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Full text of "Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da S. Pietro sino ai nostri giorni .."

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DIZIONARIO 

DI ERUDIZIOJSE 

STÒRICO-ECCLESIASTICA 

DA S. PIETRO SINO AI NOSTRI GIORNI 

SPECIALMENTE INTORNO 

AI PRIirCIPALI SANTI, BEATI, MARTIRI, PADRI, AI SOMMI PONTEFICI, CARDINALI 
B PIÙ CELEBRI SCRITTORI ECCLESIASTICI, AI VARU GRADI DELLA GERARCHU 
DELLA CHIESA CATTOLICA, ALLE CITTA PATRIARCALI, ARaVESCOVlLI E 
VESCOVILI, AGLI SCISMI, ALLE ERESIE, AI CONCILH, ALLE PESTE PIÙ SOLENNI, 
AI RITI, ALLE CERIMONIE SACRE, ALLE CAPPELLE PAPALI, CARDINALIZIE B 
PRELATIZIE, AGLI ORDINI RELIGIOSI, MILITARI, EQUESTRI ED OSPITALIERI, NON 
CHE ALLA CORTE E CURIA ROMANA ED ALLA FAMIGLIA PONTIFICIA, EC. EC. EC. 

COMPaAZIONE 

DEL CAVALIERE GAETANO MORONI ROMANO 

SECONDO AIUTANTE DI CAMERA 

DI SUA SANTITÀ PIO IX. 



.^^ 



VCL. LVII. 



IN VENEZIA 

DALLA TIPOGRAFIA EMILIANA 

HDCCCLII. 



/;/d7 




DIZIONARIO 



DI ERUDIZIONE 



STORICO -ECCLESIASTICA 




R 



REF 



R, 



EFERENDÀRI di Segnatuba, Re- 
ferendariis signaturae, LJtriusque tigna- 
turae Referendariis. Prelati officiali del- 
la santa Sede, ai quali spetta di riferire 
le cause e le liti nel tribunale supremo 
della Segnatura di giustizia (^.), ed in 
quello della Segnatura di grazia (/^.), 
quando esisteva, la quale si adunava in 
presenza del Papa, ed ecco perché si chia- 
mano ancora Referendari dell'una e del- 
t altra segnatura, Nelle Notizie di Roma 
annuali sono riportati questi monsignori 
prelati referendari, secondo V epoca del 
giuramento prestalo nella medesima se« 
gnatura, di che tenni proposito a Pabia- 
To; ed in quelle del 1 85a incominciando 
dal i.^ mg/ Lodovico G)nventati che lo 
prestò a'25 novembrei8i5, se ne con- 
tano io5, de'quali prelati 67 apparten- 
gono al pontificato di Gregorio XVI, ig 
all'odierno. Il loro numero none stabi- 
lito ; come sono ammessi , con qualche 
diffusione trattai al citato articolo Pbe- 
LATOyOve pur dissi quando cambiano l'a- 
bito prelatizio da nero in paonazzo. I Fo» 
tanti iti segnatura (F.) sono pure refe- 



REF 

rendari, ed hanno volo deliberativo nel 
tribunale : ì referendari propriamente 
detti sono semplici proponenti, cioè rela- 
tori. Dell'antichissimo uffizio del referen- 
dario delle suppliche de'principi, parlai 
nel voi. XLIV, p.iSie 182. Il cardinal 
Benti voglio nelle Memorie, \\h..\^tsBLi^A^ 
dice de'referendari : m Egli é questo su- 
periore nel numero, non avendo limita- 
zione alcuna; e si potrebbe eziandio chia- 
mare superiore di qualità, perchè in esso 
ordinariamente suole entrare la gioven- 
tù più nobile e più fiorita d'Italia, per in- 
trodursi in quel modo nel servizio della 
corte, e passar in tal guisa da un impie- 
go all'altro, o sia dentro o fuori di Ro- 
ma. Così pigliando da quei principio di 
mezzani progressi, il salire poi di mano 
in mano all'avanzamento di altre fortu- 
ne maggiori ". Piazza , Eusevologio ro- 
mano p. 273, del Collegio deWeferenda» 
ri della segnatura, osserva con l'erudito 
Fatinelli che l'uso di porgerei Memoriali 
(F,) ai principi e sovrani fu sempre co* 
mune appresso tutte le nazioni; il colle- 
gio però delle persone destinate ad iscan- 



4 REF 

flagliaiTi e i iferirlì, ool tìtolo di rcFereD- 
darijSi riconosce fino dal tempo deirìm- 
peratore Eraclio del 6 io, che oe formò 
un corpo dii2, accresciuto poi e dimi* 
nuito secondo le mutazioni de'tempi^dal 
senato romano, dagFimpera tori e dai Pa- 
pi. Di questo numero e onore fu presso 
Caracalla imperatore il famoso giurecon- 
sulto Papiniano; presso l'imperatore A* 
lessandro Severo il celebre giureconsul- 
to Ulpiano; presso Giustiniano I,con no- 
me di referendario del sagro palazzo,Teo- 
doro gran dottore di legge ; appresso s. 
Gregorio J, con vocabolo di consigliere 
(del quale uffizio primario parlai a Pre- 
sbiterio), come prima di lui presso i ss. 
Pontefici Zosimo, Ilario e Gelasio I, furo- 
no in questo sagro ministero Pietro Dia- 
cono, Emiliano, Paterio e Giovanni di- 
fensore ; dicesi sagro perchè s. Gregorio 
1 avendo rimossi dal suo servizio dome- 
stico tutti i secolari, scelse per suoi con- 
siglieri e famigliari chierici prudenti, ac- 
ciocché governassero anche il PatrimO' 
TUO della s, S€de{F,), come notai a Fa- 
miglia pontificia e in altri articoli. Tra i 
romani furono anche detti referendari i 
notari, i ricevitori degli atti pubblici, cu- 
stodi degli archivii o scrinari, gl'incari- 
cati alla spedisione degli atti o dell'uffi- 
zio di riferire le cause. Nel V secolo era- 
no collocati per grado dopo i personag- 
gi ch'erano qualifiicati d'illustri. Ve n'e- 
rano molti, ed esponevano agi' impera- 
tori le domande de'privati, e i dubbi in- 
sorti ne'giudici. L'uffizio di referendario, 
dicono Macri e Piazza, fu di tanto ono- 
re presso i patriarchi di Costantinopoli 
nel tempo di Giustiniano I, che oltre al 
riferire all'imperatore tutti gli affari dei 
vescovi orientali per riportarne la solle- 
cita spedizione de'rescritti imperiali, a- 
Teano altresì il privilegio di spogliare 
l'imperatore del manto d'oro ornato del- 
le aquile auguste, come nel giorno della 
sua solenne coronazione : al patriarca i 
referendari prestavano egualmente dei 
servigi e ne riportavano le ambasciate 



REF 

fìh segrete, come quelli che soprinten- 
devano alle risposte. Furono chiamati i 
referendari apostolici, al dire di Piazza, 
spettabili ed eguali ai consoli ed ai pre* 
fetti delle Provincie, come li nominò Giu- 
stiniano 1 ; non che appellati custodi e 
maestri de'sagri libelli, operar i beneroe* 
riti e indefessi della repubblica cristiana 
e della s. Sede. Da Cassiodoro^ ùi Fot" 
mul. lib. 7 de Rrfer, furono celebrati qua* 
li canah delle preghiere, delle lagrime e 
de'sospiri de'sudditi e de'miseri ; ed al- 
tresì fedeli interpreti delle graziose in- 
dulgenze del principe, mallevadori delle 
pubbliche querele e solleciM amministra- 
tori di grazie de'consu Itoti della giusti- 
zia. Aggiunge Piazza che l'uffizio de're- 
ferendari nella curia romana è di rice- 
vere le su pplicife, chiamate Conimissio» 
nif e introdurre le loro cause al princi* 
pc, quindi riferire ai ricorrenti i rescritti 
legittimi; e perciò chiamasi la Segnatura 
udienza o concistoro del principe: impe- 
rocché fu di tal confidenza quest'offizio 
presso i re di Francia, che al riferire di 
Sigeberto in Chron,, il solo referendario 
avea la custodia del sigillo regio, eoa cui 
si segnavano i diplomi. In Francia sotto 
lai.* dinastia i referendari furono mag- 
giormente onorati che in Oriente e in I- 
talia. 11 gran referendario o il capo di 
tutti gli altri avea la cura dell' anello o 
sigillo reale. Egli riferiva al sovrano il 
contenuto de'diplomi, li presentava alla 
sua segnatura, li sottoscriveva egli stesso 
e suggellava. Gli altri referendari infe- 
riori o sostituti scrivevano gli atti. La ca- 
rica di gran referendario sotto la 3.' di- 
nastia fu unita a quella del gran cancel- 
liere, insieme all'altra di conte del pa- 
lazzo. In appresso si stabilirono de'refe- 
rendari nelle piccole cancellerie, affinchè 
vi esercitassero le stesse funzioni che i re- 
latori delle suppliche o maitres des rC' 
qiiéles esercitavano nelle grandi . Era du n- 
que l'officio di referendario anche nelle 
corti secolari , Requisitusque Olho qui 
(une Referendariusfueraty cu/us ibi sub» 



REF 

scrìptio mediata tenehatur^adfuit^ negai 
se subscripsisse, come si legge in s. Gre- 
gorio di Tours lib. I o, c.ig. Tra le mol- 
te ceremooie, colle quali si creavano i re- 
fereodari , la principale era di ricevere 
l'anello d' oro dalle mani del principe ; 
onde si apprende dalla vita di s. Bonito 
vescovo cancelliere di Sigeberto III re di 
Àustrasianel secolo VII: NecmuUopost^ 
anulo ex manu regis accepio ^ referen- 
darii qfftcium adeplus est. Galletti, Del 
vestarario di 5. romana chiesa p. 85, in 
un documento del 75 1, dice che lo scris- 
se Andreatis referendarii, Muratori^Di!; • 
sert, 4) Degli uffìzi della corte, osserva 
che non è ben chiaro qual fosse l'uffizio di 
referendario nel palazzo de're longobar- 
di. Abbiamo nella cronaca Farfense un 
diploma di re Astolfo scritto nel 756, ex 
dicto Domni regis per Theoperlum illius 
Referendarium s cioè non si conosce se 
costui fosse segretario de* memoriali op- 
pure cancelliere e notaro regio, a cui ap- 
partenesse lo sciìvere i diplomi e privi- 
legi. 

Gli odierni referendari apostolici, se- 
condo Macri, furono introdotti da Ales- 
sandro Vìdei 149^1 e arricchiti di molti 
privilegì:sarà meglio il ritenere cheneab-^ 
bia aumentato il numero e stabilito Tuf • 
fjzio ; dappoiché sebbene propriamente 
l'origine della segnatura è ignota, com'è 
ignoto il numero de' primi referendari, - 
nondimeno Innocenzo Vili colla bolla 
Offtcii nostri debititm, de' 25 gennaio 
i^giy Bull, /lo/ii. t. 3, par. 3, p. 223, au- 
torizzò alcuni referendari a giudicare le 
cause, che rimesse alla sua apostolica po- 
testà doveansi da lui stesso decidere. Ben- 
sì Alessandro VI fu ili.° che divise la Se- 
gnatura in quella di Grazia e in quella 
di Giustizia, Riporterò per prova, come 
leggo neirOrtiz,. Descriz, del viaggio di 
Adriano VI deli 522, p. 78, che quel 
Papa nel riformare la curia romana re- 
strinse il numero de'referendari, che al- 
lora erano 3o ; determinazione che au- 
mentò contro di lui il male umore, non 



REF 5 

ostante che molti approvassero la sop- 
pressione, poiché tanta moltitudine di 
referendari sembrava smisurata, molto 
dispendiosa e conseguentemente troppo 
gravosa alla camera apostolica. Tanto a 
difesa del severo Pontefice scrisse l'Ortiz 
amorevole suo panegirista; ma il suo tra- 
duttore e annotatore De Lagna vi ag- 
giunse questa grave nota: m Alle pei*sone 
bene intenzionate e pratiche della curia 
romana, e che dell'ottimo regolamento 
di questi tribunali e de' soggetti che li 
devono com porre hanno quella idea ch'e- 
sige la virtù e la giustizia, non poti fare 
a meno di non esser molto grata e mol- 
to da esso loro applaudita questa detei*- 
minazione d'Adriano VI, cioè di restrin- 
gere il numero de' referendari". Leggo 
in Novaes, Storia di Adriano Vt^ che 
ridusse a otto i referendari. Piii di un 
secolo dopo scrisse le sue opere- il dottis- 
simo cardinal de Luca. Veggasi com'e- 
gli parla rapporto alla dignità de' refe- 
rendari antichi e moderni, all'uso di que- 
sta stessa dignità e al suo emolumento, 
lib. XV de Judiciis par. 2, deRelat,Ro' 
manae Curiaeforens,dì8c,XTiL,n. 2,3,4* 
M Minusque habebatur (olim) usus sim- 
plicium referendariorum in tam copioso 
et effraenato numero praelatorumcujus- 
cumque generis personarum, ut de prae- 
senti, forte sub alicujus reformationis 
necessitate habetur, adeo ut status prae- 
la ti ti US quodammodo vilescere inoipiat, 
et cum ea contradistinctlone inter prae- 
latos votantes, et alios qui ad differen- 
tiamdicuntursimpIicesreferendarii,quo- 
niam aderant solum illi,quigerebant eas 
partes, quas hodie gerunt votantes in 
quodam praefinito nimiumque modera- 
to numero, qui ncque ad hodiernum so- 
lorum votantiumascendebat; atquehinc 
sequebatur, quod in magna erat existi- 
ma tiene , magnisque potiebantur prae- 
eminentiis et praerogativis etiam supra 
prothonotarios, ac rotae auditores,etca'» 
merae clericos; et merito quidem, cum 
essent Papae coUaterales, ac immediati 



6 REF 

coDsiliarii. Item antiqui ieri ptoresprae- 
suppoDunt 9 quod hoc munui ootabilia 
praeseferret emoluroenta licita et publi- 
ca, ultra alia coosiderabilia^quae produ» 
cebant munera, quae utpote in esculen- 
|is et poculentis consistentia, licita repa* 
tabantur , et tamen hodie istud munpi 
votantisutriusquesignaturae nullum pe- 
nitus produci! eroolumentum,minu8que 
forte existimatiooe considerabilem, nisi 
circa aliquod tale quale litigantium in- 
ferioris classis obsequium, pra aliqua be- 
nefolentia captanda, adeo ut reputetur 
inpraelatis infortunium ad istud munus 
pervenire. Talis est rerum mundi vicissi- 
tudoac temporum immutatio". Rappor- 
to alla maniera con cui vengono creati i 
refereodartjCome anche rapporto a mol- 
ti altri privilegi e doveri veggasi il citato 
discorso. Col pontificato diPaolo 11 I spun- 
tarono giorni sereni e lieti pei referendari 
delle due segnature della s. Sede^ questo 
Papa colla bolla Debita consideratione^ 
de'3o luglio 154O4 Bull, Rom, t. 4» pai'* 
I, p*i74> li ricolmò di elogi, di privilegi 
e di grazie , chiamandoli i più stretti e 
confidenti ministri del principato, eguali 
e come nati dal chiaro sangue de' prin- 
cipi e de'baroni. Pertanto come Leone 
X e Clemente VII li dichiarò prelati, fa- 
migliari e continui commensali del Pa- 
pa, per cui riceverono dal palazzo apo^ 
ttojifso la parte di pane e vino, della quale 
parlui nel vol.Lj p. 2o5, tolta la quale non 
ebbero per essa alcun compenso; nota ri 
della sede apostolica, conti palatini e nobi- 
li. G)noe8se il proprio stemma dei Farnt- 
si ad essi e loro discendenti, se avessero 
voluto inquartarlo nei loro, qual segno 
d'onore. Die loro la facoltà di creare no- 
tari e conferire lauree dottorali, ed a ta- 
le efietto nella bolla prescrisse la forma 
del giuramento da prestarsi ; di legitti- 
mare gli spurii o bastardi, di addottora- 
re etiam in utroque jure. L'uso de' pon- 
tificali, della mitra, anello, bacolo pasto- 
Rie, e di dare le solenni benedizioni nel- 
1^ abbazie che avessero ip commenda. 



REF 

La spedizione gratis delle bolle, l'csen- 
sione dalla gabella del vino ne' porti di 
Ripa e Ripetta, e dalle decime, tasse e 
altri tributi laicali. L'esenzione di essi e 
loro famigliari dalla giurisdizione degli 
ordinari, in uno ai loro benefizi, preben- 
de, beni, cappellani, famigliari e fervi, 
tanto dalla visita, quanto dalla correzio- 
De,fuperiorità e dominio per tutto il cor- 
to di loro vita. Né solamente dalla giu- 
risdizione che si compete agli arcivesco- 
vi, vescovi e altri prelati, ma ancora dal- 
la temporale de'presidi, de' governatori 
e di qualunque superiore per dignità ec- 
clesiastica e temporale eminente, anri de- 
gli stessi delegati e suddelegati della s. 
Sede, per avere Paolo III ricevuti perse 
e successori i referendari d'allora ed i fu- 
turi sotto l'ombra autorevole di a. Pie- 
tro , acciò non conoscessero altra supe- 
riorità e subordinazione che quella del 
tribunale pontificio, avanti il quale sol- 
tanto doveano essere convenuti. Venne 
perciò interdetto a'nominati d'introdur- 
si nelle cause spettanti a'referendari, di 
promulgar sentenze, e di avanzarsi alla 
comminazione delle pene e delle censu- 
re, e molto meno ad effettuarle per qua- 
lunque delitto si stipuli il contratto ed e* 
sista la cosa, purché l'eccesso non vada a 
ferire la maestà del Papa e di s. Chiesa. 
Questa proibizione si estese anche sopra 
i proventi loro, che soggiacere non do- 
vessero a'pubblici dazi, collette e pedag- 
gi, quando non vengano imposti colla su- 
prema autorità della s. Sede. Chiunque 
ardirà di fabbricar processi contro questi 
prelati incorrerà nella pena di nullità edi 
attentato, il tutto a maggior decoro del- 
l'abito, dignità, lustro e prerogative dei 
prelati della sede apostolica. Li abilitò a 
conseguire le grazie espettati ve e la plu- 
ralità de'benefizi, i quali colle prebende 
potessero conseguire in estranei paesi, co- 
me fossero nazionali, potendo percepire 
i frutti de'benefizi ancorché assenti a ca- 
gione di studi, potendo farsi rappresen- 
tare da altri ne'benefizi personali e cu- 



r 



I 



REF 

rati ; come pure di poter conferire bene- 
fizi ecclesiastici. Die loro Tindulto di c^ 
leggersi oa confessore approvato, cai il 
Papa conferisce la fiicoltàdiassoWeredai 
casi riservati alla s. Sede, a riserva di 5; 
di liberarli dal laccio delle censure cano* 
niche, se vi fossero ineorsi, e di oommu* 
tar loro i voti in altre opere pie.L'in'^ 
dulto dell'altare portatile anche ne'luo- 
ghi soggetti air interdetto, purché noa 
ne sìeno stati gli autori o cooperatori, da 
poterlo alzare in qualunque luogo ben*^ 
che non sagro, ma conveniente; come di 
poter celebrare avanti l'aurora, ed ezian- 
dio di far celebrare alla loro presenza, 
accordò loro Tindulgenza delle stazioni 
di Roma, da potersi lucrare in due o tre 
altari di chiese a loro scelta. L'uso delle 
carni ne'tempi vietati, previo il consiglio 
del medico. Di poter posticipare le ore 
canoniche. Di disporrede'beni acquistati, 
mobili e immobili. Di rassegnare e per« 
mutare i benefizi. Dichiarò che T officio 
del referendaria to durava per tutta la vi* 
ta. Questo e il sunto sostanziale de'pri- 
vilegi concessi ai referendari della s. Se- 
de dalla larga mano e munificenza di Pao^ 

10 III, anche secondo Marchesi Buonac- 
corsi, Del protonotariatOy p. 32, 43 e seg. 
Queste e altre prerogative furono dimi- 
nuite da altri Papi; laonde meglio é con- 
sultare la bell'opera di Vitali, De jure 
sìgfialurae justiliae. 

Pio IV colla bolla Cum nuper, de'3 1 
giugno 1 562, Bull. Rom. t. 4»par« 2» p- 
1 36, sottoscritta dai cardinali, riformò ì 
referendari sul modo di riferire e giudi* 
care le cause, mèglio dichiarando tema- 
tene della segnatura di giustizia e della 
segnatura di grazia, ordinandone l'osser* 
vanza a tutti i giudici della romana Cu* 
ria (f^.); insieme alla declaratorìa su tale 
riforma, circa prorogationes fataUum, 
che segnò qual moto proprio co\ placet, 

11 p. Tempesti nella Storia di Sisto V^ t. 
I , p. 264, riporta le provvidenze di quel 
Papa sul collegio de'referendari dell'una 
e deir^ltra segnatura, quali pur si leg- 



REP 7 

gODO in Novaes, Storia di Sisto F, u. 46. 
Riferisce pertanto Tempesti che prima 
di Paolo ili erano di numero incerto i 
referendari, l'officio de'quali è di riferire 
ndle segnature di giustizia e di grazia le 
accuse avanti al Papa, o ad un cardinale 
prefetto che pi*esieda in luogo di lui. E- 
rano cresciuti a tal numero che sopra- 
vanzavano le cariche, che si potevanodal 
Papa distribuire. Con tutto ciò sarebbe 
stato di poco danno il numero eccessivo, 
se fossero stati eletti i soli meritevoli; ma 
perché dalla ttx>ppa indulgenza de'tempi 
passati si feoeva Dell'elezione d'ogni erba 
fescio, quindi mescolati i buoni eogf igno- 
ranti ed i malvagi, ne derivavano laU di- 
sordini, che Sisto V volendo rìaaediarvi, 
convocò il concistoro e tutto amareggiato 
disse a'cardinali: Echefàcctam noi? Voi 
ben vedete che si adoperano tutte le di- 
ligenze contro i facinorosi, e poi teoghia- 
mo i nemici domestici dentro la nostra 
stessa dominante, vestiti da prelati e da 
referendari : certamente siamo risoluti di 
volervi rimediare. Approvato dai cardi- 
nali il giusto rammarico del Papa, que- 
sto pubblicò la bolla Quemadmodum , 
de'22 settembre i586, Bull, Rom. t. 4» 
par. 4) p* 24i>perla riforma, riduoendo 
il collegio de'referendari al solo linoritato 
numero di 1 00; e dichiarò che 70 fossero 
referendari dell'una e dell'altra segnatu- 
ra, di giustizia e di grazia, e che il rima* 
nente fosse di soprannumeri, per essere 
poi surrogati nelle risulte al detto nume- 
ro di 70, col riguardo all'anzianità e al 
merito loro, da considerarsi dal Papa. Li 
nominò perpetui famigliari e commeo- 
saii del Papa, li dichiarò esenti dalla giu- 
risdizione degli ordinari e immediata- 
mente soggetti alla s. Sede, die loro il di- 
ritto d'innestare ne'propri stemmi gen- 
tilizi quello del Papa, e li autorizzò a tras- 
ferire le pensioni, come riporta anche Vi- 
talia p. 23. Volleancora Sisto Vched'in- 
di in poi si dovesse formar processo non 
meno della nascita, che delle qualità per- 
sonali e de'costomi di ciascuno, il quale 



8 RÈF 

do? esse essere annoverato, e che appar- 
tenesse ni cardinal prefetto delia segna* 
tura dare rinformaziooe al Papa, per con* 
ferir poi loro l'abito prelatizio. Dispose 
che nella segnatura di grazia non potran- 
no entrare se non dopo aver passati ìrt 
anni nella segnatura di giostizia. A quel* 
la assisteranno i8 referendari, cioè I3 
i più antichi, come giudici, cioè ì Votan* 
ti di segnatura^ e 6 per riferire le sup- 
pliche. Inoltre Sisto V confermò ai re- 
ft;rendari i privilegi di Paolo III , chia- 
mandoli costituiti in dignità ecclesiasti- 
che, a forma della costituzione di Boni- 
facio VllI,4$)t/iAil(im ad eosdem referen» 
darioSf de RescHpL in sexto. Riepilogò 
diversi privilegi, e fra quelli che vi ag- 
giunse noterò V indulgenza plenaria in 
articulo morti s. Olire a ciò Sisto V colla 
bolla Laudabilisy dichiarò referendari ì 
Protonolari apostolici partecipanti ( /^.), 
concedendo loi*o i privilegi,le esenzioni e le 
prerogative de' referendari, per cui le ri- 
porta ancora il citato Marchesi Buonac* 
torsi, Del protonotariato p. 33,43 e seg., 
con opportune osservazioni, dicendo che 
delle prerogative e illustre rango de're* 
ferendari trattò con profonda erudizione 
mg.' Antonio Aitoviti nel suo voto inse- 
iMto tra le decisioni rotali di Rembold , 
Decis. Rotae Rembold votum viit^p.^ZÒ 
et seq. diversorum : Discursus in causa 
rom. praecedentiae^ifuo referendariis si" 
gnaturaepraecedentiam deberi agenera» 
libus regtdanum probatur, Romae 1 676. 
Deve notarti che i protonotari apostolici, 
tanto partecipanti che soprannumeri, co- 
me referendari fanno il giuramento nel- 
le mani del cardinal prefetto di segnatu- 
ra. Alessandro VII colla bolla Inter eoe- 
teras, degli 1 1 giugno 1659, Bull, Rom, t. 
6, par. 5, p.i i, eresse in collegio i refe- 
rendari delle due segnature, rappresen- 
tato dai 12 prelati votanti e dall'anziano 
decano, i quali dovevano essere prescelti 
dal cetode'referendari;e prescrisse le qua- 
lità per esservi ammessi i referendari, dal 
cardinal prefetto, decano e volanti del 



REF 

tribunale, con quel regolamento e meto- 
do che riportai al citato articolo Prela- 
to. Nella Relazione della corte di Roma, 
ivi stampata nel 1 7 7 4> colle note del Zac- 
caria, questi avverte che i privilegi de're* 
ferendari furono rivocati o modificati da 
altri Papi,eche Innocenzo XII (x>lla co- 
stituzione Inter gravissimas, rimise al- 
l'arbitrio de'successori l'elezione de' vo- 
tanti, mentre per l'innanzì nella vacana 
subentrava il referendario piti antico. Ma 
siccome amalgama i votanti coi refereo- 
dari, senza le debite distinzioni, meglioe 
orometterlo.il Tosi che nel 1800 ristam- 
pò tale opera, ma col titolo: Del sommo 
Pontefice e della corte Romana^ t. a, cap. 
36, riprodusse il Lunadoro colle note di 
Zaccaria, colla stessa oscurità e non senza 
errori, solo aggiunge: Tutti que'perso- 
Daggì che sono ammessi nella prelatura 
di questa corte, comprovata avendo la 
nobiltà de'Ioro natali e la probità de'lo* 
ro costumi, dichiarali vengono referen- 
dari apostolici. Ma questo non basta, e 
tuttociò che si richiede lo notai a Pre- 
lato, ripelerò ancora una volta, insieme 
al loro abito, avendo detto del cappello 
de' referendari nel voi. IX, p-ipo. 

I i*eferendari hanno luogo nelle caval- 
cate pel possesso del Papa, vestiti al mo- 
do descritto a Prelato , in uno ai fini- 
menti e gualdrappe che usano ne'caval- 
li.JVelle relazioni de' Possessi raccolte d^i 
Cancellieri, nelle più antiche sono amal- 
gamati fra i Praelalorum et Curialium. 
Lai.' volta che de' referendari si fece di- 
stinta menzione fu nel possesso di Grego- 
rio XIV del 1590, dopo i protonotari, e 
v'intervennero in grosso numero. La 1! 
in quello d'Innocenzo X nel 1644, dopo 
i protonotari, nonnulli referendarii sine 
rocchetUs , mantellettis tamen induti, et 
pileis semipontificalibus, seguiti da 'ca vai- 
leggieri. In quello di Alessandro VII del 
1 655, egualmente dopo i protonotari, et 
rcferendariorufn ordo palliolis, pileolU- 
quesemipontìficiìs inxignilus se con/unxe- 
r^z/.Nel possesso di ClementeXdeli670 






REF 

cavalcai*ono dopo i vescovi non assistenti 
al soglio, ac referendarii mantelUuis^et 
roccheUis amica equità ntes cumphaleris 
de panno nigro^ habentes in capite bireta, 
H pileos semipontificales: seguivano ica- 
vaileggiei'i. Nel 1676 pel possesso d'Inno* 
censo Xi, i prelati referendari incedeva- 
no appresso i prolonotari, con rocchetto, 
mantelletta e cappeiloni,sopra mule guar* 
nile con vaidrappe alla pontificale , ve- 
nendo dopo un'altra lettiga del Papa. Si- 
milmente nel 1691 per Innocenzo XII in 
grandissimo numero con cappelli semi* 
pontificali in testa, indi la lettiga ed i ca« 
valleggieri. Nel 1701 per Clemente XI 
appresso i vescovi non assistenti, il com- 
missario della camera , i referendari in 
grandissimo numero con cappelli semi- 
pontificali, sopra mule con vaidrappe ne- 
re : altrettanto, meno il commissario, si 
lia de'possessi d'Innocenzo XI 11, di Cle* 
mente XIII vestiti di rocchetto e mantel- 
ktta e cappello semipontificale , di Cle- 
mente XIV dopo i soliti vescovi non as- 
sistenti , seguiti dalla carrozza pontificia 
vuota e dai cavalleggieri;cosl per Pio VI 
die fu l'ultimo a cavalcare. Pio VII pre- 
se possesso andando in carrozza, il simile 
facendo i successori; nondimeno vi fu ca- 
valcata, ed i referendari cavalcarono do- 
po gli abbre viatori , seguiti dall' uditore 
del camerlengato e commissario della ca- 
mera. Nel 1846 pel possesso dei regnan- 
te Pio IX, venivano per ultimo e dopo gli 
abbreviatori, 7 referendari di segnatura 
in rocchetto e mantelletta, con cappelli 
semipontificali, guanti a maglia paonaz- 
zi e bardatura del cavallo nera; seguiva- 
no le guardie nobili. Quando a veano luo- 
go le 4 annue cavalcate per le cappelle, 
^ similmente vi aveano luogo i referenda- 
ri di segnatura, dopo i semplici 'vescovi, 
vestiti di rocchetto, mantelletta e cappel* 
lo semipontificale, indi la carrozza ponti- 
. iicia senza il Papa che precedeva a cavallo. 
^ 1 referendari di segnatura non hanno po- 
g sto m Cappella pontificia (^')j se v'in- 
^ ter vengono, restano in piedi a carmi epi* 



REF 9 

stolae. Bensì 8 di essi in rocchetto e man- 
telletta sostengono le aste del baldacchi"» 
no, sotto il quale va il Papa ne' pontifi- 
cali solenni ordinari e straordinari, e nel- 
le processioni delle candele, delle palme, 
del Corpus Domini^ della canonizzazio- 
ne, dell' apertura e chiusura delle porte 
sante: le dette aste sono consegnate ai pre- 
Iati dai Mazzieri (J^,)yì quali poi dai me- 
desimi le riprendono. Otto giorni prima 
di queste processioni il prefetto de'mae- 
stri delle ceremonie scrive un biglietto o 
manda l'invito stampato al decano dei 
votanti di segnatura, perchè avvisi 8 re- 
ferendari per portare le aste del baldac- 
chino. Leggo nelle Indicazioni de* cere* 
ntonieri pontificii^ che per la processione 
del Corpus Domini del 1 684, essendosi ri- 
fiutati i referendari di venire a portare 
le aste, perchè in luogo d'Innocenzo XI 
fece la funzione il cardinal Cibo, suppli- 
rono gli uditori di rota ed ì chierici di 
camera , onde il prefetto delle ceremo- 
nie fece doglianze col cardinal prefetto dà 
segnatura. Al nominato articolo Cappel- 
le PONTIFICIE, notai 1 tratti di via in cui 
nelle lunghe processioni i referendari so- 
stengono le aste del baldacchino. Ap- 
prendo da Chiapponi, A età canonizatio» 
nis, p. 2 1 9 : Baldacchinum supra San* 
ctissimuni Palrem de ferri debet ab ceto 
antiquioribus Referendariis Siffiaturae 
Justitiae^roccheClis submantelleltis indù* 
tis. Ila sacr, Rit, Cong, die Zojan, 1 656. 
Giacché deve notarsi, come feci altrove, 
che sebbene! referendari non abbiano an- 
cora ricevuto dal Papa il permessod'as- 
sumere il rocchetto, per sostenere le aste 
del baldacchino debbono vestirlo. Noterò, 
che tessi in un antico mss. che i referen- 
dari di segnatura di giustizia, se fatti ve- 
scovi, ritengono il luogo nella segnatura 
e il titolo; certo è, che al presente il ve- 
scovato fa perdere ai referendari ogni di- 
ritto e privilegio. Leone XII col moto-pro- 
prio Quum plurima et gravissima^ de* 1 5 
aprile 1 826, tuttora in vigore, indica chia- 
ramente i diritti e privilegi che godono 



IO 



REG 



ipt*elali del tribunale di legnatura. Vedati 
Piettemberg, iVbi: cong, et IribunaUum : 
de Referendaria, Giacomo Giandemaria, 
Ri flessioni sopra la cotAtuzione di Ales» 
Sandro FU per tereiionedd coUegio dei 
referendari di ambedue le segnature di 
grazia e di giustizia^ e per le qualità dte si 
richiedono ne* soggetti et ammettersi in 
(jueUo, Parma 1 693. Dereferendariorum 
votantium signaiurae fustitiae collegio a 
SS. D. N. Innocentium XII P. M. Fa^ 
tinelli de Fatinellis Idtcensis in eadem si* 
gnatnra votantisy Roroae 1696. 

REFETTORIO, flf/cctoriuw, TricU* 
nium. Luogo dovei religiosi, le monache, 
e quelli che vivono in comunità d'ambo 
i sessi, si riducono a mangiare, a pranzo 
ed a cena, a prendere la refezione corpo* 
rale, come dice Macri. Da questo nome 
derivò quello dì refectorarius , o di colui 
che ha cura del refettorio. Il refettorio 
iuole essere convenientemente luminoso; 
ordinarìamente in quadro o sulle pareti 
vi si i*appi*esenta la Cena del Signore, ac- 
ciocché i riguardanti apprendino la di- 
vina modestia e sobrietà, che qui princi* 
palmente debbono praticare. Oltre le ta* 
vole , che per ogni parte sono disposte, 
vi è il pulpito, donde nel principio della 
mensa comunemente si leggequalclie par- 
te della sagra Scrittura,ovvero qualche vi- 
ta de'santi o anche alcun libro istruttivo 
nella pietà e nella erudizione ecclesiasti- 
ca, terminandosi la mensa colla lettura del 
martirologio romano. In questo luogo i 
superiori sogliono dare delle con*ezioni 
e penitenze ai loro dipendenti, per qual- 
che mancanza da loro commessa. Altri 
ne'refeitorii edificarono con l'esercizio di 
mortificazioni , atti di umiltà e virtuosi. 
Nell'usciredal refettorio, la comunità pas- 
sa al luogo della ricreazione. Dei refettori i 
ho parlato in moltissimi articoli, segnata» 
mente de' piti belli. F. Triclinio, Bav- 
c BETTI, GoirviTi, Praitzo, Cena, Dioiuico, 
BENEDICITE, Lettura. 

REGALIA. Diritto temporale eserci- 
tato dai sovrani} dominio e giurisdizione 



REG 

temporale dato alle diiete dalla oiaaifi* 
cenza de'prìncipi cristiani; diriilo già pn» 
teso dai sovrani di godere rentrate de'f^ 
scovati vacanti ne'Ioro stali, e di dispont 
de'beoefizi che ne dipendevano aemacan 
d'anime.La parola regalia ha molti altri» 
goificati, che si powono vedere ttel Ghi' 
«anodi Du Cangeal vocabolo Regalia^W 
ordineall'orìgine delle regalie'oonvieoedh 
stinguere il titolo, con cui sogliono 
giustificate, ed il tempo in cui deve 
goarti il loro cominciamento. Gli scrìttoli 
aulici sono discordi fra loro,nel delermiis* 
re il titolo con cui credono potersi legitti- 
mare le regal ie : essi volendo sostenereck 
questo preteso diritto fosse ingenito od* 
l'autorità suprema de'principi, ne ries> 
nobberoii fondamento sia nel dominiodd 
loro sovrani sui feudi conceduti alle òàb 
se , sia sul diritto che ai medesimi eoa- 
pete come ai fondatori de' benefizi code* 
siastfci, sia sulle qualità di custodi, avi» 
cati e difensori dei diritti e prerogative 
delle chiese ne' loro stati. Nel resto non 
mancano gravissimi autori, che trattaado 
delle regalie, senza studio di parte le ri* 
tengono un'usurpazione, che solo puòle- 
gittimarsi in partecoll'autorità della Chie- 
sa, ed avvisarono con tutta ragione che 
dal riconoscere ne' principi lasignorian- 
prema de' feudi, il diritto di fondatone 
difensori dellechiese, non risulti giaminsi 
la facoltà di usare le rendite dellechiese^ 
oppurenl diritto di conferirei benefizi «• 
elcftiastici nelle sedi vacanti. /^. Benefizi 
ecclesiastici, Beni di Cbiesa, Pbbci ni* 
MARIE, Difensori. A Rendita Ecclesiasti' 
e a trattai dell' origine e del progresso di 
esse, tanto del clero secolare, che de'/?^ 
ligiosi e Religiose (f^.). Quanto al l'anti* 
ohità deir esercizio del diritto di i*egalia| 
In Occidente, ne hanno parlato moltissi- 1 
mi autori relativamente ai divei*8i paesi f 
o regni. Alcuni scrittori sostengono, che 
in Oriente godeva di questo diritto l'ini' 
peratore Foca del 602. Circa alle regi* 
lie di sovranità temporali , a Patrimohi 
mUék 9. SspB narrai che essa già gode* 



REG 

regalie superiori che dichiarai, per 
' domioio dbe ?i esercitava di sovra* 
e ammiDistrasione della giustizia , 
dai tempi di s. Gregorio 1 del Sqo 
itrimoni di Sicilia, in parte per ces* 
'■ degrimperatori d'Oriente, per cui 
jaliesovrane temporali furono in uso 
a che si conoscessero le voci di Feu» 
^.) e di vassallo, come provò Borgia 
sue dotte opere in difesa della so- 
ita della chiesa romana. Ma di questa 
e di regalie giurisdizionali di tem- 
le dominio e loro diverse qualità, mi* 
e maggiori o supreme importanti 
iria temporale, con quanto vi é di re- 
>, parlerò dopo le regalie ecclesiasti- 
n discorso. Le regalie ecclesiastiche 
npalmente si divisero in spirituali e 
lorali. Le spirituali che chiamavansi 
e onorarie , consistevauQ^nel diritto 
ovranodi conferirei benefizi duran- 
vacanza de'vescovati. Le temporali 
:hiamavansi anche utili, erano i di- 
che aveano i sovrani di godere dei- 
rate del vescovato vacante. Alcuni 
isero \' Investiture écclesia8tìche{F,) 
regalia, le quali sono sta te Tona al- 
1 cagione insieme ed effetto, benché 
assai distintefra loro. Le investiture, 
(eziandio nel senso in cui furono ac- 
te da Calisto li, diedero occasione 
igalie; giacché quelle supponevano 
! slati concessi alle chiese beni feu- 
ed importavano l'obbligo ne^vesco- 
legli abbati di riconoscere nel sovra* 
ignore principale deloio feudi, ed o- 

> sa che le regalie perciò appunto che 
ncipio indicavano i beni feudali con- 
iai principe alle chiese, dipoi in for- 
gli abusi tuttora crescenti, servirò- 
lignificare il diritto regio di gode- 
itrate delle chiese vacanti e di con- 
i benefizi a piena ragione. Le inve- 
3 poi sono una conseguenza delle re- 

imperctocché i principi hanno il 

> d' investire i baroni e i conti dei 
che concedono, ond'é che l'in vesti- 
ùrono soltanto condannate, perché 



REG II 

spesso oootaminavano di simonia T ele« 
xioni, e massimamente pei*ché erano de- 
generate in usurpazione deirautorìtà su« 
prema ecclesiastica. Per cui e molto ve- 
rosimile, che l'accordo fìitto per troncare 
la grave differenza fra il sacerdozio e l'im* 
pero suir investiture ecclesiastiche, coq« 
chiuso neh 122 da Calisto li, ed Enrico 
V, di cui feci anche parala a Pacb par* 
laudo della natura àe* Concordati^ sia la 
vera origine della regalia ; dappoiché si 
parla di regalia o diritti regi in questi atti; 
Electus aulem Regalia per sceptmm ate 
recipiat. Questa parola regalia comprane 
deva i feudi che i principi aveano dato 
alle chiese, ed in appresso fu estesa a tut* 
ti i beni posseduti dalle stesse chiese. Ora 
secondo le leggi degl'imperatori aleman- 
ni, era di natura de'feudi,che coloro che 
li possedevano diventassero vassalli de- 
grimperalon da cui gli aveano rìcevuti, 
ed erano obbligati a dar giuramento di 
fedeltà. Di più dopo la morte del vassaU 
lo, l'imperatore godeva delle sue rendi- 
te, fino a tanto che il successore fosse sta- 
to investito de'medesìmi feudi, ed avesse 
prestata fedeltà e omaggio. Questa legge 
si estese agli ecclesiastici , perché le loro 
chiese godevano molti feudi; onde poi in 
Francia la regalia cominciava colla sede 
vacante e finiva dopo che il nuovo vesco- 
vo aveadato giuramento al re di fedeltà. 
Narra Bercaslel, Storia del cristianesi" 
mo t, i4i n.^ ^5, che la storia nel 1 160 
somministra uno de'piU antichi e forma- 
li titoli de'redi Francia riguardo alia re- 
galia, »Dopo la morte del vescovo di Pa- 
rigi Tibaldo, essendo venuti in mani del 
re il vescovato e la regalia, il re Siede il 
capicerato (o primicero)che ne faceva par^ 
te, alle monache di Hieres, onde le mede- 
sime ne godessero ogni volta che la sede 
fosse vacante". Questi fu Luigi VII re di 
Francia, che peli. %eemenzionedel dirit- 
to di regalia, e sene parla anche nel testa- 
mento di re Filippo 11 Augusto, morto nel 
1333. Pel regno di Francia molti pre- 
lesero che il diritto di regalia fosse tan* 



la REO 

lo antìoo quanto la corona stessa ; altri 
giustamente lo negano, citando la storia, 
che c'insegna che sotto lai. "stirpe de're 
i beni delle chiese vacanti erano arnmi* 
nistrati dal clero e dall'arcidiacono, come 
apparisce dal concilio d' Orleans tenuto 
sotto re Childeberto, e dal concilio di Pa- 
rigi sotto re Clotario 11 : la chiesa galli- 
cana segui in quel tempo il decretato dal 
concilio di Calcedonia. Di piìx il diritto 
di regalia , secondo la riportata spiega* 
zìone, fu parimente ignoto sotto la a.* 
stirpe de're,comesi apprende da una let- 
tera d'Incmaro di Reims a Carlo il Cai- 
vo; imperocché questo vescovo dà per re* 
go^a il canone del concilio di Calcedonia 
durante la vacanza della sede vescovile : 
che i beni del vescovo defunto saranno 
difesi, e intieramente conservati dall'ar- 
cidiacono e dal clero, e che quelli che o- 
seranno mettervi mano per usurparli, sa* 
ranno scomunicati. E in un sinodo tenuto 
sotto il medesimo imperatore , fu deciso 
conforme a quello eh' era stato prescritto 
nel concilio di Calcedonia , che dopo la 
morte del vescovo i beni sarebbero con- 
servati al successore daireconomo della 
chiesa. Egli è vero, che re Carlo il Cal?o 
£;ce altrimenti dopoché Ebbo arcivesco- 
vo di Reims fu deposto dalla sede, nel- 
iiì vacanza della quale, e durò parecchi 
unni, quel principe s'impadrom de' suoi 
beni e ne diede anche una porzione in 
feudo. Ma questo cattivo esempio non è 
contrario all'uso di quel tempo, perchè il 
re promise nel sinodo di Beauvais del-^ 
1*84^ a Inomaro e agli altri vescovi, di re- 
stituire alla chiesa di Reims tutti i beni 
che avea presi per pimir maggiormente 
Ebbo. Non si può provare parimenti il 
diritto di regalia, adducendo il cattivo uso 
che Carlo Martello fece de'beni di chie- 
sa, dandoli in feudo a laici; imperocché 
i Capitolari di Carlo Magno e di Carlo 
il Calvo condannano questa dissipazione 
dei beni di chiesa e l'attribuiscono alle ne- 
cessità de'tempi, le quali obbligavano in 
cerio modo i principi a darea'loro suddi- 



REG 

ti i beni eodesiastid per trattenerli al»- 
vizio. Nemmeno al principio della 3.* itir* 
pe era in Francia stabilito il diritto diit- 
galia, come si ha dalla lettera di Gerbcr* 
to arcivescovo di Reims, che raccoaui* 
da al clero e al popolo di vegliare chei 
beni del vescovo defunto sieao consena* 
li al successore. Dagli storici d'ioghilter* 
rasi raccoglie, che il medesi no o diritto di 
regalia fu parimenti introdotto io quel [ 
regno nell'istesso tempo che ìd Fraudi, 
e che cagionò colà molte turbolenze. Fu- • 
so anche nella chiesa d'Irlanda, e da mi 
epistola d'Innocenzo III al cardinal le 
gato in quel paese, si rileva che l'uso del* 
la regalia era nella chiesa d* Armagh, e 
il Papa in delta epistola si serve della pi* 
rola regalia; e per impedire che i pria- 
cipi non potessero godere per lungotflS* 
pò della rendita della chiesa, accorciò il 
tempo della vacanza della sede, ordìnss* 
do che i metropolitani lontaoi da Roim, 
entrino all' ammintstraziooe delle Ioni 
chiese innanzi di aver ottenuta la leu 
conferma. Nel 1 3 1 5 l'imperatore 
co II fece una costituzione contro 
galie, considerandole contrarie 
munita della chiesa, e confermò tale co* 
stituzione con altra del i ^ 19 che diresa 
a Onorio III Papa , al quale e agli altri 
vescovi cede le rendite chiamate regali^ 
come cosa spirituale che non a' appart^ ' 
neva agl'imperatori. De Marca, Dtcok* 
cord, lib. 8, cap. 1 8 , riporta molte au* 
torità de'Papi e de'concilii, per mostrare 
che le rendite delle chiese vacanti non ap- 
partenevano ai principi nella chiesa gal* 
licana,eche doveano in essa osservarsi, 
del pari che nelle altre chiese , i decreti 
del concilio di Calcedonia,che ordina che i 
beni sieno conservati a'successori; la mag- 
gior parte di queste prove sono nel decre- 
to di Graziano. Quindi si vede cheque* 
sto abuso era antichissimo, e introdotto 
molto tempo innanzi che la regalia fosse 
stabilita e tollerata dai Papi : per questo 
i concili! proibirono ai principi e agli altri 
laici d^mpadronti*si de'beni degli ecclesia- 







REG 

lopo la loro morte. Questo malvagio 
ime d'impadronirsi de'beni de'vesco- 
abito eh' erano morti, s'era diffuso 
^u'tta la Chiesa, ed era in uso nel Po- 
e e nell'occidente. L'Jmperaloi*eMa- 
3 Comneno proibì a'magistrati d'im- 
onirsi a vantaggio del pubblico era* 
e'beni immobili delle chiese vacanti, 
londo conte di Barcellona fece an* 
;ti ristesso divieto a'suoi ministri , e 
mpedire che ì beni delle chiese va- 
fossero dissipati, se ne dichiarò con- 
tore, anche vivente il vescovo; pri- 
io che si estese a tutte le chiese del- 
ovincia di Tarragona. 1 medesimi 
legi furono accordati alla chiesa di 
ona, ma ciò non ostante i laici conti- 
ono sempre a impadronirsi de'beni 
scovi dopo la loro morte, sotto, pre- 
di volerli custodire. Gregorio IX si 
col l'arci vescovo di Narbona y e coi 
^i di Maguelona e EIna, che i sini* 
li e podestà del re di Francia nella 
Dcia di Narbona s'impadronivano 
o ogni diritto de'beni de'vescovi in 
della vacanza della sede, aggiun* 
) che i predecessori di s. Luigi IX 
o fecero mai sotto pretesto di rega- 
altro diritto. Veramente a quell' e- 
ì Papi non condannarono d'ingiu- 
o usurpazione il diritto di regalia 
re di Francia esercitavano in mol- 
ese del loro regno, e s. Luigi IXstes- 
usò , onde poi i re non estesero le 
e oltre i molti vescovati dov'erano 
trodotte. I parlamenti una volta giu- 
ano di tutte le materie della rega- 
li solo possesso, e seguirono la stes- 
;ola sotto Filippo 111; inqueltem- 
m vi era nulla di fisso e stabile pel 
3 di regalia, maseguivasi il costume 
3 ricevuto, di modo che v'erano del- 
ese affatto esenti dalia regalia , ed 
non erano soggette sé non ad una 
della regalia. Sul principio il dirit- 
regalia comprendeva soltanto i feu- 
tendenti da'principi, e fu dipoi este- 
s rendite, che provenivano dalle de- 



REG i3 

cime, ed anche alla collazione de'benefi* 
zi dipendenti dalle chiese. Le chiese che 
conservarono l'antico diritto di regalia, 
non furono soggette a questo diritto per 
le rendite delle decime e per la collazio- 
ne de'benefizi: il che fu cagione che i par- 
lamenti non aggiudicarono al re in alcu- 
ne chiese , se non la regalia per le ren- 
dite che provenivano da'fondi e altri be- 
ni temporali delle chiese, ed a queste la- 
sciavano le rendite provenienti dagli al- 
tari, dalle decime e dalle offerte , e tal- 
volta dalla collazione de'benefizi. Questo 
uso del diritto di regalia in parte fu nel 
1 274 confermato da Gregorio X nel con- 
cilio generale di Lione 11, ad istanze di 
Filippo HI re di Francia, cioè si fulminò 
la scomunica contro qualsiasi dignità, di 
usurpare sopra le chiese il diritto di re- 
galia, e quelli ch'erano in possesso di que- 
sti diritti furono esortati di non abusar- 
ne, con che venne a riconoscere le rega- 
lie per i luoghi dov' erano introdotte, e 
proibì che fossero introdotte negli altri. 
De Marca lib. 8, cap. 24 osserva, che il 
termine di regalia nel decreto del conci- 
lio si prende in un nuovo significato, per 
la custodia e 1' usufrutto di tutti i fruiti 
e rendite in tempo della vacanza della 
sede, ed aggiunge che sotto il nome di frut- 
ti sono comprese le collazioni de'benefi- 
zi, a cagione della bolla d'Alessandro IH, 
nella quale si dice , che le collazioni dei 
benefizi debbono mettersi tra'frutti; ma 
pare che l'intenzione di Gregorio X sia 
stata d' impedire che in avvenire i laici, 
di qualunque qualità si fossero, non usur- 
passero! beni delle chiese in tempo di se* 
de vacante, sotto qualsivoglia pretesto, 
sotto il nome di regalia o di custodia o 
di protezione. Inoltre Gregorio X giudi- 
cò bene lasciare i diritti a quelli che n'e- 
rano in possesso , senza voler esaminare 
minutamente, se questi diritti fossero giu- 
sti o no; perchè sarebbe stato diffìcile ve- 
nirne a capo, atteso il lungo possesso, in 
cui erano la maggior parte de' principi, 
il quale serve d'un, titolo sufficiente nel- 



i4 REO 

le canie ctf ìli : tantum praetcripium , 
quantum possesswn. Ma i re di Franda 
si arrogarono il diritto di oollaiione dei 
bedefixi, sebbene il concilio di Lione sol* 
io nome di fi-utti e rendite ecclesiastiche 
non avesse voluto includere anche la pri- 
ma collasione de'benefizi, ma soltanto il 
diritto di pre8entai*e ai medesimi, ed un 
mero giuspatronato : oltre a ciò i re di 
Francia esercitarono altri diritti ancora 
in favore della regalia, fino a ricevere le 
rassegnazioni de'benefizi, che chiamansi 
infavoremytóh dicono i canonisti e giu- 
reconsulti francesi, per privilegio speciale 
accordato ai radi Francia dai Papi, men* 
tre poi non si conosce questo privilegio, 
ed i re pretesero goderlo di diritto. Boni- 
facio Vili nella famosa contesa con Fi- 
lippo IV, che riportai a Fa a vci a, scrisse 
al re che teneva per eretici tutti coloro 
che pretendevano , che la collazione dei 
benefizi, che chiamava diritto spirituale^ 
potesse appartenere ai laici. Dipoi, salva 
la collazione e istituzione al Papa ed ai 
vescovi, per impedire che i benefizi non 
fossero occupati da persone inette e inca- 
paci , fu concesso ai padroni laici la no- 
mina o presentazione ai benefizi : lutta- 
volta seguitarono in Francia oltre i re, 
molti laici , ed anche qualche badessa a 
conferire i benefizi di pieno diritto, forse 
per privilegi pontificii. Re Filippo IV fe- 
ce un editto per autorizzare la regalia, ma 
non lo estese, se non alle chiese dov'era 
stata introdotta dal costume^ con forman- 
dolo al decreto di Liorie. Filippo V nel 
1 334 con editto restrinse la regalia al co- 
stume e alle chiese del regno, dov'era sta- 
ta introdotta, e volle che si conservasse- 
ro i beni delie chiese, e che si prendes- 
sero solamente a titolo di frutti le ren- 
dite ordinarie. Luigi XII nel 1499 fece un 
simile editto, e proibì di più a'suoi mini- 
stri d'inquietarle chiese, dov'egli non a- 
vea diritto di regalia o di custodia. Non 
ostante tutte le cause che vi furono sopra 
questa materia ne'parlamenti,i re diFinn- 
eia continuarono a non arrogarsi la re- 



RBG 

galia, se non in alcune cbieit ; ed dUis 
roo ancora l'editto deli 606 d'EoricolV, 
dove dichiara : Che doo intende di^ 
dere della regalia , se Don nella fcnn, 
ch'egli e i suoi anteoetaorì baimo filili, 
senza estenderla più oltre e pregiadìn 
delle chiese che ne sono eien ti. Luigi UlI 
nel 1 639 fece una oostitustone, dicbians 
do che voleva godere del diritto di n§t 
lia,oomein passato, e tiocome certi teni> 
ni erano ambigui, il clero fece rìmoiti» 
se per averne la spiegazione; fu risporti: 
che il re dichiarava di non voler godoe 
della regalia ne' luoghi, dove non atea 
di essa goduto per lopasaato. DipoiLa* 
gi XIV nel 1673 fece una didiiarasioa 
con cui stabilì, che tutte le chiese dd» 
regno saranno in avvenire sognile ali 
regalia, eccettuatene 4 che ne sooock» 
ti a titolo oneroso. Di questa dispoM 
ne lrattai,come delle sue gravi con i e g aa 
ze, nel voi. XX VII, p. ^j e w/e^gùoé^it 
cendo della virileopposizione fiittadah* 
nocenzo XI, onde ebbero luogo le 4^ 
mose Proposizioni Gallicane (F',\ ews 
do nunzio Savo MilUni (F'.)j ed ìbkki 
in Roma la gravissima vertenza iA 
Franchigie (V.) , di cui parlai meglio 1 
I MMumTA' o voi. XXXI V , p. 3 3, con qa» 
to accadde, per l'energico procedere iS^ 
nocenzo XI : nel voi. XXVI I, p. Si i» 
contai pure le condiscendenze dì Ab- 
Sandro Vili con Luigi XIV, perten» 
nare le differenze delle regalie e delle firn- 
chigie;e come riuscì a Innocenzo Xlli 
far definitivamente rinunziare al rete 
franchigie, acconsentendo il Papa allV 
stensione delle regalie in tutto il regaoi 
Francia. Pare che il successore Clemcsle 
XI fecesse poi qualche opposizione, po' 
che leggo nella sua Storia di Novaes,»' 
98, che nel 171 1 scrisse al nuovo veic 
vo di Grasse Megrigny, rammentando^ 
1 sagri canoni, che vietano di violare il* 
ritti ecclesiastici, e principalmente qm» 
to il concilio di Lione avea disposto sulk 
regalie; perciò gli raccomandò che noi 
acconsentisse ne tacitamente^ né espitf 



BEO 

sameote alla regalie ed a tuttodòclieieiii* 
brasse poterle ammettere. Le regalie in 
Francia terminarono nel declinar del se- 
colo XVIII colla riToIuzioneyed anchecol 
successivo concordatodel 1 80 1 . Tentaro« 
no di farle rivivere Luigi XV HI e Carlo 
X, col nominare nelle sedi vacanti de'ca» 
lìonici , ma noe vi riuscirono^ dovendo 
stare al concordato^ 

Muratori colla Dissertazione 7 1 .*trat • 
tò: Della potenza de' vescovi, abbati e al- 
tri ecclesiastici y e delle regalie antica» 
niente concedute alclero, ^^e darò un bre* 
Te estratto. Anticamente la signoria tem- 
porale del clero secolare e regolare fu 
grande e opulente, massime in Italia. Di 
due sorte «rano i beni temporali. Una 
conteneva i beni privati, cioè i poderi, le 
&bbricbe, le selve, il denaro, ì mobili e 
altri simili, esistenti in dominio de'citta* 
dini e delle persone private, e che si pos* 
sono, secondo il diritto delle genti, ven« 
dere, comprare, donare, permutare e ob- 
bligare. L'altra parte abbracciaTa i beni 
pubblici appartenenti alla repubblica, os- 
sia al prìncipe, e si chiamano /2f^tf/ie^sie«? 
no cose corporali, o pure diritti: fra que- 
ste si contano il comando sopra i popoli, 
le angherìe e perangherie, la giurisdizio* 
ne, le gabelle e i dazi, la zecca, le minie- 
re, i fiumi, le saline, ed altre non poche 
cose da Tedersi presso i legisti. G>me nei 
primi sette secoli cristiani asiaissimi beni 
della prima specie concorseix) nelle chiese, 
tanto per la pietà e oblazione de'fedeli, 
quanto per le donazioni degFiroperato- 
ri, re e altri prìncipi, forse ancora si può 
facilmente dimostrare, che non pocheclel- 
le regalie minori furono in questi mede- 
simi tempi contrìbuiteai luoghi e mini- 
stri sagri. Ma per conto delle regalie mag- 
giori e supreme, come il prescrìvei*e leggi 
temporali, e comandare ai popoli nel tem- 
porale, coir imporre pene, giudici e tri- 
buti, avere soldati, far guerra ad arbi- 
trìo suo, in una parola Tessere signore 
temporale di città, castella e paesi, co- 
mandando ivi con podestà secolare prin- 



REG i5 

cipesca, cominciò almeno nel secolo Vili, 
tranne la chiesa romana, che come dissi 
al citalo articolo Patboioiiio, già nei V 
secolo godeva le franchigie maggiorì, e 
quegli esempi parziali di cui parlai a'ioro 
luoghi, convenendo Muratori che pei pri- 
mi si devono noverare i P9pi e la loii> 
Sovranità, Da questo esempio, i Yesco- 
vati, ed i Monasteri (al quale articolo dis- 
si di loro esenzione e privilegi) de'due sessi 
si procacciarono il dominio d'ampie dt* 
tà, castella, o d'altri pezzi di regalie e di 
temporale dominio, perle donazioni loro 
fatte. La prima e forse principale cagione 
per cui furono fatte, sembra che fosse la 
remissione de*peccati,òìcuì parlai in mol- 
ti articoli, e Muratori nella dissertazione 
68 : Delia redenzione de' peccati per cui 
molti beni colarono una volta ne^ sagri 
luoghi. Imperocché in que'tempi srego- 
lati raaggiormenteabbondavanoi misfat- 
ti e peccati ; e di questa cattiva influenza 
non di rado partecipavano gli stessi im- 
peratori, re e principi, a'quali perciòs'im- 
ponevano nella penitenza le pene cano- 
niche, secondo l'uso allora in vigore nella 
Chiesa di Dio. Niun'altra maniera cono- 
scevano allora i principi per isgravarsi 
dal peso de'digiuni e delle altre peniten- 
ze, che l'usata dal popolo, cioè di far la 
limosina a'poveri, di farcelebrarele mes- 
se, e di offrire poderi e altre simili sostan- 
ze ai luoghi e collegi sagri. Gran diflèren- 
za nondimeno passava fra le redenzioni 
de're e del volgo; meno si esigeva dal po- 
polo, secondo la condizione e le facoltà 
delle persone; molto più dai dominanti, 
sì perchè nelle bilance di Dio sogliono 
pesare più alcuni peccali de'principi, e sì 
perchè devono più magnificamente trat- 
tar con Dio i potenti, siccome provveduti 
di tanta copia di beni, che le private per- 
sone. Il perchè costumarono i principi, e 
specialmente i re e imperatori, di offrire 
alle chiese non solamente corti e grosse 
tenute di beni per la redenzione de'Ioro 
peccati, ma anche castella, città, comita- 
ti, marche, ducati e altre regalie, aggiuni> 



i6 IlEG 

f;etidonuoVidoni ai vecchi, o almeno con* 
fermaiicloil donato dogli antecessori. Con 
questo titolo si può crederete ne riportai 
ìu vari luoghi le parole usate, che Pipi- 
no e Girlo Magno coufermatsero e am- 
pliassero il principato temporale di s. Pie- 
tro: la stessa redenzione de' pecchiti eb- 
bero davanti agli occhi gli altri principi 
e re, che donarono o fecero tributari alia 
chiesa romana regni o principati, dalla 
quale ne riconoscevano il dominio pagan- 
do il censo, in attestato della loro tem- 
porale soggezione. Particolarmente poi 
nel secolo XI per simili oblazioni crebbe 
la potenza e maestà de'romani Pontefi- 
ci, perchè sopra gli altri si mostrò sol- 
lecito a procurarle s. Gregorio Vll,il qua- 
le .scrivendo al vescovo di Passatia, rac- 
comandò d'indurre Guelfo duca di Ba< 
viera e gli altri principi di Germania a 
soggettar le loro terre a s. Pietra, prò suo» 
rum peccatorum absolutione. Dalla sua 
E^ist, 23, lib. 8, sì apprende che la Fran- 
cia sino da'tempi di Carlo Magno era so- 
lita pagare aunualtuente censo alfa chie- 
sa romana, cui esso re e imperatore an- 
che Saxoniam obtuleratf pagando un de- 
naro per casa al b. Pietro che riconosce- 
vano per |>ad re e pastora. Bertranno /Vt>- 
viiiciae Comes nel 1081, prò remissione 
peccntorumsuorumyoffn^coQcesse e donò 
tutto il suo comitato di Provenza om/ti- 
potenti DtOf etss,apostolis Pelroet Pau* 
io^ et d. Gregorio Papae VII et omrd" 
bus successoribns suis. Parimenti Beren- 
gario conte di Barcellona nel 1090 offri 
e donò a s. Pietro e a Papa Urbano li 
la città di Tarragona, tolta di mano ai 
saraceni, propter redemptionem peccato ^ 
rum meorum^ et patris mei Rayrnundi, 
et parentum meorum. Di questo titolo 
si servì la gran contessa Matilde quando 
òonòomnia bona sua alla chiesa dis. Pie- 
tro, protestando nelFistromento di aver 
fatta sì ampia donazione, prò mercede et 
remedio animae meae^ et parentum meo» 
rum, la qual formola significa la reden- 
zione delle pene penitenziali. Altri simili 



REG 

• 

esempi ti hanno della Sardegna denti 
alla s. Sede. Non fecero di meno gli akri 
vescovi e chiese per ampliare il loro pi* 
trimonio, per potere più fecilmenteiod- 
disfare alle necessita de'poveri e all'or 
namenlo de'sagri templi ; né flirooo n 
tale studio oziosi i monaci e quasi tilli 
gli abhati. Trovando talvolta lepenoa 
ecclesiastiche ne'Ioro contadini e IsTon* 
tori molta disubbidienza, ed anche ao* 
lestieda partede'conti o govematori,p» 
ciò i vescovi e abbati procurarono digi 
imperatori, che i loro beni e uoroiaifii' 
sero esenti dairautorità de' conti edile 
pubbliche imposizioni, come lece lack 
qualche re longobardo; di queste oes' 
zioni parteciparono eziandio i ntonsstoi 
delle sagre vergini.Nel secoloIXnon OHI* 
carono a' vescovi ed abbati, vassalli iaia 
sottoposti alla loro signorìa, ed eranoob* 
bligati nelle guerre a (soudurre homìm 
suos all'armala, quando doo li dispeai* 
va qualche legittima scusa. Nel teoolol 
gli arcivescofi di Milano ottennero di* 
gì' imperatori tedeschi T autorità teap 
rale sulla città e contado, con titolo à 
conti, non prima come riportò UgheUL 
Quantunque sotto Lodovico II godcaero 
i vescovi e abbati corti con castelli, tat* 
tavia solamente cominciarono a godot 
maggiori privilegi e diritti di sìgoohi^ 
quando il successore Carlo il Calfcael- 
1*875 fu coronato imperatore da Giofsi- 
ni Vili, preferito al fratello e ai nipoli, 
perchè i vetcovi d'Italia vaolaggiaroa 
i loro interessi. Nelle successi ve turbob* 
ze di quelli che aspirai-ono all'imperoe 
al regno d'Italia, questi per assicursti 
della difozione degli elettori, cominda* 
rono a poco a poco, oltre ai principi s^ 
colari , conferire ai vescovi e abbati k 
regalie, cioè le città, le castella, i pubbli- 
ci tributi, i comitati o contee, le mardK, 
i ducati, come al vescovo di Modena e al- 
tri. Per le invasioni e stragi de'saraceii 
e ungheri, con licenza de're d'i taiia, i f^ 
scovi della bella regione, per difesa lotti 
e de'citladini, fondarono e muoii-onoa* 



f 






&EG 

e ciltà, laonde con possedere luogh^ 
si resero maggiormente potenti, co- 
tenne il Tescovo di Reggio, quello di 
a e altri: nelgi 6 Berengario I im« 
ore, per le calamità cui ridussero 
igheri Cremona, donò molte rega- 
fescoTo Ardingo, cioè che ninno pò- 
tener Placito (F.), o pubblico giù- 
de'messi regi o imperiali, inpraC' 
fUSf atque castellisi et curlibus, ti' 

celliSy atque pUhibusj che spettas* 
I lui certi dazi nella città, il diritto 

pesca nel Po, ec.: le stesse regalie 
confermato al vescovo Giovanni nel 
Rodolfo re d'Italia, e nel gyBl'im- 
3re Ottone I al vescovo Olderico, 
lo altri augusti concesso l'autorità 
ite sulla città, e sopra 5 miglia al* 
rno, colla conferma delle preceden- 
icessioni. Quello che si è detto fin 
i alcune poche chiese, si può rife* 
1 non poche altre d'Italia, anzi an- 
d altre di Germania, Francia, In- 
rra, ec; poiché ogni vescovo si stu* 
i ottenere l'unione del governo se- 
! delle città all'ecclesiastico, con ri- 
ere i conti laici, e far trasferire o in 

in parte l'autorità di quelli nella 
-ia persona. Per conseguenza non vi 

1 in que' tempi vescovi, che non go- 
1*0 il dominio almeno di qualche ca- 

di più, con piena autorità sopra il 
o; molti essendo conti della propria 
come rimarcai ai loro articoli. Nel 
» XI i vescovi di Ginevra litigava- 
ir le giurisdizioni e regalie coi conti 

città. Una volta non vi fu mona- 
di gran nome, che non possedesse 

castella, e molte almeno delle re- 
; qual fosse la potenza di Montecas- 
di Farfa, di Gluny e di molti altri, 
^hi loro lo dichiarai; né mancaro- 
)bali col titolo di conti, e di abba* 

che nell'impero aveano luogo tra 
icipi. Con le accennate munificenze 
, imperatori e altri principi versoi 
luoghi, non solamente essi donava* 

1 cheappartene va al regio Fìsco ( F,)^ 

VOL. LVII. 



REG 17 

cioè corti, castella, dazi, gabelle e tribù* 
ti, ma di quelle regalie che anticamente 
erano assegnate pel mantenimento e uso 
de'conti secolari governatori delle città; 
per cui a poco a poco tra per queste do- 
nazioni pie, e per l'istituzione di vari con* 
ti rurali, rimasero spennati i conti delle 
città e in qualche luogo venne affatto e- 
stinta la loro autorità, perché trasferita 
ne'vescovi e abbati da cui difficilmente 
poi ne usciva. Ogniqualvolta un r^o im- 
peratore perveniva al governo, ciascun 
prelato soleva farsi confermare tutti i suoi 
beni e diritti» piti con doni ne cercava 
l'aumento; onde avvenne, che non sola- 
mente i vescovi e gli abbati de'monaste* 
ri insigni, ma anche le badesse ed i col- 
legi de'canonici, tanto in Italia che fuori, 
signoreggiassero almeno in qualche ca- 
stello^ ed ivi esercitassero sopra il popolo 
una piena giurisdizione, con riconoscere 
solamente nel temporale il re d'Italia o 
l'imperatore per sovrano. Vero é però, 
che molte castella e ville, i vescovi e gli 
abbati leaveano anche acquistate per do- 
no e oblazione de'fedeli, o pure procac- 
ciate col proprio denaro, o edificate e for- 
mate dalla loro industria. Per moderare 
l'accrescimento della potenza degli eccle- 
siastici, nel secolo XI cominciarono i re 
e imperatori a pretendere che ninno po- 
tesse conseguire vescovati e abbazie, se 
non prendeva l' Investitura (F.) di tutti 
que'beni e stati, che dal regio fisco erano 
passati nelle chiese, e si chiamavano re- 
galie, al dire di Muratori : per questa ca- 
gione crebbero a dismisura le simonie, 
e insorsero liti e funestissime guerre fi*a 
il sacerdozio e l'impero, di sopra toccate, 
sotto 8. Gregorio VII e successori. Poscia 
sotto Pasquale II (f^), non trovando- 
si ripiego per quietar le differenze, onde 
troncare le simonie, divenute frequenti 
per le ricchezze del clero e per quelli che 
aspiravano al fasto di possedere signorie, 
s'indusse a rinunziare, ad Enrico V tutte 
|e regalie godute dagli ecclesiastici, cioè 
civiiates, ducatus^ marchias, comitatus. 



i8 



AEG 



moiieiatf idoneum^ mercalum^ adiHfca* 
tiasjura eeniurionumy et iurrcs, quaere* 
gnierant cumpertinentiissuis^ milUiam, 
et castroni y te. Ma questo privilegio bea 
pi*esto fu abrogato da Pasquale li, per 
cui si rinnovarono le vertenze, terminate 
poi da Calisto II. Tanto crebbe la poten* 
za di certi abbati, che ottenute le insegne 
episcopali, talvolta lasciavano indietro i 
vescovi colla pompa della loro comitiva. 
Crede Muratori che dall'avere i vescovi 
ottenuta la podestà secolare, nascesse il ri* 
todeiringressosolenne,aImenonel looo, 
chei vescovi novelli d'Italia in molti luo- 
ghi (anche in altre regioni), coll'incontro 
e assistenza di tutto il clero e popolo, sot- 
to ilbaldacchino a cavallo entrassero nel- 
le ci ttà,recandosi con quella pompa e pro- 
cessione alla cattedrale. Muratori deplo- 
ra, che dopo avere i sagri pastori assun- 
ta la cura de'temporali dominii, trova* 
ronsi anche carichi d'un grave fascio di 
cure secolaresche; di tanto io tanto do- 
veano portarsi, pei bisogni de'lora stati, 
alla corte regìa o imperiale, corte lonta* 
nissima e per Io più ambulante; bisogna* 
va che intervenissero alle diete del regno, 
e soventecorteggiasseroi monarchi in va* 
rie funzioni. Da ciò avveniva, che i ve* 
scovi e abbati per molta parte dell'anno 
abbandonavano il gregge raccomandato 
loro da Dio, lasciandolo in mano di gen- 
te per lo più mercenaria. Succedendo poi 
guerre, al pari de' vassalli secolari anche 
gli ecclesiastici doveano somministrar la 
loro porzione di soldati per la difesa del 
regno; anzi venivano forzati gli stessi ve* 
scovi e abbati ad andare anch'essi all'ar- 
mata, e condurvi i loro sudditi, e milita- 
re a dispetto de'canoni,che Io proibivano. 
Inoltre, infestando i vicini le terre degli 
ecclesiastici, o tentando di usurparle, bi- 
sognava mettersi in armi, assoldar gente 
oltre i vassalli e far guerre particolari; 
dappoiché i secolari invidiosi, non rìspet* 
landò gli ordini de'monarchi, i canoni dei 
concilii e le scomuniche de'Papi, tuttodì 
studiavano o coU'armi o con altre abbo* 



REG 

minevoli maniere, di divorare ibeù ec- 
clesiastici. 

Ma che divenne deir«Dtica potcaae 
opulenza de'prelati e delle chiese, e ddte 
loro regalie. Muratori lo avilappa kUi 
Dissertazione j2* : Delle eagìant^perk 
quali ne\»ecchi tempi si sminuì la pokt 
za temporale degli ecclesiastici. La i .'o* 
gione s'ha da riferire airempia cupidrà 
e pi*epotenza de'seoolari, che sempre à | 
studiarono usurpare i beni di Cliiesi,ii* 
che con fraudolenti oootraiti, onde ridoi' 
seroi vesco vati e monasteri, dall'alto f;fi- 
do di potenza e ricchezza cui erano pa> ^ 
venuti, molti a un mediocre stato,alln 
all'eccidio, altri a miserabile depressioK 
Alle disavventure delle chiese oootribd* 
rono ancora le fi*equenti irrusionide'b» j 
bari nell'Italia, cioè longobardi, saneoy . 
e ungheri, che produssero tanti malie | 
desolazioni. Le pubbliche calamità e k 
guerra, ed altre simili traversie, obb^ ' 
rono molti vescovi e abbati a vendi» ' 
o livellara o locare noo pochi de'lorok* 
ni a' secolari. Né mancarono ne'oorrsUi 
tempi indegni vescovi e abbati, i quali «• , 
za rossore e timore del giudice suprenoi ' 
dilapidarono le terre ecclesiastiche, tn- ! 
sferendole ne'Ioro parenti e amici, o va* • 
dendole per soddisfare alle loro pravitii 
Sopra tutto cospirarono alla rovios do 
monasteri quegli abbati secolari, a'qoti 
la prepotenza de'regoanti concedera ìi 
benefizio que'luoghi sagri, di che Um» 
tori trattò nella Dissertazione 73.': Dì 
monasteri dati in benefizio» Ma non oM' 
careno abbati claustrali, che si abunr» 
no in ciò del loro ministero, con sagiik* 
ghe licenze e riprovevoli prodigalità, b 
che mosse i Papi, gl'imperalori, i reyicH* 
cilii a rimediarvi. Di queste alienasios 
e enfiteusi molti vescovi nepecscarono.ln' 
damo nelle pie fondazioni si pose Is f» 
bizione, che mai non si potessero alieni' 
re i fondi donati; divieto che fecero pf 
re i vescovi quando conferivano diic* 
e benefizi a' preti. Neppure giovò di k 
confermare dalla s. S^de le possessiosìi 



I 



BEG 

ad onta che la sua autorità fu sempre ve- 
nerabile; altrettanto sì dica delle confer« 
me regie e imperiali, onde mantenei^e i 
sagrì luoghi nel pacifico possesso de'loro 
stabili; così de'divieti di tali supreme au- 
torità per prevenire lo spoglio e le dissi- 
pazioni. Immense e costanti furono le cu* 
re de'Papi per tenere in freno i dilapi- 
datori e usurpatori del patrimonio eccle* 
siastico,e per fare restituirei! mal tolto; 
finche proibirono le alienazioni e le per- 
mute, senza il beneplacito apostolico. Nel 
registro di Cencio Camerario vi sono mot* 
ti giuramenti di vescovi e arcivescovi, an- 
che oltramontani, fiittì neh 235 al Pape, 
dove giurano la manutenzione delle loro 
chiese, e di non alienare cosa alcuna, in- 
consulto romano Ponti/ice, Egual giura- 
mento fanno i Papi e i cardinali pei do- 
mi nii della s. Sede, e lo notai anche a 
Professione di fede. Non lieve indebo- 
limento pati la potenza degli ecclesiastici 
sotto l'imperatore Federico I, con porre 
degl'impedimenti perchè non crescesse. 
Nel voi. LII, p. 253 parlai della celebre 
Roncaglia, ove gl'imperatori tenevano le 
diete quando calavano in Italia, come fe- 
cero i re d'Italia, coi vescovi^ abbati e 
signori feudatari o dipendenti dall'im- 
pero: in quella del 1 1 58 Federico I fece 
decidere, senza che niuno osasse contrad- 
dirlo, appartenere all'impero tutte le re- 
galie, che ivi dichiarai, ricuperate poi 
dalle città lombarde nella famosa pace 
di Costanza. L'Orsato, Hist. di Pado\^a 
p. 2o4> narra che Ottone I dopo essere 
stato coronato in Roma imperatore, ivi 
nel 967 da Giovanni XIII fece corona- 
re il figlio Ottone II; portatosi poi in Ac- 
quapendente confermò alle città d'Italia 
quella libertà ch'era stata loro concessa da 
Carlo Magno, col solo obbligo di tre tri- 
buti chiamati Fodro (cioè l'obbligo di a- 
limentare ì soldati e fin lo stesso impe- 
ratore e tutta la sua corte in passando 
pel paese, compresi i foraggi pei cavalli, 
cui erano tenuti anche gli ecclesiastici, es- 
sendo una delle regalie maggiori de'so- 



REG ig 

vrani), Parata eMansionatico(cìoè le spe- 
se che si facevano per vicevere il re o Fim- 
peratore, i loro messi e altri ministri: la 
1.^ parola indica l'ordine inviato di pre- 
parare l'alloggio, la 2.* l'alloggio stesso); 
dì più a' privati e più cospicui cittadini 
delle città cominciai a distribuire onori 
e titoli cospicui, cioè di conti, marchesi, 
duchi,capitani, valvassori e vai vasini,qua- 
li tutti godevano in testimonianza di be- 
nemerenza le regalie, ch'erano onori utili 
conceduti dai re d' Italia ai più merite- 
voli : regalie che per lo più erano ricava- 
te dalle entrate che si raccoglievano dai 
dazi, porti, ripatici, pedaggi, uso di pesca- 
re, mulini e saline. Ciò premesso, dirò eoo 
Muratori, Dissertazione 48.* : DeUa so* 
cietà de* lombardi e ^ altre città d Italia 
per conservare la libertà^ e delle paci di 
Venezia e di Costanzaj che nella gran 
dieta di Roncaglia, dov' erano concole 
quasi tutte le città e principi di Lombar- 
dia, M super juslitta regni, et de regali- 
bus, quae longo jam tempore seu teme- 
ritate pervadentium , seu neglectu re-- 
gum, imperio deperierant, studiose dì$-< 
serente Friderico, quum nuliam possent 
in venire defensiooem excusationis, tam 
episcopi, quam primates, et civitatis uno 
ore,unoassensu,in manum principis Re- 
galia reddidere, primique resignantium 
Mediplanensem exstitere. " Se di buon 
cuore,Dio vel dica, esclama Muratori. Ag- 
giunge la spiegazione che Radevico die 
su ciò che s'intendesse per Regcdiai Ad/u" 
dicaverunt ducatus^ marchiasi comita» 
tuSyConsulatus, monetas^teloniajodrtim, 
vectigaUa, portus^ pedatica. Si può vede- 
re dello stesso Muratori in Dissertazione 
1 9." : De* tributi, delle gabelle^ e di altri 
oneri pubblici de* secoli barbarici. Lo stes- 
so Federico I spiega quali fossero le re- 
galie, nel diploma cui nel i ifigconfermò^ 
i privilegi al popolo d'Asti, pubblicato da 
Ughelli, Italia sacra t. 4» ina con alcuni 
nomi guasti. » Haec itaque, dice Federi- 
co I, Regalia esse dicuntur: Moneta, Viae 
publicae^ Aquatica,Flumina, publicaMo- 



ao 



REO 



leiidioayFuniì,FurestiaiyMeniurae, Bao- 
chatica, Portut, Argentana, PitiGalionis 
reditut, Sextarìa tìdì et frumenti, et eo- 
rum, quae fenduntur, Placita, Datalia, 
Rubi, Restitutiones in integrum, et alia 
omnia, quae ad Regalia jure pertinente' 
G>ntuttocìò Federico I, dice Radevico, 
per conciliarti la gloria della liberalità, 
e per isfuggire in qualche maniera rodio 
degritaliani: m His omnibus, in Fiscum 
adnumeratis, tanta circa prìstinos pos- 
sessores usus estliberalitate,utquicumo 
que donatione Regum, aliquid horum se 
possidere instrumentis legitimis edocere 
potei*at, is etiam, nunc Imperiali bene* 
fido, et Regni nomine id ipsum perpetuo 
possideret. " A quanto si é detto, che per 
più secoli il clero secolare e regolare e* 
ziandio potè procacciarsi castella e feudi 
con esercitarvi i diritti regali per conces- 
sìoni di re e imperatori, si aggiunga che 
quando essi monarchi, duchi, marchesi 
e conti concedevano feudi ad alcuno, so* 
levano anche dargli facoltà di poter la« 
sciare alle chiese quelle terre o beni, il 
che si appellava yWicare prò anima , e 
moltissimo fruttò a'sagri luoghi, frequen* 
temente in dominio d'essi colando feudi 
e regalie; laonde gl'iroperatori a tanta 
cresciuta potenza pensarono di mettervi 
argine per l'avvenire. Non solamente tan- 
te regalie, tanti stabili e altri beni erano 
allora devenuti alle chiese, ma anche i 
lóro terreni, villani e livellari godevano 
non poche esenzioni e privilegi, talmen- 
te che né pagavano i tributi, né concorre- 
vano alle pubbliche necessità. Si può ere* 
dere che i Jaici mirassero di mal occhio 
tanta abbondanza di beni, e beni privi- 
]egiati,andàndosi sminuendo la loro por- 
zione; anche ai re e alle comunità dovet- 
te ciò parer grave. Dopo che Federico I 
ordinò, che per lasciar i feudi alle chie- 
se, si richiedesse la permissione del si- 
gnore o sia del diretto padrone, pochi ne 
passarono alle chiese, e molli de'passati 
furono ad esse ritolti; movendo lite Fe- 
derico I a varie chiese per le loro posses- 



REG 

tioni, volle loro dare rìDvieatìtara, ed cà* 
gette sacramenlum/ideiiuuis cum homi' 
nio^ inserendolo ne'diplonii. Per tottodò^ 
e per le controversie insorte Duovimes* 
te tra il sacerdozio e riinpero,da fi iasi» 
zi le chiese d' Italia poco o oulla profit* 
larono per conto dell' acquistare o so* 
oienlare le regalie ìd loro vantaggio; k 
loro potenza venne sempre più calane 
e ciò ancora per congiura delle città iii* 
liane, nelle quali si esaltò una smian- 
ta voglia di stendere le ali del dooioio. 
Questa sembrò al Muratori essere sUU 
l'ultima e piìi ooncludente cagione, os- 
de sia proceduta l' estenuazione del pi* 
trimonio eoclesiastico. Nel secolo Xllk 
più delle città occidentali d'Italia aves* 
do preso forma di repubblica , dascaa 
aspirò a ricuperare nel contado gli sili' 
chi diritti e a signoreggiare. Perciò iail- 
cune città venne meno affieilto il tenp» 
rale dominio de' sagri pastori, e furaa 
loro tolte a poco a poco tutte le castdk, 
rocche e regalie,« lo stesso patriarcs d'A* 
quileia soggiacque alla sorte comune; od* 
sì terminando negli ecclesiastici le regi' 
lie e feudi imperiali. A Gbrm aria e FlA^ 
cu raccontai, come nel declinar dei k- 
colo passato furono spogliati de'supersti- 
ti feudi e regalie i vescovi, gli abbati, le 
abbadesse : mentre coi diverai Concorik- 
ti (F'.) i Papi accomodarono le regalie 
de' vescovati e altri benefizi ecclesiaslid 
V, Spogli. Su questo argomento si pos* 
sono leggere gli articoli che vi hanno R- 
lazione, come Regio zxequatub, altro •• 
busocontro l'autorità della s. Sede, Pum- 
MATiCà SARZioiiB chc fu altra piaga del* 
la Chiesa e lesiva l'autorità papale, ed i 
seguenti autori. Gampomanes, Trattalo 
della regalia d ammortizzazione. Ve» 
zia 1767. Natale Alessandro, Z>e /lire re- 
galiaèy Leodii i685. A questa disserti* 
zione fu egregiamente risposto nell'open 
intitolata : Causa regaliae poenibus ex- 
plicata^Leodìì 1 685. Cardinal Sfondrati, 
Tractatus genera lis de regalia, Romae 
1689. Egidio Le Maistre, Delie regalit 



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REG 

e de* feudi. De Marca, Memoria della re- 
galia. De Ri poli, lo citai a Pbbci primarie. 
REGESTI o REGISTRI PONTIFI- 
CII. F', Eolie, Brevi, Lettere aposto- 
i:.ichb,Rescritti, Registratori delle lbt* 
terb apostoliche. 

REGGENTE, Regens,Praesiden9.Che 
i*egge. Si diede questo nome al principe 
che governa Io stato durante la minori- 
tà de'reo altri principi, o in alcun' altra 
circostanza particolare, come di assenza, 
di malattia, d'impotenza, ec. Si chiama 
Reggenza, Regimeriy il governare, il reg- 
gimento per modo e maniera di gover* 
nate. A Sede vacante dico chi governa 
in tal tempo la sede apostolica e i domi- 
nii pontificii. A Ibipero notai chi lo reg- 
geva nella sua vacanza. A Vicario capi- 
tolare lo descriverò, reggente del vesco- 
vato nella vacanza della sede. Il reggen- 
te di Francia apponeva altre volte agli 
atti il proprio sigillo e non quello del re 
che trovavasi in minorità, usanza abolita 
da Carlo V deli38o: pretendono alcuni 
che I .^ ad assumere il titolo di reggente 
in Francia fosse Filippo con tedi Poitiei*s 
durante la gravidanza delia vedova del 
fratello suo Luigi X, morto neli3i6. In 
quel regno, come in altri , fu quasi sem- 
pre il privilegio delle Regine {V,) melavi 
^i essere reggenti de' figli loro , mentre 
questi trovavansi in minorità : si videro 
in questa qualità Fredegonda sotto do- 
tano Il del 584, Brunediilde sotto Chil* 
deberto II re d' Austrasia del SgS, Ba- 
tilde sotto Clotario 111 del 656 , Bianca 
di Castiglia nel i2a6 per s. Luigi IX, Lui- 
gia di Savoia nel 15^5 per Francesco I, 
Maria de Medici nel 1 6 1 o per Luigi XIII, 
e Anna d'Austria nel 1 643 per Luigi XIV, 
le quali governarono lo stato con auto** 
rità assoluta durante l'assenza o la mino- 
rità de' re loro figliuoli. Nondimeno in 
Francia vi furano anche de'i*eggentì co* 
me il suddetto, e prima di lui Baldovino 
conte di Fiandra nel i o6o, in vece di An* 
na moglie del defunto Enrico 1 e madre 
di Filippo I, e il duca d'Orleans nel 1 7 1 5, 



REG 31 

come si può vedere al TarticoloFR AUGIA* 
Per le reggenti degli altri stati si posso- 
no vedere i loro articoli. La reggenza fu 
sempi*e pigliata in Italia in significato di 
reggimento o governo , e questo si ap- 
plicò ancora alle cariche municipali, co- 
me Firenze ch'ebbe isuoi reggenti, e sic- 
come una parte de' popolani reggevano 
gli uffizi della città, l'altra parte era chia* 
mata di non reggenti; talvolta però si dis- 
sero insieme i reggenti e i maestra ti di 
Firenze. Egualmente il vocabolo reggen- 
te %i applicò ancora al governo e reggi- 
mento delle accademie^ comeV Accaik^ 
mia e Congregazione de'F'irluosi al Pan^ 
iheon {F.)j alle scuole e simili, ai profes- 
sori pubblici di arti e di scienze che ten- 
gono una classe nei collegi; ed i reggenti 
che aveano occupato per 7 anni continui 
la loro carica in un collegio dell' univer- 
sità di Picirr]g:/( ^.) j erano preferiti ai gra- 
duati per la requisizione de' benefizi. II 
titolo di reggente fu dato eziandio al reg- 
gitore così de' conventi, come delle con- 
fraternite, de 'collegi, come il Collegio di 
s, Bonaventura (F,). Nella cuna roma- 
na fu dato questo nome al Reggente del' 
la penitenzieria (^.), al Reggente della 
cancelleria (F,), Paolo IV avendo alx)- 
lito la carica di Uditore generale della 
camera (F.), istituì quella di Reggente 
della camera apostolica sul declinar del 
i558,e la conferì al nipote cardinal Al- 
fonso Caraffa (F,); ma Pio IV la rista- 
hi Pi, cessando il nuovo uffizio colla bolla 
Romanus Pontifex, de'i4 aprile i56r, 

Bull, Rom. t. 4> par* > • P- 77- ^>*^ ^ 
creò il reggente dell' archivio generale o 
i*eggente degli ai*chivi della s. Sede, con 
grande autorità onde conoscere, decide^ 
re, provare, dichiarare, interpretare qua- 
lunque causa, differenza, lite, controver- 
sia, che potesse nascere nelle materie spet- 
tanti a detti archivi, con mano regia, e 
lasciata affatto la tela giudiciaria, come 
si espresse nella sua bolla, ed io dichiarai 
ad Archivi DELLA s. Sede: ora un cA/e- 
rico eli camera è presidente degli archi^ 



22 



REG 

W, e due prefetti custodiscooo l'archivio 
Vaticano. 

REGGENTE DELLA CANCELLE- 
RIA APOSTOLICA, Regtns CanctUa- 
riae aposlolicae. Prelato della t. Sede che 
dopo il caitlioal wìce-CanceUiere (^•)» 
presiede alla CanctUerìa apasiolica{P^.), 
colle qualifidie di presidente della mede* 
lima e di luogotenente del cardinale, oo« 
sì chiamato dal reggere questo primario 
tribunale della chiesa romana in nome 
dello stesso cardinal TÌcecanceHiere,come 
riferisce Ciaoopini ; De S. R, E. Vicecan» 
cellario, et officialihus CancellariaeapO' 
stolìcae^o^e a p. 1 1 o cos'i parla: Locumte» 
nentis^sive Regentis Cancellariae nomen, 
etiam Praesidentis sortitum est. Quam» 
ohrem ex ipsomet nomine, illius, munus 
deduciturnempe: quodcancellariam w« 
cecanceUarii nomine regitj iWuique offi' 
ciaUhus inexpeditionibus praeest,Ethaec 
de Rrgente, modo ad aliot offìciales. Lo 
stesso scrittore a p. 97, scotio 1/ De Re* 
gente Cancellariae, tratta di sua origine 
nel 1 376, del suo importante officio, del- 
la sua autorità e particolari prerogative, 
come di ricevere ì giuramenti pel cardi- 
nai vice-cancelliere e distribuire le com* 
missioni. Dice che il cardinal Borgia vice- 
cancelliere, fu il i.^ a chiamare il reggente 
suo luogotenente nella persona di Alvaro 
vescovo di Silva, in occasione che nel 
1 462 dovea assentarsi da Roma e viag- 
giare con Pio II, concedendogli le facoltà] 
divenuto poi il cardinale Papa Alessan- 
dro VI, per r assenza del cardinal vice- 
cancelliere, al reggente Gio. Battista ve- 
scovo di Modena conferì nel 1 499 le facol- 
tà per segnare le commissioni. Di questo 
].** uffiziale della cancelleria della s. Se- 
de, trattai nel voi. VII, p. 1 56, 163,173, 
1 79, in cui dissi pure di alcuni elevati al 
cardinalato, benché il novero sia molto 
inaggiore, fra'quali ricorderò ancora Val- 
le di Leone X, il celebre Rapaccioli di 
Urbano Vili, e per non dire di altri San- 
Severino penultimo reggente elevato al- 
la porpora da Pio VII; notando che pri- 



REG 

ma di Sisto V la carica, oome tante altre, 
era vacabile, acquistsDdoti per 25,ooo 
scudi, ed anche per 3 0,000 quanti oc pa- 
gò Corsini poi Clemente XII. Questo hi> 
pa in memoria di averne eserdtato il co- 
spicuo offitio , volle decorare il reggeste 
della cancelleria, siccome i vescovi, ddlt 
singolare prerogativa deiromameDlo di 
colore verde al cappello aemì-pontificile, 
laonde nel cappello usuale questo preli- 
to porta la fittuccia di seta eoo fiocchi a* 
mili di tal colore, lo che riportai nel foL 
IX, p. 198, ove però per errore distia- 
pa si legge penitenzieria in vece di ca- 
celleria^ ciòchediè luogo airabbaglioche 
si legge nel vol.LII,p. 79, in cui trattan- 
do del Reggente della peniienzieriaeffy 
ttolica ripetei il fallo tipografico. Tuto 
è vero, che non vi ha diligenza die buli, 
per assicurarsi di non prendere equivoci, 
che fece dire all'inimitabile Cicerone,!! 
P/ùL XII : Cujusvii hominis est errarti 
nuUiuSy nisi insipienti» , in errore per» 
aerare joptimus estportuspoenitenù,m»r 
tatio consiliì. Per la natura dell'officio il 
reggente supplisceil cardinal vice^cancel' 
lìere, tanto nellassenia o impotenza aa, 
quanto nella vacanza della carica. MoHi 
esempi si hanno di prova, che nell'asi» 
sa o per vacanza del cui*dinal vice-caooel* 
iiere , ne sostenne le veci il prelato reg* 
gente : fra gli altri ricorderò il recentis- 
simo esempio deirassenza da Roma e mor- 
te in Fermo a'ai marKoiSSaydelbetM* 
merito della s. Sede cardinal Tomma» 
Bernetti, che Gregorio XVI avea datoio 
successore al cardinal Pedicini^ nelle qua- 
li circostanze suppPi all'eminente dignità 
l'attuale reggente mg.** Ste& no Bruti pro- 
tonotario apostolico partecipante. Qim* 
sto prelato era abbreviatore del parco 
maggiore, per cui quando il regnante Pio 
IX lo promosse al reggentato , cessò nel 
minore offizio, leggendosi nella bolla di 
destinazione : Volumus autem quod of 
ficium Ahbrevìatoris de Mafori Praeii- 
dentia quod in supradicta Cancellaria 
ad pracsens oblines per concessìottem, el 



REG 

assignadonem hujusmodi ceiset èo Ipso. 
Il medesimo mg/ Bruti quale reggente 
della cancelleria apostolica, secondo la na- 
tura del suo ufficio, suppPi le ifeci del car- 
dinal Bernetti finché visse lontano da Ro- 
ma, ma poi defunto, a togliere ogni dub- 
biezza, e seguendo altri casi aifTenuti nel 
corrente secolo, supplicò il Papa a yo* 
lergti accordare la facoltà di supplire le 
veci del vice-canceirtere,Gicendo continua* 
re gli altri uffiziali, quindi ottenne 11 re- 
scritto. Die 24 ntartiiiSSi. SSmus. an^ 
iiuit prò gratia/uxta pelila durante va» 
catione officii vice-cancellarii. In segui* 
lo diche mg/ Bruti prese solenne posses- 
so nelle sale del Palazzo della canceUe* 
ria apostolica{F',)ff onendosi sotto il tro* 
no alla presenza del collegio dei prelati 
abbreviatori, decloro sostituti , e di tutti 
gli officiali di cancelleria. Nel n.^ 142 del 
Giornale di Roma de' 33 giugno i85a 
si legge, che il Papa Pio IX, con bigliet- 
to della segreteria di stato, affidò al car- 
dinal Luigi Amat di s. Filippo e Sorso, 
l'esercizio della carica di vice-cancelliere 
di s. r. Chiesa e di som mista (nel primo 
concistoro ne seguirà la preconizzazio- 
ne, giusta il costume). Il decano de' so- 
stituti degli abbreviatori di parco mag- 
giore, è pure sostituto di mg.' reggente. 
Qui noterò che avendo il sovrano ordi- 
ne gerosolimitano il vice-cancelliere e il 
reggente della cancelleria, questi fungeva 
la carica dell'altro nelle assenze, come nel 
1 604 fece in Malta il reggentefr. d. Em« 
manueledeChebedo, pel vice-cancelliere 
fr. Gio. Otto Bosio, e lo riporta Pozzo » 
Jlist, della s. Religione di Malta par.i, 
p. 489* Molti scrittori^ oltre il Ciampini, 
parlarono del reggente della cancelleria 
e suo rilevante uffizio. L'Amydeno, De 
pietate romana y p. a 06, De vicecanceU 
lariOy et magistratibus^ lo chiama primri^ 
minister et Canctllariae Regens, Nella 
Relazione della corte di Roma di Luna- 
doro, edizione del 1646, p. Sg, si legge 
che il reggente era il i .^ uffiziale della can - 
celleria, posto che si acquistava peraa^ooo 



REG 



23 



scudi, la metà pagando i 12 abbrevia' 
tòri che vengono dopo di lui, fruttando 
rS o il I o per 1 00 : che il cardinal vice- 
cancelliere godeva la collazione del reg- 
gentato e di 6 abbreviatori; che questi 1 3 
prelati erano pure r^re/te&in delle due 
segnature, ed aveano luogo nelle cappel- 
le pontificie; ma il reggente allora non vi 
andava per rispetto delle precedenze eoa 
altri prelati, avendo egli facoltà di com- 
mettere tutte le cause di appellazione ia 
Roma agli uditòri di rota ed ai referen- 
dari, distribuendole per ordine acciocchà 
ne avessero ognuno.CoheUio,iVo£/£ìaCiir- 
dinalatus, et romanaeaulaeqfftcialibus, 
a p. 2 1 1 impiega il cap. 2 1 per trattare: 
De Cancellariae Regente , del suo uffi- 
zio, preminenze, giurisdizione > in quali 
cause deputa i giudici, che siede nel par- 
co maggiore cogli abbreviatori, ec Ve- 
ramente nel rame che riporta Ciampini 
a p. 5 1, in cui si rappresenta il parco ove 
siedono gli abbreviatori, il reggente è fi- 
gurato in piedi sotto il trono alla destra 
del cardinal vice-cancelliere neli' alto di 
sottoscrivere le suppliche e le bolle. E qui 
avvertirò, che in cancelleria il solo reg- 
gente indossa il rocchetto, poiché i prela- 
ti abbreviatori, benché altrimenti ne ab- 
biano l'uso, ivi siedono solo con sottana 
e mantelletta. Questi ultimi però, nelle 
speciali fiinzioni del collegio hanno uà 
cappuccio di saia paonazza che è Tinse* 
gna che loro s'impone nell'atto dell' in« 
gresso al collegio. De Luca, // cardinale 
praticOy discorrendo nel C8p.4o del car- 
dinal vice-cancelliere, pone pel i .^de'suoi 
uffiziali il reggente, indi gli abbreviatori 
di parco maggiore e minore, dicendo che 
il reggente ha qualche maggiore parteci- 
pazione delle materie forensi per le com* 
missioni delle cause, circa la distribuzio* 
ne che se ne fa agli uditori dì rota,aipre« 
lati di segnatura, ed anche ai cardinali, 
Plettemberg , Notitia congr. et tribuna' 
lium curiae romanae^ p. 34 1 parla del- 
l' officio del reggente. Regens est locuni' 
tencns etprimarius qfficialis vice^^cancel* 



a4 RE G 

larii, e che ti loltoicrive Regem, Nella 
Relazione della corle di Roma » aocre* 
sciuta da Sfocarla t i, cap. a4i egual- 
mente si parla del reggente della cancel- 
lerìa. Finalmente distinta notizia ci dà di 
questo prelato il Bovio, La pietà trion^ 
fante^ p* 1 9 1 1 ^^^ r^gg^nU della canceU 
Itria aposloUca^ dicendo ancora che po- 
teva alienai*e la carica rìtraendone la som- 
ma pagata, però di consensodel Papa.Che 
deve reggere la cancelleria in luogo del 
vioe*Ganoelliere, presiedere alle spedtzio* 
ni, deputare il giudice nelle cause com- 
messe dal vice-cancelliere, ed in quelle del- 
le due segnature di grazia e di giustizia, 
ricevendo la giurìsdizione da detto car- 
dinale, le cui veci esercita, essendo a tem- 
po di Sisto IV amovibile ad arbitrio del 
vice-cancelliere, poi divenne a vita. 

Questo prelato come ^migliare e com- 
mensale del Papa, godeva la parte di pa- 
ne, ciambelle e vino dal palazzo aposto- 
lico, di cui al voi. L, p. ao5. Qui noterò, 
che anco gli altri primari della cancelle- 
ria aveano tal parte, ed anticamente nel- 
la vigilia di Natale tota cancellarla ri- 
ceveva dal Papa quanto narrai nel voi. 
LV, p. 4i* Il reggente è al presente in 
pieno esercizio della carica e ne perce- 
pisce tutti gli] emolumenti. Egli di per 
se, o i prelati abbreviatori di turno fan- 
no sulle bolle quanto dissi nel voi. VII, p. 
1 80, vi appongono le iniziali L, C, lecta 
correda^ ed il reggente S, R, che significa 
Slephanus Regens, Interviene alla rinno- 
vazione delle Regole di Cancelleria (^.). 
Interviene nelle cappelle pontificie in cap- 
pa e rocchetto, e siede dopo i vescovi e il 
Commendatore di s. Spirito {f'.), benché 
un tempo avesse luogo dopoi protonota- 
ri,come notai nel voi. VIJI, p. a 18, con 
ì* Uditore delle Contradelte (^.), aven- 
dolo ripetutamente letto nelle opere che 
trattano delle pontificie funzioni. Nelle 
processioni con detto uditore precedeva 
i generali degli ordini religiosi, come ri- 
levai ne' voi. VII, p.299, Vili, p. 216: 
a Processioni, e ne' voi. VII,p. 179, IX, 



BEG 

p. 63, didiiarai die ìd quella del Corfu 
Domini presiedeva al gran numero dd 
vacabilisti che v'inierveoi va no. Gregorio 
XIII nel 1575, a tc^liere le disaemiooidi 

Precedenza per questa processione , ita- 
iPi l'ordine col quale dovevano iocede* 
re i vacabilisti e gli officiaH delb date- 
rìa, penitenzieria e cancelleria apostoli- 
ca, al modo che riporta Cohellio, Ihi 
card. p. 343. Inoltre questo prelato» 
valcava nelle 4 solenni cavalcate , colie 
quali il Papa ti portava alle cappelledei- 
la ss. Annunziata, di s. Filippo, delU Na- 
tività, di s. Carlo. Similmente ha luogo 
in quella del Possesso del Papa: ecco gE 
esempi che leggo nelle relazioni racoolte 
da Cancellieri. Gli abbreviatori interfen* 
nero neliSgo alla cavalcata del possa» 
di Gregorio XIV, ritengo clie vi sarà io- 
tervenuto ancora il reggente, giacche» 
servo che le più antiche relaaioni di que- 
ste pom pe non ri porta va no tatti gl'inter* 
venuti; gli abbreviatori lì trovo porenei 
possessi d'Innocenzo IX, in cui eziandioiì 
Aii'ono cubicularii cancellar iae; eoa sei 
possesso di Clemente Vili; dicendosi ii 
quellodi Leone Xl,chepriaiad^i uditoci 
dì rota venivano i prelati di cancdieriii 
di Paolo V, di Gregorio XV, dì Urbaa) 
Vili, d'Innocenzo X in cui si dichiarano 
i3abbi*eviatori maggiori; mentre dopo 
gli avvocati concistoriali cavalcavano m- 
ditorescontradictarum^ abbrcx'iatorts» 
nores, registratores bullarum^ soUiciUtìO' 
res de janizaris, portionari, praesià»' 
tes ripae, tutti officiali e vacabili della can- 
celleria. Lai.* volta in cui eapressameote 
é nominato il reggente, Ri il possesso di 
Clemente IX nel 1667, che cavalcò do* 
pò i chierici di camera (gli abbreviatoli 
pi*ecedevano i votanti di segnatura, à» 
cavalcarono avanti i detti chierici ), 000 
rocchetto e cappellone sopra mula ad* 
dobbata. Nel 1689 per Alessandro YIH 
cavalcò il reggente dopo i chierici di ci- 
mera, avanti gli uditori di rota. Dal 001 
averne trovato altri esempi, con viene sup- 
porre, o che fu ommesso dagli acrittoi'i, 



REO 

ovvero che duravano le vertenze di pre- 
cedenza. Nel possesso del 1846 del re- 
gnante Pio IX, dopo i chieriui di camera 
cavalcarono mg/ Antonio Cioja i*eggen« 
te della cancelleria apostolica , con due 
abbreviatori di parco maggiore , vestiti 
di cappa e rocchetto e cappelli semi-pon- 
tificali, sopra mule bardate di panno ne- 
ro. Sebbene Ciampini nella cavalcata fu- 
nebre del vice* cancelliere cardinal Far- 
nese, non parli dell' intervento del reg- 
gente, bensì degli abbreviatori, credo che 
non vi sia da dubita re che il reggente vi ab- 
bia luogo, quando quell'intermessa pom- 
pa si rinnovasse. Gio. Ciampini ci diede 
ancora, Abbrevialoris de Curia compen* 
diaria nolitia^h.omae 1 696.Questo abbre- 
viature è diverso dai sunnominati, bensì 
si soleva scegliere dagli abbreviatori di 
parco maggiore, e ne trattai ne' voi. VI, 
|). 1 1 8, X] X, p. 1 55, oltre il suo articolo s 
al presente è mg/ Domenico Bruti. 

REGGENTE DELLA PENITEN- 
ZIERIA A?0ST:0L\CA, Regens Poeni- 
tentiariae apostolìcae. Prelato Uditore di 
rota {V) insignito de' sagri ordini mag- 
giori , che dopo il cardinal Penitenziere 
maggiore (F'.) , presiede al i .^ tribunale 
della s. Sede la Penitenzieria apostolica 
(^.), colla qualifica di i.** u£SziaIe della 
luedesima equal vicario generale del car 
dinaie penitenziere, cosi appellato dal reg 
gere il sagro tribunale in nome del lo stes 
so porporato, nella cui assenza o impoten 
za funge le veci , sottoscrivendosi ne're 
scritti e decreti, Regen», Del suo ragguar 
devole e cospicuo uffizio come delle au 
lorevoli prerogative e facoltà, tenni prò 
posito ne'citati articoli e nel voi. Lll, p 
78. Di tutto'quanto che riguarda il suo 
intervento alle pontificie funzioni, come 
Uditore di rota^ a questo articolo, ed a 
Cappelle PONTIFICIE diffusamente ne trat- 
to. Per un abbaglio preso circa l' orna- 
mento del cappello spettante al Reggen^ 
le della cancelleria^ a quell'articolo l'ho 
rettificato, l'amore della verità dovendo 
pre&riiù a qualunque riguardo. Oltre il 



REG 25 

cardi nai Petra, De sacra Poenitentiariae, 
molti scrittori parlarono del prelato reg- 
gente della penitenzieria, fra'quali ricor* 
derò i seguenti. L'Amydeno, De pietate 
romana^ stampato nel 1 6^5, a p.207 chia- 
ma Gio. Battista Goccino veneto decano 
della rota , s. Poenitentiariae praefectus 
sive iRege/t5j* e trattando Decard.sunvno 
Poenitentrario^ a p. a 1 5 dice così: Munita 
igitur poenitentiariae obitur primo per 
card.poeniteniiarium cui immediate ti^" 
est s. poenitentiariae Regens qui est io* 
co vicarila et cui imponitur tota difficile 
limorum negotiorum farcina, Deligitur 
ad id ex rom, curiae praesulibus virmo» 
rum sanctitate et litterarum scientia un* 
dequaque conspicuus, Cohellio, Notitia 
cardiiialatus et romanae aulae officia" 
libus^ Romae i653, parlando degli udì* 
tori di rota, a p. 2o5 attesta, che il de- 
cano della rota , quod munus antiquiori 
aevo poenitentiariorum decanus expU' 
batj quindi parla dell'officio del reggen- 
te a p. 3oo. A p. a4^ P^'^ parlando del* 
l'ordine col quale doveano incedere nel- 
la processione del Corpus Domini, secon* 
do lo stabilito da Gregorio XIII, dopo gli 
scrittori delle lettere apostoliche proce* 
devano 1' uditore della penitenzieria e il 
reggente della penitenzieria. Nel possesso 
preso da Innocenzo X nel 1 644» trovo che 
cavalcarono , procura tores poenitentia» 
riae^ e/usdem correctores. De Luca, // 
cardinale pratico , p. 4o5 e 4^7 tratta 
del reggente, e la dice carica che è solito 
conferirsi ad uno degli uditori di i*ota. 
Plettemberg, Not. cong. et tribunalium^ 
p.183, lo qualifica, /?e^e/25 ex primariii 
romanae curiae praelatis eligi solete et 
ut plurim.um est unus ex auditoribusro» 
tae. Gerii vices major is poenitentiarii^et 
supplices libellos subsignal , ac decreta 
opportuna apponity velconcedendo in iis 
petitay s^el denegando yf^xnòx eruditamen- 
te tratta del tribunale e suoioffiziali.Lu* 
nadoro. Relazione della corte di Roma, 
illustrata da Zaccaria, parlando degli u» 
ditori di rota, riferisce che a due udito- 



aG REG 

lori ti toleTs d'ordinario affidare gli uf- 
fici di reggente e canonista della peniten* 
xìeria; diioorrendo poi del tribunale, di* 
ce che il reggente eiser suole unode'piU 
degni prelati della corte romana, e parla 
del come esercita la carica. Nel voi. LV, 
p. 4i dissi che nella vigilia di Natale ti 
Papa faceva una distrìbutione, Pof/ii/e/t- 
tiarii cum eontm familiis. 

REGGIO {Rheginm in Brutto), Città 
con residenzaarcivesoofile del regno del* 
le due Sicilie, capoluogo della provincia 
di Calabria Ulterioi-e i .*, di disti*eUo e di 
cantone^ in fertile pianura all' estremità 
degli Apennini e della penisola italiana, 
sulla costa italiana del Faro di Messina, 
che mediante il canale di tal nome la se* 
para dalla Sicilia a quasi 3 leghe da Messi- 
na, ed a 73 da Napoli, sulla destra sponda 
del Calopinace, in riva al mare. Sede di 
una gran corte criminale, di tribunaied* 
vile e di giudice d'istrusione, piazza for- 
te di 3.* classe, cinta di mura fiancheg- 
giate da torri e circondata da grandi sob- 
borghi. Le strade sono larghe e dritte, e 
le case in generale ben fabbricate; bella 
è la riviera, ma il portopoco sicuro, per- 
ciò le piccole barche riparando dietro una 
elevata muraglia, e fermandosi gli altri 
bastimenti lungo la rada. Nel mare diReg- 
gio si osserva il particolare fenomeno , 
conosciuto sotto il nome di Fata Morga- 
na e sul quale scrissero diversi e piìi di 
proposito il p. Giardina domenicano, 
spiegando la cagione della vaga e dilette- 
vole apparitionesulleacquedel mareReg- 
gino, e nella stagione estiva e quando il 
mare istesso e in quella somma tranquil- 
lità che colà chiamano macherìa^ e di- 
stinguendo, per evitare ogni equivoco, 3 
sorte di Fata Morgana, cioè la marina, 
r aerea , ed una 3.* eh' ei chiama Iride 
fr«*giata. Quantunque nella sua opera sia 
soverchia l'immaginazione, in sostanza si 
raccoglie : che la limpidezza delle acque 
del mare abbondante di particelle bitu* 
minose, l'aria impregnata di umori cri- 
stallini e di materie eletttiche fomentate 



REG 

dal fuoco flottermoeo, readoao alle vnkc 
quel mare istesso oome iiDospeethio,ad 
quale si veggono le città di Reggio, di 
Messina, ed i luoghi vicini cogli aaisisli 
etutt'altro ch'i su quelle collinette, te* 
condo la positìone oclhi €|unle si trovar» 
servatore; ed allorché que* vapori si cos* ! 
densano in aria, gli iteaai oggetti si ng* ' 
gono come in un terùsaimo ipeochio pcs- 
sile. La cattedrale betilica, ailuata ia no- 
so alla città, i un nuovo edUfisio, aveodo 
il terremoto nel 1 783 rovinata rsatio; 
i dedicata alla R. Vergine Assunta, ri- 
splende per ornamenti di pillureeperk 
cappella del ss. Sagramento prezion per 
la profusione de'maraii e agate cfaelsd^ 
corano : vi i il fonte betteti malese bea* 
ra d' anime affidata al canonico canta 
Aderente alla metropolitana e il pslsoo 
arcivescovile. Il capitolo si compone di { 
dignità,!. 'delle quali è il decano, Tallrt 
essendo l' arcidiacono, il cantore e il k* 
soriere; di 24 canonici ooa> prese lepre- 
bende del teologo e del penitenzieit, (fi 
IO ebdomadari, e di altri preti ecfaieri* 
ci addetti al servigio di vino. Inoltreviio- 
no 7 altre chiese parrocchia li e munite (U ' 
t. fonte, oltre la collegiata di a. Maria dui* ' 
mata la Cattolica At\ Protopapa (^.)gn' 
co. Vi sono pure 3 conventi di religios, 
oltre ilcollegio e la bella chiesa nnovsdd 
gesuiti con orfanotrofio provinciale; da 
monasteri di monache : nella chiesa dà 
domenicani si ammira una mannoreacap> ^ 
pel la di stile gotico. Nel novembre 1849 1 
fu inaugurato l' educandato delle saoR l 
della carità con 7 religiose, le quali tisi* 
tata la chiesa di s. Agostino perringti* 
ziare Dio del benefizio conceduto da R 
Ferdinando II, fecero l'ingresso nell'edi* 
fizio loro preparato dal zelantissimo io- 
tendente promotore della beiropera.Que' 
sto luogo già derelitto, fu trasformato ì> 
decente ginnasio femminile, per le pie» 
guaci di s. Vincenzo di Paoli. Vi sono^ 
ziandio altri stabilimenti d' istruzione e 
benefici, confraternite, ospedale e semios* 
l'io. Ha Csbbriche di seterie, set^ calze e 






à 



P 
I 



RÈO 

altre opere di bisso o tela finissima, già 
di molta rÌDoroanza,essenzeediversesor« 
te d'acque odorìfere e stoviglie comuni, 
essendo slate le antiche di singoiar pre* 
gio; vi sono usine alimentate dalle mi- 
niere di Valanidi,Stoffa, Addai e Musciad- 
di. Considerabile é il suo traffico di vini, 
olio, frutti e seta, anzi è il piii ricco em- 
porio delle sete calabresi. La pesca attiva 
e copiosa somministra molta varietà di 
crostacei, fra'qualì una specie di ostrica 
die dalle pinne marine o nacchere for- 
nisce abbondante e finissima peluria, det- 
ta volgarmente 7tf/ta sudicia e in più a- 
dallo linguaggio bisso o pelo di ostura, 
obesi prepara nelle nominate fabbriche 
con appositi metodi , per farne guanti , 
calze e berretti pi*egiati. Vi si tiene fiera 
ne'prirai 1 5 giorni di settembre. Fu patria 
di Agatone tiranno di Siracusa, dei filo- 
sofi Ipparco, Ippia, Lieo e Teagene, del 
legislatore A ndrodamo,de'poeti Cleome- 
ne e Ibico, degli statuari Learco e Clear- 
co,e di altri più moderni uomini illustri; 
perciò vi fiorirono rinomate accademie , 
e Pitagora vi tenne scuola^ venendo al- 
tamente celebrala questa città dagli an- 
tichi scrittori pei tanti suoi pregi , come 
dairUghelli nel riportare la storia de'suoi 
sagri pastori, Italia sacra t. 9, p. 3i5, 
Il distretto di Reggio abbraccia , oltre il 
proprio circondario, quelli di Villa t. Gio- 
"vanni, Scilla promontorio famoso, Calan- 
na. Melilo, Bova , e s. Agata in Gallina 
col titolo di principato. 

L'antichissima e illustre Reggio, /{/le- 
ffum Julii^ secondo S trabone vanta a fon- 
datori i calcidesi egli esuli messeni. AU 
cidamida fu invitato da Messene a por* 
tarsi alla testa del governo di quella nuo- 
"va repubblica, aiutato da un consiglio di 
1 000 tra'piii stimati cittadini. Usuo pro- 
nipote Anassila, erede del potei*e esecu- 
tivo, sostenne guerre continue colla re- 
pubblica sicula di Zancle, e adizzò contro 
quella un'armata di messeni, tratta diGre- 
cia, che l'occupò e le diede il nome di Mes- 
sene. Fiorì dopo questa epoca felicemente 



REG 27 

la repubblica reggina, e le morali leggi 
promulgatevi dal Glosofo Caronda, legi- 
slatore di Catania sua patria e di tutte le 
colonie calcidesi, attrassero l' universale 
ammirazione. Anassila il giovane cessò 
quel beato vivere, facendosi proclamare 
signore di Reggio, occupata a viva forza 
la rocca. Egli fece invadere la nuova Mes- 
sene dai samii, e questi ausiliari cacciò poi 
per dar quella signoria al figlio Leofro- 
ne; quindi difendendo contro ogni ester- 
na aggressione i suoi slati, e turbando so* 
venie l'altrui pace, e specialmente di Lo- 
cri , che senza la mediazione di Jerone 
sarebbe perita. Egli coltivava l' idea di 
riunire in una sola monarchia la Magna 
Grecia, ma non ne venne a capo, e lasciò 
morendo Micito il suo più fido a tutoi*e 
de'suoi figli. Questo uomo virtuoso sos- 
tenne con onore la moderata reggenza , 
mantenne la pace, ampliò il commercio 
e fondò la colonia reggina di Bussenzio, 
ove fu poi Policastro, Quando i giovani 
principi ambirono di governareda perse 
slessi, egli tornò volontieri a vita piùvata 
in Tegea d'Arcadia, dopo avere reso fe«r 
del conto di sua amministrazione, seco re- 
cando il solo guiderdone d'una pura co- 
scienza. Poco dopo, tra per l'insolente a- 
buso di potere che soffrivano e per V e- 
sempio che imparavano dalle città sicu« 
le, i reggini ricuperarono la libertà , ma 
furono lacerati ben presto dalle fazioni. 
I discendenti de'oalcidesi e messeni ven- 
nero più volte all^ mani ; in mal punto 
poi trovandosi, chiesero soccorso a'calci- 
desi d'iqiera sicula, i quali volati in Reg- 
gio trucidarono tutti di contraria parte, 
usurparono la signoria e aggravarono % 
propri confi-atelli colla più umiliante op- 
pressione, Né avvenne se non dopo lun- 
go gemelle la nuova emancipazione della 
repubblica , la quale respirò finalmente 
sotto le forme del suo reggimento a co- 
mune. £ COSI durò finché non le appre- 
stò nuovi guai la temuta possanza del si- 
racusano Dionigi. Fu Reggio lai.' città 
che gettasse il grido d'allarme contro quel 



28 REO 

tiranao, che Tolem dominare tutte le re* 
pubbliche degf italioti, e collegatasi con 
Metsina ? enne trasportato tu quella spiag- 
gia siciliana un esercito, ingrossandolo con 
altri ausiliari messeni. Se non che lo spi- 
rito di sedizione e di gelosia s'impadronì 
dc'messinesi, mentre avveniva la marcia 
per a Siracusa, i quali slMindatisi, anche 
i reggini dovettero perciò retrocedere e 
cercar da Dionigi la pace. L' ottennero 
effettivamente, ma non andò guari, che 
con nuove onte provocarono il fìero re 
di Siracusa. G)stui, vago di blandir gl'i* 
tal ioti, mentre prepara vasi a cozzare coi 
cartaginesi, richiese in isposa una vergi- 
ne i*eggina, ed i cittadini non solo rifiuta- 
rono di aderire al voto, ma vi aggiunsero 
l'onta d'insultante risposta. Trovò Dio- 
nigi maggior condiscendenza in Locri , 
ed ivi sposò Doride, giurando contro Reg- 
gio implacabile vendetta. I reggini dun- 
que si prepararono alla guerra, e ti*asse- 
ro nelle loro file quanti profughi sicilia- 
ni v'erano. Duce supremo dell' esercito 
fu Elori siracusano, e s' incominciarono 
le ostilità con infruttuoso attacco sopra 
Messina. Tentò Dionigi di sorprendere 
Reggio, ma Elori ebbe la gloria di sai- 
'Varia e di ottenere la tregua d'un anno. 
Spiegava intanto ogni di più chiaramente 
Dionigi le sue mire sulla Magna Grecia, 
e per meglio domarla sicollegòco'belli- 
cosi lucani ; il possesso di Reggio era il 
principalesuoscopo. A tal fine separò col* 
la forza e col denaro tutti gl'italioti con- 
federati dagl'interessi di questa repubbli- 
ca, e dipoi la ciose di strettissimo asse- 
dio : oro, navi e ostaggi dovettero offrire 
ì cittadini sopraffatti per evitare il disa- 
Siro, ma con l'effimero trattato discopri- 
rono di più la propria debolezza. Con 
magnanimo esempio eccitati da Pitoche 
ne dirigeva la difesa, ì reggini bastarono 
perr i mesi a sostenere le privazioni del- 
l'assedio, ed i più fot*midabiii attacchi, ma 
niuna speranza essendovi più di salvez- 
za, dovettero piegare alla resa. E fu tan- 
to crudo il tiranno , che con perfida si- 



REG 

roulatione proferìTa parole di pietà, di- 
chiarando di oontentarsi della nfiakne 
delle spese della guerra o d*un forte tri* 
buio, onde da*cilUidioiy eome prenodi 
libertà, alacremcole ai ▼olaiaero i tesori 
nascosti; ma compiuta A nuova spededi 
sacco, infranse Dionigi le promesse, tm* j 
se in dura serv itb a Siracusa 6000 re^ 
gini e mise la citta a ferro e fuoco. Kèli 
virtù e l'amor patrio di Pito il tratlaue> 
ro dall' incrudelire contro di lui, il (pa* 
le dopo aver contemplato eroicamealel 
morire dell'unico figlio, perì fia' tomoli 
più atroci che io ventar sapesse li ni* 
nata tirannide. Gmì cadde Reggio 386 
anni prima dell'era volgare e teco tme 
la rovina di tutte le repubbliche italiolt 
Da quell'epoca più non furono tanto glo- 
riosi i fasti civili di R^^OybeocfaèAgi- 
tode figlio di Dionigi le reoidesie U libff* 
tà, ei*estaurasse.Conquiatata dairoonoi, 
divenne Reggio colonia e municipio no* 
bilissimo. Giulio Cesare, dopo discMÓitt 
dalla Sicilia Pompeo, imprese a rifabbrì* 
caria e la popolò di soldati e vecchi le* 
gionari, che aveanoservito nella suaflot* 
ta, dandole il nome di Feòitj ^ die sodò 
quasi subito in obblio, per preodereqocl' 
lo di Bhegiuni JuUL Vi morì verso l'as- 
no 1 4 di nostra era la famosa Giulia figh 
unica d'Augusto, celebre per belleBS, il- 
gegno e depravata condotta; maritata pri* 
ma a Mai*cello, poi ad Agrippa, indi sii* 
berio, il quale si ritirò a Rodi per non a* 
sere testimonio de'suoi disordini, lo ck : 
illuminò il padre che esiliò Giulia odri- 1 
sola Panda tarla, e dopo 6 anni a RegpH j 
ove fu trattata meno severamente; div^ ! 
nuto Tiberio imperatore la privò ddh ! 
tenue pensione , onde la principessa d^ j 
stinata ad essere rornamentodeli.^tro'f 
no dell'universo, perì di fame ! Dopo li ! 
morte d'Augusto sino al 4io fu Reggio! 
città florida e magnifica. Dai romani pst* 
so quindi nel dominio de*goti sotto Toli* 
la, che la pi*ese nel 549* Nel 9 1 8 fìi oe* 
Gupata dai mori o maomettani aglsbiti 
o agareni. In seguito nel 1 oo5 la presero 



AEG 

xbeggiai*ODo i pisani, passando a fil 
lada que'saracenicheTÌ si trovavano, 
uta quindi in mano degrimperatoii 
iy i normanni li cacciarono, e Rober« 
yuiscardo quivi si fece eleggere nel 
g i.^duca di Sicilia e di Calabria. Nel 

3 fu presa da Federico II d'Aragona 
i Sicilia. Gonzalvo di Cordova la po« 
I potere di Ferdinando V re di Spa- 
e di Napoli neli5o3. Indi nel 1 543 o 

4 sofifrì un orribile saccheggio e fu in* 
liata daBarbarossa eCaradìno,perSo- 
no II impera torede'turchi; e Mustafìt 
là nei 1 588 le fece provare la mede- 
: sorte, rinnovandosi poi a pi il ripre* 
' insulti de' barbareschi^ laonde nel 

5 ùì pure data alle fiamme dai pascià 
n o Assane Cigala rinegato Calabre* 
ondimenosi riebbe da tante sciagure, 
i era ritornata fiorentissima quando 
uasi intieramente distrutta dal ter- 
>to del 1783, dalie cui rovine a poco 
co si ristorò. Segui quindi i dentini 
*eame di Napoli. Sono pressoché in- 

i monumenti che ad ogni occasione 
avar la terra si trovano tanto den* 
he fuori la città, i quali dimostrano 
3 Reggio stata sia ne'trasandati seco» 
ogo di molta distinzione e celebrità, 
mti della rinomatissima i*egione. 
I fede cristiana vi fu predicata dal- 
•stolo 8. Paolo, che vi convertì ebai* 
I moltissimi reggini, vi fondò la sede 
>vile, la quale divenne metropoli ec* 
istica della Calabria (/^.)> ^^^ ^^' 
ntich issimi Patrimoni della s.Sede 
, avendo al i.^ de'citali articoli no* 
i Papi che die alla Chiesa la Cala- 
detta ancora Magna* Grecii2(/^.)j che 
a i suoi martiri primizie del cristia- 
QO della regione, essendo protettore 
eggio s. Giorgio maiiire. Prima di 
'tare la serie de' vescovi e arcivescovi 
helli,dii*ò le notizie delle chiese gre* 
itabilite in Reggio e nell'arcidiocesi, 
'autorità di Rodotà, Del rito greco 
dia 1. 1 , p. 4o2 e seg. Essendosi que* 
ittà resa alla faconda predicazione 



KEG 29 

di a. Paolo, il quale lasciò le cure del ve- 
scovato a s. Stefano suo discepolo, fu go- 
vernata per lo spazio di 7 secoli da ve- 
scovi di rito latino; nel secolo VII! fu sta- 
bilita metropoli, e l'arci vescovo primate 
della Calabria. Il suo prelato sublimato 
agli onori dell'arcivescovato, riceveva 
l'imposizione delle mani dal patriarca di 
Costantinopoli. Fu la chiesa di Reggio 
cospicua e illustre metropoli della Cala- 
bria sotto il greco impero per 3oo anni, 
con i3 vescovi suffraganei chedovea con- 
sagrare, cioè Bova, Tauriano trasferito 
poi a Mileto, Locri, Rossano, Squillace, 
Tropea, A man tea che si uni a Tropea, 
Cotrone, Cosenza, Nicotera, Bisignano, 
Nicastro, Cassano. Noterò che l'Ughelli 
ne registrò g, cioè Bova, Catanzaro, Ge« 
race, Cotrone, Neocastro, Nicotera, Op* 
pido, Squillace, Tropea, avvertendo che 
Cassano che pretendeva l'esenzione, s. Pio 
V nel i566 »» declaravit metropolitano 
Rhegino subjacere,sed nuncConsentinam 
metropoli msynodorum causa petit,prout 
vicissi m episcopus M i li ten exem ptus R he* 
ginam metropolim dumtaxat sy nodorum 
causa accedere solet, in ter ecclesias ro- 
mano Pontifici immediate subjectas. " 
Commanville ne riportò un numero mag- 
giore, a motivo della riunione di diverse 
sedi vescovili. Al presente sono suffraga- 
nei dell'arcivescovo di Reggio, in virtù 
del concordato di Pio VII e sua circo- 
scrizione di diocesi, i 9 vescovi di Bova, 
Cassano, Catanzaro, Cotrone, Gerace, Ni- 
castro, Oppido, Squillace, Tropea cui è 
unita la sede di Nicotera. Dice Rodotà, 
che dopo avere il conte Ruggiero nor- 
manno restituita questa chiesa con molte 
altre alla giurisdizione della s. Sede, vi 
richiamò l'antico rìto latino,costantemen- 
te poi osservato dagli arci vescovi, i quali 
non avendo veruna ragione della dignità 
metropolitica derivata loro da'patriaixhi 
di Costantinopoli, si determinarono di vo- 
lere ricevere un tale onore da s. Gregorio 
VII , che graziosamente lo concesse nel 
1 081 a suppliche del duca Roberto Gui* 



3o REO 

•eaitlo. NoD tutti i ? etoovi greci siiflìt- 
ganei seguirono del pari le orme del loro 
luetropolitaoo, con mililare tolto il rito 
latioo. Alcuni di loro avendo a cuore il 
greco, furono lasciati in libertà dal conte 
Ruggiero, il quale quantunque impiegas- 
te dolcemente la sua autorità perriroet* 
tere in onore tutte le chiese, colle cere- 
monie latine; temendo nondimeno di su- 
scitare qualche pericolosa sedizione, la- 
sciò loro in libertà o di ritenere le antiche 
patrie leggi, o di soggettarsi al soave gio* 
go delle latine costumanze. Proseguivano 
pertanto alcuni vescovi nel secolo XII a 
celebrare le loro adunanze e i sacrosanti 
misteri nel rito greco. He fa argomento 
il diploma d'Alessandro III, il qualeac* 
cordando nel 1 165 l'insegna del pallio 
a Ruggiero II arcivescovo di Reggio, già 
conceduto da S.Gregorio VII e Eugenio 
III, confermò tale onore anche pe'suc- 
cessori, e gli presa'isse di potersi valere 
di quello nella consagrazione de' vescovi 
sulTraganei o fossero giteci o pure latini: 
de'due prelati greci intervenuti col me- 
tropolitano , si fa menzione nel concilio 
celebrato da detto Papa nel i i79.lnReg* 
gio i greci aveano 1 1 parrocchie, prova 
del numeroso popolo greco che vi abita- 
va, con sacerdoti che amministravano i 
sagramenti. La più superba e sontuosa 
basilica era s. Maria della Cattolica^ in 
cui esercitavasi con magnificenza e con 
mirabile affluenza de'nazionali, la pom- 
pa dell'ecclesiastico ministero orientale, 
essendo la più insigne collegiata del rito 
greco, non solamente dell'arcidiocesi di 
Reggio, ma nella vastità di tutta Italia. 
Fondata per capo e matrice della gente 
greca, era composta d'un gran numero 
di ministri, -e governata dal protopapa, 
il quale era fornito di molti onori e am- 
pia giurisdizione clie esercitava. Dopo di 
lui teneva il 2.** luogo il ditereo a.* di- 
gnità, cioè secundo con greco vocabolo. 
I canonici celebravano ogni giorno gli ec- 
clesiastici uffizi e i divini misteri, e nella 
feria 6." recitavano alcune particolari o- 



REG 

raziooi per tuOragio del loro illustre Iw- 
nefattore, fuatione ch'ero chiamata tup* 
plicaziane. Tra le molle e decorose •■• 
iiue funzioni,ooo grò ▼€ conto eseonoM- 
ticali ittrumenti,aiogoifico ero qodk nel- 
la domenica delle Palme. Il protopspi 
corteggiato dal suo clero, si recava daÙa | 
tua chieta a quello di a. Croce che ds lui [ 
dipendeva, dove a tìsIo d'un prodigioo 
concorso di popolo, e oon fietUvo pUoo 
della città &ceva lo aolonno beoedisioBe 
delle palme. Il sito ovo aorgeva qrnti 
chieta mantiene il nomo d'Hosamu^tk 
colonna su cui il popolo pcoevalepaloe^ 
perché ricevessero la benedizione oel li* 
lo greco, fu trasferito noiratrio della cat- 
tedrale. E* incerto il fimdatore della spio- 
dida collegiata di a. Maria della CaOt- 
lica^ però si attribuiaoe ol conte Rogge- 
ro, munifico ristoratore delle dùeseeoB- 
nasteri di GiUbria, dopo retpulsiooeda 
saraceni che aveano abolita la rdìpm 
cristiana, e si vuole in rendimento di gn* 
zie a Dio, per le vittorie riportate so qtei ' 
barbari e conquista del regno, ricolnss* 
dola di rendite e provvedendola di vt 
meroti sagri ministri, io segno di nsgd' , 
tare il rito greco e perché fosse ai gita 
comune madre. In luogo del già 810!» 
scovo greco vi stabifi per prindpak» 
Distro il protopapa^ con autorità aoflt- 
tima e giurisdizione sui greci, sottraci' 
dolo da quella del nuovo ripristiostotf* 
ci vescovo latino, prescrivendo alleckieit 
e clero greco del vasto territorio laclro- ' 
politane di Reggio, che rendessero coae 
a loro superiore soltantoomaggio al piv* 
topapa , e riguardassero la sua chiesa per 
cattedrale. Inoltre concesse la preteali' 
zione di questo prelato della greca si* 
zione al popolo di Reggio, riserbaodoi 
se e successori d'investirlo della dignità I 
Godè la chiesa di s. Maria deUa Cai»' > 
lica tutto in perfetta pace, finché^ al di(t 
di Rodotà, gli arcivescovi ne pr«)curaiS' 
no l'annientamento, avendo essi oolkn 
clero sempre riguardato di mal occhio 
la dignità di protopapa. Principalmeott 






REO 

combattere il rito gi*eco l'arci vesco* 
inibale d'Afflitto, die nel i6i i sop- 
i nella detta chiesa le cereroonie 
e, v'introdusse Je latine, converten- 
n parrocchia del proprio rito e ar« 
idosi la provvista delle ce ppellanie, 

rimase spogliato il protopapa, rt- 
idosi a nulla la sua autorità. Gli ar« 
ovi successori difesero il disposto 
'cdecessore Annibale, con sostener 

conte Ruggiero destinò la chiesa 
I real cappella e per i.^ suocappeU 
I protopapa, sottraendolo dalla giù* 
ione arcivescovile, ed a lui non spet* 
e nomine delle cappellanie. Ambo 
rti vennero a contestazioni, e pub- 
ono erudite allegazioni : nel 1 726 
ta la causa al giudizio del cappella- 
Bggiore del re, egli dichiarò il prò- 
a, ancorché divenuto di rito latino, 
uocessori, esenti dall'autorità del* 
vescovo, e gli restituì il possesso d'e* 
re i ministri di sua chiesa, come la 
dizionesui medesimi.Dipoi nel 1 780 
poli e nel 1735 in Roma Zavarroni 
IO generale dell'arcivescovo divul* 
l'apologia, sopra lacontroversa chic* 
spugnando la legittimità del diplo- 
el conte Ruggiero. La dignità del 
papa non più greca ma latina , si 
riva a presentazione della città di 
io dal re delle due Sicilie. (Celebra- 
livini uffizi, assistito da ministrì ec« 
Itici vestiti dì mezzetta. Nell'arci- 
» furono già molte colonie di rito 
, come di s. Agata, della Motta di 
vanni, di s. Lorenzo, di Cardeto, di 
» di Mossorova, di Montello e Pen* 
olo. 

[ .^ vescovo di Reggio fu s. Stefiino 
»a di Bitinia, ordinato da s. Paolo 
ni dopo l'Ascensione in cielo del Re* 
re, chiaro per lo zelo di diffondere 
igelo, per virtii e dottrina, patendo 
•so martirio nel 74» coi ss. Suera ve- 
t Agnese, Felicita e Perpetua. Il a. ^ 
fo fu Marco che nel 3a5 fu al con- 
li Nicea I; Ilario viveva uel434;& 



REG 



3i 



Sisinnio di Reggio del 536 che ospitò s. 
Placido; s. Cirillo di Reggio del SSg; Lu- 
cio fiorì dopo il 586; Booi&cio del 598^ 
di cui querelandosi il clero, Papa s. Gre- 
gorio I ne commise la causa a 5 vescovi 
di Calabria. Nel 60 1 divenne vescovoPao* 
lino; indi Giovanni che nel 680 s. Aga« 
tone spedì in Costantinopoli per opporsi 
all'eresia de' monoteliti; Costantino del 
790 che fu al concilio di Nicea II; Leon- 
zio neir870 intervenne a quello di Co- 
stantinopoli; Leone fu al conciliabolo di 
Fozio tenuto io detta città neir879, se 
pure non sia lo stesso Leonzio; s. Euse- 
bio di Reggio colle sue preghiere salvò 
la città da maggiori ecddii, per parte dei 
greci e saraceni, e lodato mori nel 916. 
Gli successe Stefano, al cui tempo giteci e 
saraceni devastarono la Calabria, e re- 
staurata la chiesa di s. Micheledi Catan- 
zaro la dedicò; indi Calato, poi Leonzio, 
Ruggiero del i o 1 4» V... o Uberto o Gu« 
glielmo del 1 0S6, Reghiensi arcfùepisco» 
pusyctke intervenne ad un privilegio con- 
cesso alla chiesa di Palermo dal conteRug- 
giero, secondo Pirro. Indi Rodolfo o Ar- 
nolfo, che però l'Ughelli lo dice consagra- 
to arcivescovo prima, ne) 1081 sotto s. 
Gregorio VII, che con solenne rito de* 
dico la chiesa della ss. Trinità di Mileto, 
magnificamente dotata dal duca Rober- 
to. Nel 1 089 ospitò Papa Urbano lì, re*; 
duce dal concilio di Troia: essendo mor- 
to nel 1 1 90, il capitolo elesse aixivesco* 
vo s. Brunone fondatore de'certosini, che 
ricusò la dignità. Urbano lì gli surrogò 
il rispettabile cavàmaì Rangerio, del qua- 
le e degli altri cardinali tratto alle bio*> 
grafie: fu nel 1 106 al concilio di Gua^ 
stalla con Pasquale II, ed altro non si 
sa di lui, Rodolfo o Arnolfo intervenne 
alla consagrazione della chiesa di Catan- 
zaro, e mori nel 1 122. Beraldofu elet- 
to nel seguente anno ; poscia Guglielmo 
che morì nel 1 i3i; Ruggero del 1 146 
di gran virtù, il quale da Gaeta ottenne 
da Alessandro III quanto notai disopra, 
^ la conferma de'pri viiegi concessi alla sua 



3i 



REG 



chiesa dai re e imperatori. Il tuccetsore 
Tommaso, di celebrata memoria, fu nel 
j 177 ai concilio di Laterano tenuto du 
detto Papa, coi suffragane! greci LfCra- 
•ino, e Filippo di Cotrone, e Guido di 
Nicastro. Nel 1 194 Guglielmo si com« 
pose sulle decime di Mesa, appartenen* 
te airarchimandrìta di Messina col mo- 
nastero di s. Pancrazio: a questi l'im- 
peratore Enrico VI donò Bo?a col suo 
contado e rocca, ed altre terre, ciò che 
confermò poi Federico 11. Nel i iggl'ar* 
cidiacono Giacomo divenne arci vescofo, 
la cui elezione approvò il cardinal Cre- 
scenzio legato; Innocenzo ili gl'i m pose 
il pallio in Roma, e poi gli commise le 
differenze tra gli arcivescovi di Monrea- 
le e Rossano. Il capitolo avendo eletto 
Lando,nobile,erudito,prudente,nel 1217 
Onorio in l'approvò e consagrò,ed a que- 
sto Papa rinviò Federico 11 per la pace, 
come a Gregorio IX che lo trasferì a Mes- 
sina. Nel 13 34 gli sostituì R... vescovo 
di Squlllace. Vernacio cappellano d'In- 
nocenzo IV, per virtù e scienza lodalo, e- 
letto dal capitolo, il Papa lo confermò nel 
i^5:i, ludi nel i^Sg M. Giacomo Ca- 
stiglioni consanguineo di Alessandro IV, 
di egregie virtù. Papa Nicolò IH avendo 
rigettata la viziosa elezione fatta dal ca« 
pitelo del decano Roberto, nel 1277 so- 
stituì fr. Gentile de'minori, d'eccellenti 
doti e fornito di scienza, cui Nicolò iV 
fece reintegrare ne'beni dal cardinal Ber- 
nardo legato: questo pastore indeCesso 
propugnatore della libertà ecclesiastica, 
sostenne potenti persecuzioni, indi fu fat- 
to amministratore d'Àlife, con facoltà di 
assolvere i fautori di Pietro li d'Arago- 
na, a danno di Carlo li. Nel 1807 Cle- 
mente V nominòTommaso figlio del con- 
te di Catanzaro; nel 1 3 1 6 Giovanni XXll 
approvò Guglielmo di Reggio di gravi 
qualità e prudenza, eletto dal capitolo; 
il successore fr. Pietro agostiniano, insi- 
gne per pietà e letteratura, fu consagrato 
in A vignone, ove era stata trasferita la re- 
sidenza pontificia^e morì nel 1^28. Gli 



REG 

tueeetsero, nel 1 3a8 Pietro GalgtRi & 
Manfredonia traalalodaGioTanmlIll 
da Cosenza; oel 1 355 Filippo Riaordli 
di Cosenza per lenoceino VI; nel i365 
Carlo de'conti Orto sifiiaIGtsudo; nel 1 37 ( 
Tommaso de Porta salemileno di gru 
virtù; nel i38i Giordano fiitlo daD^ 
baoo VI; nel i4o4 Pietro FiloroarìDOio* 
bile napoletano nona inalo de Boai&do 
IX per le tue esimie virtù; nel 14^1 Bv- 
tolomeo Gattula nobile di Gaeta tndi- 
lo da Rossano, donde nel 14^6 paaòi 
Messina, eruditissimo nelle divineeoas* 
ne lettere. Martino Y lo fece suocedere 
dal virtuoso parente Gaspare Colooa 
romano, e poco dopo nominò Paolo già 
di Manfredonia, che seguendo losdsei 
di Basilea,Eugenio I V lo esiliò, e iieli4io 
elesse Guglielmo Logoteta nobile reggi* 
no, che eresse nella cattedrale la cspipél- 
la a s. Stefano protomartire. Nel i^/^ 
Angelo Grassi di Manfredonia, già di A- 
riano; nel i^SZ Antonio Bioct napol» 
tano, che edificò la torre campanarÌ8,ri* 
fabbricò la parte anteriore della meirs- 
politana, cui donò di preziosi paranes' 
ti; nel 1488 fr. Marco Maroldi napol^ 
taiio, domenicano dotto; nel 1497 ^ 
tro IsuaeUts consagrato nella cappella 
pontificia, poi cardinale, che nel i5oii 
rassegnò al nipote Franceaco la sede; sd 
1 5 1 a Roberto Orsini nobilissimo roai' 
no, chiarissimo -per virtù e dottrins, is- 
tervenne al concilio di Latei*ano V, cfii 
nunzio di Leone X in Polonia e Geroi' 
nia. Neil 520 cardinal Agostino Tiwttb . 
amministratore, che con regresso cede il 
fratello Pieti*o arcivescovo d'Epidanroùi 
partibutj indi colle stesse oondiziooiil 
cardinal Ercole Gonzaga. Clemente Vii 
neliSsg nominò Girolamo Centelliiici' 
liano, dotto e probo, oonsagrato nellacap- 
pella pontificia dal sagrista : aumenlbi 
canonici da 1 a a 1 8, e nel suburbio ooUo' 
co i cappuccini. Nel 1 537 Agostino Gon- 
zaga nobilissimo di Mantova,cheedi(ic0 
la chiesa e il convento ai minimi e fu se* 
polto avanti ai gradini dell'altare ma{ 



REO 

giore da lui riedificato nella cattedrale. 
Nel 1 56o fr. Gaspare KiciuUi di Fosso dio* 
cesi di Cosensa, insigne per tirtù e scien- 
za, decoro dell'ordine de' minimi, bene- 
merito del concilio di Trento: introdus- 
se in Reggio i gesuiti ed i domenicani , 
rifece la cattedrale incendiata dai turchi 
e la con&agrò; istituì il seminario, fondò 
il monte di pietà,^ed altro in Robliniano; 
ridusse diverse monache in un monaste* 
ro, celebrò il sinodo; pianto da tutti, e- 
semplare e generosissimo pastore , morì 
nel iSga e fu sepolto nella cappella da 
lui costruita nella metropolitana. Gli sue* 
cesse Annibale de AfQilto nobilissimo pa- 
lermitano, eccellente nelle lettere, e per 
altre doti celebrato : avendo il ri negato 
Cigala coi turchi distrutto il sepolcro del 
pi*edecessore, spogliata la cattedrale, ma- 
nomessa la città, a lutto accorse col suo 
patrimonio; celebrò il sinodo, e morì in 
odore di santità nel 1 638. Dopo Anniba- 
le Mascabruni vescovo di Stabia, nel 1 644 
Gaspare Creales spagnuolo lodato pasto- 
re. Nel 1660 Matteo di Gennaro nobile 
napoletano degnissimo; nel 1 675 Martino 
Thanez di Y41lanova traslato da Gaeta; 
nel 1 696 Andrea Monreale di Brindisi già 
di Lanciano, col quale nell'Italia sacra 
si termina la serie, che proseguirò colle 
Notizie di Roma.i'jTt'j Damiano Polou 
di Gandia. 1 757 Domenico Zigari di Co- 
senza, traslato da Cotrone. 1 76 1 Matteo 
Gennaro Testa di Napoli. 1 767 fr. Alber- 
to M.' Capobiauchi domenicano di Brin- 
disi. Dopo sede vacante, nel 1 797 fr. Ber- 
nardo Cennicola della diocesi di Telese, 
minore osservante. 18 18 Alessandro To- 
massini di Diminiti arcìdiocesi di Reggio, 
ti*aslato da 0|)pido.i828 fr. Emmanue- 
le M.* Bellorado di Napoli domenicano, 
traslato da Catanzaro, autore d'opere, co* 
me ut' Panegirici in 3 voi. 1 829 fr. Leone 
Ciampa francescano alcantarino di Ser- 
ra Capriola. Gregorio XVI traslatòa Con 
za questo prelato nel concistoro del i. 
febbraio 1836; in quello poi degli 11 lu- 
glio preconizzò l'attuale arcivescovo mg.f 

VOL. LYII. 



REG 



33 



o 



Pietro di Benedetto di Cassano arcidia- 
cono di quella cattedrale , canonico pe- 
nitenziere e teologo , degno della sede. 
L'arcidiocesi si estende per 36 miglia cir- 
ca. Ogni nuovo arcivescovo è tassato in 
600 fiorini, fi'uttando la mensa 2930 du" 
catorum aeris neapolitani cunclis dedu^ 
ctìs oneribus. 

REGGIO DI MODENA {Regien Le- 
pidi ). Città con residenza vescovile del 
ducato d'ìModena (col quale articolo e con 
quello di Ferrara sono collegate le noti- 
zie di Reggio e suo ducato), da cui è di- 
stante più di 5 leghe, 6 da Parma, 3 da 
Novellare (della qual città feci parola nel 
voi. XLV, p. 286), sulla vìa Emilia, ca- 
poluogo di distretto e di due cantoni, co- 
me del ducato e provincia del suojiome, 
il quale si forma di que'luoghi che dirò. 
La provincia si estende sino al giogo de- 
gli Apennini , ed è in essa rimarchevole 
il monte Canossa perla celebre gran con- 
tessa Matilde [F,) signora della fortezza 
inespugnabile posta sopra una collina , 
prossima alla sorgente del Crostolo, e per 
le singolari e memorabili vicende ivi acca- 
dute, che narrai a s. Geegobio VII, che 
ti ricevè il sommesso imperatore Enrico 
IV nel 1077: ivi soggiornando la bene- 
merita eroina, fece la donazione univer- 
sale di tutti i suoi beni alla chiesa roma- 
na, che poi confermò a Pasquale II il 17 
novembre 1 102, prò mercede et remedio 
animae meae^ etparentum ineorum, leg- 
gendosi r istrumento in Muratori , Rer. 
Jtal, t. 5. Dice il Sismondi.MTale dona- 
zione che ha servito di titolo alla chiesa 
romana nelle sue pretensioni sulla Lom" 
bardia (^.), non fu mai rivocata in dub- 
bioj ed é il titolo piò autentico, che i Pa- 
pi abbiano reclamato". A Gabfagnaha, 
ed a Con TESSA parlai del grande atto , 
che comprende eziandio il Reggiano e il 
Modenese , donati a s. Pietro dalla pia 
principessa, onde la celebrai in tanti]luo- 
ghi. L» gran contessa fu pure con s. Gre- 
gorio VII a Carpineto, altro suo castello 
dd Reggiano, e dove la medesima sul fi - 

3 



34 &EG 

air del secolo XI coovocb le •olcoacdie* 
te per itabiiire tulle guerre o niUe pece 
coirimpero; e tdibeDe i teologi ed i be* 
rosi ettemesaero tenti di concilieiiopc , 
batto uo moiieoo ed eccitar gli animi al- 
' la pcrteT e rania e ti corte di nooio alle 
armi^cheobbligerooo rimperatore a riti* 
ratti oltre il Po. La gran Matilde frequeo* 
tò pure Bibiandloy altra Ibrtena di que- 
sto ducato, in cui neli 1 1 iftì vititata dal* 
rimperatore Enrico V, che tegui va le pe- 
date del padre Enrico IV, e colla quale 
tenne breve conferente. In Quersola, al- 
tra montagna, avvi una talta che oontie- 
ne olio di tatto, e fuma e bolle e vomita 
fiingo, e talvolta pietre con molto ttrepi- 
to, e somiglia ad un piccolo vulcano die 
potrebbe uo giorno renderti formidabile. 
Nel monte Veatatto v' ha un lago chia- 
mato da Vallitnerì ammirabile, la di cui 
ciroonferensa è ad un di pretto di 1 5oo 
piedi parigini, e ritiensi dai fitici che la 
tua profondità sia di a 5 braccia, tebbe- 
ne non manchi chi atierìsca che non ha 
fondo, ma che nel messo evvi un gran 
vortice che teotibilmentc appai*itce. L'ac- 
qua del Isgo è lfmpidittima,nè mai tee- 
ma per ticcità o per mancansa di neve. 
Oggetto pure di curiotità è la così detta 
Pieim dìBìsmaniova, ricordata da Dan- 
te nel tuo Purgatorio^ la quale é un a- 
vansodi un foitissiaso e ìnaccestibile ca- 
stello, che ai tempi di messo dominava 
il ciiicostaote paet^ ed evvi ancora il po- 
polalo borgo di Bismantova.Tulto il mat- 
to è forma tedi strati di giacitura obliqua, 
ed è di pietra calcare : la faccia boreale 
è in alcun tratto così curva e pendente^ 
che i-tesce quasi a ridosso della soggetta 
oampagna.Più degna di memoria èQuara 
per le antiche terme chiamate Batneum 
affuarium^ di cui hanno tanto parlato i 
naturalisti ed i medici. Rimane qualche 
vestigio che prova anche oggidì come le 
ncque termali venissero raccolte per la 
salute degli uomini. La loro virtlisareb- 
be attivissima se l'arte tornasse a vincere 
r aspresoa del luogo e T incomodità del 



EEG 

camauDO.Siiio i Baedìci ddrantica Basa 
ne racoomandnTaBo V nto^ e si sa che I 
ncque diQuamsilnMpofftevniioinFni 
eia, %Migna , e in Napoli besicbè Seno 
di ncque saluberrisBc, ed ovunque fsrt 
salutare giungeva n aooprirsiegli utili d 
fotti. Altro luogo oactaombUe del Bq 
giano è Hubbiera» HèAana^ borga n 
Udaroente fortificato aalln liva dd Set 
diia, il di cui cattoUo ▼odcai oracoaicr 
tito in prigione di atnto. Fa pomduk 
nel tecoloXIVdalhia.Sede,equÌBdi4 
gli Ettenti, a' quali Giulio II lo ritoln, 
finché dopo la morte di Fnpn Adriaao VI 
tornò in dominio dd duon di Ferrars Ai 
forno 1 d'Ette. Il distrellp di Recioti di 
vide in i o cantoni : Gurreggio» di cui p 
lai nel voi. XLV, p. 386;Cnrpineto,è 
quale feci cenno, dttelnovo de' Mosii 
Gualtieri, Minoasoi Montcochio, Ec^ 
(mira ed extra mutoi)^ Scandiano cfacai 
cuoi credono vi tia nato V Arìotla, bcs 
A lo Spallansani, e Brooello. Di qaOh 
Brescello e de' suoi diverti iKMni psflii 
in parecchi luoghi, oame od voi. XL,p 
aga, 3oo e 3oi, trattando di a. GcacÉ 
suo vescovo e di altri dello atesio ss 
me, giacché fo sede veaoovile. L'DglnBi 
Italia sagra 1 1 o, p. 3o, Bfixeiienmtfì 
scopaius^ la chiama già preclara ctttàdet 
la Gallia Cispadana, colonia romani sd 
cui trattarono diverti antichi acrittoricà 
nomina, ed ove nel tuo castello BedrìsB 
oese l'imperatore romano Ottone, ikf 
essere stato sconfitto da Vitellio,siacd 
se e vi fo sepolto al dir di Plutarco. Vi 
kntiniano III dichiarò il ▼eaoovosnin 
ganeo di Ravenna {F'.). Cipriano fiorìn 
45a; AnastasioCremoneseneiu fottoic 
scovo da Pelagio II Papa del 578, e f 
lodato pastore; Gregorio Maggia nobil 
cremonese buono e prudente, esioooMi 
toper vigilanza, fiorì sotto s.Gregorioll 
del 78 1 ; Teodeberto Meliori nobilissisi 
cremonese, monaco lienedettino, veas 
eletto da s. Zaccaiia Papa del 74 v 9 ci 
diede per successore s. Paolo I l'altro oc 
bile cremonese £rsiliO| che pianto per I 



REO 

sue f irtùfu tumulato nella cattedraleoon 
onorevole epitaffio. Tei*iiiina Ughelli le 
Dolisìe di questa sede senza nominare s. 
Genesio e con dire : Nunc BrìxeUensis 
eccUsiae caputesi archipresbyierj subja- 
ceù/ue Mutinensi episcopo. Gomman vil- 
le, Histoire de tous ies evesckez, riferisce 
che nel 4^4 P^r avere Attila rovinato 
Parma, il vescovo si ritirò a BrìxeUum 
e vi restò per qualche tempo, ondesidis* 
se vescovo di Brixellum^ poi lo pooenel* 
r elenco de' vescovi riunito alla sede di 
Reggio. Brescello, Bersello o Bretello ora 
borgo a 6 leghe da Reggio, sulla destra 
riva del Po, fece già parte della contea 
di G>rreggio. La città fu distrutta da A u- 
tari re de' longobardi 'tra 1' anno 584 € 
Sgo ne'quali regnò. Questo luogo lo ce- 
dette a Èrcole I d'EUte, il duca di Mila* 
DO Galeazzo M.* Sforza in compenso di 
Castel Nuovo del distretto di Tortona, che 
il duca Filippo M.' Visconti avea dona- 
to a Boi'so d'Éste figlio di Nicolò IH e pa« 
dre del detto Ercole 1, per averlo soccor- 
so con 1217 soldati nel ^/^^o nella guer- 
ra contro i veneti , e che dopo la morte 
dello stesso Dorso avendolo occupato il 
duca Galeazzo lo douò a Roberto Sanse- 
verino celebre capitano di que'tempi. EU*- 
cole II duca dì Ferrara vi fondò poi cir- 
ca il 1 55 1 una rocca foi*nita d'artiglieria, 
ed In memoria coniò una moneta di bron- 
zo rappresentante questa fortezza, colla 
leggenda BrìxilU securitas da un canto, 
e dall'altra un'aquila col moiXo Nobilitai 
Estensis. Vie un'altra moneta spettante 
a questo luogo, d'argento e del peso di 5o 
grani, e rappresenta da un tato s. Gene- 
sio vescovo, coirepigrafetS*. GinesiusBri» 
xUU PontifeXy e nell'altra parte come la 
desaMlta moneta di bronzo. Secondo La- 
mi , jéui del martino di s, Genesio ro* 
mano , vi fu una badia di s. Genesio di 
Bersello o di Bi'esello, e sì dà s. Genesio 
vescovo come se fosse il martire romano 
o un confessore; cita inoltre alcune me- 
morie spettanti alla badia esistenti nel- 
Tardiivio Riecardi di Firenze , una boi- 



REG 



35 



la d'Anastasio IV riportata pure da Mu- 
ratori nel t. 5 delle ^/ilifui^. mediiaew^ 
p. I oa I , ed una carta della contessa Ma- 
tilde, riferita ancora dal p. Bacdiini nel* 
la Storia del monastero diPolirone^ ove 
a questo s. Genesio della badia di Bersel- 
lo si dà il titolo di confessore. Questa ab* 
bazia sotto l'invocazione della ss. Trìmlà 
fu fondata e dotata daÀttooontedi Ca- 
nossa, indi grandemente aumentata dalla 
gran Matilde contessa di Canossa. Altre 
abbazie del Reggiano furono s. Apollo- 
nia istituita da tale principessa e dalla sua 
madre[Beatrice;s. Maria di Maurolo pura 
eretta dalla sua munificenza, e quella no* 
bilissima dis. Prospero summentovata da 
lei accresciuta mirabilmente. Della zecca 
e monete di Bi^escello tratta BeHinii De 
monetis Italiae. Essendo Brescelló bene 
fortificato, fu preso per l'imperatore dal 
principe Eugenio nel 1702, e dai francesi 
nel 1705, che poscia lo evacuarono nel 
1707. indi seguì le vicende di Re^^io; 
Dai suoi soavi si rinvennero copiosi mo* 
numenti numismatici e archeologid, di 
sua antica importanza. Diversi scrittori 
posero il Reggiano, come il Modenese, 
ueìVEsarcato (^.)di Ravennaod'hatia, 
altro dominio temporale della s. Sede, ma 
al citato articolo riportai le opinioni con- 
trarie di Muratori. 

L'illustre e bella città dìR^gio diLom - 
bardia è in paese delizioso e fertile, situa- 
ta in piano sul canale navigabile di Tas- 
sone e presso la sponda destra del Grò- 
stolo. E* sede del governo provinciale, del 
munidpìoe de' tribunali. Queslacitta cin- 
ta di grosse mura e con una cittadella 
per difesa munita d i fosse, è ornata di bel- 
le strade mantenute nette dalleaeqaeclie 
all'opportunità le percorrono, parecchie 
delle quali adorne di portici e di magni- 
fiche diiese, di decorosi palazzi adi mol« 
ti privati edifizi di buon gusto. Un antico 
bassorilievo si ossei* va nella pubblica ptas^ 
za, rappresentante un soldato legionario, 
che molti senza fondamento hanno preso 
per Brenpo. La cattedrale è un buon edi- 



36 



REG 



fixio di magnifiche forme ed ornatOy lotlo 
rinvocaxiooe della B. Vergine Assunta e 
di 8. Apollinare, ed o?e fra le insigni re* 
liquie si venerano parte de' corpi de' ss. 
CrUanto e Daria{F.\ altre loro reliquie 
essendo nelle liasiliche Lateraneose e dei 
is. XII Apostoli di Roma. Il capitolo si 
compone di due dignità, l'arcidiacDno ch'i 
la maggiore, e l'arciprete il quale eserci- 
ta la cura d'anime^ coadiuvato da un al- 
tro prete da lui eletto; ma il battisterìo^ 
ch'è r unico della città, esiste nella pros* 
sima chiesa di s. Gio. Battista : di 1 1 ca« 
Donici, comprese le prebende del teologo 
e del penitenziere, di 4 mansionari, di 9 
cappellani, e di altri sacerdoti e chierici 
addetti alla divina ufficiatura. Nel 1681 
InnocenzoXl concesse ai canonici la cap* 
pa magna violacea, con pelli d'ermellino 
nell'inverno, e negli altri tempi con fo- 
dere di seta rubro ormusino. Aderente al- 
fe cattedrale è il palazzo vescovile, buono 
e conveniente edifizio. Vi sono altre io 
chiese parrocchiali, ma senza il s. fonte, 
3 delle quali sono eziandio collegiate; 3 
conventi di religiosi, a monasterì di mo* 
nache, 3 oonservatorii, di verse confratet*- 
nile, l'ospedale, il monte di pietà, ed il se* 
minano cogli alunni che fiorisce , come 
il coll^io convitto de' gesuiti. Le suore 
della carità furono poste nell'ospedale dal 
duca Francesco IV e da lui aumentato , 
che celebrai a Modena perle sue eminen- 
ti virtù e qual modello de'sovrani, van- 
tandomi di portare questo mio Diziona» 
rio il suo augusto nome in fronte per sua 
particolare benignità : fra le beneficenze 
dal benemerito principe esercitate in Reg* 
gio , ricoitierò il bel foro boario da lui 
latto costruire. Ughelli dice che vi sono 
due cattedrali, la descritta, e quella di s. 
Pi*08perodi Castello di non minore ma* 
gnificenza deiraltra,con capitolo di cano- 
nici, singolarità che rimarcò Leopardi , 
nella Serie de* vescovi di Recanaiiy par- 
lando delle due cattedrali di questa cit- 
tà. 11 capitolo ha il preposto e nel i685 
ottenne le insegne corali come quello del* 



REG 

la cattedrale di a. Maria sme pnjadióo 
furium eadiedruiis : ndle proeessÌDai ù 
unisce con detto capitolo, formando on 
corpo solo ch'è preeedato da uoa sola ao> 
oe. Tra le magoificbe chìcae di Reg^ i 
fiimosa quella della BDadonoa della Ghii* 
ra per la grandion e naaacfaiaarchitetUi* 
ra, e per le pitture di scuola bologoesi 
Havvì un Crocefisso dì mano del oridn 
Guercitto , sebbene di aeeooda maaierii 
Molti quadri esbtCTano in Reggio di al- 
tìssimo pregio e basti ricordare la Notte 
del Correggio trasportata a Dresda dalli 
chiesa di s. Prospero, chieaa nella quale 
è pur dipinto nel coro il Giiidiiìo aù- 
vertale del Procaccino. Nella sopprcm 
chiesa di s. Giovanni n conservavano il* 
euni dipinti stimabilissimi, come pure od' 
la chiesa di s. Agostino, e in a. Ilarìo,oK 
nell'alter maggiore è collocato un qui* 
dro di Mazzola. Si trovano in Reggio aa* 
che molte statue e opere insigni dàscil* 
tura di Prospero Spani detto il Clem» 
le. L'Adamo ed Eva airingrcsso delk cit* 
tedrale , e il maestoso mausoleo dd 1^ 
scovo Rangoni , sono lavori ilello sten 
Clemente. Tra gli altri stabilimenti 
tifici e benefici di Reggio, farò 
della biblioteca ricca di più che 3o,ooo 
volumi, del museo di storia naturale pit* 
gevole e curioso, delle acuole delle fadle 
arti e di miuica, ed i soprattutto esa« 
mendevolissimo il suo istituto pubblico ii 
fiEivore de'mentecatti, posto fuori di Po^ 
ta s. Pietro verso Modena. Il conte Bla* 
stai-Ferretti, Notizie deit accademt i 
Europa^ p. 64 1 fa onorevole ricordo di 
quella fondata in Reggio verso il 1 54o di 
Sebastiano Corrado cittadino di essa, i eà 
accademici circa il 1570 ebbero il ncMK 
di Accesij essendo per vicende de' toa* 
pi ridotta a scarso numero, fu rinnovata, 
e lasciato l'antico nome prese quello di 
Polittici j finalmente nel 1587 cambiò di 
nuovo denominazione assumendo queUi 
di Elevati, In Reggio e suo territorio fio- 
rirono mai sempre uomini dì gran me* 
rito, illustri per santità di vita e dignità 



I 






REO 

eodeiiaitichey nelle quali si distinsero di- 
TeiVi vesooTÌ, ed i cardinali Gherardo «SSsf- 
sto, e Domenico Toschi {F',), il quale po- 
co mancò che non fosse sublimato al pa- 
pato. £' quivi la patria del Boiardo; l'A- 
riosto nacque in Reggio dalla Daria M u- 
lagazzi; nella vicina Correggio sortì ina- 
lali Antonio Allegri, detto il Corredo e 
ìlpUtore delle grazie. Le scienze naturali 
•i gloriano di un Vallisneri, d'un Zanno- 
ni, d' un Spallanzani, d' un Corti, d' un 
Venturi, d'un Filippo Re; l'erudizione, 
le scienze legali e le matematiche ebbero 
Panciroli, Corradi,Girolamo Toschi, Ruf- 
fìni; la buona letteratura Tanta Paradi* 
si. Cessoli, Salandri , Lamberti; le arti 
belle vanno fastose del Clemente nomina- 
to, di Ceccati, di Lelio Orsi di Novellara 
creduto discepolo e imitatore di Correg- 
gio, di Motta detto RaffaeUetlOy di Fon- 
tanesi pittore teatrale chefu unode'pri- 
noi in Italia a restaurare il buon gusto del- 
la scenografia, a lui essendostato di gran- 
de eccitamento il patrio teatro comuna- 
le, che si ha in gran pregio, in cui ogni 
anno ebbero luogo spettacoli grandiosi 
in occasione della celebre fiera che tiensi 
nel maggio, ed alla quale concorreva per 
traffico e sollazzo per lo passato un nume- 
ro infinito di forastieri e di negozianti di 
qualunque genere. Fatalmente il teatro 
pati gravissimo incendio nell'aprile 1 85 1 . 
Reggio ebbe la sua zecca e Muratori ne 
parla nella Dissertazione 27.* Questo 
grand'uomo dice però che ninna moneta 
potè vedere battuta prima deli 233 ; in 
fatti a quell'anno scrive il cronista da lui 
pubblicato : Eo anno primo incepiafuit 
moneta Reginorum. E il Panciroli nella 
Storia mss. della città,così parla de'reg- 
giani. Primum Nicolai Maltraversii an^ 
tistitis nomine j penes quem hoc jus resi" 
debatf cudere monetam coeperunt, Unde 
aliqua etiam hodie numismata cum hac 
inscriptione visuntur: Nicolaus Episco» 
PUS, Ab altera vero parte Ugitur, Frids- 
Rtcus Impbrjtor : quod Aenobarbi be* 
neficio id antistiti nostro jus olim conces* 



REO 37 

mmfuisst significata Non da Federico I 
Barbarossa, ma da Federico II è da cre- 
dere che venisse a Reggio quel privilegio. 
Se tanto prima l'avessero impetrato, non 
par credibile che avessero differito il va- 
lersene solamente a tempo del vescovo 
Nicolò che fiorì sotto Federico II. Fulvio 
Azzari nella Cronaca mss. de' vescovi di 
Reggio^ scrive di non aver veduto mone- 
te di quel vescovo in cui si legge il nome 
di Federico: ne pure ciò avvenne a Ma- 
ra tori, che però tiene per certo lo asserto 
da Panciroli. Il vescovo Nicolò sul prin- 
cipio dovette mettere il nome di quell'im- 
peratore nelle sue monete, ma daodié le 
scomuniche pontificie sì affollarono sopra 
di lui , il vescovo desistè dal nominarlo. 
Muratori descrive le 7 seguenti monete. 
La I .' moneta esistente ììi Reggio e Mo- 
dena, ha nel mezzo un 2V, cioè Nicolausy 
e nel rovescio Episcopus,o^e pure si ve- 
de un ramo con foglie e le leiiere De Rb» 
Gio. In altra simile quell'iV^^ pare un H 
che taluno potrebbe attribuire a Henri* 
co vescovo nel 1 3o 1 ^ ma in questo tempo 
Azzo Vili marchese d'Este era padrona 
di Reggio. La 3.* moneta ha l'effigie del 
santo vescovo protettore di Reggio, colle 
Ietterei. Prosper^ nel rovescio uno scu- 
do colla croce, erREGiuu. Nella 3.' mo- 
neta si vede il capo d' un principe colle 
lettere Diro Herc. Duci. Egli è Erco- 
le Il duca di Ferrara, che nel 1471 co- 
minciò a portar quel titolo: il rovescio ha 
la croce colle lettere Coììunitjs RsGit, 
La 4** ha on'aqiiila che sta sopra una mac- 
china, e le lettere Hercules Dux : nel 
rovescio l'immagine d'un vescovo e le let- 
tere s. Prosper Eps, Regìì. La 5.* ha 
il capo d'esso duca colle lettere Hercu- 
les Dux: nell'altra parte Rbgivm Ohm 
A EMI LI A, La 6.* è simile, se non che con 
licenza del Prisciano vi si legge, Regium 
Emiha Veteres, La 7.' ha l'effigie del 
vescovo s, Prosper ; nel rovescio Regii 
Lepidi, Reggio ha territorio ferace nelle 
campagne verso il settentrione, sorgendo 
dal lato opposto le vette* dell'Apennino. 



38 



HEG 



Fa uo oommercio attìTodi cereali , fer* 
maggi, Tini e altri rurali prodotti, sete, 
bestiami, canape. Il regnante duca Fran* 
oetco V, oltre le fèrroTie, ha attivato una 
linea telegrafica in Modena, Reggio eGua- 
tUlla, congiungendola con quella di Man- 
tova, per la piU pronta e continua corri- 
spondenxa cogli stati imperiali austriaci 
e colla Germania. Altra linea fu costrut- 
ta fra Reggio e Parma. Il duca di Mode- 
na s'intitola ancora duca di Reggio. Sot- 
to il regno italico il conquistatore Napo- 
leone investì del titolo di duca di Reg- 
gio il maresciallo dell' impero Oudinot 
di Bar-Sur-Omain capoluogo del ducato 
di Bar, cioè nel 1 809 dopo la battaglia di 
Wagram combattuta a'6 luglio, ove fece 
prodigi di valore t morì a Parigi nel set- 
tembre 1 847 governatore degl'invalidi, 
e se ne leggono i fasti militari nella ne- 
crologia pubblicata nel n.^ Sg delle No* 
tizie del giorno di Roma del 1847. Suo 
figlio è il generale Vittorio Oudinot di 
Rcgg>o, che d'ordine di Francia nel 1849 
liberò Roma dalla demagogia, al modo 
narrato nel voi. LUI, p. aio e seg. 

Reggio si vuole edificata dagli anticlii 
etruschi, che rovinata dai galli, Marco E* 
milio Lepido console romano, che aprì la 
via Emilia daRimini a Pracenza,neiranno 
567 o 573 di Roma, avanti la nostra era 
anni 1 8 1 o 1 87 la ri&bbricò, ne aumentò 
gli edifizi, vi dedusse una colonia di ro- 
mani, l'ascrisse alla cittadinanza di Ro- 
ma, e le die il suo nome, ovvero la chia- 
mò Forum Lepidi vel Regii Lepidi, on* 
de la posterità per gratitudine continuò 
a chiamarla Regium Lepidi, Ebbe il suo 
collegio delle arti sotto gl'imperatori. Nel 
secolo IV perle irruzioni de'barbari sog- 
giacque quasi a totale rovina , fu signo- 
reggiata dai goti, poi dai longobardi, al 
cui tempo ebbe i suoi duci, finche Girlo 
Magno distrutto il loro regno la restaurò 
dai sofferti danni e d'allora in poi sotto 
i Girlovingi fu governata dai conti; indi 
si uniformò all' italico reggimento a co- 
mune. Sotto l'iin pero d'Ottone J, dopo la 



REG 

melk del teeololX^creaoHidoio polean 
la nobiliitsima stirpe degK EsIcikì, fifto- 
ria de'quali riportai a Fooiaba e Modi- 
VA, Sigifredo a Gerardo presero per oh»- 
gli le sigBore delle Alpi • delle ommìi- 
goa di Reggio , ed Ano II loro ftalcUo 
signore di Este e sue giornditionì fiirti* 
fico quel luogo chiaoiato Conoen, ad ot* 
ta dell'oppotitioDe che gli fineBere^- 
rio 11 re d'Italia che ve lo eatediò. Gine 
da Verona Ottone I a liberare ITsteife, 
disdicendo l'esercito di Berengario II, il- 
di i reggiani si unirono ad Aaao I! col- 
tro Adalberto figlio del re verso il ^i 
Intanto Berengario 11 ai unì agli oiglM- 
ri calati in Italia a scempio della rcgioic^ 
e ruppe Aito II traModeoa e Reggio; m 
questo unitosi a' tedeschi vinse il re,oiè 
Piacenza e Reggio sidierono a lui, e (k* 
tone I nel 693 lo fece vicario deiruip> 
ro in Italia. Tedaldo figlio di Azzo Ili* 
venne signore di Ferrara^ per investitin 
di Papa Giovanni XV detto XVI, ed eb- 
be dal padre Reggio, Lucca e Parma di|ii 
zii; morendo, fu sepolto in Canossieb* 
sciò i suoi stati al marchese BonifiMÌoflH 
figlio marchese e duca di Toscana,ilf«' 
le di molto gli aumentò con Modeste 
altre città, ottenendo il vicariato dllriii 
Morto in Mantova{F'.), Beatrioe «n «* 
dova educò virilmente la comune figiii 
gran contessa Matilde, e fu remote e vi- 
caria d'Italia , favorita dall' impenteie 
Enrico 111 suo fratello e dai Papi. ìb* 
tilde divenne poi assoluta signora di tit 
ta r immensa eredità de' genitori, coae 
di Reggio, quale erede de' conti di &• 
nossa suoi signori. Delle sue prechutp* 
sta già citai ove si possono leggere, veDCf 
do dai Papi fregiata delle dignità di ge- 
nerale della Chiesa e di TÌcaria d'Itifii^ 
come riferisce Pigna, Hisiona de* prilli 
pi d^ Este. Usuo patrimonio, bendiè se-; 
lennemente donato alla chiesa romaiti| 
fu successivamente contestato da<rriRifle' 
ratori, come narrai ai relativi articoli,i 
Germania e ad Impero, soverchi andò cel- 
la prepotenza delle ai'mi; quindi graiif- 



REG 

siine difièrenze e scismi tra il sacerdozio 
e rimpero, perchè grimperatori ne pre- 
lesero in gran parte i doinioii come feudi 
imperiali, alle quali pretensioni aggiun- 
sero le loro gli Estensi parenti di Matil- 
de : agli uni e agli altri la s. Sede talvol- 
ta diede in investitura le terre di Matil- 
de, come raccontai in tanti luoghi, ed a 
GjiBFAGirARA; coo auuui censi, inclusiva- 
roenteal Reggiano. Intanto Reggio signo- 
reggiata da quando a quando dai legati 
degl'imperatori, si governava a modo di 
repubblica, divenne potente, sostenendo 
eoi bolognesi frequenti guerre , contro i 
modenesi e loro alleati parmigiani. Fa* 
cendo parte della lega lombarda, guer- 
reggiò contro l'imperatore Federico 1, in- 
di nel 1 1 83 ebbe parte e figurò con altre 
città di Lombardia nella famosa pace di 
Costanza , in cui Federico I si trovò co- 
stretto a riconoscere la loro libertà. Nel 
I ao I i modenesi assediarono Rubbiera, 
ma i parmigiani coi cremonesi si fecero 
mediatori de'reg^iani per la pace. Inno- 
cenzo III avendo ricuperato molte terre 
di Matilde, fra le quali alcune del Reg- 
giano, ne investì Salinguerra ferrarese. 
Federico II nel 1 2 1 a donò Modena e Reg- 
gio,già possedute dagli Estensi, ad Aldo- 
brandino II. Tuttavolta questo dominio 
fu interrotto, anche per la dominazione 
de' vescovi, poiché leggo inMuratori, Del" 
le antichità Estensi^ che nel 1289 ^^^ì^^ 
di Reggio patì di fiere burrasche, scon- 
TOlta anch'essa dalle discordie civili e dal- 
le fezioni ò^* Guelfi fi Ghibellini(F',\ Ap- 
presa il popolo dal recente esempio di Mo- 
dena la maniera spedita di dar fine a tan- 
ti malori, anch'esso elesse nel 1290 a'i5 
^nnaiopersuo signore perpetuo il mar- 
chese Obizzo II, che seguiva il partito 
guelfo come fecero i discendenti, il qua- 
le presone il dominio e ridotti in città i 
Roberti, que'da Fogliano e gli altri fuor- 
usciti, vi fece d'allora in poi fiorire la pa- 
ce. Pigna riporta 1' eloquente concinne 
pronunziata da Orlandino Canossa, nel- 
l'offiire a Obizzo 11 Reggio; iu essa ram* 



REG 39 

mentano con piacere i reggiani li passati 
governi di Boni&cio e di sua figlia Ma- 
tilde, ed altri Estensi, deplorando quello 
del comune e popolare reggimento, agi- 
tato da dette perniciose fazioni. Si offri- 
rono I reggiani con tutto il loro territo- 
rio, dal Po all'Apennino, fra'confini del- 
la Lenza e della Secchia, stabiliti dai re 
longobardi, eda Carlo Magno riopnosdii- 
ti dopo aver vinto Desiderio ; laonde O- 
bizzo II spedì a R^io Bernardino Roa* 
si per suo vicario, nelle cui mani & giu- 
rata fedeltà ; poscia nel 1 292 rioondliò i 
Roberti, i Fogliani, i Canossi,oon che re- 
stituì la quiete alla città. Gli successe il 
marchese Azzo X suo figlio, che nel 1 293 
fu riconosciuto anche da Reggio. Nel 1 3o5 
avendo Azzo X sposata la figlia di Carlo 
II re di Napoli, per gelosia si formarono 
alleanze contro di lui ; Giberto da Cor* 
reggio si portò sotto Reggio, i bolognesi 
sotto Modena, però gli Estensi si sosten- 
nero quantunque nella i .* i Manfi^i pro- 
curassero sollevare la città. Ma neli3o6 
riuscì a Giberto nel declinar di gennaio 
di fiir sottrarre Reggioe Modena dal mar- 
chese, le quali si abbandonarono a gran 
tripudi per la ricuperata libertà , come- 
che tornasse fra loro il secolo d'oro, uto* 
pia che ben presto andò fallita. Imperoc- 
ché lacerate poco dopo ambedue dall'in* 
terne discordie e sanguinose mutazioni , 
non che da gravosi tiranni, si pentirono 
del fallo commesso a provocazione de'ghi- 
bellini. 1 conti Canossl restati fedeli al 
mardiese,8i ritirarono nel loro castello di 
Gesso. Unitisi gli Estensi con Lodovico 
il Bavaro contro il Papa, questi li scomu- 
nicò e pubblicò contro di loro una terri- 
bile crociata. Nel 1327 il cardinal Ber- 
trando per Giovanni XXII prese Reggio, 
la quale neli33 1 si die a Giovanni re di 
Boemia, in uno a Modena. Indi neh 335 
fu presa dai collegati italiani contro il re 
e data a Luigi Gonzaga , al quale i Fo- 
glianì venderono le loro ragioni, con ri- 
tenersi alcune giurisdizioni; però a man- 
tenei*si nella signoria dovette far guerra 



4o REG 

• Mastino della Scala : nell'anno leguen* 
te Benedetto XII dichiarò Luigi sicario 
di Reggio con annuo censo alla s. Sede, 
m inotifo della ^acanxa deirioipero. Nel 
1 34 1 la città fu assalita dai tedeschi , e 
nel 1345 Francesco 11 d'Este rovinò il 
Reggiano e 4 castella , con Couriago : i 
suoi Autori tentarono sorprendere la cit- 
tà, che si difese dal governatorede'Gon- 
taghL Per morte di Luigi, nel i358 ne 
divenne signore il Gglio Feltrino Gonza- 
ga, cacciando ì partigiani del fratello. I 
fuorusciti Roberti, Boiardi, Manfredi, ri- 
co aratisi dal marchese Nicolò II d'Este, lo 
sollecitarono a ricuperare Reggio. Il mar- 
chese quando vide che il Visconti aspira- 
va alla signorìa, colle squadre venali del 
conte Ludo tedesco e le sue truppe, a'7 
aprile 1371 lofeceassaltare e colle segrete 
intelligenze co'suoi partigiani se ne impa- 
dronì; ma le soldatesche saccheggiarono 
miseramente la città, non la perdonarono 
ne ai sagri templi, n^ alle donne , ridu- 
cendo il popolo ad estrema miseria. Fel- 
trino eh' erasi rinchiuso nella cittadella, 
ìiiciinaTa a consegnare Reggio al legato 
pontificio di Bologna, quando l' infedele 
conte Lucio si accordò di cederla al Vis- 
conti , che r atea corrotto, per 4o,ooo 
fiorini d'oro, dopo di che intimò alle trup- 
pe del maixhese che partissero. Allora 
Feltrino introdusse le genti del Visconti 
nella cittadella e tende tutte le sue ragioni 
per 5o,ooo fiorini, ritenendo per se No- 
vellerà e Bagnolo, smembrando tali giu- 
risdizioni dal distretto di Reggio con gravi 
doglianze di que'cittadini, e con titolo di 
contea le trasmise a'suoi discendenti. Tra 
le tirannie usate in Reggio dai Gonzaghi, 
si contano if6tra chiese e monasteri spia- 
nali. Nicolò 11 ne restò afflitto, per aver 
confinante in Reggio Bernabò Visconti, 
potentissimo e inquietissimo principe , il 
quale disfece i collegati nella battaglia da- 
to presso Reggioa'a giugno 1372. Pigna 
dice^che prosperando poi le imprese del- 
TEslense, ribellatisi i reggiani nel marzo 
, 374, se gli diedero; ma pare che al Vis- 



REG 

eonli riuicìflM di fiirli toniare alk a 
•oggetione, poiché nel 1 4oS narra lo lU 
so storico, cheilnsarcheae Nicolò llldi 
de il guasto e fece depredare il Reggi 
DO. Essendo riuscito nel 1 409 al mardi 
sedi prendere Parma, fece risolvere ire 
giani a Kuotere il giogo milanese l's 
giugno, e sì dieroDO per lui a Ugucdo 
G)ntrario, il qualea'a^ lugKo espugnò 
cittadella : prima di questo tempoerarii 
sdto a signoreggiare Reggio Ottobonol 
e Giacomo III. Gli ambasciatorì reggia 
si presentarono al marchese io Panni 
gli testificarono ubbidienza e l'allegra 
in cui erano per essersi liberati dagli 
surpatori, onde Nicolò ili nel 14^0 pc 
farsene riconoscere legillimo signore 
Filippo M.* duca di Milano, sia per l'i 
tica investitura data da Federico II, e 
per ladeditioiie de' reggiani medeiioii 
se ne fece amplissima scrittura , ricoi 
scendo Nicolò III quanto del Reggisi 
Visconti aveanodatoai Gonxaghi,aiG 
reggio ed a quei di Mirandola. 

Nel i45i recandosi T imperatore! 
derico 111 in Ferrara, eresse i lerritoriì 
Modena e Reggio io ducati e li riconc 
be feudi dell'impero, e creò duca dell 
na e dell'altra città Boi^so d'Este, con ai 
plissima bolla d oro, non che conte di fi 
\igo, dandogli due aquile imperiali coi 
nate per inquartorsi negli stemmi,leqi 
li restarono a'primogeniti, quali duchi 
Modena e Reggio, col qual ultimo Boi 
fu benefico. Inimicatosi Alfonso I conP 
paGiulio II, questi alla testa dellesuer 
liiie prese Rubbiera, poi espugnò la l 
randola (V.), Nel 1 5 1 2 dopo che il di 
Alfonso I erasi pacificato con Giulio 
Alberto Pio da Caipi suo antico nem 
gli rappresentò non meritare perdoi 
Il perche Francesco M.* I duca d'Urbi 
capitano generale del Papa se ne imi 

dion., ad onta delle proteste falle di 
•ere Regg.oc.tla dell'impero, p.x>segi» 
dosi la guerra con più calore. rVela» 
ho Lateranense V furono lasciaiT 
pa Reggio e Modena, senza ;^ 



\ 



REG 

de'diritti dell' impero. Leone X promise 
di restituirle ad Alfonso f, ma volendo 
ingrandire la sua famiglia Medici,non so- 
lo non l'adempì, ma divenne suo nemico. 
Hestò Reggio nel dominio della Chiesa, 
fmchè Adriano VI per le suppliche di Al- 
fonso I p per le premure di Carlo Y , nel 
i522 sembrò disposto di restituirglielo, 
quando la morte sua ne troncò il tratta- 
to. Profittando il duca della sede vacante, 
si presentò armalo avanti la città , ed il 
popolo prontamente gii si diede a'29 set* 
tembrei523. Accostale polle artiglierie 
alla cittadella, in poco spazio di tempo 
spaventò quel castellano, dimodoché ca* 
pitolò la resa. Eletto Clemente VII, agli 
ambasciatori Estensi che domandavano 
Modena, rispose il Papa rivolere in vece 
Reggio, e Rubbiera di cui pure il duca 
erasi impadronito, dopo 1' espulsione di 
Lionello Pio governatore pontificio;quin* 
di alleandosi nel 1 525 il Papa con Carlo 
V, vi pose la condizione di obbligare il 
duca di Ferrara alla restituzione di Reg- 
gio, Rubbiera e delle altre terre occupa- 
te, quindi si esami nasse se questi domi nii 
e Modena appartenessero alla Chiesa oal- 
rimpero. Rottasi poi guerra tra l'impe- 
ratore e il Papa, fu questi nel 1527 asse* 
diato in Castel s. Angelo, e nel 1 529 passò 
io Bologna per pacificarsi con Curio V, 
il quale Alfonso 1 trattò sontuosamen- 
te nel passaggio per Reggio. Ivi si recò 
ancora Alfonso I nel i53o con salvacon- 
dotto invocato dall'imperatore, la cui gra- 
zia fece di tutto per guadagnarsi, acciò Io 
luet lesse in quella del Papa, onde com- 
porre le differenze del dominio di Mo- 
dena, Reggio, Rubbiera, Cotignola e Fer- 
rara da lui tenute. Clemente VII volle 
che si eseguisse il trattato di Barcellona, 
sulla restituzione alla Chiesa di Modena 
e Reggio, allegando molte ragioni al pos<r 
sedimento di esse, poi le cure adoperate 
dai Papi predecessori per averle unite a* 
i. Itati di Parma e Piacenza (^.). In- 
o però a Carlo V di comporre 
)i ponteudenti, si offrì me<| 



REG 41 

tore» premendogli che cessassero in Italia 
argomenti capaci a suscitarnuoveegravi 
turbolenze. Parlò, a fìivora del duca eoa 
tanta efiScacia, che alla fine Clemente VII 
venne ad un accordo, e cioè di rimettersi 
al giudizio inappellabile di Carlo V me* 
desimo quale re di Spagna, non come im* 
peratore, il conoscere per un compromes- 
so di ragione e di fatto i diritti loro, in(|i 
spassionato a termini di giustizia dichia- 
rare, se delle nominate città e terre la s. 
Sede o l'impero ne avesse la giurisdizio- 
ne suprema. Frattanto quelle citlàTurono 
date in deposi lo all'imperatore, che vi po- 
se a presidio soldati spagnuoli. Benché il 
duca di malavoglia accedette al l'accordo, 
se ne fissarono le condizioni con pubbli- 
co istromento, determinandosi 6 mesi per 
la risoluzione di Carlo V,ed alle parli per 
produrre documenti di fondate ragioni. 
Carlo V date buone speranze al Papa e 
al duca, partì da Bologna nel marzo, e 
trovandosi ne' Paesi Bassi , o in Colonia 
come dice Muratori, sentenziò, che Mo- 
dena e Reggio grosse città coi loro do- 
mimi di ragione dell'impero, appartenes- 
sero di diritto al duca di Ferrara ; e che 
Clemente VII ricevuto da esso 100,000 
ducati d'oro in due rate, e ridotto il censo 
di Ferrara al modo antico di 7000 du- 
cati, di questa lo rinvestisse. Ma il Papa 
non contento di tal giudizio, non appro- 
vò né soddisfece per quanto polé alla sen- 
tenza del laudo. Questo Muratori lo di- 
fende, con sostenere che Modena e Reg- 
gio non fecero mai parte dell'Esarcato, 
come pretendeva Clemente VII, non do- 
vendosi valutare che Leone X avea com- 
prato Modena per 4o,ooo ducati d'oro 
da Massimiliano I, il quale ne avea da- 
ta solenne investitura ad Alfonso I, che 
ricuperò tutti i dominii e Reggio, la cui 
investitura dall'impero rinnovarono i suc- 
cessori. Clemente VII nella bolla in Coe* 
na Domini vi comprese il duca di Ferra- 
ra, come usurpatore di Modena e Reg- 
gio alla Chiesa. Alfonso 1 munì Reggio 
~ ,li altri luoghi delle sue terribili arti- 



4a REO 

glierie, e nel i543 rìceTette magnifica* 
mente Paolo III nell'andata e ritorno 
da Busseto,per l'abboccamento con Car* 
lo V. Vedendosi Alfonso II senza prole, 
e destinando suo successore il cugino d. 
Cesare, fece riunoTare le investiture im« 
perìali di Reggio e altri luoghi da RodoI* 
foli. Morto Alfonso II, il duca Cesare nel 
1 597 fece prendere possesso di Reggio e 
degli altri dominii; ma Clemente Vili 
noi volle riconoscere per quello di Fer- 
rara, e pose in piedi formidabile esercito, 
iiTemoTibile di riunirlo ai propri domi* 
nii. Laonde il duca Cesare nel i5g8 per* 
dette Peirara, che Clemente Vili ricu- 
però alla s. Sede. Quindi Reggio, come 
avea seguito sotto gli Estensi le vicende 
di Ferrara^ d'allora in poi quelle di Mo- 
dena gli furono comuni. Nel 1 655 il mar- 
chese di Caracena governatore di Milano 
per la Spagna , mostrandosi ostile eoo 
Francesco I duca di Modena e di Reg- 
gio, si presentò con esei*cito in foccia a Ere- 
seello, affacciando diverse lagnanze, che 
si possono leggere in Muratori, esigendo 
pronto disarmamento e qualche piazza 
per sicurezza di sua fede verso Spagna. 
Rispose il duca con ragionile munìBre* 
soelloe Reggio ove inviò il marchese Pal- 
lavicino con grossa artiglieria , e poi si 
recò egli stesso per difenderlo col primo- 
genito. Caracena abbandonato perciòBre- 
scello, anche per la sua fortezza, a' 1 4 mar- 
zo si presentò a vanti Reggio, ov 'ebbe luo- 
go una scaramuccia colla peggio degli spa- 
gnuoli. Dopo 3 giorni il duca credè mi* 
glior consiglio restituirsi a Modena, per 
dare più energici soccorsi a Reggio, don* 
de i cittadini colla loro bravura fecero 
opportune sortite. Vedendo Caracena con 
chi avea da combattere , retrocedette e 
ripassò il Po con poco decoro. Nelle guer- 
re per la successione di Spagna, e benché 
il duca Rinaldo fosse neutrale, i francesi 
in nome di Filippo V re di Spagna per 
capitolazioneoccuparonoReggioa'29 lu- 
glio 1702, cui segui la presa di Modena. 
Nel 1 706 grìmperiali tedeschi sotto il co- 



REG 

mando del prìncipe Eugenio , eonlro i 
francesi occuparono lo slato, ed a' 1 3 a- 
goslo dopo qualche colpo d' artiglieria , 
entrò in Reggio che rìprese pel duca, al- 
trettanto facendo! tedeschi di Modena ai 
1 9 novembre, con gran letizia de'suddi- 
li, essendo ritornati sotto il loro signore 
e liberati dalla occupazione francese. Una 
nuova guerra avendo riooodotli nel 1 784 
i francesi in Italia, per la successione dei 
ducati di Parma e Piacenza, ritenendo il 
duca Rinaldo favorevole all' imperatore 
Carlo VI, le cui armi erano alate deprei* 
se, a' 1 3 luglio entrarono in Reggio seo* 
za recar danni a veruno, ed a' no luglio 
per capitolazione occuparono Modeos, 
finché Luigi XV fece evacuar lo stato 
dalle suetruppea'iS maggio da Modeaa, 
a'24 ^^ R^gìOf lasciando bensì il paese 
pieno di guai pei debiti fiitti a cagioae 
de* francesi. Per la successione di Carlo 
VI , lo stato Estense fu esposto a nuofe 
invasioni de' belligeranti nei 1 747 , 000 
immensi danni. Costituitasi la Francia ia 
repubblica , occupò gran parte d' Italia, 
in uno ai ducati di Modena e Reggio ad 
1796, cui imposero contribuzioni. A'aS 
agosto avendo i reggiani fatto un mori* 
mento insurrezionale, si compose con go* 
verno repubblicano. Ne pi-c£tlò Napo* 
leone comandante supremo de' firanoesi, 
per dichiarare gli stati Elstensi sotto la sas 
protezione,e spogliarne il duca forcole III; 
indi pei congressi di Modena, e di Reggio 
de' 27 dicembre, organizzò la repubblica 
Cispadana, Scendo Reggio capoluogo dd 
dipartimento del Crostolo^ onde a Mode- 
na, a Massa e Carrara, e in altri relalifi 
articoli descrissi queste e le successive vi* 
cende politiche sino a'nostri giorni , dello 
stato e di Reggio, le guerre oombattnte 
tra tedeschi e francesi. Avendogli austro* 
russi occupato Reggio, nel giugno 1800 
lo ricuperarono i francesi, formando dei 
dominii Estensi parte delle i*epubbliclie 
Cisalpina e Italiana, confermando Reggio 
in capoluogo del dipartimento del Cro* 
stoloj come lo fìi poi nel suoceduto regno 



ì 



REG 

A* Italia {V), orà detto dal torrente o» 
monimo che scorre presso la cìtià e che 
anticameote entrava per Porta Castello, 
e teneva tutto il corso della via chiama* 
ta oggidì Chiara, appunto dalle deposi* 
zìoni dello stesso ton*ente. Nel i8o4 re* 
candosi Pio VII a coronare in Parigi Na* 
poleone, nel n.^ 92 del Diario di Roma 
si legge , che a' 9 novembre da Modena 
partì per Reggio, ove fu ricevuto coi se- 
gni della maggior venerazione, passando 
a pernottare in Parma. Reduce nel 1 8o5 
da Parigi, il Papa a'3 maggio da Parma 
giunse a Reggio circa il mezzodì, incon- 
trato prima e complimentato dalle auto- 
rità locali e da molti signori. Le strade del- 
la città erano tutte guarnite di truppa, 
ed il Papa scese alla cattedrale , accolto 
dal vescovo e dal clero al suono dellecam- 
pane e delle bande militari. Ricevuta la 
benedizione col ss. Sagramento, safi Te* 
piscopio ove trovò preparato un lauto di» 
jciiné. Dopo aver preso qualche ristoro. 
Pio VII proseguì il viaggio per Modena, 
(X>me riporta il n.^ 89 del Diario di Ro» 
ma. Sotto l'impero francese, al modo no- 
tato di sopra, Reggio toi*nò ad essere du- 
cato, quindi terminando il dominio na- 
poleonico ne'primi del 1 8 1 4» Murat re di 
Napoli in nome de'col lega ti colle sue trup- 
pe occupò Reggio, cui successero le au- 
striache pel duca Francesco IV nipote di 
M.* Reatrice ultima degli Estensi, alqua- 
le in forza de'trattati di Parigi furono re- 
stituiti questi stati, confermati nel 181 5 
dal congresso di Vienna. Pio VII nel ri* 
tornara ne'suoi dominii nel i8i4> a'25 
marzo entrò in Parma, indi ripassò per 
Reggio festivamente accolto, e per Mode- 
na giùnse a Bologna. Quando poi nel 1 81 5 
Murat ostilmente entrò negli stati della 
Chiesa, Pio VU si condusse a Genova e a 
Torino, nuovamente onorando di sua pre* 
senzaReggio, che ripetè le sue riverenti di- 
mostrazioni, e giunse a Modena a'a4 'Q^S* 
gio. 1 moti politici del 1 83 1 furono ener- 
gicamente avversati da Francesco IV,do« 
tato di vasta mente atta a reggere un im- 



REG 43 

pero, e di quel retto sentimento del giu- 
sto e del vero per cui si guadagnano i 
vituperii de' tristi e le benedizióni dei 
buoni, poiché fu saggio amministratore 
della cosa pubblica e osservatore di giu- 
stizia, onde segnalò il suo regno colla be- 
neficenza e fu chiamalo propugnacolo 
della quiete d'Italia. Sotto il di lui degno 
figlio e successore Francesco V , lo spiri- 
to rivoluzionario nel ducato si mostrò pid 
ardente, siccome fomentato da quello che 
stava per esplodere quasi in tutta Euro* 
pa : seguendo le orme dell'augusto geni* 
tore frenò finché potè l'effervescenza ri- 
voluzionaria e non transigette con essa, né 
si lasciò adescare dalle lusinghe di chi 
profonde incensi al cospetto de' principi 
peringannarli e trarli al precipizio in uno 
coi ragni. Ma come le mene rivoluziona* 
rieaguisad'irresistibile torrente nel 1 848 
scoppiarono furiosamente per tutta Ita- 
lia ed altri stati d'Europa, ciò che accen- 
nai a Pio IX, altrettanto avvenne a Mo* 
dena, cui subito aderì Reggio formando 
il comune a' 2 1 marzo un governo prov* 
visorio, composto del podestà e de' con* 
servatori; considerando il governo duca- 
le decaduto, aboPi i licei convitti di legge 
e di medicina,e ristabifi l'università degli 
studi soppressa nel 1 82 1 . Quindi nel mag- 
gio Modena e Reggio si vollero unire al 
regno di Sardegna di Carlo Alberto, nel- 
l'intendimento di formare cogli stati Par* 
mensi, colla Lombardia e colla Venezia 
un regno monarchico* costituzionale del- 
l'alta Italia eredita rio in Carlo Alberto, 
impossessandosi i due m unici pii de'beni 
demaniali e allodiali del duca Francesco 
Ve di quelli gesuitici delle due provincie, 
con altre costituzionali disposizioni. Car- 
lo Alberto accettò la dedizione di Reggio 
e di Modena, cui inviò regii commissari 
straordinari, che pubblicarono analoghi 
indirizzi ai reggiani a'26 giugno, a'28 pei 
modenesi, e d'allora in poi tutti gli alti 
pubblici si fecero in nome del re. Intan- 
toerasi incominciata la guerra per l'indi- 
pendenza italiana, e sgombramento tota- 



44 BEO 

le degli austrìaci dalla regione. Per^ do* 
pò le perdile gueri*e«che sofferle dall' e- 
sercitodi Carlo Alberto, questo fu costret* 
to di coDTenire a'g agosto col vittorioso 
feld- maresciallo Radeteky, comandante 
supremo e valoroso degli austriaci in I* 
tallo, ad abbandonare quegli stati d'Italia 
da lui occupati, quindi il duca Francesco 
V rientrò ne'dominii degli avi suoi. Fi- 
nalmente, per la segnalata vittoria ripor- 
tala dal prode conte Radeteky il 23 mar- 
zo 1849 a Novara sul re di Sardegna, fu* 
rono definitivamente e del tutto sgom- 
brate quelle parti di territorio del duca- 
to di Modena che ancora tenevano i pie* 
montesi,le quali pel legi ttimo sovrano suc- 
cessivamente occuparono gli austriaci.Nel 
voi. LI, p. 3i3 e 235 narrai, che perdi* 
plonuiticheconvenzioni,il duca di L'arma 
e Piacenza nel 1848 cede al duca Fran- 
cesco V il ducato di G itasta Ila {f^») col» 
U sua città vescovile,' il quale vi si recò 
la I .* volta a' 1 4 febbraio, e ciò in cambio 
di Pielrasanta vicariato di Toscana con 
città omonima che avrebbe dovuto pos- 
sedere: così il ducato estatodi Modena 
venne aumentato di altro. 

Quando e da chi fu in Reggio predi* 
cata la fede di Gesù Cristo , in uno alle 
prerogative del suo vescovo snflfraganeo 
di Bologna, che s'intitola principe, ed al- 
l'estensione della diocesi, lo dichiara U« 
gheili, Italia sacrai, 2,p. 238, io que- 
sti termini. *• Ut autem certissime con- 
stai , s. Barnaba m apostolum , ac s. A* 
pollinarem in Insubriam fuisse missos , 
alterum in Galliam Transpadanam , al- 
terum in Cispadanam, ut illicevangelium 
Christi promulgarent , sic haud insulsa 
conjectura asserere possumus RegiumLe- 
pidi, ab altero , vel ab illorum alumnis 
sacra Christiana suscepisse, quando inde 
ab anno 60 nostraesalulistraditurpro- 
thasius Regio praefuerunt, iniqui tas tem- 
poruro memoriam devoravit, usque ad 
annum4oo. Idolatria deinde deleta Re- 
giensis ecclesia fondata est, quae primum 
Mediolaneosi archiepiscopo sub) ecta fuit. 



REG 

posteti Ravennati, usqueadannaini 583. 
Deinde vero Gregorio XIII mandante ou* 
perae metropelit Bonooienaii suffraga- 
nea effecta est. Amplissima diocoesi gau- 
det ejusque antistes ti tuie Comi lisfulget, 
ab antiquis olim Caesaribusobtentu. Cu- 
jus antistis modemae praerogativaesaot 
(si quidera antiquitus potioribus fnieba- 
tur) Principatus dignitate fulgere, gales, 
eoseque pontificaliter celebraturi ad al- 
tare accedere, utrumque ex potestatc iUi 
concessa per Carolum Magnuna adoontii* 
maces, facinorososque ocMDpe8cendos.£^ 
j usque praecipua oppida sunl: Mirando* 
la, Novellara, Correggio, Sasstiolo, Scss- 
diano, Rubiera e Castel Nuoto in Garfr- 
gnana". Il 1 .° vescovo di Reggio fu s. Pro- 
lasio, che fiorì verso Tanno 60, cui suc- 
cessero Cromasio, Antonino, Elia, Santi- 
no, Corasio, Fa venzio che IntervenDeal 
concilio di Milano del 4^^- Elpidio vi- 
veva nel 458; s. Prospero (^.) d'Aqui- 
tania dottore della Chiesa e autore d'in- 
signi scritti che registra Butler nella sus 
vita, il cui capolavoro è il poema contro 
gV Ingrati o Semipelagianij fu segretario 
di s. Leone I e distrusse il Pelagianismo 
che in Roma cominciava a Insorgere. Io- 
di furono vescovi, Stefano, Deodato del 
488, Teodosio del 554 naonaco, che (fi 
somma pietà fornito , ristabiri la chiea 
di s. Albano devastata dai barbari Do- 
nodeo, Adriano, Benenato, Lupino, Mi«* 
rizio che fu al concilio romano del 679, 
Giovanni del 68 1 , Tommaso di santa fili 
del 70 1 che edificò la basilica abbaiisk 
de'ss. Prospero e Pietro fuori della dttt| 
essendo ili.* patrono di essa, ove si dice 
che ne collocò il corpo; il suo epitaffio b 
posto nella detta chiesa de' ss. Pietro e 
Prospero poi de'cassinesi. Costantino od 
7i5, Calisto, Gemi niano nel 753 die 
consagrò la chiesa di NonantoU. ApuUi* 
nare nel 774ttl quale ottenne dalla mu- 
nificenza di Carlo Magno nel 782 pre- 
ziose esenzioni, ed ampie regalie e eoo- 
cessioni in favore di sua chiesa , coi di* 
plomi che riporta Ughellì. Neir8f4f<' 



REG 

TO Adelmo; Noderberto neirda4in* 
noe al Goocilio di Mantova, Vitale 
a neirSaS di santa vita, il cui corpo 
poito nei tempio di s. Prospero: eoo 
ma l'imperatore Lotario 1 gli con&r- 
itti i privilegi. Neir842 Roberto, indi 
edo che neir844 assistè in Roma alla 
azione di Lodovico ll,ed aumentò le 
te de'canonicì; posciaPellegiino, nel* 
Àmone, neir864 Rotfi^docui Lo- 

li con diploma donò l'isola Suz* 
A nel comitato di Reggio. Azzio fu 
acilio di Ravenna dell' 877; Paolo 
neir 879 che donò i suoi beni alla 

1 di i. Michele, prò mercede, et re* 
ì animae meae. Neil' 881 Aronne 
ibe la conferma de' privilegi di sua 
I , coi diplomi di Carlo il Grosso. 
I90 Azzio o Azzone, forse degli £• 
, ottenne dal re Lodovico il corpo 
Possidonio, e da Berengario I la con* 
i de' privilegi, venendo ucciso dai 
iri neir 898 ; Fredulfogli successe, 
li Pieti'0,al quale nel 900 Lodovi- 
imperatore, perle stragi e saccheg* 
facevano i saraceni, accordò la con* 

de' privilegi e Ucentiain circum- 
'' jam dicUun eccìesiam per gyrum 
jotestatìs sicui ipse melius videriiy 
m munitione videlicei adperpetuam 
iae suae definsionem. Anche Bo- 
rio I con diploma di privilegi nel 
il medesimo Pietro die licenza co/t* 
di Castrum in sua Plebe in hono* 
Slephani sita in Fico Longo, esen* 
ancora quel luogo dall'autorità di 

duchi, conti e altri ministri della 
blrca. Lo stesso Berengario I con 
na del 904 già. avea donato alla 
di Reggio Monte Cervario , onde 
edere alle necessità della chiesa, e 
iare alle depredazioni e incendi ca* 
i dai ferocissimi ungherL InoltreBe* 
*io I con diploma del 9 1 2 rivendi* 
isurpazioni fette alla chiesa diReg* 
ma cappella cum Castro, ed in di- 
el vescovato se ne dichiarò avvoca* 
cario in avvenÙNT. 11 vescovo Got* 



REG 45 

tardo nel 914 da Roma trasporto! cor- 
pi (o gran parte) de'ss. Crisanto e Daria, 
e onorevolmente li collocò nella confes- 
sione dello cattedrale. Petronio del 915 
de' conti de Palude del Reggiano, verso 
il qual tempo fu edificato il monastero 
de'beuedettini presso la chiesa sdburbana 
de'ss. Prospero e Pietro, detto s. Prospe- 
ro inferiore , in cui fioinrono monaci di 
santa vita : Ughelli riporta la serie degli 
abbati, ed altra più esatta il commenta- 
tore e fino al 1438 in cui si unii ai cassi- 
nesi di s. Giustina. Vedi Camillo Ailaro* 
si, Memorie istoriclie del monastero di s. 
Prospero di RrggiOy Padova 1733. 

Giberto fu vescovo nel 940; Aribaldo 
nel 942, nel quale anno Ugo e Lotario re 
d'Italia, con diplomi presso Ughelli, con- 
fermarono le possessioni ed i privilegi del- 
la chiesa cou diploma, concedendo » ter* 
i*am juris nostri, quae conjacere videtur 
in civilate Regia a tribusmilliariis in cir- 
cuito una cum muris, et fossatis, atque 
teloneo et stradatico, seu cum servìsvel 
ancillis inibì pertinentibus, omnemque 
publicam functionem, etc. ". Qual copia 
poi di beni,casteUa e terre procacciassero 
i vescovi di Reggio alla loro chiesa, non 
si può meglio intendere, che dal catalogo 
de'beni, che Bonifacio marchese e duca 
di Toscana padre della contessa Matilde, 
ricevette iu feudo dalla chiesa medesima, 
nel prezioso archiviode'canouici di Reg- 
gio; e pure non vi è descritto tutto, per- 
chè non vi si annovera la rocca di Canos- 
sa , la quale per attestato di Donizzooe, 
Azzo avo di Boni&cioricevè in feudo dal 
vescovo di Reggio, come rilevo da Mu- 
ratori nelle Dissertazioni 36.* e 61." 11 
vescovoAribaldo nel 943 concesse a'cano* 
nicidis. Michele la chiesa di s. Tommaso 
apostolo. Gli successe Adelardo Tri&sino 
nobile vicentino,la cui famiglia ebbe poi la 
contea di Canossa, che da re Lotario ebbe 
un privilegio per la cattedrale, ed egli fece 
donazioni alle chiese. Ennelando o Gri- 
moaldo del 962 fu al sinodo di Ravenna 
del 967 e ricevè conferma di priiilegi da 



46 REG 

Ottone I. Nel 998 Temo di Parma rie- 
dificò la cfaieia di i. Prospero, le con* 
cesse beni e prìvil^i, vi costituì il pre- 
posto con 8 caoooici, oelebi-ò la soleooe 
traslazione del suocorpo,edaTendo espi* 
tato il Papa Gregorio V^questi consagrò 
k cliiesal ma Pancirolo ed Acciari oppa* 
gfiaoo il Carmen che tuttociò dichiara, 
narrando che dalla chiesa di s. Prospero 
fuori della città non trasportò in quella 
di dentro i corpi de'ss. Prospero, Venerio 
e Gioconda, la quale traslazione ebbe luo- 
go nel 1602 quando la chiesa suburbana 
era divenuta diruta, come rilevasi dalla 
bolla Decei Romanum di Gemente VI 1 1. 
Il vescovo Teuio edificò la chiesa de'^ss. 
Vito e Modesto delle monache di Scan- 
diano, alle quali concesse la chiesa di s. 
Tommaso e loro eresse il monastero, e ri* 
pollò pri vilegi dall'imperatore Enrico 1 1. 
ìid I o3o fu vescovo l'altro parmigiano 
SigifredOfCbe aumentò l'abbazia di s.Pro- 
spero; il concittadino Gandolfo lasciò dei 
beni alla chiesa di Reggio: questo vesco- 
vo donò delle possessioni alle dette mo- 
nache di s. Tommaso. Nei io4i Conde* 
lardo; Sift*edo fu al concilio di Pavia nel 
io46; Adalberto del 1047; Conone del 
I o5o fece donativi alle nominate religio- 
se; Volmarodei i o6a; Gandolfo del i o8a 
fu spogliato del vescovato da s. Gregorio 
VII. Gli successe Ariberto; Lodovico vi* 
veva nel 1092; Boovegio del 1 loi; A* 
delmo fiorì del i i3o, al cui tempo Lo* 
tarlo Ile sua moglie concessero privile- 
gi. Alberto del 1 1 4o canonico regolare, 
assiste all'invenzione de'corpi de'ss. Pro> 
spero, Venerio abbate e Gioconda ver- 
gine, fetta nel 1 1 44 ^^' cardinal Guido 
legato di Lucio 11; Alberico del 1 1648Ì 
portò al concilio di Laterano del 1 179: 
magni animi praesulfiàt^quippe quiRs* 
gii fungeretur Praetura, inque dves re- 
gium propemodum pnndpaùwt exerce» 
re. Nel 1 187 divenne vescovo Pietro, e 
l'tmpet'atore Enrico VI concesse un diplo- 
ma di pin vilegi alla cattedrale. Nel 1 2 1 3 
Nicola Maltraverii di Vicenzai che caro 



REG 

a Federico II ottenne que'prtvilegi am- 
plissimi e regalie che notai superiomea- 
te; batté moneta, s'inimiob colla s. Sede 
per essere partigiano di detto imperato- 
re, ridusse i canonici della cattedrale a 
16, e pose la 1.* pietra per la diiesa di 
%. Domenico. Innocenzo IV fieoe vescoio 
Guglielmo Fogliani patrizio di Reg^ 
che fu espulso dai ghibeUini, iodi pad- 
ficatosi ripatriò eoo gran plauio della at- 
ta*, fu potente vescovo, venne annovera- 
to tra'prindpi dell'impero, onde i soe- 
oessori a' intitolarono veacovi e principi 
di R^gio. Dopo 8 anni di tede vacanle, 
per la discordia degU elettori, nel 1290 
fu vescovo fir. Guglielmo daBoUMoftaa- 
cescano. Nel i3oi Enrico Gatalorci pa- 
trizio di Cremona; nel i3i3 Goido A- 
baisi di Reggio, eresse nella cattedrale n- 
na cappella gentilizia, e fu traalalo a Ri- 
mini; Pietro del i3i8; Guido Roberti 
nobile reggiano nel i33o; Rotlandode 
Scarampi nel i336, trasfierilo al titolo 
patriarcale di Costantinopoli. Indi ad 
1 339 Bartolomeo Hippos^iensts ara- 
diacono della cattedrale; nel 1 363 Lo- 
renzo Pinoti patrizio r^gifluio;nel iSy; 
fi*. SeraGno Tavacci traalato a a. Giaid 
in Sardegna. Gli tuccesae nel ì3%flift 
lino Sessio reggiano nobiliasinio, orasto 
di preclare virtù,benenaerilo disuadw* 
aa ; indi il degno fratello Teobaldo ■>* 
naoodi a. Prospero. Engenio 1 Vnel ijBg 
gli soatitui Giacomo àntooio TorreoMi' 
solini (per quanto disai nel voLXLT,|k 
3 2 2) di Modena, ove fu poi trsttlato;qaìi' 
di nel 1444 Battista Pallavicini diP» 
ma nobilissimo, prudente e pio: psraa 
morte i canonici eiesaero BartolooieoCit' 
capaai nel 1 466, omi Paolo II per iepc* 
ghiere del duca Bofso fisce vcaoovoAa* 
tonio Trombetta ferrareae. A quali «i 
1478 successe il patrizio rqpgtanoBoai' 
fiMio Arlotti di singoiar dottrina, ed a» 
odiente pastore: net i5o3 GiolioU^ 
die in coadiutore Gio. Luea del Ptess' 
Pontremoli celebre giuireconaulCo^ e là 
i5o8 iodifcnQeeS^fa,Heli5ioGi» 



« 





BEG 

elesse Ugone de'oonti Rangoni di 
oa, prudente e destro ne'pubblici 
iìy dotto e pio, onde fu prò- legato di 
a e Piacenza, e nunzio di Paolo IH 
lo V : per acci-escere il culto ai ss. 
Qto e Daria, ripose solennemente le 
«sa in luogo più onore voIcNel 1 54o 
castro Yi fu trasferito il cardinal 
elio Cervini, il quale occupato nei* 
azione a Carlo Y, mandò a Reggio 
facopo Lainez gesuita e compagno 
Ignazio, da cui i raggiani riceverò- 
"andi vantaggi nella pietà e ne'co* 
i; nel i544 trasferito a Gubbio, nel 
' divenne Papa Marcello JI (/^.). 
e a lui sostituito Gioi-gio Andreasis 
idi Mantova giàdi Chiusi e pieno di 
I, essendo stato oratoi*e dì Carlo V a 
;iite VII ePaolo Iti: fu fatto coadiu- 
1 nipote Gio. Battista Grossi man- 
o, che gli successe nel 1 54^ e in • 
ine al concilio di Trento. Nd iS^ 
V nominò il suo confessore fr. £u* 
o Locateli! bolognese e vicario gè* 
ide'domenicani, dottissimo teologo 
pregiate opere. Nel iSyS France- 
arte! li patrizio reggiano; nel 1578 
lettoManzoli nobile modenese, som • 
losofo e teologo, segretario e peri- 
consigliere del cardinal d'Este; 
>85 Giulio Alaseli di Modena; nel 
Claudio de'conti Rangoni mode- 
virtuosissioM), nunzio di Clemente 
n Polonia; nel i6a 1 il cardinal A- 
iro ò'Este {V), fratello del duca 
i, zelante pastore; nel i6a5Paolo 
Iti Coccapanì, edificò nel suburbio 
a pel sollievo de 'successori, ed in- 
ine alle fondazioni della chiesa dei 
orgio e Ignazio, dell'oratorio dì s. 
del Carmine, e della Scala santa, 
dovi la I.* lapide. Innocenzo X nel 
fece amministratore il oardinalRai- 
à'Este (^.); nel 166 1 Girolamo 
itiCodebovi modenese, traslato da 
Jto, visitò la diocesi; nel 1662 Gio. 
noMarlJaiii patrizio genovese, de* 
ì dt Aocia^ illustrò la diocesì|Cele* 



REO 47 

brò due sinodi, alla cattedrale donò molti 
argenti ; nel 1 674 Augusto de'oonti Bel- 
lincini di Modena, costruì il seminario e 
la casa pei missionari, introdusse in Reg* 
gio i minimi, ed i carmelitani scalai, ce- 
lebrò il sinodo; nel 1701 Ottavio Pieci- 
nardi patrizio cremonese, dispensò di fi-e- 
quente e in diversi modi al gregge la di- 
vina parola, nell'invasione francese dife- 
se le monache, restaurò eaumentò le pos- 
sessioni della mensa, accrebbe il semina- 
rio, edificò, tutti colla sua pietà e zelo, e- 
resse un conservatorio e profuse limosine 
a'poveri. Con questi teitnina nelV Italia 
sacra la sene de' vescovi che compirò col- 
le Notìzie di Roìna. 1733 Lodovico For- 
ni di Modena. 1750 Gio. M.* Castel ve- 
tri modenese. 1785 Francesco M.*d'£- 
ste di Modena da Pio VI traslato da Ana* 
uìa%\opo\ì in partUfUs e abbate commen- 
datario dell'abbazia di Nonantola: nel 
voi. XLV, p. 3io narrai che nel 1798 
accolse Pio VI in Modolena, che i fran- 
cesi deportavano in Francia. 1822 An- 
geloFicarellidi Beggio. 1 826FilippoCat- 
tani modenese traslato da Carpi. Pio IX 
nel concistoro di Gaeta de'20 aprile 1 849 
trasfeiì da Cai*pi l'odierno e rispettabile 
vescovo mg.!" Pietro Baffaelli di Foscian- 
dora nella Garfagnana, già professore di 
teologia dommatica nella regia università 
dì Modena e canonico di quella cattedra- 
le, zelante ed egregio pastore. Il circuito 
della diocesi si estende per circa 100 ma- 
glia. Ogni vescovo è tassato in fiorini 8 1 6, 
essendo le reudite della mensa circa 3ooo 
scudi liberi. 

BCGIA. Sede vescovile di Numidia 
neirAftica sotto la metix>poli di Cirta,€- 
retta nel V secolo, ebbedue vescovi. Mor- 
oelli, Afiica chr. t. i. 

REGIA. Sede vescovile della Mauri- 
tiana Cesariense, celebi'e pel martirio di 
molti cattolici, assaliti e uccisi dagli aria- 
ni n>enlre stavano occupati de'doveri del- 
la loro religione. Vittore suo vescovo nel 
484 f(J esiliato da Uonerico re de' van- 
dali. lU[orcelli| Africa chr, t. i. 



48 REG 

REGINA (s.),TergineeiiMirtireinBar* 
gogna. Dopo aver sofferto diversi tor- 
menti per la fede, fu decapitata in Alìza 
o Alexia,città anticamenteooosiderabile, 
e che ora non è piti che un piccolo v'iU 
laggio della diocesi di Autun nella Bor* 
gogna. Credesi che il suo martirio av* 
venisse Tanno 25 1, nella persecuzione di 
Decio. Le sue reliquie furono trasferite 
neir864 all'abbazia di Flavigny, ove an- 
cora si venerano: Ella è nominata nel 
martirologio di Usuardo e nel romano 
a'7 di settembre; ma la sua festa è posta 
in diversi giorni, certamente a cagione 
delle traslazioni delle sue. reliquie. 

REGINA, Regina^ Regnatn'x, Moglie 
del Re (^.), e signora di Regno (F',)j al* 
trettanto si dice dell'imperatrice, Impe* 
ralrìx^ moglie óeW Imperatore {^.), e si* 
gnora d* Impero (F,), Sarnelli, Leti, eccL 
t. 6, lelt. 5i : Perchè la ss. tergine si 
chiami piuttosto Regina che Imperatri» 
ce, ne rende ragione con dire, che alla 
Beata Vergine madre di Dio si dà quel 
titolo che dassi al suo divin Figlio« Iddio 
è chiamato ne' salmi Re: Rex magmis 
super omntm terramj Rex omnis terrae: 
nell'Apocalisse si dice di Cristo: Rex re» 
gum, et Dominus dominaiUium.La ma* 
dre adunque deve dirsÌ4 Astitit Regina a 
dextris tuisj e benché Cristo sia detto 
Sole> vuoU ch'ella sia la Luna, ma Lu- 
na tale, che allora apparisce pib lumino* 
sa, quando gli sta più prossima: e se dai 
gentili la luna era chiamata /{^i/ta Coeli 
(f^')y molto pili ciò si deve alla B. Ver* 
gine. Alberto Magno scrisse: »* Propris* 
simum nomen, quod B. Virgini, secun- 
dumsuamdignitatemsummaro debetur, 
estesse Regiuam, et plus proprium,quam 
Imperalrix. Hoc enim nomen timoris, 
et rigoris. Regina autem plus est nomen 
providenliae, et aequitatis. " Dice s. Ber* 
nardo sulla Salve Regina (F,): h Regina 
mundi, etReginaCoelidicilur, per quam 
utriusque Crea tot* et Rector genera tur. 
Regina gloriae nomen, et honoris; ma- 
gniGcentiae>et decon8;dulGedÌQÌS9 ac pie* 



REG 

tatit; anMfis, et hooorifioenliae; sid>li* 
mitatis, et potentiae ; gubemationis, et 
justitiae; defensionis» et gi*aUae. " Nelle 
Litanie i^auretane (F.) invochiaiao la 
B. Vergine, Aegfiui dagli Angeli,Patriar* 
chi, Profeti, A postoli, filartirì. Confesso- 
ri, Vergini,d'Ognissanti, e Reginasine la- 
be originali concepta. F'm A veRegutaCob* 
LOBUM. Le figlie degl'ioiperalori dell'ao- 
lieo impero nel V secolo, e forse andie 
antecedentemente, qualiCcavansi regine, 
e più sovente ne'monumenti e negli alti 
pubblici dicevansi Nobilissime. In appres- 
so ebbero il nome di regine molte Ira le 
sovrane di un regno e tutte le mogli dei 
re. Regina degli Dei ai chiama nella mi- 
tologia Giunone: gli assiri, i siri, e glie* 
bi*ei prevaricatori e idolatri chiamarono 
regina del cielo Diana o la Luna, e le io* 
nalzarono altari e templi. Tra gli aotidu 
romani, la moglie del Re de'sagrifiù((lì 
cui a Re), si denominò Regina de'sagrì' 
fizi ; nelle None Aldobrandine del Mu' 
seo Faticano, è rappresentata maesto* 
sameole vestita, e colla testa adorna d'a- 
na corona radiale. Quanto riguarda la 
coi'onazione delle regine e delle iinpen* ; 
trici, si può vedette Cobonazioxb de'Ui j 
Coronazione dbgl' impera tori: a Puci ,' 
dissi che quell'abbadessa corona la regia | 
di Boemia; a Olio che le regine oelie 
coronazioni si ungono solamente odie 
spalle, nella mano e nel braccio. Ossern 
Sarnelli, che la Chiesa ne'suoi sagrì e ni* 
stenosi riti insinua alla regina nelbia 
coronazione, quanto dice s. Beroardo^cA* 
mesi può vedere nel Pontificale roouBo: 
De benedictione et coronatione R^'- 
De benedictione et coronaiione Befff^ 
De benedictione et coronatione ReffMt 
solius: De benedicUone et coroncdùsut 
ReginaCf ut regni Dominae: Dehentt 
ctione et coronatione Regis incoimtW 
electi. In questa funzione il metropoli 
tano o altro vescovo unge la regioa ooi' 
l'olio de'catecumeni nella giuntura deb 
mano e del destro cubito, e nelle spife 
per denotare che come Tolio nuoUV 



i 



REO 

pra gli altri ltc|uoi*i, còsi la regina è su* 
periore agli altri, ma insieme dev'essere 
mansueta e piacevole, perchè l'olio è sim* 
bolo della benignità. Quando dipoi il me- 
tropolitano le impone la corona dice: Po» 
puloDeisemperpraspereconsulas.QuaQ' 
do le dà lo scettro» dice: eslo pauperi* 
ÙU9 misericorSyCt ctffabilis^ viduis^pupih 
lisy et orphanis diligenlissiniam curam 
exhibens. Le erudizioni e quanto riguar- 
da le i*egine si possono vedere ne'loro ar- 
ticoli relativi. La s. Sede ed ì Papi sem- 
pre estesero la loro pateraa sollecitudi- 
ne anche sulle imperatrici e regine, beu- 
che oppresse dai sovrani loro consorti e 
divenute donne inermi; affrontarono la 
potenza de'loro persecutori ^ le di&sero, 
generosamente soccorsero, e con decoro 
ospitarono in Roma, antico e paciQco sog- 
giorno de'princìpi detronizzati: gli esem- 
pi sono copiosissimi in questo imo DiziO" 
nario, Innocenzo III (A^.) prese il pa- 
trocinio d'ingelburga ripudiata dal ma- 
rito Filippo il Augusto re di Francia; 
Clemente VII negò il divorzio a Enrico 
Vili re d'Inghilterra (F.), colla regina 
Caterina che difese; quanto fecero i Papi 
coH'infeiice Maria Stuarda regina di Sco» 
zia (/^.)j lo dissi in mol ti articoli. Gregorio 
Y die le rendite di Comacchio e Ravenna 
(F.) per sostentamento della sfortuna- 
ta imperatrice Adelaide. Pio li , Paolo 
li, Sisto IV ospitarono magnificamen- 
te Caterina regina di Bosnia{F,)j Sisto 
IV anche Carlotta regina di Cipro (^.), 
della quale parlai pura nel voi. L,p. i5. 
Fecero altrettanto, Alessiindro VII con 
Cristina regina di J'cesf a (^.)^ che come 
le precedenti mori in Roma (ove nel 1 2 1 3 
pur morì Maria regina d'Aragona e fu 
sepolta in s. Pietro); Alessandro Ville 
Clemente XI, con M.* Casimira regina 
.di Polonia (/^.)^' Clemente XI esucces» 
sori couM.* Clementina e suo mari toGia- 
comò IH re d'Inghilterra (/^.), i quali co- 
me tutte le precedenti furono tumulati 
nella Chiesa di s. Pietro ("Z^./ Ne'ponti- 
ficati di Pio VII e Leone Xll moiiix>no 

VOL. LVII. 



R£G 49 

in Roma M.' Luisa regina di ^agna(F'\ 
e la sua figlia M.* Luisa ex regina d'E- 
truria e duchessa di Lucca (F.) a' i Smar- 
zo 1824. II i.^Papa che si assise a Pran» 
zo ( F.) con una regina, fu Clemente VII. 
Molti Papi donarono alle regine la Rosa 
dUoro benedetta (^.). 

REGINA DEGLI APOSTOLI. Con- 
gregazione e pia società deW Apostolato 
cattolìcOydì sacerdoti e fratelli coadiuto- 
ri, e di sorelle, di fedeli d'ogni sesso e con- 
dizione, istituita in Roma nel 1 835 sotto 
gli auspicii di Gregorio XVf, dal servo 
di Dio sacerdote d. Vincenzo Pallotti ro- 
mano, di cui parlai nel voi. LII, p.24f9 
eziandio istitutore in Roma del Conser- 
vaiorio di Borgo s, Agata (^.)jedel Con^ 
servatorio di s. Onofrio {F'^ detto Ca* 
rolino dal munifico benefiittored. Carlo 
Torlonia, come ancora del solennissimo 
Ottavario o Ottava (^.), che la sua con- 
gregazione celebra tuttora in Roma per 
la festa deirEpifania con Presepio (F,)^ 
nella chiesa di s. Andrea della Valle dei 
Teatini (^.),.Gon indulgenze concesse da 
Gregorio XVI nel 1 838, e da Pio IX nel 
i85o. Vedasi L* Epifania del Signore, 
ec. per I ottavario die si celebra in Ro» 
ma dalla congregazione e dalla pia so» 
cietà dell* Apostolato cattolico^ 3.* edi* 
zione,Roma 1 85 1, ove si legge una breve 
notizia su questo istituto. Il fondatore po- 
se la congregazione sotto la speciale pro- 
tezione e invocazione di Maria Vergine 
Immacolata Regina degli Apostoli, per 
la difesa, conservazione, propagazione e 
accrescimento della pietà e della fede cat- 
tolica; per avvivare, fomentare e difibn* 
dere in tutti i cuori il fuoco della carità, 
acciò si verifichi ciò che narrasi de'prìmi 
fedeli^ multitiidinis credentium erat cor 
unum et anima una. Anche a mezzo del- 
l'Apostolato cattolico, per illuminare coi 
missionari membri dell'istituto, della be- 
nefica luce del vangelo i popoli che si rav- 
volgono nelle tenebre dell'errore e dell'i- 
dolatria. Gregorio XVI apprezzandone e 
ammirandone il santo scopo, e volendone 

4 



5o REG 

curare eflicacemente il felice incremento, 
die alla congregazione de'preti nel 1 844 Ia 
chiesa e casa di s. Salvatore in Onda pres- 
so Ponte Sitto {^'), ove dico dove la de- 
scrissi. Questa chiesa e casa e ora il prin- 
cipale ritiro della congregazione , resi- 
denza del rettore generale della medesi- 
ma e della consulta generalizia, come pu- 
i*e noviziato. La congregazione ingrandì, 
restaurò e abbelPi tanto la chiesa, che la 
casa, e questa ridussea ritiro, nella prima 
facendovi fiorire il cullo divino, avendola 
fornita di tutto assai decentemente. Pri- 
ma apparteneva ai conventuoli, quale re- 
sidenza del loro procuratore generale, on- 
de vi abitarono Rovere e Peretti, poi Si- 
sto IV e Sisto V. Ivi fu sepolto in luogo 
a parte con onorevole iscrizione il zelan- 
te e benemerito servodi Dio Palloni, do- 
po che soavemente spirò nella propinqua 
suddetta casa o ritiro il 2a gennaio 1 85o. 
Ebbe la consolazione di vedere che il san- 
to e vasto suo concepimento, di accre- 
scere e dilatare nel mondo universo la 
cattolica religione, andava prosperando 
pei due ritiri fondati in Roma e in Lon- 
dra, che sono i due fuochi centrali da cui 
t'irradia a tutta la congregazione e pia 
società Tardora del suo lodevole propo- 
nimento, delle quali fu ancora il i." ret- 
tore generale. Dice il suo biografo prof, 
d. Salvatore Proja.M Nonanderemo lun- 
gi dal vero dove affermassi, che anche 
l'immensa e benedetta opera (la Propa- 
gazione della Fede j F'édi)^ con cui si soc- 
corre con ispontanee limosine alle mis- 
sioni cattoliche oltre iconCni de'mari, in- 
signe monumento della vera civiltà dei 
tempi nostri, nacque come da un grano 
di senapa gittato da lui nel cuore di pie- 
tosa donna. Ma se ne abbia pur questa 
il vanto, che fecondò il prezioso germe, 
eia industre e cattolica Lione,che il creb- 
be a smisurata pianta. ** Ricondusse in 
mille famiglie la domestica pace, e spen- 
se odii infiniti da private offese cagionati 
o da civili discordie; accolse i sospiri e 
le lagrime degli afflitti, e spesso trasse dal 



REG 

loro cuore la spada del dolore ; soccorse 
airumauilìi languente negli ospedali, nel- 
le prigioni, ne'pi il abbietti tugurii; full 
padre degli orfani, il tutore delle vedove 
e de'pupilli, il benefattore di tutti, e in 
tutte le guise che per lui si potè; amò 
passionatamente i poverelli, la sua carila 
fu veramente proteiforme, Tolle sempre 
intorno a se i fonciuUi e grigaoraotelli 
per ammaeslrarline'primi rudi mentidel- 
la fede, ne'doveri di cristiano e di huoo 
cittadino, sempre accarezzandoli, spesso 
fornendoli di libri e d'altri attrezzi gio- 
vevoli ai loro bisogni. Coltivò in pailico- 
lar modo i giovanetti, che si esercitano 
in atti di pietà e di religione nell'orato' 
rio della Dottrina cristiana in s. Maria 
del Pianto, di cui fu direttore per molli 
anni. Collaborò coi benemeriti della ro* 
mana gioventii i canonici Muccioli e Saa* 
telli nelle così dette adunanze, ove inaia' 
zo ad onesti allettamenti presso la Qùaa 
di s, Giorgio in Felabro^ nelle vacaoie 
delle scuole e nelle feste, si danno airioe* 
sperta età lezioni di buona morale e di 
sociali virtù. Molto fu propenso co'poferì 
artigianelli, che dopo i materiali latori 
della giornata vanno la sei*a a riccfcre 
il bene dell'istruzione intellettuale odk ; 
Scuole notturne, coi fondatori beocne* ' 
riti delle quali il servo di Dio difise il | 
pensiero, il dispendio e la fiitica. Co» a- ) 
doperando colla gioventù deirinfiooor* : 
dine, non trascurò quella de'piùderali, 
e pochi sono in Roma i con&ervatoni e 
convitti delle suore, ed i collegi educalori 
di giovani di nobile o ci vii condiaoM, 
a'quali egli non intervenisse direttored 
coscienze oconsigliere amoroso di miglior 
disciplina. Così eloquentemente parlai 
questo decoro, ornamento e modello (U 
clero romano, il nominato degno suo bio< 
grafo, ammiratore e tenero amico, odt 
1 7 dell'Album, giornale letterario diBo- 
ma, nel n.'^iS, dichiarando altresì il U 
complesso delle altre virth cbe fiioevaiM 
splendida corona alla viva .lède religio- 
so, edificante pictà^ che reoderànnoscfli' 



REG 

pre altamente commendefole l'illustre d. 
Vincenzo Paliotti; insieme rilevando i 
singolari pregi della mente e di sua prò* 
fonda dottrina, segnatamente nelle teo- 
logiche e morali discipline. Quanto ne 
fosse pianta e deplorata la perdita da o- 
gni condizione e classe di persone, non 
menocheda' suoi ottimi ecclesiastici com- 
pagni, che gli celebrarono solenni esequie 
con funebre orazione, lo si legge ancora 
nel n.° 1 9 del Giornale di Roma del 1 85o. 
Mirando d. Vincenzo lo stato lagri- 
mevole del nostro secolo in materia di 
religione, pei santi fini che dichiarai, così 
ispirato da Dio, diede principio ad un'o- 
pera sì santa e sì vantaggiosa alle anime, 
coir istituire nel 1 835 presso la Chiesa 
dello Spiiito santo de' napoletani {P^.),\a 
Pia società che chiamò deW Apostolato 
cattolico per esprimere con tal nome la 
speciale venerazione, servitù e sommis- 
sione che tale istituto professa e promuo* 
▼e verso il supremo Apostolato delIaChie* 
sa di Gesìi Cristo che risiede nel romano 
Pontefice e ne' vescovi, non che il nobi- 
lissimo fine a cui è diretta. L'istituto non 
sì limita ne a luogo, né a tempo, ed ab- 
braccia tutte le persone d'ogni stato, ses- 
so, grado e condizione, le quali unite in* 
sieme col vincolo della carità attendono 
alla propria santificazione, e ad eserci- 
tare cou più perfezione quell'apostolato 
che Dio ha commesso ad ognuno. A'i4 
aprile 1 835 il servo di Dio cardinal Car- 
lo Odescalchi (^.)» vicario di Roma, ap- 
provò con ogni benedizione la pia socie- 
tà, quindi per suo mezzo a' 1 4 luglio Gre- 
gorio XVI la confermò e compartì mille 
benedizioni alla medesima,e con lei a qua* 
lunque opera di pietà e di zelo cui sia 
per dedicarsi. A' 17 luglio i836 il car- 
dinal Lambruschini segretario di stato, 
in nome dello stesso Papa, di proprio pu- 
gno spiegò il titolo e la natura della pia 
società, sotto l'assoluta dipendenza della 
s. Sede, promettendole cooperazione, in- 
coraggi mento e sostegno. In seguito ilsag- 
gi0| umile e prudente fondatore d. Via- 



REG 5i 

cenzo sottopose il suo religioso conce- 
pimento dell'opera all'esame e appro- 
vazione di valenti teologi e cospicui let- 
terati, di moltissimi superiori generali di 
ordini regolari e parrochi di Roma, non 
chedi IO cardinali, riportandone da tut- 
ti amplissime testimonianze di adesione, 
di lode, di prosperi auguri, per cui 4i 
ordini e congregazioni religiose conces- 
sero alla pia società ed ai cooperatoli al- 
le opere di essa la partecipazione di tutti 
i loro beni spirituali comunicabili. Gre- 
gorio XVI col bali Candida afiidarono 
alla congregazione la cura spirituale del- 
l'ospedale militare, quando il Papa locol- 
locò nel locale da lui dato a Ponte Sisto 
all'ordine Gerosolimitano (/^.), rimpefc- 
to alla chiesa e ritiro delia congregazio- 
ne; quindi Gregorio XVI gliela confer- 
mò allorché restituì l' ospedale nel fab- 
bricato incontro quello di s. Spirito e a 
questo appartenente: cou zelo e carità 
corrispose la congregazione, fino all'in* 
felice epoca dell'ultima repubblica del 
1 849» sebbene i suoi membri tuttora la 
frequentino pegli aiuti di carità cristia- 
na. Il regnante Pio IX nel 1846 conces- 
se all' istituto di amministrare in ogui 
tempo i sagramenti a quei della congrega • 
zinne o che convivono ne'loro ritiri, come 
di celebrare nelle proprie chiese i loro fu- 
nerali e seppellirli, ad instar regularium. 
Inoltre Pio IX nel 1 847 col breve Quuni 
in agro, confermò alla congregazione la 
chiesa e casa di s. Salvatore in Onda, cou 
l'obbligo annuo d'un cereo di 3 libbre 
al procurator generale de'conventuali ; 
accordò a'sacerdoti diverse facoltà spiri- 
tuali, confermò loro i tesori spirituali go- 
duti dagli ordini regolari, e dalle confra- 
ternite e pie istituzioni già esistenti nella 
Chiesa di Dio, da parteciparsi dalle so- 
relle della congregazione e dalla pia so- 
cietà; come pure alla congregazione dei 
preti comunicò i privilegi de'medesiuii 
oi*dini, servalis servandis: di più nel 1 84^ 
col breve Ecclesiasticoruin Societates , 
autorizzò gì' individui della congregazio- 



52 REG 

ne di potersi Divinare a tìtolo di mis- 
tione. L'istituto è in incremento e si di- 
vide in 3 classi. La i.'ch'è come il cen- 
tro da cui le altre dipendono, e che le 
promuove, le anima'e le dirige ambedue, 
si compone della Congregazione di preti 
secolari, efralelUcoadiutorideW Aposto- 
lato cattolicOy i quali vivono riuniti nei 
ritiri in vita comune perfetta e sotto la 
regola lasciata loro dal fondatoit*. Il ve- 
stito é conforme a quello de' preti seco* 
lari, adattandosi anche in questo ai paesi 
dove si trovano. I preti vestono la sotta- 
na di panno, chiamala anche zimmarra, 
con pellegrina e mezze maniche aperte, 
con fàscia di lana senza fiocchi, e collare, 
cappello, e ferraiolo di panno odi scotto 
secondo i tempi, come i preti romani, 
berretta senza fiocco e tutto nero. I chie- 
rici e novizi non portano la pellegrina; 
i fratelli coadiutori vestono deiristessa 
maniera, ma più corto, senza collara, e 
senza code o pendoli nella fascia. I sacer- 
doti si occupano in tutte le opere del sa- 
gro ministero, nelle quali si spera che vi 
sia il maggior servizio di Dio e aiuto del- 
le anime^ ed anche nelle altre opere di 
carità e di zelo compatibili coll'istituto, 
principalmente nel dar missioni in qua- 
lunque parte del mondo, ed esercizi spi- 
rituali ad ogni classe di persone, dirigere 
j seminari e collegi di missione eretti nei 
loro ritiri, convocare in essi la conferen- 
za degli ecclesiastici, ec. Gli obblighi poi 
ai quali ciascun individuo della congre- 
gazione si astringe nella solenne consa- 
grazione o ofièrta a Dio (non per voti, 
che sono in libertà di ciascuno il fiirli o 
non farli, ma in virtù del contratto che 
si fa colla congregazione), sono le 7 pro- 
messe: cioè di povertà; vita comune per- 
fetta ; rinunzia alle dignità e ai benefizi 
fuori della congregazione; castità; ubbi- 
dienza; perseveranza nella congregazio- 
ne; di promuovere in ispecial modo la 
venerazione de'misteri della ss. Trinità, 
della Redenzione, e la divozione della B. 
Vergine. 1 fratelli coadiutorì pero, per 



REG 

rendersi più utili alla congregazione, fan- 
no nelle mani del confessore anc^eil vo- 
to di castità ad tempuiy e ad nutum del 
rettoit*. Essi aiutano i sacerdoti nelle o- 
pera dell'istituto, facendo i loro uflici :»€• 
condo l'ubbidienza de'superiori, coope- 
rando alla congregazione colle fatiche, 0- 
rasioni ed esercizi virtuosi; dovendoque- 
sta congregazione pel suo Qn« essere nel- 
la Chiesa come im punto di mezzo tra il 
clero secolare e regolare, adattandosi al- 
le circostanze de'teinpi e de' luoghi nei 
quali ha da diffondersi. La 2.* classe del* 
l'istituto è composta della Congregazio- 
ne delle sorelle dell Apostolato caiiolico^ 
le quali osservano la medesima regola dei 
sacerdoti, in quanto convieae allo stato 
loro, e vivono anch'esse in com unità i»ei 
propri ritiri, ad alcuni de'quali sono an- 
nesse le pie case di carità erette perao 
cogliervi le giovinette povere, abhando* 
Tiate e pericolanti, e però le sorelle die 
abitano in tali ritiri si occupano per pro- 
prio istituto anche nella educazione sì ci- 
vile, che religiosa delle dette giovaoelle, 
come pure delle giovanette esterne, al- 
le quali fanno scuola uè' medesimi riti- 
ri, ed alla istruzione e conversione delle 
persone del loro sesso. Udo di questi ri 
tiri, a cui é annessa la pia casa di carità, 
è il suddetto Consen^atorio di Borgo i. 
Agata^BÌìvoèproisimo ad aprirsi io Yel* 
tetri, insieme con un ritiro de'preti del- 
ristessa congregazione. Il vestito delle»- 
rei le è quello delle terziarie fiancescaoe. 
Finalmente la 3/ classe dell'istituto è li 
Pia socielàdell'AposiolaiocattolicOféi 
ritiene il primitivo titolo di tutto l'isti- 
tuto, formata di tutti que'ièdeli d'ogsi 
sesso, stato, grado e condizione, che ii 
qual unque modo, o colle opere pei'sooaii 
gratuite, o colle oblazioni 8pontanee,oal* 
meno colle preghiera cooperano (óaicu* 
no secondo la propria possibilità) al fios 
indicato della pia istituzione. La Piatth 
cietà è già diffusa in tutte le parti dd 
mondo, avendo spedito molti de'missio' 
nari . tanto nelle regioni catfolicbe, òt 



REG 

nelle parti degli eretici edegl'infecleli. Ad 
essa si sono ascriUe mediante pagelle di 
aggregazione, molte migliaia di pei*sone 
d'ogni ceto, anche facènti parte di corpo* 
razioni morali, fra'quali non pochi car- 
dinali, vescovi, prelati, principi, e altri il» 
lustri personaggi ec; in uno a diversi mo- 
nasteri e conventi di regolari de'due ses- 
si, come di collegi, conservatorii e altri 
luoghi pii. In questa società tengono il 
primo luogo gli ecclesiastici secolari e re« 
golari, i quali uniti in sagra lega di emu- 
la tri ce carità e zelo, coi sacerdoti della 
congregazione si prestano nelleopere del- 
ia postolico ministero. Tutte le classi del- 
l'istituto, comprese le pie case di carità 
annesse a'ritiri delle monache, sono sotto 
l'immediata dipendenza e direzione dei 
superiori della congregazione de'sacerdo- 
ti e Fratelli coadiutori, salva sempre la de- 
bita soggezioneagli ordina ri,inciòche non 
s'oppone alle proprie regole e costituzioni. 
Fra le molte opere di sagro ministe- 
ro, e di carità e miseriooi*dia spiritua- 
le e corporale a vantaggio de' prossimi, 
nelle quali si occupa V istituto per con- 
seguire il fine che si è proposto, quelle 
che esercita la congregazione de'sacerdo- 
ti unitamente alla pia società, sono: i.^ 
Di fondare pie case di carità. a.°Di ce- 
lebrare l'otta vario dell'Epifania, il quale 
ebbe principio nel i836 nella chiesa del- 
lo Spirito santo, indi in altre chiese di Ro- 
ma, come di s. Carlo al Corso e di s. Sil- 
vestro in Capite, stabilendosi in quella 
di s. Andrea nel 1841; in s. Cariò vi pre- 
dicò due volte il cardinal Odescalchi, in 
s. Andrea Pio IX, lo che accennai nel voL 
LIII^ p. 190. 3." Di provvedere ai biso- 
gni delle missioni ne' luoghi suindicati, 
siccome ha sempre eseguito, eziandio con 
soccorrerle dì denaro, di arredi, vasi e pa- 
ramenti sagri, d'immagini divote, di re- 
liquie, di libri spirituali in diversi idio- 
mi, anche nell'Arabia, Persia, Oceania e 
altre parti del mondo. 4*° ^i promuove- 
re la pietà e divozione colla continua di- 
stribuzione di buoni libri, abitini| coro- 



REG 53 

ne, medaglie, crocefissi e altre sagre im- 
magini. 5.° Dì sovvenire ai bisogni tem- 
porali de'poveri d^ambo i sessi e degl'in- 
fermi, con denaro, vestiario e commesti- 
bili, come fece segnatamente nella pesti- 
lenza del 1837. 6.°D'aprire scuole gratuite 
per la gioventù de'due sessi, per l'istruzio- 
ne civile e religiosa, sia fra'cattolici che nei 
paesi acattolici, onde opporsi alle scuole 
protestanti istituite per danneggiare il 
cattolicismo; avendo in Roma fondato 
3 scuole notturne e una pia congregazio- 
ne per la santificazione delle feste. 7.^ Di 
visitare e soccorrere i malati negli ospe- 
dali, i detenuti nelle prigioni. 8.'' Di da- 
re le missioni e gli esercizi spirituali ad 
ogni classe di persone, il che è proprio 
tanto de' membri delta congregazione, 
quanto de'sacerdoti ascritti alla pia so- 
cietà. 9-*^Di promuovere l'erezione di ca- 
se per detti esercizi pei giovanetti e gio- 
vanette di 1.' comunione separatamen- 
te, pei coniugandi e pei coniugati^ assi- 
stendo a quelli delle donne le sorelle del- 
la congregazione. Il fondatore vietò ai ri- 
tiri de'preli, e alle sorelle della congre- 
gazione di possedere, ma mantenersi col- 
le oblazioni de'fedeli mensili e annue^ o 
di qualunque sorte. Dispose che le pix)- 
prietà e i beni stabili, che a qualunque 
classe dell'istituto venissero dati dalla ge- 
nerosità de' benefattori, inclusivamente 
ai pii legati, spettassero all'intiero corpo 
della Congregazione e della Pia società^ 
per erogarsi nelle opere proprie dell'isti- 
tuto, e che ne fosse amministratore il 
rettore generale e sua consulta, la quale 
deputa i rettori de'ritiri de' preti e delle 
sorelle, acciò per se o per loro procura- 
tore ne facciano amministrare i beni dal 
proprio sindaco. I soggetti della oongr^ 
gazione possono ritenere le proprietà dei 
loro beni e testarne, lasciando al superio- 
re la cura di farli amministrare, e d'im- 
piegarne le rendite, non per uso proprio, 
ma solo per opere pie; e devono mettera 
in comune ciò che ricevono dopo la con- 
sagrazione. Tutte le 3 classi dell'istituto 



54 



REO 



godono di tutti i tesori ipirituali summen- 
loToti, e approvati dalla benignità pon* 
lifìcia. Fra ie benemerente di questo isti- 
tuto, aggiungerò, cbe promosse con suc- 
cesso l'associazione all'elemosine per la 
pia opera della Propagazione della fcde^ 
come ristituzionede'consigli parrocchia- 
li cbe dierono ottimi risultati. L'istituto 
dell'Apostolato cattolico é in incremen* 
to. La congregazione nel suo noviziato 
Ta formando i giovani nello spirito e nel* 
la scienza per le opere di carità e di ze- 
lo, e per le nuove fondazioni che tono 
richieste in più luoghi. In Londra la stes- 
sa congregazione per mezzo del suo ze- 
lante sacerdote d. Raffaele Melia roma- 
no, va ediCcando annessa a un suo riti- 
ro una chiesa centrale a beneficio spe- 
cialmente degritaliani, sotto Tinvocazio* 
ne di s. Pietro principe degli apostoli, 
concorrendovi con limosine vari principi 
e il Papa che regna, il quale unitamente 
ad ampie facoltà, le ha imposto tal nome. 
REGINA COELl LAETARE ALLE- 
LUJA. Antifona chiamata degli Angeli, 
perchè cantata dai cori degli Angeli sul 
Ponte s. Angelo (F,) di Roma, per sa- 
lutare le immagini della R. Vergine (a 
pREDicATOBi parlando delle domenicane 
de'ss. Domenico e Sisto, dissi cbe si vuole 
compresa anche quella di detta chiesa) che 
si venerano nella Chiesa dis. Maria Mag- 
giore (^.), e nella Chiesa di s. Maria 
d'Araceli {F.)j portate da s. Gregorio I 
in processione per la pestilenza, onde a • 
Vendola adottata la Chiesa nel tempo pa- 
squale, cioè dal sabbato santosino al ve* 
spero del sabbato precedente la domeni- 
ca della ss. Trinità, nella processione del- 
le Litanie maggiori^ allorché il clero se- 
colare e regolare di Roma celebra quella 
dalla chiesa di s. Marco a quella di s. Pie- 
tro, quando il capitolo di s. Maria Mag- 
giore, ed i minori osservanti d'Araceli so- 
no arrivati suddetto Ponte, per memo- 
ria dell'accaduto ivi cantano l' antifona 
Eegina Cbe/Z^Di tutto trattai ne' voi. XII, 
p.ggei i5,ove riportai tutta l'antifona e 



REG 

il versetto col quale s. Gregorio 1 rispose 
agli Angeli; e XXXIX, p. 1 3, 1 4 ed altro- 
ve. F. Antifona, Alleluja, EEcnvA, ed 
il p. Antonio de Macedo: Divi Tutelarti 
Ortis Christiani, Lisbona 1 689. Nel voi. 
X,p. 5 1, parlando delle monache di Re- 
gina Coeli, corressi l'errore per cui si cre- 
dono così chiamate. All'aurora, al mez- 
zodì e alle ore a4> >' segno delle campa- 
ne delle chiese, con indulgenze si recita 
la preghiera detta V Angelus Domini 
Ave Maria (F,) inginocchioni, e in pie- 
di tutte le domeniche iacominciando dai 
primi vesperi cioè dalla aera del sabbato 
per disposizione di Benedetto XI V,il qua- 
le ordinò che invece deW Angelus Domini 
nel tempo pasquale si recitasse Tanti fona 
Regina Coeli e stando in piedi, cioè dal 
mezzodì del sabbaio santo a lutto il mei- 
zodì del sabbato innanzi la festa della ss. 
Trinità : ne parlai ancora nel voi. XXXI, 
p. 6r, ed in altri analoghi luoghi. Nella 
Raccolta delle indulgenze concesse dai 
Papi si avverte: i.^Qie le persone religio- 
se d'ambo i sessi e altre che vivono in co- 
munità, non potendo dire V Angelus Do* 
mini o la Regina Coeli al suono della 
campana, perchè in tali ore sono impie- 
gate in qualche esercizio prescritto dalle 
rispettive regole o costituzioni, potranno 
acquistare le indulgenze, se subilo termi- 
nato tale loro esercizio^ reciteranno I'ì^a* 
gelus Domini o la Regina Coeli j come 
dichiarò Benedetto XIH. 3.'' Che i fedeli 
tutti trovandosi in luoghi, dove mana 
il suono della campana^ potrannoacqui- 
stara le indulgenze, se circa le ore deter* 
minate reciteranno secondo la diversità 
de'tompi l'Angelus Domini o la Regind 
Cbe//, come dichiarò Pio VI. L^e principa' 
li indulgenze le concesse Benedetto XI li, 
e le confermarono i successori, col breve 
universale e perpetuo, In/uncia Nobisyòà 
1 4setlembre 1 724» ^"^^- Roìh. 1. 1 3,par. 
1, p. 356. Esse consistono, neirindulgen- 
za plenaria e remissione di tutti i peccati 
una volta al mese in un giorno, in cui i 
fedeli confessali e oomunicati preghtt^n* 



REG 

no per la i. Chiesa, per la conservazióne 
dei Papa, pace e concordia Ira'principi 
cristiani, ec; e l'indulgenza di giorni loo 
ogni volta, che veramente pentiti reci- 
teranno \ Angeltts Domini o la Regina 
CoeU, 

REGINALDO, Cardinale. Nato nel- 
r Umbria e abbracciato V istituto di s. 
Francesco , Bonifacio YIII nel 1298 lo 
fece letlore delpalazzo apostolico, grado 
divenuto vacante per la promozione ai 
cardinalato di Gentile Partine (F'.); non 
Io creò arci vescovo di Rolian, bepsì a'i5 
dicembrer3o2 cardinale di s. Ciiiesa. 
I REGINERIO, Cardinale. Dellordi- 
j ne de'diaconi, sottoscrisse il privilegio a 
I favore della patriarcale di Grado, di Gio- 
vanni XIX detto XX del 1 024* 

REGIONE, Regio, Finis, Plaga, Tra- 
ctus. Contrada, provincia, banda, paese. 
Essa in riguardo al cielo, significa le 4 
parti cardinali del mondo,che chiamansi 
plaghe. Trattandosi della terra la parola 
regione dir vuole una grande estensione 
di terra, abitata da molti popoli confi* 
nauti, ma sotto uno stesso dominio. Una 
gran regione dìvidesi in altre più piccole 
in riguardo ai suoi popoli, dividendosi 
anche le piccole regioni in altre ancora 
che compongono un popolo, e che chia- 
mansi paesi. Una regione si divide in al- 
ta e bassa rispetto ai fiumi, al mare ed 
alle montagne. Nella topografia la parola 
regione fu in uso per significare i diversi 
quartieri delle città, molte essendo divise 
in regioni o rioni. Augusto divise Roma 
in 1 4 regioni, ed il Papa s. Clemente I la 
riparti in 7 regioni ecclesiastiche, e ad o- 
\. gnuna assegnò un Notaro (/^.) regiona- 
^ rio; s. Fabiano vi aggiunse un Suddia» 
^ cono (F",) regionario, ed un cardinale dia* 
^ cono regionario, di che trattai a Di ago- 
^>iiiE cabdinalizie; indi alle regioni furo* 
^no aggiunti i Difensori della chiesa ro» 
- ; fiuina(F.)f detti anche difensori regiona- 
**^ri: di tutti questi regionari, loroimpor* 
-ìj tanti uflSzi e distinte prerogative, parlai 
» Jai citati articoli, ed intervenendo alle 



REO SS 

pontificie funzioni assistevano il Papa. F. 
Rioni Bi Robia,Pbimicero, PaoToacaoiiA' 

BIO. 

REGIONARIO. F. Regiohb. 

REGIO EXEQUATUR, Pladtum rv- 
gium» Abusivo riconoscimento, esame di 
pretesa Regalia (F.) delia podestà laica- 
le, quasi per autorizzare la pubblicazio« 
ne, l'esecuzione e 1* elFetto delle provvi- 
denze religiose ed ecclesiastiche de' Papi, 
alle loro Bolle, Brevi, Lettere e Rèscrii" 
ti (F,). Questo fatale uso presso alcuni 
stati del regio exequatur, per la sem- 
plice visura, senza porre segno o far or- 
dine esecutorio riguardo ali' esecuzione 
de' pontificii diplomi, essendo destituito 
d'ogni diritto e di ogni ragione, siccome 
derivato dal grande scisma d' occidente 
(come dai scismi derivò Y Esclusiva, Ve* 
di), qual misura di precauzione, fu sem- 
pre dai Papi condannalo e riprovato con 
gravissime censure, come dichiarò e dot- 
tamente provò, contro Quesnello, Van- 
Espen e simili avversi alla s. Sede, il dot* 
to mg.' Fontanini, anonimo autore delle 
Ragioni della sede apostolica nelle pre» 
senti controversie colla corte di Torino, 
1782, t. i, par. 2, capit. i, capo 2, Del 
regio exequattir, Fontanini dichiara il 
regio exequa tur pi*egiudizievole e con- 
trario all' ubbidienza, che deve ogni fe- 
dele e ogni principe, per grande che sia, 
al vicario dì Gesti Cristo, e che prodotto 
e originato dallo scisma a null'altro ten- 
de che alla sua prima causa, cioè a ren« 
dere aliena e straniera negli stali tempo- 
rali de' principi l'autorità e podestà del 
Papa. Dal benedettino Zaiwein nel t.r, 
p. 377 del Jus ecclesiastico, viene chia- 
mato il Regio exequatur o Placito regio, 
parto de'politici e ritrovato degli adula- 
tori de'principi nemici della sede aposto- 
lica, li Rinaldi all'anno 848, n.^i 3, narra 
che Neomenio posto da Carlo il Calvo al 
governo della Bretagna minore, avendo 
convertito il reggimento di essa in cru- 
delissima tirannia, spogliando i sudditi 
de'bcni loro e uccidendoli , scacciando ì 



56 REG 

vescovi dalle chiew (come raccontai nel 
oonciliocli /2e</oit, f^à/i),pro£inaDdo e di- 
struggendo i luoghi sagri, e usurpandosi 
le possessioni loro, s. Leone IV Taintno- 
nì con un'epìstola, ma inutilmente : im- 
perocché l'arrogante e superbissimo uo- 
mo, mettendola per niente e avvilendo- 
la, neppur degnò di riceverla. Di che ra- 
dunandosi 32 vescovi in Tours in sino- 
do,fortemente lo ripresero, massimamen- 
te per cosiffiitto dispreizo della sede apo- 
stolica, e minacciarono di scomiinicailo, 
con questa lettera sinodale. » Basta vano 
questi per tua perdizione; ma tu a cu- 
mulo de'mali accresciuta hai la temeri- 
tà, e ofifeso tutto il cristianesimo, mentre 
che hai avuto poco a pregio e dispettato 
l'apostolico successore di s, Pietro, a cui 
Iddìo ha dato ilPr{V7ti7/o(/^.)su tutta la 
terra. 1 mperciocché richiedendolo tu,che 
li scrivesse nel suo libro e volesse per te 
pregare la divina clemenza , e promet- 
tendoti pur egli con sue lettere di farlo, 
sì veramente, che si fossero da te porte 
orecchie alle sue ammonizioni , tu non 
pure non facesti nulla delle cose da es- 
so ingiunteti, anzi né anche ne ricevesti 
le lettere ; e perché non volevi por fine 
a' tuoi eccessi, non temesti il buono am- 
monitore. In lui dunque hai offeso gli a- 
postoli, il principe de'quali é Pietro; tu 
bai offeso i vescovi, lì quali già regnano 
con Dio in cielo, e risplendono in terra 
con miracoli ; e hai offeso noi altri anco- 
ra, lì quali avvenga che non abbiamo il 
loro merito, possediamo per grazia dì 
Dìo, Tìstesso ufEzio". Soggiunge lo stes- 
so Rinaldi. » Odano queste cose quegli 
che ritengono le lettere apostoliche^ e sot- 
to qualsisia colore impediscono Tesecu- 
zione loro. E quindi per simili compren- 
dano la gravezza del peccato commesso 
sì da essi, e sì da coloro, li quali difendo- 
no ne'pii principi ciò, che tanto detesta- 
no que' padri eziandio in un tiranna ". 
Ma non indugiò la divina vendetta so- 
pra Tempio Neomenio, che percosso dal- 
I angelo morì. 



REG 

Lo scisma orribile e lunghissimo inco- 
minciato verso la finedelsecoloXIVdiè 
la prima occasione e origine a dì veni fatali 
abusi ed eziandio all'abuso del Rrgio exe- 
quattir o Placito regio ^ d ì verso dal Placito 
(f.) giudizio pubblico de'secoli dì mezzo, 
•1 quale artìcolo dimostrai contro le al- 
trui deduzioni, che quelli tenuti ne'do- 
miniì della romana chiesa, furono per- 
messi dai Papi con podestà delegatizia, 
senza veruna lesione di loro piena e as- 
soluta sovranità, dichiarando in che eoo* 
sistcMe Tavvocazia, protezione e difesa 
degl' imperatori e re su Roma e sulle 
terre della s. Sede. Clemente V avendo 
stabilito la residenza pontificia in Frao- 
cia, dimorò in Avignone (^.), ed altret- 
tanto fecero 6 successori, rultimo de qua- 
li Gregorio XI la restituì io Roma. Nel 
1 378 per sua morte fu eletto Urlano 
^/(/^.), contro il quale insorsero diversi 
cardinali e crearono l'antipapa Clemente 
/^//,che portandosi in Avignone vifof- 
tenne una cattedra di pesti lenza, ed ebbe 
a successore l'antipapa Benedetto Xlll 
Come i Papi in Roma crearono ì cardi- 
nali, gli antipapi in Avignone fecero an- 
ticardìnali. Osserva Novaes nella Siam ; 
di Clemente .Y/, n.° 113, che Urbano VI ; 
nel lagrìmevole scisma, vedendo ìogao- I 
nate diverse nazioni, che riconosocTaBO i 
per Papa il felso Clemente VII, onde i 
preservare dalle sue astuzie e intrusiooi 
quelle che a lui obbedivano, stimò prof- 
vido consiglio e necessaria awerteoiadi 
raccomandare a' vescovi, che prima di di- 
re esecuzione nelle loro città e dioo» 
alle bolle pontificie, esamìnatsero eoo di- 
ligenza se dal vero Pontefice proveniii* 
no, in tanta pertur|)azione di tempi, ri- 
movendo così gli scandali, che in alouse 
parti nascevano dalTesecuzione di diver 
se lettere dell' antipapa. Per cui sIgodì 
vescovi per tale concessione stabilirono 
una ferma consuetudine, ordinando nei 
loro statuti provinciali o «inodalì che otti 
no eseguisse le lettere apostoliche, se noi 
dopo che fosse stato da loro ottenuto ii 



REG 

F'idimus seu Placet. Lo stesso fecero i 
principi so vraiii,afHnché i popoli loro sog- 
getti non fossero sorpresi e ingannati dal- 
l'antipapa, e questo si osservò per tutto 
il tempo che durò lo scisma, con munire 
le lettere e bolle legittime del visto o Pla^ 
cito regio o consenso regio, colle formo* 
le Pliicei, Fìdiinus, ed Exrquatur, £• 
stinto lo scisma, tornò in vigore l'uso an» 
tico,e perciò Carlo VII re di Francia nel 
1 4^4 ordinò , che il romano Pontefice 
usasse liberamente per V avvenire della 
sua piena e indipendente autorità, come 
afferma Carlo Fevret, nel Traile de ì^ a* 
ÒM, lib. I , cap. 4i o Trattato degli abusi 
e del vero soggetto delle appellazioni qua- 
lificate col nome à' abuso j opera non 
buona, di cui si hanno diverse ediiìoni, 
anche colle note del canonista Gibert e 
di Brunet s vi fu altresì aggiunto il trat* 
tato d'A utonio Dadin, Ercùssiastìcae ju» 
rìsdictionis vindiciae. Il celebre citato 
Fontanini, ecco come racconta l'origine 
e le cause per le quali incominciarono i 
principi a volere che non potessero ese« 
guini ne'loro stati le lettere e provvedi* 
menti del Papa, senza la visura e bene- 
placito loro o de' loro ministri. Il fetale 
scisma che incominciato sotto Urbano VI 
lacerò per tanto tempo la Chiesa di Dio, 
diede la prima oocasione a questo ed a mol- 
ti altri abusi, per cui rimane ancor pallida 
e scolorita la bella faccia della sposa di Ge- 
sti Cristo. Imperocché divisi in diverse 
ubbidienze i principi oristitini, secondo il 
numero de'Papi, che ora due e ora tre 
(a Urbano VI successero, Bowjacio IX^ 
Innocenzo Flit Gregorio XI I^ contro 
il quale fu eletto Alessandro F , men- 
tre viveva Benedetto XIII; quindi ad A.- 
lessandro V fu dato in successore Gio- 
vanni XXIII, onde si rinnovò la mostruo- 
sità di vedere ad un tempo due Papi e 
un antipapa con ubbidienze , laonde i 
fedeli non sapevano più ormai a chi ub- 
bidire e chi venerare per vero Papa ) si 
videro infelicemente in quel tempo di 
confusione. Alcuni de'principi ohe tene- 



REG ^7 

vano l'nbbidiensa di uno di etri, o Icgitr 
timo o spano che ti fosse, affinchè ne'lo- 
ro stati non si eseguissero le provvisioni 
dell'altro, ch'essi non riconoscevano co- 
me vero successore di s. Pietro, ordina- 
rono che le lettere le quali portavano il 
nome della sede apostolica, non si potes- 
sero pubblicare, se non fossero prima ri- 
vedute da'Ioro ministri, per riconoscere 
di qual Papa si fossero, e non si prestas- 
se ne'loro stati ubbidienza verso un Pon- 
tefice, ch'essi giudicavano non doversi li- 
conoscere per tale. A ciò si aggiunse, che 
nella Francia particolarmente, dove si 
rijfbgiarono Clemente VII e Benedetto 
XIII antipapi, questi per aver seguaci non 
tanto dispensavano, quanto dissipavano 
le grazie, aggravando gli ecclesiastici e il 
clero di annate, di pensioni e di sussidi 
straordinari che loro sovente imponeva- 
no, sicché del pseudo Clemente VII rac- 
conta Clemangio, Decorrupt, eccles, stat, 
cap. 3^, ch'essendo in Francia ricono* 
scinto per Papa, operava ivi quasi da ser- 
vo de'servi de'signori di quel regno, e che 
tutto il clero era in guisa tale soggetto 
alla disposizione de' magistrati secolari, 
che ciascuno di questi era stimato più 
Papa che il Papa medesimo. Per siffatte 
cause il clero gallicano adunatosi in Pa- 
rigi nel 1 3g9 e toltosi dall'ubbidienza tan- 
to del vero e legittimo Bonifocio IX Pon- 
tefice romano, quanto dell'antipapa Be- 
nedetto XIII d' Avignone, si fece lecito 
decretare, che non si desse più esecuzio- 
ne alle lettere espettati ve né dell'uno né 
dell'altro, perché servivano a molto fo- 
mentare il lamentabile scisma. Quindi 
ad istanza e ricorso del medesimo clero 
maltrattato e aggravato dai suddetti an- 
tipapi uscì la I.' volta un'ordinazione di 
re Carlo VI, colla quale fu vietata, l'ese- 
cuzione de' rescritti, mandati e bolle che 
i Papi potessero dare in avvenire in pre- 
giudizio delle libertà e franchigie di cui 
godeva la chiesa Gallicana [F,), Que- 
sto ordinamento diede luogo a' primi in* 
traprendimenti de'regi offiziali sopra la 



58 REG 

giurìidìxioneeocleiiastica. Nel medesima 
tempo e durando il deplorabile iciftinai 
benché ringhilterra ubbidisse al veroPa- 
pa Bonifacio IX, nondimeno nel parla- 
mento del i3gr, fra le molte allre cose 
fuor di misura ofTensive della libertà e 
giurisdizione ecclesiastica, fu determina- 
to che nel regno ninno fosse scomunica- 
to con autorità pontificia, né si potesse 
ivi eseguire alcun mandalo di Roma. Co- 
sì pure in Portogallo all'epoca dello stes- 
so scisma, e pel motivo che non si avesse 
in quel regno ad ubbidii*e se non che al 
legittimo Papa, e non si eseguissero bre- 
fi, rescritti, bolle e lettere fdlse che ve- 
nivano da Roma, fu introdotto il costu- 
me che fossero prima vedute ed esami- 
nate dal cancelliere maggiore, e quelle 
che trovava essere vere e direttamente 
spedite, dava licenza che si pubblicassero 
e che avessero esecuzione, non dovendosi 
ubbidire in quel tempo di scisma che al 
padresanto di Roma. E finalmente quan- 
do lo scisma era nel suo maggior fervore 
nel i4o8, Martino I re di Sicilia, nel por- 
tarsi nell'altro regno d'Aragona, ordinò 
ol consiglio di stare attenti, che nessuna 
bolla o lettera di Papa o dì altri principi 
o comitati, non si debba aprire o leggere 
prima che venga in potere della regina 
vicaria del regno o suo consiglio, e dopo 
per ordine della regina si farà quello che 
prescriverà. Quanto a Napoli gli stessi 
difensori del regio exequatur danno alla 
di lui introduzione piii fresca origine, fa- 
cendone i .*^autore Ferdinando I d'Arago- 
na nel 1 473, locché non può ammettersi, 
anche pel disposto di Pio II nella bolla 
colla quale nel i458 lo avea investito del 
regno, sulla piena esecuzione delle let- 
tere apostoliche d'ogni genere rimosso 
qualunque impedimento; quindi Giulio 
Il nella bolla d'investitura del regno per 
Ferdinando V re di Spagna, tra le altre 
cose pi*escrìsse, che i ministri regi doves- 
sero lasciare del tutto libera e indipen- 
. dente l'esecuzione di tutte le provvisioni 
apostoliche, anzi sieoo tenuti a somml- 



REG 

nistrare la forza militare se rìcbietti per 
farle eseguii*e e punire i reniteoti.Ma piut- 
tosto nel i56i, per assicurarsi che non 
fosse provveduta di alcuna chiesa qual- 
che persona nemica o sospetta, o non fos- 
se fatto alcun provvedimento pregiudi- 
zievole alla regia autorità di Filippo II, 
i ministri cominciarono a voler esami- 
nare e riveder le bolle apostoliche prima 
che si eseguissero, per la pra m ma t ica prò • 
mulgata dal viceré duca d'AI(»là, perciò 
pubblicamente scomunicato da s. Pio V 
nel 1 567 e poi assolto. Siccome però il la- 
grimevole scisma d'Avignone avea dato 
origine e causa a questo abuso, espresso 
allora dalla necessità, e reso talvolta tol- 
lerabile dalle calamità di que'tempi, così 
fu pure ragionevole e giusto, che estinto 
il medesimo scisma nel concilio dì Co- 
stanza nel 1 4 1 7 colla elezione di Martino 
y,non pili oltre durar dovesse, siccome 
pratica da non potersi tollerare senza gra- 
ve ingiuria e pregiudìzio della s. Sed^ 
il Papa nell'istesso concilio e con espressa 
approvazione del medesimo, rìvocò, cas- 
sò e annullò la predetta concessione di 
Urbano VI, e qualunque statuto sopra 
ciò fatto, volendo e decretando, che gii 
esecutori dati nelle lettere apostoliche do- 
vessero e potessero liberamente eseguirle 
senza il F'idimus seu Place tj licenza 
assenso di qualsivoglia prelato, sotto pe« 
na di sospensione per 3 mesi dall'eserci- 
zio della giurisdizione ecclesiastica, con- 
tro quelli che ardissero di attentare cosi 
alcuna in contrario, come diffusamente 
si legge nella sua l)olla Quod aniidota 
morbis^ de'3o aprile i4iS, Bull. Rom, 
t. 3, par. 2,p. 4^7- Avverte Fon taniaì, 
che l'indulto di Urbano VI era stato già 
rivocato e annullato dai suo immediato 
successore Bonifiicio IX, come viene ri- 
ferito da Leone X nella bolla In suprt' 
mo^ del i.^ marzo i5ig, BulL cit. t3, 
par. 3, p. 465. Nello stesso pontificato 
di Martino V, Carlo VII re di Francia 
ordinò che il Papa usasse nel regno dells 
sua potestà, come già notai; se uoo che 



REG 

dipoi fu autore della famosa Prdmmall' 
ca sanzione (/^.), altra piaga della Chiesa. 
A Portogallo dissi come re Giovan« 
ni n ancora conservasse il regio exequa» 
tur, per cui Sisto IV Io ammonì ad an- 
nullarlo e abolir l'invalsa consuetudine 
di esaminar le lettere pontificie, secondo 
il costume introdotto a tempo dello sci- 
sma ; ciò che egualmente mal soffrendo 
il successore Innocenzo VlII^con breve 
de' 3 febbraio i486 se ne gravò col re, il 
qual breve riporta Ferrari nella BibLCa» 
non,f verbo Placitum Regmmj ^quindi il 
pio e rispettoso principe, sollecitato an« 
Cora dal s. collegio, malgrado le molte 
opposizioni de'suoi ministri, si uniformò 
intieramente al desiderio del Papa, or- 
dinando nel 1487 che in avvenire le let« 
lere apostoliche si pubblicassero senza es* 
sere vedute nella cancelleria, e di Pi in poi 
fu sempre così fatto, come a lungo ripor- 
ta Resende nella Cronica di Giovanni II 
cap. 66, per cui Io ringraziarono il Pa- 
pa e i cardinali. Così terminò per quaU 
die tempo del tutto l'abuso introdotto in 
alcuni regni pel funesto scisma, e d'allo- 
ra in poi le lettere e provvedimenti apo« 
stolici, almeno sino al principio del seco- 
lo XVI, furono pubblica ti ed eseguiti sen- 
z'ailra visura o esame de*magistrati se- 
r colari. Isella Spagna poi è egualmente 
:^ certo, che per tutto il secolo XV non vi 
■ fu costume di sottomettere alcuna lette- 
I ra apostolica alla revisione ed exequa» 
- tur de'regi tribunali, di che ne rende am- 
pia testimonianza il privilegio conceduto 
da Alessandro VI nel i4g3, a Ferdinan- 
do V ed Isabella; poiché vedendo questi 
principi che ne'Ioro statisi pubblicavano 
«Icune false bolle d'indulgenze ad unico 
£ne di riscuotere copiose li mosineda'lo- 
To sudditi, con loro notabile pregiudizio 
spirituale e temporale, ricorsero ài Papa 
supplicandolo che a rimediare al disor- 
dine, si contentasse di ordinare, che non 
si pubblicassero in que' regni le bolle dì 
questa sorte, se non fossero state esami- 
nale prima e riconosciute da persone ido* 



REO 59 

nee, per vedere se vere o fiilse. Alessan- 
dro VI mosso dalla congruenza della ri- 
chiesta, ordinò con sua bolla che non si 
potessero pubblicai*e queste lettere d'in- 
dulgenze, se non erano prima esaminate 
dagli ordinari del luogo, dal nunzio pon- 
tificio e dal cappellano maggiore del re, 
i quali conoscendo essere quelle legitti- 
roee immuni da ogni sospetto, dovessero 
lasciarne libera la pubblicazione a quelli 
cui si appartenevano. Questo privilegio 
avea l'esempio di somiglianti concessioni 
fatte ne'principii del lo scisma ricordato da 
Urbano VI ad alcuni vescovi e prelati di 
sua ubbidienza, come si raccoglie dallit 
suddetta costituzione revoca toria delle 
medesime concessioni, fatta poi nel conci- 
lio di Costanza da Martino V. Dal privile- 
gio di Alessandro VI si vede ad evidenza, 
che i principi finoa tutto il secolo XV non 
prelesero mai di soggettare come per di- 
ritto di regalia le bolle e brevi apostolici, 
all'esame e visura de'Ioro magistrati se- 
colari, altrimenti sarebbe stato vano e 
inutile l'impetrarne il privilegio, il quale 
nondimeno fu ristretto alle sole bolle d'in- 
dulgenze, e diretto a favore non di ma- 
gistrati secolari, ma di persone ecclesia- 
stiche, cioède'vescovijdel nunzio,del cap- 
pellano maggiore. Essendo stato Leone 
X supplicato di confermare alcune co- 
stituzioni sinodali delle chiese di Toledo 
e Cartagena sull'esame delle lettere apo- 
sloliohe, e trovando temeraria e irragio- 
nevole ristanza, la rigettò e fece lacerare 
avanti di lui. £ perché in qtiel tempo 
anche la podestà secolare aveva in qual- 
che parte tentato d'introdurre l'abuso del 
regio placito , perciò cassò e annullò le 
dette costituzioni, ordinando in virtù di 
santa ubbidienza a tutto l'episcopato, ed 
a tutte le città e luoghi sotto pena d'in-^ 
terdetto, ed a ciascuna persona secolare 
sotto pena di scomunica riservata al Pa- 
pa, di non impedire in modo alcuno l'e-r 
secuzione delle lettere apostoliche, me- 
diante la surriferita bolla In supremo. In 
questa fece speciale menzione delle per- 



6o REG 

sooe imperiali, reali, regine, ducali e po- 
tentati del secolo, pei*ché esse in alcuni 
luoghi aveano cominciato a impedir l'e- 
secuzione delle citazioni e mandati dei tri» 
bunali di Roma; intrapt*endimento già 
condannato e vietato sotto pena di sco- 
munica da Innocenzo Vili colla bolla Of- 
fieli nostri dehiUuny de'^S gennaio 1 49 ' > 
BulL Rom. t. 3, par. 3, p. 2^3, giacché 
\ medesimi principi aveano preteso di vo- 
ler soggettare al loro Placet seu f^idi' 
mus, le lettere e spedizioni apostoliche. 
Questo abuso e divieto óeW Exeffuatur, 
fu riprovato e solennemente anche colla 
pena di scomunica a' violatori, ogni an- 
no nel giovedì santo colla bolla in Coe- 
na Domìniy dopo che Giulio II nel i5i i 
'v'inserì l'apposita condanna, con riserva 
qI Papa delle censure contenute. Avendo 
Carlo V ordinato al suo regio consiglio 
di Spagna di esaminare tutte le bolle pon- 
titìcie e dì apporvi il re^\o exequa ttir^ al- 
tamente lo riprovò Clemente VII. Il suc- 
cessore Paolo nicol la bolla RomanusPofi' 
tìfeXy de'29 dicembre 1 533, BidL Rom, 
t. 4) pai'* I » p* I o5, condannò coloro che 
in qualsivoglia occasione senza il loro pia- 
cimento, visione e ammissione credono 
impedire le lettere apostoliche, scomu- 
nicando quelli che le esaminano senza 
I autorità e permesso del Papa, e pensano 
di fure e consultare in contrario. Energi- 
camentes.Pio y,per quanto riportai di so- 
pra, e per quanto direttamente e pel suo 
legato cardinal Bonelli operò con re Filip- 
po II, sostenne che si levasse V Exequa' 
/fir introdotto nel regno di Napoli, con- 
tro il giuramento fatto dallo stesso re nel 
ricevere l'investitura del regno da Giulio 
III, di ubbidire gli ordini apostolici, im- 
pedendosi per In via dell Vare^rta^ur an- 
che l'osservanza del concilio di Trento. 
La stessa fermezza pel regno di Napoli 
dimostrò il successore Gregorio XIII, ne 
volleammettere giammai la formola pro- 
posta, di porre nelle spedizioni apostoli- 
che Obediatur in luogo di Exequatur^ 
per riaconvenieote ed esempio che si da* 



REG 

l'ebbe agli altri principi, che subilo pre- 
tenderebbero lo stesso. Aggiungasi, che 
scrivendo Clemente Vili di suo pugno 
una lettera nel 1 SgG al viceré di Napoli 
Olivares, tra le altre cose gli disse: »» Di- 
ce V, S. che siamo informali delle cose 
dtWExequatur^ ma discordiamo perché 
Ella ha questa cosa per una ragione fer- 
missima, e noi sappiamo essere il contra- 
rio e tanto dal vero che il regio Exequa* 
/fir sia immemorabile, che anzi si sa be- 
nissimo il principio ch'ebbe, che colore 
gli fu dato e con che occasione. Si sa che 
il principio fu per le sole chiese cattedra- 
li; si sa che prima non si notava; si sa 
quando si cominciò a notare, prima in 
una cartuccia, e poi come si sia andato 
dilatando dai ministri e dai consiglieri, 
ì quali se avessero l'occhio solamente a 
quello che conviene e non a dilatare sem- 
pre le fimbrie, in pregiudizio della giuris- 
dizione ecclesiastica, non Inhoraremus ". 
Anche Innocenzo X nel 1 652 fece fare al 
viceré di Napoli delle lagnanze sul regio 
exequatur,¥on\.^n\xì\ spiega in qual sen- 
so e per qual ragione i iVw«2/(^.) apo- 
stolici presentino le loro lettere, conte- 
nenti ancora le facoltà di cui sono mu- 
niti, ai magistrati de'principi presso i qua- 
h sono inviati. £ anche un altro abuso 
quello invalso in alcune corti di preten- 
dere dai nunzi apostolici presso le mede- 
sime destinati, che pi*esentino i brevi di 
facoltà che nell'inviarli loro concedono i 
Papi. Imperciocché avendo i nunzi una 
doppia rappresentanza del Pontefice e 
come sovrano tempoi*ale e come capo del- 
la Chiesa cattolica, debbono i medesimi 
secondo il diritto delle genti provare la 
loro missione per mezzo delle solite let- 
tere credenziali, rimanendo il Papa nella 
piena sua libertà di munirli delle facoltà 
che giudica opportune e necessarie a'biso* 
gni spirituali de'rispettivi luoghi. Né i so- 
vrani possono pretendere per qualsivoglia 
titolo (li conoscere di quali facoltà sia rive- 
stito il rappresentante pontificio, e molto 
meno di apporvi l'abusivo exeqtiatur. 



REG 

Fontantni confutando le asserlive e le 
prelentioDÌ de'fniiiisti'i della corte di To- 
rino, tratta del l'egio decreto di Francia 
suWexequaiur^ fatto dal consiglio di sta- 
to a' 1 4 dicembre 1 689 e i*egistrato pi^es- 
so Pe Marca in fine del lib. 4» noa con 
termioi meno intollerabili di quello cbe 
altrove si pretende, ordinandosi che i bre- 
vi apostoficisi presentino dalle parti che 
gli hADDO ottenuti a' vescovi delle diocesi 
nelle quali debbono eseguirsi, e che i ve- 
scovi ira 3 giorni li trasmetlino insieme 
col loro voto e l'elazioue al re, eccettuali 
i brevi segreti della sagra Penile.nzitria 
(P^X o del fi>ro interno, ì quali tuttora 
SODO rispettati anche ne' paesi acattolici. 
Tuttavolta la pratica in Francia si fu di 
ammettere la libera esecuzione di tutti 
gli altri brevi e rescritti della s. Sede, spet- 
tanti a particolari, sì in materia benefi- 
siaria,€omein materia di grazia e di giu- 
stizia, e solamente si pretese di sottopor- 
re al beneplacito regio le bolle e i brevi 
che hanno ferma di legge o provvedimen- 
to generale. Quanto alla Spagna lo stesso 
realista Cenedo apertamente confessa non 
appartenere al principe per diritto di re- 
galia il rivedere prima della pubblica - 
jùone le provvisioni della s. ScìÌg^ ma a- 
vere perciò bisogno di speciale indulto e 
privilegio. Le leggi e costituzioni gene- 
rali della Sede apostolica erano nella Spa* 
gna libere dalla servitù dnWexequalur^ 
come si legge in Rodriguez, cioè quelle 
che riguardano la religione o apparten- 
gono alla disciplina ecclesiastica, e tutti 
gli altri provvedimenti che dal Papa si 
fanno per l'osservanza de' sagri canoni. 
Introdotto siffiitlo abuso anche nel regno 
.di Spagna, si trasfuse ben tosto nell'In- 
die occideolali. £ reca veramente me- 
raviglia come tutte quelle repubbliche 
snericane erette sulle rovine della do- 
minaiione spagnuola, dopo avere stabi- 
lito U principio della libertà,abbiaiio non- 
dimeno conservate quelle stesse catene 
con cui dapprima si teneva avvinta la 
Chiesa; inserendo anche nelle loro costi- 



REG Gì 

tuzioni Pinìqua legge del così detto P/i^^* 
agli atti del supremo Pontefice. Non così 
avvenne nella Confederazione del Nord, 
ossia negli Stali Uniti d'America, dove la 
libertà fu proclamata per tutti, e dove 
i vescovi senza alcuna placitazione o dif- 
ficoltà possono pubblicare gli atti della 
s. Sede. Pereira dottore portoghese, nel 
trattato De Manu Regia, dopo aver par- 
lato del costume di Spagna, di sottoporre 
in alcuni casi le lettere apostoliche all'e- 
same de'regi tribunali, per sospenderne 
l'esecuzione fino a tanto che ne sia in- 
formalo il Papa, e dopo aver detto che 
tale uso non può difendersi senza privi- 
legio della s. Sede, parlando di Porto- 
galloapertamente confessa: Apudnos non 
solenl regia iiibnnalia examihare lite- 
ras, velmamlata apostolica. Dunque si- 
no a quel tempo non v'era in Portogallo 
tale abuso, e nondimeno la pace e la pub- 
blica tranquillità del regno non fu alterata 
né pericolò, sebbene i timori de'difensori 
òeWexequalur vorrebbero farlo credere 
necessario. Nella Fiandra si domandava 
il placito per l'esecuzione delle spedizioni 
di Roma, non in vigore di leggi, ma per 
timore de'magistratì cbe per le tasse che 
percepivano vi costringevano i particola- 
ri; in sostanza ivi fu stabilito il regio pla- 
cito,non per preleso diritto di regalia, ma 
per supposto privilegio o concessione a- 
postolica, $olamente per le provviste be- 
neficiarie. Nel pontificato di Clemente XI 
insorse una controversia col regno di Si- 
cilia, pe'nuovi attentati che si commette- 
vano contro la libertà e Immunità eccU' 
si astica (/^.); ma egli fece vedere di qnal 
tempra fosse nel difendere i diritti della 
Chiesa con sacerdotale costanza. Tosto- 
che in Sicilia fu pubblicato un editto pon- 
tificio in cui si comandava l'osservanza 
delle scomuniche e degl'interdetti impo- 
sti dai vescovi di Messina, Catania, Gir- 
genti e Palermo, vi fu dai ministri regi 
istituito il nuovo tribunale della Giuuta, 
il quale dovea invigilare cbe ninno nel 
regno ricevesse, né eseguisse decreto al- 



62 REG 

cuno pontificio, senza prendere l'esame 
e la licenza che dice vasi regio exei/uaiur, 
e questo sì annunziò con pubblico edit- 
to. 11 Papa dimostrando quanto ciò fosse 
contrai io a' ss. canoni, a' ss. Padri e alla 
t. Scrittura, colla bolla Àccepiinus^ degli 
1 1 gennaio 1 7 1 5, BulL Roin, t. 1 1, par. 
2, p. 36, dichiarò nullo e irrito quest'a- 
buso, esortando i fedeli a ubbidire piut- 
tosto a Dio che agli uomini, e denunzian- 
do quelli che in detto editto aveano avu- 
to parte, incorsi nelle censure, dalle quali 
non potevano essere assolti che dal solo 
Papa; indi abolì il privilegio o tribunale 
della Monarchia di Sicilia (/^.). Dipoi 
nel 1 7 1 9 creò cardinali Belluga, pel me- 
moriale presentato al rediSpagnasul pre- 
giudizievolissimo ve^xoexeqnalurjeà Al* 
tluin viceré di Napoli, dove con apostolica 
intrepidezza si oppose al regio tribunale, 
che pretendeva di sospendere l'esecuzio- 
ne de'brevi e bolle pontificie, senza il re- 
gio execjuatur, 11 n.** 234 del Diario di 
Roma del 17 19 tratta della bolla ^^o- 
sloiatus nostri^ de' 1 8 agosto, BuU. Rom, 
1. 1 1 ,p. 146, pubblicata da Clemente Xf, 
colla quale annullò le disposizioni del se- 
nato di Torino, che voleva arrogarsi il 
diritto di sanzionare le provvisioni, bolle 
e brevi pontificii che andavano in quello 
stato. Fontanini dopo a vere esaminati gli 
usi e le pratiche degli altri paesi sul re- 
gio exequalur^ per combattere le asser- 
zioni degli scrittori torinesi, che pretende- 
vano essere stato il preteso diritto da tem- 
po antichissimo stabilito nel Piemonte 
(y»)i fa notare il loro errore mescolando 
e confondendo rfxe^ua/iiTcoirindulto di 
Nicolò V e confermato da' successori, di 
dare i duchi di Savoia il loro consenso 
alle provviste de' vescovati ed altri bene* 
fi2i concistoriali, come pure di emettere 
simile consenso pei benefizi minori da non 
potersi conferire agli stranieri; eche se per 
importunità de'postulanti fossero state 
estorte grazie e lettere apostoliche con- 
trarie all'indulto, non solo dovessero con- 
siderarsi uulle^ ma potessero anche i priu- 



REG 

jcipi impedirne l'esecuzione, per cui tutti 
quelli che ottenevano qualunque bene- 
fizio,ol tre le bolle do ve va no impetrar pri- 
ma o dopo il regio placito o sia consen- 
so. Quindi i ministri regi della corte di 
Torino nel 1719 pretesero^che ogni bol- 
la, lettera, breve e rescritto della s. Se- 
de, benché non sieno materie benefizia- 
ne^ debba prima di essere pubblicato ed 
eseguito vedersi ed esaminarsi dai magi- 
strati laicali. Prova Fontanini che prima 
del I7i9in Piemonte non vi fu vestigio 
o memoria alcuna del regio placito oe- 
xequatury se non che nelle provviste dei 
benefizi concistoriali, o d'altri conferiti 
agli esteri. Per tutte le altre materie la 
pretensionedi soggettare al l'tgxoexecjua- 
tur le lettere e decreti apostolici^ nacque 
pel bollore delle contese insorte tra la s. 
Sede e Vittorio Amadeo li primo re di 
Sardegna, allorché temendo i suoi mini- 
stri i fulmini delle censure da loro meri- 
tatepe' continui gravissimi attentati con- 
tro l'autorità della Sede apostolica, e con- 
tro l'ecclesiostrca giurisdizione, pensaro- 
no premunirsi col riparo àéXexequatitr^ 
e col sottomettere al loro esame tutti i 
decreti e provvedimenti apostolici; quin- 
di a'2 1 giugno 1 7 1 9 il senato di Torioo 
pubblicò l'editto in cui s'impose la ne- 
cessità AtWexequatur^ per vedere e rico- 
noscere se nelle bolle o qualunque altra 
provvisione procedenti fuun di stato, vi 
si contenga cosa alcuna pregiudizievole 
agi' indulti, prerogative e diritti della co- 
rona e de'sudditi. Laonde Clemente XI 
colla suddetta bolla lo dichiarò nullo e 
riprovò, condannando e proibendo l'os- 
servanza dell'editto; conchiudendo Fon- 
tanini, che avendo Benedetto XUI colla 
bolla in Coena Domini condannato il re- 
gio exequatur^ nel preteso progetto di ac- 
comodamento lo qualifica di circonven- 
zione per le parole. La 2.^ cosa sopra cui 
la s. Sede non può che tollerare, é quella 
dtW* exequa tur preteso dalla potestà lai- 
cale per le bolle e brevi apostolici ; e la 
tolleranza in lai proposito si afra, quan- 



REG 

do Vèxequaiur ti riduca alla semplice ti- 
soni, lenza porre alcun segno, o fare al' 
con decreto in ordine airesecuzione so- 
pra dette bolle e brevi. Clemente XII a- 
brogò quanto ne'progetti era stato con- 
chiuto sotto il predecessore Benedetto 
XIII, finché Benedetto XIV terminò le 
'vertense^con quanto riporterò all'artico- 
lo Sabdbgita. A Parma riportai lepreten- 
Moni del duca Ferdinando sul i*egio exe» 
quaiur eia gravissima rottura colla santa 
Sede che ne derivò^ per Toppostizione di 
Clemente XIII. Quanto successivamente 
avvenne contro l'autorità della s. Sede 
nella repubblica di Fenezia^ Germania^ 
Ausirìa^ Toscana^ ed altri stati, a quegli 
articoli lo riportai. A'nostri giorni diversi 
sovrani ti dimostrarono più riverenti al- 
raulorità della Chiesa; che se quanto pra- 
ticarono alcuni per rispetto precipuamen- 
te all'immunità ecclesiastica non riguar- 
di propriamente il regio exequalur^ ad 
onore loro e della s. Sede mi piace qui 
fiime menzione. Nel voi. XLVll,p. 206 
parlai della convenzione conchiusa nel 
iSSgfiti Papa Gregorio XVI e il regnan- 
te Ferdinando II re delle due Sicilie, sul- 
Tiromunità degli ecclesiastici; nel voi. 
XXXII , p. 323 rammentai li trattati 
concbiuti da Gregorio XVI nel 1841 con 
FranoeiGO IV duca di Modena e Carlo 
Alberto redi Sardegna sopra alcuni pun- 
ti d'immunità e disciplina ecclesiastica : 
il daoa rislabiri e ripristinò ne'suoi stali 
il pieno ntode'dìrìtti pontificii e vescovili 
e ddl'autorità ecclesiastica; mai ministri 
regi di Sardegna da ultimo oppugnarono 
il oooGordatOy come toccai nel voi. L, p. 
93 e 94» parlando della natura e carat- 
tere etientiale de concordati. Nello stesso 
tane 1841 nel pontificato di Gregorio 
XVI il re di Baviera Lodovico dichiarò 
nell'aprile esenti dal controllo di ogni au- 
torità secolare tutte le relazioni dell'epi- 
toopato^del clero e del popolo colla s. Se- 
de, per quello che riguarda gli affari re- 
ligiosi, Tale a direconcesse una maggiore 
là di corrispondenza col Papa, ed il 



REG 63 

placel o regio exequatur d'allora in poi 
non fu piii del tutto rigorosamenteosser- 
vato. Nel i85o l'imperatore d'Austria 
Francesco Giuseppe che regna, pubblicò 
l'importantissimo attosul lìbero esercizio 
dell'autorità della Chiesa, che si legge nel 
n.^^gg del Giornale di Roma^ poiché nel* 
la sua religione e pietà egli sente appieno 
essere la più bella guarentigia dell'ordi- 
ne e della prosperità degli stati il libero 
esei*cizio della veneranda autorità della 
Chiesa, per cui il § i.° del decretodice: 
Tanto ai vescovi, che a' fedeli loro som- 
messi, è libero il rivolgersi al Papa intor- 
no agli affari spirituali, e dì ricevere le 
decisioni e disposizioni del Papa senza es- 
sere astretti ad una previa autorizzazio- 
ne delie autorità civili. Cosi il magnani- 
mo principe restituì alla Chiesa de'suoi 
vasti stati quella libertà di relazioni colla 
s.Sede, cui le leggi di Giuseppe II l'avea- 
no privata; abolì le formalità che impe- 
divano a'vescovi de'medesiniì suoi stati 
di comunicare liberamente col capodella 
Chiesa universale; ed il placet ch'erano 
tenuti a riportare fu definitivamente sop- 
presso, a senso de'pubblici fogli, laonde 
non posso assicurarlo. Nel granducato di 
Toscana colla parziale convenzione del 
2 5 aprile 1 85 1 , all'articolo 5.%i provvide 
alla libera comunicazionede'vescoviedeì 
fedeli colla s. Sede. Per altro poco dopo 
comparve sui giornali una circolare mi- 
nisteriale de'Bo giugno dello stesso an- 
no, colla quale si dichiarava ritenersi dal 
governo che il detto articolo » sìa senza 
pregiudizio del regio exequatur^ di cui a 
forma delle nostre leggi e consuetudini 
devono essere muniti gli atti provenienti 
da estera autorità I "Sul regio exequatur 
si possono inoltre vedere il cardinal Bellu- 
ga, Memorialea Filippo V re di Spagna^ 
§4> n.*^53. Braschi, Z^f^ertote Ecclesiae, 
t. 2; Zaccaria, Anti*Fébbronio vendicato, 
t. 4) dissert. 1 2, cap. 2, per non diredi altri 
propugnatori dell'autorità papale. Sulla 
formola Placet usata dal Papa, parlai a 
Re5critto. 



64 REG 

REGISTRATORI delib letterb a- 
posTOLicHE, Registraloribus lUerarum a- 
poslolicaruni. Officiali della curia ro- 
mana registratori delle Ledere apostoli' 
che (^')e de* Rescritti pontificii ( F.). Nei 
voi. VII, p. i84) XIX, p.i i3 dissi Bene- 
detto XII autore del registro delle sup- 
plicbeo Memoriali(F .) e coocessiooi del- 
le grazie pontiCcie nel 1 335. Il registro 
é quel libro, ove sono scritti e registrati 
gli atti pubblici, Album y Tabula , Rege* 
stum, Commentarius, De' i*egistri delle 
chiese trattai in tanti articoli, come Dit- 
tici, Matricola, Martiri, Notari. 11 Ma- 
cri nella Notizia dt vocaboli ecclesiasti» 
ciy verbo Regestum, dice che questo è il 
Iegittiu)o vocabolo, non Registrwn. Nel 
Diz, della lingua italiana si legge, che 
in questa presso gli antichi Ligistro si dis- 
se il Registro, Ivi pure si legge al vocabo- 
lo Protocollo f libro ove i notai scrivono 
i testamenti e i contratti ch'essi rogano; 
libro da registrarvi sopra checché sia, di- 
cendosi protocollista il registratore.il dot- 
to prelato Marino Marini, prefetto degli 
archivi segreti della s. Sede, nelle erudi- 
tissime Osservazioni sulle bolle de* Papi, 
dice che le copie delle Bolle pontificie 
{F,) sì appellarono Regesti ^ in cui reli- 
giosamente e con particolari andamenti 
si trascrivevano le lettere apostoliche da- 
gli Scriniari {F',)cW evano anche custodi 
delle scritture della s. Sede, capo dei quali 
era il Protoscriniario (F,); che de'regesti 
sì fecero quasi altrettanti ectipi o imma- 
gini simili. Ma Fontanini forse crede che 
gli stessi autografi fossero riuniti ai re- 
gesti, poiché scrive nelle sue F'indiciae 
p. ^27, che degl' istromenti si formavano 
regesti, ob stabilitateni instrumenlorum 
posteris tra nsmittendam, Marini teme che 
coi regesti abbia confuso i tomi cartici- 
ni. E questi regesti pure si autenticavano 
col sigillo di piombo , di cui si muniva 
l^ulografo, o degli stessi autografi vera- 
mente si fecero alcuna volta regesti. 11 p. 
Constant nella prefazione alta sua rac- 
colta delle pontificie lettere seri ve^ che i 



REG 

Papi ebbero costume di deporre in un 
istesso luogo autentici esemplari delle let- 
tere che concerneano l'utilità dell'azien- 
da cristiana, o le avessero eglino scritte, 
o da altri ricevute. Non meno Antonio 
d'Aquino nella lettera ad Innocenzo IX, 
pi'emessa alle pontificie lettere raccolte 
dal cardinal Caraffa, dice che per antico 
istituto i più importanti ed autentici e- 
semplari delle lettere pontificie si conser- 
vano negli Archivi della s. Sede (F.), 
Sono questi regesti che debbono interes- 
sare la dotta curiosità degli archeologi, 
siccome sono le bolle che vi si leggono, le 
quali servono a grande illustrazione del- 
la storia. Ai vaticani regesti, che esisto* 
no tuttora, danno incominciamento l'e- 
pistole di Giovanni VIII, scritte però con 
carattere beneventano, sul declinar del 
secolo X. Seguono quelle importantissi- 
me del gran s. Gregorio VII, volume 
coevo al suo autore. Sono questi i due 
soli regesti sottratti al distruggimento de- 
gli altri che gli avevano preceduti, e di 
quelli che li seguivano sino al memora- 
bile pontificato à! Innocenzo III; ma da 
questo Papa a s. Pio V la serie de' regesti 
non é interrotta. Lo scienziato di s. Ar- 
cangelo Ruggieri, concittadino di Mari- 
ni, progettò a Benedetto XIV la pubhli- 
cazione de' regesti vaticani, che doveva 
esclusivamentearrivare a Clemente Vili. 
Sarebbe di sommo giovamento un'este- 
sa e critica collezione di lettere apostoli- 
che tratte dagli archivi vaticani, anche a 
correggere i molti errori de' benemeriti 
Ughelli, Sammartani, le Quien ed altri 
scrittori, come per illustrazione e rettifi- 
cazione della storia civile ed ecclesiastica; 
i regesti vaticani che le contengono sono 
fonti di sapere che inutilmente si cerche* 
rebbealtrove. A Bollario dissi, che quel- 
lo originale sino a s. Pio V, si conserva 
ueirarchivio segreto vaticano, e la conti- 
nuazione di esso si custodisce in quello 
della dateria apostolica. 

Cohellio, ZVòr. card, et rom, aulae of- 
ficialibus, cap. 26, De registratoribus, 



REG 

magUuis regisùi bullarum^ et custode 
registri^ ecco quanto dice sui i*egisli*atori 
delle lettere apostoliche della cancelleria 
e del loro officio. »Qui apud Gaesares di- 
cebalur comìtes dispositìonuro, etproxi- 
mi dispositiooum, in romana curia apud 
tummumPontificem dicti suni Registra* 
taram Ubi literae apostolicae expeditae 
fuerint, ex fiirma et stylo ab Octaviano 
Vettrio (in Practica in Romanae Aulae 
aciiónem) relato, per unum ex scriplo- 
rìbui, vel eorum fiimulum ad registrura 
portantur; bic taxa similis scriploribus 
soluta soUitur in roanibus alterius ex ve- 
gistratoribus ad id deputati (bic enim li* 
ceC numero 20, ex quibus collegium ìsto- 
ruin oonstituitur non omoes tamen exer* 
oeok oflBcìum) alteri vero registratori si- 
niililer ad hoc deputato soUitur etiam 
ipsarom literarum registratura, plus^vel 
minuai prout longa seu brevis erit illa* 
rum aerìei: is recepta taxa, alteri regi- 
stratori literas distribuii, et bic in libris 
publicis, seu quinteruis rescribit,etin re- 
gestrum ponit; registralae cum originali 
auscnltaatur ; auscultatis vero, magister 
officii a tergo ejussuaeauscultationisfi- 
dem attruit, per verbum, AuscultataMe» 
ras Matiinus V ubi registralorum offi* 
.dam determinai, baec ait. Praedicti re* 
fjuinUores literas registratas causa ali- 
quid exigendi, vel extorquendi a prose* 
quentibug ipsasy plus debito dijferri non 
fidani registran\ vel eas de mala expe» 
elione malitioie redarguant, seu ad 
quaesium accusent^ aut in salariis cleri" 
eomm in reg^tro praedicto scribentium 
parlieipenlj quod si conLrarìum fecerint 
ipsofaelo excommunicationis sententiam 
vncwrrant^a qua (raortis casu excepto)per 
àtiuoif quam roinanum Pontificem, ab* 
sobtiionu beneficium consequi nequeant; 
fi d hoc per testesy seu praesumpliones 
fnèefiAr^ stalim officio privati^ et inha^ 
-| Utf ad atiud quodcuotque oblinendum 
itdaranlur. Clerici vero in dieta regi- 
stro scribentes, qui literas eis traditas in^ 
fratres dks exttmc immediate sequentes 

▼OL. LVII. 



REG 65 

(cessante legitiroo impedimento) non re- 
gistraverint, ab ipso registro penitus a* 
moveantur, nec de caetero ad ibi seri- 
bendum admitti valeant. Qui taxam a 
bullatoribus seu plumbatoribus (^. Pre- 
sidente DEL FiOBiBo) scrvaudam, a regi- 
stratoribus quoque servari maudat § 1 3. 
Et cum registra tores isti ex viginti viris 
collegium constituant, ut diximus, duo 
exipsismagistri registri bullarumdicun- 
tur, qui duosetiamsubstitutosbabent; et 
adest quoque custos registri bullarum ". 
Ciampini, De vicecancellario j citando 
Cobeilio a p.i23 parla de Registratori» 
bus literarum apostolicàrum : ile Magi» 
stris regesti bullarum: de Custode regesd 
bullarum, di cui dice : »» Frustra aposto- 
licae literae incodicem transa*iberentur; 
nisi adesset ille, qui regestum in unum 
i*edigeret codicem, illumque ligaret, acsic 
formatum codicem, in archivo custodi- 
ret. Huicarcbivo ille, qui praeest, custos 
regesti denominatur". Nella Relazione 
della corte di Roma, accresciuta da Zac- 
caria, si fa menzione nella cancelleria a- 
postolica de'24 registratori, cbe tengono 
il registro delle suppliche ; 6 maestri del 
registro, da'quali vengono, comesuol dir- 
si, ascoltate j che dopo sigillate le bolle 
dai piombatori, si registrano dai registica - 
tori, si ascoltano dai maestri del registro. 
Nel voi. VII, p. 1 84 trattai della cancel- 
leria apostolica e de' registratori delle let- 
tere apostoliche; del maestro del registro; 
del custode del registro. Al presente nel 
tribunale della cancelleria apostolica vi 
sono il segretario de'registratori delie bol- 
le di maggior grazia; io registratori del- 
le bolle suddette esercenti; segretario dei 
maestri del registro; maestri del registro 
suddetto; custode de'registri delle bolle 
di maggior grazia. Nel voi. XIX, p. 146 
e seg., parlando della dataria apostolica, 
tenni proposito, oltre degli ofBci de'i*evi- 
sori delle suppliche, dell'officio del custo- 
de delle suppliche, dell' officio del custo- 
de del registro delle bolle. Al presente 
nella datai*ia vi sono i o ragistratori delle 

5 



66 REO 

suppliche. Nella Pénitenzieria(F,)a^O' 
stoitca sonovidue i*egistratori. Nelle con* 
gregazionì cardinalizie vi sonoi protocol- 
listi e gli archivisti. A tempo dì Sisto V 
erano offici vacabili,ao registratori di sup- 
pliche, 24 registratori di bolle, 8 maeslri 
delle suppliche e altrettanti delle bolle. I 
registratori vacabilisti anticamente inter- 
venivano alla processione pontificia del 
Corpus DominijSoilola direzione del/?eg- 
gente della cancelleria apostolica (^.). 
Talvolta intervennero alla cavalcata del 
Possesso de^Papi (/^.), come in quello 
del 1 644 i*egistrò de Rossi o Giano Nicio 
Eritreo: dopo gli abbre viatori minori, 
magistri suppHcationum^ registratores 
hullarum.DegW antichi registratori e cu- 
stodi de'registri del palazzo apostolico, 
parlai a Memobialb cFamigiia pontificia. 
REGNO o REAME o REGNAME , 
Regnumy Regnor. Una o piìl Provincie 
(/^.), soggette a Re (/^.). Estensione di 
paese governato ed amministrato da un 
capo che ha il titolo di re o imperatore, 
benché propriamente Impero (F,) dice- 
si il dominio e stato ù^\Y Imperatore {F»), 
Imperium, Potestas. L'esercizio e durata 
della sovranità sopra ogni signoria tem* 
porale, suol dirsi impero e anche regno, 
sebbene questo esercizio e durata abbia 
luogo sopra il Principato o il Ducato[ F.), 
sia dell'imperatore, sia del re, sia del prin« 
cipe,sia del duca, ovvero di altro Sovra» 
no (F.). In fatti per regnare s'intende 
posseder regno o stato grande, il domi* 
Dare, regnariy dominari ; dicendosi re* 
gnamento, per reggimento, regimenj re- 
gnatore, che regna, regnaior; regnatrìce 
o Regina {F,)y che regna, che domina, 
regnatriXy dominans. Regnicolo, regnicO' 
/n, abitante naturale d'un regno, nato nel 
regno; presso ì toscani e romani comu* 
Demente s'intende del regno di Napoli. 
D'ìixsì Regno per Tiara o Corona ^ onde 
Triregno (F.) la triplice corona del Pa- 
pa, che ne'primi secoli fu detta talvolta 
semplicemente Regno e Tiara, prima che 
fòsse ornato dalle 3 corone. Era solito il 



REG 

Papa nell'arrivare alla chiesa di deporre 
sulla porta il Regno, e pigliar la Mitra 
(F.), detta anche corona : InnocenzoIII 
disse nel sermone di s. Silvestro!: Lisi- 
gnum imperii romanusPontif ex utilurRe- 
gnOf et in signunt pontificii utitur mitra. 
Regno de'cieli significa il regno di Dio, il 
regno di Gesb Cristo, la sua venula, la sua 
manifestazione al mondo; la vocazione del 
popoli alla fede, e la predicazione del van- 
gelo. Questa espressione di regno de'cieli 
nel Nuovo Testamento, diceBergier, spes- 
sissimo significa il regno del Messia [F.)^ 
per conseguenza la Chiesa (F,) cattolica 
composta di tutti quelli che riconoscono 
il Figlio di Dio per re, che sono sotto- 
messi alle sue leggi e alia sua dottrina. 
Come i Profeti (F.) sovente annunzia- 
rono il Messia sotto il titolo di re, è cosa 
naturale che la unione di quelli che gli 
ubbidiscono, sia chiamata un regno j ma 
non è questo un regno temporale come 
intendeva il comune de'giudei, è un re 
gno spirituale destinalo a condurre gli 
uomini alla beatitudine eterna nel Pa- 
radiso (F.), Così lo spiega lo slesso Gesù 
Cristo. La slessa espressione indica tal- 
volta lo stato de'beatì in cielo, e dicesi 
che ivi regneranno eternamente. Dalle 
circostanze, da quello che precede e se*, 
gue nel vangelo, si deve giudicare quali 
di questi due sensi convenga meglio ai 
diversi passi della s. Scrittura. 1 regni 
temporali furono eretti dalle nazioni, da- 
gl'imperatori, e dai Papi ai quali molli 
regni si offrirono Stati tributari alla s. 
Sede con annuo censo ed omaggio feu- 
dale. Inoltre la chiesa romana esercitò 
la Sovranità (F,) diretta sopra diversi 
regni, ed è tuttora signora di nobilissimo 
stato, onde il dominio sovrano^ assoluto 
e indipendente che vi esercita il Papa è 
chiamato simultaneamente Pontificato e 
Regno f ed è comune la frase usata dagli 
stessi sovrani laici parlando del Papa, di 
felicemente regnante o gloriosamente re* 
gnante^ venendo altresì appellato il suo 
regno sflgro principato. In Roma vi sono 



REG 

di Residenzay Ambasciatori yDiplomatìci 
e Miniatri (F',)^ rappresentanti i di Tersi 
itati e regni presso la s. Sede, la quale ^ice • 
versa tiene Nunzia Incaricatie Internunzi 
(F,) presso la sede de'go verni e cle'regni. 
Prima quasi tutti gli stati e regni aveano 
presso la Sede apostolica un cardinal Pro- 
tenore (F.)^ i quali ora sono ridotti a quelli 
ndatì a tale articolo.Essendosi alcuni am- 
basciatori lagnati perchè Pio II avea rì- 
conosduto per re d'Ungheria Mattia, il 
Papa ciò Saputo, disse ingiuste si£fatte la- 
mentante, imperocché costume era della 
sede apostolica appellare re chi teneva il 
regno. Analoga fu la solenne dichiarazio- 
ne fetta o' nostri giorni da Gregorio XY I 
pel regno di Portogallo e riconoscimento 
di re d. Michele I, come riportai nel voi. 
LIV, p. %j5. Tutte quante le nozioni ed 
cradiùoni riguardanti i regni , sono nei 
loro articoli, ed in tutti quelli che vi han- 
no reiasione. 

REGNO ANTICO D'ARMENIA. r. 
Patbiabcato abmeno. 

REGNOBERTO (s.), vescovo di Ba- 
yeoz. Nato sul declinare del VI secolo, 
sssìstette al concilio di Reims nel 625, 
e fieoe grandi donazioni alla sua .catte- 
drale e ai monasteri che seguivano le re- 
gole di s. Colombano e di s. Benedetto. 
LadioceaidiBayeux va debitrice alle sue 
pie liberalità della fondazione di molte 
chiese. La sua festa è registrata ai 1 6 di 
maggio, nel qual giorno accadde la di lui 
morte. Avanti le scorrerie de'normanni 
le sue reliquie furono trasferite nelle dio- 
cesi diBesanzoneed'Auxerre;malachie- 
si-di Bayeux nel 1 714 ne ottenne una 
parte dal vescovo di Auxerre. 

REGOLA, Lex, Regala. Norma, mo- 
dO| ordine e dimostramento della via del • 
l'operare;; dicendosi Regolamento^ Ordi* 
laflni», rordinamento fatto con regola, e 
gì ordini chesi danno, o leggi che si pre- 
lerlvono. Dicesi regola, per tutta la quan- 
fità à^ Frali {F,)^ che militano sotto un 
aedesiaio oi'dìneyfamiliaj ed anche per 
lo Commento o 'Monastero {F,) slesso dei 



REG 67 

frati. Meglio è vedersi ORDiifE beligioso, 
Ordine MiLiTABE,e gli altri articoli in quel- 
li citati, essendo le regole monastiche d 
religiose, leggi prescritte dagristitutori, 
fondatori e riformatori dei diversi ordi- 
ni e congregazioni regolarì d'ambo i ses- 
si, canonicamente riconosciute e appro- 
vate dalla s. Sede. Le più antiche regole 
nfonastiche erano per la maggior parte 
semplici istruzioni particolari, che i fon- 
datori de'monasteri davano ai loro disce- 
poli, e che si comunicavano agli altri col 
tempo e per mezzo della tradizione, poi- 
ché in princìpio non si scriveano quasi 
mai; quindi i diversi cambiamenti fatti 
a quelle regole in uno stesso monastero. 
La regola religiosa non si cambia mai o 
quasi mai, meno che la s. Sede non la 
modifichi o spieghi, come fece per molte, 
a seconda delle circostanze de'tempi e dei 
rispettivi ordini che la professano, come 
notai a'Ioro luoghi. Le costituzioni sono 
gli statuti fatti in diversi tempi da'capito- 
li generali, o dalle congregazioni degli or- 
dini religiosi. La regola obbliga più strel- 
tamente che le costituzioni, poiché dal- 
Tosservanza di queste in molte possono 
dispensare i superiori regolari, in altre oc- 
corre la dispensa pontificia. In sostanza 
le regole monastiche o religiose sono una 
raccolta di leggi e costituzioni, secondo 
le quali sono obbligati a vivere i religiosi 
d'un ordine, d'una congregazione, d'una 
casa e che fanno voto di osservare i Re* 
ligìosi e le Religiose {F,). Tutte queste 
regole devono essere approvate dai supe- 
riori ecclesiastici ed anco dal Papa, pei*- 
ché impongono obbligazione di coscienza 
ai religiosi e alle religiose; sarebbe giu- 
dicato nullo il Foto religioso {F,) che 
si avesse fòtto di osservare una regola non 
approvata. A Disciplina regolare e Or- 
BINE religioso tenni proposito de' primi 
che formarono regole scritte monastiche, 
cioè s. Pacomio,s. Antonio, s. Basilio, s. 
Agostino, s. Benedetto; poscia fecero re- 
gole pei frali Mendicanti {F,)^ s. Fran- 
cesco, s. Domenico, ec; indi pei chierici 



68 REO 

regolari, pel i .^ s. Gaetano, i. Ignazio e 
altri. Fra tutte le regole religiose preval- 
sero quelle de'ss. Basilio, Benedetto, Ago* 
stino, Francesco, Domenico, le quali fu- 
rono adottate dagli altri ordini e congre- 
gazioni regolari de' due sessi, ed anco- 
ra dagli ordini ospitalari, militari ed e- 
questri. 

REGOLARE, Religiosns, Sodalis re- 
Vgwus. 'Dìconsì regolari particolarmente 
quelli che hanno fatto de' voti in una casa 
religiosa, quindi il vocabolo regolare in 
fbraa di sostantivo indica tostato religioso 
claustrale, per opposizione allo stato se» 
colare del Laico (^.), diversificando al- 
tresì dagli ecclesiastici non regolari, che 
compongono il clero secolare, clero rego- 
lare dicendosi quello composto dalle cor- 
porazioni de* Religiosi [F.), Regolari si 
denominano altresì i benefizi e le cose che 
risguardano i religiosi. Regniate benefit 
cium è il beneficio regolare che non può 
essere impetrato che da un monaco o da 
un religioso, ovvero prò cu pienti profi» 
ieri. £ una regola di diritto, regnlaria 
regularibus, cioè che i benefizi regolari 
devono essere conferiti ai regolari, ed i 
secolari a quelli del clero secolare. Tutte 
le abbazie capi'^d'ordine sono regolari, e 
non possono essere possedute che da uu 
monaco o da un cardinale, il quale è con- 
siderato regolare e secolare. Tutti ì be- 
nefizi sono presunti secolari, a meno che 
non si giustifichi che sono regolari. An- 
ticamente i benefizi regolari erano quasi 
sempre conferiti, come a titolo di ammi- 
nistrazione, perchè i religiosi titolari e- 
rano sempre ad manum de'loro superio- 
ri, che potevano rivocarli quando loro 
piaceva. Ecco la ragione per cui i cano- 
nisti dicono spesse volte, che omne bene» 
ficium regularcy manuale, I regolari pos- 
sono essere elevati al vescovato, al car- 
dinalato, al pontificato come gli ecclesia- 
stici secolari. Possono essere altresì man- 
dati a disimpegnare i doveri di parroco. 
I benefizi spettanti a'regolari sono le ab- 
bazie, i priorati cooTentuali, i priorati 



REG 

semplici e gli uffìzi claustrali. Le abba- 
zie ed i priorati, tanto semplici che con- 
yentuali, possono essere conferiti anche ai 
secolari, non già in titolo, ma in com- 
menda. Si chiamano luoghi regolari quel - 
li che sono entro il recinto del convento 
o monastero o canonica regolare, il dor- 
mitorio, la sala del capitolo, il refetto- 
rio, ec, per distinguerli da quelli che so- 
no fuori del recinto e servono per il rice- 
vimento de'forestieri ec,, e chiamati fore- 
sterie. PeVegolari, oltre Religiosi, si può 
vedere Canonici regolari. Chierici re- 
golari. Congregazione della disciplina 
regolare, congregazione de* vescovi e 
regolari. 

REGOLE DELLA Cancelleria Aposto- 
ticA. Vedi i voi. V, p. 85, 86; VII, p. 
1 56,1 57, e tutti gli altri relativi articoli. 

REGOLO (s.), vescovo di Senlis. Por- 
tò la luce della fede nella diocesi di Sen- 
lis, verso quel tempo in cui s. Dionigi 
predicava il vangelo in Francia. Le sue 
fatiche apostoliche ottennero la con ver* 
sione d'un gran numero d'infedeli. Egli 
fu l'apostolo e il primo vescovo di Sen- 
lis; mori in pace in seno al suo gregge, 
e la sua festa è registrata a'3o di mar- 
zo. Nello stesso giorno si onora un allro 
s. Regolo, vescovo di Arles, il quale è as- 
sai probabile che sia stato mandato da 
Roma nelle Gallie; ma questo non è co- 
nosciuto che pel culto che gli si rende, 
né si può adottare quanto di lui dicono 
i Leggendari, nulla sapendosi sul parti- 
colare delle sue azioni, sebl>ene la di lui 
esistenza sia provata da diversi monu- 
menti. Chenu, Archiepisc, et episc. Gal- 
liae, riporta tre serie di arcivescovi d' Ar- 
les, in due delle quali nomina s. Regolo, 
in una qual a.^ vescovo, in altra come 
3.% aggiungendo, deinde Silvanectensis 
episeopusj dunque fu vescovo di Senlis. 
Nella serie poi de' vescovi di Senlis lo re- 
gistra peli.'' e lo chiama discepolo di s. 
Dionigi. Nel Martirologio romano, sono 
riportati s. Regolo vescovo d'Arles, e s. 
Regolo martire di Populonia sotto Toti- 



REG 

la, la CUI festa si celebra ili. ^settembre. 
Rispettaodo Tautorità dì Butler, che se- 
guo, e r eruditissima nota dei suo com- 
mentatore, dubito per quanto hoaggiun* 
toy che di un s. Regolo ne abbiano for* 
mali due. 

REG RESSOy Regressus. Ri vocazione 
della Binuraia (F) fatta ad un Benefit 
fieio ecclesiastico (F,), Dice il Toroassi- 
niy De veL et nova eccL discipL par. 4» 
lib. a,cap. 7, che 3 condizioni si richie- 
devano perchè il regresso fosse permesso 
in coscienza : la i.' che il rassegnante a- 
gìsse di buona fede e che deponesse ogni 
speranza e desiderio di regresso ; la 2.* 
che avesse bisogno del suo beneficio per 
vivere; la 3.* che potesse adempì re le fu n- 
noni del suo beneficio. Il regresso nei 
benefizi dopo la rinunzia è condannato 
dal concilio di Trento in questi termini. 
«Siccome tuttociòche porta la menoma 
ombra di successione o di titolo eredita- 
rio in materia di benefizi è contrario alle 
oostitusioni de' ss. canoni, e a' decreti dei 
n. Padri, quindi non sia permesso a nes- 
suno r avere regresso in qualsiasi bene- 
6zio^ nemme|iio di consenso delle parti , 
vale a dire, di quello in cui favore sì a- 
vesic rinunziiito a condizione di entrare 
nel benefizio , rimettendosi in salute "• 
Seta. a5 de Reform. e. 7 . Lo spirito del 
concilio in questa proibizione é d'impe- 
dire che s'introduca una specie di succes- 
sione ne'benefizi^ e che non si dia occa- 
sione di desiderare la morte del suo pros- 
simo. /^. CoADiuTOBiA. Il concilio genera- 
kdì Lateranoha proibito colla stessa mi- 
la il promettere di conferire un benefizio 
ad alcuno, dopo In morte di chi lo posse- 
dè. Can. I in cap. Nulla de Condì, Praeb, 
Contro le rassegneemanarono bolle s. Pio 
V.Gi^egorio XllI, Benedetto XIV,come 
■otai nel voi. V, p. go. V. Dataria afo« 

REIMS o RHEIMS (Rhemen), Città 
eoo residenza arcivescovile di Francia nel- 
b Sdampagqa, dipartimento della Mar- 
na^poluogodi circoadario e di 3 cantoni 



REI 69 

a più di 9 leghe da ChaIons-sur«Marne 
e circa 4o da Parigi, in una pianura cre- 
tosa, avendo a qualche distanza belli pog* 
gì coperti di vigneti che producono vini 
eccellenti, non che di boschi, sulla destra 
sponda della Véle che ne bagna le mu- 
ra al sud-ovest e la separa dal sobborgo 
di questo nome, dove dividesi in parec- 
chi piccoli canali. Vi sono la corte d'as- 
sise, tribunali dii.* istanza e di commer- 
cio, camera consultiva delle mani&ttu- 
re, arti e mestieri; depositi di tabacchi e 
polveri ; biblioteca pubblica di più di 
25,000 volumi e 1000 mss., situata nel 
palazzo della città; scuola secondària di 
medicina, collegio reale, scuole d'insegna- 
mento reciproco, giardino botanico, ove 
si fanno corsi gratuiti ; società di carità 
materna,cassa di risparmio edi previden- 
za, e monte di pietà. Veduta Reims dalle 
colline che la circondano e dominata dal- 
l'alta sua cattedrale, presenta un bell'a- 
spetto; ha una forma allungata, ed è cir- 
condata da un argine di terra sostenuto da 
parapetti,preceduto da un largo fosso stato 
in diversi siti colmato, ed accompagnato 
tanto nell'interno che nell'esternoda pian- 
tagioni d'alberi. Ha di circonferenza una 
lega e mezza, e si entra per 6 porte, cioè 
di Marte, Cerere, Dio*Luce, Bacco, Ve* 
le o di Parigi, e Porta Nuova : quelle di 
Cerere e di Véle sono le sole precedute 
da sobborghi che portano gli stessi nomi; 
l'ultima ha un superbo cancello di ferro 
a foggia d'arco trionfale, costruito per la 
consagrazione di Luigi XVI. La spiana- 
ta Coquebert, piazza rotonda e piantata 
d'alberi, ha vicino il mercato di bestia- 
mi. Si divide Reims in 4pai'ti disuguali, 
mediante due linee di strade che s'incro- 
ciano sulla piazza reale. La cattedrale di 
stile gotico, forse in questo genere il più 
notabile dì Francia, ampia e bellissima, 
ha un triplice portone o porta tenuta ca- 
polavoro, coi suoi rosoni eleganti e ardi- 
ti, arricchita di superbe vetriata dipinte, 
con due torri leggiere abilmente assot- 
tigliate, Tuna delle quali elevasi a 3oo 



70 REI 

piedi da terra; pel complesso de'suoi pre' 
gì, delie sue 6gure e bassorilievi, forma 
l'attenzione degli artisti e degli antiqua- 
ri. Questo duomo èlungo45o piedi, lar- 
go 93, altoi I o. La famosa facciata ester- 
na e adorna di due magnifici rosoni , di 
una quantità innumerabile di statue, di 
un gran numero di bassorilievi, sculture 
e ornamenti d'un lavoro meraviglioso. Le 
due facciate laterali presentano un bel 
rosone per ciascuna, le belle guglie essen- 
do decorate da statue che sormontano 
gli archi, e soprattutto il campanile del- 
l'Angelo, di rimarchevole leggerezza, il 
quale dalia centinatura delle finestre 
slanciasi a 55 piedi sopra il colmo della 
chiesa e sostiene un globo sul quale sor- 
ge la statua di grazioso Angelo alta 7 pie- 
di. Sì valutano a 4 o 5 mila, 5 o 600 del- 
le quali nella facciata principale , il nu- 
mero delle figure scolpite nell'esterno di 
questo tempio, l'interno dei quale non rie- 
sce meno interessante per la vasta nave, 
pel bel pavimento del coro di quadrelli 
a mandorla e di diverse qualità di mar- 
mo, che vi si trasportò dall'antica chie- 
sa di s. Nicasio. Sono a nominarsi, l'oro- 
logio a campane accordate, detto del co- 
io; l'organo, uno de'piii belli di Francia; 
il baldacchino della cappella della ss. Ver- 
gine, un bassorilievo di Nicolò Jacques, 
ed una delle migliori opere di Poussin o 
quadro della Lavanda de*piedi: curioso è 
poi il sepolcro diT.y.Giovino,cheda sem- 
plice cittadino di Reims, nel 366 diven- 
ne console romano, pionumento di mar- 
mo bianco già della chiesa di s.Nicasio, con 
una caccia bene seolpita. Questa metro- 
politana, incominciata nel 1 :i 1 1 dall'ar- 
civescovo Albeiicoper sostituir quella in- 
cendiata neir anno precedente, non vide 
il suo termine che verso il cadere del se- 
colo XV. E' sotto r invocazione della B. 
Vergine, e tra le insigni reliquie venera 
i corpi de'ss. Remigio apostolo della Fran- 
cia e Rigobei*to vescovi di Reims, quivi 
trasportati da dove furono tumulati. Vi 
p il fonte battesimale ^ la cura d'anime 



REI 

amministrata da un canonico parroco; il 
fonte battesimale in bel marmo grigio- 
bianco, ha la vasca che alcuni riteugono 
servisse al battesimo di Clodoveo I. Alla 
cattedrale è propinquo il palazzo arcive- 
scovile, egregio edifizio. Celebratissima è 
altresì questa metropolitana per le tante 
consagrazìoni e coronazioni ivi fatte da- 
gli arcivescovi de' re di Francia, al qua- 
learticolo le notai, rimarcando pure quel- 
le ch'ebbero luogo altrove. 11 capitolo si 
compone di i o canonici titolari, compre- 
se le prebende del teologo e del peniten- 
ziere, e di molti canonici onorari , oltre 
diversi sacerdoti, ed i pueri de choro ad- 
detti alla divina ufficiatura. L'antico ca- 
pitolo si distingueva per 8 dignità , 'j\ 
canonici, ^1 cappellani e molti altri bene- 
ficiati. A Manipolo dissi di quello usato 
anticamente dai canonici di Reims. Il te- 
soro racchiudeva articoli preziosissimi y 
fra'quali il calice del celebre arcivescovo 
Incmaro, dono di Luigi XV fòtto nella 
sua consagrazione. Vi sono in Reims al- 
tre 5 chiese parrocchiali col s. fonte, di- 
verse comunità religiose di donne, i fra- 
telli delle scuole cristiane, alcune confra- 
ternite, due ospedali , cioè il generale e 
quello di s. Marconi, grande e piccolo se- 
minario, l'orfanotrofio, l'ospizio Hòtel- 
Dieu che occupa i fabbricati dell' antica 
abbazia di s. Remigio e dove si osserva 
la grande scala, il bel vaso della bibliote- 
ca, ed il superbo lavoro in legno arricchi- 
to di sculture delicate e colonne corintie 
egregiamente eseguite che ne formano le 
scansie. Un tempo Reims conteneva un 
maggior numero di stabilimenti religiosi. 
La chiesa di detta abbazia di S.Remigio, 
di benedettini della congregazione di s. 
Mauro, auasi vasta quanto la cattedrale, 
rìdondava di ricchi e curiosi monumeu- 
ti. Ammiravasi in essa un magnifico co- 
ro, il pavimento rappresentava molti sog- 
getti sagri, vi si veneravano de'corpi santi, 
la tomba di s. Remigio; la celebre sagra 
ampolla stava dentro di tal tomba , del 
quale prodigioso vaso teQoi proposito nei 



REI 

iroK XXyi^p. a6i,parlaDdo del batte- 
simo ammÌDistrato da s. Remigio a Ciò- 
dofeo I, venendo poi con l'olio miraco- 
loto che contene? a inunti gli altri re di 
Franoift : il tesoro di questa rinomata ab« 
boiia era considerabile. Questa chiesa , 
la {Min antica della città, ha la facciata di 
semplice architettura, dominata da due 
alte guglie; neir intemo si osserva il bel 
coloDDato che circonda il coi*o, e soprat- 
tutto la nuova tomba di s. Remigio, fat- 
ta nel i8o3,cheiie occupa il centro: è que- 
sta noa rotonda composta di 8 colonne 
di marmo campano ^ sormontate da al- 
trettanti archi che sostengono una specie 
di cnpola a giorno; 6 tra gl'intercolunni 
SODO guarniti ciascuno di due statue, cioè 
nppreaentanti da un lato i 6 pari laici 
del regno, dall'altro i 6 pari ecclesiasti- 
ci, in abito di ceremonia. L'arco di dietro 
è occupato dal gruppo del battesimo di 
Clodoveo ly composto delle fìgurediquel 
re, del tuoelemosiniereXierri, e di s. Re- 
migio. Tutte queste statue furono rispar- 
miate quando neliygS si distrusse l'an- 
tioo aepolcro, che nel i53i avea rim- 
panato quello eretto nel secolo XIl nel 
Inogo della tomba primitiva fondata dal- 
l'aràvescovo Incmaro : l'ultimo del 1 53 1 
m doveva al cardinale Lenoncourt. La 
diien dell'abbazia di s. Nicasio, della 
soddetta congregazione, era un capola- 
voro d' architettura , e celebre pel feno- 
meno del suo pilastro tremante quando 
suonava la campana maggiore : era la piìi 
bella delle 3 basiliche di Reims, con eie- 
gnte fiusdata, intieramente distrutta nel- 
l'aooennata epoca rivoluzionaria. Eranvi 
poro a Reims l'abbazia di s. Dionigi, dei 
; anonid r^olari della congregazione di 
i Frmcia ; quella delle benedettine di s. 
l Pietro, una delle più ricche del regno; 
qaellc di a. Stefeno, delle canonichesse di 
I. Agostino, e di s. Chiara. Vi erano an- 
cora 6 conventi di religiosi mendicanti, 
naeoUegio de'ge$uiti,una commenda gè- 
rasolimitana, il monastei*o di Longueau 
UToidine di Fontevrault, e 3 altre case 



REI 7C 

religiose di donne. L'università era stata 
fondata nel 1 547 ^^' cardinal Carlo di 
Lorena , ed eretta da Enrico II a sua i- 
stanza. In Reims trovansi due stabilimen- 
ti di bagni, ed un teatro assai vastoeco- 
modo. Presenta questa città, soprattutto 
verso il sud, immensi giardini e terreni ; 
la parte abitata, di cui può considerarsi 
come punto centrico la piazza reale, ed 
il cui nucleo forma un ovale assai ben de- 
terminato dai bastioni e dai muri , non 
occupa se non la metà della superficie to- 
ta le. Vi sono diverse belle strade , e tra 
le piazze primeggia la reale, di forma qua- 
dra e decorata da belli edifizi d' ordine 
dorico, terminati all'italiana^ il più im- 
portante ti*a'quali è l'antico palazzo de- 
gli Appalti , conosciuto sotto il nome di 
Dogana, che occupa tuttoii lato meridio- 
nale e va adorno d'ilnfìrontone greco, en- 
tro il timpano del quale è scolpita la statua 
di Mercurio, circondata da palle di lana 
e grappoli d'uva, primarie fonti del com- 
mercio di Reims; nel centro di questa bel- 
la piazza è una l>e]la statua pedesti*e in 
bronzo di Luigi XV, opera di Cartellier, 
ristabilita nel 1 8 1 8, nel sito di quella che 
fu abbattuta nel 1 793. Bello e superbo i 
l'edifizio municipale nella piazza dellaCit* 
tà; incominciato nel 1627, fu terminato 
soltanto nel 1825 : la facciata é ornata di 
colonne corintie, doriche e joniche, ter- 
mina con due ampi padiglioni e ne pre- 
senta nel centro un altro più elegante e 
leggero, cui sormonta una bella torrecon 
orologio, 4 statue pedestri, ed altra simi- 
le di Luigi Xlll, bell'opera di Cartellier, 
e collocata tra due colonne ritorte. La 
piazza de'Panni è decorata dalla fontana 
Machault. Possiede questa città buon nu- 
mero di fontane che deve al can. Godi- 
not, di cui conferva il nome quella pres- 
so la metropolitana , e racchiude molti 
oggetti interessanti per l' antichità e per 
l'architettura. Reims così importantesòt- 
to i romani, conserva ancora avanzi dei 
tempi remoti, che ricordano i nomi di pa- 
recchie tra le sue vie e lesuepoiieil'an- 



72 REI 

tica porta di Marte, chiusa sin dai 1 5/^.5 ^ 
e posta vicino alla nuova, riesce soprat- 
tutto interessante, quantunque molto sca- 
duta ; consiste in un triplice portico di 
quasi I oo piedi di faccia, decorato da 8 co- 
lonne striate d'ordinecorintio, il cui arco 
di mezzo hai 8 piedi di larghezza ei la- 
terali 12: uno di questi vedesi per metà 
distrotto : tutti e 3 sono prodigiosamen- 
te carichi di sculture e trofei, per isven- 
tura in parte canceliati,e 3 colonne delle 
8 trovansi soltanto assai bene conservate. 
Ignorasi l'origine di questo monumento 
o arco trionfale dedicato a lVlarte,cheére* 
desi eretto ad Augusto, quando M. Agrìp- 
pa era governatore generale delle Gal- 
lio, ovvero secondo alcuni a quest'ultimo 
aerassero gli abitanti,in riconoscenza del- 
le molte e grandi strade militari che avea 
faltoapriree delle quali la città loro era il 
puntocentrale, secondo l'opinione di Car- 
bon.Altri avanzi d'arco trionfale si vedono 
in mezzo della città, e servi anch'esso per 
porta chiamata Basilicaiie e per corru* 
zione fiazée : i bassorilievi che l'adornano 
pare che l'indichino come dedicato a Ve- 
nere, altra deità tutelare d'Augustoda cui 
pretendeva discendere. A poca distanza del 
primo arco sorge un monticeilo che por- 
ta il nome di Arenes, e che supponesi for- 
mato dalle macerie d' un anfiteatro. Vi 
si scopri nel 1738 un sepolcro antico de- 
corato da pitture a fresco, che l'ignorante 
suo proprietario distrusse nel 1802. Am- 
miransi ancora a Reims ì magnifici pas* 
seggi che si svolgono all'ovest per una lì- 
nea d'un 4*° di lega, dalla porta di Mar* 
te a quella di Véle, formati da numerosi 
e belli viali d'alberi e bagnati ad un'estre- 
mità dal fiume, ed il castello d'acqua si- 
tuato presso alla città verso il sud , che 
somministra le acque della Véle ai 7fon- 
tone ripartite ne'diversl quartieri. Que- 
sta città , la più importante del diparti- 
mento per r estensione, la popolazione 
di più di 4o,ooo anime, ed il commer- 
cio, è centro d'una industria attivissima 
che principalmeute s'esercita nellanifizio, 



REI 

come manifìitture di panni, casimiri,me- 
rioos, cambelloti, ec., oltre altre manifat- 
ture. Altra industria significante consiste 
ne'vini di Sciampagna bianchi, spuman- 
ti e non spumanti. Vi si alleva un ovile 
di capre del Tibet. Si gloria Reims d'a- 
ver dato i natali a gran numero d'uomini 
celebri, tra gli altri Colbert, G. Gobelin 
che die il suo nome alle famose manifat- 
ture di tappeti a Parigi, Gio. Godinot il 
quale usò una parte dell'immense sue for- 
tune in fondazioni utili,Giovinosummen* 
tovato, il dotto benedettinoRuinart,l'avv. 
Linguet, i due Troncon-Ducoudray , il 
letterato G. Batteux, l'antiquario Nicolò 
Bergier, l' ab. di Laltaignant, lo storico 
Vely, l'ab. Pluche, Roberto Nanteuil in- 
cisore del regno di Luigi XIV , ec. Ur- 
bano II nacque a Chatillon-sur-Marne, 
castello poche miglia distante da Reims. 
Producono i dintorni ottimi vini. Vi so- 
no acque minerali presso la porta di Flé- 
chambault, e cave che contengono molti 
fossili. 

L'origine dell' antichissima e celeber- 
rima città di Reims é contrastata da di- 
verse opinioni : si vuole fondata da Rhe- 
mo re de' celti, all'epoca in cui Priamo 
regnava in Troia. Al tempo di G. Cesa- 
re, era una delle più importanti città del- 
la Gallia Belgica, della quale parlai pure 
a Paesi- Bassi. Fu chiamata Duracorlum 
o Duraconorum o Durocortoruni Rhe- 
morunty formava la capitale de* Remi , po- 
polo potente e fedele alleato de'romani, 
di cui prese in appresso il nome. 1 roma- 
ni vi fecero metter capo 8 strade super- 
be, delle quali si notano ancora qualche 
vestigio, ed al momento della creazione 
della Belgica 2.* ne divenne la metropo- 
li. Carbon nobile di Reims, diceche A- 
grippa pei servizi considerabili che la cit- 
tà avea i*eso ai romani, per la stima che 
n' ebbe G. Cesare e le continuò Augu- 
sto , scelse questa città per essere nelle 
Gallie, ciò che Roma era nell'Italia, cioè 
il centro dove venivano a terminare le 
strade da lui fatte costruire. Cadde poi 



REI 

in potere de'francfai, e Reìms che già avea 
•bbraccìalo la religione crisliana, ed era 
sede d'un tescovato, sì gloria d'essera il 
luogo nel quale l'anno 496 fu Glodoveo 
I da>a. Remigio battezzato con gran pom* 
pa : si vuole che il santo ungesse Clodo* 
veo I anche come re , donde poi derivò 
agli arcivescovi di Reims il privilegio e* 
aclusivo dì coronare e consngrare i re di 
Franciai massime dalla 3/ dinastia in poi, 
e tenne il i.^ rango, col titolo di duca, fra 
i 6 pari ecclesiastici del regno : i re della 
i/alirpe concessero grandi privilegi alla 
città. Quando s. Leone III nell' 8o4 ri- 
torna in Francia, Carlo Magno lo fece 
ineontraredal suo primogenito e lo attese 
a Raima, accogliendolo colla solita divo- 
tìono etu1tante;quivi dimorando coll'im • 
paratore nella regia villa, elevò Mantova 
e veic»vato, ed insieme passarono a Sois- 
iont. II i.^ esempio di coronare Timpera- 
tore fiiorì di Roma lo diede Stefano IV 
dettoV neirS 16, quando si portò inReims 
a coronare Lodovico \, Marra Ferlone, 
Mviaggi de* Pontefici f p. 77^ che l'ini- 
paratore gradì sommamente che il Papa 
perciò ti recasse in Francia; e a Bernar- 
do re d'Italia ingiunse d'accompagnarlo 
ad viaggio egli spedì incontro alcuni am- 
baidatori per fargli corte e servirlo, re- 
eandofi egli ad aspettarlo a Reims. Nulla 
di piò magnifico e più confacente alla 
maestà pontificia e alla pietà di Lodovico 
lypuòidearsi dell'accoglimento con cui il 
Papa fu da lui ricevuto. Si trovò ben 1 000 
pam' distante dalla città a riceverlo col 
piòifiirsoso accompagnamento. Entram- 
bi discesero da cavallo, d'imperatore 3 
volte s'inginocchiò davanti al santo Pa- 
dr^ il quale lo alzò da terra e si bnciaro* 
no scambievolmente: Benedetto sia quel- 
io che viene nel nome del Signore, disse 
Lodovico I. G Stefano V rispose : Sia 
benedelio Dio, che ci ha fatto vedere un 
fecondo Davide cogli occhi nostri, Qoitì* 
di s'avviarono alla chiesa e tra via Tim- 
peratore addestrò il cavallo del Papa, e 
lo sosteneva colla sua mano. Orarono 



REI 73 

lungamente avanti l'altare, e si cantò il 
Te Deum e terminò la funzione con al- 
cune sagre preci , che il Papa t*ecitò so- 
pra l'imperatore. Usciti di chiesa presero 
del pane e del vino in forma di benedi- 
zione. L'imperatore tornò a Reims, do- 
ve nel dì seguente invitò il Papa a pran- 
zo; Stefano V restò nel monastero di s. 
Remigio fuor di città, e nel 3.** dì dal suo 
arrivo invitò a pranzo Lodovico I , cui 
presentò molli doni, come pure ai signo- 
ri di sua corte. A queste reciproche acco- 
glienze e dimostrazioni , corrispose la con- 
clusione degli affari che più gli stavano 
a cuore, colla conferma alla chiesa roma- 
na di tutti isuoi privilegi. Nella domeni- 
ca seguente 29 novembre il Papa con una 
corona d'oro tempestata di gemme, che 
seco aveva portata da Roma, coronò l'im- 
peratore, l'unse col s. crisma, e similmen- 
te coronò l'imperatrice. Poi otteuuto da 
Lodovico 1 che potessero tornar in Roma 
i molti romani banditi da Carlo Magno, 
e detenuti in Francia per l'enormità da 
loro commesse contro la chiesa romana 
e 8. Leone III suo predecessoce, il Papa 
prese congedo e tornò in Italia. Alla mor- 
te di Lodovico 1 neir84o, all'atto dello 
spartimento della monarchia, Reims toc- 
cò a Carlo il Calvo e fece parte del regno 
di Neustria ; altri dicono che di questa 
r imperatore fece re il figlio Luigi 1. Nel 
1 049 s. Leone IX passò in Francia per re- 
staurarvi la disciplina ecclesiastica; tras- 
portò dalla chiesa di s. Cristoforo il cor- 
po di s. Remigio, che trovò incorrotto, 
nell' abbazia de' benedettini che prese il 
suo nome il i .^ ottobre ; celebrò un fa- 
moso concilio nella basilica di s. Remi- 
gio, illustrato dal p. Lupo agostiniano con 
dotte dissertazioni; consagrò detta chiesa, 
ed all'abbate del monastero concesse di 
poter celebrare i divini uffizi coi sanda- 
li, ornamento che allora era solo proprio 
de' vescovi: altri Papi onorarono Reims 
di loro presenza, ma siccome vi tennero 
de'concilii, ne parlerò trattando di essi. 
Notai nel voi. XXVI, p.290, che nel 1 1 79 



74 KEll 

in Reims dairarcivescovo cardinal Albi- 
roano, con gran solennità e alia presen- 
ta de' pari vi fu consagrato re Filippo II 
Augusto, e che l'arcivescovo ottenne da 
Alessandro HI che i soli suoi successori 
potessero coronare i re di Francia, onde 
d'allora in poi la città fu il teatro di que- 
sta splendidissima funzione, Reims avea 
prima avuto il titolo di contea , ma Fi- 
lippo II le conferì quello di ducato in fa« 
"vore di detto cardinale arcivescovo ch'e- 
ra suo zio. Nel 1 359 sostenne un assedio 
GontroOdoardoI II re d'Inghilterra.Reims 
seguì i destini di Francia, ed immensa- 
inenle soffrì nella rivoluzione del secolo 
passato, per la quale terminò di sussiste- 
i*e la celebre unì versila. A' 1 2 marzo 1 8 1 4 
S.t Priest generale francese emigrato l'oc- 
cupò coi russi, ma nella sera stessa soprag* 
giunto Napoleone, dopo ostinato conflit- 
to, in cui il generale restò gravemente fe- 
rito, vi rientrò vittorioso, concedendo al- 
l'armata tre giorni di riposo ne'dintorni, 
che fu in quella memoranda campagna 
]' estremo; poiché essendosi fin dal feb- 
braio adunati a congresso nella vicina 
Chatillon, Stadion, Razumowski, d'Hum- 
boldt e Castel reagh plenipotenziari del- 
le 4 potenze alleate, ed il duca di Vicen* 
tà ministro di Napoleone, per combinar 
le basi d'una pacificazione, a'sB marzo fu 
ordinata lamai*GÌa in massa su Parigi, ed 
ebbe fine il potere di Napoleone. Luigi 
XV III che rimontò sul trono de' suoi 
fi vi non fu coronato, bensì il fratello Car- 
lo X a Reims a'29 maggio 1825 con quel- 
la solennità eternata con medaglia mo- 
numentale , al modo che toccai nel voi. 
Ì)^XV1I, p.i4^> Leone XII ne'fuochi ar- 
tifìziali della rinomata girandola, che per 
la festa de'ss. Pietro e Paolo si fecero sul 
Castel s. Angelo in detto anno , ebbe il 
pensiero che dessi con T illuminazione e 
decorazioni rappresentassero la magnifi- 
ca facciata della metropolitana di Reims, 
dicendo a mg.*^ di Quelen arcivescovo di 
Parigi, allora in Roma e da lui ospitato 
nel seminario romano; Voi di recente o* 



REI 

yete veduto la bella cattedrale; ebbene noi 
abbiamo ordinato di farvela rivedere nel- 
la girandola colla maestosa sua facciata. 
Nel i83o assunto al trono Luigi Filippo, 
abolì la dispendiosa ceremonia della con- 
sagrazione e coronazione in Reims, e per 
lui non ebbe luogo nemmeno altrove. 

La fede cristiana vi fu pi^dicata da s. 
Sisto romano, discepolo di s. Pietro , il 
quale verso l' anno 5j lo costituì in i .^ 
arcivescovo per convertirla a Gesù Cri- 
sto; nell'anno 67 patì glorioso martirio 
e fu sepolto nella chiesa de'ss. Sisto e Si- 
nicio, donde nel 920 fu trasportato il cor- 
po nella basilica di 8. Remigio, come ri- 
porta Chenu, Archiep. Galliae chronoL^ 
p. 264) series archiep. Rcmensium, citan- 
do gli storici Sirmondo e Flodoardo che 
ne scrissero i fasti. Gli arcivescovi si qua- 
lificarono poi primati della Gallia Belgi- 
ca, e legati nati della s. Sede; dice Com- 
roanville, Histoirede louslesarchev,, che 
tutti i capitoli della provincia ecclesiasti- 
ca pretendevano dipendere direttamen- 
te dagli arci vescovi di Reims, non dai lo- 
ro vescovi. Ebbero a suffraganee le chie- 
se vescovili di Soissons, Chalons sur Mar- 
ne, Laon, Senlis, Beauvais, Amiens, No- 
yon, Boulogne. Al presente le sedi suf- 
fraganee sono 4 soltanto : Soissons, Cha- 
lons, Beauvais, Amiens. Il 2.^ arcivesco- 
vo fu s. Sinicio romano, altro discepolo 
di f. Pietro, egualmente da lui ordinato 
6 delegato per la chiesa di Soissons, don- 
de passò a questa e nel 68 fu martiriz- 
zato : sepolto col predecessore, la loro fe- 
sta si celebra a Reims il 1.** settembre. In- 
di divenne arcivescovo, nel 68 s. Aman- 
zio pure romano e discepolo di s. Pietro, 
morto neir89. Betausio greco nipote di 
Papa s. Eusebio, fu ordinato nel 3 1 2 da 
Papa s. Melchiade. Aper o Afer morì nel 
35o, e gli successe Oiscolio, indi s. Ma- 
terniano dal 348 al 370. Governò s. Do- 
n^ziano (^.), morto a' i4 ottobre 390 
secondo Chenu, patrono di Bruges. Po- 
scia s. Vi venzio, sotto il cui nome fu eret- 
ta la collegiata a Braux) t. Severo morto 



REI 

■'i5 geoiMuo e tumulato nella chiesa di 
s. Agrìcola. L'arcivescovo s. Nicasio (F,) 
edifiob la cattedrale e colla sorella e al« 
tri oompagDÌ fu martirizzato nel 407 o 
più tardi. Baruch già preposito di detta 
chiesa^ Barucio fratello del precedente e 
morto nel 459, Baraaba fu ordinato nel 
460 io Roma da s. Leone I che gli confe- 
rì il pallio, Bennadio o Bennagio fratello 
di a. Ilario d'Arlesdel462, morì 001469 
e fa aepolto nella metropolitana. Nel 47 1 
il popolo ed i vescovi comprovinciali e- 
lessero di comun consenso s. Remigio (F.) 
e govemb per 70 anni : distrusse V ido- 
latrìa e l'arianesimo, fondò un monastero 
sul Monte d'Hor presso Beims, e vi pose a 
superiore s. Teodorico (K), Nel 54^ R o- 
menoabbate benedetti no e cugino diPa* 
paYigiliOyFlavioyMapinio morto neI57a. 
Fa celebre arcivescovo Egidio, 'di gran- 
de autorità nel regno d' A ustrasìa^ paci- 
ficò il re Childeberto II con Chilperico 
1 re di Soissons , indi pel suo zelo e per 
invidia fu rilegalo a Strasburgo. Nel 597 
Romulfo figlio di Lupo duca d'Aquita* 
aia. Sei 600 t. Sonnachio già arcidiaco- 
no della chiesa, morto decrepito , al cui 
tempo s. Baldrio fratello di s. Bova^F.) 
edificò un monastero in uno de'sobbor- 
ghi di Reims,ove si fece religiosa la so- 
rella» ne divenne badessa e le successe la 
nipote a. Doda. Indi fu a rei vescovo Leu • 
d^iselo;nel649Engilberlo o Angelber- 
lo figlio óeìmagistriequìtumfrancorum^ 
che rìoevè il pallio da Papas. Martino I; 
Laudo fi'atellodeli7i^g[Z5rr2 equitum piis- 
simo del 65 1, eresse il monastero ai be- 
nedettini; a. Nìvardo o Nivone, la cui fe- 
sta fi celebra il I .^settembre; s. Regolo che 
fimdb il monastero Orbacense, nel fondò 
donatogli da Tierrico III; s. Rigoberto{F,) 
oontOi cugino del predecessore, consagrò 
ire Dagoberto III, Chilperico li e Tier- 
rico IV, tenne al s. fonte Carlo Martello, 
il quale poi, per le brighe dell'abbate Mi- 
lo o Milone che si usurpò questa sede e 
(pella di Treveri^ lo cacciò nel7a i , onde 
siridrb in Aquitania; restituito aliarci- 



BEI 75 

diocesi la governò con zelo esemplare e 
moli santamente nel 732 o 733, ovvero 
nel 740 secondo il Butler. Nel concilio di 
Soissons del 745 fu eletto Abele, ma po- 
co potè governate per le violenze delfin* 
truso Milone. Ti I pi no o Turpi no mona- 
co di s. Dionisio, di santa vita, fu nomina* 
to da Cnrlomanno nel 769 e ordinato nel 
778 d'ordine di Carlo Magno, cui Adria- 
no I trasmise nel 774 il pallio col titolo 
di primate di sua provincia o Belgica 2.*, 
confermando il titolo di metropoli alla 
sua chiesa , ed assoggettandola alla sola 
autorità della s. Sede: da Carlo Magno 
ottenne diversi privilegi alla sua chiesa, 
in quella di s. Remigio ai canonici sostituì 
i monaci, ed ivi fu «epolto nelTSi i eoa 
epitaHio in versi. Vulfario deir8i3 au« 
mento i beni del monastero Orbacense, 
e molti ne ottenne per la chiesa di Reims 
da Lodovico I, di cui era cancelliere. £b- 
bo o Ebbone deU'Sa^^ di cui e delle sue 
vicende parlai ne' voi. XXVI , p. 276, 
XXXlV,p. 296; dopo di lui ressero la 
chiesa Folco abbate e Noto. Nel 1*8 45 //ic- 
maro (V,) che consagrò Carlo il Calvo 
nel settembre deirSGg, e poi a Compie- 
gne neir878 il figlio Lodovico II il Bul- 
bo. Neir882 Folco fece riconoscere Cnr- 
lo il Semplice, lo coronò e divise con lui 
il governo dello stalo ; restituì a Beims 
Ja scuola^ cinse di mura la città, ma fu 
assassinato dai satelliti di Baldovino l[ 
conte di Fiandra per avergli tolto l'ab- 
bazia di s. Vasto e il castello d'Arras. Nel 
900 Eriveo o Erve gran cancelliere di 
Carlo il Semplice, e consagrò Roberto I 
in Reims. Sculfo già arcidiacono , morì 
di veleno nel 925 propinato daEriber^ 
to conte di Reims e d'Aquitania; quindi 
fece eleggere in successore il proprio fi- 
glio Ugo o Ugone che ancora non avea 
compito l'età di 5 anni, e Giovanni X lo 
confermò, secondo Flodoardo, Historia 
Reniens, lib. 4, nel 1. 1 7 della BibL Pont.j 
perciò scrisse l'annalista Ban>nio,che que*? 
sto fu il i.° mostro chesi vide nella Chiet 
sa di Dio> caso non mai udito Sno allo* 



76 REI 

ra. Aj*tauclo o Artoldo monaco di s. Re • 
mìgio, tuttavia nel gSi ebbe il pallio da 
Giovanni XT, onde insorse scisma: dive* 
nulo Papa nel 946 Agapito II, per ter- 
minarlo, spedì per legato e vicario delta 
s. Sede in Francia Marino vescovo di Po* 
Umarzio {P^,)^ il quale nel concilio d'7/t- 
gelheim (^.) del 948 riconobbe Arlol- 
do, e scomunicò il competitore Ugo, ciò 
che confermò il Papa nel concilio roma* 
no del 949* Artoldo ottenne la contea di 
Reims con facoltà di battere moneta da 
Luigi IV, che avea coronato in Laon ai 
20 maggio 986. Odalrico figlio del con- 
te Ugone, preposto e canonico di Reims, 
fu ordinato nel 96^, e donò ai canonici 
la villa Vindenissa. Adalberto o Albero 
figlio del conte GoUredo nel 97a,consa* 
graudo in Reims Ugo Capeto. Arnoldo 
discendente di Carlo Magno , di cui nel 
voi. XXVI, p. 284 e iS5: contro di lui 
fu eletto Gerberto nel 99 1 da Giovanni 
XVI , ma Gregorio V lo trasferì poi a 
Ravenna (F',) e fece ristabilire Arnoldo, 
che nel 999 fu confermato dallo stesso 
suo rivale Gerberto divenuto Silvestro 
II (F,), Indi Ebaio o Ebulo laico, però 
erudito nelle sagre lettere in que' tempi 
rozzi e ignoranti , che donò ai canonici 
la villa Bitiniaca , celebrò il sinodo nel 
1029, ed unse re Enrico I a Reims: per 
le epoche e altro di queste con$agrazio- 
ni, ripeto clie le riportai a Francia. Gui- 
do Barbet morì nelio55; poi Gervasio 
Barbet traslato da Le-Mans, coronò in 
Reims Filippo I e divenne gran canceU 
liere. Manasse già arcidiacono, nel 1080 
fii fatto deporre da s. Gregorio VII^V,), 
Rainoldo o Rainaldo sostituito , era ca« 
nonico della metropolitana. Nel 1 095Ma - 
nasse Daufrai; Gervasio di Lorena, figlio 
di Ugo de Retest e fratello di Baldovino 
I re di Gerusalemme, abdicò neli i i4i o 
per meglio dire coi Sara marta ni, Pasqua* 
le II ne annullò j' elezione, onde poi si 
ammogliò; in vece il Papa ordinò Radol- 
£0 preposilo di Reims. Rinaldo Despretz o 
de Martiniaco trasferito nel 1 1 24 da Aa- 



REt 

gers, nella Pasqua del 1 1 1^9 consagrò ia 
Reims re Filippo, ma non successe al pa- 
dre Luigi VI. Nel 1 1 39 Sansone Despretz; 
nel 1 1 6 1 da Beauvais vi fu trasferi to En- 
rico Magno figlio di detto Filippo; Gu- 
glielmo Alhiniano (V.) che coronò in 
Reims Filippo II Augusto poi cardinale 
legato; Guido Pare (V.) cardinale lega* 
to; Alberico d'Humbert nel 1207 che rie* 
dificò la cattedrale rovinata dall* incen- 
dio; Guglielmo de Joinville nel 1220 già 
vescovo di Langres^ coronò i genitori di 
s. Luigi IX in Reims, il quale nella sede 
vacante fu inaugurato da Giacomo Ba- 
sochi vescovo di Soissons nel 12 26 a' 2 9 
novembre. Nel 1227 Enrico di Brenna; 
Ivhello de Mayenne già di Tours nel 
1244» Tommaso de Beaumet neIi25o; 
Giovanni de Gourtenay morto nel 1 27 1 ; 
Pietro Barbet morto nel 1 3oo; Roberto 
de Gourtenay neli3o2, consagrò Carlo 
IV neh 320; Guglielmo de Tria trasfe- 
rito da Bayeux e coronò Filippo VI nel- 
la metropolitana nella festa della s. Tri* 
nità del 1328. Giovanni di Vienna morì 
nel 1 35 1; poco visse Ugo de Arceis; Um- 
berto già delfino e patriarca d' Alessan« 
dria amministratore, morto nel i345; 
Giovanni de Craon traslato da Le-Mans 
morto nel i374; Lodovico Thesart nel 
1374 già vescovo di Bayeux ; Riccardo 
de Picque nel 1377; Federico Cassinel 
morto nel 1390. Guido de Roye traslato 
da Verdun, nel 14^9 fondò in Parigi il 
collegio di Reims, che nel 1763 fu riuni- 
to a quella università. Simone Cramaud 
(F,) patriarca d'Alessandria e cardinale; 
Pietro Trousseau trasferito da Poitiers, 
morto nel 1 430; Reginaldo Carvale (F,) 
cardinale; Giacomo Giovenale Orsini del 
i444> ^^o- Giovenale Orsini nel 147^ 
pari di Francia, confermò colla sagra un- 
zione Luigi XI, da Calisto III deputato 
col vescovo di Parigi a rivedere il pro- 
cesso d el la Pu Icella dH Orleans i ngi usta - 
mente condannata. Pietro de La- Val giù 
vescovo di s. Malo, morto nel 1 493; Ro- 
berto Brissonnet morto nel 1497; gli sue- 



REI 

Guglielmo Brìssonnet {V,) carài- 
iMiles Carlo del Carretto (K) cardinale; 
Boberto de Lenoncourt consagrò a' 2 5 
gennaio i5i 5 Francesco I; Giovanni di 
Lorena {F.) cardinale; Carlo di Lorena 
(^•) cardinale, fiitto arcivescovo di 1 3 an- 
ni peli 538 da Paolo IH, coronò con so- 
lenne pompa Enrico II , Francesco li , 
Carlo IX , chiamato da Pio IV secondo 
Papa, e da a. Pio V il Papa cCollremon- 
fe.Lodovico di Lorena o Guisa (V.) car- 
dinale cbe nel 157 5 consagrò in Reims 
Enrico 111. 

Il Gattico, Acta caeremonalia , a p. 
aa6 riporta il dettagliato ceremoniale 
ch'ebbe luogo, il quale sembra scritto alla 
Si Sede dal nunziodl Parigi. Si parla del- 
la prodigiosa ampolla di s. Remigio, il cui 
olio fervi per la consagrazione,ed il mo- 
do come l'abbate della basilica lo portò 
sotto baldaochino(de'sostenitori delle aste 
parlai a $.B.emigio, ordine equestre) alla 
metropolitana, incedendo a cavallo. La 
firnsione si fece colla massima splendi- 
deaa e con isfbggiodi ricchi vestiari ca- 
richi di preziose gemme. Il re portava un 
vestiario con aperture per ricevere Tuo- 
none sema spogliarsi. Prima della coro- 
naiione ilcardinale arcivescovo di Reims 
domandò al popolo se volevano per loro 
re Enrico III, il quale subito emise il giù- 
nmenlo. Poi il cardinale lo benedi e con 
apposite orazioni, essendo il re genufles- 
so^ gli nnse la cima del capo, il petto, la 
idiieoa, le spalle, i polsi^ le palme delle 
mani. Vestitosi il i*e della tonicella e dal- 
natica, e del manto reale, dal cardinale 
gli fiidato l'anello benedetto, lo scettro 
odia destra e la mano di giustizia nella 
sinistra mano, indi cogli altri undici pa- 
ri pose la corona di Carlo Magno in ca- 
po al re -e dÌ5se : P^ivat Rex in aeter- 
mtm^coù fecero i colleghi, e l'araldo tre 
volte gettando denari al popolo che gri- 
dò, F'iue le Roij dopo di che si cantò il 
Te Deum, Il cardinale cominciò la mes- 
sa grande all'allara maggiore, ed all'oF- 
fertorio il re per obblazione offrì un vaso 



REI 77 

di madreperla pieno di vino,un paned'ar- 
genio, una borsa con 1 3 pezzi d'oro.Dopo 
la messa il re si comunicò sotto il trono 
colle due specie sagramentali (di cui par- 
lai nel voi. XV, p. I Ili), tenendo la co- 
rona in testa, e nelle mani lo scettro e la 
mano di giustìzia. Dopo la funzione il re 
con corona più leggera andò a desinare 
vestito come si è detto, avendo a destra 
e a sinistra tavole pei pari, pel nunzio e 
ambasciatori, pei principi e pei cavalie- 
ri. Vi assisterono alcuni primati della cit- 
tà di Reims chea sue spese fece il super- 
bissimo convito, secondo l'antico costu- 
me. In seguitosuUa porla della cattedrale 
di Reims, coram populo^ segui lo sposa- 
lizio del re con Luisa di Lorena , al cui 
banchetto intervennero il nunzio egli am- 
basciatori. All'arcivescovo cardinal Lo- 
dovico successero Filippo iìe Lenoncourt 
(V.) cardinale nel 1592; INicola de Pel- 
levé(F^.) cardinale morto nel i594; Fi- 
lippo de Ree già vescovo di Ifantes mor- 
to nel 1 6o5; Lodovico di Lorena o Gui* 
sa (F'.),co\ quale Chenu termina la serie 
degli arcivescovi : essendo soltanto sud- 
diacono, in sua vece coronò Luigi XIII 
nella cattediale di Reims il cardinal di 
Gìcjosa; introdusse nelle città i gesuiti. 
Gabriele de s. Marieo GuglielmodeGif* 
ford inglese nel 1622, dotto oratore e teo- 
logo, già suffraganeo del cardinal Lodo- 
vico col titolo i/;/7ar/i^ii5d' A rcidalia^visi- 
tò l'arcidiocesi.Énrico di Lorena de'duchi 
di Guisa nel 1629,6 come non consagra- 
to ri nunzio nel 164 i.EIeonoro d'Estam- 
pes vescovo di Chartres, ricevette il pallio 
nella cattedrale di Soissons dal vescovo 
suffraganeo Le Gres; celebrò il sinodo, 
visitò i' arcidiocesi , e fu lodato pastore. 
Enrico di Savoia, duca di Reims, i.° pari 
di Francia, legato della s. Sede, nel 1 (^5 1 
fatto arcivescovo, consagrò Luigi XIV : 
con questi nella Gallia Christiana si fini- 
sce la serie degli arcivescovi. Riporterò 
quelli del secolo passato e del corrente, 
registrati nelle Notizie di Roma, 1722 
Armando Giulio de Rohau diParigi. 1 763 



78 REI 

Carlo Antonio de la Roche Aymont (F.) 
cardinale^ che consegi*ò Luigi XYI a 
Reims nel 1775 agli 1 1 giugno. 1777 A- 
lessandro Angelico de Talleyrand de Pe- 
rigord [V,) cardinale : quando la sede di 
Beims fu soppressa pel concordato del 
1801 non volle rinunziare a Pio VII, il 
quale nel 1 8 f 7 la ristabilì e promulgò ar* 
ci vescovo Gio. Carlo de Coucy già ve- 
scovo di La Roclielle, al quale Pio VII in* 
dirizzò il breve Nostrisy de' 4 settembre 
1 82 1 , Bull, coni, 1. 1 5, p. 434* ^"^'^ ^^°* 
servazione deirarcidiocesi di Reims su di 
alcuni luoghi precedentemente smem- 
brati. Nellostesso Bollanoci p. 437 e 438 
y\ sono i brevi Etsi^ Nostris sub pluoi' 
ho, e Noslrìs apostolici s^ dello stesso Pa- 
pe, spediti nel medesimo giorno e an- 
no, sulla rettificazione dell' arcidiocesi di 
Reims, e sulla dichiarazione di Amiense 
di Soissons in sufTrnganei di questa me- 
tropolitana. Gli successe nel 1824 ^'o* 
Tanni Battista de'La///f/^.) cardinale, che 
consagrò Carlo X,ed ebbe da Gregorio 
XYI nel 1889 a coadiutore con futura 
successione mg.r Romano Gallar arcive- 
scovo d'Anazarbom partihus. Però non 
gli successe e per morte del cardinale,Gre- 
gorio XVI nel concistoro de' 1 3 luglio 
1 840 da Perigueux (/^.) vi trasferì l'o- 
dierno Tommaso Gousset di Montigny- 
les-Cherlieux arcidiocesi di Besancon , 
che come dissi nel voi. LIH, p. 228, Pio 
IX creò cardinale a' 3o settembre! 85o 
col titolo di s. Calisto, avendogli spedito 
r annunzio col berrettino rosso per la 
guardia nobile d. Francesco de'duchi Cae- 
tani, destinando ablegato per la tradi- 
zione della berretta cardinalizia mg.^ A- 
chille Apolloni, ch'ebbe eguale incarico 
pei cardinali d'Astros arcivescovo di To- 
losa e Matthieu arcivescovo di Besancon. 
Nel voi. XXXIX, p. 62, celebrai il ripri- 
stinamento della^ liturgia romana, opera- 
to da questo dottissimo e zelante arcive- 
scovo nell'arcidiocesidiReims, poiché con 
bella lettera pastorale fece adottare il bre- 
▼iaiio 9 rituale e messale romano^ riser- 



REI 

▼andò solamente l'uffizio de'santi propri, 
e tuttociòcon gradimento dell'intiero cle- 
ro. L'arcidiocesi si estende per circa 3o 
leghe e i5 per latum: si forma del cir- 
condanodi Reims e del dipartimento del- 
le Ardenne. Ogni nuovo arci vescovo è tas- 
sato in fiorini 5oo; prima ne paga va47oo 
perchè godeva 5o,ooo lire di rendite. 
Concila di Reims. 
Ili.*^si tenne nel 5 1 4» e s. Remigio vi 
convertì unereticoariano.il 2.°nel625 o 
63o presieduto da s. Sonnachio con 4^ 
vescovi, fra i quali i ss. Arnoldo di Metz 
e Cuniberto di Colonia: vi si fecero 2 5 
canoni di disciplina, e si prescrisse l'osser- 
vanza di quelli del concilio dì Parigi del 
61 3. Il 3.^neir8i3, tenuto d' ordine di 
Carlo Magno, per ristabilire la disciplina 
ecclesiastica: lo presiedè l'arci vescovo Vu l- 
fario, previo il solito digiuno di 3 giorni; 
vi si fecero 4o canoni, ripetizione in par- 
te di quelli d'ArieseMagonza. Il 4'*^nel* 
l'874.1l 5.^ neir879. ^* 6.°nell'892 o 898 
in favore di Carlo III il Semplice. Il7.°nel - 
r894*L'8.°nel90i, in cui furono scomuni- 
cati gli assassini dell'arcivescovo Folco. U 
9.^ nel 92 3, in cui Seulfo di Reims co'suoi 
suffraganei ordinò a quelli ch'eransi trova- 
ti alla battaglia di Soissons tra Roberto I 
e Carlo 1 1 1,di far penitenza 3 quaresime in 
3anni. Ili o.^nel975,in cui Stefano legato 
di Benedetto VII scomunicò Teobaldo u- 
surpatore del vescovato d'Amiens.L' 1 1.° 
nel 989 per l'elezione dell'arcivescovo Ar- 
nolfo. Il 1 2.*^nel 99 1 a' 1 7 giugno in Basi- 
lea, 3 leghe distante da Reims, radunato 
d'ordine d'Ugo Capeto contro Arnolfo, 
per sospetto d'essere d* intelligenza con 
suo zio Carlo di Lorena ch'erasi im padro- 
ni to di Reims, che poi fu preso da Ugo e 
messo in prigione a Orleans. Presiedè il 
concilio Seguino arcivescovo di Sens, co- 
me più anziano, ed Arnoldo vescovo di 
Orleans come il più dotto pastore delle 
Gallienefu promotore e incaricato di far 
le proposizioni. Egli esortò i vescovi a o- 
perare senza passioneecon libertà, quindi 
domandòse Arnolfo di Reims potesse pur- 



REI 

pni del delitto di lesa maestà di cui era 
iaaolpato; ìndi sì produssero prove con- 
tro di lui. Ma 3 personaggi distinti par- 
laioooin difesa di Arnolfo, e dòirautorità 
deHa lettera de' vescovi d'Africa a s. Da- 
niBso I,e altre allegazioni, mostrarono che 
i grandi afiari della Chiesa erano riser- 
▼ati al Papa, soprattutto il giudizio dei 
vetoovi. Fu risposto ch'era stato citato al 
concilio con letterecanoniche, e permez- 
10 di deputati da più d'un anno; e si pro- 
vò che la causa era stata portata al Papa 
colla lettera del re Ugo a Giovanni XV; 
tuttavia Roma taceva. Perciò Arnoldo 
d'Orleans pronunziò un discoi^so rimar- 
dievole, dichiarando che le cause eviden- 
ti devono essere terminate dal concilio 
provinciale. Udite le ragioni delle partii 
a Gonchiuseche Arnolfo poteva essere 
giudicato nel concilio. Sì fece dunque en« 
Imre, e ^li si esposero con dolcezza i be« 
Defili ricevuti dal re, e il male ch'egli a* 
vea fiitto a lui. Arnolfo si difese debol* 
mente, confessò il suo delitto e voleva ri- 
nunziar il vescovato, per averlo esercita- 
to indegnamente. Isella 2.' sessione cui 
Miiiterono i re Ugo e Roberto I, Arnol- 
do d'Orleans esortò Arnolfo di Reimsa 
prostrarli avanti i re e domandar loro la 
vita; lo fece e. gli fu accordata; poi rimi- 
se a Ugo l'anello e il pastorale, ed a' ve- 
scovi le altre insegne, lesse la sua rinun- 
na e acconsentì che altri fosse eletto. Fu 
questi Gerberto, uomo celebre pel suo a- 
aore alle lettere e per la parte ch'egli 
svea n^ii affari della Chiesa. Adalgero 
svendo confessato d'aver aperte le porte 
di Reims e di essere entrato ostilmente 
nella chi«>sa, accettò d'esser deposto, e fu 
spogliato degli abiti sacerdotali, e ammes- 
so alla comunione laica. Il 1 3.° concilio 
nel ioi5 pei beni di chiesa, ed a favore 
dell'abbazia di Mausson. Il 1 4.^ nel 1 049 
s'3 ottobre, il giorno dopo la dedicazio- 
ae della chiesa di s. Remigio, il cui corpo 
en stato portato nellanuova chiesa edi- 
ficata da Incmaro abbate. Fu presieduto 
da s< Leone IX e ti si trovarono 20 ve- 



REI 79 

scovi, 5o abbati e molti altri ecclesiasti- 
ci. Nella I ." sessione fu proposto il sogget- 
to del concilio , cioè gli abusi che prati- 
cavansi nelle Gallie contro i canoni, la si- 
monia, le funzioni ecclesiastiche, le chie- 
se usurpate o vessate dai laici , i matri- 
moni incestuosi, l'apostasia de'monaci e 
chierici, i rubamenli , le ingiuste deten- 
zioni de'poveri, i delitti abboroiuevoli ed 
alcune eresie. Tutti i vescovi si purgarono 
dalla simonia, a riserva di 4 ; gli abbati 
fecero lo stesso, tranne alcuni che non o- 
sarono parlare; un abbate di Poitiers fu 
deposto per incontinenza. Nella 2/ ses- 
sione molti confessarono ch'erano entra- 
ti per simonia. Si scomunicarono que' ve- 
scovi che invitati al concilio non erano 
intervenuti, né mandato scusa. Si fecero 
12 canoni per rinnovare i decreti de'Pa* 
dri, e si condannarono molti abusi. Alla 
fine del concilio il Papa die una bolla, 
la quale ordinò la celebrazione della fe- 
sta di s. Remigio ili.° ottobre. 11 iS,^ fu 
tenuto nel 1059 per l'incoronazione di 
Filippo I re di Francia. Ili 6.%el 1092 da 
Rainoldo arcivescovo con 6 vescovi della 
provincia , sulla difierenza della separa- 
zione del vescovato d'Arras, da quello di 
Cambray : i deputati d'Arras dichiara- 
rono che doveansi ristabilire de' vescovi 
o v'era no sta ti; l'arcidiacono di Cambray 
sostenne che Arras non dovea averlo. Il 
concilio rimise la decisione al Papa, che 
decise ordinare un vescovo ad Arras, ed 
in Roma consagrò l'eletto Ramberto. Si 
trattò pure di Roberto I conte di Fian- 
dra, che usurpava i beni degli ecclesia- 
stici che morivano. 11 17.'' nel 1094 di 3 
arcivescovi e 8 vescovi. Il detto re Filip- 
po I sperava di far approvare il suo ma- 
trimonio con Bertrada: Ivo di Chartres 
non v' intervenne e appellò al Papa, di- 
cendo che non gli sarebbe stato permes- 
so di dire nel concilio impunemente la ve- 
rità. 11 18.* tenuto da Urbano li nel lu- 
glio 1 096, nel quale riconciliò colla Chie- 
sa Filippo 1 che avea scomunicato pel suo 
adulterio con Bertrada. 11 1 g.^nel 1 1 o5, in 



8o REI 

cui fu eletto vesco? o di Cnmbray Eucìe o 
Adone, abbate di s. Martino a Tournay. 
Il 20." nei 1 1 09 per ia causa di Goffredo 
vescovo d'Amiens. Il 21.* neli 1 i5a'28 
niai*zo dai legalo Conone. Egli vi scomu- 
nicò TimperatoreEnnco V, e rimandò ad 
Amiens Goffredo eh' erasi ritirato nella 
Certosa. 11 22.° nel 1 1 19 a'20 o 3o ot- 
tobre presiedntoda Calisto II, assistito da 
i5 arcivescovi e da più di 200 vescovi, 
poiché ne fece venire da tutte le provin* 
eie d'occidente; vi erano quasi altrettanti 
abbati. Dopo ia messa , il Papa si assise 
sopra trono elevato rimpetto alla porta 
della chiesa: i vescovi e i cardinali era- 
no nel i.° rango; un cardinale diacono in 
piedi a fianco del Papa teneva il libro dei 
canoni per leggerlo all'occorrenza. Dopo 
le litanie e le orazioni, il Papa fece una 
specie d'omelia inlatinosul vangeIo,nel- 
la quale disse : che la barca figura della 
Chiesa era agitala dai flutti. Un cardinale 
fece un eloquente discorso, sopra i dove* 
ri de'paslori. Il vescovo d'Oslia Lamber- 
to, poi Onorio II, spiegò i diversi motivi 
pe'quali il concilio era radunato. 11 re di 
Francia Luigi VI vi produsse i suoi la- 
menti t'ìspelto alla Normandia, che il re 
d'Inghilterra gli avea invaso con violen- 
za ; ma il concilio non volle esserne giu- 
dice. Ildegarda contessa di Poitiers, segui- 
ta dalle sue donne, essendo entrata nel 
concilio , fece i suoi lamenti contro Gu- 
glielmo conte d'Aquitania che l'avea ab- 
bandonata , per prendere in sua vece la 
moglie del visconte diChatelleraut,ech 'e- 
ra immerso in tutti i vizi^ gloriandosi di 
sue dissolutezze. Si accettarono le scuse 
de'prelali d'Aquitania, i quali rappresen- 
tarono che il loro duca maialo non era- 
si potuto recare al concilio, come il Papa 
gli avea scritto : gli si accordò un indu- 
gio a presentarsi ulta corte del Papa , e 
ripigliar la sua legittima moglie solto pe- 
na d'anatema. L'arcivescovo di Lione si 
lagnò a nome del vescovo di Ma^on, de- 
gli attentati deli'abbalediCiuny, contro 
del quale monaci e chierici produssero 



REI 

grandi lamenti. L'abbate di Cluny si di* 
fese, dimostrando provenir le accuse dal- 
la cura che avea di conservare i beni e i 
privilegi del suo monastero, i quali si con * 
fermarouo. Il concilio fece 5 decreli, con- 
tro la simonia; l'investiture de' vescovi e 
abbati, proibendole sotto pena d'anate- 
ma; contro gli usurpatori de'beni di chie- 
sa; contro chi esige retribuzione pel bat- 
tesimo, gli olii santi, la sepoltura, V un- 
zione degl' infermi; sulla continenza dei 
chierici e contro le concubine. Si fece an- 
che un decreto per la tregua di Dio, per 
porre un freno alle privale risse in Fran- 
cia e in Lombardia, facendone severo di* 
vieto in alcuna stagione e giorni dell'an- 
no. In questo concilio non si potè con- 
chiudere la pace tra il Papa e l'impera- 
toreEnrico V. Questi essendo a Mousson, 
dove Calisto Usi trasferì mentre leneva- 
si il concilio , non volle eseguir la pro- 
messa che gli avea fatta con giuramento 
di rinunziar all'investiture ecclesiastiche. 
Nell'ultima sessione i vescovi e gli abbati 
al numero di 4^7 , avendo ciascuno un 
cereo in mano si alzarono, e il Papa sco- 
municò solennemente molte persone, del- 
le quali si lessero i nomi, e pei primi En- 
rico V e l'antipapa Gregorio Vili da lui 
creato. Il 23.^nelii3i a' 1 8 ottobre, te- 
nuto da Innocenzo li alla testa dii3 ar- 
civescovi e di 263 vescovi, e d' un gran 
numero di abbati, chierici e monaci fran- 
cesi, alemanni, inglesi e spagnuoli. V'iu- 
ter vennero il re e la regina di Francia. 
11 più celebre degli abbati s. Bernaixio 
vi fece luminosa comparsa. Approvata 
l'elezione d'Innocenzo II, fu scomunica- 
to l'antipapa Anacleto II se non tornava 
a resipiscenza. Si pubblicarono 1 7 canoni 
di disciplina del concilio di Clermont del 
1 i3o , poi ripetuti nel concilio di Late- 
rano II. Il Papa vi consagrò re Luigi VII 
secondogenito, in vece del suddetto fratel- 
lo Filippo morto per una caduta da ca- 
vallo. 11 6.*^di detti canoni proibì ai mo- 
naci e ai canonici regolari lo studio del- 
le leggi civili e della medicina per guadai 



REI 

giiar denaro. Furono ? ietatì i toraci, per- 
ché ci correa rìschio la vita del corpo e 
ddranima» volendo far prova di sua fbr- 
nedestreisa.Si pronunziò anatema con- 
tro chi percuotesse una persona consa- 
grata a Dio. Il Papa vi canonizzò s. Co- 
dardo vescovo d' Hildesheim morto nel 
iiaS. Il a4'^Delii 32 in favore deirab- 
bacia di Marmoutier. II ^5.° nel 1 148 te- 
nuto nel marzo e in quaresima da Euge- 
nio III, ch'erasi portato in Reims nel de- 
clinar di febbraio, con molti vescovi di 
Francia, Germania, Inghilterra e di Spa- 
gna, contro Gilberto Porretano vescovo 
di Poitiers, accusato d'errori contro la ss. 
Trinità. Avendo s. Bernardo fatto confes- 
«rea Gilberto, ch'egli insegnava che TEs- 
senta di Dio, la sua Divinità, la sua Sa- 
piensa non é Dio, il santo impugnò for- 
temente questa proposizione , dopo una 
lunga disputa, indi stese una professione 
di hde contraria agli errori di Gilberto, 
die fu approvata dal Papa e da' cardi- 
nali. Siccome molti membri del concilio 
erano favorevoli a Gilberto, il Papa non 
confermò questo giudizio con decreto so- 
lenne^ solo obbligò Gilberto a ritrattare 
i suoi errorì, il che eseguì. Fu condotto 
■ questo concilio il fanatico Fone della 
Stella che avea sedotto molta gente del 
popolo, pubblicando ch'egli era quello che 
dovea giudicare i vìvi ed i morti; ma co- 
me non die che delle risposte sciocche , 
& messo in prigione, ove morì poco do- 
po. Nella stessa assemblea fu accusato Gu- 
glidino arcivescovo d'York di non esse- 
restato detto canonicamente, ma intruso 
per autorità regia ; ne fu convinto e Al- 
berto o Alberico vescovo d'Ostia pi*onun- 
àò contro di lui a nome del Papa la sen- 
tenza di deposizione, però contro il pare- 
re della maggior parte de'cardinali. Fra 
i tmti canoni di questo concilio, uno fa 
conoaoere l'orìgine de'parrochi titolari, 
fioendo: » Non si metteranno nelle chic- 
le sacerdoti per commissione, ma ognu- 
na avra il suo prete particolare, che non 
potrà essere destituito che dal giudizio ca- 

▼OL. LTIl. 



REI 8[ 

nontco del vescovo, e se gli assegnerà la 
sussistenza conveniente sopra i beni del- 
la chiesa". Il ^G.^nel iiSyAÌ ^fj.^neì 1 1 58 
sulle differenze insorte tra il vescovo di 
Leon e l'abbate di s. Martino. 11 28.° nel 
1 164 tenuto da Alessandro III per la cro- 
ciata di Palestina , onde mandarvi soc- 
corsi. 11 29.° nel i23i fu celebrato a s. 
Quintino (^.)nel Vermandois, sulla di- 
sciplina, e relativamente alla causa di Mi- 
Ione vescovo di Beauvais. 11 So.^nel i ^35 
pure a s.Quintinosulla libertà dellechie- 
se, donde l'arcivescovo di Reims con 6 
suffraganei andai*ono a Melun a trovare 
s. Luigi IX per fargli delle rimostranze 
sopra certi articoli che offèndevano se- 
condo essi la libertà della chiesa. Il 3 1.° 
nello stesso anno a Compiegne per alcune 
osservazioni da presentarsi a re s. Luigi 
IX. 11 32.° nello stesso anno a Senlis.II 
33.° nel i236a s. Quintino per le im- 
munità della chiesa. Il 34-° as. Quintino 
sullo stesso argomento. Il 35.° nel 1257 
a Campiegne. Il 36.° nel 1287 ili.° otto- 
bre, tenuto dall' arcivescovo Barbet, con 
7 sulTragenei e i deputati di due altri, i 
quali risolvettero di spedire a Roma, per 
tener dietro sino all'intiera sua spedizione 
all'afi&re che aveano coi frali mendican- 
ti francescani e domenicani, sui privilegi 
della confessione e predicazione, accorda* 
ti loro da Martino IV. li 37.°neli3oi ai 
22 novembre, in cui si feceuna costituzio- 
ne di 7 articoli, riguardanti nella piìi parte 
ì chierici citati avanti i tribunali secola- 
ri. Il 38.° neli564> tenuto dall'arci vesco- 
vo cardinal Carlo di Lorena, e fu nume* 
rosissimo pei vescovi di Soissons, Senlis, 
Chalons, Verdun, per l'arcivescovo di 
Sens, pei procuratori de' vescovi di No- 
yon, Laon, Amièns, Boulogne, pei depu- 
tati de'capitoli, e molti abbati che vi as* 
sisterono ebbero il voto. Si tennero 19 
congregazioni: nella 2.' de'28 novembre 
sì conchiuse, che quanto all'articolo del« 
là riforma de' costumi , sarebbe rimessa 
al concilio seguente. Si fecero molti statu- 
ti e regolamenti^ sulla residenza de'cura- 

6 



82 REI 

ti, i sagraroentì, la vita regolata de' pasto- 
ri, l' esame pegli ord'maDdi e pe' curati ; 
eccellenti sono quelli spettanti alla vita 
clericale. Il 89.*^ nel 1 583 provinciale pre- 
sieduto in maggio dal cardinal arci vesco- 
vo Lodovico di Guisa, e pubblicato colle 
stampe di Parigi. Vi furono i vescovi di 
Soissons, Laon, Beauvais, Clialons , No- 
yon, Amiens e il deputato di Senlis. Vi 
si trattò del culto divino, breviario, mes- 
sale, rituale; de'giorni festivi, de' sagra- 
menti, seminari, sepolture, curati e ca- 
pitoli; de'simoniacì, confìdenziari, usure, 
visite vescovili e sino di diocesani ; oltre 
molti regolamenti suU' amministrazione 
de'sagramenti e doveri degli ecclesiastici, 
e per l'osservanza del concilio di Tren- 
to. Gregorio XIII lo approvò con breve 
de'3o luglio 1 584. Di tutti questi conci- 
lii trattano Labbé, Arduino, Martene, la 
Gallia crisliana, Pagi} ^1 ^'2. de conci' 
Hi. Nel i85i l'attuale cardinale arcive- 
scovo ba ripreso , come in quello tenuto 
nel 1 85o,Ia celebrazione de'sinodi annua* 
li, e ne trattano i n. 253 e 254 ^^^^' Osser» 
valore romano, A'23 settembre il suono 
delle campanedi tutta la città, e le 8 del- 
la cattedrale ne dierono l' annunzio. La 
messa sinodale si celebrò ai 25 con tutta 
la pompa; in una mensa era aperto il li- 
bro degli evangeli; nel recinto del coro 
eravi tutto il clero colle insegne di digni-. 
tà, tra le quali distinguevasi la bella croce 
in ismalto azzurro appesa al cordone vio* 
lacco cbe decora il petto de'canonici tito- 
lari, nuovo ornamento che data dal tem- 
po degli onori recentemente conferiti al 
capo di questa illustre chiesa. Furono os- 
servati i riti e le ceremonie prescritte dal- 
la liturgia romana. Il cardinale che lo pre- 
siedette, vi pronunziò eloquente allocu- 
zione, analoga alla riapertura de' sinodi 
ed ai bisogni di opportune provvidenze 
e statuti. Vi trattò de'libri la cui lettura 
è interdetta ai sacerdoti , ai chierici , ai 
laici, come della lettura pericolosa di cer- 
ti giornali; sull'approvazione della stam- 
pa, de'libri; sul divin culto per la ripristi- 



REL 

nata liturgìa romana, cui erasi fatto lo- 
devole sagrifizio di abbandonar la remen- 
se; sull'uso dell'organo e la musica delle 
chiese; sull'offerta del pane benedetto nel- 
la messa parrocchiale, avanzo dell'anti- 
co rito delle oblazioni di pance vino pel 
sagrifizio, distribuito a tutti come indizio 
d'unione, di fede e di sagrifizio, come sim- 
bolo di carità, in testimonio del pane vi-^ 
vo disceso dal cielo; è questo pane degli 
angeli che il sacerdote invoca nel benedi- 
re tale offerta, onde coloro che vi parte- 
cipano ne abbiano la salute dell'anima 
e del corpo. Questo uso del pane bene- 
detto mantenuto in molte parrocchie del- 
l'arcidiocesi, per la virtù provata contro 
i demonii, la guarigione d'infermità e la 
santificazione delle anime, sarebbe esteso 
per tutta. Inoltre il cardinale vi trattò 
principalmente le cose concernenti le con- 
fraternite,! di voti pellegrinaggi, l'uso del 
rocchetto e della berretta, la predicazio- 
ne, le scuole, le parrocchie, gli olii santi, 
i padrini e le madrine, lai.' comunione; 
quanto spetta alle messe parrocchiali, al- 
tari portatili, doveri de'confessori, ammi- 
nistrazione di sagramenti ; la visita de- 
gl'infermi, il viatico, r estrema unzione , 
gli ordinandi. Il cardinale con quella dot- 
trina che lo rese celebre nelle sue opere 
teologiche, vi fece una meravigliosa figu- 
ra. Il sinodo durò 6 giorni, con 2 sessioni e 
6 sedute, formandosi 28 capitoli con ap- 
pendici. 

RELIGIONE, Fides, Religlo, Ritiis. 
Cognizione della Divinità e del Culto {f"^,) 
che le si deve rendere, unita alla volon- 
tà di adempire un tale dovere. Secondo la 
forza del termi ne, questo è il vincolo che 
unisce l'uomo a Dio (F,) ed alle sue leg- 
gi mediante i sentimenti di rispetto , ri- 
conoscenza, sommissione, timore, e con- 
fidenza ed amore che c'ispirano le sue di- 
vine perfezioni e i benefizi che da lui ri- 
ceviamo. Per decidere se Y uomo debba 
avere una religione, basta sapere che vi 
è un Dio , e che egli ha creato l'uomo ; 
non potè farlo, com'è, capace di riilessio- 



REL 

ne e senlìmento, senza che gli ordinasse 
di adorare il suo creatore. Quindi la spe- 
rienia dimostra, che 1' uomo senza reli^ 
gione sarebbe assai poco diverso -da un a- 
Dimale; tali sodo i selvaggi isolati che si 
trovarono nati nelle foreste, e nelle caste 
e tnbùd'indianiyche ?ivoiìo generalmen- 
te come i bruti. E' assai sorprendente che 
m trovino uomini i quali si vantino di 
filosofia e che si procurino avvicinarsi a 
questo stato di stupidità, i quali poco con • 
tenti di rinunziare ad ogni sentimento 
di religione, vorrebbero eziandio distrug- 
gerlone'ioro simili. Così il Bergier.Tut- 
ti i popoli in ogni tempo si sono creduti 
obbligati di i*endere certi omaggi, siano 
interui, siano esterni, a quella divinità 
die si sono essi immaginata; quindi i vo- 
ti, le preghiere, i templi, i sagrifizi, i mi- 
niilrì degli altari, e finalmente tutto l'ap- 
parato del culto religioso, che fij sempre 
praticato dalle nazioni anche le più bar- 
bare e meno civilizzate. I romani rispet- 
tavano talmente gliDei decloro nemici, che 
prima di assediare una città, deputavano 
de'sacerdoti per supplicarli di uscirne, e 
pereTocarli affi ne di attirarli nel loro cam- 
po; intanto gli assediati li legavano stret- 
tamente con corde per timoreche abban- 
donassero la città. Salutavano essi i pro- 
pri Idoli (^.) alla mattina, e li onorava- 
no con lodi nelle feste e nelle altre occa- 
àoDi tolenni. Gli antichi germani sagri- 
Goavano al Dio Thor in tutti i giovedì, 
aliinclié tenesse lontano il tuono, il ful- 
mine^ la grandine. Allo spuntar del gior- 
10 imagi' dei persiani cantavano inni in 
OBOK degli Dei, e salutavano il sole na- 
fcent^ qua! fuoco ch'essi consideravano 
CBiae un principio eterno. I diversi po- 
palidel mondo sempre cantarono alla lo- 
ro maniera le lodi dell'Ente supremo, e 
fi rendevano i loro omaggi con un'infi- 
■Itàdi culti differenti deW Idolatria (F) 
e con la religione del Paganesimo (^.): 
Tidolatria unita al paganesimo chiamasi 
PdUdfmo (^.). Questo accordo de' di- 
icni popoli dell'universo Dell'onorare la 



REL 83 

divinità, ha la sua sorgente nella nozio- 
ne di Dio e de' suoi allributi profonda- 
mente scolpiti nel cuore dell'uomo, lo che 
prova l'esistenza e la necessità della re- 
ligione ingenerale. La religione soprau« 
naturale o rivelala è quella che é supe- 
riore alla natura e alla ragione umana, e 
che l'uomo non può conoscere col solo lu- 
me naturale, ma che ha bisogno della ri- 
velazione divina per essere conosciuta: la 
Rivelazione^ V,) è la conoscenza delle cose 
future o nascoste che Dio ha concesso ai 
suoi profeti, u'suoi santi ed alla sua Ghie* 
sa. La religione naturale poi è quella la 
quale non oltrepassa la forza ed i confi- 
ni della natura, che si conosce col lume 
naturale, che non ha altra regola o mi- 
sura che la retta ragione nel culto di Dio 
e nelle cose divine. La religione cristiana 
deriva il suo nome da un Dio fatto uo- 
mo, chiamato Cristo (^.)j quindi i suoi 
discepoli furono detti Cristiani (^.), la 
Fede (P^»), la dottrina e la religionecri- 
stiana. Cristianesimo {F,). La religione 
cristiana è la sola vera , e tutto concorre 
a dimostrarne la verità. Le sue profezìe, 
i miracoli, i martiri, il suo stabilimento, 
la sua dottrina, la santità del suo autore 
e di tutti i suoi veri discepoli, e la falsi- 
tà delle altre religioni, tuttociò depone a 
favore della religione cristiana, di cui è 
supremo capo il sommo Pontefice (/^.), 
che ha il Pnmato{F,) suWaChiesa (F), 
Roma è madre di tutte le chiese, e cen- 
tro della religione cattolica^ ma Cerasa' 
lemme (F) e 1' Oriente [F.) ne furono 
l'avventurosa culla. Nondimeno osserva 
Rui nart, che la religione cristiana che pa- 
ti Persecuzioni (F.) sino dal suo primo 
principiare, ne'primi tre secoli della me- 
desima fiorì con maggior perfezione nel- 
l'occidente che nell'oriente. La morale 
della religione cristiana è sublime, eleva- 
ta, ed è estremamente utile alla società, 
giacche per un privilegio che le è pro- 
prio, essa ne allontana tulli i mali, nello 
stesso tempo che le procura tutti i beui. 
Principali proprietà e caratteri dcllu re- 



84 



REL 



ligione cristiana sono l'amare Dio sopra 
ogni cosa, ed il prossimo come noi stessi 
per amordi Dio; riferire a Dio tutti i pen- 
sieri, i desiderii,!e azioni, ed essere sempre 
pronti a morire mille volte piuttosto che 
ofifenderlo; fare agli altri ciò che voglia- 
mo che gli altri facciano a noi; perdona* 
re a'nostri ingrati e nemici; rendere bene 
per male; pregare pe*nostri persecutori, e 
ritenere per beati quelli che sono persegui- 
tati, afflitti, disprezzati per la giustizia ; 
rallegrarsi nelle tribolazioni, portare la 
sua croce, vincere le proprie passioni, mo« 
strarsi in tutto umili: queste sono le mas* 
sime della morale dell' Evangelo (F,) o 
dottrina di Gesù Cristo fondatore della 
i*eligione cristiana. I beni che questa ci 
promettecome sorgente della nostra feli- 
cità sono ineffabili, infinitamente superio- 
ri a'sensi e che consistono nel possedimen • 
lo di Dio medesimo, nel goderlocon visio- 
ne beatifica in Paradiso (F^,). Anche a Ri- 
velazione parlai de*caratteri della religio- 
ne cristiana cattolica. Tutte le altre reli- 
gioni differenti dalla cristiana si riducono 
principalmentea tre, cioè la Pagana^ VE" 
hraicay la Maomettana (V.). La religio- 
ne pagana none già soltanto puramente 
umana e tutta carnale, ma anche ridico- 
la, assurda, abbominevole e infame, ado- 
rando una moltitudine confusa di divi- 
nità favolose e colpevoli de'più gran de- 
litti; è una religione falsa. 

La vera religione è necessariamente an- 
che la prima e la più antica. Dio crean- 
do Tuomo, dovette insegnargli la manie- 
ra dì servirlo, prescrivergli una religione 
e un culto, senza de'quali l'uomo non a- 
vrebbe mai potuto tendere e giungere al 
suo fine. Ora la religione pagana non è 
la prima, ne la più antica religione, poi- 
ché formossi a poc(f a poco colle finzio- 
ni de'poeti e delia mitologia , colle spe- 
culazioni de'filosofi, in una parola è un 
giuoco o aberrazione della mente uma- 
na. La religione ebraica é il culto che M o- 
sé insegnò e prescrisse agli ebrei per ono- 
rare TEn te supremo; ma per le prevarica- 



REL 

zioni degli ebrei porta con se la sua con- 
danna nelle sue profezie : dessa in Cristo 
fini, essendosi in lui appieno verificali i 
profetati segni del Liberatore promesso; 
da tanti secoli é priva di tempio , di sa- 
grifizio,di sacerdoti; sperperato e confu« 
so il popolo, senza traccia di tribù, di ge- 
nealogìe, di famiglie. La religione mao- 
mettana fu inventata 600 anni circa do- 
po la religione cristiana da un imposto- 
re, che facevasi chiamare profeta; non è 
né vera, ne divina. E' un mescugliò mo- 
struoso di deismo , di giudaismo con uà 
poco di cristianesimo : lusinga essa le più 
vergognose passioni, promettendo un pa- 
radiso carnale; va debitrice del suo sta- 
bilimento, de' suoi progressi e della sua 
conservazione al fanatismo e alla forza del- 
le armi : ripugna alla ragione speculati- 
va e pratica. Non basta essere cristiano 
per salvarsi, bisogna professare la religio- 
ne Cattolica (^.)« apostolica e romana : 
non si salvano gli Eretici e Scismatici 
(^.). Tutte le sette cristiane differenti dal- 
la chiesa romana sono false e devono ri- 
gettarsi : la chiesa romana è la sola vera 
reIigione,ed é la sola che dobbiamo segui- 
re per salvarci. Imperocché Lutero, Cal- 
vino, Zuiniglio, Enrico Vili non autenti- 
carono la loro pretesa missione,se non con 
laidezze, crudeltà, rapine, profanazioni , 
bestemmie. Stesero la loro influenza con 
blandire le passioni,ed allentare il freno ad 
ogni sregolato appetito. 1 loro sistemi fu- 
rono assurdi e senza base, onde i loro se- 
guaci li rinegarono e si ramificarono in 
sette innumerabili. La Propagazione del- 
la fede [F',) della religione cristiana ri- 
porta anche a'nostri giorni copiosi trionfi 
sul Gentilesimo {F',) e sul Protestantismo 
(F,). La i*eligione cristiana perla sua ec- 
cellenza è il fondamento d'ogni società e 
d'ogni governo. La sicurezza e la felicità 
d' ogni governo e di ogni società è essen- 
zialmente fondata sulla religione cattoli- 
ca, che sola può ispirare ai. principi 1' a- 
more pei propri sudditi , ed ai popoli il 
rispetto per le loro leggi, I principi stessi 



REL 

Infhidi {V^ o idolatri sentirono troppo 
la neoeifità d' una religione , pemocchè 
non oonoscendone una yera ne adottaro- 
DO una fiilfa : sapevano essi che senza di 
qoeito, tutte le leggi non possono avere né 
fi>na né vigore. Su questo sublime e va- 
stisùmo argomento si possono vedere gli 
articoli die ne trattano, ed i seguenti au- 
tori. G. Cernitori, BibUoleca polemica 
deffii seriUori che din/ 1770 ali'jg^han' 
no diJesi o impugnanti i dogmi della re- 
Vffoae caUoUca^ Roma 1 798. Bergìer , 
Trattato storico e dogmatico delia vera 
fiefijgfroite,Venetia 1782. Coccio, Thesau" 
ruM cathoUcuseontroversiarumfidei^ Co* 
l(wiaei66o. Muzio Vi telleschì, RelaziO' 
ne dette persecuzioni mosse contro la fi- 
ée in vari rrgni, Roma 1 635. Antonini, 
Ferità del cristianesimo, Foligno 1 83o. 
AotonioGettri, Dissert. sopra i benigran* 
èssimi che la religione cristiana portò a 
IttUi gli stati degli uomini, Venezia 1 828. 
AntonioDragoni^ Dissert. storico 'dogma- 
tica sulla vera religione dalla creaziO' 
ne del mondo infino a Cristo Salvatore, 
Cnemona 1 889. Calisto Fornari, Tratta* 
lo del véro cristiano, Roma 1 838. Seve- 
rino Fabrìani, La religione cristiana ^Mo- 
dena 1837. G. cardinal Gerd il , Esposi* 
vone de* caratteri della vera religione, 
Gìoteppe Jean, Culto cattolico, Venezia 
i83o. TommBMoMoore,Fiaggi in cerca 
tuna- religione^ Venezia 1 835. Metodo 
ii^naione per ricondurre gli acatloli* 
dalia romana chiesa e confermare i cat- 
tolici nella loro credenza, Venezia 1 83o. 
GioaeflbPìnamonti, Ragionamenti intor- 
no ai dispareri calle discordie che sono 
tra j wdanti cattolici e i eoa detti incre* 
Ui, Milano 1882. Salvi, Dalla religio- 
ne eattolicasorgono i principii e progres- 
à della eiviUà, dimostrazione , Venezia 
1845. Audio della religione , Venezia 
1823. Pietro Schedoni, Della religione 
tmdùutj Modena 1 83o. Trionfi della re- 
ffjpone, Napoli 1880. Antonino Valsecchi, 
Défimdamenti della religione e de* fon* 
iawtend ddC empietà, Bologna 1887. La 



REL 85 

religione vincitrice, Padova 1776. Gio. 
Fortunato Zamboni, La religione in i» 
spiegazioni e dialoghi, Trento 1818. A- 
lessandro Lazzarini, De'pregi dello stu- 
dio della religione cristiana,Koma 1 824* 
A. Boutruche, Quadro comparativo edi» 
storico delle religioni antiche e modera 
ne, delle principali sette religiose e delle 
scuole filosofiche. Uguale dimostra fin* 
fluenza sociale del cristianesimo e lo sta- 
hilimento della società cristiana sulle rui» 
ne della pagana, Parigi 1 84 1 . G. F. Lho- 
mond. Storia della religione prima della 
venuta di Gesù Cristo ragionata e com- 
pendiata, nella quale si dimostra la sua 
divinità, con la serie delle promesse figa» 
re e profezie che annunziarono Vadorabi» 
le suo fondatore, non che gli avvenimen- 
ti e le rivoluzioni temporali che dispose- 
ro il mondo alla grand-opera del Mes- 
sia, traduzione spagnola di Berriozabal, 
Madrid i843. Si possono leggere i 5o 
motivi cavati dalla sana ragione e dalle 
basi di vera credenza che la fede roma- 
na cattolica sia da pi*ererirsi come la sola 
vera a tutte le religioni, compilati da An- 
tonio Ulrico duca di Brunswich e di Lu- 
neburgo, nell'abbandonare il protestan- 
tismo e ritornare al grembo della religio- 
ne cattolica,pubblicati dal p.Theiner,i$Vo- 
ria del ritorno alla chiesa cattolica delle 
case regnanti, p. 3o. Alcuni di tali motivi 
li riportai in diversi articoli, come a Pbo- 
TESTANTI, a Religiosa. Nel voi. 8,p.436 
degli Annali delle scienze religiose, si leg* 
gè il saggio di una classificazione nume- 
rica degli abitatori della ten'a, giusta la 
differenza delle religioni , in tutti ascen- 
denti a circa 872 milioni, e divisi: Catto- 
lici romani d'Europa 11 4)5oo,ooo; Asia 
3,100,000; Africa r, 100,000; America 
28,420,000; d'Australia i5,ooo. In tut- 
ti 142,1 4^)000: ma sono più e comune- 
mente si vogliono ascendere a 200 milioni. 
Protestanti e altri cristiani orientali, i qua- 
li non appartengono ne alla chiesa greca, 
ne alla romana, in tutti 62,785,000; 
de'quali in Europa 49>2oo,ooo, in Ame- 



^6 REL 

rica I i,620. Della fede greca, io tulli 
57, 1 1 1 ,000. AiTneni, copti eallh inoDO- 
fìsisti e selle orientali separate dalla chiesa 
greca e romana, in tulli 5,85o,ooo. In so- 
stanza i cristiani presi tutl'insietnesecondo 
la statistica sarebbero 267,89 1 ,ooo.Giu- 
dei 3,26o,ooo.Maomettaui 1 37,700,000. 
Bramini in Asia 1 1 7,000. Buddhisli e di- 
scepoli diConfucio, di Fo,ec.23o,200,ooo. 
Seguaci di Lama 42,35o,ooo. Pagani 
73,600,000. Di tutte queste religioni e 
sette, come de'principii che professano, 
trattai a'ioro articoli, o in qtielli in cui 
sono tali religioni oselle. Mg /Domeni- 
co Lo Jacono vescovo di Girgenli, nel 
1843 lesse ntW Accademia di religione 
cattolica [y,) Tinteressante dissertazione: 
Se e quanto il principio del progresso ab- 
bia luogo nella religione. Accennata la 
smania del nostro secolo di voler porta- 
re da per tulio il suo vantato progresso, 
traccia da prima l'idea caratteristica del- 
la religione santissima di Gesù Cristo, 
quindi con argomenti irrefragabili, de- 
dotti dalla divina origine della medesima 
e dalla pratica costante di tutti i tempi, 
dimostra qualmente ì suoi dorami, la sua 
morale, il suo culto sono stati e saranno 
sempre gli stessi, né possono nella sostan- 
za ed in un senso assoluto ammettere al- 
cuna sorta di progresso. Che se uno svi^r 
luppo piti chiaro de'dommi cattolici, uno 
studio più profondo della scienza sagra, 
una più esatta e generale osservanza dei 
precetti evangelici, una più regolare ma- 
gnificenza del culto esteriore, ed un zelo 
più acceso e più attivo di estenderlo per 
ogni dove vogliono indicarsi improvvi- 
samente col nome di progresso, il eh. au- 
tore non solo non trova che ridire in sif 
fililo linguaggio; ma dalla storia della 
Chiesa prendendo motivo di confermare 
viemmaggiormenté l'assunto, con dotte 
e profonde investigazioni ammira di se- 
colo in secolo la portentosa condotta del- 
la Provvidenza, Ja quale a misura che 
sorgevano i diversi errori, per serbare in- 
tatto il deposito della fede, seppe oppor* 



REL 

tunamente suscitare ora i ss. Padri, ora 
i concilii, ora i teologi, ora gli apologisti, 
afiinchè fossero messi in tutta la loroluce 
que' punti del domma, della morale e del 
culto,ch'erano presi segnatametitedi mi- 
ra dagli eresiarclii. Il che gli apre un vasto 
campo di scendere al particolare, e di fa- 
re in proposito acconce rilevanti osserva- 
zioni su qualcuno de'misteri,su1 primato 
del romano Pontefìce, sugli ordini reli- 
giosi e sulla grand-opera delle missioni; 
quindi conclude, che la religione cattoli- 
ca, immutabile e perfetta dì sua natiu-a, 
nelle sue tre parti essenziali, cioè nel dom- 
ma, nella murale e nel culto, può essere 
più o meno illustrata, ma non è suscet- 
tiva di quel progresso che intende il se- 
colo, e che stoltamente applicar le vor- 
rebbero i novatori de' nostri giorni. Nel 
n.°7 del Diario di Roma iS^^j si legge, 
che affme di proporre un eccitamento ai 
nobili ingegni, onde diano opera con a- 
lacrìlà alla difesa e airincremento della 
religione cattolica, il defunto illustre mi- 
lanese march. Federico Fagnani concepì 
il generoso e mirabile divisamento d'as- 
segnare alcune pensioni vitalizie e alcuni 
premi per quelli, i quali si segnalassero 
ne'di versi scientifici e letterari lavori, che 
verrebbero successivamente proposti e 
stampati, giusta la testamentaria dispo- 
sizione,della quale è legatario il cardinal 
6rignole« In esecuzione pertanto del pio 
legalo si pubblicò il programma pel i.° 
concorsocon pensione annua di scudi 1 20, 
a chi entro un triennio farà Io scritto pili 
utile alla religione cattolica apostolica 
romana. Se ne tracciarono gli argomenti, 
e di più si promise un premio di scudi 
3oo sul miglior libro che tratterà; La re- 
ligione di Gesù Cristo, sola origine del 
Tero incivilimento, sola base del privato 
e del pubblico bene, solo mezzo di con- 
ciliare la pubblica colla privata felicità. 
Sulla religione cattolica ,da alcuni disprez- 
zata e vilipesa, V attuale zelante vesco- 
vo diSaluzzo mg.** Giannotti di recente 
pubblicò una bella lettera pastorale, di 



EEL 

eoi un importante brano si legge nel n.** 
172 deW Osservatore romano deli 853. 
Finalmente noterò, che il vocabolo Reli' 
gione, ai applica ancora per indicare un 
ordine o una congregazione religiosa, la 
regola de'religiosi, il loro convento o mo- 
nastero, quindi /{e//^/o5o(/^.)rindividuo 
che vi appartiene. L'ordine equestre, re- 
golare e militare Gerosolimitano o di 
Ualia, comunemente si chiama Religio- 
ne di Alalia, Religione Gerosolimitana j 
oofì qualche altro simile ordine equestre 
e regolare. 

RELIGIOSA, Firgo Devota.Sancti- 
monìalisj Monialis. Zitella o vedova con- 
sigrata coi 3 F^oti (F.) di castità, po- 
vertà e ubbidienza, semplici o solenni, e 
vivente in Afona^/eroo Chios(ro,ne\ Con» 
servatorio, presso Ospedale ^F.) , scilo 
uiiaeerta Regola (^.). Allorché la brama 
di tervire più perfettamente a Dio in- 
dmie gli uomini a ritirarsi nella solitu- 
dine per attendere unicamente alla Pre- 
jUera (^.) ed al lavoro, furono ben pre- 
sto imitati dalle Donne [F,), che abbrac- 
ciarono lo stesso genere di vita ; altre si 
dedicarono al servigio delle chiese e delle 
diaconie, e si chiamarono Diaconesse e 
Pretbiteretse(F.). In progresso di tempo 
Girono istituiti gli ordini deWe Monache 
(r.), delle Canonichesse{F,), delle Ter- 
varie (^•)> delle Recollette (^.), e con 
tutte quelle denominazioni di cui tengo 
proposito ai loro articoli, segnatamente 
delle religiose tuttora esistenti o istituite 
Degli ultimi anni; quindi feci pure arti* 
eoli per le religiose Oblale {F.)j come 
delle Suore o SorelU{F.), o Figlie (F) 
della Carità {F.),eà Ospedaliere (F.\ 
le quali sono grandemente benemerite 
della pubblica educazione morale e reli* 
|msa delle fanciulle, non che delia pie- 
tosi assistensa delle inferme e degriufer- 
aip essendo segno delle universali bene- 
i dirioni. Fra'motivi che indussero Anto- 
ni no Ulrico duca di Brunswich e di Lu- 
admrgo, a ritornare alla Religione ( F,) 
arttolìcai vi sono i seguenti , facendo il 



REL 87 

confronto colla pretesa de' protestanti. 
f* Nella religione cattolica romana un 
gran numero dell'uno e dellaltro sesso, 
di nascita illustre, di ricche sostanze e for- 
tune, si sono generosamente consagrati 
al servizio di Dio, e passone le loro vile 
in una volontaria povertà, in un'angelica 
purità. Nelle altre religioni noi non tro- 
viamo veruno per nascita distinto e perca- 
rattere,che metta sestesso nel rango de*mi • 
nistri, e di questo è cosa assai rara il tro- 
varne uno che abbracci la vita continente. 
Pi*ova evidente che la necessità di guada- 
gnarsi il vitto è il solo motivo in essi di 
prendere questo stato; ove che nella chiesa 
cattolica romana l'amor di Dio, l' inte- 
resse della propria salute, e la viva e vera 
fede sono i motivi che spingono un sì 
gran numero di persone a consagrare in- 
teramenle se stesso al servigio dell'on- 
nipotente Iddio. La continenza, quel sin- 
goiar dono di Dio, non è dato ai mini- 
stri protestanti, ove pur è dato a sì gran 
numero di religiosi uomini e donne della 
religione cattolica romana, che per la gra • 
£ia di Dio menano tutta la vita loro non 
solamente in uno stato di continenza, ma 
senza macchia o lordura alcuna in quello 
di pura verginità ". F. Vergijte e Ve- 
dova. All'articolo Moitaca dichiarai cosa 
sono le religiose, e parlai delle loro di- 
verse denominazioni come furono qua- 
lificate^ come delle differenti specie delle 
religiose esistenti o che furono, inclusi- 
vamente a quelle che appartennero a or- 
dini regolari militari, a quelle impiegate 
ne Conservatorii^ F,) alla istruzione pub- 
blica, a quelle penitenti. Parlai ancora 
delle loro Superiora, Priora, Abhadessa 
(^.), già potenti come signore didominii 
temporali; di che pure a Regalia e ar- 
ticoli analoghi, mentre a Regina dissi che 
quella di Boemia la corona l'abbadessa 
di Praga ; degli abusi di alcune badesse 
nell'esercizio della loro autorità sulle re- 
ligiose; perchè chiamate Suore o lìJadri, 
co'di versi titoli che loro spettano, de'quali 
anche a Madre e Suora (F)j delle loro 



88 REL 

religiose Cb/it^er^e, a vendoMorcelli chia* 
malo la monaca coxvievsa y A nciUa sancii' 
monialisjóei pregi del Celibato ^F,) che 
osservano; dell'ongine delle religiose non 
meno d'oriente, che d'occidente, e delle 
loro differenti qualità e diffusione, men- 
tre ai loro articoli e ne'luoghi ove sono 
ne riparlo meglio; della Clausura {F,)^ 
e in quali circostanze poterono uscirne le 
religiose; di quanto riguarda il servizio 
delle chiese, e quale fu loro permesso; 
delle loro Doti e Livelli {F'.)j di quanto 
spetta alla disciplina regolare delle reli- 
giose; de'monasteri doppi, ossia con pro- 
pinqui monasteri o conventi di religiósi 
del medesimo istituto; del divieto di far 
doni; sulle regolate o superflue spese del- 
ie vestizioni accompagnate da vana osten- 
tazione de'poco saggi parenti, che fanno 
eccedenti inviti quasi fossero rappresen- 
Iranze profane, con un complesso di cose 
abusive e del tutto contrarie allo spirito 
della professione religiosa, certamente op- 
poste alla edificazione che si dovrebbe cu- 
rare. Di^si pure di alcune vestizioni ese- 
guite da'Papi, come della Professione re* 
ligiosa {F,)i sui confessori delle religiose, 
sui loro parlatoriiy la cui frequenza è proi- 
bita tanto alle religiose che a gli ecclesiasti- 
ci e laici,ec. Moltissime nozioni suìReligio» 
so (F,) sono comuni e riguardano altresì 
le religiose. Delle principali leggi della 
Chiesa sulle religiose, decretate da' Papi e 
da'concilii, ne tratto in molti articoli; qui 
riporterò i canoni principali formati nei 
concilii sulle religiose. 11 concilio detto 
Trullo del 692, col cau. 4^ proibì d'a- 
dornare d'abiti preziosi e di gemme le 
figlie che vorranno prendere l'abito di 
religiose, per non far credere, che lasci- 
no il mondo con rincrescimento: in vece 
l'odierna disciplina permette, che tanto 
le monache o religiose velate o coriste, 
che le converse si vestino con pompa e 
come si dice da spose, nel giorno della 
vestizione, ed in alcuni monasteri anche 
qualche giorno innanzi, perdiè costuma- 
no di portarsi a visitare altre monache 



REL 

e religiose accompagnate in carrozza da 
una signora; il quale adornamento si pra* 
tica per significare che quella è V ultima 
comparsa che fanno al mondo. Uconcilio 
del Friuli del 791, col can. 1 a prescris- 
se. La clausura delle religiose sarà esat- 
tamente osservata. Nessuno entrerà nel 
loro monastero senza la permissione del 
vescovo, il quale non ci andrà nemmeno 
^sso, che accompagnato dai chierici. Né 
le abbadesse, né le religiose usciranno 
sotto pretesto d'andare a Roma, o altro- 
Te in Pellegrinaggio (F,), Il concilio di 
Londra del 1 1 38, can. 16, proibì alle re- 
ligiose di portar pelliccie di prezzo, come 
di martori,ovvero d'armellini, d'aver sca- 
tole d'oro, o d'arricciarsi i capelli, il tutto 
sotto pena d'anatema. Uconcilio di York 
del 1 195, can. 1 1, statuì che le religiose 
non usciranno dal recinto del monastero, 
che con l'abbadessa o la priora. 11 con- 
ciliodi Parigi dell 2 12, col can. 9 ingiun- 
se ai vescovi di darealle religiose de'con- 
fessori scelti. In un canone del concilio 
di Tours del 1 289 si legge. La corruttela 
della simonia si è talmente sparsa tra la 
maggior parte delle religiose, che appe- 
na ne ricevono alcuna nel numero delle 
suore, senza trattar di denaro, e si stu- 
diano di coprire questo disordine col pre- 
testo della povertà. Noi proibiamo, che 
ciò non succeda più in avvenire, e di più 
ordiniamo, che se qualche religiosa cade 
in avvenire in questo disordine, tanto 
quella che avrà ricevuto, quanto quella 
che sarà stata così ricevuta, sia superio- 
ra o infermiera, venga cacciata dal mo- 
nastero senza speranza dì ristabilimento, 
e che sia chiusa in un luogo dove la regola 
sia con più rigore osservata, per farvi per- 
petua penitenza. £ quanto a quelle che 
sono state così ricevute avanti il decreto 
di questo concilio, noi abbiamo giudi- 
catoche fosse d'uopo provvederci in que- 
sta maniera, che sieno collocate in altre 
case dello stesso ordine, quelle che ci en- 
trarono malamente. Che se fosse impossi- 
bile collocarle comodamente in altre ca^ 



REL 

se a motifo del troppo numero di esse, 
affioefaé ooa si perdano nel secolo, me* 
nandod una vita errante e Yagal)onda, 
Meno accettate come di nuovo perdispen* 
M nello stesso monastero, cambiando i 
primi posti che ci occupavano, e dando 
loro gli ultimi. Noi ordiniamo altresì, che 
la stasa cosa sarà osservata riguardo ai 
monaci edagli altri religiosi. Ed affinchè 
non si possa scusare, o a titolo di sempli- 
cità o d'ignoranza, noi ordiniamo, che i 
vescovi diocesani facciano pubblicare o* 
gni anno questo ordinamento nelle loro 
diocesi. Dal can. Quoniam de simonia ^òA 
concilio Lateranense del 121 5, ne segue, 
essere simonia il ricevere qualche cosa da 
quelli ch'entrano religiosi in un mona- 
stero, quando il monastero ha il modo 
di mantenere chi ci entra. Poco dopo il 
concilio di Cognac del 1228 statuì, che 
non si esigerà nulla per l'ingresso in re* 
ligionei oè si farà nessun paltò in tal pro- 
posito. Questa disciplina in generale non 
si pub pili osservare, a motivo del depau- 
peramento cui soggiacquero le case reli- 
giose per le vicende de' tempi: in que'mo- 
uasleri In cui é indispensabile portare u- 
na dotazione, talvolta si dispensa in con- 
siderauone dell'abilità che abbia chi n'è 
priva, nel suono dell'organo, nel canto ec- 
clesiastico, o in qualunquealtra virtù che 
possa riuscire utile al monastero,e talvol- 
ta ancora per la sua impotenza a contri- 
buire quanto si richiede per speciali ragio- 
ni.Noodimenonon mancano monumenti, 
da'qnali si apprende che anco anticamen- 
te ci voleva la dote per fare una monaca. 
Il concilio di Sens del i5i8 comandò 
che non si riceveranno religiose nel mo- 
nastero, che a proporzione delle rendite, 
enon si esigerà nulla per l'ingresso, o per 
l'aocettasione sotto qualsivoglia pretesto. 
Contuttociò se il numero essendo pieno, 
qualche figlia soprannumeraria doman- 
dasse di fiursi religiosa, allora si potrebbe 
ricévere una pensione, che non sarebbe 
estinta per la sua morte, in caso che si vo- 
lesse ricevere qualche altra figlia povera 



REL 89 

in sua vece. II concilio di Trento, sess. 25, 
cap. 5, de Refortn, RcguL et Monialibus, 
oltre il decreto sulla Clausura, che ri- 
portai a quell'articolo, ordinò col cap. 7. 
Non sarà eletta abbadessa, priora, supe- 
riora, o con qualunque altro nome si ap- 
pelli, chi non ha 4o anni, e chi non ne 
ha passati 8 dopo la sua professione, in 
una condotta lodevole e senza rimprove« 
ro. Che se non se ne trovano con que- 
ste qualità nello stesso monastero, se ne 
potrà prendere d'un'altracasa dello stes- 
so ordine, e se in questo si trova qualche 
inconveniente, si potrà col consenso del 
vescovo, o d'altro superiore, eleggere 
un'altra tra quelle della stessa casa, che 
avranno piò di 3o anni, e che dopo la lo- 
ro professione avranno almeno passati 5 
anni nella casa, con una condotta saggia 
e regolare. Nessuna religiosa potrà essere 
preposta al governo di due monasteri, e 
se alcuna se ne trova averne due o più 
sotto la sua condotta, ella sarà obbliga- 
ta, non rilenendone nemmeno uno, di ras- 
segnare tutti gli altri, altrimenti tutti sa- 
ranno vacanti di pien diritto. I vescovi 
e altri superiori delle case religiose avran- 
no particolar cura, che nelle costituzioni 
delledette religiose, sienoavvertitedi con- 
fessarsi e di ricevere la ss. Eucaristia o- 
gnt mese, affinchè, munite di questa sal- 
vaguardia salutare, possano superare co- 
raggiosamente tutti gli attacchi del de- 
monio. Il concilio di Colonia del 1 536, 
della disciplina monastica art. 8. Quan- 
to ai Confessori [F',) delle religiose , si 
avrà cura di far la scelta per qtiesto mi- 
nistero di persone regolate, savie, abili, 
che si guarderanno di non interrogarle 
sopra certi peccati, de'quali non si accu- 
sano, per non insegnar loro ciò che non 
sanno: non le ascolteranno in confessio- 
ne in luogo particolare, ma in presenaa 
delle altre religiose, affine di evitare non 
solamente il male, ma il sospetto che se 
ne polirebbe avere. Oltre il confessore or- 
dinario, il vescovo o gli altri superiori ne 
presenteranno due o tre volte all'anno 



go BEL 

un altro straordinario, per udir le con- 
fessioni di tulle le religiose. Can. io. 
]1 s. concilio pronuncia analema contro 
tutti e ciascuno di qualsivoglia qualità e 
condizione, tanto ecclesiastici che laici, 
secolari o regolari, che in qualunque ma- 
niera costrìngessero una figlia o una ve- 
dova, o qualche donna d'entrare in un 
monastero, o prender l'abito di qualsisia 
religione, o dì far professione, o che desse 
consìglio o assistenza per questo. Lo stes- 
so anatema contro quelli, che senza giù « 
sto motivo mettessero impedimento, di 
qualunque maniera, al santo desiderio 
delle figlie o d' altre donne, di prender 
il velo o di far volo. Can. 1 8. Le regole 
generali stabilite pel noviziato e la pro- 
fessione religiosa, sono applicabili tanto 
ai religiosi che alle religiose; ma per cer- 
te considerazioni vennero stabilite alcune 
regole particolari concernenti la profes- 
sione religiosa delle donne. Altre volte 
quando esse non erano tutte raccolte in 
Comunità ecclesiastica (F'.) o religiosa 
e rinchiuse ne'chiostri, il vescovo avea e- 
sclusivamente il diritto dì consagrarle e 
di dare loro il velo, il che non difTeriva 
punto dalla professione che si fa presen- 
temente collesolennità prescritte dalPo/i* 
tificale Romano: De benedictione alba* 
tissae: De benedictione et consecralione 
virgiiìum^ in fine della quale vi è VAna» 
ihenia contra molestantes bona mania* 
lium^ veleas ad maluni inducentes. Per 
la benedizione e imposizione delle mani 
del vescovo sulle badesse, nella formola 
sì parla del regimen anìmarum^ e che es- 
sa è abaiissam oviuni luarum , cioè di 
Cristo; e gli dà il libero e pieno regime 
temporale e spirituale sulle sue monache 
e monastero: tanto la carica di abbate 
chediabbadessa, la chiama dignità e Pre* 
lato (/^.). Per velare e consagrare le ver- 
gini, colle particolari benedizioni, vi è la 
consegna del breviario, e anticamente an- 
che dell'anello come spose di Gesù Cristo 

(^.ANELLOI)ELL'ABBADESSE,e il Vol. XXV, 

p. 47)9 essendo tali benedizioni de'primi 



REL 

tempi della Chiesa : altre ceremonie, co- 
me del taglio à^* Capelli (r.)^ le riportai 
nel voi. XLVI,p. 48) parlando delle ve- 
stizioni, ove pur dissi che le religiose con- 
sagrate a Dìo sono chiamate £>cfo devote^ 
C dell'antìfona prò devoto foemineo sexu^ 
pel quale devesi intendere le religiose, poi • 
che il devolute sinonimo di consecratus^ 
come vuole Nardi, De* parrochì t. i,p. 
32 1 . Le abbadesse furono anco chiamate 
Pastore, ed alcune hanno il Pastorale e 
giurisdizione. Nel citato volume parlai di 
alcune vestizioni fatte da Pio VI I; di quel- 
le eseguile da diversi altri Papi trattai di- 
cendole notizied'alcuni monasteri di Ro- 
ma, come delle vestizioni e velazioni fatte 
nellecarmelitane, da Innocenzo XIH, Be- 
nedetto XIII e Benedetto XIV, lo notai 
nel V0I.X, p. 46 e 5 1. Di quella fatta ese- 
guire da Clemente XIV dal nunzio di 
Francia, parlai nel voi. XLVIII, p. i54. 
Ordinariamente in Roma fanno le vesti- 
zioni i cardinali, anche diaconi con pon- 
tificia dispensa, lo che rimarcai nel voi. 
XIX, p. 286. Nel n.°232 del Diario di 
Roma del 1 777, si legge che Pio VI au- 
torizzò il cardinal Corsini deiroidine dei 
diaconi, benché sacerdote, a vestire una 
monaca. 11 concilio di Parigi deir829 ri- 
servò espressamente al vescovo il diritto 
di dare il velo alle F'edove e alle Vergini 
che si consagravano a Dio, e condannò 
3 abusi che sì erano introdotti a quel lem • 
pò: 1.^ l'arbitrio preso da alcuni preti, 
I quali senza aver consultato il vescovo 
davano il velo alle vedove e consagra- 
Yano a Dio le vergini; 2.^ quello di al- 
cune donne che s'imponevano da se stes- 
se il velo ; 3.^ quello di -alcune abba- 
desse e religiose, le quali si attribuiva- 
no siflfatta autorità verso alcune vedo- 
ve o Tergini, le quali volevano ritirarsi 
dal mondo. Il concilio di Trento confer- 
mò espressamente questo diritto de've- 
scovi, prescrivendo l'esame delle donne 
che Togliono entrare in religione. Ecco 
come parla in proposito, sess. 1 5, cap. 1 7 
deReguL^ e. Puellae. Il sagro concilio di 



REL 

Trento, iroleodo provvedere nlla lil>erlìi 
delle vergini che dovranno essere Gona- 
gra te a Dìo, stabilisce ed ordina che una 
fiinciuUa, la quale vorrìi vestire Tnbito, 
iion avendo oltrepassato i 1 1 anni non po- 
trà làrio, e che né essa in seguito, né qual* 
•iasi altra non farà professione, se non 
quando il vescovo, o lui assente o impe- 
dito, il tuo vicario generale, o alcun al- 
tro incaricato da essi e a loro spese, non 
abbia dapprima accuratamente esamina • 
ta la Tolontà delta fanciulla, ed indagalo 
se essa non fosse stata coslretta o sedot* 
lap e se conosce bene ciò che fa; e dopo 
che si torà riconosciuto il suo pio desi* 
derìo, ed essere libera la di lei volonlù^ 
corae pure aver essa le qualità e le con- 
dixioni prescrìtte conformemente all'or- 
dine ed alla regola del monastero, e fi- 
nalmente che la casa sia a lei adattata e 
che le convenga, le sarà permesso di fare 
liberamente la sua professione, ed afliu- 
Aè lì vescovo non ne possa ignorare il 
tempOyMrà obbligata la superiora del mo- 
nastero di avvertimelo un mese prima ; 
e se essa om mette dì farlo sarà sospesa 
dalle funzioni della sua carica per tutto 
quel tiuonpo che piacerà al vescovo. Tulli 
i condili provinciali si conformarono a 
questo regolamento; equello di Cnmbray 
del i586 dichiarò che bisogna applicarlo 
anche ai conventi o monasteri privilegia- 
ti. I religiosi e le religiose non possono 
ammettere ì minorenni senza il consenso 
de'Ioro genitori. Vi sono in proposito di- 
versi decreti, i quali non hanno altro sco-* 
pò, se non che quello d'impedire la se- 
dnsionedal latodeVeligiosi, edi non ren- 
dere nello stesso tempo i padri e le ma- 
dri arbitri dello stato de'Ioro figli ; vale 
■ dire che te dopo le prove e gli esami 
convenienti il postulante persiste nella 
sua vocaxione, non si deve per riguardo 
alle lagnaoce de'genitori, tralasciare di 
ammetterlo a vestire l'abito, ed a far la 
professione religiosa. ^. Padre, Madke, 
Figlio, Novizia, Religioso. 
RELIGIOSO, Religiosus , DevQtus, 



REL 91 

Nome del Monaco (/^.)j del Canonico 
regolare (F,\ del Frale (r.), deW Ere- 
mila (^'^), del Cfuerico regolare e del 
Chierico secolare {F.), deWOblalo {F.\ 
del Cavaliere d'Ordine militare regolare 
{f^.),de\V Ospedaliere {F.\ o di altro si- 
mile individuo che sì consagra a Dìo coi 
3 voti solenni o semplici di castità, po- 
vertà e ubbidienza, e di altri secondo i lo- 
ro regolari istituti, e vivente in comuni- 
tà osservante una Regola [F'.) dalla s. 
Sede approvata, con proprio abito, ed a- 
bì tante nel Monastero o Cenobio o Gran" 
già o Certosa o Trappa (F .\ nella Ca- 
nonica (^.), nel Convento (^.), nelVE- 
remo (^.), nella Casa o Collegio o Riti' 
ro, neW Ospedale (F,), o nelle Congre* 
gazioni di comunità religiose (/\) o Co- 
munita ecclesiastiche (/^.), menti*e VA- 
nacorela^ V Asceta, il Solitario (F,) e si- 
mili abitarono la Cella, V Ascelerio, la 
Làura (F,), Il nome religioso è anche 
generico e pub comprendere pure il sa- 
cerdote, come rilevò Garampi nelle Me- 
morie, dicendosi eziandio del laico pio, 
di voto, esemplare. A Religione notai che 
con questo vocabolo si suol chiamare l'or- 
dine e la congregazione regolare, quindi 
religioso l'individuo che gli appartiene. A. 
Ordiue religioso dichiarai quanto prin- 
cipalmente riguarda le congregazioni re- 
ligiose esistenti e le soppresse, e indican- 
do gli articoli ove tratto di ciascuna, dei 
privilegi e esenzioni loro accordali, dei 
cardinali Protettori {V,)y de' Generali, 
Provincialiealivi Superiori {^F,) che han- 
no orticoli, de* Procuratori generali (F.)^ 
de* Mendicantii^ F,), delle i n fì ni te e som me 
benemerenze degli odini religiosi, massi- 
me nella Propagazione della fede (F,)^ 
dell'origine de' religiosi orientali e occi- 
dentali, secondo l'epoche, di cui ancora a 
Monaco, a Canonico regolare, a DisciPLi-' 
HA regolare; delle vicende patite dai me- 
desimi ordini, massime negli ultimi tempi; 
dellecardinalizie Congregazione della di- 
sciplina regolare, e Congregazione de* ve- 
scovi e regolari {F,)^ da cui princìpaU 



91 REL 

niente per la s.Sede dipendono i religio- 
si ; che la moltitudine e varietà delle i« 
stituzionì ebbe per iscopo di contentare 
tutte le inclinazioni per chi ha Tocazio- 
ne religiosa, e per accorrere ai bisogni 
dellaChiesa secondo i tempi e i luoghi^ri- 
marcando che la congregazione di Foni* 
Evrault%\ sottopose ad una superiora ge- 
nerale in ossequio alla 6. Vergine cui Ge- 
sù Cristo lasciò s. Giovanni per figlio. 
Dagli ordini religiosi derivarono quelli 
delle 7?e//g^/05e, parlando delle qua li e del- 
le regole generali stabilite per loro, mol- 
te cose essendo applicabili ai religiosi, sì 
può vedere quell'articolo. Ad Ordine mi- 
LirABE trattai delle differenti specie, re- 
ligiosi, ospedalieri, equestri, cavaliere- 
schi, molti de' quali hanno cavalieresse; 
delle loro grandi benemerenze, singolar- 
mente per la conquista della Palestina 
(/^.) fatta colle Crociate {f^,),coì vantag- 
gi da queste derivati; di tutti avendone 
pubblicato articoli, anche di quelli che 
pili non esistono, ed alcuni ebbero reli- 
giose, come il sovrano ordine Gerosoli^ 
m/Va/io, avvertendo che la critica non am- 
mette ordini militarlo equestri avanti il 
secolo XI, molti de'quali, cioè i regolari, 
osservano regole degli ordini religiosi. In- 
oltre a Monaco trattai dell'origine del vi- 
vere monastico in oriente e occidente, e 
de'nomi cui sono chiamati quelli che lo 
professano, tanto benemerentissimi della 
società, fra'qualt primeggiano i basilia* 
niy i benedettini e fra qOesti i cassinesi^ 
ì camaldolesìy i cìsterciensiy i certosinij 
de'sovranied eminenti personaggi che ne 
assunsero la cocolla, dell' indicibile nu- 
mero de'santi. Papi, cardinali, vescovi e 
dottissimi che vi fiorirono. Delle diverse 
discipline della Chiesa sul monachismo e 
suoi cambiamenti, riguardanti segnata- 
mente l'autorità episcopale; l'età pre- 
scritta per ammettersi al vivere claustra- 
le, e delle diverse specie di quelli che si ri- 
cevevano ne' monasteri, compresi i fan- 
ciulli offerti a Dio; il divieto di fare i mo- 
naci dà padrini, e di far testamento; sul- 



REL 

r amministrazione de'sagramentt e delle 
parrocchie, e differenti questioni perciò 
insorte; quanto riguarda gli Abbati (^.), 
loro possanza e insegne vescovili ; degli 
antichi monasteri e abbazie di Roma con 
monaci orientali e latini ; che gli elevati 
alla dignità vescovile portino l'abito del- 
l'ordine ; delle diverse specie di monaci, 
Letterati y Conversi, Donati, Laici ijr,)^ e 
di quelli che nel declinar della vita assu- 
mevano la cocolla, detti monaca' ^^^{/c- 
currendum, e con essa venivano sepolti; 
delle possessioni monastiche, relativi re- 
golamenti e vicende ; del divieto di eser- 
citare il traffico e gli uffìzi di medico e chi' 
ritrgoj delle divei*sità degli abiti, anche 
di quelli divenuti vescovi e cardinali; e 
degli attuali procuratori generali esisten- 
ti in Roma. A Monastero parlai delle di- 
verse abitazioni religiose, de' principali 
monasteri, di quelli soggetti a' vescovi e 
loro visite, e di quelli esenti dalla loro 
giurisdizione; delle 20 abbazie privile- 
giate di Roraa;de'personaggi illustri che 
ne uscirono, di quelli abitati da'Papi, e 
de'conclavi in essi tenuti; de' monasteri 
doppi cioè con monasteri adiacenti di mo- 
nache, come de'canoni sulla clausura; del- 
le figliuolanze religiose con partecipazione 
alle orazioni e buone opere; delle altre e- 
senzioni e prerogative cospicue de'mona- 
steri, e amministrazione de'sagramenli ; 
sui fanciulli che si offrivano a'monasteri, e 
relativi regolamenti; de'capitoli,come di 
quanto nguarda la parte beneficiaria, di 
cui pure parlai a Regolare (^.); la proibi- 
zione agli abbati del governo di più mona- 
steri; del novero de'benefizi concistoriali o 
abbazie nullius dioecesis : dissi a Rendite 
ECCLESIASTICHE dell'origine di quelle pure 
de'monaci e monache con diverse nozio- 
ni che li riguardano; a Regalia poi trat- 
tai dell'origine, progresso, potenza e de- 
jcadenza della sovranità e feudi goduti 
dai monasteri, ed esercitata dagli abbati 
e dalle abbadesse : delle principali abba- 
zie ragionai ne'rispettivi articoli de'mo- 
naci o canonici regolari, od io quelli dei 



EEL 

luoglii ore fiirono fondate, delle più ri* 
nomale avendone fatto articoli. Siccome 
le costi linioni di 8. Benedetto permette- 
vano di lasciare la comunità per vivere 
iolitario o anacoreta, colla permissione 
deirabbate, questi solitari e anacoreti e- 
rano visitati dal popolo, il quale si racco- 
mandani alle loro orazioni, facendo ad es« 
n gran limosine, perchè li reputava pih 
santi degli allris ed eglino ricevevano ogni 
sorte di dónationi , compresi i beni sta* 
bìli| quindi prima di morire ne dispone- 
vano in fiivore del proprio monastero da 
cui erano usciti. A Cavoh ici regolari tenni 
proposito dell'antichissima loro origine, 
riunendo col vivere in comune lo stato 
clericale e regolare; delle loro numerose 
e celebri congregazioni che aumentaro* 
no i fiisti della Chiesa ; delle successive 
rifiirni^ onde dalle loro chiese sursero 
cattcdm|f| dalle loro canoniche episcopii, 
e eoi loro beni le mense vescovili; del lo- 
ro abito e rocchetto ; della controvei*8Ìa 
coi benedettini sui quali e altri monad 
fu accordata la precedenza da s. Pio V, 
tranne il posto devoluto agli abbati nei 
condili, secondo V anzianità del grado ; 
d^l'in numerabili uomini grandi chedie- 
rono alla Chiesa in santità, dottrina e di- 
gnità ecclesiastiche, avendo enumerato i 
km Papi e cardinali. A Fbate notai che 
con questo nome ordinariamente sono 
ckiamnti i rdigiosi degli ordini mendi- 
canti e quali, notando che sebbene vi sie- 
tto compresi, onde goderne i privilegi , 
gl'individui delle congregazioni de'chie- 
rid r^olari^essi usano il titolo di Padre 
(F.); dissi ancora quali ordini equestri u- 
sarono e usano il nome di frate ofn, e 
die quelli che l'usano, con esso si sotto- 
scrìvono se vescovi o cardinali, ciò facen- 
do quelli stati monaci col Don ( F,). I frati 
inoomindarono ne' primordi del secolo 
Xlil cogli splendidissimi e giganteschi or- 
dini de* Francescani e de' Predicatori 
(F.), vere glorie della Chiesa di Dio, che 
s quegli articoli celebrai, mentre a Ca- 
moidO db'bbugiosi^ rilevai quelli presie- 



REL 9^ 

duti da'Papi. Frati sono pure i cospicui 
ordini degli Agostiniani e CanneWani 
(/^.), di antichissima origine, come di se- 
gnalate benemerenze. Tuttavia il voca- 
bolo frate negli antichi tempi fu comu- 
ne a'monaci ed a'canonici. Ad Eremita 
trattai de'religìosi che militano nella Chie- 
sa sotto questa denominazione, ritirati 
nelle solitudini per meglio dedicarsi alla 
contemplazione dell' onnipotente Iddio, 
con vivere lontani dal convei'sare del 
mondo,e cibandosi frugalmente. La loro 
origine s> fa risalire sino al profeta Elia 
e al precursore s. Giovanni ; certo è che 
gli storici sono concordi in riconoscere 
patriarca del vivere eremitico s. Paolo 
ìJ* eremita (F,). Feci poi la distinzione 
degli eremili veri religiosi, da quelli che 
solo ne portano l'abito e custodiscono le 
chiese suburbane e ne'luoghi solitari del- 
le città, peraltro vivendo religiosamente. 
Tra gli eremiti risplendono i Camaldo- 
lesi eremiti (F.) ; di questi e degli altri 
tratto a'ioro articoli, in Roma essendovi 
i Girolamini e gli Agostiniani o eremiti 
di s. Agostino {V.) 1 Chierici regolari 
sono ecclesiastici uniti in congi'egazione 
con voti, viventi in comunità e osservan- 
ti la regola de'Ioro santi fondatori, primo 
de'quali fu S.Gaetano isti tutore de' 7<;£i- 
tini{y.)\ ma piti di tutti si diffusero, pro- 
pagarono e fioriscono i benemeriti della 
Chiesa e della società i Gesuiti (/^.); van- 
no con lode pur qui ricordati i Barna- 
biti^ Somaschiy Chierici regolari minori^ 
Ministri degt infirmi y Scolopi {F.)y ec 
Le congregazioni de' Chierici secolari sO" 
no composte d'individui viventi in comu- 
nità. Per Oblato s'intende quel religioso, 
che senza professare i voti, osserva la re- 
gola monastica o regolare, nel convento 
o monastero , essendo in libertà di de- 
porne l'abito : vi sono poi congregazioni 
di preti secolari, detti oblati, 1 cavalieri 
degli ordini militari regolari resero alla 
Chiesa e all'umanità immensi servigi,oo* 
me notai, e al modo che li celebrai a'io- 
lo articoli. Tra gli Ospedalieri portano 



L 



9i REL 

il vanto i Benf rateili (f .), tanto propa- 
gali e tanto benefici colla languente urna* 
nilà, che in tante regioni hanno in cura 
ospedali cospicui, incominciando da Ro- 
ma. Tra le congregazioni in comunità di 
preti secolari vanno principalmente men- 
tovati i Filippini o deli' Oratorio (f^*), 
ì Dottritiari (P^,)j ì Signori della Mis' 
sione {P^.y Altre congregazioni religio» 
se di voti semplici^ che istituite nel se- 
colo passato hanno fatto segnalati pro- 
gressi^ sono i Passionistiy i Redentori- 
sti [y,) sacerdoti e laici, i fratelli delle 
Scuole cristiane [F.). In ogni parziale ar- 
ticolo riguardante ordini e congregazio* 
lìi religiuse descrivo tultociò che gli ap- 
partiene, rilevando i pregi maggiori di 
ciascuna, nel modo accennato su quan- 
to toccai dei monaci e canonici regola- 
ri, come deModevoli,santi e mirabili scopi 
dt tutti. I chierici regolari e gli altri delle 
congregazioni di sacerdoti viventi in co- 
munità, dalTusare come il clero secolare 
la Berretta (^.) ecclesiastica, volgarmen- 
te sono chiamati berrettantL Non è im- 
ped i m en to a 1 Pon tifica to^F,) Va ver pro- 
fèssato la regola di qualche ordine o con- 
gregazione religiosa. Novaes , Disserta' 
zioni 1. 1, p. 83, enumerò più di 70 Papi 
stati alunni degli ordini regolari, cioè ed 
oltre alcuni primi Pontefici che si cre- 
dono appartenuti a' monasteri orientali, 
come i ss, Telesforo^ Igino e Dionisio, i 
benedettini iìt\i.^ovÓL\fìe 23, quelli cister» 
densi ^, quelli cluniacensi 4, quelli ce- 
lestini uno, quelli certosini 1 ^ ({uéXx cas* 
sinesi uno, ed aggiungerò i camaldolesi 
Gregorio XVI ; i carmelitani 3, gli ago» 
sliniani 3, i canonici regolari lateranen* 
si in gran numero , alcuni de' quali gli 
sono contrastati da'benedettini che pres- 
so di essi si ricovrarono fuggendo i go- 
ti ed altri barbari che invasero Mon- 
te Cassino (/"'.); laonde coabitando per 
molto tempo insieme, gli scrittori confu- 
sero gli uni cogli altri. I domenicani o 
predicatori 4, i francescani 5. A*loro ar- 
ticoli meglio riportai le nozioni su que- 



REL 

ste glorie ecclesiastiche. A Porpora no- 
tai ancora que' religiosi che senza esser- 
ne insigniti furono elevati al pontificato, 
e qire'religiosi ch'ebbero voti per esservi 
innalzati. A Chiesa di s. Pietro m Vati- 
cano parlai delle statue in essa collocate, 
de'fondatori degli ordini e congregazio- 
ni religiose, in alcune delle quali ne ri- 
parlai. Ora passerò a registrare i princi- 
pali canoni de'concilii su'religiosi, a'qua- 
li possono riguardare alcuni di quelli ri- 
pòrtati a Monaco e Monastero, come pu- 
re quelli fatti per gli ecclesiastici del Clc' 
ro (Z^.) secolare e applicabili al clero re- 
golare; quindi riporterò diverse generi- 
che erudizioni che nel generale li rigtiar • 
dano, anche per indicare alcuni primari 
articoli ove ne ragionai. 

Il f.°concilio generale celebrato nel 3^5 
a Nicea decretò pene gravissime contro 
quelli che avessero receduto dalla pro- 
fessione monastica. Il concilio di Laodi- 
cea del 363 proibì a' chierici maggiori, 
a'minori ed a'monaci di entrare nelle o- 
slerie. Locché prova, quanto è antica l'e- 
sistenza de' religiosi. Nel 385 Papa s. Si- 
ricio colla decretale 6.* ordinò. Che i mo- 
naci e le religiose che con disprezzo del- 
la loro professione avran contralto dei 
matrimoni sacrileghi e condannati dalle 
leggi civili ed ecclesiastiche, devono esse- 
re cacciati dalla comunità, da'monasleri 
e dalle assemblee della Chiesa, rinchiusi 
in carceri per piangervi i loro peccati, e 
non ricever la comunione che in punto 
di morte, il concilio di Reims deli i48, 
decretò : I matrimoni degli ecclesiastici 
costituiti negli ordini sagri, e quelli dei 
religiosi e delle religiose sono dichiarati 
nulli. ^".Celibato. Il concilio di Colonia 
dell 549» deci*. 16, dichiarò: Non è per- 
messo a' religiosi di essere Padrini (^.) 
e d'assistere alle Nozze (F,). Il sagro con- 
cilio dì Trento emanò i seguenti decreti. 
Che tutti i regolari dell'uno e dell'altro 
sesso menino una vita conforme alla re- 
gola, di cui hanno fatta professione; e os- 
servino soprattutto le cose che risguarda- 



BEL 

noia proièinoDedel loro stato; come sono 
i F'oii {F^) d'ubbidienza, di povertà e di 
castità. Sess. a 3, De reformat, reguL Non 
sarà permesso a nessun regolare, dell'a- 
no e dell'altro sesso, di tenere o' possede- 
re in proprietà, nemmeno a nome del 
convento, nessun bene mobile o immobi- 
le di qualunque genere; ma sifialti beni 
saraquo rimessi in mano del superiore e 
incorporati al convento. Quanto a' mo- 
bili, i superiori ne permetteranno l' uso 
a'prìvali, in guisa però, che il tutto cor- 
risponda allo stato di povertà che hanno 
volalo, e che non vi sia niente di super- 
fluo, ma che non sia loro negato niente 
del necessarìo. Ibid, e. 2. Ogni regolare, 
non soggetto al vescovo, facendo soggior- 
no nella Clausura (^.)del suo monaste- 
ro, e che fuor di essa sarà caduto in di- 
fetto con tal notorietà che il popolo ne sia 
icandalezsato, sarà severamente punito 
dal suo superiore a istanza del vescovo, 
e nel tempo che gli prescrivei-à ; e sarà 
tenuto il detto superiore a render conto 
al vescovo del castigo che gli avrà dato, 
altrimenti sarà egli slesso privato dell'uf- 
fiuo dal IUO superiore, e il reo potrà es- 
sere punito dal vescovo. Ibid, e. i4« In 
qualsivoglia religione, tanto d' uomini, 
quanto di donne, non si fura professio- 
ne prima di 16 anni compili di Efà (^.), 
e non sì ammetterà nessuno alla detta 
profiessione, se non avrà passato almeno 
08 anno intiero nel noviziato, dopo aver 
preso l'abito. Ogni professione fatta pri- 
ma sarà nulla e non porterà nessun im- 
pegno per osservanza di qualsivoglia re- 
gola, ovvero ordine, né per qualunque 
altra cosa potesse derivare. Jbid. e. i5. 
Avanti la professione d'un novizio d'u- 
na novisiaj non potranno i loro genitori 
curatori dare al monastero, sotto qua- 
lunque pretesto, nemmeno del loro patri- 
Bonìo, se non quel tanto che sarà richie- 
ito pegli alimenti, e pel vestiario duran- 
te il loro noviziato, affinchè non fosse 
questa un'occasione di non poter uscire, 
qualora il monastero tenesse in poter suo 



BEL 95 

o tutto il loro paliimonìo o la maggior 
parte, e s'eglino uscissero non potessero 
facilmente ricuperarlo. Il tutto sotto pe- 
na di anatema contro quelli che dessero 
o ricevessero qualunque cosa a quel mo- 
do. Ibid, e. 1 6. Nessun regolare, qualun- 
que ei sia, che pretenderà d' essere en- 
trato per fòrza o per timore nella reli- 
gione, o dirà inoltre di aver fatta pro- 
fessione avanti Tetà richiesta, o qualun- 
que altra cosa simile, o che vorrà lasciar 
l'abito senza la permissione de'superiori, 
non sarà ascoltato, s'ei non allega queste 
cause ne' primi 5 anni dal giorno della 
sua professione ; e se anche allora non 
ha egli dedotte le sue pretese ragioni da- 
vanti al superiore e airorilinario, e non 
altrimenti. Che se da se egli ha lasciato 
l'abito, non sarà inqualsisia maniera am- 
messo ad allegare nessuna ragione, ma 
sarà costretto a ritornare al monastero e 
sarà punito come Apostata dal religioso 
istituto professato [F ,)y$tnzB potersi pre- 
valere d' alcun privilegio delia sua reli- 
gione. Nessun regolare potrà essere nem- 
meno trasferito, da qualsiasi autorità e 
facoltà, in una religione meno stretta ; e 
non sarà accordata licenza a nessun re- 
golare di portare in segreto l'abito della 
religione. Ibid, e. 19. 1 regolari di qua- 
lunque ordine sieno non potranno Pre* 
dicare {V), nemmeno nelle chiese del- 
l'ordine loro, senza l'approvazione de'lo- 
ro superiori^ né senza essersi presentati 
in persona a'vescovi, e aver loro doman- 
data la benedizione. Quanto alle chiese 
che non sono dell' ordine loro, non po- 
tranno predicare senza la permissione del 
vescovo, che sarà loro accordata gratuita- 
mente. Sess. ^5 de reform. Se alcuno di- 
rà che gli ecclesiastici costituiti negli or- 
dini sagri, e i regolari che hanno fatto 
professione solenne di castità , possono 
contrarre matrimonio, e che avendolo 
contrattole buono e valido, nulla ostante 
la legge ecclesiastica o il voto che hanno 
fatto ; che il sostenere il contrario non è 
altro che un condannare il matrimonio, 



g6 REL 

e che lutti quelli che non sentono di aver 
il dono di castità, quantunque Tabbiano 
Tutnta, possono contrarre matrimonio, 
sia anatema; poiché Dio non nega questo 
dono a coloro che glielo domandano co- 
me conviene, e non permette che siamo 
tentati sopra le nostre forze. Sess. 2^ e. 9. 
Se alcuno dirà che lo stato del matrimo- 
nio dev' essere preferito a quello della 
verginità o del celibato, e che non è mi- 
glior cosa, ne piti felice il vivere vergini 
o celibi, del maritarsi, sia anatema. Can. 

IO. 

Degli abiti de' religiosi ne trattai ad ogni 
loro articolo, cioè tanto deirabìto stesso, 
di cui meglio in quelli degli ordini e con* 
gregazioni regolari d'ambo i sessi; come 
pure che nel concilio generale di Costanti' 
napoli deirSgG si ordinò, che i religiosi 
fatti vescovi, portino visibilmente l'abito 
del loro ordine, ciò che confermò neh 3 i5 
il concilio generale di Lateranoj a detti 
articoli rimarcai inoltre, se qualche Papa 
dispensò alcun vescovo o cardinale quan* 
to al colore,/^. Porpora. Cancellieri, No' 
tizie sopra il colore dtlT abito de' vescovi 
e de cardinali regolari^ dice quanto se- 
gue. Il vescovo di Marsico Ciantes do- 
menicano, nelle Lettere memorabili y fu 
di opinione e pretese di provare, che non 
debba ammettersi nello slesso corpo una 
diversità di vestiario, e che perciò dovea 
cambiarsi il colore dell'abito de' vescovi 
monaci e religiosi mendicanti, non meno 
che quello de'chierici regolari, per ren- 
derlo uniforme a quello di tutti gli altri. 
Ne confutò l'opinione il cardinal Orsini 
domenicano poi Benedetto XIII, dimo- 
strando con l'autorità di s. Tommaso, che 
i monaci ed i frati promossi al vescova- 
to seguitano ad essere tenuti a tutte le 
osservanze della loro religione, le quali 
nulla ripugnano, ed anzi convengono più 
al nuovo e più perfetto stato della digni- 
tà vescovile. Imperciocché quantunque 
si legga nelle decretali, che V abito non fa 
il monaco , ma bensì la professione re • 
golare (sono celebri i due esametri del 



REL 

monaco inglese Wallinghford: Tonsio lar- 
ga cornac^ nigra vestis, bota rotunda^ - — 
NonfaciuntMonachiimj sed mens a cri- 
minemitnda), nondimeno si ordina nelle 
Clementine, De vita et honesl, clerìcor., 
et cap. penult. eod. tit., die qualora si 
possa, debba sempre ritenersi l'abito re- 
ligioso, come segno esterno dell'ifiterna 
professione. Poiché nel concilio generale, 
cap. Cleric, ojffic, de vit. et honest,^ fu de- 
cretato : Pontifices (i vescovi) auteni in 
publicOy et in ecclesia^ super indnmenlis 
Uneis omnino utantur; ni si monachi f ite- 
rint, gtios oportetftrre habitutn mona- 
chorum. Nota la Glossa arg. quod mona- 
chuSjfactus episcopus non penitus ahsol- 
vitttr a regala monachalij siccome si pre- 
seri ve nel can. 1 6, De monachis, qui dia 
morantesin monasteriiSySi postea adcle* 
ricatus ordinem pervenerint, s tatui muSy 
non debere eos a priori proposito disce- 
dere, E perciò, non rimanendo sciolto dai 
suoi voti, dee seguitare a vestirne l'abito, 
in attestato visibile e manifesto delle sue 
indissolubili obbligazioni; e non già por- 
tarlo soltanto oecultamente. Che se ai 
chierici regolari none stato imposto que- 
sto stesso obbligo, nasce, perchè i mede- 
simi non sono stati compresi nel decreto 
del concilio Lateranense, che parla de'soli 
monaci e de'regolari mendicanti, non e- 
sistendo allora i chierici regolari; e per- 
chè il loro vestiario non ha distintivo nota- 
bile, tran ne qualche eccezione che indicai 
ai loro articoli, ed è somigliante a quello 
del clero secolare. Si mostrò partigiano 
del parere di Ciantes Cianti^ il vescovo 
àe Minori Leira o Leri carmelitano, per 
l'impegno dell'abito, non solo nella for- 
ma e nella materia, ma eziandio nel co- 
lore^ senza trasportare nell'abito vesco- 
vile cosaalcuna degli abili monastici.Giac- 
chè, come chiunque religioso passa da un 
ordine all'altro depone il suo anteriore, 
e prende quello dell'ordine in cui entra, 
così gli sembrò che fosse conveniente, che 
il regolare assunto al vescovato dimet- 
tesse l'abito dell'ordiuei e si rivestisse iu- 



l' 



REL 

tieniinaitediqìiellodel veicoYÌle. Sì sciol- 
gono per altro tulle le obbieEÌoni nella 
leUera di Caslagnarì ad un ^i*elato, ove 
diincMlra, che ì regolari, abbandonando 
anche il colore dell'abito monastico, nel 
pawggio dalla religione alla Prelatura 
(F,)^ dalla oellaal palatzo, dall'ubbidien* 
ta al comandoi dalla rilìralezza al oor- 
IflggiOtdaU'abbiexioneai titoli^ dalle mor* 
tifidiBioni agli onori, e dal cappuccio alla 
Mrlm^* sarebbe troppo fiicile die obblias- 
lero l'oBfervaoia de'volì, che debbono 
Icpcraempre presenti alla loro mente, con 
la viala del loro primitivo vestiario. Né 
a ciò potrebbe baslanlemenlesoddisfiire 
la deiasione di qualche occulto segno del 
nadeaimo; dovendo a tutti render pale- 
se l'obbligo che conoscono di dover ese« 
gDÌre,per essere sempre fedeli a'ioro vo- 
ti. Bello è certamente l'osservare che nel 
giardino della Chiesa fioriscono ne' Co- 
lori ecdeskuiiei {F.)^ Bra le rose e le vio- 
le, anche i giacinti e i ligustri (pìonte con 
iseoraa alquanto bianca, fiori bianchi e 
baodie nere), dicendo Durando, exterius 
di ùutuius candida veste, quia etiamifi' 
kriu» iuindere debei per innocentiam ci 
tkafkaiem, E dii non vede scintillare 
splendore più vivo da questa varietà di 
eoldri, oientre con essa si dà a conoscere, 
die si dispensano le dignità anche a quel- 
li, Ae non hanno se non il valsente della 
virthe della dottrina; e che col fiir com- 
pariBeifrn'vesoovi e cardinali, qualche po- 
terò e uinile religioso, si serra la bocca 
si nallgni, che vanno spacciando le sole 
lieehene e la nobiltà servire di scala alle 
Anaiosiofii (f^.) ed eminenze ecclesia - 
HidbeT Riverbera poi questo splendore 
lopra lulta la gerarchia regolare, che cosi 
ksL Sede pubblicamente dichiara per sua 
bsttemerìta. Dappoiché rimirandosi in 
Iste abito la dignità episcopale e cardina- 
inaf creaoe nel popolo, che per lo più 
noi giudicare dall'esteriore, la venera- 
aoae verso di essa, a gloria del cielo e a 
VMlaggio della ten*a. Molto dunque giù- 
si pratica dai religiosi, fotti ve- 

VOI.. LVII. 



REL 97 

scovi ò cardinali, l'uso di ritenere il co- 
lore dell'abito del proprio ordine, cam- 
biando soltanto la forma, sul taglio di 
quella usata da'vescovi e cardinali (i mo- 
nad e i fi'ati in vece dell'abito corto det- 
to da abbate, incedono in veste talare di 
sottana o zimmarra e ferraiolone, sebbe- 
ne alcuni usino lo stesso abito regolare 
nel vestiario domestico usuale),sì pel pro- 
fitto de'chiostri,che per l'onor della Chie- 
sa, come ossei'va il cardinal de Luca, in 
Relat, Rom, Cur, e nel Cardinale pratico. 
Vedi Scappo, De hirreto ruheo dando & 
R, E, cardinalibus regularibus, che parla 
de'religiosi fatti vescovi e cardinali, e del- 
le loro vesti. Lonigo, Delle vesti purpuree 
p. 44: de' Cardinali religiosi e regolari, 
dice: «» Li cardinali (i^eligiosi) cioè frati o 
monaci non mutano mai il colore dell'ha- 
bito della sua religione, né hanno altro 
di rosso per la persona loro, se non il cap- 
pello, et la baratta (aggiungo il berretti- 
no), nel resto delli vestiti, et nella cappa 
ancora devono in tutto conformarsi alco« 
lore deirhabito ddla i*eligione loro. Et 
perché li detti cardinali religiosi fi*ati o 
monaci non sogliono portare il rochet- 
to, però quando si adoprano in capella 
li paramenti, in loco del i*odietto si ve-^ 
stono la cotta: et il venerdì santo simil- 
mente devono portare la cappa di saietta 
del colore dell'hahito della sua i*eligìone. 
Li canonici regolari, et altri religiosi, che 
portano il rochelto per privilegio, fatti 
cardinali, lo portano ancora sopra le ve- 
sti cardinalizie (le quali sono) del colore 
conforme all'habito della sua religione." 
In buona pace di Lonigo, e di Cancellieri 
che nel riprodurlo, non però nel testo, 
non vi fece avvertenza, non posso con- 
venire quanto al colore pei chierìci rego- 
lari, poichéavendo Gregorio XVI creato 
cardinali Lambruschini vìvente e Cado- 
lini defunto, chierici regolari barnabiti, 
il loro vestiario é rosso .( come i cano- 
nici regolari) ; solo in vece della seta u- 
sano panno, ed il cammellotto o saietta 
fina o mirinosse fiùo ; come rosso ma di 

7 



98 REL 

seta è quello del cardinal PignaUeIlì,gui 
chierico regolare teatioo, altro porporato 
di Gregorio XVI. Veramente non vi è 
una disciplina stabile sulla materia del- 
l'abito de' chierici regolari. Il teatino b. 
cardinale Tommasi usò la lana. Quando 
fu elevato alla porpora il suddetto car- 
dinal Pignattelli, avendone consultato il 
cardinal Larobruschini, questi gli disse 
di poter vestire di seta, e che quanto a 
lui indossava la lana ad esempio del ce- 
lebre cardinal Fontana suo confratello 
barnabita. Si può vedere Ceremonialc 
episcopontnij lib. i, cap. i : De habilu^ et 
aUis agendis per episcopos, Cap. 3 : Z>e 
ha bit u ordinano archiepiscopi ^ et episco* 
pi in sua provincia, dioecesi vel civita» 
te. Pel dettaglio delle vesti e loro varietà 
nel colore e nella specie, avendo unito al- 
la teorica la pratica, invito a leggere i 
miei articoli degli ordini e congregazioni 
X*cligiosiperieindividualità,noncheCoL- 
lARE, Berretta cardinalizia e Berretti- 
HO CARDINALIZIO, ì quali accordò a'cardi- 
iialireligiosiGregorioXIV,C APPELLO car- 
dinalizio, Calze, Fascia, Sottana, Hoc- 
CRETTO (ove dico quando i cardinali reli- 
giosi l'indossano senza maniche), Cappa 
cardinalizia e sue diverse fodere e pelli, 
MozzETTA de' CARDINALI, io cui parlan- 
do de'vescovi che in Roma non l'usano 
avanti il Papa, avvertii che però l'indos- 
sano i yescovi anche in parlihus se frati 
o monaci, in luogo del Cappuccio (F,), e 
qual finimento del loro abito dapertutto. 
Inoltre si può leggere Mantellbtta, nel 
quale articolo riportai come deve essere 
l'abito cardinalizio o vescovile di que're- 
ligiosì i cui abiti si compongono di colori 
divei*si, avvertendo che i canonici rego- 
lari esaltati a tali dignità, usano abiti co- 
me i sacerdoti secolari, non come scris- 
se Lonigo. All'articolo Cbogcia, e ne' voi. 
Vili, p. 187, 190, 191; XV, p. 299, 
3oo, 3oi, 3o6; XVI, p. 290, neltrat* 
lare del vestiario de' cardinali e vesco- 
iri in sede vacante, dico ancora di quel- 
lo de'cardinali religiosi, t quali se ? eslo« 



REL 

no del colore della propria congregazio- 
ne o ordine non lo variano, ma non as^ 
sumono rocchetto nell' astenersi dalla 
mantelletta,come praticano gli altri Car* 
dinali, A questo articolo, a Presbiterio 
DEL Papa os. collegio, dichiarai che Si- 
sto V l'ordinò e stabiPi al numero di 70 
cardinali, fra'quali sieno sempre inclusi 
almeno 4 maèstri in teologia degli ordini 
regolari e de'mendicanti. Belisario d'or- 
dine dell' imperatrice Teodora nel 538 
fece esiliare Papa s. Silverio vestito da 
monaco. Benedetto IX rinunziò il pon- 
tificato e in Grottaferrata prese l'abito 
monastico basiliano. Vittore 111, deposti 
gli abiti pontificali, fuggì a Monte Cas- 
sino a riprendere la cocolla, che poi dovè 
deporre. Eugenio 111, ritornato per alcu- 
ni giorni al suo antico monastero di Ci- 
stello, domesticamente rivestì l'abito da 
monaco cistcrciense. Dalla solitudine su- 
blimato al manto pontificale s. Celestino 
V, volle poi ritornarvi, fatta solenne ri- 
nunzia del papato in concistoro, ed ivi 
riprese gli abiti religiosi. Alessandro V 
Testi sempre di sotto l'abito de' minori 
in cui avea professato; lo imitò Sisto IV, 
il quale non pare che con esso fosse se- 
polto come testificò Burcardo e poi si cor- 
resse: probabilmente gl'interiori abiti fu- 
rono francescani. Parlando di Benedetto 
XIII già òe* Predicatori (^.), in diversi 
luoghi raccontai, che da Papa soleva ve- 
stirne l'abito quando si trovava tra'suoi 
religiosi, ed anche quando pranzò nel re- 
fettorio de'minori osservanti in Araceli. 
Gregorio XVI in tutto il suo cardinala- 
to, inclusivamente ai due conclavi, do- 
mesticamente Testi sempre la tonaca mo- 
nastica di sua congregazione camaldole- 
se; nelle villeggiature amava di pranzare 
ne' Refettorii (f.) coi religiosi, massime 
cappuccini: che sospirava la sua antica 
e pacifica cocolla, lo dissi nel voi. LII, 
p. io5. A Cadavere del Papa notai di 
quelli che vollero essere tumulati vestiti 
d'abiti religiosi,cui aggiungerò Gregorio 
IX coH'abito^ francescano che pure usò 



REL 

ìa ìjlsy Martioo IV e l'antipapa Nicolò 
Vdopo la rinnazia, ambedue eoa Tabito 
minorità; cdaltroTe de'fedeli che per di* 
toiione ordinarono che ne' Funerali si e- 
iponeaiero vestiti da religiosi, quindi coi 
nedeaìmi si ponessero in Sepoltura (F,), 
altre quanto accennai iu principio parlan- 
do de'monaci e de'monasterì, e di quan- 
to dico nel voi. LII, p. 53. Sarnelli, Leti. 
eecL t. .1, lett.. ag: Che nella s. chiesa 
àa cosa aniica^pia e lodew>le,che imo' 
temuti vestano t abito religioso^ e col me* 
iesùno si facciano seppellire in segno di 
penitenza. Narra che i primi cristiani su- 
gli ealremi della Vita si vestiTano di Ci» 
Udo (^Oi ^ spiravano sulla Cenere(F)j 
tak vollero morire s. Martino di Tours, 
locarlo Borromeo, ed Enrico figlio d'En- 
rico II re d'Inghilterra. Che il cilicio ve- 
rtivaBO ne' primi tempi quelli che face- 
vano pubblica Penitenza (P^,), ed il con- 
dilo di Compostella nei i o56 determinò 
die lo vestissero i chierici nel tempo del 
Digitmo (F.), della Letama^ e quando si 
dennnsiava la penitenza pubblica. E sic- 
l' abito e istituto monastico altro 
gnifica e non importa che peniten- 
n, moltissimi in vece di domandare in 
aorte il dlido, ridbiesero i'abi to monaca - 
1q perdo costumavano gli spagnuoli d'as- 
naMrlo Moribondi (F,) per penitenza , 
tosandosi anche i Capelli (/\), quindi se 
cunpavano, restavano monaci, il checon- 
fcmò il condiio la.^ di Toledo nel can. 
4tnia impose scomunica per un anno a 
qad mcerdote^cbe avesse dato simile pe- 
I chi non la richiedeva. Non solo 
id, ma ancora di ecclesiastici e pre- 
lati d legge» avere in morte domandato 
l'abito monacale in segno di penitenza, 
pcrcui i Papi concessero indulgenza ple- 
Bvia a chi ciò praticasse. In diversi luo- 
^ notai, che i principi sovrani vollero 
wstito il pix>prio cadavere con abito reli- 
psso,econ esso deposti nel sepolcro, mas- 
use se ascritti al 3.** ordine di qualche 
rdigiooe, o aggregati alla figliuolauza di 
«Ison ordine regolare. 



REL 99 

Sull'amministrare i monaci il battesi' 
mo e la penitenza e successi ve questioni, 
frenate dai Papi fino dal 6 io, tenni pro- 
posito anche nel voi. LI, p. 24^, nel rac- 
contare l'origine delle parrocchie de're* 
golari. Gregorio IX nel 1227 facoltizzò i 
domenicani ad amministrare il sagramèn- 
to della penitenza. A tali religiosi fu pre- 
cipuamente affidata Y Inquisizione (F,) 
per procedere contro gli eretici ; e Cle- 
mente VII per impedire i funesti progressi 
degli errori di Lutero, ordiuò agl'inquisi- 
tori d'agire anche contro i religiosi diqual- 
sivoglia istituto. Giulio III riprese Tam- 
bizione de'religiosi che brigavano per es- 
sere esaltati alle mitre , ordinando che 
ninno potesse promoversi al vescovato , 
senza V espresso consenso de'Ioro rispet- 
tivi superiori, e cardinali protettori degli 
ordini cui appartenevano. Diversi religio- 
si nelfessere promossi a qualche dignità 
ecclesiastica, o vescovato o cardinalato, 
hanno bisogno di dispensa particolare del 
4>^ voto che fanno di non accettare al- 
cuna dignità, come gli agostiniani scalzi, 
i chierici regolari minori, i gesuiti, i mi- 
nistri degl'infermi ed altri. Proibì Paolo 
IV che i vescovi i quali avessero profes- 
sato la regola di qualunque religione, ri- 
nunziato il vescovato e tornati nel loro 
ordine, vi potessero avere dignità alcuna 
o carica, come si legge nella costituzione 
In sacray de' 2 2 luglio i559, presso U- 
ghelli, Italia sacra t.i, p. 768. Riporta 
Novaes nella Storia di Clemente XI, che 
con decreto de' 17 giugno 17 16, Bull. 
Magn, t. 8, p. 4^6 , rinnovò la costitu- 
zione di Alessandro VII de'26Iuglio 1662, 
nella quale si prescrive, che i regolari as- 
sunti a vescovi titolari nelle parti degl'in- 
fedeli, non possano Tivei*e fuori de' loro 
chiostri, ma sieno soggetti a' loro supe- 
riori, ne possano esercitare i pontificali, 
col permesso ancora degli ordinari, sotto 
pena dì sospensione riservata al Papa , 
giacché la loro giurisdizione è ristretta sol- 
tanto ne'confini delle loro chiese, rispet- 
tivamente alla loro visita. In molti ordi- 



loo R£L 

ni eoongreg«izioni religiose, quelli die so- 
no elevati al vescovato, siccome cessano 
di farne parte, promuovono istanza per 
esservi nuovamente aggregati, onde go- 
dere poi in morte de'sufTrogi, per cui es- 
si sono tenuti di farne a que'ialigiosì del 
proprio oixline o congregazione che van- 
no morendo. Papa s. Pio V die la prece- 
denza a' suoi frati domenicani sopra gli 
ordini Mendicanti; quindi non solo pose 
religiosi Penitenzieri (F,) nelle patriar- 
cali di Roma, ma della Vaticana dicLia- 
rò teologo colla prebenda di canonico un 
domenicano, e che fosse vero canonico in 
tutto; però fu rimosso dal successore, co- 
me narrai nel voi. XII, p. 3 19. Vi sono 
esempi che vescovi religiosi furono cano- 
nici di dette patriarcali, e della Latera- 
nense nel 1 727 Benedetto Xlll fece il sa- 
grista Olivieri agostiniano vescovo di Por- 
firio, che lo era di s. Anastasia. Gi*egorio 
XVI fece canonico vaticano , con 1' uso 
delle vesti paonazze, Todierno mg.^ Lui- 
gi Cardelli arcivescovo d'i^cri<2ao Ocri» 
da de' minori osservanti rifoitnati. Nel 
Tol. XLI, p. 1 32 dissi che Paolo IV fece 
il teatino Consiglieri maestro di camera 
e canonico vaticano. Clemente Vili col- 
la bolla Religiosae^ àe'ig giugno 1594» 
BuiL Rom, t. 5, par. a, p. 3i| rinnovò' 
la proibizione già fatta ai religiosi e alle 
religiose, di &r donativi o regali. Paolo 
V ordinò ai regolari che nelle loro scuo- 
le insegnassero le Lingue (F) greca ^ e- 
braica, araba e latina. Gregorio XV nel 
1622 pi*oibì a tu Iti gli ecclesiastici, seco- 
larì e regolari anche esenti, di confessa- 
ree predicare senza il permesso e l'appro- 
vazione deir ordinario : così terminò le 
antiche dispute, colle quali, per riguardo 
ai religiosi, pretendevano alcuni sciittori, 
che l'approvazione data una volta dal ve- 
scovo, potesse bensì ri vocarsi dal suo suc- 
cessore, ma non da lui stesso, come se i 
ìrescovi comunicando ad alcuni il loro 
potere non lo potessero riprenderequan- 
do lo credono opportuno. Urbano Vili 
nel 1 624 dichiarò che niun religiosoi fuor* 



REL 

che della compagnia di Gesti, potesse es- 
sere dalla sua religione espulso se non per 
incorreggibile; e nel 1 632 esentò i rego- 
lari di far le confessioni col confessore de- 
putalo dai loro superiori. Clemente XI 
nel 1 708 rinnovò le proibizioni, che gli 
ebrei potessero lavorare ne'giorni festivi 
ne'nionasteri e conventi de' regola ri. Be- 
nedetto Xlll colla bolla Postulai, de'7 
marzo 1 725, BuiL Rom, 1. 1 1, p. 377, vie- 
tòa tutti i regolari, ancorché costituiti in 
qualunque dignità, di portar via dai loro 
conventi e monasteri libri, mobilio altro 
per loro uso. Colla bolla Licet sacra, dei 
1 5 febbraio ij^6,BulL Rom, 1. 1 2, p. 70, 
nel qual giorno dice il Papa aver vestito 
l'abito domenicano, il cui istituto ancora 
prafessava, vietò a tutti i regolari profes- 
si di passare ad altro ordine religioso, o- 
spitalario o religioso, ancorché in esso sia 
in vigore l'osservanza regolare, riservan- 
do per Tavvenii^e al solo Papa la facoltà 
di concederne il passaggio. Con costitu- 
zione de'7 aprile 1726 Benedetto XIII 
prescrisse l'abito e la corona o Chierica 
(ir,) a tutti i prelati regolari, e il ritorno 
nell'avvenire ai chierici de'rispettivi or- 
dini a quelli che non risiedono nelle pro- 
prie chiese o le rinunziano. Quanto di* 
spose sui religiosi Consultori delle con- 
gregazioni cardinalizie (F,), lo dissi nel 
voL XVI , p. i36 e 21 4* Gian Jacopo 
Scarfantoni pubblicò: Disseri, An cuncii 
regulares non habenies speciale indul* 
tum Sedis aposiolicae, post editionem s, 
conc. Tridentini possint extra tempora a 
/ure statata sacris ordinibus initiariP Lu- 
cae 17 16. Gli scrisse contro Fr. Alberto 
Gecchi domenicano; DeJo,Jac, Scarfan» 
toni con, Pistoriensis^ Disseri, Judicium 
Laelii HercuUs PauUini s. theoLprofet^ 
soris ad amicum, Lucae 1 7 1 7. A queste 
critica rispose Scarfantoni con questa 
scrittura, che però non fu stampata: A- 
pologia Disseri* can. impugnataeper La e « 
Hum HerculemPaullinum super dubio: 
An cuncii r^/are5 etc. Benedetto Xlll 
deputò all'esame di questa controversia 



AEL 

5ar«lÌDali,2VfliooTÌe 3 regolari, la qua* 
krìtprteoel maggio 1725. Privilegia 
a tuaunis Ponti ficibus Uun ante, quarti 
post Triikniinuinsiticjure comunicatio' 
mi reguiaribus concessa suscipìendi or- 
iimoM sacro» extra tempora persistere in 
uto robore, nec eisfuisse uni/uain ilero- 
gfltum, ac proinde tato posse regulares 
mUnari extra tempora absque novo in- 
Alito apastotico. Benedetto XIV, richia- 
mando le provvidenze de*Hioi pi-edeces* 
lori, proibì a' religiosi» eccettuati i Ben- 
fiateiii {f^*)^ l'esercitare l'arte di Spezia- 
S{F,)j tuttavia Tesercitano i Carmeli- 
fMt wcahi^ per quanto dissi a quell* ar« 
tioolo. A PARAOCCHIA riportai come Be- 
ledetto XIV dichiarò che i vescovi pos- 
ttDO visitare le chiese parrocchiali ralle 
da^regplariyeocettuato soltanlo quelle nel- 
le quali risiede il generale dell'ordine, di 
cai il parroco n'è religioso. Nel voi. Lf, 
pii38 Dotai che Benedetto XIV dichiarò 
Hjggetli agli ordinari, i regolari vivenli 
in OBia de'wcolari; e nel voi. V, p. 34>ch^ 
riipoie negati vamenlealcardinalQuirini, 
che voleva si proibisce ai chierici di far- 
a religiosi, senza il consenso dell'ordì na- 
no. A DiMissoBiB ricordai quanto stabilì 
Banedelto XIV sulle diniissorie per le or- 
dianioui de'reg9lari. Clemente XI 11 col- 
h bolla liUer muUipliceSj degli 1 1 dicem- 
brai7589 BuU, coni, t.i, p. 72, coufer- 
■b là giurisdizione vescovile nelle dioce- 
a f Olmlits, Colonia, Munster , Hildc- 
Aeim, Paderbona e Osnabruck, sui rc- 
EpoB. Contro le esenzioni de'regolari in- 
sane nuche Febronio , temeraria mente 
aquidoalPapa l'autori là di concederle, 
meoo dottrina ed erudizione storica lo 
confiilò ZMODBxÌB^Anti'Febbronio par. 2, 
p»3g6 e aeg. Nel Pontificale Romanum, 
li sono : i}c benedictione Abbatis, De 
hmodietwné AbbaUs aucioritate apo^tO' 
Ika. De benedictione Abbatis auctori» 
Iole ordinarU. De creatione mililis re* 
ffdturUm Airar tioolo Croce di decorazio- 
■I asLiGiOBA, parlai di quelle da potersi 
poclaic aullamozzetla dai cardinali^ del- 



REL loi 

r oixline militare e regolare gerosolimi- 
tano e formata d'una croce ottagona di 
tela bianca. I sovrani talvolta hanno de- 
coralo i religiosi e le religióse d'insegne 
equestri, per benemerenze; la Francia ne 
va dando esempi : coi religiosi fece al- 
treltanto il gran sultano de' turchi, e ne 
riportai esempi, ne' voi. XLIV, p. Sg, e 
LI, p. 32 1. A JVoMB resi ragione perché 
lo cambiano i religiosi e le religiose; poi 
riporterò chi scrisse sull'argomenlo. I re- 
ligiosi cambiando nome, e taluni anche 
cognome, neiringresso chefanno nella re- 
ligione da loro scelta, dimostrano pure in 
questo la rinunzia che fanno al mondo 
ed ai costumi di prima che lasciano, e di 
non essere piò quelli che erano stati nel 
passato, per sbandire ogni memoria del 
secolo.Alcuni dicono derivare questa mu* 
lozione de'uomi ne'religiosi, da quelli coi 
quali il Redentore chiamò Pietro, Gia- 
como e Giovanuì, quando furono da lui 
aggregati nel collegio apostolico e tra'suoi 
discepoli.OsservaVeltori nel Fiorino d^o- 
ro, p. 483, che il costume di nominare 
talora alcuna pei*sona col nome della sua 
patria è derivato intieramente dagli an- 
tichi romani, come rilevasi dalle iscrizio- 
ni. Che oggi alcuni ordini regolari (come 
minori osservanti, riformati, cappuccini, 
ec.) con molla esemplarità si valgono di 
questo stesso coslurae,per togliere la mag- 
gioranza fra' religiosi (anche per dimo- 
strare che più non appartengono alle lo- 
ro fainiglie).De'religiosi carmelitani scal- 
zi , passioiusli e altri, come delle' religio- 
se che aggiungono al nuovo nome il co- 
gnome, con assumere quello de' santi o 
de' misteri di Gesù Cristo o della Beata 
Vergine, fo parola ai loro articoli: Dei 
titoli de' religiosi parlai principalmente 
a Padre, Fra', Frate, Patebnita, Don, 
Reverendo, Reverendissimo, Canonico, 
Monaco, Fratello, Molto Reverendo, 
ec. In alcuni ordini religiosi è vietato il 
passaggio in altri ordini, e lo notai trat- 
tandone. Per le secolarizzazioni occorre 
la Dispensa ( F.) pontificia^ come per pas- 



102 



REL 

sai*e ad altro ordine : in quelle de' Toti 
semplici per l'uno e per Taltro caso, han- 
no fecoUà diversi superiori generali, Iran* 
ne il voto di*castità, per il quale ci vuo* 
le la dispensa del Papa. 

Molte erudizioni riporta sui religiosi 
HAì'dì^De'parrochiy incominciando dagli 
stati di perfezione in cui sono il vescovo 
e il religioso, e relativi confronti, secon- 
do 8. Tommaso d'Aquino, nell'opusc. 1 8 
Sullo siato della perfezione vescoi^ile e 
religiosa. Dice il s. Dottore nel cap.t6: 
I vescovi ed i religiosi sono in uno stato 
di perfezione : questi secondi per la rinun- 
zia delie cose temporali ed abnegazione 
di se stessi ; i prìmi nel dovere esporre la 
loro vita per le pecorelle, nell'obbligo di 
pascerle, ec. Perciò, siccome ne'con tratti 
vi sono certe solennità, così nella consa- 
gl'azione e coronazione del vescovo, e nel- 
la professione religiosa si usano solenni- 
tà e benedizioni. Nel cap. 17 diceche lo 
stato vescovile é più perfetto del mona- 
co, perché se il monaco rinunzia ai beni, 
il vescovo deve dare il temporale suo nei 
bisogni delle pecorelle, deve dare V ali- 
mento spirituale, è obbligato anch'esso 
alla castità. Se i religiosi si sottomettono 
all'ubbidienza del supenore, il vescovo è 
morto a se stesso, e non vi ve che ai biso* 
gni del gregge, e perciò diviene il servo 
di tutti. I monaci non hanno per obbli- 
go (sebbene lo facciano zelantemente) di 
moltiplicare i fedeli, convertire i pecca- 
tori, conduiTe anime a Dio, come il ve- 
scovo lo ha per voto del suo sposalizio 
colla Chiesa : quindi conclude, se lo stato 
del raligioso è perfetto, quello del vesco- 
voè perfettissimo. Perciò si toglie benissi- 
mo un religioso dall' ubbidienza de'suoi 
superiori per farlo vescovo, stante che si 
passa ad uno stato più perfetto. Vicever- 
sa, il vescovo non si può pas$ai*e allo sta- 
to monastico, non potendo lasciare la sua 
chiesa, ed uno stato più perfetto (ve ne 
sono però molti esempi, e l'ultimo me- 
morabile lo die il cardinale Cario Ode^ 
scalchi. Fedi, per farsi gesuita). Nel cap. 



REL 

19 dichiara: ReUgionis status pcrftctio» 
nem non supponit, sed ad perfectloneni 
inducii. Ponti ficalis autem dignità s per- 
feciìonem praesupponitj perchè il vesco- 
vato est spirituale magìsterium, ed a s. 
Pietro fu detto pasce, dopoché rispose, 
iuscis Domine quia amo te. Nel cap. 20 
soggiunge: I religioM sono in uno stato di 
perfezione,ma non già gli arcidiaconi,! de- 
cani ed i parrochi, benché questi tutti ab- 
bia no cura d'ani me, che non hanno i reli- 
giosi (tranne gl'individui parrochi), non 
avendo i primi l'obbligo perpetuo di fa- 
re il vicario o il parroco, come la cosa 
esigerebbe se fosse in uno stato di perfe- 
zione, come accade al vescovo, che non 
può rinunziare, ed il cui stato è perpetuo. 
Sebbene tra' vicari e parrochi possa no es- 
servi individualmente degli uomini per- 
fetti secundum abituai charitatis,,,, sta- 
Utm tamen perfecù'onis non asse/juuntur. 
Quindi il vescovo si consagia, il monaco 
nel professare si benedice; ma il vicario, il 
decano, il parroco vengono investiti sem- 
plicemente,o data semplice commissione 
del loro ufficio, che non é stato di perpe- 
tua obbligazione, ma stato che possono 
lasciare, ciò che non può fare il monaco. 
Nel cap. 23 : I vicari ed i paiTOchi non 
fenno voto di stare nel loro uffizio, come 
i religiosi nel loro stato. Che anzi oltre 
essere maggiori per questa cosa de'par- 
rochi, spesso lo sono anche di più, per- 
ché talora per voto della loro religione si 
obbligano di assistere il vescovo nel pre- 
dicare, confessare, ec. Vi può essere un 
curato più perfetto d'un monaco, un con- 
iugato più perfetto d'un curato; ma non 
ne viene che ciò formi stato. Il religioso 
benché cattivo si trovajn uno stato di 
perfezione, nel quale non sono il curalo, 
il coniugato ec Lo stato di perfezione, 
oltre i requisiti che vuole, richiede per 
principale il voto di perpetuità. Nel e. 2 5: 
Dalla religione non si può passare all'ar- 
cidiaconato, alla parrocchia (secolare)ec.; 
ma al solo vescovato come più perfetto. 
Quindi si può passare dal minore al mag- 



REL 

gum^non ? ioeversa. Perciò il parroco pub 
fifa religioso lina non il vescovo che ha 
perpetua cura » lenza licenza del Papa. 
Nell'opuic. ig s. Tommaso chiama per- 
Mcotorì della Chiesa coloro i quali non 
vorrdibero che i regolari predicassero e 
coafeMQUcro. Il vescovo delega nelle par- 
roodiie dhi vuole e quando vuole a pre- 
dicare e confessare, ec, anche contro la 
vokmtii del parroco, e può inviai'ede'pre- 
li ìccoIacì o regolari, secondo che crede. 
Avverte a. Tommaso, che lo stato di per- 
feiioDe largamente preso é la carità : che 
in no modo più proprio è Tammiuistra- 
liooe di un officio : ed in senso vero e pro- 
priasimo è il votoperpetuo. Che nel i . Vin - 
tendono tutti quelli che sono in istato di 
graiM ; Del a.* gli ecclesiastici rispetto ai 
laid; nel 3.^ modo i soli vescovi ed ì re* 
guiari. Quella del a.^ dice doversi chiama- 
re piattoato eoiifptfr<i(iVa che propria 9 
giaiediè i canoni chiamano piuttosto gra* 
do dhe alato quello di tutti inferiori al 
vctooTOy e non regolari. Nardi stabilisce 
ooA la gerarcbia di giurisdizione eccle- 
siastica regolare : gli abbati, i generali di 
ordini, i provinciali, i superiori locali. Di- 
seende questa dalla gerarchia di giurisdi- 
zione del Papa e del vescovo, sia che il Pa- 
pa, sia che il vescovo accordino i privilegi 
relativi. Tale e tanta è la stima che laChie- 
sa in tatti i secoli ha &tto di coloro che 
seguono i consigli evangelici con profes- 
sione aolenne avanti la Chiesa, che que- 
sta ha considerato lo stato religioso, co- 
lia nno stalo quasi apostolico, e prossi- 
mo alla gerarchia d'ordine 3.^, come fan- 
■0 ftde la benedizione nel creare l'abba- 
te^ e le fbrmole delle professioni regola- 
ri. Furono gli abbati chiamati Pastori 
(F.), ed hanno il Pastorale (F,) velato, 
dando la trina benedizione nella messa; 
portano l'anello, sono in- dignità ; anche 
snticamcnte aveano l'uso de' pontificali, 
davano e danno gli ordini minori; inter- 
venivano ai concilii con voto decisivo. I 
saperìori locali ò Pi^epositi o Preposti , 
fy Guardiani^ Rettori {V.) sono chia- 



REL io3 

muli prelati minori, iti grazia della gìu-« 
risdizione che hanno sui sudditi o sotto- 
posti. Non possono (almeno in certe re- 
ligioni) esser rimossi dal posto, e neppu« 
re essere sospesi senza un processo , per 
rispetto dovuto al grado. Per questo, di- 
ce Nardi, il superiore del convento il qua- 
le ha cura d' anime de' sudditi, è vera- 
mente parroco nobile, perchè ha giuris- 
dizione e prelatura. L'abbate de' mona- 
ci si benedice dal vescovo con una solen- 
nità, che all'esterno apparato rassomiglia 
alla consagrazione episcopale : si benedi- 
ce solennemente l'abbadessa; si vestono 
benedicendoli i religiosi ( ciò che fecero 
talvolta i Papi e di recente Pio IX^ Fedi) 
eie religiose. Fino ab antiquo fu concesso 
ad alcune chiese di monaci il privilegio 
di battezzare, propter apostolicum vilae 
illoruni instilutuntj etreverentiam, quam 
expopulis exigebat virtus sanctitatis^co» 
me riferisce Mar tene. Ne'Bollandisti a' i4 
marzo si legge, che i monasteri di s. Pa- 
comio del IV secolo, nell'oriente, aveano 
il Batlislerio o s. Fonte (F.) e vi s'istrui- 
vano i catecumeni, sicuramente per con- 
cessione episcopale, e vi amministravano 
il Battesimo (F.), ma si dubita sei mo- 
naci fossero preti; esempi più frequenti di 
battisteri sì vedono nel medio evo anche 
in occidente, come le chiese di s. Marzia- 
le in Francia , di s. Mercuriale a ForPi, 
di s. Maria a Salerno. Da' concilii di G>- 
slantinopoli del 44? > di Calcedonia del 
45 f, di Cartagine del 534 1 dalla rela- 
zione'de'monaci di Siria a s. Ormisda Pa- 
pa del 5i4iSÌ trovano una moltitudine di 
preti e diaconi ne' monasteri; altrettan- 
to si ha da Palladio, HisL Laiisiaca cap. 
39, 71, soggetti ad abbate talora anche 
sacerdote. Palladio vescovo d' Elenopoli 
nella Bitinia, a vea abbracciata la vita so- 
litaria nel 386, e compose detta storia 
dei Solitari, Attesta s. Girolamo che in 
Betlemme era n vi monaci preti che bat- 
tezzavano fare suo, chiunque si presen- 
tava loro. Nel monastero e chiesa di Ni- 
trio, dice Palladio, il quale vi fu, erano 8 



io4 REli 

. preti monaci) il i .^de'quali oelebraTa, pre« 
dicava, confessava. Molti esempi riporta 
Nardi dell' antica facoltà data a' monaci 
di battezzai*e nelle loro chiese pubbliche, 
avendone anche in terne come le monache 
per le salmodie ; così del predicare, con* 
&ssai*e, seppellì re i[morti, con licenza e de- 
legazione vescovile, lochesi apprendean- 
Gora dal concilio di Poitiersdeli loo, can. 
I o; ed altrettanto si ha de' monaci di s. 
Marziale , che inoltre annunziavano le 
pubbliche processioni e i digiuni, onde se 
ne lagnarono i canonici nel concilio diLi- 
moges del I o3 1 . 1 monaci furono favoriti 
nella predicazione, e si può vedere nel to- 
rinese Berardi t. 2, disti, e. 4» ed in Lu- 
pi t. a, p. !t88; per delegazioni de' ve- 
scovi e de'Papi. Spesso dai vescovi avea- 
no eziandio cura de'monasteri di mona- 
che, ed il concilio Ispalense del 6 1 9 li co- 
stituì loro Palres spirkuales. Che i mo- 
naci godessero privilegi e immunità sino 
dai primi tempi, si vede dalle lettere di 
s. Leone 1 del 44o> ® ^^ s* Gregorìo I 
del 590 , come dai concilil di Cartagine 
del 525 e 534* A'tempì di questo Papa 
egualmente confessavono i fedeli i mo- 
naci sacerdoti, questi poi si confessavano 
tra loro, disciplina che si apprende dal 
concilio di Parigi deir829, che declamò 
contro gli ecclesiastici e secolari che si con- 
fessavano dai monaci , ciò che in molli 
luoghi era Irietato di farsi dai regolari, 
perchè i canonici furono i primi deputati 
dni vescovi a udire le conftsssioni , ed e- 
ziandio le monache nelle loro chiese, se 
malate le confessavano al letto loro, ac- 
compagnali in certa distanza da ministri 
deputati detti sincelli , o diacono e sud- 
diacono^ come si ha da detto concilio : i 
medesimi assistevano ancora il prete che 
si recava a celebrar la messa, dopo la qua- 
le uscivano subito. Altrettanto fecero w- 
rorum religiosorunt colle reb'giosarum 
foeminarum ne'monastéii per predicare, 
confessare e dire messa nell' Vili secolo. 
Come in oriente, così in occidente erano 
i monaci piuttosto che i preti,! quali or* 



REL 

dinariamente confessavano il popolo: 
molti canoni chiamano i religiosi più a - 
bili e più idonei de' preti nel ministero 
della penitenza, per lo stalo loro più per- 
fetto; così dichiarò Urbano II nel conci- 
lio di Nimes nel 1096. Quindi i principi 
per lo più aveano de' mona ci per confes- 
sori : presso i greci nel secolo XII pochis* 
simi si confessavano ai vescovi e preti, ma 
tutti o quasi tutti ai monaci. Forse avea- 
no anche più facoltà nel! 'assolvere ; e s. 
Tommaso chiama persecutori e nuovi Vi- 
gilanzi coloro che non avrebbero voluto 
che ì regolari predicassero e confessasse- 
ro. Brunone vescovo di Langres nel 1 008 
dispensò il popolo dal confessarsi dal cle- 
ro secolare, permellendogli in vece di 
fiirlo coi monaci del monastero Besuen- 
se. Talvolta facevansi Corespiscopi (F,) 
anche dei monaci e degli abbati , ed iu 
certe costituzioni attribuite al concilio Ni- 
ceno I, si vede che molli corepì scopi e- 
rano vescovi, che consagravano le chiese, 
e che se si fosse preso un monaco prete 
per farlo corepiscopo, in questo caso non 
si proibisce la celebrazione pubblica in 
detto convento , e ciò per onore del co- 
repiscopo, ch^é chiamato vicario del ve- 
scovo. I monaci nel IX secolo si fecero 
anche missi o preti ntissales, che contene- 
vano i preti di campagna quali vicari fo- 
ranei, ed erano o abbati o monaci. Avea- 
no anche nell'antichità i loro generali e 
provinciali; s« Eutichio prima.d'essere pa- 
triarca di Costantinopoli , fu monaco e 
generate de'monaci di tutta la metropo- 
li d'A masia, oltre gli Archimandrita (^.): 
Teodoreto vescovo di Ciro mandò una 
lettera a s. Leone I da due preti corepi- 
scopi, e da un provinciale o generale dei 
monaci, exarchum monacorum. Aveano 
molte parrocchie, e per mezzo d'un loro 
individuo vi eseraitaronola cura: nel 1 1 1 9 
molte parrocchie rurali egualmente erano 
de'monaci. Fra'legati mandati nel 678 da 
s. Agatone a Costantinopoli, eran vi de'mo- 
naci. Essendo i superiori o abbati prela- 
ti con giurisdizione, scomunicavano i lo- 



BEL 

rsflMMuid ia tatti i casi, oomeii leggo nel- 
l'epitl. 179 di Stefano Tescovo di Tour* 
Bay: nelCnpilohi'ed'Aquiigrana de\Y8 1 7 
l'abbate poteva tcomunicare nel furtooc- 
eulto. ADticameote scomunicavano tutti 
i loro sudditi , non solo i generali degli 
ordini religiosi p ina altresì i provinciali 
nella loro provincia , gli abbati ne* loro 
lonasteri, ciò che alcuni autori estendo* 
DO ai Miperiorì locali de' conventi, come 
può vedersi nella Bibi, di Ferrari. Papa 
s. Pio V che fiorì dopo il concilio di Tren- 
to^ colla bolla Eisi Hiendicantàitn, inveì 
eootro quelli cbe non avrebbero voluto 
cbai faddiandasseroa messa, a predica, ai 
divini affisi che nelle parrocchie, ed impe* 
divano che i regolari predicassero, cele- 
brusero i divini uffizi o dicessero messa 
adle Ceste prima de' parrochi : in vece 
d«BÌiiarò che é lecito ai regolari , i quali 
dice ftuìmtÈOpondut diei et aestus, il pre* 
dieare^ br luniioni, dir messa sempre, e 
Bdn folo prima che ciò si fàccia in par* 
voachia» ma anche in tempo che si &n- 
DO funaioni, che si dice messa e si predi* 
ea nella stessa parrocchia, e per soprap- 
pia derogò a qualunque altra legge an- 
teriore^ e dice che si soddisfa egualmen* 
tenelie chiese de'regolari. Il regnante Pio 
1Z(/^.) ha Istituito la congregazione car* 
dinaliaia, aopra lo stato de'regolari, spe- 
eUmente deputata : si compone di 6 car* 
diaali» ed'an prelato segretario. Per al- 
tiVDOBioni sui religiosi d'ambo i sessi, ol* 
tre tutti i loro articoli e autori che ri* 
portai, si possono vedere i seguenti. Aegi* 
dii Bochmulh, Schediasma de nominttm 
mpofiiione^ et mutatione, Vittembergae 
1715. Frid. fialduini Hoffmanni , Dis' 
KfL de nuiiaiione nominum baplismntis 
Cbnsuanamm non libera^ Vittembergae 
1737. Giacomo Sciommari, Uso della 
wmknione del nome, nel prendersi /* a* 
Ma reiigioso : nelle noie isteriche spel" 
kBUi alia badia di Groiiaferraia, Roma 
1737.10. Henr. Stuss, Demutaiione no* 
suwfifs saeraj Gothae 1735. Jo. Fi*ed. 
Krd»9 De nominuni mutalionetn polis- 



REL iò5 

simum in retigiosorum professione, aique 
Ponti ficum inauguratione, Norimbergne. 
Menocbio, Siuore, t. 2, cap. 4i : Orila 
mutazione d^ nome die fece s. Paolo, e 
de* Religiosi; t. 3, cap. 33: Se quelli che 
eleggono lo stato religioso debbano ad 
esso applicarsi mentre sono giovanetti, o 
in altra età più matura. Piati, De bono 
status religiosi, RomaeiSgo. Girolamo 
Piatii, Del bene dello stato de* religiosi^ 
Venezia 1 598. Archangeli, De privilegiis 
religiosonnn, et non religiosorum, Romae 
1643. Raynaudi, De apostasia a reli* 
giosis ordinibus , Romae 1648. Gibali* 
ni, Disquisitiones canonicnede clausura 
regulari ex veteriet novo/ure, Lugduni 
1648. DiHaco Sgrai, Lux praelalorwn 
praesertim regularium , Vene ti is 1673. 
A. Komano, De prii^iUgiìs religiosorum ^ 
Romae. De Franchis, Controversiae in» 
ter rpiscopos, et regulares, Romae. O- 
norato da s. Maria , Dissert, storiche e 
critiche sopra la cavalleria antica e mo» 
denta secolare e regolare, Brescia 1751. 
Gio. Battista Pev^en,Sulla esenzione dei 
regolari dalla giurisdizione de* vescovi e 
sulle cause matrimoniali, Asisi 1 784* B. 
Cardinal Tommasi , SuUa vita comune 
religiosa, Napoli 1 833. Nicola Rocco, La 
capacità civile elei religioso professo, 9a* 
lermoi 840. In questa opera si dimostra, 
che il religioso professo non è morto ci- 
vilmente e vive coirintegrilà de'diritti ci- 
vili, quantunque l'esercizio sia modiGcato 
da' voti monastici, perchè il religioso si de- 
dica alla vita di perfezione e di spiritua- 
le progresso, per cui l' incapacità solo si 
fonda sopra la virtuosa rinunzia fatta dei 
beni del mondo. Il religioso è cittadino al 
pari di tutti gli altri. Il monachismo non 
togliendo la cittadinanza , né la libertà» 
né la famiglia, non produce diminuzio* 
ne di Cf7y90> che nell'antica giurispruden- 
za romana era il cambiamento d'una con- 
dizione migliore in una peggiore. Ciò non 
si verifica nel religioso, che lasciando le 
terrene abitudini si solleva e sublima a 
perfcziuuc di virtù. La profcs:»ioue reii* 



l 



io6 R£L 

giosa induce soltanto un'ìocapacilà ci* 
irile di speciale genere. Ricevuti in uno 
stato gli ordini religiosi , vuoisi eziandio 
accettare la disciplina della Chiesa, che li 
riguarda, la quale non si oppone alle Re» 
galle della sovranità territoriale. L'auto* 
rità dimostra inoltre la capacità del re- 
ligioso professo nelle svariate relazioni 
della vita civile, nella facoltà d'acquista* 
re, di disporre , di contrattare , di obbli- 
garsi, di stare in giudizio, di esercitare gli 
uffici civili sì pubblici che privati, ec. Me- 
glio è leggerne il sunto che nel t. i $, p. 
196 degli j4 finali delle scienze religiose^ 
ne pubblicò il eh. Michele de Malthias. 
£ugenio Bore, F'ita religiosa presso i 
caldei, seguila da It istoria del .convento 
di RhaboU'Ormuzde delle persecuzioni 
che ha sopportato dalla parte degli ere- 
ticie de mussulmani, Parigi i843. 

RELIQUIA DE'SANTI,£rttvifle,fòj. 
liquiae Coelitum Sanctorum, 1 corpi e le 
cose desanti. Dice Piazza nel Menologio 
romano, p. 5o,che reliquia propriamen* 
le significa ciò che resta della maggior 
parte di qualche cosa; e perchè la prin- 
cipale dell'uomo é l'anima, perciò fu chia- 
mata reliquia il corpo che resta in terra 
o parte di esso : la Chiesa si serve dì que- 
sta voce per denotare tutto quello che re- 
sta in terra degno di venerazione. Ag- 
giunge, che le reliquie denominate insi- 
gni, delle quali se ne può fare 1' uffizio, 
sono il capo, il braccio, la gamba, ovve* 
ro parte del corpo intiera, in cui il san- 
to abbia patito qualche tormento : che 
la venerazione delle reliquie incomin* 
ciò dalla nascente Chiesa, leggendosi che 
gli apostoli e i discepoli tennero in gran 
conto quelle del gloiìoso protomartire s. 
Stefano; e nel Testamento vecchio si leg- 
ge, che Mosè trasportòl'ossa del patriar- 
ca Giuseppe dall'Egitto pel deserto nel* 
la Terra promessa; ed il corpo del pro- 
feta Eliseo, col solo contatto risuscitò un 
morto. Certamente che. fino nell'antico 
Testamento si ebbe venerazione alle spo- 
glie de'giusii, come il ricordato Giusep- 



RCL 

pe, che trasportò le ossa di Giacobbe suo 
genitore in Ebron nel sepolcro de' suoi 
padri. 11 vescovo di Rieti Marini, Memo» 
rie di s. Barbava, p* 1 9 1 1 avverte, che le 
reliquie de'san ti ne'secoli più remoti, ben- 
cliè consistessero in minutissima parte, ed 
anche in poca polvere, non sempre sono 
state denominate reliquie. In un Capito- 
lare di Carlo Magno sono chiamate Pa» 
irocinijs. Gregorio I fiorito assai prima 
e nel 590 in alcune lettere le chiama San- 
tuari. Presso s. Gregorio Nisseno sono 
dette reliquie de'santi il velo o pallio che 
fosse stato appostoal sepolcro di qualche 
santo , come anche si dicevano reliquie 
YOlio {F",), la cera (di cui a Candela ), 
che ardevano quali Lumi [F,) su Lam» 
pade o Candellieri. (F,) avanti le stesse 
reliquie, non che la polvere raccolta al- 
l'intorno che davasi agl'infermi, l'erbe e 
i Fiori (F,) che avessero toccato il sepol* 
a*o o Memoria (F) de'santi; cose tutte 
che si tenevano in gran venerazione dai 
fedeli, e tuttora per divozione si prende 
l'olio dalle lampade che ardono innanzi 
alle reliquie o alle sagre Immagini{F^, 
come notai a'citati e altri articoli, siccome 
riputato sino dalla rimota antichità effi- 
cace a guarire miracolosamente i mali e 
liberare dal demonio gli ossessi. L'anna- 
lista Rinaldi che riporta copiose e impor- 
tanti nozioni sulle reliquie de'santi, dice 
che è antichissimo l'uso di nominare cor- 
pi santi le reliquie de'martiri, eche non 
si prendevano dagli accoliti , ma da' so- 
li preti: produce diversi esempi, che nei 
luoghi incendiati les. reliquie restarono il- 
lese. Anticamente de'corpi de'santi nulla 
toccavasi, e soprattutto questo era il co- 
stume delia chiesa romana, lo che rimar- 
cai in piti luoghi. Per appagare la divo- 
zione de'fedeli, che si portavano in Roma 
da rimote regioni e chiedevano qualche 
sagra reliquia, loro non davasi che qual- 
che velo a fascia che soltanto avesse toc- 
cato il sagro corpo d' un Martire (F,) 
e dicevasi Brandeo e Orario* K celebre 
la risposta che fece s. Gregorio I all'im- 



BEL 

penilriec Gislanlina quando gli mandò 
a chiedere la testa di s. Paolo, della qua- 
le eoo diffiinone parlai a FBocBssfoRB, 
onde non le accordò die il brandeo, e la 
avvertì che' dovea venerarlo come se fos* 
le ta lesta dei tanto apostolo , adducen- 
doie in prova il miracolo, che per altro 
brandeo si vide ai tempi di s. Leone I, il 
quale perchè alcuni greci dubitavano in- 
torno a querti veli, il Papa ne tagliò uno 
GoUe flirbid e ne usi» sangue, come nar- 
rai Del voi. XU, p. 262, raccontando di 
altro simile prodigiooperato dallo stesso s. 
Gregorio I con un brandeo, del quale trat- 
tai ancora a Fehestbìsllji, eh eru quelita • 
pertura che bcevasi sotto le Confessioni 
(J^.) degli altari per calare tali ?eli, acco* 
standosi alla cassetta o arca delle reliquie, 
quindi si mandavano i braodei dai Papi 
in dono a qualche gran principe, non so* 
lendosi allora permettere da Roma in ve* 
mna guisa la traslazione delle s. reliquie 
tnute con gelosa venerazione e come teso* 
ri ittestimabìli. Dice inoltre Marini , che 
anticameutesi disse corpo quello che non 
non una reliquia, onde leggiamo 
corpi d'un medesimo santo in più 
luoghi, essendosi presa una porziono per 
r intierOi ovvero si diede il nome di cor- 
po a qualche principale parte di esso. La 
diflEerenia fra il corpo e propriamente la 
reliquia, ben la dichiarò Benedetto XIV, 
De caneim, ss. lib. 4$ p<^) <:3p> 6. i'ar« 
landò s. Gandenzio vescovo di Crescia dcl« 
Is reliquie degli stessi ss. Quaranta mar* 
tiri , disse poriionem reliquiaritm siimi' 
autf , dnihìinos minus possidere con- 
fidimus, dum tctos' quadraginla in siiìs 
fariilis houorantes ampkctimiir ... pars 
ipaa, quatti mertiimus, pieni tudo est. Os- 
serva Marini , che quando Dio dispone, 
che una città fiiccia il prezioso acquisto 
dd corpo di qualche santo, viene ad av- 
vertirla di specchiarsi nelle virtuose a- 
lìoni dallo stesso operate, abborrendo il 
viùo eaoaaodo la virtò. Borgia nelle /Vie- 
morie di Bettei*ento t. i, p. 1S9, parlan« 
do del saotuai'io di s. Michele arcangelo 



REL 107 

in Monte Gargano presso Manfredonia, 
diceche le sue reliquie presto s'incomin* 
ciarono ad usarle perdedicare a Diochiese 
sotto l'invocazione dello slesso santo, cioà 
quereli che si ponevano sull'altare o pie- 
tra ove apparve tal principe della corte 
celeste, appellati nelle vecchie carte pi/« 
Itola, brandea, sancUiaria , palrocinia » 
avvertendo anch' egli che le reliquie dei 
santi nominate ne' monumenti de'primi 
secoli, vanno d'ordinario intese per que* 
sii veli, cere, olii, terra e cose simili, trat- 
te dai loro sepolcri, e non già per ossa, 
come porta il costume d'oggidì. S'intro- 
dusse quindi una formola colla quale i 
Papi ordinavano che si dassera delle re- 
liquie di s. Michele a coloro, che avendo 
edificato a proprie spesealcun tempio, po- 
tevano poi solennemente consagrare aDio 
in memoria del s. Arcangelo, le quali for- 
mole sono nel libro Diurno. Per questa 
reliquie s'intesero, il pallio o brandeo, la 
detta pietra , e la terra della grotta del 
Monte Gargano. In grandissima venera* 
zinne furono i brandei posti sulle tombe 
de'principi degli apostoli, come dichiarai 
a Chiesa DI s. Pietro m Vjiticaro, a Caia* 
sjk DI 8. Paolo fella via Ostiense, a Li- 
MiJVA AposTOLORUMC relativi articoli, co- 
me a s. Pietro e s. Paolo (/^.) parlando 
delle reliquie de'lorocorpi. Oltre i bran- 
dei, i Papi solevano per distinzione e in 
segno di paterno affetto donare a' sovra- 
ni, potenti personaggi, chiese insigni e ve- 
scovi l'imotij Ta limatura delle C^/e/ier/i 
*. Pietro (F.) e di s. Paolo in teche chea- 
veano la forma di croci e piìioixiinarin* 
mente di Chiavi (F.) d ora, che per ren- 
derle più pregievoli ponevano prima di 
spedirle sopra la tomba di s. Pietro, ov- 
vero /énelli delle catene di s, Pietro (F.): 
ì quali, le chiavi o croci i memorati per- 
sonaggi solevano portare appese al col- 
lo. Osserva Severano nelle Memorie sa- 
g/ie, p. i47) (^he ciò fecero i Papi, perchè 
non lasciarono partir da Roma alcuna 
minima particella delle reliquie de'santi, 
e solo per soddisfare la divozione di quei- 



io8 REL 

li che ne facevano istanza, concedevano 
ideiti veli o brandei, e limature. Noterò 
che alcuni Papi dierono a quelli che ri- 
chiesero rcliquie^un pugno della terra del 
Co/o55ffo(/^.)comechè inzuppata deìSan- 
gue(P^,) de'martiri. Gli stessi Papi man- 
darono per «agro donativo gli Agnus Dei 
di cera benedetta (V,) che si annoverano 
tra le reliquie, i quali originati nel 1 V o 
V secolo, operarono per virtìi divina non 
pochi miracoli; ne parlai ancora ne' voi. 
IX, p. 35, XI, p. 2366287, dicendo che 
furono posti nelle fondamenta delle chie- 
se, ed a Exulut^ a Cereo pasquale (/^;), 
dicendo che ne' primi tempi si formava- 
no con esso^ e dai Papi s'introdussero per 
eliminare le figure superstiziose che usa- 
vano gli antichi, onde si portavano al col- 
lo, come si fece degli Amuleti^ Fdatie" 
rà (^.), talismani e simili, per preservarsi 
dai Malefizi (^.). Soprattutto e fiiuo dai 
primi austiani furono e sono nella più 
gran venerazione le reliquie insigni di Ge- 
sù G*isto e della B. Vergine, delle quali 
trattai a'ioro articoli, come de'luoghi ove 
si conservano, cioè Croce, Titolo, Sah • 
GUB, Chiodi, Corona di spine, Volto san- 
to. Lancia, Canna, Sponga, Presepio ec, 
Anello della B. Vergine, di cui meglio 
nel voi* Lll, p. 147 e 178, Cintura ec, e 
altrettanto del Redentore che della sua 
divina Madre. Menochio nelle Stuore t. 
I , cent. 4} cap. Sj discorre: Di vane re- 
Uquie della B, Vergine che in diversi Ino» 
giù si ritrovano. Di queste^ dì quelle del 
&UO divin Figlio, come di quelle de'»$Vf/t- 
ti e Beati (/^.), parlo ne' luoghi princi- 
pali ove esistono nelle chiese e santuari 
o alle loro biografie. Sarà bene qui pro- 
testare che la chiesa di Gesù Cristo men- 
tre ci fa sapere essere un atto di religio- 
ne l'onorare i santi, i beati e le .loro reli- 
quie, massime in que'luoghi, dove è reso 
ad essi un culto particolare, non intende 
d'impacciarsi nelle pretese rispetti ve del- 
le chiese particolari, quandociò non nuo- 
ce alla fede né da una parte né dall' al- 
tra; ma coir ordinaria sua saviezza ella 



REL 

lascia ai suoi figli la libertà di credere 
quanto la ragione e l'autorità rendono ad 
essi più probabile, come giudiziosamen- 
te osservò Tillemont parlando delle (}ue- 
stionate reliquie di s. M.^ Maddalena, not. 
I. Nella basilica Vaticana sono le reliquie 
maggiori ^ della vera Croce , della sagra 
Lancia, deL Volto santo o Veronica , a- 
vendo trattalo del luogo ove gelosamen- 
te si conservano e quando se ne fa V O* 
stensione^ al quale articolo dissi dondede* 
riva la mostra delle reliquie, ne' voi. II, 
p. i32; VIH, p» 317 ; IX, p. 33, oltre 
quanto narrai parlando di ciascuna di 
dette reliquie maggiori, essendo rigorosa- 
mente vietato il venerarle da vicino , co- 
me dirò a Volto santo, per cui se fu con- 
cesso a qualche sovrano, il Papa lo di- 
chiarò prima canonico vaticano sopran- 
numerario e vi si recò ad appagare la sua 
divozione colle vesti corali. Non deve re- 
care meraviglia se il prezioso precipuo 
istromento di nostra redenzione , la ss. 
Croce, cui la Chiesa venera con partico- 
lare culto nel venerdì santo e nelle due 
sue feste, si trovi tanto nelle sue reliquie 
diffuso per tutto il mondo, perchè attesta 
s. r«iolino néVEpist. 2, che anticamen- 
te da tutte le parti del mondo andavano 
ì fedeli alias, città di Gerusalemme {V.)^ 
per adorarvi le memorie dell' umana re- 
denzione, e non ostante che ad ognuno si 
concedesse una particella del sagrosanlo 
Legno , con tutto ciò per divina virtù e 
con istupendo miracolo la ss. Croce pun- 
to non si scemava, ma rimaneva sempre 
nella sua grandezza. I nemici delle san- 
te reliquie sagrilegamente si scagliarono 
anche contro la ss. Croce , come i Cen- 
turiatori di Magdeburgo , cui fecero eco 
Salmazio, Lutero, Calvino ed altri empi. 
Vedasi Calogerà L^S^Dissert, Imago D. 
N, Jesus Christus Crucifixusj et. 39^ 
Osservazioni sopra un* antica tavola gre- 
ca in cui e rinchiuso un insigne pezzo 
della Croce di 6r. C. del p. Costadoni , 
oveap. 2o3 si parla della moltiplicazio- 
ne meravigliosa del s. Legno, seguita nei 



RÉL 

primi tempi ddla Chiesa, f»lle autorità 
di •• Cirillo vetooTO di Gerusalemme^ di 
Toatic monaco che ne poUilicb ie opere, 
del nominalo s. Paolino nella Epist.Zi 
adSèvenmif9dì altri. Betutnif Hist, dei» 
teresh, racconta che l'eresia rea Aianete 
oo'suoì manichei nel secolo 1 II detestò le 
reliqaie da' martiri come parto del Dio 
ciUivoe tniìitìt Feste Ansanti f'F.),chia* 
■Modo Idolatri quelli che li veneravano. 
Varioffo Eunoroio co'suoi eretici eyno- 
■utffu nel secolo IV abomiub le chiese e 
le rdiqoia de' santi, asserendo essere in- 
cantesimi di Magia (F.) i loro Mirate* 
U{F.). Nd secolo Vili insorse l'eresia 
d^l'/eoNOc/tSfft' f f^.), di cui fu crudelis* 
Mao fiuilòre Tempio Leone imperatore, 
dw Doo solo inveì contro il culto delle 
WÈgr^ immagini (F.) de' santi, ma pi*oi- 
la invooarli e venerara le loro reliquie, 
ordinando che si calpestassero e con ogni 
torta d'ingiuria sì oltraggiassero, in op« 
posiaione all'antichissimo e pio costume 
dcHa Chieso, ed agli esempi degli ebrei e 
di altre mitioni; imperocché il Culio(F,) 
pKslalo dai cattolici alle reliquie de'san- 
ti non ai fierma sull'oggetto slesso, ma i 
rdativo all' eroe cristiano, che già è di- 
vtnolo compreusore della celeste gloria, 
onorando in lui Dio stesso come causa 
mica della sua santità e della sua glori- 
ficazione ; non adorandosi con culto di- 
vino, uè invocandosi con implorazione di 
Bre/jkiera (^•)> come disse s. Girolamo 
eontro l'eretico Vigilando, atiro ardito 
iaipDgiMilore delle s. reliquie, sed minore 
chÀk veneramur, quam sanctorum Spi' 
rjhiff, nedum quam Deum ipsum. Nella 
lettera di oonfiitasione il dottore s. Gi- 
niaoM Intciò ai fedeli bellissimi e impor- 
tmti documenti sulla fede e disciplina 
Uht cdiieaa cattolica durante le prime e- 
ti. Schio essi pregievolissimi , perchè ci 
forgpno le armi per combattere le opioio- 
aicrroneède'moderni eretici, che ripi*en- 
dono i oattolià d' idolatiìa, perché pre- 
stano oisequio a'sagri avanzi degli ami- 
ci di Dio. Preicindendo dall'idea religio- 



REL log 

sa, la stessa natura é quella che c*in«egiia 
ad amare la memoria di que' die ci fu- 
rono così cari in vita o a cui dobbiamo 
gratitudine , e presso gli antichi contri- 
buirono a\VIilolatfia(F,), segnatamente 
pergi'/€/o&'(/^.)chiamali Deipenad^ La» 
rif Mani(F,)f e femigliari o domestici, 
che onorarono in tanti segnalati modi. 
Già toccai come dalla sagra Scrittura 
si apprende la cura gelosa ch'ebbero i 
primi patriaixhi per le spoglie mortali 
de'Ioro maggiori; che l'istesso Iddio ono- 
rò le ossa di Mosé; Davide benedisse gli 
abitanti di Jabes-Galaad pegli onori resi 
al corpo di Saul suo competitore; Josia 
nell'abbattere gl'idoli e nel disperdere le 
ossa de'Ioro veneratori, fece conservare 
onorevolmente quelle d'alcuni profeti; 1- 
saia predisse glorioso il s. Sepolcro (F,) 
del Salvatore, solo perché avrebbe toc- 
cato il di lui corpo; coi quali esempi e 
con infinite testimonianze de'ss. Padri, 
presso Bellarmino, De reliquiis sanctO' 
rum lib. a, e. 3, viene comprovato il cui- 
todellesagre reliquie, d'antichissima tra- 
dizione de'tempi apostolici, onde menti- 
scono i calunniatori eretici e protesi nnli 
nell'asserire introdotto nel V secolo. Dal 
popolo di Dio passando alle nazioni gen- 
tili, questa cura fu costante presso gli e- 
gizi, de'quali parlai a Egitto |ìer la so- 
vercliia diligenza ueW Imbalsama re (F.) 
ì cadaveri, nnorai*e e seppellii*e i loro De» 
funti (^.). Presso i greci le memorie dei 
loro trapassati furono in pari onore, e ne 
registrai in tanti luoghi le testimonian- 
ze; mentre pel monumento eretto da Ar- 
temisia al consorte Mausolo, i magnifici 
sepolcri presero il oomedi Mausoleo(F,): 
tanta fu presso ai greci la venerazione al- 
la memoria de'grandi uomini trapassati, 
che Cicerone fece dire ad Attico, diedi 
tutte le meraviglie d'Atene ninna cosa 
tanto gli avea fatto impressione, quanto 
le tombe de'grandi uomini. Riporta Gua- 
sco, / riti funebri, che morto Menandro 
ottimo re de' battriani, i sudditi princi- 
pali ne raccolsero le ceneri , ed avendo 



i 



no REL 

ogouao di èssi esposte a gara le ragioni 
che avea dì fersene possessore, fìnalraen- 
te posero termine a sì bella ed onorata 
contesa, con sentenziare che si dovessero 
dividere fra tutti i pretendenti, affinché 
presso d'ognuno rimanesse la memoria 
del suo amatissimo principe. Gli etruschi 
non furono ad essi inferiori, e le belle sco- 
perte fatte a^nostri giorni de'loro sepol- 
cri ne sono irrefragabile testimonianza, 
co'monumenti e vasi de'quali Gregorio 
XVI potè formarci i prezioso ^f^seo- Gre- 
gori ano- Etnisco (/^.). Le tribCi indiane 
nelle loro trasmigrazioni portarono seco 
le ossa de'loro padri. Presso i tui*chi a 
fianco delle loro splendide Moschee (F,)^ 
hanno 4 loro cimiteri tenuti come giar- 
dini amenissimi, come notai a Cimitebi, 
e dove di continuo si recano a riverire 
le ossa de' Morti (/^.). Nel cristianesimo 
sempre si rispettarono le spoglie de'fe- 
deli defunti, che ravvisando in esse al- 
trettanti templi dello Spirito santo fu- 
rono tumulale anche nelle Chiese (^.), 
dove si offi'ono i tremendi misteri e s'in- 
nalzano cantici e profumi a Dio onnipo- 
tente come a sua casa. Universale fu sem- 
pre presso tutti i popoli di tenere in ono- 
re gli oggetti appartenuti a persone ama- 
te per parentela e amicizia^o stimate per 
ìk celebrità delle loro gesta e dottrina, 
sovente pure per la sola elevata posizio- 
ne sociale, e qualche volta perla loro sin- 
golarità, per gli errori, pe' vizi, pei deli Iti, 
ovvero perché siffatti oggetti ricordano 
fatti storici e aventi relazione con avve* 
BÌmenti o epoche memorabili. Le città 
stesse conservarono con onore le armi dei 
famosi guerrieri, appendendole talvolta 
ai templi de'numi. Siavea rispetto pres- 
so gli antichi per un altro genere di re- 
liquie; erano queste i capelli, per memo- 
ria di chi erano appartenuti, ciò che tut- 
tora si osserva anche dai cristiani. I ro- 
mani conservavano il fuso e la conocchia, 
contornata ancora di lana,diTanaquilla 
moglie di re Tarquinio Prisco; Ja qua- 
' driga di Creta re de' veienti, le ceneri d'O* 



REL 

reste, lo scettro di Priamo, il velo d'Ilio- 
ne, gli Anelli o Scudi, il Palladio o simu- 
lacro di Troia e altre cose, la cui con- 
servazione supei*stiziosamente assicurava 
la perpetuità del romano impero, illu- 
strate con belle erudizioni da Cancellieri: 
Le sette cose fatali di Roma, A Funera- 
le riportai come gli antichi romani e al- 
tre nazioni onorarono i morti. La lucer- 
na d'Epitetto fu venduta a gran prezzo, 
in pssequio di quel filosofo cinico. Nel- 
l'epoca dell'impero romano anche per a- 
dulazione si serbavano delie reliquie, co- 
me fece L. Vitellio insigne adulatore del- 
la corte imperiale, che portava solto la 
toga i calzari dell'infame Messalina e spes- 
so con grande affetto li baciava. Ad e- 
sempio delia remota antichità, anche nei 
secoli a noi prossimi e fino ai nostri dì 
si sono conservati nelle città e paesi ci- 
vilizzati oggetti d'ogni sorta, serviti al- 
l'uso di uomini più o meno celebri, e tal- 
volta apprezzati dagli uni ed esecrati da- 
gli altri. 1 magnifici palazzi de'reealtri 
principi, i monasteri e abbazie rinoma- 
tissime abbondano di ragguardevoli og- 
getti, quantunque di loro natura sieno 
stranieri al culto religioso. 1 musei, i ga- 
binetti, le biblioteche. sono altrettante 
custodie gelose, che guardano sì preziosi 
monumenti. Nella patria di Petrarca ai 
tempi di Orsato si conservava la sua se- 
dia e . un mobile, ed anche lo scheletro 
del gatto che avea amato. In molti luo- 
ghi d'Italia si serbano vari oggetti d'uso 
dell'Ariosto e di altri sommi poeti. A Pa- 
rigi ne'musei vi sono molte memorie di 
grandi uomini, e l'attuale presidente del- 
la repubblica francese sta formando un 
museo nazionale di tutto ciò che sia ap- 
partenuto ai dominanti di Francia. Nella 
biblioteca d'Annover èia sedia sulla qua- 
le mori Leibnitz. A Ferney si andava a 
vedere la casa del miscredente Voltaire^ 
richiedendosi per memoria le cose più in- 
significanti. In Inghilterra vi sono molti 
cappelli servili a Napoleone, e delle penne 
con cui segnò l'abdicazione a Fontaine- 



REL 

blean ; Wllre memorie del gran geoio to« 
no in Russia e altrove. Gli oggetti ser- 
viti all'eresUirGa Lutero sono tenuti in 
venerauoiie da quegli stessi protestanti, 
che ooDtraddicono col fatto a ciò che op« 
poogoDO ai cattolici sul culto delle reli- 
qoi«; altrettanto dicasi di altri acattolici 
per le ooae appartenute ai fanatici capi- 
pirfe delle pretese riforme.Tal volta i pro- 
testanti e altri settari intrapresero pel* 
Icgrìnaggi, per venerare tali oggetti o vi- 
àtere le abitaiiont domestiche de'loro e- 
roi noTStori ; stropicciandone le pareti, 
porfaTano seco il calcinaccio e la polvere 
come rimedi salutari per ogni infermità. 
Kd voi. I , p. 453 degli Annali dcUescìen* 
le neHjgroae a/ serie, sotto la categona /?e- 
Spiegai legge: » Secondo le gazzette in- 
||Ìc8Ìil principe Alberto (marito della re- 
gina regnante d'Inghilterra) ha compe- 
talo il veatito di Nelson, quello proprio 
di*ei portava nella battaglia di Trafalgar 
(aafale del 2 1 ottobre i8o5, vinta sulle 
flotte gallo-ispane), per 1 5o lire sterline 
osna 38oo franchi, e & ora conservare 
qacsia reliquia nell'ospedale degrinvali- 
di della marina. Un esemplare del De» 
tmmarone di Boccaccio stampato a Ve* 
iena nel i47i andò in una vendita pub- 
bRea aaa6o lire sterline; e un volume 
cai nome di Shakespear segnato di ma- 
aa propria venne a costare lao lire ster- 
Eafc La sedia di appoggio di avorio che 
k città di Lubecca donò al re di Svezia 
Gustavo Yasa, fu vendutanel \%Zi per 
58,ooo fiorini; e l'abito che Carlo Xlt 
ia£Svesia portava alia battaglia di Pui- 
lava (vinta daPietro I il Grande), nel 1 82 5 
cpitbaayOOO sterline ossia 56o,ooo ^n* 
chi al eompratore.Nel 18 16 lord Shaft- 
bary per nn- dente di Newton pagò 780 
tefiaL In occasione del trasportamento 
digli avanci di Abelardo ed Eloisa, fu vvi 
iaiiigleaeche offerì per un dente di que- 
faltana 1 00,000 franchi . Per contrario 
tatto inteto U teschio di Cartesio a Sto- 
cobi eoatò soli 99 franchi. A Parigi un 
hiitonc di Voltaire fu venduto per5oo 



REL 111 

fi*anchi. Una vestedi Gian GiacomoRous- 
seau fu pagata 959 franchi, e il suooro« 
logio di ottone 5oo franchi. Una vecchia 
paiTuca di Kant trovò un amatore per 
loofranchi, cuna similedi Lorenzo Ster- 
ne salì a 200 ghinee. Fuvvi chi comperò 
le due penne con cui fu sottoscritto il ce- 
lebre trattato d'Aroiensper 13,750 Tran* 
chi. Il cappello che Napoleone portava 
a Eyiau (in cui vinse i russi e prussiani) 
fu venduto per 1920 franchi. Tutto que- 
sto ha da essere, ben s'intende, giusto e 
lodevole: ma se poi i cattolici hanno in 
onore le reliquie de' santi, tosto si grida 
superstizione! " In vece di deridere, co* 
me fònno alcuni, i protestanti per cotali 
enormi contraddizioni, meglio è compas- 
sionarli per la loro cecità, e dimostrare- 
ad essi, che altro é il fine di noi cattolici 
nel venerare le reliquie de'santi. Gli uo- 
mini che ci hanno lasciato quelle spoglie 
non sono del genere de'primi. Essi non 
solo furono in questa terra cari, stimati, 
sapienti, potenti, coraggiosi, virtuosi,am- 
mirabili agli occhi dei mondo,ma furono 
eziandio gli amici di Dio, di cui oggi so- 
no i comprensori in Paradiso. Le loro 
tombe non sono per noi oggetto di cu- 
riosità superstiziosa, ma bensì miniere 
inesauste di grazie^ di prodigi a vantag- 
gio spirituale e corporale deTedeli, e ve- 
nerando le loro sante ossa, ci rendiamo 
meritevoli della loro possente protezio- 
ne, mediante la quale otteniamo da Dio 
la grazia d'imitare le loro virtù, e di po- 
tere un giorno essere loro compagni nel- 
l'eterna beata vita.L'ab. Essiinger, illu- 
stre convertito al cattolicismo, nel 1882 
pubblicò: Apologia della religione caU 
tolica tratta dagli scritti de* protestanti 
principalmente alemanni ed inglesi, col- 
le loro più importanti confessioni. Se ne 
legge l'analisi nel voi. 2 degli Annali ci- 
tati i .'serie, ove a p. 372 si tratta dell'in- 
tercessione, invocazione e culto de' san- 
ti, delle reliquie ed immagini, lequali si 
devono venerare per confessione degli 
stessi protestanti. Nel voi. 5, p. 282 si 



112 REL 

pai-la della confutazìooe deH'einpie dal* 
trine di Collio de Plancy intorno a que- 
sto punto, fatta dal dotto p. Puugileooi 
conventuale, contro l'irreligioso Dìction» 
naire critique des reUques et des images 
miracuUuses, In questo Plancy cavò dal* 
la poi vei*e il Trattato delie reliquie ò\ Gìo* 
Tanni Calvino eresiarca, ne trascrisse le 
bestemmie, ve ne aggiunse delle peggio* 
ri, ed infiorò il suo stile di quella sedu- 
cente satira, che manca nello stesso Cai- 
Tino. Ne'primi tempi della Chiesa non tra 
permesso il dividere ì corpi dé'santi, non- 
dimeno furono oggetto di veneraEione 
anche le loro ceneri. Noterò che questa 
premura deTervorosi cristiani di venera- 
re le ceneri f\Q*$&, Martiri fu arditamente 
tacciata |>er superstiziosa dagli eidetici, che 
per derisione e per contumelia solevano 
chiamarli col soprannome di cineraru. 
Dopo la morte di s. Gregorio 1 comincia- 
ronsi a venerare le ossa de'corpi de'mar- 
tiri, come se fossero stati interi; ma Plan- 
cy non fece distinzione fra l'uso e l'abu- 
so, il I.* approvato, il 2.® giammai au- 
tenticato dalla Chiesa. La Chiesa non pre- 
tende che si adorino nudamente pezzuoli 
di tela^ di metallo o di marmo figurati^ 
ma li propone come copie originali par- 
ianti più all'animo che all'occhio, e l'a- 
nimo bene istrutto apprende esservi la 
Dio solo una santità essenziale, da cui la 
santità de'suoi servi deriva. Qui meglio 
dichiarerò che per le reliquie de'santi s'in- 
tendono non solo i corpi o qualche parte 
del corpo, ina t capelli, le ossa, la carne» 
il sangue, il grasso, i denti, le ceneri, le 
polveri, le veslimenta, e qualunque altra 
cosa che possa aver ad essi servito in que- 
sta terra; parimenti i panni e i veli coi 
quali i loro corpi e ossa fossei*o state av- 
volte e le avessero toccate. Di queste re- 
liquie alcune si dicono insigni, e per tali 
si ritengono il capo, braccia, gambe, ov- 
verà quella parte del Goi*po nella quale 
il santo ha palilo qualche tormento e de- 
ve essere intera. Nel voi. 8 de'medesimi 
jinnalijf, i o3» sono riportate lestimot- 



REL 

niante de' padri armeni sul culto delle 
reliquie de'santi, cioè d' Abramo Maini- 
ouiiese vescovo armeno nel Y I secolo: >» Se 
poi qualcheduno dubitasse per i ss. Mar* 
tiri, dovrebbe persuadersi neirudire che 
in molti e remoti luoghi le reliquie di cia- 
scun martire sono sparse, come quelle di 
s. Pietro apostolo, da Roma nell'Arme-* 
nia e nell'Albania orientale. Ovunque so- 
no delle reliquie sacre ci è appresso la gra- 
zia di Dio> che esaudisce i voti de' sup- 
plicanti e retribuisce secondo il bisogno 
di ciascheduno. Perchè mai invochiamo 
ad intercessione i ss. Marlin, e non sup- 
plichiamo piuttosto il medesimo Iddio? 
Perchè siamo pieni di confusione pei no- 
stri peccati, e non abbiamo coraggio di 
avvicinarci a Dio: ed è perciò che ci pren- 
diamo per intercessore il merito de' san- 
ti, che furono templi dello Spirito santo. 
Oggi si celebra la memoria de' santi, le 
reliquie de' quali sfolgoreggia uo nella 
Chiesa: per mezzo di queste preghiamo 
il Signore. Eglino sono stati templi dello 
Spirito santo, e le loro ossa sempre v i- 
venti SODO medicina degl'infermi. Ci pro- 
striamo innanzi alle reliquie permanenti 
del campione di Gesìi Cristo e venerabil 
martire, il quale è gloria pel mondo, ed 
intercessoi*e per noi. Nel tempio vostix> 
santo adoriamo le vostre reliquie; glo- 
rifichiamo il giorno della memoria del 
vostro riposo. *' Sempre i Papi con zelo 
e impegno vegliarono control diversi a* 
busi, che l'umana malizia di tempo in 
tempo ha tentato d'introdurre con reli- 
quie indecenti o sospette, pegli scaltri 
spacciatori di fiilse reliquie, come rilevò 
Cancellieri, Memorie delie sagre teste ^ p. 

1 3 e 49* 

A Mabti^b ne distinsi le specie, dai 
Confessori della fe€Ìe{y.)y cbe soffrirono 
i tormenti e la morte per Gesìi Cristo ed 
il suo Evafigtlo(F,), Che i cristiani pri- 
mitivi ne imbalsamavano i cadaveri con 
preziosi arami e profumi, attestando Ter- 
tulliano tìeW Apologetico^ che maggior 
dispendio si faceva in questo pio uso dai 



BEL 

cristiani, che non dai gentili per l'onore 
dei loro idoli; inoltre premurosamente ne 
raocoglieTanoMl sangue. Indi vestiti col 
Coiobio (f^) li riponevano ne' Cimiteri e 
Caiacombeoin sepolcri chiamati memo- 
riti sui quali si celebrò la Messa (f^*)y 
ooofermandone l'antico uso s. Felice I del 
a79;*OTvero si posero i loro corpi sotto 
gli ^leiinY^*^» donde derivò l'uso di con- 
Migrarli colla Pietra (F'^jsa^va sulla Men- 
sa (^«X *n cui si racchiudono le reliquie 
de'mnli approvate dal vescovo. Antica- 
mente il Patiotto (F.) era una cortina 
che ai poneva avanti l'altare, per impe- 
dire che la polvere penetrasse nella cassa 
delle reliquie. V. Oratorio privato, e 
UÙmu^lnquoddam altare portatile epi- 
tlolàns dissertatio^ presso Ca logerà t.46 ; 
ed il PoniificaU Romano^ De altaris con* 
ieeraibmt^.cujus sepulchrum reliquia» 
tòum est in medio summitatis stipi tis; De 
éUaris portatilis consecratione, A Mar- 
TiBB dini ancora dell'uso d'imporre i no- 
ni ai martiri , di cui s' ignora come si 
cfaìamarono; su di che può vedersi Sar- 
neliip LeiL ecd. t. 4, lett. 34- Che dai cor- 
pi de'aanti uscì talvolta olio o altro umo- 
re miracoloso, come per diversi narrai 
alnoghi loro, così della manna che esce 
dalle oaai^ di s. Nicolò di Bari (^.). Co- 
BWi^ìncomìnciò a prestare ai martiri so- 
lenne culto, già in consuetudine ne'primi 
3 secoli, e che nel I V principiò quello de- 
gli altri -aanti. Che s. Gregorio I tolse l'a- 
baso dì. seppellire i morti nelle chiese, e 
di fidd>ricar queste ov'erano stati sotter* 
iiti caidaveri^ pel pericolo di confonde- 
re Icf oan profane colle reliquie de'mar* 
tiri, presso i quali i cristiani amavano 
di Arai seppellire. Dei simboli e segni 
per oonoicere i martiri. Che per la loro 
vmcrauone nel IV secolo, per le loro fe- 
lle grande era il concorso per vederne e 
posnlnlmente baciarne le reliquie, dalle 
9Dali visite ebbero origine i sagri Pelle' 
|niiiiggF(^.)per venerarne i Limina(F,), 
Borgia nelle suddette Memorie di Bene- 
vauo t. 3, p. 67, come segretario della 

▼OL. I.YII. 



R£L ii3 

CongregazionedeWindulgenzeesagre re- 
liguie (^.), volle fare alcune riflessioni 
sul bacio dato alle sacre ossa nude de'ss. 
Gennaro, Festo e Desiderio, come si espo- 
nevano alla divozione dcTedeli in Bene- 
vento. Fu certamente abuso de' vecchi 
tempi, prima del solenne divieto fattone 
nel concilio di Laterano nel 121 5, il mo- 
stratte talvolta nude le reliquie de' santi; 
ma il darle poi a baciare fu costume presso 
che peculiare della chiesa Beneventana, 
essendovene esempi di altri corpi de'san- 
ti nel 1 1 19, e di s. Barbato nel 1 1 ^4 per 
le loro invenzioni o ritrovamenti, onde 
riporle in luogo piii decente. Il Moretti, 
De rltu ostensìonis sacrarum relìquia' 
rum (il Supplementum Dissert, è infine 
della DisceptatiOy De ritu variandicho' 
rale indiimenlum) cap. 39, riporta altro 
esempio di dare a baciar nude le sagre 
reliquiedel 1 120, nel monastero di s. Pie- 
tro Vivo, sebbene conchiuda che furono 
esposte e baciate chiuse denti-o le loro 
teche o Reliquiari {F.), Dopo la proibi- 
zione del concilio, tranne i casid'inven- 
zione e ricognizione (per cui ebbi la ven- 
tura di baciar la testa di s. Andrea apo- 
stolo, come notai a Processione, oltre il 
bacio delia mano di s. Rosa in occasione 
che si recò a venerarla Gregorio XVI), 
assai di rado avvenne che nude si mo- 
strassero le sagre reliquie. Che poi nude 
eziandìo si baciassero, dice Borgia che è 
quasi singolare il fatto nel lajS acca- 
duto nel monastero di Corbe ja Nova, al- 
lorché vi giunse maestro Fulcone desti- 
nato da Gregorio X ad accalorar nelle 
Galiie la spedizione in soccorso di Palcr 
stina. Fu questi pregato dai monaci per- 
chè aprisse le custodie delle reliquie, che 
erano state al loro monastero donate da 
Carlo Magno, per riconoscerne la since- 
rilàe i nomi di cia8cuna,ed avendoli pron- 
tamente soddisfatti nel loro pio desiderio, 
le diede loro anche a baciare. In Bene- 
vento poi l'abuso di mostrare le reliquie 
fuori delle loro custodie e di darle anche 
a baciare, talmente vi si mantenne che 

8 



ii4 REL 

d'uopo fu a (Jgone Guidardi nel conci- 
lio provinciale del 1874 di proibire, ne 
antiquae rcliquiae aniodo extra cassas 
nullatenus ostendanlurje a Massimiliano 
Palooibara nel concilio provinciale del 
1 599 di ordinare, die volendosi mostrare 
al popolo le sagre reliquie, non si estraes* 
sero da'Ioro vasi, né si toccassero dai lai- 
cì^t/uods, GregoriussacrUegium esse seri* 
hitj neque eas nudas deosculari liceat^ 
scrisse quel Papa a Costantina Augusta, 
nella lelt. 3o, lib. 4i nel narrarle che i 
ss. Pietro e Paolo aveano represso Tau* 
dacia di chi osò vedere e toccare le loro 
sagre reliquie. Ruinart, Atti sinceri dei 
primi martiri della chiesa cattolica, nel- 
r Orazione di s. GregorioMisseno del gran 
martire s. Teodoro, discorre delta som* 
ma venerazione de'fedeli verso le l'eli- 
quie de'martiri, che ritenevano per som* 
ma grasia di avere la polvere ch'era so- 
pra o dintorno l'urna che le conteneva, 
indi la custodivano come tesoro. 11 giun- 
gere poi a veder svelatamente le reliquie, 
toccarle, baciarle era grazia e felicità as- 
sai rara e data a pochissimi d'un merito 
eminente e dopo lunghissime suppliche. 
Commovente poi è il racconto degli af- 
fetti rìvereniì e delle soavi sensazioni che 
provava il veneratore quando tra le sue 
mani rìceveva il corpo o le reliquie del 
martire che baciava mille volle. L aniio- 
Utora Luchini soggiunge che ladiscipli* 
na degli orientali era diversa, tra 'quali 
si usava pigliare in mano le reliquie dei 
ss. Martiri, di baciarle e di segiuirsi con 
quelle. Roinart inoltre racconta come 
conservate in oriente e occidente le reli- 
quie de'martiri, quanto pregiate e quan* 
to venerate. A BIabtibio, tormento che 
si patisce dai martiri, riparlai de'suoi se- 
gni e della premura ch'ebbero i fedeli net 
ri^icogliere il sangue de'marliri, v«nenv 
iloquestoegl'istromenti del martirio ve- 
nerati dai medesimi. Non solo gl'islru- 
menti del martirio, ma pure le urne dei 
mari-tiri (armarono An tenero oggetto d«l 
culto 4«.'fedeli| come sappiama da &. iiieo- < 



REL 

ne I.£otdettì, Osservaz, sopra i cimiltri 
c.9, p. 3 1 a, tratta della diligenza de'primi 
cristiani nel conservare gl'i strumenti che 
servirono ai martiri di tormento, alcuni 
de'quali conaltre cose che sì credono aver 
servito per tale effetto, si trovano ne' se- 
polcri de'cimiterì. A Catjicombb o grotte 
sotterranee, come tombe de' primitivi cri- 
stiani^ raccontai che coi consueti segni e 
iscrizioni vi furono seppelliti un immen- 
so numero di martiri, massime in quelle 
di Roma, inclusivamente per un tempo 
i corpi de'ss. Pietro e P^o/o, dicendo del- 
le loro Traslazioni (/^.); quindi furono 
le catacombe veneriate come santuari, ed i 
Papi ne estrassero i martiri per collocarli 
nelle Chiese di Roma (P^')^ o per donar- 
ne i corpi a'principi, vescovi, altre chiese 
e luoghi, onde fecero regolamenti pei ca- 
vatori e vi deputarono a presiedere gli 
scavi diversi cardinali della congregazio- 
ne delle reliquie, e il F'ieario di Roma 
(/^.), con diversi ministri, non che il Sa- 
grista (P^.)i confutando le calunnie degli 
acattolici. Narrai a CiiiiTEEiche furono 
detti concilia Martynim, per quelli che 
vi furono sepolti in grandissimo numero, 
onde i primi cristiani e in tempo prin- 
cipalmente delle Persecuzioni (y.)y vi ce- 
lebrarono i Divini uffizi (^.), e poi vi fu- 
rono edificate propinque chiese, o con- 
tigui a queste si formarono cimiteri, pel 
pio desiderio de'fedeli di essere tumulali 
presso le reliquie de'martiri e in seguilo 
nelle chiese stesse. A Cimiteri di Roma e 
sue adiacenze tornai a trattare delle mol- 
te sue catacombe, delle quali diiìcorro an • 
cora parlando delle loro chiese o delle 
strade ove si trovano, come delle tumu- 
laaiooi de'martiri cogli strumenti del pu- 
tito martirio; il peix:hé Papa s. Fabiano 
del ^38 fece molte rubriche sui cimiteri 
o catacombe* A Cbibsì| parlando dell'e- 
rezione de'sagri templi, notai che quelli 
de' gentili ridotti per casa dei vei*o Dio, 
rimasero purgati ecoosagrali colla santilà 
delle venerasde reliquie de'martiri, per 
cifti siocome ilPastbeondìRoma dedicalo 



pHiltiipaliiieate a Giove, per le imitiagìni 
dìMartee Venereoonteniiequeilecli mol- 
ti numi, oosì ». Booi&cio IV volle santi* 
ficarlo con %S carri di corpi de'ss. Mar- 
tiri presi da'dmiteri, e lo dedicò ad essi 
ed alla B. Vei^ioe, ed è la chiesa di s. Ma» 
ria ad Martyres. Dissi ancora delle sa- 
gre reliquie occorrenti per la consagra- 
lione della chiesa, chiuse in una cassetti- 
na per riporleneiraltare prìncipale, avan- 
ti le qaali relìquie in tutta la notte pre* 
cedente alla funzione deve il clero sal- 
meggiare^ quindi nelle ceremonie della 
consagrasione il vescovo pone nel sepol- 
crino dell'altare le sante reliquie. Final- 
Oleate per non dire di altri articoli, a Im* 
KàouB parlai delle sagre immagini dei 
santi e fateti d'ambo i sessi che sono e- 
spoeta alia Tenerauone de' fedeli nelle 
diiaae,edel loro antichissimo e legittimo 
cullo, lodando il pio costume di tenersi 
nelle oaiee nelle pubbliche strade in quei 
labeniaooli chiamati Maestà (^.). Del 
nodocome si devono rappresenterei san- 
ti degli artisti, deloro raggi. Aureola, Co" 
nma^ Diadema e Nimbo {F.)^ cui sono 
ornati, simboli di santità. Come si espon- 
gono sugli altari le reliquie in cassette, 
Qme, reliquiari e busti, fino dal declinar 
deirVIII secolo, del loro culto di dulia. 
Che il eoncilioNiceno II del 787 fulminò 
anatema a chi non venerasse le reliquie 
de'fanti. 

Alle reliquie de'santi si deve prestare 
venemsioneecultocon invocarli a soccor- 
rerci nelle necessità spirituali e temporali, 
porger loro preghiere genuflessi , solen- 
niname la festa con azioni pie, digiuni 
e penileàie. Si erigono chiese e altari a 
Dio aotto l'invocazione e il nome'de'san- 
ti , perebi il culto che à questi si presta 
si riferifce a Dio^ il quale pei meriti e in- 
lereenione de' santi, che è in essi mira- 
bile, ci comparte le grazie. Da ciò deri- 
vano due beni, cioè che dalle orazioni e 
preghiere si ritrae utilità e vantaggio, ed 
esaminando e ponderando le virtù de'san- 
fi siamo indotti a imitarli, comedimostra- 



REL ii5 

no e stabiliscono gravi autori, il concilio 
di Trento e il catechismo romano. Del- 
la venerazione e pregio in cui sempre fu- 
rono tenute le reliquie de' santi, infinite 
testimonianze si leggono ne'Angri scritto- 
ri, come degrinnnmcrabili e grandi pro- 
digi operati da Dio a loro intercessione^ 
solendo la chiesa portarle in Processiona 
per ottenere grazie e il loro possente pa* 
trociniOi A tale articolo dissi die si usa- 
va portare le reliquie sotto Baldacchino^ 
ma tranne le solenni traslazioni^ fu vie- 
tato dalla congregazione de'riti, con ap* 
provazionedi Leone XII, non potendosi 
usare nemmeno l' OmbtelUno (^.), e nep- 
pure per le; reliquie della B. Vergine, a- 
vendo detto a queir articolo che si deve 
al solo ss. Sagramento e alle reliquie di 
Gesò Cristo per consuetudine. Severano 
a p. 577 narra che Numeriano impera- 
tore fece murare l'apertura che condu- 
ceva alla cappella, ove riposavano le re- 
liquie de' ss. Grisanto e Daria , edificata 
da'fedeli nel cimiterio della via Salaria, 
e mentre essi divotaroente la visitavano, 
onde vi restarono seppelliti e martiri del- 
le reliquie de'martiri i ss. Diodoro e Ma- 
riano ed altri molti^ Avendo i Papi ten- 
tato inutilmente di cercare ove fosse il 
tesoro di tante reliquie, neir885StefiEino . 
Y detto VI n'ebbe rivelazione da Dio e 
andò nel luogo coi cavatori, dove egli o- 
rando e quelli scavando finalmente tro- 
varono le sante reliquie. Il Papa entrò 
nella grotta e colle sue mani separò le sa- 
gre ossa dalla terra e dai sassi, ordinan- 
do a Francone che soprastasse ai cava- 
tori e operari acciò non fossero rubate. 
Durarono gli scavi piti^giorai e con tan- 
ta alacrità, fatica e zelo religioso, che i 
cavatori e operari si dimenticavano di 
mangiare per la consolazione che prova- 
vano in adoprarsi a opera sì pia, e pel soa- 
vissimo odore che continuamente esalai 
vano le reliquie che andavano trovando. 
Nelle notti ivi si udivano voci angeliche 
di pei*sone che salmeggiavano e si vedeva 
un grande splendore, ed allora niuno ardi- 



ii6 REL 

va accostarci- Francone vi accese una lain« 
pada che arse 7 giorni e altrettante not- 
ti senza scemar I olio -e ad onta del sof- 
fiar de' venti. Altra cosa memorabile oc- 
conse in questi scavi e separazione dili- 
gente delle reliquie, ed in cui Diodìmo- 
slrò quanta cura abbia de' santi suoi, e 
come sia vero il detto nel salmo 33 : Ca- 
stodit omnia ossaeorum. Avendo un gior* 
no Francone sostituito A dalfredo perchè 
lo assistesse nell'^opera, nella sua assenza 
Adalfredo a consiglio altrui s' indusse a 
rubar parte delle relìquie per cavarne de- 
naro , sapendo quanto \ cristiani avida- 
mente amavano possederle. Tornato alla 
sua casa colle reliquie fu colto da grave in- 
ferra ilà,finchèdopo7 giorni d'atroci dolo- 
ri, chiamato Francone, si gitlò a'suoi pie- 
di, manifestò il furto e restituì le reliquie, 
con quanto dì mirabile riporta Severano. 
Questi racconta ancora conie le sagre i*eli- 
quie furono nascoste in luoghi occulti, 
quando furono rubatee i prodigi accaduti, 
e che la testa di s. Alessio venendo rapita fu 
ricomprata per 5oo scudi. Moltissimi cor- 
pi santi e reliquie furono rubati, massi- 
me ne'prìmi secoli e pe'bassi tempi ; ne 
riporterò diversi furti , che ho ricavato 
dalla Stona de* Papi dì Novaes, meglio 
di divei*si avendo parlalo a' luoghi loro 
colle relative critiche, come de'corpi dei 
ss. Pietro e Paolo rubati dai greci ; di 
quello dì s. Benedetto rapito dai cenomia- 
ni a Monte Cassino (/^.), con quello del- 
la sorella s. Scolastica, traslazione che al- 
tri con pili dì ragione negano , pel fre- 
quente errore o modo di esprimei*sì di 
chiamar parte delle reliquie per corpo. 
Così narrai del rubamento fòtto del cor- 
po di s. Romualdo, portato a Jesi (^.), 
donde miracolosamente si trasferì a Fa» 
hriano ( V,), A Piferno e Fossanvo va par- 
lai del contrastato corpo dis. Tommaso 
d'Aquino; delle quali dispule egualmen- 
te discorro a'iuoghi loro, giacché per es- 
se vi furono anche azioni guerresche e 
rappresaglie. Il corpo dis. llarione fu in- 
volato da Esichio. La testa dì s. Romano 



REL 

abbate da certo Aronne furtivamente fu 
portata a s. Germano d'Auxerre. Alcu- 
ni fi*ancesì rubarono la testa di s. Clemen- 
te martire dal monastero di s. Maria dì 
Costantinopoli e la trasportarono a Clu- 
ny. Il corpo di s. Bertulfo abbate fu ru- 
bato nel Belgio dal bretone Eletto. Nel- 
l'SsSi veneziani involarono in Alessan- 
dria il corpo di s. Marco evangelista, e lo 
portarono a Venezia. Alcuni mercanti dì 
Bari presero a Mira il corpo di s. Nico- 
lò e lo portarono in patria. Un venezia- 
no rubò in Co.<tantinopolì il corpo di s. 
Atanasio, che fu collocalo in s. Croce dì 
Venezia. In questa città sì venera il corpo 
dì s. Rocco, rubato per divozione a Mont- 
pellier da' veneti che vi si recarono pelle- 
grinando. Alfonso V, contro il volere dei 
cittadini, tolse da Marsiglia il corpo di s. 
Lodovico vescovo di Tolosa e lo porlo a 
Valenza di Spagna. 11 corpo dì s. Luca e- 
Tangelista fu rubato nel 1 247 a Costanti- 
nopoli e portato a Brindisi, donde fu tras- 
ferito nel monastero Quieto della diocesi 
dì Nusco, finché un braccio fu portato in 
Bologna. Nel sacco di Roma del 1 527 un 
soldato rubò il Prepuzio di Gesù Cristo, 
tagliatogli nella Circoncisione{F^,),e por- 
tato in Calcata (non Calcula, come per 
errore di stampa sì legge a Orte), ora 
nella diocesi e distretto di Viterbo (V,), 
Due laici trinitari rubarono in Roma il 
corpo di s. Giovanni de Malha e lo por- 
tarono nel i655 a Madrid. Il corpo del 
b. Pacifico da Ceredano fu portato furti- 
yaroente in patria, ma senza un braccio, 
perché alzandolo il beato nel passare per 
Mortara, l'ottennero le monache di s. 
Chiara per loro. Nel voi. XL, p. 286 par- 
lai della miracolosa traslazione del corpo 
delb. Gìrio, e di altrein altri luoghi. Que- 
sti rubamentì di reliquie derivarono dal 
concedersi ne'prìmi secoli difficilmente, o 
perla vivissima divozione che si avea ver- 
so il santo di cui s'involavano le spoglie» 
come pure pel gran fervore e desiderio 
dì arricchire le nuove chiese con qualche 
corpo dì santo, il Menochio, Stuore t. 2, 



REL 

ceni. 65j tratta: Quanto fossero soUedd 
amiicamGUe li Pontefici j che non si por- 
tasterò le reliquie fuori della città di Re* 
wuu In questa ve ne fu sempre dovisia, 
00019 dimostrai descrìvendone le chiese, 
nelle biografie de'santi e beali, ed arti'^ 
coli relativi: fira le opereche trattano dei- 
lereliquièjdi cui la metropoli del cristia- 
aesimo i tanto copiosissimamente ricca, 
alerò Piana, 'Emerohgìo di Roma cri* 
sttana^ ecclesiastica e gentile. La nuova 
Roma o GMtantinopoli non volendole es« 
sere inferiore per la trasferita sede impe- 
riale^ i suoi imperatori cristiani vollero 
ivi raccogliere le cose spirituali di mag* 
gior pregio, che vantassero le principali 
dita de' vasti loro dominìi, le prime culle 
del cristianesimo, i luoghi dove vissero gli 
apostoli e i loro discepoli, come narrai 
nella descrizione delle tante insigni reli* 
quie che da Costantinopoli dipoi si spar- 
sero pel mondo e in Roma , nella presa 
che ne fecero i latini, e pi li tai*di i turchi, 
sebbene Maometto II pubblicò un bau- 
dodi penala vitaiachi toccasse le reliquie 
e ornamenti delle chiese, volendo che fos- 
sero insieme co' tesori imperiali riservali 
per lui. Hurter nella Storia d'Innocenzo 
III^ lib. 8, narrando Tespugnazione fat- 
ta di Cmlantinopoli dai latini, franchi e 
veneti, di dòeruditamente parla, laonde 
ne darò un estratto. I francesi e venezia- 
ni come si spartirono , non senza trafu- 
gimentt, gl'iinmensi tesori della gran me- 
tropoli , così fecero de' tesori spirituali. 
Posicdea Costantinopoli la pietra su cui 
dormì Giacobbe, la verga di Mosé, le ve- 
sti della B. Vergine,. la sua rocca e per- 
line qualche goccia del suo latte; la vera 
Croce'oon istillo del preziosissimo Sangue 
del Redentore, le fascio ove fu ravvolto, 
MDo de'suoi primi denti , una ciocca dei 
moi capelli, un frammento del pane da 
lai co'suoi apostoli diviso neirullima ce- 
na, un brano della porpora di cui era ve- 
itito quando fu condotto innanzi Pilato, 
e la sua corona di spine. Pretendeva inol- 
tre Costantinopoli di possedere le reliquie 



REL 117 

della maggior parte degli Apostoli , dei 
Padri più celebri della Chiesa, e de'Mar- 
tiri pi il coraggiosi della fede, avendo gli 
imperatori fatto a gara di arricchire tali 
insigni reliquie con ornamenti in cui la 
squisitezza del lavoro contendea colla pre- 
ziosità della materia. Dì questi tesori e- 
rano soprattutto ingordi gli ecclesiastici 
latini, onde di buongrado lasciavano le- 
var le gemme di cui era ornata la s. Cro- 
ce per le scheggio del suo legno, che poi 
divisero scrupolosamente coi baroni del- 
Tesercito, i quali le donarono ai mona- 
steri e chiese delle loro patrie. L'impera- 
tore Baldovino I ne mandò un fi-ammen- 
to a Innocenzo III e altro al duca Leo* 
poldo VI d' Austria. La maggior parto 
delle altre ricchezze di questo genere, re- 
liquie de'sauti, suppellettili venerande per 
la santità di quelli cui erano appartenu- 
te, furono portate a Venezia , come una 
poraione del s. Legno, del Sangue di Ge- 
sti Cristo, i corpi di s. Lucia odi s. Si- 
meone, un braccio di s. Giorgio, un fram- 
mento della testa di S.GÌO. Battista. Mol- 
te relìquie passarono in Francia e Inghil- 
terra, molte ne rubarono gli ungheri agli 
ecclesiastici del vescovo di Porto. Colo- 
nia ebbe il teschio di s. Pantaleone suo 
protettore ; il duca di Nassau in arca di 
squisito lavoro possiede un dente di det- 
to s. Precursore; il vescovo d'Alberstadt 
portò nella sua diocesi preziose reliquie; 
Amiens venerò per pii) secoli il teschio o 
parte di esso del medesimo s. Gio. Batti - 
sta> il vescovo di Troyes ottenne la taz- 
za che usò il Salvatore nell'ultima cena; 
quello di Soissons mandò al suo capitolo 
il braccio di s. Stefano; il legato cardinal 
Pietro di Capua recò ad Amalfi sua pa- 
tria il corpo di s.Andi*ea apostolo, sulle 
reliquie del quale meglio a Processione, 
ove parlai della testa rubata a'nostri gior- 
ui. Baldovino I mandò al suo supremo 
signore molte preziose reliquie , trovate 
nella ricchissima cappella del palazzo di 
Buccoleone, con parte del preziosissimo 
Sangue, non che alle chiese de'suoista- 



I 



ii8 KEL 

ti , particolarmente a Namur, Alla visU 
di queste venerande relìquie i fedeli si 
sentivano accesi all'amore di Dio, e ad e« 
saltarlo per averle prolette per sì lun- 
go Iragillo e fra tanti pericoli di teri'a e 
di mare. Io ogni luogo ove giungevano 
tr^ giorno di festa solenne, ritenendosi 
onorata anche la contrada pei* tal pos* 
sesso , fiqché pur troppo nelle guerre e 
pretese riforme religiose, in InghilteiTa, 
Francia, Germania e altrove, dagli ere- 
tici fanatici e dai miscredepli rivoluzio- 
nari molte si dierono alle fiamme , get- 
tandone le polveri al vento, e oltraggia- 
1*000 in ributtanti modi (fatalmente ciò 
si è rinnovato a'nostri giorni, ed un esem- 
pio ne siano le reliquie di s. Pancrazio^ 
f^e(li)i mentre dagli antenati loro erano 
state accolte con tenera divozione e stre- 
pitose acclamazioni di religiosa gioia. Se 
non c)ie pure allora non monco chi du« 
bitasse deiraqtenticità di queste reliquie, 
e della legittimità de'modi co' quali fu- 
fono acquistate.Vedasi Sarne]li,£etf . eccl, 
t. 5, lett. ^i:Se un uomo degno di fede 
dà ad alcuno reliquie de* santi, se pos» 
sonQ esporsi alla pubhUca venerazione 
colf approvazione del vescovo. Chi in ^o- 
ma autentica e rìconosce l'identità delle 
sagre reliquie, lo notaiaCoiTGRBGAzioifB 

DELLE INDULGENZE E SAGRE BBLfQUIE. Tal- 
volta le autenticarono gli stessi Papi o col 
sigillo privato , o (xio quello di Piombo 
{ y.y I vescovi e gli abbati regolari an- 
c)ì'essi pMtentipapo le reliquie, così altri 
superiori de'religiosi per quelle che pos- 
seggono. 

I Papi ed i eonpiiì in ogni epoca ze* 
lai*pnp il culto delle reliquie de' santi e 
beati d'f^mbo i sessi, affinchè i fedeli non 
^dssero ingifnnati, come per rimuoverne 
gli abusi; pndeolt;*e quanto ho già detto 
flS8>"i^6^>*^* 1' Labbé qel t. a,p.35o,c. 
6a Cqncil; riporta gli estratti delle co- 
stituzioni antiche della chiesa d'oriente, 
p dice che si depongono nelle chiese e nei 
inonasteri i corpi de'ss. Martiri e di tulli 
quelli che baono poipbattMto cpq buon 



REL 

esito per difesa della fede di Gesù Cristo, 
affinché le loro preziose reliquie procu- 
rino del sollievo agl'infermi, a'malati, ai 
languidi e a tutti quelli che hanno biso- 
gno di qualche soccorso. Che ogni anno 
sene faccia tra'ci*istiani la Commemora' 
zione (^-),c non si riguardino come mor- 
ti volgari, ma si onorino con profondo ri- 
spetto, come amici di Dio, e come il dia- 
dema o la corona della Chiesa; poiché col- 
la effiisione del loro generoso sangue e- 
glino hanno rilevato il vigore e lo splen- 
dore della fede cristiana sopra tutte le 
Religioni (F',) straniere. Il concilio di 
Cartagine del dgSyCol can. i4 ordinò con 
molto rigore che si gettassero a terra gli 
altari dove noq erano le reliquie de' mar- 
tiri, fionifacio V del 619 permise sola- 
mente ai preti e diaconi il toccar le reli- 
quie de'santi. Il concilio generale Latera- 
nense IV del r 2 1 5, col can. 62 decretò ; 
Proibizione di mostrare le reliquie anti- 
che fuori delle loro casse, né di porle in 
vendita ; e per quelle che si trovano di 
nuovo, proibizione di render loro nessun 
culto pubblico,se non sono state ricono- 
sciute e approvate dallautorità del Papa. 
I yescovì non permetteranno più che si 
impieghino vaqe finzioni o false scritture 
per iiigannare quelli che vengono alle lo- 
ro chiese ad onorare le reliquie, come si 
fa in molti luoghi a titolo d'interesse. Tut- 
to confermò Gregorio IX nel 1240. Il 
concilio di Marciac nella diocesi d'Auch 
del 1 3 2 6, col can. 4 1 stabi Pi : Non si trar- 
ranno le reliquie dalle loro casse per mo- 
strarle o metterle in vendita, né se ne ri - 
oeveranno di nuove senza I approvazione 
della chiesa romana. Il coficilio di Tren- 
to sess. 25, dell'invocazione de'santi, or- 
dinò; I fedeli devono portare rispetto ai 
corpi de' martiri e degli altri santi , che 
vivono con Gesù Cristo, essendo stati que • 
sii corpi up tempo membra vive dì Ge- 
sù Cristo, e tempio dello Spirito santo, 
e dovendo un giorno essere risuscitati a 
eterna vita, e pio medesinio faceudo mol- 
ti |)eni a^li nomini per mezzo loro. Che 



REL 

peri» oolorodse sostengono che non si de* 
ve rendere onore e venerasione alle i*e- 
lìqule de'santi, o che ioulilmenle i fedeli 
portano loro rispetto, come pure agli al- 
tri mooninenti sagrile die invano si fre- 
quentano i luoghi coosagrati alla loro me- 
laaria per ottenerne soccorso, devono al • 
liesì essere tutti assolutamente condan- 
waA , eome altre volte la Chiesa li con* 
daaabp e oome li condanna ancor di pre* 
tentali II oondiio di Bourges del 1 584, ti t 
lo^idiiarò: Onorando le reliquie de'san* 
ti, noi adoriamo Dio, di cui sono eglino 
servi, e l'onore die noi rendiamo a'ser- 
vi ai rilieriioe a lui che n'é il supremo Si- 
gnore; imperdooché se Tossa de'martiri 
loidanOyOOOie si ardisce d'aflèrmai*e,quel- 
B die le toccano^ oome avrebbero potuto 
pd quelle dd profeta Eliseo risuscitare 
na mtirtoT Cleiiiente IX attribuì alla oon- 
gmnione ddle indulgenze ciò che ri- 
gaaida lo reliquie de'santi. Clemente X 
edla bolla Ex oommiM^i, de' 1 3 gennaio 
1673, BnlL Rom. t. 7, p. 161, prescrisse 
tmio db die si dovea osservare nell' e- 
stram le reliquie de'santi, e sui loro ci- 
ntari eeataoombe, dalle quali ninno po- 
lene cavarle, sotto pena di scomunica, sen- 
ta liaenaa dd cardinal vicario, e coll'assi- 
d'un delegato del quale in sua pre- 
iH potrebbero estrarre i corpi santi; i 
qodi posti in una cassa e portati in Roma 
si daranno in custodia al maggiordomo 
dd Fftpa che la sigillerà. Che queste reli- 
qaienon si esponessero, se prima dal car- 
Ami Ticarìo non fossero esaminate. Glie 
le raBqiiie insigni de'martiri, cioè il capo, 
kaunbe, le braccia, la parte in cui princi- 
pdmeDte patirono, nelle chiese solamene 
le si esporranno , né si diano a persone 
private, ma a'prindpi soltanto e maggio- 
ri pedali, e queste ancora rare volte, af- 
fiodii nella copia non si rendano di pò- 
et stima. Gravi pene impose a quelli che 
■Ile leliquie imponessero nomi diveiVi da 
qodli die loro furono imposti dal car- 
dinal vicario sedi martiri innominati, e 
Dcna di soonaunica a quelli che domane 



REL 119 

deranno qualche cosa per le autentiche 
sigillate. Quanto alla mancanza de'nomi 
de'martiri, che si trovano nelle catacom- 
be e dmiteri, dò derivò dalle persecuzio- 
ni, nelle quali, con angustia i fedeli in 
fretta doveano seppellirli senza notarne 
il nome, ma il solo numero. AflSnché poi 
le loro reliquie rinvenute coi segni certi 
del martirio non restassero inonorate e 
prive del debito culto, s'introdusse l'uso 
d' impon*e ai corpi de' maitirì anonimi 
de'nomi appellativi, possibilmente a loro 
convenienti, ciò che si chiamò battetza- 
re i còrpi de'santi mediante l'imposizio- 
ne del nome. La mancanza de' nomi di 
moltissimi martiri negli attide'Ioro mar- 
tirii, derivò pure dall'interrogazione co- 
me si nomavano, perchè coraggiosamen- 
te rispondevano : Chrìstianus sum, an- 
co perché tenevano il nome ricevuto, con 
superstiziose cerimonie nel giorno del 
lustrico, per impuro e immondo. I det- 
ti pontificii decreti , cogli altri emana- 
ti da'predecessori, furono confermati da 
Clemente XI ai 1 9 febbraio 1 7049 con co- 
stituzione presso il Bull. Maga, t. 8, p. 
34^ , vietando inoltre colla scomunica 
l'ingresso ne'cimiteri e catacombe, e l'e- 
strazione dell^ reliquie dai medesimi, or- 
dinando ai proprietari de' luoghi , dove 
essi si scuopriranno, di dare subito avvi- 
so al cardinal vicario e murarne l'ingres- 
so fia 1 5 giorni. Inoltre Clemente XI con 
decreto de' 1 5 ottobre 1716 estese quello 
di Gregorio XIII, conlra quelli che colo- 
ravano gli Agnus Deif e quelli che aves- 
sero distribuito reliquie false. Clemente 
XIII colla costituzione Inter muUipUces^ 
degli 1 1 dicembre 1758, BuU. coni, 1. 1, 
p. 73, vietò ai regolari di esporre nelle 
loro chiese nuove immagini e nuove re- 
liquie, senza l'approvazione dell'ordina- 
rio. Colla costituzione Cum sicut, de'20 
giugno 1760, loco citato, p. 336, proibì 
sotto pena di scomunica di estrarre re- 
liquie dal- convento de'cappuccini di Lu- 
go. Delle benemerenze de' Papi pei sagri 
scavi, e di quelle del conservatore de'sa- 



120 HEL 

gri cimiteri p. Giuseppe Marchi gesuita 
e di altrij per le catacombe e cimiteri di 
Roma, parlai nel voi. LUI, p.3oo. lire* 
guanle Pio IX , perchè sempre piti cou 
regolarità si facessero gii scavi nelle ca- 
tacombe cristiane , se ne conservassero 
meglio i monumenti e restasse cos'i mag* 
giormente illustrata la storia delle arti 
cristiane de' primi secoli della Chiesa, nei 
primi dell 852 nominò una commissione 
di archeologia sagra, composta del cardi- 
nal vicario qual presidente, di 3 vescovi 
compreso il sagrìsta , di altro prelato e 
di altri dotti soggetti, fra'quali il p. Mar- 
chi, dotandola d'annuo assegno per sop* 
perire alle necessarie spese ; quindi dalla 
commissione venne determinato il me- 
todo per visitare le sagre catacombe, ac- 
ciò rimanga ognor piti soddisfatta la di- 
vozione de'fedeli, come si legge nel n.** So 
del Giornale di Roma* Dal n.^ 1 28 del 
medesimo si apprende^ come per cura di 
• detta commissione si sono cominciate e- 
scavazioni e risarcimenti nell'importante 
cimiteri o de'ss. Nereo, Achilleo e Domi- 
tilla, di cui parlai a Cimiteri di Roma e 
a Chiesa de'ss. Nebeo e Achiu.bo, mar* 
tiri celebra tissimi della chiesa romana , 
che s. Giovanni I restaurò, situato pres- 
so Tor Marancia ( voi. XLVIl, p. 94 e 
1 02), e che il Papa l'onorò di sua visita, 
ammirandone l'ampia e. projfonda scala, 
per la quale fino al IX o X secolo i fe- 
deli discesero a visitare le tombe de' ss. 
Martiri, non che il vasto ambulacro fian- 
cheggiato da solidissime costruzioni fatte 
dagli antichi Papi, che mette alla cripta 
o cubicolo adorno di pitturedi molte an- 
tichità, il quale sembra essere il luogo ove 
giacquero i corpi di delti santi fratelli. 
Non solo di frequente nelle ^romane ca- 
tacombe si trovano corpi de's^ Martiri, 
ma ancora in quelle di altre città. Nel 
1 848 in quelle di Chiusi si rinvennero le 
ossa de'ss. Giuliano, Luciano, Nerania e 
Ulpia, le quali a'4 luglio 1 852 solenne- 
mente furono trasportate nella cattedra- 
le. Sulle reliquie de'santì e beati si posso- 



REL 

no tingere : Rocca, Opera 1. 1 , n. 1 8 : ^n 
reUcjuiaenovae ab Ecclesia nonduni ap' 
probaiae^ absque expressa sumnii Pan- 
tificis concessione publice vel privaùni 
cenerari queant? Andreucci, Hierarchia 
eccl. Iib.i,cap. 9: De observandis ab e- 
piscopo in authenticandis reliquiis, Do- 
menico Anfossi, De sacraruni reliquia- 
rum cuUu, veneratione^translatione aique 
ìdentìlatCy Brixiae 1 6 1 o. J. G. H. Greppo 
vic.^ gen. di Belley, Dissertations relati' 
ves à thistoire.du culle des réliques dans 
Cantìquité chrélienne, Lyon 1 84^ . Ne die- 
de erodilo ragguaglio mg.^ Domenico 
Bartolini nel 1. 1 7 degli Annali delle scien- 
ze roligiose.Q}ìe$io archeologo da ultimo 
lesse nella pontificia accademia romana 
d^ archeologia una dissertazione sulle ca* 
tacombe t*ecentemente scoperte presso la 
città di Chiusi. Diclich, Diz, sacro- li lurgi- 
co, all'articolo /{e//(^£i/e insigni jche ripor- 
ta i decreti sulle medesime della s. con- 
gi*egazione de Riti (F'^. Macri, Nat, dei 
vocab. eccLy in Reliquiae, ove riporta al- 
cuni deci*eti della medesima, il quale av- 
verte che occorrendo per dispensa pon- 
tificia celebrare sopra un altarino che non 
ha reliquie, si lasciano quelle parole nel 
principio della messa : Quorum reUquiae 
hic sunL 

RELIQUIARIO o RELIQUIERE , 
Reliquiarium^ Lipsanotheca. Vaso o al- 
tra custodia dove si tengono o conserva- 
no le reliquie, piccola casseltina pre- 
ziosa e portatile in cui si chiudono le re- 
liquie sigillate colle autentiche. Si chiama 
anche Theca, ma in significato di borsa 
o fodera , vocabolo greco che congiunto 
'all'altro di //)95^zna, reliquie de'santi, cioè 
residuo o quel che rimane, si formò L1/7- 
sanotecha. Theca propriamente chiamia- 
mo quella piccola scatola contenente le 
reliquie, che si mettono nel reliquiario 
con piede e manico, o per portaile indos- 
so o al collo, in forme rotonde o di cro- 
ce, lo che è lecito come dichiarò Sarnelii, 
LetL eccl. t. 7, letti 9, ed i vescovi e gli 
abbati l'usano ntìlsi Croce pettorale {F,). 



BEL 

Simili raliquiarì portarono indosso Co* 
lUntìno e altri imperatori romani nel- 
le guerre, ed altreltanto fecero non po- 
chi capitani, onde ricevere dalle reliquie 
die eontenevano ooraggio^ conforto e pa- 
trocinio eontro il nemico, ciò che notai 
parlando dì diverse reliquie insigni. Di 
reliquiari ve ne furono e ve ne sono di 
tutte le Ibrrae, figure e materie, grandi 
e piccoli, di legno o metallo dorato o in- 
irgentato, ornati di ambra e corallo, di 
at^gento e oro con pietre preziose e gem* 
me^ -talvolta di tali superbi ornamenti ar« 
fistici, ne'qualireleganza e squisitezza del 
kvoro contrastò o superò il valore e la 
pmioMla della materia. Si fecero gran- 
di reliquiari in forma di cbie&e gotiche con 
tutte le parti di quello stile. Nel Ponti» 
ficah Bomano y\ è: De henediclìone ca* 
piomm prò rdiquiis^el aliis sancUuiriis 
mebidendism Alle reliquie si dà V Incenso 
(F.)f quando sono esposte alla pubblica 
veaerasione, e si fiinno loro InckinaziO' 
ni; al legno della ss. Croce si rende la Gè» 
nuflessione, questa si fa pure passando 
ioaanii alle Teste e Corpi de' ss, Pietro e 
Paolo pel culto particolare con cui sì ve- 
nerano. Nelle solenni ostensioni di più re- 
liquia adognuna un cantore con alta vo- 
ce annuuua al popolo dì chi sono, onde 
acoaiderae II cuore a divozione verso le 
laedennae e ad imitarne gli esempi , di- 
itinguendo quelle insigni col suono delle 
CBinpanellé per promuovere maggior ve- 
neratione e riverenza. De' reliquiari più 
lliaioii e celebrati, ne parlai ove si conser- 
vano. Del loro uso e di quanto li riguar- 
da meglio a Reliquia. Moretti , De rltu 
otiauionis sacraruni relicfuiarum^ chia- 
DM i reliquiari Thecae reliquiariae^ The* 
eaeàiariynun, Capsa la cassa che le con- 
tiene; Moroelli teca e 77i«ca,urna, Olla, 
Unui, poiché i corpi de' santi in casse o 
urne di pietre e metalli preziosi o di le- 
gni ornati si conservano e venerano, tra 
fiorì finti e talvolta vestiti nobilmente se- 
condo la loro condizione, e ne vediamo 
iollo gli altari scDxa paliotto, ovvero qué- 



HEL 121 

sto si leva nelle loro feste e in altre so- 
lennità : piccole urne con reliquie si pon- 
gono sugli altari con altri reliquiari, vasi 
o ampolle. Egualmente sugli altari si col- 
locano bellissimi busti di legno o metal- 
lo, piti o meno preziosi, colle reliquie ia 
pettoo nella lesta del santo cherappresen- 
tano nelle forme che gli sono proprie. Le 
chiavi delle custodie di reliquie insigni , 
come de'santi Protettori {F,) delle città, 
si tengono gelosamente da piò persone, 
cioè dal vescovo, dal magistrato muni- 
cipale e talvolta anche dal preside locale; 
di tali custodie ve ne sono di munilissi* 
me per impedirne il rubamenro, anche 
pel valore de'reliquiari, l'avidità dei va- 
lori facendo commettere anche questi sa- 
grilegi. I Papi donarono reliquiaii in for- 
ma di ci*oci, di chiavi , al modo detto a 
Reliquia, oltre corpi santi vestiti in bel- 
lissime urne, de'quah donativi ragionai 
in più luoghi. Ivi dissi quando le reliquie 
si baciarono nude; ora si baciano cou cri- 
stallo innanzi, presentandole il sacerdote 
in cotta e stola, e sesono reliquie insigni 
coi guanti secondo il colore della cate- 
goria cui appartiene la reliquia, e in tal 
modo co'r'eliquiari compartono la bene- 
dizione. L'uso di esporre le sagre reliquie 
de'santi, della B. Vergine, di Cesò Cristo, 
e di benedire i fedeli con le medesime è 
antichissimo. Fra gli opuscoli aggiunti 
nel t. 3 delle Opere di s, Efrem^ &i leg- 
ge YEncomium i/i ^^//yrej, nel fine del 
quale si dice: ingentiqnecum gaudio sa* 
eros certaminis cestri reliquias circiun- 
stant, benedici optanteSy seciinique refer' 
resancta aniniae et corporis remedia de- 
siderantes. Omnibus igitur benedictionetn 
impertiamini , ut boni disvìpuli optimi 
praeceptoris. Si può vedere Trombelli , 
De cultu sanctoruniyK. a,par.i, Disserta 
7 e 8. Marangoni, Delle cose gentilesche, 
cap. 27, parla dell'origine dell'esborsi le 
cose sagre, le Immagini (/^.) e reliquie 
de' nostri santi, non essere derivato dai 
gentili, rito che chiama relativo a quel- 
lo delle Processioni {F,ymcm le reliquie 



112 REI^ 

fi portano io reliquiari, o in urne se sono 
corpi, do'prinoari del clero, e nelle soien* 
nità dai vescovi, cardinali e in certi casi 
uncbe dai Papi; avendo io notato a Pro* 
CESSIONI, che nelle solennissime per qual* 
che relìquia insigne, pei* la strada ove pa«* 
SRva si erigevano altari con reliquiari. 
Conviene che i fenicii pei primi, indi gli 
i>gizi, ì greci, ì romani e altri popoli con 
solenni ceremonie conducevano da un 
tempio air altro i loro idoli e immagini 
delle felse deità, i loro simulacri, che te- 
nevano anche domesticamente riposti in 
armadi, ed esponevano alla venerazione 
e vista di tutti ne'giorni festivi e di mag- 
gior allegrezza. Pei*ò osserva che ciò mol- 
lo più conveniva praticarsi dalla reli- 
gione del vero Dio, nella esposizionedel- 
le sagre immagini e reliquie in reliquia- 
ri, perché l'umana natura non può age- 
volmente innalzarsi alla contemplazione 
dielle cose divine e celesti, senza V aiuto 
di quelle esteriori e visibili , ne] vedere 
cogli occhi in esse gli esemplari delle vir- 
tù da potere imitare. Quindi è clie non 
già dalle vane e superstiziose pratiche dei 
gentili la Chiesa introdusse questi riti; ma 
dal sapere, come illuminata dallo Spirito 
santo, quanto utile religioso ne possano 
cavare i suoi Hgli; tanto più che ciò ha 
ella ricevuto dalla sagra Scrittura, dalla 
solenne mostra che Mosè fece delle ta- 
vole della legge scritte dal dito di Dio, e 
dalla venerazione dell'arca in cui furono 
i;i|>oste; laonde la Chiesa adottò l'uso del 
inostramentodelle.sue cose sagre alla pie- 
tà de'suoi figli nelle feste esolennits^, op- 
ponendolo al superstizioso dell'idolatria, 
9vendo notato a Reliqvi a, che sèmpre fu- 
rono oggetto di divozione anche i reli- 
quiari e custodie che 1^ contengono pel 
conlatto delle medesime. Inoltre la Chie^ 
sa le onora collo splendore dei lumi di 
cerei e lampade, che anticamente si ali- 
mentavano di soavi balsami e profumi, 
coronate di fiori e tra le più ricche sup« 
pelleltili di sagri ai*redi. Osserva an«X)ra 
Marangoni che molti reliquiari (s custo- 



REM 

die delle sante reliquie furono adornali di 
cose profane, di cammei antichi e con im* 
inagini gentilesche di molto pregio, neri- 
porta di vem esempi, in figura e qual sim- 
bolo dell'idolatria soggiogata dal trion- 
fante segno di nostra salute, la Croce, e 
dai confessori della medesima; e fra'reli- 
quiari e custodie preziose e nobilissime 
che descrìve,dicede'cospicui busti colos- 
sali d' argento che contennero le sagre 
Teste {F,) de' principi degli apostoli, pel 
magni fico orna mento de'qudti Urbano V 
che le trovò nel santuario di Sancta san- 
clorum (^.J del Laterano , e cosi detto 
dalla copia e pi*eziosità di sue reliquie, 
invitò con sue lettere molti re e principi 
a voler concorrere all'ornamento, come 
fecero nell' offrire perle , oro, gemme e 
cammei, che poi l'umana rapacità deru- 
bò. Baldassari, Relazione delle avversità 
di Pio VI^ t. 3, p. 356, narra le ruberie 
repubblicane del 1 798 e le rapine sacri- 
leghe fatte alle chiese di Roma. In quel- 
la di s. Croce in Gerusalemme le reliquie 
insigni furono spogliate de'reliquiari d*o- 
1*0 e d' argento , come degli ornamenti 
preziosissimi , meglio descrivendolo De 
Corrieris, De Sessorianis praecip. Pas* 
Sion, D. y, J, C, Reliquiis. Nella basì-» 
lica di s. Maria Maggiore non fu rispar- 
miata la lunga cassa d'argento in cui Fi- 
lippo IV avea fatto rinchiudere porzione 
del s, Prefff/7Ìo. Nella basilica Lateranen* 
se involarono i detti due superbi busti 
colle loro gioie di molto valore. Ma que- 
ste distruzioni, dissipazioni e derubamen- 
ti rivoluzionari si eslesero non sololagri- 
mevolmente per le altre chiese di Roma 
e d'Italia, ma in tutti i luoghi che invase 
la frenetica « irreligiosa rivoluzione, on- 
de si perderono innumerabile quantità 
di reliquiari di sommi pregi, tantoperla 
materia che per l'arte veramente sublime, 
onde erano stati lavorati ad onore delle ' 
sante reliquie. ' 

REM ACLO (s.), vescovo di Mastricht. < 
Nato neir A.quitania, fu discepolo di s. ^ 
Slìgio, che lo pose primo abbate del mo- | 



BEM 

nilaro ch'ali ibiidò a Solignao. Fu po- 
m obbligato a iirendere il goirerno del* 
rahbaua di Gnignon ; ma poco dopo fu 
chiaoiato alla aorte del re Sigeberto il, 
il quale era aiiaceduto a suo fratello Da- 
pbarloInelregDod'Aafttrasia. Perdi lui 
eoanglio Sig^faierto II fondò le abbazie di 
{lavdo e di Malmedli, nella foresta deU 
bArdaniMy cfa'qgli governò sino al 65 o^ 
ii ooi ffa poeto sulla sede di Maitricht, 
L^Biltà eolla quale adempì i doveri di 
qeeita carica» diede un nuovo lustro al- 
fa sne Tirtii. Il suo amore pei poveri an* 
dm del pari col suo mIo neiristruzione 
M Mo gf^gg^l OMi ben presto desiderò 
liliraraeiie. Nel 66a rassegnò dunque la 
«dea a.TeodardOyCio] consenso del clero 
e dU re Childerìoo li, e andò a rincbìu* 
fasi a StavekK La fiima della sua san- 
lilà induias molte persone a chiedere di 
aotto la sua disciplina. Egli li a- 
iVB a tenergli dietro nelle vie della 
?, mentre la dì lui avanxata eia 
laDa gli fiioeva scemare delle sue auste- 
ritt/addoppiandoneansi il fervoiequan- 
ID pih aantiva avvicinarsi il suo terrai- 
w. Mòri veno l'anno 664) e rimase se- 
paho ■ Stavelo. Celebrasi la sua festa il 
Ssettembre. 

^ BKMBKBTO (s.), arcivescovo di Bre- 
■a. Vaoqoe nelle vicinanse di Bruges in 
Fieodra, e ai fece monaco a Turbol t, non 
■allo lunga dalla sua patria. Dopo la 
■art e di a. Amcario (^.), avvenuta nel 
raSS» Remberto, ch'eragli stato comp» • 
fmaelle aoefiittche apostoliche, fu scel- 
to a goveriMre le diocesi unite di Brema 
di Amburgo, e gli venne parimente af- 
fileta la gieoerale soprintendenza delle 
di Sveaia , di Danimarca e della 
Alemagoa, affinchè compisse l'ope- 
■iMOminGiata dal suo predecessore. Pie- 
ID di selo per accrescere il regno di (^e- 
ACiitlOa iotraprese la conversione degli 
divi e dei vandali. Segnalò altresì la stia 
onta veno i poteri , e principalmente 
vnio jgli schiavi. Itlalgrado le molte sue 
gceancMoni» sapeva trovar modo di at- 



RE>I ii3 

fendere all'esercisio della preghiera. Mo* 
ri aglii I giugno 888; ma nel martirolo* 
gio i*omano è notata la sua festa il 4 feb- 
braio, giorno in cui fu eletto aixsivescovo. 
Di lui abbiamo la F'Ua di s, Anscario^ 
ed alcuni scritti di pietà. 

REMESIANA o REMESSIÀNA. Se- 
de vescovile della Dacia mediterraneai 
sotto la metropoli di Sardica, eretta nel 
IV secolo. Ebbe a vescovi Niceta, s. Pao« 
lino zelante propagatore della fede di Ge« 
sii Cristo, e Dionegiano che fu al a. ° con- 
cilio d'Efeso. Onens chr, t. ìi,p. 3o6. Ài 
presente Remesiana, Remessianeìiy è un 
titolo vescovile in partibus, suffraganeo 
di Sardica in partibus, 

REMIGIO (s.), vescovo di Reims, a* 
postolo della nazione francese. Nacque nel 
439, secondo i calcoli piti probabili, da 
illustre e doviziosa famiglia, che dimora- 
va a Leon 1 Emilio suo padre e Cilinia 
sua madre erano altresì ragguardevoli 
per cristiane virtò.Di svegliato ingegno, 
fece rapidi progi*essi nelle scienze, e su- 
però colla sua eloquenza gli oratori del 
suo tempo , distinguendosi pure per la 
santità della sua vita. In età di 11 anni 
fu eletto suo malgrado ad occupare la se* 
de episcopale di Reims; poiché il suo me- 
rito straordinario parve a' vescovi della 
provincia un motivo sufficiente per di- 
spensarlo dall'età prescritta dai canoni. 
Il nuovo vescovo occu possi fin d' allora 
con ardore incredibile dei doveri del suq 
ministero, e travagliò continuamente per 
la conversione de' peccatori, degli ereti- 
ci e degl* infedeli. S. Sidonio Apollinare 
fece il più splendido elogio delle virtù di 
s. Remigio, e riguardava i di lui sermoni 
come un tesoro inestimabile. Clodoveo \ 
re de'franchi, quantunque professasse il 
paganesimo, fece grande stima di s. Re- 
migio, il quale riuscì in seguilo, col soc- 
corso della regina s. Clotilde , a toccare 
il cuore del monarca, ed istruitolo ne'iui- 
steri del cristianesimo , lo battezzò con 
grande -solennità nella chiesa di Reims la^ 
vigilia di Natale del 496 : tremila frati- 



124 REM 

cesi seguendo Feseropio del i*e, rìceveltè- 
ro parimenti il bnttesimo.S. Remigio dì- 
8tribuì a diverse chiese le molte teiredo- 
nate da Clodoveo I, e fece lo stesso uso dei 
doni che gii fecero alcuni signori france- 
si. Fondò la sede episcopale di Laon, la 
cui chiesa intitolata alla B. Vergine eh* 
be parte considerabile delle sue liberali- 
tà; ed istituì dei vescovi a Tournai, Ar- 
ras, Cambrai e Terovane. Spalleggiato 
dal patrocinio di Clodoveo I, estese do- 
vunque il regno di Gesti Cristo, e conver- 
tì gran parte della nazione francese, es- 
sendo l'indefesso suo zelo avvalorato dal 
dono dei miracoli, come testificano pa- 
recchi monumenti storici, de'quali non si 
pub contrastar la certezza. I vescovi ra- 
dunati a Lione per la conferenxa che si 
tenue al suo tempo contro gli ariani, di- 
luhiararono che il loro zelo per la difesa 
della fede era eccitato dall'esempio di Re- 
migio, il quale avea distrutto per tutto 
gli altari degl'idoli con una moltitudine 
di segni e di miracoli. A vendo s. Remigio 
tenuto un sinodo in età molto avanzata, 
vi convertì un vescovo ariano, ch'era ve- 
nuto per disputare contro di lui. Questo 
venerabile pastore morì a' 1 3 gennaio del 
533, secondo il p. Rivet, in età di 94^"- 
ni, e fu seppellito nella chiesa di s. Cri- 
stoforo di Reims. Papa Leone IX nel 
]o49 traisferì il di lui corpo nella chiesa 
dell'abbazia de'benedettini, che prese poi 
ii nome del santo. Visitatosi il corpo nel 
1 646, fu trovato ancora intero in tutte le 
.sue parti. Dipoi fu trasportato nella cat- 
tedrale di Reinis(P^,), ove ora si venera. 
!Nella diocesi di Reims si celebra la sua fe- 
sta a' i3 di gennaio; ma nella maggior 
parte delle altre chiese viene celebrata al 
I .^ d'ottobre, ch'è il giorno della trasla- 
zione delle sue reliquie. 

REMIGIO (s.), vescovo di Rouen. Fi- 
glio naturale di Carlo Martello, e fratello 
del re Pipino e del b. Carlomanno, fu 
educato nel palazzo, ove santificò Io stu- 
dio delle lettere cogli esercizi del la pietà 
cristiana, e colla pratica di austere pepi- 



REM 

tenze. Abbracciato lo stato clericale colla 
mira di consagrarsi intieramente a Dio, 
si dedicò aUa nieditazione della s. Scrit- 
tura e allo studio delle scienze ecclesia- 
stiche. La sua virtii si levò a sì alto gra- 
do, che il clero e popolo di Rouen man- 
darono un'ambasciata al re Pipino, per 
chiedergli suo fratello per vescovo, alla 
quale domanda prontamente acconsentì; 
sicché s. Remigio,quantunque desideras- 
se passar la sua vita nell'oscurità, dovette 
sottoporsi ad un peso che avea sempre 
paventato. Egli però adempì ai doveri 
dell'episcopato in un modo il più perfet- 
to. Sostituì nel divino offizio il canto ro- 
mano o gregoriano a quello del paese, che 
non trovava ne molto grave, ne abbastan- 
za regolato; e la buona riuscita che n'eb- 
be, indusse dipoi Carlo Magno a intro- 
durre nella chiesa gallicana i riti della ro- 
mana. Nel 765 assistette al concilio te- 
nuto nel castello di Attigny suli' A isne.Mo- 
rì a' 19 gennaio verso l' anno 771, e fu 
sepolto nella cattedrale. Il suo corpo fu 
poi trasferita a Soissons, ma nel 1 090 la 
maggior parte delle sue reliquie fu di nuo- 
vo portala a s. Audoeno in Rouen, dove 
la sua arca fu derubata dagli ugonotti nel 
i562. La sua festa si celebra a Rouen e 
in altre chiese a' 1 9 di gennaio, benché 
non si trovi il suo nome nel martirolo- 
gio romano. 

REMIGIO (s.), Ordine equestre. Pre- 
tendono alcuni che Clodoveo I re di Fran- 
cia l'istituisse nel 496, in memoria del- 
l'ampolla eolio miracoloso col quale l'un- 
se s. Remigio arcivescovo di Reims, al 
quale articolo parlai di téle ampolla e co- 
ronazione; ma qui ripeterò* il detto al- 
trove, che i critici non ammettono ordi- 
ni equestri prima del secolo XI. Bensì 
narra Bonanni, Catalogo degli ordini e- 
qiiestriy p. 98, riportandone la figura, che 
nella consagrazione e unzione de' re di 
Francia, che si faceva a Reims dai suc- 
cessori dis. Remigio, assistevano alla fun- 
zione ed a?eàno per insegna la croce for- 
mata di due tronchi privi di foglie, sopra 



1 .. 



REM 

ddh quale era fcol^iita ud' ampolla te- 
iota da un mano^ e sopra V ampolla h 
ligiira ddla G>Iomba in significato dello 
Spirilo aantOyOOome altri vogliono, ram- 
pofla ai aoslenèta dal becco della Colom- 
la, onda furono chiamati pure cavalieri 
Ùla sagra zfifipo/!^. Giustiniani non lo 
(fiee ordine militare, ma insigniti di tale 
anre,oon la prerogativa d'assistere a det- 
ta aolenne fiinaioneb Favino nella Storia 
a tla^arra dice che questa onorificen- 
B spettava ai baroni di Ten-ier , Belle- 
lire^ Sonaatre e Louvercy feudatari del- 
li celebre abbazia di s. Remigio di Reims, 
iicBrico de'qualì era il sostenere le aste 
dd baldaechipo sotto il quale incedeva 
Fabbate di essa portando la s. Ampolla 
ddla aua chiesa alla metropolitana. Nel 
Cntmùniaie parodi tal coronazione non 
li parladi questi baroni, anzi si diceche le 
iste del baldacchino si sostenevano da 4 
idi^oai deirabbazia vestiti di camice, se* 
eondo la prescrizione di Luigi VII. 

REMOUNI o ROMELIJNI, FBAifCE- 
soOj ConlMUs/Iff. Detto Elvense, nacque io 
Lerida di mediocre condizione. Appresa 
la gioriaprudenza neiruniversitàdi Pisa, 
divaine aegretarìo del re d'Aragona, che 
binandb ambasciatore al Papa. Col di lui 
CDBBenaò avendo la moglie professato vita 
refigKMa^ gli agevolò la via allo stato eccle- 
àistioo, per cui ottenne Tarcipretura e il 
anlorato della cattedra le di Mazzara,indi 
pd &Tore di Cesare Borgia da Alessandro 
TI fia fatto protonotario, uditore di rota, 
governatore dì Roma e neIi5oi arcive- 
aovo dì Sorrento, indi come versalo nel- 
Ji gioriaprudenza lo spedì a Firenze per 
li &moaa causa di fr. Girolamo Savona- 
mk, die in quel tempo fece tanto stupi- 
to, e lo aentenzìò, per cui perì nel fuoco 
ad 1498, e ne tratta Lambertini, De ca^ 
aoaà. lih. 3, cap. a 5. Renchè vivente la 
Moglie, nel maggio o gìugnoi5o3, Ales- 
mdro VI lo creò cardinale prete de' ss. 
Gioé ePaolo. Rinunziata la chiesa di^r* 
renlo^ fu folto amministratore di Lerida, 
eaecondo Cardclla nel i5o3 da Pio III 



ii'i 



REN 

di Fermo: pare che non si recasse mai a 
Fermo e che per di lui opera succedesse 
l'unione del priorato di s. Maria a Mare 
alla mensa capitolare, dandosi principio 
sotto di lui alla fondazione del monastero 
delie suora di s. Chiara. Da Giulio 11 nel 
i5i I fu fiitto vescovo di Palermo, poi di 
Perugia per pochi mesi: in Palermo edifi- 
cò nell'antico episcopio il monastero di s. 
Chiara, e nel 1 5 1 3 vi fu nella città intro- 
dotto il tribunale dell'inquisizione. In as- 
senza di Raimondo di Cardona, che andò 
a Ravenna a cacciar i francesi capitanati 
da Luigi XII, sostenne la carica di viceré 
di Napoli, ove poscia ritornò per sottrar- 
si allo sdegno di Giulio 11. Leone X nel 
1 5 1 3 gli conferì le chiese di Sarnoe Gal- 
lipoli, nlquale neh 5i 7 rinunziò per quel- 
la d'Albano. Accettissimo a Leone X, si 
trovò presente al compimento del con- 
cilio Laterano V, e fu deputato per uno 
de'giudici della causa di alcuni cardinali 
cospiratori contro tal Papa, ed interven- 
ne a 3 conclavi. Morì in Roma nel 1 5i 8, 
d'anni 56, e fu sepolto nella basilica Li- 
beriana, con sospetto d'essere ancor vivo, 
per quanto dissi nel voi. VI, p. ao8. 

RENATO (s.), patrono d'Angers. Non 
si ha nessuna esatta notìzia della sua vi- 
ta. La tradizione della chiesa d'Angers 
porta che fu discepolo di s. Maurilio, e 
vescovo di essa chiesa, lo che molti au- 
tori hanno negato; e che indi passò al ve- 
scovato di Sorrento in Italia. Credesi che 
le sue reliquie sieno state portateda que- 
sta città ad Angers, ma non si sa in qual 
tempo. K però certo che il corpo di s. 
Renato era ad Angers nel IX secolo; e vi 
è ancora presentemente nella cattedrale, 
ove il santo si onora come patrono in un 
colla R. Vergine, celebrandovìsi la sua fe- 
sta a' 12 di novembre. 

RENDINA. F. Rhendina. 

RENDITA ECCLESIASTICA , Re- 
ditiis, Proventus ^ VectigaUs Ecclcsiae, 
Beni di chiesa , Benefizio ecclesiastico. 
Decime, Pensione ecclesiauica^ Preben* 
da, Oblazione, Patrimonio deUa chiesa. 



128 REN 

Jl vescovo deve usare de*beni della chiesa 
comedi quelli chegli sono stati dati inde* 
|)Osituenon comedi propri. Quantunque 
i vescovi e i diaconi avessero in quel tem- 
po la cura delle rendite ecclesiastiche, ciò 
non in^pedì che non vi fossero molti a- 
busi nelTamministrazione delle medesi* 
me; il che obbligò, prima del Cartagine* 
se, il concilio di Gangrps a fave un edit- 
to contro gli Eustaziani(f^.), i quali di- 
videvano fra di loro i beni di chiesa : 
inoltre decretò il concilio che il solo ve- 
scovo e quelli cui avrà commessa la cu- 
lti delle rendite ecclesiastiche, potranno 
ricevere e distribuire quello che veniva 
donato alle chiese. Ma alcuni vescovi a- 
busaronodel loro potere, perchè essen* 
do nella maggior parte poveri e carichi 
di famiglia, trattenevano una parte dei 
beni ecclesiastici per sostentarla. A met- 
tere un argine a questodisordine, fu lo- 
ro permesso di dare qualche cosa ai Pa- 
renti (f\)j s'erano poveri, vietando loro 
la vendita de'beni stabili d'elle chiese. Il 
concilio d'Antiochia ordinò ai vescovi che 
rendessero conto dell'amministrazione 
delle rendite al sinodo provinciale: e per- 
diè non si confondessero i beni ch'erano 
propri de* vescovi con quelli appartenenti 
alle loro chiese, ciascun vescovo appena 
eletto dava una nota de'beni che posse- 
deva, i quali erano separati dai beni di 
sua chiesa, e ne disponeva liberamente 
anche per testamento a piacere, secondo 
le disposizioni delle leggi civili. Adonta 
di tali pi'ecauzioni, molti vescovi facen- 
dosi sempre padroni de'beni ecclesiasti- 
ci, fu d'uopo creare Economi (^.)^ che 
ne avessero cura, affinchè ì vescovi po- 
tessero attendere meglio alle funzioni del 
loro ministero. Essendo eletti dai vescovi 
e il male sussistendo, il concilio di Cai- 
cedonia ordinò che fossero scelti tra il cle- 
ro, e che i vescovi non avessero piii liber- 
tà d'amministrare da per se le rendite 
della chiesa. Il potere degli economi fu 
minore nelle chiese d'occidente, ove per- 
chè le rendite delle chiese non si distri- 



REN 

buivano con equità, fu come dissi sta- 
bilita la divisione in 4 pnrti; e Grazia- 
no, cans. 1 2, qti, 2, cap. i3y riporta una 
lettera di s. Zosimo Papa del 4 < 7» ^ P^*'* 
ciò anteriore a s. Simplicio, indirizza- 
ta ad un arcidiacono (/^.) economo , 
nella. quale si fa menzione della distribu- 
zione, senza permettere smembramenti, 
come pretendevano alcuni ecclesiastici. 
Di poi 8. Gregorio I del Sgo nel confer- 
mare la divisione, come aveano fatto al- 
trì Papi, dispose che la porzione del ve- 
scovo non fosse solamente per lui, ma per 
tutte le persone che gli saranno necessa- 
rie per mantenere l'ospitalità. A vendo i 
vescovi mosso litigio al clero sulla por- 
zione, s. Gregorio I decise a favore del 
clero, e scrivendo ad Agostino vescovo 
degl'inglesi, gl'inculcòdi conservare la co- 
munità de'beni di chiesa in quella nazio- 
ne, e di non introdurre quelle partizioni, 
che pretendevano i preti contro il clero 
o presbiterio vescovile, cui volevano la- 
sciare una sola 3.* parte di loro porzio- 
ne. La chiesa orientale non dividendo i 
beni evitò i disordini cui soggiacque l'oc- 
cidentale, anco perchè i barbari occupa- 
tori di molte provincie dell'impero in- 
trodussero cambiamenti nella disciplina 
della chiesa occidentale. Gli economi cu- 
rando ancora le rendite in sede vacante 
e distribuendole a chi si appartenevano 
per diritto, insorsero gravi difficoltà per- 
chè molti ecclesiastici avendo il proprio 
patrimonio o per acquisti fatti, nella loro 
morte talvolta non sì distinguevano da 
quelli spettanti alla chiesa, per cui non 
pochi opinarono che quelli che vìveano 
de'beni di chiesa non potessero ritenere 
il loro patrimonio. Nella chiesa d'occi- 
dente fu proibito agli ecclesiastici di di- 
sporre de'beni di chiesa, la quale prende- 
va l'eredità del vescovo se moriva senza 
aver fatto testamento, in mancanza d'e- 
redi. F', Spogli. L'imperatore Giuliano 
rivocò i privilegi di Costantino, e tolse 
alle chiese ì beni, allegando per pretesto 
che la perfezione della religione cristiana 



ì 



REDf 

consisflcra «dia poveiiu. Benché i suoi e- 
dilli fiiroao poi rivocali da Valenliiiiano 
Jj non rittabiPi tulle le grazie filile alla 
Chiesa da Goslantino, ed i suocessori fu- 
rono ancor meno liberali. Invece molti 
preti e monaci, non senza arlifizio,si pro- 
curarono i beni de'purticoluri, uiassime 
dalle vedove^oomesi può vedere negli An* 
naii di Daronio, e ueìVEpist. di s. Giro* 
hmo H EusIocIjìo, e di s. Ilario 1/2 Comnu 
in Ptalm.j per cui Valenliniano 1^ Va* 
lente e Graziano fecero leggi coolro sif- 
bltì abusi. 

• L'origine delle rendile ecclesiastiche 
de' Monafd(F,) ebbe principio col lavo- 
ro delle proprie mani, dalle limosinepar- 
titoolarì e da quelle clie loro distribuivano 
i vescovi se bisognosi, alcuni conservan- 
do qualche cosade'Ioro privali patrimo* 
BÌ,lìiBchè ebbero orotorii e chiese conti- 
guea'Ioro monasteri; laonde le limosine 
si raddoppiarono e il popolo couìinciò ad 
abbandonar le Parrocchie (/^.), per an- 
dare alle loro chiese; quindi eressero bai- 
listerìe aniministrarono i sagramenli,per 
lo che incominciarono quelle questioni 
che trattai pure a Religiosois. Gregorio 
I permise che celebrassero ne'Ioro mo- 
oasterì, onde alcuni a*edono che da que- 
sto principalmente sieno venute le Messe 
(F.) private, le quali furono di molto 
]iantaggio e utilità a'monaci, e produssero 
rendite alle comunità religiose, massime 
per le messe de'defuuti, come ancora la 
moUiplicasione degli altari per celebrar- 
le e l'origine delle cappelle. Tutto ciò in 
fNTÌente già si praticava. I barbari con- 
quistatori s'intrusero nell'elezione de' ve- 
scovi per nominarvi persone a loro di- 
avole, e quel che fu pili pernicioso e fa- 
nale alla Chiesa, si éche i principi e gli al- 
tri aignori non fecero pid distinzione dei 
beni consagrali a Dio, da quelli profani. 
Convenne sottométtersi alla necessità dei 
lempi, e le gran guerre che si successero 
fiirono cagione che la maggior parte dei 
beni della Chiesa cadde in mano de'laici, 
sebbene in gran parte poi tornarono alle 
VOL, Lvir. 



REN 119 

cattedrali e ai monasteri, anche per re- 
stituzione. Quando le amministrazioni 
de'beni ecclesiastici furono erette in be- 
nefizi o titoli perpetui, gli ecclesiastici che 
erano stipeudiati dai capitoli cattedrali, 
dai monaci ed anche dai laici pei Padro* 
nati (/^.), diventarono vicari perpetui e 
curati; ma la pomone migliore de'beni 
restò a'cauonici ed a'monaci. Ritrova usi 
nelle forraole di Marcolfo molti atti di ces- 
sioni e donazioni in favore dc'moiiasteri, 
delle quali in tanti luoghi tenni proposilo, 
come a Regalia, le più comuni dicendo : 
p» Io N. figlio di N. donoal monastero... per 
rimedio.... o per riscatto dell'anima mia 
i beni.... ovvero, per rimedio dell'anima 
di mio padre.... o di mia madre, " senza 
dichiarare il numero delle messe. Altre 
formole sono circostanziale e con obblt» 
ghi particolari, che i benefattori addos-* 
sa vano ai monasteri. Avendo i monaci 
collegati piì acquistalo estesi terreni, né 
potendo tutti coltivarli, fecero una spe- 
cie d'affittanze enflteutiche delle Conve* 
nientiae, ignorandosi allora per lo più le 
leggi canoniche che proibivano l'aliena- 
mento e il fitto per lungo tempo de'beni 
ecclesiastici ,il perché vescovi e abbati ven* 
devano e permutavano tali rendite senza 
consultare i Papi e invocarne l'autoriz- 
zazione. Vi fu un'altra specie di contrat* 
to chiamalo Precario ^ che portò gran- 
di ricchezze ai monasteri. Consisteva in 
una donazione che facevano i particolari 
de'Ioro beni alle chiese, dalle quali otte* 
uevano lettere che si chiamavano Preca* 
rias o Precatorias , e gli stessi beni per 
possederli per una specie d'affittanza enfi- 
teutica; imperocché la maggior parte fa- 
cevano affittanze per 5,6 o 7 generazioni, 
a condizione di dare alla chiesa o mona- 
stero una certa rendita ogni anno: il po- 
polo dava assai più volentieri i suoi beni 
alle chiese, quando ne riservava l'usu- 
frutto per lungo tempo. Terminale le ge- 
nerazioni, i possessori de'beni diveniva- 
no filtaiuoli con annua corrisposta, con 
condizione di migliorarli. Le persone che 

9 



i3o REN 

abbracciarono In vita monastica e quelli 
che in essa professarono il vivere d'una- 
coreta, conliibuirono molto ad anicchi* 
re ì monasteri, colla cessione de'pt'opri 
beni o di quelli che ereditavano; allret* 
tanto praticavano le vedove e le vergini 
che si iacevano Religiose (F'.), 1 privilegi 
deTapi e de'principi accordali ai mona* 
steri, contribuirono essi pure a conser- 
vare ed accrescere i loro beni : di qiie- 
ste franchigie, esenzioni e regalie parlai 
a'^luoghi loro, oltre le fondazioni magni- 
fiche de'principi stessi; quindi incomin- 
ciarono VInvestUure ecclesiastiche (^.), 
che produssero tante turbolenze nella 
Chiesa e lagrime voli scissure tra il sacer- 
dozio e Tinipero. Ma i gran beni goduti 
dai monaci, Toccnpare i capitoli di tante 
cattedrali, anche colle dignità proprie del 
clero secolare, dierono gelosia ai canoni- 
ci, ai vescovi, ai principi, quindi nacque- 
ro grandi contese, principalmente in In- 
ghilterra : questo agevolò ai preti seco* 
lari il modo di rientrare nelle chiese cat- 
tedrali e negli altri benefizi, secondo le 
regole del gius comune. Ma delle infinite 
benemerenze del monachismo colla Chie- 
sa eia società, le arti eie scienze, in più ar- 
ticoli celebrandole ne trattai : a' monaci 
si debbono eterne obbligazioni de' servigi 
prestali alla Chiesa in tempi, in cui i preti 
secolari erano immersi nelle passioni u- 
inane e neirignoranza. Avendo merita- 
to la benevolenza e protezione de'Papi, 
anche per questo furono presi di mira, 
quando si volle combattere la possanza 
del pontificato romano e l'ampiezza dei 
suoi domimi temporali. Prima di accen* 
Dare quanto riguarda le rendite della 
chiesa romana, e quelle private de'Papì, 
cardinali e prelati, riporterò i principali 
canoni de'concilii sulle rendite ecclesia- 
stiche. 

Il concilio d'Orleans del 5 1 1 nel can. 
5 dichiarò: 1 frutti della terra che le chie- 
se posseggono per liberalità dei re con e- 
senzionedi aggravi, saranno impiegati nel 
risarcimento delle chiese, in alimento dei 



REN 

preti e de' poveri, e nel riscattare degli 
schiavi. 11 concilio di Toursdel 566 col 
can. 24 stabifi: Che gli usurpatori de'be- 
ni delle chiese sono come omicidi de' po- 
veri ; se persistono nel loro usurpo dopo 
3 ammonizioni, bisognerà raunarsi tutti 
d'accordo co' nostri abbati e priori, e col 
nostro clero, e poiché non abbiamo noi 
altre a|*mi, recitare nel coro della chiesa 
il salmo 108, per trarre sopra di essi la 
maledizionediGiuda,in guisa ch'ei muoia 
non pure scomunicato, ma aiiateinalizza- 
to. Il concilio di Nantes delTSoo col can. 
2 decretò: Bisogna istruire i preti, che le 
decime e le oblazioni che ricevono da'fc- 
deli sono l'alimento de' poveri, degli stra- 
nieri e de'pellegrini, e quindi che non deb- 
bano usarne come di cose sue, ma risguar- 
darlecome beni dati loro in deposito, sa- 
pendo che ne renderanno stretto conto a 
Dio, e che se non le dispensano fedelmen- 
te, a quelli che sono in necessità^ ne sa- 
ranno puniti severamente. La stessa dot- 
trina è insegnata dal concilio di Tours del- 
r8i3, can.io; da quello di Chalons del- 
rS 1 4, can. 6;da quello di Parigi dell'S 29^ 
can. i5;daquellod'Aquisgrana oAix-la- 
Chapelledeir8i6,cun.8.Inquestocolcan. 
1 07 si dichiarò: La ragione sopra la quale 
sono fondate tutte queste autorità si è, che 
tutti i beni della Chiesa sono stati oderti e 
dati dai fedeli a Dio e alla Chiesa, e non 
a'benefiziati, e che per conseguenza que- 
sti ultimi non ne hanno il dominio; che 
i fedeli gli hanno dati per redimere i loro 
peccati, secondo il Unguaggio ordinario 
de' Padri e de' concilii, che li chiamano 
il prezzo e il riscatto de'peccali; dal che 
ne segue che i benefiziati non hanno il 
dominio di que'beni, e che non possono 
senza ingiustizia distrameli dagli usi pii 
a'quali erano destinati, per impiegarli e 
consumarU in usi profani, e che non ne 
possono prendere, se non quanto è ne- 
cessario per l'onesto loro mantenimento. 
Quelli che hanno beni propri, non pos- 
sono trar sussistenza dalla chiesa, e ap- 
propriarsi eoa ciò che deve servire per 



R£N 

alimcnlo de' poveri, senza commettere 
grave peccatOi e lo Spirito santo dice de- 
gli eoclesiattici per bocca del profeta O- 
fea: Eglino mangiano i peccati del popò* 
lo mio. Il concìlio il di Nioea deirSSy^can. 
12 dichiarò: Il vescovo die ha ricevuto 
ramminìstrazione de' beni della chiesa, 
deve riflettere che Dio lo sìsk osservan- 
do, e che non gli è permesso d'appio* 
prìarsene, o di dare a'suoi pai*enti (|ual* 
che parie de's uoi beni, che sono di Dio; 
ma sesoDO poveri deve sollevarli alla ma- 
niera degli altri poveri. Il concilio Late- 
raneose III del 1 1 79 dispose col can. 1 5 : 
Gli acquisti btli per mezzo delle rendite 
ecclesiastiche, non potranno essere tolti 
alla chièsa dai benefiziati né in vita, né 
in morte; e facciano o nonfuccianu te- 
stamento, questi beni devono restare alla 
chiesa. Il sinodo di Parigi del i5o3 di- 
spose: Noi pitubiamo espressamente agli 
codesiasUcI di far cattivo uso di ciò che 
posseggono, e di disporre per testa men • 
todeMoro beni ecclesiastici, altrimenti che 
in &Tore della chiesa; imperciocché i sa- 
grì canoni lo hanno sempre proibito, e 
non lo possono fiii*e senza rendersi rei d'u- 
na specie di sacrilegio. Il concilio di Tren- 
tOfSCM. ^SdeRtfòmì. e. i , stabilì:K proì- 
bilo ai chierici d'arricchire i loro parenti 
e amid de'beni della chiesa, prima per- 
dio i canoni degli apostoli lo proibiscono, 
e poi perché questi beni appartengono a 
DiO| e per conseguenza non ne sono pa- 
droni.Lostesso concilio li esorta, per quan- 
to é in loro potere, di disHirsi del tutto 
di questo affètto disordinato pe'Ioro fra- 
telli, nipoti o altri parenti, ch'é una sor- 
gente di tanti mali per la Chiesa. Il con- 
cilio di Afagonza del i549 ^^^ ^°* 7^ 
decretò: Poiché l'Apostolo giudica inde- 
gni di mangiar e di vivere, quegli oziosi 
che mangiano a spese altrui con pone, cui 
non si prendono pena di guadagnare, 
quanto non sarà pi h formidabile il peso 
dello indignazione divina, che sovrasta 
a que'rainistri della Chiesa, i quali senza 
reoderlealcun servigio, consumano le sue 



REN i3i 

rendite, che altro non sono die il patri- 
monio de'santi Martiri, e i doni che i pii 
fedeli destinavano al mauteutnienlo del 
santo ministero. Si può vedere Dataria, 
Commenda, Rassegttazioae db' benefizi. 
Regresso. 

La chiesa romana fino dai suoi pri- 
mordii per le oblazioni de'fedeli fu in gra- 
do di esercitare la sua generosità, col soc- 
correre con copiosi sovvenimenti i biso- 
gnosi di rimotissimi luoghi,massime quel- 
li che nelle persecuzioni erano condanna- 
ti per la fede a scavare i metalli, o a lon- 
tano esilio dalle lore patrie, a'(|uali i Papi 
veri padri ùti Poveri (f"" .) costantemente 
aiutarono, non solamente fino all'ultima 
persecuzione di Diocleziano, come attesta 
Eusebio, ///i/. eccL lib. 7, cap. 5,chein 
essa vivea; ma anche in ogni tempo, co- 
me avverte Baronio anno 44> ^.^ 68, e s. 
Leone I nel Semi. 5. La fierezza delle per- 
secuzioni non fece isfuggire ai vigilanti 
Papi le loro munifiche provvidenze nel- 
le più lontane parti del mondo, anche pel 
soccorso delle chiese. Seguendo questo 
costume, si distinsero amorevolmente s. 
Solerò del 1 75, e s. Dionisio (/^.) del 26 1 : 
quanto costantemente fecero i benefici 
successori colle rendite della romana chie- 
sa, lo descrissi in un gran numero di ar- 
ticoli, a Elemosineria Apostolica, a Chie- 
se, Ospizi, Ospedali di RoMA,ec A'tempi 
di s. Cornelio Papa del 254) g'^ 1^ chiesa 
romana, oltre il clero, colle sue rendite 
manteneva i5oo vedove, ed un numero 
grandissimo d'altre persone. Nel 3 1 3 Co- 
stantino nel dar pace alla Chiesa, donò 
a Papa s. Melchiade il palazzo Lacerano 
e rendite bastanti a mantenere il decoro 
della suprema dignità, come narra San- 
gallo. Gesta de' Pontefici t. 3, p. 875. Ri- 
ferisce s. Girolamo, £/7i5/. 38, che il con- 
sole Pretestato soleva dire a s. Damaso 
I del 367: Fatemi vescovo di Roma e 51/- 
bito mi farò cristiano. Tanto già erano 
vistose le rendite della s. Sede. A Patri- 
moni della chiesa romana dissi che già 
nel IV secolo possedeva patrimoni in o- 



i32 REN 

riente con pìngui rendile; che dava fon« 
diaiie chiese, monasteri e spedali con an- 
nuo canone, e che nel pontificato di Pe- 
lagio I del 555 possedeva |>atrimoni in oc- 
cidente, mentre in quello di s. Gregorio I 
del Sgo i patrimoni erano 23 con vistose 
rendite e l'esercizio delle regalie superio- 
ri. Sotto s. Gregorìo II e verso il 726 in- 
cominciò la Sovranità ( F,) temporale dei 
Papi e della s. Sede; quindi da allora e me- 
glio fino da Adriano! del 722 i Papi eser- 
citarono in Roma la piena amministra- 
zione delle cose civili, aumentandosi suc- 
cessivamente il principato della chiesa ro- 
mana, con grande incremento di rendite, 
onde sempre piti i Papi poterono aumen- 
tare gli ufiìziali numerosi della Corte e 
CuriaromanaeóeWa Famiglia pontificia 
(/^.); quindi ebbero origine ancora la Ca- 
mera apostolica (/^.), il Fisco pontificio 
(F'ediy ove parlai di quello de' vescovi)^ 
FArcario o Tesoriere [Fedi, al quale arti- 
colo parlerò delle rendite dello stato pon- 
tificio), il Camerlengo (F,). Inoltre im- 
mensamente sì accrebbero le rendite col- 
1 aumento del Denaro di s, Pietro (F,), 
incominciato nel 725, cioè pio tributo 
che di vei^se nazioni cristiane pagavano al- 
la s. Sede, da Ina re di Wessez o de'sas- 
soni orientali inlnghìlterra, che alla me- 
desima fece tributario il suo regno. Quin- 
di altri regni in gran numero si dichia- 
rarono Stati tributari della s, Sede^F,), 
con annuo censo. I sagri pellegrinaggi ad 
Limina jipostolorum (V,) vieppiù cre- 
scendo, il concorso a Roma fu frequente 
di persone d'ogni nazione, rango edigni- 
tày tutti facendo pie offerte a s. Pietro. 
A Regina parlai delle rendite di Raven- 
na da Gregorio V cedute all'infelice im- 
peratrice Adelaide, e dell'altre ospitalità 
usate con altre disgraziate sovrane dai Pa- 
pi colle rendite della romana chiesa. I^el 
I oSg con investire Nicolò II i normanni 
de'regni di Napoli e Sicilia, ch'erano della 
s. Sfede, ne incominciò l'annuo censo alla 
camera apostolica. In moltissimi articoli 
raccontai io splendido uso fatto dai Papi 



REN 

delle rendite, con aiutare i sovrani nelle 
guerre, massime contro i nemici del no- 
mecristiano,controgriscismatici e gii ere- 
liei, e per le Crociate (^.), anche colla 
Milizia e Marina (F,) pontificia. Ghie- 
se, monasteri, vescovi e nazioni, tuUi pro- 
varono gli effetti della pontifìcia muni- 
ficenza, che per loro giunsero i Papi per- 
sino a indei>itarsi, come dichiarai a Luo* 
ghidi Monte (F.), Con queste stesse ren- 
diteeressero innumerabili monumenti di 
pubblica utilità, di abbellimento, in Ro- 
ma e ne'ioro dominii temporali. A Mo- 
neta, ed a l^REFETTO DI Roma narrai co- 
me nel secolo XII insorsero gli arnaldi- 
sti a combattere le rendite della chiesa 
romana, ribellando i romani, colla pre- 
tensione che al Papa ed ai chierici ba- 
stavano le decime e le oblazioni: Clemen- 
te HI si pacificò co'romani,cedè loro una 
3.' parte delle rendite e ripristinò i Pre- 
sbiterii (F.), donativi che i Papi davano 
in alcune solennità. Sono troppo neces- 
sarie le rendite al Pontefice, non solu (>el 
mantenimento del lustro di sua sublime 
dignità, e de'numerosi ministeri in ser- 
tiziodi tutto il mondo cattolico, ma sicco- 
me padre comune per esercitare eziandio 
le sue beneficenze con tanti e tanti mi- 
lioni di sudditi spirituali,che in ogni epoca 
le sperimentarono al modo che descris- 
si in diversi articoli; ed a Gerusalemme 
notai che il già re Giovanni di Brenna 
ebbe da Onorio III il governo del Patri- 
monio di s. Pietro per sostentamento di 
sua persona. Abbiamo dall'annalista Ri- 
naldi all'anno 1289, n.^ 49) che Nicolò 
lY ordinò che certe reudite della chiesa 
romana, da lui espi*esse in una costitu- 
zione, si di videssera in due parti, una del- 
le quali entrasse neija camera apostolica, 
e l'altra si dividesse tra'cardinah ; l'uso 
della qual costituzione si è poi tralasciato 
per giuste cagioni, provvedendosi ai bi- 
sogni de'cardipah dal Pontefice con altre 
reudite. Novaes nella Storia di tal Papa, 
citando Rinaldi, e Spondano,^/i/t^/. ec- 
cL an. 1292^ D.'' 3j dice che Nicolò IV 



REN 

divise le rendite della chiesa romana ìq 
due parliy una delle quali rimanesse al 
Papa, l'altra fosse spartita tra'cardinali. 
Pleltemberg , NoL Curiae Romanae p. 
47^9 riporta che le Annate, ad subven» 
iionem Papae et cardinaUuni indigen' 
iium iniroductae sunt. Nel voi. XIX, p. 
I i4c 1 1 5 parlai delle Annate istituite nel 
i3g!i da Bonifacio IX, pei bisogni della 
e Sede e della Chiesa universale. A Piat- 
to GABDiNALiKio, modico assegno annuo 
de'cai-dinali, trattai delle rendite del Sa- 
gro CoiÌeg{o{F.),e del detto assegno sta- 
bilito da Paolo H, con altre analoghe no- 
tìzie; opme del Rotolo o emolumenti ap- 
fjarleoenti a'cardinali, sulla quale deno- 
minacione apprendo da Bernini, // Tri- 
hiinale della Rota p. 1 4) che il rotolo car- 
dinalisioMerat scheda modo rotae com- 
plicata , quam sacri Collegii computista 
ad singulot cardi nales mittere solebat,ubi 
sìngìllalim notabantur portiones, quae 
ad eoi in distribùtionibusspectabant."Pei 
bisogni del la Chiesa, non essendo sufficien- 
ti le rendite della s. Sede, i Papi crearono 
i F^acabili^F.)^ cioè la vendita degli uf- 
fizi e delle cariche, anche con cospicue 
fomme, che riscuoteva la camera aposto- 
lica e il tesoro o erario pontificio. Leggo 
in Platina, Vite de* Pontefici^ che Sisto I V 
Irovandosi bisognoso di denaro, fu il i.** 
che ritrovò nuovi uffici per potersi ven- 
dere; in vece, come aveano fatto Pioli 
e Paolo li con altri cacciati da' turchi 
quando s'impadronirono dell'impero d'o- 
riente, mantenne onoratamente a sue spe- 
se Andrea Paleologo signore di Morea, e 
Leonardo de Tocco despota d'Albania, 
deposti ed espulsi dai loro stati da Mao- 
metto li imperatore de' turchi. Oltre a- 
gli altri doni che loro fece, diede 6ooo scu- 
di d'oro di dote a Sofìa Tommasa figlia 
del Paleologo, maritata al duca di Rus- 
sia* Raccolse pure benignamente le regine 
di Cipro e di Bosnia ch'erano state pri- 
vate de'Ioro ragni, e con molta cortesia 
le sollevò da ogni bisogno. In tempo di 
Paolo IV del 1 555 il Papa riceveva dalla 



REN i33 

Dataria (V,) scudi 6ooo al mese. Qui 
noterò, che ora dalla medesima riceve tal 
somma, ma soltanto all'anno, con scudi 
4ooo annui dal palazzo apostolico per 
l'intiero suo mantenimento; più dal me- 
desimo palazzo riceve annui scudi Sooper 
l'occorrente alla segreteria particolare, ed 
ogni due anni scudi 2000 per l'acconcio o 
vestiario domestico, in tutto scudi i i,3oo 
annuii A questo tenuissimo assegno si de- 
vono aggiungere, annui scudi 6000 prove- 
nienti dallesovraneregaliesui sali e tabac- 
chi, e le tasse concistoriali che si possono 
valutare da i o a 1 5 mila scudi annui, qua- 
lora viiiieno molti concistori e provviste 
di benefizi concistoriali. Tuttociònon ha 
bisogno d'alcun commento^ per ammira- 
re la virtuosa e edificante moderazione 
de'sovrani Pontefici, mentre con sì limi- 
tate som me debbono nutrirsi, vestirsi, far 
limosi ne e doni secondo il loro cuore sem- 
pre generoso, benigno e paterno con tut- 
ti; al modo che vado riportando in tanti 
articoli, ed a quelli di Gregorio XVI e 
Pio IX[y^i di splendide elargizioni che 
sono note, altrimenti assai maggiori sa- 
rebbero ì molteplici tratti di loro ponti- 
ficia munificenza da doversi registrare. 
Volendo ricordare fatti contemporanei, 
le eredità di Pio Vlly Leone XII^ Pio 
Vili e Gregorio XVI (r.), formano il 
più grande elogio del pontificato romano 
e sono luminosa testimonianza e prova 
dell'esemplare discrezione e disinteresse 
de'Papi,che non prendono un soldo dalle 
pubbliche rendite e altre casse o prodot- 
ti, argomento che si potrebbe sviluppare 
con riflessi i più gloriosi a decoro e ve- 
nerazione de' medesimi. Per quanto ri- 
guarda il Nepotismo^ V, Parente. Paolo 
IV impiegava i detti scudi 6000 in li- 
mosine, e sebbene si trattasse maestosa- 
mente, visse con mirabile frugalità, vo- 
lendo che l'esteriore del principe fosse no- 
bile e quale si conviene a tanta altezza di 
grado. Riferisjee Novaes, che Sisto V di 
suo privato {[Peculio spese peglì acquedotti 
di Roma quanto riportai nel voi. I,p. 78. 



i34 REN 

Per le opere sue grandiose e pei bisogni 
della Chiesa, senza aggravare il tesoro o 
erario |)ontificio della camera apostolico, 
aumentò il numero de'luoghi di monte e 
de' vacabili , assegnando pel pagamento 
de* frutti de'primi diverse annue rendite 
e Gabelle, e vi comprese se. 4^00 dell'ap- 
pallo delle Po5/e/70/i///?fie(/^.), che i pre- 
decessori a veanoriserva lo a loro manteni- 
mento. Alle moderale pontificie magnifi- 
cenze de'Papi verso de'cardinnli; che no- 
tai a Piatto cardinalizio, aggiungeròche 
Gregorio XIV appena eletto distribuì se. 
1 000 a gran parte de'54 cardinali che in* 
tentennerò al suo conclave, fece alcuni 
doni a'iuoghi pii, e volle che la propria 
famiglia vestisse sontuosamente. Si legge 
nella vita di Clemente X, che tutti glie- 
molumenti spettanti alla borsa del Pa- 
pa, fossero depositali nel monte di pietà, 
-cou animo di prevalei'sene in pubblico 
benefizio. Il ven. Innocenzo XI{F^,\ nei 
1 3 anni del suo pontificato non prese un 
quattrino dalle rendite pontificie^ le quali 
volle che si applicassero per pagare i de- 
biti della camera apostolica. Merita ri- 
cordo Innocenzo XI I (F,\ per avere a- 
bolito il nepotismo e gli uffizi venali, e 
per le somme immense che spese coi po- 
veri. A Clemente XI in morte furono tro- 
vati 60 scudi e la lista di 600 famiglie 
che viveano di sue limosine, per le quali 
impiegò piti di 5 milioni di scudi, seb- 
bene la rendita stabile del Papa, di cui 
allora liberamente disponeva,dopo le spe- 
se necessarie al mantenimento della per- 
sona,non sorpassa va annualmente la som- 
ma di 5o,ooo scudi, come attesta Ottie- 
ri, Storia d Europa t. 7, lib. 20. Il suc- 
cessore Innocenzo XIII come i predeces* 
tori si collegò co'principi cristiani per fre- 
nare la possanza ottomana, esortò i car- 
dinali ad aiutare i cavalieri gerosolimi- 
tani presi di mira, con denaro, ed egli pel 
i.'^loro diede scudi 10,000 della camera 
npostolica, ed altrettanti della sua borsa 
privata, non ostante Tessere ormai sì li- 
mitate le rendile destinate all'uso dome- 



REN 

slieo de'sovrani Pontefici, che appena a- 
scendevano al suo tempo a scudi 44}Ooo 
come riporta TOltieri t. 8, il quale esscn* 
do suo cavallerizzo, afferma di saperlo con 
sicurezza. Innocenzo XIII pose a dispo- 
sizionedi Giacomo 111 100,000 scudi per 
ricuperare il suo trono d'Inghilterra; ed 
I mobili che aveano a lui servito e del 
valore di 3o,ooo scudi, Benedetto XIII 
li donò al re, cui accrebbe l'assegno che 
gli somministrava la s. Sede sempre ca- 
rilatevolee ospitale coi principi delroniz- 
zali,come praticò a'nostri giorni Grego- 
rio XVI con d. Michele I già re di Por- 
togallo {^»y Benedello.Xl V trovando e- 
sausto il pontificio tesoro, ordinò diverse 
economie nel Palazzo apostolico (/^.), la- 
sciando a beneficio della camera aposlo- 
lica certi diritti che entravano nella bor- 
sa particolare del Papa e facenti parte 
delle loro rendite. Invaso lo stato ponti- 
ficio dai repubblicani francesi nel 1798, 
fu invitalo Pio VI a rinunziare la sovra- 
nità, per l'annua pensione di 3oo,ooo 
lire all'anno; come rifiutò e cosa disse, lo 
notai nel voi. LUI, p. io3. A p. i43 rac« 
Contai che Pio VII deportato a Savona 
d'ordine di Napoleone, che gli avea oc- 
cupato i suoi slati, ricusò i 100,000 fran- 
chi mensili offertigli pel suo mantenimen- 
to, rispondendo al conte Salmatoris go- 
vernatore de' palazzi imperiali, che ne a- 
vea falla proposizione: Non li accettiamo; 
di nulla abbiamo bisogno,ese ci manche- 
rà il pane, i nostri fedeli lo sapranno, e 
ci appresteranno il necessario. Nel voi. 
XXVII, p. 127, dissi come Pio VII ri- 
cusò le proposizioni di Napoleone, di due 
milioni di franchi annui di rendila, colla 
sovranità e residenza in Avignone, già do- 
minio della romana chiesa. A Professio- 
ne DI FEDE ricordai quelle che fanno ì Pa- 
pi, in uno ai giuramenti di non alienare 
idominii temporali e le rendite della chie- 
sa romana, e gli eguali giuramenti che 
prestano i cardinali. A quanto ho detto 
sulle modicissime rendile de' Papi e dei 
cardinali, si possono aggiungere quelle 



REN 

limitale provvisioni de'cardinali legali e 
prelatr delegati che riportai nel voi. 
XXXVIIyp. 388; e quelle pure diserò- 
lissìme d^li altri Prelati (F'.)y che ser- 
vono la s. Sede, di che parlo in quasi tutti 
i loro articoli, di uiBzi o cariche da loro 
esercitate. Nel i84gsi pubblicò in Roma: 
SlatUtìca di tutti gli uffizi ed impieghi 
governatici i giudiziari e amministrativi 
co* rispettivi assegni annui , per t esercii 
zio del dominio temporale della s. «Se- 
de àff epoca del 1 848^ non die de* tribù* 
nali e congregazion i ecclesiastiche. Que- 
sta statistica, olti*eché dimostra quanto la 
diiesa romana e lo stato pontificio spen- 
dono pei cattolici di tutto il mondo, nei 
Tribunali e Congregazioni ecclesiastiche 
o cardinalizie (/^.), serve di solenne con- 
futauoneallemolte calunnie lanciate con- 
troia s. Sede, inclusi vamente a quella che 
nel gotemo papale pressoché tutti gl'im- 
pipali sono ecclesiastici. Risulta pertan- 
to dalla Statistica che ntW Amministra- 
zione dello stato gl'impiegati ecclesiasti- 
ci sono ^43, inclusi va mente a' 1 34 cap- 
pellani delle carceri e case di condanna 
unicamente addetti al culto, onde resta- 
no a soli 109, ricevendo tutti annui soldi 
di scudi 190, 3 16; compreso l'ordine di- 
plomatico, composto di 7 nunzi, con scu- 
di46,634> 3 ìnternunzi,con scudi 1 1 ,000; 
3 incaricati, con scudi 64oo. Gl'impie- 
gati secolari sono 5,o59, ricevendo tulli 
annui soldi di scudi 1,1 86,1 94» senza le 
gratificazioni : tra questi non vi sono in- 
clusi i professori dell'università, ne gl'im- 
pi^ati de' dazi appaltati. Si deve inoltre 
DOtarCj che dopo della epoca si secola- 
rixiarono importantissimi uffìzi e cariche, 
fra'quali i ministeri di grazia e giustizia, 
e del commercio, belle arti e lavori pub- 
blici: che vi sono ne'dicasteri meramen- 
te ecclesiastici de' laici con impieghi sta- 
bili e con autorevole influenza nella cosa 
pubblica, non meno de'chierici che sono 
amofibili. Risulta pure dalla Statistica^ 
che %^' Tribunali e Congregazioni ecclc' 
4iasliche o cardinalizie^ gl'impiegati ec- 



REN iST 

clesiaslici sono 161, ricevendo annui sol- 
di di scudi 36, 120; gl'impiegati secolari 
sono 3 1 6, ricevendo <^nnai soldi di scudi 
6 1,836. Si può leggere Giovanni Mar- 
chetti, Del denaro straniero die viene a 
Romane che ne va per cause ecdcsiasti- 
die^ calcolo ragionato^ Roma 1 800, che 
citai a Luoghi di Momrs, con opportune 
riflessioni contro i maligni detrattori del- 
la Corte di Roma (/^.). 

REINNES {Rhedonen). Città con resi- 
denza vescovile di Francia, capoluogo del 
dipartimentod'llieeVilaine^di circonda • 
rioedi4cantoni,a231eghedaNanlese78 
da Parigi, in bella pianura e aria salubre, 
sulla Vilaine e sull'llle che alquanto più 
basso si congiungono; ha tribunali di i * 
istanza e di commercio, camera consulti- 
va di manifatture, borsa e altreautorità. 
Quantunque senza fortificazioni , è con- 
siderata come piazza di guerra di 4-' clas- 
se, ed ha forte presidio. La Vilaine l'at- 
traversa e divide in alla e bassa, insieme 
congiunte da 3 ponti : la parte alta ha 
belle strade e vaste piazze, superbi edifi- 
zi che là rendono maestosa, oostru Ili do- 
po il fatale incendio del 1720, che durò 
7 giorni, e distrusse diversi monumenti 
interessa mi j in uno alla remota e famosa 
torre dell'orologio. Vi si osserva partico- 
larmente la piazza del Palazzo di forma 
quadra, un tempo ornata della statua e- 
questre in bronzo di Luigi XIV, e del pa- 
lazzo della ragione, bel monumento d'or« 
dine toscano, attinente alla piazza d'ar- 
mi, più vasta, ma meno magnifica, che dà 
ingresso all'ostello della città, già anch'es- 
sa decorata della statua equestre in bron^ 
7.0 di Luigi XV prima della rivoluzione. 
Racchiude Rennes buon numero di edifi- 
zi pubblici, l'ostello residenza de'tribuna- 
li e della pubblica biblioteca di3o,ooo vo • 
Itimi e mss. preziosi, con facciata grazio- 
sa sormontata dal campanile, avente di- 
rimpetto la torre dell'orologio; il palaz- 
zo della prefettura in faccia al bel pas- 
seggio Lamolte ; il palazzo filossac. La 
cattedrale, di recente e ottima struttura^ 



i36 BEN 

è succeduta all'antica di stile gotico epe- 
Srinte, la cui faccia principale era il me- 
glio. K dedicata a Dio sotto Tinvocazio- 
US di s. Pietro apostolo, essendo il capi- 
tolo composto del decano, del gran can- 
tore e di altri 6 canonici , oltre diversi 
numerari , ed i pueri de choro. Il capo 
della casa d'£spinay era canonico onora* 
rio della cattedrale, e sedeva incontro al 
vescovo ch'era signore in parte della cit- 
tà e consigliere al parlamento. L'episco- 
pio, ampio e buono edilìzio, n'è alquanto 
distante. Vi sono altre 7 chiese parroc- 
chiali con battisterio, diverse delle quali 
SODO riccamente ornate; bella è la chiesa 
di s. Salvatore; importante l'antica ab- 
bazia di s. Giorgio. Vi hanno monasteri 
di religiose, ospedali, due seminari con a- 
lunnj, stabilimenti d'istruzione e per l'ar- 
te mi li tare^ società di scienze e arti, scuo- 
le di pittura, scultura e disegno; un mu- 
seo di quadri scelti, uno de' quali di re 
Renato; gabinetti di fìsica, di storia na- 
turale, d'anticaglie e medaglie; bel pas- 
seggio tragli altri équello del Monte Ta- 
bore. Nella casa di detenzione vi sono ma- 
nifatture. Rennes per la sua situazione e 
in riva a un fiume navigabile potrebbe 
fare commercio vantaggioso, pure ha po- 
ca industria; nondimeno vi si trovano di- 
"verse fabbriche di maioliche, porcellane^ 
cererie, tintorie; fra le produzioni del pae- 
se, pregiato è il butirro. K patria degli 
storici Giovanni della Bletterie, Poulhaiu 
di St. Foix, D. Lobineau e Toui^nemi- 
ne; Chapelier deputato alla costituente; 
de'giureconsulti d'Argentré e P. Hevin; 
del maresciallo di Retz,arso vivo nel 1 44^ 
a Nantes; del celebre maresciallo e inge- 
gnere Vauban; de'Ietterati Ginguené, A- 
maury Duval, La Chalotais, del conte 
Lanjuinais: BertrandoDuguesclin nacque 
fie 'contorni al castello della Motte -Broou. 
A poca distanza da Rennes si trovano la 
bella selva del suo nome, eia cassina della 
Prevalaye tanto nota pel suo eccellente 
burro. 
. Rennes chiamata uo iem^o Condate , 



REN 

vocabolo celtico che significava confhten' 
£e, in riguardo alla sua posizione presso 
alla congiunzione dell'llle e della Yilaì- 
ne, una delle città più belle di Francia, 
eraa'tempi de'romani la capitale de'/?e- 
doneSy popolo gallico di cui prese poscia 
il nome e dal quale deriva quello che por- 
ta attualmente. I sassoni che se n'erano 
impadroniti alla decadenza dell' impero 
romano, ne furono in seguito cacciati dai 
franchi, a'quali Nomìnoè principe de^hre- 
toni la prese nel IX secolo sotto il regno 
di Carlo il Calvo che gliela cedette. I suoi 
successori ne fecero la loro capitale della 
Bretagna (/^.) detta Armorica, ne tornò 
alla Francia se non pel matrimonio d'An- 
na di Bretagna con Carlo VI li. Questa cit- 
tà benissimo forti fica la nel medio evo, so- 
stenne gran numero di assedi, il più me- 
morabile essendo quello che il duca di 
Lancastro fu foi*zato a levare nel 1 357 
dopo 6 mesi d' attacchi. Nel 1736 vi fu 
trasferita da Nantes la facoltà del diritto 
dell'università. Era prima della rivolu- 
zione la capitale dell'Alta-Bretagna e di 
tutte le Provincie di cui quivi teneansi gli 
stati, e sede del parlamento eretto da En- 
rico Il nel i555, il quale si rese celebre 
per la resistenza cui oppose mai sempre 
agli ordini iniqui della corte : il bel pa- 
lazzo nel quale riunivasi il parlamento è 
sulla piazza maggiore. Possedeva la zecca. 
La sede vescovile fu eretta, secondo al« 
cuoi, attempi apostolici di s. Pietro e si Li- 
no, altri con Chenu, Chron, episcoponun 
Galliae, p. 1 3 3, dicono nel I V secolo e per 
I ,^ vescovo s. Moderamno {F,) del 388, 
suffraga nea dell'arcivescovo di Tours, e 
lo è tuttora. Il 2.° véscovo fu s. Giustino 
martire, indi s. Riosismo nel 383 circa; 
poi 8. Elettrano, s. Giovanni, Artemio o 
Antemio religioso dottissimo del 4^3, s. 
Amando che morì nel 5oo, dice Chenu. 
Gli successe s. Melanio (^.), dotto reli- 
gioso, che istruì nella religione cristiana re 
Clodoveo I; fra'prodigi che Dio operò a 
sua intercessione, dicesi anche la risurre- 
zione d' un morto : egli estirpò intiera- 



REN 

niente Hdolatrìa che ancora regnava nel 
tuo paeie. Neir84o Salomone redi Bre- 
tagna nel borgo di Renoe< fondò il mo- 
naatero de'benedettini di s. Melanioe di* 
'venne florida abbazia, che di poi fu uni- 
ta alla mensa vescovile. Il vescovo Vitto- 
rio intervenne nel 559 al concilio di Pari- 
gi : s. Moderamno (/^.) rinunziò nel 719. 
£letlninoneir866 fu consagrato dal rarci- 
vescovo di Tour»; Tedaldo che gli successe 
abdicò in fiivore di Gnllerio, e si conten- 
tò dell'abbazia di s. Melanio.Silvestrode 
la Gujerche restato vedovo, di comune 
nifiragio fu eletto nel 1075. Fra gli altri 
nominerò Guglielmo de la Rupe Tanguy 
maetlro in teologia, benigno , discreto e 
froondoy morto nel 1292. Alnno già arci- 
diacono di Renries, morto nel 1 3ti8. Pietro 
deGueraené nel i359 consagiò l'antica 
cattedrale ; gli successe Raoldo canonico 
della medesima. Anselmo de Cantemer- 
le, di grande autorità, mogiiifìco, venne 
insignito del pallio dn Martino V e mo- 
rì nel 1437* Guglielmo Rrillet fondò 3 
cappelle e 4 pueti de choro nella catte- 
drale, rinunziando nel 1 447* Giacomo di 
Espinay nobilissimo, trasferito da s. Ma- 
io, morto nel 148 2. Roberto ^/'///o(A^.) 
oGuibé, da Treguìer, o Tours come vuo- 
le Cbenu^ trasferito dopo ili5oi aRen- 
nes e poi cardinale. Fr. Ivo Mhjcuc do- 
menicano confessore della regina Anna, 
di Carlo Vili e Luigi Xlf, di santa vita e 
grandemente elemosiniero. Claudio Do- 
dico già ambasciatore a Paolo 1 V e Car- 
lo V. Bernardino Bochetel neli56o, che 
per le diverse ambascerie in cui l'impie- 
ga Carlo IX rinunziò. Nel 1 565 Bertran- 
do deRffarillac, dotto francescano ed elo- 
quentissimo predicatore. Arnaldo d'05- 
«al(i^,) cardinale. Serafino Olwario(f^,) 
poscia patriarca d'Alessandria e cardina- 
le. Ilei i6oa Francesco Lacliiver, e nel 
1619 Pietro Cornuiller traslato daTre- 
guier. Pei successori si possono vedere , 
Gallia chr. t. a , par. 2, e le Notizie di 
I Boma. Per rinunzia di mg. >^ Claudio Lo- 
dovico de Lesquen di s. Brieux traslato 



REN 137 

da Beauvais, nel 1841 Gregorio XVI di- 
chiarò r attuale vescovo mg.^ Goffredo 
Brossais Saint- Mara di Rennes, giù par* 
roco e vicario genei^le della stessa chie- 
sa. La diocesi si compone del dipartimen- 
to d'ille e Vilaine , e si estende in lun- 
ghezza per 3o leghe e 10 in larghezza. 
Ogni nuovo vescovo é tassato in fiorini 
370. 

Concini di Rennes. 
11 1 ." fu tenuto nel 1 1 76 dn Bartolomeo 
arcivescovo di Toui*s, a motivo d'alcune 
differenze tra questo prelato e il vescovo 
di Dol. Mansi, SuppL 1. 1, p.675. Il 2,^ 
nel lunedi dopo 1' Ascensione del i!i73 
dall'arcivescovo di Tours Giovanni de 
Montereau e furono sanzionati i o canoni, 
contro quelli che maltrattano ì vescovi, o 
altri ecclesiastici che usurpano i beni del- 
le chiese. Altri erroneamente pongono 
questo concilio nel 1 163 e presieduto da 
Vincenzo de Pilmisam vescovo di Toui*s. 
Labbé t. 1 1 , Arduino t. 7.113.° nel 1 849 
con edificante processione aperto agli 1 1 
novembre e pi*esieduto da mg.'' France- 
sco Morlot arcivescovo di Tours che par- 
lò dall'altare a'fedeli con successo, comesi 
legge a p. 147 ì\g\V Osservatore romano. 
Nel t. 4 poi della Civiltà cattolica de feb' 
braioi85i a p. 4^2 viene detto. »« I ve- 
scovi radunati nel concilio provinciale di 
Rennes ora che hanno ricevuto da Roma 
l'approvazione de'loro atti, dirigono a'fe- 
deli diocesani un' allocuzione, che com- 
pendia tutto l'operato da essi nelle tenu- 
te sessioni. In altrettanti distia^ articoli 
condannano i sette empi sistemi che di 
questi di o in un luogo o in unaltro perver- 
tono a un tempo la fede e la filosofìa cri- 
stiana,echeperamor di brevità potremmo 
esprimere a un dipresso co'segueu ti tito- 
li : cioè il razionalismo, i'indilfercnza re- 
ligiosa, il panteismo, il mìtismo , la ria- 
bilitazione della carne, l'eclettismo reli- 
gioso , e il comunismo. Anatematizzate 
coteste profane eresie, consigliano i loro 
greggi a tenere la santità de'costumi cri- 
stiani, e per tutela della fede e della sali- 



i38 REN 

tità raccotnanclaDosi guardino ìa ìspecie 
da ire incenlivi : dalla parola insidiosa 
degli emissari protestanti ; dal perverti- 
mento degli empi ed osceni spettacoli; 
dalla lettura della stampa maligna ". 

RENO (s.), martire. V, Mortaito (s.). 

RENZI Frawcesco, Cardinale. Det- 
to Ahfe dal luogo di sua nascita, e nipo- 
te del cardinal ^/</c^/20 consanguineo dt 
Urbano VI, il quale nel dicembre 1 38 1 
Io creò cardinale diacono di s. Eustachio 
e vicariopontificio delle Provincie di Ma- 
rittima e Campagna. Contribuì molto ai- 
I^elezione di Bonifacio IX e morì nel 1 89^. 

REONENSISo RFiEON.Sedevesco- 
\iledi Grecia, suiTraganea d'Atene. Al suo 
"vescovo scrisse nel 1807 d^^t^^^^e V pel 
concilio di Vienna: nel i52i lo era fr. 
Pietro da Cordova de*minori. Orienschr, 
t. 3, p. 875. Commanvilledicecìie/^Aeo/t 
seu RheontiSf fu eretta in Morea nel se- 
colo XV 11 suiTraganea di Napoli di Mal- 
vasia, di rito greco. 

REPERltANOoREPERlTANUM. 
Sede vescovile d'Africa nella Mauritiana 
Cesariana, esisteva nel V secolo sotto Giu- 
lia Cesarea, e nel 4B4 n'era vescovo Ge- 
liano. Morcelli, Àfr, chr, 

REPINDONI o REPINTON Filippo, 
Cardinale, Canonico regolare di s. Ago- 
stino, fece mirabili progressi nelle lettere 
Dell'uni vei*sità d'Oxford,in cui ottenne la 
laurea di teologia e ne divenne professore. 
Ingannalo in gioventù da'wìclefisti, scris- 
se alcuni errori cheinn.^di 24 ritrattò in 
pubblica predica alla Croce di s. Paolo di 
Londra nel 1 3 8 2, con sìncero pentimento. 
Elettoabbatedi Leicester, indi fu promos- 
so a vescovo di Lincoln, ed a' 19 settem- 
bre i4o8 Gregorio XII lo creò cardinale 
prete de'ss. Nereo ed Achilleo. Fu al con- 
cilio di Costanza e all'elezione di Marti- 
no V, morendo illustre per opere pub- 
blicate, nel 1 4 1 7 o nel 1 4^0 secondo God- 
wino, sepolto in Growtheadum. 

REPUBBLICA, RespuhhUca^ ResPu* 
hlica^ Reipublicay Rempublica, Stato ci- 
vile e libero, governato dai principali del 



REP 

popolo pel comune ben'essere. Paese sot- 
to il collettivo governo di molti indivi- 
dui : se il potere eie magistrature sono 
fra le mani esclusivamente d' una classe 
distinta di nobili, chiamasi questo reggi- 
mento politico Aristocrazia , Arisiocra* 
tiaj e Democrazia, Status popularisj se 
il potere del governo risiede nel popolo, 
ed esercitato da molti tratti a sorte, o e- 
letti dalle diverse condizioni del popolo. 
Chiamasi repubblica cr\si\anafRespiiblica 
Christiana l'universalità de'fedeli soggetti 
al sommo Pontefice {P^.), con potere spiri* 
tuale e universale sui cattolici d'ambo gli 
emisferi. Dicesi repubblica letteraria. E- 
ruditorum omnium Natio , in modo collet- 
ti vo l'intero corpo degli studiosi e de'lette* 
rati. F. Lettere belle, Letterati, Eru- 
dizione. La democrazia o governo o stalo 
popolare,in cui le cariche sì davano a sorte 
o per elezione, ed in cui il popolo avea tut- 
ta l'autorità, e tuttala sovranità risiede- 
va presso il medesimo, fiorì nelle repub- 
bliche di Roma e di Grecia (^.) , mas- 
sime in Atene: questa parola democra- 
zia viene dal greco, popolo, comandare, 
governare. L'aristocrazia, specie di gover- 
no esercitato dai piti savi e onesti, come 
dai meglio istruiti nelle leggi e nelle con- 
suetudini dello stato, deriva da vocabolo 
greco, che vtiol dire eccellente, forza, po- 
tere, potenza. L'oligarchia o dominio vio- 
lento di pochi, viene dal greco poco, cioè 
signoria, governo di* poche persone, ma 
delle principalldello stato. Vi furono mol- 
te famose repubbliche in Europa, ma non 
propriamente il cui governo sia stato as- 
solutamente popolare. I veneziani ed i 
genovesi chiamavano i loro stati repub- 
bliche, quantunque il loro governo fosse 
oligarchico. Gli svizzeri erano governati 
aristocraticamente; e l'impero germanico 
tenne la via di mezzo tra il monarchico e 
l'aristocratico. Vi è differenza tra il vero 
significato del nome populus in laliuo, e 
quello che noi diamo alla parola popolo 
in italiano. Essa denota ordinariamente 
fra nof, quel che gli antichi romani chia* 



BEP 

nlavano plehs^ wtlgus^ ^^Tgo, plebaglia, 
il comune del popolo, e tulli quelli che 
non cadevano nellu classe delle persone 
dì qualità, de'cittadini agiati e di quella 
die chiamasi gente onesta. In vece sotto 
il vocabolo populus sono compresi tutti 
gli abitanti d'una città senza distinzione. 
Così questa [mrola popolo^ che in gene- 
rale significa una moltitudine d'individui, 
i quali abitano in un medesimo luogo , 
compresivi i nobili, i ricchi e tutti gli ni- 
trii si prende in un senso molto ristretto, 
dicendo tutto il corpo del popolo, scnz«i 
poi ooroprendervi le cosi dette persone di 
qualità^ i ricchi e quelli che hanno del- 
io spirito e della coltura. Fra' romani i 
plebei si sceglievano de* Pro/c(^or/(/^.). A 
Pieve dichiarai , che plebe una volta si 
chiamava l'unione de' fedeli posta sotto 
hi cura de'sacerdoti, nel qual senso si ap- 
pellarono pui*e le diocesi, inlitolandoài di- 
versi Papì,Episcopus sanctae plebis Dci^ 
conoe pur notai ne' voi. XLVIII, p. 87, 
XIi,p.2 IO, perchè per^/e^5 si disse talvol- 
ta tutto il popolo cristiano. L'arcivescovo 
di Ginlorbery s. Anselmo dice di se e dei 
Tesoovì: Nos chrìslianae plebis Pastores, 
Dice Galletti nel Primicerio^ p. 4o, che' 
neir Vili. secolo col nome di repubblica 
si chiamava il corpo de' romani , di cui 
era capo il Pontefice, avvertendo che di 
gran lunga s' ingannano quelli, che per 
repubblica intendono l'impero; e la santa 
repubblica, che vuol dire Roma e suo du- 
ca to^ la preodono pel sagro romano im- 
pero. Borgia, Memorie di Benevento , t. 
i> Pt 7> narra che s. Gregorio III non 
mostrò minor zelo del suo predecessore 
•• Gi-^orìo II per la sagra repubblica o 
sia confederazione de' romani e di altri, 
da esso foi*mata in un concilio tenuto nel 
73a per opporsi all'empietà degl'impera- 
tori greci; rimarcando che negli scrittori 
delle cose di detto secolo si deve distin- 
guere la sagra Repubblica^ dalla Repub- 
blica^ giacché per questa s'intendono le 
reliquie deli' impero d' occidente , cioè 
quella porzione di dominio che ebbero per 



REP 139 

qualche tempo in Italia i greci, anche do- 
po la persecuzione mossa alle sagre ///i- 
magiiìi (^.), per la quale perderono tan- 
ti dominii. Vedasi, Respublica Christia- 
na ubi disciplina etjurisdictio ecclesia^ 
stica vindicantur in eluclabilibus monu' 
mentii etiam gallicanis , bre\^i et darà 
melhodo ad umm studio sae juventutis e- 
xarata^ Lugani 1 838. 

Delie principali repubbliche sì d'orien- 
te che d'occidente parlai ai loro articoli, 
così delle loro magistrature e ordini, co- 
me Senatori^ Patrizi, Proconsoli^ PretO" 
ri. Questori j Dittatori, Prefetti (f^,) e al- 
tri; altrettanto della loro religione, legf^ 
e costumi. Vedasi Pozzi, Stato delle re- 
pubbliche, secondo la mente di Aristotì* 
le, Venezia 1 59 1 . Della repubblica e par- 
te pubblica e de'suoì ministri delle città 
d' Italia , trattai a Comunità' o Comune, 
Municipio e altri analoghi articoli, come 
ne'molli de'loro magistrati, quando le cit- 
tà italiane si governavano in forma e con 
reggimento di repubblica, cioè Dogi^Prio- 
ri f Podestà, Gonfalonieri {f'\) e simi- 
li, oltreché negli articoli delle stesse città 
e stati. Le principali repubbliche d'Ita- 
lia (^.) furono quelle di Fenezia, Ge- 
no^fay Pisa, Firenze, Lucca, Siena [F,), 
ed altre molte. SismondoSìsmondi cidiè, 
Histoire des republiques Italiennes da 
inoyen dge, Paris 1809, ma è nell'indice 
de'libri proibiti. £ il p. Luigi Tosti, Sto» 
ria della Lega Lombarda, illustrata con 
note e documenti. Monte Cassino 1848.. 
Nello stato pontifìcio tuttora esiste la re- 
pubblica di s. Clarino {F,); tiene in Ro- 
ma un rappresentante, ed ha un cardi- 
nale per Protettore (F,), Delle repubbli- 
che romane del 1 798 e 1 849 parlai a Pio 
rie Pio IX{F) : di quella del 1 798 trat- 
tò ancora Baldassari, Relazione delk av- 
versità di Pio FI, t. 2, massime a p. 285 
e seg., 345 e seg., ove descrive le ruberìe 
repubblicane. Inoltre in Europa fu cele- 
bre la repubblica d' Olanda (F,), rino- 
mata quella di Ragusi {F,), Ora vi sono 
quelle di Francia e di Svizzera {F,), pres- 



i4o REP 

so le quali la s. Sede tiene- un nunzio e 
un incaricato d'affari, ed esse hanno in Ro- 
ma, lai.* un ambasciatore, la 2.' un con* 
sole generale. Della repubblica di Fran- 
cia ripristinata nel 184^, ne parlai a Pa« 
BIGI, ed a Pio IX, come del suo presiden- 
te , il quale impose a Parigi la berretta 
cardinalizia ai cardinali Mathieu e Gous- 
set. In America {jT,) dal secolo passato 
si sono formate diverse repubbliche, con 
senati e presidenti, principalmente quella 
degli Stali Vnili^ dì cixi scrissero: C% Bot* 
ta, Della guerra deWindipendenza degli 
Stati Uniti d^ America^ Mi la no 1820. G. 
Borsieri, Storia della guerra fra gli Stati 
IJnitid America e V Inghilterra^ Milano 
182 1. Gio. Howard Hinton, Storia e to* 
pografia degli Stati Uniti,Londvjài83o. 
Memoria della chiesa cattolica negli Sta* 
ti Uniti d' America , compilata da un 
membro della società Leopoldina ^VevO' 
nn 1 835. Cardinal Gaetano Baluffi, L*A- 
merica un tempo spagntiola riguardata 
sotto t aspetto religioso, dall'epoca del 
suo discoprimento sino al i843, Ancona 
1844* ^^ rivoluzione degli Stati Uniti, 
quindi l'origine delle repubbliche d'Àme* 
rica tra loroconfederate,cbe produsse l'in* 
sorgimento eziandio degli stati dominati 
dalia Spagna (^.), ebl)e principio a' io 
marzo 1 764 pel bollo della carta, impo- 
sizione che affatto non si volle sopporta* 
re da' coloni americani. Il 1.° congresso 
nazionale fu a' 7 ottobre 1765. L' indi- 
pendenza di questi paesi fu proclamata 
a*4 luglio 1776. La Francia (/^.) si uni 
a questi nuovi stati eretti in forma di 
repubbliche indipendenti , verso la fine 
del 1777. Un trattato di commercio tra 
la Francia e gli Stali Uniti venoesegna- 
to a Parigi il 6 febbraio 1 778, mentre ai 
9 luglio gli Stati Americani fecero tra lo- 
ro un nuovo trattato d'unione e confe* 
derazione, che fu ratificato nel r 78 1 . La 
loro indipendenza, dopo tante guerre, fi* 
nalmente fu riconosciuta dùìV Inghilterra 
(f^.) a'24 settembre 1782. La pace assi- 
curò la piena libertà e i diritti de'cattoli* 



REP 

ci in tutta l'Unione, e da varie parti di 
Europa de' sacerdoti secolari e regolari 
si recarono a coltivare la vastissima vi- 
gna. A'3o settembre 1 800 si rinnovò il 
trattato d'amicizia e di commercio colla 
Francia; ed a'6 mai*zoi8oi il congresso 
americano tenne la sua prima seduta nel- 
la nuova città e nuova capitale dell'Unio- 
ne Washington. Ricominciate le guerre 
con l'Inghilterra, seguì la pacca' i4 di- 
cembre 18 14* Quanto alla Spagna, essa 
cedette i suoi sovrani diritti nel 1 8 1 9 me- 
diante compenso pecuniario. Nel 1824 le 
repubbliche fecero un trattato colla Rus- 
sia. All'articolo Diocesi, nel riportare la 
statistica di quelle di tutto il mondo, di 
cui feci articoli , parlai ancora di quelle 
d' America e sue repubbliche , come di 
quelle dell' Oceania (F.): delle aumen- 
tate posteriormente scrissi articoli di quel- 
le chela lettera in corso di stampa lo per- 
mise ; per le altre dovei limitarmi ad ac- 
cennarle negli articoli Gregorio XVI e 
Pio IX, istitutori delle medesime. In que- 
sti due articoli notai eziandio, quando le 
repubbliche americane stabilirono rap- 
presentanti diplomatici in Roma presso 
la s. Sede , ciò che toccai pure nel voi. 
XLVIll, p. 167, dicendo dell'istituzione 
della nunziatura nella repubblica della 
Nuova Granata nell'America meridiona- 
le, fatta da Gregorio XVI, e de' rappre- 
sentanti diplomatici a lui inviati dalle re- 
pubbliche della Nuova Granata, di Mes- 
sico, dell'Equatore, tlel Chili. Attualmen- 
te la s. Sede ha un rappresentante in mis- 
sione straordinaria, cioè mg.' Luigi Cle- 
menti (già vescovo di Macerata) arci- 
vescovo di Damasco, delegato apostoli- 
co nel Messico e nell'America centrale; 
neir America settentrionale un console 
generale residente in nuova York, ed un 
console residente a Nuova Orleans; nel- 
l'America meridionale un console gene- 
rale residente in Monte Video. Le repCib- 
bliche americane tengono i seguenti di- 
plomatici in Roma. Bolivia, vaca; ed inol- 
tre consoli residenti in Ancona e Civita- 



[ 



REP 

wccfila. Chili, vaca. Cosla Bici, un ni- 
resiJente; ed iiioiiie cottole gene- 
ule Kstdente in Ancona. Kquatore, un 
Kioairo residente; eil inoitircoaiolr re- 
allenti in Aitcooa e CÌTÌIaveiicliii. Gua- 
limala, un incaricaEod'airai'i.Nitarapia, 
IH3. SuoTa Granala, un in carica lo d'iif- 
brl Siali Uniti, un incaricato ti' atlari ; 
id inoltre uà contole pure letideote in 
Iwta. 

Delle repubbliche de\l'/i nitrica, o\ln 
fUDto disii a (]uesto arlicoloi ma)le rio- 
luierìporlat in quelli delle seilr arciTe- 
nfili e &ufn-agìineevescoi'ilide'laruil[i- 
t, laonde ripiodticendole ijiii perchè ti 
pMeoD leggere, tornerò ad a vverlire che 
fdle dì nuova Tundazione non patendo 
fere articoli, perdiè la loro lettera era 
|ij pubblicala, le distin(;Lierì>incarRtte- 
«eorsifo; potendosi anche T«Jere Vici- 
lun iposTon-ici e fnEFETTunS apostoli - 
MI lielV j^merica meridionale O centra- 
irfiepubhiica dì Venezuela a Venezue- 
b; arcivescovato Bcneiuela oCorracai; 
ftMtnati sufTi-Bganei, Guayana, lylerida. 
Icpublilica dì Guatimala nell'America 
Bitrale: arcivescotalo Guulimala; ve- 
bnti atiirraganei, Coniayogna, Nicura- 
^fèrepuliblica),x. Giuseppe di Costa- 
Ka{CÒst» Kica è repubblica) neir A- 
■cnoiuiei'idionale, «.Salvatore. Kepub- 
U^ di Bolivia: oi-civescotBln Piata o 
CUuquisiicaj vesuorali tuffili- 
faà, Buenos Ayresoss.Trinitù, Cocha- 
luita Dell'America meridionale, Cordo- 
», Pace, Salln, s. Giovanni de Cuyo.s. 
Croce de la Sierra, Paraguay e capitale 
Alla repubblica del Paraguay. Bepub- 
yica del Basso Perù : arcivescoTato Li- 
li«;»escovatisuflraganoi,Arequipa,Clio. 
I^Ktyaso Maynns, Cusco, Ouaoingna e 
iSMMcho.Trusillo. Repubblica d'£<jua- 
Im: arcivescovato Quito; veicovati suf- 
hgsnei, Cueiica, Guayaquil. Repubbli- 
add Chili: arcivescovato s. Giacomo; 
<e«»vati iuffi'sganei, s«. Concezione, Se- 
rena o Co(]uimbo, s. Carlo tt Àncud 
■tU' Amerioa meridionale. Aepubblica 



BEP ){i 

delli Nuon-GraiMla : arcivetcoTalo «. 
Fededi Dogola; vescovati tuffiraganei, An- 
tiochia , Certagena , Nuova Pumplons, 
Panama, Popnyau, 9. Marta. Repubblica 
di s. Domingo odi Baili: aixìveacovato 
1. Domiiigopuirraganeo Portorico con no* 
mina del muiiHrcB dì Spagna. Nell'ime- 
neasetlenlrioiiaif. Repubblica degli Stati 
Uniti: arci veicovnioBallimoi'e; vescova- 
ti suffragane! , Charlestown , Filadelfia , 
PilUbnrg, Providence, Itichroond , Sq. 
vnnnnh, Weheling. Cincinnali eretto in 
a i-ci «escovalo nel i85o da Pio JXj ve- 
icovati tuirraganei, Cleveland, Detroit, 
LouLfville di cui parlai nel voi. I.III , p. 
1 36 , Vincennes. Noova-'Vork eretto in 
arcivevcovalo nel 1 85oda Pio IX; vesco- 
vati suffraga LI ei,^/£<ifi^, Boston, Buffalo, 
Harfiird. A i-ci vescovato Nuova Orleans; 
veicuvati suffragane!, Gaiveslon, Peirico- 
In, Mobile, NalcheE. Oi'egon arcivescova- 
to; vescovati suffi-Bganei,iVeifua//, Van- 
couver, Walla-Wnlln. Louis o 8. Luigi e- 
lelto in arcivescovato nel 1 84? da Pio IX j 
vescovati tufTraganti.CArVa^'nJìuliuque, 
Milwankia, Nashville, s. Paolo de Mine- 
soia (nel suo ierr![or!o diceii aia scoper- 
to un lago con ^o miglia di estensione, e 
contenente diverse iHile, in clima deli- 
zioso). Repubblica di Messico: arcivesco- 
vato Messico; vescovati suiTiaganei, An- 
teijuem, Cnlifornia (il cui stalo, insieme 
m quello del ^uuvo Messico, per cesalo- 
ne della repubblica del Messico, però fu 
ammessone! iS^o nell'unione degli Slati 
Uniti, formando così il 3 1 .° stato della i-e- 
pubblica),Cbiapa, Durango,Guadalaxa* 
i-a, Merida o Jucalan, Linares, Mecoacan, 
Sonoia, Tlascala, VeraCrux. A Congre.- 
gttzionede propaganda^de(y.) riportai 
il novero delle sedi vescovili delle repub- 
bliche d'America, che perla s. Sede sono 
•otto la di lei giurisdizione, f. Missioni 

POFTiriClE, PbEFETTUBE jIFOSTOLICUE, Vi- 
cinili APOSTOLICI per quelli che Turono 
istituiti nelle slesse lepubblicfae prima del 
vescovali e arcivescovati. 
Nel 1.1 5, p.33 làegiiAnaaiideUetcien. 



i42 REP 

%e relìg, sonovi importanti e veraci notizie 
suli.^tabilimenlo, progresso e stato at- 
tuale della religione e chiesa cattolica ne* 
gli Stali Uniti di America, di mg/ Ro« 
sati vescovo di s. Louis che celebrai a 
questo articolo : ne darò un estratto. In* 
comincia col narrare che nel 1 633,daaoo 
famiglie cattoliche inglesi, per sottrarsi 
alla fiera persecuzione che soilrivano dai 
loro slessi concittadini della pretesa ri- 
forma in seno della patria a cagione del* 
la loro fede, valicarono l'Atlantico e fer- 
marono la loro stanza nel Maryland sot- 
to la scorta di lord Baltimore , il quale 
avea ottenuto dal suo governo la proprie- 
tà di quella provincia Ja facoltà di stabi- 
lirvi una colonia e fondarla con leggi in- 
glesi, e gli statuti particolari decretati 
dalla stessa colonia, ond'ebbe principio 
la celebre colonia e città d'i Bakimore{f^>). 
I primi coloni furono accompagnati dal 
p. Withe I ."apostolo del Maryland e altri 
gesuiti, cui fu dato Tìncarico della mis- 
sione, sotto la giurisdizione spirituale del 
vicario apostolico di Londra. Non gode- 
rono per lungo tempo que'generosi cat- 
tolici di quella pace e libertà di coscien- 
za, che con tanti sagrifizi erano venuti a 
cercare nelle foreste del nuovo mondo. 
La chiesa riformata anglicana sostenuta- 
dalie leggi civili e dalia forza dello stato, 
stese più o meno alle varie sette dissiden- 
ti la persecuzione medesima, con cui da 
Enrico Vili continuava ad infierire con- 
tro i cattolici in tutta V estensione della 
Gran Bretagna. Il medesimo spirito d'in- 
tolleranza animava le altre sette figlie 
della sedicente riformarle quali eransi ri- 
fugiale in America, ed erano state auto- 
rizzale dairinghilterra a stabilirvi delle 
colonie ed un governo coloniale. Queste 
dimentiche della patria persecuzione re- 
ligiosa, divennero anch'esse persecutrici, 
e con leggi non men severe di quelle del- 
la loro metropoli proibirono ogni culto 
che dal loro differisse, privando del di- 
ritto di cittadinanza chiunque lo profes- 
sasse, ed anche vietando sotto pena di 



REP 

morte a' sacerdoti cattolici e a' ministri 
dissidenti l'entrare e dimorare neHerri- 
toriì di loro giurisdizione. Tali leggi so- 
no stale più o meno in vigore nella mag- 
gior parte degli stati o provincie anglo- 
americane, sino alla rivoluzione del i yyO 
che gli staccò dalTInghilterra e li dichia- 
rò indipendenti. La sola colonia del Ma- 
ryland, stabili la sul bel principio da'cat- 
lotici, ofiri al nuovo mondo un esempio 
allora unico di cristiana carità , conce- 
dendo volontieri un asilo entro i confini 
de'suoi territorii a quelli eh' etano stali 
costretti dalla persecuzione anglicana a 
fuggire dalla patria ^o ch'et*ano stati e- 
spuUi dal le colonie de'dissidenti in Ame- 
rica. Coir ospitalità ricevettero insieme 
da* cattolici del Maryland il diritto di 
cittadinanza e la partecipazione a tulli i 
privilegi civili ch'essi stessi godevano. Ma 
questa cattolica generosità fu da' prote- 
stanti ospiti ricambiata colla più nera 
ingratitudine. Imperocché col loro nu- 
mero avendo rapidamente sorpassato di 
moltaquello de'cattolici, la loro influen- 
za nell'assemblee legislative acquislò u- 
na preponderanza decisiva e assoluta; e 
sostenuti ancora dal governo inglese spo- 
gliarono i cattolici di tutti i loro diritli 
e privilegi, e U sottomisero a tutto il ri- 
gore tirannico delle leggi penali d'Inghil- 
terra. Resi i cattolici incapaci di occupai* 
qualunque carica onorifica o lucrosa, as- 
soggettati a multe pecuniarie, vessati in 
mille modi, furono obbligati a celebrare 
di nascosto i divini misteri, a celare l'abi- 
tazione de'loro sacerdoti, e a vivere sem- 
pre in timore per la perdita de'beni lo- 
ro, della patria e della libertà di loro per- 
sone. Nel 1780 il p. Gruyton gesuita re - 
cossi a Filadelfia (V.) e sparse le prime 
semenze della religione cattolica in quel- 
la città, vi fabbricò la cappella di s. Giu- 
seppe, indi la chiesa di s. Maria venne 
edificata dal successore p. Harding. Nel 
1776 allorquando le colonie inglesi a'4 
luglio in Filadelfia ( ove sedette il con- 
gressoamericanodeU'Uttionesiuoal 1 800 



RpP 

ìm cui fu Irasferìto a Waihington) sì 
pamroDo dalla Gran Bretagna e dichia- 
rarono indipendenti gli Slati Uniti e con- 
federati, ì cattolici de' medesimi erano 
ancora lotlo la giurisdizione del vicario 
apostolico di Londra, il quale li faceva 
governare da un ? icario generale.Ma per 
la difficoltà che vi era negli Stati Uniti 
di dipendere, anche per la giurisdieione 
spirituale, da capi residenti nell' Inghil* 
terra. Pio VI permise al clero di Mary* 
land e Peniilvania di eleggei-si un supe- 
riore con ampie iàcoitù, com presa vi quel- 
la d*amministrar la cresima, e la scelta 
cadde sul gesuita p. Carroll, che fu con- 
brmato : nelle due provincie il clero si 
componeva di a4 P^^^ ^ ^i 24,5oo cat- 
tolici drca. Dopo quest'epoca lu religio- 
ne cattolica cominciò a far progressi piii 
rapidi, mercé del libero esercizio conces- 
so dalle leggi fondamentali degli Stali U* 
aiti; si diffiise di più quasi dappertutto, 
spcdalnente per l'emigrazioni de'coloni 
di s. Domingo. cacciati da' loro schiavi, 
di francesi all'epoca della i .' rivoluzione, 
e degli emigrati d'Irlanda, di Scozia, di 
laghìlterra, di Germania; coi sacerdòti 
firanoen si aumentò il clero, e Pio VI fé- 
ee Carroll i.° vescovo di Baltimore con 
giorisdisione spirituale su tutto il terri- 
torio dèlie 1 3 Provincie che allora forma- 
vano rUoicne, e per coadiutore Leonar- 
do Ncale. il vescovo ottenne una colonia 
di sulpisiani per stabilire e dirigere il se- 
ainario di Baltimore, che ha reso servi- 
gi unportantissimi a tutti gli Stati Uni- 
ti, non solo per la fondazione falla dai 
wlpisiani de'collegi di s. Maria, di Geor- 
pslown e d'Emmitsburg per l'educazio- 
ae de' giovanetti, ma ancora per quelle 
ddle soralle della carità da essi istituite 
ÌB America , a norma e colle regole di 
^jnelle di Francia, ed eziandio per un buon 
mmero di degnissimi prelati forniti alle 
varie chiese degli Stati Uniti. Quindi in 
quasi tutti gli stati dell'Unione America- 
aa la chiesa cattolica cominciò a conta- 
la un buon numero di seguaci, a edifi- 



REP 143 

carsi chiese, a formarsi parrocchie, a co- 
stituirsi missionari e parrochi. L'emi- 
grazione si operò ancora dagli stali anti- 
chi, situali nelle parti orientali, alle re- 
gioni occidentali de'me desimi, nelle qua* 
li si circoscrissero dapprima territoiii con 
governi provvisorii, e poi si fondarono 
nuovi stali con governi regolari e si ag- 
gregarono agli antichi, amnìettenilosi ul- 
ta generale con federazione. Accorrendovi 
e moltiplicandosi i cattolici, e con essi le 
parrocchie e le chiese. Pio VII elevò a 
metropoli Ballimore, ed eresse di verse se- 
di vescovili che produssero grandissimi 
vantaggi alla religione callolica. Si vide- 
ro presto sorgere comunità ecclesiastiche 
e religiose, conventi, monasteri, semina- 
ri, collegi ; in una parola, quelle belle i- 
stituzioni di carila, di pietà e di lettera- 
tura, che han sempre accompagnata e 
contraddistinta la chiesa cattolica in tutti 
i tempi e in tulli i paesi. La chiesa cat- 
tolica degli Stati Uniti ricevè un consi- 
derabile aumento colla cessione folta per 
vendita nel 1800 dalla Francia agli stati 
stessi, delle due Floride e della Luigia- 
na, in cui si trovava la sede vescovile di 
Nuova Orleans. In seguito altre emigra- 
zioni tanto degli altri stati d' America , 
quanto dell'Europa, con molli cattolici, 
si rivolsero verso le parti occidentali, le 
quali fino a quel tempo rimaste incolte 
olTrironoagli agricoltori vastissime e fer- 
tilissime regioni a loro scelta; laonde in 
quelle contrade nacquero i nuovi stati di 
Kentucky, Ohio, Indiana, lllenois, Mis- 
souri, ne' quali come per incantesimo 
sursero città, villaggi, col cambiarsi i bo- 
schi e i deserti in campi coperti d'ogni 
sorta di produzioni , per cui curando i 
nuovi coloni zelanti missionari, nel de- 
clinar del pontificato di Pio VII si fon- 
darono altre diocesi, in che fu imitato da 
Leone Xll, da Pio Vili e massimamen- 
te da Gregorio XVI. Indi mg.' Rosali fa 
il confronto dello stato in cui era la chie- 
sa cattolica nelle repubbliche d'America 
nel 1790 a quello del 1842, colle rispel- 



i44 REP 

live enumerazioni di sedi vescovili, clero, 
e numero de'cattolici di quasi i ,5oo,ooo, 
di chiese e non poche verameute magni- 
lìche, ben ornate, provvedute di organi, 
campane e di sagri arredi, ed ofiiciate con 
gran decuro : però il loro numero, come 
quello del clero, essendo inferiore ai bi« 
hogno, i sacerdoti celebra vauo in case par- 
ticolari e altri luoghi, ed ivi amministra* 
vano pure i sagraiiienti. Vi sono nelle 
diverse diocesi 470 stazioni, che equi val- 
gono a parrocchie nascenti.Gli stabili men* 
ti d' istruzione sono d' una gran riputa- 
zione, anche presso i protestanti, de'qua- 
]i non pochi non hanno difficoltàdi man* 
darvi i loro H^li. Circa tutt'i luoghi d'i- 
struzione, oltre di avere abili professori 
e maestri disinteressati, per lo piìi i col- 
legi sono forniti di copiose e scelte biblio- 
teche, di gabinetti di storia naturale, di 
macchiue e apparati per i' intelligenza 
delle scienze fisiche, e d'islrumenti e tele- 
scopi per le osservazioni astronomiche; 
laonde molti di tali collegi meritarono 
dalle assemblee legislative degli stati in 
cui sono, i privilegi di università col di- 
ritto di concedere la laurea dottorale, la 
tal guisa negli Stati Uniti, come altrove 
e in tutti i paesi del mondo, la cliiesa cat- 
tolica si è mostrata benefica e protettri- 
ce zelante e promovitrice delle belle let- 
tere, delle arti e delle scienze, ed ha coi 
fatti smentile le calunnie de' suoi nemi- 
ci. Inoltre ha promosso l'istituzione pri- 
maria deTanciulli colle scuole elementa- 
ri, nelle città e villaggi, prevenendo il pe- 
ricolo a cui erano esposti nelle scuole pro- 
testati ti, accoppiando alla coltura dell'in* 
telletto, la morale e la religione. Pel fe- 
lice successo di così utili e lodevoli isti- 
tuzioni, la chiesa cattolica trovò operai 
zelanti e disinteressati nelle comunità re- 
ligiose ed ecclesiastiche che s'introdusse- 
ro e stabilirouo nelle repubbliche degli 
Stali Uniti, con immenso vantaggio del- 
la religione. 1 gesuiti primamente vanno 
encomiati, altri benemeriti sono i dome- 
Hicani inglesi, i sulpiziani francesi, i sa* 



REP 

oerdoti della missione, i redentoristi te- 
deschi, gli agostiniani irlandesi,! preti del- 
la congregazione della niisericorilia fon- 
data in Francia, i cappuccini che dopo i 
gesuiti furono incaricali della nui<>gior 
parte delle loro missioni nella tempora- 
nea soppressione, i trappisti, e di tulli il 
dotto mg.'* Rosali ne narra le beneme- 
renze e i luoghi ove sparsero i loro ono- 
rati sudori. Abbondanti frutti recarono 
altresì alla chiesa degli Stati Uniti le co- 
munità religiose di donne, che pur de- 
scrive in numero di 76, di 1 5 istituti dif- 
ferenti, in uno a'iuoghi ove sono, trovan- 
dosi negli Stati Uniti maggior facilità nello 
stabilire e propagare comunità religiose 
di donne che quelle degli uomini. Fin dai 
primi anni di tal chiesa si pensò, per quan- 
to il consentisse la condizione de'tempi, 
alla santificazione, ed alla cristiana e let- 
teraria istruzione delle donzelle , massi- 
me orfane. Vn monaslero di religiose or- 
soline vi fu fondato più di 100 anni ad- 
dietro, ed esse fioriscono per l'istruzione 
di grandissimo numero di donzelle e del- 
le schiave more. Successivamente s'intro- 
dussero monasteri e case religiose, delle 
teresiane scalze, di quelle della Visitazio- 
ne o salesiane, delle sorelle della carità 
che si sono propagale per quasi tutte le 
repubbliche americane, per le sollecitu- 
dini del celebre e piissimo vescovo mg.^ 
Piaget, anco con differenti congregazio- 
ni, tutte però seguaci delle regole del gran 
s. Vincenzo de Paoli. Vi sono ancora le 
suore di Loreto, egualmente consagrate 
ali' educazione delle donzelle, con supe- 
riora generale e noviziato; le domenica- 
ne, le religiose del s. Cuore, quelle di s. 
Giuseppe di Lione, le Clarisse, le suore di 
Nótre Dame, quelle della Prowidejiza, 
quelle del Monte Carmelo. V'é negli Sta- 
ti Uniti una classe di persone, le quali a 
cagione della schiavili! ch'esiste nel la me- 
tà circa delle confedera te repubbliche, so- 
no considerate come d'una casta inferio- 
re. Sono questi i mori o neri che ven- 
nero dall' A^i'tca trasportali in America 



REP 

in qualità di schiavi, e furono addetti al 
lRfot*o, come anche tulli i loro discenden- 
ti, pure quelli dì sangue misto chiamati 
volgarmente mulatti o persone di colo- 
re, quantunque non pochi Ira essi sieno 
liberi, doviziosi e pel colore appena si di- 
stinguano da' bianchi. I pregiudìzi e le 
leggi del paese negano loro il diritto di 
cittadinauKa ; però la chiesa cattolica ri- 
guarda tutti come figli d' un medesimo 
padre, ed estende su di essi la sua mater- 
na sollecitudine come i bianchi; ma do- 
vendosi conformare agli usiiSlabili appo- 
atti luoghi d'istruzione per loro, ond' e- 
vitare inconvenienti, sebbene ne' sagri 
templi e nell'amministrazione de'sagra- 
menti non fa distinzione di servo o di li- 
bero, di schiavo o di nero. Sonovi orfa- 
notrofi tanto pe' maschi che per le fem- 
mine: nelle scuole gratuite cattoliche s'i- 
slruivano ^S'/o fanciulli poveri. Negli 
Stati Uniti la Chiesa non ha avuto sovra- 
ni oprincipi che abbiano fabbricate le sue 
chiese, eretti e dotali ì suoi monasteri, se- 
minari, collegi, università, scuole, speda- 
li, orfanotrofi;! suoi vescovi, missionari 
eoclesiasticì e religiosi non hanno trovato 
aocòoi*so nelle rendite delle mense vesco- 
vili, o delle parrocchie e delle loro comu- 
nità, che ne sono del tutto sprovviste; gli 
stessi fedeli, per la maggior parte di for- 
tune mediocri, stranieri, emigrali in À- 
merica per migliorar la loro sorte, non 
poteano contribuire a tante opere se non 
con offerte proporzionate alle loro tenui 
«Mtanze. La divina provvidenza supplì 
a tutto con una specie di predilezione a 
queste chiese nascenti, con guidarle e pro- 
teggerle in mille modi, inviando loro da 
paesi lontani, pastori, missionari e alun- 
ni pel santuario, religiosi e religiose, che 
abbandonando la patria e i parenti, var- 
cando i mari si sono consagrati al servi- 
gio di Dio e dell'umanità ; ha procurato 
dalla generosa carità de'fedeli d'£uropa, 
specialmente dalle pie opere della Pro- 
pagazione della fede e della istituzione 
Leopoldina di Vienna, soccorsi conside* 

VOL. LVII. 



REP 145 

rabill, i quali congiunti agli sforzi de'fe- 
deli delle stesse repubbliche americane, 
e allo zelo disinteressato e intraprenden- 
te de' vescovi e del clero secolare e rego- 
lare, hanno somministrato i mezzi per 
condurre a buon termine con successive 
&tiche e con buon esito questa grandiosa 
impresa. In generale i vescovi, i curali o 
missionari non hanno rendite. Le volon- 
tarie oblazioni de' fedeli somministrano 
loro i mezzi di sussistenza. Per lo piiì 
queste oblazioni si raccolgono nelle do- 
meniche ed altri dì festivi nelle chiese da 
alcuni secolari, mentre si canta il Credo; 
altre se ne fanno in particolari occasioni; 
i banchi che sono per le chiese sommini- 
strano parte del mantenimento del cul- 
to e del clero. Quando poi si vuole eri- 
gere una nuova chiesa, con successosi e- 
seguisce mediante volontarie contribu- 
zioni, cui talvolta concorrono i protestan- 
ti; altrettanto si pratica per le istituzioni 
di monasteri, conventi o stabilimenti d'i- 
struzione. 

Da una statistica del i836 di diversi 
stati delle repubbliche delle due Ameri- 
che meridionale e settentrionale, ossia 
del Sud e del Nord, rilevai, che la repub- 
blica di Guatimala o America centrale, 
avea per popolazione 2 milioni d'abitan* 
ti, si parlava generalmente la lingua spa- 
gnuola, ed avea per capitale s. Salvato- 
re, altri dicono la città arcivescovile di 
Guatimala, e per presidente il generale 
Marajan. Repubblica degli Stali Uniti del 
Messico, popolazione 8 milioni, lingua 
spagnuola, capitale Messico, presidente 
Santanna. Repubblica d^li Stati Uniti 
d'America , popolazione i5 milioni, lin- 
gua inglese, capitale Washington, presi- 
dente Jackson. Repubblica d' Haiti, po- 
polazione I milione, lingua francese, ca- 
pitale Porto-Principe, presidente Boyer. 
Repubblica di Benezuela o Venezuela , 
popolazione! milione, lingua spagnuola, 
capitale Caraccas, presidente Vargas.Re* 
pubblica della Nuova Granata, popola* 
zionei^GBBiOoo, lingua spagnuola, capi* 

IO 



i46 REP 

tale 8. Fede di Bogota, presidente Saii- 
tander. Repubblica dell'Equa tore, popo- 
lazione I milione, lingua spagnuola, capi- 
tale Quito, presidente Rocafuente. Re* 
pubblica del Perù, popolatione i ,aoo,ooo, 
lingua spagnuola, capitale Lima, presi* 
dente Orbegoso (nel dicembre 1 836 i di* 
partimenti peruviani d' Arequipa, Aya« 
Gucbo, Cusco e Puno si costituirono in 
istalo a parte dal Perù settentrionale , 
col nome di Perù meridionale, mostran- 
dosi il nuovo stato disposto a confederar- 
si col Perù settentrionale, ed eleggendo 
Santa Crux a capo supremo o protetto* 
re). Repubblica di Bolivia, popolazione 
1,100,000 , lingua spagnuota, capitale 
Piata o Chuquisaca , presidente Santa 
Cruz. Repubblica di Paraguay, popola- 
zione 5oo,ooo, lingua spagnuola, capi- 
tale Paraguay, dittatore Francia. Repub- 
blica del Chili, popolazione I milione, lin- 
gua spagnuola, capitale s. Giacomo, pre- 
sidente Moscoos. Repubblica d'Argenti- 
na o di Bolivia, o provincie di Rio della 
Piata o Charcas, popolazione i milione, 
lingua spagnuola, capitale Buenos Ayres, 
presidente Rosas.Repubblica d'Uraguay, 
popolazione 1 50,809, lingua spagnuola, 
capitale Monte- Video, presidente Oribe. 
Siccome queste nozioni le appresi dalla 
citata statistica dell 836, avvertirò colla 
CMlià catiolica n. 1 6 del dicembre 1 8 5o. 
n Riceviamo un opuscolo stampato lo 
seorso luglio in s. Giuseppe capitale del- 
la Repubblica di Costa Rica (o Costarica 
fetta sede vescovile nel 1849 ^® ^^^ '^ 
col breve Ckristianac religionis ), posta 
tuiresti'emità meridionale dell' America 
centrale, in cui si fanno le più care e at* 
traenti descrizioni dell'amenità di tutta 
l'America centrale, e specialmente delle 
due repubbliche di Nicaraguae Costa Ri» 
ca. L'America centrale, prima detta Ca* 
pitania generale di Guatimala, si dichiarò 
iodipendenta dalla Spagna ili 5 settem- 
bre del 1 8a I : poi nel 1 822 fu incorpora* 
la per forza al Messico, da cui staccossi nel 
1823 rendendosi indipendente, benché^ 



REP 

colla perdita della provincia di Chìapas. 
Nel i8a4 si costituì in repul)blica fede- 
rale e indipendente, coQ) posta di cinque 
stati particolari. La qual federazione non 
durò chefinoali839,edora si vuote re- 
stituirla fra' tre stati del centro, Nicara- 
gua, capitale Leon^ Honduras , capitale 
Comayaqua; s. Salvador, capitale s. Sal- 
vatore. I due stati estremi, cioè quelli di 
Guatimala e di Costa Rica, sono repub<» 
bliche indipendenti". Inoltre l'autore del- 
l'opuscolo crede che l'emigrazione euro- 
pea troverebbe in quelle fertili e sane terre 
assai migliori mezzi di prosperare che non 
nell'auriferaCalifornia ed altrovcDall'y^/* 
manacco caltoUco degli Stati Uniti del 
1848, risulta che il numero de'caltolici 
era di 1,200,000, sopra una popolazio- 
ne di 17 milioni, che segue fuori dell'u- 
nità cattolica circa 20 differenti sette che 
si suddividono incessantemente in nuovi 
culti, come toccala Protest akti e Quac- 
QUEBt, mentre la porzione cattolica anda* 
va ad aumentarsi ogni anno a causa delle 
emigrazioni dall'Europa e delle conver- 
sioni. Il territorio degli Slati Uniti,com- 
preso l'Oregon e il Texas, allora coutnva 
3 arcivescovi, 24 vescovi, 890 sacerdo- 
ti, 907 chiese e 562 stazioni o cappelle. 
11 clero nel 1847 si aumentò di 76 pre- 
ti, e nel 1848 furono edificate 95 chiese 
a spese de'fedeli, col soccorso della Pro* 
pagazione della fede (^.J, ma senza ve* 
run aiuto del goverao. Paragonando la 
precedente statistica, con quella del 1 837, 
il numero delle diocesi erAsi duplicato,così 
ì sacerdoti, triplicato quello delle chiese. 
Gregorio XVI e Pio IX a istanza del la con- 
gregazione di propaganda y?€/e e de'couci- 
liidiBaltiroora,istituirono le nuove sedi ve- 
scovili. Facendo la religione cattolica negli 
Stati Uniti ì più lieti progressi, anche per 
avere accolto con generosa ospitalità e di- 
stinzione i religiosi cacciati dalle rivolu • 
zioni d'£uropa del 1848, V Almanacco 
catìoUco stampato in Baltimora nel 1 849» 
r^istrò I o44 sacerdoti (de'quali 1 5o na- 
tivi d'America), 1024 chiese, 1,276,300 



tlEP 

cattolici I ^o anni addietiH) eravi un solo 
vescovo e poche migliaia di cattolici; fra 
i convertiti si contava la nipote del famo* 
so generale Washington fondatore del- 
l'indipendenza americana, co'5 suoi figli. 
La statistica deW Almanacco cattolico del 
<i85o, compresi la California e il Nuovo 
Messico, segnò 1 1 4 1 sacerdoti, 1078 chie- 
se, 1,52 3,3 5o cattolici. Le repubbliche 
{asciarono sempre godere amplissima li- 
htvùi alla chiesa cattolica, e per questo 
ispidamente crebbe a dismisura, non in-^ 
ceppandola come fanno alcuni stati d'Eu- 
ropa. Benché i membri del governo Sie- 
ne perlopiù protestanti, pure guarenti- 
MXMso tutti i diritti de'caltoìici, anche nel - 
l'acquistar le chiese beni stabili in proprio 
nome. Ecco come gli americani intendo- 
no la libertà. Nel 1 85 1 negli Stati Uniti si 
pobbblicò il censo della popolazione, im- 
mensamente accresciuta e giunta nella 
totalità a 23,267,498, però tra essi qua- 
si i3 milioni in istato di schiavitù. Nel 
1820 una emigrazione degli Stati Uni- 
ti fondò la nuova repubblica di Libe- 
ria, situala in Africa nella Guinea supe- 
riore, fi*a la Sierra Leone e il capo Pal- 
mas^ eben presto riconosciuta dalla Fran- 
cia e dall'Inghilterra, quando già conta- 
va 80,000 abitanti parlanti l'inglese. lm« 
mense sono le sue ricchezze naturali: Mu- 
roTÌa porto di mare n'è la capitale; ha il 
governo presidente, vice- presidente, se- 
nato e camera di rappresentanti. La for- 
mazione della repubblica in istato indi- 
pendente segui nel 1 847, e Roberts ch'e- 
ra governatore del la colonia, fu proclama- 
to!.^ presidente. La repubblica di Libe- 
riaoCapo Mesurado, si formò principal- 
mente di schiavi emancipati negli Stati 
Uniti, e si aumentò nel 1 832, quando sot- 
to il presidente Monroe ebbe fine il ti* 
mnnico e degradante commercio degli 
sdiiavi, sebbene ancora in qualche parte 
deir America meridionale tuttora l'uma- 
«ità trovisi nella umiliante condizione. 
Per gratitudine fu imposto il suo nome 
Alln capitale. Le vaile sette americane 



REP 147 

furono sollecite a mandarvi iloro mini- 
stri. Il zelantissimo mg.'*£ngland vesco- 
vo di Charlestown, considerando che tra 
gli schiavi emancipati si trovavano anche 
cattolici, per non perder questi e conver- 
tir gli eretici, pregò neh 832 la congre- 
gazione di propaganda^£/e a prendere il 
loro stato in considerazione, ed il sinodo 
di Baltimore propose che sì aflGidasse la 
missione agli eccellenti gesuiti : la congre- 
gazione vi annuì subito, ma i religiosi 
non poterono accettarla. 

Gli Annali delle scienze religiose^ oU 
tre le riportate, sono pieni d'altre impor- 
tanti notizie, riguardanti la fondazione 
dell'episcopato cattolico nelle repubbli- 
che americane, il progresso del cattoli- 
cismo, il suo floridissimo stato attuale, 
e le dissensioni della chiesa protestante, 
laonde citerò qualche luogo ove si ponno 
leggere. Nel t. 5 , p. 2g4 sì parla della 
fondazione del vescovato di Baltimora ^ 
fatta nel 1 789 da Pio VI per le provrncie 
confederate d'America, elevata nel 1808 
a metropolitana da Pio FU (i^.), che e- 
resse i suffi*aganei di Nuova -York, Fila- 
delfia, Boston e Bards-Town ; dipoi nel 
1 820 istituì le sedi di Charlestown e Cin- 
cinnati. Nel voi. 7, p.i 17 si discoiredel- 
Torigine giudaica degl'indiani dell'Ame- 
rica settentrionale. Nel t.12, p.i6f Topi- 
namento sull'opera di A. Kastner, jéna- 
lisi delle tradizioni religiose de* popoli ut' 
digeni deltAmericay Ginevra 1 840. Nel 
voi. r4) P* 276 un estratto dell'^^^uftuc- 
co cattolico pel 1 842 degli Stati Uniti del- 
l'America settentrionale, con consolanti 
risultati anche per V incremento dell' i- 
struzione ed educazione religiosa, ne' se- 
minari, in 2 1 istituzioni letterarie, in 48 
accademie, in 77 istituzioni caritatevoli, 
anche di orfani,dìretti dalle benefiche suo* 
re della carità. Nel voi. 1 6,p. 46 1 si parla di 
una nuova setta di profeti protestanti che 
nacque negli Stati Uniti, denominata dal 
suo autora MiUerismo^ secondo il quale 
r universo dovea essere consunto dalle 
fiamme nel 1 843; non merita questa aber- 



48 R E P 

razione di Miller d'impiegarci altre paro* 
le^peruD intelletto ottenebrato da tanta 
cecità. Nel 1. 1 9, p. 1 6 1 e vvi un articolo ri- 
guardante la così detta chiesa episcopale 
protestante degli Stati Uniti, per la gene- 
rale adunanza tenuta in Filadelfia da 20 
de'21 del preteso episcopato protestante, 
per discutere sul titolo onde abbiasi ad 
appellare quella larvata chiesa, mentre è 
lacerata da intestine discordie gravissime, 
originate dal Puseismo (Z^*)* L' umana 
superbia volle sottrarsi ;dair autorità le* 
gittima e divina della vera chiesa catto* 
lica di Cristo, quindi fu colpita col ter- 
ribile gastigo deilofifusca mento dell'idee 
e dell'incertezza. Non meno preziose no* 
tizie sui progressi del cattolicismo e scio- 
glimento del protestantismo nelle repub* 
Eliche americane, di quelle degli Arma- 
li delle scienze relfgiose^conììene la pub* 
blicazione periodica della Cmltà catto ' 
iica. Del più grande interesse sono le Let- 
tere intorno agli Stati Uniti cCAmerica^ 
sullo stato della religione cattolica e di 
qualche opera ad essa relativa, svolgendo 
gli argomenti, ReligionCy Libertà de*cuU 
Ui La città di FTashington , pubblicate 
nel t. 2, p. 655, t 3, p. 1 4 1 e 3 1 4* In que- 
sto a p. 4^9 e 676 vi sono parole di dis- 
inganno sulla ti'oppo decantata strabboc* 
chevole quantità d'oro della California e 
di 8. Francisco, per lo stato poco prospe* 
ro degli emigrati in quell'aurifera regio- 
ne; ciò in contrapposto mirabile co'mari 
e monti promessi dalle speculatrici com- 
pagnie mercantili che cuoprirono declo- 
ro pomposi annunzi i giornali francesi 
e italiani. In sostanza apparisce , che la 
fiivolosa abbondanza d* oro della Cali- 
fornia, era divenuta quasi un' illusione, 
secondo le comuni relazioni di quelli 
che vi si trovano; la speranza di procac- 
darvisi ricchezze era pienamente svani* 
ta, ed appena si trae oro quanto basta 
a sostentarla vita de'cercatori giorno per 
giorno: pure la speranza tira colà mi- 
gliaia di avidi speculatori da ogni parte 
del mondo, ad onta delle micidiali e re- 



REP 

plicate lotte accadute tra gli abitanti e gli 
avventurieri minatori. Aggiungerò, che 
ora pare che il prestigioper la California 
si rinnovelli, poiché gli emigrati tuttavia 
continuano ad arrivare in folla a S.Fran- 
cisco, da tutti i punti della stessa America. 
In ogni modo le grandiose fortune non 
si fanno più come una volta. Recentissi? 
me notizie c'istruiscono che l'emigrazio- 
ne in California ricomincia con maggior 
furore di prima, da altre parti eziandio 
dell' istessa America : la Cina minaccia 
un'invasione di cercatori d'oro, e si teme 
che l'immensa libertà data ad ogni emi- 
grante sulle terre libere degli Stati Uni- 
ti, sarà un giorno il retaggio de' cinesi. 
Vuoisi tuttavia, che la provincia messi- 
cana di Sonora sia la più ricca miniera 
del mondo. Altre ne sono state scoperte 
in Australia nell'Oceania, e nei fiume Na- 
pò e suoi affluenti con abbondanti sabbie 
aunfere nella repubblica dell'Equatore. 
Nel 1 85 1 in Roma si pubblicò: Cenni islO' 
r tei del progresso del cattolicismo negli 
Stati Uniti éC America e segnatamente 
della diocesi di Nuova York , scritti dal 
teologo Felice t^illanis parroco nella stes' 
sa diocesi. Alla pietà e alla generosità dei 
poveri emigrati irlandesi, attri buisce l'au- 
tore in gran parte l'avanzamento della 
chiesa americana. Dice che le diocesi so- 
no ora 33 (36 per l'aumento di altre 3), 
cogli arcivescovati di Baiti mora, Oregon, 
s. Louis^ Nuova York, Nuova Orleans, e 
di Cincinnati. Noterò che finora non vi 
sono primati. Nelle repubbliche di Ame- 
rica vi sono stati celebrati diversi conci* 
lii, come nelle città arcivescovili di Mes- 
sìcOy Lima e Baltimora^ ne'quali articoli 
li riportai. A Baltimora dissi di quelli del 
1829, 1 833 e 1837, ed altro ne fu tenuto 
nel 1840. Inoltre ne furono celebrati uel 
1843, 1846 e 1849 co' rispetti vi suffra- 
ganei,determìnandovisi quellesedi vesco- 
vili che canonicamente eresse la s. Sede, 
e di cui feci parola trattando delle mede- 
sime. Il barone Henrion nella iSlfona uni' 
versale dellachiesà 1. 1 2 ne registrò altro, 



REP 

cioè il i.'o riunione de' vescovi a Balti- 
mora, con regolamento ini 8 articoli fat- 
to il 1 3 novembre 1 8 1 ò, per l'amministra- 
zinne delle chiese degli Stati Uniti. Ora leg« 
go nel n.^i 33 deli' Osservatore Romano, 
che in Baltimora a'9 o io maggio 1 852 
8i fece dal palazzo arci vescovile alla catte* 
drale maestosa e solenne processione, per 
l' apertura del primo concilio nazionale 
( veramente pare da quanto indicai che 
die non si possa chiamare primo, se pure 
non voglia intendersi, dopo l'erezione dei 
nuovi arcivescovati negli Stati Uniti) de- 
gli Stati Uniti, il quale consta di 6 pro- 
vincia ecclesiastiche : Baltimora, Nuova- 
York, s. Louis o Luigi, Nuova Orleans, 
Cincinnati, ed Oregon. Trentasei sono le 
fedi vescovili della provincia : i vescovi ne 
portano i titoli rispettivi. I due vicariati 
apostolici sono governati da vescovi in 
partìbus. Sono assenti il vescovo di Vin- 
cennes e due vescovi dell'Oregon. Sono 
presenti tutti gli altri prelati fn n.^ di 32; 
più il vescovo di Monterey o California, 
r arcivescovo di s. Fede, il vescovo di s. 
Paolo di Minesota, i quali dovettero tra- 
versare enormi distanze. Intervennero 
pure due vescovi del Canada (^.). Agli 
Stati Uniti non trovasi primate, né legato 
della 8. Sede cui d' officio appartenga la 
presidenza del concilio. Laonde per que- 
sta volta {prò hac vice) il Papa nominò a 
rappresentarlo l'arcivescovo di Baltimo- 
ra. Da'pericoli ond'è minacciata la federa- 
zione americana , può solo scamparla la 
Chiesa. Il socialismo e Temigrazione eu- 
ropea danno apprensioni, se la possente 
organizzazione della chiesa cattolica non 
vi si spiegasse a raccogliere sotto le sue 
insegne i fedeli e offrire il porto di salute 
a quelli separati fra il general turbine del- 
le loro sette ed errori. Il protestantismo 
portò i suoi naturali frutti, TindiSerenza 
e l'empietà; e di 24 milioni d'abitanti, n'è 
appena battezzata la metà. Dal n.° 39 del- 
lo stesso Osservatore si rileva, che il con- 
cilio fu chiuso il giorno dell'Ascensione. 
li concilio prese le sue misure per dota- 



REQ 149 

re uniformemente tutte le diocesi di re- 
ligiose istituzioni e di i-egolamenti litur- 
gici ; decretò la redazione d'un catechi- 
smo speciale ; condannò il sistema del- 
l'insegnamento per lo stato; raccomandò 
l'istituzione delle scuole cattoliche, per- 
chè se ne aumenti il numero; statuì/la 
formazione di 1 1 nuove diocesi. Anema- 
tizzò le società segrete, guarentì i matri- 
moni misti, regolò l'amministrazione dei 
sagramenti, le feste, i digiuni; adottò un 
sistema d'uniforme amministrazione per 
le proprietà religiose che aumentano in- 
cessantemente, pe' soccorsi efficaci della 
propagazione della fede. II bene immen- 
so da questa fatto dalla sua istituzione, 
si legge nel u.^iqS del medesimo Osser^ 
vatore, il quale col n.^i48 ci die la bella 
lettera pastorale, diretta dai padri dei 
concilio nazionale di Baltimora al clero 
ed a'fedeli degli Stali Uniti. Altre noti- 
zìe suir operato da questo concilio te ri- 
porta la Civiltà cattolica nel 1. 1 o, p. 2 1 6. 
REQUIEM AETERNAM. Versetto 
dell' uffizio de'fedeli Defunti (F^*)y che si 
dice dopo i salmi, gli Oremus (^.), ec. 
nelle Messe di Requiem^ col quale s' im- 
plora da Dio il riposo eterno, il riposo in 
pace, la luce perpetua che risplenda sui 
trapassati. Si compone del ^. Requiem 
aeternam dona eis Domine. ^. Et lux 
perpetua luceat eis, '^, Requiescant in 
pace. ]^. Amen (^.). Si dicono 3Iesse di 
Requiem quelle de'defunti, nelle quali il 
sacerdote nelle messe basse o private e il 
diacono nelle solenni, in vece deWIte Mis' 
sa est (F^,) o del Benedicamus Domino 
{F*)j dicono Requiescant in pace. Rife- 
risce Piscicelli, Spiegazione della s. Mes* 
sa^ p. 1 18, che nelle messe solenni di Re- 
quiem d\ce&\ Requiescant in pace, sì per- 
chè la Chiesa in simili uffici è sollecita sol- 
tanto nel suffi'agare i defunti, sì perchè do- 
po la messa v'è sempre l'ufficiatura, ò di 
seppellire il defunto o d'altre preci, come 
sono quelle del Libera me Domùie^P^.) in- 
torno al tumulo, le quali cose invitano 
anche il popolo ad assistervi, affiued'ac- 



i5o RES 

crescerò i suffragi alle anime sante del 
Purgatorio (f^.). Soggiunge, che rìspoa- 
desi dopo il Requiescant in pace, Amen, 
per dimostrare con questo un vivo desi- 
derio per la requie sempitei*na alle me* 
desiipe benedette anime. Delle indulgen- 
ze per la recita del De profundis col Re* 
quieni aetemam^ parlai a quell'articolo. 
Il Piazza nel Menologio romano^ par. i, 
p. 4i > narra che s. Gregorio I celebrando 
messa nella basilica di 9. Pietro per uno 
ch'era morto 180 anni prima^ del quale 
in quel giorqo si faceva l' annivei^sario^ 
quando incominciò a dire le parole del* 
y Introito: Requiem aeternam , ec. sentì 
una voce celeste che gli disse, Nonfaciam, 
non lo farò, poq gli darò riposo. E ve* 
plicando il santo, per dubbio di qualche 
illusione, le parole Requiem aeternam^ di 
nuovo sentì la stessa voce, che gli disse i 
Ifonfaciam, quia anima iWu^damnaia 
est. Gli fu poi rivelato che si era dannato 
ntW Inferno (F^.\ perchè avendo conser- 
vata inimicizia, ne avendo perdoqato al 
neniico^ era morto senza confessione e pe- 
nitenza. Nel voi. XI, p. I q6 riportai come 
Vkt* Funerali (iT,) up defunto disse Ghie- 
ra dannato; sul qual fatto si può leggere 
Novaes, Storia di Clemente X, q.° 1 6, per 
quelli che l'affermano e negano. 

RESCRITTO, Rescriptum. Risposta 
che scrive il principe sotto le suppliche 
e i Memoriali (f^.). Il rescritto é un co- 
maqdo o risposta autentica e legittima, o 
concessione del sovrano o d^l principe ri- 
lasciata in iscntto 9 richiesta di qualche 
persona. Se riguarda liti, il sovrano tra- 
sferisce la giurisdizione o facoltà a quel- 
lo a cui rimette la definizione della cau-^ 
sa. Se non riguarda liti, dicesi benefizio o 
rescritto di grazia, ^ si rescrive a favore 
del peteqte, ed iippunto per questo dice- 
|i rescritto perchè si risponde a conforto, 
l'elazione e supplica del petente o ricor- 
vente , e questo può essere secondo il di- 
ritto, ogni qualvolta si ordina la precisa 
esecuzione del diritto , ovvero è contro 
quando i^i concede alcuiia cosa coqtro la 



RES 

disposizione della legge alla quale deve 
derogarsi. Vari rapporti possono avere i 
rescritti per vallone deWa causa efficien- 
te, della materia, deWa forma, dell'effet- 
to e della causa impulsiva, di cui tratta- 
no i legisti ed i canonisti nelle loro ope- 
re: qualche brano piti sostanziale ripor- 
terò con Vermiglioli , Lezioni di diritto 
canonico t.i, lez. 3. Dei Rescritti, Per la 
causa efficiente i rescritti come apostoli- 
ci, che nello spirituale si accordano dal 
Papa; imperiali, nelle cose temporali dal - 
l'imperatore; episcopali ^che emanano dal 
vescovo, o suo vicario. Per lacausa im- 
pulsila doppiamente si considerano; al- 
cuni diconsi annotazioni o favori che dì 
Moto proprio (^.) •' sovrano o il Papa 
senz'alcuna petizione e causa accorda per 
i meriti d'alcuno. Altri sono quel li che si 
concedono per querela, petizione o sup- 
plica d'alcuno. Egualmente </a/[7p/ si con- 
siderano per ragioqe di materia , e per- 
ché riguardano cose relative ai privati, 
altri che riguardano cose ecclesiastiche e 
negozi di università 9 che propriamente 
dicónsi Prammatiche sanzioni ( ^•) , e 
queste esigono cognizioni di causa. Ri- 
spetto alla ^r/im, i rescritti sono g<?/2 e- 
raU o speciali. Generali sono quelli che 
contengono generali oindifinite clausole. 
Speciali poi sono quelli che si dirigono 
fra certi, e sopra certe e dichiarate cose 
o affari, e sono senza generale clausola ; 
la speciale deroga e toglie il generale. Se 
fossero due rescritti generali o particola- 
ri, non sarà di alcun vigore il posteriore 
se non sia fatta menzione del primo. I 
rescritti sono personali, che si restringo- 
no alla persona del concedente, o imper* 
sonali che sì danno senza alcuna menzio- 
nerò considerazione di persona, ed indifl- 
nitivamente.I primi cioè i personali rap- 
porto a'ioro effetti cessano colla persona 
del concedente; ^impersonali poi con- 
tinuano, finché dal successore del conce- 
dente non sienorivocati. I rescritti di gra- 
zia concessi colla clausola, fino a nostro 
beneplacitOfiSLoè del concedente, si estia - 



RES 

guQOO colla morte di questo , ma se vi 
fosse la clausola, concessa a heneplacUo 
dtUa sede apostolica^ siccome questa non 
<xssa colla morte del Papa, non si estin- 
gue il rescritto. I rescritti tutti o che sie- 
Ilo secondo, oltre, o contro il diritto, han- 
no sempre autorità di legge, meno che 
sieno contro il gius pubblico odi vino, per- 
chè in tal caso sarebbe rescritto ottenuto 
«OQtro il diritto, perciò di nessun effetto, 
e così ancora se si fosse ottenuto con- 
tro una lodevole consuetudine. Inoltre 
Il rescritto si distingue in Ànnoiaziontj 
Ttammatica sarmone^Prmlegio^ rescrit- 
to dì Grazia e di Giustizia, \J Annota' 
zione è rescritto di moto proprio, senza 
die alcuno ne abbia fatta petizione. La 
jnuiitiffaAc^^/inziòiie è una risposta eco- 
inando del principe sopra le cose pubbli- 
che^ di univei*sitào corporazione, a richie- 
sta di qualche provincia^ città, collegio, 
scuola, ec 11 Privilegio è un comando o 
<»iice8siooe speciale in odio o favore di 
alcuno, che esenta dalla disposizione del- 
la hgge sci*itta generalmente obbligato* 
ria e non. può addursi in esempio. Il re- 
scritto di Grazia è quello che il sovrano 
dirige conferendo ad alcuno una qualche 
dignità o benefizio vacante. Il rescritto di 
Giustizia e quello che specialmente si di- 
rige a privata persona, sulla richiesta che 
venga commesso ad alcuno la cognizio- 
ne d'una qualche controversia. Il rescrit- 
to può riferirsi a tutte le cose, tanto cor- 
porali, che incorporali, sopra delle quali 
può esservi ragione di agire,o che riguar- 
di l'interesse pubblico o privalo, crii ùna- 
le, sagro, religioso o temporale. Il rescrit- 
to affinchè abbia la sua validità , deve 
contenere il nome del Papa o del sovra- 
no, l'anno del pontificato o del regno, il 
giorno, l'indicazione e il luogo. Deve far* 
si menzione a chi si riferisce il rescritto, 
di quali cose tratta, ed a chi è diretto, sia 
esecutore o giudice. Deve sussistere Ter 
sposto acciò il rescritto non sia o surre* 
tizio j o orretizioj perchè non varrebbe. 
£* necessario che sia sottosciitto dal Pa* 



RES i5f 

pa o dal sovrano, o da chi ne fa le veci e 
munito di sigillo: non dev'essere di pre- 
giudizio né del pubblico, né del privato, 
ma deve il rescritto rilasciarsi per neces- 
sità, utilità, evidente merito, ed a quere- 
la del richiedente, se questa sia giusta e 
fondata. A chiunque non è vietato può 
ottenere rescritto, attore o reo , figlio di 
famiglia,. religioso , ec. Non può implo- 
rarsi, né ottenersi dallo scomunicato, ed 
è perciò che nelle grazie die fa il Papa, 
perchè abbiano valore, sempre premette 
l' assoluzione delle censure , qualora ne 
fosse incorso il graziato. Il rescritto spe- 
ciale deroga al generale , il posteriore è 
preferito all'anteriore; fuori di questi ca- 
si è preferito il pi il antico, purché non sia 
stato negligente di palesarlo chi l'otten- 
ne. Affinchè un rescritto possa essere va- 
lido, non debbe essersi ottenuto con fal- 
sità, abuso, dolo, né esservi difetto nella 
forma; non valutandosi allora le clausole 
di concessione, sia di moto propizio, sia di 
certa scienza, sia con pienezza di potere, 
sia con essersi supplito a qualunque vizio 
o difetto. Chi abusa del rescritto , resta 
privo del vantaggio, come quello che a- 
vendolo ottenuto perse,poi se ne prevales- 
se per altri. Siccome ordinariamente i re- 
scritti si rilasciano negli affiirì ecclesiastì* 
ci dal Papa e ne'temporali dal principe, 
cos\ devea questi prestarsi tutto il rispet- 
to, onore, ubbidienza e som missione, ed il 
disprezzarli merita grave pena. Questa 
ne'Capitolari e nelle leggi longobarde con- 
sisteva nella perdita de'beni e nelle bat- 
titure. Questo rispetto e onore ai rescrit- 
ti sovrani si dimostra anche col baciar- 
li; nella primitiva Chiesa si faceva altret- 
tanto colle lettere epistolari fra amici. 
Tutta volta sussiste, più o meno in vigore, 
l'abuso del Regio exequatur (i^.). 

Si dice rescritto del principe , cioè di 
quello che nel goveitio tiene il primo luo- 
go, e che può rilasciai*e rescritti. Il primo 
luogo nell'ecclesiastico lo tiene il Papa,ch'é 
pure principe temporale; l suoi rescritti 
diconsi ordinariamente Lettere apostoli' 



i52 RES 

che {^'), ed anche oracoli^ quando il Papa 
risponde colla viva voce, vivae vocis ora- 
culi, che poi si mette in iscritto da chi 
spetta, talvolta colla formola : Ex au- 
dientia Sànclissimi, I rescritti pontificii, 
o che sìeno di giustizia o di grazia 5 nei 
modi come si rilasciano e spediscono, si 
dicono segnature apostolicheyBreve^ Boi- 
!a, Dispensa^ Chirografo , Moto proprio 
(y»y Vi sono molte maniere di falsifica- 
re i rescritti e le lettere apostoliche, indi- 
cale nel cap. licei ad regimen , de crini, 
falsif ed espresse in questi due versi: For- 
ma, Stylus^ membrana, litura, sigillum, 
Haec sex falsata dant scrìpta valere pu' 
siUum.Viehu^eyinprax. e. apponi quae^ 
ec. fa una distinzione assai metodica re- 
lativa alla &lsificazionede'rescritti.Quan« 
to alle pene del delitto di falso, questue 
stato sempre messo dai canoni nel nume- 
ro de' delitti gravi che meritano severa 
punizione. A Bbeve apostolico dissi co- 
me Nicolò V e Alessandro VI punirono 
i falsificatori di essi. Nel toI. XIX, p. 1 36 
nan-ai la decapitazione del sotto-datario 
Mascabruni , falsificatore dei rescritti di 
Innocenzo X. À Memobule parlai pure 
di quanto riguarda i rescrìtti, quali con- 
venienti provvisioni e risposte allesuppli- 
che o memoriali. De'rescritti, Ulaturju- 
re suo, e £ec/(i/7t^*de'rescrittipei memo- 
riali anonimi, e di altra specie ; dell'an- 
tichissimo e grave uffizio di referendario, 
o segretario de'memoriali. Che Benedet* 
to XII nel i333 ordinò si registrassero 
tutte le pontificie concessioni e rescritti, 
ond' ebbero origine i Registratori delle 
lettere apostoliche. Del contegno e meto- 
do di diversi Papi nel fare i rescritti. Mol- 
tissime nozioni riguardanti le differenti 
specie de' rescritti pontificii e de' Tribu' 
nali , Congregazioni cardinalìzie e dei 
Segretari della s. Sede, le riporto a tali 
articoli. A Breve dissi delle segnature o 
sottoscrizioni del Papa colle formole Pia- 
ce/, e Ita est per le cedole concistoriali : 
a Bolle di altre relative formole, così a 
Dispensa, a Diploma, in uno al Monogram^ 



RES 

ma (F.) ó formola Bene valete, come del - 
r Actum e del Datum, su di che si può 
vedere Data. A Chirografo o concessio- 
ne pontifìcia, notai che lo sottoscrive il 
Papa col pontificio nome ^ dopo averci 
posto la data del giorno e dell' anno. A 
Moto-proprio o risoluzione o concessione 
spontanea pontificia, lo dichiarai munito 
deirautografa firma del Papa in latino, col 
giorno, mese ed anno in italiano, ed e- 
gualmente di suo pugno. Fra'citati tribu- 
nali, per quanto riguarda i rescritti pon- 
tificii, va principalmente lettoDATARIA A- 
POSTOLiCA,incui tengo proposito delle va- 
rie formole cui il Papa sottoscrive le gra- 
zie: Fiat ulpetitur; Fiat mota proprio j 
Placet, e dopo ciascuna, con l'aggiunta 
della lettera iniziale del nome battesima- 
le, o di quello religioso se il Papa tale era 
stato, per abilitare la spedizione delle bol- 
le, che se vi ponesse il nome pontificio non 
sarebbe necessaria la loro spedizione. Il 
PlacetcoWa detta lettera iniziale,il Papa lo 
fii-di suo pugno anchesui brevi apostolici. 
A Dataria inoltre parlai de'di versi offi- 
ciali preposti a' rescritti o segnature pon- 
tificie, cioè delle suppliche segnale manu 
Sanctissimij ed in più luoghi di esso ar- 
ticolo dell'officio del Concessum che re- 
scrive sulle dispense matrimoniali demi" 
noribuSy quali anticamente segnava ezian- 
dio il Papa, finche pel loro gran numero 
fu istituitodeltoofiizio, l'officiale del qua- 
le leggeva al Papa le petizioni, e faceva 
il rescritto alla sua presenza colla formo- 
la: Concessum utpetitur in praesentia 
SS. D. N. PP. N. iV., aggiungendovi le 
lettere iniziali del proprio nome ed im- 
piego. Per Concessum talvolta s' intende 
la facoltà data dal Papa infermo al da- 
tario e al sottodatario per concedere le 
grazie e fare i rescritti : vi sono diversi 
esempi, che si ffd^iio concessum i Papi l'ac- 
cordarono a'Ioro cardinali nipoti. De're- 
scritti se' ne tiene proposito, in sexlo lib. 
I, tìt. 3 ; in Clement. lib. i , tìt. 2 ; in Dc^ 
cret. dist, 97 et Cav. 25 5, quaesl. i et 2. 
Concilio Trìdetit, sess. s(2, e, 5, G, e se^s. 



RES 

2 5, cap. f o, De Reform.j inff, 1. 1 , § r , De 
ConsLpnncìp.;m Cod. lib. i , tit. i gad 23. 
RESIDENZA , Residentia , Residere. 
Dimora de'beneficiati nel loro beneficio^ 
e loro assiduità nelladempierne i dove- 
ri, imperocché una residenza o presenza 
sterile e oziosa non basta, deve essere la- 
boriosa e attiva. Giusta il diritto comu- 
ne, tutti i benefìzi richiedono residenza, 
perchè la Chiesa aulicamente non ordi- 
nava alcun ministro senza dargli un be- 
neficio in titolo, ch'egli era obbligato am- 
ministrare con tutto lo zelo, e che non e- 
ragli permesso di abbandonare. Le ordi- 
nazioni senza titolo, o senza un titolo pa« 
trimoniale essendo poi state ammesse, si 
incooainciò a distaccare i benefìzi dalle 
funzioni ecclesiastiche e a distinguerne 
due sorta , cioè i benefizi semplici , ed i 
benefizi in cura d'anime, compatibili e 
incompatibili. Fu trovato necessario che 
i benefizi in cura di anime obbligassero 
alla residenza personale, e questa residen- 
za personale fu dichiarata necessaria pe- 
gli Arcivescovati t F'escovali (V.) ^ per 
le Parrocchie^ Abbazie^ Priorati (F,) 
conventuali e regolari, i di cui possessori 
sono detti ^re//z/2 nella Chiesa, ed hanno 
cura delle lorocomunità; le prime digni- 
tà de'capitolì,e in generale tutti i benefi- 
zi, i di cui titolari hanno cura d'anime 
e giurisdizione nel foro interiore. Colla 
se8s.i4>cap*ii il concilio di Trento ordi- 
nò, che non è permesso alle persone che 
posseggono dignità nelle cattedrali o col- 
legiate, né ai canonici di assentarsi per 
pìil di 3 mesi all'anno, ad onta di qua* 
lunque consuetudine in contrario. Seb- 
l)ene.il concilio di Trento, sess. ^3 de 
Reform, cap. 1 1 , non abbia espressamen- 
te deciso, che la residenza fosse di diritto 
divino pei benefizi in cura d'anime, l'ba 
però bastantemente e chiaramente espres- 
so colle parole : cnm praecepto divino 
mandatumsit omnibus quibus animarum 
cura commissa est, oves suas agnosceroj 
ec. Non permette ai vescovi di assentar- 
si dalle loro diocesi^ se non per. una del* 



RES i53 

le 4 seguenti cause : Christiana charitas^ 
urgens necessitasi debita obhedientia ^e^ 
videns ecclesiae vel reipublicae ittiliias, 
il che dev'essere noto e approvato dai su- 
periori ecclesiastici. Dichiara lo stesso con- 
cilio, nella sess. 6, cap. i, che i vescovi, 
i quali si assentano senza ragione dalle 
loro diocesi per 6 mesi continui, devono 
essere privati della 4*' parte delle loro 
rendite; e che se essi persistono a starne 
assenti, potrà il Papa di pieno diritto prov- 
vedere ai vescovati. Ordina ai parrochi 
e altri beneficiati in cura d'anime, di non 
assentarsi dalle loro chiese , se non col 
permesso in iscritto del loro ordinario, e 
permette agli ordinari di procedere cano- 
nicamente anche colla privazione de'frut- 
ti contro i parrochi assenti, come si legge 
nellasess. a3,cap.i i . Ma di questo argo- 
mento e con diffusione ne trattai ne' re- 
lativi articoli, specialmente a Beneficia- 
to, a Beneficio § a, Divisione dt'benefi'' 
ZI, ove riportai i canoni di diversi conci- 
lii che prescrivono la residenza, fino dal 
concilio di Sardica del 347* A Coiygre- 

GAZIONE DELLA RESIDENZA DE* VESCOVI ripor- 
tai le assidue sollecitudini de' Papi, che 
sempre ebbero, prima e dopo il concilio 
di Trento, per la residenza, non solo dei 
vescovi e cardinali nelle loro diocesi, ma 
de' cardinali presso il Pa|>a, argomento 
che toccai pure nel voi. IX, p. 288 e 289, 
e quanti mesi i Papi accordarono per a- 
dempiei'e la visita òe*Limina Apostolo* 
rum {F). Oltre a ciò si possono vedere: 
la bolla di Pio IV, De salute gregis, dei 
4 settembre i56o, Bull. Rom, t. 4* par. 
2, p. 36: De residentia episcopali, resi» 
dentiumque privilegiisy et non residtntium 
poenisj il decreto d'Alessandro Wl^Quia 
£6*c/eW<i,de'26 luglio 1662, Bull, de prò* 
pag. fide 1. 1 , p. 3 1 3 : Saper residentia e- 
piscoporum regulariumj C. De Carolis, 
De episcoporum residentia j De residai* 
Uà pastorum jure divino ^ scripto sancito, 
Florentiaei55i; De Rosa, De vera resi* 
dentia episcoporum, Neapoli 1679. 
RusidetUi si dicono i Ministri (F.) del* 



i54 RES 

la Diplomazia (y.) che risiedono io Ro- 
ma presso la s. Sede, pe'Ioro Sovrani o 
/{epubbliche. Nell'atto binale del celebra 
congratso di Vienna^ fra le altre cose di 
cui Al traltato, sui diritti e preminenze 
del corpo diplomatico presso le corti eu- 
ropee, fu stabilito che i diplomatici se* 
condo la entità delle incombeo^ e com- 
missioni all'estero fossero di 4 ranghi,cioé; 
\!*ò! Incaricato d affari {J^^\ a.°di Mi' 
fdslro residente jS.^dì Minislro(P^,) pieni» 
potenziano j che ordinariamente va con* 
giunto coiraltrod'//ti'/ato straordinario 
{^*)j 4«** di Ambasciatore (F,) straor» 
duiario. Nelle dette disposizioni eziandio 
si determinarono i rispettivi trattamenti 
per la corrispondenza co'diplomatici me- 
desimi, e secondo i suddetti 4 ranghi sono 
maggiori o minori gli appuntamenti che 
essi hanno dalle corti rispettive, come pu- 
re secondo tali ranghi e maggiore o mi- 
nore il compenso che loro dà il gover- 
no pontificio in luogo della Franchìgia 
{F,y Vedasi Martin, Guide diplomati» 
que. Attualmente in Roma vi sono i Mi* 
nistri Residenti ^àx Costa Rica, dell'Equa- 
tore, di Toscana. Oltre i citati articoli, 
pel corpo diplomatico accreditato pi*essa 
il sovrano Pontefice, per gli ambasciato- 
ri si può vedere pRurcipi assistenti al so- 
glio PONTIFICIO, per quella alternativa 
che con essi vi facevano. 

RESINA o RESAINA. Sede vescovile 
della Mesopotamia, nel patriarcato d'An- 
tiochia, sufTraganea della metropoli d'A- 
mida o Diarbel^ir, eretta nel IV secolo, 
secondo Commanville. WTtvày Siria sa^ 
pray p. 1 35, la dice memorabile pel se- 
polcro dell'imperatore Gordiano, e ne ri- 
porta le notizie. Zaccaria, Storia lettera» 
ria t. 3, p. 1 8 1 , riporta l'erudite opinioni 
sulle due Resine o Retine, una sotto Mi- 
seno, l'altra sotto Ercolano, del tutto per- 
ciò diverse da Resina di Mesopotamia. 
Altri la chiamano R/iesina e la dicono 
suffraga nea di Edessa e dagli arabi chia* 
liiata Rat'Ain, cioè Caput Fontis, dalle 
^iieenliche 3oQ fontane formaDtiil fiume 



RES 

Chaboras. Celebre sotto i romani, l' im- 
peratore Severo vi stabiPi una colonia, e 
Teodosio le die il suo nome di Teodosio- 
poli. Ebbe 9 vescovi registrati dall' Onent 
chr, t. a, p.37g,ilqualea p.iSageiSiS 
parla di altri vescovi caldei e nestoriani, e 
de'giacobiti, riportando due nomi de'pri- 
mi e uno de'secondi. Al presente Resina , 
Rhesinen, è un titolo vescovile in parti- 
bus, sotto Amida oDiarbekir. Per trasla- 
zione a Kingston di mg.^ Alessandro Mac- 
donell che ne portava il titolo, Gregorio 
XVI nel concistoro de' 1 4 dicembre 1 834 
lo conferì a mg.*^ Antonio de Campos ab- 
bate dell'insigne collegiata di Guadalupe 
nel Messico, colla ritenzione del tìtolo 
canonicale e la prebenda, e la facoltà di 
farsi consagrare da un vescovo assistito 
da due preti in dignità costituiti. 

RESPETTO, Respectus. Sede vesco- 
vile di Numidia nell'Africa occidentale, 
la qui città era fortificata, sotto la me- 
tropoli di Cirta, di cui fu vescovo Quod- 
vultdeus, che intervenuto nel 4^4 ^'^^ 
conferenza di Cartagine, fu esiliato da 
Unnerico re de' vandali. Morcelli, Africa 
christ. 

RESPICIO (s,), martire. F. Trifo- 
W (s.). 

RESPONSORIO, Reiponsorium. Pa- 
role ordinariamente tratte dalla s. Scrit- 
tura, che si dicono o si cantano nell'uffi • 
qio della Chiesa dopo le lezioni o dopo i ca- 
pitoli, e che si ripetono o intiera o in parte. 
Si dicono responsori perchè recitali o can- 
tati da un corista, tutto il coro gli rispon- 
de. Ecco la ragione per cui s. Ambrogio 
chiama Responsoria psalmorum ì verset- 
ti de'Salmi che il popolo rispondeva e ri- 
peteva. Ruperto nel lib. i,cap. iS de 
Offìc, dice che il responsorio ebbe tal no- 
me perché d' ordinario suol corrispon- 
dere alle materie contenute nelle lezioni 
correnti, che però Radulfo e Micrologo 
chiamarono Historia. Alcuni responsori 
appartengono alla Messa (F,), altri al- 
l'ufficio divino. Quod ad primum adii" 
net, psalmos responsorlus , sive respon» 



aES 

sorium psalmi post epistola m a primis 
ecclesiae temporibus onginem haiet^ co- 
inè dichiara Zaccaria ndVOnomasticQf^ 
Jìiiuakj verbo Responsorium^ ove ne par* 
la oon erudizione. Fu chiamato Respon* 
sonale il libro che conteneva i respon* 
8orì ordinati da Adriano I, al riferire d'A- 
malarìo. i responsoriperjordinariosoDo 
rifletf ioni 8u quello che si é letto nell' Vf" 
fiw {^») divino, o contengono qualche 
preghiera o qualche istruzione sul miste- 
ro che si celebra, secondo quanto dice 
Mazzinelli, parlando delle lezioni del 2.** 
notturno del giovedì santo, nel suo Uff!» 
zh della settimana santa. Macri^ Not, 
dé'vocab.eccLj d^iaipa il responsorio,sorv 
te di canto ecclesiastico, che suol cantarsi 
dopo le Lezioni (^.); questo si dice re- 
sponsorio, a distinzione di quello che si 
canta dopo il Capitolo (f^.)^ e denomi- 
nato responsorio breve. » Responsorìa ab 
italis longo ante tempore sunt reperta , 
et vocata hoc nomine, quod uno caneote, 
chorus consonando respondeat, " dice Ir 
sidoro lib. i, cap. 8, de Eccles. offi; ov- 
vero perchè dove finisce il canto delFu* 
no, ivi comincia l'altro a cantare. Raba-? 
no, De inst, Cler. lib.i, cap. 33, osser- 
va: w Responsorius cantus inde dicitur, 
quod alio desinente, id alter t*espondeat. 
Inter responsoria quoque et anliphonas 
hocdiffert, quod in responsoriis unus di- 
ca! vet'sura, iu antrphonis auteni alter* 
nent versibus chori. Antiphonas graeci, 
responsoria vero itali traduntur priroum 
invenisse". Si canta il responsorio dòpo la 
lesione, perchè la Chiesa non si contenta 
che noi solamente udiamo la parola di 
Dio, ma che la mettiamo in esecuzione, se- 
condo la spiegazione d'Amalai'io, Deord. 
Antiph. e. 4; ovvero denota l'assenso de- 
gli uditori, finita la lezione. Serve ancora 
per sollievo. Tramezzando la dolcezza del 
canto con la sagra lezione. Tutti lipeto- 
no il responsorio, per significare il mu- 
tuo affetto e unanime sentimento. Du- 
rando lib. 5, cap. a, nota che questa ri- 
petizione è imperfetta, ripetendosi parte 



RES i?5 

del responsorio, per manifestare che la 
opere nostre sono imperfètte. In certe so- 
lennità si sipete tutto, come nella i.' le? 
zinne della notte di Natale, nella.Pasqua 
di risurrezione e nella i.' domenica del- 
l'avvento, per significare la compita e per- 
fetta cognizionede'santi.L('ultimoi*espoq- 
sorio delle domeniche, il quale comincia 
Duo Seraphim^ tratta della ss. Trinitài 
perchè anticamente l'ultima lezione era 
sempre della Trinità, né si cantava ii| 
que' tempi il Te Deum^ secondo Duran- 
do, lib. 5, cap. 1 1 quindi fu trasportato 
dopo rultima lezione, per dar luogo a ta- 
le inno. Avverte Macri, che i responsor i 
i quali si pongono la 1/ volta, essendo 
impediti nella dom^enica da qualche uf- 
fizio doppio, si ripigliano nella i.' feria, 
come si fa delle lezioqi nel principio dei 
libri, e se non vi è alcuna feria vuota si 
tralasciano per quell'anno. Neiruffiziq 
d'alcuni ss. Papi e Martiri nella penul- 
tima lezione del mattutino si assegna ui| 
responsorio particolare, il quale con^incia 
Domine prae\»enistij, peixhè que'ss. Pon- 
tefici sebbeqe morirono per la lède tra i 
disagi, coq tqttociò qon hanno sparso il 
sangue, come notai a Coitfessobb dell^ 
FEDE. Sui Responsori scrisse un eruditis- 
simo trattato il p. Vezzosi, e lo ha pre- 
messo ai Responso.riali della chiesa ro- 
mana di s. Gregorio /, e pubblicati nel 
t. 4 delle opere del b. cardiqalTomni^- 
si. Ivi può vedersi l'antichissimo uso dei 
respoqsori, anteriori all'età di detto Pa- 
pa, e anche di 5. Basilio, e ivi ancora sq* 
UQ detti responsoria dal rispondere che 
faceva il coro al cantore che ne dava l'in- 
tuonazione. Questi cantori che si trovii- 
no chiamati Praecentores, Precentori 
(/^.), perchè come dice il citato Isidoro, 
lib. 7, Orig. cap. 2, Praecentor est, qui 
vocem praemittit in canta: ed Onorio 
Augustodunense, lib- i> cap. 17, Prac: 
centor, qui cantantes voce et manu inci* 
tat; anche ì greci gli aveano col nome 
à* FpoblfySfCotne li chiama Socrate, Hi- 
st. hh. 5, cap. 32| secondo avvevte Valer 



i56 RES 

sio. Se ne può consultai*e anche Cotelé* 
rio, ad iib. 2, cap. 57, ConstituL Aposto • 
licarttmj e il Goar, Euchologii p. 29. U 
cantore medesimo stava nel mezzo del co- 
ro, come apparisce da una testimonianza 
d'Eusebio, o sull'ambone o pulpito, ov- 
vero sopra qualche suo gradino. In tutto 
il libro Responsoriale del b.Tommasisi 
trovano innumerabili notizie circa i re- 
sponsori, come nella stia prefazione. Il 
medesimo rilevò, che Tuso antichissimo 
fin dal principio della Chiesa ne' responso* 
l'i fu che il coro ripetesse tutto intiero ciò 
che il solo cantore avea detto. Il metodo 
di ripetere soltanto ex/re//ia i^er^u/it, che 
Cotelerio credè indicato nelle Costituzio- 
ni apostoliche^ fu introdotto ne' poste* 
rioi't tempi e si pratica eziandio ne'nostri. 
Si conserva però una traccia del rito an- 
tico in certi solenni uffici fra l'anno, nei 
quali, come nel notturno natalizio, il re- 
hponsorio dal coi'o si ripete tutto intiera 
Il verso Gloria Patri \P',) fu aggiunto 
ai responsori posteriormente^ per l'esem • 
pio dato dai monaci del l'Egitto, e al cer- 
to si era introdotto al tempo d'Amalario 
fiitto arcivescovo di Treveri nell'Sio. 

RESSA o RESSI A.Sedevescoviledei* 
la Numidia, nell'Africa occidentale, detta 
anche Ressaiia^%oiio\B, metropoli di Ci r- 
ta,già esistente ne'primi del V secolo, co- 
me si bada Morcelli, Africa chr.^ che par- 
la di due vescovi. 

RETIMOo RETHYMO. Sede vesc** 
vile dell'isola di Candia, nella città del 
suo nome e sangiacato, della Turchia eu- 
i*opea,de vasta ta dagli ottomani nel 1 57 2, 
mentre Selim II faceva l'assedio di Fa- 
magosta; ma i veneziani non ne furono 
cacciati se non verso la metà del secolo 
XVII da Ibrahim. Vi fu trasportata la se- 
de vescovile o la i*esidenza del vescovo 
di MeUipotamo{f^.)y ma sembra che non 
bisogni formare di Retimo e Mellipota- 
mo un solo titolo vescovile in partibus, 
come di recente fece altri. Imperocché 
Retimo e Mellipotamo anche il Mirco , 
Notilia episcopatum p. 18 1 e 283, le ri- 



RET 

porta come due distinte sedi vescovili 
suifragauee di Candia {f^.). Altri geo- 
grafi sagri non ne riportarono che una, 
ed il Terzìy Siria sacra p.402, né l'una, 
né l'altra. Il p. Le Quien, Oriens chri* 
stianus t. 3, p. g 1 7 e seg. nel descrivere 
la provincia ecclesiastica di Creta o chie - 
sa di Candia, che dice 35 miglia distante 
daRhitymna, citando Baudrand chiama 
Mellipotamo congiunto a Retimo, e di 
questo non fa articolo separato; soltanto 
nel descrivere Mellipotamo e i suoi 1 4 ve- 
scovi che ripoirtai a quell'articolo^ dicen- 
do di Luca, lo chiama, episcopus urbis 
Retimi (Milopotamiensi ecclesiaeunitae) 
primttmfuiL Certo é che attualmente Re- 
timo é un titolo in partibus separato da 
Mellipotamo, come vado a provare. A« 
dunque Retimo, Rhit/mnen, è un titolo 
vescovile in partibus, sotto l'arcivescova- 
to in partibus di Candia, che conferisce 
la s. Sede,e Gregorio XVI nel concistoro 
de' 1 7 dicembre 1 832 trasferì al vescova - 
todella ss. Concezione del Chili mg.^ Giu- 
seppe IgnazioCienfuegoschilianoche por- 
tava il titolo di vescovo di Rilimna, il qua^ 
le titolo gli avea conferito Leone XII nel 
concistoro de' 1 5 dicembre 1828, vacato 
per morte del vescovo Francesco Suarez. 
Di poi lo stesso Papa nel concistoro de'25 
luglio 1844 conferì il titolo vescovile di 
Retimoa mg.^Marc'AntonioMuizdel Pa- 
raguay, parroco e moderatore del semi- 
nario di Paraguay (^.), al cui vescov o 
deputò in ausiliare, come notai in quel • 
l'articolo; leggendosi nella proposizione 
concistoriale, che Gregorio XVI gli con • 
cesse l'indulto di farsi consagrare da u n 
vescovo, assistilo da due preti costituiti 
in dignità ecclesiastica; e quanto a Re- 
timo è detto, urbs est insulae Cretae (os- 
sia Candia) sub archiepiscopo Candie nsi 
in hora boreali sita, et ab infìdelibus e- 
tiam mine misere detinetur. Ciò fece Gre- 
gorio XVI quando e fino dal 1840 mg.^ 
Wiseman portava il titolo di vescovo di 
Mellipotamo, che tenne fino al ì83o, in 
cui il regnante Pio IX lo trasferì all'arci- 



RET 

vescotato di Westmìnster, decoraodolo 
della dignità cardinalizia. 

RETIZIO (s.), i^escovo d'AutuD. Di 
illiutre famiglia nelle Gallie, strinse ma- 
IrimoDÌo con una donna, la quale al pari 
di lui era piena di ardore pei servigio di 
Dio e per la pratica di ogni opera buo- 
na. Rimasto vedovo, fu innalzato alla se- 
de episcopale di Autun. Nel 3 1 3 inter- 
Tenne a un concilio che si tenne in Roma 
centrò i donatisti; e Tanno seguente as« 
sistette ad altro concilio tenuto in Àries 
per lo slesso soggetto. Ignorasi Tanno del- 
la sua morte : è però nominato nel mar- 
tirologio romano a' 19 di luglio. S. Ago- 
slino, parlando di lui, dice ch'era un uo- 
mo di Dio, e un prelato di grande auto- 
rità nella Chiesa. Leggesi in s. Girolamo, 
ch'egli era uno dei più dotti ed eloquenti 
uomini del I Vsecolo,e che scrisse dei com- 
mentari sul Cantico de'cantici, non che 
un eocellerile trattato contro i novuziani. 

RETTORE, Antistes, Praeposilusj 
Praeses^ Rector,Que\\o che regge, il go- 
vernatore, dicendosi Rettoria il governo 
e l'uffizio del rettore, Regìmen. Rettore 
m dice In alcune provincie il curato d'u- 
na parroccfàaj in molte comunità re- 
Vgìose quello che governa la casa o il 
convento (rettore generale si chiama il 
superiore generale dei Chierici regola* 
ri della Madre di Dio)j quello che pre- 
siede alT ospedale, detto anche priore ; 
quelli che sovrastano a' collegi, a' semi' 
nari, alle università : e più anticamen- 
te! vescovi^ come i presidi delle città e 
Provincie, singolarmente ne'dominii del- 
la s..Sede. Secondo Adami, Ricerche del 
(uretre Tulliano^ p. 1 1 o e 1 1 1 , il rettore 
talvolta fu YeconomOy il provveditore e 
l'amministratore de'benì di qualche chie- 
sa^ Rector ecclesiae. Nardi, De'parrochi^ 
dice che rettore unico della chiesa è il 
solo vescovo, cui è dato il rettorato e il 
reggere; così avendolo chiamato s. Leo- 
ne I, s. Gregorio I, s. Agostino ed altri 
-padri, e il concilio di Sardica. Similmen- 
te i Capitolali di Carlo il Calvo delT845 



RET 1^7 

e di Lodovico 11 nelT855. Nella vita di 
Ereberto arcivescovo di Colonia del 999, 
il vescovo è chiamato Domai Dei rector, 
sive cvìbus Christi pastor. Luca vescovo 
Tudense, parlando de' vescovi li dice,/?e- 
ctores morum et principes animarum. Il 
Capitolare Aquisgranense del 789 dice i 
vescovi, Pastores et rectores ecclesìarum 
Deij il concilio di Parigi delT829, Re- 
ctores ecclesiarum. Vittore II nel io55 
chiamò il vescovo di Ferrara, /?ec/ori- 
psius ecclesiae* Per eccellenza fu denomi- 
nato il Papa, Rectorem in universo orbe 
christiano. Nel concilio generale di Lio- 
ne II, l'imperatore de'greci Michele Pa- 
leologo chiamò il Papa, Rettore univer' 
sale della Chiesa.Dopo l'antifona che si 
canta per la coronazione del Papa, il car- 
dinal vescovo d'Ostia recita su di lui quel- 
l'orazione, in cui è detto Pater regum, et 
rector omnium fidelium. Indi il cardinal 
i.° diacono nelT imporgli il triregno gli 
dichiara essere egli Rectorem orbis, l 
rettori che i Papi deputarono al governo 
e amministrazione degli amplissimi 23 
Patrimoni della chiesa romana (^.), e- 
rano i primari della medesima e incomin- 
ciarono coli' origine de' patrimoni slessi 
nel IV e V secolo, esercitandovi in alcu- 
ni ìe franchigie maggiori, in altri l'alto 
e pieno dominio. Questi personaggi illu- 
stri erano tenuti a dare giuramento d'ub- 
bidienza e fedeltà al Papa innanzi di pren- 
dere il governo, e rendevano a lui conto 
delle loro operazioni, come si ha da Gio- 
vanni Diacono nella Vita di s, Gregorio 
ly e dalle Epistole di questo gran Ponte- 
fice. Fu rito de'primi tempi di prestarlo 
con solennità nella basilica Vaticana, a- 
vantì il venerando corpo di s. Pietro, co- 
me attestano gli scrittori di queiTaugu- 
sto tempio, e ne rende grave testimonian- 
za s. Gregorio I del 590 nella sua lettera 
72 al 70 lib. I, Ind. ix, indirizzata a Pie- 
tro rettore del patrimonio di Sicilia. In 
questa il zelante Pontefice esortando Pie- 
tro a procurare i vantaggi della s. chiesa 
romana, per eccitare il suo zelo a farlo 



i58 RET 

eli proposito, gli rammenta il giuramen- 
to, che per 1' amministrazione di detto 
patrimonio avea dato avanti il sacratis- 
simo corpo del principe degli apostoli. 
Questo rettore si appellava Rector pa^ 
trimonii SicUiae^ Reclor per Siciliani^ e 
talvolta Reclor Siciliae, Due erano poi 
le stazioni di questo patrimonio e prin- 
cipali residenze del rettore, Palermo e Si- 
racusa, Delie quali città risiedevano i mi- 
lìistri della s. Sede col titolo di Difenso- 
ri della chiesa romana^ Cartulari o Ar» 
chi visti e Notari (/^.), ed era precipuo 
loro uffizio di ricevere le rendite del pa- 
trimonio di Sicilia, giacché i dehitori pò- 
tevaoo pagarle in un luogo o nell'altro. 
Trattando a'rispettivi articoli de' patri- 
moni, parlai ancora de'loro rettori, e del- 
le notizie d'alcuno. Questi rettori ezian- 
dio per testimonianza di Nardi, t. a, p. 
ig8 e seg., erano per lo più SuddiacO' 
'nj(^.) maggiori della chiesa romana, tal- 
volta prelati minori , che formavano il 
fiore della prelatura d allora, ed i quali 
dopo la loro autorevole e onorevole car- 
riera in vari uffizi, erano esaltati al cardi- 
nalato e divei*si divennero Papi. De' 2 3 
patrimoni, 17 erano in Italia, comprese 
le isole ; gli altri 6 in Istria^ Dalmazia, 
Illirico, Alpi Cozie, Gallia, Germanicia- 
fia. Includevano vari vescovati, ordinan- 
do spesso s. Gregorio I a'rettori di que- 
sti patrimoni il correggere i difetti degli 
ecclesiastici e de' vescovi, quos commissi 
tìbi Patrimonii finis includit. Lo stesso 
Nardi nel suo libro de' Compii, dimostra 
la vastità di tali latifondi, dicendo che la 
Massa Trabaria, che fu pure Presidato 
(^.),fu UDO degli antichi patrimoni della 
s. Sede, includendo i vescovati d'Urba- 
nia, s. Angelo e porzione del Tifernate. 
Avendo voluto Natale vescovo di Salona 
ordinare prete per forza Onorato suo ar- 
cidiacoDO, s. Gregorio l ordinò ad Ad- 
tODino suddiacono della romana chiesa, 
e rettore della medesima del patrimonio 
in Dalmazia, d'intimare a Natale di ri- 
mettere 1 arcidiacono ai suo posto, quan- 



RET 

tunqne si fusse fatto l'arcidiacono nuo- 
vo ; di più con facoltà di levargli V uso 
del pallio, e se non basta di separarlo an- 
che dalla sagra comunione, e di deporre 
il nuovo arcidiacono. Per l'elezione del 
vescovo di Milano, s. Gregorio I mandò 
a presiederla Giovanni suddiacono retto- 
re del patrimonio della Liguria, come 
un'altra volta vi mandò Pantaleone no- 
terò della chiesa romana, essendo questi 
notari Regionari (/^.), il capo de' quali 
era il Primicerio della s, Sede^F^,), tutti 
prelati, donde poi derivarono i Protono ' 
lari apostolici (F.), e spesso rettori an- 
ch'essi de' patrimoni. Siccome Pasca si o 
vescovo non teneva il vicedomino per le 
cause, né il maggiordomo per ricevere 
gli ospiti, ma faceva da se, s. Gregorio I 
ne scrisse ad Antemio suddiacono, il qua- 
le stava in Napoli, come rettore del pa- 
trimonio che pur colà avea la sede apo- 
stolica, egh ordinò d'intimare al vesco- 
vo d'eleggere duesoggeti a quelle cariche, 
altrimenti che esso Antemio radun&sse il 
clero e li facesse eleggere dal medesimo. 
A Ilo stesso Antemio quel Papa comandò 
altra volta di vegliare alla elezione d'un 
vescovo, onde non v'intervenisse simonia; 
ed altra volta di cestri ngera il vescovo d'A- 
malfi alla residenza.Doveano questi l'etto- 
ri invigilare su'vescovij ri prenderli, e talo- 
ra anche per ingiunzione del Papa punir- 
li.Aveanodellefàcòltàordinarietra vesco- 
vo e vescovo, e spesso le più sublimi stra- 
ordinarie incombenze. Un'altra volta s. 
Gregorio I sgridò Anatolio rettore della 
Campania , suddiacono della chiesa ro- 
mana, perchè non avea corretto certi ve- 
scovi negligenti. Nell'antichità questi pre- 
lati rettori sono chiamati qualche volta 
Proceres della chiesa romana, ed erano 
chierici. Qualche rara volta da' Papi si 
mandava un prete per rettore di un pa- 
trimonio, come fu quel Candido gover- 
natore del palazzo pontificio, spedito in 
Francia da s. Gregorio I. Questi rettori 
che stavano ne'patri moni ateano la loro 
corte che si portavano da Roma, compo- 



RET 

sia di notari, direosoriyanonarì, ec, an* 
«slie prima de' tempi di s. Gregorio I, a 
suo tempo e dopo. Talora erano richiesti 
per Tese»? i, e nei 680 Primogenio sud* 
diacoDO regionario apostolico fti&tto pa- 
triarca di Grado. JNei pontificato di s. 
Gregorio II e dopo il 726 avendo avuto 
principio la Sovranità della s. Sede (V.\ 
per gOTcmare gli stati temporali e provin- 
cia dè'suoi dominii furono mandati per 
lopiilde' rettori, i quali terminarono cir- 
ca il secolo XV, essendo muniti di ampie 
aatorità, fecoltà e prerogative, cui poi 
suooetsero i cardinali Legali (P^.) ed i pre- 
lati Governatori e Delegati {T,). Questi 
rettori de* sovrani dominii pontificii era - 
no tenuti a prestare il giuramento di fe- 
deltà al Papa, come d'amministrare con 
giusUiia, esé confermati nella rettoria do- 
veano prestar nuovo giuramento al Pon- 
tefice. Borgia> Memorie di Benevento t. 
3y p. 357, riporta il giuramento prestato 
neliaSg da Leopardo Don villani d'Osi- 
mo, confermato da Nicolò IV nella ret- 
torìa di Benevento. Furono celebrì i ret- 
tori d' Avignone {F,) e contado P'enaia* 
sinQ {^•)j i rettori di Romagna j così i 
fattori àt\ìà Marca e del P/ce/io, di cui ne 
pnbbiicaroDO la serie Monaldo Leopar- 
di, Seria rectorum Anconitanae Mar» 
eÙae, Recanetii824; e Pergoli Campa- 
nelli, Giunta alia serie de* rettori del Pi- 
cena, Ancona i8a6. De'rettori delle prò- 
▼inde di Marittima e Campagna parlo a 
VltLirmi : di quelli delle altre provinole 
CoeleMistichea'Ioro articoli. Rettori ebbe- 
ro ancora i Presidati dello stato pontifi- 
cio {F,), Vi furono anche rettori magi- 
strati municipali, e li ebbe Velletri, co» 
me si apprende dal can. Bauco, Stpria di 
FleleùiL i, p. 188 e 281, che ne riporta 
la serie dali5i 3 al 1 755. Questi rettori, 
col giudice, venivano eletti dal magistra- 
to e dal pubblico consiglio nella vacanza 
dd governo di Velletri, o per la morte o 
partente del Podestà (^.), come ancora 
per h morte del cardinal vescovo gover- 
Daton : essi eseroitavauo un governo as- 



REU 159 

soluto sino alla elezione e al possesso del 
nuovo podestà o del nuovo cardinal ve- 
scovo governatore. 

RETTORIANI. Eretici discepoli di 
Betono, laico egisianoche yivea nel 38o, 
il quale insegnava che ciascuno in parti- 
colare poteva salvarsi nella sua qualun- 
que religione, e ch'era permesso di con- 
formarsi a quella dello stato o del prin- 
cipe di cui uno era suddito. Inoltre inse- 
gnava, che gli uomini non s'ingannava- 
no giammai, e che tutti aveano sempre 
ragione; che nessuno di essi sai*ebbe con- 
dannato per le sue opinioni, perché avea- 
no tutti pensato ciò che doveano natu- 
ralmente pensare. Bergier dice, che inol- 
tre i rettoriani ammettevano tutte V e- 
resie che sino allora si erano vedute, e 
pretendevano che tutte si potessero egual- 
mente sostenere : questo sistema sembra 
rassomigliare molto a quello de' liberti- 
ni, de' latitudinari, degl'indipendenti, ec. 
che dommatizzarono nell'ultimo secolo, 
settari che pare non abbiano molto me- 
rìtato il. nome di cristiani. Giosi appren- 
de dal libro delle eresie di s. Filastrio ve- 
scovo di Brescia, ma da'critici viene no- 
tato d' averne accresciuto il numero. In 
fatti i sistemi de' rettoriani comparvero 
così assurdi a s. Àgostino^che mise in dub- 
bio il riferito da s. Filastrio, J^^erff. 72. 

RETZ o GO^DY Emico, Cardinale. 

V, GoNDY. 

RETZo GONDYGio.FRAwcEsco,Ctìrr. 
dinaie, V, Goudy, e il voi. I, p. 244- 

REUMANO SUA VIO Giovawhi, Car^ 
dinaie. Nacque in Rejumesdi Guascogna, 
divenuto perito nella giurisprudenza fu 
eletto uditore di rota per la sua nazione 
francese, indi nel 1 555 Paolo IV lo fece 
vescovo di Mirepoix, per averlo conosciu- 
to da cardinale infiammato di zelo per 
la cattolica religione e di sperimentata in- 
tegrità pel rifiuto di 200 scudi d'oro da 
lui donati in regalo o propina per una 
causa cui egli nel tribunale avea dato fa- 
vorevole voto, solo ritenendone due che 
di ragione gli appartenevano. Per sì e- 



iGo REU 

roico disinteresse a' 20 dicembre locreb 
cardiiinle prete di s. Gio. a Porta Latina^ 
quindi coi cardinali Scotti e Consiglieri 
lo deputò sopra gli affari dello stato ec* 
clesiastico, e prefetto di segnatura con al* 
tri gravi incarichi. Pio IV lo trasferì al 
titolo di s. Prisca e lo ascrisse al s. odi* 
zio, destinandolo a informare per la ca- 
nonizzazione di S.Diego. Nel suo concla- 
ve poco manco che non fosse eletto Pa- 
pa , pel concetto che godeva tra i coile- 
ghi. Fu pure a quello di s. Pio V,e mo* 
l'i in Roma d'anni 63, neh 566» sepolto 
nella chiesa di s. Spìrito in Sassia, ove il 
cardinal Rebiba esecutore testamentario 
gli pose un nobile epitaffio, che pili Doa 
esiste e si legge neirAlverì, Roma in ogni 
stato par. a, p. 278. 

RÈUNION o S. Dionigi in àfbica 
(Reunionis^ seti s. Dionysii in Africa), 
Vescovato con residenza vescovile in s. 
Dionigi o Saint-Denis, nell'isola della 
Riunione, ovvero isola Mascaregna o di 
Borbone, separata per un tratto di ma- 
re di 1 00 leghe dall'isola Madagascar, do- 
minii e colonie della Francia. La forma- 
zione dell'isola della Réunioa o Riunio- 
ne é vulcanica, e s' innalza in forma di 
cono. 11 clima è salubre e delizioso. Le 
coste sono dirupate, e le poche sde rade 
non sono comode : l'impeto de'frequeiiti 
uragani è terribile, recando deplorabili 
danni. In due terzi della superficie la ve- 
getazione è florida: produce garofani ed 
eccellente calìe, noci moscate, cannella, 
cacao, zucchero, tabacco, e qualunque 
pianta ed erbaggi de'climi europei; vi pro- 
sperano i cedri, gli ananas, le uve, ec. ; 
piante da costruzione, cavalli, belli e mul- 
tiformi volatili; si trovano grosse testug- 
gini, ambra, corallo, conchiglie, ec.L'am- 
miraglio portoghese d. Pietro Mascare- 
nha sctiuprì l'isola nel 1 545, e dopo mez- 
zo secolo la visitarono gl'inglesi. 1 fran- 
cesi attratti dal buon clima vi cercarono 
rifugio, e vi trasportarono sovente gl'in- 
fermi di Forte Delfino e degli altri luo- 
ghi del Madagascar, acciò ricuperassero 



REU 

la sanità. Nel 1 649 Flacourt ne prese pos- 
sesso in nome del redi Francia Luigi XiV 
Borbone, e la chiamò /$o/a Borbone, Do- 
po 1 5 anni fu ceduta alla compagnia fran- 
cese dell'Indie, e quando ì madecassi ri- 
bellati cacciarono i francesi dalla propria 
isola, fu questo il punto di riunione ove 
convennero. La Francia vi mandò spesso 
delle carovane d' indigenti orfane , per 
laumento della specie, e le proli acqui* 
starooo in bellezza. Il celebre Mahé de 
la Bourdonnais, eletto nel 1735 governa- 
tore generale dell' ìsole di Borbone e di 
Francia, col suo genio e attività sottras- 
se dalla miseria e dall'anarchia la disor- 
dinata amministrazione, e vi ritornò nel 
commercio la floridezza e la prosperità. 
L'intendente Poivre v' introdusse gran 
quantità di preziose piante orientali. In 
tutto il secolo XVII la colonia fu sempre 
in fiore, e soltanto dopo la rivoluzione di 
Francia perde il nome d'isola di Borbo- 
ne, si disse Isola della Riunione^ e di poi 
Isola Bonaparte.'^e\ 1 8 1 o gl'inglesi l'as- 
salirono alla sprovvista e se ne resero pa- 
droni, non avendola evacuata che nel 
i8i5 pel trattato di Parigi. La capitale 
dell'isola è s. Dionigi, con ancoraggio po- 
co sicuro dall'impeto de' venti. Vi risiede 
il governatore, il tribunale di i .^ istanza, 
ed i supremi uffizi amministrativi. Giace 
sulla costa boreale, alle falde d'un colle 
che termina col la spiaggia. Gli edifizi, seb- 
bene costruiti in legno, non mancano di 
eleganza, e presso la marina ve ne sono 
di pubblici di bell'aspetto. L'interne vie 
sono fiancheggiate d'alberi; i passeggi del 
giardino sono deliziosi e vi si ammirano 
piante singolari. Una batteria difende 
l'ingresso marittimo: i*acchiude più di 
10,000 abitanti, con poche centinaia di 
razza bianca. Le chiese parrocchiali sono 
le seguenti : s. Dionigi cattedrale, s. Pao- 
lo, s. Luca, s. Luigi, s. Pietro, s. Giusep- 
pe, 8. Rosa^ s. Benedetto, s. Andrea^ s. 
Maria, s. Filippo, s. Susanna. A Missioni 
STBANiEBE del Seminario dcllo Spirito san- 
to di Parigi, parlai dell'isola di Borbone 



REV 

e del suo stato religiosa, coinè prefettura 
apostolica, e de'suoi piistabilimenti.il re* 
gnante Pio IX a maggior utilità spiritua- 
le de' fedeli dell' isola, con decreto della 
congregazione concistoriale de'26 settem- 
bre i85o e coii bolla spedita per via de 
cuHa^ eresse e costituì questo vescovato 
della Béunion o di s. Dionìgio, che di- 
^iarò sutfraganeo della metropolitana di 
Bordeaux. Quindi nel concistoro de'3 ot« 
tobre, a nomina del principe Luigi Na- 
poleone presidente dellarepubblica fran» 
cese, preconizzò I .%escovo l'attuale mg.^ 
Floriano Giuliano Desprez d'Ostricourt 
arcidiocesì di Cambray, già parroco dr 
quella metropolitana e decano della par- 
rocchia di Roubuix, come si legge nella 
proposizione concistoriale. Del fei^vore di 
quella cristianità e delle condizioni del- 
l'isola, come del magnifico e trionfale ri- 
cevimento fiitto a detto suo primo pasto- 
re, SI legge un'interessante lettera, ripor- 
tata nell'Osservatore romano del 18 52, 
n.* 172. 

REVERENDISSIMO, Reverendissi- 
iit»^. Titolo d'onore superlativo di Re\^* 
rendo j Reverendits^ degno di riverenza, 
da essere riverito: titolo che si dà agli ec- 
clesiastici secolari e regolari costituiti in 
dignità. L' antica formola d' indulgenza 
colla quale i Papi la concedevano nella 
Cappella pontificia e che riportai nel voi. 
XXXIV, p. 278, dice: Reverendissimus 
in Christo P(ti/er. Parisi, Istruzione per la 
segreteria t. 3, p. 5i , tratta de'titoli Re* 
verendo. Reverendissimo, Riverenza^co- 
me segue. Simmaco chiamò Reverendo il 
Senato di Roma (^'.), e l'imperatore Giu- 
stiniano I chiamò Reverendissimi non so- 
lamente i Fescovi[F,\ ma anche i chie- 
rici. Gassiodorò al principe di Dalmazia 
e al senato romano diede il Reverendis' 
sùnufnj e tanto egli a Teodora Augusta, 
quanto Eonodio a Fausto, e s. Agostino 
a Giuliana figlia d'Anicia Faltonin dis- 
sero , Reverentiam vestram. Il dottore s. 
Girolamo chiamò Reverendissimo il ve- 
scovo s.Agostino. Nella liturgia falsamen- 

VOL. LVII. 



REV i6t 

te attribuita a s. Marco, ma de' primi del 
V secolo, si legge : il Reverendissimo ve* 
scovo tu conserva. In privati documenti 
del 957 6970 si trova : Reverendus Dia" 
conus , e Reverendissimus Suhdiaconus 
5. Ravennatensis ecclesiae. Nel secolo XI 
s, Pier Damiano ^ scrivendo al cardinal 
vescovo d'Albano : Donino (F.) Bonìfa* 
do reverendissimo Episcopo j e così al- 
l'arcivescovo Vidone. Nel 1 148 i senato- 
ri dì Roma chiamarono: Fenerandani 
apostoUcam Curiamo et Reverendumpo* 
pulum romanum. Sulla metà del secolo 
XIV il p. Pietro Paternis agostiniano, 
alla moglie di Ugone da Rupe : Reveren* 
dissimae^ ac praepo tenti Dominaé Del» 
phinae de BeUoforù nepoti SS, D, CU' 
mentis Papae VI, et ejusdem Domini no* 
stri prò nunc Marescalchissae romanae 
Curia/p, Di questa parlai a Maresciallo 
DI s. B. Ghiesa. Scrisse s. Vincenzo Fer- 
reri : ReverendLmmo in Christo Patria 
fratriJoanni de Podionucimagistro ord. 
praed. Reverendissime magi ster, Festra 
Revereniia. Festra Paternitas reveren' 
dissima, Leonardo Aretino : Compella* 
tio illa reverendissima his eminentibus 
[ic,CavdìnB\'ìhMs)d{^nitatU)Us quasi prae* 
cipua reservetur. In un titolarlo del se* 
colo XV de'protonotari apostolici, udi*' 
tori di rota e simili prelati, trovasi: Re» 
verendo in Cliristo Patri, et domino Jo* 
Baptistae de Ursinis apostolico protono* 
tario. Il Bembo preponeva il Reveren'^ 
dissimo q\V Illustrissimo (al quale arti<* 
colo dissi quando si unisce col Reveren* 
dissimo)^ ma V Illustrissimo se ne appel« 
lo ad altri segretari, che gli restituirono 
la prelazione, ed il Reverendissimo riten* 
ne in appresso la prerogativa di distin« 
guere le maggiori dalle minori dignità 
ecclesiastiche* Il redi Francia scrivendo 
ai congregali- per celebrare il concilio di 
Trento, diresse la lettera : ai Santissimi 
e reverendissimi Padri, In prova che il 
Reverendissimo è stato sempre attribui- 
to a' cardinali, anche dagli stessi sovra- 
ni, e che quando i re di Spagna hanno 

II 



i6a REV 

dato loro il titolo di Muy reverendo, han- 
no inteso dire non già Mollo reverendo, 
ma Re\*erendì stimo j 1* imperatrice Ma- 
ria moglie di Ridolfo 11 scrisse la lettera: 
/4l Beverendissimo in Cristo padre signor 
cardinal /Aldobrandino nostro caro e rt- 
mato amico. Inoltre il Parisi dice , che 
può usai*si r Altezza [F",) Reverendissi' 
ma, e t Eccellenza {F,) Reverendissima 
con que' prelati a' quali si conviene per 
ragione di dignità temporale. Girolamo 
Gktenn segretarioe scrittoredi molto pre- 
gio del secolo XVI, dice il Reverendissi» 
mo competere a'cardinali anche di fami- 
glia reale, e che al cardinal Alberto d'Au- 
stria fratello dell'i niperatore fu scritto : 
j4l Serenissimo e Reverendissimo signor 
mio Osservandissimo (V.) il sigS prin* 
cipe Alberto cardinal d'Austria, Pel car- 
dinal York nel pontificato di Benedetto 
XIV fu regolato il trattamento con fo- 
glio di Reali prefetto delle ceremonie pon- 
tifìcie e segretario della ceremoniale, che 
gli prescrisse il titolo di Altezza Reale E» 
tninentissima. All'articolò EMmzTiz a par- 
lai di questo tìtolo proprio de'cardinali, 
cui si unisce il Reverendissima^ ed a chi 
il Colendissimo (^•); che i cardinali pri- 
ma erano chiamati Ra^erendi^ poi Re» 
verendissimi fCo\ quale li chiamano i Papi. 
Il Garampi, Sigillo della Carfagna' 
na p. 67 e 68, riporta l'antica pratica del 
foro ecclesiastico e ^le'titolì di Reverendi 
e Reverendissimi pe'cardinali, che ripro- 
dussi ne' Tol. XIX, p. 3o, XX!, p. 263. 
Aggiunge, essere curiosa a proposito dei 
titoli, l'osservazione da lui fìitta ne'iTioli 
e libri del suo capitolo Vaticano. Ne'se- 
coli XIV, XV, XVI, e più precisamente 
drca l'anno 1 540, a'soli canonici fu dato 
il titolo di Domini: ai beneficiati e chie- 
rici beneficiati niùno aflàtto ; a' vescovi 
quello di Reverendi domini, e al cardi- 
nal arciprete il Reverendissimus domi' 
nus^F,), Indi, riguardo a'canònici, si pas- 
so a dar loro, specialmente negli istro- 
menti, il titolo di Reverendi domini, e 
Reverendi patres et domini j e sul prin- 



REV 

cìpio del secolo XVI vi si aggiunse tal- 
volta r admodnm Illustres , admodum 
Reverendi^ e anche Reverendissimi domi- 
ni, finché neh 634) cioè allora quando il 
titolo d' Illustrissimo e Reverendissimo 
non era più privativo per i cardinali, fu 
comunemente e costantemente dato ai 
suddetti canonici, non meno che a qua- 
lunque altro prelato. E quindi raccolgesi 
che la mutazione di un titolo in un ran- 
go o condizione di persone , tira con se 
talvolta un'alterazione universale di ti- 
tolano, in molti altri ranghi a que'primi 
subordinati e inferiori. Lo stesso Garam- 
pi, Osservazioni sulle monete pontificie, 
à p. Sì àe\V'k^fexìò\ct,corcìxntiìia\\Re' 
verendissimae paternitadvestrae, dato ai 
cardinali camerlenghi, con dire: Il titolo 
di Reverendissimo da vasi propriamente 
a'cardinali, e fu attribuito nel i368 al 
Cabassole patriarca di Gerusalemme, ret- 
tore di Avignone e del contado Venais- 
sino. Sembra che fino a questi tempi non 
fosse comunemente dato nemmeno a'ca- 
roerlenghi pontificii, benché arcivescovi^ 
e ciò rilevasi da un documento del 1 364; 
però fu attribuito tanto nel i368 ad Ar- 
naldo, che nel 1 393 a Francesco camer- 
lenghi apostolici, ambedue allora sempli- 
ci arcivescovi; anzi negl'istromenti came- 
rali del 1 384 il medesimo Francesco ch'e- 
ra vescovo di Grenoble è detto Reveren» 
dissimus in Christo pater, ed egli stesso 
enunciando Pietro, Arnaldo e Stefano 
suoi antecessori nel cameilengato, die a 
ciascuno il titolo di Reverendissimo, Os- 
serva Parisi , che il titolo di Reverendo 
e il Molto reverendo è pròprio de'sacer- 
doti, e il secondo de'graduati ; e che /^o- 
stra Riverènza, in vece di Paternità, si 
dà a'regolari di berretta o chierici rego- 
lari^ al modo de'titolari che riporta pei 
diversi trattamenti, a p. 65 de 'cardinali 
ODO altri, a p. 75 de'prelati, a p. 83 per 
ì nunzi, a p: 85 per i vescovi, a p. 87 pei 
signori d'Eccellenza, a p.102 il titolarlo 
per Illustrissimi d'ogni rango.Piazza, Ce» 
rarchia cardinalizia, p. 768, rimarca Tu- 



REV 

to lodevole antico di ctiiamarsi dalle co- 
muDilà ecclesiastiche e religiose, il loro 
superiore o capo, priore, guardiano o ab- 
bate coi nome di Padre (/^.). Adunque 
il titolo di Reverendissimo, colle con ve* 
nienti aggiunte di altri titoli, è proprio 
de Cardinali, F escovi e Prelati {Fedi, al 
quale articolo trattai del Reverendissimo, 
unito Ml Eccellenza e b\V Illustrissimo) j 
de* Canonici {F,y e \ovo Capito li {F,); de- 
gli altri ecclesiastici costituiti in dignità; 
de*pi^oti iSi/periori generali e Abbati de- 
gli ordini Religiosi {F,), come de'procU- 
ratorì generali e altrì graduati regolari, 
oootultori, esaminatori, commissario del 
$• officio, maestro del s. palazzo, segreta- 
rio dell'indice, cogli altri titoli loro pro- 
pri, come di Don {F,) agli abbati, a' Ca- 
nonici regolari j a Monaci (F.); di Padre 
e Paternità, nonché dì Frate{F.) agli al- 
tri religiosi. Il titolo di Mollo heverendo, 
di coi parlai a Molto illustbb e negli al- 
tri CI tali articoli , conviene agli altri di- 
stinti sacerdoti secolari e religiosi in ca- 
rica e ofBzio, ovvero che i regolari già l'ab- 
biano esercitato per cui ne portano con 
l'ex il titolo, così per quelli ornati de'gra- 
di accademici di Lettore, Baccelliere{Fg), 
Noterò, che fra'carmelitani scalzi vi é lo* 
devole sobrietà di titoli, dappoiché quel- 
lo di Reverendissimo non si dà neppure 
al loro generale; solo i religiosi scriven- 
dogli, usano il titolo di Mollo reverendo 
Padre nostro, e parlando egli co' sacer- 
doti religiosi, a vicenda si danno il titolo 
di Riverenza, mentre scrivendo il gene- 
rale a tali i*elìgiosi dà loro il titolo di 
Moka reverendo Padre, Negli articoli 
DoRiiAi Madrs, Monaca, Religiosa, Ab- 
BAOistA^ SuPEBiOBA parlai de' titoli che 
spettano alle religiose abbadesse , supe- 
riore esemplici monache. Il ReverendiS' 
sima si usa talvolta colla superiora ge- 
oeraiedi qualche congregazione regolare, 
ovvero con alcuna illustre abbadessa. Al- 
le superiore, abbadesse, graduate e nò- 
bili religiose si dà Molto reverenda Ma* 
drve più ordinariamente Reverenda Ma- 



REZ i63 

dre e Sttora, A 'semplici Conversi, Laici e 
Donatisi suol dare il Fra o Fratello (F,), 
dicendosi pure ornatissìmo o riveritissimo 
religioso fr. N. fra lei N.: alle converse reli- 
giose altrettanto, cioè Suor o ornatissi- 
ma o riveritissima religiosa. Si dice Mol^ 
to ilUisire e reverendo signore a'sacerdo- 
ti qualificati. W Mio osservandissimo ah 
cuni lo aggiungono al Reverendissimo 
Padre, cioè a'prelati ed a' primari reli- 
giosi superiori. Altri scrivono alle abba- 
desse e superiore monastiche, Reveren* 
da Madre Signora Padrona Osservan* 
dissima o Colendissimaj dicendosi pure. 
Di Fostra Riverenza, La Maternità Fo- 
stra, Nellesottoscrizioni i monaci e le mo- 
nache prepongono il Do/toZ)on/i^i,i fra- 
ti il Fr,, ancorché divenuti i monaci e 
religiosi, vescovi o cardinali. Gli ecclesia- 
stici secolari si sottoscrivono N, arcipre» 
te. Canonico N,, o premettendolo al solo 
cognome ; ma queste e altre particola- 
rità si possono vedere in Pat*isi, in que- 
sto argomento peritissimo; se non che fu 
d'uopo regolarsi co' tempi e gli usi dei 
luoghi e de'ceti, essendo ormai l' esube- 
ranza e intemperanza de'titoli arrivata a 
tal colmo, che non si sa piii come equa- 
mente distinguere i diversi gradi , poco 
osservandosi le lodevoli prammatiche ec- 
clesiastiche ed araldiche. 11 titolo di Re* 
verenda, si dà alla Camera apostolica 
( F,),d\\a Fabbrica di s. Pietro, della qua- 
le trattai a Coir obeo azione della beve- 
BENDA fabbbica DI s. PiBTBO, cd alla ca- 
mera degli Spogli (F.), F, Padbone e Sì- 
GNOBE,come purei relativi articoli, Let- 

TEBE EPISTOLABI, SEGBETABia 

REVERENDO e RIVERENZA. F. 

REVBBENDrSSIMO. 

REZAN, Rasania, Città vescovile di 
Russia a 36 leghe da Mosca. Era grande, 
ricca, capitale del ducato del suo nome, 
ma non potè ristabilirsi nel suo antico 
splendore, dopo che la rovinarono i tar- 
tari nel i568. Vi erano molti monasteri 
e varie abbazie considerabili di monaci 
russi ne'contornì, ove il paese è fertile. 



i64 REZ 

La sede vescovile suflfragnnea di Mosca, 
divenne arcivescovato onorario nel seco- 
loXII, indi l'arcivescovo passò a risiede- 
re in Murom o Moruma capoluogo di di- 
stretto, sulla riva deirOka. La cattedrale 
è un bellissimo monumento del secolo 
XVI, oltre molte altre chiese e mona- 
steri. Ebbe i suoi principi particolari cbe 
la ingrandirono e fortificarono, indi fu ap- 
pannaggio de'cadetti de'principi di Rio- 
Via, e poscia di quelli di Wladimir e di 
Rostow. Si conoscono 3 vescovi di Rezan 
o Resan: Giona trasferito alla sede me- 
tropolitana di Kiovia ; Protaso assistette 
alla coronazione di Demetrio, granduca 
di Moscovia nel i49^> Stefano ne occu- 
pava la sede a tempo dello czar Pietro I, 
prelato dotto e favorito da quel sovrano. 
Soppresso il patriarcato di Moscovia, Ste* 
fano fu fatto esarca della diocesi di Mo- 
scovia e presidente del consiglio eccle- 
siastico, morendo nel 1723. Oriens chr, 
t. I, p. i3i2. 

REZZONICO Famiglia. Trasse lori, 
gine dalla città di Como, nella quale vi 
sostenne per lunga sèrie d'anni il decu* 
rionato, a cui le fu aggiunto' il titolo di 
baroni liberi del s. romano impero, -per 
diploma dell'imperatore Leopoldo 1 nel 
1 665, col privilegio d'inquartale nel tur- 
rito stemma gentilizio l'aquila imperia- 
le. Si diramò da Como circa la metà del 
secolo XVI in Milano, Parma, Genova, 
e da questa ultima città, ove fioriva con 
grande splendore, si stabi Fi in Venezia nel 
1640 nella persona d'Alii*elio Rezzonì- 
co. Ivi meritò d'essere nel 1687 registra- 
ta a caratteri d'oro fra'nobili della repub* 
blica, per la rilevante ^omma di denaro, 
cbe die in benefizio del pubblico erario. 
Tra'Rezzonico di Como si distinsero: Al- 
tilio Cristoforo erudito del secolo XV JI, 
autore della Sylva serUenliarum et tern» 
pìorum moralium a sanctorum stelli s de^ 
corata^ et s, Scripturae sole illuminata, 
Francesco arciprete e teologo insigne che 
fiorì nel detto secolo, autore del Plectrum 
Psalierii. Aurelio gesuita facondo e dot- 



REZ 

to oratore sagro, che Clemente XIII che 
l'avea ordinato in Padova, lo chiamò ia 
Roma e fece rettore del seminario roma- 
no in tempi difficili, conducendosi con 
prudenza e saviezza. Morì canonico pe- 
nitenziere della patria cattedrale, lascian- 
do diverse orazioni stampate e memoria 
virtuosa. Carlo Gastone conte della Tor- 
re Rezzonico, figlio di Anton Giuseppe, 
di mente svegliata, e autore dell'erudite 
Disquisitiones Plinianae. Gastone diven- 
tie esperto nella poesia in cui cantò leglo» 
rie del Pontefice parente, versalo nella 
lingua green, coltivò le matematiche, la 
metafisica, la fisica, l'archeologia e altre 
scienze, ed in Parma divenne segretario 
perpetuo dell'accademia delle belle arti; 
primeggiò nella poesia, ed in questa e in 
prosa lasciò diverse opere. Tra'Rezzoni- 
co nati in Genova, vi fu mg.*" Abbondio 
patrizio veneto, nipote d'Aurelio, che por- 
tatosi in Roma e postosi in prelatura, col 
suo raro talento e colla saviezza de'suoi 
costumi, pregio ordinario di questa no- 
bile e illustrie famiglia, fu vice- legato di 
Bologna, indi governatore di altre città 
dello stato pontificio, comedi FVosìnone, 
morto in Roma nel 1709 e sepolto in s. 
Maria della Neve con magnifica iscrizio- 
ne fattagli scolpire dal cugino uditore di 
rota e protonotario apostolico, poi Cle- 
mente XI II, che fu il principale splendore 
di questa famiglia. Questi di nome Carlo 
nacque in Venezia daGiambattistafiglio 
d'Aurelio, che da Genova avea traspor- 
tata in quella città la famiglia, e da Vit- 
torii^ Barbadigo parente del b. cardinal 
Gregorio Bàrbarigo, della quale parlai 
nel voi. LI, p. 171. Carlo esercitò varie 
cariche prelatizie, Clemente XII lo creò 
cardinale, e quindi BenedeltoXIV lo con* 
sagrò vescovo di Padova (/^.); indi nel 
1 758 a questo successe col nome di Cle- 
mente XIII (^.), avendolo celebrato e- 
ziandio in tanti articoli e a (?e5iii//(/^.),che 
Vigorosamente sostenne. La repubblica 
veneta subito fece il fratello d. Aurelio ca* 
iraliere e procuratore di s. Marco, dispo* 



REZ 

nendo che eguale onore in perpetuo do- 
vesserò godere ì primogeniti della nobile 
stirpe, per cui d. Lodovico primogenito 
di d. Aurelio ne fu egualmente insignito, 
riportando Cancellieri le Orazioni per* 
ciò pubblicate in stia lode, // Mercato p. 
237: questi ebbeinmoglied. Anna Giusti- 
niani patrizia veneta, la quale fu madreai 
4 {)ersouaggi di cui vado a parlare. Lo zio 
Clemente X.1ÌI nominò d.Lodovico TVm- 
cipe assistente al soglio (^.)j e Gonfa- 
loniere del senato e popolo romano (^.). 
Fece il fratello d. Abbondio Senatore di 
Jionui(y,)ye netla cappella delQuirina* 
le lo congiunse in matrimonio cou la prin« 
cipessa d. Ippolita Boucompagno Ludovi' 
^fy comesi descrive nel h.^^Sqq del Diario 
di Roma del 1 768: tli poi Pio VI lo nomi- 
nò gonfaloniere^ e Pio VII principe assi» 
stenle al soglio ^ al modo narrato a quegli 
articoli. Inoltre Clemente XIII creò car- 
dinale l'altro nipote CarIo/?ez2omco(/^.), 
con quelle particolarità che notai nel voi. 
XV, p. 209, mostrandosi egualmente be- 
nevolo col di lui fratello e altro suo ni- 
pote Gio. Battista Rezzordco (^.), che il 
successore, non per restituzione di cap- 
pello, ma per ragione di carica, creò car- 
dinale. Il virtuosissimo Pontefice, pieno 
di meriti, insigne in pietà, clemenza, li- 
beralità, costanza nella difesa de'diritti 
ecclesiastici e ferma rassegnazione al vo- 
lere, divino, mori nel 1 769. 1 nipoti car- 
dinali e senatore, nella basilica Vaticana 
gli eressero coli' opera del Fidia de' no- 
stri tempi Canova, quel monumento ca- 
polavoro d'arte, di cui parlai ne' voi. XII, 
p. 3of, XIV, p. 83, riuscendo di mira- 
bile effetto col lume artificiale della Cro- 
ce che s'illuminava nel venerdì santo (di 
cui nel voi. LUI, p. 91), come notò Ci- 
eognara. Storia della scultura p. 244» che 
ne rimarca le meravigliose bellezze. Ve- 
dasi SimoneBallerini, Lettera a mgSGio, 
Ballista Rezzonico sopra V antica origi' 
ne della eccellentissima famiglia Rezzo- 
nico deUa Torre, Roma ^i 768. 
. AEZZONICO Cablo, Cat dinaie, F. 



REZ i65 

Clemente XI II Papa, e Rezzohico fami- 
glia. 

REZZONICO CARLO,Cardinale. Nac- 
que a Venezia dalla famiglia patrizia Rez» 
zonicOj a' 25 aprile 1724, ed essendo 
protonotario apostolico soprannumera- 
rio fatto da Benedetto XIV, e vicario del- 
lo zio qual titolare dì s. Marco, eletto que* 
sti Papa Clemente XIII a'6 lugIioi758, 
subito entrò in conclave a venerarlo, e 
pochi giorni dopo lo promosse a segreta- 
rio de memoriali, indi agli 1 1 settembre 
pei I .° lo creò caitiinale e pubblicò a'2 
ottobre dell'ordine de'preti, colla riten- 
zione della carica. Indi gli conferì ancor 
quella di vice-cancelliere di s. Chiesa, poi 
titolo di s. Lorenzo m Damaso, poscia ab- 
bate commendatario di Grotta ferrata;nel 
1763 Camerlengo dis, Chiesa(F.)j tra- 
sferendolo al titolo di s. Clemente, che 
poi permutò con quello di s.Marco^che 
ritenne iu commenda quando nel 1773 
Clemente XI Y lo fece vescovo di Sabina^ 
donde Pio VI nei 1 776 lo traslatò all'al- 
tro di Por/o (/^«) e s. Ruffina, ove ne notai 
le benemerenze, e poi lo nominò arcipre- 
te della basilica Lateranense, per grati- 
tudine alla protezione che il cardinale gli 
a vea accordata presso lo zio, che preparò 
la sua esaltazione, poiché fu suo uditore 
del camerlengato. Come camerlengo, es- 
sendo pure gran cancelliere dell' I7/ifVer* 
sita romana, nel t. 4i p- ^39 delia Sto» 
ria dì questa di Renazzi si legge il seguen- 
te splendido elogio. La sua pietà fu ve- 
ramente esimia, edificante, sincera e fer» 
vente. L'amore della religione, il suo zelo 
costante e irremovibile per l'onoree idi- 
ritti della s. Sede fu assai mirabile. Vigile e 
indefesso neiradempiere tutti i doveri del 
suostato e delie primarie sue cariche, non 
lasciò gonfiarsi dalla sua luminosa fortu- 
na,o trasportarsi ad abusar del f influenza, 
che meritamente avea sull'animo del zio 
Pontefice. £i seppe e durante tal pontifi- 
cato e dopo, sempre congiungere due cose 
difficilissime ad accoppiarsi insieme, una 
grande umiltà, e contegno conveniente 



i66 REZ 

alla rappresentanza e alla sua dignità. Fu 
continua e profusissìma la sua larghezza 
in soccorrere l'indigenza de'bisognosi, e- 
rogando a prò loro annualmente somme 
copiosissime. Ne risplendè meno generosa 
la sua beneficenza verso i luoghi pii e le 
chiese appoggiate al di lui patrocinio. A. 
quella di Grotta/errata ( P^,) fece costrui- 
re dai fondamenti la sagrestia di cui man- 
cava, onde i monaci basiliani vi posero 
una riconoscente iscrizione. Ad indefessa 
irigìlanza pastorale nel governo de' vesco- 
vati suburbicarì, congiunse immensa li- 
beralità in ogni genere di benefizi, sparsi 
sui poveri e le chiese di quelle diocesi. 
Nelle Notizie di Roma del 1798, leggo 
che il cardinale appartenne a i a congre- 
gazioni catxlinalizie, non che segretario 
di quella del s. offizio; che fu protettore 
degli ordini geroselimitano, della Merce- 
de, del cassiuese, de' minimi; de' collegi 
germanico, greco, illirico; di Magliano e 
altre città e luoghi; della cappella Cor- 
sini nella basilicaLateranense, di mona- 
che, conservatorii, università artistiche, 
sodalizi, e dell'accademia de'Rinnovati di 
Asolo nella provincia di Treviso. Cardel- 
la che gli dedicò il t. a delle Memorie sto» 
ricke dt* cardinali y celebra il cardinale 
come emulo delle virtuoseazioni di s. Car- 
lo Borromeo, di cui portava il nome, e 
come questo era stato segretario de'me* 
moria li del zio Papa, impiego in cui so- 
prattutto può campeggiare la carità del 
prossimo, nel raccogliere e riferire le di- 
verse e molteplici istanze che si avanza- 
no al trono pontificio negl' innumerabili 
bisogni de'sudditi. Infievolitasi la di lui 
sanità, cadde in una malattia di languore 
che per circa due anni lo tenne in letto. 
Sopportandola con edificante rassegna- 
zione, il suo animo, fu addoloratissimo 
per i mali funesti sovrastati alla Chiesa, 
e per l'invasione dello stato pontificio <>• 
perata dai i*epubblicani francesi, i quali 
nelfebbraio 1 798 detronizzarono Pio VI 
e lo deportarono, imprigionando ed esi- 
liando tutti i cardinali; solo rispettarono 



REZ 

il cardinale a motivo della sua grave e 
inferma situazione, impossibilitato a le- 
irai*si dal letto, onde fu il solo porporato 
che restò in Roma in quel torbido tem- 
po del fanatismo democratico, con debito 
permesso. Finalmente ivi a'26 gennaio 
1799, d'anni circa 75, e dopo essere in- 
tervenuto a due conclavi, rese l'anima a 
I)io. 11 cadavere vestito dell'insegne car- 
dinalizie ed episcopali, fu incassalo e con 
decente accompagnamento di sacerdoti 
trasferito a Ha chiesa di s. Marco, do ve nel- 
la seguente mattina gli si celebrarono l'e- 
sequie colle ceremoiiie sòlite usarsi co'de- 
funli canonici di quella collegiata, aven- 
dogli negati gli onori funebri propri dei 
cardinali la libertà repubblicana. Fu se- 
polto avanti la cappella del b. Gregorio 
BarSadigo, di giuspatronato della sua fa- 
miglia. Il principe d, Abbondio Rezzoni- 
co sehatpi*e di Roma,degno imitatore del- 
le virtU del cardinal fratello, il quale per 
esse si conciliò la stima delle nazioni stra- 
niere tra cui molto viaggiò, gli eresse un 
magnifico monumento di fini marmi, in 
un lato della cappella del Presepio della 
basilica Lateranense, o 1.' cappella dalla 
parte dell'organo. II disegno è di Canova, 
l'esecuzione d'Antonio d'Este, l'iscrizio- . 
ne del celebre Morcelli e si legge nel cita- 
to Renazzi, e neln.^32 dei Diario di Ro' 
ma del 1 8q4^ insieme alla descrizione del 
monumento, fregiato dello stemma e del- 
l'effigie del porporata . 

RC:ZZONICO Gio. Battista, Cardi- 
lUzfe.Patrizio veneto fratello del preceden • 
te,nacque in Venezia il i.^ giugno 1740. 
Foiiiito d'un talento pronto, vivace e pe- 
netrante, diede ben presto a conoscere 
quale un tempo sarebbe divenuto. Lo zio 
cardinale Io collocò per convittore nel se- 
minario romano sotto la direzione de'ge- 
suiti,di cui ne restò affettuoso protettore 
nelle crudeli persecuzioni cui furono se- 
gno, de'nemicidell'altai'e e del trono. Di- 
venuto lo zio Clemente XIII, nel i.** lu- 
glio 1 760 lo fece suo cameriere segreto 
partecipante, indi protonotario apostoli- 



JEIEZ 

co,, poi chierico di camera e presidente 
o oomiD issarlo generale delle armi, per 
cut prestò il giuramento nel pieno tribù* 
naie della camera a'27 novembre 1 76 1 . 
Inoltre lo dichiarò gran priore in Roma 
dell'ordine GerosoWnitano (^^.)>e nel lu- 
glio 1 766 suo maggiordomo jXìé\dL quale 
ragguardevole carica prosegui con Cle- 
mente XIV. Esercì totali dignitàe incom- 
benze con fermezza, integrità, a?vedu« 
teiza e munificenza, che furono sempre 
inseparabili in tutte le sue azioni, dive- 
nendo eziandio benemerito del suo prio- 
rato, con restauri e abbellimeiiti. In pre* 
lulo di tanti meriti. Clemente XI Va' io 
settembre 1 7 70 lo creò cardinale diaco- 
no di 8. Nicolò in Carcere; indi per sua 
morte nel conclave contribuì nel 1775 
all'elezione di. Pio VI, che subilo -lo fece 
pro-segretario de' Memoriali {F,)^ lo am- 
mite alle pili intime confidenze, e di fre- 
quente si prevalse de'suoi lumi e consi- 
gli, ne'piii ardui e scabrosi affari della 
CbieM e dello stato. Appartenne a 7 con- 
gregazióni cardinalizie,ed ebbe molte pro- 
tettorie^ come degli ordini de'canonici re- 
gobrì, de'conventuali, e de'pii operai; di 
diverse città e comuni dello stato ponti- 
ficio, collegi, opere pie, confraternite, mo- 
nasteri, capitoli, che si possono leggere 
a p. 1 16 delle iVb/izie di Roma dei 1788. 
Fini di vivere in Roma, dopo lieve in- 
comodo, assalito da colpo apopletico nel- 
l'atto che yolea sortire dal palazzo, e su- 
bito He morìa'2 1 luglio 1 783,d'anni43 
e So giorni, come riporta il n.^ 894 del 
Diario di Roma, Il suo cadavere fu e- 
tpottp nelle sale del palazzo senatorio di 
Campidoglio, del fratello senatore e da 
\%k\ abitato ; ma il funerale fu celebrato 
nella chiesa di s. Lorenzo in Lucina, e il 
Gadavei*e tumulato nella sua diaconia, ove 
i fiatelli cardinale e senatore gli eressero 
un nobile deposito, scolpito dall'irlandese 
Cristoforo Heweston,col suo buslo,alcuni 
emblemi, ed epitaffio del Morcelli. La sua 
perdita fu universalmente compianta da 
chi potè ammirarne i talenti, le dolci ma- 



RHO 



167 



niere onde si rese a tutti carissimo, ed il 
pregio delle altre sue virtìi. Imperocché 
accoppiò alla nobiltà de'natali, tutti quei 
pregi cbe la patrizia condizione rendono 
pili luminosa e piti rispettata. Fu bene- 
fico, sincero, splendido; mecenate delle 
arti, delle lettere e delle scienze in cui era 
versato, fu il sostegno degli eruditi e de- 
gli artisti, i quali gli dedicarono le loro 
opere. L'amore della religione, della s. 
Sede e del suo dominio, formarono la sua 
prima e costante occupazione. Abborren- 
do la doppiezza, l'alterigia e l'interesse, 
i sali e le arguzie gli erano famigliari. 

RHENDINA o RENDINA. Sede ve- 
scovile della provincia diMacedonia, sotto 
la metropoli di Tessalonica, eretta nel V 
secolo, indi fu unita a Lita (/^.). Due ve- 
scovi registrò 1' Oriens chr, t. 2, p. 98. 

RHESINA. f^. Resina. 

RHlNOCORURA.Sede vescoviledel- 
la Fenicia o dell'Egitto, sotto il patriarca 
d' Alessandria, eretta nel V secolo. Si cre- 
de che sia Farma o Faramida, o Fare- 
mon nella strada da Damielta a Gaza, 
ed i copti ancora vi ebbero il vescovo. 
Tra gli 1 1 suoi vescovi, s. Mela morì per 
aver sofferto per la fede cattolica sotto 
Valente; Polibio fu discepolo di s. Epi- 
fanio; Ermogene dotto; Tolomeo; Mosè 
tra'santi del martirologio etiopico; Epi- 
maco giacobita molto dotto nelle contro- 
versie. Oriens dir. t. 2, p. 542. 

RHISAEUM. Sede vescovile del Poa« 
to Polemoniaco, sotto la metropoli diNeo- 
cesarea, ed eretta nel IX secolo, chiama* 
ta pure RisesaX mar Nero, importante e 
vicina al fiume omonimo. Altri la voglio* 
no eretta in vescovato da s. Germano pa« 
triarca di Costantinopoli, che perde la di* 
gnìtà, indi la riacquistò nel secolo XV, 
Tre vescovi riportai' One/15 chr.i, i,p, 
517. 

RHODEZ (Ruthenen). Città con re* 
sidenza vescovile dì Francia, capoluogo 
del dipartimento dell'Aveyron, di circon- 
dario e di cantone, sopra il pendio d'una 
collina alla deska sponda dell'Aveyi*oa 



i68 RHO 

che la bagna da* un lato, tra questo fiu* 
me e TEauteme, a i3 leghe da Àlby e 
i5i da Parigi. Sede dì h-ibunali di 1/ 
istanza e di commercio, e di altre auto- 
rità. Ridente n'è il soggiorno per la stu- 
penda e bella veduta che presentano icir- 
costanti paesi, su' quali l'occhio spazia; 
pittoresca la situazione, saluberrima Ta- 
ria, grato e piacevole il conversar degli 
abitanti, dotati di vivace spirito. E an- 
tica, ed ha mura che da lungo tempo so- 
no diventale sostegno de'giardini a ter- 
razzo che circondano la città; un passeg* 
gio piantato in forma di baloardo la cir- 
conda airesterno. Vi sono 4 piazze pub- 
bliche, una delle quali grandissima. La 
cattedrale dedicata alla B. Vèrgine, é uno 
de'più belli monumenti del così detto sti- 
le gotico che possegga la Francia, per 
l'imponente estensione della sua navata , 
e l'ardita elevazione delle sue volte. Il fa- 
moso campanile è alto iSo piedi, e la tor- 
i^e principale della cupola ha nella som- 
mità la statua colossale della ss. Vergine. 
Questo maestoso tempio fu innalzato per 
cura ed a spese del vescovo Francesco 
d' Estaing, All' epoca della i." rivoluzio- 
ne, la cattedrale corse grave pericolo e 
si trattava di consegnarla alla banda ne- 
ra, quando uno degli abitanti per salvar- 
la giunse a farla dedicare all'orribile mo« 
stro Marat ! Così, con questa profanazio- 
ne, la strappò al vandalismo de'furori re* 
pubblicani di quell' epoca di funestissi- 
ma ricordanza. Nella cattedrale il capi- 
tolo si compone delle dignità dell'arci* 
diacono e dell'arciprete, di 12 canonici 
colla prebenda teologale, di diversi ca- 
nonici onorari, e de*pueri de choro pel 
divino servizio. L'antico capitolo era di 
canonici regolari di s. Agostino, perchè 
a loro apparteneva la chiesa, quindi ven- 
ne secolarizzato con 7 dignità e 18 ca- 
nonicij 4 ebdomadari ed altri ecclesiasti- 
ci; i.^ dignità erail grande arcidiacono. 
IVella cattedrale si venerano molte reli- 
quie, ed il corpo di s. Artemone; vi è il 
batlisterio e la cura d'anime, dal capito- 



RHO 

lo affidata all'arciprete e a due vicari. 
Presso la medesima è l'episcopio, como- 
do edifìzio. Vi sono due altre chiese par- 
rocchiali col s. fonte, due comunità re- 
ligiose di donne, due confraternite, 3 o- 
8pedali,ungrandissimo seminario con cir- 
ca 3oo alunni per gli studi fllosofjci e teo- 
logici. L'attuale vescovo di recente fon- 
dò a Nam un noviziato di confratelli di 
s. Giovanni, destinali a compiere le ftin- 
zioni de'primari istitutori nelle parroc- 
chie troppo piccole, a cui non possono in- 
tervenire i fratelli della dottrina cristia- 
na. Inoltre a' io luglio i85i fu benedet- 
ta la I." pietra e gittata ne'fonda menti 
pel collegio libero di s. Gabriele de'pp. 
della compagnia di Gesti, con quella pom- 
pa che si legge ne'n. 182 e 195 del GìoP' 
naie di Ronia^ il quale riporta dalT/^z/ii 
de la Reli^ion: Che quasi ogni numero 
de'fogli religiosi della Francia, ci dà con- 
to di erezioni di nuovi collegi e semiua- 
ri, la maggior parte afiìdati alla direzio- 
ne dei pp. della compagnia di Gesù. In- 
oltre questa città ba il palazzo della pre- 
fettura nuovamente costruito, l'ostello 
detto della città, il collegio di cui si am- 
mira la chiesa e la lunga galleria che con- 
duce alla biblioteca pubblica di i5,ooo 
volumi, donde si gode un bel punto di 
vista. Havvi inoltre gabinetto di storia na- 
turale e di fisica^ scuola de' sordo-muti, 
di disegno, borsa di commercio, sala di 
spettacoli, bagni pubblici, fabbriche di 
manifatture, il cui smercio è importan- 
te, come delle lane e del formaggio di Can- 
tal. Fu patria di Ugo Bronet trovatore 
del secolo XI li, di G. de Serres dotto cal- 
vinista, del poeta Giuseppe Segny, di Del- 
rieu autore drammatico, del pittore Am- 
brogio Crozat, dell'ab. Marie matemati- 
co, dell'ab. Raynal. 

Ignota è l'origine di Rhodez o Rodez, 
chiamata Rulhena, Segodunum civilas 
Rulhenornmj prese il nome de' Ruteni, 
della cui contea era capitale e di tutto il 
Rouergue, antico paese di Francia nella 
parte orientale della Gu Jenna, che si di- 



RHO 

ìridea in A Ita -Marca e Bassa -Marca. Il no- 
me de'rutetìi si vuole derivato dall'idolo 
Bulh che adoravano, e del quale si vede 
ancora il sito del tempio. Alla caduta del- 
l'impero romano Rhodez soggiacque alla 
sorte del Rouergue, il quale già compre- 
so da Valentiniano I nella .1/ Aquitania, 
cadde successivamente in potere de'visi* 
^oti nel V secolo, di Clodoveo 1 nel VI, 
e de'gott dopo la morte di quel re: nel 
VII dipendeva dalla JNeustria, e nel se- 
colo seguente passò al duca Eude, ii cui 
nipote Gaifre ne fu spogliato da Pipino 
il Breve. Ebbe poi il paese di Rouergue 
de'conti ereditari indipendenti, ed il con- 
te Ugo nel 1 167 lo cede ad Alfonso II 
'l'è d'Aragona, ma nel i258 s. Luigi IX 
lo riunì defìnitivamente alla corona. S'i- 
gnora ancora Torigine de'conti di Rho- 
des, che governarono il paese fino al se- 
colo XV, e l'ultimo de' quali Borbone- 
Vendòme consegnò la città ad Enrico IV 
che la riunì alla corona. R.bodez soffrì 
moltissimo per le invasioni de''g'oti e dei 
saraceni, ed un tempo si divise in città 
e borgo; il vescovo era signore della i.*, 
ed il re del borgo : godeva il vescovo 
5o,ooo lire di rendita. La sede vescovi- 
le si Vuole eretta nel 4^0 circa, suffraga- 
nea di Bourges,ma nel 1678 Innocenzo 
XI elevando Alby ad arcivescovato, fra 
] sufiiraganei vi comprese il vescovo di 
Rhodez, che lo e tuttora, ed in quell'epoca 
t'intitolava conte della città. Il i.^'vesco- 
irò fu s. Amanzio (FJ) di Rbodez, ordi- 
nato da s. Marziale apostolo dell' Aqui- 
tanta, secondo la tradizione del paese, il 
quale lo fu pure de'ruteni, ed a lui si at- 
trìbuisce la erezione della primitiva ba- 
silica della B. Vergine. Con instancabile 
celo si adoperò alla conversione degl'ido- 
latri, gran numero de'quali sussistevano 
in questa diocesi, e molli ne guadagnò 
B Gesù Cristo colla forza de'suoi discor- 
%ìy de'suoi esempi e miracoli: per se pe- 
nitente e austero, coglialtri era lutto dol- 
cezza e carità. Alcuni attestano che morì 
nel cadere del V secolo, e ch'ebbe a suc- 



RHO 169 

cessore s. Quinziano. In vece Chenu, E" 
piscoporum Galline chronol, p.347:*$<s- 
ries episc, Rutenensis eccLy pone dopo s. 
Amanzio Elafio, in tempodel quale i go- 
ti fecero un'irruzione nell'Aquitania, cioè 
nel declinar del V secolo. Indi s. Quin» 
zìano[F,) africano a tempodi Clodoveo 
I, che morì nel 5i i: certo è die nel 5o6 
intervenne al concilio di AgdeenelSi i 
a quello d'Orleans. In questo annoaven* 
do voluto disotterrare il corpodi s. Aman* 
zio, ne fu in sogno rimproverato da Idi, 
che gli predisse che sarebbe tolto dalla 
sede, ed in fatti per le vertenze insorte 
coi visigoti più possenti de'franchi in Rho- 
dez, s. Quinziano passò in Alvergna, di 
cui Clermont n'era la capitale, e ne di- 
venne vescovo. Indi fiorì s. Dalmazio che 
morì versoi! 583, succeduto dalTarcidia* 
cono Teodosio: nominerò i più distinti. 
Vero del 63o, Deodato del 920, Arnal- 
do del 955, Ponzio del 1075, Ademaro 
del 1 099. Nel vescovato d*Ugo fu tenuto 
in Rhodez un concilio nel 1 161 o nei 
1 1 70, nel quale vennero stabilite diverse 
misure per conservare la tranquillità del- 
la diocesi, e ne tratta il p. Mansi, SuppL 
Condì, t. 2, p. 537. Gli successe nel 1 2 1 4 
Pietro E^nrico de la Treillé; fr. Viviano 
francescano del 1247 sepolto nella chiesa 
del suo ordine; Pietro de Plana patriarca 
di Gerusalemme del 1 3o4) e legato pon- 
tifìcio nella Palestina ; Bernardo ù'Àlhy 
(/^.) cardinale del i336: il successore 
Gilberto o Guiberto fece degli statuti si- 
nodali nel i 347 contro gl'invasori delle 
chiese e pubblici, ladroni. Nel 1 364 ^^i* 
dito d'Agrifoglio^ che l'antipapa Clemen- 
te VII nel i383 fece anticardinale, on- 
de ne parlai nei voi. Ili, p. 21 S.Giovan- 
ni de Cardalhacp patriarca d' Alessan- 
dria, amministratore verso il 1 3 7 1 .Vitale 
de Mauleon patriarca d'Alessandria nei 
i4i8, cui successe nel 1419 Guglielmo 
de Torre che restaurò l'episcopio e ab- 
bellì la cattedrale, erigendovi l'elevata 
torre campanaria. Nel i5o5 Francesco 
deStannodella nobile famiglia d'Eslaing, 



170 RUO 

del quale scrive Cheou : m Inter caelera 
ejus opera magis celebria esl aedificium 
Pinnaculì ecclesiaecathedralÌ8,quod ho* 
die visitur Ruteiiae, quodque reliqua Gal • 
liae cainpanilia operis struclura anlecel- 
lere creditur; cuin illud esset ex majore 
parte ligneum combuslum fuit die 27 a- 
prilis 1 5io, quo anno caeptum est aedi- 
ficari lapideuin, ut nunc esl, non tatnen 
a fundamenlo ut pars ejus inferior osten- 
dit. " JNel 1 536 il cardinal Giorgio Ar* 
magnac {^.), amnoinistratore: nel i56o 
rassegnò la sede in favore del nipote Già* 
conio de Corneliano, cui egualmente per 
rassegnazione successe nel 1 582 il nipote 
Francesco deCorneliano,zeIanlissimo pa- 
store e limosiniero. Nel 1616 per coadiu* 
toria ne occupò la sede il nipote Beruar- 
dino de Corneliano, pure lodalo, e col 
quale Chenu termina la serie de' vescovi, 
che prosi eguonò la Gallia Christiana e 
le Notizie di Roma, Essendo vescovo Se* 
geleo Col ber t de Casteill scouese, fatto 
vescovo da Pio VI, aU'epoca del concor* 
dato del 1 80 1 in cui Pio VII soppresse la 
sede, egli si ritirò in Londra, ove morì do- 
poaver protestato con altri vescovi. Rìpri* 
sii nato il vescovato dallo stesso Pio Vii, 
nel 1817 vi preconizzò Carlo de Ramon 
de la Laude di Montaubàn. Nel i83o 
Pio VI II dichiarò vescovo Pietro Giraud, 
che Gi*egorio XVI nel 184^ trasferì al • 
Ta rei vescovato di Cambray da lui rista- 
bilito, ed in sua vece nel concistoro dei 
23 maggio dichiarò T odierno vescovo 
mg.'' Gio. Francesco Croixier di Billion 
diocesi di Clermont, già vicario generale 
di Moulin$:del cardinalato di Giraud feci 
cenno nel voi. LUI, p. 192. La diocesi é 
ampia e comprende il dipartimento d''A- 
veyron. Ogni nuovo vescovo paga 370 
fiorini di tasse. 

RHOSO o RHOSOS, Rhosus. Sede 
vescovile della Cilicia2.% nel patriarcato 
d'Antiochia, sotto la metropoli d'Ànazar- 
bo, eretta nel IV secolo, che Commanvil- 
le chiama Rhos^ Ros, Rossus. Sì conosco- 
no 6 vescovi, riportati dall' Orie/i^cAr. 



RIA 

t a, p. 206. II Terzi, Siria sagra p. 1 1 7, 
nomina questa sede Rosis^ parla di sua 
posizione e del suo vescovo Custazio che 
ìli al concilio di Calcedonia. Al presente 
Rhoso o Rosea, Rhosen^è un tìtolo ve- 
scovile in partibus^ sotto Ta rei vescovato 
simile d'Anazarbo, che conferisce la s. Se- 
de; e Gregorio XVI a* 27 marzo 1846 
lo attribuì al coadiutore del vicario apo- 
stolico del Siam orientale, alunno del se- 
minario delle missioni slranieredi Parigi. 

RHYNDACES o RHYNDACUS. Se- 
de vescovile della Bitinia i .", sotto la me- 
tropoli di Nicomedia, situala presso il fiu- 
me Rindaco. Due vescovi notò VOriens 
chr, i, I, p. 636. 

RI A RIO Pietro, Cardinale, Nacque 
in Savona, fratello di Girolamo, che fu 
signore à* Imola e di Fora (ne'quali ar- 
ticoli parlo di questa nobilissima fami- 
glia, come nel voi. XLVII,p. 2i5de'due 
cardinali vi venti), e perduto il padre di 
12 anni, fu dallo zio p. Francesco della 
Rovere di Savona francescano e fratello 
della madre Violante, chiamato in Siena, 
ammesso ed educato nel di lui ordine, iu 
cui il sublime suo talento,congiunto a pro- 
digiosa memoria, gli facilitò i piò rapidi 
progressi nelle lettere, fino ad essere scel* 
to lettore di filosofia nel convento di s. 
Nicolò di Venezia, il che gli aprì radilo 
alki carica di provinciale di Romagna e 
a quella di commissario. Non mancò di 
stimolare pi ÈL volte lo zio a portarsi in 
Roma, predicendogli che senza dubbio 
sarebbe divenuto Papa, come avca ve- 
duto in sognò, al dire di Monti, Mem. 
àtor, di Savona p. 227, quindi avrebbe 
potuto crearlo cardinale. Certo è che il 
p.'Francesco, fatto caixlinale nel 1 467 da 
Paolo li, per sua morte a'9 agosto 1 47 1 
divenne Sisto IF'[F,), essendosi portato 
in conclave il nipote in qualità di mae- 
stro di camera o conclavista, ed egli non 
mancò di adoperarsi con tutto Timpegno, 
singolarmente presso alcuni cardinali più 
riputati e di maggior potenza, affinchè 
reiezione cadesse sullo zio. Questi lo no< 



RIA 

minb tubilo Teseo vo di Ti*e\iso, dove fece 
rifabbricar la caltedrale, e |)el i.^ a'i5 
dicembre Io creò cardinale prete di s. Si* 
sto, e nel i^j3 lo trasferì airarcivesco* 
catodi Firenze. In commenda poi gli con* 
feiì le cbiese di Siviglia, Spalatro, Va* 
lenza, Diex, Manda e Sinigaglia, col ti- 
tolo di patriarca di Costantinopoli, oltre 
parecchie pingui abbazie e considerabili 
benefiziyOolla protettoria dell'ordine fran* 
cescano. Decorato della legazione di Pe* 
rugia e poi di tutta Italia, si portò a Mi- 
lano» Padova e Venezia, riscuotendo da 
per tutto grandi onori. Cogl' indicati rie* 
chi meni non ripugna il credere che te* 
neste una corte di 5oo persone, tra le 
quali ve n'erano assai dotte, colte, nbbili 
ed erudite^ come si trattasse con princi* 
pesca uMgnificenza nella mensa, nel Ta* 
bitazìone, nelle tappezzerie, ne'letti, ne* 
gli abiti è nella scuderia. Furobo memo* 
rabìlilaoena che imbandì agli ambascia- 
tori dì Francia, e la sontuosa pompa col- 
la quale accolse Eleonora figlia del re di 
Napoli, che portavasi in Ferrara sposa 
d'Ercole I.Ne'due anni del suo cardina- 
lato, abusando delle rendite ecclesiasti- 
che, si calcola ohe spendesse circa trecen- 
to mila scudi perla sola tavola; Tossìgou- 
ni, Storia delT ordine de* minori, lib. a, 
p.a26, scrive duecento mila, ed aggiun- 
ge che sembrava nato fatto per dilapida - 
re.Io'un baleno la morie fece sparire tut- 
te le felicità, avendolo colto in Roma nel 
1 743 secondo Cardella (a'Sgennaio 1 479 
riferisce Novaes), d'anni 29 non compiti 
^ non senza sospetto di veleno, come vo- 
gliono Wadìngo e Ciacconio, propinato- 
gli da persone, che non potendo soflTrire 
la di lui sfrenata ambizione, per cui di- 
sponeva a suo talento del pontificato, in 
tal modo sei tolsero d'attorno e provvi* 
dero alla sicurezza di Sisto IV, di cui si 
dice che il cardinale voleva in ogni mo- 
do sbrigarsi, per giungere egli medesimo 
al triregno. Lasciò eredi il fratello conte 
Girolamoe il nipote Raffaele, con 6a,0Qo 
sgudì di debito e 3oo,ooq d'argento U- 



RIA 171 

vorato, oltre la ricca e doviziosa suppel- 
lettile. Fu sepolto nella basilica de'ss. XII 
Apostoli in nobile avello di marmo sul 
gusto antico, innalzato dallo zio Papa nel 
destro lato dei presbiterio, con elegante 
iscrizione. 

RI ARIO Raffaele, Cardìnalc'DtSa* 
vonn, figlio di Sansoni e nipote per cau* 
to materno del cardinal Pietro Riario, a 
cagione dell' eredità ne assunse il cogno- 
me, e Sisto IV lo riconobbe per nipote, 
a' IO dicembrei477 creandolo cardinale 
diacono di s. Giorgio, in età di 1 7 anni, 
mentre stava agli studi dell'università di 
Pisa, Indi neli477 stesso vi ce -cancelliere 
e nel 1 483 Camerlengo (F,) di s. Chiesa; 
legato a latere in Ungheria, Marca, Fer- 
rara e Umbrìa, arricchendolo di benefi- 
zi ecclesiastici, onde come generosissimo 
manteneva numerosa ed eletta famiglia» 
nella quale si contarono sino a 1 6 vescovi. 
Narrano gl'istorici che fu involuto nella 
congiura de'Pazzi contro i Medici, i quali 
erano di ostacolo all'ingrandimento de- 
gli stati che meditava Girolamo Eìario 
zio del cardinale, signore d'Imola (^.), 
e che perciò questi entrò in tal congiura. 
Meglio è leggere quanto narrai nel voi. 
XXV, p. 35 e 36. Pel timore e spavento 
provato dal cardinale, che perciò fu in gra- 
ve pericolo d'esser vittima del furore po- 
polare in Firenze, conservò per tutta la 
vita la pallidezza del volto. Altro infau- 
sto incontro lo provòsotlo Alessandro VI, 
quando il suo figlio Cesare Borgia spogliò 
i Riari di Forlì; gli riuscì di sottrarsi al- 
le sue crudeltà, uscendo da Roma col pre- 
testo di andare a caccia, ed in vece fuggì 
in Savona. Quuntoalle tante provviste ec- 
clesiastiche, nel 1479 ebbe Tamminislra- 
zione di Pisa, che governò fino al i4SgS 
quella di Viterbo nel i49^ ^^ Alessan- 
dro VI, e la ritenne anche in titolo fino al 
i5o5; di Arezzo conferita dallo zio Giu- 
lio II nel i5o8, indi rinunziata nel i5i i; 
di Savona ricevuta nel 1 5 1 o da detto Pa- 
pa; di Lucca che conseguì nel 1 5 1 7daLeo- 
ueX^dicui si spogliò dopo 8 mesi. 11 Ciac- 



172 RIA 

conio pretende che fosse anche vescovo di 
Cosenza, Salerno, Taranto, Ascoli della 
Marca e d'Imola; ma Cardella riscontrato 
rUghelli trovò che Io fusoitautodiXaran- 
to.Fu pure vescovo di Guenca, di Osma, 
8uburbicariodi Porto e di Ostia e Vellelri, 
ed in queste due diocesi da'fondamenti ri- 
fibbricò le cattedrali. Ebbe pure le abba* 
siedi Monte Cassino, Cava, Ghiaravalle, 
Pavia in cielo aureo, di Sassovivo e altre, 
oltre la protettoria deg-li agostiniani e la 
vice reggenza delle provincie di Bari* e 
Capitanata. Divenuto titolare della Cfiie* 
sa di 5. Lorenzo iti Dama so (^^), la ri- 
fabbricò, e proseguì e compì il contiguo 
sontuoso palazzo tutto di travertini, che 
dal nome di sua antica diaconia prese il 
nome di s. Giorgio, incominciato dal car • 
dinal Mezzarola (^•), con architettura 
di Bramante, con due facciate e magnifi- 
co cortile quadrato e circondato di por- 
tici , ornato con 44 colonne doriche di 
granilo, forse provenienti dalle loo del 
portico prossimo al teatro di Pompeo. 
Ofelia stessa chiesa collocò la miracolosa 
immagine dell' Immacolata Concezione, 
fondandovi nobilissima cappella. 11 Pa- 
lazzo Corsini (F'.) era altro palazzo che 
possedevano in Roma i Riaria tempo del 
cardinale, e fu abitato lautamente dal 
conte Girolamo dopo le sue nozze, per le 
quali Sisto IV fece celebrare in Romaso- 
lenni giostre e tornei in pili giorni, e re- 
plica tamente nel palazzo Vaticano imban- 
dì splendide mense, colla libertà di gior- 
no e di notte di poterne godere ognuno : 
di questo palazzo e de'Riari erudite no- 
tizie raccolse Cancellieri nel Mercato, Piti 
gravissimo infortùnio de' precedenti in- 
corse il cardinale come complice e fauto- 
re della congiura del cardinal Alfonso Pe- 
tracci {V.) , contro la persona di Leone 
X (J^')i quantunque alcuni dicono che 
il cardinale solone fosse consapevole. Fu 
in procinto d'essere condannato a morte, 
dopo essere slato in. concistoro spogliato 
della dignità cardinalizia, e privato di tut- 
ti i vescovati e benefizi pinguissimi che 



RIA 

possedeva in titolo, in commenda e io ani- 
mi ni si razione. ]Vla interpostosi per lui il 
sagro collegio con ferventissime istanze, 
venne multato di centomila scudi, gli fu 
confiscato il palazzo di s. Lorenzo in Da- 
malo in favore della camera apostolica e 
solo gli si permise di abitarlo fino alla 
morte, venendo quindi assegnato ai vice- 
cancellieri di s. Chiesa, onde acquistò prò- 
priamente e perpetuamente il nome di 
Palazzo della Cancelleria apostolica 
(/^.), venendo successivamente abbellito 
dai vice cancellieri, massime colle pitture 
a fresco nelle sue ampie sale di Vasari , 
Cecchino Salviati, Nasini, Bastiano Fio- 
ri , fr. Salvatore Foschi, Bagnacavallo, 
Ruvialé, Bizzera, Witt e altri valentissi- 
mi: il cardinal Farnese vi fece rappresen- 
tare le storie di Paolo 111 ; ma eseguite 
in loo giorni^ molti affreschi riuscirono 
mediocri, il cardinal Riario ne'4anni che 
sopravvisse alla sua sventura , benché 
reintegrato nelle dignità e benefìzi eccle- 
siastici, ma nel camerlengato il solo no- 
me, contrasse profonda malinconia con- 
giunta ad estrema debolezza di testa, on- 
de visse giorni assai tristi e addolorati. 
Rinunziate le chiese di Viterbo, Savona e 
Pisa ai Riarisuoi parenti, dopo essere in- 
tervenuto con autorità a 5 conclavi , la 
morte troncò ì suoi patimenti in Napoli 
nel i52o »'6 Inglio, d'anni 6i e non al- 
trimenti. Trasferito il suo cadavere in Ro- 
ma, fu sepolto al sinistro lato del prciibi- 
terio della Chiesa de^ ss, XI l Apostoli 
[F,)y\n bellissimo avello con semplice i- 
scrizione, per a ver vi rifatto la tribuna eoa 
disegno di Baccio Pintelli, e dipinta col- 
l'opera di Melozzo da Forlì e di Sandro 
Botticelli, delle quali pitture feci parola 
anche nel voi. L^p. 236. Sotto Clemen- 
te XI fu demolita la vecchia tribuna e per 
la nuova il marchese Riario contribuì 
3ooo scudi, ritrovandosi il cadavere del 
cardinale quasi intatto cogli abiti bellissi- 
mi e nuovi, come leggo nel citato Can- 
cellieiM a p. 33. Laonde vieppiù restano 
confutati quegli scrittori ,■ che dissero il 



RIA 

GBt*dinale tumulato in s. Lorenzo in Da- 
inaso, ove veramente avea ordinatosi de* 
ponesse, disposizione chegl'indusse in er- 
rore. 

RIA RIO Alessandro, Cardinale. Bo- 
lognese de'marchesi di Castelletto, della 
nobilissima famiglia de'precedenti cardi* 
naii ; compiti con decoro gli studi nella 
uoiversita di Padova, e nel i562 ottenu- 
ta nella patria la laurea dottorale, chia- 
mato in Romaxia'suoi amici, fu ascritto 
daPfoIV nel numero de'prelati. Nel 1 565 
ottenne collo sborso di 60,000 scudi Idea- 
carica di Uditore generale della camera 
(^.), iDdi a^li 8 novembre 1 570 s. Pio V 
lo nominò patriarca d'Alessandria, titolo 
vacato per morte di Cortesi vescovo di 
Vèison (Garampi, Osservaz. sulle ma* 
neie, Append. p. 807, Io dice consagra- 
to a'34 agosto 1572 dal cardinal Lomel- 
lini, coli' assistenza di Antonio Elio pa- 
triarca di Gerusalemme e di Fieschi ve- 
scovo di Savona), e lo die in compagno 
al suo nipote cardinal Bonelli legato/z//2- 
tene nella Francia, nella Spagna e nei Por- 
togallo per istringere que'sovrani in lega 
contro il turco. Al suo ritorno fu asso- 
dato al cardinal Crasso e altri prelati per 
riformare le canche e gli nffizi della cor* 
te romana. Gregorio XIII a'2 1 febbraio 
1578 lo creò cardinale prete di s. Maria 
d'Araceli, titolo che. gli conferì a*3mar- 
to (come nota il p. Casimiro, Memorìe di 
Aracdi^ p. 357), e nel 1 58o legato a la- 
iere a Filippo 11 per la successione al 
trono di Portogallo (^.), e lo coronò re, 
dove con rischiodelìa propria vita adem- 
pì oonsoddisfazione del Papa raddossata- 
gli commissione. Filippo II nel partire 
▼olle regalarlo di ricco vasellame d' oro 
massiccio per uso d'una cappella, che fu 
da lui modestamente ricusato, come pure 
avca riSutata al duca di Braganza (pre* 
tcndenteÀlla corona) una tazza d'oro or- 
nata di preziose gemme. Se non che, man- 
dato dopo alcun tempo lo stesso donativo 
in Roma, per comando del Papa fu co- 
stretto a riceverlo. Nella sua legazione ri* 



Rie 173 

formò in gran parte gli ordini religiosi 
del Portogallo, e domò con rigorosi de- 
creti la contumacia degli antonia ni. Ri* 
tornato in Italia nel 1 58 1, gli fu affidata 
la legazione dell'Umbria e di Perugia, la 
protettoria de'monaci eremiti di s. Girola- 
mo, e la prefettura della segnatura di giu- 
stizia^ venendo inoltre deputato a repri- 
mere le scorrerie de'banditi. Si distinse 
questo pio cardinale nella divozione per 
la Beala Vergine, come lo dimostrò nel- 
l'erigere a suo onore un magnifico alta- 
re nella chiesa di s. Maria della Conso- 
lazione di Roma, a cui compartì insigni 
benefizi , avendo pur &tto sontuosi pre- 
senti al santuario di Loreto e tra gli al- 
tri una croce d' oro per valore e lavoro 
assai ragguardevole, con alcuni cahdellie* 
ri d' argento di eccellente lavoro. Inter- 
venne al conclave di Sisto V e morì in 
Roma a' 1 8 luglio 1 585, d'anni 4^ non 
compiti,. nel suo palazzo presso porta Set- 
timiana , come leggo nel citato Garam- 
pi, laonde i Riari ancora possedevano l'o- 
dierno palazzo Coi*sini, aggiungendo che 
ancora avea il titolo di patriarca, che fu 
dato a Enrico Gaetani poi cardinale, nel 
i586 a Gio. Battista Albani, neh 588 a 
Camillo Gaetani. Il cardinal Riario fu se- 
polto nella basilica de' ss.- XII Apostoli, 
nella tomba che già si era preparata nel 
mezzo del presbiterio con breve iscrizio- 
ne, cui poi fu aggiunta altra magnifica e 
onorevole. 

RIBADO o RIBALDO , Cardinale. 
Fiorì nel pontificato d'Innocenzo II, e si 
trova sottoscritto diacono cardinale di s. 
Maria in Portico nella bolla deli 139 a 
favore della chiesa di Ferrara. 

RIBATTEZZANTI. Eretici che am- 
ministravano il Battesimo (F',) a quelli 
che non erano stati battezzati nella loro 
setta, come i Donatisti [F,). 

RICA RIO (s.), abbate. Nacquenel vil- 
laggio di Centula nel Ponthieu, e fu al- 
levato nel santo timore di Dio, passando 
i primi suoi anni nelle fatiche della vita 
campestre. Avendo ricovrato in sua casa 



174 Rie 

due preti ìrlapdcsi, i quali passando pel 
Ponthieu furono maltrattati dal popolo, 
restò sì commosso dai loro discorsi , che 
risolvette di non vivere più che per Iddio, 
nella pratica della pi b austera penitenza. 
Sì ridusse a non mangiare che pane di 
orto misto con cenere, e a non bevere che 
acqua mescolata sovente colie sue lagri- 
me. Aggiungeva lunghe vigilie alla fatica 
delle mani , e passava i giorni e le notti 
nella preghiera e nella meditazione. Or- 
dinato poi prete,si.consogròintieramen« 
te air istruzione dei fedeli, e poco dopo 
passò in Inghilterra, onde perfezionarsi 
nella scienza dei santi. Ritornato in pa- 
tria, vi riprese le sue funzio.ni ordinarie, 
e i suoi discorsi producevano dovunque 
roaravigliosi frutti. Predicò alla corte del 
re Dagoberto I, il quale tocco da un suo 
sermone sopra le vanità del mondo, l'ob- 
bligò a ricevere de'presentidi gran pre* 
gio. Il santo impiegò quanto gli era stato 
donato a sollevare i poveri e a fabbrica- 
re il monastero di Centula, di cui si get** 
tarono le prime fondamenta nel 638, e 
poco dopo ne edificò un secondo, chia- 
mato poi Forest-Montier, a tre leghe e 
mezza da A bbe ville. Passò il rimanente 
di sua vita con un $olo compagno nella 
foresta di Cressy , unicamente occupato 
nella preghiera e nella contemplazione. 
IVIon verso il 645, e le sue reliquie si cu- 
stodiscono nel monastero di Centula det- 
to di s. Ricario. La sua festa è segnata ai 
26 d'aprile, e trovasi il suo nome ne'ca- 
lendaridi Francia e nel romano. 

RICASOLI Vgo, Cardinale. /^.Pibr. 
lEONi Ugo, Cardinale, 

RICCARDI BEBjfABDO, Cardinale. 
Francese di nobile stirpe, monaco e ab- 
bate di s. Vittore di Marsiglia, Alessandro 
1 1 del 1 06 1 lo creò cardinale prete, indi fu 
spedito da s. Gregorìo VII per legato col 
cardinal Bernardo di Pavia a tutti {prin- 
cipi di Germania, radunati in Forclieini 
contro l'imperatore Enrico IV scomuni- 
cato pe'suoi eccessi, in cui luogo fu sosti- 
tuito Rodolfo di Svevia. I partigiani di 



Rie 

Enrico IV, contro il diritto delle genti ri- 
tennero per alcun tempo in prigione il 
legato, che lasciato poi in libertà potè ri- 
tornare in Roma. D'ordine di s. Grego- 
rio VII assunse la legazione di Spagna , 
per ristabilirvi la decaduta disciplina ec- 
clesiastica. Mo'ri nel luglio 1 079, pare nel- 
la Spagna, con fama di uomo insignemen- 
te dotto, pieno di carità e religione, e di 
compassione pe' poveri. 

RICCARDI RiccÀBDO, Cardinale. Na- 
to dichiaro sangue nelle Gallie, fratello 
del precedente ^ professò la regola di s. 
Benedetto in s. Vittore di Marsiglia e ne 
fu abbate. Alessandro II deli 061 lo creò 
cardinale prete, quindi s. Gregorio VII 
lo surrogò nella legazione di spagna al 
defunto fratello. Ivi celebrò un concilio 
in Burgos per la rifórma del clero che si 
abbandonava ai riprovati matrimoni, e 
fu ili.°, come scrive Riccy, Menu istori- 
che d^Mbano, p. 196, a stabilire il mini- 
stero pontifioio in quel regno presso Al- 
fonso VI re di Leon e nella Castiglia, e 
come eziandio ricavasi dalle lettere di s. 
Gregorio VII al legato. In seguito il Pa- 
pa lo spogliò della dignità cardinalizia , 
per false informazioni di essere fautore 
dell'antipapa Clemente IH; ma conosciu- 
tasi vdas. Gregorio VII l'innocenza, pron- 
tamente lo restituì agli antichi onori. Per 
sua morte bi*igò il papato e vedendo sva- 
nire le sue ambiziose mire, procurò I' e- 
saltazione di Vittore I II, dal quale ripu- 
tandosi non molto apprezzato, suscitò nel 
10.87 lo scisma dell'antipapa Silvestro, 
ovvero seguì le parti del fìilso Clemente 
III. Convocato però Vittore III un sinodo 
in Benevento nell'agosto^ scomunicò so- 
lennemente il cardinale. Estinto poi lo 
scisma , pentito e dolente del commesso 
fallo, fu assoltoda Pasquale II, che lo spe- 
di legato a latere nelle Gallie per dare 
l'assoluzione dalla scomùnica a Filippo 
I, che a vendo abbandonato la concubina 
Bertrada dava segni di verace ravvedi- 
mento. In questa occasione celebrò nel 
I io4 un concilio In Troyes , e altro in 



Rie 

Beaugenci, ed un 3.^ in Parigi, per con- 
dannare la simonia e introdurre nel cle- 
ro stabile riforma. Nel 1 1 o5 presiedè alla 
chela di Magonza , in cui Enrico IV ri- 
nuntiò r impero a Enrico V : il i.*^ do- 
mandò con grande istanza d' essere pro- 
sciolto dalle censure da cui era allaccia- 
to; ma ricusò di compiacerlo, se prima 
non detestala lo scisma di Clemente II!, 
e rìconofcesse legittimi s. Gregorio VII e 
successori ; ciò che Enrico V avendo so- 
lennemente eseguito con umiltà, massime 
«letcStando quanto avea fatto contro s. 
Gregorio VII, fu benedetto. Nel 1 107 ac- 
compagnò Pasquale li in Francia, -e per 
sua commissione esercitò molte incom- 
bense. Verso il 1 1 io intimò un concilio 
in Pilencia , nel quale restituì il diritto 
metropolitano alla chiesa di Braga , as» 
sistendo a quello di Clermont, in cui fu- 
rono scomunicati i persecutorì della chie* 
sa di Maurièhne. Più per tempo Ughel- 
li lo fii vescovo d'Albano, ma Lucenzi pro- 
trae questa dignità al 1 1 14 circa ; Car- 
deila Indice morto prima di tal epoca e 
nel 1 1 1 3, e Ciacconio nel 1 1 1 6 con mag- 
gnore probabilità. 

RICCARDO (s.), re. Regnava verso il 
secolo YIII, fra i sassoni occid<entali ch'e- 
ransi stanziati in Inghilterra, e fu padre 
di Winebaldo, di Vilibaldo e di Wal- 
bai^ , che sono tutti tre onorali come 
santi. Sia ch'egli fosse spogliato de' suoi 
stali, sia che vi avesse rinunziato sponta- 
neamente, s'imbarcò a Hamble-Haven 
per recarsi in pellegrinaggio a Roma coi 
suoi figliuoli Winebaldo e Vilibaldo. Ap- 
prodalo sulle coste di Neustria, di là pas- 
sò aRouen, e dopo esservi dimorato as- 
sai tempo, seguì il suo cammino, dando 
per tutto manifesti segni di sua pietà. Non 
gli venne &tto d'andare sinoa Roma, es- 
sendo morto repentinamente a Lucca in 
Italia, verso il 722, e fu sottetrato nella 
chiesa di s, Frediano. 11 dono dei mira- 
coli che Iddio aveva accordato a questo 
principe in vita, e quelli con cui ha poi 
OBoralo le sue reliquie, Io resero meri* 



Rie 175 

tevole d'essere annoverato fra i santi, il 
suo culto è assai celebre nel la città di Lue- 
ca, che ne solennizza la festa il 7 febbraio, 
ed é altresì nominato in tal giorno nel 
martirologio romano. 

RICCARDO (s.) , vescovo d' Andria 
nella Puglia. Inglese di nascita, si dedico 
fin da fanciullo al servigio drDio, e creb- 
be nella pratica dell'astinenza, dell' ora- 
zione^ deirumiltà e delle altre virtù. A- 
vanzatosi nello studio delle belle lettere 
e delle scienze ecclesiastiche, insegnò teo- 
logia con felice successo , e ricevette gli 
ordini sagri. Il desiderio di una maggio- 
re perfezione gli fece lasciare il suo paese 
per passare in Italia, dove visse nel ritiro 
e nella solitudine; ma conosciutosi il suo 
sapere eia sua santità , fu collocato dal 
Papa sulla sede episcopale d'Andria nella 
Puglia. Essendo allora l' Italia lacerata 
da guerre intestine, egli si diede con som- 
mo zelo a sradicare mali inveterati, e gli 
altri vescovi si unirono per indurlo apre* 
dicare in tutto il paese, il che eseguì con 
felice successo, non èssendovi alcuno pììi 
atto di lui a pacificare gli animi discordi 
e od inspirare sentimenti di penitenza e 
di pietà. Morì circa la fine del secolo XII, 
e fu canonizzato da Ronifuzio Vili. La 
chiesa d'Andria l'onora come protettore, 
celebrandone la festa ai 21 d'agosto. Nei 
Rollandistì trovasi la sua vita sotto il 9 
di giugno. 

RICCARDO (s.), vescovodi Chichester 
in Inghilterra. Nacque nel castello di Wi- 
che, lungi 4 miglia da Worchester. Incli- 
nato alla virtù, si dedicò di buon'ora a- 
gli esercizi della religione, e allo studio 
delle scienze, prima ad Oxford, poscia 
a Parigi, ove traste una vita molto au- 
stera. Ritornato in Inghilterra fu insigni- 
to del grado di maùre-hs'artsj indi si re- 
cò a Rologna per istudiarvi il diritto ca- 
nonico, e ne approfittò in modoche ven- 
ne eletto pubblico professore. Tuttavia 
non istette molto arìtornaread Oxford; 
e pel suomerìto divenne cancelliere di 
quella univei*8ità. Cedendo poi agrinviti 



176 Rie 

di s. Edmondo arcivescovo di Cantorbe* 
ry, si trasferì appresso di lui, ed esso lo 
fece cancelliere di quella chiesa e gli affi* 
dò la cura degli affari p'ih importanti del- 
la diocesi. Accompagnò s. Edmondo nel 
suo esilio in Francia , e dimorò seco lui 
sino all'estremo di sua vita. Ritiratosi di- 
poi fra i domenicani d'Orleans, si applicò 
allo studio della teologia, e fu ivi eleva- 
to alla dignità del sacerdozio; quindi ri- 
passò in Inghilterra e fu parroco nella 
diocesi di Cantorbery. Bonifacio, succes- 
sore di s. Edmondo, V obbligò a ripren- 
dere il grado di cancelliere , e di conti- 
nuare a prestar servigio alla sua dipcesi. 
Eletto vescovo di Chichester nel 1245, e 
confermato da Papa Innocenzo IV, die* 
desi tutto al governo della sua chiesa, e si 
distinse particolarmente per le sue bene- 
ficenze verso i poveri, e pel sub zelo nel 
mantenere la disciplina. Gli fu data l'in* 
cumbenza di predicare una crociata con- 
tro i saraceni; ma gli prese una febbre in 
quello che adempiva questa commissione, 
e mori nello spedale di Douvres a' 3 a- 
prilei 253, inetà di 56 anni. Il suo corpo 
fu trasferito a Chichester e seppellito nel* 
la cattedrale. Liei fama delle guarigioni 
miracolose operate alla sua tomba, e del* 
la risui'rezione di tre morti, determina- 
rono il Papa a nominare dei commissari 
per esaminare la verità di questi fatti,mol- 
ti de'quali furono autentit'amente avve» 
rati; quindi fu con grande solennità ca- 
nonizzato da Urbano IV nel 1262. 

RICCARDO, Cardinale. Vvele della 
s. r. chiesa e abbate di Marsiglia , sotto^- 
scrisse la bolla del iog5 d* Urbano H a 
favore del monastero di s. Egidio. Temo 
che sia il medesimo Riccardo Riccardi. 

RICC/\RDO, Cardinale. ItaIiano,rao- 
naco e abbate di Monte Cassino, nel di- 
cembre 1 252 o 1 253 Innocenzo I Y lo creò 
cardinale prete di s. Ciriaco. Ricuperò 
parecchi fondi che per incuria de'tempi 
erano stati perduti da quel monastero, e 
ottenne da Alessandro IV ampia bolla di 
conferma alle donazioni fatte a sì insigne 



Rie 

cenobio. Morì in Monte Cassino neh 16^ 
circa, e vi restò sepolto. 

RICCI Giovannì, C/1 r dinaie. Dì c\ììa' 
ro sangue, nacque a Monte Pulcinno, e 
per involarsi ai duri trattamenti della 
matrigna, di i5 anni si recò in Roma, 
dove trovò un protettore nel concittadi- 
no Tarugi, grande amico del padre, pres- 
so il quale non potè indurlo a ritornare. 
Venne collocato per maestro di casa del 
cardinal del Monte e vi riuscì egregia- 
mente, onde il cardinal Alessandro Far- 
nese ad ogni patto io volle seco nello stes- 
so uffìzio, e ben presto conobbe in lui mol- 
to spirito e sìngolar intelligenza negli af- 
fari, onde se ne prevalse in parecchi ma- 
neggi importanti e gelosi: lo spedì in Fran- 
cia, Germania e Paesi Bassi per trattar- 
vi gravi incombenze, che eseguì con som- 
ma prudenza e soddislàzioue del suo si- 
gnore. Dallo zio Paolo 111 nel 1 542 lo fe- 
ce ammettere tra' camerieri segreti e in 
prelatura, indi tra'chierici di camera, po- 
scia lo mandò collettore apostolico in Por- 
togallo , e successivamente internunzio, 
prima alla corte di Spagna, poi a quella 
di Vienna, conferendogli il Papa nel 1 544 
l'arci vescovatodi Manfredonia, indi l'am- 
ministrazione di Chiusi nel 1545, chiese 
che Ughelli pretende concesse da Giulio 
III già cardinal del Monte. Bensì questi 
restato amorevole col Ricci l'inviò a Na- 
poli per gravissimi affali, e poco dopo lo 
fece suo tesoriere segreto e particolare: 
Cardelia crederebbe elemosiniere, ma dis- 
si altrove che i Papiaveano di tali mini- 
strì; Vitale poi lo vuole tesoriere gene- 
rale e probabilmente tale fu. Lo stesso 
Giulio III a' 20 dicembre i55i lo creò 
cardinale prete di s. Vitale, ed a lui giovò 
non poco co'suoi consigli,ed ebbe dai Pa- 
pi onorevolissim i incarichi, quali tutti di- 
simpegno con lode d' integrità e valore. 
Pio IV mediante la rinunzia che il cardi - 
naie fece d'un'abbazia che gli rendeva 800 
scudi, eresse Monte Pulciano ( al quale 
articolo parlai d' altre benemerenze del 
cardinale) in vescovato e lo fece ammiui- 



Rie 

stratore di esso; e per sua morte poco man- 
oò che fosse eletto Papa. In vece Io fu s. 
PioV, che nel 1567 lo dichiarò ammini- 
stratore di Pisa, in cui celebrò il sinodo 
diocesano e stabilì utilissimi decreti ri* 
guardanti rccclesiastica disciplina e la ri- 
forma de'costumi, istituendovi un colle- 
gio pe' suoi concittadini. La destrezza o 
per meglio dire il dono che avea di ma- 
neggiare a suo talento il cuore de' prin- 
cipi e de'grandi, la sua industria nel con- 
durre a buon fine gli affari e negozi più 
gelosi e intrigati, ebbe del sorprendente 
e del singolare. Le sue principali e più 
grate delizie e la sua predominante pas- 
sione era il fabbricare; in conseguenza e- 
dificò in Roma W Palazzo Ricci (F.) nel- 
la strada Giulia, ovvero l'acquistò e ab- 
belfì, come fece del Palazzo SaccheUi( V,\ 
ne costruì altro sul Monte Pincio ora di 
Villa Medici(F.),eào\i\'o\n Monte Pul- 
cìano, fiibbricando delle case presso il Va- 
ticano, ne'qualiedifizi impiegò la somma 
di 25o,ooo scudi. Insieme con altrì car- 
dinali fu incaricato d'invigilare al risar- 
cimento delle strade di Roma, de' porti, 
de' fiumi e delle fonti dello stato eccle- 
siastioo. Stabilita da s. Pio V la famosa 
lega co'principi cristiani contro il turco, 
deputò il cardinale per alienare dentro it 
termine d'un anno i censi imposti sui be- 
ni di chiesa in Italia, a fine di cumular de- 
naro per sostenere tal guerra. Dopo esse- 
re divenuto nel 1 573 vescovo di Sabina, 
e di aver concorso alle elezioni di 5 Pa- 
pi, morì in Roma nel 1 574> e fu sepolto 
nella chiesa di s. Pietro in Montorìo, nel* 
la cappella di s. Gio. Battista da lui splen- 
didamente fondata, con onorevole epitaf- 
fio, avendovi fatto dipingere il santo da 
Cecchino Sai vìati, e scolpire mirabilmen- 
te le statue de'cs. Pietro e Paolo da Da- 
niele di Volterra. Dotato di eccellente in- 
gegno, pio, costante, modesto e fedele, fii 
il fabbro della propria fortuna, onde quan- 
do era nella vita privata traspirava nella 
sua persona un non so che di grande e 
di maestoso. 

VOL. LVII. 



Rie 177 

RICCI MicHELAirGELO, Cardinale. Nac* 
que in Roma da pii genitori a' 3o gen- 
naio 1 6 1 9, da Prospero di Como e da Ve- 
ronica Cavalieri dì Bergamo di oscura 
condizione. Dedicatosi allo stato ecclesia- 
stico, senza essere sacerdote, divenne qua- 
lificatore e poco dopo consultore del s. 
oflSzio, indi segretario della congregazio- 
ne delle indulgenze. Innocenzo XI il 1." 
settembre 1 68 1 lo creò cardinale diacono 
di s. Maria in Àquiro, ma egli con illustre 
esempio d' eroica umiltà scrisse al Papa 
una lunga e ragionata lettera, nel la qua- 
le con grande energia, erudizione e for- 
za di ragioni gli rappresentò i motivi che 
lo determinavano a ricusare la dignità. 
Queste industrie riuscirono vane e il Pa- 
pa lo volle cardinale, ad onta de'suoi mi- 
rabili sfolli per sottracene. Ma quanto 
fu grande il piacere degli estimatori del 
merito in vedere esaltata la virtù, altret- 
tanto fu maggiore la doglia in vederlo in 
Roma dopo 9 mesi rapito dalla morte nel 
1682 a'ia maggio, d'anni 64 non com- 
piti. Ebbe sepolturain S.Francesco a Ri- 
pa nella cappella del ss. Crocefisso, dove 
al destro lato si vede il suo busto in mar- 
mo con elegante iscrizione. Ad una sin- 
goiar innocenza di costumi accoppiò gran 
profondità di dottrina nella teologia, fi- 
sica e matematica ; fu amico de' primi 
scienziati e del Torricelli. Pubblicò : £- 
xercitatio geometrica. De maximiset mi- 
nimis, che gli procacciarono l'ammira- 
zione degli stessi contemporanei. U Fa- 
broni ne pubblicò bella ed elegante vita 
nelle Fitae italor. doctrina excellent. t 
2, p. 200, il quale tratta pure delle ope- 
re del cardinale. 

RICCI Fbarcesgo, Cardinale. Nobi- 
le romano, nacque il i .^ febbraio 1 679, e 
fatti rapidi progressi nelle facoltà legali, 
da Clemente XI fu ammesso tra' votanti 
di segnatura e poi tra'chierici di camera, 
ottenendo nel 17 19 la presidenza delle 
zecche , nel 1721 quella delle ripe, nel 
1724 quella delle strade , in seguito nel 
1729 divenne decano degli stessi chieri- 

12 



178 Rie 

ci di. camera, come rileva Nicolai, Della 
presidenza delle strade^ t. 2,p. 146. Nei 
quali uffici^altesa la diligenza incredibile 
eoo cui adempiva i pi*oprì doveri, si fece 
da tutti amare; laonde il s. collegio nella 
sede vacante del 1 780, deposto il prelato 
Sardini, gli affidò la presidenza o com- 
missariato delle armi, e meritò di essere 
confermato dall'eletto Clemente XII. Per 
morte di Filippo Bondel monte, Benedet- 
to XIV nel 1 74 1 lo promosse a governa- 
tore di Roma e vice camerlengo di s. Chie- 
sa, indi a'9 settembre 1743 lo creò car- 
dinale prete di s. Maria del Popolo, e lo 
ascrisse alle congregazioni de' vescovi e re- 
golari, consulta, buon governo e acque, 
fiicendolo inoltre protettore dell'arcicon- 
fratemite del gonfalone, e della pietà dei 
carcerati in s. Giovanni della Pigna. Nel- 
la dignità cardinalizia si conservò e man* 
tenne in quella dolcezza e affabilità di 
tratto, ch'eragli sempre stata connatura- 
le, ed in quella stessa precisione e atten- 
sione neiresaurire i suoi impieghi che in 
avanti avea usate. Finalmente, commen- 
dabile per pietà verso Dio e per la carità 
coi poverì , cessò di vivere in Roma a' 6 
gennaio 1755, d'anni 76 non compiti. I 
funerali furono celebrati nel suo titolo, 
donde trasportato privatamente nella 
chiesa dis. Pietro Montorio, fu tumulato 
nella cappella gentilizia di sua illustre fa- 
miglia, con magnifico elogio ivi postodal 
nipote bafi fr. Miniato Ricci. 

RICCIA (Ariccia), Arida. Comune 
de) governo e della diocesi suburbicaria 
d'Albano, distretto e ^o/7iizrc^2 di Roma 
(f^.), da cui èdistante 16 miglia, sulla fre- 
quentatissima strada corriera e postale 
che conduce a Napoli, la quale l'attraver- 
sa. Fu già una delle città principali, più 
potenti e più insigni dell'antico £<2zio(^.), 
come una delle più vetuste d'Italia. Era 
situata nella via Appia nel concavo del 
piano della famigerata e deliziosa valle o- 
monima, ora Valle Riccia , Vallis Ari* 
ciae^ avente la sua rocca o cittadella in 
luogo alto e forte, di cui rimangono po- 



RIC 

chi avanzi del recinto in tetraedri regola- 
ri a strato alternato presso la Porta Ro- 
mana moderna. In questo luogo appun- 
to sorge l'odierna Riccia, ducato delia no- 
bilissima famiglia Chigi (^.)^ cioè nella 
sommità del vicino ameno e ridente col- 
le, ove secondo Ratti, Storia di Gema- 
no, p*i4^> 1a riedificarono i potenti Sa» 
velli (^.), per renderla più forte e capa- 
ce di maggiore resistenza alle ostili in va- v 
sioni, secondo l'uso comune di que'tem» 
pi, e tuttora vi sono avanzi di mura nrer- 
late a Porta Romana. Però il patrio isto- 
rico can.^ Lucidi, nelle importanti e co- 
piose Memorie sloriche della medesima, 
parlando delle diverse distanze attribui- 
te dagli scrittori tra Roma e 1' Ariccia, e 
confutando a p. 2 1 quanto nescrisse Bion- 
do nel 1 45 1 ueW Italia illustra ta, dichia- 
ra che già r Ariccia esisteva nello stesso 
sito, ove presentemente esiste, e non di- 
stante d'Albano più d'un miglio. £' cir- 
condata verso tramontana e levante dai 
colli A ricini, dal Monte Albano o Cavo 
(di cui parlai a Passionisti) , dalla selva 
della Faiola e dal Monte Gentile; verso 
scirocco dal Monte Pardo. E aperta dal- 
la parte di ostro, ponente e maestro sino 
al mare Tirreno o Mediterraneo, da cui 
è lontana circa 1 2 miglia, ed in cui a 00 
chio nudo si vedono anche le piccole bar- 
che. Deliziosa è la veduta che si gode di 
tutta la campagna romana, incomincian- 
do da Ostia sino al Monte Circeo ora s^ 
Felice o Felicita. Questo piacevole e tran- 
quillo soggiorno, commendevole per sa- 
lubrità d'aria, è assai frequentato dai ro- 
mani ed eziandio dai forestieri, sia per 
villeggiatura, sia per rinvigorire la sanità 
o curare l'infermità del corpo. Tra'fab- 
bricati primeggia quello del principe di 
Canino (di cui nel voi. XXllI, p. 198 e 
199, XLV, p*i59) con piccolo teatro e 
giardino, in eccellente posizione. Nell'am- 
pia piazza poi, decorata da due fontane, 
oltre altra in angolo, torreggia il magni- 
fico palazzo baronale del principe Chigi 
con propinquo e vasto parco. Rimpelto 



Rie 

si ammira la grandiosa chiesa e insigne 
collegiata edificata da Alessandro VI 1 Chi- 
gi, una delle più belle opere del celebre 
^i*chitetto e scultore cav. Gio. Lorenzo 
Bernini, eretta in onore della B. Vergi- 
ne Maria assunta in cielo. Essa è di stile 
semplice e corretto, di forma rotonda, i* 
solata e circondata da amboi lati con an- 
temurale di bella struttura. Affianchi s'in- 
nakano due torri campanarie, in mezzo 
alle quali ^i è la sagrestia e sopra 8 stanze 
canonicali. Esteriormente è ornata di por- 
tico che ne coslituisce il prospetto , so- 
"vrastato dallo stemma d'Alessandro VII; 
altre due specie di portici distaccali sono 
ai Iati con riscrizione di Sigismondo Chi- 
gi cheli fece costruire. Neirinterno 8 pi* 
bstri sostengono la cupola e servono di 
divisione agli altari. Sopra il cornicione 
y'i sono disposti i6 Angeli di stucco tra 
loro collegati con festoni di fiori e foglie 
di quercia : la cupola maestosa che cuo- 
pre tutta la chiesa è adorna di rosoni difr 
fisrentì ; ed i lavori di stucco o scultura 
li eseguì Antonio Raggi. Nella tribuna è 
r altare maggiore isolato, cogli stalli del 
coro de'canonici : ivi sì vede dipinta a fre- 
sco da Guglielmo Cortese detto il Borgo- 
gnone l'Assunzione della ss. Vergine Ma- 
ria, con molti Angeli e i 1 2 Apostoli. Tre 
altari per parte sono tra' pilastri. Dalla 
parte destra dell'altare maggioravi è 8. 
Tommaso da Villanova dipinto da Van- 
ni, il seguente di s. Giuseppe e la B. Ver- 
gine Incolori Lodovico Gemìgnani,il 3.** 
dì 8. Antonio abbate è del fratello Gia- 
cinto. Dalla parte sinistra nel i .^'dopo l'al- 
tare maggiore vi è s. Francesco di Sales 
del Borgognone, il a.*'rappresentante s. A- 
gostino e la s8»Trinità lo fece il sanese Mai, 
l'ultimo di s. Rocco è opera di Alessandro 
Mattia da Farnese. In questa fabbrica il 
Papa impiegò 84)Ooo scudi, dicesi in par- 
te provenienti dal legato del cardinal Mas- 
zanni. A' 1 6 maggio i665 il nipote car- 
dinal Flavio Chigi assistito dal capìtolo 
di questa collegiata e da quello d'Albano 
bìeiiedì il nuovo tempio, dopo di che A* 



Rie 179 

lessandro VII vi celebrò la messa coU'in- 
tervento di alcuni cardinali, e poscia con- 
segnò la chiesa ai canonici dell'Ariccia. Il 
Bonanni, NumUmata Pont, t. 2, p. 64 1 
e 694» riporta e descrive la medaglia che 
fu coniata col prospetto del tempio, col- 
l'epigrafe : Benefundata Domus Domi' 
ni B, F'irgini Aricinorum Patronae, Inol- 
tre dice che la i.' pietra la pose il Papa 
ne'fondamenti nel 1 663, altra il cardinal 
nipote. Piazza, Gerarchia cardinalizia, 
trattando a p. 3o i della Terra d' Arìc- 
cia, osserva che questa chiesa fu £ibbri« 
cata sul modello del Pantheon di Roma, 
onde Alessandro VII volle chesi chiamas- 
se il Pantheon Mariano^e che poi fu det- 
to il Duomo deW Aricela, Leggo nella 
Descriz, della bas. Vaticana^ p. 1 1 5, di 
Cancellieri , che uno degli ottagoni che 
nnfiancano co'Ioro semìcircoli i 4 piloni 
della gran cupola , è della stessa vastità 
della chiesa deirAriccia : con quale idea 
Buonarroti edificò tali ottagoni, lo rimar* 
cai nel voi. XH , p. 284. Questa è par- 
rocchia con battisterio , essendo affidata 
la cura d'anime al canonico arciprete. Il 
capitolo si compone dì esso e di altri 1 3 
canonici, cui Alessandro VII concesse l'u- 
so dell' almuzia color cenerino che ado- 
perano nell'inverno, poiché apprendo dal 
n.® 294 del Diario di Roma del i8o3, 
che domenica a 3 ottobre Pio VII si recò 
a celebrare la messa in questa chiesa, do- 
po la quale onorò l'insigne capitolo con 
accordargli il privilegio di portare il roc- 
chetto in tutte le sagre funzioni. Alessan- 
dro VII dalia chiesa antica trasferì nella 
nuova tutti i privilegi, prerogative e in- 
dulgenze che godeva, dichiarandola col- 
legiata insigne. Colla conferma dì tutti 
gli antichi diritti, il collegio de' canonici 
dell'Ariccia rimase in possesso della pi*e- 
cedenza sopra gli altri capitoli delle col- 
legiate della diocesi; e benché questa gU 
venisse contrastata dal capitolo di Marino 
(^.), fondato molti secoli dopo di quel- 
lo dell'Ariccia, cioè neh 643 da Urbano 
Vili, per togliere qualunque impedìmen- 



i8o Rie 

tonel sinodo d'Albano del 1668 la con* 
gregazìonede'riti con decreto provvisio- 
nale ordinò che ì due capitoli andassero 
insieme, con questo però, che l'arci pinete 
dell'Ariccia incedesse alla destra delVab* 
bate di Marino, e similmente i canonici 
deirArìccia alla destra di que'di Marino; 
deci^eto rinnovato nel 1687, e nel (847 in 
occasione del nuovo sinodo. Nel detto an- 
«01687 fu estrattodalle catacombe di s. 
Marcello il corpo di s. Deodato martire, 
che il cardinal Chigi fece collocare sotto 
l'altare maggiore, e gli aricini ne speri- 
mentarono piti volte il benefico patroci* 
nio. Finalmente nella 3.' domenica di ot- 
tobre 018 di tal mese del 1778 il cardi- 
nal Andrea Corsini vescovo di Sabina so- 
lennemente consagrò questo tempio, con 
l'altare della ss. Trinità e di s. Agostino, 
in cui furono collocate le reliquie de' ss. 
Pietro e Paolo, e delle ss. Apollonia pro- 
tettrice principale dell' Ariccia e Irene , 
f argini e martiri. 

Nel luogoove al presente esiste la chie- 
sa di s. Nicola arcivescovo di Mira, detto 
di Bari, vei*so i primi del secolo VI fu in- 
nalzato un magnifico tempio alla B. Ver- 
gine Assunta , ed era l' antica collegiata 
prima che Alessandro VII la facesse del 
tutto demolire, tranne quanto dirò. Avea 
3 navi, i cui archi si sostenevano da co- 
lonne di granito orientale, con i o altari 
e molti ornamenti di marmo. A fianco 
solleva alta torre con campanile , e per 
facciata eravi un portico con sopra le stan- 
9se canonicali. Si conosce che la visitarono 
Fio II, Sisto V, Clemente Vili, e Urba- 
no Vili, il quale vi celebrò a'i5 maggio 
1626. Ivi si seppellivano i cadaveri, e le 
confraternite del ss. Rosario e del ss. Sa- 
cramento nella medesima erette aveano 
sepolture proprie. Avea i suoi beni anti- 
camente, con cura d'anime e 6 beneficiati 
detti canonici, stabilendovi nel 1 575 l'ar- 
ciprete il vescovo cardinal Cornia. Lesud- 
dette colonne che sostenevano gli archi 
delle navi si credono già appnrtenutead 
un tempio pagano. Due di esse sorreg- 



RIC 

gono la loggia del palazzo baronale : due 
altre probabilmente decorano la fronte 
del cimiterio d'Albano; imperocché ad i- 
stanza del cardinal Falzacappa avea Gre- 
gorio XVI a lui concesse pel cimiterio due 
colonne di Veìo, ma per le riverenti rì- 
mostranze del dotto Fea commissario del- 
le antichità, invece il Papa compensò il 
cardinale con 200 scudi, con 60 de'qua- 
li il porporato comperò poi dai dottrinari 
due colonne dell'antica chiesa, e se ne ve- 
dono due altre incastrate ne'muri. In A- 
riccia fu già altra chiesa di s. Nicola con 
monastero di monache benedettine, fi- 
liale di quello celebre de'ss. Ciiiaco e Ni- 
cola di Roma , del quale parlai nel voi. 
XII, p. 175 e in altri luoghi: probabil- 
mente esisteva a'tempi di s. Gregorio I del 
590 , propinquo alla chiesa omonima, 
parlandone diffusamente il can.° Lucidi, 
con chiesa dedicata al medesimo santo e 
molte possessioni. Il cav. Paoli pesarese 
nel 1637 avendo lasciato erede il princi- 
pe Bernardino Savelli de' suoi beni per 
impiegarli in opera pia , e premendo a 
questo signore che i suoi vassalli aricini 
fossero istruiti nelle lettere e nella dot- 
trina cristiana^ neh 638 chiamò in Aric- 
cia i Dottrinari (F.), religiosi chierici se- 
colari, i quali aprirono il collegio e la scuo- 
la per insegnare gli studi elementari e la 
dottrina cristiana, contribuendo al loro 
mantenimento anche il comune, e la con- 
fraternita del ss.Sagramento assegnò ad 
essi una cappellania; inoltre il comune ve- 
dendo che il loro signore non manteneva 
le promesse, edificò a'religiosi una pìcco- 
la chiesa sotto l'invocazione de'ss. Nicola 
e Domenico, con facciata vei*so la piazza, 
annessa al luogo abitato dai dottrinari. 
Avendo Alessandro VII fatto demolire 
l'antica chiesa collegiata, ne riserbò una 
porzione nella nave di mezzo, in cui fece 
la facciata, la quale e colle stanze cano- 
nicali diede e assegnò per nuova e mi- 
gliore abitazione ai pp. dottrinari, che vi 
si portarono a' 1 6 ottobre 1 665 ad eser- 
citare gli offici del proprio benemerito isti- 



Rie 

luto : in progresso di tempo co'frutti di 
un censo del cav. Paoli ìa ridussero al* 
la presente forma di casa religiosa. Quan* 
to alla chiesa o oratorio che lasciarono, 
il principe d. Agostino Chig* nei 1669 la 
donò alla confraternita del ss. Sagramen- 
to. L'attuale chiesa, avanzo dell'antica 
collegiata, ha 3 altari ed è sagra a s. £4i- 
Gola di Mira, il cui quadro é nell' altare 
maggiore. Di fianco si vede il campanile 
con l'orologio del comune^ con due mo« 
stre e numeri trasparenti nell'estate e in 
tempo di villeggiatura. Prima che il co* 
mune trasportasse quivi l'orologio pub* 
hlico, lo teneva in fronte del palazzo Chi- 
gi. Nel febbraio 1SS2, si trovò un altare 
di marmo bianco tutto d'un pezzo, con 
un cornicione, appartenente all' antica 
collegiata, e dagli archeologi creduto del 
IV o y secolo. Si deve alla principessa 
d. M.* Eleonora Rospigliosi- Chigi e a tut- 
te sue spese la fondazione delle Maestre 
pie per la buona educazione delle fanciul- 
la nel I ^3o, le quali come i dottrinari so- 
no benemerite dell' Àriccìa, ed eressero 
nella loro casa una cappella a s. Luigi 
Gonzaga protettore della gioventù. Nel 
territorio arici no visonoaltre chiese. Sul- 
le rovine d'un tempio d'Esculapio sorge 
l'antico romitorio e chiesuola del ss. Cro- 
cefisso detto il Romitorio della Stella per 
la vicinanza della chiesa dì tal nome in 
Albano, in molta venerazione e frequen- 
tato ne' venerdì di marzo dagli aricini e 
albanesi: colle limosi ne de'soldati tede- 
schi austriaci quivi accampali nel 1744» 
un eremita francese fabbricò l' altare, i 
Chigi ne furono benefattori e dierono al- 
l'eremita l'orto ed i piccoli vani che oc- 
cupa. Gran venerazione portarono sem- 
pre gli aricini verso s. Rocco, e nel loro 
antico borgo gli consagrarono una chie« 
sa : altra cappelletta dedicata ai ss. Roc- 
co e Sebastiano, protettori contro le pe- 
stilenze, era sulle pendici di Valle Riccia 
nella strada della Costa , e tali li speri- 
mentarono gli aricini più volte, massime 
nel tremendo contagio del 1 656, del qua- 



Rie 



8 



lOI 



le fu tanto provvido Alessandro VII, on- 
de lo celebrai a Pestilenze. Pertanto nel 
1657 '^ comune e i divoti di tali santi 
fuori di Porta Napoletana, la quale é con- 
tigua al palazzo baronale, a sinistra del- 
la via che conduce a Galloro, edificaro- 
no la chiesa di s. Rocco. Il principe d. A- 
gostino Chigi donò allora il quadro rap- 
presentante la B. Vergine, i ss. Rocco e 
Sebastiano, e l'Ariccia nello stato in cui 
era Hibbricata nel 1661, dipinto dal sud- 
detto Farnese , detto il Prete Famesia' 
nOf e non daDomenichinogiamorto, né 
pareesserestatoilpittora suo scolare. Nel 
1780 con autorità di Pio VI si costruì 
il cimiterio pubblico presso la detta chie- 
sa di s. Rocco, contribuendovi il princi- 
pe d. Sigismondo Chigi; vi si trasporta- 
rono le ossa delle sepolture della colle- 
giata, ove fu vietato di tumularci cadave- 
ri pel fetore che producevano. Altra pic- 
cola chiesa o cappella rurale del territo- 
rio aricino è dedicata alla ss. Croce, fu 
eretta dopo il 1619 in una vigna della 
contrada Villafranca. In Ariccia vi sono 
le confraternite del ss. Sagramento e Ro- 
sario, e di s. Francesco Saverio. Fuori del 
territorio, ma dentro i limiti della parroc- 
chia^ furono edificate le chiese di s. An- 
tonio di Padova, nella vigna Cecchina; di 
s. Antonio abbate, nel luogo detto Monta- 
gnana ; dell' Immacolata Concezione con 
sepoltura, nel sito denominato Casalotto. 
Negli antichi tempi era n vi nell' Ariccia al- 
tre chiese dedicate a Dio in onore di di- 
versi santi : di quella di s. Pietro parlerò 
in seguito. Nella Valle R.iccia presso lo- . 
sleria omonima e nella fabbrica Palom- 
bara, perchè ridotta a palombaio dai Sa- 
velli, fu già la chiesa della Visitazione del- 
la ss. Vergine o s. Maria in Petrola. Di 
altre chiesuole non più esistenti tratta l'ac- 
curato Lucidi, ed a p. 35o della esistente 
chiesa e monastero di s. Maria di Gallo- 
ro, voce corrotta dal volgo in vece di Val- 
le d' oro, F'aUis aurea, forse così detta 
dalla collina per l' amena sua posiziotìe 
e per la fertilità della deliziosa sottostan- 



i82 Rie 

te valle. Il Volpi, Fetus Latium t. 7, de 
Alhanis et Aricinis^ é di opinione che co* 
sì fosse appellata perchè T abitarono un 
tempo gli antichi galli, o vi fossero dai 
t*omani sconfitti o sepolti. Il Lucidi si at* 
tiene alla popolare tradizione, che narra 
essere il colle chiamato Galloro perchè 
vi fu trovato o tuttora giace in sito igno- 
to sotterra un gallo d'oro. 

Il celebre santuario di Galloro è di- 
stante meno di mezzo miglio dalla Ric« 
eia, dalla parte orientale che volge verso 
Ge/iza;zo(/^.), percorrendo deliziosa stra- 
da ombreggiata dagli alberi, a metà della 
quale è la frequentata fontana, luogo di- 
venuto memorabile per quanto raccon- 
tai nel voi. UII>p. 20 3. Percorso tal trat- 
to havvi un colle, che levandosi di fon- 
do alla valle va con giusta proporzione 
digradando in forma di semicircolo, fin- 
ché giunto sopra il li vello dellaRiccia spia- 
na e finisce. Qui vi nel bel mezzo a destra 
della strada corriera summentovata si er- 
ge il bellissimo e maestoso tempio, in cui 
si venera la tanto prodigiosa immagine 
di Maria ss. detta di Galloro dal luogo 
ov'è. Alla chiesa è unito un ben ordinato 
edifiziojgià monastero de' Fallombrosani 
(^.),ed ora residenza de Gesuiti {F,)^dì' 
pendente dal collegio romano, come no- 
tai a quell'articolo. 11 luogo per natura 
e per arte è amenissimo e ridente, sia per 
la costa della collina messa vagamente a 
cultura di viti e di piante fruttifere; sia 
per la Valle Aricina che gli si apre di sot- 
to, ricca e ubertosa non tanto per l'op- 
portunità del sito, quanto per le molte 
acque che tutta la corrono e innaffiano; 
sia per la mirabile prospettiva del mare, 
delle tante collinette rivestite di macchie 
e sei vette, folte e ombrose, della veduta 
del Monte Cave, e pel complesso delle na- 
turali circostanti bellezze; giocondo e sva- 
riato spettacolo, che di frequente recansi 
a godere i villeggianti de'convicini luo- 
ghi e gli abitanti stessi, anche e meglio 
per fare omaggio alla B. Vergine, per le 
molte grazie ivi da essa concesse a chi ne 



RIO 

invoca il possente patrocinio. Rese cele- 
bre il luogo e il tempio la di vota imma- 
gine che nel medesimo si venera nel de- 
coroso altare maggiore, dipinta sopra un 
masso di peperino o pietra albana forbita 
con lieve intonaco di calce. La ss. Ver- 
gine è sedente vestita di verde, con sopra 
il manto rosso, tiene nella mano sinistra 
un gambo con 3 rametti, sulla cui punta 
fioriscono altrettante rose senza spine, e 
colla destra abbraccia il bambino Gesù 
in veste gialla, sedentelesul ginocchio ia 
alto di benedireedi reggere coll'al tra ma- 
no il mondo in figura di globo: il cam- 
po è sparso di stelle. La pittura è anti- 
chissima, forse di roano italiana di circa 
il X secolo. Prima del miracoloso suo ri- 
trovamento giaceva a'pié della collina in 
un fosso della valle, chiusa intorno da fol- 
tissima selva ed esposta all'ingiurie del 
tempi, ivi probabilmente posta o fatta di - 
pingere dai monaci basiiìani di Grotta 
Ferrata (F,)y che possedevano beni nel 
territorio arici no, e un tempo anche il ca- 
stello d'Ariccia, come quelli che tanto di- 
votì della Madre dì Dio, contro gl'/co- 
noclasti(F,) ne difesero le sagre imma- 
gini e ovunque collocarono. Sorenlini e 
Lucidi credono che fosse fatta dipingere 
dai canonici d'Ariccia, quasi termine dei 
poderi ehe ivi aveano. Ciò è dubbio, co- 
me è incerto il tempo in cui incominciò 
l'immagine ad essere venerata dal popo- 
lo ; sembra che verso la metà del secolo 
XV già fosse conosciuta dai terrazzani 
d'Ariccia, molti de'quali per un piccolo 
sentiera si recavano sovente a onorarla, 
e vi posero attorno a riparo uno steccato 
di tavole a maniera di nicchia. Nel 1 594 
la principessa Artemisia S avelli per in- 
tercessione della s. Immagine ottenne m i - 
racolosa guarigione da gravissima ma- 
lattia, onde si propose innalzarle in sul 
fosso stesso una cappella di pietra; quan- 
do i canonici d'Ariccia, fatte rimostran- 
ze sul dominio diretto del luogo e perchè 
la principessa voleva porre in fronte alla 
fabbrica il suo slemma, vi si opposero ; 



Rie 

laonde il pio divisamento restò troncalo, 
il fervore deYedeli s'intiepidì, talché creb« 
bero airiotorno pruni e arboscelli, che 
ne chiusero l'adito e la veduta. In tale 
stato di dimenticanza piacque a Dio che 
a certo Sante Bevilacqua di Fi vizza no, 
&nciulIo abitante d'Ariccia, recatosi nella 
Valle di Galloro in cerca di luppoli, aper« 
to con forza un cespuglio di rovi e arbu- 
sti selvatici, gli si parasse innanzi la s. Im» 
inagine,e subito s'intese intenerito e mos* 
so a divozione: si gittb inginocchioni, oro 
e pianse di religiosa compunzione, e-po- 
scia di frequente ritornò a sfogare i di- 
noti affetti dell'animo suo. A volersi apri- 
re un viottolo più breve si procurò l'aiu- 
to di diversi fanciulli coetanei, ma le for- 
ze loro non corrisposero alla volontà, per 
cui si fecero largo col fuoco, senza che 
l'incendio si propagasse per la selva. D'al- 
lora in poi i fanciulli si recarono a ono- 
rare la u. Vergine, finché essendo in A- 
riccia caduto un ammasso sopra Sante, 
quando si piangeva morto, egli sano e al- 
legro disse aver invocato la Vergine di 
Valle d'oro, raccontandone l'invenzione. 
Promulgatesi le glorie della Vergine di 
Galloro, gli abitanti in calca si recarono 
a venerarla, e se ne aumentò la divozio- 
ne quando essendo il popolo a udire la 
predica nell'antica collegiata, furono in 
essa investiti dai fulmini con gran ter- 
rore, ma senza grave nocumento. Ciò av- 
\eune a'g febbraio 1622, festa di s. A• 
pollonia;ilpe^ché molti attribuirono alla 
santa la loro salvezza e l'elessero di co- 
iDun consenso in protettrice principale 
d'Ariccia: nondimeno altri l'attribuiro- 
no alla B. Vergine di Galloro, essendo 
tradizione che ue'feriti si trovò i'impres* 
sione d'una stella mal formata,somiglian- 
le alle dipinte attorno l'immagine, onde 
s'ebbe a castigo della trascurata divozio- 
ne. Sull'epoca dell'invenzione della s. Im- 
magine, se nel 1 62 1 o 1 628, prima o do- 
po l'orribile uragano, vie discrepanza tra 
gli scrittori; il Lucidi opina che l'inven- 
zione di Sante si effettuasse nel marzo 



Rie i83 

1 628: più savio consiglio é il ritenere che 
la preservazione dal temporale gli arici- 
ni l'ascrivessero alla ss. Vergine di Gal- 
loro ed a s. Apollonia. £ indubitato che 
dopo il prodigio operatosi in Sante, fre- 
quentandosi con fiducia il venerando si- 
mulacro, tante furono le grazie che lar- 
ghegggiò Maria, che ne corse la fama nel- 
le città e luoghi circostanti, in modo che 
moltissimi si recarono a supplicarla nelle 
loro bisogna, riportandone stupendi mi- 
racoli, massime quando a'3 maggio 1 628 
si dedicò la cappella o oratorio eretto dal 
canonico Pollidori di Frascati. Da quel 
tempo in poi si aumentò il concorso e la 
fede nel popolo, come i preziosi doni e le 
limoslne a scioglimento di voti o per in- 
vocarne il patrocinio. Con queste copiose 
offerte si formarono 36,ooo scudi, onde 
annuenti il cardinal Deti vescovo d'Al- 
bano e d. Paolo Savelli signore d' Aric- 
cia, si stabiPi erigerle un sontuoso tem- 
pio. Ma insorte divergenti opinioni se fiib- 
bricarlo sul ripiano della collina, che so- 
prastava alla cappella, ovvero dentro l'A- 
riccia, la B. Vergine ruppe ogni contesa, 
consolando le preci de'fabbricieri che vo- 
lesse loro manifestare il luogo del suo tem- 
pio, col farcaderealla loro presenza e non 
senza portento un fulmine che si aggirò 
3 volte intorno allo stollo o anima di pa- 
gliaio senza offesa, mentre il cielo era se- 
reno. A tal prodigio non istetterb più in 
forse e stabilirono che il luogo dello stol- 
lo fosse quello dell'altare maggiore, so- 
pra di cui si dovesse riporre la sagra Im- 
magine. Fece il disegno delia chiesa il p. 
Michele da Bei'gamo cappuccino, archi- 
tetto assai perito e carissimo a Urbano 
Vlll,eda'i5agosto 1624 il cardinal Deti 
solennemente vi pose la i.' pietra, dedi- 
candola all'Immacolata Concezione, con 
indulgenza plenaria concessa dal Papa. 
Progredendo la fabbrica terminò la som- 
ma, ad onta di altre limosine e pii legati 
raccolti, onde il fabbriciereMasseroni ri- 
corse a Maria pei mezzi onde continuar- 
la; depose poi con giuramento che qua- 



i84 Rie 

lunque volta aódava ad aprirla cassa che 
avea lasciata ?uota^ sempre la trovò for- 
nita di grosse somme. Vi coDtribuirooo 
largamente i vescovi cardinali Pio e Bor- 
gia, il i.^ de'quali a sue spese dal cele- 
bre ca V.Bernini fece erigere l'altare mag- 
giore, che provvide di tutto; il 2.^ affidò 
la cura del tempio ai vallorabrosani, di 
concerto col priucipe Savelli, ed i monaci 
nel 1 63a a' 1 7 gennaio posero la i .' pie- 
tra e incominciarono la fabbrica delFan- 
nesso monastero, per le cure del vallom- 
brosanop. d. Benigno Bracciolini, che di- 
venne primo abbate di Galloro. Termi- 
nata la chiesa e il monastero, si esegui 
nella prima la benedizione da detto ab- 
bate nel giorno della festa di Pentecoste; 
indi ebbe luogo nel dì seguente a' 1 5 mag- 
gio 1 633 la solennissima e magnifica tras- 
lazione della s. Immagine dal fondo del- 
la Valle, dopo essere stata spiccata dal ri- 
manente del vivo sasso, in cui la pom- 
posa processione percorse la via Appia e 
rAriccia, con indulgenza plenaria, ed in 
questa occasione eziandio la Beata Ver- 
gine operò copia grande di prodigi. La 
sagra funzione si fece con tanto splendo- 
re d'apparato e concoi*so d'inuumerabi- 
le popolo, di 1 3 confraternite e de'cleri, 
che dell'uno e dell'altro non se ne ricor* 
da il simile, tutto desa*itto dai pp. Lava- 
iani e Boero. La s. Immagine portata con 
macchina da io uomini sotto nobilissi- 
mo baldacchino,incede va a modo di trion- 
fo tra il canto de'sacerdoti, i concerti dei 
musici, il suono degli strumenti e le voci 
della £)rmicolante e commossa moltitu* 
dine, penetrata da tenera divozione: i soli 
forestieri si calcolarono 3o,ooo, ne' cui 
volti si vedeva il tumulto degl'interni pie- 
tosi affetti. Ridevano le strade per varie- 
tà di coloriti e odoriferi fiori, da per tutto 
salve festevoli di mortari e altri fuochi 
artifiziali. Non è a dire come la Riccia si 
pose a festa con archi trionfali, addobbi, 
festoni e fregi, con cui gl'infervorati ere* 
ligiosi abitanti a lodevole gara esultanti 
ornarono di drappi^ arazzi e tappeti di 



Rie 

colori diversi le porte e finestre di loro 
case. Perchè poi non si perdesse la me- 
moria del luogo donde si tolse la s. Im- 
magine, l'abbate di Galloro nel 1676 fe- 
ce restaurare la cappella e posavi una 
marmorea iscrizione; in processo di teiii • 
pò divenuto il luogo negletto, nel 1 846 la 
pietà dell'aricino Giuseppe Alberti, attua- 
le rispettabile priore del comune d' A ric- 
cia, ne rinnovò la rimembranza sotto l'o- 
dierno zelante superiore p. Andrea Stur- 
loni gesuita, perchè vi fu aperta una più 
facile via ed edificata una vaga edicola 
o cappelletta in cui pose una piccola sta- 
tua della B. Vergine, ed ove si vede il 
muro dal quale fu segata la s. Immagi- 
ne, con in fronte elegante iscrizione la- 
tina che ricorda la storia della traslazio- 
ne. Della solenne traslazione si celebra 
festiva ricordanza nel giorno seguente di 
Pentecoste in cui si effettuò. Circa al mo- 
do come il principe d. Paolo Savelli coa- 
tribuì alla fondazione del monastero, e 
le convenzioni fatte coi monaci, si può 
vederlo in Ratti, Della famiglia Sforza 
t. a, p. 3 18 e 34^. I monaci si obbliga- 
rono di dare la pozione parrocchiale al- 
la collegiata per que'morti che seppellis- 
sero nella loro chiesa, purché non vi ab- 
biano sepoltura propina; e di tenere nel 
monastero 8 sacerdoti e 4 tra laici e chie- 
rici, ed Urbano Vili presagisse 12 sacer- 
doti. Per le ragioni che potevano avere 
i canonici d' Ariccia sulla chiesa e sull'a- 
rea del monastero e orto de'vallombrosa- 
ni,guesti obbligò il principe a dare5oo 
scudi al capitolo, che di tutto ciò non fu 
interpellato. Laonde i canonici mossero 
lite al p. ab. Bracciolini, quale per inler*» 
posizione del vescovo cardinal Borgia fu 
troncata con un atto di concordia. Quia- 
di Urbano Vili eresse canonicamente 
l'abbazia. Gli aricini con costante fervore 
continuarono nella divozione alla s. Im- 
magine, e furono sempre ricambiati eoa 
grazie e lavori segnalati, restando illesi 
nella memorata peste che invase le pros^ 
sime città e terrej avendo pure invocato 



Rie 

UiDteroessionede'ss. Rocco e Sebastiano, 
come venne rappresentato nel quadro pò* 
sto nella chiesina de'due senti. In memo- 
ria diche, con convenzione stipulata nel- 
lo stesso anno tra'vallombròsani e il ca« 
pitolo d'Aricela, si stabilì di celebrarne 
annua festa nella i.' o 2.* domenica del- 
l'avvento, trasferita poi in quella della 
Concezione titolare dei la chiesa, precedu- 
ta da novena con convenevole pompa ede- 
coro, essendo stata rimossa a'nostri gior- 
ni la gara de' contribuenti, con istituir- 
si a tale efifetto una pia unione di arici- 
ni, la quale elegge la signora della festa, 
che con manto turchino e corona d'ar- 
gento in capo in nome del pubblico con 
diverse formalità offre candele e doni ai- 
la B. Vergine, portando in mano la sua 
statuetta d'argento, da cui gl'infermi^ ai 
quali si reca, implorano la sanità. Edi- 
ficante e da intenerire ogni cuore è il nu- 
meroso concorso de'fedeli che in questo 
giorno, eziandio da lontano, si portano 
al santuario. Passata la signoria d' A ric- 
cia nel 1661 dai Savelli ai Chigi, il san- 
tuario di Galloro acquistò assai coi nuovi 
duchi, ne'preziosi doni fatti alla chiesa e 
nell'accrescimento del suo splendore. A- 
lessandro VII principale ornamento dei 
medesimi, avendo appreso che la lun- 
ghezza del tempio non era riuscita pro- 
porzionata alla larghezza, per la fretta 
di terminarlo, fece aggiungere due cap- 
pelle che volle dedicate ai ss. Tommaso 
da Villanova e Francesco di Sales da lui 
canonizza ti.Fece anche eseguire a sue spe- 
se la facciata, decorandola del suo stem- 
ma, l'ammattonato del pavimento e qo- 
pi*ir di piombo la cupola ; il tutto col di- 
segno e direzione del cav. Bernini. Com- 
piuta la fabbrica nel 1662, si recò a ve- 
nerare la B. Vergine, donandola di ric- 
chi paramenti sagri, e per attirarle ezian- 
dio da lontano i popoli a renderle omag- 
gio, istituì in Ariccia una pubblica fiera 
nella Pentecoste d'ogni anno per 8 giorni 
continui, la quale si estese a Galloro, cioè 
lungo la stiada e sul vasto piatalo ne del 



RIO i85 

santuario, e si vede dipinta in un gran- 
dioso quadro esistente nel palazzo Chi- 
gi. Di più fececoniare una medaglia, che 
riporta il succitato Bonanni, colla leggen- 
da : Ostendit Dominiis misericordìam in 
Domo Malrissuae, Ariciae, Forse pel po- 
co numero de'monaci, questi si ridussero 
a cantare il vespero nelle sole feste: la 
B. Vergine parlò e chiaramente per due 
volte disse: Che si canti il vespero^ e fece 
istantaneamente guarire l'abbate malato. 
Divulgatosi il duplice prodigio, da tutte 
parti accorse la moltitudine, quindi sa- 
nazioni di storpi, ciechi illuminati, ossessi 
e affascinati liberati, infermi d'ogni ma* 
lore guariti. Crescendo la divozione, sen- 
za numero furono le largizioni, ed il sa- 
nese Bigelli lasciò la sua eredità perchè 
si coronasse solennemente la s. Immagi- 
ne. Pertanto i monaci, supplicalo il ca- 
pitolo Vaticano, questi delegò mg.' Cibo 
patriarca di Costantinopoli, poi cardina- 
le, il quale a' io giugno 1726, alla pre- 
senza di popolo numerosissimo e di no- 
bih romani, ornò con solennissima pom- 
pa delia corona d'oro la B. Vergine e il 
s. Bambino. Dopoché Urbano Vili in- 
cominciò a fare la villeggiatura nel vici- 
no Castel Gandolfo {P^,)f i successori lo 
imitarono; laonde di frequente onoraro- 
no di loro pre^nza l' Ariccia e Galloro, 
visitando il santuario e intervenendo nel 
sabbato al consueto canto di litanie : al- 
trettanto fecero quando si recarono aGen- 
zano, Nemi, Veiletri, Terracina e altri 
luoghi. Urbano Vili donò al santuario 
ricchi paramenti nel visitarlo. Clemente 
XI vi si recò più volte e ornò di marmi 
l'altare maggiore, donandogli il corpo di 
s. Clemente martire. Delle visite del se- 
colo passato e del corrente si legge la me- 
moria ne* Diari di Rornajcosìdì Bene- 
detto XIV che soleva recarsi alle litanie, 
e ordinò a sue spese la balaustra di mar- 
mo: la visitarono eziandio ClementeXIll 
eClementeXlV.Nell'invHsionede'repub- 
blicani francesi del 1 798, anche questo 
santuario soggiacque allo spoglio di lutti 



i86 Rie 

gli ori ed argenti, comprese le dette due 
corone e i voli; quindi nel maggio furo* 
no cacciati i monaci e venduto quanto e« 
ra nel monastero. Restata la chiesa de- 
serta eia s. Immagine senza cullo, temen- 
do gli aricini che venisse profanala, ot- 
tennero dal preside di trasportarla nel- 
rAriccia, ed agli 1 1 novembre poterono 
gli abitanti venerarla nella loro collegia- 
ta, onorandola con molteplici ossequi e 
sperimentandone la valida protezione.Nel 
1800 avendo già i francesi evacualo lo 
stato pontificio, ed elettosi Pio VII in Ve- 
nezia, i vallombrosani nell'apnie pote- 
rono rientrare nel monastero; ma insor- 
se controvei*sia tra essi e il capitolo d'A- 
riccia, che indottovi dal tumultuante po- 
polo voleva ritenersi il tesoro della s. Im- 
magine, finche il Papa ordinò che si re- 
stituisse a Galloro; il che fu eseguito a'5 
dicembre i Boi, in uno ai sagri arredi 
conservati, ed al mìracolosoCrocefissoche 
si venera nella 1/ cappella a sinistra, il 
quale era stato trasportato a Genzano. 
Continuarono i monaci a promuovere la 
divozione alla ss. Vergine ed a riparare 
i gravissimi danni patiti dalla chiesa e dal 
monastero. Pio VII nelle sue villeggia- 
ture a Castel Gandolfo frequentò il san- 
tuario e il canto delle litanie, e nel sab- 
bato i3 ottobre i8o4, assunti gli abiti 
sagri in sagrestia, die col Santissimo la 
trina benedizione. Invasi nuovamente gli 
stati della Chiesa dagl'Imperiali francesi , 
nel 1810 l'imperatore Napoleone sop- 
pressegli ordini religiosi, e però i monaci 
vallombrosani dovettero di nuovo abban- 
donare Galloro, che per altro già da pa- 
recchi anni pel numero ristretto non vi 
risiedevano piti stabilmente, giacché per 
mancanza di rendite e di soggetti dal 1 786 
eransi ridotti talvolta a due sacerdoti. 
Tutta volta il monastero ebbe a superiori 
diversi abbati virtuosi e dotti, ed alcuni 
furono elevati al vescovato: di questi il- 
lustri monaci trattano il can.^ Lucidi ed 
il p. Boero, essendo stati alcuni abbati 
aricini. Prima che i vallombrosani defi- 



Rie 

nilivamente partissero da Galloro, a Tea- 
no cura del santuario due sacerdoti ame- 
ricani già gesuiti, i pp. Castagnares e Ne- 
gai, spesati dal p. abbate, che di quando 
in quando vi si recava da Roma, i quali 
animati dallo spirito apostolico di cui so- 
no informati tutti i rispettabili individui 
della benemerentissima compagnia di Ge- 
sù, si dierono con zelo alla santificazione 
delle anime. Espulsi i monaci, prosegui- 
rono a uffiziare la chiesa e ad amministra- 
re i sagra mentì, in modo che ambedue la- 
sciarono in benedizione la loro memoria 
pressoi popolid'Aricciaedi Genzano. Ri- 
tornato nel i8i4 Pio VII alla sua sede, 
dalla villeggiatura di Castel Gandolfo si 
recò più volte alle litanie del sabbato nel 
snntuariodi Galloro, e altrettanto fece nel 
i8i5 e seguenti anni, sovente anche a 
piedi. Morto in Roma il p. Castagnares^ 
restò il p. Nogal, onde il cardinal Dugna- 
ni vescovo d'Albano deliberò di riunire 
il santuario al suo seminario, e Pio VI I vi 
acconsentii con breve de'24 agosto 1 8 1 6, 
quando già gli era successo nel vescova- 
to il cardinal Di Pietro albanese. Ma non 
erano coi*si due mesi dacché il seminario 
ne avea preso possesso, che gli convenne 
cederlo alla compagnia di Gesù, ed ec- 
cone il modo. Nel 1 8i4 ristabiliti gli or- 
dini religiosi, i più ragguardevoli dell'A- 
riccia e di Genzano fecero calde istanze 
per riavere i vallombrosani a custodi dei 
santuario, ma essi per mancanza d'indi- 
vidui se ne scusarono. Siccome in Gen- 
zano diversi gesuiti a veano in tempo del- 
la soppressione aperto come un collegio 
o convitto con immenso vantaggio della 
gioventù, e si eranoadoperati in ogni ma- 
niera d'apostolico ministero a benefizio 
della città e de' dintorni, così i primari 
dell'Aricela e Genzano, cioè il can.° d. 
Francesco Guidobaldi e Pietro Alberti 
d' Ariccia, Nicola Pasquali e Pietro Jaco- 
bini di Genzano, si a doprarono energica- 
mente col comune cardinal vescovo e coi 
superiori della compagnia di Gesù per- 
chè 8 questa li aflidasse il santuario di 



Rie . 

Gslloro (dipendente dal Collegio roma* 
no di Roma, il cui p. rettore vi tiene un 
p. superiore), con aumento di entrate, 
cui 8Ì obbligarono le comuni d'Àriccia e 
Gensano. Così ordinate le cose, a'ao ot- 
tobre 1816 si recarono a Galloro di veni 
gesuiti, ed in esecuzione del breve di Pio 
VII il cardinal Di Pietro fece il decreto 
pel formale possesso della residenza. 11 
giorno dell'ingresso de'gesuiti fu segnala- 
to dalla solenne coronazione che il Papa 
-volle fere alle immagini della R. Vergine 
edel Rambinocondue corone d'oro fatte 
a sue spese in sostituzione delle rapite, 
al modo che narrai nel voi. XVI 1, p. a44> 
avendo Pio VII concesso per 3 giorni in* 
dulgenza plenaria in forma di giubileo: 
ogni anno nella 2.' domenica d'ottobre 
se ne celebra il festivo anniversario. V'in- 
terveonelro la regina d'Etruria e gli au- 
gusti suoi figli, di versi cardinali, principi 
e altri signori, onde fu stampata la De* 
scrizione della solenne incoronazione ec. 
Roma 18 17. In questo anno re Carlo IV 
di Spagna, divotissimo del santuario, fece 
fare un gruppo di 3 bellissime rosed'o- 
ro, e volle che con solenne rito sioffris* 
aero alla R. Vergine. Pio VII le benedì 
e mandò al cardinal Di Pietro, il quale 
domenica 26 ottobre, alla presenza del re 
e della sua corte e di molto popolo, do- 
po la messa pose in mano alla ss. Ver- 
gine le 3 rose; ìndi il p. Rossoni gesuita 
pronunziò un'eloquente orazione.Di que- 
sta funzione trattano il n.*' 90 del Dia- 
no di Roma, e la Lettera delcan. d. Fran- 
Cesco Brignoli, Roma 1817. Tra'princi- 
pi benefattori del medesimo nominerò 
d. Alessandro Torlonia, il quale nel 1 84^ 
fece il nuovo organo che si vede in fon- 
do alla chiesa. Gregorio XVI fu divotis- 
simo del santuario, molte volte lo vjsilò 
recandovisi anche a piedi, e fece la co- 
moda strada e il bel ponte che conduce 
dal piazzale di Galloro al piano dell'Ol- 
mata di Genzano, costruito sopra un a- 
spro e profondo dirupo, che ivi rendeva 
assai difficile e pericoloso il canamino,ou* 



Rie 187 

de a'noslri tempi si ricordano non poche 
vittime: ne parlai nel voi. XXIX, p. 26 
e 56. Fu coniala una medaglia colla ve* 
duta del ponte, della strada e del san- 
tuario, e con questa iscrizione : Acquato 
GallorijugOy Ponte constructOy P^ia coni" 
planata^ i843. Si legge nel u.^ 90 del 
Diario di Roma 1 84^, che a'26 ottobre 
4*' domenica del mese, Tinsigne tempio 
e santuario di Galloro fu solennemente 
cons'agrato da mg.*^ Francesco Briganti 
Colonna arcivescovo di Damasco, che ne 
avealasera innanzi aperte pontificalmen- 
te le vigilie, avendo portato in processio- 
ne le ss. reli£]uie il p. Roothaan generale 
della compagnia di Gesù, il p. assistente 
Grassi con due altri padri della compa< 
gnia. Tra i nobili personaggi v'interven- 
nero il principe Chigi e il duca d. Loren- 
zo Sfurza Cesarmi. Finita la funzione, il 
consagrante celebrò la messa sull'altare 
che pure avea consagrato. Abbiamo: O- 
tnilia detta da S, E, R. nigs Fr, Briganti 
Colonna arcivescovo di Damasco nella 
consa graziane della ven, chiesa di s. Ma» 
ria di Galloro de'pp. della compagnia 
di Gesti, Roma i845. Tutto fu eseguito 
percura del sullodato p. Sturloni, il qua- 
le per la sagra fece fare belle croci di me- 
tallo dorato in fondo di la va, e dalla parte 
del vangelo eresse una marmorea iscri- 
zione della seguita ceremonia.Nel 1704 
il p. ab. Martellini fece incidere l'imma- 
gine della B. Vergine, alti*e furono fatte 
dopo per opera de'gesuiti dai bravi in- 
cisori Mochetti, e Vitta il quale veramen^ 
te la prese al naturale.Del santuario scris- 
sero: D. Romano Lavaiani ab. vallom- 
brosano. Breve ragguaglio delia Madon'* 
na ss* che si venera nella chiesa di Gain 
loro pressoi* nericcia, \{oma 1 758.P,Giu- 
seppe Boero ^esmia, Istoria del santua» 
rio della Beatissima tergine di Gallo ' 
ro, Roma 184^. Riporta ancora la de- 
scrizione di molti de'prodigi e grazie dal« 
la medesima operati. 

Ariccia, luogo dedicato un tempo alla 
deità piii celebri, dotato dalla natura di 



i88 Rie 

dima tempei'ato, d'arìa salubre, abbon- 
dante di sorgenti d'ottima acqua e posto 
a'confini della dominante del mondo, fa 
eziandio assai fi*equentato dagli antichi 
romani, anche come luogo atto alla cac* 
eia, provveduto di tutto il necessario al- 
la vita umana, fecondo d'uomini insigni 
in ricchezze, nobiltà e dottrina. In fatti 
Stazio Papinio, tra' luoghi piti ameni e 
freschi, ove solevano i romani portarsi 
per evitare gli eccessivi caldi estivi di Ro- 
ma, annovera TA riccia o il freddo bosco 
di Diana, paragonandola alle celebri Pa- 
lestrina, Àlgido (di cui nel voi. XXVI, 
p.179), Tusculo e Tivoli. Laonde molti 
romani edificarono quivi e nel territorio 
nobili e sontuose ville per loro diporto, 
come P. Clodio potente e facondo, Giu- 
lio Cesare, le famiglie Elia e Toria, la 
gente Avonia, Agatirso liberto di Traia- 
no, Vitellio imperatore, Pomponio Mu- 
sa medico d'Augusto, delle quali Lucidi 
ne riporta le particolarità e i pregi, nella 
par. i,cap. 24* Ivi altresì parla di molte 
antiche fabbriche nell'Ariccia, delle qua- 
li sparsi nelle vigne si vedono i vestìgi^ 
cioè dell'anfiteatro, del foro, di templi, 
della grandiosa sostruzione della via Ap- 
pia, fatta per facilitare il cammino nella 
Valle Aricina e delineata da Piranesi ; 
descrivendo pure i tanti scavi eseguiti da- 
gli amatori delle antichità e ne' quali si 
rinvennero statue , vasi, iscrizioni e al- 
tri marmi lavorati, musaici, ec. : nel voi. 
XLllI, p. 55 notai i marmi del tempio 
di Diana aricina, impiegati in alcune tor- 
ri e chiese di Marino. Delle antichità a- 
ricine e degli autori che scrissero dell'A- 
riccia. Lucidi ne discorre al cap. i,par. i. 
Da ultimo, nel luogo detto la Porla d'A- 
riccia, furono trovate alcune medaglie di 
bronzo, che si collocarono nel museo Kir- 
cherianodel collegio romano. A p. 98 ri- 
porta erudite notizie sui templi dedicati 
nell'Ariccia in onore di Teseo, Fedra, E- 
sculapio, Ippolito, Giunone, Oreste, Ifi- 
genia, Fortuna Virile, Giove, Speranza, 
della ninfa Egeiia^ d'Anna sorella di Di- 



Rie 

dono, Priapo e Latona, a'quali accorre- 
▼ano i romani e i Ialini, massime nelle 
feste che per tali numi si facevano sotto 
la Valle Aricina^ dalla quale trae la sor* 
gente il fiume Numico, ora Incastro, le cui 
acque erano tanto stimate da'romani che 
se ne servivano pe' sag^i'ifizi, famoso an- 
cora perchè vi morirono Enea e Anna Pe- 
renna. Della rinomata Valle Aricina, ove 
fu l'antica Aricia,al presente Vallericcia, 
Lucidi ne parla a p. 4^* Celebre per la 
sua fertilità, trovasi alle falde del colle su 
cui sorge l'attuale Ariccia o Riccia, dalla 
quale trasse il nome. È la valle circoa- 
data da tutte le parti da monti e colli che 
la l'endono molto deliziosa; tranne i det- 
ti colli e le vigne l'estensione è di i4o 
rubbia circa. Nibby dice la Valle, cratere 
d'un antico Iago di forma elitlica, di circa 
8 miglia di circonferenza. Lucidi propone 
3 ricerche: se la Valle sia stata anticamen- 
te coperta dalle acque del mare , se sia 
stata vulcano, se sia stata un lago. Il ri- 
tiro delle acque del mare nelle terre la- 
tine, che prima bagnava in piti luoghi, 
dev'essere accaduto molto tempo prima 
de'tempi d'Ulisse. Che la Valle Aricina, 
come ancora i laghi d' Albano o Castel 
Gandolfo (F,)^ e dell' Ariccia ora di Ne- 
mi, che descrissi nel voi. XXIX, p. 32 in 
uno al comune, sieno stati vulcani, non è 
da porre in dubbio. Leggo in Fea, Varie- 
tà di notizie sopra Castel Gandolfo^ Al* 
banOf Aricela^ Nemi^loro laghi ed emis- 
sari, che la Valle Ariccia anch'essa in o- 
rigine fu cratere o bocca particolare del 
vulcano comune agli altri due laghi, e-, 
stìnto senz'acqua, assai presto riempi lo o 
dalla natura o dall' arte, fino all' altezza 
del più basso orlo verso il mare, citando 
quegli scrittori che parlarono di quel vul- 
cano di più sbocchi. Riflettendo inoltre 
che la città d'Ariccia in fondo al medesi- 
mo cratere verso il monte, è di piti seco- 
li anteriore a Roma,e anteriore anche al- 
la guerra di Troia, e che l'acqua dell'e- 
missario esce verso la città, conviene con 
Lucidi che la città stessa da cui dipendeva 



Rie 

il Iago, detto perciò A ricino, forse anche 
prima della fondazione di Roma, quando 
essa era già assai popolata e ricca, faces* 
se traforare il monte dalla parte sua e in 
sua giurisdizione per servirsi dell' acqua 
a vari usi; operazione in appresso imita- 
ta e meglio eseguita nell'altro emissario 
dal governo di Roma, il quale avea già 
il modelb della cloaca massima , opera 
anch'essa delle più straordinarie di ogni 
età. Ciò supposto , la superficie del lago 
Albano sarebbe restata più elevata finoal* 
l'anno 358 di Roma, in cui fu di tanto 
ribassata più di quella del $ocioNeroi;e 
per conseguenza, dice Fea, non può cre- 
dersi che i due laghi abbiano comunica- 
zione insieme, e che questo ancora riceva 
l'acqua da quello. Un'altra ragione ezian- 
dìo farebbe al Fea negare questa comu* 
nicazione opposta dal lago di Nemi nel- 
l'Albano, cioè che tanta acqua vediamo 
sgorgare dentro al i .^ lago sotto Nemi , 
quanta ne esce nella Valle Riccia, in am- 
bedue i luoghi facendo agire egualmen- 
te le mole. Osserva Lucidi che per pro- 
va del vulcano già esistito nella Valle A- 
ricina alcuni scrittori citarono la pioggia 
di sassi caduta due volte nell'A riccia al 
l'iferir di T. Li vìo, e la gran voragine a- 
pertasi ali' improvviso nel foro o piazza 
dell' Ariccia, in cui il foro medesimo si 
sprofondò, lo che fu preso per indizio di 
grande infortunio vicino, come accadde. 
Però Lucidi, riflettendo che i vulcani e- 
rano estinti da secoli e che sui loro era,- 
teri erano state fabbricate grandi città e 
già molte antiche all'epoca delle pioggie 
di sassi, queste probabilmente derivaro- 
no da violenti turbini,come altrove, e ne 
produce gli esempi e le ragioni. Siccome 
Plinio narrò per confermare vulcanico il 
terreno aricino, che cadendo un cai bone 
sulla terra raccendeva, ciò deve attribuir- 
si alla torba che era nella Valle e poco co- 
nosciuta a' tempi di quel naturalista , la 
quale torba si trova ne'siti paludosi e tale 
in parte fu la Valle già lago; Inoltre spie- 
ga Lucidi le posteriori accensioni accadu- 



RIC i8c) 

te nelle forme e fosse sotterranee della 
Valle, come effetto dell'aria infiamma- 
bilesprigionatasi in que'Iuoghi, anche con 
{strepito e colpo simile a quello d'un can- 
none, il quale ripetutamente e sotterra- 
neo s' intese neli' odierno paese senza si* 
nistri effetti, se nonché ti more che doves- 
se produrre terremoto; questi rumori e 
colpi sotterranei più o meno gagliardi si 
spiegarono per accensione sotterranea di 
particole sulfuree e nitrose, prodoU^e dal 
sole e dal caldo esteriore dell'estate. Fi- 
nalmente circa alla 3.' ricerca, se la Val- 
le sia stata un lago, dichiara Lucidi. L'a- 
nalogia che passa tra' vulcani de'Iaghi Al- 
bano e Nemorense con quello della Val- 
le Aricina giova ancora n provare che 
questa sia stata lago simile a quelli: il cra- 
tere della Valle Aricina, se si eccettui Ja 
differenza della maggiore o minore altez- 
za de'monti e colli che la cingono, è si- 
mile a quello degli altri due luoghi. Po- 
trebbe supporsi poi che la Valle Aricina 
non sia mai stata lago, ma che le acque 
che in tempo di pioggia scendono da' vi- 
cini monti in gran copia, formassero u- 
na palude o slagno o pantano nella par- 
te più profonda, la quale acqua ne' suc- 
cessivi tempi fu deviata per mezzo di 
quel canale o emissario, che sotto il col- 
le più basso conduce le acque al di fuori 
della Valle, e che in seguito si formasse 
l'altro canale, di cui parla Kircher, La^ 
tium vet et nov, lib. 2, cap. 7, per mez- 
zo del quale le acque del lagolNemoren- 
se s'introducono nella Vaile Aricina; ma 
non può credersi che ciò fosse a'tempi di 
Ovidio, perchè la bocca, donde scaturisce 
r acqua del lago Nemorense, è più alla 
de'molti luoghi più profondi della Volle. 
Lasciate da parie tutte le opinioni, e dato 
per certo che nella Valle Aricina fu uu 
vulcano, ne viene di conseguenza che poi 
vi sia stato un lago, o smorzatosi il fuoco 
da se per mancanza d'alimento, e soflbcato 
dalle acque piovane e de'monti vicini. So- 
pra i due emissari che esistono, uno sul 
fine della Valle, laltro sul principio, il i.** 



190 RiC 

servì per deviare le acque o diseccare il 
lago della medesima, i^ 2.^ per diseccare 
il lago di Nemi; ed il i.° fu formato prima 
del Ledagli antichi aricini,allrimeiìli noa 
avrebbero potuto fabbricare la loro città 
in questo luogo basso; ma è ignoto il tem* 
pò in cui ciò seguisse, come è ignoto quel- 
lo in cui fu forato il monte per deviare 
le acque del lago Nemorense. Fu aperto 
l'emissario sul fine della Valle anche per 
renderla ad uso di coltura ; V emissario 
del lago Nemorense credesi aperto per 
profittare di quelle acque nella Vaile A- 
ricina e territorio sottoposto. Si può vede- 
re La pi, De due laghi Mbano e Nemo» 
rense. Lucidi eruditamente discorre delle 
diverse coltivazioni e proprietà di Va Ile- 
riccia, della sua fertilità e prodotti, degli 
orti, vigne e piantagioni d'alberi di frutti 
e altre piante, primeggiando per sapore 
fra gli erbaggi i cavoli cappucci e bolo- 
gnesi, e le cipolle; che vi si semina pure 
il lino, la canape, il grano e i legumi con 
vantaggio. Quindi Lucidi ap.190 discor* 
re della fertilità e produzioni dell' agro 
Arici no, avendo Cicerone lodato l'uber- 
tosità de'suoi campi, rilevando la perfetta 
qualità del grano e dell'erbe de' pascoli, 
onde il pane e le carni della Riccia sono 
ottimi; quanto al vino, eh' è abbondante, 
alcuni terileni lo producono buonissimo, 
così dice del sapore di diversi frutti e del- 
l' olio. Del commercio degli antichi ari- 
cini tiene proposito a p. 202, e narra che 
oltre i ricordati prodotti , gli armenti e 
la cacciagione ne'primi tempi servirono 
al commercio degli aricìni, ed i romani 
tenevano io Ariccìa parte delle provviste 
de'grani. Vuoisi che un tempo distenden- 
dosi il dominio ariciuoal marecon porto e 
navi, facessero anco il traffico marittimo. 
I confìni antichi dell'agro Aricino erano : 
da oriente col regno de''Volsci (di cui a 
Velletri) e si estendeva a tutto il Monte 
Artemisio (il quale ha conservato l'antico 
nome, perchè molli scrittori con questo 
chiamarono Diana, il lago e il bosco ari- 
cino) nella selva Paiola; da libeccio con 



Rie 

Ardea (della quale trattai nel voi. XXIX, 
p. 3i), già metropoli de'rutuli, co'quali 
insorsero molti litigi sui con6ni ; da po- 
nente coir agro Solonio posto tra Lavi- 
nio(al presente Civita Lavinia)e Laurea- 
to ora Patrica o Pratica ( delle quali ra- 
gionai nel voi. XXXVII, p. 2i9e!2 36); 
e da tramontana coll'agro e Monte Al- 
bano ora Cave. I confini moderni del ter- 
ritorio d' Ariccia, il quale è ristretto in 
rubbia 914 circa, sono all'oriente coi ter- 
ritorii dì Rocca di Papa (di cui nel voi. 
XXVI 1, p. 174)9 ^emi e Genzano; a 
tramontana con quelli di Castel Gandol- 
fo e d'Albano; a occidente con quelli di 
Albano e deli' Agi'o romano, e ad ostro 
con quelli di Civita Lavinia (di cui nei 
▼ol. XXIX, p. 38, XXXVll, p. 233 ) e 
Genzano. Lucidi enumera a p. 3o2 le se- 
guenti colonie A ricine. 11 Castel di Ma- 
lafUto y le cui rovine sono sopra il lago 
Albano presso Palazzola, del quale par- 
lai ne' voi. XLIII, p. 4^> LIV, p. 233: 
ne furono signori i Conti ed i Savelli, dai 
quali passóni Chigi; e dal suo monte pro- 
vengono le acque in Albano, derivando 
le sorgenti dai monti che sovrastano Pa- 
lazzola e forse da Monte Cave. Il Castel 
Savello, di cui tratto a S avelli famiglia. 
Genzano e iV^emi^de'quali tenni propo- 
sito ai citati loro articoli. A Nemi parlai 
del bosco aricino e di Egeria, del lagoa- 
ricino, del &moso tèmpio di Diana Tau- 
rica e suo sacerdote diverso da quello di 
Diana Aricina, di tutto ragionando Lu- 
cidi a p. 68 e seg. coi relativi fatti isto- 
rici alterati dalla favolosa mitologia dei 
poeti. Egli distingue i riti praticati nel 
tempio aricino di Diana venerala coi no- 
mi di Tuurica o Scitica, e di Aricina o Ne- 
morense o Cacciatrice; e siccome eranvi 
due sacerdoti differenti e duesagrifizi, uno 
mite, l'altro crudele, così congettura che 
vi fossero ancora due simulacri, uno cioè 
di Diana Taurica o Scitica portato in A- 
riccia dalla Taurìca o Scizia da Oreste, 
cui offrivansi vittime umane ; 1' altro di 
Diana Aricina, Nemorense e Cacciatrice, 



Rie 

sotto la cui figura fiivoleggiata era A ric- 
cia moglie d'Ippolito, in molto culto dal- 
le donne latine e romane, chiamata pure 
Vesta e Bona Dea, ed invocata pei feli- 
ci matrimoni epe'prosperi parti, concor- 
rendovi in folla i cacciatori. Il sacerdote 
di Diana Aricina era nobile e cavaliere 
che serviva pure al tempio d'Ippolito Vir- 
bio, onde presso il bosco aricino eravi il 
ragguardevole collegio de' Flamini Vir- 
biali,e quello di altra condizione de'Lo- 
tori, cioè di persone destinate a lavare, o 
forse destinati alla cura de'l)agni pubbli- 
ci ch'erano nel Iago, ed a tener pulite le 
statue ed ì sagrì utensìli di Diana loro tu- 
telare^ Il sacerdote di Diana Taurica, di 
cui feci parola a Nemi, di vile condizione, 
«die regnava sul bosco con titolo di rex 
Nemorensif^esìsìeya ai tempi di Pruden- 
zio che Borendo nel IV secolo detestò Te- 
secrabile costume di uccidere il predeces- 
sore per divenire sacerdote, oltre le vit- 
time umane cheimmolavansi nel tempio 
de'servi fuggiti vi,al dire di Corradini, Fc* 
tus Latium profanum et sacrum;msk Lu- 
cidi per servi fuggitivi crede doversi ri- 
tenere del perdente nel duello tra il servo 
fuggitivo e il sacerdote che avea il posses- 
so del bosco aricino. Nibby, /Inalisi dei 
dintorni di Roma, parlando di Nemi, di- 
ce che il barbaro rito cessò nel 891, quan- 
do furono chiusi i templi pagani, d'or- 
dine di Valentìoìano 11 e Teodosio I. Sem- 
bra dunque rilevarsi da Lucidi che seb- 
bene uno fosse il tempio di Diana nell'A- 
riccia, due fossero i simulacri e differen- 
ti i sacerdoti. Tanto ne' tempi antichi, 
quanto ne'tempi di Cesare, nel tempio di 
Diana si conservavano i tesori della sagra 
moneta del popolo romano.ParlandoNib- 
by delle vestigie dell' antica Aricia , che 
occupano la convalle, pel tratto d' un 
mezzo mìglio in linea retta dal parchet- 
to fino quasi alla celebre sostruzioue del- 
la vìa Appia, dice che gli avanzi più con- 
siderabili sono nell'orto di mezzo, dove 
per la prima volta scopri nel 1 8 1 7 la cel- 
la del tempio di Diana Aricinai ridotta 



Rie 191 

oggi a casa rustica , costrutta di grandi 
massi quadrilateri di pietra albana,com- 
messi insieme con molta arte senz'ombra 
di cemento. Dice che somiglia al tempio 
di Giunone Cabina, che occupa il centro 
della città antica, e che avea un portico di 
ordine dorico con 4 colonne di fronte e 
4 ne'lati; ne riporta le dimensioni e di- 
scorre di residui di terme. 

Non solo gravi autori riportati da Lu- 
cidi fecero gloriosa menzione dell' antica 
città d' Aricia, poi con duplice e detta A- 
riccia ; ma Cicerone, Philipp. 3 , ne fece 
magnifico elogio, chiamandola munici- 
pio per orìgine antichissimo , per diritto 
dì confederazione unito a Roma, per vi- 
cinanza quasi ad essa contiguo, per isplen- 
dorè de'suoi cittadini onora tissimo. Che 
da questo municipio erano derivate le leg- 
gi Yoconiae Scatìnia: da questosommì- 
nistrati a Roma moltissimi magistrati e 
cavalieri, che col loro splendore onorato 
avean la romana repubblica non solo nei 
tempi antichi , ma ancora nella recente 
età. Lucidi con amor patrio trattò con 
diffusione degli uomini e donne illustri 
dall' A riccia prodotti e dati a Roma : i pri- 
mi insigni nelle lettere, nelle dignità e 
nelle armi, consoli, senatori, edili, pretori» 
tribuni della plebe, legisti, cavalieri ric- 
chissimi e onestissimi; le seconde matro- 
ne ottime e virtuosissime in tutti ì tem- 
pi, queste e quelli facendo l'elogio della 
patria, che Servio, Aeneid, lìb. 7, chia- 
mò sede della virtù. De'nomi che di loro 
sono restati ne pubblicò le gesta anche 
Ricchi, Teatro degli uomini illustri, cb^. 
5: Soggetti illustri dell' A riccia. Uno dei 
più celebri di cui si ha memoria fu Ma- 
nin Egerio Lesbio tusculano,da cui de- 
rivarono molti e chiari aricini , che per 
molti anni fiorirono in virtuose azioni ; 
quindi tra gli aricini illustri in lettere va 
nominato Turno Erdonio che colla sua 
fiicondia nella curia Ferentina perauase i 
popoli del Lazio a intimar guerra ai ro- 
mani, come notai nel voi. XLIII, p. Si 
e 53, parlando di lui e di quelle assem- 



19^ Rie 

h\ee latine; ed Azzìoistoncò.Ne'tempi a 
noi più vicini, esseodo »tata fondata nel- 
TA riccia l'accademia degli Sfaccendati, 
per la poesia che ivi aveagià fiorito, on- 
de i fonti e il bosco Arìcino furono delti 
delle Muse e delle Camene, in essa prò* 
dusse molti accademici buoni poeti edot- 
ti nelle scienze. £ siccome il clima arici- 
no e la solitudine de' circostanti boschi 
invita allo studio delle lettere, così , co- 
inè negli antichi tempi, letterati e giure- 
consulti ne'moderni si sono ritirati all' A • 
riccia per attendere ai loro studi. Nelle 
dignità molti illustri dierono le famiglie 
Egeria, Erdonia, Azzia, Voconia e Sca* 
tinia. Celebri tribuni della plebe e auto- 
ri delle succennate leggi furono Q. Vico- 
nio Saxo, e Caio Scatinio. Il cardinal Pao- 
lo Sasselli ebbe i natali e l'educazione al- 
l'A riccia. Nell'armi furono piti rinomati 
Virbio figlio d'Ippolito celebrato da Vir- 
gilio, che pai teggiòper Tumore de'nitu- 
li; Turno Erdonio prodeanche nella scien- 
za militare. Da Azzia aricina, figlia della 
sorella di Giulio Cesare, nacque Augusto, 
che divenne signore del romano impero, 
ed al cui innolzamentocontribuì : essa fu 
pur madre della celebre Ottavia moglie 
di M. Agrippa. Dalla gente Azzia deri* 
Tarono i Labieni e i Balbi, fecondi d'uo- 
mini grandi. Delle donne più illustri a- 
ricine, per la i .' si novera Egeria moglie 
e consigliera di Numa Pompilio 2.^ re 
di Eoma, o meglio deità immaginaria e 
ninfa del bosco aricino frequentato da 
quel principe saggio, che altri credono a- 
bitatrice del bosco consagrato alle Muse 
presso Porta Capena di Roma, procu- 
rando Lucidi di concordare le diverse o- 
pinioni, dicendo convenire ad ambedue 
i luoghi quanto si scrisse sopra Egeria. 
Altra illustre fu Azzia sorella della pre- 
cedente e moglie a L. Filippo discenden- 
te da re Anco Marcio. Di molti aricini 
illustri e dotti, massime eccjesiastici, che 
fiorirono ne'tempi posteriori, egualmen- 
te Lucidi riporta le notizie. Per le singo- 
lari virtù, ingegno e belle doti che fregia - 



Rie 

reno due degnissimi e benemeriti arici- 
ni, entrambi canonici della collegiata, che 
a' nostri giorni mancarono a' viventi, e 
compianti dai concittadini e da quanti ne 
ammirarono il complesso delle loro egre- 
gie qualità e del sapere, qui ne farò bre- 
Tc ricordo. III.** fu d. Francesco G nido- 
baldi, defunto neh 835, il quale ebbe il 
canonicato cui è annesso l'officio di espor- 
re la s. Scrittura. Si dedicò con vivo ze- 
lo ad ogni opera pia per l'utilità tempo- 
rale e spirituale della popolazione arici- 
na. Valente teologo, meritò la stima dei 
cardinali vescovi, che lo fecero esamina- 
tore del clero e gU affidarono altri ono- 
revoli incarichi.Dotto, coltivò con succes- 
so le lettere, l'erudizione e la poesia, on- 
de abbiamo di lui : // giorno santificato 
con Vesercizio della presenza di Dio av* 
vivata da brevi considerazioni efrequen - 
ti giaculatorie , operetta poetica , Roma 
1825. Umile, prudente e di piacevole 
conversazione, fu assai caritatevole co' po- 
veri; benefico con tutti in vita, in morte 
dispose legati di pubblica beneficenza, do- 
nando la sua casa a vantaggio de' pò veri 
infermi, scudi 200 per formare un mon- 
te di pietà, annua dote per una zitella o- 
nesta e bisognosa; altri lasciti destinò per 
l'esercizio di diverse pratiche divote, pel 
santuario di Galloro, per le due confra- 
ternite, ed al suo capitolo legò la propria 
libreria e gli scritti suoi per istruzione 
del giovane clero. L'altro illustre eccle- 
siasticoaricino fu mg.'* Gio. Battista Leu- 
ci, morto nel 1847$ già canonico della 
collegiata e vicario generale della dioce- 
si, dalla quale venne amato e venerato, 
per essersi meritato la benevolenza ed 
estimazione di tutli, siccome vero orna- 
mento del clero, dotto, integerrimo, pio, 
di felice sperienza, di maturo con!»iglio ; 
benevolo co'bisognosi, zelante ne'ministe- 
ri che disimpegnò. Fu in prima arcipre- 
te di Nemi, poi d'Albano, donde fu trat- 
to neir invasione francese e pati depor- 
tazione in Corsica. Rifugiatosi in Sarde- 
gna, re Vittorio Emmanuele gli afHdò la 



Rie 

direzione della propri-a coscienza e V e- 
ducaziode delle reali figlie, poi regina di 
Napoli e duchessa di Modena. Ricompo- 
ste nel 1 8 1 4 le cose politiche dello stato 
pontificio; abbandonò gli splendidi onori 
della corte per tornare al suo gregge, con* 
tiuuando con frequente carteggio la regi* 
na M." Teresa a consultarlo in molte e 
gravi contingenze. Le ricchezze che glie- 
ne derivarono, le versò tutte in seno dei 
poveri. Disprezzatore delle onorificenze e 
delle dignità, ricusò il grado d'incaricato 
d'affari della s. Sede presso la detta corte, 
e il vescovato diSutri eNepi. Ne' funerali 
celebrali nella collegiata d'Ariccia, fu lo- 
dato con eloquente orazione dal can.° d. 
Pietro Santoni di Genzano, fratello del- 
l'ottimo can.° d. Giovanni arciprete d'A- 
riccia, enei n.° 8 delle Notizie del giorno 
di Roma del 1 847 si legge un articolo ne- 
crologico. 

Lo stemma municipale dell' Ariccia è 
la figura d'una donna con corona in te- 
sta, con scettro in mano e paludamento 
reale, colla quale vuoisi rappresentata A- 
ricia moglie d'Ippolito di stirpe realee dal 
"volgo chiamata la regina Ariccia, ovvero 
dicesi eflSgiata Egeria. Questo è pure il si- 
gillo del comune con l'epigrafe : Univer» 
silos Arìeiae, La strada che incomincia 
dal romitorio della Stella non è l'antica 
Appia che conduceva a Valle Riccia, ma 
una nuova via fabbricata nel 1 768 dalle 
comuni d' Ariccia, Genzano, Civita Lavi- 
nia, Nemi e Veiletri, d'ordine di Clemen- 
te XllI, per avere una strada comoda che 
da Castel Gandolfo conducesse alla Ric- 
cia, facendola selciare con selci piccoli, u- 
nìtamente all'altra strada che diverten- 
do dalla via Appia conduce alla Riccia e 
a Genzano. Questa strada che d'Albano 
passando per la Riccia e Genzano condu- 
ce a Veiletri, era già stata nel 1667 da 
Alessandro VII surrogata all'antica cou- 
solare Appia, come meglio dirò poi, ed a- 
vea perciò acquistati tutti i privilegi del- 
le vie consolari. Non ostante i chirografi 
d'Alessandro VII che ordinarono ripar- 

VOL. LVII. 



Rie 193 

tire la spésa di essa e della manutenzio- 
nea 11 comuni della provincia del La- 
zio e di Campagna, che ne riceveano be- 
neficio, tornò la strada al pessimo stato 
di prima, e siritornò a passare pèrla sel- 
va della Faiola,cosi detta dal vicino ca* 
stello Fagiola de'Sa velli, che quali ribel- 
li ne furono spogliati da Eugenio IV e 
venduto a Veiletri, indi reintegrati da 
Calisto HI; ma essendo già diruto il ca- 
stello, venne in seguito diroccato, come 
leggo in Ratti, Storia di Genzano ^ p. 1 46. 
Questo passaggio fu abbandonalo anche 
per essere divenuto nido di famosi mal- 
viventi, quando Pio VI fece allargare la 
stiada che d' Albano pel Casaletto gira 
intorno a Vallericcia e conduce a Geo- 
za no e di là a Veiletri. La strada che con- 
duce dal romitorio della Stella alla Ric- 
cia é tutta ombrosa, incontrandosi diver- 
se fonti d'acqua; ma è lunga e scoscesa, 
tortuosa ed erta. Considerando Gregorio 
XVI l'incomodo e i pericoli di essa, mos- 
so dalle preghiei'e degli aricinì e genza- 
nesi, non che a vantaggio pubblico, ap- 
provò il progetto di agevolare l' accesso 
alla Rìccia mediante grandioso ponteche 
la congiungesse all' opposta occidentale 
collina , e così rèndere perfetto il bene- 
ficio che avea incominciato con l' altro 
ponte eretto presso Galloro. Erasi già 
quasi conchiuso l'appalto, quando alcune 
gelosie basate su riflessi economici gli fé* 
cero sospenderne l'effettuazione, e rivol- 
gere le sue cure alla provincia di Ferra- 
ra tanto danneggiata dalla straordinaria 
e rovinosa alluvione del Po, rimettendo 
a miglior tempo l'esecuzione del divisa- 
to ponte, come meno urgente degli argi- 
ni e altri gran lavori ch'esigevano le spiag- 
gie del Po. Sopravvenuti altri bisogni e 
la morte di quel pianto Papa nel 1846, 
restò troncata l'attuazione del proposto 
ponte, lasciandone la gloria al successo- 
re regnante Pio IX. Questi nel medesi- 
mo anno condiscese alle istanze rinnova- 
te pel desideratoponte,ene ordinò la co- 
struzione, onde f antaggiare l'industria e 

i3 



/- 



194 f^ic 

il commercio, e sommamente facilitare il 
passaggio alle moltissime merci e all'i m- 
xneoso numero de'viaggiatori obbligati a 
transitare pel suddetto tratto di strada al* 
quanto diflìcile e disastroso. Pertanto co« 
me riporta il n.° 3o del Diario di Roma 
1 847>a'7 aprile il cardinal Ostini vescovo 
d'Albano, alla presenza del cardinal Mas- 
simo, che qual pi^efetto generale delle ac- 
que e strade a?ea di molto contribuito al- 
la risoluta erezione, de'capitoli d'Albano» 
Riccia e Genzano e de'magistiati di tali 
municipii, nella valle del parco di Chigi, 
premessa di vota processione,solennemen- 
te pose la pietra fondamentale fra il suono 
delle bande musicali, il fragore de' mor- 
tari e gli applausi della tripudiante mol- 
titudine. Indi s'incominciò ad innalzare 
il meraviglioso ponte, che per solidità del- 
ia mole, per la sua altezza ed estensione 
è uno de più sontuosi e magnifici d'Ita- 
lia, abbreviando sensibilmente la distan- 
za che separa Albano dalla Riccia dall'uà 
capo all'altro, cioè dal Borgo della Stel- 
la, ove l'antica via Appia si congiunge 
alla nuova, fino presso la decorosa piaz* 
za della Riccia, alla quale il ponte viene 
livellato mediante saldissime e gigante* 
sche arenazioni, che sorgono dal profon- 
do e dirupato burrone. Ne sono beneme- 
riti l'encomiato ingegnere architetto cav. 
Giuseppe Bartolini, autore altresì di quel- 
lo di Galloro) e come di questo intrapren- 
denti gli onorevoli fratelli genzanesi Gae- 
tano e comm.'* Camillo Jacobini attuale 
ministro del commercio, belle arti e la- 
vori pubblici. Quest'opera monumenta le 
volge al termine, e già da molto tempo 
si percorre dai pedestri ne'suoi ambula- 
cri, viadotti o gallerie^ che sono in linea 
retta per ciascun ordine e attraversano 
tutta la lunghezza del ponte entro i gros- 
si piloni. Nell'ultimo ordine il ponte sarà 
lungo metri 3 12, alto in tutto metri 60, 
largo g e 80 centimetri; quindi più al- 
to di quello della Valle o di Maddaloni 
nel regno di Napoli. Tutta la bella costru- 
zione è di peperino pietra albana trat- 



Rie 

ta con mine da una vicina cava, come la 
pozzolana. Così procedendo le cose , la 
Rìccia ben presto va a ricevere nuovo lu- 
stro e nuovi abbellimenti, mentre nel no- 
vello stradale si fabbricheranno comodi 
ed eleganti edifizi. Nel i85i fu coniata 
per memoria una medaglia colla veduta 
del ponte e della piazza di Riccia, coll'epi- 
grafe: Albano et Arida Ponte conjunctis, 
Aricia è &ma tradizionale che fosse 
fondata da Ippolito figlio di Teseo re d'A- 
tene, di cui le favole mitologiche in di- 
versi modi narrano le avventure (dicen- 
dosi, che fuggendo Ippolito gli sdegni di 
Fedra, trasportato da'ca valli del mostro 
marino, fu sottratto a tanto pericolo da 
Diana e collocato nel bosco Aricino o £• 
ricino, sagro alla sua deità : che per que- 
sta cagione i cavalli non potevano entra* 
re nel bosco Nemorense), venerato poi 
qual semideo col nome di Yirbio, aggiun- 
gendosi che così la denominasse da sua 
moglie Aricia. Ma la città d' Ariccia è 
molto piii antica della guerra troiana^ 
nel cui tempo vissero Teseo ed Ippoli- 
to; imperocché subito dopo la distru- 
zione di Troia era già l' Ariccia città po- 
tente e popolata, e Solino in Pofyhistor. 
cap. 8, geografo latino che visse nella pri • 
ma età del secolo 3.° di nostra era, ci fa 
sapere che fu fondata da Archiloco duce 
de'siculi, popoli indigeni del Lazio ^e che 
dal medesimo trasse il nome; lo che si fu 
risalire a più secoli innanzi detta guer- 
ra, per cui Cluverio, Ilal. antiq, lib. 3, 
cap.. 4> stabilisce i principii dell'Ariccia 
nell'anno del mondo ^752, innanzi Ge- 
sti Cristo o nostra era 161 3, pri ma di Ro- 
ma 928 anni, e molti secoli avanti la fon* 
dazione d'Alba Longa; ritenendo Luci- 
di che una porzione del presente Albano 
sia situata nell'agro antico aricino, ed in- 
oltre che spettasse a questo tutta l'esten- 
sione dell'agro che ora comprendesi tra 
la rocca di Castel Gandolfo e TAriccia. 
Secondo Virgilio, Aentad, lib. 7, nella 
guerra tra Turno re de'rutuli ed Enea, 
in soccorso del i.^ marciò anche Virbio 



Rie 

figlio d'Ippolito e d'Arida, seguendo la 
credenza della Tenuta in Àriccia di suo 
padre. L'Ariccia ne' vetusti secoli forse Fu 
la città più forte del Lazio, e isuoi cit- 
tadini i più valorosi, come dimostrò Tur* 
00 Erdonio e come essi provarono nella 
guerra sostenuta e nella vittoria riporta- 
ta con l'aiuto de'cumani ed anche de'tu- 
sculanì e anziati, contro l'esercito etru- 
sco, che Toieva ristabilire Tarquinio il 
Superbo sul trono di Roma nell'anno di 
Roma 248,quando Porsenna con 4o,ooo 
uomìtii, respinto da'romani per il loro e- 
roismò e pacificatosi con essi, spedì il fi- 
glio Arunte colla metà dell'esercito (altri 
dissero Arunte figlio di Tai*quinio, senza 
rammentare che perì nel combattimen- 
to con Bruto, fondatore della repubblica 
romana)ad espugnar l'Ariccia all'improv- 
viso, onde si formasse un regno per se; ed 
invece vi perdette quasi tutto 1' esercito 
e la vita (venendo sepolto in quel mo- 
numento d'Albano che dicesi degli Ora- 
zi e Curiazi, come noto a Roma) , men* 
Ire quelli che scamparono colla fuga ri- 
cevettero generosa ospitalità dai romani, 
ed ebbero per abitazione un luogo pres- 
so il Palatino che da loro prese il nome ' 
di vico Tusco. Da questo fatto si può con - 
chiudere che in que'tempi la popolazio- 
ne dell'Aricela fosseabbondante. Sdegna- 
ti gli arìcini contro i romani, prima pel 
passo dato e le vettovaglie somministra- 
te agli etruschi, poi per l'ospitalità ac- 
cordata ai vinti, nel 254 ^i unirono ai 
principi latini dopo la caduta di Fideree 
(/^.),città confedera ta,persuadendoli nel- 
l'assemblea del vicino bosco Ferentino 
con coraggiosa eloquenza a vendicarsi dei 
romani^ determinandovi i principi dÌ24 
città. Laonde si recarono gli aricini quali 
ambasciatori della confederazione in Ro- 
ma per domandare riparazione e piena 
soddisfazione a quanto aveano praticato 
contro di loro cogli etruschi eco'fidena- 
ti ; ^ venendo loro negata dal senato, gli 
intimarono la guerra, della quale parlai 
a Feascati o Tusculo, a Lazio, a Pale- 



RIC 195 

STRINA e negli altri articoli relativi; ma 
presso il lago RcgìUo i romani riporta- 
rono vittoria. Si proseguì tuttavia con 
ealore la guerra a cagione de'confini coti 
nuovi trionfi de' romani, seguiti dalla pa- 
ce; onde é a credersi che d'indi in poi 
fossero gli aricini sempre collegati co'ro- 
mani. Quando gli aurunchi vicino all' A- 
riccia intimarono guerra a'romani, que- 
sti ivi li disfecero. Si avanzò tanto l' a- 
micizia e la confidenza che gli aricini eb- 
bero co'romani, che stanchi de'contiuui 
combattimenti cogli ardeati pel dominio 
d'un campo tenimento confinante, nel 
3o6 di Roma a questa rimisero la cogni- 
zione di loro causa, convenendovi i ne- 
mici; però il giudicato fu in favore dei 
romani stessi che si appropriarono il con- 
troverso campo, come già spettante a Co* 
rioli. Nella i.* guerra punica egualmen* 
te gli aricini furono fedeli alleati de' ro- 
mani contro i cartaginesi, e quando si 
pacificarono fu stabilito che i cartaginesi 
non dovessero recare ingiuria agli aricini 
e agli altri latini che ubbidivano al ro- 
mano impero, facendosi di loro speciale 
menzione per la stima che ne faceva il 
popolo romano. Onde nella 2.^ guerra 
punica combattuta contro Annibale, gli 
aricini somministrarono aiuto aRoma sic- 
come potenti; per cui Coronelli nella Di' 
bl, K.uV., yf eiho A rida, dice che poteva 
armare 17,000 persone. Volendo i ro- 
mani imperare su tutti i Ialini, determi- 
narono questi di opporsi loro quando aU 
cunacillà ne fosse attaccata, ciò che fu 
la loro rovina, i romani soggiogandoli a 
poco a poco. Unitisi gli aricini coi lanu- 
vini, veli terni e anziati, e colti dal con- 
sole C. Meo io presso il fiume Astura (di 
cui nel voi. LIV, p. 20 1) per sempre fu- 
rono vinti : l'Ariccia cadde in potere. di 
Roma nel 4i^ o 417$ divenendo città 
municipale, ed i cittadini verso il 420 de- 
corati del diritto di suffragio e ascritti al- 
la tribù Papinia, conservando la soprin- 
tendenza e direzione del tempio e delle 
ceremonie di Diana Aricina, che però fu- 



196 Rie 

rono fatte comuni ai romani. Da questo 
tempo gli aricinì seguirono i destini dei 
romani e pugnarono cogli altri latini in 
difesa della repubblica romana sotto il no- 
ine di socii Ialini. A Municipio dissi che 
celebre fu quello d* A riccia, tale dichia- 
rata dai romani, col diritto della loro cit- 
tadinanza, coi privilegi e prerogative dei 
più insigni, cioè del proprio governo e leg- 
gi, coi tre ordini de'senatori o Decurioni 
(f^.), cavalieri e popolo, che divideano 
tra loro il govemamento, onde vi sono i- 
scrizioni della loro repubblica, K P. A' 
ricinorum, e S. P, R, Arìcinus, I latini 
Don avendo diritto di contrarre matrì- 
monì colle romane, di tale divieto furo- 
no esenti gli aricini, e molti di questi in 
Roma divennero senatori, consoli, pre* 
tori e tribuni della plebe. Nel 44 i^*^P* 
pio costruendo la' via che ne prese il no- 
me, questa traversò T Ariccia, la quale di- 
venne la I.* stazione per chi da Roma an- 
dava a Brindisi; quindi è a credersi che 
per tal motivo crescesse in opulenza. Nel- 
la sanguinosa guerra civile tra Mario e 
Siila, gli aricini seguirono il partito di 
questo, il quale ne fece fortificare il ca- 
stello o cittadella, che non ostante Ma- 
rio prese e distrusse; indi a poco risorta» 
per averla Siila esonerata dalia tassa del- 
l'alloggio militare ed assegnato il terri- 
torio a'suoi soldati per ripopolarla, con- 
tinuò a governarsi colle sue leggi muni- 
cipali, conservando tutti i suoi magistra- 
ti. Augusto figlio di madre arici na con- 
servò e protesse il municipio, e fu con- 
servatore e curatore della repubblica a- 
ricina; probabilmente l'avrà beneficata, 
avendovi parenti e possessioni nel terri- 
torio. Avea ancora il suo senato, prima« 
rie magistrature essendo il dittatore , il 
questore, gli edili: gli aricini elessero dit- 
tatore l'impera toreNer va, che si sarà fat- 
to rappresentare dal prefetto, quando era 
già declinato lo splendore d'Ariccia per 
mancanza forse de'principali cittadini, i 
quali per la prossimità a Roma ivi fissa- 
rono il dopAÌcìlio, per cui a'iempi di Ne- 



Rie 

rone era divenuta una piccola città, co- 
me rilevasi da Lucano. 

La vicinanza del municipio aricino a 
Roma, di cui fu forse creduto sobborgo, 
la numerosa popolazione, V opuleuza dei 
suoi abitanti, le parentele con le case dei 
Cesari e delle più cospicue famiglie ro- 
mane, somministrano argomento a cre- 
dere che l' Ariccia sia stata istruita nella 
religione cristiana dai ss. Pietro e Paolo 
o dai loro primi discepoli. E* verosimile 
inokre che s. Pietro in tempo della sua 
dimora in Roma, più volle siasi |Jort»lo a 
predicarvi il vangelo, come fece negli al- 
tri luoghi a Roma vicini. Che se molti 
sono d'opinione che s. Pietro predicasse 
in /^/^^ino(/^.), che allora consisteva nel- 
le ville di Pompeo e di Clodio, coti mag- 
gior fondamento potrà credersi dell' A- 
riccia, in cui fu edificato un antichissimo 
tempio a suo oiiore^ Se il s. Apostolo nei 
suoi lunghi pellegrinaggi annunziava il 
vangelo ne'luoghi pei quali passava, de- 
ve congetturarsi che nella sua venuta dal- 
l'oriente a Roma e passando per la via A p- 
pia o reduce da Napoli, e per conseguen- 
za dentro rAriccia,avrà ivi promulgata 
la fede. La volgare tradizione,fondata sul- 
l'opinione di alcuni scrittori, narra che 
l'empio Simon mago (f^J, dopo In caduta 
fatta in Roma alla presenza di alerone per 
le preghiere de'ss. Pietro e Paolo ( A^.), per 
cui nel preteso volo si fracassò le membra, 
volendolo i suoi seguaci condurre a Brin - 
disi oBrunda, ovvero altrove, per allonta- 
narlo da Roma ove avea perduto la ripu- 
tazione, per meglio farlo curare dalle ri- 
posate feri te, passando per l' A riccia e ag- 
gravandosi il male, ivi infelicemente morì, 
ponendo i suoi fiiutori le di lui ossa in Un 
sarcofago, che Lucidi dice esistere a'suoi 
tempi nel giardino detto l'uccelliera, e la 
tavola di marmo che lo cuopriva sta nel 
palazzo Chigi. Oltre a ciò, l'arco rovinoso 
di grosse pietre albane nella via Appia è 
chiamato volgarmente i7^a^^or/e/ Diabo- 
lo e il basto di Simon mago^ dicendosi che 
in questo sito fu Simon mago dal diavolo 



Rie 

trasportaloall'inferno,cioé presso l'ingres- 
so della via che conduce a Valiericcia. Fra 
quelli che sostengono che Simon mago fu 
trasportato all'Àriccia ed ivi morie fu se- 
polto, noterò Davanzati, Notizie al pel» 
legHno della basilica di s, Prassede^ p. 
9; e Ricchi, La reggia déFoUci^ p. a t8 : 
Uelt A riccia Colonia LXXXF'y in cui 
tratta di sua storia e pregi. Quindi per 
rendere sèmpre piti vituperosa la memo- 
ria dell'impostore eresiarca, i primitivi 
criiitiani aricini innalzarono un tempio a 
s. Pietro per ricordare il suo memorabi- 
le trionfo. Varie sono le opinioni circa il 
luogo della morte di Simon mago, ed al- 
cuni lo dicono morto nella caduta in Ro- 
ma stesta, altri che sopravvisse: quanto a 
Roma, TA riccia si considerava quasi at- 
taccata alle sue mura e un suo sobborgo. 
Di più, in conferma della probabilità che 
Simon mago perì nell' A riccia, si ha da 
óntica popolare tradizione, che gli ebrei 
die seguirono l'eresiarca fissarono ivi la 
loro dimora, e i loro discendenti vi per- 
severarono sino al secolo XVII. Asserisce 
Lucidi che le abitazioni già degli ebrei e- 
sistevano in A riccia nel luogo chiamato 
Ghetto, con propinqua piazza detta Giu- 
dia, sotto r antico palazzo baronale dei 
Savelli denominato il Palazzaccio; e che 
quelli superstiti che partirono, si unirono 
agli ebi*ei di Roma, tra'quali alcuni ban^ 
no per cognome o soprannome delt A» 
riccia» E* verosimile ancora che 1' apo- 
stolo s. Paolo annunziasse il vangelo nel* 
l'Ari ccia,essendosolitociò praticare ovun- 
que passava : venendo egli da Reggio di 
Calabria e da Pozzuoli in Roma, i fede- 
li rincontrarono al Foro Appio e ai le Tre 
Taberney e seco lui passarono per T A rìc- 
cia , luogo di stazione pel cambiamento 
de'cavalli. Circa al tempio antichissimo 
dedicato a s. Pietro, questo sorgeva ov'è il 
fi)riio, a destra dell'ingresso della presen- 
te Porta Romana, grande quanto l'odier- 
na chiesa di s. Nicola, con un solo altare, 
sopra di cui era dipinta nel muix) l'effigie 
del s. Apostolo; nel lato sinistro avea il 



RIO 197 

campanile antichissimo in forma di torre 
e di considerabile altezza, devastato dai 
fulmini, onde unitamente allachiesaoa- 
dente dai fondamenti furono demoliti ai 
iò aprile! 665, e ta campanella rifusa fu 
posta n^lla chiesa di s. Rocco. 11 Piazza 
citato deplora questa perdita della vene- 
rabile antichità, senza essei*si supplito eoa 
altra memoria. Vi sono diversi scrittori, 
che si possono vedere net Lucidi a p. 3a5, 
che riferirono essere stata la chiesa Arì- 
cina decorata della sede vescovile , e rì« 
portano il nome di alcuni vescovi del V^ 
VI e X secolo; ma pare che le denomi- 
nazioni latine riguardino piuttosto i ve- 
scovi d'Arezzo, Ariciensis^ Aritiensis^ per 
Arelinensisj cioè Arezzo : forse si prese A« 
retino per Aricino. La immediata posi« 
zione di Ariccia sopra la via Appia, la 
pili frequentata che partivadaRoma, la 
sua vicinanza a questa e la prossimità al- 
la villa Albana de'Cesari, se ne'tempi flo- 
ridi di Roma contribuì al bea essere del 
municipio aricino, queste stesse circostan- 
ze furono cagione della sua sciagura nel- 
le desolazioni cui furono segno Roma e i 
suoi dintorni per le irruzioni de' barba- 
ri, dopo il fatale trasferimento della sede 
imperiale a Costantinopoli. In&tti allor- 
ché Alarico re de'goti nel 409 di nostra 
era prese e saccheggiò Roma, dopo quel« 
le stragi si mise a scorrere l'Italia meri- 
dionale, passando appunto per la via Ap- 
pia; quindi Aricia che fu la 1.' stazione, 
fu pure la i .* preda che si presentò dinan- 
zi a'suoi occhi. Il suo esempio fu segui- 
to dai vandali condotti dal re Genserico 
nel 455, i quali impadronitisi di Roma 
eslesero le loro devastazioni dintorno do- 
ve poterono, mettendo tutto a ferro e fuo- 
co. Q deste medesime sciagure ebbe a sof- 
frire l'Ariccia nella malaugurata guerra 
fra i goti e gl'imperatori greci di Costan- 
tinopoli. La città quindi posta nella Val- 
le Aricìna si andò così estenuando a po- 
co a poco, e per maggior sicurezza il po- 
polo si andò restringendo nell'acropoli 
(o più alta parte della città o castello ) 



i\)S Rie 

luimitiva^ abbandoDando insensìbi linea- 
tela città inferiore ch'era esposta a tnli 
rovine. Tanto apprendo daNibby, j^na- 
lisi de dintorni di Roma l. i, p. 25^ e 
seg., di Aricia^ Arichia, Jriccia, Lucidi 
non nomina espressamente T incui*sione 
di Alarico, bensì crede che nel 4 1 i la cit- 
tà restasse demolita da Genserico ( ma 
erroneamente per quanto ho riportato) 
re de' vandali, il quale prima di partire 
(ritornare) per l'Africa, passò pel Lazio, 
mettendo a ferro e fuoco tutte le città si- 
DO a Napoli. Aggiunge che questo infor- 
tunio l'avrà certamente soffèrto 1' Aric- 
cia, la quale trova vasi fondata sulla via 
Appia, e siccome in quella desolazione 
gli abitanti delle città e castelli devastati 
dal furore de'barbari, per salvar la vita 
fuggirono alle montagne in luoghi steri- 
li e inaccessibili, così e d'opinione che de- 
solata da' vandali 1' A riccia, la quale si 
stendeva nel piano della Vallee nella via 
Appia, i suoi abitatori restringessero la 
loro abitazione nel solo colle ove ora sor- 
ge. Dal dominio degl' imperatori greci e 
de'loro esarchi l'Ariccia, unitamente agli 
altri luoghi del Lazio formanti il duca- 
to i*otnano, per dedizione passò sotto il 
dominio della chiesa romana e de' Papi, 
quandodopo il 726 il ducato romano con 
altre 7 città della Campania spontanea- 
mente si sottoposero alla sovranità di si 
Gregoino II. Il medesimo narrato infortu- 
nio l'Ariccia dovè soffrire neirS^ 7 dagli 
arabi o saraceni, i quali provenienti da Ca * 
lubria con iscorrerie infestarono lespiag- 
gie e campagne del Lazio, derubando uo- 
mini, bestiami e biade, rimanendo allora 
le campagne marittime inabitate, onde i 
proprietari di esse fabbricarono per si- 
curezza degli agricoltori delle torri , al- 
cune delle quali ancora si vedono. Più 
di tutti soflFiì Porto d^ Anzio (^.), come 
pili esposto. Il danno maggiore i sarace- 
ni lo fecero neir844} che distrussero mol- 
ti monumenti. Questa 2.' irruzione sara- 
cena Nibby la riporta all'anno 846, e cre- 
de ch'essa finisse di spopolare 1' A riccia 



Rie 

inferiore, e definitivamente restringesse 
gli abitanti nella cittadella, dovepurog- 
gi è ridotta, e dove in origine venne fou- 
data dai siculi; dappoiché come esistente 
ancora sulla via Appia lo rileva dall' a- 
nonimo di Ravenna. E questa città così 
ridotta nel 978 viene indicata in una car- 
ta dell'archivio di s. Maria in Via Lata, 
in cui si leggecomeGiovanni de Aurimo 
e Maroziasua moglie abitanti del Ca- 
stello Ariciensecompvaronoóxìe vigne po- 
ste nel territorio Ariciense, Da una per- 
gamenadidetto archivio si rileva che nel 
981 l'Ariccia avea il suo r/f<x a somiglian- 
za di altre città^ e Stefano s'intitolava dux 
del Castello AriciensCf facilmente de*con« 
ti Tusculani potentissimi, e tenne un pla- 
cito in Ariccia. Lucidi riporta nel 990 
Guidone duca dell'Ariccia de' conti Tu- 
sculani , nipote di Giovanni XIV o XV 
(anzi dirò XV detto XVI) e padre del- 
l'antipapa Benedetto X, come e meglio 
raccontai a FfiAscATi.Theuli, Teatrohist, 
di F'elletri, lib. 3,cap. 6, pretese che l'A- 
riccia fosse soggetta a Velletri ; ma ciò 
deve spiegarsi perché Guidone dimorava 
in quella città. In una pergamena del 1001 
si ricordala chiesa dis. Pietro posta den- 
tro il Castello Ariciense, e che la città pro- 
priamente detta ch'era nel basso, non solo 
si trovava abbandonata, ma ridotta a vi- 
gne, e che la Terra era considerabile. Nel 
io58 divenuto antipapa BenedettoX fi- 
glio del duca, é verosimile che gli aricini 
ne seguissero il partilo ; ma nell' istesso 
anno eletto Nicolò II, colle sue milizie do- 
mò gli abitanti insieme ai preneslini, tu- 
sculani e numentani ribellati, ed ancora 
Gallese e altre castella del conte Gerar- 
do, forse signore d' Ariccia, la quale tornò 
sotto l'immediato domìnio del Papa. In- 
sorte sedizioni pel nuovo Prefetto di Ro- 
ma (^.), Pasquale Usi ritirò ad Albano, 
die ilcomandodel suoesercitoa Pier Leo- 
ne Frangipane, il quale per aver l'aiuto 
di Tolomeo conte Tusculano nel 1 1 1 3 gli 
donò l'Ariccia di consenso del Papa. To- 
lomeo quietò Roma , imprigionò il fi' 



Rie 

gl'io del prefetto e suo nipote, e )o condus- 
se ali'Àriccia. Ritornata T A riccia nel do- 
minio de'conti Tusculani, secondo Nib- 
by restò loro sino alla distruzione del Tu - 
sculo; aia Lucidi considerando la poste- 
riore ribellione di Tolomeo cbe sprigio- 
nò il nipote, opina che Frangipane poco 
dopo riprendesse!' Ariccia, ed inoltre con- 
futa quegli scrittori che asserirono aver 
r imperatore Ottone I nel 964 investito 
dell'Aricela Virginio Savelli, la quale in 
vece passò nel dominio de' Mala branca, 
nobile famiglia romana che la possedet- 
te sino al 1223, finché a'ao maggio 1228 
di mala voglia la vendè a Papa Onorio 
1 1 1 per contentare le sue premure, il qua- 
le non l'acquistò per la sua famiglia Sa- 
velli, ma per la camera apostolica, per la 
somma da essa esborsata di 25oò libbre 
o hre di buoni provisini, monete del se- 
nato romano. Dall'istromento inserito nei 
libri de'ceusi della romana chiesa si rile- 
va che essa avea sempi*e conservalo l'al- 
to dominio sull'Ariccia, e non era affat- 
to considerata feudo imperiale; piuttosto 
i Malabranca l'aveano ricevuta per inve- 
stitura dalla s. Sede , che ne ritornò as- 
soluta signora insieme a tutti i diritti e 
azioni. La ripugnanza de'Malabranca nel* 
l'alienare l'Ariccia, per cui aveauo tenta- 
to un atto fraudolento, proveniva perchè 
il sito Castrum era molto forte , anche 
per le da loro aggiunte fortificazioni con 
una torre; equanto alla tenuità del prez- 
zo, sebbene fosse ragguagliato probabil- 
mente a 60,000 scudi, pare che i Mala- 
branca poco vi possedessero fuori della 
giurisdizione; il valore poi de' terreni in 
que'tempi era assai menode'ùostri. 11 do- 
minio pieno della s. Sede continuò per 
molti anni, come lo era nel 1262. Men- 
tre Giovanni XXI r risiedeva in Avigno» 
ne, nel 1 3 1 5 permise al rettore di Marit- 
tima e Campagna di concedere a Paolo 
Conti barone romano Castro Ariciae , 
permutandolo con parte di Castri s.Joan* 
nis, forse l'odierna città di Monte s.G io- 
vanni*Di versi scrittori affermano che Tab- 



Rie 199 

bazia di GrottaFerrata sia stata una vol- 
ta padrona dell' Ariccia, altri crederono 
che solo vi possedesse molti beni non già 
il dominio di essa; le quali divergenti as> 
serzioni si possono riscontrare nel Luci- 
di. Pare che per le guerre civili divenu- 
ta diruta e disabitata l'Ariccia, chiama- 
ta Castrum Aritiae, RUia e Rìxa, don- 
de per corruzione di vocabolo e tolta la 
I .* vocale si formasse quello di Riccia^ 
fosse donata ai monaci di Grotta Ferra- 
ta,! quali non ebbero coraggio di riedi- 
ficarla per timore di novità e incursioni 
d'armi allora frequenti, massimedai pre- 
potenti confinanti. S'ignora propriamen- 
te r epoca di tale stato deplorabile e la 
durata di tale infelice condizione, com'è 
probabile che breve fosse il dominio dei 
monaci. Si deve tenere presente quanto 
coU'autorità di Ratti dissi a Genzano, che 
Bonifacio IX donò tutto il territorio al- 
Tàbbazia de' ss. Vincenzo e Anastasio o 
TreFontane(di cui nel voi. XIII, p. 59) 
de'cisterciensi, e che un tempo dipende- 
va l'Aricela dalla Castellania di Ladano, 
di cui erano signori feudatari i Savelli. 
Questi nel 1473 a' io ottobre con istro- 
mento e nella persona di Mariano fece- 
ro permuta col diruto Castello di Bor- 
ghetto vicino a Grotta Ferrata, col l'abba- 
te commendatario di quest'abbazia car- 
dinal della Rovere, poi Giulio li, il qua- 
le cede loro l'Ariccia, e ad essi conveniva 
per le circostanti signorie che possedeva- 
no d'Albano, Castel Sa vello, Malaffilto e 
Castel Gandolfo , ed essendo terminate 
le guerre civili, i Savelli volevano rifab- 
bricar la Riccia, Rilia, Appena però Ma- 
riano entrò in possesso di essa, nel me- 
desimo giorno se ne disfece , permutan- 
dola conino rubbia di terreno valutate 
20,000 scudi pel deprezzamento in cui 
allora erano i terreni, colcav. Pietro Gio- 
vanni Savelli suo fratello, mediante istro- 
mento , il quale formò lo stipile de' Sa- 
velli dell'Aricela. 

Divenuti i Savelli signori dell'Ariccia, 
la popolarono di abitatori, richiamando 



300 



Rie 

gli antichi panati ne' vicini luoghi , per 
assistere alla coltura de'terteni, procu- 
rando di rendere dilettevole il soggiorno, 
sia col provvederla del necessario^checon 
edificarvi varie delizie, facendovi residen- 
sa continua, sebl)ene talvolta nella stessa 
linea riunissei*o la signoria d'Albano, nel- 
Tedifizio poi detto Palazzaccio, o in quel- 
lo piti nobile ampliato poi dagli attuali 
signori. In questo riceverono Pio 11 al* 
lorchè andò a Genzano, al dire di Lu- 
cidi. Ad Albano narrai che nella guer* 
va di Sisto IV contro il re di Napoli, le 
milizie della Chiesa per difesa occuparo- 
no le terre de'Sa velli el'Ariccia nel 1 48a> 
che tuttavolta a''a6 luglio vi entrò il du- 
ca di^Calabria e poco la ritenne^ perché 
le genti della Chiesa la ripresero a' 19 a- 
gosto. Nel pontificato d'Alessandro Vi es- 
sendosi i Savelli uniti ai Colonna, incon- 
trarono Tindignazione del Papa, che con- 
fiscò 1 loro beni, fece danneggiare i lo- 
ro castelli dal suo figlio Cesara Borgia 
(^.)> dando nel 1." oltobra i5oi l'Arie- 
eia, Albano ed altri luoghi a Roderigo e 
Giovanni Borgia, figli della famosa Lu< 
crezia sua figlia; la Riccia, Riccianiy toccò 
a Giovanni fanciullo di 3 anni; i quali 
dominii poco durarono, essendo morto il 
Papa nell'agosto 1 5o3. Mentre signoreg- 
giava in Ariccia Camillo SavelU nipote 
dell'acquirente, l'unico suo figlio Anto- 
pio, giovine di belle speranze,di rarequa- 
lità, amato da Cailò V e da quanti il co- 
noscevano, non senza debosciaggini e ven- 
dette che eseguivano i suoi sicari i, nel- 
l'estate del 1 534 fu preso da violenta pas- 
sione per una donzella del luogo di beltà 
singolare e onesta, fidanzata al compae- 
sano Cristoforo Landò. I genitori della 
vagheggiata, per liberarsi dalle molestie 
del figlio del loro signore, ne sollecitaro- 
no le nozze, nel giorno dellequali un ser- 
vo del giovane duca in suo nome presen- 
tò alla sposa un mazzo di fiori. Landò vi- 
de subito che il prepotente signore aspi- 
rava a insidiare il suo talamo, ed alla gio- 
ia successe in lui la tristezza, onde voleva 



Rie 

abbandonare la sposa ; ma le lagrime di 
questa lo vinsero, ed allora si prefisse di af- 
frontare qualunque cimento. Intanto An- 
tonio non desistette dal suo importunare 
in più modi, ma la pudica e fedel con- 
sorte di tutto teneva avvertito il marito, 
il quale finalmente levatosi di pazienza 
presela barbara determinazione di ucci- 
derlo. A tale effetto egli s'infinse per la 
moglie, scrivendogli che si recasse da lei 
ad una certa ora notturna. Antonio fuori 
di se per la supposta condisceodenza, vo!ò 
incauto all'invito, e ricevuto in vece da 
Landò sotto mentite vesti di donna, re- 
stò morto da lui e dal sicario vignarolo 
del medesimo. Preso il delinquente da ri- 
morso e timore, per Porlo d'Anzio fuggi 
in Turchia e in A leppo. Conosciutosi in 
Riccia e da Camillo l'atroce caso, si fece 
rigorosa perquisizione del reo e si carce- 
rarono l'avvenente sposa ed i suoi geni- 
tori, promettendo il governo di Paolo IH 
3o,ooo scudi a ohi consegnasse Lande. 
Ad onta delle torture, cui soggiacque la 
donna, ella sempre si dichiarò innocen- 
te, anzi certamente se non fosse fuggita 
nella fatale notte anch'essa sarebbe resta- 
ta vittima del furibondo marito. Nondi- 
meno fu condannata alla decapitazione, 
ed avrebbe subito la condanna, se presa 
da curiosità di vederla Margherita d'Au- 
stria figlia di Carlo V, duchessa di Par- 
ma e moglie del nipote di Paolo II 1, non 
ne avesse domandata la liberazione, mos- 
sa a compassione dalle fattezze angeliche 
dell'aricina. L'ottenne dairinconsolabile 
Cantillo, e allora pose la giovane tra le 
sue4amigelle, ed in morte della duches- 
sa per sua disposizione passò in Modena 
al servizio della duchessa d'Este. Camil- 
lo Savelli per l'acerbità del dolore perde 
l'uso della ragione e quindi la vita, pas- 
sandola Riccia in retaggio a'Sa velli d'Al- 
bano. Nel i556 per la guerra degli spa- 
gnuoli contro Paolo IV, la Riccia soffri 
quanto Albano. Lucidi fa diverse osser- 
vazioni sulla successione de'Savelli e sui 
signori d'Albano e loro politiche vicea^ 



Rie 

de, dicendo che altro Camillo Savelli du« 
ca d' A riccia vi ebbe foi*se i natali, e che 
la governò col figlio cardinal Silvio Sa' 
ue//i, come rilevasi da un documento del 
1 568; ed opina che tutti i (ìgli di Camillo 
nascessero ^ Ila Riccia, per Tordinaria di* 
mora che vi faceva, sposandosi la figlia 
Girolama nella collegiata con scudi 4700 
di dote. Sisto V recairdosi nell'ottobre 
1589 a He Paludi Pontine (F.),passò per 
r Ariccia, dove fu ricevuto e si trattenne 
presso ì Savelli, e dormì nella stanza del 
torrione del piano nobile verso Roma. In- 
di furono duchi Mario e Fabrizio signori 
anche d'Albano, i di cui statuti li resero 
eomuni a Ila Riccia. Paolo ottenne da Pao* 
lo V il titolo di principe d'Albano, chia- 
mandosi anche duca della Riccia, ove pas- 
sava con diletto la stagione estiva per la 
sua ventilazione fresca, quantunque am- 
basciatore imperiale: gli successero i fi* 
gli Bernardino, che sposò M.^ Felice Pe- 
retti pronipote di Sisto V, e Fabrizio Sa» 
veìii cardinale, il quale pure esercitò do- 
minio sulla Riccia. Il secondogenito del- 
la famiglia assumeva il dominio e il titolo 
di duca dell'Aricela, il primogenito quel- 
lo di principe d'Albano dopo che le Imee 
de'Savelli si riunirono: tali furono an- 
che Paolo e Giulio figli di Bernardino, 
il secondo de'quali per altro sebbene se* 
condogenito riunì i titoli, perchè il i.° si 
die allo stato ecclesiastico e poi fu cardi- 
nale per Alessandro VII; però i feudi e- 
rano governati in nome d'ambedue. Ur- 
bano V 1 1 1 frequentò i' A riccia reca ndovisi 
da Castel Gandolfo, come fecero i succes- 
sori. Sotto di lui insorta la guerra coi/^/zr- 
nesi pel ducato di Castro {f^»)» neli64a 
i Savelli ordinarono che l'Ariccia si po- 
nesse sulle di fese,come senza porte e sen- 
la muraglia attorno. Laonde fu rinno- 
vata la Porta Napoletana, e la Porta Ro- 
mana che per la sua ristrettezza dicevasi 
Portella fu chiusa, come lo furono tutti 
gli altri ingressi alla Terra : ma siccome 
questa è circondata solamente da case, le 
precauzioni prese non potevano essere 



Aie sof 

sufficienti a liberare i cittadini dagl'in- 
sulti de' nemici, che non vennero. Ritro- 
vandosi la famigliaSa velli gravata di mol- 
li debiti, si vide nella necessità di dover 
vendere l'Ariccia; Pertanto nel 166 1 con 
decreto della Congregazione de'baroni 
(/^.), a'a 1 luglio Paolo e Giulio vende- 
rono l'Ariccia coi suo territorio e giuris- 
dizioni al cardinal Flavio Chigiea'prin- 
cipi d. Mario e d. Agostino, il 1,^ fratello 
e gli altri nipoti di Alessandro VII allo- 
ra regnante, pel prezzo di scudi 358,000» 
la cui famiglia ancora possiede. Lucidi 
impiega il cap. 29 in descrivere com'era 
proceduto il governo sotto i principi Sa- 
velli, che encomia quali restauratori del- 
la Riccia ; ne esamina le loro leggi e sta- 
tuti municipali, conchiudendo che non 
ne abusarono in paragone di altri feu- 
datari. Che i libri della comunità inco- 
minciarono nel 1602, l'archivio pubbli- 
co del barone fu stabilito nel 1604, quel- 
lo de'comunisti nel i652. A p. 177 di- 
scorre delle milizie che aveano i Savelli 
e i Chigi, divise in due compagnie a piedi 
ed a cavallo, comandate da distinti ca- 
pitani. Siccome i Savelli, come poi lo fu- 
rono e sono i Chigi, erano Marescialli 
del Conclave (^.)> P^^^ci^ tenuti ad ar- 
ruolare soldati in sede vacante, si servi- 
rono delle milizie di Riccia, a cui aveano 
dato la divisa della milizia del mai*escial- 
lo di s. Chiesa custode del conclave dei 
cardinali, nella quale si vedeva grande 
sfarzo allorché stava in detta azione. I 
Chigi ne'conclavi del 1721 e 1724 pari- 
menti si servirono della milizia aricina, 
ma nel 1780 avendo ottenuto di potersi 
servire delle Milizie pontificie, rimase 
quella d' Ariccia priva della divisa; con- 
tinuarono però i principi Chigi ne'con- 
clavi a scegliere tra'4 capitani che assi- 
stevano alle ruote del conclave il capitano 
della milizia aricina. Di quanto si prati- 
ca al presente dai Maresciallo^ parlai a 
questo articolo, il quale elegge solo due 
capitani. 

DeirAriccia sotto il dominio de'prÌQ« 



202 



Rie 

cipiCliigi, il Lucidi tiene proposito con 
grandi encomii nel cap. 3o, come più in- 
dulgenti e meno esigenti de 'precedenti 
signori, adabili e generosi, e pei tanti van- 
taggi che recarono alta Riccia e agli abi- 
tanti, in gran parte narrati di sopra. Per 
abbellire i'Ariccia, siccome la strada clie 
vi conduceva era troppo lunga eincomo* 
da, convenendo scendere dal convento 
della Stella d'Albano per la via Appia si- 
no all'orto de'Torrioni, e di là salire per 
la strada detta de'Sassi,ora impraticabile 
e ridotta a fosso, ed entrare per la Porla 
Napoletana, giacché come notai la Porta 
Romana era angusta, aprirono i nuovi 
signori in parte e in parte ampliarono 
la presente strada che da Albano condu* 
ce alla Riccia : innalzarono la magnifica 
Porta Romana nuova con disegno del 
cav. Rernini, e innanzi ad essa innalza- 
rono un muro a guisa di loggia, la quale 
forma all'occhio un magico teatro per 
l'ampio prospetto della Valle Riccia, del* 
la Campagna romana e del mare da O- 
stia al Monte Circeo. Ampliarono ancora 
il palazzo, in cui nelle diverse villeggia- 
ture per molti giorni dimorò Alessandro 
VII, dormendo nella stessa stanza in cui 
fu Sisto V. Noterò col principe Massimo, 
Notizie della villa Massimo p. 1 66, che 
come in questa si conservò il cnvallo im^ 
pagliato di Sisto V,nel palazzo Chigi del- 
la Riccia esiste il piccolo cavallo l>aio im« 
pagliato, che dicono appartenuto ad A- 
lessandro VII. Questo Papa, acquistate 
e demolite molte case poste innanzi al pa- 
lazzo, dilatò la piazza, l'ornò con due fon* 
tane,eda'fondamenti ivi eresse il sontuo- 
so tempio, di cui già parlai. Oltre a ciò 
ampliò la strada che dalla Riccia passan- 
do per la Sei volta e innanzi al convento 
de'cappuccini d'Albano conduce a Castel 
Gandolfu, fece altri abbellimenti e con- 
cesse privilegi, toccati di sopra. Il feudo 
della Riccia fu soggettato al vincolo di pri* 
mogenitura, onde al principe d. Agosti- 
no nel 1 7o5 successe d. Augusto, in tem- 
po del quale e nel 1 709 un esercito im- 



Rie 

penale pretese alloggio e sussistenza, ma 
non ebbe luogo. Recandovisi a'3 i mag- 
gio 1 7 1 o Clemente XI, il principe lo fece 
ricevere con gran pompa : presso il con- 
Tento della Stella si trovò schierata la mi- 
lizia a cavallo, la quale accompagnò il 
Papa; come erasi praticato per Alessan- 
dro VII, alla porta dell' A riccia il gover- 
natore e priori gli presentarono le ckia- 
tì, ringraziandolo dell'onore che riceve- 
vano. Nella collegiata fu ricevuto dal car- 
dinal Pamphilj, nel palazzo dall'ab. d. 
Mario fratello del principe, a Gallerò dal 
cardinale Spinola e dai monaci, restituen- 
dosi a Castel Gandolfo per la Selvottat 
agli applausi degli abitanti fecero eco il 
suono delle campane e lo sparo de'mor- 
tari;la sera furono presentali al Papa re- 
gali di commestibili portati da 24 uomi- 
ni. Clemente XI fece maresciallo d. Au- 
gusto, il quale nel 1 740 perfezionò il pa- 
lazzo con aggiungervi dalla parte pih bas- 
sa del parco il Torrone nuovo e Quarto 
nuovo, colla spesa di circa 40,000 scudi, 
rendendolo simmetrico all'altro lato. Nel 
1744 gì* successe d. Agostino, benefico 
come il genitore, avendo cura delle stra- 
de frequentate da Renedelto XIV, che 
più volte visitò il palazzo e il casino del 
principe, ove per 4o anni villeggiò il car- 
dinal Argenvilliers. Questo Papa avendo 
incontratolo storico Lucidi di 7 anni per 
la via, gli piacque, a sue spese fece istrui- 
re nel seminario d'Albano e provvide nel- 
la patria d'un canonicato. Nel 1744 '^ 
Riccia patì qualche incomodo per l'eser- 
cito austriaco comandato dal genei*al Lob- 
kowitz nella guerra coi gallo-ispani per 
la conquista del regno di Napoli (/^.), do • 
Tendo lodare la disciplina militarede'te- 
deschi accampati nelle vicinanze. Nel voi. 
L, p.42 feci menzione del sacrilego furto 
della pisside colle s. Ostie. Nel 1769 di- 
venneduca della Riccia d. Sigismondo or- 
nato di profonda dottrina; ristorò il pa- 
lazzo, rinnovò una delle due fontane, ab- 
belPi la collegiata ed eresse que'Iaterati 
casini che ricordai: fece piantar nuovi ol- 



Rie 

mi intorno alle deliziose strade per con- 
servarle ombrose, ed eseguì numerosa 
piantagione di moricelsi in Vailericcia, 
oltre altre beneficenze. Nel 1 798 gii suc- 
cesse il saggio principe d. Agostino vi- 
Tente, che celebrai a Chigi famiglia ed 
a Maresciallo di s. romaii a chiesa, il qua- 
le a seconda del disposto di Pio VII, co- 
me gli altri feudatari, rinunziò ai diritti 
baronali Nel declinar del novembre 1 798 
entrarono parte in Riccia, parte in Gai- 
loro 3ooo tra fimti e cavalli de'repub- 
blicaoi francesi, che fecero gravi guasti 
e ruberie, ed un capitano minacciò il sac- 
cheggio, quando sopravvenuto l'esercito 
napoletano, i repubblicani fuggirono: lo 
scampato pericolosi attribuì allaB. Ver- 
gine di Galloro. Nelle rammentate visite 
fatte da Pio VII alla Riccia, trovo nel n.^ 
86 del Diario di Roma i8o5, che dome- 
nica 20 ottobre ascoltò la messa d'un suo 
cappellano nella collegiata, ricevuto dal- 
l'arciprete, capitolo e magistrato; india 
piedi si recò al palazzo del principe, il 
c|uale si trovò sulla porta, e fu condotto 
uelle sue camere ove prese la cioccolata, 
ed ammise al bacio del piede la princi- 
]>esca famiglia ed i sumuieutovati, men- 
tre il principe fece servire di lauto rin- 
fresco il corteggio. Aggiungerò agli ac« 
cessi fatti da Gregorio XVI alla Riccia, 
quello che si legge nel n.° 84 del Diario 
di Roma i83i, a'19 ottobre nel palaz- 
zo, accolto dal principe d. Agostino e no- 
bilissima famiglia, dalla cui loggia com- 
parti al tripudiente popolo la solenne be- 
nedizione, avendo gradito uno squisito 
rinfresco, del quale partecipò la corte, 
Dal n.° 83 del Diario di Roma 1 847 si 
riporta come il regnante Pio IX a' 1 4 ot- 
tobre si recò ad osservare la costruzione 
del suddescritto ponte, ed a piedi passò 
nella Riccia, visitando la collegiata e nel 
palazzo la principesca famiglia. Nel mag- 
gio 1849 per liberare Roma dai dema- 
goghi repubblicani, il re delle due Sicilie 
Ferdinando lì con l'esercito composto di 
circa 16,000 uomini, con 72 pezzi d'ar* 



Rie 



ao3 



tiglieria , formò il quartiere generale in 
Rìccia e Albano, 4o de'quali collocò al- 
l' A riccia; nel palazzo alloggiò la princi- 
pessa di Sassonia, ed il re vi dormì una 
notte: durante la sua dimora in queste 
parti pel restauramento del governo pon- 
tifìcio, di che trattai a Pio IX {T^,), colle 
altre potenze alleate, per ben 3 volte fu 
a visitare la B. Vergine di Galloro. An- 
che prima quel religioso monarca si era 
mostrato caldo d'afietto verso la s. Im- 
magine, e nel 26 maggio 184^ tornan- 
do da Roma alla sua capitate colla regi- 
na e col fratello d. Francesco conte di 
Trapani^ che allora avea compita la sua 
educazione nel collegio de'nobili presso 
i gesuiti, vollero onorare di loro presen- 
za il santuario, essendo stata apposita- 
mente ornata e illuminata las. Imrnagt-' 
ne. Indi il re colla regina e il conte fra- 
tello entrarono nella casa e per qualche 
tempo si trattennero coi padri, dichia- 
rando il re la sua soddisfazione per l'edu- 
cazione ricevutavi dal fratello. Il conte 
piò volte offrì doni allaB. Vergine quan- 
do vi si recava da Roma, ed il real fra- 
tello d. Luigi conte dell'Aquila nel 1849 
mandò al santuario un nobile caliced'ar- 
gento con alcune cesellature dorate. Re- 
stituendosi Pio IX in Roma a' 12 aprile 
i85o, giunto alla Riccia, dopo aver vi- 
sitato la chiesa collegiata, fra il rimbom* 
bo delle artiglierie fì*ancesi e le acclama-^ 
zioni degli abitanti, traversò a piedi il via- 
dotto del nuovo ponte e manifestò la sua 
soddisfazione, come, rilevo nell'opuscolo, 
Relaz, storica del viaggio di Pio IX, p, 
55, e dal n." 9 1 del Giornale di Roma 
di detto anno. Per quanto dissi nel voi. 
LIlI,p. 232, il Papa a'3 luglio i85i.col- 
l'encomiato monarca e la famiglia reale 
si recarono a venerare il santuario di Gal - 
loro, in(|i passarono per la Riccia. Vedasi 
Memorie storiche de It antichissimo Mu' 
nicipioora Terra deW Ariccia e delle sue 
Colonie Gemano e Nemi, dedicale al 
pruìcipe d. Agostino Chigi dal can!" Em - 
manitele Lucidi, Roma 1796. Nell'arti- 



ao4 Rie 

colo Roma, parlando del circondario del- 
la coinorca, brevemeate descrì vero Cam- 
pagna no, Cesano, Magliano Pecora ree- 
ciò, Formello è Sci*o&no, signorie de'Cbi- 
gi, a vendo a Ostia accennato qualche co- 
sa del loro Castel Fusano. V. Palazzo 
Chigi. 

EICHELIEUduPlbssis ArmaiidoGio- 
vAvif t, Cardinale. Nacque nobilmentea'5 
settembre 1 586 nel suo castello di Riche- 
lieu, o in Parigi secondo altri, contrad- 
detti però da Perrault. Fu valentissimo e 
sommo diplomatico,comecbè splendida- 
mente fortiito di straordinario ingegno , 
che coltivò in Parigi nel collegio di Na- 
varrà coll'applicazione agli studi pe'quali 
aveva molta disposizione, mentre la sua 
inclinazione lo portava al maneggio di 
grandi affari. Per rinunzia del fratello Al* 
fonso poi cardinale, di a a anni Paolo V 
con dis{)ensa nel 1 607 lo preconizzò vesco- 
vo di Lucoii, venendo consagrato in Ro- 
ma dal cardinale Longuy di Giury. Dopo 
la mor^e di Enrico IV si recò a Parigi, o- 
ve datosi alla predicazione,lo udirono più 
volte Luigi XIII e la di lui madre regina 
Maria de Medici, ed il clero di Francia 
congregati nella generale assemblea. In e- 
tà di 3o aoni la regina lo fece suo gran- 
de elemosiniere e cappellano maggiore , 
nel 1616 segretario di stato. Quando la 
regina fu rilegata a Blois, ebbe ordine 
di seguirla colla carica di supremo eco« 
nomo del palazzo reale. Intanto nel 1 6 1 7 
per morte del marchese d' A nere, cam- 
biato il gabinetto politico di Francia, di- 
Tenuto sospetto alla corte, fu obbligato 
a ritirarsi nel suo priorato d*Anjou,indi 
a Lucon , e poscia in Avignone , dove si 
occupò ascrivere alcuni libri di pietà,che 
non lasciano niente da desiderare per 
giungere al più alto grado di perfezione, 
e compose il celebre suo metodo di con- 
troversie sopra i punti della fede , onde 
convertire quei che sono separati dalla 
chiesa cattolica. Richiamato indi alla cor- 
te, e stabilita neliGao per suo mezzo, co- 
me per opera del cardinal Rochefoucault 



Rie 

e altri personaggi, la tanto desiderata pa- 
ae fra il re e la regina madre òh'erasi ri- 
tirata in Angoulènie, fu ad istanza del re 
a'5j5ettembre 1 62^ duGregoiio XV crea- 
to cardinale prete. Neli6'24 1^ dichiara- 
to i.** ministro di stato, capo dei consìgli, 
soprintendente generale della marina e 
del commercio , abbate commendatario 
di Cluny, di Cistello e di Premonstrata 
Dimesso il vescovato di Logon, venne e- 
letto provvisoredeiruuiversitkdi Sorbo- 
na, a cui rifabbricò la casa e la chiesa co- 
me notai a Parigi, monumenti perenni 
di sua magnificenza e grandezza, capo d'o- 
pera d*architettura. Ad onta delle gran- 
di cose operate per Francia (/^.), pera- 
ver umiliato i grandi, abbassato i parla- 
menti, compressa l'arroganza de'princi- 
pi del sangue, i*esa l'autorità del re asso- 
luta, bench' egli solo ne volesse tener le 
redini; l'invidia, la calunnia, l'impostura 
furiosamente si scagliarono a suo danno, 
per cui il re si determinò di levarlo dal 
potere. Se non che, portatosi il cardinale 
dal sovrano , seppe cosi bene giustificar 
la sua condotta , che invece di decader 
dalla sua grazia, si aumentò sensibilmen- 
te; in suo onore eresse Richelieu di lui 
patria in città e in ducato : i cortigiani 
per piacere al cardinalesi recarono a co- 
struirvi belli edifizi e la disertarono dopo 
la sua mortel Tutto intento ad abbassar 
lafurniidabile potenza di casa d'Austria, 
signora de' due mondi nella monarchia 
spagnuola, fece di tutto per rovesciarla, 
ed impegnò il gran Gustavo II Adolfo 
re di Svezia negl'interessi della Francia, 
per cui l'impero si trovò sull'orlo del pre- 
cipizio; ma la morte di Gustavo 11 e la 
perdita della battaglia diNortling, trasse 
casa d' Austria da ogni pericolo. Essen- 
dosi proposto l'esterminio degli eretici u- 
gonolli e calvinisti, determinò di togliere 
dalle loro mani la Rochelle, che per lo 
spazio di 70 anni era il propugnacolo del- 
l'eresia, e gli riuscì con tanto vantaggio 
della cattolica religione, chein conseguen- 
za di tal brillante villoria furono tolte a- 



Rie 

gli ugonotti 36 città. SiadopròcontuO" 
cesso coH'iispero ottomano, perchè cac- 
ciali gli armeni scismatici dai s. luoghi di 
Palestina, fossero restituiti ai Francesca* 
Ili. Ciò che operò questo magnanimo por- 
porato pel regno di Francia si può ve* 
dere nella notissima storia del suomini- 
stero, nel citato articolo e in tutti quel- 
li che hanno relazione ai grandi avveni- 
Dienti di cui fu Tanirna ed il regolatore, 
essendo lui la molla di pressoché tutti i 
gabinetti d'Europa, diretti dalla sua va- 
sta mente, fina politica e invincibile co- 
raggio. Finalmente dopo aver dato alla 
luce diverse opere, fondata T accademia 
delle scienze, stabilita la stamperia reale 
e il^ giardino delle piante, chiusela gran 
seena di sua vita in Parigi ai 4 dicembre 
164^, d'anni 58 non compiti, universal- 
naente odiato, non potendosi stare nella 
sua camera pel fetore de' vermi che gli 
scaturivano da una postema nel braccio 
destro, e fu* sepolto nella chiesa di Sor- 
bona, in cui venne innalzato alla suame- 
naoria un sontuoso mausoleo di marmo 
bianco scolpito dal celebre Girardon,do- 
ire si legge un epitaffio troppo prolisso. 
Egli fu uno de*piii grandi ingegni e gè- 
nii che abbia prodotto la Francia, unodei 
più abili ministri che vi sia stato al mon- 
do; nato fatto per comandar gli uomini, 
capace di superare ogni ardua impresa, 
amico generoso, nemico irreconciliabile. 
Avea un aspetto alfabile e insieme mae- 
stoso, un tratto cortese e obbligante, spi- 
rito vivo, giudizio sodo, idee veramente 
grandiose; fu un complesso di molte bel- 
le viriti e di molti gravi difetti, tenendo 
sul suo tavolino il breviario e Macchia- 
vello, onde Al fornito di poca pietà. Ta- 
gliò dalle radici le guerre civili in Fran- 
cia, soccorse r Italia, pose in confusione 
Germania. Dominò per mezzo del terro- 
re nello spirilo del re, il quale lo slima- 
va, lo temeva e non lo amava ; e lo go* 
"Vernò anche dopo morto, poiché si può 
dire che il celeberrimo cardinal Mazza- 
rioi di Peseina (^.), il quale il successe 



Rie 2o5 

nel ministero, e fu da lui raccomandato 
a Luigi XIII come 1' uomo il più abile 
che potesse mettere alla testa degli alfa- 
ri e il meglio istruito negl'interessi dello 
stato, seguì il medesimosuo spirito quan- 
tunque con una tattica opposta. Nel la dot- 
trina fu eccellente e profondo, dal fonte 
della quale scelse due eminenze, cioè la 
teologia , e quella parte di filosofia che 
dicesi politica, rendendo colla prima ri- 
levanti servigi alla chiesa cattolica, e coi- 
Taltra elevando se stesso con seminar dis- 
sensioni e poi comporle a forza del pro- 
prio talento ed eloquenza, per conquistar 
queir estimazione pei gradi della quale 
non solo salì al cardinalato, mastrinseia 
pugno tutta la possanza del regno di Fran- 
cia. I suoi difetti furono esagerati dai suoi 
tanti emuli e nemici che gl'imputarono 
crudeltà, avarizia, vendetta e le immen- 
se ricchezze che lasciò. Personaggio sì ce- 
lebre meritava che molti scrittori ne com- 
pilassero la vita, onde abbiamo: Remigio 
du Ferron, Fila card, Armandi RicliC' 
lieUf Aurelia i636. Carlo di s. Paolo a- 
nonìmo, Histoire du ministere du card, 
de Richelieu , Paris i65o , Amsterdam 
1 664< Altro anonimo. Journal du card. 
Richelieu, Parisi 652: tratto dalle Memo* 
rie che il cardinal scrisse di proprio pu- 
gno durante la gran burrasca della cor- 
te. Serafino CoWioif II sagro eroe effigia» 
to nelle azioni del card, Richelieu^Pans 
1 626. M. D. P., Fila card, Richelii^ Pa- 
risiis i653. A. Aubeiy, Hist, du card, 
Richelieu, Paris et Cologne 1 660, ove nel 
1667 il medesimo pubblicò, Mémoires 
pour^hist, ec. Montchal, A/^/woiVe con- 
(enani des particularìtez de la vie, ec., 
Amsterdami734.M.L.C., Minisàredu 
card. Richelieu et Mazzar ini, Eaje 1718. 
Fernandez, Discorso politico de la vida, 
y echos del card, ec, Pamplona i64i- 
A. Tuurello,^itó o suo rirrfltfo,ec.,Bo- 
logna 1 643. R. Keuchenio in latino^ Co/i- 
fronto de* card, Richelieu e Mazzarini, 
Amsterdami667. A. R. Richard in fran- 
cese, Parallelo de'card, Richelieu e Maz- 



2o6 Rie 

zanni y Parigi 1 704 61716: e Parallelo 
delcard, Ximenes i .° ministro diSpagna 
e del card. Richelieu,ec.y Trevoux 1 764. 
C. Vìalard, HisL du ministere du card,, 
Lion 1662. G. Le Clerc, P'ie du card,, 
Amslerclaini646: è un'apologia de'pro* 
testanti, ed un ammasso di pregiudizi. 
Delie sue opere si hanno molte edizioni, 
come del suoTestamentopolUicOy ec., Am- 
sterdam 1687. 

R1CHEL1EU DU Plessis Alfonso Lo- 
dovico, Cardinale. Fratello maggiore del 
precedente, nacque in Parigi e nel 1 6o5fa 
nominato vescovo dìLucon, ma nones- 
sendo coiisagrato Io rinunziò a favoredel 
germano stesso, per ritirarsi fra 'certosini 
ove fu fatto visitatore dell'ordine, da cui 
contro sua volontà fu tratto da Urbano 
Vin, il quale nel 1626 lo promosse ad 
arcivescovo d' A ix edopodueanni lo tra- 
sferì a Lione, dove stabili molte chiese e 
monasteri pei religiosi de'due sessi; indi 
a' 19 novembre 1629 lo creò cardinale 
prete della ss. Trinità di Monte Pincio, 
titolo ch'ebbe quandoLuigiXIll lo man- 
dò in Roma per rilevanti affari, nei qua- 
li felicemente riuscì. 11 re lo nominò pre* 
cettore dell' ordine dello Spirito santo , 
provvisoredi Sorbona, decano di & Mar- 
tino di Tours, abbate commendatario di 
4 abbazie più nobili e pingui di Francia, 
e nel 1 63 1 gran elemosiniere del regno. 
Nella peste che fece strage in Lione, espo- 
se la propria vita per la salute dei greg- 
ge, visitando ogni giorno |a città distri- 
buendo generose limosine,ondeneirim- 
Diensa turba di miserabili in sì dolorosa 
circostanza ninno perì di fame. Con gran- 
de intrepidezza entrava ne'palazzide'ric- 
chi, non meno che ne' tuguri de* poveri 
infetti dal morbo pestilenziale, ministran- 
do loro gli estremi sagramenti, massime 
quello della ss. Eucaristia. Nel 1687 ^^ 
trasferì a Colonia per islabilire in nome 
di Luigi XIII la pace tra i principi d'Eu- 
ropa. Intervenne al conclave d'Innocen- 
zo X, e nel 1646 presiedè all'assemblea 
del clero tenuta in. Parigi. Con volto ila- 



RIC 

re e animo tranquillo incontrò la morte 
tra le braccia della sua chiesa di Lione, 
d'idropisia, a'23 marzo 1 653, d'anni 71, 
e fu sepolto nel tempio di quello spedale 
de'poveri, con epìtalfio veramente di e- 
dificante e sincera umiltà, che vivendo 
aveva scritto di propria mano ; in cui si 
legge, che nacque povero, giurò povertà, 
di morir povero e di voler essere seppelli- 
to tra' poveri. Ebbe riputazione di uomo 
chiarissimo per zelo religioso, per illiba- 
tezza e candore di costumi e pit>fondità 
di scienza , come dichiarò Urbano YIII 
nella bolla per l'arcivescovato d' A ix. Al- 
le altre sue virtù unì singolare accortez- 
za per ciò che riguardava il temporale di 
sua arcidiocesi , straordinaria saviezza e 
circospezione per quanto si apparteneva 
allo spirituale, non prendendo parte agli 
intrighi di corte. Nel i653 ne pubblicò 
in latino a Parigi la vita l'ab. Michele de 
Pare. 

RICHMOND {Richimondien). Città 
con residenza vescovile degli Stati Uniti 
d'America, capitale dello stato di Virginia 
e capoluogo della contea di Enrico, a 36 
leghe da Washington, sulla sinistra spon- 
da del JamesRiver a circa 5o leghe dal- 
la sua foce, ed immediatamente sotto le 
cascate di questo fiume, nel sito in cui co- 
mincia a farsi sentire la marea, ed in fac- 
cia al bel borgo di Manchester, col qua- 
le comunica per due ponti. Bellissima n'è 
la situazione esalubre, con circa 1 200 ca- 
se in pietra, tra lequali parecchie assai bel- 
le, e più di 700 in legno. Vi si osserva il 
Campidoglio o palazzo dello stato , Bib- 
bricato sul modello della Casa Quadrata 
o Maison Carrée a Nimes; il nuovo pa- 
lazzo della ragione odella giustiziarla car- 
ceredetta penitenzìeria^ la maestosa chie- 
sa episcopale eretta sulle rovine del tea- 
tro, e l'albergo del governatore : il teatro 
durante la rappresentazione prese fuoco 
a' 26 dicembreiSi i evi perirono 72 per- 
sone, onde in memoria di sì funesto av- 
venimento fu cretto un monumento in- 
contro la chiesa al teatro sostituita per vo- 



Rie 

to. Vi hanno templi gli episcopalìanì^bat* 
tisii, metodisti, quacqueri ed ebrei; casa 
d'elemosina o beneficenza, grande arse- 
nale, due mercati, scuola reciproca o lan- 
castriana, museo , biblioteca pubblica di 
più di 3ooo volumi, manifatture, gran 
magazzini di tabacco.Yi sono inoltre, am- 
pia fonderia di cannoni , fabbrica cons}* 
derevole d'armi, fucine di ferro, raffine- 
rie di zuccaro. La felice situazione della 
città sopra un fiume navigabile, pratica- 
to per evitare le vicine cadute del James, 
e il paese ricco di produzioni la rese una 
delle più. fiorenti e commercianti degli 
Stati Uniti. Copiosa è la marina mercan- 
tile, comodo è il porto fiuviale, assai fre- 
quentato per l'esportazione e peUraffico 
loterao. Col nome di Virginia si designò 
prima tutto lo spazio continentale del- 
l' America nord, che gl'inglesi propone- 
Tansi occupare, ma in seguito si restrin- 
se la significazione all'odierno stato. Wal- 
ter Raleigh l'impose alla regione in ono- 
re della regina Elisabetta, perché non fu 
maritata. Nel 1607 si fece il i.° stabili- 
mento nel territorio corrispondente allo 
stato attuale, ed al tempo della deposi- 
zione di Carlo I sì mostrò fedele alla mo- 
narchia, finché fu soggiogata dalle forze 
del parlamento. Gli abitanti assai soffri- 
rono dall'arbitrario governo britannico, 
onde insorsero. Durante la guerra di 7 
anni i francesi e gl'indiani loro alleati ca- 
gionarono disastri sulle frontiere della 
Virginia, onde nel respingerli che fece 
Washington nativo di questo stato, per 
la I .' Tolta si distinse e die saggio di quel- 
lo che fu poi. La contrada fu il teatro di 
diversi combattimenti durante la guerra 
deirindipendenza; i suoi abitanti spiega- 
rono molto patriottismo, come pure nel- 
la guerra deli8i2. Lo stato si divide in 
io5 contee, ripartite in orientali ed oc- 
indentali: Richmond appartiene alle pri- 
me, avanti della quale fu Williamsbur- 
go la metropoli di Virginia. Lo stato di 
questa forma la diocesi di Richmond, isti- 
tuita colla sede vescovile nel 1 820 da Pio 



Rie 207 

VII , dichiarandola suffiaganea di Balti- 
mora, come lo é tuttora. Vi deputò per 
I ° vescovo mg.' Patrizio Kelly irlande- 
se, quindi a'9 febbraio! 822 avendolo tra- 
sferito a Waterford in Irlanda, die la dio- 
cesi in amministrazione all' arcivescovo 
di Baltimora. Per richiesta deli' arcive- 
scovo Samuele Eccleston, fatta nel conci- 
lio provinciale di Baltimora del 1840, di 
cui parlai a Repubblica dicendo di quel- 
le di America, supplicò la s. Sede di vo- 
lere restituire un pastore a Richmond, e 
Gregorio XVI nominò a questa sede ai 
1 5 dicembre mg.' Riccardo Wehlan, al 
quale a'23 luglio i85o il regnante Pio 
IX die in successore l'attuale mg.' Gio- 
vanni Mac-Gill. Ecco lo stato della dio- 
cesi secondo le ultime notizie che mi fu 
dato conoscere, sebbene ritengo, che co- 
me negli altri stati delle altre repubbli- 
che d'America, a seconda di quanto ri- 
portai nel citato articolo, anche in questo 
stato ilcattolicismosia in tutto aumenta- 
to, così nelle. sue chiese e stabilimenti 
religiosi. Vi sono 7 chiese, cioè la catte- 
drale in Richmond , in Norfulk , Ports^ 
mouth,Martinsburg,Hospers-ferry,Bath 
s. Vincenzo, Wheeling. Vi sono case di 
educazione, cioè scuola gratuita di s, 
Vincenzo in Martinsburg, con suore del« 
la carità ed educandato; scuola per ledoiv- 
zelle in Norfolk, con suore della carità; 
orfanotrofio e scuola gratuita di s. Giu> 
seppe in Richmond, con suore della ca^ 
rità, orfanelle, educandato e donzelle e- 
sterne; infermeria in Richmond, con suo- 
re della carità; associazione benefica pel 
soccorso dègrindigenti in Norfolk. La po- 
polazione generalmente parla la lingua 
inglese, i cattolici superano i 7000. Da 
altra relazione rilevo, che le chiese era- 
noi2, le stazioni 5; il seminario diocesa- 
no con seminaristi; 5 scuole domenicali, 
ed una società di temperanza , oltre gii 
enumerati stabilimenti. 

RICTRUDA (s.), abbadessa di Mar- 
chienncs in Fiandra. Nacque in Guasco^' 
gna vei*so il 6149 di assai illustre famtf- 



io8 R I D 

glia. Sì rese commendevole per la tua pie- 
tà, ed unitasi in matrìmonio con Adabai- 
do, uno de' primi signori della corte di 
Ciodoveo II, n'ebbe quattro figli che al- 
levò nelle massime più sublimi della per- 
fettone, e sono presentemente onorati di 
culto pubblico; cioès. Mauionto abbate 
di Breuil in Fiandra, a*5 maggio ; la b. 
Clotsenda badessa di Marchiennes, a'3o 
giugno; 8. Eusebi a badessa di Hainay, ai 
i6 marzo; e la b. Adalsendu religiosa di 
Hamay, a' 4 dicembre. Adabaldo fu as- 
sassinato dai malandrini nel tornare di 
Fiandra in Guascogna, e la di lui santità 
è riconosciuta dalla Chiesa che l'onora 
a'a di febbraio. Essendo Rictruda ancor 
giovane, Glodoveo II le propose di pas- 
sare a seconde nozze, e le offrì per isposo 
uno de'suoi divoriti gentiluomini; ma el- 
la ricusò le proposizioni del re, e prese il 
^elo religioso dalle mani di s. Amando. 
Era qualche tempo che già per consiglio 
del medesimo8anto,ella a vea fondato una 
badia di uomini nella terra di Marchien- 
nes, diocesi di Arras. Appena di venula ve- 
dova ne fondò un' altra di donne nello 
stesso luogo, e ne fu eletta superiora, nel 
qual grado governò santamente quella co- 
munità per ben 4o anni. Poscia perai* 
tendere con maggiore libertà agli eser* 
cizi di pietà e di penitenza, depose il gra- 
do di superiora, qualche tempo prima 
della sua morte, che fu a' 1 2 maggio 688, 
Kieiretà di 74 anni. Il suo corpo si costo* 
disce in ricchissima arca presso i bene- 
dettini di Marchiennes,eil suo nome tro* 
Tasi in molti calendari locali e monasti- 
ci. Abbiamo la di lei vita in Mabillon e 
nei Bollandisti. 

RIDOLFI Nicolò, Cardinale.^acque 
in Firenze da nobilissima prosapia e ni- 
pote di Leone X , il quale scorgendo in 
lui bellissima indole, vivace ingegno, rara 
dottrina, versato nelle lingue greca e la- 
tina, di costumi integerrimi e fornito di 
tuttequelle qualità che concorrono a for- 
mare un principe ecclesiastico, dopo a- 
verlo insignito della dignità di.protpno- 



RID 

tarto apostolico, nel 1 .° luglio 1 5 1 7 lo creò 
cardinale diacono de'ss. Vito e Modesto 
nella sua più florida età, a Aida n dogli l'am- 
ministrazione del vescovato d'Orvieto nel 
iS^o. Ivi accolse poi nel dicembre 1527 
Clemente VII, quando fuggi da Roina,e 
lo ebbe a ospite per 6 mesi: nel sacco di 
quella città era stato dato in ostaggio ad 
Ugo Moncada. Quel Papa lo impiegò iu 
affari gravissimi e si valse de' suoi con* 
sigli, avendone per esperienza conosciu- 
to il valore e l'eminente sapere, congiun- 
to a costante e insigne pietà, che lo rese 
venerando a'piìi gran principi. Fino dal 
i524 l'avea fatto amministratore di Vi- 
cenza ed a rei vescovo di Firenze, dove nel 
i536/icevè 1* imperatore Carlo V : nel 
1526 gli aveva pure conferito la sede di 
Forlì, e nel 1 532 quella eli Viterbo, in cui 
per comodo e sollievo de' vescovi fabbri- 
cò fuori della città pi*esso Bagnaja un ma- 
gnifico palazzo e vi alloggiò nel 1 535 Pao- 
lo III, il quale lo nominò vescovo d'Imo- 
la e arcivescovo di Salerno. In questa ul- 
tima città nuovamente ospitò con regia 
magnificenza Carlo V , ed a suo tempo 
il corsaro Barbarossa voleva sacdieggiar- 
la. Fece gran bene alla chiesa d'Imola ; 
quantunque assente vi celebrò il sinodo, 
e introdusse i canonici lateranensi. Ri- 
nunziò la mitra di Firenze con regresso 
a Bondelmonte, onde alla sua morte nel 
1 543 ne riassunse il governo, che poi nel 
1548 cede ad A Uovi ti. In Vicenza re- 
staurò dai fondamenti e ornò l'episcopio, 
governandone la chiesa 1 6 anni, ma sem- 
pre assente. Paolo 111 gli die incomben- 
za di riformare la cancelleria apostolica. 
Fu legalo a lalere della provincia del Pa- 
trimonio , e di Roma nell'assenza di tal 
Papa. Intervenne a 4 <2oncla vi, nell'ulti- 
mo de'quali pel credito che godeva pres- 
so il s. collegio, e per le ingiunzioni che 
Paolo 111 aveva date al nipote cardinal 
Farnese, dovea esser Papa; ma fu colpito 
dalla morte ne'primi del i55o, nello sles- 
so giorno in cui era stato concordeuien- 
te determinalo di elevarlo al pontificato. 



RID 

Le sue ceneri trovarono riposo nella chie- 
sa di s. Agosti no, dove giacciono senza al- 
cuna memoria. Possedeva una scelta bi- 
blioteca, piena e ricca d'antichi volunii,da 
lui con grandi spese, sommo ardore e in- 
dustria raccolti. Fu chiamato da Giaui* 
celli, lo splendore del suo secolo. 

RIDOLFI Ottavio, Cardinale. Pa- 
trìzio fiorentino, illustre e chiaro non solo 
per generosa Bobiltà, ma più per eccel- 
lenti virtù, dopo aver lodevolmente eser- 
citata la vicelegazione diFerrara, nel 1 6 1 2 
da Paolo V fu promosso per nomina del 
re di Spagna alla chiesa d'Ariano, a cui 
recò immensi benefizi ; tra le altre cose 
ristabilì il seminario giàchiuso e abban- 
donato , restaurò l'episcopio , abbellì il 
fonte battesimale, fece costruire nella cat- 
tedrale un pulpito di vago disegno, e nel- 
la cappella da lui fondata pose la statua 
di marmo di s. Ottone protettore di A- 
riano; promosse l'ecclesiastica disciplina, 
ed ebbe una tenera carità pei poveri.Quin- 
di dopo vari governi, con integrità e giti- 
stizia amministrati, co' meriti dell'antica 
divozione di sua famiglia a casa d' Au- 
stria, ad istanza degl' imperatori Ferdi- 
nando II e Mattia,. a'5 settembre i532 
Gregorio XV lo creò cardinale diacono 
di s. Agata, e poco dopo dallo stesso Pa- 
pa fu trasferito all'ordine de'preti col tito- 
lo di 8. Agnese in piazza Navona, e fatto 
vescovo di Girgenti. Favorì l'elezione di 
Urbano YIII, che gli assegnò la protei- 
toria de' monaci di Monte Vergine. Pel 
candore de'suoi costumi, prudenza e be- 
nignità, fu universalmente applaudito ed 
amato. Se nonché governata appena la 
nuova chiesa 26 mesi, la morte l'involò 
da questa terra nel 16249 con generale 
lutto, nell'età di 4^ anni, e fu sepolto in 
quella cattedrale presso all' altare mag- 
giore, senza funebre memoria. Però il di 
lui fratello p. Ridolfi generale dei predi- 
catori , nella metropolitana di Palermo 
gli eresse un monumento marmoreo e con 
magnifico elogio. 

RIDOLFO (s.), arcivescovo di Bour* 

VOI.. LVII. 



RID 209 

ges. Uscito del sangue reale di Francia, 
e figlio di Ridolfo conte di Quercy e si- 
gnor di Turena. Rinunziato a tutte le spe- 
ranze che poteva avere nel mondo, entrò 
nel chiericato l'anno 828,6 fu eletto ar- 
civescovo di Bourges ueir84o. Fondò 7 
monasteri , e mostrossi zelantissimo per 
la riforma degli abusi introdotti nella sua 
diocesi , pubblicando per istruzione del 
suo clero una raccolta di canoni, la qua- 
le conosciuta sotto il nome d* Istruzione 
pastorale, si trova nel t. 6 della Miscela 
lanea di Baluzio. Morì neir866 a'2 1 di 
giugno, nel qual giorno si celebra la di lui 
fe«ta. 

RIDOLFO, Gir/2i>ta2e. Nel privilegio 
da Giovanni XIX detto XXdel 1024 con- 
cesso al patriarca di Grado, si trova tra 
i cardinali sottoscritto : Ridolfo indegno 
prete e abbate del monastero di s. Lo- 
renzo. 

RIDOLFO,Car£2i/i^i/e.ImolesecheO- 
uorio II nelle tempora di dicembreii26 
creò cardinale diacono di s. Maria.in A- 
quiro e poi vescovo d'Or te. Sottoscrisse 
un diploma d'Onorio II a favore di Mar-, 
cantonio conte di Montemarte e diOiia<* 
no, e la bolla d'Innocenzo II spedita nel 
1 1 35 pel monastero di s. Benedetto di 
Mantova. 

RIDOLFO, Cardinale» Romano crea- 
to cardinale diacono dis. Lucia in Septi- 
solio da Celestino II nel dì delle Ceneri 
1 144* Ritenne la diaconia per quasi 25 
anni, nei qual tempo si mostrò costante 
seguace del legittimo Papa AlessandroIU, 
contro gli sforzi dell'antipapa Vittore 1 V, 
e contribuì alla elezione di 4 Pontefici. 

RIDOLFO, Cardinale. Francese ear- 
cidiacono d'Arras, meritò che Innocenzo 
III del 1 198 lo creasse cardinale e vescov 
vo d'Arras. Si legge nella GaWa christia» 
na^ che morì nel 1 220, ed ebbe sepoltu- 
ra in Arras nella chiesa della B. Vergi- 
ne, ove gli fu eretto un avello di metallo, 
in cui sono scolpiti alcuni versi. 

RIDOLFUCCl Luca, Cardinak. V. 

GENTni. 

i4 



2IO 



RIE 



RIETI (Reatin). Glia con residenza 
fesco vile dello sialo poolificio, nella le- 
gazione deli' Umbria (f'.), capoluogo del • 
Ja provincia e delegazione apostolica dei 
suo nome, nella quale si comprende l'an- 
tica e celebi*e Sabina (^•), per cui i pre- 
lati delegati s' inlilolano , delegali della 
provincia di Rieti e Sabina. I geografidi- 
cono limitala questa delegazione al nord 
da quella parte dell* Umbria cbecompo* 
ne la delegazione di Spoleto, all' est dai 
regno di Napoli, al sud ed al sud-òvest 
dalla Comarca di Roma, ed all'ovest dal- 
ia delegazione di Viterbo» dalla quale la 
separa il Tevere. 11 corso di questo fa- 
migerato fiume contrassegua la divisione 
antica fra le due praviucie della s. Sede 
del Patrimonio o Viterbo, e della Sabi- 
na, la quale si estende verso l'est a sini- 
stra del fiume,sino alle montagne dell'A- 
bruzzo che formano una parte dell' À- 
pennino, dalle creste de'monti Telrici si- 
no al rinomato Velino, il paese è gene- 
ralmente montuoso, coperto da una ra- 
mificazione occidentale degli Àpennini , 
appartiene intieramente al bacino del Te- 
vere, dopo il- quale il primario coi*so di 
acque é il Velino, che non corre se non 
nel nord- ovest, dove s'ingrossa del Salto 
o del Torà o Torano , indi si unisce al 
Nera poco lungi da Terni. Il territorio 
in clima sano è feracissimo in ogni gene- 
i*e di coltura, e le colline soprattutto sono 
abbondanti di pingui oliveti e di squisi- 
ti frutti. Le ottime traile dei Farfa , ed 
i roviglioni onde abbondano i torrenti , 
concorrono colle pescóse acque del Te- 
Tere e del Velino a sommiuistrai'e gra- 
diti cibi.Ne'montisi trovano curiosi ostra- 
citi e conchiglie; vi sono pure buoni mar- 
mi, belle breccie colorate, pietre focaie 
capaci di particolar pulimento, alabastri, 
ed ancora una miniera di piriti, che nel 
1 774sisperimenlò contenere oro, argen- 
to e ferro. 11 commercio si limita ai ce- 
reali, al vino di cui si fa copiosa esporta- 
zione, all'olio di oliva, ed al bestiame cor- 
nuto, espej2ialmenteal bestiame poi'cino» 



RIE 

alia seta, al legname, e ad altri generi, 
poche essendo le manifatture. Dopo ave- 
re il Realino ed il Sabiuese seguito i de- 
stini del romano impero, patirono le fil- 
iali irruzioni de'barbari e da loro furono 
dominati, ed i longobardi ne formarono 
un Castaldalo oGastaldalo dei ducato di 
Spoleto (f^.), venendo i Castaidati chia- 
mati anche Ministeri, e Masse come tal- 
fòlla nei Realino , i quali presiedevano 
a città e luoghi di minor popolazione, 
nella principale fiicendo residenza il Ca- 
staldo o Gastaldo , custos hontitium. A 
questi si affidava dai re il governo econo- 
mico delle loro ville e corti, la direzione 
degli uomini liberi e de'servi che vi erano 
addetti, l'amministrazione della giustizia, 
dei governo politico e l'ispezione milita- 
re. Divennero soggetti di somma consi- 
derazione, ed in certo modo eguali ai Du- 
chi {V.) e talvolta vi divenivano, come 
pure furano sollevati all'onore di Conti 
(/^.). Per comandarci re con maggior di- 
spotismo, ai castaidi affidai*ono il gover- 
no civile e militare di non poche città del 
regno longobardo, nelle quali non era 
il duca o non si voleva porveio ; in tal 
caso il castaido ivi era il supremo magi- 
strato. In generale i castaidi erano sog- 
getti al duca e a lui rendevano conto del 
loro operalo : tali erano i castaidi dei du- 
calo di Spoleto, amovibili, almeno ogni 
anno. Palleschi, Memorie del ducato di 
Spoleto, p.i44) diceche Rieti, città com- 
puta la nei tempi di mezzo nei cuore del- 
la Sabina, era castaldalo insigne, per cui 
il nome del suo castaido si trova regi- 
stralo in tulli i contratti della Sabina , 
appellalo sempre Wr magnificus , titolo 
che non si da va agli altri castaidi. Ne'pri- 
mi tempi de' re Carolingi si vede osser- 
vata la stessa pratica di descrivere il no- 
me dei castaido di Rieti, dopo quello dei 
duca di Spoleto in ciascun monumento 
della Sabina , finché poi di rado fu no- 
tato il nome del duca e mai più quello 
dei castaido o del oqnte di Rieti. Aggiun> 
gè Falleschi, p. i45/^;ti} 373, che anco 



RIE 

in questo castalda to reatino si distinse la 
pietà e la munificenza de'duchi di Spo- 
leto e di altri magnati longobardi Terso 
la nobilissima abbazia di Farfa (V\ dì 
cui parlai ancora a Poggio Mirteto^ ed 
a Pbesidati dicendo del Farfense o di 
$. Vittoria , eziandio con beni posti nei 
territorio di Rieti e di altri castalda ti con- 
finanti. La topografia del castaldato di 
Rieti la pubblicò Galletti nelle Memorie 
di tre antiche chiese di Rieti denominate 
di s. Michele arcangelo al ponte, s. Aga» 
ta alla Rocca e s,Giacomo,'Roma 1 765. 
Questo dotto scrittore, Del Primicero, p. 
ao7,riporta un documento di Ambone di 
Remedio scabino di Rieti del 958, edice 
che il castaldato di Rieti era governato dal 
suo Castaldo, dicbiarando cbe gli scabini 
erano giudici minori delle città, i quali si 
eleggevano dal popolosa differenzadi quei 
Giudici^ F,) che si diceva no sacri palatii, 
i quali erano eletti dal solo re o impera* 
toi*e, e perciò s'intitola vanoyWzce^^b/nni 
regiset domniimperatorisye talvolta an- 
cora judices palatini. Altre notizie sulla 
topografia del castaldato reatino ripor- 
ta il citato Fatteschi, avvertendo cbe in 
Rieti vi fu pure il duca, in mancanza del 
quale suppliva il temporario castaido. 
Nondimeno osserva che pochissimi ca- 
stelli s'incontrano a' tempi barbarici nel 
territorio reatino , particolarmente fino 
al secolo X, manifesto contrassegno del* 
la ferocia distruttiva de'barbari invaso- 
ri; quindi enumera i castelli e villaggi del- 
l' agro reatino, incominciando da quelli 
degli aborigeni, anche a p. 225. Inoltre 
nota, che le antiche città e castella non 
molto distanti da Rieti, le quali ebbero la 
disgrazia d'essere maltrattate da'barbari, 
furono anche opportunamente riattate, 
ritenendo tuttavia il loro essere, ed un po- 
polo competente, quelle furono cbe ai 
lempi longobardici fecero una figura di- 
stinta nella Sabina e nel ducato diSpoleto. 
Dice aver trovato, che a molte di queste 
presiedeva un castaido e che i loro benché 
pioGoli territori! sono dichiarali ne'monu- 



RIE 211 

menti veri castaldati ; indi s'incontrano 
nell'antiche carte Castaldus et Castalda- 
tus Interocrinus, Amiterninus^ Fatagri- 
nensìSj Namatensis, Ophiani, oltre alTo- 
rano, Pontano,ec. Ignora però se questi ca- 
staidi che presiedevano a città e luoghi di 
minor popolazione, avessero qualche dì- 
pendenza dal castaido di Rieti, o se fos* 
sero di egual dignità e giurisdizione. E' 
però vero che tali castaidi de'piccoli luo- 
ghi nominati s' incontrano spessissimo 
presenti ai placiti più solenni nel ducato, 
insieme co'castaldi delle principali città, 
ed in essi pronunziare il loro giudizio e 
decidere unitamente le cause, sembrando 
da ciò potersi credere, che tutti i castai- 
di come i duchi godessero l'islesso gra- 
do d'autorità e la medesima onorificen- 
za. Benespesso tali castaldati sabinesi nel 
Reatino,distinti talvolta col nome di Giù- 
diciaria e spessissimo con quello di Mi' 
nisteriumj si vedono notati or col nome 
di Masse, leggendosi invece di castalda- 
to. Massa Interoctina^ Massa Amiterni- 
na. Massa Nautona, Massa Novertina, e 
Massa Capitana , intendendosi con quei 
nome di Massa il complesso di tutto il 
distretto del castaldato ; ed or coi nome 
di Pago, il quale comprendeva egualmen • 
te il circondario tutto della ci ttào castel- 
lo in cui risiedeva il castaido, leggendosi 
di sovente ne' monumenti di Farfà, in ve- 
ce di Castaldatus,Pagus ReatinuSf Pagus 
Sabinensis, Pagus Amiterninus, Pagus 
FurconinuSy ec. In processo di tempo di- 
venuto il Reatino e ii Sabinese dominit 
temporali della chiesa romana, i Papi ii 
governarono per mezzo dei loro ministri 
rettori e poi di prelati governatori, men- 
tre de' rettori di Sabina parlerò a quest'ar- 
ticolo. Nelle Notizie di Roma del secolo 
passato e de'primordi del corrente si pos- 
sono leggere i nomi de'prelati governa- 
tori di Rieti e delsuo territorio e distret- 
to. A Delegazioni apostoliche , narrai 
clie il governo di Rieti con residenza dei 
prelato governatore, era nella provincia 
dell'Umbria,, non perctiè all'Umbria ap- 



Ili RIE 

parteneMe, come notò Fatteschi contro 
l'asserto del p. BetTetli; e che Sabina era 
la 6.* provincia, con prelato governatore 
e luoghi di feudi baronali. Dissi che Pio 
VII istituì le delegazioni, ed a Rieti e Sa- 
bina die un prelato governatore che in« 
sieme legovernasse, comprese le loro giù* 
lisdizioni e distretti. Che nel 1809 occu- 
patosi dai francesi d'ordine di Napoleo- 
ne lo stato pontificio, Rieti fu dichiara- 
to capoluogo di circondario nel diparti- 
mento di Roma, e si riguardò qua! me- 
tropoli della Sabina, imperocché la vera 
Sabina , ossia V alta Sabina comincia da 
Rieti , e si estende verso Roma , laonde 
questo nome si dà impropriamente a di- 
Tersi luoghi. Ritornato Pio VII nel 1 8 14 
sul suo trono, nella nuova divisione del- 
le Provincie, tra quelle di terza classe vi 
comprese la Sabina, e tra le nuove dele- 
gazioni da lui istituite vi annoverò Rieti 
con prelato governatore residente che e- 
ziandio governò la Sabina , con due as- 
sessori, e la congregazione governativa 
composta di due consultori della provin* 
eia e del segretario generale; con tribu- 
nale dii.' istanza compostodi 3 giudici, 
de'difensori de' rei e del procuratore fi- 
scale; la direzione di polizia, Tassessora- 
tocamerale, la soprintendenza di dogana, 
la direzione del bollo e registro, il con- 
servatore dell'ipoteche, l'ingegnere pe'Ia- 
Tori d' acque e strade : piò pel distretto 
di Poggio Mirteto in Sabina, il governa- 
tore, il preposto del bollo e registro tan- 
to in detta città,. che in Magliano e Ga- 
nemorto. Dipoi nel 182 7 Leone XII fece 
un più regolare riparto dello stato pon- 
ti fido, ri unì la delegazione di Rieti a quel- 
la di Spoleto, con quelle particolarità che 
notai a 'Delegazioni, con residenza del 
prelato delegato a Spoleto, ed in Rieti il 
suo luogotenente e il pretore : ivi inol- 
tre riportando anche quello del 1 83 1 di 
Gregorio XYI. Questo Papa ristabilì la 
delegazione di Rieti, al modo narrato nel 
Tol. XIX, p. 2 1 2, co'due distretti di Rieti 
e Poggio Mirteto, i governatone il nu- 



Ri£ 

mero della popolazione della provincia, 
la quale è da quell'epoca aumentata. Ta- 
li disposizioni sono in vigore, con 4 con- 
sultori e il tribunale di I.' istanza, none- 
sislendo piò il governo baronale di Ma- 
glianOj tolto dal regnante Pio IX, il qua- 
le come registrai nel voi. LUI , p. 229, 
nel novembre i85i istituì la legazione 
dell'Umbria e vi comprese la delegazio- 
ne di Rieti , colle relative disposizioni e 
quelle sulle comuni, di cui parlai ancora 
a Gonfaloniere e meglio a Priore {V), 
Ma de'numerosi luoghi tanto del distret- 
to di Rieti , che del distretto di Poggio 
Mirteto, per unità d'argomento, parlerò 
di tutti a Sabiua, ove diròdi moltissime 
notizie storiche e poUtiche che riguarda- 
no Rieti e il Reatino, essendo state co* 
munì le vicende, per cui neli' accennare 
qui poi le principali della città di Rieti, 
sarò di conseguenza breve, onde non fai*e 
inutili ripetizioni. 

Rieti, Reale, nobilissima e antica città, 
giace in ameno colle sulle due rive del 
Velino che la divide dal borgo, nel qua- 
le poco lungi confluisce il Torano che di- 
scende dai monti sabini, che poscia uni- 
to a varie sorgenti, in un largo seno ri- 
stagna, formando il lago di Piedi luco. La 
parte piò antica occupa la schiena più 
eminente del colle, e la piò moderna si 
dilata sul piano; con un circuito di 3 mi- 
glia, in cui sono 4ooo case e circa 1 1 ,000 
abitantijSecondole proposizioni concisto- 
riali del 1 834 e del 1 849} Amendola nella 
1.' chiamata Gregorio XVI Fideiissùna 
Reatina Civitas. £* sede del prelato de- 
legato edelle autorità civili, amministra- 
tive e militari della provincia é delega- 
zione, intitolandosi i delegati apostolici, 
delegato della provincia di Rieti e Sa- 
bina. Cinta di mura , ha nobili palazzi 
delle molte e distinte famiglie patrizie che 
contiene, e fra' palazzi che primeggiano 
per architettura nomineròquelli de'Vin- 
centini nella così detta piazzetta, e il pa- 
lazzo de'Veochiarelli; vie bastantemente 
regolari con piazze, due essendo rimar- 



RIE 

chevoli e decorate di fontane ; un con ve- 
niente teatro» e diversi importanti edifi- 
zi, come il palazzo del municipio. La cat* 
tedrale grandiosa ha 3 navi, nella cui tri* 
buna il bellunese cav. Paoletti eseguì neh 
Je pareti pregievoli affreschi : è insignita 
del titolo e prerogative di basilica, il tut- 
to confermato da Gregorio XVI nel 1 8 Sg. 
Per eccellenza è chiamata di s. Maria, 
come lo fu anticamente il vescovato, per 
venerarsi la B. Vergine Assunta in cielo 
qual litolare della medesima e quale pa- 
trona della città, onde la sua veneranda 
effigie si vede ne' sigilli degli antichi ve- 
scovi» e fu dipinta nel muro del maggior 
altare sotto l'invocazione della Madonna 
del popolo. La decorosa cappella di que- 
sto nome era appunto prima il maggior 
altare, ed il vescovo Domenico Lutani la 
rinnovò sull' antica forma. Neil' altare 
principale isolato, secondo il rito delle 
basiliche, vi é in grande venerazione sot- 
to l'ara massima il corpo di s. Barbara 
(f^.) vergine e martire, oltre altre san- 
te reliquie. Il gran tabernacolo della cap- 
pella del ss. Sagra mento è tutto ornalo 
di alabastri, agaie e diaspri. La cappel- 
la di 8. Caterina fu rinnovata in bella 
scagliola dal conte Vincentini Sardi. La 
cappella di s. Barbara è ricca di buoni 
marmi, ed il valente pittore cav. Anto- 
nio Goncioli in due quadri rappresentò 
il martirio e la morte di s. Barbara. Di 
questa santa tutelare de' reatini e di al- 
tri popoli» come delle milizie, delle for- 
tezze e singolarmente di quelli che ma- 
neggiano le artiglierie, ciò che rilevai nel 
Tol. XLV» p. 1 14> d'uditissime notizie si 
leggono nelle Memorie di s. Barbara (^. 
e m, di Scandriglla detta di Nicomedia, 
protettrice principale della città e diocesi 
di Rjetiy raccolte ed esaminate da mg,r 
Saverio Marini vescovo della stessa cittày 
dissertazione^ Foligno 1 788, 1 806. Il dot- 
to prelato dimostrò , che la san la fu di 
greca origine , ebbe ì natali in Nìcome- 
dia di Bitinia, ma che poi il suo domici- 
lio fu trasferito in Scandriglia, comune 



RIE :ii3 

della diocesi di Sabina , nel distretto di 
Rieti, ove dimorò successivamente, pati 
il martirio e fu glorioso il di lei sepolcro, 
dalla quale terra venne traslato il sagro 
suo corpo a Rieti. Il Marini è d'opinio- 
ne, che sia stata dal padreDioscoro mar- 
tirizzata in Sabina e precisamente a Scan* 
driglia, dove per antica tradizione si mo* 
stra tuttavia illuogodel suo martirio, nel 
tempo che Dioscoro erasi recato da Nico- 
media alla corte dell' imperatore Massi- 
mino, ed avea forse acquistato un subur- 
bano in Scandriglia. Per quanto lontane 
sembrino le congetture di mg.' Marini» 
contro il quale scrisse il celebre Zaccaria» 
pochi anni addietro fu ritrovata inScaa- 
drìglia una lapide sepolcrale , con greca 
iscrizione di forme cristiane del IV secolo 
circa, nella quale si ricorda che un padre 
infelice pose quel monumento al figlio suo 
morto d'aneurisma. Questa lapide fu re- 
galala al cav. Bianchi architetto del son- 
tuoso tempio di s. Francesco di Paola in 
Napoli y nella qual metropoli egli la portò 
collocandola nel museo Borbonico , e fu 
illustrala dal prof. Quaranta. Orcomun- 
que lontana sia l'induzione, ella vale pur 
qualche cosa per significare, che come un 
greco cristiano presso al tempo di s. Bar- 
bara si trovava in Scandriglia, così noa 
diviene improbabile che vi si fosse anche 
recalo Dioscoro colla sua figlia da Nico- 
media. Certo è che s. Barbara in piii so- 
lenni modi fece sempre sperimentare il 
suo patrocinio ai divoti reatini, massime 
con esentarli ab immemorabili nella cit- 
tà, dai danni de' fulmini e de' terremoti. 
Questo tesoro si vollero procurare i reati- 
ni, perchè nella cattedrale aveano se non 
il corpo, almeno le reliquie di s. Giuliana 
compagna di s. Barbara, onde si recarono 
di foi*za a prenderla in Scandriglia, o per* 
che vi possedessero de'fondi, o pei diritti 
di loro patria una volta capitaledellaSa- 
binQj come riferisce Jodoco, Italicae de- 
scriptio; Beate Sabinorum quondam ca^ 
pitt episcopali titulo insigni^ e ricorda il 
p. Maroni, De Episcopis Beatinis^f.iS. 



ii4 RIE 

Ciò avtreime prima del 969,0 almeno a- 
vanti il 1 1 1 7> collocandola nella catte- 
drale di Rieti. Quindi frequenti furono 
i pellegrinaggi divoti de' popoli i più ri« 
moti a Rieti, per venerare s. Barbara, di 
che vi sono memorie che risalgono al seco • 
lo XIV. M/ Marini confuta quelli che as- 
seriscono venerarsi altrove il corpo di s. 
Barbara figlia di Dioscoro, la quale ha i 
segnali della palma pf\ conseguito mar- 
tirio, della torre per quella che prodigio- 
samentesiapri quand'ella fuggì alla mon- 
tagna , quando il padre voleva ucciderla 
per professare la fede cristiana, di cui era 
fiero nemico. Soltanto la testa fu deruba- 
ta dai francesi, dai quali la ricevè s. Ber- 
nardo e poi donò a Genova ove si vene- 
ra. Goncbiude che le altre ss. Barbara 
sono diverse da questa. Abbiamo di Ga- 
briel Naudaeus, Tabularii majoris tem» 
pli Reatini instauratio, Romae 1 646. Si 
legge pure nel t. 9, p. 8 del Burmanno, 
arricchito di doppio indice, venendo mol- 
to lodato dal Maffei nella Storia o arte 
critica diplomatica^ e serve mirabilmen- 
te ad accrescere lo splendore della città 
di Rieti, sia per illustrare diverse celebri 
fiimìglìe dimenticate , sia per riordinare 
la serie de'suoi vescovi. Vi si addita l'u- 
bicazione di molte chiese , onde un tale 
lavoro sarebbe giovevole a chi volesse ac- 
cìngersi ascrivere gli annali di Rieti, li 
capitolo della basilicacattedrale di s. Ma- 
ria ha la dignità dell'arcidiacono e si com- 
ponedi 1 5 canonici, comprese le prebende 
del teologo e del penitenziere, di 1 3 be- 
neficiati e di altrettanti chierici beneficia- 
ti, non che di altri preti e chierici addet- 
ti al divino servizio. La dignità ed i cano- 
nici hanno le ipsegne corali della cappa 
magna col rocchetto, colle fodere d'armel- 
lino neir inverno; i beneficiati la cappa 
qon pelli cenerine. Un canonico per con- 
corso approvato nella cattedrale ammi- 
pistra la cura d'anime, coadiuvato da un 
altro prete. In essa non vi è il fonte bat- 
tesimale, ma nella prossima chiesa di s. 
pio. Baltista^ed è l'unico della città. L'e- 



Rl£ 

piscopio, buono edifizio, è prossimo alla 
cattedrale. Quanto al capìtolo ed all'an- 
tica vita canonica professata già dai ca- 
nonici, ecco le erudizioni che leggo in Ga • 
rampi. Memorie della b. Chiara, p.54^} 
ettratte da lui nel loro archivio. Antica- 
mente furono delti sacerdoti e custodi j e 
ne produce i documenti del IX, X e XI 
secolo. La I.* menzione di canonici si os- 
serva in un placito del 1 oa3, estratto dal 
registro Farfense e tenuto nel vescovato 
di Rieti , dove intervennero Petrus Ar* 
chypreshittr , Azo Canonicus et Cardi- 
nalis^Adam Presbyteret Canonicus, Be- 
nedictus Presbyter et Cardinalis. Cosi in 
altre carte del 1 122 e seguenti anni tro- 
vansi parimenti detti canonici. Da una 
bolla d' Alessandro IV del 1^54 si rac- 
coglie, che anticamente i canonici e il 
vescovo aveano comune e mensa e refet- 
torio , e che alìqui ipsorum in comuni 
domi . . . solebantj che poi (dovrebbe dir 
prima ) al tempo di Gregorio IX , inler 
se bona hu/usmodi diviserunt, certa ipso • 
rum parte dicto Episcopo ... ipsis cano- 
nicis adinvicem assignata. Che in appres- 
so seguì un'altra divisione, la quale è for- 
se quella stessa, che si ha in un istromen- 
todel i249> ^^^^ ridotti tutti i beni in 
una sola massa, ne furono fatte 4 porzio- 
ni, ed una se ne diede al vescovo, le altre 
ai canonici. Volle però Alessandro IV, che 
ridotto il tutto ad pristinum statum, Epi- 
scopus et canonici reatini, omnibus bonis 
ipsius ecclesiae, (juae taliler divisa fue- 
rantyin conimune redacùs, perpetuo co- 
medant , et conversentur insimul , sìcut 
prìusj siccome da maestro Bernardo del- 
la Penna commissario apostolico nel feb- 
braio del 1259 fu eseguito. Ma perchè i 
canonici non si quietarono a queste ze- 
lanti premure d'Alessandro IV, ricorse- 
ro a Urbano IV, il quale con bolla de'28 
ottobre 1261 commise, che si riducesse 
il tutto in pristino, sulla forma cioè del- 
la divisione ch'erasifattaa tempo di Gre- 
gorio IX, volendo peraltro, ^/^orf iidern 
Capituluni simul comedant, ac idem E' 



RIE 

piscopos in hujusmodi mensa communi 
alienando exquadam comedathonesla- 
ie^juxta ordinatìonem ipsam supradicti 
Gregorio Riguardo poi alla disciplina dei 
canonici, nelle loro costituzioni fette do- 
po la 3.' divisione de' beni nel i25o, sì 
trova mentovato il chiostro della cano* 
iiica e il modo delle loro distribuzioni. 
'» Quacumque die defuerint ab hiis tri- 
bus borisy scilicetMatutino, Missa, et Ve- 
speris, vel etiam tantum ad duabus ex 
ipsis, ìlla die nifail percipiantdeoblatio" 
nibus altarìs, aut de cellario, aut de vi- 
no. Si autem duobus diebus se absenta* 
verìnt in horis predictis,priventur quarta 
parte de redditibus molendinorum,quae 
ipsos in edogmata illa contigeret ; ac si 
tribus diebus vel ultra defuerint, priven- 
tur in totum quod eis contigeret in edog- 
mata emergenter; excepta tamen una die 
quae eis sicut aliis in qualibet edogmata 
indulgetur;excepto etiara triduo minutio- 
nis, et edogmata medicinae, vel si essent 
intra civitatem Reatinam infirmi, aut si 
sealiquando de licentia Episcopi absen- 
tarent". Altre costituzioni furono anche 
stabilite neli4749^B''^ ({mM però nulla 
apparisce, che possa concernere il convit- 
to che allora si teneva nella canonica. In- 
oltre Garampi a p. 526 riporta un an- 
tico ordine della Messa , egualmente ri- 
cavato dall'archivio capitolare di Rieti. 
De' beni delle chiese di Rieti e sua dio- 
cesi, e loro qualità ecclesiastica, parla Ma- 
rini a p. 233 e seg. 

Nella città vi sono altre 8 chiese par- 
rocchiali, e fra le più belle chiese s. Sco- 
lastica si distingue per l'architettura; al- 
tre chiese appartengono alle confrater- 
nite. Vi sono i conventi e le chiese de'do- 
menicani, cappucciili, conventuali, rifor- 
mati, crociferi, scolopi e agostiniani; non 
che i monasteri e le chiese delle benedet* 
tine e domenicane, tre monasteri di eia- 
risse, le religiose del Bambin Gesù, le Bi- 
gnole, le maestre pie, delle quali leggo in 
Novaes, che Benedetto XIV nel 1 74? se- 
parò dai dottrinari di s. Agata la chiesa e 



RIE 2i5 

casa di s. Paolo di Rieti, che donò alle me- 
desitne maestre. Gli stabilimenti di pub- 
blico insegnamento e beneficenza sono, il 
seminario, il i.^che fu fondato immedia- 
tamente dopo il concilio di Trento , ed 
ove nel 1 834 eranvi i5o alunni, come è 
detto nella proposizione concistoriale ; il 
liceo o ginnasio comunale; un istituto a- 
grano pegli or&ni: abbiamo, Per la so» 
lenne instkuzionee apertura della socie- 
tà economico -agraria della provincia di 
Rieti e Sabina^ discorso pronunziato il 
dì 1 3 febbraio 1 84 1 da mg» Bartolomeo 
Orsi delegalo apostolico epresidente del- 
la medesima^ Rieti per Salvatore Trin- 
chi 184 '• Inoltre vi é un istituto pei po- 
veri vecchi artisti impotenti al lavoro, il 
monte di pietà, un reclusorìo per le po- 
vere orfane, l'ospedale comunale in cura 
de'religiosi benfratelli, una casa di rifu- 
gio per le convertende. Apprendo dal n.° 
7 della Gazzetta di Roma del 1 848, che 
a' 19 gennaio vi furono aperte le scuole 
notturne, per le sollecitudini del can. d. 
Pietro Micantelli , del conte Pietro O- 
doardo Vicentini, e di altri zelanti citta* 
dini. Vanta Rieti, con diversi storici, d'a- 
ver dato i natali in Falacrina di lei con- 
trada (che alcuni credono Ci vita Regale), 
ai grandi imperatori Vespasiano , e suo 
figlio Tito delizia del genere umano, ven- 
dicatore del deicidio commesso in Geru- 
salemme e tipo di clemenza : vogliono al- 
cuni, che ambedue morissero in una lo- 
ro villa ne'contornì di Rieti. Ughellipar- 
landodi Rieti dice: » Illustre vero, et con- 
spicuum e^t, illius cLves omnium virtù- 
tuni, atque artium genere ubique, et scra- 
per effulsisse, quorum alii literisperpoliti, 
alii armorum gloria celebres, alii sangui - 
nis claritate insignes , alii in republica 
moderanda spectati, alii incredibili con- 
stantia praediti, in religione Christiana 
olim suo sanguine confirmanda , omnes 
denique eximia ac summa fide in sedem 
apostolicam excelluerunt ". I santi e bea- 
ti della città e diocesi sono, s. Probo ve- 
scovo, s. Stefano abbate, s. Severo prete, 



ai6 RIE 

s. Marco vescoTo, s. Anatolia martire, b. 
Giovanni agostiniano, il di cui culto im* 
memorabile approvòGrfgorio A'^/(f^.); 
s. Bolduino abbatedi s. Pastore, della stir- 
pe de'conti de'Marai,al quale s. Bernar- 
do diresse parecchie sue lettere, veneran- 
dosi il corpo in Rieti ove fu ritrovato. Il 
b. Andrea di Monte Reale , s. Giuseppe 
da Lionessa, s. Vittoria martire, b. Gre- 
gorio agostiniano, s. Filippa Mareri , b. 
Colomba domenicana del terzo ordine e 
comprotettrice di Rieti, morta in Peru- 
gia nel monastero che ne prese il nome: 
Cancellieri nelle Campane^ p. 1 4> parlan- 
do della benedizione e imposizione del no- 
me, dice che ad una campana fu posto 
quello di s. Colomba. Il citato Galletti 
nelle Memorie riporta le notizie di di- 
versi antichi domicelli reatini, e che nel- 
la corte di Nicolòjll deli277 fiorirono 
maestro Paolo annoverato tra gli offi- 
ciali primari, e Tommaso ascritto tra i 
cappellani, pe'quali pubblicò il numero- 
so ruolo della Famigia di quel Papa, di 
cui io feci tesoro a Famiglia pontificia, 
perchè il piti antico ruolo palatino che 
«i conosca , onde intieramente lo ripro- 
dussi. Marini nelle Memorie^ a 1^.1^0 e 
.24 r , dicendo de'Iustri di Rieti, che ancor 
egli chiama patria de'tre Vespasiani im- 
peratori^ dai quali crede Baronio disce- 
so Costantino Magno, aggiunge, che del- 
lo splendore di tante sue famiglie fanno 
chiara testimonianza l'ordine gerosolimi- 
tano, l'attinenza con varie cospicue di 
Roma^ le baronali giurisdizioni che a suo 
tempo godevano anche in esteri dominii, 
prelati, nunzi; lodando gli antichi Mare- 
ri, insigniti di ordini equestri e preroga- 
tive. Rieti die al sagro collegio i seguen- 
ti cardinali, de'quali ne scrissi le biogra- 
fie : Odoardo Fecchiarelli, Ippolito An- 
tonio Vincenti' Marerì^ Benedetto Cap- 
pelletti ^ Francesco Tiberi. E' vivente il 
cardinal Nicola ClarelliParacciani vei^co- 
vo di Monte Fiascone, dignità conferita- 
gli da Gregorio XVI, il quale creò pure 
cardinali i due precedenti. Altri uomini 



RIE 

illustri reatini furono: Loreto Mattei poe- 
ta distinto, il quale tradusse il salterio. 
Can.^ Carlo Latini di Collalto diocesi di 
Rieti, in questa città fece lungo soggior- 
no, ed è autore d'un trattato delle Leg- 
gi canoniche^ civili e criminali. Il mar- 
chese Colelli. Per non dire di altri per- 
sonaggi illustri reatini, da ultimo eclissò 
in Rieti l'astro splendente della repubbli- 
ca letteraria, il cigno soave e canoro del 
Velino, il verace modello del /ef/er«fo c/i- 
stiano^ l'aureo amico di quanti egli chia- 
mò con questo dolce nome , il cav. An- 
gelo Maria Ricci patrizio romano, aqui- 
lano e reatino, che sebbene nato in Mo- 
polino nell'illustre provincia dell'Aquila, 
diocesi di Rieti, in questa ultima città fe- 
ce l'ordinario suo soggiorno nell'avito pa- 
lazzo, vi fu visitalo da eccelsi personaggi 
e scienziati, non che dal gran Ferdinan- 
do li regnante monarca delle due Sici- 
lie, che Io voleva istitutore del suo real 
primogenito erede del trono, evi rese lo 
spirito a Dio il 1 .^ aprile 1 85o d'anni 74. 
Nome immortale che per silenzio non i- 
scema, e per encomio non cresce. I rea- 
tini testimoni ed estimatori oculari del- 
le sue rfire virtò, come del vasto suo sa- 
pere, lo amarono in vita di amore sin- 
golare, considerandolo reale ornamento 
della loro patria; lo piansero sinceramen- 
te in morte, che deplorarono qual pubbli- 
ca calamità, con grido universale di duo- 
lo. Nella cattedrale gli furono celebrate 
con pompa straordinarie e solenni ese- 
quie con orazione funebre; e con raro e- 
sempio v'intervennero e presero parte l'e- 
gregio e rispettabile mg.'* vescovo, il cle- 
ro, il municipio, la nobiltà, la delegazio- 
ne co'magistrati che la compongono. Un 
senso di dolore si diffuse per l'alma Ro- 
ma, e per tutta la nobilissima Italia; var- 
cò mari e monti, e ne ritrasse eco di glo- 
ria imperitura pel defunto, comechè ca- 
ro a tutti, e da tutti sommamente ammi- 
rato. Ne perduto veramente può dirsi , 
chi sebben tolto allo sguardo mortale, vi- 
vrà sempre nel copioso novero dell'eccel- 



RIE 

lenti sue opere, in prosa eloquentissimo, 
ed in ogni genere dipoesin,così nellasu* 
Mime epopea, come ne' voli della lirica, 
nella flebile elegia, e nella didascalica io 
cui spiegò le leggi della natura e i canoni 
della morale. 11 suo genio fu sempre fe- 
condato dallo spirito religioso che emi- 
nentemente TinformaTa, massime in ce- 
lebrar le lodi di Colei che è Regina sine 
labe originali concepfa , con si magiche 
e attraenti concetti , che appellar si pò- 
Irebbe il Cantar di Maria^ come dichia- 
rò l'illustre e venerandosuo amico, mg/ 
Gio. Battista Rosani vescovo d' Eritrea, 
nella Biografia del cav. Angelo M, Ric- 
ci ^ Romai85o. 11 Ricci fu in somma un 
-vero portento, un complesso di virtù pub- 
bliche e domestiche ; benefico per natu- 
ra, gentile e cortese per cuore. Ebbe e- 
gli alto e perspicace T intelletto, fervida 
la fantasia, pronta e tenace la memoria; 
animo aperto ad ogni più candido afiet* 
to, ad ogni senso del bello: laonde merita- 
mente ottenne l'applauso dì quanti pote- 
rono sperimentarne le rare qualità, e ap- 
pi*ezzarne l'ingegno. Fra questi mi vanto 
anch'io di essere,e mi glorio possedere i &Q 
lettere autografedel grand'uomo, scritte 
tutte con elegante e argenteo carattere 
in lui ^migliare, che conservo e reputo 
(anche qual prezioso gioiello dell'onore- 
volissima collana delle ventiseimila a me 
indirizzate che custodisco, tutte ordinate 
con registro), equivalenti per me più che 
ad onorevoli diplomi, per le lusinghie- 
re espressioni di cui sono tutte ricolme, 
imperocché ritengo che il giudizio d' un 
cav. Angelo M." Ricci valga quello d'una 
accademia. Questo sfogo di ossequioso af- 
fetto e di gratitudine a si insigne lettera- 
to, dovea io depositarlo in questa mia o- 
pera, descrivendo il luogo illustre che gli 
III seconda patria , e ciò non solamente 
per la tanta deferenza ch'egli sì compiac- 
que con invariabile costanza diinostrar- 
uìi, mescendo persino le sue alle mie la- 
grime quando perdei il maggior figlio^clie 
celebrò co'suoi aurei versi \ ma eziandio 



RIE 217 

per il largo e amorevole compatimento, 
che concedeva a questo mio Dizionario, 
ed a segno, che tra le molteplici cui*e pri- 
vate e sociali, e tra le tante letterarie fa- 
tiche e corrispondenze epistolari, egli ap» 
pena giunto nelle sue mani ogni volume 
della mia opera, de' 49 che ricevette, lo 
leggeva da capo a fondo, e quindi eoa 
pronta lettera di tutti gli articoli, classifi- 
candoli, eruditamente mi ragionava e in- 
coraggi va nel mio disastroso e lungo cam* 
mino. Sempre si meravigliava con istu- 
pore, come Dio largamente mi aiutava per 
potere colle mie scarse forze e di per me 
solo elaborare tutti quanti gli articoli del- 
la mia opera , di così svariato argomen- 
to. Ciò non ricordo per vanità, ma perciié 
conosco che il divino datore e autore di 
tutto, con un dolor di capo o colla pun- 
tura d' un dito potrebbe troncar la con- 
tinuazione de'suoi gratuiti doni. Pertan- 
to, dolcemente commosso e penetrato,de- 
pongo riverente questa pubjjlica ghirlan- 
da sull'onorato marmoreo aveltoeretto* 
gli nella chiesa di s. Agostino di Rieti (e- 
gregiamente scolpito dalcomm.^ Giusep- 
pe de Fabris, ed elegantemente descritto 
dal p. Checcucci delle scuole pie nel 1. 1 8, 
n.^ 3o àeW Album di Roma), dai degnis- 
simi figli cav. Gio. Maria e prelato Achil- 
le M.'; ghirlanda che resterà in queste 
pagine sempre fresca e verde, per le pos- 
senti lagrime dell'amicizia; dappoiché nei 
veri dolori sono prime e più facili a of- 
frirsi spontanee le lagrime, che le parole 
per lo più impedite dalla foga degli af- 
fetti e dalla doglia dell' animo oppresso. 
Né potrei qui svolger tutti gli elogi che 
in se comprende il solo celebrato nome del 
cav. Ricci, il quale ben scrisse di se : 

Cantai pastori e ducij armi ed amorij 
Vare^ i claustri^ le trombe _,i fiorale conche^ 
JS agli Itali sposai Germani allori, 

Nel t. 4 deW Album p. 234 ^i ^ ^^ ^''"* 
dito articolo o Memoria delle antichità 
reatine, dì cui riprodurrò un estratto. Nei 
più bei tempi della romana repubblica 
l'agro reatino per la sua fertilità e urne* 



220 AIE 

iifica rencomiato prof. Proja; la divide 
dal borgo, ne percorre tortuosamente la 
fertile Tempe, e accogliendo sempre nuo- 
▼e acque, come del Torà no, si avvicina 
quasi per naturai simpatia al delizioso 
lago di Piediluco, nel quale si credette 
che soggiornasse la ninfa Velinia e ove 
al dir di Pope : Romoreggia la cupa E- 
cOj e rimanda - Clamorosa il bel suonj 
forse pel dolore d'aver dovuto abbando- 
nare questi luoghi incantevoli, il Velino 
che 'sino a quei punto corse placido e 
tranquillo, s'interna tra le gole d'opachi 
monti, e comincia a fare un fragore che 
assorda. Chiuso poscia fra gli argini del 
petroso canale aperto da Marco Curio 
Dentato neiraniio 48 1 di Roma, dopo a- 
ver soggiogato i sabini, e ripristinato nel 
1600 dell'era nostra da Clemente Vili, 
Ya a formare presso Temi (F.) il mae- 
stoso e sorprendente spettacolo della Ca- 
data delle Marmore^che destò e desterà 
in ogni tempo lo stupore de'dotti e colti 
Tiaggintori, descritta anche dalFErbinio, 
nel suo rarissimo libro. De admirandls 
mundi cataractis. In quel profondo ba- 
ratro si mescolano velocemente col copio- 
so volume delle sue acque le poche acque 
sulfuree del Nera, chea lui togliendo in* 
giustamente il nome, come tributario del 
Tevere a questo si unisce, il quale ha fo* 
ce nel Mediterraneo che tante acque as- 
sorbe. Nicolai, De* bonificamenti Pontini 
p. 84) attribuisce i versi d' Orazio alla 
palude di Rieti, che dice asciugata nel- 
l'anno 4^4 ^^1 Dentato, di cui Cicerone 
scrisse ad AliicOy Epist, I. 4> i4* I^^eus 
Velinus a M. Curio emissus interciso 
monte in Narem defluii ^ ex quo vallis 
siccata^et humida tantum moclice. Que- 
sta valle avea il nome di Rosea, fu di cit- 
tà circondata, e dopo essere asciugata di- 
ventò fertilissima. Fatteschi parlando del 
Velino, formante i famosi laghi e le pa- 
ludi reatine, ricorda che in virtù di que- 
ste scrisse Plinio : Sabini Velinos acco- 
lunt UzcuSj le quali, aggiunge, vanno a 
scaricarsi nel fiume Nera per l'emissario 



RIE 

dilatato da M. Curio Dentato. Aggiunge- 
rò col Cabrai , che le acque del Velino 
hanno la proprietà di generare la pietra 
spongiosa o il tartaro, e che essendo cre- 
sciuta per questa ragione ed alzatasi sem- 
pre più la cresta o soglia per cui le acque 
del Velino sì precipitavano anticamente 
nella Nera,' rimase perciò inondata e con- 
Tertita in orrida palude la valle e pia- 
nura reatina. Così rimase sino a che M. 
Curio Dentato nel 48 1 pensò a diseccar- 
la e la diseccò, tagliando profondamente 
la soglia di detta valle (e del monte dice 
Galletti, pel quale taglio fece cadere il 
lago nel fiume Nera) quanto era neces- 
sario, perchè le acque del Velino potesse- 
ro liberamente precipitarsi giù nella sot* 
toposta Nera. In seguito i ternani si la- 
gnarono per la troppa abbondanza del- 
l'acque che loro calava dalla valle reati- 
na, e per la gran quantità di grossi sassi 
che la medesima acqua Velina avea avuto 
forza di svellere e precipitare nel letto 
della Nera. Nuovi rumori insorsero attem- 
pi di Tiberio contro le acque del Monte 
delle Marmore nel fiume Nera, allorché fu 
proposto per diminuir le inondazioni del 
Tevere in Roma, di deviare altrove tutti i 
fiumi e tutti i laghi che si scaricano in esso, 
ma prevalse in senato il parere de' reatini e 
degli altri popoli interessati. Nel i4oo i 
reatini,senza il consenso de'térnani, inco- 
minciarono ad aprire un nuovo scavo in 
vece del Curiano nel territorio di questi 
ultimi , onde si venne alle mani da una 
parte e dall'altra, e preso finalmente nel 
1 4 1 7 per arbitro Braccio da Montone pe- 
rugino, tiranno di buona parte dello sta- 
to, si stabili che i reatini potessero bensì 
aprire un nuovo emissario in luogo del- 
rindividuato,a condizione peròche i ter- 
nani vi avessero sopra una torre da custo- 
dirsi da persone fidate, le quali avessero 
cura di regolare le acque in modo che non 
potessero recare danno alle sottoposte 
campagne di Terni : architetto della tor- 
re fu Aristotile Fioravanti, celebre inge- 
gnere bolognese. Poco vantaggio ritrasse 



RIE 

la valle reatina da questo nuovo sca vo/ch6 
fu detto ora I^^eatioo, ora Gregorìano,forse 
peixhé principiato da Gregorio XII, e che 
andava a &r capo nel mezzo dell'anticoCu- 
riano ;nè molto maggior profitto ricavò 
da quegl'incili che conducevano a que'vo* 
raginosi pozzi,* ond'è tutto ripieno il pia* 
no delle Marmore, formati probabilmeoo 
te dalla forza delle acque, le quali prima 
che si aprisse il cavo Curiano, inondaro- 
no e ricoprirono per lungo tempo tutto 
quel piano. Quindi non cessarono i ricor- 
si de'reatini, ed a tempo di Paolo III es« 
si ottennero che si ordinasse ed eseguisse 
un nuovo scavo, detto perciò Paolino, in- 
ferìormente ai primi. InoItreNicolai a p. 
1 Sf riporta quanto riguarda l'accenna- 
ta operazione di Clemente Vili. Dice per- 
tanto, che considerando Clemente Vili 
che la felicità dello stato pontificio dipen - 
de principalmente dall'a ver molte feraci 
campagne, tra le prime cure del suo pon- 
tificato ebbe quella di asciugar la delizio- 
sa valle reatina, che infruttifera e palu- 
dosa rimaneva sempre coperta da acque 
molto profonde. Laonde nel 1596 spedì 
in Rieti il cav. Ciò. Fontana , il p. Gìo. 
Rossi gesuita, messer Antonio Cappucci^ 
ni e Carlo Maderno , ingegneri di gran 
fama, affinché trovassero e es^uissero la 
maniera di porre ad effetto la sua non 
men bella che grande idea. Cominciaro- 
no adunque gli opportuni lavori nel me- 
desimo anno 1 596, e dopo grandi fatiche, 
egravi ma ben impiegati dispendi^giunse- 
ro felicemente al termine del lavoro nel 
maggio 1602 con gran plauso del popolo 
reatino, il quale vedendo fuggir le acque 
dalle sue campagne in un punto, mercè la 
sovrana munificenza, si trovò abbondan- 
temente arricchito. Né il di lui godimen- 
to fu minorato da alcuna letale epidemia, 
che Io infestasse o nel tempo dello scavo, 
o mentre porzione delle acque rimasero 
stagnanti ne'seni finché furono esitate per 
mezzo di scavi subalterni ^ .come alcuni 
supposero, poiché rilevasi il contrario ne- 
gli esatti libri della cancelleria priorale 



RIE aai 

intitolati /{/^r/7t^z/zze. In queste non si fa 
punto menzione della pretesa epidemia, 
a differenza delle altre seguile in diver- 
si tempi, del le quali nelle medesime si ha 
piena contezza, come di quelle che infesta- 
rono Rieti negli annii4B2,i4B5, 1494* 
1498, dipoi nel 1 523, 1 527, e finalmente 
nel 1 656 comune a tutta Italia, come de- 
scrissi a Pestilenze. Oltre a ciò, in vece 
del produrre malattie lo scavo della ter- 
ra e lo scavò delle acque, risultò positiva 
salubrità, lo che rilevasi dai registri par- 
rocchiali de'morti. In fatti, dopo quell'o- 
perazione sommamente si aumentò la 
popolazione di Rieti, mentre essendo nei 
tempo della cava disole6,3oo anime, nei 
1800 sorpassavano lei 0,000, alle quali 
ora si possono aggiungerne quasi altre 
2,000. La medesima operazione aveano 
tentato con esilo men felice, prima M.Cu- 
rio Dentato, poi il popolo reatino, quin- 
di Paolo III, e finalmente con gloria Cle- 
mente Vili , né mai trovansi notizie di 
esalazioni epidemiche, tranne qualche 
mortalità tra'cavatori nell'agosto 1 546, 
tempo in cui eseguivasi la cava Paolina, 
pel troppo caldo. Immediatamente furo- 
no poste a coltura le terre asciugate, do- 
po la grande impresa di Clemente Vili, 
e produssero abbondante fruito, per cui 
neli6o3 fu affittala la tenuta comunale, 
sebbene in bassissima giacitura. Clemeu" 
te Vili obbligò i reatini a pagare annual- 
mente per la festa di s. Pietro una taz- 
za d' oro di mezza libbra alla camera a- 
postolica. Apprendo dal gesuita p. Ronan- 
ni, NumUmata Pontificum 1. 1, p- 229, 
che Paolo IH dopo aver aperta coll'ope- 
ra di Antonio di s. Gallo (il quale non 
vide compito il suo lavoro, perché mor- 
to in Terni a'29 settembre 1 546), la fos- 
sa reatina, dal suo nome chiamala Fos* 
sam Paulinamy e di avere perciò com- 
posti i dissidi fra i romani, reatini e ter- 
nani, fece coniare una medaglia con Te- 
pigrafo : Unitae Menles Uniunt, con che 
si volle esprimere la pacificazione de- 
gl'in teressa ti, e rappresentante la Cadu* 



222 



RIE 

ta delle Marniere, Nel t. 2 , p. 497 i*i' 
porla la medaglia diClemenleVilI,col' 
ìu leggeuda: Velino Emisso Anno MDC^ 
ili cui si vede il corso del Velino nell'e* 
spurgato ed ampliato canale con 25 pai* 
tìii di profondità, col gran ponte d'un so- 
lo arco eretto con solida opera sulla ca- 
Ta Gleiuenlina dal celebrecav.Gio. Fon- 
tana, per le quali operazioni da Clemen- 
te Vili s' impiegarono 75,000 scudi ; e 
siccome presso il ponte si rifugiavano dal 
regno di Napoli de' malviventi, Urbano 
Vili vi costruì un validissimo muro nel 
1 640, essendo governatore di Terni Ot- 
toboni poi Alessandro Vili. Altro ponte 
Fontana lo costruì sulla cava Paolina di 
due archi. Reso alla coltivazione l' agro 
reatino, produsse una feracità indicibile, 
onde sono celebratissime e di squisito sa- 
pore le sue frutta, e specialmente i deli- 
ziosi meloni , non che gli eccellenti er- 
baggi che hanno uno sviluppo prodigio- 
so, come i selleri, i gobbi, le rape, ec, una 
pianta de' quali erbaggi corrisponde a 
molte di quelle che producono ordina- 
riamente gli altri terreni. La quale sin- 
golare ubertà si trova anche celebrata da- 
gli antichi storici, ed in Plinio, che i vi- 
cini campi Roscellani preferì a qualunque 
altro d'Italia. Cabrai fa autore dello sca- 
vo di Clemente Vili, Domenico Fontana 
fratello di Giovanni peritissimo nell' i- 
draulica; ma avendo riscontrato Milizia, 
Le vite de* piit celebri architeUi , trovo 
che soltanto Giovanni si occupò della re- 
golazione del Velino, per le contese im- 
memorabili tra Terni e Nai*ni. Cabrai pe- 
rò osserva, che il Fontana prima conten- 
tossi di riaprire il cavo Curìano, allargan- 
dolo e profondandolo secondo l'ordine ri- 
cevuto; poi innamoratosi della linea per- 
fettamente retta, abbandonò l'antica di* 
rezione del Curia no, mandando a sboc« 
care il suo, che fu detto dementino, al- 
quanto superiormente. I reatini e gli ag- 
giacenti al Velino furono d'allora in poi 
sempre quieti,ma cominciarono a lagnar- 
ci 8^^ Rggiaceati alla Nera superiore. I 



RIE 

molti sassi caduti dal ciglio delle Mar- 
roore nel letto della Nera, ed il luogo del- 
l' impedimento, cioè dove sulla sponda 
destra della Nera si alza a piombo un sas- 
so vivo, impedirono grandemente il cor- 
so di questo (lume, e le sue acque incon- 
seguenza ristagnanti e ringorganti diven • 
nero fatali ai piani superiori. Sin dal pon* 
lificato di Clemente Vili incominciaro- 
no i lamenti de' paesi danneggiati, e mol- 
ti ingegneri vi furono spediti in diversi 
tempi per trovarvi riparo, ma sempre i- 
nulilmente. Si ricorse dai dann^giali a 
Pio VI che vi mandò Rapini, che cele- 
brai a Paludi Portine, il quale fu di pa- 
rere, che si dovesse rimuovere il Velino 
dall' emissario dementino , per torcerlo 
inferiormente al Paolino preventivamen- 
te allargato e profondato; ma Terni vi si 
oppose per molte ragioni, onde vi furono 
spediti il Cabrai, il Facci e altri ingegne- 
ri, per cui si pubblicarono le seguenti ope- 
re. D. Stefano Cabrai, Ricerche istoriche 
efisichcy ed idrostatiche sopra la cadu- 
ta del Fidino nella Nera^ Roma 1 768. 
Ragioni per ispiegare e riparare i danni 
del fiumeNera combinate nel 1 783, Ro« 
ma 1786. Francesco Carrara, La caduta 
del Felino nella Nera, Hoaia 1779. Di 
questo libro ne abbiamo un estratto di 
Stefano Borgia, Topografia degli emis- 
sari scavati per deviare il già stagnane 
le lago e fiume Felino, Prima di que- 
sto tempo il famoso ponte esistente sul 
Velino presso Rieti, avendo sofferto no- 
tabili danni , fu mandato a riconoscerli 
l'architetto Bracci , il quale attribuì la 
causa del guasloairineguale distribuzio- 
ne dell'acqua, la quale divisa da un'iso* 
letta in faccia al ponte in due rami , in 
maggior copia investiva l'arco e il pilo- 
ne , supponendo che perciò avesse cor- 
rosa la platea del ponte; laonde propose 
di scavar de'solchi nell'i soletta, per por- 
tar l'acqua nella luce di mezzo del pon- 
te. Un tal parei*e soggettato all'esame del 
prof, di matematiche deirunivei*sità ro- 
mana p. Francesco M.' Gaudio di s. Re* 



RIE 

DIO delle scuole pie, come egregio idro* 
statico, fu di diverso sentimento, e risa- 
lendo alle vere essenziali cagioni del pe* 
ricolo del ponte, e delle piene ancora che 
allagayano la valle reatina,ritrovò il fon- 
do del fiume notabilmente interrito,scon- 
cerlo che disse ripetette la cagione dalla 
toriuosità dal Velino acquistata per Tal* 
lungamento della linea, la quale egli prò* 
pose abbreviare con opportuni togli, o- 
pinamento che non solo si credeva che 
avrebbe rimediato ai mali particolari del 
ponte, ma altresì a lutto il disesta mento 
del fiume. Perciò il Bracci pubblicò in Ro- 
ma neh 772 : Ejflessioni idroslaliche sO' 
pra il ponte di Rieti, Ma gli fu risposto 
con due ragionati articoli, ueWEffemeri' 
di leUerarie di Roma del 1 77:2, n.^ 36 e 
40. Dovendo riparlare di questo fiume 
a TsBKi, dicendo del Nera con altre eru- 
dizioni analoghe, mi limiterò ad accen- 
nare , colle l)elle Ricerche del cav. Ric- 
cardij che nella lotta de' diversi pareri, 
finalmente i professori idraulici Gorelli e 
Bonalì diFerrara, dimostrata la vera cau- 
sa de'mali, restrinsero dovei*si protrarre 
la confluenza del Velino sul Nera in un 
punto inferiore, ed a fronte della discre* 
panza deL p. Gaudio, Pio VI con moto- 
proprio de'7 luglio 1787 fece cessare le 
gare^ ordinando il taglio progettato da- 
gl'idraulici marchesi Gorelli e Renati, e 
così terminarono i danni alla valle Ne- 
l'ina, e prosciugate quelle campagne, ga- 
reggiarono ne' primi anni colla fertilità 
dell'Egitto. Anche il lodato scrittore è di 
parere, che le acque del Velino non aves- 
sero sboccoavanti cheGurio Dentato &- 
c^estescavare l'emissario, dicendo che non 
potevano averlo da altra parte che da 
questa, per la insuperabile catena di mon- 
ti dai quali è cinto il bacino pel quale 
scorrono. Il Galindri parla del Ripasot- 
tilè,lago di Rieti, dicendo che il suo lem- 
bo ha metri 85oo, e nell'interno vi sono 
due isolette stabili, ma senza abitanti, uè 
coltivazione. Gonduce da Roma a Rieti 
la comoda strada Salariai la quale se giù* 



RIE 223 

sta i progetti a' nostri tempi rinnovati 
potesse riunirsi, superando i monti di Ga- 
scia, alla marittima via Salaria, che ri- 
montando il Tronto giunge alle mine* 
rali scaturigini d' Acquasanta, ne ritrar* 
lebbero immenso vantaggio quelle prò* 
vincie costumate a notabili traffici di per- 
mutazione col limitrofo regno napoleta- 
no. Sdisse Poni peo Angelotti, Descrizio» 
tic della città di Rieti, Roma 1 635. Que- 
sto rarissimo libro fu tradotto in latino, 
e con note dall' Avercampo fu posto nel 
t. 8,p.i 1 1 della Gollezioue del Burroan- 
no; inoltre nel t.8,par. 3.* e 4** del Te- 
soro delle antichità dei Grevio. In Rieti 
nel 1829 da Luigi Sclienardisi pubblica- 
rono : Antiche lapidi reatine dilucidate. 
Dell' origine d' Italia (F,), come di 
quella de'sabini trattai a quell'articolo, 
a Lazio, ed a Sabina. A dire alcune opi- 
nioni dell'origine di Rieti, Sperandio,i$'a- 
bina sagra e profana^ p. 6, narra che a- 
vendo Noè popolato una gran parted'f « 
talia, specialmente co'dìscendenti del fi- 
glio Jafet o Giapeto, alcuni si &bbrica- 
rono delle città, e fra queste Rieti oRea- 
te, che da Rea moglie di Noè fu così de- 
nominata, quando ribellatosi aGus o Sa- 
turno figlio di Gam, il suo figliuolo Nem- 
brot,Gusfu obbligato co' suoi adabban* 
donare l'oriente recandosi in Italia, ove 
fu l>enignamente accolto nel paese per lui 
detto Lazio, mentre quello detto Sabino 
fu assegnato ad un figlio di Regma nipo- 
te di Gus. llGalindri parlando di Rieti la 
chiama citta de'sabini, anzi dice essere 
opinione che sia derivato il nomedi Rie- 
ti dalla dedicazione della città latta alla 
dea Rea madre di tutti gli dei, e che dai 
suoi figli primi abitatori d'Italia venisse- 
ro i veri antichi umbri, popolazione nu- 
merosissima, la quale tratto tratto forma- 
va delle colonie che si portavano qua e 
là nella stessa Italia, una delle quali sot- 
to la condotta di Medio Fabidio occupò 
la nuova Sabina. Si vuole ancora che 
questa città fosse fondata da Oeuotrio o 
£uotrionel i52o prima dell'era nostra, 



il che non concorderebbe con quelli che 
asseriscono £ noi rio venuto in Italia nel 
1 7 1 9 di detta epoca. Aggiunge, c^e Rieti 
fu fiitta città circa il 3 oc, e nel suo territo- 
rio furono gli aborigeni. Il Marchesi, Gal- 
Uria deW onore, t. 2, p. 345, dice che 
narrano gli scrittori essere stata Rieti edi« 
ficaia prima della guerra troiana nel cuo* 
re o centro d' Italia, da Sabatio Saga e 
da Sabo suo figlio re de' sabini, dall'ul- 
timo de'quali il paese prese il nome, e che 
ne' secoli vetusti si. governò con proprie 
leggi. Il jVibby,nel Discorso preliminare 
1^e\\'y4natìsi de dintorni di Roma^ crede 
che Oenotro sia emigrato di Grecia dalle 
terre paterne diLicaone re d'Arcadia dopo 
il diluvio di Deucalione, che coincide al- 
la venula in Italia de'pelasgi, riconoscen- 
do in Oenotro lo stipite della popolazione 
e dell'incivilimento della contrada, come 
degli osci e degli aurunci, oenotri o abo- 
rigeni e peucezi, varie essendo 1' epoche 
assegnate a delta disastrosa inondazione, 
tra ili 527 e il i53o avanti l'era nostra, 
ossia pochi anni dopo l'inondazione ter- 
ribile cui soggiacque T Italia e soprattutto 
la campagna presso cui fu poi fabbricata 
Roma. Dice che gli umbri furono lo sti- 
pite de'sabini, comedi altre potenti e bel- 
licose tribù, eh e quanto dire che gli um- 
bri per mezzo de'sabini loi*o discendenti 
furono lo stipite delle popolazioni più bel- 
licose d' Italia , che cuoprirono i gioghi 
dell' Apennino. Ritiene per fermo, che al- 
la venuta d'Oenotrocol fratello Peucezi o 
in Italia, gl"indigeni che per la soprav- 
venuta inondazione era nsi ritirati suldor* 
so dell'A pennino, furono quelli che poscia 
"vennero designati col pome di umbri e 
di sabini nella parte più vicina alla cam- 
pagna i*omana; se non che va avvertito, 
che gl'indigeni dicevansi umbri verso set- 
tentrione, ausoni verso mezzodì. Dopo la 
venuta d' Oenotro e di Feucezio fu un 
guerreggiar continuo fra' colorii e gl'in- 
digeni : quelli però pervennero ad esten- 
dersi a traverso leterrede'loro rivali stil- 
le montagne particolarmente del dislret- 



RIE 

to reatino, come si apprende da Dionisio) 
e dopo la venuta d'altri coloni posterie* 
ri vennero designati col nome di aborìge- 
ni, quasi si dicessero gli originari, questa 
essendo la etimologia più natui*ale fira le 
tre indicate da Dionisio, a preferenza di 
quella di aberrigeni o vagabondi, e di a- 
borigeni abitatori de' monti. Essi fonda- 
rono nel distretto sopra indicato molte 
città, delle quali Dionisio ha conservato 
il nome e la posizione : cioè Palatium 25 
stadiidaReate,Trebula 60 stadiidadet* 
ta città, Yesbola a egual distanza, Suna 
40 stadii distante da Yesbola, Mefila 3o 
da Suna, Orvinium 4^ ^^ Me6la, G>r* 
sula 80 daReate, Issa entro una palude, 
Marruvio presso Issa, Batia 3o stadii da 
Reale, Tiora altrettanto. Lista 24 da Tia- 
ra, e Cutilia 70 daReate. Frattanto eh* 
bero guerre continue contro gli umbri, 
a'quali prima apparteneva il paese, e coi 
sabini, i quali occupavano i monti sulle 
rive dei Oume Aterno; questi una notte 
usciti in forza da Amiterno pi*esero d'as- 
salto Lista, metropoli degli aborigeni, i 
quali non potendo più ricuperarla la con- 
sagrarono insieme col territorio ai numi. 
Non contenti gli aborigeni d'esset*si for- 
mato uno stato sulle montagne reatine 
a spese degli umbri, soprava ozando di 
gente, la mossero contro i siculi, die oc- 
cupavano le falde de'monti più prossimi 
alla pianura, oggi Campagna romana, e 
cominciarono a snidarli. Frattanto partì 
dalla Grecia un'altra emigrazione, nota 
comunemente col nome di pelasgica, la 
quale in patte occupò alcune borgate de* 
gli umbri, ma questi con un esercito li 
cacciarono. Allora i pelasgi si rivolsero 
agli aborigeni , che essendo della stessa 
origine ottennero ospitalità, anche pera- 
verli in aiuto contro gli umbri e i siculi, 
ed assegnarono a'pelasgi terre intorno al 
lago di Cutilia; Scendo poi conquiste su- 
gli umbri, in guisa che divennero cogli a- 
borigeni padroni dell'Etruria marittima 
e del Lazio, finche i pelasgi parte furono 
eslermiuali dai liguri, tirreni o etruschi 



RIE 

e dogli umbri, e pochi si fusero cogli a* 
horigenì. Con qualche differenza queste 
origini sono indicate dal oh. Castellano, 
lo slato pontificio, p. 2 76, che riferisce. 
Si riguarda Kieti qual seggio principale 
degli aborigeni, che vennero discacciati 
per le armi sabine dagli aviti possedimen- 
ti. Quella contrada poi , per essere rin- 
chiusa fra' sabini , sanniti e uoibri,' tro- 
vasi or nell'uno or nell'altro de'territorii 
confusa mente com presa. Spesse ci t tà e ca • 
stelli, de' quali rimane il solo nome, ed 
incerte sono le vestigia, rendeano la re- 
gione assai popolosa. Era Lista capitale 
degli aborigeni, occupata per sorpresa dai 
sabini, che conducevansi ad Àmiterno. 
Colpiti da si mil tratto di malafedeabban- 
donarono i cittadini quel luogo natale, ed 
ebbero da'reatini la più ospitale accoglien- 
za; ma vedendo di non poterne ricuperare 
jl possesso, restarono nella patria d'ado« 
zione, scagliandoanalemi contro gli usur- 
patori. Trovavasi la metropoli aborigena 
poco meno di due leghe all'est da Rieti, 
rimontando il Velino, del qualeoccupava 
la destra riva.Deiranlichità di Rieti trat- 
tano Dionisio d'Alicarnasso, Silio Italico, 
Catone ed altri. 

Avendo in seguito Rieti pressoché co- 
muni le vicende colla iSh^/zta, come di- 
chiarai, a tale articolo le riporterò, fa- 
cendo cogli altri sabini gran iBgura in Ro- 
ma nel governo politico^ dopo gli accor- 
di di Romolo e Tazio, ed i suoi cittadini 
Slrabone chiamò: /?e^/mor;/m multorum 
genus miruin in modum nobile. Non si può 
dubitare del suo municipio, onde T. Fla- 
vio Petronio venne distinto da Svetonio, 
Jkfuniceps ReatinuSye però scrisse Dioni- 
gi, che Municipiiini haec civitas fiiil ro' 
manontm, ut asserii Svetonius Tranquit- 
liis in F'espasian, Malgrado la parteci- 
pazione alla romana cittadinanza, Roma 
•signoreggiò i reatini, ed i sabini che ne 
seguirono le guerre, i trionfi ed i desti- 
ni. Caduto F impero romano, caddero 
pure con esso le reliquie della sabina gran- 
dezza, e furono segno alle barbariche in- 

VOL. LVII. 



RIE ti'i 

vasioni, massime de' goti e de'longobar- 
di, e fu aque'tempi che incominciarono 
a sorgeie le numerose castella della ve* 
gione, ove i potenti nel general disordi- 
ne si procurarono sicurezza. Delle città 
sabine non restò che Rìeti^ laqualedopo 
l'erezione del ducato di Spoleto, incomin- 
cijito circa il 570, fu per lo più annove« 
rata nell'Umbria. Nella Sabina il dominio 
temporale de' Papi cominciò coi PatrimO" 
ni della s* Sede (^.), già esistenti nel V[ 
secolo e che governavano col rettore. Nel 
pontificato di Adriano I il principato del- 
la romana chiesa si aumentò colla Sa- 
bina e con Rieti, imperocché travagliato 
quel Papa da Desiderio re de'longobar* 
di, ricorse all'aiuto di CarloMagno re dei 
franchi nel 772; onde narra Borgia^ ^e- 
morie di Benevento 1. 1, p. 34) che prima 
che Desiderio si portasse a difendere le 
frontiere del regno italico alle chiuse del- 
l'Alpi, contro l'esercito de'franchi che gli 
moveva contro Carlo Magno, alcune per- 
sone di Spoleto e di Rieti andarono a sog- 
gettarsi al Papa Adriano I. Nel 778, dopo 
che l'esercito longobardo fu posto in fu- 
ga, l'università del ducato di Spoleto ri- 
corse a Roma^ pregnndoil Papa di pren- 
derli al servizio di s. Pietro e di farli to- 
sare alla maniera de'romani, siccome to- 
sto fu eseguito, a vendo pure il Papa con^ 
fermato Ildebrando da loroelelto perdu- 
ca. Leggo neW Historia di Terni ò* \\ìQe' 
Ioni, p. 77, che dopo la rotta di Deside- 
rio, colla quale terminò il regno de'Ion- 
gobardi,gli spoletini, i ternani ed i reati- 
ivi, al ducato di Spoleto congiunti, anda- 
rono a Roma, se stessi e le proprie facol- 
tà commisero alla fede del Papa , come 
seguì di molti principi de'longobardi re- 
slati in que'paesi, i quali tagliatisi la bar- 
ba ed ì capelli , dierono presso la loro 
nazione infallibile segno di veroarrendi- 
mento. Altre città ne seguirono l'esem- 
pio, essendo di soverchio stanche de'dan- 
oi sostenuti. Indi Carlo Magno confer- 
mando le donazioni del padre e4)eirHV0y 
ne aggiunse altre e il ducalo di Spoleto 

i5 



22G RIE 

col (crritorio di Sabina. Coti divenuto A* 
drianol signoi*e di buona parte d'Italia, 
ToUe che i popoli comprendessero , che 
non sotto tiranni, ma in libertà TÌ?eva* 
no, e lasciò che ciascuna città a propria vo- 
glia si governasse, salva la sovranità del* 
la s. Sede e dell'impero, colla riserva dì 
alcune tasse ; e quando insorgevano di- 
scordie, ricorrevano al Papa o ai suoi rap- 
presentanti nelle pi*ovincie, i quali colla 
loro autorità tutto componevano. Osser- 
va Borgia , che non durò molto questo 
dominio pootifìcio nel ducato di Spole- 
to, tuttoché Carlo Magno ne facesse do- 
no alla chiesa romana, giacche quel du* 
cato continuòad essere subordinato al re- 
gno italico, soggetto però a certo tributo 
alla s. Sede , finché questa ne conseguì 
pienamente il reale possesso ne'secoli se- 
guenti. Anche Marchesi dice che Rieti ri- 
conobbe per sovrani gl'imperatori di Ger- 
mania, quali re d' Italia, ed i Papi. Nel 
IX secolo patì Rieti, come la Sabina e le 
altre circostanti contrade, le infeste irru- 
zioni de'saraceni. Nel 1 084 Enrico IV im- 
peratore, prima di portarsi in Roma per 
fare oltraggio a s. Gregorio VII, ed a ri- 
cevere la corona imperiale dall'antipapa 
Clemente III, ne'primi di marzo si fermò 
in Rieti, come si ha dal placito riporta- 
to da Galletti, nelle Memorie delle ire art» 
tìche chiese r/i/{iè^/, ove riporta altri do- 
cumenti riguardanti la città e la chiesa 
reatina. Dalla cronichetta di Rieti pub* 
blicata da Galletti stesso nelle ci la te ^/e- 
moriCy p. 1 26, ricordala da Marini e igno- 
rata da Maroni , si rileva che nel 1 1 48 
Ruggiero I re di Sicilia dopo lungo asse- 
dio distrusse la città, ciò che l'Uspergense 
riporta all'anno 1 1 5 1 : nota Galletti, ch'é 
osservabile l'epoca, poiché nel 1 148 Rug- 
giero I sì trovava in guerra control mo- 
ri dell'Africa. Dalla slessa cronichetta si 
ha , che nel 1 1 5^ Reale fuit reparaliim 
cum adiulorio romanorum, notando poi 
la distruzione di Milano operata da Fe- 
derico! imperatore, che sparse tanto ter- 
rore per tutta Italia , onde ognuno trc- 



RIE 

mata al suo nome. A*28 agotloii85 il 
suo primogenito Enrico VI col mezzo di 
ambasciatori conchiuse in Rieti gli spon* 
sali con Costanza Gglìa postuma di Rug- 
giero I , di che se ne legge la memoria 
nell'atrio della magnifi<» sala Tescovile, 
cum maxima muUititdine principiim et 
haronum. Che nel 120 1 Beale fuit coni' 
huslum infesto s. Laurentii toiiim. Che 
nel 1 207 Reale fuit sUccensum plusquam 
in medielale. Marini dice che nelle cala- 
mità di tali due ìncendii, non ne andò pun* 
to esente la cattedrale e se ne trovaro- 
no i segni de'tristì effetti, oltre il guasto 
e l'eccidio di tante carte che si conserva- 
vanonegli archivi della chiesa e della cit- 
tà^ onde si perderono preziose notizie. Nel 
▼ol. XI, p. 254,coirautorità dì Cecconì^ 
Il sagro rito di consagrare lechiese, dis*< 
si che Innocenzo III in Rieti consagrò 
quelle di s. Eleuterio e di s. Gio. Evan- 
gelista. Da Ferlone, Fìa^i de* Poniefi' 
ci, si conosce che Innocenzo Illneh ig8 
di persona visitò il duca (odi Spoleto, che 
ricuperò alla Chiesa, come notai alla sua 
biografia, emanando provvedimenti par- 
ziali alle sue città, ed a Rieti fu guaren- 
tita la facoltà di tenere per se la metà di 
certe tasse, governandosi a comune: In- 
nocenzo III restituì alla chiesa romana 
anche la Sabina , luoghi tutti invasi da- 
gl'imperatori. Nuovamente Rieti soffrì nel 
1217 altro terribile incendio, /ai/ coni' 
huslum quasi per totum^ scrive la croni- 
chetta; con questi replicati' incendii, cer- 
tamente restarono distrutti i monumen- 
ti antichi della vetusta città. 

Nel 12 19 si portò in Rieti OnorioIII, 
e mentre vi dimorava impose fine alle 
controversie, che vertevano tra Pietro 
vescovo di Sabina e il celebre monaste- 
ro di s. Salvatore maggiore nella diocesi 
reatina, determinando qual sorte di giu- 
risdizione esso vescovo dovesse avere su 
alcune chiese soggette al monastero: Gal- 
letti riporta la bolla degli 8 settembre a 
p. I So, A Presepio ne raccontai l'origi- 
ne avuta in Grecie nel i tiri 3 da s. Fran- 



lUE 

Cesco, il quale lo celebrò pel i.**, avendo- 
gli somministrato Toccon'enle Giovanni 
Velela signore del castello di Greci o nel 
contado di Rieti; poiché in questo vene- 
rando santuario e ritiro il santo nella not- 
te di Natale ricevè con ineffabile gioia fra 
le sue braccia il s. Bambino Gesù. Il con- 
vento fu in parte fabbricato da s. Fran- 
cesco, ed in parte da s. Bonaventura: nel 

. refettorio esiste una bellissima Cena del 
Signore, che si attribuisce al gran Leo- 
nardo da Vinci. Nel 12^5 fu celebre la 
Gonsagrazione della cattedraledi Rieti fat* 

/ ta da Onorio IH, che ricordai nel luogo 
citato; dicendo Ferlone, che il Papa per 
le sedizioni di Roma in que'tempi se ne 
assentava. Riferisce Marini che laconsa- 
grazione ebbciuogo a'g settembre, coi 
vescovi d'Ostia, Albano, Palestrina, Sa- 
bina e altri cardinali, ed altri vescovi par' 
tìum universanim ^ in occasione della qua- 
le Onorio III collocò sotto Taltare mag* 
gioreil corpo deiPinclita s. Barbara, par- 
te di altri sagri corpi e molte altre reli- 
quie sante, come si esprime neiristromen- 
to esistente nell'archivio capitolare e ri* 
prodotto da Ugheili. Mentre Onorio III 
dimorava in Rieti emanò a'2G novem- 
bre 1 225 quella bolla in favore della di- 
gnità cardinalizia, di cui parlai nel voi. 
X, p. 5. Leggo in Galletti, che nel 1226 
a'26 settembre risiedeva ancora in Rieti^ 
ed essendo egli contentissimo della fedel- 
tà de'reatini e de' buoni servigi che ave- 
vano ne' tempi piti scabrosi prestati alla 
chiesa romana, con onorificentissima boi/ 
la data in Rieti, riportata a p. i5g, rin< 
novo i privilegi già loro concessi da Ce- 
lestino IH e Innocenzo HI, che si erano 
perduti nell'incendio della città, dichia- 
rando e confermando, che questa fos^e 
biella condizione medesima, ch'erano le 
città della provincia di Campagna ; per 
avere i reatini difesi i Papi intrepidamen- 
te anche contro gì' imperatori , con di- 
vozione stabile e fedeltà costante, rico- 

- nobbe e confermò » civitatem vestram 
cum districtu et jurisdictione etaliisbo- 



fllE 227 

nis vestris, ad manus nostras et per nos 
ecclesiae romanae in posterum duximus 
retinendos in piena libertatequa tenemus 
ipsasCampaniae civitates quae romanae 
ecclesiae nullo medio sunt subjectae..i. 
Districtiusinhibentes ne vostamquam ro- 
manae ecclesiae devotos filios et i mmedìa- 
tesubjectosquisquamaudeatsinesedisa* 
postolicae speciali mandato de cetero mo- 
lestare, sed vos et vestra sub nostrae de- 
fensionis clipeo libera de cetero maneant 
et quieta. Sane prò ìis quae de proventi- 
bus pontis et maleGciorum jndicii curia 
percipere consuevit trìginta libras sedis 
apostolicae annis singulis persolveris."^ 
Gregorio IX narrai il soggiorno che fe- 
ce in Rieti in diversi tempi, e Ferlone di- 
ce che non trovandosi sicuro in Roma, 
nell'aprile 1 228 passò inRieti.ÀncheBor- 
gìa, Memorie di Benevento t. 3, p. 200 
e- seg., riferisce che Gregorio IX^ dopoa- 
vere evi ta ti suspecta aestads incendia ^ d i - 
moro ora in Rieti,ora in altre città; quin- 
di ripullulando in Roma la fazione che 
voleva distrutta Viterbo, presto ne parti 
con ritirarsi nel 1 2 34 in Rieti e di là passò a 
Perugia, per cui usciti in campo i romani 
pieni di rabbia, pretesero il giuramento 
di fedeltà dai popoli del Patrimonio e di 
Sabina, e di esigerne i tributi. Prima di 
questo tempo e nel i23i per testimo- 
nianza di Novaes^ già Gregorio IX era ri- 
tornato in Rieti, partito da Roma a cagio- 
ne d'uno spaventoso terremoto e per go- 
dervi aria più pura, indi vi fece la 3.* pro- 
mozione di cardinali (in settembre con 
Ciacconio dichiara Cardella) Pecoraria e 
Sommercole : nel seguente anno, secon- 
do Ferlone, a'20 luglio da Rieti il Papa 
scrìsse a Federico II di venire a soccor- 
rerlo contro le fazioni, massime de'roma* 
ni, forse dissimulando il fomento che l'im- 
peratore stesso dava all'insurrezione di 
Roma; poscia Gregorio IX sì trasferì a 
Spoleto. Alla detta biografia rimarcai 
che Gregorio IX nel 1234 dimorando 
in Rieti e nel luglio vi fu visitato dall'im- 
peratore Federico II; dopo essersi paci* 



228 RIE 

ficaio con lui, ricevendolo con reale ma* 
gnificenza ; e che a' 5 agosto colla bol- 
la Fons sapienti aey presso il Bull. Rom, 
t. 3, par. I, p. nSi, solennemente vi ca- 
nonizzò s. Domenico fondatore del Torcli- 
ne de'pi*edicaloi*i. Dimorando Gregorio 
IX in Anagni, pubblicò una bolla/ r/// 
kal, jitlii Pontificafiis anno m^ il cui o- 
riginale con altredi moltodecoro si con- 
serva nell'archivio segreto della comu- 
nità di Rieti, nella quale questa città vie- 
necommendata come Tunica^che nel pon* 
tificato d'Innocenzo III si mantenne ub- 
bidiente ai tempi dello scomunicato Ot- 
tone IV imperatore, fra tante cliealla s. 
Sede si ribellarono, prompla in fide, et 
constans in devotione. Dalla cronichetta 
si ha, che nel 1 24 1» quando già erano 
ricominciate le guerre e le invasioni di 
Federico II a danno della s. Sede, quel- 
Timperatore assediò Rieti, ma non lo pre* 
se perchè resistette, soffrendone però gra- 
vissimi danni. Nella medesima si registra 
nel 1254 l'edificazione della città d'A* 
quila eseguita da Cor rado re di Sicilia, se- 
condo l'idea del defunto Federico II suo 
padre, raccogliendo4nsieme in essa i po- 
poli de'territorii ^i Aniiterno e Fnrconìo 
(^')j poscia distrutta e rifabbricata da 
Manfredi bastardo di detto imperatore. 
Si legge pure, che nel i258 fu il terre- 
moto per tutta Italia. Agitata Roma da 
perturbazioni, Nicolò iV si ritirò a Rieti 
nel 1 289 per vedere se si calmavano nel- 
la sua assenza, non avendo ciò potuto ot- 
tenere colle sue amorevoli maniere. Dice 
Ferlone che a'3o aprile era in Roma e 
che a'6 maggio già si trovava in Rieti, vi 
celebrò la Pentecoste, ed a'29 maggio co- 
ronò solennemente il nuovo re di Sicilia 
Carlo II, che fece al Papa l'omaggio per 
l'investitura del regno e il giuramento di 
fedeltà colle medesime condizioni del pa- 
dre. Altri dicono che Nicolò IV a mezzo 
di un legato fece coronare in Rieti Carlo 
li colla moglie Maria, il quale donòalla 
cattedrale 6 oncie d'oro. A Coronazione 
Df'BE, colla testimonia nia del Novaes^ci- 



RIE 

tando egli quella dell'annalista Rinaldi, 
notai che in detto giorno Nicolò IV co- 
ronò Carlo II nella basilica Vaticana, e 
non in Rieti che tuttavia il re beneficò; 
ma ora avendo riscontrato Rinaldi trovo 
l'abbaglio dell'accurato Novaes: tutti er- 
riamol Che anzi, scrive Rinaldi, fu coro- 
nato » non in Roma, come alcuni si so- 
no divisati, ma in Rieti, ove Sua Santità 
dimorava, come dimostrano le lettere a- 
postolicheei pubblici istromenti; "quia- 
di aggiunge: » Dopo la real unzione, Car- 
lo M a perpetua memoria del benefìcio 
ricevuto dal Papa, fece il dono alla chie- 
sa di Rieti, ch'egli medesimo espresse seri - 
Tendo al governatore d'Abruzzi con que- 
ste parole: Volendo noi venerare colla 
dovuta gratitudine la chiesa di Rieti^ nel- 
la quale unti prima con olio santo abbia- 
mo ricevuto di mano del sommo Ponte- 
lìce il real diadema, acciocché la memo- 
ria della nostra coronazione, a laude del 
nome divino, quivi perpetua sia, abbia- 
mo assegnato graziosamente un'entrata 
perpetua di 20 oncie d'oro da prendersi 
dalle rendite de'nostri diritti del nostro 
dominiodiSulmona,e da distribuirsi nel- 
la medesima chiesa di Rieti al vescovo e 
a'canonici ec."E vicendevolmente la chie- 
sa fece al re molte grazie e molti doni, e 
grandi presènti di gioielli e di moneta, e di 
sussìdii di decime per aiuto della guerra 
di Sicilia. Anche la cronichetta afferma che 
fu coronato Carlo II, ma nel 1288. Cer- 
to é che in tal anno e mese il Papa era 
in Roma,cioéa'i 5 maggio vigilia di Pen- 
tecoste, in cui creò 9 cardinali. Galletti 
commenta con queste parole la cronichet- 
ta. 99 Carlo li venne a Rieti, poiché vi era 
Ja corte pontifìcia. Nicolò IV nel di 29 
maggio festa della Pentecoste lo coronò 
solennemente colla regina Maria sua mo- 
glie in 1*6 di Sicilia, Puglia *e Gerusalem- 
me, investendolo di quanto avea goduto 
il re Carlo I suo padre. Il Muratori met- 
te questo fatto all'anno 1289." Piacoonla 
Ferlone, che il Papa dimorò in Rieti in 
tutto il 1 289^6 nel seguente tornò in Ro- 



RIE 
ma, doTe morì a'4 aprile. Che a*it i ago- 
sto 1289 ^ìc<>l^ 1^ ^>*^ i" Rieti, lo dissi 
pure nel voi. XXI, p. 2 1 5. Apprendo da 
Benoffi, Storia minoritica p. io3,che nel 
1 289 in Rieti si celebrò alla presenza del 
francescano Nicolò IV il capitolo gene- 
rale del suo ordine, cui assisterono due 
cai*dinali del medesimo, ambi diAcqua- 
sparta^ Senti veiighi e Matteo; accrebbero 
poi ornamento ai comizii Carlo li redi 
IVapoli e Maria sua consorte, genitori dei 
francescano s. Lodovico vescovo di To* 
Iosa, e cadcTe l'eiezione in ministro gene- 
rale sopra il p. Raimondo Gaufredi fran- 
cese. Anche Marini fa testimonianza che 
la coronazione segui a'29 maggio 1289, 
come dell'annua oblazionedel re a favore 
della cattedrale, riportandone il diploma 
dato in Aquila a'24 giugnp. Avendo in- 
oltre esaminato il novero delle corona- 
zióni degl'imperatori e de Ve, eseguite nel* 
la basilica Vaticana e descritte dai bene- 
ficiali della medesima Sidonee Martinet- 
Of Della s, basilica dis, Pietro lib. i, p. 
4 23, non si fa alcuna menzione della co- 
ronazione di Carlo 11^ onde ne rimane 
incontrastabilmente tutto l'onore a Rie- 
ti. Nel 1297 dimorando Bonifacio Vili 
inRieti,edal modo che dissi ne' voi. XiV, 
p. 282, LI, p. 36, scomunicò e depose 
i cardinali Pietro e Giacomo Colonna, 
i quali simulando pentimento nel settem- 
bre 1 298 si portarono vestiti da peniten- 
ti a Rieti, ove furono assolti. Il Ciacco- 
nio crede che Bonifacio Vili a'4 dicem- 
bre 1298 facesse la sua 2.' promozione di 
6 cardinali in Rieti, ma Ferlone e Pan- 
viuìo la dicono eseguila in Roma. 

Anche Rieti soggiacque alla rabbia dei 
guelfi e ghibellini , e pad molto pei discor- 
di cittadini, riferendo Marchesi , che es- 
sendo poi oppressa dalle armi de'secondi, 
nemici del Papa, Pietro de'Vecchiarelli 
chiamale in soccorso le genti del re di Na- 
poli, probabilmente Roberto, trucidò gli 
usurpatori del potere, per restituire alla 
citta il suo libello reggimento. Dice la ero- 
DÌchetta, che nel 1 348 vi fu morlaUtà 



RIE 229 

generale in loto orbe, che nel 1 349 ^' ^ 
terremoto per tutta Italia, e che nel 1 356 
si arse in Rieti das. Nicola finoa s. France- 
sco, con mezzo paese. Aggiunge, che nel 
i36o il popolo romano distrusse il ca- 
slello di Pozzaglia, compreso nella massa 
Torana ; che nel f 363 vi fu altra mor- 
talità; che nel i365 vi fu &me genera- 
le, valendo il fì'umento sette libbre ytc^r- 
tus et spelta et rubeuni libras tres: itent 
vinum valuit 20 libbre somma massima, 
ed in quel tempo vi fu mortalità maxi* 
ma inter adolescentulos. Nel i365 inol- 
tre registra la cronichelta, fuerunt grilli 
et salippnU che rovinarono tulli i fruiti; 
quindi che Gregorio XI venierunt privi* 
legii in Reate scilicet, quod reposuit et 
affrancavit cisntatem Reatinatn ut in pri- 
mo,.,, Gregorio XI resposuit civilatem 
Reatinam in primo statu scUicet decrecta 
libre de dee so prò anno. Riporta il rista- 
bilimento delia residenza pontificia inRo- 
ma,fattodaGregorioXInel gennaio 1377, 
dopo che per 6 predecessori era stata in 
Avignone, coi cardinali. Chea'2 1 mai*zo 
d'ordine del Papa fu assediato Rieti e si po- 
se il campo a s. Mario e dopo nel collegio 
Remondato, h Gens fuit aquilana et pars 
regami, et in festo B. Mariae Annuntia- 
tae accessit et fuerunt quing^ce de mi Ha 
homines cum quatuor milia centum ho- 
mini da cavallo, et steterunt sex dies.Ia 
isto tempore fuit defractata turris de pe- 
de pontis in Reate, quae erat magis alta 
quam alia pasa plus quam tres."Narra 
ancora la cronichetta l'elezione del succes- 
sore Urbano VI nel 1 368 (deve direi 378) 
e dello scisma dell' antipapa Clemente 
VII, per la quale occasione la corte e i car- 
dinali furono nella massima discordia et 
Italia mbria remase principale el terri» 
torio romano. Che nel 1379 a'3o otto- 
bre a Piediluoo d'ordine d'Urbano VI fu 
ucciso il dìXGà^quinquagintapromisita' 
maram mortem in divtrsas ter ras ecclc' 
siae. Sempre fedeli i reatini alla romana 
chiesa ed ai Papi, nel burrascoso ponti- 
ficato di Bonifacio IX, che nel 1389 era 



23o RIE 

siiceessoa Urbano VI, gli ofTrirono la gen* 
te d'arme, ed il Papa con lettera data a* 
pud s. Petrum 4 id. mail Pontìf.an. a, 
ordinò ai reatini di tenerla pronta per in- 
viarla a Benedetto vescovo di Monte FeU 
tre duca o rettore di Spoleto. Riporta il 
Marchesiyche divenuto Rinaldi Alfani be- 
nemerito della Chiesa, per aver difesa e 
conservata la patria Rieti nella fedeltà 
pontificia, nelle guerre e scisma che so- 
stenuto dal falso Benedetto XI II lacerava- 
no l'Italia, fu in mercede di fatlocosìglo* 
ri oso costituito vicario perpetuo della me- 
desima nel 1 4o8 da Gregorio XII. Rilevo 
dall'encomiate/^/crrcAe del cav. Riccardi, 
p. 27, che in quel secolo di discordia, l'a- 
narchia e la violenza reggevano le cose con 
mano ferrea. Avendo i reatini neli4oo, 
per togliere l'inondazione della valle rea- 
tina, incominciato ad aprire un nuovo ca- 
nale per sostituirlo al Curiano, senza con» 
cordarsi coi cittadini di Terni di cui è pro- 
prietà il distretto delle Marmore, che per- 
ciò veniva danneggiato, il grido di guer- 
ra risuonò fra'reatini ed i ternani. Quelli 
invasero la rocca di questi, che ora si chia- 
ma s. Angelo, e che semidiruta dalla ci- 
ma del monte rammenta ancora che fu 
custode degl' interessi di Terni. Il popolo 
di questa città animato dalla vendetta, 
dalla utilità propria, e dal desiderio di 
respingere la forza ingiusta, corse a quel 
luogo colle armi, e con intrepido corag- 
gio, dopo aver risoluto nella pubblica a- 
dunanzade' 1 7 agosto 1 4 1 ^j^eundunipor' 
ium Marmorum ad morien/Ium, Allora 
ì reatini invocarono l'interposizione di 
Braccio da Montone, ed i ternani ne ac- 
cettarono il compromesso. Esaminate 
Braccio le ragioni de'due popoli, decise 
quanto narrai di sopra, cioè che i reatini 
desistessero dall'opera cominciata in luo- 
go appartenente a Terni; conoscendo poi 
la necessità d'un nuovo emissario ne sta- 
biPi altro, che fu aperto e si chiama an- 
cora Reatino, ma ripieno e nel principio 
ridotto a coltura: conduceva l'acqua fi- 
no al mezzo della cava Curia na. Da al- 



RIE 

cuni si nomina ancora emissario Grego- 
riano, forse perché principiato sotto Gre- 
gorio XII, dovendosi tener presente che 
rinunziò il pontificato a'4 luglio i^i5, 
ovvero per qualche lavoro nuovo che vi 
fece poi Gregorio Xlll. Non molto dopo 
il Tevere inondò Roma, per cui si leva- 
rono alti clamori contro le innovazioni 
fatte da Braccio nelle Marmore, e si pre- 
tese che fossero derivate dal suo sdegno 
control ternani da cui fu espulso; ma l'iu- 
colpazione fu smentita dalla infelicità del« 
lo scavo, che fra pochi anni divenne in- 
capace di raccogliere le acque, e si co- 
nobbe del tutto inutile alla salvezza della 
valle reatina, di cui la maggior parte fu 
nuovamente laguna. Calisto 111 nel i^5S 
volle prendere cognizione delle difTeren- 
ze che passavano fra'ternani e reatini per 
cagione delle Marmore, ma pel suo bre- 
ve pontificato nulla fece. Compresa Ro- 
ma da pestilenza, cagionata da smisurata 
inondazione del Tevere, Sisto IV parti 
da Roma nel i^jS con diversi cardina- 
li, e si recò in vari luoghi: agli 8 otto- 
bre fu a Piediluco e vi si trattenne due 
giorni, a' IO entrò in Rieti e vi rimase per 
ben 9 giorni, quindi a' 19 ottobre si tra- 
sferì a Poggio s, Lorenzo in Sabina^ a'2 1 
in Monte Lebete,a'a2 inMomentaao, ed 
a'23 si restituì in Roma. Nel pontificato 
del successore Innocenzo VI I I,per la guer- 
ra con Ferdinando I re di Napoli, questi 
fece occupare Rieti, e dal duca di Cala- 
bria invadere la Campagna romana, on- 
de il Papa lo dichiarò nel 1489 decadu- 
to dal regno. Abbiamo da Angeloni p, 
i58, che nel i499 1^ comunità di Rieti 
inviò un ambasciatore a' ternani, pregan- 
doli a togliere dalla cava delle Marmore, 
dove il Velino fa la sua caduta nella Ne- 
ra, alcune pietre gittatevi quattro anni 
prima, riuscendo di notabile danno ai 
reatini, ed il pubblico di Terni nell'ago- 
sto li compiacque. Leggo nel Nicolai, che 
Paolo III a' 28 agosto i546 di persona 
si portò in Rieti a veder la cava da lui 
ordinata, accompagnato da tutta la sua 



RIE 

famiglia, da 4 cardioali, dall'ambasciato- 
re di Spagna e da molti vescovi. Àggiuti- 
go col Riccardi^ eh 'é fama aver facilmen* 
te Paolo III accordato il nuovo emissa* 
rio ai reatini per mezzo dei Farnesi suoi 
nipoti signori di Cantalice e Civitaduca* 
icj perchè anche i loro territorii soffri- 
vano gravissimi danni dal rigurgito delle 
acque Veline. Nel i5y3ì reatini volendo 
esegu ire l'esca vazione delle Marmore, ne 
domandarono il consenso a Terni, ma non 
ebbeluogo. Gregorio XIII nel 1576 fon- 
dò io Rieti un convento ai frati predica- 
tori, come luogo ov'era stato canonizzato 
il loro istitutore. Dal citato Nicolai sono 
istruito, che Clemente Vili a' 16 aprile 
1 598 Tolle recarsi a Terni per vedere ì 
lavori da lui ordinati nel i5g6 per di- 
seccare la valle reatina, che solcata da 3 
emissarì era sempre paludosa poco meno 
che prima; e montato in barca per poter 
meglio girare per tutto, prese in sua com- 
.pagaia i cardinali Passeri suo nipote. Far- 
nese, Montalto, Sforza, Monti, Cesi, Bor- 
romeo, Bianchetti,Baronio,Arigoni, Bor- 
ghese poi Paolo y, l'uditore generale del- 
la camera, insieme a molti altri prelati 
e signori del cortegg40. Dice Riccardi che 
il Papa vi si portò recandosi a Ferrara 
{F,), e si trattenne in Piediluco, e vide 
la prima mossa delle acque nella nuova 
cava; e che Fontana fu il direttore e l'ap- 
paltatore dello scavo. Nel pontificato di 
Paolo Y insorse guerra tra Rieti, e Can- 
talice luogo del limitrofo regno, ed a se- 
darla il Papa vi mandò Domenico /{iVa^ 
rola (^.), poi cardinale. Rieti restò som- 
mamente danneggiata dal terremoto del 
1785, e ne soffrì anche la cattedrale per 
cui si operarono riparazioni. Dopo l'iu' 
vasione de'repubblicani francesi, questi 
comandati dal generale Lemoine, nel di- 
cembre 1 799 presso Rieti sconfissero l'è* 
S9rcitonapolelanocompostodi4ooo fanti 
e di 800 cavalli, e loro presero 33 can- 
nóni, molte munizioni e prigionieri. Toc- 
cai di sopra le vicende politiche della do- 
minazione imperiale francese, e del rista* 



RIE 23i 

bilituenlo del governo pontificio^ come 
dell'erezione della delegazione apostoli- 
ca di Rieti. A' 7 marzo 1821 nelle vici* 
nanze accadde il combattimento ti*a gli 
austriaci comandati da Geppert e Wal- 
moden, ed i napoletani carbonari capi- 
tanati da Pepe. Nell'insurrezione de' li« 
berali deli83f, di gran parte dello sta- 
to pontificio, Rieti non smentì l'epigra* 
fé eh' è nel sua stemma: Sempre fede* 
le. Ed infatti si legge nel n.°i o delle iVb- 
tizie del giorno di Roma i83i. m Rie- 
ti 9 marzo. Ieri al primo albeggiare com- 
parve a tiro di cannone da questa città 
una numerosa orda di ribelli condotta 
da Sercognani , ed in limò la resa. Co- 
me esigeva il dovere, ne fu negativa la 
risposta. Alle ore i5 cominciò il fuoco, 
alla quale questa prode guarnigione ri- 
spose con vigore. Esso durò per ben 3 o- 
re, al termine delle quali Sercognani fe- 
ce nuove intimazioni di i*esa alla città, ac- 
compagnate da più gravi minacce. Il luo- 
gotenente Impacciauti, sicuro del valore 
di questa brava guarnigione e del suo co- 
mandante il tenente colonnello Bentivo- 
glio, non che del buono spirito degli abi- 
tanti, rigettò la proposizione con indigna- 
zione ancor questa volta, e si diede prin- 
cipio nuovamente al fuoco, che non cessò 
se non all'imbrunir della notte. I ribelli 
hanno spedito in Terni su di carri coper- 
ti oltre a /^o fra morti e feriti. Noi non 
abbiamo a deplorare che la perdita d'un 
reatino colpito da una palla di cannone. 
1 1 nemico sta ritirandosi." Nel supplemen- 
to del n.° 20 é detto. » Rieti 12 mai*zo. 
Tutta la nostra pianura è stata sgombra- 
ta dai ribelli, che si sono diretti a Terni 
ritirandosi in fretta". Nel n.° 2 5 del Dia* 
rio di Roma i83i si loda il valore e la 
fedeltà del conte Benlivoglio, la pruden- 
za deiravv. Impaccianti, lo zelo paterno 
di mg.^ Gabriele de'conti Ferretti vesco- 
vo di Rieti, come quelli che ruppero sot- 
to le mura reatine le minacciose orde dei 
rivoltosi, per l'opera e per la mano di po- 
chi bravi soldati e di molti cittadini vo* 



23i RIE 

Jonterosi di spargere il sangue per la re* 
ligione, pel trono pontificio e per la pa- 
tria, cui libertà vera è di esser fedele ad 
un governo veramente paterno e bene- 
fico. Papa Gregorio X VI si dimostrò gra - 
tissimo con Rieti e coi nominati perso- 
naggi in promuoverli a maggiori onori, 
ricolmando la città ed i cittadini de'piii 
giusti e meritati, affettuosi e solenni en- 
comi. Il perchè, riferisce il n/ i/\. delle 
NotÌT^e del giorno 1 83 1 ^ che a'4 aprile 
la deputazione della città di Rieti, com* 
posta de'raarchesi Adriano Canali gon- 
faloniere, cav. Angelo M/ Ricci, conte 
Giacinto Vincenti Mareri presidente e de- 
putato della nobiltà, Filippo Rosati de- 
putato della cittadinanza e del popolo 
reatino, fu presentata a Gregorio XYI dal 
reatino mg.r Cappelletti governatore di 
Roma. Fu lo stesso prelato accolto dalla 
Santità sua con tal degnazione, e i di lui 
beneraetnti concittadini ricevuti con tal 
distinzione di sovrana clemenza, che que- 
sta sola dimostrazione sarebbe loro ba- 
stata di glorioso e dolce compenso a'pas- 
sati pericoli. Delle vicende politiche del 
1 849 dello stato ecclesiastico, che furono 
comuni anche a Rieti, ne trattai all'arti- 
colo Pio IX, dicendo ancora della guar- 
nigione spagnuola e del ristabilimento 
del governo pontificio e del prelato de- 
legato, dopoTinfelice e breve repubbli- 
cii,il i.^peroperadimg.^ Girolamo d'An- 
drea ora cardinale, il 2.° nella persona 
ó\ mg.^ Tancredi Bella. 

Sulla predicazione del vangelo in Rie- 
ti, ed origine della sua sede vescovile, ec- 
co quanto dichiara VUgheWiiJtalia sagra 
t. 1 , p. 1 1 94: Reatini episcopi, la cui se- 
rie però si vuole inesatta e mancante di 
molti vescovi per testimonianza delp.Ma- 
roni, del p. ab. Galletti e di mg.' Mari- 
ni. >/ Post romani imperii declinationem 
(Reale) romanorum Pontifioum imperio 
pnruit. Ejusdem antiqua ecclesia est, at- 
que immediale unum romanorum Pon* 
tificum reveretur,in sufTraganeisRoma- 
nae provinciae, ecclesiaeque connumera- 



RIE 

ta (tuttora è immediatamente soggetto 
alla s. Sede il vescovato di Rieti, detto 
anche di s. Maria). Primi ejus civitalis 
episcopi nomen intercidi t, si ve scripto- 
rum injuria, si ve injuria teraporum, quae 
clarorum virorum monumenta debellat: 
constai tamen, idque ex satis firma con<- 
jectura, jam inde ss. Apostolorum prae- 
dicatione christianis sacris Reali iiam ci- 
vitatem fuisse iniliatam, utpote Ronnae 
propriorem. Celebrai tamen traditio a- 
pud reatinos populos s. Prosdocimum 
primum Patavinae civitalis episcopum , 
ipsi evangelium intulisse,in cujus rei ar- 
gumentum hasconjecturasuSerunt, ali- 
quos urbis Reatinae anliquos aummos, 
iìlius sancii effigie percussos repertos, ec- 
clesiam Apostolorum principi ab ipso con- 
secratam, traditionem vigere a patribus 
traduclam ad posteros,eumsanclum rea- 
tinos fide Christiana imbuisse, primum* 
que episcopum fuisse. Ecclesia cathedra- 
lis E. Virginis Assumptae consecrala est, 
Paschalisque II temporibus cum injuria 
temporum coUaberelur instaurala. Fa- 
ma est, illam a s. Prosdocimo inchoatam, 
80 postea an. 1225 ab Honorio 111 die 1 e 
septembris cohonestantibus pompano ali- 
quotcardinalibus,consecratam ". All'ar- 
ticolo Padova, parlando di s. Prosdocimo, 
dissi che greco di nazione ne fu i .^vescovo, 
per avervi promulgato il vangelo d'ordi- 
ne di 8. Pietro che l'ordinò nel Tanno 46, 
dopo aver fondata la chiesa di Rieti, dice 
rUghelli. Abbiamo Fausti Ant. Maroni 
excler, reg, sckol.piarum^Commentarìus 
de Ecclesia et Episcopis Reatìnis in quo 
Ughelliana series emendatur, continua- 
tur, illustratur^Romae 1^63. Riferisce che 
Sue Prosdocimo costituito das. Pietro i.^ 
vescovo dì Rieti, innanzi che fondasse la 
chiesa di Padova, è antica tradizione con- 
testata, sebbene da un sigillo di Rinaldo 
vescovo di Rieti del i25o, si veda l'effi- 
gie di s. Prosdocimo vestilo pontificai* 
mente, con intorno l'epigrafe: s, Prosdo- 
cimus EccL Reat, Fund. Non pertanto 
avverte il vescovo di Rieti mg.^ Marini, 



1U£ 

Memorie di s. Barbara p. 1 07 e a 1 3, che 
delie tradizioni popolari, principalmen- 
Ce se sono di fatti rimarchevoli e costan- 
ti, deve farsi sempre gran conto, per le 
ragioni che adduce. Incominciando dalla 
cattedrale, egli opina, che chi pretende es- 
sere la parte inferiore, che dicesi la Grot* 
to^de'tempi di s. Prosdocimo discepolo 
di s. Pietro, prende abbaglio, perchè o- 
pera del vescovo Beuincasa^ Non inten« 
de recar pregiudizio alla sua chiesa, né 
alla tradizione per cui s. Prosdocimo è 
venerato in Rieti per primo suo vescovo, 
mandato da s. Pietro a predicar la fede 
dì Gesù Cristo , sebbene passasse poi a 
Padova, Non sa indursi però a credere 
col p. Maroni favolosa la tradizione, qua- 
lora si voglia intendere la cosa nel senso 
debito, cioè nel modo(dichiarato dal ce- 
lebre Scipione Maffei e allegato dal p. Ma* 
roni a p. 4)> con cui dagli apostoli era* 
no spediti i discepoli ad annunziar 1* e* 
vangelo alle genti, e come questo comin- 
ciò ad abbracciarsi, e per qual ragione i 
primi banditori si possono considerare in 
alcune città pei primi loro vescovi. Certa- 
mente alle nazioni, non alle città partico- 
lari, molto meno a quelle di non gran no« 
me, venivano spediti i discepoli, ne questi 
aveano il ristretto oggetto d'una sola pò* 
polazìone, come notò Tomas^ìni^ De veL 
et nov. discip,, sebbene le provi ncie e la 
città capitali non isfuggivano dagli occhi 
loro. Ciò supposto, molto meno potea da 
S.Pietro o da'suoi discepoli rimanere tra« 
scurata Rieti, che oltre l'esser capo di tut- 
ta la Sabiaa,è città celebre presso tutti gli 
scrittori, ed a Roma tanto prossima. Se 
dunque si è serbata in Rieti la tradizio- 
ne di venerare s. Prosdocimo come suo 
].° pastore, non deve riputarsi una fa- 
vola; tradizione che fu reputata assai dal 
ven. e dotto autore di tante opere^ mg.' 
De Vita vescovo di Rieti, la cui chiesa di 
s. Prosdocimo ne celebra la memoria con 
messa, ufiìzio proprio di rito doppio e la 
diocesi l'anniversario. Avendo s. Marco 
discepolo di s. Pietro e divello dall'evan- 



RIE i33 

gelista predicato il vangelo agli equicoli 
e marsi confinanti, ond e considerato 1.** 
vescovo di Marsi, così può ritenersi per 
Rieti s. Prosdocimo, ad onta che passas» 
se a Padova. Aggiunge Marini a p. 2 15. 
M Anzi se avessimo documenti dimostra- 
tivi, che di que'primi lumi che mandò 
Dio agli equicoli per mezzo di s. Marco, 
furono precisamente partecipi e resei'o 
frutto in quelle popolazioni, che in Cico- 
li (paese degli antichi equicoli) sono sem- 
pre state oves paschuae meae, come può 
credersi, perchè appunto confinano eoa 
i marsi ; non sai^ebbe da riprovarsi il sen- 
timento di chi credesse, che dopoo pri- 
ma di s. Prosdocimo, fu questo s. Marco 
o 2.*^ o I .^ vescovo di Rieti. In tal caso, co- 
me il lodato Baronio lo dice vescovo de- 
gli equicoli, e la Reggia Marsicana lo di- 
ce di Marsi, così dire potrebbesi anche di 
Rieti." Altra cosa è fondazione di chie- 
sa o sia di vescovato col ripartimento e 
confini della Diocesi (f^»), altra cosa à 
principio di vera religione e di culto del 
vero Dio in una popolazione. In questo 
secondo senso non sembra fuor di pro- 
posito e da reputarsi favola, che o s. Pro- 
sdocimo, o forse anche s. Marco si deb- 
bano considerare pei primi vescovi diRie- 
ti, con avervi gettato il mistico seme del- 
la fede. 

Il p. Maroni, dopos. Prosdocimo non 
registra s. Probo del 33o secondo Ughel- 
li, ma egli lo reputa fioritocirca la metà 
dei VI secolo, per concordare quanto di- 
ce 8. Gregorio I, nel pontificato del qua- 
le e verso il 5gZ fu vescovo Albino, di- 
vei*so dal cardinale contemporaneo di tal 
nome. Laonde ilp. Maroni ecco comede» 
scrive la seriede'primi vescovi : s. Prosdo- 
cimo, indi Probino o Probiano, Orso, s. 
Probo, Albino, Gaudioso che nel 680 in- 
tervenne al concilio di s. Agatone, Adria- 
no, Tenzone del 753, di cui parla anche 
Galletti a p. 1 32 , essendo nominalo ia 
molti documenti farfensi.lsemondo olser- 
mondoi.^ è nominato in una donazione 
fòlta olla chiesa di Rieti daXeudicioo Tee- 



a34 RIE 

dorico duca di Spoleto del 772 GÌi*ca. Agio 
ebbe a successore Sinuaìdo del 776, poi 
probabilmente per di lui rinunzia Gui- 
berlo o Guicperto del 778, e quasi nello 
stesso tempo Pietro, nel 780 altro Gui- 
berto, sui quali due ultimi va letto quan- 
to ne scrife Galletti, a p. no , ed anche 
Fatteschi, p. i46. Lungo sarebbe se do- 
"vessi riportare i minuti dettagli di tali 
storici su ciascuno de'primi vescovi, per 
gli alti cui intervennero, o per qualche 
chiesa o beni di cui fòcevano acquisto, o 
permute, o cessioni, ovvero ricevevano in 
donazione , nella maggior parte riguar* 
danti l'abbazia di Farfa, da dudii, re e im • 
peratori, non senza molte incertezze, ra- 
gionando di tanti diplomi e antiche car- 
te talvolta con date dubbie; mentre il det- 
to Pietro dal Maroni si vuole vescovo di 
Sabina o di Foronovo (/^.). Alefrido del 
794> IsemondooIsermondo2.^neir8i i, 
dopo il quale evvi un vacuo almeno dal- 
r8 1 6 air853, in cui sedeva Colo o Colo- 
no i.°, della quale vacanza fa testimonian- 
za anche A ngeloni, siccome comune a Ter- 
ni; esempi che nel secolo IX s'incontrano 
eziandio nelle circostanti sedi vescovili, 
a motivo delle frequenti incui*sioni e de- 
vastazioni de' saraceni, per cui i pastori 
restavano dispersi o non si provvedeva 
alle vacanze per tante calamità. Neir877 
viveva Teuderado o Teudardo, nel qual 
tempo fu confuso un Giovanni Aretinns 
con Reatinus y es&tndio vescovo d'Arezzo. 
£' dubbio Riccardo deir887, altro Colo 
si ha nel 912. Con questo subentra a ret- 
tificare le serie d'Ughelli e del p. Maro- 
ni, ed anche correggendo Galletti, il ve- 
scovo Marini, riordinandola così a p. 228 
e seg. Colo 2.^ nel 922, Tofo 9249 Pie* 
tro 928, Tebroldo 945, Anastasio 948> 
Alberico 969, Eldebaldo 975, Giovanni 
982, Giocondo nelto33 morto sul prin- 
cipio del I o5o, s, sedis Reatinae eccle- 
sia e venerabili episcopo j Gerardo già ve- 
scovo nell'aprile di detto anno, in cui in- 
tervenne e si sottoscrisse al concilio ro- 
mano tenuto da s. Leone IX. Questi è 



RIE 

quel vescovo che consagrò o commise la 
oonsagrazione della chiesa di s. Maria di 
Antrodoco a'2G ottobre i o5 1 al prete del- 
la medesimaTeubaldo e non vescovo rea- 
tino. Nel 1 094 Raniero, dopo il quale Be- 
nincasa. Questo benemerito e munifico 
vescovo nel 1 109 cominciò dai fondamen- 
ti l'attuale chiesa cattedrale , tanto infe- 
riore che superiore , fuori delle cappelle 
e poche addizioni, fabbrica disegnata in 
modo che comprendeva la costruzione 
dell' una e dell' altra, che vengono a for- 
mare una sola fabbrica, come ocularmen- 
te si conosce. Inoltre avverte Marini, che 
quella chiesa pubblica che esiste va in Rie- 
ti, qualora stata vi sia prima di Costan- 
tino o sotto di lui, non è quella che oggi 
esiste e dicesi Grotta o Chiesa inferiore^ 
anzi neppure quella che uflìciavasi nel se- 
colo in cui la città ebbe la gran fortuna dì 
avere il corpo di s. Barbara. Bensì l'odier- 
na cattedrale nella parte superiore non 
re^tò compita , se non quando fu consa- 
grata nel 122?, e forse non fu resa atta 
ai divini u(Hzi fino a quel tempo, ritardo 
provenuto dalla sua estensione e magni- 
licenza, come dalle narrate disgrazie pa- 
tite da Rieti. La chiesa inferiore poi as- 
sai ristretta , si compi alquanto prima , 
cioè verso il i f 57, quando Dodone potè 
consagrarla, dedicando il maggior altare 
alla B. Vergine ed a s. Bartolomeo apo- 
stolo, oltre altri santi. Il titolo di s. Barto- 
lomeo può credersi derivato dall'oblazio- 
ne che nel 1 1 12 fece al vescovo Benin- 
casa , certo Bonomo di Monte Gamba- 
ro. De'3 ultimi vescovi Gerardo, Ranie- 
ro i.° e Benincasa, lascia in dubbio il p. 
Maroni sotto di chi seguisse 1' unione a 
Rieti della diocesi d*Atnilerno (^•)^ di cui 
non si trovano più i vescovi dopo Lodo- 
vico, che si sottoscrisse col nominato Ge- 
rardo nel concilio romano del 1095 di Ni- 
colò li. Una carta però del 1094 ripro- 
dotta da Marini fa certi che l'unione se- 
guì a'tempidi Raniero, come del penti- 
mento del conte Gentile usurpatore del- 
le decime che pel contado d'Amitcrno si 



RIE 

doveano al vescovo di Rieti; locchè prova 
che la giurisdizione episcopale di Rieti si 
esteode?a colà prima ancora di tale epo- 
ca. Vedasi Giovanni Marangoni, Acta s, 
F'ìctorini tp. Amiterni et //i., atqite de e» 
jusdem 83 sanctorum MM. AmUerneiì" 
Siam coemelerio prope Aquila in Festinis 
hisl, dissert, cum apptnd, de Coemeterio 
s. Saturnini via Salaria^ et monuin, ex 
codcni aUisque s, coemetcriis Urbis nu- 
pereffossisy Romae 1 740. Successi vameu* 
te furono vescovi di Rieti e A mi terno, 
Teuzo, Colo 3.**, Gentile, e Dodonecister* 
ciense, al quale nel f 1 53 spedi amplissimo 
pi'ifilegio Anastasio IV, che si legge nel* 
rUghelli,ov'è descritta l'unita diocesi d'A* 
initerno:qui noterò, che dipoi ad Aquila 
Alessandro IV unì Furconio, e Clemente 
IV Araiterno. Questo é il celebre Dodone 
consagratore della chiesa inferiore della 
cattedrale c/yp^am, che nel 1 1 70 consagrò 
le chiese di s. Vittorino e di s.Pietro d'A mi* 
terno^ che nel 1 1 79 intervenne al concilio 
generale dìLaterano HI, e che ottenne am« 
pio privilegio dall'imperatore Federico I 
perse e successori. Al suo tempo morì il b, 
Balduinode'contidiMarsi monaco cistcr- 
ciense e amico di S.Bernardo che gli scris* 
se parecchie lettere, e fu sepolto in catte- 
drale. Dopo furono vescovi Settimio Qua- 
rini bolognese, indi Benedetto deli 182, 
poi AdinolfoSecenari nobile réatino,sotto 
del quale erroneamente il p. Maroni, seb- 
bene ne dubiti, riporta l'assedio e distru- 
zione di Rieti eseguita da Ruggiero I, ciò 
che rimarcò pure il Marini , mentre A- 
dinolfo governò dal 1 193 al 1209, laonde 
sembra anche erroneo il codice prodotto 
da Ughelli su questo propòsito a p. 1 202, 
Nel voi, XXXII, p. 257 notai, che TAn* 
gelotti, citando l'archivio capitolare, pre* 
tese che il cardinal Ugolino poi Grego- 
rio IX, fòsse stato vescovo di Rieti, ed io 
credendo esatto Ughelli in questa serie, 
gli opposi il silenzio d' Ughelli slesso , e 
qui vi aggiungo quello degli altri scrit- 
tori reatini. Dopo Adinolfo, fiorì nel 1 2 1 5 
Rinaldo ].°benedettino, che a's^Gsettem* 



RIE 235 

bre consagrò la chiesa di s. Sebastiano 
diMonte s. Giovanni : il p. Maroni eaN 
tri ritardano il suo vescovato al 1 2 1 6. Nel 
1227 Odone, secondo Ughelli, e al dire 
del p. Maroni nel 1 233 Raniero 2.**, Gio- 
vanni del 1 236,indiRaniero3.°delqualesi 
ha l'istromento del 1 249 per la lite agitata 
con Bono comes Reatinae urbis praetor 
intendit de equo cui Raynerius insederai, 
cum primum urbem ingressusesl: quem 
sibi debilum ex antiquo more idem prae» 
tor contendebat. Segue Rinaldo 2.**, per 
testimonianza del p. Maroni; Ughelli po- 
ne nel i25o fr. Domenico de'predicato- 
ri, nel i252 Tommaso correttore delle 
lettere apostoliche, nel 1 265 Goffredo giù 
di Tivoli, nel 1278 Nicolò 111 vi Iraslatò 
da Sora Pietro Gerra di Ferentino , poi 
arcivescovo di Monreale. Nel 1286 An- 
drea già di Sora, al quale e al capitolo 
Nicolò IV diresse quel diploma che U- 
ghelli dà a p. 1 206, in memoria d' aver 
coronato nella cattedrale Carlo II e la re- 
gina Maria. Nicola cistcrciense nel 1296 
rinunziò a Bonifacio Vili, il quale nel 
1299 sostituì Giacomo Pagani rettoredi 
di verse Provincie pontificie,ov vero secon- 
do il p Maroni de v' essere preceduto da 
Berardo; quindi neli3o2 Bonifacio Vili 
vUrasPerì da Nepi fr. Angelo, che mor- 
to neir istesso anno, subito il Papa fece 
occupar la sede da Giovanni Muli Papaz- 
zurri nobile romano, sotto il quale Cat^ 
Io lì confermò i beni che la chiesa rea* 
tina possedeva nel suo limitrofo regno. 
Nel 1 326 Raimondo vicario di Roma per 
Giovanni XXI I^ il quale ricevette in A* 
vignone il processo da lui compilato con 
sacerdotale coraggio e senza temere il ri- 
sentimento di Lodovico il Bavaro, contro 
l'antipapa iVico/ò ^(^.) da Corvaro dio- 
cesi di Rieti. Giovanni vescovo morì nel 
1 339, ed il capitolo elesse Tommaso ca« 
nonico della cattedrale , che Benedetto 
XII confermò. Nel 1 392 Raimondo d'Or- 
vieto vicario di Roma. Nel 1 347 ^^ V** 
cenza passò a questa chiesa fr. Biagio dei 
minori di sommo zelo. Nel 1378 Barto- 



a36 RIE 

lomeo Mezzavacca (/^.), poi cardinale; 
non lo fu Pietro de' Jic2r£nri(^.) suppo- 
sto anche cardinale dall' Angelotli e da 
altri seri ttori. Lodovico Teodorani de Al- 
faui di potente famiglia reatina nel 1 897 
fu fatto vescovo da Bonifacio IX e peri 
infelicemente vittima d'una congiura; gli 
successe nel i4o i Lodovico Cicco di Co- 
la de Bonaventura Teodorani, che visse 
sino al 1436: il p. Maroni corregge U* 
ghelli e de'3 Lodovicfai riporta e ricono* 
sce i detti due soli. 

Eugenio IV nel 1 438 traslatò da Man- 
fi*edonia Mattia de Pusci governa toredeU 
rUmbria. Nel 14^0 Angelo Capranica 
(F,) già d'Ascoli e poi cardinale, ottimo 
vescovo, costruì il portico della cattedra- 
le. Nel 1468 Domenico Lutaui realino, 
governatore dell'Umbria, di Perugia e di 
Cesena. Giovanni Colonna {F,) cardi- 
naie nel 1480 amministratore perpetuo, 
in tempo del quale Alessandro VI nel 
i5o!2 smembrò dalla diocesi di Rieti Ct- 
vita Ducale {F,)coìì immenso rammarico 
del cardinale e l'eresse in vescovato.Morto 
il Papa, il cardinale ricorse a Giulio 11, il 
quale nel 1 5o5 reintegrò Rieti de'suoi di- 
ritti, ma essendo morto il cardinale nel 
i5o8 Giulio 11 ripristinò la sede di Ci- 
vita Ducale e il vescovo. A Rieti nominò 
Pompeo Colonna (FJ) poi cardinale, che 
ribellatosi al Papa, questi a' 29 ottobre 
i5i2 lo spogliò di tutte le dignità e die 
Rieti in amministrazione al cardinal Re- 
nato Pria o Prte(F,)j però Leone X nel 
] 5 1 7 reintegrò il Colonna anche della se^ 
de reatina, che nel i S10 rinunziò eoa re- 
gresso al nipote, Scipione Colonna. Net 
1529 Mario Aligerio reatino prolegato 
di Bologna e preside di altre provincie 
e città, nunzio a Carlo V, sapientemen- 
te governò. Neil 555 Gio. Battista Osio 
romano, fu al concilio di Trento: per le 
sue ruvide maniere, alterigia e per altri 
motivi che si possono leggere in Cardai- 
la, Memorie storielle de* cardinali t. 5, 
p. 18 e seg., benché datario e segretario 
de'memorialidi Paolo IV, venuto a que- 



RIE 

sti in sospetto lo tenne 4 anni prigione 
in Castel s. Angelo, come narrai ne' voi. 
XIX, p. i34, XLIV, p. 189, XLIX, p. 
^59, correggendo il p. Carrara che nel- 
la yita di Paolo IV T avea confuso col 
celebre cardinal Osio, Marc'Antonio A" 
mri/io (/^.) cardinale nel 1 562 beneme- 
rentissimo, principalmente pel seniinario 
ch'egli fondò il i.^ fra' vescovi, dotandolo 
ancora co'suoi capitaU d'un fondo di sca- 
di 1 000 in tanti Itioghi di monte. Nel 1 57 2 
s. Pio V vi trasferì d' Amelia Mariano 
Vettori reatino nobile e insigne, di mol- 
ta dottrina e vasta erudizione , restituì 
alla loro lezione tanti testi di s. Girolamo 
stati adulterati, nelle illustrazioni delle 
sue opere, autore del mss. De antiquita» 
tiòus Jtaliae, et urbis Realisj ma poco 
la patria potè goderlo, morendo nell'istes- 
so anno, in cui gli successe Alfonso Gio. 
M." Rinarini bolognese, traslalò uel 1 Sji 
a Camerino. Gregorio XII 1 gli surrogò 
il comune concittadino fr. Costanzo Vin- 
cenzo Bargellini conventuale, che passa- 
to a Foligno neh 583, gli successe l'altro 
bolognese Giulio Cesare Segni che gover- 
nò sino ali6o3. Gio. Contede Desideri 
di Norcia morì neli6o4; indi fr. Gaspa- 
re Pasquali di Monreale conventuale pio 
e integerrimo, già di Ruvo. Nel 161 2 il 
cardinal Pietro Paolo Crescenzi (F,); nel 
1621 da Tivoli fu traslato Gio. Battista 
Toschi di Reggio di Modena; nel i633 
il cardinal Gregorio iVijro(^.)v nel 1 635 
da Cervia qui passò il cardinal Gio. Fran- 
cesco Guidi Bagno {F,)heQemev'ìto e di- 
ligente pastore,che rinunziando nel 1 639, 
Urbano Vili nominò Giorgio Bolognetti 
nobile bolognese, già d'Ascoli in regno , 
nunzio in Francia ; fornito di gran pru- 
denza, celebrò il sinodo, costruì l'archi- 
vio, ridusse in miglior forma e ornò l'e- 
piscopio, ampliò il giardino. Nel 1660 il 
cardinal Odoardo Vecchiarelli (/^.) rea- 
tino, ottimo vescovo; per sua morte nel 
1668 amministratore il cardinal Giulio 
Gabrielli ( P\) vescovo diSabina.Nel 1 670 
Ippolito Vinceutini nobile di [lieti, loda* 



RIE 

lo vescovo; nel 1707 Francesco M.* Ab- 
bai! nobile pesarese, traslalo nel 1 7 f o a 
CarpentrassOy onde neli7i i gli successe 
Bernardino Guinigi nobile lucchese, già 
nnnsio apostolico e preside ,lo(Iatis.simo 
pastore, che celebrò il sinodo, trasferito 
alla patria per arcivescovo: con questi 
neirUghelli termina la serie de' vescovi, 
che proseguirò col p. Maroni. Benedetto 
XIII neh 724 elesse fr. Antonino Ca Riar- 
da di Messina domenicano , celebre per 
dottrina profonda e per le opere, massi- 
me suli' Elezione del Papa j tenne due 
sinodi, rinnovò alcuni monasteri di reli- 
giose, ampliò con magnificenza il semi* 
nario, restaurò e abbelPi T aula vescovi* 
le, fendo Torfanotrofio delle donzelle che 
poi costituì suo erede, e pianto da'poveri 
morì nel 1754. Benedetto XIV vi pro- 
mosse Gaetano Carli nobile di Comac- 
cbio dotto e prudente, vigilante pastore, 
ristorò il monte di pietà con ottime leg- 
gi. Clemente XIII nel 1761 die alla pa- 
tria per vescovo Girolamo de' marchesi 
Clarelli encomiato, e col quale il p. Ma- 
roni termina la serie che compirò colle 
Notìzie di Boma,i'j^^ Giovanni de Vi- 
ta di Benevento, santo e dottissimo, au- 
tore di diverse opere, il cui nome è in be- 
nedizione per gli esempi lasciati di virtù 
e di beneficenza. Nel n." ^%Ae\YEffeme' 
ridi letterarie di Roma del 1 778, si loda 
la sua profonda e vasta erudizione nel 
darsi conto delle pubblicate Omelie edaU 
tri sermoni pastorali predicati da mgX 
Gio, ce, Romnei772. Meglio dal 0.^*47 
del 1 774 si encomia l'illustre prelato nel 
parlare de'suoi SoliloquiaClementi XìV 
dicata, Romaei 774» riportando l'elenco 
di 2 I opere stampate e di 7 mss. Tra le 
prime noterò: Istituzioni de* chierici con- 
viventi ne* seminari vescovilìjPe origine^ et 
fare decimarum écclesiastìcarumj The- 
saurus antiquitatum Beneventana riìm t. 
I j\ Epistola pastoraUsj Notificazione per 
lo stabilimento della cong, degli ecclesia" 
stici chiamati Amanti di Dio, ed erezione 
della nuova cong, de' giovanetti secolari 



RIE 237 

chiamati fanciulli di Gesù e Maria nel- 
la città di Rietiy ivi per Gaspare Orsini, 
il qualestampò ancora altre sue opere. E- 
ditto per la riforma delle confraternite 
ed altre pie radunanze della città e dio* 
cesi di Rieti; Regole di vivere per le per» 
sone ecclesiastiche j Regole del semina- 
rio Reatino j Regole per il conservatorio 
delle orfane di Rieti, Abbiamo, Fita del 
servo di Dio mg, Gio, de Vita vescovo 
di Rieti y ivii83i. Gli successe nel 1775 
Vincenzo Ferretti nobvle anconetano. 
1779 Saverio Marini di Pesaro zelante 
pastore, autore di opere pregiate. i8i4 
Carlo Fioravanti nobile romano. 18 18 
Francesco Saverio Pereira romano^ tras- 
lato daTerracina, Sezze e Piperno. Leo- 
ne XH nel 1824 elesse il suo degno a- 
mico il dottissimo p, Timoteo Maria A- 
scenzi carmelitano calzato di Contiglia- 
no diocesi di Rieti , profiessore di teolo- 
gia morale e membro del collegio teolo- 
gico dell'università romana, quindi nel 
concistoro de'21 maggio 1827 lo trasferì 
e Osimo e Cingoli, ove assai compianto 
morì nel seguente anno con dolore del 
Papa, che avea stabilito di premiamele 
Ytrtti e la profonda scienza colla dignità 
cardinalizia , come dichiarai nel voi. X, 
p. 58. Di fatti leggo a p. 5 della Memo- 
ria 28.* del marchese Bruti Lil)erali , 
ch^éra stato destinato a portargli la no- 
tizia e il berrettino, in un al cardinal Rud- 
nayy il cav. Neroni di Ripatransone, ma . 
l'illustre prelato morì alcuni giorni pri- 
ma del concistoro. Lo stesso Papa e nel 
medesimo concistoro gli die in successo- 
re mg.' Gabriele de' conti Ferretti d*^/i- 
cona (F,), che Gregorio XVI in premio 
del suo zelo pastorale e per avere gran- 
demente contribuito alla difesa di Rieti 
contro ì liberali ribelli , successivamente 
fece nunzio dì Napoli, vescovo di Monte 
Fiaseone (^.), arcivescovo di Fermo (f\) 
e cardinale; dal Papa regnante suo paren- 
te fatto segretario de' memoriali, legato 
d'Urbino e Pesaro, e di Ravenna, segreta- 
rio di statole da ultimo penitenziere niag- 



238 RIE 

giore. Inoltre Gregorio XVI ne1i833ie- 
ce vescovo il reatino cardinal Benedetto 
iCappelleUi (^^), e nel 1 834 ^%'^ Filip- 
po de'conti Curoli di Faenza, già udito- 
re delle nunziature di Baviera, e di Li- 
sbona nel Portogallo (f^')- Per sua mor- 
te Pio IX nel concistoro di Portici de'28 
settembre i84g dalla chiesa di Forlì, in 
cui Tavea promosso Gregorio XVI, tra- 
sferì in questa l'attuale mg/ Gaetano Car- 
letti di Ferrara, saggio, zelante eottimo 
pastore. Ampia é la diocesi, poiché si e- 
stende per circa 80 miglia di territorio, 
contenendo 225 luoghi, come leggo nelle 
proposizioni concistoriali de'due penulti- 
mi vescovi, essendo nelKultima detto per 
isboglio 25. In essa vi sono 265 parroc« 
'chie, e 4 chiese collegiate. Fuori di Rie- 
ti è rinomalo, oltre il santuario summen- 
tovalo di Grecio, quello di Fonte Colom- 
bo de'minori riformati, dove è tradizio- 
ne che s. Francesco d' Àsisi ricevesse la 
s. regola dal Signore pel suo meraviglio- 
so ordine Francescano^V )j,0^\ nuovo 
vescovo è tassato ih 3oo fiorini, essendo 
le rendite della mensa circa scudi 25oo. 
RIEUX, Bivi, Rivenne, Filla de Rivìs. 
Città vescovile e antica di Francia nel- 
l'alta Linguadoca, dipartimento dell'aU 
ta Garonna, circondario e capoluogo di 
cantone, a più d'8 léghe distante da To- 
losa e 1 85 da Parigi, sulla sinistra spon- 
da della Reze,che poi si scarica nella Ga- 
ronna. Non ha di osservabile che il cam- 
panile della sua vetusta cattedrale della 
B. Vergine, di stile goticoedi straordi- 
naria altezza. Vi si trovano fabbriche di 
panni grossi, maiolica e mattoni. Ne'din- 
torni si ammira bella cascata d'acqua, ed 
una grotta che sorprende per l'elevazio- 
ne e la profondità. Non era che un ca- 
stello circondato d'alcune case, quando 
Giovanni XXII nel 1 3 1 7, elevando la par- 
rocchia in cattedrale, Io dichiarò città e 
il paese ducato, erigendolo in vescovato 
suffraganeo della metropoli di Tolosa , 
con residenza del vescovo in Rieux.Per 
1 .** vescovo il Papa ci-eò Peloforte di Ra» 



RIE 

hmlcns {T',) che poi ciw cardinale, cui 
successero i riportati dalla Gallia diri' 
stiana: ne furono ultimi G io. M.' de Ca- 
stellan di Tolosa del 1748, e Pietro Giu- 
seppe de Lastic di s. Flour del 1771, il 
quale rinunziò nel 1 801 in conseguenza 
del concordato per cui Pio VII soppres- 
se il vescovato. Il capitolo era composto 
di 5 dignità, di 12 canonici e di diversi 
altri ecclesiastici assistenti al coro. I do- 
menicani ed i francescani vi aveano con- 
venti, nella diocesi essendovi un rinoma- 
to monastero di cistcrciensi foglienti, ca- 
po d'una congregazione dello stesso no- 
me. La diocesi conteneva 90 parrocchie, 
ed il vescovo godeva 18,000 lire di ren- 
dita, pagando 25oo fiorini per la tassa 
delle bolle* 

RIEZ, Reii. Città vescovile e antichis- 
sima di Francia nella Provenza, dipar- 
timento delle Basse- Alpi, circondario e 
capoluogo di cantone, a più di 7 leghe da 
Digne e 180 da Parigi, fra due ruscelli, 
sulla sinistra sponda del Colostro. Male 
distribuita e di appetto melanconico, al 
dire d' alcuni geografi ; altri dichiaran- 
dola piccola, ma bella, come posta in a- 
mena pianura. Ha fabbriche di corde, 
concie di cuoi e birrerie; traffica di vini 
pregiati e di frutta eccellenti. E patria dì 
Gaspare Abeille autore drammatico. Riez 
è l'antica A lebece capitale de' reii, che fu 
abbellita dai romani, e chiamata Colo* 
nia Reiorum jépollinnrium, con parecchi 
monumenti, de'quali rimane ancora una 
rotonda, composta di 8 colonne corintie, 
convertita in chiesa, 4 altre colonne del 
medesimo stile e bel musaico. Vi sono 
pure di verse iscrizioni. La cattedrale è sot- 
to l'invocazione della B. Vergine, ed avea 
il capitolo composto di 4 dignità e di al- 
tri 8 canonici: vi erano i francescani eie 
orsoMne. La sede vescovile fu eretta nel 
V secolo, sulfraganea della metropoli di 
Aix. Venne chiumata con diversi nomi 
latini : Rej us. Alba Re j orimi y Albesa Re* 
jùruniy ApoUinarium dal culto che vi si 
rendeva ad Apollo, Regium» lì 1 J^'vesco* 



RIE 

TO fu 8. Pit)spero del V secolo » che al« 
cuni credono quello d'Aquìtanìa, il qua* 
le fu vescovo di Reggio di Modena; altri 
lo dicono diverso. Gli successe s. MassU 
mo (V,) monaco e abbate di Lerins,di* 
scepolo di 8. Onorato : fu ordinato nel 
433 o 4349 ed intervenne a' concilii di 
Riez, d'Orleans nel 44 < > sottoscrisse nel 
45 1 la lettera sinodale a s. Leone I, fu al 
concilio d' A ries del 454)6 morì nel 46a. 
Indi 8. Fausto che la chiesa di Riez ono* 
ra per santo, già abbate di Lerins, che 
intervenne al 4*^ concilio d' Arles, ed a 
quello di Roma del 4^3, morto verso il 
485. Ugone Raimondi legato apostolico 
contro gli albigesi, presiedette al concilio 
d'Avignone per condannarli. Cardinale 
Pietro Desp'reZj trasferito ad Aix. Marco 
Lascarisde'contidi Venlimiglia. Antonio 
Lascaris fratello del precedente e dì 0« 
norato conte di Tenda. Antonio Lasca- 
ris nipote dell'antecessore, poi trasferito 
a Beauvais. Simone Barlhel scrisse la Sto» 
ria de vescovi di Riez: di molti sono le 
notizie nel t. 4 delle Monumenta hist. pa* 
triaej la Gallia Christiana ne riporta la 
serie nel ti, p. 389 e seg. sino a Luigi 
Phelypeaux d'Herbault del 1 7 1 3: ne fu* 
rono ultimi vescovi^ Lucrezio de la Tour 
du Fin de Lachau Montauban di Alais, 
fatto vescovo nel 1 75i , cuinel 1 772 sue* 
cesse Francesco de Clugny d'Autun, in 
tempo del quale Pio VII col concordato 
del 1 80 1 soppresse la sede. La diocesi con* 
sisteva in 54 parrocchie; il vescovo avea 
1 5,000 lire di rendita, e pagava 85o fìo« 
rini per le bolle. Nel 439 vi fu tenuto un 
concilio a'29 novembre da s. Ilario d' A r- 
les coni 3 vescovi circa, per rimediare ai 
disordini della chiesa d'Ambrun per l'è* 
lezione d'Armentario, falla da una fazio- 
ne di laici, onde fu dichiarata nulla, per- 
chè era stato ordinato da due vescovi e 
senza il consenso de' vescovi della provin- 
cia, né il permesso del metropolitano 8. 
Ilario. Il concilio vietò a'consagratori di 
assistere ad altre ordinazioni ed a'conci- 
liì provinciali. Quanto ad Armentario, 



RIE 239 

gli fu permesso di ricevere in governo 
una parrocchia in qualità di corepiscopo, 
senza ordinare alcun chierico , potendo 
amministrare la confermazione e consa- 
grare le vergini nella sua chiesa. Lo stes- 
so concilio accordò a'preti il permesso di 
dare per tutto la benedizione quando ne 
fossero richiesti, tranne nelle chiese. Di 
più stabili che si terrebbero 1 volte Tan- 
no concilii provinciali, secondo la costi- 
tuzione del concilio Niceno. Arduino t. 
I. Nel 1285 vi fu tenuto un altro conci- 
lio sopra la disciplina ecclesiastica. Mar- 
tene, Thesaur, t. i. 

RIFORMATI.Minoriosservanti,eMi. 
nori riformali di s. Pietro d'Alcantara, 
religiosi francescani. Vedi il voi. XXVF, 
p. 149 e seg. Negli articoli degli ordini 
religiosi si tratta delle altre riforme. 

RIFORMATI o Pbjetesi Riformati. 
Così sono appellati i Protestanti {F)^ i 
Calvinisti (F.) e altri eretici, cioè quelli 
che si ritirarono dall' unità della chiesa 
cattolica, come l'Inghilterra (F.), colla 

f)retesa di riformare i supposti abusi del- 
a 8. romana chiesa, tanto intorno alla fe- 
de, che alla disciplina.! sedicenti riforma- 
ti chiamano riforma in generale, il cam- 
biamento ch'essi capricciosamente han- 
no fatto nel culto e ne'dommi della ve- 
ra Religione [F.)^ per formare le loro in- 
felici sette. Quindi i cattolici ben a ragio- 
ne, parlando di siffatta riforma e di tali 
riformati, sempre dicono la pretesa rifor* 
ma^ i pretesi riformati ^ per quanto dif- 
fusamente trattai ne'citdti articoli e in tut- 
ti gli altri che vi hanno relazione. A tutti 
gli autori riportati a detti articoli aggiun- 
gerò : De la Foresi, Metodo d^istruzione 
per condurre i pretesi riformati alla chic* 
sa romana ^e confermare i cattolici nella 
loro credenza^ Roma 1 825. G. A. Boosl, 
Storia della riforma d Alemagna dal 
i5i7 al 1845. Storia della riforma di 
Francia daliSi'j fl/i844- Storia della 
r forma d Inghilterra dal iSij ali 544» 
Ausburgo 1846. Gaspare Oleviano oil 
calvinismo in lYeveri neli S5q. Memo* 



24o RIF 

rie da servire alla storia della riforma 
in Alemngna diJ, Marx prof, del semi- 
narìo vescovile diTrevrri,^hìQOU2M 1 846. 
RIFUGIO o ASILO. F. Immunità 

ECCLESIASTICA. 

RIGA, Riga, Cina vescovile e forte 
con porto dt Russia y capoluogo del go- 
verno di Livonia e di distretto, distante 
1 1 5 leghe da Pietroburgo e 1 00 da Dan- 
zicn, sulla destra sponda della Dwina del 
sud, a 3 leghe dalla sua foce nel golfo di 
Livonia. Residenza delle principali auto- 
rità del governo, sede della corte iV ap- 
pello e di parecchi altri tribunali, d*un 
concistoro superiore e d'una soprinten- 
denza luterana. Giace in terreno basso, 
^bbioniccioearido, ed esposto alle inon- 
dazioni del fiume ; le sue fortificazioni, 
senza essere regolari, sono numerose e di 
gran difesa , ed il forte di Diinamiinde, 
situato alla foce della Dwina, la proteg* 
geperfettamentedal lato del mare. I sob- 
borghi posti alla sinistra del fiume, e che 
aveano molto sofferto nel 1 8 1 2 , sono rial- 
cati con magnificenza, essendo visi pratica- 
te vie larghe, dritte e guarnite di belle 
case e vasti magazzini ; e stabilite pure 
grandi piazze e passeggi , per modo che 
presentano un aspetto piti grato della stes- 
sa città, che però ricevette anch'essa di- 
versi abbellimenti. Gli ediOzi più nota- 
bili sono il palazzo vastissimo della città, 
quello degli stati, la borsa, l'arsenale, 
l'antico castello de'gran maestri dell'or- 
dine Teutonico ( F',) recentemente resta u- 
rato, una delle cui torri è stata conver- 
tita in ispecola, e davanti alla quale fu 
nel 1814 eretto un monumento di gra- 
nito sormontato dalla figura della Vitto- 
ria in bronzo; le nuove carceri decorate 
d'un peristilio e che contengono le corti 
di giustizia; l'ospedaledi s. Giorgio, quello 
della marineria, il nuovo ospizio costrut- 
to nell'antico giardino impenale, la cat- 
tedrale, la Caterinea, la chiesa di s. Pie- 
tro colla sua bella torre, dall' alto della 
quale godesi d'una vista superba sino so- 
pra la rada; il teatro^ la dogana, il giar- 



RIG 

dine vecchio, nel quale si osserva un ol- 
mo piantato da Pietro I e dove si è co- 
struito un nuovo castello residenza del 
governatore generale,. giardino eh' è di- 
venuto il più bel passeggio della città. La 
Dwina si valica in estate sopra un ponte 
di battelli lungo 2600 piedi, che offre pu- 
re un passeggio amenissimo, ma nell'in- 
verno si leva e si cammina sul ghiaccio. 
Contiene 6 chiese greche, 4 chiese lute- 
rane, ed una chiesa cattolica fabbricata 
da'caltolici che ora sono circa 5ooo, e fu 
solennemente consagrata nel 1781 da 
mg.^ Boneslawoskì coadiutore del vesco- 
vo di Mohilow: i cattolici prima erano 
assistiti da'francescani riformati. Vi è li- 
ceo, collegio, scuola di reciproco insegna- 
mento, gran scuola di donzelle, scuola di 
veterinaria,società livornese d'utili là pub- 
blica e d'economia rurale,due società let- 
terarie, biblioteca di più di i5,ooo vo- 
lumi con rari mss., gabinetto di storia 
naturale. Vi si trovano alquante fabbri- 
che, si costruiscono navigli costeggiatoli 
e si fanno ancore : vasti sono gli arsenali 
e ben provveduti. Prima dell' erezione 
à* Odessa (f^.\ Riga veniva considerata 
come la 2.* città di Russia sotto il rap- 
porto del commercio; la navigazione con- 
tinua sul fiume, il gran movimento che 
scorgesi sulle. riviere, per le vie, non ale- 
no che nelle botteghe e ne'magazzini an- 
nunziano la grande attività del suq traf- 
fico. La larghezza della Dwina eia distan- 
ta da questa città al mare, rendono il 
porto insieme spazioso e sicuro, ma non 
è abbastanza profondo per accogliere na- 
vi di grande portata ; dall'altro canto la 
rada che Riga possiede nel golfo, si colma 
spesso di sabbia e sforza le navi a recarsi 
nella Bulder-Aa. I dintorni producono 
un lino rinomato. Gli abitanti superano 
i 56,ooo. Riga fu fondata, secondo la co- 
mune opinione, nel 1 200 dal vescovo Al- 
berto I, il quale in seguitola cinse di mu- 
ra. Si crede che il suo nome derivi da 
quello del fiumicello /{f^r/e/ oggi canale 
di Rising, ch'era un tempo un braccio del- 



RIO 

la Dwina e del quale rimangono appena 
alcune traccie. Ma della vera origine di 
questa città, come del suo nome ne parlerò 
trattando della sede vescovile. Nel i56[ 
Riga si sottopose al re di Polonia {F'.) 
che le lasciò tutti i suoi privilegi. Gusta- 
vo 11 Adolfo re di Svezia la conquistò nel 
162 1, e Carlo XI ne fece la capitale del 
ducato di Lwonìa [F',)^ le die ili.^grado 
sotto Stocolma, e concesse a tutti i mem- 
bri della magistratura, come ai loro suc- 
cessori, titoli di nobiltà per tutto il tem- 
po che rimanessero in carica. Molto eb- 
be a soffrire la città da parecchi incendi! 
e vari assedii, i memorabili tra'quali fu- 
rono impresi dai russi nel 1 656, dai sas- 
soni e dai polacchi nel 1 700; i russi se ne 
impadronirono V 1 1 luglio 1 7 1 o e Thaa- 
no poi conservata. Nel 1 768 la maggior 
parte del sobborgo di Pietroburgo diven- 
ne preda delle fiamme; nel 18 (a i fi^an- 
cesi arsero la maggior parte de'suoì sob- 
borghi. Nel 1 8 1 4 soffrì molto per l'im- 
provviso scioglimento dei ghiacci della 
Dwina. Questa città gode privilegi rag- 
guardevoli, che Caterina li confermò. 

A LivoNiA parlai della propagazione 
del vangelo nel 1 1 58, per opera del i .^ 
vescovo di Livonia Mainardo , e succes- 
sivamente la diffusione , e che Bertoldo 
vescovo di Livonia principalmente fab- 
bricò Riga, fortificata e aumentata dal 
successore Alberto I, il quale chiamò in 
suo aiuto i cavalieri Porta Spade [F»), 
de' quali parlai anche a Prussia. Narra 
Hurter, Storia d* Innocenzo 111, ti, p. 
327,chenavigandocerti mercanti di Bre- 
ma e altre città della Sassonia, per ten- 
tare il traffico colle popolazioni pagane in 
riva al Baltico , furono gettati alla foce 
della Dwina, ove dopo alcune zuffe in cui 
restarono vittoriosi, stabilirono con quel 
popolo vantaggiose pratiche di commer- 
cio. I rapaci abitatori di queste contrade 
appena conosce vano i primi elementi del- 
l'ordine sociale; veneravano o temevano 
nelle fiere, ne' boschi, nelle fonti altret- 
tanti simboli della divinità, e raccapriccia- 

VOL. LVII. 



RIG 341 

vano pensando ai demoni! che misterio- 
samente operavano sulla natura. Dopo 
che i mercanti ebbero fondata una (at- 
toria e fatto per più anni de' guadagni, 
andò con loro il monaco Mainardo, vir- 
tuoso e pio , ivi tratto dai desiderio di 
annunziar agli abitanti V evangelo. Stu- 
diata prima la favella, cominciò a predi- 
car il nome di Gesti, edificò una cappel* 
la in mezzo alle possessioni degli aleman- 
ni, e si fece consagrar vescovo della co- 
lonia dall'arcivescovo di Brema. In segui- 
to fermò la sede nella chiesa di s. Maria 
che fondò in mezzo una contrada riden* 
te e tutta rigata di fonti, onde appunto 
la chiamò Riga^ da cui l' onda corrobo- 
rante della fede cristiana, della cultura 
intellettuale e della scienza ecclesiastica 
venne in breve ad irrigare e a feconda- 
re tutto quel suolo; e Pietro di Riga po- 
se in versi la Bibbia ne'primi5o anni dei 
secoloXIlL.Uno de'compagni di Mainar- 
do intanto, si conduceva attraverso mil- 
le pericoli nell'Estonia per dedicarsi al- 
la stessa missione, ove già Alessandro II [ 
a vea inviato banditori della fede. Con gra- 
vi difficoltà Mai nardo conservò la suaco- 
lonìa, e dopo la sua morte l'arcivesco- 
vo di Brema mandò a occuparne il luo- 
go il monaco di Locco Bertoldo. Ve- 
dendo'questi che le affabili maniere e i 
doni non riuscivano a guadagnare i pa- 
gani, ricorse alla forza. I livonii aiuta- 
ti dagli estoni! corsero all' armi contro i 
luoghi soggetti alla nuova dottrina, dove 
il vescovo trovossi in persona fra'suoi cri- 
stiani, che animati d'insolito coraggio per 
amor della nuova fede ne restarono vit- 
toriosi, colla perdita però del vescovo, che 
tratto dal focoso suo cavallo in mezzo ai 
nemici fuggenti, do vette scontar colla vi- 
ta l'ardore del suo zelo.Ciòavvenneonel 
1 1 98, o nei 1201,0 nel 1 204, secondo i 
diversi pareri degli storici. Gli successe Al- 
berto I canonico di Brema, e mentre oc- 
cupava la sede vescovile seppe Innocen- 
zo III la morte del predecessore, onde sol- 
lecitò soccorsi dalla Sassonia, Westfalia, 

16 



^4^ R I.G 

ScbìaTonia e dai paesi di là dell' Elba a 
vantaggio de'cristiani di Livonia. Essen* 
dosi portato l'abbate di Lecco in mezzo 
ai pagani per liberare alcuni de'suoi mo* 
naci prigionieri, evìstoqual copiosa mes* 
se preparatasi pel vangeloin quelle con* 
trade^ supplicò il Papa d'inviarvi nuovi 
operai, e Innocenzo III l'esaudì, eccitan- 
do ancbe i vescovi di Polonia a dar loro 
aiuto. Ma il vescovo Alberto I fece quel 
che più importava per la consolidazione 
e propagazione del cristianesimo in quel* 
le regioni, col crearvi ne]i2o4 l'ordine 
cavalleresco sulla foitna di quello de'tem- 
plari, il quale ebbe per professione di di- 
fendere e ampliare la chiesa in Livonia, 
detto de'Por/tz Spade ^ da quelle vermiglie 
di cui i cavalieri portavano ornato il loro 
bianco mantello; indi pel loro manteni* 
mento gli donò il 3.^ delle rendite di sua 
chiesa. Altri fanno originare il principio 
deli' ordine da Bertoldo. Innocenzo III 
approvò l'operato da Alberto I, lo noti* 
fico all'arcivescovo di Brema, e ad istan- 
za d'Alberto die licenza agli ecclesiastici 
crociati per Gerusalemme di condursi in 
vece in Livonia a propagarvi il nome cri- 
stiano, commutando anche il voto ai crO' 
ciati laici. In breve tempo molti si aggre- 
garono all'ordine e Vinno ne fu!.^ gran 
maestro. Il paese andò debitore all'ordi- 
ne dì sua tranquillità e del sicuro buon 
esito della diffusionedel cristianesimo, non 
che delle vittorie sui livonii, eslonii , li- 
tuani e russi, e finalmente alla creazione 
dell'ordine Teutonico, al quale i Porta 
Spade si unirono 33 anni dopo. Di mano 
in mano che i cavalieri penetravano nel 
paese de'pagani, le conquiste che faceva- 
no erano loro ; ma già nel 9.° anno di 
loro origine ebbero controversie cogli ec- 
clesiastici e coi laici intorno a certe pos- 
sessioni, e anche col vescovo di Riga. In- 
nocenzo 111 die all'ordine in protettori al- 
cuni abbati di Svezia egli confermò il pos- 
sesso de'beni. Inoltre avendo il Papa spe* 
dito in Prussia il cistcrciense Cristiano , 
il vangelo vi gillò profonde radici , poi' 



RIO 

che da gran tempo il paese avea accol- 
to missionari. Anche il p. Helyot, Storia 
degli ordini militari^ parlando di quello 
de' Porta Spade o di Livonia, riconosce 
Alberto I per edificatore di Riga verso 
il 1 202, e che le die questo nome per es* 
sere una città irrigata da una nuova fe- 
de, (filasi nova Fide Rigata. Vi è qualche 
probabilità, che l' imperatore Filippo di 
Svevìa accordasse al vescovo di Livonia 
e principalmente di Riga , l' investitura 
della Livonia. L' erezione di questo ve- 
scovato si fa risalire ali 186, ed in arci- 
vescovato neli2i5 per autorità d'Inno- 
cenzo III, e fu metropolitano di tutta la 
Livonia, della Prussia ove i cavalieri fon- 
darono 4 vescovati, e della Cnriandia; ma 
il vescovo propriamente di Livonia fu 
suffraganeo di Gnesna. Commanville an- 
ticipa di molto il principio del vescova- 
to , il che non è verosimile : gli dà per 
suffragane i vescovi, di Derpt nella Li- 
vonia, eretto pei danesi neli2i9; di Re- 
vel capitale dell'Estonia provincia di Li- 
vonia, eretto neli23o sotto la metropo- 
li di Lunden della Danimarca, e nel 1874 
lo divenne di Riga; diHapsel in Estonia, 
eretto ne' primi del secolo XIII^ con re- 
sidenza ad Arnsberg; di Venda, eretto da 
Sisto V nel X 586, ma a quel tempo Riga 
non era più cattolica; di Curlandia in Po- 
lonia , eretto pei danesi nel 12 19 sotto 
Lunden, finché i cavalieri di Livonia im- 
padronendosi del ducato lo assoggettaro- 
no a Riga , ed il vescovo faceva la resi- 
denza a Pilten. Quando i cavalieri nel 
1228 tolsero a Valdemaro II re di Dani- 
marca le conquiste fatte, assoggettarono 
le sedi vescovili nominate alla metropo- 
litana di Riga, la quale secondo il p.Helyot 
ebbe questa dignitàda Innocenzo IV nel 
1254 9 ed Alberto II 5.° vescovo di Li- 
vonia ne fu il i.° arcivescovo. 

L'arcivescovo di Riga divenne poten- 
tissimo, imperocché oltre il dominio tem- 
porale della città, esercitava pieno diritto 
di giurisdizione sopra 20 fortezze o ca« 
stelli e fu la l'ovina dell'ordine^ per le guer- 



RIO 

re che raccontai a Prussia (ra T arcive- 
scovo e i teutonici, con sanguinose e fre- 
quenti battaglie. Dal 1292 ali34i ebbe- 
ro luogo ostinati combattimenti tra' ca- 
valieri ed i vescovi di Livonia. Bruno 
maestro provinciale avendo voluto assi- 
stere all'elezione dell' arcivescovo di Ri- 
ga, ed essendosi opposti il clero e i citta- 
dini, vennero alle mani e si accese lunga 
guerra in Livonia. Da una bolla di Cle* 
mente V deli3o5 si rileva che l'arcive- 
scovo avea i4 vescovati snfTraganei e che 
i cavalieri ne aveano desolali 7 , intru» 
dendosi negli altri. Urbano V s'interpose 
nelle differenze tra 1' arcivescovo Blom* 
l>erga, e i teutonici i quali esigevano che 
coi canonici vestisse l'abito dell'ordine ; 
Bonifacio IX contentò i cavalieri, dichia- 
rando che l'arcivescovo di Riga dipen- 
desse dall'ordine; e perchè non si lagnas- 
se l'arcivescovo, lo dichiarò patriarca di 
Lituania (^.), ma gli altri vescovi non 
vollero sottoporsi a tal decisione , indi 
nuove guerre. L'arcivescovo Enrico nel 
1429 tenne in Riga un concilio, il quale 
mandò a Martino V 1 6 preti deputati per 
esporre le doglianze contro quelli cheop- 
primevano la chiesa di Riga; però essen- 
do stati arrestati ne'confìni della Livonia 
dal governatore del forte di Goswin, ca- 
valiere teutonico, questo barbaramente 
co' piedi e mani legate li fece gettar nel 
torrente gelato, dove que'miseri innocen* 
ti restarono affogati. In questo concilio 
non si trattò di cose riguardanti la disci- 
plina della Chiesa. Concili or, 1. 1 2. Nuova 
controversia insoi^se nel 1 453 per l'abito 
dell'ordine, di cui i vescovi volevano spo- 
gliarsi, ch'ebbe sollecito termine, perchè 
l'arcivescovo di Riga Silvestro si obbligò 
co'canonici, a nome pure de'successori, di 
non lasciar mai l'abito teutonico.Nel 1 487 
i cittadini di Riga riportarono vittoria sui 
cavalieri. Il gran maestro Alberto diBran- 
deburgo abbracciò gli errori di Lutero, e 
s'impadronì di quanto l'ordine possedeva 
in Prussia. Fatalmente, anche l' arcive- 
scovo di Riga Gughelmo di Brandebur- 



RIG 243 

go nel 1^22 si dichiarò apertamente pel 
luteranismo, ed il popolo mosso dall' e- 
sempio del metropolitano, uè abbracciò 
colla pretesa riformaglierrori.il perchè 
neh 557 il gran maestro Furstembei^ 
assediò nella fortezza di Kockenhausen, 
Guglielmo col suo coadiutore Cristoforo 
-di Mecklenburgoeli fece prigionieri, fin- 
ché per mediazione del re di Polonia e 
dell'imperatore Ferdinando I furono li- 
berati. Così terminò l'illustre sede arci- 
vescovile di Riga. 

RIGANTI Nicola, Cardinale. Nacque 
in Molfetta a' 25 marzo I744> ^ reca- 
tosi in Roma spiegò ben presto il suo ra- 
ro talento nella rapida carriera degli stu- 
di e specialmente di gius pubblico. I do- 
mestici esempi de'suoi zii Giambattista e 
Nicola Riganti, autore il i.^òeiConìnienta* 
rii sulle regole della Cancelleria^ ò\c\i\\xi 
tanti luoghi parlai, come a Dataria\V,)y 
e ragguardevole il secondo per le lumi- 
nose cariche egregiamente sostenute, fu- 
rono stimoli vivissimi a lui per emular- 
ne la gloria. Non deve quindi recar me- 
raviglia, se decorato da Clemente XIII 
della qualifica d' abbrevìatore di parco 
maggiore, corrispose poi felicemente al • 
l'espettazione della curia romana. Istrui- 
to profondamente in ogni ramo di giu- 
risprudenza, pronto a penetrare le con- 
troversie e ad applicare ai fatti le analo- 
ghe teorie a se di continuo presenti; cau- 
to in pronunziare solo dopo maturo esa- 
me^ chiaro nelle idee, felice nell' esporle 
con ampio sapere e non ordinario senno, 
meritò la comune ammirazione non solo 
de'romani, ma eziandio delle straniere na- 
zioni, perlocchè godevano i forastìerì più 
rispettabili in udirlo allorché pronunzia- 
va giudizi dal tribunale. Impiegato pri- 
ma nella cougregazionedel buongoverno 
col titolo di ponènte, passò poi alla carica 
d' uditore del tribunale dell' A. C. Met, 
quindi all'uditoratodi segnatui*a,epoi alla 
luogotenenza del medesimo tribunale del- 
l' A. C, e fu in queste magistrature ch'e- 
gli si acquistò la riputazione di giudice 



244 Ri^ 

sommo, la quale ne conserverà chìarìssì- 
mo il nome. Ud magistrato di tanta va- 
glia risentì gli effetti delle pubbliche vi* 
cende, le quali negli ultimi tempi di Pio 
Vie ne'primi di Pio VII più volte deso* 
larono Roma; pure immobile nel sentie- 
1*0 della virtù^meritò che in Venezia ap« 
pena eletto Pio VII se neser visse qual pro- 
uditore, indi lo scelse a segretario della 
congregazione di consulta, nella quale, 
benché fosse allora involta in maggiori 
cure e perciò responsabilità maggiore im« 
ponesse, i talenti del prelato meraviglio* 
samente si distinsero a froute delle mol- 
te difficoltà. Leggo in Artaud, Storia di 
Pio F^ITy t. 2, p. 1 1 3, che in conseguenza 
del decreto di Napoleone invasore dello 
stato pontificio de'2 aprile 1 8o8,coI quale 
richiamava tutti i sudditi italiani dimo- 
, ranti in Roma, ovvero per aver il prelato 
spedito Tenciciica di Pio VI la' vescovi del- 
le Provincie dall'imperatore occupa te, ed 
anche per a ver adoperato espressioni po- 
co circospette nelle sue corrispondenze 
officiali co'governi delle provincie e città 
dipendenti dalla consulta, alcuni offiziali 
francesi a' 16 giugno a questo prelato di- 
stinto per ingegno e dottrina, suggella- 
rono tutte le sue carte, lo posero sotto la 
sorveglianza d'una guardia e gi' intima- 
rono l'ordine di abbandonar Roma in 24 
ore e di recarsi in Ancona, ove conosce- 
rebbe l'ulteriore sua sorte e quanto for- 
mava il soggetto della sua colpa. Nel se- 
guente annoancheaPio VII tocco la de- 
portazione, dalla quale tornato trionfante 
ijeli8i49 ed il pi*ela(o restituitosi in Ro- 
ma, lo reintegrò nella carica , indi creò 
cardinale prete e vescovo d'Ancona eli- 
mana l'S marzoi8i6, conferendogli per 
titolo la chiesa de' ss. Marcellino e Pie- 
tro, e le congregazioni de' vescovi e rego- 
lari, concilio, esame de' vescovi in s. ca- 
noni, e consulta. Apprendo da Leoni, Ari' 
cona illustrata^ p. 435, che il cardinale 
vi giunse a' 1 3 settembre e malato ne par- 
tì a'3o aprile 1819, morendo poi in Ro- 
ma, e lasciando alcuni doni alla cattedra- 



RIG 

le e collegiata, citando la Cronolassi dti 
vescovi della chiesa Anconitana^ pubbli- 
cata neh 8 18. In fatti rilevo dai 0.170 e 
73 de' Diari di Roma 1822, che il car- 
dinale mentre faceva risentire ad Anco- 
na gli effetti delle sue cure pastorali, do- 
po 3o mesi un fiero colpo d' apoplesia 
l'obbligò ad assentarsene onde cercare in 
Roma un clima più mite, esercitando le 
funzioni episcopali in A ncona mg.' Fi*an- 
Cesco de'conti Pichi anconitano e vesco- 
vo di Lidda in partibus, ora arcivescovo 
d'EIiopoli. Rimasto senza offesa nelle po- 
tenze intellettuali^ benché sentisse il pe- 
sodelle tribolazioni con cui piacque al cie- 
lo provarlo, fu sempre rassegnato al di- 
vino volere e non lasciò d'agire pel go- 
verno della diocesi colla prudenza e dot- 
trina di cui era fornito. Logoro da abi- 
tuali indisposizioni, dovè finalmente soc- 
combere alla forza di lunga malattia de- 
generata in febbre gastrica nervosa eoa 
convulsioni epilettiche. Egli vide avvici- 
narsi il momento estremo co'senti menti 
ispirati dalla religione nell'uomo giusto, 
e munito de' sagramenti diede placida- 
mente fine a'suoi giorni il 3 1 agosto 1822 
d'anni 78. I funerali furono celebrati ia 
s. Maria sopra Mi nerva,do ve esiste la tona- 
ba de'suoi parenti, ed tvifusepolto. Pie- 
tà singolare, spirito di religione, attacca- 
mento filiale alla 8. Sede, corredo perfetto 
delle sociali virtù, cuore generoso e sofie- 
rente,integrità,disinteresse, felice ingegno 
coltivatore di scienze, furono i caratteri 
del compianto amplissimo porporato. 

RIGAUD DE ROUSSl Ecmio, Car^ 
dinaie* Francese nato in Bessiaco diocesi 
diLimoges,benedetlinoeabbatedi s. Dio- 
nisio di Parigi, ad istanza dì re Giovanni 
I, Papa Clemente VI a'17 o 18 dicembre 
i35o in Avignone lo creò cardinale pre- 
te di s. Prassede, e perché il re non si po- 
teva privar di lui per ultimare alcuni af- 
fari gravissimi, con singoiar distinzione 
gli mandò il cappello cardinalizio , che 
ricevè in Parigi alla presenza del monar- 
ca, dai vescovi di Laon, Chartres e Pa* 



RIO 

lìgi. Ivi dopo 33 mesi la morte gl'invo- 
lo dignità e vita nel 1 353. Alia sua me- 
moria fu eretto un avello in s. Dionisio, 
a cui avea vivendo compartito segnalati 
beneGzì, e tra le altre cose fabbricato una 
infermeria. per uso dei monaci infermi , 
alla quale assegnò rendite sufficienti. 

RIGAULT Odo5E oRbginaldo, Car* 
dinale.Franoese religioso de'minori^chia* 
ro egualmente per nobiltà di prosapia, 
che per illibatezza di costumi, per cui fu 
denominato specchio e norma de'prela* 
ti, e meritò gli encomidi s. Antonino nel« 
la sua storia , siccome oratore di gran 
pregio e fama. G)ntrosua volontà fu pro- 
mosso nel 1 24? o I ^4^ ^A Innocenzo IV 
air arcivescovato di Rouen e consagrato 
dal Papa nel giorno di Pasqua , poscia 
nel dicembre i!i52 01 253 Io creò caixli- 
naie prete. Si condusse con s. Luigi IX 
alla conquista di Terrasanta, avendo pri- 
ma celebralo un concilio provinciale in 
Pontaudemer per accomodar le cose di 
sua chiesa, in cui frequentemente predi- 
cava il vangelo al popolo. Morto il re , 
che lo nominò tra' suoi esecutori testa- 
mentari, si recò in Lione e intervenne al 
2." concilio generale, ivi morendo nel 
1275 o 1276 con credito di santa vita: 
venne trasportato il suo cadavere e sepol- 
to nella metropolitana, ove fu eretto un 
magnifico avello, che poi fu manomesso 
e rovinato dal furore e rabbia degli e- 
retici ugonotti. Scrisse alcune opere mo- 
rali , ascetiche e scolastiche che non vi- 
dero la luce della stampa , alcune delle 
quali mss. si collocarono nella biblioteca 
di 8. Francesco d'Asisi, altre nell'archivio 
della metropolitana di Rouen. Non man- 
cano scrittori che Io escludono dal car- 
dinalato, e in fatti ne'4 conclavi celebra- 
ti a suo tempo non si trova descritto il 
suo nome fra gli elettori. 

RIGOBERTO (s.), vescovo di Reims, 
detto da alcuni Roberto. Abbandonò il 
mondo per ritii*arsi nel monastero di Or- 
bais, di cui fu poscia abbate. Tratto dipoi 
dalla sua solitudine, gli venne affidato il 



R 1 M 245 

governo della chiesa di Reims, ed adem- 
pì ai doveri della sua dignità con zelo a- 
postolioo. Ingiustamente bandito sotto 
Carlo Martello, soffi*! con pazienza que- 
sta sciagura; ma Pipino, mosso dal con- 
cetto di sua santità, si adopei*ò per &r- 
lo richiamare. Tornato dall' esilio trovò 
la sua sedè occupata daMilone, eperciò 
rilirossi nel villaggio di Gemicourt, 4 o 
5 leghe distante da Reims, ove menò u- 
na vita affiitto oscura negli esercizi del- 
l'orazione e della penitenza, finché mo- 
rì verso r anno 740 , e fu sepolto nella 
chiesa -di s. Pietro, ch'egli avea fatto co- 
là fabbricare. Non tai*dò Iddio a glorifi- 
care il suo servo con vari miracoli che 
furono operati alla sua tomba. Si fecero 
varie traslazioni delle sue reliquie , una 
poi'zione delle quali si serba nella chiesa 
di s. Dionigi di Reims, ed un'altra nella 
cattedrale di Parigi. Ora il suo corpo è 
nella metropolitana di Reims. La sua fe« 
sta si celebra a'4 di gennaio. 

RIMINALDI Giammaria, Cardinale, 
Patrizio ferrarese, nacque a' 4 ottobre 
1 7 1 8 in Ferrara, portatosi in Roma fio- 
rì nelle facoltà legali, fu ammesso in pre- 
latura e fatto uditore del camerlengato ; 
indi Clemente XIII nel 1760 lo nominò 
uditore di rota, ed il cardinal Caraccio- 
lo vicario della sua diaconia di s. Eusta- 
chio. Fu benemerito primicerio dell'ar- 
ciconfraternita e Ospedale di s. Rocco 
(^.JL; come tale curò che nel cortile del 
sodalizio coperto di tenda, per la festa 
del santo si facesse decorasamen te una mo- 
stra di quadri scelti e di rinomati auto- 
ri antichi e moderni, disposti simmetri- 
camente con belli arazzi; esposizioni ce- 
lebrate da Cancellieri nel Mercato^ p. 
65, ove riporta erudite notizie delRimi- 
naldi e delle cose da lui operate pel pio 
luogo, riproducendo le iscrizioni marmo- 
ree perciò erette. Divenuto decano della 
rota , finalmente Pio VI ne premiò la 
lunga carrièra prelatizia a' i4 febbraio 
1 785, creandolo cardinale pt*etedi s. Ma* 
ria del Popolo, donde poi passò al titolo 



a46 R 1 M 

di s. SiWestro in Capile e ne prese pri- 
vato possesso a'7 febbi'aioi787, per cui 
Carletli nelle Memorie di s, Silvestro in 
Capite, p.a i caparla di questo ottimo car • 
dicale. Essendo presidente della ponti- 
ficia università di Ferrara^ quando fu e* 
levato alla porpora, in quella città fu re - 
dtata da d. Girolamo Baruffaldi vice-bi- 
bliotecario, Orazione per la promozione 
alla s, porpora del card, ec. , Ferrara 
1 785. Di questa ne trovo un sunto a p. 
1 3 1 deW Effemeridi letterarie di Roma 
del 1785. Promozione che G io. Cristofo- 
ro Amaduzzi solennizzò con VElogium J. 
M, Riminaldi, Ferrariae 1785. Inoltre 
Pia VI lo annoverò alle congregazioni del 
s. uffizio, concilio, esame de' vescovi e con* 
cistoriale, dichiarandolo prefetto di quel- 
la della disciplina regolare, non che pro- 
tettore e visitatore apostolico dell'arci- 
confrateraita di s. Rocco, sua chiesa e o- 
spedale delle partorienti ; di quella del 
ss. Sagramentodi Loreto; e di quelle di 
s. Carlo, di s. Nicola, di s. Leonardo per la 
redenzione degli schiavi di Ferrara, come 
riportano le Notizie di Roma del 1789 
a p. 60. Leggo nel n.^ 1 544 ^^1 Diario 
di Roma del 1789, che il cardinale trat- 
tenendosi nel convento di s. Maria degli 
Angeli presso Asisi per luogo di villeg- 
giatura, fu sorpreso da forte catarro de- 
rivato da tocco apopletico, per cui volle 
essere trasportato in Perugia nella casa 
de'signori della Missione, ove aumentan- 
dosi il male poco dopo a' 1 2 ottobre 1 7 89 
passò all'altra vita, in età di 7 1 anni com- 
piti. Fu esposto nella cattedrale, e dopo 
i funerali vi restò tumulato in luogo di 
deposito. L'università di Ferrara, rega- 
lata da lui della domestica libreria, ne 
celebrò la memoria con funerale ed elo- 
gio funebre; laonde abbiamo: Zecchini e 
Amati , Memorie del funerale celebrato. 
aWEm, Riminaldi dalla pont. universi- 
tà di Ferrara,Wi 1790. Annibale Ma- 
riotti, Orazione funebre del card. G,M, 
Riminaldi, Perugia 1790. Antonio Vila, 
/. M, Riminaldi cardinalis laudatio y 



RIM 

FeiTariaei790. Dì questo libro trattasi 
con encomio a p.i33 òeW Effemeridi zx- 
tate del 1790. Con tanti elogi facile è il 
comprendere di quali virtù e di quale 
dottrina fosse doviziosamente fornito il 
cardinale, e quanto amara ne riuscì la 
perdita. Si hanno: Belisarii Cristaldi (poi 
ottimo cardinale )> Decisiones s, Rotae 
Rom.j coram R. P. D, Jo. M, Riminaldo 
cjusdem s, R, Dee, nunc S. R. E, Card.^ 
Romae 1789, t. 8. 

RIMINI o RIMINO (drimineny Gì- 
tà con residenza vescovile celebre, bella 
e antica dello stato pontifìcio, nella le* 
gazione apostolica di Romagna (^.), go- 
verno distretluale, distante 34 poste da 
Roma, 4 ^^ Ravenna e io miglia dalla 
repubblica di s. Marino (^.). Giace in 
amena e fertile pianura, in dolce e salu- 
bre clima, presso il mare Adriatico, nel 
quale ha foce il Marecchia (/ériminum), 
presso la cui destra sponda sorge, bagnan* 
done il lato orientale, il torrente che di- 
scende dalle rocche sanmarinesi. Fu già 
meta dell'antica via Flaminia, e vi si en< 
tra per la Porta s. Giuliano sopra un su» 
perbo ponte costruito del p'rù bel mar- 
mo bianco sotto gì' imperatori Augusto 
che lo cominciò, e Tiberioche lo condus- 
se a termine , nel luogo appunto io cui 
si riuniscono le due rinomatissime vie 
consolari, la Flaminia che vi conduce da 
Roma, e l'Emilia che ivi comincia e si 
estende sino a Piacenza. Questo ponte e- 
dificato con realmagnidcenza, lungo 220 
piedi, è diviso in 5 larghissime arcate, le 
quali in se congiungono l'eleganza con 
la solidità, poiché conta ormai xix secoli, 
scorrendovi sotto l'impetuoso fiume Ma- 
recchia : vero é però, che nel 552 essen- 
do stato rotto dai goti per impedire il 
passaggio di Narsete, venne restaurato, 
e rifatto più volte, come nel 1680 che 
venne ridotto al modo che si vede. Si ha 
d'Agostino Martinelli, Notizie e delinca- 
zione del ponte di Ottavio augusto in 
Rimini, Roma 1676. La lunga via che 
traversa questa gran città, si denomina il 



RIM 

G)rsoche conduce a Porta Romana cal- 
la vìa per Pesaro, abbellita da un ester- 
no alberato pubblico passeggio» e si pas- 
sa sotto lo splendido arco trionfale eret- 
to nel bel secolo delle arti in onore di 
Ottaviano Augusto, in benemerenza del- 
la restaurazione da lui fatta delle più ce- 
lebri vie d'Italia. Sembra che Tarco nel- 
la sua erezione avesse altri due fornici , 
come principalmente rilevasi dalle me- 
daglie, ecome asseriscono alcuni scrittori. 
]Vel)assi tempi vi furono unite le mura, 
ollorchè si eressero le due torri rotonde 
e già ottagone. La pietra di questo arco 
è calcare apennìna,detta pietra di mon- 
te. Il lavoro nelle sue particolarità è di 
quel purissimo stile greco-romano che 
non lascia a desiderar meglio, avendolo 
descritto con figure Tommaso Teman- 
za, DeW antichità di Rimino , Venezia 
1 74i- Inoltre abbiamo di d. Luigi Nar- 
di, Descrizione antiquario •architettonL" 
ca con rami dell* Arco di Augusto yPon* 
te di Tiberio, e Tempio Malatestiano in 
RiminOf ivi i823 , stamperia Mai'soner 
e Grandi. Neil' ultima Illustrazione lo- 
data del prof. Brighenti^ od in quella pur 
bella del eh. Mancini dell' Arco di Au- 
gusto in Fano, si legge un' eruditissima 
lettera al march. AnCaldi intorno ad es- 
so, del celebre Bartolomeo Borghesi. Ne 
fece ancora l'illustrazione il valente ar- 
chitettoRossini, nella sua opera degli Ar* 
chi Le strade della città sono ampie e 
decorate di sontuosi edifizi , e di molti 
palazzi anche di marmo d' Istria, molti 
de'quali decorati di pitture descritte da 
Marcheselli; fra essisi osserva quello dei 
conti Gambalunga, ove l'insigne e copio- 
sa biblioteca omonima è aperta a pub- 
blico comodo, ed è uno de'più belli del- 
la città. Non solo vi si ammirano coH'e- 
leganza dell'edifizio in bell'ordine i scel- 
ti libri, insieme a gran parte de'preziosi 
mss. del cardinal Garampi (F.) , ma e- 
ziandio la collezione d' iscrizioni e altri 
oggetti di antichità. Ne fu a'nostri tem- 
pi bibliotacario il benemerito delle lette- 



RIM 247 

re, il dottissimo can. d. Luigi Nardi di 
Savignano , autore di molte opere pre- 
giatissime, e di cui leggo un giusto elo- 
gio nel n.^ 56 del Diario di Roma 1887, 
ueli' annunziarne la grave perdita. La 
piazza del Mercato di forma ovale, con- 
tiene quasi nel suo mezzo un pezzo d'in- 
forme colonna, che un'iscrizione accenna 
di aver servito di tribuna a Giulio Ce- 
sare per arringarci suoi commilitoni, do- 
po il memorando passaggio del Rubico- 
ne. Ma se quello non fu propriamente il 
seggestum su cui ascese il dittatore roma- 
no, si deve avere in molto conto e qual 
testimonio della fiimosa perorazione in 
Rimini veramente accaduta , donde de- 
rivarono le conseguenze de'grandi avve- 
nimenti che. la storia registrò. Nella stes- 
sa piazza sì eleva un tempietto ottagono 
sotto i' invocazione di s. Antonio di Pa- 
dova, in memoria de'suoi miracoli ope- 
rati in Rimini, cioè della predica in cui 
operò il miracolo di chiamare i pesci del 
mare a udirlo, per cui sollevarono il ca- 
po dalle acque, prodigio che scosse i ri- 
minesi ad ascoltarlo con riverenza, per- 
chè gli eretici aveano deviato il popolp 
di assistere alle sue prediche. Inoltre s. 
Antonio per virlù divina operò sulla piaz- 
za di Ri mini altro stupendo prodigio, 
quando per confondere gli eretici che ne- 
gavano la presenza reale di Gesù Cristo 
nell'Eucaristia, roflfrì per cibo tra la bia- 
da ad un'affamata giumenta, la quale in 
vece di mangiare si prostrò genuflessa ad 
adorarla, per lo che si convertirono non 
pocni alla credenza del domma. Ricor- 
d^ questo miracolo l' iscrizione che il car- 
dinal Rospigliosi pose nella chiesa, seb- 
bene non manchino scrittori che lo di- 
cono accaduto in Tolosa : i riminesi ve- 
nerano s. Antonio tra'loro protettori. Nel- 
la piazza maggiore adorna del magnifi- 
co palazzo municipale, guarnito di gran- 
diosi portici e costruito a spese de'citta- 
dini nel secoloXVI, avvi pure quello del 
governatore, e si vede su piedistallo di 
marmo la statua in bronzo di Paolo V, 



248 RIM 

assai benefico co' riminesi che gliela in- 
nalzaroDo , opera lodala di Nicolò Cor- 
dierì dello Franciosino. Accresce la de- 
coraKJooe di questa piazza, la vaghissima 
fontana eretta nel pontificalo di Paolo 
III. Il locale della pescheria ove si vende 
il pesce è rinomalo per la sua comodità, 
e per l'abbondanza delle acque, che scor- 
rendo agevolmente sulle larghe pietre, 
ne mantiene la nettezza. 11 castello o for- 
tezza fabbricata da Sigismondo I Pan- 
dolfo Malatesta coi disegni del riminese 
Roberto Vallurio, va continuamente ro< 
vinando per mancanza di riparazioni. Le 
mura della città rimangono pero intat* 
te, benché di anteriore costruzione , es- 
sendo il circuito della medesima circa 3 
miglia. Vi è un teatro moderno eretto 
nel 1843, ed un circo pel giuoco del pal- 
lone. Dentro il recinto de' cappuccini si 
vedono gli avanzi dellantico anGteali*o, 
opera laterizia deVomanì. 

La cattedrale è sotto il titolo di s. Co* 
lomba vergine e martire di Sens, la qua- 
le pali sotto Yaleriano : divenuta diru- 
ta per Tingiuria de'tempi, le fu sostitui- 
ta la chiesa dì s. Francesco, ove si fa Tuf- 
fizialura. Essendo insorte questioni se la 
cattedrale fosse sotto l'invocazione di s. 
Colomba italiana o d'Aquileia, e se per 
s. Colomba debbasi intendere lo Spirito 
santo, a motivo d'una donazione falla nel 
1 o 1 5 dal vescovo Uberto ai canonici, m 
onore dello Spirilo santo che appellasi 
s. Colomba^ e ad onore de\ss, fratelli Fa' 
condinOy GioveniinOj Pellegrino e FelU 
cita martiri riminesi, l'encomiato cau.^ 
Nardi , sostenendo essere s. Colomba di 
Sens la patrona della cattedrale ( come 
della città e diocesi ), dice che pub inter- 
pretarsi la carta d'Uberto : ad honorem 
Spiritus sancti ets. Columbae^ come me- 
glio si può vedere nel suo opuscolo : Z)i- 
fesa del titolo della chiesa cattedrale di 
/?tm/7zi, Rimino 1808, nella stamperia di 
Giacomo Marsoner. Maestoso era il prò- 
spello esterno dell'antica chiesa caltedra- 
le^ e si vuole che rimpiazzasse T antico 



RIM 

tempio di Castore e Poli uce, nondimeno 
sembra più probabile che il tempio fos- 
se di Ercole: la chiesa era inoltre gran- 
de e magnifica nell'interno. Avendo Si- 
gismondo 1 eretto il nominato grandioso 
castello per miglior sicurezza della sua si- 
gnoria sulla città, e vedendo ch'era troppo 
dominato dalla cattedrale, dal suo cam- 
panile e canonica, risolvette di demolire 
tutte queste fabbriche e ricostruirle io 
altro luogo. Però fece soltanto atterrare 
il campanile e la canonica , e prima di 
demolire la cattedrale nel 1 44^ incomin- 
ciò la grandiosa chiesa di s. Francesco e 
per memoria fece coniar medaglie. Non 
avendo efifeltuato l'altro suo proponimen- 
to, restò la cattedrale, che venne poi ro- 
vinata dal terribile terremoto del ^^4 te- 
nendo il 25dicembre 1 786,recando altre- 
sì gravissimi danni ad altri edifizi e chie- 
se della città, come pure a vari paesi vi- 
cini, onde l'arciprete e rettore del semi- 
nario d. Giuseppe Vannuccì pubblicò , 
Discorso istorico filosofico sopra il ire* 
muoto ec., ediz. 3.' Cesena 1787. Il ve- 
scovo Ferrettifu quindi obbligalo a tra- 
sportare Tuffiziatura del capitolo , nella 
bella chiesa perticata dis. Francesco Sa* 
veriogià de'gesuiti, edificata con disegno 
del rinomato architetto riminese Gio. 
Francesco Bonamici verso ili724> e di- 
poi venne fabbricato il contiguo e magni* 
fico collegio con disegno del celebre Tor- 
reggiane Mentre il zelante vescovo avea 
restaurata e abbellita la cattedrale di s. 
Colomba con molta spesa, e vi aveva re- 
stituito il culto e il capitolo, avendo i 
repubblicani francesi occupato lo stato 
pontificio, soppressero il capitolo e gl'in- 
limarono prima di recarsi nella chiesa di 
s. Gio. Evangelista e comunemente det- 
ta dagli agostiniani di s. Agostino; ivi re- 
starono tuttavia i canonici senza insegne, 
ad eseguirvi 1' ufHziatura del coro. Nel 
1809 si efifeltuò il decreto di Napoleone 
pel trasferimento della cattedrale e suo 
capitolo, da s. Agostino al magnifico tem« 
pio di s. Francesco, riputato uno de'piu 



RIM 

celebri d* Italia , come affermano molti 
scrittori e specialmente Vasari nella de- 
scrizione del suo modello, bellissima fac* 
data e altre esterne parti. Nondimeno 
Tarcbitetto fu il famoso Leon Battista Al« 
berti, il cui disegno partecipa del così det- 
to stile gotico, essendo redifìzio riputato 
di segnalata memoria per le arti , come 
uno di quelli cbe additò il principio del 
ri nascimento della buona architettura do- 
pò la barbarica sua decadenza. Lo com<f 
pongono ottimi marmi d'Istria, gran par- 
te de' quali si crede tratta dagli avanzi 
dell'antico e sontuoso Porto , fabbricato 
dai romani tra'fiumi Àusa e Marecchia. 
Grande e considerabile è la quantità di 
marmi e statue cbe sono in questa cbie- 
sa, ed i magnifici mausolei della priuci* 
pesca famiglia Malatesta che dominò per 
tanto tempo in Rimini e n^lle circonvi- 
cine città, terre e castella. Le statue ed 
j bassorilievi furono scolpili dai più va- 
lenti artisti di que'tempi, tranne alcuni 
più antichi bassorilievi esistenti nella cap* 
pella di s. Anna, trasportati d'altre parli 
da Sigismondo L Vi sono di versi pregiati 
quadri, e nell'altare maggiore il s. Fran« 
Cesco che riceve le stimmate e di Vasa- 
ri; un altare è dedicato al b. Roberto .Ma- 
latesta. Ivi è il fonte battesimale, ed è 
l'unico della città, amministrando la cu- 
ra d'anime pel capitolo, uno de'suoi ca- 
nonici. Di questo tempio, oltre il Nardi, 
trattarono diversi scrittori. Maico Batta- 
glia, Lettera in cui si dà ragguaglio del- 
l' apertura degli avelliy che sono dentro 
e fuori la chiesa di s. Francesco di Ri' 
mino, spettanti alla famiglia de Mala* 
testigìà padroni della città, Milano 1 7^7. 
Contiene anche un saggio di que' tanti 
valentuomini che fiorirono in Rimini ul 
tempo de'Malatesti. Francese' A ntonioRi- 
chini. Relazione d'apertura d* avelli di 
uomini per lo più insignito per dottrina 
o per dignità, esistenti in s, Francesco, 
presso il 1. 18, p. 262 delle Nov, letter, 
di Firenze, Giambattista Costa, // tem* 
pio di s. Francesco di Rimino, o sia de* 



R I M 24g 

scrizione delle cose più notabili in esso 
contenute j Lucca 1 765. Giuseppe GarufH 
Malatesta, Lettera apologetica in difesa 
del tempio dis. Francesco eretto in Ri» 
mini da Sigismondo Pandoifo Malate» 
sta, nel t. 3o del Giani, defletter, dita* 
Ha, 11 capitolo si compone delle dignità 
del preposto ch'è ia i .'^ e de ll'aixi diacono, 
dii4 canonici comprese le prebende del 
teologo e del penitenziere, di 6 mansio- 
nari cantot'i chiamali di massa, di 8 be- 
neficiati e cappellani , e di altri preti e 
chierici addetti al divino servizio. Dalle 
eruditissime opere di Nardi si rileva, che 
ne' primi secoli come gli altri il capitolo 
fu chiamalo Presbiterio (F^,) epreshyteri 
i canonici , i quali come quelli di varie 
cattedrali andarono fregiati del titolo di 
cardinali, essendovi nell'archivio capito- 
lare i diplomi del 1070, 1078, io8r, 
iò85 ed altri che di ciò fanno testimo- 
nianza. U dottissimo riminese cardinal 
Garampi nelle Memorie ecclesiastiche ap- 
partenenti air istoria e al culto della b. 
Chiara di Rimini,B.omai^55,veva mi- 
niera di erudizione, anche di tutto quan- 
to riguarda Rimini , così del capitolo e 
canonici ci dà preziose notizie, come del- 
la vita canonica e comune de' medesimi 
in claustro, ove ogni canonico a vea asse- 
gnate le proprie stanze. Dice ancora dei- 
l'anlichissimo privilegio goduto dal capi- 
tolo della cattedrale , fino alla metà del 
secolo XVI, di poter liberare un reo dal- 
le carceri e dalla pena della galera, nel- 
le solennità di N. S. Gesù Cristo, e nelle 
feste di s. Leonardo a'6 novembre, e di 
s. Colomba, i quali rei inter missarum so- 
lemnia facevano oblazioni al capitolo. 
Clemente XIF{y.) Ganganellicomechè 
nato a s. Arcangelo, ove fu per memo- 
ria eretto un arco marmoreo di assai e- 
legante architettura, che forma parte del- 
la diocesi é del governo distrettuale di 
Rimini, in segno di particolare benevo- 
lenza, con breve de' 1 6 ottobre 1 77 1 con- 
cesse al capitolo de'canonici di s. Colom- 
ba Taso della mitra nelle soleuailù e nei 



a5o R I M 

pontificali vescovili; ed inoltre l'uso del* 
Ja stessa mitra» della croce, de'sandali,dei 
guanti, dell'anello, della dalmatica, del* 
la tonicella, del ialdislorio, della palma* 
toria e di tutte le altre insegne prelati- 
zie in alcune determinate solennità al ca- 
nonico celebrante. 11 vescovo fece la so- 
lenne benedizione e impose ai canonici 
le mitre con gran pompa a*3o dicembre 
vigilia di s. Colomba, in pi*esenza del ma- 
gistrato e di numeroso popolo, onde in Ce- 
sena nel 1 772 si stampò: ReLizione della 
benedizione delle mitre fatta dal capitolo 
della cattedrale di Rimini, Dipoi Pio VII 
con breve de'5 dicembre 1 8 1 7 concesse 
ai canonici il privilegio dell'uso della cro- 
ce pettorale, edel fiocco paonazzo al cap- 
pello. Altre chiese degne di speciale men- 
zione, sono quelle di s. Giuliano già dei 
cassi nesi, uno de 'protettori della città e 
ildicuimartirioédìpinlo nell'altar mag- 
giore da iPaolo Veronese; e di s. Chiara 
delle francescane per quanto dirò. Oltre 
]a cattedrale e compresi i Borghi della cit- 
tà, Rimini contiene altre io chiese par* 
l'occhiali. Si può vedere. Pitture delle chic- 
se di Rimino descritte da Carlo France- 
sco Marchesellipatrizio della medesima 
ciuày ivi 1754 nella stamperia Alberti- 
ì\\^xì2i.^t\\* Osservatoreromano del 1 85o 
nei n.i 61, 62, 63 ei 01 si legge quanto 
qui brevemente riporterò. A' 12 maggio 
nella chiesuola di s. Chiara de'missiona- 
ri del Preziosissimo Sangue ^ una sagra 
immagine della B. Vergine della Mise- 
ricordia, dipinta a olio sulla tela in atto 
di tener gli occhi rivolti al cielo e posta 
in una cappella della medesima, prodi- 
giosamente chiuse e aprì gli òcchi, alzan- 
doli e abbassandoli , e svolgendo le pu- 
pille in modo visibilissimo frequentemen* 
te, per cui molte persone tuttociò am- 
mirarono ripetersi fino a 5 volte per o- ' 
gniio minuti. Immenso fu il popolo^l^c- 
corso, onde per appagarne la divozione 
fu collocata sulTaltare maggiore. Dall'o- 
dierno vescovo furono rigorosamente 
praticate tulle le diligenze per assicurar^ 



RIM 

si della realtà del portentoso miracolo, 
anche cou levare il cristallo anteriore e 
la tavoletta posteriore, per far cessare o< 
gni più sottile dubbiezza ; formalmeote 
verificò il gran prodigio del movimento 
degli occhi, per cui lo confessarono gli stes- 
si increduli. A' 18 la venerabile immagi- 
ne solennemente fu trasportata nella va- 
sta chiesa di s. Agostino , per dar sfogo 
alla generale divozione degli accorrenti 
dalle vicine città e parti, e poi ancora da 
luoghi lontani, in uno alle autorità civi- 
li ed ecclesiastiche, non menoche di per* 
sonaggi distinti, continuando la venei'an- 
da immagine ad ogni istante'a muovere 
evidentemente gli occhi, ciò che tutti vi- 
dero con religiosa sorpresa e commozione, 
venendo calcolati gli estranei a ben 5o,ooo 
e quasi tutti lagrimanti di tenerezza.Quio* 
di numerosissime offerte di denaro, di 
cera, di voti e altre oblazioni, massime 
delle donne che si spogliarono de'Ioro pre- 
ziosi ornamenti per farne dono alla Ma- 
dre di Dio e delle Misericordie. Quindi 
moltissime guarigioni miracolose, ciechi 
illuminati , cancrene sparite istantanea- 
mente, sordi che riceverono l'udito. Vari 
peccatori compunti dierono segni di rav- 
vedimento , scossi da una sola occhiata 
di quel volto celeste, gridando con fede, 
misericordia e pietà; i freddi s'infervora- 
rono, r edificazione riuscì efficace e mi- 
rabile. I missionari con ubertosi frutti 
nella chiesa di s. Agostino predicarono 
gli esercizi spirituali; ma la predica piùe- 
loquente e persuadente, quella che pro- 
dusse immenso bene, la fece la Madon- 
na: la bestemmia sparì per incanto ne- 
gli abituati del basso popolo. Il vescovo 
e il clero ri minese ornarono di corona d'o- 
ro las. Immagine con solenne festiva pom- 
pa a'i5 agosto, ed il vescovo fece la fun- 
zione in nome del Papa Pio IX , che Io 
facoltizzò con breve apostolico, cpnceden - 
do l'indulgenza plenaria. Inoltre il me- 
desimo pvelato pontificò la messa, pro- 
nunziò analoga omelia, ed impose l'au- 
rea corona alla ss. Madre delle Miseri- 



RIM 

cordìe. Tultocìb e meglio si può cono- 
scere nell'opuscolo di d. Casimiro Rossi : 
Cenno istorico interessantissimo inloniQ 
al miracoloso dipìnto rappresentante la 
Vergine Maria Madre di Misericordia y 
venerata nella chiesa di s. Chiara di Ri» 
mini 3 Roma 1 85o. Nel t» 9, p. 556 della 
Civiltà cattolica y celebrandosi la conti* 
nuazione del prodigio, si dà contezza del 
libro inlitolato : Relazione del prodigio 
avvenuto nella s, immagine di Maria V* 
in Riminiy est ratta dall' autentico proces- 
so appositamente compilato dalla cecie- 
siastica curia di detta città^ Ri mi ni 1 852. 
L'episcopio è alquanto distante dalla 
cattedrale ; con elegante facciata e con- 
veniente fòbbricato. Àulicamente era il 
palazzo de' Malatesta signori di Rimìni^ 
cioè quello detto del Cimiero^ poi vi fu 
collocato il seminario , finché venne ri* 
dotto a residenza del vescovo, con atrio 
fabbricatodal Buonamici d'ordine del ve- 
scovo Guiccioli. L' antico episcopio era 
presso la chiesa di s. Innocenza , concit- 
tadina e patrona di Rimini, atterralo da 
•Sigismondo I per fabbricarla rocca onde 
tenere in freno la città. Dice Nardi, che 
prima in Rimini eranvìiG tra monaste- 
ri e conventi d'uomini, e 6 monasteri di 
religiose ; quasi altrettanti nella diocesi. 
Al presente vi sono in città i minori os- 
servanti, i minimi, i cappuccini, la con- 
gregazione de'missionari del preziosissi- 
mo Sangue, le Vergini di Gesù chiama- 
te celibate, che abitano l'antica casa dei 
teatini, ed h^mno la chiesa dì s. Antonio 
di Padova, diversa dalla' sunnominata, 
godendo ancora l'antico monastero e luo- 
go delizioso de'cisterciensi, la cui chiesa 
di s. Gaudenzio primario protettore del* 
la città fu demolita dopo la fatale sop- 
pressione degli ordini regolari. Delle re- 
ligiose fondate dalla ven. Giovanna Le- 
stonnac, parlai ne' voi. XLVIll, p. 1 19, 
LUI, p. 3 1 : Piò VII col breve Pastora» 
lem sellici tudinenif de'27 febbraio 1 82 1, 
Bull, cont, ti 5, p. 375, autorizzò la fon- 
dazione di questa congregazione in Rimi- 



RIM 25i 

ni, a vantaggio dell'educazione morale e 
religiosa delle donzelle. Inoltre vi sono: 
l'orfanotrofio fondalo neli8i8 peg li or- 
fani, e di cui furono benemeriti dell'O- 
mo e il can. Brioli; il conservatorio per 
le orfane, originato nel 1829, che vanta 
per benefiìtlore il can. Conlessi; diverse 
confraternite, due ospedali , il monte di 
pietà, ed il seminario con alunni. In ogni 
tempo fiorirono in Rimini un gran nu- 
mero di uomini illustri in santità di vi- 
te, nelle dignità ecclesiastiche, nelle armi 
e massime tra' Mala testa, nelle arti e nel- 
le scienze, che assai lungo sarebbe il no- 
verarli, anche per le tante famiglie no- 
bili e illustri che vanta. Solo mi limite- 
vh a indicare , oltre quelli che vado ac- 
cennando in questoarticoIo,che tra'san- 
ti gli ultimi che furono eie vati canonica- 
mente agU onori degli altari, sono : il b. 
Gregorio Celli agostiniano per decreto di 
Clemente XIV, il b, A malo Ronconi fon • 
datore dell'ospedale de?pellegrini in Sa* 
ludecio per decreto di Pio VI , ed il b. 
Gio vanui Gueroli canonico diacono rimi • 
nese per decreto di Pio VII. Senza no- 
minare i tanti vescovi e prelati, de'quali 
almeno per molti a' luoghi loro parlai , 
ricorderò i cardinali che Rimini die al s. 
collegio e di cui scrissi biografie : Gozio 
Battaglia o Battaglini, Uberto Belmonte 
delle Cantinate^ Francesco M.* Banditi^ 
Giuseppe Garampiy i quali due ultimi 
cardinali essendo stati vescovi di Monte 
Fiascone, a questo articolo ne riparlai. 
Per gli altri moltissimi illustri riminesi 
suppliranno i seguenti scrittori e quelli 
che rammenterò in fine, mentre pei Ma- 
latesta, oltre quanto dirò di loro, poi ne 
citerò i biografi. Pietro Belmonli , Ge- 
nealogia deir antica famiglia detta del» 
le Caminate de*Belmonti e Ricciardellif 
Rimini pel Simbeni 166 1 . Francesco Àl- 
garotli. Notizie de'pittori riminesi, Luc- 
ca 1 766. Angelo Battaglini, Saggio diri» 
me volgari di Gio. Bruni de Parcitadi 
riminese, con le notizie storichee lettera» 
rie di lui e del suo casato^ Riminii 783 



252 R I M 

presso Nicola Albertini. Gio. Battista G>« 
sta. Notizie dt pittori nniincsi^ ttel t. 7, 
p. 85 delle Miscellanee di Lucca, Vit- 
tore Silvio Grandi, La vita del cristiano 
posta al paragone d'alcuni santi e bea» 
ti sì religiosi^ come secolari venerati neU 
la cittàediocesi /iriminese^Kimìno 1 702 
pel Ferraris ; Memorie sagre ariminesi, 
proseguimento del libro f La vita del cri' 
stiano ec. In queste opere si contengono 
le vite de'santi e beati riininesi legate col- 
la storia sagra e pi*ofana di Ri mini stes- 
so, e molto sì parla eziandio de'principi 
Malatesta. 11 Grandi era di Rimini e scris- 
se molte altre opere di storia sagra e pro- 
fana pubblicale colie stampe. Marchesi, 
La galleria delConore^ t. 2, p. 346 e seg. 
Dice Marcheselli a p. 62, che il luogo o- 
ve sorgeva Tanteriore teatro, anticamen- 
te era una gran sala nella quale si radu- 
nava il gran consiglio, quando la città 
prima de'Malatesta si governava a modo 
di repubblica popolare, battendo allora 
moneta coU'immugine di s. Gaudenzio e 
con quella di s. Giuliano protettori del- 
la città. Di alcuni medaglioni de' Mala- 
testa parla Muratori nella Dissert, 1, p. 
55o. Su questo argomentoscrissero, Gae- 
tano Battaglini, Memorie storiche di Ri- 
mino e suoi signori artatamente scritte 
ad illustrare la Zecca e la moneta rimi' 
nese pubblicata e corredata di note da 
Guido Zannetti^ Bologna 1 789. Gin q;ie- 
sta bella e dotta opera Batta^ini supplì 
olla mancanza degli itoricì e alla scarsezza 
delle notizie riguardanti le varie muta- 
zioni de*governi e specialmente della fa- 
miglia Malatesta, innestando ingegnosa- 
mente all'argomento monetario ciò che 
ha trovato avere l'elazione colle medaglie, 
sigilli e imprese de'Malatesti, con figure, 
trattando pure de'sigilli del coomne.Vin* 
cenzo Bellini, De monetis Arimini^ nel- 
J'opera De monetis Italiae, Da Girolamo 
Soncini neh 525 in Rimini furono pub- 
hììcaie^RiformazioniJimitazioni e statuti 
iiella città di Rimino. Com'erano tratta- 
ti i falliti, lo notala MEECàNTE. Quanto 



RIM 

riguarda il suo governo municipale at* 
tuale, comechè uniforme a quello delle 
altre città del lo stato pootificio, come del 
governo civile, ne parlai a Gonfaloiib* 
RB, Priorb, Delegazioiti, e nel voi. LUI, 
p. 229, dicendo come Pio IX nel oovem- 
bre 1 85o comprese Rimini e Forlì sua le- 
gazione, nella legazione di Romagna. Al- 
l'articolo Forlì trattai compendiosamen- 
te del governo distrettuale di Rimini e 
sue comuni, come de'go verni di Coriaoo, 
8. Arcangelo, Saludecio che comprende 
in uno alle comuni dipendenti dai me- 
desimi. Rimini avea un celebre porto 
sontuosamente edificato dagli, antidii ro- 
mani e tutto circondato di marmi. Teo- 
dorico re de'goti vi teneva de' dromoni, 
ove poi nel 49 ( imbarcò una numerosa 
armata colla quale assediò Ravenna ; e 
Carlo Magno vi tenne navi a guardia: od 
1371 era ancora bellissimo, e fu chiama- 
to deWAusa o Apisae e Mariculae, Ap- 
prendo da Calindri,che il fiume Maree* 
chia costituisce l'attuale porto che chia- 
ma nautico fìibbricato, che rovina con la 
ghiaia che vi conduce, e che nel i aSocon 
bolla de'7 maggio Innocenzo IV lo chia- 
mò dementino. L' antico divenuto inu- 
tile pel ritiramento del mare, e pei mol- 
ti sedimenti che vi recava la Marecchia, 
venne abbandonato e fu demolito nel se- 
colo XV, adoprandosene i materiali a e- 
dificazione di chiese. Neh 546 si ordinò 
che per canne 25 da ambe le sponde del 
Marecchia, e per la montata di 3 miglia 
non si coltivasse il terreno , per togliere 
al porto ulteriori atterramenti. Nel 16 1 5, 
al dire di Calindri, fu fabbricato l'altro 
porto detto dell' Ausa dal fiumicello di 
tal nome, già A p rasa, con la direzione 
dell'architetto Rinaldi, e munificenza di 
Paolo V. Leggo in Marcheselli , che se- 
guitando W camminodalla chiesa di s. Ni- 
colò del Porto, lungo il porto stesso, sì 
giunge al molo, il quale era stato a suo 
tempo edificato con grossi marmi traspor- 
tati dall'Istria. Essendosi sul molo antico 
ne'bassi tempi fabbricata una torre per 



RIM 

servire di fanale e difesa al porto, il fa- 
nale ed il molo furono poi distrutti nel 
1 807. Nelle Memorie del porto di Pesa* 
rOy di Olivieri, questi sostenne ch'era mag- 
giore di quel di Rimino, ma VLtW Ejffème» 
ridi letterarie di Roma del 1 774, p. 21 1, 
si dice, che il porto di Rimino è in tutto 
più largo, più lungo e più comodo, come 
posto su d'un fiume più grande, più co* 
pioso d'acque e più impetuoso, qual è il 
fiume Arimino oggi Marecchia, di quel- 
lo che non é l'Isauro oggi Foglia, così det- 
to per avventura da una certa donna ri* 
minese. Nondimenosi confessa, che il por- 
lo di Rimino pei gran detrimenti soffèr- 
ti, in qualche tempopuò essere stato più 
cattivo e imbarazzato di quel di Pesaro, 
tuttoché questo sia posto su d'un fiume 
minore. Riferisce ilCastel!ano,che in mez- 
zo a' campi si vedono gli avanzi dell'an- 
tico faro del suo già celebre porto; e che 
un artificioso canale serve ora di porto 
assai più lungi per le piccole navi mer- 
cantili e per le barche pescareccie che ol- 
tremodo vi abbondano, fucendosi del pe- 
sce copiosa esportazione pe'Iuoghi mon- 
tani. Abbiamo diversi scrittori sul porto 
di Rimini. G. Antonio Battana, Due di- 
scorsi sopra la fabbrica dd porlo di Ri* 
miniy nel 1. 10 degli 0/7ii5co/i di Caloge* 
rà. Serafino Calindri, Memorie sopra il 
porto di Rimini, con note di Marco Chil» 
kniOy Pesaro 1 765. Gio. Bianchi^ Parere 
sopra il porto di Rimini, Pesaro 1 765. M. 
Chillenio, Lettera che serve d^ appendice 
al parere dato dal d. Bianchi sopra il 
porto di Rimini, Porto di Rimini , lettera 
d'un riminese ad un amico di Roma col- 
l'appendice de' documenti, Roma 1 768. 
Ruggero Giuseppe Boscovick,Z>e/por/o 
di Rimini j memorie, Pesaro 1765: Del 
porto di Rimini, che comprende i voti dei 
matematici, che sono stati consultati sui 
mali del porlo medesimo e sui rimedi da 
apprestarglisi, Roma 1 769. I matemati- 
ci consultati furono Bianchì , Jacquier , 
Seur, Fan toni. Lecchi, Gaudio. Ragguar- 
devole è il oommeixio di Rimioi in gra* 



RIM 253 

no, e lodasi la perfetta manipolazione del 
pane, seta, salee altro; ferace e ubertoso 
è il territorio, ed eccellenti ne sono i co- 
piosi funghi, sui quali il detto Baltarra 
nel 1759 pubblicò in Faenza, Fungohtni 
agri Ariminensis hisloria , edizione 2.' 
perchè opera dì mollo pregio pei funghì 
in generale. Le conchiglie del lido rimi- 
nese furono illustrateda Gio. Bianchi, Z^e 
conchis niinus notis liber, Venetiisi 789. 
Raffaele Adimari ci die , Sito riminae, 
dove si tratta della città e sue parti, dei 
suoi confini, e di tulle le chiese e cose ec- 
clesiastichej della fertili là del paese^del» 
f antichità della cilià e degli uomini illu- 
stri, Brescia 1616. Ora venendo a parla- 
re brevemente delle principali notizie sto- 
riche della città dì Riminì , quanto alla 
sua origine , alla sua colonia romana e 
fino al principio dì nostra era, preferirò 
di sfiorare la beli' opera compilata con 
saggia crìtica ed erudizione dal eh. d.*^ 
Luigi Tonini benemerito della patria sto- 
ria riminese, col medesimo ordine da lui 
tenuto. Rimìni avanti il principio dell'ex 
ra volgare, ovvero, i,^ Ricerche sull'ori' 
gine di questa cittàj 2.** Memorie stori- 
che della medesima, dalla venuta della 
colonia de' romani fino al cominciar del- 
l' era cristiana j 3.** Illustrazione delta 
città o sia dell'antica sua pianta e delle 
opere pubbliche d'epoca non fissa, de' va- 
ri ordini dt* cittadini, de' collegi e delle 
arti, delle fami gite j 4-** Raccolta dell'an- 
tiche sue lapidi, Riminì 1848, tipi Or- 
fanelli e Grandi. Le prove dell'asserto 
dall'encomìato scrittore, massime contro 
l'esagerazioni ed errori di altri storici pa- 
triì, si possono riscontrare nell'opera sua, 
non potendo io per imponente brevità 
accennarle, laonde mi limiterò a indica- 
re le cose principali. 

Rimini, Ariminum, divenne colonia 
de'romani l'anno di Roma 486 ossia 268 
anni circa avanti l'era nostra, quando 
già era grande e cospicua; costumando i 
romani anche d'inviar colonie in città già 
fondate, anzi nelle migliori, più illustri e 



254 RIM 

più fortificale che avessero conquistale, 
come fecero con Rimiiii quando vinti i 
galli senoui ne occuparono il paese, cioè 
dalfiumeEsino sino all' Utente, ch'èquan- 
to dire da Ancona a Sinigaglia fino a For- 
lì presso il quale è il fiume Utente ; ciò 
accadde nell'anno di Roma 4? i , per ope- 
ra o di Manio Curio odi Dalabella, do- 
po aver devastata la regione. 1 senoni fu- 
rono gli ultimi galli che calarono in I- 
lalia circa il 2.^ secolo di Roma al di- 
re d'alcuni, o verso il 358 al dire di al- 
tri ; laonde stando a questa seconda sen- 
tenza, essi avrebbero dominato sul paese 
fra il 378 e 481 diRoma, nel qual tem- 
po guerreggiarono più volte cogli etru- 
schi control romani, e condotti da firen- 
no penetrarono nella stessa Roma nel lu- 
glio e l'incendiarono, indi tennero per 7 
mesi assediata la rocca. Profittando di 
loro assenj^a i confinanti eneti o veneti, 
invasero e depredaronaquesto loro pae- 
se, perciò sembra che più per cacciare 
gl'invasori, che per l'opera di Camillo i 
galli si ritirassero da Roma. Crede inol- 
tre il d/ Tonini, che Rimìni fosse allora 
possente in terra e in mare, sede di Dren- 
ilo e de'regoli che gli successero, capita- 
le de'senoni, con zecca propria de'galli e 
cominciata con loro, riproducendone con 
illustrazioni Vaes grave ossia moneta li* 
brale italica^ e le monete riminesi con l'e- 
pigrafe Arimn.j opinando che la zecca ad 
onta della legge contraria de'romani, du- 
rasse lungo tempo dopo che i romani fe- 
cero di Rimini colonia «apo della Gallia 
Senonia, residenza del pretore, o del suo 
questore, non che frequente stazione di 
eserciti che mandavano nella provincia. 
Queste terre prima della venuta de'gal- 
li erano state campo e sprone a lunga lot- 
ta di maggioranza, fra gli Umbrie glie- 
truschi, uno de'quali popoli esisteva nel- 
la contrada all'invasione de'galli boi, poi- 
ché sebbene gli etruschi spogliarono in 
gran parie della regione gli umbri, pare 
che questi seguitassero ad abitare il pae- 
se soggiogato in qualità forse di popolo 



RIM 

tribulnrìo.La conquista degli etruschi su • 
gli umbri, vuoisi ritenere avvenuta 4 o 
5 secoli avanti l'era romana , sicché do- 
minarono su queste terre fino alla venu- 
ta de'galli per più di 8 secoli* Uno de'lo- 
ro re fu Arimno, la cui somiglianza del 
nome con A ri mi no fa congetturare che 
possa in qualche modo appartenergli, ed 
alcuni 'lo cradettero suo fondatore , co- 
stumando gli etruschi dare il nome de'Io- 
ro re o capitani alle città che fondavano. 
Arimno probabilmente fiorì a' tempi di 
Romolo o di Noma, per cui se a costui 
si volesse attribuir la fondazione di Ri* 
mini, sarebbe contemporanea a quella di 
Roma; ma non potendosi stabilire l'origi - 
ne elrusca di Rimini, perché agli umbri la 
Cedettero quelli che l'abitavano, per sot- 
trarsi dall'ingiurie che riceveano dagli e- 
truschi, ne viene di conseguenza, che non 
si e certi se Arimno fu re o lucomune in 
Rimini e che dasse il proprio nome al- 
la città, potendo invece egli averlo rice- 
vuto da essa, trovandosi altri simili no- 
mi prima di lui. Si può ritenere pertan- 
to, che Rimini ripeta la sua primitiva o- 
rigine dagli umbri, di cui certamente fu 
colonia come Ravenna, più che daqua- 
lunquealtro popolo. Tutti gli scrittori an- 
tichi convengono, che gli umbri fiorisse- 
ro prima degli etruschi, e della loro ori- 
gine parlo a Umbria, signoreggianti mol- 
ta parte d' Italia, avendo tolto il Piceno 
(^.) ai siculi ed ai liburni , finche sog- 
giacquero agli etruschi loro potenti riva- 
li, perdeifdo 3òo città o luoghi abita- 
ti : pretende il cav. Clementini fare risa- 
lire la venuta degli umbri a Rimini 1 5 
secoli avanti l'era cristiana, quindi fu a 
loro anteriore e solo colonia; ma perchè 
preesisteva, avendo 1* Olivieri attribuita 
la fondazione di Rimini ai precedenti si- 
culi, il dott. Tonini lo contrasta, e piut- 
tosto fra' popoli abitatori della regione 
prima degli umbri, vi pone i sabini, che 
però da loro derivando, erano gli umbri 
stessi, i quali riconosce e conferma ch'es- 
si furono i primi a tener la contrada^ nel 



RIM 

cui agro furono trovati rari oggetti di 
antichità d*elà remota e de'tempi romn- 
ni che descrive. Pertanto chiama quin- 
di favolosi racconti, e ne rende ragioni e 
prove, che la fondazione di Ri mini si deb- 
ba ripetere da Ercole egizio, o da Gia- 
no creduto uno de' figli di Noè, o dagli 
aborigeni. Circa il nome ed etimologia di 
Rimini, Ariminum^ lasciate le bizzarre e 
curiose interpretazioni , conviene per la 
derivazione da! propinquo fiume; e con 
una voce umbra o etnisca o sabina antica- 
mente la città fu appellata Arimnuso A" 
rimnum, e così fu detta per qualche tempo 
anche sotto i romani, essendo probabile 
cheil nome sia stato prima imposto al fiu- 
me per qualche sua caratteristico, indi al • 
)a città. Allorché i romani nel memorato 
anno ^86 di loro era vi dedussero la co* 
Ionia, come luogo di frontiera immedia- 
la contro i turbolentissimi galli boi, sem« 
bra che la componessero da 4 & 6000 
buoni soldati, oltre le donne e ì servi, per 
meglio confermarsi nelle terre tolte a'se- 
noni , ripopolarne V agro e farsi scala a 
nuove conquiste sui boi e sugli umbri. 
Ignorandosi la condizione delia colonia 
se romana o latina, pare bensì che nei* 
l'acquisto del Piceno a questo i romani 
unissero l'agro già de'senoni, al quale si 
estese il nome di Piceno: ed in fatti leg- 
go nel Compagnoni, Reggia Picena^chisk' 
mato Rimino colonia primiera del Pice- 
no. Prima dellecalamità patite da Rimi- 
ni nella conquista romana, dicesi da Cle- 
mentini che il recinto murato fosse piU 
ristretto del présente, ma estesissimi n'e- 
rano i 4 borghi originati dagli umbri, e 
denominati, Borgo Orientale che si con- 
giungeva col fiume Ausa; Borgo Meridia- 
no unito alla Porta omonima e poi di s. 
Donato; Borgo di Mezzo edificato in mez- 
zo ai precedenti , poi di s. Spirito dalia 
chiesa e spedale ivi eretto ; Borgo Occi- 
dentale, ristorato d'Augusto e chiamato 
Gallico. A questa narrazione di Clemen- 
tini , diverse rettificazioni aggiunge To- 
nini ,che ammettendo l'esistenza degli 



RIM 255 

antichi borghi, dichiara propriamente i- 
gnorarsene l'origine e l'estensione, come 
di quella de'confini dell'agro o territorio 
antico riminese, per mancanza di docu- 
menti, riproducendo in vece la carta to- 
pografica dell' attuale diocesi di Rimini 
(depoche Pio \I ne tolse vari paesi e 
parrocchie per estendere la diocesi di Ce- 
sena sua patrìa), riporta l'opinamento di 
Olivieri, che il territorio riminese d' al- 
lora non sarebbe stato che poco più o pò* 
co meno della diocesi presente. Indubi* 
tato è poi che 1' agro riminese finisse al 
Rubicone in tempo di Cicerone e di Ce* 
sare, quando cioè quel fiume era il con- 
fine dell' Italia e della Calila , avendo i 
romani fatto italico il territorio di Ri- 
mini. L'importanza politica e lacelebri* 
tà che acquistò il Rubicone, fece nascere 
non lieve gara archeologica, anzi clamo* 
rosa, tra le comuni, sui fiumi o torrenti 
Pi sciatelU) 3 Fiumicino e C/io. Nell'artico- 
lo Forlì, ossia nel voi. XXV, p. 196, par- 
lando di Savignano , riportai diverse o- 
pere che sostennero laquestioue, cuiqui 
aggiungerò, in favore dell' C/^o e pel qua- 
le si dichiarò il dotto mg/ Marini nelle 
molto lodateMemor/e di s. Arcangelo sua 
patria, Giacomo'Vìllani, Ariminensis Ru» 
bicon in Caesenam Claramontii, A ri mi- 
ni apudSymbeniumde Symbeniisi64f- 
Tenne pel Piscialello^ Basilio Amati, L'i- 
sola dtl congresso Triumvirale^ la selva 
Litana, e il fiume Rubicone^ ricerche y^t- 
sarò 1828. Tonini, esaminata la questio- 
ne ed i pareri degli scrittori sul Rubicone, 
propende per l'odierno Urgoneo Rugo- 
nCy sensibile storpiatura di Rubicone^ e- 
sistente sui monti di Cesena e confine di 
quella diocesi e della riminese, ponendo- 
si cosi d'accordo coi passi di parecchi gra- 
vi scrittori > sui diversi corsi tenuti dal 
Rubicone e la confluenza de' fiumi. Ri- 
getta poi r opinione, che pretese di ap- 
plicare al fiume Uso il nome di Ausa o 
Aprusa che bagna Rimini da levante, 
quindi comincia a riportare le memorie 
storiche di Ri mi ni, principiando} dal 488 



25G R I M 

di Roma. Dopo le conquiste fatte sui se- 
noni, i romani si provarono cogli umbri 
de'monti, e due trionfi in detto anno ri* 
portarono suisarsinati umbri, che perciò 
li riceverono in dedizione, ed i due con- 
soli che li riportarono probabilmente coi 
]oro eserciti si fermarono in Rimini. Nel 
5i6i galli boi dimentichi della pacegiù 
implorata e ottenuta da'romani, forti del- 
l'aiuto de' transalpini, con esercito ven* 
nero a Rimini che Io respinse; indi i ro« 
mani nel 5i8 furono a Rimini, impedi- 
rono che i galli che la domandavano vi 
penetrassero, e mediante combattimenti 
di varia fortuna, si confermarono nel pos- 
sesso dì queste terre e altre ne ottenne* 
l'o dai boi. Nel 5^2 per avere i romani 
diviso ai soldati Tagro gallico romano, 
posto tra quelli di Rimini edi Sinigallia, 
i galli se ne ofTesero e con l'aiuto degl'in- 
subri accesero nuova guerra, onde i ro- 
inani nel Sig mandarono a Rimino il 
console L. Emilio con esercito perchè im- 
pedisse l'avanzarsi de' nemici. In vece i 
galli con 70,000 uomini inviandosi per 
l'Etruria e riportata vittoria sul pretore, 
accorse Emilio, li fugò e con altro sopra v- 
irenuto console li sconfisse, assoggettando 
nel 53o i boi , indi parte del territorio 
degl'insubri, con che vennero in potestà 
de' romani il tratto della Gallia che si te- 
neva dai boi, insieme alt'Insubria calla 
Liguria, formandone la provincia di Gal- 
lia col nome d'Àrimino, onde Rimini ta- 
lora ne fu la città principale. Àll'arlico- 
IoGallià ne parlai in tutta 1' estensione 
che comprese, insieme alle conquiste del- 
le Provincie d'Italia che ne portarono il 
nome con quelle aggiunte secondo le re- 
gioni. Da principio la Gallin conosciuta 
anche col nome di Anniiniiriiy fu la Gal- 
lia dogato e coni prendeva lutti i paesi ch'e- 
rano allora tenuti dai romani nelle re- 
gioni de' boi , insubri e liguri, la quale 
ebbe magistrati particolari con imperio 
ordinario almeno fin dal 536. La città 
principale di essa, ove ebbe ordinaria re> 
sidenza il preside romano, specialmente 



RTlVf 

da detto anno (o meglio dal 534 ^" <^i 
mise capo a Rimint la via Flaminia) fi- 
no al 567, fu Rimini, pel cui nome s'in- 
tese l'intera provincia, riportando il d/ 
Tonini il novero de'magi strali mandati 
a governarla. Ampliate poi le conquiste 
e data nuova forma alla provincia, la re- 
sidenza del preside si trasferì a città più 
centrale. Non ostante però questa restò 
parte della provincia medesima , finché 
l'Italia dall'Esi no non fu protratta al Rubi* 
cone. Nel 536 i romani nel romper guer- 
ra a'cartaginesi, che fu la 2.* punica, man- 
darono nella Gallia il pretore L. Manlio, 
con circa 26,000 armati e due colonie per 
contenere i galli, i quali tumultuaronoal- 
l'approssimarsi del duce cartaginese An- 
nibale. In questa guerra più volte i capi 
convennero a Rimini, in uno al console 
C. Flaminio, dal fatto del quale è mani- 
festo che Rimini era la capitale della pro- 
vincia, ove egli prese i fasci a dispetto di 
Roma, accogliendo anche l'altro console 
con altro esercito. Munita di tanti arma- 
ti, non soggiacque a' quei danni cui fu- 
rono segno tante altre città in sì furiosa 
lotta, poiché ne'Iuoghi in cui passò il vin- 
citore Annibale tutto fu strage e rovina. 
Ribellati i galli per le vittorie de' carta- 
ginesi, fu mandato nella Gallia con eser- 
cito L. Postumio Albino pretore, che pe- 
rì con a5,ooo soldati nella vasta selva Li- 
tana per stratagemma de' boi , presso il 
Rubicone e Cesena. Arsero di sdegno i 
romani, ma per allora si contentarono di 
tenere un presidio sino a Rimini, ove fe- 
ce residenza il pretore Pomponio che Io 
comandava nel 539 e nel 54o. Nel se- 
guente anno Rimini ossia la Gallia ebbe 
a pretore P. Sempronio Tudìtano, a cui 
fu prorogato il comando della proifincift 
Arinimum^ a motivo d' Annibale che si 
avanzò a 3 miglia da Roma. Perla mici- 
diale guerra, delle 3o colonie tributarie 
de' romani, 12 colonie negarono di som- 
ministrare ai romani uomini e denari; 
fra le 18 restate fedeli vi fli Rimini colo- 
nia marittima, col soccorso delle quali il 



RIM 

popolo romano potè sostenersi e se ne mo- 
strò grato; sembra che l'onorevole ecci* 
lamento dato a tali colonie, si debba ad 
un fregellano in nome di FregelleoraPo/t- 
te Corvo (F,) : la vittoria de'romani sul 
Metauro e l'uccisione d'Àsdrubale fratel- 
lo d'Annibale, compensò a Roma la di- 
sastrosa rotta di Canne. Non pare che quei 
due capitani passassera per Rimini , co- 
mechè ben guardata dai romani. Nel 549 
A rimino ossia la Gallia fu commessa al 
pretore Spurio Lucrezio, con l'esercito a 
presidio d'Italia che ancora terminava al- 
i'Esino. Nel 55 1 due magistrati ebbero 
in governo la provincia, uno proconsole 
col nome di Gallia, l'altro pretore col no- 
me d'Arimino, coi loro eserciti. Il d.*^ To- 
nini continua a riportare i pi*esidi e le 
guerre della provincia, secondo il suo pro- 
ponimento, cessando dopo che il console 
M. Emilio Lepido nel 567 ridusse in nuo- 
▼a forma la provincia Gallia, e facendo 
la nuova via Emilia, altra città più cen- 
trale divenne capo della medesima , per 
cui piò scarse sono le successive memo- 
rie di Rimini, che tuttavia continuò a far 
parte della provincia detta anche Gallia 
Cisalpina. 

Nel 576 r esercito contrasse la peste 
in Rimini, onde restò sciolto. Fervendo 
nel 667 la guerra civile fra Mario e Sil« 
la, il console L. Cornelio Cinna, avendo 
tentato di richiamare il i.° dall'esilio, fu 
cacciato da Roma, per cui volendo trat- 
tare la propria causa colle armi, e sem- 
pre piò unitosi con Mario, venne all'oc- 
cupazione di Rimini, acciò nessun eserci- 
to si recasse dalla Gallia a Roma; allora 
i romani vedendosi privi d'ogni soccorso 
si pacificarono con Cinna e richiamaro- 
no Mario. Nel 672 lacerata Roma da nuo- 
ve guerre civili tra Siila e Mario, ili .° vin- 
se co'suoi fautori una battaglia sull'Esi- 
no, senza che l'esercito di Rimino seguace 
di Mario potesse giovarlo, che anzi pres- 
so Faenza il suo partito perdette altra san- 
guinosa battaglia; fu allora che Rimini 
per tradimento fu data a Siila, e come cit- 

VOL. LVII. 



RIM 2)7 

tà principale della provincia fu seguita 
dalla Gallia. Caduta Rimini in potere di 
Siila, fu soggetta agli effetti funesti della 
sua ira feroce, e quindi miseramente Sac- 
cheggiata e guasta. Nel 676 narra Plinio 
che nel territorio parlò un gallo ; ciò si 
riporta da altri scrittori ancora. Quanto 
al prolungamento dell'Italia dall'Esino 
al Rubicone, ciò avvenne fra gli anni di 
Roma 678 e 695, anzi prima di questo 
ultimo anno, come epoca in cui le Gallio 
furono assegnate a Giulio Cesare, e per- 
ciò Rimini fu compreso nel suolo italico, 
che se già non fosse stata colonia romana 
avrebbe conseguito il diritto di cittadi- 
nanza : il Rubicone cessò d'essere termi- 
ne d'Italia dopo pochi anni e probabil- 
mente verso il 714 il limite del Rubico- 
ne era stato prolungato al Formione lun- 
gi 6 miglia da Trieste. La romana tribti, 
cui si trovano ascritti più frequentemen- 
te i riminesi,é l'Aniense; lo furono pure 
alle tribù Palatina, Lemonia, Stellatina, 
Quirina. Prima che il Rubicone cessasse 
d'esser limi te d'I talia,i nsorta gelosia d'im- 
pero fra Pompeo e Giulio Cesare , pre- 
tendendo questi di ritenere il governo 
delle Gallie, e di esser designato console, 
Pompeo sostenuto dal senato preparòre- 
serciti per opporsi al competitore, ed a 
tale effetto nel 704 mandò un presidio a 
Rimini o vi si recò egli stesso comesi ri- 
cava dalla lettera di C. Rufo a Cicerone. 
Piegando ormai la repubblica romana al - 
la monarchia,aspìravanoal supremo pote- 
re Cesare, e Pompeo pel quale parteggian- 
do il senato ordinò al 1 .° che lasciasse l'e- 
sercito e le Provincie e si ponesse in sua 
potestà. Cesare rispose che avrebbe ub- 
bidito se Pompeo avesse operato altret- 
tanto. Insistendo il senato a volere che 
Cesare si portasse in Roma in qualità di 
privato, fu allora che questi si diede a 
tra tiare la propria causa coUearmi.Quin- 
dì da Ravenna, dopo aver esplorato la 
volontà de' soldati, passò i confini della 
provincia delle Gallie e si recò a Rimini 
colla legione 1 3.*, dove radunò i tribuni 

«7 



!t58 RIM 

della plèbe, chea lui erano ocoorst^e chia- 
mate le altre legioni comandò loi*odi se* 
guirlo. Nell'avviarsi alla volta di Rimini 
sul cominciar di novembre, giunto che 
fu al Rubicone, fiume che allora separa- 
va la Gallia Cisalpina dal resto d'Italia, 
agitato l'animo dalla grandezza dell'im- 
presa, ravvolto e perplesso in moltissime 
deliberazioni^ calcolando le immense con- 
seguenze che sarebbero derivate dal pas- 
saggio di quel limite, finalmente abban- 
donatosi in seno dell'evento, e dicendo: 
giuato è // dado, varcò il fiume e occu- 
pò Rimini di notte, con che die il primo 
segnale della guerra civile. Saputosi ciò 
da Pompeo, mandò a Riroini L. Cesare, 
e il pretore L. Roselo, per trattare un ac- 
comodamento amichevole; ma Giulio Ce- 
sare ripetè quanto avea scritto ; laonde i 
consoli ed il senato gl'intimarono ritor- 
nasse in Gallia, partisse da Rimini, licen- 
ziasse l'esercito, e Pompeo andrebbe nel- 
la Spagna. Queste condizioni certamen- 
te non piacquero a Cesare, che da Rimi- 
ni mandò M. Antonio con 5 coorti ad oc- 
cupare Arezzo, ed egli con due rimosto 
a Rimini cominciò a far leve di soldati; 
quindi prese Pesaro, Fano, Ancona, cia- 
scuna con una coorte. Poi giunto a Ro- 
ma, trovò la città quasi deserta, ma egli 
seppe cattivarsi gli animi de'cittadini, e 
vinta la famosa battaglia di Fai*saglin , 
gli fu tolto con Pompeo ogni ostacolo al 
supremo potere. Dì tutta questa guerra 
pertanto, dalla quale fu spenta la repub- 
blica romana, e ne emerse l' impero, il 
principio ed il segno fu dato a Rimini. 
Lucano co'suoi versi descrisse il passag- 
gio di Cesare sul Rubicone, ed il turba- 
mento de' riminesi, dicendo ancora che 
Rimini fu sempre a parte delle fatiche e 
de'pericoli de' romani in tutte le guerre 
che sostennero in queste parti. Ucciso in 
Roma nel 7 1 o Giulio Cesare, M. Anto- 
nio restato solo nel consolato tentò di ti- 
rare a se ogni autorità , ed ottenne dal 
popolo in governo la Gallia Cisalpina , 
dirigendo le sue legioni lungo il lido del- 



r Adriatico, da Brindisi a Rimi no. Maia» 
tanto Ottaviano nipote e figlio adottivo 
di Cesare, gli suscitò in Roma una ooa- 
traria fazione e raccolse soldati. PerciòAn- 
tonio in vece di recarsi a Rimini passò in 
Roma, ove giunto seppe che due l^oni 
delle spedite a Rimini erano passate a Ot- 
taviano. Laonde inviato uo donativo al- 
le altre, e raccolto quanto esercito potè, 
con i splendido seguito si portò a Ri mi- 
ni, allora posta sul primo adito della Gal- 
lia, conducendo seco più di 4 legioni; ìn- 
di intimò a D. Bruto di cedergli la prò* 
vincia della Gallia, il quale coli' appog- 
gio del senato si fortificò in Modeoa, rice- 
vendo il soccorso d'Ottaviano dichiarato 
pro-pretore, che colle legioni incominciò 
a muoversi contro Antonio. A questi il 
senato comandò di abbandonar l'assedio 
di Modena, di lasciar la Gallia a Bruto, 
e di trasferirsi di qua dal Rubicone e por- 
si in sua potestà. In seguito Antonio fa 
dichiarato nemico pubblico e successero 
le note guerre. Volendo il senato depri- 
mere Ottaviano, avendo passato questo 
il Rubicone con 8 legioni, si portò in Ro- 
ma e ottenne nel 71 lil consolato. Frat- 
tanto Lepido che avea la Gallia Narbo- 
nese,si congiunse ad Antonio, e altrettan- 
to pensò fare Ottaviano, per rendersi piii 
forte contro il senato e Bruto , il quale 
dipoi venne fatto uccidere da Antonio. 
Allora fu che seguì il formidabile trium- 
virato di Ottaviano, Antonio e Lepido, i 
quali convennero in un'isoletta formata 
da un fiume tra Modena e Bologna; ivi 
si divisero l'impero e le proscrizioni, ce* 
dendo a' loro soldati 18 delle principali 
città d'Italia, fra le quali Arimino, cui fu 
destinata una colonia militare nel 712. 
Avendo Otta via no, vinto Antonio, resta- 
to solo signore e denominato Augusto 
dal senato, riparalo la via Flaminia, lo 
stesso senato gli eresse nel 'ji'j il gran- 
dioso 41x0 in Rimini, dicendosi che il su- 
perbo monumento terminasse colla sta- 
tua d'Augusto su d'una quadriga. La te- 
sta di bue è Tìnsegna della colonia, ed i 



lUM 

4 medaglioni di Giove, Nettuno, Vene- 
re, Marte o Palladesi credono deità tu* 
telari del municìpio. I merli.alla tedesca 
co'quali finisce è opera di secoli infelici. 
Rimasto solo Augusto col tìtolo d'impe- 
ratore al governo della repubblica, man- 
dò neiritalia 28 colonie militari, ed una 
n'ebbe Riroini col titolo d'Augusta, in- 
di nel 754 ei.**deirera nostra o cristia- 
na, Caio Cesare figliuolo adottivo d'Au- 
gusto, fece lastricare di selci tutte le stra- 
de di Rìmini. Insorta la guerra contro le 
ribellate Pannonia e Dalmazia, per me- 
glio dirigerla nel 761 Augusto si portò 
in Rimini; forse fu allora che Augusto, 
munifico con questa colonia, pensò a do- 
mar la Marecchia col superbo ponte det- 
to di Augusto e dì Tiberio, ed anche di 
s. Giuliano, perchè per esso si unisce alla 
città il borgo occidentale che prende no- 
me dalla chiesa eretta a tal santo. Qui pas- 
sando il eh. Tonini airillustrazione del- 
la città, delTantica sua pianta e delieo- 
pere pubbliche d'epoca non fissa; de'va- 
ri ordini de'cittadini, de'collegi delle ar- 
ti e delle antiche famiglie; io soltanto toc- 
cherò le cose principali. L'antica pianta 
della città presenta due giri di mura ur- 
bane; il giro delle mura odierne fu fat- 
to tra il cadere del XIII secolo e il prin- 
cipio del XIV. Le antiche porte di Rimi- 
ni si chiamarono Orientale; Meridiona- 
le o Montanara, poi s. Donato e s. An- 
drea; Occidentale Gallica; Porta al Ma- 
re o 8. Tomeo; del Galtolo, così detta dal 
piccolo forte ogattolo eretto incontro nei 
secolo XII; Porta o Portello de' duchi, 
oltre \e quali forse ne furono altre due, 
Porta al ponte Gemboruto, e Porta Ga- 
iana. Interessanti sono egualmente le no- 
tizie de' 7 antichissimi vici o rioni della 
città : il can. Nardi nel 1 824 pubblicò nei 
Giornale Arcadico: Sui vici antichi del- 
le città, e segnatamente della splendidis' 
sima ^rimino. Sì conoscono ì nomi di 4 
de'7 vici, cioè Aventino, Dianese, Ger- 
nialo e Velabro. Il porto di Rimini fu di 
qualche nome con molo e con fanale, ma 



R I M 259 

è difficile lo stabilire che fosse formato e- 
sclusivamente da un seno di mare, ose 
invece vi concorresse pure la Marecchia, 
impossibile è poi il tracciarne la sua ve- 
ra figura. Del nobile monumento dell'an- 
fiteatro, restano ancora notabili avanzi, 
in parte visibili e in parte sepolti sotter- 
ra : era ovale e di forma elittica con por- 
tico e 4 fontane. Olire la descrizione che 
ne fa l'accurato d.^ Tonini, in anteceden- 
za ne pubblicò la Relazione con tavelle. 
In Rimini furono innalzati templi a'nu- 
mi che si adoravano, come a Giove, Net- 
tuno, Marte, Minerva, Apollo, Diana, 
Bacco, Ercole, al Genio custode della cit- 
tà, alla Salute. Finalmente vi fu in Rimi- 
ni un Panteo o Panteon, tempio sagro a 
tutti gli Dei, che creduto il tempietto de- 
dicato poi a s. Michele in Foro, detto vol- 
garmente s. Michelino, fu argomento di 
questioni e delle seguenti opere.Gio.Bian- 
chi, conosciuto anche sotto il nome di 
Jnno Planco che fu archiatro di Clemen- 
te XIV, come dissi a Medico : Lettera ad 
ì in suo amico dì Firenze intorno alla dc' 
scrizione del Panteo sacro di Arimino, 
nel t. io di Calogerà p. 365, Nuovarac- 
colta degli opuscoli, Venezia 1 768, ove 
sono la Raccolta delle dissertazioni in- 
torno la descrizione del Panteo. Parere 
dello spazzacamino di Porta s, Ange^ 
lo di Pemgia^ossia Appendice alla RaC' 
colla di dissertazioni intorno t iscrizione 
del Panteo di Rimini. Inoltre dal d.^ To- 
nini si parla dì altre opere pubbliche dei 
tempi romani, come del granaio, del ma- 
cello, della fontana, di vari acquedotti, 
del ponte dell'Ausa, sopra il quale ne fu- 
rono eretti due altri meno larghi; di va? 
rie torri,alcune delle quali ancora esisten- 
ti, onde fu chiamata turrita questa cit- 
tà, oltre altre fabbriche pubbliche e pri- 
vate; de'musaici, dì alcuni ipogei e di ai- 
tri luoghi sepolcrali. Indi il d.^ Tonini 
tratta degli ordini civili e sacri de'citta- 
dini della colonia arimrnese, come del se- 
nato, de' decurioni, de' duumviri quìn* 
(juennalij Aq duumviri juridicundo, od 



! 



26o R I M 

anche semplici duumviri yòe'triumsf ir i,de- 
gli edili, de'questori, del curatore, de'pa« 
troni de'vici, de' cavalieri ; de' pontefici, 
auguri, flamini, magi8tratui*e e dignità 
sacerdotali. Delle varie arti esercitate in 
Rimini, e de' loro collegi ; delle antiche 
famiglie della colonia, in numero di 1 08, 
oltre altri nomi gentilizi. Termina ild/ 
Tonini la sua elaborata e impaniale o- 
pei*a, con riportare l'interessante raccol- 
ta delle iscrizioni antiche della colonia 
d'Arimino, lapidi che divide in due classi: 
la 1/ è di quelle che si conservano anco- 
ra in n.^diio5; la 2.* di quelle che non 
esistono più e in n.^ di 86 sono ricavate 
dagli storici e collettori riminesì. Segue 
un'appendice con le lapidi peregrine, che 
riguardano la storia riminese; le lapidi 
riminesi spurie e non antiche; le lapidi 
peregrine intruse fi a le riminesi, che non 
appartengono ne alla città , ne alla sua 
storia. Il lodato scrittore d.r Tonini, spe- 
ra d'in tra prendere fra pochi mesi la stam- 
pa del 2.^ voi. di storia patria, che inti- 
tolerà : Rimini dal principio delibera vol- 
gare fino ali200, e comprenderà anche 
la storia sagra : mi dispiace che non pò- 
ti'ò giovarmene, per precedere questo mio 
articoloalla pubblicazione di tale lavoro, 
che non potrà riuscire che importantis- 
simo. Essendomi un qui alquanto diffuso 
nel riportato estratto, in proporzione del 
mio sistema, sarò breve nelle notizie'del- 
la storia civile sino alla dominazione dei 
Malatesta, per un tratto di tempo in cui 
quasi tutte le storie municipali sono rav- 
volte nell'incertezza de'fatti. 

Rimini facendo parte dell'impero ro- 
mano ne segui i destini^ e gli furono pres- 
soché comuni le vicende politiche cui sog- 
giacquela provincia d'£milia, di che peir- 
lai a' relativi articoli, come a Pesaro, 
F0BL1, ed Imola. Nell'anno 6g dell'era 
corrente Cornelio Fosco del partito di Ve- 
spasiano strinse per terra e per mare 
que* dell'imperatore Vitellio, che tre- 
mando stavano inRimini, per cui la cit- 
tà fu saccheggiata dalle truppe di Vespa- 



fi IM 

siano, come riferisce Tacito. Monca di 
provela pretesa distruzione della città at- 
tribuita a Demostene re de'liburni ribella- 
tosi all'impero nel262,dicuisì narrache 
con armata navale si portò a danno di Ri* 
mini, atterrandone le mura, bruciando e 
distruggendo l'anfiteatro e molti ed ifìzi: di 
confiegiienza non pare credibile la riedifi- 
cazione della città operata nel declinar di 
tal secolo da Diocleziano e Massimiano 
imperatori. Dopo il deplorabile trasferi- 
mentodella sede imperiale in Costantino- 
poli, e lodi visionedell'impero in orientale 
e occidentale, a questo secondo apparten- 
ne Rimini e la regione, divenendo Raven- 
na (F,) residenza dell'imperatore d'occi- 
dente. Allora presero ardire le nazioni 
straniere per invadere l'abbandonata Ro- 
ma loro antica dominatrice, ed A larico re 
dei goti vi si recò nel 409, dopo aver da- 
to il guasto alla provincia, onde anche Ri- 
mini ne patì molto; poiché Alarico e Ai- 
talo co'lot*o goti si fortificarono in Rimini 
contro r imperatore Onorio, eh' era in 
Ravenna, fi dopo si recò in Rimini. Altri 
guai soffri la città nel 4^^ pe^* l'irruzio- 
ne tremenda di Genserico re de* vandali. 
Avendo nel 4?^ Odoacre re degli eruli 
anche presso questa città disfatto l'eserci- 
to romano, fece abdicare Momillo Augu- 
stolo ultimo imperatore d'occidente, s'im- 
padronì di Ravenna ovestabiPi lasua re- 
sidenza, e dominò ancora sulla provincia 
e su Ri mini. Però nel 49^ avendo Teo- 
dorico re de'goti preso Ravenna e ucciso 
Odoacre, a lui dovette ubbidire Rimini. 
Volendo l'imperatore d' oriente Giusti- 
niano I ricuperare le provincie tenute dai 
goti, die principio alla famosa guerra go- 
tica. Nel 537 il console Giovanni Vita- 
liano fu mandato a Rimini con 2000 ca- 
valli da Relisario, che in Roma era asse- 
diato da Vitige. Per cui questo re de'go- 
ti, lasciato 1' assedio di Roma, passò a 
quello di Rimini, che intraprese con tut- 
te le foi*ze; per il valore di Giovanni e la 
bravura de'riminesi, vi durò finche ven- 
ne in Italia anche Narsete, altro capita* 



RIM 

no imperìale. Nel 549 ^ 8^^^ nuovamente 
s'impossessaroDodìRimini, e nuovamen- 
te nel 553 la riprese Nanete, dopo che 
ì goti nel precedente anno per impedir* 
gli il passo ruppero il ponte sulla Maree- 
chia da una sponda all'altra, come narra 
Procopio. Secondo altra versione, il ta- 
glio fu eseguito nell'ultima arcata dalla 
parte del Borgo, perchè Narsete lo passò 
nel condursi premurosamente a Roma, 
nella qual circostanza avendo fatto una 
sortila i goti, vi restò ucciso Usdrilla co- 
mandante del presidio|di Rimini. In qual- 
cuno di questi fìilti deve essere avvenu- 
to il murarsi della città anche dalla par- 
te del mare, ed un generale ristauro alle 
mura piii antiche; opera forse tumul- 
tuaria, a cui servirono i materiali dell'an- 
fiteatro rovinato, quelli di vari templi, e 
pei*sino le statue ed i marmi posti ad o- 
nore e memoria de'benemeriti cittadini : 
quasi altrettanto si fece da Belisario in 
Roma, ed in Pesaro ove per eguale ma* 
niera furono impiegati marmi di pregio, 
lavorati e scritti^come riferisce Olivieri. 
Dopo le conquiste fatte dagl'imperatori 
d'oriente o greci su'goti, istituirono 1'^- 
sarcato di Ravenna[r,) dove fissò la sua 
residenza l'esarca, del quale esarcato fe- 
ce parte Rimioi , come della PentapoU 
(/^.) Annonaria o Gallia Marittima,a cui 
era annessa porzione del Piceno, quando 
la istituì l'esarca Longino: Compagnoni 
dice che Rimini fu capo di questa Pen- 
tapoli. r^el 568 Alboino re de'lon goliar- 
di , occupate diverse provincie, formò il 
possente regno de* Longobardi (F.) in I- 
talia,edanche Rimini dovette sopportar*^ 
ne il giogo, almeno interrottamenle. Ub- 
bidiva all'impero greco sotto l'esarca 1- 
sacio del 619, che nel sollevare dalia ca- 
restia le Provincie del Piceno, fortificò 
Ravenna, Rimini e Fano per garantirle 
da ogni sorpresa de'longobardi: quel du- 
ce dimorò per alcuni giorni in Rimini, 
^el pontificato di 6. Gregorio II l'impe- 
ratore Leone III risaurico dichiarò guer- 
ra alle 8. immagini^ e fece di tutto perché 



RIM 361 

fosse uccido il Papa che le difendeva. A- 
vendo inutilmente s. Gregorio II tentato 
il ravvedimento dell'iniquo principe, in- 
sinuò a tutti i cìstiani di difendere la fe- 
de cattolica e la chiesa romana, anche 
colle armi. Quindi tutta la Pentapoli ri- 
gettò i magistrati iniperiali e si elesse cia- 
scuna il proprio duca: in Ravenna pre- 
valendo la parte divota al Papa , in un 
tumulto restò ucciso nel 728 circa l'e- 
sarca Paolo, ed i longobardi suoi alleati 
minacciarono di vendicarlo, per cui nel- 
rE)»arcatoenella Pentapoli si temeva un 
imminente eccidio. Per avere s. Gregorio 
li scomunicato Leone e sciolti i sudditi 
dal giuramento, quasi da per tutto furo- 
no cacciati i ministri imperiali, e ciascu- 
na città elesse i magistrati di proprio ar- 
bitrio, governandosi a libei'o reggimen- 
to. Roma e il suo ducato con altre 7 città 
della Campania spontaneamente sì die- 
rono a s. Gregorio Ile alla romana chie- 
sa, dando principio alla sovranità tempo- 
rale di essa. Inoltre le milizie del Piceno, 
dell'Emilia, dell'Esarcato e della Penta- 
poli si dichiararono per la difesa del Pa- 
pa, vivendo sotto la protezione di s. Pie- 
tro e da'propri magistrati governate, con- 
tro l'esarca Eutichio, che co'Iongobardi 
voleva vendicarsi di Gregorio II. L'im- 
peratore a tale effetto mandò in Italia 
una flotta, che appena giunta alle altu- 
re di Rimini, di Pesaro e di Fano, da fu- 
riosa tempesta fu ingoiata. Ne volle pro- 
fittare Luitprando re de'longobardi, oc- 
cupando nell'autunno del 728 Rimini e 
le altre convicine città. 11 Papa prese le 
difese de'popoli minacciati da'greoi e op- 
prèssi da'longobardi, ricorrendo all'aiu- 
to di Francia e della repubblica di Ve- 
nezia; fece anche pace co'Iongobardi, on- 
de tra le città che evacuarono vi fu Ri- 
mini. Ma Luitprando ad insinuazione di 
Eulichio, il cui potere ei*asi ristretto al- 
la sola Ravenna, e per le istanze dell'im- 
peratore Leone, cui premeva ricupera- 
re gli stati d'Italia, nuovamente si armò 
contro il resto dell'Esarcato e della Pea- 



26a a I M 

Uipoli, ed occupò Rimini ed aldi luoghi 
nel 780 , devastando il Piccuo. Questa 
guerra neirUmbria durò parecchi anni^ 
e costrinse s. Gregorio 111 ad invocare il 
soccorso di Francia nel 788, perdié spe- 
disse in Italia il suo esercito, avendo i 
longobardi usurpato i Patrimoni {Iella s. 
Sede (F). Frattanto l'esarca Eutichio, 
per la partenza de' longobardi vei*so la 
Lombardia, prese l'occasione di ricupe- 
rai*e r£sai*cato, la Pentapoli ed altri stati 
datisi alla protezione di s. Pietro, piglian- 
do per assedio le città penta poli tane, cosi 
Rimini. Tornato Luitprando, ben presto 
riprese le città dell'Esarcato e della Pen- 
tapoli. Nel 74 1 Papas. Zaccaria colla sua 
energia ricuperò alla Chiesa molti domi- 
nii,e contemporaneamente l'Esarcato e la 
Pentapoli di nuovo si sottrassero da'lon* 
gobardi, i quali nel 743 tornando a op- 
primerle colle armi,rEmilia, l'Esuixato, 
la Pentapoli e il Piceno ricorsero a s. Zac- 
caria, perdiè impetrasse la pace. Questo 
benefico Papa si portò a Pavia da Luit- 
prando ed ottenne 20 anni di tregua. Di- 
ce l' A m iani nelle Memorie di Fano, che 
non è da dubitarsi che la chiesa romana 
a questi giorni, e per essa s. Zaccaria, a- 
Tesse il dominio delle città dell'Esarca- 
to, della Pentapoli e di Roma. Nel 749 
quando s. Zaccaria si recò a Perugia per 
frenare Rachis re de'longoliardi dalle o- 
stilità che commetteva contro gli stati ad- 
detti a s. Pietro, il principe promise di 
tornare a Pavia: in questa occasione l'E- 
sarcato, la Pentapoli, il Piceno, l' Um- 
bria e le Provincie aggiacenti a Roma, per 
mezzo de'Ioro deputati si confermarono 
nell'ubbidienza del Papa, e giurarono fe- 
deltà alla chiesa romana. Da'quali bra- 
ni d'istoria si rileva l'antico sovrano do- 
minio della s.Sede anche su Rimini. Suc- 
cesso a Rachis il fratello Astolfo, subito 
mosse guerra all'Esprcato, e molestò la 
romana chiesa nel 750. Sembra verosi- 
mile, che in questa epoca i Papi in ogni 
città de'Ioro domini! assegnassero de'giu- 
dici; altrettanto sarà stato praticato con 



RIM 

Rimini. Nel 75^ essendo Papa SieGinoH 
detto III, re Astolfo rivolse il feroce ani* 
mo suo contro i romani, cinse d'assedio 
e prese varie città dell' Esaltato, indi à 
inoltrò nella Pentapoli» occupò Rimioie 
le altre di essa, soggiogò il Piceno, mi* 
nacciò Roma. S'interpose il Papa, ed et* 
tenne una pace di 4o anni, quando alca- 
ni mesi dopo il fedifrago Astolfo nuova* 
mente si mosse sui luoghi occupati per 
confermarsi nel dominio della Pentapoli 
e del Piceno, ed avvisò i roroani di pre- 
pararsi a riceverlo per sovrano. Stimo- 
lato Stefano III dalle angustiate città di 
ricorrere a Francia , parli nel 7 53 per 
essa, passando per la Pentapoli e per Ri- 
mini, ossequiato profondamente da per 
tutto, quale loro padre, signore e protet- 
tore. Giunto a Pavia per muovere l'ani- 
mo d'Astolfo, avendo questo saputo che 
le sue milizie aveano occupato rEsarcato, 
non volle pacificarsi, agognando d'avan- 
zare il suo dominio su Roma, e tenendo 
l'esercito a quartiere in Rimini, Pesaro, 
Fano e Cesena. Allora il Papa progredì 
per Francia, ricevuto da re Pipino come 
si sarebbe accolto s. Pietro, ed ottenne il 
poderoso suo aiuto. Calato il re in Italia 
due volte, costrinse Astolfo a restituire al 
Papa l'Esarcato, da dove avea cacciato 
Eutichio ultimo esarca (altri dicono co- 
stretto alla fuga dai ravennati), e diede 
alla s. Sede le ricuperate terre, oltre tut- 
te le città dell'Emilia, della Flaminia e 
del Piceno appartenenti all'Esarcato, die 
Anastasio Ribliotecario novera, compre- 
so Ri mini, Ariminum, e le altre città del« 
le due Pentapoli e della regione, le cui 
chiavi furono mandate sul sepolcro di s. 
Pietro, insignum veriel perpetui domi/tii^ 
secondo la solenne promessa in preceden- 
za fatta daPipinOj^ro remissione peccato^ 
rum meorum impetranda Exarcatum et 
Penlapolim reipublicae romanae adem- 
ptab, PttrOf et successoribus e/us traditu» 
rum perpetuo possidenda^ ec. D' allora in 
poi, tranne il tempo delle ribellioni e delle 
straniere invasioni, i Papi esercitarono il 



niM 

clomiuio assoluto sulle cose civili, su Ri- 
mini e sul resto clell'Esarcato. Per qual- 
che tempo Ri mini e la Peutapoli gode- 
rono pace, e sotto la Chiesa procurarono 
di stabilir leggi e forma di un ottimo go- 
\erno. Divenuto però re de' longobardi 
Desiderio, per opera di Stefano III, ben- 
ché promettesse con giuramento di non 
molestare gli stati di s. Pietro e di resti* 
tuire altri suoi patrimoni , nulla man- 
tenne e aspirò al dominio di Roma. Oc- 
cupò nel 759 quasi tutto r£sarcato egli 
impose contribuzioni. Rimini e Pesaro fe- 
cero resistenza lungo tempo, ma poi fu* 
rono superate, onde i longobardi deva- 
starono il resto del paese, eccettuata Fa- 
no comechè ben fortificata. L'incursione 
essendo giunta sino alla Campagna roma- 
na, s. Paolo I ne scrisse a re Pipino, di« 
cendogli che Desiderio era anche provo* 
cato segretamente dall' imperatore gre- 
co. L'autorevole interposizione di Pipino 
fece sospendere il proseguimento della 
guerra, ma con pretesti i longobardi ri* 
tennero l'occupato, insieme a Rimini. In- 
tanto nel maggio 764 si vide nell'Adria- 
tico l'armata navale de'greci, onde i ra- 
vennati, i riminesi e altri popoli suppli- 
carono il Papa a spedire il suo esercito a 
difenderli esollecitare il soccorso di Fran- 
cia in favore della Pentapoli e dell'Esar- 
cato. Non solo s. Paolo I ne scrisse a Pi- 
pino, ma per aver contratto amicizia con 
Desiderio lo sollecitò a rinforzare colle 
sue truppe le città marittime dell'Adria- 
tico, mettendo presldii in Ancona, Rimi- 
ni ed altre città contro i greci. Desiderio 
per riavere gli ostaggi ch'erano in Fran- 
cia si piegò, e fece guarnire Rimini e gli 
altri luoghi, proseguendo i greci a co- 
steggiare l'Adriatico in tutto l'estate, con 
gran costernazione de' limitrofi popoli, 
finché si ritirarono quando seppero che 
si erano collegati contro di loro i longo- 
bardi duchi di Benevento, Spoleto e To- 
scana soggetti alla protezione di s. Pietro. 
Non ritirando Desiderio le truppe da Ri- 
mini e altri luoghi presidiatii nel 769 te 



R 1 M 263 

lo costrinse Pipino per le calde istanze 
di Stefano IV. Il successore Adrianol, co- 
noscendo le trame de' greci e de* longo- 
bardi, fece munire tutte le città confinan- 
ti coi secondi, ed il fatto giustificò la sua 
previdenza; imperocché ciò dispiacendo 
a Desiderìo, più non curando la conve- 
nuta pace, con formidabile esercito occu- 
pò molte terre dell'Esarcato ed alti*i do- 
mimi della Chiesa. Rimini nel 772 fusao- 
cheggiato insieme con Cesena e Pesaro, 
il Ravennate devastato, estendendo le de- 
vastazioni e invasioni nelle alti*e provia- 
eie e designando l' assedio di Roma. A- 
driano I inutilmente Io pregò a cessare 
di perseguitar la Chiesa, onde invocato 
l'aiuto di Carlo Magno figlio degno di Pi- 
pino, egli si recò in Italia coU'esercito nel 
773, fece prigione Desiderio e die fine al 
regno longobardico. Portatosi in Roma , 
ratificò le restituzioni e donazioni, com- 
prendendovi le due Pentapoli e Rimini, 
ed aggiungendovi altri stati. In questa oc- 
casione gran parte dell'Esarcato si nomi- 
nò provincia Romana, poi Romania Ro- 
magna. 

Con l'influenza de'francesi in Italia, fi- 
no da Adriano I le città della Pentapoli 
si erano sollevate, non volendo piti rico- 
noscere i giudici che loro assegnava la s. 
Sede, e ricusando di dar conto al Papa 
di loro affari, per cui Adriano I se ne la- 
gnò acremente con Carlo Magno, onde 
si convenne che non avrebbe ricevuto in 
corte i sudditi delia Chiesa, senza le let- 
tere del Pontefice, il quale avrebbe altret- 
tanto praticato coi franchi. Siffatta pre- 
tensione si rinnovò sotto s. Leone III nel- 
r8o4> dopo ch'egli avea ristabilito Tim* 
pero d'occidente in Carlo Magno, volen- 
do le città pentapolee eleggere il proprio 
conte o giudice delle medesime, senza di- 
pendenza alcuna dalla s.Sede; laonde li- 
cenziati i loro giudici, altri n'elessero sen- 
za il consenso di Roma : ma il Papa re- 
stituì all'ubbidienza della Chiesa tutta la 
provincia, come rileva Amiani. Neir848 
Rimini in un alle altre città marittime 



a64 R I M 

fu saccheggiata dalla flotta de' saraceni 
dell'Africa, comandati dall' ammiraglio 
Sabba. NclFdgB i saraceni annidati nella 
Spagna, penetrando in Italia fecero fre- 
quenti scorrerie in Lombardia. La pro- 
irincia di Romagna temendo d'essere sac* 
cheggiatadaque'barbari,convocò un par- 
lamento in Rimiui, dove intervennero i 
deputati di Fano e delle città del Pice- 
no: fu risoluto di ricorrere ai romani, per- 
ché insieme con Papa Formoso accudis- 
sero alla difesa de' propri stati; ma per le 
discoixlie di Roma non fu possibile ripor« 
tarne alcun soccorso. Mondimenoil Pa- 
pa chiamò l'imperatore Arnolfo con l'e- 
sercito, ed in qualche parte furono assi- 
curate queste contrade dalle incursioni 
de'saracenì. Poco dopo sopravvenne l'in- 
vasione degli ungari, che tanto danneg- 
giarono l'Italia, e poterono essere respin- 
ti da Berengario I re d'Italia nel 904» il 
quale obbligò le città dellaChiesa a rim- 
borsarlo delle spese fatte, massime quelle 
di Romagna e del Piceno. I popoli di que- 
ste Provincie essendosi armati , nel 91 1 
poterono valorosamente obbligare gli un- 
gari, ch'erano ritornati a infestar l'ila- 
iia, a passare in Toscana. I saraceni pro- 
fittandone, comparvero con una flotta 
nell'Adriatico; ma le milizie di Rimini e 
di altre città marittime, portatesi in An- 
cona, impedirono il saccheggio chedi lo- 
ro si erano proposto i barbari. Nel 980 
tornati gli ungari, scorsero per la Roma- 
gna e pel Piceno, esigendo da ogni città 
grossi tributi. Vuole Rubbi, contro il pa- 
rere di Muratori, che ne'teropi longo- 
bardici ogni città fosse retta con titolo dt 
ducato e avesse la zecca particolare, colla 
prerogativa ne'duchi di coniar moneta. 
Certo e che Rimini in tale epoca ebbe i 
suoi duchi che la governarono, e lo fu- 
rono al tempo di s. Gregorio I, Maurizio 
o Mauricio del 769 circa, infesto al clero 
ravennate nella libera elezione del loro ar- 
ci vescovo, e quelli costituiti dai Papi al 
tempodi Carlo Magno: Giuliano già mor- 
to nell'S 1 2 è ch'iamdiio duca glorio so (T A- 



RIM 

riminoj Orio irisse nel 9 r 9; e in nn di- 
ploma dellantipapa Leone ili del 964 
si apprende che ancora esisteva il ducato 
riminese, mentre l'abitazione cle'duchi^ 
ra nella parrocchia di s. Maria in Corte. 
Si vuole che tal corte fosse siala anche 
residenza de'proconsoli. Indi Ritninieb* 
he i conti che successero nel governo ti 
duchi, e la t^essero per la s. Sede; tale fii 
quel RodoI fo che godend osi i ngi usta raeo- 
te buona parte de'beni del vescovato, per 
lo che e sebbene morto il vescovo Uberto 
nel 996 ricorse a Ottone II 1, che qualdi< 
fensore della Chiesa volesse prendere \t 
tutela de'beni della sua; il conte vivevi 
nel 970, era riputato signore della cillà 
e teneva per moglie la contessa Iiigelra 
da; fone gli successe il fratello IldepraQ- 
do del 1006. Si ۈ menzione di altro eoo* 
te Rodolfo già morto nel i o46, ch'ebix 
a moglie Sibilla, ed a figlia Marozia che 
sposò Everardo conte d'Ancona e pare 
anche di Rimini, contado che sembra a< 
vesse ricevuto da s. Leone IX, giacché ì 
Papi anche allora, oltre il supremo do- 
minio di Rimini, ne aveano pure l'utile 
possesso. Un 3.° Rodolfo è credibilecbe 
avesse il contado da Benedetto VII! nel 
101 1, indi Ugo. Di questi duchi e di que- 
sti conti ne tratta Battagliai. Il suo fra- 
tello Angelo nelle ^e//2one di Gio. Bra» 
ni de'Parcitadi, opina che i conti di Ri- 
mini del secolo XI non fossero governa- 
tori, ma semplid conduttori de'proventi 
del contado riininese, appartenenti alla 
camera pontificia. Pretenderebbe Mar- 
chesi, che Rimini divenisse verso questo 
tempo vassalla di Malatesta tedesco stipite 
della celebra stirpe, il quale fu nel 1002 
istituito da Ottone 111 vicario imperiale, 
i cui magnanimi discendenti estesero nel 
Piceno i confini di loro signoria, si i*esero 
tributaria quella provincia, una gran par- 
te di Romagna, ed in Lombardia le il- 
lustri città di Brescia, Bergamo e Crema; 
ma de'Ma la testa parlei*ò a suo luogo, non 
essendovi sicure proveche in questo tem- 
po incominciassero a dominara. Anche 



RIM 

Amlani, citando Sansovìno e Saraoeniy 
dice che nel 969 i Malatetti possedesse* 
ro alcune terra in Fano, echeRamber- 
to figlio di Mulatesta il Pacifico avesse 
la signoria d'Ancona. Il Sigonio narra, 
che Ottone 111 dopo il 988 o piti tardi, 
venuto in Italia e fermatosi in Ravenna, 
concedè infeudo alcune terre di Roma- 
gna aMalatesta suo gentiluomo che avea 
condotto di Germania, e dal quale usci- 
rono i Malatet)li di Riuiini, di Fono, di 
Pesaro e di altre città. Quest'imperatore 
collocò poi-zione di sue truppe in Riraini. 
Ivi a'4 aprile io47 si trovava l'impera- 
tore Enrico HI col Papa Clemente II, e 
vi emanò la famosa costituzione, Dejii^ 
r amento caluma iae clericorumj questo 
atto di giurisdizione e qualunque altro 
giudicato fatto dall'imperatore alla pre^ 
senza del Papa, si deve intendere fatto da- 
ini come difensore della Chiesa e come 
giudice superiore delegato dall'autorità 
pontificia, esercitando l'avvocazia attri- 
buita agl'imperatori dalla s. Sede, come 
dichiarai a Placito e in altri relativi ar- 
ticoli; essendo nel 1047 Rimini in mano 
del Papa che vi esercitava reale possesso. 
]NeJ I o53 s. Leone IX si recò in Rimini, 
e vi consagrò il nuovo arcivescovo di Ra- 
venna Eurico, secondo Nardi, Cronotassi 
p. 78, ed il novello vescovo di LePuy, 
Pietro deMercoeur, al dirediChenu,i?- 
piscop, Galliae. L'imperatore Enrico IV 
£ivorendo l'intrusione dell'antipapa O* 
uorio 11, contro Alessandro II, ruppe la 
concordia tra il sacerdozio e l'impero. Il 
Papa ricorse all'aiuto di Goffredo poten* 
te duca di Toscana e di Lorena, marito 
della gran contessa Matilde eroina della 
Chiesa, affidandogli in guardia e in am- 
ministrazione Rimini e altre città de'con- 
tadi marittimi, che guarnì di soldatesche 
pel Papa, anche per essere l'arcivescovo 
di Ravenna partigiano imperiale; allora 
solendosi fare distinzione della Romagna 
in marittima e terrestre o montana, co- 
me si faceva per le duePeqtapoli.IiPa-. 
pa continuò a dominare Rimini, almeno. 



RIM 265 

fino al loBx, nel quale anno essendosi 
chiamato das. Gregorio VII, contro En- 
rico IV che lo perseguitava anche colle 
armi, il duca de'normunni Roberto Gui- 
scardo, ed avendolo questo disfatto nel- 
l'assedio diRoma,rimperalore posequar- 
tiere in Fano, Ravenna, Pesaro e Rimini, 
e vi passò l'inverno. Per mantenere l'e- 
sercito alemanno, la carestia afflisse la 
provincia e immensi furono i debili per* 
ciò contratti dalle comunità. Rimini fu 
jK)rzatamente obbligata ai voleri di En- 
rico IV, il quale dal vescovo Opizone i.*' 
fece con altri consagrare l'antipapa Cle- 
mente 1 1 1 , in che non conviene Nardi per- 
chè si confuse il vescovo Aretino con Ì'A- 
rìminese, e per lungo tempo Rimini ed 
i contadi marittimi soggiacquero all'im- 
peratoi*e ed al suo marchese Guarnieri, 
ne giovò dopo la pace a Pasquale II di 
reclamarla ad Enrico V^ il quale come 
il padre Enrico IV si mostrò nemico del- 
la s. Sede. Ad onta del solenne accordo 
fatto nel 1 122 tra Calisto II e l'impera- 
tore,il quale si obbligò di restituire quan- 
to da lui e dal genitore era stato usur- 
pato alla chiesa romana, tuttavia Rimini 
non fu da questa ricuperato che dopo la 
sua morte, accaduta nel 1 125, onde O- 
norio II costituì un marchese e duca vi- 
cario pontifìcio,a governare il paese com- 
preso Rimini; prima Alberto, poi Corra- 
do divina gratta Ravennatum dux. In-^ 
sorto nel i i3o nell'elezione d'Innocenzo 
II l'antipapa Anacleto II, questo scisma 
non alterò la divozione di Rimini e di 
Romagna verso il legittimo Papa. Dopo' 
il 1 1 32 è oscuix) a chi ubbidisse la città, 
e forse per concessione o tolleranza pon- 
tificia vi avranno esercitato autorità, in 
uno al resto della provincia, Lotario II 
e Corrado 1 1 1 impera tori, ma sotto la pro- 
tezione de' vesce vi, ch'é quanto dire delia- 
Chiesa, i quali sostenevano i comuni in 
istato di moderata indipendenza, acciò 
poco potesse gravarli la soprintendenza 
de'ministri imperiali, il che rilevasi* da 
Battaglini ; sommo poi eiti il potere che 



aA6 RIM 

sul prÌDcSpato di Romagoa yA esercita- 
rono gli arcivescovi diRaveona,ÌQ fona 
d'investiture e privilegi pontificii e im- 

S>eriali. Verso il iiS'j dal l'i raperà torà 
federico I con diploma, Rimini ottenne 
le prerogative della zecca, l'investitura 
d'ogni diritto i*egale, l'amministrasione 
e il governo della città e contado, anche 
per tenerla ferma alla sua divozione con- 
tro il partito del Papa, ed ancora per- 
chè gl'imperatori greci sempra aspira va* 
no a riprendere il dominio delle città ma- 
rittime di Romagna e Marca. Così ileo- 
ni une assicurò una forma di repubblica 
indipendente da ogni ministro imperia- 
le, potendosi governare pei consoli o pel 
podestà, restandogli il solo peso dell'an- 
nuo censo all'imperatore e straordina« 
riamente il fodro regale, ossia l'obbligo 
di alimentare i soldati, l'imperatore e la 
sua corte in passando pel paese. Al dire 
di Battaglini, Rimini non fece uso della 
l'egalia e diritto della zecca, ma solo fu 
intenta ad ampliare la propria giurisdi- 
zione, e ad assoggettarsi quanto territorio 
sembrò dovesse comprendere nel contado 
riminese, per cui afi&cciò pretensioni su 
quelli di Cesena, e Pesaro principalmente, 
donde provennero differenze e guerre pet 
confini e giurisdizioni. Pare che i riminesi 
dovessero fare buone offerte all'impera- 
Core, il quale largheggiava concessioni per 
impinguare il suo tesoro, e secondo Cle* 
mentini accordò pure a Ri mini un istro- 
mento, col quale estese il contado sino 
alla Foglia. Nemico della Chiesa, Fede* 
rico I, nell'elezione di Alessandro III col- 
le armi sostenne gli antipapi che uno do* 
pò l'altro s'intrusero nella cattedra apo- 
stolica: per proteggere il pseudo Pasqua- 
le III, nel 1 167 si portò con l'esercito nel* 
l'Emilia e da ogni città che si reggeva 
co'propri magistrati esigette tributi, in- 
cendiando e multando le avverse; ed é 
perciò che Rimini spedi ambasciatori a 
Cesena per sottomettersi ad ogni suo de- 
siderio, ad esempio di Fano e Pesaro^ i 
quali luoghi con Rinùni in tutta la qua- 



BIM 

resima dovettero alloggiare ràerri(o.Pfer 
quauto Federico I avesse fatto per obbli- 
garsi il comune riminese, nondimeno pre* 
valse il partito pontificio, quando l'im- 
peratore divenuto insoSì*ibile agritaliaoi, 
ed esecrabile alla Chiesa per alimentar 
ne lo scisma, la maggior parte delle città 
italiane fedeli ad Alesiandi*o HI si oonfe* 
derarono contro di lui: si crede che que« 
sto Papa fosse in Rimini, allorché trave* 
stito e incognito fuggiva dalla persecu* 
£Ìone dell'imperatore. Al congresso tenu* 
toa tal fine in Modena nell'ottobre 1 1 73, 
tra gli altri consoli deputati delle citta 
italiane, si trovò Seplmvi consul Arimi- 
niei reciorcivUaiis, 1 riminesi furono soli 
e primi tra gli altri popoli finitimi di Mar* 
ca e Romagna, ad accedere alla confede- 
razione dell'indipendenza, dichiarandosi 
alla scoperta contro l'imperatore. Sicco* 
Die però nel 1 174 un Trayei'sari fu per 
Federico I conte di Rimini, pare che fosse 
toitiato alla sua soggezione, e continuasse 
sino alla pace fatta col Papa nel 1 177, 
e tale ancora si conservasse fino al 1 183 
quando fu prima in Piacenza stabilita la 
pace da'legati imperiali colle città italia- 
ne, in uno ai deputati riminesi, e poi ra- 
tificata in quella famosa di Costanza da 
Federico I, per assicurare la moderata 
indipendenza che le città aveano acqui- 
stata sotto idi lui predecessori. Pensa Bat- 
tagliai, che Rimini per l'animosità dimo- 
strata nel 1 173 contro Federico I, deca- 
desse dall'amplissima investitura di tutto 
il contado, che non ricuperò, perchè nella 
pace furono statuiti vincoli di dipenden- 
za dai vicari o nunzi imperiali. Aggiun- 
ge inoltre, che per essere i riminesi uniti 
ai ravennati, ne preferirono le niouete e 
si astennero di usare la propria zecca e 
moneta, diritto di cui però avanti il i2o5 
se ne fece qualche uso, per cui descrive 
la piU antica moneta riminese ; ma non 
accettandosi le loro monete dagli stessi a- 
mici ravennati, ne sospesero la battitura. 
Bensì ritiene, che dacché i Papi spediro- 
no in Romagna rettori, non «i potè dai 



* ravennati impedire ai riminesi che le lo- 

* ro monete si spendessera in qualunque 

* ' luogo; se non che sì conteggiarono secon- 
' do le monete di Ravenna (F.) quelle di 
I Bimini. Preziose poi sono le notizie che 
I dà Battaglini sulle monete riminesi e dei 
i Malalesti» come di Romagna ed altre. 

i Continuando le antiche differenze tra 
I i fanesie pesaresi, a'quaii i riminesi avea* 
i no mosso guerra per motivo di giurisdi* 
I zione e pretensioni reciproche sopra dei 
castelli, i riminesi nei 1207 dubitando 
che Fano si unisse a Pesaro, rinnovaro* 
no la confederazione con quelle condizio* 
ni che si leggono in Amiani : in questa 
occasione molli riminesi, forse maIcon« 
tenti dei governo, passarono a stabilirsi 
in Fano, col godimento de'privilegi dei 
cilladini; ma quaudo più tardi altri ri* 
minesi vollerofarealtreltanto, il comune 
di Rimini io impedì. Nel I2i6vennera 
a gran contesa Cesena e Rimìui per cau- 
sa de'loro confini e per s. Arcangelo, ed 
i piimi col favore de'bolognesi marcia** 
rono contro Rimini, che avea il campo 
fuori di Savignano, e s'impadronirono di 
s. Arcangelo, superatane la fortezza colla 
prigionia di 1800 nemici. Coi loro colle- 
gati la guerra si accese maggiormente tra 
le due citta, inviando i bolognesi contro 
Rimini il carroccio. Onorio III scomuni- 
cò Visconti podestà di Bologna, e prò* 
mulgò r interdetto alle città collegate 
d'ambo le parti. La guerra prosegui colla 
peggio de'riminesi, finche s'interpose il 
vescovo Ventura per la pace e per l'as- 
soluzione a tutti delle censure pontificie. 
Per tale guerra volendo il comune raf* 
forzarsi, nei medesimo 12 16 ammise al 
cittadinatico Gio. Maiatesta, eMalalesta, 
a condizione ch'essi avrebbero di concer- 
to guerreggiato i cesenati colla forza di 
tutti i loro castellani, affidando loro le ca- 
stella e i luoghi di giurisdizione rimine* 
se, acciò potessero valersene nella difesa. 
Qualunque sia l'origine de'Malatesta, che 
i più dicono venuti in Italia con Ottone 
111 e dotati di feudi in Romagna , è in* 



RISI S67 

dubitato che in questo tempo essi erano 
costituiti in non ordinaria potenza e ta- 
le da poter comodamente offendere i ce- 
senati. Oltreché l'esenzione accordata lo- 
ro da ogni imposizione, come non |iagata 
mal in avanti dai loro maggiori, e il pos- 
sesso dì case e torre nella città, fanno a« 
gevolmente comprendere quanto già la 
famiglia fosse possente e temuta in Ri- 
mini. In questa epoca il comune, sebbe- 
ne godesse non lieve libertà, nondimeno 
era subordinato all'impero che vi tene- 
va i suoi conti e la camera imperiale o 
fisco, dove colavano buona parte de'pro- 
venti delle giudicature, e di quegli altri 
che si reputavano d'imperiale diritto. Pei* 
cui buon numero di cittadini erano mal- 
contenti di questa soggezione, in opposi- 
zione all' iutiera amministrazione e giù* 
risdizione accordata in perpetuo da Fede- 
rico I sopra tutto il contado; mentre in 
vece la tollerava la fazione aderente al 
Parcitadi gran signori di Rimini, i quali 
partecipavano del vìscontato o ammini- 
strazione della giustizia. A questa domi- 
nante fazione imperiale faceva contrasto 
altro potente corpo de'cittadini, e gli ec- 
clesiastici che aveano patito spogli e vi- 
lipendi; laonde sorsero nelle città due fa- 
zioni, ecclesiastica e imperiale, che a te- 
nore della generale denominazione si dis- 
sero Guelfi e Ghibellini {P^,y Questi mi- 
rando ad accrescere ì proventi, pretende- 
vano tenere tutti a loro soggetti,incl usi va- 
roenteai castelli dell'arcivescovo di Ra- 
venna, e al vescovo e canonica di Rimini, 
e così credevano disporre degli uomini 
loro e de'beni, imponendo tributi e gra- 
vezze come fossero sudditi del comune. 
Gli ecclesiastici o guelfi non potevano di- 
fendersi dalle loro violenze che conisco- 
m uniche e interdetti, che di continuo e- 
rano costretti implorare dalla s. Sede. Leg- 
go in Amiani, che nel 1229 i riminesi 
collegati con altre città erano favore voli 
alla Chiesa, per cui a'2 settembre fu con- 
vocato in Rimini un generale parlamen- 
to>ove intervennero i sindaci delie città 



268 R I M 

collegHtc, e si stabilì una lega perpetua 
contro i ghibellini. Nei 1 3 1 8 il comune 
si collegò coi conti di Monte Feltro, on- 
de quando Buonconte i.° conte d'Urbi. 
no volle insignorirsi di questa città, do<- 
inandòraiutode'rinìiuesi cheavea soste* 
liuti nella guerra di Cesena. Rimino volle 
prima tentare la pei^suasioDCi ma non es- 
sendovi ri usci lo uuì le sue forze a quelle del 
conte e del rettore di Romagna per Timpe* 
ratore.Àltoragli urbinati pregarono il ret* 
tore a non guerreggiare contro una città 
tanto di vota di Federico II, e piuttosto si 
venisse ad accordi ; su di che tenuto nel 
1234 un congresso in Rimini col vesco- 
ITO, col podestà e altri principali, in uno 
ai capitani dell'esercito, si stabilì la pace 
e le condizioni, e gli urbinati si assogget- 
tarono al Feitresco, come riporta Repo* 
fati, Della zecca di Gubbio p* 72* Non 
cessando l'imperatore Federico 11 di per* 
seguitare la s. Sede, nel 1289 fu scomu« 
lùcato da Gregorio IX, Io che fu di sti- 
molo a'guelfi di dichiararsi difensori del* 
Tecclesiastica libertà conltx> la tirannia 
de'ministri imperiali, onde il Papa prese 
questi riminesi sótto la protezione della 
8. Sede : per la parte che tennero i Ma- 
latesti in sififatle discordie, pub asserirsi 
che sempre furono per gli ecclesiastici, 
ed un Malatesta nel 1289 ebbe la pode- 
steria della città. Nell'agosto del seguen- 
te anuo venuto inRomagna Federico li, 
e avendo ricuperato Ravenna e altre cit- 
tà, probabilmente Rimiui si voltò al par* 
tito ghibellino e nulla soffrì ; certo è che 
nel 1243 ubbidiva ai ministri imperiah 
che si studiavano vincere la contrarietà 
del clero. I nobili che inclinavano al Pa- 
pa furono esposti alle accuse de'ghibeU 
lini, così la fazione guelfa detta dai loro 
capi Camanzera e de'Gambacerri, fu e* 
spulsa dalla città d'ordine di Federico li, 
prevalendo la fazione contraria de'Par- 
citadi. Ma dopo che nel 1 248 l'esercito 
imperiale fu disfatto sotto Parma dagli 
ecclesiastici comandati dal cardinal Mon- 
telotigo, Malatesta il giovane da Veruc- 



ElM 

chio, figlio del già podestà^ tpttlkniitt 
dal legato pontificio della Marca, ricot' 
dusse m patriu i nobili guelfi, li fece trioa< 
fiii-e, ne cacciò il TÌcarto imperiale e h 
riconosciuto capo della fàzioae ecclesia» 
stica, dopo avere ricuperato la città atti 
Chiesa a' 1 6 aprile, superate oon podie 
difiìcoltà e imprigionati ^o Dobili ghibei* 
lini o di parte Omodea, i quali poi aveii* \ 
doli liberati promosse tra le parti unadu> 
revole pacificazione. Così Malatesta da 
Verucchio salì in gran credito presso i cit< 
ladini, e in gran merito presso la corte poQ» 
tificia. Nel 1 249 s« Pietro martire domesi> 
cano colla sua zelante eloqueaza pose io 
pace le discordanti comuni di Romagna, 
operando il simile in Rimini^ altrettanto 
facendo Filippo arcivescovo di Ravenna 
coi guelfi, e coi ghibellini che ricovrati in 
Montefeltro e in s. Mai'ino infestando il 
Riminese, erano cagione di dissapori tra 
il comune e il vescovo Feltrino. A tener 
quiete le fazioni, fu reputato prudente 
da Innocenzo IV di differire le sue ragio- 
ni sulla Romagna, dacché appena ridot- 
ta all'ubbidienza del cardinal Ubaldini, 
fu dominala da Guglielmo d'Olanda re 
de'romani, il quale coi suoi diplomi con- 
fei'mò a'riminesi la concessione di Fede- 
rico I, e costituì rettore e conte della pro- 
vincia Tommaso di Reggio nipote e ma- 
resciallo del Papa, il quale la resse per 
l'impero col beneplacito della s. Sede. In 
pari tempo Rimini ricercò a Innocenzo 
IV d'essere confermata col patrocinio del- 
la chiesa romana nella sua libertà e go- 
dimento de'privilegi già impetrati da Fe- 
derico 1, ed il Papa aderì con bolla dei 
1 7 aprile i25o, e fra gli altri diritti che 
confermò vi fu la coniazione della pro- 
pria moneta. A quest'epoca pertanto si 
deve credere, come vuole Battaglini^ che 
i riminesi riaprissero con miglior esito la 
loro zecca e coniassero de'Rimìnesi del 
peso di 1 3 grani e denari 9, a guisa dei 
Ravignani e j4ngotani{óìB.avenna e An- 
cona), giacché queste due monete erano 
uniformi e già egualmente valevauo in 



Piimini. Alessandro IV conferrob la bolla 
del pi*ecleces8ore. Pare che Tommaso go- 
vernasse fino al I s^Q^ed essendo in que« 
sto tempo risorta l'animosità delle fazio- 
ni per la Tenuta da Francia di Carlo I 
d'Angiò alla conquista del regno di Na- 
poli, contro Manfredi bastardo dei defun- 
to Federìco Ile capoparte ghibellino, si 
apri nuovo campo a Malatesta da Veruc- 
chio di dimostrarsi vero campione di par- 
te guelfa in Romagna, che divenne divo- 
ta ai francesi, non però qual capo del co« 
mune di Rimini, del quale fu podestà ne- 
gli ultimi 6 mesi del 1 263, come lo era 
stato Taddeo conte di Montefeltro e nuo* 
vamente nel 1 265 ritornando in pace la 
città, siccome altro campione guelfo. A- 
vendoambedue gareggiato colla loro pò* 
tenza in sostenere l'Angioino, Carlo 1 di- 
venuto re di Napoli e di Sicilia per in- 
vestitura di Clemente lY, a questi il re 
fece grandi elogi di Malatesta che ado- 
però per suo vicario in Firenze. Le osti- 
lità passate tra Malatesta e Guido daMon- 
tefellro capo ghibellino, per la signoria 
di Ghiaggiuolo nella diocesi di Sarsina, 
si composero nel 1269 col maritaggio di 
Paolo il Bello figlio del i.°, con Orabile 
nata da Uberto ultimo conte di Ghiag* 
giuolo , di cui lo sposo divenne conte e 
rettore, ed in segnilo fu ucciso dal fra- 
tello Giovanni il Zoppo in quel tragico 
e memorabile modo che poi narrerò. Ri- 
tornato Malatesta in Rimini con aumen- 
to di credito e autorità, conservò la città 
nel partito di Carlo 1 vicario di s. Chie- 
sa, e militando co'suoi figli alla testa dei 
guelfi ne sostenne l'autorità nella pro- 
vincia, il che contribuì alla solenne ri- 
nunzia che di essa fece Rodolfo I nel 1 278 
a Nicolò III, al nunzio del quale Duran- 
do, nel duomo il capitolo, gli abbati, i re- 
ligiosi, ed il comune giurarono fedeltà e 
ubbidienza, riconoscendo Rimini e suo 
contado al Papa temporalmente sogget- 
to, senza pregiudizio de'privilegi e con- 
suetudini della città, che dal successore 
Martino IV furono confermati insieme 



R I M 2G9 

alla protezione pontificia. T rettori o con • 
ti (a Rayenka ne riportai la serie, cos\ 
de'Iegati) spediti dai Papi in Romagna, 
talvolta per elevarsi o per inclinazione, 
predilessero i ghibellini, e umiliarono i 
guelfi, la cui superiorità dava loro gelo- 
sia. Malatesta fu preso di mira a fronte 
delle sue benemerenze, potenti parentele 
e la podesteria di Rimini esercitata nel 
1282, nel 1286 e seguenti anni, per e- 
lezione del comune, in vigore de'privile- 
gi pontificii e imperiali: il rettore Colon- 
na lo multò col comune di grossa som- 
ma e sottopose al bando, con pretesto di 
aver assalito la rocca di Cervia, sospen- 
dendo al consiglio di Rimini la facoltà di 
eleggere il podestà; ma nel 1290 fu im- 
prigionato in Ravenna dai Polentani, e 
servi di lezione ai successivi rettori co- 
me era pericoloso cozzare col Malatesta. 
Però TAmiani dice che furono sentenziati 
ribelli alla Chiesa Malatesta, ed i suoi fi- 
gli Giovanni il Zoppo, e Malatestino che 
avea occupato Monte Scutolo, onde i ri-* 
minesi allora videro di marocchio i Ma- 
latesta, almeno erano odiati dai loro e- 
moli. Nel 1295 pel prudente rettore Du- 
rando, introdotta nuova forma di mogi- 
stratura nella città, dopo la strage e cac- 
ciala de'Parcitadi e della fazione ghibel- 
lina, Malatesta fu eletto podestà, ed an- 
che difensore del pacifico stato de'citta- 
dini e del comune,delle cui forze diven- 
ne dispotico, e continuò ad esserlo senza 
la podesteria : i motivi pei quali fu por- 
tato Malatesta al potere, si leggono an- 
cora in Garampi a p. 5 e ly.Da questo 
tempo i Malatesta ottennero in Rimini 
assoluta preponderanza, ma per allora 
non presero alcun titolo che indicas«ie si- 
gnoria. Lo spirito di fazione che vieppiì!i 
dominava in Italia, teneva divisa ogni 
città in due parli, i guelfi seguaci de' fran- 
cesi e quasi sempre favoriti dai Papi, ed 
i ghibellini fautori degl'imperatori, on- 
de il maggior numero de'nobili cittadini 
seguiva il più potente, com'era in Rimi- 
ni Malatesta da Yerucchio, che non solo 



270 RIM 

resse il comune sua voglia, ma spesso 
quelli delle altre limitrofe città, figurali- 
do (|ual capo de'guelfi romagnoli. Boni* 
facio Vili lo premiò nel 1299 con feu« 
di, spoglio de'Bandi nobili pesaresi ade* 
renti de'Colonna; questi passati in Fran* 
eia guadagnarono la corteal proprio par- 
tito ghibellino. Nel i3o5Pandolfo figlio 
di Malatesta sottomise Pesaro, Fano e 
Fossombrone (^.). Dopo che Clemente 
V stabili la residenza in Provenza e in 
Avignone (^.), i guelfi furono maggior* 
mente tra vagliati, così il Malatesta e suoi 
seguaci, finché Roberto re di Napoli fatto 
dal Papa vicario di Romagna,come gran 
feutore de'guelfi rassicurò lo stato di Ma- 
latesta, il cui figlio Malatestino sopran* 
nominato daW Occhio e il Cieco perché 
lo era da uno per averlo perduto nella 
fanciullezza, fu quasi sempre podestà di 
Rimini, e per la sua moderazione, buon 
capitano, guelfissimoe dellecosedi gover- 
no peritissimo, fu stimato come il podre. 
Malatesta pieno di gloria morì nel i3ia, 
amato e onorato dai cittadini, che gli a* 
veano fabbricato un gran palazzo, for* 
nendolo di cavalli e di famigli. De'suoi 
figli Pandolfo, Malatestino, Giovanni il 
Zoppo e Paolo il Bello ^ \ soli due primi 
vivevano; del 3.** nacquero Tino,Guido 
e Ramberto, del 4*^ Uberto : a tutti rac- 
comandò Tunione e diede utilissimi pre- 
cetti. Di sua eredità fece tre parti eguali, 
ai due figli superstiti, ed a quelli del de* 
funto Giovanni, perché il nipote Uberto 
lo credè bastantemente provveduto colla 
contea di Ghiaggiuolo. Malatestino ePan* 
dolfo osservarono gl'insegnamenti pater* 
ni, sì successero uno dopo la morte del* 
, laltro nella difensorìa della città, ed eb* 
bero a se obbligati e concordi gli animi 
de'cilladini. 

Prima di progredire nella narrazione 
compendiosa e cronologica de'principali 
brani istorici di Rimini e de' Malatesta, 
dirò qui in poche parole, altre serban* 
dole in fine, della infelice morte di Paolo 
il Bello figlio di Malatesta da Verucchìo, 



RIM 

e della sventurata Francesca da RìommI 
sua cognata e moglie del fratelloGiovti* 
DI, ricavandole dalle critiche, erudite e 
importanti Memorie storiche intomo i 
Francesca da Riminij racc€>ltedaldolL 
Luigi Tonini ad illustrazione ddfallù 
narralo da Dante nel canto F' delih' 
ferno, con appendice di doctimenti, Ki* 
mini tipi fratelli Ercolani i85a. Mala- 
testa da Ver occhio ebbe da più mc^iS 
figli, ma da Concordia Giovanni, Paolo 
e Malatestino; quest'ultimo fu il 3.* non 
il I .*" de'fratelli come altri scrissero. Pao> 
lo per l'avvenenza del volto e pel bel gar- 
bo della persona fu detto il Bello^ e fìi 
il i.^ cui il padre procurò moglie e par- 
ticolar signoria, di che già parlai. Paolo 
piuttosto che cavallere8co,fu dato piùal* 
l'ozio, che alla fatica, né sì mostrò caldo 
delle brighe cittadinesche. Giovanni al- 
rincontro, oltre essere bioittoe sozzo della 
persona, fu anche zoppo, e perciò ebbe i 
nomi dìGiancioUOf Lancellotto, Lancici* 
lo e fu anche detto il Zoppo e lo Scianca- 
lo. Non ostante fu uomo atto alle armi, 
come buono alle cose di governo. Fu alla 
testa di sue genti in più fazioni e podestà 
in più luoghi, morendo nel i3o4.£l>be 
due mogli, Francesca e Ginevrasinn. Dal- 
la I.* nacque Concordia ; dalla a.'Tino, 
Guido arciprete , Ramberto, Margheri- 
ta e Ringarduccia. Francesca moglie di 
Giovanni fu di alto animo e di beltà non 
comune. Nel 1275 Guido di Lamberto 
da Polenta (di cui e potente famiglia trat- 
tai a Ravenna), per giungere a dpminar 
la patria Ravenna ricorse in Rimini a 
Malatesta , come il più reputato guelfo 
della provincia, con l'aiuto del quale ven- 
ne a capo del suo desiderio. Guido per 
gratificare il Malatesta, e farsi più forte 
air appoggio di esso, si dice cbe cedesse 
allora la bella figliuola al valoroso Gio* 
vanni. Pare che motivi di nimistà pree- 
sistessero tra le due potenti famiglie; non 
ostante si unirono col vincolo di paren- 
tela. Come Francesca innamorasse Pao- 
lo, e viceversa; come la mutua Gamma 



RIM 

diyampasse improvvisa alF Imprudente 
lellura degli amorì di Lancillotto e di Gi« 
nevra moglie d'Àrtù re d'Inghilterra; e 
come poi questa li menasse al doloroso 
passo, Io descrisse il divino poeta Dante 
con canto mirabile e singolare cbe im- 
mortalò per sempre l'acerbo e triste av- 
venimento, ed egli slesso dice che dopo 
averne udita la narrazione: Caddi^co* 
me il corpo morto cade. Lo descrisse il 
Boccaccio nel Commento, Noterò che il 
eh. Filippo Mordani nella Raccolta di 
prose e poesie ec, Bologna 1 836, questi 
lagrimevoli casi elegantemente descrisse, 
ed ecconé l'ultimo e fatale episodio. >» Ma 
Paolo, a cui amore aveva presso che tolto 
il debito conoscimento, aspettando posta 
di tempo e di luogo, colse il momento 
di entrare nella Qpmera di Francesca, che 
v'era sola : né vi fu appena entrato, che 
accortosene colui che stava in ispia,lo fé' 
sentire a Giovanni; il quale senza essere 
da alcuno veduto fu subitamente all'uscio 
della camera della moglie,eposesiin luo« 
go che non visto tutto udir potesse e ve* 
dere. Stavasi Francesca seduta, e dinan* 
zi le era Paolo, che le veniva dicendo pa« 
role da mutare il cuore. Le quali parole 
come udì Giovanni, non si può dire che 
accesa collera gli entrasse subito nell'a* 
nimo, perchè mosso dall' onta alla ven- 
detta, corse colla mano alla spada che a* 
vevaalato,egittat06Ì dentro, fu loro ad- 
dosso quasi prima cheseneavvedesserOj 
a gran voce gridando : Anime ree.E'l co- 
si dire e'I passare ad entrambi d'un col- 
po con la spada il petto fu tutta una co* 
sa. Essi caddero e in poco d'ora moriro- 
no". Il eh. d.^ Tonini riferisce, che il di 
delia dichiarazione amorosa sia stato an- 
che il dì della sorpresa e della morte, e? 
scindendo con ciò la lunga pratica diso- 
nesta, secondochè altri opinarono. I Ma- 
latesta e i Polentani, dopo il tragico fide 
de'miseri cognati, a cuoprire tanta ver- 
gogna e£Scacementesi adoperarono, laon* 
de la maggior parte degli scrittori non 
stabilirono l'anno io cui seguì, die pare 



RIM 371 

ili:i83,ed m Rimini, non in Pesaro, lit 
in 8. Arcangelo ; riportando l'encomiato 
storico un erudito corredo di prove, con 
la particolarità che il Colonna nuovo con- 
te di Romagna, inorridito in Rimini pel 
fiero caso, passò in Cesena. Opina che 
l'abitazione di Francesca e il luogo della 
terribile sorpresa, fosse in una delle case 
atterrate nel piantarsi la rocca, combat- 
tendo le altre opinioni su Pesaro, e sa 
s. Arcangelo, ove si dissero colti all' im- 
pensata i mal cauti cognati dalla bollente 
vendetta di Giovanni. Non lascia il savio 
scrittore di produrre di verse opinioni sui 
motivi del fatto e sulla realtà della col- 
pa, attribuendo alcuni a tutt'altra cagio- 
ne il fiero caso; forse che per gelosia di 
comando si scagliasse Giovanni contro il 
fratello, e Tuccisione della donna potersi 
apporre a disavventura, come se postasi 
ella in mezzo a coloro, contendenti per 
ragione tutt'altra di quello che ne fu ere» 
duto, restasse con esso cognato ferita e 
morta. Scrisse il Boccaccio, che Paolo e 
Francesca con molte lagrime la mattina 
seguente della loro uccisione furono sep- 
pelliti in una medesima sepoltura. Altri 
dicono che Giovanni veduta morta la mo- 
glie e il fratello, ponesse modo alla sua 
ira, e gl'iDcrescesse di coloro che avea tol- 
ti di vita e li facesse sotterrare ambedue 
onoratamente in s. Agostino di Rimini ^ 
come riporta il citato Mordani. Il Cor- 
succi poi asserì, che neh 58 1 nella chie- 
sa di s. Agostino di Riraini furono tro* 
vati in un'arca di marmo i corpi di Pao- 
lo e Francesca, involti in drappi di seta 
conservatissimi. 

Nel 1 3o8 uno spaventoso terrerooto,nel 
giorno della conversione di s. Paolo, aprì 
e diroccò molte delle torri ond' era fol- 
tissima Rimini, altri lo dicono avvenuto 
a'25 aprile, aggiungendo, che l' arco di 
Augusto, spogliato degli ornamenti e del- 
le iscrizioni, rimase tronco sino a tanto 
che da Malatestino r/a/rOfc^/o fu fatto 
restaurare : Battaglini dubita di questa 
particolarità dell'arco. Malatestino s'im* 



172 R I M 

pfldronì di Cesena, ed in pregiudixìo del 
suo figlio Fcrranlino, il fratello Pandol- 
fo assunse le redini del governo di Rimi* 
ni. Pandolfo con barÌ3aro tratto di perfi- 
dia si disfece del nipote Uberto conte dì 
Ghiaggiuolo ghibellino e inimicissimo dei 
suoi parenti, in Roncofreddo, oTe a men- 
sa l'a vea invitato. Nel i 3ilo Federicocon- 
te di Monte Feltro Ga|)oparte ghibellino 
e capitale nemicode'MalatestUjdesignbdi 
levargli la signoria di Rimini: essendo essi 
potentemente protetti da Papa Giovanni 
XXII, questi scomunicò il Feltresco che 
"voleva assediare Rimini, la quale essen- 
dosi posta in difesa gli fece abbandona- 
re il divisamento. Nel i32i Ferrantino 
fece strage de'ghibellini in Fano, pero- 
pera de'cittadini guelfi che aveano avu* 
lo molti uccìsi in un'insurrezione, quin- 
di s'impadronì della città col prelesto di 
tenerla per la Chiesa. Galeotto neh 323 
con piacere di Giovanni XXII sposò in 
Rimìni Elisa nipote d'Almerico o Ame- 
lio marchese della Marca e rettore di Ro- 
magna, onde fu fatta nella città corte 
sontuosa e onorata da tutti i guelfi d'I- 
talia, che vi condussero da 1 5oo tra giul- 
lari, giuocatori e commedianti. Nello stes- 
so tempo per premiare solennemente i 
Malatesta de'servigi prestati alla Chiesa, 
Giovanni XXIl per mano d'Almerico fe- 
ce vestire dell'abito del nuovo ordine dei 
cavalieri di Cristo in Rimini, Pandolfo, 
Galeotto e Malatesta suoi figli, Roberto 
figlio del Zb^/TO^ Giovanni dì Tino, Fer- 
rantino elalt Occhio f Ferrantino detto 
Novello figlio dell' altro Malatestino di 
Ferrnntino, Dandino di Paolo di Ghiag- 
giuolo, Guido di Carignano di Fano e al- 
tri, con tanta pompa e apparato che in 
Rimini non si vide maggiore, accorren- 
do ì limitrofi popoli, tutti trattati lauta- 
mente da Pandolfo. Questi per gratitu- 
dine ricomposto l'esercito l'unì al retto- 
re, contro gli urbinati ghibellini, i quali 
avendolo disfatto si die Pandolfo a risto- 
rare le fortificazioni di Riniiui, Galeotto 
quelle di Pesaro, Ferrantino quelle di 



RIM 

Fano; ma Pandolfo mon nel 1 326 eon 
solenne pompa fu sepolto in s. Freii» 
SCO : allora cessò la concordia tra'Mab* 
testa di Rimini. Dopo la morte di Pn* 
dolfo Malatesta, insorta gara tra Mali- 
testa Guatiafiuniglia e Galeotto suoi {• 
gliuolì per una parte, e Ferrantino rU 
t Occhio figlio dì Malatestino dall'altn, 
non senza un 3.^ partito di Giovanoiii 
Zoppo f ognuno de'quali miraTa d'avan- 
zarsi sopra degli altri due, fu presto la cit* 
là divisa in altrettante fazioni. Né l'uno 
de'cugini si tenne più sicuro dalle iniidie 
degli altri, finché tanto d'autorità rimase 
ne'coosìglierì.ln un lauto pranzo Malate- 
sta Guaslafamiglia con tradimento fece 
prigioniFerrantino,Ramberto,Malatesti- 
no,FerrantinoNovelloeGaleotto: Ferrai»- 
tino e gli altri uscirono presto dal carce- 
re. Neli327 Rimini fu assediato dall'e- 
sercito de'ghibellini condotto da Guido 
Tarlati, già vescovo d'Arezzo, per rimet- 
tervi Paixitadinode'Parcitadì e spogliar- 
ne i Malatesta. Il coraggio però col quale 
essi riceverono Guido,presto robbligaro- 
no a sloggiai, dopo aver saccheggiato il 
borgo di 8. Gibligollo. Indi Galeotto, an- 
ch'esso liberato, si recò a Fano» donde 
fuggirono i ghibellini; e Malatestino dì 
Ferrantino uccise a tradimento Ramber- 
to figlio del Zoppo^ con dispiacere del Pa- 
pa, che ordinòal cardinal Bertrando Pog- 
getto legato di levare dal potere l'ucci- 
sore e Ferrantino. Pertanto neli33i il 
legato chiamò in aiuto Galeotto e suo ni- 
pote Pandolfo figlio dì Malatesta, per co- 
stringere Ferrantino a rendere Ri mini 
col suo contado alla Chiesa , dichiaran- 
doli capitani di s. Chiesa, onde Ferranti- 
no per mancanza dì fone cedette. Il le- 
gato volle libera per la Chiesa la signo- 
ria della città, avendovi costituito suo vi- 
cario l'arciprete di s. Giovanni in Persi- 
ceto, dandogli ad abitare la casa dì Fer- 
rantino. Inoltre pose nella città qual ret- 
tore per ia Chiesa, il nobile Dondacino 
di Malavicino. Militando poi per il lega- 
to contro i marchesi d'Este, Malatesta e 



niM 

Galeotto, furono fatti prigioni, ma subi- 
to liberati, a condizione che occupassero 
di nuovo Rimini e Pesaro. Narra Amia- 
ni, che nel seguente anno il legato nel 
parlamento di Faenza a nome della Chie- 
sa die aTrateliì Malatesta e Galeotto, Fos- 
sombrone e Pesaro, ì quali aiutarono Fer- 
rantino a riacquistar le castella e Ri mi- 
ni neh 333. Nondimeno volendo Mala- 
testa regnar solo con Galeotto, e distrug- 
gere la sua casa, per cui fu denominato 
Guasiafamigliay con tradimento fece im- 
prigionare Ferrantino e il figlio Mala* 
testino, e Guido; poscia col fratello Ga- 
leotto s' introdusse in Ri mini, il popolo 
del quale li acclamò per suoi signori. Per- 
ciò Malatesta e Galeotto, a fine di affor- 
zarsi nella città, destramente studiaro- 
no, che in loro soli si riunisse tutta l'au- 
torità della pubblica magistratura e del 
consiglio generale , ond' ebbe origine il 
dispotismo de'Malatesta sul comune, -fa- 
cendo in modo che il dominio divenisse 
ereditario ne'Ioro discendenti, ed intan- 
to a Malatesta maggior fratello fu com- 
messo il dominio libero della città con 
ampia facoltà. Battaglini nondubita,che 
anco ogni arbitrio della moneta fosse at- 
tribuito a'fratelli Malatesta, e cosi tras- 
portato in loro per fatto del comune quel 
diritto legittimo di coniarla, che in esso 
fin allora era risieduto; e ciò non senza 
oltraggio de'soTrani diritti della 8. Sede, 
che tutto r arbitrio e ogni autorità del 
comune, anzi il dominio della città, fos- 
se trasfuso e posto in balia d'una privata 
£imiglia. Avendo i Malatesta nella ricu- 
pera del contado fugate le genti del le- 
gato e fatto illustri prigioni, insorse poi 
pel primato in Rimini fiera animosità tra 
Malatesta e Galeotto, contro Ferranti* 
no, che per alti*o venne sopita per timo- 
re di quanto aveano fatto al legato, scu- 
sandosi colla corte d' Avignone pel suo 
mal governo ; doglianze che ripeterono 
nel parlamento di Pescara nel 1 334» co- 
me sì legge in Battaglini. Il cardinal Ber- 
trando processò i Malatesta e li dichiarò 
VOL. ivu. 



RIM 273 

incorsi nelle censure ecclesiastiche^ che 
Giovanni XXII avea fulminato contro 
gli usurpatori delle terre della Chiesa. Il 
cardinale ritornò in Avignone ed i Ma- 
latesta conservarono le signoriedi Rimi- 
ni, Fano, Pesaro e Fossombrone, in onta 
della s. Sede. Malatesta profittando del- 
le commozione de'riminesi,a lui favore- 
voli, fece decretare per legge municipale 
l'esenzione per se e discendenti dall'os- 
servanza d'ogni statuto ; indi si rafforzò 
con potenti alleanze sì romagnole , che 
straniere come Firenze. Nondimeno fu di 
frequente molestato dalle armi di Nolfo 
di Monte Feltro che avea ricovrato Fer- 
rantino in Urbino, ordinario asilo de'mal- 
contenti riminesi, per cui dovette chiu- 
dei*si nelle mura della città. Sembra che 
i Papi secondassero le operazioni di Nol- 
fo e del suo alleato Ubertino da Carra- 
ra, promosse da Ferrantino. Nel i338 
Fano die il suo principato a Galeotto e 
gli prestò ubbidienza. Neli34o Lodovi- 
co il Bavaro, nemico della s. Sede e pre- 
tendente airimpero, dichiarò signori di 
Ri mini, Fano e Pesaro, i fratelli Mala* 
testa e Galeotto, ed altri signorotti di al- 
tre città, onde farsi un partito formida- 
bile nello stato ecclesiastico. Adunque col 
braccio imperiale i Malatesta si divisero 
il principato: Pesaro l'ebbe Pandolfo, 
Fano Galeotto, e Rimini lo ritenne Ma- 
latesta. Contro di questi si sollevò il po- 
polo nel settembre i342, ad istigazione 
di Ferrantino e Mal a testino suo figlio. Al- 
lora le genti del rettore,.occupata la roc- 
ca presso la marina, s' impossessarono 
della città ; ma sopraggìunto Pandolfo 
prese d'assalto la rocca e nel dicembreMa- 
latesta costrinse i cittadini ad arrendersi. 
Nel seguente anno Galeotto, Malatesta e 
suo figlio Pandolfo, consolidatisi nel do- 
minio de'loro stati, scrisseix) a Clemente 
VI in Avignone, di ritenerli in nome del- 
la Chiesa, cui in luogo di censo intende- 
vano di compensare colle spese fatte nel 
conservare gli stati di Romagna e della/ 
Marca nell'ubbidienza della s.Sede. Ma- 

18 



374 RIM 

latestìno odiando Malatesta suscìtb una 
sollevazione in Riroinì, come negli stati 
del figlio e fratello, senza conseguenze», 
aumentandosi sempre pi£i la loro possan- 
za connuoTi dominiì. Neil 343 il cardi* 
nai Almerico Castroluce legato con be* 
neplacito della s. Sede rimise il comu- 
ne di Rimini dalla lunga ribellione, e co- 
si i Malatesta e loi*ofiiutori processati dal 
cardinal Bertrando, dando a tutti V as- 
soluzione, dopo aver fissato alcune capi- 
tolazioni. Il cardinale mandò il rettore 
di Romagna a Rimini, ove Pandolfo gli 
presentò le chiavi della città, e passò nel 
palazzo del comune ove ricevè il giura- 
mento di fedeltà, e in ammenda la pro- 
messa di 3ooo fiorini d'oro, e di riam* 
mettere ì fuorusciti, fra' quali probabil- 
mente i due Ferrantini. Non andò guari 
che i Malatesta e il comune ricaddero in 
disgrazia de'rettori pontifìcii nel 1 346. 
Nel seguente anno i Malatesta ricevero- 
no con grandissimo onore Luigi I re di 
Ungheria, cui aveano somministrati ar- 
mati per l'impresa dì Napoli. Il secondo- 
genito di Malatesta fu fatto cavaliere , 
onde poi fu detto T Ongaro, G)l motivo 
di questa guerra i Malatesta occuparono 
Sinigaglia , Osimo, Kecanati , facendosi 
chiamare signori dagli anconitani, asco- 
lani e jesini ; laonde nel 1 348 anche qua- 
si tutta la Marca venne in potere di Ga- 
leotto, come dirò a Ripatravsone, indi 
imbarcatosi si recò a sciogliere un voto 
al 8. Sepolcro, donde ritornò in Rimini 
che gli fece pubbliche allegrezze. In que- 
sto tempoi MaIatesta,abbandonato il par* 
tito ecclesiastico, si collegarono col Vis- 
conti di Milano. Nel i35i coll'uccisione 
di Ferrantino Novello presso il lago Tra- 
simeno o all'assedio di 6ettona,terminò la 
discendenza di Mala testi no daW Occhio^ 
per cui il vecchio Ferrantino dall' Oc' 
duo suo .avo si riconciliò coi cugini. Ad 
istigazionedi Ordelaffi da ForPi e di Gen- 
tile da Fermo, sì portò negli stali de'Ma- 
latesta il famoso Fra Monreale colla sua 
compagnia di ventura ^ esigendo grosse 



RIM 

contribuzioni e ponendo tutte le casteb 
e ville a sacco con ogni scelleratezza. Mi- 
latesta Guastafamiglia non potendo k* 
sistere all'improvvisa invasione, per al- 
lontanare Fra Monreale da Bimini e di- 
gli altri suoi stati gli promise 65,ooo fio- 
rini d'oro, dandogli per ostaggio il figiìg 
Malatesta Ongaro: questa somma (uri- 
partita a carico di tutti i luoghi soggetti 
ai Malatesta, non escluse le ville. Frat- 
tanto da Innocenzo VI, dopo avere rin- 
novato le censure contro gli occupatoti 
de'dominii della Chiesa, nei 1 353 Rispe- 
dito nello stato pontificio con esercito e 
somma autorità il celebre cardinal Egi- 
dio Albornoz, per togliere a' Malatesta 
ed agli altri tirannettì e signorotti le cit- 
tà e luoghi ch'eransi usurpati nella lon- 
tananza della sede papale ; ed il cardi- 
nale col suo valore raggiunse pienamen- 
te lo scopo di sua legazione. Deliberala 
la guerra contro i Malatesta, e postoli 
campo e residenza in Gubbio, prese loro 
Ancona, Fermo e altri luoghi della Mar* 
ca, ed in un gran fatto d'armi presso Re» 
canati fece prigioniero Galeotto, men- 
tre sì ribellarono molte terre del conta- 
do di Rimini eia stessa città fece lasot* 
tomessione al legato nel 1 355. Vedendo 
Malatesta impossibile il resistette , inviò 
Ongaro suo figlio a Gubbio per tratta- 
re col cardinale convenienti accordi eia 
liberazione del fì*atello,munito delle com* 
mendatizie dell'imperatore Carlo IV, del 
re di Napoli Luigi I e de'fiorentini, es- 
sendo riuscite infiuttuose le premure fat- 
te alla corte d'Avignone, la quale avea 
pubblicato rigoroso monitorio per tante 
usurpazioni. Il cardinale condiscese su- 
bito ad una tregua, per trattare una pa* 
ce stabile e ferma dopo aver consultato 
il Papa. Appianate tutte le difficoltà e re- 
stituito alia Chiesa Ancona e Sinigaglia, 
con quanto nella Marca possedevano i 
Malatesta, d' ordine d' Innocenzo VI il 
cardinal Albornoz investì Malatesta e Ga- 
leotto a IO anni del vicariato, ammini- 
strazione e rettoria di Bimini , PesarOi 



RIM 

^ Fano e Fossombrone, loro contadi e di- 
< strettì, sì che in qtieir investitura acca- 
li dendo la ooiorte loro Tenissero a succe* 
I dere, pel rimanente del decennio, Pan« 
i dolfo e Malatesta VOngaro figli di Ma- 
I latesla. Che le città e annessi loro reg* 
i gesserò a norma de'Ioro particolari sla- 
I tutì, ove non si opponessero all' immu- 
i nità della Chiesa; che ogni anno pagas- 
I sero alla camera apostolica 6000 fiorini 
d'oro di stampo fiorentino ( 1 000 er&no 
stati offerti per Rimini), a titolo di cen- 
so; e così per 3 mesi d'ogni anno sommi* 
nistrassero a loro spese a richiesta del 
Papa 1 00 uomini d'arme a cavallo: il qua* 
le servigio, se per qualche triennio si a- 
vesse voluto permutare in contribuzione 
di contante , sarebbesi computato ogni 
paio di cavalli con un ronzino a fiorini 
1 5 d'oro ogni mese, e 1 1 fiorini ogni me* 
se la provvisione di 5 conaestabili. Così 
con esito felicissimo i Malatesta evitata 
una pericolosissima guerra, furono assol* 
ti da ogni pena della lunga ribellione, e 
fatti nel 1 355 per lai.' volta legittimi vi- 
cari di s. Chiesa e rettori d'un ragguar- 
devole stato di 4 città, divenendo legale 
quell'autorità che il consiglio di Riminì 
già avea loro confidata sopra il comune, 
il quale accedette a tutti gli accordi, di 
che ne fu lietissimo Malatesta Guastafa- 
' miglia principalmente, che nel governo di 
Rimini faceva la principal comparsa. Né 
d'altro abbisognarono i Malatesta a man- 
tenersi in' legittima signoria e insieme in 
diritto di coniar moneta, che procacciar- 
si successivamente da' Papi conferma e 
proroga di tale vicariato, il che felicemen- 
te avvenne a' discendenti di Galeotto e 
Pandolfo, che ùltimo signoreggiò in Ri- 
mini a tutto il secolo XV , il che si ap- 
prende dall' accurato riminese Battagli- 
ni e da Amiani.Qui noterò che persisten- 
do nella ribellione Forfi, Cesena, Faen- 
za e altri luoghi, l'arcivescovo di Raven- 
na Vaselli poi cardinale, nella cattedrale 
dì Rimini pubblicò formalmente la cro- 
ciata contro i GÌttadÌDÌ delle nominate 



RIM 275 

città e luoghi, i quali sottopose all'inter- 
detto. 

Ài desiderii d' Innocenzo VF corrispo- 
sero come conveniva i novelli vicari, im- 
perocché Galeotto eletto poco dopo dal le- 
gato (che onorò di sua presenza Rimini 
nel 1 356, e nel 1 357 pubblicò in Fano le 
sue famose Costituzioni Egidiane) a ca- 
pitano generale delle genti ecclesiastiche 
e della crociata contro ì ribelli, non che 
gonfaloniere dì s. Chiesa^ avendo preso la 
croce, con Malatesta e con. Malatesta On* 
garo, forzò prima con lunga guerra, che 
terminò nel 1 36o, Ordelaffi a restituire 
alla Chiesa Cesena, Forlì e Forlimpopoli, 
e assicurò poi al legatola signoria dì Bo- 
logna contro gli sforzi di Bernabò Visconti, 
che da] Papa era stato privato del vica- 
riato, mediante la segnalata vittoria dei 
1 8 luglio 1 36 1 , nella quale spiccò il valo- 
re di Galeotto, e l'accorgimento di Mala- 
testa Guaslafamtglia che ideò un sagacis- 
simo strattagemma. Morto quest' ultimo 
nel 1 364 restò il vicariato a Galeotto suo 
fratello, ed a Pandolfo e Malatesta Onga* 
ro suoi figli. Pieno di gloria e di meriti, 
Malatesta Qua staf amiglia prima di mo- 
rire domandò perdono alle città delle of- 
fese e aggravi loro recati, fece liberare tut- 
ti i carcerati e dispensare a'poveri tutti i 
suoi grani. Urbano V per rimunerare i 
meriti di questa illustre famiglia, proro- 
gò il vicariato a un nuovo decennio. Ga- 
leotto per la sua saviezza e maturità di con- 
siglio, per l'esperienza e prodezza ne' fat- 
ti di guerra, fu sempre desiderato vicino 
dai legati apostolici, per cui nel 1 372 Gre- 
gorio XI lo dichiarò di nuovo capitano 
generale delle milizie ecclesiastiche eooO" 
federate contro i Visconti; comprò Borgo 
s. Sepolcro, con patto di tenerlo a dispo- 
sizione della Chiesa; perde il nipote Ma- 
latesta Ongaro che fu sepolto con molto 
onore in Rimini, e poco dopo Pandolfo 
che lasciò il figlio Malatesta , onde Ga- 
leotto assunse il governo dì Rimini. Nel 
1375 riportò da Gregorio XI nuova in- 
vestitura del vicariato e rettoria a vita sua, 



276 filM 

de'suoì figli e del pronipote Mala testa » 
colla ooodizione che fino alla sua morte 
ninno potesse parteciparne. Nel 1377 
Gregorio XI, dopo che 6 predecessori a- 
▼eano risieduto in Af ignone con tanto 
danno d'Italia, restituì a Roma la residen- 
sa pontificia , ove nel 1378 gli successe 
Urbano VI, contro il quale insoi*se T^/i» 
tipapa Clemente FlI (F). Urbano VI 
per la fiducia che a?ea in Galeotto, Tin- 
irìò in Anagni per persuadere l'intruso a 
dimettere il nome assunto di Papa , ma 
inutilmente; quindi a conto di quanto era 
creditore dalla camera apostolica per pre* 
stanze fatte, gli die in vicariato Cesena, 
che occupò insieme a Bertinoro, cacciate 
le genti dell'antipapa, e nel 1 379 lo co* 
stituì rettore; di venendo anche Sinigaglia 
di sua giurisdizione, come Cervia tolta 
allo scismatico Polentano qual rettore di 
Romagna. Morì Galeotto ne' primi del 
i383 piamente in Cesena , sebbene in- 
defesso nel governo di Ri mini; ove por- 
tato il corpo, in s. Francesco gli furono 
celebrati magnifici funerali, e lodato con 
eloqueotissima orazione. Per toglhei*e o- 
gni dissensione, a esem pio del fratello Ma- 
latesta, divise in antecedenza i suoi stati 
a Carlo, Pandolfo, Andrea Malatesta, e 
Galeotto Novello detto anche Belfiore ^ 
suoi figli legittimi , ed a Malatesta suo 
pronipote, riportando prima da loro giu- 
ramento che sarebbero stati contenti e 
quieti. Amiani dice che Carlo ebbe Ri* 
mini, con diversi luoghi della Marca,nel- 
rUmbrìa; Pandolfo Fano e altre città; An- 
drea Cesena, Fossom bicone e Bertinoro; 
€ Galeotto Novello Cervia, Meldola, Bor- 
go s. Sepolcro, il Piviero di Sesti no , il 
Sasso e Monte Fioi*e. Di Malatesta proni- 
pote non ne parla; bensì loda la mirabile 
armonia tra Carlo , e Pandolfo il quale 
come minore era assistito dal fratello nel 
governo di Fano, come parla della nimici- 
zia tra Pandolfo e Andrea pel dominio di 
Fossombrone devoluto al 2.^ Carlo fu co- 
me il padre suo pio e rispettoso verso la 
Chiesa, e fido difensore del suo vero ca- 



RIM 

pò, durante il lagrìmevole lungo sdsma 
sostenuto in Avignone dal fiilso Clemente 
Vile poi dal successore pseudo Benedd» 
to XIII (F.). Urbano VI lo ooatitiù beo | 
presto l'ettore di Romagna per gli a&i 
temporali, e gonfaloniere di s. Chiesa; 
non meno il Papa confidò in Pandolfo al 
modo narrato da Amiani, che tante bel- 
le notizie ci dà de'Malatesta, sia per la 
signoria di Fano , che degli altri domi- 
nii.*Carlo esattamente diportandosi nelle 
sue cariche, fu da Bonifacio IX a'5 geo* 
naioiSgi confermato ne' vicariati di Ri- 
mini, Fano, Fossombrone e altri luogbi, 
insieme co'fratelli che concordemente se* 
guivano il buon partito, dopo avergli a'a 
affidato per 9 anni il governo e domioio 
di Cesena, Sinigaglia, Meldola, s. Arcan- 
gelo, Pergola, ec. per V annuo censo di 
7000 ducati, al dire di Battaglini. Que« 
stì inoltre osserva, che la menzione che 
si fa nelle bolle di Bonifacio IX a £ivore 
di Carlo efratelli del vicariato di Fossom- 
brone, e il silenzio del vicariato di Pesa- 
ro^ mostrano che male asserì Clementi- 
ni, anche dal diligente d.' Tonini quali- 
ficato inesatto storico, Pesaro e Fossom- 
brone essere state assegnate dal defunto 
Galeotto a Malatesta suo pronipote. Al- 
rincontro Bertinoro, che non si vedeoom- 
presa nel dominio di Galeotto, comechè 
Clementini la riponga nella porzione da 
lui assegnata ad Andrea Malatesta, fu da 
Bonifacio IX impegnata a Carlo e Q*atel- 
li a' 1 4 luglio 1394 pera2,ooo lire, ch'es- 
si improntai*ono dopo avere assai ben di- 
feso quella città contro gli Ordelafiì : ma 
Amiani dice che il Papa vendè ai fratel- 
li Malatesta Bertinoro, per 22,000 fio- 
rini. Aggiunge Battaglini , che Galeotto 
Belfiore godè parte di Cervia, altra spet- 
tandone al conte d' Urbino , e pare che 
dei sali ne partecipassero gli altri fratel- 
li. Leggo inoltre in Novaes,(SVoria dìBo' 
nifacio IX, che questi nel 1392 condan- 
nò e costrinse a chiedere perdono Ma- 
latesta de'Malatesti (forse il pronipote di 
Galeotto) usurpatore di Todi, che poi 



RIM 

gli die in prefettura peno annì,coiran- 
nuo censo di 3oo scudi d' oro : ribella- 
tosi nuovamente nel 1894 con impadro- 
nirsi di molte città , il Papa lo disse in- 
corso nella scomunica , lo privò di tutti 
i beni e lo dichiarò schiavo di chiunque 
lo potesse prendere. D'altronde appren- 
do da Amiani , che in detto anno Bonl« 
£icio IX concesse Todi ad Andrea Mala- 
testa signor di Pesaro, e che confermato 
poi in quel vicariato, acquistò la rocca di 
Orte, e Nami ; ma sollevatesi contro dì 
lui alcune terre delfUmbria, gli conven* 
ne rinunziare quanto in quella provincia 
avea acquistato dal Papa, il quale in ri* 
compensa de' servigi che prastava alla 
Chiesa Pandolfo, gli confermò il vicariato 
di Todi e di Orte. Nel i SgS Bonifacio IX 
dimorando in Asisi per la ribellione dei 
romani, soltanto tornò in Roma quando 
accettarono per senatore Malatesta da lui 
nominato e figlio di Pandolfo signor di Pe« 
sarò; il quale portò a difesa del Papa con- 
tro i Colonna, soccorsi di Fano, Pesaro e 
Rimini. Dice Compagnoni, che con Mala- 
testa il popolo romano rinnovò negli stra- 
nieri, per compiacere il Papa, la dignità 
senatoria ; Malatesta pose in fuga i Co- 
lonnesi. Pandolfo pei servigi prestati al 
duca di Milano , per le paghe che gli si 
dovevano, e pel denaro improntato nelle 
sue guerre, ebbe in compenso le città dì 
Brescia e Bergamo. Nel 1398 gli morì la 
moglie Paola Bianca, cui fece celebrare 
splendidi funerali , ed in s. Francesco le 
eresse un sontuoso monumento, qual si 
doveva alla sua celebrità, siccome d'ani- 
mo più che virile, miracolo di bellezza e 
di virt£i, chiamata dai fiinesi in riverenza 
la gran signora de' Malatesta. Sagace e 
maturo politico fu Carlo , e il più delle 
volte compreso nella confederazione ita- 
liana per frenare l'ingordigia di Gio. Ga- 
leazzo duca di Milano, contro l'esercito 
del quale nel 1 897, qual comandante del- 
la lega, liberò dall' assedio di Mantova 
Francesco signore di essa e suo cognato. 
Avendo continua cura di sostenere colle 



RIM ^ 177 

armi le ragioni della Chiesa, poste in con* 
fusione dal perniciosissimo scisma, aiu- 
tò a ricuperar Bologna al cardinal legato 
Cossa, cui divenne accettissimo, ma ncjù 
ne seguì le parti quando successe ad Ales- 
sandro V col nome di Giovanni XXIII 
(^.), ambedue eletti contro il legittimo 
Gregorio XII {P^,)^ la cui giustissima 
causa avea da principio abbracciata con 
tanto onore del suo nome, per cui lo ce- 
lebrai in tutti i relativi articoli; giammai 
cedendo alle insinuazioni eofièrtedi Gio- 
vanni XXI 11 , ricusandosi di assisterlo. 
Imperocché Gregorio XII nel bollore del- 
le sue tribolazioni, mentre si ordiva il 
concilio di Pisa{F,) per deporlo, nell'ot- 
tobi*e i4o8 con 8 cardinali e molti ve- 
scovi si recò a Rimini, accolto dagli of- 
ficiali di Carlo assente con tutti i possibili 
onori, e vi passò tutto l'inverno, secondo 
Ferlone, De* viaggi de' Pontefici, àie di- 
ce averlo Carlo invitato. Il Papa spera- 
va grandi aiuti da' suoi amicissimi Ma- 
latesta, ma Pandolfo ei*a tutto intento al 
conquisto del Milanese. Andarono a in- 
chinarlo gli ambasciatori di Fano e delle 
altre città e luoghi a lui fedeli, e poco 
dopo vi giunse Carlo stesso dalla Lom- 
bardia, per servirlo con ogni riverente a- 
morevolezza, e promettendogli energica 
e affettuosa assistenza. In Rimini conven- 
nero moltissimi personaggi a venerare il 
Papa e trattare di sua causa principal- 
mente sostenuta da Carlo; quindi nel 
1409 Gregorio XII partì da Rimini, e si 
avviò per Cividah {F'.) a celebrare un 
concilio, onde opporlo al Pisano da al- 
cuni chiamato conciliabolo, e nel quale fu 
appunto eletto il suddetto Alessandro Y. 
In questo tempo giunse a Rimini Polis- 
sena figlia di Ladislao re di Napoli, che 
Carlo avea procurata in isposa al fratel - 
lo Andrea, per cui si fecero grandissime 
feste, giostre e tornei,' anche per lo spo- 
salizio di Paola figlia di Malatesta signor 
di Pesaro, col Gonzaga signor di Man- 
tova. Mentre Gregorio XII e Alessandro 
V eccitavano ì popoli all'ubbidienza pi*o- 



278 RIM 

prìa^ il 2.^ moti nel i4io in Bologna e 
gli successeli ineoto?atoGio vaimi XXI II, 
aderendo costantemente i Malatesta al 
vero Gregorio XII, ti*aime Malatesta da 
Pesaro che militava per Temolo. Carlo 
operosamente conservava i maceratesi al- 
la divozione di Gregorio XI 1, il quale fu 
aLI>andonatoda re Ladislao già suo gran- 
de appoggio, per seguire Tavvei^sario na- 
poletano e perchè agognava il pieno con- 
quisto di Roma. Adunque Gregorio XII 
nel declinar di marzo 1 4 1 ^ o verso la fine 
di ottohre, costi*etto a fuggire da Gaeta 
su due navi venete che ivi aveano appro- 
dato, ed accompagnato dai nipoti cardi- 
nali Corraro, Barbadigo, e Coudulmieri 
poi Eugenio IV, giunse a Rimini dopo 
aver scansato diverse insidie, ed essere 
stato in Arezzo secondo Amiani, ricevu- 
to nobilmente dal generoso e incorrut- 
tibile Carlo. Amiani dice che il Papa ar- 
rivò in Fano a'22 dicembre con pochi 
prelati e cardinali, accollo da Pandolfo 
e da Galeazzo suo figlio, magnificamente 
trattato per due giorni dal pubblico, pas- 
sati i quali proseguì nella vigilia di Na- 
tale il viaggio per Rimini, servito dal po- 
destà di Fano e da tutti gli ufficiali del 
comune di Rimini, con regi onori e feste 
da Carlo trattato, ad onta delle contra* 
rie rimo8ti*anze di Giovanni XXIII,che 
Amiani chiama antipapa, il quale perciò 
dimostrò il suo disgusto anche coi fanesi, e 
col far dare il guasto alte terre de' Mala - 
testi da Bracci oFortebraccio. Però Nardi 
racconta che Gregorio XII solcaudo il 
MediteiTaneo e l'Adriatico, dopo lunga 
navigazione, e ben pericolosa per gli ag- 
guati del partito contrario, a'22 dicem- 
bre sbaraò al Porto Cesenatico (di cui nel 
voi. Lfiy,p. 1 g3) con 3 cardinali. Ilgior- 
no appresso partì accompagnato da Car- 
lo Malatesta, che lo condusse al di luì pa- 
lazzo di campagna di Bellaria, e nel se- 
guente giorno 24 vigilia di Natale, es- 
sendogli andato incontro il clero e po- 
polo di Rimino, entrò nella città. Nel dì 
6 gennaio i^i^, giorno dell' Epi&nia, 



RIM 

per la prima volta dopo il di lui arrivo, il 
Papa disse messa in cattedi'ale. Io me- 
moria di queste cose, Gregorio XII di- 
stese un breve de'24inarxo» che conser- 
vasi nell'archivio capitolare, nel quale 
racconta tutto e concede una plenaria in- 
dulgenza a tutti quelli della citta, terri- 
torio e contado di Rimino» i quali dai 
primi ai secondi vesperideir£pifiinia,in 
perpetuo visiteranno la cattedrale, eh '^ 
gli appella ipsi ronianae ecclesiae immc' 
diate suhjecta. Mentre il Papa stava in 
Rimini, andò sovente a villeggiare a Mon- 
te Scudolo e MonteFiore castelli del rimi- 
nese.Stando a MonteFiore, Gregorio XII 
a' i3 giugno i4i 3 concesse per 10 anni 
a Malatesta il vicariato di alcuni castelli 
della chiesa Ravennate. Frattanto men- 
tre pacificamente Gregorio XII dimoraTa 
in Rimini, si convocò il celebre concilio 
di Costanza (P^-), per dar fine allo sci- 
sma turbolentissimo. Gregorio XII che 
sinceramente amava la pace della Chie- 
sa, vi spedì il cardinal Domenici arcive- 
scovo di Ragusa per farlo aprii-e cano- 
nicamente, e Cario lo confortò ed otten- 
ne dal Papa la libera rinuncia >del pon- 
tificato, per la quale si dice che contri- 
buisse s. Vincenzo Ferreri che stava nel 
convento de'suoi domenicani, ove già in- 
segnò pubblicamente la filosofia e la teo- 
logia il dottore s. Tommaso d'Aquino: 
anche il cardinal Domenici concorse a 
persuadere Gregorio XII al grande atto. 
Benché dai Malatesti si fosse dato il ca- 
rico di eseguirla a Pandolfo, come piìi a 
portata di trasferirsi in Costanza, con- 
vennenondimenoa Carlo sul finir di mar- 
zo di passare al concilio come procura- 
tore e plenipotenziario di Gi-egorio XII, 
e quindi nella sessione 1 4-' effettuò il suo 
mandato amplissimo, con l'eroica e so- 
lenne abdicazione a'4 luglio 141^9 salito 
sopra un trono come fosse il Papa: dopo 
avere esaurito l'atto, non rappresentan- 
do pid il Papa, scese dal trono e andò a 
collocarsi in una sedia ordinaria. I padri 
del concilio per rimunerare tanta ma- 



RIM 

gnauìmità, lo confermarono nel cardina- 
lato e il primo in dignità dopo il futuro 
Papa, e gli conferii*ono la legazione della 
Marca, con amplissime facoltà, con quelle 
distinte prerogative che narrai nella bio- 
grafia di Gregorio XII; venendo rico- 
nosciuti i cardinali da lui creati, ed ap- 
provate le cose operate nel di lui pon- 
tificato. Saputosi dal Papa il praticato 
nel concilio, in Rimini adunò il concisto* 
ro, in cuit:omparì per l'ultima volta co* 
gli abiti pontificali, approvò quanto il 
procura toi*e suo rappresentante Carlo a- 
\ea fatto in suo nome, depose il triregno 
e le altre insegne, e tornò ad essere car- 
dinal Corraro.Dice Àmiani che nel prin- 
cipio di settembre \^\S giunsero in Ri- 
mini gli ambasciatori del concilio di Co- 
stanza al cardinal Corraro, col quale pas* 
sarono per Fano, andaodo a Macerata 
per istallarlo legato della provincia, ed 
umministratore di quella chiesa e di Ae* 
canati (^*), ove si stabili, mori e fu se- 
polto. Avendo Carlo senza risparmio di 
cure sempre agito per restituir la pace 
alia Chiesa, non rimase priva di premio 
dal concilio la saggia e zelante sua con- 
dotta, imperocché avendo ottenuto da 
Gregorio XII il rettorato della Marca, 
il concilio lo confermò, accompagnando 
nella medesima il detto legato. Ne'3 anni 
circa che Gregorio XII dimorò in Rimi- 
ni, quivi morirono diversi cardinali, ve- 
scovi e prelati, per cui si fecero in diversi 
tempi decorosi funerali. 11 concilio depo- 
se Giovanni XXI II e l'antipapa Benedet- 
to XIII e nel i4> 7 elesse Martino V. Per 
le guerre ohe dovette sostenere nel ret- 
torato, si dimise e ottenne in cambio nel 
1420 da Martino V, a titolo di vicariato 
perpetuo, Osi mo e suo distretto, con al- 
tri vicariati e con mero e misto impero, 
da conseguii'si dopo di lui dalfratelloPan- 
dolfo e da' nipoti ; altri dicono che Pan- 
dolfo fu in Roma a venerare Martino V 
che avea splendidamente alloggiato in 
Brescia, che lo fece capitano generale di 
s. Chiesa, che morì nel 14^7, e che gli 



RIM 279 

furono celebrati magnifici Tunerali. Carlo 
due volte fu fatto prigioniere, nel 1 4 1 6 
e nel i424> ^^ Braccio sotto Perugia e 
trattato con alto riguardo, e del duca di 
Milano in Zagonara perriconquìstareagU 
Ordelaffi Forlì. Senza prole e discenden- 
ti, fuori di 3 naturali di Pandolfi), nel 
14^8 si portò in Roma da Martino V, 
ed ottenne che ne sanasse i natali e gli 
abilitasse a succedere ne' vicariati, tranne 
0«mo, Cervia, Sinigaglia, Borgo 8. Se- 
polcro, l^pndavio, Pergola e 5 altre terre 
che il Papa volle alla sua morte tornas- 
sero alla Chiesa. Mori nel 1 4^9, con gran 
lode di somma pietà, senno e valore, col 
quale difese sempre i diritti della s. Se- 
de. Rese Rimini vieppiù ubertosa e fio- 
rente, proteggendo l'arte della lana che 
vi aveano introdotta nel 1261 i religiosi 
umiliati, e vegliando alla conservazione 
del porto sulla foce del Marecchia, come 
due sorgenti di ricchezze, non che ad al- 
tre manifatture in cui facevasi vantag- 
gioso commercio, laonde si dice che la cit- 
tà gli rendeva 44>ooo scudi d'oro annui, 
avea 5 borghi ognuno popolato da 4 o 
5ooo anime, e teneva al suo servigio 4o 
navi di mercanzie. 

Il nipote Galeotto Roberto, di dolce e 
virtuoso carattere, gU successe nel gover- 
no di Rimini, anche a nome de'fratelli 
Sigismondo I, Pandolfo e Ma la testa No- 
vello, e di Fano, Cesena e Fossombrone. 
Ma Martino V fece dal vescovo intimare 
a Galeotto la devoluzione degli stati alias. 
Sede nel gennaio i43o, indi gli riusci ot- 
tenerne la Conferma. Avendo Galeotto 
Roberto rimosso i consiglieri lasciati dal- 
lo zio, uno di questi, Giovanni Ramber- 
to Malatesta discendente dal Zoppo e di 
molta autorità, sollevò i riminesi e fu vi- 
cino a impossessarsi della signoria, se Si* 
gismondo tuttoché di 1 3 anni non aves- 
se richiamato il popolo al dovere. Galeot- 
to Roberto fu alieno da ogni cura monda- 
na e dedito intieramente alla preghiera 
e alla contemplazione, per cui Eugenio 
IV l'esortò a moderarsi e ad occuparsi 



nSo R I M 

del goverao. Laonde e per le ribellioni 
accadute in Fano e Cesena^rìsolTè di ri- 
tirarsi e di cedere il potere ai fratelli. A- 
veodo nel i432 risoluto Eugenio lY di 
togliere Pesaro ai Malatesta, che per vin« 
colo di parentela aderivano ai Colonna 
suoi nemici, non aveano pagato i censi ed 
aveano fomentata la sollevazione di Rimi* 
ni, spedì con l'esercito il famoso Vitelle- 
schi vescovo di Recanati e Macerata, Ga- 
leotto Roberto s'interpose col Papa, e li 
rimise in graiia. NelKsua pietà Galeotto 
Roberto fu benefico colle monache di s. A- 
g06tino,ed a'girolamini del b.PietroGam • 
bacorta die la chiesa di s. Girolamo col 
contiguo convento, che divenne celebre 
per la santità di molti di quelli che l'a- 
bitarono : a questi religiosi ne'primi del 
seguente secolo fu data ancora la chiesa 
della B. Vergine della Colonna nel su* 
burbio della città, celebre per lo sti*epi- 
toso prodigio col quale difese l'innocen- 
za d'un pellegrino che si dovea impicca* 
re. Non potendo Galeotto Roberto lolle* 
rare gli ebrei che in gran numerosi era* 
no stanziati nel suo dominio, per privile* 
gio di Martino IV, e che vivessero confusi 
coi cristiani, ricorse al Papa che vi prov- 
vide anche con far loro portare un segno 
con sua gran consolazione. Indi si ritirò a 
vivere tra'religiosi, vestendo l'abito fran- 
cescano, e consunto dalie astinenze e ma- 
cerazioni, in s. Arcangelo morì in odore 
di santità a'io ottobre 1 432; onde tras- 
portato il corpo a Rimini incontrato dal 
vescovo e dal clero, poscia la sua sepol- 
tura fuori della porta maggiore della chie- 
sa de'francescan idi Rimini, fu lungo tem- 
po frequentata dalle divote persone e te- 
nuto per beato, per le guarigioni di molti 
reputate miracolose. Sigismondo I di alti 
spinti e bellicoso, succede nella signoria 
indivisa con l'altro fratello Malatesta, ri* 
chiamando parecchi nobili dal bando: si 
congiunse in matrimonio con Ginevra 
d'Eiite, ma innamoratosi poi di Polisse- 
na Sforza, corse fama che le propinasse 
il veleno. A'3 settembre i432 ricevè in 



RIM 

Rimini con gran pompa rimperatore Si- 
gismondo cheritornava ne'suoi sta ti. Am- 
bizioso fin da principio d'ampliare il suo 
stato, o ricuperar quello che il fratello 
Galeotto RobertoavearestituitoallaChie- 
sa, profittò della gran ribellione e conci- 
liabolo di Basilea che tenevano angustia- 
to Eugenio IV, e riprese Cervia. JNondi- 
meno nel 1 435 militò pel Papa x]ual ca- 
pitano generale , vicario di Romagna e 
gonfìiloniere di s. Chiesa, e per essa ricu- 
però ed enti*ò in Bologna. Indi incomin- 
ciò la fàbbrica della rinomata fortezza, 
per cautelarsi da qualunque sedizione dei 
cittadini, ed allora fu lodata opera mi- 
rabile, prendendo il suo nome: la descri- 
zione la riporta Battaglini, còlle opere ag- 
giunte. Perseverò con brillanti successi 
in tal servigio papale, finché nel 1 44<> 
in seconde nozze avendo sposato l'avve- 
nente Polissena figlia del conte France- 
sco Sfoi*za, si trovò impegnato, a seguirlo, 
e sostenerlo colle armi nella signoria del- 
la Marca d'Ancona, anche per mire d'in- 
grandimento, a dispetto d'Eugenio IV e 
combattendo contro le sue milizie, dopo 
avere per precauzione diviso col fratello 
Malatesta gli stati e la signoria, cedendo a 
lui Cesena e Cervia, ritenendo per se Ri- 
mini e Fano. Dipoi dall'alleanza del suo- 
cero si ritirò, quando Francesco contri- 
buì che la signoria di Pesaro passasse nel 
fratello Alessandro Sforza, mentre egli la 
vagheggia va,e restando inconsolabile pel 
perduto dominio. Pertanto contro di lui 
si collegò col Papa, con Alfonso V d'A- 
ragona e col duca di Milano per toglier- 
gli quanto avea conquistato nella Mar- 
ca. Nel 1445 espugnò Rocca Contrada, 
che fu reputata gloriosissima impresa] 
questa ed altre iu favore della Chiesa co- 
me suo generale e contro lo Sforza, fu- 
rono celebrate con belle medaglie e me- 
daglioni, alternando i suoi fasti militari, 
siccome perito e valoroso capitano, in ser- 
vigio del la possente repubblica di Venezia. 
Il Papa Io accolse in Roma coi più gran- 
di oQori^ egli donò lo Slqcco e berreUona 



RIM 

benedetti (F.)^ qoal campione di s. Chie- 
sa; i cardinali e ì magnati romani fece* 
ro a gara in dimostrargli la loro estima- 
zione. Parole di lode si devono pure al 
calore militare di Malatesta Novello, che 
avendo quasi perduto l'uso d'una gam- 
ba, distolto da ogni esercizio guerresco, 
dipoi volse l'animo intieramente alla pie- 
tà, alle lettere e alla prosperità de'suoi 
sudditi. Aicesenati principalmente i*estò 
grata la sua memoria, per la rinomata 
biblioteca di codici che collocò ne'fran- 
cescani, pei molini pubblici e per l'ospe- 
dale da lui fondati, avendosi anche diluì 
medaglie incise come quelle del fratello 
da) valentissimo Pisanello. Nel i447 ^i* 
gismondo 1 si pacifìcb con Galeazzo Mala- 
testa allenatore di Pesaro, e col suo an- 
tagonista Federico conte d'Urbino, essen- 
do stati i Feitreschi sempre avversi ai Ma- 
latesta, e col suocero Francesco. Passato 
nel 1 44^ Bgli stipendi della repubblica fio- 
rentina, liberò la Toscana da re Alfonso 
V d'Aragona, che gli decretò la corona 
d'alloro, colla quale è rappresentato nel- 
le medaglie; indi nel i449g^i^c''Ql^<^^'' 
veneti lor guadagnò Crema, tornando poi 
per le mene delfemolo Feltresco al ser- 
vigio de'fiorentini con grave dispiacere dei 
primi, ed assai mirabilmente si distinse 
nella difficile espugnazione di Vada. Altre 
medaglie monumentali resero immor- 
tale il magnifico tempio da lui eretto in 
Himini, in cui l'Alberti fece trionfare l'ar- 
chitettura romana sulla tedesca che era 
in decadenza: in questo tempio Sigismon- 
do I eresse un monumento magnifico al 
genitore Pandolfo, e voleva trasferirvi la 
cattedrale. Leggo in Novaes nella Storia 
di Nicolò Fj che questi a' 1 4 giugno 1 449 
die a Sigismondo 1 in vicariati Bertinoro, 
Meldola e altri luoghi con censo annuo, 
condonando quelli che non aveva soddi- 
sfatti alla camera apostolica; quindi a'29 
ugostoi45o confermò a Sigismondo 1 il 
vicariato dì Rimini, Fano, Cesena, Berti- 
uoro,s. Leo, Pergola, Moodavio, Penna- 
billi e di altre città e luoghi, con determi- 



RIM 281 

nato annuo oenso, che da 6000 ridusse a 
4ooofiorini,condonandoglidinuovoquel- 
lo che fino allora non aveva pagato. Nel- 
lo stesso giorno legittimò isuoi figli na- 
turali Roberto, e Malatesta detto Sala* 
stio, al quale conferì in vicariato Cervia 
(che nell'anno precedente avea confer- 
mato in Sigismondo! e suoi figli legittimi 
e naturali, nella forma cui era stata con- 
cessa da Bonifacio Vili a'suoi antenati); 
poscia nel 1 453 concesse a Pandolfo Ma- 
latesta, Monte Marciano e Monte Cassia- 
no, col tributo annuale d'un piatto d'ar- 
gento di 6 oncie. Da Amiani apprendo 
che tutto quanto Sigismondo I conseguì, 
quando dì persona si recò in Fabriano 
ad ossequiare Nicolò V, dal quale fu al- 
loggiato nel proprio palazzo principesca- 
mente, e onorato d'incontro della corte 
e in aitin modi. Tante glorie furono of- 
fuscate dalla sua sregolata condotta li- 
bidinosa, e dairimpudico amore che Si- 
gismondo I contrasse con Isotta figlia di 
Francesco degli Atti nobilissimo rimine- 
se, il quale produsse il suddetto Malate- 
sta, mentre dalla fanese Vanetta o Van- 
netta di Galeotto dì Toschi avea avuto 
Roberto, ambedue legittimati da Nicolò 
V in mancanza di prole legittima. Sigis- 
mondo I appassionato per Isotta, volle ri- 
muovere l'ostacolo per sposarla, e fin dal 
giugno 1449 ^^^^ strangolare la bella e 
già da lui tanto bramata Polissena, co- 
me affermano con Amiani diversi stori- 
ci ; il quale riporta ancora il nefando ca« 
so, che invaghitosi Sigismondo I delle bel- 
lezze d'una gran dama borgognone, e non 
potendo vincere la virtuosa sua pudici- 
zia, barbaramente l'uccise e con ripro- 
vevole eccesso saziò le scellerate sue bra- 
me nel cadavere. Ciò narra Pio 11 ne*suoi 
Comenlariy aggiungendo che di tre sue 
mogli Sigismondo I,d'una si liberò col ve* 
leno, dell'altea col laccio, della 3.' col ri- 
pudio, ancorché tutte pudiche e savie. 
Forse per 3.^ moglie si designò quella che 
gli partorì Valerio, che da Pio 11 otten- 
ne col protoDotariato la commenda deU 



iSi RIM 

l'abbazìa di s. Gaudenzio, poicliè ad I- 
fiotta restò affettuotisHÌmo. I poeti che la 
generosità di Sigismondo I e il suo genio 
per le lettere avea tratti a vivere alla sua 
corte, da indegni cortigiani non altro can- 
tavano vivente Polissena, che i tuoi amori 
con Isotta, così trovando di dovergli pia- 
cere e fomentandone l'acceso trasporto, 
onde poco dopo la morte di Polissena la 
prese per moglie. Vuoisi che Sigismondo 
1 non solo fosse tratto ad amare perdu* 
tamente Isotta per la singolarissima sua 
beltà, ma ancora per reccellenti doti dei 
suo ingegno da lei coltivato in ogni ma- 
niera di studi, sublimandosi nelle con- 
templazioni della filosofia, nutrendosi del 
continuo pascolo dell'istoria, e felìcemen- 
fe dalla poesia traendo diletto. I quali 
ornamenti poterono dominare nell'ani- 
mo di Sigismondo I, come quello che nel - 
le memorate facoltà fu altrettanto eser- 
citato e valente. Ad incentivo della fiam- 
ma e fama di questo amore, Sigismondo 
1 adottò per sigle del suo sigillo S, !., im- 
piegò il pennello e l'incisione del vero- 
nese MatteodePasti,e gli fece coniar me- 
daglie, tuttoché vivesse l'iiifeliGe Polisse- 
na, col l'epigrafe: Isole Ariminensi forma 
et virtù te Ita line decori. Ma da questa ap- 
parente felicità, per la quale sembrava 
ch'egli potesse tranquillo riposarsi in brac* 
ciò a un amore divenuto onesto e legit- 
timo, nacque appunto il dis&cimento di 
sua grandezza, siccome privo di parente- 
le che avrebbero potuto sostenerlo*, Dap- 
poiché il potente Alfonso V re d'Arago- 
na e di Napoli, non avendogli mai per- 
donato che si traesse dai suoi stipendi, e 
inasprito dalle guerre coaibattutetsontro 
di lui e il suo figlio bastardo pei fioren- 
ti ni, ne voi le prendere vendetta. Nel 1 4^6 
gli mandò contro il celebre Jacopo Pic- 
cinino, e nel 14^7 Federico conte d'Ur- 
bino, che gli avrebbero tolto lo stato, già 
devastato da loro col saccheggio e col fuo • 
co, se non moriva all'improvviso il re, 
a'^7 giugno i458, mentre il figlio natu- 
rale Ferdinando I divenne redi Napoli. 



RIM 

Gilisto ITI invitò tutte le potense a cac- 
ciarlo dal trono, quale spurio e indegno 
della pontificia investitura. Per onla ven- 
tura di Sigismondo I, o buona per quelli 
che lo ritenevano a lui avvei-so, a'6 ago- 
sto di detto anno anche il Papa passò al- 
l'altra vita e gli successe Pio II (^.)> ^ 
quale propenso al Feltresco, rtconosoen- 
do e imparentandosi con Ferdinando I, 
l'invesfi del regno e fece coronare, con* 
troie pretese degli Angioini, sulla Tenuta 
de'quali Sigismondo I confidava d'essere 
sostenuto; laonde portatosi nell'assem- 
blea tenuta nel i4^9 ^^ Pi<> II in Man* 
tova {f^f), per ottenere pace, dovè accet- 
tare delle condizioni per soddisfare Fer- 
dinando I de 40,000 alfonsini che dovea 
al padre,ed altre durissime; in conseguen- 
za delle quali restò spogliato di Siniga- 
glia, di Monte Marcinno,Mondavio ePer- 
gola, questa data al Feltrcsco,gli altri luo- 
ghi ai commissari pontificii. None a dire 
quanto ne restò dispettosamente afflitto 
Sigismondo I contro Pioli, che già si era 
proposto di levargli anche Fano, che se 
il Piccinino non gli avesse usato riguardi 
nella guerra, se pure non fu guadagnato 
con l'oro, avrebbe prima perduto tutti i 
suoi stati. Pertanto Sigismondo I allettato 
dalla rivolta insorta contro Ferdinando 
I, si giltò nel partito degli Angioini du- 
chi di Lorena, reso ormai possente nel 
regno di Napoli, controia promessa fatta 
al Papa di astenersi dalla guerra per io 
anni. Allora Pio li, cui era stato Sigismon- 
do I accusato di eresia, non volendo tol- 
lerare che un suo feudatario contro le sue 
mire e interessi adoperasse la spada (A- 
roiani dice che Sigismondo I gli dichiarò 
presuntuosamente guerra), nel 1 46 1 im- 
pugnò contro Sigismondo I e Malatesta 
eh' era a lui unito, le armi ecclesiastiche e 
temporali , scomunicandolo iu s. Pietro. 
Comandate le sue miliziedalcardinalFor- 
tiguerra legato, e daFederico conte d'Ur- 
bino, in due anni occupò a Sigismondo I, 
che volle fare energica resistenza e ribel- 
landosi i rimìnesi eoo oltraggi a Pio II, 



RIM 

quanto avea nel Monte Feltro, Fano e il 
suo contado, e pressoché tutto quello di 
Riroioi, salva la città che per assedio non 
si potè vincere, e soltanto quando nel 
i463 fu conchiuso accordo di pace tra 
gli Angioini e Ferdinando I, appena ad 
istanza della repubblica di Venezia e dei 
francesi potè Sigismondo I aTerIuogo,coQ 
cedere tutto il perduto, e rimanergli a 
sua vita il solo vicariato della città di Ri* 
mini con poche miglia di paese all'intor- 
no, alla cui morte doveva riunirsi imme- 
dia temente al dominio della s. Sede. Go* 
dendo sempre riputazione grandissima 
nel mestiere delle armi, il senato veneto 
Foppose agli avanzamenti de' turchi in 
Morea, capitano generale del la sua arma- 
ta, nonsenza approvazione di Pio II tutto 
intento ad abbassare l'orgoglio ottoma- 
no, il quale morendo nel 1 464 e Timpre* 
sa restando senza appoggio, dopo prove 
di valore Sigismondo! tornò a Rimini. Di- 
venuto Papa Paolo II s'ingelosì che i suoi 
veneti tenessero guaraigione in Rimini, 
onde fece intendere a Sigismondo I di vo- 
lerla libera nelle sue mani, compensan- 
dolo con altro stato. Tuttavia riuscì di 
continuare Sigismondo I nella limitata si- 
gnoria, restando a guisa di statico al ser- 
vigio del Pontefice, impiegato a sedare 
alcuni tumulti di Norcia, dicendo Batta- 
gli ni che gli donò la Rosa (toro benedetta 
{V,) per l' impresa di Morea. Divenuto 
infermo della persona,si licenziòda Paolo 
II per chiudere gli occhi in Rimini, ove 
dopo pochi mesi con sincero penti mento 
de'suoi trascorsi finì di vivere a'9 otto- 
bre 1468, avendo mostrato quanto po- 
tesse ancora sul siìo cuore Isotta, a cui fa- 
vore e di Malatesta loro figlio lasciò tut- 
to, senza far motto di Roberto nato dalla 
fanese.Il suo corpo fu tumulato ins. Fran- 
cesco, nella cappella pur da lui edificata 
in onore di s. Sigismondo suo protettore. 
Le sue monete furono le ultime della zec- 
ca di Rimini, perchè Pio li nel i463 ne 
proibì l'uso. Lasciò quella città in pessima 
condizione per tante guerre e profusioni. 



RIM tì83 

cantandosi di discendere la sua stirpe dai 
Scipioni,e si reputò d'essere giunto a po- 
tenza reale. Fr. Leonardo chiamò Rega» 
le la sua Storia de\Malatesta^ e Basinio 
Dell'intitolargli il suo poema epico, lo 
chiamò Ariininensiuni Regem. Sì narra 
che Isotta Io rimettesse nel sentiero della 
virtù, governando saggia mente per lui al- 
lorché si assentava per le guerre dai suoi 
stati, e che scarseggiando il marito di de« 
naro per sostenersi, impegnò le sue gioie. 
Isotta mirava a sostenersi con Mala- 
testa suo figlio signora della città, nou 
ostante la disposizione di Pio II che do- 
vea subito tornare alla Chiesa, facendosi 
forte del presidio veneto; ma scorgendo 
che molti principali cittadini erano pro- 
pensi per Roberto e che non avrebbero 
tollerato di vederlo escluso dalla signO< 
ria, sagacemente ne chiamò a parte il fi- 
gliastro, come dell'eredità. Intanto Paolo 
li avendo saputo la morte di Sigismon- 
do I, dichiarò a Roberto ch'era a'suoi sti- 
pendi, di voler togliere a Isotta Rimini 
per suo mezzo e ricuperarla alla Cbiesn, 
promettendogli in compenso Sinigaglia 
col contado di Monda vio e di volergli da- 
re in isposa una sua nipote. In vece Ro- 
berto diede orecchio al Papa calla ma- 
trigna per deludere entrambi, e impadro- 
nirsi della signoria. Portatosi in Rimini 
ben accolto dal fratello e da Isotta, e con- 
cesso da loro il 3.^ dell'eredità, si col le- 
gò quindi con Ferdinando I, col duca di 
Milano e la repubblica fiorentina, per poi 
reggersi scopertamente colla forza; aven- 
dolo giovato il conte d'Urbi no che pel suo 
gran valore lo designava suo genero, ed 
anche per tenersi unito a lui a cagione 
delle mire che a vea -la corte di Roma sul-* 
le signorie di Romagna. Fu singolare il 
vedere l'Aragonese e il Feltresco intenti 
a conservar le reliquie de'dominiide'Ma- 
latesta, dopo che aveano contribuito a 
tanta diminuzione. Rotta la guerra dal 
re di Napoli, Paolo II mandò ad assedia- 
re Rimini, per aver conosciuto le inten- 
zioni di Roberto^il quale a'3 1 agosto 1 469 



000 l'aiuto de'oollegati riportò itrepitota 
▼iltoria sugli ecclesiastici, con che si sciolse 
l'assedio, nel quale Malatesta fece la parte 
sua onoratamente, al modo che raocon* 
tano Amiaqi, e Reposati il quale narra 
i particolari di questa guerra. Roberto 
fu detto il Magnifico^ ricuperò tutto il 
iricariato di Rimini, e quelli di Monda- 
YÌo e di Fano ad eccezione della città. Il 
re si pacificò col Papa e s' introdussero 
acooi*di per comprendervi i Malatesta, i 
quali vedendoli Roberto ritardare e ere* 
dendo autore delle difficoltà il fratello e 
Isotta che se la tenevano coi veneti, agli 
8 agosto 1 470 crudelmente fece uccidere 
Malatesta e gittare in un letamaio pres* 
so i Marcheselli, acciò se ne credessero 
autori i fratelli della soi*ella vagheggiata 
dal defuuto, facendo mettere nella loro 
corte una spada insanguinata. Dalle quali 
apparenze ingannato il popolo, massacrò 
Giovanni fratello della donzella e ne ar« 
sero il corpo, fuggendo il resto della &• 
miglia. Poco dopo Roberto commise al-' 
Irò fratricidio, con far trucidare Valerio, 
qual complice di voler introdurre in Ri- 
mini le genti del Papa. Si vuole che po- 
co dopo morisse Isotta di febbre lenta ca- 
gionatale dal veleno, ma Battaglinì pro- 
va che viveva nel i474* Vedasi Giam- 
maria Mazzucchelli, Notizie intorno ad 
Isotta da Rimini, Brescia 1769. Ma già 
senza della sua morte era rimasto Rober- 
to solo arbitro dell'usurpata signoria, non 
bastando però gli uffici interposti dal re 
di Napoli a fargliene legittimare dal Pa- 
pa l'investitura finché visse Paolo II, seb- 
bene si fosse pacificato con Roberto. Il suc- 
cessore Sisto IV amicissimo del re e ade- 
rente del conte d'Urbino, nel i473 ri- 
mise Roberto in grazia della Chiesa, l'in* 
feudo di Rimini e di gran parte del suo 
contado, gli confermò il distretto di Mel- 
dola che avea ottenuto dal predecessore 
vivente il padre, ed a' 16 settembre as- 
solvette Riniini dall' interdetto cui da 4 
anni era sottoposta. Nel i474^o^''lo si 
pose agli stipendi del Papa e andò col con- 



RIM 

te Federico, divenuto suo tnocevo, intor- 
no a Città di Castello, costringendo i Vi* 
telli a dimetterne la signoria per volere 
di Sisto IV. Ad onta di che e delle pa- 
rentele contratte col Papa, perchè la co- 
gnata ne sposò il nipote, si assoldò oo'fio- 
rentini, e battè nel 147^ le milisie della 
Chiesa al Trasimeno, onde Sisto IV fiil- 
minò l'interdetto a Rimini. S'ioterpose 
il suocera fatto duca, e venne eletto ca- 
pitano generale de' veneziani, co'quali fe- 
derandosi Sisto IV, fu ribenedetto colla 
multa di 3ooo ducati. L'alleanza essen- 
do diratta contro il duca di Ferrara e Fer- 
dinando I^ mentre Roberto combatteva 
con successo nel Ferrarese, Roma e la cor- 
te fu presa da spavento, perchè Alfonso 
duca di Calabria ne campeggiava le vi- 
cinanse; laonde a' 1 3 giugno 1483 partì 
dal campo e si recò in Roma minacciata 
di saccheggio a sollecitazione del Papa 
per difenderlo. Giunte le sue genti d'armi 
e venete, a'i5 agosto uscì in campo, ri- 
cuperò Castel Gandolfo, Albano e Castel 
Savello, ed a'a i con 7 squadroni presso 
Velletri presentò battaglia al duca. Dopo. 
9 ore di accanito combattimento scon- 
fitte totalmente il nemico, salvandosi il 
duca colla fuga a Nettuno sulle galera, 
e fece molti illustri prigionieri. Per la 
grande strage, il luogo fu detto Campo 
mortOyCome narrai nel voi. XII, p.3 1 5. Il 
pi*ode Roberto tornato in Roma con gran 
trionfoa'ag, ammalò di violentissima dis- 
senteria cagionata dalla soverchia fatica 
e dal cocente sole nel di dell'azione guer- 
resca, e mori a' i o settembre nel palazzo 
del cai*dinal Nardini {F',) suo parente, 
ove fu a visitarlo Sisto IV che gli som- 
ministrò l'Eucaristia e l'olio santo. Il Pa- 
pa ne fu dolentissimo, e in memoria della 
vittoria poi edificò la Chiesa di s. Maria 
della Pace (^.). Non mancò chi incolpò 
il conte Girolamo Riario nipote del Pa- 
pa di avvelenamento, per gelosia di glo- 
ria o per brama dello stato suo per non 
aver figli legittimi. Ma Sisto IV a spese 
della camera fece seppellire onorevolmen- 



RIM 

te il cadavere in s. Pietro, in nobile monu* 
mento di marmo ove fu rappresentato a 
ca Tallo, celebrandone TepitafiSoil rapido 
trionfo. Quindi rimunerò ne'figli il va- 
loroso genitore, inviando a Rimini il car« 
dinal legato a legittimarli comechè na- 
turali a' 1 9 settembre. Pandolfo fu inve- 
stito di Rimini e legittimato co' fratelli 
Carlo e Raimondo, nati daElisabettad'O* 
bizo Aldobrandini di Ravenna, che il pa- 
dre lasciò in tutela alla madre e ai con- 
siglieri discendenti di Giovanni Malate- 
sta il Zoppo, fi'a'quali Sisto"! Y preferì 
Galeotto, forse per le scoperte trame colle 
quali si dovea dar la rocca ai veneziani, 
contro ì quali fu rivolta la guerra per- 
chè dopo la pace continuavano a guer- 
reggiare il duca di Ferrara. Pandolfo fu 
unito alla lega colla provvisione di 1 6,000 
ducati l'anno, e Galeotto per difendere 
il dominio dai Rovereschi e Riari nipoti 
del Papa, fece alleanza con altre vicine 
signorie, qual governatore di Rimini, di 
cui fu assai benemerito. Fortificò il porlo 
di nuova muraglia, fece livellare e selcia- 
re la città per diminuir la strage delle 
frequenti pestilenze, edificando coli' as- 
senso d'Innocenzo Ville del vescovo, me- 
diante l'unione de'beni di diversi speda- 
li, un lazzaretto gran spedale detto della 
Misericordia entro le mura della città, ma 
in luogo appartato; e fu zelante della bi- 
blioteca de'francescani, arricchendola dei 
codici di Sigismondo e della libreria Val- 
turi. Tutta volta Galeotto congiurò con- 
tro Pandolfo e incominciò colla uccisione 
del fratello Raimondo governatore gene- 
rale delle armi nel i49^* Scoperto il tra- 
dimento. Galeotto ed i suoi figli furono 
fiitli morire: si dice che avendo Galeot- 
to con fasto e dispotismo esercitato il po- 
tere, gli rincresceva di doverlo cedere a 
Pandolfo fatto adulto. Ma non lardò a 
insorgere tal turbine, che dovea privarlo 
della signorid. Entralo nella lega del du- 
ca di Milano e di Alessandro VI contro 
Francia, per cui Pandolfo si trovò alla fa- 
mosa battaglia del Taro, egli con altri 



RIM 285 

feudatari di Romagna e Marca furono 
poi bersaglio della vendetta francese e 
dell'ambizione di Cesare Borgia. Impe- 
rocché essendo questi figlio del Papa e 
fatto da Luigi XÌI duca di Valenti nois, 
indusse il padre a confederarsi col re per 
impossessarsi del Milanese, mentr'egli l'a- 
vrebbe aiutato a conquistare i vicariati 
ecclesiastici dell'Umbria, Marca e Roma- 
gna, che già prìvatine diversi con diffe- 
renti pretesti aveali Alessandro VI con- 
ceduti a Cesare con titolo di ducato. Il 
quale provocò dal padre scomuniche e 
moni torli contro i vicari di Romagna e di 
Rimini, quindi recatosi coll'esercito sotto 
la città, profittando dell'odio che i nobili 
Bveano concepito contro Pandolfo, e col 
pretesto che da gran tempo non avesse 
pagato il censo, fu subito ridotto a capi- 
tolare, cedere la rocca, ed ebbe la ven- 
tura di ritirarsi da Rimini a' io ottobre 
1 5oo, fuggendo col meglio di sue sostan- 
ze alla volta di Ravenna per passare in 
Bologna, giacche dalla repubblica di Ve- 
nezia non avea potuto ricevere que'soc- 
corsi, che fino allora avea speralo di ot- 
tenere. Cesare vi entrò più come signo- 
re pacifico che vincitore, foi*se perchè la 
proteggevano i veneti; pose in opera tut- 
ta l'arte per guadagnarsi i nobili disgu- 
stati da Pandolfo stoltamente, fece erìge- 
re il monte di pietà, die opera a ridurre 
in miglior perfezione la chiesa dis. Fran- 
cesco,lasciata imperfetta da Sigismondo I, 
propose la demolizione della cattedrale 
troppo vicina alla rocca, e riedificarla al- 
trove a piacere della città ; e siccome eb- 
be pensiero di fermare in Ri mini la sua 
i*esidenza, v'introdusse una Ruota simile 
a quella di Roma per comodo de'iitiganti, 
formala di 7 giudici col nome di udito- 
ri, che doveano somministrare Rimini, 
Fano, Pesaro, Cesena, Faenza, Forlì, I- 
mola, e la quale dovesse conoscere e giu- 
dicare tutte le cause non solo della città 
e territorio, ma di tutta Romagna di cui 
era duca: ma Amiani dice che gli udi- 
tori doveano risiedere per due mesi in 



28(> R I M 

ciascuna di delle città. Cesare parti a'4 
novembre da Rimini per Faenza, che 
pi*ese più tardi. Nel i5o3 moHo Ales- 
sandro VI, ed eletto Giulio II, fu spo- 
gliato Cesa re degli usurpati dominii, nar- 
rando Reposati che Guid'Ubaldo duca 
d'Urbino, colle artiglierie di Fano volle 
battere la rocca di Rimini a favoi*e di Pan- 
dolfo. Sotto le mura di Rimini seguii*o- 
no varie scaramuccie tra'Fel treschi e le 
genti di Cesare, nondimeno ricuperò la 
cillù coll'aiutodi Bartolomeo d'Alviano. 
Pandolfo rientrò in Rimini e nella signo- 
ria, per parte del Papa, col fa voi*e di Ma* 
sebi senatore di Roma già suo nemico, 
col patto di non vendere le sue ragioni 
ai veneziani, a seconda del trattato in- 
tavolato da Guid'Ubaldo duca d'Urbi- 
no. I nobili però inaspriti da sospetti, nu- 
trivano l'idea di ritornare la patria in li- 
bertà, e già ne aveano dato saggioa'ao 
gennaio i^qS nella fazione e congiura 
degli Adimari, cui erasi unito il fanese 
Gio. Antonio Nigusanti. Riflette Batta- 
glini che ì demeriti di Pandolfo e quelli 
del padre, strascinarono la nobiltà stan- 
ca dall'oppressione a quella congiura, che 
scoppiò nella chiesa di s. Agostino, per 
la quale doveano essere spenti tutti iMa- 
latesla: che se Roberto fu pieno di glo- 
ria per militari e generose imprese, fau- 
tore esimio delle lettere e de'lettera ti, fu 
principe rapace e libidinoso. I Marche- 
selli, gli Angolanti e gli Adimari prin-- 
cipali congiurati contro Pandolfo, ne ri- 
cevettero dal crudele contegno di suo pa- 
dre i primi gagliardi impulsi, narrati da 
Battaglini e dagli altri storici riminesi, 
che si leggono con ribrezzo. Per questa 
alienazione di nobili, per l'aspro e duro 
contegno serbato verso loro da Pandol- 
fo, divenuta irreconciliabile, e vedendo 
impossibile mantenersi nella signoria, ai 
i6 dicembre i5o3 venne all'estremo e 
vile partilo di eifettuar la vendita di Ri- 
mini a' veneziani, i quali oltre la casa di a- 
bitazione in Venezia e promessa di 1 0,000 
ducati d'oro all'anno^ e d'onorevole eoa- 



RIM 

dotta di genti d' arme» e d' annua prot 
vigionea Violante Aldobi*aQdini,a lui o 
a Carlo suo fratello la signoria con mero 
misto impero della grossa teiTa di Citta 
della nel Padovano da passare a'figli lo 
ro primogeniti. Pandolfo si recò a Gtts 
della, risarcì i luoghi difettosi^ regolò 
governo, e pi'estò servigio alta repubbli 
ca di fido e valoroso condottiero d'arm 
I veneti avendo occupato Faenza, si pre 
pararono a mantenersi nel possesso coli 
forza. Giulio II subito si die a domandar 
alla repubblica l'evacuazione di Rimini 
degli altri luoghi da loro invasi; nel 1 5o' 
dopo avere dai Bentivoglio ricuperat 
Bologna, tornando il Papa in Roma pe 
Cesena e pel Cesenatico, passò pel con 
tado Riminese, entrando in s. Arcangel 
il i.^ marzo con tutta la sua curia, a' 
passò a Monte Fiore, ed a'3 pervenne a 
Urbino. Dipoi Giulio II replicò ai vene 
le sue istanze, per la restituzione di R 
mini, unitamente agli altri luoghi, fincfa 
entrò nella fòmosa lega di Canribray 
danno de' veneziani, che vìnti a'i4mag 
gio i5og a Ghiarra d'Adda, domande 
rono perdono e restituirono Ri mini a'2 
e poi gli altri luoghi, perchè al Papa stav 
più a cuore tal città, portandovisi il cai 
dinal Alidosi legato. Pandolfo compres 
di timore dall'infortunio della repubbli 
ca, che Cittadella potesse cader nelle ma 
ni dell'imperatore Massimiliano I^ la re 
stituì ai Sanseverino suoi primi signori 
e si die a seguire le bandiei*e imperiai 
j)er mediazione del generale marchese d 
Mantova. Accolto graziosamente da Mas 
similiano I, ne riportò a'a i agosto Tusu 
frutto di tutti i beni che i veneziani pos 
sedevano nel territorio di Cittadella. I 
senato all'incontro dichiaratolo ribelle 
e scaduto dal dominio di quella terra n< 
Io cacciò; quindi alla moglie e ai due fra 
felli di Carlo Malatesta, morto nell'espu 
gnazione di Cadore per la repubblica 
concesse la medesima provvigione che i 
lui pagava. Nel 1 5 1 1 Pandolfo ripresi 
Cittadella, che poco dopo riperdette. Ri 



RIM 

ferisce Marcheselli, che io memoria di a- 
vere la Chiesa riacquistato Ri mini^ dopo 
la dominazione veneta, fu eretto un ar- 
co d'architettura di stile gotico avanti il 
Borgo s. Bartolomeo già s. Genesio : fu 
ornato degli stemmi gentilizi de' presidi 
di Romagna e della città di Rimini^ e 
chiamato l'Arco di Giulio II. Questo Pa- 
pa addolorato per Tuccisione segui tapres- 
so Ravenna (^.) del cardinal Alidosio, 
narra Gattico, Jcla caeremonalia p. 7 5, 
che a'24 maggio i5i i da detta città sen- 
za aver preso cibo, si recò a Ri mi ni e vi 
giunse la notte, abitando presso la chic 
sa di s. Francesco, ove a'28 con suo di- 
spiacere furono affissi due cartelli o due 
citazioni d'intimazione per l'apertura del 
conciliabolo di Pisa (P^,) contro di lui. 
Afflitto ancora pei dolori di podagra par- 
ti da Rimini a' 10 giugno in lettiga per 
Pesaro, Fano e Sinigaglia ove s'imbarcò 
approdando in Ancona. Intanto Pandol- 
fo privo di stato e di denaro, e ridotto 
in Verona al servigio di Massimiliano I, 
spedì nel 1 5 1 3a Leone X,mentre si trova- 
va infermo, il suo figlio Sigismondo Ilper 
essere ripristinato nella signoria, ma sen- 
za efifetto. Frattanto avendo il Papa pri- 
vatp degli stati Francesco M.* duca d'Ur- 
bino nipote di Giulio II, con un esercito 
si diede esso a manomettere molti luoghi 
de'dominii pontificii, e nel 1 5 1 7 i suoi fe- 
roci soldati non scio dierono il guasto al 
territorio riminese, ma saccheggiarono 
il vicino castello di Mulazzano, e vi com- 
misero tante iniquità che la penna rifug- 
ge in ricordarle. Paodolfo essendo ritor- 
nato in Venezia, e quasi mendicando il 
pane,andava aspettando l'opportunità di 
rientrare inRimini, tenendo caldi alcuni 
cittadini suoi aderenti. Questi in fatti al- 
lorché l'eletto Adriano VI si trovava nel- 
la Spagna, con l'appoggio d'alcuni con- 
tadini a'sS maggio 1 522 introdussero Si- 
gismondo II nella città,e impadronitisi del 
governatore ebbero la rocca. In questa oc- 
casione Ri mini perde molti antichi ricor- 
di, perchè i contadini dalle cancellerie 



RIM 287 

del comune e del governatore prese le 
scritture le bruciarono sulla piazza. Pan- 
dolfue la moglie tornarono in Rimini co- 
gli altri figli, e confidando nel cardinal 
Salviati a lui si raccomandò a'29 mag- 
gio, perchè volesse favorirlo col s. colle- 
gio e col Papa con farlo mantenere in 
questo tenue stato, senza andare più e- 
sule e mendico colla famiglia. Ma il car- 
dinale e gli altri della congregazione di 
stato, già aveano scritto al duca d'Urbi- 
no che colle armi cacciasse i Mala testa 
da Rimini, venendo a questa minacciato 
l'interdetto se in 24 ore Pandolfó non 
veniva espulso. Vedendo questi che non 
si poteva sostenere, impetrò dal cardinal 
de Medici legato di Bologna e poi Cle- 
mente VII un ipialche provvedimento 
per vivere e per dotare la figlia, ed a- 
vrebbe ceduto la città. Il cardinale gli 
permise di ritenerla sino all'arrivo in Ro- 
ma di Adriano VI, e che fosse ubbidien- 
te ai suoi ordini. Ma inviato alla ricupe- 
ra di Rimini coU'esercito il celebre mg."^ 
Nicolò Bonafede, coadiuvato dal duca 
d'Urbino, ne occupò tutto il contado, 
permise che Pandolfó co'fjgli si recasse 
in Roma a trattare la sua causa col Pa- 
pa, e Sigismondo II consegnata la rocca 
restasse a guardia della città. Parti Pan- 
dolfó a'g febbraio 1 523, e passando per 
Fano tentò di farla insorgere, per cui fu- 
rono puniti colla forca i capi: giunto in 
Roma^ ivi perorando con Adriano VI, 
questi ne restò commosso e fece esami- 
nare la sua causa, da cui risultò deca- 
duto dalfinvestitura e incorso nella pe- 
na del taglione. Volendo il Papa usar mi- 
sericordia ^ ordinò che si lasciasse da Si- 
gismondo II la città j si restituissero le ar^ 
tiglierie tolte e le armi, che si dichiarasse 
a suggestione di chi fosse venuto all'in- 
vasione. Sigismondo llparfi per Roma, e 
mg.^Bonafede costituito governatore,en- 
trò in Rimini. Pandolfó fu costretto per 
vìvere, di vendere i pochi beni stabili re- 
statigli nel Riminese. Assediato poi nel 
1 527 Clemeule VII in Castel s. Àngelo^ai 



a88 R 1 M 

1 4giugnoSigismoodo II ne profitta e rien* 
Irò in Rimiuiy e vi si tenne sospettoso, 
violento e tiranoico, intitolandosi col pa« 
dt*e e col fratello Ma la testa, y icari per 8. 
Chiesa, confiscando e commettendo inau- 
dite crudeltà e vessazioni. Finalmente 
Clemente VII nel i5a8 commise al vi- 
celegatodi Romagna mg/Oel Monte poi 
Giulio III l'occupadone di Rimini, che 
con l'esercito avendolo circondato, a' 1 7 
giugno concesse aSigismondo II di ritirar- 
si colla iamiglia,e ricuperandola per sem- 
pre alla Chiesa vi fece il suo ingresso, on- 
de Rimini segm le vicende e i destini del- 
io slato pontificio, che descrissi nelle bio- 
grafie de'Papi ed altri articoli loro ana- 
loghi. Pandolfo terminò privatamente ì 
suoi giorni in Roma^ e fu sepolto in s. 
Maria in Trastevere.Sigismondo 11 tenne 
per lungo tempo in timore la città, ma 
il detto cardinal Del Monte legato gliene 
troncò affatto la speranza, e poi nei 1 543 
morì poveramente in Reggio, lasciando 
Roberto e Ercole suoi figli. Gli altri fra- 
telli di Sigismondo II, datisi allearmi,mo* 
rirono in diverse parti. Della discenden- 
za di Carlo stabilita a Venezia, la super- 
stite Cristina nel 1718 sposò Nicolò Bol- 
óh senatore veneto. Battaglini inoltre 
tratta come si spensero in Rimini gli al- 
tri rami de'Malatesta non dominanti, non 
che quelli de'signori di s. Mauro e Gio- 
TÌdia, quelli di Ghiaggiuolo, quelli di So- 
gliano, quelli de'marchesi di Roncofred- 
do, quelli di s. Giovanni in Galilea. Scris- 
sero di questa famiglia: Pietro Frulli, CrO' 
nologia deir antica^ nobile e potente fa* 
miglia de'Malatesta signori della città di 
Riminiy di Cesena^ di Fano^ di Mace- 
rata^ di Pesaro^ di Fossombrone, di Bel' 
forte , del Borgo s» Sepolcro e di Berga* 
niOy Siena 1 7 24. Sansovino, Origine del- 
le famiglie illustri d* Italia, Marco Bat- 
taglia, C/iro/iico/i DD, de Malatestiscuni 
continuatione Tobiae F'eronensis ^ nunc 
primuni in luceni editum, et a Jo, Bapt, 
Contareno notis illustratiun : nel t. 44> 
p. 97 degli Opuscoli di Caiogerà. Sei* 



RIM 

gnetirs de Rimini^de Cesena, rie Pesare 
et de Fano, de la maison de 3Ialatestc 
nelle Généalogies hist. t. 2, p. 507. 

Paolo III reduce nel i54i dall'ablxx 
ca mento tenuto in Lucca eoo Carlo ) 
onorò Rimini di sua presenza. In quesf 
occasione fu tolta la deformità delle du 
arcate rozze che a guisa di portico sts 
▼ano unite all'Arco d'Augusto dalla pai 
te interna di Ri mi ni, e ne toglievano 
prospetto migliore. Essendo la città gn 
Tata di molte imposizioni, il comunein 
plorò la benignità di Paolo III, il qua 
ie diminuì, avendo già fin dai 1 534^0' 
cesso che per la nparazione delle mur 
edel porto s'impiegassero le multe crim 
naii. Recandosi Clemente Vili nel iSg 
in Ferrara ricuperata alla Chiesa, nell'a 
prile si fermò in Rimini, ove furono a ha 
ciargli i piedi Cesare duca di Modena < 
spulso da Ferrara e suo fratello Alessar 
dro, insieme a Sigismondo Mala testa fi 
glio del suddetto Ercole, che viveva d 
virtuoso cavaliere nella corte Kstense, 
col quale si estinse la linea dell'ultimi 
Pandolfo: il Papa era preceduto dalla sì 
Eucaristia, ed il vescovo lo ricevè sull 
porta della cattedrale pontificai meni 
vestito e col pastorale. Per la guerra eh 
Urbano Vili sostenne contro il duca d 
Parma, fortificò varie fortezze dello sta 
to, ed in quella di Riminl nel 162 5 m 
demolì i merli, rifece in molte parti, n( 
accrebtie le fortificazioni, eresse nell'in 
terno un'elegante cappella sotto i'invo 
cazione di s. Giuseppe, essendo governa 
tore generale delle armi pontificie ioRo 
magna e castellano della medesima Ales 
Sandro Sacchetti. Siccome pel suo fonda 
tore chiama vasi Castel Sigismondo, il Pa 
pa col proprio nome la denominò Castel 
lo Urbano, Nel suo pontificato e nel 1 63c 
si eslinse con Leonida il ramo cadette 
de'Malatesta di Sogliano diocesi di Rimi 
ni nella provincia di Forlì, del ramo de 
marchesi di Roncofreddo eMontiano, pei 
cui Rimini reclamò i luoghi di sua giù 
risdizione; ma essendo Claudia primoge 



RIM 

ìiita dì Leonida accasata uella famiglia 
Spada, questa venne investita del mar- 
chesato, e gli altri luoghi furono assog- 
gettati all'immediato governo della s. Se «• 
de. Non manca no scrittori che fanno deri* 
Tare i rami de'Malatesta di Verucchio, 
i due casati di Sogliano e di Ri mi ni pei 
due fratelli ZanneeMalatesta procedenti 
da un medesimo ceppo, probabilmente 
da Ugo Malatesta. Altri fanno discende- 
re i Malatesta di Sogliano da un Mala- 
testa detto il Minore che sposò Berta di 
Pietro Traversari ravennate nel 1 184* 
Altri dicono che ne fosse stipite un Ma* 
latesta che comprò da Ugo di Maltaleo- 
ne riminese, considerabilequantità di ter* 
reno tra il lido del mare e Sogliano, con 
tutte le ragioni che quello avea nel ca- 
stello di Scorticata. Certo è che Sogliano 
ritornò al dominio di s. Chiesa ne'pri mor- 
di del 1640. Circa il qual tempo i Ma- 
latesti cugini del conte di Sogliano ven- 
deronoa d. Camillo Pamphiij nipoted'In- 
nocenzo X per 55oo scudi il feudo di Ta- 
lamello. Leggo in Novaes, Storia diti" 
nocenzo X, che nel 1 646 colla morte di 
Sigismondo Malatesta essendosi estinto 
il suo ramo, il Papa ordinò che si pren- 
desse possesso de' feudi che dalla s. Sede 
avea ottenuti, cioè s. Giovanni in Gali* 
tea, s. Martino in Conversato, Stigaria^ 
Sogliano e al tri di minor nome. Nelle bel- 
le notizie che somministra Battaglini sul- 
le monete di Rimini, rilevasi che nel 1 65g 
fu soppressa la lira riminese, che fino al- 
lora avea avuto corso e conteggio in Ri- 
mini. Si loda Clemente X dallo Scilla, 
delle Monete pontificie p. 278, di avere 
risarcito anzi riedificato la città quasi af- 
fatto distrutta dal terremoto. Ed in fatti 
leggo pure in Amiani, che terribili e spa- 
ventose memorie lasciò nei 1672 il ter- 
remoto, cui simile non s'era forse mai pro- 
vato nella Romagna e Marca. Il maggior 
male lo pati Rimini, dove perirono circa 
80 persone rimaste sotto le macerie delle 
case, dei palazzi e delle chiese. Accadde 
la maggior scossa nel giovedì santo 1 4 a* 

voi. LVII. 



RIM 189 

prile, in tempo della visita de'ss. Sepol- 
cri : caddero più case, le torri di s. Fran- 
cesco e di s. Agostino, e di funestissime 
conseguenze fu la rovina della torre del 
duomo ridotta a campanile, che il volgo 
credeva fabbricata a'tempi di Belisario, 
di forma rotonda e fortissima struttura 
pei muri di grossa moie ; rovinò nella 
parte superiore, spezzò le campane e uc« 
cise più persone, massime nobili, che si 
trovavano all'adorazione del s. Sepolcro 
presso la cappella poi del ss. Sagramen- 
to. Si fecero diverse processioni di peni- 
tenza e moltissime orazioni pubbliche, ed 
in tutte le chiese l'esposizione del ss. Sa- 
gramento. Dell'altro disastroso terremo- 
to avvenuto sotto Pio VI, parlai in prin- 
cipio, dicendo il Novaes, che essendo Ri- 
mìni nella più gran desolazione, Pio VI 
procurò sollevare gli abitanti; ma 1 00,000 
scudi che gl'invio appena servirono per 
pagare le perizie degli architetti, essendo 
la città divenuta un mucchio di sassi e 
poche fabbriche enino restate in piedi. 
Prima di questo tremendo disastro il Pa- 
pa nel 1781 investi del feudo di Val- 
doppio i fratelli A madori quali eredi di 
Elisabetta Malatesta, in cui terminò la 
discendenza di Paolo il Bello signore di 
Ghiaggiuolo. Egualmente avanti la sud- 
detta ingiusta epoca il Papa recandosi a 
Vienna consolò Ri mini di sua presenza; 
pertanto apprendo dal Diario del viag» 
gio p. 6 e 60, di mg.'^ Dini, che Pio V( 
a'4 mai*zo 1782 proveniente da Pesaro 
e dalla Cattolica giunse in Rimini a ore 
22 e portatosi nella chiesa di s. Marino 
de'canonici regolari lateranensi, fu rice- 
vuto dal cardinal Valenti legato di Ro< 
magna, dal vescovo mg.^ Ferretti, dal p. 
ab. generale di detti canonici, dal tna- 
gistrato e da tutta la più distinta nobiltà 
della città. Compite le particolari pre- 
ghiere nella chiesa, che si vide tutta or- 
nata, passò nelle camere del contiguo 
monastero preparate per prendervi ri- 
poso nella notte, ed ove ammise all'u- 
dienza ed al bacio del piede chi lo bra- 

»9 



2QO RIM 

mò. Nella seguente mattinD, dopo avere 
ascoltato la s. messa, ascese in carrozza 
e con tutto il suo seguito si portò al cui 
legio o monastero delle celibate, ove ri 
cevè al bacio del piede tutte le convit 
trici del luogo, e si trattenne in partico 
lare discorso con d. Olimpia Braschi sua 
degna sorella, la quale ivi viveva religio 
samente, con iscambievoli dimostrazioni 
di afTetto che mosse a lagrimare gli astan 
ti, come si esprime il n.^, j52 del Diario 
di Roma, il quale parla ancora dell'in 
contro del vescovo e de'nobiIi,come del 
le illuminazioni della città. Proseguen 
do il viaggio, giunse a Cesena sua patria 
Nel ritorno in essa ebbe il conforto d 
trovarvi d. Olimpia , cui avea permes 
so di recarvisi da Rimini, e l'altra sorel 
la d. Giulia; quindi a'3 giugno arrivò do 
pò le ore 23 in Ri mi ni, scendendo al no 
minato monastero di s. Marino, accolto 
dal p. ab. generale e canonici regolari, 
dal magistrato e dal corpo di tutta la no- 
biltà, e vi passò la notte. Nel di seguente 
ammise nel coro della chiesa al bacio del 
piede i detti canonici, le dame e la no* 
biltà, e passato al palazzo pubblico die- 
de dalla loggia la benedizione all'immen* 
so popolo adunato nella gran pi azza; po- 
scia partì perla Cattolica ove venerò il ss. 
Sagramenlo nella chiesa parrocchiale, 
continuando il viaggio per Pesaro e Si* 
nignglia. Nel declinai^ del secolo procla- 
mata la repubblica in Francia, le sue ar- 
mate inondarono l'Italia e s'impadroni- 
rono di gran parte dello stato pontificio 
nel 1 796, e nel seguente anno d'altra por- 
zione compreso Rimini, che seguì la sorte 
di ForPi e di Ravenna (^.)fino al 1 8 1 5, 
Scendo prima parte della repubblica Cis- 
padana o Cisalpina, poi del regno d'Ita- 
lia, nel dipartimento del Rubicone, e fu 
sede d'una vice-prefettura. Avendo Pio 
VII, come il predecessore, sofferto duris- 
sima deportazione, però trionfante potè 
tornare nel i8i4 a Roma sua sede, pas- 
sando per Cesena sua patria, ove si fermò 
alcuni giorni di aprile e di maggio, a'7 



RIM 

del quale giunse alla tripudianle Rimi- 
ni, che io festeggiò con ogni maniera di 
ossequio, allora essendo in manode'Da- 
potetani, che l'aveano ricevuta dagli au- 
striaci dopo l'evacuazione de' francesi nel- 
l'epoche che noto a Roma, RAVEiriTAeFoR- 
LÌ. Partito Pio Vlla'g maggio da Rimiai, 
col celebre cardinal Consalvi che ivi era- 
si a lui riunito, tra le acclamazioni, per 
la Cattolica si condusse a Pesai^o. Di nuo- 
vo gli austriaci occuparono Rimìni e ia 
Romagna, dalla quale si dovettero riti- 
rare nel marzo 1 8 1 5 per l'insurrezione di 
Murat re di Napoli che Tinvase. Quindi 
dal quartiere generale di Ri mini a'3 1 mar- 
zo, eccitò gfitaliani a sedicente libertà e 
all'indipendenza italiana, manifestando 
gli occulti suoi disegni d'ingrandire il suo 
potere, distrutto il quale per la battaglia 
de'4 maggio, vi ritornarono gli austria* 
ci, che poco dopo la restituirono a Pio 
VII. Nel medesimo anno, come ne assi* 
cura il dott. Tonini, l'antica cattedrale 
di s. Colomba fu demolita. Contempo* 
rancamente all'esaltazione del gran Papa 
Gregorio XVI,scoppiò nella maggioi^ par- 
te dello stato furibonda rivoluzione, cioè 
ne'primidi febbraio 1 83 1, e vi fu stra- 
scinata anche Rimini, ove i sollevati re< 
duci da Forù (^.), dopo esservisi un mo- 
mento difesi, furono costretti ad abban- 
donarla agli austriaci, chiamati in aiuto 
dal provvido Pontefice. Nel voi. XLV, p. 
1 34 dissi quando le milizie pontificie col 
Bentivoglio successero agli austriaci. Si 
legge nel n.^ 80 del Diario di Roma 1 845, 
che a'2 3 settembre avvenne in Rimini un 
tumulto, in cui un'orda di faziosi armati 
uscita dal palazzo Lettimi, percorrendo 
le vie si fece per minacce piìi numerosa e 
s'impadronì di vari punti della città, non 
essendo la truppa in quantità di fargli 
resistenza. L'orda era guidata da Pietro 
Renzi, che si spacciava per capo del go- 
verno provvisorio. Occupate le porte del- 
la città non si permise a veruno la sor- 
tita, che a condizione proprie di vero as- 
sedio. Indi si diffusero proclami e scritti 



RIM 

inceadiari, tanto dentro I.i città chefuo- 
l'i, pei* eccitare gli animi alla rivolta. Ma- 
nomessi i buoni e fedeli sudditi riminesi| 
si sollevarono in ogni modo i tristi, a- 
prendosi le pubbliche carceri. Rotta così 
ogni legge, si die di piglio al denaro delle 
pubbliche casse, ed imposta una grave 
contribuzione al comune, con minaccia 
di saccheggio, si promisero favori e soc- 
corsi. Per ben 3 giorni gemè Rimini sotto 
le cupide e crudeli voglie della masnada, 
solo intenta a rapine, dissennati nella im- 
potenza degli esecrandi mezzi cui si ap- 
pigliarono. Vedendosi il Renzi deluso nel- 
le speranze di aver altri seguaci, e venen- 
do a conoscere che da Forlì a gran passi 
si avanzava una forza considerabile, nella 
mezzanotte delsG fuggì co'suoi, liberando 
dall'anarchia la città^ che per altro non 
tardò a ricuperare l'ordine, il quale si con- 
solidò dopo giunte le milizie papali di va- 
rie armi, accolte dai saggi abitanti con 
festevoli dimostrazioni, oltre quanto si 
può apprendere nel luogo citato. Su que- 
sto movimento rivoluzionario, e sue gra- 
ti conseguenze, si possono leggere i se- 
guenti 3 opuscoli pubblicati nel medesi- 
mo anno. Coni nietUo a due opuscoli poli' 
ticì stampati a Pan'ginel settembre i8J\.5ì 
Italia novembre 1 8^5, Riflessioni sul Ma- 
nifesto pubblicato a Rimino dai ribelli. 
Stati Pontificii. Di recente il eh. A. Coppi, 
Annali d Italia t. 8^ p. 5i9 e seg., narra 
gli assassinii politici fatti in Ravenna ai 
i4 gennaio i845, e la condanna de'rei, 
oltre la sentenza del io settembi*e e la 
mitigazione della medesima; la congiura 
de'profuglii in Toscana, formata dai ri- 
roinesi Renzi e Celli con altri, in uno alle 
precauzioni adottate dal governo di Gre- 
gorio XVI; il manifesto de' cospiratori 
compilato da Farini, diretto ai principi 
ed ai popoli d'Europa; sollevazione di Ri- 
mìni, movimenti parziali e scaramuccie; 
rifugio de'sollevati nel territorio toscano. 
Quanto poi alle vicende politiche che pre- 
cederono, accompagnarono e seguirono 
la repubblica del i84g,si veda l'articolo 



RIM 291 

Pio IX. Oltre i citati autori sulla storia 
di Rimini, ricorderò ancóra: Chronicon 
Ariminense ab anno circiter 1 1 88, usque 
ad annum 1 385^ auctore anonymo^ et 
deinde continuatum per alteruni anony» 
mum uscfue ad annum 14^2, nunc pri- 
mum prodiit ex mss, Cod. Arimincnsi: 
nel t. i4 di Muratori, /{emi7i iial. script. 
Cesare Clementini, Racconto istorico del- 
la fondazione di Rimino e deU orìgine e 
vite de'Malatesti, distinto in 1 5 libri par. 
I , Rimini pel Simbeni 1 6 1 7: in fine, Trat- 
tato de* luoghi pii^ e de* magistrati di Rimi- 
/to> aggiunto dal medesimo, par. 2, 1627 
per lo stesso. Jo. Chr. Amadutius, Epi» 
stolam adJanum Plancum, qua Inserì' 
ptiones nonnullae Arìminenses a falsità* 
tis nota, quam eis Scipio Maffhius inussC" 
rat, vindicantur: nelle Miscellanee ài va- 
rie lettere.Franciscus Modestus, Elogium 
urbis Arìmini genio natum , impressum 
in inclita urbe A rimino in officina Era- 
smi Virginei, Julii III P. M. anno 3.°, 
i552. 

La fede cristiana d'ordine di s. Pietro 
suo maestro, fu predicata nella regione 
da s. Apollinare d'Antiochia, inviatovi da 
Roma. Riporta la tradizione e concoitla- 
no gli storici nell'assicurare, che s. Apolli- 
nare prima d'entrare nell'Emilia si fer- 
mò in Rimino poco lungi dall' Ai*co d'Au- 
gusto e pomerio della città, in un luogo 
che dai vescovi successori fu poscia in o- 
ratorio convertito, indi in basilica e al 
medesimo santo intitolata. Quivi restò 
per qualche tempo, vi disseminò con frut- 
to la dottrina del vangelo, vi operò dei 
prodigi e vi soffrì ancora persecuzioni. 
Dopo avervi fondato la chiesa rìminese 
verso l'anno 46> passò in Ravenna (/^.), 
e per tutta l'Emi lia propagò il cristiane- 
simo, ed in quella celeberrima città vi 
fondò rillusti*e chiesa arcivescovile, di cui 
la sede vescovile di Rimini divenne suh 
fraganea e lo è tuttora. Inoltre dalla tra- 
dizione si conosce, che varie scorse apo* 
stoliche fece da Ravenna s. Apollinare 
nell'agro poi diocesi Riminese^ per cui la 



193 R I M 

CSM e colla di lui invcicazioiie furono e- 
rette 7 chiese, mostrandosi in Monte Gallo 
una cellette 4>ve s. Apollinare si trovava 
tovente a fare orazione, laonde e tenuto 
peri. ^vescovo di Rimioi, come ne assicu- 
ra anche il dottissimo can. d. Luigi Nar* 
di, e coirautorilà della sua pregievolissi* 
ma^erudita e critica opera procederò com- 
pendiosamente, nelle notizie di maggior 
importanza, a parlare de'successori: Cro* 
notassi de' pastori della s. chiesa Rimi' 
neseaumenlata e corretta^ Rimini dai ti- 
pi A Ibertiniani 181 3. Vantando dunque 
la chiesa riminese la sua origine dai tem- 
pi apostolici, per mancanza di memorici 
perdute nelle vicende politiche della cit- 
tà, i*egistra per suo a.^ vescovo N. ordi- 
nato da Papa s. Dionisio circa Tanno 16 1 
o 262, che alcuni chiamano Uberto, pri- 
ma del qual tempo già erano fioriti i ss. 
martiri che incordai parlando della cat- 
tedrale, e la nobile riminese s. Innocen- 
za vergine e martire; come pure tra il 
a44^ *' ^49 presso il Rorgo Aureo, era 
stata edificata una chiesetta, ove sino dai 
tempi di s. Apollinare si radunavano i 
cristiani, luogo che fu detto Confissione 
e poi 8. Gaudenzio. Nella persecuzione in 
cui perirono i nominati e altri riminesi 
campioni della fede, quasi tutte le chiese 
di Rìmini furono atterrate e tutti i libri 
sagri dannati al fuoco, d'ordine del cru- 
delissimo Diocleziano. Stemnio, 3.^ ve« 
scovo di Rimini del 3o6, fu consagrato 
da s.MarcelloPapa,ed intervenne al con* 
cilio di Laterano tenuto in quel palazzo 
da Papa s. Meldiiade nel 3 1 1, anno sa- 
lutifero per la pace data alla Chiesa da 
Costantino: questo vescovo fiibbncò la 
chiesa di s. Gregorio nel Borgo di s. Bar- 
tolomeo, di cui pe'suoi musaici, forma e 
antichità, come di quella di s. Michele in 
Foro, ne pubblicò il disegno d'Agiocourt 
nella Storia dell* arte j aumentò la chiesa 
della Confessione, e si vuole che ottenesse 
da Costantino il tempio profano de'pa* 
galli che dedicò alla celebre s. Colomba. 
Indi e prima del 346 Ciriaco vescovo, che 



RIM 

sgraziatamente fu fovoi^evole agli Ariani 
(f^.). in detto anno si crede gli succedesse 
il glorioso s. Gaudenzio ordinato preteda 
s. Silvestro I, quando i legati della chiesa 
riminese gli domandarono di provvede* 
re in luogo del morto pastore. Nella bio- 
grafia di Papa s. Liberio narrai, che es< 
sendo in esilio per volere di Costanzo im- 
pera toi*e, in castigo della difesa ch'egli 
prese di s. Atanasio vesce to d'Alessan- 
dria contro gli ariani, si celebrò il con- 
cilio di Sirmio (^.), in cui condannato s. 
Atanasio, si compilò una formola di fede 
dagli ariani, che alcuni pretendono avere 
approvata s. Liberio, ciò che altri valida- 
mente negano come dichiarai, o almeno 
come si debba spiegare il suo contégno. 
Ivi inoltre trattai del concilio nel 35^ 
tenuto in Rimini nel luogo detto Gaja- 
na, su di che non conviene Marcheselli, 
incominciato ecumenico, come lo chia- 
mano alcuni, e fatalmente terminato in 
conciliabolo, per Tinganno de' vescovi a* 
riani che fecero adottare la formola di 
Sirmio , perciò fulminato di scomunica 
das. Liberio, onde di nuovo l'imperatore 
lo cacciò da Roma. Oltre quanto io detto 
articolo notài su questo famoso concilio 
e conciliabolo, e degli autori che ne trat- 
tarono, qui aggiungerò. Per ordine del- 
l'imperatore Costanzo nel 3^9 fu con- 
vocato il concilio di Rimini, non gene- 
rale come scrissero alcuni, al quale vi fece 
intervenire tutti i vescovi dell'occidente, 
somministrando loro le vetture e quanto 
era ad essi necessario al mantenimento: 
ma que'delle Gallie per meno dipendere 
dall'imperatore, vi si laccarono a pi'oprie 
spese.Si trovarono quindi in Rimini più di 
4oo vescovi deirilliria, Italia, Africa, Spa- 
gna, Gallie e Inghilterra,però tra essi ciixa 
80 erano eretici ariani. I vescovi cattolici, 
il pili celebre de'quali era Restituto diCar- 
tagine, avendo proposto di anatematiz- 
zare l'eresia ariana in una alle altre, tutti 
entrarono in tale opinione, tranne quei 
della fazione di Ui^sacio e Valente capi 
degli ariani, Questi tentarono di sorpren- 



RIM 

dere i vescovi cattolici con diversi artifi- 
zi, rappreseataodo che la parola Confo» 
stanziale era inutile, e meglio il dire Ge- 
sù Cristo^ simile al Padre in (ulte le cO" 
se. Gli ortodossi che componevano il mag* 
gioì* numero, risposero non esservi più 
questione per al tra nuo va formola; si que- 
relarono altamente degli ariani, e dichia- 
rarono che non erano venuti per impa- 
rare ciò che dovevano credere, ma per 
opporsi a quelli che impugnavano la ve- 
rità e introducevano delle novità nella 
fede ; che bisognava condannar la dot- 
trina d* Ario e ricevere chiaramente la fe- 
de del concilio di Nicea (P^.). Si dichiarò 
pure, chela professione presentata da Ur* 
saoio e Valente era del tutto contraria 
alla fede della Chiesa e che^non si poteva 
approvarla, quindi si confermò quanto 
era stato fatto a Nicea, e si dichiarò ezian- 
dio che non vi si dovea aggiungere nep- 
pure una parola. Valente e i suoi fazio- 
nari non vollero acconsentire a questa ri- 
soluzione del concilio; quindi il concilio 
li condannò come furbi ed eretici, e li de- 
pose di viva voce. Sottoscrissero il decre- 
to 320 vescovi , anatematizzando Ario , 
come pure gli errori di Fozio e di Sabel- 
lio, facendo trionfare la fede cattolica. 
Tutto a'2 1 luglio con lettera partecipa- 
rono a Costanzo, al quale già gli ariani 
aveano spedito a Costantinopoli deputati 
sottili e astuti istruendolo di tutto, onde 
restò dispiacentissimo che vi fosse stata 
rigettata la formola ariana; quindi si ri- 
cusò ammettere a udienza i io deputati 
dei concilio, scrìvendo ai padri di voler 
terminare gli affari dello stato prima di 
quelli della Chiesa, e con indugi volle an- 
noiare tutti i vescovi con farli stare lun- 
gamente in Rimini separati dalle loro 
chiese, per guadagnarli alla sua volontà. 
Intanto gli ariani avendo fatto andare in 
Nicea di Tracia i deputati del concilio, 
e avendoli intimoriti e indeboliti, con mi- 
nacele e violenze, a' io ottobre gli obbli- 
garono ad acconsentire airabolizione del- 
le parole Sostanza o Ipostasi e Conso» 



RIM 2g3 

stanziale nuovamente introdotte, e a ri- 
cevere una confessione conforme a quella 
fatta in Si r mìo: che il Figliuolo era si' 
mile al Padre, secondo le sciitture^ non 
di una sola Ipostasi nella persona del Pa- 
dre, del Figliuolo e dello Spirito santo, 
dicendo anatema a tuttocìò ch'era con- 
trario alla dottrina espressa nella formo- 
la ; inoltre gl'impegnaronoa fare un atto 
di riunione. cogli ariani e a lasciar tut- 
tociò ch'era slato fìitto a Rimini. Intan« 
lo l'imperatore impose al prefetto Tau- 
ro, di non far separare i vescovi del con- 
cilio, finché tutti avessero sottoscritto 
questa formola di Nicea di Tracia, in- 
giungendo egli ai vescovi di sopprimere 
le parole di Sostanza e Consostanziale ^ 
poiché Ursacio e seguaci dicevano sola- 
mente che il Figliuolo era simile nella 
sostanza al Padre, laddove gli occiden- 
tali o veri cattolici, lo riconoscevano deU 
la stessa sostanza del Padre, Laonde 
gli ariani procurarono pei'suadere i cat- 
tolici furbescamente, che la soppressione 
della parola Sostanza riunirebbe la Chie- 
sa, sotto pretesto che non si trovava nella 
Scrittura e che scandalezzava i semplici 
colla sua novità. Vinti i vescovi dalla de- 
bolezza e dalla noia, cedettero alla vio- 
lenza, e sottoscrissero \a formola di Ni» 
cea, che perciò fu anche detta formola 
di Rimini. Il numero di quelli die ricu- 
sarono costantemente di sottoscriverla si 
ridusse a 20, tra' quali s. Febadiod'A' 
gen (F.) e s. Servazio di Tongres{F.) 
si mostrarono i più costanti, ma non pò* 
terono disimpegnarsi dai lacci tesi loro 
da Valente e Ursacio con fallaci ragio- 
namenti, permettendogli di aggiungere 
alla formola ciò che volessero, se non gli 
pareva abbastanza chiara. 1 cattolici ac- 
cettarono la proposizione con allegrezza, 
ma circuiti dai raggiri degli ariani, sem- 
plici come colombe e non accorti come 
il serpente, caddero nell'agguato; indi 
sottoscrissero per sorpi*esa una formola 
che conteneva il veleno dell'eresia ariana, 
I .^ in questo, che non esprimeva ciò che 



3g4 RIM 

ollora era esienxiale a dire; a.* in que- 
stOy che cODdannaTa tutlociò che gli era 
contrario, e per conseguenza la dottrina 
cattolica; e se ne tornarono ai loro pae* 
si, senza accorgersi ch'erano stati ingan- 
nati, essendo il conciliabolo terminato 
nel 36o, come vuole il p. Massari nella 
Disseri, sopra il concilio di Ritnini, Ol- 
tre a ciò gli ariani ebbero Timpudenza 
di pubblicar la vittoria, spiegando in sen- 
si eretici le parole pib cattoliche, delle 
quali si ei*auo serviti a Rimini per in- 
gannare gli altri. Frattanto questa for- 
mola fu inviata dopo il concilio di Rimini 
nell'impero, con ordine di esiliar quelli 
che non volessero sot tosaci verla ; ma il 
maggior numero la sottoscrisse per timo- 
re, per interesse o per ignoranza, indi la 
persecuzione contro gli alti'i fu generale, 
e deposti i ricusanti, altri in onenteUr- 
sacioe Valente sosti tuirono.Tutto il mon* 
do gemette di questa sorpresa e stordì 
d'essere venuto ariano, al dire di s. Gt« 
rolamo, espressione che non va presa a 
rigor di lettera, giacché i vescovi che non 
sì trovarono al concilio di Rimini non ne 
sottoscrissero la formola e rigettarono il 
concilio quando furono informati del mo- 
do come pi*ocederono le cose, e venne 
presso gli ortodossi in orrore e di deplo- 
rabile ricordanza. Non solo i vescovi che 
sì ricusarono sottoscrivere il concilio o 
di riconoscerlo lo detestarono, ma la mag- 
gior parte de'caduti nelle trame ariane 
presto conobbero la gravezza del loro fa Ilo 
quando ne videro le conseguenze funeste. 
Con edificazione furono veduti correre 
a pie de'santi confessori e protestare pei 
Corpo del Signore ch''erano sempre re- 
stati nella purità della fede, solo mancato 
di prudenza, pronti a condannare tutte 
le bestemmie degli ariani; quelli di Fran* 
eia confessarono il loro eiTore in un con- 
cilio diParìgi,e dovunque la professione di 
fede ariana di Nicea di Tracia e di Rimi- 
ni fu anatematizzata e sottoscritto il sim- 
bolo del concilio di Nicea di Bilinia; non 
pertanto gliariani cagionarono gravecon- 



RIM 

fusione nella Chiesa, e provocarono cru- 
deli persecuzioni contro gli ortodossi che 
vollero fedelmente custodi i-e il deposito 
della fede. Seguendo la comune sentea* 
za, nel voi. XXV, p. aoo ed altrove par* 
landò del luogo detto la C^tfo/ìc/z distan- 
te i3 miglia da Riminì, lo dissi così chia* 
mato per esservisi rilii-ati e nascosti i 20 
vescovi che si separarono dal concilio di 
Rimini, come seguaci della dottrina cat- 
tolica e ortodossa; dice Nardi che ciò pub 
essere, ma da altri si crede che la borgata 
prendesse quel nome da una rotta ch'eb- 
bero 1 cattolici dai Palarini ( ^.) eretici 
nel secolo XIII. Battaglini a p. i4o n- 
ferisce che nel 1271 gli uomini de' ca- 
stelli di Fogara, di Mezzo, di Granarolo 
si posero sotto il patrocinio de'riminesi, 
insieme a quelli di Castel Ligabicio,il qua- 
le si obbligò di edificare una Terra mu- 
rata col nome^ Catolica. Non debbo ta- 
cere, ch'era intenzione di Costanzo, per 
togliere ogni dissensione nella Chiesa,(li 
far convocare in un concilio generale tutti 
i vescovi dell'oriente e dell'occidente, ma 
Ursacio e Valente che tanto potevano 
sul suo animo, temendo che dovesse riu- 
scir fatale all'arianesimo per l'unione di 
tanti vescovi, lo indussero a dividerlo in 
due, scegliendo Rimini per l'occidente, 
e per l'oriente Andra, a cui poi fu sosti- 
tuita Stleucia (A^.). Si possono vedere i 
collettori de'conciliì. Regia t. 4> Labbé t. 
a, Arduino 1. 1 . Papas«Damaso I nel con- 
cilio di Roma del 369, riprovò quello di 
Rimini. 

Segno delle persecuzioni degli ariani 
fu anche s. Gaudenzio, comechè loro in- 
festissimo, onde gli convenne ritirarsi in 
Forfi. Non essendo ancor sedata la tem- 
pesta del concilio cui avea assistito, seb- 
bene partiti gli eretici da Rimini, quivi 
ritornò e radunato il presbiterio condan- 
nò il conciliabolo, scomunicando prete 
Marziano che ne seguiva gli errori. Ma 
per essere ^questi parente del proconsole 
di tal nome, i suoi fautori cacciarono il 
vescovo fuori di Rimini, e lo martirizza* 



\ 



RIM 

I rono cOn bastoni e pietre, nascondenclo 
I il cadavere in una fossa a* 1 4 ottobre dei 
I 3 60. Antonini ne scrisse \e Memorie^ e Bat- 
^ taglini a p. i4i e seg. riportala leggen* 
^ da di questo s. martire, dell'invenzione 
I del suo corpo, e parla della sua abbazia, 
cbe chiama i.° monastero della diocesi, 
come delle reliquie, delle monete e come 
fu fatto comprotettore della città. Gli suc- 
cesse nel 366 Giovanni 1.°, discepolo del 
predecessore, che aumentò il luogo della 
Confessione; indi nel 397Giovannia.°che 
rinvenne miracolosamente il corpo di s. 
Gaudenzio,e ottenne daGalla Placidia, re- 
sidente inRavenna divenuta sede degl'im- 
peratoii d'occidente, che magnificamente 
ne rifabbricasse il sepolcro e tempio.Dopo 
una lacuna di quasi 24anni,nel 462 tro- 
vasi il vescovo Gennaro che dicesi prene* 
stino e cardinale, maCardella che io seguo 
nonio conobbe: intervenne a'^concilii ro- 
mani, come il successore Giovanni 3.*^ del 
498, fatto da 8. Gelasio T o meglio da s. 
Anastasio li. Nel 55 1 Stefano i.° dopo 
lungo intervallo, il quale seguì Papa Vi- 
gilio a Costantinopoli e vi sottoscrisse il 
Costituto; poscia Giovanni 4-^ il Grande 
morto nel 590. Secondo la consuetudi- 
ne, il clero col suo voto e il popolo colla 
postulazione elessero O dea ti no, che non 
piacendo a S.Gregorio I, questi nel 591 
nominò Severo forse vescovo limitrofo. 
Neiristesso anno divenne vescovo Casto- 
rio, consagrato in Roma a tenore della 
consuetudine da s. Gregorio I, che per 
la sua infermità cagionatagli dai rimine* 
si, e per la quale prese paterno interes- 
se, gli sostituì nel 593 il vescovo d'Ur- 
bino Leonzio per visitatore vivente Cat 
storio ; altri visitatori furono Leone del 
599, ed Agnello del 600, avendo Casto- 
rio rinunziato nel 599, essendo allora la 
chiesa di Rimini soggetta immediatameu* 
te alla s. Sede, e vi durò per molti secoli 
fino al ]6o4 al modo narrato da Nardi: 
ad Agnello s. Gregorio I ordinò creare 
il preposto de'canonici, allora deiiìfra* 
tres e viventi in vita comune, che man- 



RIM 295 

tennero fin dopo il secolo XIII. Dopo se- 
de vacante fiori il vescovo Callionisto che 
intervenne nel 649 al celebre concilio 
romano; indi nel 678 Paolo, nel 7 1 o Nar- 
ciso cardinale, non però riportato da Car « 
della, e seguì Papa Costantino in Costan- 
tinopoli. Agnello a.** fu nel 743 al con- 
cilio di Papa s. Zaccaria, e fu forse il i.^ 
vescovo eh' ebbe qualche ingerenza coi 
magistrati di Rimini sul temporale del- 
la città in nome del Papa. Tiberio sotto- 
scrisse nel 769ÌI rinomato conciliodi Ste- 
fano IH detto IV ; Stefano 2.'' dell' 800 
fu presente al concilio d'Eugenio II; Ni- 
colò i.^dell' 85o; Giovanni 5. Vi i*ecò nel- 
1*86 1 al concilio di Roma; Deltone del- 
r876 che da Papa Giovanni Vili fu im- 
piegato in gravi e gelosi affari; Nicolò 2.** 
deU'887; datale nel 930 fece la 2.' tra- 
slazione nella cattedrale de' ss. Martiri 
fratelli riminesi; Giovanni 6.^ del 946 
intervenne ai concilii di Roma e Raven- 
na, e nel 96 1 trasportò nella chiesa de'ss. 
Pietro e Paolo, oggi s. Giuliano (pare che 
per qualche tempo servisse di cattedrale) 
il corpo di s. Giuliano martire che pro- 
digiosamente era approdato nel lido del 
mare, del quale ne riporta le notizie Bat- 
tagliui p. 128 e seg; così del suo culto, 
di quando fu fatto patrono di Rimini, ed 
a p. 1 55 della sua abbazia e reliquie. A. 
tempo di Giovanni 6.^ insorse nel 966 
con denaro o 900 lire pavesi, il pseudo 
vescovo Uberto i.^, il quale non divenne 
legittimo pastore che alla sua morte o 
cessione, verso il 980.GIÌ successe nel 998 
Giovanni 7.^ di molta lode; quindi nel 
ioo5 Uberto 2.°,ìn tempo del quale mo- 
rì il b. Arduino di Rimini, ed il vescovo 
ne fece depositare il corpo nella chiesa 
di s. Gaudenzio. Gli successero progres- 
sivamente, nel I025 Sergio, nel 1028 
Monaldo, nel 1 o4 1 Giovanni S.**, nel i o53 
Uberto 3.^ cardinale, dignità di cui noa 
è persuaso il diligente Nardi. Aggiunge- 
rò che siccome vuoisi poi vescovo di Pa» 
lestrinayed avendo io a quell'articolo for- 
mato la serie con Ughelli, e con Ceccoui 



ig6 RIM 

e Petrin'i storici patrii , trovo nel io58 
UbertodePodiisoPo^gfo(f^.),e nel 1073 
il rìmiDese delle Caminate Belmonle{F,); 
ignoro poi se il i.** sia stato vescovo di 
Rimini, bensì Uglielii, secondo gli autori 
che cita, dice che dal vescovato riminese 
il Belmonte passò al Prenestino. Certo è 
che Uberto 3.^ venne lodato per virtù e 
santità di vita. Dopo di lui nel 1069 si 
registra Opizone 1.^ egualmente enco- 
miato per dottrina e pietà, tanto rare in 
que'secoli, e talmente generoso che fu 
detto Elemosinano, a fendo fatto diverse 
donazioni al suo capitolo: Battaglini che 
lo credette fautoi*e dell'antipapa e di En - 
rico IV imperatore, a p. I25 ciò narran* 
do, sospetta che quel principe perciò gli 
dasse l'assoluto governo della città, do- 
minio che avrebbe avuto corta durata. 
Egli s'intitolava ne'diplomi: Deigraùani 
Ariminensis Episcopati Servus servorum 
Deiy ad imitazione de'Papi, ma a Servus 
dirò di altri vescovi che usarono questa 
fbrmola. Nel ino Nicolò 3.% al cui tem- 
po Enrico Y prese sotto la sua tutela i 
benidellachiesa riminese; dipoi nel 1 123 
Rainieri i.^, nel 1 136 Opizone i.^^nA 
1 143 Rainieri a.° Uberti o Ubertini ze- 
lante, sotto il quale Papa Lucio II con* 
fermò alla chiesa riminese il diritto so- 
pra una ponione del lido del mare, e so- 
pra la metà di una delle porle della cit- 
tà, e l'intiero diritto sopra un'altra: Bat- 
taglini vi aggiunge la conferma de'mo- 
iiasleri, pievi, chiese, corti, masse e altri 
terreni, per cui gl^impose di pagare al 
palazzo Lateranense annui 3o dcnarios 
òolidosj in vece Eugenio III slabiPi una 
libbra di puro argento, e lo ratificò In- 
nocenzo 111. Rainieri a. Vi 3maggioi i54 
cùnsagrò con solenne pompa la cattedra- 
le, e vide donati dall'imperatore Fede- 
rico 1 all' arcivescovo di Ravenna i mo- 
nasteri di s. Tommaso e di s. Eufemia 
della città di Rimini, con altri luoghi. Gli 
successe nel 1 1 58 A Iberico che vuoisi con- 
sagrato da Alessandro III, e dovette so- 
stenere colle armi la sua giurisdizione 



RIM 

contro il vescovo di Cesena» prendendoi 
le partii riminesi, finché si veDDeapaóf 
ci accordi, pei quali in appresso i duep 
poli si aiutarono scambievolmente. Dò| 
fiori nel 1 1 77 Opizone 3«% che si trovò 
prodigioso acquisto che fece la chiesa di 
Lorenzo d'un braccio dis. Nicolò di Mii 
onde ne prese il nome, lo detto anno 
fu pure Jocel li no canonico diacono de 
cattedrale, che si trova intervenuto i 
1179 al concilio generale di Laterai 
e nel 1 184 ricevè degli ordini daLiu 
incontro i patariniy cioè che radunai 
gli abbati e il clero, e rinnovasse oont 
tali eretici e fautori la scomunica, d 
vendo ammonire il podestà e i cittad 
che dentro 3 o giorni li cacciassero, alt 
menti interdicesse le chiese, e vietasse 
celebrazione de'divini uffici, imperoa 
ad onta de'giuramenti i rettori avea 
Irascuiato di espellere quella setta, < 
me apparendo da Battaglini. Da que 
rilevo ancora, che Malalesta da Veri 
chio appena ebbe la defensorìa e il [ 
matonel comune, si fece co'Ogli e nep 
aggregare tra gli uffiziali dell'i nquisiz 
ne, contro siffatti eretici ; e che A lessa 
dro lY nel i^5q commise ai fi*ances< 
ni gl'inquisitorati di Faenza e Rim ini | 
la Romagna. Si può leggere l'erudita d 
sertazione del cardinal Garampi suii 
terini^ a p. 1 65 delle citate ^/e//iorie.I 
1 185 divenne vescovo Ruffino (^.) | 
cardinale, indi nel i ig3Ugone i.^O 
sablini.Nel 1204 Ventura Trissi no di 1 
cenza, cui Innocenzo III confermò i bi 
della chiesa , che dichiarò soltanto se 
getta alla santa Sede; come persona 
merito il Papa gli commise d'intimar 
scomunica all'arcivescovo di Ravenna 
ogii osimani se non terminavano le ùe 
loro questioni, e se ne servi in altre d 
licate commissioni; dovette sostenere 
capitolo contro il comune e lo benefic 
per cui o per alcuni statuti contro Tei 
clesiastica libertà, Onorio III nel 122 
scomunicò il podestà e i consiglieri, e se 
topose la città all'interdetto, da cui ne 



RIM 

fu prosciolta che 3 anni dopo, a condizio* 
ne di 8opprimei*e gli statuti. Inoltre Ven- 
tura difese i propri diritti nelle signorie 
da lui dipendenti, ed eresse o restaurò 
l'ospedale di s. Spirito fuori della città, 
dato in cura agli agostiniani. Rinunzian- 
do nel 1 23o, ottenne per successore Ben- 
no canonico rimineseche fu in grande sti* 
ma, onde venne adoperato in diversi af- 
fari dal Papa Gregorio IX, e nella pace 
tra Riinini e Urbino. Successivamente fu- 
rono vescovi nel i a4^ Gualtieri,nel i ^44 
Rainieri 3.°, nel 1 2^5 fr. Ugolino dome* 
nicano, nel 1249 il cardinal Ottaviano 
Vòaldini ( F,) amministratore, nel 1 a5o 
fr. Algisio domenicano poi traslato a Ber- 
gamo sua patria, penitenziere del Papa 
e predicatore egregio. Nel ia5i Giaco- 
mo I.**, ch'ebbe differenze col l'abbate di 
s. Giuliano, col capitolo, e col comune per 
diritti signorili tanto in città, quanto so- 
pra alcune castella del contado, con tut- 
ti componendosi; benevolo coi religiosi, 
concesse ai francescani la piccola chiesa 
di s. Maria in Trivio, poi ampliata e di- 
venuta il duomo; die la parrocchia di s. 
Cataldo ai domenicani, ed agli agosti- 
niani cjuella di s. Gio. BattisU. Nel 1263 
Ugo 2.^ eletto dai canonici^ per gratitu- 
dine confermò i beni e ne aggiunse, da 
una carta del quale si leggono i soli ti 4 
annui pranzi da darsi dal vescovo al ca- 
pitolo, per Pasqua, Pentecoste, Natale e 
s. Colomba, e che il preposto teneva il 
vicario. Non essendo piaciute a Clemente 
IV le elezioni di due vescovi fatte dal ca- 
pitolo, comechè viziose, nel 1 265 nominò 
fr. Ambrogio domenicano fiorentino, che 
fu al concilio generale di Lione II, lodato 
per zelo ed erudizione: in tempo del suo 
vescovato e nel 1286, si riporta la prò- 
' digiosa traslazione d'un'immagine della 
B. Vergine da Rimini a Venezia nella 
chiesa di s.Marziale. Nel i278Guido i.^ 
delle Cam ina te d'una delle primarie fa- 
miglie di R imini e molto dotto; nel 1 3oo 
fr. Lorenzo Ballocchi domenicano; nel 
1 3o3Federico L'Odetto da BonifacioVIlI 



R I IVI 297 

e fratello del precedente, che d'ordine 
del Papa Clemente V| benché esente, fu 
al concilio di Ravenna nel i3i 1, intro- 
dusse in Rimini i serviti e ne consagrò la 
chiesa. Da Sinigaglia Giovanni XXII nel 
i32i trasferì a questa sede Francesco 
i/deSilvestris nobile di Cingoli, in mol< 
to credito presso il Pagi^ che lo trasferì 
a Firenze; nel 1 323 surrugandogli fr. 
GirolamoL^de Fiscis riminese domeni- 
cano, suo cappellano e penitenziere, con- 
fessore della b. Cniara da Rimini, pio e 
dotto, che pubblicò le lettere apostoliche 
contro Lodovico il Ba varo. Nel 1 328 Fe- 
derico 2.^* già di Sinigaglia, che statuì col 
capitolo, che i redditi del i .''anno de'n uo- 
vi canonici si dovessero alla cattedrale. 
Nel 1 329 da Reggio vi fu traslato Guido 
2/deBaisiodi molto merito, assai dotto e 
celebre giureconsulto, che aiutò la b. Chia- 
ra pel nuovo ritiro monastero che fece 
in Rimini per s^ e compagne, indi tra- 
sferito a Ferrara. Nel 1 332 Àlidosio d'I- 
mola, sotto del quale il cardinal Batta- 
glini riminese fondò in duomo due cap- 
pellanie,fabbricando la cappella di s. Pri- 
sca o v'era slato battezzato. Verso questo 
tempo volò al cielo la b. Chiara Ango- 
lauti riminese, e fu tumulata in s. Maria 
degli Angeli. Neh 353 Andreai.°,nunzio 
in Toscana e nel Genovesato, visitatore 
de'camaldolesi, che fece la legge che non 
potesse aver qualsivoglia beneficio eccle- 
siastico chi non era della diocesi. Nel 1 363 
Angelo i.^Toris coosagrato in Avigno- 
ne da Urbano V; gli successe nel i366 
Geraldo riminese de'conti Maschi, e forse 
prima di lui e per poco Gualdo Gualdì 
nobile riminese lodatissimo, se pure non 
è il medesimo soggetto, eletto ad istanza 
de'canonici; nel medesimo anno essendo 
morto, gli fu sostituito Bernardo de Bo- 
navallebolognese,giàdiSpoleto.Nel 1 3^ i 
fr. Ugolino 2.^ agostiniano, patriarca di 
Costantinopoli, amministratore, forse dei 
Malabrauca d'Orvieto, pio e dotto. 

Gregorio XI nel 1 374 traslatò da Pe- 
saro Leale Malatesla figlio spurio di Ma- 



398 R I M 

latesta Malatesla e di certa Giomniia» lo* 
dato per pietà, onde fece pii legati, e al- 
la cattedrale un beirostensoriod argen- 
to dorato di finisiimi lavori per la pro- 
cessione del Corpus Domini^ e nel quale 
fu poi collocata la s. Spina, dono del re 
di Francia EnricolII al vescovo Castelli, 
il quale potè ottenere in Sens una costa 
e due denti di s. Colomba che si venera- 
no neir odierno duomo, tratti dal corpo 
che riposa in detta città: Leale fece savie 
leggi, fu impiegato daTapi in importan- 
ti allari, si adoperò indarno per pacifica- 
re la principesca sua famiglia Malatestn; 
mori nel 1 400 in Castel Leale, luogo del- 
la diocesi nella pieve di s. Savino^ che da 
lui edificato e fortificato prese il nome. 
Bonifacio IX subito lo fece succedere dal 
suo vicario generale Bartolomeo Barbati 
beneventano, che ottenne dalPapa un bel 
diploma in conferma de'beni di sua chiesa, 
il quale poi confermò Nicolò Y. Nel 1407 
Gregorio XII fece vescovo Benedetto de 
Bandelli (^.)j traslato da Città di Ca- 
stello, che poi creò cardinale, nella qual 
dignità non fu riconosciuto dalla chiesa 
univei'sale, se non nel concilio di Costan- 
za a'4 luglio 1 4 1 ^> quando il Papa rinun- 
ziò il pontificato, perchè con altri Tavea 
creato cardinale contro la promessa fatta 
di non crear più cardinali per più facil- 
mente estinguere il deplorabile scisma. 
Gregorio XII inoltre lo inviò legato nel 
dominio de'suoi veneti e nella provincia 
di Romagna, fu in carteggio col Papa, che 
dimorando in Gaeta gli die facoltà di di- 
spensare nel detto dominio fino al 4**^6>*a* 
do : il cardinal morì prima del dicembre 
i4i6al concilio diCostanza, mentre nel- 
la biografia con Cardella esattissimo dis- 
si nel i4(7 9 anche per vederlo asserito 
dal celebre Novaes. Nel di lui vescovato 
Carlo Malatesta fondò un monastero con 
chiesa pei religiosi di s. Paolo {.^eremi- 
ta, cui fu data con autorità di Gregorio 
Xll l'abbazia di s. Gregorio istituita da 
S.Pier Damiani, non che lo spedale dello 
Spirito santo : ma questi religiosi essen- 



RIM 

do nella maggior parie ungheresi, dopo 
pochi anni ripatriarono. In principio del 
14 1 7 il concilio fece com menda tario del* 
la chiesa di Rimini il cardinal Condul* 
mieri nipote di Gregorio XII e poi Eu- 
genio lY, indi la conferì pure in commen* 
da al cardinal Antonio Corraro, altro ni- 
pote di Gregorio XII. I canonici di Ri- 
mini dopo la morte del vescovo volendo 
riacquistare il diritto di eleggere il pro- 
prio pastore, elessero Girolamo 2.^ Leo* 
oaixli riminese generale degli agostinia- 
ui, che ne fi;ce domandare la conferma 
al concilio , che in vece nominò i detti 
commendatari, o forse a ciò procedette i- 
gnorando tale elezione, od avrà poi riti- 
rata probabilmente la coronienda. Certo 
è che Martino V a' i o gennaio 1 4 1 8 con- 
fermò l'elezione de' canonici. Girolamo 
a.^ approvò le rinnovate costituzioni del 
«Capitolo, donò al vescovato de'propri suoi 
beni il casino poìto sull'ameno colle di 
Covignano con terreni all'intorno lungi 
a miglia dalla città, per villeggiatui*a dei 
successori che tuttora lo godono, e dove 
ì minori osservanti hanno il convento. I 
Malatesta nel iJ^iS lo deputarono per 
trattarla pace col conte Montefèltre; per- 
mise l'istituzione del monastero delle ca- 
nonichesse lateranensi , e coi vescovi di 
Fano e di Cesena assistè a' magnificen- 
tissimi funerali di Carlo Malatesta in s. 
Maria in Trivio, poi s. Francesco o tempio 
Malatestiano, oggi cattedrale. Eugenio 
IV nel 1435 fece amministratore il sud- 
detto suo cugino cardinal Corraro in ot- 
tobre, indi dopo 52 giorni e net novem- 
bre nominò vescovo Cristoforo vicenti- 
no già di Cervia con grandi elogi, come 
stato suo uditore; l'onorò con diverse 
commissioni, fu al concilio generale di Fi- 
renzee fu trasferito a Siena. Nel i'44^ ^u* 
genio IV gli surrogò Bartolomeo 2.°Ma- 
latesta de'signori di Rimini, il quale a '3 1 
ottobre 1 446oi(lò la i .'pietra nel famoso e 
superbo tempio Malatestiano di s. Fran- 
cesco. Nel 1448 Nicolò V elesse Giacomo 
i2.*^Vannucci di Cortoodi chierico di ca- 



RIM 

mera, che poi traviato a Perugia, ed in 
sua vece dichiarò vescovo neh 449 ^^* 
dovicoi AiiGarstis uditore della camera 
apostolica, iodi ueli45o Egidio Guidoni 
di Carpi, mentre il capitolo procedeva 
all'eiezione, ò per raccomandare alcuno: 
pare che si trattasse del cardinal Barbo 
poi Paolo 11, e nipote di Eugenio IV, il 
quale essendo vescovo di Cervia dimora- 
va sovente in Rimi ni conferendogli assai 
il clima. Malatesta Novello signor di Ce- 
sena aveva fatto premure al capitolo pel 
p. Francesco da Rimini provinciale dei 
minori. Egidio consagrò la cappella di s. 
Sigismondo nel tempio Malatestiano, eoa 
5 vescovi viciniori, e neh 4/^} ^'inerban- 
dosi una pensione di 3oo ducati, rinunziò 
a Bartolomeo 3,°Cocapani di Carpi, vi- 
ce-legato del Patrimonio, che celebrò nel 
i477 '^ sinodo come zelante pastore, per 
cui proibì l'uso delle carni e de'làtticini 
nella quaresima, sotto pena di scomuni- 
ca e dito soldi d'applicarsi meta alla ri- 
parazione del porto, l'altra metà a'poveri, 
e tenne anchecura pastorale del vescova- 
to di Cervia. Neh 485 da 'E^Ienopoli Si- 
sto IV vi trasferì Giovanni g.° Rosa di 
Terracina, e gii successe nel i488 Gia- 
como 3.^ Passarelli cesenate, traslato da 
Imola per volere d'Innocenzo Vili, che 
lo fece pure governatore di Cesena e poi 
di Romagna ; quindi l'inviò nunzio eoa 
facoitù di legatoaEurico VI Ire d'Inghil- 
terra, che lo fece suo consigliere e gli per- 
mise nel suo inquartare il proprio stem- 
ma; col consiglio de'canonici statuì che 
fossero privati del beneficio se senza li- 
cenza del vescovo stassero lontani, l'ar- 
ciprete, il preposto, il rettore , ec. Ales- 
sandroVIneli495per sua morte nomi* 
nò amministratore il cardinal Oliviero 
Caraffa f^.), che neh 497 con regresso 
rinunziò in favore del nipote Vincenzo 
\!^ Caraffa (V,) poi cardinale col nome 
dìGio. Vincenzo, come pur fece neh5o5 
della sede di Napoli, laonde riprese Tarn* 
minislrazione di Rimini , otienendò da 
Giulio II che il decaduto monastero ca« 



R l M ^99 

malcjolese di s.Teonisto co'beni fosse in- 
corporato alla mensa capitolare. Per sua 
morte Giulio li fece avvisare i canonici, 
forse perchè non procedessero all' elezio- 
ne del successore, che avea nominato il 
vescovo d'Imola Simone Bonadies nobile 
romano, il quale compose la comune eoa 
Saludecio che voleva sottrarsi dalla giu- 
risdizione di Rimini e passare quella di 
Fano; intervenne al concilio generale di 
Laterano V, fu vicelegato della Marca 
d'Ancona e fece diverse leggi lodevoli pel 
clero, restaurando col capitolo la catte- 
drale. Leone X neh 5 1 8 elesse Fabio Or- 
sini di Cesi de'contid'Anguillara, fratello 
del rinomato Renzo, di cui parlai in piti 
luoghi,a Milizia e Roma; venne impiegato 
in gelosi affari, e nella vicelegazione della 
Marca ; sotto di luì la città fu minaccia- 
ta d'interdetto per essere stata rioccupa- 
ta dai Malatesta, onde il vicario del ve- 
scovo e il capitolo s'interposero per dimo- 
strare che la colpa era di pochi, e dell'u- 
surpatore che soverchiava colle sue for- 
ze. Clemente VII successivamente fece 
nel marzo 1 5^8 amministratore il cardi- 
nal Franciotto Orsini (P^,) col vescovo 
BelinensepersufIraganeo;a'7 aprile §529 
il cardinal Antonio del Monte (F,) che 
rinunziò a'2 4 "faggio; ed in questo gior- 
no vescovo Ascanio Parisani {F.) già di 
Caiazzo poi cardinale, e perciò dello il 
cardinal di Rimino : pare che prima e 
dopo il 1 533 ne fosse nuovamente ammi- 
nistratore il cardinal del Monte, forse pel 
regresso ; io però nella serie de* Maggior' 
domi nel 1 534 dissi Parisani vescovo di 
Rimini, e tale lo trovo nel Renazziche mi 
precedette nella Storia de* maggiordomi 
ch'io compilai come lui, e con miglior e- 
sito, colle schede dell'archivio del palaat- 
zo apostolico. Nel sinodo deh 546 Pari- 
sani era assente come quasi sempre, per 
cui il suo vicario probabilmente era de- 
corato della dignità vescovile; neh 549 
persua morte gli successe il nipote coadiu- 
tore Giulio 1.^,0 per l'eia ne divenneam- 
nìinistratore, indi effettivo vescovo^ por- 



3oo R 1 M 

tandosi al concilio di Trento, dopo il qua- 
le teone due sinodi nel 1 564 e nel 1 5'j^i 
Del 1 568 aprì il seminario, e nel 1 5jZ in- 
trodusse i carmelitani nella chiesa di s. 
Gio. Battista. Nel iSj^ Gregorio XllI 
§soe vescovo Giovanni io." Castelli bolo- 
gnese, che celebi*ò 3 sinodi,fu visilatoi^e di 
Lucca e Parma, indi nunzio di Francia, o- 
"ve operò bene in più cose, e vi morì, dopo 
aver istituito nella sua cattedrale 6 man- 
aionari a'quali ottenne dal Papa lealmu- 
tie nere di pelle d'agnello, avendo anche 
rimodernato la cattedrale. Nel 1 583 Vin- 
oenso 3.° Torfanini bolognese; nel 1 5^ e 
Giulio Q.^Salicini bolognese, che intro* 
dusse i teatini in Ri mini, pose le prime 
pietre nella chiesa della B. Vei*gine della 
parrocchia di s. Àndrea,e in quella e con« 
"vento de' cappuccini nel i6o5, i quali 
perciò abbandonarono quello sul monte 
Fronte, eretto nel 1 564, ed al nuovo die- 
rono il titolo della ss. Concezione in me- 
moria di altro già da loro posseduto : il 
vescovo fu anche vicelegato di Romagna, 
j^el 1 6o6Berlinghiero Gessi{F'.) poi car- 
dinale (di cui fu ablegato per la berretta 
l'ossa A. Baltaglini), consagi*ò il nuovo ci- 
miterio della cattedrale, fu nunzio di Ve- 
nezia e nel i6ig governatore di Roma, 
onde rinunziò nel 1 6 1 9, e Paolo Y sosti- 
tuì Cipriano Pavoni riminese abbate o- 
livetano, che visitò la diocesi, e tenne il 
sinodo nel 1624* Urbano Vili nominò 
nel 1627 Angelo 2.° Cesi romano de'du- 
chi d'Acquasparta, di moltissimo merito e 
gran letterato,ceIebrò il sinodo nel i63o, 
governò con saviezza, ebbe eccellenti par- 
rocchi e fu nunzio di Venezia. Nel 1646 
il cardinal Federico Sforza (F',) , quasi 
riediGcò la cattedrale rovinata dal ter- 
remoto del 1672, benché non fosse più 
vescovo, le donò 6 grandi e ben lavora- 
ti candeilieri d'argento colla croce, che 
gli costarono più di 1 000 scudi, avendo 
tenuto il sinodo nel 1 654, che ^^ ^^ ^^* 
no fa stampato dal Simbeni : per salute 
rinunziò, e in morte lasciò a detta chiesa 
tutti gli arredi di sua cappella ricchissi* 



EIM 

na d'argenti, conipreso il calice d'oro, 00- 
ae rilevo da Ratti, Driia famiglia «^or 
stf 1. 1 , p. 338 e seg., il quale a vvertedie 
la riedificazione rincooilociò nal 1 668, ed 
essendo rimasta considerabiloieDle dso* 
neggiata dal terremoto, conttibuì pel rial* 
tamento scudi 1600, essendosene riseria- 
ti 1400 di pensione nel dimetterla. Nel 
l656Tommasode'coutidi Carpegnaro* 
mano e teatino, bravo teologo, ma visieiS 
mesi. Dopo più di altri 1 5 di sede vacsBle 
nel 1 659 Marco 1.^ Galli (^.) poi cardi- 
nale, nunzio di Colonia e poscia di Ha- 
poli, per cui lasciò raccomaDdata ladli^ 
la al ve8covod'Urbania,teDae il sinodo od 
1674» e consagrò la cattedrale nel 1676, 
visitando la diocesi. Mori nel i683,eil 
preposto governò la diocesi fino al 1687, 
in cui Innocenzo XI nominò il cardiali 
Domenico M/ Corsi (f^.) legato di Ro* 
magna; tenne il sinodo e lasciò legati al- 
la chiesetta della B. Vergine da lui edi* 
ficata, e unita alla cattedrale. Nel 1698 
Giovanni 1 1 *Davia{F,) bolognese già di 
Tebe e nunzio di Polonia, poi di Vien- 
na e cardinale: rinunziò dopo aver otie- 
brato due sinodi, e nel i ji6 Benedetto 
XII i gli surrogò e consagrò Renato Mas- 
sa napoletano che tenne il sinodo. 

Benedetto XI Vnel 1 745 elesse Alessan- 
dro Guiccioli nobile di Ravenna, il cui ar- 
civescovo suo fratello lo consagròy reduce 
dal governo di Carpentrasso, avendo e- 
saurito importanti missioni co'i*e di Spa* 
gna e Portogallo : fabbricò la superba 
scala e facciata dell'episcopio, e fu ottimo 
pastore. Nel 1753 Marc' Antonio Zolio 
nobile riminese, con tripudio de'ooncitta* 
dini; nel 1 757 Gio. 1 3^ Battista Stella bo- 
lognese, morto nel 1 758; onde successe il 
oardinalLodovicoa." Falenti{^F',) pelqua- 
le prese possesso il can.^ Garampi poi car* 
diuale, ed il vescovo fece il solenne ingres- 
so con l'antico ceremoniale, col venerare 
nella chiesa di s. Gaudenzio le reliquie, 
lasciando in offerta la veste viatoria e il 
cavallo, implorando da tanto predeces* 
sore il suo patrocinio nel governo delie 



RlIVf 

anime a se commesso, còme leggo in Bat- 
taglini : rifabbricò il bel seminario vicino 
all'attuale cattedrale^ ed in questa occa* 
alone ottenne dal Papa Wìlìoìo sine re ó\ 
arciprete a tutti i parrochi della diocesi, 
per non pregiudicare i pievani che lo a- 
^eano dal secolo Vili e il i.° prete del* 
la cattedrale che lo gode dai primi seco- 
li della Chiesa. Teneva un'accademia ec« 
clesiastica fioritissima, ove furono recita- 
te belle dissertazioni e alcune stampate 
nellaf?/zcco//a di Zaccaria. Clemente XIII 
nel 1763 da Tivoli trasferì Fi-ancesco 2.* 
de'conti Castellini diForPi; nel 1777 Pio 
VI 'vi traslatòda Feltre Andrea 2." Mi- 
nucci di Serravalle, pieno di dottrina e di 
spirito pastorale , fu amato , protesse le 
lettere e i letterati , poi amvescovo di 
Fermo. Lo stesso Papa nel 1779 elesse 
Vincenzo 3,** de'conti Ferretti d'Ancona, 
I già vescovo di Rieti, che oltrequanto no* 
i fai di sopra, nell'anticamera deirepisco* 
I pio fece dipingere in tela la serie de"* ve* 
i scovi, e sul muro nel casino di Co vigna* 
no, ove fece anche dipingere tutti i pae- 
si della diocesi : in occasione del funesto 
terremoto del 1786 dimidiò la grandis* 
sima sala del vescovato eretta dal cardi- 
nal Sfoi*za, formando colla metà 4 came- 
re. Visitò piti volte la diocesi, donò alla 
cattedrale vari arredi sagri e 4 busti di 
argento. Morì nel 1806, e dopo i5 mesi 
di sede vacante, Pio VII nominò Guai- 
fardo Ridolfi nobile di Verona, fatto da 
Napoleone con tutti gli altri vescovi del 
regno italico barone di esso e cavaliere 
della corona di ferro ; avendo trasferito 
la cattedrale nel celebre tempio Malate- 
stiano de'francescani, che ricevè con ciò 
un nuovo lustro e fu restaurato in mol- 
te cose essenziali, ne consagrò di nuovo 
il marmoreo altare maggiore nel dì del- 
la festa di s. Pietro del 1809. Indi nel 
1 8 1 1 fu al così detto concilio nazionale di 
ParigH^F'.)^ e neh 8 12 fudichiaratocon- 
te del regno. Inoltre Pio VII dopo sede 
vacante, nell'agosto 1819 traslatò da A- 
tene a questacfaiesa GianìraDcesco Guer* 



RTM 3of 

rieri di Fermo, che richiamatolo in Ro- 
ma nel 1822 a rinunziare la dignità, no- 
minò vicario apostolico Giovanni Mar- 
chetti arcivescovo d'Ancira e dottissimo 
autore di diverse opere. Leone Xll nel 
maggio 1824 ^i trasferì da Pesaro ^ ad 
onta di quanto dissi a quell'articolo, il ri- 
minese Ottavio Zollio,lodatissimo pasto- 
re. Gregorio XVI nel 1 832 nominò mg.' 
Francesco Gentilini di Spoleto facondo e 
valente predicatore, già canonico della pa- 
tria metropolitana, col titolo di arcive- 
scovo di A micia in partibiist di ammi- 
nistratore apostolico , quindi nel conci- 
storo de' 1 5 aprile 1 833 lo dichiarò vesco- 
vo : dipoi nel concistoro de'20 gennaio 
1 84^ lo trasferì all'arcivescovato in par- 
tihus di Tiana, e lo fece canonico vati- 
cano e segretario della s. congregazione 
delia visita apostolica, ed il Papa che re- 
gna lo nominò segretario di quella del- 
l'esame de' vescovi. Nel medesimo con- 
cistoro Gregorio XVI vi traslatò da Mori' 
te Feltre (F,) l' attuale ottimo vescovo 
mg.' Salvatore Leziroli d' Imola, in cui 
prima che quel Papa lo nominasse al- 
l' altra sede era canonico penitenziere e 
decorato delle primarie cariche ecclesia- 
stiche. Ogni nuovo vescovo è tassato in 
fiorini 4oo, ascendendo le rendite della 
mensa a circa 4000 scudi. La diocesi è 
grande e per molte miglia si estende con 
90,000 abitanti, nonaginta mille incolàs 
dice 1' ultima proposizione concistoriale. 
In Sa vignano vi é la collegiata con ca* 
pitolo, così in s. Arcangelo, ed in Veruc- 
chio ove sono gli agostiniani e le bene* 
dettine, de'quali luoghi parlai nel già ci- 
tato articolo FoBLÌ; come ancora di Sa- 
ludecio che ha i girolamini, di Mondai- 
no che ha le Clarisse, di Soglia no che ha 
le agostiniane. Mi duole l'animo, che per 
r imperiosa legge de' ristretti limiti del 
mio sistema, de'memorati e altri illustri 
luoghi io non possa dire altro, e molto 
più per la cospicua s. Arcangelo che me- 
ritò d'essere elevata al grado di dttìi da 
Leone Xll neh 8281 col hvevefnter ce- 



3o2 RIM 

U-bn'ora , approvando i regolamenti per 
le aggregazioni ai ceti nobile e civico ; e 
di avere a bea degno storico il nobile suo 
concittadino, ornamento benemerito del- 
la patria, mg/ Marino Marini canonico 
vaticano, segretario della s. congregazione 
deirimmunità ecclesiastica e pi*efétto de- 
gli archivi vaticani (de' quali e in parte 
col celebre zio mg/ Gaetano benemeren- 
tissimo, per averli cogli altri della s. Se- 
de ricuperati dalla Francia, in uno ai co- 
dici della biblioteca Vaticana e altre co- 
se, come rilevandoservigicosì importan- 
ti ricordo a Roma, P\), essendo egli stes- 
so un archivio di vasta e profonda eru- 
dizione, come si ammira nelle sue opere, 
in moltissimi articoli da me citate con 
vantaggio, mentre a ricordare soltanto le 
Memorie istorico- critiche della città di 
s, Arcangelo^ Roma 1 844i queste giusta- 
mente furono grandemente lodate dal 
dottissimo e benemerito autore di pre- 
giate opere il p. AgostinoTheiner dell'o- 
ratorio, per quanto pubblicò nel t.so, p. 
93 degli Annali delie scienze religiose, 
stampato anche a parte, oltre quanto ne 
dice il beirarticolo che si legge nel t.12, 
p. g3 dell* Àlbum di Roma, A nche per 
queste illustrazioni con pena solo mi li- 
miterò a far eco con dire, che a buon di- 
ritto r encomiato prelato, per le illustri 
memorie di cui va superba la città di s. 
Arcangelo, con mirabile amor patrio ad 
essa rivendicò l'antico splendore e la sua 
Tera e antichissima origine, sul cui tem- 
pio di Giove sino dai primordi del cristia- 
nesimo fu eretta la pieve e chiesa ma- 
trice, non che insigne collegiata, dedica- 
ta a Dio sotto V invocazione del principe 
della celeste corte T/^rc/z/zg^e/os. Michele, 
donde trasse la denominazione il comu- 
ne e la città, pel di lui culto introdotto 
in Rimini e dintorni dal glorioso s. Gau- 
denzio, che ridusse il tempio in chiesa , 
o dai vescovi orientali intervenuti al fa- 
migerato concilio di cui tenni superior- 
mente proposito. Ches. Arcangelo fu tal- 
volta dominato dai potenti Balacchi,Ta- 



RIM 

velli e Passa rei li suoi cittadini; talealtra 
dal vescovo e dal comuDC di Rimini, ed 
anche dal comune di Cesena, e da alln, 
ma precariamente. Bensì per la s. Sedeoe 
furono vicari i Malatesta coirannuocen- 
sodi 700 fiorinijconservando però i pri- 
vilegi e le istituzioni municipali, liccome 
vicariato separato e indipendente, eoo 
giurisdizione su divei*si castelli e ville. Vi 
fu Federico I imperatore; il vescovo di 
Ri mini vi ebbe palazzo;! rettori di Roma- 
gna qualche volta vi fecero residenza, e 
quello del 14^4 ^^ abitò stabilmente. Si 
narrano ancora le lotte valorosamente so* 
stenute dal comune di a. Arcangelo tan- 
to contro Rimino, quanto contro lapre* 
potenza de' Ma la testa, sottraendosi aldo- . 
minio or degli uni,or degli altri^cercan- I 
do sempre di mantenersi Indipendente, \ 
cioè soggetto ìmmediataniente al soave 
dominio della s. Sede e de' Papi, Gnchè 
Giulio II la ricuperò all'assoluto e pieno 
dominio della medesima. Sì dice di sua 
rocca e magnifica struttura , e degli as- 
sedi che sostenne come inespugnabile; dei 
privilegi del comune, dei suoi vicari, ret- 
tori eca8tellanì;de'divei*si storici che vao* 
ta la città, distante da Rimini 7 mìglin, 
e situata sopra la strada corriera, in va- 
go e dilettevole colle, già uno de*più fur- 
ti castelli della contrada. Vi sono i con- 
ventuali, l'ospedale, il monte di pietà,la 
congregazione del la carità o beneficenza, 
le scuole di filosofia e quelle elementari, 
un elegante teatro,una pubblica fonte con 
loggia. Sì descrivono i monumenti di ar- 
chitettura e pittura esistenti in s. Arcan- 
gelo; si fa il novero delle bolle e de'bre- 
vi coi quali i Papi la onorarono. Con mol- 
te ricerche storiche sì racconta il ti*agico 
ed eclatanteepisodio di Francesca da Ri- 
mino, di tanto infelice e tetra rinomao* 
za, ch'egli vuol dimostrare ch'ebbe cau- 
sa in Rimino ecompimento in s. Arcan- 
gelo, per le prove che produce nelle cir- 
costanze che precederono, accompagna- 
rono e seguirono il deplorabile avveni- 
mento ; e ciò siccome punto istorieo in- 



RIM 

tcressanle la Romagna, pei reclami che 
ne furono allora fatti, sia dal rettore del* 
la provincia, sia dal marchese d'Ancona, 
sìa dai Polentani di Ravenna, sia per es- 
sere stati dichiarati ribelli della s. Sede 
i Malatesta dal parlamento di Forlì, sia 
in fine per la pace stabilita allora in s. 
Arcangelo fra il comune di Rimino e ì 
Malatesta, fra questi e i Polentani colla 
mediazione di detto rettore. Protesta però 
mg.^ Marini, da prudente storico, nel suo 
discorso preliminare, di non volere su que* 
sto fatto stabilir canoni, che escludano as- 
solutamente ogni probabilità che possa 
essere a V venuto altrove; e al la p. 1 12 scri- 
ve, essere questa opinione, che in s. Ar- 
cangelo fosse morta Francesca, così fon- 
data , quanto possa esserlo in tanta di- 
stanza eli tempo e contrarietà di pareri. 
Un comune così ragguardevole come s. 
Arcangelo, non potea rimanere scarso di 
monumenti d' arte; ciò che dimostra la 
molta coltura de'suoi cittadini e Tesservi 
gli accennati e altri istituti , sì religiosi, 
che scientifici e di pubblica utilità; aven- 
do perduto nelle vicende politiche delle 
biblioteche, manomesse perchè proprietà 
de'conventi,ed il museo di storia naturale. 
Anche ella è prova di molto incivilimen- 
to il presentare la città una serie ono- 
revole d'antiche e nobili famiglie, che e- 
iiumera e illustra, molti individui di cui 
si resero insigni nella repubblica lettera- 
ria e nella Chiesa; pel vanto d'aver dato 
i natali al Papa Clemente XIV, già ram- 
mentato in principio, ai bb. Simone Ba- 
lacchi, e Galeotto Roberto Malatesta per- 
chè ivi visse di frequente e morì ; alla 
ven. suorM.' Cavalli fondatrice delle cap-* 
puccine di Bagnacavallo; come a tanti in- 
signi guerrieri, i quali sostennero guer- 
re e più volte afforzarono gli eserciti del- 
le milizie di s. Chiesa di propria gente; 
non meno di molti letterati e artisti, tra t 
quali primeggiano, Guido Cagnacci pit- 
tore ; Francesco Michini celebre anato- 
mico e fisico fiorito nel 1 53o; Giuseppe 
Enea Garatoni sommo astronomo e ma* 



RIM 



3o3 



tematico ; Gaspare Garatoni, versatissi- 
mo in ogni genere di letteratura; Costan- 
tino Ruggieri classico letterato. Mas. Ar- 
cangelo può principalmente gloriarsi del 
celebratissimo mg.*^ Gaetano Marini pre- 
fetto degli archivi segreti della s. Sede, i .° 
custode della biblioteca Vaticana e mi- 
nistro residente in Roma del duca di Wur- 
temberg, zio del lodato storico patrio, la 
di cui fama è imperitura pe'molteplici e 
classici suoi lavori archeologici e diplo- 
matici, che in tanti luoghi ho ricordato coi 
dovuti encomii e giovandomene, egli es- 
sendo noto ai cultori del sapere;, massime 
a tutta Europa; mentre delle sue beneme- 
renze colla s. Sede ne feci cenno ne' vo- 
lumi ricordati di questo mìo Dizionario^ 
avendolo celebrato diverse dotte penne, 
fra le quali mi limiterò a rammentare lo 
stesso prelato nipote , il quale colle sue 
notizie ci diede il catalogo di sue opere 
edite e de'suoi mss. nell'opera intitolata : 
Degli aneddoti di Gaetano Marini, com* 
mentario di suo nipote Marino Marini, 
Romai822e dedicata a Pio VII. Egual- 
mente meritando ricordo la bellissima 
biografia del prelato Gaeta noMarini scrit- 
ta dal eh. forlivese d.*" Giovanni Roma- 
gnoli, e stampata in Forlì nelle Biogra- 
fie e ritratti di uomini illustri di tutto lo 
stato pontificio, il quale dice, che oltre i 
molti dotti viventi, si contano 5o uomi- 
ni illustri ch'ebbero a patria s. Arcange- 
lo. Nel 1847 si pubblicarono i Cenni bio" 
grafici deWas^, Pietro Maggiolida San» 
i* Arcangelo scritti da' Adeodato Fran- 
ce5cA/,Rimini, tipi Orfanelli eGrandi.Da 
ultimo il comune, dal concittadino e va- 
lente scultore Gaetano Lombardini, al- 
lievo del sommo Canova, decretò un bu- 
sto benché vivente, all'altro illustre con- 
cittadino p. Rodolfo Borsarelli minoi'C 
conventuale e già ministro provinciale, 
profondo teologo, facondo e dotto predi- 
catore. Terminerò col dire , che la cit- 
tà di s. Arcangelo^ eziandio pel suo fab- 
bricato di oltre a mille e piti case ur- 
bane, molte fra le quali d^ assai decente 



l:- 



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3oi RIN 

ncpcIIOj per rampietta e doTÌzin del suo 
territorio s|>nrso di elogniiti cnsini da vil- 
leggiature, come ancora per la salubrità 
dell'aria, pel numero de* suoi abitanti e 
per la gloria di possedere il Rubicone, pri- 
meggia dopo Rimini, su tutti i comuni 
della vastissima diocesi. Ritornando ai ve- 
scovi di Rimini e alle memorie ecclesia- 
stiche di sua città e diocesi, oltre i citati 
autori, si possono leggere. Ughelli, Italia 
sacra t. 2, p.409: Ariminenses episco» 
pi, Jo. Pauli Oliva, Obscrvadones ano- 
nymi de Anminis adannale.s ecrlfsia* 
sticos Henrici Sponda ni, i656. Julius 
Caesar Ricciardelli, Synopsis episcopo» 
rum A rimi ni ^ et de ejnsmet civitalis cele» 
bri antiquitate, et origine, A rimini 1704: 
Synopsis praerogativartim Civita ti s A» 
rimini, et ejusdem virorum^ sanctonim^ 
aliorumque in di gnitate ecclesiastica con- 
stitutorum, Giampaolo Giovenardi di s. 
Arcangelo, Sinodi riminesi né* quali si 
esprime V indole y la natura e la forma 
de'plebanati della diocesi, e sono indica- 
te le prerogative che hanno le chiese pie- 
hane, e le preminenze e i diritti che com- 
petono agli arcipreti o pievani, con note 
critiche e appendice, Cesena 1775. 

RINALDO, Cardinale. Si trova sot- 
toscritto in una bolla di Celestino III spe- 
dita in La te ra no a favore della basilica 
Liberiana a'5 gennaio 1 1 9 1 : Ego Renai- 
dtts s, Mariae Novae Diac. Card, 

RINCHIUSI. F. Solitari. 

RINUCCINI GioyAvm^Cardinale.Vo- 
lilissimo fiorentino di antica e chiara fa- 
miglia , nacque in Firenze a' 22 luglio 
1 743. Ricevuta l'educazione civile e scien- 
tifica conveniente al suo grado, e bramoso 
di servire la s. Sede, fu ammesso in pre- 
latura, acquistando un protonotariato a- 
postolico partecipante, del quale cospicuo 
collegio divenne sottodecano nel 1775. 
Successivamente esercitò le cariche di vi- 
celegato di Bologna, di ponente di con- 
sulta, di chierico di camera colla presi- 
denza della grascia, ne'quali incarichi a* 
vendo dato saggio di molta capacità ne* 



RIIV 

gli affari, attività e priitlenza, merilàc 
l'io VI neirapnlei789loproraovesse 
la distinta dignità di gOTcroatore di £ 
ma e vice -camerlengo di s. Chiesa, qa 
di ne pi*emiasse i servigi resi alla sede 
2 1 febbraio 1 794, col crearlo cardini 
diacono di s. Giorgio in Velabro. Inoli 
l'annoverò alle congregazioni di proj 
ganda,de'rìti,di consulta, dell'immuni 
del concilio e di Loreto. Lo nominò pi 
tettore de' vallombrosanì , dell' ospedi 
di s. Gallicano, del conservatorio della! 
vina provvidenza, e delle università ( 
padroni cappellari,e de' macellari. Ni 
l'invasione dello stato pontificio, open 
dai repubblicani francesi nel 1 797 eco 
pita nel 1798, soffri come i suoi colleg 
e dovette partire da Roma. Aduuatos 
conclave nel 1 799 in Venezia, vi si n 
per concorrere all'elezione del Papa, ei 
marzoiBoo lo divenne Pio VII, il qu 
lo fece prefetto dell'economia di pro] 
ganda /f^, visitatore apostolico della 
Casa di Loreto e del memoroto ospeda 
non che protettore dell' ordine de' se 
di Maria, deil'arciconfraternita e ospi 
della ss. Trinità de'pellegrini, e della oc 
fraternità dì s. Giuseppe di Palombi 
ins. Sabina, come il tutto rilevo dalle il 
tizie di Roma. Leggo inoltre nel n.^'i 
del Diario di Roma del 1 80 1 , che ivi n 
n a'28 dicembre per un colpo apoph 
co, che quasi subito lo tolse ai viven 
senza aver potuto ricevere alcun soccc 
so, neir età di 59 anni. Nel n.** 1 o5 e 
Diario di Roma 1 802, sono descritti i i 
lenni funerali celebrati nella chiesa di 
Marcello, in cui pontificò il cardinal C 
racciolo come camerlengo del sacro o 
legio, coll'assìstenza di Pio Vlf chein ; 
ne della messa fece la solita assoluzio 
sul cadàvere. Collocato questo in luo, 
di deposito nel la cappella di s. Filippo I 
nìzi, nella sera de' 9 luglio 1 80 1 fu ti 
sportato con conveniente decoro nel 
Chiesa di s. Giovanni de*fiorentini {F 
e tumulato nella cappella di s. Frane 
SCO d'Asisi nella tombe gentilizia, ove 



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RIN 

fratello marchése Àlessandrogli eresse un 
nobile epitaffio^ che ne celebra l'integri • 
tà e le virtù che lo fregiarono, il quale è 
riportato nel n«°i6o del Diario di Ro* 
ma di detto anno. Nella mattina seguen« 
te furono celebrate un gran numero dì 
messe. La famiglia possedeva in Roma il 
Palazzo Rinuccinì (^.), che acquistò la 
madre di Napoleone; in Firenze poi pos* 
siede la celebre cappella, che Lapo di Ri- 
Buccino II fondò prima del 1 333 nella 
sagrestia di s. Croce, che.messerFrance* 
SCO fece dipingere da Taddeo Caddi il 
prediletto discepolo di Giotto. Abbiamo, 
La cappella de'Rinuccini in s. Croce di 
Firenze descritta e illustrala da G^Aiaz» 
zi^ con tavole. 

RINUNZIA. F. Rinunzia al pontifi- 
cato. 

RINUNZIA ALPONTIFICATOeRe. 

RITENZA IN ACCETTARLO. Il Solo SOmmoPon* 

tefice può rinunziare la sua suprema di- 
gnità, come fece, e vado a narrare, s. Cele- 
stino V, senza autorità e permesso d'al- 
cuno, non avendo pel stxo Primato {V.) 
alcuno sopra di se. S. Celestino Y colla 
costituzione emanata avanti la sua ri- 
nunzia, stabilì che Romanuni Pontificem 
posse lìbere resignare^ maxime cum se in - 
sufficientem agnoscit ad regendam uni' 
versalem Ecclesiamj indi fu approvata 
da Bonifacio Vili, ed inserita tra le De- 
cretali, cap. I , Quoniam de Renunciatùh 
ncj in 6, come meglio poi dirò. La rinun- 
zia in genette é il permesso e la libera ri- 
chiesta fatta in iscritto al legittimo supe- 
rìore d' un proprio diritto, ed anche pel 
motivo, che é un officio pubblico ineren- 
te al beneficio de'chierici. ^eìVEpist, 5j 
del lib. 7, dice s. Gregorio!, di non va- 
lere alcuna rinunzia ancorché fatta al le- 
gittimo superiore, se non è richiesta me- 
diante libello o supplica in iscritto. Di- 
cesi di un diritto proprio, mentre non può 
rinunziarsi un diritto che spetti ad. un 
terzo. Deve farsi al legittimo superiore, 
che se si tratta di vescovo non può rinun- 
ziare se non con l'autorità pontificia, e- 

VOL. LVU. 



RIN 3o5 

gualmente il cardinalato come descrissi 
a Porpora, ove riportai le rinunzie di tal 
dignità, ed a Berretta cardinalizia no- 
tai che alcupi la ricusarono. Nella pri- 
mitiva Chiesa appena si trova vestigio di 
rinunzie, perchè allora i Beneficii eccle- 
siastici (/^.) dipendevano dalla sagra or- 
dinazione, per la quale come s' imprime 
neir anima l' indelebile carattere, così i 
beneficii erano perpetui. Alessandro III 
dell i5g, per giuste cause permise le ri- 
nunzie. La rinunzia si deve fare libera- 
mente, poiché se si facesse con violenza 
o timore sarebbe nulla ed irrita di suo 
diritto. Si veda Vermi glioli , Lezioni di 
diritto canonico 1. 1 , lez. 9 : Della rinun- 
day che distingue in tacita , ed espres- 
sa la quale si &l semplicemente o sotto 
condizione : le riserve di accesso, recesso 
ed ingresso furono espressamente proibi- 
te dal concilio di Trento e da s. Pio V. 
Può non solo il cardinale e il vescovo ri- 
nunziare, ma qualunque altro in eccle- 
siastica autorità costituito, non solo per 
se stesso, ma anche col mezzo di procu- 
ratore, tanto ecclesiastico che laico, mu- 
nito di speciale procura. Emessa e appro- 
vata la rinunzia non può esservi luogo a 
pentimento, e tutti i diritti del beneficio 
rinunziato cessano, né possono riacqui- 
starsi, se non che con una nuova elezione 
e collazione. Si può vedere nel citato ar- 
ticolo Beneficio ecclesiìstico, i §§ rv./^^i- 
canza de' beneficii; xi. Rassegna de' be» 
neficUy ch'è la libera e spontanea rinun- 
zia o restituzione del beneficio. I canoni- 
sti trattano della rassegnazione in gene- 
rale o cessione di un beneficio ecclesia- 
stico, che si può fare per rinunzia pura 
e semplice, o per rinunzia condizionata 
e reciproca, ciò che si chiama permuta- 
zione; le quali rassegnazioni voglionsi o- 
riginate in Avignone, nel secolo XI V^ 
Trattano ancora i canonisti, de' benefizi 
che si possono rassegnare, delle persone 
che possono rassegnare, di quelli che pos- 
sano ammettere le rassegnazioni, di quel- 
li ai quali si può rassegnare, delle forf 

20 



3o6 



RIN 



malità che deTonopi'ecedere e seguire la 
rassegnazione. A Deposiziohb la dichia- 
rai coi canonisti, pena inflitta dalla Chie- 
sa a un ecclesiastico, che lo prì va dell'of- 
fizio o del bene6cio, e che differisce dal- 
la Sospensione (/^.)^ come dalla Degra* 
dazione {F,), Nel loh IX, p. a83, o ar- 
ticolo Cardinali, toccai i casi, del Papa 
assente, o infermo ossia inetto al governo 
dellaChiesa.Quanto alla rinunzia del pon- 
tificato, nel voi. XY^ p. 3 1 Sragionai del 
consenso onninamente necessario dell'e- 
letto Papa ecome gli si domanda, dappoi* 
che egli propriamente contrae spirituale 
matrimonio colla Chiesa universale, per 
cui è d'uopo il suo pieno e libero consen- 
so , come ancora perché egli si addossa 
molti e gravissimi obblighi nell'ammini- 
strazione della stessa Chiesa, i quali ri- 
chiedono indispensabilmente il consenti- 
mento esplicito dalla parte di chi si ob* 
bliga, come provano benissimo i due dotti 
domenicani, Camarda, De elecL Pontif. 
dissert. 4^1 P* ^7^»^ Passerini, De elecL 
Papae^ quaest. 3 1 , p. 1 54* Vedasi Bona- 
dna , De Pontificis legittima decitone^ 
disp.i, quaest. i,punct. i, n. ii. Che il 
pontificato a cui il s. collegio ha elevato 
l'elettosi possa rifiutare e rinunziare, lo 
dimostra la stessa formola che il cardi- 
nal decano pronunzia al medesimo, Ac» 
ceptasne Papatttm? cotta quale si ricerca 
dall'eletto il suo consenso. Quindi é, che 
se l'eletto si trova fuori del conclave, l'e- 
lezione non è compita finché egli non vi 
dia il suo consenso. Così fu praticato nel 
1 265 nell'elezione di Clemente IF(F,), 
scrivendo Tolomeo da Lucca, Hisi, eccl. 
lib. 22, cap. 3o, trovandosi esso in Fran- 
cia, ed essendo eletto Papa, il sagro col' 
legio, ritenuto lo scrutinio, ne fa prendere 
il consenso. Fra i Papi eletti assenti dal 
conclave, noterò il b. Gregorio X, s. Ce* 
lestino F ^ Clemente F e Adriano FI 
(F.); pel governo della Chiesa in questo 
tempo, si può vedere Sede vacante. A. 
questo consenso possono i cardinali co- 
stringere l'eletto con suppliche e con la- 



RIN 

grime,Qongià con precelli e cou mìnaocet 
come avvertono i due lodati domenici- 
ni: F, Elezione del Papa. £* vero beni 
che ricusando Innocenzo II { F',) nel 1 1 3o 
di accettare il Pontificato ( F^.\ fu costret' 
lo a riceverlo per le minacce della sco* 
munica fattegli dai cardinali, comera^ 
conta Arnolfo diacono di Seez, Tract.à 
schismate orto post Honorii Papae, Gii 
intimarono i sagri elettori : Exìtibemm 
ohsequium : si recusas^ ejcigimus de ino- 
hedientia poenam. £ ciò detto, para^^ 
excommunicationispraeferresententiam. 
Ma non é questo esempio bastante a giu- 
stificare tanto rigore , sebbene in molte 
occasioni vi sarebbe stato luogo ad usar- 
lo, per l'ostinata ripugnanza di molti Pa- 
pi neir accettare il peso del pontificato, 
al quale in tutti i tempi hanno ben mol- 
ti resistito. La solenne rinunzia di s. Ce- 
lestino Vj dopo aver governato la Chiea 
5 mesi e 8 giorni, diede motivo a mol- 
ti di scrivere sopra la di lei ▼alidìtà,ese 
fosse lecita al Papa, come con diversità 
di ragioni, se il Papa (F,) possa rinun- 
ziare il papato, si può vedere in Bernioo, 
Hist. delVeresie^K. 3, p. 398, che ne riporta 
gli argomenti; laonde mi contenterò dire. 
Chi fu di contrario parere, con libro mss. 
n. ^5, esistente nella biblioteca Vaticana, 
proveniente da Avignone, col seguente e 
simili argomenti, presso Ciacconio, HisL 
Pont. Rom. in Caelestinu Prevede dì pro- 
varne l'assunto. Papaius a solo Deo esl^ 
et quae a Deo^ uelab alia superiori com* 
mittuntur^a nullo possunt inferiori remO' 
veri posse videtur^ e che sit vinculum di' 
vinum connectens Papam cum Ecclesia, 
Quali obbiezioni per insussistenti , con 
forti ragioni vennero riprovate dal celebre 
giureconsulto Gio. Andi*ea bolognese, i/i 
Comment, in 6 Decreta de Renunciat, e. 
i; e da Pietro da Palude òPaludano do- 
menicano francese, teologo di Parigi di 
gran dottrina e poi patriarca di Gerusa- 
lemme (che dichiarò e difese la dottrina 
di s. Tommaso), il quale con l'opuscolo. 
De Ecclesiastica potestate , mss, che e- 



s 






gualmente si trova nella biblioteca Vatica- 
na Q.^ 4 109» ecco come concluse.» Papa 
potest Papatus cedere, et cedens desine 
re esse Papa, si Cardinales accepteat, a 
lias non sunt eoim in accepiione Papa 
tus duo, unum est jus suum, quod acqui 
ritur; aliud est jus Ecclesiae, cuiobiiga 
tur : cuilibet autem iicet renunciai*e juri 
suo in omni eo, in quo non est alteri sub 
di tus, nec obligatus. Ergo Papa Papa 
tui ex parte quidem sua renunciare pò 
test ; sed quia semel obi igavit se Eccle 
siae, ex illa parte renunciare non potest, 
Disi de assensu Cardi nalium, qui in omni- 
buS| quae ad Papam spectant, vicem Ec- 
clesiae repraesentant**. Ma lo scrittore e 
maestro massimo del cristianesimo. Papa 
s. Celestino Y, convalidò l'atto, anche in- 
nanzi che lo facesse, decretando, come ho 
già rilevato, valida la rinunzia del Pa* 
patOf come espresse nella pur citata de* 
cretale Bonifacio VI ll,ch'è del seguente te- 
nore, m Quoniamaliqui curiosi disceptan- 
tes de his, quae non multum expedi uot, 
et plura sapere, quam oporteat , conlra 
doctrinam Apostoli, temere appetentes, in 
dubitationem solici tant, anRomanusPoo* 
tifex ( maxime cum se insufficientem a- 
gnoscit ad regendam universalem Eccle- 
Siam et summi Pontificatus onera sup- 
portanda) renunciare valeat Papatui, e- 
jusque oneri, et honori, deducere minus 
provide videbantur : Caelestinus Papa 
Quintus praedecessor noster, dum ejus- 
dem Ecclesiae regi mini praesidebat, vo- 
iens super hoc haesitationiscujuslibet ma- 
teriam amputare , deliberatione habita 
cum suis fratribus Ecclesiae romanae Car- 
dinalibus (de quorum numerum tunc e- 
ramus), de nostro, et ìpsorum omuium 
concordi Consilio, et assensu, auctoritate 
apostolica statuii, et decrevit, Romanum 
PontiGcem posse libere resignare. Nos i- 
gitur, ne statutum hujusmodi per tem- 
poris cursum oblivionedari,aut dubita- 
tionem eamdem in recìdi vam discepta- 
tionem ulterìusdeducit contingat: ipsum 
iuter cooslitutiones alias, ad perpeluam 



R I ìN 307 

rei meraoriam,de fratrum nostrorum Con- 
silio duximus redigendum ". Com^ e in 
qual modo s. Celestino V effettuò la ri- 
nunzia del pontificato, lo dirò in appres- 
so al suo luogo. Ora vado a parlare dei 
Papi che ricusavano accettare il pontifi- 
calo o ripugnanti lo assunsero, de'cardi- 
nali che si rifiutarono piegare gli omeri a 
tanta graveua di peso e di somma re- 
sponsabilità^ e se altri Papi, olti*e s. Cele- 
stino V spontaneamente, e Gregorio XII 
per l'estinzione dello scisma, volevano ri- 
nunziare realmente rinunziarono il su- 
premo pontificato. 

Il 3.° Papa fus. C/e^a(/^.), eletto con- 
tro sua voglia nell'anno 80 : il p. Lazza- 
ri sostenne, contro quelli che facevano 
erroneamente di s. Cleto e di s. Anacleto 
(F".) un Papa solo, che s. Cleto nell'esilio 
avuto da Roma, per la persecuzione con- 
tro la Chiesa, rinunziò il papato e gli suc- 
cesse s» Clemente I {F,\ il quale venendo 
pure esiliato, ancli'egli rinunziò il ponti- 
ficato a s. Cleto già tornato occultamen* 
te in Roma , per cui fu detto Anacleto , 
cioè ri vocato, ovvero iterum Cletus, Certo 
è che Cleto e Anacleto furono due Papi 
diversi. Per questo grave punto di con- 
troversia storica, oltre le 3 citate mie bio- 
grafie, si può vedei*e quanto in proposito 
dissi a Cbohologu o voi. XVIll,p. 3i i 
e 3 1 7. Di Papa s. Cornelio (/^.) del 254, 
scrive s. Cipriano, Epist. S%ad Antonia- 
num, che non ut quidam vimfecitjUlE' 
piscopus fierety std ipse vini passus est, 
ut Episcopatum coactus exciperet. Con- 
fessa di se stesso s. Liberio Papa del 352, 
iìe\Y Epist. 2 ad Constant iumtpvessoh&b' 
bé, Concil. t. 2,p. 746, e Constant, Epist, 
Boni, Pont, t. i, ì^, ^'!x5tc\\e ad istudum 
offlcinm (testis est mihi Deus) invitus ac^ 
ce pi. Nel 4i8 ^* Bonifacio I fu acclama* 
to venerabilem veterem presbyterum^ in 
Itge doctissimum^ ac bonis moribus cotiA- 
probatum^et^quodeum nwgis ornabat) 
invitum, come si legge in Ubellum sup* 
plici presb,romanor,ad Honor, I, pres- 
so Barouio aU'am&o4t9> a«*'8- Abbiamo 



3o8 R 1 N 

dis. Gregorio HF,) dei 590, che licei loti 
virihus renitentem , clerus^ senatusj pò» 
pulitsque romanus sibì concordiler Pon- 
tificeni delegeruntj egli però fece di tutto 
per non accettare e si nascose otc Ioscuo- 
prì una colomba , tutto e meglio aven- 
do detto nella biografia. Di s. Pasquale I 
deirS 17 si ba da Baronìo a tal anno, n." 
4) che licet invitus ^ ac reniiens. Così s. 
Gregorio IV (F,) de\V82'jy opprime e* 
ruditus, invitusj etlatehrasquaerens^in 
romana sede coUocalur^ scrive Sandini, 
ViL Pont, t.i, p. 324* Narra Burio,iVb- 
tii, Rom. PonL p. i3o, di Benedetto 111 
deir855, che din reluctatuSy plorans^ et 
Deum ac Sanctos testes faciens , se ne* 
qnaquam dìgnum esse y qui tantae sedi 
praeficeretur, Ponti ficium munus tandem 
suscepit. Del successore s. Nicolò I, si ap- 
prende da Sandini, p. 3^6, omnia agens^ 
ne Pontifex fieret, omnium stimma vo» 
biniate pontificali munere praeponitur , 
et laiehris extractus consecratur^ affer- 
mandolo Burio, p. 1 3o. Neir867 gli suc- 
cesse Adriano II (^.)> di cui Baronio a 
tal anno riferisce che Adriano II pontifi- 
catum^ quem semel atque iternm ahnue' 
raty ingenti totius Urbis gaudio susce^ 
pit Scrive La mbecio nella Bibliot, Cae- 
sar. t. 2, p. 356 di Stefano V detto VI, 
che fa tanto invitusconsensu, quanto quis- 
quam al'ms ante, Ponlijèx declaratus, 
A Leone F'II del 90 3, abnuentiy recusan» 
iique Pontificatus honus mandatus est^ 
notò Flodoai'do presso Muratori, Script, 
rer. Italie, 1 4> par. a, p. 3^4 : se fu fat- 
to rinunziare da Cristoforo^ vedasi la bio- 
grafia d'ambedue, al 2.° avendo reso la 
parìglia Sergio //'/(^.), A Giovanni XII 
narrai che nel 963 fu deposto nel concilia- 
bolo dì Roma, poi ripristinato non avendo 
vigore siffatta deposÌ£Ìone,sulla quale pure 
notai alcuni autori che la discussero. Nel- 
le biografie degli ^/i//)?^;?/ ragionai del- 
le loro intrusioni e scismi, per cui furono 
iropngionatì, esiliati e colla forza deposti 
dall'esercizio della dignità non pochi le- 
gìttimi Papi. Secondo alcuni Giovanni 



KIN 

XriIIdeiìo XIX{F) delioo3, rinun. 
zio il pontificato perla vita monastica, co- 
me pur notai nel voi. XII, p. 228, ma non 
pare. Bensì diversi scrittori attribuirono 
questa rinunzia (forse al precedente da al- 
tri creduta perla somiglianza del nome e 
del numero controvei*so) a Giovanni XIX 
detto XX del 1024, fratello di Benedetto 
VI II, per quel la visione ch'ebbe il vescovo 
di Por^o, come narrai nel voi. LI V,p. 222, 
per cui rinunziò il vescovato e si fece mo- 
naco. Altri scrivono che il vescovo fi>sse 
quello di Capri, come con s. Pier Damia- 
ni nell'^i^r. 9 a Nicolò II riportò Ughel- 
li, Italia sacra t. 7, p. 1 58, che ignora il 
nome del vescovo, il quale perciò dicecfae 
rinunziasse e prese l'abito di s. Benedet- 
to. Si può vedere Novaes nella Storia di 
Benedetto Vili, che citando altre opere 
di s. Pier Damiani , non parla della ri- 
nunzia del fratello al pontificato; però in 
quella di s. Celestino V sembra conve- 
nirvi. Benedetto IX (F,) del io33, prima 
deposta, poi ristabilito, rinunziò a Gre* 
gorio FI (F.) per intei*esse il papato , fin- 
che sì fece monaco in Grotta/errata ( F,), 
ed ivi morì sembra penitente : a Grego- 
rio VI convenne rinunziare al pontifi- 
cato nel concìlio di Sutri(F.), ed in CIu* 
ny fece penitenza de' suoi fallì. In vece 
nel 1 046 fu eletto Clemente II, sebbene 
neWEpist, pressoGretsero^. DeDivisBam- 
berg, t.io, cap. 16, cunctis nisibus refra- 
garetur. Nel 1049 lo i\x%. Leone IX^F"), 
di cui Muratori, Baronio e Pagi negli An* 
Tui^*, scrissero invitus ac repugnans Pon- 
tifex desìgnatus, che domandò 3 giorni 
di tempo a pensarvi, dopo i quali ripu- 
gnante ancora ad accettare, colla speran- 
ea di schivare questo sì pesante onore, 
fece in pubblico la confessione de' suoi 
mancamenti, ma inda rno,perchè stettero 
tutti costanti a volerlo Papa. Nel voi. 
XXXVIII , p. 283 narrai , che nell'eie- 
aìone sua o del predecessore Damaso II, 
ohe vìsse 23 giorni, era stato eletto Ai- 
lardo arcivescovo di Lione, ma non vol- 
le accettare il pontificato. Di Vittore II 



RIN 

del I o55, scrissero Sandìni, Baronio e Pa- 
gi, invitus Romam deductus, ingenti o* 
mniuni gaudio suscepUis est. Eletto nel 
I o6i Alessandro II, si leggenel relativo 
decreto in Labbé, ConciL t. io, p,6,cum 
altiorem gradum nullatenus appeteret, 
Neil 073 gli successe il gran s. Gregorio 
VII (F.\ leggendosi nella Chron.CaS" 
sin. lib. 3, cap. 66 , di Leone Ostiense, 
invitiém y moerenteque consentione una 
clerus populusque inAlexandri II locum 
cooptatiint. Dichiara Muratori a tal an« 
no, che resìstè egli quanto potè, ma bi* 
sognò cedere al quasi furore del popolo, 
che non ammise dilazione ; poiché co- 
me in seguito il Papa scrisse a Guiberto 
o antipapa Clemente IH arcivescovo di 
Kavenna, con VEpist, 3,lib.i, in Ardui- 
no, ConciL t. 6, par. i , p. 1 1 97, nil dicen» 
di, nilconsulendifacultatisy violenlis ma* 
nibns me in locum apostolici regiminis^ 
cui longe impar sum, rapuerunt, ViltO' 
re III^ che dopo di lui occupo la catte- 
dra di s. Pietro, al modo che dico nella 
biografia , rinunziò dopo aver accettato 
ripugnante, e vi volle un concilio per co- 
stringerlo a ripigliare le pontificie inse- 
gne; ivi pure dichiaro non vero che poi 
abdicò nuovamente. Il successore Urba» 
noi I del 1 088, nAVEpist, adepiscop,Sal» 
zuburens, pi*esso Marlene, Fet monum. 
t. I, p. 52 ijconfessadì se medesimo, che 
ì cardinali a lui, omnium indignissimo, 
contra omne votum et desiderium, Deui 
scity et plurimum renitenti regimen sedis 
apostolicae commisere. Pasquale II (F.) 
del 1 099, locum vel invitus tenere cogitur, 
scrissero Baronio e Pagi, all'annoi 100; 
il di più lo dissi nella biografia. Dopo 
questi e nel 1 1 18 Gelasio lì fu anch'a- 
gli eletto invitus oc renitens^ come riporta 
Pandolfo da Pisa , in Muratori , Script, 
rer. Italie, t. 3, p. 384; avendo pure no- 
tato nella biografia, che per la concessio- 
ne òtW Investiture ecclesiastiche (F) ad 
Enrico V, voleva rinunziare il pontifica- 
to. Repugnante lo fu pure nel 1 1 19 Ca- 
listo II, il quale ntWEpist. airarcivesoo- 

VOL. LVII. 



m N 309 

vo di Magonza, riprodotta da Baronio, 
gli protesta essere stato eletto Papa invi- 
tuntf penitusquerenitentem. Nel 1 1 24 pcr 
sua morte fu eletto il cardinal Teobaldo 
Boccadipecora {F.)^ malgrado la sua vir- 
tuosa contrarietà; alla metà del TeDeum 
il prepotente Frangipane entrato ne'co- 
mizi proclamò Onorio II (F.) : stava per 
{scoppiar lo scisma, quando avendo Teo- 
baldo rinunziato il pontificato, altrettan- 
to fece raltro,finchèfu costretto Onorio 
II riprenderlo dall'eroica virtù di Teo- 
baldo. Contro Innocenzo 1 1, che ricusava 
la suprema dignità, insorse l' Antipapa 
Fittore IF detto /^(^.) che poi rinun- 
ziò: di altre simili rinunzie di y^/t//)7^/?i, 
a questo articolo le riportai. Nel 11 59 
scrisse di sua esaltazione Alessandro III, 
in Epist. ad Gerard, episc. Bonon. presso 
Baronio n.° 38, invitus renitensque. Al- 
trettanto e con più di costanza fece il car- 
dinal b. Enrico diMarsiaco {F.\ il quale 
nel II 87 i cardinali lo elessero Papa, ed 
egli non solo non volle accettare, ma con- 
tribuì perchè gli fosse sostituito Gregorio 
FIII(F.). Neil 198 da IO cardinali fu 
eletto il salernitano cardinal Giovanni 
(F.) , ma egli per soffocare uno scisma 
ch'era per nascere^ per parte dì quelli che 
gli davano l'Esclusiva (F.)^ con magna- 
nimo atto rinunziò al diritto cheavea ac- 
quistato, anzi avendo guadagnato i suoi 
voli per //t/tocenzo III(F.), cooperò alla 
sua assunzione al pontificato, di cui però 
riporta l'annalista Rinaldi, plorans^ oc 
renitens sufflcitur. Così pure di Gregorio 
IX nel 1227 notò Sandini, Fit. Pont.t 
2, p.5o2, magno consensu invitus subro» 
gatur a Onorio III. Parlando della sua 
elezione Alessandro IVdeli 2 54i nell'i?- 
pist. I presso il citato annalista Rinaldi, 
n.^49 ^6 spedì ai vescovi, dice loro, che 
avendo egli pregato i cardinali perchè im- 
ponessero ad altri questo carico, essi in- 
sistendo più saldi nel loro proponimen- 
to, non ammisero in modo alcuno le sue 
preghiere, né il suo rifiuto, ma anzi con 
certa fiolenza lo sforzarono, tuttoché ri- 

20* 



3io RIN 

pugnante aquietam,estese le mani ver* 
so di lui , lo costrinsero pertinacemente 
ad acconsentire a' loro desiderii. Lougi • 
no, Histor* Polon, iib. 7, p. 776, all'anno 
1 365, registrò che Clemente IV summeu" 
tovato, vix tuni lacrymis cardinalìum 
vinci potuity ut Papatum assumerci, Pev 
sua morte ils. collegio voleva sublimare 
al pontificato s. Filippo Beoisi de' servi 
di Maria, celebi*epe'suoi miracoli» il qua* 
le avendolo saputo, fuggì a nascondersi 
nel monte Tuniatoe non ne uscì finché 
non fu eletto Gregorio X,eome rilevarono 
Spondano all'anno 1271, n.^5, e Lamber- 
tini, Deserv, Dei beatif. hb. 3, cap. ai, 
n,^ 3. Racconta Sandini a p. 53 1 » che 
Martino 1 V Ecclesiae invilus praeponi» 
turj per modo tale, che rifiutando egli le 
insegne papali , i sagri elettori di santo 
zelo accesi, levandogli le vesti cardinali- 
zie, gli fecero foi*za ad accettarle, come 
afferma Rinaldi n/ 3. Questi riporta l'i?- 
pist. I di Nicolò I V del 1 288, il quale in ta- 
le lettera enciclica/in cui die partea' vesco- 
vi di sua elezione, ecco come si espresse. 
M Abbiamo ripugnato colla maggiorere- 
sistenza, che ci è stato possibile, negando 
apertamente di voler prestare a tale ele- 
zione il nostro consentimento, e rifiutaa* 
do espressamente tutto il diritto da noi 
per essa acquistato. Pur nondimeno i no* 
stri fratelli cardinali , opponendosi con 
maggiori istanze alla nostra resistenza, ri- 
batta parimenti d'un animo l'elezione, in- 
sistettero ancor piti ferventemente che ci 
arrendessimo, e ce l'ingiunsero in virtti 
d'ubbidienza ". Ed eccoci nuovamente a 
s. Celestino Y o Pietro da Morrone o Mo* 
rone^ già fondatore de' Celestini {^*)» 

Nella biografia di 8. Celestino f^ raO" 
contai che senza esseredecoralo della di- 
gnità cardinalizia, principalmente pero* 
pera del celebre cardi na I Frangipani ( F,) 
fu eletto Papa a'7 luglio 1294» dopo 27 
mesi e 3 giorni di sede vacante^ come del- 
la sua ripugnanza in accettare il pontifi- 
cato, dicendo Sandini, p. 53 1 , delatam si- 
bi dignitatemsu/mnatn, cuin diu recusans 



RIN 

nihìlprofexissetyfessus precibus suscepit 
invitus. L'annalista Rinaldi riferisce che 
al giungere de'nunzi del s. collegio o due 
protonolari apostolici col decreto di sua 
elezione, Pietrocadde per terra dallo sta- 
poi*e e si die poi alla fuga, finché ferma* 
io dal popolo e per le minacce de'nuozi 
e di altri uomini pii del giudisio diviuo^ 
per la calamità che soSìùva il cristiane- 
simo, si sottomise: noterò, che lo costrin- 
sero ad accettare, Carlo II re di Napoli,e 
Andrea 111 re d'Ungheria. Per umiltà nel 
possesso che prese in Aquila ( V,) cavai* 
co un asino, sul quale dopo smontato un 
padre ci pose il figlio zoppo d'ambo i pie- 
di e restò sanato. La promozione che fe- 
ce de'cardinali, uno de'quali a cena, per 
cui fu costretto dimettersi dalla dignità 
che poi riebbe col consueto rito, e 7 frao* 
cesi, come notai a Concistoro e altrove, 
offese grandemente il s. collegio, il quale 
vieppiù si esacerbò quando rinuovò i rì- 
gori di Gregorio X per evitare la lunghez- 
za delle sedi vacanti. Gli dispiacque an* 
cora che in vece di stabilirsi in Roma, si 
portasse a Napoli, ov'era influenzato da 
re Carlo 11, per cui i cardinali comincia- 
rono a mormorare , dicendolo cresciuto 
e vissuto fra le selve (a Pontificato ho 
trattato^ che non é impedimento la bas- 
sa origine, e quali Papi ne derivarono), 
insufficiente a tanto ufficio. Venuto l'u- 
mile s. Celestino Y in cognizione di sif- 
fatti lamenti e malcontento, sospirando 
ed essendo bramosissimo dell'antica quie- 
te e vita contemplativa, per essere mor* 
to poc'anzi il cai^dinal Malabranca pre- 
cipuo sostegno del suo governo, come lo 
era stato de'suoi antecessori, si risolse di 
rinunziare la dignità papale; indi per ri- 
muovere ogni ambiguità fece di consen- 
so de'cardinali quella costituzione, di cui 
feci parola in principio, cioè di potere il 
Papa abdicare liberamente il pontificato. 
Adunato il concistoro inCastelnuovo di 
Napoli da lui abitato (ne parlai nel voi. 
XLVII, p. 170 e 179, dicendo della sala 
ov'ebljeIuugo),a' 1 3 luglio 1 394 con quel* 



RIN 

la formola (se ne crede autore il cardi* 
nal Gaetani poi Bonifacio Vili) che ri- 
portai nella biografia, ed in latino &i può 
leggere in Bernino, dichiarate le ragioni 
che lo Odovefano a lasciare il pontifica- 
to, solennemente lo rinunziò, non senza 
pregai'e i cardinali, che rimosso ogni in- 
dugio dovessero sostituirgli il nuovo Pa- 
pa , perchè la repubblica cristiana non 
venisse in qualche pericolo. Questo su- 
premo atto, e il momento in cui deposti 
gli ornamenti pontificali comparve ve* 
slito d'abito irsuto e arricciato, mosse a 
molto pianto ì cardinali, indi con mode* 
sto portamento si mise a sedere a' piedi 
loro. Cotanto inusitato rifiuto, dice s. An* 
tonino in Chron, par. 3, tit. 20, cap. 8, 
alcuni lo attribuirono temerariamente a 
bassezza d'animo, altri all'amore della so- 
litudine, altri a profonda umiltà. Gior- 
dani disse nel mss. vaticano n.^ i960: 
£* diede esempio dhumiUà stupenda a 
tutlij ma imitabile a pochi. Molti attri- 
buirono alludere a questa rinunzia i fa- 
mosi versi di Dante , nel canto 3.^ del- 
rinferno: Guardai^ e vidi t ombra dico* 
lui^^ Che fece per viltade il gran rifiuto. 
A difesa del sommo poeta, seguirò l'in- 
gegnoso Comento del celebre p. Lom- 
bardi, ove mostra di Ci'edere, che Dante 
piuttosto di qualche suo potente concit- 
tadino volesse fare allusione con que' ver- 
si. Che Dante non parlasse di s. Celesti- 
no Y, lo dimostra ancora Benvenuto da 
Imola, Co/ii/?ie/itor. in Comaediam Dan» 
tis circa an, Chr. i3j6 compositis , ut 
est in Excerptis apud Muratorium^Anti" 
quit. Italicar. medii aevi^ t. i , p. i o38y 
ove anzi prova, che s. Celestino Y fu ve- 
ramente magnanimo prima del papato, 
in esso e dopo. La qual sentenza è ab- 
bracciata dal Yittorellii/t Addit.ad Cia» 
con. t. 3, p, 276; dal cardinal Petra, i/t 
Commentar, ad Const Apost, t. 3 , p. 
329; e dal p. Baraellini abbate de' cele- 
stini^ nell' Industrie filologiche , Milano 
1 70 1 , dove mostra essere molto più pro- 
babile che Dante parlasse di Diocleziano, 



RIN 3ii 

della cui rinunzia all' impero parlo a Ro- 
ma, la quale provò quella del suo collega 
Massi miano.Loda ancora l'umiltà di que- 
sto santo, e la purità di sua coscienza il ce- 
lebre poeta Francesco Petrarca, De vita 
solitaria lib. 2, sect. 3, cap. 1 8. Ma quello 
ch'è più rilevante, fu che Dio mostrò ap- 
provare la rinunzia, operando per inter- 
cessione di Pietro da Morrone non po« 
chi miracoli lui vivente e dopo morto | 
iodi venne assai encomiata quale esem- 
pio singolare di virtù , da Clemente V, 
che poco dopo lo canonizzò nel 1 3 1 3, 
Nello stesso Castel nuovo fatto il concla- 
ve, a' 24 dicembre 1294 fu eletto Boni'» 
facio Vili (F.), che accettò non senza 
ripugnanza e lagrime, come scrisse il car- 
dinal Egidio Colonna, nel cap. 23 del 
libro ; De renuntiatione Papae , che sta 
nella Biblioteca Pomicia di Roccaberti 
t 2, p.i. Bonifacio Vili stesso nella let- 
tera colla quale die parte di sua elezio- 
ne a Odoardo 1 re d'Inghilterra, gli dice : 
attendentes insuper nostrae simplicis im-» 
perfectionisinstantiam expavimus^ et hae* 
sitavimus vehementer, nimioque concus* 
sum extitit stupore cor nostrum, A que- 
sto Papa, 8. Celestino Y predecessore a- 
veva predetto il papato, e Io stesso restò 
alquanto in corte per confessare le sue 
colpe al novello Pontefice, ma poi tedia- 
to dallo stupito di essa, ritornò nella so- 
litudine. Se non ohe Bonifacio YIII, sia 
per timore che alcuno abusandosi della 
semplicità di Pietro da Morrone avesse 
potuto eccitar de' torbidi e degli scismi 
nella Chiesa, sia perché non ne abusas- 
se qualche proprio nemico, o per altra 
cagione che non è dato conoscere, gli as- 
segnò per dimora la rocca diFumone e 
costituì prefetto della medesima e suo 
custode Marco Tullio Longhi (i cui di- 
scendenti marchesi, tuttora la posseggo- 
no, al modo che descrissi nel vol.XXVIF, 
p. 27 1 , avendo parlato del castello anche 
nel voi. XXXll, p. 260). Quivi il santo di- 
morò rinchiuso, con eremitico tener di 
vita, ea' I g maggio x 296 vi finì santamea- 



3ia RIN 

te i suoi giorni; narrandosi che in tutto il 
dì della beata sua morte, avanti la cella 
apparve sospesa in aria una Croce risplen- 
dente, forse per testimoniare airuuì verso 
la gloria eterna cui era asceso per la spi- 
nosa via della croce, pei patimenti in cui 
languì dimorando nel carcere della rocca, 
pel resto rimettendomi alla mia biogra- 
fia. In quella di Novaes si legge, che Pie* 
tro d' Ailli, in Fila s, CaelesUni lib. 2, 
cap. 1 7, fortemente rimproveraBonifacio 
Vili, perché contro il parere de* cardi- 
nali fece arrestare il sant'uomo, e met- 
terlo in una disagiata prigione colla guar- 
dia di 96 soldati, avendo cuore di con- 
dannare un innocente, il quale poco pri- 
ma era stato Vicario di Cristo, e padre 
comune de'princìpi, de' re e di tutti i fe- 
deli. Ma un anonimo appresso Papebro- 
chio, in Propylaeo par. 1 , p. 66, loda 
per questo Bonifacio Vili, poiché in tal 
guisa prevenne qualunque scandalo che 
potesse accadere nella Chiesa, se Celesti- 
no V fosse stato da alcuni riconosciuto 
ancora per Papa, ciocché era facile a se- 
guire, tanto perché Bonifacio Vili si era 
incominciato a rendere odioso per la for- 
tezza del suo animo elevato, quanto per- 
ché molti dubitavano, che il Papa non po- 
tesse rinunziare al pontificato. Ed in fatti, 
i cardinali Jacopo e Pietro Colonna pub- 
blicarono quel manifesto o libro, riferito 
da Rinaldi, in addendis ad 1. 15, in cui 
spacciai*ono, che né Celestino Y poteva 
rinunziare al papato, né in vece di lui 
.sottentrarvi Bonifacio Vili (confutatodai 
ricordati Gio. Andrea, Paludano, ed E- 
gidio Colonna), onde si appellarono ad 
un concilio generale. Cristiano Lupo, in 
5*.' proemiali DisserL de Simonxrìm. par. 
4) cap. a, p. 4B,é di sentimento che non 
fu Celestino V ili.^ariuuu^flareìlpapato, 
ma che prima di questo Tavea fatto Gio- 
vanni XIX detto XX, mosso a ciò da una 
terribile minaccia che gli fece Benedetto 
Vili suo fratello defunto, siccome narrai 
di sopra. 

11 b. Benedetto XI del 1 3o3| rimaDea- 



RIN 

do quasi attonito e fuori dì se, per eae* 
re stato eletto Papa, come umilissimoe 
virtuoso, fece molta resistenza in accettar 
sì gran dignità; ma finalaiente per dm 
lasciar la Chiesa fra le tempeste delle k* 
dizioni, vinto dalle preghiere de'cardina* 
li, diede il consenso; e come osserva Ri< 
naldi a detto anno n.° ^5 , per esse so* 
lamente^ Catholicae ecclesiae regendatj 
praefectus est^ cumpriusresistissel, ac re- 
pugnasset ne praeficeretury come il Papa 
stesso scrìsse all' arcivescovo di Milano, 
presso Rinaldi n.^ 4^* Onore sempiter- 
no al cardinal Giovanni Raimondi (F.) 
de'conti di Comminges, il quale nel 1 334 
eletto Papa in Avignone y ove era stata 
stabilita da Clemente Via residenza pon- 
tificia, colla condizione di non riportarla 
in Roma, eroicamente rifiutò il pontifi- 
cato a sì indegno patto. Nell'altro con* 
clave d'Avignone nel i362, il cardinal 
Ugo Roger o Ruggiero fratello del defun- 
to Clemente VI^ per l'elezione d'Urba- 
no V generosamente ricusò ilpontificato, 
pel quale ebbe 1 5 voti de'21 cardinali e* 
lettori; rinunzia che riporta Lenglet, Pria* 
cipii della storia t. 8. Nel 1370 di Gre- 
gorio XI scrive Sandini, p. 568: Pontìfex 
consdtulns est miro cardinalitini omnium 
consensu . Jpse unus , disenlies fuit, ah- 
nuitque PontìficaUini maximum: euni de' 
mum ideo se professus accipere, ut volun» 
tati divinae ohtemperareL Gregorio XI 
ebbe la gloria di restituire la residenza 
papaleìnRoma,ma nell'elezione del suc- 
cessore Urbano VI insorse il grande sci- 
sma d'occidente , sostenuto in Avignone 
dagli Antipapi Clemente FJIe Benedet» 
to XIII (F,)y mentre nella cattedra apo- 
stolica sedettero ancora Bonifacio IX, In- 
nocenzo VII e Gregorio XII. Innocenzo 
FU del 1 40 4 fu censurato, perché essen- 
dosi in conclave obbligato con giuramen- 
to, come fecero gli altri cardinali, di ri- 
nunziare il papato qualora ciò fosse ne- 
cessario per dar fine al deplorabile sci- 
sma, fece poi quanto dissi alla sua biogra- 
fia. Nel 1 4o6 nel conclave per sua mor- 



RIN 

te, tutti i cardiDali fecero solenne giura- 
mento, sebbene il precedente non avesse 
avuto effetto, che chiunque di loro fosse 
eletto, sarebbe pronto a rinunziare il pon- 
tificato, qualora ciò potesse servire all'e- 
stinzione dello scisma e render la pace alla 
Chiesa, ed eletto Gregorio XII lo ratifi- 
cò; quindi scrisse all'ostinato e falso Bene- 
detto XIII e agli anticardinali di sua ub- 
bidienza, ch'egli era pronto a deporre il 
pontificato, ogni qualvolta avesse lui flit- 
io eguale rinunzia , affinchè eleggendo- 
si da ambedue \ collegi un sol Pontefi- 
ce, fosse estinto il perniciosissimo scisma 
che crudelmente lacerava la Chiesa. Il ca- 
parbio pseudo Benedetto XIII, cercò di 
illudere Gegorio XII con fargli credere 
che si sarebbe recato al bramalo abboo- 
camentoi Avendo Gregorio XII contro i 
giuramenti creati nuòvi cardinali, i vec- 
chi sì ribellarono e nel concilio di Pisa 
(F.) o conciliabolo elessero Alessandro 
Y, cui successe Giovanni XXIII. In tal 
guisa, mentre si voleva un solo Papa, ad 
un tempo se ne trovarono 3, trattando- 
si ognuno per tale e riconosciuti da par- 
te de' fedeli. Finalmente si divenne alla 
celebrazione del concilio di Costanza [F,)^ 
ove Giovanni XXI1I{F,) con sìmuìaio 
giuramento promise di rinunziare il pon- 
tificato, quando altrettanto facessero Gre» 
gorio XII(F. )eBeneòeiio XIII; ma Gio- 
vanni XXIII fugg\, fu arrestato e depo- 
sto; Gregorio XII da Rimìni (F,) inviò il 
procuratore a fare la solenne rinunzia, e 
poi si ri tirò' a Recanati (F,), fregialo di 
quelle dignità , con cui il concilio rime- 
ritò azione cotanto eroica ed edificante ; 
l'antipapa Benedetto XIII pure fu depo- 
sto e scomunicato, quindi eletto nel 1 4i 7 
Martino F{F.). Tutto diffusamente nar- 
rai a'citati articoli e aglialtri relativi.Mor- 
to l'antipapa, gli successe il pseudo Cle- 
mente FUI (F.)^ che poi rinunziò e fu 
fatto vescovo di Majorca. Il conciliabolo 
di Basilea dipoi neli439 elesse l'antipa- 
pa Felice F{F,), contro Eugenio IV, al 
quale nel 1447 ^" dato in successore Ni- 



RIN 3i3 

colò V, di cui notò lo Spondano , roga» 
tus^et recusans summam in terris digni' 
tatem inivit, ed ebbe la gloria di ricevere 
•nel 1449^° rinunzia del pseudo Felice V 
amatore della pace e dell'unità cattoli- 
ca, per cui lo creò cardinal decano, eoa 
alcune insegne pontificie, come si può ve- 
dére in dettaglio nella biografia. Come 
nel 1458 fu eletto Pio II e cosa disse, lo 
riportai nel voi. XV, p. 283 e 284. Nel 
conclave del 1484 il cardinal Marco Bar- 
bo ricusò il pontificato, che molti cardi- 
nali gli aveano offerto, onde sostituirono 
Innocenzo VIII. Il successore Alessandro 
FI{F.) per rimorsi delle male arti colle 
quali safi al pontificato, e pei tragici av- 
venimenti de'suoi figli Borgia {F.)^ se- 
riamente pensò a rinunziato, e ne scrisse 
appositamente a Ferdinando V re di Spa- 
gna, il quale lo consigliò a maturar me- 
glio un affare di tanta conseguenza; laon- 
de si raffreddò e non fece altro, continuan- 
do bensì ad arricchire i suoi figli, e fo- 
mentar r ambizione del famoso Cesare 
Borgia. Neil 555 fu eletto per adorazio- 
ne il virtuosissimo Paolo IV ottuagena- 
rio, che ripugnante preferiva l'esempla- 
rissimo giovinetto cardinal Nobili : nel 
suo pontificato, il potentissimo Carlo V 
abdicò all'impero ed a tutti i regnidi cui 
era sovrano, con quell'atto strepitoso di 
cui parlai nel voi. XXXIV, p. i34* Ai- 
tri Papi che virtuosamente furono reni- 
tenti ad accettare il pontificato, li celebrai 
alle loro biografie, ed in quelle de' Pon- 
tefici di cui ho qui parlato riportai altre 
notizie sulla loro lodevole ripugnanza. A l- 
r articolo Dignità ECCLESIASTICHE ripro- 
dussi alcune belle sentenze de'Papi, cir- 
ca la responsabilità gravissima del pon- 
tificato, massime di s. Pio V, per dimo- 
strare il suo stupore, ripugnanza e tre- 
pidazione. Merita leggersi cosa fece C/e- 
mente FUI nel 1 592, prima di dare il 
consenso. Nel 1 655eletto Alessandro VII, 
fece orazione prima di risolvere; quindi 
rammentando la sentenza di s. France- 
sco di Sales: L'uomo ecclesiastico nulla 



3i4 RIN 

deve cercare^ e nulla rifiutare, accettò il 
triregno. Nel 1670 Tenne elevato al pon* 
lificato Clemente X,il quale mettendo in 
TÌ8ta a'iagri elettori l'età suaottuagena*. 
ria, ed esortandoli a considerare ch'egli 
non era in alcun modo abile al governo 
della Chiesa universale, quindi con eflì- 
caci suppliche e dirotte lagrime resistè 
nel dare il consenso, finche fu costretto 
dal parere di accreditati teologi ad ac« 
tettare la suprema dignità, come narra 
Guarnacci, FitaePonL t.i, p. 4» Allusi- 
ve alla sua età furono battutele monete 
del testone, e doblone col motto: Neproìf' 
cias me in tempore senectutisj come pu- 
re alla renitenza fu allusivo il testone^ 
con l'epigrafe : Satiabor gloria tua^ come 
osserva Bonanni, Numism, Pont, t. a. Il 
successore //iftocfiizoA'/(^.) ebbe un te- 
nero contrasto col s. collegio, questo fer- 
mo neir esaltarlo, ed egli costante a ri- 
fiutar la dignità, mettendo in vista i suoi 
demeriti, come rimarcò Muratori, negli 
Annali all'anno 1676. Clemente XI del 
1700 fu mirabile per la resistenza du- 
rata 3 giorni in ricusare il pontificato , 
rimproverando i cardinali di troppa du« 
rezza, dicendo che nell'ultimo giudizio li 
avrebbe accusati al tribunale divino, del- 
l'enorme peso a cui l'aveano sobbarcato, 
per non essersi piegati alle sue preghie- 
re. Fu poi coniata una medaglia , rap- 
presentante Gesù Cristo caduto sotto il 
peso della croce , con allusione alla sua 
resistenza in ricusare il pontificato, e al 
corrispondente peso assunto, coU'epigra- ^ 
fé : Factus est Principatus super hume* 
rum ejus. Nondimeno dispiacque a Cle- 
mente XI, che ilp. (j0i%\iì\ predicatore a» 
postolico , lodasse pubblicamente la sua 
gran ripugnanza in dare il consenso pel 
pontificato. Siccome poi tra'4 teologi che 
consultò, senza che uno sapesse dell'al- 
tro, i quali lo minacciarono d'incorrere 
in colpa gravissima se piil a lungo por- 
tasse la sua resistenza, vi fu il b. Tomma» 
si, quando poi creò questo cardinale, il 
^uale virtuosamente si ricusava^ il Papa 



RIN 

glSmpose d^aiicettar» perpreeetto d'ub- 
bidienza, adduceodogli le stesse ragiooi 
che in conclave avea a lui esposte per 
fargli accettare il pontificato. Di ciò feci 
menzione anche a Porpora, nel riportare 
il novero di quelli che furono renitenti io 
accettarla, oltre le rinunzie e deposizio- 
ni. Di questa ripugnanza di ClemeoteXI, 
eomechè degna del maggior elogio , ne 
fecero menzione, Lambertini, De canon, 
ss. lib. 3, n.^ 8 e la; Guarnacci t. a,p. 
3; Ottieri, Storia d Europa 1. 1 , p. 4tì3; 
Polidori, De gestis Clent, JLl, lib. i, p. 
46. Ne' voi. V, p. 9, e LV, p- gif narrai 
che per un giorno intiero Benedetto XIII 
fu resistente ad accettare la somma di- 
gnità, non ostante che il gesuita cardinal 
Tolomei principale suo promotore, po- 
nesse in opera tutta la sua celebre fiicon- 
dia per convincerlo con ragioni teologi- 
che e colla minaccia del pericolo d' uno 
scisma se fosse invincibile la sua resisten- 
za; ma propriamente fu determinato ad 
accettare il pontificato, quando portatosi 
al conclave il p. generale del suo ordine 
de* Predicatori^ gl'intimo il pjrecetto del- 
l'ubbidienza, come rilevarono Muratori 
all'anno 1 7 ^4; Ottieri, Storia t. 8, p. 1 26; 
Guarnacci p. 4^ i : tutta volta prima di 
chinare il capo al manifesto volere di Dio, 
Benedetto XIII si fece assolvere dal car- 
dinal penitenziere maggioi'e, della pro- 
messa fatta a Dio di non ricevere digni- 
tà. Noterò, che negli articoli degli ordi- 
ni religiosi, parlo di quelli i cui individui 
fanno voto di non cercare né accettare 
veruna dignità, fuori del proprio ordine. 
Il Pistoiesi nella Storia di Pio ni. Li, 
p. 64, lodò la renitenza di quel Papa pel 
pontificato , e le ragioni che addusse ai 
cardinali , per rimuoverli dal proponi- 
mento di esaltarlo al pontificato(come poi 
fece inutilmente Gregorio XVI colla vo- 
ce e ne fui testimonio, e collo scritto che 
posseggo, come dimostrerò se a Dio pia- 
cerà che io scriva! fasti del memorabile 
suo pontificato, avendone gli elementi, 
e io me stesso quelli della profonda ve- 



RIN 

nerazioDe e della Indelebile gratiludiDe), 
Tenendo persuaso dai ragionamenti del 
cardinal Fabrizio i?i|r^, e del prelato poi 
celebre cardinal ConsalvL Queste asser- 
zioni vanno modificate, per quanto ripor- 
tai alla biografia di Pio FU, Ivi inoltra 
narrai, che caduto in abbattimento quan* 
do Napoleone lo pregò di coronarlo im- 
peratore in Parigi , e temendo qualche 



violenza, prima di partire sottoscrisse re- 
golare abdicazione e rinunzia al pontifi- 
cato, e per 8icui*ezza ne fece depositario 
il cardinal FrancescoM.' Pignattellì {F.), 
Soleva dire Pio VII i Se pel pontificata 
si dovesse fare il noviziato^ certamente pò» 
chi professerebbero! 

RIO JANEIRO. F. s. Sebastiaito xel 
Bbàsilb. 



FINE DEL VOLUME CBIQUANTE^IMOSETTIMO. 






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