'opera  d'arte  per  merito  dei  preleonardeschi, 


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I  Avkjmo  tdu*ì  n 


i.llll  ^A     IjI.i.i    INLOHOSATA   -     MONL'MFNTO    rOLtìNTINO 


«vera  e  di  limitato  ini  ilmente  in  confi  quella  del  periodo  cor- 

rispondente in    l 

B  empio  dell'arte  anteriore  al   XIII  secolo  ioti  gli  avanzi  ricordati 

da  Cavalcasene  1  tenti  Bulla  tomba  dell'abate  Guglielmo  Cotta  del    1  167 

figure  ■  ond  in   fondi  1  gi  illasl  Ile  biani  he,  e 

i  frammenti   veduti  nella  1  dai    ricordati   scrittori,   nonché    le    figure  di 


I  ITALIA    ARTISTICA 


martiri,  di  santi  e  del  Crocefisso  in  una  terre  rotonda  presso  il  Monastero  Maggiore, 
che  verosimilmente  però  son  posteriori  .li  qualche  poco  a  quanto  ritennero  i  citati 
scritl   ri. 


il.   ORDPPO   DELLA   DEPOSIZIONE   l'I   ti.   C,  GII    ATTRIBUITO    Al.  CAKADOSSO. 

[■ni.  Cu  li  i  i-  [intaglili). 


Pel  il  maestro   più  noto  è  Giovanni  da  Milano  p  Giovanni  Jacobi  come 

vollero  l  i\  ilcaselle  e  Crowe  (più  esattamente  Giovanni  di  Giacomo),  che  lavorò 
dal  1365  in  avanti:  ma  la  sua  attività  si  svolse  fuor  di  patria  e  principalmente  a 
Firenze,  dove  si  stabilì  nel  [366  e  ottenne  la  cittadinanza.  Le  suo  opere  rivelan  la 
maniera    senese   fusa  con  la  fiorentina,  gran  diligenza  di  disegno  e  tendenza  al  rea- 


M  I  L  A  X  O 


M3 


lismo.  II  Vasari   assicura    che    egli  lavorò  qualche   po'  anche  a   Milano    dove  morì; 
ma  in  patria  non  si  saprebbe  indicar  nulla  di  suo. 

Di  quel  secolo  v'  è  qualche  avanzo  modesto  e  informe  qua  e  là  :  in  San  Lo- 
renzo un  frammento  entro  un 
arcone  a  rao'  di  arcosolio.  in 
qualche  chiesa  del  suburbio 
S.  Maria  di  Monzoro,  la  chiesa 
Rossa  presso  la  Conca  Fallata, 
S.  Cristoforo  sul  Naviglio  fuori 
di  porta  Ticinese)  e  minori 
avanzi  su  qualche  pilastro  o  su 
qualche  parete  di  chiese  mi- 
lanesi. 

Degne  di  nota  son  le  fi- 
gure a  fresco  al  di  sopra  della 
porta  della  chiesetta  di  destra, 
in  S.  Cristoforo  sul  Naviglio 
(bell'esempio  di  due  chiese  ab- 
binate dell'inizio  del  secolo  XV 
e  ornate  di  cotti),  che  rappre- 
sentan  la  Vergine  in  ricca  cat- 
tedra gotica,  fra  S.  Crist 

5.  Antonio  che  a  lei  pre- 
senta due  fedeli,  e,  in  una 
zona  sottostante,  la  Crocifis- 
segnata  col  nome  del 
pittore,  Bassanolus  de  Goa- 
raeiis  piiixit.  Il    modesto    pit- 

-,otto  l'influsso  della  scuola 
è  lontano  dalle  forme 

:ch'-  di  <  riovanni   da    M 
lano,  benché  1"  ricordi  qualche 
m-llr-   lunghe  mani  e  nel 
piegar   dei    panni  che    però  il 

I 
mento  pana  verso  terra 

nelle  vesti  muliebri.  I 

Ari' Ih-    p  fre- 

eh'-  '■  '!>'•     firn 

una    lunga  1    e    la 

:        nella  composi:  pr  la  1  '  Brera,  con  la  V<  rgine  in  trono 

e  il  Bambino  in  atto  <li  benedire    un  raccomandato   da    tre 

s;mti  fra  i  fjn.ili  S.  G  ulla  tomba  <li  Teodorico  da    Coirà  nella  demolita 

:  di  s    Maria  dei    Servi   in    Milano;  composizione  nella    quale  '••.••.,i  si  cerchi 


■AMllAJA      (TELA   IXKKKAKIA    DI 


HI     KO    IKCIII ICO 

(I  ..1 


M4 


ITALIA    ARTISTICA 


rebbe  invano  quella  scritta  col  nome 
ilei  pittore,  il  quale,  contrariamente 
a  quanto  vorrebbe  il  vecchio  cata- 
logo della  Pinacoteca,  non  si  rivela 
imitatore  di  Giovanni  da  Milano. 
Le  lunghe  figure  ili  Simone  da  Cor- 
betta  son  d'una  povertà  notevole, 
senza  corpo  sotto  le  vesti  fluenti  a 
pieghe  parallele,  e  senza  vigore  negli 
atteggiamenti  stentati  :  il  pittore  ha 
cercato  di  far  dimenticare  la  povertà 
della  propria  arte  curando  amoro- 
samente i  particolari  delle  vesti  e 
specialmente  dell'armatura  del  San 
Giorgio.  Nella  stessa  collezione  di 
Brera  son  dello  stesso  secolo  alcuni 
altri  poveri  affreschi  frammentarli  : 
un  S.  Cristoforo  di  fattura  abba- 
stanza larga  e  migliore  del  vicino 
dipinto  di  Simone,  al  quale  non  deve 
appartenere,  benché  provenga  an- 
ch'esso dalla  chiesa  dei  Servi,  come 
un  S.  Francesco  che  riceve  le  Stim- 
mate, e  una  Madonna  col  Figlio  e 
una  Santa  Eufemia  di  povera  ese- 
cuzione e  in  cui  a  pena  i  troni  go- 
tici riccamente  ideati  mettono  un:i 
nota  vivace  all'  insieme  modesto. 

L'arte  giottesca  non  pose  quindi 
salde  radici  in  Milano,  come  osser- 
varon  Crovve  e  Cavalcasene,  e  lo 
studioso  che  voglia  aver  migliori  im- 
pressioni dell'arte  di  quel  periodo 
deve  recarsi  all'abazia  di  Chiaravalle 
—  dove  il  Rosini  vide  l'opera  ili 
Giovanni  da  Milano  e  il  Cavalcasene 
preferibilmente  quella  d'un  seguace 
di  Simone  da  Corbetta  —  o  piut- 
tosto a  Solaro  o  a  Tentate  nella 
cappella  di  S.  Stefano,  dei  Porro 
Schiafinati,  o  in  quella  della  vicina 
Mocchirolo  :  il  pittore  fresco  con 
molto  sentimento  drammatico  i  fatti 
della  vita  di  Santo  Stefano  e  di  S.  Caterina  e  i  componenti  della  famiglia  Porro  a 
Lentate,  e  il   Redentore  benedicente,  gli  emblemi   degli  Evangelisti,  gli  offerenti,  il 


BAMBAJA 


PIETRA    TOMBALI:  DI  CASTONI     l'i    POIX 

mi  si  n    AKUII.OLOOICO).  (Fot.    BfOgi). 


MILANO 


H5 


matrimonio  mistico  di  S.  Caterina,  la  Crocifissione  a  Mocchirolo,  fondendo  con  rara 
arte  rappresentativa  lo  spirito  drammatico  con  la  più  geniale  festosità  che  si  afferma 
principalmente  nel  coro  vaporoso  d'angioli  dalle  lunghe  ali  che  circondano  i  vari 
membri  della  famiglia  Porro  inginocchiati  dinnanzi  alla  Vergine  o  che  si  librano 
gaiamente  stendendo  una  corona. 

Lo  studioso  deve  quindi  di  preferenza  studiare  i  codici  miniati  del  tempo  se 
dell'arte  pittorica  del  XIII  e  del  XIV  secolo  in  Milano  stessa  oggi  vuol  rendersi  conto  : 
e  vedrà  con  profitto  il  Plinio  della  Biblioteca  Ambrosiana  (E,  24  inf.),    miniato   nel 


ahi    mila   ruriiA   rollimi.   DI  0 ASTONI    ih   ioix    mimo  ARCHEOLO I). 


1389  da  fra  Pietro  di  Pavia,  il  messale  detto  di  G.  Galeazzo  Visconti  della  basilica  di 
S.  Ambrogio,  miniato  intorno  al   1395  dal  lombardo  Annovello  da  Imbonate  e,  nella 
[ense,  del  secolo  XIV   ['Esposizione  rimata  dì  Storia  Sacra   del   Nuovo  Testa- 
mento  in  dialetto  mil  tro   da  Bescapé  (AD.   XIII,   pi  ornato  «li  ben    90 

olori  men  che  per  le  rami  che  son  del  colore  naturale  della  per- 
gamena, una  BibbiaS  v.  '      XIV,  24-27)  già  della  <  ertosa  'li   Pavia,  con  le  im- 

e    r  1 1 1  r  1 1  •  •  Itre   qualche  1  odice    d'  import 

minore. 

metà  del   XV  secolo  è  ricordo  a  Milano  «li  un    Michelino  pittore: 

l.,]in.iri    da    Besozzo  etto   dei    dintorni  «li    Varese  (non 

,,.  dj   \v  ippose  il  Bouchot  I)        che  molto  lavorò  pel   Duomo  di 


i46 


ITALIA  ARTISTICA 


Milano,  anche  coadiuvato  dal  figlio  Leonardo  autore  dolio  miniature  nella  cronaca 
illustrata  già  di  pri  prietà  Morbio  ora  Crespi  e  che  si  firmò  nell'affresco  dell'incoro- 
nazione della  Vergine  in  San  Giovanni  a  Carbonara  a  Napoli.  L'ultimo  ricordo  di 
Michelino  nelle  carte  del  Duomo  è  del  1442.  Nel  palazzo  Borromeo  una  sala  a 
terreno  è  tutta  frescata  con  gaie  rappresentazioni  di  donzelle  e  di  giovani  cava- 
lieri  intenti   ai   giuochi      -  del    tarocco,   della  balla,  della   danza  a  cadenza  di  mani  — 


BAMBAJA  I    I  A    FLAOI  I  I.A/loM     '  MI  SI  (I    AKi.lll  oi.OOIt  d 


in  piena  campagna  :  è  una  vivacissima  serie  di  scene  della  vita  signorile  lombarda 
nella  prima  metà  del  XV  secolo.  Se  ne  fece  merito  a  Michelino,  forse  pel  fatto 
elio,  se  deve  credersi  a  Gaetano  Cattaneo  che  vi  avrebbe  letto  il  nome  di  quel  pit- 
tore, si  credetter  sue  le   vicine   pitture  del  portico  del    cortile. 

Pietr«>  [oesca  non  crede  di  Michelino  né  le  une  né  le  altre:  e  nemmeno  una 
tavoletta  dèi  tesoro  del  Duomo  di  Milano,  nella  quale  il  nome  di  Michele  da  Besozzo 
risulterebbe  una  falsificazione.  Sola  testimonianza  sicura  dell'arte  del  maestro  lombardo 
sarebbe  una  piccola  tavola  firmata  MicheliflUS  fecit  della  Pinacoteca  comunale  di 
Sipna   affine  all'arte   di   Stefano  da  Zevio  ;    un   affresco  di   artefice  derivante  dal    pit- 


M  I  L  A  X  O 


147 


B.    PIETRO.IN    OESSATE      -    STATI   \    FUNERARIA   IH    AMHKOGIO    GKIFO. 


tore  della  tavola  di  Siena  è  in  Santa  Maria  presso  S.  Celso,  a  Milano,  sul  quale  lo 
stesso  studioso  richiamò  l'attenzione  notati  lo  che  può  esser  ritenuto  come  intermedio 
fra  l'opera  di  Michelino  e  gli  affreschi  dei  Zavattari  noi  Duomo  di  Monza,  ove  si 
svolgon  logicamente  le  forme  e  la  tecnica  coloristica  della  tavoletta  di  Siena. 

L'arte  di  Michelino  da  IVsozzo  rappresenta  uno  stadio  avanzato  in  confronto 
a  quella  di  Giovannino  de'  <  rrassi  -  s'è  parlato  di  lui  accennando  alla  scultura  a 
Milano  nel  trecento  —  non  soltanto  cronologicamente.  Il  Grassi  — ■  riassumo  anche 
qui  il  diligente  studio  del  Toesca  —  si  riavvicina  per  qualche  lineamento  agli  artisti 
veronesi,  e  come  questi  possiede  un  senso  line  ed  oggettivo  nel  cogliere  l'esteriorità 
delle  cose  e  specialmente  degli  animali,  ma  i  suoi  disegni,  anteriori  al  1398,  non 
derivan  dall'arte  dei  Veronesi  e  lo  indicar!  precursore  ili  Michelino,  molto  celebrato 
nel  disegnar  animali. 

L'influenza  nordica  appare  più  distinta  nell'opera  di  Michelino  che  in  quella 
d»-l  Grassi:  dati  i  rapporti  fr.i  Milano  egli  artisti  d'oltralpe,  la  cosa  è  spiegabilis- 
sima. Gli  i"  i  dipinti  dei  Zavattari  appartengo!)  pre- 

lente  a  uno  stile  cip-  in  tutte  le  sue  varietà    locali    presenta  un'intima  omoge- 
e  nel  quale  ì;  sentimento  pittorico  e  ornamentale  prevalse  esageratamente  sul 

•dea  delle  forme  e  che  presenta  rapporti  solamente  oc- 

itile  dei  Veronesi.  Sarei)!). ■  quindi  inesatto    dar  troppa  importanza 

a  quei  rapporl  derivati    da  modelli    comuni  e  da    somiglianza    d'ambienti    dir» 

-o  in  divei  la  Verona,  un  ugual  portato  Perciò,  se  anche 

il  loro  deplorevoli  on  consigliasse  un  prudente  riserli  >,  non  potremmo  vedere 

li  della  cappella    [orriani    in  ■  I"-  un  altro    esempio  *  1  i 

quella  comunanza  d'ideali  art  ente  l'opera  di  Pisanello  come  vide 

-iteri  possiam  giudicar  l'opera  d'un  modesto  pittore  chi 

■-  'lai   1152  al   1  ;  Moretti  cremonese  e  pittor  di  piccoli  qua 

dri.  di  barde  tilt,  di  stendardi  pres  ■    del  quale  .'•  un  qua 

dro   I  opera    delti  ata,  doli  ■•,  dal   1 1  fiorito 


148 


ITALIA   ARTISTICA 


pallido,  tranquillo,  le  carni  apena  soffuse  di  rosa  qua  e  là,  i  capelli  a  lumeggia- 
ture d'oro,  i  nimbi  dorati  a  rilievo,  e  che  sarei  stato  lieto  di  veder  qui  riprodotta 
s  •   il   proprietario  me  lo  avesse  concesso. 

Questa  volta  tuttavia  i  modesti  rapporti  fra  l'arte  del  maestro  cremonese  e  il 
Pisanello  potrebber  anche  trovar  ragione  in  un  vero  influsso  del  maestro  di  Verona 
sul  Moretti  :  almeno  le  date  e  certe  considerazioni  d'ordine  subalterno  autorizzano 
l'ipotesi,    se  veramente  Pisanello,  come  assicurò  il  Cesariano,  dipinse  nel    castello  di 


HI  sii)    masi  HII.l     IN   TERRACOTTA   (MUSEO   ARCHEOLOGICO). 


Pavia  dove  molti  artisti  lombardi  lavorarmi  a  lungo:  né  quelli  eran  stati  i  soli  rap- 
porti fra  Vittor   Pisano  e  la  corte    sforzesca. 

Dei  Zavattari  sarebbe  impossibile  riscontrare  i  caratteri  in  pochi  frammenti  che 
a  Mi], mo  lor  vengon  attribuiti  ed  è  a  Monza  solamente  che  l'arte  loro  vivace  e 
ispirata  a  naturalismo  può  essere  studiata  a  dovere.  Dei  pittori  che  lavoraron  alla 
corte  di  l'ili]'])n  Maria  Visconti  e  di  Francesco  Galeazzo  Maria  Sforza  abbondar. 
ri'  orili   nelle  carte  sforzesche,  ma  sarebbe  ben  difficile  identificarne  oggi  la  loro  per- 

lità    artistica,    che,  ad  ogni  modo,    dovette    esser    piuttosto    modesta. 

11  primo  maestro,  per  ragion  di  data,  per  merito  del  quale  la  pittura  si  afferma 
in  Lombardia  con   tendenze  nuove   è    Vincenzo  Foppa,  nato  fra  il    1425  e  il   1430  a 


M  I  L  A  X  O 


M9 


Brescia,  che  intorno  al  1460  decorò,  a  Milano,  il  Banco  Mediceo  e  nel  146 1  era 
già  detto  maestro  e  peritissimo  nell'arte  sua  ;  arte  che,  dopo  quell'epoca,  lasciò 
tracce  prosperose  a  Pavia,  a  Monza,  a  Genova,  a  Milano.  Le  recenti  scoperte  d'ar- 
chivio assicuran  ch'egli  morì  ben  più  tardi  di  quanto  fin  qui  si  credesse  e  precisa- 
mente fra  il  maggio  del  15 15  e  l'ottobre  del  15 16,  ciò  che  rende  inutile  l'esistenza  di 
un  Vincenzo  Foppa  iunior  al  quale  accennava  qualche  biografo.  A  Milano  le  sue 
opere,    —  gli    affreschi  vivaci  coi  fatti  della  vita  di  S.  Pietro  Martire  nella  cappella 


MUORE   DA  CORBRTTA      MADORRA  COL  HOMO,   B.  CATERINA.,  B    OiOKOIO 

s  ima   DBLDBRICO  DA  <  OIRA  (R.   PIMACOTH  A   ni   BRERA). 


Cortinari  ,r:o  (non  p'-r  intero  opera  sua  tuttavia),  il  martirio  'li  S.  Seba- 

stiano, una  Madonna  col  Figlio  fra  S.  Giovanni  Battista  <•  S.  Giovanni   Evangelista, 
a  fresco,  del  a  grande  polittico  proveniente  da  Bergamo,  tutti  ni  Ila  Pinacoteca 

di  lirr-ra.  il  martirio  di  s.    -  mo,  una  piccola   Madonna  nella  Pinacoteca  comu- 

m'aitra  nel     '  1  terza  nella  collezione  Crespi,  un'altra  an- 

cora nella  I  rizzoni,  un  1  nel  Mu  eo  Borromeo,  per  non 

oli       nell'impasto  bruno  del  colorito,  nella  ricerca  del  vero, 

nella  dolcezza  dell<  olte,  nell'aggruppamento  delle 

figure,  nel  piegar  dei  panni.  ria  nuova  a  Milano  e  una  derivazione, 

1       ,  dalla  for  la  padovana    L'op  diosa  è  la  decorazione 


ITALIA    ARTISTICA 


l'Ai  .AZZO    IìOUKOMI.ii  <, Il  <>(,(>    DI  L    TAKOl.l.U    IN    INA    SALA    A    PIW     Il  UHI  SO. 


a  fresco  della  cappella  Portinari  eseguita  intorno  al  1468.  Il  pittore  aveva  poco  prima 
lavorato  nel  gran  chiostro  della  Certosa  di  Pavia  e  a  Santa  Maria  delle  Grazie  a 
Monza  ;  e  poiché  la  cronaca  del  Bugatti,  compilata  nella  seconda  metà  del  secolo, 
ascrivo  al  14Ó0  l'inizio  dei  lavori  della  cappella  e  si  sa  che  nel  1468,  quando  il 
Portinari  morì,  la  cappella  stessa  era  finita  di  tatto  ponto,  possiam  precisare  fra  quelle 
•  lue  date  l'epoca  degli  affreschi  eseguiti  da  Vincenzo  Vecchio,  come  ricorda  la  cro- 
:ur,i  stessa.  Wlle  pareti  laterali  il  Poppa  rappresentò  quattro  scene  della  vita  del 
santo  :  la  predicazione  a  Firenze,  popolatissima,  il  miracolo  dell'ostia  pel  quale  il 
domenicano,  alzando  il  pane  eucaristico,  confuse  il  falso  taumaturgo,  il  miracolo  del 
giovine  di  Xarni  caduto  dall'alto  di  un  edificio  e  salvato  dal  santo,  l'uccisione  di 
S.  Pietro  nel  bosco  di  Farga  presso  Barlassina.  Le  rappresentazioni  minori  ripro- 
durci mezze  figure  nei  pennacchi  entro  finti  tondi  ornati  di  marmi  bianchi  e  neri,  le 
teste  d'apostoli,  l'annunciazione  e  l'assunzione  della  Vergine;  ricche  decorazioni  pe- 
rdali fra  loro  le  varie  scene.  Nei  leggiadri  gruppi  d'angioli  biondi, 
diafani,  veramente  spirituali,  in  quelli  stessi,  biancovestiti,  reggenti  le  targe  araldiche, 
nella  Vergine  assunta  al  cielo,  la  grazia  e  il  sentimento  si  sposano  a  creare  il 
capolavoro.  Sembra  che  un  secondo  artista  abbia  coadiuvato  il  Poppa  nel  gran- 
dino lavoro  eseguito  —  (Arse  per  le  sollecitazioni  del  committente  —  in  troppo 
bp've  tempo:  è  certo  che,  come  notava  il   Burckhardt,  le  scene    dell'annunciazione 


M  I  L  A  X  O 


151 


e  dell'assunzione  della  Vergine  presentano  un  colorito  più  brillante  delle  altre  e  che 
in  alcune  figure  delle  più  popolate  scene  appaion  tipi  e  tonalità  diversi,  più  pesanti, 
men  belli  dei  soliti  del  repertorio  foppesco.  Nella  scena  della  predica,  accanto  a 
figure  femminili  un  po'  tozze,  bionde,  paffute,  proprie  del  Foppa,  e  a  figure  d'  uomini 
che  ricordan  gli  sgherri  dei  Martiri"  di  S.  Sebastiano  di  Brera,  ve  ne  son  altre  elio 
non  si  troverebbero  facilmente  nelle  più  sicure  opere  del  maestro  ;  nelle  scene  del 
martirio  e  del  miracolo  specialmente  diverse  figure  possono  lasciar  credere  noli'  in- 
tervento di  un  aiutante  nel  lavoro.  E  forse  questi  quel  Bartolomeo  da  Prato  (pae- 
setto  nel  bresciano  1  detto  anche  Bartolomeo  Bresciano  —  del  quale  trovo  notizie 
nel  carteggio  sforzesco,  dal  1462  al  1469  —  che  lavorò  pel  Duca,  per  Pigello  Porti- 
nari  nella  cascina  Mirabello  (della  pittura  restati  modeste  tracce),  famigliare  del 
Duca,  aiutato  dalla  duchessa  Bianca  Maria,  in  rapporti  con  Bartolomeo  Colleoni  e 
con  un  pittore  forestiere  che  dipingeva  nel  castello  di  Malpaga  nel  1469  ed  egli 
stesso  pittore  ricercato  e  «  singolarmente  favorito  da  Pigello  Portinari  »,  al  quale 
si  dichiarava,  precisamente  quando  si  lavorava  intorno  alla  cappella,  fidelissimiis 
servitor  in  omnibus,  vantandone  poi  il  kne  ricevuto. 

lei  caposcuola  fruttò  vantaggiosamente  su  numerosi  pittori  lombardi 
e  prima  d'ogni  altro  su  Bernardino  Butinone,  trevigliese,  al  quale,  pei  confronti  con  la 
arrocchiale  di  Treviglio  eseguita,  insieme  al  conterraneo  Bernardo 
/••naie,  nel  1485  r-  col  trittico  di  Brera,  si  possono  attribuire  altre  opere,  fra 
cui  gli  affreschi  della  cappella  Grifi  in  S.  Pietro  io  Gessate  eseguiti  in  comune  con 
I      Amale,  una  Madonna  in   trono  col  Bambino    e  sei    angioli    e  m   la  firma  falsa  del 


152  ITALIA  ARTISTICA 

Mantegna  nella  collezione  Scotti,  in  corso  Venezia,  e  le  decorazioni  dei  chiostri  e 
dei  pilastri  in  Santa  Maria  delle  Grazie,  tutte  a  Milano,  oltre  qualche  opera  fuori.  La 
figura  artistica  del  socio  di  Bernardo  Butinone,  lo  Zen. ile,  è  men  facilmente  precisa- 
bile pel  fatto  che  nessuna  opera  sua  sicura  può  mostrarsi,   né  il  trittico    di    S.  Ara- 


\      MUTA.    MARTIRIO   l'I    -    SEBASTIANO     R,    PINACOTECA   DI    HKtKAj. 


brogio  presso  la  sagrestia  è  ben  certo  gli  appartenga  tanto  appare  rude  e  povero, 
nonostante  che  il  Caffi  assicuri  averlo  veduto  sull'altare  del  demolito  oratorio  della 
,n".  pel  quale  precisamente  lo  Zenale  —  come  rilevo  da  un  documento  —  aveva 
dipinta  l'ancona  de  Vallare  per  L.  227.1  1  nel  1401.  Non  son  disposto  a  vedere  la  mano 
dello  Zenale  nella  nota  pala  della   Pinacoteca  di    Brera   con  la   Vergine  in    trono,   i 


v.    POPPA      PARTICOLARI    DEGLI    AFFRESCHI    NELLA    CAPPELLA    DI   8.   PIETRO    MARTIRI 

IN  8.  EU 8  rOROH  > 


'54 


I  ["ALIA   ARTISTICA 


dottori  della  Chiesa  e  la  famiglia  Sforza,  eseguita  nel  1494,  come  assicura  una  lettera 
del  carteggio  sforzesco,  da  un  ignoto  maestro,  soggetto  all'influenza  della  grand'arte 

di  Leonardo  (influenza  che  le  opere  sicuramente  attribuibili  allo  Zenale  in  coopera- 
zione col  Bininone  non  rivelano  affatto),  rigido  nelle  sue  forme  compassate,  privo  di 
genialità  e  pi  :  d  ligente  esecutore  che  felice  compositore  e  colorista:  al  quale  devesi 


V.    FOPI'A       S.    IMI   I  I  11    MARTIRI     OUARISCE    l\    I  I  KI  rO  AFFRESCO    NELLA   cAPPKLLA   DI    S.    IMI. TUO    MAUTIKK 


attribuire  anche  una  Madonna  con  S.  Rocco  e  un  donatore  della  raccolta  Cora  a 
Torino,  della  quale  il  disegno,  molto  affine  a  diversi  disegni  leonardeschi,  si  conserv  .1 
ni  1  British  M  iseum.  Vicina  ma  inferiore  a  quella  del  Foppa  è  la  maniera  di  Vin- 
cenzo Civerchio  di  Crema  che,  dopo  il  1493,  si  stabilì  a  Brescia.  A  Milano  la  sua 
Adorazione  del  Bambino,  delicatamente  eseguita,  segnata  con  le  sue  iniziali  intrecciate, 
proveniente  da   Brescia,  oggi  nella  Pinacoteca  braidense,  e  l'altra  tavola  più  debole 


:  MI    M.oNkll    NELLA    (.AITI  i  l.A    (.imi    IN    -     PIETRO    i\    <.ls-v\il 


V     CIVERCHIO  :    L'ADORAZIONL   DEL    BAMBINO    (l>\    PINACOTECA   DI    BRERA). 


VICO  il.  MORO  i    Bl  \  i  .-l'i    D  l     il    '-"I  PIOLI  DINNANZI    Mi  \  VEROINI    (R,  PINA»  OTEI   \  DI  BRERA) 


I;     VMANTIKO:    LA    CROCIFISSIONE    (R.    PINACOTECA    DI   BRERA). 


MILANO 


159 


e  imbrattata  da  ritocchi  con  lo  stesso  soggetto,  già  nella  chiesa  del  Carmine  e  mentre 
scrivo  depositata  nella  stessa  Pinacoteca  di  Brera,  provano  la  sua  derivazione  dal 
Foppa  e,  secondo  il  Morelli,  l'influenza  del  Civerchio  sul  Romanino. 

I  due  dipinti  ricordati  presentan  qualche  affinità  con  le  sculture  del  tempo  della 
maniera  dell' Amadeo  a  riprova  di  ideali  e  di  tendenze  comuni. 


\     IMBI  "-  I  W  \ 


ìuardi        detto  Bramantino  perchè  avrebbe  seguito  l'in- 
ie  «li  Willelm  Su;.].,  provan  ch'egli  n  i<-<|iu>  dopo 
in    Vaticano  e  s:    stabili    .1   Milano    dove  più  tardi 
Francesco  II  Sforza  lo  '."min.'»  suo  architetto  :  m<.ri  intorno  al  1536.   I 

on  tutt'.r.i  a  NI ii  V Adorazione  del  Bambino  dell'Ani- 

ma i,  1,,  te  qualche  recente  contraria    opinione),    un 

di  Brer  ffi  rande 


iòo 


ilTALIA   ARTISTICA 


Crocifissione  su  tela,  potente  e  vigorosa  nonostante  le  grandi  deficienze  di  disegno  e 
di  modellatura,  anche  senza  ricordare  altre  opere  oggi  attribuitegli  non  sempre  con 
sicura  attendibilità,  sia  a  Milano  che  fuori,  provano  la  originalità  del  maestro,  del 
quale  è  a  dolersi  non  si  conoscano  i  diretti  rapporti  (oltre  quelli  nella  collaborazione 
degli  affreschi  della  Pelueca  presso  Monza)  col  Luino  a  spiegare  la  derivazione  di 
quest'ultimo  dal  Suardi.  Così  qualcosa  dell'arte  potente  e  personale  di  Melozzo  da 
Forli  si  trasfuse,  col  tramite  di  Bramante  e  di  Bramantino,  nel  più  gaio  dei  pittori 
lombardi  del   Rinascimento  e  contribuì    forse    a    temperarne    la    foga   un  po'  frivola 


BBROOONONi  :    L'INCORONAZIONI 


AFFRESCO   NEL  CORO   DI   S.   SIMPLICIANO. 


degli  ultimi  tempi.  La  grazia  e  il  più  dolce  sentimento  cristiano  son  rappresentati 
nell'arte  lombarda  del  periodo  aureo  del  Rinascimento  da  un  maestro  che,  seguendo 
esclusivamente  la  propria  natura,  conservò,  nel  cinquecento  inoltrato,  lo  spirito  di  un 
quattrocentista.  E  questi  Ambrogio  «li  Fossano  detto  il  Bergognone,  ricordato  nei 
documenti  dal  14S1  al  1522.  Oltre  che  nei  numerosi  quadri  da  cavalletto,  anche  di 
notevoli  proporzioni,  egli  lavorò  a  fresco  nella  Certosa  di  Pavia  (1488-1494),  in 
S.  Satiro  a  Milano, all'Incoronata  a  Lodi,  di  nuovo,  pare,  a  Pavia  (1512-1514).  Le 
sue  prime  opere  presentano  una  maniera  grigia  di  caratteristica  intonazione  pallida, 
con  molti  richiami  alla  vecchia  tradizione  locale;  le  successive  invece  maggior 
fusione  li  colorito  e  più  felice  gradazione  di  tonalità,  pur  conservando  sempre  l'in- 
tensità primitiva  del  sentimento  religioso,  l'ingenuità,  le  tardive  reminiscenze  del 
misticismo  che  valsero  al  maestro  il  nome  di  Beato  Angelico  della  Lombardia.  «  Il 
vecchio  pittore  milanese  »  notava  il  Beltrami  «  inconscio  della  grande  evoluzione 
dell'arte    che    intorno    a    lui    si    effettuava,  riusciva    ancora  a  illuminare  la  volta  di 


MILA  X  O 


161 


S.  Simpliciano  con  riflessi  di  un'arte  che  già  si  poteva  considerare  spenta  ».  Infatti 
è  difficile  trovare  un  altro  esempio  più  strano  di  permanenza  artistica  di  questo  del 
Bergognone  che,  dopo  aver  disseminato  con  prodigalità  eli  gran  maestro  le  opere 
sue  (a  Milano  ne  restan  numerose,  a  Brera,  all'Ambrosiana,  nella  Pinacoteca  comu« 
naie,  nel  Museo  Poldi-Pezzoli,  nella  sagrestia  della  Passione,  in  Santa  Maria  di  San 
Celso  ecc.ì,  dava  esempio,  nel  comporre  il  grande  affresco  l'Incoronazione  delia  Ver- 


I  I88IONI  IFFHE8CO  NEI    l< l  i  l  l  l o ,|    s     DARIA  l>i  i.i.i    «il*  \/n 


gine  in  S.  Simpliciano  fra  vivacissimi  gruppi  d'angioli  suonanti  che  preludon  alla 
grande  orchestra  del  Santuario  di  Saranno,  di  un  attaccamento  a  formule  abban- 
donate, quando  già  Vt  Le  nardo  e  di  Raffaello  era  compiuta  e  I  iziano  aveva 
dipinta  ['Assunta  dei  I-rari  e  Michelangelo  la  vòlta  della  Sistina  e  Correggio  una 
delle  ìtr  ta  interessante  fenomeno  artistico  che  contribuisce 
a  <lar  atti  nostra  del  Rinascime  varia  <•  sempre  cosi 
profondai  mto  «liv-rs.i  per  ogni  regione  e  quasi  per  ogni  maestro  e 
pur  s<-m[»r<-  fonte  fre  emozioni  nuove  per  l'artista  e  per  Io  studiosol 
della  dolce  maniera  del   I            none  furono  il  fratello  Bernardino,    x 


102 


ITALIA  ARTISTICA 


brogio  Bevilacqua  detto  Li- 
beralo (che  nel  1483  fresco 
nella  parrocchiale  di  Lan- 
driano),  Sebastiano  da  Plu- 
rio  (che  lavorò  noi  paeselli 
lunge  lo  rivo  del  lago  di 
Como)  0.  mon  dirottamente, 
diversi  altri. 

Fra    i    maestri   prelconar- 
deschi  merita  ricordo  anche 
Donato  da  Montorfano  che 
svolse  la  popolatissima  com- 
posizione della  Crocifissione 
nel  Cenacolo   dolio    Grazie, 
e  l'affresco  con  l'ugual  sog- 
getto   dell'  antico    refettorio 
dell'ex    convento    di    S.  A- 
gostino   Bianco  al  pian   ter- 
reno   del    palazzo    Ravizza. 
in   Corso    S.  Celso    e,    men 
sicuramente,    le    figure    dei 
soldati    nella     Resurrezione 
della  cappella  ducale  nel  Ca- 
stello Sforzesco,  in  cui   però 
lo  stato  deplorevole  del  di- 
pinto non  permette  un  esa- 
me   definitivo,    nonché     gli 
affreschi    della    cappella    di 
S.    Antonio  in  S.  Pietro    in 
Gessate,  erroneamente   dati 
al  Butinone  da  qualche  vec- 
chio scrittore  d'arto;    men- 
tre invece  son  d'altra  e  ben 
più    debole    mano    i  dipinti 
ddla    vicina   cappella  della  Madonna  .lati  al  Montorfano  dal    Mongeri.    Il  Montorfano   e 
un  artista  rude,   energico,   poco  geniale.  I  tipi  de'  suoi  adulti  <•  specialmente  de'  soldati 
M   rozzi,  quasi  brutali,  dai   visi  quadrati,  rugosi,  accigliati,  lo  mandibole  enormi  ;  le 
riccamente  ornato  hanno  colori  chiassosi;  i   fondi  architettonici  di  tipo  classico 
son  ricchi  e  fantastici;    gli   angioletti   che  si  librano  intorno  al  Crocefisso  son  tozzi,  dallo 
iti  chiome  e  sembran  derivare  dal  Foppa.  In  complesso  il  Montorfano  rivela, 
come  il   Butinone  col  quale  ha  qualche  rapporto,  la  derivazione,  forse  indiretta,  dalla 
scuola  di    Padova.  La   Croci  fissione    del  palazzo    Ravizza    dov'essere    l'ultimo   lavoro 
del   pittore  di   Montorfano:    il  gruppo  delle   donne  ai  piedi  della    croce    non    manca 
di  soavità:  e,  specialmente  da  una  figura  muliebre  a  destra  del  riguardante,  parrebbe 
che  il  rude  pittore  fnisso  col  risentire  qualche  influsso  dell'arte   delicatissima  e  pro- 


s     l'IUKO    IN    GESSATE    -    Al  nascili    IN    INA    CAPPELLA, 


MILA  X O 


16: 


fonda  di  Leonardo.  Numerosi  altri  pittori  son  ricordati  nelle  carte  del  tempo  (ri- 
trattisti allora  apprezzatissimi  alla  corte  sforzesca,  quali  Zanetto  Bugatto  singolare 
ingegno  e  depenctore  ìiostro  dilecto  come  lo  chiamava  Galeazzo  Maria,  e  Baldas- 
sare  da  Reggio),  e  fra  essi  intere  famiglie  come  i  Bembo,  i  da  Vaprio,  i  da 
Montorfano.   gli  Scotti,  i  Malacrida. 


AKA//0    hll     KV    si  i   ni  fi      hi    i s  \    invili  A  Idi  A. 


rapidara  .«Itri  rami  dell'arte  in    quel   secolo  prima   'li    en- 
trare, pera  'li  Leonardo  a  Milano  e  della 
uà. 
tennero  il  campo,  in  quel  tempo,  in  Lombardia  ir.it.-  Antonio 


164 


ITALIA  ARTISTICA 


da  Monza  nella  miniatura,  Domenico  dei  Cammei  nell'incisione  di  pietre  dure.  Cara- 
dosso  e  una  pleiade  di  orafi,  di  bronzisti,  di  modellatori  di  cui  è  abbondanza  di  ri- 
cordi nei  documenti  più  che  di  opere  di  sicura  paternità  a  Milano.  Qui  venivan 
fabbricate  le  più  belle  armature  nelle  officine  dei  Missaglia  e  d'altri,  i  più  ricchi  pa- 
ramenti e  le  più  vistose  stoffe  d'oro  e  di  seta,  i  lavori  al  tornio  più  ricercati,  i  più 
grandi   vasi  di  cristallo  di  rocca.  Dalle  officine  milanesi,  per    dirla  col   l'iot,  uscivan 


STALLI    NELLA    BASILICA    IH    S.    AMliKOOIO. 


come  da  un  laborioso  alveare  quegli  sciami  d'artisti  che  si  sparsero  da  pertutto,  in 
Spagna,  in    Francia,  in  Germania,  a   Roma,   nella  stossa   Firenze. 

Le  notizie  abbondanti  tramandateci  dalle  carte  sforzesche  —  che  in  altro  scritto 
chili  occasi,  .re  di  riportare  —  relative  ai  ricamatola  e  agli  arazzieri  nelle  officine 
tessili  di  Aliano  provano  la  fama  che  in  tutto  il  mondo  vantava  l'industria  lombarda. 
Nella  seconda  metà  del  Quattrocento  i  nomi  di  Giovanni  Pietro  da  Gerenzano  (che 
lavorò  per  la  stessa  corte  di   Napoli)  e  di    san  figlio  Nicolò,  di    Bartolomeo  di   Mi- 


MILANO 


16' 


gnago  fra  i  ricamatori.  di  Giovanni  di  Borgogna,  di  Levino  Hersella  di  Fiandra,  dì 
Giovanni  Felice,  di  Pietro  Alont,  di  Guglielmo  Barnese,  di  Nicolò,  tutti  di  Picardia, 
fra  i  maestri  de  le  tapezarie  son  quelli  che  ricorron  più  di  frequente.  Alle  officine  di 
arazzi  e  di  tappezzerie  milanesi  arrivavan  richieste  da  ogni  parte,  persino  dal  re  di 
Francia  che,  nel  1472.  vi  ordinava  mia  tapezaria  per  la  galerie  du  Roy,  con  una 
serie  di  ritratti  in  caricatura  di  tutti  i  gentiluomini  della  corte  francese  raggruppati 
secondo  i  loro  difetti  naturali  e  i  loro  vizi,  e,  fra  gli  obstinafi,  il  re  in  persona!  Cu- 
riosissimo documento  che  prova  che  alla  corte  di  Francia  non  eran  certo  lo  spirito 
grossolano  e  il  buon  umore  che  facesser  difetto   allora!  Persino  Ambrogio  Predis,  il 


PAOIMI    ini.    UBEO    D  (mi     BORROMEO,    DI    CRISTOFORO    DI     PREDIS. 


tardo  da   '  iva  disegni  per  lo  riproduzioni  in  alto   riccio,  che 

bero  inv 

■  irde  del    Rin  is<  imento  riman- 

<  dei  dodici  mesi  dell'anno     della  collezione  [rivulzio. 

pi  della  dolce  arte  del  minio,  già  uscita  dal  mistero 

braidense  appaion  'li  artisti  lombardi  un  Breviario 

umbro  iano  (AG  Br  viari  1  ■  iriu  iano  (AD.   X.  \o),  le  Vite  dei 

io   (AG.  XII,    ,i    che 
oìario  donimi  ano  del  noto  Ambrogio  Marliano,  al 
quali  lont  nicano   (AP.  XI.  Ih    e  forse  un  Salterio 

della 


i66 


ITALIA  ARTISTICA 


Il  Beltrami.  richiamando  l'attenzione  sulle  miniature  di  Cristoforo  de  Predis,  os- 
servava  chea  questo  punto  e  con  lui  l'arte  del  minio  toccò  l'apogeo  della  sua  evolu- 
zione. Il  Predis  lasciò  il  proprio  nome  nel  libro  d'ore  Borromeo  della  biblioteca  Ambro- 
siana,  in  un  codice  della  biblioteca  del  Re  a  Torino,  in  un    messale  della  Madonna 


mi  M  ii   ruuil  ri. //oli   —   PACE  ni  i    w   SECOLI 


BASILICA   Di   B.    AHBEOOIO  08TBN80RIO. 

I  "t.    Alinari  i. 


del  Monte  sopra  Varese,  in  una  pagina  nella  raccolta  Vallace  a  Londra.  Alle  notizie 
raccolta  dal  D'Adda  rimandiamo  il  lettore  che  sulla  miniatura  lombarda  in  questo 
periodo  volesse  saperne  di  più.  Ci  basta  notare  che  le  opere  di  quel  maestro,  come 
dei  minori  presentano,  nell'aggruppamento,  nei  costumi  e  negli  sfondi  architettonici, 
nella  ricche/za  della  decoraziono  caratteri  prettamente  lombardi:  persino  i  motivi 
decorativi  trovan  riscontro  nel  solito  repertorio  della  scuola  pittorica  locale.  L'orna- 


MILA N O 


167 


mentazione  però  si  andò  limitando  a  servir  di  complemento  alle  lettere  iniziali  per 
non  soffocare  e  opprimere  le  minute  composizioni  figurate,  eseguite  secondo  le  nuove 
tendenze,  e  senza  più  testimoniare  1'  isolamento  che  era  stata  una  delle  caratteri- 
stiche di  quest'arte  gentile  prediletta  dai  dotti  e  'dai  bibliofili,  che  avevano  a  gran 
vanto  di  arricchire  le  loro  biblioteche  di  codici  riccamente  miniati. 

Della  gentile  arte  dell'intaglio  e  della  tarsia  son  meno  abbondanti  le  notizie 
scritte,  ma  numerosi,  per  fortuna,  gli  esempi  notevoli  del  tempo.  Tali:  nel  Museo 
Archeologico  una  grande  cornice,  opera  lombarda  in  cui  l'arte  dell'intagliatore  si 
fonde  mirabilmente  con  quella  del  pittore,  già  nella  chiesa  dell'Incoronata  di  Lodi  ; 
in  S.  Ambrogio  una  parte  degli  staili  del  coro;  quelli  in  S.  Maria  delle  Grazie  (del 


OFANO    IH  1,1.1    l\\t,i  I  mi. 


1  tesso  (1498);  quelli  del  Monastero  mag- 

1  ganza,  Eorse  dei  primi  anni  del  cinque- 

i  ota  Mari  Fedele  (traspi  >rtati  qui  da 

Maria  irati    di    prospettive    .1    colori    e    ornati    di 

•  1   Anselmo  del  Conte,   milanese.   Fra   gli  arredi 

1  valori   degli  art  bardi  del  Rinasi  mento  una  bella  paci 

•1  due  sportelli,  pn  ivvista  di  v  arie 

Rivolta  d'Adda,  ora  nel   Museo    Poldi-Pezzoli 

1  o  a  'In--  ir  mti  in  argenti  1  dorato  con  la 

e  un  trittico  di  bronzo  di  ir  ito  a  due  nielli  1 1  >i 

"i   «li  Lodovii  l  1    Beatrici  crno,  S.  Giorgio  e   la 

lei  Car  l  cui    non  è   pi  la    pater* 

•rirom  1  orafi  1  ome 
la   Morliano,   I  ram  esco  l 'in  ■  an<  ».   1  ►ell'offi- 


,68  ITALIA    ARTISTICA 

cina  dei  De  Pozzo,  di  cui  uno,  Ambrogio,  compi  con  Agostino  De  Sacchi  nel  1478 
la  grande  croce  di  Cremona,  sarebbe  invece,  secondo  Diego  Sant'Ambrogio,  il  ricco 
reliquiario  dotto  «  degli  Innocenti  »  in  S.  Ambrogio,  già  in  S.  Francesco  Grande  e 
creduto,  dal  Barbier  de  Montault,  molto  più  tardo.  Quanto  poi  alle  famose  fabbriche 
d'armi  a  Milano  — più  fiorenti  nei  periodi  successivi  a  quello  che  stiamo  esaminando 
in  mi  permetto  di  rimandare  senz'altro  il  lettore  al  bel  libro  del  Gelli  Gli  arma- 
toli milanesi,  tanto  più  che  gli  esemplari  maggiormente  notevoli  del  Rinascimento 
si  conservai!  quasi  del  tutto  fuori  di  Milano  e  il  ricordarli  esorbiterebbe  dai  modesti 
limiti   del  presente   studio. 

Ad  accennare,  di  sfuggita,  a  certo  rifiorimento  di  più  modesti  rami  d'arte  allora 
a  Milano  aggiungerò  che  ho  rintracciato  ricordi  notevoli,  per  l'arte  del  vetro,  anche 
di  un  Antonio  da  Firenze  che  lavorava,  nel  1455,  insieme  a  un  Antonio  del  Bello 
veneziano,  di  Giovanni  da  Monterone  che,  coi  fratelli,  aveva  un'avviata  fabbrica  noi 
1460  in  Lombardia;  per  l'arto  del  vasaio  di  un  Zanino  Alberghetto  che,  nell'ul- 
timo decennio  di  quel  secolo,  modellava  vasi  per  la  corte;  per  quella  dell'orologiaio 
di  un  Filippino  dv  Bassi  nel  1456,  di  Bassano  Dordone  negli  anni  successivi,  di  un 
maestro  Giovanni  Tedesco  ìiiaestro  de  lì orologi)  del  duca  nel  147 1,  di  Marco  Rejina 
(Raineri?)  che  copriva  la  stessa  carica   nel    1491. 

Così  Milano,  rinnovando  il  meraviglioso  spettacolo  di  Firenze,  vedeva  aggirarsi 
intorno  alla  corte  sforzesca  tutto  un  movimento  nuovo  d'arte  e  di  industrie  fioren- 
tissime.  Vedremo  successivamente,  in  questa  rapida  scorsa  storica,  il  trionfo  di 
quel  movimento  geniale  rappresentato  e  quasi  riassunto  dalla  grande  figura  di 
Leonardo  da  Vinci. 


CALICI    Bl  0RZB8C0  ni  i.  BBC.    XV.  (MU8B0  INDI  sridAU  I. 


BIBLIOGRAFIA 


Pel   I.°  capitolo  cfr.   principalmente: 

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nota  a  pag.  234.  —  Landriani.  La  basilica  ambrosiana  fino  alla  sua  trasformazione  in  chiesa  lombarda 
a  volte.  Milano.  1889  e  opp.  citt.  da  Venturi,  op.  cit..  Ili  voi.,  nota  a  pag.  206,  214.  —  G.  B.  To- 
schi.  Ambrosiana  (L'Arte,  I.   fase.  VI-I.\.   Roma.    1898,  e  opp.  ivi  citt.). 

Pel  II."  capitolo: 

A.  G.  Mever.  Oberitalienische  Frùhrenaissance  àer  Lombarda  '/aveller  Theil:  die  Blùthezeit,  Berlin, 
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Marc'.  A.    Venturi.    Storia   dell'arte  italiana.  Voi.   Ili    e    [Ve   opp.  di   Romussi.    Mongeri. 

ecc.,  citt.  al  I.  capitolo.  —  L.  Beltrami.  /,,/  cappella  di  S.  Pietro  Martire  (in  Arch.  Sto.  dell'arte,  V, 
1892).  —  A.  G.  Mever.  Lombardische  Denhmàler  der  vierzehnten  Jakrhunderts,  Gio.  di  Balduccio  u.  die 
Campionesen,  Stuttgart,  1893.  —  Caffi.  Della  chiesa  di  S.  Eustorgio  in  Milano.  Milano.  1841.  —  />'<>/- 
lettino  della  Consulta  del  Museo  Archeologico.  —  L.  Beltrami.  L'arte  degli  arredi  sacri  della  Lom- 
bardia,   Milano.    Hoepli. 

Pel    IH."  capitolo  : 

C.  Casati.  Vicende  edilizie  del  Castello  di  Milano,  1876.  L.  Bbltrami,  //  Castello  di  Milano  du- 
rante il  dominio  dei  Visconti  t  Milano,  Hoepli.  1894.  L.  Del  Mayno,  Vicende  militari 
\  te/io  di  Milano.  Milano,  Hoepli,  1894.  —  F.  Mai.aguzzi  Valeri,  I  Solari  architetti  e  scultori  lom- 
bardi lo  (in  ìtali  mgen  herausgegeben]  voi  Kunsthistorischen  Institut  in  Florenz, 
I.  Berlin,   1906)  <•  //  Duomo  di  Milano  nel  quattrocento  (in  Repertoriutn  tur  Kunstwissenschaft,   1901).  — 

'■':  i  :  •.   M  la  io    (  ogliati,    1884.  —  C.  Fumagalli, 

••  ;    ci     d    arte  nel    suburbi"   e   nella    città   ili    Milano, 

Paglioni.  —  A.'..  Mever.  opp.    citt.  al  capitolo  II.         F   Malagozzi  Valeri,  '-.   I.  Amadeo 
scultore  e  architetto  lombardo.  Bergamo,  Arti  Grafiche,   1904.        I..   Beltrami,  La   chiesa  di  s.  Maria 
delle  Grazie  ut  Milano  un  Ar.  h.  Sto.  dell'arte,    \.  vi.  fase.   li.        Mbrzario,    /   maestri    comacini,    Mi 
lano.   1894.    -    Pkhkins.   /.-•      ■■tirimi     italien  ,  Parigi.    Renouard,    1869,    II. 
Pel    IV.''   capitolo  : 

L.  Beltrami  Pietro   Martire   (Arch.  Sto.  dell'art,-.  \.   [892).        Bollettino  .Iella 

■  tu  \hiar.  i     Casati,    /  capì    d'Arte  di  Bramante  da    Urbino    nel 

tento  ni  Lombardia,  -.  d.       <  Sri 
Voi th-italv.  London,   Murray,   1867.        L     Punoi 

rno /  Bramante,  Roma  C    Ricci  /"  •/'  Ih  amanti- .  con  ap 

i..  Beltrami       /  <     ila    lei  maestri    forme,   Milano    Baldini  >■  <  astoldi,   [902.        I.   Bei 

thwu.  Broman  <    \).  C     Fumagalli     i  ».  3/    r'AMBROoic     I 

mi   Rem  .    //  Milano,    Milano    P  I 


i7o  BIBLIOGRAFIA 

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Kunsthistorischen  Sammlungen  des  Allerhochsten  Kaiserhauses,  XXV,  I).  —  Intorno  ai  Montorfano,  v. 
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D'Adda,  L'arte  de!  minio  nel  ducalo  di  Milano  [Ardi.  Sto.  Lomb..  XII.  pag.  551,  XIX,  pag.  171)).  — 
V.  Forcella,  /-.'  tarsia  e  la  scoltura  in  legno...  di  Milano,  ecc.,  Milano.  Hoepli,  l*l>t).  —  L.  Bbltrami, 
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de  l'art  chrétien,  marzo    1900). 


04^340054