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DIZIONARIO
DI ERUDIZIOJSE
STÒRICO-ECCLESIASTICA
DA S. PIETRO SINO AI NOSTRI GIORNI
SPECIALMENTE INTORNO
AI PRIirCIPALI SANTI, BEATI, MARTIRI, PADRI, AI SOMMI PONTEFICI, CARDINALI
B PIÙ CELEBRI SCRITTORI ECCLESIASTICI, AI VARU GRADI DELLA GERARCHU
DELLA CHIESA CATTOLICA, ALLE CITTA PATRIARCALI, ARaVESCOVlLI E
VESCOVILI, AGLI SCISMI, ALLE ERESIE, AI CONCILH, ALLE PESTE PIÙ SOLENNI,
AI RITI, ALLE CERIMONIE SACRE, ALLE CAPPELLE PAPALI, CARDINALIZIE B
PRELATIZIE, AGLI ORDINI RELIGIOSI, MILITARI, EQUESTRI ED OSPITALIERI, NON
CHE ALLA CORTE E CURIA ROMANA ED ALLA FAMIGLIA PONTIFICIA, EC. EC. EC.
COMPaAZIONE
DEL CAVALIERE GAETANO MORONI ROMANO
SECONDO AIUTANTE DI CAMERA
DI SUA SANTITÀ PIO IX.
.^^
VCL. LVII.
IN VENEZIA
DALLA TIPOGRAFIA EMILIANA
HDCCCLII.
/;/d7
DIZIONARIO
DI ERUDIZIONE
STORICO -ECCLESIASTICA
R
REF
R,
EFERENDÀRI di Segnatuba, Re-
ferendariis signaturae, LJtriusque tigna-
turae Referendariis. Prelati officiali del-
la santa Sede, ai quali spetta di riferire
le cause e le liti nel tribunale supremo
della Segnatura di giustizia (^.), ed in
quello della Segnatura di grazia (/^.),
quando esisteva, la quale si adunava in
presenza del Papa, ed ecco perché si chia-
mano ancora Referendari dell'una e del-
t altra segnatura, Nelle Notizie di Roma
annuali sono riportati questi monsignori
prelati referendari, secondo V epoca del
giuramento prestalo nella medesima se«
gnatura, di che tenni proposito a Pabia-
To; ed in quelle del 1 85a incominciando
dal i.^ mg/ Lodovico G)nventati che lo
prestò a'25 novembrei8i5, se ne con-
tano io5, de'quali prelati 67 apparten-
gono al pontificato di Gregorio XVI, ig
all'odierno. Il loro numero none stabi-
lito ; come sono ammessi , con qualche
diffusione trattai al citato articolo Pbe-
LATOyOve pur dissi quando cambiano l'a-
bito prelatizio da nero in paonazzo. I Fo»
tanti iti segnatura (F.) sono pure refe-
REF
rendari, ed hanno volo deliberativo nel
tribunale : ì referendari propriamente
detti sono semplici proponenti, cioè rela-
tori. Dell'antichissimo uffizio del referen-
dario delle suppliche de'principi, parlai
nel voi. XLIV, p.iSie 182. Il cardinal
Benti voglio nelle Memorie, \\h..\^tsBLi^A^
dice de'referendari : m Egli é questo su-
periore nel numero, non avendo limita-
zione alcuna; e si potrebbe eziandio chia-
mare superiore di qualità, perchè in esso
ordinariamente suole entrare la gioven-
tù più nobile e più fiorita d'Italia, per in-
trodursi in quel modo nel servizio della
corte, e passar in tal guisa da un impie-
go all'altro, o sia dentro o fuori di Ro-
ma. Così pigliando da quei principio di
mezzani progressi, il salire poi di mano
in mano all'avanzamento di altre fortu-
ne maggiori ". Piazza , Eusevologio ro-
mano p. 273, del Collegio deWeferenda»
ri della segnatura, osserva con l'erudito
Fatinelli che l'uso di porgerei Memoriali
(F,) ai principi e sovrani fu sempre co*
mune appresso tutte le nazioni; il colle-
gio però delle persone destinate ad iscan-
4 REF
flagliaiTi e i iferirlì, ool tìtolo di rcFereD-
darijSi riconosce fino dal tempo deirìm-
peratore Eraclio del 6 io, che oe formò
un corpo dii2, accresciuto poi e dimi*
nuito secondo le mutazioni de'tempi^dal
senato romano, dagFimpera tori e dai Pa-
pi. Di questo numero e onore fu presso
Caracalla imperatore il famoso giurecon-
sulto Papiniano; presso l'imperatore A*
lessandro Severo il celebre giureconsul-
to Ulpiano; presso Giustiniano I,con no-
me di referendario del sagro palazzo,Teo-
doro gran dottore di legge ; appresso s.
Gregorio J, con vocabolo di consigliere
(del quale uffizio primario parlai a Pre-
sbiterio), come prima di lui presso i ss.
Pontefici Zosimo, Ilario e Gelasio I, furo-
no in questo sagro ministero Pietro Dia-
cono, Emiliano, Paterio e Giovanni di-
fensore ; dicesi sagro perchè s. Gregorio
1 avendo rimossi dal suo servizio dome-
stico tutti i secolari, scelse per suoi con-
siglieri e famigliari chierici prudenti, ac-
ciocché governassero anche il PatrimO'
TUO della s, S€de{F,), come notai a Fa-
miglia pontificia e in altri articoli. Tra i
romani furono anche detti referendari i
notari, i ricevitori degli atti pubblici, cu-
stodi degli archivii o scrinari, gl'incari-
cati alla spedisione degli atti o dell'uffi-
zio di riferire le cause. Nel V secolo era-
no collocati per grado dopo i personag-
gi ch'erano qualifiicati d'illustri. Ve n'e-
rano molti, ed esponevano agi' impera-
tori le domande de'privati, e i dubbi in-
sorti ne'giudici. L'uffizio di referendario,
dicono Macri e Piazza, fu di tanto ono-
re presso i patriarchi di Costantinopoli
nel tempo di Giustiniano I, che oltre al
riferire all'imperatore tutti gli affari dei
vescovi orientali per riportarne la solle-
cita spedizione de'rescritti imperiali, a-
Teano altresì il privilegio di spogliare
l'imperatore del manto d'oro ornato del-
le aquile auguste, come nel giorno della
sua solenne coronazione : al patriarca i
referendari prestavano egualmente dei
servigi e ne riportavano le ambasciate
REF
fìh segrete, come quelli che soprinten-
devano alle risposte. Furono chiamati i
referendari apostolici, al dire di Piazza,
spettabili ed eguali ai consoli ed ai pre*
fetti delle Provincie, come li nominò Giu-
stiniano 1 ; non che appellati custodi e
maestri de'sagri libelli, operar i beneroe*
riti e indefessi della repubblica cristiana
e della s. Sede. Da Cassiodoro^ ùi Fot"
mul. lib. 7 de Rrfer, furono celebrati qua*
li canah delle preghiere, delle lagrime e
de'sospiri de'sudditi e de'miseri ; ed al-
tresì fedeli interpreti delle graziose in-
dulgenze del principe, mallevadori delle
pubbliche querele e solleciM amministra-
tori di grazie de'consu Itoti della giusti-
zia. Aggiunge Piazza che l'uffizio de're-
ferendari nella curia romana è di rice-
vere le su pplicife, chiamate Conimissio»
nif e introdurre le loro cause al princi*
pc, quindi riferire ai ricorrenti i rescritti
legittimi; e perciò chiamasi la Segnatura
udienza o concistoro del principe: impe-
rocché fu di tal confidenza quest'offizio
presso i re di Francia, che al riferire di
Sigeberto in Chron,, il solo referendario
avea la custodia del sigillo regio, eoa cui
si segnavano i diplomi. In Francia sotto
lai.* dinastia i referendari furono mag-
giormente onorati che in Oriente e in I-
talia. 11 gran referendario o il capo di
tutti gli altri avea la cura dell' anello o
sigillo reale. Egli riferiva al sovrano il
contenuto de'diplomi, li presentava alla
sua segnatura, li sottoscriveva egli stesso
e suggellava. Gli altri referendari infe-
riori o sostituti scrivevano gli atti. La ca-
rica di gran referendario sotto la 3.' di-
nastia fu unita a quella del gran cancel-
liere, insieme all'altra di conte del pa-
lazzo. In appresso si stabilirono de'refe-
rendari nelle piccole cancellerie, affinchè
vi esercitassero le stesse funzioni che i re-
latori delle suppliche o maitres des rC'
qiiéles esercitavano nelle grandi . Era du n-
que l'officio di referendario anche nelle
corti secolari , Requisitusque Olho qui
(une Referendariusfueraty cu/us ibi sub»
REF
scrìptio mediata tenehatur^adfuit^ negai
se subscripsisse, come si legge in s. Gre-
gorio di Tours lib. I o, c.ig. Tra le mol-
te ceremooie, colle quali si creavano i re-
fereodari , la principale era di ricevere
l'anello d' oro dalle mani del principe ;
onde si apprende dalla vita di s. Bonito
vescovo cancelliere di Sigeberto III re di
Àustrasianel secolo VII: NecmuUopost^
anulo ex manu regis accepio ^ referen-
darii qfftcium adeplus est. Galletti, Del
vestarario di 5. romana chiesa p. 85, in
un documento del 75 1, dice che lo scris-
se Andreatis referendarii, Muratori^Di!; •
sert, 4) Degli uffìzi della corte, osserva
che non è ben chiaro qual fosse l'uffizio di
referendario nel palazzo de're longobar-
di. Abbiamo nella cronaca Farfense un
diploma di re Astolfo scritto nel 756, ex
dicto Domni regis per Theoperlum illius
Referendarium s cioè non si conosce se
costui fosse segretario de* memoriali op-
pure cancelliere e notaro regio, a cui ap-
partenesse lo sciìvere i diplomi e privi-
legi.
Gli odierni referendari apostolici, se-
condo Macri, furono introdotti da Ales-
sandro Vìdei 149^1 e arricchiti di molti
privilegì:sarà meglio il ritenere cheneab-^
bia aumentato il numero e stabilito Tuf •
fjzio ; dappoiché sebbene propriamente
l'origine della segnatura è ignota, com'è
ignoto il numero de' primi referendari, -
nondimeno Innocenzo Vili colla bolla
Offtcii nostri debititm, de' 25 gennaio
i^giy Bull, /lo/ii. t. 3, par. 3, p. 223, au-
torizzò alcuni referendari a giudicare le
cause, che rimesse alla sua apostolica po-
testà doveansi da lui stesso decidere. Ben-
sì Alessandro VI fu ili.° che divise la Se-
gnatura in quella di Grazia e in quella
di Giustizia, Riporterò per prova, come
leggo neirOrtiz,. Descriz, del viaggio di
Adriano VI deli 522, p. 78, che quel
Papa nel riformare la curia romana re-
strinse il numero de'referendari, che al-
lora erano 3o ; determinazione che au-
mentò contro di lui il male umore, non
REF 5
ostante che molti approvassero la sop-
pressione, poiché tanta moltitudine di
referendari sembrava smisurata, molto
dispendiosa e conseguentemente troppo
gravosa alla camera apostolica. Tanto a
difesa del severo Pontefice scrisse l'Ortiz
amorevole suo panegirista; ma il suo tra-
duttore e annotatore De Lagna vi ag-
giunse questa grave nota: m Alle pei*sone
bene intenzionate e pratiche della curia
romana, e che dell'ottimo regolamento
di questi tribunali e de' soggetti che li
devono com porre hanno quella idea ch'e-
sige la virtù e la giustizia, non poti fare
a meno di non esser molto grata e mol-
to da esso loro applaudita questa detei*-
minazione d'Adriano VI, cioè di restrin-
gere il numero de' referendari". Leggo
in Novaes, Storia di Adriano Vt^ che
ridusse a otto i referendari. Piii di un
secolo dopo scrisse le sue opere- il dottis-
simo cardinal de Luca. Veggasi com'e-
gli parla rapporto alla dignità de' refe-
rendari antichi e moderni, all'uso di que-
sta stessa dignità e al suo emolumento,
lib. XV de Judiciis par. 2, deRelat,Ro'
manae Curiaeforens,dì8c,XTiL,n. 2,3,4*
M Minusque habebatur (olim) usus sim-
plicium referendariorum in tam copioso
et effraenato numero praelatorumcujus-
cumque generis personarum, ut de prae-
senti, forte sub alicujus reformationis
necessitate habetur, adeo ut status prae-
la ti ti US quodammodo vilescere inoipiat,
et cum ea contradistinctlone inter prae-
latos votantes, et alios qui ad differen-
tiamdicuntursimpIicesreferendarii,quo-
niam aderant solum illi,quigerebant eas
partes, quas hodie gerunt votantes in
quodam praefinito nimiumque modera-
to numero, qui ncque ad hodiernum so-
lorum votantiumascendebat; atquehinc
sequebatur, quod in magna erat existi-
ma tiene , magnisque potiebantur prae-
eminentiis et praerogativis etiam supra
prothonotarios, ac rotae auditores,etca'»
merae clericos; et merito quidem, cum
essent Papae coUaterales, ac immediati
6 REF
coDsiliarii. Item antiqui ieri ptoresprae-
suppoDunt 9 quod hoc munui ootabilia
praeseferret emoluroenta licita et publi-
ca, ultra alia coosiderabilia^quae produ»
cebant munera, quae utpote in esculen-
|is et poculentis consistentia, licita repa*
tabantur , et tamen hodie istud munpi
votantisutriusquesignaturae nullum pe-
nitus produci! eroolumentum,minu8que
forte existimatiooe considerabilem, nisi
circa aliquod tale quale litigantium in-
ferioris classis obsequium, pra aliqua be-
nefolentia captanda, adeo ut reputetur
inpraelatis infortunium ad istud munus
pervenire. Talis est rerum mundi vicissi-
tudoac temporum immutatio". Rappor-
to alla maniera con cui vengono creati i
refereodartjCome anche rapporto a mol-
ti altri privilegi e doveri veggasi il citato
discorso. Col pontificato diPaolo 11 I spun-
tarono giorni sereni e lieti pei referendari
delle due segnature della s. Sede^ questo
Papa colla bolla Debita consideratione^
de'3o luglio 154O4 Bull, Rom, t. 4» pai'*
I, p*i74> li ricolmò di elogi, di privilegi
e di grazie , chiamandoli i più stretti e
confidenti ministri del principato, eguali
e come nati dal chiaro sangue de' prin-
cipi e de'baroni. Pertanto come Leone
X e Clemente VII li dichiarò prelati, fa-
migliari e continui commensali del Pa-
pa, per cui riceverono dal palazzo apo^
ttojifso la parte di pane e vino, della quale
parlui nel vol.Lj p. 2o5, tolta la quale non
ebbero per essa alcun compenso; nota ri
della sede apostolica, conti palatini e nobi-
li. G)noe8se il proprio stemma dei Farnt-
si ad essi e loro discendenti, se avessero
voluto inquartarlo nei loro, qual segno
d'onore. Die loro la facoltà di creare no-
tari e conferire lauree dottorali, ed a ta-
le efietto nella bolla prescrisse la forma
del giuramento da prestarsi ; di legitti-
mare gli spurii o bastardi, di addottora-
re etiam in utroque jure. L'uso de' pon-
tificali, della mitra, anello, bacolo pasto-
Rie, e di dare le solenni benedizioni nel-
1^ abbazie che avessero ip commenda.
REF
La spedizione gratis delle bolle, l'csen-
sione dalla gabella del vino ne' porti di
Ripa e Ripetta, e dalle decime, tasse e
altri tributi laicali. L'esenzione di essi e
loro famigliari dalla giurisdizione degli
ordinari, in uno ai loro benefizi, preben-
de, beni, cappellani, famigliari e fervi,
tanto dalla visita, quanto dalla correzio-
De,fuperiorità e dominio per tutto il cor-
to di loro vita. Né solamente dalla giu-
risdizione che si compete agli arcivesco-
vi, vescovi e altri prelati, ma ancora dal-
la temporale de'presidi, de' governatori
e di qualunque superiore per dignità ec-
clesiastica e temporale eminente, anri de-
gli stessi delegati e suddelegati della s.
Sede, per avere Paolo III ricevuti perse
e successori i referendari d'allora ed i fu-
turi sotto l'ombra autorevole di a. Pie-
tro , acciò non conoscessero altra supe-
riorità e subordinazione che quella del
tribunale pontificio, avanti il quale sol-
tanto doveano essere convenuti. Venne
perciò interdetto a'nominati d'introdur-
si nelle cause spettanti a'referendari, di
promulgar sentenze, e di avanzarsi alla
comminazione delle pene e delle censu-
re, e molto meno ad effettuarle per qua-
lunque delitto si stipuli il contratto ed e*
sista la cosa, purché l'eccesso non vada a
ferire la maestà del Papa e di s. Chiesa.
Questa proibizione si estese anche sopra
i proventi loro, che soggiacere non do-
vessero a'pubblici dazi, collette e pedag-
gi, quando non vengano imposti colla su-
prema autorità della s. Sede. Chiunque
ardirà di fabbricar processi contro questi
prelati incorrerà nella pena di nullità edi
attentato, il tutto a maggior decoro del-
l'abito, dignità, lustro e prerogative dei
prelati della sede apostolica. Li abilitò a
conseguire le grazie espettati ve e la plu-
ralità de'benefizi, i quali colle prebende
potessero conseguire in estranei paesi, co-
me fossero nazionali, potendo percepire
i frutti de'benefizi ancorché assenti a ca-
gione di studi, potendo farsi rappresen-
tare da altri ne'benefizi personali e cu-
r
I
REF
rati ; come pure di poter conferire bene-
fizi ecclesiastici. Die loro Tindulto di c^
leggersi oa confessore approvato, cai il
Papa conferisce la fiicoltàdiassoWeredai
casi riservati alla s. Sede, a riserva di 5;
di liberarli dal laccio delle censure cano*
niche, se vi fossero ineorsi, e di oommu*
tar loro i voti in altre opere pie.L'in'^
dulto dell'altare portatile anche ne'luo-
ghi soggetti air interdetto, purché noa
ne sìeno stati gli autori o cooperatori, da
poterlo alzare in qualunque luogo ben*^
che non sagro, ma conveniente; come di
poter celebrare avanti l'aurora, ed ezian-
dio di far celebrare alla loro presenza,
accordò loro Tindulgenza delle stazioni
di Roma, da potersi lucrare in due o tre
altari di chiese a loro scelta. L'uso delle
carni ne'tempi vietati, previo il consiglio
del medico. Di poter posticipare le ore
canoniche. Di disporrede'beni acquistati,
mobili e immobili. Di rassegnare e per«
mutare i benefizi. Dichiarò che T officio
del referendaria to durava per tutta la vi*
ta. Questo e il sunto sostanziale de'pri-
vilegi concessi ai referendari della s. Se-
de dalla larga mano e munificenza di Pao^
10 III, anche secondo Marchesi Buonac-
corsi, Del protonotariatOy p. 32, 43 e seg.
Queste e altre prerogative furono dimi-
nuite da altri Papi; laonde meglio é con-
sultare la bell'opera di Vitali, De jure
sìgfialurae justiliae.
Pio IV colla bolla Cum nuper, de'3 1
giugno 1 562, Bull. Rom. t. 4»par« 2» p-
1 36, sottoscritta dai cardinali, riformò ì
referendari sul modo di riferire e giudi*
care le cause, mèglio dichiarando tema-
tene della segnatura di giustizia e della
segnatura di grazia, ordinandone l'osser*
vanza a tutti i giudici della romana Cu*
ria (f^.); insieme alla declaratorìa su tale
riforma, circa prorogationes fataUum,
che segnò qual moto proprio co\ placet,
11 p. Tempesti nella Storia di Sisto V^ t.
I , p. 264, riporta le provvidenze di quel
Papa sul collegio de'referendari dell'una
e deir^ltra segnatura, quali pur si leg-
REP 7
gODO in Novaes, Storia di Sisto F, u. 46.
Riferisce pertanto Tempesti che prima
di Paolo ili erano di numero incerto i
referendari, l'officio de'quali è di riferire
ndle segnature di giustizia e di grazia le
accuse avanti al Papa, o ad un cardinale
prefetto che pi*esieda in luogo di lui. E-
rano cresciuti a tal numero che sopra-
vanzavano le cariche, che si potevanodal
Papa distribuire. Con tutto ciò sarebbe
stato di poco danno il numero eccessivo,
se fossero stati eletti i soli meritevoli; ma
perché dalla ttx>ppa indulgenza de'tempi
passati si feoeva Dell'elezione d'ogni erba
fescio, quindi mescolati i buoni eogf igno-
ranti ed i malvagi, ne derivavano laU di-
sordini, che Sisto V volendo rìaaediarvi,
convocò il concistoro e tutto amareggiato
disse a'cardinali: Echefàcctam noi? Voi
ben vedete che si adoperano tutte le di-
ligenze contro i facinorosi, e poi teoghia-
mo i nemici domestici dentro la nostra
stessa dominante, vestiti da prelati e da
referendari : certamente siamo risoluti di
volervi rimediare. Approvato dai cardi-
nali il giusto rammarico del Papa, que-
sto pubblicò la bolla Quemadmodum ,
de'22 settembre i586, Bull, Rom. t. 4»
par. 4) p* 24i>perla riforma, riduoendo
il collegio de'referendari al solo linoritato
numero di 1 00; e dichiarò che 70 fossero
referendari dell'una e dell'altra segnatu-
ra, di giustizia e di grazia, e che il rima*
nente fosse di soprannumeri, per essere
poi surrogati nelle risulte al detto nume-
ro di 70, col riguardo all'anzianità e al
merito loro, da considerarsi dal Papa. Li
nominò perpetui famigliari e commeo-
saii del Papa, li dichiarò esenti dalla giu-
risdizione degli ordinari e immediata-
mente soggetti alla s. Sede, die loro il di-
ritto d'innestare ne'propri stemmi gen-
tilizi quello del Papa, e li autorizzò a tras-
ferire le pensioni, come riporta anche Vi-
talia p. 23. Volleancora Sisto Vched'in-
di in poi si dovesse formar processo non
meno della nascita, che delle qualità per-
sonali e de'costomi di ciascuno, il quale
8 RÈF
do? esse essere annoverato, e che appar-
tenesse ni cardinal prefetto delia segna*
tura dare rinformaziooe al Papa, per con*
ferir poi loro l'abito prelatizio. Dispose
che nella segnatura di grazia non potran-
no entrare se non dopo aver passati ìrt
anni nella segnatura di giostizia. A quel*
la assisteranno i8 referendari, cioè I3
i più antichi, come giudici, cioè ì Votan*
ti di segnatura^ e 6 per riferire le sup-
pliche. Inoltre Sisto V confermò ai re-
ft;rendari i privilegi di Paolo III , chia-
mandoli costituiti in dignità ecclesiasti-
che, a forma della costituzione di Boni-
facio VllI,4$)t/iAil(im ad eosdem referen»
darioSf de RescHpL in sexto. Riepilogò
diversi privilegi, e fra quelli che vi ag-
giunse noterò V indulgenza plenaria in
articulo morti s. Olire a ciò Sisto V colla
bolla Laudabilisy dichiarò referendari ì
Protonolari apostolici partecipanti ( /^.),
concedendo loi*o i privilegi,le esenzioni e le
prerogative de' referendari, per cui le ri-
porta ancora il citato Marchesi Buonac*
torsi, Del protonotariato p. 33,43 e seg.,
con opportune osservazioni, dicendo che
delle prerogative e illustre rango de're*
ferendari trattò con profonda erudizione
mg.' Antonio Aitoviti nel suo voto inse-
iMto tra le decisioni rotali di Rembold ,
Decis. Rotae Rembold votum viit^p.^ZÒ
et seq. diversorum : Discursus in causa
rom. praecedentiae^ifuo referendariis si"
gnaturaepraecedentiam deberi agenera»
libus regtdanum probatur, Romae 1 676.
Deve notarti che i protonotari apostolici,
tanto partecipanti che soprannumeri, co-
me referendari fanno il giuramento nel-
le mani del cardinal prefetto di segnatu-
ra. Alessandro VII colla bolla Inter eoe-
teras, degli 1 1 giugno 1659, Bull, Rom, t.
6, par. 5, p.i i, eresse in collegio i refe-
rendari delle due segnature, rappresen-
tato dai 12 prelati votanti e dall'anziano
decano, i quali dovevano essere prescelti
dal cetode'referendari;e prescrisse le qua-
lità per esservi ammessi i referendari, dal
cardinal prefetto, decano e volanti del
REF
tribunale, con quel regolamento e meto-
do che riportai al citato articolo Prela-
to. Nella Relazione della corte di Roma,
ivi stampata nel 1 7 7 4> colle note del Zac-
caria, questi avverte che i privilegi de're*
ferendari furono rivocati o modificati da
altri Papi,eche Innocenzo XII (x>lla co-
stituzione Inter gravissimas, rimise al-
l'arbitrio de'successori l'elezione de' vo-
tanti, mentre per l'innanzì nella vacana
subentrava il referendario piti antico. Ma
siccome amalgama i votanti coi refereo-
dari, senza le debite distinzioni, meglioe
orometterlo.il Tosi che nel 1800 ristam-
pò tale opera, ma col titolo: Del sommo
Pontefice e della corte Romana^ t. a, cap.
36, riprodusse il Lunadoro colle note di
Zaccaria, colla stessa oscurità e non senza
errori, solo aggiunge: Tutti que'perso-
Daggì che sono ammessi nella prelatura
di questa corte, comprovata avendo la
nobiltà de'Ioro natali e la probità de'lo*
ro costumi, dichiarali vengono referen-
dari apostolici. Ma questo non basta, e
tuttociò che si richiede lo notai a Pre-
lato, ripelerò ancora una volta, insieme
al loro abito, avendo detto del cappello
de' referendari nel voi. IX, p-ipo.
I i*eferendari hanno luogo nelle caval-
cate pel possesso del Papa, vestiti al mo-
do descritto a Prelato , in uno ai fini-
menti e gualdrappe che usano ne'caval-
li.JVelle relazioni de' Possessi raccolte d^i
Cancellieri, nelle più antiche sono amal-
gamati fra i Praelalorum et Curialium.
Lai.' volta che de' referendari si fece di-
stinta menzione fu nel possesso di Grego-
rio XIV del 1590, dopo i protonotari, e
v'intervennero in grosso numero. La 1!
in quello d'Innocenzo X nel 1644, dopo
i protonotari, nonnulli referendarii sine
rocchetUs , mantellettis tamen induti, et
pileis semipontificalibus, seguiti da 'ca vai-
leggieri. In quello di Alessandro VII del
1 655, egualmente dopo i protonotari, et
rcferendariorufn ordo palliolis, pileolU-
quesemipontìficiìs inxignilus se con/unxe-
r^z/.Nel possesso di ClementeXdeli670
REF
cavalcai*ono dopo i vescovi non assistenti
al soglio, ac referendarii mantelUuis^et
roccheUis amica equità ntes cumphaleris
de panno nigro^ habentes in capite bireta,
H pileos semipontificales: seguivano ica-
vaileggiei'i. Nel 1676 pel possesso d'Inno*
censo Xi, i prelati referendari incedeva-
no appresso i prolonotari, con rocchetto,
mantelletta e cappeiloni,sopra mule guar*
nile con vaidrappe alla pontificale , ve-
nendo dopo un'altra lettiga del Papa. Si-
milmente nel 1691 per Innocenzo XII in
grandissimo numero con cappelli semi*
pontificali in testa, indi la lettiga ed i ca«
valleggieri. Nel 1701 per Clemente XI
appresso i vescovi non assistenti, il com-
missario della camera , i referendari in
grandissimo numero con cappelli semi-
pontificali, sopra mule con vaidrappe ne-
re : altrettanto, meno il commissario, si
lia de'possessi d'Innocenzo XI 11, di Cle*
mente XIII vestiti di rocchetto e mantel-
ktta e cappello semipontificale , di Cle-
mente XIV dopo i soliti vescovi non as-
sistenti , seguiti dalla carrozza pontificia
vuota e dai cavalleggieri;cosl per Pio VI
die fu l'ultimo a cavalcare. Pio VII pre-
se possesso andando in carrozza, il simile
facendo i successori; nondimeno vi fu ca-
valcata, ed i referendari cavalcarono do-
po gli abbre viatori , seguiti dall' uditore
del camerlengato e commissario della ca-
mera. Nel 1846 pel possesso dei regnan-
te Pio IX, venivano per ultimo e dopo gli
abbreviatori, 7 referendari di segnatura
in rocchetto e mantelletta, con cappelli
semipontificali, guanti a maglia paonaz-
zi e bardatura del cavallo nera; seguiva-
no le guardie nobili. Quando a veano luo-
go le 4 annue cavalcate per le cappelle,
^ similmente vi aveano luogo i referenda-
ri di segnatura, dopo i semplici 'vescovi,
vestiti di rocchetto, mantelletta e cappel*
lo semipontificale, indi la carrozza ponti-
. iicia senza il Papa che precedeva a cavallo.
^ 1 referendari di segnatura non hanno po-
g sto m Cappella pontificia (^')j se v'in-
^ ter vengono, restano in piedi a carmi epi*
REF 9
stolae. Bensì 8 di essi in rocchetto e man-
telletta sostengono le aste del baldacchi"»
no, sotto il quale va il Papa ne' pontifi-
cali solenni ordinari e straordinari, e nel-
le processioni delle candele, delle palme,
del Corpus Domini^ della canonizzazio-
ne, dell' apertura e chiusura delle porte
sante: le dette aste sono consegnate ai pre-
Iati dai Mazzieri (J^,)yì quali poi dai me-
desimi le riprendono. Otto giorni prima
di queste processioni il prefetto de'mae-
stri delle ceremonie scrive un biglietto o
manda l'invito stampato al decano dei
votanti di segnatura, perchè avvisi 8 re-
ferendari per portare le aste del baldac-
chino. Leggo nelle Indicazioni de* cere*
ntonieri pontificii^ che per la processione
del Corpus Domini del 1 684, essendosi ri-
fiutati i referendari di venire a portare
le aste, perchè in luogo d'Innocenzo XI
fece la funzione il cardinal Cibo, suppli-
rono gli uditori di rota ed ì chierici di
camera , onde il prefetto delle ceremo-
nie fece doglianze col cardinal prefetto dà
segnatura. Al nominato articolo Cappel-
le PONTIFICIE, notai 1 tratti di via in cui
nelle lunghe processioni i referendari so-
stengono le aste del baldacchino. Ap-
prendo da Chiapponi, A età canonizatio»
nis, p. 2 1 9 : Baldacchinum supra San*
ctissimuni Palrem de ferri debet ab ceto
antiquioribus Referendariis Siffiaturae
Justitiae^roccheClis submantelleltis indù*
tis. Ila sacr, Rit, Cong, die Zojan, 1 656.
Giacché deve notarsi, come feci altrove,
che sebbene! referendari non abbiano an-
cora ricevuto dal Papa il permessod'as-
sumere il rocchetto, per sostenere le aste
del baldacchino debbono vestirlo. Noterò,
che tessi in un antico mss. che i referen-
dari di segnatura di giustizia, se fatti ve-
scovi, ritengono il luogo nella segnatura
e il titolo; certo è, che al presente il ve-
scovato fa perdere ai referendari ogni di-
ritto e privilegio. Leone XII col moto-pro-
prio Quum plurima et gravissima^ de* 1 5
aprile 1 826, tuttora in vigore, indica chia-
ramente i diritti e privilegi che godono
IO
REG
ipt*elali del tribunale di legnatura. Vedati
Piettemberg, iVbi: cong, et IribunaUum :
de Referendaria, Giacomo Giandemaria,
Ri flessioni sopra la cotAtuzione di Ales»
Sandro FU per tereiionedd coUegio dei
referendari di ambedue le segnature di
grazia e di giustizia^ e per le qualità dte si
richiedono ne* soggetti et ammettersi in
(jueUo, Parma 1 693. Dereferendariorum
votantium signaiurae fustitiae collegio a
SS. D. N. Innocentium XII P. M. Fa^
tinelli de Fatinellis Idtcensis in eadem si*
gnatnra votantisy Roroae 1696.
REFETTORIO, flf/cctoriuw, TricU*
nium. Luogo dovei religiosi, le monache,
e quelli che vivono in comunità d'ambo
i sessi, si riducono a mangiare, a pranzo
ed a cena, a prendere la refezione corpo*
rale, come dice Macri. Da questo nome
derivò quello dì refectorarius , o di colui
che ha cura del refettorio. Il refettorio
iuole essere convenientemente luminoso;
ordinarìamente in quadro o sulle pareti
vi si i*appi*esenta la Cena del Signore, ac-
ciocché i riguardanti apprendino la di-
vina modestia e sobrietà, che qui princi*
palmente debbono praticare. Oltre le ta*
vole , che per ogni parte sono disposte,
vi è il pulpito, donde nel principio della
mensa comunemente si leggequalclie par-
te della sagra Scrittura,ovvero qualche vi-
ta de'santi o anche alcun libro istruttivo
nella pietà e nella erudizione ecclesiasti-
ca, terminandosi la mensa colla lettura del
martirologio romano. In questo luogo i
superiori sogliono dare delle con*ezioni
e penitenze ai loro dipendenti, per qual-
che mancanza da loro commessa. Altri
ne'refeitorii edificarono con l'esercizio di
mortificazioni , atti di umiltà e virtuosi.
Nell'usciredal refettorio, la comunità pas-
sa al luogo della ricreazione. Dei refettori i
ho parlato in moltissimi articoli, segnata»
mente de' piti belli. F. Triclinio, Bav-
c BETTI, GoirviTi, Praitzo, Cena, Dioiuico,
BENEDICITE, Lettura.
REGALIA. Diritto temporale eserci-
tato dai sovrani} dominio e giurisdizione
REG
temporale dato alle diiete dalla oiaaifi*
cenza de'prìncipi cristiani; diriilo già pn»
teso dai sovrani di godere rentrate de'f^
scovati vacanti ne'Ioro stali, e di dispont
de'beoefizi che ne dipendevano aemacan
d'anime.La parola regalia ha molti altri»
goificati, che si powono vedere ttel Ghi'
«anodi Du Cangeal vocabolo Regalia^W
ordineall'orìgine delle regalie'oonvieoedh
stinguere il titolo, con cui sogliono
giustificate, ed il tempo in cui deve
goarti il loro cominciamento. Gli scrìttoli
aulici sono discordi fra loro,nel delermiis*
re il titolo con cui credono potersi legitti-
mare le regal ie : essi volendo sostenereck
questo preteso diritto fosse ingenito od*
l'autorità suprema de'principi, ne ries>
nobberoii fondamento sia nel dominiodd
loro sovrani sui feudi conceduti alle òàb
se , sia sul diritto che ai medesimi eoa-
pete come ai fondatori de' benefizi code*
siastfci, sia sulle qualità di custodi, avi»
cati e difensori dei diritti e prerogative
delle chiese ne' loro stati. Nel resto non
mancano gravissimi autori, che trattaado
delle regalie, senza studio di parte le ri*
tengono un'usurpazione, che solo puòle-
gittimarsi in partecoll'autorità della Chie-
sa, ed avvisarono con tutta ragione che
dal riconoscere ne' principi lasignorian-
prema de' feudi, il diritto di fondatone
difensori dellechiese, non risulti giaminsi
la facoltà di usare le rendite dellechiese^
oppurenl diritto di conferirei benefizi «•
elcftiastici nelle sedi vacanti. /^. Benefizi
ecclesiastici, Beni di Cbiesa, Pbbci ni*
MARIE, Difensori. A Rendita Ecclesiasti'
e a trattai dell' origine e del progresso di
esse, tanto del clero secolare, che de'/?^
ligiosi e Religiose (f^.). Quanto al l'anti*
ohità deir esercizio del diritto di i*egalia|
In Occidente, ne hanno parlato moltissi- 1
mi autori relativamente ai divei*8i paesi f
o regni. Alcuni scrittori sostengono, che
in Oriente godeva di questo diritto l'ini'
peratore Foca del 602. Circa alle regi*
lie di sovranità temporali , a Patrimohi
mUék 9. SspB narrai che essa già gode*
REG
regalie superiori che dichiarai, per
' domioio dbe ?i esercitava di sovra*
e ammiDistrasione della giustizia ,
dai tempi di s. Gregorio 1 del Sqo
itrimoni di Sicilia, in parte per ces*
'■ degrimperatori d'Oriente, per cui
jaliesovrane temporali furono in uso
a che si conoscessero le voci di Feu»
^.) e di vassallo, come provò Borgia
sue dotte opere in difesa della so-
ita della chiesa romana. Ma di questa
e di regalie giurisdizionali di tem-
le dominio e loro diverse qualità, mi*
e maggiori o supreme importanti
iria temporale, con quanto vi é di re-
>, parlerò dopo le regalie ecclesiasti-
n discorso. Le regalie ecclesiastiche
npalmente si divisero in spirituali e
lorali. Le spirituali che chiamavansi
e onorarie , consistevauQ^nel diritto
ovranodi conferirei benefizi duran-
vacanza de'vescovati. Le temporali
:hiamavansi anche utili, erano i di-
che aveano i sovrani di godere dei-
rate del vescovato vacante. Alcuni
isero \' Investiture écclesia8tìche{F,)
regalia, le quali sono sta te Tona al-
1 cagione insieme ed effetto, benché
assai distintefra loro. Le investiture,
(eziandio nel senso in cui furono ac-
te da Calisto li, diedero occasione
igalie; giacché quelle supponevano
! slati concessi alle chiese beni feu-
ed importavano l'obbligo ne^vesco-
legli abbati di riconoscere nel sovra*
ignore principale deloio feudi, ed o-
> sa che le regalie perciò appunto che
ncipio indicavano i beni feudali con-
iai principe alle chiese, dipoi in for-
gli abusi tuttora crescenti, servirò-
lignificare il diritto regio di gode-
itrate delle chiese vacanti e di con-
i benefizi a piena ragione. Le inve-
3 poi sono una conseguenza delle re-
imperctocché i principi hanno il
> d' investire i baroni e i conti dei
che concedono, ond'é che l'in vesti-
ùrono soltanto condannate, perché
REG II
spesso oootaminavano di simonia T ele«
xioni, e massimamente pei*ché erano de-
generate in usurpazione deirautorìtà su«
prema ecclesiastica. Per cui e molto ve-
rosimile, che l'accordo fìitto per troncare
la grave differenza fra il sacerdozio e l'im*
pero suir investiture ecclesiastiche, coq«
chiuso neh 122 da Calisto li, ed Enrico
V, di cui feci anche parala a Pacb par*
laudo della natura àe* Concordati^ sia la
vera origine della regalia ; dappoiché si
parla di regalia o diritti regi in questi atti;
Electus aulem Regalia per sceptmm ate
recipiat. Questa parola regalia comprane
deva i feudi che i principi aveano dato
alle chiese, ed in appresso fu estesa a tut*
ti i beni posseduti dalle stesse chiese. Ora
secondo le leggi degl'imperatori aleman-
ni, era di natura de'feudi,che coloro che
li possedevano diventassero vassalli de-
grimperalon da cui gli aveano rìcevuti,
ed erano obbligati a dar giuramento di
fedeltà. Di più dopo la morte del vassaU
lo, l'imperatore godeva delle sue rendi-
te, fino a tanto che il successore fosse sta-
to investito de'medesìmi feudi, ed avesse
prestata fedeltà e omaggio. Questa legge
si estese agli ecclesiastici , perché le loro
chiese godevano molti feudi; onde poi in
Francia la regalia cominciava colla sede
vacante e finiva dopo che il nuovo vesco-
vo aveadato giuramento al re di fedeltà.
Narra Bercaslel, Storia del cristianesi"
mo t, i4i n.^ ^5, che la storia nel 1 160
somministra uno de'piU antichi e forma-
li titoli de'redi Francia riguardo alia re-
galia, »Dopo la morte del vescovo di Pa-
rigi Tibaldo, essendo venuti in mani del
re il vescovato e la regalia, il re Siede il
capicerato (o primicero)che ne faceva par^
te, alle monache di Hieres, onde le mede-
sime ne godessero ogni volta che la sede
fosse vacante". Questi fu Luigi VII re di
Francia, che peli. %eemenzionedel dirit-
to di regalia, e sene parla anche nel testa-
mento di re Filippo 11 Augusto, morto nel
1333. Pel regno di Francia molti pre-
lesero che il diritto di regalia fosse tan*
la REO
lo antìoo quanto la corona stessa ; altri
giustamente lo negano, citando la storia,
che c'insegna che sotto lai. "stirpe de're
i beni delle chiese vacanti erano arnmi*
nistrati dal clero e dall'arcidiacono, come
apparisce dal concilio d' Orleans tenuto
sotto re Childeberto, e dal concilio di Pa-
rigi sotto re Clotario 11 : la chiesa galli-
cana segui in quel tempo il decretato dal
concilio di Calcedonia. Di piìx il diritto
di regalia , secondo la riportata spiega*
zìone, fu parimente ignoto sotto la a.*
stirpe de're,comesi apprende da una let-
tera d'Incmaro di Reims a Carlo il Cai-
vo; imperocché questo vescovo dà per re*
go^a il canone del concilio di Calcedonia
durante la vacanza della sede vescovile :
che i beni del vescovo defunto saranno
difesi, e intieramente conservati dall'ar-
cidiacono e dal clero, e che quelli che o-
seranno mettervi mano per usurparli, sa*
ranno scomunicati. E in un sinodo tenuto
sotto il medesimo imperatore , fu deciso
conforme a quello eh' era stato prescritto
nel concilio di Calcedonia , che dopo la
morte del vescovo i beni sarebbero con-
servati al successore daireconomo della
chiesa. Egli è vero, che re Carlo il Cal?o
£;ce altrimenti dopoché Ebbo arcivesco-
vo di Reims fu deposto dalla sede, nel-
iiì vacanza della quale, e durò parecchi
unni, quel principe s'impadrom de' suoi
beni e ne diede anche una porzione in
feudo. Ma questo cattivo esempio non è
contrario all'uso di quel tempo, perchè il
re promise nel sinodo di Beauvais del-^
1*84^ a Inomaro e agli altri vescovi, di re-
stituire alla chiesa di Reims tutti i beni
che avea presi per pimir maggiormente
Ebbo. Non si può provare parimenti il
diritto di regalia, adducendo il cattivo uso
che Carlo Martello fece de'beni di chie-
sa, dandoli in feudo a laici; imperocché
i Capitolari di Carlo Magno e di Carlo
il Calvo condannano questa dissipazione
dei beni di chiesa e l'attribuiscono alle ne-
cessità de'tempi, le quali obbligavano in
cerio modo i principi a darea'loro suddi-
REG
ti i beni eodesiastid per trattenerli al»-
vizio. Nemmeno al principio della 3.* itir*
pe era in Francia stabilito il diritto diit-
galia, come si ha dalla lettera di Gerbcr*
to arcivescovo di Reims, che raccoaui*
da al clero e al popolo di vegliare chei
beni del vescovo defunto sieao consena*
li al successore. Dagli storici d'ioghilter*
rasi raccoglie, che il medesi no o diritto di
regalia fu parimenti introdotto io quel [
regno nell'istesso tempo che ìd Fraudi,
e che cagionò colà molte turbolenze. Fu- •
so anche nella chiesa d'Irlanda, e da mi
epistola d'Innocenzo III al cardinal le
gato in quel paese, si rileva che l'uso del*
la regalia era nella chiesa d* Armagh, e
il Papa in delta epistola si serve della pi*
rola regalia; e per impedire che i pria-
cipi non potessero godere per lungotflS*
pò della rendita della chiesa, accorciò il
tempo della vacanza della sede, ordìnss*
do che i metropolitani lontaoi da Roim,
entrino all' ammintstraziooe delle Ioni
chiese innanzi di aver ottenuta la leu
conferma. Nel 1 3 1 5 l'imperatore
co II fece una costituzione contro
galie, considerandole contrarie
munita della chiesa, e confermò tale co*
stituzione con altra del i ^ 19 che diresa
a Onorio III Papa , al quale e agli altri
vescovi cede le rendite chiamate regali^
come cosa spirituale che non a' appart^ '
neva agl'imperatori. De Marca, Dtcok*
cord, lib. 8, cap. 1 8 , riporta molte au*
torità de'Papi e de'concilii, per mostrare
che le rendite delle chiese vacanti non ap-
partenevano ai principi nella chiesa gal*
licana,eche doveano in essa osservarsi,
del pari che nelle altre chiese , i decreti
del concilio di Calcedonia,che ordina che i
beni sieno conservati a'successori; la mag-
gior parte di queste prove sono nel decre-
to di Graziano. Quindi si vede cheque*
sto abuso era antichissimo, e introdotto
molto tempo innanzi che la regalia fosse
stabilita e tollerata dai Papi : per questo
i concili! proibirono ai principi e agli altri
laici d^mpadronti*si de'beni degli ecclesia-
REG
lopo la loro morte. Questo malvagio
ime d'impadronirsi de'beni de'vesco-
abito eh' erano morti, s'era diffuso
^u'tta la Chiesa, ed era in uso nel Po-
e e nell'occidente. L'Jmperaloi*eMa-
3 Comneno proibì a'magistrati d'im-
onirsi a vantaggio del pubblico era*
e'beni immobili delle chiese vacanti,
londo conte di Barcellona fece an*
;ti ristesso divieto a'suoi ministri , e
mpedire che ì beni delle chiese va-
fossero dissipati, se ne dichiarò con-
tore, anche vivente il vescovo; pri-
io che si estese a tutte le chiese del-
ovincia di Tarragona. 1 medesimi
legi furono accordati alla chiesa di
ona, ma ciò non ostante i laici conti-
ono sempre a impadronirsi de'beni
scovi dopo la loro morte, sotto, pre-
di volerli custodire. Gregorio IX si
col l'arci vescovo di Narbona y e coi
^i di Maguelona e EIna, che i sini*
li e podestà del re di Francia nella
Dcia di Narbona s'impadronivano
o ogni diritto de'beni de'vescovi in
della vacanza della sede, aggiun*
) che i predecessori di s. Luigi IX
o fecero mai sotto pretesto di rega-
altro diritto. Veramente a quell' e-
ì Papi non condannarono d'ingiu-
o usurpazione il diritto di regalia
re di Francia esercitavano in mol-
ese del loro regno, e s. Luigi IXstes-
usò , onde poi i re non estesero le
e oltre i molti vescovati dov'erano
trodotte. I parlamenti una volta giu-
ano di tutte le materie della rega-
li solo possesso, e seguirono la stes-
;ola sotto Filippo 111; inqueltem-
m vi era nulla di fisso e stabile pel
3 di regalia, maseguivasi il costume
3 ricevuto, di modo che v'erano del-
ese affatto esenti dalia regalia , ed
non erano soggette sé non ad una
della regalia. Sul principio il dirit-
regalia comprendeva soltanto i feu-
tendenti da'principi, e fu dipoi este-
s rendite, che provenivano dalle de-
REG i3
cime, ed anche alla collazione de'benefi*
zi dipendenti dalle chiese. Le chiese che
conservarono l'antico diritto di regalia,
non furono soggette a questo diritto per
le rendite delle decime e per la collazio-
ne de'benefizi: il che fu cagione che i par-
lamenti non aggiudicarono al re in alcu-
ne chiese , se non la regalia per le ren-
dite che provenivano da'fondi e altri be-
ni temporali delle chiese, ed a queste la-
sciavano le rendite provenienti dagli al-
tari, dalle decime e dalle offerte , e tal-
volta dalla collazione de'benefizi. Questo
uso del diritto di regalia in parte fu nel
1 274 confermato da Gregorio X nel con-
cilio generale di Lione 11, ad istanze di
Filippo HI re di Francia, cioè si fulminò
la scomunica contro qualsiasi dignità, di
usurpare sopra le chiese il diritto di re-
galia, e quelli ch'erano in possesso di que-
sti diritti furono esortati di non abusar-
ne, con che venne a riconoscere le rega-
lie per i luoghi dov' erano introdotte, e
proibì che fossero introdotte negli altri.
De Marca lib. 8, cap. 24 osserva, che il
termine di regalia nel decreto del conci-
lio si prende in un nuovo significato, per
la custodia e 1' usufrutto di tutti i fruiti
e rendite in tempo della vacanza della
sede, ed aggiunge che sotto il nome di frut-
ti sono comprese le collazioni de'benefi-
zi, a cagione della bolla d'Alessandro IH,
nella quale si dice , che le collazioni dei
benefizi debbono mettersi tra'frutti; ma
pare che l'intenzione di Gregorio X sia
stata d' impedire che in avvenire i laici,
di qualunque qualità si fossero, non usur-
passero! beni delle chiese in tempo di se*
de vacante, sotto qualsivoglia pretesto,
sotto il nome di regalia o di custodia o
di protezione. Inoltre Gregorio X giudi-
cò bene lasciare i diritti a quelli che n'e-
rano in possesso , senza voler esaminare
minutamente, se questi diritti fossero giu-
sti o no; perchè sarebbe stato diffìcile ve-
nirne a capo, atteso il lungo possesso, in
cui erano la maggior parte de' principi,
il quale serve d'un, titolo sufficiente nel-
i4 REO
le canie ctf ìli : tantum praetcripium ,
quantum possesswn. Ma i re di Franda
si arrogarono il diritto di oollaiione dei
bedefixi, sebbene il concilio di Lione sol*
io nome di fi-utti e rendite ecclesiastiche
non avesse voluto includere anche la pri-
ma collasione de'benefizi, ma soltanto il
diritto di pre8entai*e ai medesimi, ed un
mero giuspatronato : oltre a ciò i re di
Francia esercitarono altri diritti ancora
in favore della regalia, fino a ricevere le
rassegnazioni de'benefizi, che chiamansi
infavoremytóh dicono i canonisti e giu-
reconsulti francesi, per privilegio speciale
accordato ai radi Francia dai Papi, men*
tre poi non si conosce questo privilegio,
ed i re pretesero goderlo di diritto. Boni-
facio Vili nella famosa contesa con Fi-
lippo IV, che riportai a Fa a vci a, scrisse
al re che teneva per eretici tutti coloro
che pretendevano , che la collazione dei
benefizi, che chiamava diritto spirituale^
potesse appartenere ai laici. Dipoi, salva
la collazione e istituzione al Papa ed ai
vescovi, per impedire che i benefizi non
fossero occupati da persone inette e inca-
paci , fu concesso ai padroni laici la no-
mina o presentazione ai benefizi : lutta-
volta seguitarono in Francia oltre i re,
molti laici , ed anche qualche badessa a
conferire i benefizi di pieno diritto, forse
per privilegi pontificii. Re Filippo IV fe-
ce un editto per autorizzare la regalia, ma
non lo estese, se non alle chiese dov'era
stata introdotta dal costume^ con forman-
dolo al decreto di Liorie. Filippo V nel
1 334 con editto restrinse la regalia al co-
stume e alle chiese del regno, dov'era sta-
ta introdotta, e volle che si conservasse-
ro i beni delie chiese, e che si prendes-
sero solamente a titolo di frutti le ren-
dite ordinarie. Luigi XII nel 1499 fece un
simile editto, e proibì di più a'suoi mini-
stri d'inquietarle chiese, dov'egli non a-
vea diritto di regalia o di custodia. Non
ostante tutte le cause che vi furono sopra
questa materia ne'parlamenti,i re diFinn-
eia continuarono a non arrogarsi la re-
RBG
galia, se non in alcune cbieit ; ed dUis
roo ancora l'editto deli 606 d'EoricolV,
dove dichiara : Che doo intende di^
dere della regalia , se Don nella fcnn,
ch'egli e i suoi anteoetaorì baimo filili,
senza estenderla più oltre e pregiadìn
delle chiese che ne sono eien ti. Luigi UlI
nel 1 639 fece una oostitustone, dicbians
do che voleva godere del diritto di n§t
lia,oomein passato, e tiocome certi teni>
ni erano ambigui, il clero fece rìmoiti»
se per averne la spiegazione; fu risporti:
che il re dichiarava di non voler godoe
della regalia ne' luoghi, dove non atea
di essa goduto per lopasaato. DipoiLa*
gi XIV nel 1673 fece una didiiarasioa
con cui stabilì, che tutte le chiese dd»
regno saranno in avvenire sognile ali
regalia, eccettuatene 4 che ne sooock»
ti a titolo oneroso. Di questa dispoM
ne lrattai,come delle sue gravi con i e g aa
ze, nel voi. XX VII, p. ^j e w/e^gùoé^it
cendo della virileopposizione fiittadah*
nocenzo XI, onde ebbero luogo le 4^
mose Proposizioni Gallicane (F',\ ews
do nunzio Savo MilUni (F'.)j ed ìbkki
in Roma la gravissima vertenza iA
Franchigie (V.) , di cui parlai meglio 1
I MMumTA' o voi. XXXI V , p. 3 3, con qa»
to accadde, per l'energico procedere iS^
nocenzo XI : nel voi. XXVI I, p. Si i»
contai pure le condiscendenze dì Ab-
Sandro Vili con Luigi XIV, perten»
nare le differenze delle regalie e delle firn-
chigie;e come riuscì a Innocenzo Xlli
far definitivamente rinunziare al rete
franchigie, acconsentendo il Papa allV
stensione delle regalie in tutto il regaoi
Francia. Pare che il successore Clemcsle
XI fecesse poi qualche opposizione, po'
che leggo nella sua Storia di Novaes,»'
98, che nel 171 1 scrisse al nuovo veic
vo di Grasse Megrigny, rammentando^
1 sagri canoni, che vietano di violare il*
ritti ecclesiastici, e principalmente qm»
to il concilio di Lione avea disposto sulk
regalie; perciò gli raccomandò che noi
acconsentisse ne tacitamente^ né espitf
BEO
sameote alla regalie ed a tuttodòclieieiii*
brasse poterle ammettere. Le regalie in
Francia terminarono nel declinar del se-
colo XVIII colla riToIuzioneyed anchecol
successivo concordatodel 1 80 1 . Tentaro«
no di farle rivivere Luigi XV HI e Carlo
X, col nominare nelle sedi vacanti de'ca»
lìonici , ma noe vi riuscirono^ dovendo
stare al concordato^
Muratori colla Dissertazione 7 1 .*trat •
tò: Della potenza de' vescovi, abbati e al-
tri ecclesiastici y e delle regalie antica»
niente concedute alclero, ^^e darò un bre*
Te estratto. Anticamente la signoria tem-
porale del clero secolare e regolare fu
grande e opulente, massime in Italia. Di
due sorte «rano i beni temporali. Una
conteneva i beni privati, cioè i poderi, le
&bbricbe, le selve, il denaro, ì mobili e
altri simili, esistenti in dominio de'citta*
dini e delle persone private, e che si pos*
sono, secondo il diritto delle genti, ven«
dere, comprare, donare, permutare e ob-
bligare. L'altra parte abbracciaTa i beni
pubblici appartenenti alla repubblica, os-
sia al prìncipe, e si chiamano /2f^tf/ie^sie«?
no cose corporali, o pure diritti: fra que-
ste si contano il comando sopra i popoli,
le angherìe e perangherie, la giurisdizio*
ne, le gabelle e i dazi, la zecca, le minie-
re, i fiumi, le saline, ed altre non poche
cose da Tedersi presso i legisti. G>me nei
primi sette secoli cristiani asiaissimi beni
della prima specie concorseix) nelle chiese,
tanto per la pietà e oblazione de'fedeli,
quanto per le donazioni degFiroperato-
ri, re e altri prìncipi, forse ancora si può
facilmente dimostrare, che non pocheclel-
le regalie minori furono in questi mede-
simi tempi contrìbuiteai luoghi e mini-
stri sagri. Ma per conto delle regalie mag-
giori e supreme, come il prescrìvei*e leggi
temporali, e comandare ai popoli nel tem-
porale, coir imporre pene, giudici e tri-
buti, avere soldati, far guerra ad arbi-
trìo suo, in una parola Tessere signore
temporale di città, castella e paesi, co-
mandando ivi con podestà secolare prin-
REG i5
cipesca, cominciò almeno nel secolo Vili,
tranne la chiesa romana, che come dissi
al citalo articolo Patboioiiio, già nei V
secolo godeva le franchigie maggiorì, e
quegli esempi parziali di cui parlai a'ioro
luoghi, convenendo Muratori che pei pri-
mi si devono noverare i P9pi e la loii>
Sovranità, Da questo esempio, i Yesco-
vati, ed i Monasteri (al quale articolo dis-
si di loro esenzione e privilegi) de'due sessi
si procacciarono il dominio d'ampie dt*
tà, castella, o d'altri pezzi di regalie e di
temporale dominio, perle donazioni loro
fatte. La prima e forse principale cagione
per cui furono fatte, sembra che fosse la
remissione de*peccati,òìcuì parlai in mol-
ti articoli, e Muratori nella dissertazione
68 : Delia redenzione de' peccati per cui
molti beni colarono una volta ne^ sagri
luoghi. Imperocché in que'tempi srego-
lati raaggiormenteabbondavanoi misfat-
ti e peccati ; e di questa cattiva influenza
non di rado partecipavano gli stessi im-
peratori, re e principi, a'quali perciòs'im-
ponevano nella penitenza le pene cano-
niche, secondo l'uso allora in vigore nella
Chiesa di Dio. Niun'altra maniera cono-
scevano allora i principi per isgravarsi
dal peso de'digiuni e delle altre peniten-
ze, che l'usata dal popolo, cioè di far la
limosina a'poveri, di farcelebrarele mes-
se, e di offrire poderi e altre simili sostan-
ze ai luoghi e collegi sagri. Gran diflèren-
za nondimeno passava fra le redenzioni
de're e del volgo; meno si esigeva dal po-
polo, secondo la condizione e le facoltà
delle persone; molto più dai dominanti,
sì perchè nelle bilance di Dio sogliono
pesare più alcuni peccali de'principi, e sì
perchè devono più magnificamente trat-
tar con Dio i potenti, siccome provveduti
di tanta copia di beni, che le private per-
sone. Il perchè costumarono i principi, e
specialmente i re e imperatori, di offrire
alle chiese non solamente corti e grosse
tenute di beni per la redenzione de'Ioro
peccati, ma anche castella, città, comita-
ti, marche, ducati e altre regalie, aggiuni>
i6 IlEG
f;etidonuoVidoni ai vecchi, o almeno con*
fermaiicloil donato dogli antecessori. Con
questo titolo si può crederete ne riportai
ìu vari luoghi le parole usate, che Pipi-
no e Girlo Magno coufermatsero e am-
pliassero il principato temporale di s. Pie-
tro: la stessa redenzione de' pecchiti eb-
bero davanti agli occhi gli altri principi
e re, che donarono o fecero tributari alia
chiesa romana regni o principati, dalla
quale ne riconoscevano il dominio pagan-
do il censo, in attestato della loro tem-
porale soggezione. Particolarmente poi
nel secolo XI per simili oblazioni crebbe
la potenza e maestà de'romani Pontefi-
ci, perchè sopra gli altri si mostrò sol-
lecito a procurarle s. Gregorio Vll,il qua-
le .scrivendo al vescovo di Passatia, rac-
comandò d'indurre Guelfo duca di Ba<
viera e gli altri principi di Germania a
soggettar le loro terre a s. Pietra, prò suo»
rum peccatorum absolutione. Dalla sua
E^ist, 23, lib. 8, sì apprende che la Fran-
cia sino da'tempi di Carlo Magno era so-
lita pagare aunualtuente censo alfa chie-
sa romana, cui esso re e imperatore an-
che Saxoniam obtuleratf pagando un de-
naro per casa al b. Pietro che riconosce-
vano per |>ad re e pastora. Bertranno /Vt>-
viiiciae Comes nel 1081, prò remissione
peccntorumsuorumyoffn^coQcesse e donò
tutto il suo comitato di Provenza om/ti-
potenti DtOf etss,apostolis Pelroet Pau*
io^ et d. Gregorio Papae VII et omrd"
bus successoribns suis. Parimenti Beren-
gario conte di Barcellona nel 1090 offri
e donò a s. Pietro e a Papa Urbano li
la città di Tarragona, tolta di mano ai
saraceni, propter redemptionem peccato ^
rum meorum^ et patris mei Rayrnundi,
et parentum meorum. Di questo titolo
si servì la gran contessa Matilde quando
òonòomnia bona sua alla chiesa dis. Pie-
tro, protestando nelFistromento di aver
fatta sì ampia donazione, prò mercede et
remedio animae meae^ et parentum meo»
rum, la qual formola significa la reden-
zione delle pene penitenziali. Altri simili
REG
•
esempi ti hanno della Sardegna denti
alla s. Sede. Non fecero di meno gli akri
vescovi e chiese per ampliare il loro pi*
trimonio, per potere più fecilmenteiod-
disfare alle necessita de'poveri e all'or
namenlo de'sagri templi ; né flirooo n
tale studio oziosi i monaci e quasi tilli
gli abhati. Trovando talvolta lepenoa
ecclesiastiche ne'Ioro contadini e IsTon*
tori molta disubbidienza, ed anche ao*
lestieda partede'conti o govematori,p»
ciò i vescovi e abbati procurarono digi
imperatori, che i loro beni e uoroiaifii'
sero esenti dairautorità de' conti edile
pubbliche imposizioni, come lece lack
qualche re longobardo; di queste oes'
zioni parteciparono eziandio i ntonsstoi
delle sagre vergini.Nel secoloIXnon OHI*
carono a' vescovi ed abbati, vassalli iaia
sottoposti alla loro signorìa, ed eranoob*
bligati nelle guerre a (soudurre homìm
suos all'armala, quando doo li dispeai*
va qualche legittima scusa. Nel teoolol
gli arcivescofi di Milano ottennero di*
gì' imperatori tedeschi T autorità teap
rale sulla città e contado, con titolo à
conti, non prima come riportò UgheUL
Quantunque sotto Lodovico II godcaero
i vescovi e abbati corti con castelli, tat*
tavia solamente cominciarono a godot
maggiori privilegi e diritti di sìgoohi^
quando il successore Carlo il Calfcael-
1*875 fu coronato imperatore da Giofsi-
ni Vili, preferito al fratello e ai nipoli,
perchè i vetcovi d'Italia vaolaggiaroa
i loro interessi. Nelle successi ve turbob*
ze di quelli che aspirai-ono all'imperoe
al regno d'Italia, questi per assicursti
della difozione degli elettori, cominda*
rono a poco a poco, oltre ai principi s^
colari , conferire ai vescovi e abbati k
regalie, cioè le città, le castella, i pubbli-
ci tributi, i comitati o contee, le mardK,
i ducati, come al vescovo di Modena e al-
tri. Per le invasioni e stragi de'saraceii
e ungheri, con licenza de're d'i taiia, i f^
scovi della bella regione, per difesa lotti
e de'citladini, fondarono e muoii-onoa*
f
&EG
e ciltà, laonde con possedere luogh^
si resero maggiormente potenti, co-
tenne il Tescovo di Reggio, quello di
a e altri: nelgi 6 Berengario I im«
ore, per le calamità cui ridussero
igheri Cremona, donò molte rega-
fescoTo Ardingo, cioè che ninno pò-
tener Placito (F.), o pubblico giù-
de'messi regi o imperiali, inpraC'
fUSf atque castellisi et curlibus, ti'
celliSy atque pUhibusj che spettas*
I lui certi dazi nella città, il diritto
pesca nel Po, ec.: le stesse regalie
confermato al vescovo Giovanni nel
Rodolfo re d'Italia, e nel gyBl'im-
3re Ottone I al vescovo Olderico,
lo altri augusti concesso l'autorità
ite sulla città, e sopra 5 miglia al*
rno, colla conferma delle preceden-
icessioni. Quello che si è detto fin
i alcune poche chiese, si può rife*
1 non poche altre d'Italia, anzi an-
d altre di Germania, Francia, In-
rra, ec; poiché ogni vescovo si stu*
i ottenere l'unione del governo se-
! delle città all'ecclesiastico, con ri-
ere i conti laici, e far trasferire o in
in parte l'autorità di quelli nella
-ia persona. Per conseguenza non vi
1 in que' tempi vescovi, che non go-
1*0 il dominio almeno di qualche ca-
di più, con piena autorità sopra il
o; molti essendo conti della propria
come rimarcai ai loro articoli. Nel
» XI i vescovi di Ginevra litigava-
ir le giurisdizioni e regalie coi conti
città. Una volta non vi fu mona-
di gran nome, che non possedesse
castella, e molte almeno delle re-
; qual fosse la potenza di Montecas-
di Farfa, di Gluny e di molti altri,
^hi loro lo dichiarai; né mancaro-
)bali col titolo di conti, e di abba*
che nell'impero aveano luogo tra
icipi. Con le accennate munificenze
, imperatori e altri principi versoi
luoghi, non solamente essi donava*
1 cheappartene va al regio Fìsco ( F,)^
VOL. LVII.
REG 17
cioè corti, castella, dazi, gabelle e tribù*
ti, ma di quelle regalie che anticamente
erano assegnate pel mantenimento e uso
de'conti secolari governatori delle città;
per cui a poco a poco tra per queste do-
nazioni pie, e per l'istituzione di vari con*
ti rurali, rimasero spennati i conti delle
città e in qualche luogo venne affatto e-
stinta la loro autorità, perché trasferita
ne'vescovi e abbati da cui difficilmente
poi ne usciva. Ogniqualvolta un r^o im-
peratore perveniva al governo, ciascun
prelato soleva farsi confermare tutti i suoi
beni e diritti» piti con doni ne cercava
l'aumento; onde avvenne, che non sola-
mente i vescovi e gli abbati de'monaste*
ri insigni, ma anche le badesse ed i col-
legi de'canonici, tanto in Italia che fuori,
signoreggiassero almeno in qualche ca-
stello^ ed ivi esercitassero sopra il popolo
una piena giurisdizione, con riconoscere
solamente nel temporale il re d'Italia o
l'imperatore per sovrano. Vero é però,
che molte castella e ville, i vescovi e gli
abbati leaveano anche acquistate per do-
no e oblazione de'fedeli, o pure procac-
ciate col proprio denaro, o edificate e for-
mate dalla loro industria. Per moderare
l'accrescimento della potenza degli eccle-
siastici, nel secolo XI cominciarono i re
e imperatori a pretendere che ninno po-
tesse conseguire vescovati e abbazie, se
non prendeva l' Investitura (F.) di tutti
que'beni e stati, che dal regio fisco erano
passati nelle chiese, e si chiamavano re-
galie, al dire di Muratori : per questa ca-
gione crebbero a dismisura le simonie,
e insorsero liti e funestissime guerre fi*a
il sacerdozio e l'impero, di sopra toccate,
sotto 8. Gregorio VII e successori. Poscia
sotto Pasquale II (f^), non trovando-
si ripiego per quietar le differenze, onde
troncare le simonie, divenute frequenti
per le ricchezze del clero e per quelli che
aspiravano al fasto di possedere signorie,
s'indusse a rinunziare, ad Enrico V tutte
|e regalie godute dagli ecclesiastici, cioè
civiiates, ducatus^ marchias, comitatus.
i8
AEG
moiieiatf idoneum^ mercalum^ adiHfca*
tiasjura eeniurionumy et iurrcs, quaere*
gnierant cumpertinentiissuis^ milUiam,
et castroni y te. Ma questo privilegio bea
pi*esto fu abrogato da Pasquale li, per
cui si rinnovarono le vertenze, terminate
poi da Calisto II. Tanto crebbe la poten*
za di certi abbati, che ottenute le insegne
episcopali, talvolta lasciavano indietro i
vescovi colla pompa della loro comitiva.
Crede Muratori che dall'avere i vescovi
ottenuta la podestà secolare, nascesse il ri*
todeiringressosolenne,aImenonel looo,
chei vescovi novelli d'Italia in molti luo-
ghi (anche in altre regioni), coll'incontro
e assistenza di tutto il clero e popolo, sot-
to ilbaldacchino a cavallo entrassero nel-
le ci ttà,recandosi con quella pompa e pro-
cessione alla cattedrale. Muratori deplo-
ra, che dopo avere i sagri pastori assun-
ta la cura de'temporali dominii, trova*
ronsi anche carichi d'un grave fascio di
cure secolaresche; di tanto io tanto do-
veano portarsi, pei bisogni de'lora stati,
alla corte regìa o imperiale, corte lonta*
nissima e per Io più ambulante; bisogna*
va che intervenissero alle diete del regno,
e soventecorteggiasseroi monarchi in va*
rie funzioni. Da ciò avveniva, che i ve*
scovi e abbati per molta parte dell'anno
abbandonavano il gregge raccomandato
loro da Dio, lasciandolo in mano di gen-
te per lo più mercenaria. Succedendo poi
guerre, al pari de' vassalli secolari anche
gli ecclesiastici doveano somministrar la
loro porzione di soldati per la difesa del
regno; anzi venivano forzati gli stessi ve*
scovi e abbati ad andare anch'essi all'ar-
mata, e condurvi i loro sudditi, e milita-
re a dispetto de'canoni,che Io proibivano.
Inoltre, infestando i vicini le terre degli
ecclesiastici, o tentando di usurparle, bi-
sognava mettersi in armi, assoldar gente
oltre i vassalli e far guerre particolari;
dappoiché i secolari invidiosi, non rìspet*
landò gli ordini de'monarchi, i canoni dei
concilii e le scomuniche de'Papi, tuttodì
studiavano o coU'armi o con altre abbo*
REG
minevoli maniere, di divorare ibeù ec-
clesiastici.
Ma che divenne deir«Dtica potcaae
opulenza de'prelati e delle chiese, e ddte
loro regalie. Muratori lo avilappa kUi
Dissertazione j2* : Delle eagìant^perk
quali ne\»ecchi tempi si sminuì la pokt
za temporale degli ecclesiastici. La i .'o*
gione s'ha da riferire airempia cupidrà
e pi*epotenza de'seoolari, che sempre à |
studiarono usurpare i beni di Cliiesi,ii*
che con fraudolenti oootraiti, onde ridoi'
seroi vesco vati e monasteri, dall'alto f;fi-
do di potenza e ricchezza cui erano pa> ^
venuti, molti a un mediocre stato,alln
all'eccidio, altri a miserabile depressioK
Alle disavventure delle chiese oootribd*
rono ancora le fi*equenti irrusionide'b» j
bari nell'Italia, cioè longobardi, saneoy .
e ungheri, che produssero tanti malie |
desolazioni. Le pubbliche calamità e k
guerra, ed altre simili traversie, obb^ '
rono molti vescovi e abbati a vendi» '
o livellara o locare noo pochi de'lorok*
ni a' secolari. Né mancarono ne'oorrsUi
tempi indegni vescovi e abbati, i quali «• ,
za rossore e timore del giudice suprenoi '
dilapidarono le terre ecclesiastiche, tn- !
sferendole ne'Ioro parenti e amici, o va* •
dendole per soddisfare alle loro pravitii
Sopra tutto cospirarono alla rovios do
monasteri quegli abbati secolari, a'qoti
la prepotenza de'regoanti concedera ìi
benefizio que'luoghi sagri, di che Um»
tori trattò nella Dissertazione 73.': Dì
monasteri dati in benefizio» Ma non oM'
careno abbati claustrali, che si abunr»
no in ciò del loro ministero, con sagiik*
ghe licenze e riprovevoli prodigalità, b
che mosse i Papi, gl'imperalori, i reyicH*
cilii a rimediarvi. Di queste alienasios
e enfiteusi molti vescovi nepecscarono.ln'
damo nelle pie fondazioni si pose Is f»
bizione, che mai non si potessero alieni'
re i fondi donati; divieto che fecero pf
re i vescovi quando conferivano diic*
e benefizi a' preti. Neppure giovò di k
confermare dalla s. S^de le possessiosìi
I
BEG
ad onta che la sua autorità fu sempre ve-
nerabile; altrettanto sì dica delle confer«
me regie e imperiali, onde mantenei^e i
sagrì luoghi nel pacifico possesso de'loro
stabili; così de'divieti di tali supreme au-
torità per prevenire lo spoglio e le dissi-
pazioni. Immense e costanti furono le cu*
re de'Papi per tenere in freno i dilapi-
datori e usurpatori del patrimonio eccle*
siastico,e per fare restituirei! mal tolto;
finche proibirono le alienazioni e le per-
mute, senza il beneplacito apostolico. Nel
registro di Cencio Camerario vi sono mot*
ti giuramenti di vescovi e arcivescovi, an-
che oltramontani, fiittì neh 235 al Pape,
dove giurano la manutenzione delle loro
chiese, e di non alienare cosa alcuna, in-
consulto romano Ponti/ice, Egual giura-
mento fanno i Papi e i cardinali pei do-
mi nii della s. Sede, e lo notai anche a
Professione di fede. Non lieve indebo-
limento pati la potenza degli ecclesiastici
sotto l'imperatore Federico I, con porre
degl'impedimenti perchè non crescesse.
Nel voi. LII, p. 253 parlai della celebre
Roncaglia, ove gl'imperatori tenevano le
diete quando calavano in Italia, come fe-
cero i re d'Italia, coi vescovi^ abbati e
signori feudatari o dipendenti dall'im-
pero: in quella del 1 1 58 Federico I fece
decidere, senza che niuno osasse contrad-
dirlo, appartenere all'impero tutte le re-
galie, che ivi dichiarai, ricuperate poi
dalle città lombarde nella famosa pace
di Costanza. L'Orsato, Hist. di Pado\^a
p. 2o4> narra che Ottone I dopo essere
stato coronato in Roma imperatore, ivi
nel 967 da Giovanni XIII fece corona-
re il figlio Ottone II; portatosi poi in Ac-
quapendente confermò alle città d'Italia
quella libertà ch'era stata loro concessa da
Carlo Magno, col solo obbligo di tre tri-
buti chiamati Fodro (cioè l'obbligo di a-
limentare ì soldati e fin lo stesso impe-
ratore e tutta la sua corte in passando
pel paese, compresi i foraggi pei cavalli,
cui erano tenuti anche gli ecclesiastici, es-
sendo una delle regalie maggiori de'so-
REG ig
vrani), Parata eMansionatico(cìoè le spe-
se che si facevano per vicevere il re o Fim-
peratore, i loro messi e altri ministri: la
1.^ parola indica l'ordine inviato di pre-
parare l'alloggio, la 2.* l'alloggio stesso);
dì più a' privati e più cospicui cittadini
delle città cominciai a distribuire onori
e titoli cospicui, cioè di conti, marchesi,
duchi,capitani, valvassori e vai vasini,qua-
li tutti godevano in testimonianza di be-
nemerenza le regalie, ch'erano onori utili
conceduti dai re d' Italia ai più merite-
voli : regalie che per lo più erano ricava-
te dalle entrate che si raccoglievano dai
dazi, porti, ripatici, pedaggi, uso di pesca-
re, mulini e saline. Ciò premesso, dirò eoo
Muratori, Dissertazione 48.* : DeUa so*
cietà de* lombardi e ^ altre città d Italia
per conservare la libertà^ e delle paci di
Venezia e di Costanzaj che nella gran
dieta di Roncaglia, dov' erano concole
quasi tutte le città e principi di Lombar-
dia, M super juslitta regni, et de regali-
bus, quae longo jam tempore seu teme-
ritate pervadentium , seu neglectu re--
gum, imperio deperierant, studiose dì$-<
serente Friderico, quum nuliam possent
in venire defensiooem excusationis, tam
episcopi, quam primates, et civitatis uno
ore,unoassensu,in manum principis Re-
galia reddidere, primique resignantium
Mediplanensem exstitere. " Se di buon
cuore,Dio vel dica, esclama Muratori. Ag-
giunge la spiegazione che Radevico die
su ciò che s'intendesse per Regcdiai Ad/u"
dicaverunt ducatus^ marchiasi comita»
tuSyConsulatus, monetas^teloniajodrtim,
vectigaUa, portus^ pedatica. Si può vede-
re dello stesso Muratori in Dissertazione
1 9." : De* tributi, delle gabelle^ e di altri
oneri pubblici de* secoli barbarici. Lo stes-
so Federico I spiega quali fossero le re-
galie, nel diploma cui nel i ifigconfermò^
i privilegi al popolo d'Asti, pubblicato da
Ughelli, Italia sacra t. 4» ina con alcuni
nomi guasti. » Haec itaque, dice Federi-
co I, Regalia esse dicuntur: Moneta, Viae
publicae^ Aquatica,Flumina, publicaMo-
ao
REO
leiidioayFuniì,FurestiaiyMeniurae, Bao-
chatica, Portut, Argentana, PitiGalionis
reditut, Sextarìa tìdì et frumenti, et eo-
rum, quae fenduntur, Placita, Datalia,
Rubi, Restitutiones in integrum, et alia
omnia, quae ad Regalia jure pertinente'
G>ntuttocìò Federico I, dice Radevico,
per conciliarti la gloria della liberalità,
e per isfuggire in qualche maniera rodio
degritaliani: m His omnibus, in Fiscum
adnumeratis, tanta circa prìstinos pos-
sessores usus estliberalitate,utquicumo
que donatione Regum, aliquid horum se
possidere instrumentis legitimis edocere
potei*at, is etiam, nunc Imperiali bene*
fido, et Regni nomine id ipsum perpetuo
possideret. " A quanto si é detto, che per
più secoli il clero secolare e regolare e*
ziandio potè procacciarsi castella e feudi
con esercitarvi i diritti regali per conces-
sìoni di re e imperatori, si aggiunga che
quando essi monarchi, duchi, marchesi
e conti concedevano feudi ad alcuno, so*
levano anche dargli facoltà di poter la«
sciare alle chiese quelle terre o beni, il
che si appellava yWicare prò anima , e
moltissimo fruttò a'sagri luoghi, frequen*
temente in dominio d'essi colando feudi
e regalie; laonde gl'iroperatori a tanta
cresciuta potenza pensarono di mettervi
argine per l'avvenire. Non solamente tan-
te regalie, tanti stabili e altri beni erano
allora devenuti alle chiese, ma anche i
lóro terreni, villani e livellari godevano
non poche esenzioni e privilegi, talmen-
te che né pagavano i tributi, né concorre-
vano alle pubbliche necessità. Si può ere*
dere che i Jaici mirassero di mal occhio
tanta abbondanza di beni, e beni privi-
]egiati,andàndosi sminuendo la loro por-
zione; anche ai re e alle comunità dovet-
te ciò parer grave. Dopo che Federico I
ordinò, che per lasciar i feudi alle chie-
se, si richiedesse la permissione del si-
gnore o sia del diretto padrone, pochi ne
passarono alle chiese, e molli de'passati
furono ad esse ritolti; movendo lite Fe-
derico I a varie chiese per le loro posses-
REG
tioni, volle loro dare rìDvieatìtara, ed cà*
gette sacramenlum/ideiiuuis cum homi'
nio^ inserendolo ne'diplonii. Per tottodò^
e per le controversie insorte Duovimes*
te tra il sacerdozio e riinpero,da fi iasi»
zi le chiese d' Italia poco o oulla profit*
larono per conto dell' acquistare o so*
oienlare le regalie ìd loro vantaggio; k
loro potenza venne sempre più calane
e ciò ancora per congiura delle città iii*
liane, nelle quali si esaltò una smian-
ta voglia di stendere le ali del dooioio.
Questa sembrò al Muratori essere sUU
l'ultima e piìi ooncludente cagione, os-
de sia proceduta l' estenuazione del pi*
trimonio eoclesiastico. Nel secolo Xllk
più delle città occidentali d'Italia aves*
do preso forma di repubblica , dascaa
aspirò a ricuperare nel contado gli sili'
chi diritti e a signoreggiare. Perciò iail-
cune città venne meno affieilto il tenp»
rale dominio de' sagri pastori, e furaa
loro tolte a poco a poco tutte le castdk,
rocche e regalie,« lo stesso patriarcs d'A*
quileia soggiacque alla sorte comune; od*
sì terminando negli ecclesiastici le regi'
lie e feudi imperiali. A Gbrm aria e FlA^
cu raccontai, come nel declinar dei k-
colo passato furono spogliati de'supersti-
ti feudi e regalie i vescovi, gli abbati, le
abbadesse : mentre coi diverai Concorik-
ti (F'.) i Papi accomodarono le regalie
de' vescovati e altri benefizi ecclesiaslid
V, Spogli. Su questo argomento si pos*
sono leggere gli articoli che vi hanno R-
lazione, come Regio zxequatub, altro ••
busocontro l'autorità della s. Sede, Pum-
MATiCà SARZioiiB chc fu altra piaga del*
la Chiesa e lesiva l'autorità papale, ed i
seguenti autori. Gampomanes, Trattalo
della regalia d ammortizzazione. Ve»
zia 1767. Natale Alessandro, Z>e /lire re-
galiaèy Leodii i685. A questa disserti*
zione fu egregiamente risposto nell'open
intitolata : Causa regaliae poenibus ex-
plicata^Leodìì 1 685. Cardinal Sfondrati,
Tractatus genera lis de regalia, Romae
1689. Egidio Le Maistre, Delie regalit
r
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1
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REG
e de* feudi. De Marca, Memoria della re-
galia. De Ri poli, lo citai a Pbbci primarie.
REGESTI o REGISTRI PONTIFI-
CII. F', Eolie, Brevi, Lettere aposto-
i:.ichb,Rescritti, Registratori delle lbt*
terb apostoliche.
REGGENTE, Regens,Praesiden9.Che
i*egge. Si diede questo nome al principe
che governa Io stato durante la minori-
tà de'reo altri principi, o in alcun' altra
circostanza particolare, come di assenza,
di malattia, d'impotenza, ec. Si chiama
Reggenza, Regimeriy il governare, il reg-
gimento per modo e maniera di gover*
nate. A Sede vacante dico chi governa
in tal tempo la sede apostolica e i domi-
nii pontificii. A Ibipero notai chi lo reg-
geva nella sua vacanza. A Vicario capi-
tolare lo descriverò, reggente del vesco-
vato nella vacanza della sede. Il reggen-
te di Francia apponeva altre volte agli
atti il proprio sigillo e non quello del re
che trovavasi in minorità, usanza abolita
da Carlo V deli38o: pretendono alcuni
che I .^ ad assumere il titolo di reggente
in Francia fosse Filippo con tedi Poitiei*s
durante la gravidanza delia vedova del
fratello suo Luigi X, morto neli3i6. In
quel regno, come in altri , fu quasi sem-
pre il privilegio delle Regine {V,) melavi
^i essere reggenti de' figli loro , mentre
questi trovavansi in minorità : si videro
in questa qualità Fredegonda sotto do-
tano Il del 584, Brunediilde sotto Chil*
deberto II re d' Austrasia del SgS, Ba-
tilde sotto Clotario 111 del 656 , Bianca
di Castiglia nel i2a6 per s. Luigi IX, Lui-
gia di Savoia nel 15^5 per Francesco I,
Maria de Medici nel 1 6 1 o per Luigi XIII,
e Anna d'Austria nel 1 643 per Luigi XIV,
le quali governarono lo stato con auto**
rità assoluta durante l'assenza o la mino-
rità de' re loro figliuoli. Nondimeno in
Francia vi furano anche de'i*eggentì co*
me il suddetto, e prima di lui Baldovino
conte di Fiandra nel i o6o, in vece di An*
na moglie del defunto Enrico 1 e madre
di Filippo I, e il duca d'Orleans nel 1 7 1 5,
REG 31
come si può vedere al TarticoloFR AUGIA*
Per le reggenti degli altri stati si posso-
no vedere i loro articoli. La reggenza fu
sempi*e pigliata in Italia in significato di
reggimento o governo , e questo si ap-
plicò ancora alle cariche municipali, co-
me Firenze ch'ebbe isuoi reggenti, e sic-
come una parte de' popolani reggevano
gli uffizi della città, l'altra parte era chia*
mata di non reggenti; talvolta però si dis-
sero insieme i reggenti e i maestra ti di
Firenze. Egualmente il vocabolo reggen-
te %i applicò ancora al governo e reggi-
mento delle accademie^ comeV Accaik^
mia e Congregazione de'F'irluosi al Pan^
iheon {F.)j alle scuole e simili, ai profes-
sori pubblici di arti e di scienze che ten-
gono una classe nei collegi; ed i reggenti
che aveano occupato per 7 anni continui
la loro carica in un collegio dell' univer-
sità di Picirr]g:/( ^.) j erano preferiti ai gra-
duati per la requisizione de' benefizi. II
titolo di reggente fu dato eziandio al reg-
gitore così de' conventi, come delle con-
fraternite, de 'collegi, come il Collegio di
s, Bonaventura (F,). Nella cuna roma-
na fu dato questo nome al Reggente del'
la penitenzieria (^.), al Reggente della
cancelleria (F,), Paolo IV avendo alx)-
lito la carica di Uditore generale della
camera (F.), istituì quella di Reggente
della camera apostolica sul declinar del
i558,e la conferì al nipote cardinal Al-
fonso Caraffa (F,); ma Pio IV la rista-
hi Pi, cessando il nuovo uffizio colla bolla
Romanus Pontifex, de'i4 aprile i56r,
Bull, Rom. t. 4> par* > • P- 77- ^>*^ ^
creò il reggente dell' archivio generale o
i*eggente degli ai*chivi della s. Sede, con
grande autorità onde conoscere, decide^
re, provare, dichiarare, interpretare qua-
lunque causa, differenza, lite, controver-
sia, che potesse nascere nelle materie spet-
tanti a detti archivi, con mano regia, e
lasciata affatto la tela giudiciaria, come
si espresse nella sua bolla, ed io dichiarai
ad Archivi DELLA s. Sede: ora un cA/e-
rico eli camera è presidente degli archi^
22
REG
W, e due prefetti custodiscooo l'archivio
Vaticano.
REGGENTE DELLA CANCELLE-
RIA APOSTOLICA, Regtns CanctUa-
riae aposlolicae. Prelato della t. Sede che
dopo il caitlioal wìce-CanceUiere (^•)»
presiede alla CanctUerìa apasiolica{P^.),
colle qualifidie di presidente della mede*
lima e di luogotenente del cardinale, oo«
sì chiamato dal reggere questo primario
tribunale della chiesa romana in nome
dello stesso cardinal TÌcecanceHiere,come
riferisce Ciaoopini ; De S. R, E. Vicecan»
cellario, et officialihus CancellariaeapO'
stolìcae^o^e a p. 1 1 o cos'i parla: Locumte»
nentis^sive Regentis Cancellariae nomen,
etiam Praesidentis sortitum est. Quam»
ohrem ex ipsomet nomine, illius, munus
deduciturnempe: quodcancellariam w«
cecanceUarii nomine regitj iWuique offi'
ciaUhus inexpeditionibus praeest,Ethaec
de Rrgente, modo ad aliot offìciales. Lo
stesso scrittore a p. 97, scotio 1/ De Re*
gente Cancellariae, tratta di sua origine
nel 1 376, del suo importante officio, del-
la sua autorità e particolari prerogative,
come di ricevere ì giuramenti pel cardi-
nai vice-cancelliere e distribuire le com*
missioni. Dice che il cardinal Borgia vice-
cancelliere, fu il i.^ a chiamare il reggente
suo luogotenente nella persona di Alvaro
vescovo di Silva, in occasione che nel
1 462 dovea assentarsi da Roma e viag-
giare con Pio II, concedendogli le facoltà]
divenuto poi il cardinale Papa Alessan-
dro VI, per r assenza del cardinal vice-
cancelliere, al reggente Gio. Battista ve-
scovo di Modena conferì nel 1 499 le facol-
tà per segnare le commissioni. Di questo
].** uffiziale della cancelleria della s. Se-
de, trattai nel voi. VII, p. 1 56, 163,173,
1 79, in cui dissi pure di alcuni elevati al
cardinalato, benché il novero sia molto
inaggiore, fra'quali ricorderò ancora Val-
le di Leone X, il celebre Rapaccioli di
Urbano Vili, e per non dire di altri San-
Severino penultimo reggente elevato al-
la porpora da Pio VII; notando che pri-
REG
ma di Sisto V la carica, oome tante altre,
era vacabile, acquistsDdoti per 25,ooo
scudi, ed anche per 3 0,000 quanti oc pa-
gò Corsini poi Clemente XII. Questo hi>
pa in memoria di averne eserdtato il co-
spicuo offitio , volle decorare il reggeste
della cancelleria, siccome i vescovi, ddlt
singolare prerogativa deiromameDlo di
colore verde al cappello aemì-pontificile,
laonde nel cappello usuale questo preli-
to porta la fittuccia di seta eoo fiocchi a*
mili di tal colore, lo che riportai nel foL
IX, p. 198, ove però per errore distia-
pa si legge penitenzieria in vece di ca-
celleria^ ciòchediè luogo airabbaglioche
si legge nel vol.LII,p. 79, in cui trattan-
do del Reggente della peniienzieriaeffy
ttolica ripetei il fallo tipografico. Tuto
è vero, che non vi ha diligenza die buli,
per assicurarsi di non prendere equivoci,
che fece dire all'inimitabile Cicerone,!!
P/ùL XII : Cujusvii hominis est errarti
nuUiuSy nisi insipienti» , in errore per»
aerare joptimus estportuspoenitenù,m»r
tatio consiliì. Per la natura dell'officio il
reggente supplisceil cardinal vice^cancel'
lìere, tanto nellassenia o impotenza aa,
quanto nella vacanza della carica. MoHi
esempi si hanno di prova, che nell'asi»
sa o per vacanza del cui*dinal vice-caooel*
iiere , ne sostenne le veci il prelato reg*
gente : fra gli altri ricorderò il recentis-
simo esempio deirassenza da Roma e mor-
te in Fermo a'ai marKoiSSaydelbetM*
merito della s. Sede cardinal Tomma»
Bernetti, che Gregorio XVI avea datoio
successore al cardinal Pedicini^ nelle qua-
li circostanze suppPi all'eminente dignità
l'attuale reggente mg.** Ste& no Bruti pro-
tonotario apostolico partecipante. Qim*
sto prelato era abbreviatore del parco
maggiore, per cui quando il regnante Pio
IX lo promosse al reggentato , cessò nel
minore offizio, leggendosi nella bolla di
destinazione : Volumus autem quod of
ficium Ahbrevìatoris de Mafori Praeii-
dentia quod in supradicta Cancellaria
ad pracsens oblines per concessìottem, el
REG
assignadonem hujusmodi ceiset èo Ipso.
Il medesimo mg/ Bruti quale reggente
della cancelleria apostolica, secondo la na-
tura del suo ufficio, suppPi le ifeci del car-
dinal Bernetti finché visse lontano da Ro-
ma, ma poi defunto, a togliere ogni dub-
biezza, e seguendo altri casi aifTenuti nel
corrente secolo, supplicò il Papa a yo*
lergti accordare la facoltà di supplire le
veci del vice-canceirtere,Gicendo continua*
re gli altri uffiziali, quindi ottenne 11 re-
scritto. Die 24 ntartiiiSSi. SSmus. an^
iiuit prò gratia/uxta pelila durante va»
catione officii vice-cancellarii. In segui*
lo diche mg/ Bruti prese solenne posses-
so nelle sale del Palazzo della canceUe*
ria apostolica{F',)ff onendosi sotto il tro*
no alla presenza del collegio dei prelati
abbreviatori, decloro sostituti , e di tutti
gli officiali di cancelleria. Nel n.^ 142 del
Giornale di Roma de' 33 giugno i85a
si legge, che il Papa Pio IX, con bigliet-
to della segreteria di stato, affidò al car-
dinal Luigi Amat di s. Filippo e Sorso,
l'esercizio della carica di vice-cancelliere
di s. r. Chiesa e di som mista (nel primo
concistoro ne seguirà la preconizzazio-
ne, giusta il costume). Il decano de' so-
stituti degli abbreviatori di parco mag-
giore, è pure sostituto di mg.' reggente.
Qui noterò che avendo il sovrano ordi-
ne gerosolimitano il vice-cancelliere e il
reggente della cancelleria, questi fungeva
la carica dell'altro nelle assenze, come nel
1 604 fece in Malta il reggentefr. d. Em«
manueledeChebedo, pel vice-cancelliere
fr. Gio. Otto Bosio, e lo riporta Pozzo »
Jlist, della s. Religione di Malta par.i,
p. 489* Molti scrittori^ oltre il Ciampini,
parlarono del reggente della cancelleria
e suo rilevante uffizio. L'Amydeno, De
pietate romana y p. a 06, De vicecanceU
lariOy et magistratibus^ lo chiama primri^
minister et Canctllariae Regens, Nella
Relazione della corte di Roma di Luna-
doro, edizione del 1646, p. Sg, si legge
che il reggente era il i .^ uffiziale della can -
celleria, posto che si acquistava peraa^ooo
REG
23
scudi, la metà pagando i 12 abbrevia'
tòri che vengono dopo di lui, fruttando
rS o il I o per 1 00 : che il cardinal vice-
cancelliere godeva la collazione del reg-
gentato e di 6 abbreviatori; che questi 1 3
prelati erano pure r^re/te&in delle due
segnature, ed aveano luogo nelle cappel-
le pontificie; ma il reggente allora non vi
andava per rispetto delle precedenze eoa
altri prelati, avendo egli facoltà di com-
mettere tutte le cause di appellazione ia
Roma agli uditòri di rota ed ai referen-
dari, distribuendole per ordine acciocchà
ne avessero ognuno.CoheUio,iVo£/£ìaCiir-
dinalatus, et romanaeaulaeqfftcialibus,
a p. 2 1 1 impiega il cap. 2 1 per trattare:
De Cancellariae Regente , del suo uffi-
zio, preminenze, giurisdizione > in quali
cause deputa i giudici, che siede nel par-
co maggiore cogli abbreviatori, ec Ve-
ramente nel rame che riporta Ciampini
a p. 5 1, in cui si rappresenta il parco ove
siedono gli abbreviatori, il reggente è fi-
gurato in piedi sotto il trono alla destra
del cardinal vice-cancelliere neli' alto di
sottoscrivere le suppliche e le bolle. E qui
avvertirò, che in cancelleria il solo reg-
gente indossa il rocchetto, poiché i prela-
ti abbreviatori, benché altrimenti ne ab-
biano l'uso, ivi siedono solo con sottana
e mantelletta. Questi ultimi però, nelle
speciali fiinzioni del collegio hanno uà
cappuccio di saia paonazza che è Tinse*
gna che loro s'impone nell'atto dell' in«
gresso al collegio. De Luca, // cardinale
praticOy discorrendo nel C8p.4o del car-
dinal vice-cancelliere, pone pel i .^de'suoi
uffiziali il reggente, indi gli abbreviatori
di parco maggiore e minore, dicendo che
il reggente ha qualche maggiore parteci-
pazione delle materie forensi per le com*
missioni delle cause, circa la distribuzio*
ne che se ne fa agli uditori dì rota,aipre«
lati di segnatura, ed anche ai cardinali,
Plettemberg , Notitia congr. et tribuna'
lium curiae romanae^ p. 34 1 parla del-
l' officio del reggente. Regens est locuni'
tencns etprimarius qfficialis vice^^cancel*
a4 RE G
larii, e che ti loltoicrive Regem, Nella
Relazione della corle di Roma » aocre*
sciuta da Sfocarla t i, cap. a4i egual-
mente si parla del reggente della cancel-
lerìa. Finalmente distinta notizia ci dà di
questo prelato il Bovio, La pietà trion^
fante^ p* 1 9 1 1 ^^^ r^gg^nU della canceU
Itria aposloUca^ dicendo ancora che po-
teva alienai*e la carica rìtraendone la som-
ma pagata, però di consensodel Papa.Che
deve reggere la cancelleria in luogo del
vioe*Ganoelliere, presiedere alle spedtzio*
ni, deputare il giudice nelle cause com-
messe dal vice-cancelliere, ed in quelle del-
le due segnature di grazia e di giustizia,
ricevendo la giurìsdizione da detto car-
dinale, le cui veci esercita, essendo a tem-
po di Sisto IV amovibile ad arbitrio del
vice-cancelliere, poi divenne a vita.
Questo prelato come ^migliare e com-
mensale del Papa, godeva la parte di pa-
ne, ciambelle e vino dal palazzo aposto-
lico, di cui al voi. L, p. ao5. Qui noterò,
che anco gli altri primari della cancelle-
ria aveano tal parte, ed anticamente nel-
la vigilia di Natale tota cancellarla ri-
ceveva dal Papa quanto narrai nel voi.
LV, p. 4i* Il reggente è al presente in
pieno esercizio della carica e ne perce-
pisce tutti gli] emolumenti. Egli di per
se, o i prelati abbreviatori di turno fan-
no sulle bolle quanto dissi nel voi. VII, p.
1 80, vi appongono le iniziali L, C, lecta
correda^ ed il reggente S, R, che significa
Slephanus Regens, Interviene alla rinno-
vazione delle Regole di Cancelleria (^.).
Interviene nelle cappelle pontificie in cap-
pa e rocchetto, e siede dopo i vescovi e il
Commendatore di s. Spirito {f'.), benché
un tempo avesse luogo dopoi protonota-
ri,come notai nel voi. VIJI, p. a 18, con
ì* Uditore delle Contradelte (^.), aven-
dolo ripetutamente letto nelle opere che
trattano delle pontificie funzioni. Nelle
processioni con detto uditore precedeva
i generali degli ordini religiosi, come ri-
levai ne' voi. VII, p.299, Vili, p. 216:
a Processioni, e ne' voi. VII,p. 179, IX,
BEG
p. 63, didiiarai die ìd quella del Corfu
Domini presiedeva al gran numero dd
vacabilisti che v'inierveoi va no. Gregorio
XIII nel 1575, a tc^liere le disaemiooidi
Precedenza per questa processione , ita-
iPi l'ordine col quale dovevano iocede*
re i vacabilisti e gli officiaH delb date-
rìa, penitenzieria e cancelleria apostoli-
ca, al modo che riporta Cohellio, Ihi
card. p. 343. Inoltre questo prelato»
valcava nelle 4 solenni cavalcate , colie
quali il Papa ti portava alle cappelledei-
la ss. Annunziata, di s. Filippo, delU Na-
tività, di s. Carlo. Similmente ha luogo
in quella del Possesso del Papa: ecco gE
esempi che leggo nelle relazioni racoolte
da Cancellieri. Gli abbreviatori interfen*
nero neliSgo alla cavalcata del possa»
di Gregorio XIV, ritengo clie vi sarà io-
tervenuto ancora il reggente, giacche»
servo che le più antiche relaaioni di que-
ste pom pe non ri porta va no tatti gl'inter*
venuti; gli abbreviatori lì trovo porenei
possessi d'Innocenzo IX, in cui eziandioiì
Aii'ono cubicularii cancellar iae; eoa sei
possesso di Clemente Vili; dicendosi ii
quellodi Leone Xl,chepriaiad^i uditoci
dì rota venivano i prelati di cancdieriii
di Paolo V, di Gregorio XV, dì Urbaa)
Vili, d'Innocenzo X in cui si dichiarano
i3abbi*eviatori maggiori; mentre dopo
gli avvocati concistoriali cavalcavano m-
ditorescontradictarum^ abbrcx'iatorts»
nores, registratores bullarum^ soUiciUtìO'
res de janizaris, portionari, praesià»'
tes ripae, tutti officiali e vacabili della can-
celleria. Lai.* volta in cui eapressameote
é nominato il reggente, Ri il possesso di
Clemente IX nel 1667, che cavalcò do*
pò i chierici di camera (gli abbreviatoli
pi*ecedevano i votanti di segnatura, à»
cavalcarono avanti i detti chierici ), 000
rocchetto e cappellone sopra mula ad*
dobbata. Nel 1689 per Alessandro YIH
cavalcò il reggente dopo i chierici di ci-
mera, avanti gli uditori di rota. Dal 001
averne trovato altri esempi, con viene sup-
porre, o che fu ommesso dagli acrittoi'i,
REO
ovvero che duravano le vertenze di pre-
cedenza. Nel possesso del 1846 del re-
gnante Pio IX, dopo i chieriui di camera
cavalcarono mg/ Antonio Cioja i*eggen«
te della cancelleria apostolica , con due
abbreviatori di parco maggiore , vestiti
di cappa e rocchetto e cappelli semi-pon-
tificali, sopra mule bardate di panno ne-
ro. Sebbene Ciampini nella cavalcata fu-
nebre del vice* cancelliere cardinal Far-
nese, non parli dell' intervento del reg-
gente, bensì degli abbreviatori, credo che
non vi sia da dubita re che il reggente vi ab-
bia luogo, quando quell'intermessa pom-
pa si rinnovasse. Gio. Ciampini ci diede
ancora, Abbrevialoris de Curia compen*
diaria nolitia^h.omae 1 696.Questo abbre-
viature è diverso dai sunnominati, bensì
si soleva scegliere dagli abbreviatori di
parco maggiore, e ne trattai ne' voi. VI,
|). 1 1 8, X] X, p. 1 55, oltre il suo articolo s
al presente è mg/ Domenico Bruti.
REGGENTE DELLA PENITEN-
ZIERIA A?0ST:0L\CA, Regens Poeni-
tentiariae apostolìcae. Prelato Uditore di
rota {V) insignito de' sagri ordini mag-
giori , che dopo il cardinal Penitenziere
maggiore (F'.) , presiede al i .^ tribunale
della s. Sede la Penitenzieria apostolica
(^.), colla qualifica di i.** u£SziaIe della
luedesima equal vicario generale del car
dinaie penitenziere, cosi appellato dal reg
gere il sagro tribunale in nome del lo stes
so porporato, nella cui assenza o impoten
za funge le veci , sottoscrivendosi ne're
scritti e decreti, Regen», Del suo ragguar
devole e cospicuo uffizio come delle au
lorevoli prerogative e facoltà, tenni prò
posito ne'citati articoli e nel voi. Lll, p
78. Di tutto'quanto che riguarda il suo
intervento alle pontificie funzioni, come
Uditore di rota^ a questo articolo, ed a
Cappelle PONTIFICIE diffusamente ne trat-
to. Per un abbaglio preso circa l' orna-
mento del cappello spettante al Reggen^
le della cancelleria^ a quell'articolo l'ho
rettificato, l'amore della verità dovendo
pre&riiù a qualunque riguardo. Oltre il
REG 25
cardi nai Petra, De sacra Poenitentiariae,
molti scrittori parlarono del prelato reg-
gente della penitenzieria, fra'quali ricor*
derò i seguenti. L'Amydeno, De pietate
romana^ stampato nel 1 6^5, a p.207 chia-
ma Gio. Battista Goccino veneto decano
della rota , s. Poenitentiariae praefectus
sive iRege/t5j* e trattando Decard.sunvno
Poenitentrario^ a p. a 1 5 dice così: Munita
igitur poenitentiariae obitur primo per
card.poeniteniiarium cui immediate ti^"
est s. poenitentiariae Regens qui est io*
co vicarila et cui imponitur tota difficile
limorum negotiorum farcina, Deligitur
ad id ex rom, curiae praesulibus virmo»
rum sanctitate et litterarum scientia un*
dequaque conspicuus, Cohellio, Notitia
cardiiialatus et romanae aulae officia"
libus^ Romae i653, parlando degli udì*
tori di rota, a p. 2o5 attesta, che il de-
cano della rota , quod munus antiquiori
aevo poenitentiariorum decanus expU'
batj quindi parla dell'officio del reggen-
te a p. 3oo. A p. a4^ P^'^ parlando del*
l'ordine col quale doveano incedere nel-
la processione del Corpus Domini, secon*
do lo stabilito da Gregorio XIII, dopo gli
scrittori delle lettere apostoliche proce*
devano 1' uditore della penitenzieria e il
reggente della penitenzieria. Nel possesso
preso da Innocenzo X nel 1 644» trovo che
cavalcarono , procura tores poenitentia»
riae^ e/usdem correctores. De Luca, //
cardinale pratico , p. 4o5 e 4^7 tratta
del reggente, e la dice carica che è solito
conferirsi ad uno degli uditori di i*ota.
Plettemberg, Not. cong. et tribunalium^
p.183, lo qualifica, /?e^e/25 ex primariii
romanae curiae praelatis eligi solete et
ut plurim.um est unus ex auditoribusro»
tae. Gerii vices major is poenitentiarii^et
supplices libellos subsignal , ac decreta
opportuna apponity velconcedendo in iis
petitay s^el denegando yf^xnòx eruditamen-
te tratta del tribunale e suoioffiziali.Lu*
nadoro. Relazione della corte di Roma,
illustrata da Zaccaria, parlando degli u»
ditori di rota, riferisce che a due udito-
aG REG
lori ti toleTs d'ordinario affidare gli uf-
fici di reggente e canonista della peniten*
xìeria; diioorrendo poi del tribunale, di*
ce che il reggente eiser suole unode'piU
degni prelati della corte romana, e parla
del come esercita la carica. Nel voi. LV,
p. 4i dissi che nella vigilia di Natale ti
Papa faceva una distrìbutione, Pof/ii/e/t-
tiarii cum eontm familiis.
REGGIO {Rheginm in Brutto), Città
con residenzaarcivesoofile del regno del*
le due Sicilie, capoluogo della provincia
di Calabria Ulterioi-e i .*, di disti*eUo e di
cantone^ in fertile pianura all' estremità
degli Apennini e della penisola italiana,
sulla costa italiana del Faro di Messina,
che mediante il canale di tal nome la se*
para dalla Sicilia a quasi 3 leghe da Messi-
na, ed a 73 da Napoli, sulla destra sponda
del Calopinace, in riva al mare. Sede di
una gran corte criminale, di tribunaied*
vile e di giudice d'istrusione, piazza for-
te di 3.* classe, cinta di mura fiancheg-
giate da torri e circondata da grandi sob-
borghi. Le strade sono larghe e dritte, e
le case in generale ben fabbricate; bella
è la riviera, ma il portopoco sicuro, per-
ciò le piccole barche riparando dietro una
elevata muraglia, e fermandosi gli altri
bastimenti lungo la rada. Nel mare diReg-
gio si osserva il particolare fenomeno ,
conosciuto sotto il nome di Fata Morga-
na e sul quale scrissero diversi e piìi di
proposito il p. Giardina domenicano,
spiegando la cagione della vaga e dilette-
vole apparitionesulleacquedel mareReg-
gino, e nella stagione estiva e quando il
mare istesso e in quella somma tranquil-
lità che colà chiamano macherìa^ e di-
stinguendo, per evitare ogni equivoco, 3
sorte di Fata Morgana, cioè la marina,
r aerea , ed una 3.* eh' ei chiama Iride
fr«*giata. Quantunque nella sua opera sia
soverchia l'immaginazione, in sostanza si
raccoglie : che la limpidezza delle acque
del mare abbondante di particelle bitu*
minose, l'aria impregnata di umori cri-
stallini e di materie eletttiche fomentate
REG
dal fuoco flottermoeo, readoao alle vnkc
quel mare istesso oome iiDospeethio,ad
quale si veggono le città di Reggio, di
Messina, ed i luoghi vicini cogli aaisisli
etutt'altro ch'i su quelle collinette, te*
condo la positìone oclhi €|unle si trovar»
servatore; ed allorché que* vapori si cos* !
densano in aria, gli iteaai oggetti si ng* '
gono come in un terùsaimo ipeochio pcs-
sile. La cattedrale betilica, ailuata ia no-
so alla città, i un nuovo edUfisio, aveodo
il terremoto nel 1 783 rovinata rsatio;
i dedicata alla R. Vergine Assunta, ri-
splende per ornamenti di pillureeperk
cappella del ss. Sagramento prezion per
la profusione de'maraii e agate cfaelsd^
corano : vi i il fonte betteti malese bea*
ra d' anime affidata al canonico canta
Aderente alla metropolitana e il pslsoo
arcivescovile. Il capitolo si compone di {
dignità,!. 'delle quali è il decano, Tallrt
essendo l' arcidiacono, il cantore e il k*
soriere; di 24 canonici ooa> prese lepre-
bende del teologo e del penitenzieit, (fi
IO ebdomadari, e di altri preti ecfaieri*
ci addetti al servigio di vino. Inoltreviio-
no 7 altre chiese parrocchia li e munite (U '
t. fonte, oltre la collegiata di a. Maria dui* '
mata la Cattolica At\ Protopapa (^.)gn'
co. Vi sono pure 3 conventi di religios,
oltre ilcollegio e la bella chiesa nnovsdd
gesuiti con orfanotrofio provinciale; da
monasteri di monache : nella chiesa dà
domenicani si ammira una mannoreacap> ^
pel la di stile gotico. Nel novembre 1849 1
fu inaugurato l' educandato delle saoR l
della carità con 7 religiose, le quali tisi*
tata la chiesa di s. Agostino perringti*
ziare Dio del benefizio conceduto da R
Ferdinando II, fecero l'ingresso nell'edi*
fizio loro preparato dal zelantissimo io-
tendente promotore della beiropera.Que'
sto luogo già derelitto, fu trasformato ì>
decente ginnasio femminile, per le pie»
guaci di s. Vincenzo di Paoli. Vi sono^
ziandio altri stabilimenti d' istruzione e
benefici, confraternite, ospedale e semios*
l'io. Ha Csbbriche di seterie, set^ calze e
à
P
I
RÈO
altre opere di bisso o tela finissima, già
di molta rÌDoroanza,essenzeediversesor«
te d'acque odorìfere e stoviglie comuni,
essendo slate le antiche di singoiar pre*
gio; vi sono usine alimentate dalle mi-
niere di Valanidi,Stoffa, Addai e Musciad-
di. Considerabile é il suo traffico di vini,
olio, frutti e seta, anzi è il piii ricco em-
porio delle sete calabresi. La pesca attiva
e copiosa somministra molta varietà di
crostacei, fra'qualì una specie di ostrica
die dalle pinne marine o nacchere for-
nisce abbondante e finissima peluria, det-
ta volgarmente 7tf/ta sudicia e in più a-
dallo linguaggio bisso o pelo di ostura,
obesi prepara nelle nominate fabbriche
con appositi metodi , per farne guanti ,
calze e berretti pi*egiati. Vi si tiene fiera
ne'prirai 1 5 giorni di settembre. Fu patria
di Agatone tiranno di Siracusa, dei filo-
sofi Ipparco, Ippia, Lieo e Teagene, del
legislatore A ndrodamo,de'poeti Cleome-
ne e Ibico, degli statuari Learco e Clear-
co,e di altri più moderni uomini illustri;
perciò vi fiorirono rinomate accademie ,
e Pitagora vi tenne scuola^ venendo al-
tamente celebrala questa città dagli an-
tichi scrittori pei tanti suoi pregi , come
dairUghelli nel riportare la storia de'suoi
sagri pastori, Italia sacra t. 9, p. 3i5,
Il distretto di Reggio abbraccia , oltre il
proprio circondario, quelli di Villa t. Gio-
"vanni, Scilla promontorio famoso, Calan-
na. Melilo, Bova , e s. Agata in Gallina
col titolo di principato.
L'antichissima e illustre Reggio, /{/le-
ffum Julii^ secondo S trabone vanta a fon-
datori i calcidesi egli esuli messeni. AU
cidamida fu invitato da Messene a por*
tarsi alla testa del governo di quella nuo-
"va repubblica, aiutato da un consiglio di
1 000 tra'piii stimati cittadini. Usuo pro-
nipote Anassila, erede del potei*e esecu-
tivo, sostenne guerre continue colla re-
pubblica sicula di Zancle, e adizzò contro
quella un'armata di messeni, tratta diGre-
cia, che l'occupò e le diede il nome di Mes-
sene. Fiorì dopo questa epoca felicemente
REG 27
la repubblica reggina, e le morali leggi
promulgatevi dal Glosofo Caronda, legi-
slatore di Catania sua patria e di tutte le
colonie calcidesi, attrassero l' universale
ammirazione. Anassila il giovane cessò
quel beato vivere, facendosi proclamare
signore di Reggio, occupata a viva forza
la rocca. Egli fece invadere la nuova Mes-
sene dai samii, e questi ausiliari cacciò poi
per dar quella signoria al figlio Leofro-
ne; quindi difendendo contro ogni ester-
na aggressione i suoi slati, e turbando so*
venie l'altrui pace, e specialmente di Lo-
cri , che senza la mediazione di Jerone
sarebbe perita. Egli coltivava l' idea di
riunire in una sola monarchia la Magna
Grecia, ma non ne venne a capo, e lasciò
morendo Micito il suo più fido a tutoi*e
de'suoi figli. Questo uomo virtuoso sos-
tenne con onore la moderata reggenza ,
mantenne la pace, ampliò il commercio
e fondò la colonia reggina di Bussenzio,
ove fu poi Policastro, Quando i giovani
principi ambirono di governareda perse
slessi, egli tornò volontieri a vita piùvata
in Tegea d'Arcadia, dopo avere reso fe«r
del conto di sua amministrazione, seco re-
cando il solo guiderdone d'una pura co-
scienza. Poco dopo, tra per l'insolente a-
buso di potere che soffrivano e per V e-
sempio che imparavano dalle città sicu«
le, i reggini ricuperarono la libertà , ma
furono lacerati ben presto dalle fazioni.
I discendenti de'oalcidesi e messeni ven-
nero più volte all^ mani ; in mal punto
poi trovandosi, chiesero soccorso a'calci-
desi d'iqiera sicula, i quali volati in Reg-
gio trucidarono tutti di contraria parte,
usurparono la signoria e aggravarono %
propri confi-atelli colla più umiliante op-
pressione, Né avvenne se non dopo lun-
go gemelle la nuova emancipazione della
repubblica , la quale respirò finalmente
sotto le forme del suo reggimento a co-
mune. £ COSI durò finché non le appre-
stò nuovi guai la temuta possanza del si-
racusano Dionigi. Fu Reggio lai.' città
che gettasse il grido d'allarme contro quel
28 REO
tiranao, che Tolem dominare tutte le re*
pubbliche degf italioti, e collegatasi con
Metsina ? enne trasportato tu quella spiag-
gia siciliana un esercito, ingrossandolo con
altri ausiliari messeni. Se non che lo spi-
rito di sedizione e di gelosia s'impadronì
dc'messinesi, mentre avveniva la marcia
per a Siracusa, i quali slMindatisi, anche
i reggini dovettero perciò retrocedere e
cercar da Dionigi la pace. L' ottennero
effettivamente, ma non andò guari, che
con nuove onte provocarono il fìero re
di Siracusa. G)stui, vago di blandir gl'i*
tal ioti, mentre prepara vasi a cozzare coi
cartaginesi, richiese in isposa una vergi-
ne i*eggina, ed i cittadini non solo rifiuta-
rono di aderire al voto, ma vi aggiunsero
l'onta d'insultante risposta. Trovò Dio-
nigi maggior condiscendenza in Locri ,
ed ivi sposò Doride, giurando contro Reg-
gio implacabile vendetta. I reggini dun-
que si prepararono alla guerra, e ti*asse-
ro nelle loro file quanti profughi sicilia-
ni v'erano. Duce supremo dell' esercito
fu Elori siracusano, e s' incominciarono
le ostilità con infruttuoso attacco sopra
Messina. Tentò Dionigi di sorprendere
Reggio, ma Elori ebbe la gloria di sai-
'Varia e di ottenere la tregua d'un anno.
Spiegava intanto ogni di più chiaramente
Dionigi le sue mire sulla Magna Grecia,
e per meglio domarla sicollegòco'belli-
cosi lucani ; il possesso di Reggio era il
principalesuoscopo. A tal fine separò col*
la forza e col denaro tutti gl'italioti con-
federati dagl'interessi di questa repubbli-
ca, e dipoi la ciose di strettissimo asse-
dio : oro, navi e ostaggi dovettero offrire
ì cittadini sopraffatti per evitare il disa-
Siro, ma con l'effimero trattato discopri-
rono di più la propria debolezza. Con
magnanimo esempio eccitati da Pitoche
ne dirigeva la difesa, ì reggini bastarono
perr i mesi a sostenere le privazioni del-
l'assedio, ed i più fot*midabiii attacchi, ma
niuna speranza essendovi più di salvez-
za, dovettero piegare alla resa. E fu tan-
to crudo il tiranno , che con perfida si-
REG
roulatione proferìTa parole di pietà, di-
chiarando di oontentarsi della nfiakne
delle spese della guerra o d*un forte tri*
buio, onde da*cilUidioiy eome prenodi
libertà, alacremcole ai ▼olaiaero i tesori
nascosti; ma compiuta A nuova spededi
sacco, infranse Dionigi le promesse, tm* j
se in dura serv itb a Siracusa 6000 re^
gini e mise la citta a ferro e fuoco. Kèli
virtù e l'amor patrio di Pito il tratlaue>
ro dall' incrudelire contro di lui, il (pa*
le dopo aver contemplato eroicamealel
morire dell'unico figlio, perì fia' tomoli
più atroci che io ventar sapesse li ni*
nata tirannide. Gmì cadde Reggio 386
anni prima dell'era volgare e teco tme
la rovina di tutte le repubbliche italiolt
Da quell'epoca più non furono tanto glo-
riosi i fasti civili di R^^OybeocfaèAgi-
tode figlio di Dionigi le reoidesie U libff*
tà, ei*estaurasse.Conquiatata dairoonoi,
divenne Reggio colonia e municipio no*
bilissimo. Giulio Cesare, dopo discMÓitt
dalla Sicilia Pompeo, imprese a rifabbrì*
caria e la popolò di soldati e vecchi le*
gionari, che aveanoservito nella suaflot*
ta, dandole il nome di Feòitj ^ die sodò
quasi subito in obblio, per preodereqocl'
lo di Bhegiuni JuUL Vi morì verso l'as-
no 1 4 di nostra era la famosa Giulia figh
unica d'Augusto, celebre per belleBS, il-
gegno e depravata condotta; maritata pri*
ma a Mai*cello, poi ad Agrippa, indi sii*
berio, il quale si ritirò a Rodi per non a*
sere testimonio de'suoi disordini, lo ck :
illuminò il padre che esiliò Giulia odri- 1
sola Panda tarla, e dopo 6 anni a RegpH j
ove fu trattata meno severamente; div^ !
nuto Tiberio imperatore la privò ddh !
tenue pensione , onde la principessa d^ j
stinata ad essere rornamentodeli.^tro'f
no dell'universo, perì di fame ! Dopo li !
morte d'Augusto sino al 4io fu Reggio!
città florida e magnifica. Dai romani pst*
so quindi nel dominio de*goti sotto Toli*
la, che la pi*ese nel 549* Nel 9 1 8 fìi oe*
Gupata dai mori o maomettani aglsbiti
o agareni. In seguito nel 1 oo5 la presero
AEG
xbeggiai*ODo i pisani, passando a fil
lada que'saracenicheTÌ si trovavano,
uta quindi in mano degrimperatoii
iy i normanni li cacciarono, e Rober«
yuiscardo quivi si fece eleggere nel
g i.^duca di Sicilia e di Calabria. Nel
3 fu presa da Federico II d'Aragona
i Sicilia. Gonzalvo di Cordova la po«
I potere di Ferdinando V re di Spa-
e di Napoli neli5o3. Indi nel 1 543 o
4 sofifrì un orribile saccheggio e fu in*
liata daBarbarossa eCaradìno,perSo-
no II impera torede'turchi; e Mustafìt
là nei 1 588 le fece provare la mede-
: sorte, rinnovandosi poi a pi il ripre*
' insulti de' barbareschi^ laonde nel
5 ùì pure data alle fiamme dai pascià
n o Assane Cigala rinegato Calabre*
ondimenosi riebbe da tante sciagure,
i era ritornata fiorentissima quando
uasi intieramente distrutta dal ter-
>to del 1783, dalie cui rovine a poco
co si ristorò. Segui quindi i dentini
*eame di Napoli. Sono pressoché in-
i monumenti che ad ogni occasione
avar la terra si trovano tanto den*
he fuori la città, i quali dimostrano
3 Reggio stata sia ne'trasandati seco»
ogo di molta distinzione e celebrità,
mti della rinomatissima i*egione.
I fede cristiana vi fu predicata dal-
•stolo 8. Paolo, che vi convertì ebai*
I moltissimi reggini, vi fondò la sede
>vile, la quale divenne metropoli ec*
istica della Calabria (/^.)> ^^^ ^^'
ntich issimi Patrimoni della s.Sede
, avendo al i.^ de'citali articoli no*
i Papi che die alla Chiesa la Cala-
detta ancora Magna* Grecii2(/^.)j che
a i suoi martiri primizie del cristia-
QO della regione, essendo protettore
eggio s. Giorgio maiiire. Prima di
'tare la serie de' vescovi e arcivescovi
helli,dii*ò le notizie delle chiese gre*
itabilite in Reggio e nell'arcidiocesi,
'autorità di Rodotà, Del rito greco
dia 1. 1 , p. 4o2 e seg. Essendosi que*
ittà resa alla faconda predicazione
KEG 29
di a. Paolo, il quale lasciò le cure del ve-
scovato a s. Stefano suo discepolo, fu go-
vernata per lo spazio di 7 secoli da ve-
scovi di rito latino; nel secolo VII! fu sta-
bilita metropoli, e l'arci vescovo primate
della Calabria. Il suo prelato sublimato
agli onori dell'arcivescovato, riceveva
l'imposizione delle mani dal patriarca di
Costantinopoli. Fu la chiesa di Reggio
cospicua e illustre metropoli della Cala-
bria sotto il greco impero per 3oo anni,
con i3 vescovi suffraganei chedovea con-
sagrare, cioè Bova, Tauriano trasferito
poi a Mileto, Locri, Rossano, Squillace,
Tropea, A man tea che si uni a Tropea,
Cotrone, Cosenza, Nicotera, Bisignano,
Nicastro, Cassano. Noterò che l'Ughelli
ne registrò g, cioè Bova, Catanzaro, Ge«
race, Cotrone, Neocastro, Nicotera, Op*
pido, Squillace, Tropea, avvertendo che
Cassano che pretendeva l'esenzione, s. Pio
V nel i566 »» declaravit metropolitano
Rhegino subjacere,sed nuncConsentinam
metropoli msynodorum causa petit,prout
vicissi m episcopus M i li ten exem ptus R he*
ginam metropolim dumtaxat sy nodorum
causa accedere solet, in ter ecclesias ro-
mano Pontifici immediate subjectas. "
Commanville ne riportò un numero mag-
giore, a motivo della riunione di diverse
sedi vescovili. Al presente sono suffraga-
nei dell'arcivescovo di Reggio, in virtù
del concordato di Pio VII e sua circo-
scrizione di diocesi, i 9 vescovi di Bova,
Cassano, Catanzaro, Cotrone, Gerace, Ni-
castro, Oppido, Squillace, Tropea cui è
unita la sede di Nicotera. Dice Rodotà,
che dopo avere il conte Ruggiero nor-
manno restituita questa chiesa con molte
altre alla giurisdizione della s. Sede, vi
richiamò l'antico rìto latino,costantemen-
te poi osservato dagli arci vescovi, i quali
non avendo veruna ragione della dignità
metropolitica derivata loro da'patriaixhi
di Costantinopoli, si determinarono di vo-
lere ricevere un tale onore da s. Gregorio
VII , che graziosamente lo concesse nel
1 081 a suppliche del duca Roberto Gui*
3o REO
•eaitlo. NoD tutti i ? etoovi greci siiflìt-
ganei seguirono del pari le orme del loro
luetropolitaoo, con mililare tolto il rito
latioo. Alcuni di loro avendo a cuore il
greco, furono lasciati in libertà dal conte
Ruggiero, il quale quantunque impiegas-
te dolcemente la sua autorità perriroet*
tere in onore tutte le chiese, colle cere-
monie latine; temendo nondimeno di su-
scitare qualche pericolosa sedizione, la-
sciò loro in libertà o di ritenere le antiche
patrie leggi, o di soggettarsi al soave gio*
go delle latine costumanze. Proseguivano
pertanto alcuni vescovi nel secolo XII a
celebrare le loro adunanze e i sacrosanti
misteri nel rito greco. He fa argomento
il diploma d'Alessandro III, il qualeac*
cordando nel 1 165 l'insegna del pallio
a Ruggiero II arcivescovo di Reggio, già
conceduto da S.Gregorio VII e Eugenio
III, confermò tale onore anche pe'suc-
cessori, e gli presa'isse di potersi valere
di quello nella consagrazione de' vescovi
sulTraganei o fossero giteci o pure latini:
de'due prelati greci intervenuti col me-
tropolitano , si fa menzione nel concilio
celebrato da detto Papa nel i i79.lnReg*
gio i greci aveano 1 1 parrocchie, prova
del numeroso popolo greco che vi abita-
va, con sacerdoti che amministravano i
sagramenti. La più superba e sontuosa
basilica era s. Maria della Cattolica^ in
cui esercitavasi con magnificenza e con
mirabile affluenza de'nazionali, la pom-
pa dell'ecclesiastico ministero orientale,
essendo la più insigne collegiata del rito
greco, non solamente dell'arcidiocesi di
Reggio, ma nella vastità di tutta Italia.
Fondata per capo e matrice della gente
greca, era composta d'un gran numero
di ministri, -e governata dal protopapa,
il quale era fornito di molti onori e am-
pia giurisdizione clie esercitava. Dopo di
lui teneva il 2.** luogo il ditereo a.* di-
gnità, cioè secundo con greco vocabolo.
I canonici celebravano ogni giorno gli ec-
clesiastici uffizi e i divini misteri, e nella
feria 6." recitavano alcune particolari o-
REG
raziooi per tuOragio del loro illustre Iw-
nefattore, fuatione ch'ero chiamata tup*
plicaziane. Tra le molle e decorose •■•
iiue funzioni,ooo grò ▼€ conto eseonoM-
ticali ittrumenti,aiogoifico ero qodk nel-
la domenica delle Palme. Il protopspi
corteggiato dal suo clero, si recava daÙa |
tua chieta a quello di a. Croce che ds lui [
dipendeva, dove a tìsIo d'un prodigioo
concorso di popolo, e oon fietUvo pUoo
della città &ceva lo aolonno beoedisioBe
delle palme. Il sito ovo aorgeva qrnti
chieta mantiene il nomo d'Hosamu^tk
colonna su cui il popolo pcoevalepaloe^
perché ricevessero la benedizione oel li*
lo greco, fu trasferito noiratrio della cat-
tedrale. E* incerto il fimdatore della spio-
dida collegiata di a. Maria della CaOt-
lica^ però si attribuiaoe ol conte Rogge-
ro, munifico ristoratore delle dùeseeoB-
nasteri di GiUbria, dopo retpulsiooeda
saraceni che aveano abolita la rdìpm
cristiana, e si vuole in rendimento di gn*
zie a Dio, per le vittorie riportate so qtei '
barbari e conquista del regno, ricolnss*
dola di rendite e provvedendola di vt
meroti sagri ministri, io segno di nsgd' ,
tare il rito greco e perché fosse ai gita
comune madre. In luogo del già 810!»
scovo greco vi stabifi per prindpak»
Distro il protopapa^ con autorità aoflt-
tima e giurisdizione sui greci, sottraci'
dolo da quella del nuovo ripristiostotf*
ci vescovo latino, prescrivendo alleckieit
e clero greco del vasto territorio laclro- '
politane di Reggio, che rendessero coae
a loro superiore soltantoomaggio al piv*
topapa , e riguardassero la sua chiesa per
cattedrale. Inoltre concesse la preteali'
zione di questo prelato della greca si*
zione al popolo di Reggio, riserbaodoi
se e successori d'investirlo della dignità I
Godè la chiesa di s. Maria deUa Cai»' >
lica tutto in perfetta pace, finché^ al di(t
di Rodotà, gli arcivescovi ne pr«)curaiS'
no l'annientamento, avendo essi oolkn
clero sempre riguardato di mal occhio
la dignità di protopapa. Principalmeott
REO
combattere il rito gi*eco l'arci vesco*
inibale d'Afflitto, die nel i6i i sop-
i nella detta chiesa le cereroonie
e, v'introdusse Je latine, converten-
n parrocchia del proprio rito e ar«
idosi la provvista delle ce ppellanie,
rimase spogliato il protopapa, rt-
idosi a nulla la sua autorità. Gli ar«
ovi successori difesero il disposto
'cdecessore Annibale, con sostener
conte Ruggiero destinò la chiesa
I real cappella e per i.^ suocappeU
I protopapa, sottraendolo dalla giù*
ione arcivescovile, ed a lui non spet*
e nomine delle cappellanie. Ambo
rti vennero a contestazioni, e pub-
ono erudite allegazioni : nel 1 726
ta la causa al giudizio del cappella-
Bggiore del re, egli dichiarò il prò-
a, ancorché divenuto di rito latino,
uocessori, esenti dall'autorità del*
vescovo, e gli restituì il possesso d'e*
re i ministri di sua chiesa, come la
dizionesui medesimi.Dipoi nel 1 780
poli e nel 1735 in Roma Zavarroni
IO generale dell'arcivescovo divul*
l'apologia, sopra lacontroversa chic*
spugnando la legittimità del diplo-
el conte Ruggiero. La dignità del
papa non più greca ma latina , si
riva a presentazione della città di
io dal re delle due Sicilie. (Celebra-
livini uffizi, assistito da ministrì ec«
Itici vestiti dì mezzetta. Nell'arci-
» furono già molte colonie di rito
, come di s. Agata, della Motta di
vanni, di s. Lorenzo, di Cardeto, di
» di Mossorova, di Montello e Pen*
olo.
[ .^ vescovo di Reggio fu s. Stefiino
»a di Bitinia, ordinato da s. Paolo
ni dopo l'Ascensione in cielo del Re*
re, chiaro per lo zelo di diffondere
igelo, per virtii e dottrina, patendo
•so martirio nel 74» coi ss. Suera ve-
t Agnese, Felicita e Perpetua. Il a. ^
fo fu Marco che nel 3a5 fu al con-
li Nicea I; Ilario viveva uel434;&
REG
3i
Sisinnio di Reggio del 536 che ospitò s.
Placido; s. Cirillo di Reggio del SSg; Lu-
cio fiorì dopo il 586; Booi&cio del 598^
di cui querelandosi il clero, Papa s. Gre-
gorio I ne commise la causa a 5 vescovi
di Calabria. Nel 60 1 divenne vescovoPao*
lino; indi Giovanni che nel 680 s. Aga«
tone spedì in Costantinopoli per opporsi
all'eresia de' monoteliti; Costantino del
790 che fu al concilio di Nicea II; Leon-
zio neir870 intervenne a quello di Co-
stantinopoli; Leone fu al conciliabolo di
Fozio tenuto io detta città neir879, se
pure non sia lo stesso Leonzio; s. Euse-
bio di Reggio colle sue preghiere salvò
la città da maggiori ecddii, per parte dei
greci e saraceni, e lodato mori nel 916.
Gli successe Stefano, al cui tempo giteci e
saraceni devastarono la Calabria, e re-
staurata la chiesa di s. Micheledi Catan-
zaro la dedicò; indi Calato, poi Leonzio,
Ruggiero del i o 1 4» V... o Uberto o Gu«
glielmo del 1 0S6, Reghiensi arcfùepisco»
pusyctke intervenne ad un privilegio con-
cesso alla chiesa di Palermo dal conteRug-
giero, secondo Pirro. Indi Rodolfo o Ar-
nolfo, che però l'Ughelli lo dice consagra-
to arcivescovo prima, ne) 1081 sotto s.
Gregorio VII, che con solenne rito de*
dico la chiesa della ss. Trinità di Mileto,
magnificamente dotata dal duca Rober-
to. Nel 1 089 ospitò Papa Urbano lì, re*;
duce dal concilio di Troia: essendo mor-
to nel 1 1 90, il capitolo elesse aixivesco*
vo s. Brunone fondatore de'certosini, che
ricusò la dignità. Urbano lì gli surrogò
il rispettabile cavàmaì Rangerio, del qua-
le e degli altri cardinali tratto alle bio*>
grafie: fu nel 1 106 al concilio di Gua^
stalla con Pasquale II, ed altro non si
sa di lui, Rodolfo o Arnolfo intervenne
alla consagrazione della chiesa di Catan-
zaro, e mori nel 1 122. Beraldofu elet-
to nel seguente anno ; poscia Guglielmo
che morì nel 1 i3i; Ruggero del 1 146
di gran virtù, il quale da Gaeta ottenne
da Alessandro III quanto notai disopra,
^ la conferma de'pri viiegi concessi alla sua
3i
REG
chiesa dai re e imperatori. Il tuccetsore
Tommaso, di celebrata memoria, fu nel
j 177 ai concilio di Laterano tenuto du
detto Papa, coi suffragane! greci LfCra-
•ino, e Filippo di Cotrone, e Guido di
Nicastro. Nel 1 194 Guglielmo si com«
pose sulle decime di Mesa, appartenen*
te airarchimandrìta di Messina col mo-
nastero di s. Pancrazio: a questi l'im-
peratore Enrico VI donò Bo?a col suo
contado e rocca, ed altre terre, ciò che
confermò poi Federico 11. Nel i iggl'ar*
cidiacono Giacomo divenne arci vescofo,
la cui elezione approvò il cardinal Cre-
scenzio legato; Innocenzo ili gl'i m pose
il pallio in Roma, e poi gli commise le
differenze tra gli arcivescovi di Monrea-
le e Rossano. Il capitolo avendo eletto
Lando,nobile,erudito,prudente,nel 1217
Onorio in l'approvò e consagrò,ed a que-
sto Papa rinviò Federico 11 per la pace,
come a Gregorio IX che lo trasferì a Mes-
sina. Nel 13 34 gli sostituì R... vescovo
di Squlllace. Vernacio cappellano d'In-
nocenzo IV, per virtù e scienza lodalo, e-
letto dal capitolo, il Papa lo confermò nel
i^5:i, ludi nel i^Sg M. Giacomo Ca-
stiglioni consanguineo di Alessandro IV,
di egregie virtù. Papa Nicolò IH avendo
rigettata la viziosa elezione fatta dal ca«
pitelo del decano Roberto, nel 1277 so-
stituì fr. Gentile de'minori, d'eccellenti
doti e fornito di scienza, cui Nicolò iV
fece reintegrare ne'beni dal cardinal Ber-
nardo legato: questo pastore indeCesso
propugnatore della libertà ecclesiastica,
sostenne potenti persecuzioni, indi fu fat-
to amministratore d'Àlife, con facoltà di
assolvere i fautori di Pietro li d'Arago-
na, a danno di Carlo li. Nel 1807 Cle-
mente V nominòTommaso figlio del con-
te di Catanzaro; nel 1 3 1 6 Giovanni XXll
approvò Guglielmo di Reggio di gravi
qualità e prudenza, eletto dal capitolo;
il successore fr. Pietro agostiniano, insi-
gne per pietà e letteratura, fu consagrato
in A vignone, ove era stata trasferita la re-
sidenza pontificia^e morì nel 1^28. Gli
REG
tueeetsero, nel 1 3a8 Pietro GalgtRi &
Manfredonia traalalodaGioTanmlIll
da Cosenza; oel 1 355 Filippo Riaordli
di Cosenza per lenoceino VI; nel i365
Carlo de'conti Orto sifiiaIGtsudo; nel 1 37 (
Tommaso de Porta salemileno di gru
virtù; nel i38i Giordano fiitlo daD^
baoo VI; nel i4o4 Pietro FiloroarìDOio*
bile napoletano nona inalo de Boai&do
IX per le tue esimie virtù; nel 14^1 Bv-
tolomeo Gattula nobile di Gaeta tndi-
lo da Rossano, donde nel 14^6 paaòi
Messina, eruditissimo nelle divineeoas*
ne lettere. Martino Y lo fece suocedere
dal virtuoso parente Gaspare Colooa
romano, e poco dopo nominò Paolo già
di Manfredonia, che seguendo losdsei
di Basilea,Eugenio I V lo esiliò, e iieli4io
elesse Guglielmo Logoteta nobile reggi*
no, che eresse nella cattedrale la cspipél-
la a s. Stefano protomartire. Nel i^/^
Angelo Grassi di Manfredonia, già di A-
riano; nel i^SZ Antonio Bioct napol»
tano, che edificò la torre campanarÌ8,ri*
fabbricò la parte anteriore della meirs-
politana, cui donò di preziosi paranes'
ti; nel 1488 fr. Marco Maroldi napol^
taiio, domenicano dotto; nel 1497 ^
tro IsuaeUts consagrato nella cappella
pontificia, poi cardinale, che nel i5oii
rassegnò al nipote Franceaco la sede; sd
1 5 1 a Roberto Orsini nobilissimo roai'
no, chiarissimo -per virtù e dottrins, is-
tervenne al concilio di Latei*ano V, cfii
nunzio di Leone X in Polonia e Geroi'
nia. Neil 520 cardinal Agostino Tiwttb .
amministratore, che con regresso cede il
fratello Pieti*o arcivescovo d'Epidanroùi
partibutj indi colle stesse oondiziooiil
cardinal Ercole Gonzaga. Clemente Vii
neliSsg nominò Girolamo Centelliiici'
liano, dotto e probo, oonsagrato nellacap-
pella pontificia dal sagrista : aumenlbi
canonici da 1 a a 1 8, e nel suburbio ooUo'
co i cappuccini. Nel 1 537 Agostino Gon-
zaga nobilissimo di Mantova,cheedi(ic0
la chiesa e il convento ai minimi e fu se*
polto avanti ai gradini dell'altare ma{
REO
giore da lui riedificato nella cattedrale.
Nel 1 56o fr. Gaspare KiciuUi di Fosso dio*
cesi di Cosensa, insigne per tirtù e scien-
za, decoro dell'ordine de' minimi, bene-
merito del concilio di Trento: introdus-
se in Reggio i gesuiti ed i domenicani ,
rifece la cattedrale incendiata dai turchi
e la con&agrò; istituì il seminario, fondò
il monte di pietà,^ed altro in Robliniano;
ridusse diverse monache in un monaste*
ro, celebrò il sinodo; pianto da tutti, e-
semplare e generosissimo pastore , morì
nel iSga e fu sepolto nella cappella da
lui costruita nella metropolitana. Gli sue*
cesse Annibale de AfQilto nobilissimo pa-
lermitano, eccellente nelle lettere, e per
altre doti celebrato : avendo il ri negato
Cigala coi turchi distrutto il sepolcro del
pi*edecessore, spogliata la cattedrale, ma-
nomessa la città, a lutto accorse col suo
patrimonio; celebrò il sinodo, e morì in
odore di santità nel 1 638. Dopo Anniba-
le Mascabruni vescovo di Stabia, nel 1 644
Gaspare Creales spagnuolo lodato pasto-
re. Nel 1660 Matteo di Gennaro nobile
napoletano degnissimo; nel 1 675 Martino
Thanez di Y41lanova traslato da Gaeta;
nel 1 696 Andrea Monreale di Brindisi già
di Lanciano, col quale nell'Italia sacra
si termina la serie, che proseguirò colle
Notizie di Roma.i'jTt'j Damiano Polou
di Gandia. 1 757 Domenico Zigari di Co-
senza, traslato da Cotrone. 1 76 1 Matteo
Gennaro Testa di Napoli. 1 767 fr. Alber-
to M.' Capobiauchi domenicano di Brin-
disi. Dopo sede vacante, nel 1 797 fr. Ber-
nardo Cennicola della diocesi di Telese,
minore osservante. 18 18 Alessandro To-
massini di Diminiti arcìdiocesi di Reggio,
ti*aslato da 0|)pido.i828 fr. Emmanue-
le M.* Bellorado di Napoli domenicano,
traslato da Catanzaro, autore d'opere, co*
me ut' Panegirici in 3 voi. 1 829 fr. Leone
Ciampa francescano alcantarino di Ser-
ra Capriola. Gregorio XVI traslatòa Con
za questo prelato nel concistoro del i.
febbraio 1836; in quello poi degli 11 lu-
glio preconizzò l'attuale arcivescovo mg.f
VOL. LYII.
REG
33
o
Pietro di Benedetto di Cassano arcidia-
cono di quella cattedrale , canonico pe-
nitenziere e teologo , degno della sede.
L'arcidiocesi si estende per 36 miglia cir-
ca. Ogni nuovo arcivescovo è tassato in
600 fiorini, fi'uttando la mensa 2930 du"
catorum aeris neapolitani cunclis dedu^
ctìs oneribus.
REGGIO DI MODENA {Regien Le-
pidi ). Città con residenza vescovile del
ducato d'ìModena (col quale articolo e con
quello di Ferrara sono collegate le noti-
zie di Reggio e suo ducato), da cui è di-
stante più di 5 leghe, 6 da Parma, 3 da
Novellare (della qual città feci parola nel
voi. XLV, p. 286), sulla vìa Emilia, ca-
poluogo di distretto e di due cantoni, co-
me del ducato e provincia del suojiome,
il quale si forma di que'luoghi che dirò.
La provincia si estende sino al giogo de-
gli Apennini , ed è in essa rimarchevole
il monte Canossa perla celebre gran con-
tessa Matilde [F,) signora della fortezza
inespugnabile posta sopra una collina ,
prossima alla sorgente del Crostolo, e per
le singolari e memorabili vicende ivi acca-
dute, che narrai a s. Geegobio VII, che
ti ricevè il sommesso imperatore Enrico
IV nel 1077: ivi soggiornando la bene-
merita eroina, fece la donazione univer-
sale di tutti i suoi beni alla chiesa roma-
na, che poi confermò a Pasquale II il 17
novembre 1 102, prò mercede et remedio
animae meae^ etparentum ineorum, leg-
gendosi r istrumento in Muratori , Rer.
Jtal, t. 5. Dice il Sismondi.MTale dona-
zione che ha servito di titolo alla chiesa
romana nelle sue pretensioni sulla Lom"
bardia (^.), non fu mai rivocata in dub-
bioj ed é il titolo piò autentico, che i Pa-
pi abbiano reclamato". A Gabfagnaha,
ed a Con TESSA parlai del grande atto ,
che comprende eziandio il Reggiano e il
Modenese , donati a s. Pietro dalla pia
principessa, onde la celebrai in tanti]luo-
ghi. L» gran contessa fu pure con s. Gre-
gorio VII a Carpineto, altro suo castello
dd Reggiano, e dove la medesima sul fi -
3
34 &EG
air del secolo XI coovocb le •olcoacdie*
te per itabiiire tulle guerre o niUe pece
coirimpero; e tdibeDe i teologi ed i be*
rosi ettemesaero tenti di concilieiiopc ,
batto uo moiieoo ed eccitar gli animi al-
' la pcrteT e rania e ti corte di nooio alle
armi^cheobbligerooo rimperatore a riti*
ratti oltre il Po. La gran Matilde frequeo*
tò pure Bibiandloy altra Ibrtena di que-
sto ducato, in cui neli 1 1 iftì vititata dal*
rimperatore Enrico V, che tegui va le pe-
date del padre Enrico IV, e colla quale
tenne breve conferente. In Quersola, al-
tra montagna, avvi una talta che oontie-
ne olio di tatto, e fuma e bolle e vomita
fiingo, e talvolta pietre con molto ttrepi-
to, e somiglia ad un piccolo vulcano die
potrebbe uo giorno renderti formidabile.
Nel monte Veatatto v' ha un lago chia-
mato da Vallitnerì ammirabile, la di cui
ciroonferensa è ad un di pretto di 1 5oo
piedi parigini, e ritiensi dai fitici che la
tua profondità sia di a 5 braccia, tebbe-
ne non manchi chi atierìsca che non ha
fondo, ma che nel messo evvi un gran
vortice che teotibilmentc appai*itce. L'ac-
qua del Isgo è lfmpidittima,nè mai tee-
ma per ticcità o per mancansa di neve.
Oggetto pure di curiotità è la così detta
Pieim dìBìsmaniova, ricordata da Dan-
te nel tuo Purgatorio^ la quale é un a-
vansodi un foitissiaso e ìnaccestibile ca-
stello, che ai tempi di messo dominava
il ciiicostaote paet^ ed evvi ancora il po-
polalo borgo di Bismantova.Tulto il mat-
to è forma tedi strati di giacitura obliqua,
ed è di pietra calcare : la faccia boreale
è in alcun tratto così curva e pendente^
che i-tesce quasi a ridosso della soggetta
oampagna.Più degna di memoria èQuara
per le antiche terme chiamate Batneum
affuarium^ di cui hanno tanto parlato i
naturalisti ed i medici. Rimane qualche
vestigio che prova anche oggidì come le
ncque termali venissero raccolte per la
salute degli uomini. La loro virtlisareb-
be attivissima se l'arte tornasse a vincere
r aspresoa del luogo e T incomodità del
EEG
camauDO.Siiio i Baedìci ddrantica Basa
ne racoomandnTaBo V nto^ e si sa che I
ncque diQuamsilnMpofftevniioinFni
eia, %Migna , e in Napoli besicbè Seno
di ncque saluberrisBc, ed ovunque fsrt
salutare giungeva n aooprirsiegli utili d
fotti. Altro luogo oactaombUe del Bq
giano è Hubbiera» HèAana^ borga n
Udaroente fortificato aalln liva dd Set
diia, il di cui cattoUo ▼odcai oracoaicr
tito in prigione di atnto. Fa pomduk
nel tecoloXIVdalhia.Sede,equÌBdi4
gli Ettenti, a' quali Giulio II lo ritoln,
finché dopo la morte di Fnpn Adriaao VI
tornò in dominio dd duon di Ferrars Ai
forno 1 d'Ette. Il distrellp di Recioti di
vide in i o cantoni : Gurreggio» di cui p
lai nel voi. XLV, p. 386;Cnrpineto,è
quale feci cenno, dttelnovo de' Mosii
Gualtieri, Minoasoi Montcochio, Ec^
(mira ed extra mutoi)^ Scandiano cfacai
cuoi credono vi tia nato V Arìotla, bcs
A lo Spallansani, e Brooello. Di qaOh
Brescello e de' suoi diverti iKMni psflii
in parecchi luoghi, oame od voi. XL,p
aga, 3oo e 3oi, trattando di a. GcacÉ
suo vescovo e di altri dello atesio ss
me, giacché fo sede veaoovile. L'DglnBi
Italia sagra 1 1 o, p. 3o, Bfixeiienmtfì
scopaius^ la chiama già preclara ctttàdet
la Gallia Cispadana, colonia romani sd
cui trattarono diverti antichi acrittoricà
nomina, ed ove nel tuo castello BedrìsB
oese l'imperatore romano Ottone, ikf
essere stato sconfitto da Vitellio,siacd
se e vi fo sepolto al dir di Plutarco. Vi
kntiniano III dichiarò il ▼eaoovosnin
ganeo di Ravenna {F'.). Cipriano fiorìn
45a; AnastasioCremoneseneiu fottoic
scovo da Pelagio II Papa del 578, e f
lodato pastore; Gregorio Maggia nobil
cremonese buono e prudente, esioooMi
toper vigilanza, fiorì sotto s.Gregorioll
del 78 1 ; Teodeberto Meliori nobilissisi
cremonese, monaco lienedettino, veas
eletto da s. Zaccaiia Papa del 74 v 9 ci
diede per successore s. Paolo I l'altro oc
bile cremonese £rsiliO| che pianto per I
REO
sue f irtùfu tumulato nella cattedraleoon
onorevole epitaffio. Tei*iiiina Ughelli le
Dolisìe di questa sede senza nominare s.
Genesio e con dire : Nunc BrìxeUensis
eccUsiae caputesi archipresbyierj subja-
ceù/ue Mutinensi episcopo. Gomman vil-
le, Histoire de tous ies evesckez, riferisce
che nel 4^4 P^r avere Attila rovinato
Parma, il vescovo si ritirò a BrìxeUum
e vi restò per qualche tempo, ondesidis*
se vescovo di Brixellum^ poi lo pooenel*
r elenco de' vescovi riunito alla sede di
Reggio. Brescello, Bersello o Bretello ora
borgo a 6 leghe da Reggio, sulla destra
riva del Po, fece già parte della contea
di G>rreggio. La città fu distrutta da A u-
tari re de' longobardi 'tra 1' anno 584 €
Sgo ne'quali regnò. Questo luogo lo ce-
dette a Èrcole I d'EUte, il duca di Mila*
DO Galeazzo M.* Sforza in compenso di
Castel Nuovo del distretto di Tortona, che
il duca Filippo M.' Visconti avea dona-
to a Boi'so d'Éste figlio di Nicolò IH e pa«
dre del detto Ercole 1, per averlo soccor-
so con 1217 soldati nel ^/^^o nella guer-
ra contro i veneti , e che dopo la morte
dello stesso Dorso avendolo occupato il
duca Galeazzo lo douò a Roberto Sanse-
verino celebre capitano di que'tempi. EU*-
cole II duca dì Ferrara vi fondò poi cir-
ca il 1 55 1 una rocca foi*nita d'artiglieria,
ed In memoria coniò una moneta di bron-
zo rappresentante questa fortezza, colla
leggenda BrìxilU securitas da un canto,
e dall'altra un'aquila col moiXo Nobilitai
Estensis. Vie un'altra moneta spettante
a questo luogo, d'argento e del peso di 5o
grani, e rappresenta da un tato s. Gene-
sio vescovo, coirepigrafetS*. GinesiusBri»
xUU PontifeXy e nell'altra parte come la
desaMlta moneta di bronzo. Secondo La-
mi , jéui del martino di s, Genesio ro*
mano , vi fu una badia di s. Genesio di
Bersello o di Bi'esello, e sì dà s. Genesio
vescovo come se fosse il martire romano
o un confessore; cita inoltre alcune me-
morie spettanti alla badia esistenti nel-
Tardiivio Riecardi di Firenze , una boi-
REG
35
la d'Anastasio IV riportata pure da Mu-
ratori nel t. 5 delle ^/ilifui^. mediiaew^
p. I oa I , ed una carta della contessa Ma-
tilde, riferita ancora dal p. Bacdiini nel*
la Storia del monastero diPolirone^ ove
a questo s. Genesio della badia di Bersel-
lo si dà il titolo di confessore. Questa ab*
bazia sotto l'invocazione della ss. Trìmlà
fu fondata e dotata daÀttooontedi Ca-
nossa, indi grandemente aumentata dalla
gran Matilde contessa di Canossa. Altre
abbazie del Reggiano furono s. Apollo-
nia istituita da tale principessa e dalla sua
madre[Beatrice;s. Maria di Maurolo pura
eretta dalla sua munificenza, e quella no*
bilissima dis. Prospero summentovata da
lei accresciuta mirabilmente. Della zecca
e monete di Bi^escello tratta BeHinii De
monetis Italiae. Essendo Brescelló bene
fortificato, fu preso per l'imperatore dal
principe Eugenio nel 1702, e dai francesi
nel 1705, che poscia lo evacuarono nel
1707. indi seguì le vicende di Re^^io;
Dai suoi soavi si rinvennero copiosi mo*
numenti numismatici e archeologid, di
sua antica importanza. Diversi scrittori
posero il Reggiano, come il Modenese,
ueìVEsarcato (^.)di Ravennaod'hatia,
altro dominio temporale della s. Sede, ma
al citato articolo riportai le opinioni con-
trarie di Muratori.
L'illustre e bella città dìR^gio diLom -
bardia è in paese delizioso e fertile, situa-
ta in piano sul canale navigabile di Tas-
sone e presso la sponda destra del Grò-
stolo. E* sede del governo provinciale, del
munidpìoe de' tribunali. Queslacitta cin-
ta di grosse mura e con una cittadella
per difesa munita d i fosse, è ornata di bel-
le strade mantenute nette dalleaeqaeclie
all'opportunità le percorrono, parecchie
delle quali adorne di portici e di magni-
fiche diiese, di decorosi palazzi adi mol«
ti privati edifizi di buon gusto. Un antico
bassorilievo si ossei* va nella pubblica ptas^
za, rappresentante un soldato legionario,
che molti senza fondamento hanno preso
per Brenpo. La cattedrale è un buon edi-
36
REG
fixio di magnifiche forme ed ornatOy lotlo
rinvocaxiooe della B. Vergine Assunta e
di 8. Apollinare, ed o?e fra le insigni re*
liquie si venerano parte de' corpi de' ss.
CrUanto e Daria{F.\ altre loro reliquie
essendo nelle liasiliche Lateraneose e dei
is. XII Apostoli di Roma. Il capitolo si
compone di due dignità, l'arcidiacDno ch'i
la maggiore, e l'arciprete il quale eserci-
ta la cura d'anime^ coadiuvato da un al-
tro prete da lui eletto; ma il battisterìo^
ch'è r unico della città, esiste nella pros*
sima chiesa di s. Gio. Battista : di 1 1 ca«
Donici, comprese le prebende del teologo
e del penitenziere, di 4 mansionari, di 9
cappellani, e di altri sacerdoti e chierici
addetti alla divina ufficiatura. Nel 1681
InnocenzoXl concesse ai canonici la cap*
pa magna violacea, con pelli d'ermellino
nell'inverno, e negli altri tempi con fo-
dere di seta rubro ormusino. Aderente al-
fe cattedrale è il palazzo vescovile, buono
e conveniente edifizio. Vi sono altre io
chiese parrocchiali, ma senza il s. fonte,
3 delle quali sono eziandio collegiate; 3
conventi di religiosi, a monasterì di mo*
nache, 3 oonservatorii, di verse confratet*-
nile, l'ospedale, il monte di pietà, ed il se*
minano cogli alunni che fiorisce , come
il coll^io convitto de' gesuiti. Le suore
della carità furono poste nell'ospedale dal
duca Francesco IV e da lui aumentato ,
che celebrai a Modena perle sue eminen-
ti virtù e qual modello de'sovrani, van-
tandomi di portare questo mio Diziona»
rio il suo augusto nome in fronte per sua
particolare benignità : fra le beneficenze
dal benemerito principe esercitate in Reg*
gio , ricoitierò il bel foro boario da lui
latto costruire. Ughelli dice che vi sono
due cattedrali, la descritta, e quella di s.
Pi*08perodi Castello di non minore ma*
gnificenza deiraltra,con capitolo di cano-
nici, singolarità che rimarcò Leopardi ,
nella Serie de* vescovi di Recanaiiy par-
lando delle due cattedrali di questa cit-
tà. 11 capitolo ha il preposto e nel i685
ottenne le insegne corali come quello del*
REG
la cattedrale di a. Maria sme pnjadióo
furium eadiedruiis : ndle proeessÌDai ù
unisce con detto capitolo, formando on
corpo solo ch'è preeedato da uoa sola ao>
oe. Tra le magoificbe chìcae di Reg^ i
fiimosa quella della BDadonoa della Ghii*
ra per la grandion e naaacfaiaarchitetUi*
ra, e per le pitture di scuola bologoesi
Havvì un Crocefisso dì mano del oridn
Guercitto , sebbene di aeeooda maaierii
Molti quadri esbtCTano in Reggio di al-
tìssimo pregio e basti ricordare la Notte
del Correggio trasportata a Dresda dalli
chiesa di s. Prospero, chieaa nella quale
è pur dipinto nel coro il Giiidiiìo aù-
vertale del Procaccino. Nella sopprcm
chiesa di s. Giovanni n conservavano il*
euni dipinti stimabilissimi, come pure od'
la chiesa di s. Agostino, e in a. Ilarìo,oK
nell'alter maggiore è collocato un qui*
dro di Mazzola. Si trovano in Reggio aa*
che molte statue e opere insigni dàscil*
tura di Prospero Spani detto il Clem»
le. L'Adamo ed Eva airingrcsso delk cit*
tedrale , e il maestoso mausoleo dd 1^
scovo Rangoni , sono lavori ilello sten
Clemente. Tra gli altri stabilimenti
tifici e benefici di Reggio, farò
della biblioteca ricca di più che 3o,ooo
volumi, del museo di storia naturale pit*
gevole e curioso, delle acuole delle fadle
arti e di miuica, ed i soprattutto esa«
mendevolissimo il suo istituto pubblico ii
fiEivore de'mentecatti, posto fuori di Po^
ta s. Pietro verso Modena. Il conte Bla*
stai-Ferretti, Notizie deit accademt i
Europa^ p. 64 1 fa onorevole ricordo di
quella fondata in Reggio verso il 1 54o di
Sebastiano Corrado cittadino di essa, i eà
accademici circa il 1570 ebbero il ncMK
di Accesij essendo per vicende de' toa*
pi ridotta a scarso numero, fu rinnovata,
e lasciato l'antico nome prese quello di
Polittici j finalmente nel 1587 cambiò di
nuovo denominazione assumendo queUi
di Elevati, In Reggio e suo territorio fio-
rirono mai sempre uomini dì gran me*
rito, illustri per santità di vita e dignità
I
REO
eodeiiaitichey nelle quali si distinsero di-
TeiVi vesooTÌ, ed i cardinali Gherardo «SSsf-
sto, e Domenico Toschi {F',), il quale po-
co mancò che non fosse sublimato al pa-
pato. £' quivi la patria del Boiardo; l'A-
riosto nacque in Reggio dalla Daria M u-
lagazzi; nella vicina Correggio sortì ina-
lali Antonio Allegri, detto il Corredo e
ìlpUtore delle grazie. Le scienze naturali
•i gloriano di un Vallisneri, d'un Zanno-
ni, d' un Spallanzani, d' un Corti, d' un
Venturi, d'un Filippo Re; l'erudizione,
le scienze legali e le matematiche ebbero
Panciroli, Corradi,Girolamo Toschi, Ruf-
fìni; la buona letteratura Tanta Paradi*
si. Cessoli, Salandri , Lamberti; le arti
belle vanno fastose del Clemente nomina-
to, di Ceccati, di Lelio Orsi di Novellara
creduto discepolo e imitatore di Correg-
gio, di Motta detto RaffaeUetlOy di Fon-
tanesi pittore teatrale chefu unode'pri-
noi in Italia a restaurare il buon gusto del-
la scenografia, a lui essendostato di gran-
de eccitamento il patrio teatro comuna-
le, che si ha in gran pregio, in cui ogni
anno ebbero luogo spettacoli grandiosi
in occasione della celebre fiera che tiensi
nel maggio, ed alla quale concorreva per
traffico e sollazzo per lo passato un nume-
ro infinito di forastieri e di negozianti di
qualunque genere. Fatalmente il teatro
pati gravissimo incendio nell'aprile 1 85 1 .
Reggio ebbe la sua zecca e Muratori ne
parla nella Dissertazione 27.* Questo
grand'uomo dice però che ninna moneta
potè vedere battuta prima deli 233 ; in
fatti a quell'anno scrive il cronista da lui
pubblicato : Eo anno primo incepiafuit
moneta Reginorum. E il Panciroli nella
Storia mss. della città,così parla de'reg-
giani. Primum Nicolai Maltraversii an^
tistitis nomine j penes quem hoc jus resi"
debatf cudere monetam coeperunt, Unde
aliqua etiam hodie numismata cum hac
inscriptione visuntur: Nicolaus Episco»
PUS, Ab altera vero parte Ugitur, Frids-
Rtcus Impbrjtor : quod Aenobarbi be*
neficio id antistiti nostro jus olim conces*
REO 37
mmfuisst significata Non da Federico I
Barbarossa, ma da Federico II è da cre-
dere che venisse a Reggio quel privilegio.
Se tanto prima l'avessero impetrato, non
par credibile che avessero differito il va-
lersene solamente a tempo del vescovo
Nicolò che fiorì sotto Federico II. Fulvio
Azzari nella Cronaca mss. de' vescovi di
Reggio^ scrive di non aver veduto mone-
te di quel vescovo in cui si legge il nome
di Federico: ne pure ciò avvenne a Ma-
ra tori, che però tiene per certo lo asserto
da Panciroli. Il vescovo Nicolò sul prin-
cipio dovette mettere il nome di quell'im-
peratore nelle sue monete, ma daodié le
scomuniche pontificie sì affollarono sopra
di lui , il vescovo desistè dal nominarlo.
Muratori descrive le 7 seguenti monete.
La I .' moneta esistente ììi Reggio e Mo-
dena, ha nel mezzo un 2V, cioè Nicolausy
e nel rovescio Episcopus,o^e pure si ve-
de un ramo con foglie e le leiiere De Rb»
Gio. In altra simile quell'iV^^ pare un H
che taluno potrebbe attribuire a Henri*
co vescovo nel 1 3o 1 ^ ma in questo tempo
Azzo Vili marchese d'Este era padrona
di Reggio. La 3.* moneta ha l'effigie del
santo vescovo protettore di Reggio, colle
Ietterei. Prosper^ nel rovescio uno scu-
do colla croce, erREGiuu. Nella 3.' mo-
neta si vede il capo d' un principe colle
lettere Diro Herc. Duci. Egli è Erco-
le Il duca di Ferrara, che nel 1471 co-
minciò a portar quel titolo: il rovescio ha
la croce colle lettere Coììunitjs RsGit,
La 4** ha on'aqiiila che sta sopra una mac-
china, e le lettere Hercules Dux : nel
rovescio l'immagine d'un vescovo e le let-
tere s. Prosper Eps, Regìì. La 5.* ha
il capo d'esso duca colle lettere Hercu-
les Dux: nell'altra parte Rbgivm Ohm
A EMI LI A, La 6.* è simile, se non che con
licenza del Prisciano vi si legge, Regium
Emiha Veteres, La 7.' ha l'effigie del
vescovo s, Prosper ; nel rovescio Regii
Lepidi, Reggio ha territorio ferace nelle
campagne verso il settentrione, sorgendo
dal lato opposto le vette* dell'Apennino.
38
HEG
Fa uo oommercio attìTodi cereali , fer*
maggi, Tini e altri rurali prodotti, sete,
bestiami, canape. Il regnante duca Fran*
oetco V, oltre le fèrroTie, ha attivato una
linea telegrafica in Modena, Reggio eGua-
tUlla, congiungendola con quella di Man-
tova, per la piU pronta e continua corri-
spondenxa cogli stati imperiali austriaci
e colla Germania. Altra linea fu costrut-
ta fra Reggio e Parma. Il duca di Mode-
na s'intitola ancora duca di Reggio. Sot-
to il regno italico il conquistatore Napo-
leone investì del titolo di duca di Reg-
gio il maresciallo dell' impero Oudinot
di Bar-Sur-Omain capoluogo del ducato
di Bar, cioè nel 1 809 dopo la battaglia di
Wagram combattuta a'6 luglio, ove fece
prodigi di valore t morì a Parigi nel set-
tembre 1 847 governatore degl'invalidi,
e se ne leggono i fasti militari nella ne-
crologia pubblicata nel n.^ Sg delle No*
tizie del giorno di Roma del 1847. Suo
figlio è il generale Vittorio Oudinot di
Rcgg>o, che d'ordine di Francia nel 1849
liberò Roma dalla demagogia, al modo
narrato nel voi. LUI, p. aio e seg.
Reggio si vuole edificata dagli anticlii
etruschi, che rovinata dai galli, Marco E*
milio Lepido console romano, che aprì la
via Emilia daRimini a Pracenza,neiranno
567 o 573 di Roma, avanti la nostra era
anni 1 8 1 o 1 87 la ri&bbricò, ne aumentò
gli edifizi, vi dedusse una colonia di ro-
mani, l'ascrisse alla cittadinanza di Ro-
ma, e le die il suo nome, ovvero la chia-
mò Forum Lepidi vel Regii Lepidi, on*
de la posterità per gratitudine continuò
a chiamarla Regium Lepidi, Ebbe il suo
collegio delle arti sotto gl'imperatori. Nel
secolo IV perle irruzioni de'barbari sog-
giacque quasi a totale rovina , fu signo-
reggiata dai goti, poi dai longobardi, al
cui tempo ebbe i suoi duci, finche Girlo
Magno distrutto il loro regno la restaurò
dai sofferti danni e d'allora in poi sotto
i Girlovingi fu governata dai conti; indi
si uniformò all' italico reggimento a co-
mune. Sotto l'iin pero d'Ottone J, dopo la
REG
melk del teeololX^creaoHidoio polean
la nobiliitsima stirpe degK EsIcikì, fifto-
ria de'quali riportai a Fooiaba e Modi-
VA, Sigifredo a Gerardo presero per oh»-
gli le sigBore delle Alpi • delle ommìi-
goa di Reggio , ed Ano II loro ftalcUo
signore di Este e sue giornditionì fiirti*
fico quel luogo chiaoiato Conoen, ad ot*
ta dell'oppotitioDe che gli fineBere^-
rio 11 re d'Italia che ve lo eatediò. Gine
da Verona Ottone I a liberare ITsteife,
disdicendo l'esercito di Berengario II, il-
di i reggiani si unirono ad Aaao I! col-
tro Adalberto figlio del re verso il ^i
Intanto Berengario 11 ai unì agli oiglM-
ri calati in Italia a scempio della rcgioic^
e ruppe Aito II traModeoa e Reggio; m
questo unitosi a' tedeschi vinse il re,oiè
Piacenza e Reggio sidierono a lui, e (k*
tone I nel 693 lo fece vicario deiruip>
ro in Italia. Tedaldo figlio di Azzo Ili*
venne signore di Ferrara^ per investitin
di Papa Giovanni XV detto XVI, ed eb-
be dal padre Reggio, Lucca e Parma di|ii
zii; morendo, fu sepolto in Canossieb*
sciò i suoi stati al marchese BonifiMÌoflH
figlio marchese e duca di Toscana,ilf«'
le di molto gli aumentò con Modeste
altre città, ottenendo il vicariato dllriii
Morto in Mantova{F'.), Beatrioe «n «*
dova educò virilmente la comune figiii
gran contessa Matilde, e fu remote e vi-
caria d'Italia , favorita dall' impenteie
Enrico 111 suo fratello e dai Papi. ìb*
tilde divenne poi assoluta signora di tit
ta r immensa eredità de' genitori, coae
di Reggio, quale erede de' conti di &•
nossa suoi signori. Delle sue prechutp*
sta già citai ove si possono leggere, veDCf
do dai Papi fregiata delle dignità di ge-
nerale della Chiesa e di TÌcaria d'Itifii^
come riferisce Pigna, Hisiona de* prilli
pi d^ Este. Usuo patrimonio, bendiè se-;
lennemente donato alla chiesa romaiti|
fu successivamente contestato da<rriRifle'
ratori, come narrai ai relativi articoli,i
Germania e ad Impero, soverchi andò cel-
la prepotenza delle ai'mi; quindi graiif-
REG
siine difièrenze e scismi tra il sacerdozio
e rimpero, perchè grimperatori ne pre-
lesero in gran parte i doinioii come feudi
imperiali, alle quali pretensioni aggiun-
sero le loro gli Estensi parenti di Matil-
de : agli uni e agli altri la s. Sede talvol-
ta diede in investitura le terre di Matil-
de, come raccontai in tanti luoghi, ed a
GjiBFAGirARA; coo auuui censi, inclusiva-
roenteal Reggiano. Intanto Reggio signo-
reggiata da quando a quando dai legati
degl'imperatori, si governava a modo di
repubblica, divenne potente, sostenendo
eoi bolognesi frequenti guerre , contro i
modenesi e loro alleati parmigiani. Fa*
cendo parte della lega lombarda, guer-
reggiò contro l'imperatore Federico 1, in-
di nel 1 1 83 ebbe parte e figurò con altre
città di Lombardia nella famosa pace di
Costanza , in cui Federico I si trovò co-
stretto a riconoscere la loro libertà. Nel
I ao I i modenesi assediarono Rubbiera,
ma i parmigiani coi cremonesi si fecero
mediatori de'reg^iani per la pace. Inno-
cenzo III avendo ricuperato molte terre
di Matilde, fra le quali alcune del Reg-
giano, ne investì Salinguerra ferrarese.
Federico II nel 1 2 1 a donò Modena e Reg-
gio,già possedute dagli Estensi, ad Aldo-
brandino II. Tuttavolta questo dominio
fu interrotto, anche per la dominazione
de' vescovi, poiché leggo inMuratori, Del"
le antichità Estensi^ che nel 1289 ^^^ì^^
di Reggio patì di fiere burrasche, scon-
TOlta anch'essa dalle discordie civili e dal-
le fezioni ò^* Guelfi fi Ghibellini(F',\ Ap-
presa il popolo dal recente esempio di Mo-
dena la maniera spedita di dar fine a tan-
ti malori, anch'esso elesse nel 1290 a'i5
^nnaiopersuo signore perpetuo il mar-
chese Obizzo II, che seguiva il partito
guelfo come fecero i discendenti, il qua-
le presone il dominio e ridotti in città i
Roberti, que'da Fogliano e gli altri fuor-
usciti, vi fece d'allora in poi fiorire la pa-
ce. Pigna riporta 1' eloquente concinne
pronunziata da Orlandino Canossa, nel-
l'offiire a Obizzo 11 Reggio; iu essa ram*
REG 39
mentano con piacere i reggiani li passati
governi di Boni&cio e di sua figlia Ma-
tilde, ed altri Estensi, deplorando quello
del comune e popolare reggimento, agi-
tato da dette perniciose fazioni. Si offri-
rono I reggiani con tutto il loro territo-
rio, dal Po all'Apennino, fra'confini del-
la Lenza e della Secchia, stabiliti dai re
longobardi, eda Carlo Magno riopnosdii-
ti dopo aver vinto Desiderio ; laonde O-
bizzo II spedì a R^io Bernardino Roa*
si per suo vicario, nelle cui mani & giu-
rata fedeltà ; poscia nel 1 292 rioondliò i
Roberti, i Fogliani, i Canossi,oon che re-
stituì la quiete alla città. Gli successe il
marchese Azzo X suo figlio, che nel 1 293
fu riconosciuto anche da Reggio. Nel 1 3o5
avendo Azzo X sposata la figlia di Carlo
II re di Napoli, per gelosia si formarono
alleanze contro di lui ; Giberto da Cor*
reggio si portò sotto Reggio, i bolognesi
sotto Modena, però gli Estensi si sosten-
nero quantunque nella i .* i Manfi^i pro-
curassero sollevare la città. Ma neli3o6
riuscì a Giberto nel declinar di gennaio
di fiir sottrarre Reggioe Modena dal mar-
chese, le quali si abbandonarono a gran
tripudi per la ricuperata libertà , come-
che tornasse fra loro il secolo d'oro, uto*
pia che ben presto andò fallita. Imperoc-
ché lacerate poco dopo ambedue dall'in*
terne discordie e sanguinose mutazioni ,
non che da gravosi tiranni, si pentirono
del fallo commesso a provocazione de'ghi-
bellini. 1 conti Canossl restati fedeli al
mardiese,8i ritirarono nel loro castello di
Gesso. Unitisi gli Estensi con Lodovico
il Bavaro contro il Papa, questi li scomu-
nicò e pubblicò contro di loro una terri-
bile crociata. Nel 1327 il cardinal Ber-
trando per Giovanni XXII prese Reggio,
la quale neli33 1 si die a Giovanni re di
Boemia, in uno a Modena. Indi neh 335
fu presa dai collegati italiani contro il re
e data a Luigi Gonzaga , al quale i Fo-
glianì venderono le loro ragioni, con ri-
tenersi alcune giurisdizioni; però a man-
tenei*si nella signoria dovette far guerra
4o REG
• Mastino della Scala : nell'anno leguen*
te Benedetto XII dichiarò Luigi sicario
di Reggio con annuo censo alla s. Sede,
m inotifo della ^acanxa deirioipero. Nel
1 34 1 la città fu assalita dai tedeschi , e
nel 1345 Francesco 11 d'Este rovinò il
Reggiano e 4 castella , con Couriago : i
suoi Autori tentarono sorprendere la cit-
tà, che si difese dal governatorede'Gon-
taghL Per morte di Luigi, nel i358 ne
divenne signore il Gglio Feltrino Gonza-
ga, cacciando ì partigiani del fratello. I
fuorusciti Roberti, Boiardi, Manfredi, ri-
co aratisi dal marchese Nicolò II d'Este, lo
sollecitarono a ricuperare Reggio. Il mar-
chese quando vide che il Visconti aspira-
va alla signorìa, colle squadre venali del
conte Ludo tedesco e le sue truppe, a'7
aprile 1371 lofeceassaltare e colle segrete
intelligenze co'suoi partigiani se ne impa-
dronì; ma le soldatesche saccheggiarono
miseramente la città, non la perdonarono
ne ai sagri templi, n^ alle donne , ridu-
cendo il popolo ad estrema miseria. Fel-
trino eh' erasi rinchiuso nella cittadella,
ìiiciinaTa a consegnare Reggio al legato
pontificio di Bologna, quando l' infedele
conte Lucio si accordò di cederla al Vis-
conti , che r atea corrotto, per 4o,ooo
fiorini d'oro, dopo di che intimò alle trup-
pe del maixhese che partissero. Allora
Feltrino introdusse le genti del Visconti
nella cittadella e tende tutte le sue ragioni
per 5o,ooo fiorini, ritenendo per se No-
vellerà e Bagnolo, smembrando tali giu-
risdizioni dal distretto di Reggio con gravi
doglianze di que'cittadini, e con titolo di
contea le trasmise a'suoi discendenti. Tra
le tirannie usate in Reggio dai Gonzaghi,
si contano if6tra chiese e monasteri spia-
nali. Nicolò 11 ne restò afflitto, per aver
confinante in Reggio Bernabò Visconti,
potentissimo e inquietissimo principe , il
quale disfece i collegati nella battaglia da-
to presso Reggioa'a giugno 1372. Pigna
dice^che prosperando poi le imprese del-
TEslense, ribellatisi i reggiani nel marzo
, 374, se gli diedero; ma pare che al Vis-
REG
eonli riuicìflM di fiirli toniare alk a
•oggetione, poiché nel 1 4oS narra lo lU
so storico, cheilnsarcheae Nicolò llldi
de il guasto e fece depredare il Reggi
DO. Essendo riuscito nel 1 409 al mardi
sedi prendere Parma, fece risolvere ire
giani a Kuotere il giogo milanese l's
giugno, e sì dieroDO per lui a Ugucdo
G)ntrario, il qualea'a^ lugKo espugnò
cittadella : prima di questo tempoerarii
sdto a signoreggiare Reggio Ottobonol
e Giacomo III. Gli ambasciatorì reggia
si presentarono al marchese io Panni
gli testificarono ubbidienza e l'allegra
in cui erano per essersi liberati dagli
surpatori, onde Nicolò ili nel 14^0 pc
farsene riconoscere legillimo signore
Filippo M.* duca di Milano, sia per l'i
tica investitura data da Federico II, e
per ladeditioiie de' reggiani medeiioii
se ne fece amplissima scrittura , ricoi
scendo Nicolò III quanto del Reggisi
Visconti aveanodatoai Gonxaghi,aiG
reggio ed a quei di Mirandola.
Nel i45i recandosi T imperatore!
derico 111 in Ferrara, eresse i lerritoriì
Modena e Reggio io ducati e li riconc
be feudi dell'impero, e creò duca dell
na e dell'altra città Boi^so d'Este, con ai
plissima bolla d oro, non che conte di fi
\igo, dandogli due aquile imperiali coi
nate per inquartorsi negli stemmi,leqi
li restarono a'primogeniti, quali duchi
Modena e Reggio, col qual ultimo Boi
fu benefico. Inimicatosi Alfonso I conP
paGiulio II, questi alla testa dellesuer
liiie prese Rubbiera, poi espugnò la l
randola (V.), Nel 1 5 1 2 dopo che il di
Alfonso I erasi pacificato con Giulio
Alberto Pio da Caipi suo antico nem
gli rappresentò non meritare perdoi
Il perche Francesco M.* I duca d'Urbi
capitano generale del Papa se ne imi
dion., ad onta delle proteste falle di
•ere Regg.oc.tla dell'impero, p.x>segi»
dosi la guerra con più calore. rVela»
ho Lateranense V furono lasciaiT
pa Reggio e Modena, senza ;^
\
REG
de'diritti dell' impero. Leone X promise
di restituirle ad Alfonso f, ma volendo
ingrandire la sua famiglia Medici,non so-
lo non l'adempì, ma divenne suo nemico.
Hestò Reggio nel dominio della Chiesa,
fmchè Adriano VI per le suppliche di Al-
fonso I p per le premure di Carlo Y , nel
i522 sembrò disposto di restituirglielo,
quando la morte sua ne troncò il tratta-
to. Profittando il duca della sede vacante,
si presentò armalo avanti la città , ed il
popolo prontamente gii si diede a'29 set*
tembrei523. Accostale polle artiglierie
alla cittadella, in poco spazio di tempo
spaventò quel castellano, dimodoché ca*
pitolò la resa. Eletto Clemente VII, agli
ambasciatori Estensi che domandavano
Modena, rispose il Papa rivolere in vece
Reggio, e Rubbiera di cui pure il duca
erasi impadronito, dopo 1' espulsione di
Lionello Pio governatore pontificio;quin*
di alleandosi nel 1 525 il Papa con Carlo
V, vi pose la condizione di obbligare il
duca di Ferrara alla restituzione di Reg-
gio, Rubbiera e delle altre terre occupa-
te, quindi si esami nasse se questi domi nii
e Modena appartenessero alla Chiesa oal-
rimpero. Rottasi poi guerra tra l'impe-
ratore e il Papa, fu questi nel 1527 asse*
diato in Castel s. Angelo, e nel 1 529 passò
io Bologna per pacificarsi con Curio V,
il quale Alfonso 1 trattò sontuosamen-
te nel passaggio per Reggio. Ivi si recò
ancora Alfonso I nel i53o con salvacon-
dotto invocato dall'imperatore, la cui gra-
zia fece di tutto per guadagnarsi, acciò Io
luet lesse in quella del Papa, onde com-
porre le differenze del dominio di Mo-
dena, Reggio, Rubbiera, Cotignola e Fer-
rara da lui tenute. Clemente VII volle
che si eseguisse il trattato di Barcellona,
sulla restituzione alla Chiesa di Modena
e Reggio, allegando molte ragioni al pos<r
sedimento di esse, poi le cure adoperate
dai Papi predecessori per averle unite a*
i. Itati di Parma e Piacenza (^.). In-
o però a Carlo V di comporre
)i ponteudenti, si offrì me<|
REG 41
tore» premendogli che cessassero in Italia
argomenti capaci a suscitarnuoveegravi
turbolenze. Parlò, a fìivora del duca eoa
tanta efiScacia, che alla fine Clemente VII
venne ad un accordo, e cioè di rimettersi
al giudizio inappellabile di Carlo V me*
desimo quale re di Spagna, non come im*
peratore, il conoscere per un compromes-
so di ragione e di fatto i diritti loro, in(|i
spassionato a termini di giustizia dichia-
rare, se delle nominate città e terre la s.
Sede o l'impero ne avesse la giurisdizio-
ne suprema. Frattanto quelle citlàTurono
date in deposi lo all'imperatore, che vi po-
se a presidio soldati spagnuoli. Benché il
duca di malavoglia accedette al l'accordo,
se ne fissarono le condizioni con pubbli-
co istromento, determinandosi 6 mesi per
la risoluzione di Carlo V,ed alle parli per
produrre documenti di fondate ragioni.
Carlo V date buone speranze al Papa e
al duca, partì da Bologna nel marzo, e
trovandosi ne' Paesi Bassi , o in Colonia
come dice Muratori, sentenziò, che Mo-
dena e Reggio grosse città coi loro do-
mimi di ragione dell'impero, appartenes-
sero di diritto al duca di Ferrara ; e che
Clemente VII ricevuto da esso 100,000
ducati d'oro in due rate, e ridotto il censo
di Ferrara al modo antico di 7000 du-
cati, di questa lo rinvestisse. Ma il Papa
non contento di tal giudizio, non appro-
vò né soddisfece per quanto polé alla sen-
tenza del laudo. Questo Muratori lo di-
fende, con sostenere che Modena e Reg-
gio non fecero mai parte dell'Esarcato,
come pretendeva Clemente VII, non do-
vendosi valutare che Leone X avea com-
prato Modena per 4o,ooo ducati d'oro
da Massimiliano I, il quale ne avea da-
ta solenne investitura ad Alfonso I, che
ricuperò tutti i dominii e Reggio, la cui
investitura dall'impero rinnovarono i suc-
cessori. Clemente VII nella bolla in Coe*
na Domini vi comprese il duca di Ferra-
ra, come usurpatore di Modena e Reg-
gio alla Chiesa. Alfonso 1 munì Reggio
~ ,li altri luoghi delle sue terribili arti-
4a REO
glierie, e nel i543 rìceTette magnifica*
mente Paolo III nell'andata e ritorno
da Busseto,per l'abboccamento con Car*
lo V. Vedendosi Alfonso II senza prole,
e destinando suo successore il cugino d.
Cesare, fece riunoTare le investiture im«
perìali di Reggio e altri luoghi da RodoI*
foli. Morto Alfonso II, il duca Cesare nel
1 597 fece prendere possesso di Reggio e
degli altri dominii; ma Clemente Vili
noi volle riconoscere per quello di Fer-
rara, e pose in piedi formidabile esercito,
iiTemoTibile di riunirlo ai propri domi*
nii. Laonde il duca Cesare nel i5g8 per*
dette Peirara, che Clemente Vili ricu-
però alla s. Sede. Quindi Reggio, come
avea seguito sotto gli Estensi le vicende
di Ferrara^ d'allora in poi quelle di Mo-
dena gli furono comuni. Nel 1 655 il mar-
chese di Caracena governatore di Milano
per la Spagna , mostrandosi ostile eoo
Francesco I duca di Modena e di Reg-
gio, si presentò con esei*cito in foccia a Ere-
seello, affacciando diverse lagnanze, che
si possono leggere in Muratori, esigendo
pronto disarmamento e qualche piazza
per sicurezza di sua fede verso Spagna.
Rispose il duca con ragionile munìBre*
soelloe Reggio ove inviò il marchese Pal-
lavicino con grossa artiglieria , e poi si
recò egli stesso per difenderlo col primo-
genito. Caracena abbandonato perciòBre-
scello, anche per la sua fortezza, a' 1 4 mar-
zo si presentò a vanti Reggio, ov 'ebbe luo-
go una scaramuccia colla peggio degli spa-
gnuoli. Dopo 3 giorni il duca credè mi*
glior consiglio restituirsi a Modena, per
dare più energici soccorsi a Reggio, don*
de i cittadini colla loro bravura fecero
opportune sortite. Vedendo Caracena con
chi avea da combattere , retrocedette e
ripassò il Po con poco decoro. Nelle guer-
re per la successione di Spagna, e benché
il duca Rinaldo fosse neutrale, i francesi
in nome di Filippo V re di Spagna per
capitolazioneoccuparonoReggioa'29 lu-
glio 1702, cui segui la presa di Modena.
Nel 1 706 grìmperiali tedeschi sotto il co-
REG
mando del prìncipe Eugenio , eonlro i
francesi occuparono lo slato, ed a' 1 3 a-
goslo dopo qualche colpo d' artiglieria ,
entrò in Reggio che rìprese pel duca, al-
trettanto facendo! tedeschi di Modena ai
1 9 novembre, con gran letizia de'suddi-
li, essendo ritornati sotto il loro signore
e liberati dalla occupazione francese. Una
nuova guerra avendo riooodotli nel 1 784
i francesi in Italia, per la successione dei
ducati di Parma e Piacenza, ritenendo il
duca Rinaldo favorevole all' imperatore
Carlo VI, le cui armi erano alate deprei*
se, a' 1 3 luglio entrarono in Reggio seo*
za recar danni a veruno, ed a' no luglio
per capitolazione occuparono Modeos,
finché Luigi XV fece evacuar lo stato
dalle suetruppea'iS maggio da Modeaa,
a'24 ^^ R^gìOf lasciando bensì il paese
pieno di guai pei debiti fiitti a cagioae
de* francesi. Per la successione di Carlo
VI , lo stato Estense fu esposto a nuofe
invasioni de' belligeranti nei 1 747 , 000
immensi danni. Costituitasi la Francia ia
repubblica , occupò gran parte d' Italia,
in uno ai ducati di Modena e Reggio ad
1796, cui imposero contribuzioni. A'aS
agosto avendo i reggiani fatto un mori*
mento insurrezionale, si compose con go*
verno repubblicano. Ne pi-c£tlò Napo*
leone comandante supremo de' firanoesi,
per dichiarare gli stati Elstensi sotto la sas
protezione,e spogliarne il duca forcole III;
indi pei congressi di Modena, e di Reggio
de' 27 dicembre, organizzò la repubblica
Cispadana, Scendo Reggio capoluogo dd
dipartimento del Crostolo^ onde a Mode-
na, a Massa e Carrara, e in altri relalifi
articoli descrissi queste e le successive vi*
cende politiche sino a'nostri giorni , dello
stato e di Reggio, le guerre oombattnte
tra tedeschi e francesi. Avendogli austro*
russi occupato Reggio, nel giugno 1800
lo ricuperarono i francesi, formando dei
dominii Estensi parte delle i*epubbliclie
Cisalpina e Italiana, confermando Reggio
in capoluogo del dipartimento del Cro*
stoloj come lo fìi poi nel suoceduto regno
ì
REG
A* Italia {V), orà detto dal torrente o»
monimo che scorre presso la cìtià e che
anticameote entrava per Porta Castello,
e teneva tutto il corso della via chiama*
ta oggidì Chiara, appunto dalle deposi*
zìoni dello stesso ton*ente. Nel i8o4 re*
candosi Pio VII a coronare in Parigi Na*
poleone, nel n.^ 92 del Diario di Roma
si legge , che a' 9 novembre da Modena
partì per Reggio, ove fu ricevuto coi se-
gni della maggior venerazione, passando
a pernottare in Parma. Reduce nel 1 8o5
da Parigi, il Papa a'3 maggio da Parma
giunse a Reggio circa il mezzodì, incon-
trato prima e complimentato dalle auto-
rità locali e da molti signori. Le strade del-
la città erano tutte guarnite di truppa,
ed il Papa scese alla cattedrale , accolto
dal vescovo e dal clero al suono dellecam-
pane e delle bande militari. Ricevuta la
benedizione col ss. Sagramento, safi Te*
piscopio ove trovò preparato un lauto di»
jciiné. Dopo aver preso qualche ristoro.
Pio VII proseguì il viaggio per Modena,
(X>me riporta il n.^ 89 del Diario di Ro»
ma. Sotto l'impero francese, al modo no-
tato di sopra, Reggio toi*nò ad essere du-
cato, quindi terminando il dominio na-
poleonico ne'primi del 1 8 1 4» Murat re di
Napoli in nome de'col lega ti colle sue trup-
pe occupò Reggio, cui successero le au-
striache pel duca Francesco IV nipote di
M.* Reatrice ultima degli Estensi, alqua-
le in forza de'trattati di Parigi furono re-
stituiti questi stati, confermati nel 181 5
dal congresso di Vienna. Pio VII nel ri*
tornara ne'suoi dominii nel i8i4> a'25
marzo entrò in Parma, indi ripassò per
Reggio festivamente accolto, e per Mode-
na giùnse a Bologna. Quando poi nel 1 81 5
Murat ostilmente entrò negli stati della
Chiesa, Pio VU si condusse a Genova e a
Torino, nuovamente onorando di sua pre*
senzaReggio, che ripetè le sue riverenti di-
mostrazioni, e giunse a Modena a'a4 'Q^S*
gio. 1 moti politici del 1 83 1 furono ener-
gicamente avversati da Francesco IV,do«
tato di vasta mente atta a reggere un im-
REG 43
pero, e di quel retto sentimento del giu-
sto e del vero per cui si guadagnano i
vituperii de' tristi e le benedizióni dei
buoni, poiché fu saggio amministratore
della cosa pubblica e osservatore di giu-
stizia, onde segnalò il suo regno colla be-
neficenza e fu chiamalo propugnacolo
della quiete d'Italia. Sotto il di lui degno
figlio e successore Francesco V , lo spiri-
to rivoluzionario nel ducato si mostrò pid
ardente, siccome fomentato da quello che
stava per esplodere quasi in tutta Euro*
pa : seguendo le orme dell'augusto geni*
tore frenò finché potè l'effervescenza ri-
voluzionaria e non transigette con essa, né
si lasciò adescare dalle lusinghe di chi
profonde incensi al cospetto de' principi
peringannarli e trarli al precipizio in uno
coi ragni. Ma come le mene rivoluziona*
rieaguisad'irresistibile torrente nel 1 848
scoppiarono furiosamente per tutta Ita-
lia ed altri stati d'Europa, ciò che accen-
nai a Pio IX, altrettanto avvenne a Mo*
dena, cui subito aderì Reggio formando
il comune a' 2 1 marzo un governo prov*
visorio, composto del podestà e de' con*
servatori; considerando il governo duca-
le decaduto, aboPi i licei convitti di legge
e di medicina,e ristabifi l'università degli
studi soppressa nel 1 82 1 . Quindi nel mag-
gio Modena e Reggio si vollero unire al
regno di Sardegna di Carlo Alberto, nel-
l'intendimento di formare cogli stati Par*
mensi, colla Lombardia e colla Venezia
un regno monarchico* costituzionale del-
l'alta Italia eredita rio in Carlo Alberto,
impossessandosi i due m unici pii de'beni
demaniali e allodiali del duca Francesco
Ve di quelli gesuitici delle due provincie,
con altre costituzionali disposizioni. Car-
lo Alberto accettò la dedizione di Reggio
e di Modena, cui inviò regii commissari
straordinari, che pubblicarono analoghi
indirizzi ai reggiani a'26 giugno, a'28 pei
modenesi, e d'allora in poi tutti gli alti
pubblici si fecero in nome del re. Intan-
toerasi incominciata la guerra per l'indi-
pendenza italiana, e sgombramento tota-
44 BEO
le degli austrìaci dalla regione. Per^ do*
pò le perdile gueri*e«che sofferle dall' e-
sercitodi Carlo Alberto, questo fu costret*
to di coDTenire a'g agosto col vittorioso
feld- maresciallo Radeteky, comandante
supremo e valoroso degli austriaci in I*
tallo, ad abbandonare quegli stati d'Italia
da lui occupati, quindi il duca Francesco
V rientrò ne'dominii degli avi suoi. Fi-
nalmente, per la segnalata vittoria ripor-
tala dal prode conte Radeteky il 23 mar-
zo 1849 a Novara sul re di Sardegna, fu*
rono definitivamente e del tutto sgom-
brate quelle parti di territorio del duca-
to di Modena che ancora tenevano i pie*
montesi,le quali pel legi ttimo sovrano suc-
cessivamente occuparono gli austriaci.Nel
voi. LI, p. 3i3 e 235 narrai, che perdi*
plonuiticheconvenzioni,il duca di L'arma
e Piacenza nel 1848 cede al duca Fran-
cesco V il ducato di G itasta Ila {f^») col»
U sua città vescovile,' il quale vi si recò
la I .* volta a' 1 4 febbraio, e ciò in cambio
di Pielrasanta vicariato di Toscana con
città omonima che avrebbe dovuto pos-
sedere: così il ducato estatodi Modena
venne aumentato di altro.
Quando e da chi fu in Reggio predi*
cata la fede di Gesù Cristo , in uno alle
prerogative del suo vescovo snflfraganeo
di Bologna, che s'intitola principe, ed al-
l'estensione della diocesi, lo dichiara U«
gheili, Italia sacrai, 2,p. 238, io que-
sti termini. *• Ut autem certissime con-
stai , s. Barnaba m apostolum , ac s. A*
pollinarem in Insubriam fuisse missos ,
alterum in Galliam Transpadanam , al-
terum in Cispadanam, ut illicevangelium
Christi promulgarent , sic haud insulsa
conjectura asserere possumus RegiumLe-
pidi, ab altero , vel ab illorum alumnis
sacra Christiana suscepisse, quando inde
ab anno 60 nostraesalulistraditurpro-
thasius Regio praefuerunt, iniqui tas tem-
poruro memoriam devoravit, usque ad
annum4oo. Idolatria deinde deleta Re-
giensis ecclesia fondata est, quae primum
Mediolaneosi archiepiscopo sub) ecta fuit.
REG
posteti Ravennati, usqueadannaini 583.
Deinde vero Gregorio XIII mandante ou*
perae metropelit Bonooienaii suffraga-
nea effecta est. Amplissima diocoesi gau-
det ejusque antistes ti tuie Comi lisfulget,
ab antiquis olim Caesaribusobtentu. Cu-
jus antistis modemae praerogativaesaot
(si quidera antiquitus potioribus fnieba-
tur) Principatus dignitate fulgere, gales,
eoseque pontificaliter celebraturi ad al-
tare accedere, utrumque ex potestatc iUi
concessa per Carolum Magnuna adoontii*
maces, facinorososque ocMDpe8cendos.£^
j usque praecipua oppida sunl: Mirando*
la, Novellara, Correggio, Sasstiolo, Scss-
diano, Rubiera e Castel Nuoto in Garfr-
gnana". Il 1 .° vescovo di Reggio fu s. Pro-
lasio, che fiorì verso Tanno 60, cui suc-
cessero Cromasio, Antonino, Elia, Santi-
no, Corasio, Fa venzio che IntervenDeal
concilio di Milano del 4^^- Elpidio vi-
veva nel 458; s. Prospero (^.) d'Aqui-
tania dottore della Chiesa e autore d'in-
signi scritti che registra Butler nella sus
vita, il cui capolavoro è il poema contro
gV Ingrati o Semipelagianij fu segretario
di s. Leone I e distrusse il Pelagianismo
che in Roma cominciava a Insorgere. Io-
di furono vescovi, Stefano, Deodato del
488, Teodosio del 554 naonaco, che (fi
somma pietà fornito , ristabiri la chiea
di s. Albano devastata dai barbari Do-
nodeo, Adriano, Benenato, Lupino, Mi«*
rizio che fu al concilio romano del 679,
Giovanni del 68 1 , Tommaso di santa fili
del 70 1 che edificò la basilica abbaiisk
de'ss. Prospero e Pietro fuori della dttt|
essendo ili.* patrono di essa, ove si dice
che ne collocò il corpo; il suo epitaffio b
posto nella detta chiesa de' ss. Pietro e
Prospero poi de'cassinesi. Costantino od
7i5, Calisto, Gemi niano nel 753 die
consagrò la chiesa di NonantoU. ApuUi*
nare nel 774ttl quale ottenne dalla mu-
nificenza di Carlo Magno nel 782 pre-
ziose esenzioni, ed ampie regalie e eoo-
cessioni in favore di sua chiesa , coi di*
plomi che riporta Ughellì. Neir8f4f<'
REG
TO Adelmo; Noderberto neirda4in*
noe al Goocilio di Mantova, Vitale
a neirSaS di santa vita, il cui corpo
poito nei tempio di s. Prospero: eoo
ma l'imperatore Lotario 1 gli con&r-
itti i privilegi. Neir842 Roberto, indi
edo che neir844 assistè in Roma alla
azione di Lodovico ll,ed aumentò le
te de'canonicì; posciaPellegiino, nel*
Àmone, neir864 Rotfi^docui Lo-
li con diploma donò l'isola Suz*
A nel comitato di Reggio. Azzio fu
acilio di Ravenna dell' 877; Paolo
neir 879 che donò i suoi beni alla
1 di i. Michele, prò mercede, et re*
ì animae meae. Neil' 881 Aronne
ibe la conferma de' privilegi di sua
I , coi diplomi di Carlo il Grosso.
I90 Azzio o Azzone, forse degli £•
, ottenne dal re Lodovico il corpo
Possidonio, e da Berengario I la con*
i de' privilegi, venendo ucciso dai
iri neir 898 ; Fredulfogli successe,
li Pieti'0,al quale nel 900 Lodovi-
imperatore, perle stragi e saccheg*
facevano i saraceni, accordò la con*
de' privilegi e Ucentiain circum-
'' jam dicUun eccìesiam per gyrum
jotestatìs sicui ipse melius videriiy
m munitione videlicei adperpetuam
iae suae definsionem. Anche Bo-
rio I con diploma di privilegi nel
il medesimo Pietro die licenza co/t*
di Castrum in sua Plebe in hono*
Slephani sita in Fico Longo, esen*
ancora quel luogo dall'autorità di
duchi, conti e altri ministri della
blrca. Lo stesso Berengario I con
na del 904 già. avea donato alla
di Reggio Monte Cervario , onde
edere alle necessità della chiesa, e
iare alle depredazioni e incendi ca*
i dai ferocissimi ungherL InoltreBe*
*io I con diploma del 9 1 2 rivendi*
isurpazioni fette alla chiesa diReg*
ma cappella cum Castro, ed in di-
el vescovato se ne dichiarò avvoca*
cario in avvenÙNT. 11 vescovo Got*
REG 45
tardo nel 914 da Roma trasporto! cor-
pi (o gran parte) de'ss. Crisanto e Daria,
e onorevolmente li collocò nella confes-
sione dello cattedrale. Petronio del 915
de' conti de Palude del Reggiano, verso
il qual tempo fu edificato il monastero
de'beuedettini presso la chiesa sdburbana
de'ss. Prospero e Pietro, detto s. Prospe-
ro inferiore , in cui fioinrono monaci di
santa vita : Ughelli riporta la serie degli
abbati, ed altra più esatta il commenta-
tore e fino al 1438 in cui si unii ai cassi-
nesi di s. Giustina. Vedi Camillo Ailaro*
si, Memorie istoriclie del monastero di s.
Prospero di RrggiOy Padova 1733.
Giberto fu vescovo nel 940; Aribaldo
nel 942, nel quale anno Ugo e Lotario re
d'Italia, con diplomi presso Ughelli, con-
fermarono le possessioni ed i privilegi del-
la chiesa cou diploma, concedendo » ter*
i*am juris nostri, quae conjacere videtur
in civilate Regia a tribusmilliariis in cir-
cuito una cum muris, et fossatis, atque
teloneo et stradatico, seu cum servìsvel
ancillis inibì pertinentibus, omnemque
publicam functionem, etc. ". Qual copia
poi di beni,casteUa e terre procacciassero
i vescovi di Reggio alla loro chiesa, non
si può meglio intendere, che dal catalogo
de'beni, che Bonifacio marchese e duca
di Toscana padre della contessa Matilde,
ricevette iu feudo dalla chiesa medesima,
nel prezioso archiviode'canouici di Reg-
gio; e pure non vi è descritto tutto, per-
chè non vi si annovera la rocca di Canos-
sa , la quale per attestato di Donizzooe,
Azzo avo di Boni&cioricevè in feudo dal
vescovo di Reggio, come rilevo da Mu-
ratori nelle Dissertazioni 36.* e 61." 11
vescovoAribaldo nel 943 concesse a'cano*
nicidis. Michele la chiesa di s. Tommaso
apostolo. Gli successe Adelardo Tri&sino
nobile vicentino,la cui famiglia ebbe poi la
contea di Canossa, che da re Lotario ebbe
un privilegio per la cattedrale, ed egli fece
donazioni alle chiese. Ennelando o Gri-
moaldo del 962 fu al sinodo di Ravenna
del 967 e ricevè conferma di priiilegi da
46 REG
Ottone I. Nel 998 Temo di Parma rie-
dificò la cfaieia di i. Prospero, le con*
cesse beni e prìvil^i, vi costituì il pre-
posto con 8 caoooici, oelebi-ò la soleooe
traslazione del suocorpo,edaTendo espi*
tato il Papa Gregorio V^questi consagrò
k cliiesal ma Pancirolo ed Acciari oppa*
gfiaoo il Carmen che tuttociò dichiara,
narrando che dalla chiesa di s. Prospero
fuori della città non trasportò in quella
di dentro i corpi de'ss. Prospero, Venerio
e Gioconda, la quale traslazione ebbe luo-
go nel 1602 quando la chiesa suburbana
era divenuta diruta, come rilevasi dalla
bolla Decei Romanum di Gemente VI 1 1.
Il vescovo Teuio edificò la chiesa de'^ss.
Vito e Modesto delle monache di Scan-
diano, alle quali concesse la chiesa di s.
Tommaso e loro eresse il monastero, e ri*
pollò pri vilegi dall'imperatore Enrico 1 1.
ìid I o3o fu vescovo l'altro parmigiano
SigifredOfCbe aumentò l'abbazia di s.Pro-
spero; il concittadino Gandolfo lasciò dei
beni alla chiesa di Reggio: questo vesco-
vo donò delle possessioni alle dette mo-
nache di s. Tommaso. Nei io4i Conde*
lardo; Sift*edo fu al concilio di Pavia nel
io46; Adalberto del 1047; Conone del
I o5o fece donativi alle nominate religio-
se; Volmarodei i o6a; Gandolfo del i o8a
fu spogliato del vescovato da s. Gregorio
VII. Gli successe Ariberto; Lodovico vi*
veva nel 1092; Boovegio del 1 loi; A*
delmo fiorì del i i3o, al cui tempo Lo*
tarlo Ile sua moglie concessero privile-
gi. Alberto del 1 1 4o canonico regolare,
assiste all'invenzione de'corpi de'ss. Pro>
spero, Venerio abbate e Gioconda ver-
gine, fetta nel 1 1 44 ^^' cardinal Guido
legato di Lucio 11; Alberico del 1 1648Ì
portò al concilio di Laterano del 1 179:
magni animi praesulfiàt^quippe quiRs*
gii fungeretur Praetura, inque dves re-
gium propemodum pnndpaùwt exerce»
re. Nel 1 187 divenne vescovo Pietro, e
l'tmpet'atore Enrico VI concesse un diplo-
ma di pin vilegi alla cattedrale. Nel 1 2 1 3
Nicola Maltraverii di Vicenzai che caro
REG
a Federico II ottenne que'prtvilegi am-
plissimi e regalie che notai superiomea-
te; batté moneta, s'inimiob colla s. Sede
per essere partigiano di detto imperato-
re, ridusse i canonici della cattedrale a
16, e pose la 1.* pietra per la diiesa di
%. Domenico. Innocenzo IV fieoe vescoio
Guglielmo Fogliani patrizio di Reg^
che fu espulso dai ghibeUini, iodi pad-
ficatosi ripatriò eoo gran plauio della at-
ta*, fu potente vescovo, venne annovera-
to tra'prindpi dell'impero, onde i soe-
oessori a' intitolarono veacovi e principi
di R^gio. Dopo 8 anni di tede vacanle,
per la discordia degU elettori, nel 1290
fu vescovo fir. Guglielmo daBoUMoftaa-
cescano. Nel i3oi Enrico Gatalorci pa-
trizio di Cremona; nel i3i3 Goido A-
baisi di Reggio, eresse nella cattedrale n-
na cappella gentilizia, e fu traalalo a Ri-
mini; Pietro del i3i8; Guido Roberti
nobile reggiano nel i33o; Rotlandode
Scarampi nel i336, trasfierilo al titolo
patriarcale di Costantinopoli. Indi ad
1 339 Bartolomeo Hippos^iensts ara-
diacono della cattedrale; nel 1 363 Lo-
renzo Pinoti patrizio r^gifluio;nel iSy;
fi*. SeraGno Tavacci traalato a a. Giaid
in Sardegna. Gli tuccesae nel ì3%flift
lino Sessio reggiano nobiliasinio, orasto
di preclare virtù,benenaerilo disuadw*
aa ; indi il degno fratello Teobaldo ■>*
naoodi a. Prospero. Engenio 1 Vnel ijBg
gli soatitui Giacomo àntooio TorreoMi'
solini (per quanto disai nel voLXLT,|k
3 2 2) di Modena, ove fu poi trsttlato;qaìi'
di nel 1444 Battista Pallavicini diP»
ma nobilissimo, prudente e pio: psraa
morte i canonici eiesaero BartolooieoCit'
capaai nel 1 466, omi Paolo II per iepc*
ghiere del duca Bofso fisce vcaoovoAa*
tonio Trombetta ferrareae. A quali «i
1478 successe il patrizio rqpgtanoBoai'
fiMio Arlotti di singoiar dottrina, ed a»
odiente pastore: net i5o3 GiolioU^
die in coadiutore Gio. Luea del Ptess'
Pontremoli celebre giuireconaulCo^ e là
i5o8 iodifcnQeeS^fa,Heli5ioGi»
«
BEG
elesse Ugone de'oonti Rangoni di
oa, prudente e destro ne'pubblici
iìy dotto e pio, onde fu prò- legato di
a e Piacenza, e nunzio di Paolo IH
lo V : per acci-escere il culto ai ss.
Qto e Daria, ripose solennemente le
«sa in luogo più onore voIcNel 1 54o
castro Yi fu trasferito il cardinal
elio Cervini, il quale occupato nei*
azione a Carlo Y, mandò a Reggio
facopo Lainez gesuita e compagno
Ignazio, da cui i raggiani riceverò-
"andi vantaggi nella pietà e ne'co*
i; nel i544 trasferito a Gubbio, nel
' divenne Papa Marcello JI (/^.).
e a lui sostituito Gioi-gio Andreasis
idi Mantova giàdi Chiusi e pieno di
I, essendo stato oratoi*e dì Carlo V a
;iite VII ePaolo Iti: fu fatto coadiu-
1 nipote Gio. Battista Grossi man-
o, che gli successe nel 1 54^ e in •
ine al concilio di Trento. Nd iS^
V nominò il suo confessore fr. £u*
o Locateli! bolognese e vicario gè*
ide'domenicani, dottissimo teologo
pregiate opere. Nel iSyS France-
arte! li patrizio reggiano; nel 1578
lettoManzoli nobile modenese, som •
losofo e teologo, segretario e peri-
consigliere del cardinal d'Este;
>85 Giulio Alaseli di Modena; nel
Claudio de'conti Rangoni mode-
virtuosissioM), nunzio di Clemente
n Polonia; nel i6a 1 il cardinal A-
iro ò'Este {V), fratello del duca
i, zelante pastore; nel i6a5Paolo
Iti Coccapanì, edificò nel suburbio
a pel sollievo de 'successori, ed in-
ine alle fondazioni della chiesa dei
orgio e Ignazio, dell'oratorio dì s.
del Carmine, e della Scala santa,
dovi la I.* lapide. Innocenzo X nel
fece amministratore il oardinalRai-
à'Este (^.); nel 166 1 Girolamo
itiCodebovi modenese, traslato da
Jto, visitò la diocesi; nel 1662 Gio.
noMarlJaiii patrizio genovese, de*
ì dt Aocia^ illustrò la diocesì|Cele*
REO 47
brò due sinodi, alla cattedrale donò molti
argenti ; nel 1 674 Augusto de'oonti Bel-
lincini di Modena, costruì il seminario e
la casa pei missionari, introdusse in Reg*
gio i minimi, ed i carmelitani scalai, ce-
lebrò il sinodo; nel 1701 Ottavio Pieci-
nardi patrizio cremonese, dispensò di fi-e-
quente e in diversi modi al gregge la di-
vina parola, nell'invasione francese dife-
se le monache, restaurò eaumentò le pos-
sessioni della mensa, accrebbe il semina-
rio, edificò, tutti colla sua pietà e zelo, e-
resse un conservatorio e profuse limosine
a'poveri. Con questi teitnina nelV Italia
sacra la sene de' vescovi che compirò col-
le Notìzie di Roìna. 1733 Lodovico For-
ni di Modena. 1750 Gio. M.* Castel ve-
tri modenese. 1785 Francesco M.*d'£-
ste di Modena da Pio VI traslato da Ana*
uìa%\opo\ì in partUfUs e abbate commen-
datario dell'abbazia di Nonantola: nel
voi. XLV, p. 3io narrai che nel 1798
accolse Pio VI in Modolena, che i fran-
cesi deportavano in Francia. 1822 An-
geloFicarellidi Beggio. 1 826FilippoCat-
tani modenese traslato da Carpi. Pio IX
nel concistoro di Gaeta de'20 aprile 1 849
trasfeiì da Cai*pi l'odierno e rispettabile
vescovo mg.!" Pietro Baffaelli di Foscian-
dora nella Garfagnana, già professore di
teologia dommatica nella regia università
dì Modena e canonico di quella cattedra-
le, zelante ed egregio pastore. Il circuito
della diocesi si estende per circa 100 ma-
glia. Ogni vescovo è tassato in fiorini 8 1 6,
essendo le reudite della mensa circa 3ooo
scudi liberi.
BCGIA. Sede vescovile di Numidia
neirAftica sotto la metix>poli di Cirta,€-
retta nel V secolo, ebbedue vescovi. Mor-
oelli, Afiica chr. t. i.
REGIA. Sede vescovile della Mauri-
tiana Cesariense, celebi'e pel martirio di
molti cattolici, assaliti e uccisi dagli aria-
ni n>enlre stavano occupati de'doveri del-
la loro religione. Vittore suo vescovo nel
484 f(J esiliato da Uonerico re de' van-
dali. lU[orcelli| Africa chr, t. i.
48 REG
REGINA (s.),TergineeiiMirtireinBar*
gogna. Dopo aver sofferto diversi tor-
menti per la fede, fu decapitata in Alìza
o Alexia,città anticamenteooosiderabile,
e che ora non è piti che un piccolo v'iU
laggio della diocesi di Autun nella Bor*
gogna. Credesi che il suo martirio av*
venisse Tanno 25 1, nella persecuzione di
Decio. Le sue reliquie furono trasferite
neir864 all'abbazia di Flavigny, ove an-
cora si venerano: Ella è nominata nel
martirologio di Usuardo e nel romano
a'7 di settembre; ma la sua festa è posta
in diversi giorni, certamente a cagione
delle traslazioni delle sue. reliquie.
REGINA, Regina^ Regnatn'x, Moglie
del Re (^.), e signora di Regno (F',)j al*
trettanto si dice dell'imperatrice, Impe*
ralrìx^ moglie óeW Imperatore {^.), e si*
gnora d* Impero (F,), Sarnelli, Leti, eccL
t. 6, lelt. 5i : Perchè la ss. tergine si
chiami piuttosto Regina che Imperatri»
ce, ne rende ragione con dire, che alla
Beata Vergine madre di Dio si dà quel
titolo che dassi al suo divin Figlio« Iddio
è chiamato ne' salmi Re: Rex magmis
super omntm terramj Rex omnis terrae:
nell'Apocalisse si dice di Cristo: Rex re»
gum, et Dominus dominaiUium.La ma*
dre adunque deve dirsÌ4 Astitit Regina a
dextris tuisj e benché Cristo sia detto
Sole> vuoU ch'ella sia la Luna, ma Lu-
na tale, che allora apparisce pib lumino*
sa, quando gli sta più prossima: e se dai
gentili la luna era chiamata /{^i/ta Coeli
(f^')y molto pili ciò si deve alla B. Ver*
gine. Alberto Magno scrisse: »* Propris*
simum nomen, quod B. Virgini, secun-
dumsuamdignitatemsummaro debetur,
estesse Regiuam, et plus proprium,quam
Imperalrix. Hoc enim nomen timoris,
et rigoris. Regina autem plus est nomen
providenliae, et aequitatis. " Dice s. Ber*
nardo sulla Salve Regina (F,): h Regina
mundi, etReginaCoelidicilur, per quam
utriusque Crea tot* et Rector genera tur.
Regina gloriae nomen, et honoris; ma-
gniGcentiae>et decon8;dulGedÌQÌS9 ac pie*
REG
tatit; anMfis, et hooorifioenliae; sid>li*
mitatis, et potentiae ; gubemationis, et
justitiae; defensionis» et gi*aUae. " Nelle
Litanie i^auretane (F.) invochiaiao la
B. Vergine, Aegfiui dagli Angeli,Patriar*
chi, Profeti, A postoli, filartirì. Confesso-
ri, Vergini,d'Ognissanti, e Reginasine la-
be originali concepta. F'm A veRegutaCob*
LOBUM. Le figlie degl'ioiperalori dell'ao-
lieo impero nel V secolo, e forse andie
antecedentemente, qualiCcavansi regine,
e più sovente ne'monumenti e negli alti
pubblici dicevansi Nobilissime. In appres-
so ebbero il nome di regine molte Ira le
sovrane di un regno e tutte le mogli dei
re. Regina degli Dei ai chiama nella mi-
tologia Giunone: gli assiri, i siri, e glie*
bi*ei prevaricatori e idolatri chiamarono
regina del cielo Diana o la Luna, e le io*
nalzarono altari e templi. Tra gli aotidu
romani, la moglie del Re de'sagrifiù((lì
cui a Re), si denominò Regina de'sagrì'
fizi ; nelle None Aldobrandine del Mu'
seo Faticano, è rappresentata maesto*
sameole vestita, e colla testa adorna d'a-
na corona radiale. Quanto riguarda la
coi'onazione delle regine e delle iinpen* ;
trici, si può vedette Cobonazioxb de'Ui j
Coronazione dbgl' impera tori: a Puci ,'
dissi che quell'abbadessa corona la regia |
di Boemia; a Olio che le regine oelie
coronazioni si ungono solamente odie
spalle, nella mano e nel braccio. Ossern
Sarnelli, che la Chiesa ne'suoi sagrì e ni*
stenosi riti insinua alla regina nelbia
coronazione, quanto dice s. Beroardo^cA*
mesi può vedere nel Pontificale roouBo:
De benedictione et coronatione R^'-
De benedictione et coronaiione Befff^
De benedictione et coronatione ReffMt
solius: De benedicUone et coroncdùsut
ReginaCf ut regni Dominae: Dehentt
ctione et coronatione Regis incoimtW
electi. In questa funzione il metropoli
tano o altro vescovo unge la regioa ooi'
l'olio de'catecumeni nella giuntura deb
mano e del destro cubito, e nelle spife
per denotare che come Tolio nuoUV
i
REO
pra gli altri ltc|uoi*i, còsi la regina è su*
periore agli altri, ma insieme dev'essere
mansueta e piacevole, perchè l'olio è sim*
bolo della benignità. Quando dipoi il me-
tropolitano le impone la corona dice: Po»
puloDeisemperpraspereconsulas.QuaQ'
do le dà lo scettro» dice: eslo pauperi*
ÙU9 misericorSyCt ctffabilis^ viduis^pupih
lisy et orphanis diligenlissiniam curam
exhibens. Le erudizioni e quanto riguar-
da le i*egine si possono vedere ne'loro ar-
ticoli relativi. La s. Sede ed ì Papi sem-
pre estesero la loro pateraa sollecitudi-
ne anche sulle imperatrici e regine, beu-
che oppresse dai sovrani loro consorti e
divenute donne inermi; affrontarono la
potenza de'loro persecutori ^ le di&sero,
generosamente soccorsero, e con decoro
ospitarono in Roma, antico e paciQco sog-
giorno de'princìpi detronizzati: gli esem-
pi sono copiosissimi in questo imo DiziO"
nario, Innocenzo III (A^.) prese il pa-
trocinio d'ingelburga ripudiata dal ma-
rito Filippo il Augusto re di Francia;
Clemente VII negò il divorzio a Enrico
Vili re d'Inghilterra (F.), colla regina
Caterina che difese; quanto fecero i Papi
coH'infeiice Maria Stuarda regina di Sco»
zia (/^.)j lo dissi in mol ti articoli. Gregorio
Y die le rendite di Comacchio e Ravenna
(F.) per sostentamento della sfortuna-
ta imperatrice Adelaide. Pio li , Paolo
li, Sisto IV ospitarono magnificamen-
te Caterina regina di Bosnia{F,)j Sisto
IV anche Carlotta regina di Cipro (^.),
della quale parlai pura nel voi. L,p. i5.
Fecero altrettanto, Alessiindro VII con
Cristina regina di J'cesf a (^.)^ che come
le precedenti mori in Roma (ove nel 1 2 1 3
pur morì Maria regina d'Aragona e fu
sepolta in s. Pietro); Alessandro Ville
Clemente XI, con M.* Casimira regina
.di Polonia (/^.)^' Clemente XI esucces»
sori couM.* Clementina e suo mari toGia-
comò IH re d'Inghilterra (/^.), i quali co-
me tutte le precedenti furono tumulati
nella Chiesa di s. Pietro ("Z^./ Ne'ponti-
ficati di Pio VII e Leone Xll moiiix>no
VOL. LVII.
R£G 49
in Roma M.' Luisa regina di ^agna(F'\
e la sua figlia M.* Luisa ex regina d'E-
truria e duchessa di Lucca (F.) a' i Smar-
zo 1824. II i.^Papa che si assise a Pran»
zo ( F.) con una regina, fu Clemente VII.
Molti Papi donarono alle regine la Rosa
dUoro benedetta (^.).
REGINA DEGLI APOSTOLI. Con-
gregazione e pia società deW Apostolato
cattolìcOydì sacerdoti e fratelli coadiuto-
ri, e di sorelle, di fedeli d'ogni sesso e con-
dizione, istituita in Roma nel 1 835 sotto
gli auspicii di Gregorio XVf, dal servo
di Dio sacerdote d. Vincenzo Pallotti ro-
mano, di cui parlai nel voi. LII, p.24f9
eziandio istitutore in Roma del Conser-
vaiorio di Borgo s, Agata (^.)jedel Con^
servatorio di s. Onofrio {F'^ detto Ca*
rolino dal munifico benefiittored. Carlo
Torlonia, come ancora del solennissimo
Ottavario o Ottava (^.), che la sua con-
gregazione celebra tuttora in Roma per
la festa deirEpifania con Presepio (F,)^
nella chiesa di s. Andrea della Valle dei
Teatini (^.),.Gon indulgenze concesse da
Gregorio XVI nel 1 838, e da Pio IX nel
i85o. Vedasi L* Epifania del Signore,
ec. per I ottavario die si celebra in Ro»
ma dalla congregazione e dalla pia so»
cietà dell* Apostolato cattolico^ 3.* edi*
zione,Roma 1 85 1, ove si legge una breve
notizia su questo istituto. Il fondatore po-
se la congregazione sotto la speciale pro-
tezione e invocazione di Maria Vergine
Immacolata Regina degli Apostoli, per
la difesa, conservazione, propagazione e
accrescimento della pietà e della fede cat-
tolica; per avvivare, fomentare e difibn*
dere in tutti i cuori il fuoco della carità,
acciò si verifichi ciò che narrasi de'prìmi
fedeli^ multitiidinis credentium erat cor
unum et anima una. Anche a mezzo del-
l'Apostolato cattolico, per illuminare coi
missionari membri dell'istituto, della be-
nefica luce del vangelo i popoli che si rav-
volgono nelle tenebre dell'errore e dell'i-
dolatria. Gregorio XVI apprezzandone e
ammirandone il santo scopo, e volendone
4
5o REG
curare eflicacemente il felice incremento,
die alla congregazione de'preti nel 1 844 Ia
chiesa e casa di s. Salvatore in Onda pres-
so Ponte Sitto {^'), ove dico dove la de-
scrissi. Questa chiesa e casa e ora il prin-
cipale ritiro della congregazione , resi-
denza del rettore generale della medesi-
ma e della consulta generalizia, come pu-
i*e noviziato. La congregazione ingrandì,
restaurò e abbelPi tanto la chiesa, che la
casa, e questa ridussea ritiro, nella prima
facendovi fiorire il cullo divino, avendola
fornita di tutto assai decentemente. Pri-
ma apparteneva ai conventuoli, quale re-
sidenza del loro procuratore generale, on-
de vi abitarono Rovere e Peretti, poi Si-
sto IV e Sisto V. Ivi fu sepolto in luogo
a parte con onorevole iscrizione il zelan-
te e benemerito servodi Dio Palloni, do-
po che soavemente spirò nella propinqua
suddetta casa o ritiro il 2a gennaio 1 85o.
Ebbe la consolazione di vedere che il san-
to e vasto suo concepimento, di accre-
scere e dilatare nel mondo universo la
cattolica religione, andava prosperando
pei due ritiri fondati in Roma e in Lon-
dra, che sono i due fuochi centrali da cui
t'irradia a tutta la congregazione e pia
società Tardora del suo lodevole propo-
nimento, delle quali fu ancora il i." ret-
tore generale. Dice il suo biografo prof,
d. Salvatore Proja.M Nonanderemo lun-
gi dal vero dove affermassi, che anche
l'immensa e benedetta opera (la Propa-
gazione della Fede j F'édi)^ con cui si soc-
corre con ispontanee limosine alle mis-
sioni cattoliche oltre iconCni de'mari, in-
signe monumento della vera civiltà dei
tempi nostri, nacque come da un grano
di senapa gittato da lui nel cuore di pie-
tosa donna. Ma se ne abbia pur questa
il vanto, che fecondò il prezioso germe,
eia industre e cattolica Lione,che il creb-
be a smisurata pianta. ** Ricondusse in
mille famiglie la domestica pace, e spen-
se odii infiniti da private offese cagionati
o da civili discordie; accolse i sospiri e
le lagrime degli afflitti, e spesso trasse dal
REG
loro cuore la spada del dolore ; soccorse
airumauilìi languente negli ospedali, nel-
le prigioni, ne'pi il abbietti tugurii; full
padre degli orfani, il tutore delle vedove
e de'pupilli, il benefattore di tutti, e in
tutte le guise che per lui si potè; amò
passionatamente i poverelli, la sua carila
fu veramente proteiforme, Tolle sempre
intorno a se i fonciuUi e grigaoraotelli
per ammaeslrarline'primi rudi mentidel-
la fede, ne'doveri di cristiano e di huoo
cittadino, sempre accarezzandoli, spesso
fornendoli di libri e d'altri attrezzi gio-
vevoli ai loro bisogni. Coltivò in pailico-
lar modo i giovanetti, che si esercitano
in atti di pietà e di religione nell'orato'
rio della Dottrina cristiana in s. Maria
del Pianto, di cui fu direttore per molli
anni. Collaborò coi benemeriti della ro*
mana gioventii i canonici Muccioli e Saa*
telli nelle così dette adunanze, ove inaia'
zo ad onesti allettamenti presso la Qùaa
di s, Giorgio in Felabro^ nelle vacaoie
delle scuole e nelle feste, si danno airioe*
sperta età lezioni di buona morale e di
sociali virtù. Molto fu propenso co'poferì
artigianelli, che dopo i materiali latori
della giornata vanno la sei*a a riccfcre
il bene dell'istruzione intellettuale odk ;
Scuole notturne, coi fondatori beocne* '
riti delle quali il servo di Dio difise il |
pensiero, il dispendio e la fiitica. Co» a- )
doperando colla gioventù deirinfiooor* :
dine, non trascurò quella de'piùderali,
e pochi sono in Roma i con&ervatoni e
convitti delle suore, ed i collegi educalori
di giovani di nobile o ci vii condiaoM,
a'quali egli non intervenisse direttored
coscienze oconsigliere amoroso di miglior
disciplina. Così eloquentemente parlai
questo decoro, ornamento e modello (U
clero romano, il nominato degno suo bio<
grafo, ammiratore e tenero amico, odt
1 7 dell'Album, giornale letterario diBo-
ma, nel n.'^iS, dichiarando altresì il U
complesso delle altre virth cbe fiioevaiM
splendida corona alla viva .lède religio-
so, edificante pictà^ che reoderànnoscfli'
REG
pre altamente commendefole l'illustre d.
Vincenzo Paliotti; insieme rilevando i
singolari pregi della mente e di sua prò*
fonda dottrina, segnatamente nelle teo-
logiche e morali discipline. Quanto ne
fosse pianta e deplorata la perdita da o-
gni condizione e classe di persone, non
menocheda' suoi ottimi ecclesiastici com-
pagni, che gli celebrarono solenni esequie
con funebre orazione, lo si legge ancora
nel n.° 1 9 del Giornale di Roma del 1 85o.
Mirando d. Vincenzo lo stato lagri-
mevole del nostro secolo in materia di
religione, pei santi fini che dichiarai, così
ispirato da Dio, diede principio ad un'o-
pera sì santa e sì vantaggiosa alle anime,
coir istituire nel 1 835 presso la Chiesa
dello Spiiito santo de' napoletani {P^.),\a
Pia società che chiamò deW Apostolato
cattolico per esprimere con tal nome la
speciale venerazione, servitù e sommis-
sione che tale istituto professa e promuo*
▼e verso il supremo Apostolato delIaChie*
sa di Gesìi Cristo che risiede nel romano
Pontefice e ne' vescovi, non che il nobi-
lissimo fine a cui è diretta. L'istituto non
sì limita ne a luogo, né a tempo, ed ab-
braccia tutte le persone d'ogni stato, ses-
so, grado e condizione, le quali unite in*
sieme col vincolo della carità attendono
alla propria santificazione, e ad eserci-
tare cou più perfezione quell'apostolato
che Dio ha commesso ad ognuno. A'i4
aprile 1 835 il servo di Dio cardinal Car-
lo Odescalchi (^.)» vicario di Roma, ap-
provò con ogni benedizione la pia socie-
tà, quindi per suo mezzo a' 1 4 luglio Gre-
gorio XVI la confermò e compartì mille
benedizioni alla medesima,e con lei a qua*
lunque opera di pietà e di zelo cui sia
per dedicarsi. A' 17 luglio i836 il car-
dinal Lambruschini segretario di stato,
in nome dello stesso Papa, di proprio pu-
gno spiegò il titolo e la natura della pia
società, sotto l'assoluta dipendenza della
s. Sede, promettendole cooperazione, in-
coraggi mento e sostegno. In seguito ilsag-
gi0| umile e prudente fondatore d. Via-
REG 5i
cenzo sottopose il suo religioso conce-
pimento dell'opera all'esame e appro-
vazione di valenti teologi e cospicui let-
terati, di moltissimi superiori generali di
ordini regolari e parrochi di Roma, non
chedi IO cardinali, riportandone da tut-
ti amplissime testimonianze di adesione,
di lode, di prosperi auguri, per cui 4i
ordini e congregazioni religiose conces-
sero alla pia società ed ai cooperatoli al-
le opere di essa la partecipazione di tutti
i loro beni spirituali comunicabili. Gre-
gorio XVI col bali Candida afiidarono
alla congregazione la cura spirituale del-
l'ospedale militare, quando il Papa locol-
locò nel locale da lui dato a Ponte Sisto
all'ordine Gerosolimitano (/^.), rimpefc-
to alla chiesa e ritiro delia congregazio-
ne; quindi Gregorio XVI gliela confer-
mò allorché restituì l' ospedale nel fab-
bricato incontro quello di s. Spirito e a
questo appartenente: cou zelo e carità
corrispose la congregazione, fino all'in*
felice epoca dell'ultima repubblica del
1 849» sebbene i suoi membri tuttora la
frequentino pegli aiuti di carità cristia-
na. Il regnante Pio IX nel 1846 conces-
se all' istituto di amministrare in ogui
tempo i sagramenti a quei della congrega •
zinne o che convivono ne'loro ritiri, come
di celebrare nelle proprie chiese i loro fu-
nerali e seppellirli, ad instar regularium.
Inoltre Pio IX nel 1 847 col breve Quuni
in agro, confermò alla congregazione la
chiesa e casa di s. Salvatore in Onda, cou
l'obbligo annuo d'un cereo di 3 libbre
al procurator generale de'conventuali ;
accordò a'sacerdoti diverse facoltà spiri-
tuali, confermò loro i tesori spirituali go-
duti dagli ordini regolari, e dalle confra-
ternite e pie istituzioni già esistenti nella
Chiesa di Dio, da parteciparsi dalle so-
relle della congregazione e dalla pia so-
cietà; come pure alla congregazione dei
preti comunicò i privilegi de'medesiuii
oi*dini, servalis servandis: di più nel 1 84^
col breve Ecclesiasticoruin Societates ,
autorizzò gì' individui della congregazio-
52 REG
ne di potersi Divinare a tìtolo di mis-
tione. L'istituto è in incremento e si di-
vide in 3 classi. La i.'ch'è come il cen-
tro da cui le altre dipendono, e che le
promuove, le anima'e le dirige ambedue,
si compone della Congregazione di preti
secolari, efralelUcoadiutorideW Aposto-
lato cattolicOy i quali vivono riuniti nei
ritiri in vita comune perfetta e sotto la
regola lasciata loro dal fondatoit*. Il ve-
stito é conforme a quello de' preti seco*
lari, adattandosi anche in questo ai paesi
dove si trovano. I preti vestono la sotta-
na di panno, chiamala anche zimmarra,
con pellegrina e mezze maniche aperte,
con fàscia di lana senza fiocchi, e collare,
cappello, e ferraiolo di panno odi scotto
secondo i tempi, come i preti romani,
berretta senza fiocco e tutto nero. I chie-
rici e novizi non portano la pellegrina;
i fratelli coadiutori vestono deiristessa
maniera, ma più corto, senza collara, e
senza code o pendoli nella fascia. I sacer-
doti si occupano in tutte le opere del sa-
gro ministero, nelle quali si spera che vi
sia il maggior servizio di Dio e aiuto del-
le anime^ ed anche nelle altre opere di
carità e di zelo compatibili coll'istituto,
principalmente nel dar missioni in qua-
lunque parte del mondo, ed esercizi spi-
rituali ad ogni classe di persone, dirigere
j seminari e collegi di missione eretti nei
loro ritiri, convocare in essi la conferen-
za degli ecclesiastici, ec. Gli obblighi poi
ai quali ciascun individuo della congre-
gazione si astringe nella solenne consa-
grazione o ofièrta a Dio (non per voti,
che sono in libertà di ciascuno il fiirli o
non farli, ma in virtù del contratto che
si fa colla congregazione), sono le 7 pro-
messe: cioè di povertà; vita comune per-
fetta ; rinunzia alle dignità e ai benefizi
fuori della congregazione; castità; ubbi-
dienza; perseveranza nella congregazio-
ne; di promuovere in ispecial modo la
venerazione de'misteri della ss. Trinità,
della Redenzione, e la divozione della B.
Vergine. 1 fratelli coadiutorì pero, per
REG
rendersi più utili alla congregazione, fan-
no nelle mani del confessore anc^eil vo-
to di castità ad tempuiy e ad nutum del
rettoit*. Essi aiutano i sacerdoti nelle o-
pera dell'istituto, facendo i loro uflici :»€•
condo l'ubbidienza de'superiori, coope-
rando alla congregazione colle fatiche, 0-
rasioni ed esercizi virtuosi; dovendoque-
sta congregazione pel suo Qn« essere nel-
la Chiesa come im punto di mezzo tra il
clero secolare e regolare, adattandosi al-
le circostanze de'teinpi e de' luoghi nei
quali ha da diffondersi. La 2.* classe del*
l'istituto è composta della Congregazio-
ne delle sorelle dell Apostolato caiiolico^
le quali osservano la medesima regola dei
sacerdoti, in quanto convieae allo stato
loro, e vivono anch'esse in com unità i»ei
propri ritiri, ad alcuni de'quali sono an-
nesse le pie case di carità erette perao
cogliervi le giovinette povere, abhando*
Tiate e pericolanti, e però le sorelle die
abitano in tali ritiri si occupano per pro-
prio istituto anche nella educazione sì ci-
vile, che religiosa delle dette giovaoelle,
come pure delle giovanette esterne, al-
le quali fanno scuola uè' medesimi riti-
ri, ed alla istruzione e conversione delle
persone del loro sesso. Udo di questi ri
tiri, a cui é annessa la pia casa di carità,
è il suddetto Consen^atorio di Borgo i.
Agata^BÌìvoèproisimo ad aprirsi io Yel*
tetri, insieme con un ritiro de'preti del-
ristessa congregazione. Il vestito delle»-
rei le è quello delle terziarie fiancescaoe.
Finalmente la 3/ classe dell'istituto è li
Pia socielàdell'AposiolaiocattolicOféi
ritiene il primitivo titolo di tutto l'isti-
tuto, formata di tutti que'ièdeli d'ogsi
sesso, stato, grado e condizione, che ii
qual unque modo, o colle opere pei'sooaii
gratuite, o colle oblazioni 8pontanee,oal*
meno colle preghiera cooperano (óaicu*
no secondo la propria possibilità) al fios
indicato della pia istituzione. La Piatth
cietà è già diffusa in tutte le parti dd
mondo, avendo spedito molti de'missio'
nari . tanto nelle regioni catfolicbe, òt
REG
nelle parti degli eretici edegl'infecleli. Ad
essa si sono ascriUe mediante pagelle di
aggregazione, molte migliaia di pei*sone
d'ogni ceto, anche facènti parte di corpo*
razioni morali, fra'quali non pochi car-
dinali, vescovi, prelati, principi, e altri il»
lustri personaggi ec; in uno a diversi mo-
nasteri e conventi di regolari de'due ses-
si, come di collegi, conservatorii e altri
luoghi pii. In questa società tengono il
primo luogo gli ecclesiastici secolari e re«
golari, i quali uniti in sagra lega di emu-
la tri ce carità e zelo, coi sacerdoti della
congregazione si prestano nelleopere del-
ia postolico ministero. Tutte le classi del-
l'istituto, comprese le pie case di carità
annesse a'ritiri delle monache, sono sotto
l'immediata dipendenza e direzione dei
superiori della congregazione de'sacerdo-
ti e Fratelli coadiutori, salva sempre la de-
bita soggezioneagli ordina ri,inciòche non
s'oppone alle proprie regole e costituzioni.
Fra le molte opere di sagro ministe-
ro, e di carità e miseriooi*dia spiritua-
le e corporale a vantaggio de' prossimi,
nelle quali si occupa V istituto per con-
seguire il fine che si è proposto, quelle
che esercita la congregazione de'sacerdo-
ti unitamente alla pia società, sono: i.^
Di fondare pie case di carità. a.°Di ce-
lebrare l'otta vario dell'Epifania, il quale
ebbe principio nel i836 nella chiesa del-
lo Spirito santo, indi in altre chiese di Ro-
ma, come di s. Carlo al Corso e di s. Sil-
vestro in Capite, stabilendosi in quella
di s. Andrea nel 1841; in s. Cariò vi pre-
dicò due volte il cardinal Odescalchi, in
s. Andrea Pio IX, lo che accennai nel voL
LIII^ p. 190. 3." Di provvedere ai biso-
gni delle missioni ne' luoghi suindicati,
siccome ha sempre eseguito, eziandio con
soccorrerle dì denaro, di arredi, vasi e pa-
ramenti sagri, d'immagini divote, di re-
liquie, di libri spirituali in diversi idio-
mi, anche nell'Arabia, Persia, Oceania e
altre parti del mondo. 4*° ^i promuove-
re la pietà e divozione colla continua di-
stribuzione di buoni libri, abitini| coro-
REG 53
ne, medaglie, crocefissi e altre sagre im-
magini. 5.° Dì sovvenire ai bisogni tem-
porali de'poveri d^ambo i sessi e degl'in-
fermi, con denaro, vestiario e commesti-
bili, come fece segnatamente nella pesti-
lenza del 1837. 6.°D'aprire scuole gratuite
per la gioventù de'due sessi, per l'istruzio-
ne civile e religiosa, sia fra'cattolici che nei
paesi acattolici, onde opporsi alle scuole
protestanti istituite per danneggiare il
cattolicismo; avendo in Roma fondato
3 scuole notturne e una pia congregazio-
ne per la santificazione delle feste. 7.^ Di
visitare e soccorrere i malati negli ospe-
dali, i detenuti nelle prigioni. 8.'' Di da-
re le missioni e gli esercizi spirituali ad
ogni classe di persone, il che è proprio
tanto de' membri delta congregazione,
quanto de'sacerdoti ascritti alla pia so-
cietà. 9-*^Di promuovere l'erezione di ca-
se per detti esercizi pei giovanetti e gio-
vanette di 1.' comunione separatamen-
te, pei coniugandi e pei coniugati^ assi-
stendo a quelli delle donne le sorelle del-
la congregazione. Il fondatore vietò ai ri-
tiri de'preli, e alle sorelle della congre-
gazione di possedere, ma mantenersi col-
le oblazioni de'fedeli mensili e annue^ o
di qualunque sorte. Dispose che le pix)-
prietà e i beni stabili, che a qualunque
classe dell'istituto venissero dati dalla ge-
nerosità de' benefattori, inclusivamente
ai pii legati, spettassero all'intiero corpo
della Congregazione e della Pia società^
per erogarsi nelle opere proprie dell'isti-
tuto, e che ne fosse amministratore il
rettore generale e sua consulta, la quale
deputa i rettori de'ritiri de' preti e delle
sorelle, acciò per se o per loro procura-
tore ne facciano amministrare i beni dal
proprio sindaco. I soggetti della oongr^
gazione possono ritenere le proprietà dei
loro beni e testarne, lasciando al superio-
re la cura di farli amministrare, e d'im-
piegarne le rendite, non per uso proprio,
ma solo per opere pie; e devono mettera
in comune ciò che ricevono dopo la con-
sagrazione. Tutte le 3 classi dell'istituto
54
REO
godono di tutti i tesori ipirituali summen-
loToti, e approvati dalla benignità pon*
lifìcia. Fra ie benemerente di questo isti-
tuto, aggiungerò, cbe promosse con suc-
cesso l'associazione all'elemosine per la
pia opera della Propagazione della fcde^
come ristituzionede'consigli parrocchia-
li cbe dierono ottimi risultati. L'istituto
dell'Apostolato cattolico é in incremen*
to. La congregazione nel suo noviziato
Ta formando i giovani nello spirito e nel*
la scienza per le opere di carità e di ze-
lo, e per le nuove fondazioni che tono
richieste in più luoghi. In Londra la stes-
sa congregazione per mezzo del suo ze-
lante sacerdote d. Raffaele Melia roma-
no, va ediCcando annessa a un suo riti-
ro una chiesa centrale a beneficio spe-
cialmente degritaliani, sotto Tinvocazio*
ne di s. Pietro principe degli apostoli,
concorrendovi con limosine vari principi
e il Papa che regna, il quale unitamente
ad ampie facoltà, le ha imposto tal nome.
REGINA COELl LAETARE ALLE-
LUJA. Antifona chiamata degli Angeli,
perchè cantata dai cori degli Angeli sul
Ponte s. Angelo (F,) di Roma, per sa-
lutare le immagini della R. Vergine (a
pREDicATOBi parlando delle domenicane
de'ss. Domenico e Sisto, dissi cbe si vuole
compresa anche quella di detta chiesa) che
si venerano nella Chiesa dis. Maria Mag-
giore (^.), e nella Chiesa di s. Maria
d'Araceli {F.)j portate da s. Gregorio I
in processione per la pestilenza, onde a •
Vendola adottata la Chiesa nel tempo pa-
squale, cioè dal sabbato santosino al ve*
spero del sabbato precedente la domeni-
ca della ss. Trinità, nella processione del-
le Litanie maggiori^ allorché il clero se-
colare e regolare di Roma celebra quella
dalla chiesa di s. Marco a quella di s. Pie-
tro, quando il capitolo di s. Maria Mag-
giore, ed i minori osservanti d'Araceli so-
no arrivati suddetto Ponte, per memo-
ria dell'accaduto ivi cantano l' antifona
Eegina Cbe/Z^Di tutto trattai ne' voi. XII,
p.ggei i5,ove riportai tutta l'antifona e
REG
il versetto col quale s. Gregorio 1 rispose
agli Angeli; e XXXIX, p. 1 3, 1 4 ed altro-
ve. F. Antifona, Alleluja, EEcnvA, ed
il p. Antonio de Macedo: Divi Tutelarti
Ortis Christiani, Lisbona 1 689. Nel voi.
X,p. 5 1, parlando delle monache di Re-
gina Coeli, corressi l'errore per cui si cre-
dono così chiamate. All'aurora, al mez-
zodì e alle ore a4> >' segno delle campa-
ne delle chiese, con indulgenze si recita
la preghiera detta V Angelus Domini
Ave Maria (F,) inginocchioni, e in pie-
di tutte le domeniche iacominciando dai
primi vesperi cioè dalla aera del sabbato
per disposizione di Benedetto XI V,il qua-
le ordinò che invece deW Angelus Domini
nel tempo pasquale si recitasse Tanti fona
Regina Coeli e stando in piedi, cioè dal
mezzodì del sabbaio santo a lutto il mei-
zodì del sabbato innanzi la festa della ss.
Trinità : ne parlai ancora nel voi. XXXI,
p. 6r, ed in altri analoghi luoghi. Nella
Raccolta delle indulgenze concesse dai
Papi si avverte: i.^Qie le persone religio-
se d'ambo i sessi e altre che vivono in co-
munità, non potendo dire V Angelus Do*
mini o la Regina Coeli al suono della
campana, perchè in tali ore sono impie-
gate in qualche esercizio prescritto dalle
rispettive regole o costituzioni, potranno
acquistare le indulgenze, se subilo termi-
nato tale loro esercizio^ reciteranno I'ì^a*
gelus Domini o la Regina Coeli j come
dichiarò Benedetto XIH. 3.'' Che i fedeli
tutti trovandosi in luoghi, dove mana
il suono della campana^ potrannoacqui-
stara le indulgenze, se circa le ore deter*
minate reciteranno secondo la diversità
de'tompi l'Angelus Domini o la Regind
Cbe//, come dichiarò Pio VI. L^e principa'
li indulgenze le concesse Benedetto XI li,
e le confermarono i successori, col breve
universale e perpetuo, In/uncia Nobisyòà
1 4setlembre 1 724» ^"^^- Roìh. 1. 1 3,par.
1, p. 356. Esse consistono, neirindulgen-
za plenaria e remissione di tutti i peccati
una volta al mese in un giorno, in cui i
fedeli confessali e oomunicati preghtt^n*
REG
no per la i. Chiesa, per la conservazióne
dei Papa, pace e concordia Ira'principi
cristiani, ec; e l'indulgenza di giorni loo
ogni volta, che veramente pentiti reci-
teranno \ Angeltts Domini o la Regina
CoeU,
REGINALDO, Cardinale. Nato nel-
r Umbria e abbracciato V istituto di s.
Francesco , Bonifacio YIII nel 1298 lo
fece letlore delpalazzo apostolico, grado
divenuto vacante per la promozione ai
cardinalato di Gentile Partine (F'.); non
Io creò arci vescovo di Rolian, bepsì a'i5
dicembrer3o2 cardinale di s. Ciiiesa.
I REGINERIO, Cardinale. Dellordi-
j ne de'diaconi, sottoscrisse il privilegio a
I favore della patriarcale di Grado, di Gio-
vanni XIX detto XX del 1 024*
REGIONE, Regio, Finis, Plaga, Tra-
ctus. Contrada, provincia, banda, paese.
Essa in riguardo al cielo, significa le 4
parti cardinali del mondo,che chiamansi
plaghe. Trattandosi della terra la parola
regione dir vuole una grande estensione
di terra, abitata da molti popoli confi*
nauti, ma sotto uno stesso dominio. Una
gran regione dìvidesi in altre più piccole
in riguardo ai suoi popoli, dividendosi
anche le piccole regioni in altre ancora
che compongono un popolo, e che chia-
mansi paesi. Una regione si divide in al-
ta e bassa rispetto ai fiumi, al mare ed
alle montagne. Nella topografia la parola
regione fu in uso per significare i diversi
quartieri delle città, molte essendo divise
in regioni o rioni. Augusto divise Roma
in 1 4 regioni, ed il Papa s. Clemente I la
riparti in 7 regioni ecclesiastiche, e ad o-
\. gnuna assegnò un Notaro (/^.) regiona-
^ rio; s. Fabiano vi aggiunse un Suddia»
^ cono (F",) regionario, ed un cardinale dia*
^ cono regionario, di che trattai a Di ago-
^>iiiE cabdinalizie; indi alle regioni furo*
^no aggiunti i Difensori della chiesa ro»
- ; fiuina(F.)f detti anche difensori regiona-
**^ri: di tutti questi regionari, loroimpor*
-ìj tanti uflSzi e distinte prerogative, parlai
» Jai citati articoli, ed intervenendo alle
REO SS
pontificie funzioni assistevano il Papa. F.
Rioni Bi Robia,Pbimicero, PaoToacaoiiA'
BIO.
REGIONARIO. F. Regiohb.
REGIO EXEQUATUR, Pladtum rv-
gium» Abusivo riconoscimento, esame di
pretesa Regalia (F.) delia podestà laica-
le, quasi per autorizzare la pubblicazio«
ne, l'esecuzione e 1* elFetto delle provvi-
denze religiose ed ecclesiastiche de' Papi,
alle loro Bolle, Brevi, Lettere e Rèscrii"
ti (F,). Questo fatale uso presso alcuni
stati del regio exequatur, per la sem-
plice visura, senza porre segno o far or-
dine esecutorio riguardo ali' esecuzione
de' pontificii diplomi, essendo destituito
d'ogni diritto e di ogni ragione, siccome
derivato dal grande scisma d' occidente
(come dai scismi derivò Y Esclusiva, Ve*
di), qual misura di precauzione, fu sem-
pre dai Papi condannalo e riprovato con
gravissime censure, come dichiarò e dot-
tamente provò, contro Quesnello, Van-
Espen e simili avversi alla s. Sede, il dot*
to mg.' Fontanini, anonimo autore delle
Ragioni della sede apostolica nelle pre»
senti controversie colla corte di Torino,
1782, t. i, par. 2, capit. i, capo 2, Del
regio exequattir, Fontanini dichiara il
regio exequa tur pi*egiudizievole e con-
trario all' ubbidienza, che deve ogni fe-
dele e ogni principe, per grande che sia,
al vicario dì Gesti Cristo, e che prodotto
e originato dallo scisma a null'altro ten-
de che alla sua prima causa, cioè a ren«
dere aliena e straniera negli stali tempo-
rali de' principi l'autorità e podestà del
Papa. Dal benedettino Zaiwein nel t.r,
p. 377 del Jus ecclesiastico, viene chia-
mato il Regio exequatur o Placito regio,
parto de'politici e ritrovato degli adula-
tori de'principi nemici della sede aposto-
lica, li Rinaldi all'anno 848, n.^i 3, narra
che Neomenio posto da Carlo il Calvo al
governo della Bretagna minore, avendo
convertito il reggimento di essa in cru-
delissima tirannia, spogliando i sudditi
de'bcni loro e uccidendoli , scacciando ì
56 REG
vescovi dalle chiew (come raccontai nel
oonciliocli /2e</oit, f^à/i),pro£inaDdo e di-
struggendo i luoghi sagri, e usurpandosi
le possessioni loro, s. Leone IV Taintno-
nì con un'epìstola, ma inutilmente : im-
perocché l'arrogante e superbissimo uo-
mo, mettendola per niente e avvilendo-
la, neppur degnò di riceverla. Di che ra-
dunandosi 32 vescovi in Tours in sino-
do,fortemente lo ripresero, massimamen-
te per cosiffiitto dispreizo della sede apo-
stolica, e minacciarono di scomiinicailo,
con questa lettera sinodale. » Basta vano
questi per tua perdizione; ma tu a cu-
mulo de'mali accresciuta hai la temeri-
tà, e ofifeso tutto il cristianesimo, mentre
che hai avuto poco a pregio e dispettato
l'apostolico successore di s, Pietro, a cui
Iddìo ha dato ilPr{V7ti7/o(/^.)su tutta la
terra. 1 mperciocché richiedendolo tu,che
li scrivesse nel suo libro e volesse per te
pregare la divina clemenza , e promet-
tendoti pur egli con sue lettere di farlo,
sì veramente, che si fossero da te porte
orecchie alle sue ammonizioni , tu non
pure non facesti nulla delle cose da es-
so ingiunteti, anzi né anche ne ricevesti
le lettere ; e perché non volevi por fine
a' tuoi eccessi, non temesti il buono am-
monitore. In lui dunque hai offeso gli a-
postoli, il principe de'quali é Pietro; tu
bai offeso i vescovi, lì quali già regnano
con Dio in cielo, e risplendono in terra
con miracoli ; e hai offeso noi altri anco-
ra, lì quali avvenga che non abbiamo il
loro merito, possediamo per grazia dì
Dìo, Tìstesso ufEzio". Soggiunge lo stes-
so Rinaldi. » Odano queste cose quegli
che ritengono le lettere apostoliche^ e sot-
to qualsisia colore impediscono Tesecu-
zione loro. E quindi per simili compren-
dano la gravezza del peccato commesso
sì da essi, e sì da coloro, li quali difendo-
no ne'pii principi ciò, che tanto detesta-
no que' padri eziandio in un tiranna ".
Ma non indugiò la divina vendetta so-
pra Tempio Neomenio, che percosso dal-
I angelo morì.
REG
Lo scisma orribile e lunghissimo inco-
minciato verso la finedelsecoloXIVdiè
la prima occasione e origine a dì veni fatali
abusi ed eziandio all'abuso del Rrgio exe-
quattir o Placito regio ^ d ì verso dal Placito
(f.) giudizio pubblico de'secoli dì mezzo,
•1 quale artìcolo dimostrai contro le al-
trui deduzioni, che quelli tenuti ne'do-
miniì della romana chiesa, furono per-
messi dai Papi con podestà delegatizia,
senza veruna lesione di loro piena e as-
soluta sovranità, dichiarando in che eoo*
sistcMe Tavvocazia, protezione e difesa
degl' imperatori e re su Roma e sulle
terre della s. Sede. Clemente V avendo
stabilito la residenza pontificia in Frao-
cia, dimorò in Avignone (^.), ed altret-
tanto fecero 6 successori, rultimo de qua-
li Gregorio XI la restituì io Roma. Nel
1 378 per sua morte fu eletto Urlano
^/(/^.), contro il quale insorsero diversi
cardinali e crearono l'antipapa Clemente
/^//,che portandosi in Avignone vifof-
tenne una cattedra di pesti lenza, ed ebbe
a successore l'antipapa Benedetto Xlll
Come i Papi in Roma crearono ì cardi-
nali, gli antipapi in Avignone fecero an-
ticardìnali. Osserva Novaes nella Siam ;
di Clemente .Y/, n.° 113, che Urbano VI ;
nel lagrìmevole scisma, vedendo ìogao- I
nate diverse nazioni, che riconosocTaBO i
per Papa il felso Clemente VII, onde i
preservare dalle sue astuzie e intrusiooi
quelle che a lui obbedivano, stimò prof-
vido consiglio e necessaria awerteoiadi
raccomandare a' vescovi, che prima di di-
re esecuzione nelle loro città e dioo»
alle bolle pontificie, esamìnatsero eoo di-
ligenza se dal vero Pontefice proveniii*
no, in tanta pertur|)azione di tempi, ri-
movendo così gli scandali, che in alouse
parti nascevano dalTesecuzione di diver
se lettere dell' antipapa. Per cui sIgodì
vescovi per tale concessione stabilirono
una ferma consuetudine, ordinando nei
loro statuti provinciali o «inodalì che otti
no eseguisse le lettere apostoliche, se noi
dopo che fosse stato da loro ottenuto ii
REG
F'idimus seu Placet. Lo stesso fecero i
principi so vraiii,afHnché i popoli loro sog-
getti non fossero sorpresi e ingannati dal-
l'antipapa, e questo si osservò per tutto
il tempo che durò lo scisma, con munire
le lettere e bolle legittime del visto o Pla^
cito regio o consenso regio, colle formo*
le Pliicei, Fìdiinus, ed Exrquatur, £•
stinto lo scisma, tornò in vigore l'uso an»
tico,e perciò Carlo VII re di Francia nel
1 4^4 ordinò , che il romano Pontefice
usasse liberamente per V avvenire della
sua piena e indipendente autorità, come
afferma Carlo Fevret, nel Traile de ì^ a*
ÒM, lib. I , cap. 4i o Trattato degli abusi
e del vero soggetto delle appellazioni qua-
lificate col nome à' abuso j opera non
buona, di cui si hanno diverse ediiìoni,
anche colle note del canonista Gibert e
di Brunet s vi fu altresì aggiunto il trat*
tato d'A utonio Dadin, Ercùssiastìcae ju»
rìsdictionis vindiciae. Il celebre citato
Fontanini, ecco come racconta l'origine
e le cause per le quali incominciarono i
principi a volere che non potessero ese«
guini ne'loro stati le lettere e provvedi*
menti del Papa, senza la visura e bene-
placito loro o de' loro ministri. Il fetale
scisma che incominciato sotto Urbano VI
lacerò per tanto tempo la Chiesa di Dio,
diede la prima oocasione a questo ed a mol-
ti altri abusi, per cui rimane ancor pallida
e scolorita la bella faccia della sposa di Ge-
sti Cristo. Imperocché divisi in diverse
ubbidienze i principi oristitini, secondo il
numero de'Papi, che ora due e ora tre
(a Urbano VI successero, Bowjacio IX^
Innocenzo Flit Gregorio XI I^ contro
il quale fu eletto Alessandro F , men-
tre viveva Benedetto XIII; quindi ad A.-
lessandro V fu dato in successore Gio-
vanni XXIII, onde si rinnovò la mostruo-
sità di vedere ad un tempo due Papi e
un antipapa con ubbidienze , laonde i
fedeli non sapevano più ormai a chi ub-
bidire e chi venerare per vero Papa ) si
videro infelicemente in quel tempo di
confusione. Alcuni de'principi ohe tene-
REG ^7
vano l'nbbidiensa di uno di etri, o Icgitr
timo o spano che ti fosse, affinchè ne'lo-
ro stati non si eseguissero le provvisioni
dell'altro, ch'essi non riconoscevano co-
me vero successore di s. Pietro, ordina-
rono che le lettere le quali portavano il
nome della sede apostolica, non si potes-
sero pubblicare, se non fossero prima ri-
vedute da'Ioro ministri, per riconoscere
di qual Papa si fossero, e non si prestas-
se ne'loro stati ubbidienza verso un Pon-
tefice, ch'essi giudicavano non doversi li-
conoscere per tale. A ciò si aggiunse, che
nella Francia particolarmente, dove si
rijfbgiarono Clemente VII e Benedetto
XIII antipapi, questi per aver seguaci non
tanto dispensavano, quanto dissipavano
le grazie, aggravando gli ecclesiastici e il
clero di annate, di pensioni e di sussidi
straordinari che loro sovente imponeva-
no, sicché del pseudo Clemente VII rac-
conta Clemangio, Decorrupt, eccles, stat,
cap. 3^, ch'essendo in Francia ricono*
scinto per Papa, operava ivi quasi da ser-
vo de'servi de'signori di quel regno, e che
tutto il clero era in guisa tale soggetto
alla disposizione de' magistrati secolari,
che ciascuno di questi era stimato più
Papa che il Papa medesimo. Per siffatte
cause il clero gallicano adunatosi in Pa-
rigi nel 1 3g9 e toltosi dall'ubbidienza tan-
to del vero e legittimo Bonifocio IX Pon-
tefice romano, quanto dell'antipapa Be-
nedetto XIII d' Avignone, si fece lecito
decretare, che non si desse più esecuzio-
ne alle lettere espettati ve né dell'uno né
dell'altro, perché servivano a molto fo-
mentare il lamentabile scisma. Quindi
ad istanza e ricorso del medesimo clero
maltrattato e aggravato dai suddetti an-
tipapi uscì la I.' volta un'ordinazione di
re Carlo VI, colla quale fu vietata, l'ese-
cuzione de' rescritti, mandati e bolle che
i Papi potessero dare in avvenire in pre-
giudizio delle libertà e franchigie di cui
godeva la chiesa Gallicana [F,), Que-
sto ordinamento diede luogo a' primi in*
traprendimenti de'regi offiziali sopra la
58 REG
giurìidìxioneeocleiiastica. Nel medesima
tempo e durando il deplorabile iciftinai
benché ringhilterra ubbidisse al veroPa-
pa Bonifacio IX, nondimeno nel parla-
mento del i3gr, fra le molte allre cose
fuor di misura ofTensive della libertà e
giurisdizione ecclesiastica, fu determina-
to che nel regno ninno fosse scomunica-
to con autorità pontificia, né si potesse
ivi eseguire alcun mandalo di Roma. Co-
sì pure in Portogallo all'epoca dello stes-
so scisma, e pel motivo che non si avesse
in quel regno ad ubbidii*e se non che al
legittimo Papa, e non si eseguissero bre-
fi, rescritti, bolle e lettere fdlse che ve-
nivano da Roma, fu introdotto il costu-
me che fossero prima vedute ed esami-
nate dal cancelliere maggiore, e quelle
che trovava essere vere e direttamente
spedite, dava licenza che si pubblicassero
e che avessero esecuzione, non dovendosi
ubbidire in quel tempo di scisma che al
padresanto di Roma. E finalmente quan-
do lo scisma era nel suo maggior fervore
nel i4o8, Martino I re di Sicilia, nel por-
tarsi nell'altro regno d'Aragona, ordinò
ol consiglio di stare attenti, che nessuna
bolla o lettera di Papa o dì altri principi
o comitati, non si debba aprire o leggere
prima che venga in potere della regina
vicaria del regno o suo consiglio, e dopo
per ordine della regina si farà quello che
prescriverà. Quanto a Napoli gli stessi
difensori del regio exequatur danno alla
di lui introduzione piii fresca origine, fa-
cendone i .*^autore Ferdinando I d'Arago-
na nel 1 473, locché non può ammettersi,
anche pel disposto di Pio II nella bolla
colla quale nel i458 lo avea investito del
regno, sulla piena esecuzione delle let-
tere apostoliche d'ogni genere rimosso
qualunque impedimento; quindi Giulio
Il nella bolla d'investitura del regno per
Ferdinando V re di Spagna, tra le altre
cose pi*escrìsse, che i ministri regi doves-
sero lasciare del tutto libera e indipen-
. dente l'esecuzione di tutte le provvisioni
apostoliche, anzi sieoo tenuti a somml-
REG
nistrare la forza militare se rìcbietti per
farle eseguii*e e punire i reniteoti.Ma piut-
tosto nel i56i, per assicurarsi che non
fosse provveduta di alcuna chiesa qual-
che persona nemica o sospetta, o non fos-
se fatto alcun provvedimento pregiudi-
zievole alla regia autorità di Filippo II,
i ministri cominciarono a voler esami-
nare e riveder le bolle apostoliche prima
che si eseguissero, per la pra m ma t ica prò •
mulgata dal viceré duca d'AI(»là, perciò
pubblicamente scomunicato da s. Pio V
nel 1 567 e poi assolto. Siccome però il la-
grimevole scisma d'Avignone avea dato
origine e causa a questo abuso, espresso
allora dalla necessità, e reso talvolta tol-
lerabile dalle calamità di que'tempi, così
fu pure ragionevole e giusto, che estinto
il medesimo scisma nel concilio dì Co-
stanza nel 1 4 1 7 colla elezione di Martino
y,non pili oltre durar dovesse, siccome
pratica da non potersi tollerare senza gra-
ve ingiuria e pregiudìzio della s. Sed^
il Papa nell'istesso concilio e con espressa
approvazione del medesimo, rìvocò, cas-
sò e annullò la predetta concessione di
Urbano VI, e qualunque statuto sopra
ciò fatto, volendo e decretando, che gii
esecutori dati nelle lettere apostoliche do-
vessero e potessero liberamente eseguirle
senza il F'idimus seu Place tj licenza
assenso di qualsivoglia prelato, sotto pe«
na di sospensione per 3 mesi dall'eserci-
zio della giurisdizione ecclesiastica, con-
tro quelli che ardissero di attentare cosi
alcuna in contrario, come diffusamente
si legge nella sua l)olla Quod aniidota
morbis^ de'3o aprile i4iS, Bull. Rom,
t. 3, par. 2,p. 4^7- Avverte Fon taniaì,
che l'indulto di Urbano VI era stato già
rivocato e annullato dai suo immediato
successore Bonifiicio IX, come viene ri-
ferito da Leone X nella bolla In suprt'
mo^ del i.^ marzo i5ig, BulL cit. t3,
par. 3, p. 465. Nello stesso pontificato
di Martino V, Carlo VII re di Francia
ordinò che il Papa usasse nel regno dells
sua potestà, come già notai; se uoo che
REG
dipoi fu autore della famosa Prdmmall'
ca sanzione (/^.), altra piaga della Chiesa.
A Portogallo dissi come re Giovan«
ni n ancora conservasse il regio exequa»
tur, per cui Sisto IV Io ammonì ad an-
nullarlo e abolir l'invalsa consuetudine
di esaminar le lettere pontificie, secondo
il costume introdotto a tempo dello sci-
sma ; ciò che egualmente mal soffrendo
il successore Innocenzo VlII^con breve
de' 3 febbraio i486 se ne gravò col re, il
qual breve riporta Ferrari nella BibLCa»
non,f verbo Placitum Regmmj ^quindi il
pio e rispettoso principe, sollecitato an«
Cora dal s. collegio, malgrado le molte
opposizioni de'suoi ministri, si uniformò
intieramente al desiderio del Papa, or-
dinando nel 1487 che in avvenire le let«
lere apostoliche si pubblicassero senza es*
sere vedute nella cancelleria, e di Pi in poi
fu sempre così fatto, come a lungo ripor-
ta Resende nella Cronica di Giovanni II
cap. 66, per cui Io ringraziarono il Pa-
pa e i cardinali. Così terminò per quaU
die tempo del tutto l'abuso introdotto in
alcuni regni pel funesto scisma, e d'allo-
ra in poi le lettere e provvedimenti apo«
stolici, almeno sino al principio del seco-
lo XVI, furono pubblica ti ed eseguiti sen-
z'ailra visura o esame de*magistrati se-
r colari. Isella Spagna poi è egualmente
:^ certo, che per tutto il secolo XV non vi
■ fu costume di sottomettere alcuna lette-
I ra apostolica alla revisione ed exequa»
- tur de'regi tribunali, di che ne rende am-
pia testimonianza il privilegio conceduto
da Alessandro VI nel i4g3, a Ferdinan-
do V ed Isabella; poiché vedendo questi
principi che ne'Ioro statisi pubblicavano
«Icune false bolle d'indulgenze ad unico
£ne di riscuotere copiose li mosineda'lo-
To sudditi, con loro notabile pregiudizio
spirituale e temporale, ricorsero ài Papa
supplicandolo che a rimediare al disor-
dine, si contentasse di ordinare, che non
si pubblicassero in que' regni le bolle dì
questa sorte, se non fossero state esami-
nale prima e riconosciute da persone ido*
REO 59
nee, per vedere se vere o fiilse. Alessan-
dro VI mosso dalla congruenza della ri-
chiesta, ordinò con sua bolla che non si
potessero pubblicai*e queste lettere d'in-
dulgenze, se non erano prima esaminate
dagli ordinari del luogo, dal nunzio pon-
tificio e dal cappellano maggiore del re,
i quali conoscendo essere quelle legitti-
roee immuni da ogni sospetto, dovessero
lasciarne libera la pubblicazione a quelli
cui si appartenevano. Questo privilegio
avea l'esempio di somiglianti concessioni
fatte ne'principii del lo scisma ricordato da
Urbano VI ad alcuni vescovi e prelati di
sua ubbidienza, come si raccoglie dallit
suddetta costituzione revoca toria delle
medesime concessioni, fatta poi nel conci-
lio di Costanza da Martino V. Dal privile-
gio di Alessandro VI si vede ad evidenza,
che i principi finoa tutto il secolo XV non
prelesero mai di soggettare come per di-
ritto di regalia le bolle e brevi apostolici,
all'esame e visura de'Ioro magistrati se-
colari, altrimenti sarebbe stato vano e
inutile l'impetrarne il privilegio, il quale
nondimeno fu ristretto alle sole bolle d'in-
dulgenze, e diretto a favore non di ma-
gistrati secolari, ma di persone ecclesia-
stiche, cioède'vescovijdel nunzio,del cap-
pellano maggiore. Essendo stato Leone
X supplicato di confermare alcune co-
stituzioni sinodali delle chiese di Toledo
e Cartagena sull'esame delle lettere apo-
sloliohe, e trovando temeraria e irragio-
nevole ristanza, la rigettò e fece lacerare
avanti di lui. £ perché in qtiel tempo
anche la podestà secolare aveva in qual-
che parte tentato d'introdurre l'abuso del
regio placito , perciò cassò e annullò le
dette costituzioni, ordinando in virtù di
santa ubbidienza a tutto l'episcopato, ed
a tutte le città e luoghi sotto pena d'in-^
terdetto, ed a ciascuna persona secolare
sotto pena di scomunica riservata al Pa-
pa, di non impedire in modo alcuno l'e-r
secuzione delle lettere apostoliche, me-
diante la surriferita bolla In supremo. In
questa fece speciale menzione delle per-
6o REG
sooe imperiali, reali, regine, ducali e po-
tentati del secolo, pei*ché esse in alcuni
luoghi aveano cominciato a impedir l'e-
secuzione delle citazioni e mandati dei tri»
bunali di Roma; intrapt*endimento già
condannato e vietato sotto pena di sco-
munica da Innocenzo Vili colla bolla Of-
fieli nostri dehiUuny de'^S gennaio 1 49 ' >
BulL Rom. t. 3, par. 3, p. 2^3, giacché
\ medesimi principi aveano preteso di vo-
ler soggettare al loro Placet seu f^idi'
mus, le lettere e spedizioni apostoliche.
Questo abuso e divieto óeW Exeffuatur,
fu riprovato e solennemente anche colla
pena di scomunica a' violatori, ogni an-
no nel giovedì santo colla bolla in Coe-
na Domìniy dopo che Giulio II nel i5i i
'v'inserì l'apposita condanna, con riserva
qI Papa delle censure contenute. Avendo
Carlo V ordinato al suo regio consiglio
di Spagna di esaminare tutte le bolle pon-
titìcie e dì apporvi il re^\o exequa ttir^ al-
tamente lo riprovò Clemente VII. Il suc-
cessore Paolo nicol la bolla RomanusPofi'
tìfeXy de'29 dicembre 1 533, BidL Rom,
t. 4) pai'* I » p* I o5, condannò coloro che
in qualsivoglia occasione senza il loro pia-
cimento, visione e ammissione credono
impedire le lettere apostoliche, scomu-
nicando quelli che le esaminano senza
I autorità e permesso del Papa, e pensano
di fure e consultare in contrario. Energi-
camentes.Pio y,per quanto riportai di so-
pra, e per quanto direttamente e pel suo
legato cardinal Bonelli operò con re Filip-
po II, sostenne che si levasse V Exequa'
/fir introdotto nel regno di Napoli, con-
tro il giuramento fatto dallo stesso re nel
ricevere l'investitura del regno da Giulio
III, di ubbidire gli ordini apostolici, im-
pedendosi per In via dell Vare^rta^ur an-
che l'osservanza del concilio di Trento.
La stessa fermezza pel regno di Napoli
dimostrò il successore Gregorio XIII, ne
volleammettere giammai la formola pro-
posta, di porre nelle spedizioni apostoli-
che Obediatur in luogo di Exequatur^
per riaconvenieote ed esempio che si da*
REG
l'ebbe agli altri principi, che subilo pre-
tenderebbero lo stesso. Aggiungasi, che
scrivendo Clemente Vili di suo pugno
una lettera nel 1 SgG al viceré di Napoli
Olivares, tra le altre cose gli disse: »» Di-
ce V, S. che siamo informali delle cose
dtWExequatur^ ma discordiamo perché
Ella ha questa cosa per una ragione fer-
missima, e noi sappiamo essere il contra-
rio e tanto dal vero che il regio Exequa*
/fir sia immemorabile, che anzi si sa be-
nissimo il principio ch'ebbe, che colore
gli fu dato e con che occasione. Si sa che
il principio fu per le sole chiese cattedra-
li; si sa che prima non si notava; si sa
quando si cominciò a notare, prima in
una cartuccia, e poi come si sia andato
dilatando dai ministri e dai consiglieri,
ì quali se avessero l'occhio solamente a
quello che conviene e non a dilatare sem-
pre le fimbrie, in pregiudizio della giuris-
dizione ecclesiastica, non Inhoraremus ".
Anche Innocenzo X nel 1 652 fece fare al
viceré di Napoli delle lagnanze sul regio
exequatur,¥on\.^n\xì\ spiega in qual sen-
so e per qual ragione i iVw«2/(^.) apo-
stolici presentino le loro lettere, conte-
nenti ancora le facoltà di cui sono mu-
niti, ai magistrati de'principi presso i qua-
h sono inviati. £ anche un altro abuso
quello invalso in alcune corti di preten-
dere dai nunzi apostolici presso le mede-
sime destinati, che pi*esentino i brevi di
facoltà che nell'inviarli loro concedono i
Papi. Imperciocché avendo i nunzi una
doppia rappresentanza del Pontefice e
come sovrano tempoi*ale e come capo del-
la Chiesa cattolica, debbono i medesimi
secondo il diritto delle genti provare la
loro missione per mezzo delle solite let-
tere credenziali, rimanendo il Papa nella
piena sua libertà di munirli delle facoltà
che giudica opportune e necessarie a'biso*
gni spirituali de'rispettivi luoghi. Né i so-
vrani possono pretendere per qualsivoglia
titolo (li conoscere di quali facoltà sia rive-
stito il rappresentante pontificio, e molto
meno di apporvi l'abusivo exeqtiatur.
REG
Fontantni confutando le asserlive e le
prelentioDÌ de'fniiiisti'i della corte di To-
rino, tratta del l'egio decreto di Francia
suWexequaiur^ fatto dal consiglio di sta-
to a' 1 4 dicembre 1 689 e i*egistrato pi^es-
so Pe Marca in fine del lib. 4» noa con
termioi meno intollerabili di quello cbe
altrove si pretende, ordinandosi che i bre-
vi apostoficisi presentino dalle parti che
gli hADDO ottenuti a' vescovi delle diocesi
nelle quali debbono eseguirsi, e che i ve-
scovi ira 3 giorni li trasmetlino insieme
col loro voto e l'elazioue al re, eccettuali
i brevi segreti della sagra Penile.nzitria
(P^X o del fi>ro interno, ì quali tuttora
SODO rispettati anche ne' paesi acattolici.
Tuttavolta la pratica in Francia si fu di
ammettere la libera esecuzione di tutti
gli altri brevi e rescritti della s. Sede, spet-
tanti a particolari, sì in materia benefi-
siaria,€omein materia di grazia e di giu-
stizia, e solamente si pretese di sottopor-
re al beneplacito regio le bolle e i brevi
che hanno ferma di legge o provvedimen-
to generale. Quanto alla Spagna lo stesso
realista Cenedo apertamente confessa non
appartenere al principe per diritto di re-
galia il rivedere prima della pubblica -
jùone le provvisioni della s. ScìÌg^ ma a-
vere perciò bisogno di speciale indulto e
privilegio. Le leggi e costituzioni gene-
rali della Sede apostolica erano nella Spa*
gna libere dalla servitù dnWexequalur^
come si legge in Rodriguez, cioè quelle
che riguardano la religione o apparten-
gono alla disciplina ecclesiastica, e tutti
gli altri provvedimenti che dal Papa si
fanno per l'osservanza de' sagri canoni.
Introdotto siffiitlo abuso anche nel regno
.di Spagna, si trasfuse ben tosto nell'In-
die occideolali. £ reca veramente me-
raviglia come tutte quelle repubbliche
snericane erette sulle rovine della do-
minaiione spagnuola, dopo avere stabi-
lito U principio della libertà,abbiaiio non-
dimeno conservate quelle stesse catene
con cui dapprima si teneva avvinta la
Chiesa; inserendo anche nelle loro costi-
REG Gì
tuzioni Pinìqua legge del così detto P/i^^*
agli atti del supremo Pontefice. Non così
avvenne nella Confederazione del Nord,
ossia negli Stali Uniti d'America, dove la
libertà fu proclamata per tutti, e dove
i vescovi senza alcuna placitazione o dif-
ficoltà possono pubblicare gli atti della
s. Sede. Pereira dottore portoghese, nel
trattato De Manu Regia, dopo aver par-
lato del costume di Spagna, di sottoporre
in alcuni casi le lettere apostoliche all'e-
same de'regi tribunali, per sospenderne
l'esecuzione fino a tanto che ne sia in-
formalo il Papa, e dopo aver detto che
tale uso non può difendersi senza privi-
legio della s. Sede, parlando di Porto-
galloapertamente confessa: Apudnos non
solenl regia iiibnnalia examihare lite-
ras, velmamlata apostolica. Dunque si-
no a quel tempo non v'era in Portogallo
tale abuso, e nondimeno la pace e la pub-
blica tranquillità del regno non fu alterata
né pericolò, sebbene i timori de'difensori
òeWexequalur vorrebbero farlo credere
necessario. Nella Fiandra si domandava
il placito per l'esecuzione delle spedizioni
di Roma, non in vigore di leggi, ma per
timore de'magistratì cbe per le tasse che
percepivano vi costringevano i particola-
ri; in sostanza ivi fu stabilito il regio pla-
cito,non per preleso diritto di regalia, ma
per supposto privilegio o concessione a-
postolica, $olamente per le provviste be-
neficiarie. Nel pontificato di Clemente XI
insorse una controversia col regno di Si-
cilia, pe'nuovi attentati che si commette-
vano contro la libertà e Immunità eccU'
si astica (/^.); ma egli fece vedere di qnal
tempra fosse nel difendere i diritti della
Chiesa con sacerdotale costanza. Tosto-
che in Sicilia fu pubblicato un editto pon-
tificio in cui si comandava l'osservanza
delle scomuniche e degl'interdetti impo-
sti dai vescovi di Messina, Catania, Gir-
genti e Palermo, vi fu dai ministri regi
istituito il nuovo tribunale della Giuuta,
il quale dovea invigilare cbe ninno nel
regno ricevesse, né eseguisse decreto al-
62 REG
cuno pontificio, senza prendere l'esame
e la licenza che dice vasi regio exei/uaiur,
e questo sì annunziò con pubblico edit-
to. 11 Papa dimostrando quanto ciò fosse
contrai io a' ss. canoni, a' ss. Padri e alla
t. Scrittura, colla bolla Àccepiinus^ degli
1 1 gennaio 1 7 1 5, BulL Roin, t. 1 1, par.
2, p. 36, dichiarò nullo e irrito quest'a-
buso, esortando i fedeli a ubbidire piut-
tosto a Dio che agli uomini, e denunzian-
do quelli che in detto editto aveano avu-
to parte, incorsi nelle censure, dalle quali
non potevano essere assolti che dal solo
Papa; indi abolì il privilegio o tribunale
della Monarchia di Sicilia (/^.). Dipoi
nel 1 7 1 9 creò cardinali Belluga, pel me-
moriale presentato al rediSpagnasul pre-
giudizievolissimo ve^xoexeqnalurjeà Al*
tluin viceré di Napoli, dove con apostolica
intrepidezza si oppose al regio tribunale,
che pretendeva di sospendere l'esecuzio-
ne de'brevi e bolle pontificie, senza il re-
gio execjuatur, 11 n.** 234 del Diario di
Roma del 17 19 tratta della bolla ^^o-
sloiatus nostri^ de' 1 8 agosto, BuU. Rom,
1. 1 1 ,p. 146, pubblicata da Clemente Xf,
colla quale annullò le disposizioni del se-
nato di Torino, che voleva arrogarsi il
diritto di sanzionare le provvisioni, bolle
e brevi pontificii che andavano in quello
stato. Fontanini dopo a vere esaminati gli
usi e le pratiche degli altri paesi sul re-
gio exequalur^ per combattere le asser-
zioni degli scrittori torinesi, che pretende-
vano essere stato il preteso diritto da tem-
po antichissimo stabilito nel Piemonte
(y»)i fa notare il loro errore mescolando
e confondendo rfxe^ua/iiTcoirindulto di
Nicolò V e confermato da' successori, di
dare i duchi di Savoia il loro consenso
alle provviste de' vescovati ed altri bene*
fi2i concistoriali, come pure di emettere
simile consenso pei benefizi minori da non
potersi conferire agli stranieri; eche se per
importunità de'postulanti fossero state
estorte grazie e lettere apostoliche con-
trarie all'indulto, non solo dovessero con-
siderarsi uulle^ ma potessero anche i priu-
REG
jcipi impedirne l'esecuzione, per cui tutti
quelli che ottenevano qualunque bene-
fizio,ol tre le bolle do ve va no impetrar pri-
ma o dopo il regio placito o sia consen-
so. Quindi i ministri regi della corte di
Torino nel 1719 pretesero^che ogni bol-
la, lettera, breve e rescritto della s. Se-
de, benché non sieno materie benefizia-
ne^ debba prima di essere pubblicato ed
eseguito vedersi ed esaminarsi dai magi-
strati laicali. Prova Fontanini che prima
del I7i9in Piemonte non vi fu vestigio
o memoria alcuna del regio placito oe-
xequatury se non che nelle provviste dei
benefizi concistoriali, o d'altri conferiti
agli esteri. Per tutte le altre materie la
pretensionedi soggettare al l'tgxoexecjua-
tur le lettere e decreti apostolici^ nacque
pel bollore delle contese insorte tra la s.
Sede e Vittorio Amadeo li primo re di
Sardegna, allorché temendo i suoi mini-
stri i fulmini delle censure da loro meri-
tatepe' continui gravissimi attentati con-
tro l'autorità della Sede apostolica, e con-
tro l'ecclesiostrca giurisdizione, pensaro-
no premunirsi col riparo àéXexequatitr^
e col sottomettere al loro esame tutti i
decreti e provvedimenti apostolici; quin-
di a'2 1 giugno 1 7 1 9 il senato di Torioo
pubblicò l'editto in cui s'impose la ne-
cessità AtWexequatur^ per vedere e rico-
noscere se nelle bolle o qualunque altra
provvisione procedenti fuun di stato, vi
si contenga cosa alcuna pregiudizievole
agi' indulti, prerogative e diritti della co-
rona e de'sudditi. Laonde Clemente XI
colla suddetta bolla lo dichiarò nullo e
riprovò, condannando e proibendo l'os-
servanza dell'editto; conchiudendo Fon-
tanini, che avendo Benedetto XUI colla
bolla in Coena Domini condannato il re-
gio exequatur^ nel preteso progetto di ac-
comodamento lo qualifica di circonven-
zione per le parole. La 2.^ cosa sopra cui
la s. Sede non può che tollerare, é quella
dtW* exequa tur preteso dalla potestà lai-
cale per le bolle e brevi apostolici ; e la
tolleranza in lai proposito si afra, quan-
REG
do Vèxequaiur ti riduca alla semplice ti-
soni, lenza porre alcun segno, o fare al'
con decreto in ordine airesecuzione so-
pra dette bolle e brevi. Clemente XII a-
brogò quanto ne'progetti era stato con-
chiuto sotto il predecessore Benedetto
XIII, finché Benedetto XIV terminò le
'vertense^con quanto riporterò all'artico-
lo Sabdbgita. A Parma riportai lepreten-
Moni del duca Ferdinando sul i*egio exe»
quaiur eia gravissima rottura colla santa
Sede che ne derivò^ per Toppostizione di
Clemente XIII. Quanto successivamente
avvenne contro l'autorità della s. Sede
nella repubblica di Fenezia^ Germania^
Ausirìa^ Toscana^ ed altri stati, a quegli
articoli lo riportai. A'nostri giorni diversi
sovrani ti dimostrarono più riverenti al-
raulorità della Chiesa; che se quanto pra-
ticarono alcuni per rispetto precipuamen-
te all'immunità ecclesiastica non riguar-
di propriamente il regio exequalur^ ad
onore loro e della s. Sede mi piace qui
fiime menzione. Nel voi. XLVll,p. 206
parlai della convenzione conchiusa nel
iSSgfiti Papa Gregorio XVI e il regnan-
te Ferdinando II re delle due Sicilie, sul-
Tiromunità degli ecclesiastici; nel voi.
XXXII , p. 323 rammentai li trattati
concbiuti da Gregorio XVI nel 1841 con
FranoeiGO IV duca di Modena e Carlo
Alberto redi Sardegna sopra alcuni pun-
ti d'immunità e disciplina ecclesiastica :
il daoa rislabiri e ripristinò ne'suoi stali
il pieno ntode'dìrìtti pontificii e vescovili
e ddl'autorità ecclesiastica; mai ministri
regi di Sardegna da ultimo oppugnarono
il oooGordatOy come toccai nel voi. L, p.
93 e 94» parlando della natura e carat-
tere etientiale de concordati. Nello stesso
tane 1841 nel pontificato di Gregorio
XVI il re di Baviera Lodovico dichiarò
nell'aprile esenti dal controllo di ogni au-
torità secolare tutte le relazioni dell'epi-
toopato^del clero e del popolo colla s. Se-
de, per quello che riguarda gli affari re-
ligiosi, Tale a direconcesse una maggiore
là di corrispondenza col Papa, ed il
REG 63
placel o regio exequatur d'allora in poi
non fu piii del tutto rigorosamenteosser-
vato. Nel i85o l'imperatore d'Austria
Francesco Giuseppe che regna, pubblicò
l'importantissimo attosul lìbero esercizio
dell'autorità della Chiesa, che si legge nel
n.^^gg del Giornale di Roma^ poiché nel*
la sua religione e pietà egli sente appieno
essere la più bella guarentigia dell'ordi-
ne e della prosperità degli stati il libero
esei*cizio della veneranda autorità della
Chiesa, per cui il § i.° del decretodice:
Tanto ai vescovi, che a' fedeli loro som-
messi, è libero il rivolgersi al Papa intor-
no agli affari spirituali, e dì ricevere le
decisioni e disposizioni del Papa senza es-
sere astretti ad una previa autorizzazio-
ne delie autorità civili. Cosi il magnani-
mo principe restituì alla Chiesa de'suoi
vasti stati quella libertà di relazioni colla
s.Sede, cui le leggi di Giuseppe II l'avea-
no privata; abolì le formalità che impe-
divano a'vescovi de'medesiniì suoi stati
di comunicare liberamente col capodella
Chiesa universale; ed il placet ch'erano
tenuti a riportare fu definitivamente sop-
presso, a senso de'pubblici fogli, laonde
non posso assicurarlo. Nel granducato di
Toscana colla parziale convenzione del
2 5 aprile 1 85 1 , all'articolo 5.%i provvide
alla libera comunicazionede'vescoviedeì
fedeli colla s. Sede. Per altro poco dopo
comparve sui giornali una circolare mi-
nisteriale de'Bo giugno dello stesso an-
no, colla quale si dichiarava ritenersi dal
governo che il detto articolo » sìa senza
pregiudizio del regio exequatur^ di cui a
forma delle nostre leggi e consuetudini
devono essere muniti gli atti provenienti
da estera autorità I "Sul regio exequatur
si possono inoltre vedere il cardinal Bellu-
ga, Memorialea Filippo V re di Spagna^
§4> n.*^53. Braschi, Z^f^ertote Ecclesiae,
t. 2; Zaccaria, Anti*Fébbronio vendicato,
t. 4) dissert. 1 2, cap. 2, per non diredi altri
propugnatori dell'autorità papale. Sulla
formola Placet usata dal Papa, parlai a
Re5critto.
64 REG
REGISTRATORI delib letterb a-
posTOLicHE, Registraloribus lUerarum a-
poslolicaruni. Officiali della curia ro-
mana registratori delle Ledere apostoli'
che (^')e de* Rescritti pontificii ( F.). Nei
voi. VII, p. i84) XIX, p.i i3 dissi Bene-
detto XII autore del registro delle sup-
plicbeo Memoriali(F .) e coocessiooi del-
le grazie pontiCcie nel 1 335. Il registro
é quel libro, ove sono scritti e registrati
gli atti pubblici, Album y Tabula , Rege*
stum, Commentarius, De' i*egistri delle
chiese trattai in tanti articoli, come Dit-
tici, Matricola, Martiri, Notari. 11 Ma-
cri nella Notizia dt vocaboli ecclesiasti»
ciy verbo Regestum, dice che questo è il
Iegittiu)o vocabolo, non Registrwn. Nel
Diz, della lingua italiana si legge, che
in questa presso gli antichi Ligistro si dis-
se il Registro, Ivi pure si legge al vocabo-
lo Protocollo f libro ove i notai scrivono
i testamenti e i contratti ch'essi rogano;
libro da registrarvi sopra checché sia, di-
cendosi protocollista il registratore.il dot-
to prelato Marino Marini, prefetto degli
archivi segreti della s. Sede, nelle erudi-
tissime Osservazioni sulle bolle de* Papi,
dice che le copie delle Bolle pontificie
{F,) sì appellarono Regesti ^ in cui reli-
giosamente e con particolari andamenti
si trascrivevano le lettere apostoliche da-
gli Scriniari {F',)cW evano anche custodi
delle scritture della s. Sede, capo dei quali
era il Protoscriniario (F,); che de'regesti
sì fecero quasi altrettanti ectipi o imma-
gini simili. Ma Fontanini forse crede che
gli stessi autografi fossero riuniti ai re-
gesti, poiché scrive nelle sue F'indiciae
p. ^27, che degl' istromenti si formavano
regesti, ob stabilitateni instrumenlorum
posteris tra nsmittendam, Marini teme che
coi regesti abbia confuso i tomi cartici-
ni. E questi regesti pure si autenticavano
col sigillo di piombo , di cui si muniva
l^ulografo, o degli stessi autografi vera-
mente si fecero alcuna volta regesti. 11 p.
Constant nella prefazione alta sua rac-
colta delle pontificie lettere seri ve^ che i
REG
Papi ebbero costume di deporre in un
istesso luogo autentici esemplari delle let-
tere che concerneano l'utilità dell'azien-
da cristiana, o le avessero eglino scritte,
o da altri ricevute. Non meno Antonio
d'Aquino nella lettera ad Innocenzo IX,
pi'emessa alle pontificie lettere raccolte
dal cardinal Caraffa, dice che per antico
istituto i più importanti ed autentici e-
semplari delle lettere pontificie si conser-
vano negli Archivi della s. Sede (F.),
Sono questi regesti che debbono interes-
sare la dotta curiosità degli archeologi,
siccome sono le bolle che vi si leggono, le
quali servono a grande illustrazione del-
la storia. Ai vaticani regesti, che esisto*
no tuttora, danno incominciamento l'e-
pistole di Giovanni VIII, scritte però con
carattere beneventano, sul declinar del
secolo X. Seguono quelle importantissi-
me del gran s. Gregorio VII, volume
coevo al suo autore. Sono questi i due
soli regesti sottratti al distruggimento de-
gli altri che gli avevano preceduti, e di
quelli che li seguivano sino al memora-
bile pontificato à! Innocenzo III; ma da
questo Papa a s. Pio V la serie de' regesti
non é interrotta. Lo scienziato di s. Ar-
cangelo Ruggieri, concittadino di Mari-
ni, progettò a Benedetto XIV la pubhli-
cazione de' regesti vaticani, che doveva
esclusivamentearrivare a Clemente Vili.
Sarebbe di sommo giovamento un'este-
sa e critica collezione di lettere apostoli-
che tratte dagli archivi vaticani, anche a
correggere i molti errori de' benemeriti
Ughelli, Sammartani, le Quien ed altri
scrittori, come per illustrazione e rettifi-
cazione della storia civile ed ecclesiastica;
i regesti vaticani che le contengono sono
fonti di sapere che inutilmente si cerche*
rebbealtrove. A Bollario dissi, che quel-
lo originale sino a s. Pio V, si conserva
ueirarchivio segreto vaticano, e la conti-
nuazione di esso si custodisce in quello
della dateria apostolica.
Cohellio, ZVòr. card, et rom, aulae of-
ficialibus, cap. 26, De registratoribus,
REG
magUuis regisùi bullarum^ et custode
registri^ ecco quanto dice sui i*egisli*atori
delle lettere apostoliche della cancelleria
e del loro officio. »Qui apud Gaesares di-
cebalur comìtes dispositìonuro, etproxi-
mi dispositiooum, in romana curia apud
tummumPontificem dicti suni Registra*
taram Ubi literae apostolicae expeditae
fuerint, ex fiirma et stylo ab Octaviano
Vettrio (in Practica in Romanae Aulae
aciiónem) relato, per unum ex scriplo-
rìbui, vel eorum fiimulum ad registrura
portantur; bic taxa similis scriploribus
soluta soUitur in roanibus alterius ex ve-
gistratoribus ad id deputati (bic enim li*
ceC numero 20, ex quibus collegium ìsto-
ruin oonstituitur non omoes tamen exer*
oeok oflBcìum) alteri vero registratori si-
niililer ad hoc deputato soUitur etiam
ipsarom literarum registratura, plus^vel
minuai prout longa seu brevis erit illa*
rum aerìei: is recepta taxa, alteri regi-
stratori literas distribuii, et bic in libris
publicis, seu quinteruis rescribit,etin re-
gestrum ponit; registralae cum originali
auscnltaatur ; auscultatis vero, magister
officii a tergo ejussuaeauscultationisfi-
dem attruit, per verbum, AuscultataMe»
ras Matiinus V ubi registralorum offi*
.dam determinai, baec ait. Praedicti re*
fjuinUores literas registratas causa ali-
quid exigendi, vel extorquendi a prose*
quentibug ipsasy plus debito dijferri non
fidani registran\ vel eas de mala expe»
elione malitioie redarguant, seu ad
quaesium accusent^ aut in salariis cleri"
eomm in reg^tro praedicto scribentium
parlieipenlj quod si conLrarìum fecerint
ipsofaelo excommunicationis sententiam
vncwrrant^a qua (raortis casu excepto)per
àtiuoif quam roinanum Pontificem, ab*
sobtiionu beneficium consequi nequeant;
fi d hoc per testesy seu praesumpliones
fnèefiAr^ stalim officio privati^ et inha^
-| Utf ad atiud quodcuotque oblinendum
itdaranlur. Clerici vero in dieta regi-
stro scribentes, qui literas eis traditas in^
fratres dks exttmc immediate sequentes
▼OL. LVII.
REG 65
(cessante legitiroo impedimento) non re-
gistraverint, ab ipso registro penitus a*
moveantur, nec de caetero ad ibi seri-
bendum admitti valeant. Qui taxam a
bullatoribus seu plumbatoribus (^. Pre-
sidente DEL FiOBiBo) scrvaudam, a regi-
stratoribus quoque servari maudat § 1 3.
Et cum registra tores isti ex viginti viris
collegium constituant, ut diximus, duo
exipsismagistri registri bullarumdicun-
tur, qui duosetiamsubstitutosbabent; et
adest quoque custos registri bullarum ".
Ciampini, De vicecancellario j citando
Cobeilio a p.i23 parla de Registratori»
bus literarum apostolicàrum : ile Magi»
stris regesti bullarum: de Custode regesd
bullarum, di cui dice : »» Frustra aposto-
licae literae incodicem transa*iberentur;
nisi adesset ille, qui regestum in unum
i*edigeret codicem, illumque ligaret, acsic
formatum codicem, in archivo custodi-
ret. Huicarcbivo ille, qui praeest, custos
regesti denominatur". Nella Relazione
della corte di Roma, accresciuta da Zac-
caria, si fa menzione nella cancelleria a-
postolica de'24 registratori, cbe tengono
il registro delle suppliche ; 6 maestri del
registro, da'quali vengono, comesuol dir-
si, ascoltate j che dopo sigillate le bolle
dai piombatori, si registrano dai registica -
tori, si ascoltano dai maestri del registro.
Nel voi. VII, p. 1 84 trattai della cancel-
leria apostolica e de' registratori delle let-
tere apostoliche; del maestro del registro;
del custode del registro. Al presente nel
tribunale della cancelleria apostolica vi
sono il segretario de'registratori delie bol-
le di maggior grazia; io registratori del-
le bolle suddette esercenti; segretario dei
maestri del registro; maestri del registro
suddetto; custode de'registri delle bolle
di maggior grazia. Nel voi. XIX, p. 146
e seg., parlando della dataria apostolica,
tenni proposito, oltre degli ofBci de'i*evi-
sori delle suppliche, dell'officio del custo-
de delle suppliche, dell' officio del custo-
de del registro delle bolle. Al presente
nella datai*ia vi sono i o ragistratori delle
5
66 REO
suppliche. Nella Pénitenzieria(F,)a^O'
stoitca sonovidue i*egistratori. Nelle con*
gregazionì cardinalizie vi sonoi protocol-
listi e gli archivisti. A tempo dì Sisto V
erano offici vacabili,ao registratori di sup-
pliche, 24 registratori di bolle, 8 maeslri
delle suppliche e altrettanti delle bolle. I
registratori vacabilisti anticamente inter-
venivano alla processione pontificia del
Corpus DominijSoilola direzione del/?eg-
gente della cancelleria apostolica (^.).
Talvolta intervennero alla cavalcata del
Possesso de^Papi (/^.), come in quello
del 1 644 i*egistrò de Rossi o Giano Nicio
Eritreo: dopo gli abbre viatori minori,
magistri suppHcationum^ registratores
hullarum.DegW antichi registratori e cu-
stodi de'registri del palazzo apostolico,
parlai a Memobialb cFamigiia pontificia.
REGNO o REAME o REGNAME ,
Regnumy Regnor. Una o piìl Provincie
(/^.), soggette a Re (/^.). Estensione di
paese governato ed amministrato da un
capo che ha il titolo di re o imperatore,
benché propriamente Impero (F,) dice-
si il dominio e stato ù^\Y Imperatore {F»),
Imperium, Potestas. L'esercizio e durata
della sovranità sopra ogni signoria tem*
porale, suol dirsi impero e anche regno,
sebbene questo esercizio e durata abbia
luogo sopra il Principato o il Ducato[ F.),
sia dell'imperatore, sia del re, sia del prin«
cipe,sia del duca, ovvero di altro Sovra»
no (F.). In fatti per regnare s'intende
posseder regno o stato grande, il domi*
Dare, regnariy dominari ; dicendosi re*
gnamento, per reggimento, regimenj re-
gnatore, che regna, regnaior; regnatrìce
o Regina {F,)y che regna, che domina,
regnatriXy dominans. Regnicolo, regnicO'
/n, abitante naturale d'un regno, nato nel
regno; presso ì toscani e romani comu*
Demente s'intende del regno di Napoli.
D'ìixsì Regno per Tiara o Corona ^ onde
Triregno (F.) la triplice corona del Pa-
pa, che ne'primi secoli fu detta talvolta
semplicemente Regno e Tiara, prima che
fòsse ornato dalle 3 corone. Era solito il
REG
Papa nell'arrivare alla chiesa di deporre
sulla porta il Regno, e pigliar la Mitra
(F.), detta anche corona : InnocenzoIII
disse nel sermone di s. Silvestro!: Lisi-
gnum imperii romanusPontif ex utilurRe-
gnOf et in signunt pontificii utitur mitra.
Regno de'cieli significa il regno di Dio, il
regno di Gesb Cristo, la sua venula, la sua
manifestazione al mondo; la vocazione del
popoli alla fede, e la predicazione del van-
gelo. Questa espressione di regno de'cieli
nel Nuovo Testamento, diceBergier, spes-
sissimo significa il regno del Messia [F.)^
per conseguenza la Chiesa (F,) cattolica
composta di tutti quelli che riconoscono
il Figlio di Dio per re, che sono sotto-
messi alle sue leggi e alia sua dottrina.
Come i Profeti (F.) sovente annunzia-
rono il Messia sotto il titolo di re, è cosa
naturale che la unione di quelli che gli
ubbidiscono, sia chiamata un regno j ma
non è questo un regno temporale come
intendeva il comune de'giudei, è un re
gno spirituale destinalo a condurre gli
uomini alla beatitudine eterna nel Pa-
radiso (F.), Così lo spiega lo slesso Gesù
Cristo. La slessa espressione indica tal-
volta lo stato de'beatì in cielo, e dicesi
che ivi regneranno eternamente. Dalle
circostanze, da quello che precede e se*,
gue nel vangelo, si deve giudicare quali
di questi due sensi convenga meglio ai
diversi passi della s. Scrittura. 1 regni
temporali furono eretti dalle nazioni, da-
gl'imperatori, e dai Papi ai quali molli
regni si offrirono Stati tributari alla s.
Sede con annuo censo ed omaggio feu-
dale. Inoltre la chiesa romana esercitò
la Sovranità (F,) diretta sopra diversi
regni, ed è tuttora signora di nobilissimo
stato, onde il dominio sovrano^ assoluto
e indipendente che vi esercita il Papa è
chiamato simultaneamente Pontificato e
Regno f ed è comune la frase usata dagli
stessi sovrani laici parlando del Papa, di
felicemente regnante o gloriosamente re*
gnante^ venendo altresì appellato il suo
regno sflgro principato. In Roma vi sono
REG
di Residenzay Ambasciatori yDiplomatìci
e Miniatri (F',)^ rappresentanti i di Tersi
itati e regni presso la s. Sede, la quale ^ice •
versa tiene Nunzia Incaricatie Internunzi
(F,) presso la sede de'go verni e cle'regni.
Prima quasi tutti gli stati e regni aveano
presso la Sede apostolica un cardinal Pro-
tenore (F.)^ i quali ora sono ridotti a quelli
ndatì a tale articolo.Essendosi alcuni am-
basciatori lagnati perchè Pio II avea rì-
conosduto per re d'Ungheria Mattia, il
Papa ciò Saputo, disse ingiuste si£fatte la-
mentante, imperocché costume era della
sede apostolica appellare re chi teneva il
regno. Analoga fu la solenne dichiarazio-
ne fetta o' nostri giorni da Gregorio XY I
pel regno di Portogallo e riconoscimento
di re d. Michele I, come riportai nel voi.
LIV, p. %j5. Tutte quante le nozioni ed
cradiùoni riguardanti i regni , sono nei
loro articoli, ed in tutti quelli che vi han-
no reiasione.
REGNO ANTICO D'ARMENIA. r.
Patbiabcato abmeno.
REGNOBERTO (s.), vescovo di Ba-
yeoz. Nato sul declinare del VI secolo,
sssìstette al concilio di Reims nel 625,
e fieoe grandi donazioni alla sua .catte-
drale e ai monasteri che seguivano le re-
gole di s. Colombano e di s. Benedetto.
LadioceaidiBayeux va debitrice alle sue
pie liberalità della fondazione di molte
chiese. La sua festa è registrata ai 1 6 di
maggio, nel qual giorno accadde la di lui
morte. Avanti le scorrerie de'normanni
le sue reliquie furono trasferite nelle dio-
cesi diBesanzoneed'Auxerre;malachie-
si-di Bayeux nel 1 714 ne ottenne una
parte dal vescovo di Auxerre.
REGOLA, Lex, Regala. Norma, mo-
dO| ordine e dimostramento della via del •
l'operare;; dicendosi Regolamento^ Ordi*
laflni», rordinamento fatto con regola, e
gì ordini chesi danno, o leggi che si pre-
lerlvono. Dicesi regola, per tutta la quan-
fità à^ Frali {F,)^ che militano sotto un
aedesiaio oi'dìneyfamiliaj ed anche per
lo Commento o 'Monastero {F,) slesso dei
REG 67
frati. Meglio è vedersi ORDiifE beligioso,
Ordine MiLiTABE,e gli altri articoli in quel-
li citati, essendo le regole monastiche d
religiose, leggi prescritte dagristitutori,
fondatori e riformatori dei diversi ordi-
ni e congregazioni regolarì d'ambo i ses-
si, canonicamente riconosciute e appro-
vate dalla s. Sede. Le più antiche regole
nfonastiche erano per la maggior parte
semplici istruzioni particolari, che i fon-
datori de'monasteri davano ai loro disce-
poli, e che si comunicavano agli altri col
tempo e per mezzo della tradizione, poi-
ché in princìpio non si scriveano quasi
mai; quindi i diversi cambiamenti fatti
a quelle regole in uno stesso monastero.
La regola religiosa non si cambia mai o
quasi mai, meno che la s. Sede non la
modifichi o spieghi, come fece per molte,
a seconda delle circostanze de'tempi e dei
rispettivi ordini che la professano, come
notai a'Ioro luoghi. Le costituzioni sono
gli statuti fatti in diversi tempi da'capito-
li generali, o dalle congregazioni degli or-
dini religiosi. La regola obbliga più strel-
tamente che le costituzioni, poiché dal-
Tosservanza di queste in molte possono
dispensare i superiori regolari, in altre oc-
corre la dispensa pontificia. In sostanza
le regole monastiche o religiose sono una
raccolta di leggi e costituzioni, secondo
le quali sono obbligati a vivere i religiosi
d'un ordine, d'una congregazione, d'una
casa e che fanno voto di osservare i Re*
ligìosi e le Religiose {F,). Tutte queste
regole devono essere approvate dai supe-
riori ecclesiastici ed anco dal Papa, pei*-
ché impongono obbligazione di coscienza
ai religiosi e alle religiose; sarebbe giu-
dicato nullo il Foto religioso {F,) che
si avesse fòtto di osservare una regola non
approvata. A Disciplina regolare e Or-
BINE religioso tenni proposito de' primi
che formarono regole scritte monastiche,
cioè s. Pacomio,s. Antonio, s. Basilio, s.
Agostino, s. Benedetto; poscia fecero re-
gole pei frali Mendicanti {F,)^ s. Fran-
cesco, s. Domenico, ec; indi pei chierici
68 REO
regolari, pel i .^ s. Gaetano, i. Ignazio e
altri. Fra tutte le regole religiose preval-
sero quelle de'ss. Basilio, Benedetto, Ago*
stino, Francesco, Domenico, le quali fu-
rono adottate dagli altri ordini e congre-
gazioni regolari de' due sessi, ed anco-
ra dagli ordini ospitalari, militari ed e-
questri.
REGOLARE, Religiosns, Sodalis re-
Vgwus. 'Dìconsì regolari particolarmente
quelli che hanno fatto de' voti in una casa
religiosa, quindi il vocabolo regolare in
fbraa di sostantivo indica tostato religioso
claustrale, per opposizione allo stato se»
colare del Laico (^.), diversificando al-
tresì dagli ecclesiastici non regolari, che
compongono il clero secolare, clero rego-
lare dicendosi quello composto dalle cor-
porazioni de* Religiosi [F.), Regolari si
denominano altresì i benefizi e le cose che
risguardano i religiosi. Regniate benefit
cium è il beneficio regolare che non può
essere impetrato che da un monaco o da
un religioso, ovvero prò cu pienti profi»
ieri. £ una regola di diritto, regnlaria
regularibus, cioè che i benefizi regolari
devono essere conferiti ai regolari, ed i
secolari a quelli del clero secolare. Tutte
le abbazie capi'^d'ordine sono regolari, e
non possono essere possedute che da uu
monaco o da un cardinale, il quale è con-
siderato regolare e secolare. Tutti ì be-
nefizi sono presunti secolari, a meno che
non si giustifichi che sono regolari. An-
ticamente i benefizi regolari erano quasi
sempre conferiti, come a titolo di ammi-
nistrazione, perchè i religiosi titolari e-
rano sempre ad manum de'loro superio-
ri, che potevano rivocarli quando loro
piaceva. Ecco la ragione per cui i cano-
nisti dicono spesse volte, che omne bene»
ficium regularcy manuale, I regolari pos-
sono essere elevati al vescovato, al car-
dinalato, al pontificato come gli ecclesia-
stici secolari. Possono essere altresì man-
dati a disimpegnare i doveri di parroco.
I benefizi spettanti a'regolari sono le ab-
bazie, i priorati cooTentuali, i priorati
REG
semplici e gli uffìzi claustrali. Le abba-
zie ed i priorati, tanto semplici che con-
yentuali, possono essere conferiti anche ai
secolari, non già in titolo, ma in com-
menda. Si chiamano luoghi regolari quel -
li che sono entro il recinto del convento
o monastero o canonica regolare, il dor-
mitorio, la sala del capitolo, il refetto-
rio, ec, per distinguerli da quelli che so-
no fuori del recinto e servono per il rice-
vimento de'forestieri ec,, e chiamati fore-
sterie. PeVegolari, oltre Religiosi, si può
vedere Canonici regolari. Chierici re-
golari. Congregazione della disciplina
regolare, congregazione de* vescovi e
regolari.
REGOLE DELLA Cancelleria Aposto-
ticA. Vedi i voi. V, p. 85, 86; VII, p.
1 56,1 57, e tutti gli altri relativi articoli.
REGOLO (s.), vescovo di Senlis. Por-
tò la luce della fede nella diocesi di Sen-
lis, verso quel tempo in cui s. Dionigi
predicava il vangelo in Francia. Le sue
fatiche apostoliche ottennero la con ver*
sione d'un gran numero d'infedeli. Egli
fu l'apostolo e il primo vescovo di Sen-
lis; mori in pace in seno al suo gregge,
e la sua festa è registrata a'3o di mar-
zo. Nello stesso giorno si onora un allro
s. Regolo, vescovo di Arles, il quale è as-
sai probabile che sia stato mandato da
Roma nelle Gallie; ma questo non è co-
nosciuto che pel culto che gli si rende,
né si può adottare quanto di lui dicono
i Leggendari, nulla sapendosi sul parti-
colare delle sue azioni, sebl>ene la di lui
esistenza sia provata da diversi monu-
menti. Chenu, Archiepisc, et episc. Gal-
liae, riporta tre serie di arcivescovi d' Ar-
les, in due delle quali nomina s. Regolo,
in una qual a.^ vescovo, in altra come
3.% aggiungendo, deinde Silvanectensis
episeopusj dunque fu vescovo di Senlis.
Nella serie poi de' vescovi di Senlis lo re-
gistra peli.'' e lo chiama discepolo di s.
Dionigi. Nel Martirologio romano, sono
riportati s. Regolo vescovo d'Arles, e s.
Regolo martire di Populonia sotto Toti-
REG
la, la CUI festa si celebra ili. ^settembre.
Rispettaodo Tautorità dì Butler, che se-
guo, e r eruditissima nota dei suo com-
mentatore, dubito per quanto hoaggiun*
toy che di un s. Regolo ne abbiano for*
mali due.
REG RESSOy Regressus. Ri vocazione
della Binuraia (F) fatta ad un Benefit
fieio ecclesiastico (F,), Dice il Toroassi-
niy De veL et nova eccL discipL par. 4»
lib. a,cap. 7, che 3 condizioni si richie-
devano perchè il regresso fosse permesso
in coscienza : la i.' che il rassegnante a-
gìsse di buona fede e che deponesse ogni
speranza e desiderio di regresso ; la 2.*
che avesse bisogno del suo beneficio per
vivere; la 3.* che potesse adempì re le fu n-
noni del suo beneficio. Il regresso nei
benefizi dopo la rinunzia è condannato
dal concilio di Trento in questi termini.
«Siccome tuttociòche porta la menoma
ombra di successione o di titolo eredita-
rio in materia di benefizi è contrario alle
oostitusioni de' ss. canoni, e a' decreti dei
n. Padri, quindi non sia permesso a nes-
suno r avere regresso in qualsiasi bene-
6zio^ nemme|iio di consenso delle parti ,
vale a dire, di quello in cui favore sì a-
vesic rinunziiito a condizione di entrare
nel benefizio , rimettendosi in salute "•
Seta. a5 de Reform. e. 7 . Lo spirito del
concilio in questa proibizione é d'impe-
dire che s'introduca una specie di succes-
sione ne'benefizi^ e che non si dia occa-
sione di desiderare la morte del suo pros-
simo. /^. CoADiuTOBiA. Il concilio genera-
kdì Lateranoha proibito colla stessa mi-
la il promettere di conferire un benefizio
ad alcuno, dopo In morte di chi lo posse-
dè. Can. I in cap. Nulla de Condì, Praeb,
Contro le rassegneemanarono bolle s. Pio
V.Gi^egorio XllI, Benedetto XIV,come
■otai nel voi. V, p. go. V. Dataria afo«
REIMS o RHEIMS (Rhemen), Città
eoo residenza arcivescovile di Francia nel-
b Sdampagqa, dipartimento della Mar-
na^poluogodi circoadario e di 3 cantoni
REI 69
a più di 9 leghe da ChaIons-sur«Marne
e circa 4o da Parigi, in una pianura cre-
tosa, avendo a qualche distanza belli pog*
gì coperti di vigneti che producono vini
eccellenti, non che di boschi, sulla destra
sponda della Véle che ne bagna le mu-
ra al sud-ovest e la separa dal sobborgo
di questo nome, dove dividesi in parec-
chi piccoli canali. Vi sono la corte d'as-
sise, tribunali dii.* istanza e di commer-
cio, camera consultiva delle mani&ttu-
re, arti e mestieri; depositi di tabacchi e
polveri ; biblioteca pubblica di più di
25,000 volumi e 1000 mss., situata nel
palazzo della città; scuola secondària di
medicina, collegio reale, scuole d'insegna-
mento reciproco, giardino botanico, ove
si fanno corsi gratuiti ; società di carità
materna,cassa di risparmio edi previden-
za, e monte di pietà. Veduta Reims dalle
colline che la circondano e dominata dal-
l'alta sua cattedrale, presenta un bell'a-
spetto; ha una forma allungata, ed è cir-
condata da un argine di terra sostenuto da
parapetti,preceduto da un largo fosso stato
in diversi siti colmato, ed accompagnato
tanto nell'interno che nell'esternoda pian-
tagioni d'alberi. Ha di circonferenza una
lega e mezza, e si entra per 6 porte, cioè
di Marte, Cerere, Dio*Luce, Bacco, Ve*
le o di Parigi, e Porta Nuova : quelle di
Cerere e di Véle sono le sole precedute
da sobborghi che portano gli stessi nomi;
l'ultima ha un superbo cancello di ferro
a foggia d'arco trionfale, costruito per la
consagrazione di Luigi XVI. La spiana-
ta Coquebert, piazza rotonda e piantata
d'alberi, ha vicino il mercato di bestia-
mi. Si divide Reims in 4pai'ti disuguali,
mediante due linee di strade che s'incro-
ciano sulla piazza reale. La cattedrale di
stile gotico, forse in questo genere il più
notabile dì Francia, ampia e bellissima,
ha un triplice portone o porta tenuta ca-
polavoro, coi suoi rosoni eleganti e ardi-
ti, arricchita di superbe vetriata dipinte,
con due torri leggiere abilmente assot-
tigliate, Tuna delle quali elevasi a 3oo
70 REI
piedi da terra; pel complesso de'suoi pre'
gì, delie sue 6gure e bassorilievi, forma
l'attenzione degli artisti e degli antiqua-
ri. Questo duomo èlungo45o piedi, lar-
go 93, altoi I o. La famosa facciata ester-
na e adorna di due magnifici rosoni , di
una quantità innumerabile di statue, di
un gran numero di bassorilievi, sculture
e ornamenti d'un lavoro meraviglioso. Le
due facciate laterali presentano un bel
rosone per ciascuna, le belle guglie essen-
do decorate da statue che sormontano
gli archi, e soprattutto il campanile del-
l'Angelo, di rimarchevole leggerezza, il
quale dalia centinatura delle finestre
slanciasi a 55 piedi sopra il colmo della
chiesa e sostiene un globo sul quale sor-
ge la statua di grazioso Angelo alta 7 pie-
di. Sì valutano a 4 o 5 mila, 5 o 600 del-
le quali nella facciata principale , il nu-
mero delle figure scolpite nell'esterno di
questo tempio, l'interno dei quale non rie-
sce meno interessante per la vasta nave,
pel bel pavimento del coro di quadrelli
a mandorla e di diverse qualità di mar-
mo, che vi si trasportò dall'antica chie-
sa di s. Nicasio. Sono a nominarsi, l'oro-
logio a campane accordate, detto del co-
io; l'organo, uno de'piii belli di Francia;
il baldacchino della cappella della ss. Ver-
gine, un bassorilievo di Nicolò Jacques,
ed una delle migliori opere di Poussin o
quadro della Lavanda de*piedi: curioso è
poi il sepolcro diT.y.Giovino,cheda sem-
plice cittadino di Reims, nel 366 diven-
ne console romano, pionumento di mar-
mo bianco già della chiesa di s.Nicasio, con
una caccia bene seolpita. Questa metro-
politana, incominciata nel 1 :i 1 1 dall'ar-
civescovo Albeiicoper sostituir quella in-
cendiata neir anno precedente, non vide
il suo termine che verso il cadere del se-
colo XV. E' sotto r invocazione della B.
Vergine, e tra le insigni reliquie venera
i corpi de'ss. Remigio apostolo della Fran-
cia e Rigobei*to vescovi di Reims, quivi
trasportati da dove furono tumulati. Vi
p il fonte battesimale ^ la cura d'anime
REI
amministrata da un canonico parroco; il
fonte battesimale in bel marmo grigio-
bianco, ha la vasca che alcuni riteugono
servisse al battesimo di Clodoveo I. Alla
cattedrale è propinquo il palazzo arcive-
scovile, egregio edifizio. Celebratissima è
altresì questa metropolitana per le tante
consagrazìoni e coronazioni ivi fatte da-
gli arcivescovi de' re di Francia, al qua-
learticolo le notai, rimarcando pure quel-
le ch'ebbero luogo altrove. 11 capitolo si
compone di i o canonici titolari, compre-
se le prebende del teologo e del peniten-
ziere, e di molti canonici onorari , oltre
diversi sacerdoti, ed i pueri de choro ad-
detti alla divina ufficiatura. L'antico ca-
pitolo si distingueva per 8 dignità , 'j\
canonici, ^1 cappellani e molti altri bene-
ficiati. A Manipolo dissi di quello usato
anticamente dai canonici di Reims. Il te-
soro racchiudeva articoli preziosissimi y
fra'quali il calice del celebre arcivescovo
Incmaro, dono di Luigi XV fòtto nella
sua consagrazione. Vi sono in Reims al-
tre 5 chiese parrocchiali col s. fonte, di-
verse comunità religiose di donne, i fra-
telli delle scuole cristiane, alcune confra-
ternite, due ospedali , cioè il generale e
quello di s. Marconi, grande e piccolo se-
minario, l'orfanotrofio, l'ospizio Hòtel-
Dieu che occupa i fabbricati dell' antica
abbazia di s. Remigio e dove si osserva
la grande scala, il bel vaso della bibliote-
ca, ed il superbo lavoro in legno arricchi-
to di sculture delicate e colonne corintie
egregiamente eseguite che ne formano le
scansie. Un tempo Reims conteneva un
maggior numero di stabilimenti religiosi.
La chiesa di detta abbazia di S.Remigio,
di benedettini della congregazione di s.
Mauro, auasi vasta quanto la cattedrale,
rìdondava di ricchi e curiosi monumeu-
ti. Ammiravasi in essa un magnifico co-
ro, il pavimento rappresentava molti sog-
getti sagri, vi si veneravano de'corpi santi,
la tomba di s. Remigio; la celebre sagra
ampolla stava dentro di tal tomba , del
quale prodigioso vaso teQoi proposito nei
REI
iroK XXyi^p. a6i,parlaDdo del batte-
simo ammÌDistrato da s. Remigio a Ciò-
dofeo I, venendo poi con l'olio miraco-
loto che contene? a inunti gli altri re di
Franoift : il tesoro di questa rinomata ab«
boiia era considerabile. Questa chiesa ,
la {Min antica della città, ha la facciata di
semplice architettura, dominata da due
alte guglie; neir intemo si osserva il bel
coloDDato che circonda il coi*o, e soprat-
tutto la nuova tomba di s. Remigio, fat-
ta nel i8o3,cheiie occupa il centro: è que-
sta noa rotonda composta di 8 colonne
di marmo campano ^ sormontate da al-
trettanti archi che sostengono una specie
di cnpola a giorno; 6 tra gl'intercolunni
SODO guarniti ciascuno di due statue, cioè
nppreaentanti da un lato i 6 pari laici
del regno, dall'altro i 6 pari ecclesiasti-
ci, in abito di ceremonia. L'arco di dietro
è occupato dal gruppo del battesimo di
Clodoveo ly composto delle fìgurediquel
re, del tuoelemosiniereXierri, e di s. Re-
migio. Tutte queste statue furono rispar-
miate quando neliygS si distrusse l'an-
tioo aepolcro, che nel i53i avea rim-
panato quello eretto nel secolo XIl nel
Inogo della tomba primitiva fondata dal-
l'aràvescovo Incmaro : l'ultimo del 1 53 1
m doveva al cardinale Lenoncourt. La
diien dell'abbazia di s. Nicasio, della
soddetta congregazione, era un capola-
voro d' architettura , e celebre pel feno-
meno del suo pilastro tremante quando
suonava la campana maggiore : era la piìi
bella delle 3 basiliche di Reims, con eie-
gnte fiusdata, intieramente distrutta nel-
l'aooennata epoca rivoluzionaria. Eranvi
poro a Reims l'abbazia di s. Dionigi, dei
; anonid r^olari della congregazione di
i Frmcia ; quella delle benedettine di s.
l Pietro, una delle più ricche del regno;
qaellc di a. Stefeno, delle canonichesse di
I. Agostino, e di s. Chiara. Vi erano an-
cora 6 conventi di religiosi mendicanti,
naeoUegio de'ge$uiti,una commenda gè-
rasolimitana, il monastei*o di Longueau
UToidine di Fontevrault, e 3 altre case
REI 7C
religiose di donne. L'università era stata
fondata nel 1 547 ^^' cardinal Carlo di
Lorena , ed eretta da Enrico II a sua i-
stanza. In Reims trovansi due stabilimen-
ti di bagni, ed un teatro assai vastoeco-
modo. Presenta questa città, soprattutto
verso il sud, immensi giardini e terreni ;
la parte abitata, di cui può considerarsi
come punto centrico la piazza reale, ed
il cui nucleo forma un ovale assai ben de-
terminato dai bastioni e dai muri , non
occupa se non la metà della superficie to-
ta le. Vi sono diverse belle strade , e tra
le piazze primeggia la reale, di forma qua-
dra e decorata da belli edifizi d' ordine
dorico, terminati all'italiana^ il più im-
portante ti*a'quali è l'antico palazzo de-
gli Appalti , conosciuto sotto il nome di
Dogana, che occupa tuttoii lato meridio-
nale e va adorno d'ilnfìrontone greco, en-
tro il timpano del quale è scolpita la statua
di Mercurio, circondata da palle di lana
e grappoli d'uva, primarie fonti del com-
mercio di Reims; nel centro di questa bel-
la piazza è una l>e]la statua pedesti*e in
bronzo di Luigi XV, opera di Cartellier,
ristabilita nel 1 8 1 8, nel sito di quella che
fu abbattuta nel 1 793. Bello e superbo i
l'edifizio municipale nella piazza dellaCit*
tà; incominciato nel 1627, fu terminato
soltanto nel 1825 : la facciata é ornata di
colonne corintie, doriche e joniche, ter-
mina con due ampi padiglioni e ne pre-
senta nel centro un altro più elegante e
leggero, cui sormonta una bella torrecon
orologio, 4 statue pedestri, ed altra simi-
le di Luigi Xlll, bell'opera di Cartellier,
e collocata tra due colonne ritorte. La
piazza de'Panni è decorata dalla fontana
Machault. Possiede questa città buon nu-
mero di fontane che deve al can. Godi-
not, di cui conferva il nome quella pres-
so la metropolitana , e racchiude molti
oggetti interessanti per l' antichità e per
l'architettura. Reims così importantesòt-
to i romani, conserva ancora avanzi dei
tempi remoti, che ricordano i nomi di pa-
recchie tra le sue vie e lesuepoiieil'an-
72 REI
tica porta di Marte, chiusa sin dai 1 5/^.5 ^
e posta vicino alla nuova, riesce soprat-
tutto interessante, quantunque molto sca-
duta ; consiste in un triplice portico di
quasi I oo piedi di faccia, decorato da 8 co-
lonne striate d'ordinecorintio, il cui arco
di mezzo hai 8 piedi di larghezza ei la-
terali 12: uno di questi vedesi per metà
distrotto : tutti e 3 sono prodigiosamen-
te carichi di sculture e trofei, per isven-
tura in parte canceliati,e 3 colonne delle
8 trovansi soltanto assai bene conservate.
Ignorasi l'origine di questo monumento
o arco trionfale dedicato a lVlarte,cheére*
desi eretto ad Augusto, quando M. Agrìp-
pa era governatore generale delle Gal-
lio, ovvero secondo alcuni a quest'ultimo
aerassero gli abitanti,in riconoscenza del-
le molte e grandi strade militari che avea
faltoapriree delle quali la città loro era il
puntocentrale, secondo l'opinione di Car-
bon.Altri avanzi d'arco trionfale si vedono
in mezzo della città, e servi anch'esso per
porta chiamata Basilicaiie e per corru*
zione fiazée : i bassorilievi che l'adornano
pare che l'indichino come dedicato a Ve-
nere, altra deità tutelare d'Augustoda cui
pretendeva discendere. A poca distanza del
primo arco sorge un monticeilo che por-
ta il nome di Arenes, e che supponesi for-
mato dalle macerie d' un anfiteatro. Vi
si scopri nel 1738 un sepolcro antico de-
corato da pitture a fresco, che l'ignorante
suo proprietario distrusse nel 1802. Am-
miransi ancora a Reims ì magnifici pas*
seggi che si svolgono all'ovest per una lì-
nea d'un 4*° di lega, dalla porta di Mar*
te a quella di Véle, formati da numerosi
e belli viali d'alberi e bagnati ad un'estre-
mità dal fiume, ed il castello d'acqua si-
tuato presso alla città verso il sud , che
somministra le acque della Véle ai 7fon-
tone ripartite ne'diversl quartieri. Que-
sta città , la più importante del diparti-
mento per r estensione, la popolazione
di più di 4o,ooo anime, ed il commer-
cio, è centro d'una industria attivissima
che principalmeute s'esercita nellanifizio,
REI
come manifìitture di panni, casimiri,me-
rioos, cambelloti, ec., oltre altre manifat-
ture. Altra industria significante consiste
ne'vini di Sciampagna bianchi, spuman-
ti e non spumanti. Vi si alleva un ovile
di capre del Tibet. Si gloria Reims d'a-
ver dato i natali a gran numero d'uomini
celebri, tra gli altri Colbert, G. Gobelin
che die il suo nome alle famose manifat-
ture di tappeti a Parigi, Gio. Godinot il
quale usò una parte dell'immense sue for-
tune in fondazioni utili,Giovinosummen*
tovato, il dotto benedettinoRuinart,l'avv.
Linguet, i due Troncon-Ducoudray , il
letterato G. Batteux, l'antiquario Nicolò
Bergier, l' ab. di Laltaignant, lo storico
Vely, l'ab. Pluche, Roberto Nanteuil in-
cisore del regno di Luigi XIV , ec. Ur-
bano II nacque a Chatillon-sur-Marne,
castello poche miglia distante da Reims.
Producono i dintorni ottimi vini. Vi so-
no acque minerali presso la porta di Flé-
chambault, e cave che contengono molti
fossili.
L'origine dell' antichissima e celeber-
rima città di Reims é contrastata da di-
verse opinioni : si vuole fondata da Rhe-
mo re de' celti, all'epoca in cui Priamo
regnava in Troia. Al tempo di G. Cesa-
re, era una delle più importanti città del-
la Gallia Belgica, della quale parlai pure
a Paesi- Bassi. Fu chiamata Duracorlum
o Duraconorum o Durocortoruni Rhe-
morunty formava la capitale de* Remi , po-
polo potente e fedele alleato de'romani,
di cui prese in appresso il nome. 1 roma-
ni vi fecero metter capo 8 strade super-
be, delle quali si notano ancora qualche
vestigio, ed al momento della creazione
della Belgica 2.* ne divenne la metropo-
li. Carbon nobile di Reims, diceche A-
grippa pei servizi considerabili che la cit-
tà avea i*eso ai romani, per la stima che
n' ebbe G. Cesare e le continuò Augu-
sto , scelse questa città per essere nelle
Gallie, ciò che Roma era nell'Italia, cioè
il centro dove venivano a terminare le
strade da lui fatte costruire. Cadde poi
REI
in potere de'francfai, e Reìms che già avea
•bbraccìalo la religione crisliana, ed era
sede d'un tescovato, sì gloria d'essera il
luogo nel quale l'anno 496 fu Glodoveo
I da>a. Remigio battezzato con gran pom*
pa : si vuole che il santo ungesse Clodo*
veo I anche come re , donde poi derivò
agli arcivescovi di Reims il privilegio e*
aclusivo dì coronare e consngrare i re di
Franciai massime dalla 3/ dinastia in poi,
e tenne il i.^ rango, col titolo di duca, fra
i 6 pari ecclesiastici del regno : i re della
i/alirpe concessero grandi privilegi alla
città. Quando s. Leone III nell' 8o4 ri-
torna in Francia, Carlo Magno lo fece
ineontraredal suo primogenito e lo attese
a Raima, accogliendolo colla solita divo-
tìono etu1tante;quivi dimorando coll'im •
paratore nella regia villa, elevò Mantova
e veic»vato, ed insieme passarono a Sois-
iont. II i.^ esempio di coronare Timpera-
tore fiiorì di Roma lo diede Stefano IV
dettoV neirS 16, quando si portò inReims
a coronare Lodovico \, Marra Ferlone,
Mviaggi de* Pontefici f p. 77^ che l'ini-
paratore gradì sommamente che il Papa
perciò ti recasse in Francia; e a Bernar-
do re d'Italia ingiunse d'accompagnarlo
ad viaggio egli spedì incontro alcuni am-
baidatori per fargli corte e servirlo, re-
eandofi egli ad aspettarlo a Reims. Nulla
di piò magnifico e più confacente alla
maestà pontificia e alla pietà di Lodovico
lypuòidearsi dell'accoglimento con cui il
Papa fu da lui ricevuto. Si trovò ben 1 000
pam' distante dalla città a riceverlo col
piòifiirsoso accompagnamento. Entram-
bi discesero da cavallo, d'imperatore 3
volte s'inginocchiò davanti al santo Pa-
dr^ il quale lo alzò da terra e si bnciaro*
no scambievolmente: Benedetto sia quel-
io che viene nel nome del Signore, disse
Lodovico I. G Stefano V rispose : Sia
benedelio Dio, che ci ha fatto vedere un
fecondo Davide cogli occhi nostri, Qoitì*
di s'avviarono alla chiesa e tra via Tim-
peratore addestrò il cavallo del Papa, e
lo sosteneva colla sua mano. Orarono
REI 73
lungamente avanti l'altare, e si cantò il
Te Deum e terminò la funzione con al-
cune sagre preci , che il Papa t*ecitò so-
pra l'imperatore. Usciti di chiesa presero
del pane e del vino in forma di benedi-
zione. L'imperatore tornò a Reims, do-
ve nel dì seguente invitò il Papa a pran-
zo; Stefano V restò nel monastero di s.
Remigio fuor di città, e nel 3.** dì dal suo
arrivo invitò a pranzo Lodovico I , cui
presentò molli doni, come pure ai signo-
ri di sua corte. A queste reciproche acco-
glienze e dimostrazioni , corrispose la con-
clusione degli affari che più gli stavano
a cuore, colla conferma alla chiesa roma-
na di tutti isuoi privilegi. Nella domeni-
ca seguente 29 novembre il Papa con una
corona d'oro tempestata di gemme, che
seco aveva portata da Roma, coronò l'im-
peratore, l'unse col s. crisma, e similmen-
te coronò l'imperatrice. Poi otteuuto da
Lodovico 1 che potessero tornar in Roma
i molti romani banditi da Carlo Magno,
e detenuti in Francia per l'enormità da
loro commesse contro la chiesa romana
e 8. Leone III suo predecessoce, il Papa
prese congedo e tornò in Italia. Alla mor-
te di Lodovico 1 neir84o, all'atto dello
spartimento della monarchia, Reims toc-
cò a Carlo il Calvo e fece parte del regno
di Neustria ; altri dicono che di questa
r imperatore fece re il figlio Luigi 1. Nel
1 049 s. Leone IX passò in Francia per re-
staurarvi la disciplina ecclesiastica; tras-
portò dalla chiesa di s. Cristoforo il cor-
po di s. Remigio, che trovò incorrotto,
nell' abbazia de' benedettini che prese il
suo nome il i .^ ottobre ; celebrò un fa-
moso concilio nella basilica di s. Remi-
gio, illustrato dal p. Lupo agostiniano con
dotte dissertazioni; consagrò detta chiesa,
ed all'abbate del monastero concesse di
poter celebrare i divini uffizi coi sanda-
li, ornamento che allora era solo proprio
de' vescovi: altri Papi onorarono Reims
di loro presenza, ma siccome vi tennero
de'concilii, ne parlerò trattando di essi.
Notai nel voi. XXVI, p.290, che nel 1 1 79
74 KEll
in Reims dairarcivescovo cardinal Albi-
roano, con gran solennità e alia presen-
ta de' pari vi fu consagrato re Filippo II
Augusto, e che l'arcivescovo ottenne da
Alessandro HI che i soli suoi successori
potessero coronare i re di Francia, onde
d'allora in poi la città fu il teatro di que-
sta splendidissima funzione, Reims avea
prima avuto il titolo di contea , ma Fi-
lippo II le conferì quello di ducato in fa«
"vore di detto cardinale arcivescovo ch'e-
ra suo zio. Nel 1 359 sostenne un assedio
GontroOdoardoI II re d'Inghilterra.Reims
seguì i destini di Francia, ed immensa-
inenle soffrì nella rivoluzione del secolo
passato, per la quale terminò di sussiste-
i*e la celebre unì versila. A' 1 2 marzo 1 8 1 4
S.t Priest generale francese emigrato l'oc-
cupò coi russi, ma nella sera stessa soprag*
giunto Napoleone, dopo ostinato conflit-
to, in cui il generale restò gravemente fe-
rito, vi rientrò vittorioso, concedendo al-
l'armata tre giorni di riposo ne'dintorni,
che fu in quella memoranda campagna
]' estremo; poiché essendosi fin dal feb-
braio adunati a congresso nella vicina
Chatillon, Stadion, Razumowski, d'Hum-
boldt e Castel reagh plenipotenziari del-
le 4 potenze alleate, ed il duca di Vicen*
tà ministro di Napoleone, per combinar
le basi d'una pacificazione, a'sB marzo fu
ordinata lamai*GÌa in massa su Parigi, ed
ebbe fine il potere di Napoleone. Luigi
XV III che rimontò sul trono de' suoi
fi vi non fu coronato, bensì il fratello Car-
lo X a Reims a'29 maggio 1825 con quel-
la solennità eternata con medaglia mo-
numentale , al modo che toccai nel voi.
Ì)^XV1I, p.i4^> Leone XII ne'fuochi ar-
tifìziali della rinomata girandola, che per
la festa de'ss. Pietro e Paolo si fecero sul
Castel s. Angelo in detto anno , ebbe il
pensiero che dessi con T illuminazione e
decorazioni rappresentassero la magnifi-
ca facciata della metropolitana di Reims,
dicendo a mg.*^ di Quelen arcivescovo di
Parigi, allora in Roma e da lui ospitato
nel seminario romano; Voi di recente o*
REI
yete veduto la bella cattedrale; ebbene noi
abbiamo ordinato di farvela rivedere nel-
la girandola colla maestosa sua facciata.
Nel i83o assunto al trono Luigi Filippo,
abolì la dispendiosa ceremonia della con-
sagrazione e coronazione in Reims, e per
lui non ebbe luogo nemmeno altrove.
La fede cristiana vi fu pi^dicata da s.
Sisto romano, discepolo di s. Pietro , il
quale verso l' anno 5j lo costituì in i .^
arcivescovo per convertirla a Gesù Cri-
sto; nell'anno 67 patì glorioso martirio
e fu sepolto nella chiesa de'ss. Sisto e Si-
nicio, donde nel 920 fu trasportato il cor-
po nella basilica di 8. Remigio, come ri-
porta Chenu, Archiep. Galliae chronoL^
p. 264) series archiep. Rcmensium, citan-
do gli storici Sirmondo e Flodoardo che
ne scrissero i fasti. Gli arcivescovi si qua-
lificarono poi primati della Gallia Belgi-
ca, e legati nati della s. Sede; dice Com-
roanville, Histoirede louslesarchev,, che
tutti i capitoli della provincia ecclesiasti-
ca pretendevano dipendere direttamen-
te dagli arci vescovi di Reims, non dai lo-
ro vescovi. Ebbero a suffraganee le chie-
se vescovili di Soissons, Chalons sur Mar-
ne, Laon, Senlis, Beauvais, Amiens, No-
yon, Boulogne. Al presente le sedi suf-
fraganee sono 4 soltanto : Soissons, Cha-
lons, Beauvais, Amiens. Il 2.^ arcivesco-
vo fu s. Sinicio romano, altro discepolo
di f. Pietro, egualmente da lui ordinato
6 delegato per la chiesa di Soissons, don-
de passò a questa e nel 68 fu martiriz-
zato : sepolto col predecessore, la loro fe-
sta si celebra a Reims il 1.** settembre. In-
di divenne arcivescovo, nel 68 s. Aman-
zio pure romano e discepolo di s. Pietro,
morto neir89. Betausio greco nipote di
Papa s. Eusebio, fu ordinato nel 3 1 2 da
Papa s. Melchiade. Aper o Afer morì nel
35o, e gli successe Oiscolio, indi s. Ma-
terniano dal 348 al 370. Governò s. Do-
n^ziano (^.), morto a' i4 ottobre 390
secondo Chenu, patrono di Bruges. Po-
scia s. Vi venzio, sotto il cui nome fu eret-
ta la collegiata a Braux) t. Severo morto
REI
■'i5 geoiMuo e tumulato nella chiesa di
s. Agrìcola. L'arcivescovo s. Nicasio (F,)
edifiob la cattedrale e colla sorella e al«
tri oompagDÌ fu martirizzato nel 407 o
più tardi. Baruch già preposito di detta
chiesa^ Barucio fratello del precedente e
morto nel 459, Baraaba fu ordinato nel
460 io Roma da s. Leone I che gli confe-
rì il pallio, Bennadio o Bennagio fratello
di a. Ilario d'Arlesdel462, morì 001469
e fa aepolto nella metropolitana. Nel 47 1
il popolo ed i vescovi comprovinciali e-
lessero di comun consenso s. Remigio (F.)
e govemb per 70 anni : distrusse V ido-
latrìa e l'arianesimo, fondò un monastero
sul Monte d'Hor presso Beims, e vi pose a
superiore s. Teodorico (K), Nel 54^ R o-
menoabbate benedetti no e cugino diPa*
paYigiliOyFlavioyMapinio morto neI57a.
Fa celebre arcivescovo Egidio, 'di gran-
de autorità nel regno d' A ustrasìa^ paci-
ficò il re Childeberto II con Chilperico
1 re di Soissons , indi pel suo zelo e per
invidia fu rilegalo a Strasburgo. Nel 597
Romulfo figlio di Lupo duca d'Aquita*
aia. Sei 600 t. Sonnachio già arcidiaco-
no della chiesa, morto decrepito , al cui
tempo s. Baldrio fratello di s. Bova^F.)
edificò un monastero in uno de'sobbor-
ghi di Reims,ove si fece religiosa la so-
rella» ne divenne badessa e le successe la
nipote a. Doda. Indi fu a rei vescovo Leu •
d^iselo;nel649Engilberlo o Angelber-
lo figlio óeìmagistriequìtumfrancorum^
che rìoevè il pallio da Papas. Martino I;
Laudo fi'atellodeli7i^g[Z5rr2 equitum piis-
simo del 65 1, eresse il monastero ai be-
nedettini; a. Nìvardo o Nivone, la cui fe-
sta fi celebra il I .^settembre; s. Regolo che
fimdb il monastero Orbacense, nel fondò
donatogli da Tierrico III; s. Rigoberto{F,)
oontOi cugino del predecessore, consagrò
ire Dagoberto III, Chilperico li e Tier-
rico IV, tenne al s. fonte Carlo Martello,
il quale poi, per le brighe dell'abbate Mi-
lo o Milone che si usurpò questa sede e
(pella di Treveri^ lo cacciò nel7a i , onde
siridrb in Aquitania; restituito aliarci-
BEI 75
diocesi la governò con zelo esemplare e
moli santamente nel 732 o 733, ovvero
nel 740 secondo il Butler. Nel concilio di
Soissons del 745 fu eletto Abele, ma po-
co potè governate per le violenze delfin*
truso Milone. Ti I pi no o Turpi no mona-
co di s. Dionisio, di santa vita, fu nomina*
to da Cnrlomanno nel 769 e ordinato nel
778 d'ordine di Carlo Magno, cui Adria-
no I trasmise nel 774 il pallio col titolo
di primate di sua provincia o Belgica 2.*,
confermando il titolo di metropoli alla
sua chiesa , ed assoggettandola alla sola
autorità della s. Sede: da Carlo Magno
ottenne diversi privilegi alla sua chiesa,
in quella di s. Remigio ai canonici sostituì
i monaci, ed ivi fu «epolto nelTSi i eoa
epitaHio in versi. Vulfario deir8i3 au«
mento i beni del monastero Orbacense,
e molti ne ottenne per la chiesa di Reims
da Lodovico I, di cui era cancelliere. £b-
bo o Ebbone deU'Sa^^ di cui e delle sue
vicende parlai ne' voi. XXVI , p. 276,
XXXlV,p. 296; dopo di lui ressero la
chiesa Folco abbate e Noto. Nel 1*8 45 //ic-
maro (V,) che consagrò Carlo il Calvo
nel settembre deirSGg, e poi a Compie-
gne neir878 il figlio Lodovico II il Bul-
bo. Neir882 Folco fece riconoscere Cnr-
lo il Semplice, lo coronò e divise con lui
il governo dello stalo ; restituì a Beims
Ja scuola^ cinse di mura la città, ma fu
assassinato dai satelliti di Baldovino l[
conte di Fiandra per avergli tolto l'ab-
bazia di s. Vasto e il castello d'Arras. Nel
900 Eriveo o Erve gran cancelliere di
Carlo il Semplice, e consagrò Roberto I
in Reims. Sculfo già arcidiacono , morì
di veleno nel 925 propinato daEriber^
to conte di Reims e d'Aquitania; quindi
fece eleggere in successore il proprio fi-
glio Ugo o Ugone che ancora non avea
compito l'età di 5 anni, e Giovanni X lo
confermò, secondo Flodoardo, Historia
Reniens, lib. 4, nel 1. 1 7 della BibL Pont.j
perciò scrisse l'annalista Ban>nio,che que*?
sto fu il i.° mostro chesi vide nella Chiet
sa di Dio> caso non mai udito Sno allo*
76 REI
ra. Aj*tauclo o Artoldo monaco di s. Re •
mìgio, tuttavia nel gSi ebbe il pallio da
Giovanni XT, onde insorse scisma: dive*
nulo Papa nel 946 Agapito II, per ter-
minarlo, spedì per legato e vicario delta
s. Sede in Francia Marino vescovo di Po*
Umarzio {P^,)^ il quale nel concilio d'7/t-
gelheim (^.) del 948 riconobbe Arlol-
do, e scomunicò il competitore Ugo, ciò
che confermò il Papa nel concilio roma*
no del 949* Artoldo ottenne la contea di
Reims con facoltà di battere moneta da
Luigi IV, che avea coronato in Laon ai
20 maggio 986. Odalrico figlio del con-
te Ugone, preposto e canonico di Reims,
fu ordinato nel 96^, e donò ai canonici
la villa Vindenissa. Adalberto o Albero
figlio del conte GoUredo nel 97a,consa*
graudo in Reims Ugo Capeto. Arnoldo
discendente di Carlo Magno , di cui nel
voi. XXVI, p. 284 e iS5: contro di lui
fu eletto Gerberto nel 99 1 da Giovanni
XVI , ma Gregorio V lo trasferì poi a
Ravenna (F',) e fece ristabilire Arnoldo,
che nel 999 fu confermato dallo stesso
suo rivale Gerberto divenuto Silvestro
II (F,), Indi Ebaio o Ebulo laico, però
erudito nelle sagre lettere in que' tempi
rozzi e ignoranti , che donò ai canonici
la villa Bitiniaca , celebrò il sinodo nel
1029, ed unse re Enrico I a Reims: per
le epoche e altro di queste con$agrazio-
ni, ripeto clie le riportai a Francia. Gui-
do Barbet morì nelio55; poi Gervasio
Barbet traslato da Le-Mans, coronò in
Reims Filippo I e divenne gran canceU
liere. Manasse già arcidiacono, nel 1080
fii fatto deporre da s. Gregorio VII^V,),
Rainoldo o Rainaldo sostituito , era ca«
nonico della metropolitana. Nel 1 095Ma -
nasse Daufrai; Gervasio di Lorena, figlio
di Ugo de Retest e fratello di Baldovino
I re di Gerusalemme, abdicò neli i i4i o
per meglio dire coi Sara marta ni, Pasqua*
le II ne annullò j' elezione, onde poi si
ammogliò; in vece il Papa ordinò Radol-
£0 preposilo di Reims. Rinaldo Despretz o
de Martiniaco trasferito nel 1 1 24 da Aa-
REt
gers, nella Pasqua del 1 1 1^9 consagrò ia
Reims re Filippo, ma non successe al pa-
dre Luigi VI. Nel 1 1 39 Sansone Despretz;
nel 1 1 6 1 da Beauvais vi fu trasferi to En-
rico Magno figlio di detto Filippo; Gu-
glielmo Alhiniano (V.) che coronò in
Reims Filippo II Augusto poi cardinale
legato; Guido Pare (V.) cardinale lega*
to; Alberico d'Humbert nel 1207 che rie*
dificò la cattedrale rovinata dall* incen-
dio; Guglielmo de Joinville nel 1220 già
vescovo di Langres^ coronò i genitori di
s. Luigi IX in Reims, il quale nella sede
vacante fu inaugurato da Giacomo Ba-
sochi vescovo di Soissons nel 12 26 a' 2 9
novembre. Nel 1227 Enrico di Brenna;
Ivhello de Mayenne già di Tours nel
1244» Tommaso de Beaumet neIi25o;
Giovanni de Gourtenay morto nel 1 27 1 ;
Pietro Barbet morto nel 1 3oo; Roberto
de Gourtenay neli3o2, consagrò Carlo
IV neh 320; Guglielmo de Tria trasfe-
rito da Bayeux e coronò Filippo VI nel-
la metropolitana nella festa della s. Tri*
nità del 1328. Giovanni di Vienna morì
nel 1 35 1; poco visse Ugo de Arceis; Um-
berto già delfino e patriarca d' Alessan«
dria amministratore, morto nel i345;
Giovanni de Craon traslato da Le-Mans
morto nel i374; Lodovico Thesart nel
1374 già vescovo di Bayeux ; Riccardo
de Picque nel 1377; Federico Cassinel
morto nel 1390. Guido de Roye traslato
da Verdun, nel 14^9 fondò in Parigi il
collegio di Reims, che nel 1763 fu riuni-
to a quella università. Simone Cramaud
(F,) patriarca d'Alessandria e cardinale;
Pietro Trousseau trasferito da Poitiers,
morto nel 1 430; Reginaldo Carvale (F,)
cardinale; Giacomo Giovenale Orsini del
i444> ^^o- Giovenale Orsini nel 147^
pari di Francia, confermò colla sagra un-
zione Luigi XI, da Calisto III deputato
col vescovo di Parigi a rivedere il pro-
cesso d el la Pu Icella dH Orleans i ngi usta -
mente condannata. Pietro de La- Val giù
vescovo di s. Malo, morto nel 1 493; Ro-
berto Brissonnet morto nel 1497; gli sue-
REI
Guglielmo Brìssonnet {V,) carài-
iMiles Carlo del Carretto (K) cardinale;
Boberto de Lenoncourt consagrò a' 2 5
gennaio i5i 5 Francesco I; Giovanni di
Lorena {F.) cardinale; Carlo di Lorena
(^•) cardinale, fiitto arcivescovo di 1 3 an-
ni peli 538 da Paolo IH, coronò con so-
lenne pompa Enrico II , Francesco li ,
Carlo IX , chiamato da Pio IV secondo
Papa, e da a. Pio V il Papa cCollremon-
fe.Lodovico di Lorena o Guisa (V.) car-
dinale cbe nel 157 5 consagrò in Reims
Enrico 111.
Il Gattico, Acta caeremonalia , a p.
aa6 riporta il dettagliato ceremoniale
ch'ebbe luogo, il quale sembra scritto alla
Si Sede dal nunziodl Parigi. Si parla del-
la prodigiosa ampolla di s. Remigio, il cui
olio fervi per la consagrazione,ed il mo-
do come l'abbate della basilica lo portò
sotto baldaochino(de'sostenitori delle aste
parlai a $.B.emigio, ordine equestre) alla
metropolitana, incedendo a cavallo. La
firnsione si fece colla massima splendi-
deaa e con isfbggiodi ricchi vestiari ca-
richi di preziose gemme. Il re portava un
vestiario con aperture per ricevere Tuo-
none sema spogliarsi. Prima della coro-
naiione ilcardinale arcivescovo di Reims
domandò al popolo se volevano per loro
re Enrico III, il quale subito emise il giù-
nmenlo. Poi il cardinale lo benedi e con
apposite orazioni, essendo il re genufles-
so^ gli nnse la cima del capo, il petto, la
idiieoa, le spalle, i polsi^ le palme delle
mani. Vestitosi il i*e della tonicella e dal-
natica, e del manto reale, dal cardinale
gli fiidato l'anello benedetto, lo scettro
odia destra e la mano di giustizia nella
sinistra mano, indi cogli altri undici pa-
ri pose la corona di Carlo Magno in ca-
po al re -e dÌ5se : P^ivat Rex in aeter-
mtm^coù fecero i colleghi, e l'araldo tre
volte gettando denari al popolo che gri-
dò, F'iue le Roij dopo di che si cantò il
Te Deum, Il cardinale cominciò la mes-
sa grande all'allara maggiore, ed all'oF-
fertorio il re per obblazione offrì un vaso
REI 77
di madreperla pieno di vino,un paned'ar-
genio, una borsa con 1 3 pezzi d'oro.Dopo
la messa il re si comunicò sotto il trono
colle due specie sagramentali (di cui par-
lai nel voi. XV, p. I Ili), tenendo la co-
rona in testa, e nelle mani lo scettro e la
mano di giustìzia. Dopo la funzione il re
con corona più leggera andò a desinare
vestito come si è detto, avendo a destra
e a sinistra tavole pei pari, pel nunzio e
ambasciatori, pei principi e pei cavalie-
ri. Vi assisterono alcuni primati della cit-
tà di Reims chea sue spese fece il super-
bissimo convito, secondo l'antico costu-
me. In seguitosuUa porla della cattedrale
di Reims, coram populo^ segui lo sposa-
lizio del re con Luisa di Lorena , al cui
banchetto intervennero il nunzio egli am-
basciatori. All'arcivescovo cardinal Lo-
dovico successero Filippo iìe Lenoncourt
(V.) cardinale nel 1592; INicola de Pel-
levé(F^.) cardinale morto nel i594; Fi-
lippo de Ree già vescovo di Ifantes mor-
to nel 1 6o5; Lodovico di Lorena o Gui*
sa (F'.),co\ quale Chenu termina la serie
degli arcivescovi : essendo soltanto sud-
diacono, in sua vece coronò Luigi XIII
nella cattediale di Reims il cardinal di
Gìcjosa; introdusse nelle città i gesuiti.
Gabriele de s. Marieo GuglielmodeGif*
ford inglese nel 1622, dotto oratore e teo-
logo, già suffraganeo del cardinal Lodo-
vico col titolo i/;/7ar/i^ii5d' A rcidalia^visi-
tò l'arcidiocesi.Énrico di Lorena de'duchi
di Guisa nel 1629,6 come non consagra-
to ri nunzio nel 164 i.EIeonoro d'Estam-
pes vescovo di Chartres, ricevette il pallio
nella cattedrale di Soissons dal vescovo
suffraganeo Le Gres; celebrò il sinodo,
visitò i' arcidiocesi , e fu lodato pastore.
Enrico di Savoia, duca di Reims, i.° pari
di Francia, legato della s. Sede, nel 1 (^5 1
fatto arcivescovo, consagrò Luigi XIV :
con questi nella Gallia Christiana si fini-
sce la serie degli arcivescovi. Riporterò
quelli del secolo passato e del corrente,
registrati nelle Notizie di Roma, 1722
Armando Giulio de Rohau diParigi. 1 763
78 REI
Carlo Antonio de la Roche Aymont (F.)
cardinale^ che consegi*ò Luigi XYI a
Reims nel 1775 agli 1 1 giugno. 1777 A-
lessandro Angelico de Talleyrand de Pe-
rigord [V,) cardinale : quando la sede di
Beims fu soppressa pel concordato del
1801 non volle rinunziare a Pio VII, il
quale nel 1 8 f 7 la ristabilì e promulgò ar*
ci vescovo Gio. Carlo de Coucy già ve-
scovo di La Roclielle, al quale Pio VII in*
dirizzò il breve Nostrisy de' 4 settembre
1 82 1 , Bull, coni, 1. 1 5, p. 434* ^"^'^ ^^°*
servazione deirarcidiocesi di Reims su di
alcuni luoghi precedentemente smem-
brati. Nellostesso Bollanoci p. 437 e 438
y\ sono i brevi Etsi^ Nostris sub pluoi'
ho, e Noslrìs apostolici s^ dello stesso Pa-
pe, spediti nel medesimo giorno e an-
no, sulla rettificazione dell' arcidiocesi di
Reims, e sulla dichiarazione di Amiense
di Soissons in sufTrnganei di questa me-
tropolitana. Gli successe nel 1824 ^'o*
Tanni Battista de'La///f/^.) cardinale, che
consagrò Carlo X,ed ebbe da Gregorio
XYI nel 1889 a coadiutore con futura
successione mg.r Romano Gallar arcive-
scovo d'Anazarbom partihus. Però non
gli successe e per morte del cardinale,Gre-
gorio XVI nel concistoro de' 1 3 luglio
1 840 da Perigueux (/^.) vi trasferì l'o-
dierno Tommaso Gousset di Montigny-
les-Cherlieux arcidiocesi di Besancon ,
che come dissi nel voi. LIH, p. 228, Pio
IX creò cardinale a' 3o settembre! 85o
col titolo di s. Calisto, avendogli spedito
r annunzio col berrettino rosso per la
guardia nobile d. Francesco de'duchi Cae-
tani, destinando ablegato per la tradi-
zione della berretta cardinalizia mg.^ A-
chille Apolloni, ch'ebbe eguale incarico
pei cardinali d'Astros arcivescovo di To-
losa e Matthieu arcivescovo di Besancon.
Nel voi. XXXIX, p. 62, celebrai il ripri-
stinamento della^ liturgia romana, opera-
to da questo dottissimo e zelante arcive-
scovo nell'arcidiocesidiReims, poiché con
bella lettera pastorale fece adottare il bre-
▼iaiio 9 rituale e messale romano^ riser-
REI
▼andò solamente l'uffizio de'santi propri,
e tuttociòcon gradimento dell'intiero cle-
ro. L'arcidiocesi si estende per circa 3o
leghe e i5 per latum: si forma del cir-
condanodi Reims e del dipartimento del-
le Ardenne. Ogni nuovo arci vescovo è tas-
sato in fiorini 5oo; prima ne paga va47oo
perchè godeva 5o,ooo lire di rendite.
Concila di Reims.
Ili.*^si tenne nel 5 1 4» e s. Remigio vi
convertì unereticoariano.il 2.°nel625 o
63o presieduto da s. Sonnachio con 4^
vescovi, fra i quali i ss. Arnoldo di Metz
e Cuniberto di Colonia: vi si fecero 2 5
canoni di disciplina, e si prescrisse l'osser-
vanza di quelli del concilio dì Parigi del
61 3. Il 3.^neir8i3, tenuto d' ordine di
Carlo Magno, per ristabilire la disciplina
ecclesiastica: lo presiedè l'arci vescovo Vu l-
fario, previo il solito digiuno di 3 giorni;
vi si fecero 4o canoni, ripetizione in par-
te di quelli d'ArieseMagonza. Il 4'*^nel*
l'874.1l 5.^ neir879. ^* 6.°nell'892 o 898
in favore di Carlo III il Semplice. Il7.°nel -
r894*L'8.°nel90i, in cui furono scomuni-
cati gli assassini dell'arcivescovo Folco. U
9.^ nel 92 3, in cui Seulfo di Reims co'suoi
suffraganei ordinò a quelli ch'eransi trova-
ti alla battaglia di Soissons tra Roberto I
e Carlo 1 1 1,di far penitenza 3 quaresime in
3anni. Ili o.^nel975,in cui Stefano legato
di Benedetto VII scomunicò Teobaldo u-
surpatore del vescovato d'Amiens.L' 1 1.°
nel 989 per l'elezione dell'arcivescovo Ar-
nolfo. Il 1 2.*^nel 99 1 a' 1 7 giugno in Basi-
lea, 3 leghe distante da Reims, radunato
d'ordine d'Ugo Capeto contro Arnolfo,
per sospetto d'essere d* intelligenza con
suo zio Carlo di Lorena ch'erasi im padro-
ni to di Reims, che poi fu preso da Ugo e
messo in prigione a Orleans. Presiedè il
concilio Seguino arcivescovo di Sens, co-
me più anziano, ed Arnoldo vescovo di
Orleans come il più dotto pastore delle
Gallienefu promotore e incaricato di far
le proposizioni. Egli esortò i vescovi a o-
perare senza passioneecon libertà, quindi
domandòse Arnolfo di Reims potesse pur-
REI
pni del delitto di lesa maestà di cui era
iaaolpato; ìndi sì produssero prove con-
tro di lui. Ma 3 personaggi distinti par-
laioooin difesa di Arnolfo, e dòirautorità
deHa lettera de' vescovi d'Africa a s. Da-
niBso I,e altre allegazioni, mostrarono che
i grandi afiari della Chiesa erano riser-
▼ati al Papa, soprattutto il giudizio dei
vetoovi. Fu risposto ch'era stato citato al
concilio con letterecanoniche, e permez-
10 di deputati da più d'un anno; e si pro-
vò che la causa era stata portata al Papa
colla lettera del re Ugo a Giovanni XV;
tuttavia Roma taceva. Perciò Arnoldo
d'Orleans pronunziò un discoi^so rimar-
dievole, dichiarando che le cause eviden-
ti devono essere terminate dal concilio
provinciale. Udite le ragioni delle partii
a Gonchiuseche Arnolfo poteva essere
giudicato nel concilio. Sì fece dunque en«
Imre, e ^li si esposero con dolcezza i be«
Defili ricevuti dal re, e il male ch'egli a*
vea fiitto a lui. Arnolfo si difese debol*
mente, confessò il suo delitto e voleva ri-
nunziar il vescovato, per averlo esercita-
to indegnamente. Isella 2.' sessione cui
Miiiterono i re Ugo e Roberto I, Arnol-
do d'Orleans esortò Arnolfo di Reimsa
prostrarli avanti i re e domandar loro la
vita; lo fece e. gli fu accordata; poi rimi-
se a Ugo l'anello e il pastorale, ed a' ve-
scovi le altre insegne, lesse la sua rinun-
na e acconsentì che altri fosse eletto. Fu
questi Gerberto, uomo celebre pel suo a-
aore alle lettere e per la parte ch'egli
svea n^ii affari della Chiesa. Adalgero
svendo confessato d'aver aperte le porte
di Reims e di essere entrato ostilmente
nella chi«>sa, accettò d'esser deposto, e fu
spogliato degli abiti sacerdotali, e ammes-
so alla comunione laica. Il 1 3.° concilio
nel ioi5 pei beni di chiesa, ed a favore
dell'abbazia di Mausson. Il 1 4.^ nel 1 049
s'3 ottobre, il giorno dopo la dedicazio-
ae della chiesa di s. Remigio, il cui corpo
en stato portato nellanuova chiesa edi-
ficata da Incmaro abbate. Fu presieduto
da s< Leone IX e ti si trovarono 20 ve-
REI 79
scovi, 5o abbati e molti altri ecclesiasti-
ci. Nella I ." sessione fu proposto il sogget-
to del concilio , cioè gli abusi che prati-
cavansi nelle Gallie contro i canoni, la si-
monia, le funzioni ecclesiastiche, le chie-
se usurpate o vessate dai laici , i matri-
moni incestuosi, l'apostasia de'monaci e
chierici, i rubamenli , le ingiuste deten-
zioni de'poveri, i delitti abboroiuevoli ed
alcune eresie. Tutti i vescovi si purgarono
dalla simonia, a riserva di 4 ; gli abbati
fecero lo stesso, tranne alcuni che non o-
sarono parlare; un abbate di Poitiers fu
deposto per incontinenza. Nella 2/ ses-
sione molti confessarono ch'erano entra-
ti per simonia. Si scomunicarono que' ve-
scovi che invitati al concilio non erano
intervenuti, né mandato scusa. Si fecero
12 canoni per rinnovare i decreti de'Pa*
dri, e si condannarono molti abusi. Alla
fine del concilio il Papa die una bolla,
la quale ordinò la celebrazione della fe-
sta di s. Remigio ili.° ottobre. 11 iS,^ fu
tenuto nel 1059 per l'incoronazione di
Filippo I re di Francia. Ili 6.%el 1092 da
Rainoldo arcivescovo con 6 vescovi della
provincia , sulla difierenza della separa-
zione del vescovato d'Arras, da quello di
Cambray : i deputati d'Arras dichiara-
rono che doveansi ristabilire de' vescovi
o v'era no sta ti; l'arcidiacono di Cambray
sostenne che Arras non dovea averlo. Il
concilio rimise la decisione al Papa, che
decise ordinare un vescovo ad Arras, ed
in Roma consagrò l'eletto Ramberto. Si
trattò pure di Roberto I conte di Fian-
dra, che usurpava i beni degli ecclesia-
stici che morivano. 11 17.'' nel 1094 di 3
arcivescovi e 8 vescovi. Il detto re Filip-
po I sperava di far approvare il suo ma-
trimonio con Bertrada: Ivo di Chartres
non v' intervenne e appellò al Papa, di-
cendo che non gli sarebbe stato permes-
so di dire nel concilio impunemente la ve-
rità. 11 18.* tenuto da Urbano li nel lu-
glio 1 096, nel quale riconciliò colla Chie-
sa Filippo 1 che avea scomunicato pel suo
adulterio con Bertrada. 11 1 g.^nel 1 1 o5, in
8o REI
cui fu eletto vesco? o di Cnmbray Eucìe o
Adone, abbate di s. Martino a Tournay.
Il 20." nei 1 1 09 per ia causa di Goffredo
vescovo d'Amiens. Il 21.* neli 1 i5a'28
niai*zo dai legalo Conone. Egli vi scomu-
nicò TimperatoreEnnco V, e rimandò ad
Amiens Goffredo eh' erasi ritirato nella
Certosa. 11 22.° nel 1 1 19 a'20 o 3o ot-
tobre presiedntoda Calisto II, assistito da
i5 arcivescovi e da più di 200 vescovi,
poiché ne fece venire da tutte le provin*
eie d'occidente; vi erano quasi altrettanti
abbati. Dopo ia messa , il Papa si assise
sopra trono elevato rimpetto alla porta
della chiesa: i vescovi e i cardinali era-
no nel i.° rango; un cardinale diacono in
piedi a fianco del Papa teneva il libro dei
canoni per leggerlo all'occorrenza. Dopo
le litanie e le orazioni, il Papa fece una
specie d'omelia inlatinosul vangeIo,nel-
la quale disse : che la barca figura della
Chiesa era agitala dai flutti. Un cardinale
fece un eloquente discorso, sopra i dove*
ri de'paslori. Il vescovo d'Oslia Lamber-
to, poi Onorio II, spiegò i diversi motivi
pe'quali il concilio era radunato. 11 re di
Francia Luigi VI vi produsse i suoi la-
menti t'ìspelto alla Normandia, che il re
d'Inghilterra gli avea invaso con violen-
za ; ma il concilio non volle esserne giu-
dice. Ildegarda contessa di Poitiers, segui-
ta dalle sue donne, essendo entrata nel
concilio , fece i suoi lamenti contro Gu-
glielmo conte d'Aquitania che l'avea ab-
bandonata , per prendere in sua vece la
moglie del visconte diChatelleraut,ech 'e-
ra immerso in tutti i vizi^ gloriandosi di
sue dissolutezze. Si accettarono le scuse
de'prelali d'Aquitania, i quali rappresen-
tarono che il loro duca maialo non era-
si potuto recare al concilio, come il Papa
gli avea scritto : gli si accordò un indu-
gio a presentarsi ulta corte del Papa , e
ripigliar la sua legittima moglie solto pe-
na d'anatema. L'arcivescovo di Lione si
lagnò a nome del vescovo di Ma^on, de-
gli attentati deli'abbalediCiuny, contro
del quale monaci e chierici produssero
REI
grandi lamenti. L'abbate di Cluny si di*
fese, dimostrando provenir le accuse dal-
la cura che avea di conservare i beni e i
privilegi del suo monastero, i quali si con *
fermarouo. Il concilio fece 5 decreli, con-
tro la simonia; l'investiture de' vescovi e
abbati, proibendole sotto pena d'anate-
ma; contro gli usurpatori de'beni di chie-
sa; contro chi esige retribuzione pel bat-
tesimo, gli olii santi, la sepoltura, V un-
zione degl' infermi; sulla continenza dei
chierici e contro le concubine. Si fece an-
che un decreto per la tregua di Dio, per
porre un freno alle privale risse in Fran-
cia e in Lombardia, facendone severo di*
vieto in alcuna stagione e giorni dell'an-
no. In questo concilio non si potè con-
chiudere la pace tra il Papa e l'impera-
toreEnrico V. Questi essendo a Mousson,
dove Calisto Usi trasferì mentre leneva-
si il concilio , non volle eseguir la pro-
messa che gli avea fatta con giuramento
di rinunziar all'investiture ecclesiastiche.
Nell'ultima sessione i vescovi e gli abbati
al numero di 4^7 , avendo ciascuno un
cereo in mano si alzarono, e il Papa sco-
municò solennemente molte persone, del-
le quali si lessero i nomi, e pei primi En-
rico V e l'antipapa Gregorio Vili da lui
creato. Il 23.^nelii3i a' 1 8 ottobre, te-
nuto da Innocenzo li alla testa dii3 ar-
civescovi e di 263 vescovi, e d' un gran
numero di abbati, chierici e monaci fran-
cesi, alemanni, inglesi e spagnuoli. V'iu-
ter vennero il re e la regina di Francia.
11 più celebre degli abbati s. Bernaixio
vi fece luminosa comparsa. Approvata
l'elezione d'Innocenzo II, fu scomunica-
to l'antipapa Anacleto II se non tornava
a resipiscenza. Si pubblicarono 1 7 canoni
di disciplina del concilio di Clermont del
1 i3o , poi ripetuti nel concilio di Late-
rano II. Il Papa vi consagrò re Luigi VII
secondogenito, in vece del suddetto fratel-
lo Filippo morto per una caduta da ca-
vallo. 11 6.*^di detti canoni proibì ai mo-
naci e ai canonici regolari lo studio del-
le leggi civili e della medicina per guadai
REI
giiar denaro. Furono ? ietatì i toraci, per-
ché ci correa rìschio la vita del corpo e
ddranima» volendo far prova di sua fbr-
nedestreisa.Si pronunziò anatema con-
tro chi percuotesse una persona consa-
grata a Dio. Il Papa vi canonizzò s. Co-
dardo vescovo d' Hildesheim morto nel
iiaS. Il a4'^Delii 32 in favore deirab-
bacia di Marmoutier. II ^5.° nel 1 148 te-
nuto nel marzo e in quaresima da Euge-
nio III, ch'erasi portato in Reims nel de-
clinar di febbraio, con molti vescovi di
Francia, Germania, Inghilterra e di Spa-
gna, contro Gilberto Porretano vescovo
di Poitiers, accusato d'errori contro la ss.
Trinità. Avendo s. Bernardo fatto confes-
«rea Gilberto, ch'egli insegnava che TEs-
senta di Dio, la sua Divinità, la sua Sa-
piensa non é Dio, il santo impugnò for-
temente questa proposizione , dopo una
lunga disputa, indi stese una professione
di hde contraria agli errori di Gilberto,
die fu approvata dal Papa e da' cardi-
nali. Siccome molti membri del concilio
erano favorevoli a Gilberto, il Papa non
confermò questo giudizio con decreto so-
lenne^ solo obbligò Gilberto a ritrattare
i suoi errorì, il che eseguì. Fu condotto
■ questo concilio il fanatico Fone della
Stella che avea sedotto molta gente del
popolo, pubblicando ch'egli era quello che
dovea giudicare i vìvi ed i morti; ma co-
me non die che delle risposte sciocche ,
& messo in prigione, ove morì poco do-
po. Nella stessa assemblea fu accusato Gu-
glidino arcivescovo d'York di non esse-
restato detto canonicamente, ma intruso
per autorità regia ; ne fu convinto e Al-
berto o Alberico vescovo d'Ostia pi*onun-
àò contro di lui a nome del Papa la sen-
tenza di deposizione, però contro il pare-
re della maggior parte de'cardinali. Fra
i tmti canoni di questo concilio, uno fa
conoaoere l'orìgine de'parrochi titolari,
fioendo: » Non si metteranno nelle chic-
le sacerdoti per commissione, ma ognu-
na avra il suo prete particolare, che non
potrà essere destituito che dal giudizio ca-
▼OL. LTIl.
REI 8[
nontco del vescovo, e se gli assegnerà la
sussistenza conveniente sopra i beni del-
la chiesa". Il ^G.^nel iiSyAÌ ^fj.^neì 1 1 58
sulle differenze insorte tra il vescovo di
Leon e l'abbate di s. Martino. 11 28.° nel
1 164 tenuto da Alessandro III per la cro-
ciata di Palestina , onde mandarvi soc-
corsi. 11 29.° nel i23i fu celebrato a s.
Quintino (^.)nel Vermandois, sulla di-
sciplina, e relativamente alla causa di Mi-
Ione vescovo di Beauvais. 11 So.^nel i ^35
pure a s.Quintinosulla libertà dellechie-
se, donde l'arcivescovo di Reims con 6
suffraganei andai*ono a Melun a trovare
s. Luigi IX per fargli delle rimostranze
sopra certi articoli che offèndevano se-
condo essi la libertà della chiesa. Il 3 1.°
nello stesso anno a Compiegne per alcune
osservazioni da presentarsi a re s. Luigi
IX. 11 32.° nello stesso anno a Senlis.II
33.° nel i236a s. Quintino per le im-
munità della chiesa. Il 34-° as. Quintino
sullo stesso argomento. Il 35.° nel 1257
a Campiegne. Il 36.° nel 1287 ili.° otto-
bre, tenuto dall' arcivescovo Barbet, con
7 sulTragenei e i deputati di due altri, i
quali risolvettero di spedire a Roma, per
tener dietro sino all'intiera sua spedizione
all'afi&re che aveano coi frali mendican-
ti francescani e domenicani, sui privilegi
della confessione e predicazione, accorda*
ti loro da Martino IV. li 37.°neli3oi ai
22 novembre, in cui si feceuna costituzio-
ne di 7 articoli, riguardanti nella piìi parte
ì chierici citati avanti i tribunali secola-
ri. Il 38.° neli564> tenuto dall'arci vesco-
vo cardinal Carlo di Lorena, e fu nume*
rosissimo pei vescovi di Soissons, Senlis,
Chalons, Verdun, per l'arcivescovo di
Sens, pei procuratori de' vescovi di No-
yon, Laon, Amièns, Boulogne, pei depu-
tati de'capitoli, e molti abbati che vi as*
sisterono ebbero il voto. Si tennero 19
congregazioni: nella 2.' de'28 novembre
sì conchiuse, che quanto all'articolo del«
là riforma de' costumi , sarebbe rimessa
al concilio seguente. Si fecero molti statu-
ti e regolamenti^ sulla residenza de'cura-
6
82 REI
ti, i sagraroentì, la vita regolata de' pasto-
ri, l' esame pegli ord'maDdi e pe' curati ;
eccellenti sono quelli spettanti alla vita
clericale. Il 89.*^ nel 1 583 provinciale pre-
sieduto in maggio dal cardinal arci vesco-
vo Lodovico di Guisa, e pubblicato colle
stampe di Parigi. Vi furono i vescovi di
Soissons, Laon, Beauvais, Clialons , No-
yon, Amiens e il deputato di Senlis. Vi
si trattò del culto divino, breviario, mes-
sale, rituale; de'giorni festivi, de' sagra-
menti, seminari, sepolture, curati e ca-
pitoli; de'simoniacì, confìdenziari, usure,
visite vescovili e sino di diocesani ; oltre
molti regolamenti suU' amministrazione
de'sagramenti e doveri degli ecclesiastici,
e per l'osservanza del concilio di Tren-
to. Gregorio XIII lo approvò con breve
de'3o luglio 1 584. Di tutti questi conci-
lii trattano Labbé, Arduino, Martene, la
Gallia crisliana, Pagi} ^1 ^'2. de conci'
Hi. Nel i85i l'attuale cardinale arcive-
scovo ba ripreso , come in quello tenuto
nel 1 85o,Ia celebrazione de'sinodi annua*
li, e ne trattano i n. 253 e 254 ^^^^' Osser»
valore romano, A'23 settembre il suono
delle campanedi tutta la città, e le 8 del-
la cattedrale ne dierono l' annunzio. La
messa sinodale si celebrò ai 25 con tutta
la pompa; in una mensa era aperto il li-
bro degli evangeli; nel recinto del coro
eravi tutto il clero colle insegne di digni-.
tà, tra le quali distinguevasi la bella croce
in ismalto azzurro appesa al cordone vio*
lacco cbe decora il petto de'canonici tito-
lari, nuovo ornamento che data dal tem-
po degli onori recentemente conferiti al
capo di questa illustre chiesa. Furono os-
servati i riti e le ceremonie prescritte dal-
la liturgia romana. Il cardinale che lo pre-
siedette, vi pronunziò eloquente allocu-
zione, analoga alla riapertura de' sinodi
ed ai bisogni di opportune provvidenze
e statuti. Vi trattò de'libri la cui lettura
è interdetta ai sacerdoti , ai chierici , ai
laici, come della lettura pericolosa di cer-
ti giornali; sull'approvazione della stam-
pa, de'libri; sul divin culto per la ripristi-
REL
nata liturgìa romana, cui erasi fatto lo-
devole sagrifizio di abbandonar la remen-
se; sull'uso dell'organo e la musica delle
chiese; sull'offerta del pane benedetto nel-
la messa parrocchiale, avanzo dell'anti-
co rito delle oblazioni di pance vino pel
sagrifizio, distribuito a tutti come indizio
d'unione, di fede e di sagrifizio, come sim-
bolo di carità, in testimonio del pane vi-^
vo disceso dal cielo; è questo pane degli
angeli che il sacerdote invoca nel benedi-
re tale offerta, onde coloro che vi parte-
cipano ne abbiano la salute dell'anima
e del corpo. Questo uso del pane bene-
detto mantenuto in molte parrocchie del-
l'arcidiocesi, per la virtù provata contro
i demonii, la guarigione d'infermità e la
santificazione delle anime, sarebbe esteso
per tutta. Inoltre il cardinale vi trattò
principalmente le cose concernenti le con-
fraternite,! di voti pellegrinaggi, l'uso del
rocchetto e della berretta, la predicazio-
ne, le scuole, le parrocchie, gli olii santi,
i padrini e le madrine, lai.' comunione;
quanto spetta alle messe parrocchiali, al-
tari portatili, doveri de'confessori, ammi-
nistrazione di sagramenti ; la visita de-
gl'infermi, il viatico, r estrema unzione ,
gli ordinandi. Il cardinale con quella dot-
trina che lo rese celebre nelle sue opere
teologiche, vi fece una meravigliosa figu-
ra. Il sinodo durò 6 giorni, con 2 sessioni e
6 sedute, formandosi 28 capitoli con ap-
pendici.
RELIGIONE, Fides, Religlo, Ritiis.
Cognizione della Divinità e del Culto {f"^,)
che le si deve rendere, unita alla volon-
tà di adempire un tale dovere. Secondo la
forza del termi ne, questo è il vincolo che
unisce l'uomo a Dio (F,) ed alle sue leg-
gi mediante i sentimenti di rispetto , ri-
conoscenza, sommissione, timore, e con-
fidenza ed amore che c'ispirano le sue di-
vine perfezioni e i benefizi che da lui ri-
ceviamo. Per decidere se Y uomo debba
avere una religione, basta sapere che vi
è un Dio , e che egli ha creato l'uomo ;
non potè farlo, com'è, capace di riilessio-
REL
ne e senlìmento, senza che gli ordinasse
di adorare il suo creatore. Quindi la spe-
rienia dimostra, che 1' uomo senza reli^
gione sarebbe assai poco diverso -da un a-
Dimale; tali sodo i selvaggi isolati che si
trovarono nati nelle foreste, e nelle caste
e tnbùd'indianiyche ?ivoiìo generalmen-
te come i bruti. E' assai sorprendente che
m trovino uomini i quali si vantino di
filosofia e che si procurino avvicinarsi a
questo stato di stupidità, i quali poco con •
tenti di rinunziare ad ogni sentimento
di religione, vorrebbero eziandio distrug-
gerlone'ioro simili. Così il Bergier.Tut-
ti i popoli in ogni tempo si sono creduti
obbligati di i*endere certi omaggi, siano
interui, siano esterni, a quella divinità
die si sono essi immaginata; quindi i vo-
ti, le preghiere, i templi, i sagrifizi, i mi-
niilrì degli altari, e finalmente tutto l'ap-
parato del culto religioso, che fij sempre
praticato dalle nazioni anche le più bar-
bare e meno civilizzate. I romani rispet-
tavano talmente gliDei decloro nemici, che
prima di assediare una città, deputavano
de'sacerdoti per supplicarli di uscirne, e
pereTocarli affi ne di attirarli nel loro cam-
po; intanto gli assediati li legavano stret-
tamente con corde per timoreche abban-
donassero la città. Salutavano essi i pro-
pri Idoli (^.) alla mattina, e li onorava-
no con lodi nelle feste e nelle altre occa-
àoDi tolenni. Gli antichi germani sagri-
Goavano al Dio Thor in tutti i giovedì,
aliinclié tenesse lontano il tuono, il ful-
mine^ la grandine. Allo spuntar del gior-
10 imagi' dei persiani cantavano inni in
OBOK degli Dei, e salutavano il sole na-
fcent^ qua! fuoco ch'essi consideravano
CBiae un principio eterno. I diversi po-
palidel mondo sempre cantarono alla lo-
ro maniera le lodi dell'Ente supremo, e
fi rendevano i loro omaggi con un'infi-
■Itàdi culti differenti deW Idolatria (F)
e con la religione del Paganesimo (^.):
Tidolatria unita al paganesimo chiamasi
PdUdfmo (^.). Questo accordo de' di-
icni popoli dell'universo Dell'onorare la
REL 83
divinità, ha la sua sorgente nella nozio-
ne di Dio e de' suoi allributi profonda-
mente scolpiti nel cuore dell'uomo, lo che
prova l'esistenza e la necessità della re-
ligione ingenerale. La religione soprau«
naturale o rivelala è quella che é supe-
riore alla natura e alla ragione umana, e
che l'uomo non può conoscere col solo lu-
me naturale, ma che ha bisogno della ri-
velazione divina per essere conosciuta: la
Rivelazione^ V,) è la conoscenza delle cose
future o nascoste che Dio ha concesso ai
suoi profeti, u'suoi santi ed alla sua Ghie*
sa. La religione naturale poi è quella la
quale non oltrepassa la forza ed i confi-
ni della natura, che si conosce col lume
naturale, che non ha altra regola o mi-
sura che la retta ragione nel culto di Dio
e nelle cose divine. La religione cristiana
deriva il suo nome da un Dio fatto uo-
mo, chiamato Cristo (^.)j quindi i suoi
discepoli furono detti Cristiani (^.), la
Fede (P^»), la dottrina e la religionecri-
stiana. Cristianesimo {F,). La religione
cristiana è la sola vera , e tutto concorre
a dimostrarne la verità. Le sue profezìe,
i miracoli, i martiri, il suo stabilimento,
la sua dottrina, la santità del suo autore
e di tutti i suoi veri discepoli, e la falsi-
tà delle altre religioni, tuttociò depone a
favore della religione cristiana, di cui è
supremo capo il sommo Pontefice (/^.),
che ha il Pnmato{F,) suWaChiesa (F),
Roma è madre di tutte le chiese, e cen-
tro della religione cattolica^ ma Cerasa'
lemme (F) e 1' Oriente [F.) ne furono
l'avventurosa culla. Nondimeno osserva
Rui nart, che la religione cristiana che pa-
ti Persecuzioni (F.) sino dal suo primo
principiare, ne'primi tre secoli della me-
desima fiorì con maggior perfezione nel-
l'occidente che nell'oriente. La morale
della religione cristiana è sublime, eleva-
ta, ed è estremamente utile alla società,
giacche per un privilegio che le è pro-
prio, essa ne allontana tulli i mali, nello
stesso tempo che le procura tutti i beui.
Principali proprietà e caratteri dcllu re-
84
REL
ligione cristiana sono l'amare Dio sopra
ogni cosa, ed il prossimo come noi stessi
per amordi Dio; riferire a Dio tutti i pen-
sieri, i desiderii,!e azioni, ed essere sempre
pronti a morire mille volte piuttosto che
ofifenderlo; fare agli altri ciò che voglia-
mo che gli altri facciano a noi; perdona*
re a'nostri ingrati e nemici; rendere bene
per male; pregare pe*nostri persecutori, e
ritenere per beati quelli che sono persegui-
tati, afflitti, disprezzati per la giustizia ;
rallegrarsi nelle tribolazioni, portare la
sua croce, vincere le proprie passioni, mo«
strarsi in tutto umili: queste sono le mas*
sime della morale dell' Evangelo (F,) o
dottrina di Gesù Cristo fondatore della
i*eligione cristiana. I beni che questa ci
promettecome sorgente della nostra feli-
cità sono ineffabili, infinitamente superio-
ri a'sensi e che consistono nel possedimen •
lo di Dio medesimo, nel goderlocon visio-
ne beatifica in Paradiso (F^,). Anche a Ri-
velazione parlai de*caratteri della religio-
ne cristiana cattolica. Tutte le altre reli-
gioni differenti dalla cristiana si riducono
principalmentea tre, cioè la Pagana^ VE"
hraicay la Maomettana (V.). La religio-
ne pagana none già soltanto puramente
umana e tutta carnale, ma anche ridico-
la, assurda, abbominevole e infame, ado-
rando una moltitudine confusa di divi-
nità favolose e colpevoli de'più gran de-
litti; è una religione falsa.
La vera religione è necessariamente an-
che la prima e la più antica. Dio crean-
do Tuomo, dovette insegnargli la manie-
ra dì servirlo, prescrivergli una religione
e un culto, senza de'quali l'uomo non a-
vrebbe mai potuto tendere e giungere al
suo fine. Ora la religione pagana non è
la prima, ne la più antica religione, poi-
ché formossi a poc(f a poco colle finzio-
ni de'poeti e delia mitologia , colle spe-
culazioni de'filosofi, in una parola è un
giuoco o aberrazione della mente uma-
na. La religione ebraica é il culto che M o-
sé insegnò e prescrisse agli ebrei per ono-
rare TEn te supremo; ma per le prevarica-
REL
zioni degli ebrei porta con se la sua con-
danna nelle sue profezie : dessa in Cristo
fini, essendosi in lui appieno verificali i
profetati segni del Liberatore promesso;
da tanti secoli é priva di tempio , di sa-
grifizio,di sacerdoti; sperperato e confu«
so il popolo, senza traccia di tribù, di ge-
nealogìe, di famiglie. La religione mao-
mettana fu inventata 600 anni circa do-
po la religione cristiana da un imposto-
re, che facevasi chiamare profeta; non è
né vera, ne divina. E' un mescugliò mo-
struoso di deismo , di giudaismo con uà
poco di cristianesimo : lusinga essa le più
vergognose passioni, promettendo un pa-
radiso carnale; va debitrice del suo sta-
bilimento, de' suoi progressi e della sua
conservazione al fanatismo e alla forza del-
le armi : ripugna alla ragione speculati-
va e pratica. Non basta essere cristiano
per salvarsi, bisogna professare la religio-
ne Cattolica (^.)« apostolica e romana :
non si salvano gli Eretici e Scismatici
(^.). Tutte le sette cristiane differenti dal-
la chiesa romana sono false e devono ri-
gettarsi : la chiesa romana è la sola vera
reIigione,ed é la sola che dobbiamo segui-
re per salvarci. Imperocché Lutero, Cal-
vino, Zuiniglio, Enrico Vili non autenti-
carono la loro pretesa missione,se non con
laidezze, crudeltà, rapine, profanazioni ,
bestemmie. Stesero la loro influenza con
blandire le passioni,ed allentare il freno ad
ogni sregolato appetito. 1 loro sistemi fu-
rono assurdi e senza base, onde i loro se-
guaci li rinegarono e si ramificarono in
sette innumerabili. La Propagazione del-
la fede [F',) della religione cristiana ri-
porta anche a'nostri giorni copiosi trionfi
sul Gentilesimo {F',) e sul Protestantismo
(F,). La i*eligione cristiana perla sua ec-
cellenza è il fondamento d'ogni società e
d'ogni governo. La sicurezza e la felicità
d' ogni governo e di ogni società è essen-
zialmente fondata sulla religione cattoli-
ca, che sola può ispirare ai. principi 1' a-
more pei propri sudditi , ed ai popoli il
rispetto per le loro leggi, I principi stessi
REL
Infhidi {V^ o idolatri sentirono troppo
la neoeifità d' una religione , pemocchè
non oonoscendone una yera ne adottaro-
DO una fiilfa : sapevano essi che senza di
qoeito, tutte le leggi non possono avere né
fi>na né vigore. Su questo sublime e va-
stisùmo argomento si possono vedere gli
articoli die ne trattano, ed i seguenti au-
tori. G. Cernitori, BibUoleca polemica
deffii seriUori che din/ 1770 ali'jg^han'
no diJesi o impugnanti i dogmi della re-
Vffoae caUoUca^ Roma 1 798. Bergìer ,
Trattato storico e dogmatico delia vera
fiefijgfroite,Venetia 1782. Coccio, Thesau"
ruM cathoUcuseontroversiarumfidei^ Co*
l(wiaei66o. Muzio Vi telleschì, RelaziO'
ne dette persecuzioni mosse contro la fi-
ée in vari rrgni, Roma 1 635. Antonini,
Ferità del cristianesimo, Foligno 1 83o.
AotonioGettri, Dissert. sopra i benigran*
èssimi che la religione cristiana portò a
IttUi gli stati degli uomini, Venezia 1 828.
AntonioDragoni^ Dissert. storico 'dogma-
tica sulla vera religione dalla creaziO'
ne del mondo infino a Cristo Salvatore,
Cnemona 1 889. Calisto Fornari, Tratta*
lo del véro cristiano, Roma 1 838. Seve-
rino Fabrìani, La religione cristiana ^Mo-
dena 1837. G. cardinal Gerd il , Esposi*
vone de* caratteri della vera religione,
Gìoteppe Jean, Culto cattolico, Venezia
i83o. TommBMoMoore,Fiaggi in cerca
tuna- religione^ Venezia 1 835. Metodo
ii^naione per ricondurre gli acatloli*
dalia romana chiesa e confermare i cat-
tolici nella loro credenza, Venezia 1 83o.
GioaeflbPìnamonti, Ragionamenti intor-
no ai dispareri calle discordie che sono
tra j wdanti cattolici e i eoa detti incre*
Ui, Milano 1882. Salvi, Dalla religio-
ne eattolicasorgono i principii e progres-
à della eiviUà, dimostrazione , Venezia
1845. Audio della religione , Venezia
1823. Pietro Schedoni, Della religione
tmdùutj Modena 1 83o. Trionfi della re-
ffjpone, Napoli 1880. Antonino Valsecchi,
Défimdamenti della religione e de* fon*
iawtend ddC empietà, Bologna 1887. La
REL 85
religione vincitrice, Padova 1776. Gio.
Fortunato Zamboni, La religione in i»
spiegazioni e dialoghi, Trento 1818. A-
lessandro Lazzarini, De'pregi dello stu-
dio della religione cristiana,Koma 1 824*
A. Boutruche, Quadro comparativo edi»
storico delle religioni antiche e modera
ne, delle principali sette religiose e delle
scuole filosofiche. Uguale dimostra fin*
fluenza sociale del cristianesimo e lo sta-
hilimento della società cristiana sulle rui»
ne della pagana, Parigi 1 84 1 . G. F. Lho-
mond. Storia della religione prima della
venuta di Gesù Cristo ragionata e com-
pendiata, nella quale si dimostra la sua
divinità, con la serie delle promesse figa»
re e profezie che annunziarono Vadorabi»
le suo fondatore, non che gli avvenimen-
ti e le rivoluzioni temporali che dispose-
ro il mondo alla grand-opera del Mes-
sia, traduzione spagnola di Berriozabal,
Madrid i843. Si possono leggere i 5o
motivi cavati dalla sana ragione e dalle
basi di vera credenza che la fede roma-
na cattolica sia da pi*ererirsi come la sola
vera a tutte le religioni, compilati da An-
tonio Ulrico duca di Brunswich e di Lu-
neburgo, nell'abbandonare il protestan-
tismo e ritornare al grembo della religio-
ne cattolica,pubblicati dal p.Theiner,i$Vo-
ria del ritorno alla chiesa cattolica delle
case regnanti, p. 3o. Alcuni di tali motivi
li riportai in diversi articoli, come a Pbo-
TESTANTI, a Religiosa. Nel voi. 8,p.436
degli Annali delle scienze religiose, si leg*
gè il saggio di una classificazione nume-
rica degli abitatori della ten'a, giusta la
differenza delle religioni , in tutti ascen-
denti a circa 872 milioni, e divisi: Catto-
lici romani d'Europa 11 4)5oo,ooo; Asia
3,100,000; Africa r, 100,000; America
28,420,000; d'Australia i5,ooo. In tut-
ti 142,1 4^)000: ma sono più e comune-
mente si vogliono ascendere a 200 milioni.
Protestanti e altri cristiani orientali, i qua-
li non appartengono ne alla chiesa greca,
ne alla romana, in tutti 62,785,000;
de'quali in Europa 49>2oo,ooo, in Ame-
^6 REL
rica I i,620. Della fede greca, io tulli
57, 1 1 1 ,000. AiTneni, copti eallh inoDO-
fìsisti e selle orientali separate dalla chiesa
greca e romana, in tulli 5,85o,ooo. In so-
stanza i cristiani presi tutl'insietnesecondo
la statistica sarebbero 267,89 1 ,ooo.Giu-
dei 3,26o,ooo.Maomettaui 1 37,700,000.
Bramini in Asia 1 1 7,000. Buddhisli e di-
scepoli diConfucio, di Fo,ec.23o,200,ooo.
Seguaci di Lama 42,35o,ooo. Pagani
73,600,000. Di tutte queste religioni e
sette, come de'principii che professano,
trattai a'ioro articoli, o in qtielli in cui
sono tali religioni oselle. Mg /Domeni-
co Lo Jacono vescovo di Girgenli, nel
1843 lesse ntW Accademia di religione
cattolica [y,) Tinteressante dissertazione:
Se e quanto il principio del progresso ab-
bia luogo nella religione. Accennata la
smania del nostro secolo di voler porta-
re da per tulio il suo vantato progresso,
traccia da prima l'idea caratteristica del-
la religione santissima di Gesù Cristo,
quindi con argomenti irrefragabili, de-
dotti dalla divina origine della medesima
e dalla pratica costante di tutti i tempi,
dimostra qualmente ì suoi dorami, la sua
morale, il suo culto sono stati e saranno
sempre gli stessi, né possono nella sostan-
za ed in un senso assoluto ammettere al-
cuna sorta di progresso. Che se uno svi^r
luppo piti chiaro de'dommi cattolici, uno
studio più profondo della scienza sagra,
una più esatta e generale osservanza dei
precetti evangelici, una più regolare ma-
gnificenza del culto esteriore, ed un zelo
più acceso e più attivo di estenderlo per
ogni dove vogliono indicarsi improvvi-
samente col nome di progresso, il eh. au-
tore non solo non trova che ridire in sif
fililo linguaggio; ma dalla storia della
Chiesa prendendo motivo di confermare
viemmaggiormenté l'assunto, con dotte
e profonde investigazioni ammira di se-
colo in secolo la portentosa condotta del-
la Provvidenza, Ja quale a misura che
sorgevano i diversi errori, per serbare in-
tatto il deposito della fede, seppe oppor*
REL
tunamente suscitare ora i ss. Padri, ora
i concilii, ora i teologi, ora gli apologisti,
afiinchè fossero messi in tutta la loroluce
que' punti del domma, della morale e del
culto,ch'erano presi segnatametitedi mi-
ra dagli eresiarclii. Il che gli apre un vasto
campo di scendere al particolare, e di fa-
re in proposito acconce rilevanti osserva-
zioni su qualcuno de'misteri,su1 primato
del romano Pontefìce, sugli ordini reli-
giosi e sulla grand-opera delle missioni;
quindi conclude, che la religione cattoli-
ca, immutabile e perfetta dì sua natiu-a,
nelle sue tre parti essenziali, cioè nel dom-
ma, nella murale e nel culto, può essere
più o meno illustrata, ma non è suscet-
tiva di quel progresso che intende il se-
colo, e che stoltamente applicar le vor-
rebbero i novatori de' nostri giorni. Nel
n.°7 del Diario di Roma iS^^j si legge,
che affme di proporre un eccitamento ai
nobili ingegni, onde diano opera con a-
lacrìlà alla difesa e airincremento della
religione cattolica, il defunto illustre mi-
lanese march. Federico Fagnani concepì
il generoso e mirabile divisamento d'as-
segnare alcune pensioni vitalizie e alcuni
premi per quelli, i quali si segnalassero
ne'di versi scientifici e letterari lavori, che
verrebbero successivamente proposti e
stampati, giusta la testamentaria dispo-
sizione,della quale è legatario il cardinal
6rignole« In esecuzione pertanto del pio
legalo si pubblicò il programma pel i.°
concorsocon pensione annua di scudi 1 20,
a chi entro un triennio farà Io scritto pili
utile alla religione cattolica apostolica
romana. Se ne tracciarono gli argomenti,
e di più si promise un premio di scudi
3oo sul miglior libro che tratterà; La re-
ligione di Gesù Cristo, sola origine del
Tero incivilimento, sola base del privato
e del pubblico bene, solo mezzo di con-
ciliare la pubblica colla privata felicità.
Sulla religione cattolica ,da alcuni disprez-
zata e vilipesa, V attuale zelante vesco-
vo diSaluzzo mg.** Giannotti di recente
pubblicò una bella lettera pastorale, di
EEL
eoi un importante brano si legge nel n.**
172 deW Osservatore romano deli 853.
Finalmente noterò, che il vocabolo Reli'
gione, ai applica ancora per indicare un
ordine o una congregazione religiosa, la
regola de'religiosi, il loro convento o mo-
nastero, quindi /{e//^/o5o(/^.)rindividuo
che vi appartiene. L'ordine equestre, re-
golare e militare Gerosolimitano o di
Ualia, comunemente si chiama Religio-
ne di Alalia, Religione Gerosolimitana j
oofì qualche altro simile ordine equestre
e regolare.
RELIGIOSA, Firgo Devota.Sancti-
monìalisj Monialis. Zitella o vedova con-
sigrata coi 3 F^oti (F.) di castità, po-
vertà e ubbidienza, semplici o solenni, e
vivente in Afona^/eroo Chios(ro,ne\ Con»
servatorio, presso Ospedale ^F.) , scilo
uiiaeerta Regola (^.). Allorché la brama
di tervire più perfettamente a Dio in-
dmie gli uomini a ritirarsi nella solitu-
dine per attendere unicamente alla Pre-
jUera (^.) ed al lavoro, furono ben pre-
sto imitati dalle Donne [F,), che abbrac-
ciarono lo stesso genere di vita ; altre si
dedicarono al servigio delle chiese e delle
diaconie, e si chiamarono Diaconesse e
Pretbiteretse(F.). In progresso di tempo
Girono istituiti gli ordini deWe Monache
(r.), delle Canonichesse{F,), delle Ter-
varie (^•)> delle Recollette (^.), e con
tutte quelle denominazioni di cui tengo
proposito ai loro articoli, segnatamente
delle religiose tuttora esistenti o istituite
Degli ultimi anni; quindi feci pure arti*
eoli per le religiose Oblale {F.)j come
delle Suore o SorelU{F.), o Figlie (F)
della Carità {F.),eà Ospedaliere (F.\
le quali sono grandemente benemerite
della pubblica educazione morale e reli*
|msa delle fanciulle, non che delia pie-
tosi assistensa delle inferme e degriufer-
aip essendo segno delle universali bene-
i dirioni. Fra'motivi che indussero Anto-
ni no Ulrico duca di Brunswich e di Lu-
admrgo, a ritornare alla Religione ( F,)
arttolìcai vi sono i seguenti , facendo il
REL 87
confronto colla pretesa de' protestanti.
f* Nella religione cattolica romana un
gran numero dell'uno e dellaltro sesso,
di nascita illustre, di ricche sostanze e for-
tune, si sono generosamente consagrati
al servizio di Dio, e passone le loro vile
in una volontaria povertà, in un'angelica
purità. Nelle altre religioni noi non tro-
viamo veruno per nascita distinto e perca-
rattere,che metta sestesso nel rango de*mi •
nistri, e di questo è cosa assai rara il tro-
varne uno che abbracci la vita continente.
Pi*ova evidente che la necessità di guada-
gnarsi il vitto è il solo motivo in essi di
prendere questo stato; ove che nella chiesa
cattolica romana l'amor di Dio, l' inte-
resse della propria salute, e la viva e vera
fede sono i motivi che spingono un sì
gran numero di persone a consagrare in-
teramenle se stesso al servigio dell'on-
nipotente Iddio. La continenza, quel sin-
goiar dono di Dio, non è dato ai mini-
stri protestanti, ove pur è dato a sì gran
numero di religiosi uomini e donne della
religione cattolica romana, che per la gra •
£ia di Dio menano tutta la vita loro non
solamente in uno stato di continenza, ma
senza macchia o lordura alcuna in quello
di pura verginità ". F. Vergijte e Ve-
dova. All'articolo Moitaca dichiarai cosa
sono le religiose, e parlai delle loro di-
verse denominazioni come furono qua-
lificate^ come delle differenti specie delle
religiose esistenti o che furono, inclusi-
vamente a quelle che appartennero a or-
dini regolari militari, a quelle impiegate
ne Conservatorii^ F,) alla istruzione pub-
blica, a quelle penitenti. Parlai ancora
delle loro Superiora, Priora, Abhadessa
(^.), già potenti come signore didominii
temporali; di che pure a Regalia e ar-
ticoli analoghi, mentre a Regina dissi che
quella di Boemia la corona l'abbadessa
di Praga ; degli abusi di alcune badesse
nell'esercizio della loro autorità sulle re-
ligiose; perchè chiamate Suore o lìJadri,
co'di versi titoli che loro spettano, de'quali
anche a Madre e Suora (F)j delle loro
88 REL
religiose Cb/it^er^e, a vendoMorcelli chia*
malo la monaca coxvievsa y A nciUa sancii'
monialisjóei pregi del Celibato ^F,) che
osservano; dell'ongine delle religiose non
meno d'oriente, che d'occidente, e delle
loro differenti qualità e diffusione, men-
tre ai loro articoli e ne'luoghi ove sono
ne riparlo meglio; della Clausura {F,)^
e in quali circostanze poterono uscirne le
religiose; di quanto riguarda il servizio
delle chiese, e quale fu loro permesso;
delle loro Doti e Livelli {F'.)j di quanto
spetta alla disciplina regolare delle reli-
giose; de'monasteri doppi, ossia con pro-
pinqui monasteri o conventi di religiósi
del medesimo istituto; del divieto di far
doni; sulle regolate o superflue spese del-
ie vestizioni accompagnate da vana osten-
tazione de'poco saggi parenti, che fanno
eccedenti inviti quasi fossero rappresen-
Iranze profane, con un complesso di cose
abusive e del tutto contrarie allo spirito
della professione religiosa, certamente op-
poste alla edificazione che si dovrebbe cu-
rare. Di^si pure di alcune vestizioni ese-
guite da'Papi, come della Professione re*
ligiosa {F,)i sui confessori delle religiose,
sui loro parlatoriiy la cui frequenza è proi-
bita tanto alle religiose che a gli ecclesiasti-
ci e laici,ec. Moltissime nozioni suìReligio»
so (F,) sono comuni e riguardano altresì
le religiose. Delle principali leggi della
Chiesa sulle religiose, decretate da' Papi e
da'concilii, ne tratto in molti articoli; qui
riporterò i canoni principali formati nei
concilii sulle religiose. 11 concilio detto
Trullo del 692, col cau. 4^ proibì d'a-
dornare d'abiti preziosi e di gemme le
figlie che vorranno prendere l'abito di
religiose, per non far credere, che lasci-
no il mondo con rincrescimento: in vece
l'odierna disciplina permette, che tanto
le monache o religiose velate o coriste,
che le converse si vestino con pompa e
come si dice da spose, nel giorno della
vestizione, ed in alcuni monasteri anche
qualche giorno innanzi, perdiè costuma-
no di portarsi a visitare altre monache
REL
e religiose accompagnate in carrozza da
una signora; il quale adornamento si pra*
tica per significare che quella è V ultima
comparsa che fanno al mondo. Uconcilio
del Friuli del 791, col can. 1 a prescris-
se. La clausura delle religiose sarà esat-
tamente osservata. Nessuno entrerà nel
loro monastero senza la permissione del
vescovo, il quale non ci andrà nemmeno
^sso, che accompagnato dai chierici. Né
le abbadesse, né le religiose usciranno
sotto pretesto d'andare a Roma, o altro-
Te in Pellegrinaggio (F,), Il concilio di
Londra del 1 1 38, can. 16, proibì alle re-
ligiose di portar pelliccie di prezzo, come
di martori,ovvero d'armellini, d'aver sca-
tole d'oro, o d'arricciarsi i capelli, il tutto
sotto pena d'anatema. Uconcilio di York
del 1 195, can. 1 1, statuì che le religiose
non usciranno dal recinto del monastero,
che con l'abbadessa o la priora. 11 con-
ciliodi Parigi dell 2 12, col can. 9 ingiun-
se ai vescovi di darealle religiose de'con-
fessori scelti. In un canone del concilio
di Tours del 1 289 si legge. La corruttela
della simonia si è talmente sparsa tra la
maggior parte delle religiose, che appe-
na ne ricevono alcuna nel numero delle
suore, senza trattar di denaro, e si stu-
diano di coprire questo disordine col pre-
testo della povertà. Noi proibiamo, che
ciò non succeda più in avvenire, e di più
ordiniamo, che se qualche religiosa cade
in avvenire in questo disordine, tanto
quella che avrà ricevuto, quanto quella
che sarà stata così ricevuta, sia superio-
ra o infermiera, venga cacciata dal mo-
nastero senza speranza dì ristabilimento,
e che sia chiusa in un luogo dove la regola
sia con più rigore osservata, per farvi per-
petua penitenza. £ quanto a quelle che
sono state così ricevute avanti il decreto
di questo concilio, noi abbiamo giudi-
catoche fosse d'uopo provvederci in que-
sta maniera, che sieno collocate in altre
case dello stesso ordine, quelle che ci en-
trarono malamente. Che se fosse impossi-
bile collocarle comodamente in altre ca^
REL
se a motifo del troppo numero di esse,
affioefaé ooa si perdano nel secolo, me*
nandod una vita errante e Yagal)onda,
Meno accettate come di nuovo perdispen*
M nello stesso monastero, cambiando i
primi posti che ci occupavano, e dando
loro gli ultimi. Noi ordiniamo altresì, che
la stasa cosa sarà osservata riguardo ai
monaci edagli altri religiosi. Ed affinchè
non si possa scusare, o a titolo di sempli-
cità o d'ignoranza, noi ordiniamo, che i
vescovi diocesani facciano pubblicare o*
gni anno questo ordinamento nelle loro
diocesi. Dal can. Quoniam de simonia ^òA
concilio Lateranense del 121 5, ne segue,
essere simonia il ricevere qualche cosa da
quelli ch'entrano religiosi in un mona-
stero, quando il monastero ha il modo
di mantenere chi ci entra. Poco dopo il
concilio di Cognac del 1228 statuì, che
non si esigerà nulla per l'ingresso in re*
ligionei oè si farà nessun paltò in tal pro-
posito. Questa disciplina in generale non
si pub pili osservare, a motivo del depau-
peramento cui soggiacquero le case reli-
giose per le vicende de' tempi: in que'mo-
uasleri In cui é indispensabile portare u-
na dotazione, talvolta si dispensa in con-
siderauone dell'abilità che abbia chi n'è
priva, nel suono dell'organo, nel canto ec-
clesiastico, o in qualunquealtra virtù che
possa riuscire utile al monastero,e talvol-
ta ancora per la sua impotenza a contri-
buire quanto si richiede per speciali ragio-
ni.Noodimenonon mancano monumenti,
da'qnali si apprende che anco anticamen-
te ci voleva la dote per fare una monaca.
Il concilio di Sens del i5i8 comandò
che non si riceveranno religiose nel mo-
nastero, che a proporzione delle rendite,
enon si esigerà nulla per l'ingresso, o per
l'aocettasione sotto qualsivoglia pretesto.
Contuttociò se il numero essendo pieno,
qualche figlia soprannumeraria doman-
dasse di fiursi religiosa, allora si potrebbe
ricévere una pensione, che non sarebbe
estinta per la sua morte, in caso che si vo-
lesse ricevere qualche altra figlia povera
REL 89
in sua vece. II concilio di Trento, sess. 25,
cap. 5, de Refortn, RcguL et Monialibus,
oltre il decreto sulla Clausura, che ri-
portai a quell'articolo, ordinò col cap. 7.
Non sarà eletta abbadessa, priora, supe-
riora, o con qualunque altro nome si ap-
pelli, chi non ha 4o anni, e chi non ne
ha passati 8 dopo la sua professione, in
una condotta lodevole e senza rimprove«
ro. Che se non se ne trovano con que-
ste qualità nello stesso monastero, se ne
potrà prendere d'un'altracasa dello stes-
so ordine, e se in questo si trova qualche
inconveniente, si potrà col consenso del
vescovo, o d'altro superiore, eleggere
un'altra tra quelle della stessa casa, che
avranno piò di 3o anni, e che dopo la lo-
ro professione avranno almeno passati 5
anni nella casa, con una condotta saggia
e regolare. Nessuna religiosa potrà essere
preposta al governo di due monasteri, e
se alcuna se ne trova averne due o più
sotto la sua condotta, ella sarà obbliga-
ta, non rilenendone nemmeno uno, di ras-
segnare tutti gli altri, altrimenti tutti sa-
ranno vacanti di pien diritto. I vescovi
e altri superiori delle case religiose avran-
no particolar cura, che nelle costituzioni
delledette religiose, sienoavvertitedi con-
fessarsi e di ricevere la ss. Eucaristia o-
gnt mese, affinchè, munite di questa sal-
vaguardia salutare, possano superare co-
raggiosamente tutti gli attacchi del de-
monio. Il concilio di Colonia del 1 536,
della disciplina monastica art. 8. Quan-
to ai Confessori [F',) delle religiose , si
avrà cura di far la scelta per qtiesto mi-
nistero di persone regolate, savie, abili,
che si guarderanno di non interrogarle
sopra certi peccati, de'quali non si accu-
sano, per non insegnar loro ciò che non
sanno: non le ascolteranno in confessio-
ne in luogo particolare, ma in presenaa
delle altre religiose, affine di evitare non
solamente il male, ma il sospetto che se
ne polirebbe avere. Oltre il confessore or-
dinario, il vescovo o gli altri superiori ne
presenteranno due o tre volte all'anno
go BEL
un altro straordinario, per udir le con-
fessioni di tulle le religiose. Can. io.
]1 s. concilio pronuncia analema contro
tutti e ciascuno di qualsivoglia qualità e
condizione, tanto ecclesiastici che laici,
secolari o regolari, che in qualunque ma-
niera costrìngessero una figlia o una ve-
dova, o qualche donna d'entrare in un
monastero, o prender l'abito di qualsisia
religione, o dì far professione, o che desse
consìglio o assistenza per questo. Lo stes-
so anatema contro quelli, che senza giù «
sto motivo mettessero impedimento, di
qualunque maniera, al santo desiderio
delle figlie o d' altre donne, di prender
il velo o di far volo. Can. 1 8. Le regole
generali stabilite pel noviziato e la pro-
fessione religiosa, sono applicabili tanto
ai religiosi che alle religiose; ma per cer-
te considerazioni vennero stabilite alcune
regole particolari concernenti la profes-
sione religiosa delle donne. Altre volte
quando esse non erano tutte raccolte in
Comunità ecclesiastica (F'.) o religiosa
e rinchiuse ne'chiostri, il vescovo avea e-
sclusivamente il diritto dì consagrarle e
di dare loro il velo, il che non difTeriva
punto dalla professione che si fa presen-
temente collesolennità prescritte dalPo/i*
tificale Romano: De benedictione alba*
tissae: De benedictione et consecralione
virgiiìum^ in fine della quale vi è VAna»
ihenia contra molestantes bona mania*
lium^ veleas ad maluni inducentes. Per
la benedizione e imposizione delle mani
del vescovo sulle badesse, nella formola
sì parla del regimen anìmarum^ e che es-
sa è abaiissam oviuni luarum , cioè di
Cristo; e gli dà il libero e pieno regime
temporale e spirituale sulle sue monache
e monastero: tanto la carica di abbate
chediabbadessa, la chiama dignità e Pre*
lato (/^.). Per velare e consagrare le ver-
gini, colle particolari benedizioni, vi è la
consegna del breviario, e anticamente an-
che dell'anello come spose di Gesù Cristo
(^.ANELLOI)ELL'ABBADESSE,e il Vol. XXV,
p. 47)9 essendo tali benedizioni de'primi
REL
tempi della Chiesa : altre ceremonie, co-
me del taglio à^* Capelli (r.)^ le riportai
nel voi. XLVI,p. 48) parlando delle ve-
stizioni, ove pur dissi che le religiose con-
sagrate a Dìo sono chiamate £>cfo devote^
C dell'antìfona prò devoto foemineo sexu^
pel quale devesi intendere le religiose, poi •
che il devolute sinonimo di consecratus^
come vuole Nardi, De* parrochì t. i,p.
32 1 . Le abbadesse furono anco chiamate
Pastore, ed alcune hanno il Pastorale e
giurisdizione. Nel citato volume parlai di
alcune vestizioni fatte da Pio VI I; di quel-
le eseguile da diversi altri Papi trattai di-
cendole notizied'alcuni monasteri di Ro-
ma, come delle vestizioni e velazioni fatte
nellecarmelitane, da Innocenzo XIH, Be-
nedetto XIII e Benedetto XIV, lo notai
nel V0I.X, p. 46 e 5 1. Di quella fatta ese-
guire da Clemente XIV dal nunzio di
Francia, parlai nel voi. XLVIII, p. i54.
Ordinariamente in Roma fanno le vesti-
zioni i cardinali, anche diaconi con pon-
tificia dispensa, lo che rimarcai nel voi.
XIX, p. 286. Nel n.°232 del Diario di
Roma del 1 777, si legge che Pio VI au-
torizzò il cardinal Corsini deiroidine dei
diaconi, benché sacerdote, a vestire una
monaca. 11 concilio di Parigi deir829 ri-
servò espressamente al vescovo il diritto
di dare il velo alle F'edove e alle Vergini
che si consagravano a Dio, e condannò
3 abusi che sì erano introdotti a quel lem •
pò: 1.^ l'arbitrio preso da alcuni preti,
I quali senza aver consultato il vescovo
davano il velo alle vedove e consagra-
Yano a Dio le vergini; 2.^ quello di al-
cune donne che s'imponevano da se stes-
se il velo ; 3.^ quello di -alcune abba-
desse e religiose, le quali si attribuiva-
no siflfatta autorità verso alcune vedo-
ve o Tergini, le quali volevano ritirarsi
dal mondo. Il concilio di Trento confer-
mò espressamente questo diritto de've-
scovi, prescrivendo l'esame delle donne
che Togliono entrare in religione. Ecco
come parla in proposito, sess. 1 5, cap. 1 7
deReguL^ e. Puellae. Il sagro concilio di
REL
Trento, iroleodo provvedere nlla lil>erlìi
delle vergini che dovranno essere Gona-
gra te a Dìo, stabilisce ed ordina che una
fiinciuUa, la quale vorrìi vestire Tnbito,
iion avendo oltrepassato i 1 1 anni non po-
trà làrio, e che né essa in seguito, né qual*
•iasi altra non farà professione, se non
quando il vescovo, o lui assente o impe-
dito, il tuo vicario generale, o alcun al-
tro incaricato da essi e a loro spese, non
abbia dapprima accuratamente esamina •
ta la Tolontà delta fanciulla, ed indagalo
se essa non fosse stata coslretta o sedot*
lap e se conosce bene ciò che fa; e dopo
che si torà riconosciuto il suo pio desi*
derìo, ed essere libera la di lei volonlù^
corae pure aver essa le qualità e le con-
dixioni prescrìtte conformemente all'or-
dine ed alla regola del monastero, e fi-
nalmente che la casa sia a lei adattata e
che le convenga, le sarà permesso di fare
liberamente la sua professione, ed afliu-
Aè lì vescovo non ne possa ignorare il
tempOyMrà obbligata la superiora del mo-
nastero di avvertimelo un mese prima ;
e se essa om mette dì farlo sarà sospesa
dalle funzioni della sua carica per tutto
quel tiuonpo che piacerà al vescovo. Tulli
i condili provinciali si conformarono a
questo regolamento; equello di Cnmbray
del i586 dichiarò che bisogna applicarlo
anche ai conventi o monasteri privilegia-
ti. I religiosi e le religiose non possono
ammettere ì minorenni senza il consenso
de'Ioro genitori. Vi sono in proposito di-
versi decreti, i quali non hanno altro sco-*
pò, se non che quello d'impedire la se-
dnsionedal latodeVeligiosi, edi non ren-
dere nello stesso tempo i padri e le ma-
dri arbitri dello stato de'Ioro figli ; vale
■ dire che te dopo le prove e gli esami
convenienti il postulante persiste nella
sua vocaxione, non si deve per riguardo
alle lagnaoce de'genitori, tralasciare di
ammetterlo a vestire l'abito, ed a far la
professione religiosa. ^. Padre, Madke,
Figlio, Novizia, Religioso.
RELIGIOSO, Religiosus , DevQtus,
REL 91
Nome del Monaco (/^.)j del Canonico
regolare (F,\ del Frale (r.), deW Ere-
mila (^'^), del Cfuerico regolare e del
Chierico secolare {F.), deWOblalo {F.\
del Cavaliere d'Ordine militare regolare
{f^.),de\V Ospedaliere {F.\ o di altro si-
mile individuo che sì consagra a Dìo coi
3 voti solenni o semplici di castità, po-
vertà e ubbidienza, e di altri secondo i lo-
ro regolari istituti, e vivente in comuni-
tà osservante una Regola [F'.) dalla s.
Sede approvata, con proprio abito, ed a-
bì tante nel Monastero o Cenobio o Gran"
già o Certosa o Trappa (F .\ nella Ca-
nonica (^.), nel Convento (^.), nelVE-
remo (^.), nella Casa o Collegio o Riti'
ro, neW Ospedale (F,), o nelle Congre*
gazioni di comunità religiose (/\) o Co-
munita ecclesiastiche (/^.), menti*e VA-
nacorela^ V Asceta, il Solitario (F,) e si-
mili abitarono la Cella, V Ascelerio, la
Làura (F,), Il nome religioso è anche
generico e pub comprendere pure il sa-
cerdote, come rilevò Garampi nelle Me-
morie, dicendosi eziandio del laico pio,
di voto, esemplare. A Religione notai che
con questo vocabolo si suol chiamare l'or-
dine e la congregazione regolare, quindi
religioso l'individuo che gli appartiene. A.
Ordiue religioso dichiarai quanto prin-
cipalmente riguarda le congregazioni re-
ligiose esistenti e le soppresse, e indican-
do gli articoli ove tratto di ciascuna, dei
privilegi e esenzioni loro accordali, dei
cardinali Protettori {V,)y de' Generali,
Provincialiealivi Superiori {^F,) che han-
no orticoli, de* Procuratori generali (F.)^
de* Mendicantii^ F,), delle i n fì ni te e som me
benemerenze degli odini religiosi, massi-
me nella Propagazione della fede (F,)^
dell'origine de' religiosi orientali e occi-
dentali, secondo l'epoche, di cui ancora a
Monaco, a Canonico regolare, a DisciPLi-'
HA regolare; delle vicende patite dai me-
desimi ordini, massime negli ultimi tempi;
dellecardinalizie Congregazione della di-
sciplina regolare, e Congregazione de* ve-
scovi e regolari {F,)^ da cui princìpaU
91 REL
niente per la s.Sede dipendono i religio-
si ; che la moltitudine e varietà delle i«
stituzionì ebbe per iscopo di contentare
tutte le inclinazioni per chi ha Tocazio-
ne religiosa, e per accorrere ai bisogni
dellaChiesa secondo i tempi e i luoghi^ri-
marcando che la congregazione di Foni*
Evrault%\ sottopose ad una superiora ge-
nerale in ossequio alla 6. Vergine cui Ge-
sù Cristo lasciò s. Giovanni per figlio.
Dagli ordini religiosi derivarono quelli
delle 7?e//g^/05e, parlando delle qua li e del-
le regole generali stabilite per loro, mol-
te cose essendo applicabili ai religiosi, sì
può vedere quell'articolo. Ad Ordine mi-
LirABE trattai delle differenti specie, re-
ligiosi, ospedalieri, equestri, cavaliere-
schi, molti de' quali hanno cavalieresse;
delle loro grandi benemerenze, singolar-
mente per la conquista della Palestina
(/^.) fatta colle Crociate {f^,),coì vantag-
gi da queste derivati; di tutti avendone
pubblicato articoli, anche di quelli che
pili non esistono, ed alcuni ebbero reli-
giose, come il sovrano ordine Gerosoli^
m/Va/io, avvertendo che la critica non am-
mette ordini militarlo equestri avanti il
secolo XI, molti de'quali, cioè i regolari,
osservano regole degli ordini religiosi. In-
oltre a Monaco trattai dell'origine del vi-
vere monastico in oriente e occidente, e
de'nomi cui sono chiamati quelli che lo
professano, tanto benemerentissimi della
società, fra'qualt primeggiano i basilia*
niy i benedettini e fra qOesti i cassinesi^
ì camaldolesìy i cìsterciensiy i certosinij
de'sovranied eminenti personaggi che ne
assunsero la cocolla, dell' indicibile nu-
mero de'santi. Papi, cardinali, vescovi e
dottissimi che vi fiorirono. Delle diverse
discipline della Chiesa sul monachismo e
suoi cambiamenti, riguardanti segnata-
mente l'autorità episcopale; l'età pre-
scritta per ammettersi al vivere claustra-
le, e delle diverse specie di quelli che si ri-
cevevano ne' monasteri, compresi i fan-
ciulli offerti a Dio; il divieto di fare i mo-
naci dà padrini, e di far testamento; sul-
REL
r amministrazione de'sagramentt e delle
parrocchie, e differenti questioni perciò
insorte; quanto riguarda gli Abbati (^.),
loro possanza e insegne vescovili ; degli
antichi monasteri e abbazie di Roma con
monaci orientali e latini ; che gli elevati
alla dignità vescovile portino l'abito del-
l'ordine ; delle diverse specie di monaci,
Letterati y Conversi, Donati, Laici ijr,)^ e
di quelli che nel declinar della vita assu-
mevano la cocolla, detti monaca' ^^^{/c-
currendum, e con essa venivano sepolti;
delle possessioni monastiche, relativi re-
golamenti e vicende ; del divieto di eser-
citare il traffico e gli uffìzi di medico e chi'
ritrgoj delle divei*sità degli abiti, anche
di quelli divenuti vescovi e cardinali; e
degli attuali procuratori generali esisten-
ti in Roma. A Monastero parlai delle di-
verse abitazioni religiose, de' principali
monasteri, di quelli soggetti a' vescovi e
loro visite, e di quelli esenti dalla loro
giurisdizione; delle 20 abbazie privile-
giate di Roraa;de'personaggi illustri che
ne uscirono, di quelli abitati da'Papi, e
de'conclavi in essi tenuti; de' monasteri
doppi cioè con monasteri adiacenti di mo-
nache, come de'canoni sulla clausura; del-
le figliuolanze religiose con partecipazione
alle orazioni e buone opere; delle altre e-
senzioni e prerogative cospicue de'mona-
steri, e amministrazione de'sagramenli ;
sui fanciulli che si offrivano a'monasteri, e
relativi regolamenti; de'capitoli,come di
quanto nguarda la parte beneficiaria, di
cui pure parlai a Regolare (^.); la proibi-
zione agli abbati del governo di più mona-
steri; del novero de'benefizi concistoriali o
abbazie nullius dioecesis : dissi a Rendite
ECCLESIASTICHE dell'origine di quelle pure
de'monaci e monache con diverse nozio-
ni che li riguardano; a Regalia poi trat-
tai dell'origine, progresso, potenza e de-
jcadenza della sovranità e feudi goduti
dai monasteri, ed esercitata dagli abbati
e dalle abbadesse : delle principali abba-
zie ragionai ne'rispettivi articoli de'mo-
naci o canonici regolari, od io quelli dei
EEL
luoglii ore fiirono fondate, delle più ri*
nomale avendone fatto articoli. Siccome
le costi linioni di 8. Benedetto permette-
vano di lasciare la comunità per vivere
iolitario o anacoreta, colla permissione
deirabbate, questi solitari e anacoreti e-
rano visitati dal popolo, il quale si racco-
mandani alle loro orazioni, facendo ad es«
n gran limosine, perchè li reputava pih
santi degli allris ed eglino ricevevano ogni
sorte di dónationi , compresi i beni sta*
bìli| quindi prima di morire ne dispone-
vano in fiivore del proprio monastero da
cui erano usciti. A Cavoh ici regolari tenni
proposito dell'antichissima loro origine,
riunendo col vivere in comune lo stato
clericale e regolare; delle loro numerose
e celebri congregazioni che aumentaro*
no i fiisti della Chiesa ; delle successive
rifiirni^ onde dalle loro chiese sursero
cattcdm|f| dalle loro canoniche episcopii,
e eoi loro beni le mense vescovili; del lo-
ro abito e rocchetto ; della controvei*8Ìa
coi benedettini sui quali e altri monad
fu accordata la precedenza da s. Pio V,
tranne il posto devoluto agli abbati nei
condili, secondo V anzianità del grado ;
d^l'in numerabili uomini grandi chedie-
rono alla Chiesa in santità, dottrina e di-
gnità ecclesiastiche, avendo enumerato i
km Papi e cardinali. A Fbate notai che
con questo nome ordinariamente sono
ckiamnti i rdigiosi degli ordini mendi-
canti e quali, notando che sebbene vi sie-
tto compresi, onde goderne i privilegi ,
gl'individui delle congregazioni de'chie-
rid r^olari^essi usano il titolo di Padre
(F.); dissi ancora quali ordini equestri u-
sarono e usano il nome di frate ofn, e
die quelli che l'usano, con esso si sotto-
scrìvono se vescovi o cardinali, ciò facen-
do quelli stati monaci col Don ( F,). I frati
inoomindarono ne' primordi del secolo
Xlil cogli splendidissimi e giganteschi or-
dini de* Francescani e de' Predicatori
(F.), vere glorie della Chiesa di Dio, che
s quegli articoli celebrai, mentre a Ca-
moidO db'bbugiosi^ rilevai quelli presie-
REL 9^
duti da'Papi. Frati sono pure i cospicui
ordini degli Agostiniani e CanneWani
(/^.), di antichissima origine, come di se-
gnalate benemerenze. Tuttavia il voca-
bolo frate negli antichi tempi fu comu-
ne a'monaci ed a'canonici. Ad Eremita
trattai de'religìosi che militano nella Chie-
sa sotto questa denominazione, ritirati
nelle solitudini per meglio dedicarsi alla
contemplazione dell' onnipotente Iddio,
con vivere lontani dal convei'sare del
mondo,e cibandosi frugalmente. La loro
origine s> fa risalire sino al profeta Elia
e al precursore s. Giovanni ; certo è che
gli storici sono concordi in riconoscere
patriarca del vivere eremitico s. Paolo
ìJ* eremita (F,). Feci poi la distinzione
degli eremili veri religiosi, da quelli che
solo ne portano l'abito e custodiscono le
chiese suburbane e ne'luoghi solitari del-
le città, peraltro vivendo religiosamente.
Tra gli eremiti risplendono i Camaldo-
lesi eremiti (F.) ; di questi e degli altri
tratto a'ioro articoli, in Roma essendovi
i Girolamini e gli Agostiniani o eremiti
di s. Agostino {V.) 1 Chierici regolari
sono ecclesiastici uniti in congi'egazione
con voti, viventi in comunità e osservan-
ti la regola de'Ioro santi fondatori, primo
de'quali fu S.Gaetano isti tutore de' 7<;£i-
tini{y.)\ ma piti di tutti si diffusero, pro-
pagarono e fioriscono i benemeriti della
Chiesa e della società i Gesuiti (/^.); van-
no con lode pur qui ricordati i Barna-
biti^ Somaschiy Chierici regolari minori^
Ministri degt infirmi y Scolopi {F.)y ec
Le congregazioni de' Chierici secolari sO"
no composte d'individui viventi in comu-
nità. Per Oblato s'intende quel religioso,
che senza professare i voti, osserva la re-
gola monastica o regolare, nel convento
o monastero , essendo in libertà di de-
porne l'abito : vi sono poi congregazioni
di preti secolari, detti oblati, 1 cavalieri
degli ordini militari regolari resero alla
Chiesa e all'umanità immensi servigi,oo*
me notai, e al modo che li celebrai a'io-
lo articoli. Tra gli Ospedalieri portano
L
9i REL
il vanto i Benf rateili (f .), tanto propa-
gali e tanto benefici colla languente urna*
nilà, che in tante regioni hanno in cura
ospedali cospicui, incominciando da Ro-
ma. Tra le congregazioni in comunità di
preti secolari vanno principalmente men-
tovati i Filippini o deli' Oratorio (f^*),
ì Dottritiari (P^,)j ì Signori della Mis'
sione {P^.y Altre congregazioni religio»
se di voti semplici^ che istituite nel se-
colo passato hanno fatto segnalati pro-
gressi^ sono i Passionistiy i Redentori-
sti [y,) sacerdoti e laici, i fratelli delle
Scuole cristiane [F.). In ogni parziale ar-
ticolo riguardante ordini e congregazio*
lìi religiuse descrivo tultociò che gli ap-
partiene, rilevando i pregi maggiori di
ciascuna, nel modo accennato su quan-
to toccai dei monaci e canonici regola-
ri, come deModevoli,santi e mirabili scopi
dt tutti. I chierici regolari e gli altri delle
congregazioni di sacerdoti viventi in co-
munità, dalTusare come il clero secolare
la Berretta (^.) ecclesiastica, volgarmen-
te sono chiamati berrettantL Non è im-
ped i m en to a 1 Pon tifica to^F,) Va ver pro-
fèssato la regola di qualche ordine o con-
gregazione religiosa. Novaes , Disserta'
zioni 1. 1, p. 83, enumerò più di 70 Papi
stati alunni degli ordini regolari, cioè ed
oltre alcuni primi Pontefici che si cre-
dono appartenuti a' monasteri orientali,
come i ss, Telesforo^ Igino e Dionisio, i
benedettini iìt\i.^ovÓL\fìe 23, quelli cister»
densi ^, quelli cluniacensi 4, quelli ce-
lestini uno, quelli certosini 1 ^ ({uéXx cas*
sinesi uno, ed aggiungerò i camaldolesi
Gregorio XVI ; i carmelitani 3, gli ago»
sliniani 3, i canonici regolari lateranen*
si in gran numero , alcuni de' quali gli
sono contrastati da'benedettini che pres-
so di essi si ricovrarono fuggendo i go-
ti ed altri barbari che invasero Mon-
te Cassino (/"'.); laonde coabitando per
molto tempo insieme, gli scrittori confu-
sero gli uni cogli altri. I domenicani o
predicatori 4, i francescani 5. A*loro ar-
ticoli meglio riportai le nozioni su que-
REL
ste glorie ecclesiastiche. A Porpora no-
tai ancora que' religiosi che senza esser-
ne insigniti furono elevati al pontificato,
e qire'religiosi ch'ebbero voti per esservi
innalzati. A Chiesa di s. Pietro m Vati-
cano parlai delle statue in essa collocate,
de'fondatori degli ordini e congregazio-
ni religiose, in alcune delle quali ne ri-
parlai. Ora passerò a registrare i princi-
pali canoni de'concilii su'religiosi, a'qua-
li possono riguardare alcuni di quelli ri-
pòrtati a Monaco e Monastero, come pu-
re quelli fatti per gli ecclesiastici del Clc'
ro (Z^.) secolare e applicabili al clero re-
golare; quindi riporterò diverse generi-
che erudizioni che nel generale li rigtiar •
dano, anche per indicare alcuni primari
articoli ove ne ragionai.
Il f.°concilio generale celebrato nel 3^5
a Nicea decretò pene gravissime contro
quelli che avessero receduto dalla pro-
fessione monastica. Il concilio di Laodi-
cea del 363 proibì a' chierici maggiori,
a'minori ed a'monaci di entrare nelle o-
slerie. Locché prova, quanto è antica l'e-
sistenza de' religiosi. Nel 385 Papa s. Si-
ricio colla decretale 6.* ordinò. Che i mo-
naci e le religiose che con disprezzo del-
la loro professione avran contralto dei
matrimoni sacrileghi e condannati dalle
leggi civili ed ecclesiastiche, devono esse-
re cacciati dalla comunità, da'monasleri
e dalle assemblee della Chiesa, rinchiusi
in carceri per piangervi i loro peccati, e
non ricever la comunione che in punto
di morte, il concilio di Reims deli i48,
decretò : I matrimoni degli ecclesiastici
costituiti negli ordini sagri, e quelli dei
religiosi e delle religiose sono dichiarati
nulli. ^".Celibato. Il concilio di Colonia
dell 549» deci*. 16, dichiarò: Non è per-
messo a' religiosi di essere Padrini (^.)
e d'assistere alle Nozze (F,). Il sagro con-
cilio dì Trento emanò i seguenti decreti.
Che tutti i regolari dell'uno e dell'altro
sesso menino una vita conforme alla re-
gola, di cui hanno fatta professione; e os-
servino soprattutto le cose che risguarda-
BEL
noia proièinoDedel loro stato; come sono
i F'oii {F^) d'ubbidienza, di povertà e di
castità. Sess. a 3, De reformat, reguL Non
sarà permesso a nessun regolare, dell'a-
no e dell'altro sesso, di tenere o' possede-
re in proprietà, nemmeno a nome del
convento, nessun bene mobile o immobi-
le di qualunque genere; ma sifialti beni
saraquo rimessi in mano del superiore e
incorporati al convento. Quanto a' mo-
bili, i superiori ne permetteranno l' uso
a'prìvali, in guisa però, che il tutto cor-
risponda allo stato di povertà che hanno
volalo, e che non vi sia niente di super-
fluo, ma che non sia loro negato niente
del necessarìo. Ibid, e. 2. Ogni regolare,
non soggetto al vescovo, facendo soggior-
no nella Clausura (^.)del suo monaste-
ro, e che fuor di essa sarà caduto in di-
fetto con tal notorietà che il popolo ne sia
icandalezsato, sarà severamente punito
dal suo superiore a istanza del vescovo,
e nel tempo che gli prescrivei-à ; e sarà
tenuto il detto superiore a render conto
al vescovo del castigo che gli avrà dato,
altrimenti sarà egli slesso privato dell'uf-
fiuo dal IUO superiore, e il reo potrà es-
sere punito dal vescovo. Ibid, e. i4« In
qualsivoglia religione, tanto d' uomini,
quanto di donne, non si fura professio-
ne prima di 16 anni compili di Efà (^.),
e non sì ammetterà nessuno alla detta
profiessione, se non avrà passato almeno
08 anno intiero nel noviziato, dopo aver
preso l'abito. Ogni professione fatta pri-
ma sarà nulla e non porterà nessun im-
pegno per osservanza di qualsivoglia re-
gola, ovvero ordine, né per qualunque
altra cosa potesse derivare. Jbid. e. i5.
Avanti la professione d'un novizio d'u-
na novisiaj non potranno i loro genitori
curatori dare al monastero, sotto qua-
lunque pretesto, nemmeno del loro patri-
Bonìo, se non quel tanto che sarà richie-
ito pegli alimenti, e pel vestiario duran-
te il loro noviziato, affinchè non fosse
questa un'occasione di non poter uscire,
qualora il monastero tenesse in poter suo
BEL 95
o tutto il loro paliimonìo o la maggior
parte, e s'eglino uscissero non potessero
facilmente ricuperarlo. Il tutto sotto pe-
na di anatema contro quelli che dessero
o ricevessero qualunque cosa a quel mo-
do. Ibid, e. 1 6. Nessun regolare, qualun-
que ei sia, che pretenderà d' essere en-
trato per fòrza o per timore nella reli-
gione, o dirà inoltre di aver fatta pro-
fessione avanti Tetà richiesta, o qualun-
que altra cosa simile, o che vorrà lasciar
l'abito senza la permissione de'superiori,
non sarà ascoltato, s'ei non allega queste
cause ne' primi 5 anni dal giorno della
sua professione ; e se anche allora non
ha egli dedotte le sue pretese ragioni da-
vanti al superiore e airorilinario, e non
altrimenti. Che se da se egli ha lasciato
l'abito, non sarà inqualsisia maniera am-
messo ad allegare nessuna ragione, ma
sarà costretto a ritornare al monastero e
sarà punito come Apostata dal religioso
istituto professato [F ,)y$tnzB potersi pre-
valere d' alcun privilegio delia sua reli-
gione. Nessun regolare potrà essere nem-
meno trasferito, da qualsiasi autorità e
facoltà, in una religione meno stretta ; e
non sarà accordata licenza a nessun re-
golare di portare in segreto l'abito della
religione. Ibid, e. 19. 1 regolari di qua-
lunque ordine sieno non potranno Pre*
dicare {V), nemmeno nelle chiese del-
l'ordine loro, senza l'approvazione de'lo-
ro superiori^ né senza essersi presentati
in persona a'vescovi, e aver loro doman-
data la benedizione. Quanto alle chiese
che non sono dell' ordine loro, non po-
tranno predicare senza la permissione del
vescovo, che sarà loro accordata gratuita-
mente. Sess. ^5 de reform. Se alcuno di-
rà che gli ecclesiastici costituiti negli or-
dini sagri, e i regolari che hanno fatto
professione solenne di castità , possono
contrarre matrimonio, e che avendolo
contrattole buono e valido, nulla ostante
la legge ecclesiastica o il voto che hanno
fatto ; che il sostenere il contrario non è
altro che un condannare il matrimonio,
g6 REL
e che lutti quelli che non sentono di aver
il dono di castità, quantunque Tabbiano
Tutnta, possono contrarre matrimonio,
sia anatema; poiché Dio non nega questo
dono a coloro che glielo domandano co-
me conviene, e non permette che siamo
tentati sopra le nostre forze. Sess. 2^ e. 9.
Se alcuno dirà che lo stato del matrimo-
nio dev' essere preferito a quello della
verginità o del celibato, e che non è mi-
glior cosa, ne piti felice il vivere vergini
o celibi, del maritarsi, sia anatema. Can.
IO.
Degli abiti de' religiosi ne trattai ad ogni
loro articolo, cioè tanto deirabìto stesso,
di cui meglio in quelli degli ordini e con*
gregazioni regolari d'ambo i sessi; come
pure che nel concilio generale di Costanti'
napoli deirSgG si ordinò, che i religiosi
fatti vescovi, portino visibilmente l'abito
del loro ordine, ciò che confermò neh 3 i5
il concilio generale di Lateranoj a detti
articoli rimarcai inoltre, se qualche Papa
dispensò alcun vescovo o cardinale quan*
to al colore,/^. Porpora. Cancellieri, No'
tizie sopra il colore dtlT abito de' vescovi
e de cardinali regolari^ dice quanto se-
gue. Il vescovo di Marsico Ciantes do-
menicano, nelle Lettere memorabili y fu
di opinione e pretese di provare, che non
debba ammettersi nello slesso corpo una
diversità di vestiario, e che perciò dovea
cambiarsi il colore dell'abito de' vescovi
monaci e religiosi mendicanti, non meno
che quello de'chierici regolari, per ren-
derlo uniforme a quello di tutti gli altri.
Ne confutò l'opinione il cardinal Orsini
domenicano poi Benedetto XIII, dimo-
strando con l'autorità di s. Tommaso, che
i monaci ed i frati promossi al vescova-
to seguitano ad essere tenuti a tutte le
osservanze della loro religione, le quali
nulla ripugnano, ed anzi convengono più
al nuovo e più perfetto stato della digni-
tà vescovile. Imperciocché quantunque
si legga nelle decretali, che V abito non fa
il monaco , ma bensì la professione re •
golare (sono celebri i due esametri del
REL
monaco inglese Wallinghford: Tonsio lar-
ga cornac^ nigra vestis, bota rotunda^ - —
NonfaciuntMonachiimj sed mens a cri-
minemitnda), nondimeno si ordina nelle
Clementine, De vita et honesl, clerìcor.,
et cap. penult. eod. tit., die qualora si
possa, debba sempre ritenersi l'abito re-
ligioso, come segno esterno dell'ifiterna
professione. Poiché nel concilio generale,
cap. Cleric, ojffic, de vit. et honest,^ fu de-
cretato : Pontifices (i vescovi) auteni in
publicOy et in ecclesia^ super indnmenlis
Uneis omnino utantur; ni si monachi f ite-
rint, gtios oportetftrre habitutn mona-
chorum. Nota la Glossa arg. quod mona-
chuSjfactus episcopus non penitus ahsol-
vitttr a regala monachalij siccome si pre-
seri ve nel can. 1 6, De monachis, qui dia
morantesin monasteriiSySi postea adcle*
ricatus ordinem pervenerint, s tatui muSy
non debere eos a priori proposito disce-
dere, E perciò, non rimanendo sciolto dai
suoi voti, dee seguitare a vestirne l'abito,
in attestato visibile e manifesto delle sue
indissolubili obbligazioni; e non già por-
tarlo soltanto oecultamente. Che se ai
chierici regolari none stato imposto que-
sto stesso obbligo, nasce, perchè i mede-
simi non sono stati compresi nel decreto
del concilio Lateranense, che parla de'soli
monaci e de'regolari mendicanti, non e-
sistendo allora i chierici regolari; e per-
chè il loro vestiario non ha distintivo nota-
bile, tran ne qualche eccezione che indicai
ai loro articoli, ed è somigliante a quello
del clero secolare. Si mostrò partigiano
del parere di Ciantes Cianti^ il vescovo
àe Minori Leira o Leri carmelitano, per
l'impegno dell'abito, non solo nella for-
ma e nella materia, ma eziandio nel co-
lore^ senza trasportare nell'abito vesco-
vile cosaalcuna degli abili monastici.Giac-
chè, come chiunque religioso passa da un
ordine all'altro depone il suo anteriore,
e prende quello dell'ordine in cui entra,
così gli sembrò che fosse conveniente, che
il regolare assunto al vescovato dimet-
tesse l'abito dell'ordiuei e si rivestisse iu-
l'
REL
tieniinaitediqìiellodel veicoYÌle. Sì sciol-
gono per altro tulle le obbieEÌoni nella
leUera di Caslagnarì ad un ^i*elato, ove
diincMlra, che ì regolari, abbandonando
anche il colore dell'abito monastico, nel
pawggio dalla religione alla Prelatura
(F,)^ dalla oellaal palatzo, dall'ubbidien*
ta al comandoi dalla rilìralezza al oor-
IflggiOtdaU'abbiexioneai titoli^ dalle mor*
tifidiBioni agli onori, e dal cappuccio alla
Mrlm^* sarebbe troppo fiicile die obblias-
lero l'oBfervaoia de'volì, che debbono
Icpcraempre presenti alla loro mente, con
la viala del loro primitivo vestiario. Né
a ciò potrebbe baslanlemenlesoddisfiire
la deiasione di qualche occulto segno del
nadeaimo; dovendo a tutti render pale-
se l'obbligo che conoscono di dover ese«
gDÌre,per essere sempre fedeli a'ioro vo-
ti. Bello è certamente l'osservare che nel
giardino della Chiesa fioriscono ne' Co-
lori ecdeskuiiei {F.)^ Bra le rose e le vio-
le, anche i giacinti e i ligustri (pìonte con
iseoraa alquanto bianca, fiori bianchi e
baodie nere), dicendo Durando, exterius
di ùutuius candida veste, quia etiamifi'
kriu» iuindere debei per innocentiam ci
tkafkaiem, E dii non vede scintillare
splendore più vivo da questa varietà di
eoldri, oientre con essa si dà a conoscere,
die si dispensano le dignità anche a quel-
li, Ae non hanno se non il valsente della
virthe della dottrina; e che col fiir com-
pariBeifrn'vesoovi e cardinali, qualche po-
terò e uinile religioso, si serra la bocca
si nallgni, che vanno spacciando le sole
lieehene e la nobiltà servire di scala alle
Anaiosiofii (f^.) ed eminenze ecclesia -
HidbeT Riverbera poi questo splendore
lopra lulta la gerarchia regolare, che cosi
ksL Sede pubblicamente dichiara per sua
bsttemerìta. Dappoiché rimirandosi in
Iste abito la dignità episcopale e cardina-
inaf creaoe nel popolo, che per lo più
noi giudicare dall'esteriore, la venera-
aoae verso di essa, a gloria del cielo e a
VMlaggio della ten*a. Molto dunque giù-
si pratica dai religiosi, fotti ve-
VOI.. LVII.
REL 97
scovi ò cardinali, l'uso di ritenere il co-
lore dell'abito del proprio ordine, cam-
biando soltanto la forma, sul taglio di
quella usata da'vescovi e cardinali (i mo-
nad e i fi'ati in vece dell'abito corto det-
to da abbate, incedono in veste talare di
sottana o zimmarra e ferraiolone, sebbe-
ne alcuni usino lo stesso abito regolare
nel vestiario domestico usuale),sì pel pro-
fitto de'chiostri,che per l'onor della Chie-
sa, come ossei'va il cardinal de Luca, in
Relat, Rom, Cur, e nel Cardinale pratico.
Vedi Scappo, De hirreto ruheo dando &
R, E, cardinalibus regularibus, che parla
de'religiosi fatti vescovi e cardinali, e del-
le loro vesti. Lonigo, Delle vesti purpuree
p. 44: de' Cardinali religiosi e regolari,
dice: «» Li cardinali (i^eligiosi) cioè frati o
monaci non mutano mai il colore dell'ha-
bito della sua religione, né hanno altro
di rosso per la persona loro, se non il cap-
pello, et la baratta (aggiungo il berretti-
no), nel resto delli vestiti, et nella cappa
ancora devono in tutto conformarsi alco«
lore deirhabito ddla i*eligione loro. Et
perché li detti cardinali religiosi fi*ati o
monaci non sogliono portare il rochet-
to, però quando si adoprano in capella
li paramenti, in loco del i*odietto si ve-^
stono la cotta: et il venerdì santo simil-
mente devono portare la cappa di saietta
del colore dell'hahito della sua i*eligìone.
Li canonici regolari, et altri religiosi, che
portano il rochelto per privilegio, fatti
cardinali, lo portano ancora sopra le ve-
sti cardinalizie (le quali sono) del colore
conforme all'habito della sua religione."
In buona pace di Lonigo, e di Cancellieri
che nel riprodurlo, non però nel testo,
non vi fece avvertenza, non posso con-
venire quanto al colore pei chierìci rego-
lari, poichéavendo Gregorio XVI creato
cardinali Lambruschini vìvente e Cado-
lini defunto, chierici regolari barnabiti,
il loro vestiario é rosso .( come i cano-
nici regolari) ; solo in vece della seta u-
sano panno, ed il cammellotto o saietta
fina o mirinosse fiùo ; come rosso ma di
7
98 REL
seta è quello del cardinal PignaUeIlì,gui
chierico regolare teatioo, altro porporato
di Gregorio XVI. Veramente non vi è
una disciplina stabile sulla materia del-
l'abito de' chierici regolari. Il teatino b.
cardinale Tommasi usò la lana. Quando
fu elevato alla porpora il suddetto car-
dinal Pignattelli, avendone consultato il
cardinal Larobruschini, questi gli disse
di poter vestire di seta, e che quanto a
lui indossava la lana ad esempio del ce-
lebre cardinal Fontana suo confratello
barnabita. Si può vedere Ceremonialc
episcopontnij lib. i, cap. i : De habilu^ et
aUis agendis per episcopos, Cap. 3 : Z>e
ha bit u ordinano archiepiscopi ^ et episco*
pi in sua provincia, dioecesi vel civita»
te. Pel dettaglio delle vesti e loro varietà
nel colore e nella specie, avendo unito al-
la teorica la pratica, invito a leggere i
miei articoli degli ordini e congregazioni
X*cligiosiperieindividualità,noncheCoL-
lARE, Berretta cardinalizia e Berretti-
HO CARDINALIZIO, ì quali accordò a'cardi-
iialireligiosiGregorioXIV,C APPELLO car-
dinalizio, Calze, Fascia, Sottana, Hoc-
CRETTO (ove dico quando i cardinali reli-
giosi l'indossano senza maniche), Cappa
cardinalizia e sue diverse fodere e pelli,
MozzETTA de' CARDINALI, io cui parlan-
do de'vescovi che in Roma non l'usano
avanti il Papa, avvertii che però l'indos-
sano i yescovi anche in parlihus se frati
o monaci, in luogo del Cappuccio (F,), e
qual finimento del loro abito dapertutto.
Inoltre si può leggere Mantellbtta, nel
quale articolo riportai come deve essere
l'abito cardinalizio o vescovile di que're-
ligiosì i cui abiti si compongono di colori
divei*si, avvertendo che i canonici rego-
lari esaltati a tali dignità, usano abiti co-
me i sacerdoti secolari, non come scris-
se Lonigo. All'articolo Cbogcia, e ne' voi.
Vili, p. 187, 190, 191; XV, p. 299,
3oo, 3oi, 3o6; XVI, p. 290, neltrat*
lare del vestiario de' cardinali e vesco-
iri in sede vacante, dico ancora di quel-
lo de'cardinali religiosi, t quali se ? eslo«
REL
no del colore della propria congregazio-
ne o ordine non lo variano, ma non as^
sumono rocchetto nell' astenersi dalla
mantelletta,come praticano gli altri Car*
dinali, A questo articolo, a Presbiterio
DEL Papa os. collegio, dichiarai che Si-
sto V l'ordinò e stabiPi al numero di 70
cardinali, fra'quali sieno sempre inclusi
almeno 4 maèstri in teologia degli ordini
regolari e de'mendicanti. Belisario d'or-
dine dell' imperatrice Teodora nel 538
fece esiliare Papa s. Silverio vestito da
monaco. Benedetto IX rinunziò il pon-
tificato e in Grottaferrata prese l'abito
monastico basiliano. Vittore 111, deposti
gli abiti pontificali, fuggì a Monte Cas-
sino a riprendere la cocolla, che poi dovè
deporre. Eugenio 111, ritornato per alcu-
ni giorni al suo antico monastero di Ci-
stello, domesticamente rivestì l'abito da
monaco cistcrciense. Dalla solitudine su-
blimato al manto pontificale s. Celestino
V, volle poi ritornarvi, fatta solenne ri-
nunzia del papato in concistoro, ed ivi
riprese gli abiti religiosi. Alessandro V
Testi sempre di sotto l'abito de' minori
in cui avea professato; lo imitò Sisto IV,
il quale non pare che con esso fosse se-
polto come testificò Burcardo e poi si cor-
resse: probabilmente gl'interiori abiti fu-
rono francescani. Parlando di Benedetto
XIII già òe* Predicatori (^.), in diversi
luoghi raccontai, che da Papa soleva ve-
stirne l'abito quando si trovava tra'suoi
religiosi, ed anche quando pranzò nel re-
fettorio de'minori osservanti in Araceli.
Gregorio XVI in tutto il suo cardinala-
to, inclusivamente ai due conclavi, do-
mesticamente Testi sempre la tonaca mo-
nastica di sua congregazione camaldole-
se; nelle villeggiature amava di pranzare
ne' Refettorii (f.) coi religiosi, massime
cappuccini: che sospirava la sua antica
e pacifica cocolla, lo dissi nel voi. LII,
p. io5. A Cadavere del Papa notai di
quelli che vollero essere tumulati vestiti
d'abiti religiosi,cui aggiungerò Gregorio
IX coH'abito^ francescano che pure usò
REL
ìa ìjlsy Martioo IV e l'antipapa Nicolò
Vdopo la rinnazia, ambedue eoa Tabito
minorità; cdaltroTe de'fedeli che per di*
toiione ordinarono che ne' Funerali si e-
iponeaiero vestiti da religiosi, quindi coi
nedeaìmi si ponessero in Sepoltura (F,),
altre quanto accennai iu principio parlan-
do de'monaci e de'monasterì, e di quan-
to dico nel voi. LII, p. 53. Sarnelli, Leti.
eecL t. .1, lett.. ag: Che nella s. chiesa
àa cosa aniica^pia e lodew>le,che imo'
temuti vestano t abito religioso^ e col me*
iesùno si facciano seppellire in segno di
penitenza. Narra che i primi cristiani su-
gli ealremi della Vita si vestiTano di Ci»
Udo (^Oi ^ spiravano sulla Cenere(F)j
tak vollero morire s. Martino di Tours,
locarlo Borromeo, ed Enrico figlio d'En-
rico II re d'Inghilterra. Che il cilicio ve-
rtivaBO ne' primi tempi quelli che face-
vano pubblica Penitenza (P^,), ed il con-
dilo di Compostella nei i o56 determinò
die lo vestissero i chierici nel tempo del
Digitmo (F.), della Letama^ e quando si
dennnsiava la penitenza pubblica. E sic-
l' abito e istituto monastico altro
gnifica e non importa che peniten-
n, moltissimi in vece di domandare in
aorte il dlido, ridbiesero i'abi to monaca -
1q perdo costumavano gli spagnuoli d'as-
naMrlo Moribondi (F,) per penitenza ,
tosandosi anche i Capelli (/\), quindi se
cunpavano, restavano monaci, il checon-
fcmò il condiio la.^ di Toledo nel can.
4tnia impose scomunica per un anno a
qad mcerdote^cbe avesse dato simile pe-
I chi non la richiedeva. Non solo
id, ma ancora di ecclesiastici e pre-
lati d legge» avere in morte domandato
l'abito monacale in segno di penitenza,
pcrcui i Papi concessero indulgenza ple-
Bvia a chi ciò praticasse. In diversi luo-
^ notai, che i principi sovrani vollero
wstito il pix>prio cadavere con abito reli-
psso,econ esso deposti nel sepolcro, mas-
use se ascritti al 3.** ordine di qualche
rdigiooe, o aggregati alla figliuolauza di
«Ison ordine regolare.
REL 99
Sull'amministrare i monaci il battesi'
mo e la penitenza e successi ve questioni,
frenate dai Papi fino dal 6 io, tenni pro-
posito anche nel voi. LI, p. 24^, nel rac-
contare l'origine delle parrocchie de're*
golari. Gregorio IX nel 1227 facoltizzò i
domenicani ad amministrare il sagramèn-
to della penitenza. A tali religiosi fu pre-
cipuamente affidata Y Inquisizione (F,)
per procedere contro gli eretici ; e Cle-
mente VII per impedire i funesti progressi
degli errori di Lutero, ordiuò agl'inquisi-
tori d'agire anche contro i religiosi diqual-
sivoglia istituto. Giulio III riprese Tam-
bizione de'religiosi che brigavano per es-
sere esaltati alle mitre , ordinando che
ninno potesse promoversi al vescovato ,
senza V espresso consenso de'Ioro rispet-
tivi superiori, e cardinali protettori degli
ordini cui appartenevano. Diversi religio-
si nelfessere promossi a qualche dignità
ecclesiastica, o vescovato o cardinalato,
hanno bisogno di dispensa particolare del
4>^ voto che fanno di non accettare al-
cuna dignità, come gli agostiniani scalzi,
i chierici regolari minori, i gesuiti, i mi-
nistri degl'infermi ed altri. Proibì Paolo
IV che i vescovi i quali avessero profes-
sato la regola di qualunque religione, ri-
nunziato il vescovato e tornati nel loro
ordine, vi potessero avere dignità alcuna
o carica, come si legge nella costituzione
In sacray de' 2 2 luglio i559, presso U-
ghelli, Italia sacra t.i, p. 768. Riporta
Novaes nella Storia di Clemente XI, che
con decreto de' 17 giugno 17 16, Bull.
Magn, t. 8, p. 4^6 , rinnovò la costitu-
zione di Alessandro VII de'26Iuglio 1662,
nella quale si prescrive, che i regolari as-
sunti a vescovi titolari nelle parti degl'in-
fedeli, non possano Tivei*e fuori de' loro
chiostri, ma sieno soggetti a' loro supe-
riori, ne possano esercitare i pontificali,
col permesso ancora degli ordinari, sotto
pena dì sospensione riservata al Papa ,
giacché la loro giurisdizione è ristretta sol-
tanto ne'confini delle loro chiese, rispet-
tivamente alla loro visita. In molti ordi-
loo R£L
ni eoongreg«izioni religiose, quelli die so-
no elevati al vescovato, siccome cessano
di farne parte, promuovono istanza per
esservi nuovamente aggregati, onde go-
dere poi in morte de'sufTrogi, per cui es-
si sono tenuti di farne a que'ialigiosì del
proprio oixline o congregazione che van-
no morendo. Papa s. Pio V die la prece-
denza a' suoi frati domenicani sopra gli
ordini Mendicanti; quindi non solo pose
religiosi Penitenzieri (F,) nelle patriar-
cali di Roma, ma della Vaticana dicLia-
rò teologo colla prebenda di canonico un
domenicano, e che fosse vero canonico in
tutto; però fu rimosso dal successore, co-
me narrai nel voi. XII, p. 3 19. Vi sono
esempi che vescovi religiosi furono cano-
nici di dette patriarcali, e della Latera-
nense nel 1 727 Benedetto Xlll fece il sa-
grista Olivieri agostiniano vescovo di Por-
firio, che lo era di s. Anastasia. Gi*egorio
XVI fece canonico vaticano , con 1' uso
delle vesti paonazze, Todierno mg.^ Lui-
gi Cardelli arcivescovo d'i^cri<2ao Ocri»
da de' minori osservanti rifoitnati. Nel
Tol. XLI, p. 1 32 dissi che Paolo IV fece
il teatino Consiglieri maestro di camera
e canonico vaticano. Clemente Vili col-
la bolla Religiosae^ àe'ig giugno 1594»
BuiL Rom, t. 5, par. a, p. 3i| rinnovò'
la proibizione già fatta ai religiosi e alle
religiose, di &r donativi o regali. Paolo
V ordinò ai regolari che nelle loro scuo-
le insegnassero le Lingue (F) greca ^ e-
braica, araba e latina. Gregorio XV nel
1622 pi*oibì a tu Iti gli ecclesiastici, seco-
larì e regolari anche esenti, di confessa-
ree predicare senza il permesso e l'appro-
vazione deir ordinario : così terminò le
antiche dispute, colle quali, per riguardo
ai religiosi, pretendevano alcuni sciittori,
che l'approvazione data una volta dal ve-
scovo, potesse bensì ri vocarsi dal suo suc-
cessore, ma non da lui stesso, come se i
ìrescovi comunicando ad alcuni il loro
potere non lo potessero riprenderequan-
do lo credono opportuno. Urbano Vili
nel 1 624 dichiarò che niun religiosoi fuor*
REL
che della compagnia di Gesti, potesse es-
sere dalla sua religione espulso se non per
incorreggibile; e nel 1 632 esentò i rego-
lari di far le confessioni col confessore de-
putalo dai loro superiori. Clemente XI
nel 1 708 rinnovò le proibizioni, che gli
ebrei potessero lavorare ne'giorni festivi
ne'nionasteri e conventi de' regola ri. Be-
nedetto Xlll colla bolla Postulai, de'7
marzo 1 725, BuiL Rom, 1. 1 1, p. 377, vie-
tòa tutti i regolari, ancorché costituiti in
qualunque dignità, di portar via dai loro
conventi e monasteri libri, mobilio altro
per loro uso. Colla bolla Licet sacra, dei
1 5 febbraio ij^6,BulL Rom, 1. 1 2, p. 70,
nel qual giorno dice il Papa aver vestito
l'abito domenicano, il cui istituto ancora
prafessava, vietò a tutti i regolari profes-
si di passare ad altro ordine religioso, o-
spitalario o religioso, ancorché in esso sia
in vigore l'osservanza regolare, riservan-
do per Tavvenii^e al solo Papa la facoltà
di concederne il passaggio. Con costitu-
zione de'7 aprile 1726 Benedetto XIII
prescrisse l'abito e la corona o Chierica
(ir,) a tutti i prelati regolari, e il ritorno
nell'avvenire ai chierici de'rispettivi or-
dini a quelli che non risiedono nelle pro-
prie chiese o le rinunziano. Quanto di*
spose sui religiosi Consultori delle con-
gregazioni cardinalizie (F,), lo dissi nel
voL XVI , p. i36 e 21 4* Gian Jacopo
Scarfantoni pubblicò: Disseri, An cuncii
regulares non habenies speciale indul*
tum Sedis aposiolicae, post editionem s,
conc. Tridentini possint extra tempora a
/ure statata sacris ordinibus initiariP Lu-
cae 17 16. Gli scrisse contro Fr. Alberto
Gecchi domenicano; DeJo,Jac, Scarfan»
toni con, Pistoriensis^ Disseri, Judicium
Laelii HercuUs PauUini s. theoLprofet^
soris ad amicum, Lucae 1 7 1 7. A queste
critica rispose Scarfantoni con questa
scrittura, che però non fu stampata: A-
pologia Disseri* can. impugnataeper La e «
Hum HerculemPaullinum super dubio:
An cuncii r^/are5 etc. Benedetto Xlll
deputò all'esame di questa controversia
AEL
5ar«lÌDali,2VfliooTÌe 3 regolari, la qua*
krìtprteoel maggio 1725. Privilegia
a tuaunis Ponti ficibus Uun ante, quarti
post Triikniinuinsiticjure comunicatio'
mi reguiaribus concessa suscipìendi or-
iimoM sacro» extra tempora persistere in
uto robore, nec eisfuisse uni/uain ilero-
gfltum, ac proinde tato posse regulares
mUnari extra tempora absque novo in-
Alito apastotico. Benedetto XIV, richia-
mando le provvidenze de*Hioi pi-edeces*
lori, proibì a' religiosi» eccettuati i Ben-
fiateiii {f^*)^ l'esercitare l'arte di Spezia-
S{F,)j tuttavia Tesercitano i Carmeli-
fMt wcahi^ per quanto dissi a quell* ar«
tioolo. A PARAOCCHIA riportai come Be-
ledetto XIV dichiarò che i vescovi pos-
ttDO visitare le chiese parrocchiali ralle
da^regplariyeocettuato soltanlo quelle nel-
le quali risiede il generale dell'ordine, di
cai il parroco n'è religioso. Nel voi. Lf,
pii38 Dotai che Benedetto XIV dichiarò
Hjggetli agli ordinari, i regolari vivenli
in OBia de'wcolari; e nel voi. V, p. 34>ch^
riipoie negati vamenlealcardinalQuirini,
che voleva si proibisce ai chierici di far-
a religiosi, senza il consenso dell'ordì na-
no. A DiMissoBiB ricordai quanto stabilì
Banedelto XIV sulle diniissorie per le or-
dianioui de'reg9lari. Clemente XI 11 col-
h bolla liUer muUipliceSj degli 1 1 dicem-
brai7589 BuU, coni, t.i, p. 72, coufer-
■b là giurisdizione vescovile nelle dioce-
a f Olmlits, Colonia, Munster , Hildc-
Aeim, Paderbona e Osnabruck, sui rc-
EpoB. Contro le esenzioni de'regolari in-
sane nuche Febronio , temeraria mente
aquidoalPapa l'autori là di concederle,
meoo dottrina ed erudizione storica lo
confiilò ZMODBxÌB^Anti'Febbronio par. 2,
p»3g6 e aeg. Nel Pontificale Romanum,
li sono : i}c benedictione Abbatis, De
hmodietwné AbbaUs aucioritate apo^tO'
Ika. De benedictione Abbatis auctori»
Iole ordinarU. De creatione mililis re*
ffdturUm Airar tioolo Croce di decorazio-
■I asLiGiOBA, parlai di quelle da potersi
poclaic aullamozzetla dai cardinali^ del-
REL loi
r oixline militare e regolare gerosolimi-
tano e formata d'una croce ottagona di
tela bianca. I sovrani talvolta hanno de-
coralo i religiosi e le religióse d'insegne
equestri, per benemerenze; la Francia ne
va dando esempi : coi religiosi fece al-
treltanto il gran sultano de' turchi, e ne
riportai esempi, ne' voi. XLIV, p. Sg, e
LI, p. 32 1. A JVoMB resi ragione perché
lo cambiano i religiosi e le religiose; poi
riporterò chi scrisse sull'argomenlo. I re-
ligiosi cambiando nome, e taluni anche
cognome, neiringresso chefanno nella re-
ligione da loro scelta, dimostrano pure in
questo la rinunzia che fanno al mondo
ed ai costumi di prima che lasciano, e di
non essere piò quelli che erano stati nel
passato, per sbandire ogni memoria del
secolo.Alcuni dicono derivare questa mu*
lozione de'uomi ne'religiosi, da quelli coi
quali il Redentore chiamò Pietro, Gia-
como e Giovanuì, quando furono da lui
aggregati nel collegio apostolico e tra'suoi
discepoli.OsservaVeltori nel Fiorino d^o-
ro, p. 483, che il costume di nominare
talora alcuna pei*sona col nome della sua
patria è derivato intieramente dagli an-
tichi romani, come rilevasi dalle iscrizio-
ni. Che oggi alcuni ordini regolari (come
minori osservanti, riformati, cappuccini,
ec.) con molla esemplarità si valgono di
questo stesso coslurae,per togliere la mag-
gioranza fra' religiosi (anche per dimo-
strare che più non appartengono alle lo-
ro fainiglie).De'religiosi carmelitani scal-
zi , passioiusli e altri, come delle' religio-
se che aggiungono al nuovo nome il co-
gnome, con assumere quello de' santi o
de' misteri di Gesù Cristo o della Beata
Vergine, fo parola ai loro articoli: Dei
titoli de' religiosi parlai principalmente
a Padre, Fra', Frate, Patebnita, Don,
Reverendo, Reverendissimo, Canonico,
Monaco, Fratello, Molto Reverendo,
ec. In alcuni ordini religiosi è vietato il
passaggio in altri ordini, e lo notai trat-
tandone. Per le secolarizzazioni occorre
la Dispensa ( F.) pontificia^ come per pas-
102
REL
sai*e ad altro ordine : in quelle de' Toti
semplici per l'uno e per Taltro caso, han-
no fecoUà diversi superiori generali, Iran*
ne il voto di*castità, per il quale ci vuo*
le la dispensa del Papa.
Molte erudizioni riporta sui religiosi
HAì'dì^De'parrochiy incominciando dagli
stati di perfezione in cui sono il vescovo
e il religioso, e relativi confronti, secon-
do 8. Tommaso d'Aquino, nell'opusc. 1 8
Sullo siato della perfezione vescoi^ile e
religiosa. Dice il s. Dottore nel cap.t6:
I vescovi ed i religiosi sono in uno stato
di perfezione : questi secondi per la rinun-
zia delie cose temporali ed abnegazione
di se stessi ; i prìmi nel dovere esporre la
loro vita per le pecorelle, nell'obbligo di
pascerle, ec. Perciò, siccome ne'con tratti
vi sono certe solennità, così nella consa-
gl'azione e coronazione del vescovo, e nel-
la professione religiosa si usano solenni-
tà e benedizioni. Nel cap. 17 diceche lo
stato vescovile é più perfetto del mona-
co, perché se il monaco rinunzia ai beni,
il vescovo deve dare il temporale suo nei
bisogni delle pecorelle, deve dare V ali-
mento spirituale, è obbligato anch'esso
alla castità. Se i religiosi si sottomettono
all'ubbidienza del supenore, il vescovo è
morto a se stesso, e non vi ve che ai biso*
gni del gregge, e perciò diviene il servo
di tutti. I monaci non hanno per obbli-
go (sebbene lo facciano zelantemente) di
moltiplicare i fedeli, convertire i pecca-
tori, conduiTe anime a Dio, come il ve-
scovo lo ha per voto del suo sposalizio
colla Chiesa : quindi conclude, se lo stato
del raligioso è perfetto, quello del vesco-
voè perfettissimo. Perciò si toglie benissi-
mo un religioso dall' ubbidienza de'suoi
superiori per farlo vescovo, stante che si
passa ad uno stato più perfetto. Vicever-
sa, il vescovo non si può pas$ai*e allo sta-
to monastico, non potendo lasciare la sua
chiesa, ed uno stato più perfetto (ve ne
sono però molti esempi, e l'ultimo me-
morabile lo die il cardinale Cario Ode^
scalchi. Fedi, per farsi gesuita). Nel cap.
REL
19 dichiara: ReUgionis status pcrftctio»
nem non supponit, sed ad perfectloneni
inducii. Ponti ficalis autem dignità s per-
feciìonem praesupponitj perchè il vesco-
vato est spirituale magìsterium, ed a s.
Pietro fu detto pasce, dopoché rispose,
iuscis Domine quia amo te. Nel cap. 20
soggiunge: I religioM sono in uno stato di
perfezione,ma non già gli arcidiaconi,! de-
cani ed i parrochi, benché questi tutti ab-
bia no cura d'ani me, che non hanno i reli-
giosi (tranne gl'individui parrochi), non
avendo i primi l'obbligo perpetuo di fa-
re il vicario o il parroco, come la cosa
esigerebbe se fosse in uno stato di perfe-
zione, come accade al vescovo, che non
può rinunziare, ed il cui stato è perpetuo.
Sebbene tra' vicari e parrochi possa no es-
servi individualmente degli uomini per-
fetti secundum abituai charitatis,,,, sta-
Utm tamen perfecù'onis non asse/juuntur.
Quindi il vescovo si consagia, il monaco
nel professare si benedice; ma il vicario, il
decano, il parroco vengono investiti sem-
plicemente,o data semplice commissione
del loro ufficio, che non é stato di perpe-
tua obbligazione, ma stato che possono
lasciare, ciò che non può fare il monaco.
Nel cap. 23 : I vicari ed i paiTOchi non
fenno voto di stare nel loro uffizio, come
i religiosi nel loro stato. Che anzi oltre
essere maggiori per questa cosa de'par-
rochi, spesso lo sono anche di più, per-
ché talora per voto della loro religione si
obbligano di assistere il vescovo nel pre-
dicare, confessare, ec. Vi può essere un
curato più perfetto d'un monaco, un con-
iugato più perfetto d'un curato; ma non
ne viene che ciò formi stato. Il religioso
benché cattivo si trovajn uno stato di
perfezione, nel quale non sono il curalo,
il coniugato ec Lo stato di perfezione,
oltre i requisiti che vuole, richiede per
principale il voto di perpetuità. Nel e. 2 5:
Dalla religione non si può passare all'ar-
cidiaconato, alla parrocchia (secolare)ec.;
ma al solo vescovato come più perfetto.
Quindi si può passare dal minore al mag-
REL
gum^non ? ioeversa. Perciò il parroco pub
fifa religioso lina non il vescovo che ha
perpetua cura » lenza licenza del Papa.
Nell'opuic. ig s. Tommaso chiama per-
Mcotorì della Chiesa coloro i quali non
vorrdibero che i regolari predicassero e
coafeMQUcro. Il vescovo delega nelle par-
roodiie dhi vuole e quando vuole a pre-
dicare e confessare, ec, anche contro la
vokmtii del parroco, e può inviai'ede'pre-
li ìccoIacì o regolari, secondo che crede.
Avverte a. Tommaso, che lo stato di per-
feiioDe largamente preso é la carità : che
in no modo più proprio è Tammiuistra-
liooe di un officio : ed in senso vero e pro-
priasimo è il votoperpetuo. Che nel i . Vin -
tendono tutti quelli che sono in istato di
graiM ; Del a.* gli ecclesiastici rispetto ai
laid; nel 3.^ modo i soli vescovi ed ì re*
guiari. Quella del a.^ dice doversi chiama-
re piattoato eoiifptfr<i(iVa che propria 9
giaiediè i canoni chiamano piuttosto gra*
do dhe alato quello di tutti inferiori al
vctooTOy e non regolari. Nardi stabilisce
ooA la gerarcbia di giurisdizione eccle-
siastica regolare : gli abbati, i generali di
ordini, i provinciali, i superiori locali. Di-
seende questa dalla gerarchia di giurisdi-
zione del Papa e del vescovo, sia che il Pa-
pa, sia che il vescovo accordino i privilegi
relativi. Tale e tanta è la stima che laChie-
sa in tatti i secoli ha &tto di coloro che
seguono i consigli evangelici con profes-
sione aolenne avanti la Chiesa, che que-
sta ha considerato lo stato religioso, co-
lia nno stalo quasi apostolico, e prossi-
mo alla gerarchia d'ordine 3.^, come fan-
■0 ftde la benedizione nel creare l'abba-
te^ e le fbrmole delle professioni regola-
ri. Furono gli abbati chiamati Pastori
(F.), ed hanno il Pastorale (F,) velato,
dando la trina benedizione nella messa;
portano l'anello, sono in- dignità ; anche
snticamcnte aveano l'uso de' pontificali,
davano e danno gli ordini minori; inter-
venivano ai concilii con voto decisivo. I
saperìori locali ò Pi^epositi o Preposti ,
fy Guardiani^ Rettori {V.) sono chia-
REL io3
muli prelati minori, iti grazia della gìu-«
risdizione che hanno sui sudditi o sotto-
posti. Non possono (almeno in certe re-
ligioni) esser rimossi dal posto, e neppu«
re essere sospesi senza un processo , per
rispetto dovuto al grado. Per questo, di-
ce Nardi, il superiore del convento il qua-
le ha cura d' anime de' sudditi, è vera-
mente parroco nobile, perchè ha giuris-
dizione e prelatura. L'abbate de' mona-
ci si benedice dal vescovo con una solen-
nità, che all'esterno apparato rassomiglia
alla consagrazione episcopale : si benedi-
ce solennemente l'abbadessa; si vestono
benedicendoli i religiosi ( ciò che fecero
talvolta i Papi e di recente Pio IX^ Fedi)
eie religiose. Fino ab antiquo fu concesso
ad alcune chiese di monaci il privilegio
di battezzare, propter apostolicum vilae
illoruni instilutuntj etreverentiam, quam
expopulis exigebat virtus sanctitatis^co»
me riferisce Mar tene. Ne'Bollandisti a' i4
marzo si legge, che i monasteri di s. Pa-
comio del IV secolo, nell'oriente, aveano
il Batlislerio o s. Fonte (F.) e vi s'istrui-
vano i catecumeni, sicuramente per con-
cessione episcopale, e vi amministravano
il Battesimo (F.), ma si dubita sei mo-
naci fossero preti; esempi più frequenti di
battisteri sì vedono nel medio evo anche
in occidente, come le chiese di s. Marzia-
le in Francia , di s. Mercuriale a ForPi,
di s. Maria a Salerno. Da' concilii di G>-
slantinopoli del 44? > di Calcedonia del
45 f, di Cartagine del 534 1 dalla rela-
zione'de'monaci di Siria a s. Ormisda Pa-
pa del 5i4iSÌ trovano una moltitudine di
preti e diaconi ne' monasteri; altrettan-
to si ha da Palladio, HisL Laiisiaca cap.
39, 71, soggetti ad abbate talora anche
sacerdote. Palladio vescovo d' Elenopoli
nella Bitinia, a vea abbracciata la vita so-
litaria nel 386, e compose detta storia
dei Solitari, Attesta s. Girolamo che in
Betlemme era n vi monaci preti che bat-
tezzavano fare suo, chiunque si presen-
tava loro. Nel monastero e chiesa di Ni-
trio, dice Palladio, il quale vi fu, erano 8
io4 REli
. preti monaci) il i .^de'quali oelebraTa, pre«
dicava, confessava. Molti esempi riporta
Nardi dell' antica facoltà data a' monaci
di battezzai*e nelle loro chiese pubbliche,
avendone anche in terne come le monache
per le salmodie ; così del predicare, con*
&ssai*e, seppellì re i[morti, con licenza e de-
legazione vescovile, lochesi apprendean-
Gora dal concilio di Poitiersdeli loo, can.
I o; ed altrettanto si ha de' monaci di s.
Marziale , che inoltre annunziavano le
pubbliche processioni e i digiuni, onde se
ne lagnarono i canonici nel concilio diLi-
moges del I o3 1 . 1 monaci furono favoriti
nella predicazione, e si può vedere nel to-
rinese Berardi t. 2, disti, e. 4» ed in Lu-
pi t. a, p. !t88; per delegazioni de' ve-
scovi e de'Papi. Spesso dai vescovi avea-
no eziandio cura de'monasteri di mona-
che, ed il concilio Ispalense del 6 1 9 li co-
stituì loro Palres spirkuales. Che i mo-
naci godessero privilegi e immunità sino
dai primi tempi, si vede dalle lettere di
s. Leone 1 del 44o> ® ^^ s* Gregorìo I
del 590 , come dai concilil di Cartagine
del 525 e 534* A'tempì di questo Papa
egualmente confessavono i fedeli i mo-
naci sacerdoti, questi poi si confessavano
tra loro, disciplina che si apprende dal
concilio di Parigi deir829, che declamò
contro gli ecclesiastici e secolari che si con-
fessavano dai monaci , ciò che in molli
luoghi era Irietato di farsi dai regolari,
perchè i canonici furono i primi deputati
dni vescovi a udire le conftsssioni , ed e-
ziandio le monache nelle loro chiese, se
malate le confessavano al letto loro, ac-
compagnali in certa distanza da ministri
deputati detti sincelli , o diacono e sud-
diacono^ come si ha da detto concilio : i
medesimi assistevano ancora il prete che
si recava a celebrar la messa, dopo la qua-
le uscivano subito. Altrettanto fecero w-
rorum religiosorunt colle reb'giosarum
foeminarum ne'monastéii per predicare,
confessare e dire messa nell' Vili secolo.
Come in oriente, così in occidente erano
i monaci piuttosto che i preti,! quali or*
REL
dinariamente confessavano il popolo:
molti canoni chiamano i religiosi più a -
bili e più idonei de' preti nel ministero
della penitenza, per lo stalo loro più per-
fetto; così dichiarò Urbano II nel conci-
lio di Nimes nel 1096. Quindi i principi
per lo più aveano de' mona ci per confes-
sori : presso i greci nel secolo XII pochis*
simi si confessavano ai vescovi e preti, ma
tutti o quasi tutti ai monaci. Forse avea-
no anche più facoltà nel! 'assolvere ; e s.
Tommaso chiama persecutori e nuovi Vi-
gilanzi coloro che non avrebbero voluto
che ì regolari predicassero e confessasse-
ro. Brunone vescovo di Langres nel 1 008
dispensò il popolo dal confessarsi dal cle-
ro secolare, permellendogli in vece di
fiirlo coi monaci del monastero Besuen-
se. Talvolta facevansi Corespiscopi (F,)
anche dei monaci e degli abbati , ed iu
certe costituzioni attribuite al concilio Ni-
ceno I, si vede che molli corepì scopi e-
rano vescovi, che consagravano le chiese,
e che se si fosse preso un monaco prete
per farlo corepiscopo, in questo caso non
si proibisce la celebrazione pubblica in
detto convento , e ciò per onore del co-
repiscopo, ch^é chiamato vicario del ve-
scovo. I monaci nel IX secolo si fecero
anche missi o preti ntissales, che contene-
vano i preti di campagna quali vicari fo-
ranei, ed erano o abbati o monaci. Avea-
no anche nell'antichità i loro generali e
provinciali; s« Eutichio prima.d'essere pa-
triarca di Costantinopoli , fu monaco e
generate de'monaci di tutta la metropo-
li d'A masia, oltre gli Archimandrita (^.):
Teodoreto vescovo di Ciro mandò una
lettera a s. Leone I da due preti corepi-
scopi, e da un provinciale o generale dei
monaci, exarchum monacorum. Aveano
molte parrocchie, e per mezzo d'un loro
individuo vi eseraitaronola cura: nel 1 1 1 9
molte parrocchie rurali egualmente erano
de'monaci. Fra'legati mandati nel 678 da
s. Agatone a Costantinopoli, eran vi de'mo-
naci. Essendo i superiori o abbati prela-
ti con giurisdizione, scomunicavano i lo-
BEL
rsflMMuid ia tatti i casi, oomeii leggo nel-
l'epitl. 179 di Stefano Tescovo di Tour*
Bay: nelCnpilohi'ed'Aquiigrana de\Y8 1 7
l'abbate poteva tcomunicare nel furtooc-
eulto. ADticameote scomunicavano tutti
i loro sudditi , non solo i generali degli
ordini religiosi p ina altresì i provinciali
nella loro provincia , gli abbati ne* loro
lonasteri, ciò che alcuni autori estendo*
DO ai Miperiorì locali de' conventi, come
può vedersi nella Bibi, di Ferrari. Papa
s. Pio V che fiorì dopo il concilio di Tren-
to^ colla bolla Eisi Hiendicantàitn, inveì
eootro quelli cbe non avrebbero voluto
cbai faddiandasseroa messa, a predica, ai
divini affisi che nelle parrocchie, ed impe*
divano che i regolari predicassero, cele-
brusero i divini uffizi o dicessero messa
adle Ceste prima de' parrochi : in vece
d«BÌiiarò che é lecito ai regolari , i quali
dice ftuìmtÈOpondut diei et aestus, il pre*
dieare^ br luniioni, dir messa sempre, e
Bdn folo prima che ciò si fàccia in par*
voachia» ma anche in tempo che si &n-
DO funaioni, che si dice messa e si predi*
ea nella stessa parrocchia, e per soprap-
pia derogò a qualunque altra legge an-
teriore^ e dice che si soddisfa egualmen*
tenelie chiese de'regolari. Il regnante Pio
1Z(/^.) ha Istituito la congregazione car*
dinaliaia, aopra lo stato de'regolari, spe-
eUmente deputata : si compone di 6 car*
diaali» ed'an prelato segretario. Per al-
tiVDOBioni sui religiosi d'ambo i sessi, ol*
tre tutti i loro articoli e autori che ri*
portai, si possono vedere i seguenti. Aegi*
dii Bochmulh, Schediasma de nominttm
mpofiiione^ et mutatione, Vittembergae
1715. Frid. fialduini Hoffmanni , Dis'
KfL de nuiiaiione nominum baplismntis
Cbnsuanamm non libera^ Vittembergae
1737. Giacomo Sciommari, Uso della
wmknione del nome, nel prendersi /* a*
Ma reiigioso : nelle noie isteriche spel"
kBUi alia badia di Groiiaferraia, Roma
1737.10. Henr. Stuss, Demutaiione no*
suwfifs saeraj Gothae 1735. Jo. Fi*ed.
Krd»9 De nominuni mutalionetn polis-
REL iò5
simum in retigiosorum professione, aique
Ponti ficum inauguratione, Norimbergne.
Menocbio, Siuore, t. 2, cap. 4i : Orila
mutazione d^ nome die fece s. Paolo, e
de* Religiosi; t. 3, cap. 33: Se quelli che
eleggono lo stato religioso debbano ad
esso applicarsi mentre sono giovanetti, o
in altra età più matura. Piati, De bono
status religiosi, RomaeiSgo. Girolamo
Piatii, Del bene dello stato de* religiosi^
Venezia 1 598. Archangeli, De privilegiis
religiosonnn, et non religiosorum, Romae
1643. Raynaudi, De apostasia a reli*
giosis ordinibus , Romae 1648. Gibali*
ni, Disquisitiones canonicnede clausura
regulari ex veteriet novo/ure, Lugduni
1648. DiHaco Sgrai, Lux praelalorwn
praesertim regularium , Vene ti is 1673.
A. Komano, De prii^iUgiìs religiosorum ^
Romae. De Franchis, Controversiae in»
ter rpiscopos, et regulares, Romae. O-
norato da s. Maria , Dissert, storiche e
critiche sopra la cavalleria antica e mo»
denta secolare e regolare, Brescia 1751.
Gio. Battista Pev^en,Sulla esenzione dei
regolari dalla giurisdizione de* vescovi e
sulle cause matrimoniali, Asisi 1 784* B.
Cardinal Tommasi , SuUa vita comune
religiosa, Napoli 1 833. Nicola Rocco, La
capacità civile elei religioso professo, 9a*
lermoi 840. In questa opera si dimostra,
che il religioso professo non è morto ci-
vilmente e vive coirintegrilà de'diritti ci-
vili, quantunque l'esercizio sia modiGcato
da' voti monastici, perchè il religioso si de-
dica alla vita di perfezione e di spiritua-
le progresso, per cui l' incapacità solo si
fonda sopra la virtuosa rinunzia fatta dei
beni del mondo. Il religioso è cittadino al
pari di tutti gli altri. Il monachismo non
togliendo la cittadinanza , né la libertà»
né la famiglia, non produce diminuzio*
ne di Cf7y90> che nell'antica giurispruden-
za romana era il cambiamento d'una con-
dizione migliore in una peggiore. Ciò non
si verifica nel religioso, che lasciando le
terrene abitudini si solleva e sublima a
perfcziuuc di virtù. La profcs:»ioue reii*
l
io6 R£L
giosa induce soltanto un'ìocapacilà ci*
irile di speciale genere. Ricevuti in uno
stato gli ordini religiosi , vuoisi eziandio
accettare la disciplina della Chiesa, che li
riguarda, la quale non si oppone alle Re»
galle della sovranità territoriale. L'auto*
rità dimostra inoltre la capacità del re-
ligioso professo nelle svariate relazioni
della vita civile, nella facoltà d'acquista*
re, di disporre , di contrattare , di obbli-
garsi, di stare in giudizio, di esercitare gli
uffici civili sì pubblici che privati, ec. Me-
glio è leggerne il sunto che nel t. i $, p.
196 degli j4 finali delle scienze religiose^
ne pubblicò il eh. Michele de Malthias.
£ugenio Bore, F'ita religiosa presso i
caldei, seguila da It istoria del .convento
di RhaboU'Ormuzde delle persecuzioni
che ha sopportato dalla parte degli ere-
ticie de mussulmani, Parigi i843.
RELIQUIA DE'SANTI,£rttvifle,fòj.
liquiae Coelitum Sanctorum, 1 corpi e le
cose desanti. Dice Piazza nel Menologio
romano, p. 5o,che reliquia propriamen*
le significa ciò che resta della maggior
parte di qualche cosa; e perchè la prin-
cipale dell'uomo é l'anima, perciò fu chia-
mata reliquia il corpo che resta in terra
o parte di esso : la Chiesa si serve dì que-
sta voce per denotare tutto quello che re-
sta in terra degno di venerazione. Ag-
giunge, che le reliquie denominate insi-
gni, delle quali se ne può fare 1' uffizio,
sono il capo, il braccio, la gamba, ovve*
ro parte del corpo intiera, in cui il san-
to abbia patito qualche tormento : che
la venerazione delle reliquie incomin*
ciò dalla nascente Chiesa, leggendosi che
gli apostoli e i discepoli tennero in gran
conto quelle del gloiìoso protomartire s.
Stefano; e nel Testamento vecchio si leg-
ge, che Mosè trasportòl'ossa del patriar-
ca Giuseppe dall'Egitto pel deserto nel*
la Terra promessa; ed il corpo del pro-
feta Eliseo, col solo contatto risuscitò un
morto. Certamente che. fino nell'antico
Testamento si ebbe venerazione alle spo-
glie de'giusii, come il ricordato Giusep-
RCL
pe, che trasportò le ossa di Giacobbe suo
genitore in Ebron nel sepolcro de' suoi
padri. 11 vescovo di Rieti Marini, Memo»
rie di s. Barbava, p* 1 9 1 1 avverte, che le
reliquie de'san ti ne'secoli più remoti, ben-
cliè consistessero in minutissima parte, ed
anche in poca polvere, non sempre sono
state denominate reliquie. In un Capito-
lare di Carlo Magno sono chiamate Pa»
irocinijs. Gregorio I fiorito assai prima
e nel 590 in alcune lettere le chiama San-
tuari. Presso s. Gregorio Nisseno sono
dette reliquie de'santi il velo o pallio che
fosse stato appostoal sepolcro di qualche
santo , come anche si dicevano reliquie
YOlio {F",), la cera (di cui a Candela ),
che ardevano quali Lumi [F,) su Lam»
pade o Candellieri. (F,) avanti le stesse
reliquie, non che la polvere raccolta al-
l'intorno che davasi agl'infermi, l'erbe e
i Fiori (F,) che avessero toccato il sepol*
a*o o Memoria (F) de'santi; cose tutte
che si tenevano in gran venerazione dai
fedeli, e tuttora per divozione si prende
l'olio dalle lampade che ardono innanzi
alle reliquie o alle sagre Immagini{F^,
come notai a'citati e altri articoli, siccome
riputato sino dalla rimota antichità effi-
cace a guarire miracolosamente i mali e
liberare dal demonio gli ossessi. L'anna-
lista Rinaldi che riporta copiose e impor-
tanti nozioni sulle reliquie de'santi, dice
che è antichissimo l'uso di nominare cor-
pi santi le reliquie de'martiri, eche non
si prendevano dagli accoliti , ma da' so-
li preti: produce diversi esempi, che nei
luoghi incendiati les. reliquie restarono il-
lese. Anticamente de'corpi de'santi nulla
toccavasi, e soprattutto questo era il co-
stume delia chiesa romana, lo che rimar-
cai in piti luoghi. Per appagare la divo-
zione de'fedeli, che si portavano in Roma
da rimote regioni e chiedevano qualche
sagra reliquia, loro non davasi che qual-
che velo a fascia che soltanto avesse toc-
cato il sagro corpo d' un Martire (F,)
e dicevasi Brandeo e Orario* K celebre
la risposta che fece s. Gregorio I all'im-
BEL
penilriec Gislanlina quando gli mandò
a chiedere la testa di s. Paolo, della qua-
le eoo diffiinone parlai a FBocBssfoRB,
onde non le accordò die il brandeo, e la
avvertì che' dovea venerarlo come se fos*
le ta lesta dei tanto apostolo , adducen-
doie in prova il miracolo, che per altro
brandeo si vide ai tempi di s. Leone I, il
quale perchè alcuni greci dubitavano in-
torno a querti veli, il Papa ne tagliò uno
GoUe flirbid e ne usi» sangue, come nar-
rai Del voi. XU, p. 262, raccontando di
altro simile prodigiooperato dallo stesso s.
Gregorio I con un brandeo, del quale trat-
tai ancora a Fehestbìsllji, eh eru quelita •
pertura che bcevasi sotto le Confessioni
(J^.) degli altari per calare tali ?eli, acco*
standosi alla cassetta o arca delle reliquie,
quindi si mandavano i braodei dai Papi
in dono a qualche gran principe, non so*
lendosi allora permettere da Roma in ve*
mna guisa la traslazione delle s. reliquie
tnute con gelosa venerazione e come teso*
ri ittestimabìli. Dice inoltre Marini , che
anticameutesi disse corpo quello che non
non una reliquia, onde leggiamo
corpi d'un medesimo santo in più
luoghi, essendosi presa una porziono per
r intierOi ovvero si diede il nome di cor-
po a qualche principale parte di esso. La
diflEerenia fra il corpo e propriamente la
reliquia, ben la dichiarò Benedetto XIV,
De caneim, ss. lib. 4$ p<^) <:3p> 6. i'ar«
landò s. Gandenzio vescovo di Crescia dcl«
Is reliquie degli stessi ss. Quaranta mar*
tiri , disse poriionem reliquiaritm siimi'
autf , dnihìinos minus possidere con-
fidimus, dum tctos' quadraginla in siiìs
fariilis houorantes ampkctimiir ... pars
ipaa, quatti mertiimus, pieni tudo est. Os-
serva Marini , che quando Dio dispone,
che una città fiiccia il prezioso acquisto
dd corpo di qualche santo, viene ad av-
vertirla di specchiarsi nelle virtuose a-
lìoni dallo stesso operate, abborrendo il
viùo eaoaaodo la virtò. Borgia nelle /Vie-
morie di Bettei*ento t. i, p. 1S9, parlan«
do del saotuai'io di s. Michele arcangelo
REL 107
in Monte Gargano presso Manfredonia,
diceche le sue reliquie presto s'incomin*
ciarono ad usarle perdedicare a Diochiese
sotto l'invocazione dello slesso santo, cioà
quereli che si ponevano sull'altare o pie-
tra ove apparve tal principe della corte
celeste, appellati nelle vecchie carte pi/«
Itola, brandea, sancUiaria , palrocinia »
avvertendo anch' egli che le reliquie dei
santi nominate ne' monumenti de'primi
secoli, vanno d'ordinario intese per que*
sii veli, cere, olii, terra e cose simili, trat-
te dai loro sepolcri, e non già per ossa,
come porta il costume d'oggidì. S'intro-
dusse quindi una formola colla quale i
Papi ordinavano che si dassera delle re-
liquie di s. Michele a coloro, che avendo
edificato a proprie spesealcun tempio, po-
tevano poi solennemente consagrare aDio
in memoria del s. Arcangelo, le quali for-
mole sono nel libro Diurno. Per questa
reliquie s'intesero, il pallio o brandeo, la
detta pietra , e la terra della grotta del
Monte Gargano. In grandissima venera*
zinne furono i brandei posti sulle tombe
de'principi degli apostoli, come dichiarai
a Chiesa DI s. Pietro m Vjiticaro, a Caia*
sjk DI 8. Paolo fella via Ostiense, a Li-
MiJVA AposTOLORUMC relativi articoli, co-
me a s. Pietro e s. Paolo (/^.) parlando
delle reliquie de'lorocorpi. Oltre i bran-
dei, i Papi solevano per distinzione e in
segno di paterno affetto donare a' sovra-
ni, potenti personaggi, chiese insigni e ve-
scovi l'imotij Ta limatura delle C^/e/ier/i
*. Pietro (F.) e di s. Paolo in teche chea-
veano la forma di croci e piìioixiinarin*
mente di Chiavi (F.) d ora, che per ren-
derle più pregievoli ponevano prima di
spedirle sopra la tomba di s. Pietro, ov-
vero /énelli delle catene di s, Pietro (F.):
ì quali, le chiavi o croci i memorati per-
sonaggi solevano portare appese al col-
lo. Osserva Severano nelle Memorie sa-
g/ie, p. i47) (^he ciò fecero i Papi, perchè
non lasciarono partir da Roma alcuna
minima particella delle reliquie de'santi,
e solo per soddisfare la divozione di quei-
io8 REL
li che ne facevano istanza, concedevano
ideiti veli o brandei, e limature. Noterò
che alcuni Papi dierono a quelli che ri-
chiesero rcliquie^un pugno della terra del
Co/o55ffo(/^.)comechè inzuppata deìSan-
gue(P^,) de'martiri. Gli stessi Papi man-
darono per «agro donativo gli Agnus Dei
di cera benedetta (V,) che si annoverano
tra le reliquie, i quali originati nel 1 V o
V secolo, operarono per virtìi divina non
pochi miracoli; ne parlai ancora ne' voi.
IX, p. 35, XI, p. 2366287, dicendo che
furono posti nelle fondamenta delle chie-
se, ed a Exulut^ a Cereo pasquale (/^;),
dicendo che ne' primi tempi si formava-
no con esso^ e dai Papi s'introdussero per
eliminare le figure superstiziose che usa-
vano gli antichi, onde si portavano al col-
lo, come si fece degli Amuleti^ Fdatie"
rà (^.), talismani e simili, per preservarsi
dai Malefizi (^.). Soprattutto e fiiuo dai
primi austiani furono e sono nella più
gran venerazione le reliquie insigni di Ge-
sù G*isto e della B. Vergine, delle quali
trattai a'ioro articoli, come de'luoghi ove
si conservano, cioè Croce, Titolo, Sah •
GUB, Chiodi, Corona di spine, Volto san-
to. Lancia, Canna, Sponga, Presepio ec,
Anello della B. Vergine, di cui meglio
nel voi* Lll, p. 147 e 178, Cintura ec, e
altrettanto del Redentore che della sua
divina Madre. Menochio nelle Stuore t.
I , cent. 4} cap. Sj discorre: Di vane re-
Uquie della B, Vergine che in diversi Ino»
giù si ritrovano. Di queste^ dì quelle del
&UO divin Figlio, come di quelle de'»$Vf/t-
ti e Beati (/^.), parlo ne' luoghi princi-
pali ove esistono nelle chiese e santuari
o alle loro biografie. Sarà bene qui pro-
testare che la chiesa di Gesù Cristo men-
tre ci fa sapere essere un atto di religio-
ne l'onorare i santi, i beati e le .loro reli-
quie, massime in que'luoghi, dove è reso
ad essi un culto particolare, non intende
d'impacciarsi nelle pretese rispetti ve del-
le chiese particolari, quandociò non nuo-
ce alla fede né da una parte né dall' al-
tra; ma coir ordinaria sua saviezza ella
REL
lascia ai suoi figli la libertà di credere
quanto la ragione e l'autorità rendono ad
essi più probabile, come giudiziosamen-
te osservò Tillemont parlando delle (}ue-
stionate reliquie di s. M.^ Maddalena, not.
I. Nella basilica Vaticana sono le reliquie
maggiori ^ della vera Croce , della sagra
Lancia, deL Volto santo o Veronica , a-
vendo trattalo del luogo ove gelosamen-
te si conservano e quando se ne fa V O*
stensione^ al quale articolo dissi dondede*
riva la mostra delle reliquie, ne' voi. II,
p. i32; VIH, p» 317 ; IX, p. 33, oltre
quanto narrai parlando di ciascuna di
dette reliquie maggiori, essendo rigorosa-
mente vietato il venerarle da vicino , co-
me dirò a Volto santo, per cui se fu con-
cesso a qualche sovrano, il Papa lo di-
chiarò prima canonico vaticano sopran-
numerario e vi si recò ad appagare la sua
divozione colle vesti corali. Non deve re-
care meraviglia se il prezioso precipuo
istromento di nostra redenzione , la ss.
Croce, cui la Chiesa venera con partico-
lare culto nel venerdì santo e nelle due
sue feste, si trovi tanto nelle sue reliquie
diffuso per tutto il mondo, perchè attesta
s. r«iolino néVEpist. 2, che anticamen-
te da tutte le parti del mondo andavano
ì fedeli alias, città di Gerusalemme {V.)^
per adorarvi le memorie dell' umana re-
denzione, e non ostante che ad ognuno si
concedesse una particella del sagrosanlo
Legno , con tutto ciò per divina virtù e
con istupendo miracolo la ss. Croce pun-
to non si scemava, ma rimaneva sempre
nella sua grandezza. I nemici delle san-
te reliquie sagrilegamente si scagliarono
anche contro la ss. Croce , come i Cen-
turiatori di Magdeburgo , cui fecero eco
Salmazio, Lutero, Calvino ed altri empi.
Vedasi Calogerà L^S^Dissert, Imago D.
N, Jesus Christus Crucifixusj et. 39^
Osservazioni sopra un* antica tavola gre-
ca in cui e rinchiuso un insigne pezzo
della Croce di 6r. C. del p. Costadoni ,
oveap. 2o3 si parla della moltiplicazio-
ne meravigliosa del s. Legno, seguita nei
RÉL
primi tempi ddla Chiesa, f»lle autorità
di •• Cirillo vetooTO di Gerusalemme^ di
Toatic monaco che ne poUilicb ie opere,
del nominalo s. Paolino nella Epist.Zi
adSèvenmif9dì altri. Betutnif Hist, dei»
teresh, racconta che l'eresia rea Aianete
oo'suoì manichei nel secolo 1 II detestò le
reliqaie da' martiri come parto del Dio
ciUivoe tniìitìt Feste Ansanti f'F.),chia*
■Modo Idolatri quelli che li veneravano.
Varioffo Eunoroio co'suoi eretici eyno-
■utffu nel secolo IV abomiub le chiese e
le rdiqoia de' santi, asserendo essere in-
cantesimi di Magia (F.) i loro Mirate*
U{F.). Nd secolo Vili insorse l'eresia
d^l'/eoNOc/tSfft' f f^.), di cui fu crudelis*
Mao fiuilòre Tempio Leone imperatore,
dw Doo solo inveì contro il culto delle
WÈgr^ immagini (F.) de' santi, ma pi*oi-
la invooarli e venerara le loro reliquie,
ordinando che si calpestassero e con ogni
torta d'ingiuria sì oltraggiassero, in op«
posiaione all'antichissimo e pio costume
dcHa Chieso, ed agli esempi degli ebrei e
di altre mitioni; imperocché il Culio(F,)
pKslalo dai cattolici alle reliquie de'san-
ti non ai fierma sull'oggetto slesso, ma i
rdativo all' eroe cristiano, che già è di-
vtnolo compreusore della celeste gloria,
onorando in lui Dio stesso come causa
mica della sua santità e della sua glori-
ficazione ; non adorandosi con culto di-
vino, uè invocandosi con implorazione di
Bre/jkiera (^•)> come disse s. Girolamo
eontro l'eretico Vigilando, atiro ardito
iaipDgiMilore delle s. reliquie, sed minore
chÀk veneramur, quam sanctorum Spi'
rjhiff, nedum quam Deum ipsum. Nella
lettera di oonfiitasione il dottore s. Gi-
niaoM Intciò ai fedeli bellissimi e impor-
tmti documenti sulla fede e disciplina
Uht cdiieaa cattolica durante le prime e-
ti. Schio essi pregievolissimi , perchè ci
forgpno le armi per combattere le opioio-
aicrroneède'moderni eretici, che ripi*en-
dono i oattolià d' idolatiìa, perché pre-
stano oisequio a'sagri avanzi degli ami-
ci di Dio. Preicindendo dall'idea religio-
REL log
sa, la stessa natura é quella che c*in«egiia
ad amare la memoria di que' die ci fu-
rono così cari in vita o a cui dobbiamo
gratitudine , e presso gli antichi contri-
buirono a\VIilolatfia(F,), segnatamente
pergi'/€/o&'(/^.)chiamali Deipenad^ La»
rif Mani(F,)f e femigliari o domestici,
che onorarono in tanti segnalati modi.
Già toccai come dalla sagra Scrittura
si apprende la cura gelosa ch'ebbero i
primi patriaixhi per le spoglie mortali
de'Ioro maggiori; che l'istesso Iddio ono-
rò le ossa di Mosé; Davide benedisse gli
abitanti di Jabes-Galaad pegli onori resi
al corpo di Saul suo competitore; Josia
nell'abbattere gl'idoli e nel disperdere le
ossa de'Ioro veneratori, fece conservare
onorevolmente quelle d'alcuni profeti; 1-
saia predisse glorioso il s. Sepolcro (F,)
del Salvatore, solo perché avrebbe toc-
cato il di lui corpo; coi quali esempi e
con infinite testimonianze de'ss. Padri,
presso Bellarmino, De reliquiis sanctO'
rum lib. a, e. 3, viene comprovato il cui-
todellesagre reliquie, d'antichissima tra-
dizione de'tempi apostolici, onde menti-
scono i calunniatori eretici e protesi nnli
nell'asserire introdotto nel V secolo. Dal
popolo di Dio passando alle nazioni gen-
tili, questa cura fu costante presso gli e-
gizi, de'quali parlai a Egitto |ìer la so-
vercliia diligenza ueW Imbalsama re (F.)
ì cadaveri, nnorai*e e seppellii*e i loro De»
funti (^.). Presso i greci le memorie dei
loro trapassati furono in pari onore, e ne
registrai in tanti luoghi le testimonian-
ze; mentre pel monumento eretto da Ar-
temisia al consorte Mausolo, i magnifici
sepolcri presero il oomedi Mausoleo(F,):
tanta fu presso ai greci la venerazione al-
la memoria de'grandi uomini trapassati,
che Cicerone fece dire ad Attico, diedi
tutte le meraviglie d'Atene ninna cosa
tanto gli avea fatto impressione, quanto
le tombe de'grandi uomini. Riporta Gua-
sco, / riti funebri, che morto Menandro
ottimo re de' battriani, i sudditi princi-
pali ne raccolsero le ceneri , ed avendo
i
no REL
ogouao di èssi esposte a gara le ragioni
che avea dì fersene possessore, fìnalraen-
te posero termine a sì bella ed onorata
contesa, con sentenziare che si dovessero
dividere fra tutti i pretendenti, affinché
presso d'ognuno rimanesse la memoria
del suo amatissimo principe. Gli etruschi
non furono ad essi inferiori, e le belle sco-
perte fatte a^nostri giorni de'loro sepol-
cri ne sono irrefragabile testimonianza,
co'monumenti e vasi de'quali Gregorio
XVI potè formarci i prezioso ^f^seo- Gre-
gori ano- Etnisco (/^.). Le tribCi indiane
nelle loro trasmigrazioni portarono seco
le ossa de'loro padri. Presso i tui*chi a
fianco delle loro splendide Moschee (F,)^
hanno 4 loro cimiteri tenuti come giar-
dini amenissimi, come notai a Cimitebi,
e dove di continuo si recano a riverire
le ossa de' Morti (/^.). Nel cristianesimo
sempre si rispettarono le spoglie de'fe-
deli defunti, che ravvisando in esse al-
trettanti templi dello Spirito santo fu-
rono tumulale anche nelle Chiese (^.),
dove si offi'ono i tremendi misteri e s'in-
nalzano cantici e profumi a Dio onnipo-
tente come a sua casa. Universale fu sem-
pre presso tutti i popoli di tenere in ono-
re gli oggetti appartenuti a persone ama-
te per parentela e amicizia^o stimate per
ìk celebrità delle loro gesta e dottrina,
sovente pure per la sola elevata posizio-
ne sociale, e qualche volta perla loro sin-
golarità, per gli errori, pe' vizi, pei deli Iti,
ovvero perché siffatti oggetti ricordano
fatti storici e aventi relazione con avve*
BÌmenti o epoche memorabili. Le città
stesse conservarono con onore le armi dei
famosi guerrieri, appendendole talvolta
ai templi de'numi. Siavea rispetto pres-
so gli antichi per un altro genere di re-
liquie; erano queste i capelli, per memo-
ria di chi erano appartenuti, ciò che tut-
tora si osserva anche dai cristiani. I ro-
mani conservavano il fuso e la conocchia,
contornata ancora di lana,diTanaquilla
moglie di re Tarquinio Prisco; Ja qua-
' driga di Creta re de' veienti, le ceneri d'O*
REL
reste, lo scettro di Priamo, il velo d'Ilio-
ne, gli Anelli o Scudi, il Palladio o simu-
lacro di Troia e altre cose, la cui con-
servazione supei*stiziosamente assicurava
la perpetuità del romano impero, illu-
strate con belle erudizioni da Cancellieri:
Le sette cose fatali di Roma, A Funera-
le riportai come gli antichi romani e al-
tre nazioni onorarono i morti. La lucer-
na d'Epitetto fu venduta a gran prezzo,
in pssequio di quel filosofo cinico. Nel-
l'epoca dell'impero romano anche per a-
dulazione si serbavano delie reliquie, co-
me fece L. Vitellio insigne adulatore del-
la corte imperiale, che portava solto la
toga i calzari dell'infame Messalina e spes-
so con grande affetto li baciava. Ad e-
sempio delia remota antichità, anche nei
secoli a noi prossimi e fino ai nostri dì
si sono conservati nelle città e paesi ci-
vilizzati oggetti d'ogni sorta, serviti al-
l'uso di uomini più o meno celebri, e tal-
volta apprezzati dagli uni ed esecrati da-
gli altri. 1 magnifici palazzi de'reealtri
principi, i monasteri e abbazie rinoma-
tissime abbondano di ragguardevoli og-
getti, quantunque di loro natura sieno
stranieri al culto religioso. 1 musei, i ga-
binetti, le biblioteche. sono altrettante
custodie gelose, che guardano sì preziosi
monumenti. Nella patria di Petrarca ai
tempi di Orsato si conservava la sua se-
dia e . un mobile, ed anche lo scheletro
del gatto che avea amato. In molti luo-
ghi d'Italia si serbano vari oggetti d'uso
dell'Ariosto e di altri sommi poeti. A Pa-
rigi ne'musei vi sono molte memorie di
grandi uomini, e l'attuale presidente del-
la repubblica francese sta formando un
museo nazionale di tutto ciò che sia ap-
partenuto ai dominanti di Francia. Nella
biblioteca d'Annover èia sedia sulla qua-
le mori Leibnitz. A Ferney si andava a
vedere la casa del miscredente Voltaire^
richiedendosi per memoria le cose più in-
significanti. In Inghilterra vi sono molti
cappelli servili a Napoleone, e delle penne
con cui segnò l'abdicazione a Fontaine-
REL
blean ; Wllre memorie del gran geoio to«
no in Russia e altrove. Gli oggetti ser-
viti all'eresUirGa Lutero sono tenuti in
venerauoiie da quegli stessi protestanti,
che ooDtraddicono col fatto a ciò che op«
poogoDO ai cattolici sul culto delle reli-
qoi«; altrettanto dicasi di altri acattolici
per le ooae appartenute ai fanatici capi-
pirfe delle pretese riforme.Tal volta i pro-
testanti e altri settari intrapresero pel*
Icgrìnaggi, per venerare tali oggetti o vi-
àtere le abitaiiont domestiche de'loro e-
roi noTStori ; stropicciandone le pareti,
porfaTano seco il calcinaccio e la polvere
come rimedi salutari per ogni infermità.
Kd voi. I , p. 453 degli Annali dcUescìen*
le neHjgroae a/ serie, sotto la categona /?e-
Spiegai legge: » Secondo le gazzette in-
||Ìc8Ìil principe Alberto (marito della re-
gina regnante d'Inghilterra) ha compe-
talo il veatito di Nelson, quello proprio
di*ei portava nella battaglia di Trafalgar
(aafale del 2 1 ottobre i8o5, vinta sulle
flotte gallo-ispane), per 1 5o lire sterline
osna 38oo franchi, e & ora conservare
qacsia reliquia nell'ospedale degrinvali-
di della marina. Un esemplare del De»
tmmarone di Boccaccio stampato a Ve*
iena nel i47i andò in una vendita pub-
bRea aaa6o lire sterline; e un volume
cai nome di Shakespear segnato di ma-
aa propria venne a costare lao lire ster-
Eafc La sedia di appoggio di avorio che
k città di Lubecca donò al re di Svezia
Gustavo Yasa, fu vendutanel \%Zi per
58,ooo fiorini; e l'abito che Carlo Xlt
ia£Svesia portava alia battaglia di Pui-
lava (vinta daPietro I il Grande), nel 1 82 5
cpitbaayOOO sterline ossia 56o,ooo ^n*
chi al eompratore.Nel 18 16 lord Shaft-
bary per nn- dente di Newton pagò 780
tefiaL In occasione del trasportamento
digli avanci di Abelardo ed Eloisa, fu vvi
iaiiigleaeche offerì per un dente di que-
faltana 1 00,000 franchi . Per contrario
tatto inteto U teschio di Cartesio a Sto-
cobi eoatò soli 99 franchi. A Parigi un
hiitonc di Voltaire fu venduto per5oo
REL 111
fi*anchi. Una vestedi Gian GiacomoRous-
seau fu pagata 959 franchi, e il suooro«
logio di ottone 5oo franchi. Una vecchia
paiTuca di Kant trovò un amatore per
loofranchi, cuna similedi Lorenzo Ster-
ne salì a 200 ghinee. Fuvvi chi comperò
le due penne con cui fu sottoscritto il ce-
lebre trattato d'Aroiensper 13,750 Tran*
chi. Il cappello che Napoleone portava
a Eyiau (in cui vinse i russi e prussiani)
fu venduto per 1920 franchi. Tutto que-
sto ha da essere, ben s'intende, giusto e
lodevole: ma se poi i cattolici hanno in
onore le reliquie de' santi, tosto si grida
superstizione! " In vece di deridere, co*
me fònno alcuni, i protestanti per cotali
enormi contraddizioni, meglio è compas-
sionarli per la loro cecità, e dimostrare-
ad essi, che altro é il fine di noi cattolici
nel venerare le reliquie de'santi. Gli uo-
mini che ci hanno lasciato quelle spoglie
non sono del genere de'primi. Essi non
solo furono in questa terra cari, stimati,
sapienti, potenti, coraggiosi, virtuosi,am-
mirabili agli occhi dei mondo,ma furono
eziandio gli amici di Dio, di cui oggi so-
no i comprensori in Paradiso. Le loro
tombe non sono per noi oggetto di cu-
riosità superstiziosa, ma bensì miniere
inesauste di grazie^ di prodigi a vantag-
gio spirituale e corporale deTedeli, e ve-
nerando le loro sante ossa, ci rendiamo
meritevoli della loro possente protezio-
ne, mediante la quale otteniamo da Dio
la grazia d'imitare le loro virtù, e di po-
tere un giorno essere loro compagni nel-
l'eterna beata vita.L'ab. Essiinger, illu-
stre convertito al cattolicismo, nel 1882
pubblicò: Apologia della religione caU
tolica tratta dagli scritti de* protestanti
principalmente alemanni ed inglesi, col-
le loro più importanti confessioni. Se ne
legge l'analisi nel voi. 2 degli Annali ci-
tati i .'serie, ove a p. 372 si tratta dell'in-
tercessione, invocazione e culto de' san-
ti, delle reliquie ed immagini, lequali si
devono venerare per confessione degli
stessi protestanti. Nel voi. 5, p. 282 si
112 REL
pai-la della confutazìooe deH'einpie dal*
trine di Collio de Plancy intorno a que-
sto punto, fatta dal dotto p. Puugileooi
conventuale, contro l'irreligioso Dìction»
naire critique des reUques et des images
miracuUuses, In questo Plancy cavò dal*
la poi vei*e il Trattato delie reliquie ò\ Gìo*
Tanni Calvino eresiarca, ne trascrisse le
bestemmie, ve ne aggiunse delle peggio*
ri, ed infiorò il suo stile di quella sedu-
cente satira, che manca nello stesso Cai-
Tino. Ne'primi tempi della Chiesa non tra
permesso il dividere ì corpi dé'santi, non-
dimeno furono oggetto di veneraEione
anche le loro ceneri. Noterò che questa
premura deTervorosi cristiani di venera-
re le ceneri f\Q*$&, Martiri fu arditamente
tacciata |>er superstiziosa dagli eidetici, che
per derisione e per contumelia solevano
chiamarli col soprannome di cineraru.
Dopo la morte di s. Gregorio 1 comincia-
ronsi a venerare le ossa de'corpi de'mar-
tiri, come se fossero stati interi; ma Plan-
cy non fece distinzione fra l'uso e l'abu-
so, il I.* approvato, il 2.® giammai au-
tenticato dalla Chiesa. La Chiesa non pre-
tende che si adorino nudamente pezzuoli
di tela^ di metallo o di marmo figurati^
ma li propone come copie originali par-
ianti più all'animo che all'occhio, e l'a-
nimo bene istrutto apprende esservi la
Dio solo una santità essenziale, da cui la
santità de'suoi servi deriva. Qui meglio
dichiarerò che per le reliquie de'santi s'in-
tendono non solo i corpi o qualche parte
del corpo, ina t capelli, le ossa, la carne»
il sangue, il grasso, i denti, le ceneri, le
polveri, le veslimenta, e qualunque altra
cosa che possa aver ad essi servito in que-
sta terra; parimenti i panni e i veli coi
quali i loro corpi e ossa fossei*o state av-
volte e le avessero toccate. Di queste re-
liquie alcune si dicono insigni, e per tali
si ritengono il capo, braccia, gambe, ov-
verà quella parte del Goi*po nella quale
il santo ha palilo qualche tormento e de-
ve essere intera. Nel voi. 8 de'medesimi
jinnalijf, i o3» sono riportate lestimot-
REL
niante de' padri armeni sul culto delle
reliquie de'santi, cioè d' Abramo Maini-
ouiiese vescovo armeno nel Y I secolo: >» Se
poi qualcheduno dubitasse per i ss. Mar*
tiri, dovrebbe persuadersi neirudire che
in molti e remoti luoghi le reliquie di cia-
scun martire sono sparse, come quelle di
s. Pietro apostolo, da Roma nell'Arme-*
nia e nell'Albania orientale. Ovunque so-
no delle reliquie sacre ci è appresso la gra-
zia di Dio> che esaudisce i voti de' sup-
plicanti e retribuisce secondo il bisogno
di ciascheduno. Perchè mai invochiamo
ad intercessione i ss. Marlin, e non sup-
plichiamo piuttosto il medesimo Iddio?
Perchè siamo pieni di confusione pei no-
stri peccati, e non abbiamo coraggio di
avvicinarci a Dio: ed è perciò che ci pren-
diamo per intercessore il merito de' san-
ti, che furono templi dello Spirito santo.
Oggi si celebra la memoria de' santi, le
reliquie de' quali sfolgoreggia uo nella
Chiesa: per mezzo di queste preghiamo
il Signore. Eglino sono stati templi dello
Spirito santo, e le loro ossa sempre v i-
venti SODO medicina degl'infermi. Ci pro-
striamo innanzi alle reliquie permanenti
del campione di Gesìi Cristo e venerabil
martire, il quale è gloria pel mondo, ed
intercessoi*e per noi. Nel tempio vostix>
santo adoriamo le vostre reliquie; glo-
rifichiamo il giorno della memoria del
vostro riposo. *' Sempre i Papi con zelo
e impegno vegliarono control diversi a*
busi, che l'umana malizia di tempo in
tempo ha tentato d'introdurre con reli-
quie indecenti o sospette, pegli scaltri
spacciatori di fiilse reliquie, come rilevò
Cancellieri, Memorie delie sagre teste ^ p.
1 3 e 49*
A Mabti^b ne distinsi le specie, dai
Confessori della fe€Ìe{y.)y cbe soffrirono
i tormenti e la morte per Gesìi Cristo ed
il suo Evafigtlo(F,), Che i cristiani pri-
mitivi ne imbalsamavano i cadaveri con
preziosi arami e profumi, attestando Ter-
tulliano tìeW Apologetico^ che maggior
dispendio si faceva in questo pio uso dai
BEL
cristiani, che non dai gentili per l'onore
dei loro idoli; inoltre premurosamente ne
raocoglieTanoMl sangue. Indi vestiti col
Coiobio (f^) li riponevano ne' Cimiteri e
Caiacombeoin sepolcri chiamati memo-
riti sui quali si celebrò la Messa (f^*)y
ooofermandone l'antico uso s. Felice I del
a79;*OTvero si posero i loro corpi sotto
gli ^leiinY^*^» donde derivò l'uso di con-
Migrarli colla Pietra (F'^jsa^va sulla Men-
sa (^«X *n cui si racchiudono le reliquie
de'mnli approvate dal vescovo. Antica-
mente il Patiotto (F.) era una cortina
che ai poneva avanti l'altare, per impe-
dire che la polvere penetrasse nella cassa
delle reliquie. V. Oratorio privato, e
UÙmu^lnquoddam altare portatile epi-
tlolàns dissertatio^ presso Ca logerà t.46 ;
ed il PoniificaU Romano^ De altaris con*
ieeraibmt^.cujus sepulchrum reliquia»
tòum est in medio summitatis stipi tis; De
éUaris portatilis consecratione, A Mar-
TiBB dini ancora dell'uso d'imporre i no-
ni ai martiri , di cui s' ignora come si
cfaìamarono; su di che può vedersi Sar-
neliip LeiL ecd. t. 4, lett. 34- Che dai cor-
pi de'aanti uscì talvolta olio o altro umo-
re miracoloso, come per diversi narrai
alnoghi loro, così della manna che esce
dalle oaai^ di s. Nicolò di Bari (^.). Co-
BWi^ìncomìnciò a prestare ai martiri so-
lenne culto, già in consuetudine ne'primi
3 secoli, e che nel I V principiò quello de-
gli altri -aanti. Che s. Gregorio I tolse l'a-
baso dì. seppellire i morti nelle chiese, e
di fidd>ricar queste ov'erano stati sotter*
iiti caidaveri^ pel pericolo di confonde-
re Icf oan profane colle reliquie de'mar*
tiri, presso i quali i cristiani amavano
di Arai seppellire. Dei simboli e segni
per oonoicere i martiri. Che per la loro
vmcrauone nel IV secolo, per le loro fe-
lle grande era il concorso per vederne e
posnlnlmente baciarne le reliquie, dalle
9Dali visite ebbero origine i sagri Pelle'
|niiiiggF(^.)per venerarne i Limina(F,),
Borgia nelle suddette Memorie di Bene-
vauo t. 3, p. 67, come segretario della
▼OL. I.YII.
R£L ii3
CongregazionedeWindulgenzeesagre re-
liguie (^.), volle fare alcune riflessioni
sul bacio dato alle sacre ossa nude de'ss.
Gennaro, Festo e Desiderio, come si espo-
nevano alla divozione dcTedeli in Bene-
vento. Fu certamente abuso de' vecchi
tempi, prima del solenne divieto fattone
nel concilio di Laterano nel 121 5, il mo-
stratte talvolta nude le reliquie de' santi;
ma il darle poi a baciare fu costume presso
che peculiare della chiesa Beneventana,
essendovene esempi di altri corpi de'san-
ti nel 1 1 19, e di s. Barbato nel 1 1 ^4 per
le loro invenzioni o ritrovamenti, onde
riporle in luogo piii decente. Il Moretti,
De rltu ostensìonis sacrarum relìquia'
rum (il Supplementum Dissert, è infine
della DisceptatiOy De ritu variandicho'
rale indiimenlum) cap. 39, riporta altro
esempio di dare a baciar nude le sagre
reliquiedel 1 120, nel monastero di s. Pie-
tro Vivo, sebbene conchiuda che furono
esposte e baciate chiuse denti-o le loro
teche o Reliquiari {F.), Dopo la proibi-
zione del concilio, tranne i casid'inven-
zione e ricognizione (per cui ebbi la ven-
tura di baciar la testa di s. Andrea apo-
stolo, come notai a Processione, oltre il
bacio delia mano di s. Rosa in occasione
che si recò a venerarla Gregorio XVI),
assai di rado avvenne che nude si mo-
strassero le sagre reliquie. Che poi nude
eziandìo si baciassero, dice Borgia che è
quasi singolare il fatto nel lajS acca-
duto nel monastero di Corbe ja Nova, al-
lorché vi giunse maestro Fulcone desti-
nato da Gregorio X ad accalorar nelle
Galiie la spedizione in soccorso di Palcr
stina. Fu questi pregato dai monaci per-
chè aprisse le custodie delle reliquie, che
erano state al loro monastero donate da
Carlo Magno, per riconoscerne la since-
rilàe i nomi di cia8cuna,ed avendoli pron-
tamente soddisfatti nel loro pio desiderio,
le diede loro anche a baciare. In Bene-
vento poi l'abuso di mostrare le reliquie
fuori delle loro custodie e di darle anche
a baciare, talmente vi si mantenne che
8
ii4 REL
d'uopo fu a (Jgone Guidardi nel conci-
lio provinciale del 1874 di proibire, ne
antiquae rcliquiae aniodo extra cassas
nullatenus ostendanlurje a Massimiliano
Palooibara nel concilio provinciale del
1 599 di ordinare, die volendosi mostrare
al popolo le sagre reliquie, non si estraes*
sero da'Ioro vasi, né si toccassero dai lai-
cì^t/uods, GregoriussacrUegium esse seri*
hitj neque eas nudas deosculari liceat^
scrisse quel Papa a Costantina Augusta,
nella lelt. 3o, lib. 4i nel narrarle che i
ss. Pietro e Paolo aveano represso Tau*
dacia di chi osò vedere e toccare le loro
sagre reliquie. Ruinart, Atti sinceri dei
primi martiri della chiesa cattolica, nel-
r Orazione di s. GregorioMisseno del gran
martire s. Teodoro, discorre delta som*
ma venerazione de'fedeli verso le l'eli-
quie de'martiri, che ritenevano per som*
ma grasia di avere la polvere ch'era so-
pra o dintorno l'urna che le conteneva,
indi la custodivano come tesoro. 11 giun-
gere poi a veder svelatamente le reliquie,
toccarle, baciarle era grazia e felicità as-
sai rara e data a pochissimi d'un merito
eminente e dopo lunghissime suppliche.
Commovente poi è il racconto degli af-
fetti rìvereniì e delle soavi sensazioni che
provava il veneratore quando tra le sue
mani rìceveva il corpo o le reliquie del
martire che baciava mille volle. L aniio-
Utora Luchini soggiunge che ladiscipli*
na degli orientali era diversa, tra 'quali
si usava pigliare in mano le reliquie dei
ss. Martiri, di baciarle e di segiuirsi con
quelle. Roinart inoltre racconta come
conservate in oriente e occidente le reli-
quie de'martiri, quanto pregiate e quan*
to venerate. A BIabtibio, tormento che
si patisce dai martiri, riparlai de'suoi se-
gni e della premura ch'ebbero i fedeli net
ri^icogliere il sangue de'marliri, v«nenv
iloquestoegl'istromenti del martirio ve-
nerati dai medesimi. Non solo gl'islru-
menti del martirio, ma pure le urne dei
mari-tiri (armarono An tenero oggetto d«l
culto 4«.'fedeli| come sappiama da &. iiieo- <
REL
ne I.£otdettì, Osservaz, sopra i cimiltri
c.9, p. 3 1 a, tratta della diligenza de'primi
cristiani nel conservare gl'i strumenti che
servirono ai martiri di tormento, alcuni
de'quali conaltre cose che sì credono aver
servito per tale effetto, si trovano ne' se-
polcri de'cimiterì. A Catjicombb o grotte
sotterranee, come tombe de' primitivi cri-
stiani^ raccontai che coi consueti segni e
iscrizioni vi furono seppelliti un immen-
so numero di martiri, massime in quelle
di Roma, inclusivamente per un tempo
i corpi de'ss. Pietro e P^o/o, dicendo del-
le loro Traslazioni (/^.); quindi furono
le catacombe veneriate come santuari, ed i
Papi ne estrassero i martiri per collocarli
nelle Chiese di Roma (P^')^ o per donar-
ne i corpi a'principi, vescovi, altre chiese
e luoghi, onde fecero regolamenti pei ca-
vatori e vi deputarono a presiedere gli
scavi diversi cardinali della congregazio-
ne delle reliquie, e il F'ieario di Roma
(/^.), con diversi ministri, non che il Sa-
grista (P^.)i confutando le calunnie degli
acattolici. Narrai a CiiiiTEEiche furono
detti concilia Martynim, per quelli che
vi furono sepolti in grandissimo numero,
onde i primi cristiani e in tempo prin-
cipalmente delle Persecuzioni (y.)y vi ce-
lebrarono i Divini uffizi (^.), e poi vi fu-
rono edificate propinque chiese, o con-
tigui a queste si formarono cimiteri, pel
pio desiderio de'fedeli di essere tumulali
presso le reliquie de'martiri e in seguilo
nelle chiese stesse. A Cimiteri di Roma e
sue adiacenze tornai a trattare delle mol-
te sue catacombe, delle quali diiìcorro an •
cora parlando delle loro chiese o delle
strade ove si trovano, come delle tumu-
laaiooi de'martiri cogli strumenti del pu-
tito martirio; il peix:hé Papa s. Fabiano
del ^38 fece molte rubriche sui cimiteri
o catacombe* A Cbibsì| parlando dell'e-
rezione de'sagri templi, notai che quelli
de' gentili ridotti per casa dei vei*o Dio,
rimasero purgati ecoosagrali colla santilà
delle venerasde reliquie de'martiri, per
cifti siocome ilPastbeondìRoma dedicalo
pHiltiipaliiieate a Giove, per le imitiagìni
dìMartee Venereoonteniiequeilecli mol-
ti numi, oosì ». Booi&cio IV volle santi*
ficarlo con %S carri di corpi de'ss. Mar-
tiri presi da'dmiteri, e lo dedicò ad essi
ed alla B. Vei^ioe, ed è la chiesa di s. Ma»
ria ad Martyres. Dissi ancora delle sa-
gre reliquie occorrenti per la consagra-
lione della chiesa, chiuse in una cassetti-
na per riporleneiraltare prìncipale, avan-
ti le qaali relìquie in tutta la notte pre*
cedente alla funzione deve il clero sal-
meggiare^ quindi nelle ceremonie della
consagrasione il vescovo pone nel sepol-
crino dell'altare le sante reliquie. Final-
Oleate per non dire di altri articoli, a Im*
KàouB parlai delle sagre immagini dei
santi e fateti d'ambo i sessi che sono e-
spoeta alia Tenerauone de' fedeli nelle
diiaae,edel loro antichissimo e legittimo
cullo, lodando il pio costume di tenersi
nelle oaiee nelle pubbliche strade in quei
labeniaooli chiamati Maestà (^.). Del
nodocome si devono rappresenterei san-
ti degli artisti, deloro raggi. Aureola, Co"
nma^ Diadema e Nimbo {F.)^ cui sono
ornati, simboli di santità. Come si espon-
gono sugli altari le reliquie in cassette,
Qme, reliquiari e busti, fino dal declinar
deirVIII secolo, del loro culto di dulia.
Che il eoncilioNiceno II del 787 fulminò
anatema a chi non venerasse le reliquie
de'fanti.
Alle reliquie de'santi si deve prestare
venemsioneecultocon invocarli a soccor-
rerci nelle necessità spirituali e temporali,
porger loro preghiere genuflessi , solen-
niname la festa con azioni pie, digiuni
e penileàie. Si erigono chiese e altari a
Dio aotto l'invocazione e il nome'de'san-
ti , perebi il culto che à questi si presta
si riferifce a Dio^ il quale pei meriti e in-
lereenione de' santi, che è in essi mira-
bile, ci comparte le grazie. Da ciò deri-
vano due beni, cioè che dalle orazioni e
preghiere si ritrae utilità e vantaggio, ed
esaminando e ponderando le virtù de'san-
fi siamo indotti a imitarli, comedimostra-
REL ii5
no e stabiliscono gravi autori, il concilio
di Trento e il catechismo romano. Del-
la venerazione e pregio in cui sempre fu-
rono tenute le reliquie de' santi, infinite
testimonianze si leggono ne'Angri scritto-
ri, come degrinnnmcrabili e grandi pro-
digi operati da Dio a loro intercessione^
solendo la chiesa portarle in Processiona
per ottenere grazie e il loro possente pa*
trociniOi A tale articolo dissi die si usa-
va portare le reliquie sotto Baldacchino^
ma tranne le solenni traslazioni^ fu vie-
tato dalla congregazione de'riti, con ap*
provazionedi Leone XII, non potendosi
usare nemmeno l' OmbtelUno (^.), e nep-
pure per le; reliquie della B. Vergine, a-
vendo detto a queir articolo che si deve
al solo ss. Sagramento e alle reliquie di
Gesò Cristo per consuetudine. Severano
a p. 577 narra che Numeriano impera-
tore fece murare l'apertura che condu-
ceva alla cappella, ove riposavano le re-
liquie de' ss. Grisanto e Daria , edificata
da'fedeli nel cimiterio della via Salaria,
e mentre essi divotaroente la visitavano,
onde vi restarono seppelliti e martiri del-
le reliquie de'martiri i ss. Diodoro e Ma-
riano ed altri molti^ Avendo i Papi ten-
tato inutilmente di cercare ove fosse il
tesoro di tante reliquie, neir885StefiEino .
Y detto VI n'ebbe rivelazione da Dio e
andò nel luogo coi cavatori, dove egli o-
rando e quelli scavando finalmente tro-
varono le sante reliquie. Il Papa entrò
nella grotta e colle sue mani separò le sa-
gre ossa dalla terra e dai sassi, ordinan-
do a Francone che soprastasse ai cava-
tori e operari acciò non fossero rubate.
Durarono gli scavi piti^giorai e con tan-
ta alacrità, fatica e zelo religioso, che i
cavatori e operari si dimenticavano di
mangiare per la consolazione che prova-
vano in adoprarsi a opera sì pia, e pel soa-
vissimo odore che continuamente esalai
vano le reliquie che andavano trovando.
Nelle notti ivi si udivano voci angeliche
di pei*sone che salmeggiavano e si vedeva
un grande splendore, ed allora niuno ardi-
ii6 REL
va accostarci- Francone vi accese una lain«
pada che arse 7 giorni e altrettante not-
ti senza scemar I olio -e ad onta del sof-
fiar de' venti. Altra cosa memorabile oc-
conse in questi scavi e separazione dili-
gente delle reliquie, ed in cui Diodìmo-
slrò quanta cura abbia de' santi suoi, e
come sia vero il detto nel salmo 33 : Ca-
stodit omnia ossaeorum. Avendo un gior*
no Francone sostituito A dalfredo perchè
lo assistesse nell'^opera, nella sua assenza
Adalfredo a consiglio altrui s' indusse a
rubar parte delle relìquie per cavarne de-
naro , sapendo quanto \ cristiani avida-
mente amavano possederle. Tornato alla
sua casa colle reliquie fu colto da grave in-
ferra ilà,finchèdopo7 giorni d'atroci dolo-
ri, chiamato Francone, si gitlò a'suoi pie-
di, manifestò il furto e restituì le reliquie,
con quanto dì mirabile riporta Severano.
Questi racconta ancora conie le sagre i*eli-
quie furono nascoste in luoghi occulti,
quando furono rubatee i prodigi accaduti,
e che la testa di s. Alessio venendo rapita fu
ricomprata per 5oo scudi. Moltissimi cor-
pi santi e reliquie furono rubati, massi-
me ne'prìmi secoli e pe'bassi tempi ; ne
riporterò diversi furti , che ho ricavato
dalla Stona de* Papi dì Novaes, meglio
di divei*si avendo parlalo a' luoghi loro
colle relative critiche, come de'corpi dei
ss. Pietro e Paolo rubati dai greci ; di
quello dì s. Benedetto rapito dai cenomia-
ni a Monte Cassino (/^.), con quello del-
la sorella s. Scolastica, traslazione che al-
tri con pili dì ragione negano , pel fre-
quente errore o modo di esprimei*sì di
chiamar parte delle reliquie per corpo.
Così narrai del rubamento fòtto del cor-
po di s. Romualdo, portato a Jesi (^.),
donde miracolosamente si trasferì a Fa»
hriano ( V,), A Piferno e Fossanvo va par-
lai del contrastato corpo dis. Tommaso
d'Aquino; delle quali dispule egualmen-
te discorro a'iuoghi loro, giacché per es-
se vi furono anche azioni guerresche e
rappresaglie. Il corpo dis. llarione fu in-
volato da Esichio. La testa dì s. Romano
REL
abbate da certo Aronne furtivamente fu
portata a s. Germano d'Auxerre. Alcu-
ni fi*ancesì rubarono la testa di s. Clemen-
te martire dal monastero di s. Maria dì
Costantinopoli e la trasportarono a Clu-
ny. Il corpo di s. Bertulfo abbate fu ru-
bato nel Belgio dal bretone Eletto. Nel-
l'SsSi veneziani involarono in Alessan-
dria il corpo di s. Marco evangelista, e lo
portarono a Venezia. Alcuni mercanti dì
Bari presero a Mira il corpo di s. Nico-
lò e lo portarono in patria. Un venezia-
no rubò in Co.<tantinopolì il corpo di s.
Atanasio, che fu collocalo in s. Croce dì
Venezia. In questa città sì venera il corpo
dì s. Rocco, rubato per divozione a Mont-
pellier da' veneti che vi si recarono pelle-
grinando. Alfonso V, contro il volere dei
cittadini, tolse da Marsiglia il corpo di s.
Lodovico vescovo di Tolosa e lo porlo a
Valenza di Spagna. 11 corpo dì s. Luca e-
Tangelista fu rubato nel 1 247 a Costanti-
nopoli e portato a Brindisi, donde fu tras-
ferito nel monastero Quieto della diocesi
dì Nusco, finché un braccio fu portato in
Bologna. Nel sacco di Roma del 1 527 un
soldato rubò il Prepuzio di Gesù Cristo,
tagliatogli nella Circoncisione{F^,),e por-
tato in Calcata (non Calcula, come per
errore di stampa sì legge a Orte), ora
nella diocesi e distretto di Viterbo (V,),
Due laici trinitari rubarono in Roma il
corpo di s. Giovanni de Malha e lo por-
tarono nel i655 a Madrid. Il corpo del
b. Pacifico da Ceredano fu portato furti-
yaroente in patria, ma senza un braccio,
perché alzandolo il beato nel passare per
Mortara, l'ottennero le monache di s.
Chiara per loro. Nel voi. XL, p. 286 par-
lai della miracolosa traslazione del corpo
delb. Gìrio, e di altrein altri luoghi. Que-
sti rubamentì di reliquie derivarono dal
concedersi ne'prìmi secoli difficilmente, o
perla vivissima divozione che si avea ver-
so il santo di cui s'involavano le spoglie»
come pure pel gran fervore e desiderio
dì arricchire le nuove chiese con qualche
corpo dì santo, il Menochio, Stuore t. 2,
REL
ceni. 65j tratta: Quanto fossero soUedd
amiicamGUe li Pontefici j che non si por-
tasterò le reliquie fuori della città di Re*
wuu In questa ve ne fu sempre dovisia,
00019 dimostrai descrìvendone le chiese,
nelle biografie de'santi e beali, ed arti'^
coli relativi: fira le opereche trattano dei-
lereliquièjdi cui la metropoli del cristia-
aesimo i tanto copiosissimamente ricca,
alerò Piana, 'Emerohgìo di Roma cri*
sttana^ ecclesiastica e gentile. La nuova
Roma o GMtantinopoli non volendole es«
sere inferiore per la trasferita sede impe-
riale^ i suoi imperatori cristiani vollero
ivi raccogliere le cose spirituali di mag*
gior pregio, che vantassero le principali
dita de' vasti loro dominìi, le prime culle
del cristianesimo, i luoghi dove vissero gli
apostoli e i loro discepoli, come narrai
nella descrizione delle tante insigni reli*
quie che da Costantinopoli dipoi si spar-
sero pel mondo e in Roma , nella presa
che ne fecero i latini, e pi li tai*di i turchi,
sebbene Maometto II pubblicò un bau-
dodi penala vitaiachi toccasse le reliquie
e ornamenti delle chiese, volendo che fos-
sero insieme co' tesori imperiali riservali
per lui. Hurter nella Storia d'Innocenzo
III^ lib. 8, narrando Tespugnazione fat-
ta di Cmlantinopoli dai latini, franchi e
veneti, di dòeruditamente parla, laonde
ne darò un estratto. I francesi e venezia-
ni come si spartirono , non senza trafu-
gimentt, gl'iinmensi tesori della gran me-
tropoli , così fecero de' tesori spirituali.
Posicdea Costantinopoli la pietra su cui
dormì Giacobbe, la verga di Mosé, le ve-
sti della B. Vergine,. la sua rocca e per-
line qualche goccia del suo latte; la vera
Croce'oon istillo del preziosissimo Sangue
del Redentore, le fascio ove fu ravvolto,
MDo de'suoi primi denti , una ciocca dei
moi capelli, un frammento del pane da
lai co'suoi apostoli diviso neirullima ce-
na, un brano della porpora di cui era ve-
itito quando fu condotto innanzi Pilato,
e la sua corona di spine. Pretendeva inol-
tre Costantinopoli di possedere le reliquie
REL 117
della maggior parte degli Apostoli , dei
Padri più celebri della Chiesa, e de'Mar-
tiri pi il coraggiosi della fede, avendo gli
imperatori fatto a gara di arricchire tali
insigni reliquie con ornamenti in cui la
squisitezza del lavoro contendea colla pre-
ziosità della materia. Dì questi tesori e-
rano soprattutto ingordi gli ecclesiastici
latini, onde di buongrado lasciavano le-
var le gemme di cui era ornata la s. Cro-
ce per le scheggio del suo legno, che poi
divisero scrupolosamente coi baroni del-
Tesercito, i quali le donarono ai mona-
steri e chiese delle loro patrie. L'impera-
tore Baldovino I ne mandò un fi-ammen-
to a Innocenzo III e altro al duca Leo*
poldo VI d' Austria. La maggior parto
delle altre ricchezze di questo genere, re-
liquie de'sauti, suppellettili venerande per
la santità di quelli cui erano appartenu-
te, furono portate a Venezia , come una
poraione del s. Legno, del Sangue di Ge-
sti Cristo, i corpi di s. Lucia odi s. Si-
meone, un braccio di s. Giorgio, un fram-
mento della testa di S.GÌO. Battista. Mol-
te relìquie passarono in Francia e Inghil-
terra, molte ne rubarono gli ungheri agli
ecclesiastici del vescovo di Porto. Colo-
nia ebbe il teschio di s. Pantaleone suo
protettore ; il duca di Nassau in arca di
squisito lavoro possiede un dente di det-
to s. Precursore; il vescovo d'Alberstadt
portò nella sua diocesi preziose reliquie;
Amiens venerò per pii) secoli il teschio o
parte di esso del medesimo s. Gio. Batti -
sta> il vescovo di Troyes ottenne la taz-
za che usò il Salvatore nell'ultima cena;
quello di Soissons mandò al suo capitolo
il braccio di s. Stefano; il legato cardinal
Pietro di Capua recò ad Amalfi sua pa-
tria il corpo di s.Andi*ea apostolo, sulle
reliquie del quale meglio a Processione,
ove parlai della testa rubata a'nostri gior-
ui. Baldovino I mandò al suo supremo
signore molte preziose reliquie , trovate
nella ricchissima cappella del palazzo di
Buccoleone, con parte del preziosissimo
Sangue, non che alle chiese de'suoista-
I
ii8 KEL
ti , particolarmente a Namur, Alla visU
di queste venerande relìquie i fedeli si
sentivano accesi all'amore di Dio, e ad e«
saltarlo per averle prolette per sì lun-
go Iragillo e fra tanti pericoli di teri'a e
di mare. Io ogni luogo ove giungevano
tr^ giorno di festa solenne, ritenendosi
onorata anche la contrada pei* tal pos*
sesso , fiqché pur troppo nelle guerre e
pretese riforme religiose, in InghilteiTa,
Francia, Germania e altrove, dagli ere-
tici fanatici e dai miscredepli rivoluzio-
nari molte si dierono alle fiamme , get-
tandone le polveri al vento, e oltraggia-
1*000 in ributtanti modi (fatalmente ciò
si è rinnovato a'nostri giorni, ed un esem-
pio ne siano le reliquie di s. Pancrazio^
f^e(li)i mentre dagli antenati loro erano
state accolte con tenera divozione e stre-
pitose acclamazioni di religiosa gioia. Se
non c)ie pure allora non monco chi du«
bitasse deiraqtenticità di queste reliquie,
e della legittimità de'modi co' quali fu-
fono acquistate.Vedasi Sarne]li,£etf . eccl,
t. 5, lett. ^i:Se un uomo degno di fede
dà ad alcuno reliquie de* santi, se pos»
sonQ esporsi alla pubhUca venerazione
colf approvazione del vescovo. Chi in ^o-
ma autentica e rìconosce l'identità delle
sagre reliquie, lo notaiaCoiTGRBGAzioifB
DELLE INDULGENZE E SAGRE BBLfQUIE. Tal-
volta le autenticarono gli stessi Papi o col
sigillo privato , o (xio quello di Piombo
{ y.y I vescovi e gli abbati regolari an-
c)ì'essi pMtentipapo le reliquie, così altri
superiori de'religiosi per quelle che pos-
seggono.
I Papi ed i eonpiiì in ogni epoca ze*
lai*pnp il culto delle reliquie de' santi e
beati d'f^mbo i sessi, affinchè i fedeli non
^dssero ingifnnati, come per rimuoverne
gli abusi; pndeolt;*e quanto ho già detto
flS8>"i^6^>*^* 1' Labbé qel t. a,p.35o,c.
6a Cqncil; riporta gli estratti delle co-
stituzioni antiche della chiesa d'oriente,
p dice che si depongono nelle chiese e nei
inonasteri i corpi de'ss. Martiri e di tulli
quelli che baono poipbattMto cpq buon
REL
esito per difesa della fede di Gesù Cristo,
affinché le loro preziose reliquie procu-
rino del sollievo agl'infermi, a'malati, ai
languidi e a tutti quelli che hanno biso-
gno di qualche soccorso. Che ogni anno
sene faccia tra'ci*istiani la Commemora'
zione (^-),c non si riguardino come mor-
ti volgari, ma si onorino con profondo ri-
spetto, come amici di Dio, e come il dia-
dema o la corona della Chiesa; poiché col-
la effiisione del loro generoso sangue e-
glino hanno rilevato il vigore e lo splen-
dore della fede cristiana sopra tutte le
Religioni (F',) straniere. Il concilio di
Cartagine del dgSyCol can. i4 ordinò con
molto rigore che si gettassero a terra gli
altari dove noq erano le reliquie de' mar-
tiri, fionifacio V del 619 permise sola-
mente ai preti e diaconi il toccar le reli-
quie de'santi. Il concilio generale Latera-
nense IV del r 2 1 5, col can. 62 decretò ;
Proibizione di mostrare le reliquie anti-
che fuori delle loro casse, né di porle in
vendita ; e per quelle che si trovano di
nuovo, proibizione di render loro nessun
culto pubblico,se non sono state ricono-
sciute e approvate dallautorità del Papa.
I yescovì non permetteranno più che si
impieghino vaqe finzioni o false scritture
per iiigannare quelli che vengono alle lo-
ro chiese ad onorare le reliquie, come si
fa in molti luoghi a titolo d'interesse. Tut-
to confermò Gregorio IX nel 1240. Il
concilio di Marciac nella diocesi d'Auch
del 1 3 2 6, col can. 4 1 stabi Pi : Non si trar-
ranno le reliquie dalle loro casse per mo-
strarle o metterle in vendita, né se ne ri -
oeveranno di nuove senza I approvazione
della chiesa romana. Il coficilio di Tren-
to sess. 25, dell'invocazione de'santi, or-
dinò; I fedeli devono portare rispetto ai
corpi de' martiri e degli altri santi , che
vivono con Gesù Cristo, essendo stati que •
sii corpi up tempo membra vive dì Ge-
sù Cristo, e tempio dello Spirito santo,
e dovendo un giorno essere risuscitati a
eterna vita, e pio medesinio faceudo mol-
ti |)eni a^li nomini per mezzo loro. Che
REL
peri» oolorodse sostengono che non si de*
ve rendere onore e venerasione alle i*e-
lìqule de'santi, o che ioulilmenle i fedeli
portano loro rispetto, come pure agli al-
tri mooninenti sagrile die invano si fre-
quentano i luoghi coosagrati alla loro me-
laaria per ottenerne soccorso, devono al •
liesì essere tutti assolutamente condan-
waA , eome altre volte la Chiesa li con*
daaabp e oome li condanna ancor di pre*
tentali II oondiio di Bourges del 1 584, ti t
lo^idiiarò: Onorando le reliquie de'san*
ti, noi adoriamo Dio, di cui sono eglino
servi, e l'onore die noi rendiamo a'ser-
vi ai rilieriioe a lui che n'é il supremo Si-
gnore; imperdooché se Tossa de'martiri
loidanOyOOOie si ardisce d'aflèrmai*e,quel-
B die le toccano^ oome avrebbero potuto
pd quelle dd profeta Eliseo risuscitare
na mtirtoT Cleiiiente IX attribuì alla oon-
gmnione ddle indulgenze ciò che ri-
gaaida lo reliquie de'santi. Clemente X
edla bolla Ex oommiM^i, de' 1 3 gennaio
1673, BnlL Rom. t. 7, p. 161, prescrisse
tmio db die si dovea osservare nell' e-
stram le reliquie de'santi, e sui loro ci-
ntari eeataoombe, dalle quali ninno po-
lene cavarle, sotto pena di scomunica, sen-
ta liaenaa dd cardinal vicario, e coll'assi-
d'un delegato del quale in sua pre-
iH potrebbero estrarre i corpi santi; i
qodi posti in una cassa e portati in Roma
si daranno in custodia al maggiordomo
dd Fftpa che la sigillerà. Che queste reli-
qaienon si esponessero, se prima dal car-
Ami Ticarìo non fossero esaminate. Glie
le raBqiiie insigni de'martiri, cioè il capo,
kaunbe, le braccia, la parte in cui princi-
pdmeDte patirono, nelle chiese solamene
le si esporranno , né si diano a persone
private, ma a'prindpi soltanto e maggio-
ri pedali, e queste ancora rare volte, af-
fiodii nella copia non si rendano di pò-
et stima. Gravi pene impose a quelli che
■Ile leliquie imponessero nomi diveiVi da
qodli die loro furono imposti dal car-
dinal vicario sedi martiri innominati, e
Dcna di soonaunica a quelli che domane
REL 119
deranno qualche cosa per le autentiche
sigillate. Quanto alla mancanza de'nomi
de'martiri, che si trovano nelle catacom-
be e dmiteri, dò derivò dalle persecuzio-
ni, nelle quali, con angustia i fedeli in
fretta doveano seppellirli senza notarne
il nome, ma il solo numero. AflSnché poi
le loro reliquie rinvenute coi segni certi
del martirio non restassero inonorate e
prive del debito culto, s'introdusse l'uso
d' impon*e ai corpi de' maitirì anonimi
de'nomi appellativi, possibilmente a loro
convenienti, ciò che si chiamò battetza-
re i còrpi de'santi mediante l'imposizio-
ne del nome. La mancanza de' nomi di
moltissimi martiri negli attide'Ioro mar-
tirii, derivò pure dall'interrogazione co-
me si nomavano, perchè coraggiosamen-
te rispondevano : Chrìstianus sum, an-
co perché tenevano il nome ricevuto, con
superstiziose cerimonie nel giorno del
lustrico, per impuro e immondo. I det-
ti pontificii decreti , cogli altri emana-
ti da'predecessori, furono confermati da
Clemente XI ai 1 9 febbraio 1 7049 con co-
stituzione presso il Bull. Maga, t. 8, p.
34^ , vietando inoltre colla scomunica
l'ingresso ne'cimiteri e catacombe, e l'e-
strazione dell^ reliquie dai medesimi, or-
dinando ai proprietari de' luoghi , dove
essi si scuopriranno, di dare subito avvi-
so al cardinal vicario e murarne l'ingres-
so fia 1 5 giorni. Inoltre Clemente XI con
decreto de' 1 5 ottobre 1716 estese quello
di Gregorio XIII, conlra quelli che colo-
ravano gli Agnus Deif e quelli che aves-
sero distribuito reliquie false. Clemente
XIII colla costituzione Inter muUipUces^
degli 1 1 dicembre 1758, BuU. coni, 1. 1,
p. 73, vietò ai regolari di esporre nelle
loro chiese nuove immagini e nuove re-
liquie, senza l'approvazione dell'ordina-
rio. Colla costituzione Cum sicut, de'20
giugno 1760, loco citato, p. 336, proibì
sotto pena di scomunica di estrarre re-
liquie dal- convento de'cappuccini di Lu-
go. Delle benemerenze de' Papi pei sagri
scavi, e di quelle del conservatore de'sa-
120 HEL
gri cimiteri p. Giuseppe Marchi gesuita
e di altrij per le catacombe e cimiteri di
Roma, parlai nel voi. LUI, p.3oo. lire*
guanle Pio IX , perchè sempre piti cou
regolarità si facessero gii scavi nelle ca-
tacombe cristiane , se ne conservassero
meglio i monumenti e restasse cos'i mag*
giormente illustrata la storia delle arti
cristiane de' primi secoli della Chiesa, nei
primi dell 852 nominò una commissione
di archeologia sagra, composta del cardi-
nal vicario qual presidente, di 3 vescovi
compreso il sagrìsta , di altro prelato e
di altri dotti soggetti, fra'quali il p. Mar-
chi, dotandola d'annuo assegno per sop*
perire alle necessarie spese ; quindi dalla
commissione venne determinato il me-
todo per visitare le sagre catacombe, ac-
ciò rimanga ognor piti soddisfatta la di-
vozione de'fedeli, come si legge nel n.** So
del Giornale di Roma* Dal n.^ 1 28 del
medesimo si apprende^ come per cura di
• detta commissione si sono cominciate e-
scavazioni e risarcimenti nell'importante
cimiteri o de'ss. Nereo, Achilleo e Domi-
tilla, di cui parlai a Cimiteri di Roma e
a Chiesa de'ss. Nebeo e Achiu.bo, mar*
tiri celebra tissimi della chiesa romana ,
che s. Giovanni I restaurò, situato pres-
so Tor Marancia ( voi. XLVIl, p. 94 e
1 02), e che il Papa l'onorò di sua visita,
ammirandone l'ampia e. projfonda scala,
per la quale fino al IX o X secolo i fe-
deli discesero a visitare le tombe de' ss.
Martiri, non che il vasto ambulacro fian-
cheggiato da solidissime costruzioni fatte
dagli antichi Papi, che mette alla cripta
o cubicolo adorno di pitturedi molte an-
tichità, il quale sembra essere il luogo ove
giacquero i corpi di delti santi fratelli.
Non solo di frequente nelle ^romane ca-
tacombe si trovano corpi de's^ Martiri,
ma ancora in quelle di altre città. Nel
1 848 in quelle di Chiusi si rinvennero le
ossa de'ss. Giuliano, Luciano, Nerania e
Ulpia, le quali a'4 luglio 1 852 solenne-
mente furono trasportate nella cattedra-
le. Sulle reliquie de'santì e beati si posso-
REL
no tingere : Rocca, Opera 1. 1 , n. 1 8 : ^n
reUcjuiaenovae ab Ecclesia nonduni ap'
probaiae^ absque expressa sumnii Pan-
tificis concessione publice vel privaùni
cenerari queant? Andreucci, Hierarchia
eccl. Iib.i,cap. 9: De observandis ab e-
piscopo in authenticandis reliquiis, Do-
menico Anfossi, De sacraruni reliquia-
rum cuUu, veneratione^translatione aique
ìdentìlatCy Brixiae 1 6 1 o. J. G. H. Greppo
vic.^ gen. di Belley, Dissertations relati'
ves à thistoire.du culle des réliques dans
Cantìquité chrélienne, Lyon 1 84^ . Ne die-
de erodilo ragguaglio mg.^ Domenico
Bartolini nel 1. 1 7 degli Annali delle scien-
ze roligiose.Q}ìe$io archeologo da ultimo
lesse nella pontificia accademia romana
d^ archeologia una dissertazione sulle ca*
tacombe t*ecentemente scoperte presso la
città di Chiusi. Diclich, Diz, sacro- li lurgi-
co, all'articolo /{e//(^£i/e insigni jche ripor-
ta i decreti sulle medesime della s. con-
gi*egazione de Riti (F'^. Macri, Nat, dei
vocab. eccLy in Reliquiae, ove riporta al-
cuni deci*eti della medesima, il quale av-
verte che occorrendo per dispensa pon-
tificia celebrare sopra un altarino che non
ha reliquie, si lasciano quelle parole nel
principio della messa : Quorum reUquiae
hic sunL
RELIQUIARIO o RELIQUIERE ,
Reliquiarium^ Lipsanotheca. Vaso o al-
tra custodia dove si tengono o conserva-
no le reliquie, piccola casseltina pre-
ziosa e portatile in cui si chiudono le re-
liquie sigillate colle autentiche. Si chiama
anche Theca, ma in significato di borsa
o fodera , vocabolo greco che congiunto
'all'altro di //)95^zna, reliquie de'santi, cioè
residuo o quel che rimane, si formò L1/7-
sanotecha. Theca propriamente chiamia-
mo quella piccola scatola contenente le
reliquie, che si mettono nel reliquiario
con piede e manico, o per portaile indos-
so o al collo, in forme rotonde o di cro-
ce, lo che è lecito come dichiarò Sarnelii,
LetL eccl. t. 7, letti 9, ed i vescovi e gli
abbati l'usano ntìlsi Croce pettorale {F,).
BEL
Simili raliquiarì portarono indosso Co*
lUntìno e altri imperatori romani nel-
le guerre, ed altreltanto fecero non po-
chi capitani, onde ricevere dalle reliquie
die eontenevano ooraggio^ conforto e pa-
trocinio eontro il nemico, ciò che notai
parlando dì diverse reliquie insigni. Di
reliquiari ve ne furono e ve ne sono di
tutte le Ibrrae, figure e materie, grandi
e piccoli, di legno o metallo dorato o in-
irgentato, ornati di ambra e corallo, di
at^gento e oro con pietre preziose e gem*
me^ -talvolta di tali superbi ornamenti ar«
fistici, ne'qualireleganza e squisitezza del
kvoro contrastò o superò il valore e la
pmioMla della materia. Si fecero gran-
di reliquiari in forma di cbie&e gotiche con
tutte le parti di quello stile. Nel Ponti»
ficah Bomano y\ è: De henediclìone ca*
piomm prò rdiquiis^el aliis sancUuiriis
mebidendism Alle reliquie si dà V Incenso
(F.)f quando sono esposte alla pubblica
veaerasione, e si fiinno loro InckinaziO'
ni; al legno della ss. Croce si rende la Gè»
nuflessione, questa si fa pure passando
ioaanii alle Teste e Corpi de' ss, Pietro e
Paolo pel culto particolare con cui sì ve-
nerano. Nelle solenni ostensioni di più re-
liquia adognuna un cantore con alta vo-
ce annuuua al popolo dì chi sono, onde
acoaiderae II cuore a divozione verso le
laedennae e ad imitarne gli esempi , di-
itinguendo quelle insigni col suono delle
CBinpanellé per promuovere maggior ve-
neratione e riverenza. De' reliquiari più
lliaioii e celebrati, ne parlai ove si conser-
vano. Del loro uso e di quanto li riguar-
da meglio a Reliquia. Moretti , De rltu
otiauionis sacraruni relicfuiarum^ chia-
DM i reliquiari Thecae reliquiariae^ The*
eaeàiariynun, Capsa la cassa che le con-
tiene; Moroelli teca e 77i«ca,urna, Olla,
Unui, poiché i corpi de' santi in casse o
urne di pietre e metalli preziosi o di le-
gni ornati si conservano e venerano, tra
fiorì finti e talvolta vestiti nobilmente se-
condo la loro condizione, e ne vediamo
iollo gli altari scDxa paliotto, ovvero qué-
HEL 121
sto si leva nelle loro feste e in altre so-
lennità : piccole urne con reliquie si pon-
gono sugli altari con altri reliquiari, vasi
o ampolle. Egualmente sugli altari si col-
locano bellissimi busti di legno o metal-
lo, piti o meno preziosi, colle reliquie ia
pettoo nella lesta del santo cherappresen-
tano nelle forme che gli sono proprie. Le
chiavi delle custodie di reliquie insigni ,
come de'santi Protettori {F,) delle città,
si tengono gelosamente da piò persone,
cioè dal vescovo, dal magistrato muni-
cipale e talvolta anche dal preside locale;
di tali custodie ve ne sono di munilissi*
me per impedirne il rubamenro, anche
pel valore de'reliquiari, l'avidità dei va-
lori facendo commettere anche questi sa-
grilegi. I Papi donarono reliquiaii in for-
ma di ci*oci, di chiavi , al modo detto a
Reliquia, oltre corpi santi vestiti in bel-
lissime urne, de'quah donativi ragionai
in più luoghi. Ivi dissi quando le reliquie
si baciarono nude; ora si baciano cou cri-
stallo innanzi, presentandole il sacerdote
in cotta e stola, e sesono reliquie insigni
coi guanti secondo il colore della cate-
goria cui appartiene la reliquia, e in tal
modo co'r'eliquiari compartono la bene-
dizione. L'uso di esporre le sagre reliquie
de'santi, della B. Vergine, di Cesò Cristo,
e di benedire i fedeli con le medesime è
antichissimo. Fra gli opuscoli aggiunti
nel t. 3 delle Opere di s, Efrem^ &i leg-
ge YEncomium i/i ^^//yrej, nel fine del
quale si dice: ingentiqnecum gaudio sa*
eros certaminis cestri reliquias circiun-
stant, benedici optanteSy seciinique refer'
resancta aniniae et corporis remedia de-
siderantes. Omnibus igitur benedictionetn
impertiamini , ut boni disvìpuli optimi
praeceptoris. Si può vedere Trombelli ,
De cultu sanctoruniyK. a,par.i, Disserta
7 e 8. Marangoni, Delle cose gentilesche,
cap. 27, parla dell'origine dell'esborsi le
cose sagre, le Immagini (/^.) e reliquie
de' nostri santi, non essere derivato dai
gentili, rito che chiama relativo a quel-
lo delle Processioni {F,ymcm le reliquie
112 REI^
fi portano io reliquiari, o in urne se sono
corpi, do'prinoari del clero, e nelle soien*
nità dai vescovi, cardinali e in certi casi
uncbe dai Papi; avendo io notato a Pro*
CESSIONI, che nelle solennissime per qual*
che relìquia insigne, pei* la strada ove pa«*
SRva si erigevano altari con reliquiari.
Conviene che i fenicii pei primi, indi gli
i>gizi, ì greci, ì romani e altri popoli con
solenni ceremonie conducevano da un
tempio air altro i loro idoli e immagini
delle felse deità, i loro simulacri, che te-
nevano anche domesticamente riposti in
armadi, ed esponevano alla venerazione
e vista di tutti ne'giorni festivi e di mag-
gior allegrezza. Pei*ò osserva che ciò mol-
lo più conveniva praticarsi dalla reli-
gione del vero Dio, nella esposizionedel-
le sagre immagini e reliquie in reliquia-
ri, perché l'umana natura non può age-
volmente innalzarsi alla contemplazione
dielle cose divine e celesti, senza V aiuto
di quelle esteriori e visibili , ne] vedere
cogli occhi in esse gli esemplari delle vir-
tù da potere imitare. Quindi è clie non
già dalle vane e superstiziose pratiche dei
gentili la Chiesa introdusse questi riti; ma
dal sapere, come illuminata dallo Spirito
santo, quanto utile religioso ne possano
cavare i suoi Hgli; tanto più che ciò ha
ella ricevuto dalla sagra Scrittura, dalla
solenne mostra che Mosè fece delle ta-
vole della legge scritte dal dito di Dio, e
dalla venerazione dell'arca in cui furono
i;i|>oste; laonde la Chiesa adottò l'uso del
inostramentodelle.sue cose sagre alla pie-
tà de'suoi figli nelle feste esolennits^, op-
ponendolo al superstizioso dell'idolatria,
9vendo notato a Reliqvi a, che sèmpre fu-
rono oggetto di divozione anche i reli-
quiari e custodie che 1^ contengono pel
conlatto delle medesime. Inoltre la Chie^
sa le onora collo splendore dei lumi di
cerei e lampade, che anticamente si ali-
mentavano di soavi balsami e profumi,
coronate di fiori e tra le più ricche sup«
pelleltili di sagri ai*redi. Osserva an«X)ra
Marangoni che molti reliquiari (s custo-
REM
die delle sante reliquie furono adornali di
cose profane, di cammei antichi e con im*
inagini gentilesche di molto pregio, neri-
porta di vem esempi, in figura e qual sim-
bolo dell'idolatria soggiogata dal trion-
fante segno di nostra salute, la Croce, e
dai confessori della medesima; e fra'reli-
quiari e custodie preziose e nobilissime
che descrìve,dicede'cospicui busti colos-
sali d' argento che contennero le sagre
Teste {F,) de' principi degli apostoli, pel
magni fico orna mento de'qudti Urbano V
che le trovò nel santuario di Sancta san-
clorum (^.J del Laterano , e cosi detto
dalla copia e pi*eziosità di sue reliquie,
invitò con sue lettere molti re e principi
a voler concorrere all'ornamento, come
fecero nell' offrire perle , oro, gemme e
cammei, che poi l'umana rapacità deru-
bò. Baldassari, Relazione delle avversità
di Pio VI^ t. 3, p. 356, narra le ruberie
repubblicane del 1 798 e le rapine sacri-
leghe fatte alle chiese di Roma. In quel-
la di s. Croce in Gerusalemme le reliquie
insigni furono spogliate de'reliquiari d*o-
1*0 e d' argento , come degli ornamenti
preziosissimi , meglio descrivendolo De
Corrieris, De Sessorianis praecip. Pas*
Sion, D. y, J, C, Reliquiis. Nella basì-»
lica di s. Maria Maggiore non fu rispar-
miata la lunga cassa d'argento in cui Fi-
lippo IV avea fatto rinchiudere porzione
del s, Prefff/7Ìo. Nella basilica Lateranen*
se involarono i detti due superbi busti
colle loro gioie di molto valore. Ma que-
ste distruzioni, dissipazioni e derubamen-
ti rivoluzionari si eslesero non sololagri-
mevolmente per le altre chiese di Roma
e d'Italia, ma in tutti i luoghi che invase
la frenetica « irreligiosa rivoluzione, on-
de si perderono innumerabile quantità
di reliquiari di sommi pregi, tantoperla
materia che per l'arte veramente sublime,
onde erano stati lavorati ad onore delle '
sante reliquie. '
REM ACLO (s.), vescovo di Mastricht. <
Nato neir A.quitania, fu discepolo di s. ^
Slìgio, che lo pose primo abbate del mo- |
BEM
nilaro ch'ali ibiidò a Solignao. Fu po-
m obbligato a iirendere il goirerno del*
rahbaua di Gnignon ; ma poco dopo fu
chiaoiato alla aorte del re Sigeberto il,
il quale era aiiaceduto a suo fratello Da-
pbarloInelregDod'Aafttrasia. Perdi lui
eoanglio Sig^faierto II fondò le abbazie di
{lavdo e di Malmedli, nella foresta deU
bArdaniMy cfa'qgli governò sino al 65 o^
ii ooi ffa poeto sulla sede di Maitricht,
L^Biltà eolla quale adempì i doveri di
qeeita carica» diede un nuovo lustro al-
fa sne Tirtii. Il suo amore pei poveri an*
dm del pari col suo mIo neiristruzione
M Mo gf^gg^l OMi ben presto desiderò
liliraraeiie. Nel 66a rassegnò dunque la
«dea a.TeodardOyCio] consenso del clero
e dU re Childerìoo li, e andò a rincbìu*
fasi a StavekK La fiima della sua san-
lilà induias molte persone a chiedere di
aotto la sua disciplina. Egli li a-
iVB a tenergli dietro nelle vie della
?, mentre la dì lui avanxata eia
laDa gli fiioeva scemare delle sue auste-
ritt/addoppiandoneansi il fervoiequan-
ID pih aantiva avvicinarsi il suo terrai-
w. Mòri veno l'anno 664) e rimase se-
paho ■ Stavelo. Celebrasi la sua festa il
Ssettembre.
^ BKMBKBTO (s.), arcivescovo di Bre-
■a. Vaoqoe nelle vicinanse di Bruges in
Fieodra, e ai fece monaco a Turbol t, non
■allo lunga dalla sua patria. Dopo la
■art e di a. Amcario (^.), avvenuta nel
raSS» Remberto, ch'eragli stato comp» •
fmaelle aoefiittche apostoliche, fu scel-
to a goveriMre le diocesi unite di Brema
di Amburgo, e gli venne parimente af-
fileta la gieoerale soprintendenza delle
di Sveaia , di Danimarca e della
Alemagoa, affinchè compisse l'ope-
■iMOminGiata dal suo predecessore. Pie-
ID di selo per accrescere il regno di (^e-
ACiitlOa iotraprese la conversione degli
divi e dei vandali. Segnalò altresì la stia
onta veno i poteri , e principalmente
vnio jgli schiavi. Itlalgrado le molte sue
gceancMoni» sapeva trovar modo di at-
RE>I ii3
fendere all'esercisio della preghiera. Mo*
ri aglii I giugno 888; ma nel martirolo*
gio i*omano è notata la sua festa il 4 feb-
braio, giorno in cui fu eletto aixsivescovo.
Di lui abbiamo la F'Ua di s, Anscario^
ed alcuni scritti di pietà.
REMESIANA o REMESSIÀNA. Se-
de vescovile della Dacia mediterraneai
sotto la metropoli di Sardica, eretta nel
IV secolo. Ebbe a vescovi Niceta, s. Pao«
lino zelante propagatore della fede di Ge«
sii Cristo, e Dionegiano che fu al a. ° con-
cilio d'Efeso. Onens chr, t. ìi,p. 3o6. Ài
presente Remesiana, Remessianeìiy è un
titolo vescovile in partibus, suffraganeo
di Sardica in partibus,
REMIGIO (s.), vescovo di Reims, a*
postolo della nazione francese. Nacque nel
439, secondo i calcoli piti probabili, da
illustre e doviziosa famiglia, che dimora-
va a Leon 1 Emilio suo padre e Cilinia
sua madre erano altresì ragguardevoli
per cristiane virtò.Di svegliato ingegno,
fece rapidi progi*essi nelle scienze, e su-
però colla sua eloquenza gli oratori del
suo tempo , distinguendosi pure per la
santità della sua vita. In età di 11 anni
fu eletto suo malgrado ad occupare la se*
de episcopale di Reims; poiché il suo me-
rito straordinario parve a' vescovi della
provincia un motivo sufficiente per di-
spensarlo dall'età prescritta dai canoni.
Il nuovo vescovo occu possi fin d' allora
con ardore incredibile dei doveri del suq
ministero, e travagliò continuamente per
la conversione de' peccatori, degli ereti-
ci e degl* infedeli. S. Sidonio Apollinare
fece il più splendido elogio delle virtù di
s. Remigio, e riguardava i di lui sermoni
come un tesoro inestimabile. Clodoveo \
re de'franchi, quantunque professasse il
paganesimo, fece grande stima di s. Re-
migio, il quale riuscì in seguilo, col soc-
corso della regina s. Clotilde , a toccare
il cuore del monarca, ed istruitolo ne'iui-
steri del cristianesimo , lo battezzò con
grande -solennità nella chiesa di Reims la^
vigilia di Natale del 496 : tremila frati-
124 REM
cesi seguendo Feseropio del i*e, rìceveltè-
ro parimenti il bnttesimo.S. Remigio dì-
8tribuì a diverse chiese le molte teiredo-
nate da Clodoveo I, e fece lo stesso uso dei
doni che gii fecero alcuni signori france-
si. Fondò la sede episcopale di Laon, la
cui chiesa intitolata alla B. Vergine eh*
be parte considerabile delle sue liberali-
tà; ed istituì dei vescovi a Tournai, Ar-
ras, Cambrai e Terovane. Spalleggiato
dal patrocinio di Clodoveo I, estese do-
vunque il regno di Gesti Cristo, e conver-
tì gran parte della nazione francese, es-
sendo l'indefesso suo zelo avvalorato dal
dono dei miracoli, come testificano pa-
recchi monumenti storici, de'quali non si
pub contrastar la certezza. I vescovi ra-
dunati a Lione per la conferenxa che si
tenue al suo tempo contro gli ariani, di-
luhiararono che il loro zelo per la difesa
della fede era eccitato dall'esempio di Re-
migio, il quale avea distrutto per tutto
gli altari degl'idoli con una moltitudine
di segni e di miracoli. A vendo s. Remigio
tenuto un sinodo in età molto avanzata,
vi convertì un vescovo ariano, ch'era ve-
nuto per disputare contro di lui. Questo
venerabile pastore morì a' 1 3 gennaio del
533, secondo il p. Rivet, in età di 94^"-
ni, e fu seppellito nella chiesa di s. Cri-
stoforo di Reims. Papa Leone IX nel
]o49 traisferì il di lui corpo nella chiesa
dell'abbazia de'benedettini, che prese poi
ii nome del santo. Visitatosi il corpo nel
1 646, fu trovato ancora intero in tutte le
.sue parti. Dipoi fu trasportato nella cat-
tedrale di Reinis(P^,), ove ora si venera.
!Nella diocesi di Reims si celebra la sua fe-
sta a' i3 di gennaio; ma nella maggior
parte delle altre chiese viene celebrata al
I .^ d'ottobre, ch'è il giorno della trasla-
zione delle sue reliquie.
REMIGIO (s.), vescovo di Rouen. Fi-
glio naturale di Carlo Martello, e fratello
del re Pipino e del b. Carlomanno, fu
educato nel palazzo, ove santificò Io stu-
dio delle lettere cogli esercizi del la pietà
cristiana, e colla pratica di austere pepi-
REM
tenze. Abbracciato lo stato clericale colla
mira di consagrarsi intieramente a Dio,
si dedicò aUa nieditazione della s. Scrit-
tura e allo studio delle scienze ecclesia-
stiche. La sua virtii si levò a sì alto gra-
do, che il clero e popolo di Rouen man-
darono un'ambasciata al re Pipino, per
chiedergli suo fratello per vescovo, alla
quale domanda prontamente acconsentì;
sicché s. Remigio,quantunque desideras-
se passar la sua vita nell'oscurità, dovette
sottoporsi ad un peso che avea sempre
paventato. Egli però adempì ai doveri
dell'episcopato in un modo il più perfet-
to. Sostituì nel divino offizio il canto ro-
mano o gregoriano a quello del paese, che
non trovava ne molto grave, ne abbastan-
za regolato; e la buona riuscita che n'eb-
be, indusse dipoi Carlo Magno a intro-
durre nella chiesa gallicana i riti della ro-
mana. Nel 765 assistette al concilio te-
nuto nel castello di Attigny suli' A isne.Mo-
rì a' 19 gennaio verso l' anno 771, e fu
sepolto nella cattedrale. Il suo corpo fu
poi trasferita a Soissons, ma nel 1 090 la
maggior parte delle sue reliquie fu di nuo-
vo portala a s. Audoeno in Rouen, dove
la sua arca fu derubata dagli ugonotti nel
i562. La sua festa si celebra a Rouen e
in altre chiese a' 1 9 di gennaio, benché
non si trovi il suo nome nel martirolo-
gio romano.
REMIGIO (s.), Ordine equestre. Pre-
tendono alcuni che Clodoveo I re di Fran-
cia l'istituisse nel 496, in memoria del-
l'ampolla eolio miracoloso col quale l'un-
se s. Remigio arcivescovo di Reims, al
quale articolo parlai di téle ampolla e co-
ronazione; ma qui ripeterò* il detto al-
trove, che i critici non ammettono ordi-
ni equestri prima del secolo XI. Bensì
narra Bonanni, Catalogo degli ordini e-
qiiestriy p. 98, riportandone la figura, che
nella consagrazione e unzione de' re di
Francia, che si faceva a Reims dai suc-
cessori dis. Remigio, assistevano alla fun-
zione ed a?eàno per insegna la croce for-
mata di due tronchi privi di foglie, sopra
1 ..
REM
ddh quale era fcol^iita ud' ampolla te-
iota da un mano^ e sopra V ampolla h
ligiira ddla G>Iomba in significato dello
Spirilo aantOyOOome altri vogliono, ram-
pofla ai aoslenèta dal becco della Colom-
la, onda furono chiamati pure cavalieri
Ùla sagra zfifipo/!^. Giustiniani non lo
(fiee ordine militare, ma insigniti di tale
anre,oon la prerogativa d'assistere a det-
ta aolenne fiinaioneb Favino nella Storia
a tla^arra dice che questa onorificen-
B spettava ai baroni di Ten-ier , Belle-
lire^ Sonaatre e Louvercy feudatari del-
li celebre abbazia di s. Remigio di Reims,
iicBrico de'qualì era il sostenere le aste
dd baldaechipo sotto il quale incedeva
Fabbate di essa portando la s. Ampolla
ddla aua chiesa alla metropolitana. Nel
Cntmùniaie parodi tal coronazione non
li parladi questi baroni, anzi si diceche le
iste del baldacchino si sostenevano da 4
idi^oai deirabbazia vestiti di camice, se*
eondo la prescrizione di Luigi VII.
REMOUNI o ROMELIJNI, FBAifCE-
soOj ConlMUs/Iff. Detto Elvense, nacque io
Lerida di mediocre condizione. Appresa
la gioriaprudenza neiruniversitàdi Pisa,
divaine aegretarìo del re d'Aragona, che
binandb ambasciatore al Papa. Col di lui
CDBBenaò avendo la moglie professato vita
refigKMa^ gli agevolò la via allo stato eccle-
àistioo, per cui ottenne Tarcipretura e il
anlorato della cattedra le di Mazzara,indi
pd &Tore di Cesare Borgia da Alessandro
TI fia fatto protonotario, uditore di rota,
governatore dì Roma e neIi5oi arcive-
aovo dì Sorrento, indi come versalo nel-
Ji gioriaprudenza lo spedì a Firenze per
li &moaa causa di fr. Girolamo Savona-
mk, die in quel tempo fece tanto stupi-
to, e lo aentenzìò, per cui perì nel fuoco
ad 1498, e ne tratta Lambertini, De ca^
aoaà. lih. 3, cap. a 5. Renchè vivente la
Moglie, nel maggio o gìugnoi5o3, Ales-
mdro VI lo creò cardinale prete de' ss.
Gioé ePaolo. Rinunziata la chiesa di^r*
renlo^ fu folto amministratore di Lerida,
eaecondo Cardclla nel i5o3 da Pio III
ii'i
REN
di Fermo: pare che non si recasse mai a
Fermo e che per di lui opera succedesse
l'unione del priorato di s. Maria a Mare
alla mensa capitolare, dandosi principio
sotto di lui alla fondazione del monastero
delie suora di s. Chiara. Da Giulio 11 nel
i5i I fu fiitto vescovo di Palermo, poi di
Perugia per pochi mesi: in Palermo edifi-
cò nell'antico episcopio il monastero di s.
Chiara, e nel 1 5 1 3 vi fu nella città intro-
dotto il tribunale dell'inquisizione. In as-
senza di Raimondo di Cardona, che andò
a Ravenna a cacciar i francesi capitanati
da Luigi XII, sostenne la carica di viceré
di Napoli, ove poscia ritornò per sottrar-
si allo sdegno di Giulio 11. Leone X nel
1 5 1 3 gli conferì le chiese di Sarnoe Gal-
lipoli, nlquale neh 5i 7 rinunziò per quel-
la d'Albano. Accettissimo a Leone X, si
trovò presente al compimento del con-
cilio Laterano V, e fu deputato per uno
de'giudici della causa di alcuni cardinali
cospiratori contro tal Papa, ed interven-
ne a 3 conclavi. Morì in Roma nel 1 5i 8,
d'anni 56, e fu sepolto nella basilica Li-
beriana, con sospetto d'essere ancor vivo,
per quanto dissi nel voi. VI, p. ao8.
RENATO (s.), patrono d'Angers. Non
si ha nessuna esatta notìzia della sua vi-
ta. La tradizione della chiesa d'Angers
porta che fu discepolo di s. Maurilio, e
vescovo di essa chiesa, lo che molti au-
tori hanno negato; e che indi passò al ve-
scovato di Sorrento in Italia. Credesi che
le sue reliquie sieno state portateda que-
sta città ad Angers, ma non si sa in qual
tempo. K però certo che il corpo di s.
Renato era ad Angers nel IX secolo; e vi
è ancora presentemente nella cattedrale,
ove il santo si onora come patrono in un
colla R. Vergine, celebrandovìsi la sua fe-
sta a' 12 di novembre.
RENDINA. F. Rhendina.
RENDITA ECCLESIASTICA , Re-
ditiis, Proventus ^ VectigaUs Ecclcsiae,
Beni di chiesa , Benefizio ecclesiastico.
Decime, Pensione ecclesiauica^ Preben*
da, Oblazione, Patrimonio deUa chiesa.
128 REN
Jl vescovo deve usare de*beni della chiesa
comedi quelli chegli sono stati dati inde*
|)Osituenon comedi propri. Quantunque
i vescovi e i diaconi avessero in quel tem-
po la cura delle rendite ecclesiastiche, ciò
non in^pedì che non vi fossero molti a-
busi nelTamministrazione delle medesi*
me; il che obbligò, prima del Cartagine*
se, il concilio di Gangrps a fave un edit-
to contro gli Eustaziani(f^.), i quali di-
videvano fra di loro i beni di chiesa :
inoltre decretò il concilio che il solo ve-
scovo e quelli cui avrà commessa la cu-
lti delle rendite ecclesiastiche, potranno
ricevere e distribuire quello che veniva
donato alle chiese. Ma alcuni vescovi a-
busaronodel loro potere, perchè essen*
do nella maggior parte poveri e carichi
di famiglia, trattenevano una parte dei
beni ecclesiastici per sostentarla. A met-
tere un argine a questodisordine, fu lo-
ro permesso di dare qualche cosa ai Pa-
renti (f\)j s'erano poveri, vietando loro
la vendita de'beni stabili d'elle chiese. Il
concilio d'Antiochia ordinò ai vescovi che
rendessero conto dell'amministrazione
delle rendite al sinodo provinciale: e per-
diè non si confondessero i beni ch'erano
propri de* vescovi con quelli appartenenti
alle loro chiese, ciascun vescovo appena
eletto dava una nota de'beni che posse-
deva, i quali erano separati dai beni di
sua chiesa, e ne disponeva liberamente
anche per testamento a piacere, secondo
le disposizioni delle leggi civili. Adonta
di tali pi'ecauzioni, molti vescovi facen-
dosi sempre padroni de'beni ecclesiasti-
ci, fu d'uopo creare Economi (^.)^ che
ne avessero cura, affinchè ì vescovi po-
tessero attendere meglio alle funzioni del
loro ministero. Essendo eletti dai vescovi
e il male sussistendo, il concilio di Cai-
cedonia ordinò che fossero scelti tra il cle-
ro, e che i vescovi non avessero piii liber-
tà d'amministrare da per se le rendite
della chiesa. Il potere degli economi fu
minore nelle chiese d'occidente, ove per-
chè le rendite delle chiese non si distri-
REN
buivano con equità, fu come dissi sta-
bilita la divisione in 4 pnrti; e Grazia-
no, cans. 1 2, qti, 2, cap. i3y riporta una
lettera di s. Zosimo Papa del 4 < 7» ^ P^*'*
ciò anteriore a s. Simplicio, indirizza-
ta ad un arcidiacono (/^.) economo ,
nella. quale si fa menzione della distribu-
zione, senza permettere smembramenti,
come pretendevano alcuni ecclesiastici.
Di poi 8. Gregorio I del Sgo nel confer-
mare la divisione, come aveano fatto al-
trì Papi, dispose che la porzione del ve-
scovo non fosse solamente per lui, ma per
tutte le persone che gli saranno necessa-
rie per mantenere l'ospitalità. A vendo i
vescovi mosso litigio al clero sulla por-
zione, s. Gregorio I decise a favore del
clero, e scrivendo ad Agostino vescovo
degl'inglesi, gl'inculcòdi conservare la co-
munità de'beni di chiesa in quella nazio-
ne, e di non introdurre quelle partizioni,
che pretendevano i preti contro il clero
o presbiterio vescovile, cui volevano la-
sciare una sola 3.* parte di loro porzio-
ne. La chiesa orientale non dividendo i
beni evitò i disordini cui soggiacque l'oc-
cidentale, anco perchè i barbari occupa-
tori di molte provincie dell'impero in-
trodussero cambiamenti nella disciplina
della chiesa occidentale. Gli economi cu-
rando ancora le rendite in sede vacante
e distribuendole a chi si appartenevano
per diritto, insorsero gravi difficoltà per-
chè molti ecclesiastici avendo il proprio
patrimonio o per acquisti fatti, nella loro
morte talvolta non sì distinguevano da
quelli spettanti alla chiesa, per cui non
pochi opinarono che quelli che vìveano
de'beni di chiesa non potessero ritenere
il loro patrimonio. Nella chiesa d'occi-
dente fu proibito agli ecclesiastici di di-
sporre de'beni di chiesa, la quale prende-
va l'eredità del vescovo se moriva senza
aver fatto testamento, in mancanza d'e-
redi. F', Spogli. L'imperatore Giuliano
rivocò i privilegi di Costantino, e tolse
alle chiese ì beni, allegando per pretesto
che la perfezione della religione cristiana
ì
REDf
consisflcra «dia poveiiu. Benché i suoi e-
dilli fiiroao poi rivocali da Valenliiiiano
Jj non rittabiPi tulle le grazie filile alla
Chiesa da Goslantino, ed i suocessori fu-
rono ancor meno liberali. Invece molti
preti e monaci, non senza arlifizio,si pro-
curarono i beni de'purticoluri, uiassime
dalle vedove^oomesi può vedere negli An*
naii di Daronio, e ueìVEpist. di s. Giro*
hmo H EusIocIjìo, e di s. Ilario 1/2 Comnu
in Ptalm.j per cui Valenliniano 1^ Va*
lente e Graziano fecero leggi coolro sif-
bltì abusi.
• L'origine delle rendile ecclesiastiche
de' Monafd(F,) ebbe principio col lavo-
ro delle proprie mani, dalle limosinepar-
titoolarì e da quelle clie loro distribuivano
i vescovi se bisognosi, alcuni conservan-
do qualche cosade'Ioro privali patrimo*
BÌ,lìiBchè ebbero orotorii e chiese conti-
guea'Ioro monasteri; laonde le limosine
si raddoppiarono e il popolo couìinciò ad
abbandonar le Parrocchie (/^.), per an-
dare alle loro chiese; quindi eressero bai-
listerìe aniministrarono i sagramenli,per
lo che incominciarono quelle questioni
che trattai pure a Religiosois. Gregorio
I permise che celebrassero ne'Ioro mo-
oasterì, onde alcuni a*edono che da que-
sto principalmente sieno venute le Messe
(F.) private, le quali furono di molto
]iantaggio e utilità a'monaci, e produssero
rendite alle comunità religiose, massime
per le messe de'defuuti, come ancora la
moUiplicasione degli altari per celebrar-
le e l'origine delle cappelle. Tutto ciò in
fNTÌente già si praticava. I barbari con-
quistatori s'intrusero nell'elezione de' ve-
scovi per nominarvi persone a loro di-
avole, e quel che fu pili pernicioso e fa-
nale alla Chiesa, si éche i principi e gli al-
tri aignori non fecero pid distinzione dei
beni consagrali a Dio, da quelli profani.
Convenne sottométtersi alla necessità dei
lempi, e le gran guerre che si successero
fiirono cagione che la maggior parte dei
beni della Chiesa cadde in mano de'laici,
sebbene in gran parte poi tornarono alle
VOL, Lvir.
REN 119
cattedrali e ai monasteri, anche per re-
stituzione. Quando le amministrazioni
de'beni ecclesiastici furono erette in be-
nefizi o titoli perpetui, gli ecclesiastici che
erano stipeudiati dai capitoli cattedrali,
dai monaci ed anche dai laici pei Padro*
nati (/^.), diventarono vicari perpetui e
curati; ma la pomone migliore de'beni
restò a'cauonici ed a'monaci. Ritrova usi
nelle forraole di Marcolfo molti atti di ces-
sioni e donazioni in favore dc'moiiasteri,
delle quali in tanti luoghi tenni proposilo,
come a Regalia, le più comuni dicendo :
p» Io N. figlio di N. donoal monastero... per
rimedio.... o per riscatto dell'anima mia
i beni.... ovvero, per rimedio dell'anima
di mio padre.... o di mia madre, " senza
dichiarare il numero delle messe. Altre
formole sono circostanziale e con obblt»
ghi particolari, che i benefattori addos-*
sa vano ai monasteri. Avendo i monaci
collegati piì acquistalo estesi terreni, né
potendo tutti coltivarli, fecero una spe-
cie d'affittanze enflteutiche delle Conve*
nientiae, ignorandosi allora per lo più le
leggi canoniche che proibivano l'aliena-
mento e il fitto per lungo tempo de'beni
ecclesiastici ,il perché vescovi e abbati ven*
devano e permutavano tali rendite senza
consultare i Papi e invocarne l'autoriz-
zazione. Vi fu un'altra specie di contrat*
to chiamalo Precario ^ che portò gran-
di ricchezze ai monasteri. Consisteva in
una donazione che facevano i particolari
de'Ioro beni alle chiese, dalle quali otte*
uevano lettere che si chiamavano Preca*
rias o Precatorias , e gli stessi beni per
possederli per una specie d'affittanza enfi-
teutica; imperocché la maggior parte fa-
cevano affittanze per 5,6 o 7 generazioni,
a condizione di dare alla chiesa o mona-
stero una certa rendita ogni anno: il po-
polo dava assai più volentieri i suoi beni
alle chiese, quando ne riservava l'usu-
frutto per lungo tempo. Terminale le ge-
nerazioni, i possessori de'beni diveniva-
no filtaiuoli con annua corrisposta, con
condizione di migliorarli. Le persone che
9
i3o REN
abbracciarono In vita monastica e quelli
che in essa professarono il vivere d'una-
coreta, conliibuirono molto ad anicchi*
re ì monasteri, colla cessione de'pt'opri
beni o di quelli che ereditavano; allret*
tanto praticavano le vedove e le vergini
che si iacevano Religiose (F'.), 1 privilegi
deTapi e de'principi accordali ai mona*
steri, contribuirono essi pure a conser-
vare ed accrescere i loro beni : di qiie-
ste franchigie, esenzioni e regalie parlai
a'^luoghi loro, oltre le fondazioni magni-
fiche de'principi stessi; quindi incomin-
ciarono VInvestUure ecclesiastiche (^.),
che produssero tante turbolenze nella
Chiesa e lagrime voli scissure tra il sacer-
dozio e Tinipero. Ma i gran beni goduti
dai monaci, Toccnpare i capitoli di tante
cattedrali, anche colle dignità proprie del
clero secolare, dierono gelosia ai canoni-
ci, ai vescovi, ai principi, quindi nacque-
ro grandi contese, principalmente in In-
ghilterra : questo agevolò ai preti seco*
lari il modo di rientrare nelle chiese cat-
tedrali e negli altri benefizi, secondo le
regole del gius comune. Ma delle infinite
benemerenze del monachismo colla Chie-
sa eia società, le arti eie scienze, in più ar-
ticoli celebrandole ne trattai : a' monaci
si debbono eterne obbligazioni de' servigi
prestali alla Chiesa in tempi, in cui i preti
secolari erano immersi nelle passioni u-
inane e neirignoranza. Avendo merita-
to la benevolenza e protezione de'Papi,
anche per questo furono presi di mira,
quando si volle combattere la possanza
del pontificato romano e l'ampiezza dei
suoi domimi temporali. Prima di accen*
Dare quanto riguarda le rendite della
chiesa romana, e quelle private de'Papì,
cardinali e prelati, riporterò i principali
canoni de'concilii sulle rendite ecclesia-
stiche.
Il concilio d'Orleans del 5 1 1 nel can.
5 dichiarò: 1 frutti della terra che le chie-
se posseggono per liberalità dei re con e-
senzionedi aggravi, saranno impiegati nel
risarcimento delle chiese, in alimento dei
REN
preti e de' poveri, e nel riscattare degli
schiavi. 11 concilio di Toursdel 566 col
can. 24 stabifi: Che gli usurpatori de'be-
ni delle chiese sono come omicidi de' po-
veri ; se persistono nel loro usurpo dopo
3 ammonizioni, bisognerà raunarsi tutti
d'accordo co' nostri abbati e priori, e col
nostro clero, e poiché non abbiamo noi
altre a|*mi, recitare nel coro della chiesa
il salmo 108, per trarre sopra di essi la
maledizionediGiuda,in guisa ch'ei muoia
non pure scomunicato, ma aiiateinalizza-
to. Il concilio di Nantes delTSoo col can.
2 decretò: Bisogna istruire i preti, che le
decime e le oblazioni che ricevono da'fc-
deli sono l'alimento de' poveri, degli stra-
nieri e de'pellegrini, e quindi che non deb-
bano usarne come di cose sue, ma risguar-
darlecome beni dati loro in deposito, sa-
pendo che ne renderanno stretto conto a
Dio, e che se non le dispensano fedelmen-
te, a quelli che sono in necessità^ ne sa-
ranno puniti severamente. La stessa dot-
trina è insegnata dal concilio di Tours del-
r8i3, can.io; da quello di Chalons del-
rS 1 4, can. 6;da quello di Parigi dell'S 29^
can. i5;daquellod'Aquisgrana oAix-la-
Chapelledeir8i6,cun.8.Inquestocolcan.
1 07 si dichiarò: La ragione sopra la quale
sono fondate tutte queste autorità si è, che
tutti i beni della Chiesa sono stati oderti e
dati dai fedeli a Dio e alla Chiesa, e non
a'benefiziati, e che per conseguenza que-
sti ultimi non ne hanno il dominio; che
i fedeli gli hanno dati per redimere i loro
peccati, secondo il Unguaggio ordinario
de' Padri e de' concilii, che li chiamano
il prezzo e il riscatto de'peccali; dal che
ne segue che i benefiziati non hanno il
dominio di que'beni, e che non possono
senza ingiustizia distrameli dagli usi pii
a'quali erano destinati, per impiegarli e
consumarU in usi profani, e che non ne
possono prendere, se non quanto è ne-
cessario per l'onesto loro mantenimento.
Quelli che hanno beni propri, non pos-
sono trar sussistenza dalla chiesa, e ap-
propriarsi eoa ciò che deve servire per
R£N
alimcnlo de' poveri, senza commettere
grave peccatOi e lo Spirito santo dice de-
gli eoclesiattici per bocca del profeta O-
fea: Eglino mangiano i peccati del popò*
lo mio. Il concìlio il di Nioea deirSSy^can.
12 dichiarò: Il vescovo die ha ricevuto
ramminìstrazione de' beni della chiesa,
deve riflettere che Dio lo sìsk osservan-
do, e che non gli è permesso d'appio*
prìarsene, o di dare a'suoi pai*enti (|ual*
che parie de's uoi beni, che sono di Dio;
ma sesoDO poveri deve sollevarli alla ma-
niera degli altri poveri. Il concilio Late-
raneose III del 1 1 79 dispose col can. 1 5 :
Gli acquisti btli per mezzo delle rendite
ecclesiastiche, non potranno essere tolti
alla chièsa dai benefiziati né in vita, né
in morte; e facciano o nonfuccianu te-
stamento, questi beni devono restare alla
chiesa. Il sinodo di Parigi del i5o3 di-
spose: Noi pitubiamo espressamente agli
codesiasUcI di far cattivo uso di ciò che
posseggono, e di disporre per testa men •
todeMoro beni ecclesiastici, altrimenti che
in &Tore della chiesa; imperciocché i sa-
grì canoni lo hanno sempre proibito, e
non lo possono fiii*e senza rendersi rei d'u-
na specie di sacrilegio. Il concilio di Tren-
tOfSCM. ^SdeRtfòmì. e. i , stabilì:K proì-
bilo ai chierici d'arricchire i loro parenti
e amid de'beni della chiesa, prima per-
dio i canoni degli apostoli lo proibiscono,
e poi perché questi beni appartengono a
DiO| e per conseguenza non ne sono pa-
droni.Lostesso concilio li esorta, per quan-
to é in loro potere, di disHirsi del tutto
di questo affètto disordinato pe'Ioro fra-
telli, nipoti o altri parenti, ch'é una sor-
gente di tanti mali per la Chiesa. Il con-
cilio di Afagonza del i549 ^^^ ^°* 7^
decretò: Poiché l'Apostolo giudica inde-
gni di mangiar e di vivere, quegli oziosi
che mangiano a spese altrui con pone, cui
non si prendono pena di guadagnare,
quanto non sarà pi h formidabile il peso
dello indignazione divina, che sovrasta
a que'rainistri della Chiesa, i quali senza
reoderlealcun servigio, consumano le sue
REN i3i
rendite, che altro non sono die il patri-
monio de'santi Martiri, e i doni che i pii
fedeli destinavano al mauteutnienlo del
santo ministero. Si può vedere Dataria,
Commenda, Rassegttazioae db' benefizi.
Regresso.
La chiesa romana fino dai suoi pri-
mordii per le oblazioni de'fedeli fu in gra-
do di esercitare la sua generosità, col soc-
correre con copiosi sovvenimenti i biso-
gnosi di rimotissimi luoghi,massime quel-
li che nelle persecuzioni erano condanna-
ti per la fede a scavare i metalli, o a lon-
tano esilio dalle lore patrie, a'(|uali i Papi
veri padri ùti Poveri (f"" .) costantemente
aiutarono, non solamente fino all'ultima
persecuzione di Diocleziano, come attesta
Eusebio, ///i/. eccL lib. 7, cap. 5,chein
essa vivea; ma anche in ogni tempo, co-
me avverte Baronio anno 44> ^.^ 68, e s.
Leone I nel Semi. 5. La fierezza delle per-
secuzioni non fece isfuggire ai vigilanti
Papi le loro munifiche provvidenze nel-
le più lontane parti del mondo, anche pel
soccorso delle chiese. Seguendo questo
costume, si distinsero amorevolmente s.
Solerò del 1 75, e s. Dionisio (/^.) del 26 1 :
quanto costantemente fecero i benefici
successori colle rendite della romana chie-
sa, lo descrissi in un gran numero di ar-
ticoli, a Elemosineria Apostolica, a Chie-
se, Ospizi, Ospedali di RoMA,ec A'tempi
di s. Cornelio Papa del 254) g'^ 1^ chiesa
romana, oltre il clero, colle sue rendite
manteneva i5oo vedove, ed un numero
grandissimo d'altre persone. Nel 3 1 3 Co-
stantino nel dar pace alla Chiesa, donò
a Papa s. Melchiade il palazzo Lacerano
e rendite bastanti a mantenere il decoro
della suprema dignità, come narra San-
gallo. Gesta de' Pontefici t. 3, p. 875. Ri-
ferisce s. Girolamo, £/7i5/. 38, che il con-
sole Pretestato soleva dire a s. Damaso
I del 367: Fatemi vescovo di Roma e 51/-
bito mi farò cristiano. Tanto già erano
vistose le rendite della s. Sede. A Patri-
moni della chiesa romana dissi che già
nel IV secolo possedeva patrimoni in o-
i32 REN
riente con pìngui rendile; che dava fon«
diaiie chiese, monasteri e spedali con an-
nuo canone, e che nel pontificato di Pe-
lagio I del 555 possedeva |>atrimoni in oc-
cidente, mentre in quello di s. Gregorio I
del Sgo i patrimoni erano 23 con vistose
rendite e l'esercizio delle regalie superio-
ri. Sotto s. Gregorìo II e verso il 726 in-
cominciò la Sovranità ( F,) temporale dei
Papi e della s. Sede; quindi da allora e me-
glio fino da Adriano! del 722 i Papi eser-
citarono in Roma la piena amministra-
zione delle cose civili, aumentandosi suc-
cessivamente il principato della chiesa ro-
mana, con grande incremento di rendite,
onde sempre piti i Papi poterono aumen-
tare gli ufiìziali numerosi della Corte e
CuriaromanaeóeWa Famiglia pontificia
(/^.); quindi ebbero origine ancora la Ca-
mera apostolica (/^.), il Fisco pontificio
(F'ediy ove parlai di quello de' vescovi)^
FArcario o Tesoriere [Fedi, al quale arti-
colo parlerò delle rendite dello stato pon-
tificio), il Camerlengo (F,). Inoltre im-
mensamente sì accrebbero le rendite col-
1 aumento del Denaro di s, Pietro (F,),
incominciato nel 725, cioè pio tributo
che di vei^se nazioni cristiane pagavano al-
la s. Sede, da Ina re di Wessez o de'sas-
soni orientali inlnghìlterra, che alla me-
desima fece tributario il suo regno. Quin-
di altri regni in gran numero si dichia-
rarono Stati tributari della s, Sede^F,),
con annuo censo. I sagri pellegrinaggi ad
Limina jipostolorum (V,) vieppiù cre-
scendo, il concorso a Roma fu frequente
di persone d'ogni nazione, rango edigni-
tày tutti facendo pie offerte a s. Pietro.
A Regina parlai delle rendite di Raven-
na da Gregorio V cedute all'infelice im-
peratrice Adelaide, e dell'altre ospitalità
usate con altre disgraziate sovrane dai Pa-
pi colle rendite della romana chiesa. I^el
I oSg con investire Nicolò II i normanni
de'regni di Napoli e Sicilia, ch'erano della
s. Sfede, ne incominciò l'annuo censo alla
camera apostolica. In moltissimi articoli
raccontai io splendido uso fatto dai Papi
REN
delle rendite, con aiutare i sovrani nelle
guerre, massime contro i nemici del no-
mecristiano,controgriscismatici e gii ere-
liei, e per le Crociate (^.), anche colla
Milizia e Marina (F,) pontificia. Ghie-
se, monasteri, vescovi e nazioni, tuUi pro-
varono gli effetti della pontifìcia muni-
ficenza, che per loro giunsero i Papi per-
sino a indei>itarsi, come dichiarai a Luo*
ghidi Monte (F.), Con queste stesse ren-
diteeressero innumerabili monumenti di
pubblica utilità, di abbellimento, in Ro-
ma e ne'ioro dominii temporali. A Mo-
neta, ed a l^REFETTO DI Roma narrai co-
me nel secolo XII insorsero gli arnaldi-
sti a combattere le rendite della chiesa
romana, ribellando i romani, colla pre-
tensione che al Papa ed ai chierici ba-
stavano le decime e le oblazioni: Clemen-
te HI si pacificò co'romani,cedè loro una
3.' parte delle rendite e ripristinò i Pre-
sbiterii (F.), donativi che i Papi davano
in alcune solennità. Sono troppo neces-
sarie le rendite al Pontefice, non solu (>el
mantenimento del lustro di sua sublime
dignità, e de'numerosi ministeri in ser-
tiziodi tutto il mondo cattolico, ma sicco-
me padre comune per esercitare eziandio
le sue beneficenze con tanti e tanti mi-
lioni di sudditi spirituali,che in ogni epoca
le sperimentarono al modo che descris-
si in diversi articoli; ed a Gerusalemme
notai che il già re Giovanni di Brenna
ebbe da Onorio III il governo del Patri-
monio di s. Pietro per sostentamento di
sua persona. Abbiamo dall'annalista Ri-
naldi all'anno 1289, n.^ 49) che Nicolò
lY ordinò che certe reudite della chiesa
romana, da lui espi*esse in una costitu-
zione, si di videssera in due parti, una del-
le quali entrasse neija camera apostolica,
e l'altra si dividesse tra'cardinah ; l'uso
della qual costituzione si è poi tralasciato
per giuste cagioni, provvedendosi ai bi-
sogni de'cardipah dal Pontefice con altre
reudite. Novaes nella Storia di tal Papa,
citando Rinaldi, e Spondano,^/i/t^/. ec-
cL an. 1292^ D.'' 3j dice che Nicolò IV
REN
divise le rendite della chiesa romana ìq
due parliy una delle quali rimanesse al
Papa, l'altra fosse spartita tra'cardinali.
Pleltemberg , NoL Curiae Romanae p.
47^9 riporta che le Annate, ad subven»
iionem Papae et cardinaUuni indigen'
iium iniroductae sunt. Nel voi. XIX, p.
I i4c 1 1 5 parlai delle Annate istituite nel
i3g!i da Bonifacio IX, pei bisogni della
e Sede e della Chiesa universale. A Piat-
to GABDiNALiKio, modico assegno annuo
de'cai-dinali, trattai delle rendite del Sa-
gro CoiÌeg{o{F.),e del detto assegno sta-
bilito da Paolo H, con altre analoghe no-
tìzie; opme del Rotolo o emolumenti ap-
fjarleoenti a'cardinali, sulla quale deno-
minacione apprendo da Bernini, // Tri-
hiinale della Rota p. 1 4) che il rotolo car-
dinalisioMerat scheda modo rotae com-
plicata , quam sacri Collegii computista
ad singulot cardi nales mittere solebat,ubi
sìngìllalim notabantur portiones, quae
ad eoi in distribùtionibusspectabant."Pei
bisogni del la Chiesa, non essendo sufficien-
ti le rendite della s. Sede, i Papi crearono
i F^acabili^F.)^ cioè la vendita degli uf-
fizi e delle cariche, anche con cospicue
fomme, che riscuoteva la camera aposto-
lica e il tesoro o erario pontificio. Leggo
in Platina, Vite de* Pontefici^ che Sisto I V
Irovandosi bisognoso di denaro, fu il i.**
che ritrovò nuovi uffici per potersi ven-
dere; in vece, come aveano fatto Pioli
e Paolo li con altri cacciati da' turchi
quando s'impadronirono dell'impero d'o-
riente, mantenne onoratamente a sue spe-
se Andrea Paleologo signore di Morea, e
Leonardo de Tocco despota d'Albania,
deposti ed espulsi dai loro stati da Mao-
metto li imperatore de' turchi. Oltre a-
gli altri doni che loro fece, diede 6ooo scu-
di d'oro di dote a Sofìa Tommasa figlia
del Paleologo, maritata al duca di Rus-
sia* Raccolse pure benignamente le regine
di Cipro e di Bosnia ch'erano state pri-
vate de'Ioro ragni, e con molta cortesia
le sollevò da ogni bisogno. In tempo di
Paolo IV del 1 555 il Papa riceveva dalla
REN i33
Dataria (V,) scudi 6ooo al mese. Qui
noterò, che ora dalla medesima riceve tal
somma, ma soltanto all'anno, con scudi
4ooo annui dal palazzo apostolico per
l'intiero suo mantenimento; più dal me-
desimo palazzo riceve annui scudi Sooper
l'occorrente alla segreteria particolare, ed
ogni due anni scudi 2000 per l'acconcio o
vestiario domestico, in tutto scudi i i,3oo
annuii A questo tenuissimo assegno si de-
vono aggiungere, annui scudi 6000 prove-
nienti dallesovraneregaliesui sali e tabac-
chi, e le tasse concistoriali che si possono
valutare da i o a 1 5 mila scudi annui, qua-
lora viiiieno molti concistori e provviste
di benefizi concistoriali. Tuttociònon ha
bisogno d'alcun commento^ per ammira-
re la virtuosa e edificante moderazione
de'sovrani Pontefici, mentre con sì limi-
tate som me debbono nutrirsi, vestirsi, far
limosi ne e doni secondo il loro cuore sem-
pre generoso, benigno e paterno con tut-
ti; al modo che vado riportando in tanti
articoli, ed a quelli di Gregorio XVI e
Pio IX[y^i di splendide elargizioni che
sono note, altrimenti assai maggiori sa-
rebbero ì molteplici tratti di loro ponti-
ficia munificenza da doversi registrare.
Volendo ricordare fatti contemporanei,
le eredità di Pio Vlly Leone XII^ Pio
Vili e Gregorio XVI (r.), formano il
più grande elogio del pontificato romano
e sono luminosa testimonianza e prova
dell'esemplare discrezione e disinteresse
de'Papi,che non prendono un soldo dalle
pubbliche rendite e altre casse o prodot-
ti, argomento che si potrebbe sviluppare
con riflessi i più gloriosi a decoro e ve-
nerazione de' medesimi. Per quanto ri-
guarda il Nepotismo^ V, Parente. Paolo
IV impiegava i detti scudi 6000 in li-
mosine, e sebbene si trattasse maestosa-
mente, visse con mirabile frugalità, vo-
lendo che l'esteriore del principe fosse no-
bile e quale si conviene a tanta altezza di
grado. Riferisjee Novaes, che Sisto V di
suo privato {[Peculio spese peglì acquedotti
di Roma quanto riportai nel voi. I,p. 78.
i34 REN
Per le opere sue grandiose e pei bisogni
della Chiesa, senza aggravare il tesoro o
erario |)ontificio della camera apostolico,
aumentò il numero de'luoghi di monte e
de' vacabili , assegnando pel pagamento
de* frutti de'primi diverse annue rendite
e Gabelle, e vi comprese se. 4^00 dell'ap-
pallo delle Po5/e/70/i///?fie(/^.), che i pre-
decessori a veanoriserva lo a loro manteni-
mento. Alle moderale pontificie magnifi-
cenze de'Papi verso de'cardinnli; che no-
tai a Piatto cardinalizio, aggiungeròche
Gregorio XIV appena eletto distribuì se.
1 000 a gran parte de'54 cardinali che in*
tentennerò al suo conclave, fece alcuni
doni a'iuoghi pii, e volle che la propria
famiglia vestisse sontuosamente. Si legge
nella vita di Clemente X, che tutti glie-
molumenti spettanti alla borsa del Pa-
pa, fossero depositali nel monte di pietà,
-cou animo di prevalei'sene in pubblico
benefizio. Il ven. Innocenzo XI{F^,\ nei
1 3 anni del suo pontificato non prese un
quattrino dalle rendite pontificie^ le quali
volle che si applicassero per pagare i de-
biti della camera apostolica. Merita ri-
cordo Innocenzo XI I (F,\ per avere a-
bolito il nepotismo e gli uffizi venali, e
per le somme immense che spese coi po-
veri. A Clemente XI in morte furono tro-
vati 60 scudi e la lista di 600 famiglie
che viveano di sue limosine, per le quali
impiegò piti di 5 milioni di scudi, seb-
bene la rendita stabile del Papa, di cui
allora liberamente disponeva,dopo le spe-
se necessarie al mantenimento della per-
sona,non sorpassa va annualmente la som-
ma di 5o,ooo scudi, come attesta Ottie-
ri, Storia d Europa t. 7, lib. 20. Il suc-
cessore Innocenzo XIII come i predeces*
tori si collegò co'principi cristiani per fre-
nare la possanza ottomana, esortò i car-
dinali ad aiutare i cavalieri gerosolimi-
tani presi di mira, con denaro, ed egli pel
i.'^loro diede scudi 10,000 della camera
npostolica, ed altrettanti della sua borsa
privata, non ostante Tessere ormai sì li-
mitate le rendile destinate all'uso dome-
REN
slieo de'sovrani Pontefici, che appena a-
scendevano al suo tempo a scudi 44}Ooo
come riporta TOltieri t. 8, il quale esscn*
do suo cavallerizzo, afferma di saperlo con
sicurezza. Innocenzo XIII pose a dispo-
sizionedi Giacomo 111 100,000 scudi per
ricuperare il suo trono d'Inghilterra; ed
I mobili che aveano a lui servito e del
valore di 3o,ooo scudi, Benedetto XIII
li donò al re, cui accrebbe l'assegno che
gli somministrava la s. Sede sempre ca-
rilatevolee ospitale coi principi delroniz-
zali,come praticò a'nostri giorni Grego-
rio XVI con d. Michele I già re di Por-
togallo {^»y Benedello.Xl V trovando e-
sausto il pontificio tesoro, ordinò diverse
economie nel Palazzo apostolico (/^.), la-
sciando a beneficio della camera aposlo-
lica certi diritti che entravano nella bor-
sa particolare del Papa e facenti parte
delle loro rendite. Invaso lo stato ponti-
ficio dai repubblicani francesi nel 1798,
fu invitalo Pio VI a rinunziare la sovra-
nità, per l'annua pensione di 3oo,ooo
lire all'anno; come rifiutò e cosa disse, lo
notai nel voi. LUI, p. io3. A p. i43 rac«
Contai che Pio VII deportato a Savona
d'ordine di Napoleone, che gli avea oc-
cupato i suoi slati, ricusò i 100,000 fran-
chi mensili offertigli pel suo mantenimen-
to, rispondendo al conte Salmatoris go-
vernatore de' palazzi imperiali, che ne a-
vea falla proposizione: Non li accettiamo;
di nulla abbiamo bisogno,ese ci manche-
rà il pane, i nostri fedeli lo sapranno, e
ci appresteranno il necessario. Nel voi.
XXVII, p. 127, dissi come Pio VII ri-
cusò le proposizioni di Napoleone, di due
milioni di franchi annui di rendila, colla
sovranità e residenza in Avignone, già do-
minio della romana chiesa. A Professio-
ne DI FEDE ricordai quelle che fanno ì Pa-
pi, in uno ai giuramenti di non alienare
idominii temporali e le rendite della chie-
sa romana, e gli eguali giuramenti che
prestano i cardinali. A quanto ho detto
sulle modicissime rendile de' Papi e dei
cardinali, si possono aggiungere quelle
REN
limitale provvisioni de'cardinali legali e
prelatr delegati che riportai nel voi.
XXXVIIyp. 388; e quelle pure diserò-
lissìme d^li altri Prelati (F'.)y che ser-
vono la s. Sede, di che parlo in quasi tutti
i loro articoli, di uiBzi o cariche da loro
esercitate. Nel i84gsi pubblicò in Roma:
SlatUtìca di tutti gli uffizi ed impieghi
governatici i giudiziari e amministrativi
co* rispettivi assegni annui , per t esercii
zio del dominio temporale della s. «Se-
de àff epoca del 1 848^ non die de* tribù*
nali e congregazion i ecclesiastiche. Que-
sta statistica, olti*eché dimostra quanto la
diiesa romana e lo stato pontificio spen-
dono pei cattolici di tutto il mondo, nei
Tribunali e Congregazioni ecclesiastiche
o cardinalizie (/^.), serve di solenne con-
futauoneallemolte calunnie lanciate con-
troia s. Sede, inclusi vamente a quella che
nel gotemo papale pressoché tutti gl'im-
pipali sono ecclesiastici. Risulta pertan-
to dalla Statistica che ntW Amministra-
zione dello stato gl'impiegati ecclesiasti-
ci sono ^43, inclusi va mente a' 1 34 cap-
pellani delle carceri e case di condanna
unicamente addetti al culto, onde resta-
no a soli 109, ricevendo tutti annui soldi
di scudi 190, 3 16; compreso l'ordine di-
plomatico, composto di 7 nunzi, con scu-
di46,634> 3 ìnternunzi,con scudi 1 1 ,000;
3 incaricati, con scudi 64oo. Gl'impie-
gati secolari sono 5,o59, ricevendo tulli
annui soldi di scudi 1,1 86,1 94» senza le
gratificazioni : tra questi non vi sono in-
clusi i professori dell'università, ne gl'im-
pi^ati de' dazi appaltati. Si deve inoltre
DOtarCj che dopo della epoca si secola-
rixiarono importantissimi uffìzi e cariche,
fra'quali i ministeri di grazia e giustizia,
e del commercio, belle arti e lavori pub-
blici: che vi sono ne'dicasteri meramen-
te ecclesiastici de' laici con impieghi sta-
bili e con autorevole influenza nella cosa
pubblica, non meno de'chierici che sono
amofibili. Risulta pure dalla Statistica^
che %^' Tribunali e Congregazioni ecclc'
4iasliche o cardinalizie^ gl'impiegati ec-
REN iST
clesiaslici sono 161, ricevendo annui sol-
di di scudi 36, 120; gl'impiegati secolari
sono 3 1 6, ricevendo <^nnai soldi di scudi
6 1,836. Si può leggere Giovanni Mar-
chetti, Del denaro straniero die viene a
Romane che ne va per cause ecdcsiasti-
die^ calcolo ragionato^ Roma 1 800, che
citai a Luoghi di Momrs, con opportune
riflessioni contro i maligni detrattori del-
la Corte di Roma (/^.).
REINNES {Rhedonen). Città con resi-
denza vescovile di Francia, capoluogo del
dipartimentod'llieeVilaine^di circonda •
rioedi4cantoni,a231eghedaNanlese78
da Parigi, in bella pianura e aria salubre,
sulla Vilaine e sull'llle che alquanto più
basso si congiungono; ha tribunali di i *
istanza e di commercio, camera consulti-
va di manifatture, borsa e altreautorità.
Quantunque senza fortificazioni , è con-
siderata come piazza di guerra di 4-' clas-
se, ed ha forte presidio. La Vilaine l'at-
traversa e divide in alla e bassa, insieme
congiunte da 3 ponti : la parte alta ha
belle strade e vaste piazze, superbi edifi-
zi che là rendono maestosa, oostru Ili do-
po il fatale incendio del 1720, che durò
7 giorni, e distrusse diversi monumenti
interessa mi j in uno alla remota e famosa
torre dell'orologio. Vi si osserva partico-
larmente la piazza del Palazzo di forma
quadra, un tempo ornata della statua e-
questre in bronzo di Luigi XIV, e del pa-
lazzo della ragione, bel monumento d'or«
dine toscano, attinente alla piazza d'ar-
mi, più vasta, ma meno magnifica, che dà
ingresso all'ostello della città, già anch'es-
sa decorata della statua equestre in bron^
7.0 di Luigi XV prima della rivoluzione.
Racchiude Rennes buon numero di edifi-
zi pubblici, l'ostello residenza de'tribuna-
li e della pubblica biblioteca di3o,ooo vo •
Itimi e mss. preziosi, con facciata grazio-
sa sormontata dal campanile, avente di-
rimpetto la torre dell'orologio; il palaz-
zo della prefettura in faccia al bel pas-
seggio Lamolte ; il palazzo filossac. La
cattedrale, di recente e ottima struttura^
i36 BEN
è succeduta all'antica di stile gotico epe-
Srinte, la cui faccia principale era il me-
glio. K dedicata a Dio sotto Tinvocazio-
US di s. Pietro apostolo, essendo il capi-
tolo composto del decano, del gran can-
tore e di altri 6 canonici , oltre diversi
numerari , ed i pueri de choro. Il capo
della casa d'£spinay era canonico onora*
rio della cattedrale, e sedeva incontro al
vescovo ch'era signore in parte della cit-
tà e consigliere al parlamento. L'episco-
pio, ampio e buono edilìzio, n'è alquanto
distante. Vi sono altre 7 chiese parroc-
chiali con battisterio, diverse delle quali
SODO riccamente ornate; bella è la chiesa
di s. Salvatore; importante l'antica ab-
bazia di s. Giorgio. Vi hanno monasteri
di religiose, ospedali, due seminari con a-
lunnj, stabilimenti d'istruzione e per l'ar-
te mi li tare^ società di scienze e arti, scuo-
le di pittura, scultura e disegno; un mu-
seo di quadri scelti, uno de' quali di re
Renato; gabinetti di fìsica, di storia na-
turale, d'anticaglie e medaglie; bel pas-
seggio tragli altri équello del Monte Ta-
bore. Nella casa di detenzione vi sono ma-
nifatture. Rennes per la sua situazione e
in riva a un fiume navigabile potrebbe
fare commercio vantaggioso, pure ha po-
ca industria; nondimeno vi si trovano di-
"verse fabbriche di maioliche, porcellane^
cererie, tintorie; fra le produzioni del pae-
se, pregiato è il butirro. K patria degli
storici Giovanni della Bletterie, Poulhaiu
di St. Foix, D. Lobineau e Toui^nemi-
ne; Chapelier deputato alla costituente;
de'giureconsulti d'Argentré e P. Hevin;
del maresciallo di Retz,arso vivo nel 1 44^
a Nantes; del celebre maresciallo e inge-
gnere Vauban; de'Ietterati Ginguené, A-
maury Duval, La Chalotais, del conte
Lanjuinais: BertrandoDuguesclin nacque
fie 'contorni al castello della Motte -Broou.
A poca distanza da Rennes si trovano la
bella selva del suo nome, eia cassina della
Prevalaye tanto nota pel suo eccellente
burro.
. Rennes chiamata uo iem^o Condate ,
REN
vocabolo celtico che significava confhten'
£e, in riguardo alla sua posizione presso
alla congiunzione dell'llle e della Yilaì-
ne, una delle città più belle di Francia,
eraa'tempi de'romani la capitale de'/?e-
doneSy popolo gallico di cui prese poscia
il nome e dal quale deriva quello che por-
ta attualmente. I sassoni che se n'erano
impadroniti alla decadenza dell' impero
romano, ne furono in seguito cacciati dai
franchi, a'quali Nomìnoè principe de^hre-
toni la prese nel IX secolo sotto il regno
di Carlo il Calvo che gliela cedette. I suoi
successori ne fecero la loro capitale della
Bretagna (/^.) detta Armorica, ne tornò
alla Francia se non pel matrimonio d'An-
na di Bretagna con Carlo VI li. Questa cit-
tà benissimo forti fica la nel medio evo, so-
stenne gran numero di assedi, il più me-
morabile essendo quello che il duca di
Lancastro fu foi*zato a levare nel 1 357
dopo 6 mesi d' attacchi. Nel 1736 vi fu
trasferita da Nantes la facoltà del diritto
dell'università. Era prima della rivolu-
zione la capitale dell'Alta-Bretagna e di
tutte le Provincie di cui quivi teneansi gli
stati, e sede del parlamento eretto da En-
rico Il nel i555, il quale si rese celebre
per la resistenza cui oppose mai sempre
agli ordini iniqui della corte : il bel pa-
lazzo nel quale riunivasi il parlamento è
sulla piazza maggiore. Possedeva la zecca.
La sede vescovile fu eretta, secondo al«
cuoi, attempi apostolici di s. Pietro e si Li-
no, altri con Chenu, Chron, episcoponun
Galliae, p. 1 3 3, dicono nel I V secolo e per
I ,^ vescovo s. Moderamno {F,) del 388,
suffraga nea dell'arcivescovo di Tours, e
lo è tuttora. Il 2.° véscovo fu s. Giustino
martire, indi s. Riosismo nel 383 circa;
poi 8. Elettrano, s. Giovanni, Artemio o
Antemio religioso dottissimo del 4^3, s.
Amando che morì nel 5oo, dice Chenu.
Gli successe s. Melanio (^.), dotto reli-
gioso, che istruì nella religione cristiana re
Clodoveo I; fra'prodigi che Dio operò a
sua intercessione, dicesi anche la risurre-
zione d' un morto : egli estirpò intiera-
REN
niente Hdolatrìa che ancora regnava nel
tuo paeie. Neir84o Salomone redi Bre-
tagna nel borgo di Renoe< fondò il mo-
naatero de'benedettini di s. Melanioe di*
'venne florida abbazia, che di poi fu uni-
ta alla mensa vescovile. Il vescovo Vitto-
rio intervenne nel 559 al concilio di Pari-
gi : s. Moderamno (/^.) rinunziò nel 719.
£letlninoneir866 fu consagrato dal rarci-
vescovo di Tour»; Tedaldo che gli successe
abdicò in fiivore di Gnllerio, e si conten-
tò dell'abbazia di s. Melanio.Silvestrode
la Gujerche restato vedovo, di comune
nifiragio fu eletto nel 1075. Fra gli altri
nominerò Guglielmo de la Rupe Tanguy
maetlro in teologia, benigno , discreto e
froondoy morto nel 1292. Alnno già arci-
diacono di Renries, morto nel 1 3ti8. Pietro
deGueraené nel i359 consagiò l'antica
cattedrale ; gli successe Raoldo canonico
della medesima. Anselmo de Cantemer-
le, di grande autorità, mogiiifìco, venne
insignito del pallio dn Martino V e mo-
rì nel 1437* Guglielmo Rrillet fondò 3
cappelle e 4 pueti de choro nella catte-
drale, rinunziando nel 1 447* Giacomo di
Espinay nobilissimo, trasferito da s. Ma-
io, morto nel 148 2. Roberto ^/'///o(A^.)
oGuibé, da Treguìer, o Tours come vuo-
le Cbenu^ trasferito dopo ili5oi aRen-
nes e poi cardinale. Fr. Ivo Mhjcuc do-
menicano confessore della regina Anna,
di Carlo Vili e Luigi Xlf, di santa vita e
grandemente elemosiniero. Claudio Do-
dico già ambasciatore a Paolo 1 V e Car-
lo V. Bernardino Bochetel neli56o, che
per le diverse ambascerie in cui l'impie-
ga Carlo IX rinunziò. Nel 1 565 Bertran-
do deRffarillac, dotto francescano ed elo-
quentissimo predicatore. Arnaldo d'05-
«al(i^,) cardinale. Serafino Olwario(f^,)
poscia patriarca d'Alessandria e cardina-
le. Ilei i6oa Francesco Lacliiver, e nel
1619 Pietro Cornuiller traslato daTre-
guier. Pei successori si possono vedere ,
Gallia chr. t. a , par. 2, e le Notizie di
I Boma. Per rinunzia di mg. >^ Claudio Lo-
dovico de Lesquen di s. Brieux traslato
REN 137
da Beauvais, nel 1841 Gregorio XVI di-
chiarò r attuale vescovo mg.^ Goffredo
Brossais Saint- Mara di Rennes, giù par*
roco e vicario genei^le della stessa chie-
sa. La diocesi si compone del dipartimen-
to d'ille e Vilaine , e si estende in lun-
ghezza per 3o leghe e 10 in larghezza.
Ogni nuovo vescovo é tassato in fiorini
370.
Concini di Rennes.
11 1 ." fu tenuto nel 1 1 76 dn Bartolomeo
arcivescovo di Toui*s, a motivo d'alcune
differenze tra questo prelato e il vescovo
di Dol. Mansi, SuppL 1. 1, p.675. Il 2,^
nel lunedi dopo 1' Ascensione del i!i73
dall'arcivescovo di Tours Giovanni de
Montereau e furono sanzionati i o canoni,
contro quelli che maltrattano ì vescovi, o
altri ecclesiastici che usurpano i beni del-
le chiese. Altri erroneamente pongono
questo concilio nel 1 163 e presieduto da
Vincenzo de Pilmisam vescovo di Toui*s.
Labbé t. 1 1 , Arduino t. 7.113.° nel 1 849
con edificante processione aperto agli 1 1
novembre e pi*esieduto da mg.'' France-
sco Morlot arcivescovo di Tours che par-
lò dall'altare a'fedeli con successo, comesi
legge a p. 147 ì\g\V Osservatore romano.
Nel t. 4 poi della Civiltà cattolica de feb'
braioi85i a p. 4^2 viene detto. »« I ve-
scovi radunati nel concilio provinciale di
Rennes ora che hanno ricevuto da Roma
l'approvazione de'loro atti, dirigono a'fe-
deli diocesani un' allocuzione, che com-
pendia tutto l'operato da essi nelle tenu-
te sessioni. In altrettanti distia^ articoli
condannano i sette empi sistemi che di
questi di o in un luogo o in unaltro perver-
tono a un tempo la fede e la filosofìa cri-
stiana,echeperamor di brevità potremmo
esprimere a un dipresso co'segueu ti tito-
li : cioè il razionalismo, i'indilfercnza re-
ligiosa, il panteismo, il mìtismo , la ria-
bilitazione della carne, l'eclettismo reli-
gioso , e il comunismo. Anatematizzate
coteste profane eresie, consigliano i loro
greggi a tenere la santità de'costumi cri-
stiani, e per tutela della fede e della sali-
i38 REN
tità raccotnanclaDosi guardino ìa ìspecie
da ire incenlivi : dalla parola insidiosa
degli emissari protestanti ; dal perverti-
mento degli empi ed osceni spettacoli;
dalla lettura della stampa maligna ".
RENO (s.), martire. V, Mortaito (s.).
RENZI Frawcesco, Cardinale. Det-
to Ahfe dal luogo di sua nascita, e nipo-
te del cardinal ^/</c^/20 consanguineo dt
Urbano VI, il quale nel dicembre 1 38 1
Io creò cardinale diacono di s. Eustachio
e vicariopontificio delle Provincie di Ma-
rittima e Campagna. Contribuì molto ai-
I^elezione di Bonifacio IX e morì nel 1 89^.
REONENSISo RFiEON.Sedevesco-
\iledi Grecia, suiTraganea d'Atene. Al suo
"vescovo scrisse nel 1807 d^^t^^^^e V pel
concilio di Vienna: nel i52i lo era fr.
Pietro da Cordova de*minori. Orienschr,
t. 3, p. 875. Commanvilledicecìie/^Aeo/t
seu RheontiSf fu eretta in Morea nel se-
colo XV 11 suiTraganea di Napoli di Mal-
vasia, di rito greco.
REPERltANOoREPERlTANUM.
Sede vescovile d'Africa nella Mauritiana
Cesariana, esisteva nel V secolo sotto Giu-
lia Cesarea, e nel 4B4 n'era vescovo Ge-
liano. Morcelli, Àfr, chr,
REPINDONI o REPINTON Filippo,
Cardinale, Canonico regolare di s. Ago-
stino, fece mirabili progressi nelle lettere
Dell'uni vei*sità d'Oxford,in cui ottenne la
laurea di teologia e ne divenne professore.
Ingannalo in gioventù da'wìclefisti, scris-
se alcuni errori cheinn.^di 24 ritrattò in
pubblica predica alla Croce di s. Paolo di
Londra nel 1 3 8 2, con sìncero pentimento.
Elettoabbatedi Leicester, indi fu promos-
so a vescovo di Lincoln, ed a' 19 settem-
bre i4o8 Gregorio XII lo creò cardinale
prete de'ss. Nereo ed Achilleo. Fu al con-
cilio di Costanza e all'elezione di Marti-
no V, morendo illustre per opere pub-
blicate, nel 1 4 1 7 o nel 1 4^0 secondo God-
wino, sepolto in Growtheadum.
REPUBBLICA, RespuhhUca^ ResPu*
hlica^ Reipublicay Rempublica, Stato ci-
vile e libero, governato dai principali del
REP
popolo pel comune ben'essere. Paese sot-
to il collettivo governo di molti indivi-
dui : se il potere eie magistrature sono
fra le mani esclusivamente d' una classe
distinta di nobili, chiamasi questo reggi-
mento politico Aristocrazia , Arisiocra*
tiaj e Democrazia, Status popularisj se
il potere del governo risiede nel popolo,
ed esercitato da molti tratti a sorte, o e-
letti dalle diverse condizioni del popolo.
Chiamasi repubblica cr\si\anafRespiiblica
Christiana l'universalità de'fedeli soggetti
al sommo Pontefice {P^.), con potere spiri*
tuale e universale sui cattolici d'ambo gli
emisferi. Dicesi repubblica letteraria. E-
ruditorum omnium Natio , in modo collet-
ti vo l'intero corpo degli studiosi e de'lette*
rati. F. Lettere belle, Letterati, Eru-
dizione. La democrazia o governo o stalo
popolare,in cui le cariche sì davano a sorte
o per elezione, ed in cui il popolo avea tut-
ta l'autorità, e tuttala sovranità risiede-
va presso il medesimo, fiorì nelle repub-
bliche di Roma e di Grecia (^.) , mas-
sime in Atene: questa parola democra-
zia viene dal greco, popolo, comandare,
governare. L'aristocrazia, specie di gover-
no esercitato dai piti savi e onesti, come
dai meglio istruiti nelle leggi e nelle con-
suetudini dello stato, deriva da vocabolo
greco, che vtiol dire eccellente, forza, po-
tere, potenza. L'oligarchia o dominio vio-
lento di pochi, viene dal greco poco, cioè
signoria, governo di* poche persone, ma
delle principalldello stato. Vi furono mol-
te famose repubbliche in Europa, ma non
propriamente il cui governo sia stato as-
solutamente popolare. I veneziani ed i
genovesi chiamavano i loro stati repub-
bliche, quantunque il loro governo fosse
oligarchico. Gli svizzeri erano governati
aristocraticamente; e l'impero germanico
tenne la via di mezzo tra il monarchico e
l'aristocratico. Vi è differenza tra il vero
significato del nome populus in laliuo, e
quello che noi diamo alla parola popolo
in italiano. Essa denota ordinariamente
fra nof, quel che gli antichi romani chia*
BEP
nlavano plehs^ wtlgus^ ^^Tgo, plebaglia,
il comune del popolo, e tulli quelli che
non cadevano nellu classe delle persone
dì qualità, de'cittadini agiati e di quella
die chiamasi gente onesta. In vece sotto
il vocabolo populus sono compresi tutti
gli abitanti d'una città senza distinzione.
Così questa [mrola popolo^ che in gene-
rale significa una moltitudine d'individui,
i quali abitano in un medesimo luogo ,
compresivi i nobili, i ricchi e tutti gli ni-
trii si prende in un senso molto ristretto,
dicendo tutto il corpo del popolo, scnz«i
poi ooroprendervi le cosi dette persone di
qualità^ i ricchi e quelli che hanno del-
io spirito e della coltura. Fra' romani i
plebei si sceglievano de* Pro/c(^or/(/^.). A
Pieve dichiarai , che plebe una volta si
chiamava l'unione de' fedeli posta sotto
hi cura de'sacerdoti, nel qual senso si ap-
pellarono pui*e le diocesi, inlitolandoài di-
versi Papì,Episcopus sanctae plebis Dci^
conoe pur notai ne' voi. XLVIII, p. 87,
XIi,p.2 IO, perchè per^/e^5 si disse talvol-
ta tutto il popolo cristiano. L'arcivescovo
di Ginlorbery s. Anselmo dice di se e dei
Tesoovì: Nos chrìslianae plebis Pastores,
Dice Galletti nel Primicerio^ p. 4o, che'
neir Vili. secolo col nome di repubblica
si chiamava il corpo de' romani , di cui
era capo il Pontefice, avvertendo che di
gran lunga s' ingannano quelli, che per
repubblica intendono l'impero; e la santa
repubblica, che vuol dire Roma e suo du-
ca to^ la preodono pel sagro romano im-
pero. Borgia, Memorie di Benevento , t.
i> Pt 7> narra che s. Gregorio III non
mostrò minor zelo del suo predecessore
•• Gi-^orìo II per la sagra repubblica o
sia confederazione de' romani e di altri,
da esso foi*mata in un concilio tenuto nel
73a per opporsi all'empietà degl'impera-
tori greci; rimarcando che negli scrittori
delle cose di detto secolo si deve distin-
guere la sagra Repubblica^ dalla Repub-
blica^ giacché per questa s'intendono le
reliquie deli' impero d' occidente , cioè
quella porzione di dominio che ebbero per
REP 139
qualche tempo in Italia i greci, anche do-
po la persecuzione mossa alle sagre ///i-
magiiìi (^.), per la quale perderono tan-
ti dominii. Vedasi, Respublica Christia-
na ubi disciplina etjurisdictio ecclesia^
stica vindicantur in eluclabilibus monu'
mentii etiam gallicanis , bre\^i et darà
melhodo ad umm studio sae juventutis e-
xarata^ Lugani 1 838.
Delie principali repubbliche sì d'orien-
te che d'occidente parlai ai loro articoli,
così delle loro magistrature e ordini, co-
me Senatori^ Patrizi, Proconsoli^ PretO"
ri. Questori j Dittatori, Prefetti (f^,) e al-
tri; altrettanto della loro religione, legf^
e costumi. Vedasi Pozzi, Stato delle re-
pubbliche, secondo la mente di Aristotì*
le, Venezia 1 59 1 . Della repubblica e par-
te pubblica e de'suoì ministri delle città
d' Italia , trattai a Comunità' o Comune,
Municipio e altri analoghi articoli, come
ne'molli de'loro magistrati, quando le cit-
tà italiane si governavano in forma e con
reggimento di repubblica, cioè Dogi^Prio-
ri f Podestà, Gonfalonieri {f'\) e simi-
li, oltreché negli articoli delle stesse città
e stati. Le principali repubbliche d'Ita-
lia (^.) furono quelle di Fenezia, Ge-
no^fay Pisa, Firenze, Lucca, Siena [F,),
ed altre molte. SismondoSìsmondi cidiè,
Histoire des republiques Italiennes da
inoyen dge, Paris 1809, ma è nell'indice
de'libri proibiti. £ il p. Luigi Tosti, Sto»
ria della Lega Lombarda, illustrata con
note e documenti. Monte Cassino 1848..
Nello stato pontifìcio tuttora esiste la re-
pubblica di s. Clarino {F,); tiene in Ro-
ma un rappresentante, ed ha un cardi-
nale per Protettore (F,), Delle repubbli-
che romane del 1 798 e 1 849 parlai a Pio
rie Pio IX{F) : di quella del 1 798 trat-
tò ancora Baldassari, Relazione delk av-
versità di Pio FI, t. 2, massime a p. 285
e seg., 345 e seg., ove descrive le ruberìe
repubblicane. Inoltre in Europa fu cele-
bre la repubblica d' Olanda (F,), rino-
mata quella di Ragusi {F,), Ora vi sono
quelle di Francia e di Svizzera {F,), pres-
i4o REP
so le quali la s. Sede tiene- un nunzio e
un incaricato d'affari, ed esse hanno in Ro-
ma, lai.* un ambasciatore, la 2.' un con*
sole generale. Della repubblica di Fran-
cia ripristinata nel 184^, ne parlai a Pa«
BIGI, ed a Pio IX, come del suo presiden-
te , il quale impose a Parigi la berretta
cardinalizia ai cardinali Mathieu e Gous-
set. In America {jT,) dal secolo passato
si sono formate diverse repubbliche, con
senati e presidenti, principalmente quella
degli Stali Vnili^ dì cixi scrissero: C% Bot*
ta, Della guerra deWindipendenza degli
Stati Uniti d^ America^ Mi la no 1820. G.
Borsieri, Storia della guerra fra gli Stati
IJnitid America e V Inghilterra^ Milano
182 1. Gio. Howard Hinton, Storia e to*
pografia degli Stati Uniti,Londvjài83o.
Memoria della chiesa cattolica negli Sta*
ti Uniti d' America , compilata da un
membro della società Leopoldina ^VevO'
nn 1 835. Cardinal Gaetano Baluffi, L*A-
merica un tempo spagntiola riguardata
sotto t aspetto religioso, dall'epoca del
suo discoprimento sino al i843, Ancona
1844* ^^ rivoluzione degli Stati Uniti,
quindi l'origine delle repubbliche d'Àme*
rica tra loroconfederate,cbe produsse l'in*
sorgimento eziandio degli stati dominati
dalia Spagna (^.), ebl)e principio a' io
marzo 1 764 pel bollo della carta, impo-
sizione che affatto non si volle sopporta*
re da' coloni americani. Il 1.° congresso
nazionale fu a' 7 ottobre 1765. L' indi-
pendenza di questi paesi fu proclamata
a*4 luglio 1776. La Francia (/^.) si uni
a questi nuovi stati eretti in forma di
repubbliche indipendenti , verso la fine
del 1777. Un trattato di commercio tra
la Francia e gli Stali Uniti venoesegna-
to a Parigi il 6 febbraio 1 778, mentre ai
9 luglio gli Stati Americani fecero tra lo-
ro un nuovo trattato d'unione e confe*
derazione, che fu ratificato nel r 78 1 . La
loro indipendenza, dopo tante guerre, fi*
nalmente fu riconosciuta dùìV Inghilterra
(f^.) a'24 settembre 1782. La pace assi-
curò la piena libertà e i diritti de'cattoli*
REP
ci in tutta l'Unione, e da varie parti di
Europa de' sacerdoti secolari e regolari
si recarono a coltivare la vastissima vi-
gna. A'3o settembre 1 800 si rinnovò il
trattato d'amicizia e di commercio colla
Francia; ed a'6 mai*zoi8oi il congresso
americano tenne la sua prima seduta nel-
la nuova città e nuova capitale dell'Unio-
ne Washington. Ricominciate le guerre
con l'Inghilterra, seguì la pacca' i4 di-
cembre 18 14* Quanto alla Spagna, essa
cedette i suoi sovrani diritti nel 1 8 1 9 me-
diante compenso pecuniario. Nel 1824 le
repubbliche fecero un trattato colla Rus-
sia. All'articolo Diocesi, nel riportare la
statistica di quelle di tutto il mondo, di
cui feci articoli , parlai ancora di quelle
d' America e sue repubbliche , come di
quelle dell' Oceania (F.): delle aumen-
tate posteriormente scrissi articoli di quel-
le chela lettera in corso di stampa lo per-
mise ; per le altre dovei limitarmi ad ac-
cennarle negli articoli Gregorio XVI e
Pio IX, istitutori delle medesime. In que-
sti due articoli notai eziandio, quando le
repubbliche americane stabilirono rap-
presentanti diplomatici in Roma presso
la s. Sede , ciò che toccai pure nel voi.
XLVIll, p. 167, dicendo dell'istituzione
della nunziatura nella repubblica della
Nuova Granata nell'America meridiona-
le, fatta da Gregorio XVI, e de' rappre-
sentanti diplomatici a lui inviati dalle re-
pubbliche della Nuova Granata, di Mes-
sico, dell'Equatore, tlel Chili. Attualmen-
te la s. Sede ha un rappresentante in mis-
sione straordinaria, cioè mg.' Luigi Cle-
menti (già vescovo di Macerata) arci-
vescovo di Damasco, delegato apostoli-
co nel Messico e nell'America centrale;
neir America settentrionale un console
generale residente in nuova York, ed un
console residente a Nuova Orleans; nel-
l'America meridionale un console gene-
rale residente in Monte Video. Le repCib-
bliche americane tengono i seguenti di-
plomatici in Roma. Bolivia, vaca; ed inol-
tre consoli residenti in Ancona e Civita-
[
REP
wccfila. Chili, vaca. Cosla Bici, un ni-
resiJente; ed iiioiiie cottole gene-
ule Kstdente in Ancona. Kquatore, un
Kioairo residente; eil inoitircoaiolr re-
allenti in Aitcooa e CÌTÌIaveiicliii. Gua-
limala, un incaricaEod'airai'i.Nitarapia,
IH3. SuoTa Granala, un in carica lo d'iif-
brl Siali Uniti, un incaricato ti' atlari ;
id inoltre uà contole pure letideote in
Iwta.
Delle repubbliche de\l'/i nitrica, o\ln
fUDto disii a (]uesto arlicoloi ma)le rio-
luierìporlat in quelli delle seilr arciTe-
nfili e &ufn-agìineevescoi'ilide'laruil[i-
t, laonde ripiodticendole ijiii perchè ti
pMeoD leggere, tornerò ad a vverlire che
fdle dì nuova Tundazione non patendo
fere articoli, perdiè la loro lettera era
|ij pubblicala, le distin(;Lierì>incarRtte-
«eorsifo; potendosi anche T«Jere Vici-
lun iposTon-ici e fnEFETTunS apostoli -
MI lielV j^merica meridionale O centra-
irfiepubhiica dì Venezuela a Venezue-
b; arcivescovato Bcneiuela oCorracai;
ftMtnati sufTi-Bganei, Guayana, lylerida.
Icpublilica dì Guatimala nell'America
Bitrale: arcivescotalo Guulimala; ve-
bnti atiirraganei, Coniayogna, Nicura-
^fèrepuliblica),x. Giuseppe di Costa-
Ka{CÒst» Kica è repubblica) neir A-
■cnoiuiei'idionale, «.Salvatore. Kepub-
U^ di Bolivia: oi-civescotBln Piata o
CUuquisiicaj vesuorali tuffili-
faà, Buenos Ayresoss.Trinitù, Cocha-
luita Dell'America meridionale, Cordo-
», Pace, Salln, s. Giovanni de Cuyo.s.
Croce de la Sierra, Paraguay e capitale
Alla repubblica del Paraguay. Bepub-
yica del Basso Perù : arcivescoTato Li-
li«;»escovatisuflraganoi,Arequipa,Clio.
I^Ktyaso Maynns, Cusco, Ouaoingna e
iSMMcho.Trusillo. Repubblica d'£<jua-
Im: arcivescovato Quito; veicovati suf-
hgsnei, Cueiica, Guayaquil. Repubbli-
add Chili: arcivescovato s. Giacomo;
<e«»vati iuffi'sganei, s«. Concezione, Se-
rena o Co(]uimbo, s. Carlo tt Àncud
■tU' Amerioa meridionale. Aepubblica
BEP ){i
delli Nuon-GraiMla : arcivetcoTalo «.
Fededi Dogola; vescovati tuffiraganei, An-
tiochia , Certagena , Nuova Pumplons,
Panama, Popnyau, 9. Marta. Repubblica
di s. Domingo odi Baili: aixìveacovato
1. Domiiigopuirraganeo Portorico con no*
mina del muiiHrcB dì Spagna. Nell'ime-
neasetlenlrioiiaif. Repubblica degli Stati
Uniti: arci veicovnioBallimoi'e; vescova-
ti suffragane! , Charlestown , Filadelfia ,
PilUbnrg, Providence, Itichroond , Sq.
vnnnnh, Weheling. Cincinnali eretto in
a i-ci «escovalo nel i85o da Pio JXj ve-
icovati tuirraganei, Cleveland, Detroit,
LouLfville di cui parlai nel voi. I.III , p.
1 36 , Vincennes. Noova-'Vork eretto in
arcivevcovalo nel 1 85oda Pio IX; vesco-
vati suffraga LI ei,^/£<ifi^, Boston, Buffalo,
Harfiird. A i-ci vescovato Nuova Orleans;
veicuvati suffragane!, Gaiveslon, Peirico-
In, Mobile, NalcheE. Oi'egon arcivescova-
to; vescovati suffi-Bganei,iVeifua//, Van-
couver, Walla-Wnlln. Louis o 8. Luigi e-
lelto in arcivescovato nel 1 84? da Pio IX j
vescovati tufTraganti.CArVa^'nJìuliuque,
Milwankia, Nashville, s. Paolo de Mine-
soia (nel suo ierr![or!o diceii aia scoper-
to un lago con ^o miglia di estensione, e
contenente diverse iHile, in clima deli-
zioso). Repubblica di Messico: arcivesco-
vato Messico; vescovati suiTiaganei, An-
teijuem, Cnlifornia (il cui stalo, insieme
m quello del ^uuvo Messico, per cesalo-
ne della repubblica del Messico, però fu
ammessone! iS^o nell'unione degli Slati
Uniti, formando così il 3 1 .° stato della i-e-
pubblica),Cbiapa, Durango,Guadalaxa*
i-a, Merida o Jucalan, Linares, Mecoacan,
Sonoia, Tlascala, VeraCrux. A Congre.-
gttzionede propaganda^de(y.) riportai
il novero delle sedi vescovili delle repub-
bliche d'America, che perla s. Sede sono
•otto la di lei giurisdizione, f. Missioni
POFTiriClE, PbEFETTUBE jIFOSTOLICUE, Vi-
cinili APOSTOLICI per quelli che Turono
istituiti nelle slesse lepubblicfae prima del
vescovali e arcivescovati.
Nel 1.1 5, p.33 làegiiAnaaiideUetcien.
i42 REP
%e relìg, sonovi importanti e veraci notizie
suli.^tabilimenlo, progresso e stato at-
tuale della religione e chiesa cattolica ne*
gli Stali Uniti di America, di mg/ Ro«
sati vescovo di s. Louis che celebrai a
questo articolo : ne darò un estratto. In*
comincia col narrare che nel 1 633,daaoo
famiglie cattoliche inglesi, per sottrarsi
alla fiera persecuzione che soilrivano dai
loro slessi concittadini della pretesa ri-
forma in seno della patria a cagione del*
la loro fede, valicarono l'Atlantico e fer-
marono la loro stanza nel Maryland sot-
to la scorta di lord Baltimore , il quale
avea ottenuto dal suo governo la proprie-
tà di quella provincia Ja facoltà di stabi-
lirvi una colonia e fondarla con leggi in-
glesi, e gli statuti particolari decretati
dalla stessa colonia, ond'ebbe principio
la celebre colonia e città d'i Bakimore{f^>).
I primi coloni furono accompagnati dal
p. Withe I ."apostolo del Maryland e altri
gesuiti, cui fu dato Tìncarico della mis-
sione, sotto la giurisdizione spirituale del
vicario apostolico di Londra. Non gode-
rono per lungo tempo que'generosi cat-
tolici di quella pace e libertà di coscien-
za, che con tanti sagrifizi erano venuti a
cercare nelle foreste del nuovo mondo.
La chiesa riformata anglicana sostenuta-
dalie leggi civili e dalia forza dello stato,
stese più o meno alle varie sette dissiden-
ti la persecuzione medesima, con cui da
Enrico Vili continuava ad infierire con-
tro i cattolici in tutta V estensione della
Gran Bretagna. Il medesimo spirito d'in-
tolleranza animava le altre sette figlie
della sedicente riformarle quali eransi ri-
fugiale in America, ed erano state auto-
rizzale dairinghilterra a stabilirvi delle
colonie ed un governo coloniale. Queste
dimentiche della patria persecuzione re-
ligiosa, divennero anch'esse persecutrici,
e con leggi non men severe di quelle del-
la loro metropoli proibirono ogni culto
che dal loro differisse, privando del di-
ritto di cittadinanza chiunque lo profes-
sasse, ed anche vietando sotto pena di
REP
morte a' sacerdoti cattolici e a' ministri
dissidenti l'entrare e dimorare neHerri-
toriì di loro giurisdizione. Tali leggi so-
no stale più o meno in vigore nella mag-
gior parte degli stati o provincie anglo-
americane, sino alla rivoluzione del i yyO
che gli staccò dalTInghilterra e li dichia-
rò indipendenti. La sola colonia del Ma-
ryland, stabili la sul bel principio da'cat-
lotici, ofiri al nuovo mondo un esempio
allora unico di cristiana carità , conce-
dendo volontieri un asilo entro i confini
de'suoi territorii a quelli eh' etano stali
costretti dalla persecuzione anglicana a
fuggire dalla patria ^o ch'et*ano stati e-
spuUi dal le colonie de'dissidenti in Ame-
rica. Coir ospitalità ricevettero insieme
da* cattolici del Maryland il diritto di
cittadinanza e la partecipazione a tulli i
privilegi civili ch'essi stessi godevano. Ma
questa cattolica generosità fu da' prote-
stanti ospiti ricambiata colla più nera
ingratitudine. Imperocché col loro nu-
mero avendo rapidamente sorpassato di
moltaquello de'cattolici, la loro influen-
za nell'assemblee legislative acquislò u-
na preponderanza decisiva e assoluta; e
sostenuti ancora dal governo inglese spo-
gliarono i cattolici di tutti i loro diritli
e privilegi, e U sottomisero a tutto il ri-
gore tirannico delle leggi penali d'Inghil-
terra. Resi i cattolici incapaci di occupai*
qualunque carica onorifica o lucrosa, as-
soggettati a multe pecuniarie, vessati in
mille modi, furono obbligati a celebrare
di nascosto i divini misteri, a celare l'abi-
tazione de'loro sacerdoti, e a vivere sem-
pre in timore per la perdita de'beni lo-
ro, della patria e della libertà di loro per-
sone. Nel 1780 il p. Gruyton gesuita re -
cossi a Filadelfia (V.) e sparse le prime
semenze della religione cattolica in quel-
la città, vi fabbricò la cappella di s. Giu-
seppe, indi la chiesa di s. Maria venne
edificata dal successore p. Harding. Nel
1776 allorquando le colonie inglesi a'4
luglio in Filadelfia ( ove sedette il con-
gressoamericanodeU'Uttionesiuoal 1 800
RpP
ìm cui fu Irasferìto a Waihington) sì
pamroDo dalla Gran Bretagna e dichia-
rarono indipendenti gli Slati Uniti e con-
federati, ì cattolici de' medesimi erano
ancora lotlo la giurisdizione del vicario
apostolico di Londra, il quale li faceva
governare da un ? icario generale.Ma per
la difficoltà che vi era negli Stati Uniti
di dipendere, anche per la giurisdieione
spirituale, da capi residenti nell' Inghil*
terra. Pio VI permise al clero di Mary*
land e Peniilvania di eleggei-si un supe-
riore con ampie iàcoitù, com presa vi quel-
la d*amministrar la cresima, e la scelta
cadde sul gesuita p. Carroll, che fu con-
brmato : nelle due provincie il clero si
componeva di a4 P^^^ ^ ^i 24,5oo cat-
tolici drca. Dopo quest'epoca lu religio-
ne cattolica cominciò a far progressi piii
rapidi, mercé del libero esercizio conces-
so dalle leggi fondamentali degli Stali U*
aiti; si diffiise di più quasi dappertutto,
spcdalnente per l'emigrazioni de'coloni
di s. Domingo. cacciati da' loro schiavi,
di francesi all'epoca della i .' rivoluzione,
e degli emigrati d'Irlanda, di Scozia, di
laghìlterra, di Germania; coi sacerdòti
firanoen si aumentò il clero, e Pio VI fé-
ee Carroll i.° vescovo di Baltimore con
giorisdisione spirituale su tutto il terri-
torio dèlie 1 3 Provincie che allora forma-
vano rUoicne, e per coadiutore Leonar-
do Ncale. il vescovo ottenne una colonia
di sulpisiani per stabilire e dirigere il se-
ainario di Baltimore, che ha reso servi-
gi unportantissimi a tutti gli Stati Uni-
ti, non solo per la fondazione falla dai
wlpisiani de'collegi di s. Maria, di Geor-
pslown e d'Emmitsburg per l'educazio-
ae de' giovanetti, ma ancora per quelle
ddle soralle della carità da essi istituite
ÌB America , a norma e colle regole di
^jnelle di Francia, ed eziandio per un buon
mmero di degnissimi prelati forniti alle
varie chiese degli Stati Uniti. Quindi in
quasi tutti gli stati dell'Unione America-
aa la chiesa cattolica cominciò a conta-
la un buon numero di seguaci, a edifi-
REP 143
carsi chiese, a formarsi parrocchie, a co-
stituirsi missionari e parrochi. L'emi-
grazione si operò ancora dagli stali anti-
chi, situali nelle parti orientali, alle re-
gioni occidentali de'me desimi, nelle qua*
li si circoscrissero dapprima territoiii con
governi provvisorii, e poi si fondarono
nuovi stali con governi regolari e si ag-
gregarono agli antichi, amnìettenilosi ul-
ta generale con federazione. Accorrendovi
e moltiplicandosi i cattolici, e con essi le
parrocchie e le chiese. Pio VII elevò a
metropoli Ballimore, ed eresse di verse se-
di vescovili che produssero grandissimi
vantaggi alla religione callolica. Si vide-
ro presto sorgere comunità ecclesiastiche
e religiose, conventi, monasteri, semina-
ri, collegi ; in una parola, quelle belle i-
stituzioni di carila, di pietà e di lettera-
tura, che han sempre accompagnata e
contraddistinta la chiesa cattolica in tutti
i tempi e in tulli i paesi. La chiesa cat-
tolica degli Stati Uniti ricevè un consi-
derabile aumento colla cessione folta per
vendita nel 1800 dalla Francia agli stati
stessi, delle due Floride e della Luigia-
na, in cui si trovava la sede vescovile di
Nuova Orleans. In seguito altre emigra-
zioni tanto degli altri stati d' America ,
quanto dell'Europa, con molli cattolici,
si rivolsero verso le parti occidentali, le
quali fino a quel tempo rimaste incolte
olTrironoagli agricoltori vastissime e fer-
tilissime regioni a loro scelta; laonde in
quelle contrade nacquero i nuovi stati di
Kentucky, Ohio, Indiana, lllenois, Mis-
souri, ne' quali come per incantesimo
sursero città, villaggi, col cambiarsi i bo-
schi e i deserti in campi coperti d'ogni
sorta di produzioni , per cui curando i
nuovi coloni zelanti missionari, nel de-
clinar del pontificato di Pio VII si fon-
darono altre diocesi, in che fu imitato da
Leone Xll, da Pio Vili e massimamen-
te da Gregorio XVI. Indi mg.' Rosali fa
il confronto dello stato in cui era la chie-
sa cattolica nelle repubbliche d'America
nel 1790 a quello del 1842, colle rispel-
i44 REP
live enumerazioni di sedi vescovili, clero,
e numero de'cattolici di quasi i ,5oo,ooo,
di chiese e non poche verameute magni-
lìche, ben ornate, provvedute di organi,
campane e di sagri arredi, ed ofiiciate con
gran decuro : però il loro numero, come
quello del clero, essendo inferiore ai bi«
hogno, i sacerdoti celebra vauo in case par-
ticolari e altri luoghi, ed ivi amministra*
vano pure i sagraiiienti. Vi sono nelle
diverse diocesi 470 stazioni, che equi val-
gono a parrocchie nascenti.Gli stabili men*
ti d' istruzione sono d' una gran riputa-
zione, anche presso i protestanti, de'qua-
]i non pochi non hanno difficoltàdi man*
darvi i loro H^li. Circa tutt'i luoghi d'i-
struzione, oltre di avere abili professori
e maestri disinteressati, per lo piìi i col-
legi sono forniti di copiose e scelte biblio-
teche, di gabinetti di storia naturale, di
macchiue e apparati per i' intelligenza
delle scienze fisiche, e d'islrumenti e tele-
scopi per le osservazioni astronomiche;
laonde molti di tali collegi meritarono
dalle assemblee legislative degli stati in
cui sono, i privilegi di università col di-
ritto di concedere la laurea dottorale, la
tal guisa negli Stati Uniti, come altrove
e in tutti i paesi del mondo, la cliiesa cat-
tolica si è mostrata benefica e protettri-
ce zelante e promovitrice delle belle let-
tere, delle arti e delle scienze, ed ha coi
fatti smentile le calunnie de' suoi nemi-
ci. Inoltre ha promosso l'istituzione pri-
maria deTanciulli colle scuole elementa-
ri, nelle città e villaggi, prevenendo il pe-
ricolo a cui erano esposti nelle scuole pro-
testati ti, accoppiando alla coltura dell'in*
telletto, la morale e la religione. Pel fe-
lice successo di così utili e lodevoli isti-
tuzioni, la chiesa cattolica trovò operai
zelanti e disinteressati nelle comunità re-
ligiose ed ecclesiastiche che s'introdusse-
ro e stabilirouo nelle repubbliche degli
Stali Uniti, con immenso vantaggio del-
la religione. 1 gesuiti primamente vanno
encomiati, altri benemeriti sono i dome-
Hicani inglesi, i sulpiziani francesi, i sa*
REP
oerdoti della missione, i redentoristi te-
deschi, gli agostiniani irlandesi,! preti del-
la congregazione della niisericorilia fon-
data in Francia, i cappuccini che dopo i
gesuiti furono incaricali della nui<>gior
parte delle loro missioni nella tempora-
nea soppressione, i trappisti, e di tulli il
dotto mg.'* Rosali ne narra le beneme-
renze e i luoghi ove sparsero i loro ono-
rati sudori. Abbondanti frutti recarono
altresì alla chiesa degli Stati Uniti le co-
munità religiose di donne, che pur de-
scrive in numero di 76, di 1 5 istituti dif-
ferenti, in uno a'iuoghi ove sono, trovan-
dosi negli Stati Uniti maggior facilità nello
stabilire e propagare comunità religiose
di donne che quelle degli uomini. Fin dai
primi anni di tal chiesa si pensò, per quan-
to il consentisse la condizione de'tempi,
alla santificazione, ed alla cristiana e let-
teraria istruzione delle donzelle , massi-
me orfane. Vn monaslero di religiose or-
soline vi fu fondato più di 100 anni ad-
dietro, ed esse fioriscono per l'istruzione
di grandissimo numero di donzelle e del-
le schiave more. Successivamente s'intro-
dussero monasteri e case religiose, delle
teresiane scalze, di quelle della Visitazio-
ne o salesiane, delle sorelle della carità
che si sono propagale per quasi tutte le
repubbliche americane, per le sollecitu-
dini del celebre e piissimo vescovo mg.^
Piaget, anco con differenti congregazio-
ni, tutte però seguaci delle regole del gran
s. Vincenzo de Paoli. Vi sono ancora le
suore di Loreto, egualmente consagrate
ali' educazione delle donzelle, con supe-
riora generale e noviziato; le domenica-
ne, le religiose del s. Cuore, quelle di s.
Giuseppe di Lione, le Clarisse, le suore di
Nótre Dame, quelle della Prowidejiza,
quelle del Monte Carmelo. V'é negli Sta-
ti Uniti una classe di persone, le quali a
cagione della schiavili! ch'esiste nel la me-
tà circa delle confedera te repubbliche, so-
no considerate come d'una casta inferio-
re. Sono questi i mori o neri che ven-
nero dall' A^i'tca trasportali in America
REP
in qualità di schiavi, e furono addetti al
lRfot*o, come anche tulli i loro discenden-
ti, pure quelli dì sangue misto chiamati
volgarmente mulatti o persone di colo-
re, quantunque non pochi Ira essi sieno
liberi, doviziosi e pel colore appena si di-
stinguano da' bianchi. I pregiudìzi e le
leggi del paese negano loro il diritto di
cittadinauKa ; però la chiesa cattolica ri-
guarda tutti come figli d' un medesimo
padre, ed estende su di essi la sua mater-
na sollecitudine come i bianchi; ma do-
vendosi conformare agli usiiSlabili appo-
atti luoghi d'istruzione per loro, ond' e-
vitare inconvenienti, sebbene ne' sagri
templi e nell'amministrazione de'sagra-
menti non fa distinzione di servo o di li-
bero, di schiavo o di nero. Sonovi orfa-
notrofi tanto pe' maschi che per le fem-
mine: nelle scuole gratuite cattoliche s'i-
slruivano ^S'/o fanciulli poveri. Negli
Stati Uniti la Chiesa non ha avuto sovra-
ni oprincipi che abbiano fabbricate le sue
chiese, eretti e dotali ì suoi monasteri, se-
minari, collegi, università, scuole, speda-
li, orfanotrofi;! suoi vescovi, missionari
eoclesiasticì e religiosi non hanno trovato
aocòoi*so nelle rendite delle mense vesco-
vili, o delle parrocchie e delle loro comu-
nità, che ne sono del tutto sprovviste; gli
stessi fedeli, per la maggior parte di for-
tune mediocri, stranieri, emigrali in À-
merica per migliorar la loro sorte, non
poteano contribuire a tante opere se non
con offerte proporzionate alle loro tenui
«Mtanze. La divina provvidenza supplì
a tutto con una specie di predilezione a
queste chiese nascenti, con guidarle e pro-
teggerle in mille modi, inviando loro da
paesi lontani, pastori, missionari e alun-
ni pel santuario, religiosi e religiose, che
abbandonando la patria e i parenti, var-
cando i mari si sono consagrati al servi-
gio di Dio e dell'umanità ; ha procurato
dalla generosa carità de'fedeli d'£uropa,
specialmente dalle pie opere della Pro-
pagazione della fede e della istituzione
Leopoldina di Vienna, soccorsi conside*
VOL. LVII.
REP 145
rabill, i quali congiunti agli sforzi de'fe-
deli delle stesse repubbliche americane,
e allo zelo disinteressato e intraprenden-
te de' vescovi e del clero secolare e rego-
lare, hanno somministrato i mezzi per
condurre a buon termine con successive
&tiche e con buon esito questa grandiosa
impresa. In generale i vescovi, i curali o
missionari non hanno rendite. Le volon-
tarie oblazioni de' fedeli somministrano
loro i mezzi di sussistenza. Per lo piiì
queste oblazioni si raccolgono nelle do-
meniche ed altri dì festivi nelle chiese da
alcuni secolari, mentre si canta il Credo;
altre se ne fanno in particolari occasioni;
i banchi che sono per le chiese sommini-
strano parte del mantenimento del cul-
to e del clero. Quando poi si vuole eri-
gere una nuova chiesa, con successosi e-
seguisce mediante volontarie contribu-
zioni, cui talvolta concorrono i protestan-
ti; altrettanto si pratica per le istituzioni
di monasteri, conventi o stabilimenti d'i-
struzione.
Da una statistica del i836 di diversi
stati delle repubbliche delle due Ameri-
che meridionale e settentrionale, ossia
del Sud e del Nord, rilevai, che la repub-
blica di Guatimala o America centrale,
avea per popolazione 2 milioni d'abitan*
ti, si parlava generalmente la lingua spa-
gnuola, ed avea per capitale s. Salvato-
re, altri dicono la città arcivescovile di
Guatimala, e per presidente il generale
Marajan. Repubblica degli Stali Uniti del
Messico, popolazione 8 milioni, lingua
spagnuola, capitale Messico, presidente
Santanna. Repubblica d^li Stati Uniti
d'America , popolazione i5 milioni, lin-
gua inglese, capitale Washington, presi-
dente Jackson. Repubblica d' Haiti, po-
polazione I milione, lingua francese, ca-
pitale Porto-Principe, presidente Boyer.
Repubblica di Benezuela o Venezuela ,
popolazione! milione, lingua spagnuola,
capitale Caraccas, presidente Vargas.Re*
pubblica della Nuova Granata, popola*
zionei^GBBiOoo, lingua spagnuola, capi*
IO
i46 REP
tale 8. Fede di Bogota, presidente Saii-
tander. Repubblica dell'Equa tore, popo-
lazione I milione, lingua spagnuola, capi-
tale Quito, presidente Rocafuente. Re*
pubblica del Perù, popolatione i ,aoo,ooo,
lingua spagnuola, capitale Lima, presi*
dente Orbegoso (nel dicembre 1 836 i di*
partimenti peruviani d' Arequipa, Aya«
Gucbo, Cusco e Puno si costituirono in
istalo a parte dal Perù settentrionale ,
col nome di Perù meridionale, mostran-
dosi il nuovo stato disposto a confederar-
si col Perù settentrionale, ed eleggendo
Santa Crux a capo supremo o protetto*
re). Repubblica di Bolivia, popolazione
1,100,000 , lingua spagnuota, capitale
Piata o Chuquisaca , presidente Santa
Cruz. Repubblica di Paraguay, popola-
zione 5oo,ooo, lingua spagnuola, capi-
tale Paraguay, dittatore Francia. Repub-
blica del Chili, popolazione I milione, lin-
gua spagnuola, capitale s. Giacomo, pre-
sidente Moscoos. Repubblica d'Argenti-
na o di Bolivia, o provincie di Rio della
Piata o Charcas, popolazione i milione,
lingua spagnuola, capitale Buenos Ayres,
presidente Rosas.Repubblica d'Uraguay,
popolazione 1 50,809, lingua spagnuola,
capitale Monte- Video, presidente Oribe.
Siccome queste nozioni le appresi dalla
citata statistica dell 836, avvertirò colla
CMlià catiolica n. 1 6 del dicembre 1 8 5o.
n Riceviamo un opuscolo stampato lo
seorso luglio in s. Giuseppe capitale del-
la Repubblica di Costa Rica (o Costarica
fetta sede vescovile nel 1849 ^® ^^^ '^
col breve Ckristianac religionis ), posta
tuiresti'emità meridionale dell' America
centrale, in cui si fanno le più care e at*
traenti descrizioni dell'amenità di tutta
l'America centrale, e specialmente delle
due repubbliche di Nicaraguae Costa Ri»
ca. L'America centrale, prima detta Ca*
pitania generale di Guatimala, si dichiarò
iodipendenta dalla Spagna ili 5 settem-
bre del 1 8a I : poi nel 1 822 fu incorpora*
la per forza al Messico, da cui staccossi nel
1823 rendendosi indipendente, benché^
REP
colla perdita della provincia di Chìapas.
Nel i8a4 si costituì in repul)blica fede-
rale e indipendente, coQ) posta di cinque
stati particolari. La qual federazione non
durò chefinoali839,edora si vuote re-
stituirla fra' tre stati del centro, Nicara-
gua, capitale Leon^ Honduras , capitale
Comayaqua; s. Salvador, capitale s. Sal-
vatore. I due stati estremi, cioè quelli di
Guatimala e di Costa Rica, sono repub<»
bliche indipendenti". Inoltre l'autore del-
l'opuscolo crede che l'emigrazione euro-
pea troverebbe in quelle fertili e sane terre
assai migliori mezzi di prosperare che non
nell'auriferaCalifornia ed altrovcDall'y^/*
manacco caltoUco degli Stati Uniti del
1848, risulta che il numero de'caltolici
era di 1,200,000, sopra una popolazio-
ne di 17 milioni, che segue fuori dell'u-
nità cattolica circa 20 differenti sette che
si suddividono incessantemente in nuovi
culti, come toccala Protest akti e Quac-
QUEBt, mentre la porzione cattolica anda*
va ad aumentarsi ogni anno a causa delle
emigrazioni dall'Europa e delle conver-
sioni. Il territorio degli Slati Uniti,com-
preso l'Oregon e il Texas, allora coutnva
3 arcivescovi, 24 vescovi, 890 sacerdo-
ti, 907 chiese e 562 stazioni o cappelle.
11 clero nel 1847 si aumentò di 76 pre-
ti, e nel 1848 furono edificate 95 chiese
a spese de'fedeli, col soccorso della Pro*
pagazione della fede (^.J, ma senza ve*
run aiuto del goverao. Paragonando la
precedente statistica, con quella del 1 837,
il numero delle diocesi erAsi duplicato,così
ì sacerdoti, triplicato quello delle chiese.
Gregorio XVI e Pio IX a istanza del la con-
gregazione di propaganda y?€/e e de'couci-
liidiBaltiroora,istituirono le nuove sedi ve-
scovili. Facendo la religione cattolica negli
Stati Uniti ì più lieti progressi, anche per
avere accolto con generosa ospitalità e di-
stinzione i religiosi cacciati dalle rivolu •
zioni d'£uropa del 1848, V Almanacco
catìoUco stampato in Baltimora nel 1 849»
r^istrò I o44 sacerdoti (de'quali 1 5o na-
tivi d'America), 1024 chiese, 1,276,300
tlEP
cattolici I ^o anni addietiH) eravi un solo
vescovo e poche migliaia di cattolici; fra
i convertiti si contava la nipote del famo*
so generale Washington fondatore del-
l'indipendenza americana, co'5 suoi figli.
La statistica deW Almanacco cattolico del
<i85o, compresi la California e il Nuovo
Messico, segnò 1 1 4 1 sacerdoti, 1078 chie-
se, 1,52 3,3 5o cattolici. Le repubbliche
{asciarono sempre godere amplissima li-
htvùi alla chiesa cattolica, e per questo
ispidamente crebbe a dismisura, non in-^
ceppandola come fanno alcuni stati d'Eu-
ropa. Benché i membri del governo Sie-
ne perlopiù protestanti, pure guarenti-
MXMso tutti i diritti de'caltoìici, anche nel -
l'acquistar le chiese beni stabili in proprio
nome. Ecco come gli americani intendo-
no la libertà. Nel 1 85 1 negli Stati Uniti si
pobbblicò il censo della popolazione, im-
mensamente accresciuta e giunta nella
totalità a 23,267,498, però tra essi qua-
si i3 milioni in istato di schiavitù. Nel
1820 una emigrazione degli Stati Uni-
ti fondò la nuova repubblica di Libe-
ria, situala in Africa nella Guinea supe-
riore, fi*a la Sierra Leone e il capo Pal-
mas^ eben presto riconosciuta dalla Fran-
cia e dall'Inghilterra, quando già conta-
va 80,000 abitanti parlanti l'inglese. lm«
mense sono le sue ricchezze naturali: Mu-
roTÌa porto di mare n'è la capitale; ha il
governo presidente, vice- presidente, se-
nato e camera di rappresentanti. La for-
mazione della repubblica in istato indi-
pendente segui nel 1 847, e Roberts ch'e-
ra governatore del la colonia, fu proclama-
to!.^ presidente. La repubblica di Libe-
riaoCapo Mesurado, si formò principal-
mente di schiavi emancipati negli Stati
Uniti, e si aumentò nel 1 832, quando sot-
to il presidente Monroe ebbe fine il ti*
mnnico e degradante commercio degli
sdiiavi, sebbene ancora in qualche parte
deir America meridionale tuttora l'uma-
«ità trovisi nella umiliante condizione.
Per gratitudine fu imposto il suo nome
Alln capitale. Le vaile sette americane
REP 147
furono sollecite a mandarvi iloro mini-
stri. Il zelantissimo mg.'*£ngland vesco-
vo di Charlestown, considerando che tra
gli schiavi emancipati si trovavano anche
cattolici, per non perder questi e conver-
tir gli eretici, pregò neh 832 la congre-
gazione di propaganda^£/e a prendere il
loro stato in considerazione, ed il sinodo
di Baltimore propose che sì aflGidasse la
missione agli eccellenti gesuiti : la congre-
gazione vi annuì subito, ma i religiosi
non poterono accettarla.
Gli Annali delle scienze religiose^ oU
tre le riportate, sono pieni d'altre impor-
tanti notizie, riguardanti la fondazione
dell'episcopato cattolico nelle repubbli-
che americane, il progresso del cattoli-
cismo, il suo floridissimo stato attuale,
e le dissensioni della chiesa protestante,
laonde citerò qualche luogo ove si ponno
leggere. Nel t. 5 , p. 2g4 sì parla della
fondazione del vescovato di Baltimora ^
fatta nel 1 789 da Pio VI per le provrncie
confederate d'America, elevata nel 1808
a metropolitana da Pio FU (i^.), che e-
resse i suffi*aganei di Nuova -York, Fila-
delfia, Boston e Bards-Town ; dipoi nel
1 820 istituì le sedi di Charlestown e Cin-
cinnati. Nel voi. 7, p.i 17 si discoiredel-
Torigine giudaica degl'indiani dell'Ame-
rica settentrionale. Nel t.12, p.i6f Topi-
namento sull'opera di A. Kastner, jéna-
lisi delle tradizioni religiose de* popoli ut'
digeni deltAmericay Ginevra 1 840. Nel
voi. r4) P* 276 un estratto dell'^^^uftuc-
co cattolico pel 1 842 degli Stati Uniti del-
l'America settentrionale, con consolanti
risultati anche per V incremento dell' i-
struzione ed educazione religiosa, ne' se-
minari, in 2 1 istituzioni letterarie, in 48
accademie, in 77 istituzioni caritatevoli,
anche di orfani,dìretti dalle benefiche suo*
re della carità. Nel voi. 1 6,p. 46 1 si parla di
una nuova setta di profeti protestanti che
nacque negli Stati Uniti, denominata dal
suo autora MiUerismo^ secondo il quale
r universo dovea essere consunto dalle
fiamme nel 1 843; non merita questa aber-
48 R E P
razione di Miller d'impiegarci altre paro*
le^peruD intelletto ottenebrato da tanta
cecità. Nel 1. 1 9, p. 1 6 1 e vvi un articolo ri-
guardante la così detta chiesa episcopale
protestante degli Stati Uniti, per la gene-
rale adunanza tenuta in Filadelfia da 20
de'21 del preteso episcopato protestante,
per discutere sul titolo onde abbiasi ad
appellare quella larvata chiesa, mentre è
lacerata da intestine discordie gravissime,
originate dal Puseismo (Z^*)* L' umana
superbia volle sottrarsi ;dair autorità le*
gittima e divina della vera chiesa catto*
lica di Cristo, quindi fu colpita col ter-
ribile gastigo deilofifusca mento dell'idee
e dell'incertezza. Non meno preziose no*
tizie sui progressi del cattolicismo e scio-
glimento del protestantismo nelle repub*
Eliche americane, di quelle degli Arma-
li delle scienze relfgiose^conììene la pub*
blicazione periodica della Cmltà catto '
iica. Del più grande interesse sono le Let-
tere intorno agli Stati Uniti cCAmerica^
sullo stato della religione cattolica e di
qualche opera ad essa relativa, svolgendo
gli argomenti, ReligionCy Libertà de*cuU
Ui La città di FTashington , pubblicate
nel t. 2, p. 655, t 3, p. 1 4 1 e 3 1 4* In que-
sto a p. 4^9 e 676 vi sono parole di dis-
inganno sulla ti'oppo decantata strabboc*
chevole quantità d'oro della California e
di 8. Francisco, per lo stato poco prospe*
ro degli emigrati in quell'aurifera regio-
ne; ciò in contrapposto mirabile co'mari
e monti promessi dalle speculatrici com-
pagnie mercantili che cuoprirono declo-
ro pomposi annunzi i giornali francesi
e italiani. In sostanza apparisce , che la
fiivolosa abbondanza d* oro della Cali-
fornia, era divenuta quasi un' illusione,
secondo le comuni relazioni di quelli
che vi si trovano; la speranza di procac-
darvisi ricchezze era pienamente svani*
ta, ed appena si trae oro quanto basta
a sostentarla vita de'cercatori giorno per
giorno: pure la speranza tira colà mi-
gliaia di avidi speculatori da ogni parte
del mondo, ad onta delle micidiali e re-
REP
plicate lotte accadute tra gli abitanti e gli
avventurieri minatori. Aggiungerò, che
ora pare che il prestigioper la California
si rinnovelli, poiché gli emigrati tuttavia
continuano ad arrivare in folla a S.Fran-
cisco, da tutti i punti della stessa America.
In ogni modo le grandiose fortune non
si fanno più come una volta. Recentissi?
me notizie c'istruiscono che l'emigrazio-
ne in California ricomincia con maggior
furore di prima, da altre parti eziandio
dell' istessa America : la Cina minaccia
un'invasione di cercatori d'oro, e si teme
che l'immensa libertà data ad ogni emi-
grante sulle terre libere degli Stati Uni-
ti, sarà un giorno il retaggio de' cinesi.
Vuoisi tuttavia, che la provincia messi-
cana di Sonora sia la più ricca miniera
del mondo. Altre ne sono state scoperte
in Australia nell'Oceania, e nei fiume Na-
pò e suoi affluenti con abbondanti sabbie
aunfere nella repubblica dell'Equatore.
Nel 1 85 1 in Roma si pubblicò: Cenni islO'
r tei del progresso del cattolicismo negli
Stati Uniti éC America e segnatamente
della diocesi di Nuova York , scritti dal
teologo Felice t^illanis parroco nella stes'
sa diocesi. Alla pietà e alla generosità dei
poveri emigrati irlandesi, attri buisce l'au-
tore in gran parte l'avanzamento della
chiesa americana. Dice che le diocesi so-
no ora 33 (36 per l'aumento di altre 3),
cogli arcivescovati di Baiti mora, Oregon,
s. Louis^ Nuova York, Nuova Orleans, e
di Cincinnati. Noterò che finora non vi
sono primati. Nelle repubbliche di Ame-
rica vi sono stati celebrati diversi conci*
lii, come nelle città arcivescovili di Mes-
sìcOy Lima e Baltimora^ ne'quali articoli
li riportai. A Baltimora dissi di quelli del
1829, 1 833 e 1837, ed altro ne fu tenuto
nel 1840. Inoltre ne furono celebrati uel
1843, 1846 e 1849 co' rispetti vi suffra-
ganei,determìnandovisi quellesedi vesco-
vili che canonicamente eresse la s. Sede,
e di cui feci parola trattando delle mede-
sime. Il barone Henrion nella iSlfona uni'
versale dellachiesà 1. 1 2 ne registrò altro,
REP
cioè il i.'o riunione de' vescovi a Balti-
mora, con regolamento ini 8 articoli fat-
to il 1 3 novembre 1 8 1 ò, per l'amministra-
zinne delle chiese degli Stati Uniti. Ora leg«
go nel n.^i 33 deli' Osservatore Romano,
che in Baltimora a'9 o io maggio 1 852
8i fece dal palazzo arci vescovile alla catte*
drale maestosa e solenne processione, per
l' apertura del primo concilio nazionale
( veramente pare da quanto indicai che
die non si possa chiamare primo, se pure
non voglia intendersi, dopo l'erezione dei
nuovi arcivescovati negli Stati Uniti) de-
gli Stati Uniti, il quale consta di 6 pro-
vincia ecclesiastiche : Baltimora, Nuova-
York, s. Louis o Luigi, Nuova Orleans,
Cincinnati, ed Oregon. Trentasei sono le
fedi vescovili della provincia : i vescovi ne
portano i titoli rispettivi. I due vicariati
apostolici sono governati da vescovi in
partìbus. Sono assenti il vescovo di Vin-
cennes e due vescovi dell'Oregon. Sono
presenti tutti gli altri prelati fn n.^ di 32;
più il vescovo di Monterey o California,
r arcivescovo di s. Fede, il vescovo di s.
Paolo di Minesota, i quali dovettero tra-
versare enormi distanze. Intervennero
pure due vescovi del Canada (^.). Agli
Stati Uniti non trovasi primate, né legato
della 8. Sede cui d' officio appartenga la
presidenza del concilio. Laonde per que-
sta volta {prò hac vice) il Papa nominò a
rappresentarlo l'arcivescovo di Baltimo-
ra. Da'pericoli ond'è minacciata la federa-
zione americana , può solo scamparla la
Chiesa. Il socialismo e Temigrazione eu-
ropea danno apprensioni, se la possente
organizzazione della chiesa cattolica non
vi si spiegasse a raccogliere sotto le sue
insegne i fedeli e offrire il porto di salute
a quelli separati fra il general turbine del-
le loro sette ed errori. Il protestantismo
portò i suoi naturali frutti, TindiSerenza
e l'empietà; e di 24 milioni d'abitanti, n'è
appena battezzata la metà. Dal n.° 39 del-
lo stesso Osservatore si rileva, che il con-
cilio fu chiuso il giorno dell'Ascensione.
li concilio prese le sue misure per dota-
REQ 149
re uniformemente tutte le diocesi di re-
ligiose istituzioni e di i-egolamenti litur-
gici ; decretò la redazione d'un catechi-
smo speciale ; condannò il sistema del-
l'insegnamento per lo stato; raccomandò
l'istituzione delle scuole cattoliche, per-
chè se ne aumenti il numero; statuì/la
formazione di 1 1 nuove diocesi. Anema-
tizzò le società segrete, guarentì i matri-
moni misti, regolò l'amministrazione dei
sagramenti, le feste, i digiuni; adottò un
sistema d'uniforme amministrazione per
le proprietà religiose che aumentano in-
cessantemente, pe' soccorsi efficaci della
propagazione della fede. II bene immen-
so da questa fatto dalla sua istituzione,
si legge nel u.^iqS del medesimo Osser^
vatore, il quale col n.^i48 ci die la bella
lettera pastorale, diretta dai padri dei
concilio nazionale di Baltimora al clero
ed a'fedeli degli Stali Uniti. Altre noti-
zìe suir operato da questo concilio te ri-
porta la Civiltà cattolica nel 1. 1 o, p. 2 1 6.
REQUIEM AETERNAM. Versetto
dell' uffizio de'fedeli Defunti (F^*)y che si
dice dopo i salmi, gli Oremus (^.), ec.
nelle Messe di Requiem^ col quale s' im-
plora da Dio il riposo eterno, il riposo in
pace, la luce perpetua che risplenda sui
trapassati. Si compone del ^. Requiem
aeternam dona eis Domine. ^. Et lux
perpetua luceat eis, '^, Requiescant in
pace. ]^. Amen (^.). Si dicono 3Iesse di
Requiem quelle de'defunti, nelle quali il
sacerdote nelle messe basse o private e il
diacono nelle solenni, in vece deWIte Mis'
sa est (F^,) o del Benedicamus Domino
{F*)j dicono Requiescant in pace. Rife-
risce Piscicelli, Spiegazione della s. Mes*
sa^ p. 1 18, che nelle messe solenni di Re-
quiem d\ce&\ Requiescant in pace, sì per-
chè la Chiesa in simili uffici è sollecita sol-
tanto nel suffi'agare i defunti, sì perchè do-
po la messa v'è sempre l'ufficiatura, ò di
seppellire il defunto o d'altre preci, come
sono quelle del Libera me Domùie^P^.) in-
torno al tumulo, le quali cose invitano
anche il popolo ad assistervi, affiued'ac-
i5o RES
crescerò i suffragi alle anime sante del
Purgatorio (f^.). Soggiunge, che rìspoa-
desi dopo il Requiescant in pace, Amen,
per dimostrare con questo un vivo desi-
derio per la requie sempitei*na alle me*
desiipe benedette anime. Delle indulgen-
ze per la recita del De profundis col Re*
quieni aetemam^ parlai a quell'articolo.
Il Piazza nel Menologio romano^ par. i,
p. 4i > narra che s. Gregorio I celebrando
messa nella basilica di 9. Pietro per uno
ch'era morto 180 anni prima^ del quale
in quel giorqo si faceva l' annivei^sario^
quando incominciò a dire le parole del*
y Introito: Requiem aeternam , ec. sentì
una voce celeste che gli disse, Nonfaciam,
non lo farò, poq gli darò riposo. E ve*
plicando il santo, per dubbio di qualche
illusione, le parole Requiem aeternam^ di
nuovo sentì la stessa voce, che gli disse i
Ifonfaciam, quia anima iWu^damnaia
est. Gli fu poi rivelato che si era dannato
ntW Inferno (F^.\ perchè avendo conser-
vata inimicizia, ne avendo perdoqato al
neniico^ era morto senza confessione e pe-
nitenza. Nel voi. XI, p. I q6 riportai come
Vkt* Funerali (iT,) up defunto disse Ghie-
ra dannato; sul qual fatto si può leggere
Novaes, Storia di Clemente X, q.° 1 6, per
quelli che l'affermano e negano.
RESCRITTO, Rescriptum. Risposta
che scrive il principe sotto le suppliche
e i Memoriali (f^.). Il rescritto é un co-
maqdo o risposta autentica e legittima, o
concessione del sovrano o d^l principe ri-
lasciata in iscntto 9 richiesta di qualche
persona. Se riguarda liti, il sovrano tra-
sferisce la giurisdizione o facoltà a quel-
lo a cui rimette la definizione della cau-^
sa. Se non riguarda liti, dicesi benefizio o
rescritto di grazia, ^ si rescrive a favore
del peteqte, ed iippunto per questo dice-
|i rescritto perchè si risponde a conforto,
l'elazione e supplica del petente o ricor-
vente , e questo può essere secondo il di-
ritto, ogni qualvolta si ordina la precisa
esecuzione del diritto , ovvero è contro
quando i^i concede alcuiia cosa coqtro la
RES
disposizione della legge alla quale deve
derogarsi. Vari rapporti possono avere i
rescritti per vallone deWa causa efficien-
te, della materia, deWa forma, dell'effet-
to e della causa impulsiva, di cui tratta-
no i legisti ed i canonisti nelle loro ope-
re: qualche brano piti sostanziale ripor-
terò con Vermiglioli , Lezioni di diritto
canonico t.i, lez. 3. Dei Rescritti, Per la
causa efficiente i rescritti come apostoli-
ci, che nello spirituale si accordano dal
Papa; imperiali, nelle cose temporali dal -
l'imperatore; episcopali ^che emanano dal
vescovo, o suo vicario. Per lacausa im-
pulsila doppiamente si considerano; al-
cuni diconsi annotazioni o favori che dì
Moto proprio (^.) •' sovrano o il Papa
senz'alcuna petizione e causa accorda per
i meriti d'alcuno. Altri sono quel li che si
concedono per querela, petizione o sup-
plica d'alcuno. Egualmente </a/[7p/ si con-
siderano per ragioqe di materia , e per-
ché riguardano cose relative ai privati,
altri che riguardano cose ecclesiastiche e
negozi di università 9 che propriamente
dicónsi Prammatiche sanzioni ( ^•) , e
queste esigono cognizioni di causa. Ri-
spetto alla ^r/im, i rescritti sono g<?/2 e-
raU o speciali. Generali sono quelli che
contengono generali oindifinite clausole.
Speciali poi sono quelli che si dirigono
fra certi, e sopra certe e dichiarate cose
o affari, e sono senza generale clausola ;
la speciale deroga e toglie il generale. Se
fossero due rescritti generali o particola-
ri, non sarà di alcun vigore il posteriore
se non sia fatta menzione del primo. I
rescritti sono personali, che si restringo-
no alla persona del concedente, o imper*
sonali che sì danno senza alcuna menzio-
nerò considerazione di persona, ed indifl-
nitivamente.I primi cioè i personali rap-
porto a'ioro effetti cessano colla persona
del concedente; ^impersonali poi con-
tinuano, finché dal successore del conce-
dente non sienorivocati. I rescritti di gra-
zia concessi colla clausola, fino a nostro
beneplacitOfiSLoè del concedente, si estia -
RES
guQOO colla morte di questo , ma se vi
fosse la clausola, concessa a heneplacUo
dtUa sede apostolica^ siccome questa non
<xssa colla morte del Papa, non si estin-
gue il rescritto. I rescritti tutti o che sie-
Ilo secondo, oltre, o contro il diritto, han-
no sempre autorità di legge, meno che
sieno contro il gius pubblico odi vino, per-
chè in tal caso sarebbe rescritto ottenuto
«OQtro il diritto, perciò di nessun effetto,
e così ancora se si fosse ottenuto con-
tro una lodevole consuetudine. Inoltre
Il rescritto si distingue in Ànnoiaziontj
Ttammatica sarmone^Prmlegio^ rescrit-
to dì Grazia e di Giustizia, \J Annota'
zione è rescritto di moto proprio, senza
die alcuno ne abbia fatta petizione. La
jnuiitiffaAc^^/inziòiie è una risposta eco-
inando del principe sopra le cose pubbli-
che^ di univei*sitào corporazione, a richie-
sta di qualche provincia^ città, collegio,
scuola, ec 11 Privilegio è un comando o
<»iice8siooe speciale in odio o favore di
alcuno, che esenta dalla disposizione del-
la hgge sci*itta generalmente obbligato*
ria e non. può addursi in esempio. Il re-
scritto di Grazia è quello che il sovrano
dirige conferendo ad alcuno una qualche
dignità o benefizio vacante. Il rescritto di
Giustizia e quello che specialmente si di-
rige a privata persona, sulla richiesta che
venga commesso ad alcuno la cognizio-
ne d'una qualche controversia. Il rescrit-
to può riferirsi a tutte le cose, tanto cor-
porali, che incorporali, sopra delle quali
può esservi ragione di agire,o che riguar-
di l'interesse pubblico o privalo, crii ùna-
le, sagro, religioso o temporale. Il rescrit-
to affinchè abbia la sua validità , deve
contenere il nome del Papa o del sovra-
no, l'anno del pontificato o del regno, il
giorno, l'indicazione e il luogo. Deve far*
si menzione a chi si riferisce il rescritto,
di quali cose tratta, ed a chi è diretto, sia
esecutore o giudice. Deve sussistere Ter
sposto acciò il rescritto non sia o surre*
tizio j o orretizioj perchè non varrebbe.
£* necessario che sia sottosciitto dal Pa*
RES i5f
pa o dal sovrano, o da chi ne fa le veci e
munito di sigillo: non dev'essere di pre-
giudizio né del pubblico, né del privato,
ma deve il rescritto rilasciarsi per neces-
sità, utilità, evidente merito, ed a quere-
la del richiedente, se questa sia giusta e
fondata. A chiunque non è vietato può
ottenere rescritto, attore o reo , figlio di
famiglia,. religioso , ec. Non può implo-
rarsi, né ottenersi dallo scomunicato, ed
è perciò che nelle grazie die fa il Papa,
perchè abbiano valore, sempre premette
l' assoluzione delle censure , qualora ne
fosse incorso il graziato. Il rescritto spe-
ciale deroga al generale , il posteriore è
preferito all'anteriore; fuori di questi ca-
si è preferito il pi il antico, purché non sia
stato negligente di palesarlo chi l'otten-
ne. Affinchè un rescritto possa essere va-
lido, non debbe essersi ottenuto con fal-
sità, abuso, dolo, né esservi difetto nella
forma; non valutandosi allora le clausole
di concessione, sia di moto propizio, sia di
certa scienza, sia con pienezza di potere,
sia con essersi supplito a qualunque vizio
o difetto. Chi abusa del rescritto , resta
privo del vantaggio, come quello che a-
vendolo ottenuto perse,poi se ne prevales-
se per altri. Siccome ordinariamente i re-
scritti si rilasciano negli affiirì ecclesiastì*
ci dal Papa e ne'temporali dal principe,
cos\ devea questi prestarsi tutto il rispet-
to, onore, ubbidienza e som missione, ed il
disprezzarli merita grave pena. Questa
ne'Capitolari e nelle leggi longobarde con-
sisteva nella perdita de'beni e nelle bat-
titure. Questo rispetto e onore ai rescrit-
ti sovrani si dimostra anche col baciar-
li; nella primitiva Chiesa si faceva altret-
tanto colle lettere epistolari fra amici.
Tutta volta sussiste, più o meno in vigore,
l'abuso del Regio exequatur (i^.).
Si dice rescritto del principe , cioè di
quello che nel goveitio tiene il primo luo-
go, e che può rilasciai*e rescritti. Il primo
luogo nell'ecclesiastico lo tiene il Papa,ch'é
pure principe temporale; l suoi rescritti
diconsi ordinariamente Lettere apostoli'
i52 RES
che {^'), ed anche oracoli^ quando il Papa
risponde colla viva voce, vivae vocis ora-
culi, che poi si mette in iscritto da chi
spetta, talvolta colla formola : Ex au-
dientia Sànclissimi, I rescritti pontificii,
o che sìeno di giustizia o di grazia 5 nei
modi come si rilasciano e spediscono, si
dicono segnature apostolicheyBreve^ Boi-
!a, Dispensa^ Chirografo , Moto proprio
(y»y Vi sono molte maniere di falsifica-
re i rescritti e le lettere apostoliche, indi-
cale nel cap. licei ad regimen , de crini,
falsif ed espresse in questi due versi: For-
ma, Stylus^ membrana, litura, sigillum,
Haec sex falsata dant scrìpta valere pu'
siUum.Viehu^eyinprax. e. apponi quae^
ec. fa una distinzione assai metodica re-
lativa alla &lsificazionede'rescritti.Quan«
to alle pene del delitto di falso, questue
stato sempre messo dai canoni nel nume-
ro de' delitti gravi che meritano severa
punizione. A Bbeve apostolico dissi co-
me Nicolò V e Alessandro VI punirono
i falsificatori di essi. Nel toI. XIX, p. 1 36
nan-ai la decapitazione del sotto-datario
Mascabruni , falsificatore dei rescritti di
Innocenzo X. À Memobule parlai pure
di quanto riguarda i rescrìtti, quali con-
venienti provvisioni e risposte allesuppli-
che o memoriali. De'rescritti, Ulaturju-
re suo, e £ec/(i/7t^*de'rescrittipei memo-
riali anonimi, e di altra specie ; dell'an-
tichissimo e grave uffizio di referendario,
o segretario de'memoriali. Che Benedet*
to XII nel i333 ordinò si registrassero
tutte le pontificie concessioni e rescritti,
ond' ebbero origine i Registratori delle
lettere apostoliche. Del contegno e meto-
do di diversi Papi nel fare i rescritti. Mol-
tissime nozioni riguardanti le differenti
specie de' rescritti pontificii e de' Tribu'
nali , Congregazioni cardinalìzie e dei
Segretari della s. Sede, le riporto a tali
articoli. A Breve dissi delle segnature o
sottoscrizioni del Papa colle formole Pia-
ce/, e Ita est per le cedole concistoriali :
a Bolle di altre relative formole, così a
Dispensa, a Diploma, in uno al Monogram^
RES
ma (F.) ó formola Bene valete, come del -
r Actum e del Datum, su di che si può
vedere Data. A Chirografo o concessio-
ne pontifìcia, notai che lo sottoscrive il
Papa col pontificio nome ^ dopo averci
posto la data del giorno e dell' anno. A
Moto-proprio o risoluzione o concessione
spontanea pontificia, lo dichiarai munito
deirautografa firma del Papa in latino, col
giorno, mese ed anno in italiano, ed e-
gualmente di suo pugno. Fra'citati tribu-
nali, per quanto riguarda i rescritti pon-
tificii, va principalmente lettoDATARIA A-
POSTOLiCA,incui tengo proposito delle va-
rie formole cui il Papa sottoscrive le gra-
zie: Fiat ulpetitur; Fiat mota proprio j
Placet, e dopo ciascuna, con l'aggiunta
della lettera iniziale del nome battesima-
le, o di quello religioso se il Papa tale era
stato, per abilitare la spedizione delle bol-
le, che se vi ponesse il nome pontificio non
sarebbe necessaria la loro spedizione. Il
PlacetcoWa detta lettera iniziale,il Papa lo
fii-di suo pugno anchesui brevi apostolici.
A Dataria inoltre parlai de'di versi offi-
ciali preposti a' rescritti o segnature pon-
tificie, cioè delle suppliche segnale manu
Sanctissimij ed in più luoghi di esso ar-
ticolo dell'officio del Concessum che re-
scrive sulle dispense matrimoniali demi"
noribuSy quali anticamente segnava ezian-
dio il Papa, finche pel loro gran numero
fu istituitodeltoofiizio, l'officiale del qua-
le leggeva al Papa le petizioni, e faceva
il rescritto alla sua presenza colla formo-
la: Concessum utpetitur in praesentia
SS. D. N. PP. N. iV., aggiungendovi le
lettere iniziali del proprio nome ed im-
piego. Per Concessum talvolta s' intende
la facoltà data dal Papa infermo al da-
tario e al sottodatario per concedere le
grazie e fare i rescritti : vi sono diversi
esempi, che si ffd^iio concessum i Papi l'ac-
cordarono a'Ioro cardinali nipoti. De're-
scritti se' ne tiene proposito, in sexlo lib.
I, tìt. 3 ; in Clement. lib. i , tìt. 2 ; in Dc^
cret. dist, 97 et Cav. 25 5, quaesl. i et 2.
Concilio Trìdetit, sess. s(2, e, 5, G, e se^s.
RES
2 5, cap. f o, De Reform.j inff, 1. 1 , § r , De
ConsLpnncìp.;m Cod. lib. i , tit. i gad 23.
RESIDENZA , Residentia , Residere.
Dimora de'beneficiati nel loro beneficio^
e loro assiduità nelladempierne i dove-
ri, imperocché una residenza o presenza
sterile e oziosa non basta, deve essere la-
boriosa e attiva. Giusta il diritto comu-
ne, tutti i benefìzi richiedono residenza,
perchè la Chiesa aulicamente non ordi-
nava alcun ministro senza dargli un be-
neficio in titolo, ch'egli era obbligato am-
ministrare con tutto lo zelo, e che non e-
ragli permesso di abbandonare. Le ordi-
nazioni senza titolo, o senza un titolo pa«
trimoniale essendo poi state ammesse, si
incooainciò a distaccare i benefìzi dalle
funzioni ecclesiastiche e a distinguerne
due sorta , cioè i benefizi semplici , ed i
benefizi in cura d'anime, compatibili e
incompatibili. Fu trovato necessario che
i benefizi in cura di anime obbligassero
alla residenza personale, e questa residen-
za personale fu dichiarata necessaria pe-
gli Arcivescovati t F'escovali (V.) ^ per
le Parrocchie^ Abbazie^ Priorati (F,)
conventuali e regolari, i di cui possessori
sono detti ^re//z/2 nella Chiesa, ed hanno
cura delle lorocomunità; le prime digni-
tà de'capitolì,e in generale tutti i benefi-
zi, i di cui titolari hanno cura d'anime
e giurisdizione nel foro interiore. Colla
se8s.i4>cap*ii il concilio di Trento ordi-
nò, che non è permesso alle persone che
posseggono dignità nelle cattedrali o col-
legiate, né ai canonici di assentarsi per
pìil di 3 mesi all'anno, ad onta di qua*
lunque consuetudine in contrario. Seb-
l)ene.il concilio di Trento, sess. ^3 de
Reform, cap. 1 1 , non abbia espressamen-
te deciso, che la residenza fosse di diritto
divino pei benefizi in cura d'anime, l'ba
però bastantemente e chiaramente espres-
so colle parole : cnm praecepto divino
mandatumsit omnibus quibus animarum
cura commissa est, oves suas agnosceroj
ec. Non permette ai vescovi di assentar-
si dalle loro diocesi^ se non per. una del*
RES i53
le 4 seguenti cause : Christiana charitas^
urgens necessitasi debita obhedientia ^e^
videns ecclesiae vel reipublicae ittiliias,
il che dev'essere noto e approvato dai su-
periori ecclesiastici. Dichiara lo stesso con-
cilio, nella sess. 6, cap. i, che i vescovi,
i quali si assentano senza ragione dalle
loro diocesi per 6 mesi continui, devono
essere privati della 4*' parte delle loro
rendite; e che se essi persistono a starne
assenti, potrà il Papa di pieno diritto prov-
vedere ai vescovati. Ordina ai parrochi
e altri beneficiati in cura d'anime, di non
assentarsi dalle loro chiese , se non col
permesso in iscritto del loro ordinario, e
permette agli ordinari di procedere cano-
nicamente anche colla privazione de'frut-
ti contro i parrochi assenti, come si legge
nellasess. a3,cap.i i . Ma di questo argo-
mento e con diffusione ne trattai ne' re-
lativi articoli, specialmente a Beneficia-
to, a Beneficio § a, Divisione dt'benefi''
ZI, ove riportai i canoni di diversi conci-
lii che prescrivono la residenza, fino dal
concilio di Sardica del 347* A Coiygre-
GAZIONE DELLA RESIDENZA DE* VESCOVI ripor-
tai le assidue sollecitudini de' Papi, che
sempre ebbero, prima e dopo il concilio
di Trento, per la residenza, non solo dei
vescovi e cardinali nelle loro diocesi, ma
de' cardinali presso il Pa|>a, argomento
che toccai pure nel voi. IX, p. 288 e 289,
e quanti mesi i Papi accordarono per a-
dempiei'e la visita òe*Limina Apostolo*
rum {F). Oltre a ciò si possono vedere:
la bolla di Pio IV, De salute gregis, dei
4 settembre i56o, Bull. Rom, t. 4* par.
2, p. 36: De residentia episcopali, resi»
dentiumque privilegiisy et non residtntium
poenisj il decreto d'Alessandro Wl^Quia
£6*c/eW<i,de'26 luglio 1662, Bull, de prò*
pag. fide 1. 1 , p. 3 1 3 : Saper residentia e-
piscoporum regulariumj C. De Carolis,
De episcoporum residentia j De residai*
Uà pastorum jure divino ^ scripto sancito,
Florentiaei55i; De Rosa, De vera resi*
dentia episcoporum, Neapoli 1679.
RusidetUi si dicono i Ministri (F.) del*
i54 RES
la Diplomazia (y.) che risiedono io Ro-
ma presso la s. Sede, pe'Ioro Sovrani o
/{epubbliche. Nell'atto binale del celebra
congratso di Vienna^ fra le altre cose di
cui Al traltato, sui diritti e preminenze
del corpo diplomatico presso le corti eu-
ropee, fu stabilito che i diplomatici se*
condo la entità delle incombeo^ e com-
missioni all'estero fossero di 4 ranghi,cioé;
\!*ò! Incaricato d affari {J^^\ a.°di Mi'
fdslro residente jS.^dì Minislro(P^,) pieni»
potenziano j che ordinariamente va con*
giunto coiraltrod'//ti'/ato straordinario
{^*)j 4«** di Ambasciatore (F,) straor»
duiario. Nelle dette disposizioni eziandio
si determinarono i rispettivi trattamenti
per la corrispondenza co'diplomatici me-
desimi, e secondo i suddetti 4 ranghi sono
maggiori o minori gli appuntamenti che
essi hanno dalle corti rispettive, come pu-
re secondo tali ranghi e maggiore o mi-
nore il compenso che loro dà il gover-
no pontificio in luogo della Franchìgia
{F,y Vedasi Martin, Guide diplomati»
que. Attualmente in Roma vi sono i Mi*
nistri Residenti ^àx Costa Rica, dell'Equa-
tore, di Toscana. Oltre i citati articoli,
pel corpo diplomatico accreditato pi*essa
il sovrano Pontefice, per gli ambasciato-
ri si può vedere pRurcipi assistenti al so-
glio PONTIFICIO, per quella alternativa
che con essi vi facevano.
RESINA o RESAINA. Sede vescovile
della Mesopotamia, nel patriarcato d'An-
tiochia, sufTraganea della metropoli d'A-
mida o Diarbel^ir, eretta nel IV secolo,
secondo Commanville. WTtvày Siria sa^
pray p. 1 35, la dice memorabile pel se-
polcro dell'imperatore Gordiano, e ne ri-
porta le notizie. Zaccaria, Storia lettera»
ria t. 3, p. 1 8 1 , riporta l'erudite opinioni
sulle due Resine o Retine, una sotto Mi-
seno, l'altra sotto Ercolano, del tutto per-
ciò diverse da Resina di Mesopotamia.
Altri la chiamano R/iesina e la dicono
suffraga nea di Edessa e dagli arabi chia*
liiata Rat'Ain, cioè Caput Fontis, dalle
^iieenliche 3oQ fontane formaDtiil fiume
RES
Chaboras. Celebre sotto i romani, l' im-
peratore Severo vi stabiPi una colonia, e
Teodosio le die il suo nome di Teodosio-
poli. Ebbe 9 vescovi registrati dall' Onent
chr, t. a, p.37g,ilqualea p.iSageiSiS
parla di altri vescovi caldei e nestoriani, e
de'giacobiti, riportando due nomi de'pri-
mi e uno de'secondi. Al presente Resina ,
Rhesinen, è un titolo vescovile in parti-
bus, sotto Amida oDiarbekir. Per trasla-
zione a Kingston di mg.^ Alessandro Mac-
donell che ne portava il titolo, Gregorio
XVI nel concistoro de' 1 4 dicembre 1 834
lo conferì a mg.*^ Antonio de Campos ab-
bate dell'insigne collegiata di Guadalupe
nel Messico, colla ritenzione del tìtolo
canonicale e la prebenda, e la facoltà di
farsi consagrare da un vescovo assistito
da due preti in dignità costituiti.
RESPETTO, Respectus. Sede vesco-
vile di Numidia nell'Africa occidentale,
la qui città era fortificata, sotto la me-
tropoli di Cirta, di cui fu vescovo Quod-
vultdeus, che intervenuto nel 4^4 ^'^^
conferenza di Cartagine, fu esiliato da
Unnerico re de' vandali. Morcelli, Africa
christ.
RESPICIO (s,), martire. F. Trifo-
W (s.).
RESPONSORIO, Reiponsorium. Pa-
role ordinariamente tratte dalla s. Scrit-
tura, che si dicono o si cantano nell'uffi •
qio della Chiesa dopo le lezioni o dopo i ca-
pitoli, e che si ripetono o intiera o in parte.
Si dicono responsori perchè recitali o can-
tati da un corista, tutto il coro gli rispon-
de. Ecco la ragione per cui s. Ambrogio
chiama Responsoria psalmorum ì verset-
ti de'Salmi che il popolo rispondeva e ri-
peteva. Ruperto nel lib. i,cap. iS de
Offìc, dice che il responsorio ebbe tal no-
me perché d' ordinario suol corrispon-
dere alle materie contenute nelle lezioni
correnti, che però Radulfo e Micrologo
chiamarono Historia. Alcuni responsori
appartengono alla Messa (F,), altri al-
l'ufficio divino. Quod ad primum adii"
net, psalmos responsorlus , sive respon»
aES
sorium psalmi post epistola m a primis
ecclesiae temporibus onginem haiet^ co-
inè dichiara Zaccaria ndVOnomasticQf^
Jìiiuakj verbo Responsorium^ ove ne par*
la oon erudizione. Fu chiamato Respon*
sonale il libro che conteneva i respon*
8orì ordinati da Adriano I, al riferire d'A-
malarìo. i responsoriperjordinariosoDo
rifletf ioni 8u quello che si é letto nell' Vf"
fiw {^») divino, o contengono qualche
preghiera o qualche istruzione sul miste-
ro che si celebra, secondo quanto dice
Mazzinelli, parlando delle lezioni del 2.**
notturno del giovedì santo, nel suo Uff!»
zh della settimana santa. Macri^ Not,
dé'vocab.eccLj d^iaipa il responsorio,sorv
te di canto ecclesiastico, che suol cantarsi
dopo le Lezioni (^.); questo si dice re-
sponsorio, a distinzione di quello che si
canta dopo il Capitolo (f^.)^ e denomi-
nato responsorio breve. » Responsorìa ab
italis longo ante tempore sunt reperta ,
et vocata hoc nomine, quod uno caneote,
chorus consonando respondeat, " dice Ir
sidoro lib. i, cap. 8, de Eccles. offi; ov-
vero perchè dove finisce il canto delFu*
no, ivi comincia l'altro a cantare. Raba-?
no, De inst, Cler. lib.i, cap. 33, osser-
va: w Responsorius cantus inde dicitur,
quod alio desinente, id alter t*espondeat.
Inter responsoria quoque et anliphonas
hocdiffert, quod in responsoriis unus di-
ca! vet'sura, iu antrphonis auteni alter*
nent versibus chori. Antiphonas graeci,
responsoria vero itali traduntur priroum
invenisse". Si canta il responsorio dòpo la
lesione, perchè la Chiesa non si contenta
che noi solamente udiamo la parola di
Dio, ma che la mettiamo in esecuzione, se-
condo la spiegazione d'Amalai'io, Deord.
Antiph. e. 4; ovvero denota l'assenso de-
gli uditori, finita la lezione. Serve ancora
per sollievo. Tramezzando la dolcezza del
canto con la sagra lezione. Tutti lipeto-
no il responsorio, per significare il mu-
tuo affetto e unanime sentimento. Du-
rando lib. 5, cap. a, nota che questa ri-
petizione è imperfetta, ripetendosi parte
RES i?5
del responsorio, per manifestare che la
opere nostre sono imperfètte. In certe so-
lennità si sipete tutto, come nella i.' le?
zinne della notte di Natale, nella.Pasqua
di risurrezione e nella i.' domenica del-
l'avvento, per significare la compita e per-
fetta cognizionede'santi.L('ultimoi*espoq-
sorio delle domeniche, il quale comincia
Duo Seraphim^ tratta della ss. Trinitài
perchè anticamente l'ultima lezione era
sempre della Trinità, né si cantava ii|
que' tempi il Te Deum^ secondo Duran-
do, lib. 5, cap. 1 1 quindi fu trasportato
dopo rultima lezione, per dar luogo a ta-
le inno. Avverte Macri, che i responsor i
i quali si pongono la 1/ volta, essendo
impediti nella dom^enica da qualche uf-
fizio doppio, si ripigliano nella i.' feria,
come si fa delle lezioqi nel principio dei
libri, e se non vi è alcuna feria vuota si
tralasciano per quell'anno. Neiruffiziq
d'alcuni ss. Papi e Martiri nella penul-
tima lezione del mattutino si assegna ui|
responsorio particolare, il quale con^incia
Domine prae\»enistij, peixhè que'ss. Pon-
tefici sebbeqe morirono per la lède tra i
disagi, coq tqttociò qon hanno sparso il
sangue, come notai a Coitfessobb dell^
FEDE. Sui Responsori scrisse un eruditis-
simo trattato il p. Vezzosi, e lo ha pre-
messo ai Responso.riali della chiesa ro-
mana di s. Gregorio /, e pubblicati nel
t. 4 delle opere del b. cardiqalTomni^-
si. Ivi può vedersi l'antichissimo uso dei
respoqsori, anteriori all'età di detto Pa-
pa, e anche di 5. Basilio, e ivi ancora sq*
UQ detti responsoria dal rispondere che
faceva il coro al cantore che ne dava l'in-
tuonazione. Questi cantori che si trovii-
no chiamati Praecentores, Precentori
(/^.), perchè come dice il citato Isidoro,
lib. 7, Orig. cap. 2, Praecentor est, qui
vocem praemittit in canta: ed Onorio
Augustodunense, lib- i> cap. 17, Prac:
centor, qui cantantes voce et manu inci*
tat; anche ì greci gli aveano col nome
à* FpoblfySfCotne li chiama Socrate, Hi-
st. hh. 5, cap. 32| secondo avvevte Valer
i56 RES
sio. Se ne può consultai*e anche Cotelé*
rio, ad iib. 2, cap. 57, ConstituL Aposto •
licarttmj e il Goar, Euchologii p. 29. U
cantore medesimo stava nel mezzo del co-
ro, come apparisce da una testimonianza
d'Eusebio, o sull'ambone o pulpito, ov-
vero sopra qualche suo gradino. In tutto
il libro Responsoriale del b.Tommasisi
trovano innumerabili notizie circa i re-
sponsori, come nella stia prefazione. Il
medesimo rilevò, che Tuso antichissimo
fin dal principio della Chiesa ne' responso*
l'i fu che il coro ripetesse tutto intiero ciò
che il solo cantore avea detto. Il metodo
di ripetere soltanto ex/re//ia i^er^u/it, che
Cotelerio credè indicato nelle Costituzio-
ni apostoliche^ fu introdotto ne' poste*
rioi't tempi e si pratica eziandio ne'nostri.
Si conserva però una traccia del rito an-
tico in certi solenni uffici fra l'anno, nei
quali, come nel notturno natalizio, il re-
hponsorio dal coi'o si ripete tutto intiera
Il verso Gloria Patri \P',) fu aggiunto
ai responsori posteriormente^ per l'esem •
pio dato dai monaci del l'Egitto, e al cer-
to si era introdotto al tempo d'Amalario
fiitto arcivescovo di Treveri nell'Sio.
RESSA o RESSI A.Sedevescoviledei*
la Numidia, nell'Africa occidentale, detta
anche Ressaiia^%oiio\B, metropoli di Ci r-
ta,già esistente ne'primi del V secolo, co-
me si bada Morcelli, Africa chr.^ che par-
la di due vescovi.
RETIMOo RETHYMO. Sede vesc**
vile dell'isola di Candia, nella città del
suo nome e sangiacato, della Turchia eu-
i*opea,de vasta ta dagli ottomani nel 1 57 2,
mentre Selim II faceva l'assedio di Fa-
magosta; ma i veneziani non ne furono
cacciati se non verso la metà del secolo
XVII da Ibrahim. Vi fu trasportata la se-
de vescovile o la i*esidenza del vescovo
di MeUipotamo{f^.)y ma sembra che non
bisogni formare di Retimo e Mellipota-
mo un solo titolo vescovile in partibus,
come di recente fece altri. Imperocché
Retimo e Mellipotamo anche il Mirco ,
Notilia episcopatum p. 18 1 e 283, le ri-
RET
porta come due distinte sedi vescovili
suifragauee di Candia {f^.). Altri geo-
grafi sagri non ne riportarono che una,
ed il Terzìy Siria sacra p.402, né l'una,
né l'altra. Il p. Le Quien, Oriens chri*
stianus t. 3, p. g 1 7 e seg. nel descrivere
la provincia ecclesiastica di Creta o chie -
sa di Candia, che dice 35 miglia distante
daRhitymna, citando Baudrand chiama
Mellipotamo congiunto a Retimo, e di
questo non fa articolo separato; soltanto
nel descrivere Mellipotamo e i suoi 1 4 ve-
scovi che ripoirtai a quell'articolo^ dicen-
do di Luca, lo chiama, episcopus urbis
Retimi (Milopotamiensi ecclesiaeunitae)
primttmfuiL Certo é che attualmente Re-
timo é un titolo in partibus separato da
Mellipotamo, come vado a provare. A«
dunque Retimo, Rhit/mnen, è un titolo
vescovile in partibus, sotto l'arcivescova-
to in partibus di Candia, che conferisce
la s. Sede,e Gregorio XVI nel concistoro
de' 1 7 dicembre 1 832 trasferì al vescova -
todella ss. Concezione del Chili mg.^ Giu-
seppe IgnazioCienfuegoschilianoche por-
tava il titolo di vescovo di Rilimna, il qua^
le titolo gli avea conferito Leone XII nel
concistoro de' 1 5 dicembre 1828, vacato
per morte del vescovo Francesco Suarez.
Di poi lo stesso Papa nel concistoro de'25
luglio 1844 conferì il titolo vescovile di
Retimoa mg.^Marc'AntonioMuizdel Pa-
raguay, parroco e moderatore del semi-
nario di Paraguay (^.), al cui vescov o
deputò in ausiliare, come notai in quel •
l'articolo; leggendosi nella proposizione
concistoriale, che Gregorio XVI gli con •
cesse l'indulto di farsi consagrare da u n
vescovo, assistilo da due preti costituiti
in dignità ecclesiastica; e quanto a Re-
timo è detto, urbs est insulae Cretae (os-
sia Candia) sub archiepiscopo Candie nsi
in hora boreali sita, et ab infìdelibus e-
tiam mine misere detinetur. Ciò fece Gre-
gorio XVI quando e fino dal 1840 mg.^
Wiseman portava il titolo di vescovo di
Mellipotamo, che tenne fino al ì83o, in
cui il regnante Pio IX lo trasferì all'arci-
RET
vescotato di Westmìnster, decoraodolo
della dignità cardinalizia.
RETIZIO (s.), i^escovo d'AutuD. Di
illiutre famiglia nelle Gallie, strinse ma-
IrimoDÌo con una donna, la quale al pari
di lui era piena di ardore pei servigio di
Dio e per la pratica di ogni opera buo-
na. Rimasto vedovo, fu innalzato alla se-
de episcopale di Autun. Nel 3 1 3 inter-
Tenne a un concilio che si tenne in Roma
centrò i donatisti; e Tanno seguente as«
sistette ad altro concilio tenuto in Àries
per lo slesso soggetto. Ignorasi Tanno del-
la sua morte : è però nominato nel mar-
tirologio romano a' 19 di luglio. S. Ago-
slino, parlando di lui, dice ch'era un uo-
mo di Dio, e un prelato di grande auto-
rità nella Chiesa. Leggesi in s. Girolamo,
ch'egli era uno dei più dotti ed eloquenti
uomini del I Vsecolo,e che scrisse dei com-
mentari sul Cantico de'cantici, non che
un eocellerile trattato contro i novuziani.
RETTORE, Antistes, Praeposilusj
Praeses^ Rector,Que\\o che regge, il go-
vernatore, dicendosi Rettoria il governo
e l'uffizio del rettore, Regìmen. Rettore
m dice In alcune provincie il curato d'u-
na parroccfàaj in molte comunità re-
Vgìose quello che governa la casa o il
convento (rettore generale si chiama il
superiore generale dei Chierici regola*
ri della Madre di Dio)j quello che pre-
siede alT ospedale, detto anche priore ;
quelli che sovrastano a' collegi, a' semi'
nari, alle università : e più anticamen-
te! vescovi^ come i presidi delle città e
Provincie, singolarmente ne'dominii del-
la s..Sede. Secondo Adami, Ricerche del
(uretre Tulliano^ p. 1 1 o e 1 1 1 , il rettore
talvolta fu YeconomOy il provveditore e
l'amministratore de'benì di qualche chie-
sa^ Rector ecclesiae. Nardi, De'parrochi^
dice che rettore unico della chiesa è il
solo vescovo, cui è dato il rettorato e il
reggere; così avendolo chiamato s. Leo-
ne I, s. Gregorio I, s. Agostino ed altri
-padri, e il concilio di Sardica. Similmen-
te i Capitolali di Carlo il Calvo delT845
RET 1^7
e di Lodovico 11 nelT855. Nella vita di
Ereberto arcivescovo di Colonia del 999,
il vescovo è chiamato Domai Dei rector,
sive cvìbus Christi pastor. Luca vescovo
Tudense, parlando de' vescovi li dice,/?e-
ctores morum et principes animarum. Il
Capitolare Aquisgranense del 789 dice i
vescovi, Pastores et rectores ecclesìarum
Deij il concilio di Parigi delT829, Re-
ctores ecclesiarum. Vittore II nel io55
chiamò il vescovo di Ferrara, /?ec/ori-
psius ecclesiae* Per eccellenza fu denomi-
nato il Papa, Rectorem in universo orbe
christiano. Nel concilio generale di Lio-
ne II, l'imperatore de'greci Michele Pa-
leologo chiamò il Papa, Rettore univer'
sale della Chiesa.Dopo l'antifona che si
canta per la coronazione del Papa, il car-
dinal vescovo d'Ostia recita su di lui quel-
l'orazione, in cui è detto Pater regum, et
rector omnium fidelium. Indi il cardinal
i.° diacono nelT imporgli il triregno gli
dichiara essere egli Rectorem orbis, l
rettori che i Papi deputarono al governo
e amministrazione degli amplissimi 23
Patrimoni della chiesa romana (^.), e-
rano i primari della medesima e incomin-
ciarono coli' origine de' patrimoni slessi
nel IV e V secolo, esercitandovi in alcu-
ni ìe franchigie maggiori, in altri l'alto
e pieno dominio. Questi personaggi illu-
stri erano tenuti a dare giuramento d'ub-
bidienza e fedeltà al Papa innanzi di pren-
dere il governo, e rendevano a lui conto
delle loro operazioni, come si ha da Gio-
vanni Diacono nella Vita di s, Gregorio
ly e dalle Epistole di questo gran Ponte-
fice. Fu rito de'primi tempi di prestarlo
con solennità nella basilica Vaticana, a-
vantì il venerando corpo di s. Pietro, co-
me attestano gli scrittori di queiTaugu-
sto tempio, e ne rende grave testimonian-
za s. Gregorio I del 590 nella sua lettera
72 al 70 lib. I, Ind. ix, indirizzata a Pie-
tro rettore del patrimonio di Sicilia. In
questa il zelante Pontefice esortando Pie-
tro a procurare i vantaggi della s. chiesa
romana, per eccitare il suo zelo a farlo
i58 RET
eli proposito, gli rammenta il giuramen-
to, che per 1' amministrazione di detto
patrimonio avea dato avanti il sacratis-
simo corpo del principe degli apostoli.
Questo rettore si appellava Rector pa^
trimonii SicUiae^ Reclor per Siciliani^ e
talvolta Reclor Siciliae, Due erano poi
le stazioni di questo patrimonio e prin-
cipali residenze del rettore, Palermo e Si-
racusa, Delie quali città risiedevano i mi-
lìistri della s. Sede col titolo di Difenso-
ri della chiesa romana^ Cartulari o Ar»
chi visti e Notari (/^.), ed era precipuo
loro uffizio di ricevere le rendite del pa-
trimonio di Sicilia, giacché i dehitori pò-
tevaoo pagarle in un luogo o nell'altro.
Trattando a'rispettivi articoli de' patri-
moni, parlai ancora de'loro rettori, e del-
le notizie d'alcuno. Questi rettori ezian-
dio per testimonianza di Nardi, t. a, p.
ig8 e seg., erano per lo più SuddiacO'
'nj(^.) maggiori della chiesa romana, tal-
volta prelati minori , che formavano il
fiore della prelatura d allora, ed i quali
dopo la loro autorevole e onorevole car-
riera in vari uffizi, erano esaltati al cardi-
nalato e divei*si divennero Papi. De' 2 3
patrimoni, 17 erano in Italia, comprese
le isole ; gli altri 6 in Istria^ Dalmazia,
Illirico, Alpi Cozie, Gallia, Germanicia-
fia. Includevano vari vescovati, ordinan-
do spesso s. Gregorio I a'rettori di que-
sti patrimoni il correggere i difetti degli
ecclesiastici e de' vescovi, quos commissi
tìbi Patrimonii finis includit. Lo stesso
Nardi nel suo libro de' Compii, dimostra
la vastità di tali latifondi, dicendo che la
Massa Trabaria, che fu pure Presidato
(^.),fu UDO degli antichi patrimoni della
s. Sede, includendo i vescovati d'Urba-
nia, s. Angelo e porzione del Tifernate.
Avendo voluto Natale vescovo di Salona
ordinare prete per forza Onorato suo ar-
cidiacoDO, s. Gregorio l ordinò ad Ad-
tODino suddiacono della romana chiesa,
e rettore della medesima del patrimonio
in Dalmazia, d'intimare a Natale di ri-
mettere 1 arcidiacono ai suo posto, quan-
RET
tunqne si fusse fatto l'arcidiacono nuo-
vo ; di più con facoltà di levargli V uso
del pallio, e se non basta di separarlo an-
che dalla sagra comunione, e di deporre
il nuovo arcidiacono. Per l'elezione del
vescovo di Milano, s. Gregorio I mandò
a presiederla Giovanni suddiacono retto-
re del patrimonio della Liguria, come
un'altra volta vi mandò Pantaleone no-
terò della chiesa romana, essendo questi
notari Regionari (/^.), il capo de' quali
era il Primicerio della s, Sede^F^,), tutti
prelati, donde poi derivarono i Protono '
lari apostolici (F.), e spesso rettori an-
ch'essi de' patrimoni. Siccome Pasca si o
vescovo non teneva il vicedomino per le
cause, né il maggiordomo per ricevere
gli ospiti, ma faceva da se, s. Gregorio I
ne scrisse ad Antemio suddiacono, il qua-
le stava in Napoli, come rettore del pa-
trimonio che pur colà avea la sede apo-
stolica, egh ordinò d'intimare al vesco-
vo d'eleggere duesoggeti a quelle cariche,
altrimenti che esso Antemio radun&sse il
clero e li facesse eleggere dal medesimo.
A Ilo stesso Antemio quel Papa comandò
altra volta di vegliare alla elezione d'un
vescovo, onde non v'intervenisse simonia;
ed altra volta di cestri ngera il vescovo d'A-
malfi alla residenza.Doveano questi l'etto-
ri invigilare su'vescovij ri prenderli, e talo-
ra anche per ingiunzione del Papa punir-
li.Aveanodellefàcòltàordinarietra vesco-
vo e vescovo, e spesso le più sublimi stra-
ordinarie incombenze. Un'altra volta s.
Gregorio I sgridò Anatolio rettore della
Campania , suddiacono della chiesa ro-
mana, perchè non avea corretto certi ve-
scovi negligenti. Nell'antichità questi pre-
lati rettori sono chiamati qualche volta
Proceres della chiesa romana, ed erano
chierici. Qualche rara volta da' Papi si
mandava un prete per rettore di un pa-
trimonio, come fu quel Candido gover-
natore del palazzo pontificio, spedito in
Francia da s. Gregorio I. Questi rettori
che stavano ne'patri moni ateano la loro
corte che si portavano da Roma, compo-
RET
sia di notari, direosoriyanonarì, ec, an*
«slie prima de' tempi di s. Gregorio I, a
suo tempo e dopo. Talora erano richiesti
per Tese»? i, e nei 680 Primogenio sud*
diacoDO regionario apostolico fti&tto pa-
triarca di Grado. JNei pontificato di s.
Gregorio II e dopo il 726 avendo avuto
principio la Sovranità della s. Sede (V.\
per gOTcmare gli stati temporali e provin-
cia dè'suoi dominii furono mandati per
lopiilde' rettori, i quali terminarono cir-
ca il secolo XV, essendo muniti di ampie
aatorità, fecoltà e prerogative, cui poi
suooetsero i cardinali Legali (P^.) ed i pre-
lati Governatori e Delegati {T,). Questi
rettori de* sovrani dominii pontificii era -
no tenuti a prestare il giuramento di fe-
deltà al Papa, come d'amministrare con
giusUiia, esé confermati nella rettoria do-
veano prestar nuovo giuramento al Pon-
tefice. Borgia> Memorie di Benevento t.
3y p. 357, riporta il giuramento prestato
neliaSg da Leopardo Don villani d'Osi-
mo, confermato da Nicolò IV nella ret-
torìa di Benevento. Furono celebrì i ret-
tori d' Avignone {F,) e contado P'enaia*
sinQ {^•)j i rettori di Romagna j così i
fattori àt\ìà Marca e del P/ce/io, di cui ne
pnbbiicaroDO la serie Monaldo Leopar-
di, Seria rectorum Anconitanae Mar»
eÙae, Recanetii824; e Pergoli Campa-
nelli, Giunta alia serie de* rettori del Pi-
cena, Ancona i8a6. De'rettori delle prò-
▼inde di Marittima e Campagna parlo a
VltLirmi : di quelli delle altre provinole
CoeleMistichea'Ioro articoli. Rettori ebbe-
ro ancora i Presidati dello stato pontifi-
cio {F,), Vi furono anche rettori magi-
strati municipali, e li ebbe Velletri, co»
me si apprende dal can. Bauco, Stpria di
FleleùiL i, p. 188 e 281, che ne riporta
la serie dali5i 3 al 1 755. Questi rettori,
col giudice, venivano eletti dal magistra-
to e dal pubblico consiglio nella vacanza
dd governo di Velletri, o per la morte o
partente del Podestà (^.), come ancora
per h morte del cardinal vescovo gover-
Daton : essi eseroitavauo un governo as-
REU 159
soluto sino alla elezione e al possesso del
nuovo podestà o del nuovo cardinal ve-
scovo governatore.
RETTORIANI. Eretici discepoli di
Betono, laico egisianoche yivea nel 38o,
il quale insegnava che ciascuno in parti-
colare poteva salvarsi nella sua qualun-
que religione, e ch'era permesso di con-
formarsi a quella dello stato o del prin-
cipe di cui uno era suddito. Inoltre inse-
gnava, che gli uomini non s'ingannava-
no giammai, e che tutti aveano sempre
ragione; che nessuno di essi sai*ebbe con-
dannato per le sue opinioni, perché avea-
no tutti pensato ciò che doveano natu-
ralmente pensare. Bergier dice, che inol-
tre i rettoriani ammettevano tutte V e-
resie che sino allora si erano vedute, e
pretendevano che tutte si potessero egual-
mente sostenere : questo sistema sembra
rassomigliare molto a quello de' liberti-
ni, de' latitudinari, degl'indipendenti, ec.
che dommatizzarono nell'ultimo secolo,
settari che pare non abbiano molto me-
rìtato il. nome di cristiani. Giosi appren-
de dal libro delle eresie di s. Filastrio ve-
scovo di Brescia, ma da'critici viene no-
tato d' averne accresciuto il numero. In
fatti i sistemi de' rettoriani comparvero
così assurdi a s. Àgostino^che mise in dub-
bio il riferito da s. Filastrio, J^^erff. 72.
RETZ o GO^DY Emico, Cardinale.
V, GoNDY.
RETZo GONDYGio.FRAwcEsco,Ctìrr.
dinaie, V, Goudy, e il voi. I, p. 244-
REUMANO SUA VIO Giovawhi, Car^
dinaie. Nacque in Rejumesdi Guascogna,
divenuto perito nella giurisprudenza fu
eletto uditore di rota per la sua nazione
francese, indi nel 1 555 Paolo IV lo fece
vescovo di Mirepoix, per averlo conosciu-
to da cardinale infiammato di zelo per
la cattolica religione e di sperimentata in-
tegrità pel rifiuto di 200 scudi d'oro da
lui donati in regalo o propina per una
causa cui egli nel tribunale avea dato fa-
vorevole voto, solo ritenendone due che
di ragione gli appartenevano. Per sì e-
iGo REU
roico disinteresse a' 20 dicembre locreb
cardiiinle prete di s. Gio. a Porta Latina^
quindi coi cardinali Scotti e Consiglieri
lo deputò sopra gli affari dello stato ec*
clesiastico, e prefetto di segnatura con al*
tri gravi incarichi. Pio IV lo trasferì al
titolo di s. Prisca e lo ascrisse al s. odi*
zio, destinandolo a informare per la ca-
nonizzazione di S.Diego. Nel suo concla-
ve poco manco che non fosse eletto Pa-
pa , pel concetto che godeva tra i coile-
ghi. Fu pure a quello di s. Pio V,e mo*
l'i in Roma d'anni 63, neh 566» sepolto
nella chiesa di s. Spìrito in Sassia, ove il
cardinal Rebiba esecutore testamentario
gli pose un nobile epitaffio, che pili Doa
esiste e si legge neirAlverì, Roma in ogni
stato par. a, p. 278.
RÈUNION o S. Dionigi in àfbica
(Reunionis^ seti s. Dionysii in Africa),
Vescovato con residenza vescovile in s.
Dionigi o Saint-Denis, nell'isola della
Riunione, ovvero isola Mascaregna o di
Borbone, separata per un tratto di ma-
re di 1 00 leghe dall'isola Madagascar, do-
minii e colonie della Francia. La forma-
zione dell'isola della Réunioa o Riunio-
ne é vulcanica, e s' innalza in forma di
cono. 11 clima è salubre e delizioso. Le
coste sono dirupate, e le poche sde rade
non sono comode : l'impeto de'frequeiiti
uragani è terribile, recando deplorabili
danni. In due terzi della superficie la ve-
getazione è florida: produce garofani ed
eccellente calìe, noci moscate, cannella,
cacao, zucchero, tabacco, e qualunque
pianta ed erbaggi de'climi europei; vi pro-
sperano i cedri, gli ananas, le uve, ec. ;
piante da costruzione, cavalli, belli e mul-
tiformi volatili; si trovano grosse testug-
gini, ambra, corallo, conchiglie, ec.L'am-
miraglio portoghese d. Pietro Mascare-
nha sctiuprì l'isola nel 1 545, e dopo mez-
zo secolo la visitarono gl'inglesi. 1 fran-
cesi attratti dal buon clima vi cercarono
rifugio, e vi trasportarono sovente gl'in-
fermi di Forte Delfino e degli altri luo-
ghi del Madagascar, acciò ricuperassero
REU
la sanità. Nel 1 649 Flacourt ne prese pos-
sesso in nome del redi Francia Luigi XiV
Borbone, e la chiamò /$o/a Borbone, Do-
po 1 5 anni fu ceduta alla compagnia fran-
cese dell'Indie, e quando ì madecassi ri-
bellati cacciarono i francesi dalla propria
isola, fu questo il punto di riunione ove
convennero. La Francia vi mandò spesso
delle carovane d' indigenti orfane , per
laumento della specie, e le proli acqui*
starooo in bellezza. Il celebre Mahé de
la Bourdonnais, eletto nel 1735 governa-
tore generale dell' ìsole di Borbone e di
Francia, col suo genio e attività sottras-
se dalla miseria e dall'anarchia la disor-
dinata amministrazione, e vi ritornò nel
commercio la floridezza e la prosperità.
L'intendente Poivre v' introdusse gran
quantità di preziose piante orientali. In
tutto il secolo XVII la colonia fu sempre
in fiore, e soltanto dopo la rivoluzione di
Francia perde il nome d'isola di Borbo-
ne, si disse Isola della Riunione^ e di poi
Isola Bonaparte.'^e\ 1 8 1 o gl'inglesi l'as-
salirono alla sprovvista e se ne resero pa-
droni, non avendola evacuata che nel
i8i5 pel trattato di Parigi. La capitale
dell'isola è s. Dionigi, con ancoraggio po-
co sicuro dall'impeto de' venti. Vi risiede
il governatore, il tribunale di i .^ istanza,
ed i supremi uffizi amministrativi. Giace
sulla costa boreale, alle falde d'un colle
che termina col la spiaggia. Gli edifizi, seb-
bene costruiti in legno, non mancano di
eleganza, e presso la marina ve ne sono
di pubblici di bell'aspetto. L'interne vie
sono fiancheggiate d'alberi; i passeggi del
giardino sono deliziosi e vi si ammirano
piante singolari. Una batteria difende
l'ingresso marittimo: i*acchiude più di
10,000 abitanti, con poche centinaia di
razza bianca. Le chiese parrocchiali sono
le seguenti : s. Dionigi cattedrale, s. Pao-
lo, s. Luca, s. Luigi, s. Pietro, s. Giusep-
pe, 8. Rosa^ s. Benedetto, s. Andrea^ s.
Maria, s. Filippo, s. Susanna. A Missioni
STBANiEBE del Seminario dcllo Spirito san-
to di Parigi, parlai dell'isola di Borbone
REV
e del suo stato religiosa, coinè prefettura
apostolica, e de'suoi piistabilimenti.il re*
gnante Pio IX a maggior utilità spiritua-
le de' fedeli dell' isola, con decreto della
congregazione concistoriale de'26 settem-
bre i85o e coii bolla spedita per via de
cuHa^ eresse e costituì questo vescovato
della Béunion o di s. Dionìgio, che di-
^iarò sutfraganeo della metropolitana di
Bordeaux. Quindi nel concistoro de'3 ot«
tobre, a nomina del principe Luigi Na-
poleone presidente dellarepubblica fran»
cese, preconizzò I .%escovo l'attuale mg.^
Floriano Giuliano Desprez d'Ostricourt
arcidiocesì di Cambray, già parroco dr
quella metropolitana e decano della par-
rocchia di Roubuix, come si legge nella
proposizione concistoriale. Del fei^vore di
quella cristianità e delle condizioni del-
l'isola, come del magnifico e trionfale ri-
cevimento fiitto a detto suo primo pasto-
re, SI legge un'interessante lettera, ripor-
tata nell'Osservatore romano del 18 52,
n.* 172.
REVERENDISSIMO, Reverendissi-
iit»^. Titolo d'onore superlativo di Re\^*
rendo j Reverendits^ degno di riverenza,
da essere riverito: titolo che si dà agli ec-
clesiastici secolari e regolari costituiti in
dignità. L' antica formola d' indulgenza
colla quale i Papi la concedevano nella
Cappella pontificia e che riportai nel voi.
XXXIV, p. 278, dice: Reverendissimus
in Christo P(ti/er. Parisi, Istruzione per la
segreteria t. 3, p. 5i , tratta de'titoli Re*
verendo. Reverendissimo, Riverenza^co-
me segue. Simmaco chiamò Reverendo il
Senato di Roma (^'.), e l'imperatore Giu-
stiniano I chiamò Reverendissimi non so-
lamente i Fescovi[F,\ ma anche i chie-
rici. Gassiodorò al principe di Dalmazia
e al senato romano diede il Reverendis'
sùnufnj e tanto egli a Teodora Augusta,
quanto Eonodio a Fausto, e s. Agostino
a Giuliana figlia d'Anicia Faltonin dis-
sero , Reverentiam vestram. Il dottore s.
Girolamo chiamò Reverendissimo il ve-
scovo s.Agostino. Nella liturgia falsamen-
VOL. LVII.
REV i6t
te attribuita a s. Marco, ma de' primi del
V secolo, si legge : il Reverendissimo ve*
scovo tu conserva. In privati documenti
del 957 6970 si trova : Reverendus Dia"
conus , e Reverendissimus Suhdiaconus
5. Ravennatensis ecclesiae. Nel secolo XI
s, Pier Damiano ^ scrivendo al cardinal
vescovo d'Albano : Donino (F.) Bonìfa*
do reverendissimo Episcopo j e così al-
l'arcivescovo Vidone. Nel 1 148 i senato-
ri dì Roma chiamarono: Fenerandani
apostoUcam Curiamo et Reverendumpo*
pulum romanum. Sulla metà del secolo
XIV il p. Pietro Paternis agostiniano,
alla moglie di Ugone da Rupe : Reveren*
dissimae^ ac praepo tenti Dominaé Del»
phinae de BeUoforù nepoti SS, D, CU'
mentis Papae VI, et ejusdem Domini no*
stri prò nunc Marescalchissae romanae
Curia/p, Di questa parlai a Maresciallo
DI s. B. Ghiesa. Scrisse s. Vincenzo Fer-
reri : ReverendLmmo in Christo Patria
fratriJoanni de Podionucimagistro ord.
praed. Reverendissime magi ster, Festra
Revereniia. Festra Paternitas reveren'
dissima, Leonardo Aretino : Compella*
tio illa reverendissima his eminentibus
[ic,CavdìnB\'ìhMs)d{^nitatU)Us quasi prae*
cipua reservetur. In un titolarlo del se*
colo XV de'protonotari apostolici, udi*'
tori di rota e simili prelati, trovasi: Re»
verendo in Cliristo Patri, et domino Jo*
Baptistae de Ursinis apostolico protono*
tario. Il Bembo preponeva il Reveren'^
dissimo q\V Illustrissimo (al quale arti<*
colo dissi quando si unisce col Reveren*
dissimo)^ ma V Illustrissimo se ne appel«
lo ad altri segretari, che gli restituirono
la prelazione, ed il Reverendissimo riten*
ne in appresso la prerogativa di distin«
guere le maggiori dalle minori dignità
ecclesiastiche* Il redi Francia scrivendo
ai congregali- per celebrare il concilio di
Trento, diresse la lettera : ai Santissimi
e reverendissimi Padri, In prova che il
Reverendissimo è stato sempre attribui-
to a' cardinali, anche dagli stessi sovra-
ni, e che quando i re di Spagna hanno
II
i6a REV
dato loro il titolo di Muy reverendo, han-
no inteso dire non già Mollo reverendo,
ma Re\*erendì stimo j 1* imperatrice Ma-
ria moglie di Ridolfo 11 scrisse la lettera:
/4l Beverendissimo in Cristo padre signor
cardinal /Aldobrandino nostro caro e rt-
mato amico. Inoltre il Parisi dice , che
può usai*si r Altezza [F",) Reverendissi'
ma, e t Eccellenza {F,) Reverendissima
con que' prelati a' quali si conviene per
ragione di dignità temporale. Girolamo
Gktenn segretarioe scrittoredi molto pre-
gio del secolo XVI, dice il Reverendissi»
mo competere a'cardinali anche di fami-
glia reale, e che al cardinal Alberto d'Au-
stria fratello dell'i niperatore fu scritto :
j4l Serenissimo e Reverendissimo signor
mio Osservandissimo (V.) il sigS prin*
cipe Alberto cardinal d'Austria, Pel car-
dinal York nel pontificato di Benedetto
XIV fu regolato il trattamento con fo-
glio di Reali prefetto delle ceremonie pon-
tifìcie e segretario della ceremoniale, che
gli prescrisse il titolo di Altezza Reale E»
tninentissima. All'articolò EMmzTiz a par-
lai di questo tìtolo proprio de'cardinali,
cui si unisce il Reverendissima^ ed a chi
il Colendissimo (^•); che i cardinali pri-
ma erano chiamati Ra^erendi^ poi Re»
verendissimi fCo\ quale li chiamano i Papi.
Il Garampi, Sigillo della Carfagna'
na p. 67 e 68, riporta l'antica pratica del
foro ecclesiastico e ^le'titolì di Reverendi
e Reverendissimi pe'cardinali, che ripro-
dussi ne' Tol. XIX, p. 3o, XX!, p. 263.
Aggiunge, essere curiosa a proposito dei
titoli, l'osservazione da lui fìitta ne'iTioli
e libri del suo capitolo Vaticano. Ne'se-
coli XIV, XV, XVI, e più precisamente
drca l'anno 1 540, a'soli canonici fu dato
il titolo di Domini: ai beneficiati e chie-
rici beneficiati niùno aflàtto ; a' vescovi
quello di Reverendi domini, e al cardi-
nal arciprete il Reverendissimus domi'
nus^F,), Indi, riguardo a'canònici, si pas-
so a dar loro, specialmente negli istro-
menti, il titolo di Reverendi domini, e
Reverendi patres et domini j e sul prin-
REV
cìpio del secolo XVI vi si aggiunse tal-
volta r admodnm Illustres , admodum
Reverendi^ e anche Reverendissimi domi-
ni, finché neh 634) cioè allora quando il
titolo d' Illustrissimo e Reverendissimo
non era più privativo per i cardinali, fu
comunemente e costantemente dato ai
suddetti canonici, non meno che a qua-
lunque altro prelato. E quindi raccolgesi
che la mutazione di un titolo in un ran-
go o condizione di persone , tira con se
talvolta un'alterazione universale di ti-
tolano, in molti altri ranghi a que'primi
subordinati e inferiori. Lo stesso Garam-
pi, Osservazioni sulle monete pontificie,
à p. Sì àe\V'k^fexìò\ct,corcìxntiìia\\Re'
verendissimae paternitadvestrae, dato ai
cardinali camerlenghi, con dire: Il titolo
di Reverendissimo da vasi propriamente
a'cardinali, e fu attribuito nel i368 al
Cabassole patriarca di Gerusalemme, ret-
tore di Avignone e del contado Venais-
sino. Sembra che fino a questi tempi non
fosse comunemente dato nemmeno a'ca-
roerlenghi pontificii, benché arcivescovi^
e ciò rilevasi da un documento del 1 364;
però fu attribuito tanto nel i368 ad Ar-
naldo, che nel 1 393 a Francesco camer-
lenghi apostolici, ambedue allora sempli-
ci arcivescovi; anzi negl'istromenti came-
rali del 1 384 il medesimo Francesco ch'e-
ra vescovo di Grenoble è detto Reveren»
dissimus in Christo pater, ed egli stesso
enunciando Pietro, Arnaldo e Stefano
suoi antecessori nel cameilengato, die a
ciascuno il titolo di Reverendissimo, Os-
serva Parisi , che il titolo di Reverendo
e il Molto reverendo è pròprio de'sacer-
doti, e il secondo de'graduati ; e che /^o-
stra Riverènza, in vece di Paternità, si
dà a'regolari di berretta o chierici rego-
lari^ al modo de'titolari che riporta pei
diversi trattamenti, a p. 65 de 'cardinali
ODO altri, a p. 75 de'prelati, a p. 83 per
ì nunzi, a p: 85 per i vescovi, a p. 87 pei
signori d'Eccellenza, a p.102 il titolarlo
per Illustrissimi d'ogni rango.Piazza, Ce»
rarchia cardinalizia, p. 768, rimarca Tu-
REV
to lodevole antico di ctiiamarsi dalle co-
muDilà ecclesiastiche e religiose, il loro
superiore o capo, priore, guardiano o ab-
bate coi nome di Padre (/^.). Adunque
il titolo di Reverendissimo, colle con ve*
nienti aggiunte di altri titoli, è proprio
de Cardinali, F escovi e Prelati {Fedi, al
quale articolo trattai del Reverendissimo,
unito Ml Eccellenza e b\V Illustrissimo) j
de* Canonici {F,y e \ovo Capito li {F,); de-
gli altri ecclesiastici costituiti in dignità;
de*pi^oti iSi/periori generali e Abbati de-
gli ordini Religiosi {F,), come de'procU-
ratorì generali e altrì graduati regolari,
oootultori, esaminatori, commissario del
$• officio, maestro del s. palazzo, segreta-
rio dell'indice, cogli altri titoli loro pro-
pri, come di Don {F,) agli abbati, a' Ca-
nonici regolari j a Monaci (F.); di Padre
e Paternità, nonché dì Frate{F.) agli al-
tri religiosi. Il titolo di Mollo heverendo,
di coi parlai a Molto illustbb e negli al-
tri CI tali articoli , conviene agli altri di-
stinti sacerdoti secolari e religiosi in ca-
rica e ofBzio, ovvero che i regolari già l'ab-
biano esercitato per cui ne portano con
l'ex il titolo, così per quelli ornati de'gra-
di accademici di Lettore, Baccelliere{Fg),
Noterò, che fra'carmelitani scalzi vi é lo*
devole sobrietà di titoli, dappoiché quel-
lo di Reverendissimo non si dà neppure
al loro generale; solo i religiosi scriven-
dogli, usano il titolo di Mollo reverendo
Padre nostro, e parlando egli co' sacer-
doti religiosi, a vicenda si danno il titolo
di Riverenza, mentre scrivendo il gene-
rale a tali i*elìgiosi dà loro il titolo di
Moka reverendo Padre, Negli articoli
DoRiiAi Madrs, Monaca, Religiosa, Ab-
BAOistA^ SuPEBiOBA parlai de' titoli che
spettano alle religiose abbadesse , supe-
riore esemplici monache. Il ReverendiS'
sima si usa talvolta colla superiora ge-
oeraiedi qualche congregazione regolare,
ovvero con alcuna illustre abbadessa. Al-
le superiore, abbadesse, graduate e nò-
bili religiose si dà Molto reverenda Ma*
drve più ordinariamente Reverenda Ma-
REZ i63
dre e Sttora, A 'semplici Conversi, Laici e
Donatisi suol dare il Fra o Fratello (F,),
dicendosi pure ornatissìmo o riveritissimo
religioso fr. N. fra lei N.: alle converse reli-
giose altrettanto, cioè Suor o ornatissi-
ma o riveritissima religiosa. Si dice Mol^
to ilUisire e reverendo signore a'sacerdo-
ti qualificati. W Mio osservandissimo ah
cuni lo aggiungono al Reverendissimo
Padre, cioè a'prelati ed a' primari reli-
giosi superiori. Altri scrivono alle abba-
desse e superiore monastiche, Reveren*
da Madre Signora Padrona Osservan*
dissima o Colendissimaj dicendosi pure.
Di Fostra Riverenza, La Maternità Fo-
stra, Nellesottoscrizioni i monaci e le mo-
nache prepongono il Do/toZ)on/i^i,i fra-
ti il Fr,, ancorché divenuti i monaci e
religiosi, vescovi o cardinali. Gli ecclesia-
stici secolari si sottoscrivono N, arcipre»
te. Canonico N,, o premettendolo al solo
cognome ; ma queste e altre particola-
rità si possono vedere in Pat*isi, in que-
sto argomento peritissimo; se non che fu
d'uopo regolarsi co' tempi e gli usi dei
luoghi e de'ceti, essendo ormai l' esube-
ranza e intemperanza de'titoli arrivata a
tal colmo, che non si sa piii come equa-
mente distinguere i diversi gradi , poco
osservandosi le lodevoli prammatiche ec-
clesiastiche ed araldiche. 11 titolo di Re*
verenda, si dà alla Camera apostolica
( F,),d\\a Fabbrica di s. Pietro, della qua-
le trattai a Coir obeo azione della beve-
BENDA fabbbica DI s. PiBTBO, cd alla ca-
mera degli Spogli (F.), F, Padbone e Sì-
GNOBE,come purei relativi articoli, Let-
TEBE EPISTOLABI, SEGBETABia
REVERENDO e RIVERENZA. F.
REVBBENDrSSIMO.
REZAN, Rasania, Città vescovile di
Russia a 36 leghe da Mosca. Era grande,
ricca, capitale del ducato del suo nome,
ma non potè ristabilirsi nel suo antico
splendore, dopo che la rovinarono i tar-
tari nel i568. Vi erano molti monasteri
e varie abbazie considerabili di monaci
russi ne'contornì, ove il paese è fertile.
i64 REZ
La sede vescovile suflfragnnea di Mosca,
divenne arcivescovato onorario nel seco-
loXII, indi l'arcivescovo passò a risiede-
re in Murom o Moruma capoluogo di di-
stretto, sulla riva deirOka. La cattedrale
è un bellissimo monumento del secolo
XVI, oltre molte altre chiese e mona-
steri. Ebbe i suoi principi particolari cbe
la ingrandirono e fortificarono, indi fu ap-
pannaggio de'cadetti de'principi di Rio-
Via, e poscia di quelli di Wladimir e di
Rostow. Si conoscono 3 vescovi di Rezan
o Resan: Giona trasferito alla sede me-
tropolitana di Kiovia ; Protaso assistette
alla coronazione di Demetrio, granduca
di Moscovia nel i49^> Stefano ne occu-
pava la sede a tempo dello czar Pietro I,
prelato dotto e favorito da quel sovrano.
Soppresso il patriarcato di Moscovia, Ste*
fano fu fatto esarca della diocesi di Mo-
scovia e presidente del consiglio eccle-
siastico, morendo nel 1723. Oriens chr,
t. I, p. i3i2.
REZZONICO Famiglia. Trasse lori,
gine dalla città di Como, nella quale vi
sostenne per lunga sèrie d'anni il decu*
rionato, a cui le fu aggiunto' il titolo di
baroni liberi del s. romano impero, -per
diploma dell'imperatore Leopoldo 1 nel
1 665, col privilegio d'inquartale nel tur-
rito stemma gentilizio l'aquila imperia-
le. Si diramò da Como circa la metà del
secolo XVI in Milano, Parma, Genova,
e da questa ultima città, ove fioriva con
grande splendore, si stabi Fi in Venezia nel
1640 nella persona d'Alii*elio Rezzonì-
co. Ivi meritò d'essere nel 1687 registra-
ta a caratteri d'oro fra'nobili della repub*
blica, per la rilevante ^omma di denaro,
cbe die in benefizio del pubblico erario.
Tra'Rezzonico di Como si distinsero: Al-
tilio Cristoforo erudito del secolo XV JI,
autore della Sylva serUenliarum et tern»
pìorum moralium a sanctorum stelli s de^
corata^ et s, Scripturae sole illuminata,
Francesco arciprete e teologo insigne che
fiorì nel detto secolo, autore del Plectrum
Psalierii. Aurelio gesuita facondo e dot-
REZ
to oratore sagro, che Clemente XIII che
l'avea ordinato in Padova, lo chiamò ia
Roma e fece rettore del seminario roma-
no in tempi difficili, conducendosi con
prudenza e saviezza. Morì canonico pe-
nitenziere della patria cattedrale, lascian-
do diverse orazioni stampate e memoria
virtuosa. Carlo Gastone conte della Tor-
re Rezzonico, figlio di Anton Giuseppe,
di mente svegliata, e autore dell'erudite
Disquisitiones Plinianae. Gastone diven-
tie esperto nella poesia in cui cantò leglo»
rie del Pontefice parente, versalo nella
lingua green, coltivò le matematiche, la
metafisica, la fisica, l'archeologia e altre
scienze, ed in Parma divenne segretario
perpetuo dell'accademia delle belle arti;
primeggiò nella poesia, ed in questa e in
prosa lasciò diverse opere. Tra'Rezzoni-
co nati in Genova, vi fu mg.*" Abbondio
patrizio veneto, nipote d'Aurelio, che por-
tatosi in Roma e postosi in prelatura, col
suo raro talento e colla saviezza de'suoi
costumi, pregio ordinario di questa no-
bile e illustrie famiglia, fu vice- legato di
Bologna, indi governatore di altre città
dello stato pontificio, comedi FVosìnone,
morto in Roma nel 1709 e sepolto in s.
Maria della Neve con magnifica iscrizio-
ne fattagli scolpire dal cugino uditore di
rota e protonotario apostolico, poi Cle-
mente XI II, che fu il principale splendore
di questa famiglia. Questi di nome Carlo
nacque in Venezia daGiambattistafiglio
d'Aurelio, che da Genova avea traspor-
tata in quella città la famiglia, e da Vit-
torii^ Barbadigo parente del b. cardinal
Gregorio Bàrbarigo, della quale parlai
nel voi. LI, p. 171. Carlo esercitò varie
cariche prelatizie, Clemente XII lo creò
cardinale, e quindi BenedeltoXIV lo con*
sagrò vescovo di Padova (/^.); indi nel
1 758 a questo successe col nome di Cle-
mente XIII (^.), avendolo celebrato e-
ziandio in tanti articoli e a (?e5iii//(/^.),che
Vigorosamente sostenne. La repubblica
veneta subito fece il fratello d. Aurelio ca*
iraliere e procuratore di s. Marco, dispo*
REZ
nendo che eguale onore in perpetuo do-
vesserò godere ì primogeniti della nobile
stirpe, per cui d. Lodovico primogenito
di d. Aurelio ne fu egualmente insignito,
riportando Cancellieri le Orazioni per*
ciò pubblicate in stia lode, // Mercato p.
237: questi ebbeinmoglied. Anna Giusti-
niani patrizia veneta, la quale fu madreai
4 {)ersouaggi di cui vado a parlare. Lo zio
Clemente X.1ÌI nominò d.Lodovico TVm-
cipe assistente al soglio (^.)j e Gonfa-
loniere del senato e popolo romano (^.).
Fece il fratello d. Abbondio Senatore di
Jionui(y,)ye netla cappella delQuirina*
le lo congiunse in matrimonio cou la prin«
cipessa d. Ippolita Boucompagno Ludovi'
^fy comesi descrive nel h.^^Sqq del Diario
di Roma del 1 768: tli poi Pio VI lo nomi-
nò gonfaloniere^ e Pio VII principe assi»
stenle al soglio ^ al modo narrato a quegli
articoli. Inoltre Clemente XIII creò car-
dinale l'altro nipote CarIo/?ez2omco(/^.),
con quelle particolarità che notai nel voi.
XV, p. 209, mostrandosi egualmente be-
nevolo col di lui fratello e altro suo ni-
pote Gio. Battista Rezzordco (^.), che il
successore, non per restituzione di cap-
pello, ma per ragione di carica, creò car-
dinale. Il virtuosissimo Pontefice, pieno
di meriti, insigne in pietà, clemenza, li-
beralità, costanza nella difesa de'diritti
ecclesiastici e ferma rassegnazione al vo-
lere, divino, mori nel 1 769. 1 nipoti car-
dinali e senatore, nella basilica Vaticana
gli eressero coli' opera del Fidia de' no-
stri tempi Canova, quel monumento ca-
polavoro d'arte, di cui parlai ne' voi. XII,
p. 3of, XIV, p. 83, riuscendo di mira-
bile effetto col lume artificiale della Cro-
ce che s'illuminava nel venerdì santo (di
cui nel voi. LUI, p. 91), come notò Ci-
eognara. Storia della scultura p. 244» che
ne rimarca le meravigliose bellezze. Ve-
dasi SimoneBallerini, Lettera a mgSGio,
Ballista Rezzonico sopra V antica origi'
ne della eccellentissima famiglia Rezzo-
nico deUa Torre, Roma ^i 768.
. AEZZONICO Cablo, Cat dinaie, F.
REZ i65
Clemente XI II Papa, e Rezzohico fami-
glia.
REZZONICO CARLO,Cardinale. Nac-
que a Venezia dalla famiglia patrizia Rez»
zonicOj a' 25 aprile 1724, ed essendo
protonotario apostolico soprannumera-
rio fatto da Benedetto XIV, e vicario del-
lo zio qual titolare dì s. Marco, eletto que*
sti Papa Clemente XIII a'6 lugIioi758,
subito entrò in conclave a venerarlo, e
pochi giorni dopo lo promosse a segreta-
rio de memoriali, indi agli 1 1 settembre
pei I .° lo creò caitiinale e pubblicò a'2
ottobre dell'ordine de'preti, colla riten-
zione della carica. Indi gli conferì ancor
quella di vice-cancelliere di s. Chiesa, poi
titolo di s. Lorenzo m Damaso, poscia ab-
bate commendatario di Grotta ferrata;nel
1763 Camerlengo dis, Chiesa(F.)j tra-
sferendolo al titolo di s. Clemente, che
poi permutò con quello di s.Marco^che
ritenne iu commenda quando nel 1773
Clemente XI Y lo fece vescovo di Sabina^
donde Pio VI nei 1 776 lo traslatò all'al-
tro di Por/o (/^«) e s. Ruffina, ove ne notai
le benemerenze, e poi lo nominò arcipre-
te della basilica Lateranense, per grati-
tudine alla protezione che il cardinale gli
a vea accordata presso lo zio, che preparò
la sua esaltazione, poiché fu suo uditore
del camerlengato. Come camerlengo, es-
sendo pure gran cancelliere dell' I7/ifVer*
sita romana, nel t. 4i p- ^39 delia Sto»
ria dì questa di Renazzi si legge il seguen-
te splendido elogio. La sua pietà fu ve-
ramente esimia, edificante, sincera e fer»
vente. L'amore della religione, il suo zelo
costante e irremovibile per l'onoree idi-
ritti della s. Sede fu assai mirabile. Vigile e
indefesso neiradempiere tutti i doveri del
suostato e delie primarie sue cariche, non
lasciò gonfiarsi dalla sua luminosa fortu-
na,o trasportarsi ad abusar del f influenza,
che meritamente avea sull'animo del zio
Pontefice. £i seppe e durante tal pontifi-
cato e dopo, sempre congiungere due cose
difficilissime ad accoppiarsi insieme, una
grande umiltà, e contegno conveniente
i66 REZ
alla rappresentanza e alla sua dignità. Fu
continua e profusissìma la sua larghezza
in soccorrere l'indigenza de'bisognosi, e-
rogando a prò loro annualmente somme
copiosissime. Ne risplendè meno generosa
la sua beneficenza verso i luoghi pii e le
chiese appoggiate al di lui patrocinio. A.
quella di Grotta/errata ( P^,) fece costrui-
re dai fondamenti la sagrestia di cui man-
cava, onde i monaci basiliani vi posero
una riconoscente iscrizione. Ad indefessa
irigìlanza pastorale nel governo de' vesco-
vati suburbicarì, congiunse immensa li-
beralità in ogni genere di benefizi, sparsi
sui poveri e le chiese di quelle diocesi.
Nelle Notizie di Roma del 1798, leggo
che il cardinale appartenne a i a congre-
gazioni catxlinalizie, non che segretario
di quella del s. offizio; che fu protettore
degli ordini geroselimitano, della Merce-
de, del cassiuese, de' minimi; de' collegi
germanico, greco, illirico; di Magliano e
altre città e luoghi; della cappella Cor-
sini nella basilicaLateranense, di mona-
che, conservatorii, università artistiche,
sodalizi, e dell'accademia de'Rinnovati di
Asolo nella provincia di Treviso. Cardel-
la che gli dedicò il t. a delle Memorie sto»
ricke dt* cardinali y celebra il cardinale
come emulo delle virtuoseazioni di s. Car-
lo Borromeo, di cui portava il nome, e
come questo era stato segretario de'me*
moria li del zio Papa, impiego in cui so-
prattutto può campeggiare la carità del
prossimo, nel raccogliere e riferire le di-
verse e molteplici istanze che si avanza-
no al trono pontificio negl' innumerabili
bisogni de'sudditi. Infievolitasi la di lui
sanità, cadde in una malattia di languore
che per circa due anni lo tenne in letto.
Sopportandola con edificante rassegna-
zione, il suo animo, fu addoloratissimo
per i mali funesti sovrastati alla Chiesa,
e per l'invasione dello stato pontificio <>•
perata dai i*epubblicani francesi, i quali
nelfebbraio 1 798 detronizzarono Pio VI
e lo deportarono, imprigionando ed esi-
liando tutti i cardinali; solo rispettarono
REZ
il cardinale a motivo della sua grave e
inferma situazione, impossibilitato a le-
irai*si dal letto, onde fu il solo porporato
che restò in Roma in quel torbido tem-
po del fanatismo democratico, con debito
permesso. Finalmente ivi a'26 gennaio
1799, d'anni circa 75, e dopo essere in-
tervenuto a due conclavi, rese l'anima a
I)io. 11 cadavere vestito dell'insegne car-
dinalizie ed episcopali, fu incassalo e con
decente accompagnamento di sacerdoti
trasferito a Ha chiesa di s. Marco, do ve nel-
la seguente mattina gli si celebrarono l'e-
sequie colle ceremoiiie sòlite usarsi co'de-
funli canonici di quella collegiata, aven-
dogli negati gli onori funebri propri dei
cardinali la libertà repubblicana. Fu se-
polto avanti la cappella del b. Gregorio
BarSadigo, di giuspatronato della sua fa-
miglia. Il principe d, Abbondio Rezzoni-
co sehatpi*e di Roma,degno imitatore del-
le virtU del cardinal fratello, il quale per
esse si conciliò la stima delle nazioni stra-
niere tra cui molto viaggiò, gli eresse un
magnifico monumento di fini marmi, in
un lato della cappella del Presepio della
basilica Lateranense, o 1.' cappella dalla
parte dell'organo. II disegno è di Canova,
l'esecuzione d'Antonio d'Este, l'iscrizio- .
ne del celebre Morcelli e si legge nel cita-
to Renazzi, e neln.^32 dei Diario di Ro'
ma del 1 8q4^ insieme alla descrizione del
monumento, fregiato dello stemma e del-
l'effigie del porporata .
RC:ZZONICO Gio. Battista, Cardi-
lUzfe.Patrizio veneto fratello del preceden •
te,nacque in Venezia il i.^ giugno 1740.
Foiiiito d'un talento pronto, vivace e pe-
netrante, diede ben presto a conoscere
quale un tempo sarebbe divenuto. Lo zio
cardinale Io collocò per convittore nel se-
minario romano sotto la direzione de'ge-
suiti,di cui ne restò affettuoso protettore
nelle crudeli persecuzioni cui furono se-
gno, de'nemicidell'altai'e e del trono. Di-
venuto lo zio Clemente XIII, nel i.** lu-
glio 1 760 lo fece suo cameriere segreto
partecipante, indi protonotario apostoli-
JEIEZ
co,, poi chierico di camera e presidente
o oomiD issarlo generale delle armi, per
cut prestò il giuramento nel pieno tribù*
naie della camera a'27 novembre 1 76 1 .
Inoltre lo dichiarò gran priore in Roma
dell'ordine GerosoWnitano (^^.)>e nel lu-
glio 1 766 suo maggiordomo jXìé\dL quale
ragguardevole carica prosegui con Cle-
mente XIV. Esercì totali dignitàe incom-
benze con fermezza, integrità, a?vedu«
teiza e munificenza, che furono sempre
inseparabili in tutte le sue azioni, dive-
nendo eziandio benemerito del suo prio-
rato, con restauri e abbellimeiiti. In pre*
lulo di tanti meriti. Clemente XI Va' io
settembre 1 7 70 lo creò cardinale diaco-
no di 8. Nicolò in Carcere; indi per sua
morte nel conclave contribuì nel 1775
all'elezione di. Pio VI, che subilo -lo fece
pro-segretario de' Memoriali {F,)^ lo am-
mite alle pili intime confidenze, e di fre-
quente si prevalse de'suoi lumi e consi-
gli, ne'piii ardui e scabrosi affari della
CbieM e dello stato. Appartenne a 7 con-
gregazióni cardinalizie,ed ebbe molte pro-
tettorie^ come degli ordini de'canonici re-
gobrì, de'conventuali, e de'pii operai; di
diverse città e comuni dello stato ponti-
ficio, collegi, opere pie, confraternite, mo-
nasteri, capitoli, che si possono leggere
a p. 1 16 delle iVb/izie di Roma dei 1788.
Fini di vivere in Roma, dopo lieve in-
comodo, assalito da colpo apopletico nel-
l'atto che yolea sortire dal palazzo, e su-
bito He morìa'2 1 luglio 1 783,d'anni43
e So giorni, come riporta il n.^ 894 del
Diario di Roma, Il suo cadavere fu e-
tpottp nelle sale del palazzo senatorio di
Campidoglio, del fratello senatore e da
\%k\ abitato ; ma il funerale fu celebrato
nella chiesa di s. Lorenzo in Lucina, e il
Gadavei*e tumulato nella sua diaconia, ove
i fiatelli cardinale e senatore gli eressero
un nobile deposito, scolpito dall'irlandese
Cristoforo Heweston,col suo buslo,alcuni
emblemi, ed epitaffio del Morcelli. La sua
perdita fu universalmente compianta da
chi potè ammirarne i talenti, le dolci ma-
RHO
167
niere onde si rese a tutti carissimo, ed il
pregio delle altre sue virtìi. Imperocché
accoppiò alla nobiltà de'natali, tutti quei
pregi cbe la patrizia condizione rendono
pili luminosa e piti rispettata. Fu bene-
fico, sincero, splendido; mecenate delle
arti, delle lettere e delle scienze in cui era
versato, fu il sostegno degli eruditi e de-
gli artisti, i quali gli dedicarono le loro
opere. L'amore della religione, della s.
Sede e del suo dominio, formarono la sua
prima e costante occupazione. Abborren-
do la doppiezza, l'alterigia e l'interesse,
i sali e le arguzie gli erano famigliari.
RHENDINA o RENDINA. Sede ve-
scovile della provincia diMacedonia, sotto
la metropoli di Tessalonica, eretta nel V
secolo, indi fu unita a Lita (/^.). Due ve-
scovi registrò 1' Oriens chr, t. 2, p. 98.
RHESINA. f^. Resina.
RHlNOCORURA.Sede vescoviledel-
la Fenicia o dell'Egitto, sotto il patriarca
d' Alessandria, eretta nel V secolo. Si cre-
de che sia Farma o Faramida, o Fare-
mon nella strada da Damielta a Gaza,
ed i copti ancora vi ebbero il vescovo.
Tra gli 1 1 suoi vescovi, s. Mela morì per
aver sofferto per la fede cattolica sotto
Valente; Polibio fu discepolo di s. Epi-
fanio; Ermogene dotto; Tolomeo; Mosè
tra'santi del martirologio etiopico; Epi-
maco giacobita molto dotto nelle contro-
versie. Oriens dir. t. 2, p. 542.
RHISAEUM. Sede vescovile del Poa«
to Polemoniaco, sotto la metropoli diNeo-
cesarea, ed eretta nel IX secolo, chiama*
ta pure RisesaX mar Nero, importante e
vicina al fiume omonimo. Altri la voglio*
no eretta in vescovato da s. Germano pa«
triarca di Costantinopoli, che perde la di*
gnìtà, indi la riacquistò nel secolo XV,
Tre vescovi riportai' One/15 chr.i, i,p,
517.
RHODEZ (Ruthenen). Città con re*
sidenza vescovile dì Francia, capoluogo
del dipartimento dell'Aveyron, di circon-
dario e di cantone, sopra il pendio d'una
collina alla deska sponda dell'Aveyi*oa
i68 RHO
che la bagna da* un lato, tra questo fiu*
me e TEauteme, a i3 leghe da Àlby e
i5i da Parigi. Sede dì h-ibunali di 1/
istanza e di commercio, e di altre auto-
rità. Ridente n'è il soggiorno per la stu-
penda e bella veduta che presentano icir-
costanti paesi, su' quali l'occhio spazia;
pittoresca la situazione, saluberrima Ta-
ria, grato e piacevole il conversar degli
abitanti, dotati di vivace spirito. E an-
tica, ed ha mura che da lungo tempo so-
no diventale sostegno de'giardini a ter-
razzo che circondano la città; un passeg*
gio piantato in forma di baloardo la cir-
conda airesterno. Vi sono 4 piazze pub-
bliche, una delle quali grandissima. La
cattedrale dedicata alla B. Vèrgine, é uno
de'più belli monumenti del così detto sti-
le gotico che possegga la Francia, per
l'imponente estensione della sua navata ,
e l'ardita elevazione delle sue volte. Il fa-
moso campanile è alto iSo piedi, e la tor-
i^e principale della cupola ha nella som-
mità la statua colossale della ss. Vergine.
Questo maestoso tempio fu innalzato per
cura ed a spese del vescovo Francesco
d' Estaing, All' epoca della i." rivoluzio-
ne, la cattedrale corse grave pericolo e
si trattava di consegnarla alla banda ne-
ra, quando uno degli abitanti per salvar-
la giunse a farla dedicare all'orribile mo«
stro Marat ! Così, con questa profanazio-
ne, la strappò al vandalismo de'furori re*
pubblicani di quell' epoca di funestissi-
ma ricordanza. Nella cattedrale il capi-
tolo si compone delle dignità dell'arci*
diacono e dell'arciprete, di 12 canonici
colla prebenda teologale, di diversi ca-
nonici onorari, e de*pueri de choro pel
divino servizio. L'antico capitolo era di
canonici regolari di s. Agostino, perchè
a loro apparteneva la chiesa, quindi ven-
ne secolarizzato con 7 dignità e 18 ca-
nonicij 4 ebdomadari ed altri ecclesiasti-
ci; i.^ dignità erail grande arcidiacono.
IVella cattedrale si venerano molte reli-
quie, ed il corpo di s. Artemone; vi è il
batlisterio e la cura d'anime, dal capito-
RHO
lo affidata all'arciprete e a due vicari.
Presso la medesima è l'episcopio, como-
do edifìzio. Vi sono due altre chiese par-
rocchiali col s. fonte, due comunità re-
ligiose di donne, due confraternite, 3 o-
8pedali,ungrandissimo seminario con cir-
ca 3oo alunni per gli studi fllosofjci e teo-
logici. L'attuale vescovo di recente fon-
dò a Nam un noviziato di confratelli di
s. Giovanni, destinali a compiere le ftin-
zioni de'primari istitutori nelle parroc-
chie troppo piccole, a cui non possono in-
tervenire i fratelli della dottrina cristia-
na. Inoltre a' io luglio i85i fu benedet-
ta la I." pietra e gittata ne'fonda menti
pel collegio libero di s. Gabriele de'pp.
della compagnia di Gesti, con quella pom-
pa che si legge ne'n. 182 e 195 del GìoP'
naie di Ronia^ il quale riporta dalT/^z/ii
de la Reli^ion: Che quasi ogni numero
de'fogli religiosi della Francia, ci dà con-
to di erezioni di nuovi collegi e semiua-
ri, la maggior parte afiìdati alla direzio-
ne dei pp. della compagnia di Gesù. In-
oltre questa città ba il palazzo della pre-
fettura nuovamente costruito, l'ostello
detto della città, il collegio di cui si am-
mira la chiesa e la lunga galleria che con-
duce alla biblioteca pubblica di i5,ooo
volumi, donde si gode un bel punto di
vista. Havvi inoltre gabinetto di storia na-
turale e di fisica^ scuola de' sordo-muti,
di disegno, borsa di commercio, sala di
spettacoli, bagni pubblici, fabbriche di
manifatture, il cui smercio è importan-
te, come delle lane e del formaggio di Can-
tal. Fu patria di Ugo Bronet trovatore
del secolo XI li, di G. de Serres dotto cal-
vinista, del poeta Giuseppe Segny, di Del-
rieu autore drammatico, del pittore Am-
brogio Crozat, dell'ab. Marie matemati-
co, dell'ab. Raynal.
Ignota è l'origine di Rhodez o Rodez,
chiamata Rulhena, Segodunum civilas
Rulhenornmj prese il nome de' Ruteni,
della cui contea era capitale e di tutto il
Rouergue, antico paese di Francia nella
parte orientale della Gu Jenna, che si di-
RHO
ìridea in A Ita -Marca e Bassa -Marca. Il no-
me de'rutetìi si vuole derivato dall'idolo
Bulh che adoravano, e del quale si vede
ancora il sito del tempio. Alla caduta del-
l'impero romano Rhodez soggiacque alla
sorte del Rouergue, il quale già compre-
so da Valentiniano I nella .1/ Aquitania,
cadde successivamente in potere de'visi*
^oti nel V secolo, di Clodoveo 1 nel VI,
e de'gott dopo la morte di quel re: nel
VII dipendeva dalla JNeustria, e nel se-
colo seguente passò al duca Eude, ii cui
nipote Gaifre ne fu spogliato da Pipino
il Breve. Ebbe poi il paese di Rouergue
de'conti ereditari indipendenti, ed il con-
te Ugo nel 1 167 lo cede ad Alfonso II
'l'è d'Aragona, ma nel i258 s. Luigi IX
lo riunì defìnitivamente alla corona. S'i-
gnora ancora Torigine de'conti di Rho-
des, che governarono il paese fino al se-
colo XV, e l'ultimo de' quali Borbone-
Vendòme consegnò la città ad Enrico IV
che la riunì alla corona. R.bodez soffrì
moltissimo per le invasioni de''g'oti e dei
saraceni, ed un tempo si divise in città
e borgo; il vescovo era signore della i.*,
ed il re del borgo : godeva il vescovo
5o,ooo lire di rendita. La sede vescovi-
le si Vuole eretta nel 4^0 circa, suffraga-
nea di Bourges,ma nel 1678 Innocenzo
XI elevando Alby ad arcivescovato, fra
] sufiiraganei vi comprese il vescovo di
Rhodez, che lo e tuttora, ed in quell'epoca
t'intitolava conte della città. Il i.^'vesco-
irò fu s. Amanzio (FJ) di Rbodez, ordi-
nato da s. Marziale apostolo dell' Aqui-
tanta, secondo la tradizione del paese, il
quale lo fu pure de'ruteni, ed a lui si at-
trìbuisce la erezione della primitiva ba-
silica della B. Vergine. Con instancabile
celo si adoperò alla conversione degl'ido-
latri, gran numero de'quali sussistevano
in questa diocesi, e molli ne guadagnò
B Gesù Cristo colla forza de'suoi discor-
%ìy de'suoi esempi e miracoli: per se pe-
nitente e austero, coglialtri era lutto dol-
cezza e carità. Alcuni attestano che morì
nel cadere del V secolo, e ch'ebbe a suc-
RHO 169
cessore s. Quinziano. In vece Chenu, E"
piscoporum Galline chronol, p.347:*$<s-
ries episc, Rutenensis eccLy pone dopo s.
Amanzio Elafio, in tempodel quale i go-
ti fecero un'irruzione nell'Aquitania, cioè
nel declinar del V secolo. Indi s. Quin»
zìano[F,) africano a tempodi Clodoveo
I, che morì nel 5i i: certo è die nel 5o6
intervenne al concilio di AgdeenelSi i
a quello d'Orleans. In questo annoaven*
do voluto disotterrare il corpodi s. Aman*
zio, ne fu in sogno rimproverato da Idi,
che gli predisse che sarebbe tolto dalla
sede, ed in fatti per le vertenze insorte
coi visigoti più possenti de'franchi in Rho-
dez, s. Quinziano passò in Alvergna, di
cui Clermont n'era la capitale, e ne di-
venne vescovo. Indi fiorì s. Dalmazio che
morì versoi! 583, succeduto dalTarcidia*
cono Teodosio: nominerò i più distinti.
Vero del 63o, Deodato del 920, Arnal-
do del 955, Ponzio del 1075, Ademaro
del 1 099. Nel vescovato d*Ugo fu tenuto
in Rhodez un concilio nel 1 161 o nei
1 1 70, nel quale vennero stabilite diverse
misure per conservare la tranquillità del-
la diocesi, e ne tratta il p. Mansi, SuppL
Condì, t. 2, p. 537. Gli successe nel 1 2 1 4
Pietro E^nrico de la Treillé; fr. Viviano
francescano del 1247 sepolto nella chiesa
del suo ordine; Pietro de Plana patriarca
di Gerusalemme del 1 3o4) e legato pon-
tifìcio nella Palestina ; Bernardo ù'Àlhy
(/^.) cardinale del i336: il successore
Gilberto o Guiberto fece degli statuti si-
nodali nel i 347 contro gl'invasori delle
chiese e pubblici, ladroni. Nel 1 364 ^^i*
dito d'Agrifoglio^ che l'antipapa Clemen-
te VII nel i383 fece anticardinale, on-
de ne parlai nei voi. Ili, p. 21 S.Giovan-
ni de Cardalhacp patriarca d' Alessan-
dria, amministratore verso il 1 3 7 1 .Vitale
de Mauleon patriarca d'Alessandria nei
i4i8, cui successe nel 1419 Guglielmo
de Torre che restaurò l'episcopio e ab-
bellì la cattedrale, erigendovi l'elevata
torre campanaria. Nel i5o5 Francesco
deStannodella nobile famiglia d'Eslaing,
170 RUO
del quale scrive Cheou : m Inter caelera
ejus opera magis celebria esl aedificium
Pinnaculì ecclesiaecathedralÌ8,quod ho*
die visitur Ruteiiae, quodque reliqua Gal •
liae cainpanilia operis struclura anlecel-
lere creditur; cuin illud esset ex majore
parte ligneum combuslum fuit die 27 a-
prilis 1 5io, quo anno caeptum est aedi-
ficari lapideuin, ut nunc esl, non tatnen
a fundamenlo ut pars ejus inferior osten-
dit. " JNel 1 536 il cardinal Giorgio Ar*
magnac {^.), amnoinistratore: nel i56o
rassegnò la sede in favore del nipote Già*
conio de Corneliano, cui egualmente per
rassegnazione successe nel 1 582 il nipote
Francesco deCorneliano,zeIanlissimo pa-
store e limosiniero. Nel 1616 per coadiu*
toria ne occupò la sede il nipote Beruar-
dino de Corneliano, pure lodalo, e col
quale Chenu termina la serie de' vescovi,
che prosi eguonò la Gallia Christiana e
le Notizie di Roma, Essendo vescovo Se*
geleo Col ber t de Casteill scouese, fatto
vescovo da Pio VI, aU'epoca del concor*
dato del 1 80 1 in cui Pio VII soppresse la
sede, egli si ritirò in Londra, ove morì do-
poaver protestato con altri vescovi. Rìpri*
sii nato il vescovato dallo stesso Pio Vii,
nel 1817 vi preconizzò Carlo de Ramon
de la Laude di Montaubàn. Nel i83o
Pio VI II dichiarò vescovo Pietro Giraud,
che Gi*egorio XVI nel 184^ trasferì al •
Ta rei vescovato di Cambray da lui rista-
bilito, ed in sua vece nel concistoro dei
23 maggio dichiarò T odierno vescovo
mg.'' Gio. Francesco Croixier di Billion
diocesi di Clermont, già vicario generale
di Moulin$:del cardinalato di Giraud feci
cenno nel voi. LUI, p. 192. La diocesi é
ampia e comprende il dipartimento d''A-
veyron. Ogni nuovo vescovo paga 370
fiorini di tasse.
RHOSO o RHOSOS, Rhosus. Sede
vescovile della Cilicia2.% nel patriarcato
d'Antiochia, sotto la metropoli d'Ànazar-
bo, eretta nel IV secolo, che Commanvil-
le chiama Rhos^ Ros, Rossus. Sì conosco-
no 6 vescovi, riportati dall' Orie/i^cAr.
RIA
t a, p. 206. II Terzi, Siria sagra p. 1 1 7,
nomina questa sede Rosis^ parla di sua
posizione e del suo vescovo Custazio che
ìli al concilio di Calcedonia. Al presente
Rhoso o Rosea, Rhosen^è un tìtolo ve-
scovile in partibus^ sotto Ta rei vescovato
simile d'Anazarbo, che conferisce la s. Se-
de; e Gregorio XVI a* 27 marzo 1846
lo attribuì al coadiutore del vicario apo-
stolico del Siam orientale, alunno del se-
minario delle missioni slranieredi Parigi.
RHYNDACES o RHYNDACUS. Se-
de vescovile della Bitinia i .", sotto la me-
tropoli di Nicomedia, situala presso il fiu-
me Rindaco. Due vescovi notò VOriens
chr, i, I, p. 636.
RI A RIO Pietro, Cardinale, Nacque
in Savona, fratello di Girolamo, che fu
signore à* Imola e di Fora (ne'quali ar-
ticoli parlo di questa nobilissima fami-
glia, come nel voi. XLVII,p. 2i5de'due
cardinali vi venti), e perduto il padre di
12 anni, fu dallo zio p. Francesco della
Rovere di Savona francescano e fratello
della madre Violante, chiamato in Siena,
ammesso ed educato nel di lui ordine, iu
cui il sublime suo talento,congiunto a pro-
digiosa memoria, gli facilitò i piò rapidi
progressi nelle lettere, fino ad essere scel*
to lettore di filosofia nel convento di s.
Nicolò di Venezia, il che gli aprì radilo
alki carica di provinciale di Romagna e
a quella di commissario. Non mancò di
stimolare pi ÈL volte lo zio a portarsi in
Roma, predicendogli che senza dubbio
sarebbe divenuto Papa, come avca ve-
duto in sognò, al dire di Monti, Mem.
àtor, di Savona p. 227, quindi avrebbe
potuto crearlo cardinale. Certo è che il
p.'Francesco, fatto caixlinale nel 1 467 da
Paolo li, per sua morte a'9 agosto 1 47 1
divenne Sisto IF'[F,), essendosi portato
in conclave il nipote in qualità di mae-
stro di camera o conclavista, ed egli non
mancò di adoperarsi con tutto Timpegno,
singolarmente presso alcuni cardinali più
riputati e di maggior potenza, affinchè
reiezione cadesse sullo zio. Questi lo no<
RIA
minb tubilo Teseo vo di Ti*e\iso, dove fece
rifabbricar la caltedrale, e |)el i.^ a'i5
dicembre Io creò cardinale prete di s. Si*
sto, e nel i^j3 lo trasferì airarcivesco*
catodi Firenze. In commenda poi gli con*
feiì le cbiese di Siviglia, Spalatro, Va*
lenza, Diex, Manda e Sinigaglia, col ti-
tolo di patriarca di Costantinopoli, oltre
parecchie pingui abbazie e considerabili
benefiziyOolla protettoria dell'ordine fran*
cescano. Decorato della legazione di Pe*
rugia e poi di tutta Italia, si portò a Mi-
lano» Padova e Venezia, riscuotendo da
per tutto grandi onori. Cogl' indicati rie*
chi meni non ripugna il credere che te*
neste una corte di 5oo persone, tra le
quali ve n'erano assai dotte, colte, nbbili
ed erudite^ come si trattasse con princi*
pesca uMgnificenza nella mensa, nel Ta*
bitazìone, nelle tappezzerie, ne'letti, ne*
gli abiti è nella scuderia. Furobo memo*
rabìlilaoena che imbandì agli ambascia-
tori dì Francia, e la sontuosa pompa col-
la quale accolse Eleonora figlia del re di
Napoli, che portavasi in Ferrara sposa
d'Ercole I.Ne'due anni del suo cardina-
lato, abusando delle rendite ecclesiasti-
che, si calcola ohe spendesse circa trecen-
to mila scudi perla sola tavola; Tossìgou-
ni, Storia delT ordine de* minori, lib. a,
p.a26, scrive duecento mila, ed aggiun-
ge che sembrava nato fatto per dilapida -
re.Io'un baleno la morie fece sparire tut-
te le felicità, avendolo colto in Roma nel
1 743 secondo Cardella (a'Sgennaio 1 479
riferisce Novaes), d'anni 29 non compiti
^ non senza sospetto di veleno, come vo-
gliono Wadìngo e Ciacconio, propinato-
gli da persone, che non potendo soflTrire
la di lui sfrenata ambizione, per cui di-
sponeva a suo talento del pontificato, in
tal modo sei tolsero d'attorno e provvi*
dero alla sicurezza di Sisto IV, di cui si
dice che il cardinale voleva in ogni mo-
do sbrigarsi, per giungere egli medesimo
al triregno. Lasciò eredi il fratello conte
Girolamoe il nipote Raffaele, con 6a,0Qo
sgudì di debito e 3oo,ooq d'argento U-
RIA 171
vorato, oltre la ricca e doviziosa suppel-
lettile. Fu sepolto nella basilica de'ss. XII
Apostoli in nobile avello di marmo sul
gusto antico, innalzato dallo zio Papa nel
destro lato dei presbiterio, con elegante
iscrizione.
RI ARIO Raffaele, Cardìnalc'DtSa*
vonn, figlio di Sansoni e nipote per cau*
to materno del cardinal Pietro Riario, a
cagione dell' eredità ne assunse il cogno-
me, e Sisto IV lo riconobbe per nipote,
a' IO dicembrei477 creandolo cardinale
diacono di s. Giorgio, in età di 1 7 anni,
mentre stava agli studi dell'università di
Pisa, Indi neli477 stesso vi ce -cancelliere
e nel 1 483 Camerlengo (F,) di s. Chiesa;
legato a latere in Ungheria, Marca, Fer-
rara e Umbrìa, arricchendolo di benefi-
zi ecclesiastici, onde come generosissimo
manteneva numerosa ed eletta famiglia»
nella quale si contarono sino a 1 6 vescovi.
Narrano gl'istorici che fu involuto nella
congiura de'Pazzi contro i Medici, i quali
erano di ostacolo all'ingrandimento de-
gli stati che meditava Girolamo Eìario
zio del cardinale, signore d'Imola (^.),
e che perciò questi entrò in tal congiura.
Meglio è leggere quanto narrai nel voi.
XXV, p. 35 e 36. Pel timore e spavento
provato dal cardinale, che perciò fu in gra-
ve pericolo d'esser vittima del furore po-
polare in Firenze, conservò per tutta la
vita la pallidezza del volto. Altro infau-
sto incontro lo provòsotlo Alessandro VI,
quando il suo figlio Cesare Borgia spogliò
i Riari di Forlì; gli riuscì di sottrarsi al-
le sue crudeltà, uscendo da Roma col pre-
testo di andare a caccia, ed in vece fuggì
in Savona. Quuntoalle tante provviste ec-
clesiastiche, nel 1479 ebbe Tamminislra-
zione di Pisa, che governò fino al i4SgS
quella di Viterbo nel i49^ ^^ Alessan-
dro VI, e la ritenne anche in titolo fino al
i5o5; di Arezzo conferita dallo zio Giu-
lio II nel i5o8, indi rinunziata nel i5i i;
di Savona ricevuta nel 1 5 1 o da detto Pa-
pa; di Lucca che conseguì nel 1 5 1 7daLeo-
ueX^dicui si spogliò dopo 8 mesi. 11 Ciac-
172 RIA
conio pretende che fosse anche vescovo di
Cosenza, Salerno, Taranto, Ascoli della
Marca e d'Imola; ma Cardella riscontrato
rUghelli trovò che Io fusoitautodiXaran-
to.Fu pure vescovo di Guenca, di Osma,
8uburbicariodi Porto e di Ostia e Vellelri,
ed in queste due diocesi da'fondamenti ri-
fibbricò le cattedrali. Ebbe pure le abba*
siedi Monte Cassino, Cava, Ghiaravalle,
Pavia in cielo aureo, di Sassovivo e altre,
oltre la protettoria deg-li agostiniani e la
vice reggenza delle provincie di Bari* e
Capitanata. Divenuto titolare della Cfiie*
sa di 5. Lorenzo iti Dama so (^^), la ri-
fabbricò, e proseguì e compì il contiguo
sontuoso palazzo tutto di travertini, che
dal nome di sua antica diaconia prese il
nome di s. Giorgio, incominciato dal car •
dinal Mezzarola (^•), con architettura
di Bramante, con due facciate e magnifi-
co cortile quadrato e circondato di por-
tici , ornato con 44 colonne doriche di
granilo, forse provenienti dalle loo del
portico prossimo al teatro di Pompeo.
Ofelia stessa chiesa collocò la miracolosa
immagine dell' Immacolata Concezione,
fondandovi nobilissima cappella. 11 Pa-
lazzo Corsini (F'.) era altro palazzo che
possedevano in Roma i Riaria tempo del
cardinale, e fu abitato lautamente dal
conte Girolamo dopo le sue nozze, per le
quali Sisto IV fece celebrare in Romaso-
lenni giostre e tornei in pili giorni, e re-
plica tamente nel palazzo Vaticano imban-
dì splendide mense, colla libertà di gior-
no e di notte di poterne godere ognuno :
di questo palazzo e de'Riari erudite no-
tizie raccolse Cancellieri nel Mercato, Piti
gravissimo infortùnio de' precedenti in-
corse il cardinale come complice e fauto-
re della congiura del cardinal Alfonso Pe-
tracci {V.) , contro la persona di Leone
X (J^')i quantunque alcuni dicono che
il cardinale solone fosse consapevole. Fu
in procinto d'essere condannato a morte,
dopo essere slato in. concistoro spogliato
della dignità cardinalizia, e privato di tut-
ti i vescovati e benefizi pinguissimi che
RIA
possedeva in titolo, in commenda e io ani-
mi ni si razione. ]Vla interpostosi per lui il
sagro collegio con ferventissime istanze,
venne multato di centomila scudi, gli fu
confiscato il palazzo di s. Lorenzo in Da-
malo in favore della camera apostolica e
solo gli si permise di abitarlo fino alla
morte, venendo quindi assegnato ai vice-
cancellieri di s. Chiesa, onde acquistò prò-
priamente e perpetuamente il nome di
Palazzo della Cancelleria apostolica
(/^.), venendo successivamente abbellito
dai vice cancellieri, massime colle pitture
a fresco nelle sue ampie sale di Vasari ,
Cecchino Salviati, Nasini, Bastiano Fio-
ri , fr. Salvatore Foschi, Bagnacavallo,
Ruvialé, Bizzera, Witt e altri valentissi-
mi: il cardinal Farnese vi fece rappresen-
tare le storie di Paolo 111 ; ma eseguite
in loo giorni^ molti affreschi riuscirono
mediocri, il cardinal Riario ne'4anni che
sopravvisse alla sua sventura , benché
reintegrato nelle dignità e benefìzi eccle-
siastici, ma nel camerlengato il solo no-
me, contrasse profonda malinconia con-
giunta ad estrema debolezza di testa, on-
de visse giorni assai tristi e addolorati.
Rinunziate le chiese di Viterbo, Savona e
Pisa ai Riarisuoi parenti, dopo essere in-
tervenuto con autorità a 5 conclavi , la
morte troncò ì suoi patimenti in Napoli
nel i52o »'6 Inglio, d'anni 6i e non al-
trimenti. Trasferito il suo cadavere in Ro-
ma, fu sepolto al sinistro lato del prciibi-
terio della Chiesa de^ ss, XI l Apostoli
[F,)y\n bellissimo avello con semplice i-
scrizione, per a ver vi rifatto la tribuna eoa
disegno di Baccio Pintelli, e dipinta col-
l'opera di Melozzo da Forlì e di Sandro
Botticelli, delle quali pitture feci parola
anche nel voi. L^p. 236. Sotto Clemen-
te XI fu demolita la vecchia tribuna e per
la nuova il marchese Riario contribuì
3ooo scudi, ritrovandosi il cadavere del
cardinale quasi intatto cogli abiti bellissi-
mi e nuovi, come leggo nel citato Can-
cellieiM a p. 33. Laonde vieppiù restano
confutati quegli scrittori ,■ che dissero il
RIA
GBt*dinale tumulato in s. Lorenzo in Da-
inaso, ove veramente avea ordinatosi de*
ponesse, disposizione chegl'indusse in er-
rore.
RIA RIO Alessandro, Cardinale. Bo-
lognese de'marchesi di Castelletto, della
nobilissima famiglia de'precedenti cardi*
naii ; compiti con decoro gli studi nella
uoiversita di Padova, e nel i562 ottenu-
ta nella patria la laurea dottorale, chia-
mato in Romaxia'suoi amici, fu ascritto
daPfoIV nel numero de'prelati. Nel 1 565
ottenne collo sborso di 60,000 scudi Idea-
carica di Uditore generale della camera
(^.), iDdi a^li 8 novembre 1 570 s. Pio V
lo nominò patriarca d'Alessandria, titolo
vacato per morte di Cortesi vescovo di
Vèison (Garampi, Osservaz. sulle ma*
neie, Append. p. 807, Io dice consagra-
to a'34 agosto 1572 dal cardinal Lomel-
lini, coli' assistenza di Antonio Elio pa-
triarca di Gerusalemme e di Fieschi ve-
scovo di Savona), e lo die in compagno
al suo nipote cardinal Bonelli legato/z//2-
tene nella Francia, nella Spagna e nei Por-
togallo per istringere que'sovrani in lega
contro il turco. Al suo ritorno fu asso-
dato al cardinal Crasso e altri prelati per
riformare le canche e gli nffizi della cor*
te romana. Gregorio XIII a'2 1 febbraio
1578 lo creò cardinale prete di s. Maria
d'Araceli, titolo che. gli conferì a*3mar-
to (come nota il p. Casimiro, Memorìe di
Aracdi^ p. 357), e nel 1 58o legato a la-
iere a Filippo 11 per la successione al
trono di Portogallo (^.), e lo coronò re,
dove con rischiodelìa propria vita adem-
pì oonsoddisfazione del Papa raddossata-
gli commissione. Filippo II nel partire
▼olle regalarlo di ricco vasellame d' oro
massiccio per uso d'una cappella, che fu
da lui modestamente ricusato, come pure
avca riSutata al duca di Braganza (pre*
tcndenteÀlla corona) una tazza d'oro or-
nata di preziose gemme. Se non che, man-
dato dopo alcun tempo lo stesso donativo
in Roma, per comando del Papa fu co-
stretto a riceverlo. Nella sua legazione ri*
Rie 173
formò in gran parte gli ordini religiosi
del Portogallo, e domò con rigorosi de-
creti la contumacia degli antonia ni. Ri*
tornato in Italia nel 1 58 1, gli fu affidata
la legazione dell'Umbria e di Perugia, la
protettoria de'monaci eremiti di s. Girola-
mo, e la prefettura della segnatura di giu-
stizia^ venendo inoltre deputato a repri-
mere le scorrerie de'banditi. Si distinse
questo pio cardinale nella divozione per
la Beala Vergine, come lo dimostrò nel-
l'erigere a suo onore un magnifico alta-
re nella chiesa di s. Maria della Conso-
lazione di Roma, a cui compartì insigni
benefizi , avendo pur &tto sontuosi pre-
senti al santuario di Loreto e tra gli al-
tri una croce d' oro per valore e lavoro
assai ragguardevole, con alcuni cahdellie*
ri d' argento di eccellente lavoro. Inter-
venne al conclave di Sisto V e morì in
Roma a' 1 8 luglio 1 585, d'anni 4^ non
compiti,. nel suo palazzo presso porta Set-
timiana , come leggo nel citato Garam-
pi, laonde i Riari ancora possedevano l'o-
dierno palazzo Coi*sini, aggiungendo che
ancora avea il titolo di patriarca, che fu
dato a Enrico Gaetani poi cardinale, nel
i586 a Gio. Battista Albani, neh 588 a
Camillo Gaetani. Il cardinal Riario fu se-
polto nella basilica de' ss.- XII Apostoli,
nella tomba che già si era preparata nel
mezzo del presbiterio con breve iscrizio-
ne, cui poi fu aggiunta altra magnifica e
onorevole.
RIBADO o RIBALDO , Cardinale.
Fiorì nel pontificato d'Innocenzo II, e si
trova sottoscritto diacono cardinale di s.
Maria in Portico nella bolla deli 139 a
favore della chiesa di Ferrara.
RIBATTEZZANTI. Eretici che am-
ministravano il Battesimo (F',) a quelli
che non erano stati battezzati nella loro
setta, come i Donatisti [F,).
RICA RIO (s.), abbate. Nacquenel vil-
laggio di Centula nel Ponthieu, e fu al-
levato nel santo timore di Dio, passando
i primi suoi anni nelle fatiche della vita
campestre. Avendo ricovrato in sua casa
174 Rie
due preti ìrlapdcsi, i quali passando pel
Ponthieu furono maltrattati dal popolo,
restò sì commosso dai loro discorsi , che
risolvette di non vivere più che per Iddio,
nella pratica della pi b austera penitenza.
Sì ridusse a non mangiare che pane di
orto misto con cenere, e a non bevere che
acqua mescolata sovente colie sue lagri-
me. Aggiungeva lunghe vigilie alla fatica
delle mani , e passava i giorni e le notti
nella preghiera e nella meditazione. Or-
dinato poi prete,si.consogròintieramen«
te air istruzione dei fedeli, e poco dopo
passò in Inghilterra, onde perfezionarsi
nella scienza dei santi. Ritornato in pa-
tria, vi riprese le sue funzio.ni ordinarie,
e i suoi discorsi producevano dovunque
roaravigliosi frutti. Predicò alla corte del
re Dagoberto I, il quale tocco da un suo
sermone sopra le vanità del mondo, l'ob-
bligò a ricevere de'presentidi gran pre*
gio. Il santo impiegò quanto gli era stato
donato a sollevare i poveri e a fabbrica-
re il monastero di Centula, di cui si get**
tarono le prime fondamenta nel 638, e
poco dopo ne edificò un secondo, chia-
mato poi Forest-Montier, a tre leghe e
mezza da A bbe ville. Passò il rimanente
di sua vita con un $olo compagno nella
foresta di Cressy , unicamente occupato
nella preghiera e nella contemplazione.
IVIon verso il 645, e le sue reliquie si cu-
stodiscono nel monastero di Centula det-
to di s. Ricario. La sua festa è segnata ai
26 d'aprile, e trovasi il suo nome ne'ca-
lendaridi Francia e nel romano.
RICASOLI Vgo, Cardinale. /^.Pibr.
lEONi Ugo, Cardinale,
RICCARDI BEBjfABDO, Cardinale.
Francese di nobile stirpe, monaco e ab-
bate di s. Vittore di Marsiglia, Alessandro
1 1 del 1 06 1 lo creò cardinale prete, indi fu
spedito da s. Gregorìo VII per legato col
cardinal Bernardo di Pavia a tutti {prin-
cipi di Germania, radunati in Forclieini
contro l'imperatore Enrico IV scomuni-
cato pe'suoi eccessi, in cui luogo fu sosti-
tuito Rodolfo di Svevia. I partigiani di
Rie
Enrico IV, contro il diritto delle genti ri-
tennero per alcun tempo in prigione il
legato, che lasciato poi in libertà potè ri-
tornare in Roma. D'ordine di s. Grego-
rio VII assunse la legazione di Spagna ,
per ristabilirvi la decaduta disciplina ec-
clesiastica. Mo'ri nel luglio 1 079, pare nel-
la Spagna, con fama di uomo insignemen-
te dotto, pieno di carità e religione, e di
compassione pe' poveri.
RICCARDI RiccÀBDO, Cardinale. Na-
to dichiaro sangue nelle Gallie, fratello
del precedente ^ professò la regola di s.
Benedetto in s. Vittore di Marsiglia e ne
fu abbate. Alessandro II deli 061 lo creò
cardinale prete, quindi s. Gregorio VII
lo surrogò nella legazione di spagna al
defunto fratello. Ivi celebrò un concilio
in Burgos per la rifórma del clero che si
abbandonava ai riprovati matrimoni, e
fu ili.°, come scrive Riccy, Menu istori-
che d^Mbano, p. 196, a stabilire il mini-
stero pontifioio in quel regno presso Al-
fonso VI re di Leon e nella Castiglia, e
come eziandio ricavasi dalle lettere di s.
Gregorio VII al legato. In seguito il Pa-
pa lo spogliò della dignità cardinalizia ,
per false informazioni di essere fautore
dell'antipapa Clemente IH; ma conosciu-
tasi vdas. Gregorio VII l'innocenza, pron-
tamente lo restituì agli antichi onori. Per
sua morte bi*igò il papato e vedendo sva-
nire le sue ambiziose mire, procurò I' e-
saltazione di Vittore I II, dal quale ripu-
tandosi non molto apprezzato, suscitò nel
10.87 lo scisma dell'antipapa Silvestro,
ovvero seguì le parti del fìilso Clemente
III. Convocato però Vittore III un sinodo
in Benevento nell'agosto^ scomunicò so-
lennemente il cardinale. Estinto poi lo
scisma , pentito e dolente del commesso
fallo, fu assoltoda Pasquale II, che lo spe-
di legato a latere nelle Gallie per dare
l'assoluzione dalla scomùnica a Filippo
I, che a vendo abbandonato la concubina
Bertrada dava segni di verace ravvedi-
mento. In questa occasione celebrò nel
I io4 un concilio In Troyes , e altro in
Rie
Beaugenci, ed un 3.^ in Parigi, per con-
dannare la simonia e introdurre nel cle-
ro stabile riforma. Nel 1 1 o5 presiedè alla
chela di Magonza , in cui Enrico IV ri-
nuntiò r impero a Enrico V : il i.*^ do-
mandò con grande istanza d' essere pro-
sciolto dalle censure da cui era allaccia-
to; ma ricusò di compiacerlo, se prima
non detestala lo scisma di Clemente II!,
e rìconofcesse legittimi s. Gregorio VII e
successori ; ciò che Enrico V avendo so-
lennemente eseguito con umiltà, massime
«letcStando quanto avea fatto contro s.
Gregorio VII, fu benedetto. Nel 1 107 ac-
compagnò Pasquale li in Francia, -e per
sua commissione esercitò molte incom-
bense. Verso il 1 1 io intimò un concilio
in Pilencia , nel quale restituì il diritto
metropolitano alla chiesa di Braga , as»
sistendo a quello di Clermont, in cui fu-
rono scomunicati i persecutorì della chie*
sa di Maurièhne. Più per tempo Ughel-
li lo fii vescovo d'Albano, ma Lucenzi pro-
trae questa dignità al 1 1 14 circa ; Car-
deila Indice morto prima di tal epoca e
nel 1 1 1 3, e Ciacconio nel 1 1 1 6 con mag-
gnore probabilità.
RICCARDO (s.), re. Regnava verso il
secolo YIII, fra i sassoni occid<entali ch'e-
ransi stanziati in Inghilterra, e fu padre
di Winebaldo, di Vilibaldo e di Wal-
bai^ , che sono tutti tre onorali come
santi. Sia ch'egli fosse spogliato de' suoi
stali, sia che vi avesse rinunziato sponta-
neamente, s'imbarcò a Hamble-Haven
per recarsi in pellegrinaggio a Roma coi
suoi figliuoli Winebaldo e Vilibaldo. Ap-
prodalo sulle coste di Neustria, di là pas-
sò aRouen, e dopo esservi dimorato as-
sai tempo, seguì il suo cammino, dando
per tutto manifesti segni di sua pietà. Non
gli venne &tto d'andare sinoa Roma, es-
sendo morto repentinamente a Lucca in
Italia, verso il 722, e fu sottetrato nella
chiesa di s, Frediano. 11 dono dei mira-
coli che Iddio aveva accordato a questo
principe in vita, e quelli con cui ha poi
OBoralo le sue reliquie, Io resero meri*
Rie 175
tevole d'essere annoverato fra i santi, il
suo culto è assai celebre nel la città di Lue-
ca, che ne solennizza la festa il 7 febbraio,
ed é altresì nominato in tal giorno nel
martirologio romano.
RICCARDO (s.) , vescovo d' Andria
nella Puglia. Inglese di nascita, si dedico
fin da fanciullo al servigio drDio, e creb-
be nella pratica dell'astinenza, dell' ora-
zione^ deirumiltà e delle altre virtù. A-
vanzatosi nello studio delle belle lettere
e delle scienze ecclesiastiche, insegnò teo-
logia con felice successo , e ricevette gli
ordini sagri. Il desiderio di una maggio-
re perfezione gli fece lasciare il suo paese
per passare in Italia, dove visse nel ritiro
e nella solitudine; ma conosciutosi il suo
sapere eia sua santità , fu collocato dal
Papa sulla sede episcopale d'Andria nella
Puglia. Essendo allora l' Italia lacerata
da guerre intestine, egli si diede con som-
mo zelo a sradicare mali inveterati, e gli
altri vescovi si unirono per indurlo apre*
dicare in tutto il paese, il che eseguì con
felice successo, non èssendovi alcuno pììi
atto di lui a pacificare gli animi discordi
e od inspirare sentimenti di penitenza e
di pietà. Morì circa la fine del secolo XII,
e fu canonizzato da Ronifuzio Vili. La
chiesa d'Andria l'onora come protettore,
celebrandone la festa ai 21 d'agosto. Nei
Rollandistì trovasi la sua vita sotto il 9
di giugno.
RICCARDO (s.), vescovodi Chichester
in Inghilterra. Nacque nel castello di Wi-
che, lungi 4 miglia da Worchester. Incli-
nato alla virtù, si dedicò di buon'ora a-
gli esercizi della religione, e allo studio
delle scienze, prima ad Oxford, poscia
a Parigi, ove traste una vita molto au-
stera. Ritornato in Inghilterra fu insigni-
to del grado di maùre-hs'artsj indi si re-
cò a Rologna per istudiarvi il diritto ca-
nonico, e ne approfittò in modoche ven-
ne eletto pubblico professore. Tuttavia
non istette molto arìtornaread Oxford;
e pel suomerìto divenne cancelliere di
quella univei*8ità. Cedendo poi agrinviti
176 Rie
di s. Edmondo arcivescovo di Cantorbe*
ry, si trasferì appresso di lui, ed esso lo
fece cancelliere di quella chiesa e gli affi*
dò la cura degli affari p'ih importanti del-
la diocesi. Accompagnò s. Edmondo nel
suo esilio in Francia , e dimorò seco lui
sino all'estremo di sua vita. Ritiratosi di-
poi fra i domenicani d'Orleans, si applicò
allo studio della teologia, e fu ivi eleva-
to alla dignità del sacerdozio; quindi ri-
passò in Inghilterra e fu parroco nella
diocesi di Cantorbery. Bonifacio, succes-
sore di s. Edmondo, V obbligò a ripren-
dere il grado di cancelliere , e di conti-
nuare a prestar servigio alla sua dipcesi.
Eletto vescovo di Chichester nel 1245, e
confermato da Papa Innocenzo IV, die*
desi tutto al governo della sua chiesa, e si
distinse particolarmente per le sue bene-
ficenze verso i poveri, e pel sub zelo nel
mantenere la disciplina. Gli fu data l'in*
cumbenza di predicare una crociata con-
tro i saraceni; ma gli prese una febbre in
quello che adempiva questa commissione,
e mori nello spedale di Douvres a' 3 a-
prilei 253, inetà di 56 anni. Il suo corpo
fu trasferito a Chichester e seppellito nel*
la cattedrale. Liei fama delle guarigioni
miracolose operate alla sua tomba, e del*
la risui'rezione di tre morti, determina-
rono il Papa a nominare dei commissari
per esaminare la verità di questi fatti,mol-
ti de'quali furono autentit'amente avve»
rati; quindi fu con grande solennità ca-
nonizzato da Urbano IV nel 1262.
RICCARDO, Cardinale. Vvele della
s. r. chiesa e abbate di Marsiglia , sotto^-
scrisse la bolla del iog5 d* Urbano H a
favore del monastero di s. Egidio. Temo
che sia il medesimo Riccardo Riccardi.
RICC/\RDO, Cardinale. ItaIiano,rao-
naco e abbate di Monte Cassino, nel di-
cembre 1 252 o 1 253 Innocenzo I Y lo creò
cardinale prete di s. Ciriaco. Ricuperò
parecchi fondi che per incuria de'tempi
erano stati perduti da quel monastero, e
ottenne da Alessandro IV ampia bolla di
conferma alle donazioni fatte a sì insigne
Rie
cenobio. Morì in Monte Cassino neh 16^
circa, e vi restò sepolto.
RICCI Giovannì, C/1 r dinaie. Dì c\ììa'
ro sangue, nacque a Monte Pulcinno, e
per involarsi ai duri trattamenti della
matrigna, di i5 anni si recò in Roma,
dove trovò un protettore nel concittadi-
no Tarugi, grande amico del padre, pres-
so il quale non potè indurlo a ritornare.
Venne collocato per maestro di casa del
cardinal del Monte e vi riuscì egregia-
mente, onde il cardinal Alessandro Far-
nese ad ogni patto io volle seco nello stes-
so uffìzio, e ben presto conobbe in lui mol-
to spirito e sìngolar intelligenza negli af-
fari, onde se ne prevalse in parecchi ma-
neggi importanti e gelosi: lo spedì in Fran-
cia, Germania e Paesi Bassi per trattar-
vi gravi incombenze, che eseguì con som-
ma prudenza e soddislàzioue del suo si-
gnore. Dallo zio Paolo 111 nel 1 542 lo fe-
ce ammettere tra' camerieri segreti e in
prelatura, indi tra'chierici di camera, po-
scia lo mandò collettore apostolico in Por-
togallo , e successivamente internunzio,
prima alla corte di Spagna, poi a quella
di Vienna, conferendogli il Papa nel 1 544
l'arci vescovatodi Manfredonia, indi l'am-
ministrazione di Chiusi nel 1545, chiese
che Ughelli pretende concesse da Giulio
III già cardinal del Monte. Bensì questi
restato amorevole col Ricci l'inviò a Na-
poli per gravissimi affali, e poco dopo lo
fece suo tesoriere segreto e particolare:
Cardelia crederebbe elemosiniere, ma dis-
si altrove che i Papiaveano di tali mini-
strì; Vitale poi lo vuole tesoriere gene-
rale e probabilmente tale fu. Lo stesso
Giulio III a' 20 dicembre i55i lo creò
cardinale prete di s. Vitale, ed a lui giovò
non poco co'suoi consigli,ed ebbe dai Pa-
pi onorevolissim i incarichi, quali tutti di-
simpegno con lode d' integrità e valore.
Pio IV mediante la rinunzia che il cardi -
naie fece d'un'abbazia che gli rendeva 800
scudi, eresse Monte Pulciano ( al quale
articolo parlai d' altre benemerenze del
cardinale) in vescovato e lo fece ammiui-
Rie
stratore di esso; e per sua morte poco man-
oò che fosse eletto Papa. In vece Io fu s.
PioV, che nel 1567 lo dichiarò ammini-
stratore di Pisa, in cui celebrò il sinodo
diocesano e stabilì utilissimi decreti ri*
guardanti rccclesiastica disciplina e la ri-
forma de'costumi, istituendovi un colle-
gio pe' suoi concittadini. La destrezza o
per meglio dire il dono che avea di ma-
neggiare a suo talento il cuore de' prin-
cipi e de'grandi, la sua industria nel con-
durre a buon fine gli affari e negozi più
gelosi e intrigati, ebbe del sorprendente
e del singolare. Le sue principali e più
grate delizie e la sua predominante pas-
sione era il fabbricare; in conseguenza e-
dificò in Roma W Palazzo Ricci (F.) nel-
la strada Giulia, ovvero l'acquistò e ab-
belfì, come fece del Palazzo SaccheUi( V,\
ne costruì altro sul Monte Pincio ora di
Villa Medici(F.),eào\i\'o\n Monte Pul-
cìano, fiibbricando delle case presso il Va-
ticano, ne'qualiedifizi impiegò la somma
di 25o,ooo scudi. Insieme con altrì car-
dinali fu incaricato d'invigilare al risar-
cimento delle strade di Roma, de' porti,
de' fiumi e delle fonti dello stato eccle-
siastioo. Stabilita da s. Pio V la famosa
lega co'principi cristiani contro il turco,
deputò il cardinale per alienare dentro it
termine d'un anno i censi imposti sui be-
ni di chiesa in Italia, a fine di cumular de-
naro per sostenere tal guerra. Dopo esse-
re divenuto nel 1 573 vescovo di Sabina,
e di aver concorso alle elezioni di 5 Pa-
pi, morì in Roma nel 1 574> e fu sepolto
nella chiesa di s. Pietro in Montorìo, nel*
la cappella di s. Gio. Battista da lui splen-
didamente fondata, con onorevole epitaf-
fio, avendovi fatto dipingere il santo da
Cecchino Sai vìati, e scolpire mirabilmen-
te le statue de'cs. Pietro e Paolo da Da-
niele di Volterra. Dotato di eccellente in-
gegno, pio, costante, modesto e fedele, fii
il fabbro della propria fortuna, onde quan-
do era nella vita privata traspirava nella
sua persona un non so che di grande e
di maestoso.
VOL. LVII.
Rie 177
RICCI MicHELAirGELO, Cardinale. Nac*
que in Roma da pii genitori a' 3o gen-
naio 1 6 1 9, da Prospero di Como e da Ve-
ronica Cavalieri dì Bergamo di oscura
condizione. Dedicatosi allo stato ecclesia-
stico, senza essere sacerdote, divenne qua-
lificatore e poco dopo consultore del s.
oflSzio, indi segretario della congregazio-
ne delle indulgenze. Innocenzo XI il 1."
settembre 1 68 1 lo creò cardinale diacono
di s. Maria in Àquiro, ma egli con illustre
esempio d' eroica umiltà scrisse al Papa
una lunga e ragionata lettera, nel la qua-
le con grande energia, erudizione e for-
za di ragioni gli rappresentò i motivi che
lo determinavano a ricusare la dignità.
Queste industrie riuscirono vane e il Pa-
pa lo volle cardinale, ad onta de'suoi mi-
rabili sfolli per sottracene. Ma quanto
fu grande il piacere degli estimatori del
merito in vedere esaltata la virtù, altret-
tanto fu maggiore la doglia in vederlo in
Roma dopo 9 mesi rapito dalla morte nel
1682 a'ia maggio, d'anni 64 non com-
piti. Ebbe sepolturain S.Francesco a Ri-
pa nella cappella del ss. Crocefisso, dove
al destro lato si vede il suo busto in mar-
mo con elegante iscrizione. Ad una sin-
goiar innocenza di costumi accoppiò gran
profondità di dottrina nella teologia, fi-
sica e matematica ; fu amico de' primi
scienziati e del Torricelli. Pubblicò : £-
xercitatio geometrica. De maximiset mi-
nimis, che gli procacciarono l'ammira-
zione degli stessi contemporanei. U Fa-
broni ne pubblicò bella ed elegante vita
nelle Fitae italor. doctrina excellent. t
2, p. 200, il quale tratta pure delle ope-
re del cardinale.
RICCI Fbarcesgo, Cardinale. Nobi-
le romano, nacque il i .^ febbraio 1 679, e
fatti rapidi progressi nelle facoltà legali,
da Clemente XI fu ammesso tra' votanti
di segnatura e poi tra'chierici di camera,
ottenendo nel 17 19 la presidenza delle
zecche , nel 1721 quella delle ripe, nel
1724 quella delle strade , in seguito nel
1729 divenne decano degli stessi chieri-
12
178 Rie
ci di. camera, come rileva Nicolai, Della
presidenza delle strade^ t. 2,p. 146. Nei
quali uffici^altesa la diligenza incredibile
eoo cui adempiva i pi*oprì doveri, si fece
da tutti amare; laonde il s. collegio nella
sede vacante del 1 780, deposto il prelato
Sardini, gli affidò la presidenza o com-
missariato delle armi, e meritò di essere
confermato dall'eletto Clemente XII. Per
morte di Filippo Bondel monte, Benedet-
to XIV nel 1 74 1 lo promosse a governa-
tore di Roma e vice camerlengo di s. Chie-
sa, indi a'9 settembre 1743 lo creò car-
dinale prete di s. Maria del Popolo, e lo
ascrisse alle congregazioni de' vescovi e re-
golari, consulta, buon governo e acque,
fiicendolo inoltre protettore dell'arcicon-
fratemite del gonfalone, e della pietà dei
carcerati in s. Giovanni della Pigna. Nel-
la dignità cardinalizia si conservò e man*
tenne in quella dolcezza e affabilità di
tratto, ch'eragli sempre stata connatura-
le, ed in quella stessa precisione e atten-
sione neiresaurire i suoi impieghi che in
avanti avea usate. Finalmente, commen-
dabile per pietà verso Dio e per la carità
coi poverì , cessò di vivere in Roma a' 6
gennaio 1755, d'anni 76 non compiti. I
funerali furono celebrati nel suo titolo,
donde trasportato privatamente nella
chiesa dis. Pietro Montorio, fu tumulato
nella cappella gentilizia di sua illustre fa-
miglia, con magnifico elogio ivi postodal
nipote bafi fr. Miniato Ricci.
RICCIA (Ariccia), Arida. Comune
de) governo e della diocesi suburbicaria
d'Albano, distretto e ^o/7iizrc^2 di Roma
(f^.), da cui èdistante 16 miglia, sulla fre-
quentatissima strada corriera e postale
che conduce a Napoli, la quale l'attraver-
sa. Fu già una delle città principali, più
potenti e più insigni dell'antico £<2zio(^.),
come una delle più vetuste d'Italia. Era
situata nella via Appia nel concavo del
piano della famigerata e deliziosa valle o-
monima, ora Valle Riccia , Vallis Ari*
ciae^ avente la sua rocca o cittadella in
luogo alto e forte, di cui rimangono po-
RIC
chi avanzi del recinto in tetraedri regola-
ri a strato alternato presso la Porta Ro-
mana moderna. In questo luogo appun-
to sorge l'odierna Riccia, ducato delia no-
bilissima famiglia Chigi (^.)^ cioè nella
sommità del vicino ameno e ridente col-
le, ove secondo Ratti, Storia di Gema-
no, p*i4^> 1a riedificarono i potenti Sa»
velli (^.), per renderla più forte e capa-
ce di maggiore resistenza alle ostili in va- v
sioni, secondo l'uso comune di que'tem»
pi, e tuttora vi sono avanzi di mura nrer-
late a Porta Romana. Però il patrio isto-
rico can.^ Lucidi, nelle importanti e co-
piose Memorie sloriche della medesima,
parlando delle diverse distanze attribui-
te dagli scrittori tra Roma e 1' Ariccia, e
confutando a p. 2 1 quanto nescrisse Bion-
do nel 1 45 1 ueW Italia illustra ta, dichia-
ra che già r Ariccia esisteva nello stesso
sito, ove presentemente esiste, e non di-
stante d'Albano più d'un miglio. £' cir-
condata verso tramontana e levante dai
colli A ricini, dal Monte Albano o Cavo
(di cui parlai a Passionisti) , dalla selva
della Faiola e dal Monte Gentile; verso
scirocco dal Monte Pardo. E aperta dal-
la parte di ostro, ponente e maestro sino
al mare Tirreno o Mediterraneo, da cui
è lontana circa 1 2 miglia, ed in cui a 00
chio nudo si vedono anche le piccole bar-
che. Deliziosa è la veduta che si gode di
tutta la campagna romana, incomincian-
do da Ostia sino al Monte Circeo ora s^
Felice o Felicita. Questo piacevole e tran-
quillo soggiorno, commendevole per sa-
lubrità d'aria, è assai frequentato dai ro-
mani ed eziandio dai forestieri, sia per
villeggiatura, sia per rinvigorire la sanità
o curare l'infermità del corpo. Tra'fab-
bricati primeggia quello del principe di
Canino (di cui nel voi. XXllI, p. 198 e
199, XLV, p*i59) con piccolo teatro e
giardino, in eccellente posizione. Nell'am-
pia piazza poi, decorata da due fontane,
oltre altra in angolo, torreggia il magni-
fico palazzo baronale del principe Chigi
con propinquo e vasto parco. Rimpelto
Rie
si ammira la grandiosa chiesa e insigne
collegiata edificata da Alessandro VI 1 Chi-
gi, una delle più belle opere del celebre
^i*chitetto e scultore cav. Gio. Lorenzo
Bernini, eretta in onore della B. Vergi-
ne Maria assunta in cielo. Essa è di stile
semplice e corretto, di forma rotonda, i*
solata e circondata da amboi lati con an-
temurale di bella struttura. Affianchi s'in-
nakano due torri campanarie, in mezzo
alle quali ^i è la sagrestia e sopra 8 stanze
canonicali. Esteriormente è ornata di por-
tico che ne coslituisce il prospetto , so-
"vrastato dallo stemma d'Alessandro VII;
altre due specie di portici distaccali sono
ai Iati con riscrizione di Sigismondo Chi-
gi cheli fece costruire. Neirinterno 8 pi*
bstri sostengono la cupola e servono di
divisione agli altari. Sopra il cornicione
y'i sono disposti i6 Angeli di stucco tra
loro collegati con festoni di fiori e foglie
di quercia : la cupola maestosa che cuo-
pre tutta la chiesa è adorna di rosoni difr
fisrentì ; ed i lavori di stucco o scultura
li eseguì Antonio Raggi. Nella tribuna è
r altare maggiore isolato, cogli stalli del
coro de'canonici : ivi sì vede dipinta a fre-
sco da Guglielmo Cortese detto il Borgo-
gnone l'Assunzione della ss. Vergine Ma-
ria, con molti Angeli e i 1 2 Apostoli. Tre
altari per parte sono tra' pilastri. Dalla
parte destra dell'altare maggioravi è 8.
Tommaso da Villanova dipinto da Van-
ni, il seguente di s. Giuseppe e la B. Ver-
gine Incolori Lodovico Gemìgnani,il 3.**
dì 8. Antonio abbate è del fratello Gia-
cinto. Dalla parte sinistra nel i .^'dopo l'al-
tare maggiore vi è s. Francesco di Sales
del Borgognone, il a.*'rappresentante s. A-
gostino e la s8»Trinità lo fece il sanese Mai,
l'ultimo di s. Rocco è opera di Alessandro
Mattia da Farnese. In questa fabbrica il
Papa impiegò 84)Ooo scudi, dicesi in par-
te provenienti dal legato del cardinal Mas-
zanni. A' 1 6 maggio i665 il nipote car-
dinal Flavio Chigi assistito dal capìtolo
di questa collegiata e da quello d'Albano
bìeiiedì il nuovo tempio, dopo di che A*
Rie 179
lessandro VII vi celebrò la messa coU'in-
tervento di alcuni cardinali, e poscia con-
segnò la chiesa ai canonici dell'Ariccia. Il
Bonanni, NumUmata Pont, t. 2, p. 64 1
e 694» riporta e descrive la medaglia che
fu coniata col prospetto del tempio, col-
l'epigrafe : Benefundata Domus Domi'
ni B, F'irgini Aricinorum Patronae, Inol-
tre dice che la i.' pietra la pose il Papa
ne'fondamenti nel 1 663, altra il cardinal
nipote. Piazza, Gerarchia cardinalizia,
trattando a p. 3o i della Terra d' Arìc-
cia, osserva che questa chiesa fu £ibbri«
cata sul modello del Pantheon di Roma,
onde Alessandro VII volle chesi chiamas-
se il Pantheon Mariano^e che poi fu det-
to il Duomo deW Aricela, Leggo nella
Descriz, della bas. Vaticana^ p. 1 1 5, di
Cancellieri , che uno degli ottagoni che
nnfiancano co'Ioro semìcircoli i 4 piloni
della gran cupola , è della stessa vastità
della chiesa deirAriccia : con quale idea
Buonarroti edificò tali ottagoni, lo rimar*
cai nel voi. XH , p. 284. Questa è par-
rocchia con battisterio , essendo affidata
la cura d'anime al canonico arciprete. Il
capitolo si compone dì esso e di altri 1 3
canonici, cui Alessandro VII concesse l'u-
so dell' almuzia color cenerino che ado-
perano nell'inverno, poiché apprendo dal
n.® 294 del Diario di Roma del i8o3,
che domenica a 3 ottobre Pio VII si recò
a celebrare la messa in questa chiesa, do-
po la quale onorò l'insigne capitolo con
accordargli il privilegio di portare il roc-
chetto in tutte le sagre funzioni. Alessan-
dro VII dalia chiesa antica trasferì nella
nuova tutti i privilegi, prerogative e in-
dulgenze che godeva, dichiarandola col-
legiata insigne. Colla conferma dì tutti
gli antichi diritti, il collegio de' canonici
dell'Ariccia rimase in possesso della pi*e-
cedenza sopra gli altri capitoli delle col-
legiate della diocesi; e benché questa gU
venisse contrastata dal capitolo di Marino
(^.), fondato molti secoli dopo di quel-
lo dell'Ariccia, cioè neh 643 da Urbano
Vili, per togliere qualunque impedìmen-
i8o Rie
tonel sinodo d'Albano del 1668 la con*
gregazìonede'riti con decreto provvisio-
nale ordinò che ì due capitoli andassero
insieme, con questo però, che l'arci pinete
dell'Ariccia incedesse alla destra delVab*
bate di Marino, e similmente i canonici
deirArìccia alla destra di que'di Marino;
deci^eto rinnovato nel 1687, e nel (847 in
occasione del nuovo sinodo. Nel detto an-
«01687 fu estrattodalle catacombe di s.
Marcello il corpo di s. Deodato martire,
che il cardinal Chigi fece collocare sotto
l'altare maggiore, e gli aricini ne speri-
mentarono piti volte il benefico patroci*
nio. Finalmente nella 3.' domenica di ot-
tobre 018 di tal mese del 1778 il cardi-
nal Andrea Corsini vescovo di Sabina so-
lennemente consagrò questo tempio, con
l'altare della ss. Trinità e di s. Agostino,
in cui furono collocate le reliquie de' ss.
Pietro e Paolo, e delle ss. Apollonia pro-
tettrice principale dell' Ariccia e Irene ,
f argini e martiri.
Nel luogoove al presente esiste la chie-
sa di s. Nicola arcivescovo di Mira, detto
di Bari, vei*so i primi del secolo VI fu in-
nalzato un magnifico tempio alla B. Ver-
gine Assunta , ed era l' antica collegiata
prima che Alessandro VII la facesse del
tutto demolire, tranne quanto dirò. Avea
3 navi, i cui archi si sostenevano da co-
lonne di granito orientale, con i o altari
e molti ornamenti di marmo. A fianco
solleva alta torre con campanile , e per
facciata eravi un portico con sopra le stan-
9se canonicali. Si conosce che la visitarono
Fio II, Sisto V, Clemente Vili, e Urba-
no Vili, il quale vi celebrò a'i5 maggio
1626. Ivi si seppellivano i cadaveri, e le
confraternite del ss. Rosario e del ss. Sa-
cramento nella medesima erette aveano
sepolture proprie. Avea i suoi beni anti-
camente, con cura d'anime e 6 beneficiati
detti canonici, stabilendovi nel 1 575 l'ar-
ciprete il vescovo cardinal Cornia. Lesud-
dette colonne che sostenevano gli archi
delle navi si credono già appnrtenutead
un tempio pagano. Due di esse sorreg-
RIC
gono la loggia del palazzo baronale : due
altre probabilmente decorano la fronte
del cimiterio d'Albano; imperocché ad i-
stanza del cardinal Falzacappa avea Gre-
gorio XVI a lui concesse pel cimiterio due
colonne di Veìo, ma per le riverenti rì-
mostranze del dotto Fea commissario del-
le antichità, invece il Papa compensò il
cardinale con 200 scudi, con 60 de'qua-
li il porporato comperò poi dai dottrinari
due colonne dell'antica chiesa, e se ne ve-
dono due altre incastrate ne'muri. In A-
riccia fu già altra chiesa di s. Nicola con
monastero di monache benedettine, fi-
liale di quello celebre de'ss. Ciiiaco e Ni-
cola di Roma , del quale parlai nel voi.
XII, p. 175 e in altri luoghi: probabil-
mente esisteva a'tempi di s. Gregorio I del
590 , propinquo alla chiesa omonima,
parlandone diffusamente il can.° Lucidi,
con chiesa dedicata al medesimo santo e
molte possessioni. Il cav. Paoli pesarese
nel 1637 avendo lasciato erede il princi-
pe Bernardino Savelli de' suoi beni per
impiegarli in opera pia , e premendo a
questo signore che i suoi vassalli aricini
fossero istruiti nelle lettere e nella dot-
trina cristiana^ neh 638 chiamò in Aric-
cia i Dottrinari (F.), religiosi chierici se-
colari, i quali aprirono il collegio e la scuo-
la per insegnare gli studi elementari e la
dottrina cristiana, contribuendo al loro
mantenimento anche il comune, e la con-
fraternita del ss.Sagramento assegnò ad
essi una cappellania; inoltre il comune ve-
dendo che il loro signore non manteneva
le promesse, edificò a'religiosi una pìcco-
la chiesa sotto l'invocazione de'ss. Nicola
e Domenico, con facciata vei*so la piazza,
annessa al luogo abitato dai dottrinari.
Avendo Alessandro VII fatto demolire
l'antica chiesa collegiata, ne riserbò una
porzione nella nave di mezzo, in cui fece
la facciata, la quale e colle stanze cano-
nicali diede e assegnò per nuova e mi-
gliore abitazione ai pp. dottrinari, che vi
si portarono a' 1 6 ottobre 1 665 ad eser-
citare gli offici del proprio benemerito isti-
Rie
luto : in progresso di tempo co'frutti di
un censo del cav. Paoli ìa ridussero al*
la presente forma di casa religiosa. Quan*
to alla chiesa o oratorio che lasciarono,
il principe d. Agostino Chig* nei 1669 la
donò alla confraternita del ss. Sagramen-
to. L'attuale chiesa, avanzo dell'antica
collegiata, ha 3 altari ed è sagra a s. £4i-
Gola di Mira, il cui quadro é nell' altare
maggiore. Di fianco si vede il campanile
con l'orologio del comune^ con due mo«
stre e numeri trasparenti nell'estate e in
tempo di villeggiatura. Prima che il co*
mune trasportasse quivi l'orologio pub*
hlico, lo teneva in fronte del palazzo Chi-
gi. Nel febbraio 1SS2, si trovò un altare
di marmo bianco tutto d'un pezzo, con
un cornicione, appartenente all' antica
collegiata, e dagli archeologi creduto del
IV o y secolo. Si deve alla principessa
d. M.* Eleonora Rospigliosi- Chigi e a tut-
te sue spese la fondazione delle Maestre
pie per la buona educazione delle fanciul-
la nel I ^3o, le quali come i dottrinari so-
no benemerite dell' Àriccìa, ed eressero
nella loro casa una cappella a s. Luigi
Gonzaga protettore della gioventù. Nel
territorio arici no visonoaltre chiese. Sul-
le rovine d'un tempio d'Esculapio sorge
l'antico romitorio e chiesuola del ss. Cro-
cefisso detto il Romitorio della Stella per
la vicinanza della chiesa dì tal nome in
Albano, in molta venerazione e frequen-
tato ne' venerdì di marzo dagli aricini e
albanesi: colle limosi ne de'soldati tede-
schi austriaci quivi accampali nel 1744»
un eremita francese fabbricò l' altare, i
Chigi ne furono benefattori e dierono al-
l'eremita l'orto ed i piccoli vani che oc-
cupa. Gran venerazione portarono sem-
pre gli aricini verso s. Rocco, e nel loro
antico borgo gli consagrarono una chie«
sa : altra cappelletta dedicata ai ss. Roc-
co e Sebastiano, protettori contro le pe-
stilenze, era sulle pendici di Valle Riccia
nella strada della Costa , e tali li speri-
mentarono gli aricini più volte, massime
nel tremendo contagio del 1 656, del qua-
Rie
8
lOI
le fu tanto provvido Alessandro VII, on-
de lo celebrai a Pestilenze. Pertanto nel
1657 '^ comune e i divoti di tali santi
fuori di Porta Napoletana, la quale é con-
tigua al palazzo baronale, a sinistra del-
la via che conduce a Galloro, edificaro-
no la chiesa di s. Rocco. Il principe d. A-
gostino Chigi donò allora il quadro rap-
presentante la B. Vergine, i ss. Rocco e
Sebastiano, e l'Ariccia nello stato in cui
era Hibbricata nel 1661, dipinto dal sud-
detto Farnese , detto il Prete Famesia'
nOf e non daDomenichinogiamorto, né
pareesserestatoilpittora suo scolare. Nel
1780 con autorità di Pio VI si costruì
il cimiterio pubblico presso la detta chie-
sa di s. Rocco, contribuendovi il princi-
pe d. Sigismondo Chigi; vi si trasporta-
rono le ossa delle sepolture della colle-
giata, ove fu vietato di tumularci cadave-
ri pel fetore che producevano. Altra pic-
cola chiesa o cappella rurale del territo-
rio aricino è dedicata alla ss. Croce, fu
eretta dopo il 1619 in una vigna della
contrada Villafranca. In Ariccia vi sono
le confraternite del ss. Sagramento e Ro-
sario, e di s. Francesco Saverio. Fuori del
territorio, ma dentro i limiti della parroc-
chia^ furono edificate le chiese di s. An-
tonio di Padova, nella vigna Cecchina; di
s. Antonio abbate, nel luogo detto Monta-
gnana ; dell' Immacolata Concezione con
sepoltura, nel sito denominato Casalotto.
Negli antichi tempi era n vi nell' Ariccia al-
tre chiese dedicate a Dio in onore di di-
versi santi : di quella di s. Pietro parlerò
in seguito. Nella Valle R.iccia presso lo- .
sleria omonima e nella fabbrica Palom-
bara, perchè ridotta a palombaio dai Sa-
velli, fu già la chiesa della Visitazione del-
la ss. Vergine o s. Maria in Petrola. Di
altre chiesuole non più esistenti tratta l'ac-
curato Lucidi, ed a p. 35o della esistente
chiesa e monastero di s. Maria di Gallo-
ro, voce corrotta dal volgo in vece di Val-
le d' oro, F'aUis aurea, forse così detta
dalla collina per l' amena sua posiziotìe
e per la fertilità della deliziosa sottostan-
i82 Rie
te valle. Il Volpi, Fetus Latium t. 7, de
Alhanis et Aricinis^ é di opinione che co*
sì fosse appellata perchè T abitarono un
tempo gli antichi galli, o vi fossero dai
t*omani sconfitti o sepolti. Il Lucidi si at*
tiene alla popolare tradizione, che narra
essere il colle chiamato Galloro perchè
vi fu trovato o tuttora giace in sito igno-
to sotterra un gallo d'oro.
Il celebre santuario di Galloro è di-
stante meno di mezzo miglio dalla Ric«
eia, dalla parte orientale che volge verso
Ge/iza;zo(/^.), percorrendo deliziosa stra-
da ombreggiata dagli alberi, a metà della
quale è la frequentata fontana, luogo di-
venuto memorabile per quanto raccon-
tai nel voi. UII>p. 20 3. Percorso tal trat-
to havvi un colle, che levandosi di fon-
do alla valle va con giusta proporzione
digradando in forma di semicircolo, fin-
ché giunto sopra il li vello dellaRiccia spia-
na e finisce. Qui vi nel bel mezzo a destra
della strada corriera summentovata si er-
ge il bellissimo e maestoso tempio, in cui
si venera la tanto prodigiosa immagine
di Maria ss. detta di Galloro dal luogo
ov'è. Alla chiesa è unito un ben ordinato
edifiziojgià monastero de' Fallombrosani
(^.),ed ora residenza de Gesuiti {F,)^dì'
pendente dal collegio romano, come no-
tai a quell'articolo. 11 luogo per natura
e per arte è amenissimo e ridente, sia per
la costa della collina messa vagamente a
cultura di viti e di piante fruttifere; sia
per la Valle Aricina che gli si apre di sot-
to, ricca e ubertosa non tanto per l'op-
portunità del sito, quanto per le molte
acque che tutta la corrono e innaffiano;
sia per la mirabile prospettiva del mare,
delle tante collinette rivestite di macchie
e sei vette, folte e ombrose, della veduta
del Monte Cave, e pel complesso delle na-
turali circostanti bellezze; giocondo e sva-
riato spettacolo, che di frequente recansi
a godere i villeggianti de'convicini luo-
ghi e gli abitanti stessi, anche e meglio
per fare omaggio alla B. Vergine, per le
molte grazie ivi da essa concesse a chi ne
RIO
invoca il possente patrocinio. Rese cele-
bre il luogo e il tempio la di vota imma-
gine che nel medesimo si venera nel de-
coroso altare maggiore, dipinta sopra un
masso di peperino o pietra albana forbita
con lieve intonaco di calce. La ss. Ver-
gine è sedente vestita di verde, con sopra
il manto rosso, tiene nella mano sinistra
un gambo con 3 rametti, sulla cui punta
fioriscono altrettante rose senza spine, e
colla destra abbraccia il bambino Gesù
in veste gialla, sedentelesul ginocchio ia
alto di benedireedi reggere coll'al tra ma-
no il mondo in figura di globo: il cam-
po è sparso di stelle. La pittura è anti-
chissima, forse di roano italiana di circa
il X secolo. Prima del miracoloso suo ri-
trovamento giaceva a'pié della collina in
un fosso della valle, chiusa intorno da fol-
tissima selva ed esposta all'ingiurie del
tempi, ivi probabilmente posta o fatta di -
pingere dai monaci basiiìani di Grotta
Ferrata (F,)y che possedevano beni nel
territorio arici no, e un tempo anche il ca-
stello d'Ariccia, come quelli che tanto di-
votì della Madre dì Dio, contro gl'/co-
noclasti(F,) ne difesero le sagre imma-
gini e ovunque collocarono. Sorenlini e
Lucidi credono che fosse fatta dipingere
dai canonici d'Ariccia, quasi termine dei
poderi ehe ivi aveano. Ciò è dubbio, co-
me è incerto il tempo in cui incominciò
l'immagine ad essere venerata dal popo-
lo ; sembra che verso la metà del secolo
XV già fosse conosciuta dai terrazzani
d'Ariccia, molti de'quali per un piccolo
sentiera si recavano sovente a onorarla,
e vi posero attorno a riparo uno steccato
di tavole a maniera di nicchia. Nel 1 594
la principessa Artemisia S avelli per in-
tercessione della s. Immagine ottenne m i -
racolosa guarigione da gravissima ma-
lattia, onde si propose innalzarle in sul
fosso stesso una cappella di pietra; quan-
do i canonici d'Ariccia, fatte rimostran-
ze sul dominio diretto del luogo e perchè
la principessa voleva porre in fronte alla
fabbrica il suo slemma, vi si opposero ;
Rie
laonde il pio divisamento restò troncalo,
il fervore deYedeli s'intiepidì, talché creb«
bero airiotorno pruni e arboscelli, che
ne chiusero l'adito e la veduta. In tale
stato di dimenticanza piacque a Dio che
a certo Sante Bevilacqua di Fi vizza no,
&nciulIo abitante d'Ariccia, recatosi nella
Valle di Galloro in cerca di luppoli, aper«
to con forza un cespuglio di rovi e arbu-
sti selvatici, gli si parasse innanzi la s. Im»
inagine,e subito s'intese intenerito e mos*
so a divozione: si gittb inginocchioni, oro
e pianse di religiosa compunzione, e-po-
scia di frequente ritornò a sfogare i di-
noti affetti dell'animo suo. A volersi apri-
re un viottolo più breve si procurò l'aiu-
to di diversi fanciulli coetanei, ma le for-
ze loro non corrisposero alla volontà, per
cui si fecero largo col fuoco, senza che
l'incendio si propagasse per la selva. D'al-
lora in poi i fanciulli si recarono a ono-
rare la u. Vergine, finché essendo in A-
riccia caduto un ammasso sopra Sante,
quando si piangeva morto, egli sano e al-
legro disse aver invocato la Vergine di
Valle d'oro, raccontandone l'invenzione.
Promulgatesi le glorie della Vergine di
Galloro, gli abitanti in calca si recarono
a venerarla, e se ne aumentò la divozio-
ne quando essendo il popolo a udire la
predica nell'antica collegiata, furono in
essa investiti dai fulmini con gran ter-
rore, ma senza grave nocumento. Ciò av-
\eune a'g febbraio 1622, festa di s. A•
pollonia;ilpe^ché molti attribuirono alla
santa la loro salvezza e l'elessero di co-
iDun consenso in protettrice principale
d'Ariccia: nondimeno altri l'attribuiro-
no alla B. Vergine di Galloro, essendo
tradizione che ue'feriti si trovò i'impres*
sione d'una stella mal formata,somiglian-
le alle dipinte attorno l'immagine, onde
s'ebbe a castigo della trascurata divozio-
ne. Sull'epoca dell'invenzione della s. Im-
magine, se nel 1 62 1 o 1 628, prima o do-
po l'orribile uragano, vie discrepanza tra
gli scrittori; il Lucidi opina che l'inven-
zione di Sante si effettuasse nel marzo
Rie i83
1 628: più savio consiglio é il ritenere che
la preservazione dal temporale gli arici-
ni l'ascrivessero alla ss. Vergine di Gal-
loro ed a s. Apollonia. £ indubitato che
dopo il prodigio operatosi in Sante, fre-
quentandosi con fiducia il venerando si-
mulacro, tante furono le grazie che lar-
ghegggiò Maria, che ne corse la fama nel-
le città e luoghi circostanti, in modo che
moltissimi si recarono a supplicarla nelle
loro bisogna, riportandone stupendi mi-
racoli, massime quando a'3 maggio 1 628
si dedicò la cappella o oratorio eretto dal
canonico Pollidori di Frascati. Da quel
tempo in poi si aumentò il concorso e la
fede nel popolo, come i preziosi doni e le
limoslne a scioglimento di voti o per in-
vocarne il patrocinio. Con queste copiose
offerte si formarono 36,ooo scudi, onde
annuenti il cardinal Deti vescovo d'Al-
bano e d. Paolo Savelli signore d' Aric-
cia, si stabiPi erigerle un sontuoso tem-
pio. Ma insorte divergenti opinioni se fiib-
bricarlo sul ripiano della collina, che so-
prastava alla cappella, ovvero dentro l'A-
riccia, la B. Vergine ruppe ogni contesa,
consolando le preci de'fabbricieri che vo-
lesse loro manifestare il luogo del suo tem-
pio, col farcaderealla loro presenza e non
senza portento un fulmine che si aggirò
3 volte intorno allo stollo o anima di pa-
gliaio senza offesa, mentre il cielo era se-
reno. A tal prodigio non istetterb più in
forse e stabilirono che il luogo dello stol-
lo fosse quello dell'altare maggiore, so-
pra di cui si dovesse riporre la sagra Im-
magine. Fece il disegno delia chiesa il p.
Michele da Bei'gamo cappuccino, archi-
tetto assai perito e carissimo a Urbano
Vlll,eda'i5agosto 1624 il cardinal Deti
solennemente vi pose la i.' pietra, dedi-
candola all'Immacolata Concezione, con
indulgenza plenaria concessa dal Papa.
Progredendo la fabbrica terminò la som-
ma, ad onta di altre limosine e pii legati
raccolti, onde il fabbriciereMasseroni ri-
corse a Maria pei mezzi onde continuar-
la; depose poi con giuramento che qua-
i84 Rie
lunque volta aódava ad aprirla cassa che
avea lasciata ?uota^ sempre la trovò for-
nita di grosse somme. Vi coDtribuirooo
largamente i vescovi cardinali Pio e Bor-
gia, il i.^ de'quali a sue spese dal cele-
bre ca V.Bernini fece erigere l'altare mag-
giore, che provvide di tutto; il 2.^ affidò
la cura del tempio ai vallorabrosani, di
concerto col priucipe Savelli, ed i monaci
nel 1 63a a' 1 7 gennaio posero la i .' pie-
tra e incominciarono la fabbrica delFan-
nesso monastero, per le cure del vallom-
brosanop. d. Benigno Bracciolini, che di-
venne primo abbate di Galloro. Termi-
nata la chiesa e il monastero, si esegui
nella prima la benedizione da detto ab-
bate nel giorno della festa di Pentecoste;
indi ebbe luogo nel dì seguente a' 1 5 mag-
gio 1 633 la solennissima e magnifica tras-
lazione della s. Immagine dal fondo del-
la Valle, dopo essere stata spiccata dal ri-
manente del vivo sasso, in cui la pom-
posa processione percorse la via Appia e
rAriccia, con indulgenza plenaria, ed in
questa occasione eziandio la Beata Ver-
gine operò copia grande di prodigi. La
sagra funzione si fece con tanto splendo-
re d'apparato e concoi*so d'inuumerabi-
le popolo, di 1 3 confraternite e de'cleri,
che dell'uno e dell'altro non se ne ricor*
da il simile, tutto desa*itto dai pp. Lava-
iani e Boero. La s. Immagine portata con
macchina da io uomini sotto nobilissi-
mo baldacchino,incede va a modo di trion-
fo tra il canto de'sacerdoti, i concerti dei
musici, il suono degli strumenti e le voci
della £)rmicolante e commossa moltitu*
dine, penetrata da tenera divozione: i soli
forestieri si calcolarono 3o,ooo, ne' cui
volti si vedeva il tumulto degl'interni pie-
tosi affetti. Ridevano le strade per varie-
tà di coloriti e odoriferi fiori, da per tutto
salve festevoli di mortari e altri fuochi
artifiziali. Non è a dire come la Riccia si
pose a festa con archi trionfali, addobbi,
festoni e fregi, con cui gl'infervorati ere*
ligiosi abitanti a lodevole gara esultanti
ornarono di drappi^ arazzi e tappeti di
Rie
colori diversi le porte e finestre di loro
case. Perchè poi non si perdesse la me-
moria del luogo donde si tolse la s. Im-
magine, l'abbate di Galloro nel 1676 fe-
ce restaurare la cappella e posavi una
marmorea iscrizione; in processo di teiii •
pò divenuto il luogo negletto, nel 1 846 la
pietà dell'aricino Giuseppe Alberti, attua-
le rispettabile priore del comune d' A ric-
cia, ne rinnovò la rimembranza sotto l'o-
dierno zelante superiore p. Andrea Stur-
loni gesuita, perchè vi fu aperta una più
facile via ed edificata una vaga edicola
o cappelletta in cui pose una piccola sta-
tua della B. Vergine, ed ove si vede il
muro dal quale fu segata la s. Immagi-
ne, con in fronte elegante iscrizione la-
tina che ricorda la storia della traslazio-
ne. Della solenne traslazione si celebra
festiva ricordanza nel giorno seguente di
Pentecoste in cui si effettuò. Circa al mo-
do come il principe d. Paolo Savelli coa-
tribuì alla fondazione del monastero, e
le convenzioni fatte coi monaci, si può
vederlo in Ratti, Della famiglia Sforza
t. a, p. 3 18 e 34^. I monaci si obbliga-
rono di dare la pozione parrocchiale al-
la collegiata per que'morti che seppellis-
sero nella loro chiesa, purché non vi ab-
biano sepoltura propina; e di tenere nel
monastero 8 sacerdoti e 4 tra laici e chie-
rici, ed Urbano Vili presagisse 12 sacer-
doti. Per le ragioni che potevano avere
i canonici d' Ariccia sulla chiesa e sull'a-
rea del monastero e orto de'vallombrosa-
ni,guesti obbligò il principe a dare5oo
scudi al capitolo, che di tutto ciò non fu
interpellato. Laonde i canonici mossero
lite al p. ab. Bracciolini, quale per inler*»
posizione del vescovo cardinal Borgia fu
troncata con un atto di concordia. Quia-
di Urbano Vili eresse canonicamente
l'abbazia. Gli aricini con costante fervore
continuarono nella divozione alla s. Im-
magine, e furono sempre ricambiati eoa
grazie e lavori segnalati, restando illesi
nella memorata peste che invase le pros^
sime città e terrej avendo pure invocato
Rie
UiDteroessionede'ss. Rocco e Sebastiano,
come venne rappresentato nel quadro pò*
sto nella chiesina de'due senti. In memo-
ria diche, con convenzione stipulata nel-
lo stesso anno tra'vallombròsani e il ca«
pitolo d'Aricela, si stabilì di celebrarne
annua festa nella i.' o 2.* domenica del-
l'avvento, trasferita poi in quella della
Concezione titolare dei la chiesa, precedu-
ta da novena con convenevole pompa ede-
coro, essendo stata rimossa a'nostri gior-
ni la gara de' contribuenti, con istituir-
si a tale efifetto una pia unione di arici-
ni, la quale elegge la signora della festa,
che con manto turchino e corona d'ar-
gento in capo in nome del pubblico con
diverse formalità offre candele e doni ai-
la B. Vergine, portando in mano la sua
statuetta d'argento, da cui gl'infermi^ ai
quali si reca, implorano la sanità. Edi-
ficante e da intenerire ogni cuore è il nu-
meroso concorso de'fedeli che in questo
giorno, eziandio da lontano, si portano
al santuario. Passata la signoria d' A ric-
cia nel 1661 dai Savelli ai Chigi, il san-
tuario di Galloro acquistò assai coi nuovi
duchi, ne'preziosi doni fatti alla chiesa e
nell'accrescimento del suo splendore. A-
lessandro VII principale ornamento dei
medesimi, avendo appreso che la lun-
ghezza del tempio non era riuscita pro-
porzionata alla larghezza, per la fretta
di terminarlo, fece aggiungere due cap-
pelle che volle dedicate ai ss. Tommaso
da Villanova e Francesco di Sales da lui
canonizza ti.Fece anche eseguire a sue spe-
se la facciata, decorandola del suo stem-
ma, l'ammattonato del pavimento e qo-
pi*ir di piombo la cupola ; il tutto col di-
segno e direzione del cav. Bernini. Com-
piuta la fabbrica nel 1662, si recò a ve-
nerare la B. Vergine, donandola di ric-
chi paramenti sagri, e per attirarle ezian-
dio da lontano i popoli a renderle omag-
gio, istituì in Ariccia una pubblica fiera
nella Pentecoste d'ogni anno per 8 giorni
continui, la quale si estese a Galloro, cioè
lungo la stiada e sul vasto piatalo ne del
RIO i85
santuario, e si vede dipinta in un gran-
dioso quadro esistente nel palazzo Chi-
gi. Di più fececoniare una medaglia, che
riporta il succitato Bonanni, colla leggen-
da : Ostendit Dominiis misericordìam in
Domo Malrissuae, Ariciae, Forse pel po-
co numero de'monaci, questi si ridussero
a cantare il vespero nelle sole feste: la
B. Vergine parlò e chiaramente per due
volte disse: Che si canti il vespero^ e fece
istantaneamente guarire l'abbate malato.
Divulgatosi il duplice prodigio, da tutte
parti accorse la moltitudine, quindi sa-
nazioni di storpi, ciechi illuminati, ossessi
e affascinati liberati, infermi d'ogni ma*
lore guariti. Crescendo la divozione, sen-
za numero furono le largizioni, ed il sa-
nese Bigelli lasciò la sua eredità perchè
si coronasse solennemente la s. Immagi-
ne. Pertanto i monaci, supplicalo il ca-
pitolo Vaticano, questi delegò mg.' Cibo
patriarca di Costantinopoli, poi cardina-
le, il quale a' io giugno 1726, alla pre-
senza di popolo numerosissimo e di no-
bih romani, ornò con solennissima pom-
pa delia corona d'oro la B. Vergine e il
s. Bambino. Dopoché Urbano Vili in-
cominciò a fare la villeggiatura nel vici-
no Castel Gandolfo {P^,)f i successori lo
imitarono; laonde di frequente onoraro-
no di loro pre^nza l' Ariccia e Galloro,
visitando il santuario e intervenendo nel
sabbato al consueto canto di litanie : al-
trettanto fecero quando si recarono aGen-
zano, Nemi, Veiletri, Terracina e altri
luoghi. Urbano Vili donò al santuario
ricchi paramenti nel visitarlo. Clemente
XI vi si recò più volte e ornò di marmi
l'altare maggiore, donandogli il corpo di
s. Clemente martire. Delle visite del se-
colo passato e del corrente si legge la me-
moria ne* Diari di Rornajcosìdì Bene-
detto XIV che soleva recarsi alle litanie,
e ordinò a sue spese la balaustra di mar-
mo: la visitarono eziandio ClementeXIll
eClementeXlV.Nell'invHsionede'repub-
blicani francesi del 1 798, anche questo
santuario soggiacque allo spoglio di lutti
i86 Rie
gli ori ed argenti, comprese le dette due
corone e i voli; quindi nel maggio furo*
no cacciati i monaci e venduto quanto e«
ra nel monastero. Restata la chiesa de-
serta eia s. Immagine senza cullo, temen-
do gli aricini che venisse profanala, ot-
tennero dal preside di trasportarla nel-
rAriccia, ed agli 1 1 novembre poterono
gli abitanti venerarla nella loro collegia-
ta, onorandola con molteplici ossequi e
sperimentandone la valida protezione.Nel
1800 avendo già i francesi evacualo lo
stato pontificio, ed elettosi Pio VII in Ve-
nezia, i vallombrosani nell'apnie pote-
rono rientrare nel monastero; ma insor-
se controvei*sia tra essi e il capitolo d'A-
riccia, che indottovi dal tumultuante po-
polo voleva ritenersi il tesoro della s. Im-
magine, finche il Papa ordinò che si re-
stituisse a Galloro; il che fu eseguito a'5
dicembre i Boi, in uno ai sagri arredi
conservati, ed al mìracolosoCrocefissoche
si venera nella 1/ cappella a sinistra, il
quale era stato trasportato a Genzano.
Continuarono i monaci a promuovere la
divozione alla ss. Vergine ed a riparare
i gravissimi danni patiti dalla chiesa e dal
monastero. Pio VII nelle sue villeggia-
ture a Castel Gandolfo frequentò il san-
tuario e il canto delle litanie, e nel sab-
bato i3 ottobre i8o4, assunti gli abiti
sagri in sagrestia, die col Santissimo la
trina benedizione. Invasi nuovamente gli
stati della Chiesa dagl'Imperiali francesi ,
nel 1810 l'imperatore Napoleone sop-
pressegli ordini religiosi, e però i monaci
vallombrosani dovettero di nuovo abban-
donare Galloro, che per altro già da pa-
recchi anni pel numero ristretto non vi
risiedevano piti stabilmente, giacché per
mancanza di rendite e di soggetti dal 1 786
eransi ridotti talvolta a due sacerdoti.
Tutta volta il monastero ebbe a superiori
diversi abbati virtuosi e dotti, ed alcuni
furono elevati al vescovato: di questi il-
lustri monaci trattano il can.^ Lucidi ed
il p. Boero, essendo stati alcuni abbati
aricini. Prima che i vallombrosani defi-
Rie
nilivamente partissero da Galloro, a Tea-
no cura del santuario due sacerdoti ame-
ricani già gesuiti, i pp. Castagnares e Ne-
gai, spesati dal p. abbate, che di quando
in quando vi si recava da Roma, i quali
animati dallo spirito apostolico di cui so-
no informati tutti i rispettabili individui
della benemerentissima compagnia di Ge-
sù, si dierono con zelo alla santificazione
delle anime. Espulsi i monaci, prosegui-
rono a uffiziare la chiesa e ad amministra-
re i sagra mentì, in modo che ambedue la-
sciarono in benedizione la loro memoria
pressoi popolid'Aricciaedi Genzano. Ri-
tornato nel i8i4 Pio VII alla sua sede,
dalla villeggiatura di Castel Gandolfo si
recò più volte alle litanie del sabbato nel
snntuariodi Galloro, e altrettanto fece nel
i8i5 e seguenti anni, sovente anche a
piedi. Morto in Roma il p. Castagnares^
restò il p. Nogal, onde il cardinal Dugna-
ni vescovo d'Albano deliberò di riunire
il santuario al suo seminario, e Pio VI I vi
acconsentii con breve de'24 agosto 1 8 1 6,
quando già gli era successo nel vescova-
to il cardinal Di Pietro albanese. Ma non
erano coi*si due mesi dacché il seminario
ne avea preso possesso, che gli convenne
cederlo alla compagnia di Gesù, ed ec-
cone il modo. Nel 1 8i4 ristabiliti gli or-
dini religiosi, i più ragguardevoli dell'A-
riccia e di Genzano fecero calde istanze
per riavere i vallombrosani a custodi dei
santuario, ma essi per mancanza d'indi-
vidui se ne scusarono. Siccome in Gen-
zano diversi gesuiti a veano in tempo del-
la soppressione aperto come un collegio
o convitto con immenso vantaggio della
gioventù, e si eranoadoperati in ogni ma-
niera d'apostolico ministero a benefizio
della città e de' dintorni, così i primari
dell'Aricela e Genzano, cioè il can.° d.
Francesco Guidobaldi e Pietro Alberti
d' Ariccia, Nicola Pasquali e Pietro Jaco-
bini di Genzano, si a doprarono energica-
mente col comune cardinal vescovo e coi
superiori della compagnia di Gesù per-
chè 8 questa li aflidasse il santuario di
Rie .
Gslloro (dipendente dal Collegio roma*
no di Roma, il cui p. rettore vi tiene un
p. superiore), con aumento di entrate,
cui 8Ì obbligarono le comuni d'Àriccia e
Gensano. Così ordinate le cose, a'ao ot-
tobre 1816 si recarono a Galloro di veni
gesuiti, ed in esecuzione del breve di Pio
VII il cardinal Di Pietro fece il decreto
pel formale possesso della residenza. 11
giorno dell'ingresso de'gesuiti fu segnala-
to dalla solenne coronazione che il Papa
-volle fere alle immagini della R. Vergine
edel Rambinocondue corone d'oro fatte
a sue spese in sostituzione delle rapite,
al modo che narrai nel voi. XVI 1, p. a44>
avendo Pio VII concesso per 3 giorni in*
dulgenza plenaria in forma di giubileo:
ogni anno nella 2.' domenica d'ottobre
se ne celebra il festivo anniversario. V'in-
terveonelro la regina d'Etruria e gli au-
gusti suoi figli, di versi cardinali, principi
e altri signori, onde fu stampata la De*
scrizione della solenne incoronazione ec.
Roma 18 17. In questo anno re Carlo IV
di Spagna, divotissimo del santuario, fece
fare un gruppo di 3 bellissime rosed'o-
ro, e volle che con solenne rito sioffris*
aero alla R. Vergine. Pio VII le benedì
e mandò al cardinal Di Pietro, il quale
domenica 26 ottobre, alla presenza del re
e della sua corte e di molto popolo, do-
po la messa pose in mano alla ss. Ver-
gine le 3 rose; ìndi il p. Rossoni gesuita
pronunziò un'eloquente orazione.Di que-
sta funzione trattano il n.*' 90 del Dia-
no di Roma, e la Lettera delcan. d. Fran-
Cesco Brignoli, Roma 1817. Tra'princi-
pi benefattori del medesimo nominerò
d. Alessandro Torlonia, il quale nel 1 84^
fece il nuovo organo che si vede in fon-
do alla chiesa. Gregorio XVI fu divotis-
simo del santuario, molte volte lo vjsilò
recandovisi anche a piedi, e fece la co-
moda strada e il bel ponte che conduce
dal piazzale di Galloro al piano dell'Ol-
mata di Genzano, costruito sopra un a-
spro e profondo dirupo, che ivi rendeva
assai difficile e pericoloso il canamino,ou*
Rie 187
de a'noslri tempi si ricordano non poche
vittime: ne parlai nel voi. XXIX, p. 26
e 56. Fu coniala una medaglia colla ve*
duta del ponte, della strada e del san-
tuario, e con questa iscrizione : Acquato
GallorijugOy Ponte constructOy P^ia coni"
planata^ i843. Si legge nel u.^ 90 del
Diario di Roma 1 84^, che a'26 ottobre
4*' domenica del mese, Tinsigne tempio
e santuario di Galloro fu solennemente
cons'agrato da mg.*^ Francesco Briganti
Colonna arcivescovo di Damasco, che ne
avealasera innanzi aperte pontificalmen-
te le vigilie, avendo portato in processio-
ne le ss. reli£]uie il p. Roothaan generale
della compagnia di Gesù, il p. assistente
Grassi con due altri padri della compa<
gnia. Tra i nobili personaggi v'interven-
nero il principe Chigi e il duca d. Loren-
zo Sfurza Cesarmi. Finita la funzione, il
consagrante celebrò la messa sull'altare
che pure avea consagrato. Abbiamo: O-
tnilia detta da S, E, R. nigs Fr, Briganti
Colonna arcivescovo di Damasco nella
consa graziane della ven, chiesa di s. Ma»
ria di Galloro de'pp. della compagnia
di Gesti, Roma i845. Tutto fu eseguito
percura del sullodato p. Sturloni, il qua-
le per la sagra fece fare belle croci di me-
tallo dorato in fondo di la va, e dalla parte
del vangelo eresse una marmorea iscri-
zione della seguita ceremonia.Nel 1704
il p. ab. Martellini fece incidere l'imma-
gine della B. Vergine, alti*e furono fatte
dopo per opera de'gesuiti dai bravi in-
cisori Mochetti, e Vitta il quale veramen^
te la prese al naturale.Del santuario scris-
sero: D. Romano Lavaiani ab. vallom-
brosano. Breve ragguaglio delia Madon'*
na ss* che si venera nella chiesa di Gain
loro pressoi* nericcia, \{oma 1 758.P,Giu-
seppe Boero ^esmia, Istoria del santua»
rio della Beatissima tergine di Gallo '
ro, Roma 184^. Riporta ancora la de-
scrizione di molti de'prodigi e grazie dal«
la medesima operati.
Ariccia, luogo dedicato un tempo alla
deità piii celebri, dotato dalla natura di
i88 Rie
dima tempei'ato, d'arìa salubre, abbon-
dante di sorgenti d'ottima acqua e posto
a'confini della dominante del mondo, fa
eziandio assai fi*equentato dagli antichi
romani, anche come luogo atto alla cac*
eia, provveduto di tutto il necessario al-
la vita umana, fecondo d'uomini insigni
in ricchezze, nobiltà e dottrina. In fatti
Stazio Papinio, tra' luoghi piti ameni e
freschi, ove solevano i romani portarsi
per evitare gli eccessivi caldi estivi di Ro-
ma, annovera TA riccia o il freddo bosco
di Diana, paragonandola alle celebri Pa-
lestrina, Àlgido (di cui nel voi. XXVI,
p.179), Tusculo e Tivoli. Laonde molti
romani edificarono quivi e nel territorio
nobili e sontuose ville per loro diporto,
come P. Clodio potente e facondo, Giu-
lio Cesare, le famiglie Elia e Toria, la
gente Avonia, Agatirso liberto di Traia-
no, Vitellio imperatore, Pomponio Mu-
sa medico d'Augusto, delle quali Lucidi
ne riporta le particolarità e i pregi, nella
par. i,cap. 24* Ivi altresì parla di molte
antiche fabbriche nell'Ariccia, delle qua-
li sparsi nelle vigne si vedono i vestìgi^
cioè dell'anfiteatro, del foro, di templi,
della grandiosa sostruzione della via Ap-
pia, fatta per facilitare il cammino nella
Valle Aricina e delineata da Piranesi ;
descrivendo pure i tanti scavi eseguiti da-
gli amatori delle antichità e ne' quali si
rinvennero statue , vasi, iscrizioni e al-
tri marmi lavorati, musaici, ec. : nel voi.
XLllI, p. 55 notai i marmi del tempio
di Diana aricina, impiegati in alcune tor-
ri e chiese di Marino. Delle antichità a-
ricine e degli autori che scrissero dell'A-
riccia. Lucidi ne discorre al cap. i,par. i.
Da ultimo, nel luogo detto la Porla d'A-
riccia, furono trovate alcune medaglie di
bronzo, che si collocarono nel museo Kir-
cherianodel collegio romano. A p. 98 ri-
porta erudite notizie sui templi dedicati
nell'Ariccia in onore di Teseo, Fedra, E-
sculapio, Ippolito, Giunone, Oreste, Ifi-
genia, Fortuna Virile, Giove, Speranza,
della ninfa Egeiia^ d'Anna sorella di Di-
Rie
dono, Priapo e Latona, a'quali accorre-
▼ano i romani e i Ialini, massime nelle
feste che per tali numi si facevano sotto
la Valle Aricina^ dalla quale trae la sor*
gente il fiume Numico, ora Incastro, le cui
acque erano tanto stimate da'romani che
se ne servivano pe' sag^i'ifizi, famoso an-
cora perchè vi morirono Enea e Anna Pe-
renna. Della rinomata Valle Aricina, ove
fu l'antica Aricia,al presente Vallericcia,
Lucidi ne parla a p. 4^* Celebre per la
sua fertilità, trovasi alle falde del colle su
cui sorge l'attuale Ariccia o Riccia, dalla
quale trasse il nome. È la valle circoa-
data da tutte le parti da monti e colli che
la l'endono molto deliziosa; tranne i det-
ti colli e le vigne l'estensione è di i4o
rubbia circa. Nibby dice la Valle, cratere
d'un antico Iago di forma elitlica, di circa
8 miglia di circonferenza. Lucidi propone
3 ricerche: se la Valle sia stata anticamen-
te coperta dalle acque del mare , se sia
stata vulcano, se sia stata un lago. Il ri-
tiro delle acque del mare nelle terre la-
tine, che prima bagnava in piti luoghi,
dev'essere accaduto molto tempo prima
de'tempi d'Ulisse. Che la Valle Aricina,
come ancora i laghi d' Albano o Castel
Gandolfo (F,)^ e dell' Ariccia ora di Ne-
mi, che descrissi nel voi. XXIX, p. 32 in
uno al comune, sieno stati vulcani, non è
da porre in dubbio. Leggo in Fea, Varie-
tà di notizie sopra Castel Gandolfo^ Al*
banOf Aricela^ Nemi^loro laghi ed emis-
sari, che la Valle Ariccia anch'essa in o-
rigine fu cratere o bocca particolare del
vulcano comune agli altri due laghi, e-,
stìnto senz'acqua, assai presto riempi lo o
dalla natura o dall' arte, fino all' altezza
del più basso orlo verso il mare, citando
quegli scrittori che parlarono di quel vul-
cano di più sbocchi. Riflettendo inoltre
che la città d'Ariccia in fondo al medesi-
mo cratere verso il monte, è di piti seco-
li anteriore a Roma,e anteriore anche al-
la guerra di Troia, e che l'acqua dell'e-
missario esce verso la città, conviene con
Lucidi che la città stessa da cui dipendeva
Rie
il Iago, detto perciò A ricino, forse anche
prima della fondazione di Roma, quando
essa era già assai popolata e ricca, faces*
se traforare il monte dalla parte sua e in
sua giurisdizione per servirsi dell' acqua
a vari usi; operazione in appresso imita-
ta e meglio eseguita nell'altro emissario
dal governo di Roma, il quale avea già
il modelb della cloaca massima , opera
anch'essa delle più straordinarie di ogni
età. Ciò supposto , la superficie del lago
Albano sarebbe restata più elevata finoal*
l'anno 358 di Roma, in cui fu di tanto
ribassata più di quella del $ocioNeroi;e
per conseguenza, dice Fea, non può cre-
dersi che i due laghi abbiano comunica-
zione insieme, e che questo ancora riceva
l'acqua da quello. Un'altra ragione ezian-
dìo farebbe al Fea negare questa comu*
nicazione opposta dal lago di Nemi nel-
l'Albano, cioè che tanta acqua vediamo
sgorgare dentro al i .^ lago sotto Nemi ,
quanta ne esce nella Valle Riccia, in am-
bedue i luoghi facendo agire egualmen-
te le mole. Osserva Lucidi che per pro-
va del vulcano già esistito nella Valle A-
ricina alcuni scrittori citarono la pioggia
di sassi caduta due volte nell'A riccia al
l'iferir di T. Li vìo, e la gran voragine a-
pertasi ali' improvviso nel foro o piazza
dell' Ariccia, in cui il foro medesimo si
sprofondò, lo che fu preso per indizio di
grande infortunio vicino, come accadde.
Però Lucidi, riflettendo che i vulcani e-
rano estinti da secoli e che sui loro era,-
teri erano state fabbricate grandi città e
già molte antiche all'epoca delle pioggie
di sassi, queste probabilmente derivaro-
no da violenti turbini,come altrove, e ne
produce gli esempi e le ragioni. Siccome
Plinio narrò per confermare vulcanico il
terreno aricino, che cadendo un cai bone
sulla terra raccendeva, ciò deve attribuir-
si alla torba che era nella Valle e poco co-
nosciuta a' tempi di quel naturalista , la
quale torba si trova ne'siti paludosi e tale
in parte fu la Valle già lago; Inoltre spie-
ga Lucidi le posteriori accensioni accadu-
RIC i8c)
te nelle forme e fosse sotterranee della
Valle, come effetto dell'aria infiamma-
bilesprigionatasi in que'Iuoghi, anche con
{strepito e colpo simile a quello d'un can-
none, il quale ripetutamente e sotterra-
neo s' intese neli' odierno paese senza si*
nistri effetti, se nonché ti more che doves-
se produrre terremoto; questi rumori e
colpi sotterranei più o meno gagliardi si
spiegarono per accensione sotterranea di
particole sulfuree e nitrose, prodoU^e dal
sole e dal caldo esteriore dell'estate. Fi-
nalmente circa alla 3.' ricerca, se la Val-
le sia stata un lago, dichiara Lucidi. L'a-
nalogia che passa tra' vulcani de'Iaghi Al-
bano e Nemorense con quello della Val-
le Aricina giova ancora n provare che
questa sia stata lago simile a quelli: il cra-
tere della Valle Aricina, se si eccettui Ja
differenza della maggiore o minore altez-
za de'monti e colli che la cingono, è si-
mile a quello degli altri due luoghi. Po-
trebbe supporsi poi che la Valle Aricina
non sia mai stata lago, ma che le acque
che in tempo di pioggia scendono da' vi-
cini monti in gran copia, formassero u-
na palude o slagno o pantano nella par-
te più profonda, la quale acqua ne' suc-
cessivi tempi fu deviata per mezzo di
quel canale o emissario, che sotto il col-
le più basso conduce le acque al di fuori
della Valle, e che in seguito si formasse
l'altro canale, di cui parla Kircher, La^
tium vet et nov, lib. 2, cap. 7, per mez-
zo del quale le acque del lagolNemoren-
se s'introducono nella Vaile Aricina; ma
non può credersi che ciò fosse a'tempi di
Ovidio, perchè la bocca, donde scaturisce
r acqua del lago Nemorense, è più alla
de'molti luoghi più profondi della Volle.
Lasciate da parie tutte le opinioni, e dato
per certo che nella Valle Aricina fu uu
vulcano, ne viene di conseguenza che poi
vi sia stato un lago, o smorzatosi il fuoco
da se per mancanza d'alimento, e soflbcato
dalle acque piovane e de'monti vicini. So-
pra i due emissari che esistono, uno sul
fine della Valle, laltro sul principio, il i.**
190 RiC
servì per deviare le acque o diseccare il
lago della medesima, i^ 2.^ per diseccare
il lago di Nemi; ed il i.° fu formato prima
del Ledagli antichi aricini,allrimeiìli noa
avrebbero potuto fabbricare la loro città
in questo luogo basso; ma è ignoto il tem*
pò in cui ciò seguisse, come è ignoto quel-
lo in cui fu forato il monte per deviare
le acque del lago Nemorense. Fu aperto
l'emissario sul fine della Valle anche per
renderla ad uso di coltura ; V emissario
del lago Nemorense credesi aperto per
profittare di quelle acque nella Vaile A-
ricina e territorio sottoposto. Si può vede-
re La pi, De due laghi Mbano e Nemo»
rense. Lucidi eruditamente discorre delle
diverse coltivazioni e proprietà di Va Ile-
riccia, della sua fertilità e prodotti, degli
orti, vigne e piantagioni d'alberi di frutti
e altre piante, primeggiando per sapore
fra gli erbaggi i cavoli cappucci e bolo-
gnesi, e le cipolle; che vi si semina pure
il lino, la canape, il grano e i legumi con
vantaggio. Quindi Lucidi ap.190 discor*
re della fertilità e produzioni dell' agro
Arici no, avendo Cicerone lodato l'uber-
tosità de'suoi campi, rilevando la perfetta
qualità del grano e dell'erbe de' pascoli,
onde il pane e le carni della Riccia sono
ottimi; quanto al vino, eh' è abbondante,
alcuni terileni lo producono buonissimo,
così dice del sapore di diversi frutti e del-
l' olio. Del commercio degli antichi ari-
cini tiene proposito a p. 202, e narra che
oltre i ricordati prodotti , gli armenti e
la cacciagione ne'primi tempi servirono
al commercio degli aricìni, ed i romani
tenevano io Ariccìa parte delle provviste
de'grani. Vuoisi che un tempo distenden-
dosi il dominio ariciuoal marecon porto e
navi, facessero anco il traffico marittimo.
I confìni antichi dell'agro Aricino erano :
da oriente col regno de''Volsci (di cui a
Velletri) e si estendeva a tutto il Monte
Artemisio (il quale ha conservato l'antico
nome, perchè molli scrittori con questo
chiamarono Diana, il lago e il bosco ari-
cino) nella selva Paiola; da libeccio con
Rie
Ardea (della quale trattai nel voi. XXIX,
p. 3i), già metropoli de'rutuli, co'quali
insorsero molti litigi sui con6ni ; da po-
nente coir agro Solonio posto tra Lavi-
nio(al presente Civita Lavinia)e Laurea-
to ora Patrica o Pratica ( delle quali ra-
gionai nel voi. XXXVII, p. 2i9e!2 36);
e da tramontana coll'agro e Monte Al-
bano ora Cave. I confini moderni del ter-
ritorio d' Ariccia, il quale è ristretto in
rubbia 914 circa, sono all'oriente coi ter-
ritorii dì Rocca di Papa (di cui nel voi.
XXVI 1, p. 174)9 ^emi e Genzano; a
tramontana con quelli di Castel Gandol-
fo e d'Albano; a occidente con quelli di
Albano e deli' Agi'o romano, e ad ostro
con quelli di Civita Lavinia (di cui nei
▼ol. XXIX, p. 38, XXXVll, p. 233 ) e
Genzano. Lucidi enumera a p. 3o2 le se-
guenti colonie A ricine. 11 Castel di Ma-
lafUto y le cui rovine sono sopra il lago
Albano presso Palazzola, del quale par-
lai ne' voi. XLIII, p. 4^> LIV, p. 233:
ne furono signori i Conti ed i Savelli, dai
quali passóni Chigi; e dal suo monte pro-
vengono le acque in Albano, derivando
le sorgenti dai monti che sovrastano Pa-
lazzola e forse da Monte Cave. Il Castel
Savello, di cui tratto a S avelli famiglia.
Genzano e iV^emi^de'quali tenni propo-
sito ai citati loro articoli. A Nemi parlai
del bosco aricino e di Egeria, del lagoa-
ricino, del &moso tèmpio di Diana Tau-
rica e suo sacerdote diverso da quello di
Diana Aricina, di tutto ragionando Lu-
cidi a p. 68 e seg. coi relativi fatti isto-
rici alterati dalla favolosa mitologia dei
poeti. Egli distingue i riti praticati nel
tempio aricino di Diana venerala coi no-
mi di Tuurica o Scitica, e di Aricina o Ne-
morense o Cacciatrice; e siccome eranvi
due sacerdoti differenti e duesagrifizi, uno
mite, l'altro crudele, così congettura che
vi fossero ancora due simulacri, uno cioè
di Diana Taurica o Scitica portato in A-
riccia dalla Taurìca o Scizia da Oreste,
cui offrivansi vittime umane ; 1' altro di
Diana Aricina, Nemorense e Cacciatrice,
Rie
sotto la cui figura fiivoleggiata era A ric-
cia moglie d'Ippolito, in molto culto dal-
le donne latine e romane, chiamata pure
Vesta e Bona Dea, ed invocata pei feli-
ci matrimoni epe'prosperi parti, concor-
rendovi in folla i cacciatori. Il sacerdote
di Diana Aricina era nobile e cavaliere
che serviva pure al tempio d'Ippolito Vir-
bio, onde presso il bosco aricino eravi il
ragguardevole collegio de' Flamini Vir-
biali,e quello di altra condizione de'Lo-
tori, cioè di persone destinate a lavare, o
forse destinati alla cura de'l)agni pubbli-
ci ch'erano nel Iago, ed a tener pulite le
statue ed ì sagrì utensìli di Diana loro tu-
telare^ Il sacerdote di Diana Taurica, di
cui feci parola a Nemi, di vile condizione,
«die regnava sul bosco con titolo di rex
Nemorensif^esìsìeya ai tempi di Pruden-
zio che Borendo nel IV secolo detestò Te-
secrabile costume di uccidere il predeces-
sore per divenire sacerdote, oltre le vit-
time umane cheimmolavansi nel tempio
de'servi fuggiti vi,al dire di Corradini, Fc*
tus Latium profanum et sacrum;msk Lu-
cidi per servi fuggitivi crede doversi ri-
tenere del perdente nel duello tra il servo
fuggitivo e il sacerdote che avea il posses-
so del bosco aricino. Nibby, /Inalisi dei
dintorni di Roma, parlando di Nemi, di-
ce che il barbaro rito cessò nel 891, quan-
do furono chiusi i templi pagani, d'or-
dine di Valentìoìano 11 e Teodosio I. Sem-
bra dunque rilevarsi da Lucidi che seb-
bene uno fosse il tempio di Diana nell'A-
riccia, due fossero i simulacri e differen-
ti i sacerdoti. Tanto ne' tempi antichi,
quanto ne'tempi di Cesare, nel tempio di
Diana si conservavano i tesori della sagra
moneta del popolo romano.ParlandoNib-
by delle vestigie dell' antica Aricia , che
occupano la convalle, pel tratto d' un
mezzo mìglio in linea retta dal parchet-
to fino quasi alla celebre sostruzioue del-
la vìa Appia, dice che gli avanzi più con-
siderabili sono nell'orto di mezzo, dove
per la prima volta scopri nel 1 8 1 7 la cel-
la del tempio di Diana Aricinai ridotta
Rie 191
oggi a casa rustica , costrutta di grandi
massi quadrilateri di pietra albana,com-
messi insieme con molta arte senz'ombra
di cemento. Dice che somiglia al tempio
di Giunone Cabina, che occupa il centro
della città antica, e che avea un portico di
ordine dorico con 4 colonne di fronte e
4 ne'lati; ne riporta le dimensioni e di-
scorre di residui di terme.
Non solo gravi autori riportati da Lu-
cidi fecero gloriosa menzione dell' antica
città d' Aricia, poi con duplice e detta A-
riccia ; ma Cicerone, Philipp. 3 , ne fece
magnifico elogio, chiamandola munici-
pio per orìgine antichissimo , per diritto
dì confederazione unito a Roma, per vi-
cinanza quasi ad essa contiguo, per isplen-
dorè de'suoi cittadini onora tissimo. Che
da questo municipio erano derivate le leg-
gi Yoconiae Scatìnia: da questosommì-
nistrati a Roma moltissimi magistrati e
cavalieri, che col loro splendore onorato
avean la romana repubblica non solo nei
tempi antichi , ma ancora nella recente
età. Lucidi con amor patrio trattò con
diffusione degli uomini e donne illustri
dall' A riccia prodotti e dati a Roma : i pri-
mi insigni nelle lettere, nelle dignità e
nelle armi, consoli, senatori, edili, pretori»
tribuni della plebe, legisti, cavalieri ric-
chissimi e onestissimi; le seconde matro-
ne ottime e virtuosissime in tutti ì tem-
pi, queste e quelli facendo l'elogio della
patria, che Servio, Aeneid, lìb. 7, chia-
mò sede della virtù. De'nomi che di loro
sono restati ne pubblicò le gesta anche
Ricchi, Teatro degli uomini illustri, cb^.
5: Soggetti illustri dell' A riccia. Uno dei
più celebri di cui si ha memoria fu Ma-
nin Egerio Lesbio tusculano,da cui de-
rivarono molti e chiari aricini , che per
molti anni fiorirono in virtuose azioni ;
quindi tra gli aricini illustri in lettere va
nominato Turno Erdonio che colla sua
fiicondia nella curia Ferentina perauase i
popoli del Lazio a intimar guerra ai ro-
mani, come notai nel voi. XLIII, p. Si
e 53, parlando di lui e di quelle assem-
19^ Rie
h\ee latine; ed Azzìoistoncò.Ne'tempi a
noi più vicini, esseodo »tata fondata nel-
TA riccia l'accademia degli Sfaccendati,
per la poesia che ivi aveagià fiorito, on-
de i fonti e il bosco Arìcino furono delti
delle Muse e delle Camene, in essa prò*
dusse molti accademici buoni poeti edot-
ti nelle scienze. £ siccome il clima arici-
no e la solitudine de' circostanti boschi
invita allo studio delle lettere, così , co-
inè negli antichi tempi, letterati e giure-
consulti ne'moderni si sono ritirati all' A •
riccia per attendere ai loro studi. Nelle
dignità molti illustri dierono le famiglie
Egeria, Erdonia, Azzia, Voconia e Sca*
tinia. Celebri tribuni della plebe e auto-
ri delle succennate leggi furono Q. Vico-
nio Saxo, e Caio Scatinio. Il cardinal Pao-
lo Sasselli ebbe i natali e l'educazione al-
l'A riccia. Nell'armi furono piti rinomati
Virbio figlio d'Ippolito celebrato da Vir-
gilio, che pai teggiòper Tumore de'nitu-
li; Turno Erdonio prodeanche nella scien-
za militare. Da Azzia aricina, figlia della
sorella di Giulio Cesare, nacque Augusto,
che divenne signore del romano impero,
ed al cui innolzamentocontribuì : essa fu
pur madre della celebre Ottavia moglie
di M. Agrippa. Dalla gente Azzia deri*
Tarono i Labieni e i Balbi, fecondi d'uo-
mini grandi. Delle donne più illustri a-
ricine, per la i .' si novera Egeria moglie
e consigliera di Numa Pompilio 2.^ re
di Eoma, o meglio deità immaginaria e
ninfa del bosco aricino frequentato da
quel principe saggio, che altri credono a-
bitatrice del bosco consagrato alle Muse
presso Porta Capena di Roma, procu-
rando Lucidi di concordare le diverse o-
pinioni, dicendo convenire ad ambedue
i luoghi quanto si scrisse sopra Egeria.
Altra illustre fu Azzia sorella della pre-
cedente e moglie a L. Filippo discenden-
te da re Anco Marcio. Di molti aricini
illustri e dotti, massime eccjesiastici, che
fiorirono ne'tempi posteriori, egualmen-
te Lucidi riporta le notizie. Per le singo-
lari virtù, ingegno e belle doti che fregia -
Rie
reno due degnissimi e benemeriti arici-
ni, entrambi canonici della collegiata, che
a' nostri giorni mancarono a' viventi, e
compianti dai concittadini e da quanti ne
ammirarono il complesso delle loro egre-
gie qualità e del sapere, qui ne farò bre-
Tc ricordo. III.** fu d. Francesco G nido-
baldi, defunto neh 835, il quale ebbe il
canonicato cui è annesso l'officio di espor-
re la s. Scrittura. Si dedicò con vivo ze-
lo ad ogni opera pia per l'utilità tempo-
rale e spirituale della popolazione arici-
na. Valente teologo, meritò la stima dei
cardinali vescovi, che lo fecero esamina-
tore del clero e gU affidarono altri ono-
revoli incarichi.Dotto, coltivò con succes-
so le lettere, l'erudizione e la poesia, on-
de abbiamo di lui : // giorno santificato
con Vesercizio della presenza di Dio av*
vivata da brevi considerazioni efrequen -
ti giaculatorie , operetta poetica , Roma
1825. Umile, prudente e di piacevole
conversazione, fu assai caritatevole co' po-
veri; benefico con tutti in vita, in morte
dispose legati di pubblica beneficenza, do-
nando la sua casa a vantaggio de' pò veri
infermi, scudi 200 per formare un mon-
te di pietà, annua dote per una zitella o-
nesta e bisognosa; altri lasciti destinò per
l'esercizio di diverse pratiche divote, pel
santuario di Galloro, per le due confra-
ternite, ed al suo capitolo legò la propria
libreria e gli scritti suoi per istruzione
del giovane clero. L'altro illustre eccle-
siasticoaricino fu mg.'* Gio. Battista Leu-
ci, morto nel 1847$ già canonico della
collegiata e vicario generale della dioce-
si, dalla quale venne amato e venerato,
per essersi meritato la benevolenza ed
estimazione di tutli, siccome vero orna-
mento del clero, dotto, integerrimo, pio,
di felice sperienza, di maturo con!»iglio ;
benevolo co'bisognosi, zelante ne'ministe-
ri che disimpegnò. Fu in prima arcipre-
te di Nemi, poi d'Albano, donde fu trat-
to neir invasione francese e pati depor-
tazione in Corsica. Rifugiatosi in Sarde-
gna, re Vittorio Emmanuele gli afHdò la
Rie
direzione della propri-a coscienza e V e-
ducaziode delle reali figlie, poi regina di
Napoli e duchessa di Modena. Ricompo-
ste nel 1 8 1 4 le cose politiche dello stato
pontificio; abbandonò gli splendidi onori
della corte per tornare al suo gregge, con*
tiuuando con frequente carteggio la regi*
na M." Teresa a consultarlo in molte e
gravi contingenze. Le ricchezze che glie-
ne derivarono, le versò tutte in seno dei
poveri. Disprezzatore delle onorificenze e
delle dignità, ricusò il grado d'incaricato
d'affari della s. Sede presso la detta corte,
e il vescovato diSutri eNepi. Ne' funerali
celebrali nella collegiata d'Ariccia, fu lo-
dato con eloquente orazione dal can.° d.
Pietro Santoni di Genzano, fratello del-
l'ottimo can.° d. Giovanni arciprete d'A-
riccia, enei n.° 8 delle Notizie del giorno
di Roma del 1 847 si legge un articolo ne-
crologico.
Lo stemma municipale dell' Ariccia è
la figura d'una donna con corona in te-
sta, con scettro in mano e paludamento
reale, colla quale vuoisi rappresentata A-
ricia moglie d'Ippolito di stirpe realee dal
"volgo chiamata la regina Ariccia, ovvero
dicesi eflSgiata Egeria. Questo è pure il si-
gillo del comune con l'epigrafe : Univer»
silos Arìeiae, La strada che incomincia
dal romitorio della Stella non è l'antica
Appia che conduceva a Valle Riccia, ma
una nuova via fabbricata nel 1 768 dalle
comuni d' Ariccia, Genzano, Civita Lavi-
nia, Nemi e Veiletri, d'ordine di Clemen-
te XllI, per avere una strada comoda che
da Castel Gandolfo conducesse alla Ric-
cia, facendola selciare con selci piccoli, u-
nìtamente all'altra strada che diverten-
do dalla via Appia conduce alla Riccia e
a Genzano. Questa strada che d'Albano
passando per la Riccia e Genzano condu-
ce a Veiletri, era già stata nel 1667 da
Alessandro VII surrogata all'antica cou-
solare Appia, come meglio dirò poi, ed a-
vea perciò acquistati tutti i privilegi del-
le vie consolari. Non ostante i chirografi
d'Alessandro VII che ordinarono ripar-
VOL. LVII.
Rie 193
tire la spésa di essa e della manutenzio-
nea 11 comuni della provincia del La-
zio e di Campagna, che ne riceveano be-
neficio, tornò la strada al pessimo stato
di prima, e siritornò a passare pèrla sel-
va della Faiola,cosi detta dal vicino ca*
stello Fagiola de'Sa velli, che quali ribel-
li ne furono spogliati da Eugenio IV e
venduto a Veiletri, indi reintegrati da
Calisto HI; ma essendo già diruto il ca-
stello, venne in seguito diroccato, come
leggo in Ratti, Storia di Genzano ^ p. 1 46.
Questo passaggio fu abbandonalo anche
per essere divenuto nido di famosi mal-
viventi, quando Pio VI fece allargare la
stiada che d' Albano pel Casaletto gira
intorno a Vallericcia e conduce a Geo-
za no e di là a Veiletri. La strada che con-
duce dal romitorio della Stella alla Ric-
cia é tutta ombrosa, incontrandosi diver-
se fonti d'acqua; ma è lunga e scoscesa,
tortuosa ed erta. Considerando Gregorio
XVI l'incomodo e i pericoli di essa, mos-
so dalle preghiei'e degli aricinì e genza-
nesi, non che a vantaggio pubblico, ap-
provò il progetto di agevolare l' accesso
alla Rìccia mediante grandioso ponteche
la congiungesse all' opposta occidentale
collina , e così rèndere perfetto il bene-
ficio che avea incominciato con l' altro
ponte eretto presso Galloro. Erasi già
quasi conchiuso l'appalto, quando alcune
gelosie basate su riflessi economici gli fé*
cero sospenderne l'effettuazione, e rivol-
gere le sue cure alla provincia di Ferra-
ra tanto danneggiata dalla straordinaria
e rovinosa alluvione del Po, rimettendo
a miglior tempo l'esecuzione del divisa-
to ponte, come meno urgente degli argi-
ni e altri gran lavori ch'esigevano le spiag-
gie del Po. Sopravvenuti altri bisogni e
la morte di quel pianto Papa nel 1846,
restò troncata l'attuazione del proposto
ponte, lasciandone la gloria al successo-
re regnante Pio IX. Questi nel medesi-
mo anno condiscese alle istanze rinnova-
te pel desideratoponte,ene ordinò la co-
struzione, onde f antaggiare l'industria e
i3
/-
194 f^ic
il commercio, e sommamente facilitare il
passaggio alle moltissime merci e all'i m-
xneoso numero de'viaggiatori obbligati a
transitare pel suddetto tratto di strada al*
quanto diflìcile e disastroso. Pertanto co«
me riporta il n.° 3o del Diario di Roma
1 847>a'7 aprile il cardinal Ostini vescovo
d'Albano, alla presenza del cardinal Mas-
simo, che qual pi^efetto generale delle ac-
que e strade a?ea di molto contribuito al-
la risoluta erezione, de'capitoli d'Albano»
Riccia e Genzano e de'magistiati di tali
municipii, nella valle del parco di Chigi,
premessa di vota processione,solennemen-
te pose la pietra fondamentale fra il suono
delle bande musicali, il fragore de' mor-
tari e gli applausi della tripudiante mol-
titudine. Indi s'incominciò ad innalzare
il meraviglioso ponte, che per solidità del-
ia mole, per la sua altezza ed estensione
è uno de più sontuosi e magnifici d'Ita-
lia, abbreviando sensibilmente la distan-
za che separa Albano dalla Riccia dall'uà
capo all'altro, cioè dal Borgo della Stel-
la, ove l'antica via Appia si congiunge
alla nuova, fino presso la decorosa piaz*
za della Riccia, alla quale il ponte viene
livellato mediante saldissime e gigante*
sche arenazioni, che sorgono dal profon-
do e dirupato burrone. Ne sono beneme-
riti l'encomiato ingegnere architetto cav.
Giuseppe Bartolini, autore altresì di quel-
lo di Galloro) e come di questo intrapren-
denti gli onorevoli fratelli genzanesi Gae-
tano e comm.'* Camillo Jacobini attuale
ministro del commercio, belle arti e la-
vori pubblici. Quest'opera monumenta le
volge al termine, e già da molto tempo
si percorre dai pedestri ne'suoi ambula-
cri, viadotti o gallerie^ che sono in linea
retta per ciascun ordine e attraversano
tutta la lunghezza del ponte entro i gros-
si piloni. Nell'ultimo ordine il ponte sarà
lungo metri 3 12, alto in tutto metri 60,
largo g e 80 centimetri; quindi più al-
to di quello della Valle o di Maddaloni
nel regno di Napoli. Tutta la bella costru-
zione è di peperino pietra albana trat-
Rie
ta con mine da una vicina cava, come la
pozzolana. Così procedendo le cose , la
Rìccia ben presto va a ricevere nuovo lu-
stro e nuovi abbellimenti, mentre nel no-
vello stradale si fabbricheranno comodi
ed eleganti edifizi. Nel i85i fu coniata
per memoria una medaglia colla veduta
del ponte e della piazza di Riccia, coll'epi-
grafe: Albano et Arida Ponte conjunctis,
Aricia è &ma tradizionale che fosse
fondata da Ippolito figlio di Teseo re d'A-
tene, di cui le favole mitologiche in di-
versi modi narrano le avventure (dicen-
dosi, che fuggendo Ippolito gli sdegni di
Fedra, trasportato da'ca valli del mostro
marino, fu sottratto a tanto pericolo da
Diana e collocato nel bosco Aricino o £•
ricino, sagro alla sua deità : che per que-
sta cagione i cavalli non potevano entra*
re nel bosco Nemorense), venerato poi
qual semideo col nome di Yirbio, aggiun-
gendosi che così la denominasse da sua
moglie Aricia. Ma la città d' Ariccia è
molto piii antica della guerra troiana^
nel cui tempo vissero Teseo ed Ippoli-
to; imperocché subito dopo la distru-
zione di Troia era già l' Ariccia città po-
tente e popolata, e Solino in Pofyhistor.
cap. 8, geografo latino che visse nella pri •
ma età del secolo 3.° di nostra era, ci fa
sapere che fu fondata da Archiloco duce
de'siculi, popoli indigeni del Lazio ^e che
dal medesimo trasse il nome; lo che si fu
risalire a più secoli innanzi detta guer-
ra, per cui Cluverio, Ilal. antiq, lib. 3,
cap.. 4> stabilisce i principii dell'Ariccia
nell'anno del mondo ^752, innanzi Ge-
sti Cristo o nostra era 161 3, pri ma di Ro-
ma 928 anni, e molti secoli avanti la fon*
dazione d'Alba Longa; ritenendo Luci-
di che una porzione del presente Albano
sia situata nell'agro antico aricino, ed in-
oltre che spettasse a questo tutta l'esten-
sione dell'agro che ora comprendesi tra
la rocca di Castel Gandolfo e TAriccia.
Secondo Virgilio, Aentad, lib. 7, nella
guerra tra Turno re de'rutuli ed Enea,
in soccorso del i.^ marciò anche Virbio
Rie
figlio d'Ippolito e d'Arida, seguendo la
credenza della Tenuta in Àriccia di suo
padre. L'Ariccia ne' vetusti secoli forse Fu
la città più forte del Lazio, e isuoi cit-
tadini i più valorosi, come dimostrò Tur*
00 Erdonio e come essi provarono nella
guerra sostenuta e nella vittoria riporta-
ta con l'aiuto de'cumani ed anche de'tu-
sculanì e anziati, contro l'esercito etru-
sco, che Toieva ristabilire Tarquinio il
Superbo sul trono di Roma nell'anno di
Roma 248,quando Porsenna con 4o,ooo
uomìtii, respinto da'romani per il loro e-
roismò e pacificatosi con essi, spedì il fi-
glio Arunte colla metà dell'esercito (altri
dissero Arunte figlio di Tai*quinio, senza
rammentare che perì nel combattimen-
to con Bruto, fondatore della repubblica
romana)ad espugnar l'Ariccia all'improv-
viso, onde si formasse un regno per se; ed
invece vi perdette quasi tutto 1' esercito
e la vita (venendo sepolto in quel mo-
numento d'Albano che dicesi degli Ora-
zi e Curiazi, come noto a Roma) , men*
Ire quelli che scamparono colla fuga ri-
cevettero generosa ospitalità dai romani,
ed ebbero per abitazione un luogo pres-
so il Palatino che da loro prese il nome '
di vico Tusco. Da questo fatto si può con -
chiudere che in que'tempi la popolazio-
ne dell'Aricela fosseabbondante. Sdegna-
ti gli arìcini contro i romani, prima pel
passo dato e le vettovaglie somministra-
te agli etruschi, poi per l'ospitalità ac-
cordata ai vinti, nel 254 ^i unirono ai
principi latini dopo la caduta di Fideree
(/^.),città confedera ta,persuadendoli nel-
l'assemblea del vicino bosco Ferentino
con coraggiosa eloquenza a vendicarsi dei
romani^ determinandovi i principi dÌ24
città. Laonde si recarono gli aricini quali
ambasciatori della confederazione in Ro-
ma per domandare riparazione e piena
soddisfazione a quanto aveano praticato
contro di loro cogli etruschi eco'fidena-
ti ; ^ venendo loro negata dal senato, gli
intimarono la guerra, della quale parlai
a Feascati o Tusculo, a Lazio, a Pale-
RIC 195
STRINA e negli altri articoli relativi; ma
presso il lago RcgìUo i romani riporta-
rono vittoria. Si proseguì tuttavia con
ealore la guerra a cagione de'confini coti
nuovi trionfi de' romani, seguiti dalla pa-
ce; onde é a credersi che d'indi in poi
fossero gli aricini sempre collegati co'ro-
mani. Quando gli aurunchi vicino all' A-
riccia intimarono guerra a'romani, que-
sti ivi li disfecero. Si avanzò tanto l' a-
micizia e la confidenza che gli aricini eb-
bero co'romani, che stanchi de'contiuui
combattimenti cogli ardeati pel dominio
d'un campo tenimento confinante, nel
3o6 di Roma a questa rimisero la cogni-
zione di loro causa, convenendovi i ne-
mici; però il giudicato fu in favore dei
romani stessi che si appropriarono il con-
troverso campo, come già spettante a Co*
rioli. Nella i.* guerra punica egualmen*
te gli aricini furono fedeli alleati de' ro-
mani contro i cartaginesi, e quando si
pacificarono fu stabilito che i cartaginesi
non dovessero recare ingiuria agli aricini
e agli altri latini che ubbidivano al ro-
mano impero, facendosi di loro speciale
menzione per la stima che ne faceva il
popolo romano. Onde nella 2.^ guerra
punica combattuta contro Annibale, gli
aricini somministrarono aiuto aRoma sic-
come potenti; per cui Coronelli nella Di'
bl, K.uV., yf eiho A rida, dice che poteva
armare 17,000 persone. Volendo i ro-
mani imperare su tutti i Ialini, determi-
narono questi di opporsi loro quando aU
cunacillà ne fosse attaccata, ciò che fu
la loro rovina, i romani soggiogandoli a
poco a poco. Unitisi gli aricini coi lanu-
vini, veli terni e anziati, e colti dal con-
sole C. Meo io presso il fiume Astura (di
cui nel voi. LIV, p. 20 1) per sempre fu-
rono vinti : l'Ariccia cadde in potere. di
Roma nel 4i^ o 417$ divenendo città
municipale, ed i cittadini verso il 420 de-
corati del diritto di suffragio e ascritti al-
la tribù Papinia, conservando la soprin-
tendenza e direzione del tempio e delle
ceremonie di Diana Aricina, che però fu-
196 Rie
rono fatte comuni ai romani. Da questo
tempo gli aricinì seguirono i destini dei
romani e pugnarono cogli altri latini in
difesa della repubblica romana sotto il no-
ine di socii Ialini. A Municipio dissi che
celebre fu quello d* A riccia, tale dichia-
rata dai romani, col diritto della loro cit-
tadinanza, coi privilegi e prerogative dei
più insigni, cioè del proprio governo e leg-
gi, coi tre ordini de'senatori o Decurioni
(f^.), cavalieri e popolo, che divideano
tra loro il govemamento, onde vi sono i-
scrizioni della loro repubblica, K P. A'
ricinorum, e S. P, R, Arìcinus, I latini
Don avendo diritto di contrarre matrì-
monì colle romane, di tale divieto furo-
no esenti gli aricini, e molti di questi in
Roma divennero senatori, consoli, pre*
tori e tribuni della plebe. Nel 44 i^*^P*
pio costruendo la' via che ne prese il no-
me, questa traversò T Ariccia, la quale di-
venne la I.* stazione per chi da Roma an-
dava a Brindisi; quindi è a credersi che
per tal motivo crescesse in opulenza. Nel-
la sanguinosa guerra civile tra Mario e
Siila, gli aricini seguirono il partito di
questo, il quale ne fece fortificare il ca-
stello o cittadella, che non ostante Ma-
rio prese e distrusse; indi a poco risorta»
per averla Siila esonerata dalia tassa del-
l'alloggio militare ed assegnato il terri-
torio a'suoi soldati per ripopolarla, con-
tinuò a governarsi colle sue leggi muni-
cipali, conservando tutti i suoi magistra-
ti. Augusto figlio di madre arici na con-
servò e protesse il municipio, e fu con-
servatore e curatore della repubblica a-
ricina; probabilmente l'avrà beneficata,
avendovi parenti e possessioni nel terri-
torio. Avea ancora il suo senato, prima«
rie magistrature essendo il dittatore , il
questore, gli edili: gli aricini elessero dit-
tatore l'impera toreNer va, che si sarà fat-
to rappresentare dal prefetto, quando era
già declinato lo splendore d'Ariccia per
mancanza forse de'principali cittadini, i
quali per la prossimità a Roma ivi fissa-
rono il dopAÌcìlio, per cui a'iempi di Ne-
Rie
rone era divenuta una piccola città, co-
me rilevasi da Lucano.
La vicinanza del municipio aricino a
Roma, di cui fu forse creduto sobborgo,
la numerosa popolazione, V opuleuza dei
suoi abitanti, le parentele con le case dei
Cesari e delle più cospicue famiglie ro-
mane, somministrano argomento a cre-
dere che l' Ariccia sia stata istruita nella
religione cristiana dai ss. Pietro e Paolo
o dai loro primi discepoli. E* verosimile
inokre che s. Pietro in tempo della sua
dimora in Roma, più volle siasi |Jort»lo a
predicarvi il vangelo, come fece negli al-
tri luoghi a Roma vicini. Che se molti
sono d'opinione che s. Pietro predicasse
in /^/^^ino(/^.), che allora consisteva nel-
le ville di Pompeo e di Clodio, coti mag-
gior fondamento potrà credersi dell' A-
riccia, in cui fu edificato un antichissimo
tempio a suo oiiore^ Se il s. Apostolo nei
suoi lunghi pellegrinaggi annunziava il
vangelo ne'luoghi pei quali passava, de-
ve congetturarsi che nella sua venuta dal-
l'oriente a Roma e passando per la via A p-
pia o reduce da Napoli, e per conseguen-
za dentro rAriccia,avrà ivi promulgata
la fede. La volgare tradizione,fondata sul-
l'opinione di alcuni scrittori, narra che
l'empio Simon mago (f^J, dopo In caduta
fatta in Roma alla presenza di alerone per
le preghiere de'ss. Pietro e Paolo ( A^.), per
cui nel preteso volo si fracassò le membra,
volendolo i suoi seguaci condurre a Brin -
disi oBrunda, ovvero altrove, per allonta-
narlo da Roma ove avea perduto la ripu-
tazione, per meglio farlo curare dalle ri-
posate feri te, passando per l' A riccia e ag-
gravandosi il male, ivi infelicemente morì,
ponendo i suoi fiiutori le di lui ossa in Un
sarcofago, che Lucidi dice esistere a'suoi
tempi nel giardino detto l'uccelliera, e la
tavola di marmo che lo cuopriva sta nel
palazzo Chigi. Oltre a ciò, l'arco rovinoso
di grosse pietre albane nella via Appia è
chiamato volgarmente i7^a^^or/e/ Diabo-
lo e il basto di Simon mago^ dicendosi che
in questo sito fu Simon mago dal diavolo
Rie
trasportaloall'inferno,cioé presso l'ingres-
so della via che conduce a Valiericcia. Fra
quelli che sostengono che Simon mago fu
trasportato all'Àriccia ed ivi morie fu se-
polto, noterò Davanzati, Notizie al pel»
legHno della basilica di s, Prassede^ p.
9; e Ricchi, La reggia déFoUci^ p. a t8 :
Uelt A riccia Colonia LXXXF'y in cui
tratta di sua storia e pregi. Quindi per
rendere sèmpre piti vituperosa la memo-
ria dell'impostore eresiarca, i primitivi
criiitiani aricini innalzarono un tempio a
s. Pietro per ricordare il suo memorabi-
le trionfo. Varie sono le opinioni circa il
luogo della morte di Simon mago, ed al-
cuni lo dicono morto nella caduta in Ro-
ma stesta, altri che sopravvisse: quanto a
Roma, TA riccia si considerava quasi at-
taccata alle sue mura e un suo sobborgo.
Di più, in conferma della probabilità che
Simon mago perì nell' A riccia, si ha da
óntica popolare tradizione, che gli ebrei
die seguirono l'eresiarca fissarono ivi la
loro dimora, e i loro discendenti vi per-
severarono sino al secolo XVII. Asserisce
Lucidi che le abitazioni già degli ebrei e-
sistevano in A riccia nel luogo chiamato
Ghetto, con propinqua piazza detta Giu-
dia, sotto r antico palazzo baronale dei
Savelli denominato il Palazzaccio; e che
quelli superstiti che partirono, si unirono
agli ebi*ei di Roma, tra'quali alcuni ban^
no per cognome o soprannome delt A»
riccia» E* verosimile ancora che 1' apo-
stolo s. Paolo annunziasse il vangelo nel*
l'Ari ccia,essendosolitociò praticare ovun-
que passava : venendo egli da Reggio di
Calabria e da Pozzuoli in Roma, i fede-
li rincontrarono al Foro Appio e ai le Tre
Taberney e seco lui passarono per T A rìc-
cia , luogo di stazione pel cambiamento
de'cavalli. Circa al tempio antichissimo
dedicato a s. Pietro, questo sorgeva ov'è il
fi)riio, a destra dell'ingresso della presen-
te Porta Romana, grande quanto l'odier-
na chiesa di s. Nicola, con un solo altare,
sopra di cui era dipinta nel muix) l'effigie
del s. Apostolo; nel lato sinistro avea il
RIO 197
campanile antichissimo in forma di torre
e di considerabile altezza, devastato dai
fulmini, onde unitamente allachiesaoa-
dente dai fondamenti furono demoliti ai
iò aprile! 665, e ta campanella rifusa fu
posta n^lla chiesa di s. Rocco. 11 Piazza
citato deplora questa perdita della vene-
rabile antichità, senza essei*si supplito eoa
altra memoria. Vi sono diversi scrittori,
che si possono vedere net Lucidi a p. 3a5,
che riferirono essere stata la chiesa Arì-
cina decorata della sede vescovile , e rì«
portano il nome di alcuni vescovi del V^
VI e X secolo; ma pare che le denomi-
nazioni latine riguardino piuttosto i ve-
scovi d'Arezzo, Ariciensis^ Aritiensis^ per
Arelinensisj cioè Arezzo : forse si prese A«
retino per Aricino. La immediata posi«
zione di Ariccia sopra la via Appia, la
pili frequentata che partivadaRoma, la
sua vicinanza a questa e la prossimità al-
la villa Albana de'Cesari, se ne'tempi flo-
ridi di Roma contribuì al bea essere del
municipio aricino, queste stesse circostan-
ze furono cagione della sua sciagura nel-
le desolazioni cui furono segno Roma e i
suoi dintorni per le irruzioni de' barba-
ri, dopo il fatale trasferimento della sede
imperiale a Costantinopoli. In&tti allor-
ché Alarico re de'goti nel 409 di nostra
era prese e saccheggiò Roma, dopo quel«
le stragi si mise a scorrere l'Italia meri-
dionale, passando appunto per la via Ap-
pia; quindi Aricia che fu la 1.' stazione,
fu pure la i .* preda che si presentò dinan-
zi a'suoi occhi. Il suo esempio fu segui-
to dai vandali condotti dal re Genserico
nel 455, i quali impadronitisi di Roma
eslesero le loro devastazioni dintorno do-
ve poterono, mettendo tutto a ferro e fuo-
co. Q deste medesime sciagure ebbe a sof-
frire l'Ariccia nella malaugurata guerra
fra i goti e gl'imperatori greci di Costan-
tinopoli. La città quindi posta nella Val-
le Aricìna si andò così estenuando a po-
co a poco, e per maggior sicurezza il po-
polo si andò restringendo nell'acropoli
(o più alta parte della città o castello )
i\)S Rie
luimitiva^ abbandoDando insensìbi linea-
tela città inferiore ch'era esposta a tnli
rovine. Tanto apprendo daNibby, j^na-
lisi de dintorni di Roma l. i, p. 25^ e
seg., di Aricia^ Arichia, Jriccia, Lucidi
non nomina espressamente T incui*sione
di Alarico, bensì crede che nel 4 1 i la cit-
tà restasse demolita da Genserico ( ma
erroneamente per quanto ho riportato)
re de' vandali, il quale prima di partire
(ritornare) per l'Africa, passò pel Lazio,
mettendo a ferro e fuoco tutte le città si-
DO a Napoli. Aggiunge che questo infor-
tunio l'avrà certamente soffèrto 1' Aric-
cia, la quale trova vasi fondata sulla via
Appia, e siccome in quella desolazione
gli abitanti delle città e castelli devastati
dal furore de'barbari, per salvar la vita
fuggirono alle montagne in luoghi steri-
li e inaccessibili, così e d'opinione che de-
solata da' vandali 1' A riccia, la quale si
stendeva nel piano della Vallee nella via
Appia, i suoi abitatori restringessero la
loro abitazione nel solo colle ove ora sor-
ge. Dal dominio degl' imperatori greci e
de'loro esarchi l'Ariccia, unitamente agli
altri luoghi del Lazio formanti il duca-
to i*otnano, per dedizione passò sotto il
dominio della chiesa romana e de' Papi,
quandodopo il 726 il ducato romano con
altre 7 città della Campania spontanea-
mente si sottoposero alla sovranità di si
Gregoino II. Il medesimo narrato infortu-
nio l'Ariccia dovè soffrire neirS^ 7 dagli
arabi o saraceni, i quali provenienti da Ca *
lubria con iscorrerie infestarono lespiag-
gie e campagne del Lazio, derubando uo-
mini, bestiami e biade, rimanendo allora
le campagne marittime inabitate, onde i
proprietari di esse fabbricarono per si-
curezza degli agricoltori delle torri , al-
cune delle quali ancora si vedono. Più
di tutti soflFiì Porto d^ Anzio (^.), come
pili esposto. Il danno maggiore i sarace-
ni lo fecero neir844} che distrussero mol-
ti monumenti. Questa 2.' irruzione sara-
cena Nibby la riporta all'anno 846, e cre-
de ch'essa finisse di spopolare 1' A riccia
Rie
inferiore, e definitivamente restringesse
gli abitanti nella cittadella, dovepurog-
gi è ridotta, e dove in origine venne fou-
data dai siculi; dappoiché come esistente
ancora sulla via Appia lo rileva dall' a-
nonimo di Ravenna. E questa città così
ridotta nel 978 viene indicata in una car-
ta dell'archivio di s. Maria in Via Lata,
in cui si leggecomeGiovanni de Aurimo
e Maroziasua moglie abitanti del Ca-
stello Ariciensecompvaronoóxìe vigne po-
ste nel territorio Ariciense, Da una per-
gamenadidetto archivio si rileva che nel
981 l'Ariccia avea il suo r/f<x a somiglian-
za di altre città^ e Stefano s'intitolava dux
del Castello AriciensCf facilmente de*con«
ti Tusculani potentissimi, e tenne un pla-
cito in Ariccia. Lucidi riporta nel 990
Guidone duca dell'Ariccia de' conti Tu-
sculani , nipote di Giovanni XIV o XV
(anzi dirò XV detto XVI) e padre del-
l'antipapa Benedetto X, come e meglio
raccontai a FfiAscATi.Theuli, Teatrohist,
di F'elletri, lib. 3,cap. 6, pretese che l'A-
riccia fosse soggetta a Velletri ; ma ciò
deve spiegarsi perché Guidone dimorava
in quella città. In una pergamena del 1001
si ricordala chiesa dis. Pietro posta den-
tro il Castello Ariciense, e che la città pro-
priamente detta ch'era nel basso, non solo
si trovava abbandonata, ma ridotta a vi-
gne, e che la Terra era considerabile. Nel
io58 divenuto antipapa BenedettoX fi-
glio del duca, é verosimile che gli aricini
ne seguissero il partilo ; ma nell' istesso
anno eletto Nicolò II, colle sue milizie do-
mò gli abitanti insieme ai preneslini, tu-
sculani e numentani ribellati, ed ancora
Gallese e altre castella del conte Gerar-
do, forse signore d' Ariccia, la quale tornò
sotto l'immediato domìnio del Papa. In-
sorte sedizioni pel nuovo Prefetto di Ro-
ma (^.), Pasquale Usi ritirò ad Albano,
die ilcomandodel suoesercitoa Pier Leo-
ne Frangipane, il quale per aver l'aiuto
di Tolomeo conte Tusculano nel 1 1 1 3 gli
donò l'Ariccia di consenso del Papa. To-
lomeo quietò Roma , imprigionò il fi'
Rie
gl'io del prefetto e suo nipote, e )o condus-
se ali'Àriccia. Ritornata T A riccia nel do-
minio de'conti Tusculani, secondo Nib-
by restò loro sino alla distruzione del Tu -
sculo; aia Lucidi considerando la poste-
riore ribellione di Tolomeo cbe sprigio-
nò il nipote, opina che Frangipane poco
dopo riprendesse!' Ariccia, ed inoltre con-
futa quegli scrittori che asserirono aver
r imperatore Ottone I nel 964 investito
dell'Aricela Virginio Savelli, la quale in
vece passò nel dominio de' Mala branca,
nobile famiglia romana che la possedet-
te sino al 1223, finché a'ao maggio 1228
di mala voglia la vendè a Papa Onorio
1 1 1 per contentare le sue premure, il qua-
le non l'acquistò per la sua famiglia Sa-
velli, ma per la camera apostolica, per la
somma da essa esborsata di 25oò libbre
o hre di buoni provisini, monete del se-
nato romano. Dall'istromento inserito nei
libri de'ceusi della romana chiesa si rile-
va che essa avea sempi*e conservalo l'al-
to dominio sull'Ariccia, e non era affat-
to considerata feudo imperiale; piuttosto
i Malabranca l'aveano ricevuta per inve-
stitura dalla s. Sede , che ne ritornò as-
soluta signora insieme a tutti i diritti e
azioni. La ripugnanza de'Malabranca nel*
l'alienare l'Ariccia, per cui aveauo tenta-
to un atto fraudolento, proveniva perchè
il sito Castrum era molto forte , anche
per le da loro aggiunte fortificazioni con
una torre; equanto alla tenuità del prez-
zo, sebbene fosse ragguagliato probabil-
mente a 60,000 scudi, pare che i Mala-
branca poco vi possedessero fuori della
giurisdizione; il valore poi de' terreni in
que'tempi era assai menode'ùostri. 11 do-
minio pieno della s. Sede continuò per
molti anni, come lo era nel 1262. Men-
tre Giovanni XXI r risiedeva in Avigno»
ne, nel 1 3 1 5 permise al rettore di Marit-
tima e Campagna di concedere a Paolo
Conti barone romano Castro Ariciae ,
permutandolo con parte di Castri s.Joan*
nis, forse l'odierna città di Monte s.G io-
vanni*Di versi scrittori affermano che Tab-
Rie 199
bazia di GrottaFerrata sia stata una vol-
ta padrona dell' Ariccia, altri crederono
che solo vi possedesse molti beni non già
il dominio di essa; le quali divergenti as>
serzioni si possono riscontrare nel Luci-
di. Pare che per le guerre civili divenu-
ta diruta e disabitata l'Ariccia, chiama-
ta Castrum Aritiae, RUia e Rìxa, don-
de per corruzione di vocabolo e tolta la
I .* vocale si formasse quello di Riccia^
fosse donata ai monaci di Grotta Ferra-
ta,! quali non ebbero coraggio di riedi-
ficarla per timore di novità e incursioni
d'armi allora frequenti, massimedai pre-
potenti confinanti. S'ignora propriamen-
te r epoca di tale stato deplorabile e la
durata di tale infelice condizione, com'è
probabile che breve fosse il dominio dei
monaci. Si deve tenere presente quanto
coU'autorità di Ratti dissi a Genzano, che
Bonifacio IX donò tutto il territorio al-
Tàbbazia de' ss. Vincenzo e Anastasio o
TreFontane(di cui nel voi. XIII, p. 59)
de'cisterciensi, e che un tempo dipende-
va l'Aricela dalla Castellania di Ladano,
di cui erano signori feudatari i Savelli.
Questi nel 1473 a' io ottobre con istro-
mento e nella persona di Mariano fece-
ro permuta col diruto Castello di Bor-
ghetto vicino a Grotta Ferrata, col l'abba-
te commendatario di quest'abbazia car-
dinal della Rovere, poi Giulio li, il qua-
le cede loro l'Ariccia, e ad essi conveniva
per le circostanti signorie che possedeva-
no d'Albano, Castel Sa vello, Malaffilto e
Castel Gandolfo , ed essendo terminate
le guerre civili, i Savelli volevano rifab-
bricar la Riccia, Rilia, Appena però Ma-
riano entrò in possesso di essa, nel me-
desimo giorno se ne disfece , permutan-
dola conino rubbia di terreno valutate
20,000 scudi pel deprezzamento in cui
allora erano i terreni, colcav. Pietro Gio-
vanni Savelli suo fratello, mediante istro-
mento , il quale formò lo stipile de' Sa-
velli dell'Aricela.
Divenuti i Savelli signori dell'Ariccia,
la popolarono di abitatori, richiamando
300
Rie
gli antichi panati ne' vicini luoghi , per
assistere alla coltura de'terteni, procu-
rando di rendere dilettevole il soggiorno,
sia col provvederla del necessario^checon
edificarvi varie delizie, facendovi residen-
sa continua, sebl)ene talvolta nella stessa
linea riunissei*o la signoria d'Albano, nel-
Tedifizio poi detto Palazzaccio, o in quel-
lo piti nobile ampliato poi dagli attuali
signori. In questo riceverono Pio 11 al*
lorchè andò a Genzano, al dire di Lu-
cidi. Ad Albano narrai che nella guer*
va di Sisto IV contro il re di Napoli, le
milizie della Chiesa per difesa occuparo-
no le terre de'Sa velli el'Ariccia nel 1 48a>
che tuttavolta a''a6 luglio vi entrò il du-
ca di^Calabria e poco la ritenne^ perché
le genti della Chiesa la ripresero a' 19 a-
gosto. Nel pontificato d'Alessandro Vi es-
sendosi i Savelli uniti ai Colonna, incon-
trarono Tindignazione del Papa, che con-
fiscò 1 loro beni, fece danneggiare i lo-
ro castelli dal suo figlio Cesara Borgia
(^.)> dando nel 1." oltobra i5oi l'Arie-
eia, Albano ed altri luoghi a Roderigo e
Giovanni Borgia, figli della famosa Lu<
crezia sua figlia; la Riccia, Riccianiy toccò
a Giovanni fanciullo di 3 anni; i quali
dominii poco durarono, essendo morto il
Papa nell'agosto 1 5o3. Mentre signoreg-
giava in Ariccia Camillo SavelU nipote
dell'acquirente, l'unico suo figlio Anto-
pio, giovine di belle speranze,di rarequa-
lità, amato da Cailò V e da quanti il co-
noscevano, non senza debosciaggini e ven-
dette che eseguivano i suoi sicari i, nel-
l'estate del 1 534 fu preso da violenta pas-
sione per una donzella del luogo di beltà
singolare e onesta, fidanzata al compae-
sano Cristoforo Landò. I genitori della
vagheggiata, per liberarsi dalle molestie
del figlio del loro signore, ne sollecitaro-
no le nozze, nel giorno dellequali un ser-
vo del giovane duca in suo nome presen-
tò alla sposa un mazzo di fiori. Landò vi-
de subito che il prepotente signore aspi-
rava a insidiare il suo talamo, ed alla gio-
ia successe in lui la tristezza, onde voleva
Rie
abbandonare la sposa ; ma le lagrime di
questa lo vinsero, ed allora si prefisse di af-
frontare qualunque cimento. Intanto An-
tonio non desistette dal suo importunare
in più modi, ma la pudica e fedel con-
sorte di tutto teneva avvertito il marito,
il quale finalmente levatosi di pazienza
presela barbara determinazione di ucci-
derlo. A tale effetto egli s'infinse per la
moglie, scrivendogli che si recasse da lei
ad una certa ora notturna. Antonio fuori
di se per la supposta condisceodenza, vo!ò
incauto all'invito, e ricevuto in vece da
Landò sotto mentite vesti di donna, re-
stò morto da lui e dal sicario vignarolo
del medesimo. Preso il delinquente da ri-
morso e timore, per Porlo d'Anzio fuggi
in Turchia e in A leppo. Conosciutosi in
Riccia e da Camillo l'atroce caso, si fece
rigorosa perquisizione del reo e si carce-
rarono l'avvenente sposa ed i suoi geni-
tori, promettendo il governo di Paolo IH
3o,ooo scudi a ohi consegnasse Lande.
Ad onta delle torture, cui soggiacque la
donna, ella sempre si dichiarò innocen-
te, anzi certamente se non fosse fuggita
nella fatale notte anch'essa sarebbe resta-
ta vittima del furibondo marito. Nondi-
meno fu condannata alla decapitazione,
ed avrebbe subito la condanna, se presa
da curiosità di vederla Margherita d'Au-
stria figlia di Carlo V, duchessa di Par-
ma e moglie del nipote di Paolo II 1, non
ne avesse domandata la liberazione, mos-
sa a compassione dalle fattezze angeliche
dell'aricina. L'ottenne dairinconsolabile
Cantillo, e allora pose la giovane tra le
sue4amigelle, ed in morte della duches-
sa per sua disposizione passò in Modena
al servizio della duchessa d'Este. Camil-
lo Savelli per l'acerbità del dolore perde
l'uso della ragione e quindi la vita, pas-
sandola Riccia in retaggio a'Sa velli d'Al-
bano. Nel i556 per la guerra degli spa-
gnuoli contro Paolo IV, la Riccia soffri
quanto Albano. Lucidi fa diverse osser-
vazioni sulla successione de'Savelli e sui
signori d'Albano e loro politiche vicea^
Rie
de, dicendo che altro Camillo Savelli du«
ca d' A riccia vi ebbe foi*se i natali, e che
la governò col figlio cardinal Silvio Sa'
ue//i, come rilevasi da un documento del
1 568; ed opina che tutti i (ìgli di Camillo
nascessero ^ Ila Riccia, per Tordinaria di*
mora che vi faceva, sposandosi la figlia
Girolama nella collegiata con scudi 4700
di dote. Sisto V recairdosi nell'ottobre
1589 a He Paludi Pontine (F.),passò per
r Ariccia, dove fu ricevuto e si trattenne
presso ì Savelli, e dormì nella stanza del
torrione del piano nobile verso Roma. In-
di furono duchi Mario e Fabrizio signori
anche d'Albano, i di cui statuti li resero
eomuni a Ila Riccia. Paolo ottenne da Pao*
lo V il titolo di principe d'Albano, chia-
mandosi anche duca della Riccia, ove pas-
sava con diletto la stagione estiva per la
sua ventilazione fresca, quantunque am-
basciatore imperiale: gli successero i fi*
gli Bernardino, che sposò M.^ Felice Pe-
retti pronipote di Sisto V, e Fabrizio Sa»
veìii cardinale, il quale pure esercitò do-
minio sulla Riccia. Il secondogenito del-
la famiglia assumeva il dominio e il titolo
di duca dell'Aricela, il primogenito quel-
lo di principe d'Albano dopo che le Imee
de'Savelli si riunirono: tali furono an-
che Paolo e Giulio figli di Bernardino,
il secondo de'quali per altro sebbene se*
condogenito riunì i titoli, perchè il i.° si
die allo stato ecclesiastico e poi fu cardi-
nale per Alessandro VII; però i feudi e-
rano governati in nome d'ambedue. Ur-
bano V 1 1 1 frequentò i' A riccia reca ndovisi
da Castel Gandolfo, come fecero i succes-
sori. Sotto di lui insorta la guerra coi/^/zr-
nesi pel ducato di Castro {f^»)» neli64a
i Savelli ordinarono che l'Ariccia si po-
nesse sulle di fese,come senza porte e sen-
la muraglia attorno. Laonde fu rinno-
vata la Porta Napoletana, e la Porta Ro-
mana che per la sua ristrettezza dicevasi
Portella fu chiusa, come lo furono tutti
gli altri ingressi alla Terra : ma siccome
questa è circondata solamente da case, le
precauzioni prese non potevano essere
Aie sof
sufficienti a liberare i cittadini dagl'in-
sulti de' nemici, che non vennero. Ritro-
vandosi la famigliaSa velli gravata di mol-
li debiti, si vide nella necessità di dover
vendere l'Ariccia; Pertanto nel 166 1 con
decreto della Congregazione de'baroni
(/^.), a'a 1 luglio Paolo e Giulio vende-
rono l'Ariccia coi suo territorio e giuris-
dizioni al cardinal Flavio Chigiea'prin-
cipi d. Mario e d. Agostino, il 1,^ fratello
e gli altri nipoti di Alessandro VII allo-
ra regnante, pel prezzo di scudi 358,000»
la cui famiglia ancora possiede. Lucidi
impiega il cap. 29 in descrivere com'era
proceduto il governo sotto i principi Sa-
velli, che encomia quali restauratori del-
la Riccia ; ne esamina le loro leggi e sta-
tuti municipali, conchiudendo che non
ne abusarono in paragone di altri feu-
datari. Che i libri della comunità inco-
minciarono nel 1602, l'archivio pubbli-
co del barone fu stabilito nel 1604, quel-
lo de'comunisti nel i652. A p. 177 di-
scorre delle milizie che aveano i Savelli
e i Chigi, divise in due compagnie a piedi
ed a cavallo, comandate da distinti ca-
pitani. Siccome i Savelli, come poi lo fu-
rono e sono i Chigi, erano Marescialli
del Conclave (^.)> P^^^ci^ tenuti ad ar-
ruolare soldati in sede vacante, si servi-
rono delle milizie di Riccia, a cui aveano
dato la divisa della milizia del mai*escial-
lo di s. Chiesa custode del conclave dei
cardinali, nella quale si vedeva grande
sfarzo allorché stava in detta azione. I
Chigi ne'conclavi del 1721 e 1724 pari-
menti si servirono della milizia aricina,
ma nel 1780 avendo ottenuto di potersi
servire delle Milizie pontificie, rimase
quella d' Ariccia priva della divisa; con-
tinuarono però i principi Chigi ne'con-
clavi a scegliere tra'4 capitani che assi-
stevano alle ruote del conclave il capitano
della milizia aricina. Di quanto si prati-
ca al presente dai Maresciallo^ parlai a
questo articolo, il quale elegge solo due
capitani.
DeirAriccia sotto il dominio de'prÌQ«
202
Rie
cipiCliigi, il Lucidi tiene proposito con
grandi encomii nel cap. 3o, come più in-
dulgenti e meno esigenti de 'precedenti
signori, adabili e generosi, e pei tanti van-
taggi che recarono alta Riccia e agli abi-
tanti, in gran parte narrati di sopra. Per
abbellire i'Ariccia, siccome la strada clie
vi conduceva era troppo lunga eincomo*
da, convenendo scendere dal convento
della Stella d'Albano per la via Appia si-
no all'orto de'Torrioni, e di là salire per
la strada detta de'Sassi,ora impraticabile
e ridotta a fosso, ed entrare per la Porla
Napoletana, giacché come notai la Porta
Romana era angusta, aprirono i nuovi
signori in parte e in parte ampliarono
la presente strada che da Albano condu*
ce alla Riccia : innalzarono la magnifica
Porta Romana nuova con disegno del
cav. Rernini, e innanzi ad essa innalza-
rono un muro a guisa di loggia, la quale
forma all'occhio un magico teatro per
l'ampio prospetto della Valle Riccia, del*
la Campagna romana e del mare da O-
stia al Monte Circeo. Ampliarono ancora
il palazzo, in cui nelle diverse villeggia-
ture per molti giorni dimorò Alessandro
VII, dormendo nella stessa stanza in cui
fu Sisto V. Noterò col principe Massimo,
Notizie della villa Massimo p. 1 66, che
come in questa si conservò il cnvallo im^
pagliato di Sisto V,nel palazzo Chigi del-
la Riccia esiste il piccolo cavallo l>aio im«
pagliato, che dicono appartenuto ad A-
lessandro VII. Questo Papa, acquistate
e demolite molte case poste innanzi al pa-
lazzo, dilatò la piazza, l'ornò con due fon*
tane,eda'fondamenti ivi eresse il sontuo-
so tempio, di cui già parlai. Oltre a ciò
ampliò la strada che dalla Riccia passan-
do per la Sei volta e innanzi al convento
de'cappuccini d'Albano conduce a Castel
Gandolfu, fece altri abbellimenti e con-
cesse privilegi, toccati di sopra. Il feudo
della Riccia fu soggettato al vincolo di pri*
mogenitura, onde al principe d. Agosti-
no nel 1 7o5 successe d. Augusto, in tem-
po del quale e nel 1 709 un esercito im-
Rie
penale pretese alloggio e sussistenza, ma
non ebbe luogo. Recandovisi a'3 i mag-
gio 1 7 1 o Clemente XI, il principe lo fece
ricevere con gran pompa : presso il con-
Tento della Stella si trovò schierata la mi-
lizia a cavallo, la quale accompagnò il
Papa; come erasi praticato per Alessan-
dro VII, alla porta dell' A riccia il gover-
natore e priori gli presentarono le ckia-
tì, ringraziandolo dell'onore che riceve-
vano. Nella collegiata fu ricevuto dal car-
dinal Pamphilj, nel palazzo dall'ab. d.
Mario fratello del principe, a Gallerò dal
cardinale Spinola e dai monaci, restituen-
dosi a Castel Gandolfo per la Selvottat
agli applausi degli abitanti fecero eco il
suono delle campane e lo sparo de'mor-
tari;la sera furono presentali al Papa re-
gali di commestibili portati da 24 uomi-
ni. Clemente XI fece maresciallo d. Au-
gusto, il quale nel 1 740 perfezionò il pa-
lazzo con aggiungervi dalla parte pih bas-
sa del parco il Torrone nuovo e Quarto
nuovo, colla spesa di circa 40,000 scudi,
rendendolo simmetrico all'altro lato. Nel
1744 gì* successe d. Agostino, benefico
come il genitore, avendo cura delle stra-
de frequentate da Renedelto XIV, che
più volte visitò il palazzo e il casino del
principe, ove per 4o anni villeggiò il car-
dinal Argenvilliers. Questo Papa avendo
incontratolo storico Lucidi di 7 anni per
la via, gli piacque, a sue spese fece istrui-
re nel seminario d'Albano e provvide nel-
la patria d'un canonicato. Nel 1744 '^
Riccia patì qualche incomodo per l'eser-
cito austriaco comandato dal genei*al Lob-
kowitz nella guerra coi gallo-ispani per
la conquista del regno di Napoli (/^.), do •
Tendo lodare la disciplina militarede'te-
deschi accampati nelle vicinanze. Nel voi.
L, p.42 feci menzione del sacrilego furto
della pisside colle s. Ostie. Nel 1769 di-
venneduca della Riccia d. Sigismondo or-
nato di profonda dottrina; ristorò il pa-
lazzo, rinnovò una delle due fontane, ab-
belPi la collegiata ed eresse que'Iaterati
casini che ricordai: fece piantar nuovi ol-
Rie
mi intorno alle deliziose strade per con-
servarle ombrose, ed eseguì numerosa
piantagione di moricelsi in Vailericcia,
oltre altre beneficenze. Nel 1 798 gii suc-
cesse il saggio principe d. Agostino vi-
Tente, che celebrai a Chigi famiglia ed
a Maresciallo di s. romaii a chiesa, il qua-
le a seconda del disposto di Pio VII, co-
me gli altri feudatari, rinunziò ai diritti
baronali Nel declinar del novembre 1 798
entrarono parte in Riccia, parte in Gai-
loro 3ooo tra fimti e cavalli de'repub-
blicaoi francesi, che fecero gravi guasti
e ruberie, ed un capitano minacciò il sac-
cheggio, quando sopravvenuto l'esercito
napoletano, i repubblicani fuggirono: lo
scampato pericolosi attribuì allaB. Ver-
gine di Galloro. Nelle rammentate visite
fatte da Pio VII alla Riccia, trovo nel n.^
86 del Diario di Roma i8o5, che dome-
nica 20 ottobre ascoltò la messa d'un suo
cappellano nella collegiata, ricevuto dal-
l'arciprete, capitolo e magistrato; india
piedi si recò al palazzo del principe, il
c|uale si trovò sulla porta, e fu condotto
uelle sue camere ove prese la cioccolata,
ed ammise al bacio del piede la princi-
]>esca famiglia ed i sumuieutovati, men-
tre il principe fece servire di lauto rin-
fresco il corteggio. Aggiungerò agli ac«
cessi fatti da Gregorio XVI alla Riccia,
quello che si legge nel n.° 84 del Diario
di Roma i83i, a'19 ottobre nel palaz-
zo, accolto dal principe d. Agostino e no-
bilissima famiglia, dalla cui loggia com-
parti al tripudiente popolo la solenne be-
nedizione, avendo gradito uno squisito
rinfresco, del quale partecipò la corte,
Dal n.° 83 del Diario di Roma 1 847 si
riporta come il regnante Pio IX a' 1 4 ot-
tobre si recò ad osservare la costruzione
del suddescritto ponte, ed a piedi passò
nella Riccia, visitando la collegiata e nel
palazzo la principesca famiglia. Nel mag-
gio 1849 per liberare Roma dai dema-
goghi repubblicani, il re delle due Sicilie
Ferdinando lì con l'esercito composto di
circa 16,000 uomini, con 72 pezzi d'ar*
Rie
ao3
tiglieria , formò il quartiere generale in
Rìccia e Albano, 4o de'quali collocò al-
l' A riccia; nel palazzo alloggiò la princi-
pessa di Sassonia, ed il re vi dormì una
notte: durante la sua dimora in queste
parti pel restauramento del governo pon-
tifìcio, di che trattai a Pio IX {T^,), colle
altre potenze alleate, per ben 3 volte fu
a visitare la B. Vergine di Galloro. An-
che prima quel religioso monarca si era
mostrato caldo d'afietto verso la s. Im-
magine, e nel 26 maggio 184^ tornan-
do da Roma alla sua capitate colla regi-
na e col fratello d. Francesco conte di
Trapani^ che allora avea compita la sua
educazione nel collegio de'nobili presso
i gesuiti, vollero onorare di loro presen-
za il santuario, essendo stata apposita-
mente ornata e illuminata las. Imrnagt-'
ne. Indi il re colla regina e il conte fra-
tello entrarono nella casa e per qualche
tempo si trattennero coi padri, dichia-
rando il re la sua soddisfazione per l'edu-
cazione ricevutavi dal fratello. Il conte
piò volte offrì doni allaB. Vergine quan-
do vi si recava da Roma, ed il real fra-
tello d. Luigi conte dell'Aquila nel 1849
mandò al santuario un nobile caliced'ar-
gento con alcune cesellature dorate. Re-
stituendosi Pio IX in Roma a' 12 aprile
i85o, giunto alla Riccia, dopo aver vi-
sitato la chiesa collegiata, fra il rimbom*
bo delle artiglierie fì*ancesi e le acclama-^
zioni degli abitanti, traversò a piedi il via-
dotto del nuovo ponte e manifestò la sua
soddisfazione, come, rilevo nell'opuscolo,
Relaz, storica del viaggio di Pio IX, p,
55, e dal n." 9 1 del Giornale di Roma
di detto anno. Per quanto dissi nel voi.
LIlI,p. 232, il Papa a'3 luglio i85i.col-
l'encomiato monarca e la famiglia reale
si recarono a venerare il santuario di Gal -
loro, in(|i passarono per la Riccia. Vedasi
Memorie storiche de It antichissimo Mu'
nicipioora Terra deW Ariccia e delle sue
Colonie Gemano e Nemi, dedicale al
pruìcipe d. Agostino Chigi dal can!" Em -
manitele Lucidi, Roma 1796. Nell'arti-
ao4 Rie
colo Roma, parlando del circondario del-
la coinorca, brevemeate descrì vero Cam-
pagna no, Cesano, Magliano Pecora ree-
ciò, Formello è Sci*o&no, signorie de'Cbi-
gi, a vendo a Ostia accennato qualche co-
sa del loro Castel Fusano. V. Palazzo
Chigi.
EICHELIEUduPlbssis ArmaiidoGio-
vAvif t, Cardinale. Nacque nobilmentea'5
settembre 1 586 nel suo castello di Riche-
lieu, o in Parigi secondo altri, contrad-
detti però da Perrault. Fu valentissimo e
sommo diplomatico,comecbè splendida-
mente fortiito di straordinario ingegno ,
che coltivò in Parigi nel collegio di Na-
varrà coll'applicazione agli studi pe'quali
aveva molta disposizione, mentre la sua
inclinazione lo portava al maneggio di
grandi affari. Per rinunzia del fratello Al*
fonso poi cardinale, di a a anni Paolo V
con dis{)ensa nel 1 607 lo preconizzò vesco-
vo di Lucoii, venendo consagrato in Ro-
ma dal cardinale Longuy di Giury. Dopo
la mor^e di Enrico IV si recò a Parigi, o-
ve datosi alla predicazione,lo udirono più
volte Luigi XIII e la di lui madre regina
Maria de Medici, ed il clero di Francia
congregati nella generale assemblea. In e-
tà di 3o aoni la regina lo fece suo gran-
de elemosiniere e cappellano maggiore ,
nel 1616 segretario di stato. Quando la
regina fu rilegata a Blois, ebbe ordine
di seguirla colla carica di supremo eco«
nomo del palazzo reale. Intanto nel 1 6 1 7
per morte del marchese d' A nere, cam-
biato il gabinetto politico di Francia, di-
Tenuto sospetto alla corte, fu obbligato
a ritirarsi nel suo priorato d*Anjou,indi
a Lucon , e poscia in Avignone , dove si
occupò ascrivere alcuni libri di pietà,che
non lasciano niente da desiderare per
giungere al più alto grado di perfezione,
e compose il celebre suo metodo di con-
troversie sopra i punti della fede , onde
convertire quei che sono separati dalla
chiesa cattolica. Richiamato indi alla cor-
te, e stabilita neliGao per suo mezzo, co-
me per opera del cardinal Rochefoucault
Rie
e altri personaggi, la tanto desiderata pa-
ae fra il re e la regina madre òh'erasi ri-
tirata in Angoulènie, fu ad istanza del re
a'5j5ettembre 1 62^ duGregoiio XV crea-
to cardinale prete. Neli6'24 1^ dichiara-
to i.** ministro di stato, capo dei consìgli,
soprintendente generale della marina e
del commercio , abbate commendatario
di Cluny, di Cistello e di Premonstrata
Dimesso il vescovato di Logon, venne e-
letto provvisoredeiruuiversitkdi Sorbo-
na, a cui rifabbricò la casa e la chiesa co-
me notai a Parigi, monumenti perenni
di sua magnificenza e grandezza, capo d'o-
pera d*architettura. Ad onta delle gran-
di cose operate per Francia (/^.), pera-
ver umiliato i grandi, abbassato i parla-
menti, compressa l'arroganza de'princi-
pi del sangue, i*esa l'autorità del re asso-
luta, bench' egli solo ne volesse tener le
redini; l'invidia, la calunnia, l'impostura
furiosamente si scagliarono a suo danno,
per cui il re si determinò di levarlo dal
potere. Se non che, portatosi il cardinale
dal sovrano , seppe cosi bene giustificar
la sua condotta , che invece di decader
dalla sua grazia, si aumentò sensibilmen-
te; in suo onore eresse Richelieu di lui
patria in città e in ducato : i cortigiani
per piacere al cardinalesi recarono a co-
struirvi belli edifizi e la disertarono dopo
la sua mortel Tutto intento ad abbassar
lafurniidabile potenza di casa d'Austria,
signora de' due mondi nella monarchia
spagnuola, fece di tutto per rovesciarla,
ed impegnò il gran Gustavo II Adolfo
re di Svezia negl'interessi della Francia,
per cui l'impero si trovò sull'orlo del pre-
cipizio; ma la morte di Gustavo 11 e la
perdita della battaglia diNortling, trasse
casa d' Austria da ogni pericolo. Essen-
dosi proposto l'esterminio degli eretici u-
gonolli e calvinisti, determinò di togliere
dalle loro mani la Rochelle, che per lo
spazio di 70 anni era il propugnacolo del-
l'eresia, e gli riuscì con tanto vantaggio
della cattolica religione, chein conseguen-
za di tal brillante villoria furono tolte a-
Rie
gli ugonotti 36 città. SiadopròcontuO"
cesso coH'iispero ottomano, perchè cac-
ciali gli armeni scismatici dai s. luoghi di
Palestina, fossero restituiti ai Francesca*
Ili. Ciò che operò questo magnanimo por-
porato pel regno di Francia si può ve*
dere nella notissima storia del suomini-
stero, nel citato articolo e in tutti quel-
li che hanno relazione ai grandi avveni-
Dienti di cui fu Tanirna ed il regolatore,
essendo lui la molla di pressoché tutti i
gabinetti d'Europa, diretti dalla sua va-
sta mente, fina politica e invincibile co-
raggio. Finalmente dopo aver dato alla
luce diverse opere, fondata T accademia
delle scienze, stabilita la stamperia reale
e il^ giardino delle piante, chiusela gran
seena di sua vita in Parigi ai 4 dicembre
164^, d'anni 58 non compiti, universal-
naente odiato, non potendosi stare nella
sua camera pel fetore de' vermi che gli
scaturivano da una postema nel braccio
destro, e fu* sepolto nella chiesa di Sor-
bona, in cui venne innalzato alla suame-
naoria un sontuoso mausoleo di marmo
bianco scolpito dal celebre Girardon,do-
ire si legge un epitaffio troppo prolisso.
Egli fu uno de*piii grandi ingegni e gè-
nii che abbia prodotto la Francia, unodei
più abili ministri che vi sia stato al mon-
do; nato fatto per comandar gli uomini,
capace di superare ogni ardua impresa,
amico generoso, nemico irreconciliabile.
Avea un aspetto alfabile e insieme mae-
stoso, un tratto cortese e obbligante, spi-
rito vivo, giudizio sodo, idee veramente
grandiose; fu un complesso di molte bel-
le viriti e di molti gravi difetti, tenendo
sul suo tavolino il breviario e Macchia-
vello, onde Al fornito di poca pietà. Ta-
gliò dalle radici le guerre civili in Fran-
cia, soccorse r Italia, pose in confusione
Germania. Dominò per mezzo del terro-
re nello spirilo del re, il quale lo slima-
va, lo temeva e non lo amava ; e lo go*
"Vernò anche dopo morto, poiché si può
dire che il celeberrimo cardinal Mazza-
rioi di Peseina (^.), il quale il successe
Rie 2o5
nel ministero, e fu da lui raccomandato
a Luigi XIII come 1' uomo il più abile
che potesse mettere alla testa degli alfa-
ri e il meglio istruito negl'interessi dello
stato, seguì il medesimosuo spirito quan-
tunque con una tattica opposta. Nel la dot-
trina fu eccellente e profondo, dal fonte
della quale scelse due eminenze, cioè la
teologia , e quella parte di filosofia che
dicesi politica, rendendo colla prima ri-
levanti servigi alla chiesa cattolica, e coi-
Taltra elevando se stesso con seminar dis-
sensioni e poi comporle a forza del pro-
prio talento ed eloquenza, per conquistar
queir estimazione pei gradi della quale
non solo salì al cardinalato, mastrinseia
pugno tutta la possanza del regno di Fran-
cia. I suoi difetti furono esagerati dai suoi
tanti emuli e nemici che gl'imputarono
crudeltà, avarizia, vendetta e le immen-
se ricchezze che lasciò. Personaggio sì ce-
lebre meritava che molti scrittori ne com-
pilassero la vita, onde abbiamo: Remigio
du Ferron, Fila card, Armandi RicliC'
lieUf Aurelia i636. Carlo di s. Paolo a-
nonìmo, Histoire du ministere du card,
de Richelieu , Paris i65o , Amsterdam
1 664< Altro anonimo. Journal du card.
Richelieu, Parisi 652: tratto dalle Memo*
rie che il cardinal scrisse di proprio pu-
gno durante la gran burrasca della cor-
te. Serafino CoWioif II sagro eroe effigia»
to nelle azioni del card, Richelieu^Pans
1 626. M. D. P., Fila card, Richelii^ Pa-
risiis i653. A. Aubeiy, Hist, du card,
Richelieu, Paris et Cologne 1 660, ove nel
1667 il medesimo pubblicò, Mémoires
pour^hist, ec. Montchal, A/^/woiVe con-
(enani des particularìtez de la vie, ec.,
Amsterdami734.M.L.C., Minisàredu
card. Richelieu et Mazzar ini, Eaje 1718.
Fernandez, Discorso politico de la vida,
y echos del card, ec, Pamplona i64i-
A. Tuurello,^itó o suo rirrfltfo,ec.,Bo-
logna 1 643. R. Keuchenio in latino^ Co/i-
fronto de* card, Richelieu e Mazzarini,
Amsterdami667. A. R. Richard in fran-
cese, Parallelo de'card, Richelieu e Maz-
2o6 Rie
zanni y Parigi 1 704 61716: e Parallelo
delcard, Ximenes i .° ministro diSpagna
e del card. Richelieu,ec.y Trevoux 1 764.
C. Vìalard, HisL du ministere du card,,
Lion 1662. G. Le Clerc, P'ie du card,,
Amslerclaini646: è un'apologia de'pro*
testanti, ed un ammasso di pregiudizi.
Delie sue opere si hanno molte edizioni,
come del suoTestamentopolUicOy ec., Am-
sterdam 1687.
R1CHEL1EU DU Plessis Alfonso Lo-
dovico, Cardinale. Fratello maggiore del
precedente, nacque in Parigi e nel 1 6o5fa
nominato vescovo dìLucon, ma nones-
sendo coiisagrato Io rinunziò a favoredel
germano stesso, per ritirarsi fra 'certosini
ove fu fatto visitatore dell'ordine, da cui
contro sua volontà fu tratto da Urbano
Vin, il quale nel 1626 lo promosse ad
arcivescovo d' A ix edopodueanni lo tra-
sferì a Lione, dove stabili molte chiese e
monasteri pei religiosi de'due sessi; indi
a' 19 novembre 1629 lo creò cardinale
prete della ss. Trinità di Monte Pincio,
titolo ch'ebbe quandoLuigiXIll lo man-
dò in Roma per rilevanti affari, nei qua-
li felicemente riuscì. 11 re lo nominò pre*
cettore dell' ordine dello Spirito santo ,
provvisoredi Sorbona, decano di & Mar-
tino di Tours, abbate commendatario di
4 abbazie più nobili e pingui di Francia,
e nel 1 63 1 gran elemosiniere del regno.
Nella peste che fece strage in Lione, espo-
se la propria vita per la salute dei greg-
ge, visitando ogni giorno |a città distri-
buendo generose limosine,ondeneirim-
Diensa turba di miserabili in sì dolorosa
circostanza ninno perì di fame. Con gran-
de intrepidezza entrava ne'palazzide'ric-
chi, non meno che ne' tuguri de* poveri
infetti dal morbo pestilenziale, ministran-
do loro gli estremi sagramenti, massime
quello della ss. Eucaristia. Nel 1687 ^^
trasferì a Colonia per islabilire in nome
di Luigi XIII la pace tra i principi d'Eu-
ropa. Intervenne al conclave d'Innocen-
zo X, e nel 1646 presiedè all'assemblea
del clero tenuta in. Parigi. Con volto ila-
RIC
re e animo tranquillo incontrò la morte
tra le braccia della sua chiesa di Lione,
d'idropisia, a'23 marzo 1 653, d'anni 71,
e fu sepolto nel tempio di quello spedale
de'poveri, con epìtalfio veramente di e-
dificante e sincera umiltà, che vivendo
aveva scritto di propria mano ; in cui si
legge, che nacque povero, giurò povertà,
di morir povero e di voler essere seppelli-
to tra' poveri. Ebbe riputazione di uomo
chiarissimo per zelo religioso, per illiba-
tezza e candore di costumi e pit>fondità
di scienza , come dichiarò Urbano YIII
nella bolla per l'arcivescovato d' A ix. Al-
le altre sue virtù unì singolare accortez-
za per ciò che riguardava il temporale di
sua arcidiocesi , straordinaria saviezza e
circospezione per quanto si apparteneva
allo spirituale, non prendendo parte agli
intrighi di corte. Nel i653 ne pubblicò
in latino a Parigi la vita l'ab. Michele de
Pare.
RICHMOND {Richimondien). Città
con residenza vescovile degli Stati Uniti
d'America, capitale dello stato di Virginia
e capoluogo della contea di Enrico, a 36
leghe da Washington, sulla sinistra spon-
da del JamesRiver a circa 5o leghe dal-
la sua foce, ed immediatamente sotto le
cascate di questo fiume, nel sito in cui co-
mincia a farsi sentire la marea, ed in fac-
cia al bel borgo di Manchester, col qua-
le comunica per due ponti. Bellissima n'è
la situazione esalubre, con circa 1 200 ca-
se in pietra, tra lequali parecchie assai bel-
le, e più di 700 in legno. Vi si osserva il
Campidoglio o palazzo dello stato , Bib-
bricato sul modello della Casa Quadrata
o Maison Carrée a Nimes; il nuovo pa-
lazzo della ragione odella giustiziarla car-
ceredetta penitenzìeria^ la maestosa chie-
sa episcopale eretta sulle rovine del tea-
tro, e l'albergo del governatore : il teatro
durante la rappresentazione prese fuoco
a' 26 dicembreiSi i evi perirono 72 per-
sone, onde in memoria di sì funesto av-
venimento fu cretto un monumento in-
contro la chiesa al teatro sostituita per vo-
Rie
to. Vi hanno templi gli episcopalìanì^bat*
tisii, metodisti, quacqueri ed ebrei; casa
d'elemosina o beneficenza, grande arse-
nale, due mercati, scuola reciproca o lan-
castriana, museo , biblioteca pubblica di
più di 3ooo volumi, manifatture, gran
magazzini di tabacco.Yi sono inoltre, am-
pia fonderia di cannoni , fabbrica cons}*
derevole d'armi, fucine di ferro, raffine-
rie di zuccaro. La felice situazione della
città sopra un fiume navigabile, pratica-
to per evitare le vicine cadute del James,
e il paese ricco di produzioni la rese una
delle più. fiorenti e commercianti degli
Stati Uniti. Copiosa è la marina mercan-
tile, comodo è il porto fiuviale, assai fre-
quentato per l'esportazione e peUraffico
loterao. Col nome di Virginia si designò
prima tutto lo spazio continentale del-
l' America nord, che gl'inglesi propone-
Tansi occupare, ma in seguito si restrin-
se la significazione all'odierno stato. Wal-
ter Raleigh l'impose alla regione in ono-
re della regina Elisabetta, perché non fu
maritata. Nel 1607 si fece il i.° stabili-
mento nel territorio corrispondente allo
stato attuale, ed al tempo della deposi-
zione di Carlo I sì mostrò fedele alla mo-
narchia, finché fu soggiogata dalle forze
del parlamento. Gli abitanti assai soffri-
rono dall'arbitrario governo britannico,
onde insorsero. Durante la guerra di 7
anni i francesi e gl'indiani loro alleati ca-
gionarono disastri sulle frontiere della
Virginia, onde nel respingerli che fece
Washington nativo di questo stato, per
la I .' Tolta si distinse e die saggio di quel-
lo che fu poi. La contrada fu il teatro di
diversi combattimenti durante la guerra
deirindipendenza; i suoi abitanti spiega-
rono molto patriottismo, come pure nel-
la guerra deli8i2. Lo stato si divide in
io5 contee, ripartite in orientali ed oc-
indentali: Richmond appartiene alle pri-
me, avanti della quale fu Williamsbur-
go la metropoli di Virginia. Lo stato di
questa forma la diocesi di Richmond, isti-
tuita colla sede vescovile nel 1 820 da Pio
Rie 207
VII , dichiarandola suffiaganea di Balti-
mora, come lo é tuttora. Vi deputò per
I ° vescovo mg.' Patrizio Kelly irlande-
se, quindi a'9 febbraio! 822 avendolo tra-
sferito a Waterford in Irlanda, die la dio-
cesi in amministrazione all' arcivescovo
di Baltimora. Per richiesta deli' arcive-
scovo Samuele Eccleston, fatta nel conci-
lio provinciale di Baltimora del 1840, di
cui parlai a Repubblica dicendo di quel-
le di America, supplicò la s. Sede di vo-
lere restituire un pastore a Richmond, e
Gregorio XVI nominò a questa sede ai
1 5 dicembre mg.' Riccardo Wehlan, al
quale a'23 luglio i85o il regnante Pio
IX die in successore l'attuale mg.' Gio-
vanni Mac-Gill. Ecco lo stato della dio-
cesi secondo le ultime notizie che mi fu
dato conoscere, sebbene ritengo, che co-
me negli altri stati delle altre repubbli-
che d'America, a seconda di quanto ri-
portai nel citato articolo, anche in questo
stato ilcattolicismosia in tutto aumenta-
to, così nelle. sue chiese e stabilimenti
religiosi. Vi sono 7 chiese, cioè la catte-
drale in Richmond , in Norfulk , Ports^
mouth,Martinsburg,Hospers-ferry,Bath
s. Vincenzo, Wheeling. Vi sono case di
educazione, cioè scuola gratuita di s,
Vincenzo in Martinsburg, con suore del«
la carità ed educandato; scuola per ledoiv-
zelle in Norfolk, con suore della carità;
orfanotrofio e scuola gratuita di s. Giu>
seppe in Richmond, con suore della ca^
rità, orfanelle, educandato e donzelle e-
sterne; infermeria in Richmond, con suo-
re della carità; associazione benefica pel
soccorso dègrindigenti in Norfolk. La po-
polazione generalmente parla la lingua
inglese, i cattolici superano i 7000. Da
altra relazione rilevo, che le chiese era-
noi2, le stazioni 5; il seminario diocesa-
no con seminaristi; 5 scuole domenicali,
ed una società di temperanza , oltre gii
enumerati stabilimenti.
RICTRUDA (s.), abbadessa di Mar-
chienncs in Fiandra. Nacque in Guasco^'
gna vei*so il 6149 di assai illustre famtf-
io8 R I D
glia. Sì rese commendevole per la tua pie-
tà, ed unitasi in matrìmonio con Adabai-
do, uno de' primi signori della corte di
Ciodoveo II, n'ebbe quattro figli che al-
levò nelle massime più sublimi della per-
fettone, e sono presentemente onorati di
culto pubblico; cioès. Mauionto abbate
di Breuil in Fiandra, a*5 maggio ; la b.
Clotsenda badessa di Marchiennes, a'3o
giugno; 8. Eusebi a badessa di Hainay, ai
i6 marzo; e la b. Adalsendu religiosa di
Hamay, a' 4 dicembre. Adabaldo fu as-
sassinato dai malandrini nel tornare di
Fiandra in Guascogna, e la di lui santità
è riconosciuta dalla Chiesa che l'onora
a'a di febbraio. Essendo Rictruda ancor
giovane, Glodoveo II le propose di pas-
sare a seconde nozze, e le offrì per isposo
uno de'suoi divoriti gentiluomini; ma el-
la ricusò le proposizioni del re, e prese il
^elo religioso dalle mani di s. Amando.
Era qualche tempo che già per consiglio
del medesimo8anto,ella a vea fondato una
badia di uomini nella terra di Marchien-
nes, diocesi di Arras. Appena di venula ve-
dova ne fondò un' altra di donne nello
stesso luogo, e ne fu eletta superiora, nel
qual grado governò santamente quella co-
munità per ben 4o anni. Poscia perai*
tendere con maggiore libertà agli eser*
cizi di pietà e di penitenza, depose il gra-
do di superiora, qualche tempo prima
della sua morte, che fu a' 1 2 maggio 688,
Kieiretà di 74 anni. Il suo corpo si costo*
disce in ricchissima arca presso i bene-
dettini di Marchiennes,eil suo nome tro*
Tasi in molti calendari locali e monasti-
ci. Abbiamo la di lei vita in Mabillon e
nei Bollandisti.
RIDOLFI Nicolò, Cardinale.^acque
in Firenze da nobilissima prosapia e ni-
pote di Leone X , il quale scorgendo in
lui bellissima indole, vivace ingegno, rara
dottrina, versato nelle lingue greca e la-
tina, di costumi integerrimi e fornito di
tuttequelle qualità che concorrono a for-
mare un principe ecclesiastico, dopo a-
verlo insignito della dignità di.protpno-
RID
tarto apostolico, nel 1 .° luglio 1 5 1 7 lo creò
cardinale diacono de'ss. Vito e Modesto
nella sua più florida età, a Aida n dogli l'am-
ministrazione del vescovato d'Orvieto nel
iS^o. Ivi accolse poi nel dicembre 1527
Clemente VII, quando fuggi da Roina,e
lo ebbe a ospite per 6 mesi: nel sacco di
quella città era stato dato in ostaggio ad
Ugo Moncada. Quel Papa lo impiegò iu
affari gravissimi e si valse de' suoi con*
sigli, avendone per esperienza conosciu-
to il valore e l'eminente sapere, congiun-
to a costante e insigne pietà, che lo rese
venerando a'piìi gran principi. Fino dal
i524 l'avea fatto amministratore di Vi-
cenza ed a rei vescovo di Firenze, dove nel
i536/icevè 1* imperatore Carlo V : nel
1526 gli aveva pure conferito la sede di
Forlì, e nel 1 532 quella eli Viterbo, in cui
per comodo e sollievo de' vescovi fabbri-
cò fuori della città pi*esso Bagnaja un ma-
gnifico palazzo e vi alloggiò nel 1 535 Pao-
lo III, il quale lo nominò vescovo d'Imo-
la e arcivescovo di Salerno. In questa ul-
tima città nuovamente ospitò con regia
magnificenza Carlo V , ed a suo tempo
il corsaro Barbarossa voleva sacdieggiar-
la. Fece gran bene alla chiesa d'Imola ;
quantunque assente vi celebrò il sinodo,
e introdusse i canonici lateranensi. Ri-
nunziò la mitra di Firenze con regresso
a Bondelmonte, onde alla sua morte nel
1 543 ne riassunse il governo, che poi nel
1548 cede ad A Uovi ti. In Vicenza re-
staurò dai fondamenti e ornò l'episcopio,
governandone la chiesa 1 6 anni, ma sem-
pre assente. Paolo 111 gli die incomben-
za di riformare la cancelleria apostolica.
Fu legalo a lalere della provincia del Pa-
trimonio , e di Roma nell'assenza di tal
Papa. Intervenne a 4 <2oncla vi, nell'ulti-
mo de'quali pel credito che godeva pres-
so il s. collegio, e per le ingiunzioni che
Paolo 111 aveva date al nipote cardinal
Farnese, dovea esser Papa; ma fu colpito
dalla morte ne'primi del i55o, nello sles-
so giorno in cui era stato concordeuien-
te determinalo di elevarlo al pontificato.
RID
Le sue ceneri trovarono riposo nella chie-
sa di s. Agosti no, dove giacciono senza al-
cuna memoria. Possedeva una scelta bi-
blioteca, piena e ricca d'antichi volunii,da
lui con grandi spese, sommo ardore e in-
dustria raccolti. Fu chiamato da Giaui*
celli, lo splendore del suo secolo.
RIDOLFI Ottavio, Cardinale. Pa-
trìzio fiorentino, illustre e chiaro non solo
per generosa Bobiltà, ma più per eccel-
lenti virtù, dopo aver lodevolmente eser-
citata la vicelegazione diFerrara, nel 1 6 1 2
da Paolo V fu promosso per nomina del
re di Spagna alla chiesa d'Ariano, a cui
recò immensi benefizi ; tra le altre cose
ristabilì il seminario giàchiuso e abban-
donato , restaurò l'episcopio , abbellì il
fonte battesimale, fece costruire nella cat-
tedrale un pulpito di vago disegno, e nel-
la cappella da lui fondata pose la statua
di marmo di s. Ottone protettore di A-
riano; promosse l'ecclesiastica disciplina,
ed ebbe una tenera carità pei poveri.Quin-
di dopo vari governi, con integrità e giti-
stizia amministrati, co' meriti dell'antica
divozione di sua famiglia a casa d' Au-
stria, ad istanza degl' imperatori Ferdi-
nando II e Mattia,. a'5 settembre i532
Gregorio XV lo creò cardinale diacono
di s. Agata, e poco dopo dallo stesso Pa-
pa fu trasferito all'ordine de'preti col tito-
lo di 8. Agnese in piazza Navona, e fatto
vescovo di Girgenti. Favorì l'elezione di
Urbano YIII, che gli assegnò la protei-
toria de' monaci di Monte Vergine. Pel
candore de'suoi costumi, prudenza e be-
nignità, fu universalmente applaudito ed
amato. Se nonché governata appena la
nuova chiesa 26 mesi, la morte l'involò
da questa terra nel 16249 con generale
lutto, nell'età di 4^ anni, e fu sepolto in
quella cattedrale presso all' altare mag-
giore, senza funebre memoria. Però il di
lui fratello p. Ridolfi generale dei predi-
catori , nella metropolitana di Palermo
gli eresse un monumento marmoreo e con
magnifico elogio.
RIDOLFO (s.), arcivescovo di Bour*
VOI.. LVII.
RID 209
ges. Uscito del sangue reale di Francia,
e figlio di Ridolfo conte di Quercy e si-
gnor di Turena. Rinunziato a tutte le spe-
ranze che poteva avere nel mondo, entrò
nel chiericato l'anno 828,6 fu eletto ar-
civescovo di Bourges ueir84o. Fondò 7
monasteri , e mostrossi zelantissimo per
la riforma degli abusi introdotti nella sua
diocesi , pubblicando per istruzione del
suo clero una raccolta di canoni, la qua-
le conosciuta sotto il nome d* Istruzione
pastorale, si trova nel t. 6 della Miscela
lanea di Baluzio. Morì neir866 a'2 1 di
giugno, nel qual giorno si celebra la di lui
fe«ta.
RIDOLFO, Gir/2i>ta2e. Nel privilegio
da Giovanni XIX detto XXdel 1024 con-
cesso al patriarca di Grado, si trova tra
i cardinali sottoscritto : Ridolfo indegno
prete e abbate del monastero di s. Lo-
renzo.
RIDOLFO,Car£2i/i^i/e.ImolesecheO-
uorio II nelle tempora di dicembreii26
creò cardinale diacono di s. Maria.in A-
quiro e poi vescovo d'Or te. Sottoscrisse
un diploma d'Onorio II a favore di Mar-,
cantonio conte di Montemarte e diOiia<*
no, e la bolla d'Innocenzo II spedita nel
1 1 35 pel monastero di s. Benedetto di
Mantova.
RIDOLFO, Cardinale» Romano crea-
to cardinale diacono dis. Lucia in Septi-
solio da Celestino II nel dì delle Ceneri
1 144* Ritenne la diaconia per quasi 25
anni, nei qual tempo si mostrò costante
seguace del legittimo Papa AlessandroIU,
contro gli sforzi dell'antipapa Vittore 1 V,
e contribuì alla elezione di 4 Pontefici.
RIDOLFO, Cardinale. Francese ear-
cidiacono d'Arras, meritò che Innocenzo
III del 1 198 lo creasse cardinale e vescov
vo d'Arras. Si legge nella GaWa christia»
na^ che morì nel 1 220, ed ebbe sepoltu-
ra in Arras nella chiesa della B. Vergi-
ne, ove gli fu eretto un avello di metallo,
in cui sono scolpiti alcuni versi.
RIDOLFUCCl Luca, Cardinak. V.
GENTni.
i4
2IO
RIE
RIETI (Reatin). Glia con residenza
fesco vile dello sialo poolificio, nella le-
gazione deli' Umbria (f'.), capoluogo del •
Ja provincia e delegazione apostolica dei
suo nome, nella quale si comprende l'an-
tica e celebi*e Sabina (^•), per cui i pre-
lati delegati s' inlilolano , delegali della
provincia di Rieti e Sabina. I geografidi-
cono limitala questa delegazione al nord
da quella parte dell* Umbria cbecompo*
ne la delegazione di Spoleto, all' est dai
regno di Napoli, al sud ed al sud-òvest
dalla Comarca di Roma, ed all'ovest dal-
ia delegazione di Viterbo» dalla quale la
separa il Tevere. 11 corso di questo fa-
migerato fiume contrassegua la divisione
antica fra le due praviucie della s. Sede
del Patrimonio o Viterbo, e della Sabi-
na, la quale si estende verso l'est a sini-
stra del fiume,sino alle montagne dell'A-
bruzzo che formano una parte dell' À-
pennino, dalle creste de'monti Telrici si-
no al rinomato Velino, il paese è gene-
ralmente montuoso, coperto da una ra-
mificazione occidentale degli Àpennini ,
appartiene intieramente al bacino del Te-
vere, dopo il- quale il primario coi*so di
acque é il Velino, che non corre se non
nel nord- ovest, dove s'ingrossa del Salto
o del Torà o Torano , indi si unisce al
Nera poco lungi da Terni. Il territorio
in clima sano è feracissimo in ogni gene-
i*e di coltura, e le colline soprattutto sono
abbondanti di pingui oliveti e di squisi-
ti frutti. Le ottime traile dei Farfa , ed
i roviglioni onde abbondano i torrenti ,
concorrono colle pescóse acque del Te-
Tere e del Velino a sommiuistrai'e gra-
diti cibi.Ne'montisi trovano curiosi ostra-
citi e conchiglie; vi sono pure buoni mar-
mi, belle breccie colorate, pietre focaie
capaci di particolar pulimento, alabastri,
ed ancora una miniera di piriti, che nel
1 774sisperimenlò contenere oro, argen-
to e ferro. 11 commercio si limita ai ce-
reali, al vino di cui si fa copiosa esporta-
zione, all'olio di oliva, ed al bestiame cor-
nuto, espej2ialmenteal bestiame poi'cino»
RIE
alia seta, al legname, e ad altri generi,
poche essendo le manifatture. Dopo ave-
re il Realino ed il Sabiuese seguito i de-
stini del romano impero, patirono le fil-
iali irruzioni de'barbari e da loro furono
dominati, ed i longobardi ne formarono
un Castaldalo oGastaldalo dei ducato di
Spoleto (f^.), venendo i Castaidati chia-
mati anche Ministeri, e Masse come tal-
fòlla nei Realino , i quali presiedevano
a città e luoghi di minor popolazione,
nella principale fiicendo residenza il Ca-
staldo o Gastaldo , custos hontitium. A
questi si affidava dai re il governo econo-
mico delle loro ville e corti, la direzione
degli uomini liberi e de'servi che vi erano
addetti, l'amministrazione della giustizia,
dei governo politico e l'ispezione milita-
re. Divennero soggetti di somma consi-
derazione, ed in certo modo eguali ai Du-
chi {V.) e talvolta vi divenivano, come
pure furano sollevati all'onore di Conti
(/^.). Per comandarci re con maggior di-
spotismo, ai castaidi affidai*ono il gover-
no civile e militare di non poche città del
regno longobardo, nelle quali non era
il duca o non si voleva porveio ; in tal
caso il castaido ivi era il supremo magi-
strato. In generale i castaidi erano sog-
getti al duca e a lui rendevano conto del
loro operalo : tali erano i castaidi dei du-
calo di Spoleto, amovibili, almeno ogni
anno. Palleschi, Memorie del ducato di
Spoleto, p.i44) diceche Rieti, città com-
puta la nei tempi di mezzo nei cuore del-
la Sabina, era castaldalo insigne, per cui
il nome del suo castaido si trova regi-
stralo in tulli i contratti della Sabina ,
appellalo sempre Wr magnificus , titolo
che non si da va agli altri castaidi. Ne'pri-
mi tempi de' re Carolingi si vede osser-
vata la stessa pratica di descrivere il no-
me dei castaido di Rieti, dopo quello dei
duca di Spoleto in ciascun monumento
della Sabina , finché poi di rado fu no-
tato il nome del duca e mai più quello
dei castaido o del oqnte di Rieti. Aggiun>
gè Falleschi, p. i45/^;ti} 373, che anco
RIE
in questo castalda to reatino si distinse la
pietà e la munificenza de'duchi di Spo-
leto e di altri magnati longobardi Terso
la nobilissima abbazia di Farfa (V\ dì
cui parlai ancora a Poggio Mirteto^ ed
a Pbesidati dicendo del Farfense o di
$. Vittoria , eziandio con beni posti nei
territorio di Rieti e di altri castalda ti con-
finanti. La topografia del castaldato di
Rieti la pubblicò Galletti nelle Memorie
di tre antiche chiese di Rieti denominate
di s. Michele arcangelo al ponte, s. Aga»
ta alla Rocca e s,Giacomo,'Roma 1 765.
Questo dotto scrittore, Del Primicero, p.
ao7,riporta un documento di Ambone di
Remedio scabino di Rieti del 958, edice
che il castaldato di Rieti era governato dal
suo Castaldo, dicbiarando cbe gli scabini
erano giudici minori delle città, i quali si
eleggevano dal popolosa differenzadi quei
Giudici^ F,) che si diceva no sacri palatii,
i quali erano eletti dal solo re o impera*
toi*e, e perciò s'intitola vanoyWzce^^b/nni
regiset domniimperatorisye talvolta an-
cora judices palatini. Altre notizie sulla
topografia del castaldato reatino ripor-
ta il citato Fatteschi, avvertendo cbe in
Rieti vi fu pure il duca, in mancanza del
quale suppliva il temporario castaido.
Nondimeno osserva che pochissimi ca-
stelli s'incontrano a' tempi barbarici nel
territorio reatino , particolarmente fino
al secolo X, manifesto contrassegno del*
la ferocia distruttiva de'barbari invaso-
ri; quindi enumera i castelli e villaggi del-
l' agro reatino, incominciando da quelli
degli aborigeni, anche a p. 225. Inoltre
nota, che le antiche città e castella non
molto distanti da Rieti, le quali ebbero la
disgrazia d'essere maltrattate da'barbari,
furono anche opportunamente riattate,
ritenendo tuttavia il loro essere, ed un po-
polo competente, quelle furono cbe ai
lempi longobardici fecero una figura di-
stinta nella Sabina e nel ducato diSpoleto.
Dice aver trovato, che a molte di queste
presiedeva un castaido e che i loro benché
pioGoli territori! sono dichiarali ne'monu-
RIE 211
menti veri castaldati ; indi s'incontrano
nell'antiche carte Castaldus et Castalda-
tus Interocrinus, Amiterninus^ Fatagri-
nensìSj Namatensis, Ophiani, oltre alTo-
rano, Pontano,ec. Ignora però se questi ca-
staidi che presiedevano a città e luoghi di
minor popolazione, avessero qualche dì-
pendenza dal castaido di Rieti, o se fos*
sero di egual dignità e giurisdizione. E'
però vero che tali castaidi de'piccoli luo-
ghi nominati s' incontrano spessissimo
presenti ai placiti più solenni nel ducato,
insieme co'castaldi delle principali città,
ed in essi pronunziare il loro giudizio e
decidere unitamente le cause, sembrando
da ciò potersi credere, che tutti i castai-
di come i duchi godessero l'islesso gra-
do d'autorità e la medesima onorificen-
za. Benespesso tali castaldati sabinesi nel
Reatino,distinti talvolta col nome di Giù-
diciaria e spessissimo con quello di Mi'
nisteriumj si vedono notati or col nome
di Masse, leggendosi invece di castalda-
to. Massa Interoctina^ Massa Amiterni-
na. Massa Nautona, Massa Novertina, e
Massa Capitana , intendendosi con quei
nome di Massa il complesso di tutto il
distretto del castaldato ; ed or coi nome
di Pago, il quale comprendeva egualmen •
te il circondario tutto della ci ttào castel-
lo in cui risiedeva il castaido, leggendosi
di sovente ne' monumenti di Farfà, in ve-
ce di Castaldatus,Pagus ReatinuSf Pagus
Sabinensis, Pagus Amiterninus, Pagus
FurconinuSy ec. In processo di tempo di-
venuto il Reatino e ii Sabinese dominit
temporali della chiesa romana, i Papi ii
governarono per mezzo dei loro ministri
rettori e poi di prelati governatori, men-
tre de' rettori di Sabina parlerò a quest'ar-
ticolo. Nelle Notizie di Roma del secolo
passato e de'primordi del corrente si pos-
sono leggere i nomi de'prelati governa-
tori di Rieti e delsuo territorio e distret-
to. A Delegazioni apostoliche , narrai
clie il governo di Rieti con residenza dei
prelato governatore, era nella provincia
dell'Umbria,, non perctiè all'Umbria ap-
Ili RIE
parteneMe, come notò Fatteschi contro
l'asserto del p. BetTetli; e che Sabina era
la 6.* provincia, con prelato governatore
e luoghi di feudi baronali. Dissi che Pio
VII istituì le delegazioni, ed a Rieti e Sa-
bina die un prelato governatore che in«
sieme legovernasse, comprese le loro giù*
lisdizioni e distretti. Che nel 1809 occu-
patosi dai francesi d'ordine di Napoleo-
ne lo stato pontificio, Rieti fu dichiara-
to capoluogo di circondario nel diparti-
mento di Roma, e si riguardò qua! me-
tropoli della Sabina, imperocché la vera
Sabina , ossia V alta Sabina comincia da
Rieti , e si estende verso Roma , laonde
questo nome si dà impropriamente a di-
Tersi luoghi. Ritornato Pio VII nel 1 8 14
sul suo trono, nella nuova divisione del-
le Provincie, tra quelle di terza classe vi
comprese la Sabina, e tra le nuove dele-
gazioni da lui istituite vi annoverò Rieti
con prelato governatore residente che e-
ziandio governò la Sabina , con due as-
sessori, e la congregazione governativa
composta di due consultori della provin*
eia e del segretario generale; con tribu-
nale dii.' istanza compostodi 3 giudici,
de'difensori de' rei e del procuratore fi-
scale; la direzione di polizia, Tassessora-
tocamerale, la soprintendenza di dogana,
la direzione del bollo e registro, il con-
servatore dell'ipoteche, l'ingegnere pe'Ia-
Tori d' acque e strade : piò pel distretto
di Poggio Mirteto in Sabina, il governa-
tore, il preposto del bollo e registro tan-
to in detta città,. che in Magliano e Ga-
nemorto. Dipoi nel 182 7 Leone XII fece
un più regolare riparto dello stato pon-
ti fido, ri unì la delegazione di Rieti a quel-
la di Spoleto, con quelle particolarità che
notai a 'Delegazioni, con residenza del
prelato delegato a Spoleto, ed in Rieti il
suo luogotenente e il pretore : ivi inol-
tre riportando anche quello del 1 83 1 di
Gregorio XYI. Questo Papa ristabilì la
delegazione di Rieti, al modo narrato nel
Tol. XIX, p. 2 1 2, co'due distretti di Rieti
e Poggio Mirteto, i governatone il nu-
Ri£
mero della popolazione della provincia,
la quale è da quell'epoca aumentata. Ta-
li disposizioni sono in vigore, con 4 con-
sultori e il tribunale di I.' istanza, none-
sislendo piò il governo baronale di Ma-
glianOj tolto dal regnante Pio IX, il qua-
le come registrai nel voi. LUI , p. 229,
nel novembre i85i istituì la legazione
dell'Umbria e vi comprese la delegazio-
ne di Rieti , colle relative disposizioni e
quelle sulle comuni, di cui parlai ancora
a Gonfaloniere e meglio a Priore {V),
Ma de'numerosi luoghi tanto del distret-
to di Rieti , che del distretto di Poggio
Mirteto, per unità d'argomento, parlerò
di tutti a Sabiua, ove diròdi moltissime
notizie storiche e poUtiche che riguarda-
no Rieti e il Reatino, essendo state co*
munì le vicende, per cui neli' accennare
qui poi le principali della città di Rieti,
sarò di conseguenza breve, onde non fai*e
inutili ripetizioni.
Rieti, Reale, nobilissima e antica città,
giace in ameno colle sulle due rive del
Velino che la divide dal borgo, nel qua-
le poco lungi confluisce il Torano che di-
scende dai monti sabini, che poscia uni-
to a varie sorgenti, in un largo seno ri-
stagna, formando il lago di Piedi luco. La
parte piò antica occupa la schiena più
eminente del colle, e la piò moderna si
dilata sul piano; con un circuito di 3 mi-
glia, in cui sono 4ooo case e circa 1 1 ,000
abitantijSecondole proposizioni concisto-
riali del 1 834 e del 1 849} Amendola nella
1.' chiamata Gregorio XVI Fideiissùna
Reatina Civitas. £* sede del prelato de-
legato edelle autorità civili, amministra-
tive e militari della provincia é delega-
zione, intitolandosi i delegati apostolici,
delegato della provincia di Rieti e Sa-
bina. Cinta di mura , ha nobili palazzi
delle molte e distinte famiglie patrizie che
contiene, e fra' palazzi che primeggiano
per architettura nomineròquelli de'Vin-
centini nella così detta piazzetta, e il pa-
lazzo de'Veochiarelli; vie bastantemente
regolari con piazze, due essendo rimar-
RIE
chevoli e decorate di fontane ; un con ve-
niente teatro» e diversi importanti edifi-
zi, come il palazzo del municipio. La cat*
tedrale grandiosa ha 3 navi, nella cui tri*
buna il bellunese cav. Paoletti eseguì neh
Je pareti pregievoli affreschi : è insignita
del titolo e prerogative di basilica, il tut-
to confermato da Gregorio XVI nel 1 8 Sg.
Per eccellenza è chiamata di s. Maria,
come lo fu anticamente il vescovato, per
venerarsi la B. Vergine Assunta in cielo
qual litolare della medesima e quale pa-
trona della città, onde la sua veneranda
effigie si vede ne' sigilli degli antichi ve-
scovi» e fu dipinta nel muro del maggior
altare sotto l'invocazione della Madonna
del popolo. La decorosa cappella di que-
sto nome era appunto prima il maggior
altare, ed il vescovo Domenico Lutani la
rinnovò sull' antica forma. Neil' altare
principale isolato, secondo il rito delle
basiliche, vi é in grande venerazione sot-
to l'ara massima il corpo di s. Barbara
(f^.) vergine e martire, oltre altre san-
te reliquie. Il gran tabernacolo della cap-
pella del ss. Sagra mento è tutto ornalo
di alabastri, agaie e diaspri. La cappel-
la di 8. Caterina fu rinnovata in bella
scagliola dal conte Vincentini Sardi. La
cappella di s. Barbara è ricca di buoni
marmi, ed il valente pittore cav. Anto-
nio Goncioli in due quadri rappresentò
il martirio e la morte di s. Barbara. Di
questa santa tutelare de' reatini e di al-
tri popoli» come delle milizie, delle for-
tezze e singolarmente di quelli che ma-
neggiano le artiglierie, ciò che rilevai nel
Tol. XLV» p. 1 14> d'uditissime notizie si
leggono nelle Memorie di s. Barbara (^.
e m, di Scandriglla detta di Nicomedia,
protettrice principale della città e diocesi
di Rjetiy raccolte ed esaminate da mg,r
Saverio Marini vescovo della stessa cittày
dissertazione^ Foligno 1 788, 1 806. Il dot-
to prelato dimostrò , che la san la fu di
greca origine , ebbe ì natali in Nìcome-
dia di Bitinia, ma che poi il suo domici-
lio fu trasferito in Scandriglia, comune
RIE :ii3
della diocesi di Sabina , nel distretto di
Rieti, ove dimorò successivamente, pati
il martirio e fu glorioso il di lei sepolcro,
dalla quale terra venne traslato il sagro
suo corpo a Rieti. Il Marini è d'opinio-
ne, che sia stata dal padreDioscoro mar-
tirizzata in Sabina e precisamente a Scan*
driglia, dove per antica tradizione si mo*
stra tuttavia illuogodel suo martirio, nel
tempo che Dioscoro erasi recato da Nico-
media alla corte dell' imperatore Massi-
mino, ed avea forse acquistato un subur-
bano in Scandriglia. Per quanto lontane
sembrino le congetture di mg.' Marini»
contro il quale scrisse il celebre Zaccaria»
pochi anni addietro fu ritrovata inScaa-
drìglia una lapide sepolcrale , con greca
iscrizione di forme cristiane del IV secolo
circa, nella quale si ricorda che un padre
infelice pose quel monumento al figlio suo
morto d'aneurisma. Questa lapide fu re-
galala al cav. Bianchi architetto del son-
tuoso tempio di s. Francesco di Paola in
Napoli y nella qual metropoli egli la portò
collocandola nel museo Borbonico , e fu
illustrala dal prof. Quaranta. Orcomun-
que lontana sia l'induzione, ella vale pur
qualche cosa per significare, che come un
greco cristiano presso al tempo di s. Bar-
bara si trovava in Scandriglia, così noa
diviene improbabile che vi si fosse anche
recalo Dioscoro colla sua figlia da Nico-
media. Certo è che s. Barbara in piii so-
lenni modi fece sempre sperimentare il
suo patrocinio ai divoti reatini, massime
con esentarli ab immemorabili nella cit-
tà, dai danni de' fulmini e de' terremoti.
Questo tesoro si vollero procurare i reati-
ni, perchè nella cattedrale aveano se non
il corpo, almeno le reliquie di s. Giuliana
compagna di s. Barbara, onde si recarono
di foi*za a prenderla in Scandriglia, o per*
che vi possedessero de'fondi, o pei diritti
di loro patria una volta capitaledellaSa-
binQj come riferisce Jodoco, Italicae de-
scriptio; Beate Sabinorum quondam ca^
pitt episcopali titulo insigni^ e ricorda il
p. Maroni, De Episcopis Beatinis^f.iS.
ii4 RIE
Ciò avtreime prima del 969,0 almeno a-
vanti il 1 1 1 7> collocandola nella catte-
drale di Rieti. Quindi frequenti furono
i pellegrinaggi divoti de' popoli i più ri«
moti a Rieti, per venerare s. Barbara, di
che vi sono memorie che risalgono al seco •
lo XIV. M/ Marini confuta quelli che as-
seriscono venerarsi altrove il corpo di s.
Barbara figlia di Dioscoro, la quale ha i
segnali della palma pf\ conseguito mar-
tirio, della torre per quella che prodigio-
samentesiapri quand'ella fuggì alla mon-
tagna , quando il padre voleva ucciderla
per professare la fede cristiana, di cui era
fiero nemico. Soltanto la testa fu deruba-
ta dai francesi, dai quali la ricevè s. Ber-
nardo e poi donò a Genova ove si vene-
ra. Goncbiude che le altre ss. Barbara
sono diverse da questa. Abbiamo di Ga-
briel Naudaeus, Tabularii majoris tem»
pli Reatini instauratio, Romae 1 646. Si
legge pure nel t. 9, p. 8 del Burmanno,
arricchito di doppio indice, venendo mol-
to lodato dal Maffei nella Storia o arte
critica diplomatica^ e serve mirabilmen-
te ad accrescere lo splendore della città
di Rieti, sia per illustrare diverse celebri
fiimìglìe dimenticate , sia per riordinare
la serie de'suoi vescovi. Vi si addita l'u-
bicazione di molte chiese , onde un tale
lavoro sarebbe giovevole a chi volesse ac-
cìngersi ascrivere gli annali di Rieti, li
capitolo della basilicacattedrale di s. Ma-
ria ha la dignità dell'arcidiacono e si com-
ponedi 1 5 canonici, comprese le prebende
del teologo e del penitenziere, di 1 3 be-
neficiati e di altrettanti chierici beneficia-
ti, non che di altri preti e chierici addet-
ti al divino servizio. La dignità ed i cano-
nici hanno le ipsegne corali della cappa
magna col rocchetto, colle fodere d'armel-
lino neir inverno; i beneficiati la cappa
qon pelli cenerine. Un canonico per con-
corso approvato nella cattedrale ammi-
pistra la cura d'anime, coadiuvato da un
altro prete. In essa non vi è il fonte bat-
tesimale, ma nella prossima chiesa di s.
pio. Baltista^ed è l'unico della città. L'e-
Rl£
piscopio, buono edifizio, è prossimo alla
cattedrale. Quanto al capìtolo ed all'an-
tica vita canonica professata già dai ca-
nonici, ecco le erudizioni che leggo in Ga •
rampi. Memorie della b. Chiara, p.54^}
ettratte da lui nel loro archivio. Antica-
mente furono delti sacerdoti e custodi j e
ne produce i documenti del IX, X e XI
secolo. La I.* menzione di canonici si os-
serva in un placito del 1 oa3, estratto dal
registro Farfense e tenuto nel vescovato
di Rieti , dove intervennero Petrus Ar*
chypreshittr , Azo Canonicus et Cardi-
nalis^Adam Presbyteret Canonicus, Be-
nedictus Presbyter et Cardinalis. Cosi in
altre carte del 1 122 e seguenti anni tro-
vansi parimenti detti canonici. Da una
bolla d' Alessandro IV del 1^54 si rac-
coglie, che anticamente i canonici e il
vescovo aveano comune e mensa e refet-
torio , e che alìqui ipsorum in comuni
domi . . . solebantj che poi (dovrebbe dir
prima ) al tempo di Gregorio IX , inler
se bona hu/usmodi diviserunt, certa ipso •
rum parte dicto Episcopo ... ipsis cano-
nicis adinvicem assignata. Che in appres-
so seguì un'altra divisione, la quale è for-
se quella stessa, che si ha in un istromen-
todel i249> ^^^^ ridotti tutti i beni in
una sola massa, ne furono fatte 4 porzio-
ni, ed una se ne diede al vescovo, le altre
ai canonici. Volle però Alessandro IV, che
ridotto il tutto ad pristinum statum, Epi-
scopus et canonici reatini, omnibus bonis
ipsius ecclesiae, (juae taliler divisa fue-
rantyin conimune redacùs, perpetuo co-
medant , et conversentur insimul , sìcut
prìusj siccome da maestro Bernardo del-
la Penna commissario apostolico nel feb-
braio del 1259 fu eseguito. Ma perchè i
canonici non si quietarono a queste ze-
lanti premure d'Alessandro IV, ricorse-
ro a Urbano IV, il quale con bolla de'28
ottobre 1261 commise, che si riducesse
il tutto in pristino, sulla forma cioè del-
la divisione ch'erasifattaa tempo di Gre-
gorio IX, volendo peraltro, ^/^orf iidern
Capituluni simul comedant, ac idem E'
RIE
piscopos in hujusmodi mensa communi
alienando exquadam comedathonesla-
ie^juxta ordinatìonem ipsam supradicti
Gregorio Riguardo poi alla disciplina dei
canonici, nelle loro costituzioni fette do-
po la 3.' divisione de' beni nel i25o, sì
trova mentovato il chiostro della cano*
iiica e il modo delle loro distribuzioni.
'» Quacumque die defuerint ab hiis tri-
bus borisy scilicetMatutino, Missa, et Ve-
speris, vel etiam tantum ad duabus ex
ipsis, ìlla die nifail percipiantdeoblatio"
nibus altarìs, aut de cellario, aut de vi-
no. Si autem duobus diebus se absenta*
verìnt in horis predictis,priventur quarta
parte de redditibus molendinorum,quae
ipsos in edogmata illa contigeret ; ac si
tribus diebus vel ultra defuerint, priven-
tur in totum quod eis contigeret in edog-
mata emergenter; excepta tamen una die
quae eis sicut aliis in qualibet edogmata
indulgetur;excepto etiara triduo minutio-
nis, et edogmata medicinae, vel si essent
intra civitatem Reatinam infirmi, aut si
sealiquando de licentia Episcopi absen-
tarent". Altre costituzioni furono anche
stabilite neli4749^B''^ ({mM però nulla
apparisce, che possa concernere il convit-
to che allora si teneva nella canonica. In-
oltre Garampi a p. 526 riporta un an-
tico ordine della Messa , egualmente ri-
cavato dall'archivio capitolare di Rieti.
De' beni delle chiese di Rieti e sua dio-
cesi, e loro qualità ecclesiastica, parla Ma-
rini a p. 233 e seg.
Nella città vi sono altre 8 chiese par-
rocchiali, e fra le più belle chiese s. Sco-
lastica si distingue per l'architettura; al-
tre chiese appartengono alle confrater-
nite. Vi sono i conventi e le chiese de'do-
menicani, cappucciili, conventuali, rifor-
mati, crociferi, scolopi e agostiniani; non
che i monasteri e le chiese delle benedet*
tine e domenicane, tre monasteri di eia-
risse, le religiose del Bambin Gesù, le Bi-
gnole, le maestre pie, delle quali leggo in
Novaes, che Benedetto XIV nel 1 74? se-
parò dai dottrinari di s. Agata la chiesa e
RIE 2i5
casa di s. Paolo di Rieti, che donò alle me-
desitne maestre. Gli stabilimenti di pub-
blico insegnamento e beneficenza sono, il
seminario, il i.^che fu fondato immedia-
tamente dopo il concilio di Trento , ed
ove nel 1 834 eranvi i5o alunni, come è
detto nella proposizione concistoriale ; il
liceo o ginnasio comunale; un istituto a-
grano pegli or&ni: abbiamo, Per la so»
lenne instkuzionee apertura della socie-
tà economico -agraria della provincia di
Rieti e Sabina^ discorso pronunziato il
dì 1 3 febbraio 1 84 1 da mg» Bartolomeo
Orsi delegalo apostolico epresidente del-
la medesima^ Rieti per Salvatore Trin-
chi 184 '• Inoltre vi é un istituto pei po-
veri vecchi artisti impotenti al lavoro, il
monte di pietà, un reclusorìo per le po-
vere orfane, l'ospedale comunale in cura
de'religiosi benfratelli, una casa di rifu-
gio per le convertende. Apprendo dal n.°
7 della Gazzetta di Roma del 1 848, che
a' 19 gennaio vi furono aperte le scuole
notturne, per le sollecitudini del can. d.
Pietro Micantelli , del conte Pietro O-
doardo Vicentini, e di altri zelanti citta*
dini. Vanta Rieti, con diversi storici, d'a-
ver dato i natali in Falacrina di lei con-
trada (che alcuni credono Ci vita Regale),
ai grandi imperatori Vespasiano , e suo
figlio Tito delizia del genere umano, ven-
dicatore del deicidio commesso in Geru-
salemme e tipo di clemenza : vogliono al-
cuni, che ambedue morissero in una lo-
ro villa ne'contornì di Rieti. Ughellipar-
landodi Rieti dice: » Illustre vero, et con-
spicuum e^t, illius cLves omnium virtù-
tuni, atque artium genere ubique, et scra-
per effulsisse, quorum alii literisperpoliti,
alii armorum gloria celebres, alii sangui -
nis claritate insignes , alii in republica
moderanda spectati, alii incredibili con-
stantia praediti, in religione Christiana
olim suo sanguine confirmanda , omnes
denique eximia ac summa fide in sedem
apostolicam excelluerunt ". I santi e bea-
ti della città e diocesi sono, s. Probo ve-
scovo, s. Stefano abbate, s. Severo prete,
ai6 RIE
s. Marco vescoTo, s. Anatolia martire, b.
Giovanni agostiniano, il di cui culto im*
memorabile approvòGrfgorio A'^/(f^.);
s. Bolduino abbatedi s. Pastore, della stir-
pe de'conti de'Marai,al quale s. Bernar-
do diresse parecchie sue lettere, veneran-
dosi il corpo in Rieti ove fu ritrovato. Il
b. Andrea di Monte Reale , s. Giuseppe
da Lionessa, s. Vittoria martire, b. Gre-
gorio agostiniano, s. Filippa Mareri , b.
Colomba domenicana del terzo ordine e
comprotettrice di Rieti, morta in Peru-
gia nel monastero che ne prese il nome:
Cancellieri nelle Campane^ p. 1 4> parlan-
do della benedizione e imposizione del no-
me, dice che ad una campana fu posto
quello di s. Colomba. Il citato Galletti
nelle Memorie riporta le notizie di di-
versi antichi domicelli reatini, e che nel-
la corte di Nicolòjll deli277 fiorirono
maestro Paolo annoverato tra gli offi-
ciali primari, e Tommaso ascritto tra i
cappellani, pe'quali pubblicò il numero-
so ruolo della Famigia di quel Papa, di
cui io feci tesoro a Famiglia pontificia,
perchè il piti antico ruolo palatino che
«i conosca , onde intieramente lo ripro-
dussi. Marini nelle Memorie^ a 1^.1^0 e
.24 r , dicendo de'Iustri di Rieti, che ancor
egli chiama patria de'tre Vespasiani im-
peratori^ dai quali crede Baronio disce-
so Costantino Magno, aggiunge, che del-
lo splendore di tante sue famiglie fanno
chiara testimonianza l'ordine gerosolimi-
tano, l'attinenza con varie cospicue di
Roma^ le baronali giurisdizioni che a suo
tempo godevano anche in esteri dominii,
prelati, nunzi; lodando gli antichi Mare-
ri, insigniti di ordini equestri e preroga-
tive. Rieti die al sagro collegio i seguen-
ti cardinali, de'quali ne scrissi le biogra-
fie : Odoardo Fecchiarelli, Ippolito An-
tonio Vincenti' Marerì^ Benedetto Cap-
pelletti ^ Francesco Tiberi. E' vivente il
cardinal Nicola ClarelliParacciani vei^co-
vo di Monte Fiascone, dignità conferita-
gli da Gregorio XVI, il quale creò pure
cardinali i due precedenti. Altri uomini
RIE
illustri reatini furono: Loreto Mattei poe-
ta distinto, il quale tradusse il salterio.
Can.^ Carlo Latini di Collalto diocesi di
Rieti, in questa città fece lungo soggior-
no, ed è autore d'un trattato delle Leg-
gi canoniche^ civili e criminali. Il mar-
chese Colelli. Per non dire di altri per-
sonaggi illustri reatini, da ultimo eclissò
in Rieti l'astro splendente della repubbli-
ca letteraria, il cigno soave e canoro del
Velino, il verace modello del /ef/er«fo c/i-
stiano^ l'aureo amico di quanti egli chia-
mò con questo dolce nome , il cav. An-
gelo Maria Ricci patrizio romano, aqui-
lano e reatino, che sebbene nato in Mo-
polino nell'illustre provincia dell'Aquila,
diocesi di Rieti, in questa ultima città fe-
ce l'ordinario suo soggiorno nell'avito pa-
lazzo, vi fu visitalo da eccelsi personaggi
e scienziati, non che dal gran Ferdinan-
do li regnante monarca delle due Sici-
lie, che Io voleva istitutore del suo real
primogenito erede del trono, evi rese lo
spirito a Dio il 1 .^ aprile 1 85o d'anni 74.
Nome immortale che per silenzio non i-
scema, e per encomio non cresce. I rea-
tini testimoni ed estimatori oculari del-
le sue rfire virtò, come del vasto suo sa-
pere, lo amarono in vita di amore sin-
golare, considerandolo reale ornamento
della loro patria; lo piansero sinceramen-
te in morte, che deplorarono qual pubbli-
ca calamità, con grido universale di duo-
lo. Nella cattedrale gli furono celebrate
con pompa straordinarie e solenni ese-
quie con orazione funebre; e con raro e-
sempio v'intervennero e presero parte l'e-
gregio e rispettabile mg.'* vescovo, il cle-
ro, il municipio, la nobiltà, la delegazio-
ne co'magistrati che la compongono. Un
senso di dolore si diffuse per l'alma Ro-
ma, e per tutta la nobilissima Italia; var-
cò mari e monti, e ne ritrasse eco di glo-
ria imperitura pel defunto, comechè ca-
ro a tutti, e da tutti sommamente ammi-
rato. Ne perduto veramente può dirsi ,
chi sebben tolto allo sguardo mortale, vi-
vrà sempre nel copioso novero dell'eccel-
RIE
lenti sue opere, in prosa eloquentissimo,
ed in ogni genere dipoesin,così nellasu*
Mime epopea, come ne' voli della lirica,
nella flebile elegia, e nella didascalica io
cui spiegò le leggi della natura e i canoni
della morale. 11 suo genio fu sempre fe-
condato dallo spirito religioso che emi-
nentemente TinformaTa, massime in ce-
lebrar le lodi di Colei che è Regina sine
labe originali concepfa , con si magiche
e attraenti concetti , che appellar si pò-
Irebbe il Cantar di Maria^ come dichia-
rò l'illustre e venerandosuo amico, mg/
Gio. Battista Rosani vescovo d' Eritrea,
nella Biografia del cav. Angelo M, Ric-
ci ^ Romai85o. 11 Ricci fu in somma un
-vero portento, un complesso di virtù pub-
bliche e domestiche ; benefico per natu-
ra, gentile e cortese per cuore. Ebbe e-
gli alto e perspicace T intelletto, fervida
la fantasia, pronta e tenace la memoria;
animo aperto ad ogni più candido afiet*
to, ad ogni senso del bello: laonde merita-
mente ottenne l'applauso dì quanti pote-
rono sperimentarne le rare qualità, e ap-
pi*ezzarne l'ingegno. Fra questi mi vanto
anch'io di essere,e mi glorio possedere i &Q
lettere autografedel grand'uomo, scritte
tutte con elegante e argenteo carattere
in lui ^migliare, che conservo e reputo
(anche qual prezioso gioiello dell'onore-
volissima collana delle ventiseimila a me
indirizzate che custodisco, tutte ordinate
con registro), equivalenti per me più che
ad onorevoli diplomi, per le lusinghie-
re espressioni di cui sono tutte ricolme,
imperocché ritengo che il giudizio d' un
cav. Angelo M." Ricci valga quello d'una
accademia. Questo sfogo di ossequioso af-
fetto e di gratitudine a si insigne lettera-
to, dovea io depositarlo in questa mia o-
pera, descrivendo il luogo illustre che gli
III seconda patria , e ciò non solamente
per la tanta deferenza ch'egli sì compiac-
que con invariabile costanza diinostrar-
uìi, mescendo persino le sue alle mie la-
grime quando perdei il maggior figlio^clie
celebrò co'suoi aurei versi \ ma eziandio
RIE 217
per il largo e amorevole compatimento,
che concedeva a questo mio Dizionario,
ed a segno, che tra le molteplici cui*e pri-
vate e sociali, e tra le tante letterarie fa-
tiche e corrispondenze epistolari, egli ap»
pena giunto nelle sue mani ogni volume
della mia opera, de' 49 che ricevette, lo
leggeva da capo a fondo, e quindi eoa
pronta lettera di tutti gli articoli, classifi-
candoli, eruditamente mi ragionava e in-
coraggi va nel mio disastroso e lungo cam*
mino. Sempre si meravigliava con istu-
pore, come Dio largamente mi aiutava per
potere colle mie scarse forze e di per me
solo elaborare tutti quanti gli articoli del-
la mia opera , di così svariato argomen-
to. Ciò non ricordo per vanità, ma perciié
conosco che il divino datore e autore di
tutto, con un dolor di capo o colla pun-
tura d' un dito potrebbe troncar la con-
tinuazione de'suoi gratuiti doni. Pertan-
to, dolcemente commosso e penetrato,de-
pongo riverente questa pubjjlica ghirlan-
da sull'onorato marmoreo aveltoeretto*
gli nella chiesa di s. Agostino di Rieti (e-
gregiamente scolpito dalcomm.^ Giusep-
pe de Fabris, ed elegantemente descritto
dal p. Checcucci delle scuole pie nel 1. 1 8,
n.^ 3o àeW Album di Roma), dai degnis-
simi figli cav. Gio. Maria e prelato Achil-
le M.'; ghirlanda che resterà in queste
pagine sempre fresca e verde, per le pos-
senti lagrime dell'amicizia; dappoiché nei
veri dolori sono prime e più facili a of-
frirsi spontanee le lagrime, che le parole
per lo più impedite dalla foga degli af-
fetti e dalla doglia dell' animo oppresso.
Né potrei qui svolger tutti gli elogi che
in se comprende il solo celebrato nome del
cav. Ricci, il quale ben scrisse di se :
Cantai pastori e ducij armi ed amorij
Vare^ i claustri^ le trombe _,i fiorale conche^
JS agli Itali sposai Germani allori,
Nel t. 4 deW Album p. 234 ^i ^ ^^ ^''"*
dito articolo o Memoria delle antichità
reatine, dì cui riprodurrò un estratto. Nei
più bei tempi della romana repubblica
l'agro reatino per la sua fertilità e urne*
220 AIE
iifica rencomiato prof. Proja; la divide
dal borgo, ne percorre tortuosamente la
fertile Tempe, e accogliendo sempre nuo-
▼e acque, come del Torà no, si avvicina
quasi per naturai simpatia al delizioso
lago di Piediluco, nel quale si credette
che soggiornasse la ninfa Velinia e ove
al dir di Pope : Romoreggia la cupa E-
cOj e rimanda - Clamorosa il bel suonj
forse pel dolore d'aver dovuto abbando-
nare questi luoghi incantevoli, il Velino
che 'sino a quei punto corse placido e
tranquillo, s'interna tra le gole d'opachi
monti, e comincia a fare un fragore che
assorda. Chiuso poscia fra gli argini del
petroso canale aperto da Marco Curio
Dentato neiraniio 48 1 di Roma, dopo a-
ver soggiogato i sabini, e ripristinato nel
1600 dell'era nostra da Clemente Vili,
Ya a formare presso Temi (F.) il mae-
stoso e sorprendente spettacolo della Ca-
data delle Marmore^che destò e desterà
in ogni tempo lo stupore de'dotti e colti
Tiaggintori, descritta anche dalFErbinio,
nel suo rarissimo libro. De admirandls
mundi cataractis. In quel profondo ba-
ratro si mescolano velocemente col copio-
so volume delle sue acque le poche acque
sulfuree del Nera, chea lui togliendo in*
giustamente il nome, come tributario del
Tevere a questo si unisce, il quale ha fo*
ce nel Mediterraneo che tante acque as-
sorbe. Nicolai, De* bonificamenti Pontini
p. 84) attribuisce i versi d' Orazio alla
palude di Rieti, che dice asciugata nel-
l'anno 4^4 ^^1 Dentato, di cui Cicerone
scrisse ad AliicOy Epist, I. 4> i4* I^^eus
Velinus a M. Curio emissus interciso
monte in Narem defluii ^ ex quo vallis
siccata^et humida tantum moclice. Que-
sta valle avea il nome di Rosea, fu di cit-
tà circondata, e dopo essere asciugata di-
ventò fertilissima. Fatteschi parlando del
Velino, formante i famosi laghi e le pa-
ludi reatine, ricorda che in virtù di que-
ste scrisse Plinio : Sabini Velinos acco-
lunt UzcuSj le quali, aggiunge, vanno a
scaricarsi nel fiume Nera per l'emissario
RIE
dilatato da M. Curio Dentato. Aggiunge-
rò col Cabrai , che le acque del Velino
hanno la proprietà di generare la pietra
spongiosa o il tartaro, e che essendo cre-
sciuta per questa ragione ed alzatasi sem-
pre più la cresta o soglia per cui le acque
del Velino sì precipitavano anticamente
nella Nera,' rimase perciò inondata e con-
Tertita in orrida palude la valle e pia-
nura reatina. Così rimase sino a che M.
Curio Dentato nel 48 1 pensò a diseccar-
la e la diseccò, tagliando profondamente
la soglia di detta valle (e del monte dice
Galletti, pel quale taglio fece cadere il
lago nel fiume Nera) quanto era neces-
sario, perchè le acque del Velino potesse-
ro liberamente precipitarsi giù nella sot*
toposta Nera. In seguito i ternani si la-
gnarono per la troppa abbondanza del-
l'acque che loro calava dalla valle reati-
na, e per la gran quantità di grossi sassi
che la medesima acqua Velina avea avuto
forza di svellere e precipitare nel letto
della Nera. Nuovi rumori insorsero attem-
pi di Tiberio contro le acque del Monte
delle Marmore nel fiume Nera, allorché fu
proposto per diminuir le inondazioni del
Tevere in Roma, di deviare altrove tutti i
fiumi e tutti i laghi che si scaricano in esso,
ma prevalse in senato il parere de' reatini e
degli altri popoli interessati. Nel i4oo i
reatini,senza il consenso de'térnani, inco-
minciarono ad aprire un nuovo scavo in
vece del Curiano nel territorio di questi
ultimi , onde si venne alle mani da una
parte e dall'altra, e preso finalmente nel
1 4 1 7 per arbitro Braccio da Montone pe-
rugino, tiranno di buona parte dello sta-
to, si stabili che i reatini potessero bensì
aprire un nuovo emissario in luogo del-
rindividuato,a condizione peròche i ter-
nani vi avessero sopra una torre da custo-
dirsi da persone fidate, le quali avessero
cura di regolare le acque in modo che non
potessero recare danno alle sottoposte
campagne di Terni : architetto della tor-
re fu Aristotile Fioravanti, celebre inge-
gnere bolognese. Poco vantaggio ritrasse
RIE
la valle reatina da questo nuovo sca vo/ch6
fu detto ora I^^eatioo, ora Gregorìano,forse
peixhé principiato da Gregorio XII, e che
andava a &r capo nel mezzo dell'anticoCu-
riano ;nè molto maggior profitto ricavò
da quegl'incili che conducevano a que'vo*
raginosi pozzi,* ond'è tutto ripieno il pia*
no delle Marmore, formati probabilmeoo
te dalla forza delle acque, le quali prima
che si aprisse il cavo Curiano, inondaro-
no e ricoprirono per lungo tempo tutto
quel piano. Quindi non cessarono i ricor-
si de'reatini, ed a tempo di Paolo III es«
si ottennero che si ordinasse ed eseguisse
un nuovo scavo, detto perciò Paolino, in-
ferìormente ai primi. InoItreNicolai a p.
1 Sf riporta quanto riguarda l'accenna-
ta operazione di Clemente Vili. Dice per-
tanto, che considerando Clemente Vili
che la felicità dello stato pontificio dipen -
de principalmente dall'a ver molte feraci
campagne, tra le prime cure del suo pon-
tificato ebbe quella di asciugar la delizio-
sa valle reatina, che infruttifera e palu-
dosa rimaneva sempre coperta da acque
molto profonde. Laonde nel 1596 spedì
in Rieti il cav. Ciò. Fontana , il p. Gìo.
Rossi gesuita, messer Antonio Cappucci^
ni e Carlo Maderno , ingegneri di gran
fama, affinché trovassero e es^uissero la
maniera di porre ad effetto la sua non
men bella che grande idea. Cominciaro-
no adunque gli opportuni lavori nel me-
desimo anno 1 596, e dopo grandi fatiche,
egravi ma ben impiegati dispendi^giunse-
ro felicemente al termine del lavoro nel
maggio 1602 con gran plauso del popolo
reatino, il quale vedendo fuggir le acque
dalle sue campagne in un punto, mercè la
sovrana munificenza, si trovò abbondan-
temente arricchito. Né il di lui godimen-
to fu minorato da alcuna letale epidemia,
che Io infestasse o nel tempo dello scavo,
o mentre porzione delle acque rimasero
stagnanti ne'seni finché furono esitate per
mezzo di scavi subalterni ^ .come alcuni
supposero, poiché rilevasi il contrario ne-
gli esatti libri della cancelleria priorale
RIE aai
intitolati /{/^r/7t^z/zze. In queste non si fa
punto menzione della pretesa epidemia,
a differenza delle altre seguile in diver-
si tempi, del le quali nelle medesime si ha
piena contezza, come di quelle che infesta-
rono Rieti negli annii4B2,i4B5, 1494*
1498, dipoi nel 1 523, 1 527, e finalmente
nel 1 656 comune a tutta Italia, come de-
scrissi a Pestilenze. Oltre a ciò, in vece
del produrre malattie lo scavo della ter-
ra e lo scavò delle acque, risultò positiva
salubrità, lo che rilevasi dai registri par-
rocchiali de'morti. In fatti, dopo quell'o-
perazione sommamente si aumentò la
popolazione di Rieti, mentre essendo nei
tempo della cava disole6,3oo anime, nei
1800 sorpassavano lei 0,000, alle quali
ora si possono aggiungerne quasi altre
2,000. La medesima operazione aveano
tentato con esilo men felice, prima M.Cu-
rio Dentato, poi il popolo reatino, quin-
di Paolo III, e finalmente con gloria Cle-
mente Vili , né mai trovansi notizie di
esalazioni epidemiche, tranne qualche
mortalità tra'cavatori nell'agosto 1 546,
tempo in cui eseguivasi la cava Paolina,
pel troppo caldo. Immediatamente furo-
no poste a coltura le terre asciugate, do-
po la grande impresa di Clemente Vili,
e produssero abbondante fruito, per cui
neli6o3 fu affittala la tenuta comunale,
sebbene in bassissima giacitura. Clemeu"
te Vili obbligò i reatini a pagare annual-
mente per la festa di s. Pietro una taz-
za d' oro di mezza libbra alla camera a-
postolica. Apprendo dal gesuita p. Ronan-
ni, NumUmata Pontificum 1. 1, p- 229,
che Paolo IH dopo aver aperta coll'ope-
ra di Antonio di s. Gallo (il quale non
vide compito il suo lavoro, perché mor-
to in Terni a'29 settembre 1 546), la fos-
sa reatina, dal suo nome chiamala Fos*
sam Paulinamy e di avere perciò com-
posti i dissidi fra i romani, reatini e ter-
nani, fece coniare una medaglia con Te-
pigrafo : Unitae Menles Uniunt, con che
si volle esprimere la pacificazione de-
gl'in teressa ti, e rappresentante la Cadu*
222
RIE
ta delle Marniere, Nel t. 2 , p. 497 i*i'
porla la medaglia diClemenleVilI,col'
ìu leggeuda: Velino Emisso Anno MDC^
ili cui si vede il corso del Velino nell'e*
spurgato ed ampliato canale con 25 pai*
tìii di profondità, col gran ponte d'un so-
lo arco eretto con solida opera sulla ca-
Ta Gleiuenlina dal celebrecav.Gio. Fon-
tana, per le quali operazioni da Clemen-
te Vili s' impiegarono 75,000 scudi ; e
siccome presso il ponte si rifugiavano dal
regno di Napoli de' malviventi, Urbano
Vili vi costruì un validissimo muro nel
1 640, essendo governatore di Terni Ot-
toboni poi Alessandro Vili. Altro ponte
Fontana lo costruì sulla cava Paolina di
due archi. Reso alla coltivazione l' agro
reatino, produsse una feracità indicibile,
onde sono celebratissime e di squisito sa-
pore le sue frutta, e specialmente i deli-
ziosi meloni , non che gli eccellenti er-
baggi che hanno uno sviluppo prodigio-
so, come i selleri, i gobbi, le rape, ec, una
pianta de' quali erbaggi corrisponde a
molte di quelle che producono ordina-
riamente gli altri terreni. La quale sin-
golare ubertà si trova anche celebrata da-
gli antichi storici, ed in Plinio, che i vi-
cini campi Roscellani preferì a qualunque
altro d'Italia. Cabrai fa autore dello sca-
vo di Clemente Vili, Domenico Fontana
fratello di Giovanni peritissimo nell' i-
draulica; ma avendo riscontrato Milizia,
Le vite de* piit celebri architeUi , trovo
che soltanto Giovanni si occupò della re-
golazione del Velino, per le contese im-
memorabili tra Terni e Nai*ni. Cabrai pe-
rò osserva, che il Fontana prima conten-
tossi di riaprire il cavo Curìano, allargan-
dolo e profondandolo secondo l'ordine ri-
cevuto; poi innamoratosi della linea per-
fettamente retta, abbandonò l'antica di*
rezione del Curia no, mandando a sboc«
care il suo, che fu detto dementino, al-
quanto superiormente. I reatini e gli ag-
giacenti al Velino furono d'allora in poi
sempre quieti,ma cominciarono a lagnar-
ci 8^^ Rggiaceati alla Nera superiore. I
RIE
molti sassi caduti dal ciglio delle Mar-
roore nel letto della Nera, ed il luogo del-
l' impedimento, cioè dove sulla sponda
destra della Nera si alza a piombo un sas-
so vivo, impedirono grandemente il cor-
so di questo (lume, e le sue acque incon-
seguenza ristagnanti e ringorganti diven •
nero fatali ai piani superiori. Sin dal pon*
lificato di Clemente Vili incominciaro-
no i lamenti de' paesi danneggiati, e mol-
ti ingegneri vi furono spediti in diversi
tempi per trovarvi riparo, ma sempre i-
nulilmente. Si ricorse dai dann^giali a
Pio VI che vi mandò Rapini, che cele-
brai a Paludi Portine, il quale fu di pa-
rere, che si dovesse rimuovere il Velino
dall' emissario dementino , per torcerlo
inferiormente al Paolino preventivamen-
te allargato e profondato; ma Terni vi si
oppose per molte ragioni, onde vi furono
spediti il Cabrai, il Facci e altri ingegne-
ri, per cui si pubblicarono le seguenti ope-
re. D. Stefano Cabrai, Ricerche istoriche
efisichcy ed idrostatiche sopra la cadu-
ta del Fidino nella Nera^ Roma 1 768.
Ragioni per ispiegare e riparare i danni
del fiumeNera combinate nel 1 783, Ro«
ma 1786. Francesco Carrara, La caduta
del Felino nella Nera, Hoaia 1779. Di
questo libro ne abbiamo un estratto di
Stefano Borgia, Topografia degli emis-
sari scavati per deviare il già stagnane
le lago e fiume Felino, Prima di que-
sto tempo il famoso ponte esistente sul
Velino presso Rieti, avendo sofferto no-
tabili danni , fu mandato a riconoscerli
l'architetto Bracci , il quale attribuì la
causa del guasloairineguale distribuzio-
ne dell'acqua, la quale divisa da un'iso*
letta in faccia al ponte in due rami , in
maggior copia investiva l'arco e il pilo-
ne , supponendo che perciò avesse cor-
rosa la platea del ponte; laonde propose
di scavar de'solchi nell'i soletta, per por-
tar l'acqua nella luce di mezzo del pon-
te. Un tal parei*e soggettato all'esame del
prof, di matematiche deirunivei*sità ro-
mana p. Francesco M.' Gaudio di s. Re*
RIE
DIO delle scuole pie, come egregio idro*
statico, fu di diverso sentimento, e risa-
lendo alle vere essenziali cagioni del pe*
ricolo del ponte, e delle piene ancora che
allagayano la valle reatina,ritrovò il fon-
do del fiume notabilmente interrito,scon-
cerlo che disse ripetette la cagione dalla
toriuosità dal Velino acquistata per Tal*
lungamento della linea, la quale egli prò*
pose abbreviare con opportuni togli, o-
pinamento che non solo si credeva che
avrebbe rimediato ai mali particolari del
ponte, ma altresì a lutto il disesta mento
del fiume. Perciò il Bracci pubblicò in Ro-
ma neh 772 : Ejflessioni idroslaliche sO'
pra il ponte di Rieti, Ma gli fu risposto
con due ragionati articoli, ueWEffemeri'
di leUerarie di Roma del 1 77:2, n.^ 36 e
40. Dovendo riparlare di questo fiume
a TsBKi, dicendo del Nera con altre eru-
dizioni analoghe, mi limiterò ad accen-
nare , colle l)elle Ricerche del cav. Ric-
cardij che nella lotta de' diversi pareri,
finalmente i professori idraulici Gorelli e
Bonalì diFerrara, dimostrata la vera cau-
sa de'mali, restrinsero dovei*si protrarre
la confluenza del Velino sul Nera in un
punto inferiore, ed a fronte della discre*
panza deL p. Gaudio, Pio VI con moto-
proprio de'7 luglio 1787 fece cessare le
gare^ ordinando il taglio progettato da-
gl'idraulici marchesi Gorelli e Renati, e
così terminarono i danni alla valle Ne-
l'ina, e prosciugate quelle campagne, ga-
reggiarono ne' primi anni colla fertilità
dell'Egitto. Anche il lodato scrittore è di
parere, che le acque del Velino non aves-
sero sboccoavanti cheGurio Dentato &-
c^estescavare l'emissario, dicendo che non
potevano averlo da altra parte che da
questa, per la insuperabile catena di mon-
ti dai quali è cinto il bacino pel quale
scorrono. Il Galindri parla del Ripasot-
tilè,lago di Rieti, dicendo che il suo lem-
bo ha metri 85oo, e nell'interno vi sono
due isolette stabili, ma senza abitanti, uè
coltivazione. Gonduce da Roma a Rieti
la comoda strada Salariai la quale se giù*
RIE 223
sta i progetti a' nostri tempi rinnovati
potesse riunirsi, superando i monti di Ga-
scia, alla marittima via Salaria, che ri-
montando il Tronto giunge alle mine*
rali scaturigini d' Acquasanta, ne ritrar*
lebbero immenso vantaggio quelle prò*
vincie costumate a notabili traffici di per-
mutazione col limitrofo regno napoleta-
no. Sdisse Poni peo Angelotti, Descrizio»
tic della città di Rieti, Roma 1 635. Que-
sto rarissimo libro fu tradotto in latino,
e con note dall' Avercampo fu posto nel
t. 8,p.i 1 1 della Gollezioue del Burroan-
no; inoltre nel t.8,par. 3.* e 4** del Te-
soro delle antichità dei Grevio. In Rieti
nel 1829 da Luigi Sclienardisi pubblica-
rono : Antiche lapidi reatine dilucidate.
Dell' origine d' Italia (F,), come di
quella de'sabini trattai a quell'articolo,
a Lazio, ed a Sabina. A dire alcune opi-
nioni dell'origine di Rieti, Sperandio,i$'a-
bina sagra e profana^ p. 6, narra che a-
vendo Noè popolato una gran parted'f «
talia, specialmente co'dìscendenti del fi-
glio Jafet o Giapeto, alcuni si &bbrica-
rono delle città, e fra queste Rieti oRea-
te, che da Rea moglie di Noè fu così de-
nominata, quando ribellatosi aGus o Sa-
turno figlio di Gam, il suo figliuolo Nem-
brot,Gusfu obbligato co' suoi adabban*
donare l'oriente recandosi in Italia, ove
fu l>enignamente accolto nel paese per lui
detto Lazio, mentre quello detto Sabino
fu assegnato ad un figlio di Regma nipo-
te di Gus. llGalindri parlando di Rieti la
chiama citta de'sabini, anzi dice essere
opinione che sia derivato il nomedi Rie-
ti dalla dedicazione della città latta alla
dea Rea madre di tutti gli dei, e che dai
suoi figli primi abitatori d'Italia venisse-
ro i veri antichi umbri, popolazione nu-
merosissima, la quale tratto tratto forma-
va delle colonie che si portavano qua e
là nella stessa Italia, una delle quali sot-
to la condotta di Medio Fabidio occupò
la nuova Sabina. Si vuole ancora che
questa città fosse fondata da Oeuotrio o
£uotrionel i52o prima dell'era nostra,
il che non concorderebbe con quelli che
asseriscono £ noi rio venuto in Italia nel
1 7 1 9 di detta epoca. Aggiunge, c^e Rieti
fu fiitta città circa il 3 oc, e nel suo territo-
rio furono gli aborigeni. Il Marchesi, Gal-
Uria deW onore, t. 2, p. 345, dice che
narrano gli scrittori essere stata Rieti edi«
ficaia prima della guerra troiana nel cuo*
re o centro d' Italia, da Sabatio Saga e
da Sabo suo figlio re de' sabini, dall'ul-
timo de'quali il paese prese il nome, e che
ne' secoli vetusti si. governò con proprie
leggi. Il jVibby,nel Discorso preliminare
1^e\\'y4natìsi de dintorni di Roma^ crede
che Oenotro sia emigrato di Grecia dalle
terre paterne diLicaone re d'Arcadia dopo
il diluvio di Deucalione, che coincide al-
la venula in Italia de'pelasgi, riconoscen-
do in Oenotro lo stipite della popolazione
e dell'incivilimento della contrada, come
degli osci e degli aurunci, oenotri o abo-
rigeni e peucezi, varie essendo 1' epoche
assegnate a delta disastrosa inondazione,
tra ili 527 e il i53o avanti l'era nostra,
ossia pochi anni dopo l'inondazione ter-
ribile cui soggiacque T Italia e soprattutto
la campagna presso cui fu poi fabbricata
Roma. Dice che gli umbri furono lo sti-
pite de'sabini, comedi altre potenti e bel-
licose tribù, eh e quanto dire che gli um-
bri per mezzo de'sabini loi*o discendenti
furono lo stipite delle popolazioni più bel-
licose d' Italia , che cuoprirono i gioghi
dell' Apennino. Ritiene per fermo, che al-
la venuta d'Oenotrocol fratello Peucezi o
in Italia, gl"indigeni che per la soprav-
venuta inondazione era nsi ritirati suldor*
so dell'A pennino, furono quelli che poscia
"vennero designati col pome di umbri e
di sabini nella parte più vicina alla cam-
pagna i*omana; se non che va avvertito,
che gl'indigeni dicevansi umbri verso set-
tentrione, ausoni verso mezzodì. Dopo la
venuta d' Oenotro e di Feucezio fu un
guerreggiar continuo fra' colorii e gl'in-
digeni : quelli però pervennero ad esten-
dersi a traverso leterrede'loro rivali stil-
le montagne particolarmente del dislret-
RIE
to reatino, come si apprende da Dionisio)
e dopo la venuta d'altri coloni posterie*
ri vennero designati col nome di aborìge-
ni, quasi si dicessero gli originari, questa
essendo la etimologia più natui*ale fira le
tre indicate da Dionisio, a preferenza di
quella di aberrigeni o vagabondi, e di a-
borigeni abitatori de' monti. Essi fonda-
rono nel distretto sopra indicato molte
città, delle quali Dionisio ha conservato
il nome e la posizione : cioè Palatium 25
stadiidaReate,Trebula 60 stadiidadet*
ta città, Yesbola a egual distanza, Suna
40 stadii distante da Yesbola, Mefila 3o
da Suna, Orvinium 4^ ^^ Me6la, G>r*
sula 80 daReate, Issa entro una palude,
Marruvio presso Issa, Batia 3o stadii da
Reale, Tiora altrettanto. Lista 24 da Tia-
ra, e Cutilia 70 daReate. Frattanto eh*
bero guerre continue contro gli umbri,
a'quali prima apparteneva il paese, e coi
sabini, i quali occupavano i monti sulle
rive dei Oume Aterno; questi una notte
usciti in forza da Amiterno pi*esero d'as-
salto Lista, metropoli degli aborigeni, i
quali non potendo più ricuperarla la con-
sagrarono insieme col territorio ai numi.
Non contenti gli aborigeni d'esset*si for-
mato uno stato sulle montagne reatine
a spese degli umbri, soprava ozando di
gente, la mossero contro i siculi, die oc-
cupavano le falde de'monti più prossimi
alla pianura, oggi Campagna romana, e
cominciarono a snidarli. Frattanto partì
dalla Grecia un'altra emigrazione, nota
comunemente col nome di pelasgica, la
quale in patte occupò alcune borgate de*
gli umbri, ma questi con un esercito li
cacciarono. Allora i pelasgi si rivolsero
agli aborigeni , che essendo della stessa
origine ottennero ospitalità, anche pera-
verli in aiuto contro gli umbri e i siculi,
ed assegnarono a'pelasgi terre intorno al
lago di Cutilia; Scendo poi conquiste su-
gli umbri, in guisa che divennero cogli a-
borigeni padroni dell'Etruria marittima
e del Lazio, finche i pelasgi parte furono
eslermiuali dai liguri, tirreni o etruschi
RIE
e dogli umbri, e pochi si fusero cogli a*
horigenì. Con qualche differenza queste
origini sono indicate dal oh. Castellano,
lo slato pontificio, p. 2 76, che riferisce.
Si riguarda Kieti qual seggio principale
degli aborigeni, che vennero discacciati
per le armi sabine dagli aviti possedimen-
ti. Quella contrada poi , per essere rin-
chiusa fra' sabini , sanniti e uoibri,' tro-
vasi or nell'uno or nell'altro de'territorii
confusa mente com presa. Spesse ci t tà e ca •
stelli, de' quali rimane il solo nome, ed
incerte sono le vestigia, rendeano la re-
gione assai popolosa. Era Lista capitale
degli aborigeni, occupata per sorpresa dai
sabini, che conducevansi ad Àmiterno.
Colpiti da si mil tratto di malafedeabban-
donarono i cittadini quel luogo natale, ed
ebbero da'reatini la più ospitale accoglien-
za; ma vedendo di non poterne ricuperare
jl possesso, restarono nella patria d'ado«
zione, scagliandoanalemi contro gli usur-
patori. Trovavasi la metropoli aborigena
poco meno di due leghe all'est da Rieti,
rimontando il Velino, del qualeoccupava
la destra riva.Deiranlichità di Rieti trat-
tano Dionisio d'Alicarnasso, Silio Italico,
Catone ed altri.
Avendo in seguito Rieti pressoché co-
muni le vicende colla iSh^/zta, come di-
chiarai, a tale articolo le riporterò, fa-
cendo cogli altri sabini gran iBgura in Ro-
ma nel governo politico^ dopo gli accor-
di di Romolo e Tazio, ed i suoi cittadini
Slrabone chiamò: /?e^/mor;/m multorum
genus miruin in modum nobile. Non si può
dubitare del suo municipio, onde T. Fla-
vio Petronio venne distinto da Svetonio,
Jkfuniceps ReatinuSye però scrisse Dioni-
gi, che Municipiiini haec civitas fiiil ro'
manontm, ut asserii Svetonius Tranquit-
liis in F'espasian, Malgrado la parteci-
pazione alla romana cittadinanza, Roma
•signoreggiò i reatini, ed i sabini che ne
seguirono le guerre, i trionfi ed i desti-
ni. Caduto F impero romano, caddero
pure con esso le reliquie della sabina gran-
dezza, e furono segno alle barbariche in-
VOL. LVII.
RIE ti'i
vasioni, massime de' goti e de'longobar-
di, e fu aque'tempi che incominciarono
a sorgeie le numerose castella della ve*
gione, ove i potenti nel general disordi-
ne si procurarono sicurezza. Delle città
sabine non restò che Rìeti^ laqualedopo
l'erezione del ducato di Spoleto, incomin-
cijito circa il 570, fu per lo più annove«
rata nell'Umbria. Nella Sabina il dominio
temporale de' Papi cominciò coi PatrimO"
ni della s* Sede (^.), già esistenti nel V[
secolo e che governavano col rettore. Nel
pontificato di Adriano I il principato del-
la romana chiesa si aumentò colla Sa-
bina e con Rieti, imperocché travagliato
quel Papa da Desiderio re de'longobar*
di, ricorse all'aiuto di CarloMagno re dei
franchi nel 772; onde narra Borgia^ ^e-
morie di Benevento 1. 1, p. 34) che prima
che Desiderio si portasse a difendere le
frontiere del regno italico alle chiuse del-
l'Alpi, contro l'esercito de'franchi che gli
moveva contro Carlo Magno, alcune per-
sone di Spoleto e di Rieti andarono a sog-
gettarsi al Papa Adriano I. Nel 778, dopo
che l'esercito longobardo fu posto in fu-
ga, l'università del ducato di Spoleto ri-
corse a Roma^ pregnndoil Papa di pren-
derli al servizio di s. Pietro e di farli to-
sare alla maniera de'romani, siccome to-
sto fu eseguito, a vendo pure il Papa con^
fermato Ildebrando da loroelelto perdu-
ca. Leggo neW Historia di Terni ò* \\ìQe'
Ioni, p. 77, che dopo la rotta di Deside-
rio, colla quale terminò il regno de'Ion-
gobardi,gli spoletini, i ternani ed i reati-
ivi, al ducato di Spoleto congiunti, anda-
rono a Roma, se stessi e le proprie facol-
tà commisero alla fede del Papa , come
seguì di molti principi de'longobardi re-
slati in que'paesi, i quali tagliatisi la bar-
ba ed ì capelli , dierono presso la loro
nazione infallibile segno di veroarrendi-
mento. Altre città ne seguirono l'esem-
pio, essendo di soverchio stanche de'dan-
oi sostenuti. Indi Carlo Magno confer-
mando le donazioni del padre e4)eirHV0y
ne aggiunse altre e il ducalo di Spoleto
i5
22G RIE
col (crritorio di Sabina. Coti divenuto A*
drianol signoi*e di buona parte d'Italia,
ToUe che i popoli comprendessero , che
non sotto tiranni, ma in libertà TÌ?eva*
no, e lasciò che ciascuna città a propria vo-
glia si governasse, salva la sovranità del*
la s. Sede e dell'impero, colla riserva dì
alcune tasse ; e quando insorgevano di-
scordie, ricorrevano al Papa o ai suoi rap-
presentanti nelle pi*ovincie, i quali colla
loro autorità tutto componevano. Osser-
va Borgia , che non durò molto questo
dominio pootifìcio nel ducato di Spole-
to, tuttoché Carlo Magno ne facesse do-
no alla chiesa romana, giacche quel du*
cato continuòad essere subordinato al re-
gno italico, soggetto però a certo tributo
alla s. Sede , finché questa ne conseguì
pienamente il reale possesso ne'secoli se-
guenti. Anche Marchesi dice che Rieti ri-
conobbe per sovrani gl'imperatori di Ger-
mania, quali re d' Italia, ed i Papi. Nel
IX secolo patì Rieti, come la Sabina e le
altre circostanti contrade, le infeste irru-
zioni de'saraceni. Nel 1 084 Enrico IV im-
peratore, prima di portarsi in Roma per
fare oltraggio a s. Gregorio VII, ed a ri-
cevere la corona imperiale dall'antipapa
Clemente III, ne'primi di marzo si fermò
in Rieti, come si ha dal placito riporta-
to da Galletti, nelle Memorie delle ire art»
tìche chiese r/i/{iè^/, ove riporta altri do-
cumenti riguardanti la città e la chiesa
reatina. Dalla cronichetta di Rieti pub*
blicata da Galletti stesso nelle ci la te ^/e-
moriCy p. 1 26, ricordala da Marini e igno-
rata da Maroni , si rileva che nel 1 1 48
Ruggiero I re di Sicilia dopo lungo asse-
dio distrusse la città, ciò che l'Uspergense
riporta all'anno 1 1 5 1 : nota Galletti, ch'é
osservabile l'epoca, poiché nel 1 148 Rug-
giero I sì trovava in guerra control mo-
ri dell'Africa. Dalla slessa cronichetta si
ha , che nel 1 1 5^ Reale fuit reparaliim
cum adiulorio romanorum, notando poi
la distruzione di Milano operata da Fe-
derico! imperatore, che sparse tanto ter-
rore per tutta Italia , onde ognuno trc-
RIE
mata al suo nome. A*28 agotloii85 il
suo primogenito Enrico VI col mezzo di
ambasciatori conchiuse in Rieti gli spon*
sali con Costanza Gglìa postuma di Rug-
giero I , di che se ne legge la memoria
nell'atrio della magnifi<» sala Tescovile,
cum maxima muUititdine principiim et
haronum. Che nel 120 1 Beale fuit coni'
huslum infesto s. Laurentii toiiim. Che
nel 1 207 Reale fuit sUccensum plusquam
in medielale. Marini dice che nelle cala-
mità di tali due ìncendii, non ne andò pun*
to esente la cattedrale e se ne trovaro-
no i segni de'tristì effetti, oltre il guasto
e l'eccidio di tante carte che si conserva-
vanonegli archivi della chiesa e della cit-
tà^ onde si perderono preziose notizie. Nel
▼ol. XI, p. 254,coirautorità dì Cecconì^
Il sagro rito di consagrare lechiese, dis*<
si che Innocenzo III in Rieti consagrò
quelle di s. Eleuterio e di s. Gio. Evan-
gelista. Da Ferlone, Fìa^i de* Poniefi'
ci, si conosce che Innocenzo Illneh ig8
di persona visitò il duca (odi Spoleto, che
ricuperò alla Chiesa, come notai alla sua
biografia, emanando provvedimenti par-
ziali alle sue città, ed a Rieti fu guaren-
tita la facoltà di tenere per se la metà di
certe tasse, governandosi a comune: In-
nocenzo III restituì alla chiesa romana
anche la Sabina , luoghi tutti invasi da-
gl'imperatori. Nuovamente Rieti soffrì nel
1217 altro terribile incendio, /ai/ coni'
huslum quasi per totum^ scrive la croni-
chetta; con questi replicati' incendii, cer-
tamente restarono distrutti i monumen-
ti antichi della vetusta città.
Nel 12 19 si portò in Rieti OnorioIII,
e mentre vi dimorava impose fine alle
controversie, che vertevano tra Pietro
vescovo di Sabina e il celebre monaste-
ro di s. Salvatore maggiore nella diocesi
reatina, determinando qual sorte di giu-
risdizione esso vescovo dovesse avere su
alcune chiese soggette al monastero: Gal-
letti riporta la bolla degli 8 settembre a
p. I So, A Presepio ne raccontai l'origi-
ne avuta in Grecie nel i tiri 3 da s. Fran-
lUE
Cesco, il quale lo celebrò pel i.**, avendo-
gli somministrato Toccon'enle Giovanni
Velela signore del castello di Greci o nel
contado di Rieti; poiché in questo vene-
rando santuario e ritiro il santo nella not-
te di Natale ricevè con ineffabile gioia fra
le sue braccia il s. Bambino Gesù. Il con-
vento fu in parte fabbricato da s. Fran-
cesco, ed in parte da s. Bonaventura: nel
. refettorio esiste una bellissima Cena del
Signore, che si attribuisce al gran Leo-
nardo da Vinci. Nel 12^5 fu celebre la
Gonsagrazione della cattedraledi Rieti fat*
/ ta da Onorio IH, che ricordai nel luogo
citato; dicendo Ferlone, che il Papa per
le sedizioni di Roma in que'tempi se ne
assentava. Riferisce Marini che laconsa-
grazione ebbciuogo a'g settembre, coi
vescovi d'Ostia, Albano, Palestrina, Sa-
bina e altri cardinali, ed altri vescovi par'
tìum universanim ^ in occasione della qua-
le Onorio III collocò sotto Taltare mag*
gioreil corpo deiPinclita s. Barbara, par-
te di altri sagri corpi e molte altre reli-
quie sante, come si esprime neiristromen-
to esistente nell'archivio capitolare e ri*
prodotto da Ugheili. Mentre Onorio III
dimorava in Rieti emanò a'2G novem-
bre 1 225 quella bolla in favore della di-
gnità cardinalizia, di cui parlai nel voi.
X, p. 5. Leggo in Galletti, che nel 1226
a'26 settembre risiedeva ancora in Rieti^
ed essendo egli contentissimo della fedel-
tà de'reatini e de' buoni servigi che ave-
vano ne' tempi piti scabrosi prestati alla
chiesa romana, con onorificentissima boi/
la data in Rieti, riportata a p. i5g, rin<
novo i privilegi già loro concessi da Ce-
lestino IH e Innocenzo HI, che si erano
perduti nell'incendio della città, dichia-
rando e confermando, che questa fos^e
biella condizione medesima, ch'erano le
città della provincia di Campagna ; per
avere i reatini difesi i Papi intrepidamen-
te anche contro gì' imperatori , con di-
vozione stabile e fedeltà costante, rico-
- nobbe e confermò » civitatem vestram
cum districtu et jurisdictione etaliisbo-
fllE 227
nis vestris, ad manus nostras et per nos
ecclesiae romanae in posterum duximus
retinendos in piena libertatequa tenemus
ipsasCampaniae civitates quae romanae
ecclesiae nullo medio sunt subjectae..i.
Districtiusinhibentes ne vostamquam ro-
manae ecclesiae devotos filios et i mmedìa-
tesubjectosquisquamaudeatsinesedisa*
postolicae speciali mandato de cetero mo-
lestare, sed vos et vestra sub nostrae de-
fensionis clipeo libera de cetero maneant
et quieta. Sane prò ìis quae de proventi-
bus pontis et maleGciorum jndicii curia
percipere consuevit trìginta libras sedis
apostolicae annis singulis persolveris."^
Gregorio IX narrai il soggiorno che fe-
ce in Rieti in diversi tempi, e Ferlone di-
ce che non trovandosi sicuro in Roma,
nell'aprile 1 228 passò inRieti.ÀncheBor-
gìa, Memorie di Benevento t. 3, p. 200
e- seg., riferisce che Gregorio IX^ dopoa-
vere evi ta ti suspecta aestads incendia ^ d i -
moro ora in Rieti,ora in altre città; quin-
di ripullulando in Roma la fazione che
voleva distrutta Viterbo, presto ne parti
con ritirarsi nel 1 2 34 in Rieti e di là passò a
Perugia, per cui usciti in campo i romani
pieni di rabbia, pretesero il giuramento
di fedeltà dai popoli del Patrimonio e di
Sabina, e di esigerne i tributi. Prima di
questo tempo e nel i23i per testimo-
nianza di Novaes^ già Gregorio IX era ri-
tornato in Rieti, partito da Roma a cagio-
ne d'uno spaventoso terremoto e per go-
dervi aria più pura, indi vi fece la 3.* pro-
mozione di cardinali (in settembre con
Ciacconio dichiara Cardella) Pecoraria e
Sommercole : nel seguente anno, secon-
do Ferlone, a'20 luglio da Rieti il Papa
scrìsse a Federico II di venire a soccor-
rerlo contro le fazioni, massime de'roma*
ni, forse dissimulando il fomento che l'im-
peratore stesso dava all'insurrezione di
Roma; poscia Gregorio IX sì trasferì a
Spoleto. Alla detta biografia rimarcai
che Gregorio IX nel 1234 dimorando
in Rieti e nel luglio vi fu visitato dall'im-
peratore Federico II; dopo essersi paci*
228 RIE
ficaio con lui, ricevendolo con reale ma*
gnificenza ; e che a' 5 agosto colla bol-
la Fons sapienti aey presso il Bull. Rom,
t. 3, par. I, p. nSi, solennemente vi ca-
nonizzò s. Domenico fondatore del Torcli-
ne de'pi*edicaloi*i. Dimorando Gregorio
IX in Anagni, pubblicò una bolla/ r///
kal, jitlii Pontificafiis anno m^ il cui o-
riginale con altredi moltodecoro si con-
serva nell'archivio segreto della comu-
nità di Rieti, nella quale questa città vie-
necommendata come Tunica^che nel pon*
tificato d'Innocenzo III si mantenne ub-
bidiente ai tempi dello scomunicato Ot-
tone IV imperatore, fra tante cliealla s.
Sede si ribellarono, prompla in fide, et
constans in devotione. Dalla cronichetta
si ha, che nel 1 24 1» quando già erano
ricominciate le guerre e le invasioni di
Federico II a danno della s. Sede, quel-
Timperatore assediò Rieti, ma non lo pre*
se perchè resistette, soffrendone però gra-
vissimi danni. Nella medesima si registra
nel 1254 l'edificazione della città d'A*
quila eseguita da Cor rado re di Sicilia, se-
condo l'idea del defunto Federico II suo
padre, raccogliendo4nsieme in essa i po-
poli de'territorii ^i Aniiterno e Fnrconìo
(^')j poscia distrutta e rifabbricata da
Manfredi bastardo di detto imperatore.
Si legge pure, che nel i258 fu il terre-
moto per tutta Italia. Agitata Roma da
perturbazioni, Nicolò iV si ritirò a Rieti
nel 1 289 per vedere se si calmavano nel-
la sua assenza, non avendo ciò potuto ot-
tenere colle sue amorevoli maniere. Dice
Ferlone che a'3o aprile era in Roma e
che a'6 maggio già si trovava in Rieti, vi
celebrò la Pentecoste, ed a'29 maggio co-
ronò solennemente il nuovo re di Sicilia
Carlo II, che fece al Papa l'omaggio per
l'investitura del regno e il giuramento di
fedeltà colle medesime condizioni del pa-
dre. Altri dicono che Nicolò IV a mezzo
di un legato fece coronare in Rieti Carlo
li colla moglie Maria, il quale donòalla
cattedrale 6 oncie d'oro. A Coronazione
Df'BE, colla testimonia nia del Novaes^ci-
RIE
tando egli quella dell'annalista Rinaldi,
notai che in detto giorno Nicolò IV co-
ronò Carlo II nella basilica Vaticana, e
non in Rieti che tuttavia il re beneficò;
ma ora avendo riscontrato Rinaldi trovo
l'abbaglio dell'accurato Novaes: tutti er-
riamol Che anzi, scrive Rinaldi, fu coro-
nato » non in Roma, come alcuni si so-
no divisati, ma in Rieti, ove Sua Santità
dimorava, come dimostrano le lettere a-
postolicheei pubblici istromenti; "quia-
di aggiunge: » Dopo la real unzione, Car-
lo M a perpetua memoria del benefìcio
ricevuto dal Papa, fece il dono alla chie-
sa di Rieti, ch'egli medesimo espresse seri -
Tendo al governatore d'Abruzzi con que-
ste parole: Volendo noi venerare colla
dovuta gratitudine la chiesa di Rieti^ nel-
la quale unti prima con olio santo abbia-
mo ricevuto di mano del sommo Ponte-
lìce il real diadema, acciocché la memo-
ria della nostra coronazione, a laude del
nome divino, quivi perpetua sia, abbia-
mo assegnato graziosamente un'entrata
perpetua di 20 oncie d'oro da prendersi
dalle rendite de'nostri diritti del nostro
dominiodiSulmona,e da distribuirsi nel-
la medesima chiesa di Rieti al vescovo e
a'canonici ec."E vicendevolmente la chie-
sa fece al re molte grazie e molti doni, e
grandi presènti di gioielli e di moneta, e di
sussìdii di decime per aiuto della guerra
di Sicilia. Anche la cronichetta afferma che
fu coronato Carlo II, ma nel 1288. Cer-
to é che in tal anno e mese il Papa era
in Roma,cioéa'i 5 maggio vigilia di Pen-
tecoste, in cui creò 9 cardinali. Galletti
commenta con queste parole la cronichet-
ta. 99 Carlo li venne a Rieti, poiché vi era
Ja corte pontifìcia. Nicolò IV nel di 29
maggio festa della Pentecoste lo coronò
solennemente colla regina Maria sua mo-
glie in 1*6 di Sicilia, Puglia *e Gerusalem-
me, investendolo di quanto avea goduto
il re Carlo I suo padre. Il Muratori met-
te questo fatto all'anno 1289." Piacoonla
Ferlone, che il Papa dimorò in Rieti in
tutto il 1 289^6 nel seguente tornò in Ro-
RIE
ma, doTe morì a'4 aprile. Che a*it i ago-
sto 1289 ^ìc<>l^ 1^ ^>*^ i" Rieti, lo dissi
pure nel voi. XXI, p. 2 1 5. Apprendo da
Benoffi, Storia minoritica p. io3,che nel
1 289 in Rieti si celebrò alla presenza del
francescano Nicolò IV il capitolo gene-
rale del suo ordine, cui assisterono due
cai*dinali del medesimo, ambi diAcqua-
sparta^ Senti veiighi e Matteo; accrebbero
poi ornamento ai comizii Carlo li redi
IVapoli e Maria sua consorte, genitori dei
francescano s. Lodovico vescovo di To*
Iosa, e cadcTe l'eiezione in ministro gene-
rale sopra il p. Raimondo Gaufredi fran-
cese. Anche Marini fa testimonianza che
la coronazione segui a'29 maggio 1289,
come dell'annua oblazionedel re a favore
della cattedrale, riportandone il diploma
dato in Aquila a'24 giugnp. Avendo in-
oltre esaminato il novero delle corona-
zióni degl'imperatori e de Ve, eseguite nel*
la basilica Vaticana e descritte dai bene-
ficiali della medesima Sidonee Martinet-
Of Della s, basilica dis, Pietro lib. i, p.
4 23, non si fa alcuna menzione della co-
ronazione di Carlo 11^ onde ne rimane
incontrastabilmente tutto l'onore a Rie-
ti. Nel 1297 dimorando Bonifacio Vili
inRieti,edal modo che dissi ne' voi. XiV,
p. 282, LI, p. 36, scomunicò e depose
i cardinali Pietro e Giacomo Colonna,
i quali simulando pentimento nel settem-
bre 1 298 si portarono vestiti da peniten-
ti a Rieti, ove furono assolti. Il Ciacco-
nio crede che Bonifacio Vili a'4 dicem-
bre 1298 facesse la sua 2.' promozione di
6 cardinali in Rieti, ma Ferlone e Pan-
viuìo la dicono eseguila in Roma.
Anche Rieti soggiacque alla rabbia dei
guelfi e ghibellini , e pad molto pei discor-
di cittadini, riferendo Marchesi , che es-
sendo poi oppressa dalle armi de'secondi,
nemici del Papa, Pietro de'Vecchiarelli
chiamale in soccorso le genti del re di Na-
poli, probabilmente Roberto, trucidò gli
usurpatori del potere, per restituire alla
citta il suo libello reggimento. Dice la ero-
DÌchetta, che nel 1 348 vi fu morlaUtà
RIE 229
generale in loto orbe, che nel 1 349 ^' ^
terremoto per tutta Italia, e che nel 1 356
si arse in Rieti das. Nicola finoa s. France-
sco, con mezzo paese. Aggiunge, che nel
i36o il popolo romano distrusse il ca-
slello di Pozzaglia, compreso nella massa
Torana ; che nel f 363 vi fu altra mor-
talità; che nel i365 vi fu &me genera-
le, valendo il fì'umento sette libbre ytc^r-
tus et spelta et rubeuni libras tres: itent
vinum valuit 20 libbre somma massima,
ed in quel tempo vi fu mortalità maxi*
ma inter adolescentulos. Nel i365 inol-
tre registra la cronichelta, fuerunt grilli
et salippnU che rovinarono tulli i fruiti;
quindi che Gregorio XI venierunt privi*
legii in Reate scilicet, quod reposuit et
affrancavit cisntatem Reatinatn ut in pri-
mo,.,, Gregorio XI resposuit civilatem
Reatinam in primo statu scUicet decrecta
libre de dee so prò anno. Riporta il rista-
bilimento delia residenza pontificia inRo-
ma,fattodaGregorioXInel gennaio 1377,
dopo che per 6 predecessori era stata in
Avignone, coi cardinali. Chea'2 1 mai*zo
d'ordine del Papa fu assediato Rieti e si po-
se il campo a s. Mario e dopo nel collegio
Remondato, h Gens fuit aquilana et pars
regami, et in festo B. Mariae Annuntia-
tae accessit et fuerunt quing^ce de mi Ha
homines cum quatuor milia centum ho-
mini da cavallo, et steterunt sex dies.Ia
isto tempore fuit defractata turris de pe-
de pontis in Reate, quae erat magis alta
quam alia pasa plus quam tres."Narra
ancora la cronichetta l'elezione del succes-
sore Urbano VI nel 1 368 (deve direi 378)
e dello scisma dell' antipapa Clemente
VII, per la quale occasione la corte e i car-
dinali furono nella massima discordia et
Italia mbria remase principale el terri»
torio romano. Che nel 1379 a'3o otto-
bre a Piediluoo d'ordine d'Urbano VI fu
ucciso il dìXGà^quinquagintapromisita'
maram mortem in divtrsas ter ras ecclc'
siae. Sempre fedeli i reatini alla romana
chiesa ed ai Papi, nel burrascoso ponti-
ficato di Bonifacio IX, che nel 1389 era
23o RIE
siiceessoa Urbano VI, gli ofTrirono la gen*
te d'arme, ed il Papa con lettera data a*
pud s. Petrum 4 id. mail Pontìf.an. a,
ordinò ai reatini di tenerla pronta per in-
viarla a Benedetto vescovo di Monte FeU
tre duca o rettore di Spoleto. Riporta il
Marchesiyche divenuto Rinaldi Alfani be-
nemerito della Chiesa, per aver difesa e
conservata la patria Rieti nella fedeltà
pontificia, nelle guerre e scisma che so-
stenuto dal falso Benedetto XI II lacerava-
no l'Italia, fu in mercede di fatlocosìglo*
ri oso costituito vicario perpetuo della me-
desima nel 1 4o8 da Gregorio XII. Rilevo
dall'encomiate/^/crrcAe del cav. Riccardi,
p. 27, che in quel secolo di discordia, l'a-
narchia e la violenza reggevano le cose con
mano ferrea. Avendo i reatini neli4oo,
per togliere l'inondazione della valle rea-
tina, incominciato ad aprire un nuovo ca-
nale per sostituirlo al Curiano, senza con»
cordarsi coi cittadini di Terni di cui è pro-
prietà il distretto delle Marmore, che per-
ciò veniva danneggiato, il grido di guer-
ra risuonò fra'reatini ed i ternani. Quelli
invasero la rocca di questi, che ora si chia-
ma s. Angelo, e che semidiruta dalla ci-
ma del monte rammenta ancora che fu
custode degl' interessi di Terni. Il popolo
di questa città animato dalla vendetta,
dalla utilità propria, e dal desiderio di
respingere la forza ingiusta, corse a quel
luogo colle armi, e con intrepido corag-
gio, dopo aver risoluto nella pubblica a-
dunanzade' 1 7 agosto 1 4 1 ^j^eundunipor'
ium Marmorum ad morien/Ium, Allora
ì reatini invocarono l'interposizione di
Braccio da Montone, ed i ternani ne ac-
cettarono il compromesso. Esaminate
Braccio le ragioni de'due popoli, decise
quanto narrai di sopra, cioè che i reatini
desistessero dall'opera cominciata in luo-
go appartenente a Terni; conoscendo poi
la necessità d'un nuovo emissario ne sta-
biPi altro, che fu aperto e si chiama an-
cora Reatino, ma ripieno e nel principio
ridotto a coltura: conduceva l'acqua fi-
no al mezzo della cava Curia na. Da al-
RIE
cuni si nomina ancora emissario Grego-
riano, forse perché principiato sotto Gre-
gorio XII, dovendosi tener presente che
rinunziò il pontificato a'4 luglio i^i5,
ovvero per qualche lavoro nuovo che vi
fece poi Gregorio Xlll. Non molto dopo
il Tevere inondò Roma, per cui si leva-
rono alti clamori contro le innovazioni
fatte da Braccio nelle Marmore, e si pre-
tese che fossero derivate dal suo sdegno
control ternani da cui fu espulso; ma l'iu-
colpazione fu smentita dalla infelicità del«
lo scavo, che fra pochi anni divenne in-
capace di raccogliere le acque, e si co-
nobbe del tutto inutile alla salvezza della
valle reatina, di cui la maggior parte fu
nuovamente laguna. Calisto 111 nel i^5S
volle prendere cognizione delle difTeren-
ze che passavano fra'ternani e reatini per
cagione delle Marmore, ma pel suo bre-
ve pontificato nulla fece. Compresa Ro-
ma da pestilenza, cagionata da smisurata
inondazione del Tevere, Sisto IV parti
da Roma nel i^jS con diversi cardina-
li, e si recò in vari luoghi: agli 8 otto-
bre fu a Piediluco e vi si trattenne due
giorni, a' IO entrò in Rieti e vi rimase per
ben 9 giorni, quindi a' 19 ottobre si tra-
sferì a Poggio s, Lorenzo in Sabina^ a'2 1
in Monte Lebete,a'a2 inMomentaao, ed
a'23 si restituì in Roma. Nel pontificato
del successore Innocenzo VI I I,per la guer-
ra con Ferdinando I re di Napoli, questi
fece occupare Rieti, e dal duca di Cala-
bria invadere la Campagna romana, on-
de il Papa lo dichiarò nel 1489 decadu-
to dal regno. Abbiamo da Angeloni p,
i58, che nel i499 1^ comunità di Rieti
inviò un ambasciatore a' ternani, pregan-
doli a togliere dalla cava delle Marmore,
dove il Velino fa la sua caduta nella Ne-
ra, alcune pietre gittatevi quattro anni
prima, riuscendo di notabile danno ai
reatini, ed il pubblico di Terni nell'ago-
sto li compiacque. Leggo nel Nicolai, che
Paolo III a' 28 agosto i546 di persona
si portò in Rieti a veder la cava da lui
ordinata, accompagnato da tutta la sua
RIE
famiglia, da 4 cardioali, dall'ambasciato-
re di Spagna e da molti vescovi. Àggiuti-
go col Riccardi^ eh 'é fama aver facilmen*
te Paolo III accordato il nuovo emissa*
rio ai reatini per mezzo dei Farnesi suoi
nipoti signori di Cantalice e Civitaduca*
icj perchè anche i loro territorii soffri-
vano gravissimi danni dal rigurgito delle
acque Veline. Nel i5y3ì reatini volendo
esegu ire l'esca vazione delle Marmore, ne
domandarono il consenso a Terni, ma non
ebbeluogo. Gregorio XIII nel 1576 fon-
dò io Rieti un convento ai frati predica-
tori, come luogo ov'era stato canonizzato
il loro istitutore. Dal citato Nicolai sono
istruito, che Clemente Vili a' 16 aprile
1 598 Tolle recarsi a Terni per vedere ì
lavori da lui ordinati nel i5g6 per di-
seccare la valle reatina, che solcata da 3
emissarì era sempre paludosa poco meno
che prima; e montato in barca per poter
meglio girare per tutto, prese in sua com-
.pagaia i cardinali Passeri suo nipote. Far-
nese, Montalto, Sforza, Monti, Cesi, Bor-
romeo, Bianchetti,Baronio,Arigoni, Bor-
ghese poi Paolo y, l'uditore generale del-
la camera, insieme a molti altri prelati
e signori del cortegg40. Dice Riccardi che
il Papa vi si portò recandosi a Ferrara
{F,), e si trattenne in Piediluco, e vide
la prima mossa delle acque nella nuova
cava; e che Fontana fu il direttore e l'ap-
paltatore dello scavo. Nel pontificato di
Paolo Y insorse guerra tra Rieti, e Can-
talice luogo del limitrofo regno, ed a se-
darla il Papa vi mandò Domenico /{iVa^
rola (^.), poi cardinale. Rieti restò som-
mamente danneggiata dal terremoto del
1785, e ne soffrì anche la cattedrale per
cui si operarono riparazioni. Dopo l'iu'
vasione de'repubblicani francesi, questi
comandati dal generale Lemoine, nel di-
cembre 1 799 presso Rieti sconfissero l'è*
S9rcitonapolelanocompostodi4ooo fanti
e di 800 cavalli, e loro presero 33 can-
nóni, molte munizioni e prigionieri. Toc-
cai di sopra le vicende politiche della do-
minazione imperiale francese, e del rista*
RIE 23i
bilituenlo del governo pontificio^ come
dell'erezione della delegazione apostoli-
ca di Rieti. A' 7 marzo 1821 nelle vici*
nanze accadde il combattimento ti*a gli
austriaci comandati da Geppert e Wal-
moden, ed i napoletani carbonari capi-
tanati da Pepe. Nell'insurrezione de' li«
berali deli83f, di gran parte dello sta-
to pontificio, Rieti non smentì l'epigra*
fé eh' è nel sua stemma: Sempre fede*
le. Ed infatti si legge nel n.°i o delle iVb-
tizie del giorno di Roma i83i. m Rie-
ti 9 marzo. Ieri al primo albeggiare com-
parve a tiro di cannone da questa città
una numerosa orda di ribelli condotta
da Sercognani , ed in limò la resa. Co-
me esigeva il dovere, ne fu negativa la
risposta. Alle ore i5 cominciò il fuoco,
alla quale questa prode guarnigione ri-
spose con vigore. Esso durò per ben 3 o-
re, al termine delle quali Sercognani fe-
ce nuove intimazioni di i*esa alla città, ac-
compagnate da più gravi minacce. Il luo-
gotenente Impacciauti, sicuro del valore
di questa brava guarnigione e del suo co-
mandante il tenente colonnello Bentivo-
glio, non che del buono spirito degli abi-
tanti, rigettò la proposizione con indigna-
zione ancor questa volta, e si diede prin-
cipio nuovamente al fuoco, che non cessò
se non all'imbrunir della notte. I ribelli
hanno spedito in Terni su di carri coper-
ti oltre a /^o fra morti e feriti. Noi non
abbiamo a deplorare che la perdita d'un
reatino colpito da una palla di cannone.
1 1 nemico sta ritirandosi." Nel supplemen-
to del n.° 20 é detto. » Rieti 12 mai*zo.
Tutta la nostra pianura è stata sgombra-
ta dai ribelli, che si sono diretti a Terni
ritirandosi in fretta". Nel n.° 2 5 del Dia*
rio di Roma i83i si loda il valore e la
fedeltà del conte Benlivoglio, la pruden-
za deiravv. Impaccianti, lo zelo paterno
di mg.^ Gabriele de'conti Ferretti vesco-
vo di Rieti, come quelli che ruppero sot-
to le mura reatine le minacciose orde dei
rivoltosi, per l'opera e per la mano di po-
chi bravi soldati e di molti cittadini vo*
23i RIE
Jonterosi di spargere il sangue per la re*
ligione, pel trono pontificio e per la pa-
tria, cui libertà vera è di esser fedele ad
un governo veramente paterno e bene-
fico. Papa Gregorio X VI si dimostrò gra -
tissimo con Rieti e coi nominati perso-
naggi in promuoverli a maggiori onori,
ricolmando la città ed i cittadini de'piii
giusti e meritati, affettuosi e solenni en-
comi. Il perchè, riferisce il n/ i/\. delle
NotÌT^e del giorno 1 83 1 ^ che a'4 aprile
la deputazione della città di Rieti, com*
posta de'raarchesi Adriano Canali gon-
faloniere, cav. Angelo M/ Ricci, conte
Giacinto Vincenti Mareri presidente e de-
putato della nobiltà, Filippo Rosati de-
putato della cittadinanza e del popolo
reatino, fu presentata a Gregorio XYI dal
reatino mg.r Cappelletti governatore di
Roma. Fu lo stesso prelato accolto dalla
Santità sua con tal degnazione, e i di lui
beneraetnti concittadini ricevuti con tal
distinzione di sovrana clemenza, che que-
sta sola dimostrazione sarebbe loro ba-
stata di glorioso e dolce compenso a'pas-
sati pericoli. Delle vicende politiche del
1 849 dello stato ecclesiastico, che furono
comuni anche a Rieti, ne trattai all'arti-
colo Pio IX, dicendo ancora della guar-
nigione spagnuola e del ristabilimento
del governo pontificio e del prelato de-
legato, dopoTinfelice e breve repubbli-
cii,il i.^peroperadimg.^ Girolamo d'An-
drea ora cardinale, il 2.° nella persona
ó\ mg.^ Tancredi Bella.
Sulla predicazione del vangelo in Rie-
ti, ed origine della sua sede vescovile, ec-
co quanto dichiara VUgheWiiJtalia sagra
t. 1 , p. 1 1 94: Reatini episcopi, la cui se-
rie però si vuole inesatta e mancante di
molti vescovi per testimonianza delp.Ma-
roni, del p. ab. Galletti e di mg.' Mari-
ni. >/ Post romani imperii declinationem
(Reale) romanorum Pontifioum imperio
pnruit. Ejusdem antiqua ecclesia est, at-
que immediale unum romanorum Pon*
tificum reveretur,in sufTraganeisRoma-
nae provinciae, ecclesiaeque connumera-
RIE
ta (tuttora è immediatamente soggetto
alla s. Sede il vescovato di Rieti, detto
anche di s. Maria). Primi ejus civitalis
episcopi nomen intercidi t, si ve scripto-
rum injuria, si ve injuria teraporum, quae
clarorum virorum monumenta debellat:
constai tamen, idque ex satis firma con<-
jectura, jam inde ss. Apostolorum prae-
dicatione christianis sacris Reali iiam ci-
vitatem fuisse iniliatam, utpote Ronnae
propriorem. Celebrai tamen traditio a-
pud reatinos populos s. Prosdocimum
primum Patavinae civitalis episcopum ,
ipsi evangelium intulisse,in cujus rei ar-
gumentum hasconjecturasuSerunt, ali-
quos urbis Reatinae anliquos aummos,
iìlius sancii effigie percussos repertos, ec-
clesiam Apostolorum principi ab ipso con-
secratam, traditionem vigere a patribus
traduclam ad posteros,eumsanclum rea-
tinos fide Christiana imbuisse, primum*
que episcopum fuisse. Ecclesia cathedra-
lis E. Virginis Assumptae consecrala est,
Paschalisque II temporibus cum injuria
temporum coUaberelur instaurala. Fa-
ma est, illam a s. Prosdocimo inchoatam,
80 postea an. 1225 ab Honorio 111 die 1 e
septembris cohonestantibus pompano ali-
quotcardinalibus,consecratam ". All'ar-
ticolo Padova, parlando di s. Prosdocimo,
dissi che greco di nazione ne fu i .^vescovo,
per avervi promulgato il vangelo d'ordi-
ne di 8. Pietro che l'ordinò nel Tanno 46,
dopo aver fondata la chiesa di Rieti, dice
rUghelli. Abbiamo Fausti Ant. Maroni
excler, reg, sckol.piarum^Commentarìus
de Ecclesia et Episcopis Reatìnis in quo
Ughelliana series emendatur, continua-
tur, illustratur^Romae 1^63. Riferisce che
Sue Prosdocimo costituito das. Pietro i.^
vescovo dì Rieti, innanzi che fondasse la
chiesa di Padova, è antica tradizione con-
testata, sebbene da un sigillo di Rinaldo
vescovo di Rieti del i25o, si veda l'effi-
gie di s. Prosdocimo vestilo pontificai*
mente, con intorno l'epigrafe: s, Prosdo-
cimus EccL Reat, Fund. Non pertanto
avverte il vescovo di Rieti mg.^ Marini,
1U£
Memorie di s. Barbara p. 1 07 e a 1 3, che
delie tradizioni popolari, principalmen-
Ce se sono di fatti rimarchevoli e costan-
ti, deve farsi sempre gran conto, per le
ragioni che adduce. Incominciando dalla
cattedrale, egli opina, che chi pretende es-
sere la parte inferiore, che dicesi la Grot*
to^de'tempi di s. Prosdocimo discepolo
di s. Pietro, prende abbaglio, perchè o-
pera del vescovo Beuincasa^ Non inten«
de recar pregiudizio alla sua chiesa, né
alla tradizione per cui s. Prosdocimo è
venerato in Rieti per primo suo vescovo,
mandato da s. Pietro a predicar la fede
dì Gesù Cristo , sebbene passasse poi a
Padova, Non sa indursi però a credere
col p. Maroni favolosa la tradizione, qua-
lora si voglia intendere la cosa nel senso
debito, cioè nel modo(dichiarato dal ce-
lebre Scipione Maffei e allegato dal p. Ma*
roni a p. 4)> con cui dagli apostoli era*
no spediti i discepoli ad annunziar 1* e*
vangelo alle genti, e come questo comin-
ciò ad abbracciarsi, e per qual ragione i
primi banditori si possono considerare in
alcune città pei primi loro vescovi. Certa-
mente alle nazioni, non alle città partico-
lari, molto meno a quelle di non gran no«
me, venivano spediti i discepoli, ne questi
aveano il ristretto oggetto d'una sola pò*
polazìone, come notò Tomas^ìni^ De veL
et nov. discip,, sebbene le provi ncie e la
città capitali non isfuggivano dagli occhi
loro. Ciò supposto, molto meno potea da
S.Pietro o da'suoi discepoli rimanere tra«
scurata Rieti, che oltre l'esser capo di tut-
ta la Sabiaa,è città celebre presso tutti gli
scrittori, ed a Roma tanto prossima. Se
dunque si è serbata in Rieti la tradizio-
ne di venerare s. Prosdocimo come suo
].° pastore, non deve riputarsi una fa-
vola; tradizione che fu reputata assai dal
ven. e dotto autore di tante opere^ mg.'
De Vita vescovo di Rieti, la cui chiesa di
s. Prosdocimo ne celebra la memoria con
messa, ufiìzio proprio di rito doppio e la
diocesi l'anniversario. Avendo s. Marco
discepolo di s. Pietro e divello dall'evan-
RIE i33
gelista predicato il vangelo agli equicoli
e marsi confinanti, ond e considerato 1.**
vescovo di Marsi, così può ritenersi per
Rieti s. Prosdocimo, ad onta che passas»
se a Padova. Aggiunge Marini a p. 2 15.
M Anzi se avessimo documenti dimostra-
tivi, che di que'primi lumi che mandò
Dio agli equicoli per mezzo di s. Marco,
furono precisamente partecipi e resei'o
frutto in quelle popolazioni, che in Cico-
li (paese degli antichi equicoli) sono sem-
pre state oves paschuae meae, come può
credersi, perchè appunto confinano eoa
i marsi ; non sai^ebbe da riprovarsi il sen-
timento di chi credesse, che dopoo pri-
ma di s. Prosdocimo, fu questo s. Marco
o 2.*^ o I .^ vescovo di Rieti. In tal caso, co-
me il lodato Baronio lo dice vescovo de-
gli equicoli, e la Reggia Marsicana lo di-
ce di Marsi, così dire potrebbesi anche di
Rieti." Altra cosa è fondazione di chie-
sa o sia di vescovato col ripartimento e
confini della Diocesi (f^»), altra cosa à
principio di vera religione e di culto del
vero Dio in una popolazione. In questo
secondo senso non sembra fuor di pro-
posito e da reputarsi favola, che o s. Pro-
sdocimo, o forse anche s. Marco si deb-
bano considerare pei primi vescovi diRie-
ti, con avervi gettato il mistico seme del-
la fede.
Il p. Maroni, dopos. Prosdocimo non
registra s. Probo del 33o secondo Ughel-
li, ma egli lo reputa fioritocirca la metà
dei VI secolo, per concordare quanto di-
ce 8. Gregorio I, nel pontificato del qua-
le e verso il 5gZ fu vescovo Albino, di-
vei*so dal cardinale contemporaneo di tal
nome. Laonde ilp. Maroni ecco comede»
scrive la seriede'primi vescovi : s. Prosdo-
cimo, indi Probino o Probiano, Orso, s.
Probo, Albino, Gaudioso che nel 680 in-
tervenne al concilio di s. Agatone, Adria-
no, Tenzone del 753, di cui parla anche
Galletti a p. 1 32 , essendo nominalo ia
molti documenti farfensi.lsemondo olser-
mondoi.^ è nominato in una donazione
fòlta olla chiesa di Rieti daXeudicioo Tee-
a34 RIE
dorico duca di Spoleto del 772 GÌi*ca. Agio
ebbe a successore Sinuaìdo del 776, poi
probabilmente per di lui rinunzia Gui-
berlo o Guicperto del 778, e quasi nello
stesso tempo Pietro, nel 780 altro Gui-
berto, sui quali due ultimi va letto quan-
to ne scrife Galletti, a p. no , ed anche
Fatteschi, p. i46. Lungo sarebbe se do-
"vessi riportare i minuti dettagli di tali
storici su ciascuno de'primi vescovi, per
gli alti cui intervennero, o per qualche
chiesa o beni di cui fòcevano acquisto, o
permute, o cessioni, ovvero ricevevano in
donazione , nella maggior parte riguar*
danti l'abbazia di Farfa, da dudii, re e im •
peratori, non senza molte incertezze, ra-
gionando di tanti diplomi e antiche car-
te talvolta con date dubbie; mentre il det-
to Pietro dal Maroni si vuole vescovo di
Sabina o di Foronovo (/^.). Alefrido del
794> IsemondooIsermondo2.^neir8i i,
dopo il quale evvi un vacuo almeno dal-
r8 1 6 air853, in cui sedeva Colo o Colo-
no i.°, della quale vacanza fa testimonian-
za anche A ngeloni, siccome comune a Ter-
ni; esempi che nel secolo IX s'incontrano
eziandio nelle circostanti sedi vescovili,
a motivo delle frequenti incui*sioni e de-
vastazioni de' saraceni, per cui i pastori
restavano dispersi o non si provvedeva
alle vacanze per tante calamità. Neir877
viveva Teuderado o Teudardo, nel qual
tempo fu confuso un Giovanni Aretinns
con Reatinus y es&tndio vescovo d'Arezzo.
£' dubbio Riccardo deir887, altro Colo
si ha nel 912. Con questo subentra a ret-
tificare le serie d'Ughelli e del p. Maro-
ni, ed anche correggendo Galletti, il ve-
scovo Marini, riordinandola così a p. 228
e seg. Colo 2.^ nel 922, Tofo 9249 Pie*
tro 928, Tebroldo 945, Anastasio 948>
Alberico 969, Eldebaldo 975, Giovanni
982, Giocondo nelto33 morto sul prin-
cipio del I o5o, s, sedis Reatinae eccle-
sia e venerabili episcopo j Gerardo già ve-
scovo nell'aprile di detto anno, in cui in-
tervenne e si sottoscrisse al concilio ro-
mano tenuto da s. Leone IX. Questi è
RIE
quel vescovo che consagrò o commise la
oonsagrazione della chiesa di s. Maria di
Antrodoco a'2G ottobre i o5 1 al prete del-
la medesimaTeubaldo e non vescovo rea-
tino. Nel 1 094 Raniero, dopo il quale Be-
nincasa. Questo benemerito e munifico
vescovo nel 1 109 cominciò dai fondamen-
ti l'attuale chiesa cattedrale , tanto infe-
riore che superiore , fuori delle cappelle
e poche addizioni, fabbrica disegnata in
modo che comprendeva la costruzione
dell' una e dell' altra, che vengono a for-
mare una sola fabbrica, come ocularmen-
te si conosce. Inoltre avverte Marini, che
quella chiesa pubblica che esiste va in Rie-
ti, qualora stata vi sia prima di Costan-
tino o sotto di lui, non è quella che oggi
esiste e dicesi Grotta o Chiesa inferiore^
anzi neppure quella che uflìciavasi nel se-
colo in cui la città ebbe la gran fortuna dì
avere il corpo di s. Barbara. Bensì l'odier-
na cattedrale nella parte superiore non
re^tò compita , se non quando fu consa-
grata nel 122?, e forse non fu resa atta
ai divini u(Hzi fino a quel tempo, ritardo
provenuto dalla sua estensione e magni-
licenza, come dalle narrate disgrazie pa-
tite da Rieti. La chiesa inferiore poi as-
sai ristretta , si compi alquanto prima ,
cioè verso il i f 57, quando Dodone potè
consagrarla, dedicando il maggior altare
alla B. Vergine ed a s. Bartolomeo apo-
stolo, oltre altri santi. Il titolo di s. Barto-
lomeo può credersi derivato dall'oblazio-
ne che nel 1 1 12 fece al vescovo Benin-
casa , certo Bonomo di Monte Gamba-
ro. De'3 ultimi vescovi Gerardo, Ranie-
ro i.° e Benincasa, lascia in dubbio il p.
Maroni sotto di chi seguisse 1' unione a
Rieti della diocesi d*Atnilerno (^•)^ di cui
non si trovano più i vescovi dopo Lodo-
vico, che si sottoscrisse col nominato Ge-
rardo nel concilio romano del 1095 di Ni-
colò li. Una carta però del 1094 ripro-
dotta da Marini fa certi che l'unione se-
guì a'tempidi Raniero, come del penti-
mento del conte Gentile usurpatore del-
le decime che pel contado d'Amitcrno si
RIE
doveano al vescovo di Rieti; locchè prova
che la giurisdizione episcopale di Rieti si
esteode?a colà prima ancora di tale epo-
ca. Vedasi Giovanni Marangoni, Acta s,
F'ìctorini tp. Amiterni et //i., atqite de e»
jusdem 83 sanctorum MM. AmUerneiì"
Siam coemelerio prope Aquila in Festinis
hisl, dissert, cum apptnd, de Coemeterio
s. Saturnini via Salaria^ et monuin, ex
codcni aUisque s, coemetcriis Urbis nu-
pereffossisy Romae 1 740. Successi vameu*
te furono vescovi di Rieti e A mi terno,
Teuzo, Colo 3.**, Gentile, e Dodonecister*
ciense, al quale nel f 1 53 spedi amplissimo
pi'ifilegio Anastasio IV, che si legge nel*
rUghelli,ov'è descritta l'unita diocesi d'A*
initerno:qui noterò, che dipoi ad Aquila
Alessandro IV unì Furconio, e Clemente
IV Araiterno. Questo é il celebre Dodone
consagratore della chiesa inferiore della
cattedrale c/yp^am, che nel 1 1 70 consagrò
le chiese di s. Vittorino e di s.Pietro d'A mi*
terno^ che nel 1 1 79 intervenne al concilio
generale dìLaterano HI, e che ottenne am«
pio privilegio dall'imperatore Federico I
perse e successori. Al suo tempo morì il b,
Balduinode'contidiMarsi monaco cistcr-
ciense e amico di S.Bernardo che gli scris*
se parecchie lettere, e fu sepolto in catte-
drale. Dopo furono vescovi Settimio Qua-
rini bolognese, indi Benedetto deli 182,
poi AdinolfoSecenari nobile réatino,sotto
del quale erroneamente il p. Maroni, seb-
bene ne dubiti, riporta l'assedio e distru-
zione di Rieti eseguita da Ruggiero I, ciò
che rimarcò pure il Marini , mentre A-
dinolfo governò dal 1 193 al 1209, laonde
sembra anche erroneo il codice prodotto
da Ughelli su questo propòsito a p. 1 202,
Nel voi, XXXII, p. 257 notai, che TAn*
gelotti, citando l'archivio capitolare, pre*
tese che il cardinal Ugolino poi Grego-
rio IX, fòsse stato vescovo di Rieti, ed io
credendo esatto Ughelli in questa serie,
gli opposi il silenzio d' Ughelli slesso , e
qui vi aggiungo quello degli altri scrit-
tori reatini. Dopo Adinolfo, fiorì nel 1 2 1 5
Rinaldo ].°benedettino, che a's^Gsettem*
RIE 235
bre consagrò la chiesa di s. Sebastiano
diMonte s. Giovanni : il p. Maroni eaN
tri ritardano il suo vescovato al 1 2 1 6. Nel
1227 Odone, secondo Ughelli, e al dire
del p. Maroni nel 1 233 Raniero 2.**, Gio-
vanni del 1 236,indiRaniero3.°delqualesi
ha l'istromento del 1 249 per la lite agitata
con Bono comes Reatinae urbis praetor
intendit de equo cui Raynerius insederai,
cum primum urbem ingressusesl: quem
sibi debilum ex antiquo more idem prae»
tor contendebat. Segue Rinaldo 2.**, per
testimonianza del p. Maroni; Ughelli po-
ne nel i25o fr. Domenico de'predicato-
ri, nel i252 Tommaso correttore delle
lettere apostoliche, nel 1 265 Goffredo giù
di Tivoli, nel 1278 Nicolò 111 vi Iraslatò
da Sora Pietro Gerra di Ferentino , poi
arcivescovo di Monreale. Nel 1286 An-
drea già di Sora, al quale e al capitolo
Nicolò IV diresse quel diploma che U-
ghelli dà a p. 1 206, in memoria d' aver
coronato nella cattedrale Carlo II e la re-
gina Maria. Nicola cistcrciense nel 1296
rinunziò a Bonifacio Vili, il quale nel
1299 sostituì Giacomo Pagani rettoredi
di verse Provincie pontificie,ov vero secon-
do il p Maroni de v' essere preceduto da
Berardo; quindi neli3o2 Bonifacio Vili
vUrasPerì da Nepi fr. Angelo, che mor-
to neir istesso anno, subito il Papa fece
occupar la sede da Giovanni Muli Papaz-
zurri nobile romano, sotto il quale Cat^
Io lì confermò i beni che la chiesa rea*
tina possedeva nel suo limitrofo regno.
Nel 1 326 Raimondo vicario di Roma per
Giovanni XXI I^ il quale ricevette in A*
vignone il processo da lui compilato con
sacerdotale coraggio e senza temere il ri-
sentimento di Lodovico il Bavaro, contro
l'antipapa iVico/ò ^(^.) da Corvaro dio-
cesi di Rieti. Giovanni vescovo morì nel
1 339, ed il capitolo elesse Tommaso ca«
nonico della cattedrale , che Benedetto
XII confermò. Nel 1 392 Raimondo d'Or-
vieto vicario di Roma. Nel 1 347 ^^ V**
cenza passò a questa chiesa fr. Biagio dei
minori di sommo zelo. Nel 1378 Barto-
a36 RIE
lomeo Mezzavacca (/^.), poi cardinale;
non lo fu Pietro de' Jic2r£nri(^.) suppo-
sto anche cardinale dall' Angelotli e da
altri seri ttori. Lodovico Teodorani de Al-
faui di potente famiglia reatina nel 1 897
fu fatto vescovo da Bonifacio IX e peri
infelicemente vittima d'una congiura; gli
successe nel i4o i Lodovico Cicco di Co-
la de Bonaventura Teodorani, che visse
sino al 1436: il p. Maroni corregge U*
ghelli e de'3 Lodovicfai riporta e ricono*
sce i detti due soli.
Eugenio IV nel 1 438 traslatò da Man-
fi*edonia Mattia de Pusci governa toredeU
rUmbria. Nel 14^0 Angelo Capranica
(F,) già d'Ascoli e poi cardinale, ottimo
vescovo, costruì il portico della cattedra-
le. Nel 1468 Domenico Lutaui realino,
governatore dell'Umbria, di Perugia e di
Cesena. Giovanni Colonna {F,) cardi-
naie nel 1480 amministratore perpetuo,
in tempo del quale Alessandro VI nel
i5o!2 smembrò dalla diocesi di Rieti Ct-
vita Ducale {F,)coìì immenso rammarico
del cardinale e l'eresse in vescovato.Morto
il Papa, il cardinale ricorse a Giulio 11, il
quale nel 1 5o5 reintegrò Rieti de'suoi di-
ritti, ma essendo morto il cardinale nel
i5o8 Giulio 11 ripristinò la sede di Ci-
vita Ducale e il vescovo. A Rieti nominò
Pompeo Colonna (FJ) poi cardinale, che
ribellatosi al Papa, questi a' 29 ottobre
i5i2 lo spogliò di tutte le dignità e die
Rieti in amministrazione al cardinal Re-
nato Pria o Prte(F,)j però Leone X nel
] 5 1 7 reintegrò il Colonna anche della se^
de reatina, che nel i S10 rinunziò eoa re-
gresso al nipote, Scipione Colonna. Net
1529 Mario Aligerio reatino prolegato
di Bologna e preside di altre provincie
e città, nunzio a Carlo V, sapientemen-
te governò. Neil 555 Gio. Battista Osio
romano, fu al concilio di Trento: per le
sue ruvide maniere, alterigia e per altri
motivi che si possono leggere in Cardai-
la, Memorie storielle de* cardinali t. 5,
p. 18 e seg., benché datario e segretario
de'memorialidi Paolo IV, venuto a que-
RIE
sti in sospetto lo tenne 4 anni prigione
in Castel s. Angelo, come narrai ne' voi.
XIX, p. i34, XLIV, p. 189, XLIX, p.
^59, correggendo il p. Carrara che nel-
la yita di Paolo IV T avea confuso col
celebre cardinal Osio, Marc'Antonio A"
mri/io (/^.) cardinale nel 1 562 beneme-
rentissimo, principalmente pel seniinario
ch'egli fondò il i.^ fra' vescovi, dotandolo
ancora co'suoi capitaU d'un fondo di sca-
di 1 000 in tanti Itioghi di monte. Nel 1 57 2
s. Pio V vi trasferì d' Amelia Mariano
Vettori reatino nobile e insigne, di mol-
ta dottrina e vasta erudizione , restituì
alla loro lezione tanti testi di s. Girolamo
stati adulterati, nelle illustrazioni delle
sue opere, autore del mss. De antiquita»
tiòus Jtaliae, et urbis Realisj ma poco
la patria potè goderlo, morendo nell'istes-
so anno, in cui gli successe Alfonso Gio.
M." Rinarini bolognese, traslalò uel 1 Sji
a Camerino. Gregorio XII 1 gli surrogò
il comune concittadino fr. Costanzo Vin-
cenzo Bargellini conventuale, che passa-
to a Foligno neh 583, gli successe l'altro
bolognese Giulio Cesare Segni che gover-
nò sino ali6o3. Gio. Contede Desideri
di Norcia morì neli6o4; indi fr. Gaspa-
re Pasquali di Monreale conventuale pio
e integerrimo, già di Ruvo. Nel 161 2 il
cardinal Pietro Paolo Crescenzi (F,); nel
1621 da Tivoli fu traslato Gio. Battista
Toschi di Reggio di Modena; nel i633
il cardinal Gregorio iVijro(^.)v nel 1 635
da Cervia qui passò il cardinal Gio. Fran-
cesco Guidi Bagno {F,)heQemev'ìto e di-
ligente pastore,che rinunziando nel 1 639,
Urbano Vili nominò Giorgio Bolognetti
nobile bolognese, già d'Ascoli in regno ,
nunzio in Francia ; fornito di gran pru-
denza, celebrò il sinodo, costruì l'archi-
vio, ridusse in miglior forma e ornò l'e-
piscopio, ampliò il giardino. Nel 1660 il
cardinal Odoardo Vecchiarelli (/^.) rea-
tino, ottimo vescovo; per sua morte nel
1668 amministratore il cardinal Giulio
Gabrielli ( P\) vescovo diSabina.Nel 1 670
Ippolito Vinceutini nobile di [lieti, loda*
RIE
lo vescovo; nel 1707 Francesco M.* Ab-
bai! nobile pesarese, traslalo nel 1 7 f o a
CarpentrassOy onde neli7i i gli successe
Bernardino Guinigi nobile lucchese, già
nnnsio apostolico e preside ,lo(Iatis.simo
pastore, che celebrò il sinodo, trasferito
alla patria per arcivescovo: con questi
neirUghelli termina la serie de' vescovi,
che proseguirò col p. Maroni. Benedetto
XIII neh 724 elesse fr. Antonino Ca Riar-
da di Messina domenicano , celebre per
dottrina profonda e per le opere, massi-
me suli' Elezione del Papa j tenne due
sinodi, rinnovò alcuni monasteri di reli-
giose, ampliò con magnificenza il semi*
nario, restaurò e abbelPi T aula vescovi*
le, fendo Torfanotrofio delle donzelle che
poi costituì suo erede, e pianto da'poveri
morì nel 1754. Benedetto XIV vi pro-
mosse Gaetano Carli nobile di Comac-
cbio dotto e prudente, vigilante pastore,
ristorò il monte di pietà con ottime leg-
gi. Clemente XIII nel 1761 die alla pa-
tria per vescovo Girolamo de' marchesi
Clarelli encomiato, e col quale il p. Ma-
roni termina la serie che compirò colle
Notìzie di Boma,i'j^^ Giovanni de Vi-
ta di Benevento, santo e dottissimo, au-
tore di diverse opere, il cui nome è in be-
nedizione per gli esempi lasciati di virtù
e di beneficenza. Nel n." ^%Ae\YEffeme'
ridi letterarie di Roma del 1 778, si loda
la sua profonda e vasta erudizione nel
darsi conto delle pubblicate Omelie edaU
tri sermoni pastorali predicati da mgX
Gio, ce, Romnei772. Meglio dal 0.^*47
del 1 774 si encomia l'illustre prelato nel
parlare de'suoi SoliloquiaClementi XìV
dicata, Romaei 774» riportando l'elenco
di 2 I opere stampate e di 7 mss. Tra le
prime noterò: Istituzioni de* chierici con-
viventi ne* seminari vescovilìjPe origine^ et
fare decimarum écclesiastìcarumj The-
saurus antiquitatum Beneventana riìm t.
I j\ Epistola pastoraUsj Notificazione per
lo stabilimento della cong, degli ecclesia"
stici chiamati Amanti di Dio, ed erezione
della nuova cong, de' giovanetti secolari
RIE 237
chiamati fanciulli di Gesù e Maria nel-
la città di Rietiy ivi per Gaspare Orsini,
il qualestampò ancora altre sue opere. E-
ditto per la riforma delle confraternite
ed altre pie radunanze della città e dio*
cesi di Rieti; Regole di vivere per le per»
sone ecclesiastiche j Regole del semina-
rio Reatino j Regole per il conservatorio
delle orfane di Rieti, Abbiamo, Fita del
servo di Dio mg, Gio, de Vita vescovo
di Rieti y ivii83i. Gli successe nel 1775
Vincenzo Ferretti nobvle anconetano.
1779 Saverio Marini di Pesaro zelante
pastore, autore di opere pregiate. i8i4
Carlo Fioravanti nobile romano. 18 18
Francesco Saverio Pereira romano^ tras-
lato daTerracina, Sezze e Piperno. Leo-
ne XH nel 1824 elesse il suo degno a-
mico il dottissimo p, Timoteo Maria A-
scenzi carmelitano calzato di Contiglia-
no diocesi di Rieti , profiessore di teolo-
gia morale e membro del collegio teolo-
gico dell'università romana, quindi nel
concistoro de'21 maggio 1827 lo trasferì
e Osimo e Cingoli, ove assai compianto
morì nel seguente anno con dolore del
Papa, che avea stabilito di premiamele
Ytrtti e la profonda scienza colla dignità
cardinalizia , come dichiarai nel voi. X,
p. 58. Di fatti leggo a p. 5 della Memo-
ria 28.* del marchese Bruti Lil)erali ,
ch^éra stato destinato a portargli la no-
tizia e il berrettino, in un al cardinal Rud-
nayy il cav. Neroni di Ripatransone, ma .
l'illustre prelato morì alcuni giorni pri-
ma del concistoro. Lo stesso Papa e nel
medesimo concistoro gli die in successo-
re mg.' Gabriele de' conti Ferretti d*^/i-
cona (F,), che Gregorio XVI in premio
del suo zelo pastorale e per avere gran-
demente contribuito alla difesa di Rieti
contro ì liberali ribelli , successivamente
fece nunzio dì Napoli, vescovo di Monte
Fiaseone (^.), arcivescovo di Fermo (f\)
e cardinale; dal Papa regnante suo paren-
te fatto segretario de' memoriali, legato
d'Urbino e Pesaro, e di Ravenna, segreta-
rio di statole da ultimo penitenziere niag-
238 RIE
giore. Inoltre Gregorio XVI ne1i833ie-
ce vescovo il reatino cardinal Benedetto
iCappelleUi (^^), e nel 1 834 ^%'^ Filip-
po de'conti Curoli di Faenza, già udito-
re delle nunziature di Baviera, e di Li-
sbona nel Portogallo (f^')- Per sua mor-
te Pio IX nel concistoro di Portici de'28
settembre i84g dalla chiesa di Forlì, in
cui Tavea promosso Gregorio XVI, tra-
sferì in questa l'attuale mg/ Gaetano Car-
letti di Ferrara, saggio, zelante eottimo
pastore. Ampia é la diocesi, poiché si e-
stende per circa 80 miglia di territorio,
contenendo 225 luoghi, come leggo nelle
proposizioni concistoriali de'due penulti-
mi vescovi, essendo nelKultima detto per
isboglio 25. In essa vi sono 265 parroc«
'chie, e 4 chiese collegiate. Fuori di Rie-
ti è rinomalo, oltre il santuario summen-
tovalo di Grecio, quello di Fonte Colom-
bo de'minori riformati, dove è tradizio-
ne che s. Francesco d' Àsisi ricevesse la
s. regola dal Signore pel suo meraviglio-
so ordine Francescano^V )j,0^\ nuovo
vescovo è tassato ih 3oo fiorini, essendo
le rendite della mensa circa scudi 25oo.
RIEUX, Bivi, Rivenne, Filla de Rivìs.
Città vescovile e antica di Francia nel-
l'alta Linguadoca, dipartimento dell'aU
ta Garonna, circondario e capoluogo di
cantone, a più d'8 léghe distante da To-
losa e 1 85 da Parigi, sulla sinistra spon-
da della Reze,che poi si scarica nella Ga-
ronna. Non ha di osservabile che il cam-
panile della sua vetusta cattedrale della
B. Vergine, di stile goticoedi straordi-
naria altezza. Vi si trovano fabbriche di
panni grossi, maiolica e mattoni. Ne'din-
torni si ammira bella cascata d'acqua, ed
una grotta che sorprende per l'elevazio-
ne e la profondità. Non era che un ca-
stello circondato d'alcune case, quando
Giovanni XXII nel 1 3 1 7, elevando la par-
rocchia in cattedrale, Io dichiarò città e
il paese ducato, erigendolo in vescovato
suffraganeo della metropoli di Tolosa ,
con residenza del vescovo in Rieux.Per
1 .** vescovo il Papa ci-eò Peloforte di Ra»
RIE
hmlcns {T',) che poi ciw cardinale, cui
successero i riportati dalla Gallia diri'
stiana: ne furono ultimi G io. M.' de Ca-
stellan di Tolosa del 1748, e Pietro Giu-
seppe de Lastic di s. Flour del 1771, il
quale rinunziò nel 1 801 in conseguenza
del concordato per cui Pio VII soppres-
se il vescovato. Il capitolo era composto
di 5 dignità, di 12 canonici e di diversi
altri ecclesiastici assistenti al coro. I do-
menicani ed i francescani vi aveano con-
venti, nella diocesi essendovi un rinoma-
to monastero di cistcrciensi foglienti, ca-
po d'una congregazione dello stesso no-
me. La diocesi conteneva 90 parrocchie,
ed il vescovo godeva 18,000 lire di ren-
dita, pagando 25oo fiorini per la tassa
delle bolle*
RIEZ, Reii. Città vescovile e antichis-
sima di Francia nella Provenza, dipar-
timento delle Basse- Alpi, circondario e
capoluogo di cantone, a più di 7 leghe da
Digne e 180 da Parigi, fra due ruscelli,
sulla sinistra sponda del Colostro. Male
distribuita e di appetto melanconico, al
dire d' alcuni geografi ; altri dichiaran-
dola piccola, ma bella, come posta in a-
mena pianura. Ha fabbriche di corde,
concie di cuoi e birrerie; traffica di vini
pregiati e di frutta eccellenti. E patria dì
Gaspare Abeille autore drammatico. Riez
è l'antica A lebece capitale de' reii, che fu
abbellita dai romani, e chiamata Colo*
nia Reiorum jépollinnrium, con parecchi
monumenti, de'quali rimane ancora una
rotonda, composta di 8 colonne corintie,
convertita in chiesa, 4 altre colonne del
medesimo stile e bel musaico. Vi sono
pure di verse iscrizioni. La cattedrale è sot-
to l'invocazione della B. Vergine, ed avea
il capitolo composto di 4 dignità e di al-
tri 8 canonici: vi erano i francescani eie
orsoMne. La sede vescovile fu eretta nel
V secolo, sulfraganea della metropoli di
Aix. Venne chiumata con diversi nomi
latini : Rej us. Alba Re j orimi y Albesa Re*
jùruniy ApoUinarium dal culto che vi si
rendeva ad Apollo, Regium» lì 1 J^'vesco*
RIE
TO fu 8. Pit)spero del V secolo » che al«
cuni credono quello d'Aquìtanìa, il qua*
le fu vescovo di Reggio di Modena; altri
lo dicono diverso. Gli successe s. MassU
mo (V,) monaco e abbate di Lerins,di*
scepolo di 8. Onorato : fu ordinato nel
433 o 4349 ed intervenne a' concilii di
Riez, d'Orleans nel 44 < > sottoscrisse nel
45 1 la lettera sinodale a s. Leone I, fu al
concilio d' A ries del 454)6 morì nel 46a.
Indi 8. Fausto che la chiesa di Riez ono*
ra per santo, già abbate di Lerins, che
intervenne al 4*^ concilio d' Arles, ed a
quello di Roma del 4^3, morto verso il
485. Ugone Raimondi legato apostolico
contro gli albigesi, presiedette al concilio
d'Avignone per condannarli. Cardinale
Pietro Desp'reZj trasferito ad Aix. Marco
Lascarisde'contidi Venlimiglia. Antonio
Lascaris fratello del precedente e dì 0«
norato conte di Tenda. Antonio Lasca-
ris nipote dell'antecessore, poi trasferito
a Beauvais. Simone Barlhel scrisse la Sto»
ria de vescovi di Riez: di molti sono le
notizie nel t. 4 delle Monumenta hist. pa*
triaej la Gallia Christiana ne riporta la
serie nel ti, p. 389 e seg. sino a Luigi
Phelypeaux d'Herbault del 1 7 1 3: ne fu*
rono ultimi vescovi^ Lucrezio de la Tour
du Fin de Lachau Montauban di Alais,
fatto vescovo nel 1 75i , cuinel 1 772 sue*
cesse Francesco de Clugny d'Autun, in
tempo del quale Pio VII col concordato
del 1 80 1 soppresse la sede. La diocesi con*
sisteva in 54 parrocchie; il vescovo avea
1 5,000 lire di rendita, e pagava 85o fìo«
rini per le bolle. Nel 439 vi fu tenuto un
concilio a'29 novembre da s. Ilario d' A r-
les coni 3 vescovi circa, per rimediare ai
disordini della chiesa d'Ambrun per l'è*
lezione d'Armentario, falla da una fazio-
ne di laici, onde fu dichiarata nulla, per-
chè era stato ordinato da due vescovi e
senza il consenso de' vescovi della provin-
cia, né il permesso del metropolitano 8.
Ilario. Il concilio vietò a'consagratori di
assistere ad altre ordinazioni ed a'conci-
liì provinciali. Quanto ad Armentario,
RIE 239
gli fu permesso di ricevere in governo
una parrocchia in qualità di corepiscopo,
senza ordinare alcun chierico , potendo
amministrare la confermazione e consa-
grare le vergini nella sua chiesa. Lo stes-
so concilio accordò a'preti il permesso di
dare per tutto la benedizione quando ne
fossero richiesti, tranne nelle chiese. Di
più stabili che si terrebbero 1 volte Tan-
no concilii provinciali, secondo la costi-
tuzione del concilio Niceno. Arduino t.
I. Nel 1285 vi fu tenuto un altro conci-
lio sopra la disciplina ecclesiastica. Mar-
tene, Thesaur, t. i.
RIFORMATI.Minoriosservanti,eMi.
nori riformali di s. Pietro d'Alcantara,
religiosi francescani. Vedi il voi. XXVF,
p. 149 e seg. Negli articoli degli ordini
religiosi si tratta delle altre riforme.
RIFORMATI o Pbjetesi Riformati.
Così sono appellati i Protestanti {F)^ i
Calvinisti (F.) e altri eretici, cioè quelli
che si ritirarono dall' unità della chiesa
cattolica, come l'Inghilterra (F.), colla
f)retesa di riformare i supposti abusi del-
a 8. romana chiesa, tanto intorno alla fe-
de, che alla disciplina.! sedicenti riforma-
ti chiamano riforma in generale, il cam-
biamento ch'essi capricciosamente han-
no fatto nel culto e ne'dommi della ve-
ra Religione [F.)^ per formare le loro in-
felici sette. Quindi i cattolici ben a ragio-
ne, parlando di siffatta riforma e di tali
riformati, sempre dicono la pretesa rifor*
ma^ i pretesi riformati ^ per quanto dif-
fusamente trattai ne'citdti articoli e in tut-
ti gli altri che vi hanno relazione. A tutti
gli autori riportati a detti articoli aggiun-
gerò : De la Foresi, Metodo d^istruzione
per condurre i pretesi riformati alla chic*
sa romana ^e confermare i cattolici nella
loro credenza^ Roma 1 825. G. A. Boosl,
Storia della riforma d Alemagna dal
i5i7 al 1845. Storia della riforma di
Francia daliSi'j fl/i844- Storia della
r forma d Inghilterra dal iSij ali 544»
Ausburgo 1846. Gaspare Oleviano oil
calvinismo in lYeveri neli S5q. Memo*
24o RIF
rie da servire alla storia della riforma
in Alemngna diJ, Marx prof, del semi-
narìo vescovile diTrevrri,^hìQOU2M 1 846.
RIFUGIO o ASILO. F. Immunità
ECCLESIASTICA.
RIGA, Riga, Cina vescovile e forte
con porto dt Russia y capoluogo del go-
verno di Livonia e di distretto, distante
1 1 5 leghe da Pietroburgo e 1 00 da Dan-
zicn, sulla destra sponda della Dwina del
sud, a 3 leghe dalla sua foce nel golfo di
Livonia. Residenza delle principali auto-
rità del governo, sede della corte iV ap-
pello e di parecchi altri tribunali, d*un
concistoro superiore e d'una soprinten-
denza luterana. Giace in terreno basso,
^bbioniccioearido, ed esposto alle inon-
dazioni del fiume ; le sue fortificazioni,
senza essere regolari, sono numerose e di
gran difesa , ed il forte di Diinamiinde,
situato alla foce della Dwina, la proteg*
geperfettamentedal lato del mare. I sob-
borghi posti alla sinistra del fiume, e che
aveano molto sofferto nel 1 8 1 2 , sono rial-
cati con magnificenza, essendo visi pratica-
te vie larghe, dritte e guarnite di belle
case e vasti magazzini ; e stabilite pure
grandi piazze e passeggi , per modo che
presentano un aspetto piti grato della stes-
sa città, che però ricevette anch'essa di-
versi abbellimenti. Gli ediOzi più nota-
bili sono il palazzo vastissimo della città,
quello degli stati, la borsa, l'arsenale,
l'antico castello de'gran maestri dell'or-
dine Teutonico ( F',) recentemente resta u-
rato, una delle cui torri è stata conver-
tita in ispecola, e davanti alla quale fu
nel 1814 eretto un monumento di gra-
nito sormontato dalla figura della Vitto-
ria in bronzo; le nuove carceri decorate
d'un peristilio e che contengono le corti
di giustizia; l'ospedaledi s. Giorgio, quello
della marineria, il nuovo ospizio costrut-
to nell'antico giardino impenale, la cat-
tedrale, la Caterinea, la chiesa di s. Pie-
tro colla sua bella torre, dall' alto della
quale godesi d'una vista superba sino so-
pra la rada; il teatro^ la dogana, il giar-
RIG
dine vecchio, nel quale si osserva un ol-
mo piantato da Pietro I e dove si è co-
struito un nuovo castello residenza del
governatore generale,. giardino eh' è di-
venuto il più bel passeggio della città. La
Dwina si valica in estate sopra un ponte
di battelli lungo 2600 piedi, che offre pu-
re un passeggio amenissimo, ma nell'in-
verno si leva e si cammina sul ghiaccio.
Contiene 6 chiese greche, 4 chiese lute-
rane, ed una chiesa cattolica fabbricata
da'caltolici che ora sono circa 5ooo, e fu
solennemente consagrata nel 1781 da
mg.^ Boneslawoskì coadiutore del vesco-
vo di Mohilow: i cattolici prima erano
assistiti da'francescani riformati. Vi è li-
ceo, collegio, scuola di reciproco insegna-
mento, gran scuola di donzelle, scuola di
veterinaria,società livornese d'utili là pub-
blica e d'economia rurale,due società let-
terarie, biblioteca di più di i5,ooo vo-
lumi con rari mss., gabinetto di storia
naturale. Vi si trovano alquante fabbri-
che, si costruiscono navigli costeggiatoli
e si fanno ancore : vasti sono gli arsenali
e ben provveduti. Prima dell' erezione
à* Odessa (f^.\ Riga veniva considerata
come la 2.* città di Russia sotto il rap-
porto del commercio; la navigazione con-
tinua sul fiume, il gran movimento che
scorgesi sulle. riviere, per le vie, non ale-
no che nelle botteghe e ne'magazzini an-
nunziano la grande attività del suq traf-
fico. La larghezza della Dwina eia distan-
ta da questa città al mare, rendono il
porto insieme spazioso e sicuro, ma non
è abbastanza profondo per accogliere na-
vi di grande portata ; dall'altro canto la
rada che Riga possiede nel golfo, si colma
spesso di sabbia e sforza le navi a recarsi
nella Bulder-Aa. I dintorni producono
un lino rinomato. Gli abitanti superano
i 56,ooo. Riga fu fondata, secondo la co-
mune opinione, nel 1 200 dal vescovo Al-
berto I, il quale in seguitola cinse di mu-
ra. Si crede che il suo nome derivi da
quello del fiumicello /{f^r/e/ oggi canale
di Rising, ch'era un tempo un braccio del-
RIO
la Dwina e del quale rimangono appena
alcune traccie. Ma della vera origine di
questa città, come del suo nome ne parlerò
trattando della sede vescovile. Nel i56[
Riga si sottopose al re di Polonia {F'.)
che le lasciò tutti i suoi privilegi. Gusta-
vo 11 Adolfo re di Svezia la conquistò nel
162 1, e Carlo XI ne fece la capitale del
ducato di Lwonìa [F',)^ le die ili.^grado
sotto Stocolma, e concesse a tutti i mem-
bri della magistratura, come ai loro suc-
cessori, titoli di nobiltà per tutto il tem-
po che rimanessero in carica. Molto eb-
be a soffrire la città da parecchi incendi!
e vari assedii, i memorabili tra'quali fu-
rono impresi dai russi nel 1 656, dai sas-
soni e dai polacchi nel 1 700; i russi se ne
impadronirono V 1 1 luglio 1 7 1 o e Thaa-
no poi conservata. Nel 1 768 la maggior
parte del sobborgo di Pietroburgo diven-
ne preda delle fiamme; nel 18 (a i fi^an-
cesi arsero la maggior parte de'suoì sob-
borghi. Nel 1 8 1 4 soffrì molto per l'im-
provviso scioglimento dei ghiacci della
Dwina. Questa città gode privilegi rag-
guardevoli, che Caterina li confermò.
A LivoNiA parlai della propagazione
del vangelo nel 1 1 58, per opera del i .^
vescovo di Livonia Mainardo , e succes-
sivamente la diffusione , e che Bertoldo
vescovo di Livonia principalmente fab-
bricò Riga, fortificata e aumentata dal
successore Alberto I, il quale chiamò in
suo aiuto i cavalieri Porta Spade [F»),
de' quali parlai anche a Prussia. Narra
Hurter, Storia d* Innocenzo 111, ti, p.
327,chenavigandocerti mercanti di Bre-
ma e altre città della Sassonia, per ten-
tare il traffico colle popolazioni pagane in
riva al Baltico , furono gettati alla foce
della Dwina, ove dopo alcune zuffe in cui
restarono vittoriosi, stabilirono con quel
popolo vantaggiose pratiche di commer-
cio. I rapaci abitatori di queste contrade
appena conosce vano i primi elementi del-
l'ordine sociale; veneravano o temevano
nelle fiere, ne' boschi, nelle fonti altret-
tanti simboli della divinità, e raccapriccia-
VOL. LVII.
RIG 341
vano pensando ai demoni! che misterio-
samente operavano sulla natura. Dopo
che i mercanti ebbero fondata una (at-
toria e fatto per più anni de' guadagni,
andò con loro il monaco Mainardo, vir-
tuoso e pio , ivi tratto dai desiderio di
annunziar agli abitanti V evangelo. Stu-
diata prima la favella, cominciò a predi-
car il nome di Gesti, edificò una cappel*
la in mezzo alle possessioni degli aleman-
ni, e si fece consagrar vescovo della co-
lonia dall'arcivescovo di Brema. In segui-
to fermò la sede nella chiesa di s. Maria
che fondò in mezzo una contrada riden*
te e tutta rigata di fonti, onde appunto
la chiamò Riga^ da cui l' onda corrobo-
rante della fede cristiana, della cultura
intellettuale e della scienza ecclesiastica
venne in breve ad irrigare e a feconda-
re tutto quel suolo; e Pietro di Riga po-
se in versi la Bibbia ne'primi5o anni dei
secoloXIlL.Uno de'compagni di Mainar-
do intanto, si conduceva attraverso mil-
le pericoli nell'Estonia per dedicarsi al-
la stessa missione, ove già Alessandro II [
a vea inviato banditori della fede. Con gra-
vi difficoltà Mai nardo conservò la suaco-
lonìa, e dopo la sua morte l'arcivesco-
vo di Brema mandò a occuparne il luo-
go il monaco di Locco Bertoldo. Ve-
dendo'questi che le affabili maniere e i
doni non riuscivano a guadagnare i pa-
gani, ricorse alla forza. I livonii aiuta-
ti dagli estoni! corsero all' armi contro i
luoghi soggetti alla nuova dottrina, dove
il vescovo trovossi in persona fra'suoi cri-
stiani, che animati d'insolito coraggio per
amor della nuova fede ne restarono vit-
toriosi, colla perdita però del vescovo, che
tratto dal focoso suo cavallo in mezzo ai
nemici fuggenti, do vette scontar colla vi-
ta l'ardore del suo zelo.Ciòavvenneonel
1 1 98, o nei 1201,0 nel 1 204, secondo i
diversi pareri degli storici. Gli successe Al-
berto I canonico di Brema, e mentre oc-
cupava la sede vescovile seppe Innocen-
zo III la morte del predecessore, onde sol-
lecitò soccorsi dalla Sassonia, Westfalia,
16
^4^ R I.G
ScbìaTonia e dai paesi di là dell' Elba a
vantaggio de'cristiani di Livonia. Essen*
dosi portato l'abbate di Lecco in mezzo
ai pagani per liberare alcuni de'suoi mo*
naci prigionieri, evìstoqual copiosa mes*
se preparatasi pel vangeloin quelle con*
trade^ supplicò il Papa d'inviarvi nuovi
operai, e Innocenzo III l'esaudì, eccitan-
do ancbe i vescovi di Polonia a dar loro
aiuto. Ma il vescovo Alberto I fece quel
che più importava per la consolidazione
e propagazione del cristianesimo in quel*
le regioni, col crearvi ne]i2o4 l'ordine
cavalleresco sulla foitna di quello de'tem-
plari, il quale ebbe per professione di di-
fendere e ampliare la chiesa in Livonia,
detto de'Por/tz Spade ^ da quelle vermiglie
di cui i cavalieri portavano ornato il loro
bianco mantello; indi pel loro manteni*
mento gli donò il 3.^ delle rendite di sua
chiesa. Altri fanno originare il principio
deli' ordine da Bertoldo. Innocenzo III
approvò l'operato da Alberto I, lo noti*
fico all'arcivescovo di Brema, e ad istan-
za d'Alberto die licenza agli ecclesiastici
crociati per Gerusalemme di condursi in
vece in Livonia a propagarvi il nome cri-
stiano, commutando anche il voto ai crO'
ciati laici. In breve tempo molti si aggre-
garono all'ordine e Vinno ne fu!.^ gran
maestro. Il paese andò debitore all'ordi-
ne dì sua tranquillità e del sicuro buon
esito della diffusionedel cristianesimo, non
che delle vittorie sui livonii, eslonii , li-
tuani e russi, e finalmente alla creazione
dell'ordine Teutonico, al quale i Porta
Spade si unirono 33 anni dopo. Di mano
in mano che i cavalieri penetravano nel
paese de'pagani, le conquiste che faceva-
no erano loro ; ma già nel 9.° anno di
loro origine ebbero controversie cogli ec-
clesiastici e coi laici intorno a certe pos-
sessioni, e anche col vescovo di Riga. In-
nocenzo 111 die all'ordine in protettori al-
cuni abbati di Svezia egli confermò il pos-
sesso de'beni. Inoltre avendo il Papa spe*
dito in Prussia il cistcrciense Cristiano ,
il vangelo vi gillò profonde radici , poi'
RIO
che da gran tempo il paese avea accol-
to missionari. Anche il p. Helyot, Storia
degli ordini militari^ parlando di quello
de' Porta Spade o di Livonia, riconosce
Alberto I per edificatore di Riga verso
il 1 202, e che le die questo nome per es*
sere una città irrigata da una nuova fe-
de, (filasi nova Fide Rigata. Vi è qualche
probabilità, che l' imperatore Filippo di
Svevìa accordasse al vescovo di Livonia
e principalmente di Riga , l' investitura
della Livonia. L' erezione di questo ve-
scovato si fa risalire ali 186, ed in arci-
vescovato neli2i5 per autorità d'Inno-
cenzo III, e fu metropolitano di tutta la
Livonia, della Prussia ove i cavalieri fon-
darono 4 vescovati, e della Cnriandia; ma
il vescovo propriamente di Livonia fu
suffraganeo di Gnesna. Commanville an-
ticipa di molto il principio del vescova-
to , il che non è verosimile : gli dà per
suffragane i vescovi, di Derpt nella Li-
vonia, eretto pei danesi neli2i9; di Re-
vel capitale dell'Estonia provincia di Li-
vonia, eretto neli23o sotto la metropo-
li di Lunden della Danimarca, e nel 1874
lo divenne di Riga; diHapsel in Estonia,
eretto ne' primi del secolo XIII^ con re-
sidenza ad Arnsberg; di Venda, eretto da
Sisto V nel X 586, ma a quel tempo Riga
non era più cattolica; di Curlandia in Po-
lonia , eretto pei danesi nel 12 19 sotto
Lunden, finché i cavalieri di Livonia im-
padronendosi del ducato lo assoggettaro-
no a Riga , ed il vescovo faceva la resi-
denza a Pilten. Quando i cavalieri nel
1228 tolsero a Valdemaro II re di Dani-
marca le conquiste fatte, assoggettarono
le sedi vescovili nominate alla metropo-
litana di Riga, la quale secondo il p.Helyot
ebbe questa dignitàda Innocenzo IV nel
1254 9 ed Alberto II 5.° vescovo di Li-
vonia ne fu il i.° arcivescovo.
L'arcivescovo di Riga divenne poten-
tissimo, imperocché oltre il dominio tem-
porale della città, esercitava pieno diritto
di giurisdizione sopra 20 fortezze o ca«
stelli e fu la l'ovina dell'ordine^ per le guer-
RIO
re che raccontai a Prussia (ra T arcive-
scovo e i teutonici, con sanguinose e fre-
quenti battaglie. Dal 1292 ali34i ebbe-
ro luogo ostinati combattimenti tra' ca-
valieri ed i vescovi di Livonia. Bruno
maestro provinciale avendo voluto assi-
stere all'elezione dell' arcivescovo di Ri-
ga, ed essendosi opposti il clero e i citta-
dini, vennero alle mani e si accese lunga
guerra in Livonia. Da una bolla di Cle*
mente V deli3o5 si rileva che l'arcive-
scovo avea i4 vescovati snfTraganei e che
i cavalieri ne aveano desolali 7 , intru»
dendosi negli altri. Urbano V s'interpose
nelle differenze tra 1' arcivescovo Blom*
l>erga, e i teutonici i quali esigevano che
coi canonici vestisse l'abito dell'ordine ;
Bonifacio IX contentò i cavalieri, dichia-
rando che l'arcivescovo di Riga dipen-
desse dall'ordine; e perchè non si lagnas-
se l'arcivescovo, lo dichiarò patriarca di
Lituania (^.), ma gli altri vescovi non
vollero sottoporsi a tal decisione , indi
nuove guerre. L'arcivescovo Enrico nel
1429 tenne in Riga un concilio, il quale
mandò a Martino V 1 6 preti deputati per
esporre le doglianze contro quelli cheop-
primevano la chiesa di Riga; però essen-
do stati arrestati ne'confìni della Livonia
dal governatore del forte di Goswin, ca-
valiere teutonico, questo barbaramente
co' piedi e mani legate li fece gettar nel
torrente gelato, dove que'miseri innocen*
ti restarono affogati. In questo concilio
non si trattò di cose riguardanti la disci-
plina della Chiesa. Concili or, 1. 1 2. Nuova
controversia insoi^se nel 1 453 per l'abito
dell'ordine, di cui i vescovi volevano spo-
gliarsi, ch'ebbe sollecito termine, perchè
l'arcivescovo di Riga Silvestro si obbligò
co'canonici, a nome pure de'successori, di
non lasciar mai l'abito teutonico.Nel 1 487
i cittadini di Riga riportarono vittoria sui
cavalieri. Il gran maestro Alberto diBran-
deburgo abbracciò gli errori di Lutero, e
s'impadronì di quanto l'ordine possedeva
in Prussia. Fatalmente, anche l' arcive-
scovo di Riga Gughelmo di Brandebur-
RIG 243
go nel 1^22 si dichiarò apertamente pel
luteranismo, ed il popolo mosso dall' e-
sempio del metropolitano, uè abbracciò
colla pretesa riformaglierrori.il perchè
neh 557 il gran maestro Furstembei^
assediò nella fortezza di Kockenhausen,
Guglielmo col suo coadiutore Cristoforo
-di Mecklenburgoeli fece prigionieri, fin-
ché per mediazione del re di Polonia e
dell'imperatore Ferdinando I furono li-
berati. Così terminò l'illustre sede arci-
vescovile di Riga.
RIGANTI Nicola, Cardinale. Nacque
in Molfetta a' 25 marzo I744> ^ reca-
tosi in Roma spiegò ben presto il suo ra-
ro talento nella rapida carriera degli stu-
di e specialmente di gius pubblico. I do-
mestici esempi de'suoi zii Giambattista e
Nicola Riganti, autore il i.^òeiConìnienta*
rii sulle regole della Cancelleria^ ò\c\i\\xi
tanti luoghi parlai, come a Dataria\V,)y
e ragguardevole il secondo per le lumi-
nose cariche egregiamente sostenute, fu-
rono stimoli vivissimi a lui per emular-
ne la gloria. Non deve quindi recar me-
raviglia, se decorato da Clemente XIII
della qualifica d' abbrevìatore di parco
maggiore, corrispose poi felicemente al •
l'espettazione della curia romana. Istrui-
to profondamente in ogni ramo di giu-
risprudenza, pronto a penetrare le con-
troversie e ad applicare ai fatti le analo-
ghe teorie a se di continuo presenti; cau-
to in pronunziare solo dopo maturo esa-
me^ chiaro nelle idee, felice nell' esporle
con ampio sapere e non ordinario senno,
meritò la comune ammirazione non solo
de'romani, ma eziandio delle straniere na-
zioni, perlocchè godevano i forastìerì più
rispettabili in udirlo allorché pronunzia-
va giudizi dal tribunale. Impiegato pri-
ma nella cougregazionedel buongoverno
col titolo di ponènte, passò poi alla carica
d' uditore del tribunale dell' A. C. Met,
quindi all'uditoratodi segnatui*a,epoi alla
luogotenenza del medesimo tribunale del-
l' A. C, e fu in queste magistrature ch'e-
gli si acquistò la riputazione di giudice
244 Ri^
sommo, la quale ne conserverà chìarìssì-
mo il nome. Ud magistrato di tanta va-
glia risentì gli effetti delle pubbliche vi*
cende, le quali negli ultimi tempi di Pio
Vie ne'primi di Pio VII più volte deso*
larono Roma; pure immobile nel sentie-
1*0 della virtù^meritò che in Venezia ap«
pena eletto Pio VII se neser visse qual pro-
uditore, indi lo scelse a segretario della
congregazione di consulta, nella quale,
benché fosse allora involta in maggiori
cure e perciò responsabilità maggiore im«
ponesse, i talenti del prelato meraviglio*
samente si distinsero a froute delle mol-
te difficoltà. Leggo in Artaud, Storia di
Pio F^ITy t. 2, p. 1 1 3, che in conseguenza
del decreto di Napoleone invasore dello
stato pontificio de'2 aprile 1 8o8,coI quale
richiamava tutti i sudditi italiani dimo-
, ranti in Roma, ovvero per aver il prelato
spedito Tenciciica di Pio VI la' vescovi del-
le Provincie dall'imperatore occupa te, ed
anche per a ver adoperato espressioni po-
co circospette nelle sue corrispondenze
officiali co'governi delle provincie e città
dipendenti dalla consulta, alcuni offiziali
francesi a' 16 giugno a questo prelato di-
stinto per ingegno e dottrina, suggella-
rono tutte le sue carte, lo posero sotto la
sorveglianza d'una guardia e gi' intima-
rono l'ordine di abbandonar Roma in 24
ore e di recarsi in Ancona, ove conosce-
rebbe l'ulteriore sua sorte e quanto for-
mava il soggetto della sua colpa. Nel se-
guente annoancheaPio VII tocco la de-
portazione, dalla quale tornato trionfante
ijeli8i49 ed il pi*ela(o restituitosi in Ro-
ma, lo reintegrò nella carica , indi creò
cardinale prete e vescovo d'Ancona eli-
mana l'S marzoi8i6, conferendogli per
titolo la chiesa de' ss. Marcellino e Pie-
tro, e le congregazioni de' vescovi e rego-
lari, concilio, esame de' vescovi in s. ca-
noni, e consulta. Apprendo da Leoni, Ari'
cona illustrata^ p. 435, che il cardinale
vi giunse a' 1 3 settembre e malato ne par-
tì a'3o aprile 1819, morendo poi in Ro-
ma, e lasciando alcuni doni alla cattedra-
RIG
le e collegiata, citando la Cronolassi dti
vescovi della chiesa Anconitana^ pubbli-
cata neh 8 18. In fatti rilevo dai 0.170 e
73 de' Diari di Roma 1822, che il car-
dinale mentre faceva risentire ad Anco-
na gli effetti delle sue cure pastorali, do-
po 3o mesi un fiero colpo d' apoplesia
l'obbligò ad assentarsene onde cercare in
Roma un clima più mite, esercitando le
funzioni episcopali in A ncona mg.' Fi*an-
Cesco de'conti Pichi anconitano e vesco-
vo di Lidda in partibus, ora arcivescovo
d'EIiopoli. Rimasto senza offesa nelle po-
tenze intellettuali^ benché sentisse il pe-
sodelle tribolazioni con cui piacque al cie-
lo provarlo, fu sempre rassegnato al di-
vino volere e non lasciò d'agire pel go-
verno della diocesi colla prudenza e dot-
trina di cui era fornito. Logoro da abi-
tuali indisposizioni, dovè finalmente soc-
combere alla forza di lunga malattia de-
generata in febbre gastrica nervosa eoa
convulsioni epilettiche. Egli vide avvici-
narsi il momento estremo co'senti menti
ispirati dalla religione nell'uomo giusto,
e munito de' sagramenti diede placida-
mente fine a'suoi giorni il 3 1 agosto 1822
d'anni 78. I funerali furono celebrati ia
s. Maria sopra Mi nerva,do ve esiste la tona-
ba de'suoi parenti, ed tvifusepolto. Pie-
tà singolare, spirito di religione, attacca-
mento filiale alla 8. Sede, corredo perfetto
delle sociali virtù, cuore generoso e sofie-
rente,integrità,disinteresse, felice ingegno
coltivatore di scienze, furono i caratteri
del compianto amplissimo porporato.
RIGAUD DE ROUSSl Ecmio, Car^
dinaie* Francese nato in Bessiaco diocesi
diLimoges,benedetlinoeabbatedi s. Dio-
nisio di Parigi, ad istanza dì re Giovanni
I, Papa Clemente VI a'17 o 18 dicembre
i35o in Avignone lo creò cardinale pre-
te di s. Prassede, e perché il re non si po-
teva privar di lui per ultimare alcuni af-
fari gravissimi, con singoiar distinzione
gli mandò il cappello cardinalizio , che
ricevè in Parigi alla presenza del monar-
ca, dai vescovi di Laon, Chartres e Pa*
RIO
lìgi. Ivi dopo 33 mesi la morte gl'invo-
lo dignità e vita nel 1 353. Alia sua me-
moria fu eretto un avello in s. Dionisio,
a cui avea vivendo compartito segnalati
beneGzì, e tra le altre cose fabbricato una
infermeria. per uso dei monaci infermi ,
alla quale assegnò rendite sufficienti.
RIGAULT Odo5E oRbginaldo, Car*
dinale.Franoese religioso de'minori^chia*
ro egualmente per nobiltà di prosapia,
che per illibatezza di costumi, per cui fu
denominato specchio e norma de'prela*
ti, e meritò gli encomidi s. Antonino nel«
la sua storia , siccome oratore di gran
pregio e fama. G)ntrosua volontà fu pro-
mosso nel 1 24? o I ^4^ ^A Innocenzo IV
air arcivescovato di Rouen e consagrato
dal Papa nel giorno di Pasqua , poscia
nel dicembre i!i52 01 253 Io creò caixli-
naie prete. Si condusse con s. Luigi IX
alla conquista di Terrasanta, avendo pri-
ma celebralo un concilio provinciale in
Pontaudemer per accomodar le cose di
sua chiesa, in cui frequentemente predi-
cava il vangelo al popolo. Morto il re ,
che lo nominò tra' suoi esecutori testa-
mentari, si recò in Lione e intervenne al
2." concilio generale, ivi morendo nel
1275 o 1276 con credito di santa vita:
venne trasportato il suo cadavere e sepol-
to nella metropolitana, ove fu eretto un
magnifico avello, che poi fu manomesso
e rovinato dal furore e rabbia degli e-
retici ugonotti. Scrisse alcune opere mo-
rali , ascetiche e scolastiche che non vi-
dero la luce della stampa , alcune delle
quali mss. si collocarono nella biblioteca
di 8. Francesco d'Asisi, altre nell'archivio
della metropolitana di Rouen. Non man-
cano scrittori che Io escludono dal car-
dinalato, e in fatti ne'4 conclavi celebra-
ti a suo tempo non si trova descritto il
suo nome fra gli elettori.
RIGOBERTO (s.), vescovo di Reims,
detto da alcuni Roberto. Abbandonò il
mondo per ritii*arsi nel monastero di Or-
bais, di cui fu poscia abbate. Tratto dipoi
dalla sua solitudine, gli venne affidato il
R 1 M 245
governo della chiesa di Reims, ed adem-
pì ai doveri della sua dignità con zelo a-
postolioo. Ingiustamente bandito sotto
Carlo Martello, soffi*! con pazienza que-
sta sciagura; ma Pipino, mosso dal con-
cetto di sua santità, si adopei*ò per &r-
lo richiamare. Tornato dall' esilio trovò
la sua sedè occupata daMilone, eperciò
rilirossi nel villaggio di Gemicourt, 4 o
5 leghe distante da Reims, ove menò u-
na vita affiitto oscura negli esercizi del-
l'orazione e della penitenza, finché mo-
rì verso r anno 740 , e fu sepolto nella
chiesa -di s. Pietro, ch'egli avea fatto co-
là fabbricare. Non tai*dò Iddio a glorifi-
care il suo servo con vari miracoli che
furono operati alla sua tomba. Si fecero
varie traslazioni delle sue reliquie , una
poi'zione delle quali si serba nella chiesa
di s. Dionigi di Reims, ed un'altra nella
cattedrale di Parigi. Ora il suo corpo è
nella metropolitana di Reims. La sua fe«
sta si celebra a'4 di gennaio.
RIMINALDI Giammaria, Cardinale,
Patrizio ferrarese, nacque a' 4 ottobre
1 7 1 8 in Ferrara, portatosi in Roma fio-
rì nelle facoltà legali, fu ammesso in pre-
latura e fatto uditore del camerlengato ;
indi Clemente XIII nel 1760 lo nominò
uditore di rota, ed il cardinal Caraccio-
lo vicario della sua diaconia di s. Eusta-
chio. Fu benemerito primicerio dell'ar-
ciconfraternita e Ospedale di s. Rocco
(^.JL; come tale curò che nel cortile del
sodalizio coperto di tenda, per la festa
del santo si facesse decorasamen te una mo-
stra di quadri scelti e di rinomati auto-
ri antichi e moderni, disposti simmetri-
camente con belli arazzi; esposizioni ce-
lebrate da Cancellieri nel Mercato^ p.
65, ove riporta erudite notizie delRimi-
naldi e delle cose da lui operate pel pio
luogo, riproducendo le iscrizioni marmo-
ree perciò erette. Divenuto decano della
rota , finalmente Pio VI ne premiò la
lunga carrièra prelatizia a' i4 febbraio
1 785, creandolo cardinale pt*etedi s. Ma*
ria del Popolo, donde poi passò al titolo
a46 R 1 M
di s. SiWestro in Capile e ne prese pri-
vato possesso a'7 febbi'aioi787, per cui
Carletli nelle Memorie di s, Silvestro in
Capite, p.a i caparla di questo ottimo car •
dicale. Essendo presidente della ponti-
ficia università di Ferrara^ quando fu e*
levato alla porpora, in quella città fu re -
dtata da d. Girolamo Baruffaldi vice-bi-
bliotecario, Orazione per la promozione
alla s, porpora del card, ec. , Ferrara
1 785. Di questa ne trovo un sunto a p.
1 3 1 deW Effemeridi letterarie di Roma
del 1785. Promozione che G io. Cristofo-
ro Amaduzzi solennizzò con VElogium J.
M, Riminaldi, Ferrariae 1785. Inoltre
Pia VI lo annoverò alle congregazioni del
s. uffizio, concilio, esame de' vescovi e con*
cistoriale, dichiarandolo prefetto di quel-
la della disciplina regolare, non che pro-
tettore e visitatore apostolico dell'arci-
confrateraita di s. Rocco, sua chiesa e o-
spedale delle partorienti ; di quella del
ss. Sagramentodi Loreto; e di quelle di
s. Carlo, di s. Nicola, di s. Leonardo per la
redenzione degli schiavi di Ferrara, come
riportano le Notizie di Roma del 1789
a p. 60. Leggo nel n.^ 1 544 ^^1 Diario
di Roma del 1789, che il cardinale trat-
tenendosi nel convento di s. Maria degli
Angeli presso Asisi per luogo di villeg-
giatura, fu sorpreso da forte catarro de-
rivato da tocco apopletico, per cui volle
essere trasportato in Perugia nella casa
de'signori della Missione, ove aumentan-
dosi il male poco dopo a' 1 2 ottobre 1 7 89
passò all'altra vita, in età di 7 1 anni com-
piti. Fu esposto nella cattedrale, e dopo
i funerali vi restò tumulato in luogo di
deposito. L'università di Ferrara, rega-
lata da lui della domestica libreria, ne
celebrò la memoria con funerale ed elo-
gio funebre; laonde abbiamo: Zecchini e
Amati , Memorie del funerale celebrato.
aWEm, Riminaldi dalla pont. universi-
tà di Ferrara,Wi 1790. Annibale Ma-
riotti, Orazione funebre del card. G,M,
Riminaldi, Perugia 1790. Antonio Vila,
/. M, Riminaldi cardinalis laudatio y
RIM
FeiTariaei790. Dì questo libro trattasi
con encomio a p.i33 òeW Effemeridi zx-
tate del 1790. Con tanti elogi facile è il
comprendere di quali virtù e di quale
dottrina fosse doviziosamente fornito il
cardinale, e quanto amara ne riuscì la
perdita. Si hanno: Belisarii Cristaldi (poi
ottimo cardinale )> Decisiones s, Rotae
Rom.j coram R. P. D, Jo. M, Riminaldo
cjusdem s, R, Dee, nunc S. R. E, Card.^
Romae 1789, t. 8.
RIMINI o RIMINO (drimineny Gì-
tà con residenza vescovile celebre, bella
e antica dello stato pontifìcio, nella le*
gazione apostolica di Romagna (^.), go-
verno distretluale, distante 34 poste da
Roma, 4 ^^ Ravenna e io miglia dalla
repubblica di s. Marino (^.). Giace in
amena e fertile pianura, in dolce e salu-
bre clima, presso il mare Adriatico, nel
quale ha foce il Marecchia (/ériminum),
presso la cui destra sponda sorge, bagnan*
done il lato orientale, il torrente che di-
scende dalle rocche sanmarinesi. Fu già
meta dell'antica via Flaminia, e vi si en<
tra per la Porta s. Giuliano sopra un su»
perbo ponte costruito del p'rù bel mar-
mo bianco sotto gì' imperatori Augusto
che lo cominciò, e Tiberioche lo condus-
se a termine , nel luogo appunto io cui
si riuniscono le due rinomatissime vie
consolari, la Flaminia che vi conduce da
Roma, e l'Emilia che ivi comincia e si
estende sino a Piacenza. Questo ponte e-
dificato con realmagnidcenza, lungo 220
piedi, è diviso in 5 larghissime arcate, le
quali in se congiungono l'eleganza con
la solidità, poiché conta ormai xix secoli,
scorrendovi sotto l'impetuoso fiume Ma-
recchia : vero é però, che nel 552 essen-
do stato rotto dai goti per impedire il
passaggio di Narsete, venne restaurato,
e rifatto più volte, come nel 1680 che
venne ridotto al modo che si vede. Si ha
d'Agostino Martinelli, Notizie e delinca-
zione del ponte di Ottavio augusto in
Rimini, Roma 1676. La lunga via che
traversa questa gran città, si denomina il
RIM
G)rsoche conduce a Porta Romana cal-
la vìa per Pesaro, abbellita da un ester-
no alberato pubblico passeggio» e si pas-
sa sotto lo splendido arco trionfale eret-
to nel bel secolo delle arti in onore di
Ottaviano Augusto, in benemerenza del-
la restaurazione da lui fatta delle più ce-
lebri vie d'Italia. Sembra che Tarco nel-
la sua erezione avesse altri due fornici ,
come principalmente rilevasi dalle me-
daglie, ecome asseriscono alcuni scrittori.
]Vel)assi tempi vi furono unite le mura,
ollorchè si eressero le due torri rotonde
e già ottagone. La pietra di questo arco
è calcare apennìna,detta pietra di mon-
te. Il lavoro nelle sue particolarità è di
quel purissimo stile greco-romano che
non lascia a desiderar meglio, avendolo
descritto con figure Tommaso Teman-
za, DeW antichità di Rimino , Venezia
1 74i- Inoltre abbiamo di d. Luigi Nar-
di, Descrizione antiquario •architettonL"
ca con rami dell* Arco di Augusto yPon*
te di Tiberio, e Tempio Malatestiano in
RiminOf ivi i823 , stamperia Mai'soner
e Grandi. Neil' ultima Illustrazione lo-
data del prof. Brighenti^ od in quella pur
bella del eh. Mancini dell' Arco di Au-
gusto in Fano, si legge un' eruditissima
lettera al march. AnCaldi intorno ad es-
so, del celebre Bartolomeo Borghesi. Ne
fece ancora l'illustrazione il valente ar-
chitettoRossini, nella sua opera degli Ar*
chi Le strade della città sono ampie e
decorate di sontuosi edifizi , e di molti
palazzi anche di marmo d' Istria, molti
de'quali decorati di pitture descritte da
Marcheselli; fra essisi osserva quello dei
conti Gambalunga, ove l'insigne e copio-
sa biblioteca omonima è aperta a pub-
blico comodo, ed è uno de'più belli del-
la città. Non solo vi si ammirano coH'e-
leganza dell'edifizio in bell'ordine i scel-
ti libri, insieme a gran parte de'preziosi
mss. del cardinal Garampi (F.) , ma e-
ziandio la collezione d' iscrizioni e altri
oggetti di antichità. Ne fu a'nostri tem-
pi bibliotacario il benemerito delle lette-
RIM 247
re, il dottissimo can. d. Luigi Nardi di
Savignano , autore di molte opere pre-
giatissime, e di cui leggo un giusto elo-
gio nel n.^ 56 del Diario di Roma 1887,
ueli' annunziarne la grave perdita. La
piazza del Mercato di forma ovale, con-
tiene quasi nel suo mezzo un pezzo d'in-
forme colonna, che un'iscrizione accenna
di aver servito di tribuna a Giulio Ce-
sare per arringarci suoi commilitoni, do-
po il memorando passaggio del Rubico-
ne. Ma se quello non fu propriamente il
seggestum su cui ascese il dittatore roma-
no, si deve avere in molto conto e qual
testimonio della fiimosa perorazione in
Rimini veramente accaduta , donde de-
rivarono le conseguenze de'grandi avve-
nimenti che. la storia registrò. Nella stes-
sa piazza sì eleva un tempietto ottagono
sotto i' invocazione di s. Antonio di Pa-
dova, in memoria de'suoi miracoli ope-
rati in Rimini, cioè della predica in cui
operò il miracolo di chiamare i pesci del
mare a udirlo, per cui sollevarono il ca-
po dalle acque, prodigio che scosse i ri-
minesi ad ascoltarlo con riverenza, per-
chè gli eretici aveano deviato il popolp
di assistere alle sue prediche. Inoltre s.
Antonio per virlù divina operò sulla piaz-
za di Ri mini altro stupendo prodigio,
quando per confondere gli eretici che ne-
gavano la presenza reale di Gesù Cristo
nell'Eucaristia, roflfrì per cibo tra la bia-
da ad un'affamata giumenta, la quale in
vece di mangiare si prostrò genuflessa ad
adorarla, per lo che si convertirono non
pocni alla credenza del domma. Ricor-
d^ questo miracolo l' iscrizione che il car-
dinal Rospigliosi pose nella chiesa, seb-
bene non manchino scrittori che lo di-
cono accaduto in Tolosa : i riminesi ve-
nerano s. Antonio tra'loro protettori. Nel-
la piazza maggiore adorna del magnifi-
co palazzo municipale, guarnito di gran-
diosi portici e costruito a spese de'citta-
dini nel secoloXVI, avvi pure quello del
governatore, e si vede su piedistallo di
marmo la statua in bronzo di Paolo V,
248 RIM
assai benefico co' riminesi che gliela in-
nalzaroDo , opera lodala di Nicolò Cor-
dierì dello Franciosino. Accresce la de-
coraKJooe di questa piazza, la vaghissima
fontana eretta nel pontificalo di Paolo
III. Il locale della pescheria ove si vende
il pesce è rinomalo per la sua comodità,
e per l'abbondanza delle acque, che scor-
rendo agevolmente sulle larghe pietre,
ne mantiene la nettezza. 11 castello o for-
tezza fabbricata da Sigismondo I Pan-
dolfo Malatesta coi disegni del riminese
Roberto Vallurio, va continuamente ro<
vinando per mancanza di riparazioni. Le
mura della città rimangono pero intat*
te, benché di anteriore costruzione , es-
sendo il circuito della medesima circa 3
miglia. Vi è un teatro moderno eretto
nel 1843, ed un circo pel giuoco del pal-
lone. Dentro il recinto de' cappuccini si
vedono gli avanzi dellantico anGteali*o,
opera laterizia deVomanì.
La cattedrale è sotto il titolo di s. Co*
lomba vergine e martire di Sens, la qua-
le pali sotto Yaleriano : divenuta diru-
ta per Tingiuria de'tempi, le fu sostitui-
ta la chiesa dì s. Francesco, ove si fa Tuf-
fizialura. Essendo insorte questioni se la
cattedrale fosse sotto l'invocazione di s.
Colomba italiana o d'Aquileia, e se per
s. Colomba debbasi intendere lo Spirito
santo, a motivo d'una donazione falla nel
1 o 1 5 dal vescovo Uberto ai canonici, m
onore dello Spirilo santo che appellasi
s. Colomba^ e ad onore de\ss, fratelli Fa'
condinOy GioveniinOj Pellegrino e FelU
cita martiri riminesi, l'encomiato cau.^
Nardi , sostenendo essere s. Colomba di
Sens la patrona della cattedrale ( come
della città e diocesi ), dice che pub inter-
pretarsi la carta d'Uberto : ad honorem
Spiritus sancti ets. Columbae^ come me-
glio si può vedere nel suo opuscolo : Z)i-
fesa del titolo della chiesa cattedrale di
/?tm/7zi, Rimino 1808, nella stamperia di
Giacomo Marsoner. Maestoso era il prò-
spello esterno dell'antica chiesa caltedra-
le^ e si vuole che rimpiazzasse T antico
RIM
tempio di Castore e Poli uce, nondimeno
sembra più probabile che il tempio fos-
se di Ercole: la chiesa era inoltre gran-
de e magnifica nell'interno. Avendo Si-
gismondo 1 eretto il nominato grandioso
castello per miglior sicurezza della sua si-
gnoria sulla città, e vedendo ch'era troppo
dominato dalla cattedrale, dal suo cam-
panile e canonica, risolvette di demolire
tutte queste fabbriche e ricostruirle io
altro luogo. Però fece soltanto atterrare
il campanile e la canonica , e prima di
demolire la cattedrale nel 1 44^ incomin-
ciò la grandiosa chiesa di s. Francesco e
per memoria fece coniar medaglie. Non
avendo efifeltuato l'altro suo proponimen-
to, restò la cattedrale, che venne poi ro-
vinata dal terribile terremoto del ^^4 te-
nendo il 25dicembre 1 786,recando altre-
sì gravissimi danni ad altri edifizi e chie-
se della città, come pure a vari paesi vi-
cini, onde l'arciprete e rettore del semi-
nario d. Giuseppe Vannuccì pubblicò ,
Discorso istorico filosofico sopra il ire*
muoto ec., ediz. 3.' Cesena 1787. Il ve-
scovo Ferrettifu quindi obbligalo a tra-
sportare Tuffiziatura del capitolo , nella
bella chiesa perticata dis. Francesco Sa*
veriogià de'gesuiti, edificata con disegno
del rinomato architetto riminese Gio.
Francesco Bonamici verso ili724> e di-
poi venne fabbricato il contiguo e magni*
fico collegio con disegno del celebre Tor-
reggiane Mentre il zelante vescovo avea
restaurata e abbellita la cattedrale di s.
Colomba con molta spesa, e vi aveva re-
stituito il culto e il capitolo, avendo i
repubblicani francesi occupato lo stato
pontificio, soppressero il capitolo e gl'in-
limarono prima di recarsi nella chiesa di
s. Gio. Evangelista e comunemente det-
ta dagli agostiniani di s. Agostino; ivi re-
starono tuttavia i canonici senza insegne,
ad eseguirvi 1' ufHziatura del coro. Nel
1809 si efifeltuò il decreto di Napoleone
pel trasferimento della cattedrale e suo
capitolo, da s. Agostino al magnifico tem«
pio di s. Francesco, riputato uno de'piu
RIM
celebri d* Italia , come affermano molti
scrittori e specialmente Vasari nella de-
scrizione del suo modello, bellissima fac*
data e altre esterne parti. Nondimeno
Tarcbitetto fu il famoso Leon Battista Al«
berti, il cui disegno partecipa del così det-
to stile gotico, essendo redifìzio riputato
di segnalata memoria per le arti , come
uno di quelli cbe additò il principio del
ri nascimento della buona architettura do-
pò la barbarica sua decadenza. Lo com<f
pongono ottimi marmi d'Istria, gran par-
te de' quali si crede tratta dagli avanzi
dell'antico e sontuoso Porto , fabbricato
dai romani tra'fiumi Àusa e Marecchia.
Grande e considerabile è la quantità di
marmi e statue cbe sono in questa cbie-
sa, ed i magnifici mausolei della priuci*
pesca famiglia Malatesta che dominò per
tanto tempo in Rimini e n^lle circonvi-
cine città, terre e castella. Le statue ed
j bassorilievi furono scolpili dai più va-
lenti artisti di que'tempi, tranne alcuni
più antichi bassorilievi esistenti nella cap*
pella di s. Anna, trasportati d'altre parli
da Sigismondo L Vi sono di versi pregiati
quadri, e nell'altare maggiore il s. Fran«
Cesco che riceve le stimmate e di Vasa-
ri; un altare è dedicato al b. Roberto .Ma-
latesta. Ivi è il fonte battesimale, ed è
l'unico della città, amministrando la cu-
ra d'anime pel capitolo, uno de'suoi ca-
nonici. Di questo tempio, oltre il Nardi,
trattarono diversi scrittori. Maico Batta-
glia, Lettera in cui si dà ragguaglio del-
l' apertura degli avelliy che sono dentro
e fuori la chiesa di s. Francesco di Ri'
mino, spettanti alla famiglia de Mala*
testigìà padroni della città, Milano 1 7^7.
Contiene anche un saggio di que' tanti
valentuomini che fiorirono in Rimini ul
tempo de'Malatesti. Francese' A ntonioRi-
chini. Relazione d'apertura d* avelli di
uomini per lo più insignito per dottrina
o per dignità, esistenti in s, Francesco,
presso il 1. 18, p. 262 delle Nov, letter,
di Firenze, Giambattista Costa, // tem*
pio di s. Francesco di Rimino, o sia de*
R I M 24g
scrizione delle cose più notabili in esso
contenute j Lucca 1 765. Giuseppe GarufH
Malatesta, Lettera apologetica in difesa
del tempio dis. Francesco eretto in Ri»
mini da Sigismondo Pandoifo Malate»
sta, nel t. 3o del Giani, defletter, dita*
Ha, 11 capitolo si compone delle dignità
del preposto ch'è ia i .'^ e de ll'aixi diacono,
dii4 canonici comprese le prebende del
teologo e del penitenziere, di 6 mansio-
nari cantot'i chiamali di massa, di 8 be-
neficiati e cappellani , e di altri preti e
chierici addetti al divino servizio. Dalle
eruditissime opere di Nardi si rileva, che
ne' primi secoli come gli altri il capitolo
fu chiamalo Presbiterio (F^,) epreshyteri
i canonici , i quali come quelli di varie
cattedrali andarono fregiati del titolo di
cardinali, essendovi nell'archivio capito-
lare i diplomi del 1070, 1078, io8r,
iò85 ed altri che di ciò fanno testimo-
nianza. U dottissimo riminese cardinal
Garampi nelle Memorie ecclesiastiche ap-
partenenti air istoria e al culto della b.
Chiara di Rimini,B.omai^55,veva mi-
niera di erudizione, anche di tutto quan-
to riguarda Rimini , così del capitolo e
canonici ci dà preziose notizie, come del-
la vita canonica e comune de' medesimi
in claustro, ove ogni canonico a vea asse-
gnate le proprie stanze. Dice ancora dei-
l'anlichissimo privilegio goduto dal capi-
tolo della cattedrale , fino alla metà del
secolo XVI, di poter liberare un reo dal-
le carceri e dalla pena della galera, nel-
le solennità di N. S. Gesù Cristo, e nelle
feste di s. Leonardo a'6 novembre, e di
s. Colomba, i quali rei inter missarum so-
lemnia facevano oblazioni al capitolo.
Clemente XIF{y.) Ganganellicomechè
nato a s. Arcangelo, ove fu per memo-
ria eretto un arco marmoreo di assai e-
legante architettura, che forma parte del-
la diocesi é del governo distrettuale di
Rimini, in segno di particolare benevo-
lenza, con breve de' 1 6 ottobre 1 77 1 con-
cesse al capitolo de'canonici di s. Colom-
ba Taso della mitra nelle soleuailù e nei
a5o R I M
pontificali vescovili; ed inoltre l'uso del*
Ja stessa mitra» della croce, de'sandali,dei
guanti, dell'anello, della dalmatica, del*
la tonicella, del ialdislorio, della palma*
toria e di tutte le altre insegne prelati-
zie in alcune determinate solennità al ca-
nonico celebrante. 11 vescovo fece la so-
lenne benedizione e impose ai canonici
le mitre con gran pompa a*3o dicembre
vigilia di s. Colomba, in pi*esenza del ma-
gistrato e di numeroso popolo, onde in Ce-
sena nel 1 772 si stampò: ReLizione della
benedizione delle mitre fatta dal capitolo
della cattedrale di Rimini, Dipoi Pio VII
con breve de'5 dicembre 1 8 1 7 concesse
ai canonici il privilegio dell'uso della cro-
ce pettorale, edel fiocco paonazzo al cap-
pello. Altre chiese degne di speciale men-
zione, sono quelle di s. Giuliano già dei
cassi nesi, uno de 'protettori della città e
ildicuimartirioédìpinlo nell'altar mag-
giore da iPaolo Veronese; e di s. Chiara
delle francescane per quanto dirò. Oltre
]a cattedrale e compresi i Borghi della cit-
tà, Rimini contiene altre io chiese par*
l'occhiali. Si può vedere. Pitture delle chic-
se di Rimino descritte da Carlo France-
sco Marchesellipatrizio della medesima
ciuày ivi 1754 nella stamperia Alberti-
ì\\^xì2i.^t\\* Osservatoreromano del 1 85o
nei n.i 61, 62, 63 ei 01 si legge quanto
qui brevemente riporterò. A' 12 maggio
nella chiesuola di s. Chiara de'missiona-
ri del Preziosissimo Sangue ^ una sagra
immagine della B. Vergine della Mise-
ricordia, dipinta a olio sulla tela in atto
di tener gli occhi rivolti al cielo e posta
in una cappella della medesima, prodi-
giosamente chiuse e aprì gli òcchi, alzan-
doli e abbassandoli , e svolgendo le pu-
pille in modo visibilissimo frequentemen*
te, per cui molte persone tuttociò am-
mirarono ripetersi fino a 5 volte per o- '
gniio minuti. Immenso fu il popolo^l^c-
corso, onde per appagarne la divozione
fu collocata sulTaltare maggiore. Dall'o-
dierno vescovo furono rigorosamente
praticate tulle le diligenze per assicurar^
RIM
si della realtà del portentoso miracolo,
anche cou levare il cristallo anteriore e
la tavoletta posteriore, per far cessare o<
gni più sottile dubbiezza ; formalmeote
verificò il gran prodigio del movimento
degli occhi, per cui lo confessarono gli stes-
si increduli. A' 18 la venerabile immagi-
ne solennemente fu trasportata nella va-
sta chiesa di s. Agostino , per dar sfogo
alla generale divozione degli accorrenti
dalle vicine città e parti, e poi ancora da
luoghi lontani, in uno alle autorità civi-
li ed ecclesiastiche, non menoche di per*
sonaggi distinti, continuando la venei'an-
da immagine ad ogni istante'a muovere
evidentemente gli occhi, ciò che tutti vi-
dero con religiosa sorpresa e commozione,
venendo calcolati gli estranei a ben 5o,ooo
e quasi tutti lagrimanti di tenerezza.Quio*
di numerosissime offerte di denaro, di
cera, di voti e altre oblazioni, massime
delle donne che si spogliarono de'Ioro pre-
ziosi ornamenti per farne dono alla Ma-
dre di Dio e delle Misericordie. Quindi
moltissime guarigioni miracolose, ciechi
illuminati , cancrene sparite istantanea-
mente, sordi che riceverono l'udito. Vari
peccatori compunti dierono segni di rav-
vedimento , scossi da una sola occhiata
di quel volto celeste, gridando con fede,
misericordia e pietà; i freddi s'infervora-
rono, r edificazione riuscì efficace e mi-
rabile. I missionari con ubertosi frutti
nella chiesa di s. Agostino predicarono
gli esercizi spirituali; ma la predica piùe-
loquente e persuadente, quella che pro-
dusse immenso bene, la fece la Madon-
na: la bestemmia sparì per incanto ne-
gli abituati del basso popolo. Il vescovo
e il clero ri minese ornarono di corona d'o-
ro las. Immagine con solenne festiva pom-
pa a'i5 agosto, ed il vescovo fece la fun-
zione in nome del Papa Pio IX , che Io
facoltizzò con breve apostolico, cpnceden -
do l'indulgenza plenaria. Inoltre il me-
desimo pvelato pontificò la messa, pro-
nunziò analoga omelia, ed impose l'au-
rea corona alla ss. Madre delle Miseri-
RIM
cordìe. Tultocìb e meglio si può cono-
scere nell'opuscolo di d. Casimiro Rossi :
Cenno istorico interessantissimo inloniQ
al miracoloso dipìnto rappresentante la
Vergine Maria Madre di Misericordia y
venerata nella chiesa di s. Chiara di Ri»
mini 3 Roma 1 85o. Nel t» 9, p. 556 della
Civiltà cattolica y celebrandosi la conti*
nuazione del prodigio, si dà contezza del
libro inlitolato : Relazione del prodigio
avvenuto nella s, immagine di Maria V*
in Riminiy est ratta dall' autentico proces-
so appositamente compilato dalla cecie-
siastica curia di detta città^ Ri mi ni 1 852.
L'episcopio è alquanto distante dalla
cattedrale ; con elegante facciata e con-
veniente fòbbricato. Àulicamente era il
palazzo de' Malatesta signori di Rimìni^
cioè quello detto del Cimiero^ poi vi fu
collocato il seminario , finché venne ri*
dotto a residenza del vescovo, con atrio
fabbricatodal Buonamici d'ordine del ve-
scovo Guiccioli. L' antico episcopio era
presso la chiesa di s. Innocenza , concit-
tadina e patrona di Rimini, atterralo da
•Sigismondo I per fabbricarla rocca onde
tenere in freno la città. Dice Nardi, che
prima in Rimini eranvìiG tra monaste-
ri e conventi d'uomini, e 6 monasteri di
religiose ; quasi altrettanti nella diocesi.
Al presente vi sono in città i minori os-
servanti, i minimi, i cappuccini, la con-
gregazione de'missionari del preziosissi-
mo Sangue, le Vergini di Gesù chiama-
te celibate, che abitano l'antica casa dei
teatini, ed h^mno la chiesa dì s. Antonio
di Padova, diversa dalla' sunnominata,
godendo ancora l'antico monastero e luo-
go delizioso de'cisterciensi, la cui chiesa
di s. Gaudenzio primario protettore del*
la città fu demolita dopo la fatale sop-
pressione degli ordini regolari. Delle re-
ligiose fondate dalla ven. Giovanna Le-
stonnac, parlai ne' voi. XLVIll, p. 1 19,
LUI, p. 3 1 : Piò VII col breve Pastora»
lem sellici tudinenif de'27 febbraio 1 82 1,
Bull, cont, ti 5, p. 375, autorizzò la fon-
dazione di questa congregazione in Rimi-
RIM 25i
ni, a vantaggio dell'educazione morale e
religiosa delle donzelle. Inoltre vi sono:
l'orfanotrofio fondalo neli8i8 peg li or-
fani, e di cui furono benemeriti dell'O-
mo e il can. Brioli; il conservatorio per
le orfane, originato nel 1829, che vanta
per benefiìtlore il can. Conlessi; diverse
confraternite, due ospedali , il monte di
pietà, ed il seminario con alunni. In ogni
tempo fiorirono in Rimini un gran nu-
mero di uomini illustri in santità di vi-
te, nelle dignità ecclesiastiche, nelle armi
e massime tra' Mala testa, nelle arti e nel-
le scienze, che assai lungo sarebbe il no-
verarli, anche per le tante famiglie no-
bili e illustri che vanta. Solo mi limite-
vh a indicare , oltre quelli che vado ac-
cennando in questoarticoIo,che tra'san-
ti gli ultimi che furono eie vati canonica-
mente agU onori degli altari, sono : il b.
Gregorio Celli agostiniano per decreto di
Clemente XIV, il b, A malo Ronconi fon •
datore dell'ospedale de?pellegrini in Sa*
ludecio per decreto di Pio VI , ed il b.
Gio vanui Gueroli canonico diacono rimi •
nese per decreto di Pio VII. Senza no-
minare i tanti vescovi e prelati, de'quali
almeno per molti a' luoghi loro parlai ,
ricorderò i cardinali che Rimini die al s.
collegio e di cui scrissi biografie : Gozio
Battaglia o Battaglini, Uberto Belmonte
delle Cantinate^ Francesco M.* Banditi^
Giuseppe Garampiy i quali due ultimi
cardinali essendo stati vescovi di Monte
Fiascone, a questo articolo ne riparlai.
Per gli altri moltissimi illustri riminesi
suppliranno i seguenti scrittori e quelli
che rammenterò in fine, mentre pei Ma-
latesta, oltre quanto dirò di loro, poi ne
citerò i biografi. Pietro Belmonli , Ge-
nealogia deir antica famiglia detta del»
le Caminate de*Belmonti e Ricciardellif
Rimini pel Simbeni 166 1 . Francesco Àl-
garotli. Notizie de'pittori riminesi, Luc-
ca 1 766. Angelo Battaglini, Saggio diri»
me volgari di Gio. Bruni de Parcitadi
riminese, con le notizie storichee lettera»
rie di lui e del suo casato^ Riminii 783
252 R I M
presso Nicola Albertini. Gio. Battista G>«
sta. Notizie dt pittori nniincsi^ ttel t. 7,
p. 85 delle Miscellanee di Lucca, Vit-
tore Silvio Grandi, La vita del cristiano
posta al paragone d'alcuni santi e bea»
ti sì religiosi^ come secolari venerati neU
la cittàediocesi /iriminese^Kimìno 1 702
pel Ferraris ; Memorie sagre ariminesi,
proseguimento del libro f La vita del cri'
stiano ec. In queste opere si contengono
le vite de'santi e beati riininesi legate col-
la storia sagra e pi*ofana di Ri mini stes-
so, e molto sì parla eziandio de'principi
Malatesta. 11 Grandi era di Rimini e scris-
se molte altre opere di storia sagra e pro-
fana pubblicale colie stampe. Marchesi,
La galleria delConore^ t. 2, p. 346 e seg.
Dice Marcheselli a p. 62, che il luogo o-
ve sorgeva Tanteriore teatro, anticamen-
te era una gran sala nella quale si radu-
nava il gran consiglio, quando la città
prima de'Malatesta si governava a modo
di repubblica popolare, battendo allora
moneta coU'immugine di s. Gaudenzio e
con quella di s. Giuliano protettori del-
la città. Di alcuni medaglioni de' Mala-
testa parla Muratori nella Dissert, 1, p.
55o. Su questo argomentoscrissero, Gae-
tano Battaglini, Memorie storiche di Ri-
mino e suoi signori artatamente scritte
ad illustrare la Zecca e la moneta rimi'
nese pubblicata e corredata di note da
Guido Zannetti^ Bologna 1 789. Gin q;ie-
sta bella e dotta opera Batta^ini supplì
olla mancanza degli itoricì e alla scarsezza
delle notizie riguardanti le varie muta-
zioni de*governi e specialmente della fa-
miglia Malatesta, innestando ingegnosa-
mente all'argomento monetario ciò che
ha trovato avere l'elazione colle medaglie,
sigilli e imprese de'Malatesti, con figure,
trattando pure de'sigilli del coomne.Vin*
cenzo Bellini, De monetis Arimini^ nel-
J'opera De monetis Italiae, Da Girolamo
Soncini neh 525 in Rimini furono pub-
hììcaie^RiformazioniJimitazioni e statuti
iiella città di Rimino. Com'erano tratta-
ti i falliti, lo notala MEECàNTE. Quanto
RIM
riguarda il suo governo municipale at*
tuale, comechè uniforme a quello delle
altre città del lo stato pootificio, come del
governo civile, ne parlai a Gonfaloiib*
RB, Priorb, Delegazioiti, e nel voi. LUI,
p. 229, dicendo come Pio IX nel oovem-
bre 1 85o comprese Rimini e Forlì sua le-
gazione, nella legazione di Romagna. Al-
l'articolo Forlì trattai compendiosamen-
te del governo distrettuale di Rimini e
sue comuni, come de'go verni di Coriaoo,
8. Arcangelo, Saludecio che comprende
in uno alle comuni dipendenti dai me-
desimi. Rimini avea un celebre porto
sontuosamente edificato dagli, antidii ro-
mani e tutto circondato di marmi. Teo-
dorico re de'goti vi teneva de' dromoni,
ove poi nel 49 ( imbarcò una numerosa
armata colla quale assediò Ravenna ; e
Carlo Magno vi tenne navi a guardia: od
1371 era ancora bellissimo, e fu chiama-
to deWAusa o Apisae e Mariculae, Ap-
prendo da Calindri,che il fiume Maree*
chia costituisce l'attuale porto che chia-
ma nautico fìibbricato, che rovina con la
ghiaia che vi conduce, e che nel i aSocon
bolla de'7 maggio Innocenzo IV lo chia-
mò dementino. L' antico divenuto inu-
tile pel ritiramento del mare, e pei mol-
ti sedimenti che vi recava la Marecchia,
venne abbandonato e fu demolito nel se-
colo XV, adoprandosene i materiali a e-
dificazione di chiese. Neh 546 si ordinò
che per canne 25 da ambe le sponde del
Marecchia, e per la montata di 3 miglia
non si coltivasse il terreno , per togliere
al porto ulteriori atterramenti. Nel 16 1 5,
al dire di Calindri, fu fabbricato l'altro
porto detto dell' Ausa dal fiumicello di
tal nome, già A p rasa, con la direzione
dell'architetto Rinaldi, e munificenza di
Paolo V. Leggo in Marcheselli , che se-
guitando W camminodalla chiesa di s. Ni-
colò del Porto, lungo il porto stesso, sì
giunge al molo, il quale era stato a suo
tempo edificato con grossi marmi traspor-
tati dall'Istria. Essendosi sul molo antico
ne'bassi tempi fabbricata una torre per
RIM
servire di fanale e difesa al porto, il fa-
nale ed il molo furono poi distrutti nel
1 807. Nelle Memorie del porto di Pesa*
rOy di Olivieri, questi sostenne ch'era mag-
giore di quel di Rimino, ma VLtW Ejffème»
ridi letterarie di Roma del 1 774, p. 21 1,
si dice, che il porto di Rimino è in tutto
più largo, più lungo e più comodo, come
posto su d'un fiume più grande, più co*
pioso d'acque e più impetuoso, qual è il
fiume Arimino oggi Marecchia, di quel-
lo che non é l'Isauro oggi Foglia, così det-
to per avventura da una certa donna ri*
minese. Nondimenosi confessa, che il por-
lo di Rimino pei gran detrimenti soffèr-
ti, in qualche tempopuò essere stato più
cattivo e imbarazzato di quel di Pesaro,
tuttoché questo sia posto su d'un fiume
minore. Riferisce ilCastel!ano,che in mez-
zo a' campi si vedono gli avanzi dell'an-
tico faro del suo già celebre porto; e che
un artificioso canale serve ora di porto
assai più lungi per le piccole navi mer-
cantili e per le barche pescareccie che ol-
tremodo vi abbondano, fucendosi del pe-
sce copiosa esportazione pe'Iuoghi mon-
tani. Abbiamo diversi scrittori sul porto
di Rimini. G. Antonio Battana, Due di-
scorsi sopra la fabbrica dd porlo di Ri*
miniy nel 1. 10 degli 0/7ii5co/i di Caloge*
rà. Serafino Calindri, Memorie sopra il
porto di Rimini, con note di Marco Chil»
kniOy Pesaro 1 765. Gio. Bianchi^ Parere
sopra il porto di Rimini, Pesaro 1 765. M.
Chillenio, Lettera che serve d^ appendice
al parere dato dal d. Bianchi sopra il
porto di Rimini, Porto di Rimini , lettera
d'un riminese ad un amico di Roma col-
l'appendice de' documenti, Roma 1 768.
Ruggero Giuseppe Boscovick,Z>e/por/o
di Rimini j memorie, Pesaro 1765: Del
porto di Rimini, che comprende i voti dei
matematici, che sono stati consultati sui
mali del porlo medesimo e sui rimedi da
apprestarglisi, Roma 1 769. I matemati-
ci consultati furono Bianchì , Jacquier ,
Seur, Fan toni. Lecchi, Gaudio. Ragguar-
devole è il oommeixio di Rimioi in gra*
RIM 253
no, e lodasi la perfetta manipolazione del
pane, seta, salee altro; ferace e ubertoso
è il territorio, ed eccellenti ne sono i co-
piosi funghi, sui quali il detto Baltarra
nel 1759 pubblicò in Faenza, Fungohtni
agri Ariminensis hisloria , edizione 2.'
perchè opera dì mollo pregio pei funghì
in generale. Le conchiglie del lido rimi-
nese furono illustrateda Gio. Bianchi, Z^e
conchis niinus notis liber, Venetiisi 789.
Raffaele Adimari ci die , Sito riminae,
dove si tratta della città e sue parti, dei
suoi confini, e di tulle le chiese e cose ec-
clesiastichej della fertili là del paese^del»
f antichità della cilià e degli uomini illu-
stri, Brescia 1616. Ora venendo a parla-
re brevemente delle principali notizie sto-
riche della città dì Riminì , quanto alla
sua origine , alla sua colonia romana e
fino al principio dì nostra era, preferirò
di sfiorare la beli' opera compilata con
saggia crìtica ed erudizione dal eh. d.*^
Luigi Tonini benemerito della patria sto-
ria riminese, col medesimo ordine da lui
tenuto. Rimìni avanti il principio dell'ex
ra volgare, ovvero, i,^ Ricerche sull'ori'
gine di questa cittàj 2.** Memorie stori-
che della medesima, dalla venuta della
colonia de' romani fino al cominciar del-
l' era cristiana j 3.** Illustrazione delta
città o sia dell'antica sua pianta e delle
opere pubbliche d'epoca non fissa, de' va-
ri ordini dt* cittadini, de' collegi e delle
arti, delle fami gite j 4-** Raccolta dell'an-
tiche sue lapidi, Riminì 1848, tipi Or-
fanelli e Grandi. Le prove dell'asserto
dall'encomìato scrittore, massime contro
l'esagerazioni ed errori di altri storici pa-
triì, si possono riscontrare nell'opera sua,
non potendo io per imponente brevità
accennarle, laonde mi limiterò a indica-
re le cose principali.
Rimini, Ariminum, divenne colonia
de'romani l'anno di Roma 486 ossia 268
anni circa avanti l'era nostra, quando
già era grande e cospicua; costumando i
romani anche d'inviar colonie in città già
fondate, anzi nelle migliori, più illustri e
254 RIM
più fortificale che avessero conquistale,
come fecero con Rimiiii quando vinti i
galli senoui ne occuparono il paese, cioè
dalfiumeEsino sino all' Utente, ch'èquan-
to dire da Ancona a Sinigaglia fino a For-
lì presso il quale è il fiume Utente ; ciò
accadde nell'anno di Roma 4? i , per ope-
ra o di Manio Curio odi Dalabella, do-
po aver devastata la regione. 1 senoni fu-
rono gli ultimi galli che calarono in I-
lalia circa il 2.^ secolo di Roma al di-
re d'alcuni, o verso il 358 al dire di al-
tri ; laonde stando a questa seconda sen-
tenza, essi avrebbero dominato sul paese
fra il 378 e 481 diRoma, nel qual tem-
po guerreggiarono più volte cogli etru-
schi control romani, e condotti da firen-
no penetrarono nella stessa Roma nel lu-
glio e l'incendiarono, indi tennero per 7
mesi assediata la rocca. Profittando di
loro assenj^a i confinanti eneti o veneti,
invasero e depredaronaquesto loro pae-
se, perciò sembra che più per cacciare
gl'invasori, che per l'opera di Camillo i
galli si ritirassero da Roma. Crede inol-
tre il d/ Tonini, che Rimìni fosse allora
possente in terra e in mare, sede di Dren-
ilo e de'regoli che gli successero, capita-
le de'senoni, con zecca propria de'galli e
cominciata con loro, riproducendone con
illustrazioni Vaes grave ossia moneta li*
brale italica^ e le monete riminesi con l'e-
pigrafe Arimn.j opinando che la zecca ad
onta della legge contraria de'romani, du-
rasse lungo tempo dopo che i romani fe-
cero di Rimini colonia «apo della Gallia
Senonia, residenza del pretore, o del suo
questore, non che frequente stazione di
eserciti che mandavano nella provincia.
Queste terre prima della venuta de'gal-
li erano state campo e sprone a lunga lot-
ta di maggioranza, fra gli Umbrie glie-
truschi, uno de'quali popoli esisteva nel-
la contrada all'invasione de'galli boi, poi-
ché sebbene gli etruschi spogliarono in
gran parie della regione gli umbri, pare
che questi seguitassero ad abitare il pae-
se soggiogato in qualità forse di popolo
RIM
tribulnrìo.La conquista degli etruschi su •
gli umbri, vuoisi ritenere avvenuta 4 o
5 secoli avanti l'era romana , sicché do-
minarono su queste terre fino alla venu-
ta de'galli per più di 8 secoli* Uno de'lo-
ro re fu Arimno, la cui somiglianza del
nome con A ri mi no fa congetturare che
possa in qualche modo appartenergli, ed
alcuni 'lo cradettero suo fondatore , co-
stumando gli etruschi dare il nome de'Io-
ro re o capitani alle città che fondavano.
Arimno probabilmente fiorì a' tempi di
Romolo o di Noma, per cui se a costui
si volesse attribuir la fondazione di Ri*
mini, sarebbe contemporanea a quella di
Roma; ma non potendosi stabilire l'origi -
ne elrusca di Rimini, perché agli umbri la
Cedettero quelli che l'abitavano, per sot-
trarsi dall'ingiurie che riceveano dagli e-
truschi, ne viene di conseguenza, che non
si e certi se Arimno fu re o lucomune in
Rimini e che dasse il proprio nome al-
la città, potendo invece egli averlo rice-
vuto da essa, trovandosi altri simili no-
mi prima di lui. Si può ritenere pertan-
to, che Rimini ripeta la sua primitiva o-
rigine dagli umbri, di cui certamente fu
colonia come Ravenna, più che daqua-
lunquealtro popolo. Tutti gli scrittori an-
tichi convengono, che gli umbri fiorisse-
ro prima degli etruschi, e della loro ori-
gine parlo a Umbria, signoreggianti mol-
ta parte d' Italia, avendo tolto il Piceno
(^.) ai siculi ed ai liburni , finche sog-
giacquero agli etruschi loro potenti riva-
li, perdeifdo 3òo città o luoghi abita-
ti : pretende il cav. Clementini fare risa-
lire la venuta degli umbri a Rimini 1 5
secoli avanti l'era cristiana, quindi fu a
loro anteriore e solo colonia; ma perchè
preesisteva, avendo 1* Olivieri attribuita
la fondazione di Rimini ai precedenti si-
culi, il dott. Tonini lo contrasta, e piut-
tosto fra' popoli abitatori della regione
prima degli umbri, vi pone i sabini, che
però da loro derivando, erano gli umbri
stessi, i quali riconosce e conferma ch'es-
si furono i primi a tener la contrada^ nel
RIM
cui agro furono trovati rari oggetti di
antichità d*elà remota e de'tempi romn-
ni che descrive. Pertanto chiama quin-
di favolosi racconti, e ne rende ragioni e
prove, che la fondazione di Ri mini si deb-
ba ripetere da Ercole egizio, o da Gia-
no creduto uno de' figli di Noè, o dagli
aborigeni. Circa il nome ed etimologia di
Rimini, Ariminum^ lasciate le bizzarre e
curiose interpretazioni , conviene per la
derivazione da! propinquo fiume; e con
una voce umbra o etnisca o sabina antica-
mente la città fu appellata Arimnuso A"
rimnum, e così fu detta per qualche tempo
anche sotto i romani, essendo probabile
cheil nome sia stato prima imposto al fiu-
me per qualche sua caratteristico, indi al •
)a città. Allorché i romani nel memorato
anno ^86 di loro era vi dedussero la co*
Ionia, come luogo di frontiera immedia-
la contro i turbolentissimi galli boi, sem«
bra che la componessero da 4 & 6000
buoni soldati, oltre le donne e ì servi, per
meglio confermarsi nelle terre tolte a'se-
noni , ripopolarne V agro e farsi scala a
nuove conquiste sui boi e sugli umbri.
Ignorandosi la condizione delia colonia
se romana o latina, pare bensì che nei*
l'acquisto del Piceno a questo i romani
unissero l'agro già de'senoni, al quale si
estese il nome di Piceno: ed in fatti leg-
go nel Compagnoni, Reggia Picena^chisk'
mato Rimino colonia primiera del Pice-
no. Prima dellecalamità patite da Rimi-
ni nella conquista romana, dicesi da Cle-
mentini che il recinto murato fosse piU
ristretto del présente, ma estesissimi n'e-
rano i 4 borghi originati dagli umbri, e
denominati, Borgo Orientale che si con-
giungeva col fiume Ausa; Borgo Meridia-
no unito alla Porta omonima e poi di s.
Donato; Borgo di Mezzo edificato in mez-
zo ai precedenti , poi di s. Spirito dalia
chiesa e spedale ivi eretto ; Borgo Occi-
dentale, ristorato d'Augusto e chiamato
Gallico. A questa narrazione di Clemen-
tini , diverse rettificazioni aggiunge To-
nini ,che ammettendo l'esistenza degli
RIM 255
antichi borghi, dichiara propriamente i-
gnorarsene l'origine e l'estensione, come
di quella de'confini dell'agro o territorio
antico riminese, per mancanza di docu-
menti, riproducendo in vece la carta to-
pografica dell' attuale diocesi di Rimini
(depoche Pio \I ne tolse vari paesi e
parrocchie per estendere la diocesi di Ce-
sena sua patrìa), riporta l'opinamento di
Olivieri, che il territorio riminese d' al-
lora non sarebbe stato che poco più o pò*
co meno della diocesi presente. Indubi*
tato è poi che 1' agro riminese finisse al
Rubicone in tempo di Cicerone e di Ce*
sare, quando cioè quel fiume era il con-
fine dell' Italia e della Calila , avendo i
romani fatto italico il territorio di Ri-
mini. L'importanza politica e lacelebri*
tà che acquistò il Rubicone, fece nascere
non lieve gara archeologica, anzi clamo*
rosa, tra le comuni, sui fiumi o torrenti
Pi sciatelU) 3 Fiumicino e C/io. Nell'artico-
lo Forlì, ossia nel voi. XXV, p. 196, par-
lando di Savignano , riportai diverse o-
pere che sostennero laquestioue, cuiqui
aggiungerò, in favore dell' C/^o e pel qua-
le si dichiarò il dotto mg/ Marini nelle
molto lodateMemor/e di s. Arcangelo sua
patria, Giacomo'Vìllani, Ariminensis Ru»
bicon in Caesenam Claramontii, A ri mi-
ni apudSymbeniumde Symbeniisi64f-
Tenne pel Piscialello^ Basilio Amati, L'i-
sola dtl congresso Triumvirale^ la selva
Litana, e il fiume Rubicone^ ricerche y^t-
sarò 1828. Tonini, esaminata la questio-
ne ed i pareri degli scrittori sul Rubicone,
propende per l'odierno Urgoneo Rugo-
nCy sensibile storpiatura di Rubicone^ e-
sistente sui monti di Cesena e confine di
quella diocesi e della riminese, ponendo-
si cosi d'accordo coi passi di parecchi gra-
vi scrittori > sui diversi corsi tenuti dal
Rubicone e la confluenza de' fiumi. Ri-
getta poi r opinione, che pretese di ap-
plicare al fiume Uso il nome di Ausa o
Aprusa che bagna Rimini da levante,
quindi comincia a riportare le memorie
storiche di Ri mi ni, principiando} dal 488
25G R I M
di Roma. Dopo le conquiste fatte sui se-
noni, i romani si provarono cogli umbri
de'monti, e due trionfi in detto anno ri*
portarono suisarsinati umbri, che perciò
li riceverono in dedizione, ed i due con-
soli che li riportarono probabilmente coi
]oro eserciti si fermarono in Rimini. Nel
5i6i galli boi dimentichi della pacegiù
implorata e ottenuta da'romani, forti del-
l'aiuto de' transalpini, con esercito ven*
nero a Rimini che Io respinse; indi i ro«
mani nel 5i8 furono a Rimini, impedi-
rono che i galli che la domandavano vi
penetrassero, e mediante combattimenti
di varia fortuna, si confermarono nel pos-
sesso dì queste terre e altre ne ottenne*
l'o dai boi. Nel 5^2 per avere i romani
diviso ai soldati Tagro gallico romano,
posto tra quelli di Rimini edi Sinigallia,
i galli se ne ofTesero e con l'aiuto degl'in-
subri accesero nuova guerra, onde i ro-
inani nel Sig mandarono a Rimino il
console L. Emilio con esercito perchè im-
pedisse l'avanzarsi de' nemici. In vece i
galli con 70,000 uomini inviandosi per
l'Etruria e riportata vittoria sul pretore,
accorse Emilio, li fugò e con altro sopra v-
irenuto console li sconfisse, assoggettando
nel 53o i boi , indi parte del territorio
degl'insubri, con che vennero in potestà
de' romani il tratto della Gallia che si te-
neva dai boi, insieme alt'Insubria calla
Liguria, formandone la provincia di Gal-
lia col nome d'Àrimino, onde Rimini ta-
lora ne fu la città principale. Àll'arlico-
IoGallià ne parlai in tutta 1' estensione
che comprese, insieme alle conquiste del-
le Provincie d'Italia che ne portarono il
nome con quelle aggiunte secondo le re-
gioni. Da principio la Gallin conosciuta
anche col nome di Anniiniiriiy fu la Gal-
lia dogato e coni prendeva lutti i paesi ch'e-
rano allora tenuti dai romani nelle re-
gioni de' boi , insubri e liguri, la quale
ebbe magistrati particolari con imperio
ordinario almeno fin dal 536. La città
principale di essa, ove ebbe ordinaria re>
sidenza il preside romano, specialmente
RTlVf
da detto anno (o meglio dal 534 ^" <^i
mise capo a Rimint la via Flaminia) fi-
no al 567, fu Rimini, pel cui nome s'in-
tese l'intera provincia, riportando il d/
Tonini il novero de'magi strali mandati
a governarla. Ampliate poi le conquiste
e data nuova forma alla provincia, la re-
sidenza del preside si trasferì a città più
centrale. Non ostante però questa restò
parte della provincia medesima , finché
l'Italia dall'Esi no non fu protratta al Rubi*
cone. Nel 536 i romani nel romper guer-
ra a'cartaginesi, che fu la 2.* punica, man-
darono nella Gallia il pretore L. Manlio,
con circa 26,000 armati e due colonie per
contenere i galli, i quali tumultuaronoal-
l'approssimarsi del duce cartaginese An-
nibale. In questa guerra più volte i capi
convennero a Rimini, in uno al console
C. Flaminio, dal fatto del quale è mani-
festo che Rimini era la capitale della pro-
vincia, ove egli prese i fasci a dispetto di
Roma, accogliendo anche l'altro console
con altro esercito. Munita di tanti arma-
ti, non soggiacque a' quei danni cui fu-
rono segno tante altre città in sì furiosa
lotta, poiché ne'Iuoghi in cui passò il vin-
citore Annibale tutto fu strage e rovina.
Ribellati i galli per le vittorie de' carta-
ginesi, fu mandato nella Gallia con eser-
cito L. Postumio Albino pretore, che pe-
rì con a5,ooo soldati nella vasta selva Li-
tana per stratagemma de' boi , presso il
Rubicone e Cesena. Arsero di sdegno i
romani, ma per allora si contentarono di
tenere un presidio sino a Rimini, ove fe-
ce residenza il pretore Pomponio che Io
comandava nel 539 e nel 54o. Nel se-
guente anno Rimini ossia la Gallia ebbe
a pretore P. Sempronio Tudìtano, a cui
fu prorogato il comando della proifincift
Arinimum^ a motivo d' Annibale che si
avanzò a 3 miglia da Roma. Perla mici-
diale guerra, delle 3o colonie tributarie
de' romani, 12 colonie negarono di som-
ministrare ai romani uomini e denari;
fra le 18 restate fedeli vi fli Rimini colo-
nia marittima, col soccorso delle quali il
RIM
popolo romano potè sostenersi e se ne mo-
strò grato; sembra che l'onorevole ecci*
lamento dato a tali colonie, si debba ad
un fregellano in nome di FregelleoraPo/t-
te Corvo (F,) : la vittoria de'romani sul
Metauro e l'uccisione d'Àsdrubale fratel-
lo d'Annibale, compensò a Roma la di-
sastrosa rotta di Canne. Non pare che quei
due capitani passassera per Rimini , co-
mechè ben guardata dai romani. Nel 549
A rimino ossia la Gallia fu commessa al
pretore Spurio Lucrezio, con l'esercito a
presidio d'Italia che ancora terminava al-
i'Esino. Nel 55 1 due magistrati ebbero
in governo la provincia, uno proconsole
col nome di Gallia, l'altro pretore col no-
me d'Arimino, coi loro eserciti. Il d.*^ To-
nini continua a riportare i pi*esidi e le
guerre della provincia, secondo il suo pro-
ponimento, cessando dopo che il console
M. Emilio Lepido nel 567 ridusse in nuo-
▼a forma la provincia Gallia, e facendo
la nuova via Emilia, altra città più cen-
trale divenne capo della medesima , per
cui piò scarse sono le successive memo-
rie di Rimini, che tuttavia continuò a far
parte della provincia detta anche Gallia
Cisalpina.
Nel 576 r esercito contrasse la peste
in Rimini, onde restò sciolto. Fervendo
nel 667 la guerra civile fra Mario e Sil«
la, il console L. Cornelio Cinna, avendo
tentato di richiamare il i.° dall'esilio, fu
cacciato da Roma, per cui volendo trat-
tare la propria causa colle armi, e sem-
pre piò unitosi con Mario, venne all'oc-
cupazione di Rimini, acciò nessun eserci-
to si recasse dalla Gallia a Roma; allora
i romani vedendosi privi d'ogni soccorso
si pacificarono con Cinna e richiamaro-
no Mario. Nel 672 lacerata Roma da nuo-
ve guerre civili tra Siila e Mario, ili .° vin-
se co'suoi fautori una battaglia sull'Esi-
no, senza che l'esercito di Rimino seguace
di Mario potesse giovarlo, che anzi pres-
so Faenza il suo partito perdette altra san-
guinosa battaglia; fu allora che Rimini
per tradimento fu data a Siila, e come cit-
VOL. LVII.
RIM 2)7
tà principale della provincia fu seguita
dalla Gallia. Caduta Rimini in potere di
Siila, fu soggetta agli effetti funesti della
sua ira feroce, e quindi miseramente Sac-
cheggiata e guasta. Nel 676 narra Plinio
che nel territorio parlò un gallo ; ciò si
riporta da altri scrittori ancora. Quanto
al prolungamento dell'Italia dall'Esino
al Rubicone, ciò avvenne fra gli anni di
Roma 678 e 695, anzi prima di questo
ultimo anno, come epoca in cui le Gallio
furono assegnate a Giulio Cesare, e per-
ciò Rimini fu compreso nel suolo italico,
che se già non fosse stata colonia romana
avrebbe conseguito il diritto di cittadi-
nanza : il Rubicone cessò d'essere termi-
ne d'Italia dopo pochi anni e probabil-
mente verso il 714 il limite del Rubico-
ne era stato prolungato al Formione lun-
gi 6 miglia da Trieste. La romana tribti,
cui si trovano ascritti più frequentemen-
te i riminesi,é l'Aniense; lo furono pure
alle tribù Palatina, Lemonia, Stellatina,
Quirina. Prima che il Rubicone cessasse
d'esser limi te d'I talia,i nsorta gelosia d'im-
pero fra Pompeo e Giulio Cesare , pre-
tendendo questi di ritenere il governo
delle Gallie, e di esser designato console,
Pompeo sostenuto dal senato preparòre-
serciti per opporsi al competitore, ed a
tale effetto nel 704 mandò un presidio a
Rimini o vi si recò egli stesso comesi ri-
cava dalla lettera di C. Rufo a Cicerone.
Piegando ormai la repubblica romana al -
la monarchia,aspìravanoal supremo pote-
re Cesare, e Pompeo pel quale parteggian-
do il senato ordinò al 1 .° che lasciasse l'e-
sercito e le Provincie e si ponesse in sua
potestà. Cesare rispose che avrebbe ub-
bidito se Pompeo avesse operato altret-
tanto. Insistendo il senato a volere che
Cesare si portasse in Roma in qualità di
privato, fu allora che questi si diede a
tra tiare la propria causa coUearmi.Quin-
dì da Ravenna, dopo aver esplorato la
volontà de' soldati, passò i confini della
provincia delle Gallie e si recò a Rimini
colla legione 1 3.*, dove radunò i tribuni
«7
!t58 RIM
della plèbe, chea lui erano ocoorst^e chia-
mate le altre legioni comandò loi*odi se*
guirlo. Nell'avviarsi alla volta di Rimini
sul cominciar di novembre, giunto che
fu al Rubicone, fiume che allora separa-
va la Gallia Cisalpina dal resto d'Italia,
agitato l'animo dalla grandezza dell'im-
presa, ravvolto e perplesso in moltissime
deliberazioni^ calcolando le immense con-
seguenze che sarebbero derivate dal pas-
saggio di quel limite, finalmente abban-
donatosi in seno dell'evento, e dicendo:
giuato è // dado, varcò il fiume e occu-
pò Rimini di notte, con che die il primo
segnale della guerra civile. Saputosi ciò
da Pompeo, mandò a Riroini L. Cesare,
e il pretore L. Roselo, per trattare un ac-
comodamento amichevole; ma Giulio Ce-
sare ripetè quanto avea scritto ; laonde i
consoli ed il senato gl'intimarono ritor-
nasse in Gallia, partisse da Rimini, licen-
ziasse l'esercito, e Pompeo andrebbe nel-
la Spagna. Queste condizioni certamen-
te non piacquero a Cesare, che da Rimi-
ni mandò M. Antonio con 5 coorti ad oc-
cupare Arezzo, ed egli con due rimosto
a Rimini cominciò a far leve di soldati;
quindi prese Pesaro, Fano, Ancona, cia-
scuna con una coorte. Poi giunto a Ro-
ma, trovò la città quasi deserta, ma egli
seppe cattivarsi gli animi de'cittadini, e
vinta la famosa battaglia di Fai*saglin ,
gli fu tolto con Pompeo ogni ostacolo al
supremo potere. Dì tutta questa guerra
pertanto, dalla quale fu spenta la repub-
blica romana, e ne emerse l' impero, il
principio ed il segno fu dato a Rimini.
Lucano co'suoi versi descrisse il passag-
gio di Cesare sul Rubicone, ed il turba-
mento de' riminesi, dicendo ancora che
Rimini fu sempre a parte delle fatiche e
de'pericoli de' romani in tutte le guerre
che sostennero in queste parti. Ucciso in
Roma nel 7 1 o Giulio Cesare, M. Anto-
nio restato solo nel consolato tentò di ti-
rare a se ogni autorità , ed ottenne dal
popolo in governo la Gallia Cisalpina ,
dirigendo le sue legioni lungo il lido del-
r Adriatico, da Brindisi a Rimi no. Maia»
tanto Ottaviano nipote e figlio adottivo
di Cesare, gli suscitò in Roma una ooa-
traria fazione e raccolse soldati. PerciòAn-
tonio in vece di recarsi a Rimini passò in
Roma, ove giunto seppe che due l^oni
delle spedite a Rimini erano passate a Ot-
taviano. Laonde inviato uo donativo al-
le altre, e raccolto quanto esercito potè,
con i splendido seguito si portò a Ri mi-
ni, allora posta sul primo adito della Gal-
lia, conducendo seco più di 4 legioni; ìn-
di intimò a D. Bruto di cedergli la prò*
vincia della Gallia, il quale coli' appog-
gio del senato si fortificò in Modeoa, rice-
vendo il soccorso d'Ottaviano dichiarato
pro-pretore, che colle legioni incominciò
a muoversi contro Antonio. A questi il
senato comandò di abbandonar l'assedio
di Modena, di lasciar la Gallia a Bruto,
e di trasferirsi di qua dal Rubicone e por-
si in sua potestà. In seguito Antonio fa
dichiarato nemico pubblico e successero
le note guerre. Volendo il senato depri-
mere Ottaviano, avendo passato questo
il Rubicone con 8 legioni, si portò in Ro-
ma e ottenne nel 71 lil consolato. Frat-
tanto Lepido che avea la Gallia Narbo-
nese,si congiunse ad Antonio, e altrettan-
to pensò fare Ottaviano, per rendersi piii
forte contro il senato e Bruto , il quale
dipoi venne fatto uccidere da Antonio.
Allora fu che seguì il formidabile trium-
virato di Ottaviano, Antonio e Lepido, i
quali convennero in un'isoletta formata
da un fiume tra Modena e Bologna; ivi
si divisero l'impero e le proscrizioni, ce*
dendo a' loro soldati 18 delle principali
città d'Italia, fra le quali Arimino, cui fu
destinata una colonia militare nel 712.
Avendo Otta via no, vinto Antonio, resta-
to solo signore e denominato Augusto
dal senato, riparalo la via Flaminia, lo
stesso senato gli eresse nel 'ji'j il gran-
dioso 41x0 in Rimini, dicendosi che il su-
perbo monumento terminasse colla sta-
tua d'Augusto su d'una quadriga. La te-
sta di bue è Tìnsegna della colonia, ed i
lUM
4 medaglioni di Giove, Nettuno, Vene-
re, Marte o Palladesi credono deità tu*
telari del municìpio. I merli.alla tedesca
co'quali finisce è opera di secoli infelici.
Rimasto solo Augusto col tìtolo d'impe-
ratore al governo della repubblica, man-
dò neiritalia 28 colonie militari, ed una
n'ebbe Riroini col titolo d'Augusta, in-
di nel 754 ei.**deirera nostra o cristia-
na, Caio Cesare figliuolo adottivo d'Au-
gusto, fece lastricare di selci tutte le stra-
de di Rìmini. Insorta la guerra contro le
ribellate Pannonia e Dalmazia, per me-
glio dirigerla nel 761 Augusto si portò
in Rimini; forse fu allora che Augusto,
munifico con questa colonia, pensò a do-
mar la Marecchia col superbo ponte det-
to di Augusto e dì Tiberio, ed anche di
s. Giuliano, perchè per esso si unisce alla
città il borgo occidentale che prende no-
me dalla chiesa eretta a tal santo. Qui pas-
sando il eh. Tonini airillustrazione del-
la città, delTantica sua pianta e delieo-
pere pubbliche d'epoca non fissa; de'va-
ri ordini de'cittadini, de'collegi delle ar-
ti e delle antiche famiglie; io soltanto toc-
cherò le cose principali. L'antica pianta
della città presenta due giri di mura ur-
bane; il giro delle mura odierne fu fat-
to tra il cadere del XIII secolo e il prin-
cipio del XIV. Le antiche porte di Rimi-
ni si chiamarono Orientale; Meridiona-
le o Montanara, poi s. Donato e s. An-
drea; Occidentale Gallica; Porta al Ma-
re o 8. Tomeo; del Galtolo, così detta dal
piccolo forte ogattolo eretto incontro nei
secolo XII; Porta o Portello de' duchi,
oltre \e quali forse ne furono altre due,
Porta al ponte Gemboruto, e Porta Ga-
iana. Interessanti sono egualmente le no-
tizie de' 7 antichissimi vici o rioni della
città : il can. Nardi nel 1 824 pubblicò nei
Giornale Arcadico: Sui vici antichi del-
le città, e segnatamente della splendidis'
sima ^rimino. Sì conoscono ì nomi di 4
de'7 vici, cioè Aventino, Dianese, Ger-
nialo e Velabro. Il porto di Rimini fu di
qualche nome con molo e con fanale, ma
R I M 259
è difficile lo stabilire che fosse formato e-
sclusivamente da un seno di mare, ose
invece vi concorresse pure la Marecchia,
impossibile è poi il tracciarne la sua ve-
ra figura. Del nobile monumento dell'an-
fiteatro, restano ancora notabili avanzi,
in parte visibili e in parte sepolti sotter-
ra : era ovale e di forma elittica con por-
tico e 4 fontane. Olire la descrizione che
ne fa l'accurato d.^ Tonini, in anteceden-
za ne pubblicò la Relazione con tavelle.
In Rimini furono innalzati templi a'nu-
mi che si adoravano, come a Giove, Net-
tuno, Marte, Minerva, Apollo, Diana,
Bacco, Ercole, al Genio custode della cit-
tà, alla Salute. Finalmente vi fu in Rimi-
ni un Panteo o Panteon, tempio sagro a
tutti gli Dei, che creduto il tempietto de-
dicato poi a s. Michele in Foro, detto vol-
garmente s. Michelino, fu argomento di
questioni e delle seguenti opere.Gio.Bian-
chi, conosciuto anche sotto il nome di
Jnno Planco che fu archiatro di Clemen-
te XIV, come dissi a Medico : Lettera ad
ì in suo amico dì Firenze intorno alla dc'
scrizione del Panteo sacro di Arimino,
nel t. io di Calogerà p. 365, Nuovarac-
colta degli opuscoli, Venezia 1 768, ove
sono la Raccolta delle dissertazioni in-
torno la descrizione del Panteo. Parere
dello spazzacamino di Porta s, Ange^
lo di Pemgia^ossia Appendice alla RaC'
colla di dissertazioni intorno t iscrizione
del Panteo di Rimini. Inoltre dal d.^ To-
nini si parla dì altre opere pubbliche dei
tempi romani, come del granaio, del ma-
cello, della fontana, di vari acquedotti,
del ponte dell'Ausa, sopra il quale ne fu-
rono eretti due altri meno larghi; di va?
rie torri,alcune delle quali ancora esisten-
ti, onde fu chiamata turrita questa cit-
tà, oltre altre fabbriche pubbliche e pri-
vate; de'musaici, dì alcuni ipogei e di ai-
tri luoghi sepolcrali. Indi il d.^ Tonini
tratta degli ordini civili e sacri de'citta-
dini della colonia arimrnese, come del se-
nato, de' decurioni, de' duumviri quìn*
(juennalij Aq duumviri juridicundo, od
!
26o R I M
anche semplici duumviri yòe'triumsf ir i,de-
gli edili, de'questori, del curatore, de'pa«
troni de'vici, de' cavalieri ; de' pontefici,
auguri, flamini, magi8tratui*e e dignità
sacerdotali. Delle varie arti esercitate in
Rimini, e de' loro collegi ; delle antiche
famiglie della colonia, in numero di 1 08,
oltre altri nomi gentilizi. Termina ild/
Tonini la sua elaborata e impaniale o-
pei*a, con riportare l'interessante raccol-
ta delle iscrizioni antiche della colonia
d'Arimino, lapidi che divide in due classi:
la 1/ è di quelle che si conservano anco-
ra in n.^diio5; la 2.* di quelle che non
esistono più e in n.^ di 86 sono ricavate
dagli storici e collettori riminesì. Segue
un'appendice con le lapidi peregrine, che
riguardano la storia riminese; le lapidi
riminesi spurie e non antiche; le lapidi
peregrine intruse fi a le riminesi, che non
appartengono ne alla città , ne alla sua
storia. Il lodato scrittore d.r Tonini, spe-
ra d'in tra prendere fra pochi mesi la stam-
pa del 2.^ voi. di storia patria, che inti-
tolerà : Rimini dal principio delibera vol-
gare fino ali200, e comprenderà anche
la storia sagra : mi dispiace che non pò-
ti'ò giovarmene, per precedere questo mio
articoloalla pubblicazione di tale lavoro,
che non potrà riuscire che importantis-
simo. Essendomi un qui alquanto diffuso
nel riportato estratto, in proporzione del
mio sistema, sarò breve nelle notizie'del-
la storia civile sino alla dominazione dei
Malatesta, per un tratto di tempo in cui
quasi tutte le storie municipali sono rav-
volte nell'incertezza de'fatti.
Rimini facendo parte dell'impero ro-
mano ne segui i destini^ e gli furono pres-
soché comuni le vicende politiche cui sog-
giacquela provincia d'£milia, di che peir-
lai a' relativi articoli, come a Pesaro,
F0BL1, ed Imola. Nell'anno 6g dell'era
corrente Cornelio Fosco del partito di Ve-
spasiano strinse per terra e per mare
que* dell'imperatore Vitellio, che tre-
mando stavano inRimini, per cui la cit-
tà fu saccheggiata dalle truppe di Vespa-
fi IM
siano, come riferisce Tacito. Monca di
provela pretesa distruzione della città at-
tribuita a Demostene re de'liburni ribella-
tosi all'impero nel262,dicuisì narrache
con armata navale si portò a danno di Ri*
mini, atterrandone le mura, bruciando e
distruggendo l'anfiteatro e molti ed ifìzi: di
confiegiienza non pare credibile la riedifi-
cazione della città operata nel declinar di
tal secolo da Diocleziano e Massimiano
imperatori. Dopo il deplorabile trasferi-
mentodella sede imperiale in Costantino-
poli, e lodi visionedell'impero in orientale
e occidentale, a questo secondo apparten-
ne Rimini e la regione, divenendo Raven-
na (F,) residenza dell'imperatore d'occi-
dente. Allora presero ardire le nazioni
straniere per invadere l'abbandonata Ro-
ma loro antica dominatrice, ed A larico re
dei goti vi si recò nel 409, dopo aver da-
to il guasto alla provincia, onde anche Ri-
mini ne patì molto; poiché Alarico e Ai-
talo co'lot*o goti si fortificarono in Rimini
contro r imperatore Onorio, eh' era in
Ravenna, fi dopo si recò in Rimini. Altri
guai soffri la città nel 4^^ pe^* l'irruzio-
ne tremenda di Genserico re de* vandali.
Avendo nel 4?^ Odoacre re degli eruli
anche presso questa città disfatto l'eserci-
to romano, fece abdicare Momillo Augu-
stolo ultimo imperatore d'occidente, s'im-
padronì di Ravenna ovestabiPi lasua re-
sidenza, e dominò ancora sulla provincia
e su Ri mini. Però nel 49^ avendo Teo-
dorico re de'goti preso Ravenna e ucciso
Odoacre, a lui dovette ubbidire Rimini.
Volendo l'imperatore d' oriente Giusti-
niano I ricuperare le provincie tenute dai
goti, die principio alla famosa guerra go-
tica. Nel 537 il console Giovanni Vita-
liano fu mandato a Rimini con 2000 ca-
valli da Relisario, che in Roma era asse-
diato da Vitige. Per cui questo re de'go-
ti, lasciato 1' assedio di Roma, passò a
quello di Rimini, che intraprese con tut-
te le foi*ze; per il valore di Giovanni e la
bravura de'riminesi, vi durò finche ven-
ne in Italia anche Narsete, altro capita*
RIM
no imperìale. Nel 549 ^ 8^^^ nuovamente
s'impossessaroDodìRimini, e nuovamen-
te nel 553 la riprese Nanete, dopo che
ì goti nel precedente anno per impedir*
gli il passo ruppero il ponte sulla Maree-
chia da una sponda all'altra, come narra
Procopio. Secondo altra versione, il ta-
glio fu eseguito nell'ultima arcata dalla
parte del Borgo, perchè Narsete lo passò
nel condursi premurosamente a Roma,
nella qual circostanza avendo fatto una
sortila i goti, vi restò ucciso Usdrilla co-
mandante del presidio|di Rimini. In qual-
cuno di questi fìilti deve essere avvenu-
to il murarsi della città anche dalla par-
te del mare, ed un generale ristauro alle
mura piii antiche; opera forse tumul-
tuaria, a cui servirono i materiali dell'an-
fiteatro rovinato, quelli di vari templi, e
pei*sino le statue ed i marmi posti ad o-
nore e memoria de'benemeriti cittadini :
quasi altrettanto si fece da Belisario in
Roma, ed in Pesaro ove per eguale ma*
niera furono impiegati marmi di pregio,
lavorati e scritti^come riferisce Olivieri.
Dopo le conquiste fatte dagl'imperatori
d'oriente o greci su'goti, istituirono 1'^-
sarcato di Ravenna[r,) dove fissò la sua
residenza l'esarca, del quale esarcato fe-
ce parte Rimioi , come della PentapoU
(/^.) Annonaria o Gallia Marittima,a cui
era annessa porzione del Piceno, quando
la istituì l'esarca Longino: Compagnoni
dice che Rimini fu capo di questa Pen-
tapoli. r^el 568 Alboino re de'lon goliar-
di , occupate diverse provincie, formò il
possente regno de* Longobardi (F.) in I-
talia,edanche Rimini dovette sopportar*^
ne il giogo, almeno interrottamenle. Ub-
bidiva all'impero greco sotto l'esarca 1-
sacio del 619, che nel sollevare dalia ca-
restia le Provincie del Piceno, fortificò
Ravenna, Rimini e Fano per garantirle
da ogni sorpresa de'longobardi: quel du-
ce dimorò per alcuni giorni in Rimini,
^el pontificato di 6. Gregorio II l'impe-
ratore Leone III risaurico dichiarò guer-
ra alle 8. immagini^ e fece di tutto perché
RIM 361
fosse uccido il Papa che le difendeva. A-
vendo inutilmente s. Gregorio II tentato
il ravvedimento dell'iniquo principe, in-
sinuò a tutti i cìstiani di difendere la fe-
de cattolica e la chiesa romana, anche
colle armi. Quindi tutta la Pentapoli ri-
gettò i magistrati iniperiali e si elesse cia-
scuna il proprio duca: in Ravenna pre-
valendo la parte divota al Papa , in un
tumulto restò ucciso nel 728 circa l'e-
sarca Paolo, ed i longobardi suoi alleati
minacciarono di vendicarlo, per cui nel-
rE)»arcatoenella Pentapoli si temeva un
imminente eccidio. Per avere s. Gregorio
li scomunicato Leone e sciolti i sudditi
dal giuramento, quasi da per tutto furo-
no cacciati i ministri imperiali, e ciascu-
na città elesse i magistrati di proprio ar-
bitrio, governandosi a libei'o reggimen-
to. Roma e il suo ducato con altre 7 città
della Campania spontaneamente sì die-
rono a s. Gregorio Ile alla romana chie-
sa, dando principio alla sovranità tempo-
rale di essa. Inoltre le milizie del Piceno,
dell'Emilia, dell'Esarcato e della Penta-
poli si dichiararono per la difesa del Pa-
pa, vivendo sotto la protezione di s. Pie-
tro e da'propri magistrati governate, con-
tro l'esarca Eutichio, che co'Iongobardi
voleva vendicarsi di Gregorio II. L'im-
peratore a tale effetto mandò in Italia
una flotta, che appena giunta alle altu-
re di Rimini, di Pesaro e di Fano, da fu-
riosa tempesta fu ingoiata. Ne volle pro-
fittare Luitprando re de'longobardi, oc-
cupando nell'autunno del 728 Rimini e
le altre convicine città. 11 Papa prese le
difese de'popoli minacciati da'greoi e op-
prèssi da'longobardi, ricorrendo all'aiu-
to di Francia e della repubblica di Ve-
nezia; fece anche pace co'Iongobardi, on-
de tra le città che evacuarono vi fu Ri-
mini. Ma Luitprando ad insinuazione di
Eulichio, il cui potere ei*asi ristretto al-
la sola Ravenna, e per le istanze dell'im-
peratore Leone, cui premeva ricupera-
re gli stati d'Italia, nuovamente si armò
contro il resto dell'Esarcato e della Pea-
26a a I M
Uipoli, ed occupò Rimini ed aldi luoghi
nel 780 , devastando il Piccuo. Questa
guerra neirUmbria durò parecchi anni^
e costrinse s. Gregorio 111 ad invocare il
soccorso di Francia nel 788, perdié spe-
disse in Italia il suo esercito, avendo i
longobardi usurpato i Patrimoni {Iella s.
Sede (F). Frattanto l'esarca Eutichio,
per la partenza de' longobardi vei*so la
Lombardia, prese l'occasione di ricupe-
rai*e r£sai*cato, la Pentapoli ed altri stati
datisi alla protezione di s. Pietro, piglian-
do per assedio le città penta poli tane, cosi
Rimini. Tornato Luitprando, ben presto
riprese le città dell'Esarcato e della Pen-
tapoli. Nel 74 1 Papas. Zaccaria colla sua
energia ricuperò alla Chiesa molti domi-
nii,e contemporaneamente l'Esarcato e la
Pentapoli di nuovo si sottrassero da'lon*
gobardi, i quali nel 743 tornando a op-
primerle colle armi,rEmilia, l'Esuixato,
la Pentapoli e il Piceno ricorsero a s. Zac-
caria, perdiè impetrasse la pace. Questo
benefico Papa si portò a Pavia da Luit-
prando ed ottenne 20 anni di tregua. Di-
ce l' A m iani nelle Memorie di Fano, che
non è da dubitarsi che la chiesa romana
a questi giorni, e per essa s. Zaccaria, a-
Tesse il dominio delle città dell'Esarca-
to, della Pentapoli e di Roma. Nel 749
quando s. Zaccaria si recò a Perugia per
frenare Rachis re de'longoliardi dalle o-
stilità che commetteva contro gli stati ad-
detti a s. Pietro, il principe promise di
tornare a Pavia: in questa occasione l'E-
sarcato, la Pentapoli, il Piceno, l' Um-
bria e le Provincie aggiacenti a Roma, per
mezzo de'Ioro deputati si confermarono
nell'ubbidienza del Papa, e giurarono fe-
deltà alla chiesa romana. Da'quali bra-
ni d'istoria si rileva l'antico sovrano do-
minio della s.Sede anche su Rimini. Suc-
cesso a Rachis il fratello Astolfo, subito
mosse guerra all'Esprcato, e molestò la
romana chiesa nel 750. Sembra verosi-
mile, che in questa epoca i Papi in ogni
città de'Ioro domini! assegnassero de'giu-
dici; altrettanto sarà stato praticato con
RIM
Rimini. Nel 75^ essendo Papa SieGinoH
detto III, re Astolfo rivolse il feroce ani*
mo suo contro i romani, cinse d'assedio
e prese varie città dell' Esaltato, indi à
inoltrò nella Pentapoli» occupò Rimioie
le altre di essa, soggiogò il Piceno, mi*
nacciò Roma. S'interpose il Papa, ed et*
tenne una pace di 4o anni, quando alca-
ni mesi dopo il fedifrago Astolfo nuova*
mente si mosse sui luoghi occupati per
confermarsi nel dominio della Pentapoli
e del Piceno, ed avvisò i roroani di pre-
pararsi a riceverlo per sovrano. Stimo-
lato Stefano III dalle angustiate città di
ricorrere a Francia , parli nel 7 53 per
essa, passando per la Pentapoli e per Ri-
mini, ossequiato profondamente da per
tutto, quale loro padre, signore e protet-
tore. Giunto a Pavia per muovere l'ani-
mo d'Astolfo, avendo questo saputo che
le sue milizie aveano occupato rEsarcato,
non volle pacificarsi, agognando d'avan-
zare il suo dominio su Roma, e tenendo
l'esercito a quartiere in Rimini, Pesaro,
Fano e Cesena. Allora il Papa progredì
per Francia, ricevuto da re Pipino come
si sarebbe accolto s. Pietro, ed ottenne il
poderoso suo aiuto. Calato il re in Italia
due volte, costrinse Astolfo a restituire al
Papa l'Esarcato, da dove avea cacciato
Eutichio ultimo esarca (altri dicono co-
stretto alla fuga dai ravennati), e diede
alla s. Sede le ricuperate terre, oltre tut-
te le città dell'Emilia, della Flaminia e
del Piceno appartenenti all'Esarcato, die
Anastasio Ribliotecario novera, compre-
so Ri mini, Ariminum, e le altre città del«
le due Pentapoli e della regione, le cui
chiavi furono mandate sul sepolcro di s.
Pietro, insignum veriel perpetui domi/tii^
secondo la solenne promessa in preceden-
za fatta daPipinOj^ro remissione peccato^
rum meorum impetranda Exarcatum et
Penlapolim reipublicae romanae adem-
ptab, PttrOf et successoribus e/us traditu»
rum perpetuo possidenda^ ec. D' allora in
poi, tranne il tempo delle ribellioni e delle
straniere invasioni, i Papi esercitarono il
niM
clomiuio assoluto sulle cose civili, su Ri-
mini e sul resto clell'Esarcato. Per qual-
che tempo Ri mini e la Peutapoli gode-
rono pace, e sotto la Chiesa procurarono
di stabilir leggi e forma di un ottimo go-
\erno. Divenuto però re de' longobardi
Desiderio, per opera di Stefano III, ben-
ché promettesse con giuramento di non
molestare gli stati di s. Pietro e di resti*
tuire altri suoi patrimoni , nulla man-
tenne e aspirò al dominio di Roma. Oc-
cupò nel 759 quasi tutto r£sarcato egli
impose contribuzioni. Rimini e Pesaro fe-
cero resistenza lungo tempo, ma poi fu*
rono superate, onde i longobardi deva-
starono il resto del paese, eccettuata Fa-
no comechè ben fortificata. L'incursione
essendo giunta sino alla Campagna roma-
na, s. Paolo I ne scrisse a re Pipino, di«
cendogli che Desiderio era anche provo*
cato segretamente dall' imperatore gre-
co. L'autorevole interposizione di Pipino
fece sospendere il proseguimento della
guerra, ma con pretesti i longobardi ri*
tennero l'occupato, insieme a Rimini. In-
tanto nel maggio 764 si vide nell'Adria-
tico l'armata navale de'greci, onde i ra-
vennati, i riminesi e altri popoli suppli-
carono il Papa a spedire il suo esercito a
difenderli esollecitare il soccorso di Fran-
cia in favore della Pentapoli e dell'Esar-
cato. Non solo s. Paolo I ne scrisse a Pi-
pino, ma per aver contratto amicizia con
Desiderio lo sollecitò a rinforzare colle
sue truppe le città marittime dell'Adria-
tico, mettendo presldii in Ancona, Rimi-
ni ed altre città contro i greci. Desiderio
per riavere gli ostaggi ch'erano in Fran-
cia si piegò, e fece guarnire Rimini e gli
altri luoghi, proseguendo i greci a co-
steggiare l'Adriatico in tutto l'estate, con
gran costernazione de' limitrofi popoli,
finché si ritirarono quando seppero che
si erano collegati contro di loro i longo-
bardi duchi di Benevento, Spoleto e To-
scana soggetti alla protezione di s. Pietro.
Non ritirando Desiderio le truppe da Ri-
mini e altri luoghi presidiatii nel 769 te
R 1 M 263
lo costrinse Pipino per le calde istanze
di Stefano IV. Il successore Adrianol, co-
noscendo le trame de' greci e de* longo-
bardi, fece munire tutte le città confinan-
ti coi secondi, ed il fatto giustificò la sua
previdenza; imperocché ciò dispiacendo
a Desiderìo, più non curando la conve-
nuta pace, con formidabile esercito occu-
pò molte terre dell'Esarcato ed alti*i do-
mimi della Chiesa. Rimini nel 772 fusao-
cheggiato insieme con Cesena e Pesaro,
il Ravennate devastato, estendendo le de-
vastazioni e invasioni nelle alti*e provia-
eie e designando l' assedio di Roma. A-
driano I inutilmente Io pregò a cessare
di perseguitar la Chiesa, onde invocato
l'aiuto di Carlo Magno figlio degno di Pi-
pino, egli si recò in Italia coU'esercito nel
773, fece prigione Desiderio e die fine al
regno longobardico. Portatosi in Roma ,
ratificò le restituzioni e donazioni, com-
prendendovi le due Pentapoli e Rimini,
ed aggiungendovi altri stati. In questa oc-
casione gran parte dell'Esarcato si nomi-
nò provincia Romana, poi Romania Ro-
magna.
Con l'influenza de'francesi in Italia, fi-
no da Adriano I le città della Pentapoli
si erano sollevate, non volendo piti rico-
noscere i giudici che loro assegnava la s.
Sede, e ricusando di dar conto al Papa
di loro affari, per cui Adriano I se ne la-
gnò acremente con Carlo Magno, onde
si convenne che non avrebbe ricevuto in
corte i sudditi delia Chiesa, senza le let-
tere del Pontefice, il quale avrebbe altret-
tanto praticato coi franchi. Siffatta pre-
tensione si rinnovò sotto s. Leone III nel-
r8o4> dopo ch'egli avea ristabilito Tim*
pero d'occidente in Carlo Magno, volen-
do le città pentapolee eleggere il proprio
conte o giudice delle medesime, senza di-
pendenza alcuna dalla s.Sede; laonde li-
cenziati i loro giudici, altri n'elessero sen-
za il consenso di Roma : ma il Papa re-
stituì all'ubbidienza della Chiesa tutta la
provincia, come rileva Amiani. Neir848
Rimini in un alle altre città marittime
a64 R I M
fu saccheggiata dalla flotta de' saraceni
dell'Africa, comandati dall' ammiraglio
Sabba. NclFdgB i saraceni annidati nella
Spagna, penetrando in Italia fecero fre-
quenti scorrerie in Lombardia. La pro-
irincia di Romagna temendo d'essere sac*
cheggiatadaque'barbari,convocò un par-
lamento in Rimiui, dove intervennero i
deputati di Fano e delle città del Pice-
no: fu risoluto di ricorrere ai romani, per-
ché insieme con Papa Formoso accudis-
sero alla difesa de' propri stati; ma per le
discoixlie di Roma non fu possibile ripor«
tarne alcun soccorso. Mondimenoil Pa-
pa chiamò l'imperatore Arnolfo con l'e-
sercito, ed in qualche parte furono assi-
curate queste contrade dalle incursioni
de'saracenì. Poco dopo sopravvenne l'in-
vasione degli ungari, che tanto danneg-
giarono l'Italia, e poterono essere respin-
ti da Berengario I re d'Italia nel 904» il
quale obbligò le città dellaChiesa a rim-
borsarlo delle spese fatte, massime quelle
di Romagna e del Piceno. I popoli di que-
ste Provincie essendosi armati , nel 91 1
poterono valorosamente obbligare gli un-
gari, ch'erano ritornati a infestar l'ila-
iia, a passare in Toscana. I saraceni pro-
fittandone, comparvero con una flotta
nell'Adriatico; ma le milizie di Rimini e
di altre città marittime, portatesi in An-
cona, impedirono il saccheggio chedi lo-
ro si erano proposto i barbari. Nel 980
tornati gli ungari, scorsero per la Roma-
gna e pel Piceno, esigendo da ogni città
grossi tributi. Vuole Rubbi, contro il pa-
rere di Muratori, che ne'teropi longo-
bardici ogni città fosse retta con titolo dt
ducato e avesse la zecca particolare, colla
prerogativa ne'duchi di coniar moneta.
Certo e che Rimini in tale epoca ebbe i
suoi duchi che la governarono, e lo fu-
rono al tempo di s. Gregorio I, Maurizio
o Mauricio del 769 circa, infesto al clero
ravennate nella libera elezione del loro ar-
ci vescovo, e quelli costituiti dai Papi al
tempodi Carlo Magno: Giuliano già mor-
to nell'S 1 2 è ch'iamdiio duca glorio so (T A-
RIM
riminoj Orio irisse nel 9 r 9; e in nn di-
ploma dellantipapa Leone ili del 964
si apprende che ancora esisteva il ducato
riminese, mentre l'abitazione cle'duchi^
ra nella parrocchia di s. Maria in Corte.
Si vuole che tal corte fosse siala anche
residenza de'proconsoli. Indi Ritninieb*
he i conti che successero nel governo ti
duchi, e la t^essero per la s. Sede; tale fii
quel RodoI fo che godend osi i ngi usta raeo-
te buona parte de'beni del vescovato, per
lo che e sebbene morto il vescovo Uberto
nel 996 ricorse a Ottone II 1, che qualdi<
fensore della Chiesa volesse prendere \t
tutela de'beni della sua; il conte vivevi
nel 970, era riputato signore della cillà
e teneva per moglie la contessa Iiigelra
da; fone gli successe il fratello IldepraQ-
do del 1006. Si ۈ menzione di altro eoo*
te Rodolfo già morto nel i o46, ch'ebix
a moglie Sibilla, ed a figlia Marozia che
sposò Everardo conte d'Ancona e pare
anche di Rimini, contado che sembra a<
vesse ricevuto da s. Leone IX, giacché ì
Papi anche allora, oltre il supremo do-
minio di Rimini, ne aveano pure l'utile
possesso. Un 3.° Rodolfo è credibilecbe
avesse il contado da Benedetto VII! nel
101 1, indi Ugo. Di questi duchi e di que-
sti conti ne tratta Battagliai. Il suo fra-
tello Angelo nelle ^e//2one di Gio. Bra»
ni de'Parcitadi, opina che i conti di Ri-
mini del secolo XI non fossero governa-
tori, ma semplid conduttori de'proventi
del contado riininese, appartenenti alla
camera pontificia. Pretenderebbe Mar-
chesi, che Rimini divenisse verso questo
tempo vassalla di Malatesta tedesco stipite
della celebra stirpe, il quale fu nel 1002
istituito da Ottone 111 vicario imperiale,
i cui magnanimi discendenti estesero nel
Piceno i confini di loro signoria, si i*esero
tributaria quella provincia, una gran par-
te di Romagna, ed in Lombardia le il-
lustri città di Brescia, Bergamo e Crema;
ma de'Ma la testa parlei*ò a suo luogo, non
essendovi sicure proveche in questo tem-
po incominciassero a dominara. Anche
RIM
Amlani, citando Sansovìno e Saraoeniy
dice che nel 969 i Malatetti possedesse*
ro alcune terra in Fano, echeRamber-
to figlio di Mulatesta il Pacifico avesse
la signoria d'Ancona. Il Sigonio narra,
che Ottone 111 dopo il 988 o piti tardi,
venuto in Italia e fermatosi in Ravenna,
concedè infeudo alcune terre di Roma-
gna aMalatesta suo gentiluomo che avea
condotto di Germania, e dal quale usci-
rono i Malatet)li di Riuiini, di Fono, di
Pesaro e di altre città. Quest'imperatore
collocò poi-zione di sue truppe in Riraini.
Ivi a'4 aprile io47 si trovava l'impera-
tore Enrico HI col Papa Clemente II, e
vi emanò la famosa costituzione, Dejii^
r amento caluma iae clericorumj questo
atto di giurisdizione e qualunque altro
giudicato fatto dall'imperatore alla pre^
senza del Papa, si deve intendere fatto da-
ini come difensore della Chiesa e come
giudice superiore delegato dall'autorità
pontificia, esercitando l'avvocazia attri-
buita agl'imperatori dalla s. Sede, come
dichiarai a Placito e in altri relativi ar-
ticoli; essendo nel 1047 Rimini in mano
del Papa che vi esercitava reale possesso.
]NeJ I o53 s. Leone IX si recò in Rimini,
e vi consagrò il nuovo arcivescovo di Ra-
venna Eurico, secondo Nardi, Cronotassi
p. 78, ed il novello vescovo di LePuy,
Pietro deMercoeur, al dirediChenu,i?-
piscop, Galliae. L'imperatore Enrico IV
£ivorendo l'intrusione dell'antipapa O*
uorio 11, contro Alessandro II, ruppe la
concordia tra il sacerdozio e l'impero. Il
Papa ricorse all'aiuto di Goffredo poten*
te duca di Toscana e di Lorena, marito
della gran contessa Matilde eroina della
Chiesa, affidandogli in guardia e in am-
ministrazione Rimini e altre città de'con-
tadi marittimi, che guarnì di soldatesche
pel Papa, anche per essere l'arcivescovo
di Ravenna partigiano imperiale; allora
solendosi fare distinzione della Romagna
in marittima e terrestre o montana, co-
me si faceva per le duePeqtapoli.IiPa-.
pa continuò a dominare Rimini, almeno.
RIM 265
fino al loBx, nel quale anno essendosi
chiamato das. Gregorio VII, contro En-
rico IV che lo perseguitava anche colle
armi, il duca de'normunni Roberto Gui-
scardo, ed avendolo questo disfatto nel-
l'assedio diRoma,rimperalore posequar-
tiere in Fano, Ravenna, Pesaro e Rimini,
e vi passò l'inverno. Per mantenere l'e-
sercito alemanno, la carestia afflisse la
provincia e immensi furono i debili per*
ciò contratti dalle comunità. Rimini fu
jK)rzatamente obbligata ai voleri di En-
rico IV, il quale dal vescovo Opizone i.*'
fece con altri consagrare l'antipapa Cle-
mente 1 1 1 , in che non conviene Nardi per-
chè si confuse il vescovo Aretino con Ì'A-
rìminese, e per lungo tempo Rimini ed
i contadi marittimi soggiacquero all'im-
peratoi*e ed al suo marchese Guarnieri,
ne giovò dopo la pace a Pasquale II di
reclamarla ad Enrico V^ il quale come
il padre Enrico IV si mostrò nemico del-
la s. Sede. Ad onta del solenne accordo
fatto nel 1 122 tra Calisto II e l'impera-
tore,il quale si obbligò di restituire quan-
to da lui e dal genitore era stato usur-
pato alla chiesa romana, tuttavia Rimini
non fu da questa ricuperato che dopo la
sua morte, accaduta nel 1 125, onde O-
norio II costituì un marchese e duca vi-
cario pontifìcio,a governare il paese com-
preso Rimini; prima Alberto, poi Corra-
do divina gratta Ravennatum dux. In-^
sorto nel i i3o nell'elezione d'Innocenzo
II l'antipapa Anacleto II, questo scisma
non alterò la divozione di Rimini e di
Romagna verso il legittimo Papa. Dopo'
il 1 1 32 è oscuix) a chi ubbidisse la città,
e forse per concessione o tolleranza pon-
tificia vi avranno esercitato autorità, in
uno al resto della provincia, Lotario II
e Corrado 1 1 1 impera tori, ma sotto la pro-
tezione de' vesce vi, ch'é quanto dire delia-
Chiesa, i quali sostenevano i comuni in
istato di moderata indipendenza, acciò
poco potesse gravarli la soprintendenza
de'ministri imperiali, il che rilevasi* da
Battaglini ; sommo poi eiti il potere che
aA6 RIM
sul prÌDcSpato di Romagoa yA esercita-
rono gli arcivescovi diRaveona,ÌQ fona
d'investiture e privilegi pontificii e im-
S>eriali. Verso il iiS'j dal l'i raperà torà
federico I con diploma, Rimini ottenne
le prerogative della zecca, l'investitura
d'ogni diritto i*egale, l'amministrasione
e il governo della città e contado, anche
per tenerla ferma alla sua divozione con-
tro il partito del Papa, ed ancora per-
chè gl'imperatori greci sempra aspira va*
no a riprendere il dominio delle città ma-
rittime di Romagna e Marca. Così ileo-
ni une assicurò una forma di repubblica
indipendente da ogni ministro imperia-
le, potendosi governare pei consoli o pel
podestà, restandogli il solo peso dell'an-
nuo censo all'imperatore e straordina«
riamente il fodro regale, ossia l'obbligo
di alimentare i soldati, l'imperatore e la
sua corte in passando pel paese. Al dire
di Battaglini, Rimini non fece uso della
l'egalia e diritto della zecca, ma solo fu
intenta ad ampliare la propria giurisdi-
zione, e ad assoggettarsi quanto territorio
sembrò dovesse comprendere nel contado
riminese, per cui afi&cciò pretensioni su
quelli di Cesena, e Pesaro principalmente,
donde provennero differenze e guerre pet
confini e giurisdizioni. Pare che i riminesi
dovessero fare buone offerte all'impera-
Core, il quale largheggiava concessioni per
impinguare il suo tesoro, e secondo Cle*
mentini accordò pure a Ri mini un istro-
mento, col quale estese il contado sino
alla Foglia. Nemico della Chiesa, Fede*
rico I, nell'elezione di Alessandro III col-
le armi sostenne gli antipapi che uno do*
pò l'altro s'intrusero nella cattedra apo-
stolica: per proteggere il pseudo Pasqua-
le III, nel 1 167 si portò con l'esercito nel*
l'Emilia e da ogni città che si reggeva
co'propri magistrati esigette tributi, in-
cendiando e multando le avverse; ed é
perciò che Rimini spedi ambasciatori a
Cesena per sottomettersi ad ogni suo de-
siderio, ad esempio di Fano e Pesaro^ i
quali luoghi con Rinùni in tutta la qua-
BIM
resima dovettero alloggiare ràerri(o.Pfer
quauto Federico I avesse fatto per obbli-
garsi il comune riminese, nondimeno pre*
valse il partito pontificio, quando l'im-
peratore divenuto insoSì*ibile agritaliaoi,
ed esecrabile alla Chiesa per alimentar
ne lo scisma, la maggior parte delle città
italiane fedeli ad Alesiandi*o HI si oonfe*
derarono contro di lui: si crede che que«
sto Papa fosse in Rimini, allorché trave*
stito e incognito fuggiva dalla persecu*
£Ìone dell'imperatore. Al congresso tenu*
toa tal fine in Modena nell'ottobre 1 1 73,
tra gli altri consoli deputati delle citta
italiane, si trovò Seplmvi consul Arimi-
niei reciorcivUaiis, 1 riminesi furono soli
e primi tra gli altri popoli finitimi di Mar*
ca e Romagna, ad accedere alla confede-
razione dell'indipendenza, dichiarandosi
alla scoperta contro l'imperatore. Sicco*
Die però nel 1 174 un Trayei'sari fu per
Federico I conte di Rimini, pare che fosse
toitiato alla sua soggezione, e continuasse
sino alla pace fatta col Papa nel 1 177,
e tale ancora si conservasse fino al 1 183
quando fu prima in Piacenza stabilita la
pace da'legati imperiali colle città italia-
ne, in uno ai deputati riminesi, e poi ra-
tificata in quella famosa di Costanza da
Federico I, per assicurare la moderata
indipendenza che le città aveano acqui-
stata sotto idi lui predecessori. Pensa Bat-
tagliai, che Rimini per l'animosità dimo-
strata nel 1 173 contro Federico I, deca-
desse dall'amplissima investitura di tutto
il contado, che non ricuperò, perchè nella
pace furono statuiti vincoli di dipenden-
za dai vicari o nunzi imperiali. Aggiun-
ge inoltre, che per essere i riminesi uniti
ai ravennati, ne preferirono le niouete e
si astennero di usare la propria zecca e
moneta, diritto di cui però avanti il i2o5
se ne fece qualche uso, per cui descrive
la piU antica moneta riminese ; ma non
accettandosi le loro monete dagli stessi a-
mici ravennati, ne sospesero la battitura.
Bensì ritiene, che dacché i Papi spediro-
no in Romagna rettori, non «i potè dai
* ravennati impedire ai riminesi che le lo-
* ro monete si spendessera in qualunque
* ' luogo; se non che sì conteggiarono secon-
' do le monete di Ravenna (F.) quelle di
I Bimini. Preziose poi sono le notizie che
I dà Battaglini sulle monete riminesi e dei
i Malalesti» come di Romagna ed altre.
i Continuando le antiche differenze tra
I i fanesie pesaresi, a'quaii i riminesi avea*
i no mosso guerra per motivo di giurisdi*
I zione e pretensioni reciproche sopra dei
castelli, i riminesi nei 1207 dubitando
che Fano si unisse a Pesaro, rinnovaro*
no la confederazione con quelle condizio*
ni che si leggono in Amiani : in questa
occasione molli riminesi, forse maIcon«
tenti dei governo, passarono a stabilirsi
in Fano, col godimento de'privilegi dei
cilladini; ma quaudo più tardi altri ri*
minesi vollerofarealtreltanto, il comune
di Rimini io impedì. Nel I2i6vennera
a gran contesa Cesena e Rimìui per cau-
sa de'loro confini e per s. Arcangelo, ed
i piimi col favore de'bolognesi marcia**
rono contro Rimini, che avea il campo
fuori di Savignano, e s'impadronirono di
s. Arcangelo, superatane la fortezza colla
prigionia di 1800 nemici. Coi loro colle-
gati la guerra si accese maggiormente tra
le due citta, inviando i bolognesi contro
Rimini il carroccio. Onorio III scomuni-
cò Visconti podestà di Bologna, e prò*
mulgò r interdetto alle città collegate
d'ambo le parti. La guerra prosegui colla
peggio de'riminesi, finche s'interpose il
vescovo Ventura per la pace e per l'as-
soluzione a tutti delle censure pontificie.
Per tale guerra volendo il comune raf*
forzarsi, nei medesimo 12 16 ammise al
cittadinatico Gio. Maiatesta, eMalalesta,
a condizione ch'essi avrebbero di concer-
to guerreggiato i cesenati colla forza di
tutti i loro castellani, affidando loro le ca-
stella e i luoghi di giurisdizione rimine*
se, acciò potessero valersene nella difesa.
Qualunque sia l'origine de'Malatesta, che
i più dicono venuti in Italia con Ottone
111 e dotati di feudi in Romagna , è in*
RISI S67
dubitato che in questo tempo essi erano
costituiti in non ordinaria potenza e ta-
le da poter comodamente offendere i ce-
senati. Oltreché l'esenzione accordata lo-
ro da ogni imposizione, come non |iagata
mal in avanti dai loro maggiori, e il pos-
sesso dì case e torre nella città, fanno a«
gevolmente comprendere quanto già la
famiglia fosse possente e temuta in Ri-
mini. In questa epoca il comune, sebbe-
ne godesse non lieve libertà, nondimeno
era subordinato all'impero che vi tene-
va i suoi conti e la camera imperiale o
fisco, dove colavano buona parte de'pro-
venti delle giudicature, e di quegli altri
che si reputavano d'imperiale diritto. Pei*
cui buon numero di cittadini erano mal-
contenti di questa soggezione, in opposi-
zione all' iutiera amministrazione e giù*
risdizione accordata in perpetuo da Fede-
rico I sopra tutto il contado; mentre in
vece la tollerava la fazione aderente al
Parcitadi gran signori di Rimini, i quali
partecipavano del vìscontato o ammini-
strazione della giustizia. A questa domi-
nante fazione imperiale faceva contrasto
altro potente corpo de'cittadini, e gli ec-
clesiastici che aveano patito spogli e vi-
lipendi; laonde sorsero nelle città due fa-
zioni, ecclesiastica e imperiale, che a te-
nore della generale denominazione si dis-
sero Guelfi e Ghibellini {P^,y Questi mi-
rando ad accrescere ì proventi, pretende-
vano tenere tutti a loro soggetti,incl usi va-
roenteai castelli dell'arcivescovo di Ra-
venna, e al vescovo e canonica di Rimini,
e così credevano disporre degli uomini
loro e de'beni, imponendo tributi e gra-
vezze come fossero sudditi del comune.
Gli ecclesiastici o guelfi non potevano di-
fendersi dalle loro violenze che conisco-
m uniche e interdetti, che di continuo e-
rano costretti implorare dalla s. Sede. Leg-
go in Amiani, che nel 1229 i riminesi
collegati con altre città erano favore voli
alla Chiesa, per cui a'2 settembre fu con-
vocato in Rimini un generale parlamen-
to>ove intervennero i sindaci delie città
268 R I M
collegHtc, e si stabilì una lega perpetua
contro i ghibellini. Nei 1 3 1 8 il comune
si collegò coi conti di Monte Feltro, on-
de quando Buonconte i.° conte d'Urbi.
no volle insignorirsi di questa città, do<-
inandòraiutode'rinìiuesi cheavea soste*
liuti nella guerra di Cesena. Rimino volle
prima tentare la pei^suasioDCi ma non es-
sendovi ri usci lo uuì le sue forze a quelle del
conte e del rettore di Romagna per Timpe*
ratore.Àltoragli urbinati pregarono il ret*
tore a non guerreggiare contro una città
tanto di vota di Federico II, e piuttosto si
venisse ad accordi ; su di che tenuto nel
1234 un congresso in Rimini col vesco-
ITO, col podestà e altri principali, in uno
ai capitani dell'esercito, si stabilì la pace
e le condizioni, e gli urbinati si assogget-
tarono al Feitresco, come riporta Repo*
fati, Della zecca di Gubbio p* 72* Non
cessando l'imperatore Federico 11 di per*
seguitare la s. Sede, nel 1289 fu scomu«
lùcato da Gregorio IX, Io che fu di sti-
molo a'guelfi di dichiararsi difensori del*
Tecclesiastica libertà conltx> la tirannia
de'ministri imperiali, onde il Papa prese
questi riminesi sótto la protezione della
8. Sede : per la parte che tennero i Ma-
latesti in sififatle discordie, pub asserirsi
che sempre furono per gli ecclesiastici,
ed un Malatesta nel 1289 ebbe la pode-
steria della città. Nell'agosto del seguen-
te anuo venuto inRomagna Federico li,
e avendo ricuperato Ravenna e altre cit-
tà, probabilmente Rimiui si voltò al par*
tito ghibellino e nulla soffrì ; certo è che
nel 1243 ubbidiva ai ministri imperiah
che si studiavano vincere la contrarietà
del clero. I nobili che inclinavano al Pa-
pa furono esposti alle accuse de'ghibeU
lini, così la fazione guelfa detta dai loro
capi Camanzera e de'Gambacerri, fu e*
spulsa dalla città d'ordine di Federico li,
prevalendo la fazione contraria de'Par-
citadi. Ma dopo che nel 1 248 l'esercito
imperiale fu disfatto sotto Parma dagli
ecclesiastici comandati dal cardinal Mon-
telotigo, Malatesta il giovane da Veruc-
ElM
chio, figlio del già podestà^ tpttlkniitt
dal legato pontificio della Marca, ricot'
dusse m patriu i nobili guelfi, li fece trioa<
fiii-e, ne cacciò il TÌcarto imperiale e h
riconosciuto capo della fàzioae ecclesia»
stica, dopo avere ricuperato la città atti
Chiesa a' 1 6 aprile, superate oon podie
difiìcoltà e imprigionati ^o Dobili ghibei*
lini o di parte Omodea, i quali poi aveii* \
doli liberati promosse tra le parti unadu>
revole pacificazione. Così Malatesta da
Verucchio salì in gran credito presso i cit<
ladini, e in gran merito presso la corte poQ»
tificia. Nel 1 249 s« Pietro martire domesi>
cano colla sua zelante eloqueaza pose io
pace le discordanti comuni di Romagna,
operando il simile in Rimini^ altrettanto
facendo Filippo arcivescovo di Ravenna
coi guelfi, e coi ghibellini che ricovrati in
Montefeltro e in s. Mai'ino infestando il
Riminese, erano cagione di dissapori tra
il comune e il vescovo Feltrino. A tener
quiete le fazioni, fu reputato prudente
da Innocenzo IV di differire le sue ragio-
ni sulla Romagna, dacché appena ridot-
ta all'ubbidienza del cardinal Ubaldini,
fu dominala da Guglielmo d'Olanda re
de'romani, il quale coi suoi diplomi con-
fei'mò a'riminesi la concessione di Fede-
rico I, e costituì rettore e conte della pro-
vincia Tommaso di Reggio nipote e ma-
resciallo del Papa, il quale la resse per
l'impero col beneplacito della s. Sede. In
pari tempo Rimini ricercò a Innocenzo
IV d'essere confermata col patrocinio del-
la chiesa romana nella sua libertà e go-
dimento de'privilegi già impetrati da Fe-
derico 1, ed il Papa aderì con bolla dei
1 7 aprile i25o, e fra gli altri diritti che
confermò vi fu la coniazione della pro-
pria moneta. A quest'epoca pertanto si
deve credere, come vuole Battaglini^ che
i riminesi riaprissero con miglior esito la
loro zecca e coniassero de'Rimìnesi del
peso di 1 3 grani e denari 9, a guisa dei
Ravignani e j4ngotani{óìB.avenna e An-
cona), giacché queste due monete erano
uniformi e già egualmente valevauo in
Piimini. Alessandro IV conferrob la bolla
del pi*ecleces8ore. Pare che Tommaso go-
vernasse fino al I s^Q^ed essendo in que«
sto tempo risorta l'animosità delle fazio-
ni per la Tenuta da Francia di Carlo I
d'Angiò alla conquista del regno di Na-
poli, contro Manfredi bastardo dei defun-
to Federìco Ile capoparte ghibellino, si
apri nuovo campo a Malatesta da Veruc-
chio di dimostrarsi vero campione di par-
te guelfa in Romagna, che divenne divo-
ta ai francesi, non però qual capo del co«
mune di Rimini, del quale fu podestà ne-
gli ultimi 6 mesi del 1 263, come lo era
stato Taddeo conte di Montefeltro e nuo*
vamente nel 1 265 ritornando in pace la
città, siccome altro campione guelfo. A-
vendoambedue gareggiato colla loro pò*
tenza in sostenere l'Angioino, Carlo 1 di-
venuto re di Napoli e di Sicilia per in-
vestitura di Clemente lY, a questi il re
fece grandi elogi di Malatesta che ado-
però per suo vicario in Firenze. Le osti-
lità passate tra Malatesta e Guido daMon-
tefellro capo ghibellino, per la signoria
di Ghiaggiuolo nella diocesi di Sarsina,
si composero nel 1269 col maritaggio di
Paolo il Bello figlio del i.°, con Orabile
nata da Uberto ultimo conte di Ghiag*
giuolo , di cui lo sposo divenne conte e
rettore, ed in segnilo fu ucciso dal fra-
tello Giovanni il Zoppo in quel tragico
e memorabile modo che poi narrerò. Ri-
tornato Malatesta in Rimini con aumen-
to di credito e autorità, conservò la città
nel partito di Carlo 1 vicario di s. Chie-
sa, e militando co'suoi figli alla testa dei
guelfi ne sostenne l'autorità nella pro-
vincia, il che contribuì alla solenne ri-
nunzia che di essa fece Rodolfo I nel 1 278
a Nicolò III, al nunzio del quale Duran-
do, nel duomo il capitolo, gli abbati, i re-
ligiosi, ed il comune giurarono fedeltà e
ubbidienza, riconoscendo Rimini e suo
contado al Papa temporalmente sogget-
to, senza pregiudizio de'privilegi e con-
suetudini della città, che dal successore
Martino IV furono confermati insieme
R I M 2G9
alla protezione pontificia. T rettori o con •
ti (a Rayenka ne riportai la serie, cos\
de'Iegati) spediti dai Papi in Romagna,
talvolta per elevarsi o per inclinazione,
predilessero i ghibellini, e umiliarono i
guelfi, la cui superiorità dava loro gelo-
sia. Malatesta fu preso di mira a fronte
delle sue benemerenze, potenti parentele
e la podesteria di Rimini esercitata nel
1282, nel 1286 e seguenti anni, per e-
lezione del comune, in vigore de'privile-
gi pontificii e imperiali: il rettore Colon-
na lo multò col comune di grossa som-
ma e sottopose al bando, con pretesto di
aver assalito la rocca di Cervia, sospen-
dendo al consiglio di Rimini la facoltà di
eleggere il podestà; ma nel 1290 fu im-
prigionato in Ravenna dai Polentani, e
servi di lezione ai successivi rettori co-
me era pericoloso cozzare col Malatesta.
Però TAmiani dice che furono sentenziati
ribelli alla Chiesa Malatesta, ed i suoi fi-
gli Giovanni il Zoppo, e Malatestino che
avea occupato Monte Scutolo, onde i ri-*
minesi allora videro di marocchio i Ma-
latesta, almeno erano odiati dai loro e-
moli. Nel 1295 pel prudente rettore Du-
rando, introdotta nuova forma di mogi-
stratura nella città, dopo la strage e cac-
ciala de'Parcitadi e della fazione ghibel-
lina, Malatesta fu eletto podestà, ed an-
che difensore del pacifico stato de'citta-
dini e del comune,delle cui forze diven-
ne dispotico, e continuò ad esserlo senza
la podesteria : i motivi pei quali fu por-
tato Malatesta al potere, si leggono an-
cora in Garampi a p. 5 e ly.Da questo
tempo i Malatesta ottennero in Rimini
assoluta preponderanza, ma per allora
non presero alcun titolo che indicas«ie si-
gnoria. Lo spirito di fazione che vieppiì!i
dominava in Italia, teneva divisa ogni
città in due parli, i guelfi seguaci de' fran-
cesi e quasi sempre favoriti dai Papi, ed
i ghibellini fautori degl'imperatori, on-
de il maggior numero de'nobili cittadini
seguiva il più potente, com'era in Rimi-
ni Malatesta da Yerucchio, che non solo
270 RIM
resse il comune sua voglia, ma spesso
quelli delle altre limitrofe città, figurali-
do (|ual capo de'guelfi romagnoli. Boni*
facio Vili lo premiò nel 1299 con feu«
di, spoglio de'Bandi nobili pesaresi ade*
renti de'Colonna; questi passati in Fran*
eia guadagnarono la corteal proprio par-
tito ghibellino. Nel i3o5Pandolfo figlio
di Malatesta sottomise Pesaro, Fano e
Fossombrone (^.). Dopo che Clemente
V stabili la residenza in Provenza e in
Avignone (^.), i guelfi furono maggior*
mente tra vagliati, così il Malatesta e suoi
seguaci, finché Roberto re di Napoli fatto
dal Papa vicario di Romagna,come gran
feutore de'guelfi rassicurò lo stato di Ma-
latesta, il cui figlio Malatestino sopran*
nominato daW Occhio e il Cieco perché
lo era da uno per averlo perduto nella
fanciullezza, fu quasi sempre podestà di
Rimini, e per la sua moderazione, buon
capitano, guelfissimoe dellecosedi gover-
no peritissimo, fu stimato come il podre.
Malatesta pieno di gloria morì nel i3ia,
amato e onorato dai cittadini, che gli a*
veano fabbricato un gran palazzo, for*
nendolo di cavalli e di famigli. De'suoi
figli Pandolfo, Malatestino, Giovanni il
Zoppo e Paolo il Bello ^ \ soli due primi
vivevano; del 3.** nacquero Tino,Guido
e Ramberto, del 4*^ Uberto : a tutti rac-
comandò Tunione e diede utilissimi pre-
cetti. Di sua eredità fece tre parti eguali,
ai due figli superstiti, ed a quelli del de*
funto Giovanni, perché il nipote Uberto
lo credè bastantemente provveduto colla
contea di Ghiaggiuolo. Malatestino ePan*
dolfo osservarono gl'insegnamenti pater*
ni, sì successero uno dopo la morte del*
, laltro nella difensorìa della città, ed eb*
bero a se obbligati e concordi gli animi
de'cilladini.
Prima di progredire nella narrazione
compendiosa e cronologica de'principali
brani istorici di Rimini e de' Malatesta,
dirò qui in poche parole, altre serban*
dole in fine, della infelice morte di Paolo
il Bello figlio di Malatesta da Verucchìo,
RIM
e della sventurata Francesca da RìommI
sua cognata e moglie del fratelloGiovti*
DI, ricavandole dalle critiche, erudite e
importanti Memorie storiche intomo i
Francesca da Riminij racc€>ltedaldolL
Luigi Tonini ad illustrazione ddfallù
narralo da Dante nel canto F' delih'
ferno, con appendice di doctimenti, Ki*
mini tipi fratelli Ercolani i85a. Mala-
testa da Ver occhio ebbe da più mc^iS
figli, ma da Concordia Giovanni, Paolo
e Malatestino; quest'ultimo fu il 3.* non
il I .*" de'fratelli come altri scrissero. Pao>
lo per l'avvenenza del volto e pel bel gar-
bo della persona fu detto il Bello^ e fìi
il i.^ cui il padre procurò moglie e par-
ticolar signoria, di che già parlai. Paolo
piuttosto che cavallere8co,fu dato piùal*
l'ozio, che alla fatica, né sì mostrò caldo
delle brighe cittadinesche. Giovanni al-
rincontro, oltre essere bioittoe sozzo della
persona, fu anche zoppo, e perciò ebbe i
nomi dìGiancioUOf Lancellotto, Lancici*
lo e fu anche detto il Zoppo e lo Scianca-
lo. Non ostante fu uomo atto alle armi,
come buono alle cose di governo. Fu alla
testa di sue genti in più fazioni e podestà
in più luoghi, morendo nel i3o4.£l>be
due mogli, Francesca e Ginevrasinn. Dal-
la I.* nacque Concordia ; dalla a.'Tino,
Guido arciprete , Ramberto, Margheri-
ta e Ringarduccia. Francesca moglie di
Giovanni fu di alto animo e di beltà non
comune. Nel 1275 Guido di Lamberto
da Polenta (di cui e potente famiglia trat-
tai a Ravenna), per giungere a dpminar
la patria Ravenna ricorse in Rimini a
Malatesta , come il più reputato guelfo
della provincia, con l'aiuto del quale ven-
ne a capo del suo desiderio. Guido per
gratificare il Malatesta, e farsi più forte
air appoggio di esso, si dice cbe cedesse
allora la bella figliuola al valoroso Gio*
vanni. Pare che motivi di nimistà pree-
sistessero tra le due potenti famiglie; non
ostante si unirono col vincolo di paren-
tela. Come Francesca innamorasse Pao-
lo, e viceversa; come la mutua Gamma
RIM
diyampasse improvvisa alF Imprudente
lellura degli amorì di Lancillotto e di Gi«
nevra moglie d'Àrtù re d'Inghilterra; e
come poi questa li menasse al doloroso
passo, Io descrisse il divino poeta Dante
con canto mirabile e singolare cbe im-
mortalò per sempre l'acerbo e triste av-
venimento, ed egli slesso dice che dopo
averne udita la narrazione: Caddi^co*
me il corpo morto cade. Lo descrisse il
Boccaccio nel Commento, Noterò che il
eh. Filippo Mordani nella Raccolta di
prose e poesie ec, Bologna 1 836, questi
lagrimevoli casi elegantemente descrisse,
ed ecconé l'ultimo e fatale episodio. >» Ma
Paolo, a cui amore aveva presso che tolto
il debito conoscimento, aspettando posta
di tempo e di luogo, colse il momento
di entrare nella Qpmera di Francesca, che
v'era sola : né vi fu appena entrato, che
accortosene colui che stava in ispia,lo fé'
sentire a Giovanni; il quale senza essere
da alcuno veduto fu subitamente all'uscio
della camera della moglie,eposesiin luo«
go che non visto tutto udir potesse e ve*
dere. Stavasi Francesca seduta, e dinan*
zi le era Paolo, che le veniva dicendo pa«
role da mutare il cuore. Le quali parole
come udì Giovanni, non si può dire che
accesa collera gli entrasse subito nell'a*
nimo, perchè mosso dall' onta alla ven-
detta, corse colla mano alla spada che a*
vevaalato,egittat06Ì dentro, fu loro ad-
dosso quasi prima cheseneavvedesserOj
a gran voce gridando : Anime ree.E'l co-
si dire e'I passare ad entrambi d'un col-
po con la spada il petto fu tutta una co*
sa. Essi caddero e in poco d'ora moriro-
no". Il eh. d.^ Tonini riferisce, che il di
delia dichiarazione amorosa sia stato an-
che il dì della sorpresa e della morte, e?
scindendo con ciò la lunga pratica diso-
nesta, secondochè altri opinarono. I Ma-
latesta e i Polentani, dopo il tragico fide
de'miseri cognati, a cuoprire tanta ver-
gogna e£Scacementesi adoperarono, laon*
de la maggior parte degli scrittori non
stabilirono l'anno io cui seguì, die pare
RIM 371
ili:i83,ed m Rimini, non in Pesaro, lit
in 8. Arcangelo ; riportando l'encomiato
storico un erudito corredo di prove, con
la particolarità che il Colonna nuovo con-
te di Romagna, inorridito in Rimini pel
fiero caso, passò in Cesena. Opina che
l'abitazione di Francesca e il luogo della
terribile sorpresa, fosse in una delle case
atterrate nel piantarsi la rocca, combat-
tendo le altre opinioni su Pesaro, e sa
s. Arcangelo, ove si dissero colti all' im-
pensata i mal cauti cognati dalla bollente
vendetta di Giovanni. Non lascia il savio
scrittore di produrre di verse opinioni sui
motivi del fatto e sulla realtà della col-
pa, attribuendo alcuni a tutt'altra cagio-
ne il fiero caso; forse che per gelosia di
comando si scagliasse Giovanni contro il
fratello, e Tuccisione della donna potersi
apporre a disavventura, come se postasi
ella in mezzo a coloro, contendenti per
ragione tutt'altra di quello che ne fu ere»
duto, restasse con esso cognato ferita e
morta. Scrisse il Boccaccio, che Paolo e
Francesca con molte lagrime la mattina
seguente della loro uccisione furono sep-
pelliti in una medesima sepoltura. Altri
dicono che Giovanni veduta morta la mo-
glie e il fratello, ponesse modo alla sua
ira, e gl'iDcrescesse di coloro che avea tol-
ti di vita e li facesse sotterrare ambedue
onoratamente in s. Agostino di Rimini ^
come riporta il citato Mordani. Il Cor-
succi poi asserì, che neh 58 1 nella chie-
sa di s. Agostino di Riraini furono tro*
vati in un'arca di marmo i corpi di Pao-
lo e Francesca, involti in drappi di seta
conservatissimi.
Nel 1 3o8 uno spaventoso terrerooto,nel
giorno della conversione di s. Paolo, aprì
e diroccò molte delle torri ond' era fol-
tissima Rimini, altri lo dicono avvenuto
a'25 aprile, aggiungendo, che l' arco di
Augusto, spogliato degli ornamenti e del-
le iscrizioni, rimase tronco sino a tanto
che da Malatestino r/a/rOfc^/o fu fatto
restaurare : Battaglini dubita di questa
particolarità dell'arco. Malatestino s'im*
172 R I M
pfldronì di Cesena, ed in pregiudixìo del
suo figlio Fcrranlino, il fratello Pandol-
fo assunse le redini del governo di Rimi*
ni. Pandolfo con barÌ3aro tratto di perfi-
dia si disfece del nipote Uberto conte dì
Ghiaggiuolo ghibellino e inimicissimo dei
suoi parenti, in Roncofreddo, oTe a men-
sa l'a vea invitato. Nel i 3ilo Federicocon-
te di Monte Feltro Ga|)oparte ghibellino
e capitale nemicode'MalatestUjdesignbdi
levargli la signoria di Rimini: essendo essi
potentemente protetti da Papa Giovanni
XXII, questi scomunicò il Feltresco che
"voleva assediare Rimini, la quale essen-
dosi posta in difesa gli fece abbandona-
re il divisamento. Nel i32i Ferrantino
fece strage de'ghibellini in Fano, pero-
pera de'cittadini guelfi che aveano avu*
lo molti uccìsi in un'insurrezione, quin-
di s'impadronì della città col prelesto di
tenerla per la Chiesa. Galeotto neh 323
con piacere di Giovanni XXII sposò in
Rimìni Elisa nipote d'Almerico o Ame-
lio marchese della Marca e rettore di Ro-
magna, onde fu fatta nella città corte
sontuosa e onorata da tutti i guelfi d'I-
talia, che vi condussero da 1 5oo tra giul-
lari, giuocatori e commedianti. Nello stes-
so tempo per premiare solennemente i
Malatesta de'servigi prestati alla Chiesa,
Giovanni XXIl per mano d'Almerico fe-
ce vestire dell'abito del nuovo ordine dei
cavalieri di Cristo in Rimini, Pandolfo,
Galeotto e Malatesta suoi figli, Roberto
figlio del Zb^/TO^ Giovanni dì Tino, Fer-
rantino elalt Occhio f Ferrantino detto
Novello figlio dell' altro Malatestino di
Ferrnntino, Dandino di Paolo di Ghiag-
giuolo, Guido di Carignano di Fano e al-
tri, con tanta pompa e apparato che in
Rimini non si vide maggiore, accorren-
do ì limitrofi popoli, tutti trattati lauta-
mente da Pandolfo. Questi per gratitu-
dine ricomposto l'esercito l'unì al retto-
re, contro gli urbinati ghibellini, i quali
avendolo disfatto si die Pandolfo a risto-
rare le fortificazioni di Riniiui, Galeotto
quelle di Pesaro, Ferrantino quelle di
RIM
Fano; ma Pandolfo mon nel 1 326 eon
solenne pompa fu sepolto in s. Freii»
SCO : allora cessò la concordia tra'Mab*
testa di Rimini. Dopo la morte di Pn*
dolfo Malatesta, insorta gara tra Mali-
testa Guatiafiuniglia e Galeotto suoi {•
gliuolì per una parte, e Ferrantino rU
t Occhio figlio dì Malatestino dall'altn,
non senza un 3.^ partito di Giovanoiii
Zoppo f ognuno de'quali miraTa d'avan-
zarsi sopra degli altri due, fu presto la cit*
là divisa in altrettante fazioni. Né l'uno
de'cugini si tenne più sicuro dalle iniidie
degli altri, finché tanto d'autorità rimase
ne'coosìglierì.ln un lauto pranzo Malate-
sta Guaslafamiglia con tradimento fece
prigioniFerrantino,Ramberto,Malatesti-
no,FerrantinoNovelloeGaleotto: Ferrai»-
tino e gli altri uscirono presto dal carce-
re. Neli327 Rimini fu assediato dall'e-
sercito de'ghibellini condotto da Guido
Tarlati, già vescovo d'Arezzo, per rimet-
tervi Paixitadinode'Parcitadì e spogliar-
ne i Malatesta. Il coraggio però col quale
essi riceverono Guido,presto robbligaro-
no a sloggiai, dopo aver saccheggiato il
borgo di 8. Gibligollo. Indi Galeotto, an-
ch'esso liberato, si recò a Fano» donde
fuggirono i ghibellini; e Malatestino dì
Ferrantino uccise a tradimento Ramber-
to figlio del Zoppo^ con dispiacere del Pa-
pa, che ordinòal cardinal Bertrando Pog-
getto legato di levare dal potere l'ucci-
sore e Ferrantino. Pertanto neli33i il
legato chiamò in aiuto Galeotto e suo ni-
pote Pandolfo figlio dì Malatesta, per co-
stringere Ferrantino a rendere Ri mini
col suo contado alla Chiesa , dichiaran-
doli capitani di s. Chiesa, onde Ferranti-
no per mancanza dì fone cedette. Il le-
gato volle libera per la Chiesa la signo-
ria della città, avendovi costituito suo vi-
cario l'arciprete di s. Giovanni in Persi-
ceto, dandogli ad abitare la casa dì Fer-
rantino. Inoltre pose nella città qual ret-
tore per ia Chiesa, il nobile Dondacino
di Malavicino. Militando poi per il lega-
to contro i marchesi d'Este, Malatesta e
niM
Galeotto, furono fatti prigioni, ma subi-
to liberati, a condizione che occupassero
di nuovo Rimini e Pesaro. Narra Amia-
ni, che nel seguente anno il legato nel
parlamento di Faenza a nome della Chie-
sa die aTrateliì Malatesta e Galeotto, Fos-
sombrone e Pesaro, ì quali aiutarono Fer-
rantino a riacquistar le castella e Ri mi-
ni neh 333. Nondimeno volendo Mala-
testa regnar solo con Galeotto, e distrug-
gere la sua casa, per cui fu denominato
Guasiafamigliay con tradimento fece im-
prigionare Ferrantino e il figlio Mala*
testino, e Guido; poscia col fratello Ga-
leotto s' introdusse in Ri mini, il popolo
del quale li acclamò per suoi signori. Per-
ciò Malatesta e Galeotto, a fine di affor-
zarsi nella città, destramente studiaro-
no, che in loro soli si riunisse tutta l'au-
torità della pubblica magistratura e del
consiglio generale , ond' ebbe origine il
dispotismo de'Malatesta sul comune, -fa-
cendo in modo che il dominio divenisse
ereditario ne'Ioro discendenti, ed intan-
to a Malatesta maggior fratello fu com-
messo il dominio libero della città con
ampia facoltà. Battaglini nondubita,che
anco ogni arbitrio della moneta fosse at-
tribuito a'fratelli Malatesta, e cosi tras-
portato in loro per fatto del comune quel
diritto legittimo di coniarla, che in esso
fin allora era risieduto; e ciò non senza
oltraggio de'soTrani diritti della 8. Sede,
che tutto r arbitrio e ogni autorità del
comune, anzi il dominio della città, fos-
se trasfuso e posto in balia d'una privata
£imiglia. Avendo i Malatesta nella ricu-
pera del contado fugate le genti del le-
gato e fatto illustri prigioni, insorse poi
pel primato in Rimini fiera animosità tra
Malatesta e Galeotto, contro Ferranti*
no, che per alti*o venne sopita per timo-
re di quanto aveano fatto al legato, scu-
sandosi colla corte d' Avignone pel suo
mal governo ; doglianze che ripeterono
nel parlamento di Pescara nel 1 334» co-
me sì legge in Battaglini. Il cardinal Ber-
trando processò i Malatesta e li dichiarò
VOL. ivu.
RIM 273
incorsi nelle censure ecclesiastiche^ che
Giovanni XXII avea fulminato contro
gli usurpatori delle terre della Chiesa. Il
cardinale ritornò in Avignone ed i Ma-
latesta conservarono le signoriedi Rimi-
ni, Fano, Pesaro e Fossombrone, in onta
della s. Sede. Malatesta profittando del-
le commozione de'riminesi,a lui favore-
voli, fece decretare per legge municipale
l'esenzione per se e discendenti dall'os-
servanza d'ogni statuto ; indi si rafforzò
con potenti alleanze sì romagnole , che
straniere come Firenze. Nondimeno fu di
frequente molestato dalle armi di Nolfo
di Monte Feltro che avea ricovrato Fer-
rantino in Urbino, ordinario asilo de'mal-
contenti riminesi, per cui dovette chiu-
dei*si nelle mura della città. Sembra che
i Papi secondassero le operazioni di Nol-
fo e del suo alleato Ubertino da Carra-
ra, promosse da Ferrantino. Nel i338
Fano die il suo principato a Galeotto e
gli prestò ubbidienza. Neli34o Lodovi-
co il Bavaro, nemico della s. Sede e pre-
tendente airimpero, dichiarò signori di
Ri mini, Fano e Pesaro, i fratelli Mala*
testa e Galeotto, ed altri signorotti di al-
tre città, onde farsi un partito formida-
bile nello stato ecclesiastico. Adunque col
braccio imperiale i Malatesta si divisero
il principato: Pesaro l'ebbe Pandolfo,
Fano Galeotto, e Rimini lo ritenne Ma-
latesta. Contro di questi si sollevò il po-
polo nel settembre i342, ad istigazione
di Ferrantino e Mal a testino suo figlio. Al-
lora le genti del rettore,.occupata la roc-
ca presso la marina, s' impossessarono
della città ; ma sopraggìunto Pandolfo
prese d'assalto la rocca e nel dicembreMa-
latesta costrinse i cittadini ad arrendersi.
Nel seguente anno Galeotto, Malatesta e
suo figlio Pandolfo, consolidatisi nel do-
minio de'loro stati, scrisseix) a Clemente
VI in Avignone, di ritenerli in nome del-
la Chiesa, cui in luogo di censo intende-
vano di compensare colle spese fatte nel
conservare gli stati di Romagna e della/
Marca nell'ubbidienza della s.Sede. Ma-
18
374 RIM
latestìno odiando Malatesta suscìtb una
sollevazione in Riroinì, come negli stati
del figlio e fratello, senza conseguenze»,
aumentandosi sempre pi£i la loro possan-
za connuoTi dominiì. Neil 343 il cardi*
nai Almerico Castroluce legato con be*
neplacito della s. Sede rimise il comu-
ne di Rimini dalla lunga ribellione, e co-
si i Malatesta e loi*ofiiutori processati dal
cardinal Bertrando, dando a tutti V as-
soluzione, dopo aver fissato alcune capi-
tolazioni. Il cardinale mandò il rettore
di Romagna a Rimini, ove Pandolfo gli
presentò le chiavi della città, e passò nel
palazzo del comune ove ricevè il giura-
mento di fedeltà, e in ammenda la pro-
messa di 3ooo fiorini d'oro, e di riam*
mettere ì fuorusciti, fra' quali probabil-
mente i due Ferrantini. Non andò guari
che i Malatesta e il comune ricaddero in
disgrazia de'rettori pontifìcii nel 1 346.
Nel seguente anno i Malatesta ricevero-
no con grandissimo onore Luigi I re di
Ungheria, cui aveano somministrati ar-
mati per l'impresa dì Napoli. Il secondo-
genito di Malatesta fu fatto cavaliere ,
onde poi fu detto T Ongaro, G)l motivo
di questa guerra i Malatesta occuparono
Sinigaglia , Osimo, Kecanati , facendosi
chiamare signori dagli anconitani, asco-
lani e jesini ; laonde nel 1 348 anche qua-
si tutta la Marca venne in potere di Ga-
leotto, come dirò a Ripatravsone, indi
imbarcatosi si recò a sciogliere un voto
al 8. Sepolcro, donde ritornò in Rimini
che gli fece pubbliche allegrezze. In que-
sto tempoi MaIatesta,abbandonato il par*
tito ecclesiastico, si collegarono col Vis-
conti di Milano. Nel i35i coll'uccisione
di Ferrantino Novello presso il lago Tra-
simeno o all'assedio di 6ettona,terminò la
discendenza di Mala testi no daW Occhio^
per cui il vecchio Ferrantino dall' Oc'
duo suo .avo si riconciliò coi cugini. Ad
istigazionedi Ordelaffi da ForPi e di Gen-
tile da Fermo, sì portò negli stali de'Ma-
latesta il famoso Fra Monreale colla sua
compagnia di ventura ^ esigendo grosse
RIM
contribuzioni e ponendo tutte le casteb
e ville a sacco con ogni scelleratezza. Mi-
latesta Guastafamiglia non potendo k*
sistere all'improvvisa invasione, per al-
lontanare Fra Monreale da Bimini e di-
gli altri suoi stati gli promise 65,ooo fio-
rini d'oro, dandogli per ostaggio il figiìg
Malatesta Ongaro: questa somma (uri-
partita a carico di tutti i luoghi soggetti
ai Malatesta, non escluse le ville. Frat-
tanto da Innocenzo VI, dopo avere rin-
novato le censure contro gli occupatoti
de'dominii della Chiesa, nei 1 353 Rispe-
dito nello stato pontificio con esercito e
somma autorità il celebre cardinal Egi-
dio Albornoz, per togliere a' Malatesta
ed agli altri tirannettì e signorotti le cit-
tà e luoghi ch'eransi usurpati nella lon-
tananza della sede papale ; ed il cardi-
nale col suo valore raggiunse pienamen-
te lo scopo di sua legazione. Deliberala
la guerra contro i Malatesta, e postoli
campo e residenza in Gubbio, prese loro
Ancona, Fermo e altri luoghi della Mar*
ca, ed in un gran fatto d'armi presso Re»
canati fece prigioniero Galeotto, men-
tre sì ribellarono molte terre del conta-
do di Rimini eia stessa città fece lasot*
tomessione al legato nel 1 355. Vedendo
Malatesta impossibile il resistette , inviò
Ongaro suo figlio a Gubbio per tratta-
re col cardinale convenienti accordi eia
liberazione del fì*atello,munito delle com*
mendatizie dell'imperatore Carlo IV, del
re di Napoli Luigi I e de'fiorentini, es-
sendo riuscite infiuttuose le premure fat-
te alla corte d'Avignone, la quale avea
pubblicato rigoroso monitorio per tante
usurpazioni. Il cardinale condiscese su-
bito ad una tregua, per trattare una pa*
ce stabile e ferma dopo aver consultato
il Papa. Appianate tutte le difficoltà e re-
stituito alia Chiesa Ancona e Sinigaglia,
con quanto nella Marca possedevano i
Malatesta, d' ordine d' Innocenzo VI il
cardinal Albornoz investì Malatesta e Ga-
leotto a IO anni del vicariato, ammini-
strazione e rettoria di Bimini , PesarOi
RIM
^ Fano e Fossombrone, loro contadi e di-
< strettì, sì che in qtieir investitura acca-
li dendo la ooiorte loro Tenissero a succe*
I dere, pel rimanente del decennio, Pan«
i dolfo e Malatesta VOngaro figli di Ma-
I latesla. Che le città e annessi loro reg*
i gesserò a norma de'Ioro particolari sla-
I tutì, ove non si opponessero all' immu-
i nità della Chiesa; che ogni anno pagas-
I sero alla camera apostolica 6000 fiorini
d'oro di stampo fiorentino ( 1 000 er&no
stati offerti per Rimini), a titolo di cen-
so; e così per 3 mesi d'ogni anno sommi*
nistrassero a loro spese a richiesta del
Papa 1 00 uomini d'arme a cavallo: il qua*
le servigio, se per qualche triennio si a-
vesse voluto permutare in contribuzione
di contante , sarebbesi computato ogni
paio di cavalli con un ronzino a fiorini
1 5 d'oro ogni mese, e 1 1 fiorini ogni me*
se la provvisione di 5 conaestabili. Così
con esito felicissimo i Malatesta evitata
una pericolosissima guerra, furono assol*
ti da ogni pena della lunga ribellione, e
fatti nel 1 355 per lai.' volta legittimi vi-
cari di s. Chiesa e rettori d'un ragguar-
devole stato di 4 città, divenendo legale
quell'autorità che il consiglio di Riminì
già avea loro confidata sopra il comune,
il quale accedette a tutti gli accordi, di
che ne fu lietissimo Malatesta Guastafa-
' miglia principalmente, che nel governo di
Rimini faceva la principal comparsa. Né
d'altro abbisognarono i Malatesta a man-
tenersi in' legittima signoria e insieme in
diritto di coniar moneta, che procacciar-
si successivamente da' Papi conferma e
proroga di tale vicariato, il che felicemen-
te avvenne a' discendenti di Galeotto e
Pandolfo, che ùltimo signoreggiò in Ri-
mini a tutto il secolo XV , il che si ap-
prende dall' accurato riminese Battagli-
ni e da Amiani.Qui noterò che persisten-
do nella ribellione Forfi, Cesena, Faen-
za e altri luoghi, l'arcivescovo di Raven-
na Vaselli poi cardinale, nella cattedrale
dì Rimini pubblicò formalmente la cro-
ciata contro i GÌttadÌDÌ delle nominate
RIM 275
città e luoghi, i quali sottopose all'inter-
detto.
Ài desiderii d' Innocenzo VF corrispo-
sero come conveniva i novelli vicari, im-
perocché Galeotto eletto poco dopo dal le-
gato (che onorò di sua presenza Rimini
nel 1 356, e nel 1 357 pubblicò in Fano le
sue famose Costituzioni Egidiane) a ca-
pitano generale delle genti ecclesiastiche
e della crociata contro ì ribelli, non che
gonfaloniere dì s. Chiesa^ avendo preso la
croce, con Malatesta e con. Malatesta On*
garo, forzò prima con lunga guerra, che
terminò nel 1 36o, Ordelaffi a restituire
alla Chiesa Cesena, Forlì e Forlimpopoli,
e assicurò poi al legatola signoria dì Bo-
logna contro gli sforzi di Bernabò Visconti,
che da] Papa era stato privato del vica-
riato, mediante la segnalata vittoria dei
1 8 luglio 1 36 1 , nella quale spiccò il valo-
re di Galeotto, e l'accorgimento di Mala-
testa Guaslafamtglia che ideò un sagacis-
simo strattagemma. Morto quest' ultimo
nel 1 364 restò il vicariato a Galeotto suo
fratello, ed a Pandolfo e Malatesta Onga*
ro suoi figli. Pieno di gloria e di meriti,
Malatesta Qua staf amiglia prima di mo-
rire domandò perdono alle città delle of-
fese e aggravi loro recati, fece liberare tut-
ti i carcerati e dispensare a'poveri tutti i
suoi grani. Urbano V per rimunerare i
meriti di questa illustre famiglia, proro-
gò il vicariato a un nuovo decennio. Ga-
leotto per la sua saviezza e maturità di con-
siglio, per l'esperienza e prodezza ne' fat-
ti di guerra, fu sempre desiderato vicino
dai legati apostolici, per cui nel 1 372 Gre-
gorio XI lo dichiarò di nuovo capitano
generale delle milizie ecclesiastiche eooO"
federate contro i Visconti; comprò Borgo
s. Sepolcro, con patto di tenerlo a dispo-
sizione della Chiesa; perde il nipote Ma-
latesta Ongaro che fu sepolto con molto
onore in Rimini, e poco dopo Pandolfo
che lasciò il figlio Malatesta , onde Ga-
leotto assunse il governo dì Rimini. Nel
1375 riportò da Gregorio XI nuova in-
vestitura del vicariato e rettoria a vita sua,
276 filM
de'suoì figli e del pronipote Mala testa »
colla ooodizione che fino alla sua morte
ninno potesse parteciparne. Nel 1377
Gregorio XI, dopo che 6 predecessori a-
▼eano risieduto in Af ignone con tanto
danno d'Italia, restituì a Roma la residen-
sa pontificia , ove nel 1378 gli successe
Urbano VI, contro il quale insoi*se T^/i»
tipapa Clemente FlI (F). Urbano VI
per la fiducia che a?ea in Galeotto, Tin-
irìò in Anagni per persuadere l'intruso a
dimettere il nome assunto di Papa , ma
inutilmente; quindi a conto di quanto era
creditore dalla camera apostolica per pre*
stanze fatte, gli die in vicariato Cesena,
che occupò insieme a Bertinoro, cacciate
le genti dell'antipapa, e nel 1 379 lo co*
stituì rettore; di venendo anche Sinigaglia
di sua giurisdizione, come Cervia tolta
allo scismatico Polentano qual rettore di
Romagna. Morì Galeotto ne' primi del
i383 piamente in Cesena , sebbene in-
defesso nel governo di Ri mini; ove por-
tato il corpo, in s. Francesco gli furono
celebrati magnifici funerali, e lodato con
eloqueotissima orazione. Per toglhei*e o-
gni dissensione, a esem pio del fratello Ma-
latesta, divise in antecedenza i suoi stati
a Carlo, Pandolfo, Andrea Malatesta, e
Galeotto Novello detto anche Belfiore ^
suoi figli legittimi , ed a Malatesta suo
pronipote, riportando prima da loro giu-
ramento che sarebbero stati contenti e
quieti. Amiani dice che Carlo ebbe Ri*
mini, con diversi luoghi della Marca,nel-
rUmbrìa; Pandolfo Fano e altre città; An-
drea Cesena, Fossom bicone e Bertinoro;
€ Galeotto Novello Cervia, Meldola, Bor-
go s. Sepolcro, il Piviero di Sesti no , il
Sasso e Monte Fioi*e. Di Malatesta proni-
pote non ne parla; bensì loda la mirabile
armonia tra Carlo , e Pandolfo il quale
come minore era assistito dal fratello nel
governo di Fano, come parla della nimici-
zia tra Pandolfo e Andrea pel dominio di
Fossombrone devoluto al 2.^ Carlo fu co-
me il padre suo pio e rispettoso verso la
Chiesa, e fido difensore del suo vero ca-
RIM
pò, durante il lagrìmevole lungo sdsma
sostenuto in Avignone dal fiilso Clemente
Vile poi dal successore pseudo Benedd»
to XIII (F.). Urbano VI lo ooatitiù beo |
presto l'ettore di Romagna per gli a&i
temporali, e gonfaloniere di s. Chiesa;
non meno il Papa confidò in Pandolfo al
modo narrato da Amiani, che tante bel-
le notizie ci dà de'Malatesta, sia per la
signoria di Fano , che degli altri domi-
nii.*Carlo esattamente diportandosi nelle
sue cariche, fu da Bonifacio IX a'5 geo*
naioiSgi confermato ne' vicariati di Ri-
mini, Fano, Fossombrone e altri luogbi,
insieme co'fratelli che concordemente se*
guivano il buon partito, dopo avergli a'a
affidato per 9 anni il governo e domioio
di Cesena, Sinigaglia, Meldola, s. Arcan-
gelo, Pergola, ec. per V annuo censo di
7000 ducati, al dire di Battaglini. Que«
stì inoltre osserva, che la menzione che
si fa nelle bolle di Bonifacio IX a £ivore
di Carlo efratelli del vicariato di Fossom-
brone, e il silenzio del vicariato di Pesa-
ro^ mostrano che male asserì Clementi-
ni, anche dal diligente d.' Tonini quali-
ficato inesatto storico, Pesaro e Fossom-
brone essere state assegnate dal defunto
Galeotto a Malatesta suo pronipote. Al-
rincontro Bertinoro, che non si vedeoom-
presa nel dominio di Galeotto, comechè
Clementini la riponga nella porzione da
lui assegnata ad Andrea Malatesta, fu da
Bonifacio IX impegnata a Carlo e Q*atel-
li a' 1 4 luglio 1394 pera2,ooo lire, ch'es-
si improntai*ono dopo avere assai ben di-
feso quella città contro gli Ordelafiì : ma
Amiani dice che il Papa vendè ai fratel-
li Malatesta Bertinoro, per 22,000 fio-
rini. Aggiunge Battaglini , che Galeotto
Belfiore godè parte di Cervia, altra spet-
tandone al conte d' Urbino , e pare che
dei sali ne partecipassero gli altri fratel-
li. Leggo inoltre in Novaes,(SVoria dìBo'
nifacio IX, che questi nel 1392 condan-
nò e costrinse a chiedere perdono Ma-
latesta de'Malatesti (forse il pronipote di
Galeotto) usurpatore di Todi, che poi
RIM
gli die in prefettura peno annì,coiran-
nuo censo di 3oo scudi d' oro : ribella-
tosi nuovamente nel 1894 con impadro-
nirsi di molte città , il Papa lo disse in-
corso nella scomunica , lo privò di tutti
i beni e lo dichiarò schiavo di chiunque
lo potesse prendere. D'altronde appren-
do da Amiani , che in detto anno Bonl«
£icio IX concesse Todi ad Andrea Mala-
testa signor di Pesaro, e che confermato
poi in quel vicariato, acquistò la rocca di
Orte, e Nami ; ma sollevatesi contro dì
lui alcune terre delfUmbria, gli conven*
ne rinunziare quanto in quella provincia
avea acquistato dal Papa, il quale in ri*
compensa de' servigi che prastava alla
Chiesa Pandolfo, gli confermò il vicariato
di Todi e di Orte. Nel i SgS Bonifacio IX
dimorando in Asisi per la ribellione dei
romani, soltanto tornò in Roma quando
accettarono per senatore Malatesta da lui
nominato e figlio di Pandolfo signor di Pe«
sarò; il quale portò a difesa del Papa con-
tro i Colonna, soccorsi di Fano, Pesaro e
Rimini. Dice Compagnoni, che con Mala-
testa il popolo romano rinnovò negli stra-
nieri, per compiacere il Papa, la dignità
senatoria ; Malatesta pose in fuga i Co-
lonnesi. Pandolfo pei servigi prestati al
duca di Milano , per le paghe che gli si
dovevano, e pel denaro improntato nelle
sue guerre, ebbe in compenso le città dì
Brescia e Bergamo. Nel 1398 gli morì la
moglie Paola Bianca, cui fece celebrare
splendidi funerali , ed in s. Francesco le
eresse un sontuoso monumento, qual si
doveva alla sua celebrità, siccome d'ani-
mo più che virile, miracolo di bellezza e
di virt£i, chiamata dai fiinesi in riverenza
la gran signora de' Malatesta. Sagace e
maturo politico fu Carlo , e il più delle
volte compreso nella confederazione ita-
liana per frenare l'ingordigia di Gio. Ga-
leazzo duca di Milano, contro l'esercito
del quale nel 1 897, qual comandante del-
la lega, liberò dall' assedio di Mantova
Francesco signore di essa e suo cognato.
Avendo continua cura di sostenere colle
RIM ^ 177
armi le ragioni della Chiesa, poste in con*
fusione dal perniciosissimo scisma, aiu-
tò a ricuperar Bologna al cardinal legato
Cossa, cui divenne accettissimo, ma ncjù
ne seguì le parti quando successe ad Ales-
sandro V col nome di Giovanni XXIII
(^.), ambedue eletti contro il legittimo
Gregorio XII {P^,)^ la cui giustissima
causa avea da principio abbracciata con
tanto onore del suo nome, per cui lo ce-
lebrai in tutti i relativi articoli; giammai
cedendo alle insinuazioni eofièrtedi Gio-
vanni XXI 11 , ricusandosi di assisterlo.
Imperocché Gregorio XII nel bollore del-
le sue tribolazioni, mentre si ordiva il
concilio di Pisa{F,) per deporlo, nell'ot-
tobi*e i4o8 con 8 cardinali e molti ve-
scovi si recò a Rimini, accolto dagli of-
ficiali di Carlo assente con tutti i possibili
onori, e vi passò tutto l'inverno, secondo
Ferlone, De* viaggi de' Pontefici, àie di-
ce averlo Carlo invitato. Il Papa spera-
va grandi aiuti da' suoi amicissimi Ma-
latesta, ma Pandolfo ei*a tutto intento al
conquisto del Milanese. Andarono a in-
chinarlo gli ambasciatori di Fano e delle
altre città e luoghi a lui fedeli, e poco
dopo vi giunse Carlo stesso dalla Lom-
bardia, per servirlo con ogni riverente a-
morevolezza, e promettendogli energica
e affettuosa assistenza. In Rimini conven-
nero moltissimi personaggi a venerare il
Papa e trattare di sua causa principal-
mente sostenuta da Carlo; quindi nel
1409 Gregorio XII partì da Rimini, e si
avviò per Cividah {F'.) a celebrare un
concilio, onde opporlo al Pisano da al-
cuni chiamato conciliabolo, e nel quale fu
appunto eletto il suddetto Alessandro Y.
In questo tempo giunse a Rimini Polis-
sena figlia di Ladislao re di Napoli, che
Carlo avea procurata in isposa al fratel -
lo Andrea, per cui si fecero grandissime
feste, giostre e tornei,' anche per lo spo-
salizio di Paola figlia di Malatesta signor
di Pesaro, col Gonzaga signor di Man-
tova. Mentre Gregorio XII e Alessandro
V eccitavano ì popoli all'ubbidienza pi*o-
278 RIM
prìa^ il 2.^ moti nel i4io in Bologna e
gli successeli ineoto?atoGio vaimi XXI II,
aderendo costantemente i Malatesta al
vero Gregorio XII, ti*aime Malatesta da
Pesaro che militava per Temolo. Carlo
operosamente conservava i maceratesi al-
la divozione di Gregorio XI 1, il quale fu
aLI>andonatoda re Ladislao già suo gran-
de appoggio, per seguire Tavvei^sario na-
poletano e perchè agognava il pieno con-
quisto di Roma. Adunque Gregorio XII
nel declinar di marzo 1 4 1 ^ o verso la fine
di ottohre, costi*etto a fuggire da Gaeta
su due navi venete che ivi aveano appro-
dato, ed accompagnato dai nipoti cardi-
nali Corraro, Barbadigo, e Coudulmieri
poi Eugenio IV, giunse a Rimini dopo
aver scansato diverse insidie, ed essere
stato in Arezzo secondo Amiani, ricevu-
to nobilmente dal generoso e incorrut-
tibile Carlo. Amiani dice che il Papa ar-
rivò in Fano a'22 dicembre con pochi
prelati e cardinali, accollo da Pandolfo
e da Galeazzo suo figlio, magnificamente
trattato per due giorni dal pubblico, pas-
sati i quali proseguì nella vigilia di Na-
tale il viaggio per Rimini, servito dal po-
destà di Fano e da tutti gli ufficiali del
comune di Rimini, con regi onori e feste
da Carlo trattato, ad onta delle contra*
rie rimo8ti*anze di Giovanni XXIII,che
Amiani chiama antipapa, il quale perciò
dimostrò il suo disgusto anche coi fanesi, e
col far dare il guasto alte terre de' Mala -
testi da Bracci oFortebraccio. Però Nardi
racconta che Gregorio XII solcaudo il
MediteiTaneo e l'Adriatico, dopo lunga
navigazione, e ben pericolosa per gli ag-
guati del partito contrario, a'22 dicem-
bre sbaraò al Porto Cesenatico (di cui nel
voi. Lfiy,p. 1 g3) con 3 cardinali. Ilgior-
no appresso partì accompagnato da Car-
lo Malatesta, che lo condusse al di luì pa-
lazzo di campagna di Bellaria, e nel se-
guente giorno 24 vigilia di Natale, es-
sendogli andato incontro il clero e po-
polo di Rimino, entrò nella città. Nel dì
6 gennaio i^i^, giorno dell' Epi&nia,
RIM
per la prima volta dopo il di lui arrivo, il
Papa disse messa in cattedi'ale. Io me-
moria di queste cose, Gregorio XII di-
stese un breve de'24inarxo» che conser-
vasi nell'archivio capitolare, nel quale
racconta tutto e concede una plenaria in-
dulgenza a tutti quelli della citta, terri-
torio e contado di Rimino» i quali dai
primi ai secondi vesperideir£pifiinia,in
perpetuo visiteranno la cattedrale, eh '^
gli appella ipsi ronianae ecclesiae immc'
diate suhjecta. Mentre il Papa stava in
Rimini, andò sovente a villeggiare a Mon-
te Scudolo e MonteFiore castelli del rimi-
nese.Stando a MonteFiore, Gregorio XII
a' i3 giugno i4i 3 concesse per 10 anni
a Malatesta il vicariato di alcuni castelli
della chiesa Ravennate. Frattanto men-
tre pacificamente Gregorio XII dimoraTa
in Rimini, si convocò il celebre concilio
di Costanza (P^-), per dar fine allo sci-
sma turbolentissimo. Gregorio XII che
sinceramente amava la pace della Chie-
sa, vi spedì il cardinal Domenici arcive-
scovo di Ragusa per farlo aprii-e cano-
nicamente, e Cario lo confortò ed otten-
ne dal Papa la libera rinuncia >del pon-
tificato, per la quale si dice che contri-
buisse s. Vincenzo Ferreri che stava nel
convento de'suoi domenicani, ove già in-
segnò pubblicamente la filosofia e la teo-
logia il dottore s. Tommaso d'Aquino:
anche il cardinal Domenici concorse a
persuadere Gregorio XII al grande atto.
Benché dai Malatesti si fosse dato il ca-
rico di eseguirla a Pandolfo, come piìi a
portata di trasferirsi in Costanza, con-
vennenondimenoa Carlo sul finir di mar-
zo di passare al concilio come procura-
tore e plenipotenziario di Gi-egorio XII,
e quindi nella sessione 1 4-' effettuò il suo
mandato amplissimo, con l'eroica e so-
lenne abdicazione a'4 luglio 141^9 salito
sopra un trono come fosse il Papa: dopo
avere esaurito l'atto, non rappresentan-
do pid il Papa, scese dal trono e andò a
collocarsi in una sedia ordinaria. I padri
del concilio per rimunerare tanta ma-
RIM
gnauìmità, lo confermarono nel cardina-
lato e il primo in dignità dopo il futuro
Papa, e gli conferii*ono la legazione della
Marca, con amplissime facoltà, con quelle
distinte prerogative che narrai nella bio-
grafia di Gregorio XII; venendo rico-
nosciuti i cardinali da lui creati, ed ap-
provate le cose operate nel di lui pon-
tificato. Saputosi dal Papa il praticato
nel concilio, in Rimini adunò il concisto*
ro, in cuit:omparì per l'ultima volta co*
gli abiti pontificali, approvò quanto il
procura toi*e suo rappresentante Carlo a-
\ea fatto in suo nome, depose il triregno
e le altre insegne, e tornò ad essere car-
dinal Corraro.Dice Àmiani che nel prin-
cipio di settembre \^\S giunsero in Ri-
mini gli ambasciatori del concilio di Co-
stanza al cardinal Corraro, col quale pas*
sarono per Fano, andaodo a Macerata
per istallarlo legato della provincia, ed
umministratore di quella chiesa e di Ae*
canati (^*), ove si stabili, mori e fu se-
polto. Avendo Carlo senza risparmio di
cure sempre agito per restituir la pace
alia Chiesa, non rimase priva di premio
dal concilio la saggia e zelante sua con-
dotta, imperocché avendo ottenuto da
Gregorio XII il rettorato della Marca,
il concilio lo confermò, accompagnando
nella medesima il detto legato. Ne'3 anni
circa che Gregorio XII dimorò in Rimi-
ni, quivi morirono diversi cardinali, ve-
scovi e prelati, per cui si fecero in diversi
tempi decorosi funerali. 11 concilio depo-
se Giovanni XXI II e l'antipapa Benedet-
to XIII e nel i4> 7 elesse Martino V. Per
le guerre ohe dovette sostenere nel ret-
torato, si dimise e ottenne in cambio nel
1420 da Martino V, a titolo di vicariato
perpetuo, Osi mo e suo distretto, con al-
tri vicariati e con mero e misto impero,
da conseguii'si dopo di lui dalfratelloPan-
dolfo e da' nipoti ; altri dicono che Pan-
dolfo fu in Roma a venerare Martino V
che avea splendidamente alloggiato in
Brescia, che lo fece capitano generale di
s. Chiesa, che morì nel 14^7, e che gli
RIM 279
furono celebrati magnifici Tunerali. Carlo
due volte fu fatto prigioniere, nel 1 4 1 6
e nel i424> ^^ Braccio sotto Perugia e
trattato con alto riguardo, e del duca di
Milano in Zagonara perriconquìstareagU
Ordelaffi Forlì. Senza prole e discenden-
ti, fuori di 3 naturali di Pandolfi), nel
14^8 si portò in Roma da Martino V,
ed ottenne che ne sanasse i natali e gli
abilitasse a succedere ne' vicariati, tranne
0«mo, Cervia, Sinigaglia, Borgo 8. Se-
polcro, l^pndavio, Pergola e 5 altre terre
che il Papa volle alla sua morte tornas-
sero alla Chiesa. Mori nel 1 4^9, con gran
lode di somma pietà, senno e valore, col
quale difese sempre i diritti della s. Se-
de. Rese Rimini vieppiù ubertosa e fio-
rente, proteggendo l'arte della lana che
vi aveano introdotta nel 1261 i religiosi
umiliati, e vegliando alla conservazione
del porto sulla foce del Marecchia, come
due sorgenti di ricchezze, non che ad al-
tre manifatture in cui facevasi vantag-
gioso commercio, laonde si dice che la cit-
tà gli rendeva 44>ooo scudi d'oro annui,
avea 5 borghi ognuno popolato da 4 o
5ooo anime, e teneva al suo servigio 4o
navi di mercanzie.
Il nipote Galeotto Roberto, di dolce e
virtuoso carattere, gU successe nel gover-
no di Rimini, anche a nome de'fratelli
Sigismondo I, Pandolfo e Ma la testa No-
vello, e di Fano, Cesena e Fossombrone.
Ma Martino V fece dal vescovo intimare
a Galeotto la devoluzione degli stati alias.
Sede nel gennaio i43o, indi gli riusci ot-
tenerne la Conferma. Avendo Galeotto
Roberto rimosso i consiglieri lasciati dal-
lo zio, uno di questi, Giovanni Ramber-
to Malatesta discendente dal Zoppo e di
molta autorità, sollevò i riminesi e fu vi-
cino a impossessarsi della signoria, se Si*
gismondo tuttoché di 1 3 anni non aves-
se richiamato il popolo al dovere. Galeot-
to Roberto fu alieno da ogni cura monda-
na e dedito intieramente alla preghiera
e alla contemplazione, per cui Eugenio
IV l'esortò a moderarsi e ad occuparsi
nSo R I M
del goverao. Laonde e per le ribellioni
accadute in Fano e Cesena^rìsolTè di ri-
tirarsi e di cedere il potere ai fratelli. A-
veodo nel i432 risoluto Eugenio lY di
togliere Pesaro ai Malatesta, che per vin«
colo di parentela aderivano ai Colonna
suoi nemici, non aveano pagato i censi ed
aveano fomentata la sollevazione di Rimi*
ni, spedì con l'esercito il famoso Vitelle-
schi vescovo di Recanati e Macerata, Ga-
leotto Roberto s'interpose col Papa, e li
rimise in graiia. NelKsua pietà Galeotto
Roberto fu benefico colle monache di s. A-
g06tino,ed a'girolamini del b.PietroGam •
bacorta die la chiesa di s. Girolamo col
contiguo convento, che divenne celebre
per la santità di molti di quelli che l'a-
bitarono : a questi religiosi ne'primi del
seguente secolo fu data ancora la chiesa
della B. Vergine della Colonna nel su*
burbio della città, celebre per lo sti*epi-
toso prodigio col quale difese l'innocen-
za d'un pellegrino che si dovea impicca*
re. Non potendo Galeotto Roberto lolle*
rare gli ebrei che in gran numerosi era*
no stanziati nel suo dominio, per privile*
gio di Martino IV, e che vivessero confusi
coi cristiani, ricorse al Papa che vi prov-
vide anche con far loro portare un segno
con sua gran consolazione. Indi si ritirò a
vivere tra'religiosi, vestendo l'abito fran-
cescano, e consunto dalie astinenze e ma-
cerazioni, in s. Arcangelo morì in odore
di santità a'io ottobre 1 432; onde tras-
portato il corpo a Rimini incontrato dal
vescovo e dal clero, poscia la sua sepol-
tura fuori della porta maggiore della chie-
sa de'francescan idi Rimini, fu lungo tem-
po frequentata dalle divote persone e te-
nuto per beato, per le guarigioni di molti
reputate miracolose. Sigismondo I di alti
spinti e bellicoso, succede nella signoria
indivisa con l'altro fratello Malatesta, ri*
chiamando parecchi nobili dal bando: si
congiunse in matrimonio con Ginevra
d'Eiite, ma innamoratosi poi di Polisse-
na Sforza, corse fama che le propinasse
il veleno. A'3 settembre i432 ricevè in
RIM
Rimini con gran pompa rimperatore Si-
gismondo cheritornava ne'suoi sta ti. Am-
bizioso fin da principio d'ampliare il suo
stato, o ricuperar quello che il fratello
Galeotto RobertoavearestituitoallaChie-
sa, profittò della gran ribellione e conci-
liabolo di Basilea che tenevano angustia-
to Eugenio IV, e riprese Cervia. JNondi-
meno nel 1 435 militò pel Papa x]ual ca-
pitano generale , vicario di Romagna e
gonfìiloniere di s. Chiesa, e per essa ricu-
però ed enti*ò in Bologna. Indi incomin-
ciò la fàbbrica della rinomata fortezza,
per cautelarsi da qualunque sedizione dei
cittadini, ed allora fu lodata opera mi-
rabile, prendendo il suo nome: la descri-
zione la riporta Battaglini, còlle opere ag-
giunte. Perseverò con brillanti successi
in tal servigio papale, finché nel 1 44<>
in seconde nozze avendo sposato l'avve-
nente Polissena figlia del conte France-
sco Sfoi*za, si trovò impegnato, a seguirlo,
e sostenerlo colle armi nella signoria del-
la Marca d'Ancona, anche per mire d'in-
grandimento, a dispetto d'Eugenio IV e
combattendo contro le sue milizie, dopo
avere per precauzione diviso col fratello
Malatesta gli stati e la signoria, cedendo a
lui Cesena e Cervia, ritenendo per se Ri-
mini e Fano. Dipoi dall'alleanza del suo-
cero si ritirò, quando Francesco contri-
buì che la signoria di Pesaro passasse nel
fratello Alessandro Sforza, mentre egli la
vagheggia va,e restando inconsolabile pel
perduto dominio. Pertanto contro di lui
si collegò col Papa, con Alfonso V d'A-
ragona e col duca di Milano per toglier-
gli quanto avea conquistato nella Mar-
ca. Nel 1445 espugnò Rocca Contrada,
che fu reputata gloriosissima impresa]
questa ed altre iu favore della Chiesa co-
me suo generale e contro lo Sforza, fu-
rono celebrate con belle medaglie e me-
daglioni, alternando i suoi fasti militari,
siccome perito e valoroso capitano, in ser-
vigio del la possente repubblica di Venezia.
Il Papa Io accolse in Roma coi più gran-
di oQori^ egli donò lo Slqcco e berreUona
RIM
benedetti (F.)^ qoal campione di s. Chie-
sa; i cardinali e ì magnati romani fece*
ro a gara in dimostrargli la loro estima-
zione. Parole di lode si devono pure al
calore militare di Malatesta Novello, che
avendo quasi perduto l'uso d'una gam-
ba, distolto da ogni esercizio guerresco,
dipoi volse l'animo intieramente alla pie-
tà, alle lettere e alla prosperità de'suoi
sudditi. Aicesenati principalmente i*estò
grata la sua memoria, per la rinomata
biblioteca di codici che collocò ne'fran-
cescani, pei molini pubblici e per l'ospe-
dale da lui fondati, avendosi anche diluì
medaglie incise come quelle del fratello
da) valentissimo Pisanello. Nel i447 ^i*
gismondo 1 si pacifìcb con Galeazzo Mala-
testa allenatore di Pesaro, e col suo an-
tagonista Federico conte d'Urbino, essen-
do stati i Feitreschi sempre avversi ai Ma-
latesta, e col suocero Francesco. Passato
nel 1 44^ Bgli stipendi della repubblica fio-
rentina, liberò la Toscana da re Alfonso
V d'Aragona, che gli decretò la corona
d'alloro, colla quale è rappresentato nel-
le medaglie; indi nel i449g^i^c''Ql^<^^''
veneti lor guadagnò Crema, tornando poi
per le mene delfemolo Feltresco al ser-
vigio de'fiorentini con grave dispiacere dei
primi, ed assai mirabilmente si distinse
nella difficile espugnazione di Vada. Altre
medaglie monumentali resero immor-
tale il magnifico tempio da lui eretto in
Himini, in cui l'Alberti fece trionfare l'ar-
chitettura romana sulla tedesca che era
in decadenza: in questo tempio Sigismon-
do I eresse un monumento magnifico al
genitore Pandolfo, e voleva trasferirvi la
cattedrale. Leggo in Novaes nella Storia
di Nicolò Fj che questi a' 1 4 giugno 1 449
die a Sigismondo 1 in vicariati Bertinoro,
Meldola e altri luoghi con censo annuo,
condonando quelli che non aveva soddi-
sfatti alla camera apostolica; quindi a'29
ugostoi45o confermò a Sigismondo 1 il
vicariato dì Rimini, Fano, Cesena, Berti-
uoro,s. Leo, Pergola, Moodavio, Penna-
billi e di altre città e luoghi, con determi-
RIM 281
nato annuo oenso, che da 6000 ridusse a
4ooofiorini,condonandoglidinuovoquel-
lo che fino allora non aveva pagato. Nel-
lo stesso giorno legittimò isuoi figli na-
turali Roberto, e Malatesta detto Sala*
stio, al quale conferì in vicariato Cervia
(che nell'anno precedente avea confer-
mato in Sigismondo! e suoi figli legittimi
e naturali, nella forma cui era stata con-
cessa da Bonifacio Vili a'suoi antenati);
poscia nel 1 453 concesse a Pandolfo Ma-
latesta, Monte Marciano e Monte Cassia-
no, col tributo annuale d'un piatto d'ar-
gento di 6 oncie. Da Amiani apprendo
che tutto quanto Sigismondo I conseguì,
quando dì persona si recò in Fabriano
ad ossequiare Nicolò V, dal quale fu al-
loggiato nel proprio palazzo principesca-
mente, e onorato d'incontro della corte
e in aitin modi. Tante glorie furono of-
fuscate dalla sua sregolata condotta li-
bidinosa, e dairimpudico amore che Si-
gismondo I contrasse con Isotta figlia di
Francesco degli Atti nobilissimo rimine-
se, il quale produsse il suddetto Malate-
sta, mentre dalla fanese Vanetta o Van-
netta di Galeotto dì Toschi avea avuto
Roberto, ambedue legittimati da Nicolò
V in mancanza di prole legittima. Sigis-
mondo I appassionato per Isotta, volle ri-
muovere l'ostacolo per sposarla, e fin dal
giugno 1449 ^^^^ strangolare la bella e
già da lui tanto bramata Polissena, co-
me affermano con Amiani diversi stori-
ci ; il quale riporta ancora il nefando ca«
so, che invaghitosi Sigismondo I delle bel-
lezze d'una gran dama borgognone, e non
potendo vincere la virtuosa sua pudici-
zia, barbaramente l'uccise e con ripro-
vevole eccesso saziò le scellerate sue bra-
me nel cadavere. Ciò narra Pio 11 ne*suoi
Comenlariy aggiungendo che di tre sue
mogli Sigismondo I,d'una si liberò col ve*
leno, dell'altea col laccio, della 3.' col ri-
pudio, ancorché tutte pudiche e savie.
Forse per 3.^ moglie si designò quella che
gli partorì Valerio, che da Pio 11 otten-
ne col protoDotariato la commenda deU
iSi RIM
l'abbazìa di s. Gaudenzio, poicliè ad I-
fiotta restò affettuotisHÌmo. I poeti che la
generosità di Sigismondo I e il suo genio
per le lettere avea tratti a vivere alla sua
corte, da indegni cortigiani non altro can-
tavano vivente Polissena, che i tuoi amori
con Isotta, così trovando di dovergli pia-
cere e fomentandone l'acceso trasporto,
onde poco dopo la morte di Polissena la
prese per moglie. Vuoisi che Sigismondo
1 non solo fosse tratto ad amare perdu*
tamente Isotta per la singolarissima sua
beltà, ma ancora per reccellenti doti dei
suo ingegno da lei coltivato in ogni ma-
niera di studi, sublimandosi nelle con-
templazioni della filosofia, nutrendosi del
continuo pascolo dell'istoria, e felìcemen-
fe dalla poesia traendo diletto. I quali
ornamenti poterono dominare nell'ani-
mo di Sigismondo I, come quello che nel -
le memorate facoltà fu altrettanto eser-
citato e valente. Ad incentivo della fiam-
ma e fama di questo amore, Sigismondo
1 adottò per sigle del suo sigillo S, !., im-
piegò il pennello e l'incisione del vero-
nese MatteodePasti,e gli fece coniar me-
daglie, tuttoché vivesse l'iiifeliGe Polisse-
na, col l'epigrafe: Isole Ariminensi forma
et virtù te Ita line decori. Ma da questa ap-
parente felicità, per la quale sembrava
ch'egli potesse tranquillo riposarsi in brac*
ciò a un amore divenuto onesto e legit-
timo, nacque appunto il dis&cimento di
sua grandezza, siccome privo di parente-
le che avrebbero potuto sostenerlo*, Dap-
poiché il potente Alfonso V re d'Arago-
na e di Napoli, non avendogli mai per-
donato che si traesse dai suoi stipendi, e
inasprito dalle guerre coaibattutetsontro
di lui e il suo figlio bastardo pei fioren-
ti ni, ne voi le prendere vendetta. Nel 1 4^6
gli mandò contro il celebre Jacopo Pic-
cinino, e nel 14^7 Federico conte d'Ur-
bino, che gli avrebbero tolto lo stato, già
devastato da loro col saccheggio e col fuo •
co, se non moriva all'improvviso il re,
a'^7 giugno i458, mentre il figlio natu-
rale Ferdinando I divenne redi Napoli.
RIM
Gilisto ITI invitò tutte le potense a cac-
ciarlo dal trono, quale spurio e indegno
della pontificia investitura. Per onla ven-
tura di Sigismondo I, o buona per quelli
che lo ritenevano a lui avvei-so, a'6 ago-
sto di detto anno anche il Papa passò al-
l'altra vita e gli successe Pio II (^.)> ^
quale propenso al Feltresco, rtconosoen-
do e imparentandosi con Ferdinando I,
l'invesfi del regno e fece coronare, con*
troie pretese degli Angioini, sulla Tenuta
de'quali Sigismondo I confidava d'essere
sostenuto; laonde portatosi nell'assem-
blea tenuta nel i4^9 ^^ Pi<> II in Man*
tova {f^f), per ottenere pace, dovè accet-
tare delle condizioni per soddisfare Fer-
dinando I de 40,000 alfonsini che dovea
al padre,ed altre durissime; in conseguen-
za delle quali restò spogliato di Siniga-
glia, di Monte Marcinno,Mondavio ePer-
gola, questa data al Feltrcsco,gli altri luo-
ghi ai commissari pontificii. None a dire
quanto ne restò dispettosamente afflitto
Sigismondo I contro Pioli, che già si era
proposto di levargli anche Fano, che se
il Piccinino non gli avesse usato riguardi
nella guerra, se pure non fu guadagnato
con l'oro, avrebbe prima perduto tutti i
suoi stati. Pertanto Sigismondo I allettato
dalla rivolta insorta contro Ferdinando
I, si giltò nel partito degli Angioini du-
chi di Lorena, reso ormai possente nel
regno di Napoli, controia promessa fatta
al Papa di astenersi dalla guerra per io
anni. Allora Pio li, cui era stato Sigismon-
do I accusato di eresia, non volendo tol-
lerare che un suo feudatario contro le sue
mire e interessi adoperasse la spada (A-
roiani dice che Sigismondo I gli dichiarò
presuntuosamente guerra), nel 1 46 1 im-
pugnò contro Sigismondo I e Malatesta
eh' era a lui unito, le armi ecclesiastiche e
temporali , scomunicandolo iu s. Pietro.
Comandate le sue miliziedalcardinalFor-
tiguerra legato, e daFederico conte d'Ur-
bino, in due anni occupò a Sigismondo I,
che volle fare energica resistenza e ribel-
landosi i rimìnesi eoo oltraggi a Pio II,
RIM
quanto avea nel Monte Feltro, Fano e il
suo contado, e pressoché tutto quello di
Riroioi, salva la città che per assedio non
si potè vincere, e soltanto quando nel
i463 fu conchiuso accordo di pace tra
gli Angioini e Ferdinando I, appena ad
istanza della repubblica di Venezia e dei
francesi potè Sigismondo I aTerIuogo,coQ
cedere tutto il perduto, e rimanergli a
sua vita il solo vicariato della città di Ri*
mini con poche miglia di paese all'intor-
no, alla cui morte doveva riunirsi imme-
dia temente al dominio della s. Sede. Go*
dendo sempre riputazione grandissima
nel mestiere delle armi, il senato veneto
Foppose agli avanzamenti de' turchi in
Morea, capitano generale del la sua arma-
ta, nonsenza approvazione di Pio II tutto
intento ad abbassare l'orgoglio ottoma-
no, il quale morendo nel 1 464 e Timpre*
sa restando senza appoggio, dopo prove
di valore Sigismondo! tornò a Rimini. Di-
venuto Papa Paolo II s'ingelosì che i suoi
veneti tenessero guaraigione in Rimini,
onde fece intendere a Sigismondo I di vo-
lerla libera nelle sue mani, compensan-
dolo con altro stato. Tuttavia riuscì di
continuare Sigismondo I nella limitata si-
gnoria, restando a guisa di statico al ser-
vigio del Pontefice, impiegato a sedare
alcuni tumulti di Norcia, dicendo Batta-
gli ni che gli donò la Rosa (toro benedetta
{V,) per l' impresa di Morea. Divenuto
infermo della persona,si licenziòda Paolo
II per chiudere gli occhi in Rimini, ove
dopo pochi mesi con sincero penti mento
de'suoi trascorsi finì di vivere a'9 otto-
bre 1468, avendo mostrato quanto po-
tesse ancora sul siìo cuore Isotta, a cui fa-
vore e di Malatesta loro figlio lasciò tut-
to, senza far motto di Roberto nato dalla
fanese.Il suo corpo fu tumulato ins. Fran-
cesco, nella cappella pur da lui edificata
in onore di s. Sigismondo suo protettore.
Le sue monete furono le ultime della zec-
ca di Rimini, perchè Pio li nel i463 ne
proibì l'uso. Lasciò quella città in pessima
condizione per tante guerre e profusioni.
RIM tì83
cantandosi di discendere la sua stirpe dai
Scipioni,e si reputò d'essere giunto a po-
tenza reale. Fr. Leonardo chiamò Rega»
le la sua Storia de\Malatesta^ e Basinio
Dell'intitolargli il suo poema epico, lo
chiamò Ariininensiuni Regem. Sì narra
che Isotta Io rimettesse nel sentiero della
virtù, governando saggia mente per lui al-
lorché si assentava per le guerre dai suoi
stati, e che scarseggiando il marito di de«
naro per sostenersi, impegnò le sue gioie.
Isotta mirava a sostenersi con Mala-
testa suo figlio signora della città, nou
ostante la disposizione di Pio II che do-
vea subito tornare alla Chiesa, facendosi
forte del presidio veneto; ma scorgendo
che molti principali cittadini erano pro-
pensi per Roberto e che non avrebbero
tollerato di vederlo escluso dalla signO<
ria, sagacemente ne chiamò a parte il fi-
gliastro, come dell'eredità. Intanto Paolo
li avendo saputo la morte di Sigismon-
do I, dichiarò a Roberto ch'era a'suoi sti-
pendi, di voler togliere a Isotta Rimini
per suo mezzo e ricuperarla alla Cbiesn,
promettendogli in compenso Sinigaglia
col contado di Monda vio e di volergli da-
re in isposa una sua nipote. In vece Ro-
berto diede orecchio al Papa calla ma-
trigna per deludere entrambi, e impadro-
nirsi della signoria. Portatosi in Rimini
ben accolto dal fratello e da Isotta, e con-
cesso da loro il 3.^ dell'eredità, si col le-
gò quindi con Ferdinando I, col duca di
Milano e la repubblica fiorentina, per poi
reggersi scopertamente colla forza; aven-
dolo giovato il conte d'Urbi no che pel suo
gran valore lo designava suo genero, ed
anche per tenersi unito a lui a cagione
delle mire che a vea -la corte di Roma sul-*
le signorie di Romagna. Fu singolare il
vedere l'Aragonese e il Feltresco intenti
a conservar le reliquie de'dominiide'Ma-
latesta, dopo che aveano contribuito a
tanta diminuzione. Rotta la guerra dal
re di Napoli, Paolo II mandò ad assedia-
re Rimini, per aver conosciuto le inten-
zioni di Roberto^il quale a'3 1 agosto 1 469
000 l'aiuto de'oollegati riportò itrepitota
▼iltoria sugli ecclesiastici, con che si sciolse
l'assedio, nel quale Malatesta fece la parte
sua onoratamente, al modo che raocon*
tano Amiaqi, e Reposati il quale narra
i particolari di questa guerra. Roberto
fu detto il Magnifico^ ricuperò tutto il
iricariato di Rimini, e quelli di Monda-
YÌo e di Fano ad eccezione della città. Il
re si pacificò col Papa e s' introdussero
acooi*di per comprendervi i Malatesta, i
quali vedendoli Roberto ritardare e ere*
dendo autore delle difficoltà il fratello e
Isotta che se la tenevano coi veneti, agli
8 agosto 1 470 crudelmente fece uccidere
Malatesta e gittare in un letamaio pres*
so i Marcheselli, acciò se ne credessero
autori i fratelli della soi*ella vagheggiata
dal defuuto, facendo mettere nella loro
corte una spada insanguinata. Dalle quali
apparenze ingannato il popolo, massacrò
Giovanni fratello della donzella e ne ar«
sero il corpo, fuggendo il resto della &•
miglia. Poco dopo Roberto commise al-'
Irò fratricidio, con far trucidare Valerio,
qual complice di voler introdurre in Ri-
mini le genti del Papa. Si vuole che po-
co dopo morisse Isotta di febbre lenta ca-
gionatale dal veleno, ma Battaglinì pro-
va che viveva nel i474* Vedasi Giam-
maria Mazzucchelli, Notizie intorno ad
Isotta da Rimini, Brescia 1769. Ma già
senza della sua morte era rimasto Rober-
to solo arbitro dell'usurpata signoria, non
bastando però gli uffici interposti dal re
di Napoli a fargliene legittimare dal Pa-
pa l'investitura finché visse Paolo II, seb-
bene si fosse pacificato con Roberto. Il suc-
cessore Sisto IV amicissimo del re e ade-
rente del conte d'Urbino, nel i473 ri-
mise Roberto in grazia della Chiesa, l'in*
feudo di Rimini e di gran parte del suo
contado, gli confermò il distretto di Mel-
dola che avea ottenuto dal predecessore
vivente il padre, ed a' 16 settembre as-
solvette Riniini dall' interdetto cui da 4
anni era sottoposta. Nel i474^o^''lo si
pose agli stipendi del Papa e andò col con-
RIM
te Federico, divenuto suo tnocevo, intor-
no a Città di Castello, costringendo i Vi*
telli a dimetterne la signoria per volere
di Sisto IV. Ad onta di che e delle pa-
rentele contratte col Papa, perchè la co-
gnata ne sposò il nipote, si assoldò oo'fio-
rentini, e battè nel 147^ le milisie della
Chiesa al Trasimeno, onde Sisto IV fiil-
minò l'interdetto a Rimini. S'ioterpose
il suocera fatto duca, e venne eletto ca-
pitano generale de' veneziani, co'quali fe-
derandosi Sisto IV, fu ribenedetto colla
multa di 3ooo ducati. L'alleanza essen-
do diratta contro il duca di Ferrara e Fer-
dinando I^ mentre Roberto combatteva
con successo nel Ferrarese, Roma e la cor-
te fu presa da spavento, perchè Alfonso
duca di Calabria ne campeggiava le vi-
cinanse; laonde a' 1 3 giugno 1483 partì
dal campo e si recò in Roma minacciata
di saccheggio a sollecitazione del Papa
per difenderlo. Giunte le sue genti d'armi
e venete, a'i5 agosto uscì in campo, ri-
cuperò Castel Gandolfo, Albano e Castel
Savello, ed a'a i con 7 squadroni presso
Velletri presentò battaglia al duca. Dopo.
9 ore di accanito combattimento scon-
fitte totalmente il nemico, salvandosi il
duca colla fuga a Nettuno sulle galera,
e fece molti illustri prigionieri. Per la
grande strage, il luogo fu detto Campo
mortOyCome narrai nel voi. XII, p.3 1 5. Il
pi*ode Roberto tornato in Roma con gran
trionfoa'ag, ammalò di violentissima dis-
senteria cagionata dalla soverchia fatica
e dal cocente sole nel di dell'azione guer-
resca, e mori a' i o settembre nel palazzo
del cai*dinal Nardini {F',) suo parente,
ove fu a visitarlo Sisto IV che gli som-
ministrò l'Eucaristia e l'olio santo. Il Pa-
pa ne fu dolentissimo, e in memoria della
vittoria poi edificò la Chiesa di s. Maria
della Pace (^.). Non mancò chi incolpò
il conte Girolamo Riario nipote del Pa-
pa di avvelenamento, per gelosia di glo-
ria o per brama dello stato suo per non
aver figli legittimi. Ma Sisto IV a spese
della camera fece seppellire onorevolmen-
RIM
te il cadavere in s. Pietro, in nobile monu*
mento di marmo ove fu rappresentato a
ca Tallo, celebrandone TepitafiSoil rapido
trionfo. Quindi rimunerò ne'figli il va-
loroso genitore, inviando a Rimini il car«
dinal legato a legittimarli comechè na-
turali a' 1 9 settembre. Pandolfo fu inve-
stito di Rimini e legittimato co' fratelli
Carlo e Raimondo, nati daElisabettad'O*
bizo Aldobrandini di Ravenna, che il pa-
dre lasciò in tutela alla madre e ai con-
siglieri discendenti di Giovanni Malate-
sta il Zoppo, fi'a'quali Sisto"! Y preferì
Galeotto, forse per le scoperte trame colle
quali si dovea dar la rocca ai veneziani,
contro ì quali fu rivolta la guerra per-
chè dopo la pace continuavano a guer-
reggiare il duca di Ferrara. Pandolfo fu
unito alla lega colla provvisione di 1 6,000
ducati l'anno, e Galeotto per difendere
il dominio dai Rovereschi e Riari nipoti
del Papa, fece alleanza con altre vicine
signorie, qual governatore di Rimini, di
cui fu assai benemerito. Fortificò il porlo
di nuova muraglia, fece livellare e selcia-
re la città per diminuir la strage delle
frequenti pestilenze, edificando coli' as-
senso d'Innocenzo Ville del vescovo, me-
diante l'unione de'beni di diversi speda-
li, un lazzaretto gran spedale detto della
Misericordia entro le mura della città, ma
in luogo appartato; e fu zelante della bi-
blioteca de'francescani, arricchendola dei
codici di Sigismondo e della libreria Val-
turi. Tutta volta Galeotto congiurò con-
tro Pandolfo e incominciò colla uccisione
del fratello Raimondo governatore gene-
rale delle armi nel i49^* Scoperto il tra-
dimento. Galeotto ed i suoi figli furono
fiitli morire: si dice che avendo Galeot-
to con fasto e dispotismo esercitato il po-
tere, gli rincresceva di doverlo cedere a
Pandolfo fatto adulto. Ma non lardò a
insorgere tal turbine, che dovea privarlo
della signorid. Entralo nella lega del du-
ca di Milano e di Alessandro VI contro
Francia, per cui Pandolfo si trovò alla fa-
mosa battaglia del Taro, egli con altri
RIM 285
feudatari di Romagna e Marca furono
poi bersaglio della vendetta francese e
dell'ambizione di Cesare Borgia. Impe-
rocché essendo questi figlio del Papa e
fatto da Luigi XÌI duca di Valenti nois,
indusse il padre a confederarsi col re per
impossessarsi del Milanese, mentr'egli l'a-
vrebbe aiutato a conquistare i vicariati
ecclesiastici dell'Umbria, Marca e Roma-
gna, che già prìvatine diversi con diffe-
renti pretesti aveali Alessandro VI con-
ceduti a Cesare con titolo di ducato. Il
quale provocò dal padre scomuniche e
moni torli contro i vicari di Romagna e di
Rimini, quindi recatosi coll'esercito sotto
la città, profittando dell'odio che i nobili
Bveano concepito contro Pandolfo, e col
pretesto che da gran tempo non avesse
pagato il censo, fu subito ridotto a capi-
tolare, cedere la rocca, ed ebbe la ven-
tura di ritirarsi da Rimini a' io ottobre
1 5oo, fuggendo col meglio di sue sostan-
ze alla volta di Ravenna per passare in
Bologna, giacche dalla repubblica di Ve-
nezia non avea potuto ricevere que'soc-
corsi, che fino allora avea speralo di ot-
tenere. Cesare vi entrò più come signo-
re pacifico che vincitore, foi*se perchè la
proteggevano i veneti; pose in opera tut-
ta l'arte per guadagnarsi i nobili disgu-
stati da Pandolfo stoltamente, fece erìge-
re il monte di pietà, die opera a ridurre
in miglior perfezione la chiesa dis. Fran-
cesco,lasciata imperfetta da Sigismondo I,
propose la demolizione della cattedrale
troppo vicina alla rocca, e riedificarla al-
trove a piacere della città ; e siccome eb-
be pensiero di fermare in Ri mini la sua
i*esidenza, v'introdusse una Ruota simile
a quella di Roma per comodo de'iitiganti,
formala di 7 giudici col nome di udito-
ri, che doveano somministrare Rimini,
Fano, Pesaro, Cesena, Faenza, Forlì, I-
mola, e la quale dovesse conoscere e giu-
dicare tutte le cause non solo della città
e territorio, ma di tutta Romagna di cui
era duca: ma Amiani dice che gli udi-
tori doveano risiedere per due mesi in
28(> R I M
ciascuna di delle città. Cesare parti a'4
novembre da Rimini per Faenza, che
pi*ese più tardi. Nel i5o3 moHo Ales-
sandro VI, ed eletto Giulio II, fu spo-
gliato Cesa re degli usurpati dominii, nar-
rando Reposati che Guid'Ubaldo duca
d'Urbino, colle artiglierie di Fano volle
battere la rocca di Rimini a favoi*e di Pan-
dolfo. Sotto le mura di Rimini seguii*o-
no varie scaramuccie tra'Fel treschi e le
genti di Cesare, nondimeno ricuperò la
cillù coll'aiutodi Bartolomeo d'Alviano.
Pandolfo rientrò in Rimini e nella signo-
ria, per parte del Papa, col fa voi*e di Ma*
sebi senatore di Roma già suo nemico,
col patto di non vendere le sue ragioni
ai veneziani, a seconda del trattato in-
tavolato da Guid'Ubaldo duca d'Urbi-
no. I nobili però inaspriti da sospetti, nu-
trivano l'idea di ritornare la patria in li-
bertà, e già ne aveano dato saggioa'ao
gennaio i^qS nella fazione e congiura
degli Adimari, cui erasi unito il fanese
Gio. Antonio Nigusanti. Riflette Batta-
glini che ì demeriti di Pandolfo e quelli
del padre, strascinarono la nobiltà stan-
ca dall'oppressione a quella congiura, che
scoppiò nella chiesa di s. Agostino, per
la quale doveano essere spenti tutti iMa-
latesla: che se Roberto fu pieno di glo-
ria per militari e generose imprese, fau-
tore esimio delle lettere e de'lettera ti, fu
principe rapace e libidinoso. I Marche-
selli, gli Angolanti e gli Adimari prin--
cipali congiurati contro Pandolfo, ne ri-
cevettero dal crudele contegno di suo pa-
dre i primi gagliardi impulsi, narrati da
Battaglini e dagli altri storici riminesi,
che si leggono con ribrezzo. Per questa
alienazione di nobili, per l'aspro e duro
contegno serbato verso loro da Pandol-
fo, divenuta irreconciliabile, e vedendo
impossibile mantenersi nella signoria, ai
i6 dicembre i5o3 venne all'estremo e
vile partilo di eifettuar la vendita di Ri-
mini a' veneziani, i quali oltre la casa di a-
bitazione in Venezia e promessa di 1 0,000
ducati d'oro all'anno^ e d'onorevole eoa-
RIM
dotta di genti d' arme» e d' annua prot
vigionea Violante Aldobi*aQdini,a lui o
a Carlo suo fratello la signoria con mero
misto impero della grossa teiTa di Citta
della nel Padovano da passare a'figli lo
ro primogeniti. Pandolfo si recò a Gtts
della, risarcì i luoghi difettosi^ regolò
governo, e pi'estò servigio alta repubbli
ca di fido e valoroso condottiero d'arm
I veneti avendo occupato Faenza, si pre
pararono a mantenersi nel possesso coli
forza. Giulio II subito si die a domandar
alla repubblica l'evacuazione di Rimini
degli altri luoghi da loro invasi; nel 1 5o'
dopo avere dai Bentivoglio ricuperat
Bologna, tornando il Papa in Roma pe
Cesena e pel Cesenatico, passò pel con
tado Riminese, entrando in s. Arcangel
il i.^ marzo con tutta la sua curia, a'
passò a Monte Fiore, ed a'3 pervenne a
Urbino. Dipoi Giulio II replicò ai vene
le sue istanze, per la restituzione di R
mini, unitamente agli altri luoghi, fincfa
entrò nella fòmosa lega di Canribray
danno de' veneziani, che vìnti a'i4mag
gio i5og a Ghiarra d'Adda, domande
rono perdono e restituirono Ri mini a'2
e poi gli altri luoghi, perchè al Papa stav
più a cuore tal città, portandovisi il cai
dinal Alidosi legato. Pandolfo compres
di timore dall'infortunio della repubbli
ca, che Cittadella potesse cader nelle ma
ni dell'imperatore Massimiliano I^ la re
stituì ai Sanseverino suoi primi signori
e si die a seguire le bandiei*e imperiai
j)er mediazione del generale marchese d
Mantova. Accolto graziosamente da Mas
similiano I, ne riportò a'a i agosto Tusu
frutto di tutti i beni che i veneziani pos
sedevano nel territorio di Cittadella. I
senato all'incontro dichiaratolo ribelle
e scaduto dal dominio di quella terra n<
Io cacciò; quindi alla moglie e ai due fra
felli di Carlo Malatesta, morto nell'espu
gnazione di Cadore per la repubblica
concesse la medesima provvigione che i
lui pagava. Nel 1 5 1 1 Pandolfo ripresi
Cittadella, che poco dopo riperdette. Ri
RIM
ferisce Marcheselli, che io memoria di a-
vere la Chiesa riacquistato Ri mini^ dopo
la dominazione veneta, fu eretto un ar-
co d'architettura di stile gotico avanti il
Borgo s. Bartolomeo già s. Genesio : fu
ornato degli stemmi gentilizi de' presidi
di Romagna e della città di Rimini^ e
chiamato l'Arco di Giulio II. Questo Pa-
pa addolorato per Tuccisione segui tapres-
so Ravenna (^.) del cardinal Alidosio,
narra Gattico, Jcla caeremonalia p. 7 5,
che a'24 maggio i5i i da detta città sen-
za aver preso cibo, si recò a Ri mi ni e vi
giunse la notte, abitando presso la chic
sa di s. Francesco, ove a'28 con suo di-
spiacere furono affissi due cartelli o due
citazioni d'intimazione per l'apertura del
conciliabolo di Pisa (P^,) contro di lui.
Afflitto ancora pei dolori di podagra par-
ti da Rimini a' 10 giugno in lettiga per
Pesaro, Fano e Sinigaglia ove s'imbarcò
approdando in Ancona. Intanto Pandol-
fo privo di stato e di denaro, e ridotto
in Verona al servigio di Massimiliano I,
spedì nel 1 5 1 3a Leone X,mentre si trova-
va infermo, il suo figlio Sigismondo Ilper
essere ripristinato nella signoria, ma sen-
za efifetto. Frattanto avendo il Papa pri-
vatp degli stati Francesco M.* duca d'Ur-
bino nipote di Giulio II, con un esercito
si diede esso a manomettere molti luoghi
de'dominii pontificii, e nel 1 5 1 7 i suoi fe-
roci soldati non scio dierono il guasto al
territorio riminese, ma saccheggiarono
il vicino castello di Mulazzano, e vi com-
misero tante iniquità che la penna rifug-
ge in ricordarle. Paodolfo essendo ritor-
nato in Venezia, e quasi mendicando il
pane,andava aspettando l'opportunità di
rientrare inRimini, tenendo caldi alcuni
cittadini suoi aderenti. Questi in fatti al-
lorché l'eletto Adriano VI si trovava nel-
la Spagna, con l'appoggio d'alcuni con-
tadini a'sS maggio 1 522 introdussero Si-
gismondo II nella città,e impadronitisi del
governatore ebbero la rocca. In questa oc-
casione Ri mini perde molti antichi ricor-
di, perchè i contadini dalle cancellerie
RIM 287
del comune e del governatore prese le
scritture le bruciarono sulla piazza. Pan-
dolfue la moglie tornarono in Rimini co-
gli altri figli, e confidando nel cardinal
Salviati a lui si raccomandò a'29 mag-
gio, perchè volesse favorirlo col s. colle-
gio e col Papa con farlo mantenere in
questo tenue stato, senza andare più e-
sule e mendico colla famiglia. Ma il car-
dinale e gli altri della congregazione di
stato, già aveano scritto al duca d'Urbi-
no che colle armi cacciasse i Mala testa
da Rimini, venendo a questa minacciato
l'interdetto se in 24 ore Pandolfó non
veniva espulso. Vedendo questi che non
si poteva sostenere, impetrò dal cardinal
de Medici legato di Bologna e poi Cle-
mente VII un ipialche provvedimento
per vivere e per dotare la figlia, ed a-
vrebbe ceduto la città. Il cardinale gli
permise di ritenerla sino all'arrivo in Ro-
ma di Adriano VI, e che fosse ubbidien-
te ai suoi ordini. Ma inviato alla ricupe-
ra di Rimini coU'esercito il celebre mg."^
Nicolò Bonafede, coadiuvato dal duca
d'Urbino, ne occupò tutto il contado,
permise che Pandolfó co'fjgli si recasse
in Roma a trattare la sua causa col Pa-
pa, e Sigismondo II consegnata la rocca
restasse a guardia della città. Parti Pan-
dolfó a'g febbraio 1 523, e passando per
Fano tentò di farla insorgere, per cui fu-
rono puniti colla forca i capi: giunto in
Roma^ ivi perorando con Adriano VI,
questi ne restò commosso e fece esami-
nare la sua causa, da cui risultò deca-
duto dalfinvestitura e incorso nella pe-
na del taglione. Volendo il Papa usar mi-
sericordia ^ ordinò che si lasciasse da Si-
gismondo II la città j si restituissero le ar^
tiglierie tolte e le armi, che si dichiarasse
a suggestione di chi fosse venuto all'in-
vasione. Sigismondo llparfi per Roma, e
mg.^Bonafede costituito governatore,en-
trò in Rimini. Pandolfó fu costretto per
vìvere, di vendere i pochi beni stabili re-
statigli nel Riminese. Assediato poi nel
1 527 Clemeule VII in Castel s. Àngelo^ai
a88 R 1 M
1 4giugnoSigismoodo II ne profitta e rien*
Irò in Rimiuiy e vi si tenne sospettoso,
violento e tiranoico, intitolandosi col pa«
dt*e e col fratello Ma la testa, y icari per 8.
Chiesa, confiscando e commettendo inau-
dite crudeltà e vessazioni. Finalmente
Clemente VII nel i5a8 commise al vi-
celegatodi Romagna mg/Oel Monte poi
Giulio III l'occupadone di Rimini, che
con l'esercito avendolo circondato, a' 1 7
giugno concesse aSigismondo II di ritirar-
si colla iamiglia,e ricuperandola per sem-
pre alla Chiesa vi fece il suo ingresso, on-
de Rimini segm le vicende e i destini del-
io slato pontificio, che descrissi nelle bio-
grafie de'Papi ed altri articoli loro ana-
loghi. Pandolfo terminò privatamente ì
suoi giorni in Roma^ e fu sepolto in s.
Maria in Trastevere.Sigismondo 11 tenne
per lungo tempo in timore la città, ma
il detto cardinal Del Monte legato gliene
troncò affatto la speranza, e poi nei 1 543
morì poveramente in Reggio, lasciando
Roberto e Ercole suoi figli. Gli altri fra-
telli di Sigismondo II, datisi allearmi,mo*
rirono in diverse parti. Della discenden-
za di Carlo stabilita a Venezia, la super-
stite Cristina nel 1718 sposò Nicolò Bol-
óh senatore veneto. Battaglini inoltre
tratta come si spensero in Rimini gli al-
tri rami de'Malatesta non dominanti, non
che quelli de'signori di s. Mauro e Gio-
TÌdia, quelli di Ghiaggiuolo, quelli di So-
gliano, quelli de'marchesi di Roncofred-
do, quelli di s. Giovanni in Galilea. Scris-
sero di questa famiglia: Pietro Frulli, CrO'
nologia deir antica^ nobile e potente fa*
miglia de'Malatesta signori della città di
Riminiy di Cesena^ di Fano^ di Mace-
rata^ di Pesaro^ di Fossombrone, di Bel'
forte , del Borgo s» Sepolcro e di Berga*
niOy Siena 1 7 24. Sansovino, Origine del-
le famiglie illustri d* Italia, Marco Bat-
taglia, C/iro/iico/i DD, de Malatestiscuni
continuatione Tobiae F'eronensis ^ nunc
primuni in luceni editum, et a Jo, Bapt,
Contareno notis illustratiun : nel t. 44>
p. 97 degli Opuscoli di Caiogerà. Sei*
RIM
gnetirs de Rimini^de Cesena, rie Pesare
et de Fano, de la maison de 3Ialatestc
nelle Généalogies hist. t. 2, p. 507.
Paolo III reduce nel i54i dall'ablxx
ca mento tenuto in Lucca eoo Carlo )
onorò Rimini di sua presenza. In quesf
occasione fu tolta la deformità delle du
arcate rozze che a guisa di portico sts
▼ano unite all'Arco d'Augusto dalla pai
te interna di Ri mi ni, e ne toglievano
prospetto migliore. Essendo la città gn
Tata di molte imposizioni, il comunein
plorò la benignità di Paolo III, il qua
ie diminuì, avendo già fin dai 1 534^0'
cesso che per la nparazione delle mur
edel porto s'impiegassero le multe crim
naii. Recandosi Clemente Vili nel iSg
in Ferrara ricuperata alla Chiesa, nell'a
prile si fermò in Rimini, ove furono a ha
ciargli i piedi Cesare duca di Modena <
spulso da Ferrara e suo fratello Alessar
dro, insieme a Sigismondo Mala testa fi
glio del suddetto Ercole, che viveva d
virtuoso cavaliere nella corte Kstense,
col quale si estinse la linea dell'ultimi
Pandolfo: il Papa era preceduto dalla sì
Eucaristia, ed il vescovo lo ricevè sull
porta della cattedrale pontificai meni
vestito e col pastorale. Per la guerra eh
Urbano Vili sostenne contro il duca d
Parma, fortificò varie fortezze dello sta
to, ed in quella di Riminl nel 162 5 m
demolì i merli, rifece in molte parti, n(
accrebtie le fortificazioni, eresse nell'in
terno un'elegante cappella sotto i'invo
cazione di s. Giuseppe, essendo governa
tore generale delle armi pontificie ioRo
magna e castellano della medesima Ales
Sandro Sacchetti. Siccome pel suo fonda
tore chiama vasi Castel Sigismondo, il Pa
pa col proprio nome la denominò Castel
lo Urbano, Nel suo pontificato e nel 1 63c
si eslinse con Leonida il ramo cadette
de'Malatesta di Sogliano diocesi di Rimi
ni nella provincia di Forlì, del ramo de
marchesi di Roncofreddo eMontiano, pei
cui Rimini reclamò i luoghi di sua giù
risdizione; ma essendo Claudia primoge
RIM
ìiita dì Leonida accasata uella famiglia
Spada, questa venne investita del mar-
chesato, e gli altri luoghi furono assog-
gettati all'immediato governo della s. Se «•
de. Non manca no scrittori che fanno deri*
Tare i rami de'Malatesta di Verucchio,
i due casati di Sogliano e di Ri mi ni pei
due fratelli ZanneeMalatesta procedenti
da un medesimo ceppo, probabilmente
da Ugo Malatesta. Altri fanno discende-
re i Malatesta di Sogliano da un Mala-
testa detto il Minore che sposò Berta di
Pietro Traversari ravennate nel 1 184*
Altri dicono che ne fosse stipite un Ma*
latesta che comprò da Ugo di Maltaleo-
ne riminese, considerabilequantità di ter*
reno tra il lido del mare e Sogliano, con
tutte le ragioni che quello avea nel ca-
stello di Scorticata. Certo è che Sogliano
ritornò al dominio di s. Chiesa ne'pri mor-
di del 1640. Circa il qual tempo i Ma-
latesti cugini del conte di Sogliano ven-
deronoa d. Camillo Pamphiij nipoted'In-
nocenzo X per 55oo scudi il feudo di Ta-
lamello. Leggo in Novaes, Storia diti"
nocenzo X, che nel 1 646 colla morte di
Sigismondo Malatesta essendosi estinto
il suo ramo, il Papa ordinò che si pren-
desse possesso de' feudi che dalla s. Sede
avea ottenuti, cioè s. Giovanni in Gali*
tea, s. Martino in Conversato, Stigaria^
Sogliano e al tri di minor nome. Nelle bel-
le notizie che somministra Battaglini sul-
le monete di Rimini, rilevasi che nel 1 65g
fu soppressa la lira riminese, che fino al-
lora avea avuto corso e conteggio in Ri-
mini. Si loda Clemente X dallo Scilla,
delle Monete pontificie p. 278, di avere
risarcito anzi riedificato la città quasi af-
fatto distrutta dal terremoto. Ed in fatti
leggo pure in Amiani, che terribili e spa-
ventose memorie lasciò nei 1672 il ter-
remoto, cui simile non s'era forse mai pro-
vato nella Romagna e Marca. Il maggior
male lo pati Rimini, dove perirono circa
80 persone rimaste sotto le macerie delle
case, dei palazzi e delle chiese. Accadde
la maggior scossa nel giovedì santo 1 4 a*
voi. LVII.
RIM 189
prile, in tempo della visita de'ss. Sepol-
cri : caddero più case, le torri di s. Fran-
cesco e di s. Agostino, e di funestissime
conseguenze fu la rovina della torre del
duomo ridotta a campanile, che il volgo
credeva fabbricata a'tempi di Belisario,
di forma rotonda e fortissima struttura
pei muri di grossa moie ; rovinò nella
parte superiore, spezzò le campane e uc«
cise più persone, massime nobili, che si
trovavano all'adorazione del s. Sepolcro
presso la cappella poi del ss. Sagramen-
to. Si fecero diverse processioni di peni-
tenza e moltissime orazioni pubbliche, ed
in tutte le chiese l'esposizione del ss. Sa-
gramento. Dell'altro disastroso terremo-
to avvenuto sotto Pio VI, parlai in prin-
cipio, dicendo il Novaes, che essendo Ri-
mìni nella più gran desolazione, Pio VI
procurò sollevare gli abitanti; ma 1 00,000
scudi che gl'invio appena servirono per
pagare le perizie degli architetti, essendo
la città divenuta un mucchio di sassi e
poche fabbriche enino restate in piedi.
Prima di questo tremendo disastro il Pa-
pa nel 1781 investi del feudo di Val-
doppio i fratelli A madori quali eredi di
Elisabetta Malatesta, in cui terminò la
discendenza di Paolo il Bello signore di
Ghiaggiuolo. Egualmente avanti la sud-
detta ingiusta epoca il Papa recandosi a
Vienna consolò Ri mini di sua presenza;
pertanto apprendo dal Diario del viag»
gio p. 6 e 60, di mg.'^ Dini, che Pio V(
a'4 mai*zo 1782 proveniente da Pesaro
e dalla Cattolica giunse in Rimini a ore
22 e portatosi nella chiesa di s. Marino
de'canonici regolari lateranensi, fu rice-
vuto dal cardinal Valenti legato di Ro<
magna, dal vescovo mg.^ Ferretti, dal p.
ab. generale di detti canonici, dal tna-
gistrato e da tutta la più distinta nobiltà
della città. Compite le particolari pre-
ghiere nella chiesa, che si vide tutta or-
nata, passò nelle camere del contiguo
monastero preparate per prendervi ri-
poso nella notte, ed ove ammise all'u-
dienza ed al bacio del piede chi lo bra-
»9
2QO RIM
mò. Nella seguente mattinD, dopo avere
ascoltato la s. messa, ascese in carrozza
e con tutto il suo seguito si portò al cui
legio o monastero delle celibate, ove ri
cevè al bacio del piede tutte le convit
trici del luogo, e si trattenne in partico
lare discorso con d. Olimpia Braschi sua
degna sorella, la quale ivi viveva religio
samente, con iscambievoli dimostrazioni
di afTetto che mosse a lagrimare gli astan
ti, come si esprime il n.^, j52 del Diario
di Roma, il quale parla ancora dell'in
contro del vescovo e de'nobiIi,come del
le illuminazioni della città. Proseguen
do il viaggio, giunse a Cesena sua patria
Nel ritorno in essa ebbe il conforto d
trovarvi d. Olimpia , cui avea permes
so di recarvisi da Rimini, e l'altra sorel
la d. Giulia; quindi a'3 giugno arrivò do
pò le ore 23 in Ri mi ni, scendendo al no
minato monastero di s. Marino, accolto
dal p. ab. generale e canonici regolari,
dal magistrato e dal corpo di tutta la no-
biltà, e vi passò la notte. Nel di seguente
ammise nel coro della chiesa al bacio del
piede i detti canonici, le dame e la no*
biltà, e passato al palazzo pubblico die-
de dalla loggia la benedizione all'immen*
so popolo adunato nella gran pi azza; po-
scia partì perla Cattolica ove venerò il ss.
Sagramenlo nella chiesa parrocchiale,
continuando il viaggio per Pesaro e Si*
nignglia. Nel declinai^ del secolo procla-
mata la repubblica in Francia, le sue ar-
mate inondarono l'Italia e s'impadroni-
rono di gran parte dello stato pontificio
nel 1 796, e nel seguente anno d'altra por-
zione compreso Rimini, che seguì la sorte
di ForPi e di Ravenna (^.)fino al 1 8 1 5,
Scendo prima parte della repubblica Cis-
padana o Cisalpina, poi del regno d'Ita-
lia, nel dipartimento del Rubicone, e fu
sede d'una vice-prefettura. Avendo Pio
VII, come il predecessore, sofferto duris-
sima deportazione, però trionfante potè
tornare nel i8i4 a Roma sua sede, pas-
sando per Cesena sua patria, ove si fermò
alcuni giorni di aprile e di maggio, a'7
RIM
del quale giunse alla tripudianle Rimi-
ni, che io festeggiò con ogni maniera di
ossequio, allora essendo in manode'Da-
potetani, che l'aveano ricevuta dagli au-
striaci dopo l'evacuazione de' francesi nel-
l'epoche che noto a Roma, RAVEiriTAeFoR-
LÌ. Partito Pio Vlla'g maggio da Rimiai,
col celebre cardinal Consalvi che ivi era-
si a lui riunito, tra le acclamazioni, per
la Cattolica si condusse a Pesai^o. Di nuo-
vo gli austriaci occuparono Rimìni e ia
Romagna, dalla quale si dovettero riti-
rare nel marzo 1 8 1 5 per l'insurrezione di
Murat re di Napoli che Tinvase. Quindi
dal quartiere generale di Ri mini a'3 1 mar-
zo, eccitò gfitaliani a sedicente libertà e
all'indipendenza italiana, manifestando
gli occulti suoi disegni d'ingrandire il suo
potere, distrutto il quale per la battaglia
de'4 maggio, vi ritornarono gli austria*
ci, che poco dopo la restituirono a Pio
VII. Nel medesimo anno, come ne assi*
cura il dott. Tonini, l'antica cattedrale
di s. Colomba fu demolita. Contempo*
rancamente all'esaltazione del gran Papa
Gregorio XVI,scoppiò nella maggioi^ par-
te dello stato furibonda rivoluzione, cioè
ne'primidi febbraio 1 83 1, e vi fu stra-
scinata anche Rimini, ove i sollevati re<
duci da Forù (^.), dopo esservisi un mo-
mento difesi, furono costretti ad abban-
donarla agli austriaci, chiamati in aiuto
dal provvido Pontefice. Nel voi. XLV, p.
1 34 dissi quando le milizie pontificie col
Bentivoglio successero agli austriaci. Si
legge nel n.^ 80 del Diario di Roma 1 845,
che a'2 3 settembre avvenne in Rimini un
tumulto, in cui un'orda di faziosi armati
uscita dal palazzo Lettimi, percorrendo
le vie si fece per minacce piìi numerosa e
s'impadronì di vari punti della città, non
essendo la truppa in quantità di fargli
resistenza. L'orda era guidata da Pietro
Renzi, che si spacciava per capo del go-
verno provvisorio. Occupate le porte del-
la città non si permise a veruno la sor-
tita, che a condizione proprie di vero as-
sedio. Indi si diffusero proclami e scritti
RIM
inceadiari, tanto dentro I.i città chefuo-
l'i, pei* eccitare gli animi alla rivolta. Ma-
nomessi i buoni e fedeli sudditi riminesi|
si sollevarono in ogni modo i tristi, a-
prendosi le pubbliche carceri. Rotta così
ogni legge, si die di piglio al denaro delle
pubbliche casse, ed imposta una grave
contribuzione al comune, con minaccia
di saccheggio, si promisero favori e soc-
corsi. Per ben 3 giorni gemè Rimini sotto
le cupide e crudeli voglie della masnada,
solo intenta a rapine, dissennati nella im-
potenza degli esecrandi mezzi cui si ap-
pigliarono. Vedendosi il Renzi deluso nel-
le speranze di aver altri seguaci, e venen-
do a conoscere che da Forlì a gran passi
si avanzava una forza considerabile, nella
mezzanotte delsG fuggì co'suoi, liberando
dall'anarchia la città^ che per altro non
tardò a ricuperare l'ordine, il quale si con-
solidò dopo giunte le milizie papali di va-
rie armi, accolte dai saggi abitanti con
festevoli dimostrazioni, oltre quanto si
può apprendere nel luogo citato. Su que-
sto movimento rivoluzionario, e sue gra-
ti conseguenze, si possono leggere i se-
guenti 3 opuscoli pubblicati nel medesi-
mo anno. Coni nietUo a due opuscoli poli'
ticì stampati a Pan'ginel settembre i8J\.5ì
Italia novembre 1 8^5, Riflessioni sul Ma-
nifesto pubblicato a Rimino dai ribelli.
Stati Pontificii. Di recente il eh. A. Coppi,
Annali d Italia t. 8^ p. 5i9 e seg., narra
gli assassinii politici fatti in Ravenna ai
i4 gennaio i845, e la condanna de'rei,
oltre la sentenza del io settembi*e e la
mitigazione della medesima; la congiura
de'profuglii in Toscana, formata dai ri-
roinesi Renzi e Celli con altri, in uno alle
precauzioni adottate dal governo di Gre-
gorio XVI; il manifesto de' cospiratori
compilato da Farini, diretto ai principi
ed ai popoli d'Europa; sollevazione di Ri-
mìni, movimenti parziali e scaramuccie;
rifugio de'sollevati nel territorio toscano.
Quanto poi alle vicende politiche che pre-
cederono, accompagnarono e seguirono
la repubblica del i84g,si veda l'articolo
RIM 291
Pio IX. Oltre i citati autori sulla storia
di Rimini, ricorderò ancóra: Chronicon
Ariminense ab anno circiter 1 1 88, usque
ad annum 1 385^ auctore anonymo^ et
deinde continuatum per alteruni anony»
mum uscfue ad annum 14^2, nunc pri-
mum prodiit ex mss, Cod. Arimincnsi:
nel t. i4 di Muratori, /{emi7i iial. script.
Cesare Clementini, Racconto istorico del-
la fondazione di Rimino e deU orìgine e
vite de'Malatesti, distinto in 1 5 libri par.
I , Rimini pel Simbeni 1 6 1 7: in fine, Trat-
tato de* luoghi pii^ e de* magistrati di Rimi-
/to> aggiunto dal medesimo, par. 2, 1627
per lo stesso. Jo. Chr. Amadutius, Epi»
stolam adJanum Plancum, qua Inserì'
ptiones nonnullae Arìminenses a falsità*
tis nota, quam eis Scipio Maffhius inussC"
rat, vindicantur: nelle Miscellanee ài va-
rie lettere.Franciscus Modestus, Elogium
urbis Arìmini genio natum , impressum
in inclita urbe A rimino in officina Era-
smi Virginei, Julii III P. M. anno 3.°,
i552.
La fede cristiana d'ordine di s. Pietro
suo maestro, fu predicata nella regione
da s. Apollinare d'Antiochia, inviatovi da
Roma. Riporta la tradizione e concoitla-
no gli storici nell'assicurare, che s. Apolli-
nare prima d'entrare nell'Emilia si fer-
mò in Rimino poco lungi dall' Ai*co d'Au-
gusto e pomerio della città, in un luogo
che dai vescovi successori fu poscia in o-
ratorio convertito, indi in basilica e al
medesimo santo intitolata. Quivi restò
per qualche tempo, vi disseminò con frut-
to la dottrina del vangelo, vi operò dei
prodigi e vi soffrì ancora persecuzioni.
Dopo avervi fondato la chiesa rìminese
verso l'anno 46> passò in Ravenna (/^.),
e per tutta l'Emi lia propagò il cristiane-
simo, ed in quella celeberrima città vi
fondò rillusti*e chiesa arcivescovile, di cui
la sede vescovile di Rimini divenne suh
fraganea e lo è tuttora. Inoltre dalla tra-
dizione si conosce, che varie scorse apo*
stoliche fece da Ravenna s. Apollinare
nell'agro poi diocesi Riminese^ per cui la
193 R I M
CSM e colla di lui invcicazioiie furono e-
rette 7 chiese, mostrandosi in Monte Gallo
una cellette 4>ve s. Apollinare si trovava
tovente a fare orazione, laonde e tenuto
peri. ^vescovo di Rimioi, come ne assicu-
ra anche il dottissimo can. d. Luigi Nar*
di, e coirautorilà della sua pregievolissi*
ma^erudita e critica opera procederò com-
pendiosamente, nelle notizie di maggior
importanza, a parlare de'successori: Cro*
notassi de' pastori della s. chiesa Rimi'
neseaumenlata e corretta^ Rimini dai ti-
pi A Ibertiniani 181 3. Vantando dunque
la chiesa riminese la sua origine dai tem-
pi apostolici, per mancanza di memorici
perdute nelle vicende politiche della cit-
tà, i*egistra per suo a.^ vescovo N. ordi-
nato da Papa s. Dionisio circa Tanno 16 1
o 262, che alcuni chiamano Uberto, pri-
ma del qual tempo già erano fioriti i ss.
martiri che incordai parlando della cat-
tedrale, e la nobile riminese s. Innocen-
za vergine e martire; come pure tra il
a44^ *' ^49 presso il Rorgo Aureo, era
stata edificata una chiesetta, ove sino dai
tempi di s. Apollinare si radunavano i
cristiani, luogo che fu detto Confissione
e poi 8. Gaudenzio. Nella persecuzione in
cui perirono i nominati e altri riminesi
campioni della fede, quasi tutte le chiese
di Rìmini furono atterrate e tutti i libri
sagri dannati al fuoco, d'ordine del cru-
delissimo Diocleziano. Stemnio, 3.^ ve«
scovo di Rimini del 3o6, fu consagrato
da s.MarcelloPapa,ed intervenne al con*
cilio di Laterano tenuto in quel palazzo
da Papa s. Meldiiade nel 3 1 1, anno sa-
lutifero per la pace data alla Chiesa da
Costantino: questo vescovo fiibbncò la
chiesa di s. Gregorio nel Borgo di s. Bar-
tolomeo, di cui pe'suoi musaici, forma e
antichità, come di quella di s. Michele in
Foro, ne pubblicò il disegno d'Agiocourt
nella Storia dell* arte j aumentò la chiesa
della Confessione, e si vuole che ottenesse
da Costantino il tempio profano de'pa*
galli che dedicò alla celebre s. Colomba.
Indi e prima del 346 Ciriaco vescovo, che
RIM
sgraziatamente fu fovoi^evole agli Ariani
(f^.). in detto anno si crede gli succedesse
il glorioso s. Gaudenzio ordinato preteda
s. Silvestro I, quando i legati della chiesa
riminese gli domandarono di provvede*
re in luogo del morto pastore. Nella bio-
grafia di Papa s. Liberio narrai, che es<
sendo in esilio per volere di Costanzo im-
pera toi*e, in castigo della difesa ch'egli
prese di s. Atanasio vesce to d'Alessan-
dria contro gli ariani, si celebrò il con-
cilio di Sirmio (^.), in cui condannato s.
Atanasio, si compilò una formola di fede
dagli ariani, che alcuni pretendono avere
approvata s. Liberio, ciò che altri valida-
mente negano come dichiarai, o almeno
come si debba spiegare il suo contégno.
Ivi inoltre trattai del concilio nel 35^
tenuto in Rimini nel luogo detto Gaja-
na, su di che non conviene Marcheselli,
incominciato ecumenico, come lo chia-
mano alcuni, e fatalmente terminato in
conciliabolo, per Tinganno de' vescovi a*
riani che fecero adottare la formola di
Sirmio , perciò fulminato di scomunica
das. Liberio, onde di nuovo l'imperatore
lo cacciò da Roma. Oltre quanto io detto
articolo notài su questo famoso concilio
e conciliabolo, e degli autori che ne trat-
tarono, qui aggiungerò. Per ordine del-
l'imperatore Costanzo nel 3^9 fu con-
vocato il concilio di Rimini, non gene-
rale come scrissero alcuni, al quale vi fece
intervenire tutti i vescovi dell'occidente,
somministrando loro le vetture e quanto
era ad essi necessario al mantenimento:
ma que'delle Gallie per meno dipendere
dall'imperatore, vi si laccarono a pi'oprie
spese.Si trovarono quindi in Rimini più di
4oo vescovi deirilliria, Italia, Africa, Spa-
gna, Gallie e Inghilterra,però tra essi ciixa
80 erano eretici ariani. I vescovi cattolici,
il pili celebre de'quali era Restituto diCar-
tagine, avendo proposto di anatematiz-
zare l'eresia ariana in una alle altre, tutti
entrarono in tale opinione, tranne quei
della fazione di Ui^sacio e Valente capi
degli ariani, Questi tentarono di sorpren-
RIM
dere i vescovi cattolici con diversi artifi-
zi, rappreseataodo che la parola Confo»
stanziale era inutile, e meglio il dire Ge-
sù Cristo^ simile al Padre in (ulte le cO"
se. Gli ortodossi che componevano il mag*
gioì* numero, risposero non esservi più
questione per al tra nuo va formola; si que-
relarono altamente degli ariani, e dichia-
rarono che non erano venuti per impa-
rare ciò che dovevano credere, ma per
opporsi a quelli che impugnavano la ve-
rità e introducevano delle novità nella
fede ; che bisognava condannar la dot-
trina d* Ario e ricevere chiaramente la fe-
de del concilio di Nicea (P^.). Si dichiarò
pure, chela professione presentata da Ur*
saoio e Valente era del tutto contraria
alla fede della Chiesa e che^non si poteva
approvarla, quindi si confermò quanto
era stato fatto a Nicea, e si dichiarò ezian-
dio che non vi si dovea aggiungere nep-
pure una parola. Valente e i suoi fazio-
nari non vollero acconsentire a questa ri-
soluzione del concilio; quindi il concilio
li condannò come furbi ed eretici, e li de-
pose di viva voce. Sottoscrissero il decre-
to 320 vescovi , anatematizzando Ario ,
come pure gli errori di Fozio e di Sabel-
lio, facendo trionfare la fede cattolica.
Tutto a'2 1 luglio con lettera partecipa-
rono a Costanzo, al quale già gli ariani
aveano spedito a Costantinopoli deputati
sottili e astuti istruendolo di tutto, onde
restò dispiacentissimo che vi fosse stata
rigettata la formola ariana; quindi si ri-
cusò ammettere a udienza i io deputati
dei concilio, scrìvendo ai padri di voler
terminare gli affari dello stato prima di
quelli della Chiesa, e con indugi volle an-
noiare tutti i vescovi con farli stare lun-
gamente in Rimini separati dalle loro
chiese, per guadagnarli alla sua volontà.
Intanto gli ariani avendo fatto andare in
Nicea di Tracia i deputati del concilio,
e avendoli intimoriti e indeboliti, con mi-
nacele e violenze, a' io ottobre gli obbli-
garono ad acconsentire airabolizione del-
le parole Sostanza o Ipostasi e Conso»
RIM 2g3
stanziale nuovamente introdotte, e a ri-
cevere una confessione conforme a quella
fatta in Si r mìo: che il Figliuolo era si'
mile al Padre, secondo le sciitture^ non
di una sola Ipostasi nella persona del Pa-
dre, del Figliuolo e dello Spirito santo,
dicendo anatema a tuttocìò ch'era con-
trario alla dottrina espressa nella formo-
la ; inoltre gl'impegnaronoa fare un atto
di riunione. cogli ariani e a lasciar tut-
tociò ch'era slato fìitto a Rimini. Intan«
lo l'imperatore impose al prefetto Tau-
ro, di non far separare i vescovi del con-
cilio, finché tutti avessero sottoscritto
questa formola di Nicea di Tracia, in-
giungendo egli ai vescovi di sopprimere
le parole di Sostanza e Consostanziale ^
poiché Ursacio e seguaci dicevano sola-
mente che il Figliuolo era simile nella
sostanza al Padre, laddove gli occiden-
tali o veri cattolici, lo riconoscevano deU
la stessa sostanza del Padre, Laonde
gli ariani procurarono pei'suadere i cat-
tolici furbescamente, che la soppressione
della parola Sostanza riunirebbe la Chie-
sa, sotto pretesto che non si trovava nella
Scrittura e che scandalezzava i semplici
colla sua novità. Vinti i vescovi dalla de-
bolezza e dalla noia, cedettero alla vio-
lenza, e sottoscrissero \a formola di Ni»
cea, che perciò fu anche detta formola
di Rimini. Il numero di quelli die ricu-
sarono costantemente di sottoscriverla si
ridusse a 20, tra' quali s. Febadiod'A'
gen (F.) e s. Servazio di Tongres{F.)
si mostrarono i più costanti, ma non pò*
terono disimpegnarsi dai lacci tesi loro
da Valente e Ursacio con fallaci ragio-
namenti, permettendogli di aggiungere
alla formola ciò che volessero, se non gli
pareva abbastanza chiara. 1 cattolici ac-
cettarono la proposizione con allegrezza,
ma circuiti dai raggiri degli ariani, sem-
plici come colombe e non accorti come
il serpente, caddero nell'agguato; indi
sottoscrissero per sorpi*esa una formola
che conteneva il veleno dell'eresia ariana,
I .^ in questo, che non esprimeva ciò che
3g4 RIM
ollora era esienxiale a dire; a.* in que-
stOy che cODdannaTa tutlociò che gli era
contrario, e per conseguenza la dottrina
cattolica; e se ne tornarono ai loro pae*
si, senza accorgersi ch'erano stati ingan-
nati, essendo il conciliabolo terminato
nel 36o, come vuole il p. Massari nella
Disseri, sopra il concilio di Ritnini, Ol-
tre a ciò gli ariani ebbero Timpudenza
di pubblicar la vittoria, spiegando in sen-
si eretici le parole pib cattoliche, delle
quali si ei*auo serviti a Rimini per in-
gannare gli altri. Frattanto questa for-
mola fu inviata dopo il concilio di Rimini
nell'impero, con ordine di esiliar quelli
che non volessero sot tosaci verla ; ma il
maggior numero la sottoscrisse per timo-
re, per interesse o per ignoranza, indi la
persecuzione contro gli alti'i fu generale,
e deposti i ricusanti, altri in onenteUr-
sacioe Valente sosti tuirono.Tutto il mon*
do gemette di questa sorpresa e stordì
d'essere venuto ariano, al dire di s. Gt«
rolamo, espressione che non va presa a
rigor di lettera, giacché i vescovi che non
sì trovarono al concilio di Rimini non ne
sottoscrissero la formola e rigettarono il
concilio quando furono informati del mo-
do come pi*ocederono le cose, e venne
presso gli ortodossi in orrore e di deplo-
rabile ricordanza. Non solo i vescovi che
sì ricusarono sottoscrivere il concilio o
di riconoscerlo lo detestarono, ma la mag-
gior parte de'caduti nelle trame ariane
presto conobbero la gravezza del loro fa Ilo
quando ne videro le conseguenze funeste.
Con edificazione furono veduti correre
a pie de'santi confessori e protestare pei
Corpo del Signore ch''erano sempre re-
stati nella purità della fede, solo mancato
di prudenza, pronti a condannare tutte
le bestemmie degli ariani; quelli di Fran*
eia confessarono il loro eiTore in un con-
cilio diParìgi,e dovunque la professione di
fede ariana di Nicea di Tracia e di Rimi-
ni fu anatematizzata e sottoscritto il sim-
bolo del concilio di Nicea di Bilinia; non
pertanto gliariani cagionarono gravecon-
RIM
fusione nella Chiesa, e provocarono cru-
deli persecuzioni contro gli ortodossi che
vollero fedelmente custodi i-e il deposito
della fede. Seguendo la comune sentea*
za, nel voi. XXV, p. aoo ed altrove par*
landò del luogo detto la C^tfo/ìc/z distan-
te i3 miglia da Riminì, lo dissi così chia*
mato per esservisi rilii-ati e nascosti i 20
vescovi che si separarono dal concilio di
Rimini, come seguaci della dottrina cat-
tolica e ortodossa; dice Nardi che ciò pub
essere, ma da altri si crede che la borgata
prendesse quel nome da una rotta ch'eb-
bero 1 cattolici dai Palarini ( ^.) eretici
nel secolo XIII. Battaglini a p. i4o n-
ferisce che nel 1271 gli uomini de' ca-
stelli di Fogara, di Mezzo, di Granarolo
si posero sotto il patrocinio de'riminesi,
insieme a quelli di Castel Ligabicio,il qua-
le si obbligò di edificare una Terra mu-
rata col nome^ Catolica. Non debbo ta-
cere, ch'era intenzione di Costanzo, per
togliere ogni dissensione nella Chiesa,(li
far convocare in un concilio generale tutti
i vescovi dell'oriente e dell'occidente, ma
Ursacio e Valente che tanto potevano
sul suo animo, temendo che dovesse riu-
scir fatale all'arianesimo per l'unione di
tanti vescovi, lo indussero a dividerlo in
due, scegliendo Rimini per l'occidente,
e per l'oriente Andra, a cui poi fu sosti-
tuita Stleucia (A^.). Si possono vedere i
collettori de'conciliì. Regia t. 4> Labbé t.
a, Arduino 1. 1 . Papas«Damaso I nel con-
cilio di Roma del 369, riprovò quello di
Rimini.
Segno delle persecuzioni degli ariani
fu anche s. Gaudenzio, comechè loro in-
festissimo, onde gli convenne ritirarsi in
Forfi. Non essendo ancor sedata la tem-
pesta del concilio cui avea assistito, seb-
bene partiti gli eretici da Rimini, quivi
ritornò e radunato il presbiterio condan-
nò il conciliabolo, scomunicando prete
Marziano che ne seguiva gli errori. Ma
per essere ^questi parente del proconsole
di tal nome, i suoi fautori cacciarono il
vescovo fuori di Rimini, e lo martirizza*
\
RIM
I rono cOn bastoni e pietre, nascondenclo
I il cadavere in una fossa a* 1 4 ottobre dei
I 3 60. Antonini ne scrisse \e Memorie^ e Bat-
^ taglini a p. i4i e seg. riportala leggen*
^ da di questo s. martire, dell'invenzione
I del suo corpo, e parla della sua abbazia,
cbe chiama i.° monastero della diocesi,
come delle reliquie, delle monete e come
fu fatto comprotettore della città. Gli suc-
cesse nel 366 Giovanni 1.°, discepolo del
predecessore, che aumentò il luogo della
Confessione; indi nel 397Giovannia.°che
rinvenne miracolosamente il corpo di s.
Gaudenzio,e ottenne daGalla Placidia, re-
sidente inRavenna divenuta sede degl'im-
peratoii d'occidente, che magnificamente
ne rifabbricasse il sepolcro e tempio.Dopo
una lacuna di quasi 24anni,nel 462 tro-
vasi il vescovo Gennaro che dicesi prene*
stino e cardinale, maCardella che io seguo
nonio conobbe: intervenne a'^concilii ro-
mani, come il successore Giovanni 3.*^ del
498, fatto da 8. Gelasio T o meglio da s.
Anastasio li. Nel 55 1 Stefano i.° dopo
lungo intervallo, il quale seguì Papa Vi-
gilio a Costantinopoli e vi sottoscrisse il
Costituto; poscia Giovanni 4-^ il Grande
morto nel 590. Secondo la consuetudi-
ne, il clero col suo voto e il popolo colla
postulazione elessero O dea ti no, che non
piacendo a S.Gregorio I, questi nel 591
nominò Severo forse vescovo limitrofo.
Neiristesso anno divenne vescovo Casto-
rio, consagrato in Roma a tenore della
consuetudine da s. Gregorio I, che per
la sua infermità cagionatagli dai rimine*
si, e per la quale prese paterno interes-
se, gli sostituì nel 593 il vescovo d'Ur-
bino Leonzio per visitatore vivente Cat
storio ; altri visitatori furono Leone del
599, ed Agnello del 600, avendo Casto-
rio rinunziato nel 599, essendo allora la
chiesa di Rimini soggetta immediatameu*
te alla s. Sede, e vi durò per molti secoli
fino al ]6o4 al modo narrato da Nardi:
ad Agnello s. Gregorio I ordinò creare
il preposto de'canonici, allora deiiìfra*
tres e viventi in vita comune, che man-
RIM 295
tennero fin dopo il secolo XIII. Dopo se-
de vacante fiori il vescovo Callionisto che
intervenne nel 649 al celebre concilio
romano; indi nel 678 Paolo, nel 7 1 o Nar-
ciso cardinale, non però riportato da Car «
della, e seguì Papa Costantino in Costan-
tinopoli. Agnello a.** fu nel 743 al con-
cilio di Papa s. Zaccaria, e fu forse il i.^
vescovo eh' ebbe qualche ingerenza coi
magistrati di Rimini sul temporale del-
la città in nome del Papa. Tiberio sotto-
scrisse nel 769ÌI rinomato conciliodi Ste-
fano IH detto IV ; Stefano 2.'' dell' 800
fu presente al concilio d'Eugenio II; Ni-
colò i.^dell' 85o; Giovanni 5. Vi i*ecò nel-
1*86 1 al concilio di Roma; Deltone del-
r876 che da Papa Giovanni Vili fu im-
piegato in gravi e gelosi affari; Nicolò 2.**
deU'887; datale nel 930 fece la 2.' tra-
slazione nella cattedrale de' ss. Martiri
fratelli riminesi; Giovanni 6.^ del 946
intervenne ai concilii di Roma e Raven-
na, e nel 96 1 trasportò nella chiesa de'ss.
Pietro e Paolo, oggi s. Giuliano (pare che
per qualche tempo servisse di cattedrale)
il corpo di s. Giuliano martire che pro-
digiosamente era approdato nel lido del
mare, del quale ne riporta le notizie Bat-
tagliui p. 128 e seg; così del suo culto,
di quando fu fatto patrono di Rimini, ed
a p. 1 55 della sua abbazia e reliquie. A.
tempo di Giovanni 6.^ insorse nel 966
con denaro o 900 lire pavesi, il pseudo
vescovo Uberto i.^, il quale non divenne
legittimo pastore che alla sua morte o
cessione, verso il 980.GIÌ successe nel 998
Giovanni 7.^ di molta lode; quindi nel
ioo5 Uberto 2.°,ìn tempo del quale mo-
rì il b. Arduino di Rimini, ed il vescovo
ne fece depositare il corpo nella chiesa
di s. Gaudenzio. Gli successero progres-
sivamente, nel I025 Sergio, nel 1028
Monaldo, nel 1 o4 1 Giovanni S.**, nel i o53
Uberto 3.^ cardinale, dignità di cui noa
è persuaso il diligente Nardi. Aggiunge-
rò che siccome vuoisi poi vescovo di Pa»
lestrinayed avendo io a quell'articolo for-
mato la serie con Ughelli, e con Ceccoui
ig6 RIM
e Petrin'i storici patrii , trovo nel io58
UbertodePodiisoPo^gfo(f^.),e nel 1073
il rìmiDese delle Caminate Belmonle{F,);
ignoro poi se il i.** sia stato vescovo di
Rimini, bensì Uglielii, secondo gli autori
che cita, dice che dal vescovato riminese
il Belmonte passò al Prenestino. Certo è
che Uberto 3.^ venne lodato per virtù e
santità di vita. Dopo di lui nel 1069 si
registra Opizone 1.^ egualmente enco-
miato per dottrina e pietà, tanto rare in
que'secoli, e talmente generoso che fu
detto Elemosinano, a fendo fatto diverse
donazioni al suo capitolo: Battaglini che
lo credette fautoi*e dell'antipapa e di En -
rico IV imperatore, a p. I25 ciò narran*
do, sospetta che quel principe perciò gli
dasse l'assoluto governo della città, do-
minio che avrebbe avuto corta durata.
Egli s'intitolava ne'diplomi: Deigraùani
Ariminensis Episcopati Servus servorum
Deiy ad imitazione de'Papi, ma a Servus
dirò di altri vescovi che usarono questa
fbrmola. Nel ino Nicolò 3.% al cui tem-
po Enrico Y prese sotto la sua tutela i
benidellachiesa riminese; dipoi nel 1 123
Rainieri i.^, nel 1 136 Opizone i.^^nA
1 143 Rainieri a.° Uberti o Ubertini ze-
lante, sotto il quale Papa Lucio II con*
fermò alla chiesa riminese il diritto so-
pra una ponione del lido del mare, e so-
pra la metà di una delle porle della cit-
tà, e l'intiero diritto sopra un'altra: Bat-
taglini vi aggiunge la conferma de'mo-
iiasleri, pievi, chiese, corti, masse e altri
terreni, per cui gl^impose di pagare al
palazzo Lateranense annui 3o dcnarios
òolidosj in vece Eugenio III slabiPi una
libbra di puro argento, e lo ratificò In-
nocenzo 111. Rainieri a. Vi 3maggioi i54
cùnsagrò con solenne pompa la cattedra-
le, e vide donati dall'imperatore Fede-
rico 1 all' arcivescovo di Ravenna i mo-
nasteri di s. Tommaso e di s. Eufemia
della città di Rimini, con altri luoghi. Gli
successe nel 1 1 58 A Iberico che vuoisi con-
sagrato da Alessandro III, e dovette so-
stenere colle armi la sua giurisdizione
RIM
contro il vescovo di Cesena» prendendoi
le partii riminesi, finché si veDDeapaóf
ci accordi, pei quali in appresso i duep
poli si aiutarono scambievolmente. Dò|
fiori nel 1 1 77 Opizone 3«% che si trovò
prodigioso acquisto che fece la chiesa di
Lorenzo d'un braccio dis. Nicolò di Mii
onde ne prese il nome, lo detto anno
fu pure Jocel li no canonico diacono de
cattedrale, che si trova intervenuto i
1179 al concilio generale di Laterai
e nel 1 184 ricevè degli ordini daLiu
incontro i patariniy cioè che radunai
gli abbati e il clero, e rinnovasse oont
tali eretici e fautori la scomunica, d
vendo ammonire il podestà e i cittad
che dentro 3 o giorni li cacciassero, alt
menti interdicesse le chiese, e vietasse
celebrazione de'divini uffici, imperoa
ad onta de'giuramenti i rettori avea
Irascuiato di espellere quella setta, <
me apparendo da Battaglini. Da que
rilevo ancora, che Malalesta da Veri
chio appena ebbe la defensorìa e il [
matonel comune, si fece co'Ogli e nep
aggregare tra gli uffiziali dell'i nquisiz
ne, contro siffatti eretici ; e che A lessa
dro lY nel i^5q commise ai fi*ances<
ni gl'inquisitorati di Faenza e Rim ini |
la Romagna. Si può leggere l'erudita d
sertazione del cardinal Garampi suii
terini^ a p. 1 65 delle citate ^/e//iorie.I
1 185 divenne vescovo Ruffino (^.) |
cardinale, indi nel i ig3Ugone i.^O
sablini.Nel 1204 Ventura Trissi no di 1
cenza, cui Innocenzo III confermò i bi
della chiesa , che dichiarò soltanto se
getta alla santa Sede; come persona
merito il Papa gli commise d'intimar
scomunica all'arcivescovo di Ravenna
ogii osimani se non terminavano le ùe
loro questioni, e se ne servi in altre d
licate commissioni; dovette sostenere
capitolo contro il comune e lo benefic
per cui o per alcuni statuti contro Tei
clesiastica libertà, Onorio III nel 122
scomunicò il podestà e i consiglieri, e se
topose la città all'interdetto, da cui ne
RIM
fu prosciolta che 3 anni dopo, a condizio*
ne di 8opprimei*e gli statuti. Inoltre Ven-
tura difese i propri diritti nelle signorie
da lui dipendenti, ed eresse o restaurò
l'ospedale di s. Spirito fuori della città,
dato in cura agli agostiniani. Rinunzian-
do nel 1 23o, ottenne per successore Ben-
no canonico rimineseche fu in grande sti*
ma, onde venne adoperato in diversi af-
fari dal Papa Gregorio IX, e nella pace
tra Riinini e Urbino. Successivamente fu-
rono vescovi nel i a4^ Gualtieri,nel i ^44
Rainieri 3.°, nel 1 2^5 fr. Ugolino dome*
nicano, nel 1249 il cardinal Ottaviano
Vòaldini ( F,) amministratore, nel 1 a5o
fr. Algisio domenicano poi traslato a Ber-
gamo sua patria, penitenziere del Papa
e predicatore egregio. Nel ia5i Giaco-
mo I.**, ch'ebbe differenze col l'abbate di
s. Giuliano, col capitolo, e col comune per
diritti signorili tanto in città, quanto so-
pra alcune castella del contado, con tut-
ti componendosi; benevolo coi religiosi,
concesse ai francescani la piccola chiesa
di s. Maria in Trivio, poi ampliata e di-
venuta il duomo; die la parrocchia di s.
Cataldo ai domenicani, ed agli agosti-
niani cjuella di s. Gio. BattisU. Nel 1263
Ugo 2.^ eletto dai canonici^ per gratitu-
dine confermò i beni e ne aggiunse, da
una carta del quale si leggono i soli ti 4
annui pranzi da darsi dal vescovo al ca-
pitolo, per Pasqua, Pentecoste, Natale e
s. Colomba, e che il preposto teneva il
vicario. Non essendo piaciute a Clemente
IV le elezioni di due vescovi fatte dal ca-
pitolo, comechè viziose, nel 1 265 nominò
fr. Ambrogio domenicano fiorentino, che
fu al concilio generale di Lione II, lodato
per zelo ed erudizione: in tempo del suo
vescovato e nel 1286, si riporta la prò-
' digiosa traslazione d'un'immagine della
B. Vergine da Rimini a Venezia nella
chiesa di s.Marziale. Nel i278Guido i.^
delle Cam ina te d'una delle primarie fa-
miglie di R imini e molto dotto; nel 1 3oo
fr. Lorenzo Ballocchi domenicano; nel
1 3o3Federico L'Odetto da BonifacioVIlI
R I IVI 297
e fratello del precedente, che d'ordine
del Papa Clemente V| benché esente, fu
al concilio di Ravenna nel i3i 1, intro-
dusse in Rimini i serviti e ne consagrò la
chiesa. Da Sinigaglia Giovanni XXII nel
i32i trasferì a questa sede Francesco
i/deSilvestris nobile di Cingoli, in mol<
to credito presso il Pagi^ che lo trasferì
a Firenze; nel 1 323 surrugandogli fr.
GirolamoL^de Fiscis riminese domeni-
cano, suo cappellano e penitenziere, con-
fessore della b. Cniara da Rimini, pio e
dotto, che pubblicò le lettere apostoliche
contro Lodovico il Ba varo. Nel 1 328 Fe-
derico 2.^* già di Sinigaglia, che statuì col
capitolo, che i redditi del i .''anno de'n uo-
vi canonici si dovessero alla cattedrale.
Nel 1 329 da Reggio vi fu traslato Guido
2/deBaisiodi molto merito, assai dotto e
celebre giureconsulto, che aiutò la b. Chia-
ra pel nuovo ritiro monastero che fece
in Rimini per s^ e compagne, indi tra-
sferito a Ferrara. Nel 1 332 Àlidosio d'I-
mola, sotto del quale il cardinal Batta-
glini riminese fondò in duomo due cap-
pellanie,fabbricando la cappella di s. Pri-
sca o v'era slato battezzato. Verso questo
tempo volò al cielo la b. Chiara Ango-
lauti riminese, e fu tumulata in s. Maria
degli Angeli. Neh 353 Andreai.°,nunzio
in Toscana e nel Genovesato, visitatore
de'camaldolesi, che fece la legge che non
potesse aver qualsivoglia beneficio eccle-
siastico chi non era della diocesi. Nel 1 363
Angelo i.^Toris coosagrato in Avigno-
ne da Urbano V; gli successe nel i366
Geraldo riminese de'conti Maschi, e forse
prima di lui e per poco Gualdo Gualdì
nobile riminese lodatissimo, se pure non
è il medesimo soggetto, eletto ad istanza
de'canonici; nel medesimo anno essendo
morto, gli fu sostituito Bernardo de Bo-
navallebolognese,giàdiSpoleto.Nel 1 3^ i
fr. Ugolino 2.^ agostiniano, patriarca di
Costantinopoli, amministratore, forse dei
Malabrauca d'Orvieto, pio e dotto.
Gregorio XI nel 1 374 traslatò da Pe-
saro Leale Malatesla figlio spurio di Ma-
398 R I M
latesta Malatesla e di certa Giomniia» lo*
dato per pietà, onde fece pii legati, e al-
la cattedrale un beirostensoriod argen-
to dorato di finisiimi lavori per la pro-
cessione del Corpus Domini^ e nel quale
fu poi collocata la s. Spina, dono del re
di Francia EnricolII al vescovo Castelli,
il quale potè ottenere in Sens una costa
e due denti di s. Colomba che si venera-
no neir odierno duomo, tratti dal corpo
che riposa in detta città: Leale fece savie
leggi, fu impiegato daTapi in importan-
ti allari, si adoperò indarno per pacifica-
re la principesca sua famiglia Malatestn;
mori nel 1 400 in Castel Leale, luogo del-
la diocesi nella pieve di s. Savino^ che da
lui edificato e fortificato prese il nome.
Bonifacio IX subito lo fece succedere dal
suo vicario generale Bartolomeo Barbati
beneventano, che ottenne dalPapa un bel
diploma in conferma de'beni di sua chiesa,
il quale poi confermò Nicolò Y. Nel 1407
Gregorio XII fece vescovo Benedetto de
Bandelli (^.)j traslato da Città di Ca-
stello, che poi creò cardinale, nella qual
dignità non fu riconosciuto dalla chiesa
univei'sale, se non nel concilio di Costan-
za a'4 luglio 1 4 1 ^> quando il Papa rinun-
ziò il pontificato, perchè con altri Tavea
creato cardinale contro la promessa fatta
di non crear più cardinali per più facil-
mente estinguere il deplorabile scisma.
Gregorio XII inoltre lo inviò legato nel
dominio de'suoi veneti e nella provincia
di Romagna, fu in carteggio col Papa, che
dimorando in Gaeta gli die facoltà di di-
spensare nel detto dominio fino al 4**^6>*a*
do : il cardinal morì prima del dicembre
i4i6al concilio diCostanza, mentre nel-
la biografia con Cardella esattissimo dis-
si nel i4(7 9 anche per vederlo asserito
dal celebre Novaes. Nel di lui vescovato
Carlo Malatesta fondò un monastero con
chiesa pei religiosi di s. Paolo {.^eremi-
ta, cui fu data con autorità di Gregorio
Xll l'abbazia di s. Gregorio istituita da
S.Pier Damiani, non che lo spedale dello
Spirito santo : ma questi religiosi essen-
RIM
do nella maggior parie ungheresi, dopo
pochi anni ripatriarono. In principio del
14 1 7 il concilio fece com menda tario del*
la chiesa di Rimini il cardinal Condul*
mieri nipote di Gregorio XII e poi Eu-
genio lY, indi la conferì pure in commen*
da al cardinal Antonio Corraro, altro ni-
pote di Gregorio XII. I canonici di Ri-
mini dopo la morte del vescovo volendo
riacquistare il diritto di eleggere il pro-
prio pastore, elessero Girolamo 2.^ Leo*
oaixli riminese generale degli agostinia-
ui, che ne fi;ce domandare la conferma
al concilio , che in vece nominò i detti
commendatari, o forse a ciò procedette i-
gnorando tale elezione, od avrà poi riti-
rata probabilmente la coronienda. Certo
è che Martino V a' i o gennaio 1 4 1 8 con-
fermò l'elezione de' canonici. Girolamo
a.^ approvò le rinnovate costituzioni del
«Capitolo, donò al vescovato de'propri suoi
beni il casino poìto sull'ameno colle di
Covignano con terreni all'intorno lungi
a miglia dalla città, per villeggiatui*a dei
successori che tuttora lo godono, e dove
ì minori osservanti hanno il convento. I
Malatesta nel iJ^iS lo deputarono per
trattarla pace col conte Montefèltre; per-
mise l'istituzione del monastero delle ca-
nonichesse lateranensi , e coi vescovi di
Fano e di Cesena assistè a' magnificen-
tissimi funerali di Carlo Malatesta in s.
Maria in Trivio, poi s. Francesco o tempio
Malatestiano, oggi cattedrale. Eugenio
IV nel 1435 fece amministratore il sud-
detto suo cugino cardinal Corraro in ot-
tobre, indi dopo 52 giorni e net novem-
bre nominò vescovo Cristoforo vicenti-
no già di Cervia con grandi elogi, come
stato suo uditore; l'onorò con diverse
commissioni, fu al concilio generale di Fi-
renzee fu trasferito a Siena. Nel i'44^ ^u*
genio IV gli surrogò Bartolomeo 2.°Ma-
latesta de'signori di Rimini, il quale a '3 1
ottobre 1 446oi(lò la i .'pietra nel famoso e
superbo tempio Malatestiano di s. Fran-
cesco. Nel 1448 Nicolò V elesse Giacomo
i2.*^Vannucci di Cortoodi chierico di ca-
RIM
mera, che poi traviato a Perugia, ed in
sua vece dichiarò vescovo neh 449 ^^*
dovicoi AiiGarstis uditore della camera
apostolica, iodi ueli45o Egidio Guidoni
di Carpi, mentre il capitolo procedeva
all'eiezione, ò per raccomandare alcuno:
pare che si trattasse del cardinal Barbo
poi Paolo 11, e nipote di Eugenio IV, il
quale essendo vescovo di Cervia dimora-
va sovente in Rimi ni conferendogli assai
il clima. Malatesta Novello signor di Ce-
sena aveva fatto premure al capitolo pel
p. Francesco da Rimini provinciale dei
minori. Egidio consagrò la cappella di s.
Sigismondo nel tempio Malatestiano, eoa
5 vescovi viciniori, e neh 4/^} ^'inerban-
dosi una pensione di 3oo ducati, rinunziò
a Bartolomeo 3,°Cocapani di Carpi, vi-
ce-legato del Patrimonio, che celebrò nel
i477 '^ sinodo come zelante pastore, per
cui proibì l'uso delle carni e de'làtticini
nella quaresima, sotto pena di scomuni-
ca e dito soldi d'applicarsi meta alla ri-
parazione del porto, l'altra metà a'poveri,
e tenne anchecura pastorale del vescova-
to di Cervia. Neh 485 da 'E^Ienopoli Si-
sto IV vi trasferì Giovanni g.° Rosa di
Terracina, e gii successe nel i488 Gia-
como 3.^ Passarelli cesenate, traslato da
Imola per volere d'Innocenzo Vili, che
lo fece pure governatore di Cesena e poi
di Romagna ; quindi l'inviò nunzio eoa
facoitù di legatoaEurico VI Ire d'Inghil-
terra, che lo fece suo consigliere e gli per-
mise nel suo inquartare il proprio stem-
ma; col consiglio de'canonici statuì che
fossero privati del beneficio se senza li-
cenza del vescovo stassero lontani, l'ar-
ciprete, il preposto, il rettore , ec. Ales-
sandroVIneli495per sua morte nomi*
nò amministratore il cardinal Oliviero
Caraffa f^.), che neh 497 con regresso
rinunziò in favore del nipote Vincenzo
\!^ Caraffa (V,) poi cardinale col nome
dìGio. Vincenzo, come pur fece neh5o5
della sede di Napoli, laonde riprese Tarn*
minislrazione di Rimini , otienendò da
Giulio II che il decaduto monastero ca«
R l M ^99
malcjolese di s.Teonisto co'beni fosse in-
corporato alla mensa capitolare. Per sua
morte Giulio li fece avvisare i canonici,
forse perchè non procedessero all' elezio-
ne del successore, che avea nominato il
vescovo d'Imola Simone Bonadies nobile
romano, il quale compose la comune eoa
Saludecio che voleva sottrarsi dalla giu-
risdizione di Rimini e passare quella di
Fano; intervenne al concilio generale di
Laterano V, fu vicelegato della Marca
d'Ancona e fece diverse leggi lodevoli pel
clero, restaurando col capitolo la catte-
drale. Leone X neh 5 1 8 elesse Fabio Or-
sini di Cesi de'contid'Anguillara, fratello
del rinomato Renzo, di cui parlai in piti
luoghi,a Milizia e Roma; venne impiegato
in gelosi affari, e nella vicelegazione della
Marca ; sotto di luì la città fu minaccia-
ta d'interdetto per essere stata rioccupa-
ta dai Malatesta, onde il vicario del ve-
scovo e il capitolo s'interposero per dimo-
strare che la colpa era di pochi, e dell'u-
surpatore che soverchiava colle sue for-
ze. Clemente VII successivamente fece
nel marzo 1 5^8 amministratore il cardi-
nal Franciotto Orsini (P^,) col vescovo
BelinensepersufIraganeo;a'7 aprile §529
il cardinal Antonio del Monte (F,) che
rinunziò a'2 4 "faggio; ed in questo gior-
no vescovo Ascanio Parisani {F.) già di
Caiazzo poi cardinale, e perciò dello il
cardinal di Rimino : pare che prima e
dopo il 1 533 ne fosse nuovamente ammi-
nistratore il cardinal del Monte, forse pel
regresso ; io però nella serie de* Maggior'
domi nel 1 534 dissi Parisani vescovo di
Rimini, e tale lo trovo nel Renazziche mi
precedette nella Storia de* maggiordomi
ch'io compilai come lui, e con miglior e-
sito, colle schede dell'archivio del palaat-
zo apostolico. Nel sinodo deh 546 Pari-
sani era assente come quasi sempre, per
cui il suo vicario probabilmente era de-
corato della dignità vescovile; neh 549
persua morte gli successe il nipote coadiu-
tore Giulio 1.^,0 per l'eia ne divenneam-
nìinistratore, indi effettivo vescovo^ por-
3oo R 1 M
tandosi al concilio di Trento, dopo il qua-
le teone due sinodi nel 1 564 e nel 1 5'j^i
Del 1 568 aprì il seminario, e nel 1 5jZ in-
trodusse i carmelitani nella chiesa di s.
Gio. Battista. Nel iSj^ Gregorio XllI
§soe vescovo Giovanni io." Castelli bolo-
gnese, che celebi*ò 3 sinodi,fu visilatoi^e di
Lucca e Parma, indi nunzio di Francia, o-
"ve operò bene in più cose, e vi morì, dopo
aver istituito nella sua cattedrale 6 man-
aionari a'quali ottenne dal Papa lealmu-
tie nere di pelle d'agnello, avendo anche
rimodernato la cattedrale. Nel 1 583 Vin-
oenso 3.° Torfanini bolognese; nel 1 5^ e
Giulio Q.^Salicini bolognese, che intro*
dusse i teatini in Ri mini, pose le prime
pietre nella chiesa della B. Vei*gine della
parrocchia di s. Àndrea,e in quella e con«
"vento de' cappuccini nel i6o5, i quali
perciò abbandonarono quello sul monte
Fronte, eretto nel 1 564, ed al nuovo die-
rono il titolo della ss. Concezione in me-
moria di altro già da loro posseduto : il
vescovo fu anche vicelegato di Romagna,
j^el 1 6o6Berlinghiero Gessi{F'.) poi car-
dinale (di cui fu ablegato per la berretta
l'ossa A. Baltaglini), consagi*ò il nuovo ci-
miterio della cattedrale, fu nunzio di Ve-
nezia e nel i6ig governatore di Roma,
onde rinunziò nel 1 6 1 9, e Paolo Y sosti-
tuì Cipriano Pavoni riminese abbate o-
livetano, che visitò la diocesi, e tenne il
sinodo nel 1624* Urbano Vili nominò
nel 1627 Angelo 2.° Cesi romano de'du-
chi d'Acquasparta, di moltissimo merito e
gran letterato,ceIebrò il sinodo nel i63o,
governò con saviezza, ebbe eccellenti par-
rocchi e fu nunzio di Venezia. Nel 1646
il cardinal Federico Sforza (F',) , quasi
riediGcò la cattedrale rovinata dal ter-
remoto del 1672, benché non fosse più
vescovo, le donò 6 grandi e ben lavora-
ti candeilieri d'argento colla croce, che
gli costarono più di 1 000 scudi, avendo
tenuto il sinodo nel 1 654, che ^^ ^^ ^^*
no fa stampato dal Simbeni : per salute
rinunziò, e in morte lasciò a detta chiesa
tutti gli arredi di sua cappella ricchissi*
EIM
na d'argenti, conipreso il calice d'oro, 00-
ae rilevo da Ratti, Driia famiglia «^or
stf 1. 1 , p. 338 e seg., il quale a vvertedie
la riedificazione rincooilociò nal 1 668, ed
essendo rimasta considerabiloieDle dso*
neggiata dal terremoto, conttibuì pel rial*
tamento scudi 1600, essendosene riseria-
ti 1400 di pensione nel dimetterla. Nel
l656Tommasode'coutidi Carpegnaro*
mano e teatino, bravo teologo, ma visieiS
mesi. Dopo più di altri 1 5 di sede vacsBle
nel 1 659 Marco 1.^ Galli (^.) poi cardi-
nale, nunzio di Colonia e poscia di Ha-
poli, per cui lasciò raccomaDdata ladli^
la al ve8covod'Urbania,teDae il sinodo od
1674» e consagrò la cattedrale nel 1676,
visitando la diocesi. Mori nel i683,eil
preposto governò la diocesi fino al 1687,
in cui Innocenzo XI nominò il cardiali
Domenico M/ Corsi (f^.) legato di Ro*
magna; tenne il sinodo e lasciò legati al-
la chiesetta della B. Vergine da lui edi*
ficata, e unita alla cattedrale. Nel 1698
Giovanni 1 1 *Davia{F,) bolognese già di
Tebe e nunzio di Polonia, poi di Vien-
na e cardinale: rinunziò dopo aver otie-
brato due sinodi, e nel i ji6 Benedetto
XII i gli surrogò e consagrò Renato Mas-
sa napoletano che tenne il sinodo.
Benedetto XI Vnel 1 745 elesse Alessan-
dro Guiccioli nobile di Ravenna, il cui ar-
civescovo suo fratello lo consagròy reduce
dal governo di Carpentrasso, avendo e-
saurito importanti missioni co'i*e di Spa*
gna e Portogallo : fabbricò la superba
scala e facciata dell'episcopio, e fu ottimo
pastore. Nel 1753 Marc' Antonio Zolio
nobile riminese, con tripudio de'ooncitta*
dini; nel 1 757 Gio. 1 3^ Battista Stella bo-
lognese, morto nel 1 758; onde successe il
oardinalLodovicoa." Falenti{^F',) pelqua-
le prese possesso il can.^ Garampi poi car*
diuale, ed il vescovo fece il solenne ingres-
so con l'antico ceremoniale, col venerare
nella chiesa di s. Gaudenzio le reliquie,
lasciando in offerta la veste viatoria e il
cavallo, implorando da tanto predeces*
sore il suo patrocinio nel governo delie
RlIVf
anime a se commesso, còme leggo in Bat-
taglini : rifabbricò il bel seminario vicino
all'attuale cattedrale^ ed in questa occa*
alone ottenne dal Papa Wìlìoìo sine re ó\
arciprete a tutti i parrochi della diocesi,
per non pregiudicare i pievani che lo a-
^eano dal secolo Vili e il i.° prete del*
la cattedrale che lo gode dai primi seco-
li della Chiesa. Teneva un'accademia ec«
clesiastica fioritissima, ove furono recita-
te belle dissertazioni e alcune stampate
nellaf?/zcco//a di Zaccaria. Clemente XIII
nel 1763 da Tivoli trasferì Fi-ancesco 2.*
de'conti Castellini diForPi; nel 1777 Pio
VI 'vi traslatòda Feltre Andrea 2." Mi-
nucci di Serravalle, pieno di dottrina e di
spirito pastorale , fu amato , protesse le
lettere e i letterati , poi amvescovo di
Fermo. Lo stesso Papa nel 1779 elesse
Vincenzo 3,** de'conti Ferretti d'Ancona,
I già vescovo di Rieti, che oltrequanto no*
i fai di sopra, nell'anticamera deirepisco*
I pio fece dipingere in tela la serie de"* ve*
i scovi, e sul muro nel casino di Co vigna*
no, ove fece anche dipingere tutti i pae-
si della diocesi : in occasione del funesto
terremoto del 1786 dimidiò la grandis*
sima sala del vescovato eretta dal cardi-
nal Sfoi*za, formando colla metà 4 came-
re. Visitò piti volte la diocesi, donò alla
cattedrale vari arredi sagri e 4 busti di
argento. Morì nel 1806, e dopo i5 mesi
di sede vacante, Pio VII nominò Guai-
fardo Ridolfi nobile di Verona, fatto da
Napoleone con tutti gli altri vescovi del
regno italico barone di esso e cavaliere
della corona di ferro ; avendo trasferito
la cattedrale nel celebre tempio Malate-
stiano de'francescani, che ricevè con ciò
un nuovo lustro e fu restaurato in mol-
te cose essenziali, ne consagrò di nuovo
il marmoreo altare maggiore nel dì del-
la festa di s. Pietro del 1809. Indi nel
1 8 1 1 fu al così detto concilio nazionale di
ParigH^F'.)^ e neh 8 12 fudichiaratocon-
te del regno. Inoltre Pio VII dopo sede
vacante, nell'agosto 1819 traslatò da A-
tene a questacfaiesa GianìraDcesco Guer*
RTM 3of
rieri di Fermo, che richiamatolo in Ro-
ma nel 1822 a rinunziare la dignità, no-
minò vicario apostolico Giovanni Mar-
chetti arcivescovo d'Ancira e dottissimo
autore di diverse opere. Leone Xll nel
maggio 1824 ^i trasferì da Pesaro ^ ad
onta di quanto dissi a quell'articolo, il ri-
minese Ottavio Zollio,lodatissimo pasto-
re. Gregorio XVI nel 1 832 nominò mg.'
Francesco Gentilini di Spoleto facondo e
valente predicatore, già canonico della pa-
tria metropolitana, col titolo di arcive-
scovo di A micia in partibiist di ammi-
nistratore apostolico , quindi nel conci-
storo de' 1 5 aprile 1 833 lo dichiarò vesco-
vo : dipoi nel concistoro de'20 gennaio
1 84^ lo trasferì all'arcivescovato in par-
tihus di Tiana, e lo fece canonico vati-
cano e segretario della s. congregazione
delia visita apostolica, ed il Papa che re-
gna lo nominò segretario di quella del-
l'esame de' vescovi. Nel medesimo con-
cistoro Gregorio XVI vi traslatò da Mori'
te Feltre (F,) l' attuale ottimo vescovo
mg.' Salvatore Leziroli d' Imola, in cui
prima che quel Papa lo nominasse al-
l' altra sede era canonico penitenziere e
decorato delle primarie cariche ecclesia-
stiche. Ogni nuovo vescovo è tassato in
fiorini 4oo, ascendendo le rendite della
mensa a circa 4000 scudi. La diocesi è
grande e per molte miglia si estende con
90,000 abitanti, nonaginta mille incolàs
dice 1' ultima proposizione concistoriale.
In Sa vignano vi é la collegiata con ca*
pitolo, così in s. Arcangelo, ed in Veruc-
chio ove sono gli agostiniani e le bene*
dettine, de'quali luoghi parlai nel già ci-
tato articolo FoBLÌ; come ancora di Sa-
ludecio che ha i girolamini, di Mondai-
no che ha le Clarisse, di Soglia no che ha
le agostiniane. Mi duole l'animo, che per
r imperiosa legge de' ristretti limiti del
mio sistema, de'memorati e altri illustri
luoghi io non possa dire altro, e molto
più per la cospicua s. Arcangelo che me-
ritò d'essere elevata al grado di dttìi da
Leone Xll neh 8281 col hvevefnter ce-
3o2 RIM
U-bn'ora , approvando i regolamenti per
le aggregazioni ai ceti nobile e civico ; e
di avere a bea degno storico il nobile suo
concittadino, ornamento benemerito del-
la patria, mg/ Marino Marini canonico
vaticano, segretario della s. congregazione
deirimmunità ecclesiastica e pi*efétto de-
gli archivi vaticani (de' quali e in parte
col celebre zio mg/ Gaetano benemeren-
tissimo, per averli cogli altri della s. Se-
de ricuperati dalla Francia, in uno ai co-
dici della biblioteca Vaticana e altre co-
se, come rilevandoservigicosì importan-
ti ricordo a Roma, P\), essendo egli stes-
so un archivio di vasta e profonda eru-
dizione, come si ammira nelle sue opere,
in moltissimi articoli da me citate con
vantaggio, mentre a ricordare soltanto le
Memorie istorico- critiche della città di
s, Arcangelo^ Roma 1 844i queste giusta-
mente furono grandemente lodate dal
dottissimo e benemerito autore di pre-
giate opere il p. AgostinoTheiner dell'o-
ratorio, per quanto pubblicò nel t.so, p.
93 degli Annali delie scienze religiose,
stampato anche a parte, oltre quanto ne
dice il beirarticolo che si legge nel t.12,
p. g3 dell* Àlbum di Roma, A nche per
queste illustrazioni con pena solo mi li-
miterò a far eco con dire, che a buon di-
ritto r encomiato prelato, per le illustri
memorie di cui va superba la città di s.
Arcangelo, con mirabile amor patrio ad
essa rivendicò l'antico splendore e la sua
Tera e antichissima origine, sul cui tem-
pio di Giove sino dai primordi del cristia-
nesimo fu eretta la pieve e chiesa ma-
trice, non che insigne collegiata, dedica-
ta a Dio sotto V invocazione del principe
della celeste corte T/^rc/z/zg^e/os. Michele,
donde trasse la denominazione il comu-
ne e la città, pel di lui culto introdotto
in Rimini e dintorni dal glorioso s. Gau-
denzio, che ridusse il tempio in chiesa ,
o dai vescovi orientali intervenuti al fa-
migerato concilio di cui tenni superior-
mente proposito. Ches. Arcangelo fu tal-
volta dominato dai potenti Balacchi,Ta-
RIM
velli e Passa rei li suoi cittadini; talealtra
dal vescovo e dal comuDC di Rimini, ed
anche dal comune di Cesena, e da alln,
ma precariamente. Bensì per la s. Sedeoe
furono vicari i Malatesta coirannuocen-
sodi 700 fiorinijconservando però i pri-
vilegi e le istituzioni municipali, liccome
vicariato separato e indipendente, eoo
giurisdizione su divei*si castelli e ville. Vi
fu Federico I imperatore; il vescovo di
Ri mini vi ebbe palazzo;! rettori di Roma-
gna qualche volta vi fecero residenza, e
quello del 14^4 ^^ abitò stabilmente. Si
narrano ancora le lotte valorosamente so*
stenute dal comune di a. Arcangelo tan-
to contro Rimino, quanto contro lapre*
potenza de' Ma la testa, sottraendosi aldo- .
minio or degli uni,or degli altri^cercan- I
do sempre di mantenersi Indipendente, \
cioè soggetto ìmmediataniente al soave
dominio della s. Sede e de' Papi, Gnchè
Giulio II la ricuperò all'assoluto e pieno
dominio della medesima. Sì dice di sua
rocca e magnifica struttura , e degli as-
sedi che sostenne come inespugnabile; dei
privilegi del comune, dei suoi vicari, ret-
tori eca8tellanì;de'divei*si storici che vao*
ta la città, distante da Rimini 7 mìglin,
e situata sopra la strada corriera, in va-
go e dilettevole colle, già uno de*più fur-
ti castelli della contrada. Vi sono i con-
ventuali, l'ospedale, il monte di pietà,la
congregazione del la carità o beneficenza,
le scuole di filosofia e quelle elementari,
un elegante teatro,una pubblica fonte con
loggia. Sì descrivono i monumenti di ar-
chitettura e pittura esistenti in s. Arcan-
gelo; si fa il novero delle bolle e de'bre-
vi coi quali i Papi la onorarono. Con mol-
te ricerche storiche sì racconta il ti*agico
ed eclatanteepisodio di Francesca da Ri-
mino, di tanto infelice e tetra rinomao*
za, ch'egli vuol dimostrare ch'ebbe cau-
sa in Rimino ecompimento in s. Arcan-
gelo, per le prove che produce nelle cir-
costanze che precederono, accompagna-
rono e seguirono il deplorabile avveni-
mento ; e ciò siccome punto istorieo in-
RIM
tcressanle la Romagna, pei reclami che
ne furono allora fatti, sia dal rettore del*
la provincia, sia dal marchese d'Ancona,
sìa dai Polentani di Ravenna, sia per es-
sere stati dichiarati ribelli della s. Sede
i Malatesta dal parlamento di Forlì, sia
in fine per la pace stabilita allora in s.
Arcangelo fra il comune di Rimino e ì
Malatesta, fra questi e i Polentani colla
mediazione di detto rettore. Protesta però
mg.^ Marini, da prudente storico, nel suo
discorso preliminare, di non volere su que*
sto fatto stabilir canoni, che escludano as-
solutamente ogni probabilità che possa
essere a V venuto altrove; e al la p. 1 12 scri-
ve, essere questa opinione, che in s. Ar-
cangelo fosse morta Francesca, così fon-
data , quanto possa esserlo in tanta di-
stanza eli tempo e contrarietà di pareri.
Un comune così ragguardevole come s.
Arcangelo, non potea rimanere scarso di
monumenti d' arte; ciò che dimostra la
molta coltura de'suoi cittadini e Tesservi
gli accennati e altri istituti , sì religiosi,
che scientifici e di pubblica utilità; aven-
do perduto nelle vicende politiche delle
biblioteche, manomesse perchè proprietà
de'conventi,ed il museo di storia naturale.
Anche ella è prova di molto incivilimen-
to il presentare la città una serie ono-
revole d'antiche e nobili famiglie, che e-
iiumera e illustra, molti individui di cui
si resero insigni nella repubblica lettera-
ria e nella Chiesa; pel vanto d'aver dato
i natali al Papa Clemente XIV, già ram-
mentato in principio, ai bb. Simone Ba-
lacchi, e Galeotto Roberto Malatesta per-
chè ivi visse di frequente e morì ; alla
ven. suorM.' Cavalli fondatrice delle cap-*
puccine di Bagnacavallo; come a tanti in-
signi guerrieri, i quali sostennero guer-
re e più volte afforzarono gli eserciti del-
le milizie di s. Chiesa di propria gente;
non meno di molti letterati e artisti, tra t
quali primeggiano, Guido Cagnacci pit-
tore ; Francesco Michini celebre anato-
mico e fisico fiorito nel 1 53o; Giuseppe
Enea Garatoni sommo astronomo e ma*
RIM
3o3
tematico ; Gaspare Garatoni, versatissi-
mo in ogni genere di letteratura; Costan-
tino Ruggieri classico letterato. Mas. Ar-
cangelo può principalmente gloriarsi del
celebratissimo mg.*^ Gaetano Marini pre-
fetto degli archivi segreti della s. Sede, i .°
custode della biblioteca Vaticana e mi-
nistro residente in Roma del duca di Wur-
temberg, zio del lodato storico patrio, la
di cui fama è imperitura pe'molteplici e
classici suoi lavori archeologici e diplo-
matici, che in tanti luoghi ho ricordato coi
dovuti encomii e giovandomene, egli es-
sendo noto ai cultori del sapere;, massime
a tutta Europa; mentre delle sue beneme-
renze colla s. Sede ne feci cenno ne' vo-
lumi ricordati di questo mìo Dizionario^
avendolo celebrato diverse dotte penne,
fra le quali mi limiterò a rammentare lo
stesso prelato nipote , il quale colle sue
notizie ci diede il catalogo di sue opere
edite e de'suoi mss. nell'opera intitolata :
Degli aneddoti di Gaetano Marini, com*
mentario di suo nipote Marino Marini,
Romai822e dedicata a Pio VII. Egual-
mente meritando ricordo la bellissima
biografia del prelato Gaeta noMarini scrit-
ta dal eh. forlivese d.*" Giovanni Roma-
gnoli, e stampata in Forlì nelle Biogra-
fie e ritratti di uomini illustri di tutto lo
stato pontificio, il quale dice, che oltre i
molti dotti viventi, si contano 5o uomi-
ni illustri ch'ebbero a patria s. Arcange-
lo. Nel 1847 si pubblicarono i Cenni bio"
grafici deWas^, Pietro Maggiolida San»
i* Arcangelo scritti da' Adeodato Fran-
ce5cA/,Rimini, tipi Orfanelli eGrandi.Da
ultimo il comune, dal concittadino e va-
lente scultore Gaetano Lombardini, al-
lievo del sommo Canova, decretò un bu-
sto benché vivente, all'altro illustre con-
cittadino p. Rodolfo Borsarelli minoi'C
conventuale e già ministro provinciale,
profondo teologo, facondo e dotto predi-
catore. Terminerò col dire , che la cit-
tà di s. Arcangelo^ eziandio pel suo fab-
bricato di oltre a mille e piti case ur-
bane, molte fra le quali d^ assai decente
l:-
t
r
i
3oi RIN
ncpcIIOj per rampietta e doTÌzin del suo
territorio s|>nrso di elogniiti cnsini da vil-
leggiature, come ancora per la salubrità
dell'aria, pel numero de* suoi abitanti e
per la gloria di possedere il Rubicone, pri-
meggia dopo Rimini, su tutti i comuni
della vastissima diocesi. Ritornando ai ve-
scovi di Rimini e alle memorie ecclesia-
stiche di sua città e diocesi, oltre i citati
autori, si possono leggere. Ughelli, Italia
sacra t. 2, p.409: Ariminenses episco»
pi, Jo. Pauli Oliva, Obscrvadones ano-
nymi de Anminis adannale.s ecrlfsia*
sticos Henrici Sponda ni, i656. Julius
Caesar Ricciardelli, Synopsis episcopo»
rum A rimi ni ^ et de ejnsmet civitalis cele»
bri antiquitate, et origine, A rimini 1704:
Synopsis praerogativartim Civita ti s A»
rimini, et ejusdem virorum^ sanctonim^
aliorumque in di gnitate ecclesiastica con-
stitutorum, Giampaolo Giovenardi di s.
Arcangelo, Sinodi riminesi né* quali si
esprime V indole y la natura e la forma
de'plebanati della diocesi, e sono indica-
te le prerogative che hanno le chiese pie-
hane, e le preminenze e i diritti che com-
petono agli arcipreti o pievani, con note
critiche e appendice, Cesena 1775.
RINALDO, Cardinale. Si trova sot-
toscritto in una bolla di Celestino III spe-
dita in La te ra no a favore della basilica
Liberiana a'5 gennaio 1 1 9 1 : Ego Renai-
dtts s, Mariae Novae Diac. Card,
RINCHIUSI. F. Solitari.
RINUCCINI GioyAvm^Cardinale.Vo-
lilissimo fiorentino di antica e chiara fa-
miglia , nacque in Firenze a' 22 luglio
1 743. Ricevuta l'educazione civile e scien-
tifica conveniente al suo grado, e bramoso
di servire la s. Sede, fu ammesso in pre-
latura, acquistando un protonotariato a-
postolico partecipante, del quale cospicuo
collegio divenne sottodecano nel 1775.
Successivamente esercitò le cariche di vi-
celegato di Bologna, di ponente di con-
sulta, di chierico di camera colla presi-
denza della grascia, ne'quali incarichi a*
vendo dato saggio di molta capacità ne*
RIIV
gli affari, attività e priitlenza, merilàc
l'io VI neirapnlei789loproraovesse
la distinta dignità di gOTcroatore di £
ma e vice -camerlengo di s. Chiesa, qa
di ne pi*emiasse i servigi resi alla sede
2 1 febbraio 1 794, col crearlo cardini
diacono di s. Giorgio in Velabro. Inoli
l'annoverò alle congregazioni di proj
ganda,de'rìti,di consulta, dell'immuni
del concilio e di Loreto. Lo nominò pi
tettore de' vallombrosanì , dell' ospedi
di s. Gallicano, del conservatorio della!
vina provvidenza, e delle università (
padroni cappellari,e de' macellari. Ni
l'invasione dello stato pontificio, open
dai repubblicani francesi nel 1 797 eco
pita nel 1798, soffri come i suoi colleg
e dovette partire da Roma. Aduuatos
conclave nel 1 799 in Venezia, vi si n
per concorrere all'elezione del Papa, ei
marzoiBoo lo divenne Pio VII, il qu
lo fece prefetto dell'economia di pro]
ganda /f^, visitatore apostolico della
Casa di Loreto e del memoroto ospeda
non che protettore dell' ordine de' se
di Maria, deil'arciconfraternita e ospi
della ss. Trinità de'pellegrini, e della oc
fraternità dì s. Giuseppe di Palombi
ins. Sabina, come il tutto rilevo dalle il
tizie di Roma. Leggo inoltre nel n.^'i
del Diario di Roma del 1 80 1 , che ivi n
n a'28 dicembre per un colpo apoph
co, che quasi subito lo tolse ai viven
senza aver potuto ricevere alcun soccc
so, neir età di 59 anni. Nel n.** 1 o5 e
Diario di Roma 1 802, sono descritti i i
lenni funerali celebrati nella chiesa di
Marcello, in cui pontificò il cardinal C
racciolo come camerlengo del sacro o
legio, coll'assìstenza di Pio Vlf chein ;
ne della messa fece la solita assoluzio
sul cadàvere. Collocato questo in luo,
di deposito nel la cappella di s. Filippo I
nìzi, nella sera de' 9 luglio 1 80 1 fu ti
sportato con conveniente decoro nel
Chiesa di s. Giovanni de*fiorentini {F
e tumulato nella cappella di s. Frane
SCO d'Asisi nella tombe gentilizia, ove
i
11
9
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I
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e
RIN
fratello marchése Àlessandrogli eresse un
nobile epitaffio^ che ne celebra l'integri •
tà e le virtù che lo fregiarono, il quale è
riportato nel n«°i6o del Diario di Ro*
ma di detto anno. Nella mattina seguen«
te furono celebrate un gran numero dì
messe. La famiglia possedeva in Roma il
Palazzo Rinuccinì (^.), che acquistò la
madre di Napoleone; in Firenze poi pos*
siede la celebre cappella, che Lapo di Ri-
Buccino II fondò prima del 1 333 nella
sagrestia di s. Croce, che.messerFrance*
SCO fece dipingere da Taddeo Caddi il
prediletto discepolo di Giotto. Abbiamo,
La cappella de'Rinuccini in s. Croce di
Firenze descritta e illustrala da G^Aiaz»
zi^ con tavole.
RINUNZIA. F. Rinunzia al pontifi-
cato.
RINUNZIA ALPONTIFICATOeRe.
RITENZA IN ACCETTARLO. Il Solo SOmmoPon*
tefice può rinunziare la sua suprema di-
gnità, come fece, e vado a narrare, s. Cele-
stino V, senza autorità e permesso d'al-
cuno, non avendo pel stxo Primato {V.)
alcuno sopra di se. S. Celestino Y colla
costituzione emanata avanti la sua ri-
nunzia, stabilì che Romanuni Pontificem
posse lìbere resignare^ maxime cum se in -
sufficientem agnoscit ad regendam uni'
versalem Ecclesiamj indi fu approvata
da Bonifacio Vili, ed inserita tra le De-
cretali, cap. I , Quoniam de Renunciatùh
ncj in 6, come meglio poi dirò. La rinun-
zia in genette é il permesso e la libera ri-
chiesta fatta in iscritto al legittimo supe-
rìore d' un proprio diritto, ed anche pel
motivo, che é un officio pubblico ineren-
te al beneficio de'chierici. ^eìVEpist, 5j
del lib. 7, dice s. Gregorio!, di non va-
lere alcuna rinunzia ancorché fatta al le-
gittimo superiore, se non è richiesta me-
diante libello o supplica in iscritto. Di-
cesi di un diritto proprio, mentre non può
rinunziarsi un diritto che spetti ad. un
terzo. Deve farsi al legittimo superiore,
che se si tratta di vescovo non può rinun-
ziare se non con l'autorità pontificia, e-
VOL. LVU.
RIN 3o5
gualmente il cardinalato come descrissi
a Porpora, ove riportai le rinunzie di tal
dignità, ed a Berretta cardinalizia no-
tai che alcupi la ricusarono. Nella pri-
mitiva Chiesa appena si trova vestigio di
rinunzie, perchè allora i Beneficii eccle-
siastici (/^.) dipendevano dalla sagra or-
dinazione, per la quale come s' imprime
neir anima l' indelebile carattere, così i
beneficii erano perpetui. Alessandro III
dell i5g, per giuste cause permise le ri-
nunzie. La rinunzia si deve fare libera-
mente, poiché se si facesse con violenza
o timore sarebbe nulla ed irrita di suo
diritto. Si veda Vermi glioli , Lezioni di
diritto canonico 1. 1 , lez. 9 : Della rinun-
day che distingue in tacita , ed espres-
sa la quale si &l semplicemente o sotto
condizione : le riserve di accesso, recesso
ed ingresso furono espressamente proibi-
te dal concilio di Trento e da s. Pio V.
Può non solo il cardinale e il vescovo ri-
nunziare, ma qualunque altro in eccle-
siastica autorità costituito, non solo per
se stesso, ma anche col mezzo di procu-
ratore, tanto ecclesiastico che laico, mu-
nito di speciale procura. Emessa e appro-
vata la rinunzia non può esservi luogo a
pentimento, e tutti i diritti del beneficio
rinunziato cessano, né possono riacqui-
starsi, se non che con una nuova elezione
e collazione. Si può vedere nel citato ar-
ticolo Beneficio ecclesiìstico, i §§ rv./^^i-
canza de' beneficii; xi. Rassegna de' be»
neficUy ch'è la libera e spontanea rinun-
zia o restituzione del beneficio. I canoni-
sti trattano della rassegnazione in gene-
rale o cessione di un beneficio ecclesia-
stico, che si può fare per rinunzia pura
e semplice, o per rinunzia condizionata
e reciproca, ciò che si chiama permuta-
zione; le quali rassegnazioni voglionsi o-
riginate in Avignone, nel secolo XI V^
Trattano ancora i canonisti, de' benefizi
che si possono rassegnare, delle persone
che possono rassegnare, di quelli che pos-
sano ammettere le rassegnazioni, di quel-
li ai quali si può rassegnare, delle forf
20
3o6
RIN
malità che deTonopi'ecedere e seguire la
rassegnazione. A Deposiziohb la dichia-
rai coi canonisti, pena inflitta dalla Chie-
sa a un ecclesiastico, che lo prì va dell'of-
fizio o del bene6cio, e che differisce dal-
la Sospensione (/^.)^ come dalla Degra*
dazione {F,), Nel loh IX, p. a83, o ar-
ticolo Cardinali, toccai i casi, del Papa
assente, o infermo ossia inetto al governo
dellaChiesa.Quanto alla rinunzia del pon-
tificato, nel voi. XY^ p. 3 1 Sragionai del
consenso onninamente necessario dell'e-
letto Papa ecome gli si domanda, dappoi*
che egli propriamente contrae spirituale
matrimonio colla Chiesa universale, per
cui è d'uopo il suo pieno e libero consen-
so , come ancora perché egli si addossa
molti e gravissimi obblighi nell'ammini-
strazione della stessa Chiesa, i quali ri-
chiedono indispensabilmente il consenti-
mento esplicito dalla parte di chi si ob*
bliga, come provano benissimo i due dotti
domenicani, Camarda, De elecL Pontif.
dissert. 4^1 P* ^7^»^ Passerini, De elecL
Papae^ quaest. 3 1 , p. 1 54* Vedasi Bona-
dna , De Pontificis legittima decitone^
disp.i, quaest. i,punct. i, n. ii. Che il
pontificato a cui il s. collegio ha elevato
l'elettosi possa rifiutare e rinunziare, lo
dimostra la stessa formola che il cardi-
nal decano pronunzia al medesimo, Ac»
ceptasne Papatttm? cotta quale si ricerca
dall'eletto il suo consenso. Quindi é, che
se l'eletto si trova fuori del conclave, l'e-
lezione non è compita finché egli non vi
dia il suo consenso. Così fu praticato nel
1 265 nell'elezione di Clemente IF(F,),
scrivendo Tolomeo da Lucca, Hisi, eccl.
lib. 22, cap. 3o, trovandosi esso in Fran-
cia, ed essendo eletto Papa, il sagro col'
legio, ritenuto lo scrutinio, ne fa prendere
il consenso. Fra i Papi eletti assenti dal
conclave, noterò il b. Gregorio X, s. Ce*
lestino F ^ Clemente F e Adriano FI
(F.); pel governo della Chiesa in questo
tempo, si può vedere Sede vacante. A.
questo consenso possono i cardinali co-
stringere l'eletto con suppliche e con la-
RIN
grime,Qongià con precelli e cou mìnaocet
come avvertono i due lodati domenici-
ni: F, Elezione del Papa. £* vero beni
che ricusando Innocenzo II { F',) nel 1 1 3o
di accettare il Pontificato ( F^.\ fu costret'
lo a riceverlo per le minacce della sco*
munica fattegli dai cardinali, comera^
conta Arnolfo diacono di Seez, Tract.à
schismate orto post Honorii Papae, Gii
intimarono i sagri elettori : Exìtibemm
ohsequium : si recusas^ ejcigimus de ino-
hedientia poenam. £ ciò detto, para^^
excommunicationispraeferresententiam.
Ma non é questo esempio bastante a giu-
stificare tanto rigore , sebbene in molte
occasioni vi sarebbe stato luogo ad usar-
lo, per l'ostinata ripugnanza di molti Pa-
pi neir accettare il peso del pontificato,
al quale in tutti i tempi hanno ben mol-
ti resistito. La solenne rinunzia di s. Ce-
lestino Vj dopo aver governato la Chiea
5 mesi e 8 giorni, diede motivo a mol-
ti di scrivere sopra la di lei ▼alidìtà,ese
fosse lecita al Papa, come con diversità
di ragioni, se il Papa (F,) possa rinun-
ziare il papato, si può vedere in Bernioo,
Hist. delVeresie^K. 3, p. 398, che ne riporta
gli argomenti; laonde mi contenterò dire.
Chi fu di contrario parere, con libro mss.
n. ^5, esistente nella biblioteca Vaticana,
proveniente da Avignone, col seguente e
simili argomenti, presso Ciacconio, HisL
Pont. Rom. in Caelestinu Prevede dì pro-
varne l'assunto. Papaius a solo Deo esl^
et quae a Deo^ uelab alia superiori com*
mittuntur^a nullo possunt inferiori remO'
veri posse videtur^ e che sit vinculum di'
vinum connectens Papam cum Ecclesia,
Quali obbiezioni per insussistenti , con
forti ragioni vennero riprovate dal celebre
giureconsulto Gio. Andi*ea bolognese, i/i
Comment, in 6 Decreta de Renunciat, e.
i; e da Pietro da Palude òPaludano do-
menicano francese, teologo di Parigi di
gran dottrina e poi patriarca di Gerusa-
lemme (che dichiarò e difese la dottrina
di s. Tommaso), il quale con l'opuscolo.
De Ecclesiastica potestate , mss, che e-
s
gualmente si trova nella biblioteca Vatica-
na Q.^ 4 109» ecco come concluse.» Papa
potest Papatus cedere, et cedens desine
re esse Papa, si Cardinales accepteat, a
lias non sunt eoim in accepiione Papa
tus duo, unum est jus suum, quod acqui
ritur; aliud est jus Ecclesiae, cuiobiiga
tur : cuilibet autem iicet renunciai*e juri
suo in omni eo, in quo non est alteri sub
di tus, nec obligatus. Ergo Papa Papa
tui ex parte quidem sua renunciare pò
test ; sed quia semel obi igavit se Eccle
siae, ex illa parte renunciare non potest,
Disi de assensu Cardi nalium, qui in omni-
buS| quae ad Papam spectant, vicem Ec-
clesiae repraesentant**. Ma lo scrittore e
maestro massimo del cristianesimo. Papa
s. Celestino Y, convalidò l'atto, anche in-
nanzi che lo facesse, decretando, come ho
già rilevato, valida la rinunzia del Pa*
patOf come espresse nella pur citata de*
cretale Bonifacio VI ll,ch'è del seguente te-
nore, m Quoniamaliqui curiosi disceptan-
tes de his, quae non multum expedi uot,
et plura sapere, quam oporteat , conlra
doctrinam Apostoli, temere appetentes, in
dubitationem solici tant, anRomanusPoo*
tifex ( maxime cum se insufficientem a-
gnoscit ad regendam universalem Eccle-
Siam et summi Pontificatus onera sup-
portanda) renunciare valeat Papatui, e-
jusque oneri, et honori, deducere minus
provide videbantur : Caelestinus Papa
Quintus praedecessor noster, dum ejus-
dem Ecclesiae regi mini praesidebat, vo-
iens super hoc haesitationiscujuslibet ma-
teriam amputare , deliberatione habita
cum suis fratribus Ecclesiae romanae Car-
dinalibus (de quorum numerum tunc e-
ramus), de nostro, et ìpsorum omuium
concordi Consilio, et assensu, auctoritate
apostolica statuii, et decrevit, Romanum
PontiGcem posse libere resignare. Nos i-
gitur, ne statutum hujusmodi per tem-
poris cursum oblivionedari,aut dubita-
tionem eamdem in recìdi vam discepta-
tionem ulterìusdeducit contingat: ipsum
iuter cooslitutiones alias, ad perpeluam
R I ìN 307
rei meraoriam,de fratrum nostrorum Con-
silio duximus redigendum ". Com^ e in
qual modo s. Celestino V effettuò la ri-
nunzia del pontificato, lo dirò in appres-
so al suo luogo. Ora vado a parlare dei
Papi che ricusavano accettare il pontifi-
calo o ripugnanti lo assunsero, de'cardi-
nali che si rifiutarono piegare gli omeri a
tanta graveua di peso e di somma re-
sponsabilità^ e se altri Papi, olti*e s. Cele-
stino V spontaneamente, e Gregorio XII
per l'estinzione dello scisma, volevano ri-
nunziare realmente rinunziarono il su-
premo pontificato.
Il 3.° Papa fus. C/e^a(/^.), eletto con-
tro sua voglia nell'anno 80 : il p. Lazza-
ri sostenne, contro quelli che facevano
erroneamente di s. Cleto e di s. Anacleto
(F".) un Papa solo, che s. Cleto nell'esilio
avuto da Roma, per la persecuzione con-
tro la Chiesa, rinunziò il papato e gli suc-
cesse s» Clemente I {F,\ il quale venendo
pure esiliato, ancli'egli rinunziò il ponti-
ficato a s. Cleto già tornato occultamen*
te in Roma , per cui fu detto Anacleto ,
cioè ri vocato, ovvero iterum Cletus, Certo
è che Cleto e Anacleto furono due Papi
diversi. Per questo grave punto di con-
troversia storica, oltre le 3 citate mie bio-
grafie, si può vedei*e quanto in proposito
dissi a Cbohologu o voi. XVIll,p. 3i i
e 3 1 7. Di Papa s. Cornelio (/^.) del 254,
scrive s. Cipriano, Epist. S%ad Antonia-
num, che non ut quidam vimfecitjUlE'
piscopus fierety std ipse vini passus est,
ut Episcopatum coactus exciperet. Con-
fessa di se stesso s. Liberio Papa del 352,
iìe\Y Epist. 2 ad Constant iumtpvessoh&b'
bé, Concil. t. 2,p. 746, e Constant, Epist,
Boni, Pont, t. i, ì^, ^'!x5tc\\e ad istudum
offlcinm (testis est mihi Deus) invitus ac^
ce pi. Nel 4i8 ^* Bonifacio I fu acclama*
to venerabilem veterem presbyterum^ in
Itge doctissimum^ ac bonis moribus cotiA-
probatum^et^quodeum nwgis ornabat)
invitum, come si legge in Ubellum sup*
plici presb,romanor,ad Honor, I, pres-
so Barouio aU'am&o4t9> a«*'8- Abbiamo
3o8 R 1 N
dis. Gregorio HF,) dei 590, che licei loti
virihus renitentem , clerus^ senatusj pò»
pulitsque romanus sibì concordiler Pon-
tificeni delegeruntj egli però fece di tutto
per non accettare e si nascose otc Ioscuo-
prì una colomba , tutto e meglio aven-
do detto nella biografia. Di s. Pasquale I
deirS 17 si ba da Baronìo a tal anno, n."
4) che licet invitus ^ ac reniiens. Così s.
Gregorio IV (F,) de\V82'jy opprime e*
ruditus, invitusj etlatehrasquaerens^in
romana sede coUocalur^ scrive Sandini,
ViL Pont, t.i, p. 324* Narra Burio,iVb-
tii, Rom. PonL p. i3o, di Benedetto 111
deir855, che din reluctatuSy plorans^ et
Deum ac Sanctos testes faciens , se ne*
qnaquam dìgnum esse y qui tantae sedi
praeficeretur, Ponti ficium munus tandem
suscepit. Del successore s. Nicolò I, si ap-
prende da Sandini, p. 3^6, omnia agens^
ne Pontifex fieret, omnium stimma vo»
biniate pontificali munere praeponitur ,
et laiehris extractus consecratur^ affer-
mandolo Burio, p. 1 3o. Neir867 gli suc-
cesse Adriano II (^.)> di cui Baronio a
tal anno riferisce che Adriano II pontifi-
catum^ quem semel atque iternm ahnue'
raty ingenti totius Urbis gaudio susce^
pit Scrive La mbecio nella Bibliot, Cae-
sar. t. 2, p. 356 di Stefano V detto VI,
che fa tanto invitusconsensu, quanto quis-
quam al'ms ante, Ponlijèx declaratus,
A Leone F'II del 90 3, abnuentiy recusan»
iique Pontificatus honus mandatus est^
notò Flodoai'do presso Muratori, Script,
rer. Italie, 1 4> par. a, p. 3^4 : se fu fat-
to rinunziare da Cristoforo^ vedasi la bio-
grafia d'ambedue, al 2.° avendo reso la
parìglia Sergio //'/(^.), A Giovanni XII
narrai che nel 963 fu deposto nel concilia-
bolo dì Roma, poi ripristinato non avendo
vigore siffatta deposÌ£Ìone,sulla quale pure
notai alcuni autori che la discussero. Nel-
le biografie degli ^/i//)?^;?/ ragionai del-
le loro intrusioni e scismi, per cui furono
iropngionatì, esiliati e colla forza deposti
dall'esercizio della dignità non pochi le-
gìttimi Papi. Secondo alcuni Giovanni
KIN
XriIIdeiìo XIX{F) delioo3, rinun.
zio il pontificato perla vita monastica, co-
me pur notai nel voi. XII, p. 228, ma non
pare. Bensì diversi scrittori attribuirono
questa rinunzia (forse al precedente da al-
tri creduta perla somiglianza del nome e
del numero controvei*so) a Giovanni XIX
detto XX del 1024, fratello di Benedetto
VI II, per quel la visione ch'ebbe il vescovo
di Por^o, come narrai nel voi. LI V,p. 222,
per cui rinunziò il vescovato e si fece mo-
naco. Altri scrivono che il vescovo fi>sse
quello di Capri, come con s. Pier Damia-
ni nell'^i^r. 9 a Nicolò II riportò Ughel-
li, Italia sacra t. 7, p. 1 58, che ignora il
nome del vescovo, il quale perciò dicecfae
rinunziasse e prese l'abito di s. Benedet-
to. Si può vedere Novaes nella Storia di
Benedetto Vili, che citando altre opere
di s. Pier Damiani , non parla della ri-
nunzia del fratello al pontificato; però in
quella di s. Celestino V sembra conve-
nirvi. Benedetto IX (F,) del io33, prima
deposta, poi ristabilito, rinunziò a Gre*
gorio FI (F.) per intei*esse il papato , fin-
che sì fece monaco in Grotta/errata ( F,),
ed ivi morì sembra penitente : a Grego-
rio VI convenne rinunziare al pontifi-
cato nel concìlio di Sutri(F.), ed in CIu*
ny fece penitenza de' suoi fallì. In vece
nel 1 046 fu eletto Clemente II, sebbene
neWEpist, pressoGretsero^. DeDivisBam-
berg, t.io, cap. 16, cunctis nisibus refra-
garetur. Nel 1049 lo i\x%. Leone IX^F"),
di cui Muratori, Baronio e Pagi negli An*
Tui^*, scrissero invitus ac repugnans Pon-
tifex desìgnatus, che domandò 3 giorni
di tempo a pensarvi, dopo i quali ripu-
gnante ancora ad accettare, colla speran-
ea di schivare questo sì pesante onore,
fece in pubblico la confessione de' suoi
mancamenti, ma inda rno,perchè stettero
tutti costanti a volerlo Papa. Nel voi.
XXXVIII , p. 283 narrai , che nell'eie-
aìone sua o del predecessore Damaso II,
ohe vìsse 23 giorni, era stato eletto Ai-
lardo arcivescovo di Lione, ma non vol-
le accettare il pontificato. Di Vittore II
RIN
del I o55, scrissero Sandìni, Baronio e Pa-
gi, invitus Romam deductus, ingenti o*
mniuni gaudio suscepUis est. Eletto nel
I o6i Alessandro II, si leggenel relativo
decreto in Labbé, ConciL t. io, p,6,cum
altiorem gradum nullatenus appeteret,
Neil 073 gli successe il gran s. Gregorio
VII (F.\ leggendosi nella Chron.CaS"
sin. lib. 3, cap. 66 , di Leone Ostiense,
invitiém y moerenteque consentione una
clerus populusque inAlexandri II locum
cooptatiint. Dichiara Muratori a tal an«
no, che resìstè egli quanto potè, ma bi*
sognò cedere al quasi furore del popolo,
che non ammise dilazione ; poiché co-
me in seguito il Papa scrisse a Guiberto
o antipapa Clemente IH arcivescovo di
Kavenna, con VEpist, 3,lib.i, in Ardui-
no, ConciL t. 6, par. i , p. 1 1 97, nil dicen»
di, nilconsulendifacultatisy violenlis ma*
nibns me in locum apostolici regiminis^
cui longe impar sum, rapuerunt, ViltO'
re III^ che dopo di lui occupo la catte-
dra di s. Pietro, al modo che dico nella
biografia , rinunziò dopo aver accettato
ripugnante, e vi volle un concilio per co-
stringerlo a ripigliare le pontificie inse-
gne; ivi pure dichiaro non vero che poi
abdicò nuovamente. Il successore Urba»
noi I del 1 088, nAVEpist, adepiscop,Sal»
zuburens, pi*esso Marlene, Fet monum.
t. I, p. 52 ijconfessadì se medesimo, che
ì cardinali a lui, omnium indignissimo,
contra omne votum et desiderium, Deui
scity et plurimum renitenti regimen sedis
apostolicae commisere. Pasquale II (F.)
del 1 099, locum vel invitus tenere cogitur,
scrissero Baronio e Pagi, all'annoi 100;
il di più lo dissi nella biografia. Dopo
questi e nel 1 1 18 Gelasio lì fu anch'a-
gli eletto invitus oc renitens^ come riporta
Pandolfo da Pisa , in Muratori , Script,
rer. Italie, t. 3, p. 384; avendo pure no-
tato nella biografia, che per la concessio-
ne òtW Investiture ecclesiastiche (F) ad
Enrico V, voleva rinunziare il pontifica-
to. Repugnante lo fu pure nel 1 1 19 Ca-
listo II, il quale ntWEpist. airarcivesoo-
VOL. LVII.
m N 309
vo di Magonza, riprodotta da Baronio,
gli protesta essere stato eletto Papa invi-
tuntf penitusquerenitentem. Nel 1 1 24 pcr
sua morte fu eletto il cardinal Teobaldo
Boccadipecora {F.)^ malgrado la sua vir-
tuosa contrarietà; alla metà del TeDeum
il prepotente Frangipane entrato ne'co-
mizi proclamò Onorio II (F.) : stava per
{scoppiar lo scisma, quando avendo Teo-
baldo rinunziato il pontificato, altrettan-
to fece raltro,finchèfu costretto Onorio
II riprenderlo dall'eroica virtù di Teo-
baldo. Contro Innocenzo 1 1, che ricusava
la suprema dignità, insorse l' Antipapa
Fittore IF detto /^(^.) che poi rinun-
ziò: di altre simili rinunzie di y^/t//)7^/?i,
a questo articolo le riportai. Nel 11 59
scrisse di sua esaltazione Alessandro III,
in Epist. ad Gerard, episc. Bonon. presso
Baronio n.° 38, invitus renitensque. Al-
trettanto e con più di costanza fece il car-
dinal b. Enrico diMarsiaco {F.\ il quale
nel II 87 i cardinali lo elessero Papa, ed
egli non solo non volle accettare, ma con-
tribuì perchè gli fosse sostituito Gregorio
FIII(F.). Neil 198 da IO cardinali fu
eletto il salernitano cardinal Giovanni
(F.) , ma egli per soffocare uno scisma
ch'era per nascere^ per parte dì quelli che
gli davano l'Esclusiva (F.)^ con magna-
nimo atto rinunziò al diritto cheavea ac-
quistato, anzi avendo guadagnato i suoi
voli per //t/tocenzo III(F.), cooperò alla
sua assunzione al pontificato, di cui però
riporta l'annalista Rinaldi, plorans^ oc
renitens sufflcitur. Così pure di Gregorio
IX nel 1227 notò Sandini, Fit. Pont.t
2, p.5o2, magno consensu invitus subro»
gatur a Onorio III. Parlando della sua
elezione Alessandro IVdeli 2 54i nell'i?-
pist. I presso il citato annalista Rinaldi,
n.^49 ^6 spedì ai vescovi, dice loro, che
avendo egli pregato i cardinali perchè im-
ponessero ad altri questo carico, essi in-
sistendo più saldi nel loro proponimen-
to, non ammisero in modo alcuno le sue
preghiere, né il suo rifiuto, ma anzi con
certa fiolenza lo sforzarono, tuttoché ri-
20*
3io RIN
pugnante aquietam,estese le mani ver*
so di lui , lo costrinsero pertinacemente
ad acconsentire a' loro desiderii. Lougi •
no, Histor* Polon, iib. 7, p. 776, all'anno
1 365, registrò che Clemente IV summeu"
tovato, vix tuni lacrymis cardinalìum
vinci potuity ut Papatum assumerci, Pev
sua morte ils. collegio voleva sublimare
al pontificato s. Filippo Beoisi de' servi
di Maria, celebi*epe'suoi miracoli» il qua*
le avendolo saputo, fuggì a nascondersi
nel monte Tuniatoe non ne uscì finché
non fu eletto Gregorio X,eome rilevarono
Spondano all'anno 1271, n.^5, e Lamber-
tini, Deserv, Dei beatif. hb. 3, cap. ai,
n,^ 3. Racconta Sandini a p. 53 1 » che
Martino 1 V Ecclesiae invilus praeponi»
turj per modo tale, che rifiutando egli le
insegne papali , i sagri elettori di santo
zelo accesi, levandogli le vesti cardinali-
zie, gli fecero foi*za ad accettarle, come
afferma Rinaldi n/ 3. Questi riporta l'i?-
pist. I di Nicolò I V del 1 288, il quale in ta-
le lettera enciclica/in cui die partea' vesco-
vi di sua elezione, ecco come si espresse.
M Abbiamo ripugnato colla maggiorere-
sistenza, che ci è stato possibile, negando
apertamente di voler prestare a tale ele-
zione il nostro consentimento, e rifiutaa*
do espressamente tutto il diritto da noi
per essa acquistato. Pur nondimeno i no*
stri fratelli cardinali , opponendosi con
maggiori istanze alla nostra resistenza, ri-
batta parimenti d'un animo l'elezione, in-
sistettero ancor piti ferventemente che ci
arrendessimo, e ce l'ingiunsero in virtti
d'ubbidienza ". Ed eccoci nuovamente a
s. Celestino Y o Pietro da Morrone o Mo*
rone^ già fondatore de' Celestini {^*)»
Nella biografia di 8. Celestino f^ raO"
contai che senza esseredecoralo della di-
gnità cardinalizia, principalmente pero*
pera del celebre cardi na I Frangipani ( F,)
fu eletto Papa a'7 luglio 1294» dopo 27
mesi e 3 giorni di sede vacante^ come del-
la sua ripugnanza in accettare il pontifi-
cato, dicendo Sandini, p. 53 1 , delatam si-
bi dignitatemsu/mnatn, cuin diu recusans
RIN
nihìlprofexissetyfessus precibus suscepit
invitus. L'annalista Rinaldi riferisce che
al giungere de'nunzi del s. collegio o due
protonolari apostolici col decreto di sua
elezione, Pietrocadde per terra dallo sta-
poi*e e si die poi alla fuga, finché ferma*
io dal popolo e per le minacce de'nuozi
e di altri uomini pii del giudisio diviuo^
per la calamità che soSìùva il cristiane-
simo, si sottomise: noterò, che lo costrin-
sero ad accettare, Carlo II re di Napoli,e
Andrea 111 re d'Ungheria. Per umiltà nel
possesso che prese in Aquila ( V,) cavai*
co un asino, sul quale dopo smontato un
padre ci pose il figlio zoppo d'ambo i pie-
di e restò sanato. La promozione che fe-
ce de'cardinali, uno de'quali a cena, per
cui fu costretto dimettersi dalla dignità
che poi riebbe col consueto rito, e 7 frao*
cesi, come notai a Concistoro e altrove,
offese grandemente il s. collegio, il quale
vieppiù si esacerbò quando rinuovò i rì-
gori di Gregorio X per evitare la lunghez-
za delle sedi vacanti. Gli dispiacque an*
cora che in vece di stabilirsi in Roma, si
portasse a Napoli, ov'era influenzato da
re Carlo 11, per cui i cardinali comincia-
rono a mormorare , dicendolo cresciuto
e vissuto fra le selve (a Pontificato ho
trattato^ che non é impedimento la bas-
sa origine, e quali Papi ne derivarono),
insufficiente a tanto ufficio. Venuto l'u-
mile s. Celestino Y in cognizione di sif-
fatti lamenti e malcontento, sospirando
ed essendo bramosissimo dell'antica quie-
te e vita contemplativa, per essere mor*
to poc'anzi il cai^dinal Malabranca pre-
cipuo sostegno del suo governo, come lo
era stato de'suoi antecessori, si risolse di
rinunziare la dignità papale; indi per ri-
muovere ogni ambiguità fece di consen-
so de'cardinali quella costituzione, di cui
feci parola in principio, cioè di potere il
Papa abdicare liberamente il pontificato.
Adunato il concistoro inCastelnuovo di
Napoli da lui abitato (ne parlai nel voi.
XLVII, p. 170 e 179, dicendo della sala
ov'ebljeIuugo),a' 1 3 luglio 1 394 con quel*
RIN
la formola (se ne crede autore il cardi*
nal Gaetani poi Bonifacio Vili) che ri-
portai nella biografia, ed in latino &i può
leggere in Bernino, dichiarate le ragioni
che lo Odovefano a lasciare il pontifica-
to, solennemente lo rinunziò, non senza
pregai'e i cardinali, che rimosso ogni in-
dugio dovessero sostituirgli il nuovo Pa-
pa , perchè la repubblica cristiana non
venisse in qualche pericolo. Questo su-
premo atto, e il momento in cui deposti
gli ornamenti pontificali comparve ve*
slito d'abito irsuto e arricciato, mosse a
molto pianto ì cardinali, indi con mode*
sto portamento si mise a sedere a' piedi
loro. Cotanto inusitato rifiuto, dice s. An*
tonino in Chron, par. 3, tit. 20, cap. 8,
alcuni lo attribuirono temerariamente a
bassezza d'animo, altri all'amore della so-
litudine, altri a profonda umiltà. Gior-
dani disse nel mss. vaticano n.^ i960:
£* diede esempio dhumiUà stupenda a
tutlij ma imitabile a pochi. Molti attri-
buirono alludere a questa rinunzia i fa-
mosi versi di Dante , nel canto 3.^ del-
rinferno: Guardai^ e vidi t ombra dico*
lui^^ Che fece per viltade il gran rifiuto.
A difesa del sommo poeta, seguirò l'in-
gegnoso Comento del celebre p. Lom-
bardi, ove mostra di Ci'edere, che Dante
piuttosto di qualche suo potente concit-
tadino volesse fare allusione con que' ver-
si. Che Dante non parlasse di s. Celesti-
no Y, lo dimostra ancora Benvenuto da
Imola, Co/ii/?ie/itor. in Comaediam Dan»
tis circa an, Chr. i3j6 compositis , ut
est in Excerptis apud Muratorium^Anti"
quit. Italicar. medii aevi^ t. i , p. i o38y
ove anzi prova, che s. Celestino Y fu ve-
ramente magnanimo prima del papato,
in esso e dopo. La qual sentenza è ab-
bracciata dal Yittorellii/t Addit.ad Cia»
con. t. 3, p, 276; dal cardinal Petra, i/t
Commentar, ad Const Apost, t. 3 , p.
329; e dal p. Baraellini abbate de' cele-
stini^ nell' Industrie filologiche , Milano
1 70 1 , dove mostra essere molto più pro-
babile che Dante parlasse di Diocleziano,
RIN 3ii
della cui rinunzia all' impero parlo a Ro-
ma, la quale provò quella del suo collega
Massi miano.Loda ancora l'umiltà di que-
sto santo, e la purità di sua coscienza il ce-
lebre poeta Francesco Petrarca, De vita
solitaria lib. 2, sect. 3, cap. 1 8. Ma quello
ch'è più rilevante, fu che Dio mostrò ap-
provare la rinunzia, operando per inter-
cessione di Pietro da Morrone non po«
chi miracoli lui vivente e dopo morto |
iodi venne assai encomiata quale esem-
pio singolare di virtù , da Clemente V,
che poco dopo lo canonizzò nel 1 3 1 3,
Nello stesso Castel nuovo fatto il concla-
ve, a' 24 dicembre 1294 fu eletto Boni'»
facio Vili (F.), che accettò non senza
ripugnanza e lagrime, come scrisse il car-
dinal Egidio Colonna, nel cap. 23 del
libro ; De renuntiatione Papae , che sta
nella Biblioteca Pomicia di Roccaberti
t 2, p.i. Bonifacio Vili stesso nella let-
tera colla quale die parte di sua elezio-
ne a Odoardo 1 re d'Inghilterra, gli dice :
attendentes insuper nostrae simplicis im-»
perfectionisinstantiam expavimus^ et hae*
sitavimus vehementer, nimioque concus*
sum extitit stupore cor nostrum, A que-
sto Papa, 8. Celestino Y predecessore a-
veva predetto il papato, e Io stesso restò
alquanto in corte per confessare le sue
colpe al novello Pontefice, ma poi tedia-
to dallo stupito di essa, ritornò nella so-
litudine. Se non ohe Bonifacio YIII, sia
per timore che alcuno abusandosi della
semplicità di Pietro da Morrone avesse
potuto eccitar de' torbidi e degli scismi
nella Chiesa, sia perché non ne abusas-
se qualche proprio nemico, o per altra
cagione che non è dato conoscere, gli as-
segnò per dimora la rocca diFumone e
costituì prefetto della medesima e suo
custode Marco Tullio Longhi (i cui di-
scendenti marchesi, tuttora la posseggo-
no, al modo che descrissi nel vol.XXVIF,
p. 27 1 , avendo parlato del castello anche
nel voi. XXXll, p. 260). Quivi il santo di-
morò rinchiuso, con eremitico tener di
vita, ea' I g maggio x 296 vi finì santamea-
3ia RIN
te i suoi giorni; narrandosi che in tutto il
dì della beata sua morte, avanti la cella
apparve sospesa in aria una Croce risplen-
dente, forse per testimoniare airuuì verso
la gloria eterna cui era asceso per la spi-
nosa via della croce, pei patimenti in cui
languì dimorando nel carcere della rocca,
pel resto rimettendomi alla mia biogra-
fia. In quella di Novaes si legge, che Pie*
tro d' Ailli, in Fila s, CaelesUni lib. 2,
cap. 1 7, fortemente rimproveraBonifacio
Vili, perché contro il parere de* cardi-
nali fece arrestare il sant'uomo, e met-
terlo in una disagiata prigione colla guar-
dia di 96 soldati, avendo cuore di con-
dannare un innocente, il quale poco pri-
ma era stato Vicario di Cristo, e padre
comune de'princìpi, de' re e di tutti i fe-
deli. Ma un anonimo appresso Papebro-
chio, in Propylaeo par. 1 , p. 66, loda
per questo Bonifacio Vili, poiché in tal
guisa prevenne qualunque scandalo che
potesse accadere nella Chiesa, se Celesti-
no V fosse stato da alcuni riconosciuto
ancora per Papa, ciocché era facile a se-
guire, tanto perché Bonifacio Vili si era
incominciato a rendere odioso per la for-
tezza del suo animo elevato, quanto per-
ché molti dubitavano, che il Papa non po-
tesse rinunziare al pontificato. Ed in fatti,
i cardinali Jacopo e Pietro Colonna pub-
blicarono quel manifesto o libro, riferito
da Rinaldi, in addendis ad 1. 15, in cui
spacciai*ono, che né Celestino Y poteva
rinunziare al papato, né in vece di lui
.sottentrarvi Bonifacio Vili (confutatodai
ricordati Gio. Andrea, Paludano, ed E-
gidio Colonna), onde si appellarono ad
un concilio generale. Cristiano Lupo, in
5*.' proemiali DisserL de Simonxrìm. par.
4) cap. a, p. 4B,é di sentimento che non
fu Celestino V ili.^ariuuu^flareìlpapato,
ma che prima di questo Tavea fatto Gio-
vanni XIX detto XX, mosso a ciò da una
terribile minaccia che gli fece Benedetto
Vili suo fratello defunto, siccome narrai
di sopra.
11 b. Benedetto XI del 1 3o3| rimaDea-
RIN
do quasi attonito e fuori dì se, per eae*
re stato eletto Papa, come umilissimoe
virtuoso, fece molta resistenza in accettar
sì gran dignità; ma finalaiente per dm
lasciar la Chiesa fra le tempeste delle k*
dizioni, vinto dalle preghiere de'cardina*
li, diede il consenso; e come osserva Ri<
naldi a detto anno n.° ^5 , per esse so*
lamente^ Catholicae ecclesiae regendatj
praefectus est^ cumpriusresistissel, ac re-
pugnasset ne praeficeretury come il Papa
stesso scrìsse all' arcivescovo di Milano,
presso Rinaldi n.^ 4^* Onore sempiter-
no al cardinal Giovanni Raimondi (F.)
de'conti di Comminges, il quale nel 1 334
eletto Papa in Avignone y ove era stata
stabilita da Clemente Via residenza pon-
tificia, colla condizione di non riportarla
in Roma, eroicamente rifiutò il pontifi-
cato a sì indegno patto. Nell'altro con*
clave d'Avignone nel i362, il cardinal
Ugo Roger o Ruggiero fratello del defun-
to Clemente VI^ per l'elezione d'Urba-
no V generosamente ricusò ilpontificato,
pel quale ebbe 1 5 voti de'21 cardinali e*
lettori; rinunzia che riporta Lenglet, Pria*
cipii della storia t. 8. Nel 1370 di Gre-
gorio XI scrive Sandini, p. 568: Pontìfex
consdtulns est miro cardinalitini omnium
consensu . Jpse unus , disenlies fuit, ah-
nuitque PontìficaUini maximum: euni de'
mum ideo se professus accipere, ut volun»
tati divinae ohtemperareL Gregorio XI
ebbe la gloria di restituire la residenza
papaleìnRoma,ma nell'elezione del suc-
cessore Urbano VI insorse il grande sci-
sma d'occidente , sostenuto in Avignone
dagli Antipapi Clemente FJIe Benedet»
to XIII (F,)y mentre nella cattedra apo-
stolica sedettero ancora Bonifacio IX, In-
nocenzo VII e Gregorio XII. Innocenzo
FU del 1 40 4 fu censurato, perché essen-
dosi in conclave obbligato con giuramen-
to, come fecero gli altri cardinali, di ri-
nunziare il papato qualora ciò fosse ne-
cessario per dar fine al deplorabile sci-
sma, fece poi quanto dissi alla sua biogra-
fia. Nel 1 4o6 nel conclave per sua mor-
RIN
te, tutti i cardiDali fecero solenne giura-
mento, sebbene il precedente non avesse
avuto effetto, che chiunque di loro fosse
eletto, sarebbe pronto a rinunziare il pon-
tificato, qualora ciò potesse servire all'e-
stinzione dello scisma e render la pace alla
Chiesa, ed eletto Gregorio XII lo ratifi-
cò; quindi scrisse all'ostinato e falso Bene-
detto XIII e agli anticardinali di sua ub-
bidienza, ch'egli era pronto a deporre il
pontificato, ogni qualvolta avesse lui flit-
io eguale rinunzia , affinchè eleggendo-
si da ambedue \ collegi un sol Pontefi-
ce, fosse estinto il perniciosissimo scisma
che crudelmente lacerava la Chiesa. Il ca-
parbio pseudo Benedetto XIII, cercò di
illudere Gegorio XII con fargli credere
che si sarebbe recato al bramalo abboo-
camentoi Avendo Gregorio XII contro i
giuramenti creati nuòvi cardinali, i vec-
chi sì ribellarono e nel concilio di Pisa
(F.) o conciliabolo elessero Alessandro
Y, cui successe Giovanni XXIII. In tal
guisa, mentre si voleva un solo Papa, ad
un tempo se ne trovarono 3, trattando-
si ognuno per tale e riconosciuti da par-
te de' fedeli. Finalmente si divenne alla
celebrazione del concilio di Costanza [F,)^
ove Giovanni XXI1I{F,) con sìmuìaio
giuramento promise di rinunziare il pon-
tificato, quando altrettanto facessero Gre»
gorio XII(F. )eBeneòeiio XIII; ma Gio-
vanni XXIII fugg\, fu arrestato e depo-
sto; Gregorio XII da Rimìni (F,) inviò il
procuratore a fare la solenne rinunzia, e
poi si ri tirò' a Recanati (F,), fregialo di
quelle dignità , con cui il concilio rime-
ritò azione cotanto eroica ed edificante ;
l'antipapa Benedetto XIII pure fu depo-
sto e scomunicato, quindi eletto nel 1 4i 7
Martino F{F.). Tutto diffusamente nar-
rai a'citati articoli e aglialtri relativi.Mor-
to l'antipapa, gli successe il pseudo Cle-
mente FUI (F.)^ che poi rinunziò e fu
fatto vescovo di Majorca. Il conciliabolo
di Basilea dipoi neli439 elesse l'antipa-
pa Felice F{F,), contro Eugenio IV, al
quale nel 1447 ^" dato in successore Ni-
RIN 3i3
colò V, di cui notò lo Spondano , roga»
tus^et recusans summam in terris digni'
tatem inivit, ed ebbe la gloria di ricevere
•nel 1449^° rinunzia del pseudo Felice V
amatore della pace e dell'unità cattoli-
ca, per cui lo creò cardinal decano, eoa
alcune insegne pontificie, come si può ve-
dére in dettaglio nella biografia. Come
nel 1458 fu eletto Pio II e cosa disse, lo
riportai nel voi. XV, p. 283 e 284. Nel
conclave del 1484 il cardinal Marco Bar-
bo ricusò il pontificato, che molti cardi-
nali gli aveano offerto, onde sostituirono
Innocenzo VIII. Il successore Alessandro
FI{F.) per rimorsi delle male arti colle
quali safi al pontificato, e pei tragici av-
venimenti de'suoi figli Borgia {F.)^ se-
riamente pensò a rinunziato, e ne scrisse
appositamente a Ferdinando V re di Spa-
gna, il quale lo consigliò a maturar me-
glio un affare di tanta conseguenza; laon-
de si raffreddò e non fece altro, continuan-
do bensì ad arricchire i suoi figli, e fo-
mentar r ambizione del famoso Cesare
Borgia. Neil 555 fu eletto per adorazio-
ne il virtuosissimo Paolo IV ottuagena-
rio, che ripugnante preferiva l'esempla-
rissimo giovinetto cardinal Nobili : nel
suo pontificato, il potentissimo Carlo V
abdicò all'impero ed a tutti i regnidi cui
era sovrano, con quell'atto strepitoso di
cui parlai nel voi. XXXIV, p. i34* Ai-
tri Papi che virtuosamente furono reni-
tenti ad accettare il pontificato, li celebrai
alle loro biografie, ed in quelle de' Pon-
tefici di cui ho qui parlato riportai altre
notizie sulla loro lodevole ripugnanza. A l-
r articolo Dignità ECCLESIASTICHE ripro-
dussi alcune belle sentenze de'Papi, cir-
ca la responsabilità gravissima del pon-
tificato, massime di s. Pio V, per dimo-
strare il suo stupore, ripugnanza e tre-
pidazione. Merita leggersi cosa fece C/e-
mente FUI nel 1 592, prima di dare il
consenso. Nel 1 655eletto Alessandro VII,
fece orazione prima di risolvere; quindi
rammentando la sentenza di s. France-
sco di Sales: L'uomo ecclesiastico nulla
3i4 RIN
deve cercare^ e nulla rifiutare, accettò il
triregno. Nel 1670 Tenne elevato al pon*
lificato Clemente X,il quale mettendo in
TÌ8ta a'iagri elettori l'età suaottuagena*.
ria, ed esortandoli a considerare ch'egli
non era in alcun modo abile al governo
della Chiesa universale, quindi con eflì-
caci suppliche e dirotte lagrime resistè
nel dare il consenso, finche fu costretto
dal parere di accreditati teologi ad ac«
tettare la suprema dignità, come narra
Guarnacci, FitaePonL t.i, p. 4» Allusi-
ve alla sua età furono battutele monete
del testone, e doblone col motto: Neproìf'
cias me in tempore senectutisj come pu-
re alla renitenza fu allusivo il testone^
con l'epigrafe : Satiabor gloria tua^ come
osserva Bonanni, Numism, Pont, t. a. Il
successore //iftocfiizoA'/(^.) ebbe un te-
nero contrasto col s. collegio, questo fer-
mo neir esaltarlo, ed egli costante a ri-
fiutar la dignità, mettendo in vista i suoi
demeriti, come rimarcò Muratori, negli
Annali all'anno 1676. Clemente XI del
1700 fu mirabile per la resistenza du-
rata 3 giorni in ricusare il pontificato ,
rimproverando i cardinali di troppa du«
rezza, dicendo che nell'ultimo giudizio li
avrebbe accusati al tribunale divino, del-
l'enorme peso a cui l'aveano sobbarcato,
per non essersi piegati alle sue preghie-
re. Fu poi coniata una medaglia , rap-
presentante Gesù Cristo caduto sotto il
peso della croce , con allusione alla sua
resistenza in ricusare il pontificato, e al
corrispondente peso assunto, coU'epigra- ^
fé : Factus est Principatus super hume*
rum ejus. Nondimeno dispiacque a Cle-
mente XI, che ilp. (j0i%\iì\ predicatore a»
postolico , lodasse pubblicamente la sua
gran ripugnanza in dare il consenso pel
pontificato. Siccome poi tra'4 teologi che
consultò, senza che uno sapesse dell'al-
tro, i quali lo minacciarono d'incorrere
in colpa gravissima se piil a lungo por-
tasse la sua resistenza, vi fu il b. Tomma»
si, quando poi creò questo cardinale, il
^uale virtuosamente si ricusava^ il Papa
RIN
glSmpose d^aiicettar» perpreeetto d'ub-
bidienza, adduceodogli le stesse ragiooi
che in conclave avea a lui esposte per
fargli accettare il pontificato. Di ciò feci
menzione anche a Porpora, nel riportare
il novero di quelli che furono renitenti io
accettarla, oltre le rinunzie e deposizio-
ni. Di questa ripugnanza di ClemeoteXI,
eomechè degna del maggior elogio , ne
fecero menzione, Lambertini, De canon,
ss. lib. 3, n.^ 8 e la; Guarnacci t. a,p.
3; Ottieri, Storia d Europa 1. 1 , p. 4tì3;
Polidori, De gestis Clent, JLl, lib. i, p.
46. Ne' voi. V, p. 9, e LV, p- gif narrai
che per un giorno intiero Benedetto XIII
fu resistente ad accettare la somma di-
gnità, non ostante che il gesuita cardinal
Tolomei principale suo promotore, po-
nesse in opera tutta la sua celebre fiicon-
dia per convincerlo con ragioni teologi-
che e colla minaccia del pericolo d' uno
scisma se fosse invincibile la sua resisten-
za; ma propriamente fu determinato ad
accettare il pontificato, quando portatosi
al conclave il p. generale del suo ordine
de* Predicatori^ gl'intimo il pjrecetto del-
l'ubbidienza, come rilevarono Muratori
all'anno 1 7 ^4; Ottieri, Storia t. 8, p. 1 26;
Guarnacci p. 4^ i : tutta volta prima di
chinare il capo al manifesto volere di Dio,
Benedetto XIII si fece assolvere dal car-
dinal penitenziere maggioi'e, della pro-
messa fatta a Dio di non ricevere digni-
tà. Noterò, che negli articoli degli ordi-
ni religiosi, parlo di quelli i cui individui
fanno voto di non cercare né accettare
veruna dignità, fuori del proprio ordine.
Il Pistoiesi nella Storia di Pio ni. Li,
p. 64, lodò la renitenza di quel Papa pel
pontificato , e le ragioni che addusse ai
cardinali , per rimuoverli dal proponi-
mento di esaltarlo al pontificato(come poi
fece inutilmente Gregorio XVI colla vo-
ce e ne fui testimonio, e collo scritto che
posseggo, come dimostrerò se a Dio pia-
cerà che io scriva! fasti del memorabile
suo pontificato, avendone gli elementi,
e io me stesso quelli della profonda ve-
RIN
nerazioDe e della Indelebile gratiludiDe),
Tenendo persuaso dai ragionamenti del
cardinal Fabrizio i?i|r^, e del prelato poi
celebre cardinal ConsalvL Queste asser-
zioni vanno modificate, per quanto ripor-
tai alla biografia di Pio FU, Ivi inoltra
narrai, che caduto in abbattimento quan*
do Napoleone lo pregò di coronarlo im-
peratore in Parigi , e temendo qualche
violenza, prima di partire sottoscrisse re-
golare abdicazione e rinunzia al pontifi-
cato, e per 8icui*ezza ne fece depositario
il cardinal FrancescoM.' Pignattellì {F.),
Soleva dire Pio VII i Se pel pontificata
si dovesse fare il noviziato^ certamente pò»
chi professerebbero!
RIO JANEIRO. F. s. Sebastiaito xel
Bbàsilb.
FINE DEL VOLUME CBIQUANTE^IMOSETTIMO.
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