DIZIONARIO
DI ERUDIZIONE
STORICO-ECGLESIASTICA
DA S. PIETRO SIINO AI NOSTRI GIORNI
SPECIALMENTE INTORNO
M PRINCIPALI SANTI, BEATI, MARTIRI, PADRI^ AI SOMMI PONTEFICI, CARDINALI
E PIÙ CELEBRI SCRITTORI ECCLESIASTICI, AI VARII GRADI DELLA GERARCHIA
DELLA CHIESA CATTOLICA, ALLE CITTA PATRIARCALI, ARCIVESCOVILI E
VESCOVILI, AGLI SCISMI, ALLE ERESIE, AI CONCILII , ALLE FESTE PIÙ SOLENNI,
AI RITI, ALLE CEREMONIE SACRE, ALLE CAPPELLE PAPALI, C ARTÌINALIZIE E
PRELATIZIE, AGLI ORDINI RELIGIOSI, MILITARI^ EQUESTRI ED OSPITALIERI, NON
CHE ALLA CORTE E CURIA ROMANA ED ALLA FAMIGLIA PONTIFICIA, EC. EC. EC.
COMPILAZIONE
DEL CAVALIERE GAETANO MORONI ROMANO
PRIMO AIUTANTE DI CAMERA DI SUA SANTITÀ
GREGORIO XVL
AOL. XIII.
IN VENEZIA
DALLA TIPOGRAFIA EMILIANA
M D C C C X L I I.
DIZIONARIO
DI ERUDIZIONE
STORICO-ECCLESIASTICA
■*^®m"
C
CHI
S. Pietro in Vinculis, hasìlìca Eu-
dossiana, titolo Cardinalizio , in
cura de canonici regolari latera-
nensi, nel rione Monti.
I.
lI monte Esquilino è il più lun-
go, e più largo de' monti Palatino,
Capitolino, Celio, Quirinale, e Vimi-
nale. Si disse Esquilino da quisqui-
liOj vocabolo latino, che significa
esca, pei' la caccia di uccelli, che
ivi facevasi, pei molti nidi, cui ave-
vano ne' boschetti del monte. Altri
però fanno derivare il nome di E-
squilino dalle Esquilie, eh' erano i
campi ove anticamente bruciavansi
i cadaveri, per raccoglierne le cene-
ri in vasi di creta. Sul lato meri-
dionale di questo monte, e nella
contrada delta delle Carine, dalla
forma d' tma bai'ca rovesciata , e
precisamente sugli avanzi del pa-
lazzo e terme di Tito, delle quali
abbiamo sette conserve d'acqua det-
te le Selle Sale, fu edificata questa
aulica ed insigne basilica, una delle
CFII
prime erette in Roma. Questa e quel-
la di s. Pudenziana, vuoisi che sie-
no state le prime ad essere ivi con-
sagrate.
Se grande fu la venerazione dei
fedeli per le catene de' martiri, mol-
to maggiore doveva essere per quel-
le, che avvinsero il principe degli
apostoli s. Pietro. Avendosi detto
all' articolo Cate>-e di s. Pietro, del-
la loro invenzione, e dei pregi loro,
ci limiteremo qui a ripetere ciò che
riguarda l'origine di questa basili-
ca, la quale dedicata , secondo al-
cuni^ al Salvatore, fu poscia destinata
ad onorare il primo fra i romani Pon-
tefici, e a custodire s'i preziose reliquie
dei suoi travagh e patimenti. Questa
chiesa pertanto, secondo la tradizio-
ne, vuoisi eretta o rinnovata sul
colle Esquilino , giacché vi fu chi
ne attribuì l' erezione a s. Pietro
stesso, da Teodora nobilissima ma-
trona romana, sorella del prefetto di
Roma s. Ermete. Per avervi poi il
Pontefice s. Alessandro I, creato nel-
l'anno I 2 I , riposte le catene colle qua-
e CHI
li in Roma fa stielto s. Pietro, que-
sta chiesa prese la denominazione di
s. Pietro in VincuUs, e fu dal det-
to Papa consagrata il primo giorno
di agosto. Tuttavolta è indidjitato,
ch'essa verso la metà del quinto se-
colo fu ridotta in modo maestoso e
pel medesimo oggetto; dappoiché ri-
cevendo r imperatrice Eudossia mo-
glie di Teodosio il Giovane, nel 4^9!
da Giovenale vescovo di Gerusalem-
me, ove erasi portata in pio pelle-
grinaggio, e in premio delle limo-
si ne ivi fatte, non solo diverse re-
liquie, ma anche le due catene con
cui fu avvinto s. Pietro in quella
città per ordine di Erode, una ne
ripose in Costantinopoli, e 1' altra la
mandò in Roma alla sua figlia pur
chiamata Eudossia, moglie di Valen-
tiniaiio 111, la quale subito volle por-
la nel tempio situato sull' Esquilino,
ovvero per questa circostanza da lei
riedificato in onore di s. Pietro. Go-
•vernando poi in tal tempo la Chie-
sa universale s. Sisto ili, egli nel
di primo di agosto vide il mira-
colo, che la catena donala da Eu-
dossia si congiunse con quella, la
quale già custodivasi nella mede-
sima chiesa, formandosi una sola
catena. Quindi, e per la dedicazio-
ne di essa, e pel prodigio avvenu-
to in detto giorno , il medesimo s.
Sisto III ne stabili la festa.
Alcuni autori raccontano esse-
re questo prodigio accaduto inve-
ce all' immediato suo successore s.
Leone I , il quale volendo con-
frontare la catena di Roma con
quella di Gerusalemme, ambedue
prodigiosamente si riunirono , e ,
come vuole il Panciroli, pag. 691,
quel Pontefice annoverò la chie-
sa tra i titoli Cardinalizi. Certo
è che le due catene nel VI secolo
già vencravansi in questa chiesa ,
CHI
come dicemmo al citalf) articolo.
Per quanto poi operò a di lei lustro e
vantaggio l' imperatrice Eudossia, fu
detta basilica Kuclossiana. Di que-
sta basilica^ delle lodi che delle ca-
tene di s. Pietro fece s. Agostino,
e della grande loro venerazione, è
a vedersi il Piazza, Gerarchia Car-
dinalizia, pag. 5o8, e seg., mentre
a pag. 5i I riporta le testimonianze
di vari autori, i quali sono di opi-
nione essere la chiesa di s. Pietro in
Fincidis la prima fabbricata in Eu-
ropa, e da s. Pietro stesso, ad onore
del Salvatore.
In questa chiesa, ai 3 1 dicembre
dell' anno 532, fu creato Papa s.
Giovanni li; in essa anticamente
nel mercoledì delle quattro tempo-
ra dell' avvento si faceva dal clero
romano la colletta, e di qua proces-
sionalmente recavasi a s. Maria mag-
giore col Papa, che ivi poi cantava
la messa, dopo aver nominato (juei
che nel sabbato seguente dovevano
ordinarsi ; ed in questa chiesa Pe-
lagio 1 del 555, colle sue mani po-
se sotto r altare maggiore, i corpi
de' sette fratelli INIaccabei, trasferiti
da altra chiesa di Roma_, di cui
scrissero tanti elogi i santi padri ,
massime s. Leone l. Papa s. Gre-
gorio I vi pose la stazione, che ce-
lebrasi nel lunedì dopo la prima do-
menica di quaresima. Si celebra qui
ancora la festa di s. Sebastiano, per
im altare, che a lui fu eretto nel-
r anno G80 per voto de' romani af-
flitti da una pestilenza, e pel di lui
patrocinio dai medesimi sperimen-
tato, come riporta il Piazza a pag.
5i3.
Adriano I restaurò la basilica ,
ove ai 2 agosto del loS?, con una-
nime consenso, e per acclamazione
fu eletto Stefano detto X. Poco do-
po, e ai 22 aprile del 1070, vi fu
CHI
pure creato Papa, con unanime vo-
lere del popolo e del clei'o, s. Gre-
gorio VII romano, cioè mentre si
celebravano l' esequie del predeces-
sore nella basilica lateranense, laon-
de questo Pontefice con animo ge-
neroso si diede a restaurare, ed ab-
bellire la chiesa di s. Pietro in Viii~
culis. Senza mentovare gli altri
Pontefici, che in diversi tempi la
restaurarono, e i Cardinali titolari,
fra cui il celebre Cardinal di Cusa,
diremo che avendo Paolo II, nel
1467, creato Cardinale, e dato que-
sto titolo a Francesco della Rove-
re (il quale divenuto nel i^ji di
lui successsore col nome di Sisto
IV, fece fare la volta della nave
travei-sa alla basilica), la beneficò in
diversi modi, e facendo nell'anno
stesso Cardinale il di lui nipote
Giuliano della Rovere, gli diede il
medesimo titolo. Questi, nel 1489,
ottenne da Innocenzo Vili, che tras-
ferendo altrove i religiosi di s. Am-
brogio ad Nenius, venissero accor-
dati la chiesa e il contiguo moni-
stero, a' canonici regolari del ss.
Salvatore in Selva [Vedi), di cui
il Cardinale era protettoi'e, e dive-
nuto egli nel i5o3 sommo Ponte-
fice col nome di Giulio lì, donò ai
canonici regolari l' annesso palazzo
dei Cardinali titolari, architettato da
Giuliano da Sangallo ; quindi con
magnificenza e con disegno di Bac-
cio Pintelli restaurò ed abbelb la
chiesa, erigendovi il bel portico. Ta-
le e tanto poi fu il suo amore e
la sua venei'azione verso di essa, che
morendo ordinò di esservi sepolto,
nel sontuoso monumento commesso
a Michelangelo Buonarroti. Questi
per mancanza delle somme occor-
renti, e distratto dalla dipintura del
giudizio universale nella cappella Si-
slina, eseguì solo una parte del mo-
CHI 7
numento, il quale fu collocato nel
lato destro della nave della crociera, e
invece di essere quasi quadrato, iso-
lato, e decorato da quaranta statue,
fece solo quello, che si vede in for-
me più ristrette, appoggiato al mu-
ro, colla statua colossale di Mosè,
riputata opera immortale e capo la-
voro del grande artista, mentre le
altre statue che lo adornano, furo-
no scolpite da Raffaele da Monte
Lupo. Le ceneri poi di Giulio II
rimasero nella basilica vaticana nel-
le sue grotte, ovvero presso quelle
dello zio Sisto IV. y. Francesco
Cancellieri, Lettera sopra la statua
eli Mosè di Buonarrolij Firenze
1828.
Altro benemerito titolare fu il
Cardinal Alessandro de Medici, che
nel i6o5 ascese la veneranda cat-
tedra apostolica col nome di Leone
XI. Ne fu benefattore il Cardinal
Benedetto Odescalchi, poi Pontefice
Innocenzo XI; quindi Clemente XI,
nel 1706, creò Cardinale prete di
s. Susanna, Lorenzo Corsini, il qua-
le poscia otto, ed ebbe questa chie-
sa titolare, divenendo nel 1730 Pa-
pa Clemente XII. Siccome le cate-
ne si custodiscono nella sagrestia,
in una cavità, che viene coper-
ta da due sportelli lavorati in bron-
zo, opera esimia dei fratelli Polla-
juoli, le tre chiavi che ne chiudono la
custodia, sono tenute da tre; cioè pel
Poutelìce, presso il maggiordomo, il
Cardinal litolare, e l' abbate di s.
Pietro in Vincoli, In venerazione di
sì sagre reliquie, nel I743j Bene-
detto XIV stabdìj che nel quinto
giorno dell' ottava della festa dei
ss. Pietro e Paolo, iu questa basi-
lica si celebrasse messa con ponti-
ficale, e l'assistenza de' prelati chie-
rici della reverenda camera aposto-
lica. 11 detto Pontefice, nel i7)3j
8 CHI
ere?) CnrJinnlc, e conferì questo li-
tolo, a d. Antonio Galli, giìi cano-
nico jegolare e professore di teolo-
f:;ia nell'annessa canonica, il quale
non solo riuiodernò, e abbellì la
cliiesa, ma risarcì il monistero, e vi
aumentò grandemente la biblioteca,
fondata già dal p. abljate Mengio ,
arricchita dal p. ab. Monsagrati di
pregevolissime edizioni, e finalmente
dopo i canonici p. ab. del Signore, e
Busiri, restaurata tutta ed accresciuta
dal p. ab. Tizzanij il quale vi ha
aggiunto un altro ambiente giù
pieno di preziose opere, per cui ò
ora una delle più scelte biblioteche
di Roma.
11 suo bel portico con cancelli di
ferro, il cui soflltto fu i-ifatto per
opera del Cardinale Antonio Doria
titolare, si compone di cinque ar-
chi. L'interno della chiesa è a tre
navi divise da ventidue colonne,
due di granito, e le altre di marmo
bianco parlo scanalate d'ordine do-
rico, ben conservate, e di circa die-
ci palmi di diametro. La tribuna, e
l'altare maggiore isolato vennero
eretti ed adornati dal padre abbate
Raffaele Campioni generale de' ca-
nonici regolari, essendo le pitture
della tribuna, rappresentanti nella
parte superiore il miracolo avvenu-
to in Berito di un Crocefisso, che
trovandosi in casa di un ebreo, e
da lui conculcato, con istupore di
tutti si vide emanare sangue dal
sagro costato, come ripoita s. Ata-
nasio. Nella parte inferioi'e della
tribuna poi sono espressi dei fatti
relativi a s. Pietro, e alle s. catene.
Nel 1706, e nel i835 queste pit-
ture furono ristorate.
Nelle cappelle vi sono pregevoli
dipinti; in quella di s. Sebastiano, lì
musaico che il rappresenta, rimonta
all'erezione dell'altare, cioè al setti-
CIII
mo secolo, ed ò. unico nel suo ge-
nere, perchè espresso colla barha.
Il soifitto della basilica nel 170')
con disegno dell' architetto Carlo
Fojitana , fu rifatto per opera
del principe Giambattista Pamphi-
ly , mentre il Cardinal Marcel-
lo Durazzo titolare, nel mezzo del-
la volta a sue spese fece dipinge-
re oltre altri ornamenti un (pia-
dro dal genovese Paroli, cioè la li-
berazione di un' indemoniata per
mezzo delle catene di s. Pietro :
questo quadro è d' una grandezza
straordinaria.
Tra i personaggi quivi sepolti ,
e i belli depositi che vi sono, van-
no rammentati quelli dei Cardina-
li IMargotti , e Agucchi, i di cui
ritratti somigliantissimi sono dipinti
dal Domenichino eseguiti in pietra
lavagna ; di Giulio Clovio canonico
regolare di questa chiesa, autore di
stupende miniature, e di Pietro ed
Antonio Pollajuoli, celebri scultoi'i in
bronzo.
Finalmente sino dal i63o il se-
nato romano nel dì primo di ago-
sto offre all' altare di s. Sebastiano
un calice di argento, e quattro tor-
cie di cei-a . Urbano Vili in tempo
di peste, sostituì questa basilica al-
la patriarcale di s. Lorenzo fuori
le mura, nella visita delle sette
chiese. Le sagre catene si espongo-
no nella suddetta cappella prelati-
zia, e nel giorno della loro festa, e
per tutta la sua ottava; e da ultimo
nella contigua canonica nel 1823 si
unirono le due congregazioni dei
canonici regolari lateranesi , con
quelli del ss. Salvatore della con-
gregazione renana , cui in avanti
apparteneva, e vi fu aperto un con-
vitto di educazione, che fiorisce con
singoiar vantaggio della gioventù, e
con singoiar decoro di ({uegli csem-
CHI
plari canonici. Nel chiostro contiguo
alla basilica si ammira una superba
cisterna di IMichelangclo, capo lavo-
ro in simil genere. Questo chiostro,
che è uno dei più graziosi di Roma,
è stato restaurato ed abbellito dal
p. ab, d. Vincenzo Tizzani romano,
attuale procuratore generale dei
suddetti canonici regolari, il quale
non solo fece tre onorevoli iscrizioni
ai tre ultimi distinti canonici rego-
lari defonti, Garofali, del Signore, e
Busiri, sepolti nella basilica, ma è a
desiderarsi che in essa ponga pure
una memoria al gran Cardinale
Sadoleto che ne fu titolare, giac-
ché in essa l'iposano le sue spoglie
mortali , sebbene ciò da molti si
ignori.
iS". Prasscde titolo Cardinalìzio , in
cura de' monaci Pallond/rosani,
nel rione Monti.
Sul monte Esquilino, poco lungi
di s. Maria Maggiore, si vede que-
sta chiesa eretta presso le terme di
No\'ato nel vico Laterizio, e nella
stessa casa della santa, dal Pontefi-
ce s. Pio I, eletto nell'anno i58,
di che fa pure menzione il b.
Pastore fratello del Papa. Dagli at-
ti di s. Prasscde nobilissima roma-
na si rileva, che avendo notizia
l' imperatore Antonino, che in questa
sua casa essa sostentava molti cristia-
ni nella persecuzione, oi'dinò che ivi
si uccidessero, laonde vi patirono il
martirio s. Simmetrio prete, con
altri ventidue cristiani, i corpi dei
quali s. Pi-assede di notte portò a
seppellire nel cimitcrio di s. Pri-
scilla. Ancora nel mezzo della chie-
sa si vede un pozzo, ove la santa
gettava il sangue de' martiri, cui
andava raccogliendo con ispugna, ma
non [loteiido più reggere alle inau-
Clil 9
dite loro stragi, supplicò Dio che
la facesse morire, ed esaudita ripo-
sò in pace, e fu sepolta nel mede-
simo luogo. Già nel 499 ^'^'^ ^'^
chiesa titolo presbiterale Cardinali-
zio, e veniva detto in Romano, dap-
poiché nel concilio celebrato in quel-
r anno da Papa s. Simmaco, si fa
menzione di Celio arciprete Cardi-
nale, e Pietro prete di questo titolo,
che si sottoscrissero al concilio. Anzi
si ha dal Novaes, tomo I, p. 197,
che neir elezione di Papa s. Sim-
maco, nel 49^5 insorse l'antipapa
Lorenzo arciprete Cardinale di s.
Prassede, spalleggiato dal senatore
di Roma Festo. In seguito fu con-
cesso al Cardinal titolare, di cele-
brare la messa neh' altare papale
della patriarcale basilica di s. Loren-
zo fuori le mura, in ogni domeni-
ca, perchè fu dichiarato addetto al
servizio ebdomadario di quella chiesa.
Anastasio bibliotecario l'acconla,
che la prima restaurazione di que-
sta antichissima chiesa si deve a s.
Adriano I, il quale fu assunto al pon-
tificato nel 772. Il di lui successore
s. Leone III fece prete Cardinale di
s. Prassede, s. Pasquale I, che ven-
ne creato Papa l'anno 817. PSel-
l'anno precedente 1' antecessore Ste-
fano IV detto V contiguo alla chie-
sa fondò im monistero, e vi pose
una congregazione di monaci greci ,
ch'erano fuggiti dall'oriente perle
note persecuzioni, acciò secondo il
loro rito vi salmeggiassero tanto di
giorno che di notte. Quindi s. Pa-
squale I, siccome divolissimo di s.
Prassede, e di questa chiesa, in cui
spesso passava tutta la notte in ora-
zione, volle ingrandirla, ed adornarla
co' musaici della tribuna, e dell'ar-
co maggioi'e. In questo si vede ef-
figiata, secondo l' Apocalisse, la città
santa cogli eletti, e gli angeli, che
IO CHI
ne vegliano alla custodia ; mentre
nella iVonte dell' abside è liguralu
il mistico agnello, cui rendono omag-
gio i ventiquattro seniori. L' abside
Ila il Salvatore con diversi santi ,
leggendosi di sotto i seguenti versi :
Eniicat aula pia vanis decorata
metalli s
Praxedis Domino super aelhra
placends lioiiore
PoiUiflcis Snmmi studio Paschalis
alnmni
Sedis Apostolicae , passini (pd
rorpora condens.
Plurima sanctorum subter hacc
inoenia ponit
Festiis , ut his limen mercatur
adire pò lo rum.
la oltre s. Pasquale I vi collocò
il ritratto di s. Pietro eseguito in
musaico, presso quello che conser-
vava s. Silvestro I, fatto già copia-
re da Sisto III nella basilica Libe-
riana. Sopra r altare principale fece
un ciborio d' argento di libbre ot-
tocento dieci, ed vm regno o corona
d' oro con molte gioje. Ornò la con-
fessione ov' è il corpo della santa
con lamine di argento di libbre
cento. Vi trasportò da diversi cimi-
teri molti corpi de' santi martiri
sino al numero di duemila e tre-
cento, o duecento trenta, come dice
il Venuti, oltre quelli, che vi avea
liposti s. Prassede. Oltre a ciò s.
Pasquale I, dal cimilerio di Priscilla
tolse il corpo di Papa s. Silicio, e
poi quello del Pontefice s. Celestino I,
e in questa chiesa ambedue li collo-
cò, ove poi il di lui successore Euge-
nio II neir 824 trasportò il corpo
del niedcbimo s. Pasquale I.
Nella stessa chiesa eresse s. Pas-
quale 1 la cuppella od oratorio in
onore di s. Zenone martire, e \i
CHI
ripose il suo corpo, e quello di s.
A aleulino, decorandola entro, e fuori
di bellissimi musaici, che ancora si
v("dono, fra i quali un' antica im-
magine della b. Vergine, col s. Bam-
bino in biaccio, clie si venera sull'al-
tare, il (piale è decoralo di due colon-
ne di akdjastro orientale. Si chiamò
la cappella Orto del paradiso, ed
anco s. Maria Ubera nos a poe/iis
iiifcrid, così detta perchè ivi cele-
brando s. Pasfjuale I la messa per
suiliagare l'anima di un suo nipote
defunto, la vide portata in cielo
dalla Madonna. Ed è pei'ciòche pri-
vilegiato n'è l'altare, ed in essa
non entrano mai le donne, essen-
dovi pena di scomunica, meno al-
cuni giorni dell'anno. Poi diremo
della .s. Colonna che si custodisce,
per cui è chiamata anco la Cap-
pella della santa Colomia, e degli
ulteriori suoi abbellimenti. Sulla por-
ta si legge la seguente iscrizione :
Paschalis praesulis opus dccor fui'
gel in aula,
Quod pia ohtulit vota studuit
reddere Deo.
Mentre nel 1 1 1 8 celebrava in
questa chiesa il venerando Pontefi-
ce Gelasio II, nel dì della festa, ed
a richiesta di Desiderio Cardinal ti-
tolare, dalla fazione di Leone, e
Cencio Frangipane fautori di Eurico
V, fu sacrilegamente maltrattato ,
ma prendendone le difese il suo ni-
pote Crescenzio Gaetano, colle no-
bili famiglie de' Corsi, e de' Nor-
manni , dopo serio combattimento
sulle porte della chiesa, riuscì al
Papa di fuggire nei campi presso
s. Paolo , donde si recò a Pisa.
Poco dipoi il Cardinal Lamberto
di lagnano, denominato Scannabec-
chij già titolare della chiesa, nel
CHI
1124} divenne Papa col come di
Onorio II ; ed il Cardinale titolare
Ubaldo AlUicignoli, nel 1181, fu
sollevato al pontificato col nome di
Lucio III.
Sotto Papa Innocenzo III, eletto
nel 1198, ottennero la chiesa col
contiguo monistero i monaci T" al-
lomhrosani (Vedi), che tuttora la
iifiìciano. Alcuni vogliono che da que-
sto monistero uscisse il gran Pon-
tiiflce Gregorio VII, il cpiale ivi fu
monaco, come lo furono altri, che
divennero Papi. Nel ilio nel pon-
tificato di Onorio III, mentre n'era
titolare e benefattore insigne il Car-
dinal Giovanni Colonna, legato apo-
stolico e condottiero dell' esercito
crociato nella guerra di Soria, es-
sendo passato per divozione a Ge-
rusalemme, cadde in potere de' sa-
raceni, che dopo averlo straziato
con tormenti, lo volevano segare
vivo; ma atterriti dallo splendore,
che improvvisamente tramandò il
suo volto, cambiato l'odio in rispetto,
gli donarono la colonna di dias>pro
sanguigno sulla quale fu legato ,
quando fu flagellato, Gesù Cristo. Il
Cardinale la portò a lloma donan-
dola a questa chiesa, e fu collo-
cata nella suddetta cappella di s.
Zenone. Altri dicono che il Cardi-
nale ebbe si preziosa colonna come
preda fatta ai nemici, ed il Piazza,
// santuario romano parte II, p.
i68 dice, che la colonna a' tempi di
s. Girolamo con altre colonne fu
posta a reggere il portico della
chiesa del monte Sion, ov'era il
Cenacolo del Signore, e si vedeva
spruzzata del suo prezioso sangue;
quindi a' tempi del ven. Beda fu
posta nel mezzo di quella i:hiesa.
Dice poi ancora, che la presente è
un pezzo, ovvero la metà dell' an-
tica.
CHI II
Questa colonna, eh' è alta tre
palmi, riscuote grandissima venera-
zione ; e monsignor Ciriaco Lancet-
ta uditore di Rota ne decorò il luogo
dove è riposta, elevandola iu modo
conveniente. Ael 1775 il Cardinal
titolare Delle Lanze restaurò di nuo-
vo questa cappella. Nicolò IV , che
regnò dall'anno 1288 al 1292, se-
condo Novaes t. IV, p. 78, abitò
presso questa chiesa ; tanto confer-
ma il Cancellieri, nella Lctlera sul-
Varia di Roma, a p. 37. Nicolò V,
fiorito nel i447) restaurò questa
chiesa notabilmente. 11 Cardinale
litolare Vincenzo Ciocchi del Monte,
nel i55o fu fatto Papa col nome
di Giulio III. Per gran ventura della .
chiesa di s. Pi-assede, Pio IV la die-
de in titolo nel i564alsuo nipote
Cardinal s. Carlo Borromeo, il quale
splendidamente la rinnovò ed ab-
bellì. Rifece la faccia esterna, il por-
tico e gli scalini pe' quali si ascende
alla chiesa, rinnovò le tre navi in-
terne; fece accomodare i gradini
per salire all'altare maggiore, cui
chiuse con cancelli di marmo, e ba-
laustri di metallo; rinnovò i seggi
intorno al presbiterio ; rifece il ta-
bernacolo, che sull'altare sostenevasi
da quattro colonne di porfido , ed
il prospetto esterno del coro decorò
colle statue delle sante sorelle Pras-
sede e Pudenziana, facendo fare due
poggioli con ornato balaustrato an-
co pel luogo ove si fa 1' ostensione
delle reliquie, nel giorno di pasqua
di risurrezione dopo il vespero, sen-
za mentovare altri mighoramenti ,
come l'ingrandimento del contiguo
monistero. In questa chiesa il santo
Cardinale piìi volte di notte si trat-
tenne a lungo in orazione, partico-
larmente nella confessione o cap-
pella sotterranea dell'altare maggio-
re, e nella cappella della santa co-
,2 CHI
lonna. Quivi celebrava spesso la mes-
sa, ircilava il divino ullìzio, e eol-
la propria famiglia vi orava, e fa-
ceva la meditazione. Abitò nell'an-
nesso palazzo, che edificò pel Cartli-
nal titolare, ove in austerissima vita
edificò tutti coir esercizio delle più
belle virtìi. Nella cappella, che è a
lui iledicala in (juesta chiesa, si con-
serva la tavola su cui egli dava da
mangiare ai poveri, e la sua sedia
pontificale, mentre nel monistero si
custodisce la di lui mitra , e moz-
zetta Cardinalizia. Anche s. Brigida
era stata divotissima di qiicsta chie-
sa , come fu frequentata da s. Fi-
lippo Neri, cose tutte che distesa-
mente riporta il Piazza nella sua
Gerarchia Cardinalizia, trattando
di questo titolo.
Il Cardinal Alessandro de Medi-
ci ne fu pure titolare, e poi nel
i6o5 divenne Papa Leone XI. Egli
vi fece molti restauri , ed abbelli-
menti : rifabbricò la sagrestia , fece
dipingere da buoni pennelli, ne' va-
ni dei muri della nave di mezzo ,
varie storie della passione di Gesìi
Cristo, ed architetto dei migliora-
menti fu il celebre Martino Longhi.
Anticamente era parrocchia, ed un
monaco adempiva le funzioni di par-
roco. Nel lunedì santo tuttora si ce-
lebra da tempo remotissimo la sta-
zione , come ai 2 1 luglio la festa
di s. Prassede. Ove si conservano
le reliquie, si custodisce un musai-
co coir immagine del Salvatore, do-
nato da s. Pietro al senatore s. Pu-
dente padre di s. Prassede, col no-
me dell' istesso s. Pietro in lettere
greche ; della quale immagine, dice
il Severano, in VII ecclcs., sono stati
levati alcuni pezzetti dalla pia avi-
dità dei pellogriui. Si osserva in essa
il volto di Gesù Ci'isto di viso lun-
go, gracile, e macilente, simile alle
CHI
altre eguali immagini, che si veggono
in Roma, ed in molto altre parti del-
la cristianità. 13i questa venerabile fi-
gura fa menzione il Liudano, Apo-
log. prò TÀlurg. s. Falri , cap. 17.
Per im antico portico adorno di
due colonne si ascende alla chiesa:
essa si apre in tre navate separate
da sedici colonne di granito. La tri-
buna è in alto, e vi si ascende per
una doppia scala , i di cui gradi-
ni sono di rosso antico , e vengo-
no tenuti rarissimi per la gran-
dezza dei massi. L' altare maggiore
fu ridotto nella forma che si vede,
dalla generosità del Cardinal Pico
de' duchi della Mirandola nel de-
corso secolo, servendosi dell'architet-
to Ferrari. Esso è isolato, e coperto
da un baldacchino, che vien sostenu-
to dalle mentovate colonne di por-
fido. Nel presbiterio fra l'arcone, e
la suddescritta tribuna, reggono due
coretti fatti erigere da s. Carlo, sei
belle colonne di marmo bianco, con
scanalature rastremate , fogliami e
capitelli analoghi di grottesco stile.
Le cappelle sono decorate di mar-
mi, e di diversi buoni dipinti, e tra
i depositi va rammentato quello del
Cardinal Cetivo, pel merito artisti-
co. Nella sagrestia ammirasi la ce-
lebre tavola della flagellazione, di
Giulio Romano. Il campanile di
questa chiesa viene descritto e ce-
lebrato da Francesco Cancellieri ,
nelle sue Campane a pag. i36. Ai
21 luglio, festa della santa titolare,
il senato romano in ogni quadrien-
nio la 1' offerta di un calice di ar-
gento con sua patena, e quattro tor-
cie di cera.
S. Prisca, titolo Cardiìializìo in cu-
ra degli Agostiniani, sul monte
Aventino nel rione Trastevere.
Nella parte dell' Aventino, che
CHI
guarda vci'so oriente, è posfa^ questa
chiesa , ove si vuole che fosse un
tempio dedicato a Diana, ovvero, se-
condo altri, ad Ercole. Alcuni pre-
tendono esservi state le terme del-
l' imperatore Dccio. Gli antichi fa-
volosamente narrano, che in questa
paite dell'Aventino fosse la grotta
di Fauno, e di Pico con una fonte,
in cui Numa Pompilio pose del vino
per inebriarli, e riportano la favola di
Evandro, di Ercole, e di Giove Elicio,
cose che si spiegano da que' versi, i
quali leggonsi nella chiesa a mano si-
nistra dell'altare maggiore, e furono
ivi posti da Papa Calisto III, Dai me-
desimi versi pur rilevasi, che s. Pie-
tro mentre fu in Roma, per alcun
tempo abitò in questo luogo , e vi
celebrò la messa, battezzandovi molti
convertiti alla fede. Anzi alcuni as-
seriscono che nel luogo di questa
chiesa, ch'era la casa dei santi coniu-
gi Aquila e Priscilla , s. Pietro vi
passò prima di i-ecarsi nella casa di
Pudente. Si conserva ancora il fon-
te dell'acqua colla quale battezzava,
e fra quelli che furono ammessi al
sagro lavacro, vi furono i detti due
coniugi ospiti di s. Pietro , i quali
ricettarono nella loro casa anche s.
Paolo.
Gli scrittori ecclesiastici chiamano
questa chiesa (che eretta in titolo
Cardinalizio fu consagrata alla ss.
Trinità), de' ss. Aquila e Prisca, o
Priscilla, perchè poi dedicata in loro
onore. Prima Io era ai soli ss. Aquila
e Priscilla, ma dopo che il Ponte-
fice s. Eutichiano, creato nel 27.5,
ebbe per rivelazione notizia del luo-
go ov' era stato sepolto il corpo di
s. Prisca vergine e martire romana,
si portò fuori di Roma col clero e
col popolo, e rinvenutolo quivi con
molto onore lo ripose, per cui il
titolo prese il nome de' ss. Aquila
CHI i3
e Prisca, e poi venne chiamato solo
con quello di s. Prisca. Di fatti nel
secondo concilio romano trovasi sot-
toscritto Domenico prete de' ss. Aqui-
la e Prisca, come in altri concili ,
essendo uno de' titoli Cardinalizi dei
piìi antichi, per cui fra i suoi tito-
lari sono a rammentarsi, Giovanni
Colonna detto il Cardinal di s. Pri-
sca, il quale morendo nel 1 198, Ce-
lestino III il voleva per successore,
rinunziandogli il pontificato. Onorio
II, nel I 127, diede il titolo al Car-
dinal Enrico, che poi si unì coll'an-
tipapa Anacleto II; ed Innocenzo II
nel I 1 38 lo conferì al Cardinal
Rainiero Crescenzio romano. Gio-
vanni XXII, nel 1827, creò in Avi-
gnone prete Cardinale di s. Prisca
il proprio nipote Jacopo dal Forno,
che poi gli successe nel pontificato,
nel i334, col nome di Benedetto
XII. Il Cardinal Giannangelo de
Medici era titolare di s. Prisca, quan-
do nel iSog fu creato Papa. Tut-
tavolta per un tempo rimase sospe-
so il conferimento del suo titolo ,
finché il Pontefice Sisto V nella
bolla, con cui confermò i titoli, ve
lo comprese, per cui nuovamente fu
dato ai Cardinali. Anticamente il
Cardinal titolare adempiva il servi-
zio divino ebdomadario nella basi-
lica di s. Paolo, e in tutti i lune-
dì vi celebrava la messa all' altare
papale.
Non si deve poi tacere, che an-
ticamente furono posti in un son-
tuoso contiguo monistero ad uf&-
ziarla dei monaci greci basiliani, di
quelli che fuggirono dall'oriente nel-
la persecuzione delle sagre immagi-
ni, e fu annoverata la chiesa tra
le venti abbazie privilegiate, il cui
abbate assisteva il Papa nei solenni
pontificali. Alessandro II, che nel
io52 la concesse all'abbate \ indo-
i4 CHI
cinpiisc, ceco come si esprime : Con-
ccdiiiiun eiiam omnibus hujus loci
filìhatibus ecclesia/il Prìscac cum
dignilate CardinaUs, etc. (il' impo-
se di riformavo i monaci colla re-
gola di s. Benedelto, coi) fermando
tutli i privilegi cui godeva la chie-
sa. Di poi l'antipapa Clemente HI
la tolse ai monaci, ai quali la restituì
Urbano li, facendo altrettanto Ca-
listo II, e Innocenzo III quando lo-
ro venne ritolta. Ma questo ultimo
Pontefice sottomise i monaci al Car-
dinal titolare prò tempore, e dispose
che godesse la quarta parte delle
entrate del monistero, come riferi-
sce il Su-mondo, ep. 9 lib. I. Es-
sendone per la sua lontananza tras-
curato il culto, sotto Sisto V vi fu-
rono posti i religiosi riformati di
s. Francesco, dai quali passò in custo-
dia agli agostiniani della congrega-
zione di Lombardia , mentre n' era
titolare il Cardinal Benedetto Giu-
stiniani genovese verso l'anno 1600,
il quale, come poi si dirà, fu gran-
demente benemerito dell' edifizio.
Zelando il culto divino della me-
desima, il Cardinal Giustiniani già
diacono di s. Giorgio in Velabro.
diaconia che gli conferì colla por-
pora Sisto V nel i586, prima di
mettere nella chiesa gli agostiniani,
vi eresse una collegiata, con istituir-
vi sei canonici, ed un arciprete; ma
per pochi anni sussistettero, ed allora
fu che tanto la chiesa, quanto il mo-
nistero, il giardino e l'orto furono da-
ti agli agostiniani del convento di
.s. IVIaria del Popolo per uso di un
noviziato, di cui se ne vede la me-
moria nella iscrizione che i religiosi
posero nella camera appresso la sa-
grestia, in onore del Cardinale Giu-
stiniani. I canonicati si convertiro-
no in tanti benefìzi semplici, come
si raccoglie da una decisione del tri-
cnr
bunale delia Rota, latta avanti mon-
signor Manzanedo , ed è in ordine
la rìoi, nella parte prima delle Re-
rrnsioìii, pubblicala nell'anno 1609.
In seguito venendo iiiual/ato nel
167 j al Cardinalato Alessandro Cre-
scenzi, Clemente X avendogli con-
ferito questo titolo, procurò ripri-
stinare la collegiata, ma ad onta del
suo impegno dovette cedere alle dif-
ficoltà che si liapposero.
Tutta volta venendo i sei canoni-
cati ridotti a benefizi semplici, tre
sono perpetui , e tre vacabili. Due
de' primi vengono posseduti dal prio-
re prò tempore degli agostiniani, ed
uno dal corpo de' beneficiati di s.
Lorenzo in Damaso, i quali ebbero
da Innocenzo X il detto canonicato
in compenso di alcune piccole case
che possedevano, e che furono de-
molite nel riedificarsi la chiesa di s.
Agnese iu piazza Navona, e il con-
tiguo palazzo. Gli altri tre benefizi
vacabili sono di nomina del Cardi-
nal titolare, qualora non sieno af-
fetti alla santa Se.i\e gli ultimi pos-
sessori. Tenui sono le rendite di
cadauno, e sono sui luoghi de' monti,
fruttando ognuno annui scudi tre-
dici e baiocchi ottantotto e mezzo.
La prebenda è ora in barili cinque
di mosto, per canone annuo impo-
sto sopra alcuni orti, e vigne adia-
centi, e confinanti co' beni del ca-
pitolo, e che una volta appartene-
vano al medesimo. Ora però fatto-
ne il censo colla camera Apostolica,
si ritira dalla direzione de' luoghi
di monti con ordine la somma
tenue di scudi quattro , e baioc-
chi settantadue all' anno. I detti
benefìzi godono ancora di un' an-
nua spartizione, più o meno di
scudi tre e baiocchi cinquanta. Di
questi in comune si esige la som-
ma totale dalla direzione del debito
CHI
pul)bIico, dalla compagnia della mor-
te delia nazione israelitica di Roma
pel cosi detto Ortaccio, ove seppel-
liscono i loro cadaveri, data ad essa
in enfiteusi perpetua. L' esattore be-
neficiato di s. Lorenzo in Daraaso,
il procuratore, ed il computista ven-
gono pagati annualmente dai due
incassi mentovati, ed il residuo di-
viso dà a ciascun canonico circa scu-
di tre e baiocchi cinquanta suddetti,
ed al cadere dei quindennii circa
scudi cinque.
Ritornando all' edifizio di questa
chiesa, il Panciroli, Tesori nascosti
p. 709 dice, che dopo le persecuzio-
ni questo antico titolo sotto il no-
me de' gloriosi martiri Aquila e
Priscilla, e di s. Prisca che fu chia-
mata protomartire dell' occidente dal
\'enuti, fosse nobilitato con qualche
fabbrica da Costantino Magno, e da
s. Silvestro I. Certo poi è che A-
driano I, nell'anno 772, la riedificò,
e siccome per la vecchiezza era per
cadere, accorse il Pontefice Calisto
III nel 1455 a rifabbricai-la, come
si vede dal suo stemma ed iscri-
fione metrica di sopra nominata.
In appresso volendo Leone X che
i corpi de' suddetti tre santi marti-
ri venissero con sicurezza custoditi,
li fece trasportare nella chiesa dei
ss. Quattro nel monte Celio, da do-
ve poi ne fu qui gran parte ripor-
tala. Il menzionato titolare Cardi-
nal Giustiniani, verso l'anno 1600
nel pontificato di Clemente Vili,
con architettura di Carlo Lombar-
di di Arezzo, vi aggiunse la facciata
esterna, ne ampliò l'atrio, rinnovò
ed abbellì con pitture la confessio-
ne e l'altare sotterraneo, che dicesi
consagrato da s. Pietro, rifece il sof-
fitto ornandolo con dorature, e gli
donò diversi sagri arredi. Anche il
nominato Cardinal Crescenzi, ed al-
CHI 15:
tri benefattori litolari presero cura
della chiesa, e del contiguo convento ,
che venne ampliato dal p. Dacci
vicario generale degli agostiniani del-
la congregazione di Lombardia; e,
verso il 1734, Clemente XII fece
molti mighoramenti nella chiesa, co-
me attesta una marmorea iscrizione,
che si legge a destra dell' ingresso.
Anticamente la chiesa ebbe due
ingressi, ma al tempo dell' Ugonio
già ne aveva un solo. Essa è divisa
in tre navi con quattordici colonne
antiche, le quali per renderle più
solide, furono incassate nel muro di
altrettanti pilastri. Le pareti furono
dipinte dal Fontebuono; il quadro
dell'altare principale è del Passigna-
ni, e rappresenta il battesimo della
santa. JNel mezzo della nave gran-
de è un'ampia inferriata che illu-
mina la sottoposta confessione, alla
quale si scende per vma comoda e
doppia scala circondata da balaustra-
te. In essa è un quadro di musai-
co rappresentante s. Pietro, e incon-
tro l'altare è il vaso, che si preten-
de servisse di battistcrio a s. Pietro
quando battezzò i ss. Aqviila, e Pri-
scilla, ed altri pagani venuti alla fe-
de , leggendosi da un lato inciso :
BAPTiSMUM s. PETBi. La fcsta di s.
Prisca ricorre ai 18 gennaio, e la
stazione da tempo antichissimo vi
si celebra nel martedì santo.
S. PuDENZiAyj , titolo Cardinali-
zio in cura delle canonicliesse re-
golari di s. Agostino, o Latera-
nensi, nel rione Monti.
Sorge questa venerabilissima chie-
sa alle radici del monte Viminale
nel vico detto anticamente Lateri-
zio, o Patrizio, perchè Servio Tul-
lio re dei romani, dubitando della
fedeltà de' nobili cittadini romani i
hs chi
quali ciano pattizi, comandò clic tutti,
abbandonate le loro case, si portas-
sero ad abitare per questi strada.
Per tal causa il sito fu detto yico
Patrizio, che dalla moderna Subur-
ra si estendeva sino alla porta Vi-
minale. Ora essendo occupato il sito
dalla villa Massimo fabbiicata da Si-
sto V ( il ciuaie perciò avendo spia-
nato le ineguaglianze, tolse l'antica
via che divideva il colle Esquilino
e il eolle Viminale), l'antico vico
Patrizio termina appunto alla por-
ta di detta villa, ove si legge la me-
moria della porta Viminale. Dagli
atti poi de' ss. martiri si raccoglie,
che quivi fosse la rinomata grotta
JVepoziana, perchè molti asseriscono
che fosse nel vico Patrizio, e forse
dovette chiamarsi Novaziana da Ne-
vato figliuolo di s. Pudcnte, come
furono appellate le terme che ivi
esistevano, ed anco Timotine da Ti-
moteo altro figlio di s. Pudente, le
quali edificate dai due fratelli an-
cor oggi se ne veggono alcuni avan-
zi presso la chiesa. Sotto taU terme
dovevano essere le mentovate grot-
te o cimiterio, e forse quello in cui
il Papa s. Stefano I battezzò cento
otto persone.
Recatosi in R.oma il primo som-
nìo Pontefice s. Pietro nell'anno 4^
di Cristo, dopo di essere stato per
alcun tempo ad abitare in Traste-
vere presso la chiesa di s. Cecilia ,
e di poi suir Aventino nel luogo ove
è la Chiesa di s. Prisca ( f edi), a-
vcndo convertito alla fede il sena-
tore romano Pudente, questi lo con-
dusse nella sua abitazione, ove ap-
punto è la chiesa di s. Pudenziana.
Quivi pertanto vuoisi che s. Pietro
incominciasse a praticare i riti, e il
culto divino in Roma, e celebrasse la
prima messa. Quivi formò gì' inco-
minciati fondamenti della Chiesa ro-
CllI
mona, e da quivi propagò sempre
pili la sua giurisdizione, ordinando
su quella sedia o diltcdra [T'odi),
datagli da Pudente , vescovi e sa-
cerdoti, e perciò spedi a propagare
la fede s. Apollinare a Ravenna, s.
Prisco a Capua, s. Aspreno a Na-
poli, s. Romolo a Fiesole, s. Eutro-
pio a Verona, s. Prosdocimo a Pa-
dova , s. Siro a Pavia , s. Filippo
Argirone nella Sicilia, s. Encario a
Treveri , Torquato nelle Spagne ,
Giuliano a Cenomani , s. Aristoba-
lo nella Brettagna, s. Clemente in
Francia, ed altri molti in diver-
se parti del mondo. Qui pure or-
dinò Lino, Cleto, e Clemente I che
gli successero nel Pontificato, e qui
scrisse la sua prima lettera a' cri-
stiani discacciati da Gerusalemme ,
consolandoli con paterne parole ; e
quivi battezzò Pudente con tutta
la sua famiglia, per cui fuvvi eret-
to un fonte battesimale, dal Ponte-
fice s. Pio I, avendovi esercitato an-
ch' egli l'apostohco ministero. Dopo
avere risieduto s. Pietro sette anni
in Pioma, ne par fi pel bando impe-
riale, che esiliava tutti gli ebrei, la-
sciando al suo ospite s. Pudente il
libro del vangelo, che aveva fatto
scrivere da s. 3Iarco in latino, ed
un'immagine del Salvatore, che poi
fu collocata nella chiesa di s. Pras-
sede. Terminato il bando, s. Pietro
fece ritorno in R.oma con s. Paolo,
e si vuole che ambedue per qual-
che tempo abitassero nel ])alazzo di
s. Pudente. Poscia in questo luogo
s. Pudenziana figlia di Pudente ,
seppelh tremila corpi di santi mar-
tiri, e ad imitazione della sua so-
rella Prassede, in un pozzo che og-
gidì pur si vede nella chiesa, ri-
poneva il sangue de'raartiri, che
raccoglieva con una spugna. Dopo
la sua morte, il Pontefice s. Pio 1
CHI
detto nell'anno i58, ad istanza di
s. Prassede, eresse la chiesa in titolo
ili onore di Dio, e di s. Puden/.iana.
Qual poi sia la prima chiesa,
che fu consagrata iu Roma, se que-
sta, o quella di s. Pietro in Vinciir
lis, ovvero altra, il Cardinal Bona
non lo sa decidere , Rerum liturg.
lib. V, cap. 19, § I, dicendo che
la cosa è incerta. Ne trattano però
eruditamente il Fiorentino, Exerc.
XI ad diem i Aug., ed il Punal-
di , Annali ecclesiastici , all' anno
162. La chiesa prese poi il titolo
di Pastore, da sant' Ermete fra-
tello di s. Pio I, che pur si chia-
mava Pastore pel seguente avve-
nimento. Essendo nata divergenza
sul tempo della celebrazione della
pasqua, apparve a Pastore un angelo
in forma di pastore, e gli rilevò es-
ser volere divino, che si celebrasse
sempre in giorno di domenica: co-
sì il Piazza nel Menologio romano
perpetuo, parte II, pag. 75. Altri
sono di opinione, che prendesse il
titolo di Pastore dal nome del me-
desimo fiatello di s. Pio I, perchè
questi a lui la diede in cura. Né si
deve tacere, che in questo luogo, pi'i-
mizia della religione cristiana in Ro-
ma, onorato colla presenza, residen-
za, e sagrifìzio di s. Pietro, e colla
predicazione di s. Paolo, secondo
il Pauliano, il Pontefice san Cle-
mente I concesse l' indulgenza , e
forse la più antica di qualsivoglia
di R.oma. T^. Jo. Bapt. Pauliano ,
De jiihilaeo, lib. Ili, ed il Baronio
Annal. ad annum 44- All'anno poi
I ^9 racconta la gran carità, che in
questa casa e titolo si usava co' no-
velli cristiani , mnssime con quelli
provenienti dall'oriente, coi quali pra-
ticavasi amorevole ospitalità, per cui
vi prese alloggio anco s. Giustino
filosofo martire.
CHI r7
Dal padre di s. Pudenzio s. Pu-
dente, questo titolo Cardinalizio si
chiamò pure col suo nome, e quando
neir anno 385 fu creato Papa s.
Siricio, trovavasi prete Cardinale di
questa chiesa. Quindi s. Gregorio
I vi pose la stazione del martedì
dopo la terza domenica di quaresi-
ma ; ed in progresso il Cardinal
titolare nel venerdì celebrava sul-
l'altare papale della basilica di -s.
Maria Maggiore, essendo addetto al
servizio ecclesiastico ebdomadario ;
della qual basilica divenne filiale la
chiesa di s. Pudenziana, per cui
tuttora il capitolo ai 19 maggio,
festa della santa vergine, e nel dì
della stazione vi si reca a celebrare
la messa, e i divini uffizi. Dipoi
parte delle rendite della chiesa di s.
Pudenziana , formava la prebenda
del Cardinal arciprete della mento-
vata basilica, ma verso l'anno i543
Paolo III ad istanza del Cardinal
arciprete Guido Ascanio Sforza, che
in perpetuo le rinunziò, applicate
vennero alla stessa basilica pel man-
tenimento de' musici, ed altri bisogni
della basilica.
Questa venerabile chiesa fu più
volte restaurata, ed abbellita. Pri-
mieramente si vuole che il detto
Pontefice s. Siricio ne fosse beneme-
rito. Quindi Adriano I nel 774 la
rifece: s. Leone III le donò un
ornamento di seta bianca ; e poi,
come racconta il Vittorelli, verso
l'anno 884, venne restaurata da
Adriano III, come ne faceva testi-
monianza un monogramma del suo
nome. In appresso un tal Cardinale
Benedetto titolare , di nuovo la
rifabbricò , nel pontificato di s.
Gregorio VII, e la consagrò in onore
di s. Pastore, e di s. Giovanni
Battista, oltre di s. Pudenziana,
leggendosene la memoria seguente
i8 <:ìii
nella cappella di s. Pietro incisa su
tavole in marmo, la quale prima
stava al vecchio pulpito presso l'al-
tare grande;
Tempore Gregoriì septeni prac-
sulis almi
Praesbyler eximiuSj prccclarns vir
Benedictum
Moribus, ecclesiam renovai'it fun-
dilus istam,
Qnam consecravit sacer idem Car-
diiiequenalis :
EjiLsdem sane feci t super tempore
Papae
Augusli mensis .leptenis nempe
Kalendis,
Nomine Pasloris, praecnrsorisque
Joaiiiiis.
Nel 1278 Nicolò UT fece Car-
dinale titolare di s. Pudenziana ,
Girolamo IMascio, che nel 1288 di-
venne Pontefice Nicolò IV. Eletto
nel i447 Nicolò V, per molto
tempo gli piacque ad abitare nel
contiguo palazzo, come asseriscono
Novaes, e Borgia. Dipoi nel i549
Paolo III ne conferì il titolo colla
porpora a Giannangelo de Medici,
che nel i559 salì al pontificato
col nome di Pio IV. Nel declinare
di tal secolo, l'altro Cardinale tito-
lare Enrico Caetani, con ecclesiasti-
ca magnificenza restaurò la chiesa,
e per la sua nobilissima famiglia
rifabbricò splendidamente la cap-
pella di s. Pastore, in onore de' ss.
re Magi, della quale parlammo al
tomo VI, pag. 216 del Diziona-
rio all' articolo della famiglia Cae-
tani. Altro titolare degno di special
menzione è il beato Paolo Burati
detto di Arezzo. Allorché poi Bene-
detto XIV volle rendere nel 1743
più solenne l' ottava de' ss. Pietro
e Paolo, stabilì che nel dì primo
CITI
di luglio, in memoria dall' avervi
abitato, il collegio dei protonotari
apostolici si recasse in questa chiesa,
ad assistere al pontificale. Anticii-
mente la chiesa di s. Pudenziana lii
ufiiziata dal clero secolare, linchè
Innocenzo II nel ii3o la diede in
custodia ai canonici regolari di s.
Maria del Reno di Bologna, dicen-
do altri che Adriano IV del i 1 54
r accordò ai canonici regolari late-
ranensi. Sotto Url)ano VI dai cano-
nici regolari per istanza del Caidi-
nal Rainulfo Gerza IVIonturco, tito-
lare di s. Pudenziana , vi furo-
no collocati i monaci camaldolesi ,
che vi fecero fioiire la regolare
disciplina, ed avendola lasciata, s.
Pio V la diede ai p. domenicani,
penitenzieri di s. INIaria Maggiore.
Quindi, avendo Sisto V confermato
nel 1 586 la congregazione de' ci-
stcrciensi detti fogUanti, per le pre-
mure del nominato Cardinal Cae-
tani , ad essi la consegnò. Questi
si distinsero nel farvi risplendere il
divin culto, adornando la chiesa, e
rendendo più ampio, e comodo il
contiguo monistero. Fu a questi
cistcrciensi, che nel i6o5 Leone XI
diede l'incarico di riformare gli
Agnus Dei di cera , da benediisi
dai Pontefici, lo che confermò nel
itìo8 Paolo V. Ma per le note ul-
time vicende, rimanendo il moniste-
ro senza monaci, per ordine di Pio
VII, in esso furono collocate le ca-
uonichesse regolari di s. Agostino,
dopoché il loro monistero dello
Spirito Santo fu atterrato nulla
francese amministrazione, per am-
pliare il foro trajano, come meglio
dicesi al tomo MI del Dizionario
p. 233, parlandosi di tali canoni-
ci! esse.
Prima si salivano dieci gradini
per giungere alla chiesa, ed ora a
CHI
cagione clell'alzamento della strada,
se ne scendono parecchi per entrar-
vi. La facciata esteriore è semplice,
e già fu dipinta da Poniarancio.
L'interno è a tre navi, sostenute
dai pilastri, in cui sono incassate le
antiche colonne di marmo bigio ,
due delle quali a spira si vedono
ai lati della porta. La tribuna è
decorata d' un antico musaico e-
gregiamente conservato , fatto da
Papa Adriano I. Si vedono in esso
molle prospettive e figure attorno
ad un Salvatore, con libro apeito
in mano, nel quale si legge : Donii-
nus coiisen'ator ecclesiae Picdc/itia-
nae. Per le figure, sono rimarche-
voli tra gli apostoli quelle di s. Pie-
tro e di s. Paolo, non che quella
di s. Pudente. L' Ugonio attribui-
sce questo musaico ai tempi di
Adriano Ili, e lo dice eseguito per sua
cui-a. Il quadro colla santa titola-
re, insieme alle effigie dei suoi fra-
telli i ss. Novato e Timoteo, sono
del Nocchi di Lucca. La cupola, e i
suoi peducci furono dipinti da Poma-
rancio ; le statue in istucco le fece il
Reti, e gli angeli, che reggono l'orga-
no e i coretti, sono del Maini. Fra le
cappelle primeggiano quella succen-
iiata dei Caetani, e quella dedicata
a s. Pietro , nella quale cappella
vuoisi che celebrasse il santo apo-
stolo, e perciò Y altare è privilegia-
to , venendo abbellita la cappella
nel iSgG da Desiderio Collino fran-
cese. Parlando il Cancellieri, Me-
morie istoriche delle sagre teste dei
ss. Pietro e Paolo, a pag. 72, del-
l'altare ove celebrò s. Pietro, il quale
conservasi entro quello papale della
basilica lateranense, aggiunge che
di un' altra mensa di legno, in cui
vi è tradizione che celebrasse s. Pie-
tro, ed esistente nella chiesa di s.
Pudenziana, ne trattano il Torrigio,
CHI 19
Della chiesa di s. Pudenziaiia nei
sagri Trofei p. 23; il IMabillou
3Ius. Italie, t. I, p. 58; e \incen-
zo M. Costanzi, de Ecclesia s. Pii-
dentianae p. 335. La delta cappella
di s. Pietro ha suU' altare, entro
del quale dicesi essere la suddetta
mensa di legno, due statue di Gio.
Battista della Porta, che rappresen-
tano Gesù Cristo, il quale dà le chia-
vi a s. Pietro ; e gli atlreschi della
volta che furono condotti dal Ba-
glioni, esprimono alcune storie del
principe degli apostoli.
Sulla chiesa di s. Pudenziana, la
quale ebbe anche il nome di basilica,
oltre i citati autori, ed altri, si ha
Benigno Davanzali, Notizie della ba-
silica di s. Pudenziana, Roma i 725,
ed il libro intitolato. Divozione a
s. Pudenziana, ed alli santi tre mi-
la martiri sepolti in detta chiesa ,
Ptoma 1731. 11 senato romano in
ogni quadriennio fa a questa chiesa
r offerta d' un calice di argento con
sua patena, e quattro torcie di cera
nel d'i della festa di s. Pudenziana.
Ss. Quaranta martiri, dé'pp. mi-
nori Osservanti. Vedi.
Ss. Quattro Coronati, titolo Car-
dinalizio, in cura delle monache
agostiniane del conservatorio del-
le orfane, nel rione Canipitelli.
Questa nobilissima ed antica chie-
sa è sul monte Celio, in quella parte
che guarda verso l'oriente, e il
monte Esquilino, nel luogo che si
disse Castra peregrina, dagli allog-
giamenti, che ivi stabilì Augusto pei
soldati forestieri. Si vuole eretta da
s. ]Melchiade, come dice Panvinio,
prima che divenisse Papa nell'anno
3 II, in onore di quattro soldati
fratelli Severo, Severiauo, Carpofo-
20 CHI
ro, e Villorino niaiiiri nella perse-
cuzione (li Diocleziano, i quali es-
sendo cornicolaii, che aveano per
ulìlzio (li ricevere gli atti de' con-
dannati, aveano ricusato di farlo
nelle cause de' cristiani destinati al
martirio. S. Melcliiade li seppellì
nella via Labicana, forse nel ci-
miterio ad duos laiiros , presso i
santi martiri Claudio, Nicostra-
to , Sinforiano , Castorio , e Sim-
plicio, i quali patirono il marti-
rio perchè, essendo scultori, si ri-
cusarono di fare statue, che doveva-
no servire per idoli ai gentili, della
qual professione alcuni vorrebbono
anche i precedenti quattro martiri.
Divenuto Papa s.Melchiade, a questi
ultimi ordinò 1' uffizio , e siccome
ignoravansi i loro nomi, disse che se
ne celebrasse la memoria col nome
de' ss. Quattro Coronati, dalla coro-
na del martirio.
Di questa chiesa fece onorevole
menzione s. Gregorio I, il quale per
la divozione che ne aveva, vi tras-
ferì la stazione nel lunedi dopo la
quarta domenica di quaresima, che
tuttora vi si celebra, la quale prima
stava nella chiesa di s. Cajo. Da
questa chiesa vuoisi, che vi trasferisse
il titolo Cardinalizio ancora, per
cui si ha un Fortunato prete Car-
dinale de' ss. Quattro Coronati nel
concilio celebrato da quel Papa.
Il Pontefice Onorio I, verso l'anno
63o, riedificò la chiesa sull'antica,
e forse il fece da Cardinale nel
pontificato di s. Gregorio I, che poi
r onorò colla detta stazione,, e col
titolo. Il Cardinal titolale antica-
mente esercitava le funzioni ebdo-
madarie nella patriarcale basilica di
s. Lorenzo fuori le mura in tutti i
sabbati, celebrando suU' altare ponti-
ficio. In seguito Adriano I la rin-
novò, e siccome Sergio II l'avea
CHI
data in titolo a s. Leone IV, per-
chè* era titolo fino da s. Gregoiio
I, come rilevasi dal menzionato con-
cilio romano da lui celihrato, appe-
na quel Papa morì, in questa chie-
sa si convocarono il clero , e il
popolo, che portarono fra gli ap-
plausi s. Leone IV alla vicina ba-
silica lateranense, ove lo venerarono
Pontelice, il che avvenne agli i i
aprile dell' 847. Fu allora, che s.
Leone IV dai fondamenti rifece la
chiesa, l'abbelh, e le fece il dono
di molti vasi d'oro e di argento,
ed allri sagri arredi, come poi fe-
cero altri successoli. Quindi ricercò,
e rinvenne i corpi de' ss. Quattro
coronati, i di cui nomi si seppero
per divina rivelazione, ed insieme a
quelli dei cinque santi martiri scul-
tori summeiitovati, li collocò sotto
la confessione, o cappella sotterranea.
Nel marmo posto da un lato del-
l'altare maggiore, vengono descritti
non solo i detti corpi santi qui
riposti da s. Leone IV, ma quelli
di altri santi, e di altre insigni re-
liquie. Tale fu poi il culto, che si
professò ai ss. Quattro Coronati ,
che nella festa di essi agli 8 novem-
bre i Pontefici usavano il triregno.
II Piazza, nella Gerarchia Cardinali-
zia a pag. 55cf, e 56o, riporta il
catalogo delle nominate reliquie,
postevi da s. Leone IV.
Nell'anno 885, e ai i5 luglio,
quivi fu acclamato Pontefice Stefa-
no V detto VI, il quale essendo
titolare della chiesa, abitava l'annes-
so palazzo de' Cardinali. Nel io85
per la dilferenza dell' investiture ec-
clesiastiche, tra Enrico IV impera-
tore, e s. Gregorio VII, il primo
si recò in Roma con un esercito, e
costrinse il Papa a ritirarsi nel Ca-
stel s. Angelo, ove l' assediò. Intan-
to recatosi in Roma in ajuto del
CHI
Pontefice, Roberto Guiscardo duca
di Puglia, r imperatore si ritirò a
Siena. Tutlavolta, siccome i di lui
fautori fecero resistenza, il duca in-
cendiò vari luoghi della città, onde
trasportare nel trambusto s. Gre-
gorio VII nel patriarchio lateranen-
se, come gli riuscì. Tra i luoghi
che perirono per le fiamme, vi fu
anco questa chiesa, la quale rimase at-
terrata. Peraltro non andò guari, che
Pasquale II non solo la rifabbricò
dai fondamenti, e l' adornò, ma ai
20 gennaio del 11 16 solennemente
la consagrò. Inoltre vi eresse ac-
canto un magnifico palazzo ponti-
ficio, il quale fu abitato da Sigis-
mondo imperatore, quando nel mag-
gio 1433 giunse in Roma per es-
sei'e coronato da Eugenio IV.
Nel pontificato di INIartino V,
essendone titolare il Cardinal Al-
fonso Cardio spagnuolo, risarcì in
gran parte la chiesa, del che si
legge per testimonianza la seguente
iscrizione , posta nell' atrio o vesti-
bolo sotto il di lui stemma genti-
lizio:
Haec quaecumque vìdes \> eteri pro-
strata ridila,
Obruta verbenis, hederis, diim is-
qiie jacehant.
Non tu Ut hìspanus Carillo Al-
pìionsiia. honore
Cardineo fidgens, sed opus lìcet
occupat ingens
Sic animus magno rcparatque pa-
latia sumpta,
Duni sedet extincto Martinus schìs-
mate qiiiiitus.
Altro titolare spagnuolo fu il Car-
dinal Alfonso Borgia, che nel 1455
divenne Papa col nome di Calisto
III. Quindi nel i54j Paolo III ne
dichiarò Cardinale prete Enrico fi-
CHI 21
glio del re di Pcntogallo, il quale
nella minorità del re Sebastiano suo
nipote, fu reggente del regno, e per
la di lui morte ascese al trono ,
conservando la dignità e le insegne
Cardinalizie, ed era di tali pregi e
virtù , che poco mancò ad essere
fatto successore a Paolo III. Pio IV
accomodò in più parti la chiesa, ed
il monistero, che per lungo tempo
avea servito di abitazione ai mona-
ci camaldolesi, e nel i56o diede sì
la chiesa che il monistero al con-
servatorio delle povere zitelle orfa-
ne, di cui si tratta all'articolo Col-
legio Salviati [Vedi), togliendole dal
monistero per loro eretto, ove ora
è r ospedale de' Bonfratelli nell' iso-
la tiberina. Lo stesso Pio IV aprì
incontro alla chiesa una comoda
via, che conduce alla basilica di s.
Giovanni in Laterano.
L' antichissimo oratorio, che si
vede sotto il portico, è dedicato da
Stefano Cardinale di s. Maria in
Trastevere, nel pontificato d' Inno-
cenzo III, a Papa s. Silvestro I, è
decorato nelle pareti d' interessanti
pitture del sesto e settimo secolo,
rappresentanti pai'ecchi fatti della
vita di Costantino magno, e di s.
Silvestro I. Il Cardinal Rinaldo
Conti, che fu poi Alessandro IV,
nel 1246 sotto Innocenzo IV la con-
sagrò, di che ne fa fede una iscri-
zione in marmo ivi posta. In una cro-
naca di Fiandra, riferita dagli scrit-
tori della Germania al foglio 84
citati dal Martinelli, Rom. ex Ethni-
ca socr., si racconta : Tlieodoricus
Pontifcx Trei'irensis sub Leone Vili
cellam ss. Quatuor Coronatorum,
Clini omnibus /J ppendìtiis suis sibi,
suisque successoribiis in perpetuum
acquisii'it. Dal che si scorge, che
forse questo oratorio fu assegnato
per di lui residenza, quando si fos-
11 CHI
se recato in Roma 1" arcivescovo di
Trevcri, come presso la chiesa di
s. Giovanni ante porlam latinain ,
eravi la residenza per quello di Co-
lonia. In questo oratorio pregevole
per le sagre e preziose reliquie che
ivi veneransi, sino dal i4o6 sotto
Innocenzo VII, gli sciiltorij e scal-
pellini, sotto i" invocazione dei santi
Quattro Coronati, e degli altri cin-
que santi martiri, che aveano eser-
citata la professione di scultore,
eressero una confraternita d' ambo
i sessi. V. Piazza, Opere Pie ec. p.
C3-2, Della Confraternita dei ss.
Quattro incoronati.
Ritornando alla nostra chiesa, nel
i583 Gregorio XIII vi prepose in ti-
tolare il Cardinal Giannantonio Fac-
chinetti bolognese, il quale, ai 29 ot-
tobre i')9i, fu eletto Papa col no-
me d'Innocenzo IX, ed in onore
de' santi titolari, volle prendere il
solenne possesso della basilica late-
ranense agli 8 novembre giorno
della loro festa : nel creare poi ai
18 dicembre il nipote Antonio Fac-
chinetti della Noce diacono Cardi-
nale, gli diede questa chiesa per
diaconia , e morì il Cardinale nel-
r anno 1606. Quindi nel .1624
il Cardinal titolare Giovanni Gar-
zia Millini , restaurando la chiesa,
ebbe la religiosa consolazione di
ritrovare i corpi de' ss. Quattro Co-
ronati Severo, Severiano, Carpofo-
ro, e Vittorino, e fra le tante reli-
quie che la chiesa possiede, rinvenne
ancora il capo di s. Sebastiano mar-
tire, il quale collocato in una teca
d'argento da s. Gregorio IV, fu poi
da s. Leone IV donato alla mede-
sima. In seguito r altro Cardinal ti-
tolare Girolamo Vidoni, nel i632
collocò tal capo in nobile reliquia-
rio in una cappella elegante dedi-
cata al detto santo.
CMI
Per un atrio di antica costruzio-
ne si entra in ima corte, da dove
per una sola porta si ha ingresso
alla chieda. L'interno della chiesa
è diviso in ti'e navi, sostenute da
otto colonne di granito, quattro per
parte, sopra le quali sonpvi i muri
a guisa di loggie, come erano nelle
antiche basiliche, ornati di altre co-
lonne simili , ma piti piccole. Le
navi laterali sono a volta, quella di
mezzo ha il soHltto di legno con
intagli, fatto fare dal sullodato Car-
dinal di Portogallo : il pavimento è
d' opera alessandrina, accomodato
in pili parti. La tribuna già fatta
erigere da Pasquale li fu ristorata
dal Cardinal Millini titolare, con
buoni affreschi del Maimozzi, detto
Giovanni da s. Giovanni, stimati per
la vivacità della loro composizione.
Questo pittore vuoisi fosse il primo a
dipingere bizzarramente con gli ange-
li le angiolesse ; altri però attribui-
scono tale introduzione al cav. d'Ar-
pino, o all'Allori. Il primo altare a
diritta è dedicato alla nascita di Ge-
sù Cristo, indi si vede il maestoso
deposito di monsignor d'Aquino, udi-
tore delia Camera, insigne benefatto-
re dell'attiguo conservatorio, uomo
dotto, che raccolse molti libri rari.
Segue l'altare di s. Sebastiano mar-
tire, il cui quadro dipinse il Baglio-
ni. Quivi è nna cappelletta sotter-
ranea, dove si scentle per doppia
scala; ed ivi si conservano i corpi
de' santi titolari della chiesa.
Il senato romano in ogni qua-
driennio per la festa de' ss. Quattro,
fa in questa chiesa la pia olferta di
un calice e patena di argento, e
quattro lorcie di cera. Abbiamo da
Decio INIemmolo, Della vita, chiesa,
e relìquie de' ss. Quattro coronati,
Roma iG-jS; opera, che nella stessa
città si ristampò nel 1757. E Gio.
CHI
Pietro Luccitelli scrisse, Le Notizie
concernenti la testa di s. Sebastiano
martire, che si custodisce nella chie-
sa de" ss. Quattro Coronati, Roma
1757.
Ss. QuiRico e GiULiTTA , titolo
Cardinalizio, con parrocchia in
cura dt domenicani , nel rione
31onti.
Questa antichissima chiesa è de-
dicata a s. Quirico fanciullo, ed alla
sua madre Giulitta martiri, ambe-
due di TiU-so, ii cui aliare vuoisi con-
sagrato dal Pontefice Vigilio, il qua-
le fiorì nel 546. Viene detta que-
sta chiesa a 2 or de' Conti ^ da quel-
la che vicino grandiosamente eresse
ne' primi del secolo XIII Innocenzo
IH, Conti, perchè servisse di guardia
alla città in occasione di tumul-
to, o per testimonio di grandezza
della sua illustre casa, e del suo
glorioso pontificato : ma minaccian-
do di poi rovina, Urbano Vili la
fece in parte demolire.
Verso l'anno i47<^> Sisto IV re-
staurò questa chiesa, e vi trasportò
il titolo Cardinalizio, e la stazione,
che nel maitedì dopo la domenica
di passione godeva la chiesa di s. Ci-
riaco, la quale anticamente era nelle
terme Diocleziane; stazione, che ve-
nendo alla chiesa de' ss. Quirico e
Giulitta contrastata da quella di s.
Maria in Via Lata ( Vedi), fu dal-
la pontificia autorità deciso, che iu
tal giorno ambedue le chiese godes-
sero la stazione. Quindi essendo già
collegiata con capitolo di canonici,
fu annoverata da Pio V nel nove-
ro delle vicarie parrocchiali perpe-
tue , ma allorché , come diremo ,
cessò di essere collegiata, vm reli-
gioso domenicano ne divenne il
parroco. Nel pontificato di Grego-
CHI 23
rio XIII, e nel \5'j5, quivi fu fon-
data la confraternita del ss. Sagra-
mento, ai cui fratelli vennero con-
cesse molte grazie ed indulgenze, e
il sacco bianco, mentre per insegna
si stabilì un calice d'oro, con l'O-
stia sopra in campo bianco. V.
Carlo Bartolomeo Piazza, Opere pie
di Roma pag. 53o, Della confra-
ternita citi ss. Sagramento , ai ss.
Quirico e Giulitta a Torre de Conti.
Lo stesso Gregorio XllI nel i586
fece prete Cardinale di questo tito-
lo Alessandro de Medici, il quale
nell'anno seguente ai 19 febbraio,
avendola restaurata ed abbellita ,
solennemente consagrò in onore dei
due santi titolari l'altare antichissi-
mo, già consagrato da Papa Vigi-
lio, e poscia nel i6o5 fu creato
Pontefice col nome di Leone XI.
Gli successe Paolo V, il quale nel
1606 alzò il pavimento, per libe-
l'arlo dalle inondazioni del Tevere.
Quindi ne fu benefattore anco Ur-
bano Vili, dappoiché la restaurò, e
feccia fiancheggiare con alcuni pi-
lastri. Clemente X la diede per ti-
tolo al Cardinal Galeazzo Mare-
scotti, le cui beneficenze a favore
della chiesa, riporta il Piazza cita-
to, nella Gerarchia Cardinalizia ,
parlando di questo titolo.
Clemente XI, nel 1706, creò Car-
dinale de' ss. Quirico e Giulitta Mi-
chelangelo Conti, che nel 1731 gli
successe col nome di Innocenzo
XIII; e tolta la collegiata, che vi
era, l'affidò alla custodia dei reli-
giosi di s. Domenico, i quali nel
pontificato di Benedetto XllI, del
loro medesimo Ordine, e da lui aiu-
tati, rimodernarono ed abbellirono
la chiesa. Tranne il quadro dell'al-
tare maggiore, rappresentante i due
santi martiri, e di buon pennello,
gli altri sono moderni : in quello
i\ CHI
dedicato a s. Giuseppe sposo di
Maria Veif^ine , ed al ladrone s.
Disma, vuoisi che entro l'altare vi
sia gran parte del corpo di quest'
ultimo. Di altre reliquie fa men-
zione la lapide, che si legge nella
slessa chiesa del suddetto Cardina-
le titolare de' Medici, colla data 19
febbraio i584- La festa titolare ce-
lebrasi ai 16 giugno, nel qual gior-
no in ogni quadriennio, il senato
romano fa a questa cliiesa la pia
oblazione di un calice di argento,
e di quattro toi'cie di cera.
S. Rocco, con parrochia, dell' arci-
confraternila dì s. Rocco, nel rio-
ne Campo Maì'zo. V. Arcicon-
FRATERJVITA DI S. RoCCO.
Il magistrato romano, ogni anno
ai 16 agosto festa del santo titola-
re, olfre a questa chiesa un calice,
e patena di argento, con quattro
torcie di cera bianca. Leone XII nel
1824 colla bolla, Super Universani,
stabili m questa chiesa la cura par-
rocchiale.
S. Romualdo de' monaci camal-
dolesi, nel rione Trevi. V. Ca-
maldolesi monaci.
Ss. Ruffina e Seconda, delle mo-
nache del sagro Cuore, nel rio-
ne di Trastevere. V. Sagro Cuo-
re monache.
S. Sabba abbate, de' pp. Gesuiti
del collegio Germanico, nel rio-
ne Ripa.
A questa chiesa si arriva per una
piccola via situata dietro s. Balbina ,
e la sua fondazione è antichissima,
giacché l'abbate del contiguo mo-
uistero assisteva al romano Ponte-
cin
fice nelle funzioni solenni , per es-
sere la sua abbazia una delle venti
privilegiate di Roma. Anticamente
eravi la stazione nel martedì santo,
come abbiamo dal Piazza, Eortero-
logio., ovvero le sagre stazioni ro-
mane, pag. 3Gf), il quale parla dei
pregi, e delle memorie ecclesiastiche
di questa chiesa, non che nel tomo
II del suo Enierologio a pag. 717.
Venne dedicata a s. Sabba abbate
di Cappadocia, e fondata ai mona-
ci greci di s. Basilio verso l'anno
55o, che la chiamarono Cella Nuo-
va, o Cella Novella, forse, come
dicono alcuni, per essere stalo il lo-
ro primo ospizio in Roma , o, per
dire meglio, per essere stati ivi
trasportati da qualche altro luogo
della medesima città. Quivi risiede-
vano duecento monaci greci, che sal-
meggiavano dì e notte, e detti perciò
Acemiti, o Acemeti, cioè sempre vi-
gilanti. Altri fanno fondatore, o re-
stauratore del monistero, s. Grego-
rio I, che fu eletto nel Sgo. È poi
certo che presso la chiesa vi abita-
va religiosamente la di lui madre
s. Silvia, di che facemmo menzio-
ne all'articolo Chiesa di s. Grego-
rio AL MoxTE Celio.
Nell'anno 767 per la sede vacan-
te di s. Paolo I, insorse l'antipapa
Costantino [Vedi), ma dopo tredici
mesi di scisma fu cacciato nel mo-
nistero di Cella Nuova, dove fu
tratto dai furibondi soldati che gli
cavarono gli occhi. Quindi si legge
nelle Vite de' Papi, che Giovanni
XVIII morì ai 7 dicembre ioo3,
ovvero ai 3 1 ottobre, e fu sepolto
secondo il Ciacconio, nel monistero
di s. Sabba in Cella Nuova : altri
dicono pili probabilmente con Gio-
vanni diacono, che fosse tumulato
al Lalerauo.
Sembra che poi nel luouislero
CHI
vi passassero i monaci benedettini
cliiniacensi ; certo è che mancan-
dovi l' osservanza della disciplina,
nell' anno i i4^ > Lucio II chia-
mò dalla Francia in Roma al-
cuni virtuosi monaci cluniacensi, e
diede loro la chiesa , e il moniste-
ro, ma poscia vi passarono i cistcr-
ciensi, come afferma il p. Casimiro,
Mem. Ist. p. i3. In seguito restan-
do l'abbazia pressoché abbandona-
ta, Gregorio XIll, siccome era di-
venuta commenda, uni le sue ren-
dite al Collegio germanico ungari-
co ( P^edi ) , che afiidò alla dire-
zione de' gesuiti. Da un lato del
portico che precede la chiesa è un
antico sarcofago, in cui vedesi scol-
pila una festa nuziale. L' interno
ha tre navi divise in ventiquattro
colonne, parte di granito, paite di
marmo pario. Essa è visibile al po-
polo solo nel giorno 6 dicembre,
festività del sauto titolare.
S. Sabina, titolo Cardinalizio, in
cura dei domenicani, nel rione
Ripa.
Fra le chiese, che nobilitano il
celebre monte Aventino, una è que-
sta edificata , secondo alcuni , nel
luogo dove s. Sabina ebbe la casa
paterna, o del suo marito, e presso
i templi di Diana, e di Giunone
Lucina. Ivi pure vuoisi che la san-
ta patisse il martirio, ed ove i fe-
deli eressero un oratorio, sul quale
nel pontificato di s. Celestino I,
e verso l'anno ^'25 venne edificata
la chiesa da un certo Pietro Cardi-
nale , prete schiavone di nazione ,
come l'ilevasi dai seguenti versi, che
sono scritti sulla porta maggiore del
lato destro, con lettere di musaico
dorato:
CHI 25
Culnium apostolicum cinn Coe-
lestiniis haheret
Primus et in tato fidgeret epìsco-
pus orLej
Haec quae miraris fundavit praes-
hyter Urbis
Illyrica degente Petrus, vir no-
mine tanto
Digniis, ah exortu Christi nutii-
tiis in aula:
Pauperihus lucuples, sili pauper,
qui bona vitae
Praesentis JìigienSj meniit spera-
re futuram .
Dalle bande poi di tali versi si
vedono due figure di donne con un
libro in mano, sotto le quali sono
queste iscrizioni, cioè sotto quella a
destra, ecclesia ex circumcisioxe ;
sotto l'altare a sinistra, ecclesia ex
Gentirus.
Nell'anno ^3i, successe a s. Ce-
lestino I, il Pontefice s. Sisto IH,
il quale compì l'edifizio della chie-
sa, quindi la dedicò e consagrò coi
consueti riti, ponendovi il battiste-
rio, laonde fino da quel tempo di-
venne titolo di Cardinale prete. Di
poi neir anno 538 avendo Yitige
re dei goti assediato Roma, Be-
lisario capitano imperiale, credendo
che Papa s. Silveiio fosse d' intelli-
genza col nemico, da questa chiesa
ove erasi ritirato l' innocente Pon-
tefice, l'esiliò dalla città, dopo aver-
lo obbligato a vestirsi da monaco .
Dipoi s. Gregorio I creato nel 5cjO
vi pose o confermò la stazione pel
dì primo di quaresima, incomincian-
do visi a celebrare una delle piìi ri-
nomate funzioni ecclesiastiche. Dap-
poiché in tal giorno il Papa coi
Cardinali si recava a s. Anastasia
per la colletta per adunarvi il po-
polo, ed in essi dava a tutti la ce-
nere; quindi processionalmente, pas-
26 CUI
sando per la chiesa di s. Maria in
Cdsineilin scalzo, si avviava alla
chiesa di s. Sabina: quivi si caiila-
va la messa, pronunciava un ome-
lia, ed in fine il diacono annuncia-
va la seguente stazione. In piogies-
so di tempo i Pontefici si portavano
dalia loro residenza in questa chie-
sa a dare principio alle stazioni
quaiesiinali, in solenne cavalcala,
segniti dai Cardinali, prelati e cor-
te romana, funzioni tutte che ven-
gono descritte all' articolo Cai'Pelle
]^o>TiFiciE G X numero 6.
Qui il medesimo s- Gregorio I
lecito quel bel sermone nclT i^liluir-
vi le litanie maggiori dette scUiJur-
mij cioè nel tempo che Roma era
atTlitta dalla peste. Si chiamarono
settifonni tali litanie, perchè dove-
vano recitarsi nella processione da
sette condizioni di persone, partendo
da sette diverse chiese; della (piai
funzione se ne legge la memoria
nella tribuna, o coro di questa chie-
sa. In seguito essa fu rinnovata da
s. Leone ili, il (juale la diede per
titolo Cardinalizio ad Eugenio II,
che nell 824 fu eletto Papa, e vol-
le beneficarla coli' abbellirla d' ogni
intorno di pitture, arricchendola coi
cor[)i de' ss. Alessandro I Papa, Teo-
ilolo ed Evenzio. \enendo poi ri-
guardata come una delle più insi-
gni ed antiche chiese di Roma , al
suo Cardinal titolare fu concesso di
essere annoverato al servigio ebdo-
madario nella basilica Ostiense, e ce-
lebrare nelle domeniche sulT altare
papale solennemente.
In questa chiesa vi era stato tras-
portalo dal \ aticauo il corpo di Papa
s. Sisto I, ma nel 11 32 Innocenzo
li Io donò a Piainolfo conte di Ali-
te. JNel 12 38 Gregorio IX consagrò
di nuovo l'altare maggiore, facendo
cou^aiirare ali altri dai vescovi . e
CHI
Cardinali. Prima di lui Onorio III,
avendo con'ermalo l'Ordine de' pre-
dicatori, concesse loro la chiesa col
contiguo hiogo, per cui fa santifi-
cata dalla residenza di s. Domenico
fondatore del medesimo, che per
virtìi di Dio, vi operò molli mira-
coli, ^i fondò il ujonistero in una
parte del palazzo di Onorio III, ci
dictle l'abito religioso a s. Giacinto,
e vi godette la compagnia di s.
Francesco d' ^Vssisi, e di s. Angelo
carmelitano. I Savelli, della cui fa-
miglia era Onorio III che divenne
Pontefice nel 12 16, potentissimi no-
bili romani, erano signori del monte
Aventino. Onorio IH presso la chie-
sa aveva edificato un magnifico pa-
lazzo ponfificio, ove abitò molto tem-
po, come poi fecero altri Papi; in esso
appunto confermò l'Ordine di s. Do-
menico, e vi stabifi il cospicuo ufllzio
di Maestro del sagro palazzo apo-
stolico, destinandovi pel primo lo
stesso s. Domenico. Nel i285 fu
esaltato alla cattedra di s. Pietro
Onorio IV, Savtlli , ed anch'esso
fece r ordinaria sua residenza, meno
l'estate che si trasferiva a Tivoli,
nel palazzo pontificio di s. Sabina,
come attesta anche Tolomeo da Luc-
ca, Hìstor. ecd. lib. XXIV, cap. i3.
]Morì Onorio IV ai 3 aprile 1287
nel detto palazzo, vacando la santa
Sede dieci mesi e dieciotto giorni,
perchè i Cardinali rinchiusi in con-
clave nel palazzo di s. Sabina, a
cagione della peste si ritirarono al-
trove, dopo che sei di essi vi erano
morti, ed altri erano caduti infer-
mi. 3Ia il Cardinal Girolamo Ma-
scio detto Tineo non abbandonò
mai il palazzo di s. Sabina , nel
quale nelT estiva stagione purifica-
va r aria infetta, col fare gran fuo-
co intorno. Cessato il pericolo , ri-
tornali i CarJiuLili in concla\e nel
CHI
dello palazzo, ai 22 febbraio 1288,
elessero Papa il medesimo Cardinal
Mascio, che prese il nome di Nico-
lò IV. Altri dicono, che in detto
palazzo fui'ono celebrati altri con-
clavi ; a me non fu dato rinvenir-
li, ed il Cancellieri nelle Notizie
istoriche delle Stagioni 3 e de' sili
dii'ersi in cui sono stati tenuti i
Conclavi, parla solo di quello di
Nicolò IV. Su questo palazzo ag-
giungeremo, che Sisto IV dipoi fece
demolire gli avanzi del famoso ponte
Sublicio, ch'era alle radici di esso,
ed il palazzo, siccome divenuto sino
da Paolo III luogo di diporto per
la deliziosa amenità del sito, fu ri-
storato dalle sue rovine dal Cardinal
Domenico Ginnasi , finché fu tutto
incorporato, come diremo, al conven-
to dei domenicani.
In questa chiesa il re di Sicilia
Carlo II giurò nel 1293, alla pre-
senza di Bonifìcio VIII, vassallag-
gio e fedeltà alla Sede apostolica ,
invocando dal Papa l'assoluzione da
qualunque ommissione nella conse-
guita investitura del reame di Si-
cilia. Poscia Bonifacio \III nel crea-
re nel 1298 Cardinale il b. Nicolò
Boccasini domenicano, gli diede que-
sta chiesa per titolo, e questi meritò
di succedergli nel pontificato col no-
me di Benedetto XI nel i 3o3. Molti
poi furono i Cardinali titolari che
nobilitarono, e restaurarono la chie-
sa. Giuliano Cesarini riparò, e rin-
novò la tribuna, che minacciava ro-
vina , come rilevasi da una me-
moria del i44i- Calisto III nel
1456, creò Cardinal prete di s. Sa-
bina Enea Silvio Piccolomini, e poi
nel i4j8 l'ebbe in successore col
nome di Pio II. 11 Cardinal Auxia
Poggio spagnuolo beneficò questo
suo titolo, vi fece risplendere il di-
vin culto con accrescervi i sacri mi-
CHI 27
nistri , ristorò il convento annesso ,
edificò la cappella al s. Piosario, e
morendo nel i483 volle essere se-
polto nella chiesa, ove gli fu posto
nel bel deposito un onorevole epi-
taffio. Il Cardinal Bandi nel lo Sauli,
genovese titolare, sotto Giulio II, re-
staurò il bellissimo chiostro secon-
do l'antica costruzione, ed abbellì i
vani dei portici di fatti esprimenti
le geste di s. Domenico, e in morte
volle essere sepolto nell'amata sua
chiesa. Ed il Cardinal titolare Ot-
tone Truchses rinnovò il musaico
della tribuna, operò altri migliora-
menti, ed abbclfi la chiesa con pit-
ture risguardanti i santi e le sante,
che in essa si venerano ed onora-
no, come rilevasi da una memoria
posta nella cappella maggiore l'an-
no i54o.
Prima che s. Pio V divenisse Pa-
pa, era stato religioso domenicano
nel contiguo convento , per cui il
luogo ove abitò venne ridotto in
una cappella adornata con istucchi
dal Rusconi , non che di pitture.
Quelle dell'altare poi sono di Marlia-
ni. Nel suo pontificato s. Pio V con-
servando grande amore per questa
chiesa, spesso vi si recò a celebrale
le pontificie funzioni, compì la fab-
brica del monistero, della sagrestia,
e dei portici, concedendole inoltre la
chiesa, allora parrocchiale, di s. Ni-
cola de' Perfetti in Campomarzo,
perchè servisse di comodo ospizio
ai domenicani di s. Sabina nel re-
carsi nell'interno, o centro di Roma.
Sisto V, che da lui era stato elevato
al Cai'dinalato , volle rendere più
magnifica la chiesa, e il convento.
Piipristinò la cappella papale nel
primo giorno di quaresima , per
maggior comodo del popolo, e per
renderla più ampia levò il presbi-
teiio erettovi da Eugenio II, la di-
28 CHI
visione di mezzo , e i due amboni
ovocantavansi l'epistola, e l'cvan^^jolo.
Piifcce il pavimento , rispettando le
nìcmoiie aiilidic, ed alìhelli la tribu-
na col pennello di Taddeo Zuccaii.
Sotto l'altare maggiore eresse una
nobile cappella con iscala di marmo
ben ornata, per discendervi, poi resa
più ricca dalla nobile famiglia dan-
ti ; nel medesimo luogo si ha, che
s. Domenico traltcnevasi in lunghe
orazioni. INel rimuovere e rinnova-
re r antico altare maggiore, ritrovò
sotto le reliquie de' sagri corpi di
Sabina martire, Serapia vergine e
martire, Alessandro 1 Papa e mar-
tire, Evenzio prete, e Teodolo com-
pagni. Tanto viene riferito da una
marmorea iscrizione, che da un can-
to fu ivi posta nell'anno secondo
del suo pontificato.
Il Cardinal Girolamo Bernerio;
già religioso e priore del convento,
edificò una magnifica cappella a s.
Giacinto domeniamo , e in essa fu
sepolto nel i6i i, Clemente IX, Ro-
spigliosi, che regnò sul trono del
Valicano dal 1667 al 1669, cangiò
in cappella la stanza di s. Domeni-
co, con arcliiltttiu'a del Borromini, e
rinnovò le antiche memorie de' suoi
predecessori, ritirandosi nel carne-
vale a fare gli esercizi spirituali, ed
a starsene in quiete, nel convento
medesimo o palazzo pontificio di s.
Sabina, del quale ancora si veg-
gono alcune parti, non che i resi-
dui di grande muraglia , torri , e
merli a di lui custodia. Quindi il
Cardinal Delci fondò la bella eap-
pella di s. Caterina, e nel 1670 in
morte vi lasciò il suo cadavere. Re-
se poi luminosa la chiesa il Cardi-
nal Tommaso Howard de' duchi di
iVortfolk inglese, con aprirvi delle fi-
nestre dalle due parti.
Si entra in chiesa per un porli-
CIII
elietto laterale, da dove furono ^olte
le preziose colonne di granito ver-
de, che attualmente servono di or-
namento al braccio nuovo da Pio
VII aggiunto al museo vaticano.
L'interno è compartito in tre navi,
una maggiore nel mezzo , due mi-
nori ne' lati. Quella di mezzo resta
divisa dalle altre da ventiquattro
colonne scanalate di marmo pano ,
cioè dodici per banda, con basi e
capitelli di ordine corintio. In fon-
do della nave destra si vede la cap-
pella di s. Domenico non ha guari
rimodernata, avente per quadro la
Madonna del Rosario, con s. Dome-
nico, e s. Caterina, egregio dipinto
del celebre Sassoferrato. La cappella
di s. Giacinto nella nave stessa è
opera della pittrice Lavinia Fonta-
na . Federico Zuccari dipinse da un
lato la di lui canonizzazione ese-
guita da Clemente Vili, dall'altro
Taddeo Zuccari rappresentò s. Do-
menico nell'atto di dare l'abito dei
predicatori a s. Giacinto, ed al bea-
to Ceslao. Presentemente nella sud-
descritta tribuna si ammira un qua-
dro che esprime s. Sabina martiriz-
zata, eseguito dal eh. cav. Giovan-
ni Silvagni professore, e vice-presi-
dente della pontificia accademia di
s. Luca. Nella nave sinistra evvi la
cappella della famiglia d' Elei tosca-
na, eretta con disegno del Contini,
ed abbellita di belli marmi : nel-
l'altare il ìMorandi dipinse s. Cate-
rina, ed è fra quattro colonne di
breccia, mentre 1' Odazi fece gli af-
freschi della cupola. Oltre i mento-
vati depositi sono meritevoli di men-
zione i depositi riuniti del Cardinal
Alessandro Bichi , e del suo fratel-
lo Celio Bichi uditore di Rota, co-
me nel pavimento della nave di
mezzo è un musaico, rappresentante
fra ]Munio di Zamora, generale dei
CHI
domenicani , che morì nell' anno
i3oo.
Sono pur degni di osservazione
l'antico portico, e l'antico ingres-
so, in parte chiuso dentro il con-
vento. Allorché tal portico fu restau-
rato dal menzionato Cardinid Ber-
iierio , il vestibolo era decorato di
colonne, delle quali sono superstiti
quattro di paonazzelto scanalate a
tia verso, e quattro di granito : ivi
erano Ire porte, ed ora solo esiste
la piincipale, e quella a destra. Si
vuole, che questa un tempo servisse
di porla santa (su di che è a ve-
dersi il Panciroli, Tesori, ec, pag.
788), quando fu sostituita la chie-
sa di s. Sabina, alla basilica di s.
Paolo negli anni santi dell' univer-
sale giubileo, allorché il Tevere colle
sue inondazioni impediva l'accesso al-
la basilica. Ciò forse appartiene agli
antichi tempi, dappoiché tutti sanno,
che da Urbano Vili in poi in si-
mili od altre emergenze, alla basi-
lica di s. Paolo fu sostituita quella
di s. Maria in Trastevere, nel mo-
do che si disse a quell'articolo. L'in-
gresso, o stipite della porta princi-
pale, è abbellito per di fuori e per
dentro d' intagli di marmo mirabili,
per la diligenza con cui furono fatti ;
egualmente interessanti sono le sue
imposte di cipresso, le quali nei fusti
da ultimo ristorati, in riquadri hanno
in bassorilievi scolpiti diversi fatti
della sagra Scrittura, opera che ri-
monta al decimoterzo secolo, e me-
ritò, anco per le belle fregiature che
l'adornano, di essere incisa ed illu-
stiata dal d' Argincourt, nel suo ri-
nomato trattato intorno la deca-
denza delle arti. Tale lavoro si vuole
una imitazione di getti in bronzi la-
vorati nel decimoprimo e nel deci-
niosecondo secolo. Dal detto portico
si può aver ingresso pure al conti-
CHI 29
guo convento, il cui chiostro di for-
ma quadra é ornato di centotie co-
lonnine antiche. Pompeo Felici ci
diede: La prima stazione di Roina^
e della chiesa di s. Sabina, Ri mi-
ni i568. In questo libro si parla
della stazione di s. Sabina, e delle
altre di Roma , ed anco de' pregi
di questa chiesa. La festa della san-
ta vi si celebra ai 29 agosto.
Sagre Stimmate di s. Francesco ,
dell' arciconfraternita nel rione
Pigna. V. Volunie II del Dizio-
nario a pagine Sog.
Il senato romano ogni anno, per
la festa delle sagre Stimmate di s.
Francesco d' Assisi, la quale ricorre
ai 1 7 settembre, fa l' offerta d' un
calice e patena di argento, insieme
a quattro torcie di cera.
S. Salvatore delle Coppelle, del
collegio de Parrochi di Roma. V.
Parbochi.
S. Salvatore della Corte, o s.
31 A RIA della Luce, con parroc-
chia in cura de' Pacioni, nel rio-
ne di Trastevere ,
Questa antica chiesa fu eretta, e
dotata di molte possessioni da s.
Bonosa, e si vuole che il Pontefice
s. Giulio I, creato nell'anno 336,
la facesse parrocchia. Fu detta in
Corte, o, come altri vogliono, nella
Corte, perchè fu quivi una Curia
degli antichij o secondo il Panciroli
una basilica, ove si trattavano le cu-
re ed i negozi pubblici, aggiungen-
do che a Torre de' Specchi fu già
una chiesa detta s. 3Iarìa in Corte,
dalla cwia o basilica, la quale ivi pri-
ma esisteva. Altri sono di parere, che
tal soprannome avesse origine, per-
.3o
CHI
clic ìli loiit;iui U;iin)i in ([iicsta con-
Iraila cMìcto gli cbrii mia sinago-
ga, dai gentili chiamala Curii, cioè
Circoncisi^ ovvero perchè la liimiglia
de Curtibus prestasse a (juesta^ come
ad altre chiese, il proprio cognome.
L'antichità di (jiicsta chiesa ap-
parisce anche dalle pittare in mu-
saico del secolo decimo <juarto, che
decorano la tribuna dell' aitare gran-
de. Clemente Vili vi uiù la par-
rocchia della vicina chiesa dedicata
alla medesima s. Bonosa, la quale
è pure antica, giacché il famoso Co-
la di llienzo, ucciso nel 1354, ^^
essa fu sepolto. Fu ristorala nel iGSy,
dal pro[)rio parroco Gio. Domeni-
co Mauro Cosentino di Aprigliano;
indi fu eziandio rinnovata dal ret-
tore Francesco Serra di Genova.
Quindi Benedetto MI I nel 1729 die-
de la chiesa e la parrocchia ai re-
ligiosi Jìli/iifìii di s. Francesco di
Paola, perciò delti Paolotti, tiella
provincia romana, i quali nel se-
guente anno la restaurarono con
disegno del Valvasori. Allorché fu ter-
minata la crocerà, vi venne traspor-
tata una divota immagine di Maria
Vergine, detta della Luce, che fu
discoperta in un arco presso il Te-
vere, ove i fedeli accoirevano a ve-
nerarla pei prodigi cui operava, e
fu allora che la chiesa prese anco
l'altro nome di s. Maria della Lu-
ce. Il quadro di s. Francesco di
Paola nel suo altare fu dipinto
dall' Avellino. 11 Padre eterno sul-
r aliare maggiore , e il Salvatore
sulla porta del tabernacolo sono di
Sebastiano Conca, come del fratello
di questo, Giovanni, è il s. France-
sco di Sales. V. Gio. Domenico
Mauro , Descrizione della chiesa
parrocchiale del Ss. Salvatore in
Corte nel rione Trastevere, Velletri
1667.
CHI
S. Salvatore in Lauro^ de' mar-
chcgiaui , cui è unito il collci^io
Piceno, con parrocchia, nel rio-
ne Punte.
A questa chiesa fu aggiunta la
denominazione di Lauro per essere
ivi stato il celebratissiino portico di
Europa, in mezzo al quale vuoisi
che vi fosse un boschetto di allori.
Né manca chi opina, che non in
Lauro, ma in Lari si dovrebbe di-
re, perchè in questo luogo i gentili
veneravano in un modo particolare i
loro idoli domestici detti Lares. Edi-
ficò la chiesa verso l'anno i4493 '^
magnanimo Cardinale Latino Orsini
romano, in un all'annesso monistero,
in vicinanza del palazzo paterno di
monte Giordano. Perchè fòsse poi
custodita, e vi risplendesse il culto
divino, verso il i4^0j ^i chiamò da
Venezia i Canonici di s. Giorgio in
Alga [P^edi), colà nel i4o4 istituiti
da Antonio Corralo, che dallo zio
Gregorio XII fu poi creato Cardi-
nale, e da Gabriele Condulmiero,
che dal medesimo Papa, di cui era
nipote, fu fatto Cardinale, meritan-
do nel i43i il pontificato col nome
di Eugenio IV. Il benefico Cardi-
nal Orsini diede ancora ai canonici
una preziosa biblioteca, la quale nel
i52 7 fu incendiata dall' esercito di
Borbone , soffrendo gravemente in
altro incendio anche la chiesa , che
i canonici fecero rifabbricare, come
meglio poi si dirà, con architettura di
Ottavio Mascherini. Dotò il Cardinal
Oi^ini la chiesa, e il monistero, e tan-
ta amorevolezza avea pei mentovati
canonici regolari, che sovente re-
cavasi nel loro refettorio, ed assiso
a mensa ivi mangiava. Morì nel
i477j e fu sepolto in questa chiesa
senza memoria alcuna, com'egli avea
comandato. Ma i canonici da lui «jui-
CHI
vi posti, gli eressero un busto di
marmo con una iscrizione sopra la
poita del secondo chiostro che con-
duce al refettorio, come asserisce il
Cardella nel tomo III p. Ili, Delle
memorie {storiche de' Cardinali. La
detta iscrizione fu replicata presso
r ultima cappella dalla parte destra
della chiesa. Che il Cardinale fu
sepolto in questa chiesa, nella di lui
vita Io afferma V Oldoino. ISel tem-
po che la uliiciavano i canonici, la
chiesa crebbe in tanta venerazione,
che ottenne la cura parrocchiale ,
quantunque per bi-eve tempo la go-
desse, venendo poi tolta nel i \^Q>
da Innocenzo ^ III, e unita alla chie-
sa di s. Celso. Ai nostri giorni però
Leone XII, colla bolla Super Uni-
versam, data kal. novembris anno
1824» restituì a questa chiesa la
cura parrocchiale.
Dopo di tal' epoca, e nel 1 5 1 7
Leone X eresse la chiesa in titolo
Cardinalizio, quando in una pro-
mozione annoverò trenta uno Cardi-
nali al sagro Collegio. ludi avendo
Pio IV donato un elegante reli([uia-
rio, con parte del legno della ss.
Croce a Melchiorre Michieli amba-
sciatore della repubblica di \enezia
presso la santa Sede, egli ne fece
dono a questa chiesa. In seguito
mancando la chiesa di Cardinal ti-
tolare, Sisto V nel sopprimere il ti-
tolo di s. Simeone, nel 1087 ^^^'
fermò questo di s. Salvatore in
Lauro, ed il conferì al Cardinal Sci-
pione Lancellotti, creatura di Gre-
gorio XIII , la cui famiglia aveva
sino d' allora vicino il palazzo , e
che morì nell'anno iSgS. Clemen-
te Vili gli diede in successore il ce-
lebre Cardinal Silvio Antoniano ,
che il Ruscellio non dubitò chia-
ntare, Piruni sui sacculi miraculum ;
ed il Castelvctro , Magmim natu-
CHI 3i
rae miraculum. Innocenzo X, nel
i65'2, creò Cardinale prete di s.
Salvatore in Lauro Pietro Ottobo-
ni veneziano , che poi neh' anno
1G89 divenne Papa Alessandro Vili.
L' ultimo titolare fu il dottissimo
Cardinal Sforza Pallavicini gesuita,
che morì nell'anno 16G7. E sicco-
me, come dicemmo al citato artico-
lo, Clemente IX nel iG()8 soppres-
se i canonici di s. Giorgio in Alga,
il suo successore Clemente X nel
1670 vi tolse pure il titolo, ed in
vece eresse quello di s. Bernardo
alle Terme, dei cistcrciensi. Va qui
però notato, che nel settembre 1391,
la chiesa per casuale incendio andò
tutta distrutta, a riserva di un qua-
dro rappresentante la b. Vergine,
che tuttora esiste. I canonici la ri-
costruirono dalle fundamenta con
architettura del nominato JMasche-
rini, ma non avendola totalmente
terminata, la nazione picena la ri-
dusse nello stato in cui ora si ve-
de. Di detta nazione picena o mar-
chegiana , che sotto Clemente I K
passò colla sua confraternita e col-
legio, ad acquistare questa chiesa,
e monistero contiguo , fa d' uopo
narrare qui la origine , e ciò che
precedette lo stabilimento di detti
pii istituti nella chiesa di s. Salva-
tore in Laiu'o.
Nel 1 620 circa i marchegiani ,
con permesso dei canonici della chie-
sa di v. Maria ad Martyres, eressero
in quella chiesa un sodalizio pei lo-
ro nazionali, che Urbano ^ III nel
i(i33 con breve de' i4 aprile ca-
nonicamente dichiarò confraternita,
elevata poi al grado di arciconfra-
ternita nel 1677 con breve de' 16
luglio da Innocenzo XI. Da princi-
pio la confraternita essendosi stabi-
lita nella chiesa di s. Maria ad Mar-
tyres, coir autorità d' uu breve di
32 CHI
Urbano VITI de' 3i ilicembrc 1^30,
la nazione picena oltcniic, per niez-
Zf) tlcl Cardinal Gio. l'atlisla Pai-
lolla, la lacoltù di erigere una chie-
sa propria con oralorio, collegio ed
alunni, ce. Laonde concorrendovi il
detto Cardinale connazionale e loro
primo protettore, nel iG38, presso
la piazza del popolo , e nella via
Ilipetta, acquistò alcune case, e fab-
bricò la chiesa sotto la invocazione
di s. INIichele Arcangelo, ed ivi pas-
sò a stabilirsi la confraternita, dove
espose alla pubblica venerazione e
culto la statua della beala Vergine
col suo divin figlio, fatta a somi-
glianza di quella che sta nella santa
casa di Loreto, e quindi implorò ed
ottenne dal capitolo vaticano che
la coronasse con corona d'oro nel
I r)44j corona che pure fu imposta
al s. Bambino nel 1646. Essendo
grande la divozione dei fedeli a
tale simulacro, la chiesa era angu-
sta per contenervi il numeroso po-
polo che vi accorreva a venerare
la santa efllgie sotto il nome della
Madonna di Lordo. Narra l'Ai veri,
ìloina in ogni stato, tomo li, pag.
56, che non solo presso la chiesa
fu istituito un collegio pei marche-
giani, i quali volessero applicare al-
lo studio delle lettere, ma anco uno
spedale per curare gì' infermi di tal
nazione; e che tal divenne la divo-
zione ivi verso la Madonna, che la
chiesa fu diligentemente e decoro-
samente uffiziata , per lo zelo e li-
beralità del Cardinal Pallotta, il
quale ogni anno a' i o dicembre vi
foccva celebrare una solenne proces-
sione con meravigliosa macchina, che
racchiudeva la santa immagine de-
scritta dallo stesso Alveri , cui in-
tervenivano Cardinali, prelati, e per-
sonaggi distinti. In progresso di
tempo la confraleriiita stabih di e-
CTIl
difìcare altra chiesa più vasta , al-
le radici del Campitloglio ov' ci*a
una chiesa de' basiliani, detta di .1.
Gio. in Illcrcatcllo, ed oggi s. Ve-
nanzio de' Camerinesi, per cui la na-
zione picena l'acquistò insieme al-
l'annesso ospizio a' 1 5 marzo i654
per la somma di scudi sedicimila
centocinfjuanta, somma che pagò ai
basiliani. Quindi nella chiesa di s.
Giovanni 1' arciconfraternita traspor-
tò il venerando simulacro della b.
Vergine a' 5 aprile i656. Ma sic-
come il luogo fu riconosciuto angu-
sto, colla mediazione del Cardinal
protetlorc Decio Azzolini, e il bene-
l)Iacito di Papa Clemente IX, Ro-
spigliosi, a' 22 agosto i6Gq, la na-
zione picena acquistò pel collegio
ed arciconfraternita la chiesa di s.
Salvatore in Lauro, col monistero ,
sagre suppellettili, quadri, ec. , per
la somma di trentamila scudi , ce-
dendo la chiesa di s. Giovanni in
Mercatello ai camerinesi. L'arcicon-
fraternila convertì il monistero in col-
legio con rendite, per allevare nella
curia romana, nelle facoltà legali, e
nella medicina, sotto combinate re-
gole, dodici giovani marchegiani, per-
chè ivi per cinque anni attendessero
agli studi. A loro comodo il pio luogo
pose una copiosa libreria, lasciata da
Maria Urbani da monte Sammar-
tino.
In seguito r arciconfraternita al>
belh la chiesa, compi la crociera, vi
aggiunse la cupola con architettura
di Gio. Battista Sassi, collocandovi
la statua della IMadonna coronata dal
capitolo vaticano, e dedicò la chiesa
alla [Madonna di Loreto, la cui festa
solennemente celebra ai 1 o dicem-
bre, giorno anniversario della for-
tunata traslazione della s. Casa nel-
la JMarca , ed ottenne stabilmente
un Caidinal protettore, della mede-
CHI
sima nazione picena o marchegia-
na, cioè il piìi anziano di esalta-
zione al Cardinalato. Dai Diari di
Roma si rileva, che questa chiesa per
tal festa veniva visitala dai Cardinali,
e nel 17 17 lo fu anco da Clemente
XI. Dopo che nel pontificato di Pio
Yl sulla piazza, che prende il nome
dalla chiesa, furono istituite le scuole
cristiane sotto la dilezione dei tanto
benemeriti Fratelli delle scuole Cri-
stiane, questi ogni giorno vi condu-
cono la loro numerosa scolaresca
ad ascoltarvi la s. Messa. jN'ell'au-
no 1802 poi, avendo Napoleone
Bonaparte, primo console della re-
pubblica francese, mandato a Roma
al Pontefice Pio VII il sagro simu-
lacro che si venera nella s. Casa di
Loreto, tolto di là, e trasportato a
Parigi negli anni precedenti dalle
armate repubblicane, Pio VII pri-
ma di resti tuiie la sagra statua al
.suo proprio santuario di Loreto,, la
fece esporre con divota pompa nella
chiesa, per appagare la pia ed ar-
dente brama de' romani.
La facciata di questa chiesa non
essendo per anche terminata è tutta-
via rustica, avente ai iati della porta
principale due leoni di marmo, se-
condo il costume delle chiese anti-
che. L'interno è decorato da ven-
tiquattro colonne d' ordine corintio ;
e fra le sue numerose ed ornate
cappelle assai pregevoli pe'loro di-
pinti, ricorderemo quella del ss. Cro-
cefisso, somigliante a quello miraco-
loso di Sirolo presso Ancona; sotto
del quale è un' immagine della b.
Vergine delle Grazie, coronata an-
ch'essa dal capitolo vaticano nel
1654, che pretendisi dipinta dal
famigerato pittore e scultore fioren-
tino Antonio Pollajuolo. Questo è il
quadro della b. Vergine, che limase
illeso nell'incendio del 10^91, di
VOI.. XIII.
CHI 33
cui parlammo di sopra. In due
luoghi del quadro si legge: An-
tonius pinxit 3 i494- SuU' altare
maggiore fu già un quadro rap-
presentante la Tx'asfigurazione, di
Giovanni Serodine, con altre pit-
ture di Pierin del Vaga ; ma la
confraternita vi fece pure una tela
di Gio. Peruzzini di Ancona, in cui
si vede figurata la s. Casa, portata
dagli angeli nella Marca. Gli angeli
poi, che in istucco fece il Campi ,
circondano la nicchia in cui si ve-
nera la suddetta statua della Madon-
na di Loreto, che da ultimo nel 1 836
a' 9 dicembre il Cardinal CTallefli ai'-
ciprete vaticano coi canonici del suo
cap'tolo, coronò con due corone
d'oro benedette dal Cardinale stes-
so, giacché nelle ultime vicende era-
no state tolte le coi-one d' oro sì alla
Madonna, che al s. Bambino.
iSel chiostro dell' annesso collegio,
eh' è di buona architettura con dop-
pio portico, si vede il deposito del
gran Pontefice Eugenio IV, ornato
di bellissime scolture, con epitaffio
in versi, che ricorda le vicende del
conciliabolo di Basilea, e l'animo
grande di Eugenio IV, come si leg-
ge nella Bibliolh. Pont. pag. 68
del p. Giacobbe, riportandone la fi-
gura l'Oldoino, tomo II, pag. 891.
Egli mori nel 1447? ^ ^" sepolto
nella basilica vaticana, dove il suo
nipote Cardinal Francesco Condul-
mieii gli eresse un magnifico depo-
sito, il quale appunto nella riedifi-
cazione della basilica insieme al di
lui corpo fu quivi trasferito. Que-
sta chiesa ha pure annesso n\\ ora-
torio, che un tempo uiiiziarono i
confrati, nel quale, oltre le belle
pitture a fresco, si vede sulle pareti
dipinto a olio il miracolo delle noz-
ze di Cana di Cecchino Salviati.
Passata la chiesa, come si dis.se,
3
34 CHI
in propi ielà della nazione picena o
nìnrolici^iana j termiii?) di avere il
(Jardiiial titolare, ma fu inveri; pre-
sieduta dai Cardinali proteUori. l'er
varie vicende sì politiche che eco-
nomiche, le rendite della chiesa mol-
lo ebbero a soffrire, per cui nel
18 14 Pio VII soppresse la confia-
ternita , e congregazione ammini-
strativa del collegio Piceno, ed as-
soggettò la chiesa, e tutte le sue
dipendenze ad un Cardinale visita-
tore , con facoltà di nominare un
prelato convisitatore. Ciò si effettuò
nelle persone del Cardinal Branca-
doro , e di monsignor Barile, cui
successe mon-iignor Grimaldi, ora
Cardinale. Ouindi, nel iSSy, diven-
ne visitatore il Cardinal Tommaso
Bernetti , e convisitatore il prelato
Antonio IMatteucci. Il collegio Pice-
no poi, che fu stabilito nel conti-
guo moiiistero, per lunga serie d'an-
ni fu in pieno vigore ; ma per le
diminuite rendite lasciò di sussiste-
re, e invece alcuni giovani marche-
giani, ed ancora alcuni giovani ge-
novesi per certi legati pii ivi la-
sciati, godono l'abitazione nell'anti-
co collegio, per fare in Roma gii
studi alle pubbliche scuole, e ven-
gono riguardati come addetti all'an-
tico collegio Piceno, giacché godono
alcuni anco una pensione, ed han-
no un rettore. V . Carlo Bartolomeo
Piazza, Opere pie di Roma a pag.
279, Del collegio de' Marchiani, al-
la santa casa di Loreto , nonché
a pag. 58'>, Della confraternita
della santa casa de Marchiani
a s. Salvatore in Lauro ; IMa-
rio Cresci mljieni, Memorie istorielie
della immagine di s. Diaria drlle
Grazie esistente in Roma nella chie-
di s. Sahatore in Lauro, ossia di
s. Maria di Loreto della nazione
Picena, Roma 1716; oonchè il Ve-
cin
nuti Roma moilerna, t. I, parte If,
pag: 44'2 j ove parla della chiesa ,
arcicon fraternità e collegio. Di cpie-
slo abbiamo, Regole dell'almo col-
legio Piceno, Roma 171 3.
Il senato romano in ogni qua-
driennio, per la festa della s. Casa
di Loreto, fa a questa chiesa la
pia oblazione d' un calice di argen-
to, e di (piattro torcie di cera.
S. SÀLVATOiìEin Primi cero, ^. gli
articoli Arciconfraterxita del ss.
Sacramento nella chiesa di s. Tri-
fone, e CHIESA iJi s. Agostino,
peichè esisteva nel luogo dei
convento aimesso a detta chiesa.
Ss. Sàlvatoiìe ad Sancta Sanclo-
rum, ossia alle Scale Sante. V.
Sancta Saxctorum.
S. Salvatole alle Terme, detto
volgarmente s. Sah'atorello, unito
alla Chiesa di s. Luigi de' fran-
tesi, f^edi.
ScAt.E Saxte, sttnluario nel rione
Monti. V. Scale Sante santua-
S. Sebastiaso fuori delle mura ,
basilica, con parrocchia, con ca-
tacombe, in cura de' minori os-
servanti, nel rione Ripa.
Questa chiesa si trova fuori della
porta Capena, ora chiamata per la
medesima di s. Sebastiano. Fu edi-
ficata sopra il tanto celebralo cimi-
tero di Calisto, detto comunemente
le Catacombe di s. Sebastiano [Ve-
di), che descrivemmo a tale artico-
lo, ed al volume X p. ^33, e 234
del Dizionario. Non si sa di certo,
da chi e quando fu edificata la basi-
lica, volendo alcuni che ciò facesse
CHI
r imperatore Costantino, e che s.
Silvestro 1 la consagrasse prima del-
la metà del quarto secolo. Alcuni la
dicono rilal)bricata da s. Damaso I
nell'anno SGy, ed in progresso ri-
storata da s. Innocenzo 1, e da s.
Leone 1, il quale la dedicò al prede-
cessore s. Cornelio, che nelle sottopo-
ste catacombe avea rinvenuto i cor-
pi de' ss. Pietro e Paolo, ivi tem-
poraneamente nascosti perchè non
fossero derubati, e quindi restituiti
alle loro basiliche.
Tuttavolta sembra più probabile,
che il glorioso martire s. Sebastiano
dopo il suo martirio abbia avvertito
s. Lucina matrona romana, che il suo
corpo era stato gettato in una cloa-
ca, ov' è oggi la chiesa di s. An-
drea della Valle, e quivi nel terzo
secolo lo riponesse, rimanendovi dap-
presso trenta giorni per ossequiare
e Acnerare sì sagro spoglie. Sul ci-
mitero o catacomba fu eretta la
chiesa, che s. Innocenzo I del ^[Oi
dedicò a s. Sebastiano, il cui corpo
essendo stato l'iposto nella basilica
vaticana da s. Gregorio IV, fu fat-
to riportare in (jucsta basilica nel
1218 da Onorio 111. In questa ba-
sihca anticamente i Papi si recavano
a celebrare le sagre funzioni. S. Gre-
gorio I vi recitò la XXXVII ome-
lia 5 e s. Pio V vi pose cin<|ue al-
tari. Quindi il Pontefice Sisto V
per la lontananza, surrogò a questa
chiesa per le cappelle papali quella
di s. Maria del Popolo. Essa è pur
venerabile per le tante reliquie che
possiede, le quali si custodiscono nell'
altare incontro a quella di s. Seba-
stiano, cioè di ima spina della co-
rona di Gesù Cristo, di un dito e
di un dente di s. Pietro, della te-
sta e di un braccio del Pontefice s.
Fabiano, la cui festa insieme a quella
di s. Sebastiano, ricorre ai 20 gennaio;
CHI 35
di ima delle frecce con cui fu saettato
il medesimo s. Sebastiano, e delle
orme dei piedi impressi sopra una
pietra dal divin Redentore, quando
non molto lontano da questa basi-
lica nel luogo detto : Domine quo
vadis P o s. Maria de planclis dal-
la chiesina ivi poi eretta, si fece
vedere da s. Pietro, il quale parti-
va da Pioma per porsi in salvo,
mentre incrudeliva la persecuzione
di Nerone. Appena vide il Salvato-
re, s. Pietro gli domandò. Maestro
ove andate P e Gesù rispose : Vado
(i Roma per essere di nuovo cro-
cefisso, lasciando 1' impronta dei
suoi piedi su detta pietra. In ap-
presso Onorio 111 vi pose molte in-
signi reliquie, laonde sempre questa
basilica anco per le catacombe ri-
scosse divozione dal popolo romano,
e da molti .santi, fra' (juali notere-
mo s. Girolamo^ s. Brigida, s. Ca-
terina da Siena , s. Carlo Borro-
meo , s. Filippo Neri, e s. Fiance-
sco di Sales. Una delle principa-
li prerogative poi di questa chie-
sa, è r essere una delle Scile chiese
di Roma. (Vedi), nella quale, meno
nell'anno santo, evvi indulgenza ple-
naria per quelli che le visitano. / .
Piazza, Emcrologio di Roma, ai ?.o
gennaio.
La basilica fu ristorata ed abbel-
lita prima da Adriano I, e poi da
Eugenio IV. Siccome poi era stata
lasciata dai monaci benedettini cui
l'aveva affidata Alessandro III, di-
venendo commenda Cardinalizia ,
mentre n' eia commendatario il Car-
dinal Scipione Caffarelli Borghese ni-
pote di Paolo V, pel cattivo stato
in cui era caduta, la riedificò qua-
si per intero con architettura di
Flaminio Ponzio , e le aggiunse il
portico, la facciata esterna, ed il sof
fitto dorato co' disegni del fiamniin-
36
CHI
go Giovanili Vasanzio. ninpliando
pure e migliorando l'ai tiglio inoni-
slero. Poiché lo zio Paolo V era di
fssa divotissimo , nel ilJ^i, la vol-
le visitare prima di morire. 11 Car-
<linale vi pose i monaci cisterciensi
nd ufllziarla, a' quali dipoi Clemente
XI unì la cura parrocchiale, finché
a' nostri giorni piactpie a Leone XII
di dare la chiesa, la ciu'a di anime,
e il monistero ai religiosi Blinorì
osservanti di s. Francesco. Va però
qui notato, che Alessandro III nel
1 i6i uni la chiesa, il monistero, e
r abbazia di s. Sebastiano a quel-
la di s. JMaria Nova, come si leg-
ge nelle Historiae Olivetanae del-
l' abbate di tal congregazione se-
condo Lancellotto , stampate nel
1623 in Venezia, p. i33, De Mo-
nasterio Romano. Ed è perciò, che
quando si diedeio agli Olivetani la
chiesa e il monistero di s. Maria Nuo-
va, ebbero pure la chiesa e il mo-
nistero di s. Sebastiano. In progres-
so di tempo la cedettero coli' an-
nuo censo d'un zecchino d'oro, e
di due libbre d'incenso, ai Cistercien-
si Bernardini, i quali venendo tolti
da Sisto V. furono le rendite con-
cedute in vantaggio della sagrestia
pontifìcia, finché divenuta commen-
da Cardinalizia, il Cardinale Bor-
ghesi ottenne dallo zio di ritornarvi
i Cisterciensi.
Preceduto da piccola corte si apre
il portico composto di soli tre ar-
chi , sostenuti da sei colonne bi-
nate di granito; l'interno ha una
nave sola. Il primo altare dalla par-
te destra contiene molte preziose re-
liquie, essendo le più insigni il capo
di s. Calisto I, un braccio di s.
Andrea apostolo, ed altro di s. Se-
bastiano, la cui cappella sta di con-
tro. Questa fu riedificata co' disegni
di Ciro Ferri dal Cardinal Francesco
CHI
Barberini, che vi frce collocare la
statua del santo scol[iita dal Gior-
gelti con disegno flel cav. Bernini.
Sotto la mensa dell'altare in una cju-
ca di marmo si venera il corpo di
detto santo. Senza fare la descrizione
(ielle altre cappelle, decorale di buoni
dipinti, diremo delle sole [niiicipali.
L' ultima cappella a diritta è quel-
la gentilizia della famiglia Albani,
eretta da Clemente XI in onore di
s. Fabiano Papa, pregevole pei mar-
mi che r adornano, per la statua
del santo scolpita dal Papaleo, e per
le pitture del Passeri, e del Ghezzi :
ne furono architetti il Barisrioni, lo
Specchi, ed il Fontana. Ivi riposa-
no le ceneri di d. Orazio Albani fra-
tello di Clemente XI, e di d. Car-
lo nipote di questo. La cappella prin-
cipale fu incominciata dal Ponzio,
e compita dal Vasanzio summento-
vati. In mezzo a quattro colonne di
verde antico, è un quadro del Tac-
coni. Di prospetto alla cappella Al-
bani é un oratorio, in cui si discende
per una scala di marmo, ove nel-
l'interno si osservano alcune pittu-
re antiche di greca scuola. In que-
sto luogo i Papi celebrarono i divini
uffizii nelle persecuzioni, sopra i se-
polcri de' martiri, per cui ancora ev-
vi il seggio papale di marmo, rd
ivi a s. Stefano I, ai 2 agosto del
260, venne mozzato il capo mentre
celebrava. Nelle dodici arcate intor-
no la confessione, furono sepolti mol-
ti martiri, e per quasi due seco-
li vi stettero i venerandi corpi flei
ss. Pietro e Paolo, per cui in me-
moria suir altare vi sono i loro bu-
sti di marmo, scolpiti egregiamen-
te da Nicolò Cordieri, detto il Fian-
ciosino. Risalendo dal Iato opposto ,
si vede una pila dell'acqua 'oenedelta
di buona scoltura, e a destra avvi
r etììgie del detti apostoli, che dipin-
CHI
se il Lanfi-nco. Dalla parte poi, che
inette al dcsciitto oratorio, si pervie-
ne alle catacombe, restaurate ed ab-
bellite da s. Daniaso I, da s. Sisto
III, da Adriano I, da s. Nicolò I,
e da altri sommi Pontefici.
Il senato romano in ogni qua-
driennio per la festa di s. Sebastia-
no, cioè ai 20 gennaio, fa a questa
basilica la pia ol)lazione d' un calice
e patena d' argento, con quattro toi'-
cie di cera. V. il citato Piazza, E-
mcrolos^io di Roma, t. I, pag. 3 1 o,
Digressione 2 8 , della dedicazione
della sagrosanta basilica de' ss. Fa-
biano e Sebastiano nella via Ap-
pia, ove riporta i grandi pregi ec-
clesiastici della medesima.
S. SEBASTiAyo alla Pohnìera, det-
to s. Bastianello, o s. Maria in
Pallara^ m-l rione Campitelli.
Nella falda del monte Palatino ,
che corrisponde all' arco di Tito,
quasi in faccia alla porta laterale
degli orti farnesiani , evvi questa
chiesa, cioè in una contrada nomi-
nata la polveriera, perchè in altri
tempi ivi fabbrica vasi il sai nitro
per le polveri. Essa anticaaiente
chiamavasi s. Maria in Pallara, o
Pallaria, per la tradizione che qui
siasi lungamente conservato il Pal-
ladio di Troja, come fra gli altri
scrisse l'Allertino, de Mirabil. Lr-
bis a pag. ic), supponendosi, che
nel medesimo luogo sia stato il tem-
pio di Eliogabalo, cioè del dio del-
lo stesso nome , ove fu trasporta-
to il Palladio. Il Venuti poi fa
derivare questa denominazione da
Palaliuni, essendovi in tal sito stato
r ippodromo, o cavallerizza del pa-
lazzo de' Cesari o imperatori roma-
ni, i cui vestigi si veggono appies-
so la chiesa, siccome alfermano gli
archeologi.
CHI 37
La chiesa fu dedicata a s. Seba-
stiano, perchè qui fu colle verghe
battuto, o, come altri dicono, qui fu
saettalo, ed ucciso colle frecce. Fu
detta anche di s, ISlaria, e de' santi
Sebastiano, e Zotico, o di s. iMaria
in Pallara o Pallaria, ove fu una
celebre abbazia, ed una delle venti
privilegiate di Roma, il cui al)bale
assisteva il Papa quando celebrava
solennemente. Alessandro 11 diede il
monistero ai benedettini di INIonte
Cassino, per cui in seguito fu resi-
denza dell'abbate del famoso moni-
stero di tal nome, chiamato l' ab-
bate degli abbati. Nel monistero, ai
20 gennaio i i 18, fu eletto Ponte-
fice Gelasio II, e non molto discoste
si pretende che fossero le case dei
Frangipani. Il monistero chiamossi
talora di s. IMaria iu Pallara, e ta-
lora di s. Sebastiano, o s. Bastiano,
come lo nomina il Cresci nd)cni, Ist.
di s. Maria in Cosmedin, di s. Ba-
stiano in Palladio, pag. 89 1 ; laon-
de poscia fu detto volgarmente s.
Bastianello. Il monistero sembra che
siasi fondato ne' primi secoli del-
l' Ordine benedettino, dappoiché, s.
Bonifacio IV, che fu creato Ponte-
fice l'anno 608, era stato monaco
benedettino del monistero di s. Se-
bastiano di Roma, come si legge ia
Novaes, t. II, p. io.
Nel 1274 nella chiesa eravi una
collegiata; e nel 1624 fu restaura-
ta da Urbano Vili, e da d. Taddeo
Barberini suo nipote prefetto di
Roma. Fu poi dedicata a s. Seba-
stiano martire. Il quadro dell'altare
l'appresenta il martirio di s. Seba-
stiano, e lo dipinse il Camassei di
Bevagna , e le pitture a fresco per
di so|na si credono del cav. Ga-
gliardi ; dietro l'altare si vedeva una
piccola tribuna antica, tutta dipinta
con fii^ure di santi, di maniera bar-
38 CHI
bara. A' 30 gennaio ivi si celebra
la fcsla del santo titolare, il quale
fu capitano tlella prima compagnia
dei pretoriani sotto Diocleziano.
Ss. Seiìgio e Bacco, diaconia Car-
dinalizia distrutta.
Gli archeologi fiu'ono di parere
che due fossero le antiche chiese, che
in Roma vennei'o dedicate ai ss. Ser-
gio e Bacco, nobili romani, e glo-
riosi martiri. A concordare le opi-
nioni, che una fosse presso la basi-
lica vaticana, l'altra nel Foi'o x'o-
niano, bisognerebbe ammettere quan-
to suppongono alcuni, cioè che esi-
stendo la chiesa pur dedicata a
tali santi , presso il Vaticano , fos-
se demolita da s. Leone IV per
fortificare la città Leonina, e in ve-
ce edificata l'altra nel Foro i-oma-
no, trasportandovi la diaconia Car-
dinalizia. Certo è, che questa ulti-
ma esistette sino a Pio IV, e, sic-
come venne demolita, le rendite fu-
rono convertite in un amonicato ,
ed applicate ad un altare dedicato
ai ss. Sergio e Bacco nella Chiesa
di s. Adriano [P'edi), come asseri-
sce il Giimaldi , e come dicemmo
meglio al citato articolo, dove inol-
tre dicesi, che in essa vi fu già una
collegiata.
Riportando le notizie della dia-
conia Cardinalizia, essa rimonta ad
epoca assai antica, forse istituita da
s. Igino, che fu creato Papa l'anno
i54- iNel sinodo poi romano, che
nel 402 celebrò Gelasio 1, trovasi
sottoscritto il Cardinal diacono Gio-
vanni. Ai diacono regionario di que-
sta chiesa, era assegnato il secondo,
e nono rione (li Roma, per la distri-
buzione ilei le limosiue, e pel ricevi-
mento delle offerte de' fedeli. Ab-
biunìo da Anastasio Bibliotecario,
CHI
che s. Gregorio IH, Papa del 781,
ingrandii la chiesa di questa diaco-
nia, e le assegnò le rendite; e che
s. Leone HI, creato nell'anno 79^,
fece alla medesima molti donativi ,
come altri poi ne fece, oltre a di-
versi miglioramenti, Benedetto III
fiorito neir8j5, e sembra che allo-
ra avesse contiguo un moiiistero.
Vittore IH, eletto Papa nel io8(>,
era stato prima fatto diacono Car-
dinale de' ss. Sergio e Bacco, da s.
Leone IV. Nei 1190 Clemente HI
creò Cardinale Giovanni Lotario
Conti, e gli conferì questa diaconia,
e nel 1 198, divenne il magnanimo
Pontefice Innocenzo III. Di lui si
ha una lettera diretta all' arciprete,
e ai canonici della diaconia sotto il
Campidoglio, ove fa menzione di sei
canonici, a' quali donò la metà del-
l'arco trionfale di Settimio nel foro
romano. Inoltre Innocenzo HI or-
nò , e restaurò la chiesa , le fece
dei donativi d' oro e di argento,
fabbricandovi pure un portico soste-
nuto da colonne, con alcuni versi
die riporta, trattando di questa dia-
conia, il Piazza nella sua Gerarchia
Cardinalizia.
Sisto IV, nel i477, creò Cardi-
nale prete di questa chiesa, Gabrie-
le Rangoni , vescovo di Agria, il
quale ne impedì la prossima rovina,
e dai fondamenti re^taulò , come
narra Onofiio Panvinio nella di lui
vita. Senza dire di altri, aggiugne-
remo, che Alessandro VI nei i5o3
innalzò al Cardinalato , col titolo
presbiterale di questa chiesa , forse
divenuta titolo, Francesco Sprala ,
spagnuolo, vescovo di Lione, che mo-
rì in Roma nel seguente anno. Fi-
nalmente per vecchiezza la chiesa
venne distrutta sotto Pio IV, creato
nel i55q, e perchè in essa venera-
vausi i corpi de' ss. Felicissimo, ed
CHI
Agapito postivi da s. Leone IV, il
quale ne avea pur fatto parte alla
chiesa de' ss. Quattro Coronati, in-
sieme col corpo intatto di s. Vin-
cenzo martire , furono i medesimi
per autorità della visita apostolica
eseguita dal Cardinal Ascanio Cesa-
rini, trasferiti all'ai tai-e maggiore del-
la vicina chiesa di s. Maria della
Consolazione.
In Roma evvi ancora un' altra
chiesa de' ss. Sergio e Bacco nel
rione Monti, la quale essendo par-
rocchia in cura de'paolotti, Urbano
Vili trasferì essi e la parrocchia a
s. Francesco di Paola, diede la chie-
sa ai monaci ruteni, a' quali il ni-
pote del Papa, Cardinal Francesco
Barberini, ristorò e ridusse la chie-
sa secondo il rito greco, e accjui-
stò delle case pel mantenimento lo-
ro, col fine in progresso di stabi-
lirvi un collegio per la nazione ru-
tena. Quindi nel 1741 fii rimoder-
nata dall'architetto Ferrari, a spe-
se dei divoti di un'immagine della
b. Vergine, che si venera nell'alta-
re maggiore. Questa immagine è co-
pia di quella, che si venera in Zi-
rowictz nella Lituania, cui Clemente
XI fece esporre nel detto luogo,
e per detta immagine, d'allora in
poi la chiesa prese il nome anche
di s. Maria del Pascolo.
Ss. Seugio e Bacco, o Madonna
del Pascolo de" ruteni, nel rione
Monti. V. Chiesa de' ss. Sergio e
Bacco, diaconia Cardinalizia di-
strutta.
S. Silvestro in Capite, titolo Car-
dinalizio, in cura delle monache
di s. Chiara, nel lionc Trevi.
Questa chiesa fu eretta nella val-
le marzia, cioè nel luogo piìi basso
CHI 39
del celebre Campo Marzo, sottopo-
sta al colle detto allora degli Ortu-
li, ed oggi monte Pincio, e già chia-
mata de' ss. Dionisio, Stefano , e
Silvestro iiiter Hortos, per le ragio-
ni, che si diranno. Sulle rovine per-
tanto di alcuni celebri edilizi roma-
ni di Domiziano, si vuole che il
Pontefice s. Dionisio greco, eletto
nell'anno 261, abbia fabbricato un
monistero coU'oratorio, sebbene altri
attribuiscano ciò al suo fratello santo
Stefano, e vogliano che s. Dionisio
già monaco nel detto monistero, a-
sceso al pontificato, lo abbia ampliato,
mentre regnavano gl'imperatori \ ale-
riano, e Gallieno. Il suo pi imo ti-
tolo fu de'^.y. Dionisio, Rustico, ed
Eleuterio martiri, de' quali fa men-
zione il bibliotecario Anastasio, chia-
mando col nome di basilica questa
chiesa, come una delle più celebri
e venerabili di Roma, doviziosa di
sagre reliquie. E siccome s. Paolo I
dipoi qui fabbricò una chiesa, e riedifi-
cò il monistero in onore di Papa s. Sil-
vestro I; e, come meglio si dirà, oltre
A di lui corpo vi ripose anche quel-
lo del Pontefice s. Stefano I ; gli scrit-
tori ecclesiastici chiamarono la chiesa
oi"a di s. Dionisio, ora di s. Silve-
stro e di s. Stefano inter duos hortos,
da quelli amenissimi che ivi erano,
cioè dal colle degli orti summentova-
to. Dal capo poi del santo precursore
che nella medesima chiesa si venera,
tu detta in Capite, prevalendo perciò
il titolo di s. Silvestro in Capite,
o s. Silvestro in Campo Marzo.
JNell'ora torio, o chiesa antica, per
la venerazione che di essa avevasi,
fu posta la stazione, che s. Grego-
rio I confei'mò nel quarto giovedì
di quaresima , la quale tuttora vi
si celebra , ed inoltre quel Pon-
tefice vi recitò la nona omelia su-
gli evangeli. Accanto a questo Ino-
4o CHI
go era In casa di certo Costantino,
clic molti vogliono della finniglia
Orsini, due figli del fjiiaie sedettero
sulla cattedra apostolica, cioè Ste-
tano II detto HI nel 752 ; e s. Pao-
lo I che gli successe nel 757. Questo
idtimo colla casa paterna ingrandì il
monistero clic, come dicemmo, riedi-
ficò, e dove forse era stato edu-
cato , e di nuovo rifabbricò la
chiesa più grande della preceden-
te ; quindi la dotò di copiose ren-
dite , r affidò ai monaci greci per
r uffiziatura, vi ripose i corpi dei
ss. Pontefici Silvestro I, e Stefano
I, e ad essi dedicò la chiesa e il
monistero, che ricolmò di grazie, e
favori, come si legge nella bolla di
fondazione nel tomo J, p. i54 del
Bull. Rom.
Nell'anno 762 ai 19 giugno, s.
Paolo I dal cimitero di Priscilla
nella via Salare, fece quivi traspor-
tare il detto corpo di s. Silvestro
I. Non è vero che Sergio II collo-
casse tal corpo nella chiesa dei ss.
Silvestro e Martino ai Monti, come
alcuni scrivono col p. Giacobbe nel-
la sua Biblioth. Pontlf. p. -2 13, ne
donato da Stefano II detto III nel
753 a s. Anselmo primo abbate di
Nonantola, come può vedersi nel-
r Oldoino Acldit. ad Ciacc. tomo
1, col. ii5, e nel Giacchetti. La
traslazione del corpo di s. Stefa-
no I dal cimitero di Calisto, seguì
ai 17 agosto dell'anno 762. Di
essa il Giacchetti riporta la bolla
di Paolo I, nella storia che scrisse
di questa chiesa. Del corpo di s.
Stefano I, ottenuto poi per opera
del conte Orazio Delci sanese nel-
r anno 1682 dalla città di Tra-
ili per la chiesa dell' Ordine eque-
stre di s. Stefano in Pisa, e della
sua testa (la quale con alcune altre
reliquie fu ac(juislata in Costantiuo-
CIII
poli da Pietro Torregiani fifìrenli-
no nell'anno 13 70), iu occasione che
ivi furono venduti i sagri arredi
della cappella di Costantino magno)
ottenuta nel i()83 dal granduca dal
regio spedale di Siena per la stessa
chiesa di Pisa, ne tratta il Gigli
nel suo Diario Sanese tomo li, p.
I I , e tomo I p. 9(1, e 3 "12. In ol-
tre s. Paolo I vi ripose pure il cor-
po di Papa s. Melchiade, che prese
dal cimitero di Calisto, dal quale
anche fu levato e posto in questa
chiesa quello di Papa s. Antero. Il
santo fondatore determinò le sud-
dette traslazioni in un sinodo di
vescovi, die tenne nel Laterano, e
l'eseguì solennemente con pompa
ecclesiastica. Nel medesimo anno s.
Paolo I celebrò in questo luogo un
concilio, ed i prelati che v' inter-
vennero, sottoscrissero la bolla in
favore della chiesa e monistero, co-
me si legge negli Annali del Ba-
ronio. Oltre a ciò quivi s. Paolo I
pose nel monistero i monaci greci
dell'Ordine di s. Benedetto, o, come
altri dicono, di s. Basilio, che fug-
gendo dall' oriente le persecuzioni
degli iconoclasti, vi portarono alcu-
ne sagre immagini e reliquie insi-
gni, celebrandovi i divini ulllcii in
rito greco. L'abbazia divenne così
illustre, che al suo abbate fu da-
ta la prerogativa di essere uno dei
venti abbati privilegiati di Roma ,
i quali nelle funzioni solenni assi-
stevano al trono del Papa. A questo
abbate e monistero fu concesso il
dominio sulla colonna Antonina ,
dominio che confermò Agapito II
eletto nel 94^, allorché approvò i
beni e le possessioni che godeva-
no. È notevole l' iscrizione, che si
legge sotto il portico della chiesa,
la quale porta 1' epoca del 11 19,
con cui si descrive l' allo dell'abbate
CHI
per le censure ecclesiastiche da lui
intimate contro coloro, che ardisse-
ro impadronirsi della colonna An-
tonina, e delle oblazioni, le quali si
facevano sull'altare della vicina chie-
sa di s. Andrea della Colonna, per
essere anch' essa soggetta al moni-
stero . Spiegano alcuni che X obla-
zione era di quelli, che volevano
ascendere sulla sommità della co-
lonna. Dipoi nel 1-28) Onorio IV,
ad istanza del Cardinal Mascio, che
divenne suo successore col nome di
Nicolò IVj concesse la chiesa e il
monistero alle monache di s. Chia-
ra, che colla regola di s. Francesco
tuttora vi fioriscono ; ed i monaci
furono distribuiti nei vari monisteri
di Roma, ed il loro abbate vemie
fatto superiore del monistero di s.
Lorenzo fuori le mura. A queste
monache il Cardinal Jacopo Colon-
na, porporato di Nicolò III, rifab-
bricò magnificamente il monistero,
e donò il predio chiamato la Co-
lonna. Tanto il monistero che la
chiesa dalla nobilissima famiglia Co-
lonna pili volte furono beneficali ,
dappoiché generosamente vi operò
molti abbellimenti , e i-estauri , fa-
cendovi esercitare ogni più bella
virtù la b. Margherita superiora del
monistero, della stessa famiglia Co-
lonna, ed ivi sepolta.
Dipendenti e soggetti alla chiosa
di s. Silvestro in Capite, furono già la
chiesa e il monistero di s. Valentino
fuori della porta del popolo, presso
ponte Molle, per cui il di della fe-
sta di s. Valentino martire celebra-
vasi solennemente anco nella nostra
chiesa, giacché sotto un suo altare
eravi un di lui braccio. La chiesa
di s. Valentino nella via Flaminia,
e presso il detto ponte, fu fabbri-
cata sopra di un cimitero dal Pon-
tefice s. Giulio I del 33() ; quindi
CHI 41
dopo r anno 642 fu riedificata, e
riccamente adornata da Papa Teo-
doro I. L' abbate di s. Valentino fu
uno dei venti principali di Roma ,
che godevano la singolare preroga-
tiva di assistere il Romano Pontefi-
ce, quando celebrava nelle principali
solennità. Nella vigna degli agosti-
niani, fuori della menzionata parte,
nel i6q3 nel fare alcuni scavi si
trovarono manifesti indizi dell' esi-
stenza dell' antica chiesa abbaziale ili
s. Valentino, i quali furono veduti,
e registrati dal p. Agostino Lubiii,
Ahbatiar. Ital. brevis notitia. p.
346. Della chiesa e del monistero
di s. Valentino, si leggono erudite
notizie, nel tomo III, p. 23 1 degli
Atti delV accad. roin. d'Archeoloi^ia,
cioè nell'illustrazione, che fece il
ciotto canonico Giuseppe Scitele, so-
pra un' antica iscrizione esistente
nella chiesa di s. Silvestro in Capi-
te, sotto il paliotto dell'altare di s.
Dionisio, e già appartenente alla
chiesa di s. Valentino.
Per ciò che riguarda le siiccen-
nate reliquie di questa chiesa, le due
principali, come descrive il Piazza
nel trattare di sì venerabile tit(jlo ,
sono le seguenti, che prova colla
autorità di diversi scrittori. Una è
il santo volto, o effigie del ss. Sal-
vatore, che il medesimo Gesù Cri-
sto per mezzo dell' apostolo s. Tad-
deo mandò ad Abagaro, re armeno di
Soria, con una lettera che poi si con-
servò in un al ritratto nella città di
Edessa, per venerare il quale si parti
da Roma s. Alessio vestito da pel-
legrino. Il Petrini, nella Storia di
Palcstrina, stampata in R.oma nel
179J, dice a p. 14»^; cli<^ 1^ ^^-
nache di s. Chiara, quivi collocate
nel l'iSo da Onorio IV, stavano a
Palestrina, da dove seco recarono la
immagine descritta. L'altra preziosa
42
CHI
icliniiia r il c;i[)() (li s. Gio. llatlisla,
clic si viiolo [ìoilato puro tUi Eilessa
ili lloina, (luvii culla massima ve-
jieia/.ioiio recavasi in processione
ila (juatli-o arcivescovi. Ma siccome
nel i4ii sembrava al Papa 'ijo-
vunni X.X^in, che potessero involarlo
i lìoreuliiii, non III [)oilaLo più in
processione, anco per consi^li(j dei
Culonncsi benefattori della ciiiesa ,
per cui si conserva tuttora assai
gelosamente. Né deve tacersi, che
Martino IV nel 1283 fece a questo
capo un nobile e ricco tabernacolo
di ari^ento, nel cui piede eravi uno
smeraldo, che avea scolpita la nascita,
le yesta, e la decollazione del santo
precursore, senza mentovare le altre
pietre preziose. Però il sagro capo
ve lo ripose Bonifacio Vili, il qua-
le concesse indulgenza a quelli, che
recarunsi a venerarlo. Racconta il
Baronio nel Martyrol. Roman. 29
iiH^., che bouifacio Vili pose sopra
il tabernacolo un triregno, o tiara
papale. Quindi nel 1^27 nel tre-
mendo saccheggio dell' esercito di
Borbone, alcune monache salvarono
SI venerabile capo, col porre la tiara
sopra un'altra testa, che fu invo-
lata dai soldati, alla rapacità dei
quali pure sottrassero l'immagine
del ss. Salvatore proveniente an-
ch' essa da Edessa , per accrescer-
ne il culto alla quale, concessero
indulgenze ai fedeli, tanto Bonifacio
Vili, che Bonifacio IX, e Martino
V, Colonna.
L'Anastasio dice, che avanti que-
sto monistero nell anno yqc), mentre
s. Leone IH dal patriarchio latei'a-
iiense recavasi a s. Lorenzo in Lu-
cina per la processione del giorno
di s. Marco, fu inifjuamente assa-
lito da Pasquale, e Campolo, i quali
strascinalo il Pontellce in questa
chiesa, gli strapparono gli occhi, e
CUI
la lingua, che poi prodigiosamente
ricuperò per intercessione di s. Pie-
tro. In (juesta chiesa nell'anno 8j8
si celebrarono i sagri comizi, per
l'elezione di Papa s. Nicolò I. In
seguito Innocenzo III del 1 198 fece
ricdilìcare la chiesa, e il campanile
dall' architetto aretino Marchionne.
Finalmente da Leone X, creato nel
iliiS, fu la chiesa di s. Silvestro
ili Capile eretta in titolo presbite-
rale Cardinalizio. Non ebbe prima
questo onore, perchè anticamente i
titoli istituironsi nelle chiese dentro
il recinto di Roma, giacché la re-
gione di Campo ov' essa trovavasi ,
fu nel terzo secolo racchiusa e com-
presa nella città dall' imperatore Au-
reliano. Clemente Vili, per mezzo
della sagra visita apostolica, ai 17
novembre i')9'), riconobbe autenti-
che le sagre reliquie, e 1' identicità
dei molti corpi santi, che ivi si ve-
nerano, per cui dai lati dell' altare
maggiore furono poste due analo-
ghe iscrizioni. La ricognizione poi
fu eseguita da monsignor Fabrizio
Mandosio. A questo Pontelice si
deve altresì la riedificazione della
chiesa, che minacciava rovina, come
a Francesco Dietrichstein vescovo di
Olmutz, da lui creato Cardinale, si
debbono molti abbellimenti. Le mo-
nache coi disegni di Gio. Antonio
de Rossi, nel declinare del secolo
XVII, ristorarono la chiesa, e la
decorarono con marmi, pitture, e
stucchi ; ma la facciata esterna fu
compita nel 1703, mentre era ab-
badessa Maria Arcaugela Muti. Nel
1700 fu creato Pontefice Clemente
XI, il quale era Cardinale prete di
s. Silvestro in Capite.
La facciata esterna è decorata da
quattro statue di travertino, cioè di
s. Silvestro I, di s. Francesco, di
s. Chiara, e di s. Francesca, e da
CHI
due medaglioni, in cui sonovi efiì-
giati il Volto Santo, ed il capo di
s. Gio. Battista. Entrando per la
porta di detta facciataj trovasi un
cortile, da dove si passa ad un por-
tichetto con suo prospetto, sotto cui
è la porta, che introduce in chiesa.
L' interno è ben decorato : la gran
volta fu dipinta dal Brandi, e quella
della crocerà dal Roncalli e dai suoi
discepoli. Il battesimo di Costantino
nella tribuna è del Gemignani, e
l'altare maggiore col ciborio fu ai'-
chitettato dal cav. Carlo Rainaldi.
Questo ciborio ha un beli' ornamen-
to di quattro colonne di giallo an-
tico scanalate, d'ordine corintio.
Numei'ose sono le sue cappelle ,
pregevoli pei loro dipinti. Oltre la
stazione vi si celebra la festa di s.
Gio. Battista ai 24 gi'^'S"^' quella
della sua decollazione ai 2C) agosto,
e quella di s. Silvestro I ai 3 1 di-
cembre. V. Giovanni Giacchetti ,
Istoria della chiesa, e moiiislero di
s. Silvestro in Capile di Roma, ivi
1629; non che Giuseppe Carletti,
Memorie isterico-critiche drlla chiesa
e inoiiistero di s. Silvestro in Ca-
pite di Roma, Roma 170 5.
Il contiguo monistero è uno dei
più belli, e sontuosi di Roma, hi
ogni quadriennio , e nel dì della
festa della decollazione di s. Gio.
Battista, il senato romano fa in
questa chiesa la pia oblazione di
quattro torcie di cera, e di im ca-
lice con patena d'argento.
Ss. Sir.v ESTRO e MjnriNo a' Mon-
ti. V. Chies\ de' ss Martino e Sil-
vestro a' Monti.
CHI
43
S. Simeone profeta, già titolo Car-
dinalizio, nel rione Ponte.
Sulla piazza Lancellotti, presso il
palazzo Cesi, ora Pentini, è questa
chiesa ab antico titolo Cardinalizio,
e già cura parrocchiale. Dalle iscri-
zioni sepolcrali, che riporta l' Alve-
ri, Roma in ogni stato parte secon-
da pag. 93 e seguenti, rilevasi che
già esisteva nel pontificato di Urba-
no VI, giacché vi fu nel i38o se-
polto certo magnifico Jachellus de
Lrsis. D' altronde se ne iguoi'a la
origine. Gli ultimi Cardinali titolari
fiu-ono; Jacopo del Pozzo, fatto da
Giulio III nel i53i, che mori nel
i5G3, poco mancando che succedesse
a Marcello II ; Virgilio Rosario fatto
nel j5j7 da Paolo IV, che lo
dichiarò primo Cardinal vicario di
Roma, e morì nel 15^9; Fi-. Felice
Peretti, fatto nel 1070 da s. Pio
V, trasferito quindi all'altro titolo
di s. Girolamo degli Schiavoni, di-
venendo liei 1^85 glorioso Pontefice
Sisto V. Questo Papa soppresse il
titolo, che trasferì alla chiesa di s.
Salvatore in Lauro , insieme col
Cardinal titolare Girolamo Lancel-
lotti. Siccome per r ingiuria de'tempi
era in istato cadente, nel 16 io il
Cardinal Lancellotti la rifàbbrici')
dai fondamenti, e le fece diversi
abbellimenli, anco in riguardo del-
l'alloi-a regnante Paolo V, perchè
ei'a stata di lui parrocchia. Il Sa-
limbeni dipinse il quadro dell' alta-
re maggiore, rappresentante la Cir-
concisione del Signore ; come del
Saraceni è quello della b. Vergine,
col bambino, e s. Anna.
S. SiLP'ESTRO al Quirinale, nel S. Sisto, titolo Cardinalizio, in cii-
rione Trevi , de signori della ra dei domenicani, nel rione
Missione. Pedi. Canwitelli.
44 CHI
Lungo la via Appia, presso un
tempio (li Marte, e 1' antica Pi-
scina pubblica, in una casa della
iiialrona romana Tigrich, fu eretta
questa cliiesa in onore del Pontefi-
ce s. Sisto II, per cui fu chiamata
s. Sisto in Piscina, e titolo di Ti-
gride. La detta nobilissima matrona
donò la casa e i suoi beni perchè
si edificasse tal tempio in onore di
Sisto 11, perchè questi, a' G agosto
dell'anno i(Ji, passò da questo luo-
go con due suoi diaconi, i ss. Feli-
cissimo ed Agapito, e quattro sud-
diaconi, cioè Gennaro, Magno, In-
nocenzo, e Stefano, per andare con
essi al marfirio fuori della porta
Capena, ora di s. Sebastiano , seguiti
dopo tre giorni dall'altro diacono
s. Lorenzo. Poscia in questa chie-
sa fu s. Sisto II sepolto, trasferitovi
dui cimitero di Pretestato; laonde
in seguito il sito fu detto anco
ciinitcìio di s. Sisto, non perchè vi
fosse un cimitero , ma perchè con-
finava colle vaste catacombe di Ca-
listo. In appresso vi vennero ripo-
sti anche i corpi de' ss. Anatolia,
Calocero, Partenio, ed altri martiri.
Di questo titolo Cardinalizio di
Tigridc si fa menzione nel concilio
celebrato nel 499? ^'"^ Papa s. Sim-
maco nel Vaticano, ove intervenne-
ro due preti di esso, uno chiamato
Romano prete, l' altro di Redento
arciprete, col qual titolo erasi pure
sottoscritto nel precedente concilio
celebrato nel 494 ^^ ^- Gelasio I
nel Laterano. Nel registro di san
Gregorio I, viene nominato certo
Basso del titolo di s. Sisto. Il Car-
dinal titolare di questa chiesa fu
destinato ad uftlziare in ogni gio-
vedì nella patriarcale basilica di san
Paolo, ed a celebrare suU' altare
papale. Alcuni opinarono, che la
chiesa fosse eretta da s. Silvestro I,
CHI
cogli aiuti di Costantino imperato-
re; certo è che s. Gregorio 1 per
accrescervi la renerazione , vi pose
la stazione nel mercoI<;di dopo la
terza domenica di quaresima, nel
qual giorno tuttora si celebra.
\ uolsi inolti'C, che quivi fossero
sepolti sette santi Pontefici, e ripo-
sti sotto l'altare maggiore, cioè Si-
sto Il , Felice, Zefirino , Antero ,
Lucio, Luciano, e Sotero, come si
legge da una iscrizione. Vero è pe-
rò che per sicurezza si crede sieno
stati trasferiti altrove, ovvero quivi
se ne venerino le reliquie. Altri
sono d'avviso, che siano santi ve-
scovi, meno s. Sisto II, giacché non
si conosce alcun Papa col nome di
Luciano, chiamandosi anticamente
Pontefici anco i vescovi. Altri in fi-
ne avvertono, che venendo sepolti
alcuni dei nominati Papi nel cimi-
tcrio di Calisto , per la vicinanza ,
fu talora confuso con quello di s.
Sisto, come di sopra avvertimmo.
Bonifacio V fu creato Pontefice
nel 619, mentre era Cardinale pre-
te di s. Sisto ; titolo che splendida-
mente, nel 772, ristorò Adriano I,
e quindi venne abbellito dal suo im-
medialo successole s. Leone IH, al
quale si attribuisce la traslazione in
questo luogo del corpo di s. Sisto
II. Verso il I200, Innocenzo III,
magnificamente restaurò la chiesa,
ed il suo successore Onorio HI, a-
vendo approvato l'Ordine di s. Do-
menico, diede a questo per prima
chiesa cotesto titolo, fabbricandogli
l'annesso convento ; luoghi santifi-
cati dalla presenza di s. Domenico,
il quale nella chiesa di s. Sisto isti-
tuì la celebre divozione del santis-
simo Rosario, che si propagò per
tutto il cristianesimo. Onorio IH,
vedendo che in Roma la disci-
plina e lo spinto delle monache
CHI
crasi raffreddato, poiché se ne con-
tavano appena quaranta, volle ri-
durle tutte in un monistero , affi-
dandone r incarico a s. Domenico,
e al Cardinal Nicolò de Romanis.
Il Papa diede al santo pe'suoi reli-
giosi la chiesa di s. Sabina, con
parte del suo annesso palazzo per
convento, e stabili la chiesa e il
convento di s. Sisto per le mona-
che, che ivi riunite fecero la pro-
fessione religiosa nelle mani di san
Domenico. Non mancarono difficoltà
da superare, massime per parte del-
le monache di s. Maria in Traste-
vere, ossia di s. Maria in Cappel-
la, le quali possedendo una mira-
colosa immagine della B. Vergine,
cui la tradizione vuol dipinta da
s. Luca, fu loro concesso portarla
nella chiesa di s. Sisto con solenne
processione, alla quale intervennero
molti Cardinali, e i religiosi dome-
nicani.
In progresso di tempo divenuto
Papa s. Pio V, già dell'Ordine di
s. Domenico, considerando che l'a-
ria malsana del monistero di san
Sisto pregiudicava alle monache ,
eresse loro al monte Magnanapoli
presso il Quirinale, un sontuoso mo-
nistero, ed una magnifica chiesa ,
che dedicò ai ss. Domenico, e Sisto,
ed ivi le fece trasferire, ritornando la
chiesa di s. Sisto in possesso dei
domenicani, e fu allora che venne
chiamata s. Sisto vecchio. La mira-
colosa immagine della Madonna fu
trasferita dalle monache nella nuo-
va chiesa, e di essa molto ed eru-
ditamente scrissero Francesco Tor-
rigio, e Fioravante Martinelli. Nel
xSni a s. Pio V successe Gregorio
XIII, eh' era stato titolare di s. Si-
sto sino dal i56), per cui nel crea-
re a' 2 giugno Cardinale il nipote
Filippo Boncompagni, glielo confe-
cni 44
r"ì, e perciò questi fu detto il Car-
dinal di s. Sisto. Il medesimo Gse-
gorio XIII, ad evitare il disturbo che
producevano agli uffizi divini nel men-
dicare i poveri nelle chiese, assegnò
loro per comune abitazione il mo-
nistero di s. Sisto," nel quale furono
processionalmente condotti nel i58i,
dall' arciconfraternita della ss. Trini-
tà de' pellegrini ottocento poveri ;
ma siccome di mala voglia vi en-
trarono, dolendosi dell'aria cattiva,
presto ne uscirono.
La chiesa fu prima, verso il i-i'^'^j
restaurata dal titolare Cardinal Pie-
tro Ferrici spaglinolo ; di|ioi il men-
tovato Cardinal Filippo Boncompa-
gni generosamente ne rinnovò la
facciata esterna con travertini, apren-
dovi avanti una piazza; rifece il tet-
to e il soffitto con belli intagli, or-
nò le pareli, ed abbellì la tribuna
con istucchi dorati.
Nel pontificato di Paolo V, il
p. Serafino Sicco, generale de' do-
menicani, rifece il convento, ed ornò
con diversi dipinti la chiesa. Ales-
sandro VII, nel I6^7 la diede per
titolo al Cardinal Giulio E,ospiglio-
si, che meritamente, nel 1667, gli
successe col nome di Clemente IX.
Nel convento professò nel 1646, la
regola religiosa Filippo Tommaso
Oward inglese de' duchi di Nort-
fulch, il quale nel 1671 fu creato
Cardinale da Clemente X, e dipoi
coni miserando i domenicani iber-
nesi esuli dall' Inghilterra per la di-
fesa del cattolicismo, quivi li collo-
cò dando ad essi molti soccorsi. In
questo pio uffizio gli successe il Car-
dinal Tommaso IMaria Ferrari, che pu-
re avea appartenuto all' Ordine di s.
Domenico. Clemente X, nel promo-
vcre al cardinalato il religioso do-
menicano fr. Vincenzo Maria Orsi-
ni, nel iGt"?,, gli diede il presen-
40
CHI
te lildlo, il (jiial {)er.soiin;^f5Ì() poi in'l
I7?.j (livellile l*;i|);i Keiiedello Xllf,
c insieme lieiu'liiltoie del iuo^o, giac-
ché non solo laloni nel CiUTievale
\i passava alenili i^'iorni nell'eserci-
zio dell' umiltà, e dell'orazione, ma
col disei5n(j del Piau/yini, operò del-
le lestauiazioni, ed ab])eiliinenti .
La festa del santo titolare si celebra
ai 6 agosto.
Nell'interno della chiesa vi sono
i depositi de' Cardinali Vincenzo
I>ii(luvic() Gotti, Luigi JMaria Luci-
iii, e Giuseppe Agostino Orsi, tutti
e tre stati domenicani, e Cardinali
preti di s. SistOj celebri per la loro
dottrina, e per le opere loro, l^er
di fuori trovasi congiunta al conven-
to una piccola cappella dedicata a
.s. Domenico, ov(> alcime pitture e
delle iscrizioni rammentano due in-
signi miracoli fatti dal santo, men-
tre dimorava nel convento. Il chio-
stro fu dipinto a fresco da Andrea
Casale scolare del Conca , ma una
parte di esso è ridotto o cartiera
I Iella camera Apostolica, per la car-
ta del bollo, e di altri usi ; opificio
che a' 17 agosto i835, fu onorato
dalla presenza del Papa regnau-
te. 11 eh. cav. Gaspare Servi ar-
chitetto scrisse : Della rarlicra di s.
Sisto, Roma i83^. J^. Girolamo
Baldassini Memorie appartenenti al-
la storia, e al culto della Madon-
na detta di s. Luca, esistente in ss.
Domenico, e Sisto, Jesi 1775.
S. SpinrTO in Sassia, nel rione Bor-
go, deW arcispedale di s. Spinto.
y. Ospedale di s. Spirito ix Sas-
sia, ED ARCICO^FRAfER.MTA DI SAN
Spirito in Sassia.
Spibito Sj.vto de' Napoletani, nel
none Regola. F. Naioli. .
CHI
S. Sr.tyisr.yto de' Polacchi, nel rio-
ne s. Angelo. V. Polonia.
S. SricF.iNo del Cacco, nel rione
Pigna, de' monaci Si Ivc strini. F.
SlL\ESTRINI.
S. Stefjvo de' Mori , nel rione
Borgo, filiale della basilica va-
ticana, con ospizio pegli Abissini.
La chiesa, ed ospizio di s. Stefano
de' mori, degl'indiani, o degli «;liopi,
ed abissini, come fiiiono chiamali, era
del capitol(j di s. Pietro in Vaticano, e
fu edificata presso questa basilica das.
Leone I del 44^3 come si rileva dai
privilegi, che godeva per essere stata
una delle venti o veiilidui; abbazie
antiche di lloma, e privilegiate, per-
chè il loro abbate assisteva il Som-
mo Pontefice, allorrpiando celebrava
solennemente. L'Alveri dice, che in
questo luogo fu l'ospedale eretto da
s. Crregorio I pegli orfani, chiamalo
orfanotrofio. Nel monistero, eh' era
uno de' quattro presso la basilica
vaticana, erauvi de' monaci benedet-
tini, di cui, come scrive Onofrio
Panvinio, fu abbate Pasquale roma-
no, figlio di Massimo Bonoso , che
ai 2 5 gennaio 817 divenne Papa
col nome di Pasquale 1, e che la
Chiesa venera per santo. F. su que-
sto monistero i compilatori del Bol-
lano Faticano, nel tomo I, p. 29.
Poscia la chiesa e il monistero fu-
rono dati al capitolo di s. Pietro, co-
me provasi da una concessione di s.
Leone IX del 1049 ad esso indiriz-
zata, sotto il nome de' canonici del
monistero di s. Stefano. Da ciò si
raccoglie, come dice il Panciroli nei
Tesori nascosti, che per seicento an-
ni abitarono nel monistero i mo-
naci dell' Ordine di s. Benedetto,
poiché tanti anni appunto corsero
da s. Leone I, a s. Leone IX. Che
CHI
i monaci erano addetti all' ufGzia-
tura della basilica di s. Pietro, con
altre nozioni ad essi riguardanti, il
dicemmo all'articolo Chiesa di sa\
Pietro l\ Vaticano. Vedi.
Questa chiesa prese il nome di
s. Stefano de' Mori, o degli Abis-
sini, allorché il Pontefice Paolo IV
del i555 la diede, in uno alla con-
tigua casa, ad alcuni mori del pae-
se detto del Prete Janni, e chia-
mali indiani. Tuttavolta Carlo Bar-
tolomeo Piazza, nelle sue Opere pie
di Roma, parlando a pag. i?.3 e
seg. dell'ospedale degli indiani, ov-
vero abissini a s. Pietro, dice clic
Clemente \ li, nel 1325, diede la
chiesa e l'ospizio a detta nazione.
Laonde Paolo IV avrà confermata
la concessione, e ne sarà stato be-
nemerito, come lo fu Gregorio XIII,
che dal palazzo apostolico assegnò
all' ospizio quotidiane somministra-
zioni, come lessi nei ruoli dei pa-
lazzi apostolici. Non si dee tacere ,
esservi chi sostiene, che Alessandro
III eresse in P».oma nn ospizio agli
abissini , sotto la cura de' monaci
copti. V. Abissi>"ia. Anche l'Alveri
vuole che Eugenio IV, nel 14^9 >
abbia confermato agli abissini l'ospi-
zio ad essi concesso da Alessandro
III, il quale fu eletto Papa nel i log.
1 diversi tentativi fatti successi-
vamente dalla santa Sede per con-
vertire alla fede cattolica gli abi-
tanti dell'Abissinia, furono soggetti
a fiere persecuzioni , come si può
vedere nel viaggio che fece Salt, e
poi stampato nel 1808. Assunto al
pontificato Clemente XI, e vedendo
che la chiesa e l' ospizio di s. Ste-
fano protomartire presso la basilica
vaticana era disestato nelle rendite,
e che non venivano dallEtiopia uè
abissini, né copti, volle prenderne
provvidenza , perchè giungendone
CHI 47
qualcuno in Roma, ivi fosse chi ne
prendesse cura, e diede la chiesa in
cappellania al suo familiare d. Sil-
vcrio Campana, beneficiato di s. Pie-
tro col titolo di rettore, locchè con-
fermò con breve de' io ottobre
1705. Ma già la casa contigua era-
si rifabbricata per ordine del Papa,
il quale si recò a visitarla, come
già nell'almo precedente erano giunti
in Pioma quattro mori, i quali erano
stati ordinati sacerdoti ai 20 aprile.
In seguito Benedetto XIII, con bre-
ve de' 3i agosto 1724, dichiarò
coadiutore al Campana nell' uffizio
di rettore dell' ospizio, e di supe-
riore della chiesa con futura suc-
cessione, Marc' Antonio Ausidei, no-
bile perugino arcivescovo di Damia-
ta, ed assessore del s. Offizio, che
poi nel 1728 creò Cardinale.
Nel pontificato di Clemente XII
si recarono a Roma alcuni monaci
abissini di s. Antonio, i quali poi vi
rimasero sino a quello di Pio "NI.
Ad essi coll'autorità della costituzio-
ne Alias postqnam de' i5 gennaio
it3i. Clemente XII accordò la
chiesa di s. Stefano de' IMori col-
r annesso ospizio , e giardino. Que-
sta concessione venne fatta a se-
conda di qnella di Paolo HI ,
che fu r immediato successore di
Clemente VII, ed espres.samente
si dichiarò essere in favore dei mo-
naci di s. Antonio Abbate {Vedi),
di nazione abissini, etiopi, copti,
o egiziani, col patto di celebrare
le feste di s. Stefano protomar-
tire ai 26 dicembre , e di s, Sil-
verio Papa ai 20 giugno, secondo
la pia disposizione del defunto ret-
tore Campana, in onore del santo
titolare della chiesa, e di quello
del suo nome, assoggettando gl'in-
dividui della mentovata nazione al-
la sagra congregazione Cardinalizia
48 CHI
fli Prnpafjnndii , ed al suo Cardinal
piclèlto generale prò tempore. Indi
sotto l'io \ n, e nel i8o/j, d. Gior-
i^io (iiilahadda al)i,ssinio, ispirato dal-
la divina J Provvidenza, fiiygi dall'E-
tiopia per abiurare gli errori, e por-
tatosi in Roma nel 1807, fu dal
lodato Pontefice fatto istruire nei
dogmi ortodossi di nostra santa re-
ligione, e poscia lo dichiarò rettore
delia chiesa ed ospizio della sua
nazione, cioè della chiesa e casa di
s. Stefano de' iMori, carica che tut-
tora esercita con pio zelo. Nel n." ^'^
del Diario di Roma del 1841 si
legge ciò die spetta ai tre deputati
abissini mori, e loro seguito com-
posto di vari dottori, sacerdoti, e
monaci etiopi, inviati dal Degesma-
clio Ubhè signore del Tigre al re-
gnante Pontefice, qual deputazione
dei tre regni cristiani del Tigre ,
dell'Amara, e di Sclioa nell'Abissi-
nia, cui fecero da interpreti il po-
liglotte dottissimo Cardinal Giu-
seppe Mezzofanti, d. Gio. de Gia-
eobis della congregazione della mis-
sione, e prefetto Apostolico del-
la missione di Abissinia, nonché
del suddetto d. Giorgio Galabadda.
ivi ancora riportasi con qual beni-
gnità il Papa Gregorio XVI li ri-
cevesse ai 17 agosto 1841 nel pa-
lazzo Quirinale, e si parla anche
d(dr offerta a lui fatta dagli abissini
dell'incenso delle lor parti, insieme
ad alcuni rari uccelli di Etiopia ,
come dicesi che cinque di delti abis-
sini rimasero in Roma per alunni
nel collegio Urbano di Propaganda
fide.
La chiesa di s. Stefano de' Mori,
che, come dicemmo, ripete la sua
erigine da s. Leone I , in diversi
teiripi fu ristorata, massime da A-
driano I, da Sisto IV, da Gregorio
XIII, e da Clemente XI, ha ncl-
CUI
r altare maggiore un buon quadro
d'incerto autore, rappresentante s.
S!(;f mo lapidato, e nell'altare a de-
stra vedcsi un dipinto del Puccini,
esprimente s. Silverio Papa; altare,
che fu eretto dalla pietà del sun-
Tiominato rettore Campana, come
alìerma il Piazza nel suo Emerolo-
i^io di Roma, a pag. 4io> parlan-
do della festa di detto santo, nella
quale, e in quella di s. Stelàno il
capitolo valicano si reca ad ulììzia-
re la chiesa. P^. l'Alveri, Roma in
ogni slato j a pag. 219 e 220, ove,
trattando di questa chiesa, riporta
le iscrizioni necrologiche degli etio-
pi ivi sepolti.
S. Stefano Rotondo, titolo Cardi-
nalizio, in cura de' Gesuiti, si-
tuato sul monte Celio, nel rione
Monti.
Sulla vetta del monte Celio, cos\
chiamato da Celio Vibeuna capita-
no toscano, che portatosi a soccor-
rere R.omolo, o altro re di Roma,
ivi si fermò ad abitare, è posta la
chiesa di s. Stefano Rotondo, cos\
chiamata dalla sua foi'ma circolare,
mentre prima si disse ancora dal
monte, .<^. Stefano al Celio. Xè de-
ve occultarsi, che fu detto pure s.
Stefano nelQuerquelulano in Cele-
rina, dalla copia delle querele, che
ivi erano, e da una famigha, o con-
trada, che si nominava Celerina,
giacché abbiamo certo Stefano Car-
tlinale titolare di s. Stefano in Ce-
lerina. Xon sono d'accordo gli au-
tori se fosse un tempio antico sa-
cro al dio Fauno. Si sa per altro,
che era tempio de' gentili, quando
il Pontefice s. Simplicio del 4^7 l"
dedicò al protomartire s. Stefano ,
liducendolo al relativo uso. Già era
titolo Cardinalizio quando nel 498
CHI
s. Simmnco celebrò un concilio, dap-
poiché y\ si sottoscrisse un Marcel-
lo prete del titolo di s. Stefano nel
monte Celio; titolo che poscia con-
fermò s. Gregorio I. in luogo del-
la chiesa di s. Crescenziana, \i
pose quest' ultimo Pontefice la sta-
zione nel venerdì avanti la do-
menica delle palme , ed ai 26 di-
cembre, festa del santo, le quali og-
gidì si celebrano ancora. Il mede-
simo s. Gregorio I in questa chiesa
pronunziò al popolo romano l'o-
meha IV siiU' evangelo di s. Mat-
teo. Il Cardinal titolare doveva ce-
lebrare ogni giovedì sull' altare pa-
pale della patriarcale basilica di s.
Lorenzo fuori le mura, facendovi il
servizio ebdomadario.
Già i Pontefici s. Giovanni I ,
del 524, ed il suo immediato suc-
cessore s. Felice HI detto IV, vi
avevano fatto eseguire alcuni mu-
saici, massime nella tribuna, di che
fa menzione il Grutero con due
iscrizioni, cui riporta alla p. 11 64
ai numeri 17 e 20. Di poi Papa
Teodoro del 642, dall'arenario della
via Nomentana, prese i corpi de' ss.
martiri Primo e Feliciano , ripo-
nendoli in questa chiesa, alla quale
offrì molti doni. Ci avverte il Piaz-
za, Gerarchia pag. 534, che Sergio
II, Papa dell' 844^ concesse ad E-
remberto, uomo illustre, il corpo di
im s. Primo, e le reliquie d' lui s.
Feliciano, venendo depositate nella
villa Lega della diocesi di Milano.
Su questo punto va letta la Notizia
istoiica del martino de' ss. cittadi-
ni romani Primo e Feliciano, e del-
la traslazione, ed iin'e/izioiic de' lo-
to corpi nella chiesa di s. Stefano
Rotondo nel monte Celio, Iloma'
1736. In questo libro evvi una bre-
ve notizia su questo antico tempio.
In appresso Adriano I, nel 773,
VOL. XIK.
CHI 49
restaurò ed abbellì la chiesa. Que-
sta fu data in titolo nel concilio di
Clermont al b. Martino Cibo, ci-
stcrciense , amico di s. Bernardo ,
quando nel ii3o Innocenzo li lo
creò Cardinale. Quindi nel 1191,
Celestino HI conferì il medesimo
titolo al Cardinal Giovanni di Sa-
lerno, che in sua morte dieci Car-
dinali elessero Papa ; ma temendo
l'eletto di uno scisma, px-ontamente
rinunziò, facendovi sostituire Inno-
cenzo IH. Alcuni vogliono, che que-
st' ultimo Papa sia stato benemerito
della chiesa, per le riparazioni die vi
fece eseguire.
INIinacciando in appresso la chie-
sa ruiua , Nicolò V accorse solle-
cito a ristorarla sino dai fonda-
menti. 11 glorioso di lui nome fu
posto nel fl'ontespizio della faccia-
ta esteriore colla data del i453.
Poscia, nell'anno i 455, Nicolò V tol-
se la collegiata de' canonici, che si-
no allora uffiziavano la chiesa , ed
in vece vi pose dodici frati romiti
di s. Paolo primo eremita. Pio H,
nel i45B, creò Cardinale prete di
s. Stefano Alessandro Oliva, agosti-
niano di Sassoferrato, celebre pe' suoi
grandi meriti. Questo titolare fu be-
nefico della sua chiesa, coll'abbelli ria.
In seguito venne pure, nel i4'^8 ,
ristorata da Innocenzo \ III. Ma
verso l'anno 1 549, avendo ii^^^^'^^to
Paolo IH al Cardinalato Giannange-
lo de' Medici, che poi conseguì il
presente titolo, da esso nel i55g
ascese alla veneranda cattedra di s.
Pietro col nome di Pio IV. Aven-
do poi il suo predecessore Giulio
HI, per opera di s. Ignazio, dato
principio al collegio germanico-un-
garico, sotto la direzione de' gesuiti,
il successore Gregorio XI H lo sta-
bilì, e fra le copiose entrate che gli
assegnò, gli diede in un alla chiesa,
4
"■u, CHI
quello goduto flai ielif:;iosi nuivi (li-
molanti, i (fuali orano uudati iu dc;-
oadoiiza, e pmciò da lui tolti, come
rilevasi dalla b(jlla Jposlolici niu-
m-ris snlliciludn , data kal. mar-
lii anno i TyS. I gosuili , oltre-
ché farvi rifiorire il divin cul-
to, l'abbellirono e decorarono con
i stupende pitture a fresco, di cui
poi faremo parola. Di (juosta chiesa
iVi molto divoto s. Filippo ISeri, e vi
condiiceva nel giovedì di carnevale
molto popolo a ricevervi la s. comu-
nione, oltre la visita delle sette chiese.
Il Crescim!)eiii nella sua erudita
Istoria della chiesa di s. Giovan-
ni avanti porta latina, a pag. 167
e seguenti, riporta preziose notizie
della chiesa di s. Stefano al monte
Colio, che alcuni chiamarono s. Ste-
fano in capo d'Africa. Tra le al-
tre cose racconta, che la chiesa di
s. Stefano apparteneva alla detta
chiesa di s. Giovanni , la quale fu
data da Lucio II con tutte le sue
pertinenze alla basilica lateranense,
locchè confermò Onorio III, com-
prosavi la chiesa di s. Stefano, in-
sieme ad altri Papi. Quindi riporta
i diversi accordi fatti dal capitolo
lateranense coi frati di s. Paolo pri-
mo eremita, a cagione dei reclami
dal primo avanzali ai secondi, dopo
che a loro Nicolò V avea concesso
la chiesa, e i beni. Dopo molte vi-
cende da ambedue le parti si con-
chiuse col patto di restituire si i
beni che la chiesa al capitolo, quan-
do i frati per qualunque ragione
l'avessero lasciata. Essendo il capi-
tolo ricorso dopo la morte di Gre-
gorio XI li al successore Sisto V,
per essere reintegrato ne' suoi di-
ritti, nulla potè ottenere, e il Col-
legio gernianico-wigarico [Vedi), go-
vernalo dai gesuiti, ne rimase pa-
ciiico possessore, come lo è tuttora.
cin
Sol piondonle , e njcraviglioso è
1 circllo che si prova entrando in
quello ic-mpio , dappoiché rotonda
n' (• la forma con una nave circo-
lare sorretta da cinquantotto co-
lonne di granito, e sei di marmo
bianco, tutte d'ordini differenti. Au-
licamente essa aveva un altro por-
tico più vasto all' intorno sostenuto
pure da colonne; ma iVicolò V re-
strinse il suo circuito , e chiuse nel
nuu'o il primo ordine di colonne,
che restava piii in fuori, in modo
per altro, che alcune ancora se ne
vedono scoperte. Le due colonne del
centro, che reggono la cupola, sono
d'ordine corintio; il diametro della
chiesa è di cento novantotto piedi.
Nelle pareti della nave circolare, Ni-
cola Pomarancio con bravura e di-
ligenza dipinse le trentadue storie
de' santi martiri principiando dagli
Innocenti; ma i paesi e le prospet-
tive furono eseguite da Matteo da
Siena. Antonio Tempesta dipinse i
martirii de' ss. Primo e Feliciano
nella hno cappella, e di fuori la
strage degl'Innocenti, e la Vergine
Addolorata. Nel i 5H j riprodusse tali
pitture in rame Gio. Ballista de
Cavalieri, come nota il Crescimbjeni
a pag. 189. Il quadro della ss. An-
nunziata nel suo altare è opera del
gesuita p. Pozzi. Nel centro sopra
l'altare, e sotto la cupola si alza un
artificioso tabernacolo, il quale con
bizzarro disegno fu lavorato da un
fornaio svedese, che il donò al col-
legio germanico- ungarico.
Presso la chiesa anticamente fu
il celebre monistero di s. Erasmo,
di cui ancora si veggono i vesti-
gi , il quale fu uno de' più an-
tichi e primari di E.oma, e venne
fondato, secondo alcuni, dallo stesso
s. Bencdetlo. Piisplendctte per la re-
golare diocipliua, pei mouaci che vi
CHI Clir 'Tr
noriionn, uno de' quali fu A(1cn(ìa- cura dcllr inniuichc cisterciensi ,
to , o Deodato , ovvero Dcusdcrlit , nel rione Trevi.
che, nel 6i5, fu creato sommo Pon-
tefice. In questo monistero, e pres- Questa chiesa fu detta anticamen-
so la chiesa di s. Stefano, dopo la to do' ss. Gabino e Susanna, ad
morte di Giovanni Y, avvenuta nel diiai Donins. agli orti Sa liristi a? n .
jiiimo agosto del G^6, ncH' elezione lìvU'aUa Semita del Qi/in'nale, vi-
dei successore nacque grave conte- cino al vico di Mamurro, fabbro
sa, poiché il popolo essendosi divi- che, secondo gli ordini di Numa, ta-
so dall'esercito dell'esarca di Ra- voi-ò i famosi scudi Ancillj. Viene
venna , che voleva in essa introdur- chiamata dagli scrittori ecclesiastici
si, questo faceva tumulto presso la ad duas Domos, perchè ivi furono
chiesa, e il popolo col clero roma- le case di s. Gabino padre di s. Sa-
no erasi ritirato in s. Giovanni in sanna, e del Pontefice s. Cajo, elet-
Laterano, per cui insorti gli antipapi to nel 283, ambedue convertite in
Pietro e Teodoi'O, poscia composti chiese, od oratori. In questo luogo,
gli animi, concordemente elessero per la sua eminenza ed amenità ,
Conone per Papa. Finalmente nel già chiamato alta Semita, sul dor-
raonistero di s. Erasmo, dalla chic- so del Quirinale, furono il tempio di
sa di s. .Silvestro in Capite, nel Quirino, la casa di Pomponio At-
799, i ribelli Pasquale, e Campolo tico, ed i famigerati orti Sallustia-
fecero trasportare, e strettamente ni, col superbo palazzo, oltre di-
rinchiudere s. Leone IH, da loro versi altri templi ed edifici. V. Chie-
orrendamente mutilato, donde fu li- sa di s. Cajo.
berato da Albino suo cameriere, ed Vuoisi pertanto, che Papa s. Cajo
accompagnato al Vaticano. erigesse in chiesa la casa del fratello
Sulla chiesa di s. Stefano Ptoton- Gabino, e della nipote Susanna vei'gi-
do possono principalmente vedei- ne dopo il suo martirio pur ivi sof-
si , Descrizione di Roma antica ferto, e celebrasse nella medesima
e moderna, dedicata al Cardinal piìi volte la messa ad onore di lei.
Valenti tom. II pag. 4 '4? e seguen- Altri credono, che a s. Leone 1 deb-
ti ; Le antichità della città di Ro- ba attribuirsi la dedicazione della
ma per Lucio Mauro stampate in chiesa da lui restaurata, o forse da
Venezia nel i556 a pag. 42; Ro- oratorio ridotta a chiesa, recitando-
ma vetus et recens, auctore Alexan- vi un sermone in onore di s. Feìici-
dro Donato, a p. 324; e V Hi sto- ta, e de' sette martiri suoi figli. Ccr-
ria collega Gennnnici et Ungarici, to è, che nel concilio celebrato nel
auctore p. Cordaro soc. Jesu. Laterano, dal Pontefice s. Simma-
co, nel 499» "^' si sottoscrissei'o A-
Ss. Sudario de' Savojardi, nel rio- sello, ed Agatone, preti del titolo
ne s. Eustachio, chiesa dell' Ar- de' ss. Gabino e Susanna ; come s.
ciconf r aterni ta del Ss. Sudario Gregorio I iiomina nel suo registro
[Tedi), fal)!)ricata nel r6o5 con im tal Rustico, prete del titolo di
disegno di Carlo Kainaldi , e ri- s. Susanna. Poscia al suo Cardinal
storata nel secolo decorso. titolare fu data la prerogativa del
servigio ebdomadario nella patriarca-
S. Susanna, titolo Cardinalizio, in le basilica di s. Paolo, dovendo ce-
52 CHI
Icbrnrc suU'nlfan! pontificio in ogni
sahhato. Da tempo anticliissinio rpii-
vi, come nella chiesa di s. Cajo, si
celebra la stazione nel sabI)ato dopo
la terza domenica di rpiaresima.
S. Leone II dichiarò prete Car-
dinale di s. Susanna s. Sergio I,
che fu creato l'apa nel 687. Adria-
no I rifece il tetto delia chiesa; e
l'immediato suo successore s. Leo-
ne III, nel 795, quando fu eletto,
trovavasi prete Cardinale di questo
titolo. Secondo l'annalista Baronio,
quivi egli volle essere consagrato
Papa ; indi la rifabbricò quasi tut-
ta, vi pose il baltisterio , l' abbellì
facendovi eseguii-e nella trilxma la
immagine di Carlo Magno in abito
militare, e l'arricchì del corpo di s.
Felicita martire, che fu preso dal
cimitero detto di s. Felicita nella
via Salare, donde era stato trasferi-
to in questa sua chiesa anche quel-
lo di s. Susanna. In essa riposano
pure il corpo del di lei padie san
Gabino, e nell'altare di s. Lorenzo
la metà di quelli de' ss. martiri Ge-
nesio, ed Eleuterio : vi è pure un
osso del profeta Michea, che pre-
disse il nascimento del Redentore,
e vi sono altre reliquie. Anastasio
bibliotecario nella vita di s. Leone
IH, narra la sua magnificenza ver-
so questa chiesa, e fa la descrizio-
ne de' donativi, cioè di tre gabale,
o lampadi d'oro di cinque libbre e
mezzo: di due croci d'oro ornale di
gemme, del peso di quindici libbie;
di due verghe d'argento; di tre
immagini di tal metallo di trenta-
cinque libbre ; dell'altare per la con-
fessione di argento del peso di cen-
totre libbre; di otto colonne d'ar-
gento, con due archi, ed una croce
simile ; di due vesti di lama di ar-
gento, chiamate gamadie; più un'al-
tra croce di argento, un canestro,
CHI
ima corona grande con dodici del-
fini, altra croce, de' vasi colalorii,
due altre lampade con grifi dorali,
due corone con dieciotto delfini ,
tutto di argento.
Nel I 1 44 Lucio II confer'i que-
sto titolo al Cardinal Gezo. Altre ri-
parazioni a questa chiesa, che fu chia-
mata anche basilica, e fino agli ulti-
mi tempi fu pure parrocchia, non
si trovano sino a Nicolò V, Parentu-
celli, che successe nel i447 ^"-l I^"^'"
genio IV, il quale l'avea fatto Car-
dinale prete di s. Susanna. Dipoi
Sisto IV, nel i47^) l'abbeiri, e vi
fece alcuni ristauri. INIa al Cardinal
Girolamo Rusticucci titolare di santa
Susanna, per beneficenza di s. Pio
V si devono la riedificazione della
chiesa, i maggiori suoi ornati, e la
erezione della facciata esterna di
travertini, con architettura di Carlo
IMaderno, il soffitto dorato, le pit-
ture nelle pareti, oltre il totale suo
ingrandimento. Adornò ancora con
marmi, e dipinti il sotterraneo della
confessione, e la tribuna, mentre per
l'amore che portò a questa chiesa^ se-
condo l'uso antico, volle chiamarsi il
Cardinal di s. Susanna, e la ritenne
in commenda quando passò al tito-
lo di s. Maria in Trastevere, ed ai
vescovati suburbicarii.
Contemporaneamente imitatrice in
parte del Cardinal Rusticucci fu d.
Camilla Peretti sorella di Sisto V,
la quale fablnicò con beili marmi
la cappella di s. Lorenzo, facendovi
dipingere il suo martirio da Battista
Pozzo di Valsoldo, e dal Nebbia; e
le geste de' ss. Genesio, ed Eleuterio,
che nella metà dei loro corpi avea
dal Pontefice fratello ottenuti dal-
la chiesa di s. Giovanni delia Pi-
gna. Quindi stabilì un legato, per
dotare, nel giorno di s. Susanna, no-
ve zitelle, alle quali assegnò cinquan-
CHI
ta scudi per cadauna, cioè nel di
della sua festa agli 1 1 agosto, nel
qual giorno il senato romano viene
a fare l'olTerta di un calice d' ar-
gento e di torcie di cera in ogni
quadriennio. La medesima pia da-
ma eresse un monistero di mona-
che presso la chiesa de' ss. Vito e
Modesto, donde poi furono da Si-
sto V trasferite a questa chiesa di
s. Susanna, aiutata da Pietro Ful-
vio, nel modo che si descrive al-
l'articolo ClSTERCIEySI MONACHE, CSSCU-
do appunto tali quelle, che tuttora
sono nell'annesso monisteio, e sog-
gette al Cardinal protettore.
Paolo V ingrandì e riedificò il mo-
nistero, il cui coro interno di noce in-
tagliata è forse il più bello, che sia in
Roma. Entro l'ameno e vasto giar-
dino delle monache, si vede una
cisterna, il cui architrave, e pilastri
sono disegno e lavoro di IMichelan-
gelo Buonarroti. Da ultimo onorò
questo titolo il Cardinale Lorenzo
Corsini, cui lo diede Clemente XI,
nel 1705, giacché nel lySo fu su-
blimato al triregno, ed assunse il
nome di Clemente XII. L' interno
della chiesa ha una sola nave, il
cui pavimento tuttora conserva al-
cuna traccia dell'anlico. Pcicco è il
soffitto d'intagli, e doralure, avente
le pareti ornate di pitture esprimen-
ti le storie della casta Susanna ebrea,
eseguite a fresco da Baldassare Cro-
ce ; ma le prospettive di tali dipin-
ti sono del p. Zoccolino teatino,
come le statue di stucco, che le
frammezzano, sono del Valsoldo. Dal-
la tribuna si scende per una scala
a due bracci alla confessione, la qua-
le occupa un vasto spazio sotteira-
iieo, e vi si venerano i corpi di s.
Felicita, e le reliquie de' suoi figli
martiri. 11 quadro poi dell'altare
maggiore rappresenta s. Susanna
CHI 53
morta, opera del siciliano Laureti ;
le pitture della tribuna, e l' assun-
zione della b. Vergine, sono del pen-
nello dell'orvietano Nebbia. Al lato
destro del detto altare evvi il mar-
tirio di s. Susanna, che con altre
ligure superiori nel pilastro, e fuo-
ri dell'arco dipinse il Nogari. L'i-
storia di contro è del mentovato
Croce, ch'è pure autore dei freschi
esteriori dell'arco. A mano sinistra
si vede la magnifica cappella di s.
Lorenzo, e nella parete destra è il
deposito, che Camilla Minio pittri-
ce, eresse al genitore Filippo Valle,
scultore del secolo decorso.
S. Teodoro, già diaconia Carcliimli-
zia, in cura dell' arciconfralcrnila
del ss. Cuore di Gesìi, delta dei
Sacconi^ nel rione Canipitelli.
Di questa antichissima chiesa, già
tempio rotondo di Romolo, volgar-
mente detto s. Tota alle radici del
Palatino, o, come altri dicono, fab-
bricata sugli avanzi del tempio di
Giove Statore, o di quello di Vesta,
già se n'è parlato nel voi. II del Di-
zionario a p. 3 1 3, trattando di quel
sodahzio. Solo qui daremo altre no-
tizie su questa chiesa , posta nella
contrada, ch'ebbe nome di Vico
toscano, perchè vi abitavano mer-
canti ed artisti toscani. Fu questa
diaconia la nona regionaria istituita
da s. Iginio Papa del i54, alla
quale presiedeva il diacono Cardi-
nale regionario della settima diaco-
nia, di cui si ricorda un tal Celio
Giovanni, diacono di questa chiesa,
nel sinodo romano, celebrato nel
499 dal Pontefice s. Simmaco; chie-
sa, che s. Gregorio 1 dedicò all' in-
vitlissiino martire s. Teodoro, del
quale la Chiesa celebra la festa ai
9 novembre. Il volgo poi lo chia-
.54 CHI
mò santo Tutu per Ja tli lui tenera
età, ed al patrocinio di esso santo
rieorrono i genitori pe' loro fanciid-
li. Essa fu in proj^resso restaurata
da Adriano I : quindi da Nicolò V,
che conservò le forme anliclie, e
fece dipin;^cre sulla ])orta la na-
scita del Salvatore ; dal Cardinal
Francesco Barberini, nipote di Ur-
bano VIH, verso il i<)74; e poi
da Clemente XI, che còll'opera del
cav. Carlo Fontana, nel i7o5, iso-
lò l'ediflzio per liberarlo dall' umi-
dità del teri apieno da cui era cir-
condato, aprì una piazza avanti ,
munendo di cancelli lingrcsso , ab-
bellì i tre aitali, ed il maggiore
decorò con marmi mischi, sul rpia-
le evvi un «juadro di s. Teodoro
del Zuccari. 11 magistrato romano
ogni anno, nel dì della festa di san
Teodoi'o , fa in questa chiesa la
olTerla di un calice d'argento, e di
quattro torcie di cera.
Onorio li, nel i 17.5, conferì que-
sta chiesa in diaconia ad Ugo Ge-
vemei arciprete della basilica vati-
cana ; e Giovanni XXII, in Avigno-
ne, la diede, nel i3i6, al celebre
Cardinal Gio. Carlo Orsini, morto
colà nel i355. Ma nel pontificato
di Sisto V restò soppressa la dia-
conia, sebbene , secondo il Piazza ,
Gerarchia Curdinalizia, p. 735, fu
da Urbano Vili temporaneamente
ripristinata in fiivore del Cardinale
Teodoro Trivulzi. Prima era colle-
giata di canonici , e poi sotto Cle-
mente XII fu concessa alla lodata
arciconfraternita. P^. Fi-ancesco Ma-
ria Toriigio, Istoria del martirio di
■s. Teodoro, Roma i634, nel qual
libro, oltre la vita del Santo, si
tratta anco di questa sua chiesa ;
nonché Francesco Cecconi, Memo-
rie storiche dell' insiirne diaconia di
o
o. Teodoro martire, situata alle
CHI
raffici del monte Palatino, Roma
1710.
S. Teresa alle (/icaltro fontane ,
delle carmelitane scalze riforma-
te, nel rione. Monti. V. Carme-
litane MONACHE.
Il senato romano, in ogni decen-
nio, in vigore di rescritto fitto da
Pio VII ai 22 settembre 1804, nel
dì della festa di s. Teresa^ ai i5
ottobre, fa in questa chiesa la pia
oblazione di un calice di argento
con sua patena, e quattro torcie di
cera.
S. Tom M. ISO di Cantorbery , del
collegio inglese j nel rione Regola.
V. Collegio inglese.
S. Tommaso in Foi-mis, del Capi-
tolo f^aticanOj nel rione Campi-
telli. V. Chiesa di s. Pietro iv
Vaticano, nel fine dell'articolo.
S. Tommaso in Parione , titolo
presbiterale Cardinalizio , con
parrocchia, nel rione di Parione.
Vuoisi edificata nel i 1 3«^ dal
Pontefice Innocenzo II, che la con-
sagrò solennemente ai 2 1 dicembre
di detto anno, giorno in cui ap-
punto la Chiesa universale celebra
la festa di s. Tommaso apostolo,
cui è dedicata. Prese il nome di
Parione da quello del rione, per-
chè in esso abitavano i cursori , o
mandatari, che in latino chiamansi
apparitores. Verso l'anno i4^4 '^
Cardinal Stefano Nardini di Forlì
fondò l'annesso collegio, che prese il
nome di Collegio Nardini [l'aedi), e
doveva servire a ventisei giovani stu-
denti, ed un palazzo, il quale servì di
residenza al tribunale del govei-no, e
CHI
dei [trelati governatori di PLoma,
per cui quando tali residenze furo-
no traslerite ove sono , al palazzo
e alla contrada rimase il nome di
governo vecchio. Nella celebre pro-
mozione, che Leone X fece, nel
I?i7, di trentuno Cardinali, eresse
la chiesa al grado di titolo Cardi-
nalizio, nominandovi per primo il
Car<linal Lorenzo Campeggi da lui
creato nella stessa promozione ; e
poscia Clemente VII, nel iSat), la
diede per titolo al Cardinal Giro-
lamo Doria. Fra i Cardinali, che
onorarono questa chiesa, vi fu il
b. Gregorio Barliarigo veneziano, cui
l'nssegnò Alessandro VII, quando, nel
1660, da lui fu aggregato al senato
apostolico. S. Filippo Neri vi volle
prendere tutti gli ordini sagri, me
no quello di diacono, che prese nel-
la basilica Kiteranense, ed allora il
santo era nell'età di trentasei an-
ni ; i primi ordini li prese nel me-
se di marzo da Giovanni Lunelli
vescovo di Sebaste, vicario genera-
le di Giulio IH, e il sacerdozio nel-
la Pentecoste. Ciò avvenne in que-
sta chiesa forse perchè il detto ve-
scovo vi abitava vicino.
Della confraternila de' ss. Gio.
Evangelista e Nicola de' Copisti, in
s. Tommaso in Pavione, tiatta il
Piazza, nelle sue Opere pie di Ro-
ma, a pag. 661 , e seguenti. Essa
ebbe origine sotto Pio IV , nel
1 56 [ , ma in progresso si estinse.
In questa chiesa fu pure fondata
nel secolo XVII la confraternita
delle missioni, la tjuale poi passò a
s. Giuliano in Banchi. j\el pontifi-
cato di Gregorio XIII , e verso
l'anno i582, Mario e Camillo Cer-
rini nobili romani, con molta spesa,
e con disegno di Francesco Volter-
ra fecero restaurare, ed abbellire
questa chiesa. Il quadro dell' altare
c ri I 55
maggiore fu colorito dal p. Cosi-
mo cappuccino, che vi espresse san
Tommaso apostolo in atto di ora-
re. Il quadro dell'Annunziata, e dei
ss. Gio. Evangelista, e Nicola di Bii.-
ri, posto suir altare a sinistra, è o-
pera di Pomerancio. Nell'altare 0[)-
posto la Concezione è pittura del
Passeri. Nella prima cappella poi a
mano destra di chi entra evvi il
quadro di s. Filippo , cioè la sua
ordinazione , dipinto dal cavaliere
Giacomo Conca, il quale seppe su-
perare le dlllicoltà de' para menti ros-
si, che hanno i sagri ministri.
Questa chiesa fu frequentata dalla
matrona s. Francesca Promana. Al-
tre notizie di questa chiesa si pos-
sono leggere nel Bovio , La pietà
trionfante, pag. 187, della chiesa
di s. Tommaso in Pai-ione, filiale
dell' insigne basilica di s. Lorenzo
in Damaso di R.oma. Il Cancellieri,
a pag. 66 del suo Mercato, confuta
lo Sprengero, il quale nella Roma,
nova, aveva scritto, che sulla poita
di questa chiesa appendevasi la
tabella degli scomunicati , che non
avevano adempito alia comunione
del precetto pasquale.
S. Trifone nel rione Ponte. V.
Chiesa, di s. Agosti vo, ed Arci-
CONFRATERXITA DEL SS. SaGRAMEN-
To nella chiesa di s. Trifone.
SS. Trinità' de' Signori della Mis-
sione, nel rione Colonna. V. Si-
gnori DELLA Missione.
SS. Trinità' dell' arcicoufraternita
de' Pellegrini, nel rione Regola.
V. ArciconfrateRxNita della ss.
Trinità' de' Pellegrini.
11 senato romano ogni anno, per
la lesta della ss. Trinità, fa a (jucr
SG CHI
sta chiesa l' oblazione d' un calice
d'argento, e quattro torcic eli cera.
SS. Trinità' de pp. Trinitarj cal-
zali, nel rione Canipomnrzo. V .
Trinitari Ordine religioso.
SS. Trinità' de' Monti al Mon-
te Pinci o, titolo Cardinalizio in
cura delle monache del Sagro
Cuore, nel rione Camponiarzo.
Questa chiesa si chiama della ss.
Trinità de monti, al monte Pincio,
<) colle degli ortidi, perchè dedica-
ta alla ss. Trinità sul monte Pin-
cio da quel senatore romano , che
ivi fabbricò un sontuoso palazzo ,
detto poi in Pincis, dai famosi orti
di Lucidlo, e di Sallustio , che per
la loi'o amenità deliziosa , servirono
di diporto ai romani imperatori ;
chiamato poi venne il colle col di-
minutivo di oriuli da quelli, che
nel declivio del monte piantarono
molti particolari. Su questo colle, e
alle sue falde fu la basilica di s.
Felice prete e martire , chiamata
ne* Rituali in Pincis, in cui eravi
la stazione a' i4 gennaio, e la quale
era in tanta venerazione, che s. Gre-
gorio I vi recitò la IX omelia sul-
r evangclo. Vari sci ittori però sono
di parere, che tal basilica non dalla
porta o palazzo Pinciano si chia-
masse in Pincis, ma perchè s. Fe-
lice fu martirizzato colle punte di
ferro o lesine, che si dicono Pince.
11 detto palazzo del senatore Pin-
ciano, era sì splendido, che Cassio-
doro per ordine del re Teodorico,
scrisse a' romani , che mandassero
a Piavenna i marmi della casa Pin-
ciana. In questo palazzo abitò , nel
oab, Belisario allorquando liberò
Roma dall' assedio de' goti , ed ivi
fatto chiamare il santo Pontefice
CHI
Silvcrio, lo calunniò d" intelligenza
co' nemici, e l'esiliò ncll'iscjla Pai-
maria: ingiustizia, che poi Dio punì
col far cadere Belisario in tlisgra-
zia dell'imperatore Giustiniano II,
pure per calunnia, per cui gli ven-
nero cavati gli occhi , e ridotto a
mendicare alla porta di Costantino-
poli , colle note parole : Date obu-
Inni Belisario.
Venendo all' origine di questa
magnifica chiesa, e del sontuoso
convento, è a sapersi, che mentre
s. Francesco di Paola , fondatore
de' minimi da lui detti Paololli, si
trovava in Francia, ottenne dal re
Carlo Vili il permesso di fondare
in Roma un convento pel suo Or-
dine, massime pei religiosi francesi,
per cui mandò i religiosi Giaco-
mo di Pulisio, e Giacomo di Mon-
tano, con regie lettere al Cardin;d
Gio. Villiers de la Grolaye o Grau-
lois, ambasciatore presso Alessan-
dro VI. Quindi s. Francesco si re-
cò egli stesso in Roma, ed insieme
a due suoi religiosi , prescelse di
fondarlo sid monte Pincio, ove ora
sorge la chiesa. Questo sito nel 149^
era stato acquistato dal veneziano
Daniele Barbaro per mille cinque-
cento fiorini; ma poi per la mede-
sima somma lo cedette ai religiosi,
per cui a' 20 marzo si stipulò il
contratto. Non andò guari, che per
la conquista del reame di Napoli ,
e con poderoso esercito Carlo VIII
si avviò per Pioma, entrandovi a' 3 i
dicembre i494> e tanto gli piacque
tale scelta, che per l' erezione del
tempio donò trecentoquarantasette
scudi d'oro ; e passando a Napoli
ordinò al Cardinal Grolaye, di som-
ministrare altra somma più rag-
guardevole. Con questi, ed altri pii
soccorsi fu nel luogo edificata una
cappella sotto l' invocazione della
CHI
ss. Trinità, ed una piccola casa poi-
abitazione de' religiosi ; indi a' 20
lebbraio i49^> Alessandro VI ap-
provò r acquisto, e la donazione del
re di Francia.
Mentre Carlo Vili voleva ingran-
dire la chiesa e la casa, mori nel
1498, e gli successe Ludovico XII,
dal quale s. Francesco ottenne la
somma di seimila lire tornesi, som-
ma che poco dopo il novello re fe-
ce nuovamente somministrare per
le istanze del medesimo santo, e del
Cardinal Brissonet , vescovo di s.
IMalò , il quale a sue spese man-
dò in Roma molti marmi per co-
struire l'altare maggiore, che anco-
ra esiste. Dopo che nel detto anno
1498 erano state gettate le fonda-
menta della presente chiesa , nel
meglio ne rimase sospesa l' edifica-
zione, a cagione della morte di Ales-
sandra VI, seguita nell'agosto i5o3,
per cui solo dodici anni dopo ven-
ne riassunta la fabbrica. Intanto
Leone X nel canonizzare nel i5ir)
s. Fi-ancesco di Paola, somministrò
considerabili doni s\ per la chiesa ,
come pel convento della ss. Trinità.
Nello stesso anno la regina Claudia,
moglie di Francesco I, diede una
somma di danaro per progredire
nella fabbrica della chiesa ; e suc-
cessivamente Carlo IX nel i56i
donò al convento novemila tornesi,
ed Enrico III nel i584 offri mille
scudi d'oro per la facciata esterna,
e pei campanili, alla costruzione dei
quali però supplì il Cardinal Fran-
cesco di Giojosa con mille duecento
scudi , perchè la suddetta somma
appena fu sufficiente alla facciata.
Essendo molto incomode le scale,
che conducevano all' ingresso della
chiesa, Sisto V, nel i58T, ne fece
costruire una nuova a due bracci ,
che tuttora esiste ; ed apri una sli-adu,
CHI 57
la quale dal suo antico nome chia-
mò Felice, che direttamente con-
ducesse alle quattro Fontane, e al-
la basilica liberiana. Oltre a ciò,
nel 1387, eresse in titolo Cardina-
lizio la chiesa, che poi nel i5q3
fu consagrata, in uno all'altare mag-
giore, dal Cardinal Giojosa. Il pri-
mo titolare di questa chiesa fu Car-
lo di Lorena, cognato del re En-
rico II, che Sisto V ivi trasferì dal-
la diaconia di s. JMaria in Coranica.
Il secondo fu il predetto Cardinal
Giojosa, fatto pure da Sisto V nel
i588. Gli successero progressiva-
mente i Cardinali seguenti. Nel
1594, Pietro di Gondi, vescovo di
Parigi; nel 1626 Dionisio Simone
de Marquemont, arcivescovo di Lio-
ne; nel i63G Alfonso de Richclieu,
arcivescovo di Lione; nel i6j3 An-
tonio Barberini; nel i655 Girola-
mo Grimaldi; nel iG8q Cesare d'E-
strees, senza dire di altri Cardinali
titolari.
Siccome dalla parte della piazza
di Spagna, cioè avanti il prospetto
esterno della chiesa, eravi uu ine-
guale scoglio coperto d'alberi, ascen-
devasi alla piazza della chiesa per
tortuose stradelle. L'ambasciatoi'e di
Francia Stefano Gouffier, che morì
in Roma nel 1660, lasciò i fondi
per costruire la magnilica scalina-
ta, che ora ammirasi ; perciò ven-
ne incominciata nel pontificato d'In-
nocenzo XIII dall'architetto Ales-
sandro Specchi, e compita nel 1725,
in quello di Benedetto XllI, dal-
l' architetto Francesco de Sanelis.
Poscia nella piazza avanti la chiesa,
nel 1789 col mezzo dell'architetto
Antinori, Pio VI collocò l' obelisco
Sallusliano a decoro del luogo. Ma
poco dipoi per le vicende della re-
pubblica francese, nel 1799, 1;^ chie-
sa fu spogliata de' suoi quadri , e
58 CHI
nel convento alloggiarono i soldali,
por <:iii (li'i:a(l(l(;i'o la cliiosa e il con-
vento dal primiero splendore. Accorse
a tulle le opportune ii[)ara7,ioni nel
181G la pielù del re Luigi X.V11I, e
il religioso zelo del conte di Blacas
suo ambasciatore a Pio VII , ese-
guendole con perizia l' architetto
francese IMa/ois. Perlocliè a' 2 5
agosto, testa di s. Ludovico IX i-e
di Francia, essendo stata purifica-
ta la chiesa, monsignor vescovo di
Ortosia bened'i la chiesa, e le cap-
pelle, e solennemente vi celebrò la
messa, e venne cosi ridonata al di-
vin culto. Leone XII nel 1826 ap-
provò l'istituto h'ancese delle dame
del sagro Cuore di Gesù, fondato
da Sofia Barra, per l'educazione delle
nobili donzelle, e pegU esercizi spiri-
tuali, e pubbliche scuole gratuite di
quelle povere. Neil' anno seguente
furono collocate queste monache nel
convento già abitato dai Paolotti ,
ed a loro fu pure concessa la chiesa;
istituto che grandemente fiorisce, e
di cui fu generosa benefattrice la
marchesa Teresa Audrosilla, e più
volte meritò di essere visitato dal
Papa regnante.
La facciata della chiesa è sempli-
ce, ed ha nei lati due campanili.
Al piano di essa si ascende per una
scalinata a due bracci , e vi si en-
tra per un' unica porta. Molte sono
le cappelle, che si distinguono per
ornati, dipinti antichi e moderni ,
ed altri pregi , ma a seconda del
nostro proponimento, tarenio men-
zione soltanto delle principali. L'al-
tare dell'Assunzione ha per cpiadro
un dipinto di Daniele da VoUeri-a,
o disegnato da lui, ed eseguito dai
suoi scolari , nel quale si vede il
ritratto di ]Michelani!«lo Buonarro-
ti ; e nella cappella vi sono altri pre-
gevoli dipinti. Nella cappelletta del-
CIII
l'Annunziata, questa coloiù Federico
Zuccari. Nella cappella Massimi ev-
vi l'apparizione del Redentore ri-
sorto , a s. Maddalena, di Oiulio
Romano, cui pose mano anco Fran-
cesco Fattori : ne' laterali vi sono
pitture di Pierin del Vaga. Nella
cappella degli Orsini, Daniello da
Volterra molto dipinse; tutto però
perì, ed al celebre fresco della de-
posizione della Croce ebbe a diret-
tore il suo maestro Buonarroti.
Nel 1 8 1 I si trasportò per conser-
varlo sulla tela, ed ora il valente
incisore Pietro Folo ne ha maestre-
volmente terminata l' incisione in
rame. Nella cappella de' Borghesi i
freschi sono di Cesare Nebbia , di
cui pure era il Cristo dipinto a
olio ; ed oggi vi è stata collocata
la celebrata Deposizione di Daniel-
lo, che gl'intendenti pongono subito
dopo la Trasfigurazione, di Raffaele.
Nella crocerà poi si vedono a de-
stra le sibille e i profeti, e le altre
figure dipinte nella volta da un Si-
ciliano, scolare di Buonarroti ; e a
sinistra i profeti Isaia e Daniello ,
con altre storie relative alla b. Ver-
gine, colorite nella volta da Pierin
del Vaga, e da Checchino Salviati,
meno che le storie del transito della
Madonna, e della sua Assunzione al
cielo, che incominciate da Taddeo
Zuccari, furono condotte al termi-
ne dal fratello Federico. E degna
pure di menzione la pittura a fre-
sco d' ignoto autore, rappresentante
la processione fatta per la peste da
s. Gregorio I , e l'apparizione del-
l'Arcangelo s. Blichele sulla mole
Adriana, e siccome fu eseguita sotto
Leone X, si vede la sua effigie in
quella del precedente Pontefice. L'
aliare maggiore fu rimodernato,
ed abbellito con architettura di M.
Champagne, che diede anche i di-
CHI
segni pegli stucchi. In questa chie-
sa furono sepolti diversi Cardinah,
ed evvi il deposito di Claudio Ce-
lie di Lorena , detto il Lorenese ,
esimio pittore di paesi , a cui nou
ha guari fu eretto un hel monu-
mento nella chiesa di s. Luigi dei
francesi.
ISeir annesso monistero vi è un
bel refettorio, mutato oggi in ca-
mera da lavoro, la cui architettura
fu del gesuita p. Pozzi , che egre-
giamente ne dipinse la volta. jVelle
pareti del chiostro sono tutte di-
pinte a fresco le storie di s. France-
sco di Paola, e il cav. d'Arpino vi e-
seguì col pennello la di lui canonizza-
zione. Le altre sono del Ptoncelli, del
Semenza, e di Marco di Faenza. La
serie delle immagini dei re di Fran-
cia fu colorita da Avanzino INucci
di Città di Castello. Per non di-
lungarci di troppo, nou faremo men-
zione delle altre pitture. Per mag-
giori notizie sono tra gli altri a con-
sultarsi, Carlo Bartolomeo Piazza, La
Gerarcliia Cardiiializia ce. del Titolo
XLIII, della ss. Trinità de' Monti,
ed il Pauciroli, Tesori nascosti del-
Vahna città di Roma, pag. 70)0 e
seg. Il magistrato romano in ogni
biennio, })er la festa della ss. Cro-
ce, a questa chiesa fa l' oblazione
di un calice d'argento e di quat-
tro torcie di cera, a tenore del chi-
rografo di Paolo V de' 2 maggio
1606.
S. UnBjyo a Campo Carico, delle
ìiionaehe cappuccine , nel rione
Monti. V. CArrucci.vE di s. Ur-
bano.
Ss. f^ESASZio, RuFFiSA e Secon-
da al Latcìtino, nel rione Monti.
V. CuiESA DI s. Giovanni vs fox-
TE, o Battistkkio Latììra.vjì.xse j
e il 1 59
e CuiESA DI s. Giovanni in La-
TERANO.
Ss. Venanzio ed Aysuiyo de' Ca-
merìnesi, nel rione Cainpitelli. V.
Camerino, e Chiesa di s. Salva-
tore IN Lauro de' Marchegiaxi,
la cui nazione avea dai baslliani
acquistata la chiesa parrocchiale tli
s. Venanzio, e lasciando questa ,
passò a quella di s. Salvatore, co-
me dicesi a quell articolo.
SS. Vincenzo, ed Anastasio alle
tre fontane, o alle Accpie Salvie,
con abbazia, nel rione Ripa.
Questa chiesa è posta fuori del-
la porta Ostiense, oggi di s. Paolo,
vicino alla chiesina delle tre fonta-
ne, già detta ad Acpias Sah'ias,
della quale, e di altra premettere-
mo qui un cenno, che reputiamo
opportuno anco perchè ambedue
furono, e tuttora sono unite alla
chiesa de' ss. Vincenzo ed Anasta-
sio, e soggette alla giurisdizione del-
la celebre abbazia nullius di tal no-
me. Incomiucieremo a parlare della
prima Chiesa.
Chiesa di s. Maria in Scala Codi.
E situata in un luogo chiamato
anticamente ad Guttani j'iigiter ma-
nentem, cioè della goccia perpetua,
ovvero delle Acque Salvie, che ivi
saituriscono provenienti da un vi-
cino colle, o da una famiglia Sal-
via, della quale fu V iuq)cratore Ot-
tone, che ivi avea i suoi beni, od
una borgata. Parlando il iVibby
Analisi de' dintorni di Roma bnuo
III , delle tre fontane o Ac<pie
Salvie , dice che Gordiano, vicario
di Giuliano iuiperaluic, si convertì
alla li:de colla moglie JMarina i^-
Go CHI
sicnic air iiiU;i;i liitniglia nell'anno
3G2, e che JMarina fu ivi rilegata.
In quanto poi all'origine de! nome
Accjue Sahie, opina che derivasse
dalla qualità delle acque salutifere,
e medicinali, o perchè il fondo spet-
tava alla detta famiglia Salvia. Il
(ondo poi , o massa delle Acque
Salvie, nell'anno G04 fu donato da
s. (}regorio I alla basilica di s. Pao-
lo, ad cllelto che si arricchisse di
lumi il sepolcro del s. Apostolo.
Siccome questo luogo, lungi circa
tre miglia da Roma, a cagione del-
le circostanti paludi a vea l'aria mal-
sana, così dai gentili fu stabilito
macello dei martiri. Ivi patirono il
martirio s. Zenone con diecimila e
duecento tre compagni, de' quali si
fu jnemoria nel martirologio ai 9
luglio, dopo avere lavorato nell'edi-
licazione delle terme Diocleziane,
per cui i cristiani vi eressero una
chiesuola intitolata a s. Maria, cui si
aggiunse anche il nome di Scala Coe-
li, per la ragione che diremo. Ed es-
sendovi d'appresso trasportato a de-
capitare s. Paolo, nel luogo ove
spiccò la testa dal busto, venne e-
rctta alti-a chiesa col nome di san
Paolo alle, tre fonlaiw ad Aqaas
Salvias, di cui pur faremo (jui pa-
rola. Nella chiesa pertanto di santa
IMaria, celebrando un giorno s. Ber-
nardo (avendo avuto il vicino mo-
nistero, e chiesa de' ss. Vincenzo ed
Anastasio), a prò dei defunti, fu ra-
pito in ispiri to e vide una scala ,
che da terra giugneva al cielo, e
su essa ascendevano molte anime
imprigionale del purgatorio, per cui
d'allora in poi, la chiesa prese la de-
nominazione di y. Diaria Scala Codi.
Nel i582 il Cardinal Alessandro
Farnese, come abbate delle Ire fonta-
ne, cull'opcra del \ igiiola riedilicò
la chiesma dai fondamenti ; e poscia
CHI
il Cai (linai Pietro Aldobrandini,
altro abbate delle tre fontane, la
perfezionò coi disegni di Giacomo
della l*orta, per cui si vede di
forma semplice e leggera, avente
l' interno otto faccio. Egli fece com-
pire nella tribuna anco il musaico
da Francesco Zucca, presso i dise-
gni di Gio. de Vecchis, opera assai
stimata. Nel sotterraneo, ove si di-
scende per due scale, a sinistra tro-
vasi un altare, che da un lato è
una inferriata, la qual chiude il ci-
mitero detto di s. Zenone:;, pel sof-
ferto martirio co' compagni ed ivi
sepolti: dalla parte opposta, cioè
del vangelo, si vede una angusta
cameretta, in cui una pia tradizio-
ne dice essersi trattenuto s. Paolo,
prima di venire decapitato.
Chiesa di s. Paolo alle tre
fontane.
Fu portato quindi l'apostolo s.
Paolo al luogo del supplizio, ov' è
(juesta chiesa, la quale è detta di
s. Paolo alle tre fontane, perchè
nel tagliarsi dal manigoldo il capo
di esso santo, prodigiosamente spic-
cò tre salti, ed in ogni luogo ove
sbalzò la testa, subito scaturì una
lontana. Queste tre fonti pertanto
dai fedeli furono circondate, con eri-
gervi una piccola chiesa. Divenuta
anche questa diruta, il detto Car-
dinal Aldobrandini, quale abbate
delle tre fontane ( poiché tutto il
luogo circostante ne prese il nome j
nel 1 55g la fece ritabbricare dal
medesimo della Porta. L' interno
della chiesa è semplice ; le tre sca-
turigini si trovano decorate in for-
ma di tre altari, ornati di nicchie
con marmi, e colonne di verde an-
tico sovrastate da un basso rilievo
colla testa di s. Paolo, e l'acqua
CHI crii 6i
si beve dai fedeli per divozio- preferirono nasconderli per allora
ne. Presso il primo fonte evvi la dentro la stessa catacomba o cimi-
colonna con cui si ritiene fosse le- tero detto poi di Calisto, ove stet-
gato s. Paolo per decapitarlo. Vi tero del tempo, finché il corpo di
sono due quadri; quello della ero- s. Pietro fu restituito al suo sepol-
cefissione di s. Pietro, il quale è ero, rimanendovi quello di s. Pao-
copia di quello dipinto da Guido lo. Quindi Costantino, venerando la
Reni, che era quivi, ed in oggi si memoria dell'accaduto, all'imbocca-
trova nella galleria vaticana; e la tura delle catacombe, innalzo il
decollazione di s. Paolo, che è del tempio suo particolare a s. Paolo,
Passerotto. Le due statue dei pria- che ivi ancor giaceva.
cipi degli apostoli, sul frontone, so-
no di Nicolò Cordieri. V. Panciroli, Chiesa ed abbazia de ss. Vincenzo
Tesori, p. 65o, ed il Severano Me- ed Anastasio,
morie sagre p. 4'8-
Se vuoisi poi sapere perchè la Presso adunque i suddetti luoghi
patriarcale basilica di s. Paolo non delle tre fontane, ed acque salvie,
fu eretta in questo luogo, ma in il Sommo Pontefice Onorio I, per
quello ov'è ora tal basilica, si leg- illustrarlo maggiormente ad onore
ga l'articolo Chiesa o basilica di s. del dottore delle genti nell'occasio-
Paolo nella via ostiense. Tutta voi- ne che fa portato in Roma, per er-
ta non dobbiamo passar sotto si- dine dell'imperatore Eraclio, il cor-
inzio quanto ne scrisse un profon- pò di s. Anastasio monaco marli-
do archeologo. rizzato dai persiani per volere tlel
Il dottissimo avv. Fea, Lezioni re Cosroe, fobbricò verso il 62 5
sopra quattro basiliche Romane, questa chiesa, seppure non lo fu nei
dette Costantiniane, presso il t. Ili, 62(3, o nel 627. Il santo, essendo
p. 82 e seg. degli Atti de W Acca- prima mago, fu chiamato fllagun-
deniia Romana d^ Archeologia, col- dato; ma convertitosi alla fede , si
l'autorità di alcuni documenti dice, fece battezzare, e prese l'abito mo-
che i sagri corpi dei principi degli nastico, per lo che fu fatto dal re
apostoli furono derubati dai crislia- strangolare con altri settanta mar-
ni dell' oriente, i quali vennero in tiri, ed a lui venne pure troncato
Roma per riportarseli nelle loro il capo. Ciò non pertanto vuoisi,
parti, come loro concittadini. Costo- che Onorio I edificasse la chiesa
ro arrivati per la via Ostiense , in onore di san Paolo apostolo,
dove ora è la basilica, volendosi al- e poi la dedicasse ai santi Vin-
qnanto riposare, li nascosero nella cenzo ed Anastasio, ambedue mar-
vicina catacomba. Senonchè volen- tirizzati a' 22 gennaio, in cui se
do ripienderli per seguire il viaggio ne celebra la festa. San Vincenzo
onde imbarcarsi ad Ostia, furono fu diacono spagnuolo, onorato sino
per un terribile temporale talmente dal quarto secolo in tutta la chiesa
spaventati, che, abbandonando i sa- occidentale. Onorio I ripose in que-
gri corpi, se ne fuggirono. Soprag- sta chiesa la testa , e il corpo di
giunti i romani, accortisi del sagri- s. Anastasio, in uno alla di lui im-
lego attentato, per prudente consi- mngine, pur mandata a Pvoma da
glio non li riportarono in Roma, e Eraclio per mezzo di alcuni mona-
62 CHI
ci oricntnli Dia; il dialo i\il)l)v,
clic in origine la chiesa fu dedicata
a s. Maria, die il corpo di s. Ana-
slasio vi fu portato piii tardi, e
probabilmente da Teodoro I, il
(jnale fa creato Papa Tanno G42,
V inoltre lo assegnò ai monaci del
contigno monistero da lui fljiidato.
11 Panvinio però attribuisce la fon-
d:ì7.ione del monistero anche ad O-
norio I, e il conferma il Tangellino
nelle Notizie delle haxilichc CisLev-
licnsi^ par. IV. Certo è, che in ap-
presso il corpo di s. Anastasio, dal
Pontefice s. Leone III, fu traspor-
tato al Laterano, e si venera nella
eappella di Snuda Sauctomm. Nel
secondo concilio Niceno si parla
della prima traslazione del ct)rpo,
e della immagine di s. Anastasio a
Cesarea di Palestina, e della solen-
nità colla quale fu ricevuta dal po-
polo, mentre i miracoli operati fu-
rono riferiti dallo stesso concilio per
corroborare la venerazione dovuta
alle sagre immagini. Della grande
divozione de' fedeli verso la testa ed
immagine di sant' Anastasio, e dei
prodigi operati da Dio a di lui in-
tercessione, trattano il citato Seve-
rano a pag. /^i\ e seg., ed il Piaz-
za nel tomo I del suo Eincrolo"io
(li Roma a 2-2 gennaio, dove pure
parla delle glorie del martire san
Vincenzo. Non deve tacersi quanto
racconta il predetto Severano sulle
leliquie di s. Anastasio. Esse furo-
no involate dalla sua chiesa, ed oc-
cultate nella sagrestia di s. Maria
in Trastevere; ma nell'anno i4o8,
in cui regnava Gregorio XII, aven-
dolo saputo i conservatori di Pioma,
vi si recarono accompagnati dal po-
polo romano, e rompendo una cas-
sa, vi trovarono due tabernacoli ,
uno doralo e smaltato colla testa
di s. Anastasio, e l'altro piccolo di
Clil
cristallo cerchialo di argento dora-
to, ov' era d(;l cervello del mcidesi-
nio santo; e tutto con religiosa
pompa riportarono a questa sua
chiesa, o basilica.
Che la chiesa abbia preso il nome
de' ss. Vincenzo ed Anastasio, dacché
vi furono collocate le loro reliquie in-
signi, lo attesta il Tìaronio nelle Anno-
tazioni al HLirlirologio Romano frollo
il di 22 gennaio, a causa delle pro-
digiose griarigioni, che si otteneva-
no per l'intercessione di s. Anasta-
sio, come riferisce lo stesso Baronio
ali anno 71 3, ^ '^j e all'anno fi?-",
§ 22. Piìi cose ancora raccontano
i Bollandisti di tali guarigioni al dì
22 gennaio. Essendosi dipoi incen-
diato, forse per incuiia de' monaci,
il batlisterio, che in onore di s. Gio.
Battista avea edificato Teodoro I,
come pure il monistero e la chiesa,
Adriano I, verso l'anno 780 , ma-
gnificamente ristaurò 1' uno e l'altra,
come alTerma Piiccardo monaco Clu-
lìiacense; ma dall' immediato suo
successore s. Leone HI, fu rifabbri-
cata da' fondamenti ed arricchita di
ornamenli ed arredi sagri , verso
l'anno 79^- Quindi, come diremo
poi meglio, Carlo Magno imperato-
re donò alla chiesa pel suo mante-
nimento, molte lene, e castella, cioè
Orbetello, Cassarbio, Ansidonia, Mon-
te Argentario, Giglio, Altrecosta ,
Acquapiteno, Monte Acuto, Serpena,
Massigliano , Sciapilazio , e Monte
Gianuzio. Il IMalvoIti però, storico
della città di Siena, porta la ragio-
ne delle donate terre, e della testa
di s. Anastasio quivi riposta. Egli
pertanto presso il Torrigio, in Chrypt.
l'atic, racconta quanto qui ripor-
tiamo. Dopo di avere Carlo Magno
soggiogato molte città, e castella dei
longobardi, fra quelle di Siena vi
fu Ansidonia, che fece una valida
CHI
resislciiza ; ma nicntro progrecìiva
! l'assedio, essendo cadala la lesta di
B s. Anastasio monaco e martire, al
cui onore era dedicata una chiesa
vicina, r esercito di Carlo Magno
fece una divota processione, col ca-
po di detto santo, laonde il popolo
di Ansidonia spontaneamente si ar-
rese. Sembrando al pio monarca,
clie ciò fosse avvenuto ad interces-
sione di s. Anastasio, donò Ansido-
nia, ed altre terre di Siena presso
il mare alla chiesa de ss. Vincenzo
ed Anastasio in Pioma, insieme alla
testa del santo, che forse eragli sta-
ta involata dai longobardi, e quindi
(lall imperatore ricuperata, venendo
collocata in un ricco reliquiario in
forma di tabernacolo, avente intorno
leggiadramente disegnati i dodici
castelli summentovati donati alla stes-
>a chiesa, cui per altro nel secolo
i decorso fu surrogato un altro reli-
I qniario di argento.
Accertasi adunque , che Carlo
Magno dotò questa chiesa di cit-
tà, terre, castella, e porti maritti-
mi, e lo asserisce anche il celebre
Ferdinando Uglielli, nella sua Ilalia
■'f/^ra, dove parlando de' vescovi o-
stiensi, ne riporta pure i privilegi :
ed il Panciroli, ed il Severano par-
lando di questa chiesa, dicono che
tali possedimenti furono dati in feu-
do dai sovrani Pontefici. Ma nel
fare la storia di questa abbazia al
termine di questo articolo, diremo
positivamente quanto riguarda i luo-
ghi donati, ed altre cose.
Innocenzo [I, verso l'anno ii36,
risturò il moni>tero, perchè era ro-
vinato, e vi chiamò da Chiaravalle
s. Bernardo abbate co'suoi monaci
cistcrciensi per abitarlo, ed insieme
uilìziare la chiesa, assegnando perciò
varie possessioni. Quinili s. Bernardo
VI pose per primo abbate il monaco
C li I 63
Pietro Beinardo da Monte Magno,
della famiglia Paganelli pisana, il
quale per la sua santità e dottrina,
benché non fosse Cardinale, ai 26
febbraio 1 1.4^5 fu eletto Papa col
nome di Eugenio III. Successiva-
mente nel monistero fiorirono per-
sonaggi chiari per dottrina, santità
di vita, e dignità ecclesiastiche. Ri-
dotta la chiesa sotto i cistcrciensi in
florido stato, il Pontefice Onorio III
nel 1221 la consagrò in onore del-
la b. Vergine, per cui sotto il por-
tico si vedeva la di lui elìlgie di-
pinta, insieme ad altre pitture ri-
guardanti Carlo ìMagno, di maniera
rozza, le quali vennero guaste dal-
le intemperie, e dai secoli. In segui-
to l'abbazia divenuta cotanto cele-
bre, fu data in commenda ai Car-
dinali. IMentre la possedeva il Car-
dinal Giuliano de siedici, nel ijaS
fu eletto Papa, ed assunse il nome
di Clemente VII; ed avendola data
Sisto V al Cardinal Ippolito Aldo-
brandini, in premio della concordia
stabilita tra il re di Polonia Sigis-
mondo, e l'arciduca d' Austria ì\Ias-
similiano, nel 1592 1' Aldobiandini
divenne Papa Clemente Vili. Ne
furono pertanto abbati commenda-
tari amplissimi Cardinali, e vari ni-
poti de' Pontefici. In seguito Cle-
mente XII nel 1733, risarcì il mo-
nistero, ed operò varie riparazioni
alla chiesa, facendo pure altrettan-
to a' nostri giorni Leone XII, che ri-
movendone i cistcrciensi , ivi pose i
minori osservanti, cioè nel iSaS.
La chiesa viene preceduta da un
porlichetto , Sostenuto da quattro
colonne di marmo, con capitelli io-
nici, opera rifatta da Onorio III.
L" interno è a tre navi, divisa cia-
scuna da nove pilastri. I primi pi-
la^tii da ciascuna parte furono chiu-
si entro un muro moderno. Le pit-
^4 CHI
Itirc (loHiillarc maggiore si liton-
i,'oii(» ])('!■ antidiissime; e i dodici
aposloli, r.Uc ornano i pilastri, furo-
no coloriti sopra i cationi di llaf-
liicllo, e si pretende clic sieno copie
di fpielli dipinti dallo stesso RatThcl-
lo, nella sala di chiaro-scuri del pa-
lazzo Valicano, le quali vennero ri-
prodotte nella cappella l*aolina del
palazzo Quirinale per ordine di Pio
VII. Dalla parte sinistra dell'altare
maggiore si vede la memoria sepol-
crale del nominato p. Ferdinando
Uglielli, celebre per la sua dottrina
ed erudizione, che essendo monaco
cistcrciense , e fatto abbate di que-
sto insigne inonistero, vi mori a' 19
maggio 1670.
Ahhtizia nullius delle tre fontane.
Di questa abbazia, che nell'ordine
gerarchico è delle primarie, oltre
quanto si disse di sopra, faremo qui
distinta parola per l'unità dell'argo-
mento. Mosso il Pontefice s. Leone III
dai prodigi, che operava Dio ad in-
tercessione di s. Anastasio, e mosso
per essi anche l' imperatore Carlo
Magno, assegnarono molte città,
luoghi, e beni con magnanima gene-
rosità al monistero contiguo, ed alla
chiesa e basilica, che Onorio I eres-
se in onore della b. Vergine Ma-
ria, e poi chiamata de' ss. Vincenzo
ed Anastasio per le dette l'agioni,
con assoluta giurisdizione, come si
rileva dal diploma riportato dall' U-
ghelli ueW Itt/lia sagra, libro I, col.
65, e dal Marganno nel Bollano
delle Costituzioni, tomo li, cosi. 2.5.
Tra i luoghi principali donati si
noverano la città di Ansidonia, il Ca-
stello di Orbetcllo, le isole del Gi-
glio ec. nel gran ducato di Tosca-
na, coi rispettivi territori. Per ri-
guardo poi alla giurisdizione ecclc-
cni
siaslica, ecco quanto si legge nel
diploma citato: >» Insuper conce-
» dinius tibi , praefate martyr
» Christi, tuisque successoribus in
'> perpetuum omues Ecclesias, quac
'» infra comitatum, et assignationem
'> hujus territorii sunt, vel us(jue in
» fìnem mundi erunt, ut exinde fa-
>i ciatis qtiodcumque volueritis vos,
» et servi tores vestri in perpetuum,
» ponendo rectores, dejiciendo, prò
" meritis eos clericos mittere, et
» ad vestram utiiitatem omni tem-
" pore tenere, et nuUus alius, ni-
'> si solus summus Pontifex, et in
" praefalis ecclesiis iuterdictum po-
>» nere, vel aliquem clericum ex-
'> communicare nisi rector jam dictae
'5 ecclesiae s. Anastasii possit, et nul-
» li licitum sit infra terminos cou-
» stituere, vel aeditlcare nisi prò vo-
« luntate abbatis s. Anastasii ".
Per lungo tempo presiedette al
monistero l'abbate di s. Paolo fuori
delle mura, finché il Pontefice In-
nocenzo II, negli anni ii3G, ir 38,
o I i4o, vi chiamò i monaci cistcr-
ciensi, rimovendone quelli di s. Be-
nedetto, secondo quel che ne dice il
mentovato annalista Earonio al to-
mo XII Animi, p. 178. La chiesa
nel menzionato anno fu con rito so-
lenne consagrata da Onorio III, co-
me fa testimonianza anche l'iscri-
zione in pietra situata presso l'alta-
re maggiore. Si costumò di dare
questa abbazia in commenda, per
cui Eugenio IV nel i444 l assegnò
a certo p. Angelo monaco di san
Salvatore di R.iese, ed abbate di s.
Apollonio di Canosa, al quale suc-
cedette il Cardinal Bernardo, ©Be-
rardo, vescovo di Spoleto. Da que-
sta epoca in poi sino a'nostri giorni,
si è usato di conferire l'abbazia in
commenda ad un Cardinale, ed at-
tualmente la gode il Cardinal Co-
CITI
stmUino Palrizi romano, vicario di
Roma.
Sebbene questa abliazia fosse ri-
spettabile possedendo molte città ,
luoghi, e beili, come si è detto, e
come più cliiaramente si rileva dal-
la costituzione di Alessandro IV al-
l'anno 1255, riferita dall' Ughel li al
tomo I ; tutta volta soffrì essa pure
negli antichi tempi quelle stesse vi-
cende, alle quali sono stati soggetti
ai giorni nostri i monisteri e i luo-
ghi pii. Mentre poi era abbate com-
mendatario il Cardinal Alessandro
Farnese, nipote di Paolo III, otten-
ne che fossero separati dal moni-
stero di s. Paolo della basilica O-
stiense, i castelli di Ramiano, il qua-
le ora è diroccato, di s. Oreste, e
di Ponzano, unitamente al moni-
stero di s. Andrea detto in Flami-
ne, e di s. Silvestro al Soratte , e
coi rispettivi casali, beni, territori, e
diritti spettanti, non solo al dominio
dei beni dell'abbazia, ma pur anco
alla doppia giurisdizione, che vi eser-
citava il monistero di s. Paolo, li
unì, e li assegnò in perpetuo alla
abbazia de' ss. Vincenzo, ed Anasta-
sio, come pili diffusamente si rac-
coglie dalla bolla di concessione, o
di permuta dei detti castelli col
monistero di Fontevivo nella dioce-
si di Parma, attinente a questa ab-
bazia, e col titolo di permuta ap-
plicato al monistero di s. Paolo ;
nelle quali lettere apostoliche i detti
castelli s' intitolano Nullìus Dioece-
sis. Di questa permuta molto si
parla nell'altra bolla del medesimo
Pontefice all'anno i548; e tuttociò
trovasi registrato nell' archivio del
monistero di s. Paolo.
Per quanto poi spetta alla fon-
dazione de' due nominati monisteri
di s. Andrea in Flamine, e di san
Silvestro al Soratte, non vi è certa
voL. xni.
CHI 05
notÌ7Ìa, rimanendo il tutto nascosto
nelle tenebre dell' antichità. Forse
non si andrebbe lungi dal vero se
si fissasse la loro fondazione al prin-
cipio del sesto secolo, quando cioè
s. Benedetto capo de' monaci di oc-
cidente, unito il suo zelo a quello
de' suoi compagni, fondò simili mo-
nisteri in Italia, e se ne videro co-
struiti alcuni anche nei luoghi no-
stri. Di fatti s. Nonnoso, protettore
di s. Oreste, il quale fiori nel se-
colo sesto, presiedette come abbate
al monistero del Soratte, sotto l'invo-
cazione di s. Silvestro. D'altronde,
che circa la metà del secolo ottavo
il monistero fosse già celebre, si
arguisce dall' essersi nel medesimo
ritirato il b. Carlomano fratello di
Pipino con alcuni compagni , i
quali vestirono l' abito monastico.
Crede poi il p. Kircker, nella sua
Storia Eustachiana, che la chiesa
annessa di s. Silvestro ripeta la
sua origine sino dai tempi di Co-
stantino, e che fosse da lui dedicata
in onore dei ss. Apostoli Pietro, e
Paolo.
Due cose però sono fuori di (hil>-
bio ; una cioè che i due sopraddet-
ti monisteri, con tutti i loro beni
e diritti, furono anteriormente sog-
getti all'abbate di s. Paolo , come
già fu premesso, aggiugnendosi ora
per ciò che riguarda il monistero
del Soratte, che la sua unione a
quello di s. Paolo accadde nel Pon-
tificato di s. Gregorio VII; l'altra
che tanto il feudo di Ramiano ,
quanto quello di s. Oreste, e di
Ponzano, essendo incolti, macchiosi,
e pieni di spine , furono ridotti a
coltivazione per opera e industria
dei monaci, i quali resero il terri-
torio fruttifero, e vi costruirono co-
mode abitazioni pei coloni.
L' abbazia delle Tre Fontane at-
5
6G CHI
tualmenlc, per quanto riguarda la
porzione situala nello stato toscano,
confina da ogni parte col mare, ec-
cettuato l'istmo da un lato della
diocesi di Soana. INclIa porzione poi
dello stato pontificio, IVIonterosi con-
fina dall'oriente al mezzogiorno col-
la diocesi di Nepi, e dal ponente
al settentrione con quella di Sutri.
I paesi di s. Oreste, e di Ponzano
a settentrione confinano colla dio-
cesi di Civita Castellana, ad oriente
col Tevere, e dal mezzogiorno al-
l' occidente con Nazzano, spettante
all'abbazia di san Paolo fuori le
mura.
Come cattedrale di questa abba-
zia ìiullius, si considera la sudde-
scritta chiesa del monistero de'.yi'.
Vincenzo, ed Anastasio alle Acque
Salvie, ove l'abbate prende il so-
lenne possesso. Attiguo a questa chie-
sa vi è il monistero antico de' mo-
naci di s. Bernardo, in oggi quasi
abbandonato , e cadente , il qual
monistero si vuole abitato una vol-
ta da s. Bernardo medesimo. Vi si
conservano, come si disse di sopra,
le insigni reliquie de' ss. Vincenzo ,
ed Anastasio, non clie il corpo di
s. Zenone, oltre molte altre. Presso
la detta chiesa vi sono le sudde-
scritte due chiese, cioè quella ele-
gante detta Scala Codi, ed in fon-
do della Valle quella rifabbricata
dal Cardinal Aldobrandini, ed or-
nata dallo zio Clemente Vili in o-
nore del dottore delle genti s. Pao-
lo. Queste due chiese si trovano in
buono stato, ed in tutto apparten-
gono, e sono soggette alFabbazia. Il
regnante Pontefice Gregorio XVI,
mentre era suo maggiordomo ed
arcivescovo di Filippi l'abbate com-
mendatario ora Cardinal Patrizi, si
recò a' 28 ottol)re i833, a visitare
la cliiesa de' ss. Vincenzo ed Ana-
CHI
stasio, e poscia nel contiguo luogo,
fu dal medesimo abbate trattato,
in un alla famiglia pontificia, di
lauta mensa; laonde a memoria di
tal onore, l'abbate vi fece porre
un'analoga marmorea iscrizione.
A restringere pertanto il tutto qui
brevemente, diremo che l'abbazia in-
tera delle Tre Fontane cotanto cele-
bre, è compresa in oggi parte nel
gran ducato di Toscana, parte nello
stato Pontificio. Nella parte dello stato
Toscano si annovera: i." la città di
Orbetello, che sorge non lungi dal
fiume Albegna, e dal monte e pro-
montorio Argentaro, e fu fabbricata
e ingrandita nel iioi. Innocenzo
III, che regnava in tal tempo , se-
condo Novaes nella sua vita t. Ili,
p. 170, era riconosciuto per sovra-
no da Orbetello. Segui peraltro le
vicende della repubblica sanese, e
quando i re di Spagna cedettero al
gran duca le conquiste sanesi, si ri-
servarono varie piazze sul littorale,
che munite di guarnigioni, furono
chiamate sotto il complessivo nome
di Stato de' presidj, del quale Or-
betello validamente fortificato dalla
natura, e dall'arte, divenne il capo-
luogo. Quando poi l' infante di Spa-.
glia d. Carlo fu chiamato al trono
di Napoli, conservò la sovranità di
questo stato marittimo, che ne' patti
del 1814, fLi definitivamente riuni-
to alla Toscana, la quale vi pose
un vicario per amministrare la giu-
stizia, essendo abitato da più di
duemila anime: 1." \J isola del Gi-
glio abitata da piìi di mille e due-
cento persone : piccola isola con ter-
ritorio montuoso, ma coltivato; 3.°
Porto s. Stefano, surrogato all' an-
tico Portus Donntianus, piccolo vil-
laggio in riva al mar Tirreno, che
un istmo divide dal Porto Ercole,
avente alcune fortificazioni. Com-
CHI
prenderebbe ancora nello stato To-
scano la città Ansidouia da lungo
tempo distrutta. Prima cliiamavasi
Cosa, per cui il Porto Ercole, bor-
go clie sta presso la sua area, talor
si appella Povtiis Cosanus. Esso è
in riva al mare nel piccolo seno
formato dalla parte orientale del
IMonte Argentaro, e difeso da vari
forti. Sulla cima di tal monte tro-
vasi il sagro P\.itiro, ove il ven. Pao-
lo della Croce fondò la congrega-
zione de' religiosi passionisti , che
tuttora vi dimorano. 11 suolo di An-
sidonia fu con beneplacito aposto-
lico dato in enfiteusi alla città di
Siena, col canone d'un calice d'ar-
gento dorato da offrirsi il giorno
del sabbato santo ogni tre anni, ed
ogni ventiquattro anni due calici si-
mili. Inoltre, siccome nell'atto del-
la conferma dell'enfiteusi, fatto nel
i466 dal Pontefice Paolo II, la città
di Siena sborsò cinquemila fiorini,
così parte di questa somma fu im-
piegata nella compera del feudo, e
del castello insieme di Monterosi.
Nel dominio pontificio, l'abbazia
poi possiede i tre seguenti paesi ,
co' loro territorii , de' quali fondi
spetta alla mensa abballale il do-
minio tanto utile , quanto diretto :
i." s. Oreste, monte della Comarca
nel distretto di Castelnuovo di Porto,
chiamato Suractes , Soratte, forse
con nome pelasgico, celebre negli
scrittori classici di tutte l'epoche,
come si può vedere nel Nibby, che
il descrive. Analisi de' dintorni di
Roma, t. Ili, p. io3 e seg. Questo
monte fu sacro particolarmente ad
Apollo, e perciò celebrato da Vir-
gilio, da Silio, e da Strabone, an-
co perchè alle sue falde fiorì la città
di Feronia, nome d'una dea corri-
spondente alla Flora de' romani, ed
ove avea tempio, poi saccheggiato da
CHI Gj
Annibale. Sulla area di Feronia evvi
la terra di s. Oreste, che contiene
circa mille cinquecento abitanti, ri-
montando la sua origine al secolo
decimo. In principio si chiamò s.
Edistio o Edisto dal nome del prin-
cipale protettore del luogo, poi per
corruzione s. Resto, e finalmente
s. Oreste. Di s. Edistio avvocato del
Soratte, V. t. II, Bull. Cassia. Const.
4^3 i3 novembre i55i p- 4^^ ;
Galletti, Capena, p. i\. Di questo
s. Edistio o Edisto si fa l' ulìizio ,
ma di s. Oreste il solo comune dei
martiri, giacché la suddetta deno-
minazione vuoisi ancora derivata da
questo santo martire, che nel luo-
go è in venerazione. È fama , che
sul monte Soratte siasi ritirato il
Pontefice s. Silvestro I, durante la
persecuzione , e che egli vi abbia
edificato un monistero, il quale por-
tò il suo nome. Altri dicono, che
il monistero venisse fondato nel se-
colo sesto, in cui, come dicemmo,
ivi fiorì per abbate s. Nonnoso, del
quale abbiamo le Memorie pubbli-
cate nel 167.5 da Antonio degli Ef-
fetti ; monistero, che a cagione delle
incursioni de' longobardi rimase de-
serto. Secondo gli Annali Bertinia-
nl , presso il Muratori , Rer. Ital.
Script, t. Il, par. I, pag. 49^5 ^^^
monistero verso l'anno 746, ana-
logamente a quanto dicemmo più
sopra, fu edificato da Carloman-
no. I monaci benedettini l' occupa-
rono in quell'epoca sino al 149^;
e quelli del monistero della basili-
ca di s. Paolo vi passavano l' esta-
te. Fu chiamato anco di s. Bene-
detto; e Pio li vi passò quando nel
1464, si recava ad Ancona per le
crociate. Nello stesso secolo fu dato
in commenda all'abbate Pietro Sa-
velli, che lo godette sino al i4^o;
ma sotto Sisto IV nel 1482, le ab-
G8 CHI
bazic di s. Silvestro del Soralte, e
di s. Andrea in Flamine, o di Pon-
zano, furono di nuovo canonicamen-
te unite al monisfero di s. Paolo
di Roma. Sotto Clemente VII, l'ab-
bate di s. Paolo cedette il moniste-
io agli Ereniili camaldolesi di mon-
te Corona [ledi), il cui riformato-
re ven. Paolo Giustiniani, vi prese
possesso, e vi terminò i suoi giorni,
laonde poco dipoi gli eremiti la-
sciarono il monistero. Indi Paolo
III, nel i54B, smembrò l'abbazia
di s, Silvestro dal monistero di s.
Paolo, lo cambiò con quello di Fon-
tevivo, e ne fece una commenda
cou quella di s. Andrea in Fluniì-
ne, o di Ponzano, cui assegnò al
suo nipote Cardinal Alessandro Far-
nese, come pure indicammo supe-
l'iormente. 11 Cardinale nel 1071
concedette il monistero del Soralte
ed altri romitorii a' padri geroli-
mini di s. Onofrio, cui successero,
nei i582, i minori osservanti, clie
r occuparono quindi per poco tem-
po, finché nel 1 596 il Cardinal Al-
dobrandini commendatario , lo die-
de ai cistcrciensi fulllensi , i quali
per timore dei fulmini l'abbandona-
rono in seguito, fabbricando l'attua-
le monistero della Madonna ss. delle
Grazie. Abl)andonato adunque il
monistero di s. Silvestro , questo
della Madonna ss. delle Grazie, ai
giorni nostri dal Cardinal Doria fu
consegnato ai trappensi, cui furono
sostituiti i canonici regolari; ma at-
tualmente lo posseggono i padri tri-
nitari scalzi. Questi nel 1834 vi fu-
rono collocali dal prelodato abbate
Cardinal Patrizi, per lo zelo e cu-
ra, che ha de' suoi diocesani , con-
tribuendo a tal effetto delle somme,
per supplire alle reudite corrispon-
denti al mantenimento de' religio-
si. Nel monistero di s. Silvestro
CITI
sudtletto fiorisce 1' antica sempli-
cità , V. neir orticello si vuole che
lavorasse colle proprie mani s. Sil-
vestro I, per coltivare le erbe pel
suo sostentamento. La contisrua chic-
sa merita pure di vedersi, perchè
conserva le foi*me della riedificazio-
ne di Carlomanno.
2." Ponzano, terra della Comar-
ca nel distretto di Caslelnuovo di
Porto, sulla riva destra del Tevere
sotto il monte Soratte, posto in de-
liziosa, sebbene selvosa situazione.
Il nome deriva da un fondo della
gente Ponzia, il quale sino dal se-
colo decimo apparteneva ai monaci
benedettini del vicino monte Sorat-
te, che fondarono il monistero di
s. Andrea in Flamine, due miglia
distante, detto perciò s. Andrea de
Ponzano^ o de Fondano. Del mo-
nistero appena restano de' vestigi ;
la chiesa esiste, ma piuttosto in cat-
tivo stato.
3.° Monte Rosi, Rossaluin, terra
della Comarca di Roma nel gover-
no di Campagnano. Molti credono,
che ivi sorgesse uu luogo chiamato
Rossaliun , donde derivò il Mons
Rossaliis, ricordato nella bolla d'In-
nocenzo III del 1203, siccome per-
tinenza del monistero di s. Paolo
nella via OsUense, insieme al lago,
che si vede a pie della terra , il
quale si dice il lago di Monte Rosi,
ed ha appena un mezzo miglio di
circonferenza. Nella detta bolla viene
designato col nome di Lacum qai
l'ocatur Janala, nome che pure si
legge in quella di Gregorio VII del-
l'anno I074- Il lago ebbe il nome
di Janula dal fondo nel quale era
compreso, e viene appellato fandiis
Janula in altra bolla d'Innocenzo
III, esistente nell'archivio di s. Pao-
lo. Questo fondo medesimo Villa.
Janula si ricorda nella bolla di O-
CHI
norio III, riportata nel Bull. Vat.
t. I, p. io3, dove apparisce che in
parte spettava allora alla chiesa di
s. Tommaso in Forviis, adesso filia-
le della basilica vaticana. Monte
Rosi nel secolo duodecimo era già
terra de' monaci di s. Paolo, ed in
progresso di tempo tornò sotto il
dominio immediato della s. Sede.
Mentre era abbate commendatario il
Cardinale Lorenzo Altieri, Benedetto
XIII si recò nel 1725 a consagra-
re la chiesa principale di Vignanel-
lo, seguito da cinquanta persone,
e dormì la notte de' 5 novembre
nel palazzo abbaziale, ricevuto dal
detto porporato, il quale fece al-
trettanto nel di lui ritorno in Roma,
pernottandovi il Papa un'altra volta,
locchè pur fece ai 16 novembre
1727, nella circostanza che da Bene-
vento passava in Roma. Quando in
questa città si portò, a' 3 luglio 1800,
Pio VII, ch'era stato eletto in Vene-
zia, pranzò nello stesso giorno in Mon-
te Rosi dal commendatario Cardinal
Giuseppe Doria. Il regnante Ponte-
fice Gregorio XVI nel viaggio, che
felicemente intraprese e comp\ nel
1841 per alcuni santuari del suo sta-
to, ai So agosto, giorno in cui parfi
da R^oma, fu decorosamente trattato,
in un al suo seguito, a mensa dal-
l'attual abbate commendatario Car-
dinal Costantino Patrizi nel palazzo
abbaziale , dopo avere visitato la
chiesa principale , dedicata alla ss.
Croce , e ricevuto la benedizione
col ss. Sagramento ; cose tutte che
ebbero pur luogo a' 6 ottobre, gior-
no, in cui il Papa fece li torno in
Roma.
Ss. Vincenzo ed Anastasio a
Trevi, nel rione di questo nome,
de' religiosi crocifeii ministri de-
gli infermi. Vedi.
CHI 69
S. Vitale , già tìtolo Cardinali-
zio, de' religiosi gesuiti, nel rione
Monti.
Il luogo, ove è situata questa
chiesa, anticamente ei^a il più abi-
tato di Roma , ed ivi sorgeva un
tempio dedicato a Romolo sotto il
nome di Quirino, da cui presero il
nome la valle, il monte Quirinale,
e il palazzo pontificio, che sul monte
fu eretto. Nella valle di Quirino fu
edificata la chiesa in onore di s. Vi-
tale, e de' ss. Gcrvasio e Protasio
suoi figliuoli , nel tempo che per
divina rivelazione furono manifestati
a s. Ambrogio in IMilano, allorché
dedicò ad essi una chiesa, per lui
detta Ambrosiana. S. Agostino si
trovò presente alla invenzione dei
loro corpi. Tanta fu la fama, che
si sparse pel cristianesimo, del tro-
vamento di sì preziosi corpi , che
in Roma la nobile matrona roma-
na Vestina, parente del Pontefice
s. Innocenzo I lasciò nel suo testa-
mento incaricati Ursicino e Leone
preti, e Liriano diacono, di erigere
una basilica ai due santi martiri ,
col prodotto della vendita delle sue
vesti, gioie, e suppellettili. Tutto
venne fedelmente eseguito, e s. In-
nocenzo I, verso r anno 4oB, dedi-
cò il sagro tempio ai ss. Gervasio
e Protasio, cui poi venne aggiunto
s. Vitale, ed è perciò, che questa
chiesa fu chiamata di s. Vitale e
de' ss. Gervasio e Protasio ìiella
valle di Quirino, detto il titolo di
Vestina, ovvero ad ss. Apostolos
in ti tu lo Vestinae.
Oltre a ciò, il medesimo s. In-
nocenzo I offrì de' preziosi donati-
vi alla chiesa, l'abbeUì con orna-
menti, e la pose fra i titoli Cardi-
nalizi : laonde por la sua venera-
zione, dipoi fu assegnata al Carch-
70 CHI
iial lilolare l'uflìziatura ebdomada-
ria nella patriarcale basilica di s.
Maria Maggiore, in tutti i merco-
ledì, celebrando iiell' aliare papale.
Di questa chiesa s. Gregorio I fece
menzione nel suo Registro, lib. IX,
capo XXII, dove si legge nominato
un Giovanni prete di questo titolo,
e nel bb. IV capo LXXXVIII, Gio-
vanni, e Spettato. Quindi vi stabili
la stazione nel secondo venerdì di
quaresima, nel qual giorno tuttora
si celebra. JVelle litanie settiformi
volle, che la processione delle vedo-
ve si avviasse dalla chiesa di s. Vi-
tale ; e poscia in onore dei ss. mar-
tiri titolari l'arricclù di molti doni,
che descrive Anastasio Bibliotecario,
cioè vasi, lampadi, lucerne, corone,
cerostrati, torrette, e cervi per uso del
battisterio, e per l'acqua; non che cop-
pe, calici, patene, catini, e bacili, oltre
molte possessioni e pingui reudite.
V. rUgonio, Staz. 17, che l'iporta
le rendite stabilite a questa chiesa,
ed il Piazza che ne fa l'interessante
enumerazione, nella sua Gerarchia^
a pag. 694» pi'esso il racconto del-
l' Anastasio. In progresso divenne
collegiata con canonici ; ed il Bosio
asserisce, che il capitolo di Vestina
aveva cura della chiesa di s. Agne-
se in piazza IVavona.
Il Cardinal Teodino, il quale era
di questo titolo, ed il Cardinal Al-
berto del titolo di s. Lorenzo in
Lucina vennero spediti legati in In-
ghilterra da Alessandro III, per la
morte di s. Tommaso arcivescovo
di Cantorbery, per cui imposero la
penitenza ad Enrico II, e lo assol-
vettero. Di poi Paolo III, nel i535,
ai 20 maggio creò Cardinale prete
di s. \ itale, Giovanni Fischer, ve-
scovo E.olì(ense, che poco dopo fu
decapitalo per ordine di Enrico Vili,
siccome sostenitore della religione
CHI
cattolica, che quel principe I^andìi
dal reame. Indi, e nel l'iSG, lo
stesso Paolo III conferì questa chie-
sa a Vincenzo Ciocchi del Monte ,
che nel 1 55o gli successe nel pon-
tificato col nome di Giulio HI. Nel
seguente anno Giulio HI fece prete
Cardinale di s. Vitale, Giovanni Ric-
ci, che da Pio IV fu creato primo
vescovo di IMontepulciauo sua pa-
tria.
Verso l'anno i47^ accorse a re-
staurare questa chiesa Papa Sisto
IV; ma in pi'Ogresso rimanendo sen-
za entrate, e perciò senza culto, il
sommo Pontefice Clemente VIH ,
zelantissimo di mantenere le me-
morie ecclesiastiche , avendo sop-
presso il titolo Cardinalizio , tornò
invece ad erigere in diaconia Car-
dinalizia la chiesa di s. Cesareo, ed
affidò, nel 159^, questa di s. Vitale
ai gesuiti, i quali non solo la rie-
dificarono, ma la nobilitarono con
pitture ed altri ornamenti , di cui
faremo poi cenno, e vi fecero ri-
splendere il divino culto, siccome
tuttora con gran vantaggio de' fe-
deli praticano zelantemente. Restò
così la chiesa unita al noviziato della
compagnia di Gesù , che è presso
la chiesa di s. Andrea al Quirinale,
pegli orti del quale hanno comuni-
cazione col medesimo tempio ; uè
deve passarsi sotto silenzio, che don-
na Isabella della R.overe principessa
di Bisignano , qual discendente di
Sisto IV benefattore di questa chie-
sa, concorse con larghe limosine ai
ristoiamenti summentovati.
L' antico porfico, che le stava in-
nanzi, sostenuto da quattro colonne,
al presente è cambiato in vestibolo.
In esso, e nella facciata il p. Fiam-
meri fece le pitture a fresco. L'in-
terno ha una sola nave, e l'altare
appoggiato alla tribuna fu rinnova-
CHI
to, negli ultimi del secolo decimo-
sesto, dal Cardinal Cesi. L' istoria
dipinta sulla tribuna, rappresenta il
Redentore, che ascende al Calvario
colla croce sulle spalle , opera di
Andrea Commodo, che dipinse in
basso i due martirii. Le storie del
martirio di s. Vitale, che sono nei
lati della medesima tribuna, furono
colorite dal Ciampelli; mentre altri
pittori fecero i freschi nelle pareti
della chiesa. Tutti i quattro altari
laterali hanno per ornamento un
frontespizio sorretto da colonne, due
cioè per cadauno : quattro sono di
granito, le altre di bigio. Le porte
della chiesa meritano menzione pei
belli bassorilievi di noce che con-
tengono.
La festa del santo titolare vi si
celebra a' 28 aprile. Quivi per un
legato di Francesco Siila gentiluo-
mo della Marca, in ogni venerdì si
distribuisce pane ai poveri ; vi si fa
la missione in tutte le feste del me-
se di maggio; ed i gesuiti vi han-
no eretta una confraternita di con-
tadini, sotto r invocazione di Maria
Vergine, e di s. Gio. Francesco Pie-
gis gesuita. V. le Notizie de fratelli
della congregazione dei campagno-
li nella chiesa di s. Filale, Roma
1777.
Ss. P/To e Modesto , diaconia
Cardinalizia, succursale della ba-
silica Liberiana, nel rione Monti.
Si trova questa chiesa accanto
all'arco di Gallieno, sul ripiano prin-
cipale del colle Esquilino, che uni-
sce insieme i minori colli Oppio e
Crispio. Anticamente si chiamava
s. Filo al Macello Li^'iano, e dei
ss. Filo e Modesto in Macello Mar-
tjruni, perchè era la casa di ceito
Liviano, che faceva molti ladroucc-
CHI 71
ci, per cui, spianata la casa, fu il
luogo destinato per pubblico ma-
cello ; o per un luogo che era ti'a
i portici di Livia, ove custodivansi
i ss. Martiri come bestie. Anzi vuoi-
si, che sopra quella pietra, la quale
fu già un cippo gentilesco, circonda-
ta di ferro, chiamata scellerata, che
si vede in questa chiesa a mano
destra, si fosse fatta grande carnifl-
cina e strage di martiri. I gentili
per abbominazione chiamarono scel-
lerate le pietre, tinte del sangue dei
cristiani. Noto è altresì, che quivi
piene di coraggio raccoglievano il
sangue de' martiri, le sante sorelle
Prassede e Pudenziana, dando po-
scia a' loro corpi sepoltura. Che in
questo luogo ov' è fabbricata cote-
sta diaconia, oltre all'esservi stato
un mercato di commestibili, vi fos-
se la basilica di Sicinnio, o di Si-
cinnino, ovvero di Sicinio, si confer-
ma dalla storia funesta dello scisma
del 367, in cui per la morte del
Pontefice s. Felice II, e nell'elezione
di s. Damaso I, insorse il secondo an-
tipapa Orsicino, il quale fu nella ba-
silica di Sicinio consacrato da Pao-
lo vescovo di Tivoli. Racconta per-
ciò Ammiano Marcellino, lib. 27,
cap. 3, essersi suscitata una sedi-
zione cotanto fiera, che i due par-
titi sostenendo vigorosamente ognu-
no il loro capo, si azzuffarono nella
stessa basilica, per lo che in un sol
giorno vi restai'ono uccise cento-
trentasette persone. Laonde Orsici-
no, e i seguaci di lui furono cac-
ciati da Roma, e dichiarati pertur-
batori , ratificando l' esilio e il ban-
do, Valentiniano I imperatore. Il
Marliano poi, hb. IV, cap. ig, as-
serisce che la basilica, dove seguì il
sanguinoso fatto, fosse la basilica di
Sisinnio, cittadino romano, destina-
ta alle cause civili, ed il Nardini
72 CHI
è di parere, che vi esercitasse la
i5Ìurisilizionc il presidente del ma-
cello o del mercato , sui venditori
e compratori delle carni , o altri
commestibili. Sembra adunque, che
lai basilica sia stata data a' cristia-
ni da Costantino per onorare i ss.
Vito e ]Modesto siciliani, che insie-
me a Crescenzia, nutrice del primo
e moglie del secondo , soffrirono
glorioso martirio per ordine di Dio-
cleziano, operando Dio prima e do-
po la loro morte i piìi stupendi
prodigi. Pel corpo e reliquie di delti
santi, veggasi quanto ne scrive il Piaz-
za, GerarcInUj p. 868 ed 870, e seg.,
mentre a pag. 235 e seg. , parlan-
do della terra di s. Vito nella dio-
cesi di Palestrina ( che disputa l'o-
nore di aver dato i natali a Mar-
tino V con Ptoma , e Genazzano ),
l'antica Vitellia o Boia, o Treba,
o il famoso Satrico, dice, che aven-
do i popolani edificato una chiesa
al santo , ne diedero per divozione
il nome al luogo. Ma essendo stata
violala la basilica dal sacrilego sci-
sma, e da sì notabile effusione di
sangue, per tanto scandalo forse
rimase per un tempo abbandonata.
In seguito poi venne restituita a
s. Damaso I, come diffusamente de-
scrive Ludovico Agnello Anastasio,
Istoria degli antipapi, capo III, di
Orsino, Orsiciao, od Ursicinio an-
tipapa.
Da s. Vito prese anco nome il
contiguo arco, né forse sarà disca-
ro che qui se ne premetta un cen-
no. Questo arco semplice ma soli-
do, verso l'anno 260, fu eretto al
figlio di Valeriano Gallieno, ed a
sua moglie Salonina, da certo iMar-
co Aurelio, forse esercitante la so-
praintendenza del Macello , come
opina il citato Nardini, e per rico-
noscenza di conseguito peculiare fa-
cili
vore ; dappoiché l' imperatore Gal-
lieno, lungi dal meritarsi puljblici
onori, 111 principe codardo , <; du
poco. Dai rituali romani, e dal ca-
nonico Benedetto abbiamo , che
quando il Papa nel d'i della Pa-
squa recavasi dalla basilica Liberia-
na ed patriarchio lateranense, con so-
lenne processione passava sotto l'ar-
co di Gallieno, o di s. Vito. jNel
centro poi dell'arco, sino all'anno
182 5, era appesa una catena di fer-
ro, alla quale sino alla metà del
secolo XVII erano pendenti due
chiavi della porta Salsicchia della
città di Viterbo, ivi poste dal Se-
nato romano, come trofeo della vit-
toria riportata sotto Onorio III sui
ribellati viterbesi. Vi fu alcuno, il
quale credette essere le chiavi tolte
da' romani alle porte dell'antico Tu-
scolo, ora Frascati, allorquando lo
soggiogò nel pontificato di Celesti-
no III l'anno 1191; e quindi ap-
pese all'arco di s. Vito , con una
catena, segno di soggezione. E al-
tresì notevole, che Nicolò V, nel-
l'anno i44*^j esentò dalle gabelle tutti
quelli, i quali dimoravano dall'ar-
co di s. Vito sino alla basilica di s.
Maria IMaggiore.
Tornando all'origine della chiesa
di s. Vito, venendo abbandonata
pel suddescritto avvenimento, pare
che sotto s. Gregorio I, il quale
morì nell'anno 6o5, ritornasse in lu-
stro, perchè il Panvinio dice, aver-
la quel Pontefice eretta in diaconia
cardinalizia; aggiugnendo il citato
Piazza, che dessa non fu delle an-
tiche diaconie regionarie, ma delle
quattro Palatine. In questa ipotesi
è noto, che s. Gregorio III del
73 I, vedendo cresciuti i diaconi re-
gionari dal numero di sef^e a (juat-
tordici, ne aggiiuise quattro col no-
me di Palatini, per assistere sempre
CHI
il Sommo Pontefice iillorchè cele-
brava. Tultavolla appiendesl dal
medesimo Piazza, che questa chiesa
nella scarsezza de' titoli presbiterali,
tu conferita a' Cardinali per titolo
cardinalizio, senza alterazione stabi-
le del suo grado diaconale.
L'Anastasio, nella vita di Stefa-
no IV creato nell'anno 768, chia-
ma questa chiesa antichissima, con
annesso monisleio. 11 Novaes, P ite
de Papi, tom. II, p. 84, dice che
a' 5 agosto 7 G8, insoi'se nell'elezio-
ne di Stefano IV, l'antipapa Filip-
po, monaco abbate di s. Vito, e
prete Cardinale, che nell' istcsso gior-
no fu costretto a rinunziare, e riti-
rarsi nel suo monistero. Ecco poi, come
racconta tale intrusione il citato Lodo-
vico Agnello Anastasio, t. I, p. l'i»!,
presso Anast. Bihl. in Stcph. Il':
M La domenica seguente raunando
» Valdiperto prete, senza saputa di
'» Sergio sacellario , alcuni romani
» andarono al monistero di s. Vi-
» to, e quindi levarono Filippo Pa-
» pa, gridando : s. Pietro Vìia clet-
" to, e condusserlo, secondo l'anti-
w co costume, nella basilica del Sal-
» valore, e dettesi dal vescovo le
" consuete preci, e dando Filippo
" la pace a tutti, fu menato nel pa-
" lazzo patriarcale lateranense, e
" quivi sedendo per simil modo nel-
" la sedia pontificale, data a tutti
» la pace, andò di sopra. Ria so-
" praggiungendo in poco d'ora ap-
»» pi-esso Cristoforo primicerio, sa-
» pula r elezione di Filippo, salì
» di subito pieno d'ira, e alfermò
>» con giuramento nel cospetto di
» tutti, che non sarebbe uscito da
" Roma, finché Fdippo prete non
" fosse stato cacciato dal palazzo
« lateranense. Allora Grazioso Car-
>* tulario, ed alcuni romani il co-
■» strinsero a levarsene, ed egli scc-
ClII 73
» so per la scala che conduce al
» bagno, tornò con riverenza gran-
" de al suo monistero ". Laonde
questo Filippo fu chiamato Ponti-
fcx iiiiius (liei.
Da chi fosse prima governata
questa chiesa, non si sa di certo:
è noto soltanto che essa fu del-
ta pure san I ilo in Dlonaslerio,
ad Sardas, seu in vico Sardo-
rum, e che vi dimorarono, sino dai
primi tempi del monachismo, i mo-
naci di s. Basilio, ovvero quelli di
s. Benedetto. Veramente il Tlco
Sardorum era lungi da R.oma circa
trenta miglia, ma piuttosto , come
scrive r Anastasio nella vita di san
Leone III, devesi dire ad Sardas,
forse dall'abbondanza di tal com-
mestibile, che spacciavasi nel pros-
simo macello Liviano. Il primo dia-
cono Cardinale, che si trova ricor-
dato dagli scrittori , fu cerio Leojie
monaco, ed abbate del monistero di
s. Clemente, che morì sotto Pasqua-
le II, il quale fiorì l'anno 1099, e
poscia creò Cardinale diacono di s.
Vito, Amico abbate di s. Lorenzo
fuori le mura. Quindi, a dire ili
alcuni, ne furono diaconi : Lucio
Boezio, creato Cardinale nel 1 135 da
Innocenzo lì, che morì in concetto
di santità ; Rinaldo Brancacci, fatto
da Libano VI, nel i38i; Carlo
Domenico del Carretto, creato da
Giulio II nel i5o5; Carlo Caralfa
nipote di Paolo IV, che lo fece nel
i555; s. Carlo Borromeo dallo zio
Pio IV creato diacono Cardinale
de' ss. Vito e Modesto nel i56o,
donde per morte del fratello conte
Federico, avendo preso segretamen-
te gli ordini sagri, si fece ordinare
prete dal Cardinal Cesi nella chiesa
di s. Maria IMaggiore, passando poi
ai titoli presbiterali de' ss. Martino,
e Silvestro a'Monti, ed a s. Prasse-
74 CHI
de. Lo furono ancora i Cardinali
L(;lio Biscia, fatto da Urbano Vili
nel 1G26; Giovanni DcKiiio vene-
ziano, nominato nel i()(>^ da Ales-
sandro VII; Domenico Orsini, crea-
to nel 1743 tlti Benedetto XIV;
ed Andrea Ncgroni, fatto nel 1763,
diacono de' ss. Vito e Modesto, da
Clemente XIII, donde passò alla
diaconia di s. Agata alla Sidjurra,
e mori nel 1789.
In progresso di tempo, Sisto IV
considerando questa chiesa abban-
donata, ed esposta alle ingiurie dei
tempi, anche per essere situata in
luogo poco abitato, quasi la rinno-
vò nel 1477» "^ riapri al pubblico
culto, e vi stabili la parrocchia ;
indi dal Cardinal Iacopo Antonio
Veniero , che avea fatto diacono
nel 1473, allorché questi passò al
titolo di s. Clemente nel medesimo
anno i477> diede la chiesa in tito-
lo presbiterale al Cardinale Giorgio
Resler. Ma passando questi ad altro
titolo, ripristinata la diaconia, nel
1480, gli diede in successore il Car-
dinal diacono Giambattista Savelli,
e nel 1484} '^ Cardinal diacono
Ascanio Maria Sforza. Ma avendovi
nel i565 Pio IV nominato in vece
del santo di lui nipote, il Cardinal
Carlo Visconti, e morendo questi
alcuni mesi dopo, poiché la chiesa
era ridotta nuovamente in rovina,
nel i566, fu trasferita la parroc-
chia nella chiesa di s. Prassede da
s. Pio V. Innalzato, nel i585, al
pontificato Sisto V, dice il Piazza
citando l' Ughelli , che assegnò le
rendite rimaste del cospicuo moni-
stero de'benedettini, il quale ivi avea
fiorito, al collegio di s. Bonaventu-
ra, cui fijndò nel convento de' ss.
Apostoli. Poscia, considerando Sisto
V, che la chiesa de' ss. Vito e ]Mo-
desto mancava alfutto di ulliziatura,
CHI
la concesse ixVÌ Arciconfratcrnìta di s.
Bernardo {^Vcdi), per sostituirvi un
monistero di monache, per cui il
sodalizio l'eslaurò la chiesa, e a' 20
marzo 1*787 la consagrò il Cardi-
nal Enrico Caetani romano, de' du-
chi di Scrmoneta, del titolo di s.
Pudcnziana, mentre vi era Cardi-
nale diacono Ascanio Colonna, ivi
postovi nell'anno precedente dallo
stesso Sisto V. Dice il Novacs, tom.
Vili, p. II 5, che quando quel
Pontedce diede la chiesa, e la casa
per le monache collocate dal sodali-
zio, era morto il Cardinal Guido
Ferreri, creato da Pio IV, nel i565,
per cui sembra che nella numerosa
promozione de' Cardinali fatta quel-
l'anno da Pio IV , di nuovo tem-
poraneamente questa diaconia sia
stata dichiarata titolo. Nel moniste-
ro furono poste tre monache di
s. Cecilia in Trastevere per maestre
di trentatre fanciulle; ma riconosciu-
to il luogo piuttosto angusto, dallo
stesso Sisto V furono mandate nel
monistero di s. Susanna , apparte-
nente all'Ordine cistcrciense.
Quindi la chiesa fu data in cu-
stodia ai monaci Cisterciensi Fo'
glìanti i^Vedi) ^ che nella contigua
casa vi posero la residenza del pro-
curatore generale dell'Ordine, del-
la provincia l'omana, finché nel
1779, lasciarono i cisterciensi la ca-
sa, e la chiesa per passare a quella
di s. Maria in Carinis; ed alcuni
chierici regolari mariani della ss.
Concezione del regno di Polonia ,
sotto la direzione de' somaschi, sub-
entrarono alla custodia del tempio.
Nel principio del Pontificato di Pio
VII, un religioso domenicano, chia-
mato fr. Antonio di Pistoja, vi fon-
dò un piccolo conservatorio di po-
vere zitelle, che poi passarono in
quello Borromeo. Indi, nel 1806,
CHI
una pia unione di sacerdoti sfabi-
11 nella casa annessa un ritiro per gli
esercizi spirituali, pegli uomini che
domandano la limosina; e la chie-
sa nel riordinamento delle parroc-
chie di Roma, operato da Leone
XII, fu stabilita succursale alla cu-
ra della basilica Liberiana. Del pio
esercizio introdotto in questa chie-
sa da Clemente IX, ed animato da
Innocenzo XI, e Clemente XI, cioè
del catechismo che ivi facevasi in
diverse lingue nell'ultimo martedì
d'ogni mese, colia distribuzione di
due pagnotte per cadauno, tratta il
Piazza a pag. 860. Ridotta la chie-
sa indecente pel diviu culto , umi-
da , e nella massima decadenza ,
nell'anno i836, il regnante Grego-
rio XVI ne ordinò la restaura-
zione, e r abbellimento per cura del
zelante suo tesoriere Antonio Tosti,
ora amplissimo Cardinale, come si
legge in una marmorea inscrizione,
dicontro all' altare maggiore, nel
nuovo coro, sullo spazio dell' inter-
colunnio di mezzo.
Tre sono gii altari, che si vedo-
no in questa chiesa, e tre sono le
dipinture, le quali hanno sopra i
medesimi. 11 quadro dell'altare mag-
giore con Maria Vergine ed il bam-
bino in alto, e sotto s. Bernardo in
ginocchioni, credevasi dipinto da Ce-
sare Rossetti, ma è di Andrea Pa-
squal di Recanati, come si legge
nel medesimo. I due angeli sul fron-
tispizio sono lavori in istucco del
Rusconi. All'altare de' santi martiri
litolari, de' quali celebrasi la festa
a' 1 5 giugno, vengono condotti quel-
li, che sono stati morsicati dai cani
idrofobi, acciocché ottengano la gua-
rigione per r intercessione di essi
santi. Fra quelli, che ne sperimen-
tarono gli effetti, vi fu il duca di
Palliano d. Federico Colonna , che
CHI 75
guarito da un morso di rabbioso
cane, per adempimento del voto a
s. Vito, nel 1620, restaurò la chie-
sa, come si legge nel)' iscrizione po-
sta dietro l'abside del grande alta-
re. A sinistra di esso evvi il picco-
lo deposito del Cardinal diacono
Carlo Visconti, col riti-atto suo in
marmo, e relativa iscrizione. In mez-
zo alla chiesa, vi sono le lapidi di
due Cardinali quivi sepolti, cioè di
Fabio degli Abbati Olivieri, creato
dal cugino Clemente XI nel 17 15,
e di Giuseppe Livizzani, creato da
Benedetto XIV nel 1753. Ma delia
chiesa e diaconia Cardinalizia de' ss.
Vito, e Modesto, de' suoi pregi, ed
ultimi ristauri , dottamente scris-
se il principe d. Pietro Odescalchi
de' duchi del Si r mio. V. la Descri-
zione dei nuovi lavori eseguiti nella
diaconia de' ss. Filo, e Modesto,
Roma 1837.
ClIIETI ( Tcatin. ). Città con re-
sidenza arcivescovile nel regno delle
due Sicilie, capoluogo della provin-
cia dell' Abruzzo citeriore, di distret-
to, e di cantone. Questa bella città
è posta su ridente collina , presso
la riva destra del fiume Pescara,
ed in essa risiedono i dicasteri am-
ministrativi, e giudiziari, dipenden-
do però dalla gran corte d'Aquila
per le revisioni civili. È cinta di
buone mura, ed è guardata da una
rocca, il perchè si considera qual
piazza forte di quarta classe. Si ve-
de ben fabbricata, e va adorna di
magnifici, e deliziosi edificii. Fu già,
secondo alcuni, metropoli de'Ma-
ruccini, e quindi passò ai romani,
dopo essere stata sottoposta ai gre-
ci. Dai romani, che la chiamarono
Teate o Tlieate Marrucinormn, nel-
la loro caduta divenne successiva-
mente dominata dai goti, e dai lon-
gobardi, Questi ultimi, vcncado vin-
76 CHI
ti noU'oltavo secolo da Pipino, do-
po l'assedio questo re la mise a fer-
ro, e a fuoco, per cui rimase inte-
ramente distratta. I.a rifal)briearono
i normanni, laonde tornò a rifiori-
re, concorrendovi in diversi tempi
i sovrani cui fu soggetta , ma i
francesi se ne impadronirono nel
1802. Dopo di questi, tornò al pa-
cifico possesso dei regnanti delle due
Sicilie.
La sede rescovile in Chieti fu
fondata nel quinto secolo, e sebbe-
ne Commanville convenga, che nei
primordi del decimosesto fosse eret-
ta in nietropoM , assegnandole tre
vescovati per sutfraganei , a pag.
3i. Ilist. de tons les archev., fa il
novero di un numero maggiore di
chiese da essa dipendenti. Abbiamo
dal p. Mansi, Siipplem. tom. I, col.
bqy, che in questa città nell'anno
840, fu tenuto un concilio, al qua-
le presiedette Teodoro arcivescovo
di Chieti, per far rientrare i cano-
nici secolari nell'osservanza della vi-
ta comune. Certo è, che Clemente
VII, nel iS'zg, eresse questa chiesa
al grado arcivescovile, assegnandole
per suffraganee le diocesi di Lancia-
no, Penna, ed Atri; ma siccome ven-
nero poscia esse tolte dalla sua sog-
gezione, s. Pio V le sottopose il solo
vescovato di Ortona, che in pro-
cesso di tempo le fu tolto per cui
ora la metropoli di Chieti non
ha sutfraganei.
Giulio II, nel i5o3 o i5io4,
diede per pastore a questa chiesa l'ir-
reprensibile Giampietro Caralfa, na-
poletano, per la santa vita del qua-
le Dio permise si estinguesse un fu-
rioso incendio nel castello di Popoli,
sottoposto alla sua diocesi, col get-
tar nelle fiamme un /égiiua Dei be-
nedetto. Quindi nel i5ig, Leone X
gli aggiunse l'arcivescovato di Brindi-
CHI
si, ma nel t^'ì^y rinunziò ambedue
le sedi, per ritirarsi con s. Gaetano
a menar vita solitaria, e ad istituire
rOidine de' chierici regolari, che dal
vocal)olo latino di questo suo primo
vescovato furono detti Tt'adni [Ve-
di). Chiamatolo poscia a Roma Pao-
lo HI, ad onta della sua ripugnanza,
lo creò Cardinale , gli restituì la
chiesa di Chieti, e a' 2 dicembre
1537, gli diede nel pontificio pa-
lazzo di s. Marco il pallio arcive-
scovile, donde a'g novembre iS^g,
lo trasferì alla chiesa di Napoli. Pei
suoi grandi meriti, nel i555, fu il
Caraffa nell'età d'anni settantanove
sublimato al pontificato col nome di
Paolo IV. Vedi.
La cattedrale di Chieti tanto pe-
gli ornamenti, non meno che per
la nobiltà del disegno, riesce mae-
stosa. Essa è dedicata all' apostolo
s. Tommaso. Il capitolo si compo-
ne di due dignità, la prima delle
quali è l'arcidiacono, di quindici ca-
nonici, di dieci ebdomadari , e di
altri preti e chierici addetti al di-
vino servigio. iNella cattedrale si ve-
nera il corpo di s. Giusfino vesco-
vo e patrono della città ; vi è la
cura d'anime, col fonte battesimale,
non essendovene altri, benché vi sie-
no altre tre parrocchie. L'episcopio
è un edifizio antico; il cimiterio sta
fuori della città, nella quale vi sono
cinque monisteri e conventi di re-
ligiosi, due monisteri di monache,
quattro conservatori!, un ospedale,
un monte di pietà , ed il semina-
rio. La mensa per ogni nuovo ar-
civescovo è tassata nei libri della
camera apostolica a fiorini cinque-
cento. Oltre tali stabilimenti, la pub-
blica istruzione vanta il i-eale colle-
gio , ed una società accademica di
agricoltura, arti, e commercio.
CHIGI Famiglia. La nobilissima
CHI
famiglia Chigi romana, oriunda di
Siena, fino da otto secoli addietro
godeva il titolo di conti dell' Arden-
gesca, titolo di cui ci sono memorie,
che nel 1072 era da essa posseduto,
come può vedersi nel Gigli, Diario sa-
nese, t. I, pag. 107 e scg. Possedeva
inoltre questa famiglia il castello
di Macereto nel territorio di Siena,
del quale ora non rimangono che
rovine, ed alcuni bagni salulnù, ai
quali negli anni 14^9 e \\^o si
recò Pio IF, Piccoloniiiii , sanese. Del
castello di Macereto furono signori
Ranuzio nel 1200, ed Anselmo nel
1248, il quale porlo l'insegna di
sei monti d'oro, colla stella nel cam-
po rosso. Egli fu uno de' cinquan-
ta nobili sanesi , eletti dalla città
per assistere l'imperatore Federico
II, nella guerra di Parma, nella quale
si distinse per egregie doti. Figlio di
Anselmo fu Chigi, da cui presero
il cognome gì' illustri suoi discen-
denti. Ereditò esso dal genitore non
solo il di lui dominio, e i diritti, ma
anche le virtù, per le quali avea fiorito
alla patria. Merita ancora menzione
un Mariano Chigi, ambasciatore della
repubblica di Siena a Carlo ^ III l'e
di Francia , che poscia colla stessa
eminente qualifica fu inviato al Pon-
tefice Alessandro VI. Colla protezio-
ne del re di Francia, potè rista-
bilire r indipendenza, e dignità della
sua repubblica , e da lui uscirono
Agostino, Sigismondo, e Lorenzo suoi
figli;
Nel medesimo pontificato di A-
lessandro VI, il magnifico e celebre
Agostino Chigi figlio di Mariano,
e fratello di Lorenzo, e Sigismon-
do, divenne uno de' più ricchi gen-
tiluomini, che si trovassero nella
corte di Roma ; dappoiché avendo
egh introdotto in Italia l'arte di
cavare e formare l'allume, che pel
CHI 77
primo nel monte di Tolfa avea dis-
coperto Giovanni di Castro , nel
1 462, ne avea ricusato in profitto
la rilevante somma di quattrocento
mila scudi, ed assicurato alla Ca-
meia apostolica l'annua rendita di
trentaquattro mila scudi. Allor(|uau-
do poi Cesare Borgia duca del ^'a-
lentinois, e figfio di Alessandro YI,
si preparava nel i5oo ad intrapren-
dere la spedizione di Romagna, A-
gostino gì' imprestò non solo pa-
recchie migliaia di scudi, ma diede
pure tutta la sua considerabile ar-
genteria, che avea fatta fondere e
ridm're in moneta. Nel i5o3, di-
venuto Papa Giulio II, della Roi>e-
re, per la stima^ e per la benevo-
lenza con cui riguardava Agostino
Chigi, gli aQidò la sopraintendenza
delle finanze pontificie, della qua-
le restò molto contento , al paro
che del nobilissimo e principesco
alloggio datogli da Sigismondo fra-
tello di lui nella sua villa detta le
Polle, circa tre miglia presso Sie-
na; anzi per una specie di onore-
vole adozione, volle Giulio II, che
Agostino e i suoi discendenti fosse-
ro stimati, e riguardati come ap-
partenenti alla propria famiglia del-
la Rovere. Ed è perciò, che sino
d' allora i Chigi al loro stemma
inquartarono la quercia con ghian-
de d' oro dei Rovereschi ( V. Ro-
vere FAMic.i lA ). Il p. Bonnani, -T«-
mismata l'onti/icum Rom. p. 699,
cosi spiega la inquartatura della
quercia della casa della Rovere, che
nello stemma Chigi si vede : " De
» gentilitio Chisiorum stemmate in-
» nuere sufficiat, illud in qnatnor
M aureolas divisum esse, quarum
5j duae sex. montes aureos coutinent,
j> quibus sidus etiam aureum im-
;) minet in campo rubro ; aliae vero
!} in campo cianeoquercumhabent ".
78 CHI
Il medesimo Agostino Chigi sulla
riva del Tevere, presso poila Set-
timiana, con animo grande , e col
disegno di Baldassare Periizzi eres-
se un bollissimo palazzo, ed un luogo
di delizia, con una gran loggia sul
detto fiume, adoperandovi il pennel-
lo del divino RallacUo, e dei valen-
ti di lui scolari. Divenuto Pontefice
nel i5i3, Leone X, de Medici, nel
possesso solenne, che prese della ba-
silica lateranense, nelle vicinanze di
ponte s. Angelo, ove Agostino avea
l'abitazione, gli venne da lui eret-
to un arco trionfale, descritto dal
Cancellieri ne' Possessi de' Papi. In
quel palazzo, e nel delizioso giardi-
no, Agostino diede tre sontuosi
conviti allo stesso Leone X, e al
sagro Collegio de' Cardinali, in uno
de' quali (a' 3o aprile i5i8) v'era-
no tre pesci pagati duecento cin-
tjuanta scudi, e nell' altro d'incre-
dibile magnificenza, nel giorno del
suo sposalizio, ricevette da Leone
X l'anello, quasi in memoria del
generoso sovvenimento da Leone
ricevuto dal Chigi nel tempo dei
suoi esilii dalla città di Firenze,
prima che salisse al pontificato. Ca-
millo Fanucci, nel Trattalo di tutte
le opere pie di Roma ove parla
della sontuosa cappella da Agostino
Chigi fabbricata nella Chiesa di s.
Maria del Popolo [Tedi), alla pag.
i6t racconta, che messer Agostino
Chigi, gentiluomo sanese, fu il mag-
gior banchiere e mercante, che vi
fosse allora, giacché né egli, ne i suoi
ministri sapevano il valore dei be-
ni che possedeva, né de' crediti, ed
imprese, le quali ascendevano a più
d'un milione d'oro; ed aveva credito
in ogni parte del mondo sino tra
gl'infedeli, i quali lo chiamavano,
il gran mercante cristiano. Di lui
si contavano cose maravisrliose, fra
CHI
le quali che Leone X lo sposò, gli
battezzò un figlio, e quando Agosti-
no lece testamento, il Papa v' in-
terpose il decreto dell'autorità sua,
facendo da testimoni dodici Cardi-
nali, Imbandì Agostino a Leone X,
ai Cardinali ed agli ambasciatori
de' principi, un banchetto su d'una
loggia, che avea edificata sul Teve-
re presso il palazzo sum mentovato,
splendidamente ornata. Lautissiino
fu il convito per la copia e rarità
de' cibi, per la ricchezza e preziosi-
tà del vasellame d'argento, e d'oro,
ed allorché fu termmato il convito,
venne la loggia demolita. Il mede-
simo Agostino edificò una bella
cappella nella chiesa di s. Maria
della Pace (P^edi), e maritò una
figlia a Ridolfo Strozzi. Di lui, e
dell' intera famiglia ci dà preziose
notizie il Cancellieri nelle Disserta-
zioni epistolari bibliografiche, a pag.
363.
Del lusso di Agostino Chigi da
tenere nelle scuderie cento cavalli ,
ì^. Paolo Colmesio negli Opuscoli
al e. 27, p. 60, dell'edizione del
1G69 ; Adriano Giunio nell' ^ni-
madversa lib. IV, cap. 8, nel to-
mo IV del LampaSj sive Fax ar-
tiuni liberalium del Grutero p. ^ii.
Egid. Gallo stampò nel i5i2 un
poema assai raro, diviso in cinque
libri, in lode del delizioso palazzo
di Agostino, intitolato. De Virida-
rìo Augustini Chisii patritii sanen-
sis, ed in quell' anno istesso Blosio
Palladio pubblicò il suo Suburba-
nuni Augustini Chisii. Allora la via
della LuiigiU'a, ove trovasi detto luo-
go, chiamato in appresso Farnesi-
na, pel motivo che diremo, era fuo-
ri delle mura di Pioma. F. Raph.
Sanctii, Monumenta ac Tabulae ac-
ri incisa a Petro Sancte Bartoli.
La casa poi, che il sunuoraiuato ar-
CHI
cliitetto Peruzzi si edificò nella via
de' Ginpponarij per andare alla Can-
celleria, è un model lo della Farne-
sina da lui pure eretta.
Contemporaneo di Agostino Chi-
gi, fu il beato Giovanni Chigi, che
visse santamente ne' deserti di Lec-
ceto sotto il pontificalo di Giulio II,
e che fu lo splendore degli eremiti
di s. Agostino, e gloria ben distin-
ta di questa cospicua famiglia, co-
me si legge nella di lui vita pub-
blicata in latino da Raimondo Ca-
pizucchi in Roma nel i65j, e da
Niceforo Sebasto jMelisseno nel i6j6,
e nel 167 5 riprodotta.
Ma, secondo che accade più vol-
te nelle famiglie ricche ed opulenti,
la ricchezza generò la trascuratezza,
e, morta la madre, la roba poco a
poco scemò, e i successori del ma-
gnifico Agostino Chigi, a' quali egli
aveva lasciata l'entrata di settanta
mila scudi d'oro, rimasero nel gra-
do de' mediocri gentiluomini, finché
la sua discendenza si estinse. JXè de-
ve tacersi, che nel Pontificato di
Paolo III, Farnese, creato nel i534j
la famiglia Chigi da E.oma fu co-
sti'etta a i-itornare in Siena, lasciando
in Roma il palazzo e il bel giardi-
no sul Tevere nella via della Lun-
gara, che la casa Farnese per sua
ricreazione uni a quello incontro
nell'altra riva, e che riuscì sontuo-
sissimo , per cui dai nuovi pro-
prietari prese il nome di Farne-
sina.
Anche il patrimonio di Sigismon-
do fratello di Agostino il Magnifico,
si andò diminuendo, benché dividen-
dosi la sua discendenza in due rami,
alquanto più pingue si mantenne in
quello della famiglia di Agostino
cavaliere di san Stefano , che in
quello di Flavio cugino del cava-
liere, il quale fu padre di Ales-
CHI 79
Sandro VII ; giacché mentre le fa-
coltà di questi poco eccedevano
l'annua rendita di mille scudi, quelle
del lamo del cav. Agostino superava-
no l'entrata di cinquemila scudi. Il
detto Agostino, cavaliere di s. Ste-
fano, fu maestro di camera e pri-
mo consigliere di Caterina duches-
sa di Mantova, e di Mattia e Leo-
poldo de Medici, i quali con bene-
volenza senza esempio gli confidaro-
no le chiavi delle porte della di lui
patria Siena. Faremo pure qui men-
zione d'un Scipione Chigi, che am-
basciatore e generale della repub-
blica Sanese, la liberò nel i552
dall'assedio postovi dall'esercito im-
periale di Carlo V.
Passando ora a parlar compen-
diosamente della preclarissima di-
scendenza di Alessandro VII, prin-
cipal ornamento della famiglia Chi-
gi, diremo che il nominato di lui pa-
dre Flavio, il quale per parte di sua
madre Agnese Bulgarini era nipote
cugino di Paolo V, Borghese, si
sposò con Laura Marsigli, figlia di
Antonio signore di CoUecchio, e
vedova di Antonio ÌNIignanelli , di
nobihssima famiglia. Da questo ma-
trimonio nacquero: i." Sigismondo,
che morì nul)ile; 1° Mario, che
nel proprio figliuolo rinnovò il no-
me paterno di Flavio; 3.° Fabio,
poi Pontefice A lessandro \ II ; 4- A"'
gusto, il quale morendo, dalle due
mogli avute lasciò due fìgliuoh, cioè
Agostino della prima, e Sigismondo
della seconda. La prima moglie di
Augusto figlio di Mario, fu Olim-
pia della Ciaja, che pronipote del
mentovato Agostino cavaliere di s.
Stefano, e da lui adottata nella
linea Chigi, si diede da lui in
isposa al nipote Augusto, istituendo
suoi eredi i figliuoli di essa , nel
puigue retaggio , eh' egli lasciava ,
8o CHI
ascendente a circa cento cinquanta
mila sciuli. L'altra moi^lio di Aii-
guslo fu Francesca Piccolomiiii (che
avea dato alla Chiesa Pio li e Pio IH)
colla quale si fece nella famii^lia Chi-
^\ il deciinosetlirno parentado. A
Sigismondo figlio secondogenito di
Augusto toccò la sola metà delle
antiche proprietà paterne, né la sua
porzione più oltre giugneva di tre-
cento scudi di annua rendita.
Da Flavio, e da Laura nacquero
pure cinque figlie, che si fecero re-
ligiose in due monisteri di Siena ,
tre delle quali vivevano con segna-
lata umiltà nel tempo che avevano
il fratello sul trono pontificale. In
questo modo Alessandro VII ebbe
tre fratelli, e cinque sorelle.
Fabio Chigi nacque in Siena ai
i3 febbraio iSgg. Nella sua fan-
ciullezza corse pericolo di morire,
a segno ch'erasi comperata la cera
pel funerale. Dopo che sua madre
Laura gli aveva insegnato a legge-
re ed a scrivere , e i primi ele-
menti della grammatica , Fabio in-
traprese gli studii, e fece tale pro-
gresso, che nella villa Ancajani ( poi
de' Chigi ) presso Siena nella sua
gioventìi compose la tragedia, il Pom-
peo. Quindi nel 1626, coli' aiuto e
col consiglio di Agostino cavaliere
di s. Stelano suo zio, restatogli in
luogo di padre che era morto nel-
l'anno duodecimo di Fabio, si recò
a Roma ove fu subito fatto da Ur-
bano Vili prelato, e dopo luminosa
carriera da Innocenzo X fu pro-
mosso alla rispettabile carica di se-
gretario di stato, e nel iGSi fu
ereato Cardinale , e per morte di
Innocenzo X, a'7 aprile del iG55,
venne eletto Papa col nome di A-
Icssandro FU ( Vadi ). Tanto era
limgi dall'ambire sì sublime digni-
tà, che quando i Cardinali ÌMedici,
CHI
D'Esle, e i due Barberini recaronsi
nella di lui ccjJIa in conclave, a no-
tilìcargli ch'orasi stabilito crearlo
J'apa, egli, senza usare molti rin-
graziamenti, rispose, che avea molti
difetti noti, e molti non noti, e che
aveva dentro il terzo grado forse
novanta parenti. Così la casa Chigi
fii onorata dal suo virtuoso discen-
dente. Quanto questa famiglia ab-
bia fiorito in nobiltà, basta riflette-
re alla parentela della medesima,
contratta colle famiglie Salviali di
Firenze, Petrucci di Siena , Gatta
di Viterbo , Ortensia di Gubbio ,
Alidosio d' Imola, Colonna, Sciarra,
Capizucchi, ed altre distinte, preci-
puamente di Pioma, come si vedrà
in progresso. Ahissandro VII richia-
mò la sua famiglia a Pioma, nel
modo che andiamo a dire, e dove
eravi già stata con isplendore , sic-
come dicemmo piìi sopra.
Alessandro VII primieramente fe-
ce cameriere segreto coli' uffizio di
scalco, il cav. Angelo della Ciaja,
zio dal canto materno di Agostino ni-
pote dello stesso Papa, come quello
che nel suo Cardinalato lo avea ser-
vito col grado onorifico di coppiere.
Intanto era passato mi anno senza
che Alessandro VII avesse prestato
orecchio alle istanze, che gli facevano
molti personaggi , perchè chiamasse
da Siena a Roma i suoi congiunti, coi
quali dividesse la cure della sovra-
nità temporale, principalmente eoa
iNlario Chigi suo fratello, pratico,
eil esperto negli affari di pubblica
amministrazione per averli lunga
pezza di tempo esercitati, con som-
ma lode del gran duca di Tosca-
na. Crescendo sempre piìi tali istan-
ze, e mentre ancora ninna lettera
erasi scritta né dal Paps, uè dai
parenti, Alessandro VII nel conci-
storo de' 24 api'de, il primo dopo
CHI
r anniversario di sua incoronazione,
propose al sagro Collegio di chia-
mare in Roma i suoi parenti; in-
culcò il segreto , e domandò che
ogni Cardinale esternasse liberamen-
te il proprio parere in iscritto, per
poterlo esaminare al ritorno dalla
villeggiatura che andava a faie in
Castel Gandolfo, alla quale invitolli.
IVon tardarono i Cardinali di recarsi
indetto luogo a presentare al Papa i
loro pareri, convenendo tutti atfer-
mativamente, meno qualche modifi-
cazione, che piacque ad alcuni consi-
gliare. Fu allora che Alessandro VII
scrisse un breve al fratello Mario, e
ai due nipoti, cioè Agostino figlio del
dclbnto fratello Augusto, e Flavio
figlio di Mario , invitandoli a re-
carsi in Roma con analoghi avver-
timenti per una saggia ed esemplar
condotta. Mandò il breve per Gia-
como Nini sanese , suo cameriere
segreto, che poi creò Cardinale; ed
a' IO maggio partirono da Siena
Mario, Agostino , e Flavio , recan-
dosi a' i6 maggio in Castel Gan-
dolfo dal Pontefice, accompagnati dal
marchese Patrizj. Pel primo entrò
Mario, poi Agostino e Flavio, e fu-
rono accolti da Alessandro VII con
ritegno e gravità.
R.estituitosi il Pontefice in Roma,
mandò i nipoti a fare i santi eser-
cizi, al noviziato della compagnia
di Gesù, ove Flavio avendo voca-
zione per farsi ecclesiastico , si ap-
parecchiò per ricevere gli ordini sa-
gri, ed a' 3 giugno, terza festa di
Pentecoste, ricevette 1 ultimo ordine
dal vecchio Giambattista Scannaro-
lo, vescovo di Sidonia, il quale da
undici anni erasi ritirato in quella
casa. Avea quel vescovo conferito
l'idtimo ordine ad Alessandro VII
medesimo, ventidue anni prima in
quella stessa casa. Siccome il Papa
VOL. \u\.
CHI St
avea espressamente proibito ai no-
minati congiunti, di ricevere i tanti
e preziosi clonativi eh' ei-ano loro
stati offerti , volendoli però giusta-
mente aiutare in altra guisa con
decoro, ad esempio de' suoi prede-
cessori, creò Mario suo fratello, ge-
nerale di s. Chiesa, e castellano di
Castel s. Angelo, e il nipote Ago-
stino generale delle guardie di pa-
lazzo. Alessandro VII per alcun
tempo ritenne pi'esso di sé i con-
giunti, non solo per economia, ma
per conoscerne la condotta, anzi per
moderazione non permise a Flavio
di abitar le stanze solite darsi ai
Cardinali nipoti, afììnchè non si cre-
desse tale, avanti eh' egli lo diclùa-
rasse.
Quindi in coerenza degli ester-
nati sentimenti, a' 2 maggio i656,
avea già Alessandro VII emanata
la costituzione, Inter gravissinias,
colla quale confermò con nuove pe-
ne quelle di Bonifacio VIII, e di
Gr-egorio XIII, nelle quali si vieta
il promettere, o ricevere cosa alcu-
na per giustizia, o favore accordata
dalla santa Sede.
Dopo avere Alessandro VII scam-
pato i tremendi effetti della pe-
ste, che invase lo stato pontificio e
R.oma ( nella quale occasione d. Ma-
rio diede prove luminose di capa-
cità e di energia), considerando che
d. Flavio tanto pel merito che pei
compiti studii era in grado da soste-
nere il Cardinalato, a tal dignità
lo elevò a' 9 aprile dcH'aiiiio 1657,
conferendogli il titolo presbiterale
di s. Maria del Popolo, chiesa di
cui Alessandro VII fu grandemente
benenjerito , che fu già suo titolo
Cardinalizio, e dove, come si disse,
la famiglia Chigi ha la magnifica
cappella gentilizia con diversi sepol-
crali depositi.
6
s-i CHI
Scnya dilungarci sul Cardinal Fla-
vio Ciiif^i, le cariclit: a lui conreiile,
la iTjmtayione che si procacciò colle
esemplari sin- doli, si potranno leg-
gere nella di lui hiogralia, che fa
seguito a (juesto articolo. Nella me-
desima ])romo7.ione Alessandro VII
creò Cardinale Antonio Biclii, sa-
iiese, fratello uterino di Laura sua
madre, già uditore del Papa, men-
tre era nunzio di Colonia. All'ar-
ticolo Avignone, nonché all'articolo
Alessandro VII, si tratta delle spia-
cevoli emergenze accadute in Ro-
ma coli' ambasciatore di Francia
Crecqui, per alcuni suoi famigliari,
e pe' soldati corsi al servigio della
santa Sede, a cagione d' un velaio,
eh' erasi rifugiato nel palazzo del-
l' ambasciatore. In quegli articoli si
conoscerà la prudenza, e mansuetu-
dine di Alessandro ^ li , ignaro ed
estraneo a tali avvenimenti ; la in-
nocenza del Cardinal Chigi , e del
suo genitore d. IMario ; e le esi-
genze di Luigi XIV che, abusando
della forza, occupò Avignone , e il
contado Venosino , ed esigette che
il Cardinale in qualità di legato si
recasse a Parigi, per dichiarare che
né il Papa, né i suoi parenti eb-
bero veruna parte nell'accaduto;
che d. IMario si ritirasse per un
tempo da Roma ; che il Cardinal
Imperiali, il quale era governatore
quando succedettero le accennate dif-
ferenze, si recasse in Francia a giu-
stificarsi ; che d. Agostino nel i itor-
no in Roma dell'ambasciatore gli di-
chiai-asse il dispiacere dello zio Pa-
pa pegli affronti ricevuti; e che la
nazione de' corsi fosse inabile a pren-
dere servigio militare nello stato
ecclesiastico, coli' obbligo di erigere
una piramide, la cui iscrizione ri-
cordasse il motivo della loro puni-
zione. Tutti i saggi disapprovaiono,
CHI
e sempre rimprovereranno la con-
dotta di Luigi XIV col Vicario di
Cristo, fra' quali l'annalista Mura-
tori. /^. il Giielra, lìfMl. Pont. Const.
nel tomo I, pag. 062 ; e Du Fres-
noy, Piiiìcipii della Storia, ec, t.
VII, par. II, art. 75, pag, i4i-
Arrivato d. Agostino all'età di
ventitre anni, molti per esso olFri-
rono al Pontclice di lui zio una
sposa. Gliela olfri il duca di Mo-
dena in una sua figlia ; altrettanto
fece il duca di Parma ; il Cardi-
nal Mazzarini potentissimo uìinistro
di Francia, in una delle di lui ni-
poti, col qual maritaggio oltre una
ricca dote, ed importanti aderenze
nella corte di Francia, avrebbe lo spo-
so contratto parentela di primo gra-
do di aOìnità co' principi d' Este , di
Savuja, e di Borbone. Ma la costante
moderazione di Alessandro VII, che
era alieno da simili parentele, non
volle acconsentirvi. Anche il conte-
stabile Colonna gli offri la mano
della figlia , con quelle condizioni
che fossero piaciute stabilire al Pa-
pa, il quale adombrato dalla pre-
potenza esercitata in altri tempi dai
potenti Colonnesi, inclinava invece a
d. IVIaria Virginia nipote di ]Mar-
c' Antonio Borghese principe di Sul-
mona, che sembi-avagli di condizio-
ne eguale a d. Agostino suo nipote,
come famiglia ch'era stata pur essa
innalzala a maggior grandezza, per
im recente Pontefice loro congiunto,
ed anch' esso oriondo sanese. I Bor-
ghesi vedendo d. Agostino ancora
nel grado di privato e non multo
provveduto di beni di fortuna, an-
davano procrastinando il compimen-
to del trattato, finché conclusero di
celebrare il matiimonio appena tosse
dato a d. Agostino un léudo, e il
titolo di barone.
Non andò guari che il daca di
CHI
Lntei-a, fi-atello del Cardinal Glio-
lamo Farnese, trovandosi in età se-
nile, e senza spei'anza di dare suc-
cessione al suo ramo, ed aggravato
coni' eia di debiti, mise in vendita
il feudo di Farnese, che rendeva
circa cinquemila scudi di annua
reudita , non punto a veruu prin-
cipe soggetto. Quel castello avea
pi^so il nome dalia famiglia Far-
nese de' duchi di Parma. Il Cardi-
nal Chigi ne trattò e couchiuse
V acquisto per duecento settantaciu-
que mila scudi, ed Alessandro VII
gli diede il titolo di principato. La
dote di d. Maria Virginia Borghesi
fu ceiitoltanta mila scudi, quanti
r avo della sposa ne avea ricevuti
dall'ava, e quanti pure al Barberi-
ni nipote di Urbano Vili ne aveva
portati d. Anna Colonna. Alessan-
dro VII in questa lieta circostanza
donò al nipote d. Agostino quindi-
cimila scudi d'oro, ed il matrimo-
nio si fece nel fine di luglio dal
Papa nella sua privata cappella ,
colla sola assistenza del Cardinal
Chigi, piìi propinquo dello sposo, e
del Cardinal Orsini, fratello dell'ava
della sposa. Oltre a ciò d. Agosti-
no ebbe il principato di Campa-
gnano, borgo della Co marca , e il
ducato della Riccia ( Fedi), ove
Alessandro VII eresse il palazzo e
la collegiata. Quel principato fu
venduto dal principe di Albano Giu-
lio Savelli, che si trovava molto in-
debitato, al Cardinal Chigi, unita-
mente ai principi d. Mario , e d.
Agostino, verso l'aimo 1662, come
riporta il Riccy, Memorie della cit-
ici di yJlbano, pag. 243.
A Sigismondo Chigi, altro nipo-
te di Alessandro VII, come figlio
del di lui fratello Augusto , e di
Francesca Piccolomini summentova-
ta, il Papa conferì con due pensio-
CHI 83
ni l'annua rendita di mille e cin-
quecento scudi, e la coadiutoria del
gran priorato di Roma dell'Ordine
gerosolimitano, che avea iSicolò Bar-
berini pronipote di Urbano VIII.
Questi essendosi fatto sacerdote del-
l'oratorio di s. Filippo, era suben-
trato a goderne le rendite il Cai*-
dinal Antonio Barberini iuniore,che
fu poi creato Cardinale.
Dei benefici ecclesiastici, fondati
da Alessandro VII in Siena sua
patria, concedendone il juspatronalo
alla propria famiglia, se ne tratta
all'articolo Siena. Dal fin qui detto
non sembra che sì zelante e gran
Pontefice meritasse le accuse date-
gli da alcuni storici per la propen-
sione a' parenti, forse perchè da
Cardinale e nei primi mesi del suo
pontificato, ch'ebbe termine a' 22
maggio 1667, avea declamato con-
tro il nepotismo. Non è vero quan-
to scrisse il ^Muratori, che al Cardi-
nale Sforza Pallavicino, biografo di
Alessandro V li, cadesse la penna
dalle mani quando vide il Papa e-
saltare, ed ingrandire il proprio san-
gue, e che lasciasse l'impresa di scri-
verne la vita ad altri pii^i cortigiano
di lui. Il eh. Novaes asserisce di
aver visto nella biblioteca del Gesìi
di Roma in tre volumi in foglio,
r originale manoscritto del Pallavi-
cino sulla vita di Alessandro VII,
colle postille in margine fatte col
lapis dallo stesso Pontefice. Cristo-
foro Palmieri, nobile sanese , nel
1679 pubblicò in Firenze la Fila
di Alessandro VII. P. R. La vita
di Alessandro VII del Cardinal
Pallavicini fu ristampata in Prato
nel 1839, ma non giunge sino al-
la fine del pontificato di tal Papa,
perchè l'autore non potè , o non
volle compirla. L'editore si è servito
di un codice della biblioteca Albani.
84 CHI
nd sontuoso palazzo Cliigi cret-
to in piazza Colonna ( rinomato
anco per la galleria de' qnathi ) là
ove prima era la chiesa di s. Paolo
decollato dei barnabiti, ed incomin-
ciato da Alessandro VII, nonché
della biblioteca Chigiana, che ebbe
pure origine da si dotto Pontefice,
sono a vedersi gli articoli Bidliote-
CA Chigiana, e Chiesa di s. Carlo
a' Cati.\.\ki.
Lungi dal tessere il catalogo de-
gli altri personaggi distinti, che fio-
rirono in questa famiglia, ci limite-
remo a darne i pochi cenni seguen-
ti. Sigismondo Chigi [Fedi), sum-
mentovato nipote di Alessandro VII
fu elevato alla porpora nel 1667
da Clemente IX per restituzione
di cappello ; FIuk'Ìo Cliigi ( Fedi)
de' principi di Farnese, fu fatto
Cardinale nel 1753 da Benedet-
to XIV. I Chigi di Roma che
derivano dai sunnominati Agostino
Chigi, e da IMaria Virginia Bor-
ghesi, sino al pontificato di Leo-
ne XII goderono il piincipato di
Farnese, che alienarono alla Came-
ra apostolica, rimanendone il titolo
al solo vivente principe, ad onta
che poi la camera vendesse Farne-
se al celebi'e maresciallo Bourmout.
I Chigi tuttora sono duchi della
Riccia, principi di Campagnano, ti-
tolo che assume il primogenito, si-
gnori di Cesano, e di Castel Fusa-
no, marchesi di IMagliano Pecora-
reccio, e di Scrofano, duchi di For-
melle ec., e baroni della Olgiata.
Sono ascritti a diverse nobiltà, co-
me di Roma, di Venezia, e di Ge-
nova; e l'imperatore Leopoldo I
li dichiarò principi del sagro roma-
no impero.
Ad Augusto Chigi figlio di Ago-
stino, ed a' suoi discendenti in per-
petuo conferì Clemente XI nel 1712
CHI
la dignità di maresciallo del Concia-
\'e (ledi), vaaita allora per la mor-
te di Giulio Savelli, principe di Al-
bano. Quindi nel 1740 Benedetto
XIV nominò Agostino Chigi per
coadiutore di Augusto, di cui era fi-
glio, non che di d. Eleonora Rospi-
gliosi, ritenuto che Augusto godesse
della stessa onorifica carica sua vita
durante. Morto poi questo ai 29 di-
cembre 1769, d. Sigismondo Chi-
gi di lui figlio, e di d. Giulia /al-
bani, e nato ai i5 marzo 1736, ot-
tenne da Clemente XIV ai 5 gen-
naio 1770 la conferma dello stes-
so cospicuo grado. Egli prese per
moglie d. Flaminia Odescalchi dei
duchi di Bracciano, morta la qua-
le nel I 771, dopo avergli dato due
figlie , cioè d. \ irginia maritata al
nobile veneto Giimani, e d. EleO'»
nora sposata al principe di Teano,
non che un figlio per nome d. A-
gostino , eh' è il vivente principe,
prese per seconda moglie d. IMa-
ria Giovanna napoletana de' princi-
pi Medici d' Ottajano, moria in Na-
poli nel fine del 1791. Alla suddet-
ta d. Flaminia nella cappella gen-
tilizia de'Chigi alla chiesa di s. Ma-
ria del Popolo, fu eretto il moiui-
mento, di cui parlammo a quell'ar-
ticolo. D. Agostino fu dato in succes-
sore da Pio VI al di lui genitore
nel maresciallato, che esercitò in Ve-
nezia per l'elezione di Pio VII nel
conclave del i8oo, ed in Roma nei
tre conclavi j>er le elezioni di Leone
Xlf, di Pio Vili, e del regnante Gre-
gorio XVI. Il principe d. Agostino tut-
tora vivente, che allo splendore della
nascita aggiunge quello molto piìi sli-
mabile de' rari talenti, e di fino gu-
sto, e intelligenza nella letteratura e
nella poesia, dal detto regnante Pon-
tefice fu decorato della gran croce
di s. Gregorio Magno. Si congiunse
CHI
in matrimonio a d. Amalia Carlotta
Barberini, che mori nel iSSy, dalla
quale ebbe i seguenti figli :
1. D. Alessandro, nato nel 179^,
morto nel 1 8 1 5, signore di gran-
di speranze pei suoi talenti, e per
la sua pietà.
2. D. Sigismondo Chigi, principe di
Cainpagnano, fatto dal Papa re-
gnante ispettore generale delle
poste ponlitìcie, che sposatosi nel
i82f) alla principessa d. Leopol-
dina Doria Pamphily, nacquero
da essi successivamente, nel i83i
d. Teresa; nel i832 d. IMariu;
nel 1834 d. Marianna che mori
nel 1835; nel i836 d. Maria;
nel 1837 d. Angela; nel 1839 d.
Carlo; e nel i84o d. Eleonora.
3. D. Laura, nata nel 1800, marita-
ta al marchese Taccoli di Mo-
dena.
4. D. Maria Flaminia, nata nel i8or,
maritata al cav. Covoni di Fi-
renze.
5. D. Giulia, nata nel i8o4, spo-
sata prima al conte Lavaggi, poi
al marchese Filippo Patrizi.
6. D. Francesco, nato nel i8o5,
guardia nobile di sua Santità.
7. D. Costanza, nata nel 1807, ma-
ritata al coxite Lovateili di P».a-
Tenna.
8. D. Augusto, fatto dal regnante
Pontefice cameriere segreto so-
prannumerario, e canonico di s.
Pietro in Vaticano, morto nel
1837, d'anni ventinove, encomia-
to per pietà e belle doti.
9. D. Flavio, nato nel 1810, guar-
dia nobile del Papa regnante, dal
quale nel 1841 fu inviato col ber-
rettino rosso al Cardinal de Do-
nald arcivescovo di Lione, colla
notizia della sua esaltazione al
Cardinalato, e quindi fu decorato
CHI 85
della legione di onore dal re dei
fiali cesi.
10. D. Giovanni, nato nel i8i3,
appartenente agli uffiziali dell'ar-
tiglieria pontificia.
I r. D. Giustina, nata nel 18 16,
morta nel 18 18.
In Siena poi è rimasto un altro
ramo de' Cliisri, fatto dal marchese
Bonaventura Chigi, figlio di Agne-
se, sorella del Cardinal Flavio Chi-
gi, il quale chiamò Ansano Zonda-
dari, padre del detto Bonaventura,
e marito di Agnese, a seguitare
questo ramo, a cui diede la terra
di s. Quirico, col bellissimo palaz-
zo, che vi avea fabbricato, col tito-
lo di marchesato, di cui l'ornò Co-
simo HI gran duca di Toscana, e
la deliziosa villa di Cetinale, che lo
stesso Cardinale aveva acci'esciuta
di molte fabbriche, e comodità , e
dove fu visitato, nel 1691, dal det-
to sovrano. Possiede ancora la signo-
ria di Luriano, di Leonina, ed
altre.
Un altro ramo ci è di Chigi-Zon-
dadari, fatto nel decimo secolo da
un secondogenito desuddelti marche-
si Chigi col patrimonio de' due fra-
telli Zondadari, imo Cardinale, l'al-
tro arcivescovo di Siena, i quali coi
loro beni divisero questo ramo per
conservare il nome di Zondadari, che
si era estinto coli' adozione summen-
tovata de' Chigi, e pel matrimonio
di d. Agnese Chigi con Ansano Zon-
dadari.
Della famiglia Chigi inoltre vi era
in Pioma un altro ramo intitolato
Chigi Montoro . Da IMariano Chigi,
che celebrammo di sopra, fiorito nel
XV secolo, sposato a Margherita Bal-
dij nacquero tra gli altri: i -" il pu-
re mentovato Sigismondo Chigi, che
prese per moglie Sulpizia Petrucci, e
86
CHI
fece il ramo de' Chigi , di cui era
Alessandro VII, del quale Sigismon-
do fu bisavolo : 2." Francesco Chi-
gi, che si congiunse in matrimonio
con Battista figlia ereditaria della
famiglia Gatteschi di Viterbo, e for-
mò il ramo de' Chigi Montorio in
Pioma. Da questo Francesco nacque
Bernardino, che sposò Laura de Pla-
nis, e da quel matrimonio nacque
Francesco, il quale, avendo sposata
Lucrezia Poggi, ebbe tra gli altri
figli Lorenzo, che prese per moglie,
nel i63r», Dianore, erede del mar-
chesato di Montorio. Da questi nac-
que Lorenzo , il quale sposato a
Laura figlia del principe Scipione
Lancellotti, ebbe Luigi, che ammo-
gliato a Drusilla, figlia del princi-
pe Santacroce, moita nel 174^5 fra
gli altri figli lasciò Giovanni ultimo
marchese Chigi Montoro , perocché
sposando egli, nel 1726, la rispetta-
bile dama Maria Virginia Patrizi ,
vmica figlia di questa nobilissima
famiglia, originaria da Siena, che
Urbano Vili dichiai'ò marchesi di
Baldacchino, dovette lasciare il no-
me di Chigi Montorio per prende-
re quello di Patrizi , al quale per
questo matrimonio venne adottato.
Non restò di lui che una sola figlia,
d. Porzia Patrizi, dama romana delle
pili mirabili, pie, ed egregie qualità,
la quale impalmata al marchese
Francesco Nai-o, vessillifero di santa
Chiesa, gli diede, come era avve-
nuto col suddetto Giovanni, il co-
gnome de"" Patrizi, per 1' adozione
di esso fatto in questa famiglia. 11
fratello di Francesco fu il Cardina-
le Benedetto Naro, ed il loro figlio
chiamato pure Giovanni divenne se-
natore di Roma, e da d. Cunegon-
da sua moglie, della real casa di
Sassonia, ebbe i viventi Cardinal
Costantino Patrizi vicario di Roma,
CHI
il marchese Filippo Patrizi ressilli-
fero di s. Chiesa, ammogliato ora a
d. (Viulia Chigi, e il p. Francesco
Saverio Patrizi della compagnia di
Gesìi. Nel 171.5 Clemente XI creò
Cardinale Giovanni Patrizi [^J^edi),
di questa medesima famiglia.
Dell' illustre prosapia Chigi mol-
ti scrittori pubblicarono i pregi , e
le geste, e diversi ne cita il Can-
cellieri ne' suoi Posxf'.s.ii^ a p. 258, e
259. Abbiamo pure un opuscolo
intitolato, Chisiae gcntis Inudihus
illustrata, ac Roinae proposita, Ro-
mae typ. Corbelletti 16)8; e Giu-
seppe Buonafede , / Chigi Augìi-
sti , Istoria, in Venezia per Fran-
cesco Valvasense 1660; nonché De
Chasol, Genealogies. Histor. Paris,
tom. IV, dans le t. II des Famil-
les Papah's.
CHIGI Fabio, Cardinale. V. A-
LESSA3VDRO VII.
CHIGI Flavio, Cardinale. Flavio
Chigi nacque in Siena , ed era ni-
pote del Pontefice Alessandro VII.
Accompagnò lo zio, quando col ca-
rattere di legato si condusse in A-
lemagna per conchiudere la pace;
pure innanzi al termine della lega-
zione lo zio medesimo il fece ripa-
triare. In quella circostanza si die-
de egli di proposito alle scienze fi-
losofiche e legali. Salito al trono
Alessandro VII, venne, non prima
del terzo anno del suo pontificato,
creato da lui prete Cardinale del
titolo di s. IMaria del Popolo, e fat-
to presidente della città di Fermo,
governatore di Tivoli, legato d'Avi-
gnone, prefetto della segnatura di
giustizia, e delle congregazioni dei
confini e del concilio, arciprete del-
la basilica lateranense, mentre che
nel 1659 il fece bibliotecario della
Vaticana, e pi'otetlore de' Minimi,
de' monaci Silveslrini e Valloiiibro-
CHI
sani, e, secondo altri, eziandio dei
Minori conventuali, con amplissima
autorità in tutto lo stato ecclesia-
stico. Somma capacità e rettitudine
mostrò egli in tutti questi impieghi,
né tradì mai la gravità del decoro,
comunque sempre accoppiasse nei
suoi modi il fiore della galanteria.
Per acquetare le discordie insorte
in Roma nell'occasione della gara
tra le milizie urbane e la famiglia
del duca di Crecquy, ambasciatore
di Francia , fu il Cardinale Flavio
Chigi spedito legato a Intere al re
cristiani^imo. E si bella fu la ora-
zione sua e sì persuasiva, che a
poco a poco calmossi l'esacerbato
monarca, e s'indusse facilmente alla
pace, senza che la voluta soddisfa-
zione offendesse punto il pontificio
decoro. Liberale co' poveri, dispen-
sava egli ogni mese da mille scudi,
oltre il promuovere che faceva le
arti e le lettere. Dimise il primo
titolo, ed ottenne da Innocenzo XI,
nel 1686, il vescovato di Albano,
dove neir anno seguente celebrò il
sinodo, che pur diede alla pubbli-
ca luce. Provvide inoltre quella chie-
sa di sacre suppellettili, e fecevi edi-
ficare una nuova sagrestia. Sotto il
medesimo Innocenzo XI passò al
vescovato di J^orto, ed ivi ampliò
la cattedrale e la provvide di ec-
clesiastici arredi. Fece dono alla san-
ta casa di Loreto della preziosa
croce tempestata di diamanti del
valsente di ventimila scudi, regala-
tagli da Luigi XIV nel tempo della
sua legazione di Parigi. Comparti
immensi beneficii alla basilica Late-
ranense, di cui nel giubileo dell'an-
no 1675 aprì e chiuse la porta
santa. La sua morte avvenne nel
i6f)8 nell'età di sessantatie anni.
Trovossi presente ai conclavi dei
due Clementi IX e X, d'Iunocen-
cni 87
20 XI, di Alessandro Vili, e d'In-
nocenzo XII. Ebbe sepoltui'a nella
chiesa di s. Maria del popolo nella
sua cappella gentilizia, vuìa delle più
sontuose di Roma,
CHIGI Sigismondo, Cardinale. Si-
gismondo Chigi fu nipote di Ales-
sandro VII, ed ascritto sin da gio-
vanetto tra i cavalieri di Malta, ot-
tenne dallo zio Pontefice il prioi-a-
to di Roma ed alcuni altri' eccle-
siastici beneficii. Alessandro VII ,
nelle ore di ricreazione, soleva chia-
marlo a sé, ed interrogarlo sui pro-
fìtti da lui fatti sì nella pietà che
nelle lettere. Che se non potè indur-
si a crearlo Cardinale , bene il fece
Clemente IX nel 1667, dandogli la
diaconia di s. Maria in Domnica. Cle-
mente X, alla cui esaltazione avea
contribuito il suo sulTragio , desti-
noUo alla legazione di Ferrara, ed
in età di ventiquattro anni Io ascris-
se a parecchie congregazioni di Ro-
ma, tra le quali a quelle del con-
cilio, de' riti, ed altre. Sommo ap-
plauso riscosse nel suo governo di
Ferrara, dopo di che si restituì a
Roma, dove prestato il suo volo per
I elezione d' Innocenzo XI, morì nel-
la robusta età di ventinove anni,
dopo dieci di Cardinalato. Ebbe se-
poltura nella chiesa di s. Maria del
Popolo nella tomba gentilizia, senza
alcuna funebre memoria.
CHIGI Flavio, Cardinale. Flavio
Chigi nacque in Roma, e dopo es-
sersi applicato agli studi, fu ammes-
so tra i protonotari apostolici, e fu
deputato da Clemente XII a rice-
vere ai confini dello stalo ecclesia-
stico Amalia, figlia di Augusto III
re di Polonia , che conducevasi a
Napoli per unirsi in matrimonio con
Carlo di Borbone re delle due Sicilie.
In quella circostanza fu eletto presi-
dente, e poco dopo da Benedetto XIV
88 CHI
fu fatto chierico, e poi nel 17') 3,
«liacoiio Cardinale di s. Animilo, pre-
lòtto della congregazione de' rili, e
protettore dei Minori conventuali, e
dei canonici regolari del Salvatore.
Decorato della porpora Cardinali-
zia, mantenne un tenore di vita cosi
umile, religioso e liberale, che ama-
re lagrime cagionò generalmente la
sua morte accaduta in Roma nel
1771 nell'età sua di cinquantanove
anni, e diciotto di Cardinalato. Fu
sepolto nella chiesa di s. Maria del
Popolo nella tomba della nobile sua
famiglia, senza l'onore di memorie.
CHILI. Contrada lunga e stretta
dell'America meridionale. V. Ame-
rica.
CHILIANO (s.) vescovo. Era da
prima monaco in Irlanda. Poscia si
recò a Roma unitamente al prete Co-
lomano, ed al diacono Totuano nel
686, e ricevuto il grado episcopa-
le dal Pontefice, fu incaricato coi
compagni della predicazione del van-
gelo ai Germani, che abitavano la
Franconia. Vi convertì molta gente
ed il duca Gosberto medesimo ri-
cevette il battesimo , e perchè rap-
presentò a questo, che il matri-
monio colla cognata Geilana era con»
trarlo alle leggi della Chiesa , si
tirò l'odio della iniqua donna per
modo, che nella assenza del duca ,
per comando di lei fu assassinato
insieme ai compagni nell'anno 688.
CHILI ASTRI. Eretici. F. Mil-
LEJfARI.
GHINEA o GHINEA. Cavallo am-
biante, a.siitrco. Questo nome secondo
il Dizionario della lingua italiana
si applicò in vari tempi a diversi
cavaUi, e si disse talvolta chinea un
cavallo bianco, o un cavallo lear-
do; ed ancora si appellò chinea
una mula bianca, vecchia, e man-
sueta, massime quella che il re di
CHI
Napoli mandava ogni anjio al Pa-
pa, in soddisfazione del censo o tri-
buto per l'investitura del regno, la
quale solennemente presentavasi da
un ambasciatore nella basilica Va-
ticana, nella vigilia della festa dei
ss. Pietro e Paolo. Di tal censo, e
funzione, della sua origine e termi-
ne, intendiamo trattare in questo
articolo, coU'autorità del Cardinal
Stefano Borgia , Breve istoria del
dominio temporale della Sede Apo-
stolica nelle due Sicilie, Roma 1788-
1789; Difesa del dominio tempora-
le della Sede Apostolica nelle due
Sicilie, in n'sposta alle scritture pub-
blicate in contrario, Roma 1791.
Questo autore illustre, ed eruditis-
simo, ecco come a pag. 201 della
Breve istoria, definisce la Chinea in
discorso ; equuni album decenter or-
natum. » Questo cavallo nella for-
« mola usata in oggi nella presenta-
» zione del censo, chiamasi Chinea,
« e vuole per questa voce indicarsi
»5 un cavallo bello, e di andar soa-
» ve, detto dai latini ccpius grada-
» rius. I cavalli d' Asturia asturco-
» nes, dagli scrittori italiani appel-
M lansi gianetli , e chinee. Anche
M r ubino è il medesimo che cìnnea.
M Quindi è invalso che la funzione
M del censo dicasi volgarmente pre-
fi sentazione della Cliinea '.
Il tributo, o censo, che i sovrani
di Napoli dovevano pel regno delle
due Sicilie, si presentava al sovra-
no Pontefice, ed alla santa Sede per
la festività dei principi degli apo-
stoli, e tale atto doveva farsi non
già privatamente, ma colle solenni-
tà consuete, che dimostrassero al pub-
blico r omaggio dell' inclito vassal-
lo, come Clemente V chiamò il re
Carlo II lo Zoppo. Questa solenni-
tà da più secoli prescritta consiste-
va precipuamente nella splendida
CHI
com[xirsa del censo in pubblica ca-
valcata. Tale antico ed espresso pat-
to d' investitura richiedeva, che il
novello re di Napoli dovesse pren-
dala in persona del sommo Pon-
tefice, e che il medesimo re fosse
obbligato rinnovare personalmente il
suo omaggio, e giuramento ad ogni
nuovo Papa, in arbitrio del quale
però rimaneva, o di chiamare il le
a compiere questo rispettoso uffizio,
ovvero di mandare altri in sua ve-
ce a riceverne l'omaggio, ed il giu-
ramento. Fino dal secolo decimo
primo ciò incominciossi dai duchi
e principi investiti dai Pontefici
delle terre delle Sicilie, come al-
to dominio della Chiesa Promana ;
ma poscia che furono innalzate
/dal sovi-ano Pontefice in reame, lo
stesso fecero i primi re , finche
Clemente IV ne prescrisse stabil-
mente le regole nella investitura,
che diede nell'anno 1265 a Carlo
I d'Angiò, fratello di s. Luigi IX
le di Francia, riserbando Beneven-
to per la romana Chiesa. In quc.Nto
solenne atto Clemente IV parlò an-
che dell' obbligo del re di far pre-
sentare il censo delle ottomila on-
cic d'oro in ogni anno, che il Pla-
tina e il Nauclero computarono per
quarantamila scudi d'oro, e del ca-
vallo bianco in ogni triennio alla
sagra persona del Romano Pontefi-
ce , uhìcumque Romanus Pontìfcx
fucrit.
Dalla vita di Paolo li abbia-
mo, ch'egli nell'anno i470 rifiutò la
chinea , ed il falcone, mandatogli
dal re Ferdinando pel regno di Na-
poli, e che domandò invece sessan-
tamila scudi. Ma il suo successore
Sisto IV nel 1472 esentò il detto
re Ferdinando d' Aragona re di Na-
poli , durante la sua vita , dal tri-
buto dovuto alla Chiesa romana
CHI 89
pel l'came , purché in luogo di
censo facesse prestare al Pontefice
ogtii anno nella vigilia della festa di
s. Pietro, l'omaggio della Chinea,
in ricognizione della sovranità pon-
tificiaj e difendesse le spiagge dello
stato ecclesiastico dai corsari, e soc-
corresse il Papa nei bisogni colle
milizie necessarie. Anzi abbiamo dal
Novaes, nella vita di Sisto IV, che
nel 147^ incominciò l'uso di pre-
sentare la chinea in luogo di tri-
buto, nella vigilia della festa di s.
Pietro, in ricognizione della sovra-
nità pontificia sopra il regno di Na-
poli , cui poi fu aggiunto nuo-
vamente il censo. Racconta il Bur-
cardo, Conclavi, pag. i3o, che ai
29 giugno i5o4, il sabbato dedi-
cato ai gloriosi ss. Pietro e Pao-
lo , dopo la messa papale , furo-
no presentate a Giulio II due chi-
nee coi fornimenti e gualdrappe
bellissime: una la presentò il ve-
scovo Rodonense ambasciatore del
re d. Francia in nome di sua mae-
stà cristianissima pel censo del re-
gno di Napoli ; ed il Papa rispo-
se : Acceptamus, senza nostro od al-
trui pregiudizio.
Giulio II nella investitura data
a Ferdinando il Cattolico, la quale
ha servito di norma alle posteriori,
confermò le condizioni ordinate da
Clemente IV, massime suU' accesso
personale del re a ricevere l' inve-
stitura , ed a rinnovare l'omaggio
ad ogni nuovo Papa: -> lidem vero
5) haeredes ( di Ferdinando il Cal-
si tolico ), et successores, si Roraa-
» nus Pontifex in Italia fuerit, in-
» fra sex menses, si vero extra Ita-
-•} liam esset, infra annum, postquam
.-j dicti regni dominium adepti fue-
» rint, teneantur et singulis succes-
;> soribus nostris, ac eidem Roma-
•j nae Ecclesiae rcnovabuut tam
90 CHI
» ipsum liginrn, et homagium, qnam
« cHiiiii liujiisinodi jiiiami-nliini. In
» oplionc aiilcm, ot bfii('|)lacilo crit
» Romani Pontilicis, soii pracdictae
» Ecclcsiac Ferdinandum rcgem, et
M hacredes et successorcs siios prae-
M dictos vocai-c ad praestandiun pcr-
» sonalitcr jiuamcntum lidclitatis, et
» ligiiun, et homagium liiijusmodi,
» diiinmodo ad hoc iMis lutiim lo-
» ciitn statuat, et assignet, vel Car-
»> dinalem i])siusEccle.siae aut alium,
sj qui vice Romani Pontifìcis jura-
» mcnliim juxta eamdem formam,
j» et homagium ac ligiiim hujusiuO'
M di recipiat, destinare ".
Riguardo poi alla presentazione
del censo , non variò Giulio II le
disposizioni di Clemente IV , cioè
che il censo si dovesse dare » in
» dicto festo beatorum Pelri et
« Pauli, uhicumque romanus Pon-
« tifex fuerit , ipsi romano Ponti-
» fìci, et Romanae Ecclesiae ". La
osservabile circostanza di essere il
re tenuto di far presentare il
censo alla stessa persona del Som-
mo l'onteficc, esigeva che la cosa
si adempisse con quelle formalità ,
che corrispondessero alla dignità di
così grandi personaggi. 11 censo im-
posto da Giulio II al re Ferdinando
fu di ottomila oncie d'oro ad pon-
diis ipsiiLs ivgin , in ogni anno, e
di un palafreno liianco, bello, e
buono in ogni triennio. Ma da que-
sto censo lo slesso Giulio II, ncl-
fanno medesimo i^^io, con bolla dei
17 agosto, liberò Ferdinando, condo-
nandogli ancbe il pagamento del-
l'investitura, in grazia della parti-
colare sua divozione ed attaccamen-
to alla santa Sede, e delle dispen-
diose gucire sostenute per cacciar
via dalla Spagna i mori maometta-
ni, con tanto onore, e vantaggio
del nome cristiano. Volle però Giu-
CHI
lio II, che il re facesse presentare
ogni anno al romano Pontefice nella
festa de' ss. Apostoli Pietro e Paolo
itnian pahtfrcnum allmm et piil-
chrnni, et bonum, ci decenter orna-
tnm, in ricognizione del vero do-
minio della santa romana Chiesa ,
delle terre investite.
Leone X minorò poi nel i52i
in favore di Carlo V, il censo, ri-
ducendolo dalle ottomila oncie d'o-
ro di camera in ogni anno, ed in
ogni anno prescrisse la presentazio-
ne del bianco palafreno, già costu-
mato sotto Ferdinando U Cattolico.
Che questo atto di omaggio, anche
prima del i5io, si facesse alla sa-
gra persona del Papa , e con di-
stinta pompa, ricavasi eziandio dai
Diarj del rinomato Burcardo , il
quale fa menzione de' regi amba-
sciatori, allorché Ludovico XII re
di Francia, e Ferdinando il Catto-
lico per le rispettive investiture,
Ogni anno pagavano il censo.
Quanto poi fosse solenne lo sfog-
gio della pubblica cavalcata per la
presentazione del censo e palafreno,
ben lo dimostra ciò che avvenne
sotto Gregorio XIV nel i^gi , di
che dilTusamente tratta il Borgia con
analoghi documenti. Fra questi ve
ne sono sulla presentazione della
chinea fatta al Papa, benché questi
non si fosse recato a celebrare le
funzioni per la festa de' ss. Apo-
stoli nella basilica vaticana. Questo
magnifico apparato reputavasi tanto
unito al censo , che tutte le volte
in cui per necessarie e gravissime
ragioni fosse ommesso o differito ,
veniva nei brevi apostolici chiara-
mente espresso , che la ommissione
non pregiudicasse al consueto, come
rilevasi dal breve di Alessandro VII
del 56)7, e che la dilazione si
concedeva con questa speciale legge
CHI
e condizioi^e , che la presentazione
si dovesse fare, nel termine proro-
gato, al sommo Pontefice colla or-
dinaria solennità ; il che dichiarò
Innocenzo XI nel i683. Il nomi-
nato Alessandro VII emanò tal bre-
ve, perchè Roma in quell'anno es-
sendo ti'avagliata da micidiale pe-
stilenza, la festa di s. Pietro fu ce-
lebrata senza le consuete liete di-
mostrazioni di fuochi artifiziali, spari
di artiglierie, ed illuminazioni, e la
chinea fu perciò presentata privata-
mente.
Accadde nel pontificato del men-
zionato Innocenzo XI che, troTandosi
infermo nel 1686, e non potendo nel
luogo consueto ricevere il censo, de-
terminò che dall'ambasciatore di Car-
lo li re di Spagna si presentasse nel-
la sala del concistoro, supplendo la
presenza del sagro Collegio a quella
del Papa. Ma avendo il conte Bor-
romeo ambasciatore ricusato di fa-
re questo atto, se non in cappella,
ovvero al letto del Pontefice , loc-
chè gli era stato negato, si appigliò
al partito di far presentare il cen-
so privatamente al Cardinal camer-
lengo di santa Chiesa, ed ai mini-
stri camerali nella sala , dove dagli
altri feudatari, non obbligati ad una
splendida forma , si ricevono i tri-
buti. Di fatti andarono i ministri del-
l'ambasciatore per presentarlo ; ma
dai camerali non si volle ricevere
un censo dovuto alla stessa persona
del Papa. L'ambasciatore ne portò
doglianze al proprio sovrano ; ma
questi con più equo consiglio , or-
dinò che si pagasse il censo quando
e dove voleva sua Santità. Ed è
perciò, che quindi venne presentato
a' 28 agosto dello slesso anno 1686
ad Innocenzo XI al Quirinale , e
l'ambasciatore Borromeo compì alla
solennità della funzione, che descris-
CHI 9,
se il Du-Mont , nel Cérénìonial di-
ploììialique, num. 1, pag. i ja, Am-
slerilam 1739. Con questo celebre
fatto restò pubblicamente contestata,
ancora per confessione del medesi-
mo re Carlo li, la giusta e ragio-
nevole richiesta de' pontificii mini-
stri, che un atto sì solenne, ed im-
portante fosse con tutta la conve-
nevole e necessaria pompa celebra-
to dinanzi la sagra persona del Pa-
pa , a cui piacimento ed aibitrio
dovesse il luogo e tempo determi-
narsi. Fu inoltre Carlo II sì reli-
gioso ed esatto, che dovendo paga-
re il censo nella festività degli Apo-
stoli nel 1691, e vacando allora la
santa Sede , per la seguita morte
di Alessandro Vili, si esibì pronto
di farlo presentare al sagro Colle-
gio de' Cardinali, anche con riser-
bare il palafreno, o chinea, per of-
frirlo al nuovo Pontefice. Piacque
ai Cardinah la buona volontà del
re; ma saggiamente preferirono di
rimettere il censo e chinea al futu-
ro Papa. IVel medesimo anno fu
creato Innocenzo Xll, il quale nel
dì primo di novembre ricevette nel
palazzo Quirinale l'omaggio del i-e
per le mani del principe Barberini,
che con legia magnificenza sosten-
ne il carattere di ambasciatore straor-
dinario del re cattolico , come sor
vrano delle Sicilie. IVIa delle pre-
sentazioni della chinea fatte nei pa-
lazzi Quirinale e Vaticano, e nella
chiesa di s. Maria del Popolo agli
8 settembre dopo la cappella par
pale, e di quelle fatte da un Car-
dinale, si può vedere il volume IX
del Dizionario, alle pag. 77, 86 e
87.
Neil anno 1 700, cessando di vi-
vere Carlo Uj in Europa, e mas-
sime in Italia, si accese aspra guer-
ra per la successione alla possente
9^
CHI
ih1 estesa inonai-chia di Spagna, alla
(pialo ])i-ete)i(lcvaiio Luij^i ^IV re
iti l'-iaiicia, e Loo]jo!(1(j I ii)i})cra-
tore. Ma avendo il primo accettala
la disposizione testamenlaria del de-
lonto, dichiarò re delle Spagne Fi-
lippo duca d'Augiò, secondogenito
del suo tiglio Delfino di Francia, il
f|Liale prese il nome di Filippo V. Aspi-
rò questi anco alla sovranità delle
due Sicilie, e eolle armi se ne rese
padrone. A giustificarne il possesso,
si rivolse a Clemente XI per otte-
nerne r investitura. Fu allora, che
nacque viva gara tra le corti ili Ma-
drid, e di Vienna, pretendenti alle
Sicilie. Da ambe le parti si doman-
dava l'investitura con preghiere, e
larghe promesse al Papa. Entram-
be le corti offrirono il censo prima
di averla riportata, e quella di Ma-
drid lo fece eziandio iniprovvisa-
niente presentare al tribunale della
camera Apostolica nella vigilia della
lesti vita di s. Pietro nel 1701 ; ma
non Tu ammesso, anzi venne tòr-
uialmente rigettato. Era fermo il
Papa nella prudente massima di con-
servarsi strettamente neutrale, qual
si conviene al padre comune de' fe-
deli, per cui sempre ricusò conce-
dere ai pretendenti la tanto bra-
mata investitura, come può vedersi
nel lib. V dell' Istoria delle guerre
avi'enute in Europa per la succes-
sione della nionarchiaspagnuola.ee.,
del marchese Ottieri. Nel tomo I di
questa istoria si legge un singolare
stratagemma, con cui gli spagnuoli
presentarono di nascosto in tale oc-
casione il suddetto tributo nel pa-
lazzo vaticano, e come lo rifiutò
Clemente XI, donde prese occasio-
ne il tedesco Vesterno per battere
una medaglia con questa leggenda,
allusiva alla chinea: equo ne credi-
te TEUCRI j AUFUGIAT PRO HAC VICE ,
CHI
come scrive il Guairiacci, f^it. Pon-
tif. toin. II, pag. 7 e 371. Due
giorni prima della detta presenta-
zione del censo, avea Clemente XI,
con suo chirografo de' 2G giugno,
dichiarato alle parli contendenti non
pregiudicarsi la non efrettuata pre-
sentazic^ne di censo, e che rimanes-
sero salve ed illese egualmente le
ragioni della santa Sede. In questo
chirogratò, cui Clemente XI ripetè
ne' seguenti aiìiii , si fìi particolar
menzione della solenne pompa e
cavalcata, che doveva accompagnare
la presentazione del censo e chinea
per le due Sicilie.
E ben a ragione Innocenzo XIII,
neir investitura , che poi diede nel
172?. a Carlo VI d'Austria, par-
lò delle consuete solennità nella pre-
sentazione del censo, non già c(»me
di un atto semplice tàcoltativo, ma
come di un atto famulativo ad un
titolo positivo 5 e sul quale, dopo
così lungo corso d'anni, oltre la cen-
tenaria, s'era acquistato ogni buon
diritto, e quindi obbligò l" investito
Carlo VI a giurargliene l' osservan-
za, con queste parole: " Perpeluis
» futuris temporibus singulis annis
» ipse Carolus rex, ejusque haere-
:> des et successores, alii([ue vocali
» praedictum censum nobis, et suc-
» cessoribus nostris cuin solitis solc-
» mnitatibus integre persolvere o-
« innino debeant ". Non fu però
questo un nuovo obbligo imposto
al re; ma una giusta cautela, per-
chè si osservasse quel jus , eh' era
già con tanti atti solennemente pre-
scritto, e che ultroneamente fu pro-
messo pochi anni dopo dal re di
Spagna Filippo V, quando divenu-
to sovrano delle Sicilie, co' termini
seguenti, in idioma spagnuolo: •> Y
» de la nnsnia , sue r te se afre te
:> proinpto a presentar la Acanea
CHI
» en la forma, y solcmnulad rtco-
}t stuinhrada ". E di falli la conse-
gui iiell'aiino lySS, e nella lìolla
speditagli da Clemente XII, fece
ripetere anche la clausola delle usa-
te formalità, e solennità nella pre-
sentazione del censo, colle stesse
espressioni della bolla d'Innocenzo
XIII, per Carlo VI d'Austria.
Tali condizioni sulle ordinarie so-
lennità della presentazione della Chi-
nea, furono ripetute da Clemente
XIII, nella investitura, che diede
delle Sicilie nel 1760 al re Ferdi-
nando IV, e volle che il censo si
pagasse con le condizioni, modi, e
forme prescritte dai Papi suoi pre-
decessori , massime da Innocenzo
XIII, e Clemente XII ; e nella for-
inola di giuramento, che a nome del
re prestò il Cardinal Domenico Or-
sini, e che poi fu ratificato da Fer-
dinando IV, distintamente fu richia-
mata la bolla di Clemente XII.
Nel pontificato di Pio VI, nel
177G, insorsero alcune dispute di
precedenza, nel giorno della presen-
tazione della chinea , fra i gentiluo-
mini del governatore di Roma, del
ministro di iSpagna, e del contesta-
bile Colonna ambasciatore straordi-
nario del re Ferdinando IV, onde
presentare al Papa il censo. Il mi-
nistero napoletano fece sapere alia
corte di lloma, che per evitare in
seguito altri simili disordini , il re
aveva risoluto di non far più cele-
brare la solenne cerimonia delia
pubblica presentazione , ma invece
di far passare privatamente alla ca-
mera ajiostolica la solita somma di
sette mila ducali d'oro, a titolo di
di vota offerta ai ss. Apostoli Pietro
e Paolo. JMa sulla sottrazione del-
l'annuo tributo sino dal i 196 con-
venuto tra Celestino 111, ed Enrico
VI figlio dell'imperatore Federico I,
CHI 93
e sugli anteriori tributi ed investi-
ture concesse dai Papi ai sovrani
diversi, che dominarono sulle Sici-
lie, per la sovranità avuta dalla
santa Sede su quel reame sino dal
secolo ottavo, e sulla condotta di
Pio VI in sostenere le ragioni della
Chiesa Romana, si cousuiti l'artico-
lo SlCItlA.
Tuttavolta aggiungeremo qui qual-
che nozione più interessante sull'argo-
mento. Nel 1777 nel presentare il
contestabile Colonna la chinea, cam-
biò la formula all' improvviso , di-
cendo che la presentava in attesta-
to di divozione del suo sovrano ,
verso i ss. apostoli Pietro e Paolo.
Ad onta che inaspettatamente si u-
disse da Pio VI la nuova formula,
con prontezza rispose: Noi accettia-
mo questa Chinea in segno di vas-
sallaggio, per li due regni di qua
e di là dal Faro. Ciò non pertan-
to, per interposizione di Carlo III
re di Spagna, ne' successivi anni il
contestabile Colonna continuò a pre-
sentax-e in nome di Ferdinando IV
la chinea a Pio VI coli' antica for-
mula. Ma nel 1788,11 governo del
re prese la risoluzione di non far
più presentare la chinea, per cui
Pio VI, dopo aver celebratola mes-
sa pontificale nella basilica vaticana
per la festa de' ss. Pietro, e Paolo,
pi'onunziò in pubblico al sagro Col-
legio un'allocuzione per la non of-
ferta chinea , dopo la quale sullo
stesso proposito monsignor fiscale
della Camera apostolica emise una
lobusta protesta. Da questa el)l)o
origine la protesta, che ogni anno
nel detto pontificale Pio VI fece in
lutto il suo pontificato, dopo aver
accettata quella del mentovato pre-
lato fiscale^ e che pur proseguirono
i di lui successori, sino al presente.
/'. il volume IX, p. 81, e 82 di
94 CHI
(jiieslo Dizionario, in un alle for-
mule della protesta e dell' aeccltu-
zioiic. Ivi, e specialrneiite uelle an-
teriori pagine 76 e 77, si descrive
il modo come seguiva la presenta-
zione della cliinea , nella vigilia di
s. l'ietro dopo il vespero pontifica-
le, cioè che quando il Papa era
arrivato Ira i due pili dell' accpia
santa, la cliinea appositamente am-
maestrata s' inginocchiava, e dentro
nn vaso d'argento sostenuto dalla
sella, presentava il trihuto di sette
mila ducati d'oro, nell' atto che
l'ambasciatore pronunziava quella
formula, che insieme alla risposta
del Papa ivi pure riportammo.
La detta Ghinea, magnificamen-
te bardata, spettava dopo la fun-
zione al Cavalltrizzo maggiore del
Papa {^Vecii); ma poi si conven-
ne tra il cavallerizzo e l'ambascia-
tore, che questi pagherebbe a quel-
lo in compenso della chinea e del-
la bardatura scudi trecento per
ogni volta. Piiguardo al cerimonia-
le, e come seguiva la cavalcata del-
l'ambasciatore straordinario, si de-
sciive al volume X del Dizionario
alle pagine 3ii e 3 12. Solo qui
aggiungeremo, che l'ambasciatore del
Carpio, destinato a presentare la
chinea ad Innocenzo XI, voleva
portarsi in sedia nella cavalcata ;
ma il Papa gli fece sapere che non
gli avrebbe mandato le consuete
guardie, per cui si adattò di caval-
care, come era il costume.
Non sempre il contestabile Colon-
na fu quegli che fece le funzioni di
ambasciatole straordinario per pre-
sentare la cliinea, dacché piuttosto,
dopo il i68o, sembra che s'incomin-
ciasse da un individuo di tal' illustre
famiglia a fare sì onorevole uffizio,
per parte dei re di Spagna, e dei
re di Napoli. E di fatti, per dire di
CHI
alcuni, il i^av. Ferdinando de TolTes
presentò la chinea a Pio IV in no-
me di I''ilippo li re di Spagna, e
quindi nel proprio palazzo in piazza
IN'avona, che poi divenne proprietà
dei Laneellotli , ne' riquadri della
sala, fece di[>ingere la magnifica
pompa con cui eseguì 1' incarico.
Nel 1687 Carlo li destinò a pre-
sentare la chinea a Innocenzo XI^
colla solita qualifica di ambasciato-
re, il duca Federico Sforza Cesari-
ni, ed egli adempì quella funzione
eolla maggiore sontuosità. Neli734>
Clemente XII ricevette la presenta-
zione della chinea dal principe San-
tacroce. Però nello stesso decorso se-
colo, e parlicolarincnte verso la melàj
il conteslabile Colonna fu l'auìbascia-
tore straordinario del re di Napoli,
per la presentazione della chinea al
sommo Pontefice. Siccome nell'an-
data alla basilica vaticana colla chi-
nea l'ambasciatore riceveva il salu-
to dal Castel s. Angelo, con alcune
salve di artiglieria , e nel passare
per la piazza di s. Pietro, dal can-
none e mortari della guardia sviz-
zera, così tornato al suo palazzo ,
aveano luogo sontuosi rinfreschi ,
suoni, cantate, illuminazioni, fuochi
artifiziali con macchine allegoriche,
ed altre solenni e pubbliche dimo-
strazioni di gioia. Le descrizioni di
tali feste si leggono ne' Diari di Ro-
ma, e il Cancellieri nel suo Merca-
lo ec, a pag. i8c), tesse un catalo-
go dei numeri de' detti Diari, che
ne parlano.
liitornando alla sospesa presenta-
zione della chinea , nel medesimo
anno 1788 il cav. Ricciardelli , in-
caricato di affari del re di Napoli,
ebbe ordine dalla sua corte di por-
tare al Cardinal Boncompagni se-
gretario di stato, settemila ducati
d'oro di Camera, nonché altri tre-
CHI
cento ducati pel cavallo bianco det-
to chinea ; ma il Cardinal ricusò
di riceverli, dicendo che nella so-
lennità appunto della cerimonia, e
nella nomina di uno straordinario
ambasciatore per adempirla, consi-
steva la principal circostanza del-
l'omaggio. Replicò il ministro, che
sua maestà era intenzionata di con-
tinuare la pietosa offerta, non mai
a titolo di censo, tributo, investitu-
ra, o vassallaggio, ma solo per di-
vola offerta ai ss. Apostoli Pietro e
Paolo, e perciò a tal fine l'avrebbe
depositata al montt di pietà di Ro-
ma [Vedi), per restarvi a piena
disposizione di sua Santità. Di fatti
per molti anni continuò il cav. Ric-
ciardelli a fare il deposito di un-
dici mila ottocento trentotto scudi ,
e baiocchi settantacinque, che cor-
rispondono ai detti settemila ducati
d'oro di camera, ed alla tliinea bar-
data, che si valutava per cento set-
tantacinque scudi d'oro simili. IMa
se per piìi anni replicò il Ricciar-
delli il corrispondente deposito, que-
sto tuttavia non fu mai dalla santa
Sede accettato. Laonde così molti-
plicato, fu poi levato dal monte di
pietà con ordine del medesimo in-
caricato regio. Nel 1791 continuan-
dosi a fare il deposito, nella dichia-
razione si ebbe a notare una variazio-
ne di espressione, cioè che invece di
dire a titolo di limosina, si disse a
titolo di divozione, il che nella so-
stanza non era quanto richiedevasi
giustamente. Diceva la formola del
deposito w che per la special divo-
» zione, che sua maestà Siciliana
" professava ai ss. apostoli Pietro e
" Paolo, mandava la consueta som-
" ma, coir aggiunta di ottocento
M scudi in circa , per compensare
w l'ommissione fatta negli anni pre-
» cedenti, di non aver valutato il
CHI 9I;
» prezzo del cavallo bardato detto
M chinea, che sopra il dor.so portar
>* soleva il consueto denaro ".
In processo di tempo la corte di
Napoh fece alcune trattative per una
convenzione con Pio VI, in virtù del-
la quale ogni re delle due Sicilie pa-
gherebbe per una sola volta alla san-
ta Sede cinquecento mila ducati, in
foi'ma di pietosa offerta a s. Pietro,
ma che cesserebbe per sempre la ce-
rimonia e formalità della solenne pre-
sentazione della chinea. 11 tempo pe-
rò fece conoscere, che le trattative
per la convenzione non ebbero elfet-
to, continuando Pio VI a pronun-
ziare la consueta protesta sedente sul-
la sedia gestatoria, nel dì di s. Pie-
tro , in mezzo alla basilica Vati-
cana.
Che il cavallo bardato, o la chi-
nea, venisse dato alla santa Sede per
imbuto di vassallaggio anche dalla
città di Bamherga (Vedi), lo dicem-
mo a queir articolo. Della chinea de-
stinata a poitare la ss. Eucaristia a-
vanti ai sommi Pontefici, nel posses-
so alla basilica lateianense, e nei viag-
gi dei medesimi Papi, guidata da due
palafrenieri, chiamati i palafrenieri
del ss. Sagiamento, si tratta agli
articoli Eucaristia (Vedi), ed a
Cavallo ( Vedi ) , ove pure si di-
ce delle mule bianche, o chinee ca-
valcate , od usate dai Pontefici.
Il Cancellieri poi nelle sue ope-
re parla delle chinee portanti il
ss. Sagrameuto , guidate pel freno
da persone nobili ecclesiastiche , a-
venti anch'esse il nome di palafre-
nieri della chinea, e palafrenieri
del ss. Sagramento. Tra le dette
opere va letto quanto egli riporta
nella Lettera a monsignor Tommaso
Guido Calcagnini, a pag. 3-ì, pe-
rocché vi hanno in essa erudite no-
tizie suU'argomeuto.
96 CHI
CIITO o SCIO. Sedo vescovile
neir isola di lai nome. V. Scio.
CHIODI (Co ngrcgaz ion e religiosa
de' sacri). Nell'anno iSGy nella cit-
tà di Siena il p. Matteo Guei'ra,
uomo insigne per pietà, volle isti-
tuire una congregazione di sacerdo-
ti, la quale fu chiamata (\e sagrì
Cliiodi, perchè abitando dopo la lo-
ro fondazione, nell'ospedale detto
della Scala, si congregavano in una
cappella della chiesa dell' ospedale
medesimo, dove si conservava con
inolia venerazione uno de' chiodi, coi
quali venne inchiodato in croce Ge-
sù Cristo. Dipoi con bolla di Grego-
rio XIII ncUanno i584 fu alla con-
gregazione data la chiesa di s. Giorgio,
e furono confermate le loro rego-
le, che pure vennero approvate nel
seguente anno da Sisto V. Ivi i sa-
cerdoti vivevano religiosamente in
vita comune, senza proprietà indivi-
duali, e secondo le costituzioni aposto-
liche, che ricevettero altres'i l'appro-
vazione nel 1 096, anche da Clemen-
te \II1. Facevano solenne giura-
mento di perseverare sino alla mor-
te, e di ubbidire al loro superiore;
dal qual giuramento il solo Papa
poteva dispensarli , come espressa-
mente si legge in una bolla di Pao-
lo V de' 23 gennaio 16 14, e in
altra emanata da Urbano VIII nel
1627. Questa congregazione fiori
per uomini di segnalata bontà , e
dottrina, e si esercitava nell'ammi-
nistrazione de' sagramenti, in predi-
care, ed insegnare la dottrina cri-
stiana a' fanciulli, e in molte auste-
rità. E già colle sue opere, e col
suo esempio, riuscì di grande edi-
ficazione a' fedeli, e trasse a sé molti
proseliti, fra' quaU s. Filippo Neri, in-
timo amico del p. IMatteo fondatore.
E siccome l'abito dei sacerdoti dei
sagri Chiodi era uguale a quello dei
CHI
sacerdoti della congregazione dell" o-
ratorio, fondata poi dal medesimo
s. Filippo, furono pure volgarmente
chiamali, \ padri di s. Filippo Neri.
Di questa congregazione si possono
leggere le notizie ne Fa su Sancsi,
e nelle Pompe Sancsi del p. Isido-
ro Azzolini Ugurgeri, part. I, tomo
X, Ddli fondatori delle Religioni
Sanesi.
CHIODI {Reliquie insigni). Quan-
tunque gli Evangelisti nel riferire
la passione e il martirio solTcrto in
croce da Gesù Cristo, non facciano
menzione de' chiodi che Io trafis-
sero, con tuttociò ne parlano chia-
ramente dopo la sua gloriosa ri-
surrezione. S. Luca, cap. XXIV, 89,
ci dice , che allorché Cristo com-
parve agli Apostoli , dopo essere
risuscitato, non essendovi s. Tom-
maso, disse loro : Mirate le mie mani
e i miei piedi, perocché io son desso.
E detto questo, mostro le mani e i
piedi, e da s. Giovanni si replica,
cap. XX, 20 : E dopo aver così
detto, mostro loro le mani ed il co-
stato. E Tommaso disse agli Apo-
stoli quando gli raccontarono 1' ap-
parizione, idem V. 25: Se io non
veggo nelle sue mani la fessura
de' chiodi , e se non metto il mio
dito nel luogo de' chiodi , e non
metto la mia mano nel suo costato,
non lo credo. E comparendo di
nuovo Gesù Cristo, allor cli'era-
vi s. Tommaso, a lui rivolto, ecco
come gli parlò, ib. v. 27 : Metti qua
il tuo dito, e osserva le mie mani,
e accosta la tua mano, e mettila nel
mio costato. E ciò fece, perchè tut-
tavia apparivano aperte le sue mani
da' chiodi, e il costato dalla lancia.
Nella versione persiana, Jo. e. XX,
in Polyglot. t. V, XLI, 20, pag.
509, London, 1657, si espriaiono
anco le ferite de' piedi, ove leggesi :
CHI
Disse questo, e mostri) loro le ferite
delle mani, de piedi e del costato :
11 che mirabilmente si accorda con
ciò, clic di Ini predisse il reale Sal-
mista, Psai. XXIj i8, ove dice:
Hanno forati i mici piedi, e le mie
inani. E adunque indubitato, e lo
confermano l'antica veneranda tra-
dizione, la rispettabile autorità dei
Padri, ed un numero incalcolabile
di antichissime immagini di Gesù
crocefisso , che gli furono eziandio
trafìtti e perforati i piedi da chiodi
di l'eiro.
I chiodi de' piedi, secondo la più
comune opinione, si crede siano stati
due, come ricavasi da s. Gregorio
di Tours, De glor. 3Iarfyr. cap. 6;
da Innocenzo 111, Semi. I de uno
Marlyre; dal Cardinal Toledo sopra
del capo 19 di s. Giovanni, annot.
1 4 j da s. Cipriano nel sermone de
Passione Domini, e da un gran nu-
mero d'immagini lavorate negh an-
tichi musaici , e principahnente in
quelli fatti dai greci, riportate fra
gli altri dal p. Cornelio Cuiti nella
sua opera de Clavis Domini cis. Me-
glio di tutti lo prova il dottissimo
Benedetto Xi V, Lamherlini ^ De [est.
D. N. Jesu Chris ti part. I, num.
279; il quale con isquisita erudizio-
ne ha moltissime cose disaminate,
ed osservate non meno in conferma
<le' quattro chiodi, che in confuta-
zione di chi sognava non già con
chiodi essere stato confitto in croce
Gesù Cristo, ma bensì con funi es-
sere stato legato. In un sagro trit-
tico de' religiosi carmelitani di Luc-
ca del XIV secolo, in bassorilievo
eseguito sull' osso bianco, eravi rap-
presentato il mistero della crocefis-
sione, con Gesù Cristo posto sulla
croce, senza segno di chiodi, pog-
giando i piedi su di un zoccolo.
Vero è però, che i romani, al dire
voi. XUI.
CHI 07
di Plinio, mettevano dei pezzi di
legno al Ijasso delle croci, affinchè
i malfattori potessero appoggiarvi i
piedi. Un' altra simile stravaganza
si vedeva nella croce stazionale pos-
seduta dal senatore Ebnero d'Eschen-
bach, in cui rappresentasi Cristo
senza avere i piedi trafitti dai chio-
di ; locchè è certamente contro l'o-
pinione più vera e più comune, e
contro l'uso generale antico e mo-
derno, di rappresentare Gesù con-
fitto da chiodi ancor ne' piedi. Che
il Redentore fosse trafitto da quat-
tro chiodi, è più probabile, sebbene
l'opinione, che lo sia stato da tre
chiodi , abbia in favore gravi ed
antichi scrittori. Giusto Lipsio, de
Criice, lib. II, cap. 9, pag. 44, cre-
dette che Nonno scrittore del quinto
secolo , fosse di questo sentimento
nella parafrasi in versi del vangelo
di s. Giovanni. Il citato p. Curti
pelò da un altro passo del mede-
simo Nonno, pretende di mostrare
che ancor egli opinasse essere stati
quattro i chiodi.
Altri poi, per convalidare l' opi-
nione de' tre chiodi, adducono in
loio favole l' autorità della trage-
dia greca intitolata: Cristo paziente.
Ma c[uesta veramente poco a loro
giova perchè l' autore è un ooeta ,
che non istà strettamente al van-
gelo e all'istoria, sebbene sia il ve-
nerando s. Gregorio Nazianzeno, se-
condo alcuni. V. Lollaud, ad i5
3Inii., Tillemont t. I, not. 3g. Sur.
lY. S. J. C, p. 455 , e i Crocefissi
con quattro chiodi, dappoiché fuori
di quelli riportati dal p. Curti, dal
Lanibccio, Uibl. Caes. lib. II, pag.
4 IO, e lib. XIII cod. 6'j , dal
Buonarroti nel Dittico di Ramhona,
e dal can. Giuseppe Martini, Tlieatr.
IJasilic. Pisan. tab. XiX, pag. 87,
se ne trovano pure altrove. Di fatti
7
gS CHI
se ne trovano anche oggltlì in al-
cune chiese antiche, come nella col-
legiale eli s. Michele in Lucca , in
quella metropolitana, in quella ab-
bazia di Pozzeveri, senza mentova-
re altri luoghi. Il Torrigio, Le sa-
gre grotte Faticane, dice a p. i(^'^,
che pur troppo gravissimi autori
greci e latini sostengono che, Gesù
fu crocefisso con quattro chiodi, due
alle mani , e due a' piedi , ed af-
ferma di avere veduto simili Cro-
cefissi i^f^edi), nel portico della ba-
silica lateranense, e nelle chiese di
s. Maria Liberatrice, de' ss. Cosma
e Damiano, di s. Bonosa, di s. Ni-
cola in Carcere, di s. Clemente, di
s. Urbano alla Calltirella, di s. Bi-
l)iana, e di s. Costanza , come ne
vide a s. Maria in Traspontina nel
chiostro, nelle porte della basilica
ostiense, nella sagrestia di s. Pietro,
nelle grotte vaticane, e sopra il mo-
numento di Giunio Basso , prefetto
di E.oma, esistente nella stessa ba-
silica vaticana.
11 costume moderno di rappre-
sentare le immagini de' Crocefissi
co' piedi sovrapposti l'uno all' altro,
e trafitti da un solo chiodo , vi è
chi crede, come il citato Buonarro-
ti, Osservazioni sopra il dittico di
Rand)ona, sia stato introdotto in-
torno al tempo della ristorazione
delle belle arti, pensando forse gli
artefici col formarli in tal guisa, di
dar loro maggior grazia , e attitu-
dine. In siinil modo se ne vedono
alcuni nella chiesa di s. Croce di
Firenze dipinti non solo da Cima-
bue, che fiorì nel secolo decimo-
terzo, e fu maestro di Giotto , ed
uno de' principali ristoratori della
pittura, ma ancora da Margaritone
pittore e scultore aretino, che pur egli
visse in quell'epoca. / .Pompeo Sar-
ndYì, Lettere ecclcsiasticUe, t. ¥,0.78.
CHI
Si sono anche per divozione imi-
tati i chiodi, coi quali Gesìi Cristo,
fu attaccato alla croce. Calvino ne
conta quattordici o quindici, ch'egli
pretende che i cattolici tengano per
veri , ma fra questi ne mette molti,
dei quali prima di lui non si era
mai inteso parlare ^ come «juelli di
Venezia , dei carmelitani di Parigi,
della santa cappella di Draguignan
del villaggio di Tenaille , il quale
vuoisi immaginario. Il vero chio-
do, che è in Boma nella chiesa
di s. Croce, fu limato, ed ora non
ha pili punta. Questa limatura e
stata rinchiusa in altri chiodi, fatti
alla stessa foggia e forma del vero,
e in tal modo lo si è in certa guisa
moltiplicato. Si è trovato anche un
altro modo di farne molti, cioè col
toccare con chiodi somiglianti il ve-
ro, e dopo distribuirli. 11 Cardinal
s. Cai'lo Borromeo, prelato illumi-
nato e della più scrupolosa esat-
tezza in fatto di reliquie, aveva molti
chiodi fatti a somiglianza di (jiiello,
che si venera a Milano, e li distri-
buiva dopo averli toccati a questo,
ed uno ne donò al re di Spagna
Filippo II.
Parlando il Baronio, all'anno 326,
de' chiodi della croce, ove fu cro-
cefisso il Salvatore, avveite che il
trovaisi in più luoghi diversi di tali
chiodi, forse avvenne dal formarsene
con parte dei veri , ovvero che i
chiodi, i quali servirono a commet-
tere i due assi della croce, sieno cre-
duli per quelli, che forarono le di-
vine membra di Gesù. Dello stesso
sentimento è il p. ftlenochio, t J,
pag. 6'2(), Dei chiodi co' (jiiali fa
confìtto in croce Gesù, dicendo che
pure in Como, e in Treveri se ne
venerano, ed aggiugne die fra essi
vi sieno puro i chiodi, co' quali fu
li^rmato sulla croce il Titolo. /^, il
CHI
Gretsero, de Cnice, capo 28. Per
non dire di altri luo£!;lii, anche nella
città di Spoleto, e nella chiesa di s.
Domenico si venera lui sagro chiodo,
ed uno è pure in venerazione nella
cattedrale di Colle. Racconta il Piaz-
za, Gerarchia, ec., pag. 4^^ 5 ^^^^
nella chiesa di s. Eusebio di Roma
si dice conservarsi il chiodo, il quale
fu fatto in forma di freno a Co-
stantino imperatore, ma aggiunge che
piuttosto esso sia quello, il quale con
molta divozione si conserva nella
metropolitana di Milano, in prezio-
so reliquiario, che si espone ogni an-
no alla pubblica venerazione a' 3
maggio, con solenne processione in-
trodotta da s. Carlo Rorromeo quan-
do n' era arcivescovo. Certo è, che
nella chiesa di s. Eusebio ora non
vi è tal chiodo. Da alcuni fu credu-
to, che la celebre Corona di fer-
ro [Fedi), colla quale s' incoronano
gl'iniperatori, come sovi-ani del regno
Lombardo-veneto, e prima serviva
pei re d'Italia, e che si conserva ge-
losamente in Monza , sia formata con
un santo chiodo. Con questa coro-
na nel l3^5 fu coronato in Mila-
no a' 6 gennaio l'imperatore Carlo
lY, ad istanza del quale nel!' anno
precedente. Papa hmocenzo \ I con-
cesse alla Germania, e alla Roemia
il celebrare nel venerdì dopo l' ot-
tava di pasqua la festa della sagra
Lancia, e de' sagri Chiodi, che ser-
virono di stromento per la passio-
ne di Gesù Cristo. Che in Siena
vi fosse un santo chiodo, lo dicem-
mo all' articolo Chiodi Congrega-
Zìoue de' sagri (fedi), cosi deno-
minata perchè fondata presso la chie-
sa ove veneravasi.
Intorno ai veri chiodi, che l'impe-
raliice s. Elena trasse dalla croce del
Salvatore,, si sa che la pia principes-
sa trovandosi in pericolo di annega r-
CHl 99
si nell'Adriatico, per una violenta bur-
rasca, gettò nel mare uno de' chiodi,
e lo ebbe tranquillo. Tanto riporta
il citato san Gregorio Turonese, lib.
I, e. 6. Abbiamo inoltre, che il ti-
glio di s. Elena, Costantino, come at-
testa s. Andjrogio, de Ohit. Theod. n.
4?, e dicono altri autori, pose uno dei
chiodi nel ricco diadema di cui usava
ne' giorni piìi solenni, e che un al-
tro chiodo pose nella briglia del ca-
vallo, riguardandolo come un sicu-
ro preservativo ne'pericoli della guer-
ra. E il predetto s. Gregorio, Ice. cit.,
dice che eranvi due santi chiodi, nel-
la briglia del gran Costantino. Si leg-
ga Alfonso Paleolti, nel libro inti-
tolato Jesti Cliristi Crucifìxi Styg-
niala sacra e sindoni impressa, Ve-
nezia 1G06, cap. 21, che parla dcN
le ragioni per cui il Salvatore non
permise che gli fossero infrante le
gambe. Il Cancellieri nelle sue Dis-
sertazioni epistolari bibliografiche ^
tratta a pag. i i i, dei tre chio-
di della santa cioce espressi da s.
Rernardino nel nome di Gesù, la
cui divozione grandemente fu da
quel santo propagata col dipingerlo
in sigle.
Seguendo la tradizione di quelli,
che voghono il Redentore crocefis-
so con tre chiodi, alcuni liturgici di-
cono venire rappresentati nei tre a-
ghi o spilloni d'oro, la cui testa è
ornata d'un rubino, co' quali vie-
ne fermato dal Cardinal diacono e
dal prelato suddiacono, il pallio al
sommo Pontefice allorché celebra so-
lennemente. P\ Stomer AugusLlib. i,
Genume Aidnicv e. i']^; Raldassari,
il Pallio apostolico; e Garampi, Si-
gillo della Gnrfagnana pag. 122 e
12 3, ove si dice, che Cencio Came-
rario chiamò i detti spilloni Spinu-
Ice, e di essi riporta erudite notizie.
CHIOGGIA o CIIIOZZA ( Ciò-
loo CHI
dica.). Citlà con residenza vescovile
nel i"Cgno lombardo-veneto. E po-
sta in snlubre e vantai^giosa situa-
zione nella parte jneri<lionale del-
l'estuario presso l'Adriatico, un po-
co al nord dell'imboccatura della
lìrenta. Sarebbe interamente isola-
ta se non fosse congiunta col lido
di Brondolo, mediante un ponte di
pietra di quarantatre archi, assai
stretto, ma lungo duecento cinquan-
ta passi. Oltre l' isola di Brondolo,
sono non molto lontane da Cliiog-
gia quelle del Lido, di Poveglia, e
di Pelestrina. 11 suo sobborgo è pro-
tetto da qualche batteria, e la cit-
tà è riguardata come uno de' punti
piìi forti delle lagune di Venezia.
Il suo porto, l'antico Hcdron, con
ampio bacino e canali, chiamato la
Conca di Brondolo, è il piìi oppor-
tuno al commercio pel Brenta, Adi-
ge, e Po, perchè formato dalle ac-
que dell'estuario , e da un ramo
dello stesso Brenta. Desso è difeso
dal forte san Felice di figura esa-
gona. Chloggia è capo luogo di un
distretto di quattro comuni, con pre-
tura di prima classe, congregazione
municipale, vice-capitanato del por-
to, e dogana. L'origine della città
rimonta ad epoca remota ed incer-
ta. Sembra farne menzione non
chiara Tito Livio, parlando nel X
libro di tre borgate di padovani
distrutte dai greci, una delle quali
fu Chioggia, per cui si trae conse-
guenza, che la fondasse Clodio, com-
pagno di Autenoi'e. Altri, seguendo
un passo di Plinio, in cui parla
della Fossa Clodia, e del porto di
Hcdron, la credono a lui anteriore,
e fondata da Clodio nemico di Ci-
cerone, o da Clodio capo degli Al-
banesi. Non mancamo (juelli, che ne
credono fondatore o l' inqieratore
Clodio Albmo , o Marco Aurelio
CHI
Claudio, per cui chiamossi Clandio-
rinlis. Fossa Claudia, da Tolomeo
Fossa Clodia, e nel medio evtj Cin-
cia. Paro tuttavia piìi indubitato
die Chioggia fosse una delle isole,
di rifugio specialmente a'padovani,
nelle barbariche incursioni di Atti-
la, di Odoacre, di Totila, di Al-
boino, e degli altri dominatori lon-
gobardi, e greci. Divenuta in pro-
gresso popolata, massime per lo sta-
bilimento di quei di Este, e di
IMonselice, sulle rovine della città di
JMalamocco, antica sede del veneto
governo, si divise in due parti, che
si chiamarono la grande e la j)iccola.
La prima tuttora in piedi, bella,
con buoni edifizi, è divisa dallaltra
da un canale navigabile detto la
ì'cna. Chioggia fu una delle dodi-
ci isole formanti la provincia di Ve-
nezia, che aveva il suo tribuno, e
posteriormente uno de'qualtro can-
cellieri. Venne eretta in città, e per
tale confermata, verso l'anno i i i o,
da Ordelafo Fahero, doge di Ve-
nezia.
Per la sua posizione soffrì Chiog-
gia spessi guasti nelle venete guer-
re, e fu celebre per diversi com-
battimenti navali fra le flotte vene-
ziane e genovesi. Questi ultimi vi
perdettero nel 1 38o la celebre bat-
taglia, che rese vano il fruito delle
precedenti loro vittorie , e che ri-
stabilì il veneto dominio sulla ligu-
re rivale. Tanto in questo, che in
altri incontri, gli abitanti di Chiog-
gia diedero riprove di valore e di
Itideltà. Nel resto Chioggia seguì la
^5orte, e i destini della repubblica
di Venezia. Sul così detto lido dì
Sotlomarinn, che forma quasi un
sobborgo di Chioggia, vedevasi la
chiesa della b. Vergine detta della
Navicella, bell'edifizio decorato di
stupendi dipinti, la cui erezione ri-
CHI
inonlava al secolo dcciniososlo, ma
ora è demolita e ridolta a foitifìca-
zioni. Ivi si ammirano i sorpren-
denti e celebri nuovi argini del
mare, chiamati Murazzi, opera ve-
ramente emula delle piìi magnilìche
e grandiose de' romani, incominciata
nel lySi, per cui giustamente vi
fu posta r iscrizione : ausu komano
VERE VENETO . La Strada maggiore di
Cliioggia è larga, e deliziosa. Il pa-
lazzo governativo fu riparalo nel
if)44) ed abbellito di pitture. Quan-
do Pio \'I nel 1782 recossi a Ve-
nezia, ai io marzo giunse a Lago
Scuro del Po, dov'erano preparati
tre bucintori, sette peote, e tre bar-
che pel suo trasporto, e per quello
del suo seguito. Sbarcò a Cliioggia
ad un'ora della sera, e prese allog-
gio, e dornù nel palazzo Grassi, ove
fu convenientemente complimentato
a nome della repubblica veneta ,
dai procuratori di s. ]Marco Manin
e Contarini, che poi il corteggiaro-
no sino ai confini dei dominii vene-
ziani. Il di lui successore Pio VII,
eletto nel 1800 in Venezia, avanti
di recarsi in Pioma, andò a vedere
su di un piccolo legno i celebrati
Murazzi, come raccontano Cancel-
lieri ne' suoi Possessi, a pag. 4^^'^ >
e Pistoiesi, 1 ila di Pio l" II, tomo
1, pag. 87.
Cliioggia divenne più considere-
vole allorquando verso l'anno 1106
\i fu trasferita la sede vescovile di
INIalamocco, suffraganea del patriar-
cato di Grado, la quale era stata
fondata circa nell'anno G38 da Tri-
oidio vescovo di Padova , ivi rifu-
giatosi per la persecuzione di Piola-
ri. Il vescovo, che per lo stato ro-
Ninoso di Malamocco si fissò a
Cliioggia, fu Arrigo Grancarolo nel
pontificato di Pasquale li, e nel do-
gado di Ordelafo Fulicro. Fu SUC-
CHI 101
ceduto nella sede di Chioggia da
quei personaggi, che si leggono nel-
la Serie dei Vesco^'i di Malamocco
e Chioggia, del eh. Giuseppe Via-
nelli della stessa città. In progresso
di tempo la sede divenne sulfraga-
nea di quella di Venezia, dopo che
nel XVI secolo fu sollevala al gra-
do patriarcale. Si contano quindici
sinodi, che celebi-aronsi in diverse
epoche dai vescovi di Cliioggia, e i
cinque ultimi furono pubblicati col-
le stampe, cioè il sinodo di Lorenzo
Prezzato, tenuto nel i6o3; di Pie-
tro Paolo Milolti nel 16 16; di
Pasquale Grassi nel i634; di Fran-
cesco Grassi nel 1648; e del me-
desimo Fi'ancesco nel 1GG2. La cat-
tedrale dedicata all' Assunzione di
IVIaria Vergine in ciclo , possiede
diverse preziose reliquie. F a tre
navi, come la rifabbricò larchi tetto
Baldassare Longhena nel i633, sul-
le rovine dell'antica stata consunta
da un incendio. IMagnifico n' è il
pulpito, ed il battisterio di marmo
è uno de' più celebri d'Italia, orna-
to di statue, e bassorilievi. Il suo
campanile altissimo ed isolato, è di
bellissima forma. Dal capitolo usci-
rono uomini rinomatissimi. Ora si
compone di otto canonici, di tre
dignità, la prima delle quali è l'ar-
cidiacono, la seconda il decano, e
tra i canonici sono compresi il teo-
logo, e il penitenziere. Vi sono
inoltre addetti all' iiffiziatura altri
preti e chierici. Un canonico eser-
cita ivi le funzioni di parroco, e
nella città vi sono due altre parro-
chie, ed altre chiese ec. Evvi pu-
re una casa di Filippini, un istitu-
to delle scuole pie, un altro di
beiìeficenza, un conservatorio per le
zitelle, il seminario, il monte di pie-
tà l'ospedale ce. L'episcopio è un bel-
l'edifizio; e la mensa per ogninuo\x)
102 CHI
vescovo è tassala ne' libri della Ca-
Diera apostolica, in fiorini sessan-
totto. Il rinomato Cardinal Bembo
fu canonico decano della cattedrale;
e tra i molti uomini illustri, che
diede la città, vanno rammentati il
Cardinal Santi Yeioiiese, il doge
Paolo Renier, molli vescovi, ed uo-
mini dottissimi.
CH IONIA (s.). Sebbene di geni lo-
ri idolatri, subì la pena del marti-
rio in compagnia delle sorelle, nel-
l'anno 3o45 in Tessalonica, il gior-
no terzo di aprile. V. Agape (s.)_,
Irene (s.).
CHIOSTRO. Questa voce in gene-
re significa un monistero di perso-
ne regolari dell'uno e l'allro sesso ;
e talvolta la vita monastica. In que-
sto senso suol dirsi, che uno si può
salvare nel chiostro. Il monaco spes-
so viene chiamato claustrale dagli
scrittori ecclesiaslici. J^. Macri Noi.
(le'vocab. ecclesiastici, alla voce Clau-
strum. Anticamente i chiostri erano
ancora scuole di lingua, di lettere,
e di arti liberali, massime ne' tem-
pi, in cui per le barbarie non v'era-
no le pubbliche scuole. Tuttavolta
anche ne' secoli a noi vicini, e pre-
sentemente in alcuni raonisteri te-
nevausi, e si tengono gratuitamente
scuole di filosofia, teologia, diritto
canonico, ec.^ benché a ciò non ob-
blighi il loro istituto.
In generale dlcesi chiostro quel
luogo chiuso, e per lo più abitato
da persone sagre. Si dà anche tal
nome alle loggie e ai portici intor-
no ai cortili de' conventi , perysti-
lium. I chiostri servirono eziandio
di onesta prigione a' principi infe-
lici , e ad alcuni sovrani di ul-
tima abitazione, non meno che ai
vescovi ad altri prelati, o necessa-
riamente, o volontariamente peni-
tenti.
CHI
CHIROGRAFO, o CIROGRAFO
( Cliiro^raplmm, Cirof^raphitin). Que-
sta parola viene dal greco, e signi-
fica scrittura in cera, giacché prima
scrivevasi sopra tavolette spalmate
di cera. Questo vocabolo aulicamente
indicava pure un atto, che, richie-
dendo una copia, si scriveva due
volte in una medesima pergamena
in senso contrario , lasciando uno
spazio frammezzo, ov'era scritto il
chirografo, per la cui metà era ta-
gliata la pergamena ora per diiitlo,
ora a denti , consegnandosene la
metà a cadauna delle parti. Di pre-
sente da' giureconsulti per chiro-
grafo intendesi ima scrittura auten-
tica stesa di proprio pugno portante
obbligazione, secondo che la defini-
sce il Dizionario della lingua ita-
liana. V. Chirographarius, nel Hie-
rolexicon del Macri; ed il Forcellini,
Lexicon totius latinitalis pag. 554
del t. I, Patav. 1827. Chirografo
anche nel senso di diploma scriptum,
pactum, reguni et principuni mani-
bus ac subscriptionihus roboratuvi
( Da Cange, Glossar, ad scriptor.
med. et infimae latinitatis, Venet.
1737, t. II, p. 536), quando ha
il distintivo di Pontifìcio, significa
quella concessione, o conferma di
grazia, che il Papa accorda, o nel-
r interesse della camera Apostolica,
o in seguito di domanda di parti-
colari, o di j)Ioto proprio (^Fedi) ,
sempre munito a piedi della sua au-
tografa firma, e registrato nella me-
desima Camera, a differenza delle
Bolle {Fedi), e dei Brevi {Vedi),
e con deroga alle formalità pre-
scritte dalla costituzione di Pio IV,
De registrandis. Così si esprime in
proposito Teodoro Amydenio, cele-
l)re avvocato della curia romana ,
De officio et j'urisdictionc Datariae,
et de stylo Datariae, lib. I, cap, i5.
CHI
lì. 1 19, pag. c)!, cdit. Venet. i65^.
Egli, dopo avere riportato quasi per
esemplare un chirografo di Urbano
Vili, dei 21 agosto 1627, a favo-
re del marchese ^ incenzo Giusti-
niani, signore in tcmporalibus del
castello di Bassa no nella diocesi di
Sutri, così soggiugne, dopo la fir-
ma di Urbano Vili : '> Haec est
» forma conlìrmationis per chiro-
" graphum, quod nihil aliud est,
» quam cedula nostra propria ma-
« nu subscripta , et semper solet
« concipi lingua vernacula , sub-
" scribitur tamen lingua latina ,
» videlicet ; Urbanus Papa Vili,
" quae subscriptio in Chirographo
" adjicitur in fine. In litteris in
w forma Brevis ponitur a princi-
» pio, et non scripta de nianu
>i Papae ".
Lo stesso Amydenio soggiunge
al n. 120, che » Chirographa non
>i fiunt nisi in materiis spectanti-
» bus interesse Camerae ". Questa
ultima parte non va però presa
così sti'ettamente alla lettera, giac-
ché non solo dove trattavasi degli
interessi della Camera, ma anche
nel Coiicessum ai particolari, le gra-
zie venivano talvolta per chirografo.
Ciò si rammenta dalla sagra B.ota
come cosa notoria. Gravi questioni
insorsero fra il marchese Andrea
Giustiniani di Genova , prima per
la separazione tra d. Eugenia Spi-
nola sua moglie , poi per la resti-
tuzione del quarto della sua dote ,
costituitogli in scudi ventiduemila
d'oro di stampa. Nel proporre, a' 27
aprile 1642, la causa su quest'ul-
timo articolo, cadde in discussione
la famigerata bolla di Sisto V sul-
la riforma delle doti, eh' è la costi-
tuzione 52 del Bollano Romano del
Cherubini, t. Il, p. 4^9, nella <[uale
si riserbò la facoltà nei rispettivi
CHI io3
casi » supplicationem ani alium mo-
-•> tum propri um, nostra seu Roma-
-V ni Pontificis prò tempore existen-
» tis manu signata, derogalio fue-
" rit concessa ". Sulla scorta di
tali parole il tribunale della Piota,
nella detta causa Giustiniani e Spi-
nola, Rot. Roin. Recentìor, par. 9,
n. I. Decìs. 'j5, n. 59, 62, si espres-
se al modo seguente : « Sed cer-
" tum est quod praeter supplica-
» tiones tunc non signabantur ma-
» nu Papae nisi Chirographa. Ergo
» de illis loquitur Sis^tus , et ap-
-■' pellatione moia proprii manu Pa-
» pae signati venit etiani Chirogra-
» phum ". E più sotto al n. 62
si legge : Et Chirographa sìve con-
-•' cernent interesse Camerae , sive
» privatorum, solent signari manu
•' Sanctissimi, et registrar! in Ca-
" mera, ut est notum ".
Da quanto si è qui compendio-
samente esposto per definire il chi-
rografo Pontificio , può conoscersi ,
che le grazie per chirografo si ac-
cordano dal sovrano Pontefice , sia
neir interesse della camera Aposto-
lica, sia in quello dei privati, e che
il distintivo dei Chirografi, non che
dei pontificii 3Ioto-jìropri consiste
nell'estensione italiana, e nella fir-
ma latina dei sommi Pontelici a
piedi dei medesimi, che in fine ven-
gono registrati in Camera, eccettua-
to il caso di una deroga espressa
nei medesimi Chirogiaii alla bolla
di Pio IV, De registrandis. 11 dot-
tissimo monsignor Marino Marini,
prefetto degli archivi vaticani, pub-
blicò nel 1 84 1 in Rouja colle stam-
pe, l'eruditissima Dissertazione Di-
plomatico-Poìiti/ìcia, ossieno osser-
vazioni paleografiche ed erudite sul-
le bolle de' Papi.
L'origine di questa diversità fra
i Chirografi, e Moto-propri , dalle
io4 CHI
bolle, e dal brevi non si saprebbe
con cortezza additare, e solo per sem-
plice congettura può ari^uirsi, clic
venissero introdotti dopo la resti-
tuzione della residenza Pontificia da
Avignone in Roma, avvenimento
cbe rimonta all'anno iSyy. Clemen-
te Xn, verso l'anno 1735, stabilì
die le prime minute delle bolle, le
quali si fanno dall' uflicio degli ab-
breviatori, fossero munite del chi-
rografo pontificio, come pure i bre-
vi, affine di togliere l'abuso intro-
dotto, che le bolle, alle quali non
ispettava l'approvazione del conci-
storo, si publ)licassei"o senza la sot-
toscrizione del Papa. Il regnante
Gregorio XVI col Moto-proprio del
IO novembre i834, col quale pub-
blicò il Regolamento legislativo e
giudiziario per gli a/fari civili, nel-
la parte II, titolo I, si espresse co-
sì nel § 278: " I Chirografi, che
» contengono le concessioni sovra-
» ne, si spediscono, e l'imangono
» depositati nella cancelleria del tri-
jj bunale supremo di segnatura ".
I chirografi pontificii rare volte
sono assoluti, e quasi sempre ven-
gono emanati, e diretti al prelato
uditore del Papa, se riguardano
soggetti, e cose particolari. Se poi
appellano ad interesse pubblico , o
vengono commessi al Cardinal Ca-
merlengo di s. Chiesa , ovvero al
prelato tesoriere, specialmente in
cose riguardanti l'erario. Qualunque
per altro sia il Chirografo, vi sono
alcune formole generali, che a mag-
gior intelligenza si trascrivono qui
appresso letteralmente.
« In adempimento pertanto del
!» presente Nostro Chirografo ne
'» pronuncierete qualunijue deci'cto,
»» concederete in nome Nostro le
» opportune facoltà, e farete tut-
■i t'altro, che per la totale esecu-
CIII
zinne, perpetua fermezza , e sus-
sistenza di questa Nostra gnizia
stimerete essere in (pialsi voglia
modo spcdiente e necessario, es-
sendo mente, e volontà Nostra
espressa. Volendo e decretando
che al presente Chirografo, quan-
tunque non esibito né registralo
in Camera, e ne' suoi libri, non
possa mai darsi, né opporsi di
orrezione, e sorrezione, uè di al-
cun altro vizio, e difetto della
Nostra volontà, ed intenzione, né
che mai sotto tali altri qualun-
que pretesti possa essere impugna-
to, moderato, e rivocato, e che co-
sì, e non altritnenti, debbe sempre
giudicarsi, definirsi, ed interpre-
tarsi da qualsivoglia giudice o
tribunale benché collegiale, con-
gregazione anche de' reverendissi-
mi Cardinali, camerlengo di santa
Chiesa, vescovi, governatori , te-
soriere, rota, e camera, e qua-
lunque altro, togliendo loro ogni
facoltà e giurisdizione di giudica-
re, definire ed interpretare in con-
trario, dichiarando Noi fin d'a-
desso preventivamente nullo , ir-
rito, ed invalido tuttociò, che da
ciascuno di essi con qualsivoglia
autorità scientemente, o ignoran-
temente fosse in qualun([ue tem-
po giudicato, o si tentasse giudi-
care contro la formale disposizio-
ne del presente Nostro Chirogra-
fo, quale vogliamo che vaglia, e
e debba aver sempre il suo pie-
no effetto, esecuzione e vigore
colla semplice Nostra sottoscrizio-
ne, ancorché non vi fossero state
intese quali si vogliano persone
privilegiate, e privilegiatissime ,
ecclesiastiche, e luoghi pii che vi
avessero, o pretendessero di aver-
vi alcun interesse, e che per com-
prenderle facesse bisogno di spe-
CUI
ciale, ed iiulividiin menzione. Non
ostanlc (qui si pone, ctl indivi-
dua o il Icslamciito, o altro Clii-
rogiafo, o qualsiasi alto al qnal
venga derogalo ) come pure non
ostanti le opposizioni , e dissenso
di qualunque interessato, la bolla
di Pio IV di fé. me. Nostro
pi'edecessore, de regislrandis, la
regola della nostra Cancelleria
de jiirc. quaesìlo non tallendo, ed
altre qualsivogliano costituzioni ,
ed ordinazioni apostoliche Nostre,
e de' Nostri predecessori , leggi ,
statuti, riforme, usi, stili, consue-
tudini, e qualunque altre cose,
che facesse, o potesse fare in con-
trario, alle quali tutte e sing(jle
avendone il tenore qui per espres-
so, e di parola in parola inseri-
to, e registrato, e supplendo Noi
colla pienezza delia Nostra pote-
stà Pontifìcia , ad ogni vizio o
difetto quantunque sostanziale, e
fomnaley xìte vi potesse rnterveni-
l'e, per questa sola volta , e per
la piena , e total esecuzione di
quanto si contiene nel presente
Nostro Chirografo, ampiamente,
ed espressamente deroghiamo.
» Dato dal nostro palazzo apo-
stolico al Vaticano, o Quirinale,
questo di . . . novembre ....
GREGORIUS PAPA XVI".
Non si pose la data pcrehc de-
ve mettersi dal Papa di proprio
pugno.
CHIRURGIA {Chirurgia, Cem-
gia, o Cirusia). Questo vocabolo
deriva dalle voci greche cìiir, ma-
no, ed ergoUj e si applica a quella
scienza, che .si occupa della cogni-
zione, e della cura delie maUitlie
del coqio uiiiauo, e per la guari-
CHI io:)
gionc delle (piali può occorrere l'ap-
plicazione della mano, degli stru-
menti, e dei topici, come mezzi es-
senziali di guarigione. Dopo la me-
tà tlel .secolo decimosecondo, la chi-
rurgia fu separata interamente dal-
la medicina ; ed il Marini, /Irchiatri
Poulijìcii, tom. I, p. 5 , ignora se
fosse per volere di Ronilàeio Vili,
che s' introdusse nelle università di
Parigi la separazione della chiiurgia
dalla medicina. V. Hisloire de l'o-
rigine ec. de la Chirurgie en Fran-
ce. Quantunque la chirurgia sia un'
arte utilissima alla società , diversi
concilii la proibiscono ai regolari,
ed ai secolari, che sono negli ordini
ecclesiastici, allorché induce adustio-
ne, od incisione, massime il con-
cilio di Tours, celebrato nel i i <> ">,
e quello generale XII, presieduto
nell'anno 1 2 i5 da Innocen/,o 111 nel
La telano. V. capo IX delle Decre-
tali di Gregorio IX, tit. Ne clerici
vel monachi ec. Bonifacio VIII di-
chiarò, che la costituzione di On<j-
rio HI, la prima parlò d'ogni ordi-
ne di persone sagre (essendo state
le altre costituzioni pei soli monaci,
e canonici legolari), e proibiva hjro
l'esercizio della chirurgia, ma non
doveva estendersi ad cos (pii pavu-
chiales Ecclesias ohtìnere nosciinlur,
capo 1, tit. eadem in Sexto. Sicco-
me poi dalla legge di Onorio III
dispensarono i Pontefici in ogni
tempo, cos'i alcuni molte volte per-
misero di potere essere chirmghi,
principalmente ai missionari!, e ai
religiosi ospitalari, come i Benfra-
tclli [^cdi), colle rispettive clausole
e restrizioni. L'epoca certa della di-
visione della chirurgia dalla medi-
cina vuoisi attribuire , quando la
Chiesa ne vietò V esercizio agli ec-
clesiastici, per cui la chirurgia cad-
de nel rlominio de laici. Ma sicco-
io5 CHI
me questi erano di iinri it;noranz;i
oslreuia, gli ecclesiastici, clie natu-
ralmente esercitavano quella supe-
riorità che loro dava il sapere ,
presero su di essi un impero e un
autorità, che si mantenne fin quasi
al principio del secolo passato, ben-
cliè da molto tempo la medicina
avesse cessato di essere esercitala
dai membri del chiericato. In Fran-
cia, dopo il secolo XII, la facoltà
medica chiamò i barbieri per con-
fidar loro i soccorsi della chirurgia
manuale. In seguito essa li iniziò
alle funzioni delle grandi operazioni
della chirurgia ; in fine pervenne a
fare unire i barbieri al corpo dei
chirurghi. La chirurgia, cos'i degra-
data per la associazione sua con ar-
tisti, fu esposta al dispregio , e fu
spogliata degli onori letterari. Ma
in progresso i chirurghi ristabiliro-
no la gloria dell'arte.
La proibizione dell'esercizio della
chirurgia ai religiosi, ed ai chierici,
è fondata nella considerazione, che
questa arte, sebbene in sé eccellen-
te, tuttavolta ritiene alcpianto del
crudele, e domanda neh' esecuzione
molte cose, che sono affatto contra-
rie alla santità dello slato ecclesia-
stico. Quindi ne segue, che un chie-
rico negli ordini sagri è irregolare
quando una persona muore dopo
qualche opei'azione chirurgica da
lui fattale, ad onta che abbia osser-
vato tutte le regole dell'arte, e che
la persona sia morta senza che vi
sia sua colpa. La ragione è perchè
i concili gli proibiscono l' esercizio
di questa arte, in questo caso sot-
to pena d'irregolarità, e quando si
fa una cosa proibita, naturalmente
s' incorre nelle pene stabilite contra
quelli, che le commettono, quantun-
que diligentemente si adempiano le
presaizioui dell'arte.
CHI
Non essendo nostro scopo dilun-
garci in questa scicMi/.a, possono con-
sultarsi piuttosto i seguenti Diziona-
ri che di proposito ne parlano; Eii-
cyclop. mttliod. traduzione di Cesa-
re Ruggieri, col titolo Dizionario
enciclopedico, Padova i8o5, tom. I,
p. 5, e se^. ; Dizionario classico di
medicina interna ed esterna, prima
traduzione italiana, Venezia i834,
tom. VI, pag. 36 1, 87 1, e SgS ;
Dizionario chirurgico comunicato ai
compilatori della Enciclopedia dal
signor Lovis, traduzione di Girola-
mo Ferrari, Venezia 1794? tom. I,
p. i2f) e i33: alle pag. i3g e se-
guenti si riportano le notizie dei
pi il celebri autori di chirurgia ;
Dictionnaire de 3Iedecinc oii reper-
toire general ec. II edition, Paris
1834.; Dictionnaire des sciences rne-
dicales par una societé de niedecins
et de chirurgi ens , Paris 18 13, to-
mo V, pag. 84, 93,6 112; Dizio-
nario di Cliirurgia pratica, di Sa-
muele Cooper, traduzione dall'in-
glese, Milano 1823, tom. I, p. 5i6
e seg. E Bayle e Gibert ; Diction-
miire de Medecine usuelle et donie-
stiqae, Paris i835, tome premier,
pag. 349 e 35 1. Gli elenchi poi di
opere, e di dissertazioni di chirur-
gia si troveranno nella Bibliotheca
chirurgica di Haller; Histoire de l'a-
natomie et de la chirurgie di Por-
tal ; Litteratura medica digesta, seti
repertoriuìii etc. di Ploucquet, Conti-
nuatio et snpplenienlum, dello stesso ;
e negli articoli bibliogradci delle ./«•
stitutiones Chirurgiae L. lieisteri.
Si può anche vedere il Manuale di
Chirurgia di Chelius; il Dictionnai-
re de Med. et Chir. pratiques ; ed
i citati Diclion. des sciences med. ,
et Dìction. de Med. ou repertoire.
CHIRUllGO , Cerusico ( Chi-
rurgus, ^'uLncruiii mcdicus). JXomi-
CHI
nasi così l' individuo, che si dedica
air esercizio della chirurgia, e che
esercita, e professa quest' arte, scien-
za il cui vocabolo, come dicemmo
al precedente articolo , viene da
cldr , mano, e da ergon ^ opera.
Molti autori hanno considerata la
chiruigia , come quel ramo della
medicina, che guarisce le malattie
coirajuto della mano, cogli stro-
nienli, o con rimedi topici. P^.
Eiicyclop. Metìiod. Chir. tom. 5.
Antic, Chirurgie. La medicina, e la
chirurgia, riguardate come una sola
e medesima scienza, furono eserci-
tate da uno stesso individuo sino
dalla più rimota antichità. L'eserci-
tavano gli ecclesiastici promiscua-
mente, finché i concilii di Reims,
del ii3i, di Montpellier, di Tours,
e il generale lateranense IV lo vie-
tarono ad essi, permettendo loro il
solo esercizio della medicina, ond' è
che per le operazioni in cui adope-
ravasi il ferro, e si dovea incidere
o tagliare, si servivano dei laici eser-
citanti l'arte del barbiere.
Presso gli antichi l'esercizio della
medicina e della chirurgia non ap-
parteneva che a genti privilegiate. E-
sercitata fu poi dagli ecclesiastici, col-
l'ajuto de' laici in alcune operazioni,
e così continuarono a praticar an-
che i medici, dopo chela chirurgia fu
vietata agli ecclesiastici. Nella Fran-
cia particolarmente la facoltà medi-
ca col servirsi di chirurghi-barbie-
ri, tenne per diversi secoli la chirur-
gia sotto l'esclusiva sua dipendenza, ed
i medici si limitavano ad istruire i chi-
rurghi nell'anatomia, nel cavar sangue,
nei fare le amputazioni, e poco altro,
e quindi la facoltà li ammetteva tra
i chirurghi-barbieri . Nel i55i fu
imposta una tenue contribuzione al-
la comunità de barbieri, con giura-
mento di rispetto, e ubbidienza al-
CHI 107
la facoltà mediai. Oltre i barbieri-
chirurghi, si formò poscia un' altra
corporazione, composta di uomini,
che facevano i loro studi nelle uni-
versità, i quali ben presto ebbero il
titolo di maestri, e di cJnruri^^ìti /ei-
terati, e dì foga, per distinguersi
dalla classe de'barbieri. Francesco li
accordò ai chiruighi di toga gli
stessi privilegi, che avevano i dotto-
ri e licenziati in medicina; ma favo-
rendo la facoltà medica , i barbie-
ri dovettero con essi fare alleanza,
e la loro unione coi l)arbieri fu san-
zionata dal parlamento, con molte
restrizioni per l'esercizio della chi-
rurgia nei barbieri, sebbene insieme
componessero una sola corporazione.
Finalmente i chirurghi colf istituzio-
ne d'una accademia chirurgica, ad
onta degli sforzi de' medici posero
la chirurgia nell' antica sua dignità,
e separata venne l'unione coi bar-
bieri.
Nel nostro stato Pontificio i chi-
rurghi furono messi a livello de'me-
dici in alcune provincie, al principio
del secolo. E da avvertirsi poi che
anche prima a Bologna 1' alta chi-
rurgia era esercitata da persone mol-
to istruite, cioè da'medici, i (piali si
davano allo studio ed all'esercizio
della chirurgia dopo avere studiato,
e fatto tuttociò, che facevano gli al-
tri medici per ottener gli onori nel-
le lauree, e dal collegio erano allo-
ra tenuti in pi-egio, e pagavano una
somma, che oltrepassava i trecento
scudi.
Cessato il regno d'Italia, e i go-
verni provvisorii, che gli successero,
il Pontefice Pio VII mandò deleiia-
to a Bologna monsignor Giacomo
Giustiniani, ora Cardinal Camerlen-
go di s. Chiesa, il quale riorganizzò
ruuivernità. Nella (iicoltà medica sta-
bili una sezione di chirurgia, for-
io8 CHI
mala da due |irofcssoii di aiialoinia
iiiiiana, d'an:jloinia comparala, e ve-
Jciiiiaria, di isliluzioni cliiriuijiclic, ed
o.slc;Lricia, di clinica ci li ri nimica, ed o-
pcrazioiii chirurgiclie, Qncsli prolcs-
sori, unitamente agii altri tulli del-
la facollà medica, eosliluivano il Col-
Jei^iiì, al (juale spellavano gli esami
])er la collazione dei giadi , e per
la palenle di libero esercizio tanto
in medicina che in chirurgia , in
farmacia, in veterinaria. Gli studen-
ti di chirurgia furono obbligati non
solo alla lezione dai suddelli pro-
fessori componenti la sezione chirur-
gica, ma alle altre ancora di storia
naturale, di botanica, di chimica,
tli materia medica, di farmacia, di
medicina legale, ebbero tanti anni
di studio quanto i medici, e dovet-
tero subire gli esami medesimi pel
haccellierato, per la licenza, e per la
laurea ; e se pel libero esercizio do-
vettero pagare la stessa somma a
titolo di propina, ebbero gli stessi
onori, e la stessa facoltà per la chi-
rurgia, che i medici per la mede-
sinia.
jNelle altre provincie, ed in Roma,
dopo la bolla dì Leone XII, Quod
(ìi\'iiia sapiciilia, i chirurghi vengono
laureati dopo che abbiano presi i
gradi nelle imivcrsità, ed abbiano
fatto parte del collegio medico-chi-
rurgico. Autorizzati vennero ad or-
dinare nelle malattie chirurgiche
ogni medicamento, e godono perciò
per le malattie chirurgiche la stessa
facoltà che i medici esercitano per le
malattie di pertinenza medica. Non
è così però negli ospedali , ove si
tiene 1' antica pratica , avvegnaché
tulle le ordinazioni dietetiche , e
làrinaceutiche, anche pei malati di
chirurgia, sono fitte dai medici.
Perciì:> che riguarda i chirurghi, e
la loro proiessioue, al precedente ar-
CIll
ticolo Chiruì^ia (l'aedi), citammo vari
autori, che della loro scienza, e del-
le loro individuali pertinenze trat-
tano didusamente, e con piena co-
gnizione dell'argomento, non che
de' chirurghi più celebri.
rui)orteremo qui qualche erudi-
zione rigunrdante i chirurghi dei
l'api e del sagro Collegio nei con-
clavi, menlre per (pianto riguarda
i barbieri-chirurghi di Roma, si par-
lerà in appresso. Perciò che spetta
ai chirurghi dei Pontefici , essi ap-
partengono alla famiglia nobile pon-
tificia, godono r abitazione nel palaz-
zo apostolico, e di quello distribu-
zioni di palme, e candele benedet-
te, medaglie d'argento ec., giusta
l'uso dei palatini, ed a seconda del
bisogno e del piacitìiento dei Papi.
Talvolta col cameriere segreto ar-
climlro i^k'edi), li seguono nei treni
in separato frullone, ed il loro ono-
rario mensile è di scudi venticinque.
Per quanto riguarda la sezione del
pontificio cadavere, che dai chirur-
ghi si eseguisce, se ne tratta all'arti-
colo Cadavere del Papa. Del re-
sto essi godono di quelle preroga-
tive, distinzioni, riguardi, e benefi-
cenze, che loro sono dovute per
l'alto onore di servire il sovrano
Pontefice, e quali inlimi suoi fami-
gliari.
Da ultimo Leone XII, nella bol-
la Quod divina sapiciiùa , decretò
che il medico, e il chirurgo del
Papa appartenevano sempre al col-
legio medico chirurgico dell'univer-
sità di Roma, e qualora non vi fos-
se posto in collegio , pel completo
numero de' collegiali, ambedue fos-
sero ammessi come onorarli per poi
occupare il primo posto vacante. Il
chirurgo del conclave si presceglie
per voti segreti dal sagio Collegio
de" Cardinali nella quarta congrega-
CHI
7Ìone generale, che tengono (ìopo la
morte del Papa, nella quale pure
vengono eletti pel conclave (lue me-
dici, collo stipendio ognuno di cen-
to scudi al mese, fruendo e parte-
cipando de' privilegi Ae Conclavisti
[Fedi), non che delie zimarre ne-
re, che il medesimo conclave pure
a loro concede. Da ciò si conosce
che l'abito del chirurgo del concla-
ve è la zimai'ra nera , colla ber-
retta dottorale del medesimo colo-
re. Per dare poi qualche nozione
de' chirurghi de' Pontefici, e de' con-
clavi, ci limiteremo ai seguenti cenni.
Sì fa menzione di un certo Pie-
tro de Tofallis, dal eh. Gaetano Ma-
rini, ne' suoi Archiatri Ponli/Icii, il
quale fu medico chirurgo sino dal
iSiy del Papa Giovanni XXII, re-
sidente in Avignone, e fu annove-
ralo tra gli ofliciali, e famigliari del
Pontefice, poi fatto canonico d'Agen.
Nelle vite de' Pontefici si legge inol-
tre, che cospirando contro la vita
di Giovanni XXII, prima col vele-
no, poi colla magia, sì Girand ve-
scovo di Cahors, si Beinardo can-
tore di Poitiers , e sì il medico, e
il barbiere flello stesso Papa, tutti
furono puniti severissimamente. Eo-
neto Mote o di Lanfranco fu me-
dico, e valente chirurgo dal 1 34o
in poi di Benedetto XII, come Io
fu Arnoldo de Chatus do micelio e
chirurgo, che forse lo fu pure di
Clemente VI. Pietro Augerii fu chi-
rurgo o siirffìco^ come allora si di-
ceva, ed è chiamato (ìniuiaUo, cioè
cameriere, sino dal i33r), di Bene-
detto XII, e servì anche Clemente
VI, venendo chiamato ancora medi-
co. Giovanni di Genova, e Giovan-
ni di Parma furono chiringhi di
Clemente VI; il primo si conosce
anche col nome di medico, e il se-
condo di siirgico, e di fisico , scr-
CIII 109
vendo poi anche Innocenzo VI. Bi-
eeveva per ogni otto sctlimane , o
sia per ogni bimestre, come allora
si pagavano gli onorari i, ventisette
fiorini e nove denari, ch'era l'or-
dinario stipendio così de'medici, co-
me de' chirurghi palatini. Del celebre
Guido o Guidone de Chauliac, me-
dico e chirurgo di Uibano V, cap-
pellaniis et commensalis Papac, che
nel 1 363 scrisse un' opera, è a ve-
dersi il citato Marini tom. I, pag.
7() e scg. sulle diverse opinioni, che
sia stato al servigio di altri Papi
avignonesi.
G nudai fa da Cremona, snrsieo,
seguì Libano V nel viaggio in Ita-
lia; ed un Giovanni Catalani, chi-
rurgo degli spedali di Avignone, ri-
ceveva lo stipendio prima da Ur-
bano V, e poi da Gregorio XI.
Bobino de Singallo fu serviente
d'armi dell'aula pontificia, cioè maz-
ziere, e fu barbiere e chirurgo di
Urbano V: servì di poi anche Gre-
gorio XI. Angelo di Manuele, ebreo
di Trastevere, nel 1 3r):?, fu anno-
verato tra i famigliari, o medici
del Papa, e della santa Sede, me-
diante una bolla di Bonidicio IX,
che il medesimo Marini riporta iicl-
V Appendice al num. XX; mentre
in allra del 1399, num. XXVI, io
chiama chiiurgo, e tanto egli che i
suoi figli parimenti ehirui'ghi, sì da
Bonifacio IX, sì da Giovanni XXIII,
e sì da Martino V furono ricolmi
di grazie e di favori. Allorché Ales-
sandro V nel i4io si fermò in Bo-
logna, vuoisi che avesse per suo
chirurgo il rinomato Pietro d'Arge-
lata, dal quale fu poi aperto ed im-
balsamato, il di lui cadavere : Pie-
tro Amelio, sagrista di Urbano V,
giudicò a pioposito inserire nel suo
Ordine romano, presso il Mabillon,
Dlus. Jial. tom. II, p. 526 e 527,
no CHI
dopo di avere ivi detto il dovere
de' medici , allorché essi vedono il
Papa prossimo a morirò, il modo
clic nella preparazione del pontificio
cadavere si adoperava , di clic si
parla al citato articolo Cadavere
del Papa.
Da una lettera del Cardinal Pa-
pieiise, de' 26 lnf»lio 1 4^^, si rileva,
che Giovanni /llbarisaìù, di Ferra-
ra, accolito di Paolo II, da questo
fu dichiarato suo chirurgo, ed ebbe
quindi diverse provviste ecclesiasti-
che, ed il vescovato di s. Agata dei
Goti. Non solo Sisto IV ricolmò di
onori i medici , ma conoscendo la
importanza della loro arte, con bol-
la del 147^3 ad ovviare i gravi er-
rori, che si commettevano da quelli,
che usurpavano il nome di medi-
ci, ordinò che si eseguisse la legge
fatta dal collegio de' medici di Ro-
ma, che nessuno maschio o femmi-
na, cristiano o giudeo, i quali non
fossero maestri o licenziati in me-
dicina , si esercitasse sul corpo u-
mano in fìsica, o chirurgia; la qual
legge Sisto IV estese poscia nel i47^
con sua bolla anche agli speziali
[Fedi). Queste due bolle conferma-
te nel i4i^6 da Innocenzo Vili, in
appresso lo furono pure da Clemen-
te VII nel i53i. 11 Marini fa men-
zione di un libro dedicato a Gia-
como Solleciti, medico di Sisto IV,
nel quale si legge la formola epi-
stolare pei medici chirurghi, in cui
si nomina un Aduarda Teutonico
chirurgo perìlissìmo. Un maestro Gio-
vanni Chirurgo condusse seco con
molte persone il Cardinal di INIon-
reale, quando andò legato di Ales-
sandro VI al re Alfonso di Napoli
nel i494-
Giacomo Bartolomeo da Brescia
fu medico di Leone X, e nella ca-
sa che si eresse per sé presso il
CHI
palazzo Accoramboni in borgo, nel-
r esterna iscrizione s' intitolò Chi-
rurgus. Sebbene il Papa nel moto-
proprio, col quale gli concesse l'a-
rea, mediante lo sborso di mille du-
cati di oro di Camera, lo chiamas-
se suo medico e famigliare, egli in
un monumento, che poneva alla vi-
sta di tutti, volle dirsi chirurgo, e
tale dovette essere. E veramente di
uomini di questa professione Leone
X avea bisogno, per una fìstola ve-
nutagli da gran tempo sotto le na-
tiche, a curar la quale fu espressa-
mente introdotto nel i5i3 pel con-
clave di Giulio li, un chirurgo cuni
omnibus instrun:enlis ad scinden-
duni apostema, et iste postquain in-
Iravit, amplius non exivit, siccome
narra il diarista Grassi. Un altro
diarista anonimo, Miscel. in ardi.
Val. a pag. 286, racconta essere
questo stato Giacomo da Brescia,
e che se ne uscì dal conclave il
giorno medesimo, in cui era entra-
to. Ma lo stesso Grassi, ed altro
isloriografo di quel conclave , dico-
no che il Cardinal de' Medici, poi
Papa Leone X, avesse da principio
portato per conclavista il detto Gia-
como. Nell'agosto del loiG fu Leo-
ne X vicino a morire per tal fìsto-
la, apertaglisi in cinque luoghi, e fu
per essa che nell' anno seguente il
Cardinal Alfonso Pelriicci, il quale
si chiamava offeso dalla casa ]\ledi-
ci gravemente , si avvisò di poter
insinuare il veleno coll'opera del va-
lente ed ardito chirurgo Battista da
\ercelli nel medicare al Papa la fi-
stola, avvegnaché quel chirurgo ser-
viva pure il fratello del Cardinale
Borghese Petrucci. Discoperta l'ini-
qua trama, il chirurgo, e certo Ni-
ni furono esemplarmente squartati,
e rotta la gola al Cardinal in Castel
s. Angelo, dopo la di lui degrada-
CHI
zione; olire di che severa in ente fu-
rono puniti i complici di si orrendo
attentato.
Giocamo Rnstclli, rimincse, fu il
chirurgo di Clemente VII, e dei
Papi, che gli successelo sino a Pio
IV, cioè Paolo IH, Giulio IH, Mar-
cello II, fc Paolo IV, e lo sarebbe
stato anche di s. Pio V, se la mor-
ie non lo avesse involato, essendo
entralo ne' conclavi per morte di
Adriano VI, di Paolo III, di Mar-
cello II, e di Paolo IV qua! chi-
rurgo del sagro Collegio. Egli venne
chiamalo Chiriirgomm sui tempoiis
principem, e molto eccellentissimo
Cerusico. Alfonso Ferro, napolita-
no, servai da chirurgo Paolo IH, e
Paolo IV, ed alcuni lo vogliono
medico, e chirurgo eziandio di Giu-
lio III, e candidato di quelli, che
concorrevano ad esserlo con Pio
IV. Benedetto Giunj, di Como, fu
chirurgo palatino sotto Paolo IH, e
Giulio HI. Questo secondo lo ebbe
suo nel i55o in Viterbo: pure si
sa avere assistito Clemente VII ne-
gli ultimi due mesi della malattia,
e che lo portò alia tomba, colla pro-
visione di cinque scudi il giorno .
Nella chiesa di s. Giacomo a Scos-
sacavalli, ove Benedetto è sepolto,
si legge nella iscrizione, ch'egli lasciò
gran desiderio di sé a' poveri ma-
lati.
Dopo la morte di Paolo IH , nel
conclave incomincialo ai iq novembre
i549, è lerniinato ai 7 febbraio
i55o coir esaltazione di Giulio HI,
si vide, come cosa rara , l' introdu-
zione in esso di sei medici, e di sei
chirurghi, lo che non avea avuto né
ebbe poi esempio. Ma avendo i Car-
dinali deputati sul conclave stabili-
to, die tutte le nazioni vi avessero
i loro medici, e chirurghi, perciò de-
putarono Ire italiani per IMtalia, un
CHI III
tedesco pogli Alemanni, un france-
se pei Galli, ed uno spagnuolo pei
Cardinali di questa nazione. Fra i
i medici ne' ruoli del palazzo apo-
stolico si legge un Piemigio de' Pe-
roni di Liegi, chirurgo della fami-
glia pontifìcia . I chirurghi furono
JNicoIò de' Santi, Fabio Picioni, ro-
mano, ed Antonio Sarti, rimincse.
Il ruolo del palazzo non nomina
che Rcaldo Colombo , e Giacf>nio
Easlelli, oltre vm Vittorio da Orte.
Ma su queste divergenze di persone,
veggasi il Marini, nel luogo citato
alla pag. 892. Dal medesimo si ha
che un Scipione de Rossi, milanese,
nel settembre del i554, fu ammes-
so a servire come chirurgo di Giu-
lio HI; e che Realdo Colombo ana-
tomico nel i554 fece la sezione al
cadavere del Cardinal Alessandro
Campeggi, encomiato da alcuni au-
tori. Tutti però sono concordi nel-
ratlermare, che Bartolomeo Maggi
fu chirurgo, non medico di Giulio
HI. Non dobbiamo tacere, che vuoisi
essere slata cagionata la morte del
successore di questo, Marcello II,
che legnò soli ventidue giorni ( T .
Genebrardo in Chron. lib. 1\' ) dnl
veleno messogli da un chirurgo m
un' occulta piaga, che da molto
tempo aveva in una gamba. Certo
è che apertosi il cadavere, non fu
trovato segno di veleno. Il Marini,
parlando a pag. 4'*^ di Marcello
lì, riporta secondo il Mandosio, il
sunnominato Francesco Colombo ,
chirurgo, come medico di quel Pa-
pa, che invece il Marini dice già
morto in Perugia ai 23 luglio del
i553. Paolo IV ebbe molti medi-
ci e chirurghi, sebbene ci dica il
p. Caraccioli nella sua \ita, che po-
co si servì de'raedici e delle medi-
cine, come quello, che in lingua gre-
ca avca letto Avicenna , la scuola di
1.2 CHI
Salerno, e Galeno. TiillavoUa [viaccn-
d((gli disputar co'nicdiei sulla filoso
fìa,i; sulla nu'dicina, chlti; vari clii-
rtirfjlii, i quali lìnono (iiacomo da
l'crugia, Malico Vilj, Allòiiso Ferri,
(icnnanico Uaslelli , Scipione de
liossi, e Gio. l"'ranccsco Oliva. Fu
Paolo IV, elle pioibi nuovamente
poter i inediei ebrei curare i cri-
stiani, ancurcliè chiamati e pregati.
Del successore Pio.iV, de Medi-
ci, niilaiicsc, crealo nel i55c), nel
Diiii-io Itilcrario, che ili stampato
in Firenze nel i744; si dice al
num. i.\, ch'egli era figlio di Ber-
nardino, il rpiale per essere nato da
un chirurgo, fu detto del Medico.
Ma r Argelati confutò quegli scrit-
tori, che negano l'origine dei Medi-
ci di Milano, come derivanti dal
ramo Medici di Firenze. Tiittavolta
di ({uesla opinione senihra che fosse
il gran Michelangelo Buonarroti, il
quale ncll' erigere per ordine del
l'apa la Porta Pia {Vedi), ed al-
ludendo ai barbieri e chirurghi da
cui cretlcvasi originaria la famiglia
di l'io IV, satiricamente e con biz-
zarx-o disegno nelle decorazioni ester-
ne di travertino, in bassorilievo scol-
pì asciugamani, catini, e saponette, le
quali possono essere prese per le
palle, slemma della famiglia IMediei.
Anzi siccome i barbieri insino a' no-
stri tempi, come dicemmo superior-
mente, dovevano, giusta l' antichis-
sima, e lodevole consuetudine, eser-
citare la bassa chirurgia, massime
la flebotomia, nel prospetto esterno
delle loro botteghe si vedono in
lloma le pareti dipinte priucipal-
mente coi colori bianco e turchino,
con dei gigli gialli su quest' ultimo.
Vuoisi spiegare un tal contrasto di
colori perchè avessero ima fàcile in-
dicazione nel bujo della notte ( non
cbseudo Ilunui prima illuminala),
CHI
col(,ro, che ricercassero de' barbieri
per le sanguigne. V'ha pure chi
pei gigli iiiU-nde essere il suddetto
l'onlclice disceso da un barbiere
chirmgo, giacché nell'arme di casa
Medici, una delle palle, che la for-
ma, ha sopra diversi gigli. Anzi o-
pinano alcuni che la stessa casa Me-
dici di Firenze discenda da un
medico, che adottò per istemma
le coppette di vetro, le quali per
la forma furono poi convertite in
palle. Che i barbieri facessero le o-
perazioni chirurgiche sotto la di-
rezione de' medici , già si disse il
peichè furono detti, e considera-
ti anco come chirurghi ; e quan-
do Eugenio IV nell'anno 144^* ei'es-
sc la loro antica congregazione in
luiivcrsità, ne stabili i regolamenti
e gli statuti , che poi furono con-
fermati eil ampliati da altri Ponte-
fici, massime da Sisto IV, che l'ar-
ricchì di privilegi , concedendo in-
dulgenze alla chiesa della ss. Tri-
nità dietro Torre Argentina, e che fu
già del monistero delle monache di s.
Chiara, cioè di alcune di quelle ches.
Domenico trasportò insieme a molte
altre di Roma presso la chiesa di
s. Sisto. L'università de' barbieri
chirurghi, prima di Sisto IV, ave-
va la chiesa nel rione ponte vicino
a s. Lucia della Chiavica. Ottenuta
quella della ss. Trinità, la riedifi-
carono, l'adornarono di buone pit-
ture, e la dedicarono ai loro santi
protettori Cosma, e Damiano, dei
(juali si celebra la festa a' 27 set-
tembre. 11 Fiorentini, in Adnot. ad
i\l(tityiol. Hicroiìy/iiiantuUj V. kal.
oct. p. 879; e Bona, Rer. Liturg.
cap. 2, § 3, scrivono che tre cop-
pie de' santi si trovano coli' istesso
nome di Cosma, e Damiano ; uno
di martiri nell' Arabia , altra di
confessori ncll' Asia, la terza di mar-
CHI
tiri, che patirono il martirio in Ro-
ma, tutti però di professione me-
dici, e perciò anche chirurghi, se-
condo il costume di que' tempi, in
cui senza mercede curavansi gli am-
malati. A questi due martiri romani,
de' quali senza dubbio si fa memoria
nel canone della messa , fu dal Pon-
tefice s. Felice IV del 5i6 dedicata
la chiesa, che sta nel foro roma-
no. P^. il Piazza Opere pie di Roma,
a pag. 6 [ o, Della confraternita dei
ss. Cosma e Damiano de' barbieri,
e sliifaroli ; e Statuti, ordini, e co-
stituzioni dell' università , e colle-
gio de' barbieri di Roma , Roma
1783.
Ritornando a Pio IV, leggo nei
registratori dei ruoli del palazzo apo-
stolico, oltre cinque medici ed uno
speziale, tre medici chirurgici : Gia-
como da Perugia, Scipione da Mila-
no concittadino del Papa, e Lazza-
ro Palombo. Nel Rotulo poi delle fa-
miglie pontificie, che nel settembre
i56f, seguirono Pio IV a Perugia,
per medici sono registrati Francesco
Manfredi, e Pomponio da Pescia, e
Nicolò Speziale. Chirurgo poi di s.
Pio V, che nel i566 successe a Pio
IV, si nomina un Germanico Ra-
stelli, figlio del summentovato Giaco-
mo, che avea servito anche Paolo
IV . Nei ruoli del palazzo apostoUco
della famiglia del medesimo s. Pio
V, nel 1 57 I, sono registrati Lazzaro
Palombo, già chirurgo di Pio IV,
e Ludovico Monticioli, o Monticoli.
Questo santo Pontefice rinnovò la proi-
bizione già fatta da Innocenzo III
ai medici, di non visitare, né curare
gl'infermi, che non si fossero confes-
sati nel terzo giorno della loro in-
fermità. Nella sua morte, coll'apri-
re i chirurghi il suo cadavere, tro-
varono nelle viscere tre pietre della
stessa grandezza, forma, colore, e
VOL. XIII.
CHI ir3
durezza. Gregorio XIII, come abbia-
mo dal suo biografo Ciappi, celebie
speziale pontificio, ebbe per chirur-
ghi il suddetto Ludovico ^Monticoh ;
e Gioseffo Zerla. Questo secondo in
compagnia del pur nominato Germa-
nico Rastelli, e di un Andrea Mar-
colini , nel i565, concorse per esse-
re fatto chirurgo del conclave. Il Mon-
ticoli fu poi chirurgo anche di Gre-
gorio XIV, e Paolo V. Per morte
di Gregorio XIII, entrò nel conclave
per chirurgo un certo Giuliano Cec-
chini. Questo Pontefice, con costitu-
zione de"3o marzo i58i, confermò
quelle d' Innocenzo III, Paolo IV,
e s. Pio V, colle quali si vieta ai
ci'istiani di servirsi nelle loro infer-
mità di medici ebrei, e nello stes-
so tempo ricordò a'medici cristiani
di opportunamente avvertire i ma-
lati nel pericolo di morte; ciocché
inculcò Innocenzo XI, nel concilio
romano del 1723 Benedetto XIII,
indi Clemente XIV, Pio VI, ed al-
tri zelanti Pontefici. Nel ruolo dei
famigliari di Sisto V, e nella classe
de medici fisici, cerusico e speziale,
lessi per chirurgo il detto Giuliano
Cecchini, rilevandosi dal medesimo
molo, e dagli altri anteriori e po-
steriori, che sono nell' archivio dei
palazzo apostolico, la parte di pane
e vino quotidiana, i cavalli loro as-
segnati, i servi loro addetti, e le al-
tre distribuzioni, come olio, cande-
le, aceto, legna, fieno, orzo, e biada
pei cavalli ec, di cui godevano dal
palazzo stesso i chirurghi Ponti-
fìcii.
Racconta il Mucanzio nel suo dia-
rio manoscritto, che al cadavere di
Gregorio XIV, aperto alla presenza
dell' archialro Simone Castelvetro,
dal predetto Monticoli chirurgo del
Papa, si rinvenne una pietra della
forma di un grosso uovo.
8
%^h^^^fi^/^ ^J&(>U't>i't
^\
*^
AAirrMri*5*''
H:
ii4 CHI
Giuliano Cecchini fu pure da me
rinvenuto tra i ruoli ili Clenieute
Vili, per chirurgo del Papa. Il ni-
pote di Clemente Vili, Cardinal
Pietro Aldobrandini, elevato alla
porpora dallo zio nel i5^99, '"ti'o-
dusse a sue spese le spezierie e i
medici a benefìcio de'poveri per tut-
ti i rioni di Roma, i quali, in uno
ai chirurghi;, durano tuttora a spe-
se dell'elemosineria apostolica, sotto
la dipendenza del prelato elemosini f-
re del Papa (Fedi). Nei ruoli di
Urbano VHI trovo registrati tre me-
dici, e talora quattro, oltre il me-
dico della compagnia del ss. Sagra-
nieuto di s. Pietro, nella quale era-
no aggregati i famigliari Pontificii;
non che un Ferrante Serroni ceru-
sico dell'ospedale di s. IMarta de'me-
desimi famigli del palazzo apostoli-
co, ed un Paolo Carcarasio spezia-
le. Nella vita di detto Papa, si leg-
ge die il Carcarasio gli medi-
cava il fonticolo, e perciò col suo
mezzo volevasi dai nemici avvele-
nare.
Il Cardinale Ottaviano Aquaviva
d'Aragona mori d'anni sessantasei,
nel 1647 per un'arteria disgraziata-
mente tagliatagli dal chirurgo. Que-
sto tristo avvenimento si rinnovò
col Cardinale Federico Borromeo
milanese, che ne morì d'unni 56
nel 1673, il quale considerando il
discredito in cui sarebbe caduto il
mal pratico chirurgo, gli assegnò la
vitalizia pensione di annui scudi cin-
(juanta.
Non avendo rinvenuto altre co-
se particolari sui chirurghi dei Papi,
e di quelli del conclave, ed essendo
più comuni le loro notizie, pel se-
colo passato e pel corrente, pei chi-
rurglii dei Papi vi suppliscono le
annuali Notizie di Roma all' arti-
colo Famiglia Pontificia, e j^>er quelli
CHI
del conclave i Diaii di Roma. Oltre
a ciò si possono vedere gli articoli del
Dizionario Medici e Famiglia Pon-
tificia, nonché Ospedali di Roma ed
U.viversita' Romana, nella quale vi
sono cattedre di anatomiaj di chi-
rurgia teorica, di ostetricia, di cli-
nica chirurgica, ed un collegio me-
dico-chirurgico istituito da Leone
XII, che nel comporlo aggiunse sei
chirurghi al preesistente collegio di
dodici medici, del quale faceva sem-
pre parte il medico del Papa, che a-
veva posto distinto immediatamente
dopo il presidente, seppure non cuo-
priva questa carica. Non riuscirà poi
discaro l'aggiungere, che fra i chi-
rurghi de'Papi, che ottennero mag-
gior celebrità, ed ebbero grandissi-
ma fama europea , principalmen-
te per le loro opere anatomiche e
chirurgiche , per cui alcuni furono
riguardali restauratori della chirur-
gia , vanno rammentati i seguen-
ti, di molti de'quali già si fece men-
zione. Guido di Chauliac di Clemen-
te VI, e di Urbano V; Pietro d'Ar-
geiata di Alessandro V; Giovanni
di Vico di Giulio II; Alfonso Ferri
di Paolo III, Giulio III, e Paolo
IV; Realdo Colombo di Paolo HI;
Bartolomineo JMaggi di Giulio HI;
Costantino Vaioli di Gregorio XIII;
Carlo Gualtani di Benedetto XIV; e
Giuseppe Flajani di Clemente XIV,
e di Pio VI. Alcuni però de' suddet-
ti, come Giulio di Chauliac, Ferri,
Maggi, e Varoli, furono anche ar-
chiatri, e medici dcgU stessi Papi.
CIIISUME. Città vescovile dei gia-
cobiti, nella diocesi di Antiochia nella
Siria, intorno la quale si fa menzio-
ne di cinque vescovi che vi ebbero
sede, nonché di un rinomato moni-
stero, in cui ritirossi Giacomo di
Edessa, allorquando lasciò la pro-
pria sede.
CHI
CHIUSI {Clusin). Città con resi-
denza vescovile unita a Pienza, nel
granducato di Toscana, nella pro-
vincia di Siena situata su di un col-
le del quale la Chiana inaffia le fal-
de, l'ormando non lungi il lago che
da essa riceve il suo nome, e le cui
rive settentrionali, ed orientali for-
mano i limiti tra la Toscana, e lo
stato della Chiesa. Tito Livio, Poli-
bio, S trabone, Plinio, e quasi tutti
gli antichi autori parlavano di Chiu-
si, Clusium, come di una antichis-
sima città, e di una delle principa-
li e splendide Lucomonie etrusche.
Ebbe anche il nome di Caniars ,
secondo Tito Livio. Delle terme ,
dei templi , e delle altre sue pas-
sate grandezze non evvi più ve-
stigio ; solo alcuna cosa si rin-
venne negli importanti scavi ivi o-
perati. Si vuole, che fosse la capi-
tale degli stati del re Porsenna,
il quale di cesi vi fabbricasse un la-
berinto , ove fu sepolto in un son-
tuoso mausoleo. Chiusi era già in
istato florido quando surse Roma,
e poteva considerarsi come capitale
della Toscana, essendo residenza di
Porsenna , o Lucumone , che agli
altri Lucumoni sovrastava. Porsen-
na, dopo l'espulsione da Roma di
Tarquinio il Superbo, mandò con-
tro quella città il suo esercito, per
giovarlo e riporlo sul trono. Nel quar-
to secolo di Roma soffri Chiusi gra-
vi molestie dai Galli Sennoni , che
assediarono la città ; però i chiusini
assistiti dai romani, che loro aveva-
no inviato per legati tre figli di M.
Fabio Ambusto, rintuzzarono l'ardi-
re dei galli, il cui duce, come narra
lo stesso Livio , restò trafitto dal-
l' asta di Q. Fabio , uno dei tre
legati. Ma Chiusi , verso 1' anno
4?^ di Roma, sub\ la sorte del-
le altre città etrusche, ed assogget-
CHI ii5
tossi al dominio de' romani, dive-
nendo però nobile municipio ascrit-
to alla tribù Arniense. la se-
guito nelle sue vicinanze, Siila bat-
tè gli avanzi dell' esercito di Ca-
tone.
Nel secolo IX , e forse nel pon-
tificato di Giovanni Vili, che fu
eletto neir 872, l'imperatore Carlo
il Cal\'o^ donò alla Chiesa Romana
la città di Chiusi, come diffusamente
descrisse il Cardinale Stefano Borgia,
Difesa del dominio temporale della
sede Apostolica, ec, alle pag. 1 35,
r36 e iSy. Dopo avere obbedito
ai re longobardi , sotto de' quali
Chiusi era capo di un rispettabile
ducalo, e residenza del duca, passò
sotto la dominazione dei vicari im-
periali, e dei marchesi di Toscana, e
in ultimo fu assoggettata ad Orvieto.
Ma nel io3i ne scosse il giogo, e
dopo lunghi contrasti , coli' aiuto dei
sanesi e de' pisani, l'icuperò la li-
bertà, della quale però poco go-
dette, dappoiché successivamente i
perugini, gli orvietani, ed i circo-
stanti feudatarii se ne avvicendaro-
no il possesso, e sempre maggiore
ne resero il guasto. Sotto l' impero
di Carlo IV, che vi avea fatto un
breve soggiorno, Chiusi ricuperò la
libertà, e cominciò a risorgere dal
suo squallore ; quindi la ricevette
in feudo il visconte di Lorena , e
poi r ebbe per maritaggio Muzio
Attendoli di Cotignola, detto Sfor-
za il Grande. Dappoiché avendo egli
sposata Antonia Salimbeni , di fa-
miglia antica e potente di Siena ,
donde nacquero i conti di s. Fiora,
duchi di Sforza, e il b. Carlo ar-
civescovo di Milano, ricevette in dote
la città di Chiusi con altre terre e
castella ; le quali possessioni gli fu-
rono confermate nel \^\o. Ma nel
i4i5; essendo stato Muzio impri-
!i6 CTI!
clonato dal marito di Giovanna II
o
regina di Napoli, i sancsi ne ap-
prolìttarono per oecnpar Chiusi e
le terre soggette allo slato sanese ,
per cui nel seguente anno fu costret-
to a IMuzio (arne cessione per una
somma di denaro, come scrive il
Ratti, Della famis;lia Sforza, t. I,
pag. 6, i5, e 3G5. In appresso, e
nel i4i^^j ^^ città di Chiusi fece
alla repul)blica di Siena una spon-
tanea dedizione del proprio domi-
nio . Tultavolta non trovò pace ,
finché col territorio sanese non fu
unita al granducato di Toscana, pei
conflitti di estranei eserciti, per le
stragi e pei saccheggi che soffri ,
particolarmente per le guerre dei
confinanti perugini. Cagione delle
guerre co' perugini fu l' insigne re-
liquia dell' anello pronubo della b.
Vergine Maria, che servi al suo spo-
salizio con s. Giuseppe; il perchè,
oltre quanto abbiamo detto al vo-
lume li del Dizionario a pag. .7 3
e 74, cioè che seguendo l' autorità
del Novaes, Storia de Pontefici, t.
VII, pag. 50», fu lasciato quell'a-
nello a Chiusi da s. Mustiola, e
discoperto sotto Gi-egorio V, aggiu-
gneremo il seguente cenno, il quale
ricaviamo dal Compendio istorico ri-
guardante il pronubo anello di Maria
ss.y che si conserva nella chiesa catte-
drale di Perugia, del sacerdote Do-
menico Venti, custode di detta re-
liquia , stampato in Perugia nel
i838.
Intorno al X secolo, governava
la Toscana, qual vicario dell' impe-
ro, il marchese Ugonc figlio di Al-
berto di Ugone re d'Italia, che per
meglio governare risiedeva alterna-
tivamente in diverse città, principal-
mente in Chiusi. Di là la sua mo-
glie Giuditta, nipote dell' imperato-
re Ottone III, inviò aP\.omapcr l'ac-
CHI
quislo di gioie un certo Ranieri, gran
conoscitore di esse. Questi in latti
ne acquistò da un mercadante ebreo,
reduce da Gerusalemme, ed il mer-
calanlc volle inoltre donargli uà
anello, che dicesi di agata orienta-
le, o amatista di Siria, cioè quello,
con cui fu sposata Maria a Giusep-
pe, ereditato dai suoi maggiori. Ri-
cevette Ranieri l' anello con indif-
ferenza mettendo poco conto a tale
assertiva, e senza badarci, colle gioie
lo consegnò in Chiusi alla marche-
sa. Intanto gli morì l'unico figlio,
il cui cadavere mentre portavasi col-
la pompa funebre alla chiesa di s.
Mustiola o Mostiola , distante da
Chiusi più di tre miglia, con istu-
pendo prodigio si alzò sulla bara ,
riprese il genitore per la sua indif-
ferenza, disse che per punizione di
esso era seguita la sua morte, si
fece portare la cassetta delle gioie,
e senza mai averle vedute, subito
prese il santo anello, il baciò, lo
mostrò a tutti , e lo consegnò al
parroco di detta chiesa, che allora
era de' canonici regolari , perchè
l'esponesse alla pubblica venerazio-
ne. Quindi in conferma del suo di-
re manifestò due voti fatti dal pa-
dre, e a ninno cogniti, il luogo ove
dovea il suo corpo tumularsi, e ri-
posò nel Signore. In progresso di
tempo, rovinandosi la chiesa di s.
Mustiola, verso l'anno i3oo il sa-
gro anello fu trasferito in Chiusi
nella chiesa de' conventuali di s.
Francesco, da dove nel 147^ un
francescano tedesco, nominato Vin-
tcro, vedendosi perseguitato a segno
d' essere incolpato di aver involato
il santo anello, preso da dispetto ,
elTettuò il rubamento la notte de'aS
luglio, e colla scusa di avviarsi al
perdono di Assisi, nel passare da Peru-
gia, per mezzo d' un suo amico of»
CHI
(vì l'anello a Matteo Francesco Mon-
tesperelli, capo d'ufficio della città,
e ritornando da Assisi a Peru-
gia, accusato qual ladro del santo
anello da due religiosi di Chiusi , fu
carcerato per comando del Cardinal
s. Sisto legato di Perugia. In questa
città poi rimase allorché uscì di pi'i-
gione sino alla morte, avvenuta nel
i5o3, sempre mantenuto dal co-
mune. Intanto che fr. Vintero fu
posto in prigione, il di lui amico
chiamato Giordani dalle Mine, sen-
za dichiarare la provenienza del
santo anello ne fece irrevocabile
donazione alla patria, laonde nell'ac-
ccltarlo il comune di Perugia de-
cretò la conQsca de' beni, la morte,
e r infamia contro chi avesse pro-
posta l'alienazione dell' insigne i-eli-
quia, che fu posta in valida custo-
dia di ferro chiusa a quattro chiavi
nel palazzo comunale.
Dolenti i chiusini per tanta per-
dita, ricorsero al Cardinal France-
sco Piccolomini, arcivescovo di Sie-
na, nipote di Pio II, che per ri-
cuperare il sagro anello si recò a
Perugia ; ma non conseguendo l'in-
tento, ricorsero i chiusini alla pro-
tezione de' sanesi, che inviarono alla
città per ambasciatore il celebre
Bartolomeo Bonasperio , mentre il
maestrato di Perugia spedi al Pon-
tefice Sisto IV in ambasceria Ba-
glione Vibi, e Gentile Signorelli per
informarlo del flitto. Al medesimo
Pontefice anche i senesi inviarono
due oi-atori per favorire Chiusi ,
mentre fra le parti contendenti pro-
seguivano le rappresaglie guerresche,
ch'ebbero solo fine quando i chiu-
sini , ritrovato prodigiosamente il
corpo di s. Mustiola vergine e mar-
tire, ti'a lasciarono d' insistere per la
ricupera del santo anello.
Nella città di Chiusi risiede un vi-
CHI 117
cario di terza classe per l'amministi'a-
zionc della giustizia, e la erezione
della vecchia sua fortezza rimonta al
secolo XII. Giuseppe Migliori nel
l'jSi stampò in Siena una Lettera
della qualità dell' aria della città
di Chiusi.
La sede vescovile di Chiusi fu
istituita, secondo Comraanville, nel-
l'anno 45o, e secondo altri, prima
di tal' epoca. Vi sono realmente ar-
gomenti per crederla di data molto
più antica, e lo stesso Benedetto
XIV mostrò essere di tale opi-
nione. Pasquale II, nell'anno iioo,
unì al vescovato di Chiusi la sede
vescovile di Castel della Pieve, poi
Città della Pieve; unione che con-
fermò Celestino III nel 1191,6 che
durò sino al 1600, in cui Clemente
Vili istituì o ripristinò, come preten-
de lo storico Bolletti, la sede episco-
pale di Città della Pieve (P^edi) , sepa-
randola da Chiusi. A queir articolo
vi sono notizie, che risguardano que-
sta città, e il suo lago. La chiesa
di Chiusi tra i suoi vescovi conta
il Cardinal Francesco degli Atti, no-
bile di Todi, fatto vescovo da Cle-
mente VI in Avignone, morto poi
in odore di santità; come si gloria
a ragione di monsignor Nicolò Bo-
nafede, accettissimo a vari Papi.
Esaltato al pontificato il sanese Pio
II, Piccolomini, nel trovarsi in Sie-
na ai 19 aprile dell'anno i4%>
eresse la sede sanese in metropo-
litana , e tra le chiese suffiaga-
nee , che le assegnò , comprese
questa di Chiusi , ordinando che
tanto per l'arcivescovo di Siena, che
pei vescovi suffraganei, ne godesse
la nomina la stessa città di Siena.
In appresso, mentre era Vescovo di
Chiusi monsignor Giustino Bagneri
olivetano, Clemente XIV, nel 1773,
unì a questa chiesa quella tcscovì-
iiS Clio
le di Pìenza (Fedi). La cattedrale
(li ( Jiiiisi è assai antica , ed è un
bcU'edilIcio, eziandio per le sue
considerevoli colonne già appartenen-
ti a qualche tempio, o altra magni-
fica fabbrica. Essa è dedicata a s.
Secondiano, e la città riposa pui'e
all'ombra del valevole patrocinio di
s. Mustiola vergine e martire, il cui
sagro corpo rinvenuto prodigiosa-
mente in quella cattedrale anti-
chissima, è quivi con ispeciale pie-
tà venerata. Il suo capitolo si com-
pone di due dignità, la prima del-
le quali è l' arciprete , la seconda
il preposto , con dieci canonici , e
quattro cappellani, non compresi i
preti, e chierici studenti in quelle
scuole vescovili, e che hanno ob-
bligo di essere addetti al servi-
zio ecclesiastico. Nella cattedrale e-
sercita le funzioni parrocchiali l' ar-
ciprete ; tre parroehi hanno la cura
delle anime del contado, e della
campagna; ed ogni vescovo è tas-
sato ne' libri della cancelleria Apo-
stolica in fiorini cento ottantasette.
CHOLET Giovanni, Cardinale.
Giovanni Cholet, nacque di nobile
lignaggio in Francia, in Nomtre nel-
la diocesi di Beauvais, di cui fu ca-
nonico e poi vescovo. Creato prete
Cardinale di s. Cecilia nel 1281 da
Martino IV , fu legato in Inghil-
terra nel 1283, e mori in Roma
a' 1 agosto 1293, dopo aver fon-
dato in Parigi il collegio di Beau-
vais del suo nome , che fu termi-
nato nel 1295.
CHOMA, o COMA. Città vesco-
vile di Licia, la cui erezione rimon-
ta al quinto secolo. È nella diocesi
d'Asia, ed è sullraganea della me-
tropoli di Mira, e di essa si cono-
scono tre vescovi.
CHONAD o CSANAD {Csana-
dien.). Città vescovile dell'Ungheria
Clio
inferiore, il cui vescovo risiede nella
città di Temeswar. Chonad è posta
alla sinistra sponda del (lume Ma-
rusio o Maros , in una deliziosa e
fertile pianura, come lo è il paese.
È comitato del suo nome, distante
circa tredici miglia da Seghedino.
Fu un tempo munita di fortifica-
zioni, che i turchi impossessandose-
ne fino dal i574j dovettero demo-
lire per la pace di Carlowitz nel
1G99. Il barone di Mercy, e il ge-
nerale Heusler la presero nel mar-
zo del 1686; ma solo nel lyiGfii
restituita al regno ungarico, di cui
segui i destini.
La sede vescovile di Chonad fu
eretta per autorità del Pontefice Sil-
vestro II, da s, Stefano I re di Un-
gheria, apostolo di sua nazione, ver-
so l'anno io3o. Ne fu primo ve-
scovo s. Gerardo della nobile veneta
famiglia Sagredo, pel cui zelo reli-
gioso fu istituito un collegio di sa-
cerdoti, furono fondate delle scuole
che divennero le più celebri del rea-
me ungarese, e fu propagata la di-
vozione alla b. Vergine ne' suoi dio-
cesani venuti di fresco alla fede.
Premio delle sue apostoliche fati-
che fu il martirio , giacché alcuni
sediziosi ricaduti nelle superstizioni
del gentilesimo, in Buda, ai 24 set-
tembre del 1047, lo lapidarono, e
trafissero colla lancia. I di lui suc-
cessori fiorirono nella sede di Cho-
nad sino al 1574, in cui, occupata
dai turchi una gran parte dell' Un-
gheria, la forte città di Chonad fu
presa di assedio, e furono distrutte
dalle fondamenta le sue fortifica-
zioni. A sì lagrimevole catastrofe il
clero della diocesi si disperse, si
csti userò tutte le ecclesiastiche isti-
tuzioni, costretti furono i fedeli alla
schiavitù, o all'esilio. Quindi i ve-
scovi, che si nominarono dalia san-
CHO
ta Sede, furono come quelli in pnr-
tibiis, perchè dovevano risiedere ben
lungi dai confini della diocesi , fin-
ché l'imperatore Carlo VI, colle
vittoriose sue armi liberò tutta la
diocesi di Chonad dal giogo otto-
mano.
Ritornato il vescovo in Chonad,
e trovando appena i ruderi dell' e-
piscopio, prima fu costretto di fer-
mare la sua sede nella città di Se-
gedino o Szegedin, una delle pii^i an-
tiche, forti e ragguardevoli città di
Ungheria, e poscia nell'anno lySi,
in Temeswar. Questa regia e libera
città d' Ungheria, capoluogo del co-
mitato di Temesch, è posta in gran-
de pianura paludosa, sul canale di
Bega, ed è sede della corte di giu-
stizia pei tre comitati del Bannato.
Essa è una delle primarie fortezze
della monarchia, reg^olarmente fab-
bricata con quattro sobborghi , né
manca d'importanti edificii , e di
civiche istituzioni. Secondo d'An-
ville, sarebbe Temeswar il Thybi-
scus degli antichi nella Dacia , da
Traiano soggiogato. I turchi, coman-
dati da Solimano II, se ne impa-
dronirono nel i55i , e la conser-
varono sino al 1716, in cui il prin-
cipe Eugenio la restituì all' impera-
tore Carlo VI, e pel trattato fatto
in Passarowitz nel 1 7 1 8, rimase per
sempre alla casa d' Austria.
La città di TemeSAvar rimane nel
mezzo della diocesi di Chonad , il
cui circuito è di settecento miglia
geografiche, e perciò ragionevolmen-
te fu stabilita per residenza dei ve-
scovi. Per la dominazione ottomana
nella diocesi ebbe quasi ad estin-
guersi il nome cristiano, eccettuata
la città di Segedino, in cui, e per
la residenza episcopale, e per la vi-
gilanza de' francescani, che la dife-
sero pur anco dallo scisma Fozia-
CHO 119
no propagato in varie parli , restò
men danneggiato. In Temeswar si
portò anco il capitolo, e per la mu-
nificenza del predetto Carlo VI e
di sua figlia i' imperatrice regina
Maria Teresa, vi fu faljbricata la
bella cattedrale, dedicata a s. Gior-
gio martire. Tuttavolta il vescovo,
la diocesi , il capitolo e la stessa
chiesa cattedrale si appellano col-
l'antica nomenclatura, cioè col pri-
mitivo titolo della sede Csanadien-
se. Ad accrescerne la popolazione,
e l'industria, spesso Maria Teresa
vi spedi da varie parti del germa-
nico impero colonie cattoliche , co-
me pur fece nelle altre diocesi del
regno con felicissimi risultamenti,
dappoiché nel 1782 i cattolici di que-
sta diocesi ascesero a centotrenta-
mila, ed ora poi ve ne sono più di
quattrocentomila.
Nella cattedrale vi si venerano
molte reliquie, ed è ben fornita di
sagre suppellettili. Il capitolo si com-
pone di quattro dignità, prima delle
quali è il prevosto. Vi sono sei ca-
nonici onorarii, tra' quali il teologo,
e il penitenziere, quattro beneficia-
ti, e diversi chierici addetti all' uf-
fiziatura, ed al servigio della chie-
sa, la quale è tuttora sulfraganea
della metropoli di Colocza. Nella
città vi sono tre parrocchie, due ci-
miteri , un collegio dei pp. delle
scuole pie, i religiosi di s. Gio. di
Dio, ossiano i Benfratelli, tre ospe-
dali, ed il seminario numeroso di
alunni. L'ampio episcopio è poco
distante dalla cattedrale ; e la men-
sa nella cancelleria Apostolica è tas-
sata a trecento fiorini. Tra i ve-
scovi illustri di Chonad vanno ram-
mentali , un Giovanni Cholosvary ,
oratore del clero d' Ungheria al con-
cilio di Trento, ove mori nel i562;
e l'attuale monsignor Giuseppe Le-
ilo CIA
iiovicz, clic nella serie de' vescovi
Csanadiensi è l' ottantesimoler/o, il
(piale, benemerito già per avere vit-
toriosamente, e con comune plauso,
difeso i diritti della Chiesa cattoli-
ca nei comizii del regno nel 1 84o, 111
poi saggiamente prescelto dal piissi-
mo regnante imperatore Ferdinan-
do I, col consenso del rispettabile
corpo episcopale di Ungheria, a com-
porre in Roma col Papa Gregorio
XVI, la questione insorta nel me-
desimo regno intorno i matrimoni
misti. Egli, accompagnato dal suo
vicario generale e canonico csana-
diense Ignazio Fabri, si trattenne
in Roma varii mesi, e con recipro-
ca soddisfazione delle alte parti, trat-
tò egregiamente il geloso affare, e
vicevette distinte testimonianze della
pontificia considerazione.
CIIUSIUM, o CUSIUM. Città ve-
scovile della Moldavia , eretta nel
secolo decimoterzo, suffraganea della
metropoli di Solzaba o Solzava, chia-
mata comunemente Chotza. Vuoisi
situata all' estremità della Polonia ,
presso il Boristene. Si ha memoria
di soli due vescovi.
CHYTRUS, CHITRI, o CITRO.
Città vescovile dell' isola di Cipro ,
la cui sede fu fondata nel quinto
secolo, ed e dipendente dal patriar-
cato d' Antiochia , sotto la metro-
poli di Costanza, la quale, secondo
Commanville, nel secolo undecimo
fu trasferita a Famagosta. Altri la
chiamano Cytìicra e Cilhron- Dicesi
che soli quattro vescovi avessero
quivi la sede.
CIACCONIO Alfonso. Scrittore del
secolo decimosettimo, nato in Baeza
nell'Andalusia. Pigliò l'abito di san
Domenico, e in quell' Ordine si di-
stinse pel merito nello insegnare le
scienze. Il suo prediletto studio ver-
sava inturno le antichità ecclesiasti-
CIA
che e profane. Egli vi riuscì in quel-
lo tanto a meraviglia, che il dotto
Ambrogio Moralcs, nell'opera delle
Anlickilà di Spagna, lo cliiamò lu-
minare della sua nazione, ed onore
del secolo. Si recò a Roma nel Pon-
tificato di Gregorio XIII: vi otten-
ne il posto di penitenziere in santa
Maria maggiore, e poscia fu deco-
rato del titolo di patriarca di An-
tiochia. Nel 1601, fini la vita, ed
ebbe la tomba, giusta l'opinione di
molti, nella chiesa di s. Sabina di
Roma. Tutti gli antiquari gli tribu-
tano grandi elogi, alcuni anche lo
chiamano un teologo di grande ri-
putazione: ma sembra in vero che
le di lui opere manchino della cri-
tica propria di un beli' ingegno. Egli
scrisse una storia della doppia fficr-
ra di Tracia intrapresa e finita da
Trajano ; La storia dell' anima di
Trajano liberata dall' inferno per le
preghiere di s. Gregorio. In questo
lavoro trionfa la favola. Scrisse an-
cora intorno al cardinalato di san
Girolamo, Roma i58i; Dei segni
della santa croce comparsi in diver-
se parti del mondo , e particolar-
mente nel i5>9i in Francia ed in
Inghilterra, Roma iSgi ; Del di-
giuno e della diversa maniera di
osservarlo, Roma 1 599 ,• Un Trat-
tato sopra i dugento martiri del mo-
nistero di Cardona, nella diocesi di
Bourges, Roma i594; yitc ed azio-
ni de' sommi Pontefici e de' Car-
dinali, dal principio della Chiesa
fino a Clemente Vili. Quest'opera
venne poscia corretta, e continuata
fino a Clemente X. Apparisce da
certe lettere dal p. Mabillon , tro-
vate nella biblioteca Chigi , che il
Ciacconio avesse composte altre due
opere: Un trattato delle antichità
romane, coji figure, ed una Biblio-
teca universale di autori.
CIA
CIAMPINI GiovA?wi . Scrittore
tlcl secolo decimosettimo , uato in
Roma l'anno i633. Dapprima si
applicò allo studio della legge, ma
poscia rivolse l'animo alla Cancel-
leria Apostolica, dove riuscì molto
bene. Fu creato segretario de' bre-
\ì di grazia, indi prefetto de' brevi
di giustizia, poi abbreviatoi'e e se-
gretario del gran parco. La storia
ecclesiastica era lo studio che mag-
giormente lo dilettava, ed anzi dob-
biamo alle sue cure la istituzione
dell'accademia di storia ecclesiastica
fondata in E.oma nel 1671. Morì
neir età di sessanta anni. Le di lui
opere son ricche di preziosa erudi-
zione, ma non molto bene ordina-
te, e di uno stile piuttosto basso.
Queste sono:
1. Una dissertazione storica sull'an-
tichità, sulle funzioni, e sulle pre-
rogative degli abbrevialori dei
brevi apostolici.
2. Una disquisizione sacra e stori-
ca sovra due emblemi, che si con-
servavano nel gabinetto del Car-
dinale Carpegna.
3. Un volume degli edifizi sacri
fabbricati da Costantino.
4. Due volumi sugli edifizi dell' an-
tica Roma.
5. Una dissertazione sull'uso del pa-
ne azimo nella Chiesa latina.
G. L' esame delle vite dei Papi, che
portano il nome di Anastasio bi-
bliotecario.
7. Una lettera latina per riformare
un passo di una lettera di Pio
li, che si dice essere stato altera-
to dagli eretici.
8. Una dissertazione, in cui si esa-
mina, se i Papi abbiano portato
altre volte il pastorale.
r). Un trattato Ialino sulle crori, che
si portano alla lesta delle pro-
cessioni.
GIR i2[
IO. De vocis correctione in sermo-
ne VII s. Leonis, de nativitate
Domini.
I I . Explicatio duorum sareophago-
rum ritum baptismi indicanti um.
12. De sanct. Rom. Ecclesia; vice-
cellerario, ejusque munere eie.
CIARPA , o SCIARPA ( Ordine
c<jisesttr di donne). V. Raada.
CIBALLIANA. Sede vescovile del-
l' Africa occidentale , della quale si
sa, che Donato suo vescovo, inter-
venne al concilio di Cartagine, pre-
sieduto da s. Cipriano. Au^. lib. 7
coni. Donat.
CIBO Famiglia. Questa nobilis-
sima ed antichissima famiglia , che
fiorì cotanto in Italia, ripete la sua
primaria origine dalla Gi-ecia. Si
chiamava Cnhea, o Cibocca dai cu-
bi e quadrelli di sei faccie del suo
gentilizio stemma , dai latini detti
cubi. Narrasi da alcuni sciittori ,
che il primo a trasportare questa
famiglia nella Liguria, fu Odoardo
barone della Grecia, e prode capi-
tano, che si recò in Italia in tem-
po delle guene dell imperatore Gra-
ziano, e stabilì, verso l'anno 385,
il suo soggiorno in Genova , ove
diede principio a questa famiglia ,
che cominciò ad essere più consi-
derabile fino dal secolo decimo, al-
lorché Ottone I ricompensò i ser-
vigi di Guido Cibo con alcune ter-
re, e coir impiego di tribuno delle
compagnie de' nobili e de' cavalieri
del sagro romano impero, come ri-
porta il Novaes, t. VI, pag. 53. Al-
trettanto si legge nel Dizionario sto-
rico portatile dell'abbate Ladvocat
alla pai'ola Cibo^ cioè che nel se-
colo X la famiglia era in Italia in
considerazione, ritrovandosi in un
privilegio a favor»; della città di Vi-
terbo, che Óltuae 1 ricompensato
123 CIB
aveva i servigi di Guido Cibo col
dono di alcuni feudi. Altri stabili-
scono la famiglia Cibo in Genova,
ncir anno 999. Guido I fu padre
di Odoardo, e questo di Guido II,
il cui figlio Lamberto intraprese la
guerra contro i saraceni , e loro
tolse le isole di Gorgona e di Ca-
praj;!, la prima del mare Tirreno,
la seconda del Mediterraneo. L'iso-
la Gorgona, Urgos o Gorgon, ora
è dipendente dalla provincia di Pi-
sa del granducato di Toscana, ed
ha in cima un'alta toz-re per avvi-
sare Livorno dellavvicinamento dei
corsari barbareschi. Ivi è conside-
rabilissima la pesca delle sardelle.
L'isola Capraja, Aegidium , ha la
città di tal nome, con sicuro porto,
e castello fortificato. Essa apparten-
ne alla Corsica sino al i5o7, in
cui i genovesi ne spogliarono Gia-
como del Mare , o de Mari , che
n era signore, e tuttora è compre-
sa negli stati di Genova ceduti al
re di Sardegna.
Lamberto Cibo ebbe diversi fi-
gliuoli, tra' quali Aranito, che in-
traprese il viaggio di Terra santa.
Nel ii3o Innocenzo II creò Car-
dinale un Martino, che alcuni dico-
no della famiglia Cibo. In seguito
un Guglielmo Cibo fu fatto cavalie-
re dallimperatore Federico II, e suo
ambasciatore a Clemente IV, Papa
del 126?. Un l'amo della famiglia
Cibo si trasferì a Napoli, ove fiori
in nobiltà, e molto si diffuse , col
nome di Tomacelli, o Tomazelii.
Da essa usci Alberico, o Ulderico
Tomacelli, o Cibo, che Onorio lì
nel 1 125 creò Cardinale. Nel secolo
XIV fiori Francesco Tomacelli pa-
trizio napolitano , che si congiunse
in matrimonio con Gratimole della
cospicua famiglia Filomarino, dai
quali nacque Pietro in Carafanello,
CIB
antico feudo della famiglia stessa,
il quale pe' suoi illibati costumi, e
belle doti fu da Urbano VI nel
i38i creato Cardinale, e quindi
meritò nel iSHg di succedergli nel
pontificato col nome di Bonifacio IX
(^«//). Questo Papa nel 1402 creò
Cardinali Leonardo Cibo, e Angelo
Cibo patrizi genovesi ; e fece di tutto
per ristabilire nel regno di Napoli
Ladislao figlio di Carlo III, Duraz-
zo. Ladislao per gratitudine diede
ai Tomacelli, nipoti di Bonifacio IX,
la contea di Sora , con altri terri-
torii. Inoltre lo stesso Pontefice ar-
ricchì ed esaltò la madre ancor vi-
vente, i fratelli, e i nipoti: fece
marchese della Marca d' Ancona
uno de' suoi tre fratelli chiamato
Andrea, e l' altro per nome Gio-
vanni il fece duca di Orvieto, e du-
ca di Spoleto; dichiarò Antonio di
lui fratello o nipote castellano di Ca-
stel s. Angelo. Tultavolta la fami-
glia Tomacelli non conservò tutte
le ricchezze acquistate, perocché do-
po la morte di Bonifacio IX, La-
dislao la spogliò de' suoi feudi. V.
s. Antonino, in Chronicon, part. III,
tit. 2, e. 3.
Arano, o Aronne Cibo, figlio di
Maurizio, e di Saracina Marculla,
e discendente di Lamberto Cibo,
dopo che ebbe diviso con Tomma-
so Fregoso il governo della repub-
blica di Genova, essendo stato da
essa destinato a condurre un con-
voglio importante a Renato d' An-
giò re di Napoli, per la stima che
ne concepì venne da questo prin-
cipe creato viceré di Napoli , città
che valorosamente difese quando
nel 144^ f" assediato da Alfonso
V di Aragona, facendo prigioniero
questo principe, che senza riscatto
mandò a Genova. La repubblica
ijenovese destinò Arano ad accomo-
CIB
dare le sue vertenze con Alfonso V,
e vi riuscì così bene , che il re lo
ritenne in Napoli al suo servigio ,
lo fece presidente del suo consiglio,
e ad istanza de' napoletani nuova-
mente il creò loro viceré. Intanto,
elevato al pontificato nel i^55 Ca-
listo III, il quale, come narra il
Zazzera, era nel Cardinalato grande
amico di Arano, a sé lo chiamò di-
chiarandolo senatore di Roma , di-
gnità in quei tempi conceduta ai
soli principi, o personaggi di gran
considerazione. Peraltro non andò
guari che il Cibo abdicò il senato-
rato, attesi i disgusti nati tra Ca-
listo III ed Alfonso V, e ritornò a
Napoli ad esercitare i suoi alti im-
pieghi, morendo a Capua nel i4^7-
Da questo Arano , e da Marzia
del Mare, di famiglia senatoria di
Genova, nacque nel i432 Giambat-
tista Cibo, poi Papa Innocenzo Vili,
che fu il principale splendore di
sua famiglia, e diede origine a quella
grandezza, cui in progresso essa asce-
se, divenendo una delle più nobili,
e più potenti d' Italia. Egli pertanto
servì prima nella corte di Napoli il
re Alfonso V, e Ferdinando di lui
figlio, e sposatosi ad una dama na-
polilana, n' ebbe due figli, che era-
no ancor viventi quando fu creato
Papa, cioè Franceschetto, e Teodo-
rina. Alcuni dissero, che France-
schetto fosse figlio naturale , o ni-
pote di quel Pontefice, però figlio
veramente lo chiama il celebre Pie-
tro Delfino camaldolese, nella let-
tera 27 del libro III, scritta a' 7
aprile 1492, cioè vivendo ancora
il Papa; e Paride de Grassis dice
altrettanto nel suo Diario , in cui
descrisse minutamente le magnifiche
esequie, fatte nella basilica vatica-
na ai 16 luglio i5ir) a France-
schetto, cognato dell'allora regnante
CIB 123
Leone X. Tultavolta nelle sue bolle,
Innocenzo Vili chiamò sempre Fran-
ceschetto suo nipote, e nipote di
Arano di lui genitore, e per tale si
nomina avvedutamente nell' iscrizio-
ne sepolcrale, che poi in detta ba-
silica pose Alberico Cibo , principe
di Massa. P\ il Marini, Archiatri
poni. t. I, p. 221, n. 6. Il Ciac-
conio afferma il matrimonio di Giam-
battista colla dama napolitana, ma
il Vialardi accenna eh' esso fosse
soltanto stipulato; e Raffaello di Vol-
terra lib. 22, col Bergamasco, e col
Platina sostengono, che Franceschet-
to, e Teodorina fossero figliuoli na-
turali di Giambattista, il quale poi
diede Teodorina in matrimonio a
Gerardo Usumari di nobile famiglia
genovese, famiglia che procurò in-
gi'andire come quella de' proprii ni-
poti. Né si deve tacere, che il Ber-
castel, Histoire de VEglise, t. XV I,
p. 270, dice che Giambattista pri-
ma di x'icevere gli ordini sagri, aves-
se avuto sette figli da diverse donne.
Giambattista adunque trasferitosi
a Pvoma, si pose nella carriera ec-
clesiastica, ove per i suoi costumi
dolci, e somma saviezza fu fatto ve-
scovo e poi Cardinale, venendo po-
scia nel i4'^4 subliniato al trono
pontificio col nome d' Innocenzo
FUI (Fedi). Nella prima promor
zione da lui fatta nel i4^9 3 creò
pel primo Cardinale Lorenzo del
Mare o de Marj nobile genovese ,
suo consanguineo, o, come dicono
alcuni, figlio naturale del propria
fratello, cui diede il cognome Cibo,
e lo stemma. A Franceschetto Ci-
bo, oltre il generalato di santa Chie^
sa, diede la contea d' Anguillara ,
quella di Fcrentillo, Cerveterij e4
altri piccoli castelli, che in appresso
da Franceschetto si vendettero a
Viiginio Orsini, meno la contea di
i:j4 cib
l'Ynentillo. Quindi Innoccnr.o Vili
otU'niu; a Fianceschclto in isposa
la l)cllii MacUlalcna de' Medici, II-
i^lia di Lorenzo il I\l (lignifico. Per
ricompensare poi cpiesta illustre fa-
miglia, che gi.à signoreggiava Firen-
7(^ , il J^apa nominò jirotonolario
apostolico (iiovanni de' Medici figlio
di Lorenzo , mentre avea l' età di
sette anni, e poi nel i4<^9 il dt-'^
Cardinale, e l' inviò legato a Firen-
ze, e al Patrimonio, finché nel i5i3
meritò di succedere a Giulio li col
glorioso nome di Leone X.
Da Francese! ietto Cibo, e da Mad-
dalena de' Medici, sorella di Leone
X, nacquero Lorenzo, e Innocenzo.
IVella sua prima promozione lo zio
Leone X diede a rpiest' ultimo la
porpora cardinalizia nel i5i3, col-
la signoria di Fabriano, mentre con-
tava ventim'anni di età; ed allu-
dendo al nome d'Innocenzo Vili,
ed a quello del Cardinale, Leone
X nel crearlo disse in concistoro :
Qiiod ab Innoceniio acccpi, Jiino-
ccntio resi! tuo. 11 Cardinal Innocen-
zo Cibo si lese immortale , primie-
lamente nelle peripezie del cugino
di Leone X suo zio, cioè del Papa
Clemente VII, de flledwi, al quale
in un agli altri Cardinali, dissuase
ili trasferire la pontificia residenza
ad Avignone; in secondo luogo per-
chè alla uccisione di Alessandro dei
Medici, duca di Firenze, nobilmen-
te ricusò quella sovranità per la sua
fimiglia, e la mantenne nel secon-
do ramo della casa Medici ; e per-
chè poi fu visitato in ]\Iassa dal
Pontefice Paolo III, e dall'impera-
tore Carlo V, da lui trattati con
somma splendidezza. Di questo am-
plissimo Cardinale, Innocenzo Ci-
bo, scrisse la vita Fianccsco Maria
\ ialardi , che unitamente alle vite
di ISunilàcio 1\, e d' Innocenzo Vili,
CIP,
fu stampata a Venezia por il Scssa
nel iGi3. Ma di detto Cardinale,
e di tutti gli altri Cardinali della
famiglia Cibo nominati in questo
articolo, si potranno leggere le bio-
grafie ne' seguenti articoli.
Leone X mostrò propensione per
Franceschetto, e per Maddalena sua
sorella, che spesso visitava nel loro
feudo di Cerveteri, e il suddetto Lo-
renzo Cibo, pur nipote di Leone X,
continuò la successione della famiglia
Cibo. Egli sposò Ricciarda Malaspina
erede degli stati di Massa, e Carrara,
allora marchesato. Da Franceschet-
to, e INIaddalena nacque pure una
figlia per nome Caterina, che be-
ne apprese le lingue ebraica , gi'e-
ca, e latina, non che la filosofia, e
la teologia. Leone X la maritò con
Giammaria Varano duca di Came-
rino, dal qual matrimonio nacque
Giulia Varano, che maritatasi con
Guidobaldo duca di Urbino, sotto
Paolo III perdette 1' avito ducato
di Camerino, e terminò i suoi gior-
ni tra i libri, e gli esercizi di pie-
tà. Da Lorenzo e Pticciarda nacque
l'unico figlio Alberico Cibo Malaspi-
na, che nel i553, ereditò gli stati
di Massa e Carrara. Questo prin-
cipe, nel i568, ottenne dall'impera-
tore Massimiliano II, che i detti sta-
ti fossero eretti in ducato, per cui
fu il primo duca di Massa e Carra-
ra. P^. Massa e Carrara. Certo Alfon-
so Ciccarelli, medico di professione,
lusingava l'orgoglio de' grandi con fa-
volose genealogie, e tese pur una
tale insidia ad Alberico Cibo Mala-
spina, col volergli provare, che la
sua famiglia contava circa sei seco-
li di più di quelli, che ne stabiliva-
no gristorici. 11 principe, che avea
d(;lio spirito, fu il primo a smasche-
rare il falso biogralò. Insorsero quin-
di molte accuse contro di lui, e fat-
CIB
togli il processo sotto Gregorio XIII,
di cui era suddito, e convinto di
falsità con intenzioni le più ree, fu
condannato al taglio d'una mano, e
ad essere impiccato, ciò che fu ese-
guito nel i58o.
A Carlo I, principe e duca di
Massa e Carrara, nel i6^5 da Inno-
cenzo X fu creato Cardinale il figlio
Alderano Cibo , che il veneiabile
Innocenzo XI fece segretario di sta-
to, e in tal credito si mantenne che
r imperatore, e i sovrani di Europa
gli scrivevano di proprio pugno per
ottenere quanto desideravano dal
Papa, il quale in morte lo racco-
mandò al sagro Collegio, perchè lo
facesse suo successore. L'ultimo Car-
dinale di questa celebre prosapia fu
Camillo Cibo, de' principi di Massa,
e Carrara, Maneta , e Lavenza , e
per parte di sua madre Teresa Pam-
phily, pronipote d'Innocenzo X. Fu
elevalo alla porpora, nel 1729, da
Benedetto XllI, L' ultimo principe
Cibo Malaspina fu Alderano, che
avendo preso in moglie E.icciarda
Gonzaga, figlia di Camillo III, con-
te di IVovellara, e Bagnolo, nacque-
l'O tre figlie, ]\Iaria Teresa, erede
de' paterni stati, maritata nel 1741
ad Ercole Piinaldo d'Este principe
ereditario di Modena; Marianna,
che fu sposata al principe Orazio
Albani, pronipote di Clemente XI ;
e la terza, che divenne duchessa di
Popoli, nella famiglia del Tocco in
Napoli. Così rimase estinta la linea
maschile di Cibo Malaspina, e pas-
sò ne' duchi estensi il ducato di
Massa, e Cai-rara . P^. Modena.
Della villa Cibo, che questa famiglia
aveva in Castel Gandolfo, onorata
spesso dai Papi nelle villeggiature,
ed acquistata dal palazzo apostolico
sotto Clemente XIV, si parla all'ar-
ticolo Casld Gandolfo. Scrissero poi
CIB iiS
di questa famiglia Porcacchi, e Fran-
cesco Zazzera, Genealogia della fa-
miglia Cibo: il Dialogo della nobil-
tà di essa. L* Ughellio neWTlalia
sagra ; il Prioi'ato, Scena degli uo-
mini illustri d'Italia : l'Aubcry, il
Tuano nel t. Ili delle Istorie; Pao-
lo Giovio; il Foglietta, e altri. Nel
i588 in Genova fu pubblicato un
libro, col titolo: Della famiglia Ci-
bo. Finalmente il Yiani nel i8o8 ha
pubblicato in Pisa: Le memorie del-
la famiglia Cibo e delle monete di
fliassa di Lanigiano, con qnattoi'-
dici tavole, contenenti le impronte
di centoventotto monete coniate nel
i5o9 dai principi della famiglia Ci-
bo: famiglia estintasi nel 1760 col-
la morte della duchessa di Modena
Maria Teresa.
CIBO Martino, Cardinale. Mar-
tino Cibo, di nobile famiglia geno-
vese, era monaco cisteixiense. Fu
diretto da s. Bernardo suo amico,
e molto si distinse per l' esercizio
delle cristiane virtù. Innocenzo II
nel ii3o lo creò Cardinal prete di
s. Stefano nel Montecelio, e lo fece
legato al re di Danimarca. Giovan-
ni di Sarisbery, e s. Bernardo si
meravigliarono assai perchè il Cibo
ritornasse povero dalla sua legnzio-
ne, venendo, com' egli scrive, dalla
terra dell'oro, senza oro. Poscia in-
tervenne al concilio di Pisa , e nel
II 44 mori santamente, nel Ponti-
ficato di Lucio lì, dopo quattordici
anni circa di Cardinalato.
CIBO Guido Clemente, Cardina-
le. Guido Clemente Cibo di Geno-
va piissimo, e dotto così da meri-
tarsi il titolo di maestro, nelle tem-
pora di avvento del i i 4 t> l^^ crea-
to Cardinal prete di s. Pudenziana
da Lucio II. Sotto il Pontefice A-
driano IV, insorse popolar sedizio-
ne a causa degli Arualdisti. Il Cibo
126 CIB
si recò allora dal Papa, ma fu in-
sultalo, e ferito ^ravcincnle. UPon-
tclice sdegnato sottopose tutta Roma
ali' interdetto, castigo, cui non aveva
ella provato giammai. Riavutosi al-
fpianto dal male, con altri Cardi-
nali si fece ad incontrar l'impera-
tor Federico I, che conduccvasi a Ro-
ma per ricevere la corona impe-
riale; ed ottenne di aver nelle ma-
ni l'eresiarca Arnaldo, che movea
di continuo il popolo romano con-
tro al clero. Così giovò assai la s.
Sede presso a Cesaie. Da ultimo,
dopo la elezione di Eugenio III, A-
nastasio, ed Adriano IV, morì nel
I i5c), dopo ([uattordici anni di Car-
dinalato.
CIBO Lkoxahdo, Cardinale. Leo-
nardo Cibo, patrizio genovese, celebre
legale, fu promosso alla sagra por-
pora da Bonifacio IX a' 27 gennaio
i4o2, colla diaconia de' ss. Cosma,
e Damiano. Il Novaes però dice che
fu fatto prete de' ss. Silvestro e
Martino a' Monti.
CIBO Angelo, Cardinale. Ange-
lo Cibo patrizio di Genova, da Bo-
nifacio IX fu creato Cardinale del-
l'ordine de' diaconi, ai 27 gennaio
i4o2, colla diaconia dei ss. Silvestro
e Martino a' Monti. Così il Cardel-
la, t. II, pag. 320; ma il citato
Novaes, t. IV, pag. 261, dice che
Angelo fu fatto Cardinal diacono dei
ss. Cosma e Damiano.
CIBO Alberico, Cardinale. V.
TOMACELLI.
CIBO Giambattista , Cardinale.
V. Innocenzo Vili.
CIBO Lorenzo, Cardinale. Loren-
zo Cibo genovese nacque nel i45o
dalla nobile famiglia de Mari, con-
sanguineo ad Innocenzo Vili. Era
dottissimo, e di angelici costumi.
Essendosi posto a servire la s. Sede,
fu fatto preletto di Castel s. Angelo;
CIB
canonico di s. Pietro, e nel i4S5 fa
promosso all'arcivescovato di Bene-
vento, ove stabilì un luogo al capitolo
di quella metropolitana, ai canoni-
ci della quale ottenne l' uso della
berretta rossa. Poscia ai i4 marzo
del i4"^0 dallo stesso Papa fu crea-
to Cardinal prete di s. Susanna;
indi di s. Cecilia, coli' amministra-
zione della chiesa di Vannes nella
Brettagna, e l' abbazia di StalTarda.
Era modello di giustizia; e d' inte-
grità, (!d accolse in sua casa di Ro-
ma Carlo Vili re di Francia. Ad
insinuazione del Pontefice , e nel
modo che dicesi all'articolo Chiesa
di s. Marco [P'edi) , stabilì nella
basilica vaticana una cappella con
quattro beneficiati, nella qual cap-
pella dovevasi riporre la lancia, col-
la quale fu trafitto il costato del
Salvatore. Quindi coli' opera del
PoUajuolo nella stessa basilica e-
resse un monumento sepolcrale di
bronzo al Papa. Sebbene Alessan-
dro VI lo vedesse di mal occhio ,
gli conferì il vescovato di Pale-
strina, ma dopo i conclavi di Pio
III, e Giulio II morì a R.oma nel
i5o3, di cinquantatre anni, e quat-
tordici di Cardinalato. Fu sepolto
in una cappella, cui magnificamen-
te avea adornata in s. Maria del Po-
polo. Fece dono alla sua chiesa del-
la propria biblioteca, e di altri pre-
ziosissimi ornamenti.
CIBO Nicolò, Cardinale. l^ìcoloQAho
fratello d'Innocenzo VIII, nel i486
divenne arcivescovo di Cosenza, e do-
po un anno governatore di Perugia.
Nel 1489 fu promosso all'arcivesco-
vato di Arles; e fu nominato poi Car-
dinale dallo stesso Innocenzo nell'an-
no 1489, senza pubblicarlo formal-
mente al sagro Collegio. Morto Inno-
cenzo Vili, il gran signore de' turchi
supplicò con sua lettera Alessandro
CIB
VI a crearlo, come diceva, perfetto
Cardinale. Che il Cibo sia veramente
stato Cardinale, non è fuor d'ogni
dubbio. Mori all' incirca nel i499'
CIBO Pantaleone , Cardinale .
Pantaleone Cibo, pronipote a Inno-
cenzo Vili, a' i4 marzo del 1489»
fu sollevato all' onor della sacra
porpora.
CIBO IxxocENzo, Cardinale. In-
nocenzo Cibo genovese , nato nel
149I5 nipote al Pontefice per via
di madre , giovane di angelici co-
stumi , fu fatto arcivescovo di Ge-
nova da Leone X. Francesco I, l'e
di Francia, lo elesse abbate di s.
Vittore di Marsiglia, e di s. Oveno
di Rouen. Poi, ai 2 3 settembre del
i5i3, dallo stesso Leone venne crea-
to Cardinal diacono de' ss. Cosimo
e Damiano, colla signoria perpetua
di Fabriano; nell'anno iSiy fu am-
ministrator della chiesa di Torino ,
e di Marsiglia nel 1 5 1 8, col gover-
no di Aleria nella Corsica. Indi nel
i5i9 ebbe il governo pastorale del-
la chiesa di Ventimiglia; e nel i53i
sotto Clemente VII quella di Ma-
riana nella Corsica; poscia nell'anno
i558, nel pontificato di Paolo III,
ebbe quella di Messina , ed altri
vescovati. Divenne Camerlengo del-
la s. Romana Chiesa, pei bisogni
della quale sborsò la somma di
trentacinquemila ducati ; legato di
Bologna, e Romagna , e nella pri-
gionia di Clemente VII manten-
ne parecchie città devote al Papa;
ed in quelle strettezze spese gros-
se somme, a rimborsar le quali ot-
tenne dal Pontefice la terra di
Vetralla. A lui è debitrice l' Italia,
che la s. Sede sia restata in Roma,
poiché la si voleva ti'asferire in A-
viguone. Magnanimamente ricusò il
principato, che gli offerivano i fio-
rentini della casa de' Medici, che,
CIB 127
sedati i tumulti , ristabilì nella me-
desima famiglia . Favorì gi'ande-
mente i letterati, e nella sua casa di
Massa fu onorato da Paolo III, e
Carlo V; si trovò a molte sessioni
del concilio di Latei-ano, non che ai
conclavi di Adriano VI, Clemente
VII, Paolo, e Giulio III. Morì a
Roma nel i55o, di cinquantanove
anni, e trentasette di Cardinalato, e
venne sepolto nella chiesa di s. Ma-
ria sopra Minerva.
CIBO Alderìxo, Cardinale. Al-
derano Cibo dei principi di INIassa
e Carrara, nato nel 161 2, divenne
prelato sotto Urbano VIII. Poi In-
nocenzo X lo elesse a maggiordo-
mo pontificio; quindi a' 6 marzo
1645 lo creò Cardinal prete di s.
Pudenziana, legato di Libino, Ra-
venna, e Ferrara, cui governò con
sommo vantaggio del Pontefice , e
dei popoli soggetti. Fu anche pro-
tettore dell' Ordine dei Minori , di
quello dei Trinitarii , degli Arme-
ni, ed ebbe luogo nelle prime con-
gregazioni di R.oma. Sotto Alessan-
dro VII, nel i656, fu nominato al
vescovato di Jesi, cui beneficò gene-
rosamente, enei i658 vi tenne il
sinodo. Trasfeiù la congregazione di
s. Filippo Neri , eh' era lungi dalla
città, alla comoda via Savelli, e le
diede la chiesa di s. Giovanni colle
case vicine. Lo stesso fece del semi-
nario situandolo prossimo alla cat-
tedrale. Senonchè rinunziò a quella
chiesa, e nel 1687 sotto Innocenzo
XI, dopo altri vescovati suburbicari,
essendo divenuto decano del sagro
Collegio, gli toccò il vescovato di
Ostia , ove ristaurò il palazzo vesco-
vile , r antica cattedrale di s. An-
drea, e la cappella di s. IMonica, cui
abbelhdi finissimi marmi, di grazio-
se pitture, e di un ricco fonte bat-
tesimale. JNella chiesa di s. ]\Iaria del
128 CllJ
Popolo fornii una mngnifirn cap-
pi^lln ; nel \6()^ tenne il sinodo a
Vclletri , e dopo essere iiilervcnuto
ai conclavi di Alessantiro VII, Cle-
mente IX e X, Innocenzo XI, Ales-
sandro Vili, e Innocenzo XII , mori
a Roma nel 1700, di ottantotto an-
ni e einrpianlasei di Cardinalato, de-
cano del «acro Collegio. Ebbe la
tomba nella sua cappella, in s. Ma-
ria del Popolo, ove sorge nobile
mausoleo , che si fece erigere egli
medesimo nel i68|.. Innocenzo XI,
che appena eletto Papa lo fece
suo segretario di sfato, morendo
lo avea con grande ardore proposto
al sommo pontillcato, ma non vi
riuscì. Era il Cibo tale da godere
meritamente della estimazione di
tutti.
CIBO Camillo, Cardinale. Camil-
lo Cibo dei principi di Massa e
Carrara, nacque nel 1 681. Nel 170?,
sotto Clemente XI, divenne chieri-
co di camera , e presidente degli
archivi, delle acque, e ripe, e della
grascia, poi fu fatto uditore di Ca-
mera, e nel 17 18 ebbe il titolo di
patriarca di Costantinopoli. Ma por-
tato a riformar ogni cosa, corse ta-
li rischi, che dovette paitire da
Roma, sotto Innocenzo XIII, e ri-
tirossi presso Spoleti. Senonchè Be-
nedetto XIII, nel 1725, lo vol-
le appresso di se, dichiarandolo
suo maggiordomo. Poi sostenne stre-
pitosa lite coi primi tribunali di
Roma a mantenere illesa la priva-
tiva sua giurisdizione civile, e cri-
minale sopra i palatini, e fece fron-
te al Cardinal Coscia, potente fa-
vorito del Papa , che si mischiava
oltre il dovere negli addiri. Quindi
a' 23 marzo 1729 lo stesso Bene-
detto XIII lo promosse al Cardinala-
to,col litolc; di s. Stefano ncBIontece-
lio, e lo ascrisse alle congregazioni dei
CIB
vescovi, e regolari, (1(;1 concilio, dei
riti, della consulta, di propaganda ,
ed allre. Rinunziò al priorato della
religione di INIalta , e andò a pas-
sare alcun tempo nelle deliziose cam-
pagne tra Gaeta e Pozzuolo. Eb-
be contese col duca di Massa suo
fratello per la successione di quel
principato. Dopo il conclave di (de-
mente XII e di Benedetto XIV ,
mor\ in Roma nell' anno 1 743 ,
di scssantadue anni, e quattordici di
Cardinalato. Fu sepolto in sotterra-
nea cappella in s. Maria degli An-
geli, ove avea fatto costruir tondje
per se, e per sette de' suoi fami-
liari.
CIBORIO ( Cihoriuin, aiigmtissi-
mae Eticharixtiae. sacra pyxis). Con
questo nome si chiama il tabernaco-
lo, ove si conserva la ss. Eucaristia,
il vaso che la racchiude, non che
un sagro edifizio isolato. Sebbene
agli articoli Tabernacolo e Pisslde
dicasi quanto riguarda tal custodia,
e vaso, piu'e qui ne daremo un cen-
no a cagione che il Ciborio viene
chiamato anche Tabernacolo, e Pis-
side dagli ecclesiastici.
Il tabernacolo è rm piccolo tem-
pio di legno dorato, di metallo, e
di pietra, che sta sull'altare, chiuso
con chiave, ove si conserva il ss. Sa-
gramento dentro la pisside , eh' è
un vaso sagro d' argento o di oro
in forma di calice, coperto, e che
conserva le ostie consagrate per la
comunione de' fedeli. Debbono esse
cangiarsi ogni otto giorni, o alme-
no ogni quindici, ed allora purifi-
car si deve anche il vaso.
Dal Mcnologio Romano del Piaz-
za, a pag. 109, si rileva, che l' ar-
cicon fraternità del ss. Sagramoito,
istituita nel i 139, nella chiesa di s.
Maria sopra IMincrva, fu la prima
che in Roma erigesse tabernacoli
CIB
nelle chiese, nella forma d' oggid'i .
per custodire decentemente ed alla
pubblica venerazione la ss. Eucari-
stia. P^edi.
Il rito più antico, col quale so-
leva conservarsi la ss. Eucaristia ,
era quello di tenerla rinchiusa nella
sagrestia, come ci dimostro l' eru-
ditissimo Cancellieri, nel tom. I de
Secre.tariis etliidcoruni et christiano-
rum, ac veteris, et no\'ae basii. i>af.,
cap. II, § IV, de vita vetustissimo
in secretano majorì, Sacramentunt
aìignstuin sub utraque specie adscr-
iandi^p. 197. Altro rito era quello di
collocarla sugli altari, o nei vasi so-
spesi sotto al ciborio, sospesa nel bat-
tistero, sul sepolcro de' martiri, su-
gli altari, entro una torricella d'a-
vorio, e pili comunemente in vasi
fiuti in forma di colomba d'oro, o
d'argento, o di altro metallo; o
ne' tabernacoli , come ora si usa.
Le dette torri d'avorio si chiama-
rono pure Turris gestatoria, come
si può vedere in s. Gregorio di
Tours, De glor. inart-yr. cap. 86.
Si costumò ancora di riporre la ss.
Eucaristia entro il muro della tri-
buna della chiesa , il quale , oltre-
ché dal p. Martene, De antir/nis
eccl. ritibus, 1. I, e. 5, art. 3, cosi
è descritto dal p. Mabillon non so-
lamente nel ti'attato De usu azyini
et fermentati, cap. 8, ma anche nel
Commentario sopra gli ordini Ro-
mani, tom. II. Mus. Ital. pag. i3c) :
" Tertius modus, qui in sola s. Cru-
» cis basilica obtinet , is est quod
5> Eucharistia, pone majus altare,
" ad summum basii icae parieteni
»> absque ara apposita, servatur in
» vasculo patente, adjectis loco or-
" namenlis. Quod o[)us est Fran-
" cisci Quignonii Cardinalis
» anno MDXXXVI ".
Così nello stesso tempo si sono
VOL. \M[.
CIB 129
conservate due delle antiche e ve-
nerande costumanze ; dappoiché re-
stando il tabernacolo del ss. Sagra-
mento elevato nel mezzo della tri-
buna, seguita altresì ad essere cu-
stodito nella sagrestia, dove si mu-
ta, e si rimette secondo il bisogno.
Nella chiesa cattedrale di s. Gio-
vanni di jMaurienne, racconta il cav.
INIillin nel suo Voyage en Savoje
etc. Paris i8i6j p. 76, che esiste
5» un Ciborium, ou espèce de Ta-
« jjeruacic en beau maibre blanc,
» destine a garder I' Hostie. Au
5j milieu des Aiguilles flnemens de-
» coupies; et des elegants rainceaux
55 sont les flgures de Dieu, de Chri-
» ste, et de la Vierge. Ce Cibo-
" rium est un don d' Etienne Mo-
M rclli , evéque de cette cglise ".
Il Casalio, De vct. christ. sac. rìtib.,
e altri teologi dicono, che la paro-
la ciborio venga da cibus, perchè
contiene una vivanda spirituale. La
parola ciborio significava presso gli
egizj il frutto di certa loro fava,
ovvero il guscio, che la racchiude-
va, per cui le foglie di tal pianta,
servivano a fare una specie di cop-
pe adoperate ne' banchetti , e fatte
a cono, donde presero il nome le
altre coppe. E certo che i greci, e
i latini si servirono di vasi_, cui chia-
mavano ciborj, sia che fosseio fatti
di quelle fave di Egitto, sia che
fossero a quelli somiglianti, ed è
appunto dalla loro conformità con
questa sorte di vasi , che i nostri
cibori o pissidi, secondo il Fleury,
Costumi de' cristiani , ne trassero il
nome. Dice il Bergier, che l'uso di
conservare la ss. Eucaristia per la
comunione principalmente degl' in-
fermi, è una dimostrazione insupe-
rabile della fede nella reale presen-
za di Gesìi Cristo nell'Eucaristia, e
che la (^liesa orientale seguiva tal
i3o CIB
costumo nei loinpi antichissimi. In-
nanzi l'altare, ove è il cib(MÌo colla
santa Eucaristia, dee tenersi sempre
accesa la lampada, ed il tabernacolo
(leve essere sempre coperto di una
cortina, o conopeo 111 Ilo a padiglio-
ne, ed a guisa di baldacchino. Sul-
le antiche custodie della ss. Eucari-
stia, sui cibori, sui tabernacoli, e su
diversi punti relativi , scrisse una
dottissima Disscrlazìone il camaldo-
lese d. Albertino Bellenghi, arcive-
scovo di JXicosia, che nel i83(5 pub-
blicò in Roma colle stampe. V. Ci-
boriuin, nella Notìzia de vocaboli
ecclcsiasiici, di Domenico Macri.
Ciborio poi preso per edilizio isola-
to, composto di una volta d'ordina-
rio a sesto acuto, sostenuta da quat-
tro colonne, ed aperto ai quattro lati
in forma di portico, serve come bal-
dacchino all'altare principale. Se ne
vedono nelle chiese di Roma, ed al-
trove, massime in Francia. Altri de-
ducono il nome di ciborio dal vocabo-
lo greco, che significa cofano, arca,
o cosa simile, il che sembra assai me-
glio convenire all' uso del ciborio ,
edifizio presso i primitivi cristiani, i
quali ne cuoprivano l'altare, le cose
sante, e i sacri misteri. Laonde era
per essi il ciborio ciò che l'arca fu
presso gli ebrei. Talvolta tali cibo-
ri si eressero sulle tombe de' martiri ;
talora alla volta dei cibori sospen-
devasi quella torretta d' avorio, o
colomba d'oro e di argento, che con-
teneva le Ostie consagrale [Vedi). Ci
furono cibori formati di soli quat-
tro pilastri, sostenenti un baldacchi-
no, o velo alzato più o meno, ricchi
di marmi e di colonne superbe, deco-
rati di preziosi ornamenti. Pel più
magnifico si celebra quello edificato
dall'imperatore Giustiniano nel son-
tuoso tempio di s. Sofia in Costan-
tinopoli. Agli articoli riguardanti le
GIR
Chiese di- Roma si è parlato dei
cibori, che le decoravano, e di quel-
li rimasti: e trattandosi della chiesa
e basilica di s. Maria Maggiore, si è
detto dei due belli cibori, che sta-
vano nelle navale di mezzo. Anco
in altre chiese vi fu piìi di un ci-
borio , e lo spazio che occupava
quello dell'altare maggiore si chia-
mò Sancta Sanctomni . Finalmen-
te non è da tacersi, che le forme
de'cibori si cambiarono insensibil-
mente senza veli e cortine, sovra-
stando e ricuoprendo gli altari l'ar-
nese chiamato Baldacchino [f^edi).
Sui cibori, o tabernacoli eretti sul-
le confessioni o tombe de' martiri ,
che riconoscono la loro origine dai
tempietti dei gentili, trattò il p. Lu-
pi nelle sue Dissertazioni pubblica-
te dal Zaccaria, tom. I, pag. 35,
e seg. Cos\ va letto quanto il detto
Pompeo Ugonio dice sul Ciborio
ncW Istoria delle stazioni di Roma
a pag. IO, parlando di quello di
argento, che verso l'anno 824 pose
Eugenio li nella chiesa di s. Sabi-
na suir Aventino.
CIBIRA, o Cyeira. Città vesco-
vile della Caria nella diocesi d'Asia,
la cui sede venne eretta nel quar-
to secolo, ed è conosciuta anche col
nome di Biirus. Fu già grande cit-
tà, ed il vescovo era sulTraganeo di
Afrodisiade, metropoli che nel sesto
secolo fu chiamata Stauropoli. Ci-
bira fu soprannominata la grande
pel suo esteso dominio e potenza,
ma soggiacque al dominio de' Ro-
mani nell'anno 671 di Roma. Be-
neficata da Tiberio, da essa fu ri-
guardato qual fondatore. Continuò
a godere il diritto di battere mo-
neta, ed ebbe l'onorifico titolo di
Cesarea.
CmiST'^^ [Cyhistran.). Città ve-
scovile in partibiis nell' Armenia
eie
minore ai confini della Cappaclo-
cia, e della Cilicia, presso il mon-
te Tauro, chiamata da Caudrand
anche Arimanacha. La sua sede ve-
scovile, eretta nel secolo quarto, se-
condo Commanville, fu fatta suifra-
ganea di Tiana, anch'essa metropo-
li in parti'bits, e nel secolo decimo-
terzo divenne arcivescovato ono-
rario.
CICALA Giambattista, Cardinale.
GiamJjattista Cicala nacque nel loio
da nobile famiglia genovese. Si di-
stinse molto negli studi, e nella pie-
tà, per cui divenne referendario del-
l'una e l'altra segnatura; indi nel
I jSg sotto Paolo III uditore di
Camera, poscia nel i5^5 vescovo
di Alberga, e come tale fu al conci-
lio di Trento. Quindi ebbe l'ammi-
nistrazione delle chiese di Sagona
nella Corsica nel i554, e di Ma-
riana ; e in seguito a' 20 dicembre
del i55i Giulio III lo creò Cardi-
nal prete di s. Clemente. Successi-
vamente divenne protettore de' mo-
naci Olivetani , legato della pro-
vincia di Campagna , revisore dei
decreti del concilio di Trento, giu-
dice della santa inquisizione e de-
putato da Pio IV sopra la causa
del Cardinal Carlo Caraffa. Compo-
se le differenze insorte fra Pio IV
e IMassimiliano Cesare circa la for-
mola del giuramento, ch'esigeva da
questo principe. Nel i568 ebbe da
s. Pio V il vescovato di Sabina, e
dopo essere intervenuto ai concla-
vi di Marcello II, Paolo IV, Pio
IV e s. Pio V, morì a Roma nel-
r anno i570, di sessanta anni, e
diecinove di Cardinalato. Fu seppel-
lito nella cappella di s. Lucia nella
chiesa di s. Maria del Popolo.
CICERI Cario Stefano, Cardi-
nale. Carlo Stefano Anastasio Cice-
ri di Como, oaccjue nel 1 6 1 8. Eb-
CIC i3i
he la laurea in diritto a Pavia; sotto
Innocenzo X consegui il governo di
alcune città Pontificie, poi fu ponente
di consulta, quindi votante di segna-
tura, da Alessandro VII promosso
nel 1659 al vescovato di Alessandria
della Paglia; da Innocenzo XI suo a-
mico, parente e compatriota a quel-
lo di Como comune patria nel 1680.
Quindi, a' 2 settembre del i686, lo
stesso Innocenzo XI lo decorò della
porpora Cardinalizia. Nel 1694 niori
di settantasei anni, ed ebbe tomba
nella sua cattedrale con magnifico
elogio. Promosse la elezione di
Alessandro VITI, ed Innocenzo XII,
né ebbe mai titolo Cardinalizio, seb-
bene pei due conclavi si recasse in
Roma.
CICLO PASQUALE. Pel ciclo
s'intende una serie regolata di certi
numeri, che vanno successivamente
e senza interruzione l'uno dopo l'al-
tro nel loro ordine, dal primo sino
all'ultimo, dal quale al primo ritor-
nano successivamente, il che forma
un circolo o ciclo. Si distingue il ci-
clo in solare , lunare, e dell' indi-
zione. Di essi parlammo al volume
VI del Dizionario, all'articolo Ca-
lendario, cioè alle pagine 25i e 252.
Ciclo, vocabolo usato dai cronologi-
sti, passò alla astronomia ed alle
scienze, e si disse quindi ciclico in
vece di circolare, donde ebbe origi-
ne la voce enciclico, adoperata so-
vente nelle lettere apostoliche. Quin-
di fu composto il ciclo pasquale, det-
to il gran ciclo pasquale, perchè
serve a trovare la pasqua , e per-
chè riconduce le nuove lune e la
festa di Pasqua ai medesimi giorni
dell'anno Giuliano. Il ciclo pasquale,
secondo il computo Diouisiano, di
cui in ultimo parleremo, è una ri-
voluzione di cinquecento trenladue
anni, alla fine dei quah la festa di
i32 eie
]*asqua di risurrcziono , ricon'crà
nello stesso giorno di domenica, e
i due cicli della Irma, i regolari, le
chiavi delle fesfe inohili, il ciclo del
sole, i concorrenti, le lettere dome-
nicali, le epalte colle nuove lune ,
ricominciano com'erano cinquecento
trentadiic anni prima, e continuano
pel medesimo spazio d'anni, di ma-
niera che la seconda rivoluzione è
in tutto simile alla prima, e la ter-
za alle due altre. V. Pasqua di Rt-
SURREZIO:vE.
Fu nell'anno 3? 5, che il Ponte-
fice s. Silvestro I fece celchrare il
primo concilio Niceno per togliere
](• tante divergenze, e dissensioni
delle chiese, sopra il tempo di ce-
lehrare la Pasqua. Al concilio in-
tervenneio l'imperatore Costantino
/"/ Grande, i legati del Papa, e tre-
cento diciotto vescovi, e fu decre-
tato che al [patriarca di Alessandria
sjìcttasse il pubhlicare il giorno in
cui cadeva la Pasqua , perchè in
Alessandria, più che in ogni altro
luogo, si faceva studio di astrono-
mia, donde ebbe origine 1' uso del
cielo pasquale. Fu inoltre stabilito
«lai concilio, contro i quartodeci-
nianj, che il dì 2 1 marzo fosse la
sede dell'equinozio verno, e che nel-
la domenica seguente alla decima-
quarta luna, che cadesse in quel-
lo , si celebrasse la pasqua. Ad
onta dei diversi cicli pasquali che
si formarono in epoche diverse .
finalmente Dionisio, di nazione sci-
la , avendo impreso di abolire il
ciclo di Vittorio, e l'antico ci-
clo de' latini , compose un nuo-
vo canone pasquale sul ciclo lu-
nare degli alessandrini , e ritenne
il gran periodo di Vittorio, cooi po-
sto dei due cicli solare e limare
uioltiplicati r uno per l'altro. Que-
sto ciclo è appunto quello, che chia-
CIC
masi [periodo Dionisiano di cinque-
cento trentadue anni, il quale i>on
diversifica dal periodo Vittoriano se
non perchè si fondava nel calcolo
degli orientali ed alessandrini, i (piali
per altro erano più sicuri di quei
de' latini, ch'erano stati quelli di cui
aveva fatto uso Vittorio.
T^. INlichele Casali, Raccolta di
DisscrUizioni italiane, fatta dal eh.
Zaccaria, Dissertazione I sopra lo
studio della storia ecclesiastica, t.
I, pag. c), dell'edizione del 1792;
Bianchi De kalendario et cyclo Cae.-
saris, ac de paschali canone, Ro-
mae 1708; e il p. Lupi sul Ciclo
orientale, quando dai Romani Pon-
tefici fu promosso nella chiesa occi-
dentale. Dissertazioni, tom. I, pag.
211. Da ultimo nell'adunanza del-
l' accademia di R.eligione cattolica
in Roma, cioè a' ii) agosto 1B41,
il dottissimo p. Benedetto Mauri-
zio Olivieri commissario generale
del s. officio , e censore dell' ac-
cademia, lesse una eruditissima dis-
sertazione Sui ineriti de' Romani
Pontefici verso V astronomia. Di-
mostrò la loro gloria per averla
depurata dalle superstizioni, che la
deturpavano ; parlò delle loro cure
nel fissare stabilmente la celebra-
zione della pasqua e della corre-
zione del calendario; dimostrò che
Sisto IV fu il primo a formare il
progetto di tal riforma, che non
potè effettuarla per la sovraggiunta
morte del Regioinontano, che a tale
uopo avea chiamato presso di sé ;
e disse della protezione dai Papi
accordata a Copernico, facendo no-
tare che se quell' astronomo dopo
le nobili, e laboriose fatiche soste-
nute, non ebbe la compiacenza di
vedere eseguita la riforma del ca-
lendario, il suo libro servì di fon-
damento e di guida alla grande
CIE
operazione , eflcttuala da Gieiioriu
\nì.
CIDISSA. Città vescovile della
Fiigia pacaziana, eretta in vescova-
\o nel secolo quinto, nella diocesi
d' Asia, sulVraganea della metropoli
di Laodicea, della quale si conosco-
no quattro vescovi.
CIDOiMA (Cjdomen.). Chili ve-
scovile in parìibiis, suftVaganea di
Candia o Creta, nella cui isola vuoisi
fìdjbricala da iMinosse, e dicesi cor-
rispondere alla moderna Canea. \ ie-
ne anche chiamala Cjdo/i, e Cf-
doììiea, ed Apollonia, secondo Ste-
fano di Bisanzio. Commanville dice
che la sua erezione in seggio epi-
scopale rimonta al sesto secolo.
CIEXFUEGOS Alvaro, Cardina-
le. Alvaro Cienfuegos , nobile di A-
guerra, diocesi di Oviedo nell'Asluria,
nacque nel i656. Fu gesuita, e do-
po che lesse onorevolmente nelle
cattedre dell' Ordine, andò lettor
pubblico all'università di Salaman-
ca , ove Gianloininaso Henriquez
grande almirante di Castiglia, lo
elesse a suo teologo. Nei trambusti
del 1703, era indivisibile compagno
airiienriqucz, cui assisteva moribon-
do, e persuadevalo a lasciar erede
delle sue ricchezze l'imperatoi- Car-
lo VI, che stimava altamente il Cien-
fuegos, il quale poi rese grandi ser-
vigi a lui presso l Inghilterra, e l'O-
lantla. 11 Pontelice Clemente XI ad
istanza di Carlo AI lo annoverò al
sagro Collegio, ai 3o settembre i 720
col titolo di s. Bartolomeo all'Isola;
poscia lo ascrisse alle congregazioni
del concilio, dei vescovi, e regolari,
dei riti, dell' iuununilà ed altre, lo
lece vescovo di Catania, e nel 1724
arcivescovo di IMonreale; come an-
cora fu ministro cesareo presso la
saula Sede colla comproteltoria del-
la Germania. Uopo i comizi d' In-
CIG i33
nocenzo , e Benedetto XllI, e di
Clemente Xll , morì a Roma nel
1739, di cttantatri: anni, e dieci-
nove di Cardinalato. Fu sepolto nella
cappella della ftladonna nella chie-
sa del Gesù, com egli avta disposto
morendo. Fu encomiato per pro-
«ònda dottrina, e maschia eloquen-
za, la quale si ravvisa nella vita di
s. Fiancesco Borgia , che pubblicò
in idioma spagnuolo ; fu di natvna-
le pronto, aidente, e molto eflJcace
in muovere gli animi d' ugni sorla
di persone.
CIFRA Pietro, Cardinale. Pietro
Ciera veneziano integro, e dotto ,
fu promosso al Cardinalato ai 3o
maggio i5o3 da Alessandro A 1.
Senonchè prima di venire pubbli-
cato in concistoro, morì di circa
sessanta anni. Alcuni però lo esclu-
dono dal novero dei Porporati.
CIGJNO. Ordine equestre. Fu isti-
tuito verso l'anno 711 da Beatrice,
figlia unica di Thierry, duca di Cle-
ves, secondo Favin; ma il Giustinia-
ni, Bonanni, e il Godefroy dicono,
che il fondasse Silvio Brabon, duca
di Brabanle, dal quale prese il no-
me la provincia della Fiandra così
appellata. L'oggetto per cui Silvio,
o, come altri lo chiamano, Salucio,
si determinò all'istituzione dell'Or-
dine, fu per le discordie gravissime
che dividevano gli animi tiella mag-
gior parte delle famiglie del ducato.
Quindi è che i cavalieri da lui riu-
niti ebbero l' incarico di avvicinare
gli animi e pacificarli. Raggiunto lo
scopo vuoisi che lOidine si discio-
gliesse, o almeno non avesse piìi lun-
ga durata. Ciò anzi fece credere al
p. Helyot, t. \I11, p. 44^ > favolo-
sa la sua esistenza. Per insegna por-
tavano que' cavalieri una collana
d'oro, da cui pendeva la figura di
un cigno, ed il loro abito ibrse fu
i34 CIL
nero. ]1 lionanni, Catalogo degli Or-
dini equestri, ne riporta la figura a
pag. 32, e il Giustiniani, Ilistorie
etc. ne dà l'insegna a pag. io8.
CILICIA, o Ei.iniA, ovvero Elìbra.
Sede vescovile dell'Africa proconso-
lare, della quale si ha memoria di
due vescovi . i." Restituto , che
nell'anno 525 intervenne al conci-
lio di Cartagine sotto Bonifazio, e
2.° Giovanni, che assistette in Ro-
ma a quello del Laterano presieduto,
nel 649, dal sommo Pontelice Mar-
tino I, in cui furono condannati i
monoteliti.
CILICIA. Antica contrada dell' A-
sia minore, detta altre volte Cara-
mania, e più modernamente la pro-
vincia d'Iceli. Essa è circoscritta al
nord dalla Galazia, dalla Cappado-
cia, e in parte dall'Armenia mino-
re, dalla quale viene separata dal
monte Tauro ; dalla parte occiden-
tale dalla Pamfilia; da quella orien-
tale dalla Siria; e dalla parte di
mezzodì dal mare, che dal suo no-
me si disse Ciliciano. Prima la Cili-
cia si divideva in due parti, in Ci-
licia campestre, Cilicia campesirìs,
ch'è la più grande verso l'oriente,
ed in Cilicia montagnosa, Cilicia
Trachea, che sta ad occidente. Quan-
tunque i popoli cilicii abbiano avu-
to dei le, pochi di essi si conoscono
per notizie certe. Uno di loro es-
sendo amico di Classare re dei medi,
e di Astiage re della Lidia, compo-
se le discordie fra questi due prin-
cipi verso l'anno del mondo 3435,
e Na1)uccodonosor re di Babilonia,
come di un altro loro re si sa che
fu alleato dei persiani. Allorquando
Ciro, ;7 Giovane, andò a combattere
suo fratello Artaserse, cioè verso l'an-
no 4oo avanti l' era volgare, il re-
gno di Cilicia non più esisteva. Do-
po Alessandro il Grande, la Cilicia
CIL
fu soggetta a governatori, che di-
pendevano dai re di Siria. Divenu-
tine padroni i romani, divisero la
Cilicia in prima, e seconda, allldan-
do il governo dell' luia ad un con-
sole, e dell'altra ad un presidente.
Quindi la Cilicia passò sotto l'im-
pero de'greci, i quali vi regnarono
sino al io85, nel qual anno Rubi-
no, discendente di Kakigh li, re
degli armeni, ristabilì nella Cilicia
il principato armeno, che dal suo
nome fu detto il principato de'Ru-
beniti, e per lo spazio di quindici
anni vi si mantenne in una indi-
pendenza assoluta, lasciandolo, nel
morire, solidamente fondato, a Co-
stantino l suo figlio. Questi dilatò la
sua giurisdizione con rilevanti con-
quiste, ed aiutò l' esercito de' primi
crociali con viltovaglie e guide, come
abbiamo da IMalleo Urhajese, isto-
rico contemporaneo. Dopo Costanti-
no I regnò in Cilicia il suo figlio
Toroso o Teodoro I per circa venti-
tré anni. Gli successe il proprio fra-
tello Leone I, il quale terminò di con-
quistare quasi tutta la Cilicia. Leone
li, dopo altri succedendo nel trono,
per ottenere dalla Santa Sede la co-
rona reale, scrisse umili e filiali let-
tere al Pontefice Celestino IH, il
quale solennemente lo fece coronare
a re di Armenia l'anno 1198, per
le mani dell'arcivescovo di Magon-
za. Il terzo, che dopo di lui succe-
dette sul trono fu Aitone I, che me-
ritò due paterni brevi apostolici da
Clemente IV, riportati dal Guerra
nel suo Epitome delle pontificie co-
stituzioni. ISe fa pur menzione l'an-
nalista Rinaldi all'anno 1269. Gli
successe il figlio Leone HI, indi
Aitone II, al quale Papa Nicolò
IV fece grandi elogi nei breve,
che gli scrisse l'anno 1289. Qual
parte ed iuliueuza avesse Aitonc
CIL
II alla conversione di Cassana, oltre
sant'Antonino in Chronicon, lo rac-
contano il Vestmonastariense, il Vil-
lani, ed altri, in un all' Assemani.
Dopo Toroso, fratello e successore
di Aitone II, salì sul trono Sembato,
chiamato anche Secubat, al quale
nel 1296 scrisse il gran Pontefice
Bonifacio Vili. Ma Aitone li, che
per ritirarsi in un monistero avea
aperta la via al trono a Sembato,
in seguito fu dal popolo ancora col-
locato sul seggio sovrano. Tuttavol-
la, avendo regnato altri quattro an-
ni circa, preferì di fare ritorno alla
sua amata solitudine , lasciando in
sua vece il figlio Leone IV. In ap-
presso regnò Ossinio I, al quale Gio-
vanni XXII, Papa residente in Avi-
gnone, inviò vm suo breve. Indi gli
successe il figlio Leone V, a cui il
detto Pontefice scrisse altro breve,
come fece nel i34i Benedetto XII,
che inoltre nel i336 ne avea già
inviato un altro alla regina Costan-
za di lui moglie.
Tranquillati alquanto i torbidi in-
sorti nel regno di Leone V, che si
crede da alcuni morto in Cipro
{f c(li), fu chiamato alla reggenza
della Cilicia Costantino III , detto
anche Giovanni, figlio del re di Ci-
pro di quel tempo, e figlio di ma-
dre armena ; ma essendo morto
trascorsi appena due anni, ne pre-
se famministrazione il fratello Co-
stantino. Tie soli anni avendo do-
minato egli nella Cilicia, gli succes-
se Costantino IV, consanguineo di
Leone V. In seguito, e dopo due
anni d'interregno, nel i36j mon-
tò sul trono Leone VI de' re di
Cipro della fan)iglia Lusignani, im-
parentata pili volte co' principi ar-
meni, e congiunto a Pietro I re di
Cipro. Assalito quindi Leone VI
di molti nemici , sostenne diverse
CIL
i35
sanguinose battaglie in una delle
quali soccombette, e fu fatto pri-
gione. Visse dieci anni nella sua
cattività, finché Giovanni I, re di
Leone, e di Castiglia, gli ottenne la
libertà. Grato Leone VI a tanto
beneficio, si recò in persona a rin-
graziare il suo benefattore , visitò
lloma e il Pontefice Urbano VI,
che lo accolse paternamente, e pas-
sato in Francia terminò i suoi gior-
ni in Parigi nel iSpS. Gli scritto-
ri armeni di que' calamitosi tempi
non ci dicono, se Leone VI, Lusi-
gnano, avesse figliuoli, e se alcuno
tosse sostituito al padre nella reg-
genza della Cilicia, allorché fu fatto
prigioniero. Tuttavolta si rileva dal
citato Guerra, che il Papa Grego-
l'io XI nel 1372 da Avignone scris-
se un breve a Filippo principe Tor-
rentino, dal cui contenuto si ap-
prende che Rlaria, regina degli ar-
meni, da che i saraceni le avevano
devastato il regno, inviò al Papa
in Avignone l' arcivescovo di Sis
[f^edi), acciocché gli esponesse le
gravi circostanze del reame , e lo
supplicasse a porgervi opportiuio
soccorso. Ed é perciò che Grego-
rio XI indirizzò il detto breve al
principe Filippo, zio paterno della
regina Maria, eccitandolo ad ajutarla
vigorosamente. Di questa principessa
armena nulla ci dicono gli scrittori di
queir illustre nazione, por cui si può
credere eh' essa sia stata foise figlia
di Leone VI, Lusignano, e perciò
unica e legittima erede del regno
armeno, senza però avervi potuto
ascendere, dappoiché alla sconfitta
del padre, seguì la conquista, che
fecero gli ottomani della Cilicia, la
quale é tuttora da essi posseduta.
Le città principali della Cilicia sono
Tarso, Auazarba, Adana, Ireuopo-
lij Gcnuauicin, Epifania, Sis, Ni-
130 CIL
copoli, Mopsueste, Olba, Filadelfia,
iJiocesarea, Seleucia Trachea, ed al-
tre. Anche le notizie ecclesiastiche
divisero in due provincic la Cilicia,
cioè la prima, e la seconda. La pri-
ma era la (juinta provincia della
diocesi patriarcale di Antiochia, ed
è precisamente quella, che il con-
cilio di Gerusalemme espresse in
una lettera con questi termini : Gli
anosloli e gli anziani ai nostri fra-
telli, che sono in Antiochia, in Ci-
licia fra i gentili, salale ec. Tarso
XI era la metropoli, con nove sedi
vescovili sullraganee. La seconda Ci-
licia, sesta provincia della diocesi
patriarcale di Antiochia, nell' impe-
rio di Teodosio II, // Giovine, avea
Anazarba per metropoli, con undici
sedi vescovili per sullraganee, a se-
conda del novero, che ne fa Com-
manville, il quale inoltre dice , che
le due Provincie di Cilicia, erano in
ordine gerarchico la quarta e quin-
ta del patriarcato antiocheno. Se-
guendo poi le notizie di Leone,
il Saggio, vi erano anticamente
nella Cilicia otto sedi vescovili nel-
la prima provincia, e nove nella se-
conda.
]N ch'anno f^iZ in Cilicia fu cele-
hiato un concilio provinciale, cono-
sciuto sotto il nome di concilio Ci-
liciensc. Vi fu condannala l' eresia
de' Pelagiani. Il celebre Teodoro di
Mopsueste, che si era creduto il
principale sostenitore , e presso il
quale erasi ritiiato per qualche tem-
po Giuliano, per comporre i suoi
otto libri contro s. Agostino, pro-
nunziò egli stesso l'anatema contro
quel pelagiano. Tultavolta Teodoro
impugnò s. Girolamo, e s. Agosti-
no intorno al peccato originale: il
perchè fu anch' esso condannato dal
concilio. Ealuzio in Nov. Collcct.
p. 371; Dizionario de Concili pag.
CIL
c)i. T\ Cilicia patriarcato , e re-
gno aulico di yfinienia.
CILICIA , PATRIARCATO ArMENO
( Ciliciae Annenoruni patriarchatns).
L'origine del patriarcato di Cilicia
o sia di Sis [f edi), già capitale del
regno armeno in Cilicia, sarà qui ila
noi indicata in pochi cenni, dappoi-
ché se ne tratta all'articolo Patbiar-
cATi Armem. Non potendo piìi i
patriarchi armeni starsene pacilìca-
mente in Ezniìazin [fedi], traspor-
tarono la loro sede l'anno 4^^ ''^
Tuin, dove avendo dimorato sino
all'anno C)'!^, passarono in vari luo-
ghi, e nell'anno 998 ad Ani, allo-
ra capitale dell' Aimenia. Di poi
nell'anno 1064 i patriarchi anda-
rono a Tau-plur; quindi, e nel
1 1 I 3, a Monte nero in Cilicia ; po-
scia, e neh i47j passarono in Hr-om-
gla, e di là finalmente nel 1294 *>i
trasferirono alla celebre città di Sis,
dove rimasero sino all'anno i44''
Commanville, che stabilisce la sede
patriarcale di Sis al detto secolo
XIII, nell' Ilistoire de tous les Ardi.
ne tratta alle pag. 218 e 35 1. Do-
po la predetta epoca, venendo affat-
to distrutto il regno armeno dei
Rubeniti, i patriarchi furono costret-
ti a trasferire nuovamente da Sis
la loro sede ad Ezmiazin, col con-
senso di un concilio nazionale , te-
nuto in Ezmiazin stesso. La qual
cosa essendo sommamente dispiaciu-
ta agli abitanti di Sis, essi conti-
nuarono a creare in Sis i loro pa-
triarchi, valendosi perciò anche del-
l'autorità ottomana.
JNcssuno di questi patriarchi ar-
meni è rimasto in unione colla san-
ta Romana Chiesa, ed in progresso
di tempo ebbe origine quest'altro
patriarcato armeno cattolico, resi-
dente in Monte Libano [Vedi), il
quale tuttora fiorisce , e chiamasi
CIL
y^punto patriarcato di Cilicia. La
stia origine è la seguente. Alla mor-
te di Luca patriarca accatlolico di
Cilicia, il partito cattolico elesse per
patriarca di Cilicia monsignor A-
bramo già arcivescovo di Aleppo,
nomo insigne, e di grandissimo me-
rito. Questi, per timore degli ere-
tici armeni, non potendo occupare
la sua sede in Sis, ed avendo gli
eretici posto sulla sede di Cilicia altro
patriarca, dovette stabilire la sua re-
sidenza in Cbesrovano, che è la
provincia più bella, e piti amena
della catena di montagne del mon-
te Libano, abitala da tutti cattolici,
ove, come dicemmo, fiorisce ancora
il patriarcato armeno cattolico di
Cilicia. Benedetto XI Vj ai "2.5 no-
vembre i'"4'25 confermò tal nuovo
patriarcato, in persona del detto
monsignor A bramo, il quale assun-
se il nome di Abi-amo Pietro I, pa-
triarca di Cilicia. Gli successe nel
patriarcato Giacomo arcivescovo di
Aleppo dell'Ordine de'monaci Anto-
niani, col nome di Pietro II, cioè ai
26 dicembre 1749^ regnando lo
stesso Benedetto XIV. Sotto il qua-
le, e nell'anno lySS, divenne pure
patriarca di Cilicia Michele altro ar-
civescovo di Aleppo, del medesimo
Ordine de'monaci x\ntoniani, col no-
me di Pietro 111. JNel pontificato di
Pio \ I, e nell'anno 1780, fu eletto
in patriarca l'arcivescovo Basilio, an-
ch'egli monaco Antoniano, col nome
di Pietro IV. Regnando egualmente
Pio VI, ai IO settembre 1788, fu
fatto patriarca Gregorio arcivescovo
di Adana, il quale prese il nome di
Pietro V. Quindi, sotto Pio VII, fu
elevato al seggio patriarcale di Ci-
licia agli 8 marzo 18 16, Gregorio
vescovo di Germanicia, ossia JMara-
sci, il quale si chiamò Pietro VI;
finché da ultimo,eai 3o giugno 1841,
CIL 1^7
venne eletto patriarca Giacomo Ho-
las, arcivescovo di Amasia, che pre-
se il nome di Pietro VII. Questi à-
vendo ottenuto la conferma dal re-
gnante Pontefice, nel concistoro de'27
gennaio 1842, ricevette dal medesi-
mo Gregorio XVI, e per mezzo del
di lui procuratore, il sagro pallio.
La giurisdizione di questo pa-
triarcato cattolico di Cilicia, con de-
creto della sagra congregazione di
Propaganda, dei 3o aprile, e 9 lu-
glio 1759, approvato da Clemente
XI li, fu circoscritta dentro la Cili-
cia, Armenia minore, Soria e Cap-
padocia , lasciando al vicario apo-
stolico di Costantinopoli la Bitinia,
Ponto e Galazia. Con altro decre-
to, emanato dalla stessa congrega-
zione, ai 20 luglio 1760, e con-
fermato egualmente da Papa Cle-
mente XllI , fu data al patriarca
di Cilicia in amministrazione, e a
beneplacito della santa Sede, la Me-
sopotamia ; quindi con altro decre-
to de' 22 agosto 1769, la congre-
gazione di Propaganda coll'autorità
di Clemente XIV gli diede pure
Tocat e Piikinikj giurisdizione che
restò interamente illesa , quando il
Pontefice Pio ^ III, nel i83o, eresse
la sede metropolitana primaziale di
Costati ti napoli, l celi.
La diocesi di questa sede patriar-
cale di Cilicia ha una grande esten-
sione ; però il popolo armeno cat-
tolico, che esiste nelle sue Provin-
cie soggette al patriarca di Cilicia,
non ascende a piìi di diecimila. Lo
stato presente del patriarcato è co-
me appresso.
IMonsignor Giacomo Pietro Holas
n'è il settimo patriarca sino dai So
giugno 1841, come si dissedi sopi-a.
Lgli risiede in Cbesrovano del monte
Libano, dove non esiste veruria fa-
miglia armena. In Aleppo vi sono
j38 CIL
circa cinquccciilo famiglie cattoliche
armeno, col vescovo armeno, il qua-
le, a cagione degli en;lici, che sono
i Soli atl aver chiesa piihljlica, so-
leva abitare nel convento patriar-
cale di Cliesrovano. Tiittavolta ul-
timamente passò a risiedere in A-
leppo, ed alcuni sacerdoti secolari
in ninnerò di sei circa, formano il
suo clero, ed iilliziano provvisional-
mente in una casa ridotta a chiesa.
In Damaso vi sono circa venti fa-
miglie cattoliche armene. Questa
diocesi si governa, come tutte le
altre seguenti, dal medesimo pa-
triarca per mezzo di un prete suo
vicario patriarcale, ulìiziandosi al
medesimo modo. In Diarbekir vi
sono cii'ca centocinquanta famiglie,
le quali sono assistite da due o tre
sacerdoti del medesimo patriarcato.
In Cesarea di Cappadocia, in Ama-
sia, in Edessa, in Adana, in Seba-
ste, in Gerusalemme, ed in molli al-
tri luoghi non vi è quasi nessima
famiglia cattolica armena domici-
liata, e quindi neppure sacerdoti. In
Pirkinik evvi una chiesa pubblica
cattolica, e compresa anche Sivas,
vi sono circa settanta od ottanta
famiglie assistite da tre, o quattro
sacerdoti del patriarca di Cilicia. In
Tocat vi sono circa centosessanta
lìuniglie, che vengono assistite dai
sacerdoti di Pirkinik, i quali ivi si
recano alternativamente. luGhiurun
sonovi quaranta famiglie , con un
sacerdote del patriarcato. In Chilis
si enumerano trenta famiglie circa,
ed un sa(;erdote. In Cerito vi sono
([uindici famiglie, ed im sacerdote.
In Bagdad evvi egualmente piccolo
numero di cattolici armeni, i quali
hanno in loro spiritual vantaggio
due sacerdoti. In Anteb vi è un
piccolissimo numero di cattolici con
un sacerdule. In Merdiu vi è la
CIL
cliiesa, e libero esercizio della reli-
gione cattolica , ed il numero dei
cattolici armeni è di circa trecen-
to famiglie , con un vescovo , e
vari sacerdoti. Al vescovo di Mer-
din, monsignor Abramo Candii,
già vescovo di Dolica in partibus,
la sagra congregazione di Propa-
ganda a' ?,f) giugno i838, diede per
coadiutore, col beneplacito del Papa
che regna, monsignor Giuseppe, la
cui scelta dal l'ontelìcc fu allidata
al defbnto patriarca Pietro VI. Fi-
nalmente il patriarca di Cilicia eser-
cita l'ecclesiastica giurisdizione pure
nel gran Cairo d' Egitto , dove esi-
stono otto o dieci famiglie armene
cattoliche, e governa quelle anime
per mezzo di un vicario patriarcale
per ogni luogo.
Questa sede patriarcale di Cili-
cia, oltre il patriarca, ha ordinaria-
mente altri quattro arcivescovi, tran-
ne quello di Merdin , che sempre
indipendentemente dalla sede pa-
triarcale, ha avuto la residenza a
Merdin , sebbene la sua sede sia
sotto il patriarcato di Cilicia , e la
congregazione di Propaganda abbia
incaricato il patriarca d' invigilare
su di esso. Il solo arcivescovo di
Aleppo, siccome dicemmo, trovasi
nella propria residenza ; gli altri ar-
civescovi poi abitano sempre nel
convento di Chesrovano , presso il
patriarca come vescovi in parlìbiis,
non potendo esercitare veruna giu-
risdizione sopra i vescovati, dei quali
portano il semplice titolo. Nel me-
desimo convento patriarcale di Ches-
rovano evvi anche il seminario del
patriarca, dove da tutte le provi n-
cie di sua giurisdizione si recano dei
giovani per alunni, e per lo piìi vi
si trovano quindici o venti giovani,
i (jiiali al termine degli studi , dal
patriaica vengono ordinali sacerdo-
CIL
li, ovvero sono per esso fatti ordi-
nare da un vescovo. Questi semi-
naristi formano il clero secolare, il
quale è composto di circa quaranta
sacerdoti. Il seminario fu fondato
verso l'anno 1791 dal patriarca
Pietro V. Esistono nel medesimo
Cliesrovano anche i monaci armeni
antoniani, che sono di un numero
eguale a quello del clero secolare,
i quali si prestano al servigio eccle-
siastico del patriarcato sino dal tem-
po, che non eravi il detto semina-
rio. Di questi monaci, i quali han-
no monistero anche in Roma pres-
so la basilica vaticana, si può leg-
gere il loro articolo nel volume li,
pag. 224 del Dizionario.
Tanto poi il convento della re-
sidenza patriarcale, che il semina-
rio, sono diretti dai sacerdoti sotto
la dipendenza del patriarca. Questo
ha rendite sufficienti al suo mante-
nimento, tratte da fondi stabili e-
sistenti nel medesimo Chesrovano,
oltre a quelli che ritrae dai fondi
rinvestiti in lloma, ove tiene un
procuratore.
La elezione del patriarca armeno
di Cilicia procede, come quella de-
gli altri patriarchi orientali , per
mezzo del corpo episcopale , meno
il caso che il Pontefice, per insi-
nuazione della congregazione dei
Cardinali di Propaganda, elegga un
coadiutore al patriarca, o per in-
lermità, o per qualche altro moti-
vo canonico. Dopo che i vescovi ar-
meno-cattolici hanno eletto il nuovo
patriarca, spediscono alla medesima
congregazione di Propaganda i le-
gali atti dell' elezione, muniti delle
sottoscrizioni dei vescovi elettori.
Quindi la sagra congregazione esa-
mina , se gli atti sono in regola ,
e se la elezione procedette nelle
lurmc canoniche. Se tutto fu cse-
CIL i39
guito regolarmente, la congiegazio-
ne supplica il sommo Pontefice a
confermare colla siq)rcma autorità
Apostolica l'eletto patriarca di Cili-
cia, e per mezzo di un procuratore
fa allo stesso Papa l' istanza pel sa-
gro pallio, il quale gli viene rimesso
a Chesrovano.
CILICIO, CiLiccio, o CiLizio [Ci-
licium). Anticamente era questa una
veste, o un panno tessuto di peli
irsuti di caprone, così detto perchè
alcuni credono si inventasse nella
Cilicia, come regione in cui v' era-
no molte capre, e perchè gli anti-
chi anacoreti vestivano la carne nu-
da di quel panno in foi-ma di sac-
co per fare penitenza. Così chiamia-
mo oggi cilicio, o cilizio, qualunque
arnese, che si porta in dosso per-
chè fatto a maglia come la rete.
Si fecero però cilicii di diverse spe-
cie, e nelle vite de' santi padri, ed
altri servi di Dio si fa menzione
di vestimenti cilicii, nonché di to-
nache ciiicie, come ancora di arnesi,
e di strumenti di dilferenti specie,
con cui tormentavano le proprie
carni, per penitenza , e per morti-
ficazione.
Alcuni definiscono l'antico cilicio
per un vestito grossolano, ruvido,
e di color nero o cupo, mollo usato
dagli ebrei ne' tempi di lulto, e di
disgrazia. Altri pure vogliono che
tali vesti si chiamino cilicii, perchè
i siciliani li avevano inventati, prin-
cipalmente pei soldati , e pei mari-
nari. Il dolio Cardinal Gararapi ,
Memorie isloriclic della b. Chiara ^
così descrive l'antico cilicio: ■' Il Ci-
=> licio è una specie di panno in-
>i tessuto di setole di animali, che
» punge e tormenta la carne di
.-5 chi se ne veste, ponendosi sotto
» tutti gli altri vestimenti ". Ne
traila alle pagine 54,55 e 5o8, ove
i4o CIM
coir autorilà d'un' omelia di s. Ce-
sareo di Arles, di(;e, clic la colmi-
ne materia del cilicio nel nostro oc-
cidente, erano i peli di capra, e
congettura, che se ne iacesscro an-
co con setole di cavallo , anzi da
un commenlo di Dante si ricava,
che (jiieste anche si annodavano ,
per cui i nodi pungevano continua-
menti; la carne.
CILLITA. ^"cdc episcopale d'A-
frica, della provincia Bizacena, siiC-
fraganea della metropoli di Adra-
milo. Ej}. Syn. Bizac.
CIMA. Sede vescovile della dio-
cesi d'Asia, siiffraganea della metro-
politana Efesina, ed antica città d'E-
lide, fondata da Pelope dopo la vit-
toria, che riportò sui greci. Fu già
ricca, e grande, e capitale delle al-
tre città dell'Elide. Si sa che cin-
que vescovi vi ebhero l' episcopale
seggio.
'CIMITEPJ, o CEMETERI {Se-
pulcreta, Cocmeteria). Luoghi sagri
per lo più allato alla chiesa , ove
si seppelliscono i morti. Il vocàbo-
lo cimiterio deriva da due parole,
ima greca, l'altra latina, che han-
no un quasi eguale significato, cioè
dormitorio, o luogo di riposo j dap-
poiché, secondo i principii della re-
ligione, i fedeli defonti non sono
propriamente morti , ma dormono
e aspettano la risurrezione genera-
le. JNè solamente i luoghi delle se-
polture , ma eziandio il feretro fu
talora chiamato dormitoiio dai no-
stri antichi. Il cimiterio fu anche
detto Polyandrium. cioè sepoltura
di molti, ed anco Concilia ìMarty-
rum, per esservi slati sepolti un nu-
mero grandissimo di martiri. Pii-
ma però tli parlare di quelli dei cri-
stiani, accenneremo qualche parti-
colaiità di quelli dei gentili , e in-
fedeli. Il ]\Jillin crede, che il pri-
CIM
mo cimltcì'io, e forse il più antico,
e più vasto sia quello fuori della
città di Menli, in una grande pia-
nura chiamata pianura dtlle Mum-
mie d'Kgiilo. La cura usata dagli
egiziani nel seppellire i loro morti
consisteva nel conservarne i corpi
col renderli indestruttibili, piuttosto
elle conservarne la memoria. I gre-
ci, e i romani al contrario preferi-
rono di sollerrarli, poi di bruciarli,
afliue di preservarli alla violazione.
La magnificenza degli attuali cimite-
ri dcll'Egitlo posta al confronto della
semplicità delle cise richiama (juel-
i'idea ieligiosa, che avevano pure
gli antichi egiziani, che le case ter-
rene sono luoghi di passaggio , ma
che il soggiorno eterno è nel regno
de' morti. Presso ogni grande città
evvi una città di morti (iiecropoli s)
piìi o meno spaziosa, e che spesso
circonda interamente la città dei
vivi: selve di colonne, cenotafi ,
mausolei cuoprono spazi immensi ;
e le moschee e i palazzi dei glandi
uguagliano appena in ricchezza al-
cuni di questi mausolei.
Il medesimo Millin, senza distin-
guere le epoche, asserisce che si pos-
sano annoverare tra quei, che ap-
pellansi cimiteri pubblici , le riu-
nioni de' sepolcri i quali formava-
no per lo più i sobborghi delle an-
ticlie città , a seconda delle leggi ,
che aveano vietato la tumulazione
de' cadaveri nell' interno delle città.
Le vie pubbliche, principalmente
(jiielle che mettevano alle medesi-
me città ( come si osserva nelle esca-
vazioni di Pompei ) , i campi riser-
vali a questo pio ulìicio, diversi sot-
terranei scavati, o almeno destinati
a quest' oggetto, diventavano, dice
egli, una specie di vere città, ilei le
quali i sepolcri erano le abitazioni.
Ogni famiglia vi aveva la propria
CTM
casa, e si visitavano di tempo in
tempo, e in certe epoche, i mani o
le ombre degli antenati. Alcuna
volta davasi a tali città funebri il
nome di Campi Elisii, ed in tal mo-
do sono nominati quei che si veg-
gono presso Pozzuoli in Italia , e
presso Arles in Francia, i quali mol-
to si avvicinano a' moderni cimi-
teri. Una vasta pianura tutta sparsa
di sarcofagi, di cippi, e d'altri mo-
numenti sepolcrali presenta anco og-
gidì gli avanzi piìi interessanti del-
I antica finiebre e distrutta Pozzuoli.
Trovansi ancora molte antiche tom-
be sulle vie, che conducono a I\o-
ma. A^. Cimiteri di Roma.
I turchi hanno i loro cimiteri
fuori della città, e procurano tras-
formarli in luoghi deliziosi, me-
diante piantagioni di fiori, e di er-
be odorose. In molte delle loro cit-
tà, e massime sulle fosse, che cir-
condano Smirne, trovasi una quan-
tità di cipressi, alcuni dei quali as-
sai alti, oltre una copia straordina-
ria di rosmarino , che tramandano
un odore aromatico. Osserva inol-
tre il citato Milliii, che gli alberi
piantati sui cimiteri, o intorno ai
medesimi, servono non solo a indi-
care il luogo di riposo dei defonti
ove si trovano , ma anche a puri-
ficare l'aria nelle vicinanze, massi-
me i cipressi destinati dagli antichi
al lutto delle tombe. L' uso poi di
ammonticchiare i cadaveri ne' cimi-
teri, non si stabili se non che verso
l'anno 200 dell'era volgare, e forse
anche più tardi. V. Cadaveri e Se-
polture.
Piitornando ai cimiteri dei cri-
stiani, diremo esserne derivato l'uso
dalla fondazione delle chiese e delie
parrocchie, il che secondo alcuni
rimonta al secondo e terzo secolo,
e quindi per lungo tempo pigliossi
CIM 14 [
sotto il nome di ci mi ter io, non so-
lamente il luogo ove i defonti si
seppelliscono , ma ancora il terreno,
che circondava le chiese parrocchia-
li, o che trova vasi a quelle vicino,
ovvero che era contiguo ai veri ci-
miteri ; tale stabilimento ebbe per
altro luogo in tempo assai poste-
riore. Nei primi secoH del cristia-
nesimo i cimiteri si stabilivano ezian-
dio fuori della città, e sovente sulle
pubbliche vie, essendo allora espres-
samente proibito di seppelhre i ca-
daveri nelle chiese, finché l'impera-
tore Leone annullò simile divieto.
Tuttavolta il costume di seppellire
i morti nelle chiese vuoisi derivato
dai primitivi costumi de' pagani ,
perchè gli egiziani usarono eziandio
di erigere i sepolcri in vicinanza dei
templi. Potè anche aver origine dal-
l'uso degli antichi cristiani di cele-
brare i santi misteri nelle catacom-
be, o cimiteri sotterranei de' mar-
tiri ivi in gran copia sepolti. Ed è
perciò, che i pagani proibirono ai
cristiani di entrare nei cimiteri. Il
proconsole fece simile proibizione a
s. Cipriano , in Actis p. II , ed il
prefetto di Egitto a s. Dionisio di
Alessandria, apud Eusehiuni lib. 7,
e. II.
Le prime chiese furono edificate
nei cimiteri , o presso di essi , e i
loro sotterranei furono, o diventa»
rono le stesse catacombe arenarie
tufàcee, o caverne scavate ordina-
riamente dai gentili , i quali , per
non avere voluto guastare la super-
ficie dei campi, estraevano ((niiìdi
la rena, il tufo, o la pozzolana, che
dovea loro servire per le fabbriche.
Pure ciò può essere stata anche
opera dei primi cristiani , siccome
sostengono gravi autori. Questo co-
stume di collocare i cadaveri nelle
grotte , dentro a' sepolcri scavati ,
semhiM preso dafjli ebrei , giacché
lcf^;^'iati)o nella Cene;/, capo i3 ,
aver Àbramo acfpiislalo da EIron
a lai elFelto la doppia spelonca. Tale
fu anco il sepolcro del Salvatore ,
cioè scavato nella pietia. Boldetli
prova, che il ci unterò di s. Af^nese
in Roma fu ingrandito dopo il re-
gno di Costantino. Cos'i avvenne di
jnolti altri ; e fra le iscrizioni, che
vi si trovarono, si rilevò che certe
persone avevano il titolo di fosso-
res, cioè di uomini impiegati a sca-
vare i cimiteri, come si può vedere
nell'Aringhi, lib. I, e. i3. F. Ca-
TACOMDE.
JNel tempo delle persecuzioni , i
fedeli si nascosero nei cimiteri delle
città, non volendo esporsi agli in-
sulti e agli assassinii , non che al
pericolo di essere sbranati dalle fie-
re, ma più di tutto per tema di
essere costretti a sagrificare agl'idoh.
Talvolta però successe , che traditi
i fedeli dai falsi amici , o scoperti
dai persecutori della religione, fos-
sero assaliti e obl)ligati , e crudel-
mente trascinati a' tribunali ; ovve-
ro, essendo chiusi iu tutte le parti,
acciò non fosse loro possibile invo-
care soccorso dagli altri cristiani ,
che occultamente solevano provve-
derli cU nutrimento , morivano di
fame e di sete.
In progresso di tempo dal pio de-
siderio de'fedeli di essere seppelliti
appresso i martiri, per la confiden-
za, che ponevano nella loro interces-
sione (per cui vennero, come dicem-
mo, eretti cimiteri contigui alle
chiese), si giudicò utile, che entran-
do nelle chiese, e vedendo alcuna tom-
ba, si ricordasse a' vi vi di pregare pei
morti, e venne a poco a poco accor-
dato a qualche distinta persona il
privilegio di essere tumulata neh' in-
terno medesimo della chiesa. Ma
ClM
(piesto cambiamento all' anteriore
disciplina non rimonta che al se-
colo decimo, giacché è noto, e su-
periormente l'accennammo, ch'era
proibito seppellire i morti nel recin-
to delle città, legge che fu osserva-
ta nelle Cxallie fino dopo il ristabi-
liuiento dei franchi. Il concilio pe-
rò di Ijraga, celebrato nell'anno 563,
vietò di seppellire chiuncpie nell'in-
terno delle chiese, e richiamò la ro-
mana legge delle dodici tavole, per-
mettendo invece di seppellire al di
fuori ed intorno alle mura i cada-
veri. E siccome pure i martiri era-
no stati tunuilali come gli altri fe-
deli, quindi si permise la erezione
delle cappelle, tj delle chiese sui lo-
ro sepolcri, le quali ritrovandosi fuo-
ri del recinto delle città, non viola-
vano perciò i cristiani le menziona-
te leggi, se desideravano di esservi
sepolti. Tali nuove fabbriche, erette
in onore de'martiri, si chiainarono
basiliche, per distinguerle dalle catte-
drali denominate semplicemente chie-
se, ove appunto nel secolo decimo si
permise la tumulazione dei defonti.
In quanto alle basiliche, già sino
dal quarto secolo il cadavere di Co-
stantino fu collocato all' ingresso di
quella de' ss. Apostoli da lui edifi-
cata appunto per esservi seppellito,
mentre dipoi in altra fu trasferito.
vS. Gregorio di Tours, lib. X, cap.
3r, parla di alcuni santi vescovi, i
quali nel medesimo secolo furono
deposti in alcune basiliche situate
fuori della città ; ma allorché le cit-
tà vennero ingrandite, le basiliche
e i cimiteli adiacenti vi si trovaro-
no compresi. S. Paolino ci rammen-
ta le cellette fabbricate nelle basi-
liche per le sepolture dei morti. E
certo poi che Satiro ebbe comune
in chiesa col suo fiatello s. Ambro-
gio la sepoltura, e che s. alassimo,
CIM CIM 143
e s. Agostino attcstano, che i cada- ne cimiteno di Bologna, ivi incisa,
veri dei cristiani si seppellivano nel- e pubblicata nel 1825.
le loro chiese ; che Cesareo fratello Si è poi provato (jiianto fosse im-
del Nazianzeno, e Paola discepola portante di non moltiplicar le tom-
del dotto Massimo, non ebbero al- be nelle chiese, avvegnaché se non
trovo la loro sepoltura; chegl'im- sono molto profonde, e se le volte sono
peratori, i re, i vescovi , gli abbati mal collegate, l'aria non potrà certa-
costantemente si seppellirono nelle niente che corrompersi insensibil-
loro basiliche, talché si legge di s. mente. F. l'Haguenot, Memoria sul
Flaviano, che, morto, ebbe riposo pencolo delle sepolture nelle chiese ,
nel tempio, in quo consuevcrant anno 1748; e la bella Memoria
praedecessores episcopi sepeliri. V^. sui cimiteri del cav. Angeli imo-
S. Agostino citato, De cura prò lese.
mortuis agenda. Contro l'uso di seppellire nelle
Non si deve però tacere, che la città scrissero ancora Cristiano Gof-
eccessiva brama di trovar luogo nei fredo Hoffmanno , Dissertatio de
sepolcri delle chiese fece si, che que- coenieteriis ex urbe tollendis, Fran-
ste diventassero per lo più i cimi- cofurti 1629; Andrea Piiveto, Epi-
teri dei facoltosi, mentre i recinti stola in qua mos cadavera mor-
air intoino delle stesse chiese erano il tuoruni in templis sepelicndi redar-
luogo della sepoltura del volgo; uso guitur, Lugduni i836; Dissertatio
che principalmente si conservò nei de sepulcris ad viam puhlicam etc.
tempi di mezzo. Ma nelle città pos- Lipsiae 1721; Cosclnviz, Dissertatio
senti i vescovi e le municipali ma- de morte ex sepulcris seu de noxis
gistrature ristabilirono l'antica di- ex sepulcris in templis oriundis ,
sciplina di collocare i cimiteri fuori Hai. 1728; Alberti, De sepulcrO'
delle città per motivi di pul)blica rmn salubri translatione extra ur-
sanità, ed anche in riflesso clie i lem, Hai. i743; Poree, Quattro let-
luoghi destinati ai pubblici cimile- tere sull'abuso di seppellire nelle
ri nel loro interno, in proporzione chiese, stampate nel 174^- Navier
delle aumentate popolazioni, si Irò- scrisse alcune riflessioni sul pericolo
varono angusti, non che prossimi dei sotterramenti precipitati, e sul-
alle case dei cittadini, e quindi la 1" abuso di seppellire nelle chiese;
loro salute era esposta alle funeste Alix, Nociva mortuorum intra sa-
iafluenze delle esalazioni pericolose, cras aedes urbiumque muros sepul-
Laonde in progresso fnrono edifica- era, Erfurti i 778; Scipione Piatto-
ti il celebre Campo santo di Pisa, li, Saggio intorno al luogo del scp-
e i celebri cimiteri di Napoli, Ve- pellire, Modena 1774; ed il Maret,
rona, Bologna, Brescia, di Mont- Blemoire sur l" usa gè ou V on est
Lovis, o del p. La Chaise , senza d' cnterrer les morts tìc.'D\\on i']']^;
nominarne altri ricchi di monumen- Memoire sur les sepidtures dans Ics
ti artistici, di scollurc, pitture, iscri- villes etc. Versailles 1776; Ohser-
zioni ec. F. Pitture a fresco del vations sur l' etahlissement d' un
campo santo di Pisa, con illustra- clmitierc general hors de la ville
zioni, intagliale dal cav. Lasinio, de Lyon, Lion 177G.
Firenze 1828; e Collezione scelta Cahino principalmente e i suoi
dei monumenti sepolcrali del comu- seguaci contrariarono la pratica del-
i44 <^1M
la Chiesa romana, dei seppellimento
ne' templi , collo scopo di toi,'lie-
re l'idea dei sudraj^i, e di allonta-
nare dall'uomo colla memoria del se-
polcro il più polente lieno della su-
perbia, e delle altre passioni, non
che di togliere un mezzo alle limo-
sina, ed alle pie fondazioni, impove-
rendo il clero. Fra quelli, che de-
starono filavi timori sulla publjlica
incolumità nel tiunularc nelle chie-
se, vuoisi in ispecie nominare il pro-
testante Franck, sì celebre nella po-
lizia medica, provando sommamente
nocevole il seppellire nelle chiese,
per cui oggi mai si erigono i cimite-
ri fuori delle ciltà. D'altronde le
riflessioni chimiche di ThemsdorlF,
stampate nel 1800 in Reichsauzeiger,
dimostrando la natura delle esala-
zioni cadaveriche, fecero conoscere
come la Provvidenza dispose in mo-
do le cose, che i nostri cadaveri pos-
sono interrarsi in mezzo ai viventi ,
senza che questi ne risentano vcrun
danno. Anche Pùans, con un trattato
preoedcnlemeute pubblicato nel ijrg
in Lipsia volle dimostrare con pro-
ve evidenti, e di fatto non potere
risultare alcun pericolo dal seppel-
lire i morti nelle chiese, e nell'in-
terno delle città, osservate le debite
cautele, onde rimuovere gl'inconve-
nienti, i contagi ed altri infortunii.
Benedizione dei Cimiteri.
Certo è, che se verranno conside-
rate le parole, che si adoperano nel
consagrare le chiese, ed i cimiteri,
si vedrà che le prime sono propria-
mente per i vivi, e le altre per i
morti. I cimiteri sono sempre stati
in grande venerazione tra i fedeh, e
l'uso di benedirli è antichissimo, in-
combendo ciò ai vescovi, ovvero ai
sacerdoti da loro autorizzati. Se ne
CIM
(a la benedizione con piviale bianco,
come ([nello eh' è usato seni[)re .
Adoperansi pure l'acqua santa, l' in-
censo, e tre candele per ognuna del-
le cinque croci. Le candele debbono
ardere prima avanti, e poscia sullo me-
desime. IMa ecco come procede la bene-
dizione del cimiterio, se viene eseguita
dal vescovo. Terminata la fabbrica del
cimiterio, il giorno precedente alla
benedizione si dispongono in detto
luogo cinque croci di legno, ed una
pili elevata delle altre situata in
mezzo, e le altre per l'altezza di
un uomo. La prima si colloca nel-
r estremità del cimiterio, avanti la
croce di mezzo, la seconda nell'al-
tra estremità, retro crucem mediani j
e le altre due, una alla destra, e
l'altra alla sinistra. Avanti ogni cro-
ce si pone in terra un legno per
porvi tre candele , una scala per
ascendere alla sommità, un vaso
grande coli' acqua da benedirsi, ed
un altro col sale. Vestito il vesco-
vo con camice, stola, piviale bianco,
con mitra in capo, e pastorale nella
sinistra mano, dalla sagrestia si reca
al cimiterio, ove ponendosi a sedere
sul faldistorio dà principio alla fun-
zione con fare al popolo una breve
ed analoga esortazione sulla santità
del luogo. Terminato il discorso, si
accendono le quindici candele, cioè
tre per ogni croce, e stando il ve-
scovo avanti la croce di mezzo, de-
posta la mitra i-ecita un'orazione,
quindi riprende la mitra, genuflette
al cauto delle litanie alzandosi alle
parole: Ut omnibus Jidelibus defnn-
cti<:. Allora il vescovo con tre segni di
croce purga, benedice, santifica, e
consagra il luogo. Tornando a genu-
flettere, si proseguono le litanie, dopo
le quali viene la benedizione dell'ac-
qua insieme col sale, e detta l'anti-
fona. Asperges me, mentre si canta
e I M
il fliixercre, colla detta acqua bene-
dice il cimitcrio, cominciando dalla
|.arlc destra, e lo asperge conlinua-
mcntc in ogni luogo. Finita questa
hencdizionc, deposta la mitra incensa
la croce, cioè quella ch'è avanti la
croce di mezzo, indi vi pone nella
cima una delle candele accese, collo-
cando le altre due nei bracci della
stessa croce. Ciò fatto, colla mitra si
reca dalla parte di dietro, aspergen-
do nel procedere il cimitcrio col-
l'acqua santa, ed innanzi alla secon-
da croce, deposta la mitra, fa la stes-
sa funzione, che si disse per la pri-
ma. Indi passa alle altre due croci
laterali, e vi compie egual cerimo-
nia. Ritornando poi avanti la croce
di mezzo, e deposta la mitra, canta
il prefazio, dopo il quale incensa la
detta croce, e vi pone le tre can-
dele come fece nelle altre; indi be-
nedice solennemente il popolo, e
recatosi alla contigua chiesa si pre-
para per la celebrazione della mes-
.sa, che dee dirsi secondo 1' ufìlzio
corrente, aggiungendosi all'orazione
propria un'altra sub unica conclu-
sione.
La benedizione del cimitcrio, che
si fa da un saceidote delegato dal
vescovo, segue presso a poco come
la precedente. Però si ei'ige vma so-
la croce di legno nel mezzo di esso,
ed avanti la croce si accendono le tre
candele. Il sacerdote, col capo scoper-
to diià r Oremus proprio di tal ri-
to, le litanie oi'dinarie, e dopo il ver-
setto : Ut omnibus fidelibus dcjuncds,
lo stesso sacerdote in piedi, e facendo
il segno della croce, dirà : Ut hoc
coenietcrium etc. ; e terminate le li-
tanie, coi ministri assistenti, asper-
gerà prima la croce, dicendo l'anti-
fona, Asperges me, intanto che gli
astanti recitano il salmo Miscrerc,
col Gloria Patri, dopo il quale si
voi. XIM.
CIM 145
ripete l'antifona, avendo già il sa-
cerdote fatto il giro del cimitcrio,
e la sua aspersione coU'acqua san-
ta. Indi poirà il sacerdote nella
sommità della croce una delle tre
candele ardenti, collocando le altre
due nelle braccia di essa : linai-
mente incensata, e benedetta che
sia la croce, termina la funzione.
Si benedicono dalla Chiesa i luo-
ghi ove si debbono coUocai'e i ca-
daveri de' suoi figli, per distinguer-
li da quelli, che non sono contras-
segnali dalla croce. L' erezione della
croce significa, che il luogo è con-
sagrato a Dio , e le tre candele
si accendono, come simbolo dei tre
chiodi, i quali trapassarono le mem-
bra del Piedentore nella crocifissione.
La benedizione poi serve per assicu-
rare i fedeli defonti dell' eterno ri-
poso.
Quando il cimitcrio è contami-»
nato, violato, o profanato dal sep-
pellimento di un infedele, di un e-
retico, e di uno scomunicato, si ri-
concilia, e tal riconciliazione si fa
presso a poco come la benedizione^
col canto, e colle preci, coli' inccn-
sOj e coll'acqua benedetta ec. Solo
il sacerdote, dopo il versetto Ut
omnibus etc, aggiunge Ut hoc coe-
ineteriuni reconciliare etc. U. il
Pontificale romano, ed il Rituale
romano, Ritus benedic. novi coe-
meteriì, et Ordo reconciliancU eoe-
melerium vioìatum.
Sui cimiteri sono a consultarsi
il Baronie nel Martirologio roma-
710, a' 29 gennaio ; V altro annalista
Spondano, De coemetcriisj Sponda-
ni, cocnieteria sacra, Parisiis i638;
Gio. Francesco Cccconi, // sagro
rito di consegrare le chiese , al ea-
pò XVIIj Del cimitcrio, sua origi-
ne, liso, e significalo; Orsi, Storia
Ecclesiastica toni. Ili, p. 70 eseg,;
10
i46 CIM
il p. Dande, tom. I. Hist. unh'.
njlcx. XI, tratlando De sepuliu-
ris marlyriun, coemcteriis, tic ciita-
cumhis, p. 643, e seg. ; Marangoni,
Historia de cocnict. ; J'^abrclti, la-
script dotnest. ; Onofrio Panvinio,
Tr. de rilu sepeliendi niorluos^ et
de coemeU'riisy e. 12, n. 4> Id). i,
de 7 Urbis ecclesiis j itern in epì-
tome roin. ponti/, p. 5. ; e gli au-
tori, che si citano al seguente arti-
colo dei cimiterii di Roma. Da ul-
timo, e nel 1821, si pubblicò in
Imola dal cav. Luigi Angeli una
eruditissima Memoria , intitolata
Dcir antichità de' Cimiterii, e de'lo-
ro vantaggi , cui dà terniine con
queste memorande parole : »j O ci-
M mitero, quanto puoi essere elo-
" quentc, e di vero profitto all'uo-
" mo meditante in un angolo ap-
» parta to della tua circonferenza
» l'ultimo suo fine, e che sarai un
v giorno accogli tore pietoso delle e-
■•> sanimi sue spoglie, ed il geloso
» custoditure fino al suono della
» spaventevole tromba risvegliatrice,
» cui solo darà fiato la voce impe-
» riosa dell' Onnipotente " ! E pure
degna da consultarsi V eruditissima
Dissertazione de'' Campi ^a/?//, stampa-
ta nel fascicolo XVI degli Annali civili
del regno delle due Sicilie, la quale
riporta la Notificazione del Cardinal
Odescalchi vicario di Pioma , che
incomincia: La liunulazione de' Ca-
daverine,., del primo settembre i835,
colla quale pubblicò la risoluzione
del regnante Papa Gregorio XVf,
di porre in attività i cimiteri , e
pel primo quello presso la basilica
di s. Lorenzo fuori le mura di
llonia.
CIMITERI DI Roma. Questi in
parte furono formali dentro la cit-
tà, ed altri nelle di lei adiacenze.
Aaticaraente per la proibizione del-
CIM
le leggi, contenute nelle XII tavole,
riportata da Cicerone, de Legibiis,
lib. II, non si potevano seppellire
dentro le mura di Roma i cadave-
ri, mentre gli Spartani volevano che
i loro defonti fossero sepolti dentro
la città, e presso i templi, a tenore
delle prescrizioni di Licurgo. In Ro-
ma solo a quelli, che avevano trion-
fato, eia permesso l' onore di avere
la sepoltura nella città, come alle
Vestali, e qualche volta gl'imperato-
ri furono eccettuati dalla legge ge-
nerale, come ce ne assicura Plutar-
co. Il perchè i cristiani nei primi
tempi erano costretti a dar sepoltura
ai loro morii fuori della città, e tal-
volta nelle stesse proprie case , e
nascostamente riposero i corpi dei
martiri in grotte, e cimiteri particola-
ri. La maggior parte però dei cadave-
ri in progresso di tempo si portarono
nei cimiteri, o catacombe arenarie
presso Roma. Di questi cimiteri lapiìt
nobile e remota parte adornata col-
le immagini dei santi era destinata
all' uso delle sagre funzioni. Disco-
perta per altro dai gentili, questi i"e-
cero la più crudele carnificina dei
cristiani, che ivi si adunavano per
assistere alla messa, ricevere la san-
ta comunione, ed udire la divna
parola. Un' altra parte di tali sot-
terranei cimiteri serviva di abitazio-
ne temporanea ai fedeli, i quali vi
si nascondevano, quando venivano
in cognizione di essere ricercati per
dover sagrificare alle false deità. Ivi
erano sostentati dalla pietà degli al-
tri fedeli, e dai diaconi martiriarii
istituiti dal Pontefice s. Fabiano ,
mentre i sacerdoti martiriarii ne nu-
trivano lo spirito colla parola di
Dio. La terza parte poi di tali ci-
miteri era ad uso di sepolcri degli
stessi cristiani, che ivi morivano, a-
veadosi somma cura di non coufon»
CIM
deie i loro coi'pi con quelli de'gen-
tili, e se avevano patito il martirio,
si ponevano nei sepolcri co'loro corpi,
anche i segni che attestavano il sof-
ferto martirio, cogli strumenti delle
loro pene, oltre ad analoghe iscri-
zioni, per cui questi cimiteri diven-
nero alti'etlanti santuari, dove un
immenso numero di santi vennero
seppelliti. Molti di essi forniscono
alla pietà dei fedeli tuttora reliquie
alla loro venerazione.
All'anno 22G il Cardinal Baroni©
enumera quarantatre cimiteri di Pio-
ma, e suoi dintorni, nei quali i cri-
stiani facevano le succennate adu-
nanze, anche per non avere altri
luoghi per convocarsi. E pur noto,
eh' essi nelle persecuzioni si congre-
garono persino nelle carceri, affer-
mandolo s. Cipriano nella sua epi-
stola 5. Ma talvolta a si crudeli pe-
ne erano per ciò esposti, ch'essi si
astennero dall' adunarvisi. Quindi il
Pontefice s. Cornelio del 254 scri-
vendo a Lupicino, vescovo di Vien-
na, ebbe a dirgli : Publice, ncque in
cryptis notìoribus missas agert Chri-
stianis licet.
Nell'anno 260 l' imperator Vale-
riano per tutte le provincie del ro-
mano impero, fece pubblicare un e-
ditto, col quale severamente ordinò
che i fedeli fossero costretti a forza
de' più aspri tormenti ad abbando-
nare la loro religione, e che non
celebrassero le loro adunanze nei ci-
miteri. In progresso allorché dimi-
nuì la persecuzione, non solo i cri-
stiani frequentarono i cimiteri, ma
in essi, e sopra di essi vennero e-
retli sagri edifizi. Il perchè il Papa
s. Fabiano, siccome leggiamo nel
libro, de Fiomaìiis Ponlijìcibus, fece
molte rubriche sui cimiteri, e grotte
arenarie, in considerazione dei se-
polcri de' martiri , concorrendovi i
CIM 147
fedeli a fare orazione. Nella prole-
zione poi accordala dall' imperatore
Costanzo agli Ariani , ripugnando
alla loro pravità il Pontefice s. Li-
berio I, e fulminandoli colle censu-
re della Chiesa, Costanzo il cacciò
da Pvoma, onde il Papa fu costret-
to a uascondeisi nei snburbani ci-
miteri, sino alla preziosa sua mor-
te, avvenuta nel 867 , venendo se-
polto in quello di Priscilla nella via
Salaria.
Durarono le fabbriche dei cimi-
teri di Roma, sino al tempo dei
Longobardi, i quali sebbene non en-
trassero nella città, tenuti da essa
per un tempo lontani pei donativi
dei Papi, tuttavolta fecero gravi
danni nei luoghi vicini e nei bor-
ghi, atterrando gli edifizii , come ri-
levasi da una costituzione del santo
Pontefice Paolo I. Tranquillate pe-
rò le cose sotto il suo medesimo
pontificato, a cui fu elevato nel 757,
egli si applicò alla visita dei cimi-
teri, ed acciocché altri non avesse-
ro potuto ulteriormente oltraggiare
i corpi dei santi che ivi si conser-
vavano, volle trasportarne molti in
Roma , colla maggiore solennità ,
con inni, e cantici, venendo in pa-
recchie chiese decentemente colloca-
ti. Già il suo predecessore s. Boni-
facio IV avea preso da vari cimi-
teri di Roma ventotto carri de' cor-
pi dei ss. martiri, e riposti gli ave-
va nella chiesa di santa Maria del
Pantheon , perciò poi detta ad
Marljres ^ e i' altro predecessore
Giovanni VII del 7o5 aveva abbel-
lito e restaurato alcuni cimiteri ,
come abbiamo dall'Anastasio.
Prima di accennare quanto ri-
guarda i primari cimiteri antichi
dentro le mura di Roma, riporte-
remo la succinta enumerazione di
quelli, che fuori di essa (secondo i
'I
/i8
CIM
luoglii (love stanno) sono descritti
tlal Coslaiizi nel suo Osservatore eli
/ìy//i/r, ivi stampato nel 182'). Par-
lando egli dei cimiteri adiacenti a
JViita maggiore, dice che nella via
Labicana, la ([iiale si trova fuori di
lai porla a Tor Pignatlara , scen-
dendo (piaraiila gradini, si trovano
Je catacombe de' ss. Marcellino e
Pietro, dove furono sepolti questi
due martiri, insieme con s. Tibur-
zio egualmente martire, fra i due
lauri, intrr daa^ lanros. Da ultimo,
e nel i838, nella vigna de' fra-
telli Tommaso, e Natale del Gran-
de presso la delta catacomba o ci-
miterio, fu dai proprietari discoper-
to un tratto di palmi sessantadue
di nobile catacomba con pavimento
messo a musaico , sei rpiadri del
quale sono coloriti , ed esprimono
emblemi cristiani, eseguiti con dili-
genza. Appartengono essi appun-
to al cimiterio di s. Tiburzio ,
de* ss. IMarcellino, e Pietro, e di s.
Elena, per esservi stala sepolta, In-
ter (luas Ifiuros. Il perchè, a' 22
maggio, "vi si recò a vederlo il Car-
dinal Giustiniani Camerlengo, coi
suoi ministri, e agli 8 luglio ono-
rollo anco il l'cgnante Pontefice ri-
cevuto dal cav. \'isconli commissa-
rio delle antichità, dai suddetti pro-
prietari, e da \ inceuzo del Gran-
de, luogotenente del tribunale cri-
minale senatorio. Un poco più di-
stante evvi il cimiterio di s. Zotico,
o Gelulio martire, sposo di s. Sin-
fnrosa, come non più di un miglio
distante dalla detta porta trovasi
quello di s. Castolo martire, fami-
gliare dell'imperatore Diocleziano.
A questi sono in qualche modo uni-
ti i cimiteri della antica via latina,
di s. Aproniano, di s. Gordiano, e
di s. Eugenia martiri ; come altre-
sì quelli, che si trovano nella via
CIM
Appia, detti di s. Preleslato, non-
ché di s. IJalbina, e di s. Marco.
Di essi parlammo meglio all'artico-
lo CuiESv DI s. Baldina. Mousiguor
Domenico Bartolini, cameriere d'o-
nore di sua Santità, e canonico del-
la basilica di s. IMarco, nel 1840
ha pubblicato in Roma colle stam-
pe un erudito opuscolo, con questo
titolo : // cimitero cV AproiiianOj
(letto anche di s. Eugenia sulla
i'ia Latina. V ha pur quello di
san Calislo sotto la basilica di
san Sebastiano, del quale si trat-
tò all'articolo Catacombe. Una por-
zione di esso cimiterio vuoisi che
sia l'altro dello ad s. Cacci liani,
mentre ove fu sepolto s. Sisto , si
riconosce un cimiterio, detto ad s.
Xystuni. Sul cimiterio di Calisto,
veggasi il Pia7za nel suo Mtnolo^io
Romano p. 160 e 180. Sul tentalo
derubamento de' corpi de' ss. Pietro
e paolo, che per vui tempo furono
collocali nel cimiterio di Calisto, si
vegga il tomo III, p. 83 degli At-
ti dell' accademia romana di archeo-
logia, Lezione sopra quattro basili-
che romane del dollissimo Fea.
Coincidono pure ai cimiteri di
Porta maggioie, quelli della via Ti-
burtina, appellati di s. Ciriaca, e di
s. Ippolito martire. P^. il tom. IV
dei citati Alti, p. 21. Illustrazione
di un antico monumento cristiano
trovalo nel cimiterio di Ciiiaca,
del can. Giuseppe Scitele; il quale
nel tomo V degh stessi Atti, a p.
1 80 ci ha dato le Osservazioni so-
pra le lapidi pagane che si trova-
no nelle Catacombe, e nel cimite-
rio di s. Ippolito. Di questi cimi-
teri di s. Ciriaca, e di s. Ippolito
poi se ne parlerà meglio, essendo ora
pubblico cimiterio quello di s. Lo-
renzo. I citj)ileri adiacenti alle porte
Flaminia o del Popolo, e Pia, sono
CIM
i seguenti. Nella via Flaminia, pri-
ma del ponte IMilvio o ìMolle, evvi
il cimiterio di s. Valentino, restau-
rato dal Pontefice s. Giulio I, e più
sopra l'altro di s. Teodora da essa
costruito. Sul cimiterio di s. Valen-
tino, va letta V Illustrazione di una
antica iscrizione ec. del medesimo
Settele, inserita nel lom. Ili dei à-
tati y^«z, a p. aSo. Il vasto cimiterio
di s. Ermete, Basilla, Proto, e Giacin-
to, chiamato eziandio ad clivum cu-
cumeris, sta nella via Salaria vecchia,
e nella nuova evvi l' altro celebre,
e grandissimo cimiterio di s. Pri-
scilla, discepola dei principi degli
Apostoli, e del quale essa inco-
minciò l'erezione. Circa un secolo
e mezzo dopo fu dilatato da un'al-
tra s. Priscilla nel Pontificato di s.
Martino I, e per esservi stati sep-
pelliti anche i martiri Silvestro, e
Crescenziano, fu chiamato coi nomi
loro. Contiguo a questo cimiterio di
Priscilla vi fu quello di s. Felicita,
detta Jordanorum. Porzione del ci-
miterio di Priscilla , è pur quello
detto di Osleriano, in cui s. Pietro
battezzò molti gentili, e l' altro di
s. Trasone. Nella stessa via Salaria
s. Ilario formò da un suo orto, un
cimiterio, donde ne prese il nome.
Nella via Nomentana, e presso la
chiesa di s. Agnese, si trova 1' am-
pio cimiterio, che porta il nome
di quella santa per esservi stata se-
polta. Più avanti vi è il cimiterio
ad arcuni ISomentanuni, de' ss. Pri-
mo e Feliciano martiri; e v'è pur
quello detto ad nyniphas beali Petri,
cioè alle acque di s. Pietro, perchè
il santo apostolo colle acque , che
ivi scorrevano, battezzò molti cristia-
ni. Sonvi ancora quello di s. x\les-
sandro formato da s. Severia in un
suo fondo, e quello di s. Pvestituto
in un podere di s. Giusta,
Cl.M i49
I cimiteri poi adiacenti alle por-
te di s. Paolo, Portese, e di s. Pan-
crazio sono questi. Nella via ostien-
se si trovano i cimiteri di s. Timo-
teo, di s. Ciriaco martire formato
da s. Lucina; di s. Zenone, e delle
Acque Salvie o di s, Anastas.io, do-
ve fu decapitato s. Paolo, e dove
furono deposti i corpi di diecimila
martiri. Parlando il citato Piazza ,
parte li, p. ii6, della stazione che
nel dì trentesimo di quaresima era-
vi nella basilica di s. Paolo nella
via ostiense, dice che in tal giorno
dal cimiterio di s. Anastasio, e di
s. Zenone alle Acque Salvie, anda-
vano processionalmente al cimiterio
di s. Paolo per una strada sotter-
ranea i monaci della stessa chiesa,
passando per ambedue i cimiteri.
Cosi il clero laterauense si recava
"in processione colla sua croce sta-
zionale al cimiterio di s. Paolo, a
ricevere tutte le offerte fatte all'al-
tare di s. Paolo, come si legge in uu
antico manoscritto dell'archivio late-
rauense. Nella chiesa dedicata a s.
Paolo in cui fu egli sepolto, evvi
il cimiterio di santa Lucina triuni
fontium, e poco distanti quelli di
Commodilla, e de' ss. Felice ed A-
dauto martiri. Al cosi detto pozzo
pantaleo nella via portucnse, vi è
un cimiterio d' iunuraerabili marti-
ri, che in essa sparsero il sangue pel
vangelo, e sopra il colle più vicino
a Roma esiste ancora il rinomato
cimiterio di s. Ponziano, detto an-
che ad L rsuni pileaturn, e dei ss.
martiri Abdon e Sennen . Appar-
tengono eziandio a questa strada i
cimiteri di s. GiuHo I, e di Gene-
rosa, detto ad sextum Philippi, non
che un cimitero di ebrei trovato
quivi dal Bosio, come riporta nella
sua RoiìKi saiilificala,\\h. 3,cap. 22.
In qucbt' ultuno non solamente noiì
i5o CIM
evvi alcun segno cristiano, ma solo si
rinviene in colore rosso la figura di
uu candelabro colle sette lampade,
e di tratto in tiatto la parola si-
nagoga. Va qui però avvertito, che
il p. Giuseppe Marchi della com-
pagnia di Gesù, nella Pontificia ac-
cademia romana di Archeologia, ai
29 aprile iSj', pronunziò una dot-
ta dissertazione inforno i primitivi
monumenti della Chiesa Romana,
ed in particolare de' vetri dipinti a
sgraffio su foglia d'oro, che si trag-
gono dalle sole catacombe, o cimi-
teri. Quindi contro la sentenza del
senatore Bonarroti, prese a sostene-
re con valide ragioni, essere non
già ebraici, ma cristiani quei vetri
tutti delle catacombe, su cui è ef-
figiato l'aron, il candelabro a sette
fiaccole, la verga d'Aronne, il vaso
della manna, e quegli altri arnesi,
che nel tabernacolo degli ebrei sim-
boleggiavano i misteri, e sagramenti
del nuovo testamento.
Finalmente nella via Aurelia so-
no stati trovati diversi illustri e
venerandi cimiteri come quelli di Ca-
lepodio, sotto la chiesa di san Pan-
crazio, de' santi Processo e Marti-
niano martiri, detto di Girolo, e
poco lungi quello di s. Agata, che
forse è lo stesso che il precedente ;
non che il Vaticano presso la basi-
lica di s. Pietro, ove fu sepolto lo
stesso principe degli apostoli. Esso
fu chiamato memoria, confessione,
martirio, liniini di s. Pietro, Limi-
na apostoloriun, e vuoisi formato in
alcuna delle arenarie, ch'erano in
gran copia nel monte vaticano, don-
de si traevano l'argilla, e l' arena
per la costruzione dei vasi di creta.
11 suo principio rimonta all'incen-
dio di Roma sotto Nerone, il quale
incolpandone i cristiani , molti ne
fece uccidere. 1 primi fedeli di Ro-
C I M
ma ivi seppellirono i propri confra-
telli ; ed ivi fu poi deposto il cor-
po di s. Pietro, e poscia quello di
moltissimi martiri , Papi e perso-
naggi. K. Sepolcri dei Papi, ove si
tratta in quali cimiteri , chiese e
luoghi furono seppelliti i .sommi
Pontefici, delle loro traslazioni, con
altre notizie analoghe ai cimiteri di
Roma. Dice il Fea, nella sua Le-
zione sopra cjuattro basiliche roma-
ne dette Costantiniane, che l'impe-
ratore Costantino eresse all' imboc-
catura della catacomba, o cimiterio
\ aticaiio, il grandissimo tempio a-
dalto agli usi, e alle adunanze dei
cristiani.
Passando poi a dire alcuna cosa
sui cimiteri dentro la città di Ro-
ma sì antichi che moderni , parle-
remo prima degli antichi. Ad onta
della ricordata proibizione delle ro-
mane leggi, i cristiani qualche volta
costretti dalla necessità , e conside-
rando i martiri eroi più gloriosi dei
gentili trionfatori, non ebbero dif-
ficoltà, come accennammo, di sep-
pellire i corpi loro segretamente
nelle grotte, e cimiteri formati ap-
positamente in case particolari den-
tro la stessa città. Così servirono di
cimiteri le terme Timotine, e No-
vaziane, situate nel vico Patrizio
alle radici dei colli Viminale, e Qui-
rinale dai ss. Timoteo e Novato, fi-
gli del santo senatore Pudente, e
fiatelli delle ss. Pudenziana, e Pras-
sede, il quale cimiterio divenne la
chiesa, che poi da s. Pio 1 nell'an-
no 162 fu dedicata a s. Pudenzia-
na. Questo Papa formò anche il
battisterio per battezzarvi i nuovi
proseliti del vangelo, e vi celebrò
la santa messa . Cotesto cimitero
ebbe il nome di Priscilla, madre
di s. Pudente, perchè assai s'impe-
gnò essa per formarlo dentro la cit-
CIM
t;i, oltre l'altro da lei fatto al di
fuori nella via Salaria, e di cui par-
lammo di sopra. Vuoisi, che in
questo cimiterio si tumulassero nel-
la persecuzione di Antonino circa
tremila martiri, e clie il sangue loro
con una spugna si raccogliesse da
s. Pudenziana, che dicesi lo abbia
posto nel pozzo, il quale si vede in
mezzo alla chiesa. Cosi s. Simetrio
prete, ed altri venti due martiri vi
ebbero sepoltura per le mani di s.
Prassede. Ma siccome gli autori di-
cono, che s. Simetrio ed altri mar-
tiri furono collocati anche nel ci-
miterio di Priscilla nella via Sala-
ria, sembra che il cimiterio della
famiglia Pudente fosse di deposito,
per poi trasferirli a quello di santa
Priscilla. Vuoisi ancora che servisse
di nascondiglio ai cristiani, e di luo-
go per la celebrazione delle sante
funzioni della Chiesa. Apparteneva
a questo cimiterio la grotta Nepo-
ziana, o Novaziana, in cui s. Stefa-
no I battezzò cento otto persone.
Fu inoltre in questa stessa regio-
ne, ed entro di Rom a il cimiterio
ad Ursum Pileahcm, così chiamato
da im'imma"ine marmorea d'un orso
o
con cappello, diverso per altro dal
cimiterio dello stesso nome nella via
portuense fuori della città, del qua-
le già si fece memoria. Sotto l'apo-
stata Giuliano formossi tal cimiterio
da s. Fabiano, o Flaviano, prefet-
to, ed illustre martire, e principal-
mente da s. Bibiana di lui figliuo-
la, nota pel suo zelo nel cercare, e
seppellire le reliquie degl' intrepidi
confessori di Cristo. Egli l'incomin-
ciò in propria casa, indi fu dilatato
dalla detta figlia, con s. Demetria
sua sorella, la quale vi venne sepol-
ta dopo s. Dafrosa loro madie, e
dai ss. preti Giovanni, e Pigmenin.
La medesima s. Bibiana v' ebbe po-
CIM i5r
scia sepoltura, finché dopo la morte
di Giuliano vi si edificò una chiesa
in onore di detta santa. Innumera-
bili furono i corpi de' martiri in
detto cimiterio riposti, e trasportati
da quei cimiteri fuori di Roma, che
minacciavano rovina. In molte altre
case dentro Roma furono sepolti mar-
tiri, senza divenire poi cimiteri aperti
ai martirizzati, ma soltanto ad alcuni
particolari, eh' erano talvolta i pro-
prietari delle case medesime.
Avanti di far menzione degli at-
tuali cimiteri di Roma, noteremo
alcuni autori, che trattarono di quel-
li antichi. Questi sono: Gio. Do-
menico INIauro, Istoria sagra dei
martini di molti santi martiri, colla
notizia dei cimiteri, Roma 1682;
Arrighi, Roma suhterranea novissi-
ma, in qua post Antonium Bosiiim
et Joannem Severanum, et alios,
antiqua christianorum, et praecipue
mariyrum coemeteria illustrantur ^
Romae i6ti, et Coloniae 1659;
Bosio, Roma sotterranea accresciuta
dal Semerano prete dell' oratorio ,
riscontrata dal dott. Ottai'io Pico,
e pubblicata in Roma dal Cardi-
nal Aldobrandini nel i632, ed ivi
pel Grignani nel 1640. In questa
seconda edizione non si trovano re-
plicate certe figure come nella pri-
ma ; r edizione poi originale del
Bosio è quella di Roma del 1625,
in cui si tratta dei sagri cimiteri
di Roma, sito, forma, uso antico
di essi, cubiculi, oratorii, etc. ; Boi-
detti, Osservazioni sopra i cimiteri
de' ss. martiri, ed antichi cristiani
di Roma, 17 19, e 1720: opera
accuratissima, che contiene ciò eh' è
stato scoperto dopo il Bosio ; Botta-
ri, Sculture, e pitture sagre astratte
dai cimiteli di Roma , pubblicate
dagli autori della Roma sotterra-
ncaj e nuovamente data in Iure,
132 CIIM
colle spiegazioni per ordine di Cle-
mente XII, Roma 1737, 1740, e
1754-, p. Giiiscpjxj Alazzolari, No-
tizie dei ss. Martìri, le vie sagre,
e le Oasilirhe di Hnma. Di essa si
fecero diverse edizioni. V. inoltre
Pompeo Ugonio, Hisloria delle sta-
zioni di Roma, nella quale parla di
diversi cimiteri , e a pag. 8G spie-
ga perdiè si considerino equivalenti
idle chiese; e Giuseppe canonico
dettele, illemoria siili' importanza
dei monumenti che si trovano nei
cimiteri degli antichi cristiani nel
contorno di Roma, pubblicata nel
1825 nel tomo H delle Disseria-
zioni dell'accademia romana di Ji^
cheologia. ì^iiWiwmo 1841 a' 28 giu-
gno in questa accademia, il suìlo-
dato monsignor Domenico Bartoli-
nì lesse una dissertazione sui Vasi
ciniileriali contenenti il sangue dei
martiri.
Senza fare la descrizione de' ci-
miteri particolari di Roma, propri i
di sodalizii, come quelli di s. Maria
della Pietà in campo santo delle
nazioni teutonica e fiamminga pres-
so la basilica vaticana; di s. Gio-
vanni decollato pei giustiziati ; di s.
Maria di Loreto de' Fornari ; di s.
Rocco; di 6. Maria dell'Orazione
della morte, pei defonti nelle cam-
pagne, o annegati etc. ; e senza ri-
cordare quelli de' cappuccini, ed al-
tri Ordini religiosi, e di monache,
o degli ospedali, come di s. Gio-
vanni in Laterano, di s. Giacomo
degl'incurabili, di s. Gallicano (il
quale fu benedetto a 7 novembre
1726, da Benedetto XIII), di s. Ma-
ria della Consolazione ec. , trattan-
dosene a' loro articoli; faremo piut-
tosto menzione di quello dell'ospe-
dale di s. Spirito, e dell'altro pub-
blico di s. Lorenzo fuori le mura.
Il primo sta nella regione di Tras-
CIM
tevere, sull'alto dei bastioiìi chiama-
li di s. Spirito, Esso è anqiio, ina-
gnilico, e coinodo, e si compone di
cenlocinquc Kepolture. Vi si tunni-
lano i cinlavori di (picUi, che nmo-
jono in detto ospedale, non che di
que' fratelli, e di quelle sorelle dia
ascritti sono alla pia unione ivi isti-
tuita. Fu fatto falj|)ricare dal som-
mo Pontefice Benedetto XIV, con
disegno dell' architetto cav. Fuga in
forza di un suo chirografo de'2 3 mag-
gio 1742, diretto al Cardinal Gen-
tili, allora visitatore apostolico di
detto pio stabilimento, e di altro
chirografo de' 2 3 settembre i 74"^ 5
diretto a monsignor Banchieri te-
soriere generale. Tale cimiterio, po-
sto nella cima del Gianicolo, è fab-
bricato in luogo all'atto diverso dal-
l'antico, e di molto riuscì più gran-
de, dappoiché 1' antico aveva solo
sette sepolture. Sorgeva esso sulla
sponda del Tevere, ove oggi è il
conservatorio delle projette zitelle
dell'ospedale, anzi nel contiguo spa-
zio, in cui esse distendono le bian-
cherie. Da varii Pontefici fu questo
cimiterio arricchito di privilegi, e
indulgenze. Benedetto XIV dichiarò
privilegiato l'altare del Ci'ocefisso
con breve de' 27 settembre 1747 , 0
concesse indulgenza plenaria, ed ap-
plicabile alle anime del purgatorio, a
chi visitasse la cappella ove si venera,
purché si fossero confessati, e comu-
nicati, e ciò in tutta l'ottava de» fe-
deli defonti. Pio VII nel 1779, ac-
cordò la facoltà di potersi eiigere
nel portico del cimiterio, e nel det-
to ottavario, un altare, per cele-
brarvi la messa, dichiarandolo pri-
vilegiato. Di poi vi fu eretta ima
pia unione sotto il titolo della bea-
tissima Vergine dei Rosario, arric-
chita di privilegi, e d'indulgenze,
che si leggono nello Statuto slam-
e 1 .M
pillo in Roma dal Poc^f^ioli nel iSi.y.
Onesto cimiterio fu visitato dai Pon-
k'Iìc^i Leone XII, e da Gregorio
\Vf rei^nante. Vollero essi onorare
l'albo de fratelli, tlando gli aiigusli
loro nomi. Tanfo nel cimiterio di
s. Spirito, che in quelli mentovati
di s. Giovanili iti Laterano, di s.
Maria della Consola/ione, di s. Ma-
ria dell' orazione della morte, non-
ché in quello presso la basilica di
s. Moria in Trastevere, ogni anno
neir oltavario dell'anniversario ilei
lèdeli deibnti, si rappiesenta con li-
gure grandi al naturale alcun fatto
scritturale, di storia ecclesiastica, o
delle gesto de' santi , allusivo alla
memoria de' trapassati, e alle anime
purganti j per sempre più risveglia-
re nella pietà de' fedeli i sullragi
verso i defonti.
Passiamo ora a parlare del ci-
miterio pubblico di s. Lorenzo fuo-
ri le mura di Roma. Fino dal K^iy,
e nel pontificato di Pio VII, la sa-
gra Consulta, come magistrato su-
piemo di sanità, aveva prescritto
che in tutto Io .stato pontificio si
costruissero cimiteli fuori dell'abita-
to per tumularvi i cadaveri ; e già
nella maggior parte delle città e
dei comuni vedesi posta in opeia
quella saggia disposizione. Tu Roma
solo mancava questa sagra Necropu-
U, giacché il cimiterio, eh' erasi in-
cominciato a costruire nel campo
Verano in tempo dell'amministra-
zione francese, era affatto abbando-
nato, consistendo in sole trecento
ottantaquattro sepolture, e quello ,
che la medesima aveva incouiincia-
to nel pigiieto Sacchetti, non ebbe
compimento, rimanendo iiiqxrfctto,
e distrutto. Il perchè conosciutaiu;
dal regnante Pontefice Gregorio XVI
la necessità, nel 1837, ne mandò
ad elletto l' ordinamento, scegliendo
a tal un|^ (piel medesimo luogo
che sta alla destra della via Tibur-
tina, accanto alla basilica eretta da
Costantino a s. Lorenzo fuori delle
mura di Roma, presso lo vasi e ca-
tacombe, o cimiterio dell'agro Ostia-
no, o Yerano, e circa un miglio
fuori la porta di s. Lorenzo.
Non riuscirà qui discaro che si
accenni primamente, che una parte
del campo Osliano, o Vociano, dove
ne' primi tempi della Chiesa si for-
mò un cimiterio in cui si ripose pel
primo il corpo di s. Romano, sol-
dato che aveva professala la [\(\<i ^
fu propiietà di s. Ciriaca nobile
matrona romana, la quale fiorì nel
terzo secolo. Ammirando essa la
fortezza, e la costanza di s. Lorenzo
nel subire il martirio, nel giorno
seguente vi scpjielh quel santo in-
sieme a Claudio suddiacono, a Cre-
scente lettore, a Romano osliario,
a Severo prete, e a molti altri.
Tre giorni dopo, s. Ippolito sol-
dato, con diciannove tli sua fami-
glia, e s. Concordia di lui nutrice ,
furono qui innati da s. Giustino pre-
te, non meno che i ss. Ireneo ed
Abbondio, ed in fine vi furono depo-
ste le spoglie della stessa s. Ciriaca,
per cui prese il nome di cimiterio,
o catacombe di Ciriaca, di Ostiano,
o di Verano.
In seguito il medesimo s. Giustino
collocò in (piesto cimiterio i corpi
di s. Tritònia, moglie di Decio im-
peratore, e di s. Cirilla di lui figlia,
con moltissimi altri da lui martiriz-
zali in tempo della persecuzione
mossa contro i cristiani da detto
imperatore. Servì poi questo cimite-
rio ili sepolcro al predetto s. Giusti-
no, allorché fu deca[)ilato per ordi-
ne di Claudio imperatore. Né deve
tacersi, che appartiene a questo gran-
de cimiterio di Ciriaca, ((ucllo dctt(i
1 "J^ e 1 M
(li s. Ippolito, da cui prese il nome
ili quella porzione appunto dove il
santo fiì sepolto dopo aver solTer-
to il raarliiio; cimiteri di cui già
laccinnio più sopra menzione. Sulla
porta poi delle catacombe, o cimi-
terio di Ciriaca, evvi la seguente
iscrizione :
» Ilaec est tiimba il la loto orbe
5' terrarum celeberrima, ex coeme-
?» terio s. Ciriacae matronac, id)i sa-
-•5 cruin si quis fecerit prò defiincti*;,
5> eorum animas e purgatorii poe-
•5 nis divi Laurenlii meritis evoca-
5' bit". P. CmES\ DI s. Lorenzo
fuori le mura.
In sequela pertanto delle provvi-
denze ordinate dal prelodato i^jnte-
fìce, furono accresciute al cimilerio
le sepolture fatte dall'amministrazio-
ne francese; e compite e purgate le
preesistenti, circondato il luogo di
muraglia, in fondo si eresse ima
cappella, come meglio si dirà. Il
Cardinal Carlo Odescalcbi romano,
allora vicario di Roma, poi esemplare
religioso della compagnia di Gesìi, do-
ve santamente morì, ne fece a' 3 set-
tembre 1 83 Ti, la solenne inaugurazio-
ne e benedizione, la quale riuscì deco-
rosa, e piena di raccoglimento per
la santità del rito, e del grande og-
getto, che l'aveva provocato. T^. la
Relazione della benedizione del ci-
miterin presso la patriareale basi-
liea di s. Lorenzo fuori le mura ec,
nel numero 7 3 del Diario di Ro-
ma del i835.
Ora passiamo a dare la descri-
zione di questo pubblico cimiterio,
nello stato in cui trovasi, opera che
onora l'odierno pontificato, e che
accrescerà quind' innanzi il lustro di
Roma, pel suo giornaliero incremen-
to. Il Papa regnante lo onorò per
ben tre volte della sua sovrana pre-
senza, come distintamente si legge
CIM
in una singolare e marmorea iscri-
zione sepolcrale, cui un riconoscente
dispettosissimo figlio eresse alla mi-
gliore delle madri ; cioè a' 27 otto-
bre i836; a' 7.3 luglio i838; ed
ai G luglio 1839, nei quali giorni,
lo stesso figlio per sua gran ventu-
ra, ivi presente, prendendo corag-
gio dall'amore filiale, sempre diman-
dò ed ottenne sulle materne ceneri
l'apostolica benedizione del vicario
di Cristo.
Il perimetro del campo destinato
ul cimiterio racchiude un poligono
irregolare di 591 71 : 25 metri qua-
drati ; la parte di detta superficie,
il di cui suolo trovasi già consa-
grato alla tumulazione de' defonti
d' ambo i sessi, e d'ogni età, è do-
ve in larghezza meglio corrisponde
allo scopo. Viene essa ridotta in
forma quadrilunga, e comprende
una superficie di 37100: i5 metri
quadrati. Il lato minore paralello
all'altro, ov' è l'ingresso al cimite-
rio verso la strada provinciale Ti-
burtina, si dispone in emiciclo, nel
centro del cui diametro sopra un
ben disposto basamento s' innalza
una cappella a croce greca con por-
tico tetrastico , mentre i lati del
quadrilungo, e l'emiciclo stesso si
cingono di spaziose arcuazioni di
ordinanza dorica greca, elevate so-
pra un proporzionato stilobate, al
cui piano si ascende per quattor-
dici separate grandiose gradinate ,
disposte soltanto nel davanti di quel-
le arcuazioni, le quali corrispondono
sugli assi degli stradali, che divido-
no dodici grandi aree quadrate sta-
bilite per la tumulazione de' tra-
passati. Il dado dello stilobate è
guernito di lapidi di marmo bian-
co per le iscrizioni, delle singole se-
polture erette .separatamente dagli
attinenti al defonto ivi tumulato,
CIM
tutte però di eguale dimensione, e
contornate da mia fascia di niai'mo
bardiglio. L' architetto , professore
Gaspare cav. S;dvi, fu incaricato di
quest' opera, ed lia già dato compi-
mento a due delle arenazioni, ima nel
lato destro, e 1" altra nel sinistro^, non
che a due tratti dello stilobate, il quale
appena costruito si vide rivestito di
lapidi scritte ad onore dei tumulati.
In progresso di tempo questa im-
ponente fabbrica gareggierà in gran-
dezza e in magnificenza co' più de-
corosi campi santi d'Europa, e darà
occasione a' professori di scoltura di
ornare le pareti delle arcate di mo-
numenti , che verranno innalzati a
chi avrà meritato di sopravvivere
alla memoria de' posteri. F. la Lel-
tcra sopra il niio^'O ciiiiiterio di Ro-
ma,\\\ scritta a' 24 settembre i835,
e pubblicata colle stampe.
Nella Raccolla ddlc leggi e dlspo-
dizioni di pubblica ainnìiiiislrazione,
emanate nel presente pontificato ,
nel voi. I. del i836 a pag. SSp ,
si legge la circolare del CarcUnal vi-
cario a' parrochi di Roma sulla
costruzione ed attivazione di questo
ciraiterio. A pag. 34o, vedesi il di-
vieto di contrattare , e concedere
nuovi locali per sepolture e sepol-
cri entro Roma. A pag. 34 1 stanno
le condizioni colle quali si permet-
te la tumulazione nei sepolcri gen-
tilizi. A pag. 342 vi sono gli ordi-
ni e le tasse per la concessione dei
sepolcri separati nel pubblico cimi-
terio, ed a pag. 344 '^ disposizioni
pei funerali a beneficio delle par-
rocchie, a pag. 34^1 il regolamento
pel trasporto e tumulazione de' ca-
daveri, a pag, 35 1 la circolare del
Cardinal vicario ai superiori delle
chiese di Roma, affinchè si confor-
mino alle disposizioni intorno il nuo-
vo pubblico cimiterio di s. Lorenzo.
GIN 155
Finalmente il defunto Cardinal della
l'orla vicario di Roma, con editto dei
aG aprile 1841, In vati tempi ec, ha
lichiamato all' osservanza la vene-
razione e il rispetto, che .si deve
alle catacombe e ai cimiteri, riguar-
dati dagli antichi cristiani come le
prime chiese, come asilo di tanti
santi, e come testimoni solenni dei
più gloriosi trionfi di tanti cam-
pioni della vera Religione.
CINA, o CHINA. Vasto e pos-
sente impero continentale, situato
nella parte orientale , e media del-
l'Asia , il più antico, il più ricco,
non però in proporzione de' suoi
abitanti e alla sua estensione. Certo
è però, che l' impero è il più po-
polalo di quanti presentemente esi-
stono, giacché i suoi abitatori ascen-
dono, secondo i più ragionevoli cal-
coli, e desunti dal censimento re-
golare del governo cinese , proba-
bilmente a cento cinquantacinque
milioni, compre.so il Tibet, la ]Mon-
gollia, e la IMantsciuria , nella Tar-
la ria cinese. I popoli che lo abita-
no, non gli danno nella loro lin-
gua altro nome che l' impero cele-
ste, il Mondo, il Regno del mezzo, il
Fiore del mezzo, o Centro della ter-
ra, e talvolta lo chiamano col no-
me della dinastia regnante, che og-
gidì è Thsing, o Mantsciuri , cioè
Cim. Gli arabi la denominano Sin,
i russi e i letterati del secolo XV
Cathay, e Tho i giapponesi. Della
Cina , o Serica degli antichi , il
veneto Marco Polo , e il Cardinal
l'iacido Zurla (colle opere che ci-
teremo alla sua biografia) ed altri
ci diedero preziose nozioni. Lascian-
do il dettaglio di queste ai geografi,
sol qui ci limiteremo, giusta il di-
visamento del nostro Dizionario, di
accennare le principali notizie eccle-
siastiche sull'origine e progresso del
,^r, GIN
cnUolicisino In qucsle immense ve-
i^iiMii, nelle quali per aecorlo, seb-
bene rigoroso princi[)io adottato dal
governo, è impedita ogni comuni-
cazione al di fuori colle nazioni stra-
niere; principio, che ora sembra pros-
simo a solliire una erisi a cagione
della potenza brittanica che fa guer-
ra al paese, con qualche successo.
Se si considera la sola regione
della Cina, senza comprendervi le
conquiste, essa ha per limile all'est
l'oceano, al nord una gran mura-
glia, che lìancheggiata pel vasto trat-
to di cinquecento leghe, da circa
quarantacincjuemila toni, la divitle
dalla Mongollia, e Mantseiuria, al-
l'ovest il Thibet e l'impero Bir-
manno, ed al sud Tonchino, e l' o-
ceano. La della famosa muraglia,
eh' è alla quarantacinque pietli, con
proporzionata larghezza , fu eretta
dagli antichi cinesi lamio '?.^[G avan-
ti la nascita di Gesù Cristo, per
meglio assicurarsi dalle invasioni ilei
tartari. Ma se poi vuole risguardar-
si r impero cinese e i suoi regni
tributarii o dipendenti, secondo l'at-
tuale esistenza politica, esso si esten-
de dal 19." al ^6." lat. N. , e in
(pianto alla longitudine nella parie
settentrionale occupa dal 60.° al
i32.", o nella meridionale dall' 8'>."
al c)8.°, ed allora vedesi continuare
all' est coll'oceano, e al sud coll'o-
ceano medesimo, e coll'lndo (iliiiia,
ali ovest colla Buckaria, ed al nord
colla Russia. Secondo T otiierno si-
slenia di amministrazione colle quin-
dici antiche provincia della Cina ,
ciaseima delle quali equivale ad un
popoloso regno europeo , si sono
formale le veni' ima, nelle quali è
pi'esentemcnte diviso l'impero. Ec-
co il nome delle quindici antiche
Provincie cinesi. I. Pet-chi-li, o ita-
lianamente Petscieli, ovvero Pe-cc-Ii ,
GIN
il di cui capoluogo è PiKìnn ( Fé-
di). Ola la ca[)it;ile di tutto l'impe-
ro cinese. 11. Chan-si o Sciansi, il
cui capo luogo è Taycn-Fu, o Tai-
quen-fu. 111. Xensi , o Chen-si, o
Sciensi, che ha per capo luogo Sin-
gau-i''u. IV. Chang-Toiig o Scian-
tum, il di cui capo luogo è Tsinan-
Fu. V. Kiam-Nan , che riguardasi
come il centro della navigazione, l'a-
nima del commercio, e l' emporio
di tutta la ricchezza industriale di (pic-
slo grande impero, il quale ha Nan-
hin (^Fcdi') per capoluogo, seconda
città, e già capitale dell'impero:
inoltre nella detta provincia si com-
prende r isola Zum-lMim. VI. Ge-
kiam, il cui capo luogo è Ilan-ceu-
Fu. VII. Fou-kian, o Fukien, che
ha per capoluogo Fu-ccu-Fu, ed
inoltre ha l'isola Formosa, di cui
^ capitale Tayoan-Fu. Vili. Kuam-
Tum, la più considerevole fra le
Provincie meridionali cinesi, il cui
capo luogo è Canton o Kivam-ceu-
Fu, che può chiamarsi la terza cit-
tà dell' impero, con ampio e rino-
mato porto, il solo che gli Europei
possono frequentare. La detta pro-
vincia ha pure la celebre isola J/rf-
cao i^f^cdi) , Sanciano o Sian-chu-
en, isola nella quale morì l'aposto-
lo dell'oriente s. Francesco Saverio
della compagnia di Gesù; nonché
l'allia is(j|a Hainan, e il capo luo-
go Kium-ceu. IX. Kuam-si, o Gang-
si, il ili cui capo luogo è, Ruei-Sini-
Fu, o Keilen. X. Yun-Xan, che ha
la bella, e vaga città di Yun-Nan-
Fu per capo luogo. XI. Se-Tchuan
o Su-ciiien, che por capo luogo ha
Ciin-Tu-l'\i. XII. IIo-Nan, nel cen-
tro dell' impero cinese , chiamala
perciò Giardino dflla Ciiict, con
Khai-Fom Fu per capo luogo. XIII.
Kou-Covang o Hu-Kuam, il di cui
capuluogo chiamasi Wou-Tchang-
GIN
Fu, ovvero U-Ciam-Fu. XIV. Ku-
ei-ceu, con Kuci-Yam-Fu per capo
luogo. XV. Rian-si, che ha per ca-
po hiogo Nan-Tchang Fu, o, come
altri dicono, J\am-ciam-fu.
La storia della Cina risale con
certezza al ventesimo secondo secolo
avanti l'era volgare,, comechè alcu-
ne tradizioni facciano rimontare l'e-
poca quattro secoli prima, cioè ver-
so l'anno 2678 avanti la venuta del
Salvatoi'e, ciò che per altro dai buo-
ni critici si ritiene per favoloso, giac-
ché la detta epoca va di molto avan-
ti al diluvio secondo la Volgata. Il
re lioang-ti Fou-hi passa pel fon-
datore del cinese impero; ma vera-
mente fu Yao il primo principe, di
cui siasi parlato nel Chou-king ,
il piìi autentico tra i classici libri
cinesi. Yu, suo secondo successore,
fondò la prima linea di successione.
Dopo questa dinastia, altre ventuna
occuparono il trono, ma probabil-
mente non l'intera Cina; dappoi-
ché i primi l'e non sembrano aver
regnato nelle provincie del centro,
e del nord ovest, YHo-nan, il Sciali-
sì, ed il Scicns-si , nelle quali si
ha ragione di credere, dia abbia in-
cominciato la civilizzazione cinese.
Non è se non progressivamente, che
il loro dominio si estese alle pro-
vincie situate sul Kiang o Kiam,
uno dei due piìi grandi fiumi del-
la Cina, nome che significa figlio
del mare a cagione della profondi-
tà, ed ampiezza delle sue acque,
mentre l'altro fiume chiamasi Ilo-
ang dal colore delle sue acque gial-
le. Dipoi le contrade al di là del
fiume Kiang, o Riara, abitate da
popoli barbari, furono riunite all'im-
pero. Quelle che lo formano attual-
mentCj non sono le sole che ne ab-
biano un tempo fatto parte. Il Ton-
kino, e la Cochinchina sino al Carn-
ei N i57
l)oja furono cangiate sotto gli Han
in provincie cinesi, coi nomi di Fu-
Nan, e di li-Nan. Tutta la piccola
Eiikai ia, la Trausosana, ed anche
ima parte della Persia furono egual-
mente divise sotto gli Han in pro-
vincie , dipartimenti e circondari.
Ad altre epoche al contrario le na-
zioni tarlare invasero delle porzio-
ni più o meno considerabili del ter-
ritorio impciiale. Della tribù di raz-
za turca, e tongusa formarono sta-
bilimenti nel Scian-si, nel Scìeii-
Kiii , e nel Tchi-lì , ovvero Ce-li.
Una nazione di origine tibetana for-
mò nei paesi , che ora chianmnsi
Sccn-si, o Ka-sii, un regno, ch'eb-
be qualche celebrità sotto il nome
di Tangut. Due popoli usciti dalla
Tarlarla orientale, s'impadronirono
di tutto il nord della Cina , e vi
formarono degli stati potenti sotto
i nomi di Khilans, e di Altun-Khans,
cioè re d'oro. Questi ultimi furono
in seguito soggiogati dai Mongolli,
che terminarono pure di sottomet-
tere la dinastia cinese dei Sani
o Soiuig iitii-ati nel mezzodì. A que-
sta epoca la Cina intera riconobbe
per la prima volta una straniera
dominazione, cptclla dei discendcnli
di Tenchinghis-Ran, stato che dinò
meno di vent' anni, dopo i quali i
cinesi cacciarono i Mongolli, e gli
obbligarono a ritornare al nord del-
la gran muraglia. Finalmente nei
primordi dei secolo decimoseltimo i
mandsciuri tartari della stessa razza
degli Altun-Rhans, profittando dei
torl)idi ond'era sconvolta la Cina,
vi entrarono come ausiliari. Dap-
poiché verso il 1644 l'impero es-
sendo stato invaso da ladroni co-
mandati da certo Tesciang, o Te-
Sciaìì), l' imperatore, per non cade-
re nelle loro mani, uccise la pro-
pria figlia, e poi si appiccò. Ed è
i5« GIN
peiciò, che essendo stali chiamati i
tartari dai cinesi per domare l'in-
solenza de' ladroni, trionfarono di
essi, entrarono vittoriosi in Pekino,
sacclici^^iarono le case, e termina-
rono col porre sul trono uno de'lo-
ro capi, che fu il primo imperato-
re delia dinastia regnante, il quale
chiamasi Thising di Tougse , o per
dir megho Cim, dopo averne discac-
ciato r usurpatore Tesciang. Con-
ta questa dinastia già sei impe-
ratori, compreso quello, che ora
occupa il trono, il quale discen-
de dall'imperatore Kia-Ring , che
essendo il diciassettesimo figlio del-
l'imperatore Kien-Long, questi nel
1796 a di lui favore abdicò il tro-
no. Due principi di questa ultima
dinastia contribuirono ad innalzare
la Cina ad un grado di splendore
eguale a quello, a cui era giunta
nelle epoche più floride.
La Cina deve pure alla dinastia re-
gnante il celebre trattato di pace colla
Russia, che fissò i limiti de'due im-
peri , la distruzione della potenza
degli Olets, e la sommissione della
Tartaria occidentale, della piccola
Bukaria, e quella del Thibet, che ne
fu la conseguenza. I Russi per un
articolo del loro trattato, manten-
gono a Pekino un collegio sotto la
direzione di un archimandrita. Mer-
canti bukari, persiani, ed arabi vi
arrivano ad epoche diverse pel com-
mercio; vi si trovano degli armeni,
degli ebrei, dei lamas del Thibet,
e dei pellegrini indiani. In Canton
poi sono ammessi a soggiornare va-
ri europei intenti alla negoziazione.
Il giorno piìi festivo dell'anno nella
Cina, si celebra nel dì i5 della
prima luna,' corrispondente al mese
di marzo, e l' imperatore lo celebra
colla massima pompa, e in presen-
za degli agricoltori, che il governo
CIN
grandemente protegge. Si onora in
tal dì il Tien , cioè // Cielo , con
fogli un sagiifizio, maneggiando lo
stesso principe 1' aratio, alla fòggia
degli antichi monarchi dell'oriente.
Nella Cina si distinguono varie
religioni o sette. La prima è la re-
ligione naturale, eh' è quella dei let-
terali e del governo, che impropria-
mente alcuni qualificaiono ateismo.
La seconda è quella della filosofia,
Lo-Kyun, eh' è la religione attuale
di Confucio alquanto corrotta. La
terza, è quella di Fu, consistente in
una grossolana idolatria, la quale
incominciò poco dopo la nascita di
Gesù Cristo sotto l' imperatore Min-
ti, seguendo i principii di Rama, o
Xechia. La quarta è quella di Jukiao,
eh' è una modificazione ragionevole
della prima, che ebbe principio nel-
l'anno 1070, e poscia verso il i4oo
fu abbracciata dall' imperatore. Tut-
te queste sette però convengono nel
credere il principio del cielo, e del-
la terra, e l'anima del mondo, prin-
i;ipio che appellasi Sciainniiisnio.
Hanno i cinesi i loro templi dì e
notte aperti, regna tra loro la su-
perstizione, alinìentala principalmen-
te dalla credenza della trasmigra-
zione dell' anima , alta a sostene-
re le frodi dei loro bonzi o sa-
cerdoti, dall' arte di consultare gli
spiriti, e dalla operazione misterio-
sa , che riguarda la positura de-
gli edifizi, e delle tombe. Evvi la
setta anco degli Epicurei assai este-
sa, non pensando essi se non che a
saziare le loro voglie, ed a riporre
tutta la felicità della vita nei pia-
ceri. Nella Cina vi è pure tollerato
il giudaismo, il maomettanismo, ed
alile sette. Molli sono i giudei, non
però in lutti i luoghi, i quali sem-
l3rano cinesi, e possono occupare
cariche, ed aver sinagoghej ove im-
GIN
perfetta mente osservano la legge
mosaica. Il cristianesimo poi, dallo
zelo degli evangelici banditori in-
trodotto, ha sovente sofferto le piìi
accanite persecuzioni, che andiamo
ad accennare, insieme all'origine
del cristianesimo. Sulle divei'se città
della Cina, e di ciò che le riguar-
da, veggasi il Berguer.
E comune opinione dei cristiani,
che l'apostolo s. Tommaso predi-
casse la fede di Gesù Cristo dap-
prima nelle Indie, e che di là si re-
casse nella Cina ; sentimento conforme
a ciò, che si legge nell' uffizio della
chiesa di Malabar, il giorno della
festa di questo santo apostolo: » Per
» opera di s. Tommaso disparvero
» gli errori della idolatria nelle In-
" die. Per s. Tommaso i cinesi e
" gli etiopi sono slati convertiti al-
» la cognizione della verità, e della
" fede. Per s. Tomnjaso hanno ri-
» cevuto il sagramenLo del batle-
" simo , e r adozione dei fìgliuo-
» li. . . . Per s. Tommaso il regno
» di Dio è volato, ed è salito fino
» alla Cina. . . . GÌ' Indiani, i Ci-
" nesi e i Persiani adorano il san-
" lo nome nella commemorazione
" di s. Tommaso ". Alcuni asseri-
scono la propagazione della fede nel-
la Cina nel terzo secolo, o almeno
che si ravvivasse in detta epoca , e
maggiormente si dilatasse.
Nelle costituzioni sinodali dell'ar-
civescovile chiesa di Cranganor, ev-
vi un canone di Teodosio patriar-
ca, secondo il quale i patriaichi del-
le regioni lontane (nominandosi in
primo luogo la Cina) vengono di-
spensati dal recarsi a riconoscere il
patriarca di Malava, ed in vece ogni
sei anni spediscono lettere commu-
nicatorie sulla medesima fede. Al-
lorquando i Portoghesi discojjersero
le Indie, il sacerdote delle chiese
GIN 1%
nei monti di Malabar, s' intitolava
metropolitano delle Indie, e della
Cina, facendo altrettanto quelli che
lo avevano preceduto, e che succes-
sero. E pure indubitato, che i cine-
si portavano le loro merci nell'isola
di Tapobrana, presso la costa di
Malabar, nella quale eravi una chie-
sa de' Persiani, con un sacerdote, e
ministri, nella metà del sesto secolo.
Laonde potevano benissimo appren-
dere il cattolicismo se anco presso
loro si fosse dimenticato. Anzi si ri-
tiene che l'istituzione del metropo-
litano della Cina, sia anteriore a
quello delle Indie, pel riflesso che,
essendo le chiese dell'India sogget-
te alla giurisdizione del metropolita
persiano, e questo trascurandole, Ti-
moteo I cattolico di Seleucia cre-
dette utile il dare vui metropolita-
no agi' Indiani, nel modo stesso che
la chiesa della Cina avea già il suo
da molto tempo innanzi ; lo che
probabilmente avvenne circa l'anno
780. Da un monumento, che si
rinvenne nel iGsS nella provincia
di Chen-Si o Xeiisi presso la capi-
tale Singan-fu, sembra che la reli-
gione cristiana nell' anno 63 1 esi-
stesse indubitatamente nella Cina. Ciò
produsse immensi vantaggi al dila-
tamento della fede, massime in Ken-
si, a Ransi, ed in Foklen, che di-
venne piena di cattolici.
Dopo r erezione del monumento,
eh' era una gran tavola di marmo,
segnata di una croce in cima, coi
principali articoli della fede in Cine-
se , la religione cristiana dovette
mantenersi nella Cina ancora per
qualche tempo. Racconta il Renau-
dot, che due viaggiatori arabi, l'u-
no neU'SSi, l'altro nell' 877 visi-
tando la Cina, vi trovarono de' cri-
stiani, una gran parte de' quali pe-
ri nella seconda epoca in una livo-
lii/iono. Sì sa ancora clic, verso il
fine del dociino secolo, i cattolici di
.Scleucia, cioè il patriarca de'iiesto-
viani seguendo l'esempio de' suoi
})redccessori, mandò degli ecclesiasti-
ci nella Cina. Clic i nesLoriani aves-
sero portata la loro setta sulla co-
sta del JMalabar nelle Indie, e nella
filande Tarlarla, e che penetrassero
nella Cina e \i si stabilissero, lo aller-
niano molti scrittori orientali, e il
r^ei-gier JJiz. E/iciclop. alla parola
Cina, difende i missionari apostoli-
ci dalla imputazione di aver imma-
ginato il ritrovamento del sudde-
fccritto monumento, che il magistra-
to cinese fece trasportar nel tempio
dei bonzi. Dal secolo decimo in poi
Aciamente nulla si sa della chiesa
cinese, e vuoisi, che in progresso
vi perisse senza conoscersene il mo-
tivo. Il coraggioso viaggiatore IMar-
co Polo, (;he nel declinar del secolo
Xill visitò quasi tutti i paesi di
oriente, riferisce di aver veduto nel-
la Cina due chiese nella città di
Ì5ingan-Fu, edificale da ftlar-Sergio,
fatto vescovo di quella città dal
Gran-Chan nel 1288, ma non erano
che reliquie di un cristianesimo spi-
rante, e toccante il suo termine.
Dopo lAIarco Polo si obbliò 1' esi-
stenza della Cina, finché una flotta
jìortoghese, comandala da Ferdinan-
do Perez d'Andrada, ne fece di
nuovo la scoperta verso l'anno 1 5 1 7,
e giunse pel primo a Canton. Som-
mo era il rigore de' cinesi contro gli
estranei, i quali se avessero posto pie-
de nel loro paese venivano subito uc-
cisi, il perchè rimase per tanto lem-
])o ignoto s"i vasto impero. Solo la
l()rza del!' interesse fece aprire il
trallico Ira la Cina, e i portoghesi.
(Questi non trovarono alcun segno
della religione cristiana, per lo che si
e acceso lo zelo de' missionari in-
CIN
tenti a ridurre sì bella ed estesa
parie del inondo alla vera luce del
vangelo, e alla cattolica religione
])er le cure de' Sonnni Pontefici.
Sebbene a' Gesuiti benemeriti si tlia
il vanto di essere stati i primi, che
do[)o la scoj)erta de' portoghesi pe-
netrassero nella Cina a predicarvi
la vera fede, pure alcuni vogliono
che fossero slati preceduti da'missio-
narii portoghesi, e castigliani, i ipia-
li vi passarono dalle isole Filip[>ine.
Quindi il p. Gaspare de la Croix
domenicano portoghese, essendo giun-
to in Goa nell'almo i548, con un-
dici de' suoi compagni lutti dome-
nicani, ed avendo fondato un con-
vento al suo Ordine, prima si recò
nel regno di Caniboya, nell'India
ulteriore, passò dipoi nella Cina nel
i55G, e molto soffrì per la fede.
La relazione del suo viaggio, e del-
le sue apostoliche fatiche fu stam-
pata ad Evora nel 1 oGg. Inoltre
osserva il p. Echard, dopo Domeni-
co Navarette, che i pp. Martino ile
Piada, e Girolamo Maria erano en-
trati nella Cina nel iSjS. Tulta-
volta, come poi si dirà, Gregorio
XIII, ed altri considerarono i Ge-
suiti pei primi introduttori della ve-
ra religione nella Cina. Certo è, che
apertosi nel i555 il trafìfico tra i
j)oitoghesi e i cinesi, questi, come
dicono alcuni, donarono a quelli Ma-
cao, luogo allora di ricovero ai pirati
cinesi. Certo è però che ìMacao è dei
cinesi, non dei portoghesi. In quell'an-
no il p. Melchiorre Nunez gesuita,
imbarcatosi pel Giappone, dalla tem-
pesta fu balzato nell' isola di Saa-
ciano, ove, a' 2 dicembre i552, ei'a
morto s. Francesco Saverio della
stessa compagnia di Gesìi. Quel
santo aveva concepito appunto il dise-
gno di predic^ire il vangelo ai cinesi
e convertirli, ma la morte impedì che
CI>.'
lo portasse ad effetto. Indi il p. Mel-
chiorre si recò a Cantori, e coU'aiuto
de' mercanti gli riuscì penetrare a
Quanceu, capitale di quella provinciaj
senza però ricavai'ne vantaggio al-
cuno. Ma, nel i562, avendo Gio-
vanni HI re di Portogallo inviato
per ambasciatore all' imperatore del-
la Cina il conte Diego Pereira, in-
sieme ai padri gesuiti Perez, Tessei-
ra, e Pinto, si trattennero essi due
anni in Macao, e battezzarono molti
schiavi cinesi, de'quali schiavi nove-
cento portoghesi abbondavano; però i
mandarini che sono ufficiali dell'im-
pei'o, non permisero loro d' inol-
trarsi in esso. Riuscì poi, nel i58i,
d' introdurvisi al p. Michele Rug-
gieri j il quale fu il primo che ot-
tenne licenza di trattenervisi, aven-
do pure la religiosa consolazione di
battezzare pubblicamente molti ci-
nesi. Fu allora che il p. Ruggieri
scelse alcuni individui, li condusse
a Macao, e quivi, con un pio soc-
corso, edificò una piccola casa in
forma di seminario.
Nell'anno seguente si asrsriunse
al detto gesuita, il correligioso p.
Matteo Ricci. Per quello che entram-
bi operarono tra i cinesi , sono ri-
guardati come due apostoli, tradu-
cendo essi persino in cinese la dot-
trina evangelica. Siccome poi que-
st'ultimo era profondo matematico,
per l'amoi'e che i cinesi portano a
tal scienza, si guadagnò l' ammira-
zione non solo della corte, ma del-
lo stesso imperatore \'anliè. \enuto
di tutto in cognizione Gregorio XIII,
che sino dal iSji, governava la
Chiesa, dichiarò a' soli gesuiti com-
petere la propagazione della fede
nella Cina, e nel Giappone. Sotto il
medesimo pontificato, per opera dei
gesuiti, l'arcivescovo di Angamale o
Cranganor, abiurati gli errori ne-
VOL. XIU.
GIN i6i
storiani, si pose all'ubbidienza di
Gregorio XIII; Giovanni re dell'i-
sola Ceylan, che alcuni dicono sia
l'antica Taprobana o Trapobana,
con più di ventimila sudditi si con-
vertì al cristianesimo; ed egualmente
per opera de' gesuiti, i re di Bungo,
di Arima, e di Omuro nel Giappone,
inviarono una splendida ambasceria
ubbidienziale a Gregorio XIII. Tut-
tavolta non andò guari che i padri
Ruggieri, e Ricci, perseguitati dagli
idolatri discacciati dalla reggia di
Pekino, nel iSgs, passarono a ÌNan-
kino aprendovi una casa . Quivi
ancora espulsi, risolvettero far ri-
torno alla prima città, ove, dopo
avere superate non poche contrarie-
tà, cortesemente fu loro accordata
vma casa per abitazione. In progres-
so i gesuiti aprirono nella Cina quat-
tro collegi, mentre Clemente Vili
zelando di profittare di sì fortunati
priucipii, colla costituzione. Onerosa^
de' 12 dicembre 1600, Bull. Rom.
tom. V, part. II, p. 3 2 3, abilitò
alle missioni della Cina tutti gli
Ordini rehgiosi, e precipuamente
quelli mendicanti, coli' obbligo pri-
ma di recarsi in Portogallo, da do-
ve sarebbono inviati per la Cina
dai propri superiori. T^. lo Sponda-
no, Annal. Eccl. anno 1600, num.
26.
Nel 1606 insorse nuova persecu-
zione contro i gesuiti, i quali furono
costretti partire da Pekino, e ritornare
a JVIacao. La divina Provvidenza pe-
rò, dopo aver scampato dalla morte
il p. Ricci, giunto esso a Canton, un
mandarino gli diede permesso di
retrocedere a Pekino, ove poi san-
tamente finì i suoi giorni nel 16 io,
lasciando alla Cina più di trecento-
mila cristiani. A lui succedette il
p. Longobardi. JVel seguente anno
in Nankino il gesuita p. Vagnoui
1 1
iGo. GIN
fdificò un maestoso tempio ad ono-
re (li Dio, tradusse in cinese la for-
mula del haltesimo, e preparò am-
pia via air ulteriore conversione di
<jue' popoli. Indi furiosamente i bon-
zi fecero cacciare dalla Cina i ge-
suiti, per cui nel i6i8 tornarono
in Macao, nel qual anno i tartari
invasero la Cina, e quasi tutta la
sottomisero al loro dominio. Arrivò,
nel i6ig, nella Cina il gesuita p.
Trigalzio, portando seco due brevi
di Paolo V, che avea emanati sino
dal i6i5, per meglio stabilire la
fede in sì florida regione . Con
vmo conceduto ei'a ai missionai'i di
poter celebrare col capo coperto ,
altrimenti avevasi un ostacolo per
parte de' cinesi neofiti, che ostinati
nelle loro cerimonie, le celebravano
col capo coperto, forse anco pel lo-
ro costume di portare la testa rasa,
ad eccezione di una ciocca di ca-
pelli, che conservano in cima, e
che sogliono intrecciare. V. Lam-
berti ni, toni. II, del sagrifizio della
messa part. IV, sez. I, p. 174 5 ^
il Raynaud de Pìleo etc. caetcris
capitis tcgniìnìbiis, t. Ili, p. 628.
Coir altro breve , de' 25 gennaio
1 6 1 5, Paolo V decretò, che si po-
tessero celebrare i divini uffizii, e
la messa in lingua cinese, e si po-
tesse anco voltare in simile idio-
ma r istruzione della cattolica fede.
Intanto, essendo morto l' impera-
tore Vauliè, gli successe il figlio
Taican, e poco dopo il nipote Tien-
chi o Tien-Ci, che proteggendo i ge-
suiti, nel 1624, li fece tornare a
Pekino. E siccome i cinesi tengo-
no in pregio quelli, che coltivano lo
studio dell' astronomia , avendo il
p. Sciai egregiamente spiegato una
eclisse lunare, la compagnia di Gcsìi
crebbe in estimazione presso tulli,
mentre il vangelo predicavasi libe-
CIN
ramente in più parli. Nel 1G29 cir-
ca, fiuono pubblicamente baltezzali
a Pekino un piccolo figlio deUim-
pcralure, insieme alla sua madre.
Inlanlo, avendo i tartari fatta una
nuova irruzione nella Cina arrivan-
do sino sotto le mura di Pekino,
l'imperatore ne partì, e grandemen-
te adirato contro la debolezza dei
suoi dei, che non lo avevano assi-
stito, demolì i loro templi, e con-
vertì in moneta gì' idoli medesimi ,
che erano di metallo. Fu in questo
tempo, che dalle Filippine si reca-
rono nella Cina tre domenicani, due
de' quali furono uccisi nel viaggio.
Vennero essi rimpiazzati da un altro
domenicano, e da un agostiniano.
Nel 1637 entrarono nella Cina an-
che dieci francescani, però non ne
rimasero che soli due. Nel medesi-
mo anno insorse una persecuzione
de' bonzi contro il nome cristiano ,
che essendosi ben presto sopita nel
cambiamento accaduto nella Cina
nel ) 644) i" cui ascese al trono il
principe tartaro progenitore della
regnante dinastia , i missionari vi
guadagnarono per la benigna incli-
nazione del novello imperatore.
Nel pontificato d' Innocenzo X
giunsero in Roma le notizie della
Cina, e del gran bene che vi face-
vano i gesuiti, insieme alla richiesta
del p. Rodes, per cui la santa Sede,
per mezzo della sagra congregazio-
ne Cardinalizia, che Gregorio XV
aveva istituita per la propagazione
della fede, deliberò di spedire a
queir impero dei vescovi, perchè or-
dinando colà sacerdoti, dilìbndessero
vieppiìi il cristianesimo. Nel ponti-
ficato del successore Alessandro VII,
alcuni francesi si ofirirono per uu
tcìl ministero; ma considerando egli
le pretensioni del Portogallo, che
sosteneva per concessioni pontificie
GIN
il diritto giurisdizionale sopra le chie-
se della Cina, prudentemente ne in-
viò soli tre coi titolo e facoltà di
vicari apostolici, e col grado di ve-
scovi in partibuSj dando loro per
compagni fervorosi ecclesiastici; locchè
avvenne nel i658. In questa occa-
sione si agitò di nuovo con suppli-
ca ad Alessandro VII il punto del-
la celebrazione de' divini ufllzii in
lingua cinese, che, sebbene Paolo V
ne avesse spedito il breve, era stata
dappoi sospesa. Fu pertanto tenuta
una congregazione di uomini dot-
tissimi, ma nulla fu risoluto. I lorO
voti furono registrati nell' opera del
Cardinal Albizi, de iiiconstanlia ili
fide, par. I, cap. 34, dal u. 43 si-
ilo al n. 5o. Per terminai" qui la
risoluzione di questo punto, diremo
che poscia nel 1681 si mandò a
Papa Innocenzo XI un messale tm-
dotlo in cinese. A tal fine venne
spedito a Roma il p. Couplet, pro-
curatore generale delle missioni del-
la Cina, affine di ottenere l'appro-
vazione, e r uso, ma nulla fu con-
cesso. V. Papebrochio in Propylaeo
ina'd nelle vite de' Pontefici Nicolò
I, Adriano II, e Giovanni \III; il
Pallavicini, Storia del concilio di
Trento lib. XVIII capo i o ; e Na-
tale Alessandro , Hist. Eccl. saec.
XV et XVI, Dissert. XII. art. 12.
Al detto Innocenzo XI poi, nel 1688,
arrivò in Pioma 1' ambasceria del re
di Siam, composta di tre ambascia-
tori Tunckiiiesi, e di alcuni neofiti
accompagnati dal gesuita Tachard
francese, i quali, vestiti alla cinese,
presentarono al Pontefice i regali
del loro monarca. Innocenzo XI
volle, che convenientemente fossero
trattati di alloggio e mantenimento,
e con somma tenerezza ed egual
getierosità li rimandò alla patria ca-
jichi di donativi, come abbiamo dal
GIN i63
Bonanni, Numismata Pont. t. lllj p.
779;
Ritornando ai vicari apostolici
spediti nella Cina insigniti del ca-
rattere episcopale, e con titoli in
partibtis, dii-emo essere Alessandro
VII stato imitato dai successori Cle-
mente IX, Clemente X, ed Inno-
cenzo XI; ma il ministero porto-
ghese non mancò querelarsi con vi-
gore, perchè veniva distrutta la re-
gia autorità nelle regioni cinesi. Tut-
tavia dalla congregazione di Propa-
ganda fide fu decretato nel settem-?
bre 1680, non essersi colla nomina
de' vicari apostolici affatto pregiudi-
cato ai pretesi diritti del Portogal-
lo, né potersi in riflesso di qualsia-
si pHvilegio conceduto a quella mo-
narchia legare le mani al sommo
Pontefice, che dee prendere le op-
portune provvidenze secondo le cir-
costanze, e pel miglior ben essere
del cattolicismo. Tale risoluzione
venne approvata da altre congrega-
zioni, e dalla suprema sanzione del
venerabile Innocenzo XI, perocché
era incompatibile il patronato uni-
versale della corona portoghese in
quelle parti.
Il suo successore Alessandro Vili
nel 1 690, cedendo alle istanze del
re di Portogallo, nel riflesso che il
vescovo di Macao di lui padronato
non poteva pascere l'immenso ed
esteso gregge cinese, eresse in ve-
scovati Nankino, e Pekino, dismem-
brandoli dalla diocesi di Macao (giac-
ché dall' imperatore della Cina si la-
sciava libero l' esercizio della catto-
lica religione), e s' inviarono vicari
apostolici ne' regni di Siam, Concin-
cina, Sciampa, Cambogia, ed altri
regni e provincie affidate esclusiva-
mente ai detti vicari. Calcolavansi
allora i cristiani della Cina a più
di duecento mila, novanta i missio-
i64 CIN
nati, la maggior parte gesuiti, ed
alcuni domenicani , agostiniani , e
francescani, olire i preti francesi.
Finalmente pose un termine alle
pretensioni della corte portoghese,
la saviezza, e lo zelo d' Innocenzo
XII, il quale a vantaggio delle ci-
nesi missioni donò cento mila scudi,
come si legge nella sua vita. iVovaes
t. XI. p. 173.
Ad eseguire gli ordini della sa-
gra congregazione di Propaganda
nella Cina per la sopraintendenza a
tutti i vicari apostolici, e missiona-
ri dimoranti in essa, fu creduto spe-
diente a Clemente XI spedirvi un
visitatore apostolico generale, cioè
Carlo Tommaso IMaillard de Tour-
iion torinese, die a tal effetto con-
sagrò nella basilica vaticana in pa-
triarca d' Antiochia. Lo incaricò e-
ziandio di occuparsi della famosa
controversia sui riti permessi nella
Cina dai gesuiti, e gli diede a com-
pagni degli ecclesiastici probi, e ze-
lanti. Fu nel 1702, che il detto
monsignor Toumon si pose in viag-
gio pel suo destino, ed arrivò nella
Cina ai 9 aprile i7o5, ove venne
accolto onorevolmente dall'impera-
tore, che destinò preziosissimi rega-
li pel Pontefice Clemente XI. A ca-
gione della gravità delle differenze
sui riti della Cina, riesce indispen-
sabile farne qui una breve istoria,
descritta fra gli altri da monsignor
Lafiteau nella vie de Clement XI.
p. 2 1 r, e seguenti.
Verso l'anno 55o avanti la na-
scita di Gesù Cristo fiori il celebre
filosofo cinese Confucio, nato in Ckan-
ping d'una famiglia antica del regno
di Lo, oggi Canton, o 8cian-Tum.
Dalla sua prima giovinezza si acquistò
gran nome per la vivacità dello spi-
rito, e per la maturità del suo giu-
dizio. Essendo divenuto mandarino e
GIN
ministro di stato, si fece ammirare
per la politica, e per lo stabilimen-
to delle leggi. Ritiratosi poscia dalla
corte, si pose ad insegnare filosofia
con tale applauso, che i suoi disce-
poli arrivarono a tre mila. Settanta-
due di essi superarono gli altri pe-
rò in sapere e virtìi, cosicché anco
per essi i cinesi conservano venera-
zione. Ma quella di Confucio è su-
periore a quella di tutti gli altri ,
giacche ogni città ha dei palazzi
consagrati alla sua memoria, sulla
facciata de' quali a lettere d'oro si
legge : Al gran maestro : All^ Illu-
stre ; Al saggio re delle lettere.
Quando alcun togato passa dinanzi
ad uno di questi palazzi, scende dal
palanquin, e fa alcuni passi a piedi
per rendergli onore . Xiuno vie-
ne promosso a mandarino ed a
cariche della toga, se non dopo di
essere stato dichiarato dottore giu-
sta la dottrina di Confucio, i cui di-
scendenti sono tuttora in grandissi-
ma estimazione. Sono essi mandari-
ni, e vanno esenti dai tributi come
i principi del sangue imperiale. Tutti
quelli, che prendono il dottorato,
debbono fare un donativo ad un
mandarino della discendenza di Con-
fucio. Vengono a questo filosofo at-
tribuiti quattro libri, che sono di
grande autorità fia i cinesi ; dei qua-
li il p. Couplet ha tradotti in la-
tino, e pubblicati i tre primi.
Venendo poi al punto della con-
troversia, è a sapersi, che quando
uno scolare doveva prendere il gra-
do di dottore, tutti gli accademici
si radunavano in una sala del col-
legio, nella quale era esposto in un
quadro il nome del filosofo Confu-
cio ; e dopo avere resi a tal qua-
dro quegli onori di rispetto , che
soglionsi fare dai discepoli agli
stessi loro maestri ancor viventi.
GIN
allora il cancelliere conferiva il
gi-ado dottorale al candidato. Ma
nel i633, essendo passato alle mis-
sioni della Cina il p. Giambattista
Morales domenicano spagnuolo, con-
dannò queste cerimonie, che i gesui-
ti tolleravano come puramente ci-
vili. Quindi per comando dell' im-
peratore, furono esiliati i domenica-
ni dall' impero, insieme ai france-
scani. Il p. Morales giunto in Roma
nel 1645, portò le sue lagnanze a
Innocenzo X, ed alla congregazione
di Propaganda fide tra gli altri
propose questi due dubbi : Se fos-
se lecito prostrarsi avanti V idolo
Cìuinchinchiani? E se fosse lecito il
sacrificare a Keumfucum, o Kun-fa-
zu, cióìi a Confucio ? Rispose la con-
gregazione con decreto pontificio del
settembre 164 5^, vietando l' una e
r altra cosa, a tutti i missionari di
qualunque religione ed istituto, fin-
ché la santa Sede non ordinasse in
contrario.
JN'el successivo pontificato di Ales-
sandro VII, giunto in Roma il p.
Martini gesuita, presentò al Papa,
ed alla sagra congregazione una let-
tera colla relazione di questo affare,
in vigore della quale nel i656 usci
un decreto, che permetteva a'cristia-
ni cinesi le riferite cerimonie, non
istimate religiose, ma pm'amente ci-
vih, e come tali approvate dal me-
desimo Alessandro VII nel breve ,
che spedì nel i66i all'imperatrice
Elena moglie d'Ymliè. Di questa
imperatrice si parlò superiormente,
mentre di altra, coli' autorità del
Novaes, si fece menzione all'articolo
Asia. Vedi.
Clemente IX dipoi in un breve
del 1669 approvò il decreto di A-
lessandro VII, ed altrettanto fecero
Innocenzo XI nel breve de' 3 di-
cembre 1681 diretto al p. Verti-
CIN i65
biesl gesuita, non che in quello dei
7 gennaio i68g, inviato a' cristia-
ni del Tonckino ; similmente ciò
fecero Alessandro VIII nel breve
de' 25 luglio • 1690 all' imperato-
re della Cina , ed Innocenzo XII,
in quello de' 2 settembre 1692, al
medesimo. Il p. Pace domenicano ,
rettore dell'università di Malines nel-
he sue risposte a'dubbi de'missionari
del Tonckino, impresse a Malines nel
1G60, i pp. Le Gand, della Palma, e
Gando provinciali domenicani, re-
plicate volte raccomandarono a' loro
dipendenti di conformarsi all'uso dei
gesuiti in queste cerimonie, le qua-
li il p. Sarpetri ancor domenicano
in un suo attestato, sottoscritto ia
Canton a' 4 agosto 1668, protesta-
va, che da lui esaminate per otto
anni con iscrupolosa diligenza, era-
no non solo lontane dal peccato,
ma utili e necessarie per promuo-
vere il vangelo nel cinese impero.
Ad onta di tuttociò il vicario a-
postolico Fokiense, Carlo Maigrot
dottoi'e di Sorbona, e vescovo coo-
nense, esaminò con accuratezza que-
ste cerimonie, e a' 26 marzo 1693
le proibì con un decreto, che si leg-
ge nel Bull. Roni. t. X, par. I, p.
129. La causa fu perciò nuovamen-
te portata in Roma nel pontificato
di Clemente XI, a cui nulla più
stava a cuore, che di comporre, e
terminare queste controversie con
vantaggio della religione. Per deci-
dere con maggior sicurezza, a'3 di-
cembre 1701, nominò il suddetto
visitatore apostolico monsignor Tour-
non, qual legato, che poscia nel 1707
creò Cardinale. Uomo egli era di
provata pietà, per cui lo stesso Papa
per la stima che ne faceva, il rac-
comandò con diversi brevi ai sovra-
ni, che nelle Indie orientali posse-
devano stati, nonché a molti perso-
iG6 CIN
naggi, e vescovi di quelle regioni ,
ed il raunì d'amplissime facoltà con
breve de' 2 luglio 1702. Giunto, co-
me dicemmo, il prelato nella Cina,
quivi a' 20 novembre 1704, l'ce-
vette il pontificio decreto, che ripor-
tasi nel Bull. Rom. t. Vili, p. 388,
nel quale si condannavano i riti sì
della Cina, che del Malabar, già
condannali dallo stesso legato con
decreto de' 2 3 del precedente giu-
gno. I gesuiti, sostenuti da monsi-
gnor Alvaro Benavente vescovo di
Ascalona e vicario apostolico nella
Cina, il quale stimava essere neces-
sario praticar l' uso de' cinesi sicco-
me più vantaggioso alla cattolica re-
ligione, ricorsero a Clemente XI ,
pretendendo che il suo legato fosse
stato informato soltanto da persone,
che ignoravano la lingua e i prin-
cipii della Cina. Ma il Pontefice esa-
minò maturamente la causa nel
17 io; e poi nel 17 12 confermò
lutti i decreti contro le predette ce-
rimonie, come ancora gli edilli del
Cardinal Tournon, e a' ig marzo
1715, più rigorosamente le condan-
nò colla bolla Ex ilici die, presso
il Bull. Rom. t. X , par. II , pag.
49, nella quale propose la formula
del giuramento, che dovrebbono pre-
stare tutti i missionari per confor-
marsi alla intera osservanza della
bolla. E ad essa tutti i generali de-
gli Ordini religiosi, che avevano mis-
sionari nelle Indie, promisero ubbi-
dienza anco pe' loro religiosi. Delle
persecuzioni, cui andò incontro il
Cardinal Tournon [Vedi), e come
dall' imperatore sia stato posto nelle
prigioni di INIacao ove morì, si trat-
ta alla sua biografia.
Per non lasciare interrotta la sto-
ria «li questa controversia, per ciò
che riguarda i successori di Clemen-
te XI, noi qui aggiungeremo, che
CI\
Benedetto XI li col breve Ad aura
nostras, de' 12 dicembre 1727, Bull.
Rom. t. XVI, p. 2 3"), nuovamente
confermò il decreto del Cardinal
Tournon, e la bolla di Clemente XI,
prescrivendone l' esalla osservanza.
Clemente XII, dopo aver commtìsso
all' esame della congregazione del s.
Uffizio alcuni nuovi dubbi, che gli
furono proposti sulT osservanza del
decreto e della bolla, di nuovo con-
fermò ambedue con decreto de' 24
agosto 1734 Comperiam, Bull. Ma-
gno loc. cit. , in vigore del quale i
padri Le Gac, la Lane, de Monta-
lembert, Turpin, e Vicary prote-
starono nelle mani di m. Dumas go-
vernatore di Pondichery a' 22 set-
tembre 1735, di osservarlo, e di far-
lo osservare esattamente. Indi lo
stesso Clemente XII, con due altri
brevi de' 19 maggio 1739 Concredi-
ta etc. ; et Conlincre laida, Bull.
Magn. loc. cit. p. 249 e seg, diret-
ti ai vescovi ed ai missionari delle
Indie, nuovamente comandò l'intera
osservanza de'mentovati decreti, pro-
ponendo la formula del giuramen-
to, che gli uni e gli altri dovevano
fare, e rimettere alla congregazione
del s. Uffizio. In fine Benedetto XIV
con maggior solennità terminò la con-
troversia di questi riti per la Cina
colla costituzione Ex quo de' 1 1 lu-
gUo 1742, Bull. Magn. loc. cit.
p. I o5 ; colla quale annullò e ri-
provò otto concessioni di monsignor
^lezzabarba, che, come diremo, da
Clemente XI era stalo fatto commis-
sario apostolico della Cina. Pel Ma-
labar poi terminolli colla costituzio-
ne, Oniìdum solUciiudinem , de' 12
.settembre 1744, Bull. Bcncd. XIV,
t. I, p. 391, condannando definiti-
vamente que'riti. In questo eostilu-
zioni espose la storia della contro-
versia. Trovavansi nella prim.i alcu-
GIN
nR parole, cioè Nikilomiiiua iiiohe-
dientcs et captiosi liomines exactam
ej'usdcm constitulionis- {^Clcincntis XI)
ohsen'niitinrn effugi'ri' posse puta-
rnnt. Tali parole da molti si cre-
dettero doversi applicare a' gesuiti ,
come trasgressori di pontificii de-
ci'eti. Laonde lagnandosene meravi-
gliato il vescovo di Coimbia Mi-
chele dell' Annunziazione, con una
lettera scritta allo stesso Papa a'20
marzo 1748, questi gli rispose col
breve, che scrisse il seguente giu-
gno, Inter gratissinias, nel quale lo
assicurò che quelle parole non in-
tendei>ansì delenninataniente rivolte
contro i gesuiti, ma contro quelli ^
che fino allora erano slati disubbi-
dienti a' mentovati decreti, 0 questi
fossero della compagnia di Gesìi,
0 della famiglia di s. Domenico, o
di quella di s. Francesco, oppure
fossero chierici secolari.
Ritorniamo al pontificato di Cle-
mente XI. Zelando egli sempre la
propagazione e l'accrescimento del-
la fede nella Cina, a' 3o gennaio
1719 scrisse all'imperatore, parteci-
pandogli r impegno col quale spe-
diva nell'impero una nuova legazio-
ne di monsignor Mezzabarba pa^^
triarca d'Alessandria; inviandogli in-
tanto come di lui precursori alcuni
religiosi missionari . Lo pregava a
riceverli benignamente, come avea
ricevuti gli altri, che sotto il di lui
patrocinio avevano predicata nel-
r impero la legge cristiana. In questa
epoca vuoisi che nella Cina fossero
più di trecento chiese con più di
trecento mila cristiani. iVello stesso
tempo si sparse voce, che il mede-
simo imperatore era in procinto di
pubblicare un editto, col cjuale or-
dinava a' missionari di uscire dal-
1 impero cinese, e proibiva a'propri
sutlditi di professare la religione cri-
CIN 167
stiana, alle quali notizie non poten-
do resistere il buon Pontefice, cad-
de gravemente infermo ; ma essen-
do sopraggiunte veraci notizie da
Goa, e da Macao per parte del re
di Portogallo, ei si ristabilì in salu-
te. F. il citato Lafiteau, t. II, lib.
V, p. 195, e seg.
Nel pontificato d' Innocenzo XllI
e nel 1722, l'imperatore della Cina
mosso dalle querele del governato-
re di Fokien pubblicò de' barbari
editti, il cui scopo era di distrug-
gere il cristianesimo ne' suoi siali.
Un principe del sangue imperiale
neir età di oltant' anni, fu caricato
di ferri e bandito nella Tartaria
con tutta la sua numerosa fami-
gliaj perchè avea ricusato di rinun-
ziare alla fede, quindi furono di-
spersi, esiliati, e perseguitati tanto
i cinesi che i missionari, e distrut-
te vennero le chiese.
Clemente XII, nel i73i, spedi
missionari nel Thibet, promosse, ed
approvò la congregazione della sa-
gra famiglia di Gesù Cristo, istitui-
ta in Napoli da Matteo Piipa per
la istruzione dei giovani cinesi, ed
indiani, acciò divenissero abili mis-
sionari, e r assoggettò alla congre-
gazione di Propaganda fide. La
congregazione tuttora fiorisce, ha
cinesi che educa all'apostolico mini-
stero, e stanno essi ancora in Roma
per alunni nel venerando collegio Ur-
bano della stessa Propaganda fide.
Nel 1788 il p. Sanz, che erasi ri-
tirato in Macao, ritornò nella pro-
vincia di Fokien , ove fondò più
chiese, e ricevette i voti di un gran
numero di vergini, che si consagraro-
no a Dio. Non andò guari per altro,
che il viceré lo fece martirizzare eoa
quattro domenicani. Nell'anno 1700,
il Pontefice Benedetto XIV fu som-
mamente rammaricato per la per"
i68 GIN
secuziojic suscitata nella Cina con-
tro la cattolica religione, mossa dal-
l'imperatore a suggestione de' suoi
ministri, i quali, per alloiilanare dal
loro capo i tristi ellelli di una paz-
zia in cui era caduto quel monar-
ca, per la perdita ad un tempo del-
la consorte e di un figlio, gli die-
dero ad intendere che i cattolici
erano sospetti d'intelligenze nocive
a' di lui interessi, e perniciose alla
sua vita. Seguì da sì scaltri sug-
gerimenti la decapitazione del vec-
chio vescovo di Moncastro, il quale
da trent'anni presiedeva a quelle
missioni; e squartati furono quattro
domenicani, e due gesuiti. Olire a
ciò r inqicratore rinnovò i più ri-
gorosi editti, che dai suoi predeces-
sori erano stati pubblicati conti'o i
cristiani; né i missionari che si tro-
varono a Pekino, poterono scansa-
re la barbarie di lui, se non per le
calde suppliche di alcuni gesuiti a
lui ben accetti, e pei quali egli se-
guitava a dimostrare parzialità, a
cagione del gran vantaggio che ne
ritraevano i sudditi, per le cogni-
zioni che acquistavano nell'astrono-
mia, nella pittura, nell' architettura,
e neir arte delle fortificazioni. Per
queste ragioni gli stessi ministri a-
mavano rispiarmiarli, anco per ri-
guardo al favore che godevano pres-
so l'imperatore.
Benedetto XIV, nel citato suo
breve Ex quo singulari, pubblica-
to, come si disse, nel 174^3 coman-
dò di esprimere in lingua cinese il
nome di Dio per Tien-Chu, che
vuol dire Signore del Cielo^ proibì
le voci Tieti il Ciclo, e Xang-Ti,
il Supremo inodcralore, perocché si-
gnificavano il supremo Dio degli
idolatri. Egli abolì ancora l' iscrizio-
ne King-Tien, cioè Adora il Ciclo.
Delle allocuzioni fatte da Bcncdet-
CIN
to XIV a' Cardinali per i tormon-
ti e morte eroicamente sostenuti ti;»
vari missionari, tratta il IJullcr ai
5 febbraio, parlando de'santi mar-
tiri del (riaj)pone e della Cina.
Nel pontificalo di Clemente XIV,
un re della Tarlarla cinese , cioè
quello di Tangut, fece assicurare
quel Pontefice per mezzo dei mis-
sionari della sua sommissione, a-
mò di essere istruito ne' dommi
del cristianesimo , e quindi si fece
battezzare. IMentre governava la
Chiesa universale Pio VI. nel i 780,
fu per lettere avvisato, che l' impe-
ratore della Cina avea permesso ai
missionari cattolici di predicare il
vangelo nel suo impero, e di battez-
zare tutti i sudditi, che ad essi fos-
sero stati presentali, fuori che i fi-
gli dei mandarini, senza il preven-
tivo consenso de' genitori , per cui
prontamente il Papa accordò alla
pia regina di Portogallo , i missio-
nari da lei richiesti, affinchè fossero
mandati a Goa. Poscia nel 1784 lo
stesso Pio VI ebbe la consolazione
di sapere, che l'imperatore, non
solo tollerava di buon animo i cat-
tolici ne' suoi dominii , ma aveva
eziandio permesso, che si edificas-
sero in Pekino sua capitale , quat-
tro chiese pubbliche; e ciò egli ac-
cordava in grazia della propensione,
che nudriva per l'ex gesuita Poirot,
che in qualità di mandarino occu-
pava la carica di segretario del car-
teggio colla corte di Russia. Gli era
entrato quel gesuita nella benevo-
lenza col mezzo della pittura , che
avea appositamente imparata in Ro-
ma nel collegio romano, quando
ivi era studente di teologia. A fine
di poter coltivarla, desiderò che il
p. generale gli accordasse di pas-
sare alle missioni cinesi , dove era-
no solo tollerati quelli, che avessero
amala qualclie arte liberale. Quin-
di Pio VI, in considerazione de' fe-
lici progressi, che nella Cina faceva
la religione, perchè piìi facile fosse
resa la cognizione della liturgia del-
la Chiesa romana in quell'impero,
incaricò la congregazione di Propa-
ganda di far stampale nella sua
celebre tipografia (ove vi sono molti
caratteri cinesi , ed opere con essi
pubblicate), il messale, il rituale,
ed il breviario romano nel cinese
idioma. F . il Giornale ecclesiastico,
che prima pubblicavasi in Roma ,
ove sonovi molte notizie ecclesiasti-
che sulla Cina.
Per le idteriori notizie, e perse-
cuzioni, che nel corrente secolo in-
furiarono nella Cina, nella Concin-
cina ed in altri regni, o sottoposti
all'impero cinese, o ad esso adia-
centi , ampiamente ne trattano le
Lettere edificami scritte dalle mis-
sioni straniere, precedute da quadri
geografici, storici, politici, religiosi e
lelterarii de' paesi di missione , tra-
duzione dal francese, Milano 1825.
Ancora vanno consultati les Anna-
les de la Propagatiou de la Foi,
recueil periodique des lettres des e\'é-
ques et des missionaires des mis-
sions des dcitx mondes^ et de tous
le documens relatifs aux missions
et à Vassociation de la Propagation
de la Foi, opera interessantissima
che si stampa a Lione , fino dal
1823. Vanno pur consullati gli An-
nali della pia opera della propa-
gazione della Fede, che si pubbli-
cano in Roma. iSopra i martiri della
Cina, sono a vedersi il p. Tournon
domenicano, e le Lettere de' missio-
nari gesuiti.
iXel concistoi'o de' 27. settembre
18 16, Pio VII annunziò il gloiioso
martirio sofferto in Su-Tchuen, o
Su-Civen, provincia della Ciii;i mi
GIN 169
precedente anno da monsignor Ga-
briele Taurino Dufresse francese ,
vescovo di Ta braca, e vicario apo»
stolico di delta provincia, al quale,
dopo tientanove anni di laborioso
evangelico ministero , dopo molti
patimenti fu mozzato il capo, e
per ispaventare i cristiani, fu posto
sopra una colonna con di sotto que-
sta iscrizione: europeo predicatore
E VESCOVO DELLA RELIGIONE CRISTIANA.
L'altro martire ed eroico atlejta di
Gesù Cristo, fu l'ottuagenario Ago-
stino Tchao o Ciao, sacerdote mis-
sionario apostolico. F. [' Allocuzione,
che il Papa regnante Gregorio XVI
pronunziò nel concistoro segieto dei
27 aprile 1840, che incomincia:
Affl'ctas in Tunqui/ìo fìnitiniisque
regionihus , cliristianorwn res, etc.,
colla quale celebrò con altissimi en-
comii , quelli che ultimamente con
mirabile costanza, in mezzo ai più
terribili tornienli, aveano patito glo-
rioso martirio, per manifesta virtù
e grazia di Dio. Chi desidera istruir-
si suir istoria cinese, può leggere la
Descrizione storica del p. du llalde
intorno a questo vastissimo imp(uo,
in quattro volumi in foglio; il Gro-
sier , Storia generale della Cina,
stampata in Siena in trenlasei vo-
lumi nel 1777 ; come pure MuUero,
da Chataià ; Navarette, Tralados
historicos de la Cìiina, an. 1676;
la Cronologia di Jackson, ec. , i
Viaggi del p. Carlo florali, mino-
re osservante , che fu missionario
nella Cina dal 1698 al 17 33, stam-
pati nel 1759. Lo stesso autoi'e pub-
blicò un Dizionario e una gramma-
tica della lingua cinese, con una
relazione de' costumi, e delle ceri-
monie della Cina, nonché una spie-
gazione latina della filosofia e dei
libri sagri de' cinesi, la quale fu
stampata a Roma nel 17%- De
,70 GIN
Giiignus scrisse una disscrtazinne
per ilimosfraie, che i cinesi S(jiio
una colonia egiziana.
Riserbandoci agli arlicoli Peri-
co, Nant.kino e jMacao {^f'edi), di
pnilare dello stato del cristianesi-
mo, riporteremo qui appresso in po-
chi cenni lo stato delle niissioni nella
Cina, e ne' regni adiacenti , di po-
chi anni addietro, mentre dei vica-
riali non nominati ultimamente isti-
tuiti, ancora non sono note le re-
lative nozioni. Il vicariato apostolico
di Xansi , o Ransi , cioè Scian-Si ,
contiene nella sua giurisdizione Xan-
si, Xenfi, Kansiii, Ilnquang, e la
Tartaria cinese. Oltre pochi sacer-
doti cinesi alunni del collegio di Na-
poli, e del seminario di Macao, so-
no in aiuto del vicario apostolico
cinque missionari europei, in parte
minori osservanti. Non vi sono chiese
pubbliche, ma solo cappelle, od ora-
torii privati: il numero de' cattoli-
ci ascendeva a trentacinquemila. In
Xensi eravi un seminano che fu
chiuso per le persecuzioni, venendo
mantenuto s'i il vicario apostolico ,
che i missionari dalla congregazio-
ne di Propaganda.
Il vicariato apostolico di Fokicn,
oltre Fokien , ha giurisdizione su
Kicang ovvero Ce-Riam, e Riam-si,
Riangsi, e l'isola Formosa. Vi sono
alcuni sacerdoti nazionali con alcu-
ni domenicani cinesi e spagnuoli.
Vi hanno delle divote, che osser-
vano come possono le regole di s.
Domenico, senza vita comune e clau-
sura. Non esistono chiese, ma ora-
torii privati. Evvi un seminario pei
chierici , ed i cattolici ascendevano
a quarantamila. Le missioni de' ge-
suiti furono rimpiazzate dai dome-
nicani spagnuoli.
Il vicariato apostolico di Sut-
chucn o Su-Civeii. oltre Sutchuen,
GIN
ha sotto di sé Queic-heu, e Jnnnan.
In esso sono vi vari sacerd(jti delle
missioni estere di Parigi, alcuni sa-
cerdoti indigeni, con iscuole separate
pei fanciulli, e per le fanciulle. Il
numero de' cattolici era circa cin-
(juantacinquemila. In questa mis-
sione il seminario fu saccheggiato e
incendiato dagli idolatri, per cui i
chierici si educano nel seminario ge-
nerale eretto in Pulopinang. Le mis-
sioni de' gesuiti furono rimpiazzate
dai francesi.
Il vicariato apostolico di Siam,
regno adiacente all' impero cinese,
oltre che in Siam, esercita la sua
autorità in Queda, e nelle isole di
Suncelam e di Sumatra. Vi sono
alcuni alunni del seminario delle
missioni estere di Parigi , uno dei
quali faceva da rettore ai semina-
rio di Pulopinang, con alcuni sacer-
doti indigeni. In Banckoc, residen-
za del vicario, vi è una chiesa quasi
cattedrale, ed in cinque altri luoghi
ve ne sono altrettante. Sono vi pure
alcune di vote, che vivono da mo-
nache in tre case, ma solo con voti
semplici. Vi è ptn-e un collegio par-
ticolare in Banckoc, ed un semina-
rio generale per le missioni francesi
in Pulopinang; e i cattolici supe-
ravano i duemila cinquecento. Que-
sta missione è addetta al seminario
delle missioni estere di Parigi , il
quale ha cura di spedirvi i missio-
nari.
Il vicariato apostolico della Gon-
cincina, regno adiacente all' impero
cinese, ha la Goncincina, che com-
prende Ciampa, Cambogia e Terra
di Laos. ^ i sono alcuni .sacerdoti
del seminario delle missioni estere
di Pai'igi, ed altri indigeni, ec. Nel-
la bassa Goncincina da ultimo fu
eretto una specie di monistero : e-
ranvi due collegi, uno nella bassa,
CìN
l'altro nell'alta Conciqcina. Se ne
ignorava lo stato a cagione della
persecuzione. Tanto nell'alta Concin-
cina, che nella bassa, sonovi chiese
per esercitarvi il pubblico culto, ed
i cattolici ascendevano a sessanla-
niila. La missione era divisa come
in due, perchè nella bassa Concin-
cina i francescani di Planila eser-
citavano l'apostolico ministero, ma
venendo da essi abbandonata quella
contrada, la congregazione di Pro-
paganda vi spedì de' francescani
d'Italia a tutte sqe spese. Poscia
fu affidata l' intera missione a' .sa-
cerdoti del seminario delle missioni
estere di Parigi, e viene considera-
ta ora per una sola missione.
11 vicarialo apostolico di Tonki-
no occidentale, ne' regni adiacenti
all' impero cinese, ha in aiuto qual-
che sacerdote francese, e circa set-
tanta indigeni , con Ircntaquattro
parrocchie, ed altrettante chiese det-
te case di ovazione. I fedeli ascen-
dono a ccntosessantamila. Nel se-
minario vi s'istruivano trenta alun-
ni . Sonvi due collegi per istruire
la gioventù, e trenta case di don-
ne divote, dette le Sorelle amanti
della Croce. Anche questo vicaria-
to è affidato a' sacerdoti francesi,
alunni del seminario delle missioni
estere di Parigi . Al vicario aposto-
lico si contribuiscono duecento scu-
di annui; e i sacerdoti vivono delle
pie offerte de' cattolici.
Il vicariato apostolico del Ton-
kino orientale , ne' regni adiacenti
all'impero cinese, ha in aiuto alcu-
ni missionari europei dell Ordine di
s. Domenico, e circa sessanta sacer-
doti indigeni, de' quali parte sono
regolari dell'Ordine medesimo, e
jtarte secolari. A i sono chiese ove
.'•i amministrano i sagrainonti a' cat-
tolici, i quali si fanno ascendere a
GIN 17 1
più di cento sessantamila. Ne' due
collegi, in uno s' iiisc-gna la gram-
matica, nell'altro la teologia. La
missione è affidata ai domenicani
delle Filippine, e ad essi ne appar-
tiene il mantenimento. Quando le
cose nella Concincina procedevano
prosperose , anche le missioni del
Tonkino godevano quiete; ma quan-
do nella Concincina la religione è
perseguitata, i cristiani ancora del
Tonkino ne soffrono, come quelli
che sono compresi negli stati dipen-
denti da uno stesso monarca. Il
vicariato apostolico di Corea, che
era in amministra/ione al vescovo
di Peckino, da uHimo fu ristabilito,
col nuovo vicario apostolico, che vi
si recò con due alunni del collegio
cinese di Napoli.
Dal 1840 pubblicandosi nelle an-
nuali Notìzie di Roma il catalogo
de' vicari, delegati, e prefetti apo-
stolici della santa Sede stabiliti in
ogni parte del mondo sotto la dire-
zione della sagra congregazione di
Propaganda fide, in e.'.so, dopo le
diocesi per ordine allabetico si pos-
sono leggei'e, i nomi, la patvia, e la
quahfica de' vicari apostolici della
Cina e regni adiacenti, non che quel-
lo de' rispettivi coadiutori. Solo di-
remo dei nomi dei vicariati , cioè
di quelli non mejitovati qui sopra :
Hii-cjuang, Yun-nan, Telie-Kia.ng, o
Kiaiìg-si, Leao-Tuug, 3Jongolia, e.
Xan-tiaig. Per gli affari della Cina
cogli stessi Cardinali membri della
congregazione di Propaganda fu depu-
tata una paiticolare congregazione da
Alessandro A II, cioè in occasione, chft
da quel Ponlefice furono spediti
nell'impero cinese i primi vicari a-
]50slolici con carattere vescovile, co-
me dicemmo superioiinenle. La pri-
ma adunanza de" Cardinali dello par-
ticolare congregazione della Cina ,
173 Cll\
cbl)c luogo a' 1 3 gennaio iGG'),
ma da principio non sembra clic
fijsse permanente, athmanclosi secon-
do il bisogno. Dal 1677 in poi di-
venne permanente. 11 Cardinal pre-
Cello generale prò tempore della
congiegazione di Propaganda fide ,
è sempre il ponente della congre-
gazione della Cina, e monsignor .se-
gretario di Propaganda v' intervie-
ne con voto consultivo. I Cardinali
die la compongono si adunano nel-
le camere domestiche del Cardinal
prefetto generale.
CIlNClNNATl ( Gncinnaten.). Cit-
tà con residenza vescovile negli Sta-
li Uniti di America, capo luogo del-
la contea di Hamilton, stato di O-
Lio, da cui prende nome il fiume,
sulla destra riva del quale fu edi-
ficata, nel luogo ove comincia il ca-
nale tli Miami, che dee congiunger-
la a Dayton, e ([uindi pel Maumee
al lago Eriè. Vantaggiosa e .salubre
n'è la situazione, ed oltre all'ame-
nità, ha una bella apparenza, sic-
come fabbricata con simmetrico di-
segno. Il suo accrescimento è vera-
mente meraviglioso, dappoiché quat-
tro famiglie vi si stabiliiono nel
1789, e ne gettarono le basi dopo
aver superati gli ostacoli apposti
dagl'indigeni. Ne crebbe la popo-
lazione a tal segno, che nel i83o
superava i ventiquattro mila indi-
vidui. Ila molte belle piazze, ed
ampie vie rettilinee, grandiosi pa-
lazzi, ed eleganti edifizi, particolar-
mente quello della corte di giusti-
zia. Cincinnati è il principal deposi-
to del commercio interno dell Ohio,
ed il centro de' lavori intellettuali,
e letterari della parte meridionale
della Liiione, pubblicandosi in que-
sta sola città quindici giornali, fra
quotidiani ed ebdomadari. V'ha fra
essi un gioinale cattolico religioso,
GIN
che pul)])licasi una volta la setti-
mana, e che chiamasi, Tha Calholic
Tfu'lcgraphe. Da più anni è trasfe-
rito da Lovisville a Cincinnati il
quartiere generale del comando del-
la divisione militare occidentale del-
la Confederazione , cotne a Nuova
Yorck ri.siede quello della divisione
orientale. I dintorni di Cincinnati
ridondano di avanzi di fortezze, cir-
chi, trincee, e vi si ravvisa l' area
di una preesistente città molto va-
sta. Oggidì la popolazione ascende
a circa trentamila individui.
La sede vescovile vi fu istituita
nel 1821 dal sommo Pontefice Pio
VII, che a' 19 giugno vi fece per
primo vescovo Eduardo Fenwick
dell'Ordine de' predicatori, cui agli
8 marzo i833, il regnante Grego-
rio XVI, diede in successore mon-
signor Gio. Battista Purcell, che tut-
tora vi governa. La maestosa catte-
drale è dedicata al principe degli
apostoli s. Pietro, ed oltre il vica-
rio generale, la diocesi ha tren-
tacinque preti. Essa è sulTraganea
dell'arcivescovo di Baltimore, for-
mandosi la diocesi collo stato del-
l'Ohio, in cui ventiquattro sono le
chiese, e le cappelle, compresa la
chiesa della ss. Trinità pei tedeschi
in Cincinnati. Molti sono i pii sta-
bilimenti nella città, e nella dioce-
si, giacché oltre il seminario dio-
cesano, vi sono i domenicani , ed il
collegio de' gesuiti, istituito nel 1840
nella città. Monsignor Federico Be-
se, già vicario generale di Cincinna-
ti, poi vescovo di Detroit, ha cedu-
to ai gesuiti un gran locale conti-
guo alia cattedrale, che comprende
la sua abitazione vescovile, le case
del seminario, l'ateneo, o collegio
adiacente. Evvi un monistero, e vi
hanno anche scuole delle domenica-
ne, con numerose educande. L'orfa-
GIN
notroGo intitolato a s. Pietro i^ev
le sorelle della Carità, fu stabilito
celi' anno i83o. Vi concorrono
molte donzelle nelle scuole ester-
ne, senza mentovare le associazio-
ni religiose , pel ben essere del
paese, ed a vantaggio della cattoli-
ca fede.
CINGOLI ( Cingulan.). Città con
residenza vescovile, nella delegazio-
ne apostolica di Macerata , nello
stato pontificio, fabbricata d'intorno
all' estremità del monte di Circe, o
Cingono, dal cui nome, e dal cinge-
re a forma di cingolo lo stesso mon-
te, prese il nome di Cìngolo, o Cin-
goli, Cingoliirii, sulla riva destra del
Musone, che bagna le sue falde.
Questa antichissima città del Pice-
no, menzionata da Plinio, da Cice-
rone e da altri autoi-i, era una co-
lonia romana fondata , o riparata ,
ed aumentata da Tito Labieno ,
luogotenente di Giulio Cesare nella
spedizione delle Gallie, ovvero nel-
la guerra con Pompeo. Fu da esso
popolata con una colonia di vete-
rani, per cui n'è salutato autore,
secondo le testimonianze dello stes-
so Cesare. Come dice il mentovato
Plinio, nel suo territorio esistette la
città di Beragra. Cingoli tuttora con-
serva, nel palazzo municipale, e in
altri luoghi pubblici e privati, mol-
te iscrizioni, in cui sono ricordati gli
antichi magistrati , i decemviri , i
settemviri ec. Il superstite acquedot-
to è opera dell'imperatore Adriano.
Balbo, presso Frontino, parla della
legge che regolava il territorio cin-
golano. Molto Cingoli soffiì nel quin-
to secolo al tempo della guerra dei
Goti, nell'invasione longobarda, e
nella pestilenza del sesto secolo. Nel-
l'ottavo secolo passò sotto il pater-
no, e soave dominio della santa Se-
de. Tuttavolta per le fazioni potcu-
CIN 173
ti, che divisero l' Italia nei secoli
XI li e XIV, Cingoli per lo più se-
gm quella de' Ghibellini, anzi nel
liiS, insofferenti i Cingolani della
dominazione Estense, furono i pri-
mi a prendere le armi per sostene-
re la libertà della Marca, confede-
randosi cogli anconitani, che Onorio
III Romano Pontefice, in un alla
Marca, avea sottoposti al marchese
d' Este, feudatario della Chiesa Ro-
mana, come attesta il Muratori,
Andquit. Est. par. i, cap. ^i. Cin-
goli si assoggettò dappoi alla chiesa
di s. Leopardo, e al comune di Osi-
mo , come vuole il Compagnoni .
Gli autori Cingolani dicono, che la
chiesa vescovile di Cingoli fu affi-
data o raccomandata , come altre
molte del Piceno, al vescovo vici-
niore, che fu quello di Osimo. As-
seriscono inoltre, che Cingoli ebbe
sempre proprie leggi, e propri ma-
gistrati; e che nessun monumento
pubblico porta la dedizione dei Cin-
golani ad Osimo, ritenendo per fal-
so r istromento chiamato Cartata
Castri Cingali. Poco dipoi, e nel
pontificato di Gregorio IX, riporta
il Colucci nella sua Treja picena,
a pag. 79, che tra i deputati di
Camerino e di Cingoli si formò una
lega contro le città di Osimo, e di
Sanseverino, sebbene collo specioso
titolo ad honorem Dei, et statum
Ecclesiae Romanae, et ej'ns imperii.
La gelosia de' confini, le facili
usui-pazioni, il cattivo genio teneva-
no a quell'epoca di continuo in ru-
mori i vicini, e per non soccombe-
re, un popolo collegavasi coH'altro,
affine di rendere più facili quelle
imprese, che difficili sarebbono sta-
te se dalle sole proprie foize si fos-
sero misurate. iVderirono i Cingola-
ni a Federico II imperatore: e ad
onta dei privilegi, e delle esenzioni
,74 <^ 1 ^
loro accordale dal Caitlinal Pietro
Capocci , legato della IVIarca , se-
guirono poscia il partito di Manfre-
di, figlio naturale di Federico II,
ed anco ubbidirono al di lui vicario
Percivalle d'Oria. In prova del sud-
descritto. Cingoli nel ponlillcalo di
JN'icolò IV rilirossi dall' ubbidienza
della s. Sede, por cui fu dipoi costret-
to il rettore della Marca , GilTredo
Gaetatii, di spedirvi contro un e-
sercito nel i2()3. ìMa prima che Gre-
gorio X! riportasse la residenza pon-
tificia da Avignone in Roma^ verso
l'anno iSyG, tornarono i Cingola-
ni a ribellarsi al dominio Papale.
In appresso poco di rilevante ci
presenta la storia, non avendo più
luogo le confederazioni, a cui ante-
riormente erasi unita, quando go-
deva il privilegio del mero e misto
impero; il perchè la nobiltà di Cin-
goli fece sempre prova per tutti gli
ordini equestri, vantando cavalieri dei
pi il cospicui, come di Calatrava, di
]\Ialta ec. Non possiamo quindi ag-
giugnere, se non che per la forte
posizione della città vi si recarono
nel secolo XV gli Sfoizeschi col ner-
bo della loro cavalleria, e vi rima-
sero in sicuro nella loro contraria
fortuna. Per la salubrità del suo
clima, il Cardinal Farnese , legato
della Marca anconitana, dipoi nel
I ')34. Pontefice col nome di Paolo
IH, vi faceva la sua ordinaria di-
mora. In progresso seguì Cingoli i
destini della Marca {l'edi), e si
mostrò inalterabilmente fedele alla
santa Sede, avendone da ultimo
dato un luminoso esempio nell' in-
vasione francese, cui oppose valoro-
sa resistenza, sebbene a cagione del-
le forze senza paragone maggiori,
dovette soccombere.
Nel iH-ìS fu ripristinata l'acca-
demia Cingolana degV Incolli j che
CIN
sotto un solo presidente e segreta-
rio, con tre direttori, si occupa di
letteratura, musica, e recitazione,
dando in un ampio, e vago locale
dei saggi solenni piìi volte all'anno
con afìluenza ben anco di forestie-
ri. La strada provinciale Pia, così
detta perchè incominciata sotto Pio
Vili, e compiuta sotto il regnante
sommo Pontefice, da san Severino
per Cingcjli a Jesi, è di somma uti-
lità e comodo de' Cingolani.
Fra le nobili famiglie, che ono-
rano Cingoli, va qui rammentata
quella dtì Casllglioni [Predi'), che im-
parentatasi colla Ghislieri di Jesi,
discendente dal santo Pontefice Pio
V, ne perpetuò il lustro. Francesco
Saverio Castiglioni, fatto da Pio VII
vescovo di Montalto, e poi di Cese-
na, fu annoverato al sagro Collegio,
ed alla cospicua carica di peniten-
ziere maggiore, e per le sue virtù,
dottrina, e sperienza, meritò di es-
sere sublimato nel 1829 al triregno
col nome di Pio Vili, dimostrando-
si sul maggiore de'troni amorevole
concittadino. Però il breve pontificato
di venti mesi gì' impedì di autenti-
care le sue virtù con qualche più
solenne attestato, che ne onorasse
maggiormente la memoria. Ciò non
per tanto memore di aver coperto
nella cattedrale la prima dignità di
preposto, per mezzo di monsignor
Filippo Appignanesi Cingolano , e
vescovo di Pvipatransone, le inviò il
prezioso donativo della Rosa d'oro
benedetta (^P^edi), indi per mezzo di
monsignor Sala poi Cardinale , le
diede sei candellieri con croce, e cer-
te glorie di metallo dorato, e di
bellissimo lavoro ; non che la metà
degli arredi sagri di argento dorati,
che avea adoperali nel suo Cardi-
nalato, oltre alcuni nobili paramen-
ti sagri. 11 medesimo Pontefice ad
GIN
altre chiese della città fu pure be-
nefico con donativi di suppellettili,
e sagri paramenti. Per conto delle
notizie storiche della città di Cin-
goli, sono a consultarsi, Orazio Avi-
cenna, ossia Rutilio Silvestri ; Mc'
moria della città di Cingoli, Jesi
1644? Giuseppe Culucci, Antichità
Picena, nel t. Ili DelC antica città
di Cingoli; e le lettere di France-
sco ]Maria RalTaelli, inserite nelle
Novelle Letterarie di Firenze, pub-
blicate da Giovanni Lami, ai tomi
X, XI, XII, e XIII.
Antiche e importanti sono egual-
mente le notizie ecclesiastiche di
Cingoli, come meglio si potrà vedere
negli autori, che citeremo. La erezione
della sua sede vescovile, immediata-
mente soggetta alla s. Sede, rimonta
ai primordi del sesto secolo. Troppo
noto è Giuliano suo vescovo, che
accompagnò in Costantinopoli il som-
mo Pontefice Vigilio, pel grave af-
fare dei famosi Tre Capitoli (J^edi),
ed ivi si sottosci'isse nell' anno 553
al celebre costituto, e in altri atti :
Ilumilis episcopus ecclesiae Cingu-
lana e. Neil' anno 559 abbiamo che
Papa Pelagio I scrisse una lettera
al vescovo Giuliano; ma dopo di lui
non si fa menzione di altro vesco-
vo di Cingoli, secondo Pompeo Com-
pagnoni , Memorie della chiesa, e
de' vescovi di Osimo, tomo I, p.
i58 e seg., e l'autore delle Osser-
vazioni ciitichc sopra le anticJiità cri-
stiane di Cingoli, che è Luca Fan-
ciulli, Osimo 1769. Sostengono poi
aver avuto Cingoli per vescovi Teo-
dosio, e s. Esuperanzio, i. il Christia-
nopoli, De s. Esuperantio cingula-
noriim episcopo ctc. Romae 1771»
2. il RalTaelli, Delle memorie ec-
clesiastiche intorno all' istoria, ed
al cullo di s. Esuperanzio antico
vescovo, e principal protettore di
GIN 175
Cingoli, Pesaro l'jQi; 3. le memo-
rie de* vescovi , e della chiesa di
Cingoli dopo s. Esuperanzio, Pesa-
ro 1762; 4- Dell'origine, e dei
progressi della chiesa vescovile di
Cingoli, nel tomo XXXII della rac-
colta Calogerà. T^. inoltre Bollan-
do, Act. ss. Janaur. t. II, p. 602,
e r Ughelli, Italia sacra, tomo X,
p. 5^6, n. 61.
In seguito la chiesa Cingolana ri-
mase unita alla sede vescovile di
Osimo : quando poi questa città fu
scomunicata, la chiesa di Cingoli ri-
mase lungo tempo sotto la giuris-
dizione di s. Esuperanzio. Dipoi,
mentre la governava il vescovo Car-
dinal Agostino Pipia, il Pontefice
Lenedetto XllI, mosso dallo zelo di
avvantaggiare 1' onore di Dio, e dal-
le istanze della curia di Cingoli, e
dal voto che ne fece monsignor Fon-
lanini per ordine di monsignor iMa-
refoschi uditore del Papa, col dis-
posto della costituzione Romana Ec-
clesìa, Bull. Rom. t. XII, p. 2G, e-
manala a' 20 maggio 1725, con-
fermò a Cingoli il grado di città,
reintegrò ed eresse in cattedrale la
chiesa collegiata di s. Maria assun*
ta in cielo, e contemporaneamente
la un\ aeque principaliter alla cat-
tedrale di Osimo (Fedi), ambedue
immediatamente soggette alla santa
Sede. Laonde il vescovo si chiama
vescovo di Osimo, e Cingoli, e per
lo piìi è un Cardinale. Governata è
presentemente Cingoli dallo zelo pa-
storale di Giovanni Soglia, fatto Car-
dinale, e vescovo dal regnante Pon-
tefice. Inoltre lo stesso Benedetto
XllI accordò alcune distinzioni alla
detta concattedrale di s. Maria, cioè
al prevosto, e arcidiacono la moz*
zetta di seta paonazza, ed il roc-
chetto, e ai dieci canonici le almu-
zie. Questa chiesa fu eretta nel
inG GIN
W'II st'colo nel vescovato (h;! Cur-
(linal nielli, il quale ne diede il pos-
sesso al capitolo a' 22 maggio 1660,
trasportandovi proccssionalinente dal-
la veeeliia collegiata le reliquie, e il
corpo di s. Candido donatole dal
Cardinal vescovo Verospi. Per la
erezione e restituzione della chiesa
di Cingoli in cattedrale si pubJjli-
carono le seguenti opere: Consulta-
tio de cingulana ecclesia in Piceno
antiijiiis ìionoribiis catlicclrae cpisco-
pnlis restitnenda , Pioinae 172 Tj
Memoriale addicdonale facU et ju-
ris, etc. ; Romae 1784; Reslrictns
rcsponsionis facd etj'uris, etc. P».otnac
1734- Sulle quali scritture i cingo-
lani riportarono piena vittoria. Pri-
ma però di tal' epoca, e nel 1(334,
in Roma erasi pubblicato; Cingu-
lanae Cadicdralitads, prò capitalo ,
et communi la le civitalis Cinguli, con-
tra capitiduni, et cominwdtalem ci-
vitates Auxind : Restrictus facli, et
juris.
Attualmente il capitolo della cat-
tedrale di Cingoli si compone di tre
dignità, prime delle quali sono il
teologo e il penitenziere, con sette
mansionari, oltre altri preti, e chie-
rici addetti al servigio divino. Nella
medesima cattedrale evvi la cura
parrocliiale, amministrata pel capi-
tolo da un curato vicario. Non vi
è nella città altra parrocchia, ma van-
ta la insigne collegiata di s. Esu-
peranzio eretta dal grado di prio-
vale, nel vescovato di monsignor
Pompeo Compagnoni verso l' anno
1764. Da ultimo furono approvate
le lezioni proprie di s. Esuperanzio
vescovo di Cingoli, ordinandosi da
Pio VII con decreto, che nel Mar-
tirologio Romano si ponesse come
vescovo di Cingoli, in seguito di un
dotto volo del Cardinal Fontana.
Pio Vili poi conciltadiuo di Ciiigo-
CIN
li, non solo fece coniare il testone
in onore di s. Esuperanzio, e di s.
S|)(,'iandia, ma incaricò il vescovo
d'allora Cardinal Benvenuti, di por-
re al collo del semibusto d' argento
di s. Esuperanzio, lavoro del XIV se-
colo, la propria croce vescovile. L'a-
nello poi donatogli dal medesimo
Pontefice, fu messo nel braccio pure
d' argento di tal santo. Nella detta
collegiata di s. Esuperanzio il prio-
re è parroco ; ed evvi il primicerio
seconda dignità. La sua struttura è
ampia, e di stile gotico, ed è ram-
mentata dal Pvicci, nelle Memorie
delle belle arti del Piceno. Il semi-
nario, il quale era stato soppresso
verso l'anno i5i94, nel vescovato
del Cardinal Galli, fu ripristinato in
quello del vescovo Compagnoni, e
pei chierici nel 1765. Quindi fu
collocato in vasto e conveniente lo-
cale, già appartenente alla compa-
gnia de' Filippini, ove ancora vi è
il ginnasio comunale ripristinato. Vi
sono in Cingoli diverse confraterni-
te, l'ospedale , e il monte di pietà.
Oltre i conventuali, gli agostiniani,
i domenicani, i cappuccini, e i mi-
nori osservanti , vi sono pure le
monache di s. Caterina dell'Ordi-
ne cistcrciense , che sono d'una re-
mota antichità. Vantavano un ar-
chivio doviziosissimo di pergamene
passato alla comune. 1^. Giunte al-
la serie de rettori Piceni, del conte
Francesco Pergoli Campanelli, pub-
blicate in Ancona nel 1826. Vi so-
no pure in Cingoli le benedettine
dell' Ordine cassinese, le quali pos-
seggono il corpo della comprotet-
trice di Cingoli s. Sperandia. F. la
Dissertazione intorno s. Sperandia
vergine di Gubbio, del monistero di
s. Michele da essa in Cingoli fonda-
to e poi unito al monistero di s.
Marco, nel t. XXIX della raccolta
CIN
Calogeriana. Vi sono anche le Clarisse
o francescane, che tengono pubbliche
scuole per tutte le ragazze della cit-
tà, divise in camerate secondo il
rango, e devono la nuova loro fab-
brica alla munificenza di Pio \I1I,
Casti gli Olii.
Gli uomini celebri poi che illu-
strarono Cingoli, sono i seguenti :
Raniero Simonetti , che nacque in
Cingoli a' 12 dicembre 167.5, come
si legge nell'iscrizione posta nella
cattedrale dalla di lui famiglia. Be-
nedetto XIV, nel 174?) innalzol-
lo al Cardinalato. V. Delle lodi di
Raniero Simonetti, Cardinale di s.
Chiesa, orazione del p. d. Mauro
Sarti camaldolese, arricchita con no-
te riguardanti la nobilissima stirpe
Simonetti di Cingoli. Questa ora-
zione fu pronunziata in Cingoli, in
un' accademia di belle lettere, a' i 7
agosto 174/5 ^lls presenza del me-
desimo Cardinale patrizio cingolano,
e poi venne pubblicata in Pesaro nel
I747. Di Cingoli furono: s. Fio-
rano martire , e comprotettore di
Jesi; il b. Bartolomeo Simonetti,
generale de' Silvestrini; il b. Ange-
lo da Cingoli fondatore de' Chiareni
( Fedi), e il ven. fr. Felice Pergoli,
predicatore cappuccino. Inoltre si
vanta Cingoli di avere dato a di-
verse diocesi più di venti vescovi ,
senza dire dei prelati, che serviro-
no la santa Sede, di religiosi insi-
gni e di lettei-ati, e dotti, come di
Francesco IMaria RafTaelli , 1' elogio
del quale si legge nel numero 4 <^ltl
Giornale scientifico -lelterario , che
fu composto dal conte Pergoli Cam-
panelli suddetto, Perugia i833. Fi-
nalmente , per non dire di altri ,
vanta Cingoli im Benuttino Cima ,
o de Cini di Cingoli, come lo chia-
ma Pompilj Olivieri, nel suo Senato
Romano, pag. 7.72. Da Bonifacio
VOI.. XHI.
CIN 177
IX, nel 1400, fu fatto senatore di
Roma. Il p. Casimiro, Memorie
istoriche, a pag. 235, riporta l'ono-
revolissima iscrizione di lui, esistente
nella chiesa di Araceli, e di Pietro
Giacomo Cima, maestro di camera
di Leone XI. Quindi coli' autorità
di Vincenzo Scampoli, racconta che
Benotino o Benuttino dopo avere
colle armi tolta la sua patria al do-
minio di Silvestro Boia, coli' esercito
bretone al soldo della santa Sede, di
aver liberato alcuni castelli di Cingoli
dall'oppres'^ione delle armi straniere,
dopo essersi occupato in molti, e prin-
cipali vantaggi in servigio della Chie-
sa Romana, meritò da Bonifacio IX
il titolo di Domiccllo, la suprema
vicaria della santa Sede nella pro-
vincia della Marca, la carica di se-
natore di R.oma, e il donativo del-
la Rosa d'oro benedetta,
CINGOLO (Cmg^H/«m, Zona, Bai-
thens). Arnese sagro ed ornamento
sacerdotale, compreso ne' paramenti
ecclesiastici, in forma di cordone ,
con due fiocchi alle estremità. Suole
essere di filo, seta, o altra simile ma-
teria, e talvolta è misto con oro,
ed è del colore secondo la rubrica.
Su di che la sagra congregazione
de'R.iti ha emanato i due seguenti
decreti : Sacerdotes in 3Jissae sa-
crifìcio congruentius utuntnr cingalo
lineo, qiiani serico, 22 jan. 1701;
Cingulwn, tertiiun indumentum sa-
cerdotale, potest esse coloris para-
mentonun, 5 jun. 1709. Serve il
cingolo per tenere fermo il camice,
o per cingere le reni, come rilevasi
dalle parole , che pronunzia il sa-
cerdote nel prenderlo, allorché si ve-
ste per celebrare la messa : Prae-
ciugc me. Domine, cingalo purita-
tis, et extingue in lumbìs meìs hn-
moreni lihidinis, ut maneat in me
virltis confinentiae, et castitatis. In
12
1-8 cirs
jin antico pontificale viene chiama-
to cinctorium, e ila alcuni diccsi an-
che cintura.
Vuoisi il cingolo simbolicamente
significare la carità di (icsìi Cristo,
e la sua verginità, V. Innocenl. e.
37, e Bonavcntnr. Dice Durando,
in proem. lih. Ili , che il cingolo
allude ai flagelli adoperati nella pas-
sione del Signore , e s. Tommaso
asserisce alludere alle funi colle qua-
li fu legato. Moralmente pailando,
il cingolo, per senlimcnto di Ra-
hano, significa la custodia dt!l cuo-
re, e, secondo Amalaiio, lih. Il,
cap. 22, la continenza, mentre l'Hi-
sichio nel lib. V in Lcvit. è di av-
viso che sia simbolo della fortezza.
Finalmente dicesi denotare il cin-
golo anco la corda dell' arco, per
combattere contro il comune nemi-
co. Gemma 1. I, e. 83.
Pompeo Sarnelli , TjcUcvc eccle-
siastiche tomo X, p. 83, parlando
del succintorio (Pedi), descrive co-
me deve essere il cingolo: " Non
:> placet ea forma cinguli ( ut prò
« ventate loquar ) quae cingulo ipsi,
« ut bine inde pendeant flocci a
« lateribus sacerdotis, duas addit
>y lineas, quibus reipsa cingitur al-
)> ba; est cnim ejusdem omnino
j> formae cum succintorio Papali,
j> quod adhibctur (addito manipu-
*> lo) ad cingendxmi albani Papae,
w et non ni si in ejusdem missa Pa-
ss pali ( Caeremon. Papae lib. 7,
« e. i4)- Ergo non debet esse com-
>' munis haec forma cuicumque ce-
j» lebranti ". Quindi lo stesso Sar-
nelli aggiugne, che il cingolo ha set-
te dei misteri sopraindicati, cioè la
discrezione moderatrice di tutte le
virtìi , r astinenza , la custodia del
cuore, la castità del corpo, l'arco
contro i nemici, la fortezza , ed il
fervore della continenza , la quale
CIN
non deve csscix; li messi, rome si
esprime il citato Rabnno , (fé Jn-
s/itiit. Cleric. V. Alenino, cap. quid
si^nificant ve.stimenta , ed Hugo Vi-
ctor, in Specul. Eccles. e. 6. Il Ma-
cri poi, Not. de' vocab. EccL, dice,
che in vece del cingolo, si può a-
doperare la stola , e in luogo di
questa il manipolo se fosse lungo,
ed aggiunge che Cingidiim hrachiale
significa il manipolo. Che il succin-
torio chiamisi pure sitb-cingoln, lo
diremo all'articolo Paramenti Sv-
eni (redi). Il Uonanni nella Ge-
rarchia ecclesiastica , a pag. 1 84 ,
tratta del cingolo con cui si cinge il
camice ; e il Giorgi pur ne tratta :
De Liturgia Rom. Pont. toni. I, e.
17, pag. i4r.
CIj\I Angelo, Cardinale. Angelo
Cini di rJevngna, notissimo per le
sue produzioni letterarie, e peiizia
nei canoni, ottenne nel i386 da
Urbano VI la chiesa di Rpcanati.
Fu collettore degli spogli nella Mar-
ca d'Ancona, e vescovo di Macerata,
la qua! chiesa tenne con fpiella di
Recanati come commenda. Quindi,
a' 19 settembre del 1 408, Gregorio
XII in premio della sua soda pie-
tà, e scienza profonda, lo sollevò al-
la sacra Porpora tra i Caidinali
dell'ordine de' preti , col titolo di
santo Stefano nel Monlecelio. Morì
nel \\\i.
CINNA (Cinnen.). Sede episcopa-
le l'n partibus , suffraganea e sog-
getta alla metropoli di Ancira, del-
la prima Galazia, nella diocesi di
Ponto. Commanville fa rimontare
l'erezione del vescovato di Cinna al
quarto secolo , e l' Oriens Christ.
tom. I, p. 4"^^j ^oa'^^S^ ^^^^ dieci
vescovi vi ebbero sede.
GIN VA BORA { Cinaborinm , o
Cynnahoriuni). Sede vescovile, eret-
ta nel secolo quinto, nella Frigia
CIN
Salutare, nella diocesi ed esarcato di
Asia, sotto la metropolitana di Sin-
nade o Synnade. Si conoscono due
vescovi, clic vi risiedettero.
CINOPOLI { CynopoUs, seu Cy-
nus ). Sede episcopale del basso Egit-
to nel patriarcato di Alessandria,
eretta nel secolo quinto , di cui si
ricordano tre vescovi.
CIKOPOLl. Città vescovile del-
l'alto Egitto, sotto il patriarcato A-
lessandrino, di cui si fa parola nel
quinto concilio di Costantinopoli ,
ove tre vescovi ebbero sede. Jero-
rle dice, che fosse la capitale del-
l'Arcadia. Fu detta la città de' cani,
perchè vi si adorava JMercurio in
(òrma di cane.
CINQUE CHIESE {QainqueEc-
clesien., ossia Funfkirchen. ). Città
con residenza vescovile nella bassa
Ungheria, così detta dalle cinque
chiese magnifiche racchiuse in es-
sa. Questa è libera e regia, si ve-
de in riva al Pets, per cui in lingua
ungherese con tal nome, o con quello
di Pets viene apjx^llata, fra il Drava,
e il Danubio, a pie di un floridissimo
colle. È capo-luogo del comitato di
Baranya, e della marca del suo no-
me. Si pretende, che Fiuif-kirchcn
esistesse al tempo dei Romani, e che
si chiamasse Serbinum. Le antichi-
tà, che vi si trovarono, sembrano
confermare tale opinione , ma gli
antichi geografi non ne fanno men-
zione. L'università che, nel i364,
vi fondò Luigi I re di Ungheria ,
più non esiste. Solimano II, nel
1543, la prese, e rimase in mano
dei turchi sino al 1686, nel qual
anno il principe di Bade la prese
colla foi'za delle armi, e la restituì
all'Austria. Nel 1664 già era riuscito
agli austriaci di prenderla per as-
salto, e saccheggiarla per tre giorni,
ma non vi si poterono sostenere.
CIN 179
Uguali saccheggi provo la città an-
co per parte de' turchi. Nella città
vi sono stabilimenti di istruzione e
di beneficenza. La sede vescovile vi
fu eretta l'anno 1000, o looq per
10 zelo e pietà di s. Stefano I re
di Ungheria. Fu dichiarata suffra-
ganea della metropoli di Gran, os-
sia Strigonia, alla quale ancora è
soggetta. La cattedrale di bella co-
struzione in istile gotico, è sotto la
invocazione dell'apostolo s. Pietro.
11 capitolo si compone di sei digni-
tà, la prima delle quali è il prevo-
sto, e di quattro canonici, oltre il
canonico teologo, e il canonico pe-
nitenziere. Yi sono inoltre molli
preti, e chierici addetti al servigio
della chiesa, ove esercita le funzioni
parrocchiali il canonico penitenziere,
assistito da due preti di quelli ad-
detti al coro. Oltre la cattedrale, nel-
la città vi sono altre cinque chiese
parrocchiali con fonie battesimale,
e la bella chiesa de' gesuiti. Ewi
r ospedale, ed il seminario cogli a-
lunni. La mensa ne' libri della Can-
celleria apostolica è tassata di due
mila fiorini. Il palazzo vescovile ,
situato sopra il luogo più elevato, è
magnifico, e sta dappresso alla catle-
drale. In esso racchiudesi una copio-
sa biblioteca, ed un gabinetto nu-
mismatico. 11 sommo Pontefice Be-
nedetto XIV, nell'anno 1754, col-
l'autorità della costituzione, Roma-
nus, data il primo settembre, Bull.
Bened. XIV, tom. IV, png. 225,
concesse a' vescovi della cattedrale di
Cinque chiese in Ungheria l'uso del
pallio, e il potersi far precedere dal-
la croce astata nella propria dioce-
si, fuorché alla presenza de' Cardi-
nali di s. Romana Chiesa, de' nun-
zi apostolici, e dell'arcivescovo di
Strigonia, se qvicsli noi permettono.
CINTO ( Cintura , o Cordelliera).
i8o cui
Sneijc (li Oitline di donne, istituito
in Francia dalla duchessa di Bret-
tagna Anna, moglie a Carlo Vili
re di Francia , e poscia anche a
Luigi XIII, che gli successe nel 149^-
li primario line della principessa fu
la riunione di varie donzelle, che
dovessero volare a Dio la loro ver-
ginità, fare tre ore di orazione in
ogni di festivo nella chiesa, eserci-
tarsi nel restante del giorno in opere
di pietà, pregando l'Allissimo per la
conversione de' tanti eretici di cui era
allora inondala la Francia, e per la
j)iosperilà delle armi della monar-
chia. Per onorare poi la passione di
Gesù Cristo, e le corde colle quali
fu cinto, la fondatrice chiamò il suo
Ordine della Cordclliera, e per la
divozione che aveva a s. Francesco
di Assisi, di cui portava il cordo-
ne, diede alle donzelle per distinti-
vo un cordone di color bianco, sim-
bolo della professata castità. L' im-
presa poi formavasi di un collare
fatto d'una corda intrecciata a pa-
recchi nodi, della quale la regina
Anna volle onorare le principali
dame della sua corte, acciocché lo
mettessero intoi-no ai loro stemmi.
f^. il p. llelyot. Storia degli Ordi-
ni ec, e il Bonanni, Catalogo de-
gli Ordini equestri ec., cap. i3o, là
fio ve parlano Dell'Ordine delle don-
ne detto del Cinto 0 della Cordel-
liera ; nonché il Giustiniani, Hist.
pag. 407.
ClNTUPiA , o CiXTOtA. ( Cingw
inni. Zona). Fascia di panno, o di
cuojo colla quale 1' uomo si cinge i
panni, intorno al mezzo della per-
sona. L'uso della cintura risale al-
la più rimota antichità. Gli ebrei
erano muniti di cinture , allorché
mangiavano l'agnello pasquale, e il
loro sommo sacerdote era obbliga-
to a portale nei solenni sagrillzi
GIN
una cintura, ornata di pietre. I
cristiani della cintura sono i cri-
stiani d' Asia, principalmente quei
di Soria, e di Mesopotamia, qua-
si tutti nestoriani , giacobiti , ec.
Si chiamano i cristiani della cintu-
ra , perché IMatavaxhel X, califfo
della casa degli Abassidi, ol)blig() i
cristiani ed i giudei nell'anno 856,
a portare una lunga cintura di
cuojo.
La cintura de' saceidoti ebbe ori-
gine dopo che Dio prescrisse l' abi-
to de' sacerdoti della legge mosai-
ca, nel comando dato a Mosè :
Stiingesque tunicam hysso et facies
ballheuni opere pluniarii. Laonde
dice il Bonanni, trattando dell' abi-
to de'cliierici, si é sempre poi man-
tenuto l' uso della cintura nel cle-
ro. Vuoisi ritenere, che gli apostoli
r usassero^ da quanto disse il divin
maestro : Sint lambì vestri praecin-
cli; e in altra circostanza disse loro:
nolite possidere anruni , neque ar-
getiluni, nec pecuniani in zonis ve-
stris. In queste parole l' erudito
Sarnelli ravvisò pure il costume de-
gli orientali, i quali portavano in-
volte nelle cinture le monete, sti-
mando egU che fossex'o tessute a
guisa di rete, ed in esse si ravvol-
gessero le borse col denaro. Il Re-
dentore volle inculcare colle dette
parole il distacco dall' alTetlo disor-
dinato alle ricchezze, e l'amore al-
la virtù della povertà. Essendo poi
sialo general costume, anco presso
1 romani , di portare la cintura,
per cui Giovenale Sat. 3 stimò che
un uomo civile senza cintura dovesse
vergognarsi, ne fu inculcato V uso
agli ecclesiastici tanto dai concilii, e
sinodi, che da ordinanze episcopa-
li , sino a stabilirne la forma, e la
materia.
In fatti abbiamo , che il sinodo
GIN
di Colonia del iSSy, per non rife-
rire altri pili antichi esempi, cele-
brato dal vescovo Yaltamo di Ju-
liers, ai chierici comandò: tonsuram,
et hahitiim defcranl, suo ordini con-
gnienles, et superius cincti. Il sino-
do di Milano del i5i4 determinò:
ne cingula serico relisve intercoiilexta,
aut e corio confccta adhiheant. Il si-
nodo di Treviso, adunato nel 1601,
disse: Ligamen s'ive vincidum colo'
ris violacei^ sed tantum nigri colo-
ris, exceptis r. d. decano, et cano-
nicis nostrae cathedralis , aut ar-
cìiipreshyteris, deferant. Il sinodo di
Policastro, nel i632, ordinò, che:
a zona fere cingulo violaceo clerici
prorsus ahslineant. Nel i643, nel
sinodo di Marcico, o Marsico, ven-
ne comandato, che il colore delle
vesti clericali fosse interamente ne-
ro una cuni cingulo. Dalle enun-
ciate sinodali disposizioni, si nota pu-
re l'uso costante delle cinture.
Questa lodevole, ed anco miste-
riosa usanza di cingere la tonaca,
e la veste talare, è stata praticata
da diversi ecclesiastici secolari, ed
anche da tutti i regolari d' ambo i
sessi, come si può vedere a' loro ar-
ticoli, sebbene non convengano tut-
ti nella materia, di cui sono forma-
te le loro cinture. N' è per altro
comune il simbolo di mortificazio-
ne, penitenza, continenza, e castità,
come avvertì s. Gregorio. Dappoiché,
per dire di alcuni, i basiliani, e gli
agostiniani 1' usano di pelle nera, i
benedettini di lana del colore dell' a-
bito, di lana nera i chierici regola-
ri, di canape i francescani, e di se-
ta gli ecclesiastici costituiti in digni-
tà. V. Fascie, e Pompeo Sarnelli ,
Lettere Eccl. tomo I, p. 74, Della
cintola chericale.
Carlo Bartolomeo Piazza, nel suo
trattato, Le opere pie di Roma a
CIN i8i
png. 4o7j parla della Confraternita
della Cintura, nella chiesa di s. A-
gostino. Egli eruditamente dice sul-
l'antico uso di cingersi i lombi con
una cinta o fascia di pelli di ani-
mali, usanza che praticò la b. Ver-
gine Maria, la quale prima di ascen-
dere al cielo consegnò la propria
cintura a san Tommaso apostolo.
Laonde in processo di tempo es-
sendosi portata tal insigne reliquia
a Costantinopoli, nel calendaino gre-
co s'incominciò a celebrare l'uffizio
della Cintura della b. Vergine ai
2 I agosto, e la sua traslazione ai 3
luglio. Di essa furono divotissimi s.
Agostino, e la sua madre s. Monica;
il perchè vennero istituite nelle chie-
se di religiosi agostiniani le Congrc-
g.'izioni della Cintura, dichiarando
Gregorio XIII capo delle altre quel-
la istituita in Bologna sua patria.
Siccome poi i Pontefici furono lar-
ghi in concedere privilegi e indul-
genze a quelli di amljo i sessi a-
scritti alla divozione della cintura,
Clemente Vili moderò tali grazie,
mediante la costituzione, Inscrutah.
etc, giacché il novero veniva chia-
mato mare magnum. Il medesimo
Piazza nel suo Emerologio di Ro-
ma, tom. I, p. 295, tratta erudi-
tamente colla digressione 26, Della
cintura, cingolo, o fascia, suo uso,
mistero, e precetto al eletto secola-
re, e regolare nella chiesa.
CIAZIO Cexci, Cardinale. Cin-
zio Cenci , di antica e nobile fa-
miglia di Roma , fu creato Car-
dinal prete del titolo di s. Loren-
zo in Lucina nella Pentecoste del
iiqi da Celestino III. E.istaurò la
sua chiesa, e la fece consacrare dal-
lo stesso Pontefice. Fu alla canoniz-
zazione di s. Giangualberto ; poi le-
gato nella Marca; quindi scomuni-
cò Marcualdo, che negava di far
iSa CIP
giurar vassallaggio al Pontefice ; po-
scia andò legato in Sicilia a frena-
re i nemici della Ciiiesa, «juimli in
Francia per la causa matrimoniale
del re Filippo III, e dopo essere in-
tervenuto ai comizi d'Innocenzo, e
Onorio III, mori a Roma verso il
1228.
CIOCCHI A>'TOMo, Cardinale. V.
Mo>fTE.
CIOCCHI Cristoforo, Canlhui-
Ic. V. INIoNTE.
CIOCCHI Giammaria, Cardinale.
V. INIoxTE, e Giulio III.
CIOCCHI LvNocExzo, Cardinale.
V. Monte.
CIOLETTI, o CHOLET Gio-
vanni, Cardinale. V. Cuolet.
CIPRIANO (s.), vescovo di Tolo-
ne in Provenza, consecrato da s.
Cesario di Arles nell'anno 5 16. As-
sistette a molti concilii, giovando
non poco coli* opera sua alla con-
servazione della fede e della disci-
plina. Ridotta la Provenza in quel
tempo sotto il dominio dei Francesi,
ebbe il modo di purgare, con grande
consolazione del suo spirito, dall'aria-
nesimo la propria diocesi, che ne era
miseramente infetta dagli Ostrogoti.
Mori intorno alla metà del sesto
secolo, ebbe sepoltura nella sua chie-
sa, ed è il secondo protettore della
città di Tolone.
CIPRIANO (s.), martire di Nico-
media detto il Mago, nacque in
Antiochia, città posta tra la Siria
e r Arabia, dipendente dal governo
della Fenicia. I genitori di lui, che
erano immersi nella superstizione,
lo votarono sino da fanciullo al de-
monio, ed egli crebbe nel disor-
dine del vizio e nella empietà.
Tra le arti funeste, che aveva ap-
preso alla scuola di un tanto mae-
stro, usava anche quella infamissi-
ina di sedurre le vergini, fra le
CIP
quali vittime della seduzione era al
sommo impegnato di potersi avere
una giovinetta cristiana, che viveva
in quei giorni in Antiochia, nomi-
nata Giustina. Dopo molto tentare,
conobbe che nulla valevano in un
anima consccrata a Gesù Cristo le
insidie diaboliche, e cominciò a per-
dere il credito al suo insegnatole in-
fernale. La grazia di Dio lo illuminò
a conoscere i propri erroii, egli mos-
se il cuore a pentirsene, per cui egli
gettò alle fiamme tutti i libri di ma-
gia, che aveaiio formalo per tanti an-
ni il prediletto suo studio, donò tutti
i suoi beni ai poverelli, ed, istruito
bastantemente nella religione cristia-
na fu battezzato. San Gregorio di
Nazianzo racconta il miracoloso mu-
tamento di quest' uomo , Che dal-
l' eccesso della empietà in cui vive-
va, divenne il modello di ogni piìi
bella virtù per modo, che ardente
di carità verso Dio, non dubitò pun-
to di sottomettere il capo alla scure
del carnefice, nella persecuzione di
Diocleziano, in testimonio della sal-
da sua fede, l'anno 804. Con esso
colse ancora la palma del mar-
tirio quella vergine Giustina, che re-
sistendo alle sue brame, era stata fe-
licissima occasione del ravvedimen-
to di lui. Alcuni fedeli di R.oma por-
tarono da Nicomedia in questa cit-
tà le reliquie di ambedue i santi
martiri, ai quali nel regno di Co-
stantino, per opera d' una pia don-
na della famiglia di Claudio, fu e-
retto un tempio nella piazza, che
porta il nome di questo principe.
In progresso di tempo però le ossa
di s. Cipriano e di s. Giustina fu-
rono trasferite nella basilica di La-
terano, dove riposano anche al pre-
sente. La festa di questi due mar-
tiri è celebrata il ventesimoscsto
giorno di settembre.
GIP
CIPRLV^O (s.), vescovo di Car-
tagine e martire. Figliuolo ad uno
dei priuii seuatori di Cartagine era
cresciuto nella universale estimazio-
ne così per la nobiltà della nascita,
come per la altezza dell' ingegno, e
per la facondia del dire. 11 Signore,
che volea trarlo dalle tenebre del
paganesimo alla luce del vangelo, e
dalle sozzure di bruiti vizii alla pu-
rità della morale crislianaj dispose
ch'egli incontrasse amicizia col santo
prete Cecilio, che viveva di quei
gioinii in Cartagine, e fu appunto
per le persuadenti ammonizioni di
questo, ch'egli, dopo vinti non po-
chi contrasti dell'animo, deliberò di
abbracciare la religione di Gesù Cri-
sto. Ricevuto il battesimo, come a
preludio di quella carità, che dove-
va renderlo un eroe della Chiesa ,
vendette ogni suo avere, distribuen-
done il prezzo ai poveri. La sacra
Scrittura e le opei'e di Tertulliano
furono i primi libri, sui quali, tosto
convertito, pose con ogni calore il
suo studio, standosi però molto ri-
guardato nelle opere di quest' ulti-
mo, per non cadere negli eirori di
lui. Alla scuola dei hbri santi pro-
fittò nelle virtìi di giorno in giorno,
così, che in breve, al dire di Ponzio,
divenne erede della pietà di Cecilio,
di cui volle assumere per gratitu-
dine il nome, chiamandosi appresso
Fascio Cecilio Cipriano. Per voto
unanime del popolo, comechè neo-
fìto, fu innalzato al sacerdozio, e non
era ancora un anno trascorso dalla
sua ordinazione, che venuto a mor-
te Demetrio vescovo di Cartagine ,
il clero insieme ed il popolo lo do-
mandarono per successore. La umil-
tà, che era in lui non ordinaria ,
lo consigliò alla fuga, ma inseguito
per ogni parte, dovette cedere alle
istanze universali, ed approvata la
CIP i83
sua eiezione dai vescovi delia pro-
vincia, fu consecralo nell'anno 248.
Tulio ciò, che può formare il più bel-
lo encomio di un vescovo, avea Ci-
priano in grado eminente, e fu scritto
che così anche nell' esterno ei dimo-
strava le egregie doli dell'animo,
da non poterlo vedere senza sen-
tirsi mossi all' amore insieme ed al
rispetto. La persecuzione , che fece
Decio ai cristiani, diede occasione
agli idolatri di insolentire acremen-
te contro il santo vescovo, che non
lasciava di adopei'are il suo zelo
per mantenere la disciplina, e ri-
parale in parte le gravi perdite
cagionate dall' insano furore degli
infedeli. Ma poiché questi non de-
sistevano dall' insidiare per ogni
parte la ^ua sacra persona, ricorde-
vole delle parole evangeliche : se sie-
te perseguitati in una città, fuggite
in un altra ; ben conoscendo che
una più lunga dimora in Cartagi-
ne, non avrebbe clic accresciuto il
furoic dei Pagani, non per- debolez-
za d' animo, ma affine di rendere
anzi il miglior servigio al suo greg-
ge, pensò di allontanarsi da quella
città. Nella sua assenza, che durò
poco meno che due anni, egli scris-
se moltissime lettere, tulle ripiene
di queir apostolico zelo che lo in-
fiammava, nelle quali dirigeva sa-
lutari ammonizioni, ora al popolo
per conservailo fedele a Gesù Cri-
sto, ora ai traviati per ridurli al
retto sentiero, ora ai sacerdoti ed
a' vicari perchè non cadesseio di
animo nell'esercizio del santo mini-
stero, ancora più difficile in quel
tempo di persecuzione. Potea dirsi
con tutta verità che se non era pre-
sente ai suoi figli colla persona, lo
era sempre con lo spirilo, e meglio
giovava al bene spirituale delle ani-
me, perchè più liberamente parla-
.84 CIP
va loro collo scritto, di quello clic
non avrebbe potuto fare colla voce.
Poiché piacque al Signore di rido-
nare la calma ai fedeli, circa l'anno
25i, per la avvenuta morte di De-
cio e del suo figliuolo, il santo ve-
scovo Cipriano litornò dal suo esilio
in Cartagine, 'nel mese d'aprile del-
lo stesso anno. Non andò molto dal
suo ritoino, che tenne un concilio
assai numeroso in questa città, nel
quale furono condannati gli scisma-
liei, ed obbligati alla penitenza i cadu-
ti nella persecuzione. Sarebbe trop-
po lungo il narrare per quante ma-
niere Cipriano abbia dimostrato l'in-
faticabile suo zelo nell'esercizio dei
suoi doveri episcopali, doveri che se
riescono in ogni tempo di somma
difficoltà ad eseguirsi, più assai lo
erano senza alcun dubbio in quella
stagione, nella quale le potestà ter-
rene faceano ogni prova per abbat-
tere il regno eterno di Gesìi Cristo.
Quanto di bone può arrecare alla
Chiesa mia somma pietà congiunta
alla più profonda dottrina in un ve-
scovo, tutto questo può essere ba-
stante encomio a Cipriano, che fra
i pastori fu distintissimo. Se persi-
stette, più che forse non conveniva,
nella opinione che fosse nullo il bat-
tesimo conferito dagli eretici, seppe
anche, come dice santo Agostino ,
cancellare il suo errore collo spar-
gimento del proprio sangue per la
fede di Gesù Cristo, Io che av\ en-
ne nel giorno i4 di settembre del-
l'anno 2 58, non senza grande com-
pianto ed edificazione di tutto il suo
popolo. Dopo il quinto secolo, la fe-
sta di questo santo è celebrata uni-
tamente a quella di s. Cornelio ai
16 del mese di settembre. '
IVoUzie sugli scrùn di s. Cipriano.
I • La lettera o trattato dd disprcz-
CIP
zo *rld mondo, 0 della grazia di
Dio. II santo scrisse quest' opera
poco dopo la sua conveisioue, e
la mandò a Donato, che era stato
battezzato con lui, e che pare es-
sere stato suo 'compagno in ret-
torica. Lo stile ne è lucido e
pomposo: vi si riconosce un pro-
fessore di eloquenza, avvezzo alle
declamazioni, e che aveva testé
lascialo questo impiego.
2. Il libro della Vanità degl'ido-
li, composto da lui essendo lai-
co. Lo scopo del santo è di pro-
vare non doversi riguardar co-
me dei quelli , che non furono
altro che uomini, e commisero i
più abbominevoli delitti. Prova
che i pagani adoravano sovente
i demoni, quelli ancora che qual-
che volta possedevano i corpi de-
gli uomini. Egli se ne appella
agli stessi suoi avversari, che
avevano più di una volta udito
i demoni confessare ciò ch'erano,
quando i cristiani loro facevano
gli esorcismi.
3. Sembra ch'egli fosse catecumeno
quando scrisse i due libri dei Te-
slinionii , che sono una raccolta
di passi dell' antico testamento ,
risguardanti Gesù Cristo e la sua
Chiesa. Vi è un terzo libro dei
Tcslinionii, che è pure una rac-
colta di passi, dai quali risulta
un sistema di morale.
4- II libro del Contegno delle Ver-
gini fu scritto immediatamente
dopo l'innalzamento del santo
alla dignità episcopale, secondo
Pamelio, Pearson e Tiliemont.
5. Il libro dell' Unità della Chiesa
fu scritto poco prima che egli
abbandonasse il suo ritiro per tor-
nare a Cartagine.
6. Il libro dei Cadali. 11 santo do-
po aver Iodato a cielo la corona
CIP
dei martiri, deplora amaramente
la caduta di quelli , che aveano
apostatato.
y. 11 libro dell' 0/r/;,/o/2e domenicale,
scritto poco tempo dopo la pre-
cedente opera.
8. Il libro della Moralità, scritto
neir occasione della pestilenza.
9. L' esortazione al Martirio, scritta
nel 252.
10. Il libro a Demetriano. Questi
era un magistrato di Cartagine,
che quantunque caldo pagano,
era stretto in amicizia col santo
vescovo. L' opera di cui si tratta
è una risposta alle invettive di
questo magistrato contro la no-
stra fede. Vi si prova la religione
cristiana non esser causa delle ca-
lamità dell' impero , e vi si ha
inoltre una bella esortazione alla
penitenza.
11. 11 libro della Elemosina e delle
buone opere, composto verso V an-
no 254.
12. Il libro del Bene della pazienza,
composto verso l'anno 256, in
occasione delle dispute levate ri-
spetto al battesimo degli ere-
tici.
1 3. 11 libro della Gelosia e AqW In-
vidia, scritto poco dopo il prece-
dente.
i4- Lettere in numero di oltantu-
na nell'edizione di OxCord ( detto
in latino Oxoniiim ) , e ottanta-
tre in quella di Baluzio. lìllleno
hanno per argomento punti di
dogma, di disciplina, e di pietà.
i5. Fra le opere di s. Cipriano ne
sono stampate molte, che furono
attribuite a lui, benché non sia-
no sue. Le principali sono: i. Il
Trattato contro gli spettacoli pub-
blici. 2. Il Discorso contro No-
vaziano. 3. Il libro del Celibato
de chierici, che è del settimo
CIP i85
secolo , e contiene cose somma-
mente utili.
La prima edizione delle opere di
s. Cipriano comparve poco tempo
dopo r invenzione della stampa ; es-
sa non porta nome, né di stampa-
tore, né di luogo ; tuttavia è piti
corretta della maggior parte di quel-
le che uscirono dopo. Le opere del-
lo stesso padre furono ristampate
per cura di Erasmo , di Manuzio ,
di Morel, di Pamelio e di Piigault.
Questo ultimo editore è un calvi-
nista mascherato , al dir di Fello.
In fatti si trovano nelle sue note a
Tertulliano ed a s. Cipriano molte
cose che sentono di calvinismo. A^.
l'Aubespine , Gozio, Ep. ad Salinas.
pag. 32 3, e Petitdidier, Osservaz.
sulla Biblioth. di du Fin, tom. I,
p. 280.
Nell'edizione di Pamelio le lette-
re di s. Cipriano sono poste le pri-
me e messe in ordine cronologico ;
ma non hanno lo stesso luogo nelle
edizioni anteriori e posteriori.
L' edizione di Oxford uscì nel
1681 : ella si debbe a Fello, vesco-
vo della stessa città, che vi aggiun-
se nuove annotazioni, cogli Ànnnles
Ciprianici di Pearson, e le tredici
Dissertaliones Ciprianicae di Dod-
well, che mirano a schiarire certi
punti di fatto e di disciplina. Ba-
luzio preparava una nuova edizio-
ne di s. Cipriano, quando rapi Ilo
la morte. Maran Benedettino della
congregazione di s. Mauro diodo
r ultima mano all'opera di lui. Ila
eziandio corretto alcune note di Ba-
luzio, ve ne aggiunse di nuove, e
fregiò la sua edizione di una nuo-
va vita di s. Cipriano. Questa edi-
zione comparve a Parigi nel 1726,
in fol. col titolo seguente; S. Cy-
priain opera rccognila per Bahh
I Hb CI P
jciinn , kcruin illusirata per unum
(iìLyan) e nioiiacliis s. lilauri, qui
jìravfdiionem et vitani s. Cipriani
iidornavit. Essa fu ristampata a Ve-
nezia nel 1758.
CIPRIANO (s.), abbate nel Pe-
rigoitl, visse al tempo di Clutaiio I.
Coiisecralosi (ino dai primi aiuii al
servizio del Signore, riuscì un di-
stintissimo modello di vita cenobiti-
ca. Secondo s. Gregorio di Tours,
ebbe egli il dono dei miracoli, che
operò cos'i iu vita come dopo mor-
te, la qual morte avvenne circa la
line del secolo sesto. La festa di lui
è indicata nel martirologio romano
nel giorno 9 del mese di dicembre.
CIPRIANO, Cardinale. Cipriano,
arcidiacono di santa romana Chie-
sa, e Cardinal diacono, viveva nel
494 5 "ti pontificato di s. Gela-
sio I.
CIPRO (Ordine di cavalieri). L'i-
stituzione di cjuest' Ordine si attri-
buisce verso il I i()7, per opera di un
le dell'isola di Cipro della nobilis-
sima famiglia Lusignano, forse Alme-
rico. Onesti cavalieri, che seguivano la
regola di s. Basilio, dovevano prendere
le armi contro gl'infedeli, e difendei'e
la cattolica religione massime con-
tro gli ottomani. Fu data per in-
segna ai cavalieri di Cipro una col-
lana d'oro, formata di molti S in-
sieme concatenati, da cui pendeva
nel mezzo una piccola spada d'ar-
gento, col manico d'oro, avente so-
pra uu S con r epigrafe : prò fide
SERVAXDA, come apparisce nel C.i-
talogo (lei^li Ordini ecpiestri, etc. di
Bonanni a pag. 108, ed al u. 98.
Non si deve tacere, che altri disse-
10 essere nel mezzo della spada la
lettera R.. Con questa spada volle il
fondatore dell'Ordine significare,
che muniti di tal arme, dovevano
que' cavalieri combattere il ucunco,
CIP
mentre per la lettera S, piesso gli
antichi simbolo del silenzio, inse-
gnavasi loro, doversi mantenei'C ne-
gli alfari di stato uu rigoroso se-
greto. Per questa ragione furono
chiamati anche Cavalieri del silen-
zio. Lo stemma dei Lusignano era
fregiato colla lettera S, forse per me-
moria dell'istituzione di (|uest' Ordi-
ne cavalleresco. Fiori per molti an-
ni r Ordine ; ma occupata da' tur-
chi l'isola di Cipro (f^edi), esso
naturalmente si estinse. V. Hist.
Cronol. degli Ordini equestri, etc,
di Bernardo Giustiniani, a pag. £96
e seg.
CIPRO ( Cyprus, ed in turco Ki-
Iris). Isola considerabile del Medi-
terraneo, tra la Cilicia, e la Siria,
posta al nord dell'Egitto, all'ovest
della Siria, ed al sud della Cara-
mania. Sebbene montuosa , è ferti-
lissima , e produce in abbondanza
le cose necessarie alla vita, special-
mente l'eccellentissimo e tanto ri-
nomato vino di Cipro. E tagliata
dall'est all'ovest per una catena di
montagne alte e scoscese , la cui
punta più alta è il monte Santa
Croce, cioè il famigerato Olimpo
degli antichi. Consagrata già a Ve-
nere dai favoleggiatori , onora vasi
quivi la dea con un culto partico-
lai(^, come ([uella che al dire dei
poeti era nata in quest'isola. Forse
la voluttà degli abitanti diede ori-
gine alla favola, mentre dalla gran
(pianti tà degli arboscelli chiamati
Cipro, i quali producono un fiore
odorosissimo , che cresce ovunque
nell'isola, vuoisi che essa ne pren-
desse il nome. Delle tante famose
città che Cipro contenne, Salamina
piìi non esiste, Ceraunia, oggi Cui-
nes, non ha che un buon porto, e
così Palo oggi BalTa , è l'i dotta a
piccolo borgo. Amutuiita , oggi JLi-
CIP
niassol, fa di sé meschina mostra fra
le rovine di antichi monumenti, ed
Arsi noe, oggi Famagosta (Fedi),
Ila ingombrata di macerie la sua
rada. Le altre celebrate città , che
una volta fiorirono neh' isola, sono
Citerà, e Leucotea , oggi Nicosia
[ Fedi)j che u'è capitale. Ma la
maggior celebrità derivò a Cipro
da Amatunta, Pafo, Citerà, e dal
bosco d' Idalia. L'isola fu anco chia-
mata con diversi nomi , e per la
sua floridezza, popolazione, ed altre
singolari prerogative, principalmen-
te al tempo delle Crociate, fu dai
Greci chiamata Macaria, cioè Bea-
ta. Ma ora pel suo considerevole
decadimento non conta che circa
settantamila abitanti, la metà gre-
ci, e il resto turchi , mai'oniti , ar-
meni, ec. Però sino dai tempi re-
moti, è proibito agli ebi'ci di sog-
giornarvi, in conseguenza della ri-
bellione da essi suscitatavi sotto l'im-
peratore Trajano.
Cipro anticamente fu popolata
dai Fenicii, avanti che alcune colo-
nie greche vi si stabilissero, poscia
fu divisa in quattro provincie , e
contiene nove regni tributarii dei
monarchi di Persia. Allorquando
r impero persiano fu distrutto, l'iso-
la divenne dominio dei Tolomei re
d'Egitto, o de' loro parenti dopo la
morte di Alessandro il Grande ,
dall'anno 3i^ avanti l'era cristia-
na, sino al 697 di Pioma , e Sy
prima delia nascita del Salvatore.
A quest'epoca fu da' romani occu-
pata, ed i governatori si chiamaro-
no allora Cipriarclii. I romani tol-
sero quest'isola a Cleopatra, regina
di Egitto, come discendente di To-
lomeo. Diviso poscia l'impero ro-
mano, Cipro rimase soggetta all'im-
peratore di Costantinopoli, che de-
stinava al suo governo im ministro
CIP 187
col titoio di duca, o Cipriarca. Al-
la caduta del romano impero per
alcun tempo fu signoreggiata dagli
arabi, che dagli imperatori greci
vennero discacciati, cosicché rimase
al loro governo. Ribellatasi l' isola
al duca Isacco Comneno, uomo cru-
dele, se ne rese padrone Riccardo I
re d' Inghilterra, il quale s' era im-
barcato nel 1191 per la crociata,
ed era stato gettato dalla tempesta
nelle coste dell'isola, e la prese ad I-
sacco, che era stato saccheggiato da-
gli stessi suoi soldati. Il motivo di
tale invasione si attribuisce agli af-
fronti che il re ricevette dal duca Isac-
co. Il re ne investi i cavalieri Tem-
plari, che poco tempo dopo la re-
stituirono a Riccardo I. Siccome era
slata presa la città , e il regno di
Gerusalemme dai saraceni nel i i88,
mentre n'era re Guido di Lusigna-
no di nobilissima stirpe francese,
bramoso il detto re d'Inghilterra
di conquistare a* saraceni il regna
di Gerusalemme, si fece cedere da
Guido le sue ragioni sul medesimo,
e invece gli cedette il regno dell'i-
sola di Cipro, che teneva in pos-
sesso, locchè avvenne nel medesimo
anno i 1 9 1 . Nel 1 1 94 gli successe
sul trono Almerico, ed a questo si
attribuisce l'istituzione de' Cavalie-
ri di Cipro {Vedi), detti anco del
Sdeiizio, per difendere l'isola con-
ila i turchi; Ordine equestre, che
mollo fiorì in questo regno. Montò
poscia sul trono nel i2o5 Ugo I,
ch'ebbe nel 1218 Enrico I per suc-
cessore. IMcntre per la sua morte il
regno era governato dalla regina ,
il Cardinal Pelagio Galvani, legato
d'Innocenzo IH nella Grecia, per
ordine del Papa passò in Cipro, e
stabili colla regina , co' vescovi e
magnati del reame le cose riguar-
dauli lu cattolica religione , laonde
i88 CIP
venne iicU' isola foiulala la mofio-
politana, con tre vescovi sullraganei
di rito latino quando prima ve n'e-
rano quattordici di rito greco. Ma
(lolle sedi vescovili del rci^no di Ci-
pro, e de' concilii ivi celebrali ne
rarleremo in fine dell' articolo.
Nel 12^4 all'enne re di Cipro
Ugo II, che ebbe per successori nel
ì7.G^ Ugo HI, nel 1281 Giovanni I,
jiel 1283 Enrico II, nel i3i6 Ugo
IV, il quale regnò trentasette anni.
Detcrminata nel i333 la crociata
contro i turchi, ed effettuata nel i 344
sotto il pontificato di Clemente VI,
questo Papa prescrisse al re di Ci-
pro, ai veneziani, ai genovesi, ed
a' cavalieri di Ilodi di mantenere
nel porto di Smirne delle galere ar-
mate, per raffrenare la crescente
possanza turchesca. Dipoi, nel i352,
Innocenzo VI suo successore, da A-
vignone scrisse al re Ugo IV, acciò
eseguisse tali condizioni, ed osser-
vando, che dopo la ribellione del
Iriljiuio Cola di Pùenzo , i romani
profittando del soggiorno de' Ponte-
fici in Avignone, non volevano sof-
frire alcun giogo, perchè si accostu-
massero all'ubbidienza, mandò a go-
vernarli il re Ugo IV Lusignano ,
che si trovava alla sua corte di A-
vignone col fine di domandargli soc-
corso contro il sultano d'Egitto. 11
rispetto , che si doveva a f[ue-^to
principe, riscosse dai romani l'ubbi-
dienza , ma questa durò per ben
poco tempo. Eletto nel i362 in A-
vignone il Papa Urbano V, Pietro
I re di Cipro vi si recò ad ossequiar-
lo, come fecero altri sovrani, in un
ai re di Francia, di Danimarca, e
all'imperatore Carlo IV. Alla pre-
senza di numerosa assemblea fu pri-
ma cura di Urbano V di deliberare
sulla crociata, e sul modo con cui
aveasi da intraprendere. N'era prin-
CIP
cipal motore 11 detto Pietro re di
Cipro, che da cinque o sei anni per
tale effetto visitava tutte le corti di
Europa , come quello che piti era
esposto alla possanza degli ottoma-
ni. Urbano V deliberò di partire
da Avignone, e lecarsi in Roma, rna
scris.se prima nel i366 premurose
lettere a tutti i principi Europei ,
perchè porgessero soccorso alle iso-
le di Cipts, e di Rodi, contro le
(juali volevano scagliarsi i saraceni
dell'Egitto, di Soria, e di Babilo-
nia collegati coi turchi. Giunto il
Papa a Roma a' 16 ottobre, fu vi-
sitato da Pietro re di Cipro, dal-
l' imperatore e da Giovanna I, re-
gina di Napoli, alla quale il Pon-
tefice donò la Rosa d'oro benedet-
ta , comunque i Cardinali avessero
desiderato, che piuttosto fosse data
al re di Cipro.
Nell'anno 1372, Gregorio XI co-
mandò il primo, che si celebrasse
neir occidente la festa della Presen-
tazione della beata Vergine nel tem-
pio, fissandola a' 2 i novembre. Pie-
tro II, o Petrino re di Cipro , salito
al trono nel i3j i , inviò in Avi-
gnone al Papa l' uffizio di tal so-
lennità posto in note, come si can-
tava neir oriente , e Gregorio XI
non solo approvollo , ma lo fece
cantare nella chiesa de' frati minori
in Avignone, donde si propagò per
tutto l'occidente. Nell'anno i383,
divenne re di Cipro Jacopo I, il
quale però, come il predecessoie ,
avviluppato nel funesto scisma di
Clemente VII, contro il legittimo
Pontefice Urbano VI, segui le par-
ti dell'antipapa, per cui anche l'isola
prestò ubbidienza a Clemente VII,
e al successore Benedetto Xlll. Ma
dipoi conosciuto l' errore , il re
Giovanni II che nel iBgS era dive-
vcuulo sovrano di Cipro, si ritirò
CIP
dall'ubbidienza di questo ultimo,
e spedì ambasciatori al concilio di
Pisa, ove fu eletto nell'anno 1409
Alessandro V. Nel i4i2 divenne
re di Cipro Giovanni HI, ed ancor
eirli in\iò ambasciatori al celebre
o
concilio di Costanza , ov' ebbe ter-
mine lo scisma, coli' elezione di Mar-
tino V, nel i-iir.
Mentre era sovrano di Cipro Gio-
vanni 111, il Pontefice Eugenio IV
provò gran consolazione nel ricevere
all'unione della Chiesa romanri, nel
144^3 §li scismatici dell'isola di Ci-
pro, che aveano seguitati i decreti
del concdiabolo di Basilea. Appena
poi, nel 14473 S^' successe nel pon-
tificato jNicolò V, questi assolvette
il re Giovanni III incorso nelle cen-
sure per le molestie date all' arci-
vescovo di JNicosia, delle quali si di-
mostrava sinceramente pentito. Fra-
tello di questo re fu Ugo Lusigna^
no, che nel is\i3 era stato fatto da
Giovanni XX III arcivescovo di Xi-
cosia, e da INIartino V nel 1426
era stato creato Cardinale. Ciò non
pertanto, sotto Eugenio IV, seguì il
partito de' padri di Basilea, e dell an-
tipapa Febee V, eletto da que' pa-
dri, perchè Anna di Lusignano sua
nipote era maritata a Ludovico du-
ca di Savoja, figlio dell'antipapa.
Degradato da Eugenio IV delle di-
gnità vescovile e Cardinalizia, morì
nella Savoja nel i44--
Nicolò V, nel luglio del i44'5
nominò legato apostolico nel regno
di Cipro e nell' isola di R.odi, An-
drea arcivescovo di Pvodi, affin di re-
staurare la disciplina ecclesiastica in
ambedue i luoghi, e richiamare al
grembo della Chiesa i caldei, e gli
scismatici i\i dimoranti. Maometto
II imperatore de' turchi mosse guer-
ra al re Giovanni III; per cui Pa-
pa Nicolò V, a' 12 agosto 1 4 l'i 3
CIP 189
scrisse caldissime lettere a Federico
III re de' Romani, ed ai re d' In-
glìilteri-a, Polonia, Boemia, Svezia,
Norvegia, Sicilia, e Scozia, esortan-
doli a prestargli soccorso con dena-
ro, o con armi; ammonì lo stesso
re di Cipro a fortificare Nicosia, e
concesse indulgenza plenaria a tutti
i fedeli, che al re prestassero aiuto.
Egual zelo ebbe Calisto HI, perchè
nel 1455 fece allestire un'armata
di sedici galere sotto il comando del
valoroso Cardinal Mezzarota, colla
quale difese l'isola di Cipro dagli
ottomani, e restituì quella di JMiti-
lene al suo principe. Nel 1460, Car-
lotta regina di Cipro, figlia di Gio-
vanni III, si fece coronare in Nico-
sia, e governò il regno sino al i463,
in cui usurpò il potere Giacomo fi-
glio spurio di Giovanni III, il qua-
le divenne re col nome di Jacopo
II. Ad istanza di questo principe ,
nel 14^73 Paiolo II creò Cardinale
il di lui parente Teodoro Paleolo-
go, discendente dagl'imperatori di
Oriente.
Giacomo li si sposò con Cateri-
na figlia di Marco Cornaro nobile
veneziano, da quella repubblica adot-
tata per figlia. Caterina rimase ve-
dova nel i473, e dopo due anni alla
morte del suo piccolo figlio Giaco-
mo IH, abdicò il regno a favore
della repubblica di Venezia, ritiran-
dosi nella sua patria l'anno i^So.
Siccome tuttora era vivente Carlot-
ta, figlia legittima di Giovanni IH,
indarno reclamò essa contro tale
determinazione, enormemente lesi-
va de' suoi sagri diritti, e indarno
ricorse colle armi del sultano di E-
gitto, a quelle di Savoja, ed al Pa-
pa . Recatasi pertanto in Ptoma,
luvvi graziosamente ricevuta da Si-
sto IV, e trattata coi riguardi dovu-
ti air alto suo rango, e quindi mo-
i()o CIP
lì solfo Innocenzo VII! a' iG luglio
j/jHj, clic non cbl)c minor consi-
tleraz.ione del predecessore per tal
disgraziata regina. Fu sepolta nella
basilica vaticana, dopo essere stata
esposta nel palazzo, die Sisto IV le
avca assegnato in Borgo nuovo per
abitazione, incontro la chiesa di s.
Maria della Purità. Venne accora-
]iagnnla con pompa alla basilica,
coir intervento della famiglia ponti-
ficia, ed ivi undici Cardinali assi-
.«teltero alle sue esequie. Sotto Pao-
lo V il corpo della regina fu tras-
portato nelle grotte vaticane, ove si
legge questa iscrizione : kabola hie-
T.VSALEM, CYPRI ET ARMENIAE REGINA
ORItT XVI JULtl ANNO DOM. l4^7- ^
Torrigio, nelle Sagre grolle vatiea-
ve, ci dà pi-cziosc notizie di questa
piissima regina, che mori d'anni 47
per paralisia, e che fu encomiata
per virtù. Questa principessa, la qua-
le avea sposato Luigi di Savoja, e
secondo figlio di Luigi duca di Sa-
voja e di Anna di Cipro, figlia di
Giovanni III, nel morire lasciò tut-
ti i suoi diritti alla corona di Cipro
a Carlo duca di Savoja suo nipote,
il quale prese in fatti il titolo di
re di Cipro, titolo che fu trascura-
to da' suoi successori sino a Vittorio
Amadeo I. Questi lo assunse nel
1 633, e lo trasmise ai suoi successori, i
quali s' intitolano re di Cipro, Ar-
menia, e Gerusalemme, come si dirà
meglio all'articolo Savoja (^Vedi),
Olii per?» diremo il perchè i re di
Cipro si dicessero ancora di Armenia,
e di Gerusalemme.
Thoros III, della dinastia di Ru-
])en, re di Armenia in Cilicia, nel
i2C)3 prese per moglie la princi-
pessa Margherita, figlia di Ugo III
re di Cipro della suddetta dinastia
de' Lusignnni. Indi nel 1295 la so-
rella di Thoros III, principessa Isa-
CIP
bella di Armenia , fu sposala da
Maurizio conte di Tiro, fratello di
Enrico II re di Cipro, e da questi
nacquero Giovanni, e Guido di Lu-
signano. Giovanni fu chiamato in
Cilicia, mentre ancora reg-iava Leo-
ne V, e fu creato bailo, e gran
principe di Armenia. Morto quindi
Leone V senza lasciare prole, i
grandi proclamarono re di Armenia
Giovanni di Lusignano, sotto il no-
me di Costantino III, cioè nel 1342;
ma siccome Giovanni non avea fi-
gli, nel seguente anno gli succes-
se il fratello Guido. Questi pure
non avendo discendenza, ebbe per
successore al trono di Armenia ,
sotto il nome di Costantino IV,
il figlio di Baldovino di Lusi-
gnano, gran contestabile di Arme-
nia. Costantino IV morì dopo die-
ciotto anni di regno, e per alcun
tempo essendo rimasto vacante il
trono di Armenia, Papa Urbano V
scrisse lettere ai grandi d' Armenia,
e li esorlò a coronare re Leone di
Lusignano discendente dai mentova-
ti principi, e dai re di Cipro. Leo-
ne portatosi a Sis , vi fu coronato
nel i365. Mentre regnava questo
Leone VI, la Cilicia fu assalita da-
gli eserciti di Esciref-Sciaban sulta-
no di Egitto, ed il regno di Arme-
nia fu distrutto ; il perchè Leone
VI prima condotto in Egitto, vi fu
tenuto lungo tempo in prigione;
ma liberato nel i382, venne in
Europa, ed in Roma fu molto ono-
rato dal Pontefice Urbano VI. Per-
corsi altri paesi , morì a Parigi
nel 1393, senza lasciare figli. Suo
erede legittimo essendo il re di Ci-
pro Jacopo I, questi si fece coronare
solennemente re di Armenia, e così
divennero i Lusignani re di Cipro, ol-
tre che re di Gerusalemme, conservan-
do anco il titolo di re di Armenia.
CIP
La repiibblicj» di Venezia posse-
tlette l'isola di Cipro sino dal 1^7 i,
Ma ad onta che armate veneziane,
spagniiole, e pontifìcie avessero vin-
ta la strepitosa armata di Lepanto,
Solimano II imperatore de' turchi,
per nulla avvilito, s' impadronì del
regno di Cipro nel iSyi, per cui
la sublime porta ottomana tuttora
ne conserva il dominio. Gregorio
XIII, che governava la Chiesa alla
caduta di Cipro, ne fu estremamen-
te dolente, e con molto oro riscattò
Tina gran quantità di ripiiotti fatti
schiavi dai turchi. Nel pontificato
poi di Paolo V, il duca di Savoja
Carlo Emmanuele, confidando nei
soccorsi di milizie e denaro offerti-
gli dal Pontefice, e per di lui con-
siglio volle tentar la ricupera del
regno di Cipro, onde far valere i
diritti, che gli derivavano per la dis-
posizione della regina Carlotta. I
cristiani abitatori dell'isola in nu-
mero di trentacinquemila, promise-
ro al duca valido ajuto, ed una ri-
bellione contro i turchi appena vi
fosse comparso colle sue truppe; ma
quando le trattative erano già avan-
zate, il pascià di Cipro essendosi
insospettito per certe lettere, che ave-
va fatto intercettare, si scagliò fu-
riosamente contro i cristiani. Perciò
il duca rimase deluso nelle con-
cepite speranze, e Paolo V fu afìlit-
to per la perdita di tanti fedeli.
Cipro forma oggidì un pasciala-
tico dipendente dal governo del ca-
pitano pascià, ed è l'isola divisa in
tre sangiacati, cioè di BnjYa, Ceri-
na, e Nicosia. Il distretto d' IchiI
nella parte di Cilicia detta Trachea,
o r Aspra, sulla costa occidentale
della Caramania, dipende dall'in-
tendenza di Cipro. Nella funesta rea-
zione del I 82?., il furore de'turchi punì
severamente i cipri(jtti, per cui la po-
C I P 1 9 i
polazione soffri notabile decremento.
La chiesa di Cipro fu fondata da-
gli apostoli s. Paolo_, e s. Barnaba,
i quali essendo partiti d' Antiochia,
s' imbarcarono a Seleucia, ed arri-
varono neir isola di Cipro ; predica-
rono in Salamina, e quindi per tut-
te le città dell' isola. La provincia
ecclesiastica di Cipro si compose di
Nicosia, che eretta in sede vescovi-
le nel quarto secolo, divenne metro-
poli nel secolo XIII, sotto Papa In-
nocenzo III, come superiormente ac-
cennammo. Ebbe quattordici, o die-
ciotto sedi vescovili, ed arcivescovi-
li per sulTraganee. Sotto il pontifi-
cato di Pio IV, i veneziani, allora
padroni dell' isola, ottennero la no-
mina di un arcivescovo, con condi-
zione che la repubblica nominasse
quattro soggetti , de' quali il Papa
ne eleggerebbe uno. Dopo l'invasio-
ne ottomana la congregazione di
Propaganda vi manteneva un vesco-
vo in Pafo, e vi mandò per mis-
sionari i cappuccini, i riformati, e
gli osservanti, mentre il patriarca
de' maroniti faceva assistere i suoi
cattolici nazionali da un vescovo del
proprio rito. Cipro fu anche titolo
arcivescovile e vescovile onorario ; e
i greci, i giacchiti, i maroniti, e gli
armeni vi ebbero particolare sede 1
vescovile ed arcivescovile. Comman-
ville, Ilislor. de tous les /4rchev. et
Evcq. dice, che anco i copti vi eb-
bero il vescovo sino dal secolo XI.
Il celebre s. Spiridione, protettore di
Cor fu, era stato vescovo di Tremi-
tunte nell'isola di Cipro, e nell'an-
no 325 intervenne al concilio di
Nicea, e poi a quello di Sardica.
L' erezione della chiesa di Nicosia
rimonta a tal' epoca, o poco prima.
Concila di Cipro.
Il piimo concilio nell'isola di Cipro
i(j2 CIP
f(i tenuto nell'nnno Sqo, contro
Oiigcne. Baluzio in Collcct. ed
Arduino toni. I.
Il secondo concilio fu celebrato l'an-
no (>43 contio gli eretici ìMono
telili. Re- MV. Labbé t. V, ed
Arduino ton). 111.
Il terzo ebbe luogo nel 1260, per
la disciplina ecclesiastica, e ne par-
la il solo Arduino nei tom. VH.
V. Janna, Ilisloire generale dcs
royaumes eie Cyprc, de Jerusa-
lem, d' Armenie 3 et d'Egypte ,
Leide 17.Ì7.
CIPSELLA, o Cypsela. Città ve-
scovile della Tracia, nella provincia
ecclesiastica di R.odope, sotto la me-
tropoli di Tiajanopoli , suU' Ebro.
L' imperatore Giustiniano I dal suo
nome la chiamo Giusliniana, o la
nuova Giustìniana. Altri la chia-
marono Ipsela, e Sfracella. La sua
scile, istituita nel secolo quinto, eb-
be sei vescovi, secondo l' Orìens
Chrisl. tomo I, p. 204. ÌMa in se-
guito, e nel secolo nono, fu eleva-
ta al grado di arcivescovato ono-
rario.
CIRAxXO (s.), abbate di Lonrey
nel Bern. S. Girano, o Sigirano_,
che ebbe i natali da illustre fami-
giia nel IJerrì, fioriva nel secolo set-
limo. Dopoché fu informato nella
pietà, e in quegli studii che si ad-
dicevano al suo lignaggio, gli venne
conferita la cospicua carica di cop-
piere nella corte del re Clotario li.
Siccome però il suo desiderio era
di consecrarsi piì^i da vicino al ser-
vigio di Dio, ruppe ogni commer-
cio col mondo; e ricusò di unirsi
iu matrimonio con una ricca giova-
ne olfertagli da suo padre. Recossi
quindi a visitare la tomba di s. Mar-
tino a Tours, ove fu innalzato al
sacerdozio dal vescovo ÌModciiisilo. e
CIR
venne poscia insignito della dignità
di arcidiacono. Lo zelo, di cui av-
vampava pel bene della diocesi, lo
fece porre in opera tutti i mezzi
possibili per torre gli abusi, e ri-
mettere la disciplina. Se non che
non andò guari, che il goveinatore
della città prese a perseguitarlo, e
giunse persino a porlo in prigione
per pazzo. Ricuperata per altro la
libertà dopo la morte infelice del
suo persecutore, rinunziò l' arcidia-
couato, e distribuito l'avanzo dei
suoi beni ai poveri, si condusse a
Roma in compagnia di un santo
vescovo irlandese chiamato Fulvio.
Dopo questo viaggio, volle visitare
Flaocatc, prefetto del palazzo pel
regno di Borgogna nell' aimo G|f,
dal quale avendo ricevute in dono
due terre situate sui confini del Ber-
ri e della Turena, nella diocesi di
Bourges, edilicò i monisteri di Meau-
bec e Lonrey. Qucst' ultimo in pro-
cesso di tempo prese il nome di s.
Girano, il quale fu seppellito nel
medesimo, l'anno 6J7.
GIR.CINA. Sede vescovile nella
provincia Bizacena, dell' esarcato di
Adrumeto. la cui erezione rimonta
al quarto secolo, nell' Africa occi-
dentale, in un'isola del regno di
Tunisi. Viene chiamata con diverse
denominazioni. Commanville la chia-
ma Cìrcìna , Cercine , e Cercare.
Altri la chiamarono Cine arila , e
Cicllila. S. Fulgenzio vi si ritirò per
poco tempo avanti la sua xuorte.
CIRCONCELLIOM. Eretici del
([uarto secolo, derivati dai dona-
tisti. Sorsero essi nell' Africa, dove
ebbero tale denominazione, perchè
giravano intorno alle piazze ed ai
borghi, commettendo una infinità
di violenze. ìMakidc e Faside furo-
no i capi di codesti fuorusciti entu-
sii\sli. Portavano in mano un ba-
stone per alludere a quello, che te-
nevano gli ebrei nella cereinonia
tli mangiare 1' agnello pasquale; ma
realmente ben diversa n'era la ra-
gione. Donato solea chiamar quei
due ribaldi i capi de' santi, e di es-
si servivasi per le piti crudeli bar-
barie. I Circoncellioni si predicava-
no ristauratori dei diritti della giu-
stizia : costringeano dunque tutti i
padroni a dare libertà agli schiavi,
e, quello ch'è piìi ridicolo, pel loro
principio assolveauo i debitori da
ogni impegno, minacciando i cre-
ditori di morte, se osavano opporsi.
Giunsero a tal segno di fanatismo
che, prese le armi, inveivano con-
tro i cattolici, uccidendo, abbrucian-
do case e chiese, ed atterrando gli
altari. A tanto giunse la empietà,
che i loro stessi vescovi imploraro-
no la pubblica forza, per raffrenar-
ne i furori. jMa per darsi la gloria
di martiri, cosa assai curiosa, si
ammazzavano da sé stessi, si preci-
pitavano dai dirupi, o si tagliava-
no la gola, e si gettavano nel fuo-
co . I loro settari li riguardavano
come ostie accette all'Altissimo, e
ad essi offerivano culto. S. Ottato
ÌMilevitano, De Donatist. 1. 2, scri-
ve che per fare disprezzo alla Eu-
caristia, la davano a' cani, ma che
questi' per divina virtù si rivoltava-
no contro a' sacrileghi, e li morde-
vano con tutta fierezza. Le loro
massime eran quelle de' donaLÌsd
[Fateli). Essi avean fìerissima guerra
con s. Agostino, verso del quale non
lasciavano di tramar le più accorte
insidie. Un giorno fra gli altri ei vi
sarebbe certamente caduto , se la
Provvidenza non lo avesse fatto
smarrire di strada.
CIRCONCELLIONI . Predicanti
t. malici sorti uell' Alemagna verso
la metà del secolo XIII, app(;l!ati
VOI,. \1II. •
GIR 193
così perchè andavano insegnando i
loro errori con tutto l'entusiasmo,
e ili ogni luogo dove poteano. Pre-
dicavan essi, che il Papa è un ere-
tico, che i vescovi, i sacerdoti, i re-
ligiosi di ogni ordine son tanti ipo-
criti seduttori ; eh' aveano perduta
ogni giurisdizione; che finalmente le
indulgenze erano una favola. Ma es-
si poi dopo le prediche pretendeva-
no impartirle con autorità ricevuta
da Dio medesimo. Questi fanatici
s' immagina van così difendere l' im-
peradore Federigo li, perchè il con-
cilio di Lione avea proceduto con-
tro di lui; ma realmente non fece-
ro a quel principe che un gravissi-
mo danno.
CIRCONCISIONE ( Civcmucisio).
Cerimonia della religione giudaica
e maomettana, per la quale tagliasi
la pelle del prepuzio ai maschi, che
devono professare l' una o l' altra
legge, cioè la mosaica, o l'alcorano.
Tal parola proviene dal latino cir-
ciimcidere, che significa tagliare in-
torno, perchè i giudei che ammini-
strarono la circoncisione a' loro fi-
gliuoli, tagliavano a quelli il prepu-
zio. Presso gli ebrei credesi comin-
ciata la circoncisione ai tempi di
Abramo, nell'anno 2108 del mon-
do. Gli ebrei, e i discendenti loro
non hanno mai circonciso se non
che i figliuoli maschi, ma gli egizi,
gli arabi, i persiani ed altri popoli,
ed vm tempo anche i messicani che
usavano circoncidere, assoggettavano
egualmente le fanciulle alla circonci-
sione, la quale però in diverso modo
si eseguiva. Il Sarnelli, LeUere Eccl.
t. IV, p. 73, dice del modo come si
praticava la circoncisione, e di quan-
to riguarda le donne. Pretesero gli
eretici Celso, e Gj^uliano l'apostata,
che Abramo avesse impalato dagli
egizi la pratica della circoncisione,
i3
194 CIR
opiiiinne ilio alcuni moderni rolle-
rò sostenere ; ma è troppo noto
quanto su ciò dicono i sni^ri libri
del Pentateuco e della Genesi. I
padri ritengono costantemente, che
la circoncisione fti un segno distin-
tivo del popolo di Dio. Altri sosten-
gono, clic essn fosse por gli ebrei
come un sagramcnto, istituita per
santificarli , cancellando in essi il
peccato originale. Figurava il bat-
tesimo, la passione di Gesti Cristo,
e la risurrezione futura, come spie-
gano i santi padri.
Anche gli cgi/i praticarono la cir-
concisione per motivo di religione ,
mentre gli altri popoli il fecero per
sole i-agioni fisiclic di pulitezza, di sa-
lute, e di fecondità. Uno dei primi
eresiarclii insorti nella Chiesa nascente
fu Corinto, il rpialc stimava neces-
saria la circoncisione, come il batte-
simo, ai gentili di fresco convertiti.
Il perchè il principe degli apostoli
san Pietro convocò un concilio in
Gerusalemme, ai cpiale intervennero
diversi apostoli ed altri ecclesiastici,
e nel quale fu decretala l' al)olizio-
ne della circoncisione a' cristiani, co-
me cosa non più necessaria, f^. Act.
Apost. cap. i5; ed il Lahbe Con-
dì, tomo I.
Dice il Cutler, al primo di gen-
naio, che Gesù Cristo coli' assogget-
tare subito appena nato la propria
persona alla cerimonia della circon-
cisione, aboliva in un modo onore-
vole un rito, cui Dio non avea isti-
tuito che per un dato tempo. J^. Ber-
nini Istoria delle eresie p. 4 5 Pao-
lo Medici, Riti e costumi degli ebrei,
capo 111, p. f, il p. Calmet, Dis-
sert. sulV origine della circoncisione ,
che è in fronte al suo Commento sul-
la Genesi; ed il Contenson Theo-
log, tom. II, pag. 89. Il p. Gio.
Stefano Menochio della compagnia di
CIR
Gesù, mi tomo I delle sue Stuore
di erudfzioni sagre, morali e pro-
fane ec. , a pag. ()8 tratta : Se la
circoncisione rlegli ebrei si facesse
con coltello di ferro, 0 di pietra.
CIRCONCISIONE m nostro Si-
g:vorf. Gesìi Cristo. Festa, che si
celebra il primo giorno di gennaio,
in onore della circoncisione del Sal-
vatore del mondo. In quel giorno
fu a lui imposto il nome di Gesù,
datogli dall'angelo primachè fosse
concetto. Gesù Cristo essendo Dio,
avrebbe potuto sottrarsi dalla cir-
concisione ; ma egli volle, per mol-
te ragioni, sottomettersi a questa
perigliosa ed umiliante cerimonia
mosaica. ^. Circoncisione. Nella ter-
ra di Calcata diocesi di Orte, si
conserva il prepuzio tli Gesù Cri-
sto, che nel funesto sacco di Roma
del iSi'j rubato venne dal santua-
rio di Sancta Sanctoram da un sol-
dato, e sotterrato in quella terra,
dove poi fu rinvenuto, come lunga-
mente descrive il gran Lambertini,
De canoniz. ss. lib. IV, parte II,
capo XXIV, num. i3, e capo XXV,
num. 46- Sulle particolarità di tal
insigne reliquia, del suo rubaraen-
to, e della venerazione che riscuo-
te, ne tratta eruditamente il Piazza,
nel tomo I dell' Enierologio di Ro-
ma, pag. I r, e seg. Digressione I.
Del santissimo prepuzio del nostro
Signore Gesìc Cristo.
Si ignora precisamente quando
questa festa s' incominciasse a cele-
brare nella Chiesa. La festa della
Circoncisione è delta Ottai'a della
nascita di IV. S. in un antico .sa-
gramentario della Chiesa romana,
cui fecero delle aggiunte i ss. Pon-
tefici Leone I, e Gelasio I. In esso
si fa chiara menzione della circon-
cisione nella orazione segreta della
messa. Abbiamo un decreto di Re-
GIR GIR 195
ccsvindo, che montò sul trono di ncH' uffizio. I sommi Pontefici ia
Spagna l' anno 649» coi quale vie- questo giorno si recavano ad ossi-
ne ordinata ia celebrazione di lai stcre alla solenne messa nella chie-
festa. Oltre a ciò già il concilio di sa di s. Maria del Popolo ; ma
Tours, sino dai 56(>, avca prescrit- ora lo fanno nella cappella mag-
io il digiuno e la celei^razionc del- giore dei palazzo apostolico, dove
la messa della circoncisione nel pri- aljitano.
mo giorno di gennaio, per opporsi II Bergier, parlando della festa
alle pagane superstizioni^ che nel della circoncisione, osserva che in
medesimo giorno aveano luogo in Francia il dì primo gennaio era
onore di Giano. Certo è, che dopo giorno di penitenza e di digiuno,
il settimo secolo, la Chiesa stabilì ad espiazione non solo delle super-
una festa regolata sotto il doppio stizioni, ma eziandio dei disordini ,
titolo di Circoncisione, e di Oliava ai quali abbandonavasi il popolo
di Natale j e l'ufficio, che ha ri- seguace del paganesimo, e che nel
tenuto per queste due solennità, è '444 ^^^ i" 4"cl regno sostituita ia
composto di una parte di un terzo festa solenne del nome di Gesù,
uffizio, che si riferisce alla b. Ver- Sulle feste superstiziose, che aveva-
gine Maria, perchè il giorno della no luogo il primo di gennaio, con
ottava di Natale era in certo modo altre notizie analoghe al primo gior-
consagrato ai di lei culto ; culto no dell' anno, si vegga il Dizionario
già in pratica prima dello stabili- ai volumi VI, a pag. 2 34, ^ X al-
mento della festa. le pagine 77, e 78.
Nel giorno della circoncisione, ol- CIPiENAICI. Eretici del secolo
tre queste feste generali, ve ne so- secondo, che negavano la necessità
no due, che sono particolari in al- della orazione. Gesù Cristo, dicevan
cuni luoghi : ia consagrazione delle essi, conosce tutto ciò che ci abbi-
primizie del prezioso sangue di Gè- sogna; dunque è inutile domandar-
sù Cristo, colla quale incominciò la glielo. Ma non rifletteano quegli
grande opera della redenzione; e stolti, che lo stesso Signor nostro
quella del Nome di Gesìi ( F'e- non solo comandò la orazione, ma
di). Questa festa si suole traspor- sibben anco e' insegnò a farla,
tare agli 8 gennaio, ovvero ai i4, CIRENE (Cy/enen. Carvenna, ed
ed anco ai i5 ee. dello stesso me- ora Curia, o Curen. ). Sede 'epi-
se. Anticamente si dicevano due mcs- scopale in pardhus neh' Africa. Con
se nel primo giorno di gennaio , gli ultimi nomi chiamasi il luogo
r una della circoncisione , l' altra dell' antica Cirene, eh' era situata
della Madonna , come afferma il alla estremità settentrionale, e alla
Durando, autore del XIII secolo, sommità della catena Cirenenna ,
Il IMicrologo ne adduce la ragione, oggi corrispondente al paese, o de-
cioè esser ben giusto, che in tal serto di Barca nella Barbaria. Que-
giorno si facesse menzione anche sto paese fu compreso nella Cire-
della ss. Vergine, la quale tanta naica, e chiamato anche Libia Ci-
parte aveva avuto alla nascita di reuaica, e Pentapoli, Vuoisi fonda-
Gesù. Laonde non celebrandosi più ta la città dai Greci l'anno 63 £
le due messe, è restata, come di- avanti l'era volgare, contando per
ccmmo, la di lei commemorazione primo loro re Batto, il quale fu
19O CHI
siiccAluto (la otto re di sua stirpe.
Dopo varie vicende venne in pote-
re di Alessandro, e poscia de' To-
Jomei, uno de' quali chiamato Apio-
ne, fece il popolo romano suo ere-
de, per cui il senato comandò che
le città dil piccolo slato della Ci-
renaica fossero libere. Dopo la rovi-
na di Gerusalemme vi si stabiliro-
no molti ebrei ; ma ribellatisi, fu-
rono distrutti dai romani, come fe-
cero colla città, che però in pro-
gresso rifabbricarono. Finalmente
passò in potere degli arabi, e poi
de' turchi, non ravvisandosi della
antica città che alcune strade con
grotte e sepolcri, nonché la fonta-
na di Apollo, Cyrr, che dicesi ab-
bia dato il nome alla città, e il
bel cimiterio scavato a' fianchi della
montagna.
In Cirene vi sono stati de' cri-
stiani sino dalla predicazione degli
apostoli; e tra i giudei, che si tro-
varono in Gerusalemme nel d'i del-
le Pentecoste, si contano alcuni ci-
renaici. Fra i profeti, e i dottori
di Antiochia, a'quali lo Spirito San-
to ordinò d' inviare Saulo e Bar-
naba a predicare ai gentili, vi era
Luca di Cirene. Di tal paese era
Simone il Cireneo, che i giudei, o
i soldati romani costrinsero a por-
tare la croce in ajuto a Gesìi Cri-
sto, del quale era discepolo. In Ci-
rene fiorirono anco altri uomini
celebri, non che altri illustri per
dottrina. Alcuni credono che vi
nascesse 1' evangelista san Marco ,
il quale vi predicò prima di pas-
sare in Alessandria , per cui si
congettura, che vi lasciasse un ve-
scovo. Dice Commanville, che Cire-
ne fu la metropoli della Libia Pen-
tapoli, sotto il patriarcato Alessan-
drino, e che i Copti vi fondarono
una sede vescovile. Nel quinto se-
CIR
colo però il medesimo autore pone
l'erezione del seggio vescovile in Ci-
rene, che poi diventò arcivescovile
con tredici vescovati per sulfraga-
nei : cioè Tolomctln, che pur di-
venne arcivescovato, Sosuza, Tao-
chara, Bonandriai Barnica o Be-
renice, Barea, Iliclra, Palehisca ,
Olbia, Ticelia, Erythran, Diclis e
Lcniandus. Si contano dodici vesco-
vi, che ebbero sede in Cirene, sei
de'quali furono latini. Orieiis Chrisl.
tomo li, p. 612, tomo III p. i i5i.
/ . IJaiidi'and, alla voce Cyrene.
Presentemente Cirene è titolo ve-
scovile in parlibus, e Pio VI lo
conferì al dottissimo p. abbate be-
nedettino Pier Luigi Galletti, con-
s;\crandulo vescovo nella basilica
ostiense a' 4 ottobre 1778. Mori
egli a' il dicembre 1790. Il p. Pao-»
lo Antonio Paoli, nel 1793 pubbli-
cò in Roma Le notizie spettanti a
monsignor Pier Luigi Galletti^ ve-
scoK'o di Cirene.
CIRIACO (s.), martire. Sotto i
Pontefici Marcellino e Marcello eser-
citò con ogni lode il ministero di
diacono della Chiesa romana, ed a
cagione della eroica affezione, che
portava alla fede di Gesù Cristo fu
preso nella persecuzione di Diocle-
ziano, e colse in Roma la palma
del martirio 1' anno 3o3. Ebbe
molti compagni nel suo martirio ,
fra i quali si ricordano Largo, Sma-
ragdo, Crescenziano, Sergio, Secon-
do, Albano, Vittoriano, Faustino,
Felice, Silvano, nonché le quattro
pie donne, Memnia, Giuliana, Ci-
riacida, e Donata. La festa di que-
sti santi martiri viene celebrata il
giorno 8 di agosto, in memoria
della traslazione delle reliquie loro
dalla via Salaria, ad una terra di
proprietà d' una cristiana chiamata
Lucina, sulla strada di Ostia, donde
CIR
poi quelle di s. Ciriaco furono tras-
fcrile nella chiesa di s. 3Iaria m
Via Lata [fedi). Ivi questo santo
ebbe anco un'antica chiesa di tito-
lo Cardinalizio, di cui si tratta al
volume XI, p. 3i4 de\ Dizionaiio.
ClPiIACO, Papa Jìnto. Alcuni,
con Giovanni Stella e co' Centuria-
tori di iNIaddeburgo (cent. III. cap.
X), mettono questo Papa. Pure es-
so non ha mai esistito , checché
ne dica anche il p. Berti nella quin-
ta dissertazione delle sue prose vol-
gari, in cui cercando ristabilire la
storia dei Pontefici Poliziano ed An-
tero, vorrebbe pur intiiidere questo
Pontefice. S. Ponziano fu fatto Pa-
pa nell'anno 2-23, e s. Antero nel
287. Il Papebrochio nel Propy-
laeo di maggio a pag. 28 scrisse
un' intera dissertazione contro lo
Stella, e i Centuiiatori, annullando
r esistenza di Ciriaco, de! quale né
il Sandiiii, né il Platina fanno ve-
runa menzione. Su tal preteso Pon-
tefice va letto Guglielmo Burio ,
Rom. Pont. Brevis noiilia, pag. 2!^
e iq. Il dotto Zaccaria nella Rac-
colta delle Disserlaz. di Stor. eccl.
nel t. VII, p. I, riprodusse la Dis-
sertazione del p. Berti.
CIRIACO PtETRo, Canlinalc. Pie-
tro Ciriaco di Limoges, fu promosso
al cardinalato col titolo di s. Gi'i-
sogono ai 29 dicembre 1842 da
Benedetto XII residente in Avigno-
ne; di poi fu spedito legato a la-
tere in Italia, per la celebrazione in
Roma dell'anno santo od univer-
sale giubileo nel i35o. Mori a R^o-
ma nel i85i, dopo nove anni di
Cardinalato.
CIRIGNOLA, o CERIGNOLA
(Ciriniolen.). Città vescovile del re-
gno delle due Sicilie nella provin-
cia di Capitanata, posta nella pia-
nura di Puglia poco lungi dall' O-
CIR 197
fanto, capo luogo di cantone. Alcu-
ne chiese e l'ospedale degli infermi
sono gli osservabili edifìzii di que-
sta città, il cui territorio produce
molto cotone. I suoi campi furono
teatro al valore di Gonsalvo di Cor-
dova, il quale ivi, ai 28 aprile i5o3,
riportò una completa vittoria sul
duca di Nemours, che vi perdette
pure la vita. Cirignola fu sede ve-
scovile, che Pio VII, nel restituire
al suo grado, uni ad Ascoli di Sa-
triano [Vedi). Ambedue queste sedi
sono sutfraganee della metropolitana
di Benevento. La cattedrale di Ciri-
gnola é dedicata a s. Pietro principe
degli apostoli. Il capitolo si compone
di quattro dignità, la prima delle
quali è l'arcidiacono, con venti ca-
nonici, compresi il teologo, e il pe-
nitenziere, oltre alcuni cappellani, e
chierici addetti all' uffiziatura. L'ar-
ciprete, eh' è la terza dignità del
capitolo, esercita nella cattedrale le
funzioni di parroco, né ewi altra
parrocchia. Avvi però l'orfanotrofio,
il monte di pietà, e il seminario.
Ogni nuovo vescovo é tassato nei
registri della cancelleria apostolica
di fiorini cento.
CIRILLO fanciullo (s.), martire
in Cappadocia. Il padre di questo
giovanetto, che era immerso nelle
tenebre del paganesimo, avendo sa-
puto che il suo figliuolo era stato
educato nella religione di Cristo ,
arse di sdegno contro di lui, e noti
potendo persuaderlo a prestare in-
censi alle false divinità, lo espulse
dalla sua casa, lasciandolo in preda
al furore della persecuzione. Chia-
mato il fanciullo al cospetto del go-
vernatore di Cesarea, confessò in-
trepido di essere seguace di Gesù.
Cristo, e minacciato della morte, e
posto in vista ad un gran fuoco ,
per intimorirlo, persistette nella sua
T9B cin
confossioiic pei- nioilo da commuo-
vere i circostanti. Solo il governa-
tore non si commosse , ma acceso
d'ira, riputandosi insultato, lo con-
dannò nel fatto alla morto, e pen,
come credcsi, sotto il ferro, nel re-
gno di Decio, o di Valeriano.
CIRILLO ( s. ) , arcivescovo di
Gerusalemme, e dottore della Chie-
sa, nacque in questa città, o nel-
le sue vicinanze l'anno 3i5. L'a-
more allo studio dei libri santi ,
delle opere dei padri, che il pre-
cedettero, e degli scritti ancora dei
filosofi pagani, fu in lui sempre così
ardente da renderlo sommamente
distinto nella erudizione sì sacra che
profana. Ordinato sacerdote nell'an-
no 345 da Massimo, vescovo di Ge-
rusalemme, fu dal medesimo inca-
ricato dell' uffizio di predicare la di-
vina parola in ogni domenica nel-
l'assemblea de' fedeli , e poco ap-
presso fu a lui pui'e affidata la i-
struzione dei catecumeni. Tanto si
acquistò egli di stima nell' esercizio
del doppio difficile ministero , che,
morto Massimo, fu chiamato a suc-
cedergli nella dignità episcopale l'an-
no 35o. In sul principio del suo
episcopato ebbe a sostenere una di-
sputa assai forte con Acacio , ar-
civescovo di Cesarea, che pareva in
sulle prime versare intorno a qual-
che punto di giurisdizione, ma che
nel fatto prendeva origine dalla dif-
ferenza di dottrina riguardo alla
consuslanzialilà del Verbo, che il
nostro santo aveva sempre sostenuto
con tutto il calore. Acacio, ch'era
uno dei partigiani dell' arianesimo,
citò Cirillo ad un concilio di ve-
scovi ariani per discolparsi da ac-
cuse appostegli falsamente, e perchè
questo santo non volle mai presen-
tarsi a quel tribunale, che non ri-
conosceva competente , pronunziò
CHI
contro di lui la sentcjnza di depo-
sizione. Costretto s. Cirillo a cedere
alla violenza, ritirossi prima in An-
tiochia, indi fu a Darso in Cilicia,
finché fu ristabilito nella sua sede
dal concilio tenuto a Seleucia nel
SJ^g. L'anno seguente però riuscì
di nuovo agli Ariani di farlo de-
porre in un concilio di Costantino-
poli, né fu restituito alla sua sede
che l'anno 371, allorché Giuliano
Vaposlala, fingendo di donar favo-
re ai fedeli, richiamò tutti i vescovi
sbanditi alle diocesi loro. S. Cirillo
fu testimonio oculare dello strepito-
so miracolo, avvenuto nella tentata
riedificazione del tempio di Geru-
salemme, e in vista a trionfo così
glorioso pel cristianesimo, adorò l'on-
nipotenza di Dio, e continuò a fa-
ticare per la salute spirituale del
vasto sue gregge. Fu in odio a
Giuliano, che avea deliberato di
sacrificarlo al suo furore nel ritor-
no dalla guerra di Persia, se la mor-
te non avesse colpito quell' empio
idolatra. \J imperatore Valente, in-
fetto di arianesimo, cacciò per la
terza volta da Gerusalemme il san-
to pastore Cirillo nell' anno 367, e
non vi ritornò che nel 378. Rista-
bilì allora la pace e la unità di
dottrina, assistette al concilio gene-
rale di Costantinopoli nel 38 1, sot-
toscrivendo la condanna dei semi-a-
riani, e dei maccdoniani, e dopo
una vita logorata dalle traversie e
dalle fatiche, morì nella età di an-
ni settanta nel 386, il giorno 18
di marzo, nel quale se ne celebra
la gloriosa memoria.
Notizie degli scritti di s. Cirillo.
Le istruzioni , conosciute sotto il
nome di Catechesi, sono dieciot-
to, e indirizzate a quelli che si
dicevano compctcnli, o illuminati.
GIR
La pi ima catechesi delle dicciolto,
intitolata Introduzione al batte-
simo, non è che un invito a ri-
cevere questo sacramento , del
quale il santo tocca per singulo
tutti i vantaggi La seconda è
intitolata della penitenza e della
remissione dei peccati. Lo scopo
delia terza catechesi è di far ve-
dere r eccellenza, la necessità e
gli effetti del battesimo : nella
quarta bassi una spiegazione del
simbolo, e un eccellente ristretto
della dottrina cristiana. La quin-
ta catechesi ha per oggetto di
rialzare l'eccellenza della fede, e
di notarne gli effetti. La sesta e
la settima portano ima spiega-
zione del primo articolo del sim-
bolo. Neil' ottava confuta gli er-
rori dei Manichei sulf onnipoten-
za di Dio. La nona è una con-
tinuazione della precedente ; e vi
si trova una ammirabile pittura
del beli' ordine che regna ncl-
l' universo e in tutte le sue par-
ti. Nella decima è spiegato il se-
condo articolo del simbolo, ove
si leggono eziandio di assai belle
cose sulla grandezza e sulla ec-
cellenza del nome de' cristiani.
Neil' undecima trattasi della ge-
nerazione eterna del figliuolo di
Dio, e della sua nascita tempo-
rale. Nella duodecima stabilisce
il santo il mistero dell' Incarna-
zione, e risponde in essa alle obbie-
zioni degli ebrei e degli eretici.
Lo scopo della tredicesima è di
mostrarci vantaggi che ci vengono
dalla morte di Gesù Cristo, e di
rilevare la virtìi delia Croce. La
decima quarta contiene la spie-
gazione di questi tre articoli del
simbolo : Risuscitò dopo morte,
nel terzo giorno ; è salito al cie-
lo: siede alla destra del Padre.
GIR .99
Nella dccniia quinta si tratta del-
la seconda venuta di Gesù Cri-
sto, del giudizio che farà di tut-
ti gli uomini, e del suo regno
eterno. La decima sesta e setti-
ma hanno per soggetto la spiega-
zione del simbolo Credo nello
Spirito santo ec. La decima ot-
tava spiega in una maniera la
più solida il senso degli ultimi
articoli del simbolo : Credo nella,
chiesa catlolicaj la risurrezione
della carne e la vita eterna.
Altre cinque furono le catechesi
dette mistagogiche. La prima trat-
ta delle rinunzie della professio-
ne di fede, e delle cerimonie che
precedono il battesimo. La secon-
da del battesimo, e della unzione
del santo crisma, o della conler-
mazionc. La quarta dell' eucari-
stia. La quinta contiene la litur-
gia, la quale era in uso ai tempi
di s. Cirillo, e da cui si appren-
de la maniera con cui allora si
comunicavano i cristiani.
Abbiamo ancora un' omelia di s.
Cirillo sul paralitico del Piange'
lo, e ima lettera a Costanzo sul-
r apparizione di una croce lumi-
nosa.
Molti mss. attribuiscono a s. Ciril-
lo un sermone sulla Puri/icazio-
ne ; ma sembra eh' egli non ne
sia l'autore. Nelle catechesi di
questo santo si riscontra molla
forza di raziocinio ; egli spiega i
dommi della religione cristiana
con chiarezza e precisione : lo
siile ne è semplice, e adatto al-
l' intelligenza di quelli , che era
incaricato d'istruire. Non pertan-
to ei sapeva innalzarsi , quando
la grandezza del subbietlo il ri-
chiedeva.
Tommaso Milles diede a Oxford nel
1703 uu' cdizioue delle opere di
aoo CIR
s. Cirillo, assai più completa di
Inlto le precedenti. Toulèe, bene-
dettino della congregazione di s.
Mauro, imprese ima nuova edi-
zione di s. Cirillo, la quale non
vide la luce perchè la morte Io
tolse nel 1718. Maran, suo con-
fratello, la puhl)licò a Parigi nel
1720 in fol. Grancolas, dottore
in teologia della facoltcà di Pa-
rigi ha dato una traduzione fran-
cese delle Catech. di s. Cirillo
di Gerusalemme, con note e dis-
sertazioni dommatiche: la quale
fu stampata a Parigi nel lyiS
in 4-"
CIRILLO (s.), patriarca di A-
lessandria , e dottore della Chie-
sa. Fino dai più teneri anni di-
mostrò questo santo colla perspi-
cacia dell'ingegno, colla assiduità
nello studio delie divine Scritture,
quanto avrebbe giovato e con l'o-
pera e con gli scritti alla Chiesa di
G(!sù Cristo. Assunto al patriarcato
di Alessandria, dopo la morte di
Teofilo, zio di lui, non è a dire
quanto bene abbia sostenuto quella
importantissima dignità, in quel tem-
po segnatamente nel quale Nestorio,
patriarca di Costantinopoli, negando
coi pelagiani la necessità della gra-
zia, osò ancora di predicare pub-
blicamente gli errori i più aperti
intorno alla incarnazione del Verbo
{ P . Pelagio). Cirillo, che era at-
iaccato con ogni calore alla sana
dottrina, e che ben conosceva i tri-
sti effètti di questa nuova eresia,
adoperò in prima le più dolci ma-
niere per guadagnare il cuore e la
mente del pervertito Nestorio, tentò
le più volte di ridurlo a buon par-
tito e con la voce, e con lo scrit-
to ; ma vedendo che ogni dolcezza
tornava inutile per ammollire queir
l'indurato eresiarca, lasciò libero
CIR
Io sfogo al suo apostolico zelo, non
curò le piìi fiere jtorsecuzioni, mos-
se contro di lui dagli amici di Ne-
storio, pronto sempre a versare an-
che il sangue in difesa della {aàe
cattolica. Presiedette in nome di Pa-
pa Celestino I al terzo concilio gene-
rale, aperto ad Efeso nel 4^'? '"-O'i-
dannando la dottrina dell'empio pa-
triarca di Costantinopoli, e pronun-
ziando contro di lui la sentenza di
deposizione. Ritornato s. Cirillo da
Elèso in Alessandria a dì 3o di
ottobre dell'anno medesimo 4'^i>si
diede tutto al governo di quelle a-
nime alle sue cure affidate, non ri-
sparmiò la penna e la voce per
mantenere nella interezza il prezio-
so deposito della fede, e per rista-
bilire la pace, turbala per molti an-
ni dalla eresia. Ricco di meriti non
ordinari volò al cielo il giorno 28
di giugno dell'anno 444- 1^ marli-
rologio romano ne fa commemora-
zione ai 28 di gennaio.
A conoscere maggiormente il me-
rito di questo dottore sì riguardo
all' episcopale suo zelo che alla pu-
rezza e profondità della sua dottri-
na, si leggano le seguenti notizie in-
torno agli scritti di lui.
Notizie degli scrini di s. Cirillo.
Le opere che ci rimangono di s.
Cirillo sono:
1. Il trattato àeW /ddorazione in ispi-
rito, e in K'erità, diviso in dieci
libri.
2. I tredici libri delti Glafiri, cioè
profondi o eleganti, contengono
ima spiegazione allegorica delle
storie riferite più dislintamenle
nel Pentateuco.
3. I Commentari sopra Isaia e cui
dodici profeti minori.
GIR
4. Il Commentario sopra il vange-
lo di s. Giovanni.
5. 11 libro intitolato il Tesoro pel
gran numero di verità e dei prin-
cipii che contiene, diviso in tren-
tacinque libri o sezioni.
6. Il libro sulla santa e consustan-
ziale Trinità , composto ad i^
stanza di JVemesino ed Ermia.
7. I tre Trattali sulla fede, compo-
sti ad Efeso.
8. I cinque libri contro Neslorio
racchiudono la confutazione delle
bestemmie spacciate nelle sue o-
melie da questo eresiarca , che
per altro non vi è mai nomina-
to ; il che fa credere che non fos-
se ancora condannato.
9. I dodici anatemalisnii contro la
dottrina di Nestorio nulla conten-
gono che non sia pienamente or-
todosso, e furono letti al coucilio
di Efeso.
10. Due apologie degli stessi ana-
tematismi, l' una contro Andrea
di Samosata, e l'altra contro Teo-
doreto di Giro.
11. Il libro contro gli Antropomor-
fìti ; eretici che credevano Iddio
avesse corpo.
1 2. I dieci libri contro Giuliano
apostata.
i3. Le omelie sulla pasqua.
i4- Parecchie lettere, che hanno per
oggetto affari della Chiesa, o la
difesa dei dommi cattolici.
II merito degli scritti di s. Ci-
l'illo è specialmente riposto nella
giustezza, e nella precisione, con che
il santo dottore spiega le verità del-
la fede. Tra gli altri sono degni di
altissima stima II Tesoro, i cinque
libri contro Nestorio, e i dieci con-
tro Giuliano l'apostata.
Giovanni Aubert, canonico di Laon,
pubblicò le opere di questo padre
GIR :ior
in greco e in latino a Parigi nel
16 38. Il padre Lupo e Baluzio
pubblicarono alcune lettere del san-
to dottore, che non erano state co-
nosciute, né da Giovanni Aubert,
né dal p. Labbé.
GIRILLO (s.), detto il filosofo
per la vastità delle sue cognizioni,
nacque a Tessalonica, e si rese chia-
ro lino dalla gioventù, oltre che
per non ordinario sapere, anche per
la innocenza de' suoi costumi. Or-
dinato sacerdote, prestò col suo zelo
grandi servigi alla chiesa di Costan-
tinopoli che in quel tempo, cioè
nell'anno 846, era governata dal
santo vescovo Ignazio. I Cazari, tri-
l)ìi di turchi, che avevano fermata
la loro dimora in vicinanza alla Ger-
mania, fecero domanda circa quel-
l'epoca all'imperatore Michele III,
ed alla pia imperatrice Teodora sua
madre, che mandassero loro dei
preti, affine di essere ammaestrati
nella religione cristiana. L' impera-
trice, interrogato s. Ignazio intorno
alla scelta di questi operai, ebbe in
risposta, che a ninno meglio che al
sacerdote Cirillo sarebbe da affidar-
si quella importante missione. Assai
di buon animo la assunse il nostro
santo, e perchè era bisogno di ap-
prendere a tale effetto la lingua
turca, si diede con tutto il calore
a quello studio per modo , che in
brevissimo tempo fu in grado di
farsi intendere. L' esito della sua
predicazione non poteva essere più
felice: tutti gli occhi di quei ciechi
si apersero alla luce del vangelo ,
vi fondò delle chiese, che provvide
di eccellenti ministri, e fece ritorno
in patria colmato della più viva
consolazione. In progresso di tempo
parti di nuovo in qualità di mis-
sionario, unitamente al fratello IMe-
todio, che era monaco, per la Bui-
202 CIU
C'U'iii, (• (lo|)u ìum [»oc.n (liincollù
ebbe il conl(>rlo di convcrlirli. Fu
iridi in Moravia, od anelli* «juci po-
j)f)Ii tolse alla superstizione, e fcccli
sudditi al vangelo. Dopo l'anno
«S78 non si sa piìi nulla di s. Ci-
rillo, non parlando le storie che
delle conversioni operate dal suo
fratello Metodio. Probabilmente egli
morì in qnest' anno. Il martirolo-
gio romano nomina congiuntamen-
te questi duo santi addi f) di mar-
zo. Narra il Dubravio che lo reli-
quie loro .sono state scoperte sotto
r altare di una antica cappella del-
la chiesa di s. Clemente in Roma,
ove si custodiscono con grandissima
cura.
CIRINO (s.) lo stesso che *. Qui-
rino, f^edi. <"
CIRO (s.) era medico di profes-
sione in Alessandria, e nell'alto che
egli apprestava rimedi per la salu-
to del corpo^ procin-ava ancora la
salvezza delle anime, persuadendo
i suoi ammalati idolatri ad abban-
«loiiare quel culto superstizioso ed
infame per farsi seguaci della re-
ligione del vero Iddio. Tosto che
dui pagani si seppe che questo me-
dico era cristiano, e che cercava
di condurre anche degli altri alla
sua fede, fu mossa contro di Ini
ima fìorissima persecuzione. Vari
generi di tormenti solTn questo
santo, finché con altri sei compa-
gni fu condannato a perdere la te-
.sta. Io che avvenne a Canopo in
Egitto, ove erasi recato afline di
incoraggiare nella confessione della
fede una donna ciistiana, chiamata
Anastasia, che era stata presa con
tre sue figliuole. 11 giorno 3i di
gennaio se ne celebra la memoria.
CIRO (Cynis, o Cy^rrhus, Cy-
t'eri.). Sode arcivescovile ?« partihw!,
detta volgarmente Carili^ nella Si-
CIR
ria, sotto il patriarcato di Antio-
chia, sufTragaiìea della metropoli di
Gerapoli, vicino ad A leppo sull'Eu-
frate, ed è perciò addetta alla pro-
vincia Eufratena. Ciro fu erotta in
sede vescovile nel quinto secolo, e
nel decimosecondo in arcivescovile.
Nel pontificato di s. Leone I, eletto
nel 44o j si contavano ottocento
chiese, e molti monisleri nella dif>
cesi di Ciro, della quale si conosco-
no otto vescovi. Si opina che l'ori-
gine della città si debba ai giudei
reduci da Babilonia, e che sia stata
fidihrieata in onore di Ciro, il qua-
le avea ad essi resa la libertà. L'im-
peratore Giustiniano, per rendere
più decorosa all' impero questa cit-
tà, e per onorare nello stesso tem-
po i corpi de' ss. Cosimo e Damia-
no, cioè dei confessori ( poiché vi
erano due altre coppie del medesi-
mo nome ) che ivi erano sepolti ,
la circondò di solide mura, e vi fo-
ce fabbricare bellissime case. Questa
città in un'antica notizia ecclesia-
stica, a cagione de' due santi con-
fessori in essa sepolti, chiamasi Ci-
vita.'} snnctorunt. Attualmente è ti-
tolo di arcivescovato in parlìbiis, da
cui dipendono Capsen, e Tolemai-
de, vescovati egualmente in parti-
bus.
CIRO, anticamente Crìmis-n. Cit-
tà vescovile del regno delle due Si-
cilie, nella provincia di Calabria ul-
teriore seconda. È cinta di muro, ed
è difesa da un castello fortificato. Vi
sono tre chiese, ed un palazzo, ove
risiedeva il vescovo di Umbriatico.
]^ capo luogo di cantone, situata
sopra una collina. Vanta di aver
dato i natali all'astronomo Gigli,
di ciii principalmente si servi Gre-
gorio XIII nella riforma del calen-
dario.
CIRTA (Ci riha Julia, o Cosina-
GIR
tina). Metropolitana in parlihus, e
città d'Africa, e di Barbaiia, nella
jXiimidia. È posta in vetta ad una
dirupata montagna cinta all' intor-
iK) dalla corrente del fjume Ampsa-
ga, oggi Ovad-el-Rebir, ovvero Ku-
mel. Il nome della città viene dal-
la parola orientale Karth, che si-
gnifica città j locchè può indicare
abbastanza quanto fosse considera-
bile. Fu chiamata pure Julia Cir-
tìia, e Cirtha Sitlianonim dalla colo-
nia dei Sittiani, che vi fu condotta
sotto gli auspicii di Giulio Cesare.
Dall' itinerario di Antonino viene
detta Circa Colonia, dal che ven-
nero i suoi vescovi chiamati col ti-
tolo di Circensis Episcojms, ed an-
co di Cirtensis con più di ragione-
volezza. Nel riedificarla ebbe Co-
stantino a darle il proprio nome, che
tuttora le è rimasto, per cui chia-
masi Costantina. Sono deboli le sue
muraglia, e nelle porte d'ingresso,
costruite di fina pietra rossiccia, si
ammirano statue di scultura roma-
na. La città è tetra, per le angu-
ste vie, e per la monutonia di-lle
case, che non hanno finestre al di
fuori, e sono tutte costruite con un
medesimo disegno. Prima che i bravi
francesi la prendessero a' i 3 oltobi-e
del I S39, comandati dal valoroso ge-
neral Valée, vi risiedeva un bey di sola
nominale dipendenza dal dey d'Al-
geri, essendo anco il suo palazzo
imiforme agli altri, meno in am-
piezza. Fra gli antichi edifizii evvi
un ponte lestaurato da qualche an-
no dagli europei, i cui archi, gal-
lerie, e colonne sono ornati di ghir-
iande, teste di bue. e caducei. Tra
due arcate evvi un basso rilievo
rappresentante una donna , i cui
piedi poggiano su di un grande
elefante, con una gran conchiglia
in testa. Altre rimarchevoli rovine
CIR ao3
sono quelle d'un bell'arco trionfale,
di cisterne, di acquedotti ec. ; cose tut-
te, le quali attestano che Cirta anti-
ca fosse pili grande della rifabbri-
cata da Costantino imperatore. La
caduta del Kumel, che si vede nel-
la parte più alta, che per un ca-
nale esce di sotterra, si eseguisce per
mezzo di una gran cascata, la quale
ha seicento piedi di altezza. Da que-
sto precipizio anticamente si gittava-
no le mogli infedeli, e i condannati
a morte.
Cirta è celebre non solo per la
antichità della sua origine, pei re
che ha avuti, ma per le sue lun-
ghe guerre con Roma e Cartagine,
e per essere stata ia patria di Giu-
gurta, e di Massinissa. Micipsa, al
detto di Strabene, vi stabilì una
colonia di greci : quindi divenne flo-
l'ida, e possente a segno, che pote-
va armare diecimila uomini a ca-
vallo, e il doppio a piedi. Divenu-
ta Cirta la capitale della Numi-
dia, sotto Siface crebbe in potere ;
ma dopo la conquista che ne fece-
ro i romani essendosi ribellala, Si-
cio Nucerino se ne impadronì, e le
diede il suo nome. Ritornata Cirta
al romano dominio, quando Giulio
Cesare si recò nelf Africa vi con-
dusse una colonia. Essendo poi sta-
ta distrutta verso 1' anno 3 i i du-
rante la guerra del tiranjio Ales-
sandro, fu riedificata da Costantino
il grande, mentre in seguito Giu-
stiniano I ne fece riparare le forti-
ficazioni : finalmente passata in po-
tere dei maomettani tunisini, il dey
di Algeri la conquistò, e la diede
ni governo d' un bey, dal quale la
tolsero i trionfi de' francesi ponen-
dola fra i dominii, che la Francia
ha neir Africa. Poco dopo la con-
quista, i francesi con lodevole spi-
rito religioso, abiKillcrouo una mo-
2o4 CUI
schca pei- fabbricarvi una chiesa
pei callolici, il cui numero è ora
rilcvanle.
Cirta non è nien celebre nei Fa-
sti ecclesiastici, dappoiché fu metro-
poli di tutta la provincia di Numi-
tlia sino dal quarto secolo, e Com-
manviìle, Hist. a pag. i53, regi-
vStra cento trentaquattro sedi vesco-
vili da essa dipendenti. IXe fu ve-
scovo quel Pitiliano, che seguendo
gli errori di Donato, mosse il gran
dottore s. Agostino a scrivergli con-
tro un libro. Fortunato, altro suo
vescovo, intervenne alla celebre con-
ferenza di Cartagine. La santa Se-
de ne conferisce il titolo arcivesco-
vile in parùbus, come conferisce i
titoli di Centuria, Diana, Fessa, e
Fessula, sue antiche sedi sufFraganee,
ai vescovi in pmtihus.
Concili di Cirta in ISuniidia, chia-
mati Cirtensi.
Il primo concilio fu celebrato ai
24 marzo dell'anno 3o5. Secondo,
vescovo di Tiglio o Tigima, pri-
mate di Numidia, lo convocò in
Cirta contro i libellatici e i tradi-
tori, cioè contro quelli, che nella
persecuzione di Diocleziano, per de-
bolezza avoano consegnate ai ma-
gistrali gentili le sante Scritture, e i
vasi sagri. E siccome circa dodici
vescovi confessarono il fallo pub-
blicamente nel concilio, questo li
assolvette, per non dar luogo ad
uno scisma. Regia t. I, Arduino t.
I, e Labbè t. ì. ■
11 secondo concilio venne cele-
brato nell'anno 412. Silvano, pri-
mate di Numidia, s. Agostino, ed
* altri vescovi, si convocarono in Cir-
ta, perchè i donatisti, intervenuti
alla conferenza di Cartagine, per
cuoprirc la loro vergogna, spaccia-
CIS
vano ch'era stato corrotto Marcel-
lino giudice di essa. Il perchè s.
Agostino dettò la lettera, che i pa-
dri scrissero in confutazione di tali
calunnie. Regia, t. IV, Labbc t. II,
Arduino t. I.
Non deve tacersi, che alcuni dis-
sero essere celebrato il concilio in
Zcrta nella Cirta proconsolare, sede
episcopale della metropoli di Cirta
di Numidia. Il Tillemont, ed altri
lo chiamano Conciliurn ^Xersense.
CI SCISSA, o CISSA. Sede ve-
scovile della prima Cappadocia, la
cui erezione rimonta al V secolo,
sotto la metropoli di Cesarea, di
cui si conoscono due vescovi che
vi ebbero sede.
CI SS AC. Sede episcopale della
IMauritiana Cesariana nell'Africa 00-
cidentale, dipendente dalla metro-
poli di Julia Cesarea. Nella provio'
eia di Cartagine, o proconsolare, vi
fu altra sede chiamata Cissac, ov-
vero, come la registra Commanvil-
le, appellata Cicsita.
CI SS A. MI A, o CISSAMUS, ov-
vero Castel Chisamo o Cissanio .
Sade vescovile della provincia di
Creta o Candia, e dipendente da
questa metropoli, sino dalla sua ere-
zione, che rimonta al secolo quin-
to. Da quel tempo in poi vi risie-
dettero da dieci vescovi.
CISTELLO, CISTERZO, o CI-
TEAUK (Cisterciuni). Celebre ab-
bazia in Francia, capo dell' Ordine
cistcrciense da cui prese il nome,
emanato da quello di s. Benedetto.
Si vuole che il nome di Cistello o
Cisterzo venga dal gran numero di
cisterne , che vi erano scavate, o
perchè il luogo deserto e solitario
era tutto ingombro d' alberi e di
spine. Appartiene alla diocesi di
Chalons sur-Saone in Borgogna, ed
è distante quattro leghe da Diyon,
CIS
nel dipartimento della Costa doro,
nel cantone di Niiits, presso la riva
destra di-IIa Youge. Roberto abba-
te benedettino di Molestne, nella
diocesi di Langres, essendosi ritira-
to co' suoi compagni in questo luo-
go, della foresta di Citeaux, col con-
senso di Gahero vescovo di Cha-
lons, e di Piinaldo visconte di Beau-
nie signore del paese , vi diede
principio alla tanto celebre e be-
nemerita congregazione cistcrcien-
se , che dal nome della foresta
fu pur detta di Cileaux. Disso-
data una parte del terreno , e
fabbricate alcune celle, a' 1 1 marzo
dell'anno 1098, giorno sagro alla
festa di s. Benedetto, ebbe incomin-
ciamento la fondazione dell abbazia,
che divenne il primo monistcro del-
la congregazione, e delle dilferenti
filiazioni, o congregazioni, che da
essa derivarono ad illustrare 1' Or-
dine. L' arcivescovo di Lione Ugo,
metropolitano della provincia, con-
siderando che i novelli solitari non
potevano reggere la vita senza il
soccorso di qualche persona poten-
te, scrisse in loro favore ad Eudo,
od Ottone I duca di Borgogna. Il
perchè questo principe li accolse
sotto il suo patrocinio, fece termi-
nare a sue spese k fabbriche del
monistero, somministrò loro il bi-
sognevole, ed assegnò poi propor-
zionate rendite. Di più quel princi-
pe vi si recava sovente per edifi-
carsi colle virtù de' monaci; fece
fabbricare un palazzo poco distante
per abitarlo, e volle essere sepolto
nella chiesa di Cistello. In progres-
so nella detta bella e magnifica
cliiesa, furono sepolti vari duchi di
Borgogna della prima stirpe. La
descrizione delle tombe deduciti di
Borgogna, e di molti altri celebri
personaggi sepolti a Cistello, non
CI S 20"
che della toml)a di s. Albei-ico, si
trova nelle 3It'tnorie. (LW AccaxL del-
le inscriz. t. 9, p. 193.
Quindi il vescovo di Chalons can-
giò il novello monistero in abbazia,
e ne diede il governo a E.oberto,
eh' ebbe in successore s. Alberico , e
dopo la di lui morte fu canonizza-
to da Onorio III. Per F edificante
vita, che dai monaci si menava a
Cistello, per le austerità, e per le
penitenze che vi esercitavano, l' ab-
bazia venne in grandissima rino-
manza, acquistò molte ricchezze per
la pietà de' principi, e fu da questi
e dai Pontelici arricchita altresì di
privilegi. Quando poi Papa Euge-
nio 111, ch'era stato monaco di Ci-
stello, si recò in Francia, ricevuto
con grande onore dal re Ludovico
VII, a' 17 settembre i i4'^, volle pas-
sare a soggiornare in questa abbazia,
]\eir anno seguente vi fece ritorno,
assunse labito monastico, e come fos-
se uno de' monaci, intervenne al ca-
pitolo generale che vi si celebrò, e
diede esempio d'ogni più bella vir-
tù, mostrandosi a tutti degno di-
scepolo di s. Bernardo. L' abbate di
Cistello era generale di tutto 1' Or-
dine, ed avea centoventimila lire di
rendita annua, era consigliere nato
del parlamento di Diyon, e capo di
mille e ottocento monisteri di uo-
mini, e quasi d'altrettanti dj mo-
nache. L' articolo terzo del decreto
di Blois prescriveva, che fosse elet-
to dai monaci professi di questa ab-
bazia, nella forma voluta dalle co-
stituzioni canoniche. Tuttavolta l'ab-
bate generale de' cistcrciensi per au-
torità del capitolo generale, era vi-
sitato dai quattro abbati di La Fer-
té, di Pontigny, di Chiaravalle, e
di Morimont. che comunemente ap-
pellavansi le quattro prime abbazie
figliali di Cistello. Ciò non pertanto
l'abbate generale, quniulo non era
adunato il capitolo, riuniva in sé
tutta la potestà ; visitava, e faceva
visitare senza eccezione i moniste-
ri cistcrciensi, e vi operava le op-
portune provvidenze volute dagli
statuti della congregazione. Questa
abbazia avea inoltre collegi nelle
università più rinomate, e i mona-
ci godevano particolari privilegi. La
abbazia, ora monisteio, di Cistercio,
esiste tuttora^ ma è convertita ad
altri usi. Fu soppressa all' epoca
dell' ultima soppressione degli Ordi-
ni religiosi in Francia. Ne' successi-
vi articoli si vedranno gli scrittori,
die ampiamente lianno trattato di
questa celebratissima abbazia.
CISTERCIENSI , Co.vgreg azione
MONASTICA, che seguendo la regola
di s. Benedetto, vanta origine da
s. Roberto, nato l'anno 10-24, biel-
la Sciampagna, e che di quindici
anni si foce religioso nel monistero
di Montier-la-Celle dell' Ordine di
s. Benedetto. Divenuto per i' esem-
plare sua condotta priore di esso,
e poscia abbate di s. Michele di
Tonncrrc, inutilmente ivi procurò di
ristabilire la disciplina regolare; il
perchè fece ritorno a ]\Ioiitier-la-
Celle, e non andò guai-i che venne
prescelto ad abbate del monistero
di s. Aigulfo. Allora gli eremiti, che
abitavano nel deserto vicino a Ton-
nere, chiamato Colan, e che in nu-
mero di sette si esercitavano nella
penitenza, e nella contemplazione,
tornarono a supplicarlo di assumere
la loro direzione, e v' interposero la
autorità pontificia. Roberto si arre-
se, e fu dagli eremiti ricevuto come
un angelo mandato da Dio. La so-
litudine di Colan essendo un luogo
assai malsano, R.oberto trasportò i
suoi discepoli nella foresta di Moles-
mc, nella diocesi di Langres, ai con-
GIS
fìlli della Sciampagna, e della Bor-
gogna, ove si fabbricarono delle pic-
cole celle con rami di alberi, etl un
oratorio dedicato alla Ss. Trinità ,
lo che avvenne verso il 1075 nel
pontificato di s. Gregorio VII. Questi
religiosi da poverissimi che erano,
|K'r la generosa pietà del vescovo
di Troyes e di parecchi signori, di-
vennero molto ricchi, tralasciarono
di esercitarsi nelle fatiche manuali,
introdussero delle innovazioni negli
abiti, contro il volere del superiore,
il quale pure non permetteva che
ricevessero le oblazioni dai fedeli.
Non potendo pertanto R^oberto ri-
durli alla primiera osservanza, pas-
sò al deserto di Haur, fra i reli-
giosi, che ad un gran fervore uni-
vano una santa semplicità. Presi es-
si di ammirazione per le sue virtù,
bentosto lo dichiararono loro supe-
riore. Non li goveinò peraltro lun-
gamente, perchè i monaci di IVIoles-
me, vergognandosi di essere stati
cagione dell'abbandono di lui, gli
fecero comandare dal Papa , e dal
vescovo di Langres di far ritorno a
Molesme in qualità di abbate. Tut-
tavolta Roberto, non essendo con-
tento della loro condotta , con sei
religiosi de' più zelanti, andò da Ugo
arcivescovo di Lione, eh' era pure
legato apostolico, ed invocò la pro-
tezione della santa Sede , alfine di
uscire da Molesme, e stabilire al-
trove r osservanza esatta della l'e-
gola di s. Benedetto. Ricevette egli
lettere patenti, ed incoraggimento a
sì commendevole risoluzione.
Tornato Roberto co' compagni a
Molesme, si unirono ad essi altri,
che volevano praticare la regola be-
nedettina in tutta la sua austerità ,
ed in numero di ventuno, nel 1098,
andarono nella foresta di Cileaux,
nella diocesi di Chalons sur Saone,
GIS
in un luogo chiamato Cistello , o
Cisterzo ( Vedi), d' onde poi prese
nome la congregazione cisterciense.
Quivi fabbricaronsi delle celle di
legno, e resero fertile il suolo ste-
rilissimo ; e mediante i soccorsi
de' benefattori divenne un gran
monistero. Per ciò il vescovo di
Clialons Gualtiero, o Galtero, l'e-
resse in abbazia, creandone per pri-
mo abbate s. Roberto. Nulla quin-
di era più edificante della vita pe-
nitente, che si menava in Cistello ,
dappoiché i religiosi non dormiva-
no che quattro ore, e ne consuma-
vano altrettante nel cantare le di-
vine lodi. Nella mattina impiega-
vano quattio ore Jll lavoro , poi
leggevano sino a nona , e tutto il
loro cibo consisteva in erbe, e radici.
Ma nellanno seguente, i monaci di
Molesme o Molesmo, spedirono depu-
tati a Roma, acciocché il Papa coman-
dasse a Roberto di ritornarvi, pro-
mettendo di eseguir in tutto le sue
prescrizioni. Quindi é che Urbano II,
per mezzo del suo legato Ugo, in-
vitò il santo a ritornare a ÌVloltsme,
ed egli prontamente ubbidì, e vi si
trattenne fino alla morte, che in-
contrò da santo.
A Cistello gli fu dato in succes-
sore s. Alberico, cioè uno dei reli-
giosi, che da Molesme erasi recato
a Citeaux, il quale dipoi spedì due
monaci al sommo Pontefice Pasqua-
le II. Questi informato dai suoi le-
gati di quanto si faceva a Cistello,
ai i8 aprile del iioo, coU'autori-
tà della bolla Sacrosancla Romana,
approvò la congregazione cistcrcien-
se, che per essere stata istituita
nella foresta di Citeaux, fu anco
appellata con questo nome. Il Pon-
tefice dichiarò inoltre il moniste-
ro di Cistello immediatamente sog-
getto e sotto la prolezione dcl-
CIS 207
la santa Sede, e furono quindi
compilali i primi statuti per Ci.stet-
lo. In essi viene comandato l'esat-
ta osservanza della regola di s. Bc-
nedetlo, senza veruna deroga o di-
spensa, per cui dovevano torsi gli
abusi introdotti; ricevere dei laici
conversi per la cura dell'ammini-
strazione de' beni, e delle possessio-
ni, mentre i monaci, secondo la re-
gola di s. Benedetto, dovevano di-
morare nella clausura, impiegarsi
neir orazione, e nel divino servizio.
Dagli limali Cis(ercicnsi\ scritti da
Angelo Manriquez, si ha all'anno
iioi, nel capo 3; « Che nell'anno
" quarto del piincipio di tale Or-
n dine si consultarono quei i-eligio-
« si, in qual modo potessero al-
» loggiare gli ospiti secondo il co-
» mandamento della regola ; e ri-
" solvettero di accettare conversi
" laici, quali fossero traltati al pa-
» ri di essi, non però fossero reli-
' giosi con voti. Determinarono an-
' che di dar loro la cura delle co-
» se temporali, non per essere sgra-
5 vati dalla falira, ma acciocché i
» monaci con attendere alii negozi
' temporali fuori del monistero,
' non perdessero i beni della riti-
ratezza propria dei monaci, a-
> mando pinti osto , che in mano
» dei conversi si perdessero i beni
' temporali, che slontanarsi da ciò
'5 che si richiedeva dalla loro voca-
zione ". Questi conversi in detto
tempo non erano religiosi, né ob-
bligati con voti, ma dipoi il Pon-
tefice Calisto II proibì che altri ne
fossero ricevuti. Il Manriquez però
é di parere, che dopo facessero so-
lamente un voto di ubbidienza, men-
tre negli antichi monastici si legge
questa formula di professione : pro-
lìictlo ol'bcclicnza. Altri credono che
facessero voti semplici e non solcn-
2o8 C\S
Ili. PirscMilcmciite i conversi ctsler-
cieiisi fanno solenne professione, co-
me definì Benetlelto XIV, previo
esame, e consulte. Si vegga il de-
creto presso il p. Ferraris alla pa-
rola votimi mini. 167, dove questa
questione è ampiamente discussa, e
poi definita. Né deve tacersi, che
anticamente due frati conversi ci-
stcrciensi avevano l' ufficio di bol-
lare i diplomi pontifìcii col piom-
l)o, onde venivano delti Fralrcs de
flambo : iifìizio che passò ad altri,
come si dice all'articolo Cancdla-
ria apostolica. Vedi.
L'abito dei monaci di Cistello
era allora simile a quello dei reli-
giosi di Molesme, cioè di color ta-
nè, o bigio; ma poi fu cambiato
in bianco per un'apparizione della
beata Vergine, a s. Alberico, il qua-
le istituì perciò nelTOrdine la lesta
di tal apparizione. Coll'abito bian-
co però ritennero lo scapolare bigio,
che poi mutarono in nero, e di questo
medesimo colore portavano in cam-
pagna il mantello, e la cocolla, per
cui in Germania furono i cistcrcien-
si chiamati un tempo i monaci bi-
gi. V. il b. Humbert , de erudii.
Jr. pracdicat. p. 1 00 edit. rem. ,
ed ivi le note del p. Catalani, non
che r Haefteno nelle sue Disquisi-
zioni monastiche. Si legge poi nel
Bonanni, Catalogo p. 100, de" mo-
ìuici cistcrciensi^ de' quali porta an-
che la figura, che un tempo in-
sorse dubbio sul colore delle ve-
sti di questi religiosi, perchè aven-
do Benedetto XII ordinato che ve-
stissero di color bruno , alcuni lo
portavano nero , e altri grigio ,
ritenendo che in ambedue i colo-
li si comprendesse il bruno. Laon-
de Sisto IV, colla bolla, Etsi cunclis
ecclesiastici status, nell'anno i^jS,
comandò che i monaci cistcrciensi
CIS
eleggessero o il colore nero, o il
bianco ; per lo che mutarono la ve-
ste, che attualmente portano bian-
ca, ma ritennero il cappuccio, e la
pazienza o scapolare di color nero,
la quale, in una alla veste, è cin-
ta intorno ai lombi da una fliscia
nera fuori del monistero. Dove ab-
biano collegi, assumono la cocolla
monacale nera con suo cappuccio ;
ma in coro incedono in cocolla
bianca, e sopra di questa portano
un cappuccio con una mozzetta, la
cui estremità anteriore è tonda, e
scende sino alla cintura, mentre la
posteriore è aguzza, ed arriva sino a
mezza gamba.
I conversi cistcrciensi vestono co-
me i monaci, con questa sola diffe-
renza, che portano la tonaca un po-
co piìi corta, e 1 hanno terminante
inferi(ji-ineute in figura ovale. Inol-
tre iu coro, e fuoii del monistero,
portano invece della cocolla, propria
de' monaci, un abito cliiamato cap-
pa senza maniche, che copre tutta
la persona, ed è aperto interior-
mente. Colla cappa nera poi fanno
uso del cappuccio anche di colore
nero. Dessi non vengono ammessi
alla professione, che dopo sette an-
ni di esperimenti. Ne' primi sei an-
ni, che sono detti di prova, vengo-
no chiamati conwiissi, e vestono di
color nero senza scapolare. L' anno
settimo, eh' è detto di noviziato,
chiamansi novizi, e vestono la tona-
ca, e scapolare con cinta bianca si-
no alla professione, nella quale pren-
dono l'abito de' conversi.
S. Alberico, dopo aver avuto la
consolazione di ricevere tra' suoi di-
scepoli Enrico figlio di Eudo I duca
di Borgogna, principal fondatore del
monistero di Cistello, morì nel i 109.
Venne eletto a successore di lui nel-
la carica di al)bate l' inglese s. Ste-
GIS
fano Harding, die si nguartla uno
de' principali fondatori della con-
gregazione ; dappoiché, non trovan-
dosi chi abbracciare volesse un te-
nore di vita cosi austero , il numero
de' monaci divenne sì scarso , che
l'abbate Stefano temeva che il mo-
nistero di Cistello divenisse deserto;
ma nel i 1 1 3, essendovisi recato s.
Bernardo [P^edi), con trenta com-
pagni, fra' quali tre suoi fratelli, a
prendervi l'abito religioso, il di lui
esempio fece risolvere molti a fare
altrettanto, dimodoché s. Stefano
imprese a fabbricare nuovi moni-
steri per riceverli ; e furono quelli
di la Fertè, Pontigny, Chiara valle,
e Morimont, i quah in progresso
di tempo diventarono celebri e il-
lustri abbazie, gli abbati delle quali,
dopo quello di Cistello, erano ri-
guardati siccome i primari dell'Or-
dine. Di quello di Chiaravalle [T^e-
di), fabbricato nel i i 1 5 nella dio-
cesi di Langres, fu eletto per pri-
mo abbate lo stesso s. Bernardo,
contando allora ventiquattro anni
di età ed uno di professione. Egli,
colla sua santità e dottrina , così
propagò la congregazione , che vie-
ne generalmente tenuto per con-
fondatore de' cistcrciensi. Frattanto
l'Ordine fece tali progressi , che il
santo abbate Stefano, nel iiiQj
de' monisteri fondati formò un corpo
solo, ed in unione degh abbati , e
di alcuni monaci fece uno statuto
chiamato Carta di carila, da do-
versi osservare da tutti, inculcando
vivamente nel primo capitolo 1' os-
servanza letterale della regola be-
nedettina , senza interpretazioni , e
modificazioni , come osservavasi a
Cistello. Stefano presentò quindi lo
statuto ai rispettivi vescovi, nelle
cui diocesi vi erano monisteri ci-
stcrciensi, ed avutane da ciascuno
VOL. xiu.
C 1 S 209
r approvazione, nel 1 1 1 9 conseguì
la suprema conferma di Papa Ca-
listo II. In seguito fecero altrettanto
Eugenio IH, che era stato discepolo
di s. Bernardo , Anastasio IV , A-
driano IV, Alessandro IH, ed altri
sommi Pontefici. Ed Innocenzo III,
ammirando in questi religiosi non
solo la probità , ma la profonda
scienza, massime nella facoltà teo-
logica, li destinò alla conversione
degli albigesi, con felici risultati, e
col glorioso martirio di diversi mo-
naci. Pietro di Cernay monaco ci-
sterciense scrisse l' Historia Albigen-
sium, che fu stampata in Troys nel
161 5. Egli faticò molto nella con-
versione di questi eretici, e dedicò
allo stesso Innocenzo IH la sua ope-
ra , la quale ancora si trova nel
toni. VI della Bibliolheca cistercieti-
siiini.
La congregazione sempre più 8Ì
aumentò, e si diffuse, ed il solo s.
Bernardo si riguarda come fonda-
tore di circa sessanta abbazie , cui
pose a governare i suoi monaci di
Chiaravalle. Principal causa di tal
portentosa propagazione fu, siccome
scrisse il Cardinal Giacomo di Vi-
triaco, la diligente osservanza della
discipUna, la singoiar pietà, la pe-
nitenza, e r esercizio d' ogni virtìi.
Però nel pontificato di Urbano IV
insorsero alcune divergenze sulla
Carta di carità, le quali per altro,
senza alterazione della religiosa os-
servanza, nel 1265 vennero com-
poste da Clemente IV, colla bolla
Parvus fons qui crcK'it in flm'iuni,
Bull. Rom. an. i265; la qual bolla
dai cistcrciensi è chiamata la costi-
tuzione Clementina. Quindi, nel ca-
pitolo generale del 1289, si ordinò
la compilazione di tutti i decreti
formati ne' capitoli della congrega-
zione, e poscia se ne impose ad
i4
9. I O C I S
oj^^iii monaco l' osservanza. Nel sc-
giionle secolo, sedendo sulla catte-
dra apostolica Benedetto \II, già
religioso cistercicnsc, colla sua costi-
tuzione Fulgcns sicut stella niafiid-
ria, Bull. Piom. an. i335 (appellala
la BincdcUina ) , venne rimediato
ad alcuni abusi , che eransi intro-
dotti , minacciando gravi pene ai
trasgressori. Ed è perciò , che nel
i35o ebbe luogo la formazione dei
nuovi statuti, che si conoscono sotto
il titolo di Nuove costituzioni. E sic-
come ancora qualche abuso era ri-
masto, ovvero incominciava a pren-
der piede, nel capitolo generale del
I 890 si formarono provvidenze per
loglierli affatto. Sino al secolo XV
la congregazione cistcrciense, sebbe-
ne pi'opagata in molti stati , erasi
mantenuta unita e soggetta ai su-
periori delle abbazie di Francia ;
ma bramando alcuni Pontefici, mas-
sime Eugenio IV, Nicolò V, ed In-
nocenzo VITI, che si operasse qual-
che salutare riforma , principiò a
suddividersi in varie congregazioni.
Il Pontefice Sisto IV, nel 147^',
colla bolla di cui si fa menzione
in quella di Alessandro VII, che è
la ^5 del Bollario del Mainardi,
deir edizione di Lione 1678, e che
incomincia la supremo Aposlolatiis
fasligìOs diede facoltà al capitolo
generale, ed all'abbate di Cistello,
superiore di tutto l' Ordine , di di-
spensare secoiido il bisogno, dall'a-
stinenza delle carni que' monaci ,
che avessero richiesta la dispensa ,
e poscia nel capitolo generale del
i4B5, per mantenersi l'uniformità
del vitto, fu decretato che in tutti
i monisteri si potesse mangiare la
carne nelle domeniche, martedì, e
giovedì, e che a tal effetto si do-
vesse erigere in ogni monistero im
refettorio a parie. Quindi, in un'as-
CIS
semblea di abbati tenuta a Parigi
nel 1/198, formaronsi alcuni articoli
di riforma, i quali in progresso non
ebbero una generale esecuzione. Per-
tanto parecchi zelanti monaci di
diverse provincie si esentarono dal-
l' ubbidienza dei primari abbati , e
del generale residente in Cistello.
In Cistello, secondo l'istituzione del-
l' abbate s. Stefano , i capitoli ge-
nerali si convocavano ogni anno,
comunque dopo la bolla di Alessan-
dro VII In supremo (eh' è la i83
della edizione Lionese ) , emanata
nel r666 per la riforma de' cister-
ciensi , fosse stabilito doversi cele-
brare ogni tre anni. L'abbate di
Cistello coi definitori giudicava e
ordinava tutti gli affari, che vi si
proponevano , ed aggiunse molti
altri salutari regolamenti. La bol-
la di Alessandro VII richiamava
quella di Sisto IV succitata, ed eb-
be in mira particolarmente certi
monaci francesi , detti Aslvienti, i
quali pretendevano, che non si po-
tesse far uso delle carni, non ostan-
te la dichiarazione di Sisto IV. Di-
chiarò pertanto Alessandro VII, co-
me il suo predecessore , che l' asti-
nenza dalle carni non è pei cistcr-
ciensi di sostanza della regola. Pri-
ma di Alessandro VII, il Pontefice
s. Pio V nel 1570 riformò, e re-
stituì all'osservanza della disciplina
i cistcrciensi; ed il successore Gre-
gorio XIII nel 1373, con sommo
impegno , diede compimento alle
provvidenze del predecessore.
La congregazione de' monaci ci-
stcrciensi, ubbidienti alla regola di
s. Benedetto, con particolari costi-
tuzioni , si divise nelle varie con-
gregazioni, di cui parleremo in ap-
piesso, o per nazionalità, o per 1 os-
servanza, o per l'abito. Varii Or-
dini cavallereschi ed equestri adol-
GIS
tarono le regole de' cistcrciensi, co-
me si può vedere ai rispettivi ar-
ticoli, e dai santi abbati Stefano e
Dernardo ripetono l' origine le ci-
stcrciensi, monache, che si diffusero
presso vai'ie nazioni. Sul rito della
loro comunione, tratta il Garampi
nelle sue Memorie a pag. i84; e
nel Nomaslico cistcrciense di Giu-
liano Parisio, pag. i44j si descrive
tutto il rito tenuto dai cistcrciensi
nella comunione di ambedue le spe-
cie sino all'anno 1261.
La grande e singolax'e utilità, che
i cistcrciensi recavano alla Chiesa
ed alla repubblica, indusse il Pon-
tefice Innocenzo Vili a concedere
air abbate generale di Cistello, e ad
altri quattio abbati ad esso sogget-
ti, il privilegio di poter confei-ire
ai loro monaci gli ordini del sud-
diaconato e diaconato, perchè non
fossero costretti a vagare altrove
per ricevere tali ordini ; privilegio
contrariato da varii teologi e ca-
nonisti , ma difeso nelle sue teolo-
giche discipline dal p. Berti, il qua-
le per autorità può equivalere a
molti.
Le osservanze dei cistcrciensi pro-
cacciarono loro la venerazione del
pubblico , e r amore de' Pontefici ,
nonché de' sovrani, de' principi, e
principesse, molti de' quali ne as-
sunsero r abito. Si resero altresì
benemeriti questi monaci per l'ospi-
talità dispendiosa di alcuni loro mo-
nisteri, posti in luoghi alpestri e so-
litari ; per un gran novero di dotti
scrittori ( fra' quali principalmente
risplende il dottore s. Bernardo ),
ed eziandio pei suoi tanti virtuosi
e zelanti religiosi, di cui molti ne
veneriamo sugli altari. Alla vene-
randa cattedra di s. Pietro que-
st' Ordine diede quattro Pontefici ,
clic sono i seguenti: Eugenio III,
GIS art
chiamato prima Pietro Bernardo da
JMonte-Magno, monaco cistcrciense,
ed abbate de' ss. Vincenzo ed Ana-
stasio alle tre Fontane nella via
ostiense , il quale sebbene non fosse
Cardinale, meritò di essere creato
Pontefice dal sagro Collegio ai 2G
febbraio i \^5. Alcuni enumerano
fra i Papi cisterciensi Alessandro III,
eletto nel i 1 5g, come asserisce Cri-
sostomo Enriquez scrittore dell'Or-
dine ; ed il Novaes nelle sue Dis-
seriazioni, t. I, pag. 83 , vi conta
anco Urbano IV, creato nel 1261,
fatto Papa pur esso senza essere in-
signito della dignità Cardinalizia.
Certo è che i cisterciensi, oltre che
Eugenio III, ebbero pure Benedet-
to XII, chiamato prima Jacopo del
Forno o Fournier, cognominato No-
velli, che essendo stato per sei an-
ni abbate di Fontefreddo nella dio-
cesi di Narbona, fu fatto Cardinale
da Giovanni XXII, nel iSsy, e
gli successe nel trono pontificio nel
1334. Egli dall'abito era chiamato
il Cardinal bianco. Oltre poi tal
Cardinale, ed una gi'an quantità di
arcivescovi e vescovi , i cisterciensi
diedero al sagro Collegio i seguen-
ti , le cui notizie si leggono a' ri-
spettivi articoli. Il Cardella poi, Me-
morie storiche de Cardinali , Del-
l' elenco de' Cardinali i-eligiosi, sen-
za renderne lagione, vi registra pu-
]"e Corrado di Baviera, Gabriello
Tressio ossia Trejo, Renato di Pra-
ta, E.oberto, Teobaldo francese, ed
Ugo francese. Tuttavolta, a difesa
del Cardella, rileviamo dal Ton-
gelino, Purpura divi Bernardi, etc.
che i detti Cardinali furono ed ap-
partennero all' Ordine cistcrciense ,
anzi a pag. 62 ne aggiunge alcuni
altri non compresi nel seguente no-
vero, e de' quali riporteremo le bio-
grafie a' loro luoghi. Ecco i Cardi-
212 GIS
nali cistcrciensi, le di cui biografie
sono nel Dizionario.
11 primo Cardinale cistcrciense fu
Balduino da Pisa , creato nel
II 33 dal Pontefice Innocenzo II.
II 33. Luca, fiaiicese j monaco di
Cliiaravalle, fatto da Innocenzo II.
II 33. Martino Cibo, genovese, mo-
naco di Cliiaravalle, pure di In-
nocenzo II.
li4o. Stefano di Chalons, monaco
di Cliiaravalle, di Innocenzo lì.
ii5o. Bernardo di Rennes, mona-
co di Cliiaravalie, di Eugenio IH.
I 1 5o. Errico INIaricotti , abbate dei
ss. Vincenzo ed Anastasio alle
Acque Salvie, di Eugenio III.
II 55. Alberto Sartori di Mora di
Benevento, di Adriano IV.
I 1 55. Guglielmo Matengo di Pa-
via, monaco ed abbate di Cbia-
ra valle presso Milano, di Adria-
no IV.
1 1 79. Errico Marsiaco, francese, ab-
bate di Chiaravalle , di Alessan-
dro III.
II 79. Teobaldo, francese, di Ales-
sandro III.
1186. Errico di Sully, di Urba-
no III.
I 188. Girolamo da Ceccano , ab-
bate di Fossanova , di Clemente
III.
1190. Guido di Pare, francese, ab-
bate generale, di Clemente III.
I 190. Mainardo, o Gherardo, fran-
cese, abbate di Pontigny, di Cle-
mente III.
1 2 1 3. Gherardo Sessio di Reggio
di Modena , abbate di s. Maria
di Tileto, d' Innocenzo III.
12 13. Raniero Capocci da Viter-
bo, abbate delle tre Fontane, di
Innocenzo III.
121 3. Stefano di Ceccano, abbate
di Fossanova, d'Innocenzo III.
GIS
2 I 6. Corrado di Urrach , abl)ale
di Chiaravalle, di Onorio III.
2 1 6. Nicolò di Chiaramontc sici-
liano, di Onorio III.
227. Goffredo Castiglioni, milanese,
monaco di Altacomba, di Gre-
gorio IX.
234. Jacopo da Pecoraria, piacen-
tino, abbate delle tre Fontane di
Roma, di Gregorio IX.
244- Giovanni Toledo, inglese, di
Innocenzo IV.
244- Ottone di Bourges , rnonaco
di Granselva, d' Innocenzo IV.
2 44- Pietro di Barro , abbate di
Chiaravalle, d' Innocenzo IV,
253. Albo da Viterbo, d'Inno-
cenzo IV.
273. Teobaldo da Ceccano, abba-
te di Fossanova, di Gregorio X.
294. Simone di Beaulieau o Bei-
luogo, abbate della Carità di Be-
sancone, di s. Celestino V.
294. Roberto francese , abbate di
Pontigny, e generale dell'Ordine,
di s. Celestino V.
3 IO. Arnaldo Novelli di Guasco-
gna , abbate di Fontefreddo , di
Clemente V.
338. Guglielmo Curti o Novelli ,
francese, abbate Bolbonese, di Be-
nedetto XII.
375, Giovanni della Bussiere, fran-
cese, abbate di Cistello, e gene-
rale dell' Ordine, di Gregorio XI.
38 1. Fi-ancesco Carbone, napoli-
tano, di Urbano VI.
4 '9- Giambattista Murillo, spa-
gnuolo, di Martino V.
484- Teobaldo di Lucemburgo ,
abbate di Orsocampo, di Sisto
IV.
5G8. Girolamo Souchier , france-
•se , abbate di Chiaravalle , di s.
Pio V.
G69. Giovanni Bona, piemontese,
della congregazione d' -Italia, ed
CIS
ablxite generale di essa , di Cle-
inéiitu IX,
i6e)9. Giambattista Gabrielli di Cit-
tà di Castello, generale de' cister-
ciensi, d' Innocenzo XII.
«743. Gioacchino Besozzi , milane-
se, della congregazione di Lom-
bnidia, abbate di s. Croce in Ge-
rusalemme, creato Cardinale da
Benedetto XIV.
Prima di passare a far parola
delle altre congregazioni cistcrcien-
si , e delle loro monache, ripor-
teremo un sunto delle costituzio-
ni , die le riguardano. Incomin-
ciamo pertanto dalla detta Carta
di carila. Questa ordina : che si
nssi-rvi la regola di s. Benedetto
in tutte le case dell'Ordine, co-
me viene osservala in Cistello , o
CiteauK. Il capo quarto prescrive,
che l'abbate di Cistello sia tenuto,
come superiore degli abbati, a fare
le visite di tutti i monisteri del-
l'Ordine; e che prenda di concerto
coi rispettivi abbati di ogni casa ,
delle utili misure per riformare gli
abusi. In conseguenza di questo re-
golamento, fu deciso da un decreto
del gran consiglio, dato l'anno 1761,
che l'abbate di Cistello non possa
stabilire la riforma nelle quattro
primarie abbazie de' cistcrciensi , e
nelle loro filiazioni, senza il con-
senso degli abbati di dette quattro
case. II capo ottavo dice, che cia-
scun abbate debba visitare ogni an-
no le case da lui dipendenti ; che i
quattro primi abbati , cioè quelli
della Fertè, di Pontigny di Chia-
l'avalle o Clairvaux, e di Morimont,
debbano visitare parimenti ogni an-
no in persona il monistero di Ci-
stello; che ne abbiano l'ammini-
strazione dopo la morte dell' abba-
te, e che debbano adunarsi, per
dargli un successore, gli abbati del-
CIS 2i3
le filiazioni di Cistello, ed anche di
altre, le quali verranno scelte per
questo effetto. Il capo decimonono di-»
ce, che se un abbate non fosse ubbi-
diente alla regola, dovesse essere ri--
preso da quello di Cistello, e fosse da
esso deposto, nel caso che non vo-
lesse emendarsi. Il capo vigesimoterzo
stabilisce, che se l'abbate di Cistel-
lo vivesse di una maniera opposta al
suo stato, venisse avvertito de' suoi
falli, e poscia deposto dagli abbati
della Fertè, di Pontigny, di Chia-
ravalle, e di Morimont, se non vo-
lesse rientrare in sé stesso, e mu-'
tare condotta ec.
Il Liber usuum, ossia il libro de-
gli usi di Cistello, fu scritto circa
lo stesso tempo della Carta di ca-
rità. Alcuni ne fanno autore s. Ste-
fano, altri s. Bernardo. Questa rac-
colta di tutte le osservanze regolari
di Cistello è divisa in cinque parli,
che compi'endono cento ottanta ca-
pitoli. La santa Sede l'approvò nel
medesimo tempo, ovvero presso a
poco in quello in cui fu approvata
la Carta di carità. Se n' è parlato
iiegU atti de'capitoli generali del-
l'Ordine, pubblicati dal Rainardo,
quarto abbate di Cistello, nell'anno
I 134. La migliore edizione di que-
sto libro, eh' è sempre stato il co-
dice de' cistcrciensi, è quella che ci
ha dato il p. Giuliano Paris nel Mo-
nasticon cistcrciense, Parisiis 1 764.
U Exordium parviim , ossia il
compendio della storia dell' origine
di Cistello, fu scritto per ordine di
s. wStefano, ed è libro edificantissi-
mo cui l'annalista dell' Ordine chia-
ma giustamente : Libro d'oro. Esso
perciò fu inserito nella Bibliotheca
Patruni cistcrciensium , pubblicata
da Tissier nell'anno 1662 in tre
vohuni in foglio. Finalmente l' E-
xordiuni magnitrn cistcrciense è una
3.4 cis
storia più diffusa dell' oiigine di
Cistcllo, la quale fu scritta nel se-
colo decimoterzo, e ritrovasi anco
nella Bibliolhcca Patrum cislercicn-
sium.
Gli Annali de' cistcrciensi m
«juattro volumi, furono composti da
Angelo Manriqiiez di Bourges ; il
Mcnologio di Cistcllo fu scritto dal
p. Grisostomo Heuriquez del me-
desimo Ordine ; il Saggio dell' Or-
dine di Cistello, ec. fu composto
da Le-Nam; e i Privilegi de' ci-
stcrciensi vennero pubblicati colle
stampe a Parigi nel 1 7 1 3. Sono
inoltre a consultarsi Silvestro ìMau-
rolico, Arnaldo Wion, e gli autori
della Storia degli Ordini religiosi.
Fra gli altri storici rimarchevoli
dell' Ordine, è da notarsi il Ton-
gclino, le cui opere sono: I. lYoti-
tia abhcitìaram ordinis cisterciensis
per orheni universum Uh. X coni-
plexa etc. , publicabat Gaspar Ton-
gelmus Antuerpiensis ahbas nion-
tis s. Dischodi, Coloni ae Agrippi-
nae, sumptibus auctoris 1640. II.
Purpura divi Bernardi rcpraesentan-
tis elogia et insignia gentilitia, tuni
Ponti/icum, tuni Cardinalium , nec
non archiepiscoporuni , et episcopo-
rum, qui assunipti ex ordine cistcr-
ciensi in s. Reni. Ecclesia florue-
runt , aere et labore D. Gasparis
Tongelini abbatis Disenburgensis ,
Coloniae Agrippinae i644- J^^el fron-
tispizio della prima opera vi sono
gli stemmi di Cistello o Cistercio ,
e delle alti-e quattro abbazie pri-
marie. Quegli stemmi vennero poi
inquartati negli stemmi individua-
li delie altre congregazioni , e moni-
steri cistcrciensi. Delle seguenti con-
gregazioni ancora esistono interamen-
te in diverse parti , monisteri e con-
gregazioni diverse, specialmente dopo
le ultime vicende delia Spagna , e
GIS
Portogallo. Ma quella d'Italia intera-
mente esiste e liorisce, osservando le
costituzioni approvate da vari som-
mi Pontefici, e ultimamente modi-
ficate, e confermale dal Pupa re-
gnante Gregorio XVI. Fra le con-
gregazioni cistcrciensi, si è ammes-
sa quella delta della Trappa, di cui
si tratta all'articolo Trappisti, f^edi.
Cistcrciense congregazione di Ca-
stìglia, e della regolare osservanza,
di Spagna. Martino de \argas, o
Bargas, spagnuolo di Xeres , dopo
aver preso l'abito de' girolamini
d'Italia, dal Pontefice JMartino V
fu prescelto per suo confessore e
predicatore ; ma dipoi col di lui
assenso si ritirò nell'Aragona , e si
fece cisterciense nel monisteió di
Piedra situato nella diocesi . di Tar-
ragona. Quindi, nel 1^1^, ritornò
in Ptoma col p. Michele Quenca,
ed ottenne dallo st.esso Martino V
l' opportuna licenza di operare una
riforma ne' cistcrciensi colla fonda-
zione di due monisteri , o eremi
nella Castiglia, e nel regno di Leo-
lìe, acciocché in essi si osservassero
letteralmente la regola di s. Bene-
detto, e le costituzioni di Cistello;
con questo però, che i due moni-
steri, o eremi, fossero esenti dalla
giurisdizione del capitolo generale,
e degli abbati di Cistello e di Pie-
dra; che i monaci ubbidissero al
superiore eletto dai religiosi dei nuo-
vi monisteri, il quale avrebbe il ti-
tolo di Riformatore; che in tutti i
casi ricori'cssero all' abbate di Pa-
bleto dal cui monistero quello di
Piedra era derivato ; e che i mona-
ci degli altri monisteri dell' Ordi-
ne potessero passare a quelli della
sua riforma, senza preventiva licen-
za de' superiori. Martino V incaricò
di questo affare il Cardinal di Si-
viglia, ed il p. Vargas, munito di
GIS
tutte le facoltà, lece ritorno al mo-
uislero di Piedra, donde recossi con
alcuni compagni in Casliglia per
dare esecuzione al suo disegno. Que-
sto ebbe felice riuscita, poiché fon-
dò coir aiuto di Alfonzo Martinez,
canonico e tesoriere della metropo-
litana di Toledo, il primo suo mo-
nisLero in riva al Tago, non lungi
da questa città, in un luogo solita-
rio chiamato Vengalla , ed antica-
mente la Vega di s. Romano, ed
ove con rami d'alberi costruì delle
celle anguste.
II novello monistero fu appellato
Monte di Sion, e il p. Vargas ne ven-
ne eletto priore col titolo di Rifor-
viatore, titolo che dai generali della
congregazione fu poi ritenuto. Sul
principio di questa riforma, detta
della congregazione di Castiglia, o
dcir osservanza di Spagna, il cibo
de' religiosi per lo più era di erbe,
vestivano panni grossolani, ed osser-
vavano assai il silenzio. Frequenti
erano i loro digiuni, rigorosa la
clausura, potendo appena uscire ogni
tre anni, e talvolta nemmeno dalla
cella, senonchè pel divino uffizio,
e pegli esercizi comuni. Non andò
guari che, nel i43o, questa riforma
fu abbracciata dal monistero di Val
di Buena, che divenendo il secondo
eremo, fu assoggettato a quello del
Monte di Sion^ laonde lasciato il ti-
tolo di abbate, che il superiore di
esso aveva sino a quell' epoca, ne
prese il governo lo stesso p. Var-
gas, sostituendo a quello di Sion
il p. Martino Longrogno. Questi,
nel 1432, inviò due suoi monaci
a Papa Eugenio IV, da cui otten-
nero la conferma dell' erezione del
monistero di Sion, e la menzionata
unione con quel di Val di Buena;
indi Eugenio IV, due anni dopo,
diede licenza di fabbricare altri sei
GIS 2i5
monistcri, ed a tutti i monisteri
uniti e da unirsi concesse la facoltà
di eleggersi un ritòrmatore, al quale
fossero soggetti. Però, nel i437,
Eugenio IV rivocò il privilegio ac-
cordato dal suo immediato succes-
sore Martino V, all' abbate di Pa-
bleto, di confermar l' elezione del
riformatore di questa congregazio-
ne, conferendo in vece tal facoltà
all' abbate di Cistello, cui comandò
di visitar in persona i monisteri
della medesima. Il p. Vargas, ad
onta che zelasse per la piopaga/.io-
ne della sua riforma^ fu bersaglio
di molte persecuzioni , e morì in
prigione nel 1 44^ ii^l monistero di
Sion, ignorandosene la cagione. Tut-
tavolta in seguito la congregazione
si aumentò, ed acquistò nella Spa-
gna parecchi monisteri , fra' quali
quello di Palacuelos, in cui nel ca-
pitolo generale del i55o venne
ordinato, che il riformatore vi fa-
cesse continua residenza, col titolo
di abbate di Palacuelos. I monaci ,
tre volte la settimana, a pranzo
mangiavano carne, e nel vestire non
differivano dagli altri cistcrciensi ,
che nella fascia bianca, essendo quel-
la degli altri nera. V. Congrega-
zione de' ClSTERCIENSl d' ARAGONA.
Cislerciense congregazione di s.
Bernardo j e Romana. Il sommo
Pontefice Alessandro VI , 1' anno
1497, uni in congregazione tutti i
monisteri de' cistcrciensi della pro-
vincia di Toscana, e di Lombardia
dandole il nome di Congregazione
di s. Bernardo , e prescrivendole
alcune rifoi*me, ch'egli stesso poi
rivocò, come annullò la detta unio-
ne. Nondimeno, ad istanza dei mo-
naci delle due provincie, fa essa
quindi rinnovata nel i5ii da Giu-
lio II, che comandò l' esecuzione
della bulla di Alessandro VI. In se-
2i6 GIS
guito i Pontefici Leone X e Paolo
ìli concessero a questa congrega-
zione vari privilegi , e Gregorio
XIII confermò poi le bolle dei
predecessori aggiungendovi alcuni re-
golamenti. Sisto V, che gli succes-
se nel i585, tolse alcuni abusi ivi
introdotti , ed Urbano Vili nel
i63i, con autorità apostolica, ap-
provò gli statuti compilati per la
riforma. Altri Papi accordarono a
questi monaci molte grazie, e tra
le altre, che il loro presidente, quan-
do si recava in persona al capitolo
di Cistello, dovesse sedere imme-
diatamente dopo gli abbati della
Fertè, di Pontigny, di Chiaravalle,
e di Morimont , quali primi abba-
ti dell'Ordine, come superiormente
dicemmo.
Nel i6i3 il capitolo generale
ordinò, che i monisteri d' Italia, i
quali non dipendevano da congre-
gazione alcuna, si unissero insieme
per comporne un' altra, come ven-
ne eseguito nel 162 3, coli' appro-
vazione di Gregorio XV, che la
formò di quelli dello stato pontifi-
cio, e del regno di Napoli, e la
chiamò Congregazione Romana. Vol-
le che il presidente avesse il titolo
di abbate, che godesse tutti i pri-
vilegi degli altri abbati delf Ordine,
e che nel tempo medesimo fosse
priore di un monistero della sua
congregazione, la quale cogli stessi
obblighi e dipendenza, fu da lui
assoggettata all' autoi'ità dell' abbate
generale di Cistello e del capitolo
generale, a cui doveva inviare due
abbati. Venendo poi, nel declinare
del secolo decorso, soppressi i mo-
nisteri della suddetta congregazione
di Toscana, cui appartenevano in
Roma la chiesa e il monistero dei
.ss. Vincenzo ed Anastasio alle tre
Fontane, la congregazione di Lonx-
CIS
bardia si uni alla Romana, e tut-
tora fiorisce. In Roma risiedono il
presidente generale, e il procin-ato-
ra generale, ed hanno le chiese e
i titoli Cardinalizj di s. Croce in
Gerusalemme, e di s. Bernardo
alle Tavne [Vedi), mentre quella
dei ss. Vincenzo ed Anastasio alle
tre Fontane [Vedi), che Innocenzo
Il nel I 140 diede ai cistcrciensi,
ed il cui primo abbate spedito da
s. Bernardo nel i i^^ fu creato
Pontefice col nome di Eugenio III,
venne da ultimo da Leone Xll con-
ceduta ai minori osservanti. Ad es-
si il medesimo Pontefice diede in
oltre la Chiesa di s. Sebastiano
(Vedi), cui dopo il 161 i il Cardi-
nal Scipione Borghese avea dato
ai monaci cistcrciensi della congre-
gazione di s. Bernardo, comunque,
secondo altri, ciò debbasi attribui-
re a Clemente XI. La chiesa di s.
Bernardo alle terme 1' ebbe la con-
gregazione cistcrciense de'Foglianti,
o di s. Bernardo, dalla contessa
Caterina Sforza, che, in uno al mo-
nistero, la fece edificare nel iScjS;
e la chiesa di s. Croce in Gerusa-
lemme, coir annesso monistero, fu
conceduta ai cistcrciensi di Lom-
bardia dal Pontefice Pio IV, allor-
quando nel i56o trasferì i certosi-
ni da essa alla chiesa e al moni-
stero di s. Maria degli Angeli. I ci-
sterciensi pertanto furono tolti dalla
chiesa e dal monistero di s. Sabba
suir Aventino, cui 1' avea data Giu-
lio II, e vennero mandati a s. Cro-
ce in Gerusalemme, con bolla ri-
ferita dal p. Raimondo Besozzi, pag.
187. Quindi, per mezzo del p. ab-
bate Filippo Maraviglia, nel lOgy,
i cistcrciensi incominciarono la fab-
brica di un ospizio, presso' l' arco
di Carbognano, il quale fu perfe-
zionato dal p. abbate d. Stefano
GIS
Reina uel lyoS, per avere un silo
di buon* aria da rifugiarsi in tem-
po di estate, e che per le seguile
cognite vicende furono coslrelli ad
alienare nel 1802. Qui invece fu
stabilita l'accademia Sabina, pro-
mossa dalle indefesse cure, e dallo
zelo patrio di monsignor Gio. Bat-
tista Nardi Valentini. F. Collegio,
o Accademia Sabixa.
Finalmente a questa congregazione
venne dato l'incarico di formare colla
cera gli /^giius Dei, che ogni set-
te anni solennemente si benedicono
dal Pontefice ; privilegio goduto per
10 innanzi dai Cistercieiisi Fogliali
ti, de' quali si tratterà in appresso.
11 suo abbate presidente generale
gode il luogo tia gli abbati mitra-
ti nelle cappelle pontificie. I mona-
ci e vari monisteri di Foglianti di
Italia, furono riuniti con autorità
apostolica di Pio VII, nell'anno 1802,
a (piesta congregazione cislercien-
.se romana, la quale tuttoia è flo-
rida, ed è di grande esemplarità.
Da ultimo il Papa regnante modi-
ficò, e confermò le Pontificie costi-
tuzioni che la riguardano.
Cislerciense congregazione cV A-
ragona. Questa fu eretta nel 16 16
dal Pontefice Paolo V ad istanza
del re di Spagna Filippo III, do-
po che il capitolo generale, tenuto
in Cislello nel 161 3 vi ebbe accon-
sentito. Fu essa stabilita dal prov-
vido Pontefice, perchè gli abbati
di Cislello sovente per la lontanan-
za tralasciavano di visitare i moni-
steri di quelle di Castiglia. Il per-
chè tutti gli altri, che a quella con-
gregazione di Cistello non erano
soggetti, tanto della stessa Castiglia,
che dei regni di Valenza, Catalo-
gna, e Navarra, non che dell' isola
di Majorica, non potendo essere vi-
sitati, con danno notabile della disci-
CIS 217
plina regolare, venne perciò da Paolo
V costituito un vicario generale, che
sottopose in perpetuo al capitolo gene-
rale di Cistello, cioè all'abbate di Cis-
tello, ed agli altri quattro primari
abbati dell Ordine. Concesse poi il
Pontefice al detto vicario generale
r autorità di presiedere ai capitoli
generali della stessa congregazione
d'Aragona, la quale doveva man-
dare un abbate ài capitolo genera-
le, e quindi doveva accettarne i de-
creti, non che i commissari, dal
capitolo deputati alla visita de'mo-
nisteri. Venne stabilito altresì, che
il vicario generale, i visitatori, e i
definitori della congregazione d' A-
ragona, appena eletti, dovessero pre-
stare il giuramento al capitolo ge-
nerale, e all'abbate di Cistello, di
non fare, o procurale cosa alcuna,
che fosse a di lui pregiudizio. E
sebbene ne' propri capitoli particola-
ri, si potessero ordinare cose condu-
centi all' osservanza, erano obbliga-
ti a mandarle per la conferma a!
capitolo generale. Fu poi proibito
a questa congregazione di avere in
Roma un procuratore generale, do-
vendosi invece valere di quello del-
l' Ordine Cistcrciense V. CtwoRECA-
zio\E cisterciense di Castiglia, e
della regolare osscivanza di Spagna.
Cistcrciense congregazione della
Madonna di Calabria, e della con-
gregazione di Fiori , o Florense.
IVell'anno i6o5 il capitolo genera-
le di Cistello diede il suo consenso
perchè si erigesse una congregazio-
ne cisterciense in Calabria, la quale
si elleltuò nel pontificato di Urba-
no ^ HI nel iG32, e ricevette il
titolo di Congregazione Cisterciense
della - Madonna di Calabria, colle
medesime condizioni assegnate alla
Congregazione R.omana , a riserva
che la calabrese era tenuta a man-
2 I 8 GIS
tlaii; al capitolo generale un abbu-
io, (; un tiopiilato, ed a dover, sci
mesi avanli di convocare il capitolo
particolare, darne parlccipa/ioiie al-
l'abbate di Cistcllo, invitandolo a
inlcivcnirvi , o a spedirvi almeno
un commissai'io. Molti nionisteri di
questa congrega/ione erano apparte-
nuti ad un'altra ilctta di Fiori o
J'iorcn.sc parimenti nella Calabria,
che alcuni dicono essere stata una
congregazione distinta dalla cislcr-
ciense, fondata dal celel)re abbate
Gioacchino, cui il martirologio ci-
stcrciense, e i Bollandisli danno il
titolo di beato, leggendosene la vita
nei medesimi bollandisti nel tomo
VII maji ad diem 29. 11 p. d. Gre-
gorio di Lauro, abbate cistcrciense
di Calabria, scrisse l' apologia del
il. Gioacchino m un libro in fo-
glio stampato a Napoli nel 1640,
nel qual anno pubblicò le rinoma-
te Profezie de Ponlefici attribuite
al b. Gioacchino, e spiegate, insie-
me alla vita di esso, la quale col-
r analisi delle sue opere fu altresì
pubblicata da un dotto francese in
Parigi nel \']^^. Ptacconta Corra-
do Halberstadense nella sua Crona-
ca, che tali profezie si conobbero
verso l'anno i25o.
Per conoscere adunque 1' origine
della congregazione Florense, è a
sapersi che il b. Gioacchino nacque
verso l'anno iiii presso Cosenza
in un luogo chiamato Celico. Nella
bua gioventù prima s' impiegò nella
real corte di Napoli, e poi essendo-
si recato in Palestina, si dice che
passasse la quaresima sul Tabor
nella contemplazione delle cose ce-
lesti, e che ivi nel giorno di pas-
qua ricevesse la scienza, e l'iiitelli-
genza di molti misteri. Ritornato
nella Calabria, si fece cistcrciense
nel munibtcro di Corazzo, di cui,
GIS
poco dopo avere professalo, diven-
ne per le sue doli prioie ed abba-
te ad onta della sua ripugnanza ,
che alla line vinse per le istanze
dell' abbate di Sambuca, e dell'ar-
civescovo di Cosenza. Quindi, col
beneplacito di Papa Lucio li], nel
Il 83 si ritirò nella solitudine di
Alla Pietra, e da questa, nel 1 189,
passò con due compagni ad un al-
tro luogo chiamalo Fiori, ove fab-
bricò alcune celle ; ma crescendo il
numero de' discepoli, nel i i 90 cir-
ca, foiidò il mouislero, che poi fu
capo della sua congregazione , ap-
provata dal Cardinale Cencio Sa-
velli, allora legato della santa Sede
in Sicilia, e che in un al medesi-
mo monistero prese il nome di Fio-
ri. Ne furono benefattori i re di
Sicilia, e i duchi dì Calabria. la
progresso il b. Gioacchino fece al-
tre fondazioni, il perchè aumentan-
dosi il numero de' monaci, e quello
de' monisteri, compose analoghe co-
stituzioni, le quali furono, nel i 196,
approvate dal Pontefice Celestino
III. Indebolito dalle penitenze e fa-
tiche, morì ai 3 marzo 1202, nel
monistero di Jova, ovvero di Ca-
nali, e poscia il suo corpo fu tras-
portato all' altro di Fiori nella
chiesa di s. Gio. Battista. Dio a sua
intercessione operò molti prodigi.
Egli compose alcune opere, ma
due anni prima di morire, scrisse
una professione di fede , con cui
protestò di non avere avuto tem-
po di rivederle, e correggerle, e
pregò gli abbati della sua congre-
gazione, che se fosse morto prima
di pubblicarle, le soggettassero all'al-
trui censura ed al giudizio della
sede apostolica, a cui non intende-
va di opporsi colle sue opinioni,
condannando anzi quello eh' es-
sa avesse condannato , e credendo
GIS
quanto da essa si crede. Ad onta
di si chiare proteste, vi furono al-
cuni che parlarono sospettosamente
della sua fede, e della sua santità,
ed allorquando Innocenzo III nel
i2i5, tenne il concilio generale
lateranense IV, condannò l' opera
da lui scritta: // maestro delle Sen-
tenze, nella quale vi sono alcuni
errori centra il mistero della ss.
Trinità ; cioè che il Padre, il Fi-
gliuolo, e lo Spirito Santo sono
un solo Dioj noli già con unità di
Cosenza e di natura, ma con unità
collettiva, non altrimenti, che molli
uomini sono un popolo. Tuttavolta
Innocenzo III lasciò intatto l' auto-
re, ed assicurò della protesta da
esso fatta prima di morire. Di-
fatti l'errore di questo grand' uomo
fu di mente, non già di volon-
tà , laonde il successore Onorio
III, con due suoi brevi l'uno
dell'anno 12 17 sciùtto ad un ve-
scovo di Basilicata, e l'altro del
1223 diretto all'arcivescovo di Co-
senza, e al vescovo di Bisaccia, bre-
vi che furono pubblicati dal Pape-
Ijrochio, e dal padre Jacopo Gre-
co , che scrisse la vita del padre
Gioacchino , ordinò loro di ftu'
pubblicare per tutta la Calabria ,
eh' egli teneva l' abbate Gioacchi-
no per cattolico , e seguace del-
la retta fede, ordinando che ninna
molestia perciò si recasse a' monaci
della congregazione florense da lui
fondata, come quella che riconosce-
va per utile e per buona.
Tutte le sopraddette congregazio-
ni della Madonna di Calabria, e
di Fiori , erano uniformi tra di
loro tanto nel colore e nella forma
dell' abito, quanto nella maggior
parte delle regolari osservanze. La
♦liffereuza consisteva soltanto in al-
cuni particolari regolamenti, riguar-
C IS 219
danti il rispettivo governo di cia-
scheduna. /'. il Bonnani, Catalo-
go degli Ordini religiosi, a pag.
I 1 3 , De' monaci Floriacensi , dei
quali riporta anche la figura.
.Cisterciense congregazione della
3Iadonna de' Foglianti e de' rifor-
mati di s. Bernardo. Una delle ri-
forme più ragguardevoli dell'Ordi-
ne cisterciense, e quella della Ma-
donna de' Foglianti , detta perciò
dei Fogliantini, in francese- i^civ/-
lans, ed in latino Fuliensis, fonda-
ta da d. Giovanni de la Barriere, no-
bile francese, nell' abbazia Fevillans
presso Tolosa, la quale nel 1172
era stata eretta colla regola di Ci-
stello sotto la dipendenza dell' ab-
bazia di Morimont. Questo moni-
stero prese il nome di Fevillans,
perchè nella di lui chiesa la cele-
bre immagine della b. "S'ergine
Maria, che vi si venei-ava, era sta-
ta dipinta tra le foglie, e i fiori.
D. Giovanni, dopo essere stato
per undici anni abbate commenda-
tario della predetta abbazia, nel
1573 inspirato da Dio, vestì l'abi-
to cisterciense nel monistero di Au-
ne nella diocesi di Tolosa, e vi
fece la solenne professione, dopo la
quale , bramoso di ripristinare la
piìi rigorosa osservanza cisterciense,
secondo l' antica e primitiva disci-
plina di s. Benedetto e di s. Ber-
nardo, massime ncli' astinenza della
carne , volle passare nell' abbazia
de' Foglianti, e v'introdusse la ri-
forma, ad onta de' travagli, e dei
disturbi, che dovette solFrire. Nel
i557 i religiosi di questa congre-
gazione, chiamati comunemente ia
Italia i Bernardoni , erano già as-
sai numerosi, e tanto zelanti, che
alle antiche osservanze di Cislello
aggiunsero quella di andare alfalto
scalzi, e col capo scoperte;, di dor=
aio GIS
min; veglili sopra ruzzo tavole, e
(li mangiale gcmiflessi [)er terra,
(intenti di una «ola minestra tli
erbe colte iieH'aecjiia pina, e di po-
co pane di orzo impastalo eolla
semola, astenendosi dalla carile,
dalle uova, dai laltic.ini, dal pe-
sce, dall' olio, ed eziandio dal sale.
Nel 1 586, i Foglianli spedirono
due monaci a Papa Sisto V, il qua-
le, coH'autorità della costituzione 41
Rfligiosos K'iros, emanata a' 5 mag-
gio 1 586, Culi. Rom. tom. IV, [lar.
1 V, pag. 2 11, a[)provò questa ri-
forma, e sebbene la sottoponesse alla
visita dell'abbate di Cistello, in ciò
che non fosse contrario alle parti-
colari osservanze dai Foglianti ab-
bracciale, comandò die insorgendo
alcune dilìicoltà sopra 1' intelligenza
«Iella regola di s. Benedetto, ricor-
ressero al sommo Pontefice per lo
scioglimento. Quindi nell' aniìo se-
guente i587 il medesimo Sisto V,
colla bolla. Super specula inilìlaii-
lis lùclt;sic7c, Bull. Rom. t. IV, par.
IV, approvò di nuovo questa rifor-
ma tanto pei monaci , che per le
monache, fece rimanere in Roma i
due religiosi deputati , e volle che
il riformatore gli mandasse degli
altri monaci dalla Francia, e quindi
gli assegnò prima la chiesa e moni-
stero de' ss. Vito e Modesto, e poi
quella di s. Pudenziana , ambedue
titolo Cardinalizio. Qui però è da
notarsi che il raonislero de' ss. Vi-
to e Rlodesto già abitalo dalle mo-
nache cistcrciensi Foglianti, fu dato
a custodire ai cistcrciensi Foglianti,
della provincia romana, che ne for-
marono la residenza pel loro pio-
curatore generale, che vi abitò sino
al 1779, in cui passò alla chiesa e
casa di s. Maria in Caiinis, sidieii-
liando neir altra de' ss. Vito e Mo-
desto alcuni religiosi polacchi. Non
GIS
andò guari che a cagione delle per-
secuzioni che pativa in Francia, il
riformatore passò in Italia, dove
nel l'j'y:» fu celebrato un capitolo
generale della sua riforma , venen-
do eletto vicario' generale il p. d.
Giuseppe Gualterone francese. In
detto ca[)itolo i monaci cambiarono
il cognome delle loro famiglie, col
nome di qualche santo, per cui il
vicario generale si fece chiamare
Criovanni di s. Girolamo, ed il ri-
formatore Giovanni di s. Benedetto.
Nel pontificato di Clemente Vili,
il vicario generale ottenne l'esenzio-
ne de' monaci dai superiori di Ci-
stello, e che fossero immediatamente
soggetti alla santa Sede. Il medesi-
mo Papa accordò a questa congre-
gazione la facoltà di formarsi un
corpo di costituzioni particolari ,
le (|uali egli approvò con autorità
apostolica, dopo essere state presen-
tate al capitolo generale. In esse
venne mitigalo l'aspro rigore pri-
mitivo, permettendosi di cuoprire il
capo, di coricarsi sopra de' paglioni,
di bere il vino, di mangiare in certi
determinati giorni ova, latticini , e
pesce, e di condire le vivande con
sale, butirro, e olio. Quindi nel
1098 fu in Roma terminata la fab-
brica della chiesa e del monistero di
s. Bernardo alle Terme, fatta pei Fo-
glianti a spese della contessa di
Santafiore d. Caterina Sforza; e il
p. d. Giovanni de la Barriere , o
di s. Benedetto , dopo essere stato
dichiarato innocente per sentenza
del gran Cardinal Bellarmino , sic-
come deputato da Clemente Vili,
a' 7.5 aprile del 1600, morì con
fama di santità nel detto nuovo mo-
nistero, ove dalla pia contessa Sfor-
za gli furono fatte celebrare solen-
ni esequie, e vi fu tumulalo. Lo
stesso Clemente Vili incaricò i mo-
GIS
naci di s. Pudenziana, e di s. Ber-
nardo per formare gli Agnus Dei
di cera, da benedirsi poi solenne-
mente dal sommo Pontefice , colla
cera e colle impronte che fornisce
il palazzo apostolico ; dovendo poi
i detti religiosi in un al bussolante
sotto-guardaroba custode degli A-
gnus Dei benedttli {^Fedi), assistere
alla benedizione con zinali di tela
bianca, per votare su apposite ta-
vole i bacili degli Agnus Dei tolti
dal sagro bagno. Un tal privilegio
fu confermato a'Foglianti da Leone
XI, e da Paolo V a' 28 marzo
1608, colla costituzione 96, che si
legge nel Bull. Rom., t. V, par. Ili,
pag. 3o3, ove espressamente ogni al-
tro è escluso da tale uffizio, che do-
vranno esei'citare i soli cistcrciensi
Foglianti.
Dopo la morte del riformatore
la congregazione Fogliantina fu da
Paolo V ancora esentata dalla sog-
gezione dell'abbate di Cistello, ed
in Francia formava tre provincie,
cioè Guienna, Francia, e Borgogna,
capo delle quali era l' abbazia di
Fevillans, elettiva e triennale, colla
rendita abbaziale di trentamila lire.
Propagandosi sempre piìi la con-
gregazione, essa fece acquisto di al-
tri monisteri, sì in Francia, che in
Italia; ma nel i63o il Pontefice
Urbano Vili per maggior quiete
de' religiosi, volle dividere i francesi,
dagli italiani, e formò due congre-
gazioni, ad ognuna delle quali die-
de il generale della rispettiva na-
zione, chiamando quella di Francia,
Congregazione della Madonna dei
Foglianti, di cui il primo generale
fu il p. d. Carlo di s. Paolo ; e
quella d'Italia, in cui fu compre-
sa la Savoja, si disse Congrega-
zione de' riformati di s. Bernardo,
della quale d primo generale fu il
GIS 22r
p. d. Filippo di s. Gio. Battista. lu
seguito i francesi, nel loro capitolo
del i634j e gl'italiani nel loro del
1667, fecero alcuni caudjiamenti al-
le costituzioni ; quindi Glemente X
dispensò nel 1670 i monaci della
congregazione di s. Bernardo dal-
l'andare senza calze, e dal portai-e
i zoccoli.
I foglianti vestivano con abito o
cocolla bianca di lana, senza scapo-
lare, cinta con un cordone, ed un
cappuccio grande che cuopriva tut-
te le spalle. Dello stesso colore
era quello degl' italiani , usando-
lo piìi piccolo i francesi; ma la
mozzetta desìi uni, e desrli altri era
tonda nella parte anteriore , scen-
dendo sino alla cintura, mentre nella
parte posteriore quella de' francesi
era acuminata e si distendeva alla
polpa delle gambe. I convei'si ve-
stivano come i sacerdoti, e gli oblali,
in luogo di cappuccio , usavano il
cappello. Il loro abito egualmente
bianco, non si distendeva oltre la
metà delle gambe. V. Bonnani, Or-
dini religiosi, pag. i i i , De mona-
ci cistcrciensi detti fogliantmi, dei
quali si vede anche la figura.
Nell'anno 1802, a cagione delle
note vicende , il sommo Pontefice
Pio VII unì, ed incorporò i monaci
e varii monisteri di foglianti d'Ita-
lia alla benemerita congregazione ci-
stcrciense romana. Scrisse poi della
congregazione de' foglianti il Moroz-
zo, la cui opera porta questo titolo:
Cistercii reflorescentis seu Cong. Ci-
stercio monasticarum h. Mariae Fu-
liensis in Gallia, et reformatorum s.
Bernardi in Italia chronologica hi-
storia, auctore d. Garolo Josepho
Morotio, ex. strictiori eadem obser-
vantia provinciae pedemontanae Sa-
baudiae moderatore, Augustae Tau-
rinorum, 1690.
2 2 ■>. GIS
Cisicrcicnsc coi igr coazione di Chin-
ravallc, o della stretta os.scn'anza.
D. Dionisio r Argentici- , al)batc di
Chiaravalle, cominciò in rjni;sta al)-
liazia un' altra rifonna , chiamata
(Iella sti(;tta osservanza, in cui le-
vati tutti gli abusi clic si erano in-
trodotti, furono ristabilite le antiche
pratiche de' cistcrciensi. Diversi mo-
nisteri soggetti a quello di Chiara-
valle, ed altri ptu'e si determinaro-
no di seguirne l'esempio, e in poco
tempo le medesime osservanze si
videro introdotte in sette, o in otto
<1i questi. Tal riforma venne appro-
vata nel 1618 dal capitolo generale,
e quindi protetta da Luigi XIII re
di Francia, che scrisse al Pontefice
Gregorio XY perchè la confermas-
.se, siccome il Papa fece con un breve
spedito agli 8 aprile 1622, conferen-
do con esso le opportune facoltà al
Cardinale de la Ilochefoucault, pro-
tettore dell'Ordine cistcrciense. 11 p.
abbate d. Dionisio rifoi-matore, mo-
rì nel 1 624 a' 29 ottobre , laonde
la riforma andò soggetta a non po-
che contraddizioni , e vicende per
parte di quelli, che non la voleva-
no. Tultavolta il Cardinal Rochefou-
cault col suo gran zelo, l'introdusse in
pi il di (piaranta monisteri, ed anco
in quello di Cistello. Pur ebbe breve
durata, sebbene il Cardinale stesso
n' era stato eletto abbate, dopo la
rinunzia del p. d. Pietro di Nigelle.
Finalmente fr^ tanti contrasti. Papa
Alessandro VII, con breve apostoli-
co de' 29 aprile 1666, stabiPi che
dei consueti definitori generali da
eleggersi nel capitolo dell'Ordine,
dieci fossero di questa riforma , e
che i monaci di essa non potessero
passare alla comune osservanza, sen-
za la licenza, o del Pontefice, o del
capitolo generale, o dell'abbate di
Cistello, uè quelli di questa alla ri-
Ci S
forma senza l'autorizzazione per Io
meno del proprio abbate; e che t
monaci riformali si dividessero per
comporre due provincie, ad ognuna
delle quali, dall'abbate di Cistello,
dai primi quattro abbati dell'Ordi-
ne, e dai dieci definitori della ri-
forma, si dovesse assegnare un vi-
sitatore generale della medesima os-
servanza. Alessandro VII comandò
in oltre in virtìi di santa ubbidien-
za ai menzionati abbati di Cistello,
ed a' quattro primi dellOrdine, non
solo di proteggere , ma ancora di
propagare, ed accrescere la riforma,
che da allora in poi rimase in pa-
ce e nella perfetta osservanza , ve-
stendo i di lei monaci come gli al-
tri cistcrciensi.
Cisterciense congregazione d' Or-
vai, e del monislero di Sette Fon-
ti. Il celebre predicatore p. d. Ber-
nardo di Montgaillard, monaco fo-
gliantino, o bernardone, fu eletto
abbate di Orval. Sembrandogli pe-
rò la riforma cisterciense troppo
mite, sebbene austerissima, pensò il
modo di renderla più assai rigoro-
sa. Prima di tutto si deve dire, che
l'abbazia d'Orval, cioè d'Aurea valle,
così detta per la sua deliziosa posizio-
ne, era situata nella contea di Chini
della diocesi di Treveri, ed era stata
fondata nel 1070 da alcuni monaci
benedettini di Calabria , i quali va-
gando per questa parte, stabilironsi
in quel luogo, e poscia, con dispia-
cere degli abitanti dei dintorni, l'ab-
bandonarono, per essere stati richia-
mati all'ubbidienza in Calabria. Al-
lora l'arcivescovo di Tieveri incor-
porò alla propria chiesa il moni-
stero, e ne diede il possesso a' ca-
nonici. Però nell'anno 1 1 3 i fu nuo-
vamente occupato da' cistcrciensi ,
perchè essendone stato pregato s.
Bernardo , v' inviò sette religiosi.
GIS GIS 20.3
La riforma pertanto introdotta te della medesima. Volendo esso
dal p. Montguillard , che mori agli riformare la sua abbazia, ed essen-
8 giugno iSaS, in delta abbazia , done impedito dai religiosi, pensò
è molto simile a quella de' Trop- di ritirarsi in quella della Trappa,
■pisii {Vedi), i quali derivano dai ma venendone dissuaso, promise ai
cisterciensi, sebbene sostengano alca- suoi monaci una pensione, purché
ni che nella congregazione d'Or%al si ritirassero in qualche monistero
si osservi la regola benedettina più della comune osservanza. Accettaro-
letteralmente che nella Trappense. no i religiosi il partito, e fu allora
Fra le altre cose, è a rimarcarsi eh' egli rimasto solo, l'estaurò il moni-
che i monaci, due ore dopo la mez- stero coli ajuto di due monaci, che
za notte, vanno in coro pel mat- a lui eransi uniti per abbracciare
lutino, quindi fanno mezz'ora di la riforma, senza mai tralasciare
orazione mentale, e dopo, invece di gli esercizi voluti dalla regola di s.
tornare a dormire, i vecchi e i gio- Benedetto , e dalle costituzioni di
vani si uniscono in una sala diver- Cistello , ridusse a coltura una va-
sa, ed ivi attendono allo studio della sta estensione di terreno, diseccò
sagra Scrittura e di altri buoni li- una palude, e vi piantò un gran
bri, sinché nell'inverno giunga l'ora giardino. In progresso di tempo si
della recita delle laudi, e nell'està- aumentarono i monaci cotanto, che
te quella dell'ora di prima, dappoi- il riformatore compose alcune re-
chè recitano le ore del divino uf- gole molto conformi a quelle della
fìzio in tempi separati , e distinti. Trappa, dalle quali dilferiscono in
Recitata l'ora di prima, depongono questo che i monaci di sette Fonti
la cocolla, e vanno a lavorare nel vanno al mattutino nelle feste so-
bosco sino all'ora di terza, dopo la lenni a mezza notte, in quelle de-
quale cantano la messa. Un' ora e gli apostoli dopo un' ora e mezza ;
un quarto prima di mezzodì, secon- e quando si fa 1' uffizio della feria,
do la regola di s. Benedetto, reci- o di qualche festa semplice, due
tane nona, e dopo tornano a lavo- dopo; ma a qualunque ora vadano
rare sino a vespero, che dicono quat- al coro, non escono, se non passate
tre ore dopo mezzodì, e dopo un'o- (quattro ore e mezza dopo la mez-
ra cenano, mentre dopo le sei ore za notte. La lor salmodia è molto
e tre quarti recitano la compieta, di vota, e le pause, che fanno al-
Kella quaresima non dicono il ve- 1' asterisco dei versetti, sono lunghis-
spero la mattina, perchè mangiano sime. Non entrano nelle proprie cel-
solo la sera , ec. II loro abito è le che per le ore destinate al ripo-
bianco, simile a quello de' foglian- so, il quale è da essi preso vestiti
tini e bernardoni ; ma quello dei su di un saccone di paglia. Eser-
conversi è di color tanè. citano tutti 1' ospitalità ; hanno gran
Un' altra riforma di cisterciensi cura degl' infermi, e sono esattissi-
fu operata nell' abbazia di Sette mi in tutte le altre osservanze, po-
Fonti, distante sei leghe da Mou- co diverse dalle Trappensi. Questa
lins, capitale del Borbonese, appar- riforma però non si estese fuori
tenente alla figliuolanza di Chiara- del monistero di sette Fonti, ove
valle, per opera del p. d. Eusta- vi furono sino a cento monaci co-
clùo di Bcaufort, monaco ed abba- risti, e cinquanta conversi. Il p.
7.24 GIS
Eiislacliio Bcaufort mori ai a?, di
otiohre 1709, dopo avci- governalo
«|iiasi per quaranlacinquc anni il
suo moiiistcro.
CISTEKCIENSI Monache. A s.
Bernardo alcuni autori attribuisco-
no l' istituzione della monache ci-
stcrciensi, dicendo che la di lui so-
rella s. Uinbellina fosse la prima
religiosa che prese l' abito cistcr-
ciense, nel monistero di Juilly nel-
la diocesi di Langres. Altri, con
Angelo Manriquez nel capo I num.
2, dell'anno iii3, decimo sesto
dell' Ordine cistcrciense, raccontano
che quando san Bernardo e trenta
suoi compagni si recarono a Cistello
per farsi religiosi , alcuni di essi
erano conjugati, onde per le loro
mogli venne fabbricato il moniste-
ro di Juilly ad istanza del medesi-
mo s. Bernardo. Il Surio, nel li-
bro I della vita di s. Bernardo, ag-
giunge che il primo monistero del-
le cistcrciensi fu edificato in un
luogo chiamato Vilieto nella dioce-
si di Langres. Certo poi si è, che
le monache cistcrciensi furono isti-
tuite da s. Stefano abbate di Cistel-
lo nel 1120, fondando il loro pri-
mo monistero in Tart nella diocesi
di Langres, il perchè anticamente
esse celebravano sempre in Tart
i loro capitoli generali , per esser
questa abbazia la piìi antica del-
l'Ordine. Tralasciarono di celebrare
que' capitoli dopo il concilio di
Trento, che comandò loro l' osser-
vanza della clausura.
In progresso le monache cistcrcien-
si si moltiplicarono, ed estesero "per
ogni parte, essendo desiderate dai po-
poli per la loro esatta osservanza, a
tal segno dapprima condotta, che non
usavano panni di lino, uè fodere di
pelli , lavoravano colle proprie ma-
ni, e si recavano ancora al bosco
GIS
per ripulirlo dalle spine; ficevano
molti digiuni, ed osservavano rigo-
roso silenzio, ad imitazione dei pri-
mi cistcrciensi. Si diffusero princi-
palmente per la Francia, per la
S[)agna, per la Germania, e nella
Polonia. Molte sante esse diedero
al culto, e parecchie principesse, e
signore ne professarono la regolv
Fra di esse meritano menzione s.
Edwige duchessa di Polonia, mona-
ca cistcrciense, morta nel 1243, e
canonizzata nel 1267 da Clemente
IV; nonché le beate Teresa, e San-
cia principesse reali di Portogallo
figlie del re Sancio I, monache ci-
stcrciensi. La prima è fondatrice del
monistero di Lorvao presso Coim-
bra ; la seconda di quello di Cel-
las, egualmente presso Coimbia.
Che le monache cistcrciensi ve-
nissero istituite anche in Costantino-
poli, lo abbiamo dal Garampi nel-
le sue Memorie a pag. 364, il qua-
le racconta, che da Costantinopoli
vennero per fermarsi in R.imini l'ab-
badessa e le monache di s. Maria
di Perzejo dell'Ordine cistcrciense;
e che frate Ambrogio, allora vesco-
vo della città , assegnò alle dette
monache il luogo di s. Maria in
iVIuro per ordine del Pontefice Gre-
gorio X, ai i4 dicembre 1273.
Tuttavolta nelle antichissime tavole
dell' Ordine cistcrciense , compilate
verso l'anno ii86, non si fa men-
zione di altro monistero cistcrcien-
se in Costantinopoli, eccetto quello
di Lauro fondato nel i 1 56, come
attesta Carlo de Wisch nella Bi-
bliotech. Cisterc. ]Ma fra le lettere
di Onorio III evvi una bolla, colla
quale egli ricevette sotto la ponti-
ficia protezione Beatrice abbadessa,
e il monistero di s. Maria de Per-
chejo quondam dici. Ysostis^ libe-
randolo dalla giurisdizione del pa-
GIS GIS 22"
triarca di Costantinopoli, a' 27 Mi- gli uni, e le altre. Le prime, che
braio 122 1, professarono l'istituto, furono alcu-
Inoltre fai'emo qui menzione del- ne nobili donzelle, cioè Margherita
le monache della congregazione, isti- di Polastron, e Jacjuelina di Dim-
tiiita in Toledo da Beatrice da Sii- pralla, che eretto un monistero, vi
va colla regola cistercieuse, e sotto incominciai'ono la congregiizione del-
l' obbedienza a' vescovi, tutto nel le monache Fogliantine. hi Italia
ì^iS^ approvando Innocenzo Vili, però il pi'imo monistei'O di dette
come narra JNatal Alessandro, Hi- monache, fri quello in Roma fon-
stor. Eccles. t. Vili, p. 2 5. Però, tlato in un alla chiesa di s. Su-
dopo la morte della fondatrice, le sauna [Vedi) dal Cardinal Girola-
monache adottarono la regola di s. mo Rusticucci protettore de' cister-
Chiara conservando il titolo e V a- ciensi e titolare di detta chiesa, ad
bito della Concezione, che era una insinuazione del p. Giacomo R.oclie-
tonaca con iscapolare di color bian- mouson, uno de' due monaci spedi-
co, e mantello celeste ; quindi Giù- ti a Sisto V dalla Francia dal p.
lio li le tolse dall' osservanza di Ci- la Barriere, per 1' approvazione del-
stello, per darne la direzione ai fran- la riforma ; ma siccome le mona-
cescani riformati. che vi furono trasferite dal moni-
L' abito delle monache cistercien- stero de' ss. Vito, e Modesto , fa
si è simile a quello de'monaci, cioè duopo parlare dell'origine di esse
vesti bianche collo scapolare nero , eh' è la seguente,
come nero hanno il velo del capo Francesco Fulvio, cittadino ro-
.sovrapposto su di altro bianco; ed mano, sin dall'anno i368, aveva
ili coro alcune portano la cocolla, fatto fabbricare in una sua casa
ed altre un manto secondo le con- una chiesa nel rione Monti, consa-
suetudini dei diversi monisteri. Le grata a Dio, e in onore di s. Ber-
novizie vestono di bianco, e le con- nardo, donando alla medesima tut-
verse di color tanè. R.acconta Ce- ti i suoi beni, ed istituendovi una
sario Eiverbacense, che anticamente confraternita sotto il nome del-
le monache cistcrciensi usavano lo lo stesso santo, la quale, seguendo
scapolare grigio per una certa vi- la mente del pio testatore, impie-
sione avuta dalla b. Cristina di Gè- gava le rendile in opere pie, con
sii Bambino fasciato con fascia di distribuire pane e vino ad un nu-
tal colore. Di queste monache ri- mero di famiglie bisognose. Consi-
porta la figura, e tratta il gesuita derò il Pontefice Sisto V che sa-
p. Bonanni, Catalogo ec. delle ver- rcbbe stato piìi vantaggioso al pub-
gird a Dio dedicale, a pagine 4'? l^lico l'impiegare queste rendite in
Delle monache deW Ordine Cisler- un monistero di vergini sino al
dense. numero di trentatre , venti delle
Cisterciensi Monache Foglianli. Il quali dovessero poi tare una sufli-
riformatore dei Foglianti, p. d. Gio- dente dote, e tredici fossero rice-
■vanni de la Barriere, istituì pure vute gratis. Quindi col consenso,
le monache, giacché avendo ottenu- anzi ad istanza della medesima con-
to dal Pontefice Sisto V la facoltà fraternità, di cui allora era priore
di edificare monisteri si pe' monaci, Pietro Fulvio, discendente del fon-
che per le monache, ne fondò per datorCj fece subito innalzare il mo-
VOL. xiii. i5
9.9.G CIS
nistcro appresso la chiosa de' ss.
Vito e Modesto, il cui titolo Car-
dinali/io, secondo il Novaes, allora
appunto vacava per la nuute d(;l
Cardinal Ferreri. Si servì a lai ef-
fetto di una casa contigua alla
stessa chiesa. L'entrata di quella
chiesa, rimanendo salvo il titolo
cardinalizio , unitamente a quella
della confraternita, doveva servire
ad utile del monistero : concessione
ch'ebbe luogo in febbraio 1 58().
Indi furono trasferite dal moni-
stero di s. Cecilia in Trastevere
(che ad istanza di Laura Magolol-
ta Clemente VII avea dato alle
benedettine) per maestre delle men-
tovate trentatre donzelle alle quali,
dovendo vivere conforme alla rego-
la di s. Benedetto, da Sisto V fu-
rono conceduti tutti i privilegi e le
grazie dell' Ordine di s. Benedetto
e delle monache di s. Cecilia, e
fu raccomandata la custodia del
nuovo monistero alla confralci ni-
ta di s. Bernardo. Ma non passo
molto tempo, che divenuto angusto
il monistero de'ss. Vito e IModesto,
le monache, a' 9 ottobre 1087, per
ordine di Sisto V vennero manda-
te in quello di s. Susanna, dove tut-
tora fioriscono. V. Regole, e coslilu-
zioni da assennarsi dalle monache
cistcrciensi di s. Susanna alle Ter-
me, Roma 1781. Oggi queste mo-
nache di s. Susanna non hanno
più il titolo di Fogli and , e sono
soggette al Cardinal protettore.
11 secondo monistero delle ci-
stcrciensi, fatto edificare dal p. de
la Barriere fu quello di Montes-
quieu di Polvestre , nella diocesi
di Rieux nella Linguadoca, le cui re-
ligiose ne andarono al possesso a' 19
giugno i588, e poi l'abbandonaro-
no per essere troppo angusto, pas-
sando ad altro più spazioso fab-
CIS
brlcato in Tolosa. Le prime mo-
nache che entrarono in Montesquieu
furono alcune pie dame, le quali
attendevano nelle proprie case ad
una vita divota sotto la direzione
del medesimo p. de la Barriere, che
poi loro prescrisse le regole e le
osservanze eguali a quelle de' mo-
naci Fogliantini. Papa Clemente
Vili ordinò al capitolo generalesche
celebrossi nel iSg^, di moderare le
loro austerità ; il perchè, come si
disse altrove , anche le monache
Fogliantine, o Bernardone, vivono
con tali modificazioni, e vestono co-
me i monaci di dette denominazio-
ni, ai quali sono soggette. Di que-
ste monache scrisse il p. Carlo Giu-
seppe Morotio, neir 7>9tori^ dell'Or-
dine de' Fognanti , a pag. 1 8 ; ed
il Bonanni, nel suo Catalogo, alla
pag. '^c), Delle monache dell' Ordi-
ne Fogliantino.
Cisterciensi Monache Recollette
di Spagna. La riforma delle cistcr-
ciensi dette Recollette o della Re-
rollezione, ebbe origine e progresso
nel regno di Spagna per lo zelo di
alcune abbadesse del monisteroZ?e
las fluclgas presso la città di Bur-
gos. La prima di queste fu Agnese
Enriquez, che, per la seconda volta
eletta abbadessa nel i^gG, fece
ogni sforzo per introdurre la rifor-
ma nel monistero di Perales a lei
soggetto ; laonde sparse in altri
monisteri le religiose di esso, sosti-
tuendovi le monache riformate, per
le quali nel i ^99 ottenne una bol-
la di Clemente Vili per mezzo del
legato apostolico di Spagna. Le suc-
cesse Giovanna de A.yla, che prose-
guì la riforma, ed incaricò due ci-
sterciensi dell' osservanza di Spagna
di formarne le costituzioni secondo
il primitivo spirito di Cistello ; ma
sorpresa dalla morte, toccò all' ab-
GIS
badessa Maria di Navarra il farla
approvare nel i6o4 da Domenico
Ginnasio arcivescovo di Siponto, al-
tro legato di Clemenle YIIT ; e me-
diante il di lui pontifìcio benepla-
cito trasferì le monache dal moni-
stero di Peralcs, a quello di s. Anna
in Vagliadolid.
La riforma di queste cistcrciensi
progredì non solo per la Spagna,
ma persino nelle isole Canarie. An-
che Paolo V ne confermò nel 1606
le costituzioni, che fra le altre cose
prescrivevano dovere abitai'c ven-
ti monache per ogni monislero,
oltre tre converse. 11 loro abito fu
prescritto di panno grosso, eguale
a quello de' cisterciensi dell'osservan-
za di Spagna, tanto nel colore, quan-
to nella forma.
Cisterciensi Monache della ch\'i-
na ProvK'iclenza, e di s. Bernardo,
in Savoja, ed in Francia. Nel 162 2
la madre Luisa Bianca Teresa de
Ballon, coli' aiuto di s. Francesco di
Sales suo parente, diede origine al-
la rifoi'ma delle monache ci.slcrcien-
si, che cominciò in Runiilli, città
della Savoja. Di là si propagarono
anco in Francia, per cui le loro co-
stituzioni si fecero molto conformi
a quelle delle monache della Visi-
tazione. Urbano Vili, nel i634j
l'approvò, e le sottopose alla giu-
risdizione degli Ordinarli. Di poi
per alcune variazioni operate dalla
madre Ponconas, questa riforma si sud-
divise in due congregazioni, una chia-
mata della Di't'ina Provi'idenzaj aven-
do sotto di sé diversi monisteri sì in
Savoja che in Francia, e Taltra fu
chiamata di s. Bernardo j e fu ristret-
ta alla sola Francia. La madre de
Ballon, vera fondatrice di tal rifor-
ma, cessò di vivere a'i4 dicembre
1668 nel monistero di Seyssel, e
la madre de Ponconas morì in qucl-
CIS
22'
lo di Aix nella Provenza a' 7 feb-
l)raio 1657, allorché erasi recata
a fondarlo da quello di Grenoble.
Cisterciensi Monache del Sangue
prezioso. Rimonta 1' origine di que-
sta congregazione dopo il i636, in
cui la madre Maddalena Teresa
Baudet di Bamegard, monaca del
monistero di Grenoble, e superiora
di quello di Parigi, operò la rifor-
ma. Sebbene le loro costituzioni a-
vessero riportato l'approvazione del-
la santa Sede, nondimeno perchè
avevano detto le monache di segui-
re la stretta osservanza dell'Ordine
cistcrciense, mentre poi per le co-
stituzioni vivevano secondo le re-
gole delle monache della Visitazio-
ne, vennero quindi obbligate a fare
vui altro anno di noviziato , a te-
nore della regola benedettina. Fu-
rono poscia composte le costituzioni
conformi a quelle della stretta os-
servanza dell'Ordine cistcrciense, e
vennero esse approvate a' i4 ago-
sto 1661, obbligandosi le monache
del Sangue prezioso ad eseguirle,
mediante solenne professione, che
fecero a' 2 7 dello stesso mese. Do-
po molti anni, che la madre Bau-
det avea presieduto al governo del
monistero di Parigi, vi morì a' 6
settembre 1688. .
Cisterciensi Bionache della Bla-
donna di Tart. 11 monistero di que-
sto nome, siccome superiormente si
lìotò, fu il primo delle monache ci-
sterciensi, fondalo nel 1120 da san
Silvestro abbate di Cistello. La sua
riforma seguì per lo zelo della ma-
dre Giovanna da Coui'celle di Pour-
lan, discendente dalla famiglia di
s. Bernardo, la quale, divenutane
abbadessa, subito propose l'esatta
osservanza della regola di s. Bene-
detto, si affaticò a togliere gli abu-
si, e procurò disporre gli animi a
2?8 CTS
ricovcre la riforma che mcdlfava .
nelle quali operazioni r'ajiilò graii-
tlementc il vescovo di Langrcs. Fe-
ce pertanto cambiare il cognome
alle .sue monache, coli' adottare il
nome di alcun santo, e diede essa
l'esempio col prontlcr quello di s.
Giuseppe. Per mezzo did detto pre-
lato, nel i6?,3, dal nionisloro di
Tart passò a quello di D3'on colle
riformate. Quindi con tre brevi,
r ultimo de' quali è del 169.7, Ur-
bano Vili soggettando le cistcrcien-
si di Tart, e di Dyon alla giuris-
dizione del vescovo di Langrcs, le
esentò in vece da quella dell'abba-
te di Cistello. Si composero esse
quindi alcune particolari costituzio-
ni, che approvò il detto vescovo,
dopo di che le monache si obbli-
garono a seguire diligentemente la
regola benedettina, ed alcune au-
sterità proprie delle cistcrciensi ri-
formate, colle quali ebbero comu-
ne l'abito. INIeiitre la riformatrice
Giovanna di Courcelle, o di s. Giu-
seppe, era abbadessa di Dyon, agli
8 maggio i65i vi terminò i suoi
giorni.
Cislercicnsi Monache di Porlo
reale de Campi in Francia. Il mo-
nistero di tal nome della diocesi di
Parigi venne fondato l'anno 17.04,
ma la sua riforma incominciò dopo
che nel 1602 fu eletta in abbades-
sa la madre Angelica Arnaud. Di
poi nel 1626 acquistò in Parigi
altro monistcro, che per distinguer-
lo dal primo fu appellato Porto rea-
le di Parigi. Verso quell' epoca da
madama Luisa di Borbone, duches-
sa di Longueville, venne eretta una
casa religiosa dedicata al ss. Sagra-
mento, ove, colla approvazione di
Urbano Vili nel 1627, le monache
dovevano obbligarsi con voto alla
perpetua adorazione di Gesù Sagra-
CTS
mentalo, s*i di giorno che di notte.
La detta madre Angelica venne e-
letta a fondare mi lai monistcro ;
ma essa , dopo avervi dimorato si-
no all'anno i633, per la morte
della duchessa che non assegnò al-
cun fondo al monistcro , dovette
fu* ritorno a quello di Porto reale
di Parigi, dove eransi raccolte le
monache di Porlo reale de' Campi.
Quindi, perchè l'istituto dell'adora-
zione del Santissimo non perisse, nel
164? colle debite licenze ebbe essa
a concentrarlo nel suo monistcro;
il perchè le monache cambiarono
lo scapolare nero dell' Ordine cistcr-
ciense in bianco, e vi aggiunsero
una croce rossa. Oltre a ciò, nel
medesimo anno l' abbadessa potè
ristabilire le sue religiose nel mo-
nistcro di Porto reale de' Campi,
colla condizione che fossero sogget-
te all'abbadessa di Porto reale di
Parigi, e le due comunità formas-
sero un sol corpo. Dipoi l'arcive-
scovo Gio. Francesco de' Gondi ap-
provò le costituzioni, compilate se-
condo quelle delle altre monache
cistcrciensi riformate.
Ma nel 1708, il sommo Ponte-
fice Clemente XI, con bolla de' 27
marzo, ad istanza del re di Fran-
cia Luigi XIV, abolì il monistcro
delle monache cistcrciensi di Porto
reale de* Campi nella diocesi di Pa-
rigi, e nell'anno seguente, per ordine
espresso del re fu inteiamente demo-
lito, avvegnaché tali monache erano
ostinate e pertinaci gianseniste, ed
appellanti dalla celebre bolla Vineani
Domini, dello stesso Clemente XI.
Di queste monache , e de' Solilan
di Porto reale, loro direttori, dopo
s. Cyrano , fa una esatta storia
monsignor Nuzzi. V. Stona della
bolla Unigenitus etc, tom. I, pag.
12, e scg. Distrullo che fu il mo-
GIS
nistero, alcune inoiiaclie si ritiraro-
no presso i loro congiunti, altre en-
trarono in qualche monistero, e po-
scia in diversi tempi, lontane dai
filisi consiglieri, sottoscrissero 1' ade-
sione che da loro si domandava, e
che avevano falla le monache di
Porto reale di Parigi, le cui reli-
giose fiorirono sino al declinar del
secolo XVIU. medesimo, istruendo
la gioventù, ed osservando esem-
plarmente le regole della rilbima
da esse seguita.
CISTERNA. Terra, che ha tito-
lo di marchesato posseduto dai Cae-
tani [Fedi), e soggetta al governo
legatizio di Velletri nello stato pon-
tificio. Cisterna è posta a destra del
fiume Antico, sulla strada consola-
re Appia, che conduce a Velletri,
avente vicino il piccolo villaggio di
Ninfa, ove, secondo il Ciacconio,
ed altri autori, fu coronato il Pa-
pa Alessandro ili. Ne' suoi dintorni
sono le vaste ed insalubri tenute
di Conca, e Camjjomorto, ov' è sta-
bilito un asilo a' deliiKjuenti. La
prima appartiene alia santa roma-
na inquisizione, la seconda al ca-
pitolo vaticano , le cui notizie ri-
portammo parlando di tale illustre
capitolo, all'articolo C/iicsa o baòi-
lica ili s. Fìclro. Noi qui facciamo
parola di Cisterna soltanto per ri-
cordare, ch'essa non è le li e Ta-
bernc, Tt'Cs Tabcrnui', antica sede
vescovile, come chiaramente tra gli
altri ha dimostrato Alessandro Bor-
gia, nella dotta Istoria dtLla Chie-
sa, e ciilà di ì^ ellttri, alle pag.
79, 80, 81, 128 e 1 2q, ec. ec. ,
e da ultimo A. Nibhy, Analisi dei
dintorni di Roma, tomo I, p. 47«J,
e seg. e toni. Ili, p. 279, e seg. ,
ove dice che Tres Tabernat in ori-
gine furono tre osterie, le quali di-
vennero poi uu villaggio per l' ag-
CIS
229
gregato di varie case. E tale esso
era quando iNIassenzio tiranno in una
imboscata vi fece strangolare Severo
Cesare, a cui l' imperatore Galerio,
nellanno 3o6, avea aflidalo la guer-
ra per debellare Massenzio. Quindi,
pel progresso della religione cristia-
na, divenne città anche in memo-
ria di s. Paolo, pel motivo che ora
andiamo a descrivere.
Molti hanno confuso Cisterna con
Trcs Tabcrnnc , città dei Volsci ,
mentre questa antica stazione fu nel
lenimento delle Castella , non lungi
dalle mole di Velletri, circa sei mi-
glia più indietro , nel luogo chia-
mato Civitona, presso l'influente del
fiume Astura. Di molta anlichilù fu
la chiesa delle Tre Taberne, Triian,
Taberìiarniìi, nobilitata, verso 1 an-
no 61 di Cristo, dalla presenza del-
l'apostolo s. Paolo, che lecandosi a
Pioma, ivi festevolmente fu incon-
trato dai Romani. Per ciò che spet-
ta alla sede vescovile, la quale se-
condo Conimanville fu isliluita nel
quarto secolo , ed era immediata-
mente soggetta al sommo Pontefice,
si rileva dal concilio romano, cele-
brato l'anno 3 1 3 da Papa s. Mel-
chiade, esservi sottoscritto il vesco-
vo Felix a tribus Tabernis. Qmndi
' negli atti del concilio romano , te-
nuto sotto il santo Pontefice Ilario
nel 4^7j ''• sottoscrisse il vescovo ,
Lucifcr Trillili Tabernariun. Nel
ponlilicato di s. Felice 111, e nel
concilio romano del 4^7 , si vede
la sottoscrizione di Dtcio Tìiuni
Tiòernaruin , il quale fu anco pre-
sente al concilio del 499 > ^'^ ^"* '
fra il nome di tutti i vescovi , si
legge : Decius Triuin Taberiiaruni.
IMa tjuesta chieda posta nella via
Appia, cotanto fiequentata, nel de-
clinare del secolo sesto per le dis-
graziate vicende cui saggiacquero ilo-
ajo GIS
ma e i suoi tliiitonii, restò ahljan-
donata , e in istato calamitoso , e
gli abitanti per le guerre, per la
peste e per le barbarie de' Longo-
bardi si rifugiarono altrove. Laon-
de nel 592 il Pontefice s. Grego-
rio I, volendo provvedere alla sa-
lute delle anime dei superstiti dio-
cesani, e conservare la memoria del-
l' illustre chiesa delle tre Taberne,
mentre era vescovo di Vellelri Gio-
vanni , l' unì per sempre alla sua
sede non aeque prinripalùcr , ma
subjeelÌK>e. Tale e tanta fu la cura
che presero di questa chiesa sì Gio-
vanni, che i vescovi di Velletri suoi
successola, che dopo un secolo e
mezzo dappoiché la governavano ,
fu in grado di essere ripristinata
nella sua dignità, e riavere il pro-
prio vescovo , sciogliendola il Papa
dall' unione con Velletri. Sembra
che ciò realmente accadesse, poiché
in una costituzione di Paolo I del
761 si legge sottoscritto, Parviis
luunilis cpiscopus s. Ecclesiae in
Trìbus Tahcrnis, e ad un concilio
romano dell' 826 intervenne Leo-
nino o Leonlino, vescovo della stessa
chiesa. A questo successe Anastasio,
il quale si trovò presente nel con-
cilio l'ornano dell'anno 853. Ad A-
nastasio successe Giovanni, che nel
concilio romano dell' 869 sottoscris-
se alla condanna del sinodo costan-
tinopolitano convocato da Fozio.
Dopo il detto Giovanni non si han-
no altre memorie dei vescovi delle
tre Taverne, per cui si congettura,
che verso la tìne del nono secolo,
i Pontefici la riunissero alla sede di
Fellclri. Vedi.
A voler dire alcuna cosa di Ci-
sterna, alcuni opinano essere succe-
duta ad Ulubrae. Certo è però, che
non è luogo antico, e che ne' tem-
pi bassi veniva conosciuta sotto il
GIS
nome di Cisterna .Veroni.? , dal quale
si pretende tragga l'origine il pre-
sente borgo, cioè dalle cisterne che
ivi queir imperatore aveva fatto sca-
vare. Per altro può asserirsi che
dopo la distruzione di Tres Taber-
nae, e di Ulubrae ([ui si rannodò
la popolazione presso qualche anti-
ca conserva d'acqua, formandosi in
tal modo la terra. Se poi l'ealmen-
te in questo luogo si ricovrasse Ne-
rone nella sua fuga, si vegga il ci-
tato Borgia a pag. 49- Dalla cro-
naca di Fossa Nuova si apprende
che nel 11 65 Cisterna, per essere
fedele ad Alessandro III, fu incen-
diata da Cristiano intruso nell' ar-
civescovato di Magonza , e cancel-
liere dell' imperatore Federico I, e
dal conte Gotelino. Qui poi .ricor-
diamo, che Alessandro III, nel I 159,
era stato eletto, secondo l'annalista
Baronio , e consagrato , e coronato
nella città di Ninfa, o in Cisterna.
Altri dicono con maggior probabi-
lità, che l'elezione seguisse in Ro-
ma a' 7 settembre, e che quindi A-
lessandro III in Cisterna prendesse
le insegne papali , mentre in Ninfa
fu consagrato, e coronato ai 20
dello stesso mese, contro l'antipapa
Vittore IV. E siccome a questo di-
poi nel 1 1 64 era succeduto l' anti-
papa Pasquale II, il mentovato Cri-
stiano, colle sue soldatesche passò
nella campagna romana, e fece giu-
rare dai popoli fedeltà a Pasquale
II sostenuto da Federico I, ed al
quale iu Viterbo lo condusse; ma
avendo Anagni ricusato di ubbidi-
re. Cristiano diede il guasto alla
campagna , e Cisterna fu bruciata.
Così il Muratori, Annali et Italia^
all'anno 11 65.
Pùsorta Cisterna dal disastro, fu
di nuovo manomessa, saccheggiata,
ed arsa nel i328 dall'esercito di
GIS
Ludovico il BiH'arOj nemico di Gio-
vanni XXII. Lo storico Gio. Villani ,
nella Cronica al lib. X, cap. 76, rac-
conta, che in detto anno, agli 1 1 giu-
gno, il popolo roraaruo colla gente
del bavaro, dopo aver superato l'as-
sedio del castello della Molara, ce-
duto dalla gente al re Roberto per
naancanza di vittovaglia, guidati dal-
lo stesso Ludovico si recarono a Ci-
sterna, cui derubarono ed arsero, a
cagione della somma penuria di vit-
tovaglie, che era nel campo. Il perchè
i Romani tornarono in Roma, e il
bavaro coli' esercito andò a Velle-
^ tri , disertando poscia molti tra i
tedeschi, per causa della divisione
della preda fatta in Cisterna. Per
ciò che riguarda la proprietà del
luogo, appartenente alla nobilissima
famiglia Caetani sullodata, è a sa-
persi ; che nell'anno 1 4o i Bonifacio
IX mise in possesso Jacobello Cae-
tani della rocca o castello e teni men-
to di Cisterna. Tuttavolta sembra
che l'intero dominio di essa dai Cae-
tani si acquistasse successivamente
e in progresso di tempo , come si
vedrà dalle seguenti notizie. Di fatti
in alcuni capitoli presentati nel i4i3
dagli uflìziali del comune di Sezze,
a quelli di Ladislao re di JVapoli,
si rileva che la magnifica donna
madonna Ursina figlia di Giordano
Ursino, cittadina di Sezze , per es-
sere vedova di Giovanni Citarelli
di tal città, era padrona della roc-
ca e lenimento di Cisterna , come
sue ragioni dotali, sebbene per al-
cun tempo l'avesse occupata Ric-
cardo Rosa di Terracina , ribelle a
Ladislao. Quindi abbiamo che, nel
1437, la detta Ursina vendette le
sue ragioni dotali sulla rocca e te-
nimento di Cisterna a Giacomo Cae-
tani. Poscia, e nel 144^3 Aldo dei
Conti alienò ad Onorato Caetani i
CIS 201
diritti , che avca sopra al castello
diruto di Cisterna. Finalmente nel
i44^j Giuditta, figlia del defonto
Giacomo di Piiccardo R.osa sum-
mentovato, vendè una parte di Ci-
sterna a favore del medesimo Ono-
rato.
Nel pontificato di Sisto IV, e nel
1483 fu Cisterna occupata dalla
gente di Ferdinando re di Napoli,
e quindi consegnata alle milizie del-
la Chiesa a' 3 febbraio. Nel i5or,
Alessandro VI privò la casa Caeta-
ni del ducato di Sermoneta e di
Cisterna, investendone il suo figlio
R.oderico o Cesare Borgia; ma as-
sunto al pontificato Giulio li , nel
i5o4, di tutto reintegrò Guglielmo
Caetani. Da questo tempo in poi
la casa Caetani procurò che il ca-
stello fosse ripopolato. Questa fa-
miglia per le numerose buffale, che
possiede nello sue tenute presso Ci-
sterna, negli antichi tempi vi diede
magnifiche caccie, nelle quali anche
giostravano le donne del luogo. A
cagione poi della sua posizione i Cae-
tani vi riceverono convenientemen-
te diversi Pontefici e principi, che
partivano da Roma, o ad essa re-
ca vansi. Si ha perciò, che nel 1727,
ritornando Benedetto Xlll da Be-
nevento, a' 27 maggio vi si fermò
a pranzare dal duca Caetani, dopo
avere ascoltata la messa nella chie-
sa collegiata; ma allorché nel 1729
lo stesso Benedetto XI li ripassò per
Cisterna dirigendosi a Benevento, volle
cenare nel refettorio, e dormire nel
convento de' rifoi-mati , mandando
la famiglia nel palazzo del duca. Indi,
restituendosi Benedetto XIII a Roma,
il primo giugno pernottò in Cisterna
dai medesimi religiosi riformati, la
cui chiesa e convento di s. Antonio,
nel 1572, erano slati edificati (l;d
Cardinal Caetani, con autorizzazio-
232 CIT
ne di Gregorio Xlfl. Dopo la morie
di JJenedelto Xlll , il suo lavorilo
Cardinal Coscia, si ritirò in questo
feudo per la grande amicizia , che
avea col duca Caetani. Pio Vl^ nel
recarsi a Terraciiia a visitare i gran-
diosi lavori del proseiugamenlo del-
le Paludi Pontine [Vedi), nei di-
versi anni che fece tal gita, piìi volle
visitò Cisterna; per la quale a' 2 3
aprile i83c), il Papa regnante passò
recandosi a Terracina, ed entrando
nella sua chiesa collegiata, dedicala
all'Assunzione in cielo di Maria Ver-
gine, vi ricevette la benedizione col
ss. Sagramento. Sulla chiesa colle-
giata di Cisterna , e se quivi fosse
vicciso Severo imperatore da Era-
clio, J^. il Piazza, Gerarchia Car-
dinalizia, pag. 4^ e 49- Di Cister-
na, e delle Tre Taberae fra gli al-
tri trattarono il Ricchi nella /?e-
gia de' Volsci a p. 49 e f Ughelli,
Ital. sacr. t. X.
CITARIZA. Sede vescovile, cono-
sciuta anco sotto il nome di Ca-
strimi Citharìsarum della grande Ar-
menia , tra i monti Antitauro, e
Masio, nella diocesi di Ponto, sotto
la metropoli di IMolaliah o Dade-
mon, come scrive Commanville. Ma-
riano, suo vescovo, si sottoscrisse ai
canoni del concilio trullano. Il ca-
stello, ove esisteva la sede vescovi-
le, venne edificato da Giustiniano
I imperatore , in modo inespugna-
bile.
CITIDIOPOLI. Sede episcopale
della Cilicia mediterranea, ove si col-
loca la città di Oblasa. Nella Pam-
filia abbiamo Olhiuni sea Olbasuni,
eretta in vescovato nel quinto se-
colo sotto Pirgi. Sisinnio , vescovo
di Citidiopoli, si trovò al concilio
di Trullo, celebrato l'anno 691, e
detto anco Quinisesto.
ClTiUM, Crruu, o Guite. Sedo
CIT
vescovile nell' isola di Cipro, sulTra-
ganea dell'arcivescovato di JNicosia,
la cui erezione rimonta al secolo
quarto. Di essa si conoscono quat-
tro vescovi. Commanville dice, che
vi si mostra la tomba di s. Laz-
zaroj il quale fu risuscitato da Gesìi
Cristo, e che vuoisi sia stato il pri-
mo vescovo di Citiuni; lo che fa-
rebbe rimontare l' erezione di que-
sto vescovato al primo secolo della
Chiesa. Certo è che il suo vedovo
Pappo solfri il martirio sotto Co-
stanzo imperatore. Potino o Folino,
altro suo vescovo, mandò al conci-
lio di Calcedonia il suo diacono
Dionigi, ed il vescovo Spiridione fu
presente al concilio generale settimo,
e V altro vescovo Germano all' ot-
tavo. Si crede che Citro o Citiuni
sia stata edificata da Celhin , uno
de' figli di Seth. Opinione generale
è per altro che gli abitanti di Ci-
tro ripetano l' origine da quei Fe-
nicii , e Cananei, i quali si ritira-
rono neir isola , allorché gì' israeli-
ti andarono a conquistare le loro
terre. Secondo S trabone, vi el)be i
natali Zenone, capo degli stoici , e
il celebre Cimone , generale degli
ateniesi, che qui pure morì.
CITONATO, Cardinale. Citona-
to , Cardinal diacono, viveva nel
494) mentre era sommo Pontefice
s. Gelasio. I.
CITONATO, Cardinale. Cito-
nato, Cardinal vescovo di Porto, fio-
riva nel 769 sotto Stefano III, detto
IV. Fu al concilio tenuto da questo
Papa nel detto anno, ed assistette
alla consacrazione dell' antipapa Co-
stantino.
CITONIA. Sede episcopale isti-
tuita neir isola di tal nome nel se-
colo XIII. Si apprende dall' Oriens
Christ. t. Ili, p. 871, che vi ebbe-
ro sede quattro vescovi. Ciluniu,
crr ciT 233
o Cytonhim, fu città cieli' Asia, si- lemme pei' antonomasia fu cliiaina-
tuata ai confini della Libia, e della ta la città santa, siccoxne già cen-
Misia, secondo Stefano di Bisanzio, tro della sola vera religione; laon-
CrrR.A. Sede episcopale, col qual de per lo stesso motivo viene pure
nome si conoscono varie chiese ve- chiamata Ptoma , coli' aggiunta di
scovili. Dal IVIireo, Notitia Episcop. capitale del cristianesimo , o del
Orhis Clirisfiani, alla pag. 92 si mondo cattolico. Il paradiso dicesi
legge Citra, sede episcopale sutFra- la città celeste, la città di Dio, e
ganea di Tessalonica , ed altret- di ciò tratta la nota opera del dot-
tanto alla p. 106. tore s. Agostino, in cui descrive la
CITROrvE (Cithron). Sede epi- città terrestre, e la celeste, cioè i
scopale di Macedonia, chiamata an- buoni, e i cattivi, con quella viva-
che Cìiitto e Chitro, sotto la me- cita d' iiigega(j, che lo l'endono cele-
tropoli di Tessalonica. Si chiama bre. La parola Civitas in sua origi-
pure Pidua , Pydna , o Citri. Si ne non ebbe il significato, che noi
conoscono due vescovi, che vi sedet- diamo oggi piti comunemente a
tero. Baudrand, Geographia, t. f, quello di città j ma così chiama-
p. 274 5 e IDI, ed Oriens Cliri- vasi soltanto una comunità formata
stianus t. II, p. 81. dalla unione di più famiglie, com-
CITR.UM. Sede vescovile della ponenti fra di loro una repubblica,
Piei'ia di Macedonia, nella diocesi un corpo civile, che comprendeva
della Illiria orientale, dipendente un certo tratto di paese, e talvolta
dalla metropoli di Tessalonica, di anche quello di più città, 0 villag-
cui si conoscono sette vescovi. Fu gi, come osserva il marchese jMaiiei
detta pure Cithroti, e Cithriun. O- col Facciolati, Lex. t. 1. in V. Ci-
riens Christ. t. II, p. 8r; Bau- vitas , col Marti nier, Gran. Dic-
drand, Geograph. p. 274, tom. I, tion. Geograph, e con altri, suU'au-
e pag. i5i , tom. II ad vocem torità di Cesare , Bell. Gali. 1.
Pydna. Vili, di Cicerone, In Sonin. Scip.,
CITTA' (Civitas). Paese accasato, di Plinio H. N. L. IV, e. 68, e I.
e per solito più considerabile di XXXI, e. 2; di Tacito Histor.
quel paese, cui comunemente si 1. IV, e. 68, e Annal. 1. III; e
chiama terra, castello, o villai^gio. di Livio Epit. 1. XXXV. Essa vie-
Qualche volta vale anche soltanto ne dal Celtico Ci\wlawd, ed è una
luogo abitato. Così il Dizionano di quelle, che sotto una sola deno-
della lingua italiana. Quando trat- minazione ci presenta l' idea di più
tasi dell' antichità, città significa cose, e vale lo stesso di popolazio-
per r ordinario uno stato, od un ne, unione di famiglia, un sol cor-
popolo colle sue dipendenze. Tut- pò, o consorteria sotto una niedesi-
tavolta si osserva negli antichi au- ma forma, e disciplina, come ne
tori dato il nome di città ad una assicura il Bullet, Memoir sur la.
sola, come facciamo noi, massime Lang. Celfiq., gvan. maestro in ar-
allecapitaU degli stati, che sono chia- gomento. Da quella lingua fa egli
mate con greca \oce Metropoli , alle derivare la parola Civitas collo stes-
sedi vescovili e ad altre, che per so significato di popolazione, unio-
le loro prerogative e pregi merita- ne di famiglia ec. , e così pure il
rono un tal distinto nome. Gerusa- Civis, giacché scn za cittadini uou
2 34 e IT
vi lia città, né città senza ciltatlini,
come elice Cicerone, De llcpuh. I.
I. I veri cittadini di città, Urbes,
erano anticamente contraddistinti
coir appellativo di Urbani, qui in
urbe linlntant, quando all' opposto
(pielli, che non erano cittadini, ve-
nivano detti Vicari, vel Padani.
Ciò sia detto per togliere fpudiuKjiic
opposizione in contrario, se si dei)ba
la preferenza a Civis, ovvero a Ci-
vilas. I Romani si valevano soltan-
to della parola ZJrbs loro propria
per indicare appunto una città, clic
per essere tale conveniva, che fosse
murata, e circonvallata di fosse. In
seguito poi dal generale passò al
particolare a distinguere soltanto
que' luoghi, che per numero di abi-
tanti, ampiezza di sito, magnificenza
di fabbriche e piazze e commercio
soprastavano agli altri. I municipi
degli antichi romani, erano le città
della pili onorevole condizione, per
cui Cicerone nel libro de legìbiis,
disse, che un municipale cittadino
poteva considerarsi come se due
patrie avesse, cioè una di natura,
l'altra di privilegio. Oltre a ciò i
municipali tutti i privilegi godeva-
no de' cittadini romani, e potevano
sostenere in Roma ancora le cari-
che, che avevano sostenute nel mu-
nicipio. Ce lo conferma Svetonio.
Aveva altresì questo di speciale un
municipio, che colle proprie sue leg-
gi si governava, a dillerenza delle
colonie , le quali dai R.omani rice-
vevano le leggi per governarsi. F^.
Municipio.
Nella curia romana si fa distin-
zione dalla parola città cii'itas dal-
l'altra città vescovile Civitas epi-
scopaUs. Sotto la prima denomina-
zione s' intendono quelle terre o cit-
tà, che dalla santa Sede vengono e-
levate al grado di città vescovile
CIT
o arcivescovile. Ed in fatti i Ro-
mani Pontefici nelle loro bolle quan-
do parlano delle città, che non so-
no episcopali, soltanto le chiamano
paesi, e terre, sebbene comunemen-
te denominate e riconosciute dagli
altri per città. Nella stessa romana
curia si fa ancora distinzione tra la
parola civitas cpiscopalis città vesco-
vile, e diocesi dioecesis. Per la prima,
come si dissBj s'intende il luogo ov' è
la sede episc(jpale, per la seconda s'in-
tendono tutti i luoghi che compongo-
no la diocesi ; purché un vescovato
non costituisca tutti i luoghi dove
ha giurisdizione in città. Su questo
punto va consultato quanto dotta-
mente scrisse il Sarnelli, Lettere
Eccl. t. IH, pag. 72 lett. XXIX,
Non darsi città in Italia senza ve-
scovo. Ma oggidì anche nell' Italia
vi sono delle città senza che sieno
decorate della sede vescovile, come
sono Marino, e s. Giovanni in Per-
siceto, per non dire di altre, che
furono erette a' nostri giorni in cit-
tà dal regnante Pontefice.
La prima città, che sia stata fab-
bricata, sembra che sia Enóchia,
edificata da Caino in onore del suo
figlio Enoch, come si ha dalla sa-
gra Scrittura. S, Agostino, De ci-
i'itate Dei lib. i5, capit. 5, osser-
va che come il primo fondatore
della prima città del mondo fu Cai-
no fratricida, così il fondatore di
Roma, che fu capitale del mondo,
ed ora lo è del cattolicismo, fu R.o-
molo che uccise il fratello Remo,
per cui disse Lucano nel primo li-
bro della Farsaglia :
Fraterno primi maduerunt san-
guine muri.
Il p. Menocchio nelle sue Stuore
di erudizione t. IH, p. 5^\o, capo
CIT CIT 23>
I, Quale città sia stata prima di tutte carono città anco vicino al mare, ai
le altre fabbricata nel mondo, e da fiumi ec. Le irnizioni degli eser-
cì/, coir autorità della sagra Scrit- citi nemici consii^liarono gli uomi-
tura, confata i Caldei, x4ristotile, e ni a ritirarsi sui monti, per porsi
quelli autori, che non l'iconobbero al sicuro; laonde ebbero origine la
Enochia per la prima città fabbri- villa, il borgo, il castello. E sicco-
cata al mondo. Platone assegna me tutte le città nella loro fonda-
aver causato in Caino 1' erezione zione furono di ambito ristretto, co-
delia città, il bisogno che senfi per sì crescendo la popolazione si an-
difendersi dalle fiere ; altri, con Ari- darono* ampliando. Xelle città dipen-
stotile, opinano, che siccome l'uomo denti dall'antica Roma, aumenùan-
per natura ama la società, l'indi- dosi gli edifizi, si allargava pure il
nazione il porta ad abitare con al- pomerio, che soleva stabilirsi con
tri, per le vantaggiose conseguenze, atti solenni, e riti superstiziosi nel-
che ne risultano. Ma per riguardo la deduzione della Colonia (Vedi).
al motivo, che mosse Caino a fab- A questo articolo si tratta anco-
bricare la città, Gioseffo nelle An- ra delle città federate de' Romani.
tich. giudaiche lib. I, capit. 4? con- Quindi per soddisfare al bisogno
gettura, che il facesse per propria degli abitanti, se la città era cir-
sicurezza dopo l' uccisione di Abele, condata di mura, si fabbricava fuo-
per dominare sui propri discenden- ri di essa, venendo a formare l'ag-
ii, o perchè divenendo peggiore do- gregato ed unione delle nuove ca-
po i rimproveri e le minacce rice- se , ciò che noi diciamo hors;hi, e
vute da Dio, e continuando a com- che gli antichi chiamavano Subur-
mettere ogni sorta di scelleraggini, bia. ìVelle città i Romani ponevano
credette necessario vivere co' suoi i Flamini, nelle metropoli gli Ar-
seguaci in luogo sicuro, anco per chi/lamini. Tale era l' ordine reli-
custodirvi le cose prepotentemente gioso mentre nel governo politico
rapite da se, e dai suoi. Su questo tenevano quest' altro. Nelle sempli-
argomento l' erudito Sarnelli, nel ci città erano i giudici minori, nel-
tomo V delle succitate lettere a le metropoli i maggiori, nelle pri-
pagina 2g tratta: Della prima marie i rettori delle provincie, i prO'
città del mondo ai'anti e dopo consoli o legati, e nelle capitali
il diluvio unÌK'ersalc, terminato il V imperatore, e il senato. S. Pietro
quale Nembrod edificò quella tor- principe degli apostoli , stabilì la
re che prese il nome di Babele sua sede in Roma, ov' era il pon-
dall'avere Dio confuse le lingue dei tefice massimo de' gentili , quindi
superbi fabbricatori. Al toni. Ili poi, nelle primarie città si stabilirono i
e alle pag. io3, lo stesso Sarnelli patriarchi e i primati, nelle metro-
descrive le città, che in Asia rovi- poli gli arcivescovi, e nelle altre
narono pel terremoto. città i vescovi, modellando la ge-
Dopo il diluvio i discendenti di rarchia della chiesa militante alla
Noè fabbricarono le città sui monti chiesa celeste. V^. Clenicns. P. P. in
per timore che si rinnovasse quel- e. in illis 8o distin. et Anacletiis
la tei-ribile catastrofe. Passato il ti- e. /, 99 dist. Innocenzo IV poi,
more si cominciò a scendere a bas- cap. n. Super. 5. Decret. de noi'ì
so, e nelle pianure; quindi si edifi- operai, nuiiciat. (, 601, col. 2,nun:.
i36 riT
•>., (lice: che unn ciUìi n1)l)attiita
(liu mMnici conserva tulli i j)iivilc-
t^i, che prima godeva. Come gli
antichi festeggiassero T anniversario
della fondazione delle città, chia-
mato anche Natale , lo asserisce il
succitato p. JMenocchio t. HI, p.
Il IVItuatori nelle sue Disserlazio-
ìii sopra le. antichità italiane, ci dà
preziose notizie, ed erudizioni sulle
città italiane , quando assumessero
la forma di repubbliche; quando
si mettessero in libertà ; dei loro
magistrati; quando sottomisero i
conti rurali ed altri nobili ; della
guerra che fecero eziandio ai beni
dei chierici, e monaci ; delle loro
leghe, giuramenti, tregue, paci ec. ;
dei privilegi loro accordati nella pa-
ce di Costanza, ec.
CITTA' DI CASTELLO (Civita-
tis Castelli). Città con residenza
vescovile, capo di distretto della de-
legazione di Perugia, nello stato
pontificio. Questa antica, forte, e
bella città venne edificata sulla si-
nistra sponda del fiume Tevere, fra
r Umbria e i confini degli stati to-
scani, in fertile territorio circondato
di monti in forma di anfiteatro,
che rendono il suo prospetto vago
e dilettevole. Un foro commerciale
(qui stabilito dagli antichi primi
abitatori del Pittino umbro, nomi-
nato da Tolomeo, come pretende il
can. Giulio IMancini di Città di Ca-
stello, Giorn. Arcad., tomo XLIV
pag. 277, esistito già in un vicino
colle, che ancora ne conserva il no-
me) diede probabilmente 1' origine
a questa città, che tale forse addi-
venne tra il quinto e sesto secolo
di R.oiaa, per opera del Sabino Ti-
ferno. Dai monumenti però chia-
ramente risulta , che gli antichi
etruschi coiiobbero ed abitarono il
C I T
suolo ove ora giace il paese. Altri
sono anzi di parere, che il luogo
ove si crede esistesse Pillino , ed
ove sono ora le Grotte di Pittino,
non offra che macerie, e reliquie di
(|ualche castellelto, ma non vestigi
(li rimota antichità. Quindi sotto il
dominio de' Piomani prese il nome
di Tifcriio Tiberino, Tifcrnnni Ti-
berinnni, come provano i monu-
menti ivi ritrovati ; sotto quello dei
Longobardi fu chiamato Castello
della Felicità, Caslrnrn Felicitatis,
forse in felice augurio del castello
e delle fortificazioni, colle quali !o
circondarono, ovvero per celebrare
qualche vittoria riportala sui Gre-
ci ; finalmente d(j|)o il secolo deci-
mo venne appellate^ Città Castella-
na, Cina di Castello, ed anco sem-
plicemente Castello, provando la-
li etimologie, e ciò che le riguarda,
il lodato canonico, nel t. LX del
medesimo Giornale Arcadico a pag.
i3i, e seg. Probabilmente il nome
acroiunto di Felicità si deve al tem-
pio, che venne in questo luogo de-
dicato alla virtù personificata della
genfilità per esprimere quella, che i
popoli godevano nell' impero di Tra-
jano amico di Plinio, il quale lo
dedicò o si trovò presente alla inau-
gurazione di tal tempio. Il nome
poi di Tiberino lo prese dalla vi-
cinanza del fiume Tevere. Siccome
venne pur dòtta Città di Castello,
Tiferniini Tiberìniini in Thuscia lon-
gobardornm, è a sapersi che non i
longobardi la compresero nella re-
gione toscana, ma perchè fu consi-
derata comprendersi in essa, tagha-
ta dall'Umbria, così divenne capo
della sua special contea, e del suo
proprio, e separato governo.
Questa è una delle prime città sot-
to il soave dominio della santa Sede,
come pure è celebre per magnifici
CIT
cclillzi, e per monumenti di belle
arti, ammirandosi in essa i dipinti
di Signorelli da Cortona , di Raf-
faellino dal Colle , del Rosso , di
Santi di Tito, di Pagani, tutti in
belle tavole, nonché gli affreschi del
Benelliale, del Mazzanti, e del cav.
Tommaso Conca. Rinomate sono le
gallerie di casa IMancini, e quel-
le del sontuoso palazzo Bufalini, che
il terremoto del 1789 molto dan-
neggiò. Anche alcune nobili e fa-
coltose famiglie possedono egregie
pitture. Riserbandoci a parlare alla
fine di questo articolo sulla magni-
ficenza de' sagri teinpli, fra i mi-
gliori palazzi merita particolare
menzione il palazzo apostolico, re-
sidenza del governatore, e quello
de' Vitelli in porta s. Egidio, gran-
dioso, e decorato di molte pitture.
Due sono i teatri ; il più grande
elegantissimo appartiene all' acca-
demia degl' Illuminali, e l' altro è
detto de' Filarmonici. Adorne sono
le piazze, belle le vie, e solidi i
bastioni, che colle fosse cingono la
città, e le danno all' esterno un a-
spetto militare. Opera sono que ba-
stioni che rimonta al 1 643, prima
che Vauban appalesasse il suo in-
gegno nelle fortificazioni, e perciò
lodata a cagione dell'esecuzione. I
pregi però degli edifizi, e de" mo-
numenti di belle arti che ivi sono,
dottamente si descrissero dal con-
cittadino , cav. Giacomo Mancini
colla Islmzìone storico-pittorica per
visitare le chiese e palazzi di Città
di Castello, ec. , Perugia i832; li-
bro che fu annunziato anche dal
Gior. Arcaci, nel tom. LXI, a p.
220, e fu ristampato nel iSSg;
come pure dall'altro concittadino
cav. Giuseppe Andrcocci Due gior-
ni in città di Castello per osserva-
re i ìnomanciui di aite ce. , Arez-
CIT 237
zo 1841. Nello stesso luogo, e nel
1829, il cav. Andreocci pubblicò
un altro opuscolo riguardante la
città.
JNon si deve poi tacere, che sot-
to gliauspicii di s. Florido priiici-
pal piotettore della città, e già suo
vescovo, nell'anno 1 84 1 nella me-
desima venne istituita 1' Accademia
FLoridiana, della quale fu primo e
principal promotore l' attuai zelan-
tissimo vescovo monsignor Giovan-
ni IVIuzj Romano, già arcivescovo
di Filippi in partibus. Questa re-
cente accademia è figlia di madre
celebre, perchè fu sostituita a quella
dell'Accademia dei LUieri. 11 suo
principale scopo è di eternare la
memoria degli uomini illustri de-
fonli della città, con prose, e com-
posizioni poetiche ; e di far eserci-
tare nell eloquenza , e nella poesia
la gioveutìi studiosa ascritta all'Ac-
cademia. Nella quarta ed ultima
sua adunanza, si distribuiscono agli
accademici, che nel decorso dell'an-
no si mostrarono valorosi, dei pre-
mi in medaglie di argento.
Il territorio di Città di Castello
è di proprietà del popolo Tiferna-
te. Prima del secolo decimo ei-a
più vasto, e quindi separato in gran-
di porzioni, come quella di Borgo
s. Sepolcro [J'edi); e quelle passate
ai marchesi Bourbon del monte
Santa IVIaria, dato a questa fami-
glia in feudo imperiale, ai marchesi
di Bourbon-Sorbello, ai duchi di
Urbino, ai Citerncsi, e ai Montonesi
ec Però, meno le porzioni dei tre
ultimi, le altre nel congresso di
Vienna del i8i5, furono incorpo-
rate nel gran ducato di Toscana,
restando gli abitanti solo diocesani di
questa sede. Oltre a quanto di-
ccuuno al citato articolo Borc.o s.
Seiolcro, sicccjnc il suo territorio
238 CiT
apparteneva alla contea di Città di
(Jaslello, ci penneltereino il seguen-
te cenno.
Nel secolo X in Val-di-Nocc eb-
be principio Borgo s. Sepolcro, al-
lorquando fu ivi fondata la chiesa
de ss. Egidio ed Arcano. Prima
cre])l)e in piccolo liorgo ; ma di-
venne splendido nel XI 1 secolo por
^li edilìzi, che vi fabbricarono mol-
li militi tifernati, i quali vi si sono
slal)iliti. Riconoscendo il borgo la
sua dipendenza ed origine da Città
di Castello, nell' aprile del 1 358 in
pieno consiglio fece ad essa la sua
lòiinale dedizione in perpetuo, per
cui il comune -di Città di Castello
governollo finché nel 1370, l'im-
peratore Carlo IV, col pretesto di
antico feudale dominio, la vendette
al Cardinal Angt^lico o Egidio Gri-
moardi di Grissac, fratello di Ur-
bano V, da cui l'acquistò Galeot-
to Malatesta, e poi, nel principio
del secolo XVI, fu da Leone X
elevata al grado di città, e defini-
tivamente ceduta alla Toscana da
Gregorio XIII. Qui giova ricordare
non essere vero che i Vitelli per
momenti invadessero Borgo s. Se-
polcro, come dicemmo a quell" ar-
ticolo, suir autorità dell' applaudito
Specchio gpograjico , 1^ edizione,
Voi. V. p. 609.
Presentemente dipende da Cit-
tà di Castello il governo di Frat-
ta, cospicuo borgo, che forse rim-
piazzò r antico Piluluììi. JNon si de-
ve passare sotto silenzio, che prima
la terra di Pietralunga, ed il ca-
stello di Monte Ruperto, membri
deditizi del comune Castellano, fu-
rono baronie del civico magistrato,
che negli atti diplomatici »ne usa
ancora il titolo. La valle del Te-
vere è divisa dalla città in due pia-
ni, uno detto di sopra, seminato
CIT
di amene colline, e deliziose ville,
e perciò celebrato da Plinio il Gio-
vane, nel lib. 5. Alla sinistra poi
del Tevere, sul colle di Collecchio
si veggono avanzi di antiche costru-
zioni, ed un acquedotto della rino-
mata villa del medesimo Plinio. Di-
falti in questo luogo era una parte
delle possidenze della tifernate fa-
miglia Cecilia, da cui nacque Pli-
nio Cecilio, e eh' egli pur descrive
nel menzionato libro, in una lettera
ad Apollinare , come affermano
il suddetto canonico Mancini, alle
pag. 1G4, iG5, e 173, del volu-
me LX del G'ior. Arcaci. s il geo-
grafo Baudrand Novuni Lexicon
Geogr. ed altri , tra' quali Lio-
ne Pascoli , // Tevere navigato , e
navigabile, par. ì, cap. 3. Pli-
nio, sino dalla sua tenera età, fu
eletto a patrono dai Tifernati.
Il governamento del popolo tifer-
nate, cosi detto da Caio Tiferno sabi-
no, ascritto alla tribù Clustumina, che
fondò la città di Tiferno nell'anno
del mondo Ss/pj cessato quello de-
gli etruschi, si cambiò in libero
municipio l'omano, e si tasmutò
nel governo de' goti sino alla cadu-
ta di Totila, che ne distrusse le
mura, per cui nel sesto secolo il
santo vescovo Florido ne riparò i
danni, come racconta 1' Ughelli. Ver-
so l'anno 601, soggiacque al giogo
de' Longobardi , che , dopo averla
orrendamente manomessa, procura-
rono ripararne le perdite, anzi il
celebre re Luitprando la circondò
di migliori mura, e la fornì di roc-
ca. Nell'anno 744 Carlo Magno,
coH'inqM-igionare Desiderio ultimo
re de' Longobardi, diede fine al lo-
ro regno, che avea durato 206 an-
ni. Carlo Magno pose allora nel
Castello della Felicità un regio ga-
staldo, sebbene si voglia che la cit-
CIT
tà contemporaneamente fosse go-
vernata da un conte, o goveiniato-
re. Narra il Borgia, Memorie isto-
rìclie di Benevento tomo I, p. 28,
3o, e 34, che mentre Carlo Ma-
gno assediava in Pavia il re Desi-
derio, nel 774j si recò in Roma,
confermò le donazioni del suo pa-
dre Pipino a Papa Stefano III, e
le ampliò con altre al Pontefice
Adriano I, tra le quali vi fu Ca-
stelhim Felicitatisi che da lui fu
dato alla Chiesa romana. Fu allora,
che gli abitanti prestato il giura-
mento di fedeltà a s. Pietro ^ ed al
Pontefice j si diedero a questo, con
essersi fatti tosare alla romana.
Tullavolta si legge in Anastasio
bibliotecario, nella vita di Adriano
I, che i Tifernali si diedero spon-
taneamente alla santa Sede. La re-
cisione de' capelli all' uso longobar-
do, fu per imitare il costume ro-
mano. Per altro non andò guari,
che il longobardo Reginaldo, già
gastaldo del Castello della Felicità,
dopo essere stato fatto duca, o pre-
fetto di Chiusi, vi ritornò con ar-
mata mano, e vi portò via diversi
cittadini, per cui Adriano I con let-
tera se ne dolse con Carlo Magno.
La cessione di questo principe del-
la città, fu confermata nell'Siy,
dal suo figlio Ludovico I, e da al-
tri imperatori, come si ha pure dal-
l'annalista Baronio.
Introdotto poscia il sistema feu-
dale, il comune della città in modi
solenni elevava i suoi prodi cittadi-
ni al grado di militi , o cavalieri,
grado appo gli altiù comuni civici
d' Italia distinto, e ad essi distri-
buiva le castella de' monti circostan-
ti, avendosene esempi anco in ap-
presso. Vuoisi che nel i o 1 2 Otto-
ne III morisse nel castello di Pa-
terno, allora soggetto all'abbazia di
CIT 289
s. Maria di Petroja nel territorio
castellano, sebbene alcuni autori ,
tra' quali Pompilj-Olivieri, // Sena-
to Romano, a pag. 178, dicano
che morisse in Paterno della Cam-
pagna romana. Dai militi , divisi
nella regione superiore del conta-
do, si ripete la narrata fondazione
di Borgo s. Sepolcro. Successo all'
imperatore Enrico IV, nel 1106,
Enrico V suo figlio, recandosi egli
in Italia, democratizzò Città di Ca-
stello verso l'anno i i 1 2 ; ed i suoi
cittadini assunsero libero governa-
mento con consoli ed un rettore,
il quale in seguito si chiamò pode-
stà dipendente dal potere legislativo
della civica magistratura.
Poco dipoi, nel 1127, Onorio li
creò Cardinale Guido o Guidone
di Città di Castello, che per la sua
profonda scienza fu appellato Mae-
stro Guido de' Castelli, e lodato da
Ottone di Frisinga come sommo in
lettere e in pietà^ per cui era sta-
to scrittore apostolico di Calisto li,
e da lui fu ordinato suddiacono.
Dalla diaconia di s. Maria in Via
Lata, passò al titolo presbiterale di
s. INIarco, e come descrive il succi-
tato Borgia, nel tomo III alle pa-
gine 112, 1145 '^^ 6 '^9? f"
prescelto da Innocenzo li per lega-
to al re di Sicilia Ruggiero nel
I i36, per descrivergli com'era pro-
ceduta la sua esaltazione, e l'insor-
to scisma dell'antipapa Anacleto II.
Dipoi il Pontefice Innocenzo II an-
dò a Benevento nel iiSg, ove a-
vendo annullato quanto vi aveva
fatto l'antipapa, perchè la città ab-
bisognava d'un nuovo governatore
o rettore, diede tal importante ca-
rico a Guido, che Falcone chiamò
virum valde discretum, et moribus
ornatum, e governò tranquillamen-
te il ducato sino al primo giorno
9.4o CIT
di marzo dell anno 1140, in cui
fece rilorno in lloma, lasciando la
relloiia di Tiencvcnto a Giovanni
suddiacono delia santa romana Chie-
sa, pcrsonai;j^io cospicuo per meri-
to, e parente d'Innocenzo If. Que-
sli r inviò poscia lej^ato a Lotario
li, e in Fi-ancia per gravissimi af-
fari, e per di lui morte gli succes-
se col nome di CclcsLiiio II (^P'cdi),
con gran compiacenza de' beneven-
tani, e di Città di Castello. Ma
incnlre i suoi concittadini andavano
giustamente lieti di vedere iP pri-
mo Cardinale conci ttatliiio divenuto
sovrano Pontefice, dopo cinque mesi
e tretlici giorni di pontificato, in cui
creò nove Cardinali , ne compian-
sero la perdita.
Gli successe Lucio II, nel 11 44^
che accolse sotto la protezione di
s. Pietro la nuova repubblica di
Città di Castello, per lieve tributo,
come risulta da sua bolla esistente
nell'archivio comunale. Il di lui
immediato successore Eugenio III,
temendo le impertinenze degli Ar-
naldisti, a' 4 niarzo i 146, partì da
P>oma, passando a Città di Castello
a' 9 aprile, siccome si ha dal JVo-
Taes, Storia de' sommi Pontefici, to-
mo III, pag. 70. Intanto lo stato
libero della città venne conservato
con bolla, pure da Alessandro III,
salva la ricognizione dell'alto domi-
nio, cioè di un denaro per fuoco ;
ma Federico I, Barhawssa, sino
alla apertura della pace con detto
Papa, la quale segui nel 1177, do-
minò la repubblica di Città di Ca-
stello, ed esigette l'annuo censo di
trenta marche di argento. Ceduta
questa al proprio fratello Filippo,
che altri dicono figlio e poi impe-
ratore nel 1197, col tlucato di To-
scana, ne solili un governo dispoti-
co spogliatorc fino alla sua parten-
CIT
za dall' Italia. A Federico I succes-
se nell'impero, l'anno 1190, Enri-
co \ I, suo figlio, che si mostrò be-
nefico colla città, dichiarandola li-
bera ed imperiale, siccome consta
da diploma, e da pergamena, esi-
stente il primo nell'archivio del co-
mune, la seconda in quello della
catlcdiale. Dopo la di lui morte,
avvenuta nel i^.o8, rimase la città
in istato di repubblica, sotto l'alto
dominio della santa Sede, benché
gli succedesse nell' impero nel 12 12,
il suo figlio Federico II.
Nel 1243 fu creato Papa Inno-
cenzo IV, mentre eranvi gravi ver-
tenze tra la sede apostolica, e Fe-
derico II. Confidando il Papa nel-
lantica amicizia, che avea con quel
principe, aflìne di pacificarlo colla
Chiesa, a' 7 giugno, come nella sua
vita dice il Novaes, si trasferì in
Città di Castello, per trattare con
Ini, che dimorava a Terni, una pa-
ce stabile; ma venendo in cognizio-
ne che l'imperatore meditava di
tendergli insidie dopo di aver di-
moiato diecinove giorni nella città,
senza più attendere l'imperatore,
Innocenzo IV si recò in Sutri, don-
de recossi in Francia. Per la ripu-
tazione poi che Città di Castello ,
col crescere in potere, erasi procac-
ciata dal secolo XII, e che si man-
teime ne' successivi XIII e XIV, di-
versi marchesi, e feudatari si assog-
gettarono alla sua repubblica, cui
Federico I, Enrico VI, e Federico
II avevano dichiarata repubblica
imperiale di protezione, con mero,
e misto comando, e con potestà di
spada ; per lo che glie ne deriva-
rono onorevoli ambascerie anche di
grandi potentati, distinte considera-
zioni, non che leghe ed alleanze
c.(A\c primarie repubbliche, ricono-
scendone più tardi la nobiltà gene-
CIT
rosa l'inclito Ordine gerosolimitano.
Anche gl'imperatori Ottone IV, e
Ludovico // Bavaro esercitarono il
loro dominio su Città di Castello ,
che soiTri le prepotenze delle arma-
te fazioni de' Guelli e Ghibellini, e
quelle dei capi delle diverse fazioni.
Correndo l'anno iSsS, mentre i
Papi risiedevano in Avignone , e
l'Italia era divisa dalle mentova-
te fazioni, questa città improv-
visamente venne occupata da Pier
Saccone di Pietra -mala, che ne
soppresse la liberlà , sinché il po-
polo nel i334 ricuperolla coli' aiu-
to de' vicini. Quindi, verso il iSGg,
Urbano V concedetle alla città il do-
minio in vicariato perpetuo; ma
nel 1371, per artifizio di ministri
francesi, che esercitavano il potere
per Gregorio XI, tornò sotto 1' as-
soluto dominio pontificio. A Peru-
gia fu mandato da Avignone per
governatore Gherardo du Puy, cu-
gino del Papa, abbate benedettino
del monistero maggiore di Tours,
che poi nel iSyS, fu creato Cardi-
nale. Questi pel suo imprudente
contegno, esacerbò gli animi, come
nelle altre provincie faceva il Car-
dinal Roberto di Ginevra, poi an-
tipapa Clemente VII, siccome nar-
ra anche l'annalista P«.ainaldi all'an-
no 1876 numero 9. Per le quali
cose Città di Castello colle armi
riprese l'autorità del concesso vica-
riato. Tuttavolta riporta il Novaes,
nella vita d'Innocenzo VII, toni. V,
pag. 7, che i popoli- di Città di
Castello avendo scosso il giogo del-
la servitù da chi li tiranneggiava,
si assoggettaiono interamente, nel
j4o5, a quel Papa.
Nel 14175 benché Città di Ca-
stello fosse sottomessa al regime
papale, incominciò ad esercitare la
potestà di spada, con mero e misto
VOI,. XI li.
CIT 24r
comando, sul castello di Rasina,
donatole da Corazza del Monte, sic-
come esercitava in altre terre e ca-
stella. Il vicai'iato che alla città era
stato confermato da diversi Ponte-
fici, terminò quando fu occupata ai
i5 settembre 1422 dal celebre
Braccio da Montone della stessa
città, nel pontificato di Martino V.
Non andò guari che a' 1 7 gennaio
1428, insorta la città contro i Brac-
ceschi, li espulse da essa, dalle roc-
che, e dalle castella, che aveano oc-
cupato, e dopo un anno d' indipen-
denza i cittadini riconobbero il su-
premo dominio di Martino V, che
lasciando loro alcune prerogative,
vi spedi un governatore. Sotto Eu-
genio IV Città di Castello fu mo-
lestata dalle armi di Nicolò Stella,
per cui domandò il duca di Urbi-
no per vicario della santa Sede;
poscia nel i432 a lui si ribellò, e
vedendo che Eugenio IV avea con-
ceduto allo Stella Borgo s. Sepol-
cro, a lui si assoggettò; ma alla di
lui morte si sottrasse dal dominio
de' suoi ministri, e nel i435 si sot-
tomise di nuovo all' ubbidienza del
Papa e del suo governatore median-
te alcune concessioni. Indi nel i44*'
i fiorentini ebbero Città di Castel-
lo in vicariato, e nel i44^ '^ go-
vernatore di Eugenio IV tornò a
dominarla.
In progresso la città fu lacerata
dalle potenti famiglie Giustini, Puc-
ci, e Vitelli, che aspiravano al po-
tere, e benché Paolo II nel i468
v'inviasse ad accomodare le gravi
differenze l'arcivescovo di Spalatro,
questi se ne partì co'ministri pontifici,
senza nulla concludere, lasciando la
città in balìa di sé stessa, che per
altro si governò con quiete. Final-
mente pacificatosi Paolo II coi Vi-
telli, nel i470> ^i spedì per go-
iG
242 CIT
veinatorc monsignor Mazzaacolli di
Terni, olire il podestà: ma i Giu-
slini , co' principali loro nllincnli,
rimasero esuli. Regnando Sisto IV,
la città si oppose clie il di lui ni-
pote, Cardinal Giuliano della Rove-
re, poi Giulio li, siccome commissario
liformatore, vi entrasse coll'escrcito,
ma con sole duecento guardie, perchè
quell'esercito altrove si era permes-
se molte licenze e crudeltà. Laonde
i tifcrnati non contro il Papa, ma
contro le indisciplinate milizie, sos-
tennero l'assedio, comandati da Ni-
colò Vitelli, chiamato il Padre della
Patria, per settantanove giorni, fin-
ché per mediazione degli stessi Vitel-
li, e del duca di Urbino, si venne a
concordia . Orso arimincse scrisse
un Commentario di tal guerra, che
venne stampato. Dipoi lo fu di nuo-
vo con questo titolo: Libcr de Oh-
sidione Typhcrnatimi anni i474
ex editione perrara Civitalis Ca-
stelli anni i538 ab erroribiis ex-
purgatus Cam adaotationibus D. Do-
minici M. Maimi. Extat in toni, i i
Suppl. Rer. hai. Scriptor. Nello stes-
so pontificato di Sisto IV, l'anno
1482, per suo ordine furono esclusi
i Vitelli, e ripristinati i Giustini,
mentre Nicolò era commissario del-
le armi fiorentine, alleate della lega
contro il Papa, pei- cui con esse, a'
1 2 giugno, e col favore del popolo
s'impadronì della città, che lo ac-
colse esultante, proclamando la re-
pubblica sotto la direzione della Fio-
rentina. Tuttavolta il Vitelli coli'
interposizione del conte Girolamo
Riario, nipote di Sisto IV, ottenne
di far parte dell'ambasceria, che la
città gl'inviava per ottenere il perdo-
no, che pure il Vitelli medesimo ebbe
conseguito, altresì venendo approvati
i privilegi. I Giustini colla loro fa-
zione mandati furono in bando ri-
CIT
stabilendosi nella città il governa-
tore pontificio. Intanto mentre nello
stato della Chiesa dominava Ce-
sare lìorgia figlio di Alessandro VI,
esssendo divenuto Vitellozzo figlio
di Nicolò Vitelli, uno de' magistrati
civici, chiamati degli otto della cu-
siodia, ambizioso di dominare ne pro-
fittò , anco per l'amore che godeva
presso i cittadini, a segno che giunse a
signoreggiare la patria, in un modo
cui mai non potè esercitare il padre.
Ma avendo Cesare Borgia preso Si-
nigaglia il primo gennaio i5o3, Vi-
tellozzo si recò da lui credendolo
amico, ed invece venne a tradi-
mento strangolato. Fu allora che il
Borgia si fece proclamare signore di
Città di Castello, e lo fu sino alla
morte di Alessandro VI, cioè a' 18
agosto, ritornando Città di Castello
alla santa Sede, sotto Giulio II, del-
la Rovere. Non si ha memoria negli
archivi civici che alcun Papa siasi
recato a questa città, e se dicemmo
più sopra che due sommi Pontefici
la visitarono, lo abbia m fatto colla
autorità di Novaes. Tuttavolta si pre-
tende che dopo il tremendo sac-
cheggio di Roma , nell' anno se-
guente 1028, Clemente VII da
Orvieto passasse in Città di Ca-
stello , donde si recò a Firenze
pernottando nel palazzo dei Vitelli.
Il suo predecessore Leone X accor-
dò gran privilegi alla città, C la tol-
se dalla soggezione della legazione
di Perugia, facendola governare da
un prelato.
Altri avvenimenti rimarchevoli non
presenta la storia di Città di Castello
jestata sempre fedele alla domina-
zione papale. S. Pio V dichiarò go-
vernatore della città il Cardinal Sci-
pione Rebiba, di Messina, encomiato
per zelo, e per consiglio ; ed essendo
morto nel iS'jj, Gregorio XIII ne
CiT
lece governatore il proprio nipote
Cardinal Filippo Boncompagno, che
avea amplissima giurisdizione per tut-
to lo stato ecclesiastico, e morì nel
i586, coll'elogio di diligente nelle
sue attribuzioni. Il menzionato san
Pio V con bolla che conservasi nel-
l'archivio comunale, nel confermare
a Città di Castello le particolari sue
prerogative, mantenne comune coi
Pontificii governatori, la facoltà le-
gislativa nel civico magisti-ato sino
al decreto di morte, esonerandola
dalla dipendenza ai Cardinali lega-
ti. Nel i585, e negli anni seguen-
ti, Sisto V emanò parecchie costi-
tuzioni, colle quali prese providenze
pel governo della città. Quindi la
città venne governata da distinti
prelati, ai quali nel corrente secolo
furono sostituiti governatori laici. Gli
ultimi governatori prelati furono nel
1798, Antonio Burini milanese, e
nel 1809, Gio. Pio Liberati. Nel-
le vicende del 1799, e nelle suc-
cessive sotto Pio VII la città soffri
ciò che ebbe a provare Tintero sta-
to ecclesiastico per l' effimera re-
pubblica , e per la straniera inva-
.sione che valorosamente si volle af-
frontare, provocando però così le vio-
lenze, e il saccheggio cui patirono
anche i pacifici cittadini.
La luce del Vangelo fu predica-
ta in Tiferno ne' primi secoli della
Chiesa, quindi si propagò e si dif-
fuse maggiormente dopo il glorioso
martirio sofferto nei primi del seco-
lo terzo da s. Crescenziano cavalie-
re romano. Il di lui corpo da Urbi-
no, di cui è protettore, nel 1 068 ven-
ne traslatato a Città di Castello, che
lo venera nella cattedrale come pre-
cettore nella fede. Il suo seggio ve-
scovile è antichissimo ed immedia-
tamente .soggetto alla santa Sede.
Nel concilio romano del 4^3, ce-
CIT 243
lebrato sotto il Pontefice s. Ilaro, vi
si sottoscrisse il vescovo Eubodio. Ne'
successivi concili romani si leggono
i nomi dei vescovi col titolo di Ti-
fano Tiberino, i quali, analogamente
a quanto si disse di sopra, o a cagione
del tempio della Felicità, ovvero sotto
i longobardi, assunsero quello di Ca-
stello della Felicità, finche, dopo il
secolo X, si chiamarono vescovi ca-
stellani, ossia di Città di Castello;
tuttavolta negli atti pubblici eccle-
siastici continuano a chiamarsi ve-
scovi di Tiferno, col qual titolo
monsignor Costantino Bonelli si sot-
toscrisse al concilio di Trento.
La chiesa Tifernate venera per
protettore il concittadino s. Florido,
che ne fu pur zelante pastore, sino a
meritare lodevole menzione da Pa-
pa s. Gregorio I nel lib. IX de'suoi
Dialoghi, cap. i3. 35. La chiesa
cattedrale, sino al secolo XI, ebbe
il titolo di s. Lorenzo martire; ma
nella riedificazione , seguita verso
la metà di quel secolo, fu dedica-
ta al detto s. Florido, venendo ri-
tenuto qual titolare s. Stefano . I
corpi di s. Florido, e del suo com-
pagno s. Amanzio sacerdote, ripo-
sano nel sotterraneo della cattedra-
le. Maestoso è questo tempio, che
vuoisi fabbricato sull'antica area di
quello eretto da Plinio, a proprie
spes^ alla Felicità, con disegno di
Braniante Lazzari, e coli' assistenza
di Raffaele d' Urbino, secondo il pa-
rere del ÌVIancini, Esso è decorato di
stupende pitture con chiesa sotterra-
nea, ove pure si venera la miraco-
losa effigie di s. Florido. Nelle va-
ste sagrestie ammirasi un superbo
paliotto d'argento, preteso dono di
Celestino li già canonico della me-
desima, tutto cesellato, e di tanto pre-
gio che di esso si legge distinta men-
zione nella Storia delle arti j d'Agin-
2 44 ciT
coiu't, toni. Ili pag. 179. La faccia-
ta esterna non compita , fu fatta
nel 1640 dal vescovo Racagna, che
non potè terminarla prima di mo-
rire. Alla porta, che corrisponde di
contro all'episcopio, di architettura
gotico-tedesca, ovvi un interessante
monumento scolpito in marmo del
Xlli secolo. La descrizione di que-
sta cattedrale fu fatta dall'abbate
Filippo Titi, Guida di Roma e r/e-
scrizione del Duomo Tifcrnese, Ro-
ma 1646. A' nostri giorni poi la
fece il cav. Giacomo Mancini, ed è
inserita nel tomo XXX VII, pag.
2q8, e seg. del Giorii. Arcadico, e
si legge ancora nel citato libro del
cav. Andreocci.
Sino al pontificato di Gregorio
XIII, e nell'anno 1078, la chiesa
cattedrale fu uffiziata dai canonici
regolari di s. Agostino. 11 dottissi-
mo monsignor Garampi poi Cardi-
nale, nelle 3Iemorìe ecclesiastiche
della vita della h. Chiara a p. 275
e seg., riporta pregevoli documenti
della comune vita canonica regola-
re dei medesimi, che dice aver tratti
dall'archivio del capitolo, per cor-
tesia di d. Domenico de' Pazzi, be-
nemerito di quanto appartiene alla
storia di questa illustre chiesa. Le
più antiche memorie rimontano a-
gli anni 104B, 1079, e 11 io;
e sembra che fossero della congre-
gazione di s. Frediano di Lucca. Da
esse si conosce che professava»! la
regola sino a Leone X, il quale ve-
dendo decaduta l'antica disciplina,
sostituì a' canonici regolari i seco-
lari, finché Gregorio XIII, col con-
tenuto della bolla Infirma, seco-
larizzò il capitolo. A' nostri gior-
ni il capitolo si compone di dieci-
nove canonici, due de' quali, il
prevosto e l' arcidiacono, sonp di-
gnità in abito prelatizio, con due
CIT
mansionari, e .sedici cappellani , ol-
tre il vicario del capitolo detto san-
tese, il quale esercita le funzioni di
parroco nella stessa cattedrale. Da
ultimo l'arcidiacono Cesarei Leoni,
la cui prebenda è di patronato del-
la nobile famiglia Andreocci, fu fat-
to Cardinale da Pio VII. Sono poi
a mentovarsi le chiese, di s. Dome-
nico, de' religiosi domenicani ( del
qual convento il Fontana, De roiii.
prov., fa r istoria ) , di santa Cate-
rina , di s. Maria IMaggiore, di s.
Francesco dei conventuali, della Ma-
donna delle Grazie dei serviti , di
s. Cecilia, della .ss. Trinità, di s.
Pietro de' Filippini , di s. Agostino
delle Salesiane, del Gesìi, ed altie.
Oltre i summentovati autori, nel
1687 pubblicò in Todi JNicolò Uar-
bioni. Diario per sapere tutte le fe-
ste, che si celebrano nelle cinquan-
tatrc chiese di Città di Castello, le
reliquie ed i corpi santi, che in es-
se si conservano.
Tra i vescovi Tifernati, secondo
rUghelli, hanno il titolo di santi Flo-
rido, Alberto martire, ec. : inoltre ha
il titolo di beato Ijutiuso Buccio, che
si aggregò all' Ordine de' gesuati ,
quando il fondatore di esso B. Gio.
Colombino da Siena si recò a Città
di Castello. II detto vescovo viene
riconosciuto per beato dui p. Mo-
rigia , Paradiso de' Gesuati, lib. Ili,
cap. 3 ; dal Jacobilli , de' beati e
santi dell' Umbria; e dal p. Angelo
Conti cappuccino , ne' Fiori vaghi
delle vite de' santi, e beali delle
chiese, e reliquie di Città di Castel-
lo, le reliquie ed i corpi santi, rlie
in esse si conservano. Città di Ca-
stello 1627.
I vescovi poi, che furono creati
Cardinali, sono Bandcllo Bandelli
veneziano, e patrizio di Pvoma, fat-
to da Gregorio XII; Antonio di
e IT
Fabiano Ciocchi del Monte , della
diocesi di Arezzo creato da Giulio
li, e zio di Giulio 111; e Achille
de' Grassi boiogncsc pur creato da
Giuho li. Nel'iSSB Clemente VII
ne fece amministiatore il veneto
Cardinal IMarino Grimani; e Giulio
HI nel i554 Vitellozzo Vitelli di
Città di Castello, che Paolo IV nel
1 557 creò Cardinale , e fu degno
dell' intima amicizia di s. Carlo Bor-
romeo. Le biografie di ognuno si
riportano ai rispettivi articoli del
Dizionario. 7^. Francesco Ignazio
Lazzari, Serie de' vesroi'i e breve
notizia di Città di Castello, Foli-
gno 1698; e rUghelli Italia sagra
t. I, col. i3i6, e t. X, col. 34^,
iiov, ediz.
La diocesi tifernate ebbe Ire no-
tabili dismembramenti ; il primo
quando Giovanni XXII, colla bolla
Vigilis specidatoris qffìcium , data
a' 19 giugno 1825, eresse il vesco-
vato di Cortona , a cui incorporò
le due pievi di Biibbiano, e di Fas-
sano. 11 secondo allorché Leone X,
colla bolla Praeccellcnti praecrnincn-
tia sanctac Sedis. data a' 20 set-
tembre i5i5, eresse in sede epi-
.scopale Borgo s. Sepolcro, con tutte
le pievi esistenti nel dominio tosca-
no. Il terzo quando Urbano Vili,
colla lìolla Cani niiper, istituì i ve-
scovati di Urbania, e s. Angelo in
Vado, distaccando dalla diocesi Ca-
stellana la terra di Mercatello, pa-
tria di s. Veronica Giuliani, e l'ab-
bazia di Lamole. Ora la diocesi di
Città di Castello conta circa tren-
tacinque mila anime, tre mila delie
quali sono nello stato toscano. I ze-
lanti vescovi celebrarono vaii sino-
di, l'ultimo de' quali, come riporta
l'ab. Bellomo Confili, della storia.
del crisf. pag. 24^5 to"i- ^ 5 "el
1818 si tenne da monsignor Fran-
CIT 24j
Cesco Antonio Mondelli romano. In
essi si trattarono importanti argo-
menti sì disciplinari, che dommatici.
Nella città vi sono sette moni-
steri di monache , e quattro nella
diocesi. Evvi inoltre l'ospedale pe-
gl' infermi, coli' annesso conservato-
rio per gli orfani, e proietti ; pio
stabilimento che si deve a Pio VI,
ed all' attività di monsignor Gaz-
zoli, poi Cardinale, in parte colle
rendite di alcune confraternite. V'a-
veano altri pii istituti , che furono
soppressi. Vi sono pure l'istituto di
carità pe' fanciulli miserabili d'am-
bo i sessi, il monte di pietà, e due
istituti per r educazione della gio-
ventù per le fondazioni Fuccioli, e
Segapoli , per non dire di altre.
Monsignor Gio. Antonio Fuccioli
di Città di Castello, che morì nel
1628, e fu sepolto in Roma nella
chiesa del Gesù, istituì in delta cit-
tà un collegio per dodici giovani,
otto de' quali doveano csseie con ■
cittadini, e da lui prese il nome di
Fuecioli, ma riunendovi Pio VI il
collegio Umbro fu detto Unihro-
Fiiccioli. Di esso, non che delle no-
mine degli alunni , fa menzione il
Piazza, Opere pie di Roma p. 271,
là dove parla del collegio Fuceioli
in borgo s. Agata a' Monti. Per le
note vicende esso più non esiste, e
colle rimaste rendite si conferiscono
pensioni a' castellani del seminario,
e del pubblico liceo, e ad altri, come
meglio dicesi all'articolo Collegio
Fuccioli. Delle pie istituzioni, e dota-
zioni del benemerito Fuccioli, trat-
ta il Bicci, nella Notizia della fami-
glia Bo(capadtdi,ix p. 336, parlando
di Francesco Boccapaduli , che In-
nocenzo X fece vescovo di Città di
Castello; della quale il Bicci a p. 761
ci porge pure diverse notizie. Il se-
minario è vm'ampia e maestosa fab-
2 46 e IT
brica ; vi era un collegio pei no-
bili, ma ora è soppresso, per le vi-
cende de' tempi.
Lungo poi sarebbe qui riportare i
grandi uomini, che fiorirono in Città
fli Castello, per scienza, valore, digni-
tà, e santità. Solo ci limiteremo ad
accennare, che da ultimo il regnante
Pontefice ha solennemente canoniz-
zato s. Veronica Giuliani, il cui cor-
po si venera nella chiesa di s. Chia-
la delle cappuccine , per cui , nel
settembre 1841, la città celebrò so-
lennissime feste descritte nel Sup-
plimento (lei Diario di Roma, n. 77.
In tal occasione il eh. cav. Andreoc-
ci pubblicò Due f^ioriii in Città di
Castello, con succinto discorso sul-
la canonizzazione de' santi, cioè la
traduzione di quello bellissimo di
Enrico di Bonald ; e il eh. avv. Pie-
tro Castellano diede alla luce 1' E-
logio di s. Veronica Giuliani, con
due inni di Assunia Pieralli, Lore-
to 1841. A quest'ultimo piacque
alla pag. 27 di far benigna men-
zione del mio articolo sulla Cano-
nizzazione, inserito in questo Dizio-
nario.
Per riguardo ai principali uomi-
ni illustri di Città di Castello, sono
a nominarsi i seguenti. Furono Car-
dinali Guido o Guidone, già cano-
nico regolai-e della cattedrale poi
Papa Celestino li, di cui abbiamo
superiormente parlato. Qui però ag-
giugneremo , che sotto Clemente
YIII, Terni contese a Città di Ca-
.stello la di lui patria. La causa fu
esaminata per ordine pontificio dai
Cardinali Caronio, e Bellarmino, e fu
deciso in favore della nostra Città ;
come si può vedere Vita et gesta
Celestini II, di monsignor France-
sco Cabrerà, Romae 161 3. Gli altri
Cardinali sono Vitellozzo de Vitel-
lozzi 0 Vitelli, di cui parlammo di
CIT
sopra ; Giambattista Gabrielli, crea-
to nel 1699 da Innocenzo XII ; e
Giovanni Ottavio Bufalini, crealo
nel 1766 da Clemente XIII. Ven-
gono poi considerati come di Città
di Castello : K.oberto Ubaldini nato
in Firenze ; Francesco Maria Casi-
ni, nato in Arezzo, come si ha dal
Cardella nelle Memorie storiche dei
Cardinali. Innumerabili poi sono i
generali della Chiesa, delle città, e
di altri potentati, ed i guerrieri che
valorosamente si distinsero, su di
che sono a consultarsi i seguenti
autori: i. Il Gamurrini della Fa-
miglia Albigini, Ist. delle famiglie
toscane ed umbre, ove parla pure
della fomiglia Bufalini ; 2. France-
sco Zazzera delia famiglia Vitelli,
nella sua Nobiltà d'Italia : 3. Gior-
gio Marchesi, di Città di Castello,
nella Galleria dell'onore, n. 35,
tom. I, ove parla a lungo delle fa-
miglie Borboni del Monte, dei Bu-
falini, dei Guelfucci, de' Vitelli, ec.
Inoltre di Bernardo Oiicellario si
ha r Oralio de auxilio Tiplwrnati-
bus adferendo, pubblicata in Firen-
ze nel 1733, e non in Londra, co-
me si raccoglie dalla Bibliografìa
storica delle città dello stalo Ponti-
Jìcio.
•CITTA' DUCALE. V. Civita Du-
cale.
CITTA' Leonina, {Ci^-itas Leo-
niana^j. Con questo nome intendesi
la XIV regione di Roma, volgar-
mente chiamata Borgo, o Borgo s.
Pietro (Vedi) . Essa comprende il
Vaticano [Vedi), e 1 vicini sobbor-
ghi, che i Pontefici Leone III pri-
ma, e Leone IV poi cinsero con re-
cinto di mura e fortificazioni. Tale
recinto cominciava presso le fosse del
Castel s. Angelo (Vedi), dove ora
comincia il corridoio, o passaggio pel
quale comunica detto forte col palaz-
CIT
7.0 apostolico, per cui sino a questo
ne seguiva randamento, cioè al luo-
go ove fu poi creilo, non esistendo
allora tal palazzo. Di là saliva il
colle vaticano , dove poi fu po-
sta la zecca papale, e cingendo la
sommità del monte, girava a po-
nente, e con una linea retta para-
lella alfaltra, veniva a raggiugnore
il fiume Tevere, presso l' ospedale
di s. Spirito in Sassia, e pel pon-
te Elio continuava lungo la riva ,
unendosi al braccio occidentale del-
le mura Aureliane, il quale secondo
Procopio dal mausoleo di Adriano
terminava alla riva del Tevere. 11 cir-
cuito della Città Leonina era di due
mila quattrocento sedici passi geome-
trici, cioè due miglia e mezzo roma-
ne. Però di questo recinto, che ri-
mase intatto sino al secolo XVI, si
vedono gli avanzi, e il muro del sud-
detto corridoio , nella paite setten-
Irionale di Borgo, sopra il palazzo
apostolico, nell'attiguo giardino pon-
tificio, dove esistono ancora tre tor-
ri, dette i Torrioni di s. Leone, cioè
nella parte boscareccia. Tal recinto
ivi si vede interrotto a cagione del-
l'ingrandimento del palazzo vatica-
no, incominciato nell'anno i4'i da
Giovanni XXIII, che demon a tal
effetto le mura, e le torri di quel
tratto . Di queste mura esiste
qualche altro avanzo, ed una pic-
cola porzione se ne vede dappres-
so alla porta de' Cavalleggieri, che
serve ad uso del moderno recinto.
Essa si disse prima del Torrione
dalla torre, che vi fabbricò s. Leo-
ne IV.
Sei erano le porte della Città Leo-
nina, come asserisce l'Alveri, Roma
in ogni slato, t. II p. 1 18. L'Enea, o
Cornelia , che congiungeva la Città
Leonina col ponte S. Ans^elo ( Ve-
di), era la più bella di tulle le
CIT 247
altre. Fu essa poi rifatta da Ales-
}>andro \T allorché restaurò Castel
s. Angelo, e fu nominata Enea da
un'antica porta di rame, ovvero fac-
ciata di metallo, che in quel luogo
era tra il ponte, e il castello co-
me una controporta a fronte della
Città Leonina, da alcuni chiamata
Collina (non però quella del recinto
Tulliano posto in altra parte), perchè
conduceva ai colli gianiculensi . Ma
siccome era stretta, in appresso lo
stesso Alessandro VI la demoli quando
rese ampia la via di Dorgo. La secon-
da, e la tei'za porla erano, se-
condo lo stesso Alveri , la por-
ta Aurelta, e la porta Trionfale, la
prima dalla parie di s. Pietro, la
seconda di s. Spirito, che comuni-
cava colla via Aurelia, fuori della
porta s. Pancrazio, e da quel lato
riusciva al Vaticano, come osserva
il Torrigio, Le Sagre grotte Vatica-
ne pag. 35. Altri sono di parere
che la porta Aurelia mettesse diret-
tamente alla basilica di s. Pietro,
e perciò nel quinto e sesto secolo
fu delta porta s. Petri, venendo de-
molita quando Alessandro VI un\
la città Leonina col resto di Ro-
ma. La porta Trionfale fu detta
sancta, via sacra, via marlyruni, et
carraria sancta^ oggi via di Borgo
vecchio, è così si appellò pel giaa
numero de'martiri, che per quel si-
to passavano allorché erano condot-
ti al circo ed orti di Nerone per es-
sere martirizzati. Si chiamò Trion-
fale, perchè da questa porta, pon-
te , e via il trionfatore si avviava
al tempio di Giove Capitolino, co-
me afferma il citato Alveri a p. i56.
Su questa porta è a vedersi il Fon-
tana, Templum Valicanum pag. ^\.
Dal ponte sino alla basilica vaticana
la strada era ricoperta da un porti-
co per Ijanda lungo circa due mi-
o. |H C I T
la cinquecento piedi, che ingrandi-
ti e restaurati da Adriano I, furo-
no poi atterrati dai barbari e dal-
le t'azioni. Da quei portici prese
la denominazione un tempo la chie-
sa di s. Giacomo a Scossacavalli,
che si disse in Portico. Si chiama-
lono ambedue portici mcigi^iori, per
distmguerli dal portico avanti alla
basilica. La quarta porta fu detta
Postcrula de'Sassoni, dalla scuola e
collegio di tal nazione presso s. Spi-
rito, e verso la porta di tal nome
chiamata Postemla dalla sua pic-
colezza, ovvero dal nome d'uno dei
principali fra'Sassoni. Secondo il Can-
cellieri, Mercato, pag. 24 1, antica-
mente chiamavasi colle voce Poste-
mia una porta. Quando, come dire-
mo, s. Leone IV benedi le mura
della citta Leonina, si fermò a que-
sta porta, per recitare l'orazione :
Praesta, rjuaesiimus Domine, etc. Si
chiamò anche Porta Nuova, ne' prin-
cipi dei secolo XV. Da essa si an-
da%'a alla via poi chiamata Lungara,
incominciata da Alessandro VI , e
compita da Giulio II. La quinta
porta si chiamò di s. Pellegrino;
ed era presso la presente Porta An-
gelica, così chiamandosi dalla vicina
chiesa nel quartiere della guardia
svizzera pontifìcia. Si disse pure di
Bch-edere e Giulia , da Giulio II
che la fece restaurare. Si chiamò dei
Nibbi nel principiare del secolo XV,
finché prese il nome di Angelica pei
due angeli, che sopra vi fece porre Pio
IV (che in avanti avea nome Gian-
nangelo), con l'iscrizione; Angelis suis
mandavit de te, ut custodiant te in
omnibus viis tuis, etc. Finalmente la
sesta porta della Città Leonina era
quella piccola di s. Angelo, detta
})ur anco Postemla, ov'è oggi la
cortina di Castel s. Angelo, poi detta
Porta Castello, dal lato del borgo Pio.
CIT
Ma sulle porte e mura delki Cit-
tà Leonina, va letta lu dottissima
Dissertazione, Delle mura e porte
del Praticano di Stefano Piale, in-
serita nel tomo IV, p. 27.3 degli
Atti della Pont. Accad. Romana
di Archeologia. Egli parla della via
Cornelia, che partendo dalla porta
di Aureliano di tal nome, entrava
nella via Trionfale, e salendo pel
clivo di Cinna sul monte Mario, si
congiungeva colla via Cassia. Dice
inoltre che delle suddette sei por-
te, sole tre debbonsi attribuire a s.
Leone IV, e parla della Porta Pa-
lata, detta ancora Porta Vaticana,
perchè in uso ai soli abitanti di pa-
lazzo, demolita da Pio IV, con al-
tre interessantissime, e critiche no-
zioni.
Le vicinanze del Vaticano, e l'a-
rea che costituisce la Città Leonina,
non furono abitate dai Romani essen-
do in luogo basso, e perciò non rac-
chiuso nelle mura dell'antica Pioma.
Vennero dipoi popolate quelle vici-
nanze da tutte le nazioni, cioè quan-
do vi fu sepolto il principe degli
apostoli, sul quale Costantino Ma-
gno eresse una basilica degna di lui.
Dopo le invasioni dei goti, dei lon-
gobardi, e di altri barbaiù, divenu-
ti i R-omani Pontefici signori asso-
luti di Roma e del suo ducato, pro-
curarono garantirsi dalle incursioni
de'Saraceni, i quali rimontando il
Tevere, sbarcavano ne luoghi subur-
l)ani, e vi commettevano orribili de-
predazioni, particolarmente alle ba-
siliche di s. Paolo nella via ostien-
se, e di s. Pietro nel Vaticano. Laon-
de Papa s. Leone III, che regnò
sino all'anno 8i6, per testimonian-
za del Torrigio summentovato, co-
minciò a cingere la basilica vati-
cana di solide mura, e di bastioni
anche dalla parte del Tevere. Quin-
CIT
l'.j, a cogione di sua morte, l'opera
jiiuase impcrfclta. Avvenne l'anno
84*3, che essciulo Papa Sei'gio II, i
saraceni che allora tenevano la Si-
cilia, approdassero ai lidi romani, e
montassero il Tevere fino a Roma.
rSon potendo entrare in città, die-
dero il guasto al circondario , e
saccheggiarono le basiliche di s. Pie-
tro, e di s. Paolo, le quali, come
dicemmo, erano fuori delle mura, e
perciò prive d'ogni difesa. S. Leone
IVj che successe a Sergio II, a pre-
venire simili barbarie, stabilì di man-
dare ad effetto il compimento delle
fortificazioni e della chiusura della
basilica vaticana e suoi sobborghi, che
erano stati dai saraceni incendiati in
un'altra scorreria, nella quale s. Leo-
ne IV pieno di fiducia nel patrocinio
della B. Yei'gine, mentre dalle fiam-
me venivano distrutti, si presentò
nei borghi coU'immagine di quella
che si venera nella basilica liberia-
na, e col segno della croce tosta-
mente fece cessare l'incendio. Tale
avvenimento fu da Ptatlaello reso
più celebre col suo pennello nelle
camere vaticane.
A compiere pertanto quelle forti-
ficazioni ordinò s. Leone IV che da
tutte le città del ducato romano, da
tutti i poderi dei proprietari, e per
sino da ogni luogo fossero inviate
molte migliaia di persone. Con-
concorsero all'opera i napoletani ,
r imperatore Lotario I, e i suoi
fratelli con molto argento. Poscia
il coraggioso Pontefice, radunato un
corpo di milizie, neir84o si i-ecò
ad Ostia, ove vinse e disperse l'ar-
mala de' saraceni, restandone parte
in ischiavitìi. Leone IV rese utile la
sua vittoria facendo lavorare nel-
le fortificazioni di Roma e del cir-
condario vaticano quelle mani
stesse, che avevano procurato di-
CIT 2 49
struggerlo. Il lavoro progredì con
sollecitudine, con costruzione di o-
pera mista di pietre e calce, il qual
lavoro fu poscia denominato alla
saracinisca . Sembra che ciascuna
squadra di lavoranti notasse in la-
pide di marmo il lavoro esegui-
to, giacché due di tali iscrizioni scrit-
te con caratteri irresfolari si ve"-
gono tuttora affisse nell' arco e-
retto da Pio IV al principio della
strada, che dal colonnato di s. Pie-
tro conduce alla porta Angelica; ar-
co edificato in sostituzione di un
pezzo di queste mura medesime al-
lora abbattuto. Quattro anni durò
la costruzione di questo recinto, che
ha dato origine ad una parte nobi-
lissima di Roma, ed al sontuosissimo
Vaticano, che venne cosi posto al
coperto da ogni aggressione, racchiu-
dendolo in murato limite oltre quello
del Tevere, sul quale confina il bor-
go s. Spirito. Leggiamo nel Torri-
gio, a pag. 5?. 3, che Leone IV fab-
bricò nel detto recinto vaticano qua-
rantaquattro torri , grandi e solide,
oltre a quindici per le mura di
Roma ch'erano cadute, e che i mer-
li erano i444- Di questi non ne ri-
mase alcuno, e delle torri esistono
le sole quattro surricordate. Compito
si vasto lavoro, Leone IV volle far-
ne egli slesso la solenne dedicazione
il dì 27, o 28 giugno dell'anno 85^,
benedicendo le mura, le torri, e le
porte con acqua benedetta, avendo-
ne coi Cardinali, e col clero fatto
a piedi nudi e in processione tutto
il giro. Secondo Anastasio Bibliote-
cario, per tal occasione Leone IV
compose l' orazione : Deus, qui b.
Pelro collatis clavibus. Vuoisi però
che il Papa vi adattasse solo alcu-
ne parole relative alla circostanza,
che poi furono tolte, rimanendo
esse nella forma che sono oggidì^
25o CIT
pcrdit; sono [)iìi antiche, trovandosi
nel sagraraonlario di s. Gregorio I,
tomo ni Opere col. ii3 e ii4-
11 Labbé, Condì, t. VIH, col. i3
e 19, le riporta come le recitò
licone IV. P^. il Zaccaria nel suo
y^iitifebronias vindicatus, tom. Il,
dissert. IV, cap. VI, p. i53 e scg.,
ove eruditamente se la prende con-
tro il filippino Pereira per quel-
lo che riguarda la suddetta ora-
zione.
Finalmente s. Leone IV chiaraiS
tutti quei luoghi che aveva racchiusi
<U sobborghi alla basilica Vaticana,
<ol nome di Città Leonina o Leo-
ninna, e vi pose dei corsi ad abi-
tarla, che dalla loro isola erano sta-
ti cacciati dai saraceni, con alcune
terre per sostentarsi. Pertanto la
nuova città fu abitata, oltre che dai
l'omani, dai francesi, dai sassoni,
dai frisoni, dagli illirici;, dagli schia-
vi, e da altre nazioni che eressero
.scuole, abitazioni, ed ospizi presso
la tomba di s. Pietro, come si può
vedere all'articolo: Chiesa o basili-
ca PATRIARCALE DI S. PlETRO I.\ VA-
TICANO. Non deve occultarsi che la
t.ittà Leonina fu detta anche Città
Nuova, e si legge Civitns noha ,
idest nova, in alcuni istroraenti dei
pontificati di Benedetto IX, Giovan-
ni XIX, Gregorio VII, e Pasquale
II. Che la suddetta porta, s. Petri
fosse chiamata anche Leoniaiia, lo
afferma il Torrigio p. 4*^4) ^ 4o''>
ove riporta i vei'si che si leggeva-
no su tal porta, con altre notizie
analoghe. Aggiungiamo poi col Pla-
tina, F'ila di s. Leone IP^, che
questi pose altrettante orazioni su
tre porte della Città Leoniana, che
pure riporta, cioè su quella di san
Pellegrino, su quella px-esso Castel
s. Angelo, e su quella detta Poster-
la dal lato della scuola de' sassoni.
CIT
Da ciò sembra seguire il Platina il
parere di quelli che fecero menzio-
ne di tre sole porte della Città
Leonina. Le orazioni contenevano
preghiere a Dio perchè difendesse
la città dalle insidie, e dalle forze
de' nemici.
Che il medesimo s, Leone IV
affidasse la giurisdizione ecclesiasti-
ca della Città Leonina, al Cardinal
vescovo suburbicario delle ss. Ruf-
fìna e Seconda, o Selva Candida ,
( sedi che poi furono unite a quel-
la di Porto); che le chiese della
Città Leonina fossero soggette alla
basilica Vaticana ; che, cessata la giu-
risdizione ecclesiastica, passasse nel
Cardinal vicario, oltre a quanto ri-
guarda la detta basilica, si è detto
agli articoli Chiesa di s. Pietro in
Vaticano, e Borgo di Roma, ove si
descrivono eziandio i sei borghi che
lo compongono. Ivi si dice che la
legione in progresso si appellò Bor-
go, e si riportano gli autori, i qua-
li scrissero della Città Leonina , 0
Borgo ( nome che prevalse forse
quando Alessandro VI nel tagliare
i muri divisorii, unì la regione al
resto di Roma), giacché era com-
posta di sei lunghi borghi, con al-
trettante strade. Ora passiamo a di-
re le principali cose, che possono
riguardare la Città Leonina. Secon-
do il Muratori, Dissertazioni sopra
le antiehità italiane, tom. I, p. ^'ii,
sembra che anche Papa Giovanni
Vili dell' 872, si adoperasse per
compiere la Città Leonina. Certo è
che Giovanni Vili mosso da nobi-
le gara^ restando esposta alle rube-
rie de' saraceni l'insigne basilica di
s. Paolo fuori di Roma, la cinse di
mura, bastioni, e porte, ordinando,
che questa nuova città si chiamasse
dal suo nome Giovannopoli. Cosi
il Muratori a pag. ^^ii. Su di che
CIT
va letto quanto dicemmo intorno a
Gìo\>annopoli, al voi. XII, pag. 21 r
del Dizionario.
S. Gregorio VII nel ro8r per-
seguitato da Enrico IV per la ver-
tenza delle investiture ecclesiastiche,
fu da lui assediato nella città Leo-
nina: ma i romani con piccolo drap-
pello, con tal valore il difesero, che
Enrico IV lasciandovi alcuni solda-
ti all' assedio, si partì col nerbo del-
l'esercito per la Lombardia per op-
porsi a quello della contessa Ma-
tilde, che difendeva il Papa. Quindi
nel 1 084 tornò Enrico IV in Roma,
che prese colle sue genti, assediò il
Papa in Castel s. Angelo; ma te-
mendo i soccorsi poderosi che in
di lui favore conduceva il norman-
no Roberto Guiscardo, levò l'asse-
dio al Castello, ed abbandonando
Roma, devastò in parte il recinto
della Città Leonina , per renderlo
inutile al nemico , e trovarvi più
facile l'accesso al suo ritorno, sicco-
me erasi proposto. Nel secolo se-
guente, e nell'anno i i55 quando
Federico I, Barharossa, si portò in
Roma per ricevere dalle mani di
Adriano IV la corona imperiale; il
Pontefice, per metterlo al coperto
de' suoi emoli, fece occupare dalle
di lui truppe la Città Leonina, e i
confini della basilica vaticana. IMa
succedendo ad Adriano IV il Pon-
tefice Alessandro III, insorse l'an-
tipapa Vittore IV, dall' imperatore
difeso colle armi. Fece il simile col
di lui successore l'antipapa Pasqua-
le III. Difatti nel i 167 avendo l'e-
sercito di Federico I debellato quel-
lo romano alle falde del Tuscolo,
passò ad accamparsi sul Monte Ma-
rio, donde si recò all'assalto della
Città Leonina, di cui si rese padro-
ne; per cui Alessandro III dovette
anzi rifugiarsi nelle case dei po-
CIT aTi
lenti Frangipani presso il Colosseo;
e dai nemici stretta di assedio la
basilica Vaticana, fu d'uopo che chi
la difendeva dopo una settimana la
cedesse Però vedendo Federico l
le difficoltà di ridurre i romani al-
l' ubbidienza, e temendo il contagio
che allora afìliggeva la città , partì
da essa.
All' articolo Conclave si dice
quando incominciò ad essere esso
celebrato nella Città Leonina, pres-
so la basilica di s. Pietro. Il pri-
mo Papa, che ivi nuovamente ven-
ne eletto dopo l'assenza de' Pontefici
Avignonesi, fu Urbano VI creato nel
1378. Così intorno alla custodia di
detto conclave, ch'era devoluta al
maresciallo del conclave , e al go-^
vernatore del conclave , già eletto
dal sagro Collegio, cui successe il
maggiordomo prò tempore, sono a
vedersi quegli articoli. La custodia
del conclave per l'elezione di Ur-
bano VI fli affidata dai Cardinali,
prima che vi si racchiudessero, a
soggetti particolari, come si ricava
da queste parole di una relazione
mss. : » His peractis, et ordinata
'•» per dd. Cardinales, tam palatii
» s. Petri, quam Rurgi cjusdem Vi-
>' da custodia, deputatisque eliam
" custodibus conclavis ut moris est".
In tempo di sede vacante, nella
Città Leonina, o Roigo, comandava,
e vi esercitava la giurisdizione il
governatore del conclave, rimanen-
do vacante la carica di governatore
di Rorgo, di cui in progresso par-
leiemo.
Dal numero 58o del Diario di
Roma del 172 1, in cui era sede va-
cante per morte di Clemente XI, si
ha, che una compagnia di pescivendi,
di coronari, e del rione Regola, con
bandiera spiegata accompagnarono il
principe Chigi, maresciallo del con-
■j. 7 j C I T
clave, cli'i'ra preceduto dal suo gon-
falone, sino al Valicano; eh e il go-
vernatore di Borgo e del conclave,
monsignore Ruspoli, il quale si creò
in sede vacante, in segno della sua
piena giurisdizione , fece piantare
sulla piazza valicaiia un trave colla
corda e le forche; e che alle sei
ore di notte fu chiuso il conclave.
Nella sede vac;inte per morte di
Ijonifacio IX, ed elezione di Inno-
cenzo VII nel i4o4 {il fjuale era
stato governatore del conclave per
la esaltazione del suildetto Urbano
\i), gravi luimdti naccpiero, per-
chè i romani profittando dello sci-
sma volevano scuotere il giogo mo-
iiarcliico. ]Ma al nuovo Pontefice,
con capitolato (\c l'j ottobre, riu-
scì quietare i turbolenti. Fra le co-
se stabilite giova qui rammentare,
che la costodia de' ponti fuori di
Roma, e di qualunque porta della
città, meno il ponte IVIilvio, e me-
no la porta della Città Leonina ri-
servala al Papa, tenere si debba dai
romani. Ciò prova, che abitando i
Pontefici al Vaticano, volevano es-
sere indipendenti nella comunica-
zione esterna pel ponte anzidetto
cui conduce la porta Angelica, e
che esclusivamente nella Città Leo-
nina non volevano ammettere ve-
run' ombra di amministrazione sud-
delegata. Ad onta di ciò i romani
non si mostrarono ubbidienli al be-
nefico Innocenzo VII, che anzi es-
sendosi a lui ribollati, forni lono pre-
testo al re di Napoli Ladislao , il
«juale agognava alla dominazione
di Roma, di andai-e colle sue trup-
pe in aiuto del Papa. Intanto il
popolo montò in maggior furia per
la strage fatta da Ludovico Miglio-
rati, nipote d'Innocenzo VII, di al-
cuni romani che fece passare a fìl
di spada nel suo palazzo a s. Spi-
CIT
rito in Sassia, per cui il Papa si
ritirò in Viterbo. In tal epoca il
re era ritornato a Napoli; ma ap-
pena sentì i nimori de' romani, e
che Giovanni Colonna avea occupali
i sobboi'ghi di s. Pietro e del pa-
lazzo Valicano, sembrandogli essere
questa l'occasione di occupare Ro-
ma, vi spedì Peretto conte di Troja
con un forte esercito , il quale fu
ricevuto dai congiurati, e ammesso
ne' contorni della stessa Città Leo-
nina , ma non potè penetrare in
Roma dalla parte del ponte di s.
Angelo. Il perchè pensò bene di ri-
tirarsi, come fece il Colonnese, nel-
l'avvicinarsi che facevano le truppe
papali.
Ladislao, sotto pretesto di pro-
teggere Gregorio XII, o di prende-
re le parti di Giovanni XXIII , a
cagione dello scisma , trovò nuova
occasione di occupare Roma , cui
per altro fortemente travagliò, mas-
sime la Città Leonina, e la basilica
vaticana, che furono oltremodo dan-.
neggiale dalle sue armi ; tristi vi-
cende che si leggono nel Diario di
Antonio di Pietro benefiziato vati-
cano, il quale ne fu testimone. Fra
le altre cose racconta, che nel i4o6
non fu più libero il passaggio del
Ponte s. Angelo (f^edij per recarsi
alla basilica per Città Leonina, se non
in alcuni giorni di tregua. Nel i4o8,
tanto si avanzarono le ostilità, che
nella basilica si tralasciarono le fun-
zioni sagre, e gli abitanti della cit-
tà Leonina molto soffrirono. Quin-
di carestia, saccheggio, ed altre ca-
lamità afflissero questa regione, ri-
sentendone cotanto il capitolo vati-
cano, che meno i più zelanti e co-
raggiosi, gli altri abbandonarono la
basilica, per cui i canonici si adu-
navano nella loro chiesa di s. Tom'
maso in Formisj per far capitolo.
e IT
Molli abitavano nel luogo conli-
guOj perchè le case presso la cano-
nica erano state devastate, e la ca-
nonica era sempre in pericolo. Nei
1 4 1 1 si vide però risplendere qual-
che raggio di pace, per cui il Car-
dinal arciprete della basilica di s.
Pietro, chiamando il capitolo alla
puntuale intervenzione a' divini uf-
ficii, bruciò i registri delle punta-
ture , considerandosi esse solo va-
canze in tempi di guerra , e in
tali circostanze che non si potea
senza pericolo della vita non solo
passare per la Città Leonina, ma
soggiornare nel Vaticano. Incomin-
ciata poi di nuovo la guerra di
Ladislao, essendo fuggito Giovanni
XXIII a Viterbo, nel i4i3, prin-
cipiarono di nuovo i saccheggi nella
Città Leonina, e nella della basilica,
e morto a' 3 agosto i4i4 i^ i'^ >
la Città Leonina respirò alquanto,
meno le prepotenze di alcuni.
Divenuto Pontefice nel 14' 7 Mar-
tino V, Roma e l'Italia riebbero
pace. Nel suo pontificato Nicolò Si-
gnorile contò nella Città Leonina
esistere quarantaquattro torri, e mil-
le quattrocento quarantaquattro mer-
li. Sotto Eugenio IV, che nel i43i
successe a Martino V, racconta il
Martorelli, Stona del clero P'alica-
iio pag. i55, che la basilica era ri-
dotta per le domestiche ed esterne
occupazioni in povertà ; il borgo vi-
cino alla basilica, dopo i suindicati
disastri, era rimasto quasi senza abi-
tatori, eh' erano passati ad abitare
quartieri, i quali si credevano piìi si-
euri. Questa emigrazione fu al clero
vaticano dannosa per due motivi ,
cioè perchè le case del Borgo, os-
sia Città Leonina (ch'erano in gran
parte proprietà, come lo son anco-
ra, della mensa capitolare) non
rendevano alla medesima alcun fiut-
C 1 T 2 53
to, e andavano rovinando; e perchè
essendo la popolazione del borgo di»
minuita, diminuivano ancora le obla-
zioni nella basilica. Eugenio IV, per
ripopolare il borgo, erindennizzare il
capitolo di questi pregiudizii, confer-
mò nel 14^7 con bolla che si leggo
nel Bull. Rom. t. II, pag. i68, le
amplissime esenzioni e privilegi ac-
cordati già dal Cardinal Giovanni
\ itelleschi suo legato apostolico, a
chiunque fosse tornato a soggiornare
nel borgo medesimo.
Nicolò V, d'animo grande, di-
visava rendere pivi decorosa la città
Leonina pei grandi e singolari pre-
gi, che in sé racchiude, col dividerla
con tre vie, le quali andassero a
terminare alla basilica di s. Pietro,
cioè una alla piazza ove voleva eri-
gere l'obelisco, che poi innalzò Sisto
V, l'altra al palazzo apostolico, la
terza dalla parte del Tevere, e del-
l'ospedale di s. Spirito, ornandole
tutte con portici, loggie, botteghe,
e case pegli artefici, non che nobili
palazzi ed altri edifizii. Voleva pure
rifabbricare la basilica di s. Pietro,
le abitazioni de' canonici, riedificare
il palazzo pontifìcio con vasto quar-
tiere per alloggiarvi decorosamente
i principi che recavansi in Roma ;
per dare altresì abitazione conve-
niente per tutti i Cardinali, oiliire
un luogo corrispondente alla funzio-
ne della coronazione, ed altro pe-
gli uffiziali di palazzo , e di Roma,
co' notari e loro tribunali, come si
legge nell'Alveri t. II, p. ii5, eia
Giannotto Manetti autore contem-
poraneo, nella Vita di quel Ponte-
fice presso il Muratori, Scrip. Rer.
Ilal., t. Ili, par. II, pag. 9 3 5. IMa
mentre il magnanimo Nicolò V ,
coir opera di Bei'nardo Rosseliini ,
tutto avca disposto per mandare ad
elfetto sì grandiose e magnifiche
254 CIT
idee, la morte il rapì nel i j^^ ?
laonde solo edificò due torri al giar-
dino papale, e due piccole sul pon-
te di s. Angelo. A Sisto IV, nel-
l'anno santo i74'>) tlo'jl^'^^io parte
del borgo, e l' aperliu-a della strada,
che dal suo nome si chiamò allora
Sistina, e poi s. Angelo dalla chiesa
di tal nome.
Ad Alcssaiulro VI la Città Leo-
nina deve la strada, che ora chia-
masi Borgo nuovo, ed allora Ales-
sandrina, nonché l'erezione di nuo-
ve fabbriche, l'alzamento delle vec-
chie, che essere dovevano non me-
no di sette canne, come si legge
nel Marini Ardi. Foni. t. I, pag. 817,
e la demolizione di quelle mura, che
la segregava da Roma nel modo
che dicemmo piìi sopra. Siccome
nel luogo ov' è ora la Chiesa di s.
Maria in Traspondna [P^edi), una
delle prime chiese della regione, al-
lora esisteva una Meta, o piramide
di marino bianco, già sepolcro dei
Scipioni diverso da quello a porta
S.Sebastiano, il medesimo Alessandro
VI la fece demolire per rendere diritta
e libera la strada. Coi marmi vi fu
lastricato il pavimento della basilica
vaticana, come abbiamo dal Marti-
nelli, dal Vasi, e da altri archeolo-
gi. Riferisce il Torrigio, a p. igS,
che tal piramide o Meta era altis-
sima , e che precisamente esisteva
nell'ingresso del borgo dove Paolo
V eresse il fonte, venendo chiamata
impropriamente sepolcro di Romo-
lo, e dal canonico Benedetto, Tere-
binto di Nerone, per un albero di
tal nome eh' eravi dappresso. Dice
egli ancora che la maggior parte
de'suoi marmi erano già stati impie-
gati da Papa Dono I, o Domnione,
del 676, a lastricare il cortile o
atrio chiamato paradiso, della basi-
lica vaticana. In questa Meta tutti
CIT
gli autori convengono che i cano-
nici di s. Pietro tenevano alcuni
soldati per difesa della basilica, i quali
erano pagati con ima pr(;bcnda ca-
nonicale , chiamata porzione della
Mela, fissata sino da Nicolò III,
e che terminò dopo la demolizione
dell' edificio. Aggiungiamo poi col-
l'Alveri, che da detta Meta sino al-
la chiesa di s. Pietro per la indi-
cata via più volte furono corsi dei
palli, ne' giorni dopo le feste di Na-
tale. Alessandro VI, nel i499> '""
Iraprese la fabbrica di detta sti-ada
perchè servisse nell'anno santo i5oo,
ed invitò il popolo romano a fab-
bricarvi abitazioni, concedendo a tal
elfetto molti privilegi; poscia Giu-
lio II nel i5o5 lastricò tutta la
strada Alessandrina, e fu quello che
incominciò la riedificazione della ba-
silica Vaticana nel modo, che con
istupore si ammira.
Il di lui successore Leone X, fra
le altre cose concedute al capitolo
vaticano, confermò il diritto di esi-
gere da' mercanti e da' giocolieri
della piazza di s. Pietro le pensioni
od affitti de' luoghi che occupavano,
e che da qualche anno si erano ap-
propriate ingiustamente i soldati sti-
pendiati, che custodivano il palazzo
apostolico. In quel tempo , e nel
fìorentissimo pontificato di Leone X,
mediante la pace riacquistata, il gu-
sto degli spettacoli dalle guerre in-
terrotto, si era nuovamente eccita-
to negli animi de' romani sempre
tiasportati alle pubbliche rappre-
sentazioni. Quindi è che frequen-
tissime divennero nelle pubbliche
piazze le farse de' ciarlatani, che
trattenevano il popolo.
Ma non tardò molto a cangiarsi la
scena. Il Papa Clemente VII, cugi-
no di Leone X vide due volte sac-
cheggiata la città Leonina, il prò-
CIT
pilo palazzo vaticano; la basilica di
s. Pietro, le case de' Cardinali , le
chiese di Roma, iu una parola tutta
la città dal pi li tremendo eccidio.
La guerra dell' imperatore Carlo V
con Francesco I le di Francia fu
al Pontefice funesta per essersi al-
leato col secondo.
I Colonnesi pei primi , uniti ad
Ugo Moncada, viceré di Napoli per
Carlo V, nel 1 526 incominciarono
la guerra, dichiarata da Carlo a
Clemente VII. A' 20 settembre, o
a' 26 di tal mese, come dice il
maesti'o di cerimonie Biagio Baro-
ni, nel Diario lib. I, cap, 85, i ne-
mici sorpresero il Borgo nuovo, e iu
un al palazzo vaticano lo saccheggia-
rono, non risparmiando la cappel-
la e sagrestia pontifìcia, né la ba-
silica vaticana. Ed il Guicciardini,
nel lib. XVII , dice che entrarono
nel Borgo nuovo , ne saccheggia-
rono la terza parte , non proce-
dendo più oltre per timore delle
artiglierie di Castello ove per iscam*
par la morte erasi ritirato Cle-
mente \ li , che però fu costretto
capitolare, ed accettare la tregua ,
la quale durò bi-evissimo tempo.
Nel seguente anno 1527 mar-
ciò all' assedio di Roma , con qua-
rantamila uomini , Carlo contesta-
bile di Borbone, il quale fidavasi
nella sua vana astrologia , e nelle
false predizioni di Cornelio A grip-
pa che avealo assicurato che le mu-
ra di Roma sarebbono cadute ai
primi assalti di lui; ma mentre si
accingeva per la via della Lunga-
ra, verso la porta Posterula de' sas-
soni (oggidì s. Spirito) a dare l'as-
salto alla Città Leonina, fu colpito
dietro le reni da una palla ramata
per l'archibugiata che gli avea ti-
rato Francesco Yalentini romano ,
non Bernardino Passeri , come si
CIT 255
pretende rilevare dall' iscrizione po-
sta sul campanile della chiesa di
s. Spirito. Borbone miseramente mo-
rì nella cappelletla della beata Ver-
gine Maria del Rifugio ove se ne
legge la men)oria, fuori di porta
Cavalleggieri. Sul)cntrò al com.indo
deli' esercito il luterano principe
d'Oranges, e la capitale del cristia-
nesimo fu presa a' 6 maggio. la
tal infausta giornata; si portò egre-
giamente Camillo Orsini in difen-
dei e Borgo e il Vaticano ; ma so-
praffatto dal nemico, si ritirò colla
famiglia a Spoleto. Clemente Ali
erasi recato in Castel s. Angelo ,
ove rimase assediato sino a' 9 di-
cembre. L' inimico entrò in Roma
anche pel ponte Sisto, pose a sac-
co le abitazioni de' cittadini, ne uc-
cise molte migliaia, e commeltendo
ogni sorta di scelleratezze, rubò piìi
di sei milioni d'oro, come da allu-
ni è calcolato. Quanto soffrissero la
Città Leonina, e le parti adiacenti
al Vaticano, facile é il congettu-
rarlo.
Siccome le mura della Città Leo-
nina erano state fatte quando non
si conosceva né la polvere, ne l'u-
so delle artigliere, sì le mura che
le torri non potevano resisterne al-
l' urto, e perciò facilmente veniva-
no superate. Volendo Paolo III ri-
mediarvi, e cingere il Vaticano di
nuove mura, ne commise il cUsegno
e l'esecuzione ad Antonio da San-
gallo : ma egli mentre eseguiva il
lavoro, avendo contrastato avanti
Paolo III col Bonarroti sul mento
dell'invenzione, fu lasciato imperfet-
to il lavoro al bastione di Belve-
dere, e alla porta di s. Spirito tut-
tora incompleta. Giulio IH, che gli
successe, volendo che la Città Leo-
nina, o Borgo, fosse custodita da
un magistrato singolare, nel giorno
2*^6 CIT
della sua coronazione, a' 2?. febbra-
io I .joo, con apostolico breve, creò
il governatore di Borgo s. Pietro
con ampia autorità sì nel civile che
nel criminale sino alla sentenza eli
morte, con carceri, che in uno al
tribunale, fin-ono erette incontro al
luogo ove fu poi fabbricata la chie-
sa di santa Maria della Traspon-
tina. Laonde la carica divenne as-
sai onorifica perchè dai Papi confe-
rita a' propri fratelli e congiunti, o a
qualche gran personaggio, come si
vedrà agli articoli delle loro fami-
glie. Aveva quel governatore ala-
bardieri, giudici, e bargello paitico-
lari, i quali insieme con lui gode-
vano la parte palatina, consistente
in pane, vino, ed altre distribuzio-
ni. Però, come si disse, in sede va-
cante la giurisdizione si devolveva al
prelato, che il sagro Collegio eleg-
geva in governatore del Conclave.
Pel primo governatore di Borgo
Giulio III fece Ascanio della Cornia,
nobile perugino, figlio della sua so-
rella Giacoma. Creò Cardinale il di
lui fratello Fulvio della Cornia, ed
entrambi li fece governatori perpe-
tui del Castel della Pieve, oggi Cit-
tà della Pieve, con mero e misto
impero, e che governarono per mez-
zo de' loro luogotenenti.
Pio IV edificò in gran parte il
Borgo Pio, nome ch'egli stesso gli
die nel i565, quando l'opera fu
terminata. Cinse di nuove mura la
Città Leonina per preservarla dalle
incursioni de' Turchi, che avessero
voluto rimontare il Tevere. Egli
segui il disegno di Michelangelo, agli
8 maggio i56i pose alle fonda-
menta la prima pietra, con alcune
medaglie d' oro e di argento conia-
te ne) suo pontificato. Tuttavia quel
lavoro fu compito dal suo successore
s. Pio V, il quale, come alleato della
CIT
sagra lega che vinse sugli ottomani
la battaglia di Lepanto, ad esempio
di s. Leone IV impiegò nel lavoro
i turchi fatti prigionieri. Questo re-
cinto, che presenta gli stemmi dei
due Pii, non si estese più avanti
della porta di s. Spirito, incomin-
ciando dalle mura del giardino pa-
pale ; per cui le porte che vi da-
vano accesso sono, porta Castello in
oggi chiusa, la porta Angelica, la
porta Perttisa che rimane all' estre-
mità della vigna del Papa, detta
perciò J iridarla, la porta Fabbri-
ca, Porta Fornaciun, così appella-
ta dalle fabbriche e fornaci di mat-
toni, ovvero per comodo della vi-
cina fabbrica della basilica di s. Pie-
tro^ e la porta Cavallcggieri tlalla
guardia di tal nome, che ivi avea
gli alloggiamenti.
E natiu-ale conseguenza, che ove
soggiorna il principe, gli abitanti
godano gli ciTetti della sua benefi-
cenza, e i Borghigiani in piìi in-
contri il provarono. Una di tali
occasioni avvenne nell'anno i58o
sotto Gregorio XIII per l' epide-
mia detta del Castrone, nella qua-
le egli prese particolar cura de-
gl' iniermi che abitavano nella Città
Leonina, cioè da Castel s. Angelo
pei borghi sino alle dette fornaci ,
non che alle porte Pertusa, e Set-
timiana, che è al fine della via an-
ticamente chiamata Scttignanani. e
dipoi chiamata Lungara. A quei
soccorsi non mancavano letti, me-
dici, medicinali, e limosine. Il di
lui successore Sisto V , col teno-
re della costituzione Ut primuni,
data il primo novembre 1 5'6Q ,
Bull. Rom. tom. IV, pag. 278,
aggiunse agli antichi tredici l'ioni
di l\oma la Città Leonina col no-
me di Borgo, che divenne il XIV
de' rioni; le diede il proprio slem-
CIT
ma gentilizio per insegna, e sino
dal quinto mese del suo pontificato
ne fece governatore il nipote Mi-
chele Peretti, confermandogli la giu-
risdizione concessa dalle costituzioni
di Giulio III, e Pio IV ai gover-
natori di Borgo s. Pietro.
Paolo V, colle acque che riunì
neir acquedotto il quale sbocca a s.
Pietro Montorio, ne dispose in parte
in favore del Borgo, e in parte per
r acqua, che mandò nella fontana
della piazza Vaticana, erigendo due
fontane l' una nella piazza Scossa-
cavalli, e r altra verso il Castel s.
Angelo neir ingresso del Borgo nel
i6i4j come si legge dalla iscrizio-
ne, colla quale chiama il Borgo,
Eegioneni Leoninani. Finalmente Ur-
bano Vili fu quegli che circondò
di altre mura la Città Leonina,
giacché non solo restaurò quelle
sulla sponda del Tevere verso il
1626; ma facendosi più gravi le
vertenze col duca di Parma Odoar-
do Farnese pel ducato di Castro
(Fedi), nel 1642 le risarcì, ed in-
traprese un nuovo recinto sulla
ripa destra del fiume, eh' è appun-
to quello, che oggi la difènde. E
siccome sino a quell' anno la Città
Leonina era rimasta separata dalla
città, cioè dalla parte di Trasteve-
re, per r intero tratto de' colli gia-
nicolensi, che domina la via della
Lungara (ove alle due estremità sono
le nominate porte di s. Spirilo e Set-
timiana), così Urbano Vili, conside-
rando la debolezza delle mura trans-
tiberine, e r importanza di non la-
sciar discoperto il dorso gianicolen-
se, costruì un nuovo recinto a ba-
stioni. Lo fece incominciare dalla
porta Cavalleggieri, ov' è l'arma di
s. Pio V, e il condusse alla ripa del
fiume presso porta Portese. Così
rimasero inutili le porte di s. Spi-
VOL. Ì.1U.
CIT 257
rito, e Settimiana, e fu lasciata fuo-
ri, ed atterrata quella paite di mura
del l'ecinto Aureliano, che giungeva
molto più in fuori, sulla sponda
destra del Tevere. Delle fortificazio-
ni e mui-a fatte da Urbano Vili,
e perciò che riguarda la Città Leo-
nina, il Cancellieri nella sua Aria
di Roma, alle pag. 54, 55, e 56,
riporta un interessante tratto del
celebi'e Diario di Giacinto Gigli, con-
temporaneo a quel Papa.
Alessandro VII, col magnifico co-
lonnato rese più bella e incompa-
rabile la piazza di s. Pietro, e nel-
la pestilenza, che sì gravemente af-
flisse Roma, affidò la vigilanza sa-
nitaria sul rione di Borgo al pre-
lato Roberto di Fabio Accorambo-
ni, la cui famiglia possedeva il pa-
lazzo già de' Rusticucci sulla piazza
di questo nome. Il di lui successo-
re Clemente IX, vedendo le tristi
conseguenze, che dei'ivavano dalla
moltiplicità de'tribunali, per ciò che
riguarda la giurisdizione competen-
te, coir autorità della bolla In hoc
primo, data al primo settembre
1667, Bull. Rom. tom. VI, par.
VI, pag. 284, abolì il governatore
di Borgo e il suo tribunale, e ne
affidò la giurisdizione a monsignor
governatore di Roma, come vice-
governatore di Borgo, eccettuato in
tempo di sede vacante , nel quale
il governo di Borgo apparteneva a
quel prelato, che si eleggeva dal
sagro Collegio per governatore del
conclave e del Borgo. Dipoi Cle-
mente XII volle che il maggiordo-
mo pontificio fosse sempre governa-
tore del conclave.
Nell'istituzione fatta da Pio VII
dei presidenti de' rioni di Roma, ne
assegnò uno al rione di Borgo, che ivi
risiede. Lo stesso Pontefice operò
un restauro da un lato delle mura
17
7'j^ CIT
del giardino valicano; Leone XII
lastricò di selci la piazza liiisticuc-
cij e rinnovò la vaticana, costruen-
do dalla parte della Liingara il
Porto Leonino. Da ultimo il Papa
regnante ha resa piìi comoda e
regolare la via di Borgo nuovOj ed
ha fatto ristorare ed innalzare la
maggior parte delle mura, che cin-
gono il giardino papale, non che
parte di quelle presso la porta An-
gelica. E seguendo gli esempii degli
ultimi Pontefici Pio VI e Leone
XII, abita volentieri la maggior par-
te dell'anno nella Città Leonina, i
cui abitanti ne festeggiano il pas-
saggio con quelle dimostrazioni che
si leggono nei Diari di Roma.
CITTA' NOVA (zEmonien.). Città
vescovile nel regno Illirico, o sia
neir Istria , Civitas novae Istriae.
Giace essa suU' estremità di un pic-
colo promontorio che si avanza nel
mare Adriatico, all' ingresso di an-
gusta baja, presso la foce del Quie-
to, con porto che offre sicura sta-
zione. Ebbe il suo nome dall' esse-
re fabbricata dagli Ungheri con
parte delle rovine dell'antica ^-
monia, altra città poco distante, e
di cui tuttora se ne veggono gli
avanzi. Fu chiamata anche Nove-
tiiim, e venne in potere de' vene-
ziani nel 1170, o come altri scri-
vono a' 9 novembre 1270, uè si
stabih sotto la loro repubblica, se
non dopo che del tutto fu estinto
nella provincia il dominio patriar-
cale. La cattedrale è il piìi nobile
edificio, perchè le abitazioni sono
occupate nella maggior parte dai
pescatori. La popolazione si è non-
dimeno alquanto diminuita dalla
cattiva influenza del clima.
La sede vescovile di Città Nova
fu istituita prima dell' anno 5oo, ed
ini suo vescovo assistette sotto Pa-
CIT
pa s. Damaso I, al concilio di A-
qnilcja, al cui patriarcato fu al-
lora soggetta. Nicolò V la uni a
Venezia , ma poscia il Pontefice
Paolo II la separò, rendendola an-
cora suffraganea di Aquileja. Allor-
ché Benedetto XIV nel 17.^1, col-
la bolla InjuncL soppresse il pa-
triarcato Aquilejese, erigendo in ve-
ce i due arcivescovati di Gorizia, e
di Udine, a questo secondo sotto-
pose Città Nuova. Divenuto poi ai
nostri giorni Udine vescovato , la
metropolitica giurisdizione di questo
fu trasferita nel patriarca di Ve-
nezia. L' ultimo vescovo fu Teo-
doro Loreto Baldi di Veglia, che
collocato sulla sede di Città No-
va da Pio VI, nel concistoro del
primo giugno 179^, ne governò
la diocesi sino al termine di sua
vita, cioè al i835. La cattedrale
è ben fabbricata, ed è dedica-
ta alla beata Vergine Maria, ed
il capitolo componesi dell' arcidia-
cono dignità, e di quattro cano-
nici.
CITTA' NOVA o ERACLEA.
Città vescovile d'Italia, sulla costa
settentrionale del Golfo di Venezia,
precisamente nel luogo ove la Piave
metteva foce nella laguna. L'anti-
ca Eraclea o Eraclia fu distrutta
nel declinar dell' Vili secolo, o nei
primordi del IX, quindi venne ri-
fabbricata dal celebre doge Angelo
Partecipazio, ignorandosi se nel luo-
go primiero, ed allora fu chiamata
Città Nova. Fu sede per un tempo
del veneto governo, e nel IV seco-
lo lo divenne d' un vescovo sulTra-
ganeo della metropoli di Aquileja,
finché verso l'anno 144^3 venne que-
sta riunita a quella di Grado.
Trasportata la sede ducale a Mala-
mocco ed a Venezia, Eraclea andò
a poco a poco declinando finché del
CIT
tutto scomparve così che ora non
lascia traccia della sua vera situa-
zione. Solo se ne veggono degli
avanzi nei luogo chiamato Dosso
di Città Nuova, cinto da canali
e paludi formate dal fìumicello
Grassaga, fra Torcello e Caorle.
CITTA' DELLA Pieve ( Civitalis
Plehis). Città con residenza vescovi-
le deli' Umhria nello slato Pontifi-
cio, delegazione apostolica di Peru-
gia, chiamata pure Civitas Castri
Plebis, perchè un tempo appellava-
si Castel della Pieve. Sorge questa
città in un' alta e deliziosa collina
confinante colla Toscana, ed un tem-
po ad essa compresa, attorniata da
un vasto ed ameno orizzonte, su cui
scorgesi al nord il lago Trasimeno,
e la città di Cortona, all' est Peru-
gia, al sud Orvieto e Viterbo, ed
all' ovest Montepulciano. Le scorro-
no intorno il torrente Tresa, che
sboccando nel lago di Chiusi, va ad
ingrossarne l' Arno, non che il fiu-
me Chiana in un al torrente Astro-
ne, i quali, insieme al fiume Pa-
glia, s' imboccano al Tevere. Le sue
mura, fatte a scarpa con terrapie-
ni, torri, e l'ivellini, sono dirute in
qualche lato, e quattro porte a-
pronsi nel recinto d' una lega. Si
divide la città ne'terzieri, o rioni
di Borgodentro, di Castello, e di
Casalino. Ha le strade in piano in-
clinato. Ancora esiste la sua rocca,
non che tx'e delle cinque torri, che
la munivano con ponte levatoio in
vma di esse, la quale fu ridotta a
palazzo di residenza del governato-
re dal Cardinal Tranense governa-
tore perpetuo. Vi furono anco ag-
giunte le carceri criminali. Oltre la
cattedrale, edificata su di un antico
tempio pagano, i cui emblemi si
veggono al piospetto esterno, vi
sono altre otto chiescj tutte di bel-
CIT 259
la forma, e tenute con pulitezza e
decoro. Presso la chiesa parrocchiale
di s. Maria de' Bianchi, si vede l'o-
ratorio della confraternita, dove si
ammira il bellissimo dipinto affì-e-
sco, che occupa l' intera facciata, e
rappresentante il presepio e l'ado-
razione de' Magi, capo lavoro di
Pietro Vannucci Pievese, detto il
Perugino, sul quale è fama che vi
abbia pur lavorato l' immortale Raf-
faello suo discepolo. L' antica acca-
demia de' Neghittosi , istituita nel
1 590, risorse nel 1 8 1 4 per lo zelo
letterario di monsignor Filippo An-
gelico Becchetti bolognese, vescovo
della città, benemerito continuatore
della Storia Ecelesiastica del Car-
dinal Orsi. Fece dipoi approvare gli
statuti dalla congregazione degli stu-
di l'altro vescovo monsignor Giu-
liano Mami di Cesena, principe della
stessa accademia.
Antichissima è l' origine di Ca-
striim plehis, il quale si aumentò
dopo la battaglia vinta da Siila
contro Carbone nella sottoposta pia-
nura sulla Chiana, 85 anni avanti
la nascita di Gesù Cristo. Secondo
il Calindri, Saggio Statistico ec. ,
p. Ili , si vuole che i soldati di
Siila vincitori della fazione di Car-
bone, quivi si fissassero, prendendo
abitazioni e possidenze ai vinti.
Il nome di Plebe venne a questa
città dall'essere la maggior parte
della colonia romana composta di
gente plebea , d' altronde potente
in Pioma, convenendovi nelle eru-
dite Notizie istoriche di questa cit-
tà, e alle pag. 23, e seg. , Giusep-
pe Belletti, giustamente lodato dal
eh. Pietro Castellano. Né pretenda
alcuno, che con tal denominazione
ne venga disdoro all' illustre città,
dappoiché a tutti è noto che nella
antica B-oma molti nobili e patrizi
t>.Go CIT
si ascrissero alla plebe, clie in piìi
incontri per un reale merito consegui-
rono i primi onori nella repubblica,
per cui in quc' tempi era la plebe
grandemente nobilitata. Sembra cer-
to che i soldati vincitori destinati da
vSilla ad abitare (jucsta parte, in
premio del loro valore per la ri-
portata vittoria, ottenessero dal se-
nato romano il diritto di municipio,
di colonia, e che in ringraziamento
ne facessero secondo l' uso, un sa-
gi'ifizio al loro nume tutelare, tra-
mandandone la memoria a' posteri
con una lapide, che il Brasavolo,
Frammenti istorici di Città della
Pieve, ed altri così lessero: Genio.
Municipali. Legio. Manilia. Catili-
nae. Fautrix. Lihavit. L' Orlandi
lesse Liheravit nell' illustrazione di
tale lapide.
Che r origine di Castrum o Ca-
slelluni Plehis rimonti ad età più
remota, lo comprovano gli scavi fat-
ti, dove si rinvennero copiose anti-
chità etrusche, urne sepolcrali, tri-
podi, patere, candelabri, e consi-
mili monumenti, oltre queUi appar-
tenenti all' epoca romana.
Dopo che Castel della Pieve fu
dominato dai romani, segui esso i
destini della repubblica, e dell' im-
pero, e soggiacque alle vicende co-
muni alle città d' Italia. E quando
questa bella regione fu governata da
Narsete per l'imperator Giustino,
permise egli, che le città italiane si
governassero co' propri . statuti e
magistrati civici. Fu allora che Pe-
rugia, come racconta Pompeo Pel-
lini, wgW Istoria di Perugia, am-
pliando il proprio dominio, ristorò i
circostanti luoghi devastati dalle in-
cursioni dei barbari, fra i quali egli
novera Castel della Pieve, come al-
lora chiama vasi. Ne' bassi tempi fu
agitata dalle tremende fazioni se-
CIT
guaci del Papi, e degl'imperatori,
distinguendosi i seguaci de' primi
col nome di Guelfi, e quelli de'se-
condi con quello di Ghibellini. Sic-
come tali fazioni in Italia ebbero
diverse denominazioni , in Castel
della Pieve la Guelfa dicevasi il
partito di sotto, e la Ghibellina ,
«piello di sopra.
Lagrimevoli furono gli avveni-
menti, che in queste contrade av-
vennero verso l'anno 1080, perle
vertenze tra s. Gregorio VII, ed
Enrico IV a cagione delle ecclesia-
stiche investiture. Nel logr, quan-
do l'imperatore pose a feiTo e a
fuoco i vicini paesi , Castel della
Pieve fu risparmiato, ma i sanesi
ghibellini, nel 1099, il travagliarono.
I ripetuti infortuni indussero il ve-
scovo ad abbandonare questa sede,
il perchè fu dichiarata Nullius Dioe-
cesis, e riunita a quella di Chiusi
nel I 100 da Papa Pasquale II, co-
me riporta Monaldo Monaldeschi ,
Commenlarii historici ec. , lib. 18.
Quindi Castel della Pieve nel 1170
si collegò con Orvieto, e nell' anno
seguente vi si sottomise. Ma non
andò guari che, a maggior sicurez-
za, invocò ed ottenne la protezione
di Perugia, col patto di non far
guerra all' imperatore Federico I, e
ad Enrico VI suo figlio. Allora
Castel della Pieve si governava con
forme repubblicane, ed aveva i suoi
consoli.
Tuttavolta sembra che nel secolo
XII già la santa Sede vi avesse so-
pra r alto dominio, perchè il citato
Pellini, nel lib. 4> fol. 4*^6 > dice
che l'imperatore Federico II, nel
1228, occupò molti luoghi della
Chiesa romana, che dichiarò suoi,
e tra questi Castel della Pieve, e
siccome nel 1 i3o fu soggiogato dai
Perugini, ne trasse dipoi vendetta
CIT
l'imperatore, e premiò la fedeltà
de' Pievesi coli' astenersi di occupa-
re il loro territorio, e con diplo-
ma dato a Foligno a' 3 gennaio
del 1243, ricolmò il castello di
privilegi ed onori, ampliandone no-
tabilmente il territorio ; il perchè
seguì il partito di sopra, o Ghibel-
lino. Divenuto podestà di Castel
della Pieve Raniero Bulgarelli, si-
gnoreggiò la patria, e la costrinse
a tornare sotto Perugia, ciò che
approvarono l'imperatore Gugliel-
mo, e Papa Innocenzo IV colla
bolla, Solet annuente sede Aposto-
lica, data XV. kal. maii ii5i.
Non sussistendo la dominazione, che
i Bulgarelli vantavano sul castello ,
venne poi ricorso ad Alessandro IV,
ma egli con bollade'2 5 febbraio! 255,
confermò a Perugia la cessione.
Nel 1284 volendo il Pontefice
Martino IV da Orvieto recarsi a
Perugia, a' 26 o 27 giugno giunse
in Castel della Pieve, dove sorpre-
so da malattia ivi si trattenne sino
ai 3o di settembre, nel qual giorno
parfi per Perugia ove morì. Indi
nel 1288 rinnovossi la confedera-
zione con Perugia, la quale incaricò
la comunità del Castello di ultima-
re la fabbrica della torre chiamata
Beccati quello, di faccia ad altra
chiamata Beccati questo, edificate
sul lago di Chiusi, per conto dei pe-
rugini, che ne dierono la sorveglian-
za ai Pievesi. Intanto, nel i3o4,
Castel della Pieve fu onorato della
presenza del Papa Benedetto XI,
proveniente da Acquapendente, nel-
la qual circostanza vuoisi che di-
chiarasse beato Giacomo di Castel
della Pieve , dello 1' Elimosinano,
eh' era morto santamente a' i 5 gen-
naio. E passando poscia il Ponte-
fice a Perugia vi terminò i suoi
gioi-ni a' 6 luglio i3o4.
CIT 26r
Verso il i3o6, a comprimere nel
Castello le fazioni, e per sicurezza
del popolo dalle straniere aggressio-
ni, fu per ordine di Perugia costrut-
ta una rocca con cinque torri ben
munite ; ed affinchè i Priori dell'ar-
te ( così chiamavasi il magistrato )
potessero attendere a' pubblici affari,
fu stabilito che tutti dovessero di-
morare nel palazzo pubblico. Nel
I 3 I 3 fu, ad istanza del legato apo-
stolico di Clemente V, conchiuso in
Castel della Pieve, e pei guelfi, il
trattato di pace tra Perugia, ed Or-
vieto. Nell'anno i32o Perugia di-
chiarò principal suo membro il Ca-
stello, e poscia vi spedì governatori
di parte guelfa, la quale in appres-
so divenuta preponderante, nasceva-
no tumulti frequenti, ad onta del-
la cura presa da Perugia per so-
pirli. L' ultimo dei Papi, che nel
XIV secolo dimorasse in Avignone,
cioè Gregorio XI, si vuole che do-
nasse a messer Giovanni di Siena,
sua vita durante, Castel della Pie-
ve. Però pili probabilmente ebbe
luogo tal donazione, compreso Chiu-
si ed altri luoghi, in favore del pro-
prio nipote conte Villata di Lore-
na, che per mezzo di procuratori
ne prese possesso nel maggio 1371,
con grande sorpresa de' Perugini.
Ma nel i375, avendo ricuperato il
Castello la libertà, fece lega e fe-
derazione colla repubblica di Firen-
ze, e con Bernabò Visconti, signo-
re di Milano, per cui in modo ono-
rifico fu riconosciuto il suo domi-
nio, che esercitava sopra diversi ca-
stelli e terre. Ciò non pertanto non
tralasciò le sue relazioni amichevoli
con Perugia, che l'aiutava a com-
primere i rinascenti moti civili, ad
onta che su Castel della Pieve Ven-
ceslao avesse rinnovata la protezio-
ne imperiale. Grave poi fu il tu-
262 CIT
multo tra i guelfi, e i ghiljellini,
colla peggio di questi.
Correndo l'anno i3f)3 disgustati
i Pievesi per essersi da Perugia
(che li riguardava quali sudditi)
mandato contro i patti per pode-
stà Pallino Baglioni, il paese si ri-
bellò, e guidati i popolani da Ne-
ruccio d'Oddo, assalirono con im-
peto la rocca, proclamarono la li-
bertà , e si dicrono poi a Biordo
IMicliclotti, con l'ajuto di cui ave-
vano fatto una tal mossa. Questi
col favore del duca Filippo Maria
Visconti, prese il titolo di Conte del-
la Pieve. E quando fu ampliata la
di lui potenza, e si compose Peru-
gia con Bonifacio IX, che vi si e-
ra recato nel i4o3, i Michelotti
dopo avere respinto colle armi i Pe-
rugini, e difeso il castello, ebbero
il govei-no di Castel della Pieve ,
corrispondendo alla Camera aposto-
lica l'annuo tributo di un pajo di
fagiani. Di simili tributi parlam-
mo all'articolo Caccia [F'ecli). Ciò
avvenne dopo che Biordo erasi im-
padronito di Todi, Orvieto, Gualdo
di Nocera, Trevi, Spello, Cesi, e
dappoi ch'era divenuto signore di
Perugia, e dopo eziandio che Bo-
nifacio IX, nel detto anno i4o3,
avea pubblicato 1* interdetto con-
tro detti luoghi, e contro Castel
della Pieve per essersi ribellati ,
e dati ai Visconti e loro aderen-
ti. Tuttavia nel medesimo anno ,
essendo tutti tornati all' ubbidien-
za ed all' alta sovranità della Se-
de apostolica, il Papa li assolvet-
te con pontificio breve de' 3 no-
vembi'e ; e messer Giannello di lui
commissario diede a Ceccolino, Gi-
nolfo, ed Egano fratelli Michelot-
ti per ventinove anni, con mero e
misto impero, Castel della Pieve,
col suddetto tributo. Passò poi Ca-
CIT
stellò nel 14^0 a Braccio Fortibrac-
cio, dopo la morte del quale tor-
nò a formare con Perugia stabile
o
alleanza con patti onorevoli, to-
gliendosi dalla breve dominazione
di Cherubino della Staffa, nobile pe-
rugino.
Terminato il grande scisma d'oc-
cidente, ed eletto nel 14' 7? Mar-
tino V nel concilio costanziese, que-
sto Pontefice fu sollecito di ricupe-
rai'c alla Promana Chiesa i suoi do-
minii , fra' quali Castel della Pieve,
compreso nella legazione apostolica
di Perugia allora istituita, ma però
immediatamente soggetto come Pe-
rugia alla s. Sede, come si legge nel-
la bolla Clini oniis universalis gre-
gis, data da Eugenio IV, XIII Kal.
augusti 1432, quando spedì a Pe-
rugia in quahtà di legato, il Car-
dinal Giordano Orsini.
Nel rimanente del secolo decimo-
quinto sono degni di memoria i
seguenti fatti ; cioè la protezione e
tutela ricercate a Perugia dal Ca-
stello, per difendersi dalle prepoten-
ze de' Visconti duchi di Milano in
un al conte Francesco Sforza, e man-
tenersi nella fedeltà , e divozione
che professava alla santa Sede: le
contese fra il Castello e Cetona sot-
toposta ai Sanesi, co' quali i Pie-
vani godevano buon'armonia; con-
tese giudicate sovente, con autoriz-
zazione pontificia, colla interposizio-
ne della magistratura di Perugia ,
e della repubblica di Siena riguar-
do ai particolari : il ricorso ad Eu-
genio IV per le pretensioni di Che-
rubino della Staffa: la fiera peste
del 1^61, che disertò l'infelice pae-
se : la riforma delle municipali co-
stituzioni operata nel 1464, nella qua-
le furono proibiti i segnali, le inse-
gne che si tenevano sulle pareti
esterne delle abitazioni, le quali in-
CIT
dicavano il partito che seguivasi, al
paro che le calze o altra parte del
vestimento che indicava altrettanto;
e la pace cogli orvietani sanzionata
da Paolo II, sebbene le differenze
si potraessero sino a Sisto IV. Que-
ste sono le cose rimarchevoli, che
riguardano nel secolo XV Castel del-
la Pieve.
Nel pontificato di Alessandro VI,
il duca del Valentinois, Cesare Bor-
gia, avendo fatto prigioni in Sini-
gaglia il conte di Gravina, e Paolo
Orsini, nel recarsi a Siena, men-
tre era nel Castello, udì la prigio-
nia del Cardinal Orsini, e degli al-
tri della stessa famiglia da lui odia-
ta, e fece quivi strangolare i due il-
lustri prigionieri. Quindi nell'anno
1 5 1 o , racconta il Mariotti, Sag.
Istor. di Perugia p. 077, che an-
dando a Perugia il gran Giulio
II, onorò di sua presenza questo luo-
go. Dal medesimo autore egualmen-
te si apprende, a p. 58 1, che fece
altrettanto 1' immortale Leone X,
ricevuto colle distinzioni convenien-
ti al sovrano Pontefice. Ma non
andò guari che Castel della Pieve
fu immerso nelle piìi deplorabili
sciagure, allorché l' esercito di Car-
lo V, partendo nel 1527 da R.oma,
che aveva per due mesi orribilmen-
te saccheggiata, si divise esso in
due parti, una delle quali prese la
via di Cortona, Perugia, Todi ed
Orte per riunirsi, passato il Teve-
re, con r altra parte composta di
Svizzeri, che preso aveano il cammi-
no verso Castel della Pieve. Impru-
dentemente, e per attaccamento alla
Sede apostolica, ì Pievesi contrasta-
rono loro il passaggio, il perchè fu-
riosamente il nemico saccheggiò il
Castello, e in parte lo bruciò, uc-
cidendo da ottocento cittadini. In
tanta desolazione i Pievesi furono
CIT 2(33
confortati dall' umanità della re-
pul)blica sanese, e sollevati ed aju-
tati dal Pontefice Clemente VII, cui
erano ricorsi. Fu questo Papa che
separò totalmente Castel della Pie-
ve dalla legazione di Perugia, e lo
pose sotto la sola e immediata sog-
gezione della santa Sede, assegnan-
dogli governatori perpetui, i quali
da tal epoca sino alla fine del se-
colo, furono sempre nobilissimi per-
sonaggi, Cardinali, nipoti de' Papi.
Non riuscirà discaro, per non in-
terrompere l'argomento, se qui fare-
mo qualche cenno di essi.
Da Eugenio IV in poi quattro
potestà governarono il Castello ,
quindi successero i Cardinali gover-
natorij che pei loro luogotenenti
si fecero rappresentare. Clemente
VII nominò per piimo governatore
perpetuo nel 1329, l'insigne Car-
dinale Giandomenico de Cupis no-
bile romano, vescovo di Trani, e
perciò chiamato il Cardinal Tra-
nense, il quale per primo suo luo-
gotenente nominò il cav. Agostino
Recuperto di Arezzo. Nel i546.
Paolo HI fece governatore perpetuo
il suo parente Cardinal Tiberio Cri-
spi romano, già governatore di Pe-
rugia, e presidente all'edificazione di
quel forte. Nel 1 548 lo stesso Paolo
III vi nominò il Cardinal Giulio Fel-
tre, della Rovere, nipote di Giulio
II; nel i55o Giulio III vi pose
per governatore, Ascanio duca del-
la Corgna, suo nipote, che pur ave-
va fatto governatore della Città Leo-
nina, con mero e misto impero,
col jiis sanguinis , e totale giu-
risdizione; Paolo IV nel i557 ne
aflidò r incarico al nipote Matteo
Stendardi nobile napolitano, e Pio
IV, nel i56o, investì di questo go-
verno Fulvio della Corgna da lui
creato Cardinale, unitamente al fra-
a64 CIT
tello Ascatìlo suddetto. Lo stesso
Papa poi fece governatore il nipote
Cardinal Gio. Antonio Sorbeiloni
milanese. S, Pio V nel iSyi diede
r uffìzio al Cardinal Ferdinando
de' Medici, che il ritenne quando
diventò gran duca di Toscana; ma
prima quel Pontefice derogò alle sud-
dette disposizioni di Giulio III, già
rinnovate da Pio IV. Rimise s. Pio V
Castel della Pieve ed L suoi concit-
tadini sotto r immediato dominio
della santa Sede, come lo erano in
avanti, lo che si legge nella bolla
Romanus Pontifex , de' 9 luglio
i566. Finalmente nel iSSq Sisto
V ne allidò il governo al proprio
nipote Cardinal Alessandro Peretti
di Montalto, che fu V ultimo dei
governatori perpetui. Nel i5go Gre-
gorio XIV vi nominò con patente
della sagra Consulta per governa-
tore Bartolomeo de' Perigli nobile
perugino, che ebbe quattro succes-
sori, finché divenuto Castel della
Pieve città nel 1600, la stessa sa-
gra Consulta vi nominò i gover-
natori per mezzo di un pontificio
breve, i quali durarono sino al
1816, cui successero gli attuali go-
vernatori, dipendenti dalla delega-
zione apostolica di Perugia.
Sotto gli auspici e l'assoluto pa-
cifico dominio de' sovrani Pontefici,
cominciò Castel della Pieve a re-
spirar pace e quiete, ed a rifiorire
nelle arti, nelle scienze, e nel com-
mercio, cessando le prepotenze delle
micidiali fazioni. Grato il Cardinal
Ippolito Aldobrandini fiorentino, ai
cordiali ed affettuosi trattamenti ri-
cevuti dai Pievesi nel di lui passag-
gio per questa terra, divenuto Pa-
pa Clemente VIII, nel 1600 colla
autorità della bolla. In siiperenii-
ncnti militantìs Ecclesiae solio, data
VII Kal. octobris, l'elevò al grado
CIT
di città col nome di Città di Ca-
stello della Pieve, restituendole l'e-
piscopale sede. Ma accaduti alcuni
equivoci per la denominazione col-
la Città di Castello, fu decretato in
seguito a questo paese il nome di
Città della Pieve. Dipoi pel pas-
saggio delle truppe nel 1642 del
duca di Parma Odoardo Farnese,
che recavasi a conquistare Castro,
e Ronciglione, dovette molto sof-
frire questa città. Fermandovisi il
duca in sembianza amica, nei pri-
mi del mese di ottobre fece sac-
cheggiare la città, e il territorio
devastato per nove giorni. Nel se-
guente anno furono maggiori le dis-
avventure per Città della Pieve, ed
il Chiana divenne teatro della guer-
ra fra la santa Sede, e la Toscana
alleata del Farnese. La città era
guardata dal sergente maggiore Lui-
gi Frizza napolitano, per ordine di
Urbano Vili, e ricusando di arren-
dersi, né d'altronde potendo rice-
vere gì' implorati soccorsi, fu assa-
lita dal principe Mattia, fratello
del gran duca Ferdinando II , nel
mese di giugno. Dopo validissima
difesa, passati cinque giorni, fu co-
stretto il Frizza a capitolare, e quin-
di a' 19 giugno entrò nella città il
principe coll'esercito toscano. ]Mal-
grado i patti di buona guerra, Cit-
tà della Pieve dovette solfrire tutti
gli effetti delle più crude ostilità,
né risparmiaronsi i conventi reli-
giosi, ed altro di piìi sacro, come
racconta il Belletti alle pagine 109,
e seguenti. Finalmente conchiusa la
pace nell'aprile i644 ^^'^ '^ santa
Sede e i principi collegati, a' 19
luglio partito l'esercito fiorentino,
la città rimase nel primiero domi-
nio di Urbano Vili, essendone ve-
scovo il confessore di lui, Piiginaldo
Lucarini di Trevi, il quale, come rac-
CIT
conta il Novaes, tom. IX, p. 276,
gli amministrò i sagramenti prima
di morire. Ciò avvenne dieci giorni
dopo la liberazione della città dalla
dominazione straniera. Il Reginaldi
era il quarto vescovo, che alla chie-
sa Pievese avesse dato Urbano Vili.
Nel secolo decorso Città delia Pie-
ve non andò esente da calamità
prodotte dai passaggi delle truppe,
massime austriache; ma nelle ulti-
me invasioni lo spirito di modera-
zione dei capi, esentò i Pievesi da
ogni disastro.
Ne' tempi antichi la maggior im-
portanza per Città della Pieve era
la via consolare, che l'attraversava ;
e sino al i5i6 si ha memoria che
tuttora vi durasse la via postale,
per cui i Pontefici che da Perugia
si recarono ad Orvieto e viceversa,
passarono per Città della Pieve. In
seguito la trascuranza posta nel re-
golare le acque del Chiana fece
perdere il vantaggio delia strada, e
cagionò la emigrazione ad Orvieto
e Perugia di molte famiglie, che
volevano evitare i miasmi nocivi.
Ma ripristinata la bella via, che da
Orvieto conduce ad Arezzo, ed in-
frenato il Chiana, la città a grandi
passi ritorna al primitivo splendo-
re. Pure molto maggiori sarebbero
i vantaggi, se avesse luogo il com-
pimento del canale del Chiana, na-
vigabile sino alTArno.
Il confine del territorio di Città
della Pieve con quelli di Cetona, e
Chiusi, lungo il Chiana, fu motivo
di frequenti vertenze fra le limi-
trofe popolazioni per più secoli, e
benché i rispettivi sovrani territo-
riali più volte conchiudessero ami-
chevoli composizioni, pure uno sta-
bile concordato non si ottenne che
nei Pontificato di Pio VI, e nel
granducato di Pietro Leopoldo poi
CIT 265
imperatore. A' 4 febbraio 1778 ne
fu rogato l' istromento al Piano di
Cardeto dai notari Aurelio Cane-
strelli pievese, e Michele Marini
fiorentino. Contribuì molto all' in-
dustria cittadina , la bella strada
che da Orvieto conduce ad Arezzo;
ma molto maggiori sarebbero i van-
taggi, se avesse luogo il già detto
compimento del canale del Chia-
na, navigabile sino all' Arno. Anche
il disseccamento del Chiana , che
un aggregato piuttosto di paludi
poteva prima chiamarsi, destò fre-
quenti contese fra i popoli confi-
nanti, principalmente per le devia-
zioni del rapido torrente Astrone ,
prossimo a Cetona, il quale assai
danneggiava le teire pievesi. I tre
Papi Clemente VII, dr Medici^
Clemente VIII, Aldohrandini, e Cle-
mente XII, Corsini, tutti fiorentini,
se ne occuparono indefessamente,
ma la gloria del compimento era
serbata ai lodati Pio VI, e Pietro
Leopoldo, pel concordato conchiuso
nel 1780, l'articolo quinto del qua-
le onoi-ò Città della Pieve di cospi-
cua magistratura, detta la Prcfella-
ra delle acque, per provvedere ai
successivi bisogni, e differenze. Ap-
prendiamo dal citato Novaes, tom.
XVI, p. Ili, che in seguito, e nel
1783, Pio VI, colla direzione del
canonico Fantoni, fece prosciugare
la vasta pianura , che circonda la
Città della Pieve, e diede una nuo-
va direzione alle acque del tiu-
me Tresa, e ad altri torrenti, per
cui si ottenne un maggiore spazio di
terreno fruttifero, che prima ren-
deva l'aria infetta, né produceva
che inutili erbe palustri.
Città della Pieve oggi racchiude
nel suo governo le comuni di Pada-
no e di Piegaro coli' appodiato Ci-
bottola, e parecchi villaggi. Alla co-
266 CIT
mune poi soggiace l' appodiato Sal-
ci, già feudo, ed appartenente ai
duchi Bonclli congiunti di s. Pio
V. Nel decorso anno i84' onorò
Città della Pieve di sua pontificia
presenza il regnante Gregorio XVI,
allorché reduce dalla visita di al-
cuni principali santuarii de' suoi do-
inìnii, restituivasi alla capitale. Ai
28 settembre partito egli da Peru-
gia, vi giunse verso il mezzodì, ri-
cevendo all'ingresso gli omaggi del-
la magistratura civica , mentre un
drappello di giovani ottenne il per-
messo di trarne a mano la carroz-
za, lungo la strada del Casalino, la
cjuale in memoria dell'avvenimento,
per decreto del magistrato civico si
vuole chiamata Fin Gregoriana.
Piicevuto fu dipoi il Pontefice alla
cattedrale da monsignor Giuseppe
JMaria Severa, vescovo da lui dato
meritamente alla città, nonché dal
clero. Dal medesimo vescovo rice-
vette il Papa nella cattedrale ezian-
dio la benedizione col ss. Sagra-
mento. Poscia da una vicina log-
gia benedì il numeroso popolo, con-
dotto altresì dalle confinanti con-
trade toscane. Indi passò ad abita-
re neir episcopio. Quivi il Pontefice
fu complimentato nel sovrano nome
del regnante granduca di Toscana
Leopoldo II, dal marchese Ginori
suo gran ciambellano, in occasione
di essersi il Papa avvicinato al terri-
torio toscano. Nelle ore pomeridia-
ne ebbe luogo una passeggiata , e
la sera si fecero illuminazioni , e
fuochi d'artifizio, che si ripeterono
nella sera seguente. Nella mattina
appresso il Papa ammirò nell' ora-
torio di s. Maria de' Bianchi il di-
pinto del Vannucci, che lodammo
di sopra ; indi visitò la chiesa, e il
convento de' cappuccini, e il moni-
stero delle Clarisse, ove eraasi uai-
CIT
te le religiose di altra comunità.
Sempre egli era accompagnato dal
zelante vescovo diocesano, e da
quello di Soana Francesco Barzel-
lotti, che dalla Toscana erasi re-
cato in Città della Pieve , per tri-
butargli il dovuto ossequio. Nel do-
po pranzo da una finestra dell' e-
piscopio il Papa vide la processio-
ne, che si fece in onore della ss.
Croce, e nella seguente mattina par-
tì per Orvieto, lasciando negli abi-
tanti, e nel popolo de' paesi circon-
vicini, la più religiosa consolazione.
Monsignor Gioacchino Pecci, come de-
legato apostolico della provincia, cor-
teggiò sempre il santo Padre, che ri-
cevette da tutti dimostrazioni di ve-
nerazione. Poeticamente ne cele-
brarono le gesta, d. Raffaele Bocci
arcidiacono della cattedrale con de-
cassillabi ed ode; il fratello del ve-
scovo Pio Severa con decassillabi ,
e il p. Angelo Molle del collegio
delle scuole pie con ode latina. Ta-
li composizioni in istampa furono
dispensate alla corte pontificia , e
agli altri. Chi poi bramasse cono-
scere in dettaglio la permanenza di
Gregorio XVI in questa città, può
leggere la Lettera narrativa^ o sia
il pasfsaggio del sovrano Pontefice
Gregorio ^VI per Città della Piei'e
nel settembre i8(.i, del cav. Ange-
lo Antonio Baglioui, IMoutepulciano
184..
La luce del vangelo vuoisi in-
trodotta in Città della Pieve sino
dai tempi apostolici , verso l' an-
no 67 di Cristo. Sant' x\mbro-
gio arcivescovo di IMilano nel tras-
ferirsi a Roma, pel concilio con-
vocato da s. Damaso I nell' anno
382, passò per questo luogo, men-
tre stavasi restaurando l'antico tem-
pio degl' idolatri per ridurlo al cul-
to del vero Dio. Pvimusto il santo
CIT
contentissimo dell'ospitalità de'Pieve-
si, procurò ad essi ia confederazione
con Milano , ed allorquando colà
discuoprì i corpi de' santi martiri
Gervasio e Protasio, colle sue per-
suasioni indusse i Pievesi ad eleg-
gerli a pi'otettori, anzi col nome
del primo chiamarono il paese, per
cui in molti antichi istromenti si
legge : Castrimi Plebi s s. Cerva sii.
Asserisce il IMonaldeschi, che quivi
esistesse la sede vescovile nel quinto
secolo, giacché nel concilio di Sie-
na si trova sottoscritto un Stefano
vescovo di Castel della Pieve ; ma
a cagione della barbarie de' tempi,
costretto il vescovo ad abbandonar-
ne la cattedra, il Pontefice Pasqua-
le II, dopo averla dichiarata JVal-
lìiis dioecesisj nel i loo l'unì al ve-
scovo di Chiusi ; riunione che fu
confermata nel 1191 da Celestino
HI, mediante la bolla, Miserati ino-
piani commissae libi ecclesiae Cliisi-
iiae; la qua! bolla è riportata dal Mu-
ratori, Antiqidt. Ital. mcd. ae\>i, t.
VI, pag. 421- Dall'Armanni si ri-
leva che nel i2o5 in Castel della
Pieve v'aveva l'arcipretura, e n'era
investito un Todini di Gubbio. Nel
iSig si ha dal succitato Pellini,
che il vescovo di Chiusi emanò
r interdetto a Castel della Pieve .
ed alcuni dicono a cagione dell'uc-
cisione del b. Giacomo operata da
alcuni masnadieri, allorché il servo
di Dio da Chiusi restituivasi a que-
sta sua patria. Perchè la Pieve ve-
nisse assoluta dalle censure eccle-
siastiche, la città di Perugia man-
dò messer Rigone d' Ottanello in
ambasciatore al vescovo chiusino.
Nell'anno 1600 Clemente Vili
ridonò a questa città il seggio ve-
scovile, colla summcntovata bolla ,
data septimo kalen. octobris, la tol-
se dalla unione di Chiusi , la di-
CIT 267
chiaro immediatamente soggetta al-
la santa Sede, e riunì al territorio
pievese varie terre, castelli, e vil-
laggi posti ne' territori di Orvieto,
di Perugia, e di Toscana. Ora com-
prendonsi nella diocesi sei terre ,
cinque castelli, e quindici ville, e-
sercitando il vescovo la giurisdizio-
ne sul capitolo, su due collegiate,
su otto conventi di frati , su tre
monisteri di monache, su trenta tre
parrocchie, e su piti di venticinque
mila anime. 11 primo vescovo, elet-
to da Clemente Vili, fu Fabrizio
Paolucci nobile forlivese , che non
potè consagrare a cagione di sua
morte, supplendovi poscia a consa-
grarlo Paolo V a' 3 agosto del
160 5. Egli mostrò di esserne de-
gno non solo per la sua virtìi e
dottrina, ma per avere restaurata
la cattedrale, avervi eretto le due
maggiori cappelle lateralmente, aver
migliorato l'episcopio, aperto il se-
minario, ed un convento di cap-
puccine in s. Fiora. Morì in Roma
nell'anno santo 1620, e fu sepolto
nella chiesa di s. Maria in Vallicella.
Fiorirono fra i suoi successori altri
vescovi zelanti, dotti, e di santa vi-
ta, come a dire R.iginaldo Lucarini,
che fu il primo a celebrare il sino-
do ; Fausto Guidotti da Oilkla, che
intervenne a quello celebrato nel
1725 in Roma da Benedetto XIII;
Ascanio Argelati di Bologna, che
istituì le maestre pie, ed Angelo
Maria Venizza della stessa Città
della Pieve , canonico della catte-
drale, che meritò questa sede nel
1754 per volere del gran Bene-
detto XIV, ad onta della sua ripu-
gnanza.
La cattedrale, che nel 1607 si
ridusse all'odierna forma di croce la-
tina, è dedicata ai ss. martiri Gerva-
sio e Protasio, patroni della città.
?.6H CIT
Tia le suo reliquie si venera il cor-
no del eornpatrono s. Poliziano mar-
tire. Gio. Nicola Circignani, che si
disse Pomarancio dal luogo nativo,
e cittadino pievese, ne dipinse la tri-
buna dell'altare maggiore; ma ap-
j)ena ora rimane illeso il timpano
del coro. La tavola di detto alta-
re, che rappresenta la B. Vergine
fra i principi degli apostoli, e i due
santi patroni, è opera di Pietro Van-
iiucci pievese detto il Perugino, del
«piale pure è quello del battesi-
mo di s. Giovanni, come del Poma-
rancio sono i quadri della Madon-
na del Carmine, e dello sposalizio
di Maria Vergine. Il suo capitolo
si compone dell'arcidiacono, unica
dignità, di quindici canonici, fra i
quali evvi il penitenziere e il teo-
logo, di otto cappellani corali o
beneficiati , e di altri ecclesiastici
addetti al divino servizio. I cano-
nici hanno l' uso della cappa ma-
gna , e i cappellani, quello della
mozzetta paonazza per concessione
del Papa che regna, il quale fino dal
1834 decorò i canonici di collare
paonazzo, e flocco simile al cappel-
lo. Vi sono nella città tre parroc-
chie, sei conventi di religiosi, cioè
conventuali, cappuccini, agostiniani,
serviti , e minori osservanti. Evvi
lui collegio, o scuola diretta dai pa-
dri Scolopj, vi sono le maestre pie,
e v'ha pure un monistero di mo-
nache, un conservatorio insieme a
quattro coiìfraternite , un ospe-
dale, il monte di pietà , un se-
minario. Allorché Benedetto XIII,
secondo il Concilio di Trento, or-
dinò l'istituzione de' seminari, ad i-
stanza del vescovo, e col disposto
della costituzione, iiiter niiilùplices,
óe'iS giugno 1729, applicò al se-
minario l'eredità di Ludovico Mau-
ri, col peso di soddisfare le sue di-
CIT
sposizioni testamentarie. La mensa
ad ogni nuovo vescovo , in cancel-
leria apostolica, è tassata in fiorini
ducento venticinque.
Degli uomini illustri che fiori-
rono in Città della Pieve per san-
tità di vita, per dignità, e dottri-
na, per valore nelle armi, e nel-
le aiti liberali , ampiamente trat-
ta il lodato Bolletti a pag. 262, e
seguenti. Va però qui i-ammentato
Gregorio Sellari di Panicale, dio-
cesi della Città della Pieve, che da
Benedetto Xlll nel 1728, fu crea-
to Cardinale. Della città e diocesi
della Pieve, oltre l'Ughelli, Italia Sa-
cra, t. I. p. !^H6 e seg., abbiamo i se-
guenti. E.idolfo Brasavalo, Breve, rag-
guaglio di Città della Pieve, estrat-
to dalla sua storia diffusamente
scritta dal medesimo, e donata mss.
alla civica magistratura, Perugia ,
1686; Romanae adscriptionis alito
nobiliuni romanorum, pei signori della
Farnia o Fargna, originari di Lione,
e patrizi della Città della Pieve, Pio-
ma 1773; Giusepppe Bolletti, Noti-
zie isteriche della Città della Pieve,
Perugia i83o. Questo benemerito
pievese, nell'occasione che il regnan-
te Papa onorava la sua patria col-
la di lui sovrana presenza, aven-
do fatte ulteriori scoperte risguar-
danti la stessa storia patria, pub-
l)licò colle stampe Appendice alle
Notizie istoriche di Città della Pieve.
A voler accennare le principali, di-
remo: I ." C he Castel della Pieve fu
Castello prima dei romani, e che
al nome di Castel forte del Chiu-
sino, fu sostituito il Castrimi Plebis;
1."^ Che per la sua importanza vi si
rifugiarono i soldati di Antonio vin-
to da Augusto, ma furono rispinti
per non incontrar 1' indignazione
del secondo: 3.° Che Nerone nel
passare per questa città inveì cru-
CIT
delmenle contro i cristiani, che ivi
già esistevano ; 4-° Che dall'anno
4 IO sino a Pasquale II ventuno ve-
scovi monachi ed abbati, governaro-
no la chiesa vescovile di Castel del-
ia Pieve, senza mentovare altre no-
tizie interessanti la patria istoria,
civile ed ecclesiastica, come la ve-
nuta nella città di Clemente "Vili
nel 1399. E noto che recandosi
quel Pontefice a prendere possesso
del ducato di Ferrara, partì da
quella città appunto nell'anno i5^99
a' 29 novembre, e rientrò in Ro-
ma a' 20 dicembre. Così il Novaes,
Elementi della storia dei sommi
Pontefici, t. IX, p. 36.
CITTA' RODRIGO ( Civiiaten.
Proi'inciae Compostellan. ) o Ciu-
dad Rodrigo, Rodericopolis. Città
con residenza vescovile, nell' antico
regno di Leone in Ispagna, posta
nell'antico territorio de' Mirobri-
gensi, in una pianura fertilissima,
presso la riva destra del fiume A-
guada, che si attraversa sopra un
ponte di sette archi. Questa piazza
forte di prima classe, colle ottime
fortificazioni di cui è munita, serve
alla Spagna di baloardo, sulla fron-
tiera del Portogallo. Ha due sobbor-
ghi, e le sue strade sono molto re-
golari. Vi sono alcuni begli edifizi;
e nella sua gran piazza si vedono tre
colonne romane con interessanti iscri-
zioni. Diversi scrittori spagnuoli credo-
no, che questa città occupi l'area del-
l' antica Mirohriga : altri, con mag-
giore probabilità, opinano che essendo
quella città rovinata, in suo luogo, od
in quello di Lancia transcudana,
detta ancora Lancia oppidana, sia
stata edificata Ciudad, verso l'anno
I 200 (o come dice Commanviile nel
I f 70, sotto il regno di Ferdinando
li, re di Leone e di Castiglia, ovve-
ro reggente pel re Alfonso) appunto
CIT 269
perchè servisse di baloardo contro
i portoghesi. Altri vogliono che fab-
bricata dal conte Rodrigo Gonzales
Gyixìn, da lui abbia avuto il nome,
e perciò si dica Rodericopolis. Que-
sta città fu presa dai portoghesi, e
dagli alleati nel 1 706 in quattro
giorni ; ma gli spagnuoli nel seguen-
te anno la ripresero. Nel 1 8 1 o oc-
cupata venne dai francesi, che, dopo
averne distrutte le fortificazioni, la
abbandonarono nel 1 8 1 2 agli ingle-
si, dai quali tornò alla monarchia
spagnuola.
La sede vescovile di questa città
fu eretta nel decimo secondo seco-
lo, e fatta sulfraganea della metro-
poli di Compostella nella Galizia,
tuttora vi si mantiene soggetta. La
cattedrale anticamente aveva un ca-
pitolo composto di sette dignità ,
venti canonici, sette beneficiati, ed
altri ecclesiastici addetti alla uffizia-
tura. Vi erano nella città nove case
religiose d' ambo i sessi, e tre ospe-
dali. La diocesi conteneva altra vol-
ta sessantatre parrocchie, lipartite
in tre arcidiaconati. Attualmente la
sede è vacante, e l'ultimo vescovo
fu Pietro Emmanuele Ramirez de
la Piscina, di Penne Cerrada dio-
cesi di Calahorra fatto vescovo
da Pio VII nel concistoro de' 19
dicembre 18 14- Dalle ultime pro-
posizioni concistoriali si rileva: i.°
Che la cattedrale è dedicata all'Im-
macolata Concezione di IMaria, Che
il capitolo si componeva di sette
dignità, la prima delle quali era il
decano, di diciassette canonici com-
preso il penitenziere , e il teolo-
go, nonché di cappellani porzionari,
preti, e chierici; 2". Cbe oltre la
cura parrocchiale, amministrata da
un vicario nella cattedrale, nella
citlà eranvi altre sei parrocchie,
cinque conventi, quattro monisteri
ayo CIV
di monache, il seminario con alun-
ni, diverse confraternite, ospedale, e
monte di pietà. La tassa, registrata
in cancelleria apostolica, ascende a
fiorini quattrocento cinquanta.
CI LAI o GIUS. Sede vescovile del-
la Eitinia, neir Asia minore, così
chiamata perchè vuoisi edificata da
Cius compagno d' Ercole, nella ce-
lebre spedizione degli Argonauti.
Altri la chiamano Priisiade, sicco-
me restaurata da Prusia, che edifi-
cò la città di Prusio. Fu già sede
vescovile sino dal quarto secolo nel-
r esarcato di Ponto, sottoposta alla
metropoli di rs'icomedia. Comman-
ville asserisce, che nel nono se-
colo fu sollevata al grado arcive-
scovile; certo è, come dice V Oriens
Christ. t. I, p. 63 1, che sedici ve-
scovi vi ebbero s^de. Oggidì non
è che un villaggio detto Cliioux o
Cliiaoux nella strada, che da Co-
stantinopoli va a Bursa, in vicinan-
za al mare ed alla città di Nicea.
Fra Nicea e Cium, nell'anno 194
avanti la nostra era, fu sconfitto
JVegro da Candido capitano della
armata di Severo, aspirante pure
al lomano impero.
CIVICA PONTIFICIA di Roma,
o Guardia Civica. Esiste in Roma
un corpo di milizia volontaria chia-
mato Guardia Civica, dichiarato per-
manente dal sovrano Pontefice sin
dalla sua istituzione. Esso si compone
di nobili, possidenti, negozianti, capi
di arti anche liberali, di capi di
mestieri e botteghe, dall' età di anni
sedici compiuti fino ai cinquanta.
Questo corpo istituito per mantene-
re la quiete, e la tranquillità della
capitale, dal cui seno non è mai
obbligato ad allontanarsi, è com-
posto di uno stato maggior genera-
le, di uno o più reggimenti di fan-
teria, secondo la quantità della
CIV
forza, che ha la guardia, e secondo
le circostanze, e li bisogni. L' im-
pianto di ogni reggimento, è di due
battaglioni. Ila inoltre una compa-
gnia scelta di granatieri, che per
maggiore onorificenza, e per la qua-
lità del servigio, che presta diretta-
mente al sovrano Pontefice, si volle,
che dipendesse immediatamente dal
comandante generale. Vi è inoltre
ima quantità di ufficiali, e sotto
ufficiali senza truppa, e d'impiega-
ti isolati civili, e militari occorren-
ti per i diversi interni servigi, e
finalmente esiste un uditorato mili-
tare.
Il vestiario è uniforme in tutto
il corpo attivoj avendo la montura
bleu ad un petto con bottoni con-
vessi lisci di metallo giallo, e pan-
taloni di color amaranto con fascia
di panno bleu, lo schakos di egual
panno con visiera imperiale, pompò,
e fiamma di piuma color amaranto.
La buffetteria è di cuojo bianco.
I soldati sono armati di scialila
con fucile, e bajonelta. Gli ufficiali,
e sotto ufficiali, che sono in quie-
scenza, ritiro, o riforma , hanno
r uniforme tutto bleu con pistagni-
ni bianchi al collo con un botto-
ne in mezzOj ed altro, ove si riu-
niscono le ribalse, ed usano del
cappello pimtato con cappio, e fioc-
chi, secondo il grado, o l'ango.
La compagnia granaliera scelta
per corrispondere all'onorifico, e de-
coroso servigio, che presta nella se-
conda anticamera del sommo Pon-
tefice, appresso immediatamente alle
guardie nobili, nella tenuta giorna-
liera porta r uniforme bleu eoa
due asole, o alamari d'oro al col-
lo, e due simili ai paramani, con
granate pur d'oro al di dietro. Fa
uso dello schakos con metalli do-
rati; e gallone d'oro, pompò, e
CIV
pennacchio amaranto. jN^ella gran
tenuta la compagnia porta il bon-
net a pelo con cascate, e fiocchi in
oro misto con seta, e pennacchio
di piuma amaranto, potendo usare
anche quello di color bianco. La
montura è bleu con rivolti, para-
mani, e collo amai-anto con alama-
ri d^oro al collo, ai paramani, e
pattine, oltre le granate. Il pantani-
Ione è di panno amaranto con fet-
tuccia d' oro. Tanto nella bassa ,
che neir alta tenuta, i comuni e
sotto ufficiali portano le spalline, e
la ghiglia d' oro mista con seta.
Gli ufficiali sono tutti guarniti di
oro. Il suo armamento è la cara-
bina con bajonetta, e la sciabla.
Per la qualità del servigio, che
presta questa compagnia nella corte
del sovrano, rimane stabilito dal
manuale della guardia civica, che
non possono ammettersi all' onore
di far parte di detta compagnia
scella, se non che i negozianti, i
mercanti d'importanza, i farmacisti,
i droghieri, i gioiellieri, gli orefici,
gì' incisori di carnei, i mosaicisti, e
gli esercenti un' arte liberale , o
quasi liberale, nei quali oltre la ci-
viltà della professione, concorra la
probità de' costumi. Approvato che
sia r aspirante dal consigho di am-
missione, e riforma, deve vestirsi,
ed equipaggiarsi a proprie spese
senza alcuna dipendenza, e respon-
sabilità del consiglio di amministra-
zione del corpo, il quale non gli
passa, che la carabina.
Il servizio, che la guardia civica
presta gratuitamente in Roma sotto
l'immediata dipendenza de' suoi uf-
ficiali, è sempre corrispondente al
suo istituto, e alla quantità della
forza attiva, di cui può disporre.
Essa alla circostanza arma quoti-
dianamente quei posti di Piazza ,
CìV 271
che si fissano di concerto colla pre-
sidenza delle armi, e nella dipenden-
za della segreteria di stato. Negli
ultimi otto giorni di carnovale pel
mantenimento del buon ordine nel-
la occasione delle carriere de'bar-
beri, arma quella parte della via
del Corso, che le viene assegnata,
cominciando dal luogo della ripre-
sa de' cavalli, ove rimane l' autorità
governativa, prendendo cosi la drit-
ta sulle altre truppe, che formano
r armamento del corso. Previa la
superiore autorizzazione può tenere
aperti per la città dei quartieri in
corrispondenza al bisognOj ed alla
forza. Il corpo civico concorre colle
truppe di linea, avendo sempre la
dritta, a far parata a sua Santità
sulla piazza del Vaticano nel gio-
vedì santo, e Pasqua di R.isurre-
zione per la solenne benedizione
del Papa. Guarnisce pure un trat-
to del luogo in cui passa la solen-
ne processione del Corpus Domini,
della cappella pontificia,, e poi colla
precedenza sulla truppa di linea la
siegue. Presta prue il suo servizio
nei giorni, nei quali suole tirarsi il
cordone dalla truppa, o farsi para-
ta a sua Santità, cioè nel giorno della
festa della ss. Annunziata, nel giorno
di quella di s. Filippo jNeri, nelle fe-
stività dell' Ascensione, e dell'Assun-
zione , nel giorno della festa di s.
Carlo Borromeo, e così pure quan-
do sua Santità suol partire dal-
la capitale nei casi di viaggi , e
villeggiatura, e nel ritorno della
Santità sua in questa capitale. Nelle
pubbliche funzioni, feste ordinarie,
e straordinarie tanto religiose, che
civili, e così nei pubblici spettacoli
concorre, quando è chiamata^ o ne
viene ordinala dalla segreteria di
stato, a mantenervi il buon ordine
coi distaccamenti, sotto l' immedia-
272 CIV
ta dipendenza de' suoi capi, e tal-
volta ha armato anche i teatri. Si
vedi; montare la guardia colla pro-
pria bandiera ned (jnartiere presso
il palazzo Apostolicd abitato dal so-
riano l*onlc(ìce nel dì primo del-
l'anno, nell'anniversario della Co-
ronazione del Papa, che regna, e
nel di della festa de' ss. apostoli
Pietro e Paolo, come giorni solen-
ni, anche in commemorazione di
avere per lungo tempo prestato
quotidianamente tal servizio al Pon-
telìce nella guardia reale. 11 corpo
civico in fine presta qualunque im-
preveduto servigio straordinario sì di
onore, che di l'atica nella capitale del-
lo stato Pontificio, allorché il coman-
dante generale del medesimo ne vie-
ne richiesto dalla segreteria di stato;
per cui quando il governo accorda ai
sovrani, che si recano in questa ca-
pitale, la guardia d'onore, il corpo
civico è chiamato a farvi il primo
turno.
Dagli ajutanti sotto ufTiciali, e
in deficienza di (juesti, dai sergenti
maggiori, e sergenti, che si sono
distinti col servigio, e con la con-
dotta, si scelgono gli ufficiali di po-
lizia alle porte di Roma, servigio,
che ebbe principio fin dal 1817.
La compagnia scelta poi, che vie-
ne comandata dal suo capitano, a
forma della richiesta di monsignor
maggiordomo, o di monsignor mae-
stro di camera secondo le rispettive
attribuzioni, presta il suo servigio
nella seconda anticamera Pontificia
appresso immediatamente alle guar-
die nobili in tutti i giorni, ne'qua-
li il Pontefice dà udienza pubblica,
e così pure in quelli della cappella,
o di altre funzioni. Concorre ezian-
dio col suo armamento nelle cap-
pelle, che il Papa celebra, ocui assiste
fuori del palazzo Apostolico nelle
CIV
chiese, o basiliche di Roma. Altret-
tanto fa nei Pontificali, che cele-
bra il medesimo Pontefice , sempre
do[)o le guardie nobili, prendendo
la dritta sui capotori, come si schie-
ra nella sala regia del palazzo apo-
stolico per le processioni, che vi
lunmo luogo, nelle sagre funzioni
delle cappelle Pontificie. Per rende-
re pili agevole il servigio dell' anti-
camera, tal compagnia ha un corpo
tli guardia nei due palazzi aposto-
lici del Vaticano, e del Quirinale.
All'uditorato militare, che secon-
do l'impianto si forma da un udi-
tore generale, da altro uditore, e
da mi attuario, è affidato il ramo
giudiziario di tutto il corpo.
La guardia civica ha un coman-
dante generale, che suol essere un
principe l'ornano, il quale dipen-
de dal Cardinale segretario di stato.
Origine della guardia civica
di Roma.
Nel declinare del secolo decorso,
il floridissimo regno di Francia pre-
cipitò nell'anarchia, si eresse in re-
pubblica, e giunse la sua conven-
zione nazionale a decapitare il re
e la regina, ad abolire ogni culto
religioso, e a disporre anco l' ab-
battimento della sede del cattoli-
cismo. A tal effetto occultamen-
te vi spedì emissari per sovvertire
l'ordine pubblico , fra' quali i più
audaci furono La Flotte, e Basville, il
quale però fu vittima della sua im-
prudenza, e dell'irritata plebe. Seb-
bene il tumulto e le conseguenze fos-
sero affatto ignote al sovrano Ponte-
fice Pio VI, la repubblica francese
prese la morte di Basville per prete-
sto al compimento de'suoi disegni ,
per cui il Papa che ne conosceva
le mire, a difesa de' propri sudditi
CIV
aumentò la 3-Jilizia Pontificia ( Ve-
di). Né andò guari che le truppe
repubblicane a' 19 gennaio 1796
entrarono nel Bolognese, e costrin-
sero Pio VI a conchiudere a' ^3
giugno in Bologna un pregiudizie-
vole armistizio, in cui oltre la per-
dita delle legazioni di Bologna e
Ferrara, e la citteì di Faenza , si
dovette accedere a' più grandi sa-
grifizi ed umiliazioni . Mentre si
attendeva per parte del direttorio
di Parigi, alla ratifica degli articoli
dell'armistizio, esso in vece esigette
prima da Pio VI una pubblica ri-
trattazione de'brevi apostolici, coi
({uaii avea giustamente condannato
la costituzione civile del clero di
Francia, per non violare la disci-
plina della Chiesa. Interrotto per-
tanto ogni trattato, il provvido Pon-
tefice, per tutelare 1' integrità dei
dominii della santa Sede e i suoi
sudditi, ed in vista del movimento
che doveva avere la truppa di li-
nea, chiamata allora truppa rego-
lala^ la quale dovea spedirsi ai con-
fini del minacciato stato, contando
sulla fedeltà e patriottismo, di cui
sempre si pregiò il popolo romano ,
venne nella determinazione di aflì-
dare il servizio militare interno del-
la capitale agli stessi abitanti , con
un corpo di civica milizia., che poi
prese il nome di guardia civica.
Ed è perciò che il Caidinal Bu-
sca, segretario di stato, a'2S settem-
bre 1 796, emanò una notificazione,
con cui invitò in nome del Papa i
bottegai ed artisti di Roma ad a-
scriversi nei ruoli delia milizia ci-
vica. Questa fi^i stabilita in cinque
battaglioni sotto il comando d' un
colonnello, un tenente colonnello ed
un maggiore. Ad ogni battaglione fu-
rono dati dei capitani, non che dei capi-
tani tenenti, che assunsero il coman-
voi.. xui.
CIV 27^
do delle diverse compagnie da ri-
partirsi nei rioni della città, per la
formazione dei battaglioni designa-
ti. Tali ufficiali si presero dal cetr»
nobile ; da quello de'negozianli, ban-
chieri, ed altri di civile condizione,
gli uffiziali minori, come tenenti, sot-
to-tenenti, ed alfieri ; mentre tra i
primi conduttori o proprietari di
botteghe esei'centi arti e mestieri,
si scelsero gli altri graduali sotto-
ufficiali. Il comando supi-emo della
milizia civica fu affidato al senato-
re di Roma d. Abbondio Rezzoni-
co, nipote di Clemente Xlll , con
quelle istesse preeminenze e supe-
riorità d'ispezione, che godeva il co-
mando generale della truppa rega-
lata. Ad ogni compagnia si assegnò
un quartiere nei diversi punii della
città, per cui in un momento ne
furono aperti trentuno, e situati in
modo che reciprocamente all'istan-
te si potevano aiutare in qualun-
que emergente, dappoiché, secondo il
Novaes, Vita di Pio VI, a quat-
tordici mila uomini ascese la civica
romana nel suo nascere. Le spese
del primo impianto di tal guardia,
e dei soldi, dalla metà di novembre
a tutto dicembre di detto anno ,
furono sostenute dalla cassa de" do-
ni gratuiti fatti in seguito della no-
tificazione di segreteria di stato de-
gli 8 ottobre 1796, ed ammonta-
rono a diecimila e duecento scudi
circa. Le incumbenze assegnale al-
la civica furono quelle di tutelare
la pubblica sicurezza, la conserva-
zione del buon ordine, e la polizia
pubblica della città, dovendo fare
tultociò che potesse essere neces.sa-
rio all' interna tranquillità del pae-
se. Agl'individui, che montavano la
guardia, si assegnarono percompeir-o
venti baiocchi al giorno, cioè per
ogni servizio militare, e proporzio-*
18
274 civ
nato fu quello pei sotto-ufficiali.
Venne espressamente ordinato dal
Pontefice, che la nuova truppa ci-
vica fosse da tutti riconosciuta, ri-
spettata, ed ubbidita al paro delia
truppa regolata; e quindi per di-
mostrare la sovrana soddisfazione,
pel copioso arrolamento degli a-
bitanti , accordò loro alcune prero-
gative, esenzioni, e privilegi, come
si legge nella notificazione del Car-
dinal Busca dc'i3 novembre lygH,
che principia colle parole. Il reli-
gioso e nobile zelo, ce.
I privilegi, le esenzioni e le grazie
accordate alla truppa civica da Pio
VI, furono {{ucllc concesse da Ales-
sandro Vili ai soldati delle milizie
urbane, e da Innocenzo XII agli
alabardieri di . monsignor governa-
tore di Roma, ed ai patentati di
Castel s. Angelo. Piìi, che nelle lo-
ro cause civili e criminali, dovesse-
ro giudicarsi dai giudici competenti
di Roma , pagando la sola metà
delle sportule, emolumenti e pro-
pine. Dalle classi de' sergenti e ca-
porali si sarebbero prescelti li Ca-
po-rioni di Roma [Vedi), colla per-
cezione dei solili emolumenti; e
venne decretato che in ogni anno
per ciascuna compagnia si conferi-
rebbero tre doti di scudi venticin-
que r una, da godersi dalle figlie
dei civici. Tali concessioni furono
seguite dagli arlieoli militari per la
truppa civica, pubblicati dal prin-
cipe Rezzonico comandante genera-
le, coi quali stabilironsi le norme
pel servizio , e le pene pei tras-
gressori, che venivano giudicati dal
tribunale militare, avendovi a tal ef-
fetto l'uditore generale. Nel 1797
la civica fu posta in azione, e poco
dipoi fu raddoppiata la mercede a
quelli che hi fruivano. Intanto, co-
me si dirà all'articolo Roma (Fedi),
CIV
accrebbero i torbidi dei male inten-
zionati e partigiani della repubbli-
ca francese, i quali più volte ten-
tarono la rivoluzione; laonde inco-
minciando dal generale , la civica
accorse zelante ovunque per repri-
mere l'audacia, e conservare la pub-
blica tranquillità, come dimostrò
neir incauto tentativo rivoluzionario
di Duphault, che ne restò morto
nel palazzo Corsini a' 28 dicembre.
Però questo disgustoso avvenimen-
tOj ad onta della pace di Tolentino,
determinò i francesi ad effettuare
la detronizzazione e deportazione di
Pio VI, e r intera occupazione del-
lo stato della Chiesa, ciocché si ve-
rificò a'i5, e 20 febbraio 1798,
insieme alla istallazione dell' effime-
ra repubblica romana. Della guar-
dia civica sotto tale illegittima epo-
ca non se ne parla, seppure non si
volessero ricordare le tre convoca-
zioni fatte dal governo invasore,
nelle due usurpazioni del 1798,
sotto Pio VI, e nel 1808 sotto Pio
VII, col nome di legione imperia-
le, alle quali si può aggiugnere la
terza nel 1812 colla denominazio-
ne di legione della guardia nazio-
nale. Essa era comandata da un
colonnello, e formavasi di otto coorti,
ognuna delle quali veniva comandata
da un capo di battaglione. Sì avverte,
che questa civica fu obbligatoria, e
che non valsero le ripulse di quelli
che furono nominati per esentarse-
ne. Le dette convocazioni poco van-
taggio recarono, giacché il governo
francese si contentava di una con-
tribuzione da chi voleva esserne es-
onerato, per cui adempivasi il ser-
vizio dai più bisognosi , da pochi
fanatici, o dai prezzolati fazionieri.
Tuttavolta sotto la precaria ammi-
nistrazione napolilana, e nei primi
del i8i4; la legione della guardia
CIV
nazionale, e massime » suoi uffiziali
si adoperarono pel mantenimento
dell' ordine pubblico, specialmente
pel fausto avvenimento del glorioso
ritorno di Pio VII in Roma , ove
entrò come in trionfo a' 24 ^^^g"
gio 18 14.
Riorganizzazioni della guardia ci-
vica, e notizie che la riguar-
dano.
Nel medesimo mese di maggio
del 1814, ed a' i4 detto, da mon-
signor Saiiseverino , poi Cardinale,
commissario provvisorio delie ar-
mi, autorizzato da monsignor Ri-
\arola , ora amplissimo Cardina-
le, e a quell'epoca delegato aposto-
lico di Pio VII pel ristabilimento
del governo pontificio in Roma, ven-
ne provvisoriamente confermata la
guardia o legione nazionale, clie dal
1812 trovavasi in attività, la quale
poi con successivo editto de'21 del-
lo stesso mese fu disciolta, e in vece
111 convocata la guardia civica pon-
tificia, per affidarle la quiete e il
buon ordine della capitale, finché
fosse riorganizzata la truppa di li-
nea. Si formò essa di otto batta-
glioni, sotto il comando del princi-
pe d. Giulio Rospigliosi, romano ,
col grado di colonnello comandante,
il quale lo era stato pure della Le-
gione della guardia nazionale, e di
altrettanti comandanti scelti dal ceto
nobile, non che di uffiziali subalterni
scelti da quello de' possidenti, ne-
gozianti, e di civil condizione, a pro-
posizione del colonnello, per mezzo
dei capi battaglioni. Furono invita-
ti a farne parte tutti i cittadini dai
sedici ai sessanta anni inclusivi, me-
no le persone artiste, che vivono
del ritratto dalla giornata che lavo-
lauo, e quelle trovate inabili, oltre
CIV 275
gli ebrei. Si formarono otto quar-
tieri, si ristabiri come prima il pa-
gamento di baiocchi venticinque
per i civici che volessero farsi rap-
presentare da altri nelle guardie, e
nei detti quartieri si aprì un ruolo
per segnarvi i volontari, per forma-
l'e uno o più battaglioni, che verreb-
bono chiamati disdnù, e gl'individui
sarebbero autorizzati a monturarsi
secondo il figurino stabilito, col go-
dimento nel servizio militare del pri-
mo rango nei posti. Fra i volonta-
ri si ammettevano i probi possiden-
ti, capi di negozio e mestieri , ed
altri della classe civile. Avendo a-
dunque la guardia civica occupato
i posti della linea, i suoi uffiziali,
oltre il servizio di piazza, ebbero
r onore di prestare il loro persona-
le servizio di guardia del corpo al
Pontefice sia nello scortarlo, sia nel-
le sue anticamere, sia nelle sagre
funzioni, e ciò fino al mese di ot-
tobre i8i4j epoca in cui ebbe luo-
go la x'iorganizzazione delle Guardie
nobili pontificie {Vedi), l^la essendo
stata inoltre posta inattività la trup-
pa di linea, il nominato prelato Sau-
severino, con editto de' 26 gennaio
1 8 1 5, disciolse pel primo febbraio
la guardia civica di Roma, che in
nome sovrano assai encomiò ; con-
servando l'onore dell'uniforme al
colonnello comandante, e ai capi di
battaglione, e agli uffiziali subalter-
ni della organizzazione ristretta, che
fu lasciata per riattivarsi al biso-
Non andò guari che ciò si veri-
ficò nel medesimo anno con notifi-
cazione del celebre Cardinal Con-
salvi, segretario di stato, emanata
a' 27 dicembre, in cui rammenta i
menti della civica, per essersi do-
vute spedire alcune compagnie di
truppa di linea nella provincia di
27G CIV CIV
Campagna alla estirpazione ile' mal- pa militare fu hciicilclta nella chie-,
viventi. Invitò pertanto tutti i na- sa di s. Silvcstio al Quirinale, da
livi di Roma, e quelli che vi erano monsignor nreivescovo di Tral)ison-
divenuli cittadini per domicilio, cioè da nella mattina del primo olto-
i nobili, i possidenti, i proprietari , bre, e quindi fu depositata presso
i negozianti, e i capi di mestieri il detto comandante generale. Nel-
«lall'etù di anni sedici sino ai cin- l'anno seguente 1817 con notiflca-
quanta, dovendo solo tali classi far zione de' 2.j luglio il Cardinal Con-
parte del nuovo nrrolamento, di cui salvi dichiarò la soddisfazione del
fu fatto il suddetto principe Rospi- Papa per la civica, ed a rendere
gliosi brigadiere comandante gene- meno gravoso, e più equaltilmeutc
rale; e lo scopo di questa riorga- diviso il servizio, ordinò che tutti
nizzazione del corpo, si fu per la i capi di negozi, arti, e mestieri,
sicurezza, e tranfjuillità della capi- non che i padroni di botteghe, che
tale. Al comandante fu dato posto non avessero legittimo impedimento,
nella coTigregazione militare , alla fossero iscritti nel ruolo civico, ve-
guardia la preeminenza .-^ulla linea , nendo aggiunti ai privilegi concessi,
e a' suoi individui il privilegio del l'esenzione dal pagamento per la
foro militare con un uditorato par- patente di esercizio, e l'abilitazione
licolare distinto da quello delia li- di farsi rappresentare da un figlio
nea , la franchigia personale sul o nipote.
macinato, e sul vino, per la fé- Nuova e solenne prova della pie-
sta di s. Pietro, una distribuzio- dilezione di Pio VII per la civica,
ne di medaglie di ai'gento che si certamente fu il posto distinto che
sogliono coniare per tal solennità, accordò nelle sue pontificie antica-
per premiare i benemeriti; ed in ogni mere, dopo le guardie nobili, alla
estrazione del lotto una delle cin- compagnia scelta della medesima
que dotazioni a vantaggio delle lo- guardia, cosi detta dall'essere com-
ro figlie, o sorelle, o parenti pros- posta di persone di civil ceto , e
sima. Nel medesimo giorno, il pre- monturate nobilmente, la quale fu
lodato Cardinal Consalvi pubblicò organizzata nello stesso anno 18 1";
i Regolamenti , ed istruzioni relati- distinzione che in seguito fu am-
ve alla guardia civica di Roma, pliata in molte delle sagre funzioni_,
che riguardano specialmente il pri- cui assiste o celebra il sommo Pon-
vilegio del foro militare. ]\Iolti con- tefice, come si può vedere all' arti-
corscro ad ascriversi nei ruoli, laon- colo Cappelle Po>fTiFiciE. Va qui
de nel febbraio 18 16 intrapresero avvertito, che quando la civica era
il servizio, e per le parate della se- coattiva , vi erano due compagnie
guente settimana santa, e solennità scelte, una di granatieri, e l'altra di
di Pasqua, fu pronto un battaglio- volteggiatori, le quali nel 1826 fu-
ne completamente monturato , che rono unite insieme, ed ora formano
prese la dritta del quadro aperto l'attuale compagnia scelta. Alla com-
sulla piazza del Vaticano per le so- pagnia poi degli usseri a cavallo ,
lonni benedizioni papali. Quindi nel cosi detti perchè il loro ricco ve-
settembre Pio VII accordò al cor- stiario era alla foggia degli unga-
po civico l'onorevole distintivo del- resi, composta di persone civili, ed
la Ixìiidicra, che con religiosa poni- istituita nel 18 19, iu occasione del-
CIV
ja solenne processione tìel Corpus
Domini, venne dato l'onore di scor-
tare il Pontelìce, presso il suo tre-
no, e dopo le dette guardie nobili,
in tutte le pubbliche funzioni jia-
pali , compresa la processione del
Corpus Domini. Sembra che non
debba passarsi sotto silenzio il fedele,
e più grave servigio reso dalla fan-
teria e cavalleria civica nel 1820,
a motivo della costituzione adottata
dai rivoluzionari nel contermine re-
gno di Napoli, per cui la cavalleria
specialmente pattugliò per Koma al-
ternativamente ai dragoni in tempo di
notte per più mesi. L' intiero corpo
poi si distinse per la sua fedeltà e
prontezza nell' accorrere alla difesa
del Pontefice, e del suo governo nella
sera dei i3 febbraio 1821 , in cui
pel falso, ma creduto vero allarme
di una imminente aggressione della
capitale per parte delle truppe ri-
voluzionarie napolitane, in una sola
ora la guardia civica rilevò da tutti
i [)Osli di piazza, ed anche dai tea-
tri la truppa di linea, acciò questa
potesse subito mettersi in marcia ,
ed in istato di difesa. La cavalleria
poi fu piazzata al Quirinale ove
abitava l'io VII anche per sommi-
nistrare, siccome fece, le ordinanze
a cavallo in servigio del Cardinal
segretario di stato, da cui si ema-
narono gli ordini per mezzo di con-
tinue e pressanti spedizioni.
Ed è perciò che la notificazione
del Cardinal Consalvi, data a' i4
febbiaio 1821, sarà sempre un mo-
nimiento di gloria alla civica di
Pioma, perchè nel nome dell' im-
mortale Pio VII, ne rileva i pregi
e i servigi anco slraordiuarii, l'as-
siduità e la fedeltà d<;'niedesimi, ciò
che pur si legge nell'altra notifica-
zione, cui lo stesso porporato pub-
blicò a' 6 marzo 1822. Anzi in que-
CIV 277
sta, pei- r aumento del militar ser-
vigio, venne ampliato il permesso
ai civici di farsi rappresentai'e an-
che da un parente, o ministro, o
giovine del proprio negozio e bot-
tega ; ma si obbligarono a far parte
del corpo i banchieri, i mercanti di
campagna, ed ogni capo di nego-
ziato o traffico ; non che tutti gli
impiegati secolari, autorizzati però
a farsi rappresentare mediante il
pagamento d'una tassa, lo che pur
fu concesso ai mentovati banchie-
ri, ec. Inoltre furono chiamati al
pagamento d' una quota mensile i
bottegai di arti e mestieri infimi, e
i bottegai e negozianti ebrei , in
luogo di prestare servigio, goden-
done i vantaggi come lo adempis-
sero, e facessero parte del corpo ,
meno quei privilegi accordati dal
sovrano Pontefice a chi serviva per-
sonalmente, dei quali non potrebbo-
no godere i rappi-esentati mediante
pagamento.
Quindi, con 1' ordine del giorno
de' 26 aprile 1822, si stabilì mi
nuovo impianto, dappoiché ai cin-
que battaglioni furono sostituite le
divisioni, gii antichi comandanti si
piomossero a colonnelli divisionari,
e dalla nobiltà si presero de' nuo-
vi tenenti colonnelli, come a! gra-
do di maggiori si esaltarono i be-
nemeriti capitani. Dipoi, nei primi
del 1823, avendo il principe Rospi-
gliosi rinunziato al comando della
civica. Pio VII a' 28 gennaio ne
dichiarò successore il principe ro-
mano d. Paluzzo Altieri senatore
di Roma, col grado di comandante
generale. Il detto impianto non eb-
be sviluppo ed esecuzione, ed in
vece si venne ali" organizzazione di
due reggimenti composti di due bat-
taglioni, e nello stesso tempo si
stampò il Manuale relativo al cor-
27B civ
no lilla guardia cù'ica di Roma,
liei quale 8Ì descrissero i regola-
menti, l'istruzione disciplinare e
penale, ce. per legge stabile del cor-
po, e si enumerarono lutti i privile-
gi sovrani fino a quell' epoca con-
cessi al corpo civico. Il detto Ma-
nuale riguarda il corpo civico con
leggi obbligatorie a servire, per cui
fu pubblicato a' 26 aprile 182 3
con approvazione della segreteria
di stato. Morto Pio VII a' 20 ago-
sto, i civici ne scortarono il convo-
glio funebre, e prestarono il servigio sì
nelle esequie novendiali, che pel con-
clave, alla guardia reale del Quirina-
le, come facevano prima delia mor-
te del Papa, e successiva elezione,
e coronazione di Leone XII.
Questo Pontefice, mediante la no-
tificazione, che pubblicò a' 2 1 no-
vembre 1823 il Cardinal della So-
maglia segretario di stato, previo
un elogio alla civica, per le mol-
tissime istanze degl'individui della
medesima, che erano obbligati a
servire personalmente , o a pagare
lina tassa pel rimpiazzo, accordò il
domandato riposo , j-imanendo fer-
mo rimpianto del corpo, e con-
servandogli il tenue servizio giorna-
liero alla custodia della bandiera,
che fu depositata in Campidoglio
neir appartamento del senatore, ed
accanto al trono ; per cui fu con-
servato il posto della guardia per
essa nel Campidoglio medesimo, da
farsi dai fazionieri a soldo, il quale
posto nell'agosto 1826 fu dato alla
truppa di linea. Abolì la tassa di
ritnpiazzo, conservò per metà il pri-
vilegio delle esenzioni dal paga-
mento della tassa patente, la licen-
za per la caccia, le dotazioni, e per
carcere in caso di arresto, il pro-
fosso stabilito in Campidoglio, o il
Castel s. Angelo, A tutti gli ulTiziali
CIV
sino al grado di sergente maggiore
si permise indossarne 1' uniforme ,
co' rispettivi distintivi. In seguito,
e «ebbene nell'agosto 182G fosse
agli antichi impiegati del corpo ri-
formato il soldo che godevano, Leo-
ne XII reputò opportuno che la
civica riprendesse le sue militari
funzioni, concorrendo al disimpegno
del servizio ordinario della piazza
di Roma, ed altri straordinari, ma
senza coazione, e costringimento al-
cuno. Tuttavolta la massima parte
de' civici, venerando i sovrani inviti,
si ascrissero tra i volontari , si ri-
pristinarono tutti i privilegi, e riat-
tivossi il servizio, esaurito in parte
da' fazionieri pagati dal governo, ne-
gli otto posti militari. Il corpo si
prestò alle straordinarie parate nelle
principali funzioni annuali sì pub-
bliche, che sagre, alle quali Leone
XII per distinzione aggiunse i tre
servizi ordinari ai quartieri della
guardia reale presso il palazzo apo-
stolico , ne' tre solenni giorni del
primo dell'anno, della festa de' prin-
cipi degli apostoli , principali pro-
tettori di Pioma, e dell'anniversario
della coronazione del sommo Pon-
tefice, siccome di sopra si è già ac-
cennato.
Per morte di Leone XII, nell'an-
no 1829, ed elezione di Pio Vili,
la civica rese i medesimi servigi
suddescritti : quest'ultimo Papa am-
pliò ad essa il privilegio del foro
criminale, e manifestatisi nel i83o
alcuni torbidi nello stato , per ri-
verbero di quelli gravi insorti in
altri, fu aumentato al corpo il ser-
vizio , ed accresciuta la vigilanza
mediante duplice ispezione, rinfor-
zi, e pattuglie, anco della compa-
gnia a cavallo degli usseri a tutela
dell' ordine pubblico. Passato agli
eterni riposi Pio Vili , i civici si
CIV
prestarono nel trasporlo del di lui
cadavere, nella sede vacante, ed alla
esaltazione al pontificato di Grego-
rio XVI regnante, che si verificò
a' 2 febbraio i83i; indi, a' 7 del
medesimo mese, giunse in Roma
r infausta nuova della insurrezione
di alcune provincie de' pontificii
dominii, nelle quali i ribelli avea-
no profittalo dell' interregno. Que-
sto triste avvenimento se trafisse il
suo paterno animo, riuscì poi di
gloria, e al corpo civico di occasio-
ne luminosa per dimostrare il sin-
cero patriottismo , ed il vivo reli-
gioso attaccamento alla santa Sede,
e al novello sovrano Pontefice. La
sei-a degli 1 1 febbraio ne diedero
i civici volontari mirabile prova ,
dopo che alcuni sciagurati avevano
tentato sorprendere a piazza Colon-
na il valore e la fedeltà della bra-
va truppa di linea pontificia. Giac-
ché consistendo allora il corpo in
circa quattrocento individui, in ve-
ce di recarsi a riposare alle pro-
prie case , dopo avere prestato il
servizio del carnevale , spontanea-
mente si posero a disposizione dei
superiori, e senza risparmiare disa-
gi e fatiche s' impiegarono perchè
la pubblica quiete non venisse al-
terata. La compagnia scelta avendo
alla testa il suo capitano, si munì
e restò sulle armi al Quirinale a
difesa del suo sovrano , e ne rad-
doppiò in seguito la guardia in quel
palazzo apostolico. I\Ia nel giorno
seguente, il Cardinal Bernetti pro-
segretario di stato, emanò una no-
tificazione, colla quale pel manteni-
mento dell'ordine contro le prave
macchinazioni dei malintenzionati ,
comandò che oltre i civici già ar-
ruolati, ognuno dei quattordici pre-
sidenti regionari scegliesse cento in-
dividui alti a concorrere alla di-
CIV 279
fesa delle proprie famiglie, sostanze e
pubblica incolumità. Indi a' 2 1 dello
stesso mese pubblicò il medesimo
Cardinal Bernetti un'altra notificazio-
ne, colla quale per diminuire il servi-
gio personale, o la quota di contri-
buenza a quelli civici, che si face-
vano rappresentare, dovendo il cor-
po quasi per intero ricoprire l' ai'-
mamento della città , perchè gran
parte della truppa di linea era stata
spedita contro i rivoltosi , dichiarò
che la guardia sarebbe composta di
tutti i cittadini atti a portare le
armi, esclusi gli ecclesiastici, cioè
quelli che avessei'o compita l'età di
anni venti , e non altrepassassero
quella di sessanta, potendone anco-
ra far parte quelli, che supei'ando
lal'età, volessero appartenervi. Oltre
a ciò furono pure esclusi quelli che
vivono di mercede giornaliera , e
gì' impotenti vennero autorizzati a
farsi rappresentare. Indi il coman-
do generale notificò che le cancel-
lerie dei cinque colonnelli riceve-
rebbono le iscrizioni degl' individui.
Sia ad eterna lode de' romani, alla
voce del sovrano invito , senza di-
stinzione di ceti, senza riguardo alla
nascita, nobili, e plebei, possidenti,
impiegati, legali, artisti, bottegai,
in una parola gli abitanti della ca-
pitale del cristianesimo tutti cor-
sero in fretta a dare il loro nome.
Furono pertanto nominati altri uf-
ziaU di slato maggiore, e gran nume-
ro di uffiziali subalterni ; si formaro-
no quattro reggimenti, vennero de-
stinali i battaglioni e le compagnie, e
col medesimo ordine dell' iscrizione
si prestò indistintamente il servizio
ovunque venne comandato. Partita
da Roma la truppa di linea, il quai'-
tiere del Quirinale, il palazzo apo-
stolico colla sagra persona del Pon-
tefice, e la protezione dell' ordine
aSo CIV
pubblico si aHiclarono alla civica, sus-
sidiata da sole due compagnie au-
siliarie pagate con le tasse di quel-
li die si facevano suppliie nel ser-
•vi/io, secondo il permesso dato dal
pielodato segretario di stato con
notificazione de' 3 giugno i83i. Con
essa, e con altre il regnante Gre-
gorio XVI esternò in modo solen-
ne l'alta sua soddisfazione, gratitu-
dine, e paterna benevolenza al be-
nemerito e fedele corpo civico .
IVon deve omettersi a lode del
comandante generale di quel tem-
po, che il superior governo, nel luo-
go il più forte del palazzo senato-
rio in Campidoglio, fece un depo-
sito di armi di diverse specie per
armare in un momento piìi di mil-
le civici; e queste munizioni da guer-
ra ed armamento furono affidate al-
la custodia di persona del corpo ivi
residente, cioè del benemerito udi-
tore generale del medesimo, l'avvo-
cato Vincenzo del Grande; e ven-
ne il deposito segretamente ispe-
zionato dal conte Resta , tenen-
te generale delle milizie pontifìcie ;
quindi diminuito il timore, le mu-
nizioni e r armamento furono ri-
portate in Castel s. Angelo. Cessate
le turbolenze, e rientrata la truppa
di linea nella capitale, il servizio dei
civici venne alleggerito, massime di
quelli da ultimo ascritti e non mon-
turati, conservandosi però i ruoli per
averli pronti ad ogni appello che
la necessità richiedesse; cessando an-
cora la tassa imposta a' contribuenti,
e venendo in vece aumentato il nu-
mero de' volontari. Il perchè a' 7.5
luglio ritornò il corpo nell'attività
dell'antico servizio, e le due compa-
gnie ausiliarie passarono sotto il co-
mando della linea. Quindi il bene-
fìco Pontefice, appena istituito l'or-
idine etpestre di s. Gregorio Ma-
CIV
gno, in contemplazione de' prestati
servigi, conferì la decorazione del-
la gran croce al comandante gene-
rale principe Altieri, di commenda-
tore ai colonnelli, e di cavaliere a-
gl' individui dello stato maggiore,
ed altri uffiziali civici. L'intiero cor-
po civico poi fu premiato quando il
regnante Gregorio XVI disse di lui
non solo a Roma, e alle provincie, ma
airi'ìuropa, queste memorande, e so-
lenni parole: » Gloria sia pure e lo-
» de a quegli onorati cittadini, che
»> unitisi premurosi in milizia civi-
-•' ca vegliarono indefessi sotto le
}> armi e tra i travagli di servizio
>= il più stretto alla salvezza della
»3 Nostra persona, e alla quiete di
!> questa città. Noi osservammo con
" tenerezza gareggiare in questo ge-
•i neralmente, e indistintamente col
" popolo, persone trutte dalla no-
" biltà più illustre, e da quanto ev-
" vi in tutti gli ordini di scelto
" ed attivo. Caro ci è il dichiarare,
» che a prove sì belle di divozio-
» ne corrisponderà sempre la pie-
»5 nezza del Nostro affetto, che non
« sarà [)ago se non colla sicurez-
" za della compiuta felicità di fi-
» gli così fedeli ".
Per morte del menzionato prin-
cipe, il corpo civico gli prestò i mi-
litari onori, ed il regnante Ponte-
fice gli diede indegno successore a'i3
gennaio i834 il principe d. Do-
inenico Orsini romano, che avea no-
minato anche senatore di Roma.
Questi subito ne assunse il coman-
doj nel successivo giorno 20 gen-
naio, convocò nell'appartamento se-
natorio di Campidoglio tutti gli uf-
fìziali civici , per assicurarli dell'im-
pegno con cui andava ad occupar-
si per conservare in lustro il cor-
po civico, eleminandune gli abusi.
Di fatti egli riformò le compagnie
CIV
resili ngeudoue il numero, e ridu-
ceiìdole in una sola arma; regolariz-
zò il pagamento delle franchigie, pa-
reggiò il numero delle teste nelle
compagnie, essendo allora i volon-
tari soli quattrocento cinquantuno.
Soppressa la compagnia a cavallo
degli usseri , ridotta inservibile a
cagione del ristretto suo numero ,
Ktabill un esatto metodo sulla di-
stribuzione e durata del vestiario ;
liattivò le manovre e le istruzioni
militari, e richiamò all'osservanza le
anteriori discipline. Avendo la guar-
dia civica la precedenza sulla distin-
ta milizia urbana, o C a potori {^Ve-
di), nel i835 la segreteria di stato,
a' 3 I gennaio, glielo confermò, an-
che pel luogo in cui nel carne-
vale guarnisce il corso. Nel seguen-
te anno vennero riformati, e posti
al seguito de' reggimenti gli uflizia-
li e comuni esuberanti, od inabili
ce. , venendo pure regolarizzata la
distribuzione delle medaglie di ar-
gento, che si coniano per la festa di
s. Pietro, secondo la concessione nar-
rata di sopra ; indi fu rinnovato e
migliorato l'armamento. ìNel 1887,
prima della manifestazione del pe-
stilenziale morbo cholera, il nume-
ro dei volontari spontaneamente si
raddoppiò, il che provocò elogi sì
al corpo che ai capi, dati dal Car-
dinal Lanibruscbini attuale segre-
tario di stato , per nome espresso
del Papa che regna. 11 morbo rapì
circa ventisei comuni, cui la compa-
gnia scelta celebrò solenni esequie
nella chiesa di s. ÌNIaria Maddalena
de'ministri degl'infermi.
IVel i838 per sovrano favore si
riabilitarono al godimento di tutti
i privilegi , analoghi allo stato at-
tuale, gli uffiziali, che per la loro ri-
forma n' eiano decaduti ; poscia il
corpo si prestò per l'esposizione ed
CIV 28 r
estrazione degli oggetti donati, ad
utile degli orfani del cholera asia-
tico. Rimanendo alla civica il solo
posto slabile sul Campidoglio, dimi-
nuitisi i volontari, a'i3 giugno i838
fu consegnato alla truppa di linea.
Sospeso così il tenue servizio ordi-
nario, non rimase alla civica che
quello straordinario. Lo zelo del prin-
cipe Orsini ottenne l'autorizzazione,
e le facoltà per riformare e dare
un novello impianto al corpo civi-
co, che produsse lodevoli risulta-
ti; e tanto per le spalline, che pei
distintivi del servizio militare, la guar-
dia civica si uniformò, pegli ulllzia-
li, e sotto ufllziali, a quello che pra-
ticasi dagli uffiziali della piazza di
Roma. Dipoi, coll'ordine del giorno
datato 4 agosto 1840, il principe
Orsini pubblicò altri sedici privi-
legi concessi da Gregorio XVI al-
la civica di Roma sua capitale, eoa
biglietto di segreteria di stato dei
1 5 luglio precedente. A volerne in
compendio fare qui menzione dei
principali, essi consistono come ap-
presso .
Che nella collezione degl'impie-
ghi, a parità di requisiti, al borghe-
se sarà preferito il civico; fermo ri-
manendo il diritto accordato coli' ar-
ticolo i63, parte prima del Manna'
le civico, agli aiutanti sotto uffizia-
li, ed ai sergenti maggiori, per ot-
tenere i lucrosi posti di uffiziali
di polizia alle porte della città, si
dispose che in caso che tali gra-
duati non vi concorrano, o non sie-
no idonei al servizio, ogni civico
potrà concorrervi ec. ; i civici che
avranno servito dodici anni, conti-
nueranno a godere la licenza del-
l'uso dell'archibugio per la caccia,
il carceie militare, e l'annua fran-
chigia. Chi avrà servito venti anni
godrà l'onore dell'uniforme, Vcxe-
28a CIV
(junlur nel mandali civili, l'esenzione
(Iclh lassa patente,, e dell'alloggio
jiiilitare. Si classincarono i privilegi da
godersi dai rappresentanti dei civici.
)y\ concesse al civico di porre sul-
ruiiiforme uno scaglione, o sti'iscia
di painio rosso dopo avere servito
Ire anni. lSì slalìilirono, oltre le me-
daglie per la festa di s. Pietro, per
la ricorrenza anniversaria della co-
l'onazione del Papa, due medaglie
d'oro pegli ulllziali, e dieci di argen-
to pei sotto nniziali e comuni volon-
tari , coll'epigiafe : Al mento, e con
contorno speciale per la guardia ci-
vica di Roma , onde il comandan-
te generale possa premiare i bene-
meriti del corpo : chiunque verrà
decorato di tali medaglie, avrà dirit-
to di portarla sull'uniforme sospesa
ad im nastro bianco e giallo. Il ve-
stiario fu fissato, e stabiliti gli or-
namenti e i distintivi delle compa-
gnie scelte nella tenuta giornaliera
e nell'altra di parata, in corrispon-
tlenza aironorifico servizio che pre-
sta nelle anticamere e cappelle Pon-
tificie, su di che già si è di sopra
fatto cenno. Gli uHlziali della com-
pagnia scelta potranno fuori di ser-
vizio indossare le spalline devolute
al grado superiore al loro grado; il
sergente magg'ore indosserà i di-
stintivi di aiutante sotto - ufìiziale ,
l'aiutante sotto-ufllziale quelli di sot-
to-tenente: i sotto-uffiziali, ed i co-
muni sono pure autorizzati fuori di
servizio ad indossare due mozzette
in luogo delle spalline, col contras-
segno del grado. Agl'individui poi
di detta comj^agnia, da sergente a
basso venne permesso fuori di ser-
vizio l'uso del cappello, e del por-
ta spada; inoltre fm-ono assegnate
alla compagnia scelta sei doli del
lotto all'anno, indipendentemente da
quelle già assegnate al corpo civico.
CIV
Con ordine del giorno, de':»8 no-
vend)re i H4 i , il comandante generale
jìrincipe Orsini notificò che il sovra-
no Pontefice per ragione di salute
lo aveva dietro sua domanda esone-
rato dal comando della civica, per
cui esso in lui cessava col primo del
prossimo dicembre, subentrando al
medesimo d. Pompeo de' principi
Gabrielli romano. Collo stesso ordi-
ne il principe Orsini invitò lo stato
maggiore del corpo, e tutti gli uffi-
ziali superiori e subalterni in atti-
vità, a trovarsi nella mattina de'3o
novembre in stretta uniforme nel-
r ulllcio del comando generale alla
Pilotla, per fare la dispensa delle
medaglie di merito aggiudicate a
quelli, che se n' erano resi degni,
mentre egual considerazione per su-
periore volontà era stata al principe
stesso accordata. Quindi manifestò
nel modo il piìi solenne ed onore-
vole la sua soddisfazione, ed attac-
camento per r intero corpo, che ri-
colmò di elogi. Tal ordine del gior-
no fu seguito da altro che emanò
nel primo di dicembre il nuovo co-
mandante generale, col quale in belli
ed analoghi modi partecipò al cor-
po la sovrana sua destinazione di
presiederlo, dirigerlo, e comandar-
lo, eccitando gli uffiziali e i soldati
con giusti encomi a continuare nel-
l'onorevole e disinteressalo servigio,
dandogli per parola d' ordine per-
manente, ordine, fedeltà, ubbidienza.
CIVIDALE DEL FRIULI. Città
del regno lombardo veneto, situata
a piedi di coltivati monti, ramo
delle Alpi, sopra il fiume e torren-
te Natisene, che nasce nel monte
Moris, e che è attraversato da un
ardito e magnifico ponte formato
di pietre quadrate, e costruito nel
i44' 5 con due sole grandiose ar-
cale. Cividale è cinta di antiche, e
GIV GIV aS3
solide mura e di una fossa ; e va ed aperta questa slessa via per la
doviziosa di pregevoli monumenti quale era prima venuto Massimino
archeologici, e d' interessanti i seri zio- all'assedio di Aquileja, e dopo lui
ni. Esistendo nella parte del moder- Attila nel 4^i ^i ^^'^ sceso alla to-
no Friuli, detta Cargna^ o Carnia, tale sua distruzione. Volendo AU
un villaggio chiamato ora Ziiglio, i:)oino proseguire con pari passo le
e in latino Juliiim Carnicum, si sue conquiste, prima d' inoltrarsi
disputa fra gli eruditi, se in Juliimi prepose alla direzione di questa pro-
Carnicum, o in Cividale fosse col- vincia Gisulfo suo nipote col titolo
locata la vera colonia del Foro di Duca, da lui conosciuto a ciò
Giulio. Non essendo scopo di que- idoneo , ed atto a governare. Di
sto Dizionario il decifraie certe qua ebbe origine il ducato del
questioni, perciò senza prendere al- Friuli, e da quest'epoca Giulio Car-
cun partito in proposito, ci limite- nico, città forte e munita capitale
remo ad osservare, che il conte del Foro Giulio, sola rimasta in-
Girolamo Asquini, nella sua Letlera latta dal furore barbaresco, peroc-
sul Foro Giulio dei Carni, e di che stava lungi da quella via don-
quello di altri popoli traspadani, de entrarono i barbari del setten-
stampata in Verona nel 1827, sos- trione, divenne la residenza del suo
tiene in modo evidente , che il ducato, il quale estese i propri
Juliuin Carnicum fosse chiama- confini sino al mare, per la distru-
to Coloniain Juliam Kamoruni , zione di Aquileja.
distinta affatto dalla Colonia A- Neil' anno 6 1 i Cacano, re degli
quilejese, e dall' altra Giulia Con- Avari, con formidabile esercito si
cordia, attualmente poco abitata ; recò dalla Pannonia in queste con-
ma sede vescovile, con residenza trade. Entrato appena nella Vene-
dei vescovo in Portogruai'o. F. Con- zia, si die' tosto a scorrere con la
CORDIA. «uà armata tutti i confini della co-
Ai detto Giulio Gamico, o Givi- Ionia Forogiuliese, portando la de-
dale, non manca il lodato scrittore solnzione e la strage in tutti i bio-
di attribuire la cattedra vescovile, ghi, secondato da que' baibari, che
fino dai primi secoli della Chiesa, giunti alla capitale, ossia a Juliuin
e ne riconosce per antichi vescovi Carnicum, ne strinsero di assedio
s. Amanzio, s. Gennaro, Massenzio, il castello, tentando con tutto il
Fidenzio, Federico ed Amatore, dei nerbo delle loro forze di espugnar-
quali parleremo all'articolo Zuglio lo. Andò coraggiosamente contro
(Pedi) determinandone la diocesi di Cacano il duca Gisulfo coli' armata
<|ua delle Alpi in tutta quella parte che avea potuto raccogliere, sì dai
del Friuli odierno, eh' era fuori del suoi longobardi , che dagli amici ;
confine dell' agro Aquileiese, e al ma sopraffiitlo dalla moltitudine dei
di là della Zelia, ossia Pallis Ju- nimici restò estinto sul campo, col-
lia, nella Rczia seconda. Il mcdesi- la maggior parte de' suoi. Abusò
mo autore ricorda poi, che Alboino quindi il re degli Avari della debo-
J"e de' Longobardi nell'anno 568, lezza, e della femminile follia di
calò ad invadere colla sua podero- Romilda, vedova del duca. Rinser-
sa armata questa parte d' Italia sen- l'alasi Costei in Giulio Gamico, in-
za ostacolo, avendo trovata libera, siemc alla sua prole, olfiì a lui in
:ì84 CIV
un colla propria dcslra, la città e
lo «tato. (Jacaiio introdusse nella cit-
tà le sue genti, le quali appena en-
trate ne dicd(;ro il sacco, la misero
a ferro e a l'uoco, e la ridussero
un mucchio di sassi.
Dalla caduta di Giulio Gamico
(secondo le idee del summentovato
scriltorej ornai ridotta a sole ma-
cerie, incominciò la grandezza di Ci-
vidale, proporzionala, e relativa a
tpic' tempi, e al suo principato. Di
paese che era, divenne città, e sede
dei duchi del Friuli, e quindi la
capitale di tutto il ducato. Ma per
gccoudare il desiderio di que' duchi,
vennero a stabilirsi in Cividale an-
che i vescovi di Giulio Gamico.
Questo per altro aveva sempre avu-
to il proprio territorio, e la pro-
pria diocesi ; laddove Cividale ap-
parteneva al territorio della colonia
i\({uilejese, ed alla diocesi appunto
di Aquileja.
L' ultimo vescovo di Giulio Gar-
nico, che lisiedesse in Cividale, fu,
come pare, il suddetto Amatore;
tua non potendo soffrile il patriai"'
ca di Aquileja Calisto, che iìi e-
jus (liocccd cum duce , et longo-
haidis liahitaret episcopus, come si
esprime Paolo Diacono nel lib. VI,
cap. 5i, lo discacciò, ed egli stesso
vi si stabih, piantando la residenza
patriarcale in Cividale, mentre per
lo innanzi, e dopo la distruzione di
Aquileja, i patriarchi si erano sta-
biliti a Cormons, situato a piedi di
alcune montagne, cinto da vecchie
muraglia, e difeso una volta da un
castello fortificato. Fu poi, al dire
dell' Asquini, in memoria di quella
prima capitale del Friuli distrutta,
se Paolo Diacono , che fiori circa
un secolo e mezzo dopo tal distru-
zione, in hiogo di chiamarla col
proprio suo nome primitivo, sostituì
CIV
piuttosto a Cividale, nuova capitale
del Friuli, la denominazione di Ga-
slruiìi Forojuliciisc, Oppiduni Foro-
jtilii, e talvolta Givilas Forojuliaiiay
dicendosi in italiano Gasudlo del
Friuli, Città o Gii'idale del Friuli,
o nel Friuli.
Alieno dall' abbracciare verun
partito , lascio che da quanto sin
qui si è detto sull'autorità del pre-
detto scrittore, altri giudichi, se deb-
bano o no appartenere a Giulio
Carnico, o piuttosto a Cividale, tut-
te o parte delle cose fin qui nar-
rale. Solo mi limiterò ad osservare
che Cividale, sino dai tempi anti-
chi, è .stata illustre e celebre per la
residenza in essa fatta dai duchi
del Friuli, e per la residenza pari-
menti in essa tenutasi dai patriar-
chi di Aquileja.
Sigeardo patriarca di Aquileja,
dopo la metà del secolo XI, au-
mentò Cividale con edifizi e con
abitanti; e Bertoldo fatto patriarca
nel 1218, come scrive l'Ughelli,
insieme colla comunità e capitolo
de' canonici, ne cinse i borghi di
mura. E degna di osservazione la
vecchia chiesa principale, che nel
i5ii, dopo la rovina dell'antica
collegiata, cagionata dal terremoto,
fu ridotta in nobile, e grandiosa
forma. Illustre n' è ancora il capi-
tolo, il quale possiede un prezioso
archivio, in cui si conservano pi"e-
gevoli manoscritti antichissimi, fra
i quali un evangelario scritto nel
V o VI secolo in lingua latina su
pergamena, che fu illustrato da
molti celebri scrittori. Sulla cima
d' un vicino monte si venera iiu
santuario della b. Vergine assai
frequentato dalla pietà de' fedeli.
Vuoisi che Desiderio, ultimo re dei
Longobardi, fondasse appi'csso alla
città un gran monistero di mona-
CIV
tli€ benedettine, con molti privile-
gi e giurisdizione.
Cividale, oltre di chiamarsi Civi-
dale del Friuli, è stata anco ap-
pellata Cn'itas Austriae, o Città di
Austria, secondo il linguaggio di
qua' popoli, che chiamavano NcU'
strìa i luoghi situati all' ovest di
Pavia, ed Austria, quelli all' est, co-
me abbiamo dal celebre Paolo
Diacono, che nacque in questa cit-
tà nel secolo Vili. Dalle leggi lon-
go]>ardiche si rileva altrettanto ,
In esse Cividale è appellata Civi-
tas Austriae.j e talora col suo pri-
mo nome ; mentre in altri mo-
numenti si legge con ambedue i
nomi uniti di Civitatis Australis
Fori Julii. Non si dee tacere che
alcuni vollero dedotta la nomen-
clatura Austria da Rosimonda di
Austria, moglie del re Luitprando.
In principio dell' ottavo secolo,
Calisto patriarca di Aquileja, come
di sopra dicemmo, vi trasportò la
sua sede, che vi rimase stabile in-
sino al secolo undecimo, e interpo-
latamente sino al decimo terzo, per
cui i patriarchi furono chiamati
Forojuliesi. Neil' anno 791, o nel
796, il patriarca s. Paolino vi adu-
nò i suoi suffraganei pel concilio
Forojuliense y nel quale si com-
batterono due eirori, e si presero
delle provvidenze sopra la disciplina.
Il primo di quegli errori era che
lo Spinto Santo non procede che
dal Padre, e non dal Figliuolo, e
l'altro divideva Gesù Cristo in due,
uno naturale, l'altro adottivo. Am-
bedue questi errori furono condan-
nati dal concilio, il quale inoltre fe-
ce quattordici canoni per riformare
la disciplina ecclesiastica. Il primo
è contro la simonia, gli altri ris-
guardano la vita esemplare dei
chierici. Fra le altre cose proibisce
CIV 28";
loro r abitare con donne, le can-
zoni profane, e i divertimenti cla-
morosi. Reg. XV, Labhé VII, Ar-
duino IV.
Taluno de' patriarchi di Aquileja
ritornò per un tempo a fissarsi nel-
la desolata Aquileja ; ma ben presto
i successori si ricondussero a Civi-
dale, che perciò nelle antiche noli-
zie ecclesiàstiche, come osserva Com-
manville, fu chiamata Civitas Aqui-
hjensium, hoc est Forum Julii. Ma
eletto nell'anno 12 18 il patriarca
Bertoldo, passò a risiedere in Udi-
ne, dal che conseguirono rivalità,
e lunghe guerre tra gli Udinesi, e
i Cividalesi. Verso l'anno 1267,1!
patriarca Gregorio di INIontelongo
fondò fuori della città un bel mo-
nistero di monache, chiamalo la
Cella.
Nel grande scisma d' occidente ,
sostenuto in Avignone prima da Cle-
mente VII , e poi da Benedetto
XIII antipapi , divenuto Pontefice
Gregorio XII, Carrara, patrizio ve-
neto, vedendo che alcuni Cardinali
della sua ubbidienza , ribellatisi a
lui, eransi adunati in Pisa per cele-
brarvi un concilio afiine di deporlo,
in un al vivente Benedetto XIII an-
tipapa, con bolla de' 18 settembre
i4o8 inlimò un concilio per op-
porlo al Pisano, dichiarando che al
solo e legittimo Pontefice romano
appartiene l'autorità di convocare
i concini generali. E siccome erasi
Gregorio XII determinato di cele-
brarlo per la Pentecoste dell' anno
seguente i4<^93 dopo aver deposto
dal patriarcato di Aquileia Antonio
Pancera, e creato in sua vece An-
tonio da Ponte, da Ri mini ove ri-
siedeva parfi pel Friuli nel mese di
maggio i4*^9- Si l'^cò prima nel
castello di Prata, posto nel distretto
di Pordenone , ove alcuni credono
286 C 1 V
che incominciasse il concilio, quindi
jiassò in Civiilale, e vi fece l'aper-
tura del concilio nel dì della Pen-
tecoste. E perchè vi eiano pochi
prelati, dideiì ad assemblea pii^i nu-
merosa la prima sessione. Però, do-
po la processione del Coqms Do-
mini, a' 6, o a' 12 giugno i4o9j
tenne la piima sessione, cui assi-
.stcltero pochi prelati. Con lettera
dei 20 giugno altii ne invitò quindi
a recarvisi prontamente. Confermò
in quella sessione Antonio da Ponte
in patriarca di Aquileia , e depose
il Pancera seguace degli scismatici,
che d'altronde era sostenuto dagli
udinesi e dagl' imperiali. Inoltre
venne nella sessione dichiarato, es-
sere state canoniche e legittime le
elezioni in sommi Pontefici fatte
in Pioma di Urbano VI, Bonifa-
cio IX, Innocenzo VII, e dello
stesso Gregorio XII; e che quel-
le degli antipapi Clemente VII , e
Benedetto XIII effettuate in Avi-
gnone, non che quella di Alessan-
dro V, eseguita nello stesso mese
nella sessione XIX del concilio, o
conciliabolo di Pisa, come il chia-
ma s. Antonino, erano tutte scisma-
tiche ed illegittime.
Tenne Gregorio XII la seconda,
o terza sessione in Cividale, a' 5
settembre , nella quale, come rac-
contano il Niemo lib. Ili, cap. 45', e
il citato s. Antonino, in Chronicon,
par. Ili, tit. 2 2, § 3, e. 6, il Papa
promise con pubblica scrittura di
spogliarsi delle pontificie insegne, se
Alessandro V e Benedetto XIII fa-
cessero altrettanto, affinchè, creandosi
un nuovo Pontefice , si terminasse
il lagrimevole scisma, che dal iSyS
teneva divisa la credenza de' fedeli.
A tal effetto Gregorio XII deputò,
e diede facoltà a Roberto di Ba-
viera re de' romani, a Ladislao re
GIV
di Napoli e Gerusalemme , e a Si-
gismondo re d'Ungheria, poi im-
peratore, perchè eleggessero co' prin-
cipi delle parti contrarie il luogo
per tenersi un concilio generale, a
cui prometteva d'intervenire, assi-
stere e sottomettersi al giudizio del-
la maggior parte de' Cardinali, delle
diverse ubbidienze, al qual fine in-
viò diversi legati per la cristianità.
Ma poco dopo, vedendosi Gregorio
XII abbandonato dai boemi , dagli
ungheri e da altri, e temendo che
ne seguissero l'esempio i veneti suoi
concittadini e i napolitani, paven-
tando inoltre la potenza dell' irato
ex patriarca Pancera , dominatore
della maggior parte del Friuli, il
quale con gente armata gli tende-
va insidie, si determinò partire da
Cividale. Travestito da mercante,
ed accompagnato da due soli fami-
gliari, Gregorio XII uscì fuggiasco
dalla città, e per maggior precau-
zione fece vestile da Papa, e in abito
rosso, Paolo suo cameriere, mentre
egli ramingo si salvò prodigiosa-
mente. Giunto a Gaeta, salì sulle
galere del re Ladislao , e s' inviò
neir Abruzzo. Appena Paolo uscì
da Cividale, i partitanti del deposto
patriarca, dall'abito e dall' equipag-
gio ingannati, subito il fermarono,
quindi senza riguardi il malmena-
rono spogliandolo, e bastonandolo.
Laonde, per non avere di peggio.
Paolo confessò chi era, e che tene-
va cuciti nella camicia cinquecento
fiorini. Nel dì seguente ardì un
mascalzone indossar gli abiti ponti-
ficii , e con essi cavalcare per la
città, dando sacrilegamente la be-
ncdizione papale, siccome racconta
Agnello Anastasio, arcivescovo di
Sorrento, niAY Istoria degli antipapi,
t. II, p. 23 [.
Ritornando ai cronologici cenni
CIV
storici su Cividale, diremo che que-
sta città spontaneamente , mentre
era doge di \'enezia Tommaso Mo-
cenigo, si sottomise nel i4'9 ^"•'^
repubblica veneta. Dipoi fu assedia-
ta con numeroso esercito di ungheri
e friulani dal patriarca di Aquileia
Lodovico duca di Tech, ma potè resi-
stere a tante forze mediante i soccorsi
de' veneziani. Indi nel 1009 fu di
nuovo assediata dall'esercito di Mas-
similiano I re de' romani , capita-
nato da Enrico di BrunsAvich, il
quale per altro dovette per le gravi
perdite ritirarsi a Gorizia. Da quel
tempo Cividale restò tranquilla sotto
la repubblica di Venezia , e ne se-
gui i destini. Ora è capoluogo del
duodecimo distretto, sotto la dipen-
denza dell'imperiale regio delegato
di Udine, moderna capitale della
provincia del Friuli ; ed in quanto
allo spirituale è poi soggetto al ve-
scovo di Udine. Fra i cittadini be-
nemeriti di Cividale va qui ram-
mentato monsignor Michele conte
della Torre e \alsassina, ora pre-
posto dell insigne collegiata di Ci-
vidale, di famiglia nobilissima, e di-
scendente dagli antichi sovrani di
Milano, il quale si occupa ad illu-
strare questa città, a sostenerne £;li
antichi pregi, ed a presiedere ad
un museo ove si radunano gli og-
getti di antichità, che in quel ter-
ritorio si rinvengono, e che forma-
no ornamento alla medesima.
CIVITA CASTELLANA {Cwi-
tatis Caslellan.). Città con residen-
za vescovile nello stato pontifìcio,
delegazione di Viterbo, fondata su
d' un fortissimo scoglio tufaceo di
figura quadrilunga, il quale è iso-
lato da tutte le parti, meno verso
mezzodì, cioè verso Nepi e Monte-
rosi, dove si unisce ad una spiana-
ta per mezzo d' una specie d'istmo.
CIV 287
Scorrono a pie della rupe i rivi
detti Rio \icano, oggi conosciuto
sotto il nome di Rio Filetto, e R^io
maggiore, che ivi si riuniscono insie-
me, e formano il fiume Treja, che,
non molto dopo, mette foce nel
Tevere. Sul Rio maggiore all' aper-
tura della nuova strada. Clemente
XI fece costruire nell'anno i 7 i 2 col
mezzo del Cardinal Imperiali, un
solido ponte di pietra, alto cento
cinquanta piedi. Dal detto lato del-
la nuova strada, la sua superficie è
molto ampia. L'antica via Flami-
nia, che circa mezza lega trovasi Inn-
gi dalla via consolare, aperta da Pio
AT neir anno 1789; il Tevere,
ed il maestoso monte sanC Ore-
ste dipendente dall' abbazia delle
tre fontane (della quale, in un al
monte s. Oreste o Soratle si tratta
all'articolo Chiesa de' ss. A incexzo
ED An.astasio alle acque Salvie),
circoscrivono nella parte orientale
il territorio di Civita Castellana,
che può genei'almcnte dirsi salubre,
meno le pianure prossime al Teve-
re. Esso è fecondo di ogni sorta di
biade, legumi e vino; ma è poco
coltivato per mancanza di brac-
cia. Civita Caslellana non presenta
altri edilizi dtgni di osservazione,
che la chiesa cattedrale, opera del
secolo XI li, di cui poscia riparlere-
mo, della cittadella della quale pure
si terrà discorso, la pia7za maggio-
re decorala di una fontana, ed a-
vente ne' lati il palazzo municipale,
eh' è un mediocre edifizio. jNon co-
s'i vuol dirsi del palazzo della ro-
mana famiglia Andiosilla ora estin-
ta, il quale è situato nel! estremità
meridionale. Da porta romana sino
alla porta Lauretana la città pre-
senta dei buoni casamenti, frammez-
zati da qualche j ala/yo, tra cui di-
slinguonsi quelli delle t^^iLle fpn'ig'ie
288 G 1 V C 1 V
l'etroni, Stella, e Casfcllan Ciolli. Farnese, o in molile Liipoli, sui
La città non ha mura formali ; colli, clic dominano lìaciano. Gli
ma è però difesa da quelle clic indizi però riuniti dal eli. can. Mo-
dale le vennero dalla natura, aven- relli nella sua recente dissertazione
do all'intorno altissime rupi, che sulla ipotesi, che Civita Castellana
la rendono di dillicilo espugnazio- sia l'antica Vejo, somministrano ar-
no: ha porte su tutte le vie, meno gomenli favorevoli alla città. Certo
su quella di Iloma, dominata dai è, che ncppur Tito Livio seppe in-
baloardi della fortezza. Distante poi dicarc il luogo di Vejo, e le diver-
circa una lega, è il sito conosciuto se opinioni basano tutte sulla pro-
sotto il nome di Falleri, e si vede babilità.
tuttavia un avanzo imponente di V ha chi crede quivi situato Fe-
mura, alto circa palmi 43 , con le sccnniiun, città argiva, come asse-
turri quadrilatere, che lo difendeva- riscono Dionisio e Strabene, a' tem-
no. L'interno della città offre gii pi de' quali era abitata; ma essa più
avanzi antichi di una piscina , e probabilmente viene collocata a Gai-
quelli di un teatro scavato negli lese. Che se devesi riconoscere a
anni 1829, e i83o, opera vera- Civita Castellana, dovrebbe ricono-
inentc romana , e del tempo di scersi per qualche avanzo romano,
Augusto. Ivi molti frammenti di o di una coionia formativisi dopo
statue si discoprirono, e tra esse la distruzione di Fcscciiiiia, dap-
iina bella di Livia, sotto le forme poiché a' tempi di Augusto e di
della Concordia, insieme ai fram- Tiberio era ancora popolata. Tut-
nicnti di due statue di Cajo e Lu- tavolta vuoisi comunemente che
ciò Cesari. Altri ruderi informi si Civita Castellana sia succeduta a
veggono fra la piscina ed il teatro , Fesccnnia. Questa antichissima città
e due tumuli, che incontransi fra dell' Etruria Cicisminia da Fasto, e
la stessa piscina e l'abbazia abban- nella Carta Peutingeriana, viene
donata di s. Maria , coprono gli chiamata Faleri, onde Falerii furo-
avanzi di qualche tempio. La chiesa no detti i suoi abitanti. Tal nome
di s. JMaria, e l'annessa abbazia ora ebbe origine da Phalesi, o Falesia
in rovina, furono edificati con fran- derivato da Ihdesiis, compagno e
tumi antichi del XII secolo. La figlio natui'ale di Agamennone re di
chiesa è a tre navi divise da colon- Argo, il quale, dopo la morte del
ne. Forse in questi dintorni vi fu re abbandonò la Grecia, e si ritirò
un tempio antico, che foriù i ma- in questa terra già da' Siculi, ed
teriali all'erezione di tal chiesa, allora aljitata dai Pelasgi suoi con-
Prcsso di questa è la porta di Gio- nazionali. Dall'averle poi comunicato
ve, una delle sette de' Falerii, ed è il nome, e probabilmente dall'averla
ancora conservata. anche colonizzata, fu riconosciuto
Non sembra abbastanza prova- come fondatore; avvenimento che
ta ropinione di coloro, che nc'din- rimonta a circa dodici secoli innan-
torni, e presso Civita Castellana vo- zi l'era volgare. Da Phalcsi, nome
levano ne' tempi passali riconoscere della città, gli abitanti furono dotti
il sito del celebre Vejo, Del Tosco Falisci, e così si chiamò il popolo
impero già capo e regina , dacché di tulio questo distretto, che ebbe
piuttosto vuoisi esistita nell'isola l'epiteto di yFrpii. Quindi alcun't
CIV
scrittori confusero il nome della
gente, con quella della terra che
chiamarono Falisco, acquimi Falì-
scum, Falisci. Nel quarto secolo di
Roma i Falisci provarono gli effetti
della sua potenza, e Camillo poscia
li disfece co'Vejenti e i Capenati
presso Pfepi, finché, dopo divei'se
guerre sostenute con valore dai Fa-
lisci, nell'anno 5ii di Roma, per-
dettero la metà delle loro terre, e
Faleria fu presa, spianata, e riedifi-
cata in luogo di facile accesso, cioè
in Fallari, divenendo colonia roma-
na, col nome di Junonia dal culto
particolare, che prestavano i Falisci
a Giunone, e dal tempio che quel-
la dea avea nella Faleria argiva.
Faleria costruita da' Romani di-
venne sede vescovile, e rimase in
piedi sino al secolo XI, mentre la
antica argiva risorse, come dotta-
mente ha dimostrato A. iSibby, nel
tomo II dell' Aìialisi de' dintorni
di Roma a p. 1 5, e seg. Perciò
Montefìascone, secondo lui, non sa-
rebbe la Faleria, ma una colonia
di Macedoni. 3Ions Faliscoruni da
molti si ritiene per la metropoli dei
popoli Falisci. F . Monte Fiascoxe.
Che Faleria da molti si creda esse-
re Civita Castellana , stata pure
chiamata da altri Flavinia, lo dice
anco l'Adami, Storia di Volseno,
tom. I. p. 4^5 ^ 110. Tutta volta
lungi dal pronunziare definitivamen-
te su tante divergenti opinioni, noi
non faremo che riunirle, potendo
chi il bi-ami consultare gli autori
che nomineremo.
Da Faleria argiva, Civita Castel-
lana, dice il suUodato autore , de-
ve riconoscere la sua origine. Il
seggio episcopale poi le è deriva-
to dopo le rovine di Faleria ro-
mana , siccome stiam per narrare.
Lo ripetiamo, che questa città se-
voL. xni.
CIV 289
condo il Nibby citato, non fu Vejo,
ad onta dell' epigrafe : Qui steterunt
T'cjos, mine reno^are licei, scritta
nel frontespizio della casa comunale
edificata dalla munificenza di Leone
X. V'ha pure, come dicemmo, chi
reputa Civita Castellana l'antica Fé-
scennia, ove si celebravano solenne-
mente gli epitalami, e i licenziosi
ludi fescennini, che appunto in oc-
casione di nozze solevansi fai-e. For-
se distrutta Fescennia, una parte de-
gli abitanti si recò in Faleria argi-
va, oggi Civita Castellana, il ch^ diede
luogo di credere essere l'antica Fe-
scennia, o Fescennium.
Nella fiera, che a' 16 settembre ha
luogo in Civita Castellana, siccome
giox-no festivo de' suoi patroni, il po-
polo dava molti anni addietro il
bizzarro spettacolo di un bufalo trat-
to lungamente per le vie, fra lo
schiamazzo e 1' allegria del basso po-
polo; il quale dopo averne fatto
scempio , anelava di mangiarne le
carni. Forse tal sollazzo sarà orisi-
nato in parte da quella festa, che
gli argivi celebravano in Faleria pri-
mitiva, ed in onore di Giunone, della
quale erano, come dicemmo, i Falisci
particolarmente divoti ; festa, che O-
vidio ne' suoi Fasti descrive nel lib.
VI, Elegia XIII del hb. Ili, e che
a' suoi giorni si continuava in onore
della dea, nel recinto di Faleria ai--
giva. E noto che i romani, dopo lo
smantellamento della città, lasciaro-
no sussistere il tempio situato sopra
un colle di accesso difficile. Or dun-
que tra gli animali, che con solen-
ne rito e pompa portavansi a sagri -
ficare a Giunone , si eccettuava la
capra come invisa alla dea, onde una
se ne lasciava, che con dardi era
inseguita da' garzoni, e colui che la
feriva r aveva in dono. Non dee qui
però tacersi che l'origine di delta po-
'9
SS90 CIV
polare costumanza può più ragione-
volmenle ripetersi da altre tradizioni,
cioè che i corpi de' ss. Rlarciano e
Giovanni protettori della città siano
slati dalle catacombe di lligiiano tras-
portati in città su di un carro tirato
da due bufali ; per lo che, a peren-
ne memoria dell'avvenimento, inval-
se il costume di cui si fece cenno.
Trasportati dai vincitori romani
i Falisci da un luogo forte, come è
Civita Castellana, ad un luogo pia-
no, come si vede nell'odierna Fal-
lari, i Falisci più non si mossei'o. A
Fallari si veggono importanti avan-
zi della colonia romana dei Falisci
ergivi di Faleria primitiva. Mentre
r antica Faleria andava poco a poco
a ripopolarsi nel romano impero,
fioriva pure la colonia Junionia. I
fasti de' martiri del secolo terzo ri-
cordano il martirio sofferto in Fa-
lerii da Graciliano e Felicissima ver-
gine, il dì I 2 agosto, come si legge
ne' martirologi di Adone colle note
del Giorgi, e nel romano con quelle
del Baronie. I loro corpi sono oggi
venerati in Civita Castellana , dove
furono trasportati. Neil' Ughelli, Ita-
lia sagra, dal secolo sesto al deci-
moprimOj abbiamo i vescovi che se-
dettero in Faleria colonia romana,
che Commanville dice fondata nel
quinto secolo, chiamandola Falera
o Falisci , soggetta immediata-
mente alla sede apostolica. Questa
chiesa fu pure delta Faleriiia, o Fa-
leritana. e Faleritanense.
Il primo vescovo, che si conosca
di Faleria romana, è Giovanni, il
quale intervenne ai concilii romani
del 595, e del 601 sotto il Ponte-
fice s. Gregono I. Garoso fu pre-
sente al concilio tenuto da Papa s.
Martino I nell' anno 649 ; Giovan-
ni sottoscrisse gli atti del concilio ro-
mano del 679 convocato dal Pou-
CIV
tefice s. Agatone, e la epistola sino-
dica dello stesso Papa nel GHo ; Tri-
hiinizio fu presente al concilio cele-
brato in Roma da s. Gregorio II,
l'anno 721 ; Giovanni segnò gli atti
di quello adunato nel 743 dal Pa-
pa s. Zaccaria ; Adriano nominato
in quello dell' 826, in cui sedeva
sulla cattedra apostolica Eugenio II;
e Giovanni in quello dell' 861, ra-
dunato da s. Nicolò I contro l'arci-
vescovo di Ravenna. Al conciliabolo
fatto celebrare in Roma nel 968,
dall' imperatore Ottone I, contro Pa-
pa Giovanni XII, assistè un vescovo
Falarensis, del quale ignorasi il no-
me. Nell'anno 978 si ricorda in un
privilegio di Benedetto VII, Giovan-
ni vescovo Faleritano; nel concilio
romano del ioi5, nel pontificato di
Benedetto Vili, un Crescenzio; e
nel io33, da una bolla di Benedetto
IX apparisce la unione delle sedi di
Falerii e Civita Castellana, cioè lo
spopolamento della città o colonia
romana, ed il ripopolamento della
primitiva Falerii argiva, secondo il
lodato Nibby, che lo afferma coll'au-
torità di gravi scrittori; dappoiché
in essa trovasi sottoscritto Benedictus
ec. Faleritanae, et Castellanae epi-
scopus. Tra i documenti del registro
Farfense, n. 994? si legge che Fa-
leria romana, o Junonia, era ancora
abitata il primo luglio io64; e vi
è sottoscritto certo Tenzo di Cre-
scenzio giudice di Fallari.
Civita Castellana, siccome parte
del ducato romano, con Nepi, Gal-
lese, Otricoli ec, verso l'anno 727,
divenne dominio della santa Sede nel
pontificalo di s. Gregorio H, e per
volontaria dedizione dei popoli. Nel
registro poi di questo Papa, inserito da
Cencio Camerario nel libro de censi,
pubblicato dal Muratori, si nomina
il uioaistcro di s. Silveno nel muu-
CIV
te Soratte, al quale fu dato in en-
fiteusi dal medesimo Gregorio li un
(ondo chiamato Canciano ex corpo-
re Massae Castdlianac patrinioniì
Tusciae. Da ciò si rileva che i fon-
di posti in quella contrada, ed ap-
partenenti alla romana Chiesa, for-
mavano una massa denominata Ca-
stellana o Castelliana, per le molte
castella che conteneva. A misura però
che la Falerii romana si andava spo-
polando, si raccoglievano genti sulle
rovine della Falerii primitiva come
luogo più inaccessibile, e per con-
seguenza più sicuro in que' tempi
di scorrerie frequenti, di usurpazio-
ni e di fazioni. Questa seconda a
poco a poco nel secolo nono, e nel
seguente formò una città, che dalla
massa mentovata fu detta Ch'ila
Castellana , nome che ancora ritie-
ne. In fatti il Calindri, saggio storico
p. 113, dice che nel 998 Grego-
rio V dichiarò città Civita Castella-
na. Sino poi dall' anno precedente,
si nomina negli alti de' ss. Abbon-
dio ed Abbondanzio un tal Crescen-
ziano, vescovo Civitatis Castcllanae,
che trasportò i corpi di que' martiri
in Civita, da dove poi si trasferirono
in Roma nella chiesa del Gesù in
cui veneransi. Quindi abbiamo nel
1 o 1 5 im Pietro episcopus Civitalis
Castcllanae, il quale sottoscrisse il
decreto di Papa Benedetto Vili a
favore di Guglielmo abbate Fruttua-
riense, dopo il quale le sedi di Ci-
vita e Faleria furono, sotto Benedet-
to vescovo, vmite insieme dal Pon-
tefice Benedetto IX, come fu indi-
cato di sopra.
Sul principio del secolo decimo
secondo, nella vita di Pasquale II,
narra Pandolfo Pisano , che quel
Pontefice volendo ricuperare alla
santa Sede i suoi dominiij usurpati
dagli antipapi, attacco colle sue genti
CIV 291
Civita Castellana, designata come lo-
cuni natura satis munitimi _, e la
prese. Altrettanto riporta 1' annalista
Rinaldi, all'anno 1100. Allora era
Civita Castellana capo di un conta-
do, Cojnitatus, che unitamente alla
città, e con altre terre fu oppigno-
rato r anno 1 1 5S, da Papa Adria-
no IV, a Pietro prefetto di Roma,
ai suoi figli Giovanni ed Ottaviano,
ed a' suoi coadiutoi'i ec, per la som-
ma di mille marche d' argento, ec-
cettuando però quello, che un tal
Malavolta aveva ricevuto in Civita
dalla Chiesa romana. Questo pegno
fu fatto per compensare le spese in-
contrate dal prefetto a favore della
Chiesa, e si stabili di redimerlo a
cinquanta marche l' anno, cioè in
venti anni. Ludovico Muratori, Ànt.
Bled. Aevi. t. IV. e. 3 i , riporta l'ori-
ginale istromento di questa oppigno-
razione. Secondo que' patti il pegno
doveva essere del tutto redento nel-
l'anno 1178; ma si sa che non lo
era stato neppure nel i 195, mentre
che da tre altri istromenti di quel-
l'anno, che si leggono nello stesso
IMuratori, t. I. p. i43, t. II. p. 809
e seg., si rileva che la porzione di
Pietro de Atteia, o Attegio, nomina-
to tra gli oppiguoratori, fu svinco-
lata , e riceduta alla Chiesa , nel
Pontificato di Celestino IH, dalle
sue sorelle Costanza, e Sibilia, e da
Giacinto di Pietro Diovisalvi marito
di Sibilia, e da' suoi fratelli Nicola
ed Ottaviano, cioè il primo febbraio
iiqS; e che a' 7 e 2 5 dello stesso
mese gli eredi delle ragioni dotali
e nuziali di Porpora, moglie di Pie-
tro prefetto di Roma, e sorella di
Cencio di Romano di Papa, cedet-
tero al Pontefice le loro porzioni
per centotrentatre marche e mezza
d' argento. Nella bolla di Onorio III
del 1217, presso il Bull. Fatic. t. I.
292 CIV
p. loo. seg., si rammenta il terri-
torio Castellano, nel quale si pone
Moroio, e t>i unisce insieme col Fale-
ritano, dove si paria di F'iaianellum.
Nelle vite de' Pontefici del can.
JVovaes, si apprende, che avviandosi
r imperatore Federico I Barharossa
alla volta di Roma per essere coro-
nato ( funzione che poi seguì a* i 8
giugno 1 1 j5 ), e temendo il Papa
Adriano IV summentovato eh' egli
venisse piuttosto come nemico , pei
numeroso esercito che seco condu-
ceva, per questo timore si rifijgiò
in Civita Castellana, e gli mandò
incontro tre Cardinali, acciò giurasse
di difendere, e mantenere i diritti
della Chiesa. Quindi passò a Sutri,
a -ricevere il principe che tutto a-
veva promesso. Nel 1 1 Sg, successe
ad Adriano IV il glorioso Alessan-
dro III, il quale terminò il suo
lungo pontificato di circa anni ven-
tidue a Civita Castellana perchè vi
mori ai 3o agosto i i8r, e traspor-
tato in Roma fu sepolto nella basi-
lica lateranense. Tanto afferma il
Novaes, ma il Platina dice nella sua
vita, che morì in Roma a' 27 ago-
sto. Non però così dice il dotto San-
dini Viiae Pontiftcum, t. II. p. 4^4»
il quale ecco come si esprime: imi-
tarli posuif in urbe Castellana anno
1181, ///. Kal. septanhris. A' 3o
di agosto, e in Civita Castellana,
molti autori sostengono che morisse
Alessandro III. Così dice Ludovico
Agnello ( il quale per altro chiama
questa città col nome di Città di
Castello ) , nella storia degli Anti-
papi, t. II. p. I I o, e I I I , e fra
le testimonianze che riporta, v'ha
quella dell' Anonimo Cassinese. Da
tuttociò si rileva quanto importante
fosse divenuta Civita Castellana nel
XII secolo.
Nel pontificato di Bonifacio Vili, a
CIV
cagione del suo stato rovinoso per
le guerre delle fazioni, il Papa fe-
ce riedificare le sue mura, e circon-
darla di nuove , cioè da quel lato
ove le aveva , munendola ad un
tempo di torri. Nel principio del se-
colo XIV Civita Castellana fu con-
cessa dai sovrani Pontefici in vica-
riato della santa Sede alla nobilis-
sima e potente casa Savelli. Nel-
l'archivio Sforza in Roma esiste
una lettera di Giovanni XXII, Pa-
pa residente in Avignone eletto nel
i3i6, data apud Villani novani A-
venionen. Dioec. XVIII Kal. sept.
anno 7, e diretta Ven. fratri Ae-
gidio episcopo Sabinen. Apostollcae
scdis legalo, colla quale ingiunge
al Cardinale di rimettere in liber-
tà Petruccio figlio di Luca Savelli,
tenuto in ostaggio presso l'abbate di
s. Paolo d'Albano, abbazia fondata
dallo zio Onorio IV, e toglieva con
essa r interdetto a cui aveva sotto-
posto Civita Castellana per avere o-
messo di pagare il solito censo al-
la Chiesa romana, esprimendosi il
Papa nella lettera, che ambedue que-
ste grazie gli erano state domanda-
te da Luca per siium nuntiuni , et
litteras. L'interesse preso dal Savel-
li a favore della città , mostra cer-
tamente eh' egli ne era il retto-
re ed il vicario. Un altro Luca Sa-
velli senatore di Roma, negli anni
1 34B e i355, nel 1373 ottenne
da Gregorio XI, poco prima che ri-
stabilisse in Roma la Pontificia re-
sidenza, il vicariato di Civita Ca-
stellana, già in addietro goduto dal-
la sua famiglia, come continuò an-
co in progresso per altro tempo. La
bolla di Gregorio XI porta la da-
ta di Avignone XIV Kal. julii pan-
tificat. nostri anno sexto. Il vicaria-
to è ristretto a soli otto anni, si as-
seiinano a Luca sedici mila fiorini
CIV
d'oro d'annua provvisione da pren-
dersi dalle rendite della città, e con-
tado, col solo obbligo di pagarne
dieci a titolo di censo nel giorno
della festa di s. Pietro. V. Rat-
ti, della famiglia Savelli. Dell'an-
tica rocca poi di Civita Castellana,
si fa menzione in un breve del
medesimo Gregorio XI, il quale ne
affidò la custodia al detto Luca Sa-
velli.
Bonifacio IX, recandosi nel 1392
a Perugia per comporre gli animi
dei Raspanti con Beccarino, ritor-
nando in Roma a'i5 settembre del
seguente anno, prima onorò di sua
presenza Civita Castellana. Papa Ni-
colò V, creato nel i4473i'ifGce le mu-
ra della città. L'immediato succes-
sore Calisto III creò Cardinale il
proprio nipote Roderico Borgia spa-
gnuolo, il quale poi fu fatto go-
vernatore di Civita Castellana da Si-
sto IV. Quindi divenuto Pontefice
nel 1492 col nome di Alessandro
VI, ebbe sommamente a cuore di
riedificare la rocca ridotta in ista-
to di decadenza. Altri dicono, che
considerando Alessandro VI che Ci-
vita Castellana, forte per natura,
e stimata in guisa di poter signoreg-
giare il nodo delle strade di Nepi,
di Acquaviva, di Ponte Felice, di
Amelia e di Vitei'bo, per l' impor-
tanza del sito fabbricò dalle fonda-
menta la fortezza che ora si vede,
e che serve di prigione di stato. Cer-
to è, ch'egli dal lato occidentale del-
la città fece innalzare quella fortezza
dal celebre Antonio Sangallo, fratel-
lo del rinomato Giuliano, siccome va-
lentissimo anche nell'architettura mi-
litare, e nelle foi tificazioni in figu-
ra pentagona, e riuscì solida, ed en-
comiata. Quindi Giulio li, Leone X,
e altri Pontefici ne curarono la con-
servazione, ed anco nell'odierno pon-
CIV 293
tlficato vi si operarono dei miglio-
ramenti, per cui si trova in otti-
mo stato. Nei vasti saloni vi sono
bellissimi sofiitti dorati, nobilitati dal-
le pitture dello Zuccari , come mi-
rabih sono gli affieschi delle vol-
te degl'inferiori loggiati, in mezzo
a'quali si veggono in varie parti il
nome e gli stemmi gentilizi del fa-
moso duca Valentino Cesare Borgia,
che dal Papa Alessandro VI ne fu
fatto castellano. Per alcuni secoli
continuò la fortezza ad avere il ca-
stellano, per lo più scelto tra' Care
dinali di s. Chiesa. In progresso Ci-
vita Castellana segui i destini dello
stato pontificio, e se ad essa deri-
va gran vantaggio per la stazione,
che vi fanno nel loro passaggio
gli stranieri, che del continuo si di-
rigono a Roma, andò pure soggetta
alle conseguenze derivatele dalle ar-
mate nimiche quando si recarono
alla capitale. Ed a'4 dicembre 1798,
la città vide disfatte nelle sue vici-
nanze dall'esercito francese di Mac-
donald, le truppe napoletane, co-
mandate dal general Mack . Per
questa città transitaiono, e si fer-
marono oltre molti sovrani, ezian-
dio i sommi Pontefici. Da ultimo
Pio VI , ritornando da Vienna in
Roma a' 12 giugno del 1782 giun-
se in Civita Castellana fra il rim-
bombo delle artiglierie, e pernottò
nel palazzo del marchese Androsilla,
ove ricevette il vescovo, il governatore,
la magistratura, e i primarii del
paese. Nella seguente mattina ascoltò
la messa, che nella cattedrale celebrò
monsignor Ponzetti caudatario ; da
un balcone dell' episcopio benedi
il popolo, quindi partì per Roma.
Dopo che Pio VII, nel 1800 fu
eletto in Venezia , nel condursi a
Roma, la sera del 2 luglio pernot-
tò nell'episcopio, ricevuto dal ve-
i294 civ
scovo monsignor Lorenzo de Domi-
iiicis, e nella mattina si avviò per
la capitale. Lo stesso Pontefice, re-
duce dal viaggio di Parigi, nella
mattina de' i5 maggio i8i4i''pas-
sò per Civita Castellana ; finalmen-
te il regnante Papa Gregorio XVI,
rieir intraprendere nel 1841 il glo-
rioso suo viaggio, per visitare alcu-
ni principali santuari de' suoi do-
minii, fece la sera de' 3o agosto la
prima fermata in Civita Castellana,
e dormì nel nominato palazzo An-
drosilla. Uno stuolo di giovani pa-
trizi e di cittadini vmiformemente
vestiti, preceduti da una deputazio-
ne delia magistratura , ottennero il
permesso di trarre la carrozza, do-
po averne distaccati i cavalli in
qualche distanza dalla città. Così in
mezzo agli applausi di pubblica e-
sultanza, fu ricevuto il Pontefice
alla porta della città, ov'ex'a stato
innalzato un maestoso arco trionfa-
le da monsignor Bartolomeo Orsi,
delegato della provincia Viterbese,
e dalla magistratura locale, il cai
gonfaloniere a nome di quella fede-
le suddita popolazione, ebbe l'onore
di presentargli le chiavi. Sul piano
poi delle scale della cattedrale fu
ricevuto da monsignor Fortunato
IMaria Ercolani, vescovo del luogo,
da tutto il clero secolare, e da alcuni
vescovi delle diocesi confinanti. En-
trato il Papa nella cattedrale magni-
ficamente addobbata e illuminata da
copiosissimi lumi, ricevette la bene-
dizione col ss. Sagramento ; e poscia
nella sua residenza, dopo aver com-
partita da un padiglione costruito
sulla loggia del palazzo, l'apostolica
benedizione, ammise alla sua pre-
senza ed al bacio del piede d ve-
scovo, il clero secolare e regolare, i
vescovi confinanti, la magistratura
SI governativa che civile, e i pri-
CIV
mari della città, non che il corpo
militare. 11 Cardinal Gaspare Bene-
detto Pianelti, vescovo di Viterbo,
si portò in Civita Castellana ad os-
sequiare il santo Padre, poco dopo
il di lui arri"o. La sovrana di lui
pnìsenza fu celebrata con infiniti
evviva degli abitanti, con numerose
salve d' artiglieria, con eleganti fuo-
chi d' artifizio , con illuminazione
generale , anche della cupola del
duomo e della fortezza, con giulive
armoniose bande, e con altri mo-
di. Quindi nella seguente matti-
na, traversando la città addobbata
di arazzi, partì per Narni, benedi-
cendo paternamente l' intera popo-
lazione, dopo aver ricevuto gli o-
maggi dal zelante vescovo , e di
tutte le autorità e personaggi no-
minati, e dopo essere state dispen-
sate per suo sovrano comando ele-
mosine, e donativi diversi. JMonsi-
gnor vescovo seguì il Pontefice sino
ai confini della diocesi, e il prelato
delegato sino a queUi della pro-
vincia.
Civita Castellana, capo luogo di
governo, ha per appodialo il castel-
lo di BorghetiOj ov' è la stazione
postale in prossimità del Tevere, e
del celebre Ponte Felice, così chia-
mato dal nome di Sisto V, che lo
costrusse, e che avea innanzi il pon-
tificato. Sono ad essa soggette le
comuni di Nepi, di Castel s. Elia,
di Stabbia e di Calcata. Alcune
donne de' popolani mantengono l'an-
tico e curioso costume , d' altronde
molto modesto, d'indossare due gon-
nelle, ed una ne alzano da teigo
per cuoprire il capo, uso che si ve-
de seguito nel circondario campe-
stre di Monte Fiasco ne. Tuttavia in
Civita Castellana tale costume va
ogni giorno più perdendosi , sc-
euendo il vestire comune.
CIV
Non dobbiamo passare sotto si-
lenzio, che questa città sempre fe-
delissima e divota alla santa Sede,
fu patria di personaggi ragguarde-
voli per pietà e dottrina , non che
di cinque vescovi , di un nunzio
apostolico spedito nella Ungheria, di
un maestro della Cappella Pontifi-
cia , di un bibliotecario del so-
vrano di Modena, e di altri rispet-
tabili individui. Essendo confusi il
patriziato e la cittadinanza (i quali
stati sono antichissimi), il regnante
Papa nel iSSy richiamò dall'ob-
blio il patriziato, e permise che si
procedesse alla opportuna rifoi'ma,
e distinzione dei ceti , sulle norme
del moto proprio di Leone XII,
emanato nel 1827.
Ad ulteriore lode di Civita Ca-
stellana aggiungeremo, che nella fa-
tale epoca del i83i, essendosi la
rivoluzione estesa sino ai confini
del suo territorio, la città, ad onta
degli sforzi dei ribelli, si mantenne
costante nella sua fede, e rivolse in-
cessanti preghiere a Dio, acciocché
ripristinasse l' ordine e la quiete
ai pontificii domini. In tal congiun-
tura molti volontari con entusiasmo
partirono per andare a difendere la
santa causa, ed in altri punti dello
stato ove si presentarono ai ribelli
resistettei'o con quel coraggio, che
non manca a chi combatte sotto il
vessillo della religione e del legit-
timo sovrano, massime del soave
dominio della sede Apostolica.
La fede fu predicata in questi
dintorni, nel pontificato di s. Lino,
immediato successore di s. Pietro,
come narra l' Ughelli Italia aagra
t. I, p. 596. Superiormente abbia-
mo detto che la sua sede vescovi-
le ebbe origine nel secolo decimo, e
che nei primi del secolo decimopri-
mo, le fu unita quella di Faleria
CIV 295
Juniona. Quindi nel secolo decimo-
quarto venne unita a Civita Ca-
stellana la sede episcopale di Gal-
lese (Fedi), e poscia nel 14^7 il
vescovato di Orla (f^edi), vmione che
tuttora dura, colla diretta soggezio-
ne alla sede Apostolica. Comman-
ville aggiunge, che furono unite
alla sede di Civita Castellana quella
di Aquae Vivae, le cui rovine sono
nel luogo detto la Fontana di Ac-
quaviva, e di Valentinum, Castrimi
Inaienti niim, ambedue erette sino
dal quinto secolo.
La cattedrale era prima a cinque
navate, di antica architettura: ora
lo è a tre, dopoché il ven. Giovan-
ni Francesco Tenderini, fatto ve-
scovo di Civita Castellana da Cle-
mente XI, la riedificò nel 17 17. Ri-
marchevole è l'antico mosaico, che ne
decora il pavimento. E dedicata quel-
la cattedrale all'Annunziazione della
b. Vergine, e vi si venerano le
sagre spoglie di s. Marciano illu-
stre personaggio, e di s. Giovanni
suo figliuolo, al quale, per l'inter-
cessione de' ss. Abbondio ed Abbon-
danzio, Dio rese la vita. Tutti e
quattro que' santi nella persecuzio-
ne di Diocleziano, verso l'anno 3o3
a' 16 settembre, patirono il marti-
rio; i due primi sono i patroni
della città. L' invenzione de' loro
corpi avvenne dopo il corso di set-
te secoli, nella notte stessa della
loro passione, sulla falda del monte
Soratte, ove la pia ed illustre ma-
trona Teodora avca dato loro la
sepoltura. Subito se ne fece la tras-
lazione neir anno 997 , ovvero
11 capitolo della cattedrale si
compone della dignità dell' arci-
prete, di diciotto canonici, compre-
si il penitenziere e il teologo, oltre
altri ecclesiastici addetti al scrvi^io
af)6 CTV
divino. La cura annessa alla calfc-
<lrale è anarainistrata da un vicario
curato perpetuo. Vi sono nella città
due altre parrocchie, i cappuccini e
un monistero di monache, oltre il
seminario con alunni, alcune con-
fraternite, l'ospedale, e il monte di
pietà, non che V orfanotrofio. L' o-
spedale fu largamente beneficato
da un legalo fattogli dalla pia de-
fonta marchesa Orsola Androsilla.
Il detto orfanotrofio è di recente
erezione, ed è fondato coli' eredità
dtì'benemeriti fratelli d. Onorato e
Tommaso Stefani della diocesi. 11
seminario fu riaperto sotto gli au-
spici dell'ottimo vescovo attuale sul-
ìodato, le cui sollecite cure furono
coadiuvate dai mezzi forniti dal co-
mune.
La mensa vescovile ad ogni nuo-
vo pastore, nella cancelleria aposto-
lica, è tassata in fiorini novanta. La
diocesi è ampia. J^. Bonaventura
Theuli j Apparato mvioritico della
provìncia di Roma, del convento di
.s. Francesco di Civita Castellana.
Egidio da Cesarò, U effìmeri per il
inariirio de^ ss. Marciano e Giovan-
ni, con un parere del vero sito del-
l'antico Veio, Venezia 1678. Ab-
biamo poi dal p. IMarroni : Ragio-
ììamento con cui si dimostra, die la
.sede vescovile della città di Oria
non può pretendere superiorità di
precedenza sopra la sede vescovile
di Civita Castellana per ragione di
maggiore antichità, Roma lySp;
Ragionamento secondo in cui si ri-
sponde alle ragioni proposte dal. p.
M. Mamachi in favore della catte-
dra vescovile di Orta, contro la cat-
tedra vescovile di Civita Castellana
nel libro de Hortani episcopatus aa-
tiquitate, e neW altro adversus au-
clorem, etc. Romae ly^Q; Ragiona-
mento terzo, e lettere due dell'auto-
CIV
re de" Ragionamenti, cioè del p.
Marroni. Sembra che i dotti dieno
la preferenza alle ragioni addotte
dal p. M. Mamachi , come osserva
il Rangiaschi.
Sulle diverse opinioni poi se Ci-
vita Castellana sia Pelo o Fescen-
nia, oltre quanto di sopra abbiamo
detto, si possono consultare i seguen-
ti autori : Francesco Scotto , Itinera-
rio d' Italia, di Civita Castellana,
detta Fescennia p. 280; Petrus Gur-
sius. Poema de Civitate Castellana,
Faliscoruni non Veientiuni oppido,
Romae 1389; Franciscus Mariani,
de antiquis Feiis, et Veiente colo-
nia cantra Cluverium, Holstenium,
aliosque. Ext. nel Gior. de' Letterati
di Roma dell'anno 1759; Domeni-
co IMazzocchi, Lettera ed apologia
del dijensor di Veio, dove si ripro-
vano molle opposizioni fattegli dal-
l' investigatore dello stesso Veio, Ro-
ma 1 653 ; Supplemento a Civita
Castellana circa la sua distanza da
Roma, Discorso al quale si è ag-
giunto il Sintagma di Giuseppe Ca-
stiglione in difesa di Pelo, Roma
1 663 ; Veio difeso, Discorso in cui
si mostra l'antico Veio essere oggi
Civita Castellana, Roma 1 696 ; Fa-
miano JNardini, il quale scrisse con-
tro la lettera del Mazzocchi ; L'antico
Veio investigato dal silo di quella
città, Roma 1647. Gio. Domenico
Pei'azzi fece la risposta alla lettera
del ftlazzocchi, coU'opei-a : La sco-
perta, .apologia in difesa dell'antico
Veio di Famiano Nardini, Ronci-
glione i6j4; Carlo Zanchi, /'/ Veio
illustrato, ove si dimostra il vero
silo di quella città, un dì capo e
frontiera di tutta la Toscana, Roma
1 758. Da ultimo il canonico Fran-
cesco Morelli eruditamente compose
una Dissertazione, nella quale sta-
bilì per ipotesi, che Civita Castel-
e 1 V
lana sìa l'antico Veio, e la pubbli-
cò nel 1825 colle stampe in Terni.
Sull'opera di d. Eugenio Sarzana,
dedicata a Pio VI, della capitale
de' Tuscaniensij ec., Montefiascone
stamperia del seminario 1788, fra
gli altri ebbe ad esternare favore-
vole giudizio il teologo della catte-
drale di Montefiascone, lettore di
dommatica nello stesso seminario e
collegio, e prefetto degli studi, cioè
il can. Carlo Fiorelli a pag. 4i- l"v'i
si legge quindi, che i cittadini di
IMontefìascone si pregiano di essere
Etrusci d' origine, di stare nello stes-
so agro particolare etrusco, e che la
loro città sia la Rocca di Corito pa«
dre di Bardano. INè mai ignorarono,
soggiunge, che i Falisci erano una co-
lonia degli Argivi, e che i savi cittadi-
ni di IMontefìascone non si appro-
piiarono mai i vescovi dell'antica
Faleria, Tuttavolta non si deve ta-
cere che in IMontefìascone stesso, e
nell'anno 1788, fu pubblicata l'o-
pera postuma del dottore Francesco
IMaria Pieri patrizio Falisco, e de-
dicata al vescovo Cardinale Giusep-
pe Garampi, che porta per titolo :
La situazione Trasciniinia darli anti-
chi Falisci, e della loro metropoli Fa-
lerio. Non ha guari, e nel 1 84', dal-
la tipografia del seminario suddet-
to, fu dato alla luce il Commentario
sulla città e chiesa di Montefiasco-
ne, ove nella terza Annotazione a
pag. 79 si tratta degli autori e delle
opinioni sulla situazione cisciminia,
o transciminia dei Falisci.
CIVITA DUCALE, o CITTA'
DUCALE. Città vescovile nel regno
delle due Sicilie, nella provincia del-
l'Abruzzo ulteriore secondo, Cii'itas
Ducalis, chiamata da Commanville
Città di Cali, Cii'itas Caliensis. Es-
sa è situata alla destra del Velino,
nel confine occidentale della pro-
ci V 2()7
vincia coH'altra pontificia limitrofa
reatina. Deve la sua origine all'An-
gioino Roberto duca di Calabria,
figlio di Carlo II re di Napoli, tro-
no su cui ascese anch' egli col glo-
rioso epiteto di saggio, prima del
1807. Per lui ricevette la città il no-
me di Città del Duca. Nel 1708
fu assai danneggiata da un terre-
moto, aprendosi allora un piccolo
lago di asfalto d'acqua fetida e bi-
tuminosa, che all'est della città si
vede tuttora. Ebbe un tempo i suoi
vescovi, ed anticamente era sogget-
ta alla diocesi di R.ieti. Da questa
Alessandro VI la separò per for-
marne un vescovato, il 24 giugno
i5o2, e vi nominò pel primo ve-
scovo Mattia Ursino romano. Quin-
di Giulio II la restituì al vescovo
di Rieti agli 8 novembre i5o5. ma
di nuovo poco tempo dopo la di-
staccò da esso per sempre. Dichia-
rò quel Pontefice la sede immedia-
tamente soggetta al sommo Ponte-
fice, eresse la collegiata in cattedra-
le, vi stabilì due dignitari , l' arci-
prete ed il prevosto, vmdici cano-
nici ed alcuni chierici. \i erano n{4-
la città tre case religiose di uomini,
ed un monistero di monache, oltre
le cappuccine fuori di essa, non che
il seminario, il monte di pietà ec.
Ma il Pontefice Pio VII, colle Lit-
terac apostolicae etc. De meliori Do-
miiiicae, quinto Kalendas juiii 1818,
la unì alla sede vescovile di Aquila,
capitale della medesima provincia.
Civita Ducale per la sua posizione
è costituita capo di distretto, e ne
dipendono, oltre il proprio circon-
dario, ancor quelli di Lionessa, Au-
trodoco, Amatrice, Borgo-Colle-Fe-
gato, Mercato, e la Posta.
CIVITA VECCHIA {Centumcel-
laruni). Città marittima con resi-
denza vescovile, nello stato ponti-
7.(jS C 1 V
fìcio, sede della delegazione aposto-
lica, e della provincia del suo no-
me. Essa giace sopra quella parte
del littorale romano, che corre a
destra del fiume Tevere, e viene
bagnata dalle acque del mare me-
diterraneo. È paese celebre per es-
sere già stato il più nobile fiore
dell'Etrnria. Gli antichi la chiama-
rono Cento- Celle, Ccnlumcellae, Cin-
celle, Ceneelli, Cengello, perchè ivi
erano cento celle o camere a rico-
vero delle milizie. Vuoisi che l'im-
peratore Trajano, il quale in questo
luogo aveva le sue ville, vi fabbri-
casse un magnifico palazzo, compo-
sto di cento camere. Dipoi, come
diremo, prese il nome di CU'ita Vec-
chia, Civitax Vetiis, dal ritorno che
vi fecero gli abitanti dopo essere
stati per alcun tempo a Leopoli,
per fuggire le frequenti irruzioni
de' saraceni. Il suo porto è il mi-
gliore, e può dirsi 1' unico, che ab-
bia lo stato ecclesiastico in questa
spiaggia. Ove esso sorge, non era,
per quel che si sa, nessima stazio-
ne navale, poiché è totalmente ar-
tificiale, ed il genio dell'imperatore
Trajano il fabbricò per cos'i dire di
getto. I popoli di questa provincia,
come fiuono bravi agricoltori, egual-
mente furono coraggiosi navigatori,
ed esperti trafficanti. Si distinsero
soprattutti i Ceretani, come quelli che
non si dierono alla pirateria, eserci-
tata da molti popoli dell'Etruria, e
colla quale arricchirono ; ma traffi-
cando nelle parli orientali princi-
palmente divennero sì possenti, che
essi soli poterono a' romani fornire
i sessanta triremi, co' quali com-
batterono i Focesi nelle acque di
Sardegna, non che tutte le vetto-
vaglie di cui abbisognò Scipione
per la cartaginese spedizione. Cere
avca il suo porto, e il suo mercato
CIV
giù al mare, che chiamavasi Pirgo,
cioè luogo forte e di torri. Ivi ado-
ravasi con fenicio rito una deità ma-
rina chiamata Leucotea, il cui tem-
pio divenne ricchissimo per le olìèr-
te de' trafficanti. V. Ceri, o Cere.
(iravisca, anche essa posta in riva
al mare, tra la IVIarta^ e il Migno-
ne, era la stazione navale dei Tar-
quiniesi, e que'li di Videi (^ Vedi) y
che presso 1' Argentaro era Cossa lo-
ro colonia. V. Psibby, Analisi dei
dintorni di Roma, t. HI. p. 91, Ca-
slruni s. Stverae o Pyrgi.
Del porto di Traiano narra Pli-
nio, che essendo chiamato a consi-
glio da lui a Cento Celle, vide la
fiorita città, vide i campi verdissi-
mi, e la soavità ad un tempo del
grigio mare. Fabbricavasi in quello
il porto, il quale a foggia di anfi-
teatro si presentava all' oceano im-
menso. Il braccio sinistro era stato
fermissimamente fornito , il desti'o
era ancora sid> ascia. In mezzo per-
tanto alla sua bocca sorgeva l' isola
o antemurale a respingere il flutto
e r onda. L' acqua per le novelle
mura arricciava, e il sempiterno
fiotto del mare irrompeva sui vivi
sassi. Al genio adunque dell' impe-
ratore Traiano si deve l' idea del-
l' ampio porto, e del rotondo ba-
cino, che si riguarda come un perfet-
to modello d' arte , non che lo
stabile antemurale, che rende sicuro
il porto, ove corrono solo i flut-
ti ad infrangersi. Quivi l' augu-
sto eresse la colossale statua di
bronzo a Nettuno dio del mare, di
cui si rinvenne nella darsena un
superbo braccio, il tridente, ed
una coda di delfino. Le quali cose
dal regnante Pontefice si fecero col-
locare nel Musco Etrusco [Vedi) ^
da lui eretto in Vaticano, pre-
cisamente nella preziosa collezione
CIV
di bronzi etruschi. Gli antichi brac-
ci però del porto sono eccentrici
agli odierni innalzati dai provvidi
sovrani Pontefici in circuito piìi an-
gusto, mentre gli altri deperivano.
La mwnificenza di Pio YI accorse
a prestare all' indebolito argine op-
portuno riparo. Delle fortificazioni,
miglioramenti, e demolizione d'una
porta, e delle vecchie cadenti mura
che deturpavano il centro della cit-
tà, dividendola iri"egolarmeiite (ope-
re tutte ordinate dal Papa regnan-
te ) diremo in appresso.
Le muraglie, onde Civita Vecchia
è cinta, la rendono forte e munita.
IMagnifico è poi l'aspetto della for-
tezza, che Giulio II fece costruire
dall' un de' lati presso al mare. E
però controverso a quale de' fa-
mosi architetti Sangallo, o Buonar-
roti, o Bramante attribuir si deb-
ba il bel disegno. Dall'altro lato
Pio IV vi eresse l' ampia darsena
o bagno, ove in gran numero sono
racchiusi i forzati , che ci ricevono
gli aiuti spirituali dai benemeriti
cappuccini. Veramente a Pio IV, e
a Sisto V piuttosto si attribuisce la
restaurazione della darsena, la quale
si vuole eretta dallo stesso Trajano.
Vi sono diversi regolari edificii, co-
me l'episcopio, e il seminario. So-
pra i fondamenti dell'antica rocca,
ed in parte sopra la parte inferiu-
l'e di quel tratto che ancora esiste,
è situato il palazzo della camera
apostolica , formato dalla riunione
di diversi fabbricati ediOcati da vari
Papi, massime da Giulio li e da
Pio IV, sormontati da una torie.
Questo palazzo non ha guari fu pu-
re migliorato.
Fra le opere di architettura di
Civita Vecchia, merita menzione il
meraviglioso acquedotto , che sotto
gli auspici! d' Innocenzo XII vi cou-
CIV 0_yc)
dusse il cav. Fontana. Quell'acque-
dotto corre il tratto di ventisette
miglia, conducendo alla città acque
pure, come l' antico di Trajano dai
vicini monti di Tolfa, e delle Al-
lumiere. Ha poco distanti i saluti-
feri bagni termali, che tanto gli an-
tichi apprezzarono, e perciò furono
detti di Palazzi, e da Plinio Acjuae
Tauri. Straordinario è il calore di
quelle acque, e si lasciano anzi raf-
freddare all'aperto avanti di farne
uso. Ci narra la storia, che l'impe-
ratore Commodo desse nella fan-
ciullezza gran saggio della sua cru-
deltà , coir ordinare ch'entro una
fornace perisse Io schiavo , da cui
era stato apprestato il bagno so-
verchiamente caldo; ma l'umano ese-
cutore di tal cenno vi surrogò uu
ariete. Sonovi magnifici avanzi del-
le antiche terme dette Taurine,
perchè diconsi scoperte da un toro,
e piuttosto ad Adriano, che a Tra-
jano se ne attribuisce l'edificazione.
11 eh. Pietro Manzi, negli scavi ope-
rativi , rinvenne splendidi monu-
menti della loro nobile sontuosità.
Il poeta Rutilio ne fa la descrizio-
ne, come quello che nel quinto" se-
colo le trovò nella loro integrità.
Kè devesi passare sotto silenzio, che
ancora si veggono avanzi dell'anti-
ca grandezza della città; come gl'in-
dizi di una grandiosa basilica, o
tempio colle basi di vari ordini di
colonne, molte delle quali di gra-
nito; e gl'indizi d'un magnifico
porticato all' intorno del porto. Non
pei'ò sono antiche come si voglio-
no le due torri nell' orlo estremo
delle due braccia del porto, sì per
la loro architettura militare , e s\
pel reticolato che le adorna. Nelle
vicinanze della città fu rinvenuta la
statua del Perseo descritta dal dotto
Visconti; cou di piìi cento ventidiie
3oo rìv
nicdat^lie d'oro, da Nerone ad Adriano
inclusive. Si trovarono ancora altre
slattie di raro merito, come pure dei
sepolcri, in uno de'quali scavalo nel
masso, giaceva un cadavere con
elmo, due lancie, spada e scudo di
metallo. Lungo sarebbe enumerare
gli altri oggetti rinvenuti negli sca-
vi, che palesano, come il vasto ge-
nio, e il buon gusto del fondatore
dei porto, non avea trascurato di
abbellirlo, aggiungendo alla amenis-
sima e magica posizione, la splen-
didezza, come quello eh' è quasi al
contatto di Roma.
Per riguardo alla Marina pon-
tifìcia [Vedi), sebbene Calisto III
sia stato il primo tra i romani Pon-
tefici ad armare una flotta di navi
in questo porlo, fu però Sisto V il
])i imo a porre una squadra di die-
ci galere a guardia del liltorale, e
contro i barbareschi , e progre-
dendo fu Alessandro VII, che fon-
dò r arsenale. Quindi alle galere
si aggiunsero le fregate , e quando
poi venne la guerra di Francia nel
declinar del decorso secolo , il na-
viglio Pontificio, composto ed equi-
paggiato dai civitavecchicsi e da al-
tri, fu da Napoleone tratto alla spe-
dizione di Egitto, e recò colà il ce-
It'brato general Desaix. In tale spe-
dizione si può dire finisse la ma-
rina Pontilìcia, perchè quel navi-
glio piti non tornò , e quasi tutte
le ciurme, spinte su pel Nilo, peri-
lono parte per mancanza di vetto-
vaglie, e parte dal feiTO de' mame-
lucchi.
Nel 528 e sotto l'impero di Giu-
stiniano I, narra Procopio, era que-
vSta città in grande auge, potente e
valorosa a segno, che avendo fatto
parte nelle guerre fra i goti ed i
greci, capitanati da Belisario, avea
njspinto da sé, dopo uu lungo as-
CIV
sedio, le coraggiose armale del re
Totila. Altri dicono che la città fu
presa da Totila, e quindi nell'anno
553 ripresa da Narsete. Che intor-
no al sesto secolo Cento Celle fosse
da Totila soggiogala, lo riferisce il
Lami, riportato dal p. Faure, par.
1, p. 187, delle Meinor. yìpologet.
Anche sotto i longobardi continuò
a prosperare, finché dai saraceni o
mori venuti di Spagna, nemici del
nome cristiano, fu totalmente deva-
stata e distrutta : la città di Traja-
no venne pareggiata al suolo, parte
dai greci, dai goti, e dai longobar-
di, e sovra tutto dai mori prima
neir8i45 e poi verso l'anno 828.
Questi ultimi nelle loro piraterie
scorrendo furibondi il liltorale, tutto
distruggevano anco per odio reli-
gioso. Per la loro ferocia atterriti i
centumcellesi furono costretti di cer-
care uno scampo nelle vicine fore-
ste, ove impauriti vivevano fra la
miseria e le lagiime. Fu allora , e
verso l'anno 854, che il Pontefice
s. Leone IV, dopo aver vinto ad
Ostia i saraceni, ed eretta in PvO-
ma a difesa del Vaticano la Città
Leonina per metterla al coperto del-
le loro incursioni e depredazioni ,
mosso a compassione dei centumcel-
lesi, li ricovrò in altro luogo da
lui fabbricato, e prossimo all'antica
patria, che dal suo nome chiamò
Le.opoli; e ciò fece dopo di averla
cii'condata di mura, e vi ricettò pu-
re gli abitanti esuli delle città cir-
convicine. Siccome Leopoli secondo
alcuni era lungi da Centocelle (che
r Anastasio chi;ima Centiunccllense
Castrimi), poco piacque ai centum-
cellesi, i quali non ebbero più pa-
ce finché non giunsero al suolo an-
tico, e sulle primitive mura roma-
ne non gettai'ono le fondam{;nla
della nuova città. Appena pertanto
CIV
cessarono le piraterie, abbandona-
rono Leopolij si portaiono a Cen-
tocelle che riedificarono sulla vec-
chia città, e perciò la chiamarono
Città P^ecchia, Ch'ita Veccliia. Po-
chi furono i restauratori, e con po-
chi mezzi, perchè si restrinsero en-
tro un piccolo quadrato, come tutto-
ra si vede dalle mura, che in qual-
che parte sussistono, cioè verso il pa-
lazzo pontificio. Secondo la tavola
dell'Ameti, Leopoli era lontana sei
miglia da Cento Celle, su di che
è a vedersi il Limperani Istoria
della Corsica, t. I, 1. 9, pag. 344;
ed il Sarzana, Della capitale elei
tuscaniensi , p. 182.
Fino dall'anno ySo, e nel pon-
tificato di s. Gregorio li. Cento
Celle, siccome apparteneva alle se-
dici città che formavano allora il
ducato romano, nella deduzione di
questo alla santa Sede , divenne
sovrano dominio de' Papi, il che
afferma il Borgia, Memorie istori-
che tom. I, pag. 6: In Tusciae par-
tibits (cioè nella Toscana de' Roma-
ni, detta oggi Patrimonio), idest Por-
tuni. Cenili ni cellas, Chere etc. Lo
Scotto, Itiner. d' Italia a p. 187,
dice che Gregorio III nel 740 la
restaurò, e munì di nuove mura.
Indi fu dichiarata città nel i 192,
dal Pontefice Celestino III. Dipoi
nel 1244 s'imbarcò su questo por-
to, e nelle galere de' Genovesi suoi
concittadini, il Papa Innocenzo IV,
per fuggire l'insidie dell'imperato-
re Federico II. Duiante il grande
scisma di occidente, sostenuto in
Avignone dall' antipapa Benedetto
XIII, il di lui parente e fautore
Martino re di Aragona, stabih di
condurlo in E.onia accompagnato
da un' armata, contra il legittimo
Pontefice Bonifacio IX, avendo a
tal efi'etto promesso Giovanni de
CIV 3oi
Vico, di consegnargli nelle mani
Civita Vecchia, che teneva per la
santa Sede, mediante la somma di
dodici mila scudi ; ma non poten-
do r antipapa partire da Avignone,
la congiura si sventò. Terminato il
funesto scisma , colla elezione di
Martino V, Eugenio IV, che gli suc-
cesse l'anno i43i, nel ricuperare
dai tiranni le usurpate terre della
Chiesa Romana si propose di to-
gliere dalle mani del tiranno Gia-
como de Vico, prefetto di Roma,
Civita Vecchia, dandone l' incarico
al celebre Giovanni Vitelli Vitelle-
schi oriundo di Foligno, e di nobile
famiglia di Corneto. Egli colle mi-
lizie Pontificie uccise in Vetralla il
de Vico, nella vigilia di s. Michele
Arcangelo del 143^, come si ha
dal Contelori, De praef. Urbis, p,
85. Ma siccome la descrizione del-
la presa di Civitavecchia, che ne fa
Flavio Biondo segretario di Eugenio
IV nella sua Storia, interessa an-
che la posizione dell'antica rocca e
della contigua darsena, che lo sto-
rico chiama porticello avente allora
due aperture, non riuscirà discara
la seguente traduzione.
« E questa incumbenza (di ri-
" prender Civita Vecchia) la diede
» il Pontefice al vescovo di Reca-
" nati, che era un Vitelleschi di
« Corneto, il quale allora gover-
» nava (in qualità di legato apo-
'» stolico) la provincia. Ci si pose
" costui con tutto il vigore^ secon-
» dato da Fortebraccio, da Ranuc-
>: ciò Farnese, da Menicuccio Aqui-
» lano, e da Muzio da Fiesole,
» dando rapidamente il guasto a
>■> quelle castella. Quindi espugnata
" Vetralla, terra in sulla via Cas-
» sia, forte di sito e di mura, mos-
>i se il campo contro Civitavecchia,
M paese spopolalo, ma fortissimo,
3o2 CIV
e celebre per il suo porto, clie
> anlicainenle nominavasi Centum-
cellese. Coiitiiiiiava a tiiUo (fuel
> giorno l'assetlicj formato dall' e-
» sercito Pontificio , e si teneva
5 per fermo, che non si sarebbe
> venuto a capo di espugnarla se
> non fosse, a preghiera del Pon-
> tefice, soppraggiunto da Pisa col-
> la flotta IMetro Laureano. Iinpe-
» rocche, oltre le soldatesche, re-
> cava egli eziandio varie inacchi-
' ne da guerra, di che mancavano
» i Pontificii. In tal guisa venne
il luoEfo attaccato e da mare e
da terra. Sta quivi uno scoglio
sassoso protratto a occidente, che
si disgiunge dal continente per
tanta ampiezza di mare, quanta
conterrebbe trenta galere. Ha que-
sto il nome di porticello, e quel-
la parte di lui che si volge al
sol cadente è tal limacciosa, che
non può transitarvi naviglio; quel-
la poi che riguarda l' oriente è
si angusta e pericolosa, che ap-
pena dà passaggio ad una galera,
e d' infra gli scogli spiccasi dal
lido vicino. In sul dorso di que-
sto fu a grandi spese fabbricata
una rocca di pietre quadrate,
architettata in guisa, che dal la-
to del continente, sebbene priva
di fossa, a qualunque assalto tien
petto. Nella maggior ampiezza
della rocca, fino alla testa dello
scoglio , che tragge in mare ,
stanno intorno grandi macigni,
che fanno argine ai furiosi venti,
in guisa da rendere quel luogo
immune da ogni sinistro di mare,
mentre la fortissima rocca porge
sicuro ricovero contro i nemici.
Sospintosi quivi colla flotta il
Laureano, contenne le sue galere
fuori di tiro, e sbarcate le schie-
>■' re, pose in terra tutte le tuac-
CIV
chine, e le miniizioni. Indi, ri-
chiestone dal Foi tebraccio, diede
a lui una piccola galera ed una
gl'OSsa scafacela, ambo co[)erte di
doppio tavolato, e questi, empiu-
tale de' suoi Ijracceschi. li sospin-
se contro all' angolo occidentale
della rocca, ove giunti costoro
spezzarono quella catena , che
porgendo dalla rocca allo scoglio,
dava adito al porticello. Iiifrat-
tanto le schiere vescovili, le brac-
ccsche, e quelle eziandio che si
erano fatte venire dalla provin-
cia etrusca del Patrimonio con i
veneziani e i lombardi , com-
battevano la rocca con vani as-
salti dalla parte di terra, e ap-
poggiate le scale spazzavano le
mura in guisa da incutere limo-
re. Quei poi eh' erano già den-
tro il porticello, traendo la scala
alle aperture soggiacenti alla roc-
ca, penetrarono tra le carceii, e
le sepolture, come se avessero a
fare con dei bravi, e non con
vigliacchi ed effeminati , poiché
Giacomo, il comandante di quel-
la fortissima rocca, temendo, co-
me poi si disse, le perfìdie dei
Catalani , o sospinto dalla sua
vigliaccheria, nel tredicesimo gior-
no dell'assedio si rendette mercè
lo sborso che gli fece il Ponte-
fice di quattro mila monete di
oro, e il permesso di ricoverarsi
in Siena con le sue bagaglie, e
suppellettili. Il Laureano fece ve-
la per ove era indirizzato, e il
Cornetano vescovo di R.ecauati,
avendo ordinato a IMcnicuccio ed
a quel da Fiesole di precederlo
in Ptoraa, a Forte Braccio di
svernare in quel di Vetralla, ed al
Farnese nella pi'ovincia, se ne an-
dò benché malato a trovare il
Pontefice '.
CIV
Ad Eugenio IV nell'anno i447
successe Nicolò V, il quale si rese
benemerito di Civitavecchia, perchè
vi costruì molti edifìzi. Dal Car-
della , Mem. ist. de Cardinali , t.
IH, p. 172, abbiamo che Paolo
II creò Cardinale Amico della Ptoc-
ca detto Angifilo, della diocesi di
Aquila, e perciò, come dice il Mo-
retti De s. Calisto ec. , chiamato il
Cardinal Aquilano, che ricuperò
alla santa Sede molte piazze e cit-
tà. ]\è di ciò contento , fabbricò
quella di Civitavecchia, come al
presente si vede. È da intendersi
però che questo porporato, il quale
mori nel 1476, avendo avuto da
Paolo II, o da Sisto IV il gover-
no della città e porto di Civita-
vecchia, l'avrà allora rifabbricata
nella maggior parte. L'Ughelli poi,
t. X, p. 5^, parlando di tal Cardi-
nale ecco come si esprime : ad Cen-
tuni Cellarum crani muuilissimani
arceni construxit. Che Sisto IV sia il
primo il quale abbia ristorate le mu-
i"a di Civitavecchia, non solo è no-
to, ma nella storia che di essa fece
Antigono Frangipani, e pubblicata
nel 1761, si legge il pontificio bre-
ve col quale Sisto IV ne alBdò la
sopraintendenza al lavoro a Lo-
renzo di Pietra-santa, suo domestico
familiare. Il Marini poi, Archiatri
pontifìcii, t. I, p. 21 o, parla di Gio.
Battista Bocciardo nipote d'Inno-
cenzo Vili, il quale ai i5 gennaio
1490 fu fatto dallo zio castellano
di Civitavecchia. Parla egli ancora
di altro castellano, nominato Ilario
Gentile, forse altro nipote del Pa-
pa, alla cura del quale, nel i485,
avea lo stesso Innocenzo VIII in-
viato il celebre medico Pellegro,
che probabilmente discendeva da
Bartolomeo, il quale fu padre a Ni-
colò V.
CIV 3o3
La fortezza di Civitavecchia è
certamente uno de' pili belli monu-
menti di militare architettura, una
opera di stile sodo e robusto, un
complesso di belle proporzioni. Giu-
lio lì, della Rovere, magnanimo
Pontefice, che al gusto delle arti
accoppiava gli spiriti delle armi in
dilèsa del principato, vista l'impor-
tante situazione della città, e con-
sidei^ato di che interesse e vantag-
gio quel suo porto poteva essere si
per le spedizioni marittime, che pel
commercio, ed eziandio a difesa del
paese e del liltorale, incominciò a
edificare si stupenda fortezza nel
mese di dicembre, come dice il
Piazza, Gerarchia, pag. i^iG. Co-
munemente si crede che Giulio li
ne affidasse il disegno a Michelan-
gelo Bonarroti, e 1' esecuzione a
Giuliano Sangallo, nipote e fratello
dei due Antonio Sangallo. Tutta-
volta il lodato cav. Pietro Manzi,
pieno di amor patrio, e delle re-
lative cognizioni, preso con criterio
tutto a calcolo, dopo aver posto ad
esame chi realmente possa esserne
stato il valente architetto, si di-
chiara con sode i-agioni e giusti ra-
ziocinii per Bramante Lazzeri, e la
dichiara anzi una delle ultime sue
maravigliose opere. Piuttosto convie-
ne, che dall' avervi Michelangelo
posto per ultimo la mano, sia stato
riguardato come 1' autore dell' inte-
ro edificio. Imperocché può asse-
rirsi, che egli per comando di Pao-
lo III, il quale si servi di lui in
molte opere di architettura civi-
le e militare, fabbricò il maschio
ben diverso dagli altri bastioni di
figura ottangolare, con disegno fie-
ro ed ardito, e con ornati coni-
spondenti al suo cornicione del pa-
lazzo Farnese. Leone X onorò di
sua presenza la città, accompagna-
3o4 civ
to da molti ingegneri, perchè divi-
sava fortifjcaila. Fra gl'ingegneri era-
vi il Sangallo, per cui alcuni credet-
tero, che avesse avuto mano all'ere-
zioiie della fortezza sotto l'immo-
diato predecessoie Giulio il.
Nel i555 Paolo IV severamente
punì il Cardinal A Scanio Sforza, e
i Colonnesi, perchè, quali aderenti
della Spagna, contro la Francia ave-
vano ingannato il castellano di Ci-
vitavecchia, ad onta della sua resi-
stenza, con togliere dal porto due
galere francesi ; galere che poi fu-
rono restituite per espresso ordine
del Papa. 11 successore Pio IV, Me-
dici, fu pur henemerito del porto e
della città per le opere summen-
tovate, e molto contribm alle sue
fortificazioni. Queste furono conti-
nuale anche da s. Pio V, che nel
i566 divenne Papa.
Di Gregorio XllI non solo ab-
biamo, che nel ì5']i si recò a Civita-
vecchia per r armamento di venti-
quattro galere, per la spedizione
contro i turchi, già vinti da s. Pio
\ nel golfo di Lepanto, in unione
altresì delle squadre di Spagna^ e
Venezia ; ma da una medaglia pub-
blicala dal Venuti, si legge intorno
r epigrafe : Portus Centuni cel. in-
slaur. urbemque vallo auxit. Lo
che prova che Gregorio XllI, verso
il iSyS, aggiunse un baluardo, e
restaurò alcune mura. Talmente poi
gli piaceva il delizioso soggiorno di
questa città, che nei tredici anni
del suo pontificato, vi si recava in
ogni autunno. Fuvvi anco in apri-
le del detto anno iSyS, e discus-
se il progetto di tirare mi alveo
navigabile pel Tevere, che per al-
tro dagli architetti non fu appro-
vato.
11 gran Pontefice Sisto V estese
le sue cure ancora a Civita Vec-
CIV
chia col nobilitarne, e fortificarne il
porto, e col fargli condurre per un
acfjuedolto lungo sei miglia una co-
p^iosa fonte d'acqua dolce, di cui al-
lora mancava. Quindi, per evitare
la scarsezza del frumento a Roma,
acquistò da Filippo Peruzzi fioren-
tino i terreni delle Chiane ne' ter-
ritori di Civita Vecchia, per pro-
sciugarli e renderli fertili, alienan-
doli poi alle comunità dei medesi-
mi territori, creando perciò un luo-
go di monte vacabile camerale, col
nome di Monte Civitavecchia, a ra-
gione del sei per cento, che addos-
sò altresì alle comuni di ]Monteleo-
ne, di Città della Pieve, di Fieni-
le ec. Paolo V Borghese del i6o5
restaurò ed ampliò il porto, la for-
tezza, e la città, ed eresse il faro
perchè di notte servisse di scorta e
segno a' naviganti. Il di lui prede-
cessore Clemente VIII aveva già
portato a compimento un suo brac-
cio.
Grandemente predilesse Urbano
Vili, Barberini, il porto, la città,
e il forte. Nel i632 v' introdusse
acque salubri, per cui in sul fonte
si legge l'iscrizione, che riporta il
Torrigio nelle sue Grotte ec. a p,
483. Quindi nel i634 restaurò la
città notabilmente in molte parti, ne
aìsicurò il porto, ne rinnovò il mo-
lo, costrnsse l' argine massimo con-
tro la violenza del mare, fabbricò
molte case e magazzini pei commer-
cianti ; e per favorire il commercio
tolse la gabella alle merci giunte-
vi per via di mare, con altre be-
neficenze, che si leggono in altra
iscrizione, che riporta il Torrigio
nel luogo citato, e in quella eretta
sulla facciata esterna del palazzo di
rocca, in piazza d'armi. Questo Pa-
pa aveva in mira di fare stanzia-
re in questo porto le galere della
CI V
nnirina l'ontificiu, e di proteggerle
dalle tempeste marittime. Il di lui
successore Innocenzo X, Pamphily
dopo che il suo nipote nel 1647
rinunziò la dignità cardinalizia, per
dare successione alla famiglia, lo di-
cliiarò generalissimo delle milizie pa-
pali, nel cjual grado fu il primo
ad introdurre in Civitavecchia la
fabbricazione delle galere.
Alessandio VII, esaltato al trire-
gno nel i655, con doppio molo e
catene ristabilì il porto rovinato dal
tempo e dall'impeto delle onde del
mare; vi fabbricò l'ospedale pei viag-
giatori, ed un'altra torre, e conces-
se alcuni privilegi alla città. Tolse
la necessità di fabbricare le navi e
galere altrove col costruir con disegno
del cav. Bcrnino, l'arsenale, leggiadro
e svelto- Esso è formato di sei grandi
arcate, che porgono in mare, e forma-
no un semicircolo, fatto in modo da
potere in cadauna fabbricate e va-
rare una galera. Dalla parte late-
rale dell'ultima arcata, volta a mez-
zod'i, si presenta il magnifico aspet-
to della fortezza, che in basso da
un Iato ha la fabbrichetta, ove tro-
vasi l'ufficio della sanità. All'isola
edificata da Traiano avanti il por-
to, cioè nel mezzo delle parti estre-
me delle due braccia, per cui for-
mansi due bocche, una detta di le-
vante, l'altra di ponente, eranvi due
torri, per avvertire i naviganti e farli
cauti nell'entrare le due bocche me-
desime, ma ora una sola ne esiste
sormontata dall' ampio fanale. Ad
onta che l'isola fosse fabbricata soli-
dissimamente, accorsero a ripararla
prima Clemente X, e poi verso il
17 14 Clemente XI, che molto vi
spese; ma all'immediato suo prede-
cessore Innocenzo XII va di molto
debitrice la città, come ad Innocen-
zo XI deve l'accrescimento delle sue
voT. xur.
CIV 3ui;
artiglierie, l'atlerratnento di duemon-
ticelli, la strada coperta, non che
buone fortificazioni.
Avendo pertanto Innocenzo XII
fabbricato i summentovati acquedot-
ti, nel 1692, si recò a visitarla, fece
franco dalle gabelle il porto, e la
dichiarò città, giacche quando Cele-
stino III vi avea eretta la sede ve-
scovile, era per questa divenuta cit-
tà, ciò che poi cessò di essere pel
trasferimento, o unione della sede a
quella di Viterbo, siccome poi dire-
mo. Quindi Innocenzo XII, coll'au-
torità della costituzione In supre-
mo, presso il tomo IX del Bull.
Rolli., le assegnò un prelato per
governatore, colla sopraintendenza
eziandio della vicina città di Cor-
neto: e sebbene i medici gli aves-
sero vietato di recarvisi, nel 169G
ritornò ad onorare Civitavecchia per
vedere l'ampliazione sua, che avea
ordinata dalla punta di levante, fa-
cendovi fabbricare un borgo , il
quale fu denominato di sant' Anto-
nio, e venne munito di alte mu-
ra e terrapieni. Così formossi una
nuova cinta di fortificazioni, che
resero da questo Iato inutili le pre-
esistenti. In seguito il detto succes-
sore Clemente XI si occupò gran-
demente delle acque in vantaggio
degli abitanti, per cui vi spedì il
proprio nipote Annibale poi Cardina-
le, ed in appresso il Cardinal Pam-
phily.
Altro segnalato benefattore fu
Benedetto XIV, il quale non solo
abbellì il mezzo del porto d' una
bella, ed elegante fontana, ma spur-
gò il porto per maggior comodo
delle navi che vi approdano, e rese
più ampia la piazza per lo scarico
delle mercanzie. Il commercio, che
sino a lui aveva languito , prese
subito vigore allorché restituì al
3u6 CIV
porto 1 al^olita franchigia, e con-
iriinò ed accrebbe le concessioni
d Innocenzo XII, consolidandole con
l('gii;i e statuii, che garantissero i
Irallìcanti. Il perchè venne il por-
io fi'equentato anco da lontane na-
zioni, e con grossi legni, con gran-
de utile della rifiorente città. Desi-
derando poi il benefico Pontefice
di osservare quanto avea fatto a
Civitavecchia, parti da Roma a 26
aprile del 1747j avendo seco in
carrozza il Cardinal Valenti segre-
tario di stato, e Colonna pro-mag-
giordomo. Nel seguente giovedì
giunse iu Civitavecchia, preceduto
dal crocifero a cavallo colla croce
inalberata. Egli avea pernottato a
Palo, ed era stato per terra pre-
ceduto e scortato dalla cavalleria, e
per mare da quattro galere, rice-
vendo lungo la strada gli onori che
si convengono al sovrano Pontefice,
come dicesi all'articolo Piaggi dei
Papi (Pedi). Alla porta della piaz-
za d'armi gli furono colla debita
formalità presentate le chiavi della
città dal magistrato. Il governatore
della medesima, monsignor Saverio
Dattilo di Cosenza, con le autorità,
e molti distinti pei'sonaggi, si trovò
alla rocca a riceverlo, mentre il rim-
bombo de' cannoni , il suono delle
campane, e le acclamazioni del fol-
tissimo popolo accorso anche dai
dintorni , riempiva gli animi di
gioia. Asceso Benedetto XIV al suo
appartamento, ammise al bacio del
piede i pubblici rappresentanti del
comune, quindi ascoltò tutti all'u-
dienza, il clero, gli uffiziali ed altri.
A pranzo la prima volta che be-
vette, le artiglierie fecero una ge-
nerale salva. Nel giorno visitò la
chiesa principale de'domenicani de-
dicata a s. Maria; quindi passò alla
fortezza, in cui ebbe gli omaggi di
CI V
monsignor tesoriere generale, che gli
rassegnò in un bacile le chiavi : vi-
sitò la chiesa, i fortini, le cortine,
i baloardi, accompagnato dal castel-
lano Origo. Passato all' arsenale os-
servò una nuova galera, ed al mo-
lo la fontana, non che le tre iscri-
zioni marmoree poste al porto a
perpetua memoria de' favori da lui
ricevuti dalla città. Nella sera vi fu
generale illuminazione, e il magi-
strato presentò al Papa un calice
dorato, l'assentiste delle galere una
pianeta ed alcuni libri di marine-
ria, e il principe di Palestrina di-
versi bacili di commestibili. Nel ve-
nerdì Benedetto XIV celebrò messa
bassa nella detta chiesa de' dome-
nicani all'altare dedicato a s. Fir-
minia protettrice della città, di cui
solennizzavasi la festa. Nelle ore po-
meridiane ammise all' udienza la
deputazione di Corneto, e co' sud-
detti Cardinali in carrozza andò ai
cappuccini, dove monsignor Alessan-
dro Abati romano, vescovo di Vi-
terbo e Toscanella, gli fece presen-
tare un donativo di commestibili,
avendo già fatti i suoi ossequi sino
alla Chiariiccia, luogo così detto da
una delle torri del littorale, ov'era-
si recato ad incontrarlo, qual luo-
go in cui principiava I' episcopale
sua giurisdizione In questo giorno
vi fu la coi'sa de' barbari.
La mattina del sabbato, e a piedi
seguito dalla pontifìcia corte. Bene-
detto XIV ritornò al molo, e al-
l'arsenale; passò ad ascoltare la
messa nella chiesa di s. Giovanni di
Dio de' religiosi Benfratelli, quindi
si recò al loro contiguo ospedale,
benedì la mensa degl' infermi, cui
somministrò vivande e dolci, e fece
dispensare uno scudo ad ognuno ;
volle eziandio vedere la spezieria ,
ed ammise al bacio del piede tut-
CIV
ti i religiosi. Passò poi a visitare
la chiesa della confraternita della
morte, e nel giorno assistè alla re-
cita delle litanie nella chiesa dei
cappuccini. Nella domenica il Papa
disse messa nella chiesa de' p. p.
conventuali: dipoi bened\ nell'arse-
nale la detta galera solennemente,
e le impose il nome di s. Benedet-
to, vedendola varare dal casino del-
la sanità, Ricorrendo la festa di s.
Caterina da Siena, visitò la chiesa
de' domenicani ; e passando ad os-
servare le mura della città, ne fece
elogi pel loro stato, sì a monsignor
Maggi commissario delle armi, sì al
conte Sederini, governatore delle ar-
mi della città. In mare vi fu una
giostra, e l' affittuario della provin-
cia del Patrimonio Pagliacci, pre-
sentò al Papa una ricca pianeta.
Nel lunedì, siccome festa de'ss. Fi-
lippo e Giacomo, Benedetto XIV
celebrò messa nella mentovata chie-
sa de' cotifrati della morte , i qua-
li furoiio da lui ammessi al bacio
del piede. Poi visitò l'ospedale, che
avea fatto fabbricare pei forzati
della darsena, pel quale assegnò la
cappella de'religiosi cappuccini, affin-
chè vi ricevessero i sagramenti : bene-
dì il cibo pegli infermi, dispensò le
vivande, le confetture, e a tutti fe-
ce dare uno scudo. Nel dopo pran-
zo andò alla chiesa di s. Gio. Bat-
tista, commenda dell'Ordine geroso-
limitano, ammise al bacio de' piedi
i cavalieri fr. cappellani ; indi pas-
seggiò lungo la spiaggia del mare.
Nella città vi fu il divertimento della
corsa al Saracino, e si fecero le evo-
luzioni militari dalla guarnigione. Nel
dì seguente recossi il Pontefice al
porlo salutato dai cannoni di tutte le
galere ; poi ascoltò la messa nella
chiesa di s. Nicolò dei pp. della dot-
trina cristiana ; e in darsena si fece
CIV 3o7
la corsa delle barchette. Nelle ore
pomeridiane Benedetto XIV visitò
la chiesa del sodalizio del Gonfalo-
ne, ammettendo i confratelli al ba-
cio del piede, indi visitò i cappuc-
cini, come fu ripetuto in mare il
divertimento della giostra. Final-
mente nel mercoledì 4 ™^gg'o il
Pontefice, dopo avere ascoltata la
messa , sparse agli abitanti molte
beneficenze, e graziò trentacinque
forzati, e pel primo uno che si era
confessato reo a confronto degli al-
tri i quali chiamavansi innocenti, per
cui lepidamente disse il gran Papa,
non convenire che un colpevole stes-
se fra innocenti e gente buona. In-
di alle ore i i partì da Civitavec-
chia, cogli onori dovuti al sovrano
Pontefice, e l'eco delle più vive ac-
clamazioni riconoscenti e divote. /
Diari di Roma del 1747 fanno la
descrizione di questo viaggio, ai nu-
meri 4647 e 46^0. Dopo la par-
tenza di Benedetto XIV dalla città,
caddero alcune case, colla morte di
dodici pei'sone, il perchè, ad ovvia-
re simili funeste disgrazie, colla co-
stituzione Ad Centumcellas , data
die 3o sept. 1747 j Bnll. Magn. t.
XVII. p. 267, il provvido Pontefi-
ce stabih, che ogni anno fossero e-
letti due maestri di strade, i quali
visitassero tutte le case, e facessero
risarcire quelle che avessero biso-
gno, e qualora i proprietari si rifiu-
tassero, i maestri le vendessero al
maggior offi^rente, preferendo i pro-
prietari confinanti, indi gì' inquilini.
Correndo Tanno i753, i mari-
nari di un legno genovese si azzuf-
farono con quelli delle tarlane di
Gaeta ; ma il presidio sedò il tu-
multo, che poteva divenire ben gra-
ve, pel partito che in favore de'ge-
novesi prendeva il popolo. Allora
governava Civitavecchia monsignor
.l.,8 CIV
J'inocciru'lli poi Caidiiiolc, ctl il con-
te Soileriiii eia ancora governatore
«Ielle armi. Questo avvenimento
j)roclusse alcune lenipoianee tlifTe-
) cnze Ira la corte di Pioma, e quel-
la eli JNapoli; difl'erenze che raccon-
la il Novaes nella vita di Benedet-
to XIV, t. XIV, p. 198 e 199.
Clemente XIII, a cagione d'infer-
mità sofferte, nel 1759, aveva sta-
I)ilito di recarsi agli 8 di maggio
in Civitavecchia, per godere dell'a-
ria marittima, stimata assai proficua
alla di lui salute, e perciò tre gior-
jii avanti vi si recarono pegli op-
portuni preparativi, monsignor Co-
lonna maggiordomo, e il marchese
Patrizi foriere maggiore; ma soprav-
venuta al Papa a' 5 altra febbre,
venne sospesa la gita. IVello stesso
anno, e a' 1 6 settembre, Clemente
XIII fece ricevere in Civitavecchia,
e trattare a spese della Camera apo-
stolica i perseguitati gesuiti prove-
nienti dal regno di Portogallo. iXè
riuscirà discaro, che qui si riporti il
soggiorno cui in Civitavecchia fecero
Clemente XIII, ed altri suoi suc-
cessori, giacché il romano Pontefi-
ce non è un sovrano qualunque,
ina riunisce la sublime dignità di
capo della Chiesa, quale padre co-
mune de" fedeli ; laonde tultociò che
il riguarda, deve interessare ciascun
cattolico. Ognuno sa , che Vrjos
luibitaiUc Caniillo, illieo Roma fuit,
Luciano lib. V, vers. 28; voglio di-
re, che dovunque si trova il sommo
Pontefice, ivi soggiorna la sede Ro-
mana, secondo il volgare proverbio:
l^ii Papa, ibi Roma.
Adunque nella primavera del
1762, Clemente XUl, Rczzoiiico, in
vece di passare alla pontiHcia vil-
leggiatura di Castel- Gandoljo [Vc-
di), per alcuni giorni andò in Ci-
vitavecchia, preceduto dalle milizie
CIV
che dovevano perluslrare la strada
e la costa del mare, oltre quelle
che dovevano servirlo nella stessa
città. Indi la mattina del lunedi 26
aprile, col consueto accompagnamen-
to e corteggio, avendo in cairozza
il Cardinal Cavalchini pro-datario,
ed il proprio nipote monsignor Car-
lo Rezzonico, segretario de' memo-
riali, partì da Roma. Pernottò, co-
me Benedetto XIV, a Palo, e nella
mattina seguente si ripose in viag-
gio, incontrato dopo s. Severa dal-
le mute del Cardinal Giacomo Od-
di, il quale, come vescovo di Vi-
terbo e Toscanella, e perciò allora,
come diremo, ordinario pure di Ci-
vitavecchia, erasi portato a fare i
dovuti omaggi al Papa. All' ingres-
so nella piazza delle armi, il pre-
lato Giambattista Rezzonico , altro
nipote di Clemente XIII, qual com-
missario generale delle armi ^ ed
il conte Soderini governatore del-
le armi , cioè comandante del pre-
sidio , gli presentarono le chiavi
della città. Smontò al palazzo apo-
stolico, alla cui porta trovaronsi, il
suddetto Cardinal vescovo, monsi-
gnor Canale tesoriere generale, i
prelati Acquavi va commissario del
mare, e Antonio R.ipanti di Jesi
governatore della città. Fu ivi an-
cora ricevuto dalla civica magistra-
tura, fra le salve de' cannoni della
fortezza, le galere papali, e le navi
ancorate, licevendo da tulte le au-
torità gli onori, e le distinzioni do-
vute} a un monarca, ed al supremo
gerarca. Nel dopo pranzo Clemente
XIII visitò la chiesa de' domenica-
ni, ed oiò nell'altare di s. Firmi-
nia; indi passò ad osservare la nuo-
va fabbrica dello scaricatore da lui
eretta per comodo delle navi, men-
tre per la città solennizza vasi la pro-
ces^ione della patrona s. Firminia.
C!V
rosola ricevette dal Cardinal vesco-
vo un donativo di commestibili.
Nel seguente mercoledì 28 aprile,
sacro a s. Firminia, disse il Papa
la messa nella detta chiesa , dopo
di. che ammise in sagrestia al ba-
cio del piede il p. Yillavecchia, \'i-
cario generale de'domenicani co' suoi
religiosi, ricevendo dal primo una
costa della santa entro reliquiario
di argento, insieme ad un nobile
fiore, e l'effigie della stessa santa in
seta. Altro dono, consistente in un
calice d'argento dorato, ricevette
dall' università de' mercanti. Nelle
ore pomei'idiane visitò il lazzaret-
to, e i nuovi granari. Il giovedì
osservò le fabbriche de' lavorieri ,
passò a venerare il ss. Sagramento
nella chiesa di s. Fi'ancesco de' mi-
nori conventuali, seguito dal terzo
nipote d. Abbondio poi senatore di
Roma. Indi nel venerdì dopo l'u-
dienza recossi alla fortezza, le cui
chiavi nel debito modo gli furono
presentate dal castellano commen-
datoi'e Origo, e fece orazione nel-
la cappella.
Nel primo giorno di maggio Cle-
mente XIII visitò la chiesa, e il
convento de' cappuccini, tornando a
piedi alla rocca sua residenza. Nel
dì seguente, eh' era domenica, cele-
brò la messa nella chiesa de' Bene-
fratelli, indi visitò l'ospedale, dispen-
sando ai malati mezzo zecchino, una
medaglia benedetta, e una porzione
di dolci per cadauno. Nelle ore po-
meridiane orò nella chiesa del so-
dalizio della morte, e si recò a ve-
dere il palazzo del marchese Chigi
Muntoro, suo foriere maggiore. Nel
lunedì il Papa andò nella chiesa di
s. Nicola della dottrina cristiana, vi
disse la messa, ed ammise al bacio
de' piedi i religiosi; indi si trasferì
all'ospedale dei forzali, ove ne Iro-
CIV 3o()
vò novanta infermi , benedì la loro
mensa, presentò loro le vivande, e
ad ognuno diede delle paste dolci,
una medaglia benedetta, e sei pao-
li; nel dopo pranzo visitò il Santis-
simo nella chiesa di s. Maria dei
domenicani. Il martedì passò a Cor-
neto; nel mercoledì visitò la chiesa
di s. Antonio fuori della porta ro-
mana di Civita Vecchia, già eretta
dal predecessore Benedetto XIV, e
nel giovedì disse messa nella chie-
sa della confraternita della morte,
dove ebbe da' confrati un fiore tes-
suto d'argento; visitò un piccolo
o>pedale di donne, e la ss. Eucari-
stia nella chiesa de' conventuali ,
partendo dalla città nel venerdì 7
maggio.
Clemente XIII nella sua dimora
a Civita Vecchia, oltre quanto si
è detto, fece dare ai forzati una
libbra di carne per giorno, e buon
vino, e ne liberò dalle prigioni tren-
tacinque ; e dispensava le limosine
a' poveri colle sue proprie mani.
Ordinò r erezione d' uno spedale
per le donne, ed un conservatorio
per le orfane ed oneste zitelle, il
quale compì in tre anni, colla spesa
di diecimila scudi. Donò la comu-
nità a tal effetto una piccola casa.
Fu agli 8 settembre del 1766, che
le orfane e le zitelle passarono ad
abitarlo. Quanto qui dicemmo di
Clemente XIII, più diffusamente si
legge nel Novaes t. XV, p. 18, 46,
47, 64 e seguenti, non che ne Din-
ri (li Roma nel 1762, ai numeri
6993, 6996, e 6999.
Nella vita di Pio VI, scritta dal
citato Novaes, molte cose si dicono
da lui operate a vantaggio di Ci-
vita Vecchia, che qui accenneremo.
Appena nel 177 5 salì egli sul tio-
no pontificale , che prese cura del
purlu, restaurando T anlemuialc di
k86UZ/
3 1 o C 1 V
Trajano, peichù corroso dal tcinpo,
e dall' urto veeincntissimo delle on-
de del mare. Con tal benefìcio rese
la siciu'ezza ai bastimenti, che en-
trano e si trattengono nel molo.
Quindi volendo provvedere in un
modo stabile al nuovo spedale del-
le donne, e al conservatorio della
divina provi'idcnza per le orfane
degl'impiegati camerali, eretti po-
chi anni prima, impose alcune pic-
cole gabelle sulle merci, che s'intro-
ducessero nel porto, e nelle vicine
spiaggie di s. IMarina, di s. Severa,
e di Palo, le quali dovrebbero ero-
garsi pel necessario sostentamento.
Indi per le sue sollecitudini go-
vernative, e per le sagge disposi-
zioni emanate, il commercio si fe-
ce più attivo e fiorente. Nell'anno
1779 cadde un fulmine sulla pol-
veriera della fortezza, che fece sbal-
zar in aria, e rovesciare una parie
del forte, trapassando i tetti del-
l'ai'senale e delle vicine case, con
altri danni che si calcolarono ascen-
CIV
dere a settanta mila scudi. Pronta-
mente Pio VI diede l'opportuno
soccorso agl'infelici, che aveano sof-
ferto, e riparando le conseguenze
del fortuito avvenimento, fece ese-
guire i necessari l'isarcimenti dal-
l' architetto Navona. Nel di lui
pontificato, presso le vicinanze del-
la città, si discopersero miniere di
piombo, che Pio VI attivò a van-
taggio del commercio, come si rese
benemerito delle escavazioni dell'ala-
bastro detto di Civitavecchia. Delle
vicende repubblicane, che termina-
rono il secolo XVIII, e della resa
della città al generale Merlin, trat-
ta il Manzi alle pag. 45 > ^ 4^-
IMa gì' inglesi temporaneamente si
impossessarono di Civitavecchia ai
16 settembre 1799? nienlre nel
mese precedente l' esule, ma gloi-io-
so Pio VI, avea terminato i suoi
giorni a Valenza di Francia.
Altre notizie intorno a Civita Vec-
chia si andranno esponendo nel vo-
lume seguente.
FINE DEL VOLUME DECLUOTERZO.
BX 841 .ri67 1840
sncR
rioroni , Gaetano,
1802-1883.
Dizionario di erudizione
storico-ecclesiastica
AFK-9455 (awsk)