C6987
ROBA
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in 2011 with funding from
University of Toronto
http://www.archive.org/details/collezionedimono25berg
COLLEZIONE
MONOGRAFIE ILLUSTRATE
Serie I.a - ITALI fi ARTISTICA
25.
MILANO
i.
Collezione di Monografie illustrate
Serie ITALIA ARTISTICA
DIRETTA DA CORRADO RICCI.
Volumi pubblicati :
l RAVENNA di Cokrado Ricci. VI Edizione, con 156 illus.
2. FERRARA e POMPOSA di Giuseppe Agnelli. Ili Ediz.,
con 138 illustrazioni.
3. VENEZIA di Pompeo Molmenti, con 132 illustrazioni.
4. GIRGENTI di Serafino Rocco; da SEGESTA a SELI-
NUNTE di Enrico Mauceri, con 101 illustrazioni.
5. LA REPUBBLICA DI SAN MARINO di Corrado Ricci.
II Edizione, con 9b illustrazioni.
6. URBINO di Giuseppe Lipparini. II Ediz., con llb illus.
7. LA CAMPAGNA ROMANA di Ugo Fleres. con 112 illus.
8. LE ISOLE DELLA LAGUNA VENETA di P. Molmenti e
D. Mantovani, con 119 illustrazioni.
*9. SIENA d'ART. Jahn Rusconi. Il lui. con 1<)() illustrazioni.
10. IL LAGO DI GARDA di Giuseppe Solitro, con 128 illus.
11. S. G1MIGNANO e CERTALIK) di Romualdo PXntini,
con 128 illustrazioni.
12. PRATO di Enrico Corrai- ini ; MONTEMURLO e CAMPI
ili <ì. A. BORGESE, con 122 illustrazioni.
13. GUBBIO di Arduino Colasa.nti, con 114 illustrazioni.
*14. COMACCHIO, ARGENTA E LE BOCCHE DEL PO di
Antonio BELTRAMELLI, con 134 illustrazioni.
*15. PERUGIA di R. A. Gallenoa Sri art, con 169 illustraz.
16. PISA di I. B. Supino, con 147 illustrazioni.
i; VICENZA di Giuseppe Pettina, con 1 17 illustrazioni.
*18. VOLTERRA di Corrado Ricci, con it><, illustrazioni.
*19 PARMA di LAUDEDEO Testi, con 130 illustrazioni.
20 II. VALDARNO DA FIRENZI Al MARI-: di Guido Ca-
i. con 138 illustrazioni.
'21 L'ANIENE di Arduino Colasanti, con 105 illustrazioni.
22 IRIISII di (inno CAPRI N, con 139 illustrazioni.
•23. CIVIDA1 i DEL FRIULI di Gino Focolari, con 143 ili.
21 VENOSA l l \ REGIONE DLL VULTURE di (-usi iti
I »i LORI NZO, con 121 illustra/ioni
Ogni volume L. 3.50. rilegato L 5 - quelli eon asterisco L. 4. rilegati L. 5.50
lodiriuare cartolina-vaglia all'lst. li ti' Urli Grafiche, Bergamo
Art
c£e&7
12.
-e.
' 5*
FRANCESCO MALAQUZZI VALERI
MILANO
PARTE I.
CON 155 ILLUSTRAZIONI
B ERG AMO
isi [TUTO II Al.lA.V > D'ARI l GRAFICHE
I 9 i) 6
V^
EDITORE
\
TUTTI I DIRITTI RISERVATI
Officine dell' Mimi-. Italiano <l Arti Ora fichi
INDICE DEL TESTO
I. Origine di Milano - L'epoca preromana - IV
La città romana - Il basso medioevo -
Le chiese di S. Ambrogio, di S. Sim-
pliciano, di S. Marco, di S. Sepolcro
- Il periodo comunale e il palazzo del
Podestà 9
IL I Visconti - Il Duomo e 1' architettura
ogivale religiosa e civile - Le terre
cotte - Giovanni di Balduccio da Pisa
e il suo influsso su gli scultori del luogo
- Le arti minori nel trecento. ... 38
III. L'architettura e la scultura di transizione:
il Filarete. i Solari. Jacopino da Tra-
date, il Kaverti. il Luvoni 77
Il Rinascimento - La corte sforzesca -
L'arte edilizia: Bramante, il Dolcebono,
Cristoforo Solari - La scultura: i Man-
tegazza, l'Amadeo, i Cazzaniga, Bene-
detto Briosco, il Fusina, Caradosso, il
Bambaja - I pittori primitivi e i pre-
leonardeschi : Giovanni da Milano, Si-
mone da Corbetta e i miniatori, Mi-
chelino da Besozzo, Giovannino de'
tirassi e i maestri minori - Il Foppa,
Bufinone e Zenale, il «. maestro della
pala sforzesca », il Civerchio, il Bra-
mantino, il Bergognone e i suoi seguaci,
il Montorfano - Le arti minori .
97
INDICE DELLE ILLUSTRAZIONI
Amadeo : La Natività Uh. i 2') Basilica di S Ambrogio Pagina del corale
— (Scuola dell'i: Monumento Della Torre . 131
Archi di Porta Nuova, dall'esterno . . . U
Bambaja: La Flagellazione l-tt>
— Pietra tombale di Gastone di Foix . .Iti
— Particolare I lr>
Stela funerari;!, di Lancino Curzio . . ,143
Basilica di S. Ambrogio 2t
— — Atrio e facciata ... ...
— — ciborio dell'aitar maggiore . .
— — Cofano degli Innocenti ...
— — argento ....
— — Frammento originale delle antiche porte 30
— — I rotitene in oro con imalti della ne
dell'aitar maggiore JH
— — Interno 27
— ' '' e ....... 31
— — Ostensorio .......... 166
Pace ■" ,: Kilippo Maria
Visconti '>'<
di Gian Galeazzo 7?>
— — l'orla maggiore 2(>
— — Porticato bramantesco nella canonica Ut1»
Pulpito 31
Stalli . 11)4
di S. Eustorgio 18
Ancona in marino dell'aitar maggiore 65
— — ('appella dei Magi — La storia dei
Re Magi <> t
(appella l'oli m.'iil o (li S. Pietro Mai-
tire - Esterno 99
• — — Giro d'angioli lui
— Interno, con la tomba del santo . lui»
— — La guarigione del fanciullo, nella
tomba «lei ..-mio n.'
- — V. I oppa: S. Pietro .Marine -iì
1 1 ce un ferito i * i
— — — Particolare degli aflTre chi, . . L63
— - i lance i'»
INDICE DELLE ILLUSTRAZIONI
Basilica di S Eustorgio — Interno . . .
— — Monumento Brivio ....... 133
- — a < raspare . 66
— - - :onti 63
»no . . . ,159
— L jjine 160
Biblioteca Ambrosiana Pagine del I
165
Bramante : Figura I"-1
Bramantino : 1 158
Briosco I '» . : I > I > l
Untinone B 155
Campanile ili S. Vntonio 52
— di S Gol ili» .53
i tosso (attribuito al): 11 gruppo della De-
di G. ( . . .11-
Casa Bagatti Valsecchi (Rodari(?): I )&\ Lde 137
dei Castani Cortile 120
Portale il''
Fontana. S stri 116
Pozzobonelli Cortile 115
in via Torino n. 12 Cortiletto a tre
pia i lecorazioni in teri acotta . . . 1 l ^
Castello Sforzesco ........ 77, 79
> ortile B5
della Rocchetta 113
— Finestra 80, 81
La Resurrezione (affresco nella Cappella) 151
ili ( Galeazzo M. Sforza e pori ;i
verso la campagna s-;
Lodo\ ico il Moro i . .111
Scalone M
di Savoja 82
Veduta ideale (dalla - Cosmographia > di
S. m . iter) 7^
1 rommaso : Monumenl o Brivio . 1 33
i \n ribuito a ii : Pilasl rello scolpito ... 1 35
Chiesa del Carmine .91
dell'Incoronata Fianco 92
M mumento Tolentino Ili
— Sepolcro di Gabriele da Cotignola . 95
di S. Babila con la nuo ciata e co-
lonna \ eneziana 22
— - 23
— - . 23
di S. Lorenzo Ksedra laterale . . . 18
— - Mosaico di cappella di S. Umilino li
di S. Marco 51
— — ' \li-
li i>7
— — Martino
Miprandi oto ...72
• 68
di S. Maria delle Grazie .
Chiesa di S. Maria delle Grazie — Interno ss
— — Donato da Montorfano: La Crocifissione 1<>I
— — .Monumento a Branda Castiglione . 132
— Monumento Della Torre . , . . ,131
— — Parte absidale 107
— — Tortale Ini,
di S. Maria della Pace, dopo i restauri 90
- di S. Maria della Passione — Monu-
mento a Daniele Birago ... . 138
di S. Maria Podone - Cappella Borromeo 93
di S. Maurizio del Monastero Maggiore 122
— — Interno < ,123
di S. Nazaro L21
Capsella argentea 17
di S Pietro in Gessate A.ffreschi 155, 162
— — Statua funeraria ili Ambrogio Grifo . 146
— di S. Satiro — Esterno 104
Il gruppo della Deposizione ili <;. C,
già attribuito al Caradosso I 12
Sagrestia 105
— di S. Sepolcro, dopo idi uh imi restauri 33
di S. Simpliciano 32
— — Bergognone: L'incoronazione della Ver-
gine l'ili
— di S. Vincenzo in Prato Abside 21
Interno 19
( i\ er.-luo V. : L'adorazione del Bambino . 156
Collezione Borromeo — A. Fusina: Madonna
col Figlio benedicente Francesco Idi Francia I 10
— Trivulzio — B. Briosco: Testa d'angiolo 134
Colonne romane di S. Lorenzo .... 1 1
Cortile del Convento di S. Ambrogio, ora
i (pedale militare LIO
Donato da Montorfano: La Crocifissione. . 161
Duomo 39
— AU-une guglie 4.?
— Area di Marco Carelli 76
— Coperta di un evangeliario lt>
Cuspide della porta della sagrestia meri-
dionale . 60
- — settentrionale. 61
— Diti ico saero 15
Effigie dell' \ malico su la guglia da lui
eretta 127
— Fiancata a mezzogiorno il
Finestrone dell'abside . 40
— La guglia dell' Amadeo 130
— Statua di papa Martino V 94
Statue nel tiburio ......... 17
— Tiburio I-1
Veduta parziale dell'interno 15
loppa V. : Martirio di S. Sebastiano . . . 152
Particolare degli affreschi in S. Eustorgio 153
— S. l'ietto Martire guarisce un ferito . ,154
INDICE DELLE ILLUSTRAZIONI
Fusina Andrea : Madonna col Figlio benedi-
cente Francesco I di Francia 14u
— Monumento a Daniele Birago 138
— — al vescovo G. B. Bagaroto .... 139
Loggia degli Osii riaperta 59
Michelozzo : Un portale scolpito l>7
— (Attribuita ai : "Porta dell antico Banco
Mediceo . 103
Museo Archeologico — Basamento con fi-
gure romane dipinte 13
— — Bassorilievo di Porta Nuova .... 35
— — Busto maschile in terracotta .... 148
— — — virile in bronzo 12
— — Federico Barbarossa 35
— — Frammento di una Venere .... 1"
— — Giangaleazzo Visconti (restituzione) . 38
— — Il Redentore (dal Duomo i . .... 73
— — Bambaja : La Flagellazione . . . . 14b
Amadeo : La Natività . . . .128, 129
— - La Vergine idal Duomo i 73
— — Monumento al vescovo G. B. Bagaroto 139
— — — a Regina della Scala 71
— — — di Barnabò Visconti 71»
— — Pietra tombale di Gastone di Foi\ . 144
— — — Particolare 145
— — Pilastrello scolpito 135
— — Porta dell'antico Banco Mediceo . .103
— — Portale scolpito 97
— — Sarcofago di Giovanni da Fagliano . 69
— — Stela funeraria di Lancino Curzio . .143
— Industriale ( 'alice sforzesco del sec. XV 1 68
Poldi-Pezzoli — Pace del XV secolo . 166
Ospedale Maggiore — Finestra 86
— La parte antica 87
Palazzetto dei Notai in Piazza Mercanti . 58
Palazzo Arcivescovile — Il cortile . . .114
— Borromeo — Il cortile 54. 55
— — Giuoco del tarocco in una sala al pian
terreno 150
— Dal Verme — Il cortile .117
— Ponti — Il cortile 125
— della Ragione 36
— — Statua del podestà ( )ldrado da Tres-
seno 37
— Trivulzio — Arazzo del XV secolo, di of-
ficina lombarda L63
— dei Vimercati — Porta 57
Panorama di Milano 9
Pinacoteca Ambrosiana — Bergognone: La
Vergine in trono 159
— di Brera — V. Civerchio : L'adorazione
del Bambino 156
— — Bramantino : La Crocifissione . . . 158
— — Lodovico il Moro e Beatrice d' Este
coi figli dinnanzi alla Vergine 157
— — Simone da Corbetta : Madonna col
Figlio e Santi 14')
— — V. Foppa : Martirio di S. Sebastiano. 152
— — Una delle figure a fresco di Bramante 102
Predis (Cristoforo de): Pagine del Libro d'ore
Borromeo L65
Rodati (?): Davide 137
Simone da Corbetta: Madonna col Figlio e
Santi 14')
MILANO
< L'amore è tanto più fervente quanto
la cognizione è più certa >.
Leonardo da Vinci.
A conoscenza di Milano artistica è cosi incompleta da parte della gran maggioranza
degli Italiani che si crede ancora da molti che, oltre a due o tre luoghi ormai consacrati
t dalle vecchie guide, poco o nulla vi meriti una visita. La sua giusta fama di centro
d'industrie fiorenti e le stesse distrazioni mondane ch'essa offre in misura maggiore delle
altre città italiane hanno contribuito ad eclissare il ricordo di lontani splendori e di an-
tiche glorie dell'arte. Dalla foresta di fumajoli dei sobborghi che la circonda, superbe antenne della
forza nuovissima, a pena la gran guglia del Duomo s'erge quasi ultimo e venerando baluardo di
ben diverse conquiste a ricordare a chi sopraggiunge di fuori il predominio dello spirito sulla
vita materiale. Kppure la città vanta ancora, nonostante le troppe vittorie del piccone demolitore.
cosi esuberante patrimonio artistico che all'artista e allo studioso potrebbe opportunamente rivol-
gersi l'avvertimento che a un poeta straniero aveva provocato la visita diligente di l'arma: non
creda di conoscere l'Italia nell'arte sua e nelle sue glorie quegli che non conosce Milano.
- >po di questa pubblicazione è di ricordare quell'arte e quelle glorie. Non è e non vuol essere
. ;ida perchè a ciò hanno provveduto, qualche volta ottimamente, "antichi" e modèrni amatori della
città, ma piuttosto una storia dell'arte locale — se la parola non presume troppo, dato il carattere
divulgativo di questa si-rie di monografìe — destinata alla illustrazione delle sole opere create sul
dall'epoca romana fino ad oggi. Desiderio di chi scrive fu di tracciare la -rande parabola
artistica che. dopo le potenti, ma Oggi frammentarie costruzioni della città romana, s'inizia con le
originalissime fabbriche delle chiese medioevali — su cui dovrà gigari quella di Sant'Am-
brogio — si afferma, nel trecento e nel quattrocento, col Duomo e con numerose chiese minori —
maestri campi" minarono ornatissimi trionfa, dopo : geniali tentativi di
tri primiti-. di una attività meravigliosa a capo delle quali son Bramante,
■do da Vinci — declina, non senza ultimi fulgidissimi splendori degli artisti del
rio Borroi ali anch'essi, più che m ogni altra regione del tempo, e riattacca
e al glorioso passato. Io mi auguro che meglio che non
ile per la fredda oggettività ;he la informa deve additare al visitatore
une le opi ^ul luogo, contribuisca il presente scritto a rompere la
tto avrà raggiunto LI suo scopo se, alla conoscenza
delle ' suole locali dalle audacie che han pochi ri tche :"-i centri d'arte più
l'amo.. allo ipettacolo i gran numero di eh tu te e belle,
lo ipìrito inventivo ed equilibrato dei grandi maestri
numero di collezioni pubbliche e rigurgitanti di opere
che quello che quasi
tributato odierna,
ai ghezza to dello critto e nella scell a
del materiale di to dividere la n In due parti), mi limitato
dare lo izioni delle opi Vnche da que te è ben
ni'- la dell
• iti un mazzo olto da un
\l m \..i //i Vali
PANORAMA DI MILANO.
Origine di Milano — L'epoca preromana — La città romana — TI basso medioevo — Le chiese di
S. Ambrogio, ili S. Simpliciano, di S. Marco, di S. Sepolcro — Il periodo comunale e il palazzo
del Podestà.
lj.FR chi vuol conoscere, a grandi linee ma con gli esatti criteri che gli
studi moderni impongono anche ai modesti contributi della scienza
storica e artistica, le vicende della città di Milano, In modo da avere,
rapida ma giusta, la visione della origine delle opere d' arte, che di
quelle vicende sr.no il risultato e l'affermazione, poco può interessare
to vi sia di vero nell'asserzione di Tito Livio che Milano sia stata fondata da
Belloveso, duce dei dalli, nella quarantacinquesima olimpiade, vivente Tarquinio
Prisco, e tanto meno l'esame dell'etimologia del nomo della città, derivi esso da
quello dei capitani Medo e Olano donde Mediolanum ai quali si dovrebbe la
prima pianta della città, o dal tedesco MavLind, paese di maggio o di primavera.
A quest'ultima versione la temperatura prevalente, per sei mesi dell'anno, nella
città, e alla precedente il contrario parere di Sidonio Apollinare s'incaricaron già, da
molti secoli, di opporsi radicalmente; come il buon senso e la mancanza di serie
ragioni i ad altre spiegazioni sull'origine stessa, compresa quella che la
vorrebbe causata dalla scoperta di un porco selvatico, o troja mezza lanuta, in medio
lanae, che dicevasi trovata nello scavare i fondamenti delia nuova città, a (pianto
narra Isidoro <■ rome cantavan Sidonio Apollinare e ( |;, udi, ino; il più antico sim-
bolo che a quell'origine, secondo alcuni, alluderebbe, è opera iarda, medioevale,
sopra un arco del palazzo della e in piazza dei Mercanti. Più verosimile
e che la parola risponda alla fusione della parola latina allusiva alla situazione me*
IO
I I ALIA ARTISTICA
. del luogo e il m tt i gallico Lui la torri por antonomasia — a indicare il
centro insubre della popolazione gallica, che appunto altri Mediolani ebbe altrove.
il campo delle leggende, iniziando la rassegna delle opere d'arte
che ì irono, a più sicuro e attraente fondamento di ricerca e
FRAMMBNTO l'I Ina VENERB mi m o ARCHBOLOOICO).
(Pot. I. I. l'Arti Grafiche).
di si _' i può esaminare con profitto, poi periodo che riguarda l'e-
ivanzi rintracciati presso ja cascina Ranza, fuor di porta Ti-
cinese, attestanti l'esistenza d'abitazioni, durante l'età del bronzo, nella località, a
un <ii presso rse la città: cimelii che, come precisò il Castelfranco, appai-
no ai per tico cui ci abbiali fatto risalire le scoperte fatte finor.i nel
,2 ITALIA ARTISTICA
ne -li Milano e eh nerebbero allo stesso popolo che occupava alcuni villaggi
nel lago di Varese almeno, ad uno che con quello trova vasi in relazione diretta,
i municipale, nel Castello Sforzesco, l'archeologo può studiare, ac-
a quegli i ordati, quelli rintracciati dal Biondelli a Sesto Calende, tombe,
sitale, e altri della cosi detta civiltà gallo-italica, ritrovati a Golasecca, dove
una ni li oltre tre mila tombe attestò la presenza di un popolo nu-
meri
Nel periodo romano la città ebbe un'epoca
di sviluppo edilizio e di prosperità, specialmente
quando Marc'Aurelio Valerio Massimiano Er-
culeo vi pose la sede della corte imperialo. Ma
sulla cinta di mura ch'egli, secondo Aurelio
Vittore, v'avrebbe innalzata molto favoleggia-
rono i vecchi storici del luogo, e la critica
moderna non è disposta ad accettare ad occhi
chiusi le asserzioni di Acerbo Morena podestà
<li Lodi ohe lodava di Milano la forte cinta
provvista di cento torri e tanto meno quelle
«lei Fiamma e di Landolfo seniore che parlano
adirittura di trecento torri. Gli scavi perla co-
struzione del palazzo della Cassa di Risparmio
misero in luce buon tratto di quella cinta a
grosse pietre quadrate e durissimi mattoni, ri-
vestita di poderosi massi spianati e diligente-
mente disposti: struttura che richiamò alla me-
moria qualche altro avanzo rintracciato, nel
sottosuolo, altrove.
Una torre romana rimase nel recinto del
Monastero Maggiore, con un diametro interno
«li 7 metri ed esterno di ii ; altre, di che ap-
pariron tracce durante lavori per costruzioni,
sembraron rimaneggiate o medioevali. Secondo Landolfo il vecchio le sei porte
principali della città erano muniti' di torri alte e rotonde, all'uso romano. Avanzi
di un teatro furor] rintracciati in via Meravigli, costruendosi il palazzo Turati: di
i romani, mosaici, frammenti decorativi un [po' dovunque. Di palazzi furori
ierte vestigia in diversi luoghi: di quello che sarebbe stato il palazzo imperiale
ionio il pavimento venuto in luce nella sistemazione di via 'Torino
dalla corsia di S. Giorgio alla via Merino; di templi appariron avanzi in luoghi di-
vi rsi e avrebb* r ri< irdato il culto di Giano, di Vesta, di Marte, di Giove, di Apollo,
di Venere
ivanzi dell'epoca romana non son certamente molti e notevolissimi: ma chi ha
il culto delle memorie e sa tenere nel dovuto conto anche i prodotti modesti del-
riflessione che a freddo esime oggettivo di concetti e di
0 VIRILI IN BRONZO Misi., \k< ili iiLOOICO
B ro i).
MILANO 13
linee, vedrà sempre volentieri i pochi avanzi di quella civiltà rimasti a Milano no-
nostante le rovine, le ricostruzioni, gli ampliamenti, i vandalismi antichi e moderni
che passaron frequenti attraverso la grande città. Tali le colonne dette di S. Lo-
renzo, grandiose, esuberanti nelle belle forme corinzie, di molle profilatura nelle
controscanalature del fusto fino al primo terzo e nell'allungato capitello a fo-
gliami ; la statua marmorea in veste consolare presso le antiche case ch'eran dei
Menclozzi, e nota al popolo col nomignolo di « uomo di pietra », addossata a
BASAMI WO CO» PIOUKE ROMANI DIPINTE,
Fot. 1. 1. d' Wti Grafiche).
una casa del corso Vittorio Emanuele; le numerose accolte, in varie epoche, nel
Museo Archeologico, quali il torso scavato in via S. Vito al Pasquirolo, le co-
lonne 'li porfido e le altre binate, a scanalature, rintracciate nel Carrobbio, i capi
telli corinzi esuberanti di foglie a profondo intaglio, fra cui superbo uno trovato .1!
netto, i cippi, il bel freg genietto alato già in via B. Luini, la Venere
enza braccia scavata in via S. Primo, non priva «li grazia e dì morbi
dezza, un bassorilievo trovato in via Rovello e l'altro, esuberante, sapiente d'effetti
di luci e di ombre nel quale è un povero avanzo 'li una vivacissima sfilata 'li Ci-
ri, dalla distrutta torre di s Giovanni ; ' dove fu rintracciato .indie il
grande mosaico a complessi fregi, il piccolo torso d'i : nei pressi del
14
ITALIA ARTISTICA
tri », un busi eno di verismo, una testa femminile di curiosa accon-
ra, un gn vivacissimo putto che a qualcuno fece nascere il dubbio che
■ ri >do aureo del Rinascimento e i molti frammenti rintracciati
rni di S. in Palazzo a riprova che in quella zona, ove pur sorgon le
colonne di S. già credute l'atrio delle terme costrutte da Massimiano, era il
nucleo più ri' Iella < ittà romana, e ancora i molli busti, e i frammenti di una statua
di C.Valerio Petroniano e i marmi funerarii, e le are
e i ricordi minori. Il che è ancor troppo poco per ronderei ragione delle magnilo-
queti di Ausonio che ricordava, in versi, le meraviglie mira omnia
III >.\l> (i DELLA CAPPELLA l'I 8 AQUILINO IN S. LORENZO.
I. I. d'Arti Grafiche).
della città, i circhi, i teatri, i' templi, le terme, il lusso dei cittadini, sì che la
allora, avrebbe persia potuto vantare il paragone di Roma! I rapporti
con ! imperiale e, in seguito, la residenza del Vicario d'Italia, il governo
del q imprendeva le regioni dell'Italia supcriore, e la dignità vescovile
rebber lustro <• rinomanza : la libertà di culto contribuì allo sviluppo edilizio
della città cris numerose sorser le basili, ]ic s. Ambrogio, pretore impe-
rialo ch'i etto vescovo nel 374, v'iniziò l'opera sua feconda di pace e
di grand» me nella storia e nella tradizione milanese, che han fatto
dell'epitel no un vanto poi cittadini (piasi come quello del civis di Roma,
quanto v' in — a di litro, di indipendente, di buono: e indipendente e fiero
fu d rito, e b del santo che la tradizione ama veder rispettato dallo
ì quale chiedo conto delle violenze dei satolliti, o riscattare
prigionieri con 1 chiesa 0 vincer gli ariani con la dolcezza della parola.
M I L A X O
A ricordo dell'arte cristiana dei bassi tempi non mancano avanzi, qualcuno
notevolissimo : un frammento d'intarsiatura marmorea con l'agnello allegorico nella
chiesa di S. Ambrogio (sec. IV), il mosaico,
nel quale è ancora un'eco vivace della gran-
diosità romana, nella cappella ora annessa
alla stessa basilica detta già di S. Vittore
in ciel d'oro, poi di S. Satiro, quelli della
cappella di S. Aquilino presso S. Lorenzo
(V sec. ?), il dittico, con le scene della Pas-
sione e della Resurrezione di Gesù Cristo
nel tesoro della Cattedrale (del V sec. pel
Venturi, del IX pel Labarte) e, ivi, le co-
perte di libri sacri, la meravigliosa teca d'ar-
gento di S. Nazaro ricca di rilievi di rara
bellezza e che al Graeven sembrò opera
dell'oriente ellenico più che d'arte classica
romana come pare preferibilmente, e alcuni
avorii nella collezione Trivulzio e nel Museo
Archeologico sui quali il carattere sintetico
di questo scritto, che vuol esser traccia non
illustrazione, ci toglie d'intrattenerci di più.
La dignità dell'arte classica è rappre-
sentata anche in un'opera a colori ascritta al
[V secolo, l'Omero dell' Ambrosiana, nel quale
le rappresentazioni dell' Iliade son trattate a
tempera con preponderanza del minio e le
terre sono alternate ai colori vegetali. Più
tarda, del periodo carolingio, è la croce
astile di S. Maria di S. Celso, ricchissima di
figure e di pietre, ma che appare piuttosto
Come la sovrappostone di due croci entro
una stessa teca.
Gli studi dell' Htìbsch furori diretti a
provare di'- la chiesa di S. Lorenzo iri'
strutti al tempo di S. Carlo Borromeo), ri
tenuta un tempo come il risultato di tra-
sformazioni d'antiche terme. .'• piuttosto un
tempio della prima epoca cristiana: e vien
' considerata • i quell'attrai nte co-
struzione de] vi secolo ch'è il s. Vitale di Ravenna.
i è un edificio ottagonale, cinto internamente da due loggiati sovrapposti
•tenuto da quattro lati per mezzo di t'-rri quadrate; eoi., une, capitelli corinzi
:r di base e una porta architravata nella cappella di s. \<|m
>l I I IO) SAI HO
u .... i, i. d'Arti '■
IO
1 l'ALIA AR USTICA
te romana della decadenza; all'esterno i muri originariì
perimetrali sì presentano a mattoni e son rinforzati agli angoli da vigorosi contraf-
forti, mentre i lati son provvisti di lesene e di una cornice che rivela i loggiati interni
a S. Vitale. La meglio conservata delle sue torri è quadra," rafforzata da le-
sene t angoli.
".TOB"
DUOMO — COI'I KTA DI IN I \ ANOI.LIAKIO.
(Dal Duomi) di Milano d C. Hoito).
Là chiesa di S. Vincenzo in Prato della primitiva costruzione dell'abate Gisel-
berto nel! tserva duo capitelli: dopo il mille (anzi, secondo alcuni, nel XIV
o) in rii ta. Oggi - dopo i restauri del 1885-1888 — si presenta a
tre navate divise da colonne con tre absidi a nicchiette a fornici e archetti spartiti
Ambrogio, le muraglie dei fianchi e della fronte nude; le
iate anti ri re p steriore presentano gli archetti pensili ricorrenti lungo il de-
MILANO
17
clivio del tetto e la finestruccia crociforme che si osservano in diverse chiese di
tipo lombardo. Un'alta cripta si stende sotto il presbitero. Invece la chiesa di
S. Satiro, sorta per cura dell'arcivescovo x\nsperto nell'879, di minore interesse
quale oggi si presenta rifatta dopo il mille e trasformata nel Rinascimento, è a volte
semisferiche nelle absidi, a botte nelle corte braccia della croce ed a crociera con
spigoli molto marcati negli spazi risultanti fra gli angoli del quadrato perimetrale
e le colonne; ma il suo campanile è il prototipo dei campanili lombardi. E qua-
N/AKO l.AITI.U.A AKOI.NTI A
Fot. 1. 1. d' \ni Grafiche).
drato, in mattoni, diviso in quattro piani da cornici 'li denti a sega sorrette da
•.•ini peti li il primo e l'ultimo poggiano sulle Easce d'angolo, coperto di
tetto a quattro spioventi, con feritoia e strombatura interna nel primo piano, mono-
fore nel secondo, bifore nel terzo e nel quarto.
La chiesa 'li S. Babila, sorta al principio del mille, offriva già piloni lombardi
a fascio che spartiscono le tre navi e reggono gli archi longitudinali e i trasversali
cingenti • 1 botte della navata 'li mezzo e con gli archi trasversali reggenti
• 1 vela delle navi minori.
Le absidi 'li San Calimero, in cui le lesene spartiscon le nicchiette a fornici di
a
i8
I l'ALIA ARTISTICA
tre in tre, ili S. I - (chiesa ritenuta in parto — la tribuna e le due arcate
-ne delle navafc torrette da pilastri — dello scorcio del IX o dell'inizio del X se-
colo), di S. Celso, a nicchi tir- molto slanciate, e di S. Nazario, offron oggetto di studio
soluzione dell'architettura lombarda.
Al periodo longobardo succeduto quello dei Franchi, la trasformazione della città
ina in crisi ana si completò nelle coscienze e nello spirito come s'era compiotata
Mills\ ni S. LORENZO l si |.|(A LATERALE.
(Fot, Brogi).
nonumenti: il rito ambrosiano ebbe lustro e fama dai sacerdoti che v'eran pre-
maggiore del I)u>m<> s'andò scegliendo fra lo prime famiglie
patri hiese sorgevan dovunque, con gran cura costrutte in scolto materiale
laterizio • inte al sole: maggiore fra tutte, e intorno alla cui origine vivo è
gli studiosi dell'arte, quella di S. Ambrogio. La questiono
dell'el tempio lombardo, che sembra accogliere, noi nuovo ridestarsi
di dis( omaggi «li fede nuova, è del maggior interesse anche
di storia e. istruttiva e ornamentale che vi si collegano. La
•lo IX e non mancan valorosi sostenitori dell'antica tra-
MILANO
21
dizione: ma un più numeroso stuolo di studiosi ritiene che la basilica, ad ecce-
zione dell'abside o delle absidi, venisse rifabbricata a partire dal XII secolo. Chi
accoglie quest'ultima opinione si basa sul principio che nessun forte cambiamento
avviene d'un tratto senza una graduale preparazione: la basilica ambrosiana sarebbe
sembrata < una stupefacente eccezione >, ciò che non toglie che si osservi, nel
campo opposto, che tuttavia la basilica non manca di difetti appunto perchè sarebbe
l'esempio più antico di costruzione a vòlte, delle quali tutto il rimanente dell'edi-
9 VIHCI S/(l IS l'KA TO AlìsIM .
i Fot. De Marchi),
apparrebbe deduzione logica. E si cita l'esempio di S. Maria In Aurona, «li cui
gli avanzi son oggi conservati presso il Museo Archeologico, a provare che v'era
un'altra costruzione dello stesso tempo con volte analoghe al S. Ambrogio, in tal
modo non più unico, anche Be meravigliasse u fatto che S. Guglielmo, gran co-
struttore di monasteri in Francia, non avesse poi ripetute là le agili e pratiche
novità delle vòlte a costoloni a crociera della basilica ambrosiana. A noi, dato il
eminentemente divulgativo della serie di monografie 'li cui f.i parte la
ute, non conviene '"-porr'- .1 [ungo il prò e il contro della bellissima questione,
n<- le ragioni per cui da altri si ritiene che la < hiesa 'li Aurona i i.i uni ricostitu-
zione dell'antica e che anche il Sant'Ami borio debban esser portati
ben avanti, al Xlf secolo. Korse nuovi elementi sia di ricerche storiche 'li'- cri*
ITALIA ARTISTI'' \
ridono ano ra chi se ne valga a contributo dell'attesa risoluzione. Co-
nni., - consideri la bella ine, sia o non sia quella basilica « la madre
na delle chiese lombarde > come la volle il De Dartein, è certo che essa
iia nuli.; •; ri quelle stesse del XII secolo d'oltr'alpe;
9 r. Vr.li. \ CON LA NUOVA FACCIATA I COLONNA VENEZIANA.
i cu. i. I. d'Arti Grafiche).
d'altra parte, bei sserva G. B. foschi che l'architettura romanica non può dirsi
piuttosto lombarda che francese, inglese o tedesca; essa sorse col generale movi-
meli' ; ssei ntemporaneamente l'Europa occidentale od ha perciò
clementi comuni insieme con caratteri speciali alle diverse regioni; il che spiega, e
in par . i diversi nomi che le furon dati nella prima metà dell'ottocento,
quando si cominci i studiarla e per conseguenza ad apprezzarne il valore altis-
S BABILA — FIANCO ED ABSIDE.
(Fot. De Marchi).
- BABILA imik.no.
I . I I .
-'4
1 I ALIA AK riSTICA
simo. E, qualunqu essere il risultato definitivo della questione ambrosiana,
[a basilica non i< itera meno la bellissima pagina nella quale il Dartein t'issò le
impressioni i glia nel visitatore colto.
Essa rimarrà fra le più attraenti costruzioni d'Italia col suo insieme così sug-
■1 granii- atrio t portici retti da pilastri polistili, col suo grandioso
interi con le leggiadre decora/ioni del portale dovute ad Adam uu-
gister che vi appose il proprio nome.
jTTT
LA BASILICA DI S. AMBROGIO.
i Fot AlinariL
La più sbrigliata fantasia ha diretto gli artisti che decorarono il tempio e av-
volsero i capitelli di fratti, di foglie, di nastri, di trecce, di animali. Le pareti del-
l'atrio sono un museo, il museo del tempio, come lo chiamò un vecchio acuto scrit-
I Ville pietre gentilesche agli avelli dell'evo medio, dalle sculture della romana
decadenza alle lapidi cristiane ed agli avanzi blasonici dei secoli XV e XVI, un
po' di tutto qui s'incontra allineato ». Anche l'arte della Rinascenza ha portato il
suo contributo alla decorazione del portico innalzandovi l'arca funebre di Candido
Maria Dece] i ornandovi, a monocromato, con istorie popolose, due fianchi
pi".
ITALIA ARTIS1 ICA
L'interno ' imp » d'ammirazione e di studio all'osservatore dell'arte costruttiva
contesile tre navate che pongon capo ad altrettante absidi, conia maggior nave co-
stituita da quattr li campi di volta, quadrati, a crociere continate da cordoni
li archi trasversali s Trotti da forti pili a fasci angolari e
hi, gl'intercolonni a «lue piani, bipartiti da pili speciali, superior-
s AMBROGIO i \ PORI A UAOOIORE.
(I«"ot. .Minarli.
mente quello biforo dei matronei, al disotto quello pure a doppio arco dello navi
minori; i sua cupola che, secondo l'uso lombardo, dal quadrato si trasforma in
ottagono per mezzo «li quattro pennacchi a tromba sui quali si regge un breve
tamburo ■ Le stesse opere del Rinascimento, poche d'altronde, cedono il
posto, per importanza, al capolavoro dell'oreficeria dell'età carolingia (e che dobbiam
ena a ricordare dato il carattere di questo scritto rivolto di preferenza
ai prodotti d' ti locali), l'altare d'oro della basilica, dono dell'arcive-
MILANO
29
scovo Angilberto II che lo fece eseguire nell'anno 8,55 da Vuolvinio, il quale vi rap-
presentò una serie di fatti del nuovo Testamento e della vita di Sant'Ambrogio.
« frutto di un'arte raffinata che trae suo prò da' materiali e dalle forme classiche »
. IBOI l" DELL'ALTARI M \'.'.M>Kl
Brogl
come lo disse il Venturi; al ciborio, del IX secolo per qualcuno, del XII per altri
« d'un maestro edu< Bizantini, che creò un'opera 'li scultura insigne, senza
riscontro con l'arte romanico-lombarda contemporanea >, ornato a bassorilievi con le
figure <1<-I Redentore in trono che dà la legge a s Paolo e le chiavi .1 S. P
- di s. .\:n ,- della Vergine, di s Gervasio e S. Protasio con figure di fedeli;
3o MALIA ARTISTICA
e al mus IX secolo secondo la tradizione, di maniera greca del
\1I per altri, col in alto trono tempestato di gemme fra S. Gervasio e
S. Pr imperatori bizantini, gli arcangeli, Santa Candida, Santa
M ir< ellina e S Satir . Milano con S. Ambrogio nella basilica Fausta trasportato
in ispirit . in questa città, le esequie di S. Martino alle quali assiste
quel
forme ma degna 'li studio <• il pulpito nella sua varia decora-
zione scolpita a leoni a un'unica I tbbin iti ad animali bizzarri e a cariatidi,
s. AMBROOIO FRAMMBNTO ORIOINALE DELLE ANTICHE POSTI (ARCHIVIO 1)1 1. CAPITOLO).
i ofc l. l. d'Arti Grafiche).
quali ritornano nelle opere del principio del XII secolo. Più degna d'attenzione po-
trebbe- essere la porta in legno del tempio a molteplici istorie figurate, se non fosse
tata troppo restaurata: un frammento esente da restauri è nell'archivio capitolare
■ offri argomento al Goldschmidt per ritenere la antica porta anteriore di qualche
nnio a quelle li S. Sabina in Roma | |,v> (> prodotto di un'arte locale d'intaglio,
e vorrebbe lo Strzygowski, quando Teodosio fissò nella città la sede dell'impero
•luta poi rapidamente col sormontare dell'importanza politica di Ravenna. L'an-
ondo cui la porta attuale sarebbe la medesima che Sant'Ambrogio
aveva chiusa in faccia a Teodoro non visse più che nel cuore dei fedeli.
Altre chiese milanesi andavan sorgendo ad affermazione della fede dei citta-
dini e a trionfo dell'arte costruttiva del luogo, tutta severità di linee e diligenza di
S AMBROGIO — IL REDENTORE, VARI SANTI E DUE STORIE, MUSAICO DELL ABSIDE.
(Fot. Alinari).
WU'kO'il'' II. 1*1 ; I. l'IK).
ITALIA ARTISTICA
S NIMH li I \ M i
tremmo dire che questo primitivo periodo dell'architettura lom-
barda segna il tri »nl i della statica quanto quello della Rinascenza dovrà più tardi
rappresentare il trionfo dell'eleganza e della ricchezza.
M I L A N O
33
Così S. Simpliciano, con un fregio ad archetti intorno al coro simile a quelli
del fronte occidentale del Sant'Ambrogio, il San Marco, di cui i frontali dei bracci
del transetto sono esempio della maturità dell'edilizia romanica, che sa sfruttare
i mattoni a vista e crearne una vera opera d'arte, S. Nazaro, S. Giorgio in Palazzo
consacrato nel 1129, San Sepolcro che presenta la stessa pianta di San Fedele di
Como, meno l'atrio e i campanili e che non ebbe mai la pianta rotonda del tempio
i POI • I"' DOPO OLI 1 1 MMi Kl
(I ..1 I
1 I ALIA ARTISTICA
di Gerusalemme come raccoglieva!] con compiacenza le vecchie storie locali, ma che
è a croce e fu rim to completamente da Federico Borromeo che vi lasciò tut-
tavia l'antica interessante chiesa sotterranea, come ebbe a rilevare Paolo Fontana.
■ >. nelle vecchie carte del luogo, che sulla fine del XVI secolo si pensava a rifor-
mare la chies «curolo » e che più tardi il Richini vi diresse lave-ri di restauro.
Milano, ricca e soggetta a rapidi mutamenti interni, conservò, fatti- le debite
•ii, minor numero di monumenti del glorioso periodo dell'arte che si suol
OLI AKUU DI l'OKTA MOVA DALL'ESTERNO
din- comacina che non la provincia circostante. Ma le opere rimastevi e i gloriosi ri-
tirili storici, dall'editto di Liutprando — qualunque sia la portata che si voglia darvi
in poi, numerosissimi, son monumenti eretti alla gloria dell'antico genio lombardo.
Del periodo comunale, sorto per l'evoluzione dei tempi nuovi che agli albori
del mille pareva» scuotere, con vigoria sconosciuta, coscienze e intelletti, e della
lotta audace contro il Barbar- -sa <• le città alleate la tradizione trova un ricordo
negli archi di Porta Nuova che hanno il valore di un Palladio cittadino, come fu detto
MILANO
BASSORILIEVO DI PORTA NUOVA (MUSEO ARCHEOLOGICO).
da uno scrittore: sì voglion costrutti tra il 1 156 e il
cerchia preparata a difesa contro Federico e
rifabbricati nella forma attuale, (le due torri
laterali caddero per pretese esigenze edilizie
moderne), nel 1171. Son povera cosa d'arto
— grande invece a ricordo storico — i rilievi
che ornarono la distrutta Porta Romana eretta
nel 11 71 dai milanesi di ritorno nella città
distrutta, rilievi accolti nel Museo Archeolo-
gico cittadino al Castello Sforzesco. Due mo-
destissimi scultori, Anselmo e Gerardo, ricor-
dativi dalla retorica del tempo, ben inferiori
ad altri maestri che lavorarono in quel periodo
disgraziatissimo per l'arte, vi] rappresentarono
i milanesi, che, uscendo dalle città amiche di
Bergamo, Brescia, Cremona, ritornavano in
patria, e L'esaltazione 'li S. Ambrogio che caccia
Ariani ed Ebrei. La figura del Barbarossa, se-
duto con Ir- gambe a cavalcioni sopra un drago
che gli si erge contro, le fauci aperte - co-
m'eran rappresentate allora sulle cattedrali le
dei peccatori - completa la rappre-
sentazione storica. Né meri povera è l'opera
dello scultore — un comacino verosimilmente
lo il Venturi , che volle rappresentare
nei rilievi dello stesso tempo, nel fianco destro
di S. Maria a Bertrade, la processione della
Candelara, sostituita ai sacrifìci espiatori del
periodo pagano, 1 he si soleva fare a quella
chiesa il 2 febbraio. Nella collezione cittadina
migli' rivelano le SI ulture di
carattere decorativo: oltre i ricordati tram-
menti della chiesa di s. Maria in Aurona
ricchi di trer.ie, di foglie ricorrentisi con mo-
parte della nuova
IIMIIIAimv.A IMI '.Idi
l'Ol I 111)
36
ITALIA A RUSTICA
tvi serrati e in cui è continuità della decorazione minuta, poco profonda, di ca-
rattere quasi calligrafico — son quelli provenienti da S. Eustorgio e altri di fattura
larga, profonda, in S. Celso, con bizzarri animali intrecciati con le code,
un tabernacolo ■ S. Ambrogio benedicente e il pezzo di portico di S. Rade-
gonda. svi | I isi elegante. Più tardi, a sede delle conquistate libertà, s'in-
nalzava il palazzo del Podestà, dopo che in tutte le città di Lombardia s'era sen-
tito il i di un luogo dove più decorosamente potesse raccogliersi il popolo per le
■ U './/<) I>1 ILA RACIdM
ioni, pei bamli dei consoli, per tutte le manifestazioni pubbliche del governo
che Don fosse la piazza, intorno alla pietra arringadora. Sin dal 1198 a Milano, se
crediamo a Tristano Calco, serviva all'uopo la torre chiamata della Credenza di
Sant'Ambrogio: finché, al principio del XII secolo, si costruì un edificio pel podestà e
un altro nel Broletto nuovo. 11 palazzo per le pubbliche adunanze, eretto nel 1223, che
rimano tuttora in via Mercanti, presenta una notevole somiglianza nella forma, nella
distribuzione, un gran portico al pian terreno, una vasta sala al superiore alla quale
èva da un cavalcavia, non danna scala, con quello di Monza. Nel 1233
l'edifìcio era compiuto evi si innalzava la statua del podestà Oldrado da Tresseno,
M I L A X O
37
ultima opera dell'attivo Benedetto Antelami, come avvertì il Venturi. « Così la statua
equestre, il monumento eroico per eccellenza, riapparve nel palazzo del Popolo, sul
prospetto d'una piazza pubblica, dopo tanti secoli dall'ultimo monumento equestre
di Teodorico in Ravenna e per opera del più grande scultore romanico dell'Italia
settentrionale ». L'edificio è ora oggetto di studi e di assaggi per un restauro, che
speriamo non lontano, destinato a ridare al vetusto edificio il suo coronamento
merlato originale e il suo assetto definitivo.
srA ri * i'i i. r«.;.i ■ i v oldhadu i>\ rwi r a lazzo mai. a
II.
>;///' — Ti eligiosa e civile — Le lene colle — eiaculiti ili Bah
Jii i e il suo in/lusso su gli scultori ile! lungo — Le arti minori nel trecento.
OIAIIOALEAZZO VISCONTI MIMO ARCHEOLOOICO
Restituzione .
Il nomo dei Visconti — che impostisi
ai Tornarli ebber supremazia da prima, si-
gnoria di poi della città dal 1294 al 1447
— è Jegato nella storia dell'arte al più gran-
dioso monumento di Milano: il Duomo.
Pochi monumenti raccolsero, in Italia
e all'estero, così ricco omaggio di lodi e di
popolarità come il Duomo di Milano. Il
colosso, sormontato da una foresta di pina-
coli, di guglie, di creste in marmo, desta
sempre l'ammirazione dello stesso forestiero
abituato alle meraviglie delle cattedrali, più
sapientemente e più omogeneamente co-
strutte,1 di Germania e di Francia. Y'ù in
esso minor rigidità di leggi costruttive che
nelle grandi cattedrali d'oltr'alpe di cui è piuttosto una imitazione apparente, su-
perficiale, anche per effetto dei tentennamenti, delle incertezze cui andò soggetta la
fabbrica nel corso dei secoli, così che ne risultò un monumento in cui gli effetti
pittorici hanno il sopravvento su quelli puramente architettonici; non per nulla eran
spesso i pittori chiamati a preparare i modelli dell'opera degli scultori.
Quando, verso il tramonto, .questa enorme foresta di marmo si accende di
sfumature leggermente incarnate e i contorni delicatissimi sembrati diventare èva-
■ nti nel t'ondo azzurro, si è disposti facilmente a perdonare ai buoni ambrosiani
■ lei \\'l! secolo d'aver voluta una fronte in così aperta discordanza col rimanente
e al buoi! Canonico Torre il suo sonetto dedicato al Duomo nel 167.):
Oh Tempio Sunto, oli ingigantita Mole
Oh marmoreo Colosso, oh vasto Monte
Opra Divina sei, ch'ergi tua fronte
Sin dove il cocchio d'"!- corre 'lai Sole.
Gian (i ileazzo Visconti, protettore di dotti e di artisti, al quale dovetter tanto
l'Università di Pavia e la biblioteca di quel castello ducale, mente eletta e ardi-
mentosa fr,i le più belle d'Italia del suo tempo, raccomandò ai posteri il proprio
nome iniziando quest'opera colossale nel 1,^86. Chi fosse il primo architetto è
MILANO
39
tuttora ignoto. Xei libri della fabbrica ricorrono numerosi nomi di architetti
d'oltr'alpe ; fra gli italiani sono Andrea degli Organi da Modena — che, sembra, fin
dal 1387 lavorava intorno a un modello — .Filippino suo figlio, Guglielmo di Marco,
Simone da Orsenigo magistro ingenerici, Marco Frisone campionese, Giacomo di
Giovanni Buono e uno stuolo di maestri di Campione, la terra dei costruttori per
eccellenza. L'Orsenigo è il più vecchio e il più nominato ingegnere dei primi tempi
della fabbrica ; fra i tedeschi son Giovanni di Fernach, Enrico di Arler dì Gmund
InìlfP
1*
(Fot. Ulnari).
detto il Gaimodia, Ulrico di Fùssingen; tra i francesi il famigerato Giovanni Mi-
gnot di Parigi, che nel [400 aveva profetata la rovina della parte costrutta del
Duomo. Morto Gian Galeazzo cani pianto e pietade, e privato
questo emisfero
I >•■ quel 1 he col pensiero
li Vllì.l l'it ili 0 |) 1
cantava l'anonimo poeta dì una canzone del embraron venir meno l'atti-
nell'opera grandiosa. L'eco dell» 1 ongiure, dei delitti, < l« 11* • carestie entrò
• ime arcate del Duomo; comunque, furon ripresi i lavori ed eran tuttavia a
4o
ITALIA ARTISTICA
;i Maria, ne] i ( u, fu ucciso a pugnalate dai congiurati
e trascinato noi Duomo. Filippino era intanto confermato architetto di dodici in
: anni e a i nto 'li salario; sotto la sua direzione i piloni si completarono,
gli • .11 rampanti s'innalzaron grandiosi; la scultura figurativa
DUOMO l\ PINESTK0N1 IH l.l.'AIiSIDK.
(lot. Alinarij.
ugualmente sollecita e gli scultori si sbizzarriron principalmente nelle
grottesche Pig re Iella grondaia e nelle teste dei beccatelli pendenti dagli archetti
l'arte tedesca appare in molto di osse potente e originale. Durante il
quattrocento uno stuolo di artisti fu chiamato ai lavori: Giovanni, Pietro Antonio,
Guiniforte Solari, Antonio Averulino il Filarete di Firenze, Cesare Cesariano il biz-
zarro artista che avrebbe voluto innalzare il tiburio in terra pnuiice per renderlo
hi omo FIANCA IA \ mi ZZOGIORNO,
■ i..i innari)
I*
ITALIA ARTISTICA
irò, Giovanni Antonio Amadeo, lo Zenale e, più tardi, e per tacer d'altri, Leo
nardo da Vinci.
Il US settembre 1500 il tiburio era finito, meno la guglia che sovrasta alla
cupola, che non ebbe il suo compimento che nel 1774. Il tiburio rappresenta tut-
ni <>\i<> rmi hii).
I r.i. ben< b appaia come un grandioso lavoro di oreficeria, nel suo organismo ar-
chiacuto trasformato dal Rinascimento italiano, il miglior prodotto lasciato dall'arte
lombarda del quattrocento nel Duomo di Milano. Frutto di discussioni infinite, esso
è il risultai :ompleto e più geniale dello sforzo concorde dei più grandi artisti
del temp
Il Duomo è il frutto di un entusiasmo tardivo per lo stile gotico, non richiesto
MILA X O
43
da esigenze di clima e d'epoca: basta salire sul monumento per persuadersi che
tutta quella grande combinazione di vòlte, di archi rampanti, di controspinte è più
apparente che reale. Ma è pure, per dirla con gli autori del Cicerone, un mo-
li <>\IO A Ut M CI 1,1 II
| Poi Ali' hi '.
numento senza uguali nel mondo, che produce sull'immaginazione un effetto straor-
dinario: <■■ una montagna 'li marmo trasparente tolta dalle cave d'Ornavasso, splen-
dida alla .il riflesso della luna, coperta, al 'li Inori, di scul-
ture, all'interno di vetriate dipinte, che fa dimenticare facilmente i difetti sostanziali
dello stile.
44 ITALIA ARI ISI ICA
La sua a croce Latina, a cinque navate, di cui la centrale lar-
lente, con due sagrestie, una periato alla base dell'abside ; il tetto
è a tr-' i ppi pioventi sul tronco maggiore che si tramuta in due per le braccia e per
l'abside. < La igine del tempi)-», riferisco qui e nelle cifre successive dal di-
ligente jMongeri, - consta di quaranta contrafforti esterni, contati peri uno i gemini
e trigemini della iata, e di cinquantadue piloni o pilieri interni:'; contrafforti e
piloni sono internamente congiunti da grandi archi acuti, fra cui s'incrociano le
nervature diagonali a crociera, riempite da vòlte a vela. La forma predominante
nell'arci è l'acuto equilaterale. Le pareti, verticali sovrastanti si connettono da pi-
lone a pilone, e da questa a contrafforte per mezzo d'archi rampanti esteriori;
ond'è che sopra questi ultimi viene a cadere, specialmente, l'equilibrio della mole
fuori della verticale >. Le misure principali sono: l'asse principale metri 148,10;
l'asse 'lei trame//." metri 87,80; il diametro dei piloni alla loro base metri 3,42; la
larghezza delle cinque navi nel piede di croce metri 57,67; l'altezza del monumento,
compresa la statua torreggiante e dorata, metri 108,50.
E, poiché siamo frale cifre, aggiungiamo che le statue, dentro e fuori, vi am-
montano, dicesi, a 1140.
Della facciata e delle opere aggiunte più tardi a ornare il monumento diremo
più innanzi. Prendendo le mosse d ill'abside e precisamente dalla parte di nord-est,
seguendo il giro verso la fronte si percorre dalla parte più antica l'edificio e, di mano
in mano, ci si avvicina alla moderna. I capi dei bracci di croce e i fianchi del piede
di croce non sono che opera, per la maggior parte loro, dei secoli X V e XVI; le ab-
sidi poligonali, appiccicate alle facce dei bracci di croce, appartengono invece al se-
colo XVII.
La parte prettamente gotica e che può dare tuttora chiara la visione dei con-
cetti che prevalsero al principio della grande costruzione è dunque la parte absidale
co' suoi grandi Einestronì da cui la luce entra sovrana, benché attutita dalle vetrate
a colori. Il sistema dei contrafforti è qui sviluppato nel modo più evidente e ca-
ratteristico. I tre grandi finestroni del centro, che illuminano il retro-coro, sono una
delle opere più ardite ed originali onde il tempio si contraddistingue; si può dire la
medesima cosa delle altre sei finestre, di impari dimensione, tre per lato, le quali
rispondono verso l'interiore delle .sagrestie. Tutte coteste finestre sono le più ricche
e le più eleganti del tempio, per la varietà e la bellezza delle nervature marmoree
onde vanno co ripartite, e pei cartocci e fil atteri gotici che ne decorano i gusci >.
Intorno alla gran cupola o tiburio sorgono quattro torricelle: Luna costrutta su di-
segno dell'. \madeo e decorati, secondo i gusti del Rinascimento, da' suoi scolari,
la seconda del Pestagalli, di freddo stile neoclassico dell'inizio dell'ottocento come la
da lui o dal Vandoni costrutta, e la quarta, di carattere sovrabbondante,
opera dell'eccletismo moderno.
* *
La fabbrica del Duomo, con le sue interminabili discussioni a proposito di ogni
parte nuova da farsi, influì efficacemente su altre fabbriche della città. Ma lo stile
archiacuto aveva trovato troppo tardi la sua manifestazione maggiore in città perchè
DI omo VI ui i A PARZIALE in LL INTERNO.
■ i • ■ i i : , . . i
46 ITALIA ARTISTICA
gii altri edifìci che seguirono possan presentare un grande interesse come puri esempi
di lincilo stile) 1 i pochi quelli che han potuto giungere fino a noi senza che
i pseudo-restauri iddirittura i rifacimenti non vi abbian tolto il carattere originale.
Ricordia bbriche principali. Notevolissima ciucila dedicata a S. Eustorgio.
Il Cattaneo, e con lui il Rivoira, la credono in parte (la tribuna e le due ar-
streme dell corrette da pilastri) eostruzione dello scorcio del secolo IX
iio 'l'I successivo e ritengono il resto ricostruzione posteriore al mille:
il Rivoira crede di poter stabilire il rifacimento della chiesa primitiva fra l'epoca
della edil del S. Vincenzo in Prato (a. 833) e quella di S. Celso (a. 992) di
cui rimane tuttora l'abside che servirebbe appunto di termine di confronto per con-
cludere ch( si può precisare la ricostruzione nella prima metà del secolo X. Nel
[227 si insediarono in S. Eustorgio i frati predicatori di S. Domenico: al tempo di
< ottone Visconti si atterrò, sembra, la divisione del nartex e nel 1290 circa si prov-
vidi- alla costruzione delle volte e poscia all'alta torre delle campane (1 297-1309).
Sulla fine del XIV secolo Gio. Galeazzo fece prolungare per tre intercolonnii la co-
pertura della volta e donò la meravigliosa tavola scolpita, oggi sull'altar maggiore ;
minici ose famiglie vi fondaron cappelle gentilizie, finché, più tardi. Pigolio Portinari
vi fece erigere, dall'arte di Michelozzo, la splendida cappella. Ma nel secolo succes-
sivo incominciaron Le rovine, gl'imbratti, i rimodernamenti che non impediron tut-
t ivia che il grandioso monumento rappresenti tuttora uno dei più suggestivi esempi
d'architettura in laterizio che siano, con la sua fronte, rifatta su disegno dell'archi-
Giovanni Brocca dal 1803 al 1865, tutta in laterizio per armonizzarla coi fianchi
antichi che rappresentan la parte più pittoresca e vivace del monumento, in laterizio
e pochi ••onci di marmo bianco nelle ghiere degli archi; il sesto acuto fa timida-
mente capolino nelle bifore, negli archi ornamentali dei pilastri destinati a regger
le ■ mtrospirite, nei piccoli coronamenti ad archetti lobati, he antiche cappelle dei
Brivio, degli Arluno, dei Portinari si susseguono in forme diverse, vivaci, eleganti,
svelte, alzando i piccoli tiburi e le rispettive lanterne del Rinascimento, tutte rosseg-
gi,uni al sole in una festa di colori e d'armoniche eleganze.
s. Simpliciano, secondo le antiche memorie, conservava fino alla metà del NVII
lo l'antica struttura romanica e l'aitar maggior coperto da edicola, sorretto da
quattro colonne dì marmi serpentinosi. Nel secolo IX v'avevan preso stanza i Be-
nedettini Cluniacensi che verosimilmente allargarono l'edificio; ma sembra che solo
verso l'Xl la basilica .1 tetto si trasformasse a vòlte quando si ebbero in favor
della chiesa i lasciti dell'arcivescovo Ariberto d'Intimiano nel 1034 e di' un nobile
Azzone nel 1079, ricordativi in un'antica iscrizione. Nella seconda metà del XV
secolo, all'epoca dell'abate Alimento Negri o nei primi anni del XVI, quando i Be-
nedettini ripreser possesso della basilica e del monastero, fu fatto un ingrandimento
compreso probabilmente l'abside, che il Bergognone ornò del noto grande affresco
con l'incoronazione della Vergine. Nel 1813, durante i lavori per l'erezione di un
nu >vo aitar maggiore, si rinvennero le fondazioni di un'abside, forse della primitiva basi-
più tirili furon rintracciati laterizi con bolli dell'epoca di re Agilulfo, Quando
l'ed ' trasformato quale ora lo si vede con l'aggiunta 'dei bracci di
tramutamento della sua copertura dal tetto alle vòlte, è un'incognita. I
rifacimenti non si arrestaron qui, anche in seguito, nei bracci di croce, nelle vòlte.
M I L A X O
47
Queste ultime, tonde, furori sostituite a quelle ogivali nel XVI secolo. Xelle ricerche
fra le vecchie carte del luogo potei constatare che nel 1491 il luogo era ancora
« una bellissima et antiqua eclesia in la quale reliquie de molti gloriosi Confessori
et martiri, con una delissima sacrastia bene adobata de ogni ornamento » con « assai
bocali de argento, oro, tapasarie, libri », nonché diversi « organa suavia et optima ».
■il MI I M 1. I liti KIO.
Trovo inoltre che prima del 1553 si demoliva la cappella della Madonna per fare
ne nel 1546 l'ingegnere Dionigi da Varese dirigeva grandi lavori nel chiostro
locali finitimi, <\\<- nel 1 si eseguivan nuovi locali nel convento, compreso
il Refettorio, che nel lóooe 1610 deostruiva!] molti' cappelle m'Ha chiesa, ci)'1 nel
1622 si innalzava un nuovo chiostro e i Livori eran collaudati dal Richino, che nel
si fabbricava una nuova cappella, non è detta quale, nella chiesa, che nel [698
si rif ran parte dei tetti delle cappelle, che nel 1707, 1711, 1724 si lavorava
5°
I l' A 1.1 A ARTISTICA
ancora al chiostro, e che finalmente nel 1793 si rifaceva il pavimento all'intera chiesa.
Nessuna meraviglia quindi che con tante manomissioni la chiesa si presenti oggi
nello stato attuale: on la sua facciata, incompleta, a tre porte, — di cui la centrale
a più cordonature, in marmo, - due trifore, sulle porte minori, e due bifore abbi-
nato sulla maggiore, e in cui gli arconi rivelan la struttura delle navate interne;
l'interno a tre ampie navate, piene di luce, divise da piloni, reggenti gli archi tondi
e a cappelle laterali pure ad archi tondi. Ma le nuove vòlte si presentano oggi a
S I 1 srOKCIO - I. IMI UNO
(Fot Aliriarit.
sesto acuto e costoloni. Il congiungimento delle braccia è opera di epoca posteriore
alla primitiva costruzione, come ce ne persuade l'attacco disforme all'angolo d'incontro
dal piede ili croce col tramezzo, in cui per un piccolo spazio la nave minoro si
prolunga prima di arrivare all'angolo effettivo. I fianchi, all'esterno, appaion poi raf-
forzati da grandi e profondi archi a muro. In unaparola.il rimaneggiamento subito
dalla chiesa non autorizza torse gli dogi tributatilo dagli autori de] Cicerone che la
dissero una delle più eleganti chiese gotiche di Milano.
La chiesa di S. Marco, che abbiam ricordato precedentemente per la sua parte
più antica, costrutta a partire dal 1254, anno in cui ne fu posta la prima pietra da
MILANO
5i
frate Lanfranco Settala generale degli Eremitani di S. Agostino che là si insediarono
poscia, fu rimaneggiata in più epoche e in parti diverse della sua primitiva compa-
gine. Ma le vòlte del presbitero, dei bracci di croce e verosimilmente delle prime
campate vicine della navata maggiore possono appartenere al XIV secolo, per
quanto se ne può giudicare dalle superfetazioni che invasero principalmente la nave
maggiore e la cupola, quando vi furon apposte le attuali forme barocche nel 169 1-
1698. Della facciata, del bel portale a dolce sesto acuto a molti pilastrelli e colon-
1 tot. Ulnari).
nine, privo qui del caratteristico cordone a spirale, che continuati in molteplici cor-
dosature intorno all'arco, si fa autori- un Menclozzo dello scorcio <1H XIV 0 del
principio del XV secolo; le st.itu<- del tabernacolo che gli sovrasta son modellate
nello stile di Balduccio da Pisa. Il rimanente della fronte, di stilo archiacuto
a finestre bifore e trifore e un gran rosone ornatissimo nel centro, è ricostru-
zione moderna. Ma la parte più ricca, più caratteristica del monumento è la torre
campanaria che vuoisi appartenga al periodo delle vòlte acute del presbitero, cioè ai
primi decenni de che fu anch'esso completato anni sono in modo da pre-
'osimilmente in origine, la grande cella campanaria a bifore, il I
5 2 ITALIA ARTISTICA
a vistosa ornamentazione di archetti intrecciati e l'acuminato cono cestile caratteri-
stico dell'architettura lombarda archiacuta e del successivo periodo di transizione.
Analogo a qu 'elegante campanile di S. Antonio, restaurato nel 1893-95,
che r;<- 'fili •. - l'arte delle torre cotte nel periodo archiacuto: le bifore
CAMPANILE l'I S ANTONIO.
(Fot. I. 1. l'Arti Grafiche).
per li cella campanaria sono ad arco acuto a lor volta racchiuso da una bella
ghiera dello stesso sosto, che risvolta all'altezza dell'imposta dell'arco, secondo una
carati lombarda ch<> rimase e si sviluppi') per due terzi del XV secolo; le
mì ad archetti che ricorrono anche lun^o le lesene angolari e l'uso degli
smalti di calce per <ì ir risalto alle terre cotte vi ricordano altre geniali caratteristiche
di «li (|U('sto periodo.
MILANO
53
Ma il più ricco, il più elegante e nello stesso tempo il più sapientemente ideato
-dei campanili milanesi in cui le terre cotte si affermino come sola materia alla deco-
(.AMI-AMI I. I>l V (,«.! I \KI.O.
(Fot, Ulnari).
quello 'li S. Gottard >, nel palazzo reale. Dell'antica chiesa, riattata, • Bulla
S G vanni alle Fonti ch'era fra le sei chiesuole che ancora nel XII
io l'antica S. Maria Maggiore, da Azzone Vi conti intorno al
ITALIA A RUSTICA
rimase (dopo la ricostruzione del palazzo reale intrapresa nel 1770 dal Piermarini) a
pena L'abside ile e il campanile. Il nome dell'architetto arrivò fino a noi, inciso
alla base, nell'interno: Magister Franciscits de Pecoraris de Cremona fedì hoc opus.
Il campanile, analogo a quello dell'abazia di Chiaravalle, sorge di fianco all'abside :
è di torma ottagonale, a cinque piani, con cordonature agli spigoli, destinati ad
-trattura eminentemente verticale e a raccordare i vari piani fino al-
l'edicola delle campane con una combinazione originalissima di archetti a strabal-
COHTILI ]>l I. PALAZZO lìoKKOMI.O.
(Fot I. I. d'Arti Grafiche).
zamento che fan corona alla torre sormontata da un cono costile agilissimo. Il la-
voro è eseguito con la maggior diligenza di costruzione statica, di congiungimento,
di tcrn- «otte ornamentali, d'innesto dei marmi delle colonnine e dei cunei lisci che
danno all'agilissima eostruzione, come fu detto da un vecchio scrittore, l'aspetto di
un lavoro di legno «li rosa intarsiato d'avorio.
Non mancano, anche nell'architettura civile, attraenti esempi dello stile ogivale
interpretato con spontaneità e con freschezza di ornamentazione.
La ( Borromeo, nella piazza omonima, la più notevole costruzione signorile
prettamente ile che rimanga a Milano, appartiene al principio del XV se-
MILANO
03
colo. La porta a puro sesto acuto, dall'archivolto di grossi cunei di marmo a colori
alternati, analoga a quella dei Vimercati. in via dei Filodrammatici, si adorna di
una larga ghiera, provvista di un cordone a spirale, di una fascia ornamentale e
di un seguito di fogliami risolventisi al sommo della cuspide nell'araldico cammello
caricato della corona comitale adagiato entro il cesto, emblema di pazienza e di
lontane peregrinazioni, adottato, insieme all'unicorno, dai Borromeo. All'interno ac-
coglie ancora omaggio d'ammirazione e di pazienti restauri il cortile d'onore, cir
V -^J^yJ
DEL !' \l. \//u isnKkOMl O.
I l-..i. I. I. d'Arti
ronfialo per tre lati dal portico a larghi archi ogivali sorretti da pilastri ottago-
nali, comuni nelle costruzioni civili di quasi tutte le città «Iella vallata del Po nel
XIV e per due terzi del XV secolo, con modeste basi e capitelli; nel lato de)
cortile privo delle logge s'apron belle finestre archiacute a ricche incorniciature. Le
decorazioni delle pareti, gli affreschi della prima metà del XV secolo in una sala a
pian terreno, dei quali parleremo più avanti, i soffitti con le originarie decorazioni
aggiungon ricchezza al palazzo, ben noto anche pei tesori d'arte che racchiude e
per le simpatiche memorie di vita milanese che vi si collegano.
Altre costruzioni in cui si trovin predominanti le liner- archiacute n<-i portici,
nei portali, nelle fin' nvien piuttosto cercare nelle costruzioni «lei dintorni
della < ittà, come quelle che han saputo salvarsi dalla sin. mia di ricostruzione che,
56 ITALIA ARTISTICA
specialmente negli ultimi tempi, ha invaso i quartieri più eentrali della città; tali la
casriii. i Mirabi 11 ri di Porta Nuova, la chiesa di Santa Maria di Monzoro pressa
Cuvi'j". illa, la Badia di Viboldone, quella di Chiaravalle e diverse
roccle telli.
1. . piazza racchiusa dal palazzo della Ragione, dalla loggia degli Osii e
da qu< sto edificio si presenta fra 1'- più suggestive d'Italia. Un notevolissimo restauro,
■ -nte compiuto, è quello «Idia ricordata loggia, eretta da Matteo Visconti nel
1 3 1 6 sull'arco delle case degli Osii, tutta a marmi bianchi e neri, a due loggiati
sovrapposti «lì cinque archi ciascuno," l'inferiore ad arco tondo con tozzi pilastri otta-
gonali, il superiore a colonne su cui s'impostano gli archi acuti, testé riaperti: il
da! quale si bandivano gli editti del Comune, le insegne elei quartieri della
città, il frontone a nicchie constatile aggiungon leggiadria al delicatissimo edificio
nel quale par di vedere l'araldo della Rinascenza edilizia che trionferà più tardi.
Gli altri rami dell'arte non furon meno fiorenti a Milano, nel trecento, di quel
che tosse l'architettura.
La stessa fabbrica del Duomo, gran focolare di maestranze in Lombardia come
lo diverrà nel secolo successivo la Certosa di Pavia, aveva richiamato anche dal
di fuori numerosi maestri dello scalpello. I più ricordati sono Alberto, Bonino, Gia-
como, Giovanni Fernach, Pietro di Francia, Giovannino De Grassi. Giovanni Mar-
chestem, Pietro e Walter Monich, Fritz da Norimberga. Matteo Kaverti. Lodovico
R'-i. Lorenzo degli Spazi, Pietro Uni, Nicola da Venezia, qualcuno chiamato alle
volte, secondo l'uso, anche lapicida. Di Hans de Fernach di Friburgo è l'ornato
sulla cuspide della porta di una sagrestia (1393) diligentemente intagliato in marmo
a figure e fogliami, mentre il lavoro marmoreo, convertito a copertura del lavabo
nell'interno della sagrestia meridionale, è segnato col nome ili Giacomo da Campione
e non può esser quindi di Giovannino De Grassi come credette il Mongeri : opera no-
tevolissima in cui campeggia entro la cuspide delicatissima la composizione, già or-
nata in policromia, della Samaritana al pozzo.
I.\eoi!vs fii.ivs ser Zambonini de Campilione fabricavit hoc opvs è scritto sul
contorno inferiore del grande bassorilievo nel sopraornato della porta alla sagrestia
meridionale, eseguito prima del luglio del 1395, perchè gli Annali del Duomo ci as-
sicurano che allora Giovannino De Grassi fu chiamato a dipingervi e dorarvi le
sculture stesse, nelle quali trionfa il bassorilievo del sopraornato col Signore benedi-
ca una gloria d'angeli e una ghirlanda di santi. Date le relazioni di Giovanni
Fernach, il teutonico com'era chiamato, con la Germania, quella scena e quella sovrab-
bondanza un po' eccessiva di rappresentazioni, di fogliami, di figurette decorai i vi-
ni quella porta non può far meraviglia. Ne risulta quindi che l'altra porta appare
ente, .Mine osserva il Boito, più proporzionata, organica e logica.
11 sopraornato del lavati" fu eseguito da Giovannino De Grassi dal 1391 al
ma la parte decorativa a colori è oggi scomparsa e l'insieme ha perduto l'ar-
monia <■ l'equilibrio impressivi dall'artista multiforme. Il gruppo della Samaritana e
di Gesù ,'■ pieno ancora di dignità e di dolcezza. Quale scultore, come osserva Pietro
Toesca, che ha dilgentemente studiate le caratteristiche dell'artista, Giovannino De
M I L A X O 57
Grassi appartiene a quello stile di transizione verso il Quattrocento al quale spet-
tano le più antiche sculture del Duomo. Questo maestro fu anche pittore e minia-
tore: gli spetta un volumetto di disegni della biblioteca civica di Bergamo (sul
quale lo studioso ricordato richiamò l'attenzione), bizzarri e vivaci, nei quali non
manca qualche influenza dell'arte settentrionale che il maestro subì verosimilmente
dal contatto degli artisti d'oltr'alpe che lavoravano nella fabbrica del Duomo.
Ma è sopratutto nella statuaria che il Duomo presenterà maggior importanza
l'OKTA DEL I-ALA//0 IH 1 MUIKCATI.
i ot. Brogi).
studioso dell'arte, il quale, attraverso la fase transitoria in cui l'arte d'oltr'alpe,
o decisamente o indirettamente, siaffermacon notevolissimi esemplari, intravvedrà il
tri-.nfo finale dell'arte italiana. Nei doccioni le gargulle, o giargolle degli Ann. ili
■'• La storia arti Duomo, come notò il Meyer, e il trapasso dell'arte
dal gotico transalpino alla fantasia libera, indipendente dell'arte nostra. Le figure
d'animali, meo p »ni 'li cani e di leoni, <i riportano al favoloso regno
dei draghi r- dei mostri, dove !'•• forme umane si fondono conquelle delle bestie
o animato <li preferenza dalla fantasia nordica e per le quali si potrebber tro-
vare rapp r ne d'acqua «li S. Urbano in [royes. Il punto di partenza,
il motivo, era nordico: ma lo spirito <h<- le rivestiva si animava dalla fantasia ita-
53 ITALIA ARTISTICA
liana esigente maggior misura che forse non avesser voluto i maestri d'oltralpe ,
avvezzi alle acri oscenità delle loro sculture di analogo uso, in cui prodominava l'e-
lemento sozzamente burlesco. Di dar loro significato speciale, come qualcuno sem-
■
I- M.A//I.I IH 1>II \UI\I l\ IIA//A MI Ki WII.
i credere, non pare fosse intenzione dei committenti, almeno a giudi-
si del tempo, come da quella del 9 ottobre 1406 in cui si parla, in
un latino * itt'altro che classico, d'una gorgula cum uno babuvno, qui habet caput
ad modunt unius 'erpentis cum parvo soldato ad collum circumcirca. La fantasia
più bizzarra ["Hata nel concepire queste figure decorative dei doccioni: or
MILANO
59
di draghi in atto di aprire le fauci, or di un uomo che afferra il tubo da cui esce
l'acqua piovana, or di un fanciullo che s'avvinghia ad un ramo, or di un giovane
corpo di donna ignuda avvolta da un lungo rettile in una vivente spira.
• m.nu <> ii
- Fot, l. I. d'Arti Grafiche).
Spe< tre .il primifilo
su» < < tistu he fra le m< 'Ite gr< ndaie
ch< nu mento dal ca] ii iati da
alile..- ■ e con l'ali di pipistn 111 i
•
6o
ITALIA ARTISTICA
DUOMO i I sl'IDI DILLA l'OUTA Iti LI \ SAGHI. S f I A M I HIDION ALI .
vano acuire agli scultori numerosissimi: nel 1403 Xicola da Venezia e Alberto
<■ Bartolo da Campione, nel 1404 il Raverti, ch'eseguì un gigante armato, Jacopino
[badate, ch'esegui un gigante scalzo, .Viroli, che modellò un gigante cum ca-
super caput, un Solari, che scolpì una donna che suonava un corno, Alberto
da < impione, al quale si deve l'homo selvaticus, Annex Marchestem, che scolpì
un'altra figura [ un una bissa circuiti collimi et dorsunt ecc.
Le 1 ti, - Era le quali invano si troverebber de' santi, — che
MILA N O
61
lil uve, i i siMM ni i.i.a l'OKl \ rTENTRIONALB.
s'ergono, ;*. mo1 'li cariatidi, Botto i doccioni, ritti sopra una incus, da a piano inclinato
perchè si potesser vedere interi, dal b n tolti al mondo sopranaturale «li cui
la fantasia nordica amava popolar'- i regni della natura e le foresti-: som figure «li
Tieri, 'li ri di paggi, <li araldi, di capelluti uomini dei boschi, rappre-
sentati tal varietà <\.i non aver le uguali in altro monu-
mento d'Italia. Da principio, ne' primi lavori, osservava il compianto dott, A.
Gotthold ira lombarda, specialmente di questo periodo, dedicò
ITALIA ARTISTICA
studi e ricerche amor - son figure di sapore tedesco e son tedeschi gli esecu-
tori: ne' più antichi giganti, come in quelli della guglia Carelli, v'è qualcosa di stra-
che ricorda i giganti de' romanzi cavallereschi medioevali. Poco dopo l'arte
incomincia a trarre le sue ispirazioni da un sano realismo e l'araldo del Rinascimento
appar in perdendo, in queste figure del Dui uno, le piegature nervose e spezzate
LA OUARIOIONI mi FANCIULLO NELLA fOMBA DI S. PIE
ARTI B l. .
| Fot. I. I. 'l'Ani <'.r.:
alla Hans von Fernach che ricordano le duo sculture in legno del Nord, e formo più
più larghe, più omogenee, non escluse quelle derivato, forse indirottamente,
dall'arte veneta, si sostituiscono .die prime.
ino 'lei trecento clic lavorò a Milano, scolaro per qualcuno di
ma piutto Qtinuatore della miniera di Giovanni Pisano, è Gio-
vanni di 'amo della chiosa di Santa Mari i del Prato,
:ordia, in Sm Casciano presso Firenze.
MILANO
A ricordare una delle glorie del-
l'ordine dei Domenicani e ad accogliere
i resti del loro capo di Milano, Pietro
da Verona, ucciso proditoriamente, con
un suo compagno, presso Barlassina,
fra Milano e Como, il 6 aprile 1252,
e ch'ebbe corona di martire e, più
tardi, di santo, l'arcivescovo Giovanni
Visconti, protettore de' Domenicani,
commise a Giovanni di Balduccio che,
sembra, trovavasi già a Milano per or-
nare il palazzo di Azzone Visconti, di
erigerne la nuova tomba nel 1339,
data incisa, col nome dello scultore,
sul monumento che, trasportato nel
1736 dalla vicina chiesa di S. Eustor-
gio, sorge ora nel centro della cappella
IJ'>rtinari, detta appunto di S. Pietro
Martire, dietro la stessa chiesa. Con-
siste essa in una grande arca, sorretta
da otto pilastri, a ciascun dei quali è
addossata una statua rappresentante
una Virtù. Tre bassorilievi per ciascuna
faccia maggiore dell'arca, e uno nei
lati, presentano le istorie della vita del
santo : il miracolo per cui die la fa-
vella a un muto, la sua predicazione
al popolo, la guarigione degli infermi al
contatto delle vesti del santo. ] 1 de-
]) >siz: \ stima nel convento, la
canonizzazione, la liberazione «la un
naufragio, il trasporto della salma dal
ùo al nuovo avello. Altre men
notevoli rappresentazioni son sai co-
perchio inclinato; altre statuette di
santi, a dividere i bassorilievi, sorgono
rrispondenza alle grandi si
dei pilastri e ,1 lor volta son v,nnnn-
tate da altretl mte statuette. II monu-
mento è provvisto, al ■ di una piramide tronca sormontata da mi tabernacolo
biforo, entro cui trionfa la figura della Vergine col Bambino fra due santi, sormon-
tato da pinaf '.li e da tre statuette terminali. In tutto vm dieci bassorilievi e, fra questi
e le staro sto il capolavoro di Balduccio, grandioso,
concep larghezza, modeii.it., con diligenza, anche so vi si voglion scorgere
le tracce d'altra man', men corretta nei bassorilievi.
s I I SIO|(l,|i.
MONI \IISK. A sui \mi \ im unii
I ..i . Alm.irh.
64
ITALIA ARTISTICA
S si eccettua quello più ordinato e chiaro » osserva infatti il Venturi « che
rappresenta il miracolo della guarigione del fanciullo muto, tutti gli altri si vedranno
di mani inferiori, di una fra le altre che fa le teste ossute e corpi grassi nelle vesti
insaccate. Anche negli angioli sulla cimasa dell'arca si distinguono per purezza e
candore quelli della faccia anteriore, da quelli della posteriore che sembrano in-
vecchiati Il nome di Balduccio si leggeva anche sulla porta di S. Maria di Brera:
i frammenti ne son oggi nel Museo Archeologico.
Il buon frutto dell'arte pisana trovò terreno poco adatto a Milano, poiché il
Duomo, grande focolare d'arte attaccata alle vecchie tradizioni, chiamava a sé la
S I l vroROlO — CAPPELLA DUI MAGI - LA STOKIA DBI KB MAOI.
i«.r parte degli artisti del lungo o dell'intera regione. Tuttavia nella tomba di
Can dr.i [e a Verona Bonino da Campione rivela, specialmente nelle figure, remi-
niscenze dell'arte pisana e, accanto ad elementi gotici trattati originalmente, fonde
elementi 11 Meyer è disposto a vedere anche minori rapporti d'arte fra
Giovanni di Balduccio e i campionesi, — intendendo con questo nome i rappresen-
i. aiti indigeni della scultura lombarda del trecento, - che non vedesser preceden-
temente altri studiosi, il Baldoria fra questi.
|r' s'"ìl »so tedesco ascrisse a Bonino diverse opere di scultura di Milano: i
sarcofagi di Stefano e di Umberto III Visconti in S. Eustorgio, il bassorilievo affisso
illa parete al disopra del monumento di Salvatore Aliprandi in San Marco, il gran-
INCONA IN IfARMO Di LL'ALTAR m \<. IIOR]
(Poti Almniii
66
ITALIA ARTISTICA
-. ii,,
IN li' A GASPARE visconti.
Fot l. I. d'Arti Gral
dioso monumento di Barnabò
Visconti ora nel Museo Ar-
cheologico al Castello Sfor-
zesco. Giovanni di Balduccio
ebbe parte, forse, insieme ai
maestri lombardi, all'esecuzione
del monumento ad Azzone Vi-
sconti, del quale si conservano i
frammenti nel palazzo Trivul-
zio. Gli si attribuisce l'altare
a mo' di trittico scolpito in
marmo, eseguito nel 1347, in
S. Eustorgio nella cappella dei
Magi e nel quale è rappresen-
tato, in vari momenti, l'omag-
gio dei Re a Gesù Bambino ■
ma è più verosimilmente opera
di un discepolo del maestro
pisano.
Il monumento a Stefano 1
Visconti e a Valentina sua mo-
glie presentami sarcofago sor-
retto da quattro colonne a spi-
rale e coperto da un baldac-
chino pur sorretto da altre
quattro colonne uguali e cor-
rispondenti alle sottostanti. L'o-
pera rivela la scuola migliore
di Giovanni di Balduccio. Il
monumento di Uberto III Vi-
sconti è opera di altro seguace
del maestro pisano « che, (ri-
porto dal Venturi) nel rappre-
sentar la Vergine incoronata
e l'angiolo che introduce nel
cielo il principe e suo figlio
Giovanni, mostrò ricordare gli
ipi pisani e non altrettanto
nelle figure dei cori angelici e
dei santi patroni, anche di
quelli che a destra accompa-
gnano le mogli di Uberto HI
e del figlio Giovanni nella bea-
titudine ».
L'eco dell'arte del mae-
68
I I ALIA ARTISTICA
stro pisano ritorna nel sarcofago di fronte all'altare dei Magi e nelle parti più an-
tiche del ricchissimo aitar maggiore di S. Eustorgio stesso e, più modestamente,
nell'arca di Gaspare Visconti, nel luogo stesso, sorretta ancora da colonne tortili e
ornata, fra gli altri, d'un bassorilievo nel mezzo della cassa marmorea con l'Adora-
s MARCO t usa in la\ì kav.o MTTALA
i l"ot. I. I. d'Arti < .1
dei Magi, che ispirerà più tardi i primi maestri del Rinascimento lombardo,
tivo de' leoni che si volgon l'un contro l'altro servirà all'Amadeo per
1 1 t( imba d i a 1 Bergamo.
An'he il davanzale dell'arca di Salvarino Aliprandi del 1344 in S. Marco, di-
in due zone con le figure di due devoti, padre e figlio, dinnanzi alla Vergine,
MILANO
69
la Pietà e l'incoronazione della Madonna nella zona superiore, e il Redentore benedi-
cente il defunto raccomandatogli da un santo, dalla Vergine e da S. Giovanni Bat-
tista in un unico comparto, nella zona inferiore, ricorda l'arte del maestro pisano,
specialmente ne' due angioli reggenti il candelabro.
Quanto al monumento di Lanfranco Settala, morto nel 1264 e fondatore della
chiesa di S. Marco dove molto tempo dopo trovò sepoltura, la critica è molto di-
scorde. Il Giulini, il Calvi, il Perkins lo attribuirono a Giovanni di Balduccio, il Mon-
geri dubitativamente a Bonino da Campione aiutante del maestro pisano nella tom-
ba di S. Pietro martire, il Mever vi trovò un indirizzo artistico parallelo al senese
e tutto proprio di Giovanni di Balduccio, il Venturi vi scorse soltanto l'opera di un
maestro inferiore a quello che esegui la tomba di Salvarino Aliprandi. Un maestro
>AK(.OIA',0 ili OIOVANM1 DA FAOHAKO MIMO AECHEOLOOICO).
diver- tt'essere L'esecutore del monumento di Giacomo Bossi (1355) nella
stessa chiesa, con la rappresentazione <1<-1 defunto dinanzi alla Vergine col Bambino;
un frammento, che si vuole parte di questo sarcofago, è presso la famiglia Frova,
nel palazzo Borromeo, e nel quale è particolarmente sviluppata la disposizione dei
panni verso terra a piegoline ondulate che è proprio di questo momento della
scuola lombarda e dal quale, più tardi, Io stesso [acopino da Tradate non saprà
rsi.
Il Venturi notò le affinil • men palesi con l'arte pisana in diverse scul-
ture del Archeologico presso il Ca nelle dm- Madonne col
Bambino, luna già sulla porta Orientale, l'altra già sulla porta Romana, nel sarcofago
di Giovanni da I ampionese affine a Bonino, nel Cristo sul sacrofago
e in diversi frammenti, 1 1 tutti nel sepolcro della famiglia Rusconi già in
elio di Bari > In S. ( riovanni In < '■ >nca
MONUMENTO DI BARNABÒ VISCONTI (MUSEO ARCHEOLOGICO).
(Fot. Anderson).
' REOINA DELLA SCALA (MUSEO ARCHEOLOOICO).
(1 .,!. Min .1).
72 ITALIA ARTISTICA
a Milano. Nella tomba Rusconi ritornano i caratteri architettonici senesi per opera
di un campionese che modella le sue lunghe figure con le fronti appuntate e gli
occhi stretti, le piegh*' larghe e schiacciate. Il monumento a Barnabò è sorretto
da dodici colonne e presenta, ne' vari lati del sarcofago, con le rappresentazioni
\\ PARI il i "l. MONUMENTO \ MASTINO AJ.IPRAND1 l CON ALTKO D'IONOTO.
dot. 1. I. d'Arti Grafiche).
dell'Incoronazione tra due santi in una faccia, S. Girolamo e S. Gregorio e gli
I lanisti Dflla seconda, < risto sul sarcofago fra la Vergine e molti santi nella
ter/a. il Crocifisso al quale S. Giorgio raccomanda Barnabò e, ai lati, molti santi,
nella (piarla. Al sommo sorge la figura del Visconti, a cavallo, rigido in arcione:
ai lati del cavaliere due figurette ricordano le virtù del principe : la giustizia e la for-
MILANO
73
tezza. II monumento era delicatamente ornato e dorato con arte d'orafo; ma oggi, a pena
qua e là, negli addentramenti delle pieghe, si scorgon, dell'oro antico, le tracce.
II monumento ha rapporti con quello a Cansignorio a Verona e fu eseguito da
Bonino a giudizio del Morigeri e del Perkins, su disegno di Bonino che avrebbe
eseguito solamente la statua maggiore secondo il Meyer; « vi si nota la debole
imitazione delle forme di Giovanni di Balduccio > noto col Venturi, < anzi il ri-
vivere delle vecchie e rudi forme romaniche sulle eleganze toscane : la traccia pi-
sana resta, ma sgretolata e guasta, grossa e volgare ». Ricorda l'indirizzo antico
1 1 UDÌ «TOBI HI OLOOICO
DAI DI OMO . Brogi).
I \ \li',IM HDBBO AUi.HEOLOOICOl.
DAI l'i OMO), il ot, Hro^i).
'li Bonino anche l'arca 'li Regina della S asorte 'li Barnaba; e in generale,
pel Venturi, l'influsso del maestro toscano ritorna ancora nelle statue della loggia
degli Osii, più antiche 'li quanto il Mongeri non credesse, sì che egli vTntravvedeva
la maniera di Ja< opino da Trad
Ai maestri pisani il Meyer avvicinò le figure del sarcofago Carelli nel Duomo
'li Milano, che piuttosto tengon della maniera dei Dalle Masegne, ciò che trova un
appoggio indiretto anche dalla considerazione che Marco Carelli morì nel 130:4 a
/ia dove quei maestri principalmente lavoravano. E 1 rapporti fra l'arte veneta
e la lombarda troveranno applicazioni fruttifere e inti anche nell'inizio del
prima dell'avvento dell'Amadeo,
74
ITALIA ARTISTICA
l)Hle stesse arti minori nel trecento non mancan saggi notevoli in città.
Della bottega artistica degli Embriachi, che principalmente a Venezia produsse
BASILICA ni 8. IMBKOOIO CKOCB IN A.KOENIO.
(Fot. AHnari).
cosi gran numero di Livori in osso e in avorio, son numerose le opere nell'alta Italia;
a Milani son opere di Baldassarre degli Embriachi, come comprovano i documenti,
le arche Viscontee, in casa Cagnola, già nella Certosa di Pavia, che figuran fra i
più notevoli esempi di quell'industria, in una coll'altare di quella Certosa, con
M I L A N O 75
l\iItro del Louvre già nella badia di Pcissy, con un altro ancora nella badia di
Cluny che lo Schlosser illustrò e classificò a seconda delle loro rappresentazioni,
ispirate quando alla mitologia e all'antichità classica, quando alle istorie derivate da
BkOOIO I \.\ l'A'.r.v PI i CORALI l'I '.l * s <,Ai.lA//n
I..I . Al in uri i.
un romani del ciclo del Lohengrin le chevalier au Cygfie e alla
storia <li Griselda, ai canti di quando alle rappresentazioni delle Virtù e
delle Arti liberali, quando alle scene bibliche e alle sacre rappresentazioni, Nelle
archi Milano, eseguite negli anni 1400*1409 da Baldassarre, v'è ancor l'eco
ITALIA ARTISTICA
dell'arte toscana, ciò che induce giustamente il Venturi a consigliare di non localiz-
zare a Ven via l'industria delle cassette alla Certosina. Allo stesso secolo appartiene
un'edicoletta in avorio del Museo Archeologico, con le figure della Madonna e del
Bambino col fondo decorato a u'igli e le ante laterali provviste di scene della vita
della V. ■ . di decorazioni e di policromia.
dia pittura nel trecento ciò che rimane a Milano è troppo povera cosa
perch fare, per ora, poco più che un accenno. Gli stessi affreschi
sparsi in alcune chiese delle campagne circostanti e che si ascrivevano Mi preferenza
a Giovanni da Milano rivelati piuttosto altri influssi e altri ideali d'arto.
Negli altri prodotti s'andò accentuando nel trecento, specialmente nella orefi-
ceria, il vero senso d'arto, raffinandosi la tecnica della lavorazione e si limitò il va-
lore della materia, che dianzi rappresentava il maggior pregio dell'opera d'arte. Fra
1 • opere del XIV secolo rimaste tuttora a Milano ricordiamo la croce portatile del
Capitolo ambrosiano e. quale ricco esempio dell'arte dell'alluminatore, il messale
detto dell'Incoronazione di G. Galeazzo Visconti nella Basilica di S. Ambrogio, perchè
sarebbe troppo lungo ed esorbitante i modesti limiti di questa pubblicazione ricor-
dare tutte le miniature del tempo o anche le principali delle biblioteche Ambro-
siana e Braidense.
HI OMO Ahi \ DI MARI e I ANI I LI
t. I. I. d'Ari
IL CASTELLO DI MILANO
III.
L'architettura e la scultura di transizione : il Filarete, i Solari, Jacopino da Tradate, il Rarcrti, il
Linoni.
L'ultimo dei Visconti, Filippo Maria, legò il proprio nome alla storia dell'arte
pel fatto di aver chiamato presso di sé, fra gli altri, il Brunellesco; egli si meritò
le lodi in versi di Tommaso da Rieti e l'attaccamento del Decembrio. Ma Fran-
cesco Sforza (1401-1466), prendendo il governo dopo il breve periodo della Repub-
blica Ambrosiana, trovò più adatti tempi a incoraggiare le arti. Alla sua corte, fa-
stosa quanto le maggiori d'Italia in quel tempo, accorrevan letterati e buoni artisti.
Milano accolse allora Jacopo da Cortona, il F*ilarete, Bartolomeo Gadio, Michelozzo,
Aristotile Fioravanti, il Pisanello, Cristoforo Moretti, Bonifacio Bembo, Zanetto Bu-
gatto. intenti alla decorazione delle sale, delle cappello, dei giardini del Castello ; fra
gli umanisti e i dotti Francesco Filelfo, Candido Decembrio, Costantino Lascaris,
Cicco Simonetta. Allo Sforza si dovette anche l'inizio di quella grandiosa costruzione
'li carattere cosi emiiK-ntemente pratico e moderno che è l'Ospedale Maggiore,
tanto che il Filarete volle dedicare al principe mecenate il suo Trattato d'Architettura.
Frar. provvide subito, appena impadronitosi della città nel 1 ; 50, a
riedificare la tortezza ch'era stata dei Visconti '■ che il popolo aveva demolito*; la
riedificazione, notava il f'orio, fu ordinata dal Duca non perchè dubitasse [della
dei novelli sudditi, ma solo per ornamento della città t sicuri la contro qua-
lunque^nemico che in ogni tempo la voli -e molestarci e aggiunge che < non sola-
mente come prima ma più ampio il ri/ece{: di sorta che senz'aleuti dubbio si può
me il più superbo e forte che sia nel piano per tutto l'universo, et es
aere costato mi milione di durali >. L'ardi. Luca Beltrami, che come ebbe il prin-
cipal merito d'aver salvato il < lastello dalle demolizioni pr «gettate, dedi< '• al monumento
l'opera attivi prò del restauro, provò che 'primo architetto ne fu un Giovanni
da Milano, il quale vi prestò cosi propria che dopo soli cinque
dall'inizio dei lavori di ri rovine della rocca vi contea detta di
7^
MALIA ARTISTICA
/'orla Giovia si trattava già di compiere, con la merlatura, una torre verso la chiesa
del Carmiu'' e già < rano ultimate le fronti esterne verso il giardino, cioè i muri della
cortina detta ghirlai
Verso la fine del 1 4 s i i lavori erano avviati lungo la fronte della città: i do-
cumenti del cennan già alla torre della Rocchetta, che è la castellana o
VililiA UH \l 1 l>l 1 CASTELLO DI MILANO \IIIA C08HOORAPHIA > 1)1 S Missili;, BDIZIONB DEL 1550.
ntayslra e più tardi del Tesoro, all'angolo ovest del quadrato sforzesco. L'anno
susseguente a Giovanni da Milano, morto di peste, successe Jacopo da Cortona e,
per la decorazione della parte centrale della fronte del Castello volta verso la città,
Antonio Averulino di Firenze dotto il Filarete. La fronte doveva esser costituita di
una robusta cortina racchiusa fra due alte torri rotonde in pietra: nel mezzo della
cartina dovevi aprirsi la porta principale d'accesso al Castello sulla quale si sa-
rebbe innalzata la torre di difesa. Nell'agosto del 1452 la torre costrutta dal Filarete
8o
II ALIA ARTISTICA
si trovava già all'altezza delle cortine laterali e Francesco Sforza disponeva che venisse
innalzata sin" all'imposta della merlatura. Il fiorentino Ridolfi, che la vide nel 14S0, la
disse torre quadra altissima e il Guicciardini la chiamò torre di unir mo bellissima
fabbricala sop porta, nella sommità della quale stava l'orologio. Ma nel 1521,
per un disgraziato accidente, la torre cadde e solamente in questi ultimi anni si
è provveduto a rifabbricarla per opera del Beltrami che si giovò Mi numerosi do-
cumenti grafici del tempo, quali un 'graffito della cascina Pozzobonella, un intarsio
nel coro del Duomo di Cre-
mona e diversi sfondi di qua-
dri leonardeschi, oltre che di
torri analoghe tuttora in piedi
nei castelli di Cusago e di Vi-
gevano.
Numerosi architetti, scultori.
pittori lavorarono, in epoche
diverse , a render piacevole
questa nuova residenza sfor-
zesca che s'andava ampliando
a seconda dei tempi e delle
tendenze: Bartolomeo Gadio,
Benedetto Ferrini fiorentino
da prima, diversi pittori lom-
bardi al tempo di Galeazzo
Maria, Bramante e Leonardo
al tempo di Lodovico il Moro.
Vedremo più innanzi, parlando
dell'arte della Rinascenza, la
parte che loro spetta nel mo-
numento.
A noi basta per ora insi-
stere sul fatto che , benché
iniziata alla metà del XV se-
colo e susseguita senza interruzione, la grande fabbrica del Castello è ispirata, al-
meno in parte delle sue linee e principalmente nelle porte e nelle finestre, allo stile
archiacuto, nel quale però l'ornamentazione nuova accenna già a una transizione
verso nuove idee d'arte. Spetterà al periodo di Galeazzo Maria e principalmente a
quello di Lodovico il Moro attuare le nuove parti e le decorazioni in quello stile
della Rinascenza che aJMilano, come in altre città dell'Italia superiore, tanto stentò
a tarsi strada e ad ai formarsi.
Le belle finestre degli appartamenti ducali, delle cappelle, della cancelleria du-
cale, sia quelle che prospettano sul grande cortile come quelle che ricevon luce dai
lati e dalla campagli 1, si presentano grandiose, a elegante sesto acuto, con larghe fascie
contornate da soprarchi in ricca decorazione in cotto che, nei restauri recenti, ha
ritrovato le antiche sagome e la originaria vivacità accresciuta dai caratteristici ri-
quadri di cemento bianco. Le decorazioni continuano sotto il davanzale in belle file
INA FINESTRA DEL CASTELLO.
(Fot. Ferrano),
MILANO 81
d'archetti a lobi, in bel rilievo di cotto, e già accennano, nel fare largo, nella po-
licromia generale, alla transizione che troverà più tardi proseliti numerosi e arditi.
Il periodo transizionale nell'architettura lombarda che, basandosi su gli elementi
ereditati dalla tradizione e principalmente sulle vòlte acute, accoglie già elementi
dell'arte nuova irradiata dalla
Toscana infiltratisi lentamente
in Lombardia o che almeno
ingentilisce quei vecchi concetti
medioevali e li riveste di nuove
decorazioni più fresche e più
vivaci, è fra i più interessanti
a studiarsi come tutti i periodi
di tentativi e d'audacie nuove.
Al periodo di transizione
appartengon le belle e ancor
severe costruzioni in laterizio.
parcamente ornate di leggera
policromia e sapienti di linee
nuove, dei .Solari. A una mia
pubblicazione dedicata allo stu-
dio delle opere di questa fami-
glia d'artisti tolgoquanto basta
per dar qui un'idea sommaria
dell'attività loro e delle loro
belle costruzioni : " • same
delle quali spiegherà i succes-
sivi trionfi dell'architettura lom-
barda.
1 1 I Hovanni si sa che
lavorò in diverse 'ostruzioni
: rz< » he . castelli , r .< ■< he,
restauri di edifici minori, dal 1445 al 1481: pel Duomo di Milano, per la Certosa
di Pavia e per privati; ma dei monumenti ricordati sarebbe difficile rintracciare la
parte che spetta all'opera sua personale non molto notevole.
più interessante è la figura artistica di Boniforte o, com'egli stesso si chia-
mava. Guinifo s'inizi/) all'arte delie seste sotto la guida del padre. Si sa dai
: d'archivio che l'8 marzo 1 (.59 egli era stato eletto ingegnere della fabbrica
del Duomo con r mensile di 1 2 fiorini e 8 brente di vino, che nel 1462 era
deputalo alla fabbrica della Certosa di Pavia anche prò faciendo capilélos claustri
li modelli del cremonese Rinaldo De Stauris magister ab intaliis il ■•
novembre 141 nere e 1 ite a tutti i lavori dell'Ospedale
IIMMI1A DELL'APPARTAMENTO DUCALI
I ' I ' 1 r . 1 1 1 , . i .
■li".
1 // illtnl ■■in
8:
MALIA ARTISTICA
Maggiore di Milano, in sostituzione del Filarete, con lo stipendio di tre fiorini al
mese, come quegli che s'era già prestato altre volte, lodevolmente, a quei la-
Xel 1472 costruiva pel gentiluomo Pietro Figino un palazzo fra la piazza di
Santa Tecla e la strada dei Borsinari, che, deformato in seguito, col nome di coperto
TORBE DI DONA DI SAVOJA SI l. CASTBLLO.
rimase fino al 1868 in cui cadde sotto il piccone per far posto all'attuale piazza
del Duomo. Lavorò anche pel Castello di Milano e per privati. I vecchi storici
gli attribuirono inoltre il disegno dell'antica chiesa di .Santa Maria delle Grazio, dal
incominciata a risorgere sul luogo attuale, e di altri edifici minori oggi scom-
parsi. Mori nel 1481 lasciando fama di architetto i d'ingegno e d'arte ammirabile »,
come I" ricordava la patente ducale in favore del figlio Pietro Antonio.
: CO LOOOIA l>\ 0 MI KZZO M. SFORZA
i PORTA DEL CASTELLO vi km» i. a CAMPAONA
ITALIA ARTISTICA
Il Morigeri credette ch'egli non prestasse l'opera sua a prò del Duomo che
quale amministratore: ma le nuove notizie venute in luce provano che nel tempo
in cui il Solari rimase alla direzione dei lavori il tiburio fu costrutto in quanto ri-
guardava la zona inferiore di innestamento con le navate maggiori, la quale era
riamente riparata con tegole.
SCALONE DEL CASTELLO.
iFot. Ferrarlo).
É boto che il Filarete aveva ideato e incominciato la fabbrica dell'Ospedale
Maggiore di Milano con un tipo classico, diremo meglio, fiorentino: ce ne assicurano
e i suoi disegni e la parte in opera.
I documenti confermano che il Filarete, venendo a Milano a lavorare per I'O-
spe lale, non rinunciò alle dottrine apprese alla scuola del Brunellesco; le parti in
cui predomina lo stile archiacuto dell'edificio che stiamo esaminando spettano del
86
ITALIA A RUSTICA
m
m
tutto a < iuiniforte Solari e a diversi tagliapietre lombardi. In tal modo la storia del-
l'edificio si pri i naturale. Il Filarete rimase in qualità di architetto della
fabbrica dal principio fino al 1465. In questo periodo i libri mastri dell'Ospedale ri-
cordano che nel 1461 si lavorava già a rivestire di marmi la fronte col portico
verso il Cascinotto, cioè il lato dell'attuale facciata verso S. Nazaro, che un Giovanni
Cairati s >mministrava le colonne per il portico avanti all'accesso, e che nell'anno
stesso un Cressolo Ma Castello
dava 28 braccia di pietra d'An-
gera lavorate per la stessa fron-
te, mentre il Filarete consegnava
gli ornamenti di tre finestre e
di tre porte, e si incominciavan
le crociere o infcrmerie, i cui
lavori venivan dati in incanto.
Il 7 gennaio del 1462 Guiniforte
Solari appare già presente al-
l'opera: da questo momento i
lavori, anche di decorazione, si
susseguono con rapidità e i ma-
stri continuano a registrare pa-
gamenti al Filarete per le co-
lonne di sarizzo, per le finestrel-
le, per la cornice e a Pietro
Ambrogio de Monti detto il Fra
per otto colonne con basi e ca-
pitelli a 22 fiorini por ciascuna,
a Giacomo Guimolti e Guglielmo
del Conti pure per le colonne,
a Pietro Lonato nel 1463 per la
costruzione ddle finestre e fine-
strelle in conformità al disegno
del Filarete.
La parte superiore, al di sopra
della cornice o fascia, nella quale
campeggiano le finestre archiacu-
te, fu costrutta lai Solari: e a riprova che questo ordine superiore non vuole aspirare
ad accordarsi col sottostante sta il fatto della nessuna corrispondenza delle finestre
stesse con gli archi. La stessa costruzione materiale è diversa. Il primo piano è a
mattoni a vista diligentemente disposti, in modo che il cemento che li congiunge non
si scorge, al contrario del secondo piano che rivela minor diligenza costruttiva. Le
finestre, elegantissime, acute e binate, son divisi; da una colonnetta in marmo, tal-
volta (verso il Naviglio) provveduta del tradizionale anello a metà del fusto ; anche
le luci dell< bifore sono a sesto acuto; nel timpano, immediatamente al di sopra
della colonnella, è collocata una patera 0 tondo da cui sporge (come in molte fab-
briche di Milano e di Cremona) un busto; le finestre son poi racchiuse, all'uso
,!*TV
lINDsIKA li] 11. OM'l.DAI.I MAIKì 10KI .
MILA N O
87
lombardo, in una riquadratura o cornice, ornata, nei pennacchi, da due piccole me-
daglie a figure. La larga cornice del vòlto acuto delle finestre è quanto di più
ricco e fantastico abbia saputo creare l'allegra fantasia dei decoratori lombardi in
quel periodo di transizione : le corde torte, le foglie, le perle, i tralci di vite carichi
di pampini e di grappoli entro cui si aggrovigliano bellissimi putti, con un motivo
tolto a noti esemplari di Milano e di Pavia, formano una decorazione lussureggiante
e geniale.
ì.\ l'AlfTI. ASTILA DELL OM'J IlAI.I M \ < . ■ . 1 • . le J
L'AI - trìbui a Guiniforte Solari la chiesa «li Santa Maria delle Grazie,
alla ', ■ tardi tu aggiunta la imponente abside monumentale da Bramante e
mtinuatori suoi. La chie tre . mostra evidentemente di appartenere
al periodo lombardo <li transizione dallo stili a quello della Rinascenza. I a
ita, di aspetto m< grandi spioventi, tutta In mattoni, nasconde la
struttura interna «■ r quindi l'organismo della chiesa, cosi che alcuni dei
t >ndi d^iia par'" uperiore, fra le lesene, che dividono verticalmente la fronte, som,.
finti; in bass'» q grandi fine tri a i ito acuto a ornatissime strombature,
camp eristico riquadro bianco, illuminano l'interno. La porta
^s
ITALIA ARTISTICA
attuale della fine del quattrocento appartiene al periodo bramantesco e vero-
similmente allo - Minante.
Trovo, dai d cumenti, che fin dal giugno del 1458 l'abate del monastero di
l\riKMi DELLA CHIESA DI S MAK1A DELLB OBAZIB
1 l'"ot. Uro^i).
Morini indo aveva donato ai frati di S. Domenico la casa e gli orti già delle monache
di S. Vittore .ti Corpo: ciò che confermerebbe le notizie degli storici che, come ve-
demmo, assicurano che la nuova chiesa fu fatta pochi anni dopo: possiam quindi
ritenere che fu iniziata intorno al 1460; nel 1465 fu intitolata a S. Maria delle
Grazie. Trovo inoltre che la cappella, detta allora di S, Paolo, la prima a destra
I •
go
! ITALIA ARTISTICA
( MllsA DI s MAUIA DELLA PA(.l. DOPO I RESTAURI.
fu eretta nel i 194 e che è del 1497 un breve di Alessandro VI per L'erezione di
una cappella dedicata a S. Tecla.
Le notizie abbondano, dal 1501 in poi, nelle successive costruzioni: la cappella
Borromeo fu eretta nel 1522 e dipinta da G. Pietro Gnocchi nel 15S5; nel 1598 si
riparava la tribuna, nel 1613 si lavorava intorno al tiburio.
La somiglianza con la costruzione interna di questa chiesa consiglia ad ascri-
vere a Guiniforte Solari anche quella di S. Pietro in Gessate, pure a Milano, ri-
e istrutti intorno al 1460 e ampliata più tardi.
Anche qui L'interno, a tre navate, con sette archi per lato, cui corrispondono
verso l'esterno delle minori sette cappelle, mostra, come a S. Maria dello Grazie, le
vòlte a sesto acuto che s'impostano sui pilastri spezzati e poggianti sui capitelli delle
colonne : i capitelli che arieggiano il composito romano, le chiavi di vòlta a figure, le
M I L A X O
9i
crociere, i profili ricordano ancora le Grazie. Ma v'è di nuovo il sistema costruttivo
adottato pei fianchi, in cui le cappelle poligonali rìcevon luce non dal fondo ma dai
lati, ognuna da due finestre a sesto acuto incorniciate disposte obliquamente, mentre un
tetto unico unisce e copre tutte le strombature delle finestre, così che la luce che entra
nella chiesa è molto limitata, ciò che non accadrebbe se le cappelle fossero indipen-
denti all'esterno fra loro e la luce non fosse inceppata dal tetto sporgente sugli strombi
delle finestre. Forti pilastri a sezione poligonale rafforzano agli angoli le cappelle.
Un'uguale distribuzione delle cappelle laterali si trova nella chiesa di S. Maria
della Pace, benché di proporzioni più piccole che non le chiese su esaminate.
Quanto al portico dei Figini, già negli ultimi tempi aveva perduto il primitivo
aspetto per rimaneggiamenti fatti in epoche diverse. In uno dei quadri del Duomo
di Milano che si espongono per le feste di S. Carlo è riprodotta una parte dell' antico
palazzo ancora intatto: con una loggia ad archi a sesto acuto al pian terreno, or-
nati di tondi a mezze figure nei peducci e, al di sopra, due file di finestre a sesto
acuto, bifore. Le decorazioni in cotto nelle ghiere degli archi rivelavan pure il
1 rti.i
■ ■ ■
92 ITALIA ARTISTICA
periodo transizionale. I capitelli che rimangono, nel Museo Archeologico, hanno sa-
gome e targhe di pretto sapore dell'arte locale di transizione del XV secolo.
Acquista importanza eccezionale, per il nostro esame, il ricordo del Fornari, che
nella sua < V . Carmine edita nel 1685 e cue ri^ ^a storia del luogo sulla
guida di d amenti oggi in gran parte perduti, ci assicura che la chiesa del Car-
mine a Milano fu ricostrutta dal [4*46 al 1449 e che il nostro Solari diresse i lavori.
L'antica primitiva costruzione apparteneva al XIII secolo, poiché trovo che
l\\ LA ( llll sa IH LL'INCOUONATA.
1 1. I. I. d'Arti Grafiche)
IT 1 novembre del 1268 n'era stata posta la prima pietra. La chiesa del Carmine
è a pianta a croce latina e presenta nell'insieme un pretto esempio di stile di tran-
sizione: la tacciata è sorta da non molti anni, mentre ancora ai tempi del Mori-
geri non mostrava [che un gretto intonaco senza ^studio d'arte » e appariva
fuori delle pareti il rilievo di archi acuti, più grande al centro che ai lati: un occhio
circolare a finestra v'apriva nel seno di questi archi ed enormi contrafforti s'ad-
dossano tuttora e c «ntrastano tutta la fronte così agli estremi come fra le porte;
tutto ciò trova spiegazione col fatto che, come assicura il Fornari, la chiesa rimase
tronca, mentre, da questo lato, doveva inoltrarsi ancora per una campata di nave,
circa m 'tri 9: il che provava, secondo il Mongeri, che era in certo modo la sezione
''resi 0 l'organisno suo sull'asse maggiore quella che si vedeva.
MILANO
93
Nelle mie ricerche ho rintracciato numerosi ricordi di rimaneggiamenti alla chiesa:
dal 1579 in avanti furon fatti il coro nuovo — con stalli intagliati da Anselmo del
Conte e Giovanni Pietro da Appiano — , un tabernacolo, il claustro, il refettorio del-
l'unito convento dall'architetto Ambrogio Alciato ; nel 1602 furon eseguiti lavori di
decorazione e Aurelio e Michele Alberi dipinsero il Refettorio e, forse, la chiesa;
nel 1626 si lavorava intorno a una cappella presso l'aitar maggiore e Marco Bar-
bero e Bernardino Pozzi v'intagliavan le balaustrate di brocatello e l'anno dopo,
(AI'I'I.U.A HOKKOMMl IN S. M A l< I A l'dliONI
sotto la direzione dell'architetto Bombarda ingegner collegiate, si eseguivate ripara-
zioni alla chi»
Per ragione 'li confronti alcune altre costruzioni si potrebber attribuire a Pietro
Solari, 0 aimenc si possono raggruppare con la chiesa del Carmine: le date e le
notisi che loro si riferiscono iano a farlo.
Prima fra queste la chiesa dell'Incoronata, in Milano. Si compone di due chiese
unite: l'uria, a sinistri, eretta da Frani Sforza nel 1451, l'altra, a destra, nel
1460 dalla moglie Bianca Maria Visconti, come si rilevava da due lapidi antiche
vedute dal Latuada e dai ricordi nei registri antichi del luogo,
ITALIA ARTISTICA
Nonostante privilegi e concessioni ai padri dell'Incoronata, come quello otte-
nuto nel 1445 dal primo Eondatore, cioè il diritto di questua e nel 1452 quello di
ereditare e la facoltà di costituire presso la chiesa cappelle sepolcrali di famiglie,
struzione durò quasi quarant'anni, dal 145 1 al 1487.
La costruzione della gemina chiesa deve però rimontare ai primi anni: i lavori
successivi debbon riferirsi al vicino
monastero, in seguito trasformato
del tutto. Disgraziatamente anche
la chiesa dovette subire alterazioni
parziali, fattevi, sotto il nome di
restauri, nel 1654 e nel 1S27.
Un'altra costruzione che, nel
movimento delle linee e nei parti-
colari, ricorda la chiesa descritta
è la cappella Borromeo che sporge
dal corpo della chiesa di Santa Ma-
ria Podone, in piazza Borromeo.
Le creazioni dei Solari, sapien-
ti, pure, armoniose, che sposano la
severità con l'eleganza delle belle
terre cotte campeggiami su leggere
riquadrature bianche d'intonaco, re-
steranno a ricordare splendidamente
alle generazioni future l'interessante
periodo di transizione dell'architet-
tura lombarda, nata al tramonto
dello stile gotico e all'alba della Ri-
nascenza novella.
Nella scultura il periodo di tran-
sizione che, in certo modo, raccorda
il vecchio stile che si vuol chiamare
non del tutto esattamente campio-
nese e che trova la sua maggior
fioritura nel trecento con quello
della Rinascenza è rappresentato
poveramente a Milano pel fatto che
quei focolari di maestranze ch'eran la Certosa di Pavia e il Duomo permiser d'ac-
coglierò abbastanza presto, in confronto all'architettura, le nuove idee irradiate dagli
scultori toscani e veneti.
I rapporti fra gli artisti che lavoraron a Castiglion d'Olona, a Bergamo, allor
soggetta al dominio veneto, e quelli di Milano e della Certosa pavese sembran sicuri.
Ma i nomi di scultori di qualche fama in Lombardia, in quel periodo, non son
STATUA DI PAI'A MARTINO V.
MILANO
95
molti. V'è cenno di Maffeo da Civate scultore e medaglista, di Matteo riaverti, di
Michele da Marliano che nel 1459 aveva composta una maestà lavorata ad la mo-
sayca, di Giovanni Maffeo di Foppa, di qualche altro: l'opera più notevole tentata
a Milano allora è il monumento equestre a Francesco Sforza, intorno al quale, più
tardi, ebbe ad occuparsi lo stesso Leonar-
do. Intorno al Duomo molte statue accen-
nano al potente risveglio verso idee nuove,
ma fra le figure di carattere ancor me-
dioevale e quelle più vicine all' arte dei
Mantegazza — specialmente nel tiburio —
o del Solari non si saprebbero indicare con
precisione molte opere di transizione. Nella
Certosa di Pavia v'erano Guiniforte Solari
che lavorava anche prò faciendo capitelos
del chiostro grande, Giovanni da Cariate,
Antonio da Lecco, Rinaldo de Stauris ma-
gister ab intaliis e con lui. nel 1465, Cri-
stoforo Mantegazza e Magistro Rizo de Ve-
rona, artisti tutti che pur non rinunciando
completamente alle idee antiche tradizionali
appartengon già al rinascimento dell'arte,
benché non ancor fiorito in tutto il suo
fulgore.
A Milano v'è invece Jacopino da Tra-
date, che fin dal 14 io lavorava intorno al
•no e nel 14 15 vi modellava, in bronzo,
una mezza figura del Padre Eterno. Gli fu
attribuita la tomba di Pietro Torello (f 1416)
in S. Eustorgio, pei rapporti delle forme,
nelle teste piccole, nelle membra ottuse, ne'
: molli, tondi, adiposi con la statua di
papa Martino V nel retrocoro del Duomo
di Milano 1 1 135), opera autentica e segnata
da una lunga iscrizione allusiva a Prassi-
tele. Potrebbe 1 0 anche il monu-
mento a Perino da Tortona del [426, nella
di Volpedo, illustrato dal
Sant'Ambrogio.
Di altro attivo scultore di quel periodo,
erti, si han notizie nelle carte
antiche, si g j aveva lavorato nella fabbrica del Duomo dal [398 al 1409.
Vi esegui, fra le altre, una statua di S. Babila con tre fanciulli per uno degli ac-
quedotti del Duomo, la quale rimane tuttora: opera un po' rude, sommaria, ma
vigorosa e di molto interesse per segnare il punto di partenza della parabola arti-
■ dello scultore.
si pOL( i(i l'i (. IBRII LI DA ( OTIONOLA
M I I IV CUCINAI A
96
ITALIA ARTISTICA
Nel braccio/destro della croce del tempio di S. Marco v'è, fra l'altre, l'arca mar-
morea dedicata id Andrea Birago, alle spoglie del quale i figli unirono • quelle del
fratello Antonio. Sulla fronte della tomba son rappresentati a bassorilievo Andrea,
ai piedi della . raccomandato da S. Giovanni Battista e nelle due nicchie
laterali sorgon due statuette forse anteriori di tempo; due angioli son collocati' al
sommo. L'esecuzione è rozza, lo stile quasi ancor trecentista, benché porti la data
avanzata MCCCCLV oltre la scritta Cristophorvs de Luvoxihus i-kcit.
S. AMBKOr.IO l'Ali: IN AROENTO 1)1 III.II'I'O MAKIA VI8C0NTI
Bi»».inn_»)M nn,,nnMn\ivM>'niM.M r,--,-" ~ \y Ti'ii' < \' n V riTYYTrrr.- ■
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MJCHKLOZZO : US POKTALK SCOLPITO MUSEO ARCHEOLOGICO I.
IV.
// Rinascimento — La corte sforze a — L'arie edilizia: Bramante, il Dolcebono, Cristoforo Solari —
La scultura: I Mantegazza, l'Amadeo, i Cazzaniga, Benedetto Briosco, il Fusina, Caradosso, il
Banibaja — I pittori primitivi e i preleonardeschi : Giovanni da Milano, Simone da Corbetta e i
miniatori, Michelino da Besoz tnnino de' Grassi e i maestri minori — Il Foppa, Butinone e
Zenale, il < maestro della pala sforzesca >. il Civerchio, il Bramantino, il Bergognone e i suoi
taci, il Montorfano — Le arti min
Il rinascimento artistico a Milano e in Lombardia continuò la sua via trionfalo
nel periodo dei successori di Francesco Sforza.
Galeazzo Maria, amante delle raffinatezze e del fasto, impresse alla vita citta-
dina nuove idee e nuove tendenze; il Verri, fin dal principio della storia di quella
signorìa, osservava che il duca, desideroso < della pubblica magnificenza », aveva co-
mandato che si lastricassero le vie di Milano, il che non fa puocha graveza, notava
il Cono.
II viaggio del duca e della duchessa Bonaa Firenze nel 1471 aveva servito a mostrare
anche fuor del ducato il fasto del nuovo signore, 'ili sposi eran seguiti dai personaggi
tardevoli < fon vesti cariche d'oro e d'argento ■. ciascun d'essi seguito da
iplendidamente ornati ■»-, seguivano i funzionari dì corte in vesti di vel-
luto, quaranta camerieri con collane d'oro, gli staffieri in livrea di seta ornata
cinquanta corsieri con selle di drappo d'oro e staffe dorate, cento uomini
d'arme < le magnificenza come se fosse capitano ■■. cinquecento sol-
dati a piedi, cento mule ornate di drappi d'oro a ricami, cinquanta paggi, dodici
mi, duemila altri «avalli e duecento muli coperti di damasco pei cor-
tigiani; v* eran cinqueceni p ini da caccia, sparvieri, falconi, trombettieri,
musi' i, A Milano Galeazzo Maria fu invaso di tale smania per la decora-
zione delle £sale de' suoi castelli da esigere che i suoi pittori lavorassero giorno
e notte svolgendovi curio» rioni di carattere cosi intimo e geniale che
avrebbe? forni il », d 1 iole, uno dei cicl - più interessati 'li quel tempo I In ri-
QS ITALIA ARTISTICA
trattista caro alla a rte, — che fin dai tempi di Bianca Maria, che ne riconobbe il
lare ingegno, er; stato mandate in Fiandra a studiare, — Zanetto Bugatto, era
in contin ide per accontentare le richieste del duca che commetteva a lui
e a qualche altro ritratti sopra ritratti, non esclusi quelli della belissima fiola di un
Giovanni Avogadro, della fiotta de ser Prinzivallo de Lampugnano e di qualche
altra bel] li Famiglia nobile, forse per trovar loro marito fra i cortigiani, ciò
che potrebbe darci un'idea di più sulla curiosa ingerenza del principe negli affari
dei sudditi. Intanto, per incarico del duca, di privati, di monasteri, sorgevan palazzi,
chiese grandiose inondate di luce e adorne d'ori e di colori, quasi reazione alle
vecchie tradizioni medioevali, e gli scultori li andavan ricoprendo all'esterno di
un'allegra decorazione ispirata alla flora e alla fauna più geniale e fantastica,
mentre i pittori stendevan all'interno dei palazzi lunghe file di composizioni con-
sigliate dal realismo invadente, cacce, feste, tornei e, nelle chiese, santi o Madonne,
nelle quali il dolce sentimento della maternità aveva preso il posto della monotona
severità ascetica del secolo precedente.
La biblioteca ducale era reputata la più ricca d'Italia e Nicolò di Napoli, pro-
curatore dei Carmelitani presso la Corte di Roma, si dichiarava più lieto d'aver
veduta quella che il sepolcro di Gerusalemme.
Il Muntz credette che il Filarete fosse « il principale apostolo del Rinasci-
mento » in Lombardia. Ma abbiam veduto come la parte che gli spetta nella co-
struzione dell'Ospedal Maggiore sia minore di quanto qualcuno sia disposto a ritenere,
né l'influsso del Filarete in altre costruzioni, specialmente per la parte statica, fu tale
da giustificare quella lode dello scrittore francese: a rigor di termini sarebbe difficile
rintracciar un'opera sola completa che possa dirsi prodotto di quel supposto apostolato.
Né l'opera di Michelozzo, che al Filarete sarebbe succeduto nell'opera sua di
banditore dello stile nuovo irradiato dalla Toscana, è più sicuramente indentificata.
Bigello Bortinari, nobile fiorentino e gestore generale delle rendite del Ducato
di Milano, forse più per far cosa grata a Bianca Maria moglie di Francesco Sforza
particolarmente devota di S. Bietro Martire, che per devozione propria, fece erigere,
a incominciare del 1462, una cappella nell'area adiacente all'abside della basilica di
S. Eustorgio e che era destinata a cimitero, per custodirvi decorosamente il corpo
del santo. Nel 1468 la cappella era certamente compiuta, perchè si sa che, soprav-
venuta la morte del Portinari, egli vi fu sepolto.
La cappella, molto affine nelle forme architettoniche e decorative alla cap-
pella de' Pazzi di Firenze, ma qualche po' differente nella disposizione planimetrica,
è a pianta quadrata, con una cella pure a pianta quadra per l'altare: sui quattro
grandi archi che abbracciano i lati del quadrato s'imposta, con la disposizione dei
pennacchi, un tamburo sorreggente la cupola a sedici cordonature che, alla base
della cupola, danno origine ad altrettante lunette, delle quali otto provviste di fine-
strelle tonde: tipo comune di costruzione religiosa in Toscana. Anche la decora-
zione a rilievo dei pilastri, del fregio policromo a cherubini nella trabeazione, dei
sottarchi coi caratteristici comparti rettangolari spezzati rimessi in onore da Bru-
BASILICA i-i i. EU8TOR010 rERNO DELLA CAPPELLA DI S PIETRO MARTIRI
ìoo ITALIA ARTISTICA
nellesco, e che invano si cercherebbero nelle costruzioni lombarde del tempo o di
poc<> posteriori, hanno pretto sapore toscano benché non sempre purissimo.
Il nome dell'architetto non è ben sicuro. Per tradizione si fa quello di Miche-
INTHRNO DM.LA CAIM'I i.LA IH s PIETRO MARTIRI CON LA TOMBA OBI SANTO.
lozzo Michelozzi poi fatto elio, in quegli anni, egli era a Milano per deco-
rarvi, comi1 riferisce il Filarete nel suo Trattato d'architettura, la casa che era
sede dol Banco dei Medici in via dei Bossi e le spese di ricostruzione n'eran pre-
cisamente stite sostenuto da] Portinari nella sua qualità di rappresentante della casa
M I L A X O
101
dei Medici in Milano; il Vasari assicura che relegante cappella di S. Pietro Mar-
tire fu edificata colla direzione di Michelozzo. Ma il Filarete — che poteva dare la
più attendibile assicurazione — non fa cenno di Michelozzo descrivendo la costru-
zione fatta a spese del Portinari. Inoltre la cronaca del domenicano Gaspare Bugatti
(152 1-1588), che ricorda tutti gli avvenimenti del luogo su documenti del convento,
se conferma la data della costruzione e il nome del committente della cappella e
osserva che il pittore fu Vincenzo Vecchio, il Foppa, non ricorda affatto l'architetto
Né le mie ricerche dieder miglior risultato.
Il Beltrami credette di non riconoscere sicuramente l'opera di Michelozzo nella
cappella Portinari, pur trovandovi spiccatamente alcune forme architettoniche del
rinascimento toscano, pel fatto della presenza, nel grazioso edificio, della forma
OIKO D'ANOIOLl SILI \ (AI-IELLA PORTINARI
medioevale delle bifore a sesto acuto per quanto aggraziata dalla disposi/ione di
colonnine a candelabro: ciò che lascia supporre che il concetto fondamentale della
cappella : la risultante di una combinazione fra le nuove torme impor-
rla un artista toscano e le forme tradizionali lombarde,
Tuttavia a chi osservi nell'insieme e nei particolari la cappella e specialmente
la sua decorazione che deve rappresentare l'ultima parte applicatavi e che quindi
l'edificio fosse stato iniziato da Michelozzo e finito da un lombardo - do-
vrebbe aver carattere precisamente lombardo, vien più naturale, a mio modo di ve-
ritenere la cappella 'piale una costruzione creata di getto da un architetto
mo e preferibilmente da Michelozzo, il quale, con fine senso d'arte, avrebbe
to di accordare in qualche modo l'architettura nuova del piccolo edificio con
l'architettura medi .-.ale dei lunghi fianchi della vicina chiesa di S. Eustorgio, adot-
tando largami riale di 1 ostruzione, il laterizio e Fai endo una piccola con-
[otte ai gusti della regione nell'adottare la finestra a sesto acuto, nella quale però
102
MALIA ARTISTICA
sono una eleganza e una linea esile e slanciata che invano si cercherebbero in altri
edifici milanesi, come l'Ospedal Maggiore in cui. come vedemmo, si tratta non di
fusione, ma di sostituzione di due stili, é dove le finestre ogivali larghe e un
po' tozze, i ' ssiva decorazione in cotto non ambiscono a sposarsi con le linee
sottostanti ideate dall'architetto toscano.
S amina poi la decorazione all'interno della cappella vien fatto di per-
rsi che un artista toscano l' ha ideata e in gran parte eseguita. Le forme
grassoccie dei putti ad
~-^^mm^^^^^^^^^^^^B^mr alto rilievo son trattate
r' i ,■- alla brava, con vero ca-
rattere decorativo, e ri-
cordali da vicino quelle
che si notano in altre
opere sicure di Miche-
lozzo, quali la cappella
Aledici a S. Croce a Fi-
renze e il monumento
Aragazzi a Montepulcia-
no : in queste come nella
cappella Portinari i putti
son grassi, quasi gonfia-
ti, presentano gli occhi
sbarrati e vuoti, i capelli
a ciocche, e son atteg-
giati in pose vivaci e ar-
dite ; i festoni di frutta,
le palle vegetali, le tar-
ghe a testa di cavallo
pesanti e poco allungate,
i capitelli dai grossolani
caulicoli (identici nell' in-
terno come nell'esterno della cappella Portinari a provare l'ugual esecutore) ritornano
nelle opere toscane del maestro e in quella di Milano, nella quale, ripeto, ad allon-
tanare il sospetto dell'intervento di artisti lombardi — o almeno di un'idea creatrice
Lombarda — basterebbero i fregi policromi a cherubini, i comparti nei sottarchi, le
profilature tutte che rivelano l'allievo di Brunellesco attaccato, un po' rigidamente,
ai precetti ilei maestro. Anche il confronto fra i particolari decorativi degli archi
e specialmente dei sottarchi del palazzo rettorale di Ragusa (che lo Schmarsow
attribuì a Michelozzo) e questi della cappella Portinari conforta l'attribuzione al
maestro toscano. A un artista lombardo si devono invece le figure laterali della
a del Banco dei Medici che ricordano il Raverti nelle pieghe e negli atteg-
giamenti un po' duri — , ma il motivo superiore dei putti coi festoni che a quelle
figure sovrastano deve far parte del concetto originale attribuito al Michelozzo
come provano la stessa qualità del materiale usato per la parte architettonica, quale
e possibile constatare esaminando da vicino, e la presenza degli identici putti della
cappella 1'. >rtinari reggenti i grandi cesti piramidali di frutta.
UNA DELLE FIGI HI A FBESCO 1)1 BRAMANTE H. l'INACOTECA DI BKEKA).
PORTA DELL ANTICO BANCO MEDICEO ATTRIBUITA \ MICHELOZZO (MU8EO IRCHEOLOOICO).
i.i -.'-ii QUATTRO OBARDI riOVBI iaiikAii II .ti Di mii.ia LOMBARDO
ESTERNO DELLA CHIESA DI S- SATIRO.
(l'"ot. Almari.i.
iAOKI STIA M S sAIIKD.
(Fot. Il
ioó
ITALIA ARI ISTII A
Xel giro d'angioli in torri cotta dipinta che. reggendo grosse palle vegetali,
ornano in leggiadrissima ghirlanda il tamburo della cupola nella cappella Portinari
qualche studioso è disposto a vedere l'operò di artista lombardo, per l'affinità enn
altre sculture di Pavia e specialmente dei -chiostri della Certosa. Convien notare però
eh" in nessuna di queste sculture pavesi, nelle quali il carattere decorativo e una
S MANIA II 1.1. 1 1,1 \/ll II. POS I Al I .
certa rigidità delle figure eseguite su gli stampi non mancan mai, vicn fatto di
notare tanta nobiltà e scioltezza di atteggiamenti, dolcissimi e pur varii por ogni
figura, •• tanta nobiltà di panneggiamenti, (pianto quelle che si osservano in questi an-
gioli della cappella che ad ogni modo potrebber esser stati posti dopo qualche tempo
dalla costruzione della cappella stessa, dove infatti la loggetta che fa loro da sfondo
poco omogeneo co' suoi contrasti di luci e d'ombre profonde parrebbe lasciar dubitare
■ he non fosser nel progetto primitivo del costruttore. D'altra parte, a ritenere che
\<\\ Di i i.i ORAZII l'Mni ABSIDAI I
io8 ITALIA ARTISTICA
se queste leggiadre figure d'angioli appartengono a un maestro lombardo vi sian
state poste ben più tardi della costruzione della cappella, sta la considerazione che
nel 1462- 146S nessuno degli scultori che lavoravano a Milano era in grado di ese-
guire opera di tanto valore.
*
Br Mante. «. il più grande inventore di nuove idee architettoniche che dai tempi
antichi fosse apparso », il riformatore dell'architettura in Lombardia e, sotto certi
ti, in Roma più tardi, venne a stabilirsi a Milano intorno al 1474 al tempo di
Galea//o Maria. Ma già prima di lui un architetto lombardo, l'Amadeo, aveva dato
pi di costruzioni in istile della Rinascenza, benché moti pure di quelle dell'ar-
tista urbinate. La cappella Colleoni a Bergamo, da lui costrutta e decorata, e che
ripi te la disposizione planimetrica e alcune linee generali della cappella Portinari,
nel 1475 era già quasi per intero innalzata, così che poteva accogliere le spoglie del
grande condottiero delle milizie venete, come prova una lettera del 10 dicembre
1475 che mi fu dato rintracciare e "che, confermando l'attribuzione all'Amadeo di
quel gioiello d'arte decorativa, assicura ch'egli in quell'epoca era ancor creditore di
una forte somma per quel lavoro: nel 1477 si provvedeva a farvi de piombo ci co-
primario. Xell'ideare le porte dei bracci trasversali della chiesa della Certosa pa-
vese, luna alla sagrestia vecchia, l'altra al lavabo, l'Amadeo s'era ispirato alla porta
settentrionale del Duomo di Milano, con la sua incorniciatura a strombo e l'arco or-
nato: dall' Amadeo quindi i Rodari tolser l'idea delle porte del Duomo di Como,
specialmente di quella della Rana, nella quale si volle veder l'intervento di Bramante.
Bramante iniziò la sua carriera artistica con la pittura: ce ne assicurano le te-
stimonianze del Cesariano, del Caporali, del Lomaz/.o. L'opera sua di pittore che
sola rimane e che con maggior sicurezza gli si può attribuire — qualche altra gli
vien data per confronti con quella — è la serie di affreschi di casa Panigarola, ora
a Brera, pei quali numerose attestazioni, dal cinquecento in poi, fanno il nome di
Bramante: son le figure d'Eraclito e Democrito, di sei uomini [d'arme, e d'un
cantori', belle, vigorose, floride e che avvicinano il maestro urbinate a Melozzo da
Forlì; queste « figure monumentali di Bramante», come osservò il Frizzoni, «vanno
considerate come un anello di legame fra la nobile arte dell'Italia centrale, qual'è
rappresentata da un Melozzo da T'orli, e quella che veniva svolgendosi in Lom-
bardia ».
(ili studi del barone di (ìcymuller han valso a gettare molta luce sull'attività
di Bramante architetti», e a limitare un'influenza che da quattro secoli si fondava
sull'equivoco della denominazione di bramantesco indistintamente assegnata alle opere
dell'edilizia lombarda del Rinascimento : ma i risultati non posson dirsi ancora esau-
rienti finché nuovi contributi di ricerche storiche e critiche non sian portati all'ar-
gomento.
Nel [476 s'era innalzata la chiesa di S. Satiro a Milano per opera — secondo
il De Pi g di Bramante, il nome del (piale infatti ricorre in una lettera del
17 dicembre 1498 di Francesco Corio segretario ducale diretta al collega Barto-
lomeo Calco ch'ebbi occasione di rintracciare relativa a quei lavori e più preci-
samente ,1 una cappella di S. Teodoro, in quella chiesa, che non si saprebbe
I [O
ITALIA ARTISTICA
indie;- [uali l'ar dovette sfruttare ciò che si poteva dell'antica basilica,
i d'altronde poto r dare un'espansione maggiore alla nuova chiesa pel fatto
da vie e case nel cuor della città. Anche nello sviluppo ch'Ile
navate egli Lte - a vincoli d'altezza: la chiesa è tuttora collegata al-
l'ami 'a Pietà o della Deposizione attribuita all'arcivescovo An-
I . rie» rrenza dei capitelli nelle colonne reggenti la cupola della cappella e
dei capitelli nelle colonne minori su cui si impostano le piccole arcate ha ser-
vito a determinare la ricorrenza pei corrispondenti capitemi e per le cornici nelle
tiÈÉM
CORTILI DEI CONVENTO DI S. IMBROOIO (ORA OSPEDALE MILITARE).
arcate delle navate minori della costruzione bramantesca: ciò che spiegala propor-
e bassa e ristretta di tali navate, come osserva Luca Bel trami richiamando
■i/i one su un disegno antico del Louvre quale un progetto del Bramante per
la iarci.it. i di S. Maria di S. Satiro; e il Beltrami, sull'esame del monumento e di
rici, venne nella conclusione che la cappella di S. Teodoro, che poi mutò
nome, altro non debba essere che il braccio di croce di destra della chiesa. In con-
clusione, quando nel 1479 venne deciso il rinnovamento dell'intero tempio che per
le caratteristiche architettoniche e per tradizione vieti attribuito a Bramante, questi
avrebbe costrutte le tre navate col simulato sfondo prospettivo del coro — che è, da
solo, la trovata ili un g< nialissimo maestro — e la navata trasversale di sinistra
re la parte nuova con l'antica, cioè la cappella della Pietà e il campanile.
Più tardi, nel 1 f.98, si accinse a completare la navata trasversale mediante il braccio
i i 2 ITALIA ARTISTICA
di croce di destra che iveva ad essere la cappella di S. Teodoro, condotta a ter-
mino solo dal [511 al 1514 con altro nome.
La fronte verso via Torino fu eseguita oltre 30 anni fa con poco discernimento
delle carati te dell'edificio e dell'architettura locale della Rinascenza.
Nel grandioso coro in finta prospettiva con ampia vòlta a botte v' è già in
embrione l'idea che Bramante sviluppò più tardi pel S.Pietro a Roma e nella pro-
tà data alla prospettiva stessa l'esempio più antico, se non di costruzione esat-
tamente 1 croce greca in Lombardia, almeno un tentativo per avvicinarvisi : le
finte campate del coro sono infatti tre sole, mentre le effettive son quattro, tenuto
pur che la quinta fa parte dei bracci del transetto.
La sagrestia ottagonale con cupola e lanternino è così vivace, così elegante nei
molti particolari decorativi che corrono lungo i pilastri angolari, fasciano i fregi
delle trabeazioni all'ingiro, invadono basi e capitelli senza che ninno spazio sia libero
dalla ornamentazione, che il piccolo luogo — in cui l'intervento di ippocampi, di
sfingi, di uccelli, di bucrani, di putti nudi, di teste di tipo classico, di chimere, di
are da sacrificio mette una nota profana — appar quasi come un gentilissimo
grande cofano, opera piuttosto di orafo che di architetto.
Un'altra opera per la (piale l'intervento di Bramante è ammesso dal Geymùller
è la cupola e la parte absidale della chiesa di Santa Maria delle Grazie, ma nessun
documento comprova con sicurezza quell'intervento. E dunque solamente per ragion
di confronti che si può cercar di risolvere il bel problema della paternità artistica
di (pici monumento che così vasta influenza ebbe sull'architettura lombarda della
prima metà del XVI secolo.
Il lavoro appartiene al 1492 circa; v'è chi osserva che nella compagine di
quella parte, dell'edificio è un'incertezza di stile, un'ornamentazione trita e in qualche
parte irrazionale e contraria alla maniera di Bramante, così da lasciar credere
che si debba, piuttosto che a lui, a diversi architetti che si sarebber succeduti
senza unità di concetto statico e decorativo (il tetto della parte rettangolare del
coro copre le finestre binate circondanti, all'esterno, la cupola, e mentre l'abside è
divisa in cinque regolari scomparti le laterali sono in sette; la parte poligonale
della cupola oltrepassa in larghezza quella del quadrato sottostante, così che una
parte di esso poggia in falso talché fin dal 1598 tutta la cupola minacciava rovina);
ma il < reymùller, basandosi sulle correzioni eh' egli vorrebbe aggiunte da Bramante
stesso sul disegno conservato dall'Accademia d'Urbino, spiega la cosa con un'assenza
momentanea di Bramante chiamato in Roma per la costruzione del palazzo della
Cancelleria; ma gli acuti studi del Gnoli farebber credere di artista toscano, non
dell'urbinate, quest'ultimo edificio; e recentissimi scritti hanno rinfocolata la elegante
questione.
Il Geymiìller vede già nel progetto della lanterna a coronamento dell'edificio
Grazie il profilo del tempietto di San Pietro in Molitorio a Roma e il con-
cetto generale della lanterna della basilica di S. Pietro: nel che Bramante si pale-
lle temperamento di pittore, desideroso di novità ardite.
ittavia anche oggi giustificato l'entusiasmo del Pasquior le Moine che, vi-
sitando Milano al seguito di Francesco I nel 1515, disse la chiesa di S. Maria delle
Grazie la più bella della città.
MILANO
113
La riproduzione aiuta meglio di una lunga descrizione a dare idea, per chi
non conosce questo ricchissimo monumento, dell'irregolare ma pittoresco partito ar-
chitettonico messo in opera; aggiungeremo che all'interno quattro immensi arconi,
sorretti da poderosi pilastri, reggono il tamburo su cui s'innalza la grandiosa volta
della cupola, che a Milano dovette rappresentare allora una novità sorprendente.
Anche il portale — due colonne e due lesene riccamente ornate sorreggenti.
COUTIL! l'I I /.A I in . in I I A.
un architrave, un baldacchino semicircolare .1 volta e il chiostrino ele-
ganti - li colonne e diligenti profilature e la bella sagrestia
rettangolare illuminata d chi, nelle belle profilature, nella genialità
d>-lla distribuzione delle \.iri<- pLrti, nella decorazione parca e severa autorizzano
nante, benché nessun documento sicuro la confermi,
Anzi in una lettera del penult , 1 ,7 che il Duca indirizzava .il s<
de bavere tutti li piò periti se tr
ire el fare un modello per la fazada de S. Maria de
a ricordo, .VI ■ »gni modi 1 alla nu< iva
i 14
ITALIA ARTISTICA
ciata si pose mano in quell'epoca e il fatto di non esserne rimasta che la porta si
può spiegare con la raduta della signoria del Moro.
Le notizie son più sicure por quanto riguarda l'intervento del maestro dalle
risorse geniali^sime a prò della fabbrica della canonica di S. Ambrogio.
Sembra che nel 1492 Lodovico il Moro gli avesse affidato il compito di ri-
cominciare il lavoro da capo troncando ogni discussione su quella fabbrica. 11 libro
"liti di (niella fabbrica ricordato dal Casati così ne faceva menzione: « 1492.
'ALAZ/O ARCIVE9COVILE - IL CORTILI:
(Fot. lìro^h.
Nota e<>me die 19 septembrio cìieì illustrissimo signore Ludovico elici vene qui in
Canonica et ordini) in presentici del (^ajntolo che magistro Bramante designasse et
inginiasse questa Canonica conio li pareva luy e luy fece lo dessegno >. Ma i lavori
non furono por questo solleciti, benché Bramante si facesse sostituire da maestro
Giacomo da Solaro e maestro Cristoforo Negri compagni nella Canonica di Saneto
Ambrosio Trovo infatti che diversi anni dopo, nel 1497,1111 ingegnere ducale faceva
rilievi e stima della Canonica di Santo .Ambrosio per maestro Bramante occupato
in altri lavori, così che il Duca doveva scrivere a Marchesino Stanga sollecitandolo
che se forniscila e! portico di S. .Ambrogio al quale sono deputati li 200 ducati. In
MILANO
quel tempo Bramante aveva preparato un nuovo modello, in legno, compensato
con 73 lire. Nonostante le sollecitazioni ducali l'edificio non ebbe mai termine e
quando, nel 1499. Bramante lasciò Milano per sempre non era costrutto che un solo
dei quattro lati, tuttora incompleto. Monco e grezzo, nelle pareti, qual' è, quel
lato del chiostro è tuttavia uno degli edifici più suggestivi della città per la ele-
ganza di proporzioni delicate e sapienti, pel movimento delle profilature, per la
policromia dei marmi e la bizzarra e piacente novità delle colonne d'angolo e
fiancheggianti la parte cen-
trale sagomate a rao' di albe-i
con numerose protuberanze
lungo il fusto.
Dello stesso monastero di
S. Ambrogio fondato dal car-
dinale Ascanio Sforza nel 1498.
oggi Ospedale Militare, il Bra-
mante avrebbe dato il disegno:
e il Geymuller gli attribuì la
pianta dei due chiostri vera-
mente agili ed eleganti nei loro
giri d'arcate.
Ma gli antichi disegni di
qur-i locali che rintracciai presso
l'Archivio di Stato e che sem-
brano i progetti pf-r le costru-
zioni circostanti alla basilica,
se hanno l'eleganza e il tratto
delicato del periodo braman-
tuttavia, pei caratteri del
io e dello scritto espli-
cativo chi 1 impaglia, la-
sciano adito al dubbio ch<
tratti di opera qualche po' po-
alla partenz t di ani-
mante per Roma: forse si ap-
che
vide in quella par
l'intervento del timido lei Dolcebuono, un continuatore della
era di Bram locumenti pubblicati dal Casati assicurano che
nei 1498 due capomastri, Bertolino Daroca e Paolino Cenderaro magistri de muro,
-mire i lavori dell'abazia - abbattimento di edifici vecchi e
ne dei nuovi quattro chiostri a collaudo di .1/./
U ducale in ir dunque difficile che cosi grandiosi lavori di
.pimi pr 1 partenza dell'ari hit» tto per Roma,
, ro a lungo comi le sembran compro; are 1
le misuri nte ai
CASA POZZOBOM1 i LI U> ' ORTII i
ITALIA ARTISTICA
piani son evidentemente posteriori a quelli posti dallo stesso disegnatore: ciò che è
prova di un successivo sfruttamento dei disegni stessi conservati dai monaci. Forse
•ò info rno dia Fabbrica quell'ingegnere Ambrogio d'Alzato che ■ — a quanto
trovo ne) del luogo — era chiamato dal convento nel 1568 per misurare
certe fabbriche.
1 \s \ FONTANA, ORA sii \ ] srid.
(Fot. A 1 in ari;.
Altri edifici milanesi vennero attribuiti al grande architetto urbinate perchè
ne conservar) qualche cosa della sapiente eleganza costruttiva. Ma nulla autorizza
quelle attribuzioni e qualche volta anzi esigenze di dato vi si oppongono. Così i
due chiostri di S. Pietre» in Gessate furon costrutti sotto il terzo regime abbaziale
di padre Ilario Lanterio ( 1 506* 151 1), cioè diversi anni dopo la partenza di Bramante
da Milano; cosi il lato esterno e il primo chiostro di Santa Radegonda, oggi tra-
sformato, son piuttosto dovuti a Lazzaro Palazzi, altro scolaro di Bramante, come
izza .1 credere una lapide col suo nome rintracciatavi ; così nel Castello di porta
MILANO 117
Giovia la ponticella di Lodovico il Moro che, staccandosi dall'estremità del lato
nord-est del quadrato sforzesco, attraversa il fossato, attribuita al nostro architetto
dal Geymùller sull'assicurazione del Cesariano, è difficilmente quale fu ideata da
principio, causa le sopravvenute trasformazioni. Quanto alle costruzioni indicate dal
Carotti, — la casa dei Pozzobonelli in via dei Piatti n. 4. oggi Minoia, dal leggiadro
ma non purissimo cortile, il cortile dell'Arcivescovado che sorge verso piazza Fon-
tana, recentemente ridonato alla sua primitiva eleganza coi due lati di portico, il
cortile della Rocchetta nel porticato settentrionale dalle colonne tozze a leggiadri
PALAZ/0 DAI. VI KMI II e UMILI .
capitelli, il cortile del palazzo del Broletto, oggi sede dell'Intendenza «li Finanza, ben
ino dall'esilità di forme propria del maestro, il tratto di j>< >rt i<< • settentrionale
nel gran cortile dell'O '' r il convento delle Benedettine
invia Lentasio in cui la colonna d'angolo del portù ito, dal fusto a bugne, richiama
irria bra >nti Fiorani in via G. Verdi n, ■-] nessun
itorizza l'attribuzione sicura che quello scrittore accoglie
l della corte della casa Si! dei chiostri di S.m Sim
litro edificio 0 |>tn<- di edifii io 1 he si ascrivono, con poco fonda
mento, a 1 perchè ttraente dell'arte sua tutta
armonia - a che un dil con le sole pochissime opere
tarde veramente prodotto del nsiglia j »iut t« >^t < . attribuire ai numerosi
I ! 8
ITALIA ARTISTICA
conti:: latori della sua maniera. Alla serie dei ricordati edifici nei quali già il Pagave
e il Casati avevao voluto vedere altrettante op->re dell'architetto urbinate, aggiun-
geremo il cortile di casa Dal Verme, in Foro Bonaparte, in cui l'uniformità delle
si rraglie d'arco — contrariamente a quanto si verifica negli edifici bramanteschi e
precipuanvute nella canonica di S. Ambrogio — e certa esuberanza di forme allon-
tanano il sospetto dell'intervento del caposcuola; il leggiadro cortile con decorazioni
I \^ \ IN \ I \ I(IKINL) H. 15
CORTILBTTO A TRB PIANI, CON DECORAZIONI IN TI.KKAcOTTA.
in terra cotta in via Torino n. 12 — bello esempi) di costruzione civile del periodo
sforzesco — . la casa dei Castani in piazza S. Sepolcro dalla severa ed elegante
porta e dal bel cortile a doppio loggiato, affine, nei caratteri prevalenti, a quello
del Dal Verme, il chiostro di S. Antonio dove il fregio in cotto di grifoni sopra
il log richiama quello dell'interno di S. Satiro, il cortile dell'Ospedale di
S. Fi - Kustorgio e qualche minor edificio nel suburbio; in tutti il buon
esempio del caposcuola hi lasciato, per opera dei continuatori, tracce leggiadre di
un'arte che domandò, più che alla sovrabbondanza della decorazione, attrattive
♦
MILANO
119
particolari al ritmo e ai contrasti di effetti, e, per dirla col Vasari, alla bellezza
delle modanature delle cornici, alla grazia dei capitelli, alle basi, alle mensole, ai
cantoni, alle vòlte, alle scale.
Le opere di Bramante a Milano, ad Abbiategrasso, a Pavia, a Vigevano, a
Como provano uno spirito di assimilazione degli elementi locali precedenti fuso con
i.ASA Iti I 1 4>I < NI II. Voli 1 Ali
genialità innata che valse a creare opere nuove e, in Lombardia, una scuola
delle più fortunate e che vani liti come Giovanni Dolcebuono, Giovanni Bat-
Bartolom Li detto il Bramantino - del quale l'Am
brotiana conferva l'interessante albo di delle rovine 'li Roma e, con
influsso 1. Bramante, Giov. Anioni'. Amadeo, Cristoforo Solari, [om«
maso Rodari, Cristoforo Etocchi, L.-t//.ir<> Palazzi, Vincenzo dell'Orto e qualche
I 20
ITALIA ARTISTICA
Le opere 1 >r > difettano della chiarezza di concetti e dell'eleganza sapiente e
castigatissima di Bramante che creava capolavori con la geniale combinazione di
linee e, come pel S. Satiro, con mezzi ristretti, fra vincoli quasi insormontabili.
Al Bramantino da qualcuno, a Francesco da Briosco dal Mongeri, si attribuisce
l'edicola trivulziana che fa da fronte alla chiesa di S. Nazaro a Milano. Fu erotta noi
[518 con ra l'iscrizione sul frogio della porta e poiché dagli Annali del Duomo
^; sa che appunto un anno prima il Briosco aveva ottenuto dai fabbricieri del Duomo,
lì era a stipendio, di recarsi a lavorare nella chiosa di S. Nazaro a richiesta
CASA l'I 1 < ASTANI IL c.OKTILi:.
del maresciallo Gian Giacomo Trivulzio — insieme a uno stuolo di scalpellini —
pare indubitato che l'attribuzione del Morigeri sia la giusta. Il Burckhardt, per con-
fronto delle linee semplici e un po' povere di questo edificio con quelle della casa
già Landriani in via Borgonuovo — che a sua volta ha qualche rapporto col chiostro
• li S Maria presso S. Celso erotto su disegno «li Cristoforo Solari —, attribuisce a
quest'ultimo la stessa cappella Trivulzio. Ma il fatto che nel 1504, tanti anni prima
• li questa costruzione, il Solari lavorava pel Trivulzio — non si sa bene in che
di fronte alla notizia ricordata dagli Annali del Duomo non è sufficiente
por diminuire l'attendibilità dell'attribuzione al Briosco (che non va confuso con
Bened : cappella in questione. La quale si eleva sopra una base
quadrata a due piani, s trretta per ciascun piano da un tetrastilo di pilastri innestati
♦
MILANO
121
nella parete. L'interno è ottagonale, spoglio d'ornamenti e sol provvisto degli avelli
dei vari membri della famiglia Trivulzio entro grandi archi a fondo cieco ; su gli
avelli son stese le figure dei tumulati dovute forse a Bartolomeo della Porta e
agli scultori che lo aiutarono, di che fan cenno gli Annali del Duomo.
Del Dolcebuono • la fabbrica di S Maria presso S. Celso, come assicurano le
vecchie carte, attestanti che nel 1403 vi furori posti i fondamenti <• quell'archi*
(che fin 'lai rilevo da un prezioso fa pe e del tempo,
in una cappella vicina dedicata a S. Celso) ns appare i e dei
lo <-r;i ancora nel gennaio 'l«-l 1498, quando presentava il modello della
16
122 ITALIA ARTISTICA
cupola e del lanternino. Bramante dunque, al quale si attribuiva un tempo l'edificio,
non ha a eli i. M t dell'idea prima a una sola navata come la chiesa di
S. Maurizio non rimane ora che l'ossatura: fu più tardi allargata a tre navate e
da tre campi precedenti hi cupola estesa a quattro, coperte da vòlte a botte. Il
S. MAURIZIO DEL MONASTERO MAOOIORI (DEL 1503 I UNITO NBL 1581).
Dolcebuon > morì nel 1506, ma nel 15130, ancora, nel 1523 non eran finiti i lavori
della fabbrica, alla (piale fu apposto un portico a ino' di claustro precedente alla
chiesa, del quale Cristoforo Solari, fin dal 30 giugno 1505, aveva presentato un
disegno che non fu attuato che sette anni dopo. Al Solari successe, nella direzione
dei lavori, lo Zenale e a questi — ne ho trovato conferma nei documenti del luogo
imi RNO DI li. \ «.ini SA DI - \i \i RIZIO ( I
i i Minar l)
i24 ITALIA ARTISTICA
— un Cristoforo de' Lombardi, del quale può essere il rimaneggiamento generale
della chiesa, la chiusura del claustro verso il cimitero e l'apertura verso la via.
La chiesa di S Maurizi') — nota per la profusione di pittoriche decorazioni
dell'interno dovute al Luini e agli scolari — già del Monastero Maggiore delle
Benedettine tu ricostrutta dalle fondamenta a partire dal 1503, come attesta la
pietra — lapis primarius — innestata nel lavabo dietro la chiesa interna, per opera,
si vuole, del Dolcebuono, che abitava appunto in confine con lo stesso recinto del
monastero. Le carte del luogo e l'esame della costruzione lascian credere che la
fabbrica, iniziata da un primo architetto che potrebbe essere il Dolcebuono, sia
poi stata condotta a termine da altri e, per la parte superiore, senza le cure che
si addicevano a un monumento di questa natura. Lo stesso esame delle linee archi-
tettoniche della fronte conforta questa supposizione e prova una diversità d'indirizzo
artistico. Sopra un bel basamento la fronte s'innalza divisa in tre piani, d'ordine do-
rico il primo, ionico il secondo, corinzio il terzo, a pilastri di pure e sapienti profi-
lature ; quelli del terzo ordine son scanalati. :
In corrispondenza del terzo ordine la fabbrica dà luogo, sui due fianchi, a una
serie di alti archi di scarico dei muri di sostegno delle ali del tetto. Ma la parte
superiore della fronte, lontana dalla purezza composta ma elegante della parte sot-
tostante, s'innalza oltre i due pioventi del tetto con un fastigio cuspidale a sagoma
ondulata che accenna già alle intemperanze del cinquecento inoltrato.
Le mie ricerche m'assicurano infatti che l'architetto Francesco Pirovano —
che fin dal 157 1 insieme al capomastro Cesare Fobia e a uno stuolo di muratori
era agli stipendi del monastero per costrurre un dormitorio e diversi locali minori
— nel 15S1 lavorava intorno alla fronte della chiesa.
L'interno della chiesa offre lo maggiori attrattive all'artista e allo studioso tanto
per l'architettura elegantissima sua (pianto per la decorazione pittorica che la riveste.
È diviso in due parti da una parete che si arresta all' imposta della vòlta così
che ne risultino due chiese: l'una pel pubblico, aperta verso la fronte, l'altra per
le monache. L'interno richiama le linee del partito esteriore: al piano del primo
ordine corrisponde lo stesso pilastro dorico, al secondo il pilastro ionico, al terzo
s'innalzano le volte. Nel piano inferiore l'ordine si adatta a una serie di cappelle ad
arco, in quello superiore invece si accomoda a forma di loggia! elegantissima. Sa-
rebbe difficile trovare in Lombardia un'altra chiesa, dell'inizio del cinquecento, di
proporzioni altrettanto armoniche e leggere, di più puri profili e in cui il bel ciclo
di decorazioni a fresco e a stucchi s'innesti così felicemente con l'organismo statico.
irreva il pennello fantasioso di Bernardino Luini e de' suoi e la magnificenza
delle famiglie che curarono questa festa dell'arte, — prima di tutte quella dei Bnn-
tivoglio che vollero continuare a Milano le gloriose tradizioni bolognesi, — per con-
durre il luogo a tanta gaiezza di linee» e di colori arrivati a noi quasi con l'origi-
nile vivacità, nell'interno: non fuori perchè le intemperie guastaron quasi intera-
mente gli ornamenti policromi dei fianchi.
Anche Cristoforo Solari detto il Gobbo, benché più noto e valente quale scul-
t >re, come si vedrà più innanzi, esercitò l'arte delle seste e mostrò di valersi degli
insegnamenti e dell'esempio lasciato da Bramante.
Sembra, ma non è accertato, che nell'eseguire il chiostro che precede la chiesa
MILANO
125
di S. Maria presso S. Celso si seguisse un suo disegno precedentemente presentato :
ma non mancò chi ne diede merito al Cesariano.
Conta cinque archi per lato e fu in parte alterato quando, costruendosi la
fronte in marmo della chiesa, si applicarono le mezze colonne provviste di basi e di
capitelli corinzi di bronzo per uniformarlo al primo ordine della fronte, in luogo
degli antichi pilastri interamente di mattoni e dell'antica trabeazione, ch'era forse di-
pinta nel fregio come nella cupola della Passione.
I-M A//U COMI II CO
Il tempio fu ideato da principio a forma di croce greca e - I" in seguito Fu
prolungato a croci che la fronte del tempio fu guastata col pretesto 'li
arricchirla nel 1092. Ma le forme nelle parti originali e il profilare severo del fianco
,. della cup no nell'autor iva il Mongeri, una mente educata ad
ipj eletti • 1 di un profondo sento d'arte. Il mutamento della costruzione
latina appare dal fianco che si attacca in falso e sconcia
i bracci laterali della croce originale. L'insieme, specialmente le bellissime profila-
ture in laterìzio, 1 ilmente nella cu-
i2Ó ITALIA ARTISTICA
pola a sezione ottagonale e a due ordini, che prelude già agli ardimenti della ge-
nerazione di Michelangelo.
Per alcune altre fabbriche si fa incidentalmente il nome di Cristoforo Solari,
ma più per richiamo d'idee che per identicità di caratteri.
Di ignoto architetto dell'inizio del XVI secolo, che rivela di aver ereditato dal
Bramante l'elegante sapienza delle linee delicatamente combinate alla riproduzione
della vera opera d'arte, è la casa già Aliprandi-Taverna, ora Ponti, in via Bigli n. 11,
che, mercè i prudenti restauri compiuti e la cura con cui è conservata, rappresenta
uno dèi più attraenti esempi d'architettura della Rinascenza lombarda fusa con la
più ricca decorazione pittorica. L'edificio, incominciato dai Bigli, fu ceduto agli
Aliprandi il 29 marzo 1500 e fu decorato, nel cortile, nel primo ventennio del XVI
secolo da ignoto pittore che il Mongeri credette identificare con Giovanni Pietro
Crespi, avo di Daniele, pei confronti con gli affreschi della chiesa di S. Maria in
Piazza di Busto Arsizio eseguiti nel 153 1. il quale, nel cortile della casa, v'avrebbe
riprodotto le figure che vi si vedono, d'Apollo e delle Muse. Altri vi scorsero addi-
rittura la mano del Bramantino, o quella di Bernardin dei Conti o di qualche diretto
seguace di Gaudenzio.
A noi, qui, interessa esaminare la parte architettonica che è particolarmente
commendevole nella purissima porta e nel cortile quadrilatero — originariamente
ad un solo piano oltre il terreno — terminante con una cornice a vòlta, scom-
partita in vele e pennacchi e provvisto di quattro finestre per lato incorniciate da
leggere modanature in terra cotta.
Purtroppo altri notevoli edifici della Rinascenza lombarda furon demoliti in
varie epoche non sempre per serie esigenze della vita moderna che impone sacri-
fici al patrimonio artistico: recente e vivamente rimpianta da quanti hanno il culto
delle memorie la bella casa che fu dei Missaglia, armaioli milanesi del XV se-
colo giustamente famosi al mondo allora e oggi per l'eleganza e la tempra dei loro
prodotti.
Altrove — cito il refettorio del convento di S. Maria della Pace, elegantissimo
di linee veramente bramantesche e di decorazioni leggiadre che invadon lesene,
fascie e lunette — i guasti sono men radicali, ma la incombente e febbrile vita mo-
derna avvolge e deturpa, guastando la serenità dell'ambiente antico.
Nella scultura il Rinascimento artistico trova il suo sviluppo maggiore, in Lom-
oardia, per opera dei Mantegazza e specialmente dell'Amadeo e de' suoi seguaci.
L'attività dei Mantegazza si svolse principalmente a Pavia intorno alla Certosa
e perciò sfugge quasi per intero al presente studio che si limita alla storia artistica
di Milano a commento delle opere che vi si conservano.
Fra le poche opere che sembra di poter loro attribuire a Milano son quattro
pezzi 1 he rivestivano il basimento dell'antica fronte di S. Satiro, oggi conservati
pr< sso il Museo Archeologico nel Castello Sforzesco, dovute verosimilmente ad
Antonio, perchè si --a che a quella facciata si pose mano quando Cristoforo era già
morto: son «lue figure <li Sibille e le scene della creazione dell'uomo e della donna,
.MILANO 127
oggi assai guaste, d'esecuzione rude, coi contorni eccessivamente spezzati, come in
un abozzo, e con certa spezzatura delle pieghe de' panni che le fa apparire come
di carta : particolarità che passò poi all'Amadeo. Eppure fra i difetti evidenti d'e-
secuzione quanta ingenua forza di sentimento emana da quelle rozze sculture !
L'atto del Creatore che dà vita ad Adamo e lo aiuta a rialzarsi, la vivacità di Eva
che si avanza maestosa verso Dio, mentre l'uomo, seduto, si fa schermo con le braccia
della luce divina che lo abbaglia, son così potentemente espressi, attraverso la dif-
ficoltà della materia, da ritenerle fra le opere più forti e caratteristiche della scuola
lombarda, così da ricordare nella vigoria, se non nella forma, l'arte potente di
Jacopo della Quercia.
EFFIOIE lil.LI-'AMM'l " -I LA OtOLIA
ni r ia mi. ni "}io
*
* *
vanni Antonio degli Amadei - com'egli stesso si chiama in una supplici
0 Amadeo (non esattamente chiamato da molta scrittori Omodeo), pavese di nascita,
milanese d'< que nel 1447 e mori nel 1522.
All'ari ■ nabile bì che per ben tre volte mutò radi-
calmente il propr - ho dedicata una monografia alla quale rimando il lettore
che più intima desse tire con le opere del maggior scultore lom-
sue che rientrano nei limiti «li questo studio.
A Milano appari al period nile dell'artista alcune sculture conser
Archeoli ni b in pietra grigia con L'Adorazione del
Vrtl Gì al 1 he, 1904
128
ITALIA ARTISTICA
Bambino — soggetto che l'artista svolse poi più sapientemente nelle tombe dei
martiri a Cremona — . due angioli in adorazione, una testa di fanciullo benché
men sicuramente. L'edicola al capitano Alessio Tarchetta fu costrutta nel 14S0 nel
Duomo; i frammenti migliori, ornatissimi, son presso il Museo: sul posto, in Duomo,
nella navata di sinistra, non restano che due lesene, due colonne a fogliami e due
pilastrini minori. Posteriori di qualche po' sono un tabernacoletto con S. Sebastiano,
dato erroneamente al Caradosso da altri, due tondi con l'Angelo e l'Annunciata
AUADBO : LA NATIVITÀ (MUSEO AKCHKOLOGICOt.
di delicatissima esecuzione, un S. Cristoforo e un frammento con Caino e Abele
sacrificanti, timorosi, a Dio, e, della sua scuola, il bassorilievo con Gesù ritrovato dai
genitori con S. Rocco e S. Sebastiano, tutti nel Museo Archeologico milanese. In
questa stessi colleziono il tondo col bassorilievo della Natività, del periodo succes-
sivo dell'artista sotto l'influsso dei Mantegazza, ornava, insieme a uno simile, del
Museo del Louvre, la tomba dei martiri Mario, Marta, Audiface e Abacucco, le cui
st'.ne rheston ora i pulpiti del Duomo di Cremona. Dell'opera dell'Amadeo a prò
del Duomo si è veduto dianzi: a lui si deve l'esecuzione del tiburio; non invece, a
mio modo di vedere, la decorazione della guglia che porta il suo nome, di cui, tut-
MILANO
129
t'alpiù, diresse la costruzione, come gli si deve merito alla fabbrica dell'Ospedal
Maggiore, per la quale scolpì anche due statue di cui è sol memoria nelle carte
del luogo. Analoghe alle sculture della Certosa di Pavia, e che sarei disposto ad
assegnare al periodo 149 1- 1500, son quattro statuette nel Museo di Milano, il meda-
glione di Antonio Landriani. benché men sicuramente opera del nostro, nell'Inco-
ronata, il medaglione d'Alessandro nel Museo municipale.
Seguaci dell' Amadeo, a Milano, furono i Cazzaniga — che lavorarono a scoi-
r< i ì'.M-y.HAVU1 1 / > ■»
(IT MAI
y > ■ y ■ ik.' "■■'
AMAM HI DI CREMONA (y USEO AKCHBOLOOICO),
Brivio in 5. Eustorgio e verosimilmente quello ai Della torre
Maria delle Gr della cripta dei Duomo di Borgo S. Donhino
Bei* 1 'a del maestro, leziosamente spesso; e,
;i Pavia 0 nel gr ■ della I P 1 Rodari, i Gaggini, Pietro
•li Rho [e loro open re d rativo a Cremona,
.t Bfe 1 , dove più do\ e meni ■.
in quasi tutta la vallata del Po
Il periodo li dunque il colmo della parabola a
ISO
ITALIA AR USTICA
cui giunse la scultura lombarda. Dopo
di lui altri maestri, il Solari, il Fu-
s'ma, il Bambaja, tennero alta la fama
dell'arte regionale limitandola a più
modesti e corretti confini, ma nessuno
compendiò il cammino dell'arte pla-
stica per quasi un secolo con carat-
teri così personali e soggettivi come
il nostro grande maestro, che, racco-
gliendo l'eredità dei vecchi campio-
nesi, seppe dare all'arte un impulso
potente e, trasformandola attraverso
a diverse fasi, la trasmise alle nuove
generazioni spoglia delle ultime ec-
cessività. Della simpatia che la sua
maniera incontrò per lungo periodo
d'anni anche dopo la sua scomparsa
sin prova le lunghe, insistenti ripeti-
zioni di suoi motivi, specialmente da
parte degli artisti della Certosa di
Pavia, dove lo stile dei Mantegazza
e dell'Amadeo finì col diventare quasi
una cosa sola con lo stile decorativo
del monumento, finché la freddezza
dei trattatisti non vi s' impose per
ceder poscia il campo all' invadente4
barocco. E anche in quest'ultimo pe-
riodo si trovò modo di sfruttare scul-
ture e frammenti del buon tempo a
rivestir pulpiti, a ornar porte, a de-
corare il coro e il presbitero.
Giannantonio Amadeo non arrivò
certamente alle altezze della scuola
toscana, che sola seppe sciogliere il
miracolo di sposare la scienza, la pu-
rezza e l'eleganza della forma con la
genialità del concetto ispiratore, né
alla sfolgorante decorazione di sapore classico della scuola veneta, che trovò nel
Rizzo, nel Hregno, nei Lombardo, nel Leopardi, nel Bellano, nel Briosco maestri di
un valore grandissimo; in compenso la sua attività senza precedenti e il senso ec-
cezionale della decorazione, frutto dell'ambiente e della tradizione locale, arricchi-
rono il patrimonio artistico di Lombardia di una grandissima serie di opere nelle
quali la fantasia creatrice e la ricchezza decorativa, anche attraverso alle deficienze
della forma, aleggiano sovrane. Il deplorare nella scuola lombarda la mancanza di
coltura, in confronto alle opere fiorentine, vuol dire disconoscere la forza della tra-
I.A OlOl.IA DI LL'AMADEO.
BCI 01 \ DELI tMADI 0: MONI MI NTO DELLA rORRI
il \\<\\ DI l i i ORAZII
132 ITALIA ARTISTICA
ne e dell'ambiente: se tutte le scuole vantassero gli stessi pregi mancherebbe
al patrimonio artistico nazionale una delle maggiori attrattive, la varietà, e se la
scultura lombarda s'ornasse della sapiente purezza toscana mancheremmo del più
ricco e più meraviglioso monumento del mondo, la fronte della Certosa di Pavia.
Di Andrea Fusina non restan
gran cose sicure a Milano: il
monumento dell'arcivescovo Bi-
rago nella chiesa della Passione
e quello di Battista Bagaroto
nel Museo Archeologico ; il
primo, segnato col nome dello
scultore e con la data 1495, ^
secondo del 15 1 7, ornato di mo-
tivi che ricordano .incora il re-
pertorio di decorazioni della
Certosa di Pavia. Si sa che
lavorò molto per la fabbrica
del Duomo specialmente dal
1500 al 1526, e diverse statue
ornamentali del monumento ri-
cordali tuttora il suo fare ele-
gante, vistoso, ma superficiale.
Il confronto coi suoi putti nel
fregio dei due monumenti ri-
cordati — putti grassocci, di
belle forme, ma che sembran
di pelle gonfiata per l'assenza
completa di pieghe e di studio
del modellato — m'induce ad
attribuire a lui il bassorilievo
con la Madonna che regge il
bambino nudo, in atto di be-
nedire I-Vancesco I di Francia,
nella collezione I'» irromeo a Mi-
lano, e due piccoli bassorilievi,
di ugual grandezza, con la Ver-
gine e il putto e alcune teste
di cherubini nel fondo, nella
sala del Bambaja presso il
Museo Archeologico. A lui il
Sant'Ambrogio ascrisse anche la lastra tombale dei Medici di Seregno in S. Torn-
ii:, lso e i monumenti Tolentino all'Incoronata e Della Valle in S. Maria delle Grazie.
Il Fusina fu preferibilmente decoratore che scultore e mentre i suoi coetanei Amadeo,
Briosco, s sepper spesso fondere la statuaria con rornamentazione, egli ridusse
a ben poco, ne' suoi due monumenti che sicuramente gli appartengono, la parte figu-
S. MANIA DELLE GRAZIE — MONlMIiNTO A UKANDA CASTIOLIONI.
♦
MILANO
133
rata — i putti e la figura del defunto — per lasciar campo allo svolgersi di fe-
stoni di frutta, di teste di Medusa, di cartelli, di girate ricchissime che avvolgon
[ito l >i putti \ i\ aci e il < arattcre dei fr< g i .1 tutto
lere 'li" '".'li si ispirassi preferibilmente
..Ile opere 'li Michelozzo dei ntini del tempo. Il fregio -li putti in
'34
1 L'ALIA ARTISTICA
vivacissime pose, reggenti i festoni del monumento Birago. sembra derivare diretta-
mente da quello dell porta già in corso Magenta oggi nel Museo Archeologico
(opera certan Michelozzo), come i due putti librantisi, di prospetto, e reggenti
la cartella, scolpiti dal Fusina, derivan da quelli della porta del Banco dei Medici.
Di Cr Foppa detto il Caradosso, scultore e orefice, favorito particolar-
mente da Lodovico il Moro che gli commise lavori di oreficeria e se ne valse
per ri ioie, per stimare oggetti preziosi, è ricordo anche in un sonetto di
Bernardo Bellincione che parlò dell'artista con entusiasmo:
Si ben non lega al ramo la natura
Un pomo o Primavera all'erba i fiori
l'omo di man di Caradosso mori
Legate escon le gioir a chi misura.
E Sabba Castiglione: « Il mio Caradosso, oltre la
cognition grande delle gioie in lavoro di metallo, in
oro et in argento, o di tutto o di basso rilievo, all'età
nostra è stato senza paro ».
Nato nel 1452 nella Brianza, faceva le sue prime
armi a Roma, come notò il Venturi che ne illustrò le
prime opere, nel 1477. Trovo, nelle carte del tempo,
che suo padre Giovan Maffeo era pure orefice. E cenno
di Cristoforo in un documento milanese del 1480, ma
la prima prova del suo ritorno a Milano non è che di
dieci anni dopo: forse le sue opere eseguite nella gio-
vinezza a Roma son quindi più numerose di quelle
rintracciate fin qui. Nel 1495 l'artista era a Firenze e della sua attività alla corte
dei Medici vi son ben altre notizie delle poche rintracciate dal Muntz.
A Firenze il Caradosso fece incetta di gioie e d'opere d'arte pel Duca di Mi-
lano: l'artista mandò addirittura l'inventario delle robbe di Piero de Medici che pa-
revan alienabili. A Parma poi aveva rintracciato, cercando cose antique et bone de
SCtllptura 0 metal!", una statua multo bella pel Duca. E a Roma aveva dato
prove notevoli dello studio fatto sulle cose della classica antichità.
Il 27 febbraio 1 1.95 l'artista scriveva a Lodovico il Moro « Ogi me parto per
Roma e dalla città eterna, a quanto sembra, non ritornò più; ma il suo nome, se
crediamo al Bertolotti, non si trova ricordato nelle partite della contabilità papale
prima del 1.513.
Al Caradosso vengon attribuiti il gruppo della Deposizione di Cristo, eseguito
in t<Tra cotta colorata e dorata in S. Satiro, nella cappella della Pace, e il fregio
di putti e I uisti a rilievo entro i tondi all'ingiro del battistero, o sagrestia che dir
si voglia, nella stessa chiesa. Ma la duplice attribuzione non è confortata da ra-
gioni stilistiche e da sussidio di documenti: le une e gli altri anzi sembrati escluder
nel modo più assoluto almeno una di quelle opere - la più notevole dal novero
dei lavori del Caradosso. La costruzione del battistero, pel quale il Caradosso
avrebbe eseguite le decorazioni che vi si innestano così mirabilmente da palesare
l'intenzione evidente nell'architetto di dar quasi campo maggiore alle sculture de-
li. BRIOSCO : TESTA D'ANOIOLO
m 01.1 1 /ioni, rim 1 i./io
MILANO
*35
corative che alle iinee del piccolo edificio, sembra do-
versi riportare al decennio 1480-1490, secondo le in-
dagini di Luca Beltrami : cioè precisamente al periodo
in cai il Caradosso, a quanto sembra, si trovava ancor
lontano da Milano, o almeno prima del 16 aprile il
carteggio ducale non fa il suo nome, ciò che fino a
prove più sicure non vuol dire, ne convengo, che l'artista
non potesse anche trovarsi già a Milano. Certo è che i
documenti abbastanza abbondanti del tempo relativi alle
opere d'arte in S. Satiro, se ricordan l'intervento di Bra-
mante quale architetto, di Boltraffio quale pittore e di
Gio. Antonio da Oggiono, Mariotto. Cristoforo da Birago
quali lapicidi, non fan mai cenno di Caradosso Foppa.
Nel battistero di S. Satiro il fregio attribuito fin
qui al Caradosso presenta certamente qualche rapporto co'
suoi lavori d'oreficeria — rassettine, medaglie, placchette,
e secondo il Venturi, pel confronto con uno stipo del
Museo di Firenze, anche le portelle in bronzo di San
Pietro in Vincoli — . ma, a chi osservi attentamente.
quei rapporti son forse dovuti più a somiglianze occa-
ali per uniformità di motivi mossi di moda nel Ri-
nascimento che a vera somiglianza di esecuzione. La
differenza appare meglio nei busti 'nudi che escon dai
tondi: leggermente piegati sulla spalla sulla quale è get-
tito, alla classica, un manto, e dal viso abbondante con
le gote rotonde incorniciato da una zazzera ricciuta 0 a
ciocche nei bronzi attribuiti al Caradosso che ho ricor-
dato; nudi, dal collo lungo, rigido, rivolti costantemente
all'insù, coi visi larghi, ossuti, gli zigomi molto distanti
fra loro e ]<■ chiome fluenti e affini all'arte tutta locale
dei Manteca/za nel fregio di S. Satiro; questi ultimi
fanno parte delle s<-r:<- di teste decorative, sempre pre-
sentate di prospetto e vedute in iscorcio, volte all'insù,
molto comuni in Lombardia e in varie 1 ttù dell'alt 1 [talia
• . la loro orìgine nei maestri modellatori in
terra cotta di Cremona: i busti provenienti dal palazzo
hi di questa città, or 1 ti nel Museo di Mi-
lano, pr- ■ una notevolissima affinità 'li esecuzione con questi di S. Satiro,
Ma d 1 renza -• talmente grande da indurmi .1 togliere il < '.tradosso
ippo dei;. /< ne nella cappella delia Pietà, Son dodici
figure grandi quasi quanto ii 'e- morto 1 illi ginocchia della Ver*
ne, mentre una pia donna le prende U testa e, n le due mani in at-
> profonda 1 itito: in \ fedeli assistono pian-
gendo o, gli occhi inariditi dal p vi dia tragica scena.
Il Molinier, tro\ indo eh le opere d'oreficeria attribuite .il I aradi 0 rivelano
PII.A8TRELLO -■< "MI in
Ai unni ie> Mi IZZANIOA
su si 11 IRCHBOLOi
i36 I ITALIA ARTISTICA
un maestro < qui a l'exécution jusqu'aux dernières limites du fini », è co-
stretto a convenire che è ben difficile avvicinarle alle sculture che si voglion sue e
conclude con che la. porta è aperta a tutte le congetture: ciò che m'in-
duce .1 proporre di togliere addirittura dal novero delle opere di un artista, che
i numerosi documenti, si noti, ricordan sempre quale orefice e, più che tutto, gio-
jelliere «Iella corte sforzesca, questa che è vigorosa affermazione di uno scultore
lombardo preoccupato unicamente dell'effetto drammatico dell'opera sua attraverso
un'esecuzione grandiosa e un po' alla brava. Si credeva che questo gruppo di figure
fosse open giovanile dell'artista che, più tardi, avrebbe cambiato maniera. Ma poi-
clic i documenti ci assicurano che la sua prima educazione artistica si formò a Roma,
dove egli, per dirla col Venturi, « si erudi, si vestì delle antiche forme », appar
molto difficile ritrovarne la prova nelle sculture di S. Satiro, che probabilmente furon
eseguite all'epoca del rimodernamento della chiesa per opera di Bramante. Ad
ogni modo, nelle vecchie carte del luogo il più antico ricordo dell'altare de la Pietà
non risale più indietro dell'anno 15 14, benché risulti che l'altare stesso era già fatto.
Il gruppo in terra cotta della cappella della Pietà è piuttosto opera di un
maestro lombardo, pratico nel modellare la creta, ricercatore dei forti effetti, affii e
ma più composto dei Mantegazza; opera che nell'aggruppamento generale e nella
disposizione ai lati della composizione di due figure complementari ricorda la De-
posizione di Tommaso Rodari (1498) nel Duomo di Como, ben inferiore però a
questa di S. Satiro per la scienza della modellatura e del muover le pieghe. II
maestro è forse a ricercarsi fra i valenti terracottari che a Cremona arricchiron di
medaglioni e di larghe fascie figurate, sapientemente concepite, cortili e facciate di
palazzi.
Nell'inizio del cinquecento la scultura lombarda incomincia a perder le migliori
qualità che diremo sostanziali per rivestirsi di eleganza, di leziosità, benché il Lo-
mazzo cantasse che
Alzar Tullio Lombardo e A^ostin Busto
Con Giovanni e Cristoforo Romano
La scoltura a tal colmo entro Milano
che poi diede di sé mirabil gusto.
I ); Agostino Busti detto il Bambaja, che, insieme al fratello Polidoro, lavorò pel
Duomo di Milano per lunga serie di anni così che le tracce dell'opera sua son fa-
cili a rintracciarsi in diverse leziose statue di quell'edificio, si mostra il monumento
a Lancino Curzio già nella chiesa di S. Marco, ora presso il Museo Archeologico,
ele-aiite, leggero, un po' slegato, con la figura del defunto sull'arca funeraria in basso,
e, al ili sopra, ai diversi ripiani, varie figure allegoriche, tra cui campeggiano le Tre
1 . Ile forme classiche eccessivamente assottigliate attraverso lo stile del maestro
lombardo. Forse il Bambaja tentò avvicinarsi alla maniera di Gian Cristoforo Ro-
mano che aveva lavorato negli ultimi anni del quattrocento intorno al monumento di
Gian Galeazzo nella Certosa di Pavia e al quale potrebbe ben appartenere, come
osserva il Venturi, un leggiadro pilastrino di casa Valsecchi. A quella derivazione
MILANO
!37
sta ^£»g
artistica mi fan pensare le forme esili delle figurette di Gian Cristoforo, modellate
a tutto tondo, e un po' affastellate : caratteri che il Bambaja accolse ed esagerò.
L'opera più nota, starei per dire popolare, del fortunato artista è il ricchissimo
monumento a Gastone di Foix ordinato da Francesco I dopo la battaglia di Mele-
gnano ; il giovane condottiero era rimasto ucciso nel 1512 nella battaglia di Ra-
venna e la sua morte gloriosa era stata
cantata in poesie popolari stampate a Mi-
lano, a Venezia, a Bologna,
Lo scultore avrebbe incominciato il la-
voro intorno al 15 15 e nel 152 1 era al ter-
mine dell'opera grandiosa, se crediamo al
Cesariano. Il monumento fu tolto dalla chiesa
di Santa Marta delle Agostiniane quando
questo edificio fu atterrato e, messe in ven-
dita le sculture, i frammenti della bella opera
andaron disseminati dovunque.
Diego Sant'Ambrogio, sulla guida di un
disegno del South Kensington che riproduce
un'idea dell'insieme del monumento, si studiò
di precisare quali dei molti pezzi scolpiti do-
v irti al Bambaja spettassero al mausoleo di
Gastone di Foix e quali al monumento Bi-
rago in S. Francesco Grande. L'insieme del
primo si componeva di una serie di bassori-
lievi di fatti d'arme e delle gloriose gesta
del giovane eroe ornati eli fregi e di figure
he. La parte più caratteristica, la
star. ente, e diversi particolari, si con-
servati Oggi presso Archeologi)
milanese. Le varie parti del monumento
go 11 ~22\ del quale il Sant'Ambrogio
presentò una ricostruzione grafica, sarebber
quelle conservate a Varese, all' Isola Bella
n'-ll pp Ila dei Borromeo, a Castellazzo,
nel castello di B< Museo della
Certosa di Pavia, nella ^.mbro-
Cri Ho incoronato
me - p> il popolo - caduto sotto la croce - spogliato delle vesti) e, nel
Museo Archei F mone e frammenti minori. Il Vasari vide a post., la
tura ìnula e murala ne lodò ì belli Hmi ornamenti.
Se la ri< ta dal Sant'Ambrogio risponde al ver.., è certo che il
•aia non era felice distributore delle vari'- parti de' suoi monumenti che man-
ticlle linee d'insieme quanto era molle e manierato
I . :• <• . dell tomba 'li Gastone di Foix rappresentano il colmo
delia virtuosità dello - io tempo, di quelli 1 he gli autori del ( f-
)f)t|l| IIIKIHUDU
li \\ un CASA BAOATTI-VAI i l
ANDREA FUSINA: MONUMENTO A DANIELE BIRAGO NI Ll.A CHIESA DELLA PASSIONI!.
ANDREA MONUMENTO \l VESCOVO G B BAGAROTO
(MI SI 0 IRCHI ni.iH.ii o
i4o
I IALIA ARTISTICA
cerone chiamaron la caricatura dello stile lombardo, notandone la mollezza senza ca-
rattere delle figure, il drappeggio a pieghe monotonamente parallele e senza studio
del vero, le figure pomposamente manierate e di cattive proporzioni. Nelle sue ul-
time opere posteriori al 1537 — la tomba del cardinale Caracciolo e quella di Giov.
A. Vimercati in Duomo — divenne freddo, insignificante, benché più calmo e mi-
surato. Gli appartiene verosimilmente anche la lapide tumulare di Francesco Orsini
(; 1515) nell'andito presso la sagrestia di S. Fedele, già in S. Maria della Scala.
L'arte del Bambaja, men che nel monumento a Lancino Curzio e in qualche bel
gruppo qua e là la Flagellazione del Museo anzi tutti — , esorbita dal severo campo
della scultura per entrar quasi in quello
pittorico o dell'intagliatore : egli fece stu-
pire i vecchi storici compiacenti e ottiene
ancora ammiratori convinti pel suo rag-
gruppar figurette di guerrieri scolpite a
tutto tondo, pel dar forte risalto di ombre
e di luci, pel ricamare, piegolinare, tritare
i suoi fregi ricchissimi profusi a piene
mani, qualche volta con eleganza gran-
dissima.
Qualche sua figuretta, esile, piena di
reminiscenze classiche, delicata, presenta
vere attrattive: ma l'aver esteso a tutte
le stesse forme manierate, avvolgendo i
corpi in larghi manti a mo' di fascie,
piegando leziosamente le teste sulla spalla
a dar grazia ricercata, accarezzando, li-
sciando, pettinando quelle chiomate teste
di santi, più che non avesse fatto Cri-
stoforo Solari stesso (di questo scultore,
che sta a sé, parleremo più innanzi), —
e in ciò il Priosco fu probabilmente seguito dai molti suoi aiutanti ricordati dal
D'Adda finì col danneggiar l'arte sua e mutarla in meschina maniera industriale.
Se certi gruppi son vivaci e pieni di movimento, le figure, in confronto alla grande
statuaria e ai vigorosi tentativi di naturalismo dei Mantegazza e dell'Amadeo, ed
esaminate una per ima, stanno come sta la miniatura alla pittura e, per dirla col
Muntz, più d'una servirebbe bene per coronamento d'una pendola.
Altri artisti sono ricordati, per modeste opere di scultura, nelle vecchie carte
della fabbrica del Duomo nel quattrocento: Biagio d' Alessandria, Alberto da As-
sisi, Martino Benzoni (1473-1478), quattro Brioschi, Matteo Castoldi, Lorenzo da
< ivate, Antonio Del Conte, Simone Grassi. Bernardino Maggi ricordato nel 1487 per
aver eseguito un modello nel tiburio ideato da Leonardo da Vinci, Giov. Pietro
Mozaj^o, Urbano da Pavia, Gabriele da Rho, Giorgio, Francesco e Pietro Antonio
Solari, Giacomo Sora, Beltramino Zutti da Rho.
I 1 SIN \
CESCO
MADONW COL FIGLIO BENEDICENTI PRAN-
DI FRANCIA COLLEZIONE BORROMEO),
(Fot. Alinari).
MILANO
i-M
La pittura lombarda, nel periodo che precede quello delle ricerche naturalistiche
e dello studio tenace del vero a creare l'opera d'arte per merito dei preleonardeschi,
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«vera e di limitato ini ilmente in confi quella del periodo cor-
rispondente in l
B empio dell'arte anteriore al XIII secolo ioti gli avanzi ricordati
da Cavalcasene 1 tenti Bulla tomba dell'abate Guglielmo Cotta del 1 167
figure ■ ond in fondi 1 gi illasl Ile biani he, e
i frammenti veduti nella 1 dai ricordati scrittori, nonché le figure di
I ITALIA ARTISTICA
martiri, di santi e del Crocefisso in una terre rotonda presso il Monastero Maggiore,
che verosimilmente però son posteriori .li qualche poco a quanto ritennero i citati
scritl ri.
il. ORDPPO DELLA DEPOSIZIONE l'I ti. C, GII ATTRIBUITO Al. CAKADOSSO.
[■ni. Cu li i i- [intaglili).
Pel il maestro più noto è Giovanni da Milano p Giovanni Jacobi come
vollero l i\ ilcaselle e Crowe (più esattamente Giovanni di Giacomo), che lavorò
dal 1365 in avanti: ma la sua attività si svolse fuor di patria e principalmente a
Firenze, dove si stabilì nel [366 e ottenne la cittadinanza. Le suo opere rivelan la
maniera senese fusa con la fiorentina, gran diligenza di disegno e tendenza al rea-
M I L A X O
M3
lismo. II Vasari assicura che egli lavorò qualche po' anche a Milano dove morì;
ma in patria non si saprebbe indicar nulla di suo.
Di quel secolo v' è qualche avanzo modesto e informe qua e là : in San Lo-
renzo un frammento entro un
arcone a rao' di arcosolio. in
qualche chiesa del suburbio
S. Maria di Monzoro, la chiesa
Rossa presso la Conca Fallata,
S. Cristoforo sul Naviglio fuori
di porta Ticinese) e minori
avanzi su qualche pilastro o su
qualche parete di chiese mi-
lanesi.
Degne di nota son le fi-
gure a fresco al di sopra della
porta della chiesetta di destra,
in S. Cristoforo sul Naviglio
(bell'esempio di due chiese ab-
binate dell'inizio del secolo XV
e ornate di cotti), che rappre-
sentan la Vergine in ricca cat-
tedra gotica, fra S. Crist
5. Antonio che a lei pre-
senta due fedeli, e, in una
zona sottostante, la Crocifis-
segnata col nome del
pittore, Bassanolus de Goa-
raeiis piiixit. Il modesto pit-
-,otto l'influsso della scuola
è lontano dalle forme
:ch'- di < riovanni da M
lano, benché 1" ricordi qualche
m-llr- lunghe mani e nel
piegar dei panni che però il
I
mento pana verso terra
nelle vesti muliebri. I
Ari' Ih- p fre-
eh'- '■ '!>'• firn
una lunga 1 e la
: nella composi: pr la 1 ' Brera, con la V< rgine in trono
e il Bambino in atto <li benedire un raccomandato da tre
s;mti fra i fjn.ili S. G ulla tomba <li Teodorico da Coirà nella demolita
: di s Maria dei Servi in Milano; composizione nella quale '••.••.,i si cerchi
■AMllAJA (TELA IXKKKAKIA DI
HI KO IKCIII ICO
(I ..1
M4
ITALIA ARTISTICA
rebbe invano quella scritta col nome
ilei pittore, il quale, contrariamente
a quanto vorrebbe il vecchio cata-
logo della Pinacoteca, non si rivela
imitatore di Giovanni da Milano.
Le lunghe figure ili Simone da Cor-
betta son d'una povertà notevole,
senza corpo sotto le vesti fluenti a
pieghe parallele, e senza vigore negli
atteggiamenti stentati : il pittore ha
cercato di far dimenticare la povertà
della propria arte curando amoro-
samente i particolari delle vesti e
specialmente dell'armatura del San
Giorgio. Nella stessa collezione di
Brera son dello stesso secolo alcuni
altri poveri affreschi frammentarli :
un S. Cristoforo di fattura abba-
stanza larga e migliore del vicino
dipinto di Simone, al quale non deve
appartenere, benché provenga an-
ch'esso dalla chiesa dei Servi, come
un S. Francesco che riceve le Stim-
mate, e una Madonna col Figlio e
una Santa Eufemia di povera ese-
cuzione e in cui a pena i troni go-
tici riccamente ideati mettono un:i
nota vivace all' insieme modesto.
L'arte giottesca non pose quindi
salde radici in Milano, come osser-
varon Crovve e Cavalcasene, e lo
studioso che voglia aver migliori im-
pressioni dell'arte di quel periodo
deve recarsi all'abazia di Chiaravalle
— dove il Rosini vide l'opera ili
Giovanni da Milano e il Cavalcasene
preferibilmente quella d'un seguace
di Simone da Corbetta — o piut-
tosto a Solaro o a Tentate nella
cappella di S. Stefano, dei Porro
Schiafinati, o in quella della vicina
Mocchirolo : il pittore fresco con
molto sentimento drammatico i fatti
della vita di Santo Stefano e di S. Caterina e i componenti della famiglia Porro a
Lentate, e il Redentore benedicente, gli emblemi degli Evangelisti, gli offerenti, il
BAMBAJA
PIETRA TOMBALI: DI CASTONI l'i POIX
mi si n AKUII.OLOOICO). (Fot. BfOgi).
MILANO
H5
matrimonio mistico di S. Caterina, la Crocifissione a Mocchirolo, fondendo con rara
arte rappresentativa lo spirito drammatico con la più geniale festosità che si afferma
principalmente nel coro vaporoso d'angioli dalle lunghe ali che circondano i vari
membri della famiglia Porro inginocchiati dinnanzi alla Vergine o che si librano
gaiamente stendendo una corona.
Lo studioso deve quindi di preferenza studiare i codici miniati del tempo se
dell'arte pittorica del XIII e del XIV secolo in Milano stessa oggi vuol rendersi conto :
e vedrà con profitto il Plinio della Biblioteca Ambrosiana (E, 24 inf.), miniato nel
ahi mila ruriiA rollimi. DI 0 ASTONI ih ioix mimo ARCHEOLO I).
1389 da fra Pietro di Pavia, il messale detto di G. Galeazzo Visconti della basilica di
S. Ambrogio, miniato intorno al 1395 dal lombardo Annovello da Imbonate e, nella
[ense, del secolo XIV ['Esposizione rimata dì Storia Sacra del Nuovo Testa-
mento in dialetto mil tro da Bescapé (AD. XIII, pi ornato «li ben 90
olori men che per le rami che son del colore naturale della per-
gamena, una BibbiaS v. ' XIV, 24-27) già della < ertosa 'li Pavia, con le im-
e r 1 1 1 r 1 1 • • Itre qualche 1 odice d' import
minore.
metà del XV secolo è ricordo a Milano «li un Michelino pittore:
l.,]in.iri da Besozzo etto dei dintorni «li Varese (non
,,. dj \v ippose il Bouchot I) che molto lavorò pel Duomo di
i46
ITALIA ARTISTICA
Milano, anche coadiuvato dal figlio Leonardo autore dolio miniature nella cronaca
illustrata già di pri prietà Morbio ora Crespi e che si firmò nell'affresco dell'incoro-
nazione della Vergine in San Giovanni a Carbonara a Napoli. L'ultimo ricordo di
Michelino nelle carte del Duomo è del 1442. Nel palazzo Borromeo una sala a
terreno è tutta frescata con gaie rappresentazioni di donzelle e di giovani cava-
lieri intenti ai giuochi - del tarocco, della balla, della danza a cadenza di mani —
BAMBAJA I I A FLAOI I I.A/loM ' MI SI (I AKi.lll oi.OOIt d
in piena campagna : è una vivacissima serie di scene della vita signorile lombarda
nella prima metà del XV secolo. Se ne fece merito a Michelino, forse pel fatto
elio, se deve credersi a Gaetano Cattaneo che vi avrebbe letto il nome di quel pit-
tore, si credetter sue le vicine pitture del portico del cortile.
Pietr«> [oesca non crede di Michelino né le une né le altre: e nemmeno una
tavoletta dèi tesoro del Duomo di Milano, nella quale il nome di Michele da Besozzo
risulterebbe una falsificazione. Sola testimonianza sicura dell'arte del maestro lombardo
sarebbe una piccola tavola firmata MicheliflUS fecit della Pinacoteca comunale di
Sipna affine all'arte di Stefano da Zevio ; un affresco di artefice derivante dal pit-
M I L A X O
147
B. PIETRO.IN OESSATE - STATI \ FUNERARIA IH AMHKOGIO GKIFO.
tore della tavola di Siena è in Santa Maria presso S. Celso, a Milano, sul quale lo
stesso studioso richiamò l'attenzione notati lo che può esser ritenuto come intermedio
fra l'opera di Michelino e gli affreschi dei Zavattari noi Duomo di Monza, ove si
svolgon logicamente le forme e la tecnica coloristica della tavoletta di Siena.
L'arte di Michelino da IVsozzo rappresenta uno stadio avanzato in confronto
a quella di Giovannino de' < rrassi - s'è parlato di lui accennando alla scultura a
Milano nel trecento — non soltanto cronologicamente. Il Grassi — ■ riassumo anche
qui il diligente studio del Toesca — si riavvicina per qualche lineamento agli artisti
veronesi, e come questi possiede un senso line ed oggettivo nel cogliere l'esteriorità
delle cose e specialmente degli animali, ma i suoi disegni, anteriori al 1398, non
derivan dall'arte dei Veronesi e lo indicar! precursore ili Michelino, molto celebrato
nel disegnar animali.
L'influenza nordica appare più distinta nell'opera di Michelino che in quella
d»-l Grassi: dati i rapporti fr.i Milano egli artisti d'oltralpe, la cosa è spiegabilis-
sima. Gli i" i dipinti dei Zavattari appartengo!) pre-
lente a uno stile cip- in tutte le sue varietà locali presenta un'intima omoge-
e nel quale ì; sentimento pittorico e ornamentale prevalse esageratamente sul
•dea delle forme e che presenta rapporti solamente oc-
itile dei Veronesi. Sarei)!). ■ quindi inesatto dar troppa importanza
a quei rapporl derivati da modelli comuni e da somiglianza d'ambienti dir»
-o in divei la Verona, un ugual portato Perciò, se anche
il loro deplorevoli on consigliasse un prudente riserli >, non potremmo vedere
li della cappella [orriani in ■ I"- un altro esempio * 1 i
quella comunanza d'ideali art ente l'opera di Pisanello come vide
-iteri possiam giudicar l'opera d'un modesto pittore chi
■- 'lai 1152 al 1 ; Moretti cremonese e pittor di piccoli qua
dri. di barde tilt, di stendardi pres ■ del quale .'• un qua
dro I opera delti ata, doli ■•, dal 1 1 fiorito
148
ITALIA ARTISTICA
pallido, tranquillo, le carni apena soffuse di rosa qua e là, i capelli a lumeggia-
ture d'oro, i nimbi dorati a rilievo, e che sarei stato lieto di veder qui riprodotta
s • il proprietario me lo avesse concesso.
Questa volta tuttavia i modesti rapporti fra l'arte del maestro cremonese e il
Pisanello potrebber anche trovar ragione in un vero influsso del maestro di Verona
sul Moretti : almeno le date e certe considerazioni d'ordine subalterno autorizzano
l'ipotesi, se veramente Pisanello, come assicurò il Cesariano, dipinse nel castello di
HI sii) masi HII.l IN TERRACOTTA (MUSEO ARCHEOLOGICO).
Pavia dove molti artisti lombardi lavorarmi a lungo: né quelli eran stati i soli rap-
porti fra Vittor Pisano e la corte sforzesca.
Dei Zavattari sarebbe impossibile riscontrare i caratteri in pochi frammenti che
a Mi], mo lor vengon attribuiti ed è a Monza solamente che l'arte loro vivace e
ispirata a naturalismo può essere studiata a dovere. Dei pittori che lavoraron alla
corte di l'ili]'])n Maria Visconti e di Francesco Galeazzo Maria Sforza abbondar.
ri' orili nelle carte sforzesche, ma sarebbe ben difficile identificarne oggi la loro per-
lità artistica, che, ad ogni modo, dovette esser piuttosto modesta.
11 primo maestro, per ragion di data, per merito del quale la pittura si afferma
in Lombardia con tendenze nuove è Vincenzo Foppa, nato fra il 1425 e il 1430 a
M I L A X O
M9
Brescia, che intorno al 1460 decorò, a Milano, il Banco Mediceo e nel 146 1 era
già detto maestro e peritissimo nell'arte sua ; arte che, dopo quell'epoca, lasciò
tracce prosperose a Pavia, a Monza, a Genova, a Milano. Le recenti scoperte d'ar-
chivio assicuran ch'egli morì ben più tardi di quanto fin qui si credesse e precisa-
mente fra il maggio del 15 15 e l'ottobre del 15 16, ciò che rende inutile l'esistenza di
un Vincenzo Foppa iunior al quale accennava qualche biografo. A Milano le sue
opere, — gli affreschi vivaci coi fatti della vita di S. Pietro Martire nella cappella
MUORE DA CORBRTTA MADORRA COL HOMO, B. CATERINA., B OiOKOIO
s ima DBLDBRICO DA < OIRA (R. PIMACOTH A ni BRERA).
Cortinari ,r:o (non p'-r intero opera sua tuttavia), il martirio 'li S. Seba-
stiano, una Madonna col Figlio fra S. Giovanni Battista <• S. Giovanni Evangelista,
a fresco, del a grande polittico proveniente da Bergamo, tutti ni Ila Pinacoteca
di lirr-ra. il martirio di s. - mo, una piccola Madonna nella Pinacoteca comu-
m'aitra nel ' 1 terza nella collezione Crespi, un'altra an-
cora nella I rizzoni, un 1 nel Mu eo Borromeo, per non
oli nell'impasto bruno del colorito, nella ricerca del vero,
nella dolcezza dell< olte, nell'aggruppamento delle
figure, nel piegar dei panni. ria nuova a Milano e una derivazione,
1 , dalla for la padovana L'op diosa è la decorazione
ITALIA ARTISTICA
l'Ai .AZZO IìOUKOMI.ii <, Il <>(,(> DI L TAKOl.l.U IN INA SALA A PIW Il UHI SO.
a fresco della cappella Portinari eseguita intorno al 1468. Il pittore aveva poco prima
lavorato nel gran chiostro della Certosa di Pavia e a Santa Maria delle Grazie a
Monza ; e poiché la cronaca del Bugatti, compilata nella seconda metà del secolo,
ascrivo al 14Ó0 l'inizio dei lavori della cappella e si sa che nel 1468, quando il
Portinari morì, la cappella stessa era finita di tatto ponto, possiam precisare fra quelle
• lue date l'epoca degli affreschi eseguiti da Vincenzo Vecchio, come ricorda la cro-
:ur,i stessa. Wlle pareti laterali il Poppa rappresentò quattro scene della vita del
santo : la predicazione a Firenze, popolatissima, il miracolo dell'ostia pel quale il
domenicano, alzando il pane eucaristico, confuse il falso taumaturgo, il miracolo del
giovine di Xarni caduto dall'alto di un edificio e salvato dal santo, l'uccisione di
S. Pietro nel bosco di Farga presso Barlassina. Le rappresentazioni minori ripro-
durci mezze figure nei pennacchi entro finti tondi ornati di marmi bianchi e neri, le
teste d'apostoli, l'annunciazione e l'assunzione della Vergine; ricche decorazioni pe-
rdali fra loro le varie scene. Nei leggiadri gruppi d'angioli biondi,
diafani, veramente spirituali, in quelli stessi, biancovestiti, reggenti le targe araldiche,
nella Vergine assunta al cielo, la grazia e il sentimento si sposano a creare il
capolavoro. Sembra che un secondo artista abbia coadiuvato il Poppa nel gran-
dino lavoro eseguito — (Arse per le sollecitazioni del committente — in troppo
bp've tempo: è certo che, come notava il Burckhardt, le scene dell'annunciazione
M I L A X O
151
e dell'assunzione della Vergine presentano un colorito più brillante delle altre e che
in alcune figure delle più popolate scene appaion tipi e tonalità diversi, più pesanti,
men belli dei soliti del repertorio foppesco. Nella scena della predica, accanto a
figure femminili un po' tozze, bionde, paffute, proprie del Foppa, e a figure d' uomini
che ricordan gli sgherri dei Martiri" di S. Sebastiano di Brera, ve ne son altre elio
non si troverebbero facilmente nelle più sicure opere del maestro ; nelle scene del
martirio e del miracolo specialmente diverse figure possono lasciar credere noli' in-
tervento di un aiutante nel lavoro. E forse questi quel Bartolomeo da Prato (pae-
setto nel bresciano 1 detto anche Bartolomeo Bresciano — del quale trovo notizie
nel carteggio sforzesco, dal 1462 al 1469 — che lavorò pel Duca, per Pigello Porti-
nari nella cascina Mirabello (della pittura restati modeste tracce), famigliare del
Duca, aiutato dalla duchessa Bianca Maria, in rapporti con Bartolomeo Colleoni e
con un pittore forestiere che dipingeva nel castello di Malpaga nel 1469 ed egli
stesso pittore ricercato e « singolarmente favorito da Pigello Portinari », al quale
si dichiarava, precisamente quando si lavorava intorno alla cappella, fidelissimiis
servitor in omnibus, vantandone poi il kne ricevuto.
lei caposcuola fruttò vantaggiosamente su numerosi pittori lombardi
e prima d'ogni altro su Bernardino Butinone, trevigliese, al quale, pei confronti con la
arrocchiale di Treviglio eseguita, insieme al conterraneo Bernardo
/••naie, nel 1485 r- col trittico di Brera, si possono attribuire altre opere, fra
cui gli affreschi della cappella Grifi in S. Pietro io Gessate eseguiti in comune con
I Amale, una Madonna in trono col Bambino e sei angioli e m la firma falsa del
152 ITALIA ARTISTICA
Mantegna nella collezione Scotti, in corso Venezia, e le decorazioni dei chiostri e
dei pilastri in Santa Maria delle Grazie, tutte a Milano, oltre qualche opera fuori. La
figura artistica del socio di Bernardo Butinone, lo Zen. ile, è men facilmente precisa-
bile pel fatto che nessuna opera sua sicura può mostrarsi, né il trittico di S. Ara-
\ MUTA. MARTIRIO l'I - SEBASTIANO R, PINACOTECA DI HKtKAj.
brogio presso la sagrestia è ben certo gli appartenga tanto appare rude e povero,
nonostante che il Caffi assicuri averlo veduto sull'altare del demolito oratorio della
,n". pel quale precisamente lo Zenale — come rilevo da un documento — aveva
dipinta l'ancona de Vallare per L. 227.1 1 nel 1401. Non son disposto a vedere la mano
dello Zenale nella nota pala della Pinacoteca di Brera con la Vergine in trono, i
v. POPPA PARTICOLARI DEGLI AFFRESCHI NELLA CAPPELLA DI 8. PIETRO MARTIRI
IN 8. EU 8 rOROH >
'54
I ["ALIA ARTISTICA
dottori della Chiesa e la famiglia Sforza, eseguita nel 1494, come assicura una lettera
del carteggio sforzesco, da un ignoto maestro, soggetto all'influenza della grand'arte
di Leonardo (influenza che le opere sicuramente attribuibili allo Zenale in coopera-
zione col Bininone non rivelano affatto), rigido nelle sue forme compassate, privo di
genialità e pi : d ligente esecutore che felice compositore e colorista: al quale devesi
V. FOPI'A S. IMI I I 11 MARTIRI OUARISCE l\ I I KI rO AFFRESCO NELLA cAPPKLLA DI S. IMI. TUO MAUTIKK
attribuire anche una Madonna con S. Rocco e un donatore della raccolta Cora a
Torino, della quale il disegno, molto affine a diversi disegni leonardeschi, si conserv .1
ni 1 British M iseum. Vicina ma inferiore a quella del Foppa è la maniera di Vin-
cenzo Civerchio di Crema che, dopo il 1493, si stabilì a Brescia. A Milano la sua
Adorazione del Bambino, delicatamente eseguita, segnata con le sue iniziali intrecciate,
proveniente da Brescia, oggi nella Pinacoteca braidense, e l'altra tavola più debole
: MI M.oNkll NELLA (.AITI i l.A (.imi IN - PIETRO i\ <.ls-v\il
V CIVERCHIO : L'ADORAZIONL DEL BAMBINO (l>\ PINACOTECA DI BRERA).
VICO il. MORO i Bl \ i .-l'i D l il '-"I PIOLI DINNANZI Mi \ VEROINI (R, PINA» OTEI \ DI BRERA)
I; VMANTIKO: LA CROCIFISSIONE (R. PINACOTECA DI BRERA).
MILANO
159
e imbrattata da ritocchi con lo stesso soggetto, già nella chiesa del Carmine e mentre
scrivo depositata nella stessa Pinacoteca di Brera, provano la sua derivazione dal
Foppa e, secondo il Morelli, l'influenza del Civerchio sul Romanino.
I due dipinti ricordati presentan qualche affinità con le sculture del tempo della
maniera dell' Amadeo a riprova di ideali e di tendenze comuni.
\ IMBI "- I W \
ìuardi detto Bramantino perchè avrebbe seguito l'in-
ie «li Willelm Su;.]., provan ch'egli n i<-<|iu> dopo
in Vaticano e s: stabili .1 Milano dove più tardi
Francesco II Sforza lo '."min.'» suo architetto : m<.ri intorno al 1536. I
on tutt'.r.i a NI ii V Adorazione del Bambino dell'Ani-
ma i, 1,, te qualche recente contraria opinione), un
di Brer ffi rande
iòo
ilTALIA ARTISTICA
Crocifissione su tela, potente e vigorosa nonostante le grandi deficienze di disegno e
di modellatura, anche senza ricordare altre opere oggi attribuitegli non sempre con
sicura attendibilità, sia a Milano che fuori, provano la originalità del maestro, del
quale è a dolersi non si conoscano i diretti rapporti (oltre quelli nella collaborazione
degli affreschi della Pelueca presso Monza) col Luino a spiegare la derivazione di
quest'ultimo dal Suardi. Così qualcosa dell'arte potente e personale di Melozzo da
Forli si trasfuse, col tramite di Bramante e di Bramantino, nel più gaio dei pittori
lombardi del Rinascimento e contribuì forse a temperarne la foga un po' frivola
BBROOONONi : L'INCORONAZIONI
AFFRESCO NEL CORO DI S. SIMPLICIANO.
degli ultimi tempi. La grazia e il più dolce sentimento cristiano son rappresentati
nell'arte lombarda del periodo aureo del Rinascimento da un maestro che, seguendo
esclusivamente la propria natura, conservò, nel cinquecento inoltrato, lo spirito di un
quattrocentista. E questi Ambrogio «li Fossano detto il Bergognone, ricordato nei
documenti dal 14S1 al 1522. Oltre che nei numerosi quadri da cavalletto, anche di
notevoli proporzioni, egli lavorò a fresco nella Certosa di Pavia (1488-1494), in
S. Satiro a Milano, all'Incoronata a Lodi, di nuovo, pare, a Pavia (1512-1514). Le
sue prime opere presentano una maniera grigia di caratteristica intonazione pallida,
con molti richiami alla vecchia tradizione locale; le successive invece maggior
fusione li colorito e più felice gradazione di tonalità, pur conservando sempre l'in-
tensità primitiva del sentimento religioso, l'ingenuità, le tardive reminiscenze del
misticismo che valsero al maestro il nome di Beato Angelico della Lombardia. « Il
vecchio pittore milanese » notava il Beltrami « inconscio della grande evoluzione
dell'arte che intorno a lui si effettuava, riusciva ancora a illuminare la volta di
MILA X O
161
S. Simpliciano con riflessi di un'arte che già si poteva considerare spenta ». Infatti
è difficile trovare un altro esempio più strano di permanenza artistica di questo del
Bergognone che, dopo aver disseminato con prodigalità eli gran maestro le opere
sue (a Milano ne restan numerose, a Brera, all'Ambrosiana, nella Pinacoteca comu«
naie, nel Museo Poldi-Pezzoli, nella sagrestia della Passione, in Santa Maria di San
Celso ecc.ì, dava esempio, nel comporre il grande affresco l'Incoronazione delia Ver-
I I88IONI IFFHE8CO NEI l< l i l l l o ,| s DARIA l>i i.i.i «il* \/n
gine in S. Simpliciano fra vivacissimi gruppi d'angioli suonanti che preludon alla
grande orchestra del Santuario di Saranno, di un attaccamento a formule abban-
donate, quando già Vt Le nardo e di Raffaello era compiuta e I iziano aveva
dipinta ['Assunta dei I-rari e Michelangelo la vòlta della Sistina e Correggio una
delle ìtr ta interessante fenomeno artistico che contribuisce
a <lar atti nostra del Rinascime varia <• sempre cosi
profondai mto «liv-rs.i per ogni regione e quasi per ogni maestro e
pur s<-m[»r<- fonte fre emozioni nuove per l'artista e per Io studiosol
della dolce maniera del I none furono il fratello Bernardino, x
102
ITALIA ARTISTICA
brogio Bevilacqua detto Li-
beralo (che nel 1483 fresco
nella parrocchiale di Lan-
driano), Sebastiano da Plu-
rio (che lavorò noi paeselli
lunge lo rivo del lago di
Como) 0. mon dirottamente,
diversi altri.
Fra i maestri prelconar-
deschi merita ricordo anche
Donato da Montorfano che
svolse la popolatissima com-
posizione della Crocifissione
nel Cenacolo dolio Grazie,
e l'affresco con l'ugual sog-
getto dell' antico refettorio
dell'ex convento di S. A-
gostino Bianco al pian ter-
reno del palazzo Ravizza.
in Corso S. Celso e, men
sicuramente, le figure dei
soldati nella Resurrezione
della cappella ducale nel Ca-
stello Sforzesco, in cui però
lo stato deplorevole del di-
pinto non permette un esa-
me definitivo, nonché gli
affreschi della cappella di
S. Antonio in S. Pietro in
Gessate, erroneamente dati
al Butinone da qualche vec-
chio scrittore d'arto; men-
tre invece son d'altra e ben
più debole mano i dipinti
ddla vicina cappella della Madonna .lati al Montorfano dal Mongeri. Il Montorfano e
un artista rude, energico, poco geniale. I tipi de' suoi adulti <• specialmente de' soldati
M rozzi, quasi brutali, dai visi quadrati, rugosi, accigliati, lo mandibole enormi ; le
riccamente ornato hanno colori chiassosi; i fondi architettonici di tipo classico
son ricchi e fantastici; gli angioletti che si librano intorno al Crocefisso son tozzi, dallo
iti chiome e sembran derivare dal Foppa. In complesso il Montorfano rivela,
come il Butinone col quale ha qualche rapporto, la derivazione, forse indiretta, dalla
scuola di Padova. La Croci fissione del palazzo Ravizza dov'essere l'ultimo lavoro
del pittore di Montorfano: il gruppo delle donne ai piedi della croce non manca
di soavità: e, specialmente da una figura muliebre a destra del riguardante, parrebbe
che il rude pittore fnisso col risentire qualche influsso dell'arte delicatissima e pro-
s l'IUKO IN GESSATE - Al nascili IN INA CAPPELLA,
MILA X O
16:
fonda di Leonardo. Numerosi altri pittori son ricordati nelle carte del tempo (ri-
trattisti allora apprezzatissimi alla corte sforzesca, quali Zanetto Bugatto singolare
ingegno e depenctore ìiostro dilecto come lo chiamava Galeazzo Maria, e Baldas-
sare da Reggio), e fra essi intere famiglie come i Bembo, i da Vaprio, i da
Montorfano. gli Scotti, i Malacrida.
AKA//0 hll KV si i ni fi hi i s \ invili A Idi A.
rapidara .«Itri rami dell'arte in quel secolo prima 'li en-
trare, pera 'li Leonardo a Milano e della
uà.
tennero il campo, in quel tempo, in Lombardia ir.it.- Antonio
164
ITALIA ARTISTICA
da Monza nella miniatura, Domenico dei Cammei nell'incisione di pietre dure. Cara-
dosso e una pleiade di orafi, di bronzisti, di modellatori di cui è abbondanza di ri-
cordi nei documenti più che di opere di sicura paternità a Milano. Qui venivan
fabbricate le più belle armature nelle officine dei Missaglia e d'altri, i più ricchi pa-
ramenti e le più vistose stoffe d'oro e di seta, i lavori al tornio più ricercati, i più
grandi vasi di cristallo di rocca. Dalle officine milanesi, per dirla col l'iot, uscivan
STALLI NELLA BASILICA IH S. AMliKOOIO.
come da un laborioso alveare quegli sciami d'artisti che si sparsero da pertutto, in
Spagna, in Francia, in Germania, a Roma, nella stossa Firenze.
Le notizie abbondanti tramandateci dalle carte sforzesche — che in altro scritto
chili occasi, .re di riportare — relative ai ricamatola e agli arazzieri nelle officine
tessili di Aliano provano la fama che in tutto il mondo vantava l'industria lombarda.
Nella seconda metà del Quattrocento i nomi di Giovanni Pietro da Gerenzano (che
lavorò per la stessa corte di Napoli) e di san figlio Nicolò, di Bartolomeo di Mi-
MILANO
16'
gnago fra i ricamatori. di Giovanni di Borgogna, di Levino Hersella di Fiandra, dì
Giovanni Felice, di Pietro Alont, di Guglielmo Barnese, di Nicolò, tutti di Picardia,
fra i maestri de le tapezarie son quelli che ricorron più di frequente. Alle officine di
arazzi e di tappezzerie milanesi arrivavan richieste da ogni parte, persino dal re di
Francia che, nel 1472. vi ordinava mia tapezaria per la galerie du Roy, con una
serie di ritratti in caricatura di tutti i gentiluomini della corte francese raggruppati
secondo i loro difetti naturali e i loro vizi, e, fra gli obstinafi, il re in persona! Cu-
riosissimo documento che prova che alla corte di Francia non eran certo lo spirito
grossolano e il buon umore che facesser difetto allora! Persino Ambrogio Predis, il
PAOIMI ini. UBEO D (mi BORROMEO, DI CRISTOFORO DI PREDIS.
tardo da ' iva disegni per lo riproduzioni in alto riccio, che
bero inv
■ irde del Rin is< imento riman-
< dei dodici mesi dell'anno della collezione [rivulzio.
pi della dolce arte del minio, già uscita dal mistero
braidense appaion 'li artisti lombardi un Breviario
umbro iano (AG Br viari 1 ■ iriu iano (AD. X. \o), le Vite dei
io (AG. XII, ,i che
oìario donimi ano del noto Ambrogio Marliano, al
quali lont nicano (AP. XI. Ih e forse un Salterio
della
i66
ITALIA ARTISTICA
Il Beltrami. richiamando l'attenzione sulle miniature di Cristoforo de Predis, os-
servava chea questo punto e con lui l'arte del minio toccò l'apogeo della sua evolu-
zione. Il Predis lasciò il proprio nome nel libro d'ore Borromeo della biblioteca Ambro-
siana, in un codice della biblioteca del Re a Torino, in un messale della Madonna
mi M ii ruuil ri. //oli — PACE ni i w SECOLI
BASILICA Di B. AHBEOOIO 08TBN80RIO.
I "t. Alinari i.
del Monte sopra Varese, in una pagina nella raccolta Vallace a Londra. Alle notizie
raccolta dal D'Adda rimandiamo il lettore che sulla miniatura lombarda in questo
periodo volesse saperne di più. Ci basta notare che le opere di quel maestro, come
dei minori presentano, nell'aggruppamento, nei costumi e negli sfondi architettonici,
nella ricche/za della decoraziono caratteri prettamente lombardi: persino i motivi
decorativi trovan riscontro nel solito repertorio della scuola pittorica locale. L'orna-
MILA N O
167
mentazione però si andò limitando a servir di complemento alle lettere iniziali per
non soffocare e opprimere le minute composizioni figurate, eseguite secondo le nuove
tendenze, e senza più testimoniare 1' isolamento che era stata una delle caratteri-
stiche di quest'arte gentile prediletta dai dotti e 'dai bibliofili, che avevano a gran
vanto di arricchire le loro biblioteche di codici riccamente miniati.
Della gentile arte dell'intaglio e della tarsia son meno abbondanti le notizie
scritte, ma numerosi, per fortuna, gli esempi notevoli del tempo. Tali: nel Museo
Archeologico una grande cornice, opera lombarda in cui l'arte dell'intagliatore si
fonde mirabilmente con quella del pittore, già nella chiesa dell'Incoronata di Lodi ;
in S. Ambrogio una parte degli staili del coro; quelli in S. Maria delle Grazie (del
OFANO IH 1,1.1 l\\t,i I mi.
1 tesso (1498); quelli del Monastero mag-
1 ganza, Eorse dei primi anni del cinque-
i ota Mari Fedele (traspi >rtati qui da
Maria irati di prospettive .1 colori e ornati di
• 1 Anselmo del Conte, milanese. Fra gli arredi
1 valori degli art bardi del Rinasi mento una bella paci
•1 due sportelli, pn ivvista di v arie
Rivolta d'Adda, ora nel Museo Poldi-Pezzoli
1 o a 'In-- ir mti in argenti 1 dorato con la
e un trittico di bronzo di ir ito a due nielli 1 1 >i
"i «li Lodovii l 1 Beatrici crno, S. Giorgio e la
lei Car l cui non è pi la pater*
•rirom 1 orafi 1 ome
la Morliano, I ram esco l 'in ■ an< ». 1 ►ell'offi-
,68 ITALIA ARTISTICA
cina dei De Pozzo, di cui uno, Ambrogio, compi con Agostino De Sacchi nel 1478
la grande croce di Cremona, sarebbe invece, secondo Diego Sant'Ambrogio, il ricco
reliquiario dotto « degli Innocenti » in S. Ambrogio, già in S. Francesco Grande e
creduto, dal Barbier de Montault, molto più tardo. Quanto poi alle famose fabbriche
d'armi a Milano — più fiorenti nei periodi successivi a quello che stiamo esaminando
in mi permetto di rimandare senz'altro il lettore al bel libro del Gelli Gli arma-
toli milanesi, tanto più che gli esemplari maggiormente notevoli del Rinascimento
si conservai! quasi del tutto fuori di Milano e il ricordarli esorbiterebbe dai modesti
limiti del presente studio.
Ad accennare, di sfuggita, a certo rifiorimento di più modesti rami d'arte allora
a Milano aggiungerò che ho rintracciato ricordi notevoli, per l'arte del vetro, anche
di un Antonio da Firenze che lavorava, nel 1455, insieme a un Antonio del Bello
veneziano, di Giovanni da Monterone che, coi fratelli, aveva un'avviata fabbrica noi
1460 in Lombardia; per l'arto del vasaio di un Zanino Alberghetto che, nell'ul-
timo decennio di quel secolo, modellava vasi per la corte; per quella dell'orologiaio
di un Filippino dv Bassi nel 1456, di Bassano Dordone negli anni successivi, di un
maestro Giovanni Tedesco ìiiaestro de lì orologi) del duca nel 147 1, di Marco Rejina
(Raineri?) che copriva la stessa carica nel 1491.
Così Milano, rinnovando il meraviglioso spettacolo di Firenze, vedeva aggirarsi
intorno alla corte sforzesca tutto un movimento nuovo d'arte e di industrie fioren-
tissime. Vedremo successivamente, in questa rapida scorsa storica, il trionfo di
quel movimento geniale rappresentato e quasi riassunto dalla grande figura di
Leonardo da Vinci.
CALICI Bl 0RZB8C0 ni i. BBC. XV. (MU8B0 INDI sridAU I.
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Pel IV.'' capitolo :
L. Beltrami Pietro Martire (Arch. Sto. dell'art,-. \. [892). Bollettino .Iella
■ tu \hiar. i Casati, / capì d'Arte di Bramante da Urbino nel
tento ni Lombardia, -. d. < Sri
Voi th-italv. London, Murray, 1867. L Punoi
rno / Bramante, Roma C Ricci /" •/' Ih amanti- . con ap
i.. Beltrami / < ila lei maestri forme, Milano Baldini >■ < astoldi, [902. I. Bei
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04^340054