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DIZIONARIO
DI ERUDIZIONE
STORICO-ECCLESIASTICA
DA S. PIETRO SINO Al NOSTRI GIORNI
SPECIALMENTE INTORNO
AI PRINCIPALI SANTI, BEATI, MARTIRI, PADRI, AI SOMMI PONTEFICI, CARDINALI
E PIÙ CELEBRI SCRITTORI ECCLESIASTICI, AI VABII GRADI DELLA GERARCHIA
DELLA CHIESA CATTOLICA, ALLE CITTA PATRIARCALI , ARCIVESCOVILI E
VESCOVILI, AGLI SCISMI, ALLE ERESIE, AI CONCILI! , ALLE FESTE PIÙ SOLENNI,
AI EITI, ALLE CEREMONIE SACRE, ALLE CAPPELLE PAPALI, CARDINALIZIE E
PRELATIZIE, AGLI ORDINI RELIGIOSI, MILITARI, EQUESTRI ED OSPITALIERI, NOI»
CHE ALLA CORTE E CURIA BOMANA ED ALLA FAMIGLIA PONTIFICIA, EC. EC. EC.
COMPILAZIONE
DLL CAVALIERE GAETANO MOROM ROMANO
PRIMO AIUTANTE DI CAMERA DI SUA SANTITÀ
GREGORIO XVI.
VOL. XXXV.
IN VENEZIA
DALLA TIPOGRAFIA EMILIANA
MDCCCXLV.
a
DIZIONARIO
DI ERUDIZIONE
STORICO -E GG LE SI ASTICA
m&*
ING
Cenni storici civili ed ecclesiastici
sul regno di Inghilterra, e delle
relazioni di attesto con la santa
Sede.
G
li antichi abitanti della Gran
Bretagna davano alla loro isola il
nome di Prydain. I greci, al dire
di alcuni, la conobbero sotto quello
di Albione, prima che i romani la
chiamassero Britannia major, per
distinguerla dalla Bretagna Armo*
rica (Fedi), Britannia minor, una
delle più antiche e considerabili
Provincie della Francia, che si di-
vise già in alta e bassa. Pare certo
che i greci non la visitassero giam-
mai, ma che ne parlassero dietro
a cognizioni estranee, come è certo
che i romani furono quelli che l'ap-
pellarono Albione, dalle cime ste-
rili e biancastre o cretacee che vide-
ro provenendo dalla Gallia. Vir-
gilio parla dei britanni come noi par-
leremmo degli abitanti dello Spitz-
berg o della Terra del fuoco. L'In-
ING
ghilterra era poco conosciuta prima
che Giulio Cesare ne intraprendesse
la conquista, onde a lui dobbiamo
la prima autentica ed estesa descri-
zione; egli ne fu lo scopritore, il
conquistatore, e lo storico : era a-
bitata dagli antichi bretoni , celti
di origine, chiamati anche gaulesi
e gaydels dai welsci, che li riguar-
davano come i loro predecessori.
Parlavano la stessa lingua dei celti,
erano generalmente grandi, ben fat-
ti, coi capelli rossi, ed avevano
un temperamento assai robusto, per
cui vedevansi fra loro molti di aimi
cento. Non portavano altre vesti
che de' mantelli fatti con pelli di
bestie selvaggie, e si facevano sul
corpo incisioni in varie forme e fi-
gure, che riempite poscia con un
succo di colore oscuro, davano loro
una tinta che non si cancellava
giammai , ed in questo facevano
consistere il principale loro orna-
mento. Inoltre si dipingevano pure
la pelle di colore azzurro, affine di
rendere vieppiù truce il loro aspet-
6 ING
to nelle battaglie : a tale oggetto
parimenti lasciavansi crescere le
chiome ed i peli del labbro supe-
riore. Le mogli erano comuni a
tutti, massime tra parenti ed ami-
ci, vivendo in una specie di socie-
tà ; i figli che nascevano apparte-
nevano al marito di quella donna
che li dava alla luce. Abitavano
capanne piantate nelle foreste, co-
perte di pelli, di rami d' alberi o
zolle di terra : però gli abitanti
della regione marittima del Can-
aio ossia del paese di Kent, avea-
no case ben costruite, ed in molti
rami di civilizzazione sociale erano
istruiti. Si cibavano di selvaggiu-
me e del latte delle loro mandrie.
Erano divisi in molti popoli indi-
pendenti. I loro dei serviti dai drui-
di, per dargli un carattere miste-
rioso, si adoravano ne' luoghi più
tetri delle foreste, e sacrificavausi
loro anche vittime umane. Eso e
Teutate erano le loro principali di-
vinità. Adoravano altresì Apollo,
Mercurio, Marte, Giove e Miner-
va. I druidi non solo erano sacer-
doti del loro culto, ma anche giu-
dici della nazione. Uno de' princi-
pali domini ch'essi insegnavano era
la metempsicosi, o trasmigrazione
delle anime umane in altri corpi
dopo la morte. La caccia e la guerra
essendo state le prime occupazioni
de' bretoni o britanni, i sanguina-
ri druidi con abbominevole culto e
dalie fumanti viscere dell'immolato
straniero, traevano presagio al suc-
cesso delle loro armi. Ci riman-
gono ancora i nomi dell'antico re
Brione, che vuoisi aver cambiato
il nome di Albione in quello di
Bretagna a quella terra, e di Coilo
che regnava trecentocinquanta anni
avanti la nascila di Gesù Cristo.
Sì può calcolare come l'epoca se-
ING
conda della istoria dell' Inghilterra
l'arrivo in essa di talune colonie
belgiche, che forse tre secoli prima
dell' era cristiana s' impadronirono
delle rive del rad e dell' est. Lo
stabilimento de' belgi in Inghilter-
ra è interessante per ogni rappor-
to, giacché puossi supporre il ger-
me primitivo dell'attuale nazione
inglese, e fissar 1' epoca dell' intro-
duzione dell'agricoltura sconosciuta
ai celti cacciatori o pastori, ed il
principio della civilizzazione di quel
suolo. Nello stesso modo che in
tempi posteriori le colonie belgiche
di questo paese furono soggiogate
dai sassoni settentrionali , così la
colonia celtica venuta dal sud fu
vinta dai cimbri del nord. Sembra
che i primi abitanti gaulesi abbia-
no abbandonata intieramente que-
sta contrada rifugiandosi nell' Ir-
landa. Alla popolazione celtica del-
l'Inghilterra successe quella de' sci-
ti o goti , scesi dall' Asia, i quali
scacciarono dinanzi ad essi i cim-
bri o celti settentrionali, e lungo
tempo prima dell'era cristiana, es-
sendosi impadroniti di quella por-
zione della Gallia eh' era più vici-
na alla Gran Bretagna, da ciò ri-
cevettero il nome di belgi. Di là
poscia passarono nell'Inghilterra,
dove Giulio Cesare al suo arrivo
trovò le contrade del sud-est po-
polate da colonie belgiche, mentre
gli abitanti originari eransi ritirali
nell' interno delle terre.
Allorché i romani, dopo la con-
quista delle Gallie, sotto il coman-
do di Giulio Cesare, entrarono in
quest'isola, ciuquantacinque anni pri-
ma di Gesù Cristo, la trovarono a-
bitata dai bretoni e caledoni , i
primi erano al nord, gli altri al
sud, e divisa come gli altri paesi
selvaggi, fra un certo numero di
ING
piccole tribù; e quindi dopo aver-
ne conquistata una gran parte, se-
guendo la loro politica ordinaria
la divisero poscia in cinque gran-
di provincie o prefetture. La Bri-
tannici prima comprendeva tutta la
porzione meridionale dell'Inghilter-
ra, sino alla Se verna ed al Tami-
gi, avente Londra per capitale. La
Brìtannia secunda rinchiudeva il
paese conosciuto sotto il nome di
Galles, la cui capitale era lsca o
Carleon. La bella provincia chia-
mala Flavia Caesariensis dal no-
me della casa imperiale di Vespa-
siano e de'suoi successori, sotto ai
quali furono latte alcune delle più
importanti conquiste , estendevasi
dal Tamigi alKHtraber. La Ma-
xima Caesariensis rinchiudeva tutto
il paese fra 1' Straber e la Tyne,
dal Mersey sino al Solwayj cioè
Ja parte settentrionale, la cui ca-
pitale era York. La Valentia o
Valentina finalmente comprendeva
la parte meridionale della Scozia,
cioè le pianure della Scozia fino
ai Friths di Clyde e Forth. Le
tribù dopo i Friths formavano
il governo della Vespasiana, di-
viso dai caledoni indipendenti dal-
la catena di montagne che pas-
sa da Dumlrarton per le con-
tee di Athol e Badenoch. Sotto
Giulio Cesare i romani veramen-
te non fecero che visitare questa
isola, la sua campagna allora non
avendo prodotto altro risultamen-
to, che di rendere tributari del-
la repubblica i popoli della par-
te meridionale. La maggior parte
degli storici scrivono che Giulio Ce-
sare ne fece la conquista col pre-
testo di avere i britanni prestato
soccorso ai nemici dei romani nel-
le Gallie ; ma essa non ebbe in
sostanza per risultato che un gran
ING 7
numero di ostaggi, e la vana glo-
ria di conoscere gli abitanti d'una
regione sconosciuta , che mostra-
ronsi valorosi nel combattere, ed
opponendo valida resistenza con
buona cavalleria e carri che avean
le vuote armate di falci. Cesare
vi ritornò con cinque legioni com-
poste di trentamila uomini, ed i
britanni costituiti in separati indi-
pendenti governi, unironsi in lega,
affrontandone le forze sotto il co-
mando di Cassi velauno, uno dei re
del paese. Cesare varcò il Tamigi,
pose a ferro e a fuoco le campa-
gne, e prese la città di detto re,
consistente in un bosco cinto da
profonda fossa con alcune greggi.
Mentre Cesare invadeva il Canzio,
Cassi velauno chiese la pace, dando
ostaggi e promettendo annuo tri-
buto. Cesare partì fremendo di
non aver potuto debellare quel po-
polo di guerrieri, e come la pri-
ma volta senza lasciarvi guarni-
gioni. I bretoni si ribellarono al
principio dell'impero di Augusto,
sforzandosi replicatamente di scuo-
tere un giogo che loro sembrava
insopportabile, ma furono sempre
vinti. I più critici non convengono
su tali insurrezioni e vittorie, an-
zi dicono che voleudo Augusto
intraprendere una spedizione in
Bretagna, ne fu distolto da una
ambasciata di sommessione che "li
o
spedirono gl'isolani. Malagevole im-
presa ritenevasi il conquisto di
Bretagna. Caligola formò il grot-
tesco disegno d' intraprenderlo , e
noto è come bizzarramente schierò
le sue legioni sulle rive dell'Ocea-
no, e disse che il nemico era già
vinto, cioè 1' Oceano stesso. Fece
erigere un faro sulla spiaggia per
memoria, e profittando degli aiu-
ti che implorò Admiuio principe
8 ING
britanno, si fece decretare gli ono-
ri del trionfo. Sotto il regno di
Claudio, Plauzio, Vespasiano ed
Ostorio Scapula furono primi a do-
mare i bretoni, malgrado gli sforzi
della -valorosa loro regina Baodi-
cea, e di Carattaco re de' siluri.
Claudio si recò a ricevere gli o-
maggi de' popoli, e si fece decre-
tar gli onori del trionfo. Quindi
dopo Svetonio Paolino divenuto
imperatore Vespasiano, a compiere
la conquista dell' isola vi mandò
Giulio Agricola insigne generale, il
quale sottomise l'Inghilterra, passò
in Iscozia, e distrusse sui mon-
ti Grampiani l' armata caledonia
guidata da Galgaco, ultimo soste-
gno della cadente libertà de* bri-
tanni; penetrò tino all'ultima estre-
mità boreale della Scozia, scoperse
le Orcadi, gruppo d'isolette oppo-
ste al promontorio del nord. Col-
mo di gloria sotto i regni di Ve-
spasiano, Tito e Domiziano , que-
sto principe crudele lo fece avve-
lenare. Intanto le legioni romane
quivi inviate gli accostumarono a
poco a poco ad una specie di di-
pendenza, ad abbandonare la na-
tiva fierezza, e a coltivare le ar-
ti, le scienze ed il commercio. Con-
fessar bisogna per altro cbe le di-
visioni politiche di quest'isolani fa-
cilitarono la conquista , compita
come dicemmo sotto Agricola, che
innalzò un baluardo considerabile
onde porli al sicuro dalle incursio-
ni dei pitti e caledoni, popoli del
nord dell'isola. Gl'imperatori Adria-
no, Antonino , e Settimio Severo
aumentarono in progresso questa
muraglia, fiancheggiandola di torri,
qual segno del romano confine.
Questi popoli furono de' primi
ad abbracciare il cristianesimo, di
cui vantavansi di avere ottenuto
ING
la prima notizia dall'apostolo delle
genti s. Paolo. Altri con maggior
probabilità sostengono che la re-
ligione cattolica fu abbracciata da-
gl inglesi per la predicazione di
Giuseppe d Arimatea discepolo di
Gesù Cristo, che il calò dalla cro-
ce e ripose nel sepolcro. Divenuta
quasi estinta, fu restaurata per lo
zelo del re Lucio, il quale pregò il
Pontefice s. Eleutero creato nell'an-
no 179 di mandargli missionari,
onde il Papa vi sped\ Fugazio e
Damiano, per mezzo de' quali il re
e l'isola ricevettero la fede, che vi
perseverò fino al furore della per-
secuzione di Diocleziano, assunto
all'impero nell'anno 284, pel qua-
le restò quasi spenta. A questo
Pontefice sant' Eleutero si attri-
buisce la seconda sua lettera, scrit-
ta a Lucio re della Bretagna, seb-
bene non ricevuta dai critici per
certa. Veggasi Alford, Annal. eccles.
et civil. Britannorum , anno i33,
§ 4- N°n fil dubita più che i bre-
toni antichi abitanti d' Inghilterra
non sieno stati convertiti al cri-
stianesimo sotto il pontificato di s.
Eleutero, verso il fine del secondo
secolo, o verso 1' anno 182: si
possono vederne le prove nelle
Vite de padri e de' martiri del p.
Albano Butler, toni. IV, p. 5g5,
e t. IX, p. 607. Quei tra i prote-
stanti che contrastano questo fat-
to, operano per prevenzione.
Tertulliano ci assicura che la
fede di Gesù Cristo fu quivi predi-
cata fino dal primo secolo : questo
scrittore contemporaneo dice ezian-
dio che nel terzo secolo fioriva il
cristianesimo nella Bretagna, anche
nelle provinole non ancora intera-
mente conquistate dai romani. Eu-
sebio e Socrate attestano delle va-
rie chiese erette dai bretoni, e
ING
che molti *i soffrirono il martirio.
ìù inoltre opinione che l'imperato-
re Costanzo incominciasse in In-
ghilterra ad avere qualche incli-
nazione per la religione cristiana,
e che Costantino Magno abbia in
quest'isola fatta la ferma risoluzio-
ne di abbracciarla. Ma tuttociò
che 1' Usserio racconta intorno ai
primi apostoli, ch'egli fa andare
in Inghilterra prima che s. Pietro
si portasse a Roma, per poter cosi
dimostrare che la chiesa inglese è
più antica della romana , tutto-
ciò non serve ad altro se non che
a fare chiaramente comprendere
di quali e quante favole vanno pa-
scolandosi i protestanti allorché si
tratta dei loro interessi, mentre il
fatto raccontato dall' Usserio non è
in realtà che una semplice illu-
sione. Polrebbesi dire egualmente
delle tre metropoli ecclesiastiche
che si vorrebbero esistenti già nei
primi secoli del cristianesimo, Lon-
dra cioè, Caerleon e \ork; ed
intorno alle quali credesi di avere
una prova sufficiente nelle sotto-
scrizioni del concilio d' Arles, loc-
chè però è ancora troppo incerto.
Lingard asserisce esservi prova del-
l'istituzione di una gerarchia rego-
lare prima della fine del terzo se-
colo, poiché die' egli » dagli scrit-
tori contemporanei si mette la chie-
sa della Britannia eguale a quel-
le della Spagna e della Gallia ;
ed in uno dei più antichi de' con-
cilii occidentali, quello di Arles del
3i4, troviamo i nomi di tre ve-
scovi britanni, quelli cioè di Ebo-
rio di York per la proviucia det-
ta Maxima, di Restiluto di Lon-
dra per la Flavia, e di Adelfìo di
Richborough per la Britannia pri-
ma " . Sembra però che la rabbia dei
primi persecutori del cristianesimo
ING 9
non giungesse fino a quest'isola, il
che contribuì non poco ad attrar-
vi i fedeli che si vedevano in pe-
ricolo a cagione degl* idolatri , e
forse anche confortati dalla mode-
razione del governo romano, vi
sperarono un asilo sicuro, tanto
più che l'Inghilterra era quasi co-
me un mondo novello verso il ri-
manente dell'impero. Ma essi non
poterono fuggire la persecuzione di
Diocleziano; Gilda e Beda narra-
no che molti cristiani si dell'uno
che dell' altro sesso ottennero la
gloriosa palma del martirio. Il
primo e più celebre di questi cri-
stiani eroi fu s. Albano, la cui
morte fu eziandio illustrata da mol-
ti miracoli e da diverse circostan-
ze straordinarie, ed il cui sangue,
dopo aver fatto testimonianza al
nome di Gesù Cristo, è stato una
sorgente feconda di benedizioni per
l'Inghilterra. Gli uni collocarono
il suo martirio nel 286, gli altri
nel 3o3, cioè al principio della
grande persecuzione di Diocleziano,
cui mise fine Costanzo Cloro l'an-
no appresso nella Bretagna. Sem-
bra che s. Albano fosse romano,
ma nato a Verulamio che fu per
più secoli una delle città più con-
siderabili della Gran Bretagna, e
sulle rovine della quale s' innalzò
poscia la città di s. Albauo. Esseudo
ancor giovane era andato a Roma
per perfezionarsi nella conoscenza
delle belle lettere. A questo primo
martire della Gran Bretagna, sot-
to il regno di Costantino Magno
si edificò una magnifica chiesa nel
luogo in cui patì il martirio, e
divenne celebre per un grau nu-
mero di miracoli.
Sotto i romani una colonia d'i-
berni col nome di scoti o scozzesi
si stabilirono sulla costa occideuta-
io ING
le della Caledonia ossia Scozia. II
fatto di questa emigrazione dall'Ir-
landa nella Scozia è ammesso da
alcuni storici , e negato da altri.
Ma il nome dei pitti appartiene
non a questa colonia, se mai ven-
ne, ma ad un popolo distinto e
molto antico che anch'esso si tro-
vò in quei tempi nella Scozia. I
popoli di questa contrada presero
insensibilmente il nome di pitti, ed i
bretoni s' infievolirono a segno di
non poter conservare la loro li-
bertà allorché la fortuna, avversa
ai romani, venne a recarla loro.
Sbalordito 1' imperatore Adriano
dal guasto dato dagli scozzesi alle
proviucie settentrionali dell'Inghil-
terra, e di aver messo a morte
le legioni romane, recossi egli stes-
so con un' armata in Bretagna.
Al suo arrivo i barbari si rinsel-
varono ne'cupi boschi, e su per gli
erti monti della Scozia. L' impe-
ratore si contentò di fare erigere
mia mura.glia di zolla lunga ottan-
ta miglia sui confini della Scozia,
onde porre nn qualche argine alle
incursioni del nemico. Partito A-
driano gli scozzesi ne atterrarono
una parte, e rinnovarono le incur-
sioni più feroci di prima. Antoni-
no Pio spedi contro di loro Lol-
lio Urbico, che attaccandoli con
■vigore li costrinse a ritirarsi, ed
eresse poscia un nuovo muro di
zolle , debole barriera a si formi-
dabili nemici. Marco Aurelio in-
viò nella Bretagna Calpurnio Agri-
cola a reprimere le devastazioni
de' scozzesi, e Commodo vi spedi
Ulpio Marcello , al quale riuscì
porli in fuga. Mentre Albino ce-
lebre generale romano governava
la Bretagna, Settimio Severo ge-
loso del suo credito, prima gli fe-
ce credere di volerlo associare al-
ING
P impero, e poi si portò a debel-
larlo presso Lione. Non andò gua-
ri che i bretoni attaccarono gli
stabilimenti romani , e ne fecero
strage. Settimio Severo si portò
nell'isola, e sparse per tutto la
desolazione, indi fece erigere un
terzo muro di solida pietra per
difendere gli abitanti dai rapaci
devastatori. L' imperatore si ammalò
e mori a York, ed i suoi figli Ca-
racalla e Geta che lo avevano se-
guito, conchiusero la pace coi bri-
tanni del nord, e portaronsi a Ro-
ma. Scorso qualche tempo, l'impe-
ratore Costanzo padre di Costan-
tino il Grande, recossi anch'egli in
Inghilterra e morì a York. Co-
stantino suo figlio, il quale credesi
da alcuni nato in quest'isola, la
divise in quattro prefetture, che
furono assoggettale al prefetto ro-
mano delle Gallie, e di sopra de-
scritte. Sotto Valenliniano I poi,
avendo egli spedito nell'isola Teo-
dosio, battè gli scozzesi, e conquistò
un gran tratto di paese al nord
del muro di Severo ; delle sue con-
quiste in appresso formò la quin-
ta prefettura che chiamò Valentia
in onore dell'imperatore. Regnan-
do Graziano passò in Inghilterra
il pretore Massimo, che ivi ribel-
latosi osò assumere la porpora im-
periale; indi passato nelle Gallie
con un'armata, e fatto assassinare
Graziano, fu alla fine vinto e mes-
so a morte da Teodosio II il gio-
vane, il quale restò solo padrone
dell'impero. Giunta finalmente l'e-
poca fatale di Valentiniano III, i
barbari della Scandinavia e della
Tartaria invasero le provincie del-
l'impero romano, per cui atterrito
P imperatore dal numero e dal
furore de'nemici, richiamò le ro-
mane legioni dalla Bretagna. Que-
!NG
sta lasciata indifesa, pitti e scoz-
zesi vi rientrarono in ogni ma-
niera a desolarla, per cui i bri-
tanni inviarono ripetute ambasce-
rie a Valentiniano III, implorando
legioni per difenderli, e gli tras-
misero un memoriale intitolato :
Gemiti de britanni. L' imperatore
commosso dal suo patetico tenore
mandò loro una legione, ma poi fu
costretto richiamarla, abbandonando
i romani l'isola nel 42°> dopo esserne
stati padroui per quattro secoli cir-
ca, dal regno di Claudio a quello di
Valentiniano III. 11 corso de 'secoli
cbe lutto cambia rese i britanni,
che quali fieri leoni avevauo resi-
stito alle coorti romane, quali ti-
midi lepri innanzi alle orde sel-
vagge de'pitti e scozzesi, che usci-
ti di nuovo dalle loro contrade,
atterrato il muro di Severo, si die-
dero a devastare le provinole d'In-
ghilterra. Alla vista del paese sac-
cheggiato dai pitti e dagli scozzesi,
i bretoni implorarono il soccorso
degli anglo-sassoni, ed i loro libe-
ratori ne divennero in progresso i
padroni ; dappoiché essi erano un
popolo bellicoso del nord di Ger-
mania, che soleva stipendiarsi al
servigio degli stranieri, come fanno
appunto gli svizzeri d'oggidì. I sas-
soni ed agli o angili erano popoli la
cui origine si confonde con quella
dei belgi. Gli angli erano antichi
popoli dell'Alemagna settentrionale
nel Jutland abitanti la parte del
ducato di Sleswick, verso il Bal-
tico. Questa rivoluzione impresse il
carattere indelebile al nome, alla
lingua, alle leggi, agli usi e costu-
mi del popolo bretone od inglese.
I pitti e gli scozzesi eh' erano
stati chiamati dai bretoni in soc-
corso, onde liberarli dai romani,
dopo la partenza di questi, per le
ING u
dissensioni dei capi nativi, seppero
cos'i bene consolidare la loro po-
tenza nell' isola, che la maggior
parte de' suoi abitanti, affievoliti
dal dominio romano, ed accostu-
mati alla mollezza ed al giogo, fu
costretta di assoggettarsi a questi
nuovi padroni, e fu allora che in-
vano implorando il soccorso di
Roma e di Aezio generale roma-
no in Galjia, si videro obbligati i
bretoni, massime Yortigeruo il più
potente de' re britanni, ad invi-
tare i «sassoni del nord-est della
Germania, e a collegarsi con loro.
Intanto i juti, popolo uscito dalla
Germania o forse meglio dalla
Scandinavia, arrivarono in Inghil-
terra nel 449, e fondarono verso
1' anno ^5 o 460 il regno di
Kent, impadronendosi pure dell' i-
sola di YVight. Altri dicono che i
sassoni vi pervennero la prima vol-
ta nel 477» dalla quale epoca si
fa incominciare il regno de' sasso-
ni meridionali ; mentre altri sosten-
gono che i sassoni sbarcarono i
primi nell' Inghilterra, precisamen-
te nell' isola di Thanet, e succes-
sivamente giuusero nuovi ausiliari,
cioè i juti, i danesi e gli angli
sotto il comando di Engisto, Hor-
sa o Orsa fratelli, ed Ida. Laonde
gli angli uniti ai juti ed ai sasso-
ni, popoli pagani di Germania
conosciuti anche col nome di an-
glo-sassoni, conquistarono nel 44^
ovvero nel 449 ° nel 455 1' In-
ghilterra o sia Gran Bretagna,
tranne la Caledonia, contro i bre-
toni , cui obbligarono rifugiarsi
parte nell' Armorica, provincia di
Francia che dal nome loro fu po-
scia chiamata Bretagna minore, e
parte nella provincia di Cornova-
glia e nel principato di Galles :
dopo la conquista degli anglo-sas-
12 ING
soni il popolo misto prese piìi
tardi il nome d' inglese. Gli abi-
tanti di Galles e di Cornovaglia
conservano tuttora il linguaggio
degli antichi britanni che ivi si
ritirarono siccome situazione mon-
tuosa, ed alcuni de' loro costumi.
Vortigero o Vortigerno che sino
dal 445 e,'a stato eletto e ricono-
sciuto re d' Inghilterra o della
Gran Bretagna , proclamato da
quei bretoni che assoggettarsi non
■vollero ai pitti, dopo di aver su
di essi riportato alcune vittorie,
sposò la bella Rowena figlia di
Engislo, uno dei generali sassoni,
ed in considerazione di tal matri-
monio cedette al suocero il paese
di Kent col titolo di regno, per
cui Engisto ne fu il primo re.
Questi era il quinto discendente
del famoso goto Odino, rinomato
conquistatore, da cui si fanno de-
rivare i primi re anglo-sassoni che
fondarono 1' eplarchia in Inghilter-
ra. Sono a vedersi Sammes, Anti-
(juit. Brilan.j Tyrell, e il Liber Jo-
annis Georgi Eccardì, De origine
Germanoruin, eorumque coloniis et
migrationibits, etc. Studio Christ.
Luci. Schedii, Goetlingae iy5o.
Ognuno de' generali sassoni riten-
ne per sé le provincie da lui con-
quistate ed assunse il titolo di re,
talché, come andiamo a narrare, la
Bretagna venne divisa in sette
monarchie diverse, e prese il no-
me di Eplarchia o Etlarchia, vo-
cabolo che significa settemplice di-
nastia, sette, governo, principato.
I bretoni coi loro alleali sasso-
ni marciarono intanto contro i
pitti e gli scozzesi, e gli sconfissero;
ma i sassoni ingrati amici, avidi
di possedere i paesi di quelli che
venivano a proteggere e difendere,
invitarono tutta la nobiltà bretone
ING
ad un gran festino nella pianura
di Salisbury, e quivi la trucidaro-
no inumanamente. Padroni allora
della maggior parte dell' isola, i
sassoni divisero le loro conquiste
in sette piccoli regni, che forma-
rono successivamente ciò che chia-
mossi 1' Eplarchia sassone. Prima
di descriverla noteremo, che Ar-
turo fu eletto re de' bretoni nel
5o5, mori nel 54^, e dopo nove
anni d' interregno gli successe Mal-
gone nel 55 1 , dopo la cui morte
i bretoni terminarono di ritirarsi
nel paese di Galles. Noteremo an-
cora che i sassoni occidentali si
stabilirono neh' Inghilterra 1' anno
49^ ; e che già era trascorsa par-
te del secolo VI, quando una nuo-
va popolazione venne ad aumenta-
re il numero di queste barbare
colonie, fissandovisi i sassoni orien-
tali nel 527. Indi nel 547 'a co-
lonia degli angli che doveva dare
il suo nome alla parte meridiona-
le dell' isola quattrocento anni do-
po il suo stabilimento, vi giunse
sotto la condotta del nominato va-
loroso Ida. Gli angli orientali, es-
sendosi impossessati di Norfolk nel
5j5} le coste del sud e dell' est
caddero quasi interamente in po-
tere degli usurpatori, i quali spin-
gendo le conquiste loro nell' inter-
no del paese, fondarono nel 584
o 585 il regno di Mercia. Ecco
la divisione dell' Eptarchia anglo-
sassone o selle piccoli cantoni ,
ognuno con titolo di reame, fon-
data in Inghilterra, eh' ebbe per
più di tre secoli pacifica durata. I
regni dunque formanti questa ep-
tarchia o diarchia, de'quali i sas-
soni n' ebbero tre ed altrettanti
gl'inglesi, furono : I.° di Kent fon-
dato da Engisto suo primo re e
da Orsa nel 4^° ° ue* 4^5, a-
ING
vente Cantorbery per capitale, per
cui fu anche detto il regno Can-
tanriense, che conteneva la etessa
estensione della provincia di tal
nome, che fu governata da dieci-
sette re, e che dopo avere esistito
circa 3go anni, firn nell'82 3 colla
sconfitta di Baldred, i cui stati
■vennero uniti al regno di Westsex
o Wessex. II.° Il regno di Sussex
o dei Sassoni o Sassonia meridio-
nale, colla capitale Chichester, che
occupava le contee di Sussex
e di Surrey, avente venticinque
leghe dal sud-est al nord-ovest, e
quindici dal sud al nord, fondato
da Ella o Aella suo primo re nel
477 ovvero nel 49 r> ^ni ne' 6°°
dopo aver sussistito circa centono-
ve anni sotto tre re, 1' ultimo dei
quali fu ucciso da quello di West-
sex, e da quel tempo riuniti insie-
me. Questo regno includeva le at-
tuali provincie di Surrey, Sussex,
e la Nuova Foresta. III.0 Il regno
di TVestsex o Wessex, o Sassoni
occidentali, o Sassonia occidentale,
capitale Winchester, comprendeva
le provincie di Beiks, Hants ossia
Southampton , Wilts , Somerset ,
Dorset e Devon , oltre l' isola di
Wight. Aveva cinque leghe dall'est
all'ovest, e ventisei dal sud al nord,
ed in progresso acquistò anche qua-
si tutta la provincia di Cornova-
glia. Fondato da Cordik o Cerdi-
ko suo primo re nel 5 19, e da suo
figlio Kenrick o Chenrico , sussi-
stette per quasi cinquecentocinquan-
ta anni sotto trentasette re, e fini
circa all'avvenimento dei norman-
ni nel io65. Alcuni cronologisti
registrano i re di Wessex come se-
gue: anno 5ig Cerdiko, 535 Chen-
rico, 56o Ceolino Vaac, 5o,2 Ceol-
rico o Ceolrik , 597 o 5g8 Ceo-
lufo, 611 Cinigifìlo o Cinisigilo,
ING i3
643 Cenovralk , 672 Sasburgo
regina, 673 Censo, 685 Cedral-
la o Cedowalla^ nel qual tempo
sono pure nominati Centuino ed
Escuiuo, 689 Ina, che si fece mo-
naco, 727 Adelartlo, 741 Cudre-
do, 754 Sigeberto deposto, 755
Cinulfo o Cenulfo, 784 Britrico,
800 Egberto o Ecberto il Grande
che riunì XEptarchia sotto le pro-
prie leggi. IV.° Il regno di Essex
o Sassoni dell' est, o Sassonia o-
rientale, capitali Colchester e Lon-
dra. Esso fu smembrato da quello
di Kent, ed era composto delle
provincie di Essex , Middlesex e
della maggior parte di quella di
Hertford, avente una estensione di
ventisei leghe dal sud-ovest al nord-
est, e tredici dal sud al nord. Fon-
dato da Erchewin o Ercevino pri-
mo re nel 52.6 o 527, ed alcuni
lo protraggono al 585, sussistette
circa duecentoventi anni sotto do-
dici re, e fu distrutto e usurpato
dai re di Westsex, circa dopo il
746. V.° Il regno di Northumber-
land o Bernicia, o Inghilterra set-
tenirionale, avente per capitale Leeds
e York, comprendeva le provincie
di Lancastro, York, Durham, Cum-
berland, Westmoreland, Northum-
berland, e le parti meridionali del-
la Scozia sino al golfo di Edim-
burgo, ed aveva sessantacinque le-
ghe di estensione dal sud-est al
nord -ovest , e quarantadue leghe
dall'est all'ovest. Fondato da Ida
primo re nel 547, ^Q1 ne^ 792 sot~
to ventuno re, ebbe poscia un in-
terregno di trentatre anni, e nel-
l'82 7 passò sotto il dominio dei re
di Westsex. Il regno di Northum-
berland o di Bernicia un tempo
fu diviso in due regni, essendo l'al-
tro quello de' Deiri che abbraccia-
va le provincie di Lancastro e di
i4 1NG
York, fondalo dopo il 547 °*a A el-
la altro generale sassone. Colla mor-
te di Ida ed Aella, Adelfrido spo-
sò Acca figlia di Aella ed unì sot-
to di sé i regni di Bernicia e dei
deiri, e prese il titolo di re di Nor-
thumbei land, uno de' più potenti
dell' diarchia, che in progresso di
nuovo fu diviso in due reami. VI."
Il regno degli Angli dell'est., o In-
ghilterra orientale ossia Estanglia,
capitale Cambridge, comprendeva
la provincia di Cambridge, Nor-
folk, Suffolk, e parte di quella di
Miuitingdon, ciò che formava ven-
titre leghe dal sud al nord, e ven-
tisei dall'est all'ovest. Fondato da
Olfa o Uffa primo re nell' an-
no 571 o 575 sussistette per cir-
ca duecento diciotto anni sot-
to quattordici re, finì nel 793, e
fu allora diviso fra i re danesi ed
i re di Mercia, ma infine Egberto
lo riunì al regno di Westsex o
Wessex. VII." Il regno di Mercia,
capitale Lincoln , comprendeva le
contee dell'interno dell'Inghilterra,
ossia le provincie di Gloucester ,
Hereford , Worcester , Wanvick ,
Leicester , Rutland , Northampton,
Lincoln, Bedford, Buckingham, Ox-
ford, StafTord, Salop, Nottingham,
Derby, Chester, e porzione di quelle
di Huntingdon e di Herlford, for-
mante in tutto quarantadue leghe
dal nord al sud ed altrettante dal-
l'est all'ovest. In progresso la con-
tea di Montmouth fu aggiunta a
questo regno, che fondato da Crid-
da o Grida suo primo re nel 584,
sussistette sino all'874, cioè a dire
per quasi duecentonovanta anni, sot-
to venti re. Alfredo re di Westsex
riunì il regno di Mercia a' suoi al-
tri stali. Va avvertito che le ca-
pitali di questi sette regni talvolta
cangiarono, secondo la volontà dei
ING
differenti loro sovrani, o per gli
avvenimenti politici. Alcuni autori,
come Kapin de Thoiras, preten-
dono che il nome d' Inghilterra
fosse dato all'antica Britannia fino
dal tempo della conquista fatta di
quest'isola dagli anglo-sassoni ver-
so l'anno 585; ma l'opinione più.
comune è che un tal nome le ven-
ne dato all'epoca del regno di Eg-
berto, sotto il quale cessò intera-
mente la divisione dell' Eptarchia
sassone negli anni 800, 812 e 827.
Frattanto una quantità di fatti di
armi e di battaglie ebbero luogo
tra i principi dell' diarchia, per la
sete insaziabile di estendere i con-
fini de' loro stati, e per diversi al-
tri motivi e passioni. Tra le cele-
bri battaglie nomineremo quella in
cui Wortimero capo de' britanni
disfece ad Eglesford Orsa che vi
restò ucciso j e quella di Caerba-
don o Badon-Iiill che Arturo re
de' siluri o del paese di Galles ot-
tenne sulle truppe sassoni, coman-
date da Aella re di Sussex. Si pre-
tende che Arturo di propria mano
uccidesse quattrocento quaranta ne-
mici, e fu altamente celebrato dai
bardi poeti e suonatori d'arpa della
Bretagna, e segnatamente da Tha-
liessino, il più. rinomato fra essi.
Allorquando i sassoni, gli angli
ed i juli, popoli idolatri della bas-
sa Germania, nel quinto secolo in-
vasero la Gran Bretagna, obbliga-
rono come dicemmo i cristiani bre-
toni a ritirarsi sui monti del paese
di Galles, e credesi che questi fa-
cessero qualche tentativo per conver-
tire i loro vincitori. Narra Beda al
cap. 17, che ritiratosi Celestio ca-
po de' pelagiani in Bretagna , il
Pontefice s. Celestino I del 4^3 v»
spedì missionari, i quali dopo due
anni la ridussero alla fede orto-
ING
dossa : e per mettere in istato di
trionfare dell'errore, e per dare mag-
gior autorità a s. Germano d'Au-
xerre che si recò in Bretagna a
combattere il pelagianismo, lo ri-
vesti dell'autorità di suo legato. In-
viò pure quel Papa nella Scozia
Palladio suo primo vescovo, e nel
432 in Irlanda s. Patrizio che di-
venne l'apostolo degli ibernesi. Gli
anglo-sassoni recarono in Inghilter-
ra il culto degl' idoli de' goti, che
non erano punto diversi da quelli
che adoravano i danesi, gli svezzesi
ed i norvegi, popoli che traevano
tutti la stessa origine. I nomi prin-
cipali di questi idoli sono : Thor,
dio del tuono, le funzioni del qua-
le somigliavano a quelle del Giove
dei romani; Woden, dio della guer-
ra ; Friga o Frea moglie di Wo-
den, dea dell'amore, come Venere
presso i latini ; e Dysa o Thisd
moglie di Thor, dea della giusti-
zia; il perchè gli abitanti dell'iso-
la ricaddero nelle tenebre del pa-
ganesimo e dell'idolatria. Erano di
già scorsi quasi cinquanta anni dac-
ché i sassoni, gli angli ed i juti
erano padroni di queste contrade,
quando piacque a Dio di far ri-
splendere ai loro occhi la luce del
vangelo, ed operare la terza con-
versione della Gran Bretagna. II ge-
suita inglese Roberto Personio scris-
se in inglese, Le tre conversioni
dell Inghilterra dal paganesimo al-
la religione cristiana : la prima
sotto gli apostoli nel primo secolo
dopo Cristo; la seconda sotto Papa
s. Eleulero e il re Lucio nel se-
condo secoloj la terza sotto Papa
s. Gregorio Magno e il re Etel-
berto nel sesto secolo, con diverse
altre materie appartenenti alle det-
te conversioni, Roma 1740 e 1702,
opera tradotta in italiano dal sa-
1NG i5
cerdote fiorentino Francesco Giu-
seppe Morelli. San Gregorio 1 il
Grande prima del suo pontificato
avea formato il disegno di andare
egli stesso ad annunziare a quelle
genti la fede; ma non potè dare
a ciò esecuzione, perchè sublimalo
nel 5go alla cattedra apostolica ,
il popolo di Roma non volle ac-
consentire alla sua partenza. A Uri
però dicono che s. Gregorio era
già partito per l'Inghilterra, quan-
do il Pontefice Pelagio II suo pre-
decessore dovette richiamarlo, at-
tese le lagnanze del popolo roma-
no, il quale non volle perderlo.
Fermo nel pensiero su tal missio-
ne, sua prima cura fu di manda-
re degli operai evangelici, e desti-
nò all'impresa s. Agostino allora
priore del amnisterò di s. Andrea
di Roma, dal Pontefice fondato
nella sua casa paterna. Scelto a
capo della missione il santo per-
sonaggio romano, gli diede altri
monaci che Io accompagnassero per
illuminare una nazione infedele a
conoscere ed amare il vero Dio.
IS'on tardò il nemico dell'uman ge-
nere a frapparvi ostacoli , dappoi-
ché giunto in Francia Agostino coi
compagni, restarono scoraggiti dai
racconti delle barbarie e dei peri-
coli che dovevano affrontare. Il Pa-
pa rincuorò Agostino e i missio-
nari, i quali accompagnati da al-
cuni franchi originari come gli an-
glo-sassoni di Germania , siccome
interpreti, con essi s'imbarcarono, in
tutti formanti il numero di circa
quaranta persone, ed approdò il
vascello che li conduceva all' isola
di Thanet, posta all'oriente del pae-
se di Kent, probabilmente nell'an-
no 5cj6. Appena Agostino pose
piede in terra mandò a dire ad
Eteiberto re di Rent, che veniva
16 ING
da Roma per assicurargli da parte
di Dio il possesso d'un regno che
non avrebbe mai fine. Il principe
fece rispondere ai missionari che
si rimanessero nell' isola , che poi
avrebbe deliberato sul partito che
fosse da prendere, facendogli in-
tanto somministrar le cose necessa-
rie al loro sostentamento.
Etelberto ch'era il più possente
dei sovrani dell' eptarchia , avea
qualche barlume del cristianesimo,
avendo sposata Berta figlia di Ca-
riberto 1 re di Parigi , la quale
principessa era una zelantissima cri-
stiana, e si era fatta seguire in In-
ghilterra dal santo vescovo Luidar-
do o Letardo, che le serviva di
limosiniere e di direttore. Passati
alcuni giorni, il re si portò nell'i-
sola di Thanet, e si mise a sede-
re a cielo scoperto per dare udien-
za ai missionari. Questi preceduti
dalla croce e dall' immagine del
Salvatore, cantando litanie ed ora-
zioni a lui si portarono in proces-
sione. Giunti al re, gli annunzia-
rono la parola di vita eterna , la
quale piacque al principe, ma di-
chiarò che le promesse gli pareva-
no un poco incerte. Aggiunse che
essendo essi venuti per lui da parti
sì lontane, non permetterebbe che
si dasse loro alcuna molestia, ac-
cordandogli di poter predicare ai
suoi sudditi : volle che si fer-
massero nella sua capitale Cantor-
bery, e stabilì loro un assegnamen-
to per vivere. Quivi i missionari
con austerità, digiuni, imitando nel
tenore di vita gli apostoli, tenevansi
pronti a suggellar col sangue la
fede di Gesù Cristo che predica-
vano. Vicino a Cantorbery era una
chiesa antica dedicata a s. Marti-
no, che i bretoni aveano abban-
donato, e in cui la regina usava
ING
fare le sue divozioni. In questa i
missionari cantavano l'uffizio, cele-
bravano la messa, predicavano ed
amministravano i sacramenti. Un
gran numero di gente rinunziò al
paganesimo e ricevette il battesi-
mo, e lo stesso re si convertì ; la
quale importante conversione fu se-
guita da quella d'una moltitudine
innumerabile di sudditi. In seguito
s. Agostino si recò da Virgilio ve-
scovo d'Arles e vicario della santa
Sede nelle Gallie, e fu consacrato
vescovo, sebbene altri dicono che
già lo fosse. Appena ricevette la
consacrazione, dopo di aver battez-
zato Etelberto, mandò a Roma Pie-
tro e Lorenzo per aver nuovi ope-
rai evangelici. Questi di ritorno
condussero seco parecchi fervidi di-
scepoli di s. Gregorio I, fra i quali
Mellito, Giusto e Paolino in ap-
presso vescovi, oltre Rufiniano che
fu terzo abbate del monistero di
s. Agostino. Con questi nuovi mis-
sionari il Papa mandò quanto era
necessario pel servizio divino, ad-
dobbi di chiesa, paramenti d'alta-
ri, vasi sacri, vesti pei preti e chie-
rici, reliquie degli apostoli e de'mar-
tiri, e gran numero di libri. Spes-
so s. Agostino ragguagliava il Pon-
tefice dei progressi della missione,
consultandolo nelle più piccole dif-
ficoltà, quantunque si potesse re-
golare colle proprie cognizioni. Scri-
veva pure s. Gregorio I a' di lui
cooperatori per la distruzione de-
gli idoli e per cangiare i templi in
chiese. Il pio re Etelberto si ado-
però con zelo a stendere il regno
di Gesù Cristo, e durante gli ul-
timi venti anni di sua vita, nulla
risparmiò onde procurar la conver-
sione de' suoi sudditi : fece savie
leggi, abolì il culto degl'idoli e
ne fece chiudere i templi in tutti
ING
i suoi stati. Colla sua liberalità la
chiesa cattedrale di Cantorbery fu
fabbricata in luogo dov' era stato
un tempio degli idoli, ad onore di
s. Pancrazio. Fuori delle mura fon-
dò il monistero de' ss. Pietro e Pao-
lo, che prese poi il nome di s. A-
gostino , come pure la chiesa di s.
Andrea di Rochester, e guadagnò
alla fede Seberto re de' sassoni o-
rienfali. Fu meno fortunato con
Rechvaldo re degli angli orientali,
perchè questi abbracciato il cristia-
nesimo, mescolò il culto di Dio a
quello delle false divinità. Nell'an-
no 600 s. Gregorio I con lettera
si rallegrò con Etelberto del suo
zelo, e gli mandò alcuni regali ;
egli mori nel 616, fu sepolto nella
chiesa de' ss. Pietro e Paolo, e nel
martirologio è nominato a' 24 feb-
braio.
Nello stesso anno 600 il Ponte-
fice mandò il pallio a s. Agostino,
colla facoltà di ordinare dodici ve-
scovi sui quali egli avrebbe il di-
ritto di metropolitano. Gli ingiun-
se di ordinare un vescovo a York,
dopo la conversione di que' popoli
della contrada settentrionale, e di
dargli anche dodici sulTraganei ;
ma circostanze particolari obbliga-
rono in appresso a fare alcun can-
giamento nella esecuzione di que-
st' ordine, come narra il celebre
inglese ab. Albano Butler nelle
Vile de padri, dei martiri e degli
altri principali santi, in quella
cioè di s. Agostino. II Novaes nella
•vita di s. Gregorio I dice che que-
sti ingiunse a 6. Agostino di ordi-
nare due metropolitani, uno in
Londra, 1' altro nella città di York,
i quali potessero ciascuno ordinare
nelle loro provincie dodici vescovi,
e cita i seguenti autori. Pietro de
Marca, De concord. sac. et irnp.
vot. xxxv
ING 17
Kb. 5, cap. 42, § 8. S. Gregorio
I, lib. XII, epist. XV. Zaccaria
nel suo Anlifebronio tom. Ili, p.
1 49 e 327, ediz. del 1770, ove
per ciò adduce l'autorità di Beda,
Hist. gent. Augi. lib. II, cap. 1 3 ;
e di Giovanni diacono in vita s.
Greg. Ij lib. II , cap. 37. San
Gregorio I non dubitava di non
avere il potere di cambiar la giu-
risdizione delle metropoli partico-
lari, senza aver riguardo alcuno
ali' antica divisione ecclesiastica,
quando le circostanze rendevano
questi cambiamenti o necessari o
sommamente vantaggiosi : molti e-
sempli se ne trovano nella storia
ecclesiastica di que' tempi. Per pub-
blica utilità dunque e forti ragio-
ni s. Gregorio I diede la qualità
di primate a s. Agostino ; percioc-
ché intese con questo di procu-
rare efficacemente la riforma dei
bretoni, i quali, a quanto ne di-
ce Gildas , erano caduti in sì
grossolana ignoranza e in tali bar-
barie, che non ritenevano più. di
cristiani altro che il nome. Intanto
la fama de' miracoli che s. Agosti-
no per virtù divina operava in
Inghilterra, mosse il Papa a dargli
su ciò saggi avvertimenti, massime
di non levarsi in superbia e vana-
gloria. Sant' Agostino consacrò Mel-
lito vescovo di Londra o dei sas-
soni orientali, e Giusto vescovo di
Rochester; e vedendo che la fede
faceva mirabili progressi, e che il
vero Dio avea per tutto adoratori,
imprese a visitar la Britannia, sicco-
me legato e metropolitano fatto
dal Pontefice, onde travagliare an-
che per la salute degli antichi bre-
toni, i quali co.je dicemmo eransi
ritirati sulle montagne del paese
di Galles. Egli desiderava ardente-
mente istruirli, correggerne gli a-
2
18 ING
busi, come a conformarsi all' uso
della Chiesa cattolica in celebrare
la Pasqua, nell' amministrare il
battesimo secondo la pratica della
Chiesa universale ; non che indurli
ad unirsi a lui per dare 1' ultima
mano alla conversione degli inglesi
o anglo-sassoni. Giunto s. Agostino
sulle frontiere de' sassoni occiden-
tali ossia della contea di Worce-
ster, poco lungi dal paese di Gal-
les, dopo il 60 1, forse nella città
di Ausric o nel luogo chiamalo la
quercia di s. agostino, invitò ad
una conferenza i vescovi e i dot-
tori bretoni, ed essi accettarono
1' invito. 11 santo pose in opera
le esortazioni, le preghiere avvalo-
rate da un miracolo, perchè si
correggessero dai menzionati ahusi,
ed i bretoni riconobbero per vera
la dottrina da lui predicata, ina
soggiunsero non poter abbandona-
re le loro antiche costumanze sen-
za il consentimento di tutta la na-
zione, e che faceva d'uopo aduna-
re un sinodo generale nel loro
paese. In questo sinodo si trovaro-
no sette vescovi e gran numero di
teologi, soprattutto del monislera
di Bangor posto nella contea di
Flint poco lontano da Dee. Entra-
ti essi nel luogo ore dovea tener-
si il parlamento, s. Agostino non
si levò dal suo seggio, ciò che dai
bretoni, secondo l'avviso di un fa-
moso romito, fu preso a male, o-
stinandosi ne' loro torti divisamen-
ti. 11 santo nella conferenza non
fece parola della sua dignità, e
quanto al suo diritto di primazia,
egli Io avrebbe volentieri ceduto
all' arcivescovo di s. Davide nel
paese di Galles, se così fosse pia-
ciuto ai bretoni, a patto però che
si conformassero alla disciplina -del-
la Chiesa universale, e deponessero
ING
la loro nimistà contro gì' inglesi
o anglo-sassoni : un odio inflessibi-
le contro la nazione che li avea
vinti accecò a' bretoni le loro men-
ti e ne indurì il cuore, ricusando
di unirsi coi missionari per com-
piere la loro conversione.
Mal si conchiuderebbe da quan-
to abbiamo detto, che i bretoni
non fossero d' accordo in punto di
fede colla Chiesa universale ; poi-
ché vi sono diverse ragioni a mo-
strare la loro cattolicità. I bretoni
riconobbero 1' ortodossia di s. Ago-
stino; essi erano slati fino a quel
tempo uniti di comunione colla
Chiesa di Roma e delle Gallie : s.
Niniano loro compatriota , che
predicò ad essi la fede, e morì tra
loro nel 4^2> avea studiato a Ro-
ma. È noto lo zelo dei primi cri-
stiani per la conservazione della
purità della fede, e se qualcuno si
arrischiò d' introdurvi innovazioni,
fu tantosto punito e separato dal
corpo de' fedeli. I bretoni perse-
verarono nella vera fede senza al-
cuna divisione lino al regno di
Costanzo : comparve tra essi 1' aria-
nismo, ma subito sparì. Appena il
pelagianismo pose le radici nel lo-
ro paese, s. Germano d' Auxerre,
e s. Lupo di Troyes vi si recaro-
no a combatterlo, e si sa come
essi vennero a capo di sbandirlo
dalla Bretagna. Gildas dotto teo-
logo che visse per molti anni tra
i britanni, rende giustizia alla fé-»
de di questi popoli, solo rimpro-
vera i loro disordini. Altra prova
dell' ortodossia del clero britanno
è 1' invito di s. Agostino per aiu-
tarlo nell' opera della conversione
dei sassoni, Iucche non avrebbe
fatto se non avessero i britanni
tenuta la fede della Chiesa catto-
lica. Da ultimo il rev. Rees M. A.
ING
nel 1837 Cl diede un Saggio so-
pra i santi gallesi, ovvero sopra i
primitivi cristiani del paese, di Gal-
les. Ai tempi di cui parliamo non
vi era arcivescovo a Caerleou su
1' Usk ossia Isea Silurimi, perchè
la sede metropolitana era stata da
questa città trasportata a Landau0
da s. Dubrizio, e poco dopo a Me-
nevia o Menew da s. David, il che
era già avvenuto ottant' anni cir-
ca prima dell' arrivo di s. Agosti-
no in Inghilterra. Vedendo quindi
s. Agostino la caparbietà de' bre-
toni, dichiarò loro con ispirito
profetico, che se essi si ricusavano
di predicare agi' inglesi la parola
di vita, soggiacerebbero per le lo-
ro mani ad un decreto di morte.
La qual predizione si verificò do-
po la sua morte, quando Edilfrido
o Edetelfredo re degl' inglesi set-
tentrionali, ancor pagano, disfece i
bretoni nella famosa battaglia di
Chester, ed uccise mille e duecen-
to o forse duemila duecento mona-
ci di Bangor. Questo gran nu-
mero di religiosi scannati non deve
sorprendere, dappoiché il monistero
di Bangor era diviso in sette clas-
si, sotto altrettanti superiori, ed
ogni classe era composta di tre-
cento persone, per modo che quan-
do gli uni lavoravano, gli altri
cantavano le lodi del Signore.
Qualche autore dubita se siano
stati uccisi i milleduecento mona-
ci, poiché il Beda dice che al loro
numero in tale circostanza si era-
no uniti degli altri. Sant' Agostino
volle prima di morire darsi un
successore sulla sede di Cantorbery,
alììne di non lasciare una chiesa
nascente priva di un buon pastore,
e pose gli occhi sopra Lorenzo.
La morte beata del servo di Dio
avvenne ai 26 di maggio, e forse
ING r9
nell' anno 604, non essendo certa
1' epoca in cui passò nel soggiorno
della gloria; e meritossi il titolo di
apostolo dell' Inghilterra. Notere-
mo che questo titolo si dà dal
Beda anche a s. Gregorio I, come
si può vedere nel Breviario roma-
no a' 12 marzo, lect. 2 noct. Fu
sepolto nel portico della chiesa dei
ss. Pietro e Paolo , non essendo
ancora introdotto 1' uso di seppel-
lire nelle chiese le persone quali-
ficate o di una eminente santità,
e nello stesso luogo furono tumu-
lati i sei immediati suoi successori.
Questi sette arcivescovi avevano sul
loro epitaffio il titolo di patriarchi
d' Inghilterra. Dipoi le reliquie di
s. Agostino furono trasferite in città
e deposte nel portico della catte-
drale di Cantorbery, mentre la
sua testa nel 1221 fu posta in
una cassa guernita d' oro e di pie-
tre preziose ; altre ossa furono
chiuse in' una tomba di marmo
ornata di belle sculture, e vi ri-
masero fino alla lagrimevole de-
molizione dei monisteri in Inghil-
terra. La gratitudine e la venera-
zione aveano reso sacra la memo-
ria di s. Agostino presso gì' ingle-
si ; ma la calunnia si è adoperata
negli ultimi tempi a dare di lui
un' opinione la più torta. Contro
di lui scrissero le più amare in-
vettive e con astio diversi scrittori
protestanti, come Rapin di Thoyras
nella sua Storia, V arcivescovo Par-
ker, e per non dire di altri Smol-
let nella sua Storia d' Inghilterra,
di cui abbiamo la traduzione di
Targe, le cui note fanno onore al
suo sapere ed al suo pensare. Ma
dalla Storia ecclesiastica di Beda si
rileva qual fosse la fède che s.
Agostino e i suoi cooperatori re-
carono in Inghilterra, come dalle
ao ING ING
opere di s. Gregorio I si può e- nistero, e in tutto che potesse con-
ziandio rilevare. E inoltre a ve- tribuire alla santifica/ione delle a-
dersi il libro eccellente intitolato : nime ; essi erano animati da quel-
La conversione d' Inghilterra e la lo spirito di povertà e di disinte-
sua riforma paragonate insieme. resse, che avea reso ammirabili i
Ristabilita in tal modo la reli- loro padri nella fede ; e passarono
gione in Inghilterra, essa fece mag- tutta la vita loro nella mortifica-
giori progressi successivamente pei zione'e nel raccoglimento, siccome
suoi vescovi, missionari, e principi narrasi nella storia di Betla, e
pii. Dovendoci limitare a compen- questo fervore durava ancora nel-
diosi cenni, tanto le notizie eccle- 1' 824. Dicesi nelle visioni di Ve-
siastiche che civili riguardanti que- tino, allora monaco di Richenou,
sta illustre e possente monarchia, aver egli inteso da un angelo, che
si possono leggere in questo stes- la vita monastica fioriva in tutta
so Dizionario, negli articoli delle la sua perfezione al di là dal ma-
sedi arcivescovili e vescovili ancor- re ; e rispetto a questo secolo, ciò
che non più esistenti o non go- non può essere inteso che per
vernate da vescovi cattolici; in 1' Inghilterra. Si possono consulta-
quelli de' luoghi ove furono cele- re Canisio, Lect. antiq.; Mabillon,
hr&ti concilii; in quelli delle bio- Saec. IV Bened.; Fleuiy t. X, p.
grafie dei santi vescovi^ re, abbati 220; e se anco si volesse sospet-
di questa nazione, ed in altri arti- tare sulla verità di questa visione,
coli riguardanti gl'inglesi e l'Inghil- ne risulterebbe tuttavia, che i re-
terra; laonde qui appresso riportere- ligiosi inglesi godevano di una
eoo delle indicazioni generali degli grande riputazione nel IX secolo,
avvenimenti e cose più importan- L' ordine monastico produsse in
ti. Molli principi di questa contra- Inghilterra assai uomini celebri per
da illustrarono i secoli in cui vis- la loro santità e pel loro sapere ;
sero colla loro santità, e con tal e di là mossero que' zelanti mis-
forza d'animo che fece loro sprez- sionari, che predicarono la fede
zare le grandezze umane. Speed in Germania, nella Svezia, nella
nella sua Storia della Gran Bre- Norvegia, e quasi in tutto il set-
tagna, a p. 243 e seg. parla di ot- lentrione. Non si può non conce-
to re e due regine, che abbando- pire la più alta idea di s. Agosti-
narono il mondo per abbracciare no e de' suoi cooperatori, dove si
lo stato religioso, e per menare esamini il prodigioso cambiamento
volontariamente una vita povera da essi operato in Inghilterra. In
ed oscura quale era la monastica, fatti, prima dell' arrivo di questi
Si legge nella dotta prefazione del santi missionari, gì' inglesi o anglo-
Monaslicon p. 9, che nello spazio sassoni erano dati ad ogni sorta
di duecento anni trentatre re e di vizi, e sepolti nella più stupida
regine degli anglo-sassoni scesero ignoranza ; di che è prova, che
dal trono in mezzo alla pace e al- allora quando essi sbarcarono in
la prosperità, per andare a rischili- Bretagna, non vi si conosceva pure
dersi ne' chiostri. 1 chierici e i 1' uso delle lettere, e che tutto il
monaci di que' tempi si oecuparo- loro sapere fino al tempo di s.
no cou zelo ucllc funzioni del mi- Agostino era nell' aver preso 1' al-
ING
fàbeto degP irlandesi. I nortumbri,
a della di Guglielmo di Malmes-
bury, vendevano per ischiavi i lo-
ro figliuoli, ed appunto s. Grego-
rio I, essendo ancor monaco, fu
acceso in cuore da un gran desi-
derio di convertire 1' Inghilterra,
per aver veduto nel foro romano
un mercante che voleva vendere
due giovanetti inglesi di biondi
capelli e di bellissimo aspetto, che
non erano cristiani. Sembrandogli es-
si di aspetto angelico, li fece collo-
care in monistero per esservi am-
maestrati nelle verità della fede.
Essendo Papa e venuto in cogni-
zione che in Francia molti inglesi
fatti prigioni in guerra si metteva-
no in vendita, scrisse a Candido
prete che avea spedito in quel
reame, che acquistasse i giovanetti
che non superassero 1' età di die-
ciotlo anni, e li facesse cristiana-
mente allevare ne'monisteri prov-
vedendoli del necessario. Ma tosto
the il lume del vangelo sfavillò
agli occhi degli anglo-sassoni, essi
divennero uomini affatto nuovi, e
veii discepoli del Salvatore. Stupe-
fatti al vedere la vita angelica che
menavano i loro apostoli, essi sen-
tironsi sospinti ad imitare il loro
distaccamento dal mondo, e il lo-
ro zelo nella pratica fino dei con-
sigli evangelici. I nobili ed i prin-
cipi fabbricarono chiese e moniste-
ri, e li dotarono riccamente.
Dopo la morte del santo re di
Kent o Cantauria Etelberto, avve-
nuta l'anno 616 circa, con gran
danno della chiesa gli successe il
suo figlio Eadualdo o Eadbaldo
che avea rifiutato di abbracciare il
cristianesimo, e contaminato il ta-
lamo paterno con prendere la mo-
glie del genitore. Per le quali scel-
leratezze molti di quelli che si e-
Ii\G
21
rano convertiti per timore del re
defunto, tornarono all'idolatria ed
abbandonarono le leggi della ca-
stità. Morto ancora Sabereto o Se-
berto nipote di Etelberto e re dei
sassoni orientali, ì suoi tre figliuo-
li pagani diedero licenza ai sud-
diti di adorare gì' idoli: Mellito ve-
scovo di Londra, Lorenzo di Ca,n-
torbery, e Giusto di Rochester fu-
rono costretti riparare in Francia.
Mentre era sul punto di partire
Lorenzo, nella notte precedente gli
comparve il priucipe degli aposto-
li s. Pietro, e battutolo fortemen-
te con flagelli lo rimproverò per-
chè volesse abbandonare il gregge
a lui commesso, e l'incoraggi a sof-
frire anche il martirio. Nella mat-
tina Lorenzo si presentò ad Ea-
dualdo, che vedendolo lacerato gli
domandò chi avesse ciò fatto, ed
udita la narrazione dell'accaduto,
fu preso da timore, e lasciata l'i-
dolatria e l'incestuoso maritaggio,
volle essere battezzato, incominciò
a proteggere la chiesa e richiamò
di Francia Mellito e Giusto : que-
sti tornò alla sua chiesa, ma Mel-
lito non fu ricevuto dai londinesi.
Intanto Eduino re degli angli bo-
reali sposò nel 625 circa Edel-
burga sorella di Eadualdo, che
professando la religione cristiana, si
fece seguire dal vescovo Paolino
già mandato in Inghilterra da s.
Gregorio I, perchè il re non es-
sendo lontano di convertirsi per-
mise alla regina di osservare libe-
ramente la sua religione. Paolino
non solo mantenne in questa quel-
li del seguito di Edelburga, ma
si adoperò per convertire i gentili.
Le quali cose avendo sapute il
Pontefice Bonifacio V, scrisse una
lettera al re Eduino, che si legge
nel Labbé, Coutil, t. V, col. 1660,
aa ING
e nel Baronio all'anno 6a5, n. io,
esorlandolo a lasciare l'idolatria, e
ad abbracciare il culto del vero Dio.
Altra lettera il Papa scrisse ad
Edelburga, lodandone la pietà e lo
zelo che avea pel dilatamento del-
la fede, invitandola a procurare la
conversione del marito. Gli eretici
criticarono Bonifacio V. per aver
detto nella lettera al re, che Cri-
sto ci avea redento dal solo pecca-
to originale. Ma oltreché non si
trova in tale lettera la parola solo,
non meriterebbe rimprovero an-
corché vi fosse, perchè con quel*
l'espressione allro non avrebbe vo-
luto intendere, se non che l'origi-
nale è quello per la cui redenzio-
ne principalmente morì il Salvato-
re, mentre quel peccato è il solo
comune a tutti gli uomini, molti
de' quali, siccome tutti i bambi-
ni , non ne hanno altri , ciò che
osserva il Bellarmino, De Rom.
Pont. lib. 4i cap. io. Nell'anno se-
guente Eduino corse pericolo di
essere ucciso per uno scherano
mandato per ciò da Cuichelmo re
de' sassoni occidentali : un fedele
servo colla propria vita salvò quel-
la del suo re, il quale però ri-
mase ferito. Nella notte la regina
partorì una figliuola senza grave
dolore, per cui mentre di ciò Pao-
lino ringraziava Dio, il re fece al-
trettanto co'suoi dei; ma per l'esor-
tazioni del vescovo promise con-
vertirsi quaudo Dio lo avesse rèso
vincitore di chi aveagli insidiato
la vita, e si fosse persuaso della
religione cattolica. Riportò vittoria
su Cuichelmo, e riuscì a Paolino
di battezzare Eduino, i primari del
regno ed il pontefice gentile Cuillì
o Coirti. 11 re edificò una chiesa in
onore di san Pietro, ed i suoi
figliuoli ricevettero il santo lava-
ING
ero. Pieno di fervore Eduino in-
dusse Carpualdo re degli angli o-
rientaìi figlio di Redwaldo a la-
sciare col suo regno l'idolatria, ed
a convertirsi al cristianesimo: dopo
la sua morte il fratello Siberto re
di eccellente dottrina e cristianissi-
mo, dilatò la fede per opera del
vescovo Felice.
Nel 633 il re Eduino mandò
un' ambasceria al Papa Onorio F,
chiedendogli il pallio per Paolino
arcivescovo di York e per Onorio
arcivescovo Dorovernense o di Can-
torbery : il Pontefice l'esaudì ed
esortollo a perseverare nella re-
ligione cattolica. Però nell' istesso
anno mosse guerra ad Eduino il
re de' bretoni Ceadvvalla o Card-
wella cristiano crudele, aiutato da
Penda valoroso re di Mercia e pa-
gano : Eduino perdette la battaglia
con strage de' suoi e la vita, che
pure perderono i suoi figliuoli, on-
de 1' arcivescovo Paolino con altri
figliuoli e la vedova Edelburga si
rifugiarono presso il fratello Ea-
dualdo. Inoltre Cardwella uccise
pure i successori d'Eduino, Ofrico
o Osrico, ed Eanfrido ; ma Oswal-
do santissimo re di Northumber-
land o di York, con piccola armata
vinse ed uccise il tiranno e potente
Cardwella, e ciò per le orazioni
del pio vincitore, che tutto s'im-
piegò a mézzo del vescovo Aidano
a dilatare la fede. Alcuni dubitano
che Ceadwalla sia stato cristiano.
Nell'anno 653 ampiamente si dif-
fuse il cristianesimo nell' Inghilter-
ra, giacché i popoli middleangles
o angli mediterranei, insieme col
loro re Penda figlio di Penda re
di Mercia, divennero cristiani, aven-
do posto questa condizione il san-
to re de' northumbri Osvvi o O-
swino, nel concedere a Penda per
ING
moglie la propria figlia Aleffeda.
Nel 655 il regno di Merda si
convertì alla fede interamente, e
sempre più in ogni cosa fiorì nel-
l'isola, come ancora lo studio del-
le sacre lettere e del canto eccle-
siastico, il quale conoscendosi solo
nel reguo di Kent, cominciarono
ad impararlo tutte le chiese, aven-
do il Papa s. Vitaliauo spedito nel-
l' Inghilterra Teodoro ed Adriano.
Nel 679 si portò in Roma l'abbate
Biscopo cognominato Benedetto, per
ottenere dal Pontefice s. Agato-
ne l'esenzione al suo monistero, e
perchè in esso s' insegnasse il can-
to ecclesiastico romano, usato nella
basilica di s. Pietro ; al quale ef-
fetto il Papa spedì in Inghilterra
Giovanni arcicantore di tal basili-
ca ed abbate di s. Martino per
impararlo agli altri monisteri ; ed
in oltre l'incaricò di esaminare la
fede della chiesa anglicana intorno
delle volontà e delle operazioni di
Cristo, e fu trovata cattolica ed
inviolata. Nell'anno 681 nell'In-
ghilterra fu grande fame e pesti-
lenza, e s. "VYilfrido arcivescovo di
York, dopo essere stato in Roma,
trovando la sua sede usurpata si
die a predicar l'evangelo ai sasso-
ni australi tuttora infedeli, e li re-
se cristiani. JVel 684 Egfrido re
de' northumbri operò gran guasto
nel paese d'ibernia, non perdonan-
do all' innocente popolo , né alle
chiese e monisteri ; ma portando
poscia il suo esercito a danno dei
pitti contro il consiglio del vescovo
Cutberto nel 6S5, fu ammazzato
con parte de' suoi , e d' indi in-
nanzi cominciò a scadere il resno
e potenza degli anglo-sassoni, met-
tendosi in libertà i pitti e parte
de' bretoni. Nel pontificato di s.
Sergio I si portò in Roma nel
ING 23
689 Ceadwalla santo re de'bre-
toni o de' sassoni occidentali per
averli vinti , avendo regnato con
sommo valore. Vi si recò in pio
pellegrinaggio siccome bramoso di
ricevere il santo lavacro in s. Pie-
tro, colla speranza che così mon-
do potesse passare agli eterni gau-
di. ?«è vano tornò il suo propo-
nimento. Il Papa Io battezzò nel
sabbato santo, gì' impose il nome
di Pietro, e venendo poco dopo
a morte lo fece seppellire nella
basilica, in premio del lungo cam-
mino fatto a causa di religione.
Il Pontefice fece porre nel suo
sepolcro onorevole epitaffio. Narra
Beda, che d' allora in poi molli
inglesi d'ogni rango e condizione
incominciarono i sacri pellegrinag-
gi a Roma per riconoscere la loro
madre da cui erano stati generati
spiritualmeute, e per venerare i
sacri limini o tombe de'principi de-
gli apostoli.
Racconta Beda lib. 5, cap. 20,
che nell'anno 709 Coenredo re di
Merda, ed Offa re de' sassoni o-
rientali, avendo solennemente ri-
nunziato ai loro regni, si portaro-
no in Roma per cambiare la co-
rona reale coli' abito monastico, e
furono ricevuti con estrema tene-
rezza dal Papa Costantino, che ve-
stito pontificalmente all' altare dei
ss. Apostoli nella basilica vaticana
li consacrò a Dio nella professione
monastica. Scrive ilNovaes che nel
pontificato di s. Gregorio II termi-
nò lo scisma o meglio la differenza
d'Inghilterra o dei bretoni che dura-
va da centocinquaut'anni, sopra il
celebrar la Pasqua nella XIV luna.
Ina re di YVessex o de'sassoni oc-
cidentali, dopo di avere regnato
trentadue anni con molta gloria,
e assodata la tranquillità ne'suoi
a4 ING
stati con emanare un codice di
leggi piene di saviezza,v pubblicale
da Spelman, Conc. t. I, e cbe fu-
rono le prime promulgate da al-
cun monarca sassone nella Breta-
gna, volle abdicare alla corona e
ritirarsi in Roma colla sua sposa
Edilburga. Egli fu talmente gene-
roso e pio, che diede 2640 libbre
d'argento per fare una cappella a
Glastonbury ; 264 libbre d'oro
per l'altare; il calice e la pa-
tena d' oro massiccio pesavano
dieci libbre; l'incensiere, fatto del-
la stessa materia , otto libbre e
venti marchi; dodici libbre d'ar-
gento furono impiegate pei can-
dellieri ; venti libbre e quaranta
marchi d' oro per la coperta del
libro degli evangeli ; dieciselle lib-
bre d'oro per li vasi che serviva-
no all'altare, e otto libbre dello
stesso metallo per gli stessi bacili ;
la pila dell'acqua santa, tutta di
argento, pesava venti libbre; fu-
rono adoperate 175 libbre di ar-
gento , e trentotto d' oro per le
immagini del Salvatore e della Bea-
ta Vergine, e dei dodici apostoli ;
1' altare e gli abiti sacerdotali li
fece guarnire d' oro e di gemme.
Al dire di Beda lib. 5, cap. 7, il
re Ina si portò in Roma nel 72?
sotto s. Gregorio II, per venerare
la tomba del principe degli apo-
stoli, e non per farvi sfoggio di
sua reale dignità, ma per quivi
nasconderla agli occhi del moudo,
e colla regina sua moglie abbrac-
ciarvi la vita monastica. Prima di
rinunziare nel 728 al suo regno,
volle renderlo tributario al romano
Pontefice, obbligando sé medesimo
e i successori suoi di contribuir
alle chiese di Pioma ogni anno
un denaro di argento, che doveva
riscuotersi da ogni casa del reame,
ING
il quale fu detto moneta d' ogni
fuoco, dagli inglesi Romescol o
Rome- Scot , o St. Peter s pence,
e dai romani, Denaro di s. Pietro
[Fedì). Il Marangoni, Delle cose
gentilesche p. 4*5, racconta, che il
re s. Ina avendo eretto una chiesa
magnifica ai ss. Pietro e Paolo,
fece porvi nel frontespizio cinquan-
tasei versi, ne' quali si nomina
fondatore. Si riportano questi dal
Bollando nel commentario istorico
di questo santo nel tom. II di
gennaio, p. 906. Abbiamo dal Ri-
naldi all' anno 74°» cne s. Boni-
facio apostolo della Germania scri-
vendo al novello arcivescovo Do-
rovernense, procurò rimediare ad
un disordine grande, coli' invita-
re il concilio de' vescovi e dei prin-
cipi inglesi a proibire alle don-
ne inglesi di portarsi in pellegri-
naggio a Roma, dappoiché v'era-
no pochissime città della Lombar-
dia, della Francia e della Gallia
che non avessero alcune femmine
di mondo inglesi, quod scandalum
est, et turpi ludo tolius ecclesiae
veslrae. Aggiunge il Rinaldi , a
quanto abbiamo narrato di Ina,
che questi col fare tributario il re-
gno a san Pietro, in tal guisa
s' ingegnò obbligare il suo popolo
a conoscere d' essere suddito al-
l' istesso principe degli apostoli, e
a venerarlo come suo signore; e
che il tributo riscuotevasi nel-
1' Inghilterra dai questori o collet-
tori pontificii, 1' ultimo de' quali
fu Polidoro Virgilio, il quale con
somma lode scrisse le cose degli
inglesi.
Offa re di Mercia s'impadronì
del regno di Kent, nel 777 battè
il popolo e CyueAvulf re di Wessex
presso Oxford; ed iuvase altresì il
regno di Estanglia o sia degli an-
ING
gli dell'est, con trucidare a tradi-
mento il re Etelberto che si era por-
tato da lui a chiedergli in isposa
la figlia Etheldrida che altri chia-
mano Alfreda. Questo monarca eb-
be intime relazioni di amicizia
con Carlo Magno, e mandogli Al-
cinoo sacerdote inglese e celebre
letterato di quei tempi, il quale po-
scia divenne il precettore di quel
grande imperatore. 11 regno di Of-
fa era composto delle contee di
Hereford, di "Worcester, di Glouce-
ster, di Warwick, di Derby, di
Chester, di Salop, di Nottingham,
di Norlhampton, di Oxford, di Bu-
ckingham, di Leicester, di Bedford,
di Hunlingdon, di Cambridge, di
Norfolk, di Suffblk, di Essex, di
Middlesex e della metà di quella
di Ilertford. Verso il fine di sua
vita, Olla si pentì del male fatto,
e dedicossi interamente alla divo-
zione. Conferì ricchi donativi alle
chiese, ed essendo stata distrutta
quella di s. Albano ne fondò uu' al-
tra con amnisterò cui donò beni
considerabili, e poscia esentò le ter-
re dell'abbazia dalla lassa chiama-
ta denaro di s. Pietro. Quindi nel
793, anno trentesimoterzo del suo
regno, e nel pontificato di Adriano
I, come si legge nella vita di que-
sto Papa, in penitenza de'suoi gravi
falli intraprese a titolo di religio-
ne il viaggio di Pioina, per quivi
rendere omaggio al sepolcro dei ss.
Pietro e Paolo ed al vicario di Gesù.
Cristo. 11 Pontefice lo accolse con
paterna tenerezza e distinzione, ed il
re oltre il confermare il suo regno
tributario alla Sede apostolica, cou
reale munificenza accrebbe le reu-
dite della scuola pei pellegrini in-
glesi già fondata in Roma dal re
Ina, la quale soggiacque ad incendi
nell'817 e ucU't>47, e pmieipulmeu-
ING a5
te nel 1 1 ro per opera di Enrico V
imperatore; e siccome Federico I nel
Ii5y gli recò l'ultimo esterminio,
con pontificia magnificenza fu poi
da lnuocenzo III convertita nel fa-
moso Ospedale di s. Spirito iti Sa-
xia (Fedi). Altri negano la gita
di Olla in Roma; altri invece di-
cono che OlFa fondò in Roma un
collegio per l'istruzione dei giovani
inglesi che volessero andarvi ad i-
studiare; ed impose aneli egli ai
suoi sudditi, cioè ad ogni famiglia,
un annuo tributo di un soldo d'ar-
gento inglese o peuny per ogni
casa. Questa imposizione fu posta
in seguito anche dagli altri re del-
l'eptarchia sui loro vassalli ; e sic-
come alcuni attribuirono ad Of-
fa e non ad Ina l'istituzione del
denaro di s. Pietro , una parte del
quale doveva servire per tenere in
vigore l'istituzione in R.orna della
scuola o collegio degli anglo-sasso-
ni, sembra potersi spiegare, che Ina
impose il tributo al suo regno di
WcfSCXj ed Offa a quello di -Aler-
cia ed agli altri da lui conquista-
ti. Sulla discrepanza della fondazio-
ne della Schola Saxonum, di cui pu-
re parlammo all'articolo Chiesa di
s. Pietro di \ atic.oo presso di cui
fu eretta, all'articolo Citta' Leom-
wa ed in altri, ne accorda le opi-
nioni Francesco Pagi uà vita Ha-
driaui I, num. 56, affermando che
Ina sia stato il primo fondatore,
e successivamente Offa l'abbia ri-
staurata ed accresciuta. Certo è che
nel collegio e chiesa di s. Maria
fino dalla loro fondazione fu de-
terminato che vi si ricevessero i
pellegrini nazionali, ed a tumularli
decentemente qualora in quella a-
bitazioue accadesse la loro norie,
11 vocabolo di Schola Saxonum di
cui là menzione s. Leone IX nel-
26 ING
la sua bolla registrata nel t. I, p.
a3 del bollano Vaticano, indica
bastantemente che in questo luo-
go si trovassero alcuni chierici ,
i quali non solo erano istruiti nei
riti e costumanze d< Ila romana chie-
sa, ma inoltre erano tenuti a pre-
stare un caritativo trattenimento ai
forestieri che dalla parte dell'Inghil-
terre e Bretagna accorrevano rive-
renti a visitare i sacri Limini de-
gli a pò fio li ( Pedi).
Il giovane Egherto o Ecberlo le-
gittimo erede del regno di Wessex
de' sassoni occidentali, temendo le
insidie di Britricco che aveva usur-
pato il trono, ritirossi in Francia e
fu educato alla corte di Carlo Ma-
gno. Scrive Guglielmo di Malmes-
bury lib. II, cap. i i, che i francesi
eccedevano tutte le altre nazioni
d'occidente in talora, in coltura ed
in civiltà, per cui da loro apprese
Egherto ad ammansare la rozzezza
de'costumi sassoni. Egli militò con
molta gloria nelle armate di Car-
lo Magno, e dopo la morte di Bri-
trieco suo competitore, avvenuta nel-
1' 800, ritornò in Inghilterra ed a-
scese sul trono de'suoi antenati. Al-
la sua esaltazione trovò che qua-
si tutte le famiglie reali delle altre
monarchie dell' diarchia sassone e-
rano estuile, e tutti quegli stali e-
rano agitati da partiti di vari com-
petitori che gareggiavano per ot-
tenere la cotona. Egherto, che van-
tavasi essere il solo discendente di
Cerdtcco fondatore del regno di
Vessex, e faceva ascendere la sua
genealogia sino a YVoden, colse
profitto da queste politiche convul-
sioni, e postosi alla testa di un e-
sercito, dopo una lunga serie di
battaglie ed una varietà di avveni-
menti militari, assoggettò ad uno ad
uno gli altri regni dell' ettarchia,
ING
ed inlitolossi re di tutta l'isola nel-
1*827, la quale verso questa epoca
prese il nome di Angleland, da cui
derivò il nome d' Inglullerra o ter-
ra degli Angli: dipoi col volger
dei secoli tornò in uso l'antico no-
me di Bretagna e di Gran Breta-
gna. Così finì l'ettarchia sassone,
dopo circa quattro secoli di durala,
calcolando dall'anno 4^o in cui ap-
prodò nell'isola il primo corpodi sas-
soni sotto la condotta d'Engistoed
Orsa Alcuni però pretendono, comesi
disse, che il paese di Bretagna abbia
ricevuto prima la denominazione di
Inghilterra e sino dallo stabilimen-
to del settimo regno sassone del-
l' ettarchia verso il fine del IV
secolo II regno di Mercia continuò
ad essere governato da un capo
che conservò il titolo di re fino all'e-
poca di Alfredo il Grande, ma che
fu sempre ligio e tributario d'Eg-
berto e de'suoi successori. Termi-
nate le oscillazioni inseparabili da
un paese diviso in piccoli stati, ed
effettuata la riunione delle sette
monarchie sassoni in una sola, l'In-
ghilterra lusingava» ormai di go-
dere in avvenire d'una pace per-
manente, e di una solida prospe-
rità. Scorsi pochi anni dopo l'esal-
tamento di Egherto , uno sciame
di barbari sbucati dal fondo dilla
Danimarca, l'antica Scandinavia, che
non trovando risorse nello sterile
loro suolo ed esercitando la pira-
teria vivevano di rapine e di stra-
gi, si diedero ad infestare le co-
ste d' Inghilterra e devastarono or-
ribilmente la provincia di Northura-
berland sui confini di Scozia, e
fra quelli che assassinarono vi fu
il martire s. Alcmondo figlio di
Elredo e fratello di Osredo re di
Northunftbria. Egherto andò vigo-
rosamente ad attaccarli e gli scou-
I X G
fìsse nelle sanguinose battaglie di
Charmouth e di EngisdoAvn. Ot-
tenute queste due vittorie, e me-
ritatosi il nome di Grande, morì
nell' 838 lasciando la corona ad
Etelvolfo suo figlio. Va avvertito
che diversi storici narrano, che do-
po che le truppe di Egberto era-
no state vinte a Dartmoulh, i da-
nesi si unirono ai britanni, e poi
essi furono superati a Hengstone-
Hill nell'835, e l'anno dopo morì
Egberto. Perciò le battaglie di
Charmouth e di Engisdowu non
sembrano vere. Sotto il regno di
Etelvolfo i danesi fecero nuovi pro-
gressi: il re li pose in fuga sulle
pianure di Okelcy che allagò del
loro sangue ; ma i barbari quan-
tunque abbattuti, risorsero tosto
con nuova vita e vigore. Sbalor-
dito Etelvolfo dell' ostinato furore
cou cui i barbari ripetevano le lo-
ro incursioni, e considerandole co-
me un visibile castigo del cielo,
procurò placar l'ira divina con in-
traprendere un pellegrinaggio a
Roma, e vi condusse seco Alfredo,
il minore de'suoi quattro figli, il
quale usciva appena dal primo lu-
stro di sua età, ed ivi lo lasciò
per compiere la sua educazione.
Andrea Arnaldo nella sua ope-
ra: Denarius s. Pelri d ispida ti o-
nes hist. theol. exposilae, Noriin-
beigae 1679, mce cne Etelulfo o
Etelvolfo portatosi in Roma nel-
1846 o 847 si fece confermare il
titolo di re d'Inghilterra da san
Leone IV, rendendo i suoi regni
tributari alla santa Sede, e che
questo censo e religioso tributo
continuò sino al tempo di Enrico
Vili. Di ciò con l'autorità di altri
scrittori ne parlammo pure al ci-
tato articolo Denaro di s. Pietro.
li Rinaldi al detto anno narra al-
ING 27
trettanto, ed aggiunge che il re si
recò a Roma per voto, ricevuto
con paternali accoglienze dal Papa;
che fece tributaria alla Chiesa ro-
mana quella parte dell'isola che
avea conquistata il padre, deter-
minando che quelli de'suoi sud-
diti che dalle proprie possessioni
ricavavano trenta denari o posse-
devano più case, dassero ciascuno
al Pontefice un denaro nella festa
dei principi degli apostoli o al più
lungo in quella di s. Pietro in vin-
cuhs. Dice ancora che rifece la
scuola de'sassoni consumala da un
incendio, e che autori della sua vi-
ta lodevolissima furono Suituno e
Adel.xlano, uomini di eccellente san-
tità. Abbiamo dal Torrigio, Le sa-
ere grotte vaticane p. 188, che nel
pontificato di benedetto III suc-
cessore di s. Leone IV, essendo
venuti molti da Inghilterra a Ro-
ma, olir irono una tavola di ar-
gento all'oratorio di s. Gregorio I
Papa. Ritornato Etelvolfo in Inghil-
terra, in favore del clero pel pri-
mo Stabilì nell'isola l'uso di pagar
le decime, ordinando che ciascuno
de'suoi vassalli dovesse contribui-
re al clero la decima parte delle
produzioni della terra o del lóro
valore. Indi si vide costretto, per
evitare una guerra civile, a di\i-
dere lo scettro con Etelbaldo suo
figlio maggiore. Morendo poi nel-
T857, o meglio neh' 858, lasciò ad
Etelbaldo la metà del regno, e l'al-
tra metà ad Etelberto suo secondo-
genito. Etelbaldo sfrenato nella dis-
solutezza sposò Giuditta sua ma-
trigna , e morì nell'860 : restò solo
Etelberto a regnare, che dopo sei
anni di regno, passali in continua
lotta coi danesi, morendo uell'86li
lasciò la corona al suo terzo fra-
tello Elehedo 1 in preferenza ai
i8 ING
propri figli, per obbedire alle pre-
scrizioni del testamento paterno. In-
darno questo valoroso monarca, se-
guendo le orme del suo predeces-
sore, tentò di risvegliare il corag-
gio de'sudditi, onde porre argine al-
le devastazioni de'ladroni del nord,
i quali guadagnando sempre terre-
no, dominavano col saccheggio, le
depredazioni e la schiavitù le pro-
vince marittime d'Inghilterra. Do-
po diverse battaglie Etelredo fe-
rito nella battaglia di Morton mo-
rì passati pochi giorni nell' anno
871. I danesi vincitori nell'anno
precedente aveano distrutto i tre
inonisleri di monaci Bardeuy, Croy-
laod e Medeshamstedc, ed un altro
di monache nell'isola di Ely.
Nella generale desolazione Alfredo
il Grande quarto (ìglio di Etelvob
lo, e fratello de'tre precedenti mo-
narchi, prese le redini dell'agitato
reame, e portatosi in Roma fu co-
ronato dal Pontefice Adriano II,
come si ha da Polidoro Virgilio,
Ilistor. Augi. lib. 5, p. 1 3 1 . Altri
però affermano che Alfredo era
stato consecrato e coronato re, non
che cresimato da s. Leone IV nel-
l'fi 54* Questo eroe con dodici bat-
taglie campali costrinse i danesi
alla pace, con giuramento di e-
vacuar le provincie occupate; ma
essi ricevuti nuovi rinfòrzi inon-
darono colle armi le medesime.
Gli abitanti credendosi abbando-
nati dal cielo si diedero alla fu-
ga, ed Alfredo I senza forze si vi-
de costretto rifugiarsi vestito da
contadino per evitare la morte ,
da un pastore di Somerset. Nelle
foreste di questa provincia alcuni
gentiluomini inglesi fedeli al re,
raccolti i fuggitivi, riuscirono a di-
sperdere parecchi corpi danesi. Po-
co appresso Oduu assedialo nel
ING
castello di Kymvith nel principato
di Galles, con vigorosa sortita tru-
cidò infinito numero di nemici, tra
quali Ubba comandante principale
de' danesi ; strappò loro il famoso
vessillo incantato e misterioso, ap-
pellato rertfon o vessillo del corvo,
e sul quale superstiziosamente po-
nevano gran fiducia , e co' suoi
guerrieri andò ad unirsi ai con-
nazionali nelle campagne di So-
merset. Allora Alfredo I uscì dal
suo ritiro, travestito da suonatore
d'arpa vuoisi che visitasse il cam-
po danese per spiarne la posizione,
i difetti e le forze; e postosi alla
testa de'suoi, non solo compiuta-
mente sconfisse il nemico sulle mon-
tagne di Ethandune presso Eding-
ton, ma lo costrinse ad abbandonar
il paese ed imbarcarsi sul proprio
navile. In questa occasione Gothrun
principe danese ed alcuni del suo
seguito abbracciarono il cristiane-
simo, per cui il generoso monarca
permise ai convertiti stabilirsi nelle
provincie di Estanglia e di Nor-
thumbei land. Conchiusa la pace,
Alfredo I impiegossi con ogni stu-
dio ad ingentilire il suo regno col-
le scienze e colle arti, come l'a-
vea difeso colle armi. Questo prin-
cipe estendo slato educato in Ro-
ma sotto la direzione de' più insi-
gni dotti, avea studiato i classici
greci e latini che gli raffinarono
la mente in un'epoca hi cui v'era
appena alcuno in Inghilterra che
sapesse tanto di latino da tradur-
re le preghiere della chiesa. La
mancanza di dottrina in Inghilter-
ra veniva dalla distruzione dei
monisteri, durante l'incursione dei
danesi. Quanto ad Alfredo I non
si ammette dai critici che avesse stu-
dialo il latino in Roma, poiché solo
nell' anno treutesimonono di sua età
1NG
cominciò a studiare la letteratura
romana. Anzioso d'introdurre il
gusto delle lettere nel suo regno,
invitò presso di sé i più celebri
letterati d'Europa, fece copiare mol-
ti libri della biblioteca della san-
ta Sede, indi fondò l'università dì
Oxford ; compilò un codice di leg-
gi, fece costruire una marina di
guerra per tenere i danesi in sog-
gezione, riedificò le città die i bar-
bari aveano rovinale; animò le
arti, il commercio e l'agricoltura,
e fece parecchi utili stabilimenti, i
quali contribuirono non poco ad
incivilire la sua nazione. Questo
principe ristabilì l' ordine con una
nuova divisione del regno in con-
tee ; rese i cittadini vigilanti gli
uni sugli altri, e stabilì dei giura-
ti e f assemblea annuale de'mem-
bri i più distinti della nazione.
Sotto il suo regno gì' inglesi inco-
minciarono a percorrere i mari,
spingendo le navi ad Alessandria,
donde attraversando l'istmo di Suez
die luogo a trafficare colla Persia,
e pel primo osò inviare un va-
scello per trovare un passaggio al-
le Iudie dal nord dell'Europa e
dell'Asia, e tentar il passaggio del
polo ; per lo che può chiamarsi
anco il fondatore della colossale
marina dell' Inghilterra. Alfredo I
fece pure fiorire la chiesa anglica-
na in più modi : il Papa Marino I
o Martino li neh' 883 a di lui
preghiere liberò dal tributo la scuo-
la degl'inglesi in Roma, e tra i
donativi che spedì al principe vi
fu una parte non piccola della ss.
Croce. Grato Alfredo I a Dio per
averlo liberato dal giogo danese e
da molti pericoli, mandò due le-
gazioni con moltissimi donativi,
cioè ima alle memorie de'principi
degli apostoli in Roma, l'altra a
ING ao,
quelle di s. Tommaso apostolo
nell'India, donde il legato riportò
quantità di gioie, d'aromati e di
altre cose delle quali quella regio-
ne abbonda. Dipoi nell' 888 molte
limosine mandò a Gerusalemme, ed
in Roma per un vescovo, siccome
piissimo e protettore della religio-
ne cristiana. Fra gli altri talenti
che adornavano Alfredo I, preten-
desi ch'egli possedesse in grado e-
minente la poesia, ed alcune sue
opere scritte in versi sassoni tutto-
ra sussistono. Tradusse dal greco
le Favole di Esopo, dal latino la
Storia ecclesiastica di Paolo Orosio
e quella del venerabile Beda, come
pure il trattato di Boezio Severino,
Della consolazione della filosofìa.
Liberatore della patria, padre del-
la legislazione inglese, della lette-
ratura, delle arti e delia marina,
lo fu pure della libertà , avendo
detto nel suo testamento, è giusto
che gl'inglesi sieno liberi come i
loro pensieri. Questo impareggia-
bile monarca, modello de regnan-
ti, senza neo che ne otfuscasse la
gloria, finì la sua carriera d'an-
ni cinquantuno, e lasciò nel pianto
i sudditi nel 900.
Edoardo I il Vecchio suo figlio
gli successe, solo imitandolo nelle
qualità guerriere, per le quali ri-
portò sanguinose vittorie sugli ir-
requieti danesi , non però sul ri-
belle Etehvaldo suo cugino che solo
fece fuggire: questi restò ucciso in
battaglia, perchè dal monistero fab-
bricato già da s. Cutburga sorella
d'Ina avea rapito una vergine. El-
fleda o Ethelfleda sorella del re il-
lustrò il suo sesso con 1' asta e il
brando, e dopo aver militato col fra-
tello contro i danesi, con un'arma-
ta costrinse gli abitanti del princi-
pato di Galles a pagar all' InghiU
3o ING
terra un annuo tributo. Pretensesi
da alcuni che Edoardo I abbia fon-
dalo l'università di Cambridge; gli
storici però discordano molto sul-
l'epoca di questa fondazione. Sotto
questo regno e nell'anno 921 molti
inglesi che per divozione reca varisi
a Roma a venerare la tomba de-
gli apostoli, furono assaliti dai sa-
raceni nei luoghi angusti delle Al-
pi, e vennero lapidati e sepolti nel-
la tempesta de' sassi : questi mali
non furono bastevoli a moderare
la pietà degli inglesi, i quali con-
tinuarono a praticare il sacro pel-
legrinaggio. Edoardo I morì nel
9^5, egli successe Atelstano o A-
thelstano suo figlio naturale, a pre-
ferenza di quelli legittimi ch'erano
di età infantile. Scuoprendo il re
una congiura orditagli da Elfredo,
e questo negando la colpa, lo man-
dò in Roma acciò si purgasse con
giuramento alla presenza del Papa
Giovanni X ; ma spergiurando a-
vanti l'altare di s. Pietro, cadde in
terra, e dopo tre giorni morì nella
scuola degli angli. In riconoscenza
a Dio pel pericolo scampato, Atel-
stano donò alcuni terreni a s. Pie-
tro. Affine di cattivarsi l'alfetto dei
danesi cristiani stabiliti nel Nor-
ihumberland , nominò Sightric o
Sitricco loro connazionale a gover-
narli, gli diede il titolo di re e la
propria sorella Editta in isposa.
Morto Sitricco, i suoi due figliuoli
pretesero regnare uniti e indipen-
denti dal re d'Inghilterra, onde
questi marciò contro di loro, e
contro Costantino re di Scozia che
ne avea rifugiato uno, e costrinse
Costantino ad offrirgli un tributo
ed essere da lui dipendente. Que-
sta , al dire di alcuni, è la pri-
ma spedizione degli inglesi nel-
la Scozia ; ma gli storici scoz-
ING
zesi negano interamente il fatto.
Poco dopo i danesi di Northum-
beriand, uniti ai britanni di Gal-
les ed agli scozzesi formarono una
lega formidabile contro gì' inglesi ,
la quale venne distrutta in un ba-
leno da Atelstano nella celebre bat-
taglia di Brunsbury o Brunanburgh,
ove perì il fiore della nobiltà delle
tre nazioni alleate. All'epoca della
spedizione di Atelstano contro i fi-
gli di Sightric sembra che Costan-
tino non abbia dato alcun luogo di
ritiro ad uno dei due fratelli. Forse
prima che venisse il re d'Inghil-
terra, Costantino lo avea fatto. Con
lo scopo di promuovere il commer-
cio, ordinò Atelstano con legge che
ogni mercante il quale avesse fatto
due viaggi in paesi lontani , fosse
insignito del rango di nobile. Do-
nò trentotto borghi alla chiesa di
Excester o Exeter; stabili il regno
d'Inghilterra, e morì nel 94 1, con
lode di prode. Gli successe Edmon-
do I di lui fratello e non dissimile
nel coraggio e scienza militare. Con-
quistò egli la provincia di Cum-
berland, e poi la cede a Malcolmo
I re di Scozia, sotto condizione di
pagargli un tributo. Questo prin-
cipe fu il primo a fulminar pena
di morte contro i ladroni, ma Leof
o Leolfo, famoso masnadiere, irri-
tato dal rigore della legge, ebbe
l'ardimento di penetrare alla men-
sa di Edmondo I, il quale all'er-
rando e trascinando il ladrone pei
capelli, l'assassino lo trafisse con
una pugnalata nel cuore, ma fu
tagliato in pezzi dagli astanti. Con-
sigliere del re fu s. Dunstano. La
morte di Edmondo I si pone al (j\G
o 948.
Essendo i di lui figli ancora fan-
ciulli, suo fratello Edredo assunse
il titolo di re, e durante il regno
ING
di questo pio monarca l' Inghilter-
ra si popolò di monaci. Elesse al-
la dignità di gran tesoriere s. Dun-
stano celebre abbate di Glastonbu-
ry, e gli commise parte del gover-
no. A malato tiranno d'Inghilterra,
mentre nel 901 voleva bruciar la
chiesa di s. Baltero, Dio lo per-
cosse con repentina morte, per cui
Edredo divenne monarca di tutta
l'Inghilterra, e mori nel 953, altri
dicono nel q*>8. Edwy nipote del
defunto, perchè figlio di Edmondo
I, montò sul trono, e siccome di
rei costumi fu ripreso da s. Dun-
stano che fu esiliato . Volendo
Edwy seguitare a tenere la cugina
Elgiva o Ethelgiva, estremamente
bella, dopo aver sposata altra don-
na, ebbe a provare l'indignazione
del popolo e clero d'Inghilterra:
s. Odo primate del regno fece con-
durre Elgiva in Irlanda, la quale
avendo azzardato ritornare in corte,
fu trucidala dalla plebe inglese. 11
popolo di Londra non pago di ciò,
con una parte del regno si ribellò
contro il re, detronizzollo ed elesse
re il fratello di Edwy, di nome
Edgar o Edgardo, di straordinaria
avvenenza, ed allora di tredici an-
ni. Edgar ebbe i regni di Mercia
e di Norlbumbria, essendosi stabi-
lito che il Tamigi dovesse essere il
limite dei regni dei due principi. Ciò
avvenne nel 9^7 o 9^9, ed Edwy
morì penitente nel 960 per le ora-
zioni di s. Dunslano. Il regno di
Edgar fu glorioso, dappoiché aiti-
ne di mantenersi in pace fece vi-
gorosi preparativi di guerra , pose
le truppe di terra iu un piede im-
ponente, e la marina pervenne sot-
to di lui ad un grado di potere
fino allora ignoto : numerose squa-
dre bordeggiavano presso le coste
dell'isola, altre stazionavano nei
ING 3i
porti. I danesi che per l' addietro
commettevano depredazioni, atter-
riti da forze sì formidabili non ce-
sarono neppure avvicinarsi a quelle
(piagge, Quelli che erano stabiliti
in Inghilterra osservarono la più
som messa condotta, e tracciarono
le sedizioni e le turbolenze. I so-
vrani di Galles, d'Irlanda, delle
Orcadi e di Scozia prestarono som-
missione ad Ed»ar. Narrano alcu-
o
ni storici che volendo egli da Che-
ster valicare il fiume Dee per re-
carsi alla chiesa di s. Gio. Battista
sull'opposta sponda, i rematori del
suo battello furono otto sovrani a
lui tributari, e ch'egli stesso ne
dirìgeva il timone. Edgaro s' inti-
tolò re d' Albione e sovrano di
tutte l' isole circonvicine e dell'O-
ceano che le circonda. Frattanto
un' immensa quantità di fora* t ieri
d'ogni stato accorsero a stabilirsi
in Inghilterra, con vantaggio degli
isolani che perderono l'antica ru-
videzza, ma anco la loro semplici-
tà. Fece una caccia generale di
lupi, i quali essendosi rifugiati nei
boschi di Galles, commutò a quel
re il tributo con trecento teste di
lupi per estirparli. Aiutò s. Dun-
stano arcivescovo Dorovernense o
sia di Cantorbery , nella riforma
degli ecclesiastici, e da lui ripreso
per un incesto fece umile peniten-
za di sette anni dietro ; la ripren-
sione di s. Dunstano fu per aver
tolto una monaca dal monistero.
Nel 971 il re e s. Dunstano spe-
dirono una legazione al Papa Gio-
vanni XIII , acciò confermasse i
privilegi da Edgar concessi al mo-
nistero di s. Maria di Glaslingebi-
ro, lo che il Pontefice benignamen-
te annuì. Moli Edgaro nel 9- j.
Edoardo II il Martire, figlio del-
la prima moglie, gli successe, ad
3a ING
onta delle opposizioni dilla matri-
gna la bella ed ambiziosa Elfrida
figlia del conte di Devonshire. Or-
nato di tutte le virtù e guidato
dai consigli di s. Dunstano che
l'avea consacrato, i suoi sudditi si
riputarono felici, tranne alcune vio-
lenti agitazioni che provò l'Inghil-
terra a cagione de' benefizi eccle-
siastici e de' chierici incontinenti.
Passati tre anni Elfrida fece assas-
sinare il re nel 978 o 979, onde
porre sul trono il proprio figlio
Etelredo II: straziata poi dai ri-
morsi fece sincera penitenza, fondò
i mentitori di Wharwell e d'Am-
bresbury, morendo santamente nel
primo. Nel 990 il Papa Giovanni
XV detto XVI spedì suo legato
in Inghilterra Leone, che altri chia-
mano Vice, vescovo di Treveri ,
per mezzo del quale pacificò Elei-
redo Il con Riccardo duca di Nor-
mandia. Sotto Elelrcdo II, prin-
cipe vigliacco, l'Inghilterra fu espo-
sta ad ogni calamità per le scor-
rerie feroci dei danesi, e per te-
nerli lontani pagò loro diecimila
lire sterline, indi sedicimila lire non
già ghinee , e poscia ventiquattro-
mila lire sterline. L'odio degl'in-
glesi contro i danesi essendosi ac-
cresciuto, allorché essi portaronsi
in Normandia a prestar soccorsi
ai loro fratelli d'armi ivi stabiliti,
il re ordinò la strage di tutti i da-
nesi che soggiornavano nel regno
colle loro famiglie dal tempo di
Alfredo. Incitò tutti i sudditi a
massacrarli a' 1 3 novembre del
1002, giorno sacro a s. Brice, e fu
pienamente obbedito con l' intera
strage d'ogni danese, senza riguar-
do ad età ed a sesso: perfino Gun-
hilda sorella del re di Danimar-
ca e cristiana, perì fra i tormenti.
Giunta in Danimarca la nuova di
ING
questo atroce attentato , i compa-
triota de'danesi trucidati, snianian-
ti di rabbia e vendetta, s'imbarca-
rono sopra una flotta con Sweyn
o Svenone loro re. Giunti in In-
ghilterra sconfissero le truppe reali
in più battaglie, costrinsero Etel-
redo II a fuggire in Normandia, e
dopo mille massacri s'impadroni-
rono di tutto il regno , ciò che
ebbe compimento nel ioi3. Nel-
1' anno seguente morì Svenone ,
ed Etelredo lì venne di nuovo
invitato da' suoi cortigiani a tor-
nare ad occupare il trono vacante.
Ebbe in fatti questo principe ef-
femminato la soddisfazione di reg-
gere ancora per qualche tempo e
sino al io 16 le redini mal sicure
della monarchia. Non tardò però
a presentarsi con formidabile flotta
ed esercito numeroso Canuto II il
Grande re di Danimarca e succes-
sore di Svenone. Atterrite le città
marittime al suo sbarco in Inghil-
terra, gli aprirono le porte, e gli
inglesi deboli di forze non osarono
resistergli. Etelredo II si rinchiu-
se nel suo palazzo di Londra, e vi
morì nel io 16. Gli successe il fi-
glio Edmondo II Tronside o fian-
co di ferro, le cui illustri qualità
non furono valevoli a preservare
la desolata patria dal pesante gio-
go danese. Radunò un esercito,
marciò contro il nemico, e dopo
due sanguinose battaglie, i due re
Canuto ed Edmondo II, all'ine
d' evitare 1' ulteriore sterminio del-
le loro armate, si divisero il regno:
al primo toccarono le provincie
settentrionali, le meridionali al se*
condo ; ma poco dopo essendo que-
sti ucciso da due suoi cortigiani
nel 1016 o io 17, nò avendo pro-
le, la sua porzione dell' isola ven-
ne devoluta a Canuto.
ING
I primi anni del regno dal mo-
narca danese furono impiegati in
ispedizioni militari ed in battaglie;
gli ultimi in esercizi di divozione
e di pietà. Dopo aver compiuto il
conquisto dell' Inghilterra, difesa la
Danimarca dal re di Svezia, con-
quistata la Norvegia, ed umiliata
la Scozia con costringere Malcol-
mo II al consueto tributo per la
provincia di Cumberland, Canuto
convinto del nulla della gloria ter-
restre, rivolse ogni cura ad acqui-
stare quella del cielo. Profuse im-
mensi tesori in opere di pietà, e
•verso le chiese e servi di Dio, e
per eseguire un voto fece il pelle-
grinaggio a Roma in abito da pel-
legrino. Fu ricevuto nel 1027, o
meglio nel io3o, e benignamente
trattato da Giovanni XIX detto
XX, come dall' imperatore Corra-
do II, e da Rodolfo III re di Bor-
gogna che trovavansi nella mede-
sima città. Accompagnò Canuto
1' imperatore nella solenne proces-
sione colla quale si portò nel d\
della Pasqua a ricevere la corona
dalle mani del Papa, ed ottenne
tanto da lui che da Rodolfo III,
che i danesi e gì' inglesi passando
dai loro stati non fossero soggetti
a gravezza, in recarsi a Roma per
divozione o per mercanzie. Dal
Pontefice poi ottenne Canuto che
gli arcivescovi suoi fossero dispen-
sati di portarsi in Roma per pren-
dere il pallio come sino allora
aveano fatto. Dicono alcuni che il
re Canuto edificasse una chiesa
ove fu poi fabbricata quella di s.
Maria in Traspontina. Certo è che
in questa chiesa evvi una cappella
dedicata a s. Canuto, il cui qua-
dro dipiuse M.r Daniele. Di essa tra
gli altri ne scrissero 1' Abeti, Ro-
ma in ogni sialo, t. II, p. 127;
voi. xxxv.
ING 33
ed il Cancellieri, Notìzie sulla ve-
nuta in Roma del re ICanuto, p.
64. Comprò il re Canuto un brac-
cio di s. Agostino dottore per gran-
dissimo prezzo in Pavia, come nar-
ra il Rinaldi a detto anno, e mo-
rì nell' anno io36, lasciando tre
figli che furono tre sovrani ; cioè
Svenone di Norvegia, Canuto IH
0 Ardicanuto di Danimarca, ed
Araldo o Aroldo I d' Inghilterra
cognominato pie di lepre. Aroldo
1 ebbe discordie col fratello intor-
no la successione, e fu incolpato
d' aver ucciso a tradimento nel
castello Guilford il giovane princi-
pe Alfredo, figlio di Etelredo ed
Emma. Veramente più scrittori
ignorano la causa della morte di
Alfredo ; in ogni modo essa la di-
cono piuttosto avvenuta in Ely,
non mai per tradiq^ento, sebbene
con tal mezzo egli era stato preso
qualche tempo prima. Morì Arol-
do I senza prole nel 1039 o nel
io4o, ed il suo cadavere con ese-
crabile crudeltà disotterrato, fu fat-
to gettare nel Tamigi, dal fratello
e successore Ardicanuto^ che fece
poscia saccheggiare ed incendiare
Worcester per avere ricusato pa-
gare un nuovo tributo. Ardicanuto
poi morì nel io4t in un convito,
vittima di sua strabocchevole ghiot-
toneria, senza successore. Ne profitta-
rono gl'inglesi con esaltare al trono
un rampollo della stirpede're sasso-
ni, che fu Edoardo IH il Confes-
sore, col qual titolo la Chiesa Io
venera per santo. Le pacifiche vir-
tù di questo saggio re lo fecero a-
mare dai suo vassalli. Repressela
congiura del potente conte Godwi-
no, di cui sposò la figlia; diede
asilo al re di Scozia ove mandò
un' armata per ristabilirlo sul tro-
no ; edificò 1' abbazia di Westmin-
3
34 ING ING
ster, e raccogliendo le antiche lcg- Araldo II radunò anch' egli un
gi sassoni, compilò un nuovo co- numeroso esercito agguerrito quan-
dice di leggi scelte, conosciuto in lo il normanno comandalo dal suo
Inghilterra sotto il titolo di gius competitore, e nelle pianure di
comune. A suo riguardo il Pa- Haslings fu decisa la gran contesa
pa Nicolò II confermò i privilegi con ostinato conflitto in favore del
che dalla santa Sede godevano i duca, perchè Araldo II. a' 14 ot-
re d' Inghilterra, ed altri ve ne tobre 1066 spirò coperto di ferite,
aggiunse. Morì Edoardo III nel e i due suoi fratelli vennero ucci-
io65 o 1066 senza figli, perchè si al suo fianco. Gli inglesi si die-
avea fatto voto con Editta sua dero alla fuga ed i normanni re-
moglie di vivere vergini, per cui starono padroni del campo : così
lasciò la corona a Guglielmo I il terminò la monarchia sassone in
Bastardo, figlio naturale di Ro- Inghilterra, dopo aver durato sei
berto I, duca di Normandia, nel secoli. Si narra che allorquando
qual paese un tempo era stato ri- Guglielmo I sbarcò nell' isola, nel
fugiato e vi aveva ricevuto cor- saltare dal palischermo a terra
tese asilo. Però ritiene il Lingard cadde, e che volgendo quest' acci-
essere incerto se s. Edoardo III dente in proprio vantaggio, affer-
abbia lasciato la corona a Gugliel- rando il suolo colle mani, escla-
mo I. masse : Ecco chJ io ho preso pos-
I grandi Z?\ regno, riprovan- sesso dell' Inghilterra. Una simile
do tale disposizione e di assog- avventura si racconta di Giulio Ce-
geltaisi ad un principe stranie- sare, nello sbarcar eh' egli fece in
ro, elessero concordemente Araldo Africa seguendo Catone. Gu^liel-
o Aroldo II, ultimo superstite dei ino l fu cognominato il Conquista'
re sassoni, figlio del conte Godwi- (ore. Sbalorditi gì' inglesi di ve-
llo, e maggiordomo della casa rea- dersi ad un tratto sottomessi ad
le. Esso seppe guadagnarsi subito uno straniero, non osarono da
1' affetto di tutta la nazione, e principio opporgli la menoma re-
ineditava di renderla felice quando sistenza, e mentre i loro progeni-
intese che il di lui fratello Tostig tori avevano disputato palmo a
o Tostone, collegatosi col re di palmo il terreno a' romani, a'pit-
Norvegia, avea invase le provincie ti, sebbene a quest' epoca gì' in-
setlentrionali del regno ; ma ara- glesi erano composti di sassoni e
bedue restarono morti nella batta- danesi in maggior parte, represse-
glia di Stamford - bridge presso ro ne' loro petti 1' antipatia che
York, ove Araldo II gli die batta- nutrivano contro i normanni, at-
glia. Intanto Guglielmo I ricorse tendendo qualche favorevole cir-
si Pontefice Alessandro II, che ri- costanza per isfogarla ; laonde tut-
conoscendone i diritti gli mandò ta la nazione dopo la distruzione
lo stendardo di s. Pietro benedetto, di South wark nella contea di Sur-
ed appena il principe lo ricevette rey che avea osato resistere, assog-
partì dalla Normandia, ed alla te- gettò il collo al giogo normanno,
sta di sessantamila combattenti, e Come i danesi erano una tribù di
con una flotta di trecento vele si sassoni, che si rifuggirono nella
presentò sulle coste del regno. Scandinavia quando Curio Magno
conquistò la Sassonia ; cos'i i nor-
manni o uomini del nord erano
quella tribù di danesi, ebe nel IX
secolo devastando le coste setten-
trionali della Francia, sotto Carlo
III il Semplice si stabilirono nella
provincia da loro appellata Nor-
mandia, abbracciando con Rolando
loro capo la religione cristiana.
Indi adottarono la lingua , i co-
stumi e le leggi francesi , e col
sistema feudale di questi modella-
rono il loro governo.
Il nuovo re entrò trionfante in
Londra, ricevè le spontanee offer-
te di sommissione del clero, dei
nobili e de' magistrati, e si fece
coronare da Aldredo arcivescovo di
York, prestando il giuramento so-
lito emettersi dai re sassoni ; cioè
di proleggere la religione, di go-
vernare la nazione con equità, e
di promulgare giuste leggi: niun
monarca però governò con dispo-
tismo più illimitato di Guglielmo
I. Assicurato ch'ebbe questi il pos-
sesso del trono inglese, e giltati i
fondamenti della dinastia norman-
na, ch'era per durare tanti secoli,
volle rivedere i suoi possedimenti
di Normandia. Profittando gì' in-
glesi di sua assenza, impazienti di
scuotere il giogo, tramarono con-
giura di massacrare tutti i nor-
manni nel dì delle Generi, nelle
cinese alla messa solenne. Pochi
giorni mancavano a dare esecuzio-
ne alla sacrilega tragedia, quando
inatteso ritornò Guglielmo I, e la
sola sua presenza fece andar a vuo-
to il sanguinario progetto. Infor-
malo quindi del mal animo cui
era riguardato dagl' inglesi, privò
un gran numero di grandi de'loro
feudi, titoli ed impieghi, che con-
ferì a gentiluomini normanni. Per
meglio dominare il paese, introdus-
ING 35
se il governo e l'aristocrazia feu-
dale, divise tutto il reame in tante
baronie, per cui i suoi compagni
d'armi furono eretti in tanti pic-
coli tiranni, i figli e discendenti
de' quali, fatti forti con erigere mu-
niti castelli, commisero a danno
degl'inglesi rapaci estorsioni e ca-
pricciose \ioIenze, e collegati tra
loro sovente scossero da' suoi car-
dini il trono ; dappoiché i baroni
dipendevano solo dal re , e cia-
scuno avea sotto di sé buon nu-
mero di vassalli. Guglielmo I dis-
armò l'intera nazione, ed i conta-
dini persino degli utensili dell' a-
gricoltura a cagione di una som-
mossa, ed in ogni maniera umiliò
gl'inglesi ; quindi ebbe qualche dif-
ferenza col zelante Pontefice san
Gregorio VII. Tra'suoi figli insor-
se guerra, e Guglielmo ed Enrico
si collegarono contro Roberto I
duca di Normandia loro fratello
maggiore. Questi si pose sotto la
protezione di Filippo I re di Fran-
cia, e dichiarando guerra al padre
ed ai fratelli, Guglielmo I lo vin-
se e perdonò, e lo mandò in I-
scozia per tenerlo lontano dai fra-
telli. Indi rivolse le armi contro il
re di Francia, e mentre ne per-
correva il regno» menaudo stragi,
il di lui cavallo fortemente si scosse
facendolo cadere contro la parte ele-
vata della sella, lo checagionogli una
contusione, e la morte a Caen in
Normandia nel 1087, lasciando fa-
ma di profondo politico, di prode
guerriero, e d' inflessibile nemico.
Amante della caccia, non contento
delle tante foreste e parchi esisten-
ti in Inghilterra, fece piantare una
nuova foresta presso Winchester
di circa trenta miglia di circonfe-
renza, per lo che fece abbattere
case, chiesej mouisteri e giardini ,
36 ING
senza dar compensi ad alcuno. Con
Io scopo d' introdurre la lingua
francese nel regno sulle rovine del-
la sassone, ordinò che le leggi fos-
sero tradotte in francese, e che
tutti gli atti pubblici si emanasse-
ro in tale idioma, lo che fu pra-
ticato sino ad Odoardo III del
1327. Tuttavolta anche oggidì
quando il sovrano d'Inghilterra ap-
prova o ricusa una legge fatta dal-
le due camere, esprime in lingua
francese la di lui volontà, mentre
uno risponde in nome del monar-
ca : le roi le veut, le roi s'avisera.
A Guglielmo I si deve il dooni-
sday-book, o grande catastro di
Inghilterra. Per tenere gl'inglesi in
soggezione fabbricò molte fortezze
e castella, ed in Londra la famo-
sa torre. Vietò agl'inglesi di tene-
ro acceso il fuoco durante la not-
te, e ad otto ore della sera in o-
gni luogo suonava la campana de-
nominata coprifoco perchè tutti do-
vevano spegnerlo o coprirlo con
cenere. Guglielmo di Malmesbury
scrittore sincero descrive le buone
qualità di questo monarca, della
sua pietà, umiltà co 'servi di Dio,
e de' monisteri che fabbricò ; cosi
della sua penitente morte, come
della sua misera sepoltura, e che
Dio punì ne'figliuoli l'atterramento
delle chiese per la selva, nella qua-
le perirono diversi suoi figli e ni-
poti. Poco prima di spirare Gu-
glielmo I fece a'suoi cortigiani un
lungo sermone sulla vanità delle
umane grandezze, e sullimportan-
za dell' eternità, ed ordinò che si
dassero rilevanti somme di denaro
a'poveri ed alle chiese.
Nel suo testamento il re defunto
dichiarò successore il figlio Gugliel-
mo II il Bosso o il Biondo a pre-
ferenza di Roberto I : ciò produs-
ING
se grave insurrezione sventata dalla
attività del nuovo re, dalla dappo-
caggine di Pioberto I, e dalla possen-
te influenza di Lanfranco arcivesco-
vo di Cantorbery. Guglielmo II e*
reditò i vizi del genitore e niuna
delle sue virtù; per le sue frequenti
estorsioni le ribellioni sovente si
rinnovarono. Voleva privare il fra-
tello anco della Normandia, ma i
baroni impedirono la guerra ; i
due fratelli si collegarono contro
l'altro fratello Enrico, e Io spoglia-
rono de' suoi domimi. Nel ioq./>
predicandosi la prima crociata per
liberare dai saraceni i luoghi di
Terrasanta, Roberto I per diecimi-
la marchi d'oro ipotecò al re il
ducato di Normandia, ed arruola»
to un esercito partì per la Pale-
stina. Fu Guglielmo I ucciso nel
1100 in una partita di caccia, do-
po aver edificato il gran palazzo
di Westminster, gittato i fondamen-
ti del gran ponte di Londra, e ter-
minata la gran torre. Dissoluto
com'egli era, avea poca o niuna re-
ligione, per cui una volta ordinò
ad alcuni teologi cristiani di dispu-
tare con alcuni rabbini, fermo d'at-
tenersi a quel sistema che gli sem-
brasse meglio fondato, come nar-
rammo più sopra. Poco prima di
morire avea bandito dal regno s.
Anselmo arcivescovo di Cantorbe-
ry, provocato ad ira dalle paterne
ammonizioni fattegli da quel dot-
to e virtuoso prelato, per avere con-
tro il re sostenuto i diritti della
Chiesa, e per correggerne i vizi. Il
primate si ricoverò presso il Pon-
tefice Urbano II che l'accolse con
alte dimostrazioni di stima, ed il
ritenne presso di sé, distinguendosi
con somma lode nel concilio di
Bari. A Guglielmo I successe il mi-
nore fratello Enrico 1 JSeau-Clere,
ING
ossia valoroso studente o gran dotto-
re, essendo ancora in Terrasanta il
primogenito Roberto I cui spettava
la corona. Non essendo egli legit-
timo erede del trono, si fece eleg-
gere dal popolo in un'assemblea
tumultuaria ; e pietese poscia dare
alla sua usurpazione qualche va-
lidità sposando Matilde figlia di
Malcolmo III re di Scozia, come
unica superstite degli antichi re d'In-
ghilterra della linea sassone. Ella
era consacrata monaca, però un
concilio la dispensò dal voto. Ad
oggetto di cattivarsi il favor del-
la nazione e di soppiantar il fra-
tello maggiore Roberto I, sottoscris-
se una carta costituzionale, chiama-
ta dagli inglesi Charter, con la qua-
le restrinse spontaneamente l'auto-
rità reale dentro gli angusti limi-
ti e confini ch'essa avea sotto i re
sassoni; confini che i due monar-
chi normanni predecessori aveano
di gran lunga oltrepassati, estenden-
do il potere reale fino al dispoti-
smo. Sotto i sassoni il potere mo-
narchico era bilanciato da quello
dell'assemblea nazionale, composta
dagli individui più cospicui della
nazione, chiamato consiglio de'dot-
tori, poiché i membri di questo au-
gusto consesso doveano accoppiare la
scienza alla nobiltà; le leggi venivano
proposte dal re, ed approvate o ri-
gettate dall'assemblea. Questa servi
di modello alla formazione del par-
lamento d'Inghilterra, composto da
principio de' soli pari del regno, ed
accresciuto in seguito dai deputati
del popolo. Ma la carta colla qua-
le Enrico I avea ristretto l'autori-
tà reale, la violò egli stesso. Sotto il
suo regno il furto e la fabbricazione
della falsa moneta furono dichiara-
ti capitali delitti. 11 Pontefice Ca-
listo li spedì legato a latere in
ING 37
Inghilterra e nella Francia il car-
dinal Pietro Pierleoni romano, che
poi nel ii3o divenne antipapa col
nome di Anacleto II. Il Papa gli
diede amplissime facoltà di correg-
gere ed emendare tuttociò che a-
vesse trovato in detti regni meno
conforme alle regole dell' ecclesia-
stica disciplina. Questa legazione
eccitò nei popoli, ai quali era di-
retta, una straordinaria espettazio-
ne, e il carattere e la ricchezza del
cardinale contribuì non poco ad
accrescerne lo strepito e la fama.
Giunto in Francia spedì in Inghil-
terra alcuni abbati a precursori del
suo arrivo, ed egli fu poi incontra-
to per ordine d'Enrico I, da Ber-
nardo vescovo di s. Davide e dal
chierico Giovanni suo cugino, che
lo introdussero nell'Inghilterra. Ma
siccome il re poco gradiva questa
legazione, ordinò che non fosse al-
loggiato in veruna chiesa o moni-
stero, e che si dovesse alimentare
del proprio ; ed ammessolo final-
mente all' udienza gli disse , che
non poteva permettergli di aprile
la legazione senza il consiglio dei
vescovi e de' grandi del regno, e
senza convocare un' assemblea di
stato. 11 cardinale intesa questa
proposizione, credè di doversi riti-
rare dall' Inghilterra, onde conten-
to dei ricevuti onori se ne ritornò
in Francia, dove poteva senza con-
trasto né ostacolo veruno esercita-
re la sua giurisdizione e le fun-
zioni proprie del suo ministero. Il
Ciacconio nella vita di questo car-
dinale soggiunge, che il re Enrico
I per conservare illesi gli antichi
privilegi accordati da s. Gregorio
I alla chiesa d'Inghilterra, spedì
suoi ambasciatori a Roma Pandol-
fo arcivescovo di Cantorbery ed
Ereberto vescovo di Norwick, per
38 ING
giustificare la sua condotta presso
il Pontefice.
Ritornato Roberto I dalla Pa-
lestina, e sorpreso di trovar il di
lui trono usurpato, prese l'armi
per vendicare i suoi diritti ; ma
l' intruso monarca con gran copia
di denaro e cosi la mediazione di s.
Anselmo, prima da lui esiliato e
poi richiamato, lo fece desistere
dall'impresa. Appena l'incauto pria*
cipe licenziò l'esercito, Enrico 1 gli
piombò addosso , lo vinse presso
Tenchebrai in Normandia , e per
ventotto anni lo tenne chiuso nel
castello di Cardili nel principato
di Galles, ove pretendesi che gli
facesse cavar gli occhi. Guglielmo
111 duca di Normaudia, figlio del
principe prigioniero, fu protetto da
Luigi VI re di Francia, e con
guerra aperta pretese pure alla
corona d'Inghilterra. 1 francesi pe-
rò furono compiutamente sconfitti
da Enrico I nella battaglia di Bren-
ville, chiesero pace, e Guglielmo
HI abbandonato da loro finì la
vita nell' oscurità. La vendetta di-
vina non tardò a punire Enrico
1 col meritato castigo; poiché im-
barcatosi il di lui unico figlio per
gassare di Francia in Inghilterra,
perì di naufragio presso Barfleur;
egli ne restò così colpito di dolo-
re che passò il resto della vita nel-
l'amarezza, e seguì il figlio nel se-
polcro nel 1 1 35. Aveva questo mo-
narca sostenuta acerrima contesa
col primate s. Anselmo e con tutto
il clero, intorno alle investiture ec-
clesiastiche , che il re pretendeva
dare egli stesso presentando al ve-
scovo eletto la mitra e il pastora-
le. Ambedue mandarono legati a
Pasquale 11, il quale confermò la
condanna che delle investiture ave-
vano fatto i coucilii ; ma il re oc-
1 9 G
Culto le pontificie lettere, restando
dal Papa prosciolto poi dalla sco-
munica: anche il concilio di Lon-
dra proibì che le investiture delle
chiese si dassero dal re e da altri
laici. Finalmente per le rimostran-
ze del Pontefice tralasciò Enrico I
di pretendere l' investiture , come
di sostenere che l'invio de' legati
in Inghilterra era in opposizione
alla concessione di s. Gregorio I,
che avea dichiarato legato della Se-
de apostolica l'arcivescovo di Can-
lorbery, ciò che non avea impedi-
to successivamente agli altri Papi
di spedir legati nella Bretagna. Nel
ilio, il re si portò in Gisors a
trovare Calisto II, per la contro
versia di Thurstan o Turstino con-
sacralo dal Papa arcivescovo di
York, alle cui istanze cedette ; e
nel ii3o si recò a Chartres a ve-
nerare il Pontefice Innocenzo II ,
promettendogli, anche a nome del
regno, filiale obbedienza. Non si
deve tacere che Guglielmo di Mal-
inesbury assicura che Enrico I ne-
gli ultimi ili sua vita fece peniten-
za, e ricevè divotamente l'estrema
un/ione. 11 re lasciò col suo testa-
mento la corona a Matilde sua li-
glia vedova dell' imperatore Enri-
co V; però Stefano di Blois figlio
del conte di Boulogne di tal no-
me, e di Adele sorella del defun-
to monarca, prevenne l'arrivo della
cugina, e recatosi rapidamente a
Londra, si fece proclamare re dal
popolo sempre intento a seguire il
partito di colui che sa meglio ade-
scarlo. Concorse all'esaltamento di
Stefano il suo fratello Enrico ve-
scovo di Winchester, e legalo del-
la Sede apostolica nell'Inghilterra,
il quale portava speranza che do-
vesse proteggere la disciplina ec-
clesiastica, ed in fatti tanto giurò
ING
all'arcivescovo di Cantorbery, eli
rendere e conservare la libertà al-
la Chiesa. Affermò Stefano nel giu-
ramento, che il regno eragli stato
confermato da Innocenzo li, per-
chè il regno era feudatario del ro-
mano Pontefice, da cui ogni no-
vello re riceveva la conferma , di
che resero testimonianza parecchi
re, come Enrico li nelle sue lette-
re. Il re di Scozia Davide I zio di
Matilde, per sostenere i diritti della
nipote entrò in Inghilterra con un'ar-
mata , e desolò le provincie del
nord ; fu però battuto dagli inglesi
nella celebre battaglia dello sten-
dardo, e potè con pena salvarsi
dalla fuga. Questa battaglia fu del-
ta dello stendardo perchè il coman-
dante inglese conte di Albermarle
s'avvisò di far inalberare sopra un
carro, non un gran Crocefisso in
luogo di vessillo, come scrisse qual-
cuno, ma sibbene lo stendardo fu
una croce nel centro della quale
vi fu messo il ss. Sagramento, e
sotto gli stendardi dei tre santi
Pietro, Wilfrido e Giovanni, il che
ispirò entusiasmo nell'armata, che
fieramente si scagliò addosso al ne-
mico, e lo fugò con immensa stra-
ge. Non andò guari che Matilde
sbarcò in Inghilterra, si fece nu-
merosi partigiani, e dopo vari fatti
d'armi guadagnò una battaglia de-
cisiva, dietro la quale andò trion-
fante a Londra, fece deporre il com-
petitore dal trono, e rinchiudere in
carcere, quindi venne incoronata a
Winchester solennemente.
La prosperità di Matilde fu di
corta durata. Il popolo di Londra,
incostante ed avido d' innovazioni,
appena conobbe l'incapacità di go-
vernare nella regina, l'esiliò, ed
estratto Stefano dal carcere lo re-
pristiuò sul trono. Questi dovette
ING 39
combattere un altro nemico in Eu-
rico li Plantagcneto, figlio di Geof-
froy o Goffredo Plantageneto duca
di Normandia e conte d' Angiò, e
di Matilde, il quale di sedici anni
sbarcò in Inghilterra, e forzò il re
a concedergli il diritto di succe-
dergli dopo la sua morte, che av-
venne nell'anno seguente ii54- Le
guerre di Stefano col re di Sco-
zia, e quelle con Matilde ed il suo
figlio ridussero il regno in uno sta-
to deplorabile, luttuoso e commo-
vente. Aveva Stefano fatto giura-
mento di mantenere la libertà ec-
clesiastica, ma non l'osservò, e per
aver perseguitato a torto Teobaldo
arcivescovo di Cantorbery, il Papa
Eugenio III ordinò a' vescovi che
lo scomunicassero , e interdicessero
il regno, né volle che fosse coro-
nato re Eustachio di lui figlio, il
quale poi fu con repentina morte
punito, quando voleva occupare la
terra di s. Edmondo martire. Ste-
fano disgustato del Pontefice, proi-
bì ai suoi vescovi di portarsi in
Roma. Sotto l' infelice suo regno
fiori Guglielmo Malmesbury abba-
te benedettino, ed uno de' più ce-
lebri storici d' Inghilterra, siccome
autore De gestis regimi Anglorum,
che comprende lo spazio di sette
secoli; e degli Annales Saxoniae,
opera che comincia dal primo an-
no dell'era cristiana, e termina nel
secolo XII in cui visse. Nel mede-
simo anno che fu assunto al tro-
no Enrico II, l'Inghilterra e gl'in-
glesi venerarono sulla cattedra di
s. Pietro il loro concittadino Adria-
no IV, di vasta mente, gran zelo,
e talmente disinteressato co' suoi ,
che nei cinque anni circa del suo
pontificato lasciò povera la madre,
e costretta a vivere delle elemosi-
ne della chiesa di Cantorbery. Nac-
4o ING
que di bassa condizione in Hertford-
shire presso s. Albano, e già legato
apostolico in Danimarca, Svezia e
Norvegia. A questi scrisse Enrico
li congratulandosi della sua assun-
zione al pontificato, con lettera die
riporta Pietro Bleseuse , ep. i65,
ove tra le altre cose gli disse. » De-
sideriamo cbe vostra Beatitudine,
siccome le tocca a disporre di tutte
le cinese, così le piaccia di ordi-
nare tali cardinali cbe sappiano ,
■vogliano, e possano aiutarvi a por-
tele il peso ; non guardando essi
ne a patria , né a potenza, ma te-
mano Dio, odino l'avarizia, ami-
no la giustitia , e avvampino di
zelo per la salute delle anime". Nel
principio del suo regno il sagace
Enrico II pose ogni studio ad umi-
liare il potere de' nobili d' Inghil-
terra, divenuti dissoluti e dispotici
tiranni, facendone demolire le ca-
stella, colle quali pretendevano, ol-
tre farsi temere a' propri vassalli,
di far ombra al regio potere; indi
sollevò il popolo dalle loro estor-
sioni. Confermò la carta costitu-
zionale di Enrico I suo avo, rin-
novò le antiche leggi d'Edoardo che
dichiaravano il popolo soltanto sud-
dito del re, e perciò libero da ogni
vassallaggio feudale. Al clero ed
alla nobiltà eh' eransi fino allora
diviso il potere, aggiunse un ter-
z 'ordine, quello cioè de' più ricchi
fra il popolo, i quali cominciaro-
no ad uscire dall' oscurità , e ad
aspirare anch' essi ad aver parte
nell'amministrazione, ciò s'inten-
de di alcuni impieghi che furono
loro conferiti , poiché i deputati
delle provincie non furono invitati
la prima volta al parlamento, che
sotto il regno d'Enrico III. Per
questi regolamenti questo re viene
consideralo come uno de' fonduto -
ING
ri dell'anglicana civile libertà. A-
driano IV nel ii5o, coli' autorità
della bolla Lauda/nliter, presso il
Bull. rom. tom. II, pag. 35 1, gli
concesse di potere occupare l'Iber-
ni a ossia Irlanda, senza pregiudizio
della santa Sede, col censo annua-
le di Un denaro alla medesima da
pagarsi da ogni casa, su di che va
letto Gualdo Cambrense, Hibernia
expugn., lib. II, cap. 6.
Dopo la morte di Adriano IV,
avvenuta in detto anno, gli succes-
se Alessandro III, d' animo grande,
e fregiato delle più eminenti vir-
tù. ; ina insorse 1' antipapa Vittore
V, che sostenuto dalle armi del-
l' imperatore Federico I, fu cagio-
ne di lungo e funesto scisma, es-
sendo costretto Alessandro III rifu-
giarsi in Francia. Enrico II Io ri-
conobbe per legittimo Pontefice, e
rigettò le lettere del falso. Spedi
un ambasciatore ad Alessandro III,
supplicandolo a canonizzare s. E-
doardo III, ed il Papa lo compiac-
que in Anagni prima di partire
per la Francia, come si legge nel-
la costituzione Jllius, loco citato p.
375. Essendo il re in inimicizia
con Luigi VII re di Francia, con
esso lo pacificò s. Pietro arcivesco-
vo di Tarantasia; onorò grande-
mente il santo, e ricevè da lui le
ceneri benedette nel primo giorno
di quaresima, indi soccorse il Pon-
tefice e Luigi VII contro 1' impe-
ratore. Enrico II si portò a visi-
tare nel monistero Bobiense Ales-
sandro III, si gittò a terra per
baciargli i piedi e gli offrì diversi
doni : il Papa Io baciò, ma egli
rifiutò sedere nella sedia prepara-
tagli, e con umiltà sedette co' suoi
baroni in terra a piedi del Ponte-
fice, facendo parecchi doni a' car-
dinali prima di partire. Indi col
ING
re di Francia a Tociaco accolsero
Alessandro III col dovuto onore,
e facendo ambedue 1' ullizio di
palafrenieri condussero il cavallo
che cavalcava al padiglione appa-
recchiato, ed ove il Pontefice li
confermò nella concordia. Nel i 162
il re intervenne al concilio di Lon-
dra ove fu eletto in arcivescovo
di Cautorbery san Tommaso Can-
tauriense, eh' era allora cancelliere
del regno, ad onta di sua ripu-
gnanza e proteste che sarebbe sta-
to avversario del principe per di-
fesa della libertà ecclesiastica. Tan-
to il re di Francia, che quello
d' Inghilterra offrirono ad Alessan-
dro III qualunque luogo de' loro
stati per sua residenza, ed egli
preferì la città di Sens.
La pubblica stima che il giovane
re si era procacciata con sollevare il
popolo dall' oppressione de' grandi,
venne ben tosto offuscata dall'aver
egli voluto usurpare parte de' beni
del clero. Non conlento di averne
diminuite le rendite, volle altresì
scemarne l'autorità, spogliarli delle
immunità, e renderli ligi al potere
civile. Trovò però nel suddetto
Tommaso Becket arcivescovo di
Cantorbery e primate del regno
dotto e virtuoso, un acerrimo e
zelante propugnatore de' diritti
del clero e della Chiesa , e tale
com' erasi dichiarato allorché fu
eletto . Le pretese di Enrico II
dispiacevano al primate ; la fermez-
za di questi il rendeva odioso al
monarca. Stavano gli animi in tal
guisa disposti, allorché accadde
un avvenimento, che offrì all' uno
1' opportunità di esternare il suo
raucore, all' altro di far palese il
suo zelo. Avendo un diacono com-
messo un doppio delitto, il re vo-
leva farlo condannare dalla corte
ING 41
criminale secolare ; il primate ben-
sì lo fece arrestare e porre in
prigione, ma sostenne eh' egli do-
vea essere giudicato a tenore dei
sacri canoni, dal tribunale eccle-
siastico. Enrico II, bramoso di fa-
re a suo modo, radunò nel gen-
naio 1 164 un piccolo sinodo o
conciliabolo di prelati a Clarendon,
dove furono formati parecchi re-
golamenti di disciplina, contrari a
quelli stati fin allora in vigore.
Aveva Alessandro III comandato
a' vescovi d' Inghilterra, che nulla
concedessero al re contro la liber-
tà ecclesiastica, per cui ricusò di
approvare i menzionati regolamen-
ti, li biasimò altamente e ne im-
pedì con severe minacce 1' esecu-
zione. Sdegnato 1' imperioso mo-
narca di vedersi contrariato, pro-
ruppe in acerbe rampogne contro
Tommaso, il quale per salvarsi
dal suo furore passò travestito in
Francia.
11 re d' Inghilterra mandò am-
basciatori al Papa per pregarlo a
concedere la qualità di legato a-
postolico in Inghilterra all' arcive-
scovo di York . Alessandro III
glielo accordò, a condizione però
che questo legato non dovesse ave-
re alcuna giurisdizione sopra 1' ar-
civescovo di Cantorbery, e che gli
altri vescovi dovessero proseguire
a riconoscere 1' arcivescovo mede-
simo come primate, ciò che dis-
piacque al re perchè voleva farlo
deporre. Benché il Pontefice scri-
vesse al principe in favore di Tom-
maso, contro di questi Enrico II
spedì una legazione ad Alessandro
III di arcivescovi e vescovi, ma
inutilmente ; allora gli confiscò tut-
tociò che gli apparteneva, cacciò
dal regno i suoi parenti e fami-
gliari, ordinando che ni uno facesse
42 ING
orazione per Tommaso. Ad istanza
di Pietro Blesense lasciò il re che
si continuasse a riscuotere il de-
naro di s. Pietro, e non volle
ascoltare proposizioni di pace dalle
legazioni del Papa e dell' arcive-
scovo : minacciò di unirsi all' anti-
papa Pasquale III, e temendo di
essere scomunicato da Tommaso
appellò ad Alessandro III. Quindi
ebbero luogo diverse ambascerie
tra le parti ed il re di Francia
senza risultati; finalmente caduto
il re gravemente infermo, e temen-
do di morire con la taccia di per-
secutore della Chiesa, fece pregare il
primate di ritornare in Inghilterra,
promettendogli di non dargli più
motivo di disgusto. Aderì egli senza
esitare, e venne accolto nella sua
diocesi in mezzo agli applausi del
popolo ammiratore di sue virtù. En-
rico II trattò familiarmente 1' ar-
civescovo, volle essere onorato da
lui in presenza della moltitudine,
ma riavuto dalla malattia ritenne
contro i patti alcune possessioni
della chiesa di Cantorbery. Quin-
di udendo alcune misure di rigo-
re prese dal zelante prelato, escla-
mò in un trasporto di collera :
» Non si troverà dunque alcuno che
mi liberi da questo ecclesiastico sì
molesto ". Ciò bastò perchè quattro
gentiluomini venduti non meno al
loro interesse che alle passioni del
re, e sicari di costumi, si recasse-
ro rapidamente armati alla chiesa,
ove il santo pastore di nessun male
sospettando, recitava tranquillamen-
te 1' uffizio divino. Quivi assalitolo,
e fendutogli con replicati colpi il
venerando canuto capo, lo stesero
intriso nel suo sangue a pie del-
l' altare, a'ar) dicembre del F170.
Impaurito il monarca del risenti-
mento di Alessandro HI e della
ING
scomunica che gli avrebbe fulmi-
nato, co' suoi vescovi gli spedì una
legazione per iscusarsi, e perchè gli
ottenesse colla penitenza il perdo-
no dell' uccisione, protestando esse-
re stata commessa senza sua sapu-
ta, e molto meno senza alcun suo
ordine. Alessandro III ricusò ve-
dere gli ambasciatori, non volle
neppur sentire a nominare il re,
e voleva nel giovedì santo scomu-
nicarlo, e fulminare 1' interdetto al
regno. Tuttavolta riuscì agli am-
basciatori di far sapere al Papa
per mezzo de' cardinali amici del
re, che in suo nome dovevano
giurare essere egli pronto a quan-
to il Pontefice avesse comandato.
Allora Alessandro III ammise gli
ambasciatori in concistoro, e gene-
ralmente scomunicò gli uccisori di
Tommaso, i loro fautori, e quelli
che gli avessero dato asilo; quindi
mandò due cardinali legati Teodi-
no ed Alberto per esaminare co-
ni' era proceduta la morte dell' ar-
civescovo.
Frattanto Enrico II, per disto-
gliere 1' attenzione del popolo da
sì abbominevole delitto, intraprese
una spedizione contro 1' Irlanda.
Era questa isola divisa allora in
cinque principati, cioè di Munster,
Ulster, Meath , Leiuster e Con-
naught, ed ognuno governato da
un capo col titolo di re. Avvenne
che Dermot re di Leinster, sedusse
e rapì la moglie del principe Lei-
trim, figlia del re di Meath, il
quale in vendetta invase con ma-
no armata il regno del rapitore; e
Dermot costretto a fuggire invocò
I' aiuto del re inglese. Questi pro-
fittando di tali discordie spedì co-
là numerosi eserciti, e potlatovisi
egli ancora compì la conquista del-
l' isola, la «piale coutinuò sempre
1NG
dappoi ad essere considerata come
provincia d' Inghilterra. La vendet-
ta di Dio dopo sì splendidi trionfi
piombò sul capo del principe, dap-
poiché i di lui figli istigati dalla
propria madre Eleonora, figlia ed
crede dell' ultimo duca d' Aquita-
nia, si ribellarono apertamente con-
tro di lui. La regina era stata da
lui ripudiata, per dar luogo ad
una sua concubina, Rosarnonda
CI ilio rei detta la bella Rosamoncla}
a cui Eleonora con un pugnale al-
la mano fece trangugiare il veleno.
Avendo il re domandato ad Ales-
sandro III la conferma dell' Ir-
landa per sé e successori , gliela
concesse secondo le lettere degli
arcivescovi e vescovi irlandesi che
1' avevano riconosciuto per loro si-
gnore. In mezzo alle afflizioni rav-
vedutosi Enrico II, per obbedire
ai cardinali legati, e per placare
V ira del cielo, con dare al mondo
una pubblica testimonianza del suo
peccato e del suo pentimento, an-
dò a piedi nudi accompagnato da
mollo seguito a prostrarsi sulla
tomba del santo vescovo; quivi
piangendo amaramente il suo de-
litto, passò un giorno intero in
orazioni, senza prendere alcun ci-
bo ; indi fatta una pubblica con-
fessione delle sue colpe, e sotto-
messosi alla penitenza della flagel-
lazione per le mani de' vescovi e
de' monaci, ricevè dai cardinali
1' assoluzione. A tutto Enrico II
volle che fosse presente il suo fi-
glio Enrico che avea fatto corona-
re re, e giurasse con lui di man-
tenere per un anno duecento sol-
dati in Terra Santa, di riprovare
gli statuii di Clarendon, di togliere
le cattive consuetudini contro le
chiese, di restituire a quella di
Cautoibery le sue possessioni, di
ING 43
essere disposto agli ordini del Papa
a marciare contro gì' infedeli di
Spagna, ed altre cose. Nello stesso
giorno ebbe la notizia ebe presso
Almvick i suoi eserciti comandati
dal celebre Ralph di Glanvillc, a-
veano riportato vittoria su Gugliel-
mo re di Scozia, e fatto questi
prigioniero ; ciò che attribuì a mi-
racolo da Dio operato ad interces-
sione del santo. Intanto Alessandro
111, trovandosi in Segni, a'20 o me-
glio a' 2 1 febbraio 1 1 7 3 solenne-
mente canonizzò s. Tommaso arci-
vescovo di Cantorbery. Enrico li
confessò al Papa essere il regno
d' Inghilterra feudatario della Chie-
sa romana, ed Alessandro III mi-
nacciò la scomunica a chi avesse
turbato la pace del re. Con Luigi
VII re di Erancia deliberò il mo-
narca inglese di estirpar l'eresia
de' tolosaui, ed accolse quel prin-
cipe con grande onore in Inghil-
terra, portatosi a venerar la tom-
ba di s. Tommaso già da lui pro-
tetto. Indi Enrico II emanò alcu-
ne leggi favorevoli alla Cbiesa, si
propose di porgere soccorsi alla
Terra Santa, i principi della qua-
le gli mandarono lo stendardo con
le chiavi del santo sepolcro, come
a legittimo erede del regno di
Gerusalemme. Celebrò pertanto
un' assemblea, nella quale die li-
cenza ai suoi sudditi di portarsi
alla crociata. Nel 11 85 mandò
un' ambasceria ad Urbano III, ed
ottenne da lui di poter coronare
re d' Ibernia un suo figliuolo. Nel
1188 a persuasione di Guglielmo
arcivescovo di Tiro presero la
croce di crociati Enrico II, il re
di Francia, ed il conte di Fian-
dra, il primo la prese bianca, il
secondo ili colore rosso, il terzo
verde, quindi il monarca inglese
44 ING 1NG
die col consenso de' vescovi e dei gli elmo I, per le innovazioni da
principi ottimi ordini per la sacra lui introdotte, forzò emigrare nel-
spedizione, e scrisse ai patriarchi la Scozia molti anglo-sassoni, an-
di Gerusalemme ed Antiochia , glo-normanni ed anglo-belgi, in
promettendo grandi aiuti. progresso la Scozia favorì spesso i
De' suoi quattro figli ne mori- ribelli inglesi ; ma il suddetto re
rono due, Enrico di malattia, di Scozia Guglielmo non acquistò
GeofFroy in un torneo, e per la la libertà se non dichiarandosi
sua indole perversa fu chiamato vassallo dell' Inghilterra e d' Enri-
fglìo della perdizione : ad Enrico co li. Sotto di lui fiorirono due
il re aveagli ceduto la contea d' An- celebri storici d' Inghilterra, Si-
giò e la Cenomanense, e V avea rueone di Durham, ed Enrico
fatto coronare dall' arcivescovo di Huntingdon. Enrico II morì peni-
York, contro la proibizione di A- tente. li primo atto che fece liic-
lessandro III che sosteneva 1' an- cardo I Cuor di leone appena
tica prerogativa di quello di Can- asceso al trono, fu la liberazione
torbery cui spettava coronare i re; della madre Eleonora che da se-
ma 1' ingrato Enrico più. volte si dici anni era in carcere. Sentendo
ribellò contro il genitore, tuttavol- il peso della paterna maledizione
ta prima di morire fece mirabile che avea provocato, allontanò gli
penitenza nel i 1 83, e fu lodalo iniqui cortigiani che avevano fo-
da Pietro Blesense intimo fami- mentato la sua snaturata ribellio-
gliare del padre. Gli altri due fi- ne. Il giorno di sua inaugurazione
gli Riccardo I e Giovanni, colle- fu giorno di sangue e di strage,
gatisi con Filippo Augusto re di venendo massacrali dal popolo di
Francia, intimarono formalmente Londra tutti gli ebrei, senza ri-
la guerra al padre, il quale nel guardo a sesso o ad età, mentre
1189 fu battuto, e costretto a pa- portavano al re una ricca corona:
ce ignominiosa, e nello stesso anno 1' ammutinamento ebbe principio
soccombè sotto il peso di sue scia- dal vedere gli ebrei contro il co-
gure, morendo di dolore : il car- stume uscire dal loro quartiere
dinaie Albanense legato di Clemen- in quel giorno di festa, e la loro
te III, scomunicò Riccardo I per distruzione si operò barbaramente
tali guerre. Enrico II ebbe molte in tutto il regno. Volendo mettere
virtù, molti difetti, ed infinite nuove imposte, gli si oppose s.
amarezze. Stabilì 1' uso delle corti Ugone vescovo di Lincoln, che
ambulanti dette Assise, formate riuscì persuaderlo a desistere, e
da giudici che visitano due volte guadagnò la sua venerazione. Al-
ali'anno le capitali d'ogni prò- l'articolo Crociata narrammo la
vincia, per giudicare le principali parte che vi presero i re d' In-
cause civili e criminali del distret- ghilterra, così la spedizione di Ric-
to. Nel tempo del suo regno fu cardo I e sue conseguenze, come
esatta la prima imposta generale : 1' occupazione di Cipro a questo
colle eredità paterna e del duca articolo. Il regno di Gerusalemme
d' Aquitania suo suocero diverse Riccardo I Io die al nipote Enri-
provincie francesi unì alla monar- co, quello di Cipro a Guido di
chia. Siccome nel regno di Gu- Lusiguauo. S' inimicò cou Filippo
ING ING 45
Augusto perchè ricusò sposare la crificando le sue rendite, e facen-
sorella Alice, a cagione della ille- do fondere la sua argenteria. Fi-
cita tresca avuta col re genitore naltnente dopo quattr' anni di as-
quando era stata destinata alla di senza, tornò Riccardo I alla sua
lui tutela per dargliela poi in capitale tra i più clamorosi tras-
moglie, non che per altre dis- porti di gioia de' suoi fedeli vas-
sensioni che gli fecero abbando- salii. Altrove pur dicemmo come
nare la Palestina. Nel partire Rie- il Papa Celestino III scomunicò il
cardo I per la crociata avea la- duca d' Austria, e come non per-
sciato la reggenza del regno al mise che fosse sepolto il cadavere
vescovo Longchamp gran cancel- d' Enrico VI, senza aver prima
liere, a preferenza del fratello Gio- gli eredi restituito a Riccardo I
vanni, che nella sua assenza tra- 1' ingiusta somma esalta, ciò che
mò detronizzarlo, e costrinse alla era pure 1' ultima intenzione dei-
fuga il viceré. Venendo ciò a co- 1' imperatore. Inoltre Celestino III
gnizione del re volle ritornare minacciò di scomunica Filippo Au-
ne' suoi stati, ed attraversando la gusto re di Francia, se non cessa-
Germania in abito da pellegrino, va di perseguitare Riccardo I. Que-
o da cavaliere templario, con aper- sti desioso di vendicarsi del re di
ta violazione del diritto delle gen- Francia che avea occupato i suoi
ti, Leopoldo VI duca d' Austria, dominii, passò con un' armata al
per vendicarsi di un dissapore a- continente, devastando quelli del
vuto con lui, l'imprigionò, e 1' im- suo nemico. Dopo un' accanita
peratore Enrico VI se lo fece con- guerra di cinque anni ebbe luogo
segnare, e rinchiudere in una tor- una tregua, durante la quale a-
re a tutti occulto e solo scoperta vendo nel 1 199 il re posto 1' as-
da un bardo, altri dicono da due sedio al castello di Chalus nel
abbati, per cui si provvide alla Limosino per impadronirsi d' un
sua liberazione. I principi di Gei*- tesoro, 1' arciere Eertram de Jour-
mania sdegnati di tale violenza si dan l'uccise con una freccia. Avea
radunarono a Worms, ove Riccar- Riccardo I tre passioni favorite
do I, non meno eloquente oratore che i suoi nemici chiamavano le
che prode guerriero, trattò con ta- sue tre JìgUe, cioè la superbia, la
le energia la propria causa, che libidine e 1' avarizia. Aggiunse al-
l' imperatore lo baciò, 1' onorò, e le armi d' Inghilterra tre leoni, e
gli promise restituirgli la libertà, stabilì pesi e misure uniformi per
esigendo però pel suo riscatto tutto il regno. Sotto di lui fiorì
1' enorme somma di centocinquan- Guglielmo di Aewbury, uno degli
tamila marchi d' oro, essendo ogni storici originali d' Inghilterra. Dei
inarco circa dieci talleri imperiali, doni misteriosi mandati da Inno-
Allora si vide l'affetto cordiale della cenzo III a Riccardo I, e consi-
nazione inglese pel suo sovrano, e stenti in quattro anelli d' oro con
tutti i sudditi in proporzione si quattro grosse gemme preziose, di
tassarono spontaneamente per una cui facemmo parola all' articolo
somma di denaro, e contribuirono Anello, come della spiegazione del
alla liberazione del re. Il clero fu loro significato, il p. Menochio ivi
il primo a darne 1' esempio, sa- citato ne riporta la lettera accom-
40 INO
pagna toria del Pontefice ed un
brano di quella del re. In quella
del Papa si rimarca l'indirizzzo:
All' illustre re d' Inghilterra ; in
quella del monarca si nota questo
soprascritto e saluto posto nel
principio della lettera : Excellen-
tissimo Domino suo, et universali
Patri Innocentio Dei gratia catliO'
licae ecelcsiae stimino Pontifici, de-
s'Olissitnus suae majestatis filius,
Ricchardus eadem gratia rex An-
glìae, dux Normanniae et Aquila-
uiae, et comes Andegaviae salutali,
ci debitum in omnibus cani reve-
ventia, et desiderio famulatum.
Non avendo Riccardo I che un
figlio naturale chiamato Filippo, fu
suo malgrado costretto a lasciar
la corona al disleale di lui fratel-
lo Giovanni, che contro i giura-
menti avea cagionato tumulti in
Inghilterra; i legati di Urbano III
sino dal i 187 l'aveano coronato re
d'Irlanda, e Celestino III si era la-
mentato di sua condotta. Giovan-
ni fu dagli inglesi, vaghi d'impor
soprannomi a' loro monarchi, chia-
malo Senza terra, perchè il di lui
padre Enrico II morendo non gli
lasciò alcun dominio in eredità.
Malgrado il testamento del fratel-
lo ed il suo diritto di sangue, que-
sto monarca non ascese sul trono
senza incontrare vigorosa opposizio-
ne, dappoiché trovò nel giovane Ar-
turo duca di Bretagna, unico figlio
del suo fratello maggiore GeofTroy,
un competitore che vantava miglior
titolo di lui, anco per dichiarazio-
ne del defunto Riccardo I, e ch'era
inoltre sostenuto dalle armi possenti
di Francia: affrettossi pertanto Gio-
vanni d'indebolir il partilo del suo
rivale, conchiudendo la pace col re
francese. Indi ripudiala la prima
moglie Avisa di Gloucester sotto il
ING
pretesto di parentela, sposò pub-
blicamente Isabella d'Angouléme, la
quale era stata promessa sposa al
conte de la Marche. Questo se-
condo matrimonio irritò talmente
Filippo Augusto re di Francia, che
si dichiarò di bel nuovo contro di
lui, e data sua figlia in isposa ad
Arturo, l'inviò con un corpo di
truppe ad assediare il castello di
Mirabelle Giovanni marciò contro
di Arturo , Io fece prigioniero, lo
rinchiuse nella torre di Rouen, o-
ve di propria mano l'uccise, e con
una pietra al collo fece barbara-
mente giltare il cadavere nella Sen-
na. Una sì orrenda serie di misfat-
ti rese il suo nome oggetto di pub-
blica esecrazione; sebbene alcuni
storici dicono che Arturo morisse,
modo omnibus ignorato. 11 re di
Francia, dopo averlo invano citato
a comparire come vassallo, per gli
stati che possedeva nel suo regno,
innanzi all'assemblea dei pari del
regno, invase i di lui domimi nel-
la Normandia, indi privollo succes-
sivamente del Poitou, dell'Angiò,
della Turenna e del Maine, nò gli
lasciò altra possessione nel continen-
te tranne la Guienna. Così l'Inghil-
terra dopo aver per lungo tempo
posseduto tante doride provincic nel-
la Francia, venne a perderle ad un
tratto pei delitti del suo sovrano.
AH' articolo Francia riportammo
molte notizie riguardanti i possedi-
menti che in essa ebbero i re in-
glesi, e le guerre tra le due nazioni.
Però ciò che pose al colmo le brutali
stravaganze di Giovanni si fu l'a-
ver egli preso a perseguitare i mi-
nistri della Chiesa. Per una leg-
giera altercazione che ebbe luogo
tra' monaci di s. Agostino ed alcu-
ni vescovi, intorno all'elezione del-
l'arcivescovo di Cantorbcry , il re
ING
montato in furore bandi tutti i
monaci agostiniani dal regno, ed
usurpò i loro beni. Indi arrogan-
dosi nuovi diritti, elesse un pri-
mate e rigettò con alterigia l'ele-
zione di Stefano Langlon, approva-
ta da Innocenzo HI, e scrisse a que-
st'ultimo, il quale l'esortava al bene
ed a correggersi, una lettera altie-
ra, piena di rimbrotti, con la mi-
naccia di separarsi del tutto dalla
comunione della Cbiesa, se ricusa-
va approvar le sue abbominevoli
iniquità. Condotta n perversa in un
principe oppressore de' suoi sudditi,
bigamo pubblico, ed omicida di
suo nipote, indusse il Pontefice do-
po aver fatto le parti di padre
con esortazioni e minacce, ad usar
misure di rigore. Nel 1208 Inno-
cenzo III fulminò dunque contro
il regno d'Inghilterra sentenza di
interdetto, la quale fu strettamen-
te osservata al modo che narra
Matteo Paris, Hist. Angl.
Dal momento in cui l'interdetto
fu pubblicato, le chiese si chiusero,
gli altari si spogliarono, le imma-
gini e le croci furono coperte di
nero e deposte sul suolo; i mini-
stri del Signore cessarono d'ammi-
nistrare i sacramenti a' fedeli, dal
battesimo alla penitenza in fuori,
i quali continuaronsi a conferire in
privato, il primo a' bambini neo-
nati, il secondo a' moribondi ; quei
che morivano, venivano sepolti nei
cimiteri; i teatri, i giuochi, i tri-
pudi, furono sospesi; le campane
non suonarono più; le vesti, il ci-
bo, l'andamento esteriore, tutto
annunziava tempo di lutto, di scia-
gura e di pubblica penitenza. Con-
tinuando il refrattario monarca a
resistere al capo augusto della Chie-
sa, questi lo scomunicò solennemen-
te nel 12 12, dichiarandolo decadu-
ING 47
to da ogni diritto alla corona; as-
solse i di lui vassalli dal giuramen-
to di fedeltà; ed aggiudicò il re-
gno d'Inghilterra al re di Francia
suo più prossimo parente, esortan-
do questi a portarsi con un'arma-
ta alla conquista del reame, come
affermano diversi storici. Preveden-
do Giovanni che il suo rivale
Filippo Augusto non tarderebbe ad
effettuare l'invito, raccolse in fret-
ta un'armata di sessantamila uomi-
ni, e con essa andò a Douvres ad
attendere l'inimico. Quivi scorgen-
do il visibile malcontento del suo
esercito, risolvette d'umiliarsi all'of-
feso Pontefice , domandò solenne
scusa al suo legato, e fece questa
solenne dichiarazione: » Di nostra
buona e spontanea volontà, e di
cornuti consiglio dei nostri baroni
offeriamo e lil>eramente concediamo
a Dio, ai ss. apostoli Pietro e Pao-
lo, alla santa romana Chiesa, ed
a Papa Innocenzo III ed a' suoi
successori cattolici tutti, il regno d'In-
ghilterra e tutto il regno d'Ibernia,
con ogni ragione e colle pertinenze
sue, a speranza d'ottenere la remis-
sione dei peccati nostri e di tutta
la prosapia nostra, tanto per i vivi,
quanto per i morti; e ricevendo
ora dette cose da Dio e dalla Chie-
sa romana, e ritenendole per l' in-
nanzi come feudatario, giuriamo
in presenza del prudente uomo
Pandolfo suddiacono e famigliare
del Papa, fedeltà ed omaggio al
medesimo Papa Innocenzo III no-
stro signore, e a' suoi successori, e
alla Chiesa romana, obbligando in
perpetuo i successoli nostri e no-
stri eredi legittimi a fare per si-
mi 1 modo senza veruna contrad-
dizione l'omaggio e fedeltà al som-
mo Pontefice che allora sarà e
alla Chiesa romana. E per segno
48 ING
di questa perpetua obbligazione e
concessione nostra, vogliamo e sta-
biliamo che in luogo d'ogni ser-
vigio e consuetudine che dobbia-
mo fare, e salvo al tutto il dena-
ro di s. Pietro, la Chiesa romana
riceva annualmente mille marche
di sterlinghi ". Ne riporta l' atto
e gli altri particolari il Rinaldi all'an-
no i2i 3. Innocenzo 111 accettò per
la Sede apostolica il supremo domi-
nio dell'Inghilterra e dell'Irlanda, as-
solvette il re Giovanni e tolse al re-
gno l' interdetto, come si ha dal
Paris a detto anno, e dalla bolla
97, Rex Regimi, de' 4 novembre,
Bull. Rom. tom. Ili, par. I, pag.
i64> Il tributo di mille marchi
d'argento o lire sterline fu paga-
to sino al regno di Enrico III, il
quale ricusò di più a lungo con-
tribuirlo, allegando non essere sta-
to approvato dal parlamento.
La pace da lungo tempo brama-
ta sembrava ristabilita, quando i
baroni inglesi, stanchi delle rapaci
estorsioni e capriccioso dispotismo
del monarca, presero le armi, e
protestarono di non deporle che
dopo la concessione d' una carta
costituzionale. Il re inabile a re-
sistere, aderì suo malgrado alle
richieste , e sottoscrisse nella pia-
nura di Runnymead la famosa
magna carta, la quale viene tutto-
ra considerata come la base della
libertà civile degl'inglesi; essa accor-
da ampi privilegi d immunità non
solo a' baroni, ma a tutti i citta-
dini d'Inghilterra. Appena il re eb-
be segnato l'umiliante documento,
si morse le labbra, divenne burbe-
ro e melanconico, si andò a seppel-
lire nella solitudine dell' isola di
Wight, e pose tutto in opera per
rientrare nei suoi perduti diritti .
A tal fine arrollò armate straniere,
ING
e minacciò sterminare i pervicaci
baroni. Questi dall'altro canto of-
frirono al re di Francia di ricono-
scere il di lui figlio Luigi VIII per
sovrano, purché li difendesse dal-
l' ira del loro monarca. L* offerta
venne subito accolta, e Luigi Vili
fece il suo trionfile ingresso in
Londra, ed avrebbe anche preso
possesso del reame se con la sua
severità, o meglio per la troppa
parzialità coi francesi, non avesse
alienato l'animo dei grandi, i quali
si rivolsero di nuovo al loro legittimo
sovrano per implorarne il perdono.
Appena Giovanni si riconciliò con
essi che finì di vivere nel isi6a
Newark. Principe fantastico e cru-
dele, fece nulladimeno utili stabi-
limenti; favorì e protesse il com-
mercio, eresse il ponte di Londra,
concesse a questa città la facoltà di
eleggersi annualmente il mayor o
podestà, ed altri magistrati locali
detti sceriffi. Molte sono le tiran-
niche concussioni ch'esercitò, mas-
sime cogli ebrei ; ed inviando una
ambasceria all'imperatore di Ma-
rocco, promise farsi maomettano
se gli concedeva la sua alleanza. Il
moderno storico Hume fece un
breve e tristo quadro delle quali-
tà di Giovanni: sotto di lui visse-
ro Gervasio, Ruggero di Hoveden,
Ralph di Diceto, e Walter, tutti
celebri annalisti d'Inghilterra. Gli
successe Enrico III suo figlio di
anni nove, e perciò soggetto ad una
reggenza, cessata la quale governa-
rono i suoi favoriti per lui. Dopo
1' esequie del padre fu coronato alla
presenza del legalo apostolico, e-
mettendo i consueti giuramenti di
onorare Dio e la santa Chiesa ,
indi fece l'omaggio alla santa Chie-
sa ed al Papa Onorio III pei re-
gni d'Inghilterra e d'Irlanda, giù-
ING
rancio pagare fedelmente alla ro-
mana Chiesa le mille marche pro-
messe e date dal genitore, finché
avesse ternato i due regni. 11 con-
te di Pemhroke fu eletto aio del
giovane principe, e reggente del re-
gno col titolo di protettore: que-
sto saggio e fedele ministro eb-
be il merito di farlo riconosce-
re dall'assemblea de' pari, a fron-
te di un' armata straniera ac-
quartierata in Londra con Luigi
Vili, il quale pretendeva la coro-
na. La battaglia sanguinosa presso
Lincoln, e quella navale della
Manici vinte dagl'inglesi, indus-
sero Luigi Vili a conchiuder la
pace, e ad abbandonare l' Inghil-
terra; quando però nel 1223 di-
venne re di Francia, tolse agi' in-
glesi la Guienna ed ogui altro
possedimento che loro restava sul
continente francese. Sotto il regno
di Enrico IH cominciossi a chia-
mare parlamento, ciò che per l'ad-
dietro appellivasi assemblea de'ba-
roni o de'pari , gran consiglio o
consiglio generale.
Guardando il re di mal occhio
i baroni che aveano preso le ar-
mi contro il padre, ed aderito alla
Francia, tolse loro ogni impiego ,
e sostituì iu vece una turba d'av-
venturieri della Guascogna e del
Poitou ; questa imprudente misura
alienò gli animi de' nobili che pre-
sero le armi contro di lui, aventi
alla testa il suo cognato Simone
Monlfort conte di Leicester . Il
re per placarli convocò un parla-
mento ad Oxford, ove si presero
si strane misure che fu chiamato
parlamento de pazzi: in quest'as-
semblea si videro per la prima vol-
ta dodici baioni rappresentanti dei
comuni ossia dell'ordine plebeo. £-
lessero ventiquattro individui cou
VOL. XXXV.
ING 49
assoluto potere d' organizzare una
riforma, ed il re v'aderì; ma ve-
dendo poi che dispoticamente eran-
si in loro riconcentrata 1' autorità
del parlamento e la regia, e che
tendevano a stabilir una oligarchia,
protestò altamente contro di essi,
donde risultò guerra aperta, detta
la guerra dt' baroni: in questa lo
spirito di partito fu spinto ad un
grado di ferocia fino allora ignoto,
e ne furono vittima anche gli ebrei.
Onorio III si studiò colle censure
e colle lettere d' indurre i baroni
ad obbedire ad Enrico III, aven-
done preso la protezione e coope-
rato alla pace con Luigi VIII. Nel
12 23 Onorio III dichiarò Enrica
III essere di età legittima a go-
vernare il regno, e scomunicò i prin-
cipi, che non gli volevano rendere
le cose da essi ritenute. Più tardi
Luigi Vili re di Francia gli mos-
se guerra per cagione de' feudi ,
prese la Rocella ed altri luoghi ,
quindi rivolgendo le sue armi con-
tro gli eretici albigesi , il Papa
ammonì Enrico III a non infasti-
dirlo. Nel 1227 con un esercitosi
portò in Bretagna, ma fu costi-et-
to retrocedere da Luigi IX e dalla
guerra civile che scoppiò di nuo-
vo in Inghilterra. Nel 1232 ivi
insorsero gravi vertenze contro gl'i-
taliani che godevano benefizi, quali
non si volevano goduti dai fore-
stieri. Gregorio IX. gli mandò un
legato per pacificarlo con diversi
principi, ed il re lo ricevette con
graud'onore. Volle aiutare il conte
della Marca contro Luigi IX, ma
fu vinto, poscia conchiuse la pace
col re di Scozia. Celebrando Inno-
cenzo IV il concilio generale di
Lione nel 12^5, v'intervenne Eu-
rico 111, ed ivi venne riconosciuta
l'Inghilterra tributaria della santa
4
5o ING
Sede, e molti inglesi col re prese-
ro la croce per andare in Terra-
santa. Avendo Alessandro IV dato
al suo figlio il regno di Sicilia, il
re non si curò sulle prime di far-
ne la conquista , e ne dimise il
pensiero allorché ripullularono le
guerre civili, a sopir le quali il
Papa Urbano IV spedi un legato
nel 1264. Dopo varie ostilità d'am-
bo le parti i baroni vinsero la bat-
taglia di Lewes nella contea di
Sussex, e fecero prigioniero il re,
suo fratello Riccardo eletto re dei
romani, e due suoi figli. Gonfio il
conte di Monfort di avere in suo
potere il sovrano, l'indusse a far
tuttociò che gli piacque: convocò
un parlamento in cui oltre i pari
del regno furono invitati due de-
putati da ogni provincia, e due da
ogni città, come rappresentanti del
popolo; ed è questo il primo ab-
bozzo della camera de comuni , dap-
poiché i comuni a quell'epoca for-
mavano una sola camera coi pari.
IVel parlamento fu decretato che
la suprema autorità fosse conferita
ad una reggenza di nove individui.
Mentre Monfort impiegava questi
tortuosi mezzi per appianarsi la
\ia al trono, il principe ereditario
Odoardo riuscì ad evadere dalla
prigione, e raccolta un'armata vin-
se in battaglia ad Evesham nel
1265 il conte Monfort, e fatto in
pezzi il cadavere lo mandò in do-
no alla vedova : questa celebre vit-
toria restituì al re la libertà e la
pace al regno. Clemente IV spedì
un legato per costringere tutti i di
lui sudditi all'obbedienza. Poco ap-
presso il principe Odoardo partì
per la Terrasanta onde segnalare
il suo valore contro gì' infedeli, e
durante la di lui assenza Enrico
III morì piamente nel 1272 con
ING
lode di limosiniero. Sotto il suo
regno furono abolite le prove chia-
mate Giudizn di Dio (Predi'); e lo
scialacquamento giunse a si alto
grado, che nel banchetto delle noz-
ze del principe Riccardo conte di
Cornovaglia, si narra che furonvi
trentamila piatti diversi ; di que-
sto Riccardo eletto re de' romani
ne parlammo al voi. XXIX, p. i5o
del Dizionario.
Mentre Odoardo era in Terra-
santa, fu eletto Papa Gregorio X
(Fedi), già Teobaldo Visconti, che
trovavasi in Soria coll'esercito cri-
stiano: Clemente IV Io avea pri-
ma spedito col cardinal legato Ot-
tobono Fieschi nipote d'Innocenzo
IV in Inghilterra, per riporre sul
trono Enrico III, scomunicar gli
avversari, e con autorità aposloli-
ca annullare i giuramenti estorti
dai ribelli al re ed al suo primo-
genito. Odoardo I fu ben lieto del-
l'esaltazione di Teobaldo, e poscia,
divenuto anch'egli re mentre stava
in Soria, recossi ad Orvieto a ve-
nerarlo, come dicemmo al citato ar-
ticolo, avendone pure parlato nel
voi. XVIII, pag. 299 all'articolo
Crociate. Il nuovo re doveva la
vita a sua moglie Eleonora, per-
chè gli succhiò l'umore purulento
della ferita, in Palestina fattagli da
un Saracino con coltello avvelenato.
Appena ascese al trono si die a
correggere nel regno gli abusi del
foro, e a riformare radicalmente il
codice di legislazione, per cui ven-
ne onorato del titolo di Gius lima-
no inglese. Convinti gli ebrei di
tosar le monete, duecen tot tanta su-
birono l'estremo supplizio; ricusan-
do poi di pagar ottomila marchi
d'oro pei bisogni della corona, fu
loro imposto di ritirarsi dal regno :
partirono in numero di quindici-
1NG
mila, e da quell'epoca in poi, mal-
grado l'ampia libertà accordata lo-
ro in seguito dai monarchi prole-
stanti, non molti ritornarono a fis-
sare il loro soggiorno nella Gran
Bretagna. Aumentandosi in Inghil-
terra l'antico e pio uso di lasciare
in morte le proprie sostanze alle
comunità religiose, il re, siccome
contrario a siffatte disposizioni, fe-
ce emanare dal parlamento un at-
to detto delle mani morie, col qua-
le veune a tutti impedito di testa-
re a favore di comunità religiose, sen-
za il consenso regio. Indi domandò
a Gregorio X giustizia contro Guido
di Monforte uccisore del suo nipo-
te Enrico, onde il Papa lo fulmi-
nò colle censure ; gli domandò pu-
re le decime per riparare le co-
se di Terrasanta, ma il Pontefice
rispose che gliele avrebbe conce:
dute, con patto di restituirle se
non fossero state erogate per l'in-
dicato oggetto, giacché più d' una
volta i principi domandarono le
decime per giusti fini, e poi se ne
servirono capricciosamente per tut-
t'altro. Odoardo I rivolta quindi
la mente ad imprese militari , e
messo in piede numeroso esercito,
invase il principato di Galles. Que-
sto sterile paese, difeso da una ca-
tena di alti monti, avea servito
mai sempre d'asilo agli abitanti,
contro le successive invasioni de' ro-
mani, de' sassoni, de' danesi e dei
normanni. Quivi si conservavano
illesi gli avanzi degli antichi bri-
tanni, distinti dal resto degl'ingle-
si per mantenere eglino ancora
fra loro vigenti, dopo un sì lungo
corso di secoli, e la lingua celtica
e molti strani usi de' loro bellicosi
antenati. Erano essi governati da
un duce ereditario col titolo di re,
e chiamato re di Galles o di / 'al-
ino 5i
ha, ed allora n'era re Llevcellino
da altri chiamato Leone, ch'essen-
do in discordia con Davide e Ro-
drigo suoi fratelli, andarono questi
ad offrire i loro servigi ad Odoar-
do I. Avendo Llewellino ricusato
di prestare omaggio al re d'.tnghil-
terra. questi entrò coll'esercito nei.
suoi stati, lo vinse e ricevette la
bramata sommissione. Poco dopo
essendosi Llewellino ribellato , O-
doardo I tornò in campo contro
di lui, lo battè ed uccise, e con-
dannò crudelmente al supplizio Da-
vide ch'era ritornato sotto le in-
segne dell' infelice fratello. Il re uni
il principato di Galles alla corona
d' Inghilterra , destinandolo in ap-
pannaggio al di lui figlio primoge-
nito, alfine di compensare in qualche
modo quella fiera nazione della per-
dita del suo sovrano. Inoltre per pro-
cacciarsi la benevolenza de'nuovi vas-
salli, mandò a partorire la regina sua
consorte a Caernarvon città del prin-
cipato di Galles, da lui edificata
in poca distanza dall'antico Segon-
tiunij per dar ivi alla luce nel ca-
stello fortificato, pur da lui fatto
fabbricare, l'infante; affinchè si po-
tesse dire ch'egli avea dato a quei
di Galles un principe di loro na-
zione. Vi nacque Odoardo II che
pel primo portò il nome di prin-
cipe di Galles, e fu pure sopran-
nominato Caernarvon dal luogo di
sua nascita. Tuttavolta gli abitanti
di Galles smaniavano di rabbia
sotto il giogo che li gravitava , e
siccome i bardi, maestri ed oracoli
della nazione, colle loro energiche
poesie e canzoni, a suono d'arpa
e di cetra fomentavano l' ardore
marziale de' loro compatrioti! , e
mantenevano vivo il fuoco della li-
bertà nazionale, il re li fece tutu
massacrare.
5t. ING
Compiuta la conquista di Gal-
les , Odoardo I pregò il Papa
Martino IV a dispensarlo dal vo-
to di portarsi a soccorrere la Ter-
ra Santa; essendo però caduto in-
fermo, quando ricuperò la sanità
pigliò la croce e venne creato dal
legato pontificio capitano generale
de' crocesignati. Poscia non attese
tal promessa, onde per indurvelo
Nicolò IV gli concesse le decime,
ma quando vide che non partiva
per la Palestina gli mandò una
legazione per obbligarlo a farne
la restituzione, e per pacificarlo
col re di Francia. Non andò gua-
ri che Odoardo I, anzioso di nuo-
vi trionfi, diresse le armi contro
la Scozia. Il sovrano di quel pae-
se Alessandro III era morto nel
1286 senza successione, lasciando
per unica erede sua nipote Mar-
gherita di Norvegia, che il re d' In-
ghilterra domandò in isposa per
uno de' suoi figli, ciò che approva-
rono i reggenti, il Papa ed il re di
Norvegia. Maria morì recandosi iti
Inghilterra, per cui vari pretendenti
insorsero a disputarsene lo scettro
con 1' armi, e fu preferito Giovan-
ni Bailleul o Baliol, discendente da
una figlia di Davide I, pel favore
di Odoardo I, che onorò in più
modi dopo che nel 1292 ascese al
trono. Vergognandosi poi dei pro-
fusi omaggi, che ferivano 1' orgo-
glio nazionale, fece un trattato of-
fensivo e difensivo col re di Fran-
cia, e ricusò di comparire al par-
lamento di Newcastle. Odoardo I,
profittando di tali dissensioni, re-
clamò per sé la corona di Scozia,
e vi si portò con un esercito a
far valere i suoi pretesi diritti, i
quali presso a poco erano della
stessa tempra di quelli spacciati ai
tempi nostri da Napoleone allor-
ING
che invase gli stati altrui. Prese
Berwick d' assalto, e per incutere
terrore alla nazione fece passare a
111 di spada la guarnigione compo-
sta di ottomila uomini. Incontrato-
si poscia presso Dunbar con 1' in-
numerabile armata scozzese coman-
data da Giovanni Baliol, la vinse
e ne fece immenso macello. Allora
lutto piegò sotto il dominio del
vincitore, e le principali città di
Scozia gli spalancarono le porte, e
Giovanni ricadde nella sua prima
debolezza, e col suo figlio Odoar-
do andò a prostrarsi al vincitore
per rimettere a di lui discrezione la
sua vita e quella de' sudditi. O-
doardo I gli fece sottoscrivere la
falsa confessione di sua ribellione
ed una vile rinunzia alla corona ;
indi col figlio lo mandò prigionie-
ro nella torre di Londra, ove essi
restarono sino al compimento del-
la conquista di Scozia. Questa
venne operata dal re colla deva-
stazione ed incendio delle castella
de' baroni scozzesi ; abolì le loro
leggi e vi sostituì le inglesi ; di-
strusse tutti i monumenti d' anti-
chità, affine di cancellare ogni me-
moria dell' antica libertà de' scoz-
zesi, facendo trasportare in Inghil-
terra la famosa pietra nera, chia-
mata dal volgo il guanciale di
Giacobbe, sulla quale solevano se-
dere i re di Scozia nella funzione
di loro coronazione, essendo riguar-
data qua] palladio della monarchia.
Non conlento di tutto ciò Odoardo
I fece bruciare tutti gli archivi,
ove si conservavano tutti gli anti-
chi documenti de'pubblici dominii
come delle private proprietà, con
disordine e confusione del regno
inesprimibile. Quindi il re portò
la guerra in Francia, ma fu co-
stretto ripassar* il mare, senza ri-
IND
portarne altro frutto che il rimor-
so di aver impoverito la nazione.
Per riguadagnarsi 1* alletto de' suoi
sudditi, solennemente confermò la
magna carta del re Giovanni. A-
veva Odoardo I domandato a
Nicolò IV Papa le decime di
tutti i suoi dominii, ma n' ebbe
in risposta che non poteva conce-
dergli che quelle delle sole sue
terre ; domandò pure che il censo
alla Chiesa romana dovuto per
1' Inghilterra venisse pagato da al-
cune chiese, ed il Pontefice non
accettò, essendo ciò contro il deco-
ro della santa Sede. Assunto al
pontificato Bonifacio Vili, già le-
gato di Martino IV per la pace
tra i re di Francia e d'Inghilterra,
tal concordia subito procurò, dis-
suadendo Adolfo re de' romani ed
alleato di Odoardo I di assalire i
francesi, e minacciando la scomu-
nica a chi prendesse le armi ;
quindi dall' arcivescovo di Cantor-
bery fece pubblicare la sua bolla
in difesa dell' immunità de' chieri-
ci a' quali il re domandò perdono,
e per opera del Pontefice si paci-
ficò col re di Francia , con quei
patti da lui stabiliti . Cedendo
Odoardo I alle replicate istanze
di Bonifacio Vili, restituì la liber-
tà a Giovanni Baliol e suo figlio,
rinnovando il primo la rinunzia
al trono, Indi passando a termina-
re i suoi giorni in Normandia.
Giovanni prestò giuramento di fe-
deltà, e fu consegnato al vescovo
di Vicenza nunzio apostolico.
Nel 1 297 il re seppe che gli scozze-
si ripugnanti al giogo straniero, gui-
dati da Guglielmo "Wallace guer-
riero scozzese celebre per le sue
gesta e per 1' ardente suo amor
patrio, avevano inalberato lo sten-
dardo della rivolta. Wallace pel
IND 53
suo eroico coraggio ed instancabilità
divenne il terrore degl' inglesi. Fu
acclamato duce dai compatriotti
che unironsi intorno a lui, anzi
divenne viceré non essendovi al-
lora nella Scozia veruna autorità
scozzese. Pertanto gli scozzesi si
prepararono a difendere quella li-
bertà che mediante il calore di
Wallace avevano ricuperato allor-
ché si ritirarono gli uffiziali ingle-
si. Non andò guari che un eserci-
to di quarantamila inglesi portossi
nel paese per ristabilire V autorità
del loro sovrano. Bonifacio Vili
protestò contro questa nuova in-
vasione della Scozia come feudo
della Chiesa, ma il re si studiò di-
mostrare eh' essa era tributaria
dell' Inghilterra, che 1' ultimo re
gliene avea fatta cessione, e che
per la sua ribellione doveva casti-
garla. Vedendosi Wallace impoten-
te a combattere contro forze tanto
superiori, si ritirò nelle parti set-
tentrionali con 1' intenzione di pro-
lungare la guerra ; ed in fatti in
un incontro gli riuscì tagliar a
pezzi 1' esercito nemico , i cui
avanzi subito sgombrarono la Sco-
zia. Il vincitore fu dai suoi prodi
commilitoni acclamato salvatore e
guardiano del regno durante la
cattività di Baliol ; laonde risolse
invadere 1' Inghilterra, secondato
dagli scozzesi che si credevano in-
vincibili sotto un tal capo. Walla-
ce nel 1298 pose a ferro ed a
fuoco le contee settentrionali d' In-
ghilterra, sino a Durham, tornan-
do nella Scozia nel 1299 carico
di gloria e di bottino. Allora O-
doardo I, raccolto un esercito di
ottantamila fanti e settemila caval-
li, si accinse ad entrare in Iscozia,
e fu favorito dalla discordia che
insorse tra gli scozzesi. Questi, fatti
54 ING
prodigii di valore, furono intera-
mente battuti a Falkirk, con loro
immensa strage. Però la conquista
della Scozia non fu compiuta, e lo
provincie settentrionali continuaro-
no a fare resistenza. Solo nel i3o4
potè Odoardo I terminarla ; e
tradito Wallace fu scoperto nel
suo ritiro, incatenato, e condotto
in Londra, ove fu decapitato, ©se-
condo altri tirato a coda di caval-
lo e squartato nel i3o5. In tal
guisa perì un eroe che per tanti
anni avea difeso la libertà della
sua patria. Gli scozzesi ne restarono
esacerbati, e Roberto Bruce poi lo
vendicò, divenendo il liberatore del
proprio paese . Odoardo I tornò
in Inghilterra, e vi fu ricevuto tra
gli applausi. Gli scozzesi non per-
tanto ripresero le armi, e quando
il re stava per effettuare una
«piarla esterminatrice spedizione,
morì nel 1807. Egli ebbe il merito
di stabilire il parlamento sul pie-
de in cui continua tuttora. Bra-
moso di porgere un rimedio al
disordiue in cui le continue guer-
re aveano ridotte le pubbliche fi-
nanze, ed il timore di rendersi
odioso con nuovi aggravi al suo
popolo, senza il consenso de' suoi
rappresentanti, indusse Odoardo I
ad invitare al parlamento due de-
putati d' ogni provincia, e due al-
tri d' ogni città e d' ogni borgo,
e ne risultò la fondazione della
Camera de comuni, la quale do-
veva in seguito contrabbilanciare
il potere gravoso de' nobili e la
dispotica autorità del sovrano. Ta-
li deputati furono eletti dalla po-
polazione d' ogui distretto, e ven-
nero autorizzati dai loro costituen-
ti di accordare o ricusare, secon-
dochè giudicherebbero convenien-
te, quo' sussidii pecuniari che ve-
ING
nissero richiesti dal re pe' bisogni
dello stato. Odoardo I prima di
spirare ordinò che il suo cuore
fosse trasportato in Terra Santa,
e quivi seppellito; e lasciò sedici-
mila marchi d' oro pel manteni-
mento del culto del santo Sepol-
cro di Gerusalemme. Aveva que-
sto monarca sì profondo rispetto
pe' ministri dell' altare, che fece
imprigionare il proprio figlio per
aver commesso una mancanza ver-
so il vescovo di Lichfield. Qui no-
teremo, che nel i3o5 Clemente
V fissò la sua residenza in Fran-
cia nella città d' Avignone, ove
pure abitarono sei suoi successori ;
e che verso quest' epoca fiorì lo
storico e monaco benedettino
Matteo di Westminster. Odoardo
II suo figlio gli successe, e fu
monarca inesperto che si fece go-
vernare da astuti cortigiani. Fu
dapprima zimbello del guascone
Gaveston, che fu punito colla mor-
te , per aver provocato col suo
disprezzo 1' indignazione della no-
biltà inglese. Frattanto la Scozia
scosse il giogo della dipendenza, e
gì' inglesi furono cacciati da tutte
le piazze : Roberto I Bruce, discen-
dente da una figlia del re Davide
I, venne proclamato re, e ripor-
tando la celebre vittoria di Ban-
nockburn contro Odoardo II che
comandava l' esercito inglese, assi-
curò per qualche tempo 1' indipen-
denza scozzese. Nel i3oq promise
Odoardo 11 al Papa d' imprende-
re la sacra guerra, e nel 1 3 1 t
intervenne al concilio generale che
Clemente V celebrò in Vienna : in
questo fu abolito l'ordine dei tem-
plari, e i loro beni trasferiti all'or-
dine Gerosolimitano (Fedi), al qua-
le articolo parlammo di quanto ri-
guarda la lingua d' Inghilterra,
ING
del suo gran priorato, dignità ed
altro. Roberto I prese 1' ascenden-
te sul nemico, andò desolando coi
suoi scozzesi le provincie settentrio-
nali d' Inghilterra, per cui Odoar-
do II si vide costretto per otte-
nere la pace di ricorrere alla me-
diazione del Pontefice Giovanni
xxn.
Spedì nel 1 3 1 7 solenne amba-
sceria in Avignone, i membri del-
la quale assicurarono il Papa della
fede ed obbedienza del re verso la
santa Sede, e di essere pronto a
pagare il tributo di mille marche
stabilito dal suo predecessore Gio-
vanni ad Innocenzo III, e non pa-
gato ne' ventiquattro anni addie-
tro. Domandarono perdono gii am-
basciatori al santo Padre di tal
sospensione, adducendo per scusa
che il tributo per 1' Inghilterra
ed Irlanda non era stato pagato
per trovarsi esausto il regio teso-
ro : sborsarono mille marche per
1' anno che correva, e promisero
che il loro sovrano avrebbe paga-
to ne' seguenti sei anni le venti-
quattromila marche di debito, del
che si fece pubblico istromento,
che trovasi nel tom. II, in Epist.
secr. 535 di detto Pontefice, e ne
tratta il Rinaldi al menzionato an-
no. Quindi il Papa spedì una le-
gazione a Roberto I, per pacifi-
carlo cou Odoardo II, ma egli
non 1' ammise perchè nelle lettere
pontificie non era chiamato re,
onde il Pontefice ordinò che ve-
nisse scomunicato. Mentre Roberto
I occupava altri luoghi dell' In-
ghilterra, Odoardo II domandò a
Giovanni XXII di passare alla
conquista di Terra Santa ; il Papa
ne lodò il desiderio, ma 1' esortò
prima ad emendarsi de' suoi vizi
e pacificare il reguo. Doniinan-
ING 55
do questo re i favoriti Spenser pa-
dre e figlio, i baroni presero le
armi ed ottennero il bando d' am-
bedue. Irritato il re di veder scos-
so il suo trono da quelli che ne
dovevano essere il sostegno , ra-
dunò un possente esercito con-
tro i ribelli, e preso il conte di
Lancastro loro capo, sebbene di
stirpe regia lo fece ignominiosa-
mente decapitare, e dopo lui an-
che altri nobili perdettero la vita
sul patibolo con rammarico di tut-
ta la nazione. Frattauto la regina
Isabella disgustata del marito e
de' suoi cortigiani, col suo amante
Mortimero passò in Francia dal
fratello Carlo IV: ritornata in In-
ghilterra eccitò il popolo contro il
re, ed un' immensa folla di mal-
contenti si unì a lei. I Spenser
vennero uccisi, il re arrestato a
Neath mentre fuggiva in Irlanda,
ed il parlamento appena costituito
in due camere separate, abusando
del suo potere contro il suo so-
vrano, per indolenza Io depose
formalmente, e trasferì la corona
nel iZij nel giovanetto Odoardo
III di lui figlio, sotto la reggenza e
tutela della regina. Nella rigida
custodia cui fu condannato il re
soffrì le più. desolanti umiliazioni,
e perì fra inauditi tormenti nel
castello di Berkeley. Inutili riusci-
rono le paterne sollecitudini di
Giovanni XXII, ad impedire i
mali cui fu vittima sì infelice mo-
narca, il cui disgraziato regno fu
anche memorabile per un terribile
terremoto, e per una micidiale
carestia. A fronte de' suoi difetti,
Odoardo II veuue encomiato per
aver protetto il commercio più
de' suoi predecessori. Durante la
minorità di Odoardo III, la regi-
na Isabella ed il suo Mortimelo
56 ING
s' arrogarono la suprema autorità;
e Giovanni XXII non mancò dare
al principe salutari ammonizioni.
Il re per seguire il genio marziale
intraprese una campagna in Iseo-
zia, il cui risultato fu nullo, anzi
disperando riuscir nell'impresa die-
de sua sorella Giovanna in isposa
a Davide Bruce principe ereditario
di Roberto I, e conchiuse la pace,
rinunziando per allora ad ogni pre-
tensione di sovranità.
Pervenuto Odoardo III all' età
di diciasselt'anni, sdegnando di vi-
vere più a lungo sotto il giogo de-
gli omicidi di suo padre, di notte
tempo fece arrestare nel castello di
Nottingham la regina col suo dru-
do : questi fu appeso in Londra al
patibolo, e la madre rinchiusa nel
castello di Risings, ove sopravvisse
■venticinque anni al suo disonore
ed alla sua caduta. Svincolato dai
suoi tutori, volò ad attaccar la Sco-
zia, e col terrore delle sue armi
costrinse il cognato David II a fug-
gire in Francia. Vinta la sangui-
nosa battaglia di Halidon-Hill, pre-
se la forte piazza di Berwick , ri-
dusse in cenere Aberdona, e per-
corse senza impedimento tutto il
reame. Privo di forze per guarnire
le piazze conquistate, ritornò in In-
ghilterra lasciando scolpito nel cuo-
re de' scozzesi odio sempiterno. Im-
baldanzito Odoardo 111 de' vantag-
gi riportati, concepì il vasto dise-
gno d' invadere il regno di Fran-
cia, pel diritto che vantava di suc-
cedere al trono come figlio d'Isa-
bella, sorella del defunto re. I fran-
cesi vi opposero là legge Salica ,
che ha mai sempre escluse le fem-
mine dal trono : Lilia non nerit è
il motto che allude a questa leg-
ge fatale al gentil sesso, ed è trat-
to dal vangelo di s. Matteo, VI,
ING
a8. I francesi proclamarono re Fi-
lippo VI di Valois cugino di Car-
lo IV, per cui Odoardo III in-
viperito di veder sprezzati i suoi
diritti, sopra una flotta di trecen-
to vele imbarcò quarantamila uo-
mini ; assunse il titolo di re di
Francia, ed inquartò al suo stem-
ma le armi di quel regno col mot-
to : Dieu et moti droit. I francesi
con una flotta superiore alla sua
tentarono d' impedirgli lo sbarco
sulle coste di Fiandra, nelle quali
le navi francesi rimasero nella mag-
gior parte in potere degli inglesi.
Dopo breve tregua si riaccesero le
ostilità; sbarcò Odoardo III in
Normandia, prese e saccheggiò Caen,
ed attraversata con felice ardimen-
to la Somma, passò ad accamparsi
presso Crecy con trentamila guer-
rieri. Spedì un cartello di disfida
a Filippo VI, che ricusò d'accet-
tarlo perchè mancante del titolo di
re, ma con un'armata quattro vol-
te superiore all' inglese volò ad in-
contrare il suo emulo. Quivi se-
guì nel 1 346 la famosa battaglia
che procurò ad Odoardo III ed
a suo figlio Odoardo principe di
Galles, soprannominato il principe
nero dal colore di sua armatura ,
fama immortale per aver distrutto
un esercito immenso che combat-
teva nel proprio paese, estenuato
però dalle marcie forzate. Narra
Giovanni Villani che nella batta-
glia di Crecy gì' inglesi fecero uso
per la prima volta di alcuni pezzi
d'artiglieria. Il frutto della vittoria
fu la presa di Calais, dopo un o-
stinato assedio d'undici mesi, ri-
manendo in possesso dell'Inghilter-
ra sino al i558. Dopo tanti trionfi.
la terribile pestilenza che desolò
l'Italia, si estese iu Inghilterra e
vi fece orrenda strage: nella sola
ING
Londra si dice esserci periti nel
1 34^> da cinquantamila abitanti.
Al principio de' dissapori tra O-
doardo III e Filippo VI, il primo
avea rimessa la soluzione delle con-
troversie al Pontefice Benedetto
XII, che avea abolito le grazie a-
spettative delle quali erane abusi-
vamente anco inondata l'Inghilter-
ra. Benedetto XII mandò legati
per conchiudere la concordia, ma
senza elìetto, e negò al re inglese
la licenza di potersi collegare con
Lodovico il Bavaro siccome scomu-
nicato. Tuttavolta Odoardo III si
portò in Germania per essere fat-
to da Lodovico vicario deli' impe-
rio fuorché d'Italia, qualifica che
lo autorizzava a far marciare i prin-
cipi tedeschi, onde il Papa lo ri-
prese per aver oscurata la dignità
reale ed incorso nelle censure ec-
clesiastiche, invitandolo a deporre
il titolo di vicario imperiale. Come
tale il re fece citare il vescovo di
Cambray a fargli l'omaggio, ma
Benedetto XII dichiarò ingiusta sì
fatta pretensione, annullò gli atti
di Odoardo III come vicario im-
periale, e die sentenza di scomuni-
ca contro di lui , e contro quelli
che avessero guerreggiato nella con-
tea di (Jambray. Ad onta di ciò il
re assediò Cambray, ed il Papa
con grave lettera gli dimostrò es-
sere incorso nelle scomuniche. Quan-
do prese il titolo di re di Francia,
con questo scrisse a Benedetto XII,
il quale gli prova che non altri-
menti a lui apparteneva il preteso
regno, e lo rimproverò della lega
fatta con Lodovico il Bavaro ne-
mico della Sede apostolica , ed u-
surpatore dell'impero. A mezzo di
un libello presentato in Avignone
da' suoi ambasciatori volle dimo-
strare le ragioni di sue pretensio-
I N* G 57
ni, ma gli fu provato inutilmente
l'opposto. Anche Clemente VI, che
da prelato era stato nunzio in Lon-
dra, lo rimproverò che usurpava
le ragioni della Chiesa, e procurò
che piuttosto rivolgesse le sue ar-
mi contro gì' infedeli, e per paci-
ficarlo con Filippo VI gli mandò
due cardinali. Il re non si lasciò
rimuovere, e per proseguir la guer-
ra, sotto il titolo d' imprestito prese
le rendite ecclesiastiche. Compiac-
que il Pontefice a far tregua col
re di Francia, o piuttosto per ap-
parecchiarsi a nuove guerre. Tan-
ta fu la sollecitudine di Clemente
VI per troncare queste discordie
pregiudizievoli alla repubblica cri-
stiana, che per meglio applicarvi
non fece ritorno in Boma quaudo
i romani di ciò lo supplicarono, e
pubblicò sentenza di scomunica a chi
avesse armalo un legno a danno
della Francia o dell' Inghilterra.
Questo Pontefice fece celebrare in
Roma l'anno del giubileo i35o,
nel quale anno ebbe origine in Ro-
ma l'ospedale inglese di s. Tom-
maso Cantaurieuse e della ss. Tri-
nità, per ricevere i pellegrini ed
altri della nazione inglese che ca-
pitavano a Roma. Presso questo
luogo per l' educazione del clero
d' Inghilterra dal Papa Gregorio
XIII fu nel 1 5-9 istituito il cele-
bre Collegio inglese [fedi), tutto-
ra floridissimo, con immenso van-
taggio della cattolica religione in
Inghilterra. A tale articolo parlam-
mo della cappella cardinalizia che
ivi si celebra nella festa di s. Tom-
maso, di cui facemmo parola anco
all'articolo Immunità', e facemmo
pur menzione di altri pii stabili-
menti della nazione inglese che fu-
rono in Roma, su di che può leg-
gersi ancora Teodoro Amydeuio,
58 INO
De. pielale romana, e sul collegio
principalmente, hi Relazione dello
s'alo del collegio inglese di Roma,
dalla sua riapertura nell'anno 1 8 1 8
fino all'anno 1828, presentala dal
rettore d. Roberto Gradwell a sua
eminenza reverendissima il signor
cardinal d. Mauro Cappellari pre-
jello della sacra congregazione di
propaganda fide, Roma i8?.8 presso
l 'raucesco Bourliè. Del casino di vil-
leggiatura che questo collegio possie-
de presso Frascati nella terra di Mon-
te Porzio, onorato dalla presenza
di Leone XII, se ne parla al voi.
XXV li, pag. 168 del Dizionario.
Da questo collegio sono usciti molti
vicari apostolici, molti personaggi
insigni per dottrina, per santità, e
pel martirio che sostennero ritor-
nati in Inghilterra. Al presente so-
novi sedici alunni nel collegio, sei
convittori , con due superiori , iu
tutti ventiquattro individui, n' è
protettore il cardinale Carlo Ac-
ton, e rettore d. Tommaso Grant:
prima per disposizione di Gregorio
XIII la direzione del collegio era
affidata ai gesuiti, ed in fine di
quest'articolo, parlando de' collegi
inglesi fuori del regno, diremo qual-
che altra cosa su quello di Roma.
Ora riprendiamo il filo della sto-
ria di Odoardo III.
Mentre il re d'Inghilterra com-
batteva in Francia, la regina Fi-
lippa di lui moglie passò con uri
esercito nel nord dell' isola, affine
di fare rientrare nel dovere gì' in-
domabili scozzesi, i quali avevano
fatto un' irruzione in Inghilterra.
La regina s' incontrò coli' esercito
nemico a Nevil's Cross, lo pose iu
rotta e fece il re Davide II pri-
gioniero di guerra, restando pri-
gione undici anni. Dopo la murte
di Lodovico il Bavaro, henchè fos-
ING
se stato eletto re de' romani Carlo
IV, alcuni principi alemanni, cioè
quelli di Baviera, i due Palatini
del Reno, ed Enrico duca del-
la bassa Sassonia , a' 7 gennaio
i348 elessero re de'romani Odoar-
do III, anche per le brighe di En-
rico deposto dall' arcivescovato di
Magouza ; ma il re d Inghilterra ri-
fiutò la dignità imperiale. Per aiuta-
re gli armeni oppressi dai turchi,
nel 1 35o ottenne Clemente VI nuo-
va tregua tra gl'inglesi ed i fran-
cesi; e iu tale anno mori Filippo
VI, e gli successe Giovanni II che
si fece subito coronare in Reims
acciò Odoardo III non ne profilas-
se. Questi però riportò nel medesi-
mo anno una vittoria navale con-
tro il re di Castiglia. Aveva il re
inglese sino dal pontificato di Be-
nedetto XII occupato i benefizi dei
cardinali ed altri ecclesiastici assen-
ti, raccogliendone i frutti per so-
stegno della guerra contro la Fran-
cia. Quel Papa non mancò di esor-
tare Odoardo III a desistere di op-
primere la libertà ecclesiastica, e
Clemente VI avendo praticato inu-
tilmente altrettanto, nel i352 pro-
cedette colle censure per costringer-
velo. Il re domandò perdono al
Pontefice, e promise di reintegra-
re i danneggiati , onde Clemente
VI fece tralasciare il prosegui-
mento giudiziario incominciato a
di lui danno. Alla presenza del
Papa vi fu un abhoccamento tra
gli ambasciatori francesi ed inglesi,
che per le pretensioni de'secondi
non produsse la bramata concor-
dia : s'interpose per essa anche In-
nocenzo VI per mezzo del legato
cardinal Guido vescovo di Palestri-
na, ed egualmente coi cardinali
legati Talléyrand e Capocci; ma,
per la durezza eziaudio del re di
Francia, senza successo. Avendo O-
doardo III risoluto incominciare la
guerra contro i francesi, mandò a
guastarne il paese dal principe nero
suo figlio con dodicimila uomini.
Il valoroso principe alla testa di
ottomila de'suoi nel i356 s'incontrò
presso Poitiers con l'armata di Gio-
vanni li, forte di sessantamila com-
battenti, e dopo ostinato conflitto
a' 19 settembre colse in fuga il ne-
mico, e fece prigi oneri il re e suo
figlio, che portò in Inghilterra col-
mo di gloria. Il principe vittorioso
s'immortalò anche pel generoso trat-
tamento fatto al re prigioniero, in-
nanzi a cui ricusò costantemente per-
fino di sedere, e lo servi pine a
mensa; dipoi nell'anno i36o Gio-
Minni II fu riscattato dai suoi sud-
diti, mediante la promessa di tre
milioni di scudi d'oro, che non fu-
rono mai tutti pagati, e la resti-
tuzione delle provincie già possedu-
te in Francia dall'Inghilterra. In-
nocenzo VI fece quindi vive pre-
mure con Odoardo III e col suo fi-
glio perchè trattassero umanamente
l'illustre prigioniero e si pacificas-
sero colla Francia, mentre il princi-
pe Odoardo senza mostrarsi vano
del trionfo ottenuto, protestò ai
suoi baroni ripeterlo da Dio, e vol-
le, oltre suffragare i morti, che in
tutte le chiese gliene fossero rese
distinte azioni di grazie. Tuttavolta
Ja guerra continuò, il re d'Inghilter-
ui si portò in Francia per pren-
derne possesso, e nel i35g assediò
lieims per farsi incoronare, ciò che
non gli riuscì, ed impaurito per
qualche sinistro avvenimento, fece
voto di accettare la pace che uni-
tamente a Giovanni 11 giurò avan-
ti il Corpo di Cristo , col quale
ambedue si comunicarono. Ritor-
nalo il re iu Francia, quello d' lu-
ING 59
ghilterra colle sue pretensioni stan-
cò la pazienza degli ostaggi ch'e-
rano in Londra: uno di essi il du-
ca d'Angiò figlio di Giovanni II fug-
gì, per cui questo sovrano pieno
di probità si portò nella capitale
dell'Inghilterra a costituirsi prigio-
niero nel 1 363, e mentre trattava
il riscatto del figlio, mori nell'anno
seguente. A Londra gli furono fa-
ti magnifici funerali, a cui inter-
venne in lutto Odoardo IH, ed il
cadavere fu trasportato a Parigi.
11 delfino cbe sino allora urea go-
vernato la Francia, sali sul trono
col nome di Carlo V.
Essendo morto nel i362 Inno-
cenzo V I, i cardinali guasconi, sog-
getti al re d'Inghilterra come du-
ca di Aquitania, si separarono dai
cardinali francesi, finché riuniti e-
lessero Urbano V. Zelante questi
delle ragioni della Sede apostoli-
ca, osservando che Odoardo III da
trentanni non avea ad essa paga-
to il tributo pel suo reame, l'esor-
tò a pagar le annue mille marche,
e lo ammonì a correggersi dei suoi
vizi, ed a reprimere l'eresie che
andava spargendo Giovanni \V\-
clilfe o Wicleffo parroco di Lut-
terworlh. Dopo tanti prosperi av-
venimenti Odoardo principe di Gal-
les, sosteguo dell' Inghilterra e
flagello dei francesi, morì nell'an-
no i3y6, non senza inquietudi-
ne per lasciare il giovane Riccar-
do suo figlio in balia dell'ambizio-
so zio duca di Lancastro. Intanto
Odoardo III afflitto per aver per-
duto l'altro figlio Leonello duca di
Chiarenza, vide con pena Carlo V
re di Francia ritogliergli tutti i suoi
possedimenti in quel regno meno
Calais. Carlo V battendo el'iiiiile-
o o
si in corpi separati, ed evitando cau-
tamente di ventre a giornata deci-
6o I N G
siva, rinnovò la condotta di Fabio
Massimo , qui Guadando restituii
rem. Odoardo III divenute vecchio
ed inerte, per colino di obbrobrio
accecato d'amore per Alice Perrers,
abbandonato da' suoi cortigiani, e
spogliato persino degli anelli che te-
neva nelle dita dalla sua amica, morì
nel 1 3 77 nella conica di Surrey,
assistito da un solo sacerdote, e ba-
ciando con molta riverenza la cro-
ce. Questo principe incoraggi le
manifatture, introdusse molle fab-
briche sconosciute, edificò il ma-
gnifico castello di Windsor ed isti-
tuì l'ordine equestre della Giarret-
tiera. Prima del suo regno non v'e-
rano altri titoli in Inghilterra, che
di conti, baioni, cavalieri e scudieri;
egli creò il nuovo titolo di duca,
eleggendo duca di Cornovaglia O-
doardo suo primogenito principe di
Galles. Il figlio di questi Riccardo
Il di undici anni successe all'avo,
che lasciò tre figli, i duchi di Lan-
castro, di Gloucester e di York, i
quali furono i primi a rendere o-
niaggio al nipote, ed in ricompen-
za furono fatti dal parlamento reg«
genti del regno. Essendo il pubbli-
co tesoro esausto e le truppe mal '
pagate, i francesi non mancarono
trarne profitto: sbarcarono in In-
ghilterra, occuparono diverse piaz-
ze, e commisero molte crudeltà. Il
re implorò l'aiuto del parlamento
che impose un tributo, ch'ebbe per
conseguenza una ribellione. Le som-
mosse popolari furono frequenti sot-
to questo regno, per essere state
le menti del popolo messe in gran
fermento da astuti demagoghi, i
quali sperando profittare della pub-
blica confusione, andavano sfaccia-
tamente predicando che gli uomi-
ni nascono tutti eguali, e che le
distinzioni di nobiltà, di titoli e di
ING
altri onori furono invenzioni del-
l'orgoglio e della tirannia. Frattan-
to Urbano V che avea restituito in
Roma la residenza pontificia, esseu-
do tornato in Avignone per paci-
ficare gl'inglesi co'francesi, ivi mo-
rì. Gli successe Gregorio XI che
avendo fermamente stabilito di ri-
portine in Roma la sede del Pa-
pa, effettuò il divisamento nel i"$T]-
Continuando Wicleflo, protetto dal
duca di Lnncastro, a disseminare nel-
le scuole del regno i suoi errori in
materia di religione, in Germania
fece altrettanto Lollando , laonde
questi due famosi antesignani del
luteranismo e calvinismo si fecero
molti discepoli. Nel 1378 Gregorio
XI ordinò all'arcivescovo di Can-
torbcry ed al vescovo di Londra
di procedere contro WiclefFo, i cui
errori condannò.
Ai molti fatali disordini commes-
si dal capriccioso monarca Riccar-
do li, se ne aggiunse un altro che
pose a tutti il colmo, ed affrettò
la sua totale rovina. Sfidatisi i du-
chi di Norfolk e di Hereford cu-
gini del re a singolare tenzone, il
re li bandì dal regno; il primo,
figlio del duca d' York, morì di
afflizione a Venezia, il secondo
soggiacque pure alla confisca dei
beni, per cui di cordoglio finì di
vivere il genitore duca di Lanca-
stro. Irritata la nobiltà per un
procedere sì crudele ed ingiusto, e
scorgendo che il re mirava a sov-
vertire la costituzione, eleggere un
nuovo parlamento e rendersi de-
spota della monarchia, prese le ar-
mi. Dopo la morte di Gregorio
XI, seguita nel 1 378, fu eletto in
Roma Urbano VI, il quale cor-
reggendo i costumi d'alcuni cardi-
nali, e bramando i francesi ritor-
nare in Avignone, essi scismatica-
ING
mente deposero il Pontefice, e
mossi dalle loro private passioni
crearono antipapa Clemente VII,
il quale recatosi in Avignone die
principio al più lungo e fatale
scisma dell' occidente, perchè non
ebbe interamente fine che nel
1429. L' Inghilterra e 1' Irlanda
rimasero neh' obbedienza romana,
ma la Scozia, la Francia ed altre
nazioni seguirono le parti degli
antipapi avignonesi. E in fatti, av-
visato Riccardo II da Venceslao
re de' romani e dagli elettori del-
l' impero, degli inganni de' cardi-
nali francesi, prese la difesa di
Urbano VI, ed a lui stette unito ;
quindi fatti cercare gli scritti di
YYicleffo li condannò alle fiamme,
e con lodevole zelo represse i se-
guaci dell' eresiarca. Nel pontifica-
to però di Bonifacio IX i ministri
regi siceome infetti degli errori
dei wiclefbsti , indussero il re a
rinnovare quelle leggi che già a-
vevano intentalo Odoardo li ed
Odoardo III, cioè di conferire i
vescovati ed altri benefizi del re-
gno senza la provvista della santa
Sede, dichiarandosi con tali leggi
eh' era ribelle al re chiunque a-
vesse ricorso alla santa Sede per
ottenerli. Bonifacio IX con diplo-
ma del i3gi, presso il Rinaldi al
num. 1 5, annullò siffatte leggi e
simili altre offensive della libertà
ecclesiastica, e diede sentenza di
scomunica contro quelli che o-
sassero difenderle ne' giudizii. Di-
poi Riccardo II, avendo fatto lega
e contratta parentela con Carlo VI
re di Francia, a persuasione di
questi che parteggiava per 1' anti-
papa Benedetto XIII, cospirò con-
tro Bonifacio IX per costringerlo a
rinunziare il pontificato, uella falsa
persuasione che il simile avrebbe
IXG 61
fatto il p«eudo-papa. Bonifacio IX
si ricusò pertanto ai desiderii del re,
ed in vece gì' inculcò di punire
i vvicleffisti e dare mano forte ai
vescovi per reprimerne 1' audacia.
Frattanto aumentandosi 1' odio del-
la nobiltà e del popolo contro Ric-
cardo II, gì' insorti guidati dai
duchi di rsorthumberland e di
Lancastro, costrinsero il re a segua-
re un atto nell'anno 1 3qq di ri-
nuncia alla corona. Ottenuto che
1' ebbero, convocarono il parlamen-
to, il quale solennemente depose
il monarca, e trasferì lo scettro
nel suo cugino Enrico IV duca
di Lancastro. In quest' assemblea
di ribelli, ligi al duca di Lanca-
stro, i quali osarono sopra frivole
accuse deporre il loro sovrano, uno
solo ascese intrepido alla tribu-
na , il vescovo di Carlisle , che
con robusta eloquenza difese la
causa del re, quindi 1' illustre
prelato fu cacciato in un' oscura
prigione. Mentre Riccardo II tro-
vavasi carcerato in un castello del-
la contea di York, fu assalito da
-otto sgherri ed ucciso. Il non a-
vere questo re lasciato prole alcu-
na, produsse dopo la sua morte
una lunga contesa tra le due ca-
se di Laucastro e di York, che fece
scorrere rivi di sangue, e che fini
con 1' unione d' ambe le famiglie
pel mezzo d' un matrimonio, co-
me diremo in appresso. Sotto Ric-
cardo II 1' agricoltura fu incorag-
giata, venne istituito il nuovo ti-
tolo di marchese, nominando mar-
chese di Dublino il favorito Ro-
berto di Vere conte d' OxJbrd, il
quale era altresì duca d' Irlanda.
] membri della camera de' comu-
ni si elessero per la prima volta
un presidente, a cui si dirigono
tutti i discorsi. Sotto questo re si
n-2 ing
crearono ancora per la prima vol-
ta i pari del regno, con patente
reale, la quale accorda loro il ti-
tolo di lord ed il privilegio di
sedere a dar voto nella camera
alta.
Enrico IV, detto di Bolingbroke
ove nacque, era figliuolo di Gio-
vanni de Gand duca di Lancastro,
terzogenito di Odoardo III. Non
vi La dubbio che la corona non
gli si apparteneva, ma bensì giu-
sta le leggi dello stato doveva
piuttosto darsi ad Edmondo di
Mortimer conte della Marca, poi
duca di York, discendente da Lio-
nello duca di Chiarenza secondo
figlio del medesimo Odoardo III.
Fu appunto questa 1' origine dei
litigi fra la casa di York e quella
di Lancastro, sotto la insegna del-
la rosa bianca e della rosa rossa.
Dappoiché nelle famose guerre che
poi successero tra Enrico VI della
casa di Lancastro, e Piiccardo du-
ca di York, il primo portava sul
suo scudo una rosa rossa, il se-
condo una rosa bianca : da ciò i
nomi che vennero ai due parliti
che tanto funestarono 1' Inghilter-
ra. Nel i4oj essendo il re in o-
dio di molli, massime de' baroni
amici del defunto Riccardo li, ed
anche perchè opprimeva gli eccle-
siastici ed il popolo, furono attac-
cate alle porte delle chiese molte
accuse di aver lese le libertà an-
glicane. I ribelli presero le armi e
principalmente quei di York, il cui
arcivescovo Riccardo fu creduto
capo de' congiurati, ed anche gli
scozzesi alzarono il vessillo della
rivolta. Riuscì ai regi ministri di
reprimere gì' insorti, e preso a
tradimento 1' arcivescovo,, per or-
dine del re fu ucciso per mano
del carnefice. Tommaso Valsinga-
ING
no scrive che l' arcivescovo era
innocente, e prese 1' armi di mal
cuore io difesa delle leggi della
patria ; che tollerò con animo co-
stante la morte, e che i popoli
ebbero tanta venerazione per le
sue ceneri, che Dio operò alla sua
tomba non pochi miracoli. Il Pon-
tefice Innocenzo VII diede sentenza
di scomunica contro gli uccisori di
lui. Il Papa Gregorio XII narra
nelle sue lettere, secondo la relazione
de' ministri regi, la cosa altrimenti,
cioè che 1' arcivescovo combattendo
alla testa di ottomila uomini contro
il re, fu vinto e preso, e poscia a
richiesta degl' inglesi, che ad alta
voce ne domandavano la punizio-
ne, come reo di lesa maestà, fu
fatto morire per impedire mali
maggiori. Continuando lo scisma
a desolare la cristianità, sostenuto
dall' antipapa Benedetto XIII, i
cardinali dell' obbedienza romana
si rivoltarono a Gregorio XII, per-
chè contro le sue promesse creò
altri cardinali, e spedirono in In-
ghilterra ed in Francia il cardinal
Francesco del titolo de' ss. Quattro
per incitare i popoli contro Gre-
gorio XII. Quindi convocarono un
concilio a Pisa coli' intervento di
molti vescovi e degli ambasciatori
de' principi, fra' quali quelli di
Enrico IV. Nel 1409 il concilio
depose 1' antipapa e Gregorio XII,
ed in vece elesse Alessandro V ;
mentre i fedeli speravano veder
estinto il lagrimevole scisma, do-
vettero rammaricarsi che in vece
di uno rimasero tre Pontefici, trat-
tandosi ognuno per tale; e moren-
do nel 14 io Alessandro V, i car-
dinali di sua obbedienza gli diede-
ro in successore Giovanni X X_I II.
Tutto il regno d' Enrico I V fu
agitato da ribellioni, ed in repri-
ING 1NG f>3
merle e far la guerra agli scozzesi, vesi attribuire alla fatale inimicizia
Morì in Londra di lebbra nel eli' era allora tra la casa d' Or-
i4i3, e nel tempo di sua malat- leans e quella di Borgogna; fra
tia, che durò circa due mesi, volle la regina Isabella di Baviera ed il
sempre tener la corona presso il delfino die fu poi re col nome di
capezzale, temendo che gli venisse Carlo VII. Il re Enrico V si uni
tolta. Gli successe il suo figlio alla casa di Borgogna ed a quella
Enrico V, chiamato di Jlfonmouth, della regina, e couchiuse nel 1420
nato da Maria di Hereford: i wi- un trattato a Troyes in Seiampa-
cleffisti congiurarono contro la sua gna, pel quale fu stabilito eh' egli
vita nel principio del regno, capo sposasse Caterina di Francia figlia
de' quali era Giovanni Oldcastle, di Carlo VI, fosse re dopo la mor-
e presero in mira di distruggere i te di questi, e die da quell' or 1
monasteri. Il re sentenziò a morte prendesse il titolo di reggente ed
molti di loro, e quelli che fuggi- erede della corona, contro le pre-
rono passarono ad infettare coi scrizioni della legge Salica ed a
loro errori altre provincie. pregiudizio del dellino. Non ostan-
Nel i4f4 Sl convocò in Costan- te un tale trattato cosi vantaggio-
za un concilio per dar termine so per 1' Ingbilterra la guerra si
allo scisma, coli' intervento de' ve- proseguiva nel Delfìnato, quando il
scovi e degli ambasciatori di tut- Papa Martino V, bramando che
te le nazioni; 1' antipapa Benedet- si dasse fine a tante calamità, spe-
to XIII fu degradato e scomuni- dì legato per trattare una pace
cato, Gregorio XII virtuosamente definitiva il b. Nicolò Albergati
rinunziò al pontificato, e Giovan- poi cardinale, il quale dopo aver
ni XXIII venne deposto. Forma- maneggiato sì grave alfare colla
tosi poscia il conclave per eleggere maggior destrezza, per la ripugnali-
il legittimo Pontefice, oltre i car- za di Enrico V, mentre si for-
dinali delle tre obbedienze, tra gli mavano i preliminari della concor-
elettori furonvi ammessi trenta dia il re morì a Vincennes a' 3 1
prelati delle cinque nazioni che agosto 14.22 , e Carlo VI a' 20
formavano V augusta assemblea, ottobre. 11 re inglese lasciò la co-
cinque essendone inglesi ; e con- rona ad Enrico VI di Windsor
forme alle leggi pontificie agli 1 1 nell' età di due anni, altri dicoiu
novembre r 4- 1 7 esaltarono alla Se- di soli nove mesi, per cui lo rac-
de apostolica Martino V. Il re di comandò al Pontefice, ed ai pre-
Inghilterra mosse guerra a Carlo lati, principi e baroni del regno.
% I, ed intraprese la conquista del- Di Enrico V gli scrittori inglesi
la Francia. Dopo avere nel i^.i5 fanno i più onorevoli panegirici,
guadagnato la battaglia d' Azin- Ebbe da Caterina di Francia En-
court, s; impadronì della Norman- rico VI, la quale qualche tempo
dia ; indi con memorabile assedio dopo sposò Oweu Tudor gentil-
prese nel i4'9 Rouen ed altre uomo di Galles, da cui ebbe
città, ed entrò in Parigi per tra- Edmondo conte di Richemout pa-
dimento del duca di Borgogna, die di Enrico VII.
La cagione principale de' prosperi R.egnò Enrico VI in Inghilterra
avvenimenti delle armi inglesi de- sotto la tutela del duca di Glou-
64 ING
cester, ed in Francia sotto quella
del duca di Bedford suoi zii. Gli
inglesi continuarono ad avere pro-
speri successi in Francia : guada-
gnarono le battaglie di Crevant,
di Verneuil e di Rouvroi contro
Carlo VII, e sarebbero divenuti
padroni di tutta la Francia, se
una giovane donzella , la celebre
Giovanna d'Arco, conosciuta me-
glio sotto il nome di Pulzella
d' Orleans, comparendo d' improv-
viso alla tesla dell', armata france-
se, non obbligava gì' inglesi a le-
var 1' assedio d' Orleans nel i4*9<
Da quel punto gli affari dell' In-
giù! terra andarono di male in peg-
gio, ma caduta nelle mani degF in-
glesi la Pulzella, iniquamente la
fecero bruciar viva in Koueti nel
maggio o giugno i43i. Il suppli-
zio di questa innocente e valorosa
eroina è per la nazione inglese
una maccbia che non si cancellerà
giammai. Narrammo le avventure
e la fine di Giovanna d' Arco, nel
voi. XXVI, p. 3i i, 3(2, 3 1 3, 3i4
e 3 1 5 del Dizionario. Avendo gli
inglesi riportato nuovi vantaggi
in Francia, condussero a Parigi il
giovane re Enrico VI, e lo coro-
narono con una doppia corona nel-
la chiesa cattedrale a' 27 novem-
bre 1 43 x . Cercando il Papa Eu-
genio IV, come padre comune, di
metter pace tra Carlo VJI re di
Francia ed Enrico VI, questi ri-
cusò convenirvi, indi perdette di-
verse città in quel reame. Dive-
nuto il concilio di Basilea conci-
liabolo contro Eugenio IV, il re
d' Inghilterra intimò ai suoi pre-
lati di ritirarsi da quei scismatici,
e giammai volle riconoscere 1' an-
tipapa Felice V, in esso eletto
nel 1439, il quale dipoi nel 1 449
rinunziò all' anliponlificato, dopo
ING
1' assemblea che celebrarono in
Lione gli ambasciatori di Francia,
di Inghilterra e di altre nazioni.
Nel tempo dello scisma basileese
non solo Enrico VI riprovò tanto
scandalo, ma confortò Eugenio IV
a toglierlo , per cui il Pontefice
ringraziò il re e ne lodò la pietà
per aver difeso la santa Sede, e
ricusalo riconoscere l'antipapa quan-
do gì' inviò ambasciatori. Nel i444
gì' inglesi conchiusero coi francesi
una tregua di diciotto mesi, che
però venne rotta nella Bretagna
e nella Scozia : i primi furono
battuti da per tutto, per cui nel
1 4^ 1 non aveano in Francia al-
tro che Calais e la contea di Gui-
nes. Prima di questa epoca Enri-
co VI sposò Margherita d' Angiò
nipote della regina di Francia, che
subito s' iinpadrotù dell'animo dello
sposo, ma si alienò pressoché 1' a-
nimo di tutti, favorendo i vantag-
gi della Francia. Nicolò V, ad
istanza di Enrico VI, sino dal
i44^ con diploma de' i5 febbra-
io, permise che la prammatica
sanzione di Francia, per ciò che
riguardava la vacanza delle chiese
e la collazione di queste, come di
qualunque altro benefìzio ecclesia-
stico, fosse distesa ed avesse an-
cor vigore nella Normandia e Bre-
tagna minore. Dipoi nel 1 4^ c
spedì al re d' Inghilterra per le-
gato il cardinal di Cusa, come
mandò al re di Francia il cardi-
nal d' Estouteville per procurare
di pacificarli. Le gravi perdite fat-
te dagli inglesi in Francia princi-
palmente provennero dalle guerre
civili insorte tra loro. Riccardo
duca di York, che discendeva per
parte di madre da Lionello secon-
dogenito di Odoardo III, pretese
di avere più. ragione alla corona
1WO
che Enrico VI ;. avendo armato
un esercito, cagionò gravi danni,
e si guadagnò numeroso partito.
Il re non mancò di affrontarlo con
la sua armata, e costrinse il duca
con simulazioni a placarlo ed a
fare la pace. Per meglio quietare
lo spirito di partito, il Papa Ni-
colò V, con diploma de' 26 luglio
14^2, concesse al cardinal arcive-
scovo di Cantorbery la facoltà di
assolvere quegli inglesi che abban-
donato il re avevano seguito le
parti di Riccardo. Non ostante il
duca tornò a ribellarsi, forte pel
suo parentado colle più potenti
famiglie del regno, e pel malcon-
tento di tutta 1' alta nobiltà pro-
dotto dal duca di Sutfolk primo
ministro, arrogante , arbitrario, e
cagione principale della morte del
duca di Gloucester zio del re. Ne
fu motivo 1' essere stato dichiarato
protettore del regno per blandirlo,
col licenziamento e detenzione del
duca di Somerset , altro primo
ministro odioso al principe, il qua-
le dopo pochi giorni fu ridonato
al suo lustro e favore. Il duca
furioso per sì fatto conlegno ripa-
rò nel paese di Galles, dove fece
leva di truppe, ed altrettanto fece
il re o piuttosto la regina : il re
fu battuto e fatto prigione dal du-
ca a s. Albano li 3i maggio i455
dal conte Giovanni di Wanvick
nipote della duchessa di York, a
cui gli avvenimenti fecero dare il
soprannome di facitore elei re. Il
duca di York trattò con riguardi
Enrico VI, gli lasciò tutti i segni
esterni della podestà reale, e si
contentò del suo primo titolo di
protettore. La fiera Margherita
non si sentì disposta di piegare il
collo sotto un padrone, e fece ri-
pigliare al re le redini del governo.
VOL. ìxsv.
ING 65
Nuovi disgusti fecero ai due par-
titi riprendere le armi, e nel :4-6o
il re cadde nuovamente nelle ma-
ni de suoi nemici, che rispettando
la sua bontà gli usarono apparenti
attenzioni. Mentre tutti credevano
che Riccardo ascendesse sul trono,
si fermò nell'assemblea sul primo
gradino per discutere i suoi dirit-
ti in vece di esercitarli ; questo
bastò perchè il parlamento che stava
per decretargli la corona, si con-
tentasse di dichiarare che la me-
ritava, ina che sarebbe successo al
trono dopo Eurico VI. La regina
po^e in piedi un esercito, con suo
figlio fra le braccia assalì il duca
di York, lo vinse nel 1 460 a Wa-
kefield, e Riccardo vi perde la vi-
ta : la sua testa fu inchiodata sulle
porte della città di York, colla co-
rona di carta in testa per derisio-
ne. Continuando l'accanimento tra
i due partiti, il conte Odoardo
della Marca figlio dell'ucciso, di-
venuto duca di York , avendo ri-
portato significanti vantaggi, disprez-
zando il parlamento, raccolse il suo
esercito nel 1461 nella pianura di
S.t John's-Fields, in cui era accorsa
tutta la popolazione di Londra.
Odoardo o meglio il conte di War-
■wick chiese alla moltitudine se vo-
leva ancora Enrico VI di Lanca-
stro ; la risposta fu il grido una-
nime, viva Odoardo IV. Il giorno
seguente 5 marzo un gran nume-
ro di vescovi, di lord e di magi-
strati si unì nel castello di Bay-
nard e ratificò la scelta dell' eser-
cito e del popolo : indi vennero
proscritti tutti i partigiani della ca-
sa di Lancastro, e molti furono deca-
pitati. Enrico VI passò in Iscozia,
e la regina in Francia per implo-
rare l'assistenza di Luigi XI : essa
non ottenne che un piccolo soc-
5
66 ING
corso, ma volle tentare la sua for-
tuna. La battaglia di Hexham dis-
perse nel 1464 interamente il suo
partito; gli riuscì ripassare in Fran-
cia, ma Enrico VI fu arrestato e
condotto alla torre di Londra, don-
de il conte di Warwick lo cavò
dopo sei anni, quando si gettò dal
partito di Margherita, disgustato di
Otioardo IV perchè vide andare a
vuoto il di lui matrimonio ch'egli
avea combinato con Buona di Sa-
voia cognata del re di Francia ,
allorché si scuoprì il matrimonio
segreto del re coti Elisabetta Wood-
ville. Il popolo sempre vago di
cambiamenti applaudì, dichiarando
reggente il conte sino alla maggio-
rità del principe di Galles, mentre
Odoardo IV di cui il valore era
apparso in venti combattimenti ,
preso da timor panico fuggì in
Olanda. Non passò molto ch'egli
ripreso coraggio e soccorso dal suo
cognato Carlo duca di Borgogna
e dai suoi partigiani, sbarcò in In-
ghilterra , sorprese i nemici nel
i/\.ji, entrò in Londra e nuova-
mente s'impadronì di Enrico VI;
indi vinse la battaglia di Barnet
ove Warwick restò ucciso. Marghe-
rita ed il figlio che in quel punto
restituivansi in Inghilterra, eccitati
dai capi del partito della rosa ros-
sa alla battaglia di Tewksbury, ivi
ambedue caddero prigioni del vin-
citore Odoardo IV. Il giovane prin-
cipe fu inumanamente trucidato, e
Margherita inviata alla torre col
suo sposo, che poco dopo morì,
forse per opera del duca di GIou-
cester poi Riccardo III. Tale fu la
fine di un principe, di cui la cul-
la avea fatto ombra alle corone di
Francia e d' Inghilterra , avendo
passalo la sua vita ora sul trono,
ora nei ferri, sempre sotto la tu-
ING
tela de' ministri o della moglie.
Odoardo IV fece trasportarne il ca-
davere a Windsor, dove gli eresse
un semplice mausoleo. Sotto il ra-
gno di Enrico VI occorse il primo
esempio di que* prestili autorizzati
dal parlamento, di cui l'Inghilter-
ra ha tanto rinnovato l' uso da
circa quattro secoli in poi. Si rac-
conta che Enrico VI fu esemplare
di costumi , e che Dio operò al-
cuni miracoli a sua intercessione.
La maggior parte de' primari
partigiani della rosa rossa ossia
della casa di Lancastro, avendo ter-
minato i loro giorni ne' combatti-
menti o sul patibolo, Odoardo IV
divenne tranquillo possessore del
trono; un parlamento giusta il co-
stume iati fico tutti gli atti del
vincitore e riconobbe l'autorità sua.
Allora questo principe avvenente e
popolare si abbandonò allo straviz-
zo. Volendo reclamare alla Fran-
cia la Normandia e la Guienna, si
portò coll'armata a Calais ; ma il
sagace Luigi XI l'appagò con una
somma, e promettendogli annua
pensione e tregua ; tornato però a
Londra Odoardo IV, dissipò il de-
naro ricevuto colle sue concubine.
Si raffreddò col fratello Giorgio
duca di Chiarenza che l'avea aiu-
tato a giungere al trono, contri-
buendo alla rovina di esso l'altro
fratello Riccardo duca di Glouce-
ster e la regina ; indi Io fece con-
dannare a morte da un parlamen-
to venduto a' suoi capricci. Per ven-
dicarsi di Luigi XI che non man-
tenne la promessa d'un maritaggio
tra' loro figli, fece apparecchi bel-
licosi, quando il re di Francia ec-
citò Giacomo III re di Scozia a
romper guerra all' Inghilterra. I
vantaggi riportati sugli scozzesi dal
conte di Gloucester incoraggirouo
ING
il re ad occuparsi seriamente del
progetto di guerra contro la Fran-
cia, quando fu colpito da una ma-
lattia che lo condusse al sepolcro
a' 9 aprile 148 3. Lasciò due figli,
Odoardo V che gli successe, già
principe di Galles, e Riccardo du-
ca di York, ambedue fanciulli , e
cinque figlie, delle quali la mag-
giore sposò Enrico VII. Ebbe di-
verse concubine, una di esse Elisa-
betta Lucy partorì due bastardi. Al-
cuni storici hanno asserito ch'era stato
segretamente ammogliato con Eleo-
nora Talbot, figlia del conte di Shre-
tvsbury e vedova di lord Butler.
Per questo motivo Riccardo III fece
dichiarare illegittimi i figliuoli di
Odoardo IV e d'Elisabetta Wood-
ville. Prima di morire, temendo le
discordie delle due fazioni che di-
videvano la corte, e composte una
de' congiunti della regina, l'altra
di tutta l'antica nobiltà, adunò i
principali personaggi de' due par-
titi, raccomandò loro la pace e l'u-
nione, dichiarando reggente suo
fratello Riccardo duca di Gloucester.
Appena egli chiuse gli occhi che
le gelosie delle due fazioni scoppia-
rono di nuovo, cercando ognuna
di guadagnare Riccardo , il quale
era tormentato da sfrenata ambi-
2Ìone. Incominciò questi dal far
arrestare il conte di Rivers zio ma-
terno e custode di Odoardo V ,
sir Riccardo Gray uno de' figli del-
la regina, ed altri due signori. Il
re preso da dolore e da spavento
per l'atto di violenza commesso
sopra congiunti sì prossimi che l'a-
vevano educato con tanta cura ,
non potè trattenere le sue querele
e lagrime. Riccardo gittandosi alle
sue ginocchia gli fece le più forti
proteste di fedeltà e di affetto per
la sua persona, e di aver ciò fatto
isti 67
a di luì sicurezza ; indi volendo
rimanere padrone del nipote si fe-
ce nominare protettore del re e
del regno. Venuto Riccardo in po-
tere del duca di York fratello del
re, ambedue mandò nella torre di
Londra, col pretesto di sottrarli da
ogni pericolo; poscia a' 22 giugno
i483 fece dichiarare i suoi due
nipoti bastardi, e prese il titolo di
re col nome di Riccardo III. Da
quel momento in poi nulla più si
udì de' due infelici principi, e di-
cesi che li fece soffocare con sruan-
o
ciali da Giacomo Tyrrel. Odoardo
V era allora in età di tredici an-
ni, ed avea portato il titolo di re
due mesi e tredici giorni; suo fra-
tello Riccardo duca di York non
avea che nove anni. Questo grave
misfatto restò impunito : le ossa
de' principi rinvenute a pie delle
scale della torre sotto Carlo II ,
questi le fece deporre in una tom-
ba di marmo a Westminster.
Riccardo III dissipò una con-
giura fatta contro di lui dal duca
di Buckingham, che fece arresta-
re e decapitare. Ma Enrico conte
di Richemont figlio di Giovanni
Tudor e di Margherita della ca-
sa di Lancastro , e perciò discen-
dente dal re Odoardo III e da Ca-
teriua di Francia vedova di Enri-
co V, essendosi portato in Francia,
ed avendo ottenuto dal re Carlo
Vili grandi soccorsi d' uomini e
d'argento, si ribellò a Riccardo III.
Passato in Inghilterra fece dichia-
rare a suo favore tutto il paese di
Galles. lire marciò prontamente con-
tro di lui, e fu ucciso nella sanguino-
sa battaglia di Bosvvorth, colla coro-
na in capo, a'2 2 agosto 1483 : que-
sto principe fu l'ultimo della pro-
sapia de' principi di York o Plan-
tagenet, de' quali Enrico II era stato
68 ING
il capo. Lord Stanley, che atea spo-
sato la vedova Richemont, e che
comandava l'armata del re, non so-
lo si dichiarò pel figliastro, ma tol-
ta la corona dall'elmo di Riccardo
III gliela impose in capo, gridando :
Viva il re Enrico I Tale grido fu
ripetuto da tutto l'esercito, ed esso si
portò modestamente in Londra. In-
di Enrico VII si fece coronare ai
3o settembre dell' anno seguente ,
segnalando il principio del suo re-
gno con generale perdono a tutti
i nemici, per cui fu lodato dal
l'ontefice Innocenzo VIII. Allora si
pensò di porre un termine alle due
fazioni della rosa rossa e della ro-
sa bianca , ed alle contese fra le
case di Lancastro e di York, che
disputandosi il reame avevano in
venticinque anni di guerre civili
coperta orribilmente l' Inghilterra
di lutto, di odii e di sangue, cal-
colandosi che in tale epoca fune-
sta perirono più di centomila in-
glesi. Enrico VII, il primo re della
casa di Tudor, siccome appartenen-
te a quella di Lancastro, si sposò
con Elisabetta o Isabella che chiu-
deva la linea de' duchi di York ,
come figlia di Odoardo IV. Con
questo matrimonio i diritti delle
due case di Lancastro e di York
furono uniti in una sola , e si pose
fine alle querele. Lo sposalizio si
celebrò a' 18 gennaio i486, me-
diante la dispensa di parentela che
passava tra i coniugi, concessa da
Innocenzo Vili, che inoltre confer-
mò le ragioni dello scettro in fa-
vore della casa di Lancastro, ed
approvò la riunione delle due case
sul trono inglese colla bolla de' 27
marzo i486. Questa bolla fu do-
mandata dallo stesso re, per non
essere obbligato della corona a sua
moglie, che incominciò a trattare
ING
con freddezza, perchè nel di delle
nozze le feste furono maggiori di
quelle fatte nella coronazione, a ca-
gione della simpatia che gì' inglesi
ancora avevano per la casa d'York,
per cui ne concepì secreto dispet-
to. La bolla fulminava la scomu-
nica contro chiunque avesse osato
d' insorgere contro Enrico VII e
la sua posterità, e venne colla mas-
sima solennità pubblicata. Alla na-
scita di un figlio la gioia del re
giunse al colmo; gì' impose il no-
me di Arturo, in memoria del fa-
moso monarca bretone da cui pre-
tendeva che discendesse la casa di
Tudor : questo principe prese in
moglie la celebre Caterina d' Ara-
gona figlia del re Ferdinando V
e d' Isabella monarchi di Spagna.
Ciò non pertanto i disordini ri-
cominciarono, ed i nemici di En-
rico VII tentarono ben due volte
di levargli la corona, opponendogli
due impostori. Il primo era un
certo Lamberto Simnel, che prese
il nome di conte di Warwick , e
poi quello di Odoardo VI quando
la città di Dublino, il governatore
ed il cancelliere lo proclamarono
re. L'altro fu un avventuriere chia-
mato Perkin Warbeck , figliuolo
di un ebreo convertito in Tour-
nay : quest' ultimo si spacciava per
duca di York, ma il re seppe re-
primere queste rivoluzioni fomen-
tate da Margherita duchessa di
Borgogna. Ad istanza del Pontefi-
ce Alessandro VI fece lega e soc-
corse Massimiliano I re de' roma-
ni, contro Carlo Vili re di Fran-
cia, ingelosito del matrimonio di
questi con Anna di Bretagna ere-
de di quella provincia. Si mostrò
soprattutto accorto ad usare del
pretesto di guerre imminenti, per
ottenere dal parlamento sussidii,
ING
cui trovava nella sua avarizia sem-
pre modo d' impiegare in partico-
lar uso. Fece la guerra agli scozzesi
perchè Giacomo IV aveva sostenu-
to Perkin, che avea assunto il no-
me di Riccardo IV. Essendo morto
Arturo, non potendosi risolvere il
re a restituire la dote, concepì to-
sto l'idea di fare che la giovane
vedova sposasse il suo secondoge-
nito Enrico, mediante dispensa ac-
cordata da Giulio II nel i5o3. A,
tale matrimonio, destinato a diven-
tare la sorgente dei più grandi e
de' più funesti avvenimenti, ne suc-
cesse un altro, ch'ebbe anch'esso
importanti e lagrime voli risultati : fu
quello di Margherita primogenita di
Enrico VII con Giacomo IV re di
Scozia. Gli inglesi mostrarono ti-
o
more che tale parentela non li fa-
cesse passare un giorno sotto la
dominazione scozzese. Enrico VII
predisse che sarebbe accaduto il
contrario. La Scozia non passò sot-
to il dominio d'Inghilterra, perchè
la famiglia reale di Scozia fu assun-
ta alla corona d' Inghilterra ; dipoi
quando fu falla l'unione, essa ebbe
luogo con l'espressa condizione d'in-
dipendenza per parte della Scozia.
Vero è però che in Inghilterra fu
stabilito il centro e la sede del go-
verno britannico. Egli giunse al più
alto grado di sua potenza, avendo
abbattuti tutti i suoi nemici, ed es-
sendo in pace cogli stati vicini ;
ma la sua avarizia aumentata col-
l'età varcò tutti i limiti della giu-
stizia, e quelli fino della vergogna.
I suoi servitori più divoti non an-
darono esenti dal rigore delle sue
coufiscazioni, e dalla vendita delle
grazie d'ogni genere. Vicino a mor-
te e spaventato dal quadro di sue
rapine, ordinò col suo testamento
tarde restituzioni. Egli spirò a' 22
ING 69
aprile 10*09 ne^ castello di Riche-
mont sua residenza favorita , e da
lui fatto edificare presso Londra ,
in memoria del titolo che avea
portato nella sua giovinezza. Il suo
tesoro si trovò ascendere ad un
milione ottocentomila lire sterline,
somma prodigiosa per que' tempi.
Tutta volta alcuni storici enfatica-
mente lo chiamarono Salomone
d' Inghilterra ed amico delle lettere,
per aver fondato diversi collegi.
Fu pure lodato per clemenza e
pietà. Ed ecco l'epoca più memo-
rabile d'Inghilterra, come la più
infelice, cioè a dire con l'assunzio-
ne al trono del principe di Galles
secondogenito del re defunto, il fa-
moso Enrico Vili. Questo princi-
pe che ha trasmesso a' suoi suc-
cessori il titolo di Difensore della.
fede} conferitogli dal Papa, fu quel-
lo appunto che cangiò nel floridis-
simo regno d' Inghilterra la fede
ed il cattolicismo de' suoi antenati.
Egli combattè i riformatori ed in-
trodusse la riforma ne' suoi stati.
Geloso all' eccesso de' diritti e de-
gli onori della corona, violò il ri-
spetto dovuto alle teste coronate ,
facendo perire due regine sul pa-
tibolo. Finalmente fece vedere sul
trono, ciò che forse raramente si
è veduto nelle condizioni private ,
cioè di essere stato marito di 6ei
donne.
Enrico VIII nacque nel 1491 ,
e quando fu assunto al trono de-
stò trasporti di gioia in tutte le
classi della nazione, indignata dal-
l'avarizia e severità del re defun-
to. Un principe d' anni dieciotto ,
d'aspetto leggiadro e di bella sta-
tura, di una grazia e destrezza po-
co comune in tutti gli esercizi del
corpo, non avea che a mostrarsi
per diventare l'idolo del popolo.
7o INO
Unendo i diritti delle due rose ,
non avea commozioni interne da
paventare ; i tesoti paterni lo .ren-
devano indipendente dal parlamen-
to ; fuori del regno godeva pace
profonda. 11 genitore, avaro per na-
tura, ripugnando restituire alla mor-
te d'Arturo i centomila ducati che
avea ricevuto per la metà della
dote di sua nuora Caterina d'Ara-
gona, e perdere i suoi diritti sull'al-
tra metà, e temendo che la prin-
cipessa rimaritandosi non portasse
al nuovo sposo il godimento del
terzo delle rendite del principato
di Galles e del ducato di Corno-
vaglia, che le era stato assegnato
siccome vedova del principe di Gal-
les, con dispensa di Papa Giulio
li la promise sposa ad Enrico in
età di anni dodici. Nel giorno
slesso in cui il giovane principe
divenne maggiore di età, cioè a' 27
giugno i5o5, il re suo padre gli
fece sottoscrivere una protesta con-
tro una promessa, di cui un fan-
ciullo, egli diceva, non avea potu-
to conoscerne la natura. Tale atto,
comunque allegalo in seguito, non
fu dettato da nessuno scrupolo di
coscienza, il solo interesse pecunia-
rio di Enrico VII ne fu la causa.
Del rimanente tale protesta, che me-
nò tanto rumore dappoi, fu allora
tenuta segreta. Parve che Enrico
Vili non si prendesse di ciò alcun
pensiero allorquando ragioni politi-
che d'alto rilievo, e le rare virtù
di Caterina d' Aragona , dopo la
morte di Enrico VII l'ehhero de-
terminato in suo favore. Egli la
sposò a' 7 giugno i5oOy e la fece
incoronare alcuni giorni dopo con
pompa straordinaria. Quindi rin-
novò le alleanze e i trattati del re
defunto, e giurò pace a Luigi XII
re di Francia per tutta la vita.
ING
Fece primo ministro Tommaso Wol-
sey poi cardinale, il quale diven-
ne il membro il più influente del
suo consiglio privato; ma i tornei,
le danze, i banchetti ed il giuoco
presto dissiparono le ricchezze ac-
cumulate da Enrico VII. Vedendo
il re che le ceneri del suo zio pa-
terno Enrico VI venivano da Dio
onorate di frequente con parecchi
miracoli, supplicò Giulio II che da
un sepolcro ignobile in cui le a-
veano collocate gì' invidiosi di sue
virtù, fossero trasportate alle se-
polture reali di Westminster, e che
gli piacesse canonizzarlo. Compiac-
que il Papa la prima parte del-
l'istanza, e per riguardo all'altra,
fatta già ad Innocenzo Vili e A-
lessandro VI, ordinò all'arcivesco-
vo di Cantorbery di fare il pro-
cesso autentico sopra le virtù e
miracoli di quel servo di Dio. In-
oltre il re spedi ambasciatori a
Roma per prestare obbedienza a
Giulio II, giusta il costume dei
nuovi monarchi. Mediante la lega
di Cambray i francesi erano calati
in Italia, quando il Papa pacifica-
tosi coi veneziani si ritirò da essa
per cui Luigi XII gli dichiarò la
guerra. Giulio li si collegò col re
di Spagna e con quello d' Inghil-
terra, cui mandò in dono la rosa
d'oro benedetta, e gli promise dar-
gli il titolo di cristianissimo che
voleva togliere al re di Francia il
quale stava per scomunicare; altri
dicono che Giulio II realmente lo
die ad Enrico Vili. Questi s' in-
terpose con Luigi XII perchè tra-
lasciasse l'empia guerra che faceva
al Pontefice, e poscia gli domandò
la restituzione della Normandia ,
della Guienna , dell' Angiò e del
Maine come parte del dominio del-
la corona d' Inghilterra : nulla ot-
ING
tenendo intimò guerra alla Fran-
cia. Nel i5i2 ebbe luogo tra le
due nazioni un combattimento na-
vale, senza rilevanti conseguenze.
Indi lasciata Caterina reggente del
regno, il re si portò nel continen-
te, ove guadagnò la battaglia degli
speroni, e nell'assediar Tournay as-
sunse il titolo di re cristianissimo j
mentre GiacomoIV, fedele alleato
della Francia, per fare un diversi-
vo entrò nell'Inghilterra, ove col-
la battaglia di Hoddenfield perde
ancora la vita. Dopo alcuni trat-
tati Enrico Vili ritornò a Lon-
dra, e poco dopo accordò la sua
sorella Maria in isposa a Luigi XI 1,
che nel i5i.i era stata promessa
all'imperatore Carlo V, dopo di
esserlo stata anche lA Delfino. A-
vendo Giulio II convocato il con-
cilio generale Lateranense V contro
il conciliabolo di Pisa, il re d'In-
ghilterra vi mandò i suoi amba-
sciatori.
Assunto al pontificato Leone
X, inviò al re il donativo dello
stocco e berrettone benedetti y chia-
mandolo campione della Chiesa.
Disgustato Enrico Vili del nuo-
vo re di Francia Francesco I, de-
terminò fargli una guerra sorda ,
soccorrendo Massimiliano I, alla cui
morte incominciarono le lunghe e
sanguinose rivalità tra Carlo V di-
venuto imperatore, e Francesco I
che si pacificò con l'Inghilterra.
Geloso Carlo V dell' amicizia che
passava tra il suo emulo ed En-
rico Vili, e come nipote di Cate-
rina d'Aragona all'improvviso sbar-
cò a Douvres. Il re incontrò l'im-
peratore, e lo condusse a Cantor-
bery per presentarlo alla regina;
Carlo V procurò guadagnare l'am-
bizioso e potente cardinal Wolsey,
ma inutilmente perchè questa visita
ING 71
non impedì che seguisse l'abbocca-
mento stabilito, il quale ebbe luogo
tra i due re nel modo il più splen-
dido e pacifico nel continente : tut-
ta volta riuscì poi a Carlo V di
raffreddare la loro amicizia. Essen-
dosi l'agostiniano Martino Lutero
ribellato alla santa Sede, sfrenata-
mente incominciò a spargere i suoi
perniciosi errori nel \5iy. Enrico
Vili che pretendeva di essere uno
de' primi teologi della cristianità ,
fu irritato del disprezzo con cui
il settario tedesco parlava di s.
Tommaso d'Aquino, suo autore
favorito. Quindi volendo entrare
nella lizza contro il libro di Lu-
tero : De captivitate Baby-Ionia, En-
rico Vili in difesa delle indulgen-
ze, del primato del Papa, e de' set-
te sagrameuti rispose confutandolo
coli' opera : De septem sacramenlis
conlra Marlinum Lutherum here-
siarcon, ec. col titolo: Asserito se-
ptem sacramenlorum adversus Mar-
linum Lutherum, che fece stampa-
re in Londra nel i5ai. Tra le più
antiche se ne hanno altre due edi-
zioni : una eseguita iti Roma nel
i543 coli' aggiunta di Clerk e di
Leone X cui il libro fu dedicato;
l'altra è d'Anversa del i522, e
contiene le stesse cose, più le rispo-
ste e la bolla di detto Papa sotto-
scritta da ventisette cardinali. In essa
Leone X paragonò il libro agli scritti
di s. Agostino e di s. Girolamo,
concesse indulgenze a chi lo leg-
geva, ed in ricompensa di un ser-
vigio cosi rilevante alla Chiesa fat-
to dal re d' Inghilterra con tale
libro, l'ornò col glorioso titolo di
Difensore della fede o della Chie-
sa. Di questo titolo ne parliamo
ancora nel voi. XX, pag. 41 del
Dizionario. Caduto poi il re nel-
l'eresia, e sottrattosi dall'obbedien-
yi ING
za della Sede apostolica, con ma-
nifesta contraddizione continuò ad
usare tale titolo, benché persecuto-
re crudelissimo della Chiesa cat-
tolica ; continuarono a portarlo i
suoi successori, e quel eh' è più cu-
rioso anco le regine, sebbene tutti
acattolici, tranne Maria, Giacomo
31 e Giacomo HI cattolici. 11 libro
fu subilo tradotto in tedesco, e la-
cerato con parole villane da Lu-
tero, alle quali Enrico Vili non
credette rispondere, ciò che fecero
per lui diversi dottori. Quanto al
titolo di Difensore della fede nella
bolla di Leone X che lo conferì,
ed in quella di Clemente VII che
lo confermò, non si parla del di-
ritto di ereditarlo ai successori di
Enrico VIII, appartenendo esso sol-
tanto a quel re: Tibi perpetuimi et
proprium, Pallavicino pag. 177; e
Beyner, Foedera XIII, pag. 756 ,
XIV, pag. i3. Ma Enrico Vili non
solo, come dicemmo, lo ritenne do-
po la sua ribellione, ma con legge
del l543 fu annesso alla corona
(35, Henr. Vili, 3). E sebbene
questa legge fosse stata poi abro-
gata, il titolo fu ritenuto imme-
diatamente da Filippo II e Maria
cattolici. Così Lingard nel voi. VI,
pag. io5. Recentemente il chiar.
cardinal Mai nel suo Spicilegium
romanum pubblicò le preziose ed
ignorate lettere che il re scrisse a
Leone X contro Lutero, prima del-
ia sua apostasia. In Londra presso
Arrigo Kent Causton fu pubblica-
ta nel 1 843 : La bolla di Leone
X colla quale conferiva al re En-
rico FUI il titolo di Difenditore
della fede. Fac- simile nell'origina-
le esistente nella libreria Cottonia-
na> mutilalo dall'incendio ivi ac-
caduto nel 173 r, insieme con una
copia compiuta da una antichissi-
ma copia. Vi è annessa una di-
chiarazione degli autografi ec. 11
titolo di propugnatore della fede
conferito da Leone X ad Enrico
Vili re d'Inghilterra e ritenuto dai
suoi successori, si suole comune-
mente paragonare ad una gemma
pontificia incastrata nella corona
protestante, perciò una delle taute
strane contraddizioni del protestan-
tesimo.
Enrico VIII mosso da ricono-
scenza verso Leone X, entrò nel-
la lega che questi fece con Carlo
V a danno di Francesco I. L'im-
peratore per incominciare le osti-
lità fece un secondo viaggio in In-
ghilterra, e conchiuse un trattato
con Enrico Vili: una delle clau-
sole di tale trattato è notabile, in
quanto che i due monarchi assun-
sero a giudice della loro lealtà il
cardinal Wolsey, e si sottomisero
anticipatamente alla scomunica, che
gli sarebbe piaciuta di lanciare in
qualità di legato pontificio. Enrico
Vili fece tosto assalire la Francia
e la Scozia, e nel domandar sus-
sidii al parlamento minacciò la
testa d' uno de' più influenti de-
putati se venivangli negati. Avea
Carlo V lusingato del triregno il
cardinal Wolsey, ma avendo Dio
fatto eleggere successori a Leone
X, Adriano VI e Clemente VII, il
cardinale se ne adontò, e contro
l'imperatore fece cambiare le affe-
zioni del re. Il Papa Clemente VII
nel \5i5 pubblicò la lega contro
il turco, in cui vi entrarono Carlo
V ed Enrico Vili.
Continuando la guerra tra Fran-
cesco I e l'imperatore, il primo re-
stò prigioniero del secondo : Enri-
co Vili ne rimase vivamente afflit-
to perchè vedeva l'imperatore sen-
za rivale, e l'Europa senza equili-
ING
brio, e fece pratiche per la libe-
razione del re : l'animo freddo di
Carlo V non le calcolò, quello di
Francesco I ne fu tocco, e poscia
ambedue si allearono contro l'im-
peratore, rinunziando Enrico Vili
aile pretensioni che i suoi prede-
cessori aveano sulla corona di Fran-
cia. Temendo Clemente VII per la
crescente possanza di Carlo V, che
l' Italia divenisse interamente sua
conquista, per difenderla nel 1026
fece lega coi re di Francia e d'In-
ghilterra, coi veueziani, fiorentini,
svizzeri e duca di Milano. Siffatta
alleanza offese l'imperatore che di-
chiarò tosto la guerra al Pontefi-
ce. Roma nel 027 fu presa e bar-
baramente saccheggiata dai fanati-
ci eretici di cui nella maggior parte
era composto l'esercito imperiale,
e Clemente VII venne assediato in
Castel s. Angelo. Questo avveni-
mento forni ai due re pretesto
plausibile per romperla apertamen-
te con l'imperatore : Clemente VII
fuggì ad Orvieto, ed implorò l'as-
sistenza de' due monarchi inglese
e francese, e l'ottenne da ambedue.
Eurico "VIII comprese quanto pro-
pizia fosse la circostanza pel com-
pimento di un progetto dell'indo-
le più delicata, cioè lo scioglimen-
to del suo matrimonio con Cate-
rina d'Aragona, che per gl'immen-
si suoi risultati fu cagione d'una
delle più grandi epoche della sto-
ria civile ed ecclesiastica moderna.
La prima idea di tale divorzio non
si può stabilire, come tutte le cau-
se che la provocarono. Sembra ch'es-
sa avesse origine o almeno fosse
dai r,e resa pubblica nel i5iy, quan-
do si accese d' amorosa passione
per Anna Bolena, passione irri-
tata ed accresciuta dalla resistenza
insidiosa ch'essa giovane gli oppo-
ING 73
se, protestando di non acconsentir
mai alle sue voglie, se non in qua-
lità di sua legittima moglie , seb-
bene essa avesse già ad altri pro-
stituito il suo onore, come diremo
in appresso. Anna passava per fi-
glia di Tommaso Boleno o Bo-
leyn visconte di Rochefort, ma era
veramente figlia naturale del me-
desimo re, eh' egli avea avuto dalla
viscontessa di Rochefort, nel tempo
che Tommaso era suo ambascia-
tore a Parigi. Ritornato questi a
casa trovò la fanciulla , e mosse
causa per ripudiare la moglie; ma
subito per ordine di Enrico Vili
fu costretto di desistere dalla lite
ed eziandio di ricevere nella sua
grazia la moglie, che per ottener-
la meglio , genuflessa confessò al
visconte il commercio avuto col
re. Anche un'altra figlia di essa
prostituì il suo onore al libidino-
so monarca. Che Anna Bolena fos-
se figlia di Enrico Vili fu pub-
blicato nel i585 da Sanders dietro
Rastel, e si cercò confutarlo nel-
l' Jnti-Sandems stampato a Cam-
bridge nel 1093. Burnett nella
sua Storia della riforma trascrisse
le ragioni àeWAnti-Sanderusj e Le
Grand nella difesa di Sanders ri-
spose alle ragioni jda lui allegate.
Il cardinal Quirini [Poli epist. t. I,
p. 137) dice che la maggior rifuta-
zione della storia si trova nel silen-
zio di Pole, il quale ne avrebbe
parlato, se a suo tempo fosse sta-
ta conosciuta.
Determinato Enrico VIII a va-
lersi di qualunque mezzo per i-
sciogliere i nodi che gli erano
divenuti odiosi , ebbe ricorso pri-
mieramente all' arme più poten-
te, facendo parlare la religione. Do-
po aver vissuto dal i5og con co-
scienza tranquilla colla regina, ad
74 JNG
un tratto gli scrupoli e i dubbi sul-
la legalità del matrimonio soprag-
giunsero in folla, e giunse ad at-
tribuire la morte immatura de' suoi
due figli alla maledizione del cie-
lo; lo assalì in fine il timore di
\edere il trono senza erede ma-
schio, avendo la sola figlia Maria;
e proibendo il Levitico, XVIII, 16,
i matrimoni della tempra di quel-
lo da lui incontrato con Cateri-
na, secondo la sua interpretazione,
ne inferì che la dispensa di Giu-
lio li fosse nulla. Allora compose
una memoria teologica, senza ba-
dare che la legge del Levitico era
giudiziale non naturale, e che il Deu-
teronomio, XXV, 5, ordinò di spo-
sare la vedova di suo fratello, quan-
do questi sia morto senza tìgli , il
che era precisamente al caso, e la
fece presentare a Clemente VII dal
segretario Rnight. Il Papa volle
procedere con maturità, e tirò Taf-
fare in lungo, ciò che irritò l' im-
pazienza del re teologo. Egli fissò
il giorno 21 giugno i52g, in cui
■voleva che la regina ed esso com-
parissero in persona dinanzi ai car-
dinali legati deputati dal Papa ad
esaminare sì importante affare. Ta-
le scena indecente era preparata per
perdere Caterina, ma tornò intera-
mente a sua gloria : la nobile sua
fermezza trionfò della malizia dei
suoi nemici, e ridusse al silenzio lo
stesso suo ingiusto sposo.
Non rimaneva al re che la for-
za d'adoperare, ed a questo mezzo
ricorse. L' infelice regina fu man-
data nel castello di Dunstable , il
cardinale Wolsey venne privato del-
la sua grazia perchè non era riu-
scito nell'affare ; prese per suo con-
sigliere e teologo Crammer, e con-
sultò diverse università d'Europa,
alcune delle quali lo favorirono.
ING
Temendo la resistenza del clero,
cercò d' indebolirlo o piuttosto d'u-
miliarlo. Da tale momento Enrico
Vili esacerbato del temporeggiare
di Roma, o meglio di vedere an-
cora infrenate le sue passioni, inco-
minciò ad ingerirsi nelle sacre co-
se; e senza annunziare il progetto
ormai troppo manifesto d'uno sci-
sma, si fece decretare il titolo di
prolettore e capo supremo della
chiesa d' Inghilterra : soltanto con
islento riuscì al parlamento d'inse-
rire nell' atto questa restrizione ,
per quanto la legge di Cristo lo
permette. Intanto per prevenire il
risentimento di Carlo V rinnovò
l'amicizia con Francesco I. Elevato
Crammer all'arcivescovato di Can-
torbery, in qualità di primate ai
23 maggio i533 pronunziò la sen-
tenza che dichiarò nullo e non
avvenuto il matrimonio di Enrico
VIII con Caterina d'Aragona, e
con altra sentenza riconobbe Anna
Bolena sposa e regina legittima,
cui il re lece incoronare con so-
lenne pompa. Il Papa cassò le due
sentenze, ed Enrico Vili invece di-
chiarò Elisabetta, nata dalla Bole-
na, principessa di Galles. Clemente
VII minacciò la scomunica, usò pa-
terne esortazioni, e mentre si trat-
tava la gran causa in Roma, sep-
pe che in Londra era stato pub-
blicato un libello infame contro la
santa Sede, e che in presenza del
re era stata recitata una farsa in-
decente contro il Papa ed i cardi-
nali. Adunato il concistoro, col pa-
rere de'cardinali, Clemente VII ai
2 3 marzo 1 534» sentenziò valido
e fermo il matrimonio di Enrico
Vili e Caterina, ed impose al re di
riprenderla sotto pena di scomuni-
ca. L'ostinato ed impetuoso mo-
narca prima di ricevere tale noti-
ING ING 75
zia, non pago del titolo di capo giorni dopo promulgala la scomu-
della chiesa anglicana, avea nel par- uica giunsero in Roma i documen-
lamento stabilita la sua suprema- ti che si attendevano, coll'autoriz-
zia e distrutta quella del Papa, a- zazione del re d' Inghilterra al ve-
bolendo le annate ed ogni contri- scovo di Parigi di sottomettersi
buzione qualunque, compreso il de' alle nuove decisioni della santa
naro di s. Pietro, pagata sino al- Sede, promettendo obbedire al giu-
lora alla camera apostolica, sotto- dizio pontificio, purché Clemente
mettendo i monisteri alla sola ispe- VII non lo separasse dalla cotnu-
zione de' suoi commissari, e dichia- nione de' fedeli, escludesse dall' er-
rando che si poteva senza eresia same della causa coloro eh' erano
combattere e negare l'autorità della sospetti al re, e delegasse commis-
santa Sede. I parlamenti aveano sari per Cambray, i quali riceves-
statuito analoghi provvedimenti, e sero imparzialmente gli articoli
riconosciuto soli eredi legittimi del eh' egli desiderava si esaminassero
trono i figli nati o da nascere dal nella sua causa. Oltre a ciò, ag-
secondo matrimonio del re , nulla giungono gli accusatori del Pon-
valutando i diritti della principes- tefice, passati appena mesi ventuno
sa Maria involta nella condanna finì di vivere la regina Caterina,
di sua madre Caterina. Rimaneva e con questa morte la controversia
dunque poco da fare per consu- sarebbe terminata se ancor fosse du-
roare lo scisma, allorché Eurico rata. Ma sia pur detto a difesa di
Vili ricevette la nuova della sua Clemente VII, non avea egli già col
condanna. Di questo grave argo- pontificalo ricevuto lo spirito pro-
mento già ne parlammo nel voi. fetico, onde dovesse prevedere que-
XX, pag. i24> 1^5, 126 e i5o ste circostanze future: aveva non
del Dizionario, ove dicemmo delle ostante indugiato assai nella risolu-
ragioni che mossero Enrico VIII zione, appunto per aspettare qualche
al divorzio, della validità della dis- accidente che ne dileguasse il biso-
pensa di Giulio lì, e di altre si- gno. L'indomita sfrenatezza e libidi-
mili; del modo come fu trattata ne di Enrico Vili, la conculcata veli-
la causa di questo divorzio, della gione del sacramento del matrimo-
scomunica di Clemente VII ed al- nio, e 1' arrogante disprezzo del
tro analogo, come di alcune ope- capo della Chiesa, sembra che ri-
re pubblicate su questo punto. chiedessero di non differire un ener-
Quelli che dai casi non previsti gico rimedio. Chi sa ancora se le
fanno regola per li fatti anteriori, promesse vaghe del re ciecamente
accusano Clemente VII d'impru- innamorato, giunte in Roma dopo
denza grande in questa delibera- la sentenza, sarebbero state stabili,
zione ; poiché essi dicono, se si sincere, docili e durevoli, dopo le
fosse per qualche tempo trattenu- cose narrate e le dichiarazioni fat-
ta la pontificia sentenza , come te contro 1' autorità spirituale. Ag-
dimandava il vescovo di Parigi Bel- giungasi, che o conveniva dissimu-
lay, spedito a Roma da France- lare o soprassedere eternamente,
sco I con una promessa verbale, for- cioè non far mai nulla, o quan-
se lo scisma d' Inghilterra nou tunque si procedesse in altro mo-
sarebbe seguito, mentre sei soli do, potevano succedere emergenze
76 ING
tali, che niun uomo saggio poteva
antivedere. Allorché Enrico Vili
ricevette la sentenza di Clemente
VII, andò in furia, quindi con un
decreto degli stati d' Inghilterra,
abrogò interamente 1* autorità pon-
tificia in tutto il suo regno. Inti-
mò pena di morte a chiunque ri-
conoscesse nel Papa la suprema
autorità e dignità ecclesiastica }
cstinse tutte le preghiere pel ro-
mano Pontefice, ed in vece di es-
se fece porre nelle litanie maggio-
ri queste abbominevoli parole: Ab
episcopi romani lyrannide et dele-
standis enormi tatibus, libera nos
Domine. Costrinse col giuramento
gli ecclesiastici a riconoscerlo capo
spirituale della chiesa anglicana,
costituito immediatamente da Cri-
sto, e perciò fece di sua autorità
una nuova ordinazione di vescovi.
Stabilì molti errori de' luterani,
onde da uno di questi fu chiamato
il postiglione della riforma. Final-
mente di tutte le sette fece un
mostruoso miscuglio, e da tutto il
regno mandò in bando la religio-
ne cattolica, sino allora fiorente,
soda ed immacolata. Clemente VII
morì a' 25 settembre i5345 ed
agli 1 1 ottobre gli successe Pao-
lo Ili.
Continuando Enrico VIII nel-
le sue scelleraggini, credendosi pa-
drone assoluto delle menti e delle
coscienze, come lo era delle perso-
ne , cangiò la disciplina della chie-
sa, tenne per delitto capitale il
credere al Papa., e considerò pure
delitto seguire Lutero. Ricusando
di prestare il giuramento di supre-
mazia spirituale, il venerando car-
dinal Giovanni Fischer già precet-
tore del re e vescovo di Roche-
ster, e per aver combattuto il di-
vorzio e difeso il primato del Pon-
ING
tefice, Enrico Vili lo fece deca-
pitare 6ul palco; egual pena fece
soffrire al celebre Tommaso Moro
cancelliere del regno, per avere
ricusato di sottoscrivere 1' alto del
parlamento che dichiarava il' -re
capo della chiesa anglicana. Le re-
liquie de' santi furono gettate alle
fiamme, le sacre immagini profa-
nate ed annichilite. Inoltre fece il
re bruciar le ceneri di s. Tomma-
so di Cantorbery martire dell' im-
munità ecclesiastica, e difensore
dei diritti della Chiesa romana.
In odio di questa Enrico Vili fece
morire tra i tormenti o di morte
disonorante tre arcivescovi, dieciot-
to vescovi, tredici abbati, cinquecen-
to sacerdoti e monaci, trenta de-
cani, quattordici arcidiaconi, ses-
santa canonici, cinquanta dottori,
dodici fra duchi, marchesi e conti,
ventinove baroni e cancellieri, cen-
totrentasei altri nobili, centoventi-
quattro cittadini, centodieci femmi-
ne di condizione, innumerabile nu-
mero di altri sudditi, mentre il
cardinal Wolsey morì con sospetto
di veleno. Le edizioni stampate da
Cavendish asseriscono che Wolsey
si avvelenò, ma questo passo non
è genuino, e non si trova nel co-
dice mss. , come prova Words-
worth. In pari tempo parecchi pro-
testanti vennero tratti al sup-
plizio per essersi eretti contro i
sacramenti della Chiesa romana,
facendosi il teologo re arbitro del-
la fede. Questo violento e volubile
principe si dice aver fatto perire
settantaduemila uomini nei sup-
plizi per forzarli a credere o a
non credere. Agli onori di capo
supremo della chiesa d' Inghilter-
ra, Enrico Vili volle aggiungere
i profitti che tale titolo gli offriva.
Le ricchezze del clero tentavano
ING
la sua cupidigia, ma per un avan*
70 di riguardo verso Je opinioni
risolse di procedere con misura.
Egli non attaccò dapprima che i
monisteri d' una classe inferiore,
e prima anche di pronunziare la
loro spogliazione, tentò di farla
approvare daila pubblica opinione,
secondato da Tommaso Crormvell
segretario di stato, •vicegerente o
"vicario geuerale del re-pontefice.
Non vi furono infamie, non mis-
fatti sulla terra di cui non fosse-
ro calunniosamente accusati i mo-
naci e le religiose : si affermò che
tutti domandavano la loro libertà,
ma si usò la violenza per cacciar-
li dai sacri chiostri, che furono a
poco a poco tutti soppressi. Ripor-
teremo qui, giusta il calcolo di
Tanner, il totale della vendita
delle case religiose in Inghilterra,
allorché vi furono abolite. I gran-
di monisteri 104,919 lire sterli-
ne; i piccoli 29,702 lire sterline ;
il capoluogo de' cavalieri gerosoli-
mitani in Londra 2385 lire ster-
line ; le altre 28 case dello stesso
ordine 3026 lire sterline. In virtù
di un atto passato al parlamento nel
i53j, 1' abolizione di centottanta-
uno piccoli monisteri diede al re
una rendita annuale di trentaduemila
lire sterline, oltre centomila in vasi
ed in gemme. Per l'abolizione dei
grandi monisteri avvenuta nel
i539, la rendita della corona fu
accresciuta di centomila lire sterli-
ne, senza i vasi e le gemme. II
re s' impadronì del i54o delle
case de' cavalieri gerosolimitani ; e
nel i548 fu riunita al fisco la
rendita di novanta collegi , di cen-
todieci ospedali, e di duemila tre-
cento settantaquattro benefizi sem-
plici. Inoltre le chiese furono an-
cora più maltrattate, massime le
ING 77
vescovili ; il saccheggio de'sacri tem-
pli fu generale. Cadute poi le ren-
dite ecclesiastiche in mani indegne,
esse non produssero che la sovver-
sione dell' ordine, e la corruzione
de' costumi.
In tanta desolazione non trovan-
do le sollecitudini del nuovo Pon-
tefice Paolo III , maniera , per
quanta premurosamente ne ado-
perasse, onde temprale la fierez-
za di Enrico VIII, con bolla de'29
novembre dell'anno i535, Ejus qui
immobìlis permana, presso il Bull.
Boni, t. IV, par. 1, p. 123, nuo-
vamente lo scomunicò, e lo privò
del regno se dentro novanta gior-
ni non compariva a render conto,
o per mezzo d' un suo ambascia-
tore, dell' abbominevole sua con-
dotta. E siccome il re non ubbidì
alle giuste ammonizioni del Papa,
questi a' 17 dicembre i538 rin-
novò la sentenza di scomunica col-
la bolla Cimi Redemplorem nosler,
loco citato p. i3o, dicendosi nel-
l'intestazione: Sequitur executìo di-
ctae. bullae, et tandem ejus revo-
callo, et execiitio, perchè imme-
diatamente segue la bolla prece-
dente. Il Lingard però dice che
non ha trovata alcuna prova che
la bolla sia stata pubblicata, per le
rimostranze dell' imperatore Carlo
V, e del re di Francia Francesco I.
Avendo Anna Coiena, già damigella
d' onore della regina Caterina, tol-
to ad essa sposo e corona , Gio-
vanna di Seymour damigella d'o-
nore di Anna occupò ad un tratto
il suo luogo nel talamo reale e
sul trono. Accusata Anna d' ince-
sto con Gregorio suo fratello, di
adulterio e di trama contro il
suo sposo, questi invaghito della
bella Seymour fece dichiarare nul-
lo il matrimonio, e quindi a' 19
78 ING
maggio 1 536 la fece decapitare.
Non è vero quanto scrisse il Bar-
net, cioè che Anna confessasse di
essere stata prima maritata a lord
Percy : la dichiarazione di Cram-
roer contro Anna fu fatta due
giorni prima della morte di questa,
secondo tale storico, ma è una di
lui invenzione per giustificare il
divorzio di Anna pronunziato da
queir arcivescovo, nessuno autore
appoggiando tale asserzione. Questa
disgraziata ed impudica donna fu
punita anche in vita di tulli i de-
litti eh' ella avea fatto commettere
»>d Enrico Vili, siccome principale
cagione che fece introdurre lo sci-
sma e la religione protestante o
pretesa riforma in Inghilterra.
Crammer non tardò appena morta
Anna dichiarare il suo divorzio, e
bastarda sua figlia Elisabetta ; ed
il parlamento die a tali atti forza
di legge. La corona fu quindi de-
voluta ai figli futuri della Seymour
o di qualunque altra donna che il
re avesse potuto sposare in seguilo.
Mentre Paolo III, come dicemmo,
voleva ricondurre al grembo della
Chiesa il re dopo la morte di chi
era stato il motivo della separazio-
ne, Enrico Vili, dopo aver proibi-
to qualunque scritto o discorso
tendente a ristabilire in Inghilterra
1' autorità pontificia , abbandonò i
dommi fondamentali della religione,
e convocato il clero gì' impose
una nuova professione di fede,
riducendo a tre i sette sacramenti.
La Seymour partorì con pena un
figlio che fu chiamato Odoardo
con giubilo della nazione, morendo
la madre dopo dodici giorni a' 24
ottobre 1,537. Passati due anni il
re prese in quarta moglie Anna
di Cteves a' 6 gennaio 1 54o, ma
ben presto successe avversione per
1NG
essa, che non ebbe più ritegno di
manifestare quando s'innamorò di
Caterina Howard nipote del duca
di Norfolk : fu costretta Anna di
confessare che avea prima contrat-
to un matrimonio clandestino col
duca di Lorena, altri dicono solo
promessa a questi ancor fanciullo.
Ella di carattere indifferente si
contentò del titolo di sorella adot-
tiva del re, e d' una pensione di
trecentomila lire sterline. Pochi
giorni dopo il divorzio Caterina
fu sposata, ciò che in segreto già
era slato effettuato ; passati due
anni, avendo il re scoperto la vita
dissoluta da essa menata prima ,
la fece decapitare a' 12 febbraio
i542. Intanto il parlamento accre-
scendo i titoli di Enrico VIII, e-
resse l'Irlanda in regno. Mentre
macchinava di dichiarare guerra al
nipote Giacomo V re di Scozia,
questi mori lasciando in fascie l'u-
nica figlia Maria Stuarda. 11 re
credette giunto il momento di con-
chiudere un trattato per unire quel
regno all'Inghilterra, col matrimo-
nio futuro di Maria col principe
di Galles.
A' li luglio i543 Enrico Vili
sposò una sesta moglie, l'avvenen-
te Caterina Parr, giovane vedova
del lord Latimer, e le principesse
Maria ed Elisabetta, più, volte di-
chiarate illegittime, furono richia-
mate nella linea di successione. In-
di invase la Scozia, ciò ch'esasperò
la nazione che ruppe l'unione del
progettato matrimonio; ma per oc-
cupare la Francia in unione di Car-
lo V, ne ritirò l'esercito dopo aver
bruciato Edimburgo. La guerra di
Francia non ebbe successi partico-
lari, anzi provocò le armi france-
si ad entrare in Inghilterra, e si vi-
de costretto nel 1 546 alla pace, si
ING
colla Francia che colla Scozia. Dopo
aver corso pericolo laParr di perde-
re la testa, il re morì a'28 gennaio
1 54/ d'anni cinquantasei. Fu sepolto
a Windsor nella tomba che si era
fatto preparare presso la Seymour,
quella di tutte le sue mogli che
avea più amato. Il suo testamen-
to, come la vita, fu un complesso
di bizzarrie; fondò delle messe
perpetue per riscattare l'anima sua
dal purgatorio, ed egli stesso ave-
va abolito tutte le istituzioni di
tal genere, e fatte dai suoi propri
maggiori. Francesco I gli fece ce-
lebrare in Parigi un uffizio solen-
ne, mentre la figlia Maria allor-
ché salì al trono vietò che si pre-
gasse Dio per suo padre, perchè
era morto scomunicato. Alla sua
morte gl'inglesi ignoravano ancora
qual culto doveano professare, per
gli opposti e frequenti cambiamen-
ti fatti dal re nel domma e nel-
la disciplina; l'antica religione dello
stato da una parie, dall'altra tutte
le sette nate dalla pretesa riforma,
divise e turbate tenevano le coscien-
ze. Egli riunì il paese di Galles al-
l'Inghilterra, ed eresse in vescovati
le città di Westminster, Oxford,
Peterborough, Bristol, Chester, e
Gloucester : fu benemerito della
marina reale. Sullo scisma d' In-
ghilterra, tra gli altri ne scrisse
la storia il Davanzati, di cui si
hanno diverse edizioni. Principal-
mente è a vedersi 1' importante
Storia della riforma protestante in
Inghilterra ed in Irlanda, la qua-
le dimostra come un tale avveni-
mento ha impoverito e degradato
il grosso del popolo in quei paesi,
in una serie di lettere indirizzate
a tutti i sensati e giusti inglesi da
Guglielmo Gohlet. L'opera di que-
sto dotto ed imparziale protestante
ING 79
inglese, pubblicata a'nostri giorni,
recò una ferita mortale al prote-
stantesimo d'Inghilterra, per cui
meritò che fosse tradotta in diver-
se lingue, ed in italiano da Dome-
nico Giegori, della quale versione
egualmente si hanno parecchie e-
dizioni. Quella di Roma è del i8i5
di Francesco Bourliè; quella di Na-
poli è del 1826 della tipografia
della Biblioteca cattolica. Su que-
sto grave argomento si può anco-
ra leggere la bella Storia d' Inghil-
terra di Lingard, tradotta in italia-
no dal medesimo Gregori e dal p.
Giacomo Mazio della compagnia di
Gesù, Roma 1828, tipografia di
Domenico Ercole, in quattordici vo-
lumi. In Malta nel 1 84- » Sadler
pubblicò il compendio di questa sto-
ria in due volumi. Abbiamo anco-
ra Nuove lettere di Guglielmo Gob-
bet ai ministri della chiesa d'In-
ghilterra e d'Irlanda, o continua-
zione della istoria della riforma
del medesimo autore. La traduzio-
ne dall'inglese in francese fu pubbli-
cata nel 1 836 in Parigi presso Rou-
ge. In questa opera vi si ritrova
la stessa logica della prima, pari
forza nelle ragioni ed eguale evi-
denza di fatti, in modo che può
dirsi con verità che i ministri pro-
testanti non oseranno di risponde-
re ad un'opera così riboccante di
prove, e che dimostra chiaramen-
te le iuconsegueuze della pretesa
riforma.
Odoardo VI figlio di Enrico VIII
e di Giovanna Seymour era nel-
l'anno nono quando successe a suo
padre. Il conte di Hertford di lui
zio materno fu eletto protettore
del regno e custode della persona
del re, e divenne duca di Somer-
set. Dominando fatalmente il parti-
to protestante, il duca inculcò al suo
80 INO
pupillo i principii della religione
protestante, e vi riuscì in modo che
il giovine re concorse con grandis»
simo zelo a tutte le misure capaci
di stabilire e consolidare la rifor-
ma; ma il suo regno fu pieno di
turbolenze nell'interno e nell'ester-
no, ed in generale disgraziato. Il
prolettore volle introdurre la rifor-
ma in Iscozia e maritare la giova-
ne regina Maria Stuarda al re, ma
la principessa fu invece mandata
in Francia dove fu promessa in ma-
trimonio al delfino. Le rivoluzioni
che scoppiarono in parecchie parti
del regno, erano provocate o dai
cambiamenti che si operavano nella
religione, o dal danno che faceva
al popolo minuto l'uso adottato dai
gran possidenti di ricingere i lo-
ro poderi per tenervi bestiami. 11
duca di Somerset ed il suo fra-
tello dai loro nemici furono man-
dati al patibolo, ed il re dovette
sottoscrivere la sentenza di morte
dei due suoi zìi . D'animo compas-
sionevole, tuttavolta per lo zelo con
cui Odoardo VI era prevenuto con-
tro i cattolici, si durò molta fati-
ca per indurlo a permettere a sua
sorella Maria di continuare nella
sua vera religione, e deplorò ama-
ramente l'ostinazione di quella prin-
cipessa, e la sua impotenza di non
poterla correggere. Dudley duca
di Northutnberland fu posto dopo
il Somerset alla testa dell'ammini-
strazione; questo nuovo reggente
governò il re ed il regno con pa-
ri dispotismo. 11 re mori d'anni
sedici a' 6 luglio i553, e fu viva-
mente compianto, perchè dava di
di sé le piti grandi speranze. Riu-
scì a Dudley di far dichiarare da O-
doardo VI escluse dalla successio-
ne Maria ed Elisabetta, ed in ve-
ce chiamarvi una lontana parente
ING
Giovanna Grey figlia della duchessa
di Suftolk, nuora del duca. Questi
volle sostenerla colle armi, quando la
nobiltà corse in folla sotto gli sten-
dardi di Maria ed il duca cadde
nell'odio pubblico. Maria fece subi-
to celebrare secondo il rito della
Chiesa romana, appena giunta in
Londra, magnifici funerali al fratel-
lo, e tale cerimonia gli porse occa-
sione di manifestare in luminoso
modo la sua divozione all'antica re-
ligione dello stato, rovesciata dal-
le violenze di suo padre. Con pub-
blico editto si rallegrò la regina di
aver conservata in tutta la sua pu-
rezza la fede cattolica, e manifestò
il vivo desiderio di vedere tutti i
suoi sudditi ripigliare il culto dei
loro antenati, promettendo di non
violentare alcuno finché ogni cosa
fosse regolata dall'autorità del par-
lamento: ond'evitare qualunque sog-
getto di discordia proibì d'usare in
avvenire le denominazioni di papi-
sti e d'eretici. 11 duca di Northum-
berland fu condannato a morte,
che subì da cattolico. Dovunque si
videro gli abitanti delle città e del-
le campagne rialzare gli altari cat-
tolici, e riprendere i libri delle pre-
ci che aveano dovuto nascondere.
Cinque vescovi protestanti si ritira-
rono volontariamente, e furono lo-
ro surrogati vescovi cattolici in mez-
zo alle acclamazioni del popolo : tre
santissimi vescovi cattolici, e molti
esemplari ecclesiastici e zelanti lai-
ci furono liberati dalle prigioni. Se
non si toccarono subito le leggi di
Enrico Vili, divenute caduche pel
fatto, fu perchè dovevasi prima por-
si d'intelligenza colla santa Sede.
Dopo la sua coronazione la re-
gina aprì il nuovo parlamento ; la
camera dei pari quasi tutta dichia-
rò la sua divozione alla religione
ING
romana, e quelle «lei comuni non
tardarono a far noto ch'erano ani-
mate dai medesimi sentimenti. La
sentenza di divorzio tra Enrico N III
e Caterina d'Aragona fu annullata;
e le leggi sulla religione promulga-
te sotto Odoardo \ I furono abro-
gate: in tal guisa si pronunciò impli-
citamente la reintegrazione del culto
cattolico. A motivo d'una congiura
soggiacquero all'estremo supplizio
Giovanna Grey, suo padre duca di
Sutlolk, e suo marito Guilford Du-
dley: anche Crammer fu condannato
ad egual sorte. Per sospetti Eli-
sabetta fu messa sotto vigilanza ri-
gorosa: un'aperta inimicizia era
insorta tra le due sorelle dopo
l' atto che, annullando il divorzio
di Enrico "Nili, dichiarava nullo
il matrimonio colla Balena, e quin-
di illegittima Elisabetta. Carlo V
domandò ed ottenne la mano di
Maria per suo figlio Filippo II re
di Spagna, con rinunzia di questi
a qualunque diritto eventuale sul-
l'Inghilterra, ed il quale in vece di
ricevere dote portò alla sposa una
somma d'un milione e duecento-
mila scudi in verghe d'argento. Fi-
lippo li giunto in Inghilterra trovò
Lene avanzata la restaurazione del
culto cattolico, ma uocque a tale
causa colla freddezza de' suoi mo-
di verso la nobiltà inglese, mentre
il parlamento fece ogni cosa per
compiacerlo. Avvisato il Ponteiice
Giulio IH dei felici avvenimenti
dell'Inghilterra, adoprò prontamen-
te ogni suo sforzo e zelo accioc-
ché questo reame abbandonata l'a-
postasia si riunisse nuovamente al-
la Chiesa romana, fuori della qua-
le non vi è salvezza, ma sempiter-
na pena. A tale etfelto e ad i-
stanza della regina spedì a Londra
per legato a Intere il cardinal Re-
vol. xxxv.
1JSG 81
ginaldo Polo parente de* re d' In-
ghilterra, ed uno de' più grandi
uomini che produsse la nazione ;
per morte di Paolo III era stato
eletto Papa per adorazione, quando
egli dilfereudo al giorno seguente
l'effettuazione, ciò non ebbe più
luogo. Tosto che il cardinale fu
sbarcato in Inghilterra, le due ca-
mere fermarouo di fare indirizzo a
Filippo II ed a Maria. Riconoscen-
dosi colpevole del delitto di defe-
zione verso la vera Chiesa , il
parlamento supplicò il re e la 're-
gina di metterlo in grado di ren-
dere manifesto il suo pentimento,
rivocando tutte le leggi che atten-
tavano ai legittimi diritti della
santa Sede. 11 cardinale legato iu
nome del sommo Pontefice diede
l'assoluzione geuerale del passato, e
dichiarò l' Inghilterra rientrata nel
grembo della Chiesa. I preti am-
mogliati, perseguitati dal pubblico
disprezzo , cessarono dovunque di
uffiziare. La restituzione de' beni
ecclesiastici avrebbe incontrato mi-
nori difficoltà, se il legato si fos-
se spiegato in modo più positivo
sopra tale punto delicato. Due di-
chiarazioni che promulgò successi-
vameute, sbigottirono le coscienze
timorate, comechè lasciassero alla
cupidigia i mezzi di ricorrere ai
sutterfugì per mantenersi nei beni
contrastati. Un'ambasciata solenne
fu spedita a Roma, e per dare un
segno luminoso della conversione
che si era operata ne' cuori più
indurili, la regina commise la cura
di estirpare l'eresia allo stesso Ste-
fano Gardiner vescovo di Winche-
ster, vecchio prelato versato nelle
leggi e nella teologia, che avea
sottoscritto anch' egli la sentenza
del divorzio di Enrico Vili, e di-
fesa col trattato, De vera et falsa
82 ING
obedientìa, ed inoltre avea assistito
il re contra il cullo cattolico: la
regina lo trasse di prigione per
farlo suo cancelliere e primo mi-
nistro. Egli fece perire sul rogo
quattro ecclesiastici, i quali predi-
cavano contro le leggi novellamente
pubblicate in favore dell'antica re-
ligione dello stato.
il cardinal Polo altamente dis-
approvò ogni maniera di persecu-
zione; ed il re e la regina fecero
predicare alla presenza di tutta la
corte un sermone sull'intolleranza;
ma il parlamento, e soprattutto le
comuni, era talmente predominato
dallo zelo religioso, che pronunziò
rigorose pene contro qualunque
giudice che trascurasse d'inquisire
gli eretici. Elisabetta che viveva in
una perfetta libertà, tosto che fu
informata delle disposizioni del
parlamento, ricorse alla dissimula-
zione che in lei era naturale. Ri-
tornò improvvisamente cattolica fer-
vente, assistette regolarmente alla
messa, si confessò e comunicò; dap-
poiché il cardinale avea restituito
all' Inghilterra il pieno esercizio
della fede ortodossa, l' uso della
messa, della confessione, della co-
munione, degli altri sagramenti, e
delle prediche. Mentre l'ambasce-
ria era in viaggio, morì Giulio III,
gli successe per soli ventidue gior-
ni Marcello II, dopo il quale ai
9.5 maggio i555 fu eletto Paolo
IV, ch'era stato collettore in In-
ghilterra del denaro di .?. Pietro
sotto Giulio II. L'esaltazione ino-
pinata di Paolo IV dicesi che fa-
cesse andar fallita la speranza che
nutriva Filippo II di veder l'In-
ghilterra unirsi alla vasta monar*
chia spagnuola. Giunti in Roma
gli ambasciatori inglesi nel primo
giorno del suo pontificato, il Pa-
ING
pa nel primo concistoro che tenne
dopo la sua coronazione li accolse
benignamente, e supplicando essi
in nome di tutto il regno il per-
dono degli errori passati, Paolo IV
levandoli da terra li abbracciò, as-
solvè l' Inghilterra da tutte le cen-
sure ecclesiastiche, e per maggior-
mente accrescere la dignità dei
sovrani, con bolla de' 7 giugno e-
resse 1' blanda in regno, titolo che
già le aveano dato senza l'appro-
vazione della santa Sede Enrico
VIII ed il parlamento. Richiese il
Papa in primo luogo, che l'Inghil-
terra tornasse a stringere tutti i
vincoli dell'antica sua dipendenza
alla Chiesa romana; ma avendo
sospeso dalla legazione il cardinal
Polo, per quei motivi che diremo
alla sua biografia, le negoziazioni
rimasero pressoché sospese. Filippo
II non tardò a provare un altro
dispiacere: la regina si diceva in-
cinta, quando dopo lunga aspet-
tativa si manifestarono invece sin-
tomi d'idropisia. Disgustato d'una
donna che non era né giovane né
bella, dopo un soggiorno di circa
quattordici mesi nell'Inghilterra, il
principe s'imbarcò per le Fiandre,
ed alle lettere amorose di Maria
solo rispondeva quando avea bi-
sogno di denaro, e la regina subi-
to si spogliava per soddisfarlo. Car-
lo V avendogli quindi rinunziato la
monarchia, Maria dovette rinun-
ziare ad una riunione divenuta
impossibile. Fu perciò assalita da
una profonda malinconia, e diven-
ne indifferente a tuttociò che suc-
cedeva dentro o fuori del regno.
Intanto l'Inghilterra si riempì di
novatori e di settari, intenti a for-
zarla ad abiurare la sua antica
credenza. Desiderando Filippo Jt
di trarre la moglie in una lega
IXG
contro la Francia, impensatamente
ricomparve in Inghilterra nel i55f.
Ottenne un corpo di truppe, non
però di ammettere un presidio spa-
glinolo a Calais, siccome minaccia-
to dai francesi; e in fatti alcuni
giorni dopo il duca di Guisa es-
pugnò la piazza tanto cara agi in-
glesi che la possedevano da due-
centodieci anni. Tutta l'Inghilterra
fu compresa di costernazione, ed
accelerò tal dispiacere la morte di
Malia, la quale ehbe luogo a' 17
novembre 1 558. Il quadro di tal
regno basta per ispiegare la rab-
bia con cui gli scrittori protestan-
ti hanno ingiustamente perseguita-
to e perseguitano ancora la me-
moria di Maria, d'animo grande e
nobile; Sono altronde i medesimi
scrittoli che hanno esaltato senza
misura la gloria e le pretese vir-
tù della crudele e perfida Elisa-
betta che le successe sul trono ,
la quale dopo aver promesso di
difendere la religione cattolica, la
abiurò e fieramente perseguitò, e ri-
stabilì nell'Inghilterra il culto pro-
testante; compiendo e perfezionan-
do la malaugurata opera di En-
rico Vili suo padre tiranno volut-
tuoso.
Elisabetta protestante per calco-
lo avrebbe dovuto perdere la te-
sta pei consigli di Gardiner, altri-
menti, diceva questi, il ristabilimen-
to della religione non era che mo-
mentaneo. Liberata dalla prigione
per la protezione di Filippo li,
nel suo ritiro impiegò il tempo in
accrescere le sue cognizioni, forti-
ficare il carattere ed a renderlo
prudente e riservato: scriveva in
molte lingue, ed era fregiata di
un esteriore maestoso e leggiadro.
L'esaltazione al trono d'Elisabetta
eccitò una gioia universale in tutto
ING 83
il regno; i protestanti perseguitati,
i cattolici assennati che ciò disap-
provavano, il veder terminato il
timore che il trono fosse diviso con
un principe spagnuolo, e la novità
ne furono le principali cause. Parlò
a tutti con amore, dichiarò obblio
alle passate ingiurie affettando cle-
menza, e si applicò tosto agli af-
fari. Avendo promesso alla sorella
moriente di non lasciar mai ro-
vesciare la ristabilita religione cat-
tolica, ciò che affermano alcuni ed
altri negano, Elisabetta scrisse al
cav. Carne ambasciatore di sua so-
rella e d'Inghilterra a Roma, di
notificare il suo innalzamento al
Papa Paolo IV, e che a niuno sa-
rebbesi fatto violenza per causa di
religione. Il Pontefice rispose che
stimava ardire d'essersi dichiarata
di sua autorità sovrana d'Inghil-
terra, la quale era feudo della san-
ta Sede ; che la sua nascita d'al-
tronde l'escludevano dal trono fin-
ché le sentenze pronunziate da
Clemente VII e Paolo III contro
il matrimonio di Anna Bolena non
fossero rivocate; e che se Elisabet-
ta si fosse sottomessa alle provvi-
denze pontificie, il paterno suo
animo non rimarrebbe chiuso. Al-
l'austero contegno di Paolo IV im-
putano molti autori seguitati da
Pietro Soave l'aperta dichiarazio-
ne d'Elisabetta per l'eresia, e la
perdita di quel regno. Difende Pao-
lo IV, collo Spondano, il Pallavi-
cino nella Storia del concilio di
Trento tona. Ili, p. 184, ove nar-
ra come alla morte della regina
due donne concorrevano alla suc-
cessione dello scettro , Elisabetta
minor sorella della defunta, e Ma-
ria Stuarda regina di Scozia mo-
glie di Francesco delfino di Fran-
cia, la più stretta consanguinea del-
84 ING
la schiatta reale d'Inghilterra, tol-
tane Elisabetta a cui si opponeva
il vizio del nascimento ; e che gli
inglesi mossi dalla maggior pros-
simità d'Elisabetta, pel testamen-
to di Enrico Vili, e per la loro
contrarietà agli scozzesi e francesi,
misero in trono Elisabetta, benché
altresì Maria Stuarda assumesse il
titolo di regina d' Inghilterra, e
intendesse sperimentare le sue ra-
gioni. Saputosi dalla regina Elisa-
betta il contegno di Paolo IV, ne
rimase disgustata e richiamò l'am-
basciatore ; quindi incominciò a
cambiare le forme esteriori del
culto, per cui tutti i vescovi catto-
lici, meno uno, ricusarono di cele-
brare il giorno di sua consacra-
zione, ma quello gli bastò : nella
funzione fatta con rito cattolico ro-
mano, giurò appiè degli altari la
conservazione di quella medesima
religione, di cui meditava il rove-
sciamento, e che in dieci giorni
rovinata avrebbe con una rapidità
inconcepibile. Ai 2 5 gennaio i55q
si apri il parlamento destinato ad
operare tale grande avvenimento.
A' 9 febbraio le due camere dichia-
rarono Elisabetta regina per dirit-
to divino, e legittimamente discesa
dal sangue reale. Ai 18 la came-
ra alta dichiarò la regina gover-
natrice suprema della chiesa egual-
mente che dell0 stato. Ai 22 di
marzo tale dichiarazione ebbe l'as-
senso de' comuni, e la rivoluzione
fu consumata. Furono annullate
tutte le leggi religiose di Maria, e
ristabilite quelle di Enrico Vili
e d'Odoardo VI. Un giuramento
di supremazia spirituale della co-
rona fu imposto a chiunque avea
la menoma relazione col governo,
ma prima di tutto ai vescovi ed
al clero; e per fondare la sua chie-
ING
sa, per far eseguire le sue decisio-
ni, la regina fu autorizzata di for-
mare la corte d'alta commissione
che divenne sommamente arbitra-
ria. Tutti i vescovi, tranne uno, ri-
cusarono il giuramento, e vollero
piuttosto sagrificare la loro fortu-
na, che abbandonare la loro fede ;
ma in novemila trecento ottantasei
ecclesiastici del secondo ordine, non
vi furono che centottanta parrochi
e novantacinque benefiziati che se-
guirono l'esempio de' vescovi. Eli-
sabetta non ancora perseculrice,
contentassi di deporre i contuma-
ci, attestando anche stima a pa-
recchi di essi: ricompensò e mise
a profitto la docilità degli altri.
La separazione colla santa Sede
venne interamente compita; uno
de' rami più illustri della Chiesa
cristiana si staccò dal tronco ve-
nerabile, cui era unito da quindi-
ci secoli, e che traeva dalle sue
vecchie radici tanta forza e mae-
stà. Non più ebbe Londra il nun-
zio apostolico residente, ne Roma
l'ambasciatore inglese, cessando af-
fatto le relazioni tra la santa Se-
de ed il governo d' Inghilterra.
Così il tribunale della sacra rota
romana non ebbe più un prelato
inglese per uditore, per cui dice
il Ber ni no che Sisto V ne conces-
se probabilmente il privilegio alla
repubblica di Venezia. Terminò
ancora di avere in Roma la nazio-
ne inglese il chierico nazionale del
sacro collegio e del concistoro, co-
me si disse al voi. XI, pag. 209
del Dizionario. Temendosi se Ma-
ria Stuarda regina di Scozia, ere-
de presuntiva della regina prote-
stante d'Inghilterra, le fosse suc-
cessa, di una nuova religiosa meta-
morfosi, una gran deputazione dei
comuni domandò ad Elisabetta di
ING
dare a sé stessa un sostegno con-
solatore ed all'impero britannico
eredi diretti; la regina rispose es-
sere già maritata collo stato, e gli
inglesi essere i suoi figli, braman-
do di vivere e morire vergine. Si
pacificò colla Francia e perciò an-
che colla Scozia, il cui vicino pae-
se, la religione che professava, e
la regina maritata al delfino di
Francia le davano forte inquietu-
dine. Ma siccome da due anni i
presbiteriani ponevano a soqqua-
dro la Scozia, così la regina Ma-
ria Stuarda mandò truppe francesi
per reprimerne le stravaganze e i
furori. Elisabetta indispettita per-
chè Maria, che gli era pure cugi-
na, col delfino per volere del pa-
dre inquartavano nelle loro armi
quelle d'Inghilterra, ed usavano i
titoli di re e regina di Francia ,
di Scozia, d'Inghilterra e di Irlan-
da, si unì ai ribelli, e colla forza
si oppose alle truppe francesi, ed
a mezzo di trattati obbligò i coniu-
gi a dimettere i titoli ]e le armi
d' Inghilterra e d' Irlanda, facendo
pure restringere l'autorità regia di
Maria durante la sua assenza. In
tal modo Elisabetta si assicurò con-
tro la regina di Scozia, che consi-
derava rivale, perchè amata in In-
ghilterra, potente in Iscozia, temu-
ta in Francia, ammirata dall'Eu-
ropa. Mentre Elisabetta ricusò la
mano a diversi principi ed anco a
parecchi signori inglesi, che non
temerono di aspirarvi sino dal pri-
mo anno del suo regno, il trono
della verginità divenne la sede del-
la galanteria. Primo oggetto della
sua affezione fu Roberto Dudley
figlio del decapitato duca di Nor-
thumberland, ch'essa fece conte di
Leicester e primo ministro. Intan-
to morì Francesco li, Maria Stuai-
ING 85
da restò vedova, e partita dalla
Francia si condusse in Iscozia .
Elisabetta gelosa persino della sua
avvenenza, le impedì di attraver-
sare i propri stati per giungervi,
e coprì il mare di vascelli per co-
gliere quello che ve la conduceva,
allorché col favore d'una densa
nebbia approdò nel regno; ma E-
lisabetta l'attorniò di aguati e tra-
dimenti tali, di cui la sua rivale
presto o tardi doveva esserne vitti-
ma; indi seguì un'apparente ricon-
ciliazione tra le due cugine. Fece
successivamente fiorire la coltiva-
zione, la navigazione, il commercio,
l'economia nelle finanze, e la di-
sciplina negli eserciti : si meritò i
titoli di restauratrice della marine-
ria inglese, e di sovrana de' mari
del settentrione. Esercitò tutta la
sua crudeltà con Caterina Grey
sorella della sventurata Giovanna,
e col conte di Hertford Seymour,
perchè essendosi sposati, potevano
i loro figli un giorno vantare diritti
eventuali a quella corona, alla qua-
le non voleva che altri potessero
a lei succedere.
Dopo avere Elisabetta impedito
colle più, basse arti e tradimenti,
un secondo matrimonio a Maria
Stuarda, questa compiacendo il voto
generale degli scozzesi sposò lord
Darnley, il più prossimo erede alla
corona inglese dopo Maria. Non es-
sendole riuscito impedir questa u-
nione, Elisabetta sfogò il suo in-
giusto risentimento coi parenti del
consorte con confische e prigionie,
e suscitò un ammutinamento fra i
grandi di Scozia: quando poi sep-
pe aver la rivale partorito un fi-
glio diede nelle smanie, mentre i
parlamenti e le camere rinnovava-
no a lei istanze di matrimonio e
di successioni, o che almeno no-
86 ING ING
minasse un erede per evitar le con- fu trasmessa in Inghilterra, ove
seguenze di tanti pretendenti. Si Giovanni Felton cavaliere illustre
passò alle minacce, ed allora la re- per sangue e più illustre per fe-
gina impose con potere assoluto de, ai i5 maggio 1670, festa del
che più non s' insistesse sull'argo- Corpus Domini, l'affisse coraggio-
meuto. Frattanto il Pontefice s. Pio samente alla porta non di una
V risoluto di fare i medesimi sfor- chiesa, ma alla porta del vescovo
zi che fatto avea per la Francia di Londra, e perciò gli fu dato
contro gli ugonotti, affine di con- per ordine della regina il più 01-
servare nell'Inghilterra la religione ribile martirio, che descrive il Ber-
cattolica, inviò nunzi a tutti i prin- nino nella Stana dell' eresie toni.
cipi cristiani, per esortarli vivamen- IV, pag. 526. F. M.r Strype
te a prendere le armi in favore nell' Ilisl. eccl. et ch'ile du regna
della religione. Nel tempo stesso non de la reine Elizabeth. Natale Ales-
mancò di assistere con denaro gl'in- Sandro, non sempre favorevole al-
glesi cattolici esiliati, e di sovvenire l'autorità del Pontefice romano, nel
quelli ch'erano carcerati per ordine toni. Vili, Hist. eccl. saec. XV I,
della regina, col provvedere alle art. 20, pag. 5c), pretende dimo-
loro necessità colla somma di cin- strare, che s. Pio V non avesse
quantamila scudi : merita singoiar autorità per fulminar questa sen-
menzione il cardinal Nicolò Gae- tenza; ma lo convinse egregiamen-
tani romano, per la generosità te fra gli altri il citato J3ernino
colla quale sovvenne i vescovi ed a pag. 524. Quindi Elisabetta fe-
i cattolici costretti a fuggire per la ce nel i5yi dichiarare dal parla-
persecuzione dall'Inghilterra. Con- mento, doversi ritenere per tradi-
siderando s. Pio V che la regina mento non più soltanto il conver-
Elisabelta, usurpata la mostruosa tire, ma l'essere convertito alla fede
qualifica di capo della chiesa an- cattolica ; tradimento chiamare la
glicana, avea abolito la messa, ban- regina eretica e infedele, e tradi-
titi dalle loro chiese i vescovi cat- mento il dire che la scella del suo
tolici, ed esercitava la più scaltra successore non potesse essere deter-
tiiannia sopra tutti quelli che mo- minata da un atto del parlamento,
stravansi costanti nella religione Maria Stuarda vittima di uu
romana, colla bolla Regnans in complesso di avvenimenti nell' in*
eoccelsis, più severa di quella ema- terno del regno, che narreremo al-
nata da Paolo III contro il di lei 1' articolo Scozia, fu imprigionala
padre, ai xS febbraio 1070, Bull, in un castello dai propri sudditi,
Roin. tom. IV, par. Ili, pag. 98, ed allora Elisabetta intervenne (pia-
la dichiarò solennemente eretica, le arbitra tra la reale cattiva, ed
divisa dalla comunione de' fedeli; i ribelli confederati. Quando poi
la privò d'ogni dominio e dignità, 1' infelice principessa fuggì sul ter-
assolvè dal giuramento di fedeltà ritorio inglese, Elisabetta violando
i sudditi, ed impose la medesima 1' ospitalità ed abusando della fòr-
scomunica a qualunque soggetto za, esigette che si purgasse dal-
della nazione inglese, chea lei per I' accusa calunniosa de' libelli, di
1' avvenire prestasse obbedienza . essere stata complice dell' uccisione
Questa bolla, stampata iu Koma , dello sposo prima di sposarne 1' uc<
ING
cisore. L' innocente Maria dichiarò
che sottoponeva di buon grado la
sua causa ali' arbitrio delia sua
buona sorella, la quale sopra tal
sommersione fondò I' istituzione di
un processo contradditorio ; venne
imprigionata e con atti illegali e
crudeli, con un cumulo di tradi-
menti ed ipocrisie, si osò dichiarar-
la rea di tradimento in ultimo gia-
de Il Pontefice Gregorio XIII pro-
curò di mantenere la religione
cattolica nella Scozia e di rimet-
terla in Inghilterra, come di libe-
rare Maria Stuarda dalla tirannica
oppressione di Elisabetta; ed all'ef-
fetto conchiuse una lega con Filip-
po II. Esortò poscia con successo i
veneziani perchè non ricevessero
uu ambasciatore d' Inghilterra co-
me desiderava la resina. Più tar-
D
di il medesimo Papa, a salvar la
regina di Scozia, tentò collegare
con Filippo II i re di Polonia e
di Svezia, ma senza riuscita. Dopo
aver Elisabetta, implacabile nemica
di sua cugina, tentato più. volte di
farla assassinare, ad onta delle in-
tercessioni e minacce di suo figlio
Giacomo VI re di Scozia, e del
suo cognato re di Francia, dopo
averla tenuta in prigione circa die-
ciotto anni, la fece decapitare a' 18
febbraio i 087. Si spinse la crudeltà
a negarle un avvocalo per difen-
derla, ed un ministro della sua
religione per amministrarle le ul-
time consolazioni di essa. Appena
il delitto fu consumato, la regina
affettò la più violenta o ridicola
disperazione, ed osò scrivere al re
Giacomo VI, per esprimergli il suo
profondo dolore. II Papa Sisto V,
riprovando tale assassinio, rinnovò
contro Elisabetta le scomuniche di
s. l'io V e di Gregorio XIII, e le
fulminò contro quelli che a lei ob-
I H G 87
bedivano. Alcuni cattolici trasporta-
ti da eccessivo zelo cospirarono
contro la vita della regina ; ciò
bastò per fare accusare tutti i cat-
tolici d' essere loro complici, laon-
de si aumentarono le vessazioni
contro di essi. Altre cospirazioni
per togliere i giorni ad Elisabetta
avevano avuto luogo, e per liberare
Maria Stuarda, che destava a tutti
compassione, e si rinnovarono do-
po la violenta sua morte per ven-
dicarla. Si conchiuse quindi fra il
Pontefice Sisto V, e Filippo II re
di Spagna la guerra contro I' In-
ghilterra, anche per essere stato il
secondo provocato da lungo tempo
dagli armatori inglesi. Eccitato Fi-
lippo II dalle ingiurie fatte ancora
alle sue colonie d' America, ed
animato dal zelo il più ardente per
la religione, deliberò d' invadere
1' Inghilterra con una formidabile
flotta, mai simile siuo allora vedu-
ta nell' Oceano, per cui le fu da-
to il nome d' invincìbile. Elisabetta
la vide senza spavento, meditò la
sua difesa con calma ; scorse il re-
gno ed infiammò tutti i sudditi :
quella fu 1' epoca della sua vera
grandezza. Una burrasca disperse
e rovinò la flotta spagnuola, che
dicesi aveva costato centoventi mi-
lioni di ducati. Fra i mezzi dalla
regina usati per esaltare 1' amor
patrio de' suoi sudditi alla difesa
comune, si novera la pubblicazio-
ne di un giornale intitolato il J/tv-
curio inglese, la prima gazzetta che
venne alla luce neh' Inghilterra.
Elisabetta soccorse Enrico I V
re di Francia contro la famosa
lega, come quello che fra tutti i
sovrani più stimava. La morte nel
i5g8 rapì Filippo II, e liberò
1' Inghilterra dal più pericoloso
de' suoi ueuiici, il quale non aveu
88 ING
cessato di fomentare le turbolenze
d' Irlanda, che voleva conservarsi
cattolica. La regina spedì contro gli
irlandesi il suo prediletto favorito
conte d'Essex, cli'essendosi poi ribel-
lato venne decapitato ; lo che gittò
Elisabetta in una profonda malinco-
nia, che dopo due anni la condusse al
sepolcro. Nominò il re di Scozia suo
più prossimo parente a successore,
e morì d'anni settanta a' 3 aprile
i6o3. La sua ripugnanza al ma-
trimonio derivò dal solo timore
di darsi un padrone, o di dividere
la sua autorità. Così fini questa
donna di raro spirito, coltura, po-
litica, senno ed accorgimento, ma
flagello crudele e spietato de' cat-
tolici, la cui religione abborriva,
onde contrastò nell' empietà la
precedenza ai tiranni dei primi se-
coli della Chiesa. Conobbe 1' arte
d> regnare in un grado eminente,
e fu una delle regine più celebri
e di maggior capacità. Le succes-
se Giacomo VI re di Scozia, figlio
di Maria Stuarda e di Enrico
Stuardo lord Darnley conte di
Lennox, che prese il nome di Gia-
como I, e per avere riunito alla sua
corona i regni di Scozia, di Irlanda
p d'Inghilterra, pel primo prese .il
titolo di re della Gran Bretagna.
Ebbe per maestro il celebre Buca-
nano, sotto del quale apprese le
belle lettere: si piccava ancora di
essere teologo, e le opere che si
hanno di lui piovano eh' egli era
più versato ne|la controversia che
nell' arte di regnare. Roberto Ce-
di confidente di Elisabetta 1' avea
giovato presso questa. Sperava il
Papa Clemente Vili, che con Gia-
como I si ripristinasse nell' Inghil-
terra il cattolicismo ; ma le sue
sollecitudini praticate a questo fine,
presto si conobbero infruttuose. 11
ING
nuovo re professò la setta angli-
cana, onde con esso perirono le
speranze del ristabilimento della
fede. 11 zelo di questo re per la
pretesa riforma 1' indusse a pro-
nunziar la pena di morte a tutti
i sacerdoti cattolici se non usciva-
no dall' Inghilterra. E però da
osservarsi, che i migliori storici
credono che Giacomo I nel per-
seguitare i cattolici non seguiva il
suo giudizio, ma piuttosto fatal-
mente cedeva alle pretensioni del
popolo. Scoprì nel i6ot> la famo-
sa cospirazione della polvere, e
molti congiurati furono condannati
a morte. Erano stati posti sotto
la camera del parlamento de' bari-
li di polvere, alla quale doveva
appiccarsi fuoco appena entrato il
re. Alcuni accusarono i gesuiti di
aver avuto parte in questa congiu-
ra ; ma Guido Fabri della Bode-
rie ambasciatore in quel tempo di
Francia in Inghilterra,, li giustificò
pienamente. Giacomo I fece pub-
blicare il famoso giuramento nel
1606 intorno all' indipendenza del
re d' Inghilterra, chiamato il giu-
ramento di società: di questo giu-
ramentOj che Paolo V proibì ai
cattolici di prestare, se ne tratta
all' articolo Giuramento. Questo
Pontefice fu generoso in stabili
soccorsi ai cattolici esiliati dall' In-
ghilterra. Si osserva che la vio-
lenza fatta per tanti anni alle co-
scienze dalla regina Elisabetta e
dal re Giacomo I, popolò il terri-
torio inglese d' America, e sparse
il seme di quella fiorentissima na-
zione, che nel novello emisfero
primeggia. Sotto il suo regno al-
cuni navigatori inglesi presero pos-
sesso delle Bermude e di Mont-
serratj della Barbada e di s. Cri-
stoforo. Le sue prodigalità lo ri-
ING
dtissero sollo la dipendenza del
parlamento che gli rifiutò de' sus-
sidii, e s' irritò della sua tendenza
al potere assoluto. Nel parlamento
da lui convocato nel 162 1, si for-
marono i due famosi partiti cono-
sciuti sotto i nomi di tories e di
whfgs, il primo de' quali è a fa-
vore del re, il secondo a favore
del popolo. Giacomo I morì nel-
1' errore e nello scisma nel 1625.
Gli successe suo figlio Carlo I,
nato nel 1600 a Dumfermline da
Anna di Danimarca, il quale prese
subito in moglie Enrichetta di Fran-
cia figlia di Enrico IV e sorella
di Luigi XIII. Due anni dopo spe-
dì soccorsi a' calvinisti per impedir
la presa della Hocella, ma gì' in-
glesi vennero disfatti, onde poscia
si conchiuse un trattato tra le due
corone. Di là a non molto gli
scozzesi ed i parlamentari d' In-
ghilterra pigliarono le armi contro
di lui, dal che ne provenne una
guerra ostinata e funestissima. Egli
avea ereditato da suo padre un' au-
torità indebolita dai comuni, ed
un zelo ardente per la religione
anglicana : questo zelo die origine
alla lega dei Covenaiiùers j armò
la Scozia contro di lui, sollevò
1' Irlanda, e quarantamila inglesi
furono trucidati. Dopo molti asse-
di e combattimenti, debole troppo
per resistere ai comuni, Carlo I
vide il suo regno in preda alle
guerre civili fomentate da un cie-
co fanatismo : fu spogliato de' suoi
stati, e gli scozzesi presso de' qua-
li erasi rifugiato, avendolo inde-
gnamente dato in mano degli in-
glesi, Oliviero Cromwell lo finì di
perdere provocandone la condan-
na a morte, e gli fece tagliar la
testa sul palco dal carnefice avan-
ti il palazzo di AVhitehall a' 9 feb-
ING 89
braio 1649. Veramente non si può
dire assolutamente che Cromwell
abbia fatto decapitare Carlo I, co-
me affermano molti, dappoiché scri-
ve Lingard, che gli uomini che lo fe-
cero andare sul palco furono una
piccola fazione di arditi ed ambi-
ziosi. Oliviero Cromwell politico
inglese di molta capacità, ed uno
de' più gran generali del suo se-
colo, avendo tagliato a pezzi 1' ar-
mata reale, superato il duca Ha-
milton, ed ucciso di propria mano
il famoso colonnello Legde in una
sortita all' assedio d' Oxford, do-
po la presa di questa città an-
dò al parlamento, e gli fece de-
cretare nel 1646 la degradazione
del re. Neil' anno seguente avendo
gli scozzesi consegnato Carlo I a
Cromwell, questi si fece proclama-
re generalissimo dopo la dimissione
di Tommaso Fairfax. Dopo aver nel
1648 sconfitto il duca di Buckin-
gham, battuto ed imprigionato il
conte di Holiand, ritornato in Lon-
dra come in trionfo, permise che fos-
se troncato il capo al re suo signore.
Il figlio di questi Carlo II, avendo
inteso all'Aja l'infelice morte del pa-
dre, passò nella Scozia ove que' po-
poli lo proclamarono re di Scozia,
d' Inghilterra e d' Irlanda. Intanto
Cromwell a' 17 marzo 1649 ^ece
abolire la monarchia, e stabilì la
repubblica con un consiglio di sta-
to, dando a quelli che Io compo-
nevano il titolo di protettori del
popolo, e difensori delle leggi. Passò
dipoi in Irlanda, ove diede una
rotta al marchese d' Ormond. Non
fu men fortunato in Iscozia, ove
gli stati avevano prese le armi pel
re Carlo II. Unitamente ai ribelli
inglesi, Cromwell lo -vinse a Dun-
bar ed a Worcester, e fece un
orribile macello della sua armata
9o ING
nel i65f. Cromwell ebbe pur buon
esito nella guerra che fece agli olan-
desi nel i653, e ricusò la corona
tì" Inghilterra offertagli dal parla-
mento, ina n' ebbe tutto 1' eserci-
zio dell' autorità sotto il modesto
titolo di lord protettore, governan-
do dispoticamente la Gran Iìreta-
gna. Crouiwell ricusò con ipocrisia
il l'itolo di re, prevedendo che a-
Tfebbe incontrato grandissima op-
posizione all' assunzione di tale ti-
tolo. Essendo fuggilo Carlo li, Ira-
•vislito da taglialegna e poi da ca-
meriere, si portò a Rouen, donde
avendo inleso che la Francia ave-
\a trattato con Cromwell, si ritirò
a Colonia. Allora gli spagnuoli di-
chiararono la guerra a Cromwell, e
diedero una pensione al disgraziato
monarca, che passò in Fiandra, in-
di si rifugiò in Olanda. Avendo
Cromwell opposto agli spagnuoli
Valida resistenza, tolse loro la Gia-
inaica e Dunkerque. Gli inglesi a-
Tevano già occupate le isole JNevis,
e la lìarbuda nel 1628, Antigua
nel i63"2, ed Anguilla nel i65o.
Cromwell prese di mira anche i
cantoni svizzeri . Alessandro VII
lece coraggio ai cantoni cattolici,
e per mezzo di monsignor Litta
arcivescovo di Milano li soccorse
Segretamente con trentamila scudi.
Gli svizzeri riportarono de' vantaggi
etiti' esercito inglese, ma a mezzo
del loro collegato Luigi XIV re di
Francia, a cui vivamente li racco-
mandò il Papa, si fece la pace.
Oliviero Cromwell mori in Whi-
tchall ai i3 settembre i678, e
iìi sepolto con magnifica pompa
nella cappella di Enrico VII.
Cromwell dotato di coraggio e
talento straordinario, intraprenden-
te, dissimulatore, e capace di ese-
guire i più gran progetti, fece fio-
ING
rire il commercio in Inghilterra,
ne dilatò il dominio, e fu come
1' arbitro della quiete d' Europa.
Le' sue belle qualità furono mac-
chiate dall' abuso che fece di sua
autorità, usurpando le prerogative
del trono, e trattando crudelmente
i suoi legittimi sovrani.
Oliviero dichiarò prima di mo-
rire per suo successore il proprio
figlio primogenito Riccardo Crom-
well, il quale fu pioclamato pro-
tei tore d' Inghilterra con molta
Solennità. Non si seppe mantenere
Dell' eminente poslo, dappoiché es-
sendosi suscitate alcum; dispute per
limitare l'autorità de'magistrati, e
non avendo Riccardo avuto la pru-
denza di celare le misure che sta-
va prendendo per tirar dal suo
partito la flotta e la milizia , i
suoi andamenti fecero nascere del-
la gelosia tra lui e l'armata. Fleet-
wood e Desbourough, il primo co-
gnato ed il secondo zio di Riccar-
do , tirarono dal loro partito gli
ufficiali dell' esercito, deposero Ric-
cardo nel 1660, e presero le re-
dini del governo. Ma vedendo che
il popolo si lagnava delle loro pro-
cedure militari, spedirono deputati
a Riccardo, lo liberarono dai suoi
debiti, e gli accordarono una pro-
tezione per sei mesi : allora Ric-
cardo portossi via le ricchezze che
trovò a Whitehall e ritirassi al-
la campagna, ove visse sconosciuto
sino alla morte. Intanto il genera-
le Monk essendosi reso padrone
assoluto del parlamento, richiamò
il re Carlo Ilei suoi fratelli nel
1660, sostenuto dai partigiani re-
gi. Carlo li fu coronato l'anno
seguente, e sposò Caterina infanta
di Portogallo. Invano questo prin-
cipe tentò di ristabilire l'autorità
eh qualcuno de' suoi predecessori ;
IiNG
non potè neppure mostrarsi tolle-
rante, e la sua dichiarazione di
indulgenza verso i non conformi-
sti, venne ritrattala dal parlamen-
to. Sotto di lui si stabilì il giu-
ramento del lesto o tesi, escluden-
do dal trono i principi cattolici, ed
anche il bill di habeds corpus fu
ammesso sulla libertà del suddito.
Durante questo regno si fece la
guerra contro gli olandesi e con-
tro i francesi, co'quali venne futla
la pace nel 1667 col trattato di
Breda, pel quale la Gran Bretagna
acquistò la Nuova-York, il Nuovo
Jersey, ed il Capo Corso, suo pri-
mo stabilimento africano. A tale
epoca il re inviò dei coloni alle
Lucaje; indi Carlo 11 si unì coi
francesi nel 1672 , contro gli olan-
desi, però passati due anni si ri-
stabili la concordia dopo di aver
preso l'isola di s. Elena all'Olanda.
Quanto ai successi della marina
britannica , oltre che per lungo
tempo fu alle prese con quella di
Olanda, conquistò Virgin-Gorda e
Tortola. Procurò Carlo li di e-
htinguere le fazioni nel suo regno
e di farvi fiorire la pace, il com-
mercio e le belle arti. Morì Car-
lo II a' 16 febbraio i685, e gli
successe il duca di York suo fratel-
lo, anch'esso figlio d'Enricbelta di
r rancia, che prese il nome di Gia-
como 11. Erasi segnalalo per va-
lore in Fiandra sotto Giovanni
d'Austria, e del gran Condè. Rien-
trato col fratello in patria, fu cicalo
grande ammiraglio del regno, e
rese illustre per sempre il suo no-
me pei combattimenti sanguinosi
die sostenne; ma di lui si dis^e, che
parve deguo del trono finebè non
\i si assise. Tra quegli stessi che
non potevano a meno di far o-
uiaggio alla sua gloria militare ed
I N G 91
alle sue qualità personali, un trop-
po grande numero lasciava scorge-
re la diffidenza e l'odio che loro
ispirava l'alfezione del principe al-
la religione cattolica. Del rimanen-
te lungi dall' esserne sbigottito, si
dava anzi poca briga per dissimu-
lare opinioni, cui aveva comuni
con Carlo II suo fratello, ma che
questo monarca voluttuoso e de-
bole, non osò manifestare che quan-
do il timore glie n' ebbe imposto
l'obbligo. Iiume dice positivamente
clie Carlo II ricevè morendo i
sagramenti della chiesa romana, e
ciò è fuori di dubbio dopo la pub-
blicazione dei dispacci di Barillou
ambasciatore di Luigi XIV pres-
so quel principe. Nella supposizione
che il duca di York ristabilisse
l'antica religioue dello stato, il fu-
rore del partito protestante si su-
scitò al più alto grado, ed i fa-
natici non conobbero misura ver-
so il duca. Siccome il re era sen-
za figli, questo principe si trovava
erede presuntivo della corona, per
cui i comuni meditarono Un pro-
getto insormontabile al ripristina-
mento del catlolicismo contro di
lui, cioè dapprima un alto di limi-
tazione, e poco dopo osarono di
proporre il formale bill di esclu-
sione. Due volte però la camera
de'pari ed il re fecero andar fal-
lita tale cospiratone coulro l'ordi-
ne esistente.
Morto Carlo II, il principe cui
si era voluto contrastare i suoi di-
ritti, fu riconosciuto ed acclamato
senza opposizione; anzi per le sue
parole, indirizzate al cousiglio pri-
vato, destò in tulle le classi tras-
porti d'allegrezza e di riconuscen-
za. Giacomo II dichiarò, che in
onta a tutte le dicerie fattesi sul
di lui conto, avrebbe saputo con-
9*
ING
vincere la nazione inglese della sua
risoluzione invariabile di mante-
nere le leggi dello stato e la chie-
sa stabilita. Non tardò a far ve-
dere che non avea dubbio alcuno
sulla legittimità e sulla (orza della
sua potenza. Con un bando si man-
tenne nel godimento della rendi-
ta delle dogane e dell'assisa, che il
parlamento avea concesso a vita
al fratello; andò quindi pubblica-
mente alla messa, con tutto l'ap-
parato di principe cattolico. Con-
servò tutti i ministri e grandi uf-
fìziali del fratello, e diebiarò la sua
affezione particolare per Luigi XIV,
sperando ottenere da lui il modo
di provvedere a molte spese indi-
spensabili senza ricorrere al parla-
mento, di cui temeva gli ostacoli
(piando avesse penetrata la sua ri-
soluzione di tornare in vigore la
religione romana o almeno di met-
terla iu condizione perfettamente
eguale colla religione protestante.
Indipendentemente dai suoi disegni
particolari in tale proposito, Gia-
como li era vivamente istigato dal-
la regina Maria di Modena ad ot»
tenere tanto per sé stesso, quanto
per quelli de'suoi sudditi che pro-
fessavano lo stesso culto, una per-
fetta libertà di coscienza. Uno dei
suoi primi passi per ritrarre i cat-
tolici dallo stato di oppressione in
cui li trovò, fu di far processare
l'infame Tito Oates dcnunzialore
duna pretesa trama papale ; il suo
castigo esemplare confuse la fazio-
ne che si era valsa di lui. 11 conte
d'Argyle e il duca di Monmoulh
figlio naturale di Carlo II si ri-
bellarono, ma le loro truppe furo-
rono disfatte ed ambedue decapitati.
Avendo la prosperità gonfio il cuo-
re del re, dichiarò senz'altro al
parlamento, che avea impiegato
ING
con tanto buon successo un gran
numero d' ufliziali cattolici contro
i ribelli, che era risoluto ormai
di trattenerli sotto i suoi vessilli
senza costringerli al giuramento
test, che avrebbe potuto molestare
le loro coscienze. Alcuni membri
dei comuni vollero manifestare le
loro apprensioni per la religione
dello stalo e la libertà pubblica. Gia-
como II ascoltò le loro querele
con tanta alterigia, che la camera
sbigottita si affrettò d'inviare alla
torre di Londra il membro che
avea steso 1' indirizzo. Quindi fu
posto e vinto un bill che autoriz-
zava il re ad impiegare quel tal
numero di ufliziali cattolici che giu-
dicasse a proposito. Molti personag-
gi della più alta portata, e tra
gli altri il ministro conte Sunder-
land, abbracciarono la religione del
re; l'esempio si propagò tra la no-
biltà di Scozia medesima, eh' era
slata sempre in grido di più rigi-
da ne 'suoi principii.
Una manifestazione rigorosa per
parte del sovrano doveva far in-
vocare senza contrasto le leggi in-
tolleranti, sotto le quali gemeva
una parte considerabile della na-
zione rimasta fedele al culto dei
suoi antecessori. Tale era l'avviso
di Luigi XIV che si espresse nei
seguenti termini in una lettera
dell'agosto i685 al suo ambascia-
tore alla corte di Londra. » Sarà
facile al re d'Inghilterra, e tanto
utile alla sicurezza del suo regno
quanto al riposo della sua coscien-
za, di ristabilire l'esercizio della
religione cattolica, che impegnerà
principalmente lutti quelli che ne
fanno professione nel suo regno,
a servirlo assai più fedelmente;
invece che, se lascia perdere una
congiuntura tanto favorevole quanto
l!HG
ella è presentemente, non troverà
forse mai tanta disposizione da
tutte le parti, o a concorrere nei
suoi disegni o a soffrire che li
mandi ad effetto ". Lord Sun-
deiland, politico illuminato e mini-
stro che godeva la confidenza di
Giacomo 11, diceva nella stessa
epoca. » Il re mio padrone non ha
in cuore che la hrama di ristabi-
lire la religione cattolica; non può
tampoco, secondo il buon criterio
e la retta ragione, avere altro sco-
po; senza questo non sarà mai in
sicurezza, e sarà sempre esposto
allo zelo indiscreto di coloro, che ri-
scalderanno i popoli contro la fe-
de cattolica, finché ella non sia
più pienamente ristabilita ". Gia-
como II esitò; confidò di ottenere
dal tempo e per le vie indirette
ciò che in simile caso doveva es-
sere espugnato a viva forza, e si
allontanò dalla meta, come slava
per raggiungerla. Vivissime discus-
sioni tra i cattolici e gli anglicani
incominciarono ad inasprire gli a-
nimi dall' una parte e dall' altra,
allorché avvenne in Francia la fa-
mosa ri vocazione dell' editto di
Nantes. I protestanti non manca-
rono di tiar vantaggio dille scia-
gure de'loro fratelli, e gridare per-
secuzione : Giacomo II sbigottito
da tanti clamori affettò di biasi-
mare Luigi XIV. Ma risoluto non-
dimeno a non abbandonar il pro-
seguimento de' suoi disegni, e da
certe misure che adottò, il clero
anglicano si mise in apprensione,
ed anche ne mormorò. D'allora in
poi Giacomo II si accostò ai non
conformisti, quantunque avesse per
esVi un'avversione naturale. Indi
sospese per un avvenimento il ve-
scovo di Londra, e da tale mo-
mento la guerra fu rotta tra la
ITO 93
corona e la chiesa anglicana. Il re
inviò il conte di Castelmaine a
Roma col titolo di suo ambascia-
tore straordinario nel 1686. Era
oggetto della sua missione 1' espri-
mere al Pontefice Innocenzo XI
il voto del re per la riconciliazio-
ne de'suoi tre regni con la Chiesa
romana. Il Papa accolse I' amba-
sciatore con estrema contentezza,
ed il conte spiegò un grande ap-
parato di magnificenza. A promo-
vere la piena effettuazione dello
zelo del re, Innocenzo XI nello
stesso anno gli spedì per nunzio
apostolico Ferdinando d' Adda pa-
trizio milanese, arcivescovo d'Ama-
sia, siccome prelato fornito di sin-
golari virtù ed egregie doti. E in
fatti riuscì gratissimo a Giacomo
II, il quale ricevette il nunzio nel
castello di Windsor con tutto il
cerimoniale usato nelle corti cat-
toliche. Il Bonanni , Numismala
Ponti/, t. II, p. 776 e seg., ed
Eggs, Pontifìciiim doctum p. 91 3,
ampiamente descrivono i reciproci
onori fatti ali' ambasciatore ed al
nunzio.
Il parlamento per tal fatto la-
sciò scorgere una secreta irritazio-
ne, mentre il re procurò guada-
gnarsi individualmente i membri
d' un corpo che avea precedente-
mente atlrontato con buon succes-
so ; ed il clero anglicano divenne
di giorno in giorno più ricalcitran-
te. Tuttavolta il re con decreto
de'i4 aprile 1687 annullò e ri-
vocò il decreto della regina Elisa-
betta, nel quale si comandava di
abiurare la religione cattolica ro-
mana, e ristabilì questa nel regno
concedendo libertà di coscienza, ed
ordinò al clero anglicano di legge-
re \\\\ tale atto in tutti i templi
dopo il divino uffizio. L'arcivesco-
94 INO ING
vo (li Canlorbery e sei vescovi pre- cedentemente avvertito Giacomo II
sentarono alcune rimostranze per pel secreto carteggio che teneva coi
addurre i motivi del loro rifiuto malcontenti d' Inghilterra, e con
di fare la prescritta lettura della pretesti avea introdotto sue trup-
concessa libertà di coscienza; ma pe nel regno. L' ingrato genero si
il re inviò i sette prelati alla Tor- levò la maschera, e pel suo in-
re, e fece incominciale i loro prò- viato a Londra non si contentò
cessi. Da quel punto i sette pre- di far pubbliche rimostranze al re
lati divennero agli occhi del pò- suocero sopra diverse operazioni
polo martiri della chiesa anglicana, del suo governo, ma pose tutto in
ed il castigo fu per loro un vero opera per accozzare tutti i partiti
trionfi). Verso questo tempo e ai e tutte le sette contro la religione
io giugno 1688 la regina dopo cattolica, o piuttosto contro del
sei anni di sterile matrimonio , re, minacciandole d'un pericolo co-
inaspetlalamente diede alla luce un mime. I secreti preparativi di Gu-
fìglio, cui fu dato il titolo di prilli- glielmo per una spedizione non
cipe di Galles , e fu battezzato se- poterono sfuggire alla vigilanza di
condo il rito della Chiesa cattolica: Luigi XIV, il quale tosto ne diede
gli furono imposti i nomi di Già- avviso al suo alleato del pericolo
corno Odoardo Francesco, ed il re che lo minacciava, e gli offri di
suo padre gli diede per padrino far marciare due eserciti francesi
Innocenzo XI. Questo principe fu uno in Olanda e l'altro in In-
poi conosciuto col nome di Giaco- ghil terra.
mo III. La sua nascila raddoppiò Giacomo II dichiarandosi grato
il furore del parlamento, che si al re di Francia, per un'incompren-
preparava a far cadere dal ca- sibile accecamento lo ringraziò .
pò di Giacomo II la corona; tut- Tradito da tutte le parti, il re non
to fu posto in opera per far ere- aprì gli occhi che alla lettura di
dere al popolo, che il neonato era una lettera del marchese d' A Ibe-
rni figlio supposto, perchè allonta-- ville, suo ministro all'Aia. Nel suo
nava dal trono Maria figlia pri- primo sgomento Giacomo II rivo-
mogenila d'Ida o Hyde figlia del- co tutti i decreti che avea ema-
l'il lustre cancelliere Clarendon, pri- nati in favore de'caltolici, tua sen-
ma moglie del re, e suo marito za effetto, non producendo che dis-
Guglielmo Nassau principe d'Orari- prezzo. 11 manifesto del principe
gè stalolder d' Olanda. Frattanto d' Orange già era nelle mani di
il giurì dopo una lunga delibera- tutti; in breve egli stesso tragittò
zione dichiarò i sette vescovi accu- il mare e sbarcò a Torbay in
sati non colpevoli ; i gridi di gio- mezzo alle acclamazioni della inol-
ia d'un popolo innumerabile eb- titudine a'5 novembre 1688. Mol-
bero per eco quelli delle truppe ti ufficiali dell' esercito passarono
che lo stesso re passava a rassegna, sotto i di lui vessilli, insieme al
Una fermentazione cupa e sorda principe Giorgio di Danimarca e
annunziò uno scoppio vicino, prò- la sua moglie Anna secondogenita
vocata principalmente dal principe di Giacomo II, siccome nata da
d' Orange, della cui perfidia inu- Ida. Nell'udire il re che le due
lilmente Luigi XIV ne avea pre- figlie l'aveano tradito, non potè
ING
trattenere le lagrime, e V Europa
mandò un grido d' indignazione.
Per maggior fatalità Giacomo II
prese il partito di abbandonar Lon-
dra nella notte de' 1 2 dicembre,
e gittato il sigillo dello stato nel
Tamigi riparò in Francia, dove a-
\ea già inviato la regina ed il
giovane principe. Sotto mentite
spoglie fuggi pure e con istenlo il
nunzio apostolico, cbe giunto in
Roma fu poi creato cardinale. Alla
nuova della fuga del re la capi-
tale ed in breve tutto il regno
caddero in una confusione inespri-
mibile; e Guglielmo cbe co' suoi
artifizi avea promossa tale rovinosa
determinazione, appena fu istruito
della partenza del re marciò alla
volta della capitale, ove anco per
poco vi ritornò Giacomo li, per
quindi passare in Francia, ed in
s. Germano. 11 gran Luigi XIV
gli fece 1' accoglienza la più. gene-
rosa ed amichevole. Per la qua-
le onorovole azione Innocenzo XI
scrisse al re di Francia un breve
d' encomi, degno dello zelo di cbi
Io spediva , e del monarca cbe lo
riceveva. A'23 febbraio 1689 una
assemblea nazionale cbe assunse il
rome di convenzione, decretò la
corona della Gran Bretagna al
principe d' Orange , cbe assunse il
nome di Guglielmo III, ed a sua
moglie Mafia 11 figlia di Giacomo
IL Guglielmo III inoltre era nato
da E michetta INI a ria figlia del re
Carlo I, aveva dodici anni appena
quando si fece eleggere stalolder
nel 1673, e fu dicbiarato gene-
rale delle armate olandesi, per op-
porsi alle rapide conquiste di Lui-
gi XI V. il principe d' Orange
benché vinto spesso in questa guer-
ra, non lasciò di dar segui eviden-
ti di coraggio, di prudenza, e di
ING 9,-
abilità nell'arte di regnare e di
comandare; egli fu uno de'più gran
politici e sovrani die abbiano re-
gnalo in Europa. In tal modo eb-
be fine il regno di un principe
riguardato dai suoi nemici medesi-
mi come piii infelice cbe reo, e
di cui tutti i torti si riducevano
ad imprudenze e ad errori. Que-
sto sfortunato principe, grazie al-
la generosa assistenza del suo al-
leato o piuttosto protettore, ricom-
parve sulla scena politica pochi
mesi dopo la sua caduta. Sbarcò
a K'mgsale in Irlanda a' 12 mar-
zo 1689, ed ai 24 fece il suo in-
gresso trionfante a Dublino ; vi
convocò il parlamento d'Irlanda, ed
intimò a' suoi sudditi inglesi di
tornare al dover loro. Guglielmo
III non passò in persona nell'Ir-
landa che un anno più tardi. La
famosa battaglia della Boyne, data
nel giugno 1690, decise per sempre
della sorte dello sventurato Gia-
como II. Egli ri va reo il mare e
tornò a gustare il riposo nel ma-
gnifico ritiro cbe Luigi XIV gli
aveva preparato a s. Germano: di
qua egli diresse le pratiche se-
grete de' partigiani numerosi che
gli restavano ne'tre regni.
Luigi XI V risoluto di tentare
un nuovo sforzo in favore del mo-
narca esule, gli alìidò un'armata
sulle coste di Normandia. Dal ca-
po di là di Houge, Giacomo II fi
spettatore del terribile combatti-
mento navale, avvenuto a' 29 mag-
gio 1692 tra i francesi e gl'inglesi
che riportarono il trionfo avendo
doppie forze: cento volte ripetè il
re durante l'azione, non ascoltan-
do che l'amor proprio nazionale iu
pregiudizio de'suoi interessi perso-
nali : » O miei prodi inglesi " ! In
quest'epoca la regina si sgravò di
96 ING
una principessa. Innocenzo XII an-
ch'esso prestò generosi soccorsi a
Giacomo II per ricuperare i pa-
terni regni; ed a' 7 gennaio i6o,5
mori la regina Maria II, affettan-
do il freddo ed impassibile suo
marito Guglielmo III una dispera-
zione straordinaria. Maria II avea
governato il regno nell'assenza del
marito con molta sua gloria: ella
proteggeva le arti e le scienze. Il
partito del re avendo fatto grandi
commozioni nel 1696, delle trup-
pe francesi si radunarono (osto tra
Dunkerque e Calai* , e Giaco-
mo li si recò in persona in que-
sta ultima città; ma lo scoprimen-
to della trama per rapire Gugliel-
mo HI fece tramontare la spedi-
zione. Ad onore di Giacomo 11 si
deve aggiungere, che non cessò di
suscitare i suoi partigiani contro
l'usurpatore della sua corona, non
diede però mai il suo assenso alle
cospirazioni contro la di lui vita :
più volte gli venne offerto di li-
berarlo con un sol colpo; egli ri-
gettò sempre tali proposizioni con
orrore. Essendo vacante il trono
di Polonia, nel 1697 tentò Luigi
XIV e volle farvi salire Giacomo
II : questi rispose che non accet-
terebbe altro scettro che il suo ,
altrimenti porterebbe pregiudizio ai
suoi diritti legittimi, e a quelli dei
suoi figli. In quell'anno medesimo
si negoziò il trattato di Kiswick
nell'Olanda, nel quale fu ricono-
sciuto re d' Inghilterra Guglielmo
III : costretto Luigi XIV per ra-
gioni di stato a convenirvi , colla
condizione ch'egli riconoscesse per
erede il principe di Galles, con
grande stupore Guglielmo III vi ac-
consentì, e Giacomo II il ricusò,
questi non volendo che il figlio fi-
gurasse complice dell'usurpatore. Da
ING
questo momento Giacomo II ab-
bandonò ogni idea di regno, e tro-
vò valide consolazioni nella prati-
ca dei doveri più austeri della re-
ligione : soleva di frequente rin-
graziare Dio d'avergli tolto tre re-
gni per renderlo migliore. Morì a
s. Germano in Laya a' 16 settem-
bre 1701. Per non interrompere
la narrazione di quanto riguarda
l' estinzione della famiglia Stuart
o Stuardo, qui appresso ne accen-
neremo le principali notizie, e poi
riprenderemo il filo della storia
d'Inghilterra e di Guglielmo III.
Da ultimo nel 1840 in Filadelfia
presso Michele Kelly, monsignor
Challoner pubblicò un'opera inti-
tolata : Memorie dei sacerdoti mis-
sionari, nelle quali si contiene una
notizia di quegli ecclesiastici e lai-
ci di amendue i sessi, che soffri-
rono V estremo supplizio per la
fede cattolica in Inghilterra, dal-
l'anno 1575 all' anno 1684. Si
può consultare inoltre d'Orleans,
Istoria delle rivoluzioni d' Inghil-
terra dal principio della monar-
chia sino all' anno 1691, Venezia
1724.
Alle proposizioni di Luigi XIV
non solo Guglielmo III accettò di
dichiarare che la corona dopo di
lui apparterrebbe al primogenito di
Giacomo II, ma s'obbligò pure so-
lennemente a far rivocare lo sta-
tuto che chiamava al trono il du-
ca di Gloucester, figlio del princi-
pe di Danimarca e d'Anna; ma
dicemmo che Giacomo II ricusò di
convenirvi. Dopo la sua morte il
primogenito Giacomo principe di
Galles, che portò il nome in Eu-
ropa di cavaliere di s. Giorgio, fu
riconosciuto da Luigi XIV per le-
gittimo successore del defunto al
trono d' Inghilterra col nome di
ING
Giacomo III. La regina madre fe-
ce subito pubblicare un manifesto
alla nazione inglese; il pretendente
si limitò a promettere solennemen-
te che quando la provvidenza lo
avesse ricondotto sul trono de' suoi
padri, governato avrebbe a tenore
delle leggi, e mantenuti tutti i pri-
vilegi della chiesa anglicana. La
morte di Guglielmo III accaduta
nel 1702 rianimò le speranze del-
la corte di s. Germano , ma Gia-
como III si mostrò di essere con-
tento di succedere ad Anna sua so-
rella, essendo lontano dall'idea che
fosse deposta. A quell'epoca la Scozia
non era ancora unita all'Inghilterra,
ciò ch'ebbe luogo nel 1707, e per
conseguenza gli scozzesi erano per-
fettamente liberi di statuire riguar-
do alla successione ciò che avesse-
ro slimato meglio, senza compar-
tecipazione degl'inglesi. Giacomo III
loro richiese tre cose: r.° opporsi
all' unione coli' Inghilterra; 2." non
abiurare il caltolicismo; 3.° rifiu-
tare la successione della casa d'An-
nover-Brunsvvick, dappoiché essen-
do la regina Anna senza figli, un
atto del parlamento aveva dichia-
rato erede del trono Giorgio I fi-
glio di Ernesto Augusto primo e-
lettore di Brunsv\ iek-Luneburgo ,
e della principessa ed elettrice d'An-
nover Sofia nipote del re Giacomo
I dal lato della principessa Elisa-
betta, a fronte dei diritti legali e
naturali di Giacomo III, che avea
lin ragguardevole partito nell' in-
tono del regno, e poteva essere
sostenuto da alcune potenze stra-
niere. In ordine alla primogenitu-
ra Sofia non era che la quaranta-
cinquesima chiamata a tale graude
successione. La casa d'Annover eb-
be il titolo di duca di BrunsAvick
agli 8 agosto 1235, e di elettore
voi. xxxv.
ING 97
a' 11 marzo 1692, per cui i suoi
stati presero i titoli di ducato e di
elettorato. I partigiani degli Stuar-
di adottarono e fecero prevalere le
tre proposizioni di Giacomo III.
Gli animi erano allora cosi bene
disposti in Iscozia a. suo favore, che
se il principe vi si fosse presenta-
to, avrebbe prodotto una solleva-
zione generale in suo vantaggio.
Avvenuta l'unione della Scozia al-
l'Inghilterra sotto la regina Anna,
esasperò per tal modo il popolo
scozzese, che le circostanze si fece-
ro più propizie a Giacomo III, e
fu acclamato re di Scozia da cin-
quecento uomini travestiti da don-
ne. Luigi XIV fece armare una
squadra che portava truppe da sbar-
co, la quale nel 1708 ebbe un in-
contro al nord d'Edimburgo colla
flotta inglese molto superiore alla
francese. Il comandante di questa
Forbin si rifiutò di porre Giaco-
mo III a terra, e in vece- lo portò
a raggiungere l' armata del duca
di Borgogna in Fiandra. Il princi-
pe militò pure sotto Villars, e si
segnalò per valore alla battaglia
di Malplaquet nel 1709: allora si
chiamò per la prima volta il ca-
valiere di s. Giorgio, sotto cui in
seguito fu comunemente conosciu-
to. Tralasciando di dire alcuni ten-
tativi fatti da Giacomo IH per al-
tre spedizioni, e dell' impossibilità
in. cui si trovò Luigi XIV di se-
condarle, egli nel 171 1 scrisse al-
la sorella Anna che secondo le
promesse fatte al defunto re cornuti
padre lo reintegrasse ne' legittimi
diritti, e di preferire 1' unico fra-
tello, ed il solo superstite del suo
stesso nome, ad un principe tede-
sco che riporrà il governo in ma-
no di stranieri d'altra lingua ed.
interessi. Anna, sebbene nutrisse il
7
98 ING
desiderio di trasmettere dopo di lei
le tre corone al fratello, senza ma-
nifestare ripugnanza o approvazio-
ne, non rispose; quindi nel 1713
pel trattato d'Utrecht Luigi XIV
fu costretto non solo riconoscere
la successione della corona d' In-
ghilterra nella linea protestante
d'Annover, ma ad acconsentire che
Giacomo IH fosse allontanato dai
suoi stali.
I whigs obbligarono la regina
Anna alla crudele necessità di pro-
mettere cinquemila lire sterline a
chi ponesse il pretendente nelle
forze della giustizia ; ed i comuni
aggiunsero al premio la somma di
centomila lire sterline. Lo sfortu-
nato principe malgrado la pace
d'Utrecht, non cessò di ricorrere
ad ogni mezzo per far valere i suoi
diritti, ed invano dimandò in ispo«
sa una delle figlie dell' imperatore
Carlo VI : il duca di Lorena gli
mostrò la sua affezione, ma in que-
sto punto Luigi XIV morì, e ven-
nero distrutte le speranze di Gia-
como III. Mentre il reggente di
Francia, sebbene amico dell'Inghil-
terra, si ricusava di cacciare il pre-
tendente, questi finalmente per ten-
tare la sua fortuna ordinò a' suoi
partigiani di agire scopertamente.
Corsi alle armi proclamarono re di
Scozia Giacomo III, che non po-
tendo sbarcarvi rientrò in Francia.
Allora il re Giorgio I costrinse il
reggente a far ritirare il principe
dalla Francia, ed egli come asilo
conveniente gì' indicò Avignone do-
minio della santa Sede, ma ancor
da colà il governo inglese lo volle
fuori. Giacomo III si convinse che
il territorio francese eragli inter-
detto, massime quando nel 17 17
ebbe luogo la triplice alleanza tra
la Francia, l'Inghilterra e 1' Olan-
ING
da. Il Pontefice Clemente XI offrì
a Giacomo III un asilo '.degno di
lui in Roma, ed il principe non
dubitò un istante ad accettarlo. A-
veva questo Papa, oltre l'aver soc-
corso con molte somme di denaro
Giacomo II, sino dal 1 7 1 5 scritto
calorosamente di proprio pugno in
di lui favore a Filippo V re di
Spagna, perchè l'aiutasse nella spe-
dizione che intraprese per ricuperare
i suoi dominii ; permettendogli di
convertire in soccorso suo quel de-
naro che avea percepito per aiuto
della guerra dai proventi de'vescova-
ti e benefìzi vacanti, i quali secondo
che avea promesso dovea dare alla
camera apostolica. Inoltre Clemente
XI avea scritto alla regina vedo-
va di Giacomo II, mandandogli
denaro, e prevenendola delle molte
orazioni che si facevano pel real
figlio. Nello stesso anno 1717 Cle-
mente XI con sommo impegno rac-
comandò a diversi sovrani i cat-
tolici d'Inghilterra, che dai mini-
stri e magistrati eretici di Giorgio
I erano gravemente vessati. Adun-
que nel 17 17 si portò Giacomo
III, sotto il nome di cavaliere di s.
Giorgio, nello stato ecclesiastico, e
passò a dimorare nella città d'Ur-
bino patria del Papa, il quale Io
fece incontrare dal suo nipote d.
Carlo Albani, e facendogli usare
tutti i riguardi convenienti a sì
gran personaggio. In quel tempo
il cardinal Àlbeioni primo ministro
di Spagna, in nome di Filippo V
invitò il re a recarsi in Ispagna ,
e giuntovi il principe vi fu rice-
vuto qual sovrano, venendogli as-
segnata per residenza Vagliadolid,
con trattamento regio, e quale il
padre ebbe in Francia. A quell'e-
poca a questa potenza o meglio
al .veggente duca d'Orleans, la Spa-
ING
gria faceva la guerra; la pace es-
sendosi ristabilita, Giacomo HI sti-
mò conveniente di ritornare nello
stato pontificio, ove Clemente XI
gli fece godere, come ancora i suoi
successori, tutti gli onori e il ce-
rimoniale osservato coi sovrani re-
gnanti.
Nel 1 7 1 8 per mezzo del Papa
restò conchiuso il matrimonio tra
la principessa Maria Clementina So-
bieski figlia di Giacomo real prin-
cipe di Polonia, e nipote del gran
Giovanni III, e il re Giacomo III,
la quale Clemente XI avea tenuto
al sacro fonte. Mentre la princi-
pessa era in viaggio per condursi
dallo sposo, l'imperatore Carlo VI
suo parente, siccome avverso a que-
sto matrimonio, la fece trattenere
nel Titolo. Ciò dispiacque al Pa-
pa che ne scrisse all'imperatore per
rimuoverne gli ostacoli, ed alla prin-
cipessa per tenerla ferma nel trat-
tato. Essa travestita da uomo sep-
pe deludere la vigilanza delle sue
guardie, e trasferitasi nel 17 19 in
Roma, Clemente XI la fece allog-
giare nel monistero delle orsoline, e
gli fece molti regali insieme ad una
cospicua somma di denaro. Intan-
to Giacomo III reduce dalla Spa-
gna erasi fermato a Montefiascone,
ove si portò la principessa, e ven-
nero sposati dal vescovo di quella
città. Clemente XI aveva assegnato
a Giacomo III dalla camera apo-
stolica scudi dodicimila l'anno ; al-
la celebrazione del matrimonio lo
benedisse, aumentò l'assegno e donò
al re centomila scudi provenienti
dai beni ecclesiastici di Spagna. Nel-
l'ottobre 17191 reali coniugi pas-
sarono ad abitare in Roma, rice-
vuti paternamente e con distinzio-
ne da Clemente XI, che assegnò lo-
ro per residenza il palazzo Muti-Pa-
ING 99
pazzuri, ora del conte Savorelli,
ai ss. Apostoli , di bello e gentil
disegno, architettato dal marchese
Giambattista Muti, facendone pagar
la pigione dalla camera apostolica.
Per villeggiatura poi il Pontefice
gli stabilì la città di Albano, dan-
dogli per abitazione il palazzo ba-
ronale da lui restaurato, e poscia
da Benedetto XIV ingrandito ed
abbellito, tanto per uso del re
come de' reali figli principe di Gal-
les, e cardinal duca di York. Ai
3i dicembre 1720 la regina diede
alla luce Carlo Odoardo conte di
Albany e principe di Galles, essen-
dosi riuniti nel reale appartamento
il fiore della nobiltà romana, il sa-
cro collegio, e que' personaggi che
sono notati nel n.° 544 del Diario
di Roma, oltre i cardinali protet-
tori de' tre regni, cioè Sacripante
di quello di Scozia, Gualtieri d'In-
ghilterra e Imperiali d'Irlanda, e
molti gran signori de'medesirni.
Fu battezzato dallo stesso vescovo
di Montefiascone, e Clemente XI
oltre di essersi portato alla chiesa
nazionale degli inglesi a celebrarvi
la messa pel felice parto della re-
gina, donò alcuni divozionali, un
piombo fatto alla cinese del valore
di scudi quattromila, più la som-
ma di diecimila scudi, e fece an-
nunziar la nascita del real fanciul-
lo colle artiglierie di Castel s. An-
gelo, e ringraziare pubblicamente
il Signore.
La morte di Clemente XI av-
venuta nel marzo del medesimo
anno, nulla cangiò nella generosa
ospitalità del re e della regina. Il
successore Innocenzo XIII donò al
re una pensione di scudi ottomila,
e fece depositare nel monte della
pietà scudi centomila; perchè se ne
potesse servire alla ricupera del re-
ioo ING
gno, quando la circostanza si pre-
sentasse opportuna. Di poi Bene-
detto XIII mandò le Fascie bene-
dette [Vedi) al principe di Galles,
al modo che descrivemmo a quel-
l'articolo: l'avea preparate Clemen-
te XI, e costarono ottomila scudi.
3Vel 1725 avendo la regina dato
alla luce altro principe, Benedetto
XIII si portò a battezzarlo nella
cappella domestica del re, coi no-
mi di Enrico Benedetto duca di
York. In seguito per cattivi con-
siglieri vi fu qualche dissapore tra
i reali coniugi, ma al cardinal Al-
beroni riuscì conciliarli. Divenuto
Pontefice Clemente XII, colmò la
reale famiglia di cortesie : ad istan-
za del re creò cardinale nel 1732
Domenico Riviera, conferendoglie-
ne la nomina a similitudine di al-
cuni sovrani regnanti, per la quale
poi creò pure cardinale nel 1739
Pietro Guerin de Tencin. Inoltre
i Pontefici come al re suo padre
cosi a Giacomo III conservarono
il diritto di nominare ai vescovati
d'Irlanda ; anzi Benedetto XIV nel
1747 ad istanza di Giacomo III
creò cardinale Armando di Rohan
di Parigi. Essendo morta a' 18 gen-
naio 1735 in Roma la regina Ma-
ria Clementina , il Papa le fece
celebrare sontuosi funerali nella ba-
silica de' ss. XII Apostoli, e poscia
trasportare il cadavere con pompa
solenne nella basilica vaticana. Il
principe di Galles Carlo Odoardo,
dopo un viaggio in Italia, per la
guerra insorta nel 1740 tra la
Francia e l'Inghilterra, concepì spe-
ranza di ricuperare il trono de' suoi
avi, pronto a cimentare la vita.
Luigi XV acconsenti che si por-
tasse a Parigi, e per consiglio del
cardinal di Tencin volle tentare
uno sbarco in Iscozia. Giacomo III
ING
che non avea mancato fare prote-
ste sull'usurpazione, approvò il di-
visamente del figlio, che nel 174^
effettuò la spedizione sulla costa
occidentale di Scozia. Proclamò re
d'Inghilterra, Scozia ed Irlanda il
genitore e sé reggente, ed Edim-
burgo gli aprì le porte. Assente il
re Giorgio II, Londra tremò, ed
il governo pose a prezzo la testa
di Carlo, il quale invece sconfisse
il generale Cope. Precipitosamente
Giorgio II si restituì in Inghilter-
ra, quando avendone percorso il
nord lo Stuardo era a trenta le-
ghe da Londra, mentre gì' irlan-
desi al soldo di Francia divisava-
no fare una diversione a suo favo-
re : la lentezza rovinò tutto. Con
deboli forze riuscì a Carlo di ri-
portare nel 1 746 presso Falkirk
una seconda vittoria , ma a Cul-
loden a' 27 aprile fu sconfìtto. Do-
po aver superato mille pericoli e
provato indicibili patimenti, prodi-
giosamente salvò la vita, e recato-
si in Francia si vide abbandonato,
e per la pace di Acquisgrana ban-
dito da quel suolo. Mentre viveva
tranquillo col re suo padre in Ro-
ma, nel 1755 fu richiamato in
Francia, volendo questa potenza
invadere l'Inghilterra, con alla te-
sta il principe che dieci anni pri-
ma col suo valore e colle sue sven-
ture avea guadagnato tanti cuori;
la spedizione non ebbe effetto, e
Carlo fece ritorno a Roma, ove
morì il genitore a'2 gennaio 1766.
Dei solenni funerali celebratigli da
Clemente XIII e di altro, come di
quelli mentovati della regina sua
moglie, se ne tratta al voi. XXVIII,
pag. 64 del Dizionario. Giacomo
IH passò gli ultimi anni di sua
vita nei conforti della religione, e
per le sue beneficenze divenne in
1NG ING ioi
Roma l'oggetto e l'amore di tutti, parleranno sempre più forte che
Siccome prima dello scisma d'In- la voce de' suoi oscuri calunniato-
ghilterra la patriarcale basilica o- ri. Ultimo rampollo di regia stir-
stiense di s. Paolo di Roma stava pe, perseguitata per più di tre se-
sotto la protezione del re, così coli da una inesplicabile fatalità,
finché visse Giacomo IH egli vi 1' istoria gli farà sicuri eterni dira-
mando un cereo per la candelora, ti all' ammirazione ed alla pietà.
Lo stemma poi dei monaci bene- La contessa d' Albany sua vedova
dettini che uffiziano nella basilica mori a Firenze nel 1824 dopo
ed abitano il contiguo celebre ed molte avveuture. Il cadavere del
antichissimo monistero, consiste in principe conosciuto anco sotto il
un braccio con la spada impugna- nome di Carlo 111, venne traspor-
ta, e intorno ad esso una legaccia tato nelle sagre grotte della basili-
e fìbbia ossia giarrettiera, ordine ca vaticana presso quello del ge-
equestre dell'Inghilterra, siccome nitore, ed ove pure riposa quel-
segno della detta protezione sulla lo del fratello cardinale, come di-
basilica, cemmo al voi. XII, p. 290 del
La Francia trattò e conchiuse Dizionario. Nella cattedrale di Fra-
il matrimonio di Carlo colla pria- scali, vescovato prediletto del car-
cipessa di Stolberg-Goedern, più dinal fratello, questi gli eresse uà
giovane trentadue anni dello spo- monumento sepolcrale, di che ne
so; e le tre corti borboniche sta- parlammo al voi. XXVII, p. 219
bilirono al principe un conveniente del Dizionario. Quanto al cardina-
appuntamenlo. Ritiratosi in Tosca- le, il suo stato non gli permise di
na presso il granduca Leopoldo , prendere parte alcuna agli avveni-
assunse il nome di conte d' Albany, menti che agitarono la vita del
e viveva la domestica felicità, principe suo fratello. Ma dal pun-
quando la moglie lo lasciò per to eh' egli ricevette la nuova della
andarsi a stabilire in Roma presso di lui morte, si riguardò come il
il cognato Enrico. Questi fino dal legittimo sovrano della Gran Bre-
1747 era stato creato cardinale da tagna. Il suo testamento prescrisse,
Benedetto XIV, con tutte quelle che il suo nome di Enrico IX
particolari distinzioni che dai Papi fosse scolpito sulla tomba, e venne
si usano coi figli de' sovrani e car- eseguito : in conseguenza volle es-
dinali nipoti ; cioè coli' imporre sere chiamato col titolo di maestà
al cardinale la berretta subito do- nel suo interno palazzo. Si narra
pò il concistoro, lo sparo del can- a questo proposito, che uno dei
none di Castel s. Angelo, ed altro figli di Giorgio III, viaggiando in
che descrivemmo nel voi. IX, p. Italia, volle essere presentato al
3ia del Dizionario. 11 cai'dinale cardinal di York, e che non esitò
fu indi consacrato arcivescovo da a conformarsi all' uso, attenendosi
Clemente XIII, e colmato di ono- in presenza dell' augusto vecchio
ri, di cariche e di benefìzi. Carlo all' etichetta osservata presso i re.
morì a Firenze a'3i gennaio 1788: In Roma egli era chiamato coi ti-
il valore e 1' umanità che fece toli di altezza reale serenissima car-
risplendere sui campi di battaglia, dinal duca di York; ma ai suoi
e T eroica costanza uelle sciagure, colleghi, siccome eguali in dignità,
102 ING
non piacevano tutti questi titoli.
Moiì in Frascati a' i3 luglio 1807
decano del sacro collegio. Il cada-
vere trasportato in Roma fu sepol-
to nella basilica vaticana della
quale era arciprete. Nel voi. XII,
p. 281 del Dizionario si parlò del
magnifico deposito scolpito dal ce-
lebre Canova ad onore di Giacomo
III, Maria Clementina, Carlo III,
ed Enrico IX cardinal York. Con
lui si estinse interamente pure il
nome della regia famiglia Stuart,
più sventurata ancora che illustre,
che avea riempito il mondo delle
sue sciagure. Si dice che dopo la
sua morte, le carte della più alta
importanza eh' erano rimaste in
sua mano, furono acquistate dal
re d' Inghilterra. Ora riprendiamo
quanto si appartiene a Guglielmo
III, ed al termine del secolo XVII.
Guglielmo III fu antagonista di
Luigi XIV, di cui indebolì il potere,
e nel suo regno si ha un'epoca pel
parlamento britannico, nella dichia-
razione dei diritti del 1688. Nell'an-
no seguente fu stabilita la lista civile,
e cinque anni dopo la durata del
parlamento, sino a quel punto illi-
mitata, venne fissata a tre anni.
Questa epoca non fu anch' essa
esente da torbidi religiosi, i quali
non cessarono che sotto il regno
seguente. La morte di Carlo II
re di Spagna, avveuuta il primo
novembre 1700, fece formare aire
d' Inghilterra una nuova lega, ma
non potè vederne la riuscita essen-
do morto senza figliuoli : 1' altra'
alleanza fu contro la Francia, ed
aveva avuto termine colla pace di
Riswick, e col suo riconoscimento.
Gli successe a' 4 maggio 1702 An-
na sua cognata, figlia di Giacomo
11, e maritata sino dal i683 con
Giorgio fratello del re di Daniniar-
1NG
ca Cristiano V, che divenne duca
di Cumberlandia, conte di Rendali,
ma fu principe nullo. Anna, regina
di uno spirito limitato, regnò in
un' epoca feconda di grandi avve-
nimenti, fu di somma bontà, e le
circostanze la costrinsero a compie-
re la proscrizione della sua fami-
glia, quando ella non desideravane
che la restaurazione, secondo quel-
li che ne difendono le gesta. Sic-
come il suo padre non avea anco-
ra all' epoca della sua nascita abiu-
rata la falsa credenza de' protestanti
per rientrare nel seno della Chiesa
romana, Anna come la sorella
maggiore Maria, fu educata nella
religione anglicana. Si narra che
Anna fosse la figlia prediletta di
Giacomo II, ma fu tratta e circon-
data dal partito contrario e fatta
quasi rapire dal vescovo di Londra
quando il padre parti dall' Inghil-
terra. Il sospettoso Guglielmo III
avendo concepito dubbi su Anna
1' oltraggiò ; ma quando la morte
10 privò del sostegno di Maria II
sua moglie, senti il bisogno di ri-
conciliarsi colla cognata, dal parla-
mento destinata a succedergli, e
che nel suo figlio il duca di Glou-
cester presentava agi' inglesi un e-
rede presuntivo del sangue dei lo-
ro antichi monarchi : questi morì
nel fiore della sua adolescenza
l' anno 1699. La mal ferma salute
di Guglielmo III avvicinando An-
na alla corona, fece chiedere al pa-
dre il permesso di salire al trono,
col progetto di stabilirvi dopo lei
il fratello: 1' inflessibile Giacomo
11 rispose che sapeva soggiacere
all' ingiustizia ma non autorizzarla.
Morto Guglielmo III, Anna fu pub-
blicata regina, e governò sotto l' im-
pero della contessa e del conte poi
duca Marlborough già lord Chur-
ING
chili , i quali associarono al potere
i loro due generi i lord Godolphin
e Sunderland. Giurò Anna di ri-
manere fedele ai disegni del pre-
decessore, e con 1' Olanda e l A-
letnagna dichiarò guerra alla Fran-
cia per la successione di Spagna :
i suoi eserciti riportarono sotto
Marlborough molte vittorie sul con-
tinente , e prepararono gli avveni-
menti che produssero nel 1 7 1 3 la
pace d'Utrecht, la quale assogget-
tò alla Gran Bretagna il territorio
della Baia d'Hudson, Terra Nuova,
la Nuova Scozia e Minorca, assicu-
randole il possesso dell'importan-
tissima Gibilterra, che avea con-
quistato nel 1704, come un pro-
digio per sir Giorgio Rooke e pel
principe d' Assia ; vinta con valo-
re soprannaturale per essere conser-
vata in perpetuo da una accorta
politica.
Grande atto politico del governo
della regina, provocato dal partito
whigs, fa l'unione della Inghilterra
e della Scozia in un solo regno
chiamato la Gran Bretagna. Cia-
scheduno de' due paesi conservò le
sue leggi religiose e civili, la sua
chiesa ed i suoi tribunali ; 1' esi-
stenza politica e gì' interessi com-
merciali furono confusi, e non vi
ebbe più che un solo parlamento
britannico, in cui la Scozia venne
allora rappresentata da sedici suoi
lord, e da quarantacinque deputati
delle sue comuni, tutti liberamente
eletti dai loro pari. Ma i whigs fe-
cero ancora che la successione di
Anna toccasse alla casa d' Annover,
mentre in cuore la regina voleva
trasmettere il trono al fratello Gia-
como III. Anna convenne alla pa-
ce d' Utrecht nell' intendimento di
assicurare il suo retaggio al fratel-
lo quando sembra vane espulso; ma
ING
io3
i capi del partito whigs, scoperte le
intenzioni segrete della regina in
favore del pretendente, nel parla-
mento del 1714 costrinse la regi-
na a porre una seconda taglia sul-
la testa del fratello, e vinse la prov-
visione che il successore alla regi-
na, già scelto, fosse invitato a re-
carsi in Inghilterra per vegliare
sul suo retaggio. Anna scrisse in
vece alla principessa Sofia ed al
principe elettore, e seppe dissuader-
li da un viaggio che sarebbe stato
il segnale della guerra civile. Vuoi-
si che in questo tempo Giacomo
III segretamente si portasse in
Londra, vedesse la sorella, e trion-
fasse dei whigs; ma la discordia
entrò fra i tories, ed il ministro
Oxford divenne ad un tratto tutto
ardore per la linea d' Annover.
La regina agitata per siffatti avve-
nimenti, e dalla divisone de' sud-
diti, cadde in tale stato di debolez-
za che ne mori a' 1 2 agosto 1714
d'anni quarantanove, esclamando :
Ah mio caro fratello, quanto ti com-
piango 1 cosi rivelando tutto il segreto
di- sua vita. Il regno della regina
Anna non è men celebre per l'In-
ghilterra per lo splendore di che
brillò la letteratura, che per la
gloria delle armi, e l' importanza
delle politiche transazioni. L' elo-
quenza parlamentaria pei grandi
uomini che fiorirono, anche fuori
dell' isole britanniche, eccitò 1' am-
mirazione delle nazioni.
L' onnipotenza e 1' autorità su-
prema della costituzione inglese mai
era apparsa in più imponente gui-
sa, che nella assunzione della fami-
glia di Brunswick al trono della
Gran Bretagna, in un momento in
cui tutti gli elementi d' una guer-
ra civile erano in fermento ; in cui
la nazione era divisa in due oppo-
io4 ING ING
sti partiti, ed un' antica dinastia fizi di una pace onorevole, di con-
ancora esistente doveva essere prò- servare i suoi stati in Germania, e
scritta in favore di una nuova, di vedere il pretendente escluso
L' avvenimento della casa d' An- definitivamente dal regno d' Inghil-
nover era il trionfo della riforma terra. Alleanze difensive, e disposi-
protestanle sopra il cattolicismo. zioni di precauzione furono pertan-
Tulte le apparenze di pericolo sva- to il principale oggetto della sua
nirono, per altro come la regina politica, il fondamento della gloria
Anna spirò , Giorgio I fu accia- e della felicità del suo regno, solo
mato re, e subitamente tutti i par- alterata dalle folli speculazioni della
titi si unirono in favore dell' atto compagnia del sud, al che riparò
che avea regolalo la successione sir Roberto Walpole co' suoi ta-
del trono, e riconobbe la legittimi- lenti, ministro su cui pose il re la
tà dei diritti dell' elettore, sino dal sua confidenza. Senza prender par-
J682 sposo di Sofia Dorotea di te alle guerre del continente, riu-
Zell che 1' avea fatto padre d' un sci a Giorgio I di conservar al-
fìglio e d' una figlia ; ma essa nel 1' Inghilterra la preponderanza che
1694 per infedeltà venne separata le vittorie del regno precedente le
con divorzio, e rinchiusa nel castello avevano acquistata. Nel 1725 ri-
di Alden, ove morì dopo trentadue stabilì 1' antico ordine militare del
anni di prigionia. Giorgio I unì alle Bagno ; e per evitare la frequenza
qualità più acconce a far amare una delle elezioni che agitavano i par-
nuova dinastia, i talenti necessari titi, ottenne di rendere settennale
per consolidarla. Il consiglio priva- il parlamento. Gli annoveresi furo-
to invitò 1' elettore a condursi in no i sudditi prediletti di Giorgio I,
Inghilterra, assumendo intanto i e quasi ogni anno andò a passare
"whigs la reggenza ; la principessa alcuni mesi con essi ; reduce dalla
Sofia sua madre era morta due gita del 1727, da Delden città dei
mesi prima. Giunto il nuovo re a Paesi Bassi si fermò nella casa di
Londra, nell'alternativa importante campagna del conte di Twillet lungi
di scegliere i, ministri o trai whigs venti miglia ; ivi agli 11 di giugno
o tra i tories, da saggio preferì i morì d'apoplessia, d'anni sessantotto.
primi per aver sostenuto trionfai- Di due figli che lasciò nati dall'info-
mente i suoi interessi. Le buone lice Sofia di Zeli, Giorgio cui avea
qualità di Giorgio I, e le grazie crealo principe di Galles arrivando
del suo spirito, andarono del pari in Inghilterra gli successe, e Sofia
rolle attrattive della sua persona, maritata a Federico I re di Prus-
Geloso della sua autorità, e tenace sia fu madre di Federico II il
nelle cose di sua prerogativa, ne Grande.
conobbe i limiti, e non ambiva il Giorgio II, già pari d' Inghilter-
potere che per il bene de' sudditi, ra e duca di Cambridge, fatto dal*
Malgrado il suo genio per la vita la regina Anna, era entrato assai
militare, e benché da giovane aves- per tempo neh' aringo delle armi,
se spiegato non meno valore che Se i talenti nel consiglio non ugua-
talenti, antepose allo splendore del- gliavano quelli del padre, aveva in
le vittorie il vantaggio di assicu- confronto suo molti altri vantaggi,
vare ai suoi nuovi sudditi i bene- e particolarmente quello d' aversi
ING
saputo conciliare, prima di salire
sul trono, la stima e 1' affetto dei
suoi sudditi ; maggiormente si pro-
cacciò 1' uno e f altro con la pru-
denza, la giustizia e la bontà che
spiegò durante 1' assenza del re nel
1716, siccome custode e luogote-
nente del regno. La Provvidenza
gli accordò in Carolina d' Anspac
d' ammirabile criterio, la più gra-
ziosa compagna e la più valida
amica, sicché pose sempre in lei la
sua fiducia: la principessa lo go-
vernò compiutamente sino al ter-
mine de' suoi giorni, con tanto ac-
corgimento e dolcezza, che non die-
de mai ombra ad uno sposo ecces-
sivamente geloso di sua autorità,
avendo 1' arte di fargli credere che
non avea altra opinione che quella
di lui ; usò principalmente della
sua influenza per ispirargli intera
fiducia nel merito ed abilità di
sii* Roberto Walpole, il ministro
più celebre delle finanze che abbia
avuto f Inghilterra. La nazione fu
debitrice a lui dell' istituzione del
fondo di estinzione, base essenziale
del suo credito e della sua pro-
sperità. Giorgio II ogni anno fece
un viaggio nel suo elettorato di
Annover, e durante la sua assenza
la regina col titolo di reggente, e
senza essere costretta a prestare
giuramento, governò la Grau Bre-
tagna con tutta la pienezza del-
l' autorità reale. Ella morì nel
1737 pregando lo sposo a seguir
sempre i consigli di Walpole. Mal-
grado sì valida raccomandazione, il
ministro favorito, per le trame dei
suoi numerosi nemici, fu forzato a
rinunziare. Lord Carleret che gli
successe, attirò sulla patria i più
gravi disastri. Gli spagnuoh inquie-
tando gì' inglesi stabiliti dal 1 y3 1
nella baia di Honduras, ove lavo-
ING ioj
ravano al taglio dei legni di cam-
peggio, ne nacque in conseguenza
la guerra ; il mare si coprì di va-
scelli, ed il comodoro Anson fece
allora la sua spedizione nel grande
Oceano. Venne quindi esposto il
regno da lord Carteret, facendo
intervenire il suo padrone nella
guerra che per la morte di Carlo
A 1 si accese nel continente, in fa-
vore della sua erede Maria Teresa,
e quale elettore d' Annover per
conservare 1' equilibrio politico. La
Francia riportò delle vittorie, men-
tre Carlo Odoardo figlio di Giaco-
mo III sbarcò in Iscozia, e si av-
vicinò alla capitale del regno, e
sembrava già sfuggire lo scettro
della Gran Bretagna di mano alla
casa di Brunsvvick. In questo fran-
gente Guglielmo figlio del re e
duca di Cumberland, che avea per-
duto la battaglia di Fontenoi, dal
teatro della guerra fu chiamato io
Inghilterra : la sua presenza riani-
mò il coraggio della nazione, fece
retrocedere 1' inimico, e lo scon-
fìsse compiutamente. A tale memo-
rabile giornata che rovesciò per
sempre le speranze degli Stuardi, suc-
cesse la vittoria di Culloden ricor-
data di sopra. Dopo essere stati
battuti gì' inglesi a Lawfeld dal
maresciallo di Sassonia, convennero
alla pace d'Acquisgrana . Inseguito
di una guerra sì dispendiosa che avea
cresciuto il debito pubblico ad una
somma enorme, la Gran Bretagna
fece stupire 1* Europa con uno spe-
dieute che provò la ricchezza del
suo commercio, e 1' estensione del
suo credito nazionale. I creditori
dello stato si quietarono volonta-
riamente ad una riduzione notabile
d' interessi.
Nel 1700 insorsero delle contro-
versie relative ai possessi del nord
io6 ING
dell' America pei confini del Cana-
da , tra la Gran Bretagna e la
Francia. Verso questo tempo istes-
so, le due potenze già erano alle
prese nelle Indie orientali, per le
brillanti conquiste fatte dagli in-
glesi in quelle regioni, né tardò
molto a scoppiar la guerra di Ale-
magna, nella quale Giorgio II si
vide spogliare de' suoi possedimenti.
11 re morì nel 1760 all' improvviso
d'anni settantasette, precisamente
in un' epoca in cui la sua potenza
militare, 1' energia e la saggezza
del suo governo aveano levato
1' Inghilterra ad un grado di glo-
ria e di potere, che non era stato
sorpassato sotto il regno di nessuno
de' suoi predecessori. Col mantene-
re Giorgio II un corpo considera-
bile di truppe disciplinate nell' An-
nover, la Gran Bretagna trasse
principalmente la sua influenza pre-
ponderante nell' Inghilterra. La sua
morte fu considerata come una
calamità nazionale, essendo amato
dal popolo per 1' affabilità delle
sue maniere, e per altre egregie
doti. L* Inghilterra va debitrice a
lui dell' istituzione del museo bri-
tannico, benefizio il più importan-
te che potesse essere fatto alle
scienze ed alla letteratura in ge-
nerale. Federico Luigi principe di
Galles suo figlio primogenito, do-
tato di grandi talenti, ma traviato
da perfide suggestioni, non usò ver-
so di lui quella rispettosa osservan-
za che un figlio deve a suo pa-
dre : la sua casa era il ridotto dei
membri dell' opposizione, e fu ve-
duto sempre combattere con essi
i progetti presentati dalla corte al
parlamento. Il principe di Galles
essendo morto nel iy5o, a Gior-
gio II successe il nipote Giorgio
III, figlio di detto principe, e nato
ING
nel 1738. Sua madre la principes-
sa Augusta di Sassonia-Gotha lo
custodi con molta gelosia e circo-
spezione. Divenuto re dimostrò un
vivo amore per la giustizia, e giam-
mai tradì le leggi dell' onore e
dell' equità : rigido ma probo, mai
perseguitò alcuno, e fu sempre ac-
cessibile e con tutti affabile. Nel
1761 si sposò a Sofia Carlotta,
figlia del duca di Mecklenbourg-
Strelitz. Buon marito, buon padre,
non conobbe mai né favoriti, né
favorite. Semplice e frugale nella
sua vita privata, amò di vivere ri-
stretto colla sua famiglia. Sua or-
dinaria residenza fu il castello di
Windsor, portandosi a Londra quan-
do affari d' importanza ve lo chia-
marono. Amò e protesse le scienze
e le belle arti più de' suoi pre-
decessori della casa di Brunswick,
ed assai la musica e 1' agricoltura
la più necessaria e più nobile del-
le arti : il suo regno, il più lungo
nella storia d' Inghilterra, fu fer-
tilissimo di grandi avvenimenti, e
di accrescimento di forza, potenza
e splendore alla Gran Bretagna.
Giorgio III domina col suo regno
la sua storia politica durante un
mezzo secolo, e questa storia è
quella dell' intiera Europa. Educa-
to da lord Bute e dopo la sua
morte da M. Jenkinson poi lord
Stawkesbury e Liverpool, questi e-
sercitò molto ascendente sul monar-
ca, e fu capo del gabinetto segre-
to che governava 1' Inghilterra e
dirigeva tutte le operazioni politi-
che cogli altri gabinetti di Europa.
Quanto allo stato de'partiti nel-
l'esaltamento di Giorgio III, è a sa-
persi, che il partilo whigs trionfante
con lord Stanhope e Walpole sot-
to Giorgio I, era restato potentis-
simo sotto il restio del successore
ING
Giorgio II. I whigs avevano con-
servata la loro fraseologia di liber-
tà, ma in fondo eransi costituiti co-
me promotori delle misure le più
antiliberali, e si andava debitori
alla loro scuola della sostituzione
dei parlamenti settennali ai par-
lamenti triennali, base primitiva
del bill dei diritti del 1688 ; i
tories erano stati allontanali dagli
affari dopo i grandi errori di Bo-
lingbroke e del conte d' Ormond ;
la spedizione di Carlo Stuardo era
troppo recente perchè i tories, riav-
vicinati ai giacomiti o seguaci de-
gli Stuardi, potessero ottenere una
grande importanza nello stato. Non-
dimeno in seno al torismo era sla-
to educalo Giorgio III, quantunque
il gabinetto d' allora non fosse
composto che di whigs puri ; la
lotta era dunque quivi impegnata,
come in tutta la storia dell' Inghil-
terra dopo il 1 688. 11 primo atto
di questo principe dopo la sua as-
sunzione al trono, fu il concedere
la legge dell' inamovibilità dei giu-
dici ; ma il popolo disgustato per
gli aumenti di tassa sopra il por-
ter, cominciò a mormorare. Essen-
dosi riavvicinato alla Prussia ed
alla Russia ne risultò una forza
vigorosa, e continuò le guerre del-
l' avo con attività ; la Spagna si
congiunse alla Francia, ed i suc-
cessi degl' inglesi fecero ben presto
ricercare la pace. Il trattato di
Parigi del 1763 terminò la guerra
de' sette anni, assicurando alla Gran
Bretagna il Canada, 1' isola Capo-
Bretone, le isole del fiume s. Lo-
renzo, la Granada, le Grenadilles,
s. Vincenzo, la Dominica, Tabago,
gli stabilimenti sul Senegal, la Flo-
rida, ed inoltre il diritto di taglia-
re nella baia di Honduras il legno
du tintura ed il campeggio : qual-
ING 107
che tempo dopo acquistò pure
l'isola di Man. Ma siccome con
tal trattato si restituirono dall' In-
ghilterra alla Spagna ed alla Fran-
cia conquiste comperate con molti-
plici sacrifizi della nazione, crebbe
il malcontento: lord Buie, dopo la
dimissione dr Pitt divenuto mini-
stro favorito, fu dai tories ripresa
1' influenza che avevano perduto
colla rivoluzione del 1688, ma pei
successivi avvenimenti lord Bute
fu assalito da tutti gli scrittori,
massime da Giovanni Wilkes lo
scrittore più rinomato dei whigs, e
gli odii scoppiarono al fine in
sommossa. Giorgio III, d' animo
fermo, conoscendo e proteggendo i
diritti del suo trono, compresse e
punì i sediziosi. Nel pontificato di
Clemente XIV, il duca di Glouce-
ster fratello del re si portò in R.o-
ma per osservare le rarità della
capitale del mondo cattolico e del-
la sede delle belle arti. Appena en-
trò nello stato ecclesiastico il Papa
deputò ragguardevoli personaggi che
1' accompagnarono fino alla domi-
nante. Ivi Clemente XIV gli fece
presentare i migliori prodotti del
paese, e gli fece illuminare la cu-
pola della basilica vaticana. Il du-
ca di Cumberland, altro fratello di
Giorgio III, allorché si portò a
Roma non ricevè minori distinzio-
ni dal Pontefice, per cui il re gli
scrisse nella maniera la più grazio-
sa, per 1' accoglienze fatte ai reali
fratelli ; gli mandò bellissimi rega-
li, ed accettò la sua pontificia me-
diazione per riconciliarsi col duca
di Cumberland.
Nel 1764 incominciarono i tor-
bidi che, cagionati dal teutativo di
stabilire delle tasse arbitrarie nel-
le colonie dell' America settentrio-
naie fondate sino dal i585, prò-
io8 ING
«lusserò poscia l'indipendenza degli
Slati- Uniti americani. Pitt dichia-
rossi francamente a favore dei co-
loni, e cominciò la sua fulminante
opposizione contro gli oppressori di
essi. Dieci anni trascorsero in ne-
goziazioni e preparativi di guerra,
e nel giorno 19 aprile 1775 il
sangue scorse per la prima volta
per l'indipendenza americana, di
cui furono i principali campioni
Franklin e Washington. La dichia-
razione di questa indipendenza eb-
be luogo a' 4 luglio 1776, ed
i francesi appassionali per gl'in-
sorti americani la riconobbero pron-
tamente. Anche lord Chatham os-
sia Pitt, Burke e Fox colla loro
coalizione ed opposizione presero la
difesa degli americani : giammai in
alcun' epoca della storia d' Inghil-
terra presenterà nel parlamento
una discussione più maestosa, con
mi ministero troppo debole per re-
sistervi. Due anni dopo la Fran-
cia soccorse gli Stali- Uniti, e la
guerra fra questa potenza e 1' In-
ghilterra scoppiò nel 1779, alla
quale prese parte anche la Spa-
gna, che pure riconosceva l' indi-
pendenza. Poco dopo l'Inghilterra
dichiarò la guerra all' Olanda. Du-
rante questa lotta . sanguinosa , il
debito della Grau Bretagna ascese
a 4>248 milioni di franchi ; al-
cuni torbidi inquietarono Londra,
e l' Irlanda chiese la sua indipen-
denza. Nel 1778 il Papa Pio VI
fu consolato nell'apprendere che in
parte erano stali moderati ed in
parie del tutto aboliti alcuni ar-
ticoli del decreto di Guglielmo III,
contro i vescovi cattolici e contro
i cattolici medesimi esistenti nel-
l'impero britannico, i quali veni-
vano ripristinali nel possesso di qua-
si lutti que' diritti che propri sono
ING
di ogni onesto suddito, e ciò me-
diante l' indulgenza di Giorgio HI.
Tuttavia dipoi nel 1781 nell'In-
ghilterra ebbe luogo una reazione,
dappoiché i vescovi della chiesa
anglicana si congiurarono a danno
de' cattolici e con angustia di Pio
VI. Tali vescovi presentarono alla
camera de' pari una relazione e di-
mostrazione del numero de' loro
diocesani cattolici. In questa si fe-
ce rilevare che nel 17 17 sotto
Giorgio I se ne contavano soli
quindicimila nella diocesi di Che-
ster, dove in detto anno 1781 a-
scendevano a 27,288 individui,
ciò che mosse lord Ferres a chie-
dere che fossero rivocati tutti gli
atti già fatti in favore de'cattolici,
ed insieme privati de'privilegi loro
accordati. Per buona sorte de'cat-
tolici il progetto del lord non es-
sendo accettato non produsse can-
giamento alcuno a danno del cat-
tolicismo. Intanto a' 2 1 maggio
1783 la pace fu segnata fra la Gran
Bretagna e gli Stati-Uniti ossia co-
lonie inglesi dell' America setten-
trionale: in tal modo la madre
patria rendette finalmente omaggio
al valoroso e costante eroismo di
quelle colonie col riconoscerle in-
dipendenti. Nel tempo istesso la
pace fu conchiusa eziandio con l'O-
landa , alla quale fu ingiunto an-
cora di rendere onore alla ban-
diera britannica ; e colla Spagna che
ricuperò l' isola di Minorica e la
Florida, ma ceder dovette in cam-
bio le isole Lucaie, delle quali si
era impadronita nel 1781. La pa-
ce colla Francia rese a questo stato
gli stabilimenti del Senegal, e la-
sciò all'Inghilterra molte isole di
cui erasi impadronita nell'Indie oc-
cidentali, e fra le altre Tabago,
come pure la libertà di cornine»
ING
dare sulle coste del Malabar e di
Coromandel. Hayder-Aft frattanto
combatteva ancora nelle Indie o-
rientali per la indipendenza di que-
sta vasta e ricca contrada , sicco-
me nemico implacabile degli stabili-
menti inglesi. La nuova della pa-
ce del 1783 non fu conosciuta che
dopo la sua morte, e suo figlio se-
gnò un nuovo trattato con la com-
pagnia delle Indie orientali. Ma h
guerra ricominciò nel 1791 e non
terminò che colla morte di Tippu-
Saeb, che peri difendendo la sua
capitale, e lasciando l'impero di
JMissore alla compagnia inglese.
Intanto rimontando agli anni ad-
dietro i ministri si successero ra-
pidamente gli uni agli altri : per
buona ventura la scelta del re nel
1784 ebbe a cadere sopra \V. Pitt,
il quale Io servì con attività e ze-
lo. Neil' anno seguente venne sta-
bilita la cassa di estinzione, e Sier-
ra Leone fu colonizzata. Nel 1786
la Gran Bretagna acquistò l' isola
del principe di Galles, enei 1787
intervenne colla Prussia negli affari
dell'Olanda; due mesi dopo essa si
stabilì alla Nuova Galles meridiona-
le. Nel 1790 la Spagna cede all'In-
ghilterra una porzione della costa
nord-ovest dell'America settentriona-
le, e nel 1791 prese possesso delle
isole. Andam, che però abbandonò
due anni dopo. Accaduta la teni-
bile rivoluzione di Francia e pro-
clamata la repubblica , fu dichia-
rata insieme fiera guerra ed ac-
canita persecuzione alla cattolica
religione e principalmente ai sacri
ministri di essa. Il Pontefice Pio
VI dopo avere nel 1792 invitati
i vescovi de' suoi stati ad eserci-
tare il loro zelo ed ospitalità coi
preti francesi esiliati , con eguale
impegno raccomandò gli infelici ec-
ING 109
clesiastici al clero secolare e rego-
lare ed a tutti i vescovi di Ger-
mania, con breve apostolico de'2 1
novembre , col quale procurò di
destare in essi l'antica ospitalità a
cui i santi padri esortarono sem-
pre i vescovi e gli ecclesiastici d'o-
gni classe. In questo medesimo bre-
ve Pio VI colmò di ben meritati
elogi la nazione inglese ed il suo
sovrano Giorgio HI, per la gene-
rosa pietà colla quale accolsero gli
esuli francesi che in numero di ot-
tomila erano approdati in Inghil-
terra, e dove neppure uno restò
sprovvisto de' mezzi onde poter
vivere. Infatti Burke fu il primo
ad aprire una sottoscrizione di sov-
ventori per soccorrerli, la quale dai
primi del settembre 1792 sino ai
primi di agosto dell'anno seguen-
te, aveva loro somministrato tren-
taduemila lire sterline. Inoltre una
questua ordinata dal governo ne
produsse per lo stesso fine circa
trentacinquemila ; ed il parlamento
assegnò somme vistose in vantag-
gio del clero francese. Willemont
formò per così dire in favore di
esso un comitato di beneficenza ;
ed il re destinò il suo palazzo di
Winchester per dare ricetto a più
di seicento di questi sfortunati e-
migrati. Il vescovo di Cantorbery
fece l'offerta della propria abita-
zione e di tutti i suoi beni ai ve-
scovi fuggiti dalla Francia. Insom-
ma quasi tutti i prelati della chie-
sa anglicana, e quasi tutti i mini-
stri della medesima, mostrarono di
aver dimenticato la diversità della
loro credenza, e che altro non ve-
dessero in quella legione di vedo-
vi, preti e regolari fuggiaschi, se
non che fratelli, come altrettanto
si ravvisò in ogni classe di perso-
ne. Non solo la nazione inglese eb-
no ING
be lodi da Pio VI, ma in più mo-
di sperimentò la gratitudine de' be-
neficati e principalmente in nome
di tutti la dichiarò 1' abbate Bar-
rile!, nella sua storia del clero fran-
cese da lui pubblicata in Inghil-
terra dov' era co' suoi connaziona-
li fuggito, e dedicata per eterna
riconoscenza alla nazione medesima.
Sino al I7g3 la Gran Bretagna
sembrò rimanere spettatrice della ri-
voluzione di Francia ; ma alla vio-
lenta morte di Luigi XVI essa si di-
chiarò col licenziare l'ambasciatore
francese. La convenzione nazionale
armò contro di essa e contro l'Olan-
da; e sette mesi di negoziazioni non
poterono ristabilire la pace nel r 796.
L'Inghilterra avendo tolto alla Fran-
cia l'isola di Corsica, il parlamen-
to emanò alcuni decreti, i quali
furono approvati da Pio VI, pei
motivi riportati nel voi. XVII, p.
277 del Dizionario, ove oltre i
decreti che riproducemmo, parlam-
mo di altre cose relative all'occu-
pazione della Corsica, già antico do-
minio della Chiesa romana. Si de-
terminò il Pontefice ad approvare
i decreti mentovati non solo per-
chè gl'inglesi ne domandarono il
suo assenso, mentre alcuni sovrani
cattolici di proprio arbitrio opera-
vano innova7Ìoni contro le cose ec-
clesiastiche; ma ancora per condi-
scendere alle premure di Giorgio
III, cui cercava dimostrare la sua
riconoscenza eziandio per la pro-
messa fattagli di garantire dai ri-
voluzionari-francesi gli stali pontifi-
cii é l'Italia tutta, ciò che però non
potè riuscirgli, oltre ad altri meriti
che quel sovrano avea colla santa Se-
de. In una lettera de' 1 7 febbraio 1 79/j-
scritta da Pio VI ai vescovi e vi-
cari apostolici d'Inghilterra per e-
soitaili a predicare con tutto zelo
ING
obbedienza e fedeltà al re, cos'i ad
essi parlò di Giorgio III. » La be-
nevolenza del re vi rende un do-
vere questa virtù ; egli e il miglior
dei sovrani. Il suo impero è pieno
di dolcezza pei cattolici. Non por-
tano più questi un giogo duro e
pesante. Essi sono stati liberati dal-
le leggi severe e dalle condizioni gra-
vose a cui erano soggetti. Hanno og-
gi dei privilegi. Essi possono servi-
re nelle armate ed hanno ottenu-
to di avere delle scuole cattoliche
per educazione della gioventù. Il
monarca benefico non ha fatto pro-
vare gli effetti della sua bontà ai
soli cattolici del suo regno. Egli
ha ancora favoriti e protetti i cat-
tolici delle vaste regioni dell'Indie
orientali al suo dominio sogget-
te ". Verso questo tempo Giorgio
III diede alcuni segni di alienazio-
ne mentale, ed il morale ne restò
scosso fortemente; fu salva la vita,
ma la ragione cessò di mostrarsi.
11 suo figlio Giorgio principe di
Galles poi Giorgio IV, di vivace
spirito, erasi tutto dato al partito
dei whigs, quando nel 1795 suo pa-
dre gli die in moglie la propria ni-
pote Carolina Amalia Elisabetta
figlia secondogenita del duca di Brun-
swick- Wolfenbuttel, sfortunata prin-
cipessa cagione di tanti scandali. La
trista situazione dè'suoi affari eco-
nomici decise soltanto il principe
di Galles a maritarsi. Il solo frut-
to di questo matrimonio fu la prin-
cipessa Carlotta maritata nel 18 16
a' 2 maggio al principe Leopoldo
fratello del duca di Sassonia-Co-
burgo; Leopoldo ne restò vedovo
dopo aver la principessa partorito un
estinto bambino nel 18 17, ed è al
presente saggio re del Belgio. Giorgio
e Carolina vissero separati, e fino
dai primi giorni non si videro più
ING
che per convenienza : i tories guada-
gnarono della popolarità in soste-
nere la principessa. Ma il primo
processo di divorzio incominciò nel-
l'anno 1807, indi segui in mo-
do strepitoso. Dopo l' innalzamen-
to al trono della casa d'Annover
i re d'Inghilterra cercavano le al-
leanze di famiglie di Germania, ad
oggetto di rinforzare il loro pote-
re nel centro della confederazione
germanica, e di crearvisi un' im-
portanza territoriale. Per questo si-
stema fu combinato il matrimonio
di Giorgio con Carolina di Brun-
swick, e gli amici del principe ve
lo persuasero a contrarlo ad onta
della sua ripugnanza. Nella ma-
lattia del re in varie circostanze
i vvhigs fecero diversi tentativi per
assicurare la reggenza al principe
di Galles; ma siccome questi ave-
va perduto d'opinione in tutta l'In-
ghilterra, furono sempre respinti;
dappoiché l'aristocrazia dei tories
avea preso l'alta attitudine espri-
mente l'onore e la dignità della
Gian) Bretagna. Essa vedeva be-
nissimo che se durante la rivolu-
zione francese il principe di Gal-
les fosse stato incaricalo del go-
verno, sarebbero stati abbandonati
gì' interessi dell'Inghilterra, e biso-
gnava impedirlo nella crisi in cui
la Francia avea involto il mondo;
non era n vi che i principii tories
che potessero salvare il governo
della Gran Bretagna, e con quei
principii la costanza nella guer-
ra. Pitt difese la sovranità del par-
lamento in materia di reggenza per
allontanare l'innalzamento dei whigs:
venne deciso che prowisoriamente
i ministri custodirebbero il sigillo
privato, e che tutto sarebbe fatto
per via di commissione. Essendosi
il re alquanto ristabilito, Pitt ne
ING in
approfittò per ritirare il bill della
reggenza che allora discutevasi nel-
la camera alta.
Indebolito Giorgio III per eser-
citare un'influeuza reale negli affari,
egli abbandonò tutto al suo ministro,
e di tempo in tempo si risvegliò
per sanzionare le deliberazioni del
suo consiglio. L'Inghilterra collo svi-
lupparsi la rivoluzione di Francia
fece mostra di forza politica, sor-
vegliando tutti i movimenti : Pitt
per ordine del re prese severe
misure contro il giacobinismo che
mostravasi in alcuni punti della
Gran Bretagna, e ciò precedette
la rottura colla Francia. Il primo
febbraio 1 7g3 la convenzione na-
zionale dichiarò la guerra ai ti-
ranni del popolo inglese , come
dice il manifesto originale: i gia-
cobini speravano di sollevare i
club della Gran Bretagna, e da
ciò ebbero luogo molte leggi re-
pressive di molto rigore, decretate
dal parlamento, e persino la so-
spensione deWhabeas corpus. Allo-
ra cominciò 1' immenso accresci-
mento dell'influenza dell'Inghilterra
sul continente e nelle colonie. Men-
tre la repubblica francese oltrepas-
sava le frontiere, gl'inglesi agirono
segretamente sopra tutti i gabinetti
dell' Europa, offrendo ad ognuno
soccorso d'ogni specie, e nello stes-
so tempo introdussero da per tut-
to mercanzie, combinarono trattati
di commercio, e abituarono il con-
tinente all'uso delle loro manifat-
ture. Da quel tempo appunto gli
inglesi acquistarono un commercio
universale; quindi l'Inghilterra si
occupò non meno nell'abbattere il
principio della rivoluzione francese,
che nell'impadronirsi delle sue flot-
te e strapparle ad una ad una le
sue colonie. Nel 1797 l'Olanda,
ii2 ING
ad esempio della Spagna, prese il
partito della rivoluzione, e momen-
taneamente perdette il Capo di
Buona Speranza ed una parte dei
suoi possessi e colonie nelle Indie,
il tutto occupato dagl' inglesi, men-
tre il direttorio esecutivo di Pari-
gi inviò Bonaparle in Italia. Po-
scia il direttorio mandò in Irlanda
una flotta, che fu dispersa dalla
burrasca, e l'Irlanda fu preservata
da un'invasione che avrebbe colà
trovato de'partigiani fra i cattolici
malcontenti. Pitt sostenitore della
guerra venne appoggiato da Gior-
gio III negli intervalli del suo ma-
le, ed il re stesso discusse nel
parlamento la proposta dei sussi-
di che dovevano fornirsi all'Austria
per la difesa dell'indipendenza con-
tinentale. Nell'ottobre 1797 Bona-
parte dettò la pace a Campo For-
mio con V Austria; e Nelson, il
Napoleone della marina inglese,
comparve sull'Oceano per compri-
mere la lega marittima dell' Olan-
da, della Spagna e della Francia;
e l'odio tra inglesi e francesi di-
ventò più intenso. Intanto avendo
i francesi occupato tutto lo stato
pontificio, a'20 febbraio 1798 por-
tarono via di Pioma prigioniero
Pio VI, e dopo averlo trascinato
in diversi luoghi, morì in Valenza
di Francia a'28 agosto 1799. Al-
l'annunzio della sua morte tutto
il mondo ne rimase commosso, e
pochi furono i luoghi che non gli
celebrarono funerali. Questi ebbero
luogo anche in Londra nella chie-
sa di s. Patrizio : essendo scorsi
duecento settant' anni circa dalla
separazione dell' Inghilterra dalla
Chiesa romana, non si erano ivi
mai più celebrate esequie ai Papi.
A sue spese le fece monsignor Car-
lo Erskine oriondo scozzese poi
ING
cardinale, residente diplomatico in
Londra per Pio VI presso la real
corte, ove fu ammesso onorevol-
mente in abito nero ecclesiastico,
cosa a quel tempo singolarissima.
Vi celebrò la messa pontificale il
vicario apostolico di Londra, e vi
fecero le quattro assoluzioni tre
vescovi francesi e quello di Wa-
terford , coli' assistenza di altri un-
dici vescovi francesi aventi alla
testa l'arcivescovo di Narbona sic-
come rifugiati in Inghilterra : mol-
ti altri signori ancora v'intervenne-
ro nelle tribune a ciò preparate,
benché di comunione diversa. Altre
particolarità di questi funerali in
Londra le riportammo all' articolo
Erskine.
Avendo Bonaparte invaso l'E-
gitto, e perciò minacciate le pos-
sessioni inglesi neh' India, Nelson
fu incaricalo d'andar dietro alla
flotta francese, e presso Aboukir
nel primo agosto 1798 riportò la
celebre vittoria navale ; ne fu ri-
sultato 1* ingrandimento della po-
tenza inglese nel Mediterraneo, ed
il conquisto di Porto-Mahon. Pitt
col consenso di Giorgio III prepa-
rò una nuova coalizione sul con-
tinente. La ribellione dell'Irlanda
die luogo alla incorporazione di
questo paese con quello della Gran
Bretagna nel 1800: l'atto più
importante di Giorgio III fu l'u-
nione completa dell'Irlanda e del-
l'Inghilterra. Avendo i francesi tol-
to all'ordine Gerosolimitano (Fedi)
Pisola di Malta, dopo lunghissimo
blocco se ne impadronirono gl'in-
glesi a'5 settembre 1800, e al mo-
do narralo al citalo articolo. Indi
le flotte inglesi ottennero buoni
successi sulle spagnuole. Il parla-
mento che a tale epoca si convo-
cò per l'unione dell'Irlanda e del-
ING
l'Inghilterra, procurò per la prima
volta a qiiell' assemblea il nome
di parlamento imperiale , perchè
eranvi tre corone sotto una sola ; in
esso Pitt si ritirò temporaneamente
dal ministero, e per differire d' o-
pinione col re sull' emancipazione
de'cattolici siccome fu creduto. Di-
venuto Bona parte primo console
della repubblica francese, conchiu-
se una tregua, che durò poco, ai
27 marzo 1802; restando agl'in-
glesi il possesso delle isole di Ceylan
e della Trinità. Le animosità fra
le due nazioni e i due governi
continuarono anche durante la pa-
ce: quasi subito incomiuciarono
le recriminazioni; la stampa in-
glese divenne virulenta, sparlando
in ogni maniera della Francia e
del suo capo. Bonaparte, poco a-
bituato alle forme della libertà
della stampa, si dolse e sdegnò per
tutte le dicerie de'giornali. Avendo
Pitt dopo Addington ripreso la
direzione degli affari con altri, allo-
ra Giorgio III ebbe un ministro
di forza e d'unità, e trattossi di
grandi preparativi contro la Fran-
cia, che colle flotte sue, olandesi
e spagnuole minacciava invadere
l'Inghilterra. Questa potenza rian-
nodò la coalizione, del continente
contro i francesi, alleandosi colla
Russia, l'Austria e la Svezia, sta-
bilendosi per armata cinquecento-
mila uomini. Sfortunatamente la
coalizione fu mal diretta; Napo-
leone Bonaparte proclamato impe-
ratore a' 18 maggio 1804, si por-
tò rapidamente in Germania nel
seguente anno , ed ai 2 dicembre
nella battaglia d' Austerlitz vide
disfatte le armate austro - russe.
A' 2 1 del precedente ottobre nel-
lo strepitoso combattimento navale
di Trafalgar gì' inglesi trionfarono
voi. xxxv. _ — — —
ING n 3
dei gallo-ispani, ma vi peri Nel-
son l'eroe dell'Inghilterra, e poco
dopo morì Pitt, l'uomo grande di
stato. In questo frangente si pen-
sò seriamente a far dichiarare l'in-
terdizione di Giorgio III, perchè
solo godeva qualche lucido inter-
vallo della sua pazzia melanconica;
ma il carattere del principe di
Galles collegato coi whigs , e te-
mendosi con un cambiamento di
sistema la perdita dell'Inghilterra,
fece abbandonare 1' interdizione, e
cercare al re appoggio ai vrhigs
che volevano la pace. Pitt avea
altamente fissato il pensiero della
guerra come base essenziale della
politica dell'Inghilterra. Giorgio III
essendosi ristabilito in salute do-
maudò al ministero whigs chiara
spiegazione sopra l'assunto dei cat-
tolici irlandesi. E d'uopo sapere
che la famiglia d'Annover per degli
scrupoli religiosi, e per l'idea stes-
sa che l'avea innalzata al trono ,
era sempre stala fortemente con-
traria all'emancipazione de' cattoli-
ci d'Irlanda ; quella casa regnava
per la volontà della chiesa stabili-
ta. Guglielmo III, come dicemmo,
era giunto alla corona per darne
l'esclusione a Giacomo II il pro-
tettore del cattolicismo ; ed ecco
come fàcilmente si spiega la ripu-
gnanza dei re della casa d' Anno-
ver per l'emancipazione de' catto-
lici d'Irlanda. Il re colse quest'oc-
casione per sbarazzarsi di un mi-
nistero whigs contrario alle sue
persuasioni.
La nuova amministrazione scel-
ta dal re fu in perfetta armonia
colle sue opinioni ; i tories furono
destinati a dirigere il gabinetto, e
richiamò Castlereagh, Hawkesbury,
Canning, Mulgrave e Eldon , non
senza gravi «declamazioni siccome
BMMQti
n4 ING
amministrazione anti-popolare. La
•vittoria riportata da Napoleone ad
Eylau agli 8 febbraio sui russi ,
fece avvicinare al fortunato guer-
riero l'imperatore Alessandro 1 nel-
]' intervista di Tilsit: tale seria po-
sizione lasciava l' Inghilterra quasi
sola nella gran lotta aperta sul con-
tinente, mentre era in guerra an-
che coi turchi. Lord Castlereagh
ed i tories si pronunciarono con for-
za per la guerra, e bisognò pro-
seguirla con tutta l' energia d' un
gran popolo. Gl'inglesi s'imposses-
sarono della flotta danese che par-
teggiava per Napoleone, trasporta-
rono il re di Portogallo Giovanni
VI nel 1808 nelle sue colonie d'A-
merica , sconcertando cosi i piani
dell' imperatore de' francesi , che
procurando avvicinarsi a Giorgio
JII fu rigettato. Il gabinetto bri-
tannico ordinò il blocco della Fran-
cia, e Napoleone quello dell'Inghil-
terra: il desiderio di vendetta giun-
se al più alto grado di esaltazio-
ne, e la Gran Bretagna pose sotto
l'armi quattrocentomila uomini, ol-
tre ottantamila marinari. Il blocco
continentale proclamato da Napo-
leone a pregiudizio degl' inglesi ,
con decreti dati in Berlino ed in
Milano, venne seguito dall'insurre-
zione della Spagna, i cui capi si
posero in relazione col gabinetto
britannico. Frattanto Napoleone nel
1809 consumò l'intera occupazio-
ne dello stato pontificio, sotto va-
ri pretesti, uno de' quali fu di a-
vere negato Pio VII di chiudere
ì porti di esso agli inglesi e di
espellerli da' suoi dominii, quindi
a' 6 luglio il Papa fu strappato da
Boma e deportato dai francesi in
vari luoghi. Avendo Giorgio III
riconosciuto le cortes di Spagna,
dichiarò che gli spagnuoli trovereb-
ING
bero in lui appoggio e protezione:
la campagna di Portogallo e di
Spagna fu concertata fra lord Ca-
stlereagh e sir Arturo Wellesley
poscia duca di Wellington. Il pa-
triottismo della aristocrazia britan-
nica ed il governo sapeva non es-
servi per l' Inghilterra tregua e
riposo finche Napoleone restava al-
la testa degli affari di Francia ; per
vincere dunque il loro possente e
colossale nemico, con tutti i loro
mezzi prestarono soccorso ai por-
toghesi ed agli spagnuoli. Il Por-
togallo venne liberato dai france-
si, e sir Arturo riportò brillanti
successi in Ispagna : mentre l'Au-
stria per le battaglie di Wagram
e d'Essling fu costretta segnar la
penosa pace di Vienna. Più tardi
le flotte inglesi s'impadronirono di
Heligoland, occuparono la Sicilia
per difenderla dai francesi, con-
giunsero il Labrador ai loro pos-
sessi della Nuova Bretagna, e con-
quistarono con ogni mezzo gran
parte dell' Indostan, e quasi tutte
le colonie delle potenze europee.
Dopo l'inimicizia ed il duello. tra
Canning e lord Castlereagh , es-
sendosi ritirati dal ministero, di
questo divenne capo Perceval.
Dopo la morte della principessa
Amalia figlia di Giorgio III, avve-
nuta a'?, novembre 1810, il re re-
stò sconcertato in quella poca ra-
gione eh 'eragli rimasta, per cui i
ministri credettero non dovere più
ritardare 1' organizzazione di un
governo nel quale sarebbe stato
capo il principe di Galles, essendo
i tories persuasi che il di lui spirito
erasi maturato, e eh' egli associa-
vasi completamente nell'idea d'una
resistenza forte e possente contro
la rivoluzione francese e l'impero
di Napoleone. I tories quindi non
ING
esitarono più, ed il bill di reggen-
za fu compilato in favore di Giorgio
principe di Galles , avendo questi
formalmente promesso di secon-
dare i tories che aveano l' attitudi-
ne per dirigere il governo del pae-
se, e che niente sarebbe cambiato
nel personale del gabinetto. I whigs
ingannati dall'amicizia del princi-
pe proposero d'investirlo d'un po-
tere illimitato, ma invece la reg-
genza fu stabilita con molte restri-
zioni ; il gran sigillo, immagine del-
la volontà nazionale, fu consegna-
to ad una commissione, in una pa-
rola l'aristocrazia de'tories riserbossi
come prima la direzione degli af-
fari politici. Dopo il bill di reg-
genza cessò effettivamente il pote-
re di Giorgio III, ed il suo re-
gno propriamente parlando finì nel
18 1 1. Il re ritirossi a Windsor a
condurvi vita tranquilla , ed ivi
morì d'anni ottantadue a' 29 gen-
naio 1820, avendone regnato ses-
santa. Dicesi che Giorgio III sia
stato il più zelante protettore del
metodo d'insegnamento del dottor
Lancaster, e ch'egli ripeteva so-
vente queste parole : » io bramo di
vedere giungere il tempo che il
fanciullo più povero dei tre regni
sarà capace di leggere la Bibbia".
Fu questo re che tracciò al capi-
tano Cook la strada ch'egli dove-
va percorrere per trovare un nuo-
vo mondo. Comunque egli non sia
mai stato uomo di primo ordine, e
non abbia preso che una parte inter-
rotta agli avvenimenti del suo re-
gno, questo fu magnifico ne' risul-
tali, mentre dotò l'Inghilterra del-
la sua unità politica, e della sua
grandezza territoriale. Sì lungo re-
gno può epilogarsi in un sol pen-
siero : Giorgio III educato fra i to-
ries, ripose in essi la sua fiducia,
ING n5
li secondò con tutte le sue forze,
e siccome i tories sono la vera idea
governatrice dell' Inghilterra , ne
conseguì un'epoca di energia e di
costante politica, la quale assodò i
destini della nazione. Nel divenire
il principe di Galles reggente d'In-
ghilterra, Napoleone era al suo a-
pogeo di forza e di gloria , e ma-
rito dell'arciduchessa d'Austria Ma-
ria Luigia ; ma il suo sistema con-
tinentale aveva creato da per tut-
to delle inimicizie, le quali destra-
mente erano coltivate dall' Inghil-
terra. Le pubbliche gravezze a cui
aveano dovuto soggiacere gl'inglesi
per le tasse della guerra , furono
compensate dalle vittorie del duca
di "Wellington in Ispagna, forzan-
do a ritirarsi i marescialli Soult e
Massena, e dai felici successi delle
flotte britanniche in tutti i mari;
indi Liverpool prese la direzione de-
gli affari, ed il reggente ruppe t
rapporti coi whigs suoi antichi a-
mici eh' eransi pronunziati contro
di lui.
Napoleone prima di partire per
1' infelice spedizione della Russia ,
fece aperture di pace al reggente,
ma si rispose non potersi stabilire
se prima non si fissava un sistema
europeo, cioè l'indipendenza dell'O-
landa, ed il ristabilimento di Fer-
dinando VII sul trono di Spagna.
Il reggente in segreto avea preso
degl'impegni con Luigi XVII I pel-
rimetterlo sul trono di Francia; gli
avvenimenti sembravano favorire la
previdenza del principe, la cui ca-
pacità e fermezza sempre più si
accresceva. Napoleone nella campa-
gna di Russia correva all'ultima
sua rovina, ed il gabinetto britan-
nico reputò salva la causa euro-
pea. Adottò varie misure diploma-
tiche, la prima fu quella de' sussi-
116 INO
flii trattati con la Russia, e con la
Prussia che separassi dalla Fran-
cia, quindi Bernardotte re di Sve-
zia fu alleato : i sussidii di guerra
ammontarono nel 1 8 1 3 a trenta
milioni di lire sterline. L'Austria
si uni alla coalizione, e con questa
Murat re di Napoli; un' insurrezio-
ne si fece scoppiare in Olanda ;
tutto disponevasi per lo slogamen-
to del vasto impero Napoleonico ,
e la Gran Bretagna divenne il cen-
tro ove si diressero tutti gli affa-
ri. La disastrosa e memorabile dis-
fatta di Napoleone in Russia fu
compita, la sua confederazione Pie-
nana si disciolse, lord Wellington
sconfisse l'armata del re Giuseppe
Bonaparte presso Vittoria a' 1 i
giugno, e la sorte dell' Europa fu
decisa nei campi di Lipsia a' 18
ottobre 1 8 1 3. Il grand'esercito de-
gli alleati passò il Reno a' ?. i di-
cembre, e si avvicinò a Parigi ro-
vesciando ogni ostacolo, mentre
lord Wellington passata la Bidassoa
si portò nel cuore dell'impero fran-
cese. Alessandro I persuase gli al-
leati a marciare sopra Parigi che
aprì loro le porte a'3 i marzo i8i4-
A' 6 aprile fu proclamato re di
Francia Luigi XVIII, ed agli i i
del medesimo aprile Napoleone ri-
nunziò all'impero, venendogli con-
cesso per luogo di soggiorno l'i-
sola dell'Elba in sovranità. Ma tut-
to quello che precedette, accompa-
gnò e segui tanti avvenimenti, già
lo descrivemmo altrove, e partico-
larmente agli articoli Francia e
Germania. Lord Castlereagh si por-
tò a Parigi e negoziò di concerto
colle altre potenze, alla presenza di
molti de' sovrani alleati, il trattato
del 20 maggio, il quale si può con-
siderare come 1' atto costituzionale
delle grandi relazioni europee, che
ING
vennero dappoi interamente rego-
late nel congresso di Vienna, del
quale pure trattammo al citato ar-
ticolo Germania. Le leggi costitu-
zionali in Inghilterra interdicono
ai re ed ai reggenti di sortire dal
regno senza un permesso del parla-
mento imperiale, e pertanto il prin-
cipe di Galles non andò a Parigi per
vedere la maggior parte de'sovrani
d'Europa, ma i sovrani stessi vi-
sitarono Londra nel medesimo an-
no. Il re della Gran Bretagna rien-
trò ne' suoi possessi d' Alemagna ,
aumentati ed eretti in regno di
Annover, di cui il primo a por-
tarne il nome fu Giorgio III.
L'Annover era stato dai francesi
occupato nel i8o3, quindi da essi
ceduto ai prussiani nel 180?. La
Prussia ben presto essendosi alleata
ai nemici della Francia, l'elettora-
to passò di nuovo in potere dei
francesi, e nel 1807 una parte di
esso entrò nel nuovo regno di
Westfalia, restando l'altra in pote-
re della Francia, che ne formò nel
1810 i dipartimenti dell'Ems orien-
tale, dell'Ems superiore, delle Boc-
che del Weser e delle Bocche del-
l'Elba nell' impero francese. Que-
sto stato di cose durò sino al 18 r 3:
i francesi essendo allora forzati di
abbandonar l'Aleraagna, l'elettorato
fu restituito integralmente ai suoi
antichi padroni, e siccome per gli
anteriori politici avvenimenti la di-
gnità elettorale era stata abolita ,
così fu eretto in regno nel 18 14
a' 12 ottobre. V. Impero ed Elet-
tori DEL SACRO ROMANO IMPERO. Fu
fatto governatore del regno d'An-
nover Adolfo Federico duca di Cam-
bridge, figlio di Giorgio III.
Tra i sovrani che ritornarono
alle loro sedi vi fu il Pontefice Pio
VII, divenuto segno dell'universale
JNG
ammirazione, pei patimenti e co-
stanza d'animo di cinque anni di
deportazione. Il medesimo giorno
che gli alleati entrarono in Pari-
gi, il Papa fece il suo solenne in-
gresso in Bologna, e durante il suo
soggiorno in tale città ebbe varie
conferenze con lord Bentinck co-
mandante in capo le forze britan-
niche in Italia e nel Mediterra-
neo ; dicesi che il generale inglese
nell'ultima conferenza offrisse al san-
to Padre in nome del principe
reggente cinquantamila zecchini per
le spese del viaggio, se deve cre-
dersi al Pistoiesi tom. Ili, p. i8r,
ma non pare che sia vero. Pio
A II entrò trionfante in Roma a'24
maggio. Prima di entrarvi si trat-
tenne e prese ristoro nel casino
Glieli alla Giustiniana, tenimento
dell'agro romano, cosi detto dalla
famiglia Giustiniani sua antica pro-
prietaria, lunge sette miglia dalla
capitale, e chiamato ancora Bor-
ghelto e Casteduccia. Ivi erano pre-
parate tic tavole per il necessario
rinfresco, una pel Pontefice, l'altra
pei cardinali, la terza pel suo se-
guito. In questo luogo incominciò
l'io Mia fare pubhlicamente co-
noscere quanto era grato agli sforzi
dell Inghilterra in favore della Se-
de apostolica, giacché dopo il rice-
vimento'del re Carlo IV e sua
reale famiglia, in uu alla regina
di Etruria, e della duchessa di
Chablais, si degnò ricevere con di-
stinzione Roberto Fagan console
generale del re della Gran Breta-
gna per la Sicilia, Malta ed isole
adiacenti, e volle che assistesse alla
sua mensa unitamente all'altro in-
glese cav. Dodwel presentato dal
console, e siccome quest'ultimo era
in istato di convalescenza, Pio VII
io lece sedere e dopo il pranzo Io
ING 117
trattenne in compagnia del suo cl-
inico per lo spazio di mezz'ora.
Quindi ambedue furono introdotti
alla tavola de' cardinali : il popolo
romano dimostrò pubblicamente la
sua gratitudine ai sovrani alleati
ed ai loro ministri, e tra le accla-
mazioni ve ne furono pel re Gior-
gio III e per la nazione inglese.
A Rimini Pio VII era stato incon-
trato dal celebre cardinal Consalvi
già suo segretario di stato, e giun-
ti ambedue a Foligno, il Papa su-
bito lo dichiarò ambasciatore straor-
dinario a Luigi XVI II per recla-
mare contro il trattato di Tolenti-
no, conchiuso tra il suo predeces-
sore Pio VI e la repubblica fran-
cese, ed ancora con la missione di
risiedere presso i sovrani dimoranti
in Parigi. Siccome poi l'imperato-
re di Russia ed il re di Prussia
doveano partire per Londra, in un
al principe di Mettermeli rappre-
sentante dell'Austria, per combina-
re gli affari da trattarsi nel con-
gresso generale di Vienna, per que-
sto istesso motivo, e per rivendi-
care i diritti della santa Sede, vi
si portò eziandio il cardinale ,
anche per ringraziare il principe
reggente, e ringraziare il ministero
inglese della parte che avevano pre-
sa agi'" infoi tunii del Pontefice. 11
principe reggente accolse la corte-
sia dei sovrani che lo visitarono,
con tutta la magnificenza propria
del governo britannico; allora egli
era più che mai dominato dai suoi
gusti di fabbricare, avendo restau-
rato il palazzo di Saint-James^ e
superbamente abbellito il castello
di "Windsor. La visita dei sovrani
a Londra fu segnalata dalla rinno-
vazione delle antiche cerimonie in-
glesi, fino al punto che Alessandro
1 imperatore di Russia, e Federi-
n8 ING
co Guglielmo III re di Prussia, i
quali avevano poco fa rovesciato il
gigantesco potere di Napoleone, fu-
rono acclamati dottori nelle uni-
versità di Cambridge ed Oxford
con tutte le formole alquanto cu-
riose de' tempi antichi.
Quanto al cardinal Consalvi in
Inghilterra, fu questa la prima vol-
ta dopo due secoli che gì' inglesi
di buon grado vedessero rivestito
delle proprie insegne un cardinale
comparire in Londra, dove la ple-
be costumava bruciare l'effigie del
Papa. Questo cangiamento allora
fece tanto maggior meraviglia, quan-
to che sapevasi che lord Grenville
pochi anni innanzi avea fatto il ri-
troso per ricevere come ministro
del re una lettera del Pontefice
romano, e monsignor Caleppi pas-
sando per Londra era stato obbli-
gato a deporre l'abito di prelato.
.All'opposto allora si vide il cardi-
nal Consalvi nella qualità di am-
basciatore o legalo pontificio am-
messo da lord Castlereagh a pre-
sentare le sue credenziali, indi in-
trodotto alla presenza del principe
reggente ed accolto con distinto fa-
vore, prevenuto dalla illustre fama
che di lui risuonava come uno dei
primari diplomatici del nostro tem-
po, confermata dal suo maraviglio-
so tratto, pronto e vasto ingegno.
Cadde in siffatta guisa, per riguar-
do a Pio VII ed al suo degno mi-
nistro, quel muro di separazione
che per due secoli e più durava
Ira Roma e Londra , e cominciò
da indi in poi quel!' amichevole
corrispondenza che poscia riuscì di
tanto vantaggio ai cattolici sudditi
della Gran Bretagna : al presente
gl'inglesi di qualunque setta o par-
tito, e d'ogni sesso, che in folla e
di frequente si conducono in Ro-
ING
ma, bramano quasi tutti fare o-
maggio al Papa che regna, e sono
accolti benignamente e con distin-
zione. Le fila dei negoziati che sep-
pe ordire il cardinal Consalvi a
Londra , sortirono poco dopo un
esito felice al congresso di Vienna,
per dove senza frapporre indugio
rivolse i suoi passi. I biografi del
gran cardinale narrano, che il prin-
cipe reggente tanto prese a stimar-
lo, che sovente gli scrisse collo sti-
le della familiarità e della più sin-
cera amicizia. Aggiungono , che
quando il valentissimo pittore La-
wrence venne mandato a Roma
per farvi il ritratto di Pio VII,
ebbe pure speciale ordine di ese-
guire anche quello del cardinale,
siccome effettuò. Tali e tante fu-
rono le cordiali attenzioni fatte co-
stantemente dal cardinale agl'in-
glesi che si recarono in Roma, che
tutti restarono invaghiti e grati del
complesso delle qualità che in lui
ammiravano. Inoltre il cardinal Con-
salvi ebbe relazione colla contessa
d'Albany cognata del cardinal di
York, siccome protetto ed amato
da questi, e massime colla bene-
merita delle arti, la duchessa di De-
vonshire, che Roma ed Italia per
molti anni onorò. Contrario il car-
dinale ad accettare protettone, di
buon grado si fece protettore del
collegio inglese di Roma.
Le festività grandiose e le pom-
pe nazionali che occuparono l'In-
ghilterra per gli ospiti sovrani du-
rante il mese di giugno 1 8 1 4> fu-
rono seguite dalle dissidenze dome-
stiche del reggente e di Carolina
sua consorte : questa gli scrisse una
lettera commovente, ed il principe
dichiarò di non voler con essa rap-
porti se non pel mezzo officiale
d'un segretario di stato. Alimenta-
ING
va e manteneva la contrarietà di
Giorgio per sua moglie, l'essere
questa interamente confidata ai ra-
dicali, ed avere per consiglieri Brou-
gham e Whitbread, laonde era il
simbolo dell'opposizione. Dopo il
trattato del 1814 e la fondazione del
regno de'Paesi Bassi coll'unione del-
l' Olanda al Belgio , il gabinetto
inglese che n'era stato l'autore a-
veva pensato che per costituire una
gran forza ed un' intima unioue
del nuovo regno coli' Inghilterra ,
niente era più essenziale quanto
un'unione di famiglia, e si deter-
minò il matrimonio della princi-
pessa Carlotta figlia del reggente e
di Carolina, col principe Gugliel-
mo d'Orange erede della nuova
corona , posto sotto la tutela di
lord Wellington. Per effetto de'ma-
neggi della madre, Carlotta audò
a ricovrirsi presso di Carolina,
e dichiarò altamente di non voler-
vi acconsentire, e che non avrebbe
accettato altro sposo tranne il prin-
cipe Leopoldo di Sassonia-Cobur-
go, che dal 1 8 1 4 era alla corte
d' Inghilterra . Alessandro I coo-
però a mezzo di sua sorella la prin-
cipessa d' Oldemburgo a sventare
il matrimonio col principe d'Oran-
ge, e l'antipatia di Carlotta per
questo operò il resto. Tutto pro-
dusse dello scandalo e schiamazzo,
ed i radicali coi whigs moderati
dichiararonsi contro il padre. In-
tanto 1' Inghilterra si assicurò i
conquisti del Capo di Buona
Speranza ,- le isole di Francia e
dì Ceylan , quelle d' Heligoland
colle loro dipendenze e nomina-
tamente Bodriguez e le Sechel-
le, di Tabago, di s. Lucia e di
una parte della Guiana olande-
se; inoltre all'Inghilterra venne ri-
conosciuto il possesso di Malta e il
ING 119
protettorato della repubblica delle
isole Jonie, e fece delle città an-
seatiche come altrettanti magazzi-
ni de' depositi di mercanzie e ma-
nifatture che inondarono la Ger-
mania. Al congresso di Vienna la
Gran Bretagna fu rappresentata da
lord Castlereagh ; la diplomazia
inglese allora cangiò carattere, e
per bilanciare l' ingrandimento del-
la potenza russa, conchiuse il fa-
moso e segreto trattato della tri-
plice alleanza coli' Austria e colla
Francia, per opera del principe di
Mettermeli, lord Castlereagh e Tal-
leyrand ; trattato che offese pro-
fondamente Alessandro I. Framez-
zo a tali differenze Napoleone fug-
gito dall' isola dell'Elba sbarcò il
primo marzo 1 8 1 5 a Cannes ; do-
po qualche esitanza, prodotta dalla
singolarità dell'avvenimento, l'Eu-
ropa intera si mosse contro di lui,
ed il principe reggente seguì l'im-
pulsione degli altri , malgrado la
più viva opposizione dei whigs ; e
siccome erasi a' 24 settembre 18 14
a Gand conchiusa la pace cogli Stati
Uniti di America, l' Inghilterra fu
in grado di poter disporre di tutte
le sue forze.
Il duca di Wellington prese il
comando dell' armata alleata nel
Belgio, ed il reggente di proprio
pugno gli affidò i destini della
coalizione e della guerra nazionale.
Ai 18 giugno il duca riportò com-
pleta vittoria su Napoleone, che
cadde per sempre dopo un nuovo
regno di cento giorni : il duca col-
1' armata anglo-prussiana marciò
sopra Parigi, ove nuova situazione
si aprì per 1' Inghilterra che si-
gnoreggiò coi prussiani le negozia-
zioni, non essendo ancora i russi
entrati nella linea militare. Napo-
leone spontaneamente si diede in
I2o ING
mano agi' inglesi, che lo rilegarono
Dell' isola di s. Elena sull' oceano
Atlantico equinoziale, fra 1' Africa
e l' America meridionale. Quest' i-
sola fu scoperta nel i5oa da d.
Giovanni di Noya portoghese che
ne prese possesso in nome del suo
sovrano, chiamandola s. Elena,
perchè la vide il giorno della festa
di questa santa. I portoghesi in
una bella valle vi fabbricarono
una cappella, che distrutta dagli
olandesi riedificarono nel 1610.
Qualche tempo dopo gli olandesi
s' impadronirono dell' isola sino al-
lora disabitata, vi fecero delle pian-
tagioni ed aumentarono gli anima-
li portativi dai portoghesi. Nel
i65o 1' occuparono gì' inglesi, e
tolta loro dagli olandesi nel 1673,
subito la ricuperarono e quindi
bene fortificarono. Carlo II allora
\a cedette alla compagnia delle In-
die orientali, che la rimise al go-
verno nel 1 8 1 5 , oude ricevervi
Napoleone Bonaparte, il quale vi
giunse verso la fine del novembre.
A. tal epoca un nuovo governatore
vi fu nominato per conto del go-
verno inglese, ed alcune potenze
continentali v' inviarono dei com-
missarii. Non vi fu allora un pun-
to solo dell' isola che non fosse
posto al sicuro d' ogni sorpresa, e
precauzioni di ogni sorta furono
impiegate severamente, onde ren-
dere un' evasione impossibile. Qui-
vi moiì Napoleone il 5 maggio
1821, inelà di cinquantadue anni.
In vicinanza ed all' ovest della pia-
nura di Longwood e al nordest
del pico di Diana verso il centro
dell' isola, sta il sepolcro che sino
al 1840 racchiuse le ceneri di que-
st' uomo straordinario, al quale si
giunge per un viale di giranei. Un
circuito di legno di forma elittica,
ING
è il primo circondario del sepolcro
che non era permesso di aprire
che con 1' autorizzazione del gover-
natore dell' isola ; nel mezzo di una
estensione di un mezzo jugero circa,
coperta di zolle erbose, al di sopra
delle quali s' innalzano cinque sali"
ci piangenti, i cui rami ricadono
sulla tomba, e due peschi della
Cina, vi ha un' inferrata di forma
'quadrata. La pietra funehre com-
posta di tre pezzi di marmo non
presenta alcuna iscrizione ; la cava
sepolcrale è egualmente formata
di marmo ; il feretro di Napoleone
posto su quattro cavaletti che s' in-
nalzano sopra terra era composto di
quattro bare : la prima cioè l'in-
terna d'acajù, la seconda di latta,
la terza di piombo, e la quarta
pure di acajù : su quest' ultima si
scolpì il titolo di generale dei fran-
cesi. Si depose in questa bara il
suo abito militare, il suo cappello
divenuto per la sua forma, per
così dire, un monumento storico,
e la spada che portava alla batta-
glia d' Austerlitz. Presso al monu-
mento evvi una piccola fontana
quadrata, le cui estremità erano
spesso visitate dall' illustre perso-
naggio. Dopo la morte di Napo-
leone, per guardia straordinaria si
lasciarono solo quindici uomini al
sepolcro, e l'isola fu restituita alla
compagnia. Avendo la Francia do*
mandato ed ottenuto dall' Inghil-
terra le spoglie mortali di Napo-
leone, mandò a s. Elena una spe-
dizione sotto il comando del reale
principe di Joinville, che le ricevet-
te in consegna a' i5 settembre
1840; e portate a Parigi furono
depositate nella chiesa degl' invali-
di, dove a' i5 dicembre gli furono
celebrati magnifici funerali.
Essendo 1' Inghilterra in piena
0È
ING
pace, nacque quindi la divisione,
le dispute interne presero luogo in
vece delle grandiose discussioni
della guerra, onde i partiti si at-
taccarono con maggior furore. Il
parlamento dovendo spesso accor-
rere in aiuto delle prodigalità del
reggente, violentissimi dibattimenti
si accesero in tali occasioni. Can-
ning si procurò una posizione mo-
derata in mezzo agli stessi tories,
non offese mai i whigs, e la sua
antica amicizia colla principessa
Carolina contribuì a mantenerlo in
sufficiente situazione coi radicali.
L' Inghilterra nel i8i5 aveva mol-
te profonde piaghe a guarire ; la
prima di tutte era la situazione
dell' Irlanda. Anche nei tempi del-
la guerra la più ardente, l'eman-
cipazione dei cattolici era stato
1' oggetto delle più romorose di-
scussioni nel parlamento : si aveva-
no cercati i mezzi di restituire un
poco di libertà a quelle popolazio-
ni sofferenti ; degli uomini stessi
molto dediti alla causa europea si
erano dichiarati per gì' irlandesi,
cosi lord \\ ellesley era stato uno
dei difensori generosi dei cattolici ;
egli aveva abbandonato il ministe-
ro pel suo dissenso in quest' argo-
mento dall' opinione personale del
principe reggente. Questo era di
fatto uno dei punti sul quale il
principe non voleva cedere, come
erede in ciò delle massime della
casa di Brunswick : la rivoluzione
del 1688 essendo fondata sopra il
principio protestante, qualunque
concessione ai cattolici sembrava
una mancanza di fede al giuramen-
to dei re d' Inghilterra. La secon-
da difficoltà aveva relazione agli
operai ed alle manifatture ; da
questo ebbero luogo le pratiche
latte dull' Inghilterra per defluire
iuta 121
1* emancipazione delle colonie spa-
guuole, a mezzo degli agenti ingle-
si sparsi per 1' America meridiona-
le, onde trovarsi de' compratori pei
prodotti delle manifatture . Dal
1816 al 1819 la storia dell' Inghil-
terra è limitata nell' interno a que-
sta lotta, i cattolici d' Irlanda e
gli operai. Un tristissimo avveni-
mento sopravvenne ad affliggere pro-
fondamente la famiglia reale. La
principessa Carlotta eh' era quasi
la speranza del partito whigs mori
improvvisamente a' 5 novembre
1817, dopo aver sposato il principe
Leopoldo di Sassonia - CoburgOj e
fu cagione di gran lutto. Intanto
1' Inghilterra fu agitata dal carbo-
narismo e dalle società secrete che
minacciavano tutte le monarchie
europee, le quali si trovarono co-
strette a prendere delle misure con-
tro questo nuovo pericolo; mentre
la costituzione dell' Inghilterra per-
metteva le libere associazioni, pri-
vilegio inerente a qualunque citta-
dino inglese. Lo stato dell' Inghil-
terra al principio del 18 19 diven-
ne spaventoso, massime perchè la
classe degli operai moriva di fame;
la pace produceva quel male che
non avea potuto cagionare la guer-
ra. Allora fu che lord Castlereagh
assunse il sistema repressivo con
diversi bill, e poco dopo morì nel
1820 Giorgio III, e la corona rea-
le passò definitivamente sul capo
del reggente Giorgio IV, che inol-
tre divenne il secondo re d' An-
nover.
Il principio di questo regno fu
segnalato dalla cospirazione di Ar-
turo Thistlewood onde proclamare
la repubblica d' Inghilterra, e 1' Ir-
landa si rivoltò: i provvedimenti
di repressione si eseguirono ener-
gicamente. Un imbarazzo da' più
122 ING
serii venne indi suscitato a Giorgio
IV: sua moglie, dopo aver percorso
la Grecia, la Palestina, e dimorato
successivamente a Venezia, Milano
e Roma, all' innalzamento al trono
del marito ritornò in Inghilterra per
assumere scettro e corona, ed es-
servi acclamata regina in Westmin-
ster. Il re profondamente commos-
so dichiarò di voler intentare un
nuovo processo di divorzio con-
tro di lei nelle forme più solen-
ni , accusandola apertamente di
avere avuto che fare con 1' ita-
liano Bartolomeo Bergami suo ciam-
bellano ed aliti ancora. Mentre la
regina era 1' idolo del popolo, e
1' alderman Wood le offrì la sua
casa in Londra come palazzo della
maestà reale, non dandosi ascolto
ad accomodamenti vantaggiosi, il
processo incominciò, e vennero fat-
te delle rivelazioni scandalose. La
regina persistè nella sua ostinazione,
nel giorno della coronazione di
Giorgio IV preseti tossi alle porte
dell' abbazia di Weslminsler per
ricevere la santa unzione, ma le
porte furonle chiuse in faccia, e
centomila persone delle classi più.
popolari, che gridavano viva la re-
gina, indi vennero disperse dalla for-
za armata; la regina cadde ammalata
di afflizione, e dopo pochi giorni mo-
rì a'7 agosto 182 1, in età di cin-
quantaquattro anni. Secondo il suo
testamento lasciò 02111 sostanza al
o
giovane William Austin suo figlio,
ed il suo corpo a Brunswick, ove
con grandi onori venne deposto
nelle tombe di famiglia, tra V avel-
lo del padre e del fratello. Frat-
tanto 1' indipendenza dell' America
spaguuola si sviluppò, le potenze
ponti Dentali reputarono necessario
di prendere straordinarie misure
per arrestare le opinioni demoera-
ING
tiche; Castlereagh non godette più.
della popolarità, quando la maggio-
ranza incerta del parlamento di-
chiarossi da quel momento per
1' emancipazione de' cattolici d' Ir-
landa; una proposta di Canning
sui cattolici passò alla camera dei
comuni e non fu rigettata che da
quella dei lordi ; un tal risultamen-
to condusse ad un cambiamento di
ministero, ed al suicidio di Ca-
stlereagh che inclinava a conceder-
la più tardi. Roberto Stewart vi-
sconte di Castlereagh marchese di
Londonderry, colpito da demenza
si uccise con un temperino a' 22
agosto 1822. Canning quindi diven-
ne capo del governo, personaggio
non amato da Giorgio IV, per cui
non fu, se non dietro di lunghe
negoziazioni e per la forza della
necessità, che il re accettò Canning
come capo del gabinetto. Tutto
ciò accadde durante il congresso di
Verona, e le transazioni diploma-
tiche che prepararono la guerra di
Spagna. Siccome con Canning la
rivoluzione andava a trovare un au-
siliario nell' Inghilterra ovunque
essa avesse potuto presentarsi vit-
toriosa, Giorgio IV volle rimanere
straniero agli atti politici di quel
ministro ; la sua . fiducia reale fu
specialmente riposta nella camera
dei lordi, la quale diventò intie-
ramente uri potere di resistenza.
Le petizioni giunsero poscia da
ogni lato, e siccome i comuni ave-
vano già dato il guadagno di cau-
sa ai cattolici, lord Giovanni Russell
sperò di far passare il suo bill di
riforma, una delle più antiche idee
dell' opposizione, tendendo la Gran
Bretagna alla riforma della sua
costituzione. Giorgio Canning essen-
do morto agli 8 agosto 1827, il
re detertninossi a cagione delle cir-
ING
costanze a formare un miniatelo di
tories e di whigs moderati sotto la
presidenza del visconte Goderich.
Volendo 1' Inghilterra soddisfare il
voto generale che domandava 1' e-
mancipazione greca, conservando
insieme 1' impero ottomano, il du-
ca di Wellington firmò il proto-
collo il quale costituì 1' indipenden-
za della Grecia (Vedi); quel pro-
tocollo divenne la base del trattato
del 5 luglio 1827 fra la Russia,
la Francia e 1' Inghilterra. Diven-
tando la situazione europea ogni
giorno più. seria pei progetti della
Russia contro la Porta, il re chia-
mò agli affari il duca di Wellington,
il conte d' Aberdeen, Peel, e tutta
la parte illuminata e forte del
partito tories. Con tali uomini il re
fu bene sicuro che la diplomazia
d' Inghilterra sarebbe diretta per
strade sostenute e decise, e ne vi-
de piena prova allorché in parla-
mento il duca di Wellington procla-
mò quasi una grande catastrofe il
combattimento di Navarino dato
intieramente a vantaggio della Rus-
sia. Quella parola eccitò le violenti
mormorazioni del vecchio partito
liberale di Europa, ma svelava il
senso profondo e nazionale della
politica dei tories. Quel partito senti
egli stesso il bisogno., nella crisi
diplomatica la quale andava pre-
parandosi, di disporre gli animi
alla condiscendenza ed eliminale
qualunque opposizione. Per sba-
vazzarsi prima di tutto dalle diffi-
coltà interne, e togliere ogni sog-
getto di discordia che potesse an-
cora esistere nella Gran Rreta-
gna , determinò il duca di Wel-
lington a proporre 1' adozione del
bill d' emancipazione de' cattolici
d' Irlanda, misura incessantemente
sollecitata nel parlamento. Giorgio
ING 123
IV acconsenti alla proposta del
bill, ed influì anche sulla camera
dei lordi per prepararne 1' adozio-
ne. Leone XII (Fedì) , zelante
Pontefice, non potè vedere i risul-
tati dell' impegno de' vescovi catto-
lici d' Inghilterra pel bill di eman-
cipazione, del quale, e in che con-
siste, parlammo ancora a detto suo
articolo, come delle votazioni che
ebbero luogo pel medesimo, dappoi-
ché egli mori a' io febbraio 1829,
e il bill fu accettato a' iZ febbra-
io. Ciò che precedette poi 1' eman-
cipazione lo diremo verso il ter-
mine di quest' articolo. Avvenimen-
to dunque che formerà epoca nel-
la stona del cristianesimo, si fu
1' emancipazione de' cattolici nel-
la Gran Rretagna ; il bill vin-
to nella camera de' comuni dal-
l' eloquenza di Peel venne a' 3i
marzo, giorno cui in Roma esal-
tavasi Pio Vili, recato nella ca-
mera de' pari dal duca di Wel-
lington, quindi ad onta dell' oppo-
sizione de' vescovi e del clero angli-
cano, Giorgio IV vi appose la sua
reale sanzione a' i3 aprile. Di
un tal felice successo originariameu-
te parte del merito si deve attri-
buire a Pio VII, ed ai consigli
del cardinal Lorenzo Litta prefetto
della congregazione di propaganda
fide. Quel Pontefice, come si scor-
ge dal suo breve del 1816, dettalo
collo spirito più soave di evangeli-
ca conciliazione, avea rimarcato da
un canto lo zelo de' vescovi catto-
lici d' Irlanda, e dall' altro avea
dileguato quegli inveterali pregiu-
dizi contro il papismo, che alimen-
tavano la contrarietà politica del
governo iuglese. Pio Vili poi vol-
le porre il suggello al giubilo uni-
versale del cattolicismo : nel con-
cistoro de' i5 marzo i83o annove-
i?4 ING
rò al sacro collegio con generale
tripudio della nazione inglese un
personaggio nato in Londra : ri-
porteremo qui appresso un brano
dell' allocuzione perciò pronunziata
dal Papa ai cardinali.
»» Non dubitiamo, venerabili fra-
telli, che siamo per far a voi cosa
iratissima nell' odierno giorno, nel
quale proposto ci abbiamo di ag-
gregare all' amplissimo ordine vo-
stro, personaggi illustri, che per le
loro viriti e pe' loro meriti verso
la Chiesa e la Sede apostolica degni
ne sembrarono di essere da noi
della dignità cardinalizia fregiati.
Ed in primo luogo nomineremo il
venerabile fratello Tommaso Weld
vescovo di Amicla inpartibus e coa-
diutore del vescovo di Kingston
nell' Allo Canada . Nato egli di
nobilissima stirpe e congiunto di
sangue alle primarie famiglie del-
l' Inghilterra, un padre ebbe in sor-
te, il quale fra le altre doti che
1' adornavano fu commendato per
sì grande pia liberalità, che i reli-
giosi espulsi dalle patrie sedi per
calamità de'tempi, accolse, alimentò
e loro fece dono di un palazzo
magnifico, nel quale presentemente
la maggior parte de' nobili e catto-
lici giovani inglesi al culto della
religione, alla bontà de' costumi, ad
ogni maniera di lettere e di scien-
ze viene egregiamente addottrinata.
Né si contenne fra questi termini
la generosa carità dell' ottimo ge-
nitore. Eresse dalle fondamenta un
convento, in cui trovassero asilo i
religiosi trappensi passati di Fran-
cia in Inghilterra : fabbricò per le
monache salesiane una casa nella
quale anche al presente due sue
figliuole niellano santissima vita:
soinmiuisliò a larga mano quanto
occorreva a sostenere decorosameu-
ING
te il diviu culto in più chiese. Il
venerabile fratello Tommaso, vesco-
vo come dicemmo di Amicla, pen-
sando di dover emulare 1' immen-
sa, e degna di essere ognor predi-
cata, largita del suo padre verso
le cose sacre, mai non perdonò a
spesa alcuna per promovere 1' in-
cremento, i vantaggi, il decoro del-
la cattolica religione, della quale
ad esso non v' ha cosa più cara,
e per accorrere al sollievo e al
ristoro de' miseri bisognosi. Lui
per questi e sì fatti meriti insigne
all' amplissimo ordine vostro ben
volentieri abbiamo deliberato di
ascrivere, affinchè porgiamo in tal
guisa nuovo argomento di esalta-
zione maggiore a tutti i cattolici
del regno britannico, già esultanti
per la recente promulgazione di
leggi a loro vantaggio più miti,
nel quale avvenimento noi rendia-
mo le grazie che maggiori si pos-
sano a Cristo Signore autore d' o-
gni bene ". Il cardinale Weld fu
anche fatto prolettore del collegio
inglese in Roma, ed ivi morì dopo
essere stato in conclave per 1' ele-
zione del Papa regnante, e fu se-
polto nella sua chiesa titolare di
s. Marcello, ove ancora riposano le
ceneri della degna figlia Maria Lu-
cia che fu moglie a lord Clifford.
Compianto da tutti, i suoi funerali
furono per distinzione onorati dalla
presenza del Pontefice Gregorio
XVI. V. Weld Tommaso Cardi-
nale
La ragione di slato già da gran
tempo esigeva dal governo inglese
col bill questa specie di manumes-
sione, perciocché escludere ormai
non si poteva più, senza grave pe-
ricolo di funeste conseguenze, dai
diritti civili pressoché la quarta
parte de'cilladini. E verameute de;-
starasi ne' fedeli una santa conso-
lazione al considerare la rapidità
de' progressi che fatto avea il cat-
tolicismo nella sola Inghilterra, an-
che innanzi alla promulgazione del
bill ; poiché a Manchester dove nel
1772 si trovavano appena settecen-
to cattolici, se ne contavano ormai
42,175; del pari a Liverpool sei-
milaseicento cattolici dopo il 1789
eransi accresciuti a 48>867. Il
novero delle cappelle che dapprima
erano sole quarantacinque, nel 18 14
giungevano a quattrocentodieciotto.
Erano queste distribuite in quattro
distretti, di occidente, di settentrio-
ne, del mezzo, e di Londra, sotto
la spirituale giurisdizione di vicari
apostolici. Il distretto di Londra
conteneva settantadue cappelle, dié-
ciotlo delle quali nelle città o nei
contorni. Subito dopo la promul-
gazione del bill si accrebbero in-
contanente di diecimila cattolici
nella sola Inghilterra, e tra questi
molti personaggi cospicui. Era stata
celebre nel 1824 la conversione
di Wright, illustre compagno d'ar-
mi del duca di Wellington; ma
più di recente fece in tutto il re-
gno una gagliarda impressione Gior-
gio secondogenito di lord Spencer,
il quale ascritto al clero anglicano
vedeasi già aperto 1' adito a quel-
1' episcopato. Dopo un sermone, in
cui con la maggior virulenza avea
declamato contro il Papa e i dom-
ini cattolici, sentissi ali' improvviso
colto, come un altro s. Paolo, da
un colpo vittorioso della grazia di-
vina. Rinunziò tosto agli agi dome-
stici , allo splendore di un' alta
dignità, e corse a Roma per rin-
chiudersi nel collegio inglese, affine
di apprendere le verità della fede
cattolica, e dedicarsi al servigio del
Signore nel ministero ecclesiastico.
INO i?.T
Dopo avere Giorgio IV approvato
il bill dell' emancipazione de' cat-
tolici, aumentandosi i violenti acces-
si di gotta, morì a'26 giugno i83o
d' anni sessantanove, senza lasciar
figli. Gli successe il suo fratello Gu-
glielmo Enrico duca di Chiarenza,
tanto nel regno d' Inghilterra che
in quello di Annover, col nome di
Guglielmo IV. Sotto la reggenza
ed il regno di Giorgio IV, il go-
verno inglese adoperò potenti mez-
zi per ridonare all' Europa la tran-
quillità, ed il principale e formida-
bile suo nemico Napoleone si diede
in braccio agli inglesi come a ne-
mici generosi. La Gran Bretagna
pervenne al più alto grado di suo
splendore e potenza esterna ; estese
il suo commercio neh' America
meridionale, ed ampliò neh' India
ed altrove le sue vaste possessioni ;
indi furono cangiati in qualche par-
te i possessi dell'Oceanica, contro
i possessi olandesi sul continente
indiano. L' interno dello stato fu
più volte molestato per violenti
commozioni sediziose in varie con-
tee, che sembravano derivare in
parte dalla miseria del popolo, ma
la vigilanza e la forza delle leggi
bastarono a reprimerle ; finalmente
provide leggi furono pubblicate on-
de maggiormente favoreggiare il
commercio, e fu stabilito il siste-
ma di deposito per riesportazione
delle merci straniere.
Guglielmo IV era terzo figlio
di Giorgio III, e nacque nel 176?
a Windsor: la storia del suo re-
gno è di un alto interesse, giac-
ché il suo avvenimento si raccosta
ai primi giorni del i83o; l'In-
ghilterra ha rappresentato negli ul-
timi torbidi dell' Europa una sì
gran parte, ed ebbe a prendere
la più alta ingerenza in tutti i
i26 ING
gravissimi fatti occorsi ne' «ette an-
ni del regno del re Guglielmo IV,
fra' quali la caduta della linea pri-
mogenita de' Borboni. Questo prin-
cipe destinato sino da fanciullo alla
marina, secondo le consuetudini
della famiglia regnante in Inghilter-
ra, si sottopose come l'ultimo marina-
io a tutte le funzioni del suo grado
sotto Nelson. Fu presente a tre
o quattro combattimenti dei più
perigliosi nei mari dell' America
nella guerra cogli Stati-Uniti. Dopo
aver subiti gli esami venne fatto
luogotenente nel 178^, e nell'an-
no seguente capitano di fregala ;
indi secondo le leggi inglesi che
accordano un titolo a tutti i prin-
cipi della casa d' Annover, fu crea-
to duca di Chiarenza e di s. An-
drea^ e conte di Munster. AH' ori-
gine della rivoluzione francese do-
vendo il duca prendere un partito,
manifestossi pei whigs moderati, e
visse coi primari membri del par-
lamento zelatori di quella bandiera.
Il mare avendo richiamato il duca
di Chiarenza nel 1790, sostenne esso
una bella campagna contro gli spa-
gnuoli, e venne promosso al grado
di contr' ammiraglio. Entrato in
dimestichezze con mistriss Jordans,
una delle più. celebri attrici di
Covent-Garden, ad onta delle ri-
mostranze di sua famiglia che vo-
leva fargli contrarre matrimonio,
visse lungamente con essa. Da sif-
fatta unione nacquero dieci figli
naturali, de' quali ultimamente no-
ve erano ancora viventi. Nel 181 1
alla morte di sir Peter Parker,
il duca venne promosso al grado
di comandante di flotta. La vita
domestica del principe e quasi ma-
ritale con mistriss Jordans lo sot-
trasse a tutte le politiche combi-
nazioni ; e tutti i figli procreati
ING
da questa unione ricevettero una
piccola pensione. Straniero a tutti
gli avvenimenti, avendo veduto pas-
sare sotto i suoi occhi 1' impero
Napoleonico, e la restaurazione di
Luigi XVIII, il duca di Chiarenza
cominciò a divenire un personag-
gio importante quando si vide la
probabilità che la corona potesse
cadere in sua mano. I principali
del parlamento lo costrinsero a
contrarre un matrimonio degno di
lui, laonde separatosi da mistriss
Jordans, che ne morì d'afflizione,
agli 11 giugno 18 18 sposò Ade-
laide Luigia Teresa, figlia di Gior-
gio duca di Sassonia -Meiningen.
La vita del principe rimase pacifi-
ca, né adottò veruna aperta divisa
nelle gravi questioni delle parti
che agitarono 1' Inghilterra : nulla-
dimeno comparve qualche volta al-
la camera dei lordi col conte Grey,
e per tal mezzo ottenne una certa
aura popolare, tutti rammentando
che avea servito con distinzione
nella marina, e tutti sanno quale
entusiasmo hanno gì' inglesi pei
vecchi marinari che hanno acqui-
stato qualche gloria. Il duca di
Chiarenza mostrando lealtà, manie-
re schiette e ruvide nell' esprimer-
si, convenivano esse al popolo in-
glese mirabilmente ed alle sue pub-
bliche abitudini. La rinomanza di
lui, chiamato il prode e rustico
marinaro, formò un contrasto con
1' impopolarità del suo fratello Er-
nesto duca di Cumberland ; e quan-
do dovette ascendere al trono, la
nazione 1' accolse con tutta lealtà,
perchè va superba del dominio
de' mari.
Prima di parlare del suo me-
morabile regno, occorre dare uno
sguardo all'Europa come la lasciò
Giorgio IV. La restaurazione della
1NG
casa di Borbone nel i8i4> a con-
fessione dello stesso Luigi XVIII,
si deve agli sforzi dell' Inghilterra
per contrappeso alla preponderan-
za russa, che nell'influenza erasi
ingrandita smisuratamente. Dopo i
cento giorni di Napoleone la que-
stione della casa d'Orleans presentossi
in linea parallela con la restaurazio-
ne della linea primogenita. Calco-
lando l'Inghilterra su questa allo-
ra manifestamente inglese, come
contrappeso alla Russia , quando
dopo il settembre 18 1 5 i Borbo-
ni se ne allontanarono, accrescen-
dosi a Parigi l'autorità russa col
licenziamento di Talleyrand pel du-
ca di Richelieu ; e tutti i ministri
che poscia si successero, esclusiva-
mente si consacrarono all' alleanza
colla Russia. In quel tempo insor-
se perciò in Inghilterra una oppo-
sizione costante contro la casa di
Borbone della linea primogenita;
e la guerra di Spagna pose al
colmo l' irritazione, sino a pentirsi
il gabinetto britannico di quanto
avea fatto nel 181 4 per Luigi
XVIII. Prevedendosi combinazioni,
il partito del conte Grey si pose
in relazioni con Talleyrand, e si
favellò della possibilità di una ri-
voluzione eguale a quella del 1688,
Re d'un innalzamento della linea se-
condogeniti d' Orleans. Il duca di
Chiarenza avea conosciuto di per-
sona il duca d'Orleans Luigi Filip-
po durante il suo soggiorno a Lon-
dra; e Giorgio IV quando era
principe di Galles fu amico di
Filippo di lui padre, e solo si ri-
tirò dalla sua relazione quando lo
vide votare contro Luigi XVI.
Succeduto nel 1824 a Luigi XVIII
il fratello Carlo X, questi nell'in-
tendimento di dare una soddisfa-
zione all'Inghilterra formò il mi-
ING ia7
nistero Polignac. Questo nuoTo ga-
binetto, senza essere affatto anti-
russo, fu nulla Jimeno costituito
più assai dei precedenti negli inte-
ressi dell'Inghilterra: l'imperatore
Nicolò I se ne mostrò malconten-
to, e P influenza del suo amba-
sciatore Pozzo di Borgo a Parigi
soffrì una crisi. Essendo il mini-
stro Polignac un pegno di ritor-
no verso i tories, esso venne spez-
zato aspramente dalla spedizione
d' Algeri disapprovata anche da
Talleyrand. Nel veder la Francia
prendere all'esterno un' attitudine
di forza e di risoluzione, l'Inghil-
terra ne restò cruciata, ed il du-
ca di Wellington più volte se ne
dolse col duca di Lavai ambascia-
tore francese a Londra ; quindi la
società dei vrhigs non fu stranie-
ra alle idee di rivoluzione; una
gran procelia stando per irrom-
pere sulla casa di Borbone, la
Gran Bretagna assecondandola non
volle più saperne della linea pri-
mogenita. In mezzo a questi avve-
nimenti il duca di Chiarenza ven-
ne inualzato al trono a'28 giugno
i83o, col nome di Guglielmo IV,
1' amico cioè del conte Grey il
quale conservava relazioni col du-
ca d'Orleans, e senza spingere gli
avvenimenti, si attesero come con-
seguenze inevitabili,
o
L' incoronazione di Guglielmo
IV nella chiesa di Westminster si
celebrò con somma splendidezza,
onde imprimere maggiore possanza
all'autorità reale. Conservò il mi-
nistero tories presieduto dal duca di
Wellington, anco perchè la persona-
lità militare del duca poteva es-
sere di gran contrappeso al cospet-
to della Russia, che minacciava
l'oriente, ed esercitare preponde-
ranza per la bellicosa fama che
ia8 ING
godeva. Frattanto clamorosi fu Iti
accaddero sul continente; gli erro-
ri della restaurazione, le impru-
denze de' ministri di Carlo X,
trascinarono alla rovina la linea
primogenita. Il duca di Lavai a-
vea tenuto d'occhio con gran sol-
lecitudine a tutti i progressi dei
malcontenti, e degP intrighi del-
l'Inghilterra contro la linea pri-
mogenita de'Borboni, ed avea ap-
preso dallo stesso duca di Welling-
ton che alcuno appoggio non sa-
rebbe prestato a Carlo X, e che
esistevano delle relazioni intime
tra la casa d'Orleans ed i capi del
parlito whigs in Inghilterra, i qua-
li dovevano necessariamente salire
al potere in conseguenza di un
movimento rivoluzionario in Fran-
cia. Il duca di Lavai avea deter-
minato di avvertirne a voce Car-
lo X, ma quando giunse a Calais
trovò che la rivoluzione erasi giù
consumata a Parigi, nelle famose
giornate de'27, 28 e 29 luglio
i83o, come dicemmo nel volume
XXVII, pag. i44 del Dizionario.
Nondimeno il duca di Lavai volò
travestito a Rambouillet ov'era
fuggito Carlo X; gli espose le si-
nistre disposizioni del ministero in-
glese, e Io supplicò di cercare un
appoggio nelle proprie forze, e di
non portar fiducia nel gabinetto
britannico. Carlo X prestò grande
attenzione alle cose esposte dal du-
ca di Lavai; ma l'energia manca-
va, ed in luogo di ricorrere alla
sua spada ed al coraggio de' suoi
soldati che lo pregavano di porsi
alla loro testa, recossi a cercare
rifugio in Inghilterra e si offerse
cattivo ai nemici di sua casa. Non
avendo conseguito nulla, Carlo X
passò nella Scozia ed in Germa-
nia, e morì in Gorizia (Vedi), ove
ING
pure terminò i suoi giorni il du-
ca d'Angoulème suo figlio. Intanto
i deputati di Francia a' 7 agosto
offrirono la corona di re de' fran-
cesi al duca d'Orleans Luigi Fi-
lippo. Questi con lettera autografa
partecipò la sua esaltazione al re
Guglielmo IV col quale avea avu-
to delle relazioni, e siccome il du-
ca di Wellington e i tories l'ac-
colsero come un fatto presagito e
compiuto, il monarca inglese si af-
frettò rispondere che si congratu-
lava, e lo riconosceva re de'fran-
cesi. La determinazione del re d'In-
ghilterra servi di primo esempio
all'Europa per riconoscere in Lui-
gi Filippo il nuovo re de' francesi,
siccome successivamente si effettuò.
Allora questo principe fu sollecito
designare per l'ambasciata d'Inghil-
terra un diplomatico eminente che
godesse della sua intiera fiducia ,
nella persona di Talleyrand, con
ottimi risultati. Nel giungere a
Londra egli riprese le antiche re-
lazioni massime col conte Grey, ed
uniti insieme dedicaronsi con ogni
sforzo ad indebolire i tories, non
essendo il parlamento più compo-
sto degli elementi conservatori , e
formandosi le elezioni in un senso
whigs e quasi radicale. Indi ma-
ncggiaronsi presso Guglielmo IV,
il duca di Wellington come avea
preveduto dovette ritirarsi pel prin-
cipio rivoluzionario con tanta for-
za scoppiato a Parigi ed a Brus-
selles, ed il re elesse primo mini-
stro il conte Grey, che divenne
l'intermediario di quasi tutte le ne-
goziazioni col re Luigi Filippo. In
tal modo preparassi il trattato del-
la quadrupla alleanza , uno dei
punti che il principe Talleyrand
considerava come la base stessa
della nuova dinastia; ed i whigs
IXG
trovarono sommo vantaggio in quel
trattato per le loro relazioni al-
l'esterno, giacche prendendo per
punto di partenza l'alleanza delle
rivoluzioni meridionali, essi vi rav-
visarono una forza per opporsi al-
l' impresa della Russia. Avendo il
partito rivoluzionario rovesciato lord
Wellington, bisognò passare ad al-
tre concessioni. Le istituzioni ingle-
si sono fondate sopra due princi-
pii, la legge politica e la legge re-
ligiosa, e per dire meglio tutte le
cose si epilogano nella chiesa e
nello stato. La legge politica era
stata interamente rovesciala dal
bill di riforma ossia cangiamento
dell' istituzione aristocratica nella
stessa sua base. La legge religiosa
non appariva meno importante nel-
le istituzioni inglesi : il corpo ec-
clesiastico che chiamavasi la Chiesa
stabilita era in Inghilterra una
delle basi costitutive dell' ordine
territoriale; le decime, i livelli di
qualunque specie aveano reso ric-
chi i membri del clero anglicano.
Ora, se i borghi privilegiati erano
stabiliti nell'antica costituzione per
dare un'immensa forza all'aristo-
crazia, i benefizi ecclesiastici veni-
vano egualmente distribuiti ai ca-
detti delle primarie famiglie; eran-
vi delle decime ragguardevoli e dei
benefizi devoluti ad ogni prosapia
alquanto elevata nella Gran Bre-
tagna. Un arcivescovato o vesco-
vato produceva sino a diecimila
lire sterline di rendita, ed i bene-
fizi di tal natura si ripartivano co-
me gioielli brillanti tra i membri
più importanti dell'aristocrazia in-
glese.
La rivoluzione del Belgio (T'edì),
complicando l' interesse di diversi
principi e quello degli stati limi-
trofi, l'Inghilterra propose di apri-
voi. xxxv.
ING 129
re a Londra alcune conferenze di-
plomatiche, che in breve si este-
sero a tutte le difficoltà della si-
tuazione d' Europa. L' Inghilterra
pretesa alleata della Francia si op-
pose vivamente alla demolizione
delle fortezze sulle frontiere bel-
giche, e giammai volle riconoscere il
duca di Nemours figlio di Luigi
Filippo come re dei belgi. Dopo le
rinunzie del duca di Wellington
e di Peel, il re affidò la direzione de-
gli affari ai lord Melbourne come
capo, Palmerston e Russell. Occu-
paronsi immediatamente degli affa-
ri dell'Europa, la questione belgi-
ca fu spinta al termine, conservan-
dosi le fortezze, ed esaltandosi al
trono il principe Leopoldo di Sas-
sonia-Coburgo che rinunziò al re-
gno di Grecia. Leopoldo fu fatto re
di Grecia nel i83o, col protocollo
di Londra, dai plenipotenziari del-
le tre potenze alleate, dignità che
da lui accettata agli 1 1 febbraio,
rinunziò a' 2 1 maggio, e poscia
nel giugno i83i fu eletto re del
Belgio. Eguali pensieri si manife-
starono nelle negoziazioni relative
alla Spagna, contro l'influenza del-
la casa di Borbone e il patto di fa-
miglia ch'eccitava da lunga pezza in
Inghilterra la più profonda antipa-
tia. Videsi quindi un Borbone pren-
der l'armi contro un altro Borbo-
ne, e la Francia inabissare la Spa-
gna sua naturale alleata. La situa-
zione degli affari incominciò a far-
si molesta per Guglielmo IV. Il
partito radicale erasi tanto conside-
rabilmente accresciuto, da formare
la maggioranza ministeriale in li-
mone ni partito irlandese del ce-
lebre O'Connel!, per chiamare coi
whigs una riforma nella chiesa sta-
bilita , e che il parlamento interve-
nisse negli affari ecclesiastici, accioc-
9
i3o ING
che la chiesa anglicana avesse a
trovarsi più in armonia coi novel-
li interessi; e questa situazione ap-
pariva minacciosa pei principii re-
ligiosi del monarca in favore del-
la chiesa stabilita. Finché non si
trattò che di riforma parlamentaria,
Guglielmo IV consenti ad ogni co-
sa; non solamente i cattolici ve-
devansi emancipati , ma consegui-
vano eziandio l'eguaglianza di di-
ritto : parlavasi eziandio di una
riforma nel parlamento, e l'antica
idea radicale dei triennali parlamenti
sorgeva in numerose petizioni. Il re
non ne rimase perturbato, né tale mo-
strossi alla riforma delle leggi cri-
minali, il cui partito fu vinto in
quest'epoca: ma poiché si trattò di
riformare la chiesa stabilita, videsi il
monarca opporre una resistenza im-
mediata e tenace a tutti i proget-
ti di lord Piussell. Tuttavolta, sic-
come in Inghilterra i membri del
gabinetto non serbano molti riguar-
di alle opinioni personali del re, il
bill venne sviluppato nel parlamen-
to ed ascoltato con favorevole at-
tenzione dalla camera dei comuni ;
ma era sufficiente il conoscere gl'in-
dividui componenti la camera dei
lordi, per convincersi che ogni bill
contro la chiesa sarebbe ripulsato.
In questa guisa la prerogativa reale
trovò un puntello nel corpo aristo-
cratico, ma per quanto Guglielmo
IV fosse stimolato a creare un buon
numero di pari, non volle acconsen-
tirvi, avendo una specie di venera-
zione per la camera de'Iordi, che
considerava come una grande malle-
veria della costituzione.
Guglielmo IV erasi già veduto,
intorno al bill della riforma parla-
mentaria nel r 83 i, opporsi costan-
temente alla promozione di alcuni
pari che avrebbero potuto contribui-
ING
re all'adozione dell'opera di lord
Russell; mostrossi più tenace anco-
ra quando si trattò di modificare
i principii fondamentali della chie-
sa stabilita; non gli strapparono che
alcune nomine isolate poco giove-
voli per ciò a modificarne la mag-
gioranza. Tale fermezza screditò in
qualche parte la sua popolarità;
fu violentemente attaccato dalla col-
leganza dei radicali e di O'ConnelI ;
si dichiarò in termini formali che
se il re non amava di condiscendere
ad una promozione , i ministri pi-
glerebbero l'impresa sopra sé stes-
si senza consultarlo: imperocché a
quest' epoca il parlamento veniva
dominato dall'unione dei whigs e
dei radicali. In mezzo a siffatte op-
posizioni e resistenze la vita di
Guglielmo IV tirava innanzi ma-
laticcia. Egli amò teneramente tutti
i suoi figli naturali, a' quali con-
ferì titoli di nobiltà e terre con
rendite: al primogenito nel 1 83 r
die il titolo di conte di Munster
da lui portato nella sua giovinez-
za , ma in tale anno perdette la
più prediletta delle sue figlie, la-
dy dell' Isle-Dudley. Ogni sua con-
solazione veniva formata dalla fa-
miglia; simile a suo padre Gior-
gio III, i suoi costumi erano sem-
plici , amava la vita domestica, e
fuggiva le rappresentanze e le pom-
pe. La sua vita sedentaria contri-
buì allo sviluppamento di un asma,
cui associandosi l' idrope di petto,
finalmente a' io giugno 1837 una
dichiarazione portata da lord Rus-
sell, e datata da Windsor-Castle,
fu resa pubblica dall'araldo d'ar-
mi. » Piacque all' Onnipossente di
liberare dalle sue sofferenze il no-
stro ottimo e grazioso sovrano, il
re Guglielmo IV. Sua maestà spi-
rò questa mattina alle due ore e
ING
undici minuti ". Nello stesso tem-
po, secondo l'antica consuetudine ,
il segretario di stato invitò il lord
podestà a far suonare la campana
maggiore della cattedrale di s. Pao-
lo. La sua amministrazione passò
tranquillamente senza torbidi in-
terni, e senza guerre all'esterno.
Ebbe però a sostenere una lot-
ta assai decisa contro il torrente
straripato de'le idee radicali, e vi-
desi costretto a sancire il bill della
riforma, nell'atto stesso in cui pre-
vedeva le conseguenze di sì gran-
de scossa nella costituzione ingle-
se : questa riforma parlamentaria
era tendente a ripartire più equa-
mente la scelta de' rappresentanti
della nazione. Gli successe la sua
nipote Vittoria regina della Gran
Bretagna e dell'Irlanda, nata nel
1 8 1 9 dal principe Edoardo duca
di Kent e Stiathern conte di Du-
blino quarto tìglio di Giorgio III,
e della principessa Maria Luigia
figlia del duca di Sassonia Saalfeld-
Cobourg che restò vedova nel 1820.
La regina Vittoria regna saggia-
mente; nel 1840 a' io febbraio si
sposò col principe Alberto di Sas-
sonia Coburgo e Gotha figlio del
duca Ernesto. Da questo matrimo-
nio nacquero a' 1 1 novembre 1 840
la principessa Vittoria Ade'aide: ai
9 novembre 1841 il principe di
Galles Alberto Edoardo; a' i5 a-
prile 1843 la principessa Alice;
ed a' 6 agosto 1 S44 ^ duca di
York Alfredo. Nel regno d' Anno-
ver poi successe a Guglielmo
IV
il fratello Ernesto Augusto ottavo
figlio di Giorgio III, principe reale
della Gran Bretagna ed Irlanda ,
duca di Cumberland e di Bruns-
wick-Lunebourg, il cui figlio è il
principe reale Giorgio Federico.
ING i3i
Concilii cT Inghilterra.
Il primo fu tenuto nell'anno
601 o 604 circa, al quale Spel-
man dà il nome di Synod. TVigor-
niens. ed è pur chiamato Britan-
nicum. Sant'Agostino di Cantorbery
vi esortò sette vescovi bretoni , e
i loro dottori o sapienti, a cele-
brare la festa di Pasqua la dome-
nica dopo la XIV luna di marzo,
e di amministrare il battesimo se-
condo l'uso della Chiesa romana ,
come ancora di predicare concor-
demente il vangelo agi' inglesi. Ma
que' vescovi e sapienti ostinati a-
vendolo ricusato, s. Agostino pre-
disse loro quelle sciagure che po-
scia si verificarono. Diz. de' con-
cila.
Il secondo concilio ebbe luogo
nell'anno 644 a Phare, abbazia di
donne nel Norlhumberland , per-
ciò detto Pharense, sotto i re GSwi
ed Alchfrido, ad istanza di s. Ilda
abbadessa del monistero. Vi si trat-
tò sopra alcune questioni della di-
sciplina, e principalmente sulla ce-
lebrazione della Pasqua , e venne
determinato che si celebrerebbe
nella domenica che segue imme-
diatamente il XIV della luna di
marzo, in opposizione agli scozzesi,
i quali la celebravano nella prima
domenica dopo il XIII di detta lu-
na ; dal che ne conseguiva, che se
quella domenica cadeva nella XIV
luua, celebravano essi la Pasqua
nello stesso giorno degli ebrei. Spel-
man, Concil. Angl. tom. I, p. i55.
Il terzo fu celebrato nell' anno
673 ad Hertfort sotto il regno di
Lotario re di Kent. Teodoro ar-
civescovo di Cantorbery vi presie-
dette, e furono pubblicati dieci ca-
noni relativi alla celebrazione del-
la Pasqua, ai diritti dei vescovi, ai
132 ING
beni ecclesiastici, ai doveri del clero
in generale, ai sinodi annuali, ed
alla santità ed indissolubilità del
matrimonio.
Il quarto concilio fu tenuto nel
680 , e venne presieduto da Teo-
doro arcivescovo di Cantorbery. In
esso si accettarono i cinque conci-
lii generali di Nicea, d'Efeso, di
Calcedonia, e i due di Costanti-
nopoli, cioè tanto quello contro gli
eutichiani, che quello contro i mo-
noteliti. Questo concilio da alcuni è
considerato dubbio.
Il quinto si adunò nel 692 da
quasi tutta l' Inghilterra, secondo
Èeda ad istanza del re Ina, per
riunire i bretoni coi sassoni, i quali
quantunque cristiani, differivano an-
cora in moltissime pratiche come
la Pasqua.
Il sesto fu nel 705 nella pro-
vincia di Mercia, ed in esso ven-
ne ordinato di scrivere contro l'er-
rore dei bretoni, riguardante la ce-
lebrazione della Pasqua. Angl. t. I.
Il settimo fu tenuto a Celchyt
nel regno di Mercia l'anno 7g4> in-
presenza di nove re, di quindici
vescovi, e di venti duchi. Il re Of-'
fa regalò molti beni al monistero
di s. Albano martire. Angl. t. I.
L'ottavo ebbe luogo nell'820.
Cenedrite abbadessa e figlia di Ce-
nulfo re di Mercia, diede solenne
soddisfazione a Wulfredo per di-
Terse terre, che il re suo padre
avea usurpato alla chiesa di Can-
torbery. Angl. t. I.
Il nono ed il decimo furono te-
nuti nel 904 e 900, il primo per
alcuni nuovi vescovi, il secondo pel
re Edoardo figlio maggiore di Al-
fredo. In questo si lesse una lette-
ra del Papa Benedetto IV, colla
quale lagnavasi che il re lasciasse
il paese di Wessex senza vescovi:
ING
il concilio ed il re ne stabilirono
in ogni provincia. Pagi all'anno
894; Angl. t. I. Verso la fine del
secolo nono si tennero parecchi
concilii da certi vescovi di gran vir-
tù che punivano con pene canoni-
che i principi sregolati. Diz. de con-
cilii.
L'undecimo concilio del 969 fu
presieduto da s. Dunstano arcive-
scovo di Cantorbery. Furono es-
pulsi dalla chiesa gli ecclesiastici
incontinenti, e vennero in loro ve-
ce sostituiti de' monaci : questo con-
cilio fu nazionale. Ecco un brano
del discorso che si recitò da s.
Dunstano sopra lo sregolamento
de' chierici. « I loro abiti dissoluti
e il loro gesto indecente mostrano
che l'interno non è regolato. Quale
è la loro negligenza pegli uffizi di-
vini? Appena si degnano assistervi
nelle vigilie; e par che vengano
alla messa per ridere, anziché per
cantare. Eglino si abbandonano agli
eccessi della mensa e del letto. Ec-
co in qual maniera s' impiega il
patrimonio del re e dei privati, i
quali si sono esausti per sommi-
nistrare di che sollevare i poveri ".
Il santo arcivescovo ordinò poi con
un decreto solenne, che tutti i ca-
nonici, preti, diaconi e suddiaconi
osservino la continenza , o lascino
le loro chiese, e ne affidò la ese-
cuzione a due vescovi che furono
con essolui i ristoratori della disci-
plina monastica in Inghilterra. Diz.
de concilii; Regia toni. XXV; Lab-
bé tom. IX; Arduino toni. VI;
Angl. tom. I.
Il duodecimo nel 1072: l'arci-
vescovo di Cantorbery fuvvi dichia-
rato primate di quello di York.
Angl. tom. I.
Il decimo terzo nel 1074: ven
ne in esso ingiustamente depo
ING
ilo s. Wulstano vescovo di Wor-
cester. Regia tom. XXVI; Labbé
tom. X; Arduino tom. VI.
Il decimoquarto nel 1073 fu re-
lativamente alla disciplina ed ai co-
stumi, massime sopra le donne e
i fanciulli, che per timore aveano
preso il velo o l'abito religioso.
Angl. tom. I. Nel 1093 vi fu un'as-
semblea di vescovi d' Inghilterra ,
per ordinare s. Anselmo arcive-
scovo di Cantorbery. Angl. t. I.
Il deciaaoquinto concilio fu te-
nuto nel iog5 contro il Papa Ur-
bano II, il quale venne difeso da
s. Anselmo arcivescovo di Cantor-
bery, che fu perciò rimandato e
deposto. Angl. tom. I.
Il decimosesto del 1167, in cui
i vescovi in Northampton citarono
avanti il sommo Pontefice s. Tom-
maso di Cautorbery, perchè oppo-
nevasi al decretato nel conciliabolo
di Clarendon. Angl. tom. I.
Il decimosettirao fu celebrato nel
1 1 83. Angl. tom. I.
Il decimottavo nel 1 188 venne
adunato a Guntington nel Nor-
thampton, per le imposizioni ne-
cessarie alla guerra santa di Pale-
stina e per far leve di soldati. Angl.
tom. I.
II decimonono nel 1 34-1 contro
quelli che vanno brigando benefi-
zi ecclesiastici, essendone ancor vi-
vi i possessori. Labbé tom. I; Ar-
duino tom. VII; Angl. tom. II.
Il ventesimo nel 1400 relativa-
mente ad una decima e mezza ac-
cordata al re Enrico IV. Angl.
tom. II.
Il ventesimoprimo nel 1402 so-
pra le contribuzioni e contro i ri-
belli. Angl. tom. III.
Il ventesimosecondo nel 1404
sul medesimo argomento. Angl. t.
HI.
ING i33
Il ventesimo terzo nel iS56 sotto
il cardinal Polo legato della santa
Sede, e fu chiamato concilio na-
zionale.
Sui concilii d' Inghilterra scris-
se Enrico Spelman, Concilia, de-
creta, leges, constitutiones in re ec-
clesiarum orbis Britannici ad an-
nulli 1 5 3 1 . Questa compilazione
de' concilii d'Inghilterra è divisa in
due parti ; la prima arriva sino al
1066, la seconda sino al i53r.
La prima fu ristampata nel 1640.
Comprende i concilii tenutivi dallo
stabilimento del cristianesimo in
Inghilterra fino al 1 066 ; la secon-
da contiene i concilii tenuti fino al
tempo dello scisma di Enrico Vili :
di questa seconda parte ne fu be-
nemerito Dugdale perchè vi ag-
giunse più della metà del volume.
David Wilkius ci diede, Concilia
Magnae Britanniae et Hiberniae
a synodo Verolamensi anno 44*3,
ad Londinensern 1 7 1 7 ; accedimi
constitutiones et alia ad historiam
anglicani spectantia, ivi 1736. È
una ristampa dei concilii di Spel-
man con numerose aggiunte. No-
teremo che i concilii riportati di
sopra sono i soli inglesi non bri-
tanni; e quanto all' ordine, cosi li
notammo non perchè tali sieno ri-
conosciuti per ordine di tempo ,
ma solo per dargli qui un ordine
progressivo.
Altre notizie sul cailolicismo e pro-
testantismo dell' Inghilterra , e
delle sedi vescovili, ordini reli-
giosi e collegi. Stato presente e
vicariati apostolici d' Inghilter-
ra , compreso quello di Gibil-
terra.
Fu già l'Inghilterra chiamata Li
terra de'sanli, vi si tennero molti
i34 ING
concilii come si può vedere nei
citati autori ed in questo Diziona-
rio ai rispettivi articoli de'luoghi
ove furono adunati, e vi fiori il
monachismo, laonde a questo spe-
cialmente deve attribuirsi la con-
versione di tanti popoli di questo
regno, dappoiché i monisteri ar-
rivarono al novero di seicento.
Numerose furono le sedi vescovi-
li ove fiorirono dotti e santissimi
vescovi, suffraganei dell'arcivescovo
di Cantorbery primate d'Inghilter-
ra , e dell' arcivescovo di York,
compresi in due provincie eccle-
siastiche; non esseudo questo il
luogo di parlare di quelle di Sco-
zia e d' Irlanda, trattandosene ai
loro articoli. Sotto all' arcivescovo
di Cantorbery furono sottoposti i
vescovati di Londra ; Winchester
cui si unì Dorchester ; Rochester ;
Ely o Heli ; Norwich che riunì
le sedi di Dunwich, Elmham e
Thetfort ; Peterborough ; Lincoln
cui si unì Dorcester e Lexce-
ster ; Lichfield colla residenza a
Conventry ; Worcester ; Hereford ;
Gloucester ; Oxford ; Chichester
cui si unì Seolsei; Salisbury cui
si "unì Wilton e Sherburn ; Exe-
ter cui si unì Cridia o Devon-
shire e Cornovaglia con residen-
za a Bodmin; Wells con resi-
denza a Batti uniti; Bristol; Lan-
dau"; s. David cui si unì Caerleon
e Patcrnum o Land-Patein ; Ban-
gor cui si unì Wict-Isle, ; e s.
Asaph o Elvia. Sotto all' arcive-
scovato di York furono sottoposti
i vescovati di Durharn, cui si unì
Lindisfarn ed Hexham, il quale poi
si unì a York; Carlisle; Chester;
e Man cui si unì Sodor con re-
sidenza a Russi n capitale dell'isola.
Lanfranco arcivescovo di Cantor-
bery riunì un concilio nel 1075
ING
di lutti i vescovi, al quale assiste-
rono i seguenti. Lanfranco metro-
politano, Tommaso arcivescovo di
York, Willesrao di Londra, Val-
chelino di Worcester , Erimanno
Syraburnensis, Remigio di Dorcas
o Lincoln, Erfasto Helmeanensis o
di Norwich, Stigando Slequensis,
Osberno di Oxford, Yilstano o
Guilstano IVirìceslrensìs, Gualdero
di Hereford, Gisone di Wels, Pie-
tro di Lichfield, di Durharn
assente; il vescovo di RolF, vacante.
Ad un concilio chiamato generale
del 1127 assisterono i seguenti ve-
scovi: Guglielmo di Cantorbery, Gu-
glielmo di Winchester , Ruggero
di Salisbury, Everardo di Nor-
wich, Sigelfido di Chichester, Ric-
cardo d' Hereford , Godofredo di
Bath, Giovanni di Ross, Guglielmo
d'Excester, Alessandro di Lincoln,
Erveo d' Ely, Bernardo di s. Da-
vide, Urbano Glamorgalensis o di
Landaff, e David di Bangor. Ne fu-
rono assenti Turstano di York ,
Simone di Worcester, e Randulfo
di Dunholm. Morti erano Riccar-
do di Londra e Roberto di Con-
ventry. La notizia d' Inghilterra
dell'abbate Milon nel 12^5 ci dà
il seguente catalogo de' vescovati.
Cantorbery metropoli, Londra, Rolf,
Chichester, Excester, Winchester,
Bath, Salisbury, Worcester, Here-
ford, Conventry, Lincoln, Norwich,
Helles, s. David, Landalf, Bangore,
s. Asaph, Assano, Asso, Lichfield,
York metropoli, Durharn, Cardoe,
Carlisle, e Whitehaven. Sopra i
vescovati d' Inghilterra sono a ve-
dersi i loro articoli e 1' opera di
Enrico Wharton figlio di un mini-
stro anglicano, intitolata: Anglia
sacra , siv e colleclio hisLoriarum
partirli antiquius, partirli recenter
seri pianini de archiepiscopi^, et
ING
epìscopi* Angliae. Londini 1691,
tomi due in fog. Questa è l'opera
più generalmente nota di Wbarton.
Havvi nel primo volume la storia
delle chiese ch'erano state posse-
dute dai monaci fino al i54o. Il
secondo contiene una raccolta delle
vite de' vescovi, composte da an-
tichi biografi. L'autore divisava di
pubblicarne un terzo, il quale con-
tenuto avrebbe la storia delle chie-
se possedute dai canonici secolari
e regolari, ma la morte dell'arci-
vescovo di Sandcroft, che indotto
avealo ad un tal lavoro, gli tolse
i mezzi di continuarlo, né uscì di
quest'ultima parte che De episco-
pis et de decanibus Londinensibus
et Assanensibus ad annum i54o.
Londra i6cp. Wharton cooperò
all' edizione delle Antichità della
diiesa della Gran Bretagna di
G. Acworth, ed a quella dell'ope-
ra di Francesco Godwin sui Vesco-
vi d* Inghilterra, ossia catalogo dei
vescovi d'Inghilterra dall'epoca del-
lo stabilimento del cristianesimo
in quell' isola, con una storia in
compendio delle loro vite e delle
loro principali azioni. In Londra
ne furono fatte diverse edizioni.
Al fatale avvenimento dello sci-
sma le sedi vescovili erano venti-
quattro nella sola Inghilterra, e le
ricche rendite di esse passarono
ai vescovi protestanti. La brutale
passione di Enrico YI1I distrusse
gli ospizi, i monisteri , i capi-
toli, e come abbiamo detto abolì il
cattolicismo. Chi del clero non a-
derì al nuovo erroneo sistema ec-
clesiastico, o morì sotto la scure,
vittima di atroci patimenti, o da-
to un eterno «ddio ai parenti, ai
beni, alla patria, passò esule in
terre straniere. Nel 1 5 8 4 venne
al termine di sua vita monsiguor
ING i35
Watson vescovo di Lincoln, e fu
I' ultimo di quelli che non vollero
eroicamente uniformarsi alle dispo-
sizioni della regina Elisabetta. Pas-
sarono quattordici anni senza che
si potesse dare a monsiguor Wat-
son un successore nell'ordine epi-
scopale, poiché le persecuzioni di-
venute più che prima atroci , re-
sero le comunicazioni colla santa
Sede di una somma difficoltà. Nel
1598 per le premure del cardinal
Enrico Gaetani protettore della
nazione inglese presso la Sede apo-
stolica, fu eletto da Clemente Vili
in arciprete del clero secolare d.
Giorgio Blackwell. Non piacque al
clero questa nuova forma di go-
verno, per cui fece istanza pel ri-
stabilimento de' vescovi ordinari ;
ma le calamità de'tempi trattenne-
ro la santa Sede dal condiscen-
dere alla domanda, ed in vece
nel i6a3 credette opportuno di
deputare al governo della chiesa
cattolica d'Inghilterra una persona
insignita del carattere vescovile
come vicario apostolico del Papa,
e con giurisdizione straordinaria.
La scelta cadde su monsignor Bi-
shop vescovo di Calcedonia in parti-
bus, e questi fu il primo vicario
apostolico alla cui autorità fu as-
soggettata l' Inghilterra e la Sco-
zia, con quelle facoltà che i ve-
scovi esercitano nelle loro città e
diocesi. Egli istituì un decano ed
un capitolo, ma essendo morto
poco dopo gli fu dato in successo-
re monsignor Smith, il cui governo
però non fu gran fatto felice. Dis-
graziatamente le discordie del cle-
ro cattolico diedero motivo al go-
verno protestante di tribolare la
chiesa vera della Gran Bretagna.
Per salvarsi dalla persecuzione mon-
siguor Smith si rifugiò in Francia,
i36 ING ING
ove mòri nel i655. Passarono Fu sempre presso i cattolici
trent'anni senza che i Pontefici gli d'Inghilterra di un grand'oggetto
potessero dare un successore, re- la questione della loro emancipa-
golando intanto la chiesa il deca- zione, e • tutte le trattative fatte
no ed il capitolo istituiti dal ve- dai ministri del governo inglese,
scovo di Calcedonia. Assunto al Quei cattolici del regno, che altra
trono Giacomo II, ^essendo egli mira non avevano che il hene dei-
cattolico, moslrossi propenso a ri- la loro religione, dalla quale né
donar la pace alla travagliata cri- l'interesse né 1' ambizione può al-
stianità, laonde nel suo breve re- lontanarli, non potevano senza do-
glio fu eletto vicario apostolico di lore vedere, che quanto avrebbe-
tutta 1' Inghilterra da Innocenzo ro essi guadagnato coli' emancipa-
XI monsignor Leyburn vescovo zione, tanto potevano perdere nel-
di Adrumeto in partibus; e dopo la religione accordando condizioni
due anni fu creato un secondo che avrebbero dato al governo
vicario apostolico nella persona di inglese un'influenza sulla discipli-
monsignor Giffòrd vescovo di Ma- na cattolica, cagione di conseguen-
daura in parlibus, e nel i685 per ze dannose alla purità della reli-
autorità dello stesso Pontefice tutta gione, e mai da paragonarsi al be-
la Gran Bretagna venne divisa in ne civile che potevano sperare,
quattro vicariati apostolici, cen- Quantunque le leggi del 1778,
trale, meridionale, occidentale e del 1791, e del 1793 recassero
settentrionale, tutti insigniti di ca- successivamente notabili cangiamenti
raltere vescovile, e ad ognuno Già- alla situazione politica dei cattolici
corno II assegnò l'annua pensione inglesi, pure essi restavano sogget-
di mille lire sterline. Nel 1688 ti a molte esclusioni e restrizio-
nuova burrasca turbò la pace del- 1 ni che sembrarono non conformi
la chiesa cattolica, perchè venendo alla giustizia ed ai voti delle per-
deposla dal trono la famiglia degli sone più. illuminate della stessa
Stuardi, venne esso dato al prin- nazione, molto meno confacenti al-
cipe d' Orange protestante, e ne- la natura del governo medesimo,
mico implacabile del nome catto- Nel 1799 dieci vescov' d'Irlanda,
lieo. Subito cessarono le pensioni, alla vista di molti vantaggi propo-
ricominciò la persecuzione, che non sti dai ministri del governo, ma-
rallentò la sua violenza che nel nifestarono che non trovavano cosa
fine del passato secolo, al che con- inconveniente di accordare al go-
tribuirono non poco quegli esem- verno una qualche influenza nelle
plari ecclesiastici , che fuggendo nomine de' vescovi per 1' oggetto
la rivoluzione francese trovarono dell' emancipazione. E nel 1808
un asilo in quell'isola. Fu nel 1791 fu la prima volta, che venne par-
in cui usci qualche legge in sollie- tecipato col parlamento il veto, e
vo de' poveri cattolici; il culto nel le risoluzioni generiche de'vescovi
recinto delle chiese divenne più suddetti del 1799; e si dichiarò,
libero, ed i magistrati desistendo che il re avrebbe il diritto di e-
dalle sevizie, si accrebbero le cap- scludere dai vescovati i soggetti
pelle, ed il numero de' fedeli si presentati, allorché avesse ragione
raddoppiò mirabilmente. di sospettare di fedeltà. In tale
ING ING i37
occasione nel parlamento fu co- I cattolici inglesi non potendo
uiuuicato sul proposito il consen- essere indifferenti in tale questio-
so favorevole di monsignor Milner, ne alle risoluzioni de' vescovi ir-
uno de' vicari apostolici del regno, landesi, formarono una società os-
e rappreseatante de' vescovi irlan- sia assemblea in Londra. Intanto
desi. Ma subito tal prelato prò- 1' affare avea preso molta voga,
testò pubblicamente che non avea essendo state agitate molte subal-
dato il consenso formale al pre- terne questioni fra' cattolici del re-
detto progetto, e che non lo da- gno, e fatte diverse mozioni nei
rebbe senza prima attendere le i- parlamenti dai lordi Grenville e
struzioni de' vescovi irlandesi. In Grey, e da Ponsonby e Hippisley
seguito di ciò si manifestò, spe- membri del parlamento in favore
cialmente in Irlanda, anche dal- del veto, e tutte riuscite colla mag-
io stesso popolo , una opposizio- giorità de' suffragi contro i catto-
ne grande al veto , che si ri- liei. iVel primo febbraio 1810 si
guardava come il sacrifizio della tenne [' assemblea de' cattolici in-
religione e della libertà ecclesia- glesi in Londra, i quali per non
stica nella scelta de' vescovi ; d'ai- porsi in contraddizione coi cattolici
tronde il governo fino a tal tem- irlandesi, stesero una risoluzione
pò non avea motivo di lagnarsi con termini generali, annunziando
de' vescovi cattolici, né sospettar che i cattolici sono disposti a pre-
doveva della loro fedeltà : non vi starsi a condizioni, che producano
era dunque motivo di temenza una soddisfazione reciproca, e che
per l'avvenire. Uscirono molti scrit- siano conformi ai priucipii della
ti, e fu un grido generale contro disciplina della Chiesa romana. I
il veto, essendo conlenti i catto- vicari apostolici si unirono ne' sen-
lici piuttosto di gemere nell' avvi* timenti così espressi, ed il solo
limento, al quale erano avvezzi da monsignor Milner rifiutò il suo
molti anni, che fare la minima of- suffragio, credendo di vedere nella
fesa alla disciplina cattolica; ben risoluzione la riprovazione delle
persuasi di avere molte ragioni di ultime determinazioni de' vescovi
non potersi fidare di un governo irlandesi a cui era unito, e dei
che gli aveva trattati con tauto quali era rappresentante o agente,
rigore, solo perchè erano cattolici. Quindi i cattolici inglesi si posero
Quindi que' dieci vescovi irlandesi in opposizione coi vescovi irlandesi;
ritrattarono qualunque adesione mo- il progetto de' primi venne porta-
strata nel 1799, mentre non ave- to in parlamento, seguirono diver-
vano mai creduto di acconsentire se mozioni, e nacquero molte e
ad una influenza del governo così varie vicende. Monsignor Poynter,
estesa come veniva proposta, e che uno de' coadiutori de' vicari apo-
sempre avrebbero riservata la san- stolici, tentò con efficaci lettere di
zione al Papa. In fatti nel 1808 persuadere monsignor Troy arci-
predetto tutti i vescovi irlandesi, vescovo di Dublino, asserendo che
uniti in un sinodo nazionale, ri- le risoluzioni prese in Londra dal-
solsero che non era spedieute di 1' assemblea de' cattolici erano ri-
introdurre alcun cangiamento nella strette al caso che non venire
>cclta de' vescovi. né la fede, né la disciplina altera-
i38 ING
ta ; ma ogni tentativo fu vano,
perchè 1' Irlanda continuò a pro-
nunciare contro il velo. Nel 1 8 1 3
si rinnovarono nel parlamento per
opera dei membri inglesi molte
mozioni in favore de' cattolici, e
quasi tutte furono rigettate. Si u-
nirono nuove assemblee in Londra,
e insorsero nuove mozioni ne' par-
lamenti ; e queste senza risultamen-
to a prò de' cattolici, e non senza
dispiacere di que' cattolici favore-
voli al veto. Ciò non ostante la
questione del veto formava una
delle dispute di animosità, quando
monsignor Poynter divenuto vica-
rio apostolico di Londra per mor-
te di monsignor Douglas, pensò di
ottenere da Roma una decisione
per mezzo del suo agente abbate
Macpherson, credendo in tal mo-
do di guadagnare i sentimenti dei
vescovi irlandesi. Non era rimasto
in Roma in detto tempo che qual-
che prelato, che per l'età avanzata
avea potuto essere dispensato dal-
l' esilio. Fra questi monsignor
Quarantotto eh' era vice- prefetto
di propaganda fide, concesse un
rescritto nel 1 8 1 4 favorevole al
veto. Questo rescritto cagionò le
più. grandi turbolenze fra i catto-
lici del regno, ed accese maggior-
mente i due partiti ; mentre i fau-
tori del veto lo sostenevano come
una decisione solenne, gli altri
contrastavano a monsignor Qua-
rantotto 1' autorità di pronunziare
in quest' affare, essendo Pio VII
in deportazione per opera de' fran-
cesi invasori del suo stato e di
Roma. In questa tornato il Ponte-
fice, subito vi si recarono i vicari
apostolici del regno un dopo 1' al-
tro per rappresentare le loro ra-
gioni. Monsignor Milner contro il
velo ed il rescritto portò la paro-
ING
la unanime de' vescovi d' Irlanda;
monsignor Poynter in favore del
veto e del rescritto, unito ai cat-
tolici di Londra ed agli agenti del
governo britannico, a'quali piaceva
1' uno e 1' altro . Pio VII non
prese alcuna risoluzione formale,
ma il cardinal Litta prefetto di
propaganda fide, come accennammo
più sopra, rispose con lettera con-
cepita in termini generali, che fa-
vorivano sotto alcune riserve il ve-
to. In seguito continuando la di-
visione de' cattolici in tutto il re-
gno, non mancarono nel 1 8 1 9
nel parlamento nuove mozioni, ina
senza frutto. Finalmente piacque
alla divina provvidenza di muove-
re gli animi, e quindi nel 1829
venne accordata la sospirata eman-
cipazione ai cattolici senza il veto,
laonde i vescovi dell' Irlanda, i vi-
cari apostolici di Scozia e d' In-
ghilterra, ed i coadiutori degli uni
e degli altri, vengono liberamente
eletti senza 1' influenza e 1' appro-
vazione del governo inglese, ed
al modo che si accennò nel voi.
XVI, p. s5o del Dizionario.
Dopo sì sospirato avvenimento
rientrarono i cattolici al godimento
di quasi tutti i. diritti civili e mi-
litari, obliato ogni obbligo di giu-
ramento, abolite molte leggi pena-
li, tra le quali però si volle con-
servata quella che condanna alla
multa di ceuto lire sterline quel
prelato cattolico, che assumesse il
titolo d' una sede occupata da un
dignitario anglicano, benché neh' Ir-
landa che ha quattro arcivescovi
e ventitré vescovi cattolici, portano
questi tutt' ora gli antichi titoli,
godendone le rendite i vescovi an-
glicani. Rosa dunque la pace e la
libertà alla chiesa d' Inghilterra,
il clero ed i laici più notabili
ING
umiliarono alla santa Sede le più
rispettose richieste per cambiare la
forma del governo ecclesiastico, co-
me più non voluto dalle circostan-
te mutate. Tra gli altri cambia-
menti si domaudava che si accre-
scesse il numero de' superiori ec-
clesiastici ; eh' essendo cresciuta la
greggia si accrescessero in propor-
zione i pastori ; inoltre si fece i-
stama per 1' istituzione dei capito-
li e dei decanali, ed il ristabili-
mento delle antiche sedi vescovili.
Ma la santa Sede non giudicò co-
sa prudente mettersi in collisione
coi vescovi protestanti, i quali fa-
cendo parte del corpo legislativo
potevano recar grave danno e far
perdere in un momento i frutti
delle fatiche di tanti anni. Dopo
però moltiplici consulti, esami ed an-
tiveggenze richieste dalla prudenza,
escluso il progetto di fondare ve-
scovati, come troppo pericoloso,
nell' anno 1840 dalla sacra con-
gregazione di propaganda fide e
con piena approvazione del regnan-
te Gregorio XVI, fu data una
nuova forma al regime ecclesiasti-
co d' Inghilterra, mediante il pon-
tificio breve Muneris j4postolìcis
de' 3 luglio, Bull, de Prop. fde
t. V, p. 198. Fu portato ad otto
il numero de' vicariati apostolici,
come si vedrà più innanzi, pre-
messo qualche notizia sopra alcuni
corpi religiosi, e sopra i collegi
che in alcuni regni vi furono aper-
ti dopo la defezione di Enrico
Vili, per conservare i fedeli che
si erano mantenuti costanti, e per
richiamare quelli che aveano se-
guito 1' errore. Riguardo alla Sco-
zia, sino dal 1827 fu accresciuta
di un terzo vicariato apostolico,
risalendo 1' istituzione degli altri
due al 1695 ed al 1732. Divideu-
ING i39
dosi, come dicemmo in principio,
il regno d' Inghilterra in quaranta
contee , ed in dodici contee il
principato di Galles, oltre le isole
di Man, di Jersey e di Guernsey,
e che Londra, York ed altre insi-
gni città costituiscono altrettante
contee, tutte le mentovate contee
contengono diecimila centotrentatre
parrocchie della setta episcopale,
eh' è la dominante ; si trovano pe-
rò in Inghilterra, come pure no-
tammo, presbiteriani, unitari, quac-
queri, anabatisti , metodisti, ebrei,
ec. Dicemmo egualmente che al-
lorquando Enrico VIII si separò
dalla Chiesa romana, costituì sé
ed i suoi successori capi della re-
ligione, per cui il re come tale
tuttora invoca, proroga, discioglie
i sinodi ecclesiastici, nomina arci-
vescovi e vescovi. Gli arcivescovi
sono due, quello di Cantorbery
primate del regno, e quello di
York. I vescovi sono venticinque, cioè
venti nella provincia Cantauriense,
e cinque in quella di York. Della
prima provincia, oltre l'arcivescovo di
Cantorbery, i vescovi sono : di Lon-
dra, Winchester, Liehfield e Con-
ventry, Lincoln, Ely, Salisbury,
Exeter, Bath e Wells, Chichester,
Norvick, Worcester, Hereford, Ro-
chester , Oxford , Peterborough ,
Gloucester, Bristol, Llandaff, s.
David , s. Asaph e Bangor. Si
vogliono attualmente unire i due
ultimi e farne un altro in Man-
chester. Della seconda provincia ,
oltre 1' arcivescovo d' York, i ve-
scovi sono: di Durham, Carlisle,
Chester, Man, ed il nuovo di Ripon.
La chiesa anglicana ha di rendite
tre milioni di lue sterline provenien-
ti in gran parte da decime; ma il
celebre O'Connell in un suo discor-
so disse che il mantenimento del
i4o ING
clero anglicano costa sei milioni di
lire sterline all'anno, pari a tren-
tadue milioni e oltocentomila scudi
romani. L' alto clero è piuttosto
una dignità che un corpo avente
giurisdizione ; i vescovi sono baro-
ni e pari del regno.
Passando a dire degli ordini re-
golari d' Inghilterra, oltre quanto
superiormente di essi venne nar-
rato, l'istituto benemerito dell'or-
dine di s. Benedetto, o nel fine
del sesto secolo per mezzo di s.
Agostino e compagni spediti dal
Papa s. Gregorio I, o poco più
tardi si stabili in Inghilterra, fio-
rendovi mirabilmente in virtù, o-
nore e potere. L'abbate del mo-
nistero di s. Albano sedeva al par-
lamento innanzi a tutti gli abbati
mitrati, la qual precedenza gli fu
accordata dal Pontefice inglese A-
driano IV nel 1 1 54, e molti re
confermarono questo privilegio. Pri-
ma della distruzione de' monisteri
in Inghilterra ventisette o venti-
nove abbati e due priori, quasi
tutti dell'ordine di s. Benedetto,
erano baroni, ed avevano il dirit-
to di sedere al parlamento. Col
dare la lista qui appresso delle
abbazie che godevano questo pri-
vilegio, noteremo la rendita an-
imarla, giusta la stima fattane al-
lorché furono distrutte; è noto che
la lira sterlina di cui si tratta e-
quivale ad un luigi d'oro circa,
i. S. Albano 21 02 lire secondo la
maniera ordinaria di contare, e
25 io in Speed. 2. Glastembury,
dedicata alla santa Vergine, 33 11
lire in Dugdale, e 35oo in Speed.
3. S. Agostino di Cantorbery i4i3
lire trasportate alla corte dello scac-
chiere; e la chiesa priorale di Cristo
nella stessa città 2387 lire. 4- L'abba-
zia di Westminster 3471 lirciuDug-
ING
dale, e 3977 in Speed. Maitland os-
serva nella 6ua 6toria di Londra
e di Westminster pag. 391, che
3977 lire di quel tempo ne fareb-
bero oggidì ventimila. Egli aggiun-
ge che l' abbazia di Westminster
colla rendita accennata era la più.
doviziosa che vi fosse in Inghilter-
ra; essa era anche la più ricca-
mente fornita di vasi sacri e di
ornamenti preziosi. 5. L' abbazia
di Winchester, fondata sotto il no-
me della ss. Trinità da s. Berino
e Rinegilso primo re cristiano dei
west-sassoni, e conosciuta poscia
sotto il nome di san Swituno ,
i5o7 lire. 6. Sant'Edmondo Bu-
ry, edificata dal re Canuto, 1659
lire in Dugdale, e 2336 in Speed.
7. L'abbazia d'Ely ristaurata da
s. Etelvoldo 1084 lire ; il vesco-
vato della stessa città 21 34 lire.
8. Abingdon, fondata sotto il no-
me della santa Vergine , da Ced-
walla e Ina re dei west-sassoni ,
1876 lire. 9. L'abbazia di Reading,
edificata dal re Enrico I, ig38 li-
re, io. Thorney nella contea di
Cambridge, restaurata da s. Etel-
voldo in onore della santa Vergi-
ne, 5o8 lire. 11. Waltham, la
quale da chiesa collegiata fondata
dal conte Aroldo nel 1062, fu
cangiata dal re Enrico II in ab-
bazia di canonici regolari di s. A-
gostino sotto il nome di s. Croce,
900 lire in Dugdale, e 1079 in
Speed. 1 2. San Pietro di Glou-
cester, fondata da Wulfero ed Etel-
redo re di Mercia, i55o lire: En-
rico VIII fece una cattedrale di
questa abbazia. i3. Tewksbury
1 598 lire : questa abbazia fu fon-
data nel 7 i5 da Doddo primo si-
gnore di Mercia, il quale si fece
monaco a Pershore. 1 4- Winchel-
comb nella conica di Gloucestcr
ING
7^9 lire: questa abbazia fu fon-
data da Offa e Kenolfo re di
Mercia. i5. Ramsey nella contea
di Huntingdon, fondata sotto il
nome della santa Vergine e di s.
Benedetto da Ailwyne aldermano
d'Inghilterra e conte degli est-an-
gli, 1716 lire. 16. Bardney nella
contea di Lincoln: quest'abbazia
essendo stata distrutta nell'870 dai
danesi che vi trucidarono trecen-
to monaci, fu riedificata da Gu-
glielmo il Conquistatore. 17. Croy-
land 1087 in Dugdale, e 12 17 in
Speed. 18. S. Benedetto di Hultn
nella contea di Norfolk, fondata
circa l'anno 800, 585 lire. Que-
st'abbazia fu donata da Enrico
Vili ai vescovi di Norwich, in
cambio per terre dipendenti dalla
loro sede, la cui entrata annuale
era allora di io5o lire. Da indi
innanzi i vescovi di Norwich sono
i soli abbati in Inghilterra. Il mo-
nistero della ss. Trinità di Nor-
wich era stimato 1061 lire. ig.
L'abbazia di Peterborough, fonda-
ta nel 655 da Penda re di Mer-
cia, e riedificata da Adolfo can-
celliere del re Edgaro che vi si fe-
ce monaco, e ne morì abbate. Se
ne faceva salire la rendita a 1921
lire nel XXVI anno di Enrico
Vili, secondo Dugdale; e si trovò
di 1972 dal conto che ne fu fat-
to. Enrico Vili lasciò nel suo sta-
to la chiesa per non turbar le ce-
neri della regina Caterina d' Ara-
gona, e cangiò l'abbazia in una
sede episcopale, la cui rendita an-
nua è di 4'4 m'e a cai'ic0 del re.
20. L'abbazia di Battle nella con-
tea di Sussex, fondata in onore di
s. Martino da Guglielmo il Con-
quistatore, 880 lire. 11. Malmes-
bury nella contea di Wilts 8o3
lire. 22. L'abbazia di Whitby
ING i4t
chiamata anticamente Streaneshalch,
fondata nel 657 dal re Oswi in
favore di s. Ilda. 2 3. L'abbazia di
Selby nella contea di York, fon-
data da Guglielmo II in onore di
s. Pietro e di s. Germano, 729 li-
re. 2 4- Santa Maria di York, edi-
ficata sotto il regno di Guglielmo
li, 2o85 lire in Speed. Le altre
abbazie mitrate erano quelle di
Shrewsbury , di Cirencester, di
Eveshara, di Tavistock, e di Ida
a Winchester. Giovanni Speed già
sarto in Londra, per l'amore del-
l'antichità si dedicò allo studio, e
diede il Teatro dell'impero della
Gran Bretagna, che presenta la
esatta geografia dei regni d'Inghil-
terra, Scozia ed Irlanda, e delle
isole adiacenti, Londra 1606. E
dessa una l'accolta di carte di tut-
te le contee, colla pianta delle prin-
cipali città e corte descrizioni, trat-
te la maggior parte dalla Britan-
nia di Camden. L'opera sua più
grande, frutto laborioso di quattor-
dici anni, è la Storia della Gran
Bretagna pubblicata nel 1614. Fu
annoverato tra gli scrittori che me-
glio ebbero organizzata la testa per
iscrivere storia. Guglielmo Dugdale
antiquario, storico ed autore di
varie opere, compì la raccolta dei
concilii di Spelman, Londra 1664.
Compilò di concerto dell'antiqua-
rio Ruggero Dodworth il Mona-
sticon Anglicanum, ornato di ve-
dute delle badie, delle chiese, de-
gli ospedali, delle cattedrali, delle
collegiate, con le rispettive storie ,
in lingua latina, ed in tre volumi
in foglio, pubblicati successivamen-
te nel i655, x 66 1 e 1673. Jaco-
po Wright pubblicò in inglese nel
1793 un cattivo compendio di tale
opera. J. Steven ne fece una tra-
duzione compita in tre volumi 1 7 1 8,
i4* ING
1722 e 1725. In Londra nel 1817-
i83o se n'è fatta una magnifica
edizione in otto volumi in idio-
ma inglese. Finalmente, per non
dire di altri, Browne Willis, altro
antiquario inglese , autore di pa-
recchie opere, compose: Storia del-
le abbazie che davano sede in par-
lamento, e delle chiese cattedrali
conventuali, 17 18 e 1719; nonché
Descrizione delle cattedrali d' In-
ghilterra col Parochiale Anglica-
num, corredala del disegno delle
cattedrali, 1727, 1730 e 1733. Va
avvertito che in quest'opera, mal-
grado il titolo menzognero che
gli diede il libraio Osborne, altro
non contiene realmente che la sto-
ria delle cattedrali di York, Dur-
ham, Carlisle, Chester, Man, Lich-
lìeld, Ilereford, Worcester, Glou-
cester, Bristol, Lincoln, Ely, Ox-
ford e Peterborough.
Quanto immenso bene abbia fat-
to l'ordine benedettino in Inghilter-
ra per circa dieci secoli, non è co-
sa facile a raccontarsi ; ma ve-
nuta la lagrimevole epoca dello sci-
sma, quest'ordine si trovò involto
nelle comuni calamità. Le ricche ab-
bazie furono invase, derubati i be-
ni, ed i membri della congregazio-
ne soggiacquero alla proscrizione,
comune ai ministri del santuario.
Un cosi insigne istituto non vi an-
dò per altro del tutto- perduto. Ai
tempi di Clemente Vili non vi ri-
maneva però che un monaco, cioè
il p. Sigeberto Bucley di Westmin-
ster, il quale languiva in una pri-
gione. Quel Pontefice avendo desti-
nato alle missioni d'Inghilterra al-
cuni gióvani educati ne' monisteri
benedettini d'Italia e di Spagna ,
questi dal superstite monaco nel suo
carcere furono rivestiti dell' abito
monastico, e cosi tornò a vivere il
ING
quasi estinto ordine benedettino in
Inghilterra. Tale adozione fu con-
fermata da Paolo V nel 1612, col
breve Sicut accepiinus. Stabiliti poi
dei monisteri con apostolica au-
torità in Francia ed in Germania,
da questi si portavano i monaci in
Inghilterra a confermar nella fede
i credenti, a ricondurre a questa gli
eretici. Suscitatasi la rivoluzione fran-
cese, distrutti con tutti i pii stabi-
limenti i monisteri benedettini, fu-
rono i monaci inglesi obbligati a
rifugiarsi in Inghilterra. Ivi dopo
varie vicende riuscirono a fondare
due monisteri, uno di s. Lorenzo in
Ampleforlh nella contea di York,
l'altro in Downside nella contea di
Somerset dedicato a s. Gregorio I
Magno. Ottennero in seguito di fa-
re i voti solenni nelle cappelle dei
monisteri, senza l'intervento de' se-
colari, a porte chiuse, e di non es-
sere tenuti ad indossar l'abito mo-
nastico finché non si cambiassero
i tempi. In virtù delle loro costi-
tuzioni i monaci giurano di dedi-
carsi alle missioni. Quelle furono
compilate da nove definitori bene-
dettini, tre inglesi, tre italiani e
tre spagnuoli, sotto gli auspicii del
cardinal Guido Bentivo^lio, d'ordi-
ne di Paolo V e da lui approvate
nel 1619 col breve Ex incumbenli,
e confermate da Urbano Vili me-
diante il breve Piantala, emanato
a' 12 luglio 1 633. Nel i83o le mis-
sioni d'Inghilterra erano quattrocen-
to, ed un gran numero di queste
erano assistite dai monaci benedet-
tini ; al presente l'ordine ha anche
dei vescovi nelle colonie inglesi, co-
me nella Nuova Olanda. Nel 1843
gli Annali delle scienze religiose
nel voi. XVI, p. 1 1 3, pubblicarono
una notizia sul ripristinamento dei
monisteri presso gli anglicani. Ivi
ING
si dice che la cronaca d'Oxford di
recente avea pubblicato una circo-
lare a quei membri del clero an-
glicano, che si suppongono favore-
voli alle nuove dottrine semi-cat-
toliche de'puseisti, ed intitolata : Ri-
pristinazione delle istituzioni mona-
stiche e conventuali secondo un di-
segno adattalo ai bisogni della
Chiesa cattolica riformata in Inghil-
terra. Vi è detto che gì' interessi
della chiesa anglicana e della cri-
stiana educazione del popolo pos-
sono trarne sommi vantaggi, ed i
mali provenienti dall'attuale disor-
dinato stato de' rapporti civili ed
ecclesiastici possono venire rime-
diati dal ripristinamento del siste-
ma monastico e conventuale in una
forma acconcia al genio, all' indo-
le ed ai bisogni della chiesa an-
glicana. Si aggiunge che il progetto
avea ricevuto già la sua esecuzione
in Litllemore presso Oxford, per
la fondazione fatta dal celebre dot-
tor Newman d'un monistero anglica-
no. Questo inaspettato avvenimen-
to nel seno stesso della chiesa an-
glicana fece fare diverse riflessioni,
dicendosi che la prelesa riforma
era astretta a riformare sé mede-
sima, che vai quanto dire, ad ab-
battere ciò che ha edificato per
l'intervallo di tre malaugurati se-
coli, ne' quali distrusse e depredò
i monisteri cattolici, millantandosi
di avere recato benefizio alla re-
ligione ed al popolo; pretta delu-
sione e menzogna , chiarita mae-
strevolmente dal protestante Gob-
bet nell'opera citata di sopra. No-
teremo, che il dottor Newman, ca-
po della scuola teologica di Oxford
e dei puseisti, si è convertito al
caltolicismo; così Ward altro, mem-
bro di tale università. Altrettanto
hanno fatto altri, fra'quali Leicc-
ING
i43
ster-Buckingham autore delle Me-
morie della regina Maria di Sco-
zia. Questi belli esempli avranno
le più utili conseguenze per il cat-
tolicismo in Inghilterra, il cui ra-
pido e meraviglioso progresso au-
menta lo stupore da cui sono com-
presi gli stessi protestanti, e segna»
tamente il clero anglicano. Si dice
che in alcuni distretti comunità
intere vanno ritornando alla fede
de' loro illustri antenati.
Gli agostiniani, i domenicani, i
minori conventuali, i carmelitani e
forse i minimi ebbero conventi nel-
l'Inghilterra. Vi furono e vi sono i
gesuiti, i quali attualmente hanno in
Inghilterra diciassette missioni, resi-
denze e collegi. Ebbe l'Inghilterra u-
na provincia di cappuccini. Nel 1626
essi assistevano una segreta cap-
pella della regina allora cattolica,
cappella di cui questa avea nella
fondazione gittata la prima pietra,
e non avea voluto ricevere la co-
rona dal vescovo protestante. I me-
desimi cappuccini nel 1642 furo-
no gittati in una prigione , e di
essi non si trova più fatta men-
zione. Anche i recolletti o rifor-
mati francescani, distrutti i loro
conventi e derubati i beni che pos-
sedevano, ritiratisi in Francia eb-
bero in Doway noviziato e studen-
tato, unico per la loro provincia
d'Inghilterra, e di là maturi si
portavano in quel regno. Nella ri-
voluzione francese ritornarono nel-
1' isola, e nel 1804 riuscirono a
fondare una casa nel distretto oc-
cidentale, donde si portarono nel
medio. In queste case aperte senza
autorità pontificia, e forse senza
quella dei vicari apostolici, fecero
il noviziato ed invalidamente i vo-
ti : fu però sanato ogni difetto, e
destinata una casa per l'anno di
i44 ING
prova piuttosto che secolarizzarli e
dividere i loro beni a vantaggio
delle missioni. E stata la provin-
cia visitata nel 184.3 dal vicario
apostolico del distretto di Galles ,
e questi doveva amministrare i loro
beni. Terminata la visita il visita-
tore ebbe un sussidio dalla pro-
vincia, come l'ebbero altri vicari
apostolici, a norma d' un ordine
della congregazione di propaganda
fide del 2 3 aprile i84"2. Va no-
tato, che come i minori osservanti
della Bosnia, così i riformati d'In-
ghilterra hanno dei beni stabili, ed
a seconda del breve di Urbano
Vili, Cupientes, ogni dodici anni
riportano la facoltà di ritenerli. Ha
la città di Lisbona un monistero
di sacre vergini inglesi dette Bir-
gittine, immediatamente soggette al-
la santa Sede; altri monisteri o
case di monache inglesi sono nel
Belgio , in Parigi , ed a Valognes
nella Normandia di teresiane. Veg-
gasi il breve eruditissimo di Be-
nedetto XIV, Quamvix /usto Dei,
pridie kal. maii 1749» Bull, de
Prop. tom. Ili, pag. 247 , super
conservatorii virginum Anglicana-
rum nuncupaturum. Altro ne avea
Brusselles. Vi furono nell' Inghil-
terra delle così dette gesuitesse, di
cui si trovano le notizie nel so-
praccitato breve di Benedetto XIV,
Quamvisjusto Dei. I sacerdoti dell'i-
stituto della Carità [Vedi), fonda-
to dal dotto e benemerito sacer-
dote conte Antonio Rosmini Ser-
bati, sino dal i835 sono passati
in Inghilterra, e vi hanno conse-
crato l'opera loro all'educazione
della gioventù, alla predicazione
e direzione delle anime, prima nel
collegio di Prior-Park presso Bath,
poscia nel collegio di Oscott, e nella
missione di Loughborough, città
ING
d'Inghilterra della contea di Lei-
cester di circa dodicimila anime.
Ultimamente fabbricarono nella stes-
sa contea di Leicester una casa di
noviziato, intitolata Collegio di Ra-
teliffe, e l'aprirono a' 2 r novem-
bre i844- Oltre all'attendere alla
conversione de' protestanti , molti
de' quali abbracciarono la religio-
ne cattolica mercè del loro zelo ,
essi hanno intrapresa l' opera uti-
lissima di dare le missioni pubbli-
che come si usa nel continente ,
sconosciute innanzi nell' Inghilterra.
Prima de' sacerdoti fratelli della
carità, il costume religioso ed ec-
clesiastico non si soleva usare pub-
blicamente nell' isola ; ma avendo
essi cominciato ad uscire in pub-
blico col costume del clero roma-
no, ch'è l'abito loro proprio, quin-
di anche altri missionari si diedero
a seguire il loro esempio. Ora pas-
siamo a dire dei collegi inglesi fuori
del regno.
Le soppressioni dei monisteri e
delle case religiose in Inghilterra,
la secolarizzazione de' beni lasciati
dalla pietà degli antenati al culto
ed al servizio del Signore, l'usur-
pazione fatta dagli eretici delle
chiese, collegi, università e pii sta-
bilimenti, recarono nel regno un
colpo mortale alla sana dottrina,
alla carità, alla religione. Per prov-
vedere al bisogno e riparare alle
gravissime perdite sofferte dalla fe-
de cattolica, convenne ricorrere
alla fondazione de'collegi fuori del
regno. Dicemmo già come in Ro-
ma Gregorio XIII cambiò in col-
legio l'ospedale ch'era destinato a
ricevere i poveri malati della na-
zione, solo qui aggiungeremo. Al
cardinal protettore spetta la scelta
degli alunni da destinarsi ministri
evangelici nella patria. Il rettore
1XG
ebbe la facoltà di assolvere gli a-
lunni dalle censure, di amministra-
re i sacramenti nella Pasqua, l'e-
strema unzione ai moribondi; ed
era suo obbligo render conto a
monsignor segretario di propagan-
da fide di sua amministrazione, ed
i conti si esaminavano da una
congregazione costituita dai cardi-
nali protettori dell'Inghilterra, del-
l' Irlanda e della Scozia. 1 beni
dell'ospedale passarono in proprie-
tà del collegio, che ebbe inoltre
scudi tremila dalla dateria aposto-
lica. Gli alunni devono essere in-
glesi o figli di questi, e dopo sei
mesi prestano il giuramento solito,
che si conserva nell' archivio di
propaganda. Tra i privilegi evvi
quello di poter essere laureati die-
tro un esame, sebbene abbiano fatti
gli studi fuori di Roma, e quando
entrano in collegio devono aver
compita l'umanità: lo studio del-
la filosofia e teologia, e delle lettere
ebraiche è la loro occupazione. I
decreti d'una antica visita devono
essere letti due volte all'anno alla
presenza di tutti. Posto il collegio
sotto la tutela della santa Sede, è
tolto ad ogni giurisdizione ed è li-
bero dai dazi. Altro collegio per
T Inghilterra si trovava in Parigi,
fondato da un signore di quella
nazione. Vi si potevano educare
otto alunni, che facevano gli sludi
di filosofia e teologia nella pub-
blica università. Avevano l'obbligo
di ascendere al sacerdozio e di ri-
tornare alle missioni della patria.
Era esso collegio sotto l'immedia-
ta giurisdizione dell'arcivescovo di
Parigi, al quale i vicari apostolici
d' Inghilterra presentavano tre sog-
getti, uno de' quali egli sceglieva
in rettore del collegio, e vi rima-
neva in ufficio sei anni. Questo
voi xnv.
r n g i \">
collegio più non esiste forse sino
dal tempo della fatale rivoluzione
repubblicana. Oggi in Dovray esiste
un collegio affidato agli anglo-be-
dettini, di cui è rettore il p. d.
Burchall. Abbiamo un breve di
Clemente XIII, De tua singulari,
de' 26 novembre 1767, presso il
t. IV, p. 1 1 4- del Bull, de prop.
fide, indulget, ut extra tempora
ad ordines promoveri possint , et
absolvi a censuris.
L' antico collegio secolare di
Doway, ora estinto, fu fondato dal
celebre Guglielmo Alano di Lan-
caster pubblico professore nell'u-
versità di Doway, che di recente
era stata istituita da Filippo II re di
Spagna e sovrano delle Fiandre, per
mezzo di limosine raccolte da per-
sone pie e facoltose, pe' connazio-
nali esiliati dalla regina Elisabetta
per causa della religione. Quindi
pel primo funse l'incarico di ret-
tore e maestro nelle scienze : da
questo seminario uscirono molti
individui che per la difesa del pri-
mato del romano Pontefice e del-
la cattolica fede affrontarono tor-
menti e morte. A questo collegio
Gregorio XIII assegnò cento scu-
di al mese. Il Cardella nelle Me-
morie storiche de' cardinali t. V,
p. i63 e 268, narra come l'Alano
essendo fuggito dall' Inghilterra ri-
tirossi a Lovanio, indi fondò a
Doway il memorato collegio ; ma
dovendo per motivi gravi di sa-
lute ripatriare , ed operando nel
suo paese segnalate conversioni ,
come confermando nella fede i va-
cillanti, la regina Elisabetta pro-
mulgò fieri editti contro l' Alano
ed i suoi discepoli. A stento fece
ritorno a Doway, indi si portò a
Reims dove il cardinal Lodovico di
Lorena de'duchi di Guisa, arcivesco-
10
i46 IxNG
vo delia città, gli conferì un canoni-
cato nella metropolitana, ed una
pensione di cento scudi. Indi cogli
aiuti di Filippo II, che gli accor-
dò una pensione sulla chiesa di
Palermo, con quelli del Papa s.
Pio V, e principalmente coll'ope-
ra del cardinale fondò in Reims
un collegio pei sacerdoti esiliati
dall'Inghilterra, donde uscirono mol-
ti soggetti cospicui per integrità
e dottrina, alcuni de' quali sacrifi-
carono in Inghilterra Ja vita per
la cattolica fede, e de' quali tesse
il catalogo il Marlot nel t. II, p.
837 e seg. della Storia di Reims.
Fin qui il Cardella, sebbene alla
citata pag. 269 scrive che coi no-
minati aiuti fondò in Reims un
nuovo seminario in cui si poteva-
vano alimentare circa duecento gio-
vani, al governo de'quali egli me-
desimo presiedè nello spazio di
quattordici anni, e due altri ne
stabili nella Spagna. Quivi ancora
iu attentato alla' vita dell'Alano,
ed il governo inglese mandò un
sicario per ucciderlo. Quando poi
Gregorio XIII fondò in Roma il
collegio inglese, lo chiamò a sé,
gliene affidò il governo, 1' incaricò
della compilazione di regole adat-
te e confacenti ai costumi ingle-
si; e volendolo creare cardinale, egli
modestamente si ricusò col dire,
che meglio avrebbe giovato ai suoi
connazionali nella sua posizione
privata ; ma il successore Sisto V
all'improvviso l'esaltò al cardinala-
to. Il collegio secolare di Doway
cessò alla rivoluzione.
Liegi avea un collegio dei gesuiti,
e Saint-Omer ebbe un altro grandio-
so collegio fondato dai gesuiti inglesi,
e capace di duecento convittori. Fi-
lippo li gli assegnò duemila scu-
di annui : chi non abbracciava lo
ING
stato ecclesiastico tornava in In-
ghilterra a mantenere costanti nella
fede le famiglie cattoliche anche
nella propria discendenza. Chi lo
abbracciava o si faceva religioso
o portavasi in Roma nel collegio
di sua nazione, ovvero passava in
quelli stabiliti nella Spagna. Ve-
nuta Saint-Omer sotto il dominio
francese, e cessata la pensione della
Spagna , ebbe dal re di Francia
scudi milleseicento olire molte e-
lemosine e largizioni. Soppressi i
gesuiti, questi e gli alunni passa-
rono a Bruges negli stati allora
appartenenti alla casa d'Austria, ed
erano centosei : ripristinato in ap-
presso il collegio, tornò a chiuder-
si nell'epoca repubblicana. In Sivi-
glia, illustre città dell'Andalusia, e-
sisteva per la nazione un collegio
fondato nel 1592, ed affidato ai
gesuiti, capace di mantenere ses-
santa alunni. Decaduto dal suo
splendore e ridotti a sette i suoi
collegiali, questi partirono tutti in
un giorno. Riaperto dopo vent'an-
ni, vi furono ammessi anche gl'ir-
landesi; ma in fine non potendo
essi alunni sopportare 1' aria e la
qualità de'cibi, fu riunito il colle-
gio a quello ch'esisteva in Valla*
dolid. Gl'inglesi ebbero un colle-
gio anche in Madrid ; venuto me-
no, fu trasportato in Valladolid ,
anzi fu riunito all'altro che già e-
sisteva in questa città. Quello di
Madrid possedeva delle case in quel-
la capitale, le quali vendute, furo-
no col ritratto denaro acquistate
vigne in Valladolid; ciò avvenne
nel 1768 per disposizione del se-
nato reale. In quanto al collegio,
che già esisteva fino dal 1 569 in
Valladolid, si sa che questo fu fon-
dato sotto il regno di Filippo 11,
che nel i%2 fu approvato da
IMG
Clemente Vili , col breve Cum
nulluni firmius praesidium, che a-
vea rendite bastanti a mantenere
venti alunni, e ch'era sotto la dire-
zione dei gesuiti. Non erano co-
stretti i collegiali a prestar giura-
mento di non entrare in religione,
ciò che fu causa del suo decadi-
mento, perchè correva fama che
quei religiosi ammettessero nella
compagnia i più scelti soggetti. Il
rettore avea molte facoltà riguar-
danti le ordinazioni, e poteva as-
solvere dall'irregolarità gli alunni
nati da genitori eretici : venti gio-
vani educati in questo collegio, ri-
tornando in patria vi subirono il
martirio. Il collegio secolare di
Valladolid tuttora esiste, e n' è
rettore d. Giacomo Standen. Anche
la capitale del Portogallo ebbe ed
ha il suo collegio per sostenere la
religione nell' Inghilterra. Fu fon-
dato nel 1622 o 1623 da d. Pie-
tro Cantinho Fidalgo d'illustre fa-
miglia. E dedicato ai ss. Pietro
e Paolo; avea gli stessi privilegi
che il collegio inglese di Roma, ed
in età conveniente vi si prestava
il consueto giuramento. I vicari a-
postolici eleggevano il presidente,
la cui semplice testimonianza ba-
stava perchè potessero ascendere
agli ordini sacri a titolo di mis-
sione gli alunni ch'erano quindici.
La fabbrica del collegio solfrì no-
tabilmente nel terremoto del iy55,
pel ristabilimento della quale la
congregazione di propaganda fide
somministrò qualche sussidio. Se
l'Inghilterra fòsse tornata ad es-
sere cattolica, i beni del collegio
erano devoluti alla casa della Mi-
sericordia di Lisbona. Questo col-
legio per la retta amministrazio-
ne de' beni, per 1' osservanza delle
regole, pel profitto nelle scienze
IiNG 147
e nella pietà, fu in maggior cre-
dito che ogni pio stabilimento di
simile natura. E del clero secolare,
essendone rettore d. Edmondo Wm-
stanley, con trenta studenti e sei
superiori, sotto la dipendenza del
vicario apostolico di Londra, il
quale ne nomina il rettore.
Quanto allo stato presente del
cattolicismo e protestantismo in
Inghilterra, oltre quanto abbiamo
detto, ed oltre quanto diremo par-
lando poi de' vicariati apostolici,
e di ciò che si dirà agli articoli
Irlanda e Scozia, daremo qui al-
cune brevi generali nozioni. Sono
già alcuni anni che si è suscitata
nella Gran Bretagna una gravissi-
ma contesa, la quale viene tuttora
dibattuta con gran calore dalle
due avverse parti. Il punto della
controversia si è la rivocazione
dell' unione legislativa tra l'Inghil-
terra e 1' Irlanda. Il celebre Da-
niele O' Connell difensore instan-
cabile de' diritti religiosi e politici
della sua patria 1' Irlanda, avendo
tentato ogui via per ottenere dal
parlamento britannico il raddriz-
zamento de' torti e delle ingiusti-
zie commesse contro la medesima,
e non avendo potuto conseguire
1' intento, ha corso dall' uno al-
l'altro capo tutta intiera la sua
isola nativa, sommovendo 1' intiero
popolo irlandese colla potente sua
voce a domandar con unanimi voti
dal parlamento britannico, che si
tronchi il nodo legislativo, il qua-
le in un corpo riunisce dal 1 80 1
in qua le due isole, e che si restauri
di nuovo il parlamento irlandese
abolito dal famoso Pitt con far
melate promesse che non ebbero
mai effetto. A questa chiamata
dell'agitatore eloquente tutta quan-
ta 1' Irlanda rispose , e per ogni
i48 IWQ
canto si adunano assemblee, e cia-
scuno paga in volontario tributo il
denaro necessario a poter occorrere
al dispendio di una sì grande e
sì vitale contesa. Dall'altro canto
i cattolici inglesi, tuttoché sentano
commiserazione pei loro conculcati
fratelli ibernesi, non pertanto sono
collegati col ministero, e con tut-
ta la numerosa schiera degli acca-
niti protestanti per mantener sal-
da la unità legislativa dell'impero
britannico. Ne per questo alcuno
vi sia che creda i cattolici inglesi
avere il medesimo fine, e lasciar-
si muovere dalle medesime ragio-
ni de'loro alleati. La questione può
riguardarsi sotto due diversi aspet-
ti, l'uno religioso e l'altro politico.
E questa diversità separa in due
opposte parti tutto intiero il corpo
de* cattolici irlandesi ed inglesi.
I primi non considerano che le
conseguenze politiche, gli altri le
conseguenze religiose della unione
legislativa. Savie considerazioni pub-
blicò 1' eccellente giornale cattolico
inglese il Tablet. Nel voi. XV de-
gli Annali delle scienze religiose
compilati da monsignor De Luca,
a p. 3 si riporta da lui tradot-
to dall' inglese con annotazioni e
giunte : Stato presente e avvenire
della religione cattolica nella Gran
Bretagna, e negli altri paesi pro-
testanti. Discorso di Daniele O'Con-
nell, membro del parlamento bri-
tannico, e primo magistrato muni-
cipale di Dublino, recitato nella
quarta adunanza annuale dell' isti-
tuto cattolico della Gran Breta-
gna il dì 7 giugno 1842 in Lon-
dra. A voler qui dare qualche
cenno di sì facondo e grave di-
scorso, ne indicheremo le parti prin-
cipali.
Protestando il grande oratore
ING
sensi di moderazione, incominciò
coli' esternare I' anzietà di vedere
appagata la brama , la cui epoca
crede non gran fatto lontana, di
assistere ad una messa solenne
nell'abbazia di Westminster, antico
tempio cattolico profanato dalla
pretesa riforma religiosa in Inghil-
terra, ritornandosi così all' uso
primiero. Elevarsi il suo animo
alla speranza di veder 1' Inghilter-
ra ritornata all'unico ovile, sotto
la guida di un sol pastore. Indi
diede indirettamente solenne men-
tita alle calunnie de' protestanti
inglesi, i quali falsamente van bu-
cinando, che gli scrittori attuali
cattolici dell' Inghilterra colorano
con mentite sembianze la vera es-
senza de' dommi creduti dalla no-
stra chiesa, con animo di attirare
i protestanti. Affermano di più
che la nostra religione ci permette
di adoperare menzogne, frodi e
ogni maniera di ribalderie verso i
nostri traviati fratelli. Ma questi
ingannevoli artifizii adoperati dai
protestanti, sono una evidentissima
ed involontaria prova della verità
di nostra fede, imperocché Volen-
dola impugnare sono astretti a sfi-
gurarla. Parlò di certo Tyng mi-
nistro della chiesa episcopale pro-
testante in America, che portatosi
in Inghilterra, prima vomitò ma-
ledizioni contro il cattolicismo, e
poi fu costretto a versar su di es-
so benedizioni e lodi, confessando
il benefico influsso eh'. esercita ; ed
aggiunse 1' oratore, che testificano
del meraviglioso ritorno degli a-
mericani alla fede cattolica, anche
madamigella Martineau nemica giu-
rata di essa e salita in fama per
opere in forma romanzesca, ed il
capitano Marryatt cospicuo scritto-
re di romanzi inglesi, altro nemi-
WG
co della cattolica religione. Disse
pure che ha dovuto pubblicare i
tasti del cattolicismo il Times stesso,
giornale diffuso iu Inghilterra, che
sostiene le parti e gì' interessi del-
la chiesa anglicana ; perciò è suo
costume il riversare torrenti d' in-
giurie grossolane e di nere calun-
nie contro il clero cattolico in ge-
nerale, e sopra tutto contro quello
d' Irlanda. Rivolti quindi gli occhi
al continente di Europa, deplorò
ia Spagna per le mostruose ini-
quità ivi commesse; si consolò con
1' Alemagna ove il cattolicismo ha
inlranto i suoi ceppi per essergli
stata consentita perfetta eguaglian-
za di diritti ; e gioì in veder 1' O-
lauda contar già sette vescovi e
la metà del popolo felicemente ri-
tornata alla fede cattolica. Osservò
che \\ presbiteriano Layng scozzese,
uomo erudito ed osservatore sot-
tile, di recente avea fatto un con-
fronto tra il protestantismo e il
cattolicismo massime della Svezia,
che chiama immorale. Volgendo
V attenzione poscia al clero pro-
testante della Gran Bretagna, per
veder come soddisfi agli uilizi del
suo ministero, mantenuto con an-
nui scudi romani trentadue milioni
ed ottocentomila ; ne riportò le
prove riguardanti la materiale e
golia ignoranza de' fanciulli che
lavorano nelle miniere e nelle ma-
nifatture, che destano compassio-
nevole orrore. Al quadro di sì de-
plorabile ignoranza, e come mal
corrisponda d clero, seguì 1* avver-
timento di stare in guardia per
non fare discapito al gran movi,
mento di conciliazione, infervoran-
do i cattolici a raddoppiare gli sfor-
zi perchè quelli che lo sono per
metà lo addi ventino per iutiero.
Con queste espressioni 1' oratore
ING 149
denota i così detti puseisti, i qua-
li mentre da un lato professano le
dottrine anglicaue, dall' altro am-
mettono molti de' nostri dommi
che prima erano maledetti e be-
stemmiati dai teologi protestanti :
Sibthorp da puseista abbracciò
la fede cattolica nella sua interezza,
così altri ; le ragioni che mossero
la conversione di Sibthorp si leg-
gono nelle sue lettere. Parlò poi
dell' omelia recitata al suo clero
dal vescovo protestante d' Oxford,
e notò che alcuni brani riempiono
il cuore di consolazione, confessan-
do il gran movimento di riconci-
liazione, ed essere passati quat-
ti'' anni che da Oxford per la
scuola dei puseisti, dilatatasi sino
all' altra università di Cambridge,
era incominciata un' epoca impor-
tantissima nelf istoria della chiesa
anglicana; e Dio faccia che sia
veramente epoca gloriosa per la
chiesa anglicana, ed argomento di
allegrezza per tutta la grande fa-
miglia cattolica, il ritorno di sì
nobile parte dell' antico ovile di
Cristo. Non solo iu Inghilterra,
ma eziandio nell' India britannica,
e negli Stati- Uniti dell' America
settentrionale le dottrine de' puseisti
han guadagnato favore : i giornali
protestanti di queste confederale
repubbliche risuonano ogni dì di
controversie intorno a questo pun-
to ; come iu Inghilterra così anche
in America i protestanti si dipar-
tono in diversità d' opinioni circa
il inerito e i risultati pratici del-
le dottrine puseistiche. Mirabile è
il brano dell' omelia del vescovo
d' Oxford, che dice così. « E ben
vero, 1' ora di misericordia si av-
vicina per quest' isola : gli orrori
del disertamento per ben 3oo an-
ni hannola devastala ; 3oo anni
i5o ING
Vii amarissima e perfidissima per-
secuzione) e per 3oo anni essa è
slata abbeverata di afflizioni". L' o-
ratore dice aver letto con viva at-
tenzione i rapporti intorno la so-
cietà delle missioni protestanti , e
non avervi trovato cosa alcuna
che lo facesse disperare del com-
pimento de' suoi desiderii : la so-
cietà contava dieciotto anni di
esistenza. Nel parlare del giubilo
di essa perchè il re di Prussia
era venuto a puntellare il cadente
protestantesimo in Inghilterra, vol-
le provare che il re è tutto altro
che tenero pel protestantesimo,
con questo brano delle Osservazioni
di un viaggiatore, il nominato cal-
vinista scozzese Layng. » Il forzato
amalgamento della chiesa luterana
e calvinista per comporre una ter-
za cosa, che non è né luteranismo,
M calvinismo, e 1' abolizione per-
fino dello stesso nome del prote-
stantesimo nel regno di Prussia,
è senza dubbio 1' atto il più gra-
tuito, il più sventurato e il più
disennato di un despolismo rot-
to ad ogni enormezza , che sia
stalo imposto e che sia stato
accettato da un popolo cristiano
■in tempi inciviliti. Un nome vai
molto. Coli' abolire il nome di
religione protestante il governo
prussiano ha fatto ciò , che ne
imperatori, riè Papi non fecero
mai ; ha pressoché distrutto la
stessa religione protestante in tutta
Alemagua, e con essa ogni qual-
siasi religione colla nuova chiesa
prussiana, che accollò ad una po-
polazione protestante ". Ecco 1' ec-
cellente amico e il forte alleato
che i protestanti anglicani hanno
trovalo, fa osservare O'Connell, ag-
giungendo che otto milioni d'indivi-
dui all'ordine del regio editto subito
ING
mutarono nome, religione e fede
nel 1 8 1 7 ; ed essere questi pei quali
i protestanti inglesi esultano per
averne guadagnato 1' alleanza ;
quanto essi poi abbiano a sperare
dal re protestante della Prussia pro-
testante, abbastanza lo dicono i gior-
nali periodici. L'oratore invita indi
gli uditori a considerare la solenne
buffoneria dell' elezione di un ori-
ginario ebreo in vescovo protestan-
te in Gerusalemme ( in principio
del quale articolo ne tenemmo
proposito ), in virtù d' un ordine
pubblicato dalla regina d' Inghil-
terra ; vescovo che deve presiedere
non già ad un luogo o distretto
determinato, ma a tutti que' pro-
testanti, che per avventura gli ve-
nisse fatto di trovare in Terra
Santa ; e per la fondazione di un
tal vescovo il re di Prussia contri-
buisce la somma di diecimila lire
sterline, pari a quarantaseimila scu-
di romani, cioè quel monarca che
non crede a sillaba di quanto vie-
ne insegnato dai trentotto artico-
li dommatici della chiesa anglica-
na. Si meraviglia 1' oratore della
burlesca commedia in vedere un
convegno di uomini fermare un
matrimonio di coscienza tra il re
di Prussia e 1' arcivescovo di Can-
torbery, esclamando. » Sì, questa
è la cima e il compimento di quel-
la trista successione di errori che
hanno ritenuti molti uomini dab-
bene, molti uomini da senno, mol-
ti uomini virtuosi, fuor di quel-
1' ovile, dove 1' ancora di salute
riposa salda e tranquilla, dove la
burrasca delle passioni ribalde si
calma, e dove la sbattuta nave
del cristianesimo sta in perfetta
sicurtà ". Quanto a Layng rende
in più luoghi leale testimonianza
all' accrescimento della religione
ING
cattolica sul continente, fa fede
del decadimento del calvinismo in
Ginevra, che ne fu la sede natale,
e tributa i meritati elogi a' princi-
pi sovrani dell' Italia, per le cure
da loro impiegate nel promovere
1' istruzione de' giovanetti non
disgiunta però dall' educazione re-
ligiosa. E cosi sempre più vedia-
mo l' ammirabile disposizione del-
la provvidenza che ha convertito
in apologisti involontari della no-
stra religione, uomini che si di-
chiarano protestanti di mente e
di cuore. In Inghilterra, dice 1' o-
ratore, vi sono dottori anglicani,
e i più dotti tra i dottori, i quali
si fauno banditori delle verità
cattoliche, dappoiché il protestante-
simo si disfa e dissolvesi in in-
credulità manifesta, e la gran
massa ritorna all' antico ovile. Se
in Inghilterra vi fosse il necessario
numero di chiese cattoliche, se vi
fossero tanti preti, quanti ne ri-
chiede I' uopo, O' Conuell dice
che avrebbe effetto il suo ardente
desiderio di ascoltar la messa a
Westminster ; raccontando, che do-
ve si stabilisce un prete o si apre
una nuova cappella, in folla vi
accorrono nuovi fedeli. Passando a
parlare della povertà dell' Irlanda,
narra che pure deve mantenere
la chiesa anglicana che non le
appartiene, che non gli reca alcun
benetìzio non avendo di essa biso-
gno, ad onta che vi sia la chie-
sa cattolica. » Questa è composta
di quattro arcivescovi, di ventitre
vescovi, d' un migliaio di decani
e di arcidiaconi, di cinque a sei-
mila parrochi, e molti conventi di
Uomini e di donne, che sostengono
questa gloriosa ed intatta gerar-
chia; dissi inlatta perchè mai non
fu rolla di un solo anello la ca-
ING i5r
tena, che ricongiunge 1' epoca di
g. Patrizio all' attuale
E chi mai mantiene questa catto-
lica gerarchia con decoroso man-
tenimento ? Ah sono i poveri di
Irlanda, ognuno de' quali annual-
mente contribuisce uno scellino,
quasi ventiquattro bajocchi roma-
ni. E in questa maniera manten-
gono il clero agiatamente ; un cle-
ro che non sente bisogni, salvo
quelli degli altri. E perchè l' In-
ghilterra non fa altrettanto, trat-
tandosi di salvare milioni di uo-
mini, i quali la ripopoleranno di
santi ? ah mi fosse dato
il potervi animare con quello spi-
rito che oggi avviva questo mio
corpo cadente di vecchiaia, e fa
che il mio petto si allarghi e pal-
piti il mio cuore di esultanza, pen-
sando che forse la mia parola po-
trà contribuire alla grande opera,
eh' è il ristauramento della fede
e della verità nel seno della più
grande nazione dell' universo ".
Da ultimo, come si legge nel
voi. XVIII, pag. 296 e seg. dei
citati Annali, il primo ministro
della corona inglese dichiarò al co-
spetto del mondo, che il fine per
cui il clero anglicano si vive nella
smodata sua ricchezza, si è quello
di renderlo docile servo alla vo-
lontà dello stato. Nel voi. XII,
pag. 1 io, discorrendosi del celiba-
to del clero cattolico, riportansi te-
stimonianze tratte dall'opera stam-
pata di Guglielmo King ministro
della chiesa anglicana. Questi con-
fessa 1' avarizia e 1' ambizione dei
vescovi anglicani , che colle loro
ricchezze appartenenti a Dio, alla
Chiesa ed ai loro fratelli poveri ,
impinguarono le loro famiglie. Sog-
giunge, che non fu piccolo infor-
tunio pei vantaggi della religione
i5a ING
cristiana nel regno d'Inghilterra
quando vi fu introdotta la riforma,
avere avuta il clero la permissione
di ammogliarsi ; da quell' epoca in
avanti l'unico pensiero loro è sta-
to, cosa assai naturale e che do-
vca prevedersi , il provvedere le
loro mogli e figli. Il governo in-
glese non fa differenza alcuna tra
la moglie d'un vescovo e la sua
concubina. La moglie del prelato
non ha posto, né precedenza ; es-
sa non partecipa agli onori del ma-
rito, tuttoché la creazione d'un sem-
plice cavaliere, il cui grado come
quello del vescovo è soltanto a vi-
ta, dia un luogo di onore ed un
titolo alla moglie di lui. Al celi-
bato de' vescovi noi siamo debito-
ri di quasi tutte le nobili fonda-
zioni, istituite in entrambe le no-
stre università di studi d' Oxford
e Cambridge; ma dopo la riforma,
possiamo vantarci di pochi dell'or-
dine vescovile, che siano stati be-
nefattori di quelle sedi delle scien-
ze. Fin qui il ministro anglicano,
che con altre gravi parole e con
lodevole ingenuità deplora l'aboli-
zione del celibato ecclesiastico in
Inghilterra. Sul qual proposito è
da notarsi che lo statuto del par-
lamento inglese, decretato nel se-
condo anno del regno di Odoardo
VI, e che dà una sanzione legale
al matrimonio del clero , affermò
in termini espressi V utilità ed i
vantaggi superiori di una vita ce-
libe, per quaiito concerne gli uo-
mini di chiesa. Altre analoghe te-
stimonianze si leggono nel vivente
istoriografo inglese e protestante
Hallam, Istoria d'Europa del me-
dio evo, voi. II, pag. 37-38. O-
gnun vede, come tutte le vane e
calunniose opposizioni contro il ce-
libato ecclesiastico svaniscono ogni
ING
di più, e quel che più monta, per
opera de' medesimi protestanti, che
lo avevano oppugnato con istnisu-
rato furore. Questi sono segni che
pronunziano, al pari di tanti altri,
esser prossima alla sua totale e
desiderata rovina la funesta ed in-
temperante eresia occidentale. Nel
detto voi. XII, pag. i 18 degli An-
nali si parla dell'ignoranza teolo-
gica del clero anglicano , vera e
forse unica ragione per la quale
esso persevera nella deplorabile e-
resia. Neil' università di Oxford ,
ove si pone più attento studio alla
teologia, i parrochi protestanti so-
no diventati già mezzo papisti. Se
la luce del giorno potesse penetra-
re nelle tenebre dell' università di
Cambridge, vi é ogni probabilità
che si otterrebbe anche colà uu
simile risultato. In questa seconda
università quando lo studente ha
preso i gradi accademici, manife-
stando volontà di farsi ecclesiastico,
si prepara agli ordini col solo leg-
gere opere teologiche , lettura che
generalmente dura soli sei mesi.
Qual maraviglia dunque se i mi-
nistri della chiesa anglicana igno-
rano la vera costituzione gerarchi-
ca della Chiesa cristiana , i veri
suoi domini, la vera sua storia, e
l'antica salutare sua disciplina? Non
si finirebbe più se si volessero in-
dicare tutti gli argomenti discussi
dagli Annali delle scienze religiose,
che stampandosi periodicamente in
Roma, sullo stato del cattolicismo
e del protestantismo in Inghilter-
ra, ci danno le più recenti ed im-
portanti nozioni , come delle fre-
quenti fabbriche di nuove chiese
e cappelle, e delle consolanti con-
versioni che vanno mirabilmente
operandosi. Passiamo ora a descri-
vere gli otto odierni vicariati apo-
IPfG
stolici d' Inghilterra, secondo le ul-
time recenti notizie, non che il vi-
cariato apostolico di Gibilterra isti-
tuito dal Papa regnante Gregorio
XVI. Anzi va avvertito, che prima di
lui quattro soli erano i vicaria-
ti apostolici d* Inghilterra , cioè
del distretto di Londra ossia me-
ridionale, del distretto occidentale,
del distretto medio, e del distretto
settentrionale, numero portato al
doppio nel suo pontificato. Di o-
gnuno noteremo i luoghi, il clero,
i pii stabilimenti e le relative os-
servazioni. Manca però in ogni di-
stretto il capitolo, ma ogni vica-
rio apostolico ebbe il consiglio di
tenersi al fianco de' consultori. Uu
procuratore di tutti i vicari apo-
stolici suole avere domicilio in Ro-
ma, ed è ordinariamente il retto-
re del collegio inglese di Roma.
Gli affari della missione inglese fu-
rono regolati da Benedetto XIV
nella costituzione Àpostolìcum mi-
nislerium, Bull. Propaga tom. Ili,
pag. 3o3 e seg., e nelle Rcgulae oh-
servanola? in anglicanis missioni-
bus, pubblicate nel 1753.
Vicariato apostolico di Londra.
La giurisdizione de' luoghi di que-
sto vicariato comprende le contee di
Middlesex, Hertford, Essex, Berks,
Hampshire, Slirrey, Sussex, Kent.
Comprende ancora le isole di
Wight , Jersey e Guernsey. Lon-
dra, la più ricca, la più gran-
de, la più popolata città dell' Eu-
ropa, è la capitale del regno ed è
la residenza del vicario apostoli-
co. L'enorme popolazione di que-
sta città ascende ad un milione
oltocentomila abitanti : la cattolica
del distretto è di 1 83, 54o ; i cat-
tolici di Londra sono 162,540, il
resto è disperso nel vicariato. 11
numero delle chiese nel distretto
ING i53
ascende ad ottantaquattro, le quali
però crescono annualmente. Evvi
in Londra la cappella bavara, la
francese, la 6arda, la spagnuola, la
tedesca, quella di s. Patrizio e quel-
la di s. Giorgio. Altra chiesa de-
dicata alla beatissima Vergine nel-
la contrada s. John's Wood pei po-
veri. La maggior parte delle cap-
pelle hanno annessa la scuola. A
S.t George's Fields e nel quartiere
dei Nobili nella parte occidentale si
stanno fabbricando due chiese ma-
gnifiche. Virginia Street ha la sua
cappella con tre cappellani. Mans-
field st: ha una cappella con quat-
tro cappellani. Westminster, Somer-
stown, Chelsea, Rensington, Ham-
mersmithjPoplar, Bermondsey, tutti
luoghi che hanno le loro cappelle.
Come pure Woolwich nove mi-
glia lontano da Londra, Greemvich
sei miglia lunge da Londra. Per
la missione di Chelsea presso Lon-
dra il sig. Rnight sta facendo del-
le fondazioni generose, e la nobi-
lissima convertita lady Clare fa
altrettanto a favore dell' isola di
Wight. Wight isola sulla costa me-
ridionale dell' Inghilterra , la cui
amenità e fertilità la fece chiama-
le il giardino dell'Inghilterra, ha
trentaduemila abitanti , e Nevv-
port è il capoluogo. In Wight vi
si trovano tre cappellani, e due
chiese. In Jersey, la maggiore delle
isole normanne vicino alla costa di
Francia nella Manica, vi sono due
sacerdoti, uno inglese, l'altro fran-
cese : s. Helier è il capoluogo; spet-
ta agli inglesi, ha una popolazio-
ne di trentaquattromila abitanti. In
Guernsey, altra isola normanna nel-
la Manica spettante all' Inghilter-
ra, come nella precedente vi si
parla il francese : la popolazione è
di veutiquattromila abitanti, con s.
i54 INO
Pietro per capoluogo e còti una cap-
pella. II clero del vicariato è il se-
guente. Il vicario apostolico è monsi-
gnor Tommaso Griffiths fatto dal Pa-
pa regnante a'3o luglio i833, non
che vescovo Olenense tfl parti-
bus, succeduto per coadiutoria nel
i836 a monsignor Giacomo York
Bramston vescovo di Usula in par-
iibus, eh' era successo per coadiu-
toria nel principio del 1828 a mon-
signor Poynler. Il di lui coadiuto-
re monsignor Roherto Gradwell
vescovo di Lidda in parlibus, già
rettore del collegio inglese di Ro-
ma, fatto da Leone XII nell'anno
1828, morì. JV umero de' sacerdoti
nel distretto centotrentatre. Di que-
sti diecinove sono regolari degli or-
dini gesuitico, henedetlino, france-
scano. In Londra è procuratore
de' benedettini il p. d. Paolino
Ileptonstall. In ogni cappella si tro-
vano uno o più sacerdoti. I pii sta-
bilimenti sono. II collegio di s. Ed-
mondo in Herlfordshire , semina-
rio in cui s' istruiscono quaranta-
cinque chierici. Vi sr sta fabbrican-
do una magnifica chiesa vicino
al medesimo. Scuole caritatevoli
in Londra giornaliere cinquantasei,
oltre le domenicali, e quelle dis-
perse nel distretto. Ad un nume-
ro grande, come si conviene a que-
sta capitale, ascendono gl'istituti di
carità comuni anche ai cattolici.
Molte sono le confraternite del ss.
Cuore, della Beata Vergine, e del-
la dottrina cristiana. Si dicono es-
sere le comunità di religiose un-
dici. I francescani riformati hanno
nel distretto di Londra una casa.
Evvi in Londra una pia associa-
zione per la conversione di questi
popoli, ad ottener la quale si ap-
plica dai sacerdoti una messa nel
giovedì salito^ e dai secolari una co-
ING
munione. Si scelse detta giornata de-
dicala al culto della istituzione del ss.
Sagramento per riparazione dell'offe-
sa contro il medesimo, offesa che ca-
ratterizza l'eresia anglicana e la de-
fezione dalla fede di quel governo,
che nella forma prescritta di giu-
ramento obbliga i protestanti alla
più empia bestemmia contro sì san-
to mistero della nostra redenzione.
Si trovano in Londra diverse as-
sociazioni per somministrare vesti
ed alimenti ai poveri cattolici; non
che due orfanotrofi per ambo i
sessi. L'antica cattedrale di san Pao-
lo in Londra perì per un incendio:
ne fu altra fabbricata e condotta
a termine nel 1G66; essa è l'ope-
ra più bella di cui si gloriano i
protestanti della Gran Bretagna:
delle due cattedrali se ne parla al-
l'articolo Loitora. I monaci benedet-
tini ufficiarono fino all'epoca della
riforma nove delle principali cat-
tedrali, includendo in tal numero
quelle di Cantorbery e di Durham.
Negli ultimi anni vi è stato in que-
sto distretto un aumento di tren-
tamila cattolici. Le rendite del vi-
cariato provengono dai banchi e
dalle sedie che si affittano nelle
chiese, da collette particolari , da
oblazioni in occasione di battesimi,
matrimoni e funerali. Questi pro-
venti devono servire di manteni-
mento ai sacerdoti ed alle chiese.
Le annue conversioni dall'eresia in
Londra e nel vicariato sono circa
seicento. Il distretto di Londra ha
conseguito parte del legato pio la-
sciato per testamento da Blundell.
In tutti i vicariali è stata abro-
gata la seconda festa di Pasqua e
di Pentecoste. E stata traslatata al-
la domenica più vicina la festa
della ss. Annunziala, e per la dio-
cesi Duneluiense quella di s. Cuth-
ING
berto. L slata accordata la dispen-
sa dall'astinenza delle carni nel
sabbato, in cui non cadde obbligo
di digiuno, nel giorno delle roga-
zioni, ed in altri. Le cappelle d'In-
ghilterra tengono luogo di parroc-
chie. Al vicario apostolico di Lon-
dra erano state affidate le missioni
dell'America britannica, e di tut-
te le colonie occidentali di quella
nazione, ma la sua giurisdizione
si restrinse dentro i suoi natu-
rali limiti e confini, quando gli
Stati-Uniti avendo dichiarata la lo-
ro indipendenza fu eretto il primo
vescovato in Baltimora da Pio VI
nel 1789, e quando altre sedi ve-
scovili furono fondate successiva-
mente da quel Pontefice e dai
suoi successori nell'America setten-
trionale. In Londra hanno la sede
due stabilimenti comuni a tutto il
regno, quello della Propagazione
della fede, e Y Istillilo cattolico.
Questo fu fondato nel luglio 18 38
sotto la protezione de' vicari apo-
stolici dell' Inghilterra e delle co-
lonie, e sotto la. presidenza dei si-
gnori cattolici e del clero. Gli og-
getti erano di pensare alla fabbri-
ca delle chiese, di pubblicare dei
libri per la difesa della fede, di
sostenere i diritti dei cattolici op-
pressi, e di pensare all' educazione
de' poveri. I vicari apostolici si op-
posero al primo di questi , ed il
quarto fu per il momento lascia-
lo. Si applicò l' istituto con tanto
impegno nella distribuzione dei li-
bretti per la difesa de'dommi, che
il Papa regnante Gregorio XVI ne
felicitò il presidente, il benemerito
conte Giovanni di Shrewsbury, col
breve Quum amaritudine de' 19
febbraio 1840, il quale si legge nel
tom. V, pag. 190 del Bull, de
Propaganda fide. Decaduto in se-
ING i55
gulto l' istituto, si è riorganizzato
in questo anno i845, con dargli
anche per iscopo l' educazione dei
poveri, e con metterlo in modo
speciale sotto la direzione de' vi-
cari apostolici, nominandosi pure un
ecclesiastico in segretario. A questo
risorgimento ha cooperato con mol-
to zelo il degnissimo Carlo Lang-
dale, ed Odoardo Petre cavaliere
dell'ordine di Cristo. Le opere stam-
pate in Inghilterra, che con argo-
menti infallibili provano l' insuffi-
cienza della Bibbia [Vedi) come
regola di fede, la necessità della
tradizione e dell'autorità ecclesia-
stica, la presenza reale nell' Euca-
ristia, la facoltà di assolvere nei
sacerdoti , 1' orazione pei defunti ,
l'uso delle immagini, la divozione alla
ss. Vergine, i digiuni, la vita mona-
stica, ed altre cattoliche verità, ap-
portano un colpo mortale al pro-
testantismo, ed estorcono dalle lab-
bra de' vescovi anglicani amare do-
glianze. Le corporazioni religiose
in Inghilterra, come negli Stati-U-
niti di America, per leggi di stato
sono incapaci a possedere. I pro-
testanti d'Inghilterra contribuiscono
somme grandi di denaro per fab-
bricar chiese ne' regni stranieri, e
profondono tesori nella stampa del-
le bibbie tradotte in molle lingue,
delle quali fanno dono nelle ste-
rili loro missioni, che mantengono
in più luoghi della terra. Della
fondazione dell' Istituto cattolico ,
suo scopo, e delle opere da esso
pubblicate, se ne tratta dai più
volte citati Annali delle scienze re-
ligiose, come nei voi. IX, p. 28,
voi. XI, p. 99, e voi. XII, p. 117.
Nel voi. XIV, p. 271 poi, si par-
la della pia società formata nel
184^ nella Gran Bretagna, col lo-
devole fine di cooperare con mez-
i56 IJNTG
zi efficaci al sospirato ritorno dei
dissidenti alla fede cattolica, sotto
l'autorevole patrocinio del duca di
Norfolk cattolico e primo pari del
regno, di lord Stour ton e di mon-
signor Griflìths vicario apostolico
del distretto di Londra. Lo scopo
propostosi da questa società si è
d'imprimere di nuovo le più insi-
gni opere apologetiche, scritte nei
tempi andati in difesa della reli-
gione cattolica, ed ora divenute
l'are, per formarne quindi una
classica libreria cattolica.
Vicariato apostolico orientale.
Questo nuovo vicariato apostolico,
eretto dal Papa Gregorio XVI nel
i8/lo, comprende per luoghi di sua
giurisdizione le contee di Lincoln,
Rutland, Hun ti ngdon, Northampton,
Cambridge, Norfolk, SufFolk, Bed-
ford e Buckingham. Ha trentacin-
que chiese e cappelle , cioè Bed-
furd una, Buckingham quattro,
Cambridge tre, Lincoln dodici, Nor-
folk otto, Northampton quattro,
Sullolk sei. Bishop's House è la re-
sidenza del vicario apostolico , in
Northampton. 11 vicario apostolico
è monsignor Guglielmo Wareing
fatto dal Pontefice che regna , e
■vescovo d'Ariopoli in parlibus, agli
1 1 maggio 1840, avente per clero
trentaquattro sacerdoti. Vi era il col-
legio di s. Felice di Gifford-Hall
presso Colchester, il quale però si
deve trasferire presso la detta re-
sidenza del vicario apostolico in
Northampton: il supcriore di detto
collegio è d. Giuseppe North. II
"vicario apostolico ha fondato pure
una casa di religiose. Questo vi-
cario apostolico ebbe già la facoltà
di fare le ordinazioni ne' giorni di
lèste non comandate.
Vicarialo apostolico centrale o
medio. La giurisdizione de' luoghi
1NG
di questo vicariato sono le contee
di Derby, Nottingham, SlalFord,
Leicester , Warwick , Worcester ,
Oxford e Salop. Il numero delle
chiese sono centosei. Birmingham,
città di qualche considerazione, è la
residenza del vicario apostolico. A-
vendovi la pia Wolfruna fondato
un convento nel 996, il luogo pre-
se il nome di Wolfrune's-Ham-
pton, dond'è venuto quello di Wol-
verhampton, luogo considerabile. 11
clero del vicariato consiste nel vi-
cario apostolico monsignor Tom-
maso Walsh , fatto vescovo di
Cambisopoli in parlibus da Leone
XII a' 28 gennaio dell'anno 182?,
succeduto nel vicariato per coadiu-
toria a monsignor Milner nel 1826.
Il Papa che regna ha fatto suo
coadiutore agli 11 maggio 1840
monsignor Nicola Wiseman, e ve-
scovo di Mellipotamo in parlibus,
già suo cameriere segreto sopran-
numerario, alunno e poi rettore
del collegio inglese di Roma, e pro-
fessore nella lingua ebraica, e del-
le controversie giudaiche nell' uni-
versità romana: egli risiede nel col-
legio di s. Maria di Oscott presso
Birmingham. Numero de' sacerdo-
ti centoventidue, tra' quali vi sono
benedettini, domenicani, gesuiti e
trappisti. I pii stabilimenti sono i
due collegi di Oscott sotto la di-
rezione di monsignor Wiseman e
d. Giorgio Morgan, ed il collegio
dell'Immacolata Concezione di Sy-
ston nel Leicestershire sotto i RR.
Furlong ed Hutton. Vi sono tre
scuole: di Sedgley Park diretta
dai preti secolari, di Spinkhill dui
gesuiti, e di Hinckley dai dome-
nicani; tre monisteri, otto case di
religiose, nove istituti di carità. I
francescani riformati hanno tre
case ed un Campetto in questo
vicariato, cioè in Astonhall, in So-
lihull , in Baddesley . Ebbe nel
i83o il vicario apostolico la facoltà
di erigere la confraternita del ss.
Cuore di Gesù. Nella città di
Derby si trovano molti stabilimen-
ti di carità, oggi comuni ancbe ai
cattolici.
Vicarialo apostolico occidentale.
Costituiscono i luoghi di questo
vicariato le contee di Cornwall ,
Devon, Dorset, Somerset, Glouce-
ster e Wilts. Delle chiese o cap-
pelle, quattro ne ha Cornwall, ot-
to Devon, nove Dorset, sette Glou-
eester, tredici Somerset, tre Wilts.
Prior- Park è la residenza del vi-
cario apostolico; questa è una ca-
sa di campagna in amena situazio-
ne. Vi si respira l'aria la più sa-
lubre dentro una villa chiusa di
proprietà del vicario apostolico.
Questa villa è posta nelle vicinan-
ze di Bath. La popolazione catto-
lica del vicariato è di 19,400 per-
sone. Le chiese e cappelle sono
quarantacinque. Bristol città e por-
to di mare spetta in parte alla
contea di Gloucester, e in parte a
quella di Somerset. La sua popo-
lazione è di 88,000 abitanti : i
cattolici sono più di 1 5oo, molti
però se ne trovano dispersi nei li-
di del mare, e vi è una cappella.
Falmouth nella contea di Corn-
eali ha 44 °° abitanti con circa
cinquanta cattolici . Llanherne è
una missione di trenta cattolici : il
confessore delle monache carmeli-
tane o teresiane ivi esistenti assi-
ste questi cattolici. Gloucester con-
ta 10,000 abitanti con pochi cat-
tolici. Cheltenham nella contea di
Gloucester ha 3 100 abitanti con
4oo cattolici, e qualche monaco
benedettino, dappoiché la missione
e la cappella è opera dell'ordine
15G i57
benedettino. Hatherop ed Hartpury
con pochi cattolici. Taunton città
nella contea di Somerset con 85oo
abitanti, e forse cento cattolici. An-
che Shortvcood forse ha cento cat-
tolici, e Shepton Mallet ne ha cir-
ca cinquanta. Salisbury nella con-
tea di Wilts è una città che ha
9000 abitanti, e più di venticin-
que cattolici con loro cappella.
^Yardour cartello che contiene sei-
cento cattolici. Bonham ne ha set-
tanta. Plymouth nella contea di
Devon di 60,000 abitanti, più di
12,000 sono cattolici. In Calver,
Calverleigh, Totness, Tor Abbey. e
Dartmouth vi sono pochi cattoli-
ci. Nella contea di Dorset vi è
Lulworth, feudo della nobile fami-
glia Weld che ci diede l'amplissi-
mo cardinale di questo nome, con
più di centoventi cattolici; di questi
cinquanta ne ha Poole, trenta Chi-
deock, venti Stapehill, venti Bland-
fordt e trenta Marnhull. Il clero del
vicariato consiste in monsig. Carlo
Baggs fatto vicario apostolico e ve-
scovo di Pella in partibus nel di-
cembre i843 dal regnante Gre-
gorio XVI, e già suo cameriere se-
greto soprannumerario, alunno e
poi rettore del collegio inglese di
Roma. Egli succedette a monsignor
Pietro Agostino Baines della con-
gregazione anglo-benedettina, fatto
vescovo di Siga in partibus da Pio
\ Il a' 4 febbraio i8a3, e vicario
apostolico succeduto per coadiuto-
ria a monsignor Collingridge nel
1829. Al punto della stampa giun-
ge l'infàusta notizia, che l'illustre
vescovo è morto ai 16 ottobre
i845 a Prior- Park, ed ai 23 fu
fatto il solenne funerale. In questo
cantò la messa monsignor vicario
o
apostolico di Londra, coli' assisten-
za di quattro vescovi, uno de' quali
• 58 ING
monsignor Briggs pronunziò l'elo-
gio funebre. Il vicario generale
del defunto vicario apostolico è
monsignor Tommaso Brindle. Il
numero de' sacerdoti è sessantotto,
de'quali molti sono sparsi nelle mis-
sioni: se ne trovano quattordici col
vicario apostolico in Prior - Park.
Missionari vi sono anche de'beue-
dettini. I pii stabilimenti sono il
gran seminario de' ss. Pietro e Pao-
lo ed annessi che importarono il
valore di centomila scudi, essendo
capace di contenere cento indivi-
dui. Vi sono inoltre quattro case
di religiose e tre collegi. Vi era
un monastero di monache benedet-
tine in Cannington: fu fondato dal-
le benedettine francesi fucsnte dal-
la Francia nella rivoluzione re-
pubblicana. Questo monistero esi-
steva prima dello scisma, e fu do-
nato alle monache da lord Clifford
padre del genero del cardinal Weld.
L'abbazia di Downside nella quale
i benedettini hanno noviziato e
collegio di s. Gregorio. Essa è si-
tuata nella contea di Somerset :
ha buone rendite, vi si mantenso-
no venti monaci , e s' istruiscono
nelle lettere umane sessanta alun-
ni. A Downside, si doveva fondare
un monistero già disegnato dal
gran architetto Pugin, il quale ha
fabbricato delle chiese magnifiche
quasi in tutti i distretti dell' In-
ghilterra. Un monistero di monache
dell'ordine di s. Francesco. In que-
sto distretto esisteva vicino a Wym-
burn nella contea di Dorset, fon-
dato nel i8o3 in un luogo detto
Stape Hill, un monistero di mona-
che trappiste di una vita tanto
austera, che poco dopo la profes-
sione nel meglio della vita veniva-
no a morte. Per provvidenza ponti-
ficia nel 1825 si procurò mitigare
UTC
tanto rigore. La città di Bristol ha
numerosi istituti di carità ed una
comunità religiosa a Westbury. A.
Sales-IIouse avvi il monistero della
Visitazione. In Taunton nel Somer-
set si trova un monistero di francesca-
ne, ed un grande ospedale comune a
tutti. Più istituti di carità e di
pubblica istruzione. In Hartpury
si trova un monistero di dome-
nicane. In Salisbury sonovi mol-
ti istituti di carità, specialmen-
te pegli infermi, e scuole gratuite.
Un monistero di trappensi in Lul-
worth. Questo è uno de' quattro
vicariati apostolici fondati nell'an-
no 1688 da Innocenzo XI. Die-
ci sono stati i vicari apostolici,
cinque dell'ordine benedettino, tre
dell'istituto di s. Francesco, due
preti secolari, ai quali è da ag-
giungersi il deplorato monsignor
Carlo Baggs. I medesimi mona-
ci benedettini prima dello scisma
avevano in Bath uno di quei no-
ve monisteri detti cattedrali ; il
priore ed i monaci erano canonici
e costituivano il capitolo, mentre
gli abbati erano vescovi. Il moni-
stero fu distrutto, furono dispersi i
monaci, ma questi procurarono di
conservare ed esercitare segreta-
mente la loro giurisdizione. I be-
nedettini in questo vicariato hanno-
dei beni bastevoli al loro onesto
sostentamento. Le monache di Can-
nington usano il breviario romano.
Vicariato apostolico nel principa-
to di Galles. La giurisdizione dei luo-
ghi di questo vicariato contiene le sue
dodici contee, e due altre cioè Mon-
mouth e Hereford in Inghilterra.
Numero dei cattolici del vicariato
5609; numero delle chiese e cap-
pelle sedici. Nel principato di Gal-
les si parla l'antica lingua britan-
nica, che tauto differisce dall'odier-
ING
no inglese idioma, come già no-
tammo. In Chepstow città nel Mon-
mouth, risiede il vicario aposto-
lico. La sua popolazione è di tre-
mila abitanti, centoventi de' quali
cattolici. Chepstovv o Venta Silu-
rimi giace sulla riva destra della
Wye, ed è ben fabbricata: era un
tempo fortificata e difesa da un
castello, del quale resta una con-
siderabile porzione ch'è abitata. Il
porto serve a tutte le città situa-
te fra la Wye e la Lug. Carlo I
mise nel castello di Chepstow una
guarnigione, la quale non lo ren-
dette alle truppe del parlamento
che nel 1648. Carlo II vi fece rin-
chiudere Harry Martin, uno de'giu-
dici di Carlo 1, che vi morì nel 1680:
la torre da esso occupata porta an-
cora il suo nome. Altri luoghi del
vicariato sono: Newport, città e mis-
sione di considerazione, con un mis-
sionario; la sua popolazione è di 4^00,
sono i cattolici 2000: vi è stata fab-
bricata una chiesa di forma elegan-
te. CardifF nella contea di Glamor-
gan con 33oo abitanti e i3oo cat-
tolici : è in edificazione una chiesa
sufficientemente grande . Swansea
città amena e pittoresca con 10,206
abitanti, sono i cattolici 43o ; de-
v'esservi stata costruita una chiesa
comoda; avvi un missionario. Mon-
mouth cnpoluogo della contea
di tal nome con 4?°° abitanti,
sono i cattolici 2 3o: vi è una cap-
pella abbastanza grande. Usk pic-
cola città della medesima contea
con 1400 abitanti ed ottanta cat-
tolici che hanno una piccola cap-
pella. Abergavenny bella città del-
l'istessa contea con 3 592 abitanti
e 3oo cattolici possessori di una
bella cappella. Llanorlh con 210
cattolici e bella cappella. Aberga-
venny comprende Pout-y-pool e
IISG i59
Blaina: la sua popolazione è di
4o,ooo abitanti, sono i cattolici 600
che talvolta ascendono a 1000.
La messa si celebrava in una sa-
la : forse sarà stata principiata una
chiesa. Merthyr-Tydvil , missione
che comprende Dowlais eRhymney:
la sua popolazione comprese le
vicinanze è di 60,000, i cattolici
sono 900, che alle volte ascendono
a i5oo. Sì celebra in un granaio
ed in una sala. Brecon o Brecknock
città popolata da 420° abitanti, e
100 cattolici con ristretta cappella
nella casa del sacerdote. Ross cit-
tà con missione nascente e tren-
ta cattolici : una piccola camera
del missionario serve di chiesa.
Courtfield con ottanta cattolici :
una camera serve di chiesa. Bere*
ford capoluogo della contea di
tal nome con 9100 abitanti, e 200
cattolici che hanno una chiesa
grande e nuova. Weobley villag-
gio prossimo ad Hereford, nuova
missione con 750 abitanti, ed ot-
tanta cattolici che hanno cappella.
Wrexham missione con duecento
cattolici che hanno cappella ordi-
naria. Holywell missione ai confini
del principato di Galles con 83oo
abitanti, e trecento e cinquanta catto-
lici con bella cappella, 'l'alacre con
60 cattolici e cappella in una ca-
sa privata. Bangor città alle spiag-
gie innanzi all'isola Anglesey, con
2400 abitanti, e 120 cattolici,
missione nuova che ha una bella
cappella. Si meditava di aprire
nuove missioni a Flint e nella
contea di tal nome nel settentrio-
ne del principato di Galles, e nel-
la contea di Monmoutli. Il clero
del vicariato consiste in monsignor
Tommaso Brown della congregazio-
ne anglo-benedettina, fatto vescovo
di Apollonia wi parùbus e vicario a-
i So I N G
postolico dal Papa regnante agli
li maggio 18/p. Numero dei
sacerdoti venti ; vi sono i france-
scani ed altri missionari. I pii sta-
bilimenti sono, venti scuole gratuite
del vicariato. In Newport evvi
una scuola. In Swansea casa pel
missionario, e varie scuole comuni
anche ai cattolici. In Monmouth
vi sono case di carità ed una scuola.
In Dowlais ed in IUiymney vi so-
no scuole ; in Brecon la casa pel
missionario, così in Ross. In Here-
ford avvi scuola, ospedali e case
di carità in mollo numero. In
Holyyrell vi è la scuola. Questo è
uno de' vicariati eretti nel 1840
dal Pontefice Gregorio XYI. I
popoli del principato di Galles
combatterono più lungo tempo de-
gl'inglesi la falsa dottrina della ri-
forma. Neppure la confisca de' be-
ni ebbe tanta forza sul principio
da precipitarli nell'apostasia. Man-
canti di sacerdoti e d'istruzione,
anche i popoli di questo princi-
pato abbracciarono la riforma: non-
dimeno si mantenne per molti
anni un attaccamento alla vera
fede ricevuta per tradizione. Negli
ultimi tempi vi sono penetrati i
metodisti, e questi fanno una l'e-
sistenza ed opposizione alla con-
versione di questa nazione. A tale
ostacolo aggiungasi 1' estrema po-
vertà de' cattolici, che per lo più
sono irlandesi, che vi si sono povtati
per trovarvi lavoro, e provvedere
ai loro bisogni. Un mezzo efficace
per richiamare al seno della Chie-
sa i protestanti di Galles sarebbe
la fondazione di un seminario, do-
ve si potesse educare un clero na-
tivo. Le chiese di questo princi-
pato sono le più povere, e mal
custodite dalle intemperie. I mis-
sionari vivono delle oblazioni dei
ING
fedeli, incerte per altro e limitate.
Una pia signora di Bath lasciò
diversi legati nel suo testamento ;
il suo figlio imitandone la religio-
sa generosità dà delle speranze di
applicarli a questo bisognoso vica-
riato. Belle e grandi chiese vi
hanno i presbiteriani, i metodisti
ed altri settari. Esiste ancora la
chiesa ed il refettorio di un' an-
tica abbazia di benedettini di Gren-
field. Pel mantenimento del di-
stretto si è stabilita la società di
s. David.
Vicariato apostolico di Lanca-
ster. Fanno parte de' luoghi di
questo vicariato le contee di Lan-
caster , Chester, e l'isola di Man,
cioè la contea di Lancaster con
novantotto chiese o cappelle, Che-
ster con tredici, e 1' isola di Man
con una. Quéste regioni contengo-
no un numero grande di città
ragguardevoli. Il numero totale
delle chiese, cappelle, o missioni
è di centododici. Lancaster capo-
luogo della contea di tal nome è
la residenza del vicario apostolico,
la sua popolazione è di 9247
abitanti. Lancastro o Lancaster,
Longevicum, Lancastria, è sulla
riva sinistra della Lune. Ha un'an-
tica chiesa gotica nella sommi-
tà, ed un antico castello costrutto
dai romani, aumentato dai sassoni
di una torre, ristorato ed abbellito
da Edoardo III e da suo figlio.
Vasto è il palazzo pubblico col
suo portico. Quantunque Lanca-
stro sia stata una piazza romana,
non è però sicuro il suo antico
nome; secondo Carndeno chiamossi
Mc.diolainim^ ma sembra in vece
essere stata la Longevicum dell' i-
tinerario d' Antonino. Diede il ti-
tolo di duca a parecchi principi
del sangue reale, e molto sofferse
ING
nelle guerre delle case di Lanca-
stro e di York, o per meglio di-
re in quelle della rosa rossa e ro-
sa bianca. Alla conferma della sua
carta aumentata di nuovi privile-
gi da Carlo II, si ristabilì e pro-
sperò sempre da questa epoca. Al-
tri luoghi del vicariato souo: Li-
verpool, che è divenuta la secon-
da città dell' Inghilterra, emporio
del commercio e della navigazione
europea. La sua popolazione è di
200,000 abitanti ; ed i cattolici
nella massima parte irlandesi sono
80,000. Sette sono le chiese del
clero secolare, delle quali una è de-
dicata a s. Antonio, altra a s\ Nicola,
altra a s. Patrizio. Dei benedettini
è la chiesa di s. Maria, e quella di
s. Pietro ; dei gesuiti la chiesa di
s. Francesco Saverio. In Liver-
pool risiede il vicario generale del
vicario apostolico. In Aigburth ev-
vi la chiesa. La città di Preston
ha 20,000 abitanti, con quattro
chiese, una del clero secolare, tre
de' gesuiti. Macclesfield ha una
chiesa eretta nel 1841, e dedicata
al protomartire dell' Inghilterra s.
Albano. La città di Wigan conta
37,000 abitanti; il clero secolare
vi ha una chiesa, altrettanto i ge-
suiti. Manchester città della contea
di Lancaster, cui tanti canali- apro-
no facili comunicazioni con tutto
il regno, conta 200,000 abitanti:
ha cinque chiese, una costò scudi
novantaqualtromila. Il clero del
•vicariato consiste, in monsignor
Giorgio Brown di Lancaster, che
prima fu fatto vescovo di Bugia,
poi di Tloa in parlibus e vicario
apostolico dal Papa che regna ai
24 agosto 1840; il medesimo Pon-
tefice fece di lui coadiutore con
futura successione e vescovo di
Samaria in parlibus monsignor Gia-
vol. xxxv.
ING 161
comò Sharples consacrato a'i5 ago-
sto 1843. La residenza de* due
prelati è a Bishop Eton, Waver-
tree presso Liverpool. Questo è il
distretto più cattolico dell' Inghil-
terra. Il numero de' sacerdoti se-
colari e regolari nel vicariato è di
centosessantasei circa. Il clero se-
colare officia settantaquattro chiese.
I benedettini della provincia del
nord reggono venti chiese e sono
venti. I gesuiti che sono venti
reggono dieciotto chiese. Il clero
secolare e regolare di Liverpool si
compone di sédici sacerdoti : que-
sto clero in una proporzionata di-
stribuzione serve le proprie chiese.
In Preston ed in Wigan sonovi
gesuiti e preti secolari. 1 pii sta-
bilimenti sono i conventi della
Presentazione e della Misericordia,
ed un terzo delle seguaci fedeli di
Gesù. Scuole gratuite notturne per
quelli che il bisogno obbliga nel
giorno a lavorare pel proprio man-
tenimento. Vi souo le confraterni-
te arricchite di molte indulgenze,
del sacro Cuore, del Rosario, del
Monte Carmelo, delle anime pur-
ganti, e degl' infermi. Comuni a
tutti gli abitanti vi sono ospizi
e pubbliche biblioteche. Presso la
chiesa di s. Nicola in Liverpool
evvi una scuola per 460 poveri
fanciulli d' ambo i sessi; quella di
s. Patrizio ne conta 4^o. Queste
scuole sono dirette dai fratelli irlan-
desi delle scuole cristiane. Anche dei
sacerdoti secolari si occupano in
scuole private. Vi è la residenza
pel clero capace di sei persone vi-
cino alla chiesa di s. Antonio. Nel-
la slessa Liverpool è stata fondala
una casa per le sorelle della mise-
ricordia, oltre quella delle compa-
gne fedeli. Forse vi è stato aperto
nel distretto un asilo per le donne
1 1
xG?. ING
penitenti sotto la direzione delle so-
relle della carità di s. Vincenzo dei
Paoli, che vi si sono introdotte. Si è
aperto urt asilo anche pei ciechi
cattolici. In Stoneyhurst quaranta
miglia da Liverpool vi è un colle-
gio di gesuiti, con noviziato. Vi
è pure il collegio di s. Edwardo
presso Liverpool. In Àigburlh ewi
una scuola ed una canonica; si
sperava aprire un seminario. In
Preston si trovano aperte tre scuo-
le, una per le fanciulle dirette
dalle sorelle della carità , due
pei fanciulli dirette dai fratelli
irlandesi della dottrina cristiana.
Queste non possono provvedere con
maggior vantaggio : tanta e la
prudenza e la maniera scientifica
delle sore!le; e dói fratelli della
dottrina cristiana chiamati dall' Ir-
landa. Vi sono altri stabilimenti di
cai'ità comuni a tutti. La città di
Manchester si distingue per gli
stabilimenti di pubblica istruzione e
di carità: scuole gratuite, ospizi,
ospedali, asili in gran numero. I
cattolici vi hanno scuole diurne
e notturne dirette dai fratelli della
dottrina cristiana venuti dall' Ir-
landa. Il monistero delle monache
della Presentazione è di molta
osservanza. In Duckinfield vi è una
confraternita. Questo è uno de' vica-
riati eretti nel 1 840 dal Pontefice
Gregorio XVI. Anticamente forma-
va parte della diocesi di Chester. Do-
po il 1800 il clero secolare riuscì
a fondare venticinque missioni nei
luoghi che oggi costituiscono que-
sto vicariato. I gesuiti hanno fon-
dato due missioni ed aperto sette
chiese. I benedettini hanno eretto
nuove missioni, e restaurate quat-
tro chiese. Il clero vive delle ob-
lazioni de' fedeli, e dell' affitto
delle sedie nelle chiese. Il collegio
I N G
de' gesuiti di Stoneyhurst è fiorente
e grande, ed esiste in un palazzo
donato dal padre del cardinal
Weld. Non si conosce precisamen-
te il numero de' cattolici di questo
vicariato ; ma esso è grande, dap-
poiché ncir isola di Man e nella
contea di Lancaster si battezzano
annualmente diecimila bambini, e
mille e cento in quella di Chester.
Inoltre circa sessantamila soddisfa-
no il precetto pasquale, e circa
mille ogni anno si convertono dal-
l' eresia. Le scuole si mantengono
colle obblazioni de' fedeli : di esse
alcune sono diurne, altre notturne,
altre domenicali. Quando si tro-
vano giovani di beli' ingegno si
procura di educarli in qualche se-
minario dove possano acquistare
lo spirito ecclesiastico. In Liverpool
furono i fanciulli cattolici esclusi
dalle scuole municipali, per aver
ricusato di leggere la versione an-
glicana della sacra Scrittura. Tut-
ti i missionari del distretto adem-
piono i propri doveri con zelo,
esattezza e carità ; e dove sono in
numero sufficiente tengono confe-
renze morali. Essi colla loro esem-
plare condotta si meritano la sti-
ma dei protestanti. Le chiese fab-
bricate colle elemosine dei fedeli
sostengono il peso di gravi debiti.
In Manchester i protestanti hanno
sedici belle chiese . Sono circa
quarant' anni dacché fu ampliata
la missione in Manchester dall' a-
lUnno del collegio inglese d. Pio-
tando Broomhead.
Vicariato apostolico di York.
La giurisdizione de' luoghi di que-
sto vicariato comprende la sola
antica vastissima contea di York,
dove si trovano più di ses>antacin-
que sacerdoti e missionari, aventi
cinquantanove chiese. La città di
WG 1NG i63
York capitale dell' Inghilterra set- con futura successione monsignor
tentrionale è la residenza del vi- Guglielmo Riddell, da lui fatto vi-
cario apostolico, ed ha 4°j00° au'" scovo di Lengona in partibus, che
tanti. 11 clero del vicariato consiste risedeva in Newcastle nel Northum-
in monsignor Giovanni Briggs ve- berland. Numero de'sacerdoti cin-
seovo Trachonense hi partibus, e quantotto. Vi sono i religiosi france-
vicario apostolico, fatto dal Papa scani. I pii stabilimenti sono il col-
che regna a' 22 gennaio 1843. legio o seminario di s. Cuthberto
Numero dei sacerdoti sessa ut' uno, di Ushaw, che vuoisi il migliore di
tre de' quali sono nel collegio di quanti esistono nel regno, ed appar-
Ampleforth. I pii stabilimenti so- tenente ai tre distretti, settentriona-
no, due conventi o mouisleri, cioè le, di Lancastro, e di York: ivi si
di s. Maria di Mieklegule Dar di fabbrica una nuova chiesa, disegno
York, e di s. Chiara proso Cat- del valente Pugin. ^ i è un moni-
lerick, non che il collegio benedet- stero a Carmel-House presso Darìin-
tino di s. Lorenzo di Ampleforlh gton di tcresiaue ossia carmelitane
presso York. Questo vicariato fu scalze.
eretto neh anno 1 840 dal Pon- ì '{carialo apostolico di Gibilter-
tefìce Gregorio XVI. La città di ra. Monte Caspe o Gibilterra è una
York è considerata come una del- delle coloune di Ercole. La giti-
le principali città del regno. La ì-isdizione de' luoghi del vicariato
cattedrale di questa città per tan- non esce da questo piccolo ma ini-
ti riguardi di antichità, di ar- portantissimo possesso inglese, cioè
chitettura, magnificenza e ricchez- non comprende che la città ed il
za può chiamarsi la gloria della promontorio. La popolazione è di
Gran Bretagna. Sotto il regoo di venticinquemila, cattolici diecimila,
Enrico V vi erano quarantaquat- oltre quelli del presidio in nume-
tro chiese parrocchiali e diciassette io di settemila. Avvi una chiesa
oratorii. La disgrazia della catte- parrocchiale ed angusta in propor-
drale è 1' essere in mano dei prò- zione del popolo, che parla le lin-
testauli, e fu alquanto danneggiata gue spagnuola ed inglese. Il cle-
da un inceudio nel 1829. ro consiste nel vicario apostolico ,
Vicarialo apostolico sclltntrio- V inflessibile e zelante monsignor
naie. La giurisdizione de' luoghi Enrico Hughes dell'ordine de' mi-
dei vicarialo comprende le quattro nori riformati, vescovo di Elio-
coniee di Norlhumberlaud, West- poli 81 partibus, fatto dal Pon-
moreland, Cumberlaud e Durham. tefice Gregorio XVI a' 1 5 marzo
Numero delle chiese o cappelle i83g. Prima era vicario apostoli-
quarantanove. Old-Elvet nel Dur- co, non vescovo, d. Giovanni Bat-
ham è la residenza del vicariato tista Zino. Vi sono per lo più sette
apostolico. Il clero del vicariato preti spagnuoli, uno de' quaii pat-
consiste in monsignor Francesco roco. I pii stabilimenti sono piii
Mostyn, fatto vescovo di Abida in ospedali comuni a tutti gli abitanti,
partibus e vicario apostolico ai 2 3 uno de' quali cattolico fondato nel
settembre del 1840, dal regnante 1790. Una scuola cattolica fu a-
Ponlefice. Questi a' 22 dicembre perla nel i836: per sostenerla
i843 gli ha dato per coadiutore contribuiscono il vicario apostolico
164 ING
e gli anziani. Questa per breve
tempo fu assistita dai fratelli laici
delle scuole cristiane d'Irlanda, ma
ne partirono. Questa città fu un
giorno tutta cattolica. Passata pe-
lò dal dominio di Spagna cui
apparteneva, alla corona d'Inghil-
terra , e ceduta definitivamente
pel trattato d' Utrecht a quel-
la potenza, vi fu reso libero l'e-
sercizio del culto, tutte le specie
di settari vi aprirono chiese, e
deve attribuirsi alle astute arti ed
influenza di questi la grande di-
minuzione de' cattolici. Dipendeva
questa chiesa dal vescovo di Ca-
dice, quando nel 1817 fu da Pio
VII eretta in vicariato apostolico.
Il vicario apostolico riceve dal go-
verno tremila lire sterline annue,
da ripartirsi in proporzione col cle-
ro inferiore, ed ebbe nel 1841
franchi seimila dalla società di
Lione.
La chiesa manca di beni sta-
bili; le sue rendite consistono in
obblazioni volontarie amministrate
da una mal nomata commissione
o giunta di cattolici, nata nel i8i5
e riorganizzata nel i835, compo-
sta di laici anziani in numero di
dodici, sotto il titolo di s. Maria
l' Incoronata o dell' Ospedale, che
ne affidano la cura ad uno cui
danno il nome di aggiunto o pos-
sidente, ma si arrogano troppa
autorità sopra il clero, perchè col
presidente formano la cosi det-
ta giunta. Su di che va letto il
libro di P. A. Wynne vicario ge-
nerale, stampato in Londra nel
1841 con questo titolo: La cau-
sa dell'incarcerazione dì monsi-
gnor Hughes nella prigione crimi-
nale di Gibilterra. Ce ne diede
un sunto importante e migliore
schiarimento il benemerito com-
ING
pilatore della prima serie degli
annali delle scienze religiose mon-
signor Antonino de Luca, ora ve-
scovo di Aversa, nel voi. XII, p.
397. Pertanto è a sapersi che gli
indegni cattolici della giunta, arro-
gandosi tutta la podestà sopra le
rendite temporali della chiesa, pro-
vocarono sanzione al loro operato,
mediante un assurdo decreto pro-
ferito dal primario giudice barone
Field, il quale venne dall'encomia-
to savio scrittore qualificato uu
vero atto di ladroneccio, riguardo
ai diritti vescovili e parrocchiali, i
quali sono doni volontari ed ob-
blazioni date dai fedeli al pastore.
Ma quel ch'è peggio, il vescovo
mentre dallo stesso giudice eragli
stato ammesso l'appello alla corte
superiore, per ricusarsi pendente l'ap-
pello di osservare il decreto e di da-
re cauzione di 5oo piastre, fu gittato
in un carcere criminale, di che s'in-
colpò pure il governatore di Gibil-
terra sir Alessandro Woodford. La
ingiusta carcerazione d'un vescovo
vicario apostolico, fatta ad istanza
di pochi depravati cattolici, e per
sentenza di un giudice protestante,
suscitò nel mondo cattolico una
giusta indignazione. La sacra con-
gregazione di propaganda fide ai
21 novembre 1840 indirizzò a
monsignor Hughes la lettera che
riportasi dai citati annali, nella
quale deplorando il traviamento
della sedicente giunta cattolica, e
confidando nelle autorità e nei
magistrati britannici, sperava che
gli avrebbero avuto per la sua
dignità quei riguardi cui manca-
rono i nominati indocili figli della
Chiesa cattolica, anco a tenore del-
la protezione garantita dalle leggi
e dai trattati. Quindi secondo gl'im-
mutabili piincipii della cattolica
ING
Chiesa, gì' ingiunse disciogliere su-
bito la giunta, non potendo essa
affatto mischiarsi delle cose spet-
tanti alla Chiesa, incorrendo nelle
più gravi censure se perseverava
nella sua pertinacia. Mercè gli
sforzi riuniti di tutto il corpo dei
cattolici nelle isole britanniche ,
trionfò la giustizia, ed il prelato
fu postò in libertà. Su questo grave
argomento va letta la lettera apo-
stolica del Papa regnante, Dudum
Nos sollicitos habent auae istic con-
tro, Ecclesìae jus, data a' 1 2 ago-
sto 184.1» e diretta al sullodato vi-
cario apostolico e vescovo Heliopo-
litano.
Secondo altre relazioni meno re-
centi il numero degli abitanti era di
diciassettemila, dei quali ottomila cat-
tolici per la maggior parte geno-
vesi, pochi inglesi; fra spagnuoli e
portoghesi tremila ; inglesi prote-
stanti duemila; ebrei circa tremi-
la ; la guarnigione è di quattromi-
la circa, ottocento de' quali catto-
lici irlandesi. L'epidemia del 1828,
la franchigia del porto di Cadice,
e il generale incaglio del commer-
cio hanno prodotto questa dimi-
nuzione. In questa piazza si riu-
niscono i contumaci della Spagna
e del Portogallo, e vi sono varie
sette di eretici : l'esercizio però del-
la religione cattolica è libero. I
protestanti non vi hanno che una
chiesa militare, ed un solo mini-
stro; i metodisti vi hanno una cap-
pella ; gli ebrei due sinagoghe, non
vi sono moschee e talvolta pochi
maomettani. Il governo inglese som-
ministra una razione diaria di pa-
ne, carne, vino, ec. e scudi sessan-
tasei annui al vicario apostolico ;
e la giunta la casa, scudi tre al
giorno, e scudi trenta mensili al
curato. Gibilterra, Malta e Corfù
ING »65
sono le tre chiavi del mare Me-
diterraneo, che gli inglesi si reca-
rono in loro potere nel breve cor-
so di un secolo. Tra i vantaggi
che il possesso di Gibilterra reca
alla Gran Bretagna, principale è
quello di dominare dalla medesi-
ma tutta la costa occidentale della
Spagna, cioè i due terzi della ma-
rittima circonferenza di questo rea-
me, e di troncargli per tal guisa,
in caso di guerra, le relazioni tra
i suoi porti del Mediterraneo e
quelli dell'Atlantico. Siccome nel
Dizionario vi sono gli articoli Cor-
fu e Malta, non Gibilterra, così
mi sia permesso per la sua cele-
brità farne qui appresso il cenno
storico.
Gli antichi mescolando la favola
a tradizionali memorie di un gran
diluvio, raccontavano che l'Europa
e l'Africa erano ne'primissimi tem-
pi congiunte, e che Ercole uccisi i
mostri della Libia e della Spagna
avea separato i due continenti , ed
aperto in tal guisa un varco tra
l'Atlantico e il Mediterraneo. Dei
due monti o masse di roccie che
sorgono in capo allo stretto, Calpe
ebbe nome quello negli ultimi con-
fini della costa di Spagna, ed A-
bila V altro che gli sta rim petto
sulla costa d'Africa nella Mauri -
tiana. Calpe fu poi detto Gibil-
terra, ed Abila venne quindi chia-
mato Ceuta {Vedi), città e pro-
montorio con sede vescovile. E per-
chè i due monti guardati in di-
stanza sembrano nella forma due
colonne, e nell' infanzia della na-
vigazione non si avventuravano i
marinai a passare lo stretto, favo-
leggiossi che Ercole piantasse sopra
le loro due vette due colonne di
bronzo, sopra le quali scrivesse non
più oltre, per denotare il termine
166 ING
eli sue faliche, e quello del mare
navigabile. Ciò però non deve in-
tendersi che in senso largo, perchè
entravano dal Mediterraneo nell'O-
ceano i fenicii navigatori e traffi-
canti; ed anche ne' più barbarici
tempi entravano dall' Oceano nel
Mediterraneo, affine di predare i
pirati normanni. Siccome Calpe 0
Gibilterra, ed Abila o Ceuta, era-
no possedute dalla Spagna, la qua-
le ora domina soltanto Ceuta, cos'i
nelle monete di quei monarchi tut-
tora si vede ai lati dello stemma
due colonne, simbolo delle favoleg-
giate, col motto: plus ultra. Lo
stretto di Gibilterra, passaggio che
divide la estremità meridionale del-
la Spagna dall'estremità nord-ovest
della Barbaria, e che unisce il Me-
diterraneo all'Atlantico, fu pure
chiamato Fretum TIerculeum o Ga-
dilanimi, perchè si credette operata
da Ercole l'apertura di tal comu-
nicazione fra i due mari, e perchè
al nord - ovest n' è distante undici
leghe la città di Gadcs ossia Ca-
dice. Pare che gli antichi non co-
noscessero o non curassero l'im-
portanza militare del sito ove ora
è Gibilterra. Anche dopo che là
Spagna fu notissima ai romani, e
divenne provincia del loro impero,
non si conosce che alcuna fortezza
sorgesse sulla rupe Calpe. Anzi è
dubbio se quivi fosse una città ; e
in fatti nessuna antichità romana
si trovò sinora in Gibilterra o nei
suoi dintorni. Altri dicono che i
fenicii ed i cartaginesi abbiano a-
vuto degli stabilimenti su questa
costa, e che furono essi che ai due
promontorii di Gibilterra e Ceuta
dierono il nome di colonne d'Er-
cole. Nella baia e stazione navale
comoda si vede porzione cicliti
rovine dell'antica Carlcia, che ap-
ING
parlenne prima ai fenicii e poscia
ai cartaginesi. Certo è che i mori
nell'anno 7 1 ( occuparono il monte
Calpe, e ne fecero una stazione
militare, quando soggiogarono la
Spagna. Dal loro condottiero Ta-
rif prese allora Calpe l'arabo suo
nome di Gibel-Tarif ossia monte
di Tarif, che per corruzione si dis-
se da noi italiani Gibilterra, e da
altre nazioni Gibraltar. Appena i
mori ne divennero padroni che vi
edificarono un forte castello sul
fianco del monte a settentrione po-
nente, e ne sussiste ancora una
parte. Rimase Gibilterra in potere
dei maomettani circa otto secali ,
tranne un intervallo di forse tren-
t'anni che la tennero i cristiani
per essersene impadroniti nel 1 3o3
sotto Ferdinando IV re di Leone
e di Casliglia; e fu Abumelek fi-
glio dell'imperatore di Fez che la
riprese nel 1 3 3 3 ; né gl'infedeli
ne vennero definitivamente cacciati
se non che verso la metà del quat-
trocenlo, dopo aver fatto alterna-
tivamente parte dei regni mauri*
tani dell'Andalusia. Stette Gibilter-
ra soggetta alla monarchia spa-
glinola, ed il primo a fortificarla
nello stile moderno fu Daniele Spe-
ckel architetto tedesco per ordine
di Carlo V imperatore. Ma nel
1704 un'armata navale inglese, al-
tri dicono anglo-olandese, coman-
data da sir Giorgio Rooke, e dal
principe d' Assia-Darmstadt , aggi-
randosi pel Mediterraneo, e dispia-
cente di tornare ai porti d'Inghil-
terra senza aver potuto nulla ope-
rare che corrispondesse alla grande
espettazione che di sé avea desta-
ta, sene impossessò in questo mo-
do. Il disegno di occupazione fu
proposto in consiglio di guerra a
bordo della nave ammiraglia, ed
ING
abbracciato da tutti senza dimora
venne stabilita l'effettuazione. A'^4
giugno, o nel seguente luglio, o ai
4 agosto la rocca fu espugnata
senza fatica , giacché i centocin-
quanta spagnuoli di presidio, dopo
alcune ore di bombardamento si
arresero passati tre giorni di asse-
dio. In tal modo la Gran Breta-
gna divenne signora dell' invidiata
posizione, riuscendo quindi vani gli
sforzi di Filippo V e degli altri
re di Spagna, uniti sovente a quel-
li di Francia, per ricuperarla , in-
cominciando da quelli tentati ver-
so la fine del medesimo anno fJ0^-
Estenuato Filippo V dalla guerra
di successione, cede in perpetuità
alla Gran Bretagna questo posto
importante, col trattato di pace di
Utrecht nel i 7 i 3. In seguito non-
dimeno gli spagnuoli ne fecero an-
cor l'assedio in epoche diverse, co-
me nel 1727, ma sempre inutil-
mente: il più memorabile fu quel-
lo del 1779 che si prolungò sino
al 1783, ed in cui mercè il valo-
re del celebre Eliot andarono vani
gì' immensi sforzi della Spagna e
della Francia unite. Da quest'epo-
ca gli inglesi godettero tranquilla-
mente della loro conquista, e dalle
precauzioni adottate si può giudi-
care che la conserveranno forse per
sempre.
A voler parlare delle cose prin-
cipali di sua forte posizione, e del-
le sue famose fortificazioni, Gibil-
terra è fortezza fondata sopra di
una roccia, la quale a guisa di lin-
gua nata dalla terraferma di Spa-
gna, corre per lo spazio di una le-
ga da tramontana a ostro, e si ter-
mina in un punto, che chiamano
punta d'Europa. La cima della roc-
cia è alta mille piedi sopra il pe-
lo dell'acqua del mare. Il suo lato
ING 167
di levante, quello cioè ch'è volto verso
il Mediterraneo, è tutto da una par-
te all'altra composto di un vivo ma-
cigno, e talmente rupinoso ed er-
to che il salirvi sopra è cosa del
tutto impossibile. La punta d'Eu-
ropa, fatta anch'essa di vivo sasso,
s'abbassa e termina in una spianata
venti piedi alta sopra l'acqua del
mare, e quivi gl'inglesi hanno pian-
tato una batteria di venti colubri-
ne. Dalla punta d'Europa indietro
il promontorio s'allarga, ed alzan-
dosi si estende poscia in un'altra
spianata che sta a ridosso della pri-
ma. Questa seconda è abbastanza
grande, perchè i soldati vi possano
fare per la difesa del luogo tutte
le loro mosse, armeggiamenti ed
uffizi militari ; e siccome la scesa
è dolce, e ne sarebbe la salita age-
vole, cos'i gl'inglesi vi hanno fatto
trincierameuti e circuiti di mura qua
e là; quindi si vede circondata al
ciglione della spianata con un mu-
ro quindici piedi alto, e grosso
altrettanti , e munitissimo di ar-
tiglierie. Oltracciò hanno costrut-
to all'indentro della spianata me-
desima un campo trincerato, ove
come dentro una sicura ritirata
possono ripararsi, caso che fosse-
ro dalle esteriori difese cacciati.
Da questo luogo avvi la via ad
un altro più. alto, e posto tra mas-
si dirupati e scoscesi per alloggia-
menti. Sul lato occidentale del pro-
montorio a riva del mare è fon-
data lunga e stretta la città di Gi-
bilterra; ella è chiusa a ostro da
un muro, a tramontana da una vec-
chia bastita ossia riparo che chia-
mano il Castello de mori, e da fron-
te verso il mare da un parapetto
quiudici piedi grosso e munito da
luogo a luogo di batterie che trag-
gouo a livello d'acqua. Dietro la
i68 ING ING
città il monte s'innalza molto ben essi non solo il presidio, ma ezian-
erto sino alla cima. Per maggior dio tutta la popolazione di Gibil-
sicurezza di questa parte, hanno terra troverebbe sicuro ricovero
anche gl'inglesi due altre fortifica- nel caso di un bombardamento,
zioni che molto s'innoltrano nel L'immensa quantità di munizioni
mare, fatta l'una e 1' altra guer- d'ogni specie, che vi sono adunate,
nire di formidabili artiglierie. La porgerebbe agi' inglesi tutto il tem-
prima, posta a tramontana, chia- pò necessario di venire al soccorso
mano molo vecchio, la seconda ino- della città e del porto assediati.
lo nuovo. Avanti poi il molo vec- Si può salire a cavallo per sentie-
chio ed.il castello de' mori, vi è ri tagliati con bell'arte sino alla
un altra baslita considerabile in due cima del monte, da dove la vista
bastioni accorlinati, la scarpa dei si prolunga per quaranta leghe di
quali, ed il cammino coperto so- distanza sui due mari ; vi si di-
llo molto difficili a minare, per es- stinguono Fez e Marocco nell'A-
sere contramminati bene per tutto, frica, e gli antichi regni di Siviglia
La roccia a tramontana dalla par- e di Granata in Ispagna. La roc-
te di Spagna, più alta die in qua- ca di Gibilterra è oggi la meglio
lunque altro luogo, fronteggia il munita fortezza del mondo; nes-
campo di s. Rocco, ed è munita sun potere umano è atto ad espu-
ne' luoghi più acconci d' una me- gnarla, e solo può farla cadere la
ravigliosa quantità di batterie. Fu- mancanza di presidio o di muni-
rono accresciuti i mezzi di difesa zioni da guerra, o qualche inopi-
gagliardamente colla formazione del- nato colpo della provvidenza. La
le gallerie coperte, scavate dentro città è essenzialmente commercian-
la rupe e fornite di batterie con te ; il suo porto franco la rende
fuoco ficcante così sull'istmo come 1' emporio delle merci di tutti i
sulla baia. Levandosi la rupe di paesi, e quasi tutte le potenze
Gibilterra a perpendicolo verso tra- dell'Europa e gli Stati-Uniti vi
montana, e non presentando quin- hanno dei consoli. L'aria vi è sa-
di alcun punto per collocarvi le na, ma la peste vi è qualche vol-
arliglierie, scavarono gl'inglesi den- ta portata dai vicini paesi, e nel
tro della rupe parecchi piani di 1804 produsse crudeli stragi. Po-
gallerie sotterranee, lungo le quali sta. la città di Gibilterra appiedi
fecero a giusti intervalli de' fori del promontorio e sulla costa o-
ossia delle aperture ad uso di rientale del suo nome, elevandosi
cannoniere . Cinquecento cannoni- gradatamente dalla spiaggia, forma
quivi collocati sono appena visibili una specie di antiteatro, e presenta
a chi guarda dal mare. Contigui allo sguardo un aspetto incantevole,
a queste gallerie stanno vasti sa- INGILA. Sede vescovile della
Ioni che fanno il servigio di depo- Mesopotamia nella diocesi e patriar-
siti per le munizioni di bocca e cato d' Antiochia, sotto la metro-
di guerra. Due ore di cammino poli d'Amida. E altresì chiamata
non bastano a scorrere questi sot- Aghel, ed ebbe per vescovi Adeo-
terranei artefatti, scavati nel masso ne che fu al concilio di Nicea, e
3oo piedi inglesi sotto il suolo, e Teodoro che trovossi al quinto
iooo sopra il livello del mare. In concilio generale.
ING
INGRESSI SOLENNI IN RO-
MA. I trionfi degli antichi romaui
ordinariamente facevansi con una
entrata magnifica in Roma accom-
pagnata dalle pubbliche acclama-
zioni : questo onore solenne accor-
davasi ai dittatori, ai consoli ai
pretori, e per privilegio particolare
a qualche comandante o genera-
le di armata che non era in tali
cariche, e che avea riportato al-
cuna segnalata vittoria. Due sor-
ta di trionfi vi erano presso i ro-
mani , il grande che chiamavano
semplicemente trionfo , ed il pic-
colo che chiamavano ovazione ;
distinguevansi pure i trionfi in ter-
restri ed in navali, secondo i com-
battimenti vinti per terra o per
mare. Il generale dell'armata che
domandava il trionfo, era obbli-
gato di lasciare il comando delle
truppe, e di trattenersi fuori di
Roma, sinché gli venisse accorda-
to un tale onore. Per ottenerlo egli
scriveva al senato , inviandogli la
relazione della vittoria che avea
riportato, o delle conquiste che a-
vea fatto. 11 senato convoca vasi
nel tempio di Marte o di Bellona,
ove leggevasi la relazione, e quan-
do i questori ed i centurioni del-
l'armata, i quali erano stati testi-
moni del fatto, assicuravano con
giuramento che la relazione era
fedele, che dalla parte del nemi-
co erano rimasti almeno cinque-
mila uomini morti, egli faceva il
suo decreto; indi convocavasi il po-
polo che approvava il trionfo e
rendeva al generale il comando
dell'armata. Colui che avea trion-
fato, coronato d'alloro cominciava
ad arringare il popolo ed i sol-
dati radunati in un medesimo luo-
go, indi distribuiva i suoi doni, ed
uua parte delle spoglie de' nemici.
ING 169
Dopo ciò mettevasi in ordine di
marcia dalla porta chiamata trion-
fale: precedevano i trombettieri ed
altri suonatori di strumenti diversi,
seguivano i tori destinati al sacri-
fìcio, coronati di fiori ed ornati di
vari nastri o bende, e talvolta col-
le corna dorate ; i sacerdoti, i lit-
tori, i vittimari ed altri ministri;
le spoglie de' nemici portate dai
giovani o sopra carri; le figure
delle città prese, delle provincie
conquistate , delle nazioni soggio-
gate, le quali immagini erano d'o-
ro o d'argento, o di legno dorato,
d'avorio o di cera, e gli animali
rari delle regioni acquistate. Ap-
presso venivano i rej i principi,
o i capitani prigionieri, carichi di
catene di ferro, d'oro o d'argento,
portando la testa rasa in segno di
schiavitù, accompagnati dai suona-
tori di arpa, e da molti uffiziali
dell' armata; un buffone insultava
i vinti , ed encomiava i romani.
Finalmente il trionfatore, precedu-
to dal senato e dalle truppe ro-
mane, compariva su di un carro
tirato da quattro cavalli bianchi
tutti messi di fronte; ma vi furo-
no degl'imperatori che fecero tira-
re il loro carro trionfale dagli e-
lefanti, dalle tigri, dai leoni, o dai
cervi. Giunto al Campidoglio (Fe-
di) offeriva un sacrificio a Giove
e teneva un banchetto magnifico,
indi era condotto al suo palazzo.
Durante la pompa trionfale un
pubblico uffiziale che stava accanto
al trionfatore, tenendo sopra il di lui
capo una corona preziosa di rare
gemme, pronunziava ad alta voce
queste parole: sovvengati che sei
nomo, e pensa all' avvenire j per
avvertirlo di non lasciarsi abba-
gliare dallo splendore e dagli o-
uori del trionfo. La corona del
i7o ING
trionfatore da principio fu d'al-
loro, indi d* oro. Portavansi anco-
ra avanti di lui molte corone d'o-
ro donategli dalle provincie per
servire d'ornamento al suo trionfo.
La sua veste era di porpora adorna
di ligure di palme, ricamata in oro,
perciò chiamata toga piata o tunica
palmata; teneva colla destra un ramo
d'alloro, e colla sinistra uno scettro
di avorio, all' estremità del quale
eravi una piccola aquila. Il corteg-
gio del trionfo era spesse volte
così numeroso che vi si dovevano
impiegare molti giorni. Qualche
volta sul carro trionfale vi erano
i figli del trionfatore, ed i parenti
lo seguivano a cavallo; dei carri
trionfali si parlò nel voi. X, p. i 1 4-
del Dizionario. Pretendesi che Bac-
co abbia avuto gli onori del trion-
fo nelle Indie, e Romolo in Roma,
e che possano riguardarsi come
gl'inventori del trionfo; certo è
che i trionfi dei romani per la
solennità della pompa sono stati i
più. magnifici. Il piccolo trionfo,
che chiamavasi ovazione, si faceva
con minor pompa. Colui al quale
questo onore era accordato, faceva
la sua entrata ed ingresso in Ro-
ma a piedi od a cavallo, a suono
di flauti e di chiarine senza trom-
bette. Era accompagnato dai sena-
tori e dalla sua armata; la sua
corona era di mirto, e la ve-
ste di porpora. Ottenevasi 1' onore
di questo trionfo, quando il trion-
fatore avea messo in fuga il ne-
mico, senza però avergli ucciso
molti individui; quando avea com-
battuto contro pirati o contro schia-
vi, quantunque non gli avesse com-
pletamente disfatti ; e quando a-
veva amministrato bene gli affari
e le rendite della repubblica ro-
mana nelle provincie. Al dire di
ING
Dionisio d'Alicarnasso e di Pesto,
chiamossi ovazione il piccolo trion-
fo, perchè da per tutto ove passa-
va la pompa udivasi l'esclamazione
oh! ch'era un grido di gioia dei
soldati vincitori. Ma secondo Plu-
tarco si chiamò ovazione perchè il
trionfatore giunto al Campidoglio
immolava una pecora, detta ovit in
latino, mentre nel grande trionfo
sacrifica vasi un toro. Il primo a
godere dell'ovazione fu Publio Po-
stumio Tuberto l'anno di Roma
2 5o. Nei grandi trionfi i cittadini
colle loro vesti ed abiti accresce-
vano la festa di Roma giubilante,
i templi della quale erano aperti,
circondati di corone, e ripieni di
profumi ed incensi; i palazzi e le
case degli abitanti adornavansi con
nobilissime tappezzerie, e le strade
venivano coperte di olezzanti fiori,
e talvolta al trionfatore si eresse-
ro sontuosi archi trionfali. Questi
erano i piò solenni ingressi degli
antichi romani, cioè di quello che
rientrava in Roma dopo avere ri-
portato segnalate vittorie, o distin-
to coll'onore dell'ovazione. Di quan-
to è relativo a tali trionfi se ne
tratta in diversi articoli del Di-
zionario. Onofrio Panvinio ci ha
dato: Fasti et triumphi ronianorum
a Romulo usque ad Carolimi V.
Venezia i55j. De triumpho corn-
mentarius. Venezia 1567. Gioac-
chino Giovanni Mader è beneme-
rito per 1' edizioni con note ed
aggiunte, Helmestadt 1662, e Pa-
dova 1681, del trattato di Pan-
vinio De triumphis. Gio. Pietro
Bellori pubblicò in Roma nel 1690:
Veteres arcus Augustorum trium-
phis insignes restituti, et illustrati.
Ai nostri giorni il valente artista
Luigi Rossini ha diligentemente
inciso : Gli archi trionfali, onorari
li\G
e funebri degli antichi romani spar-
si per tutta l'Italia.
L' ingresso degli antichi impe-
ratori in Roma si faceva a cavallo
sino alla porla della città, e poi
a piedi in abito civile, come osser-
va il Buonarroti ne' suoi Meda-
glioni a p. 3i3. Minacciando Desi-
derio re de' longobardi la rovina
di Roma, il Pontefice Adriano I
invocò V aiuto di Carlo Magno re
di Francia. Questi nel 773 vinse
Desiderio e lo fece prigione. Nel-
1' anno seguente volendo Carlo pel
sabbato santo recarsi in Pioma, il
Papa lo fece incontrare sino a No-
vi, e trenta miglia lungi da Roma
dai senatori e dai. magnati colle
bandiere spiegate. Un miglio di-
stante dalla città trovaronsi tutte
le brigate della milizia, ed i fan-
ciulli delle scuole con rami di pal-
me ed olivi, e fuori della città si
unirono pure ad incontrar Carlo
tutte le croci ed insegne. All' ap-
parire di queste, Carlo smontò da
cavallo, e corteggiato dai suoi
principi e nobili officiali s' incam-
minò verso la basilica di s. Pietro,
nell' atrio della quale lo aspettava
Adriano I, con lutto il clero e
popolo romano. Salendo Carlo i
gradini li baciò tutti, e giunto al
Papa si abbracciarono con vero
giubilo , e reciproca cordialità.
Compili nella basilica i doveri del-
la religione, il re domandò al Pa-
pa il permesso d' entrale io città,
onde sciogliere i voti cbe avea fatti
a parecchie chiese di Roma, giacché
ancora la basilica di s. Pietro era
fuori delle mura della città. Pre-
messi fra il Papa e Carlo Magno
gli scambievoli giuramenti di si-
curezza, entrarono formalmente in
Roma, e nei tre giorni di Pasqua
attesero alle orazioni.
ING 171
Il Cancellieri nella Storia diso-
leimi possessi de' sommi Pontefici, a p.
a, osserva che la pompa con cui il
Papa s. Leone III fu accolto dai ro-
mani, e fece il suo solenne ingresso
in Roma a'29 novembre dell' anno
800, nel suo ritorno dalla visita
fatta a Carlo Magno, e narrata da
Anastasio Bibliotecario, venne in
certo modo ad adombrare il trion-
fo usato dai suoi successori nella
solenne funzione del loro possesso,
della quale si trattò nel voi. Vili,
p. 171 e seg. Il Galletti, Del Pri-
micerio pag. 60, racconta, che s.
Leone III, ritornando dalla Fran-
cia alla volta di Roma, accompa-
gnato da grande stuolo di prelati
francesi per ordine di Carlo, fu ri-
cevuto come un apostolo in tutte
le città per le quali passò. Giunto
vicino a Roma al ponte Milvio fu
incontrato dagli ottimali, dal clero,
dalla milizia, dal senato e popolo
romano, dalle sacre vergini, dalle
diaconesse, da nobilissime matrone,
dalle scuole de' pellegrini, cioè dei
francesi, de' frisoni, de' sassoni , e
de' longobardi colle loro bandiere
spiegate: cantando tutti inni di glo-
ria, fu il Pontefice condotto a s. Pie-
tro , ove celebrò solennemente mes-
sa e partecipò a' fedeli il corpo e
sangue di Gesù Cristo, dopo di
che nel giorno seguente entrò con
universale allegrezza in Roma, e
portossi al suo Lateranense pa-
triarchio. Siccome ai singoli arti-
coli delle città e regni si riporta-
no gì' ingressi solenni nelle prime
e nei secondi falti dai Papi, so-
vrani ed altri personaggi, cos'i al-
l' articolo Roma parleremo di quel-
li eh' ebbero luogo in questa me-
tropoli del cristianesimo, nel pre-
sente articolo limitandoci riporta-
re qualche analogo esempio, per
i7a ING
notare la diversità delle circostan-
ze, dei cerimoniali e delle pompe
usate in differenti epoche.
Maltrattato il Pontefice Giovan-
ni XII da Berengario II, invitò
Ottone I re di Germania a veni-
re in Italia, promettendogli la co-
rona imperiale purché lo aiutasse
contro la prepotenza di Berenga-
rio H, e del suo figlio Adalberto.
Temendo il Papa che Ottone I
potesse aspirare a pigliarsi qualche
autorità sui romani, con pregiudi-
zio della suprema signoria de' Pon-
tefici, volle che il re prima di
giungere in Roma gli giurasse di
non ledere in verini modo i di-
ritti di sua sovranità, e di assu-
mere la difesa de' suoi stati onde
gli venisse restituito quanto gli era
stato ingiustamente tolto. Questo
giuramento non esigettero s. Leo-
ne III da Carlo Magno, e s. Pa-
squale I da Lotario I, perchè non
si poteva dubitare della loro pro-
tezione ed avocazia sulla Chiesa
romana, della quale avocazia par-
lammo all' articolo Imperatore. Ec-
co i termini del giuramento di
Ottone I, fatto a mezzo de' suoi
legali. » Tibi Domino Joanni Pa-
pae ego rex Otto promittere et
jurare facio per Patrem, et Filium,
et Spiritum Sanctum, et per li-
gnum hoc verae suae crucis, et
per has reliquias sanctorum, quod
si permittenle Domino Romani ve-
nero S. R. Ecclesiam, et te recto-
rem ipsius exaltabo, secundum pos-
se meum, et numquam vitam, aut
membra et ipsum honorem, quae
habes mea exhortatione perdes. Et
in romana urbe nullum placituin
aut ordinationem faciam, quae ad
le aut ad romanos pertinent, si ne
tuo Consilio. Et quidqiiid in nostrani
potcslaleui de terra s. Petri pcr-
ING
venerit tibi reddam. Et cuicumque
regnum ilalicum commisero jurare
faciam illuni, ut adjutor lui sit ad
defendendam terram s. Petri, se-
cundum suam posse . Sic me Deus
adjuvet, et haec sancta Dei Evan-
gelia ". Venne poi il re in Roma,
e fu da Giovanni XII nel febbraio
962 coronalo imperatore. Più tar-
di e nel pontificato di Giovanni
XIII, 1' imperatore Ottone I a di
lui istanza passò in Italia e resti-
tuì alla Chiesa le terre usurpate
dai Berengari. Quindi Ottone II
suo figlio, assestate le cose di Ger-
mania, raggiunse il padre ed in-
sieme passarono in Roma, ove
giunsero a'2.4 dicembre 967. Tre
miglia fuori della città furono ad
incontrarli i senatori colle scuole,
portando le loro croci ed insegne,
e cantando le lodi dell' imperatore.
Il Papa si trovò alle scale della
basilica vaticana ove li ricevè, ed
il giorno appresso, festa del santo
Natale, nella stessa basilica Ottone
II fu proclamato imperatore e ricevè
T unzione dal Pontefice colla coro-
na imperiale.
Calisto II, essendo stato eletto
in Cluny nel 11 19, portatosi in
Roma vi fu ricevuto con archi
trionfali, con 1' incontro delle ban-
diere, de' fanciulli esultanti con ra-
mi di ulivo in mano, dei greci e
degli ebrei : 1' ingresso della città
fu descritto dal cardinal Nicolò Ro-
selli detto d'Aragona, scrittore del-
le vite dei Papi. Questa è la pri-
ma memoria che sieno stati eretti
ai Pontefici pel loro ingresso in
Roma archi trionfali, i quali par-
ticolarmente poi vennero innalzati
nelle funzioni de' solenni possessi.
V. l'articolo Intronizzazione. Nel-
l'anno ii4^ fu esaltato al pontifi-
cato Eugeuio III a' 26 febbraio,
IRG I3TG
tre fioriti partì <fn Ho- draastame di quoto solenne in-
per le rivoluzioni degli amai- grasso, pobbbcata da Papirio itas-
dtsti, e»*— »'» la quali, panati die- san, Kb. ¥1 De episcopo Urbis fòL
ciotto meno meno, ritornò in fio- 3i6, riportata dal Muratori, Ber.
ma, end no ingresso fu ricevuto IiaL X. Ili, par. II, coL 690. Il
allegrezza, che il senato e popolo romano creme
descrive. • Fa- dappoi neOa chiesa di s. Maria
est, Deo anctore, gsmhnm M nova sulla tomba di Gregorio
in tota Orbe, et in op- XI un marmorea monumento, fa-
tato ingressa ipsios Pontine» oc- cendo esprimere nel basso rilievo
currit d -y»"— » et frequens pò- da Pietro Paolo Olivieri A mede-
poli mnltitndo cum rami*, et ad simo fàusto inumili in Roma. Gli
ejus vestigia continur umuentes ingressi dì Eugenio IV, deU* impc-
pasi pednm osculi devabantnr ad latore Giovanni Paleologo e del
orti oscula. Praeoedebaat somieri patriarca di Costantinopolli in Fer-
cam hannisj sequebantnr scrinarii, rara e Firenze, per celebrarvi
et judkxs. Judad quoque non contro il conciliabolo di Basilea il
deerant tantae letìtiae, portante* concilio generale, fi deseriv
ai due alati articoli, ed
di Basilea vi sono notizie
Agli articoli Con» uxoas osciin-
massosa, ed lmreatiocE si parlò
dei loro solenni ingressi in Aquis-
graaa, in Francfòrt ed in Roma.
la questa ultima città Fimperato-
V nel re che vi si portava a prendere la
pontili- corona e le insegne imperiali, ginn-
sette to nelle sue vicinanze attendava
1 A<ngwome(Fe*£),3Ì resecato ne* campi lieromani, e
riportammo i solenni nel luogo tsfesso dove era incoo-
ingressi ivi fatti dai Papi, dai so- trato per ordine del Papa dai car-
e da altri principi , cardi- amali legati, prestava il giuramen-
nati e amhasriatoii. Urbano V nel to sugli evangeli di conservare e
1367, volendo restituire a Roma proteggere i diritti della santa Se-
bi residenza, a* 16 ottobre vi cn- de. Indi veniva ricevuto sotto bat-
tio con quella pompa che indi- j1j~W;—> le cui aste venivano sos-
cammo ad voL XXIV, p, 88 dd tenute dal prefètto di Roma, dal
Diskmario. La gloria di tal rista- senatore e dai principi romani. Fa-
llimento si dovette al successore cera il suo ingresso in Roma a ca-
Gregorio XI, dappoiché Cibano V vallo sino al palazzo assegnato alla
ritornò e mori in Avignone. Gre- sua abitazione, donde il giorno «Lo-
gorio XI dunque a* 17 granai! m coruniiiionc portavasi a s. Pie-
1377 fece il suo solenne ingresso tra, venendo ricevuto sulla porta
ricevendo le maggiori dal Papa. Sella biografia d" /«no-
di rispetto e di gioia, censo III (Fedi), si descrive A
Pietro Amelio ci consti vò la me- miniar iagrrum fatto in Roma da
moria e la solennità di tutte le Ottone IV quando fu coronata
i74 ING
colla corona imperiale. Anche in
altre biografie de' Pontefici si nar-
rano i modi co' quali essi fecero
incontrare in Roma i sovrani al
loro ingresso. V. il Marcello, Sa-
cremini cacrimoniarium , lib. I, tit.
V e tit. XIII. De recepitone prin-
cipimi, et primo de recepitone impc-
ratoris venicntis ad Urbem peregri-
nationis causa.- De recepitone regis
venicntis ad Urbem. De recepito-
ne reginae. De receptione alicu-
fus pri/icipis electoris impcrii, ■ si-
vc allerius maxi mi prìncipi s. De
receptione principia non ita clan'.
Da principe electore praelato. Nel
pontificato di Nicolò V l'anno i^%i
si recò in Roma per esservi da
lui coronato l' imperatore Federi-
co III. A Siena fu incontrato dal
cardinal legato apostolico, secondo
il Catelani, Dell' imperio romano,
pag. 100; ma al dire del Novaes,
Nicolò V mandò due cardinali le-
gati a Firenze per incontrarlo ed
accompagnarlo a Roma , esigendo-
ne prima il consueto giuramento
che prestò in Siena. Giunto nelle
vicinanze di Roma, l'imperatore
pose in ordinanza 1' esercito e co-
mandò che non si spiegasse altra
bandiera che quella dell'aquila im-
periale. Sei miglia distante dalla
città l'incontrarono i Colonnesi, gli
Orsini, gli altri baroni romani, le
guardie del Papa, il vice-camer-
lengo, il prefetto di Roma , il se-
natore, i conservatori, i cittadini
romani e la corte pontificia. La
notte alloggiò fuori delle mura di
Roma nella villa di Marco Spi-
nelli negoziante fiorentino, per en-
trare solennemente in Roma nel
dì seguente 9 marzo per porta
Castello, nella forma che prolissa-
mente si legge nel Cerimoniale
della S. R. C. lib. I, sect. V, cap.
ING
III, pag. 331 In quel luogo del
cerimoniale ove si prescrive l'in-
contro da farsi all'imperatore, si
dice che venendo a Roma, il car-
dinal decano con tutto il sacro col-
legio deve incontrarlo alla porta
della città, il capo della casa Or-
sini co' suoi parenti a ponte Mol-
le, e il capo della casa Colonna a
Viterbo. Per Monte Mario Nicolò
V mandò ad incontrare l'impera-
tore alla delta porta presso Castel
s. Angelo tredici cardinali, molti
arcivescovi, vescovi, abbati ed altri
prelati, con tutto il clero in pro-
cessione, tutto descrivendo ampia-
mente il Nauclero, Generat. voi. II,
pag. 49- Neil' ingresso in Roma
formava la vanguardia la cavalle-
ria sveva, indi procedevano i ro-
mani, Federico III col suo nipote
Ladislao re d' Ungheria e di Boe-
mia, ed il suo fratello Alberto ar-
ciduca d'Austria portava la ban-
diera dell'aquila. Seguiva il duca,
di Slesia, la nobiltà, Eleonora di
Portogallo imperatrice, la quale era
accompagnata dalla cavalleria delle
città imperiali. Il Papa l'attende-
va sedendo al palazzo di s. Pietro,
dove ammise l' imperatore , il re ,
l'arciduca e l' imperatrice al bacio
del piede. Da qui andarono nella
basilica vaticana a fare le consue-
te orazioni al ss. Sagiamento ed
al sepolcro de' ss. Apostoli. Ne)
giorno della coronazione V impera-
tore presso Castel s. Angelo creò
i cavalieri dell'impero e pel pri-
mo il fratello arciduca, per dimo-
strare in che stima tenevasi il ti-
tolo e grado di cavaliere dell'im-
pero.
Gern conosciuto volgarmente sot-
to il nome di Zizimo, e secondogenito
di Maometto II imperatore de' tur-
chi, dopo la morte del padre disputò
ING
ii trono al suo fratello primogenito
Baiazetto II. A tale effetto parti per
l'Egitto, ed avendo prima fatta o-
razione nel tempio di Gerusalem-
me, fu onorevolmente accolto dal
sultano di Egitto; indi passò alla
Mecca a visitare il sepolcro di Mao-
metto, adunò grosso esercito, e ri-
solvette di ricorrere all'aiuto di fr.
Pietro d* Aubusson gran maestro
dell'ordine gerosolimitano in Rodi,
da dove si trasferì in Francia nel-
la commenda Borgauneuf dell'or-
dine, camera priora le di Alvergna,
trattalo regiamente dai cavalieri.
Al gran maestro domandarono di
custodire Zizimo, il soldano d' E-
gitto, il re di Napoli, quello d'Un-
gheria ed il Papa Innocenzo Vili,
al modo che nana il Bosio nella
Stona della sacra religione pai». II,
lib. XIV. Fu pertanto devoluta la
custodia di Zizimo al Pontefice ,
sotto la guardia de' cavalieri ge-
rosolimitani. A tale effetto il prin-
cipe col suo seguito s'imbarcò per
Civitavecchia nel 14B9, ed appro-
dò a quel porto a' 6 marzo , ove
fu ricevuto da Leonardo Cibo pa-
rente del Papa, che lo avea a ciò
mandato per trattarlo onorevolmen-
te nella rocca ; quindi grato Inno-
cenzo VIII al gran maestro, e per
avere eroicamente difeso Rodi ,
residenza principale dell' ordine
gerosolimitano, lo creò cardinale.
Portatosi poscia Zizimo a Roma,
il Pontefice gli mandò incontro
il cardinale d' Angiò e France-
sco Cibo suo stretto congiunto ,
con altri signori, dodici miglia di-
stante da Roma. Procedendo a ca-
vallo giunsero alle porte della cit-
tà ove trovarono Domenico Doria
capitano della cavalleria della guar-
dia pontificia, con altri signori e
principati personaggi, giungendo
ING i75
Zizimo alla porta s. Sebastiano ai
i3 marzo, e quindi fece il suo solen-
ne ingresso in Roma. A detta por-
ta recaronsi ad incontrare Zizimo,
il senatore di Roma con molti gen-
tiluomini romani, la famiglia del
Papa, e quella de' cardinali a ca-
vallo di mule, coi cappelli cardina-
lizi. Vi andarono ancora molti ar-
civescovi, vescovi, abbati e prelati,
non che gli ambasciatori del re di
Napoli, de' veneziani, de' fiorentini
e de' sanesi, con grandissimo con-
corso di gentiluomini e di corti-
giani, che arrivarono in tutto al
numero di dodicimila cavalli, i quali
secondo le prescrizioni del maestro
di cerimonie, alla volta di Roma
con bellissima e lunga cavalcata
s'incamminarono. Andavano innan-
zi i turchi, e le altre persone di
minor conto del seguito e della
famiglia di Zizimo, e dopo questi
cavalcavano i gentiluomini delle fa-
miglie de' cardinali, appresso i ro-
mani e dopo loro Domenico Do-
ria con la cavalleria leggiera della
guardia del Papa; dietro a questi i
cavalieri gerosolimitani o di Rodi,
che Zizimo in guardia avevano. Ap-
presso seguivano g!; ambasciatori dei
principi, e dietro a loro andava il se-
natore di Roma, e seco al pari caval-
cavano fr. Guido di Blanchefort prio-
re d' Alvergna, molto riccamente
adorno e ben montato ; il signor
di Falcone ambasciatore del re di
Francia, e Francesco Cibo. E fi-
nalmente cavalcava solo Zizimo so-
pra un superbo e guarnitissimo ca-
vallo, con aspetto intrepido, che la
ferocia de' principi ottomani rap-
presentava. Dopo di lui seguiva il
maestro di casa del Papa , con gran
numero di vescovi e prelati, oltre
la famiglia pontificia. Con tale or-
dine passando per Campo di Fio-
176 ING
re, per Hi via del Pellegrino, la ca-
valcata si diresse al palazzo va-
ticano. Il cardinal d'Angiòche d'or-
dine del Pontefice aveva incontra-
to Zizirno, giunto due miglia vici-
no a Roma, pigliò licenza per re-
carsi dal Papa a notificargli il vi-
cino suo arrivo, e così conservò il
decoro della dignità cardinalizia.
Arrivato Zizimo al palazzo fu dal
medesimo cardinale amorevolmen-
te ricevuto e condotto alle, stanze
che gli erano stale apparecchiate
nell'appartamento pontificio, dove
a' tempi di Paolo II era stato al-
loggiato il gran maestro gerosoli-
mitano Zacosta. II priore d'Àlver-
gna tosto che fu smontato andò a
baciare i piedi al Pontefice, insie-
me con tutti i cavalieri dell'ordine
destinali alla guardia del principe
turco, i quali furono benignamen-
te accolti, e trattenuti ad abitare
nel medesimo palazzo. Nel seguente
giorno Innocenzo VIII pontifical-
mente vestito ricevette Zizimo con-
dottogli dal priore d' Alvergna e
dal signor di Falcone; e benché
essi lo avessero prima avvisato che
secondochè praticano tutti i prin-
cipi cristiani gli conveniva baciare
il piede del Papa, nondimeno mal
volentieri lo fece ; e per mezzo di
Giorgio Jaxi cittadino di Rodi in-
terprete suo, disse alcune parole.
Indi come dal maestro di cerimo-
nie gli fu ricordato, fece riveren-
za a tutti i cardinali ivi presenti,
da'quali gli fu reso il saluto. Tor-
nato alle sue stanze lodò la mae-
stà e grandezza del Papa e sacro
collegio, e si mostrò di tutto sod-
disfatto. Della pompa come il prin-
cipe turco fece il suo ingresso nella
capitale del cristianesimo , oltre il
Bosio ne tratta il Violardo nella
Vita d' Innocenzo Vili. Di questo
ING
principe ne parlammo meglio nei
voi. XVIII, p. 6a o 63, e XXIX,
p. a33 del Dizionario. Solo qui
aggiungeremo che avendo nel i492
Raiazetto II donato ad Innocenzo
VIII la sacra Lancia (Vedi), que-
sta dal Papa con solenne proces-
sione fu trasportata in s. Pietro.
Nella processione v' intervenne Cas-
sa Regh ambasciatore di Baiazetto
II, che per mezzo del gran maestro
di Rodi era venuto d'Antiochia in
Boma ad offrire il sacro ferro al
Pontefice. Perciò a' 3o maggio fe-
ce l'entrata solenne a cavallo per
la porta Flaminia, andando in mez-
zo al nominato Francesco Cibo, ed
al principe di Capua, e fu allog-
giato vicino alla basilica vaticana
nel palazzo Cesi. Quanto al princi-
pe Zizimo, devesi notare che por-
tandosi in Italia nel i494 Carlo
Vili re di Francia, il Papa Ales-
sandro VI credette bene far riti-
rare Zizimo in Castel s. Angelo
sotto la guardia de' suoi nipoti
Galcerano, e Francesco cavaliere ge-
rosolimitano, licenziando e riman-
dando a Rodi i dieci cavalieri di
guardia che custodivano Zizimo ,
che ne restò afflitto per l'amicizia
che avea per essi. Giunto in Ro-
ma con formidabile esercito Carlo
Vili, fece il suo solenne ingresso
circa le ore due di notte a lume
di torcie e di lucerne. L'esercito
francese formato di ventimila fanti
e cinquemila cavalli in ordinanza,
era diviso nelle sue squadre, com-
poste oltre la francese, delle nazio-
ni tedesca, scozzese e svizzera, con
armi nuove e non più vedute in
Italia, e con sorprendente appara-
to d'artiglieria. In ultimo veniva
a cavallo il re Carlo Vili, cir-
condato dalla sua guardia. Erano
ne' primi luoghi appresso il re i
ING
cardinali Ascanio Sforza e Giulia-
no delia Rovere, indi Colonna e
Savello, e poi Prospero e Fabrizio
Colonna, ed altri capitani italiani
e francesi col flore della nobiltà di
Francia. Il re smontò al palazzo
di s. Marco, e le vicine case fino
a Colonna Traiana furouo distri-
buite ai capitani. Il Papa intimo-
rito si ritirò in Castel s. Angelo ,
quindi fu costretto venire a con-
cordia con Carlo Vili : tra le con-
dizioni della pace che conchiuse
con Alessandro VI, vi fu quella di
cedergli Zizimo, riputandolo utilis-
simo alla guerra che voleva fare
agli ottomani. Zizimo baciò la ma-
no e la spalla al re, ed invocò dal
Papa le sue raccomandazioni al
medesimo. Ma dopo pochi gior-
ni di flusso, e non senza sospetto
di veleno, Zizimo mori a Velletri
o a Tenaci na, altri dicono a Ca-
pua od a Gaeta. Il chiar. Michele
de Matthias è autore della Dife-
sa di Alessandro VI spagnuolo
sul punto di accusa diretto a far
credere di aver egli cooperato al-
l' avvelenamento di Geni principe
Osmano. Proposizione ultimamente
ripetuta da G. M. Javannin pri-
mo segretario interprete del re di
Francia per le lingue orientali, e
da Giulio Van Gaver, nella loro
opera: La Turchia, stampata nel
i83g e tradotta nel 1840 da
Falconetti . La Difesa si legge nel
voi. XV, p. 48 e seg. degli An-
nali delle scienze religiose.
L' ingresso trionfale fatto in Ro-
ma nella domenica delle palme
da Giulio li, fu descritto da Pari-
de de Grassis e riprodotto dal p.
Gattico, Act. caerem. p. 09, e dal
Cancellieri nella Storia de' possessi
a p. 53g. All'articolo I.vcexsiere,
parlando del ritode'luriboli fuman-
vol. xxxv.
ING I7-
ti d'incenso, col quale incontravasi
il Pontefice nella funzione del pos-
sesso, abbiamo detto come faceva
il suo ingresso in Roma il Papa
ch'era stato eletto altrove; qui ri-
porteremo come lo fece nel i5ii
Adriano VI creato in Roma men-
tre trovavasi in Vittoria di Spa-
gna. La prima città e luogo dello
stato della Chiesa cui arrivò il
Pontefice fu Civitavecchia, ove in
chiesa assistè subito alla messa so-
lenne, e portatosi al palazzo a ce-
lebrarla privatamente, vi trovò al-
cuni cardinali e nobili romani ad
ossequiarlo. Postosi nuovamente in
mare col suo nobilissimo e nume-
roso seguito, giunse ad Ostia, ove
fu trattato il Papa di lauto con-
vito dal cardinal Carvajal ; indi in
compaguia di cinque o 9ei cardi-
nali s'incamminò verso Roma, per-
nottando nel monistero di s. Pao-
lo, ove i romani corsero in folla
per vederlo. Nel dì seguente 29
agosto vi si portarono pure i car-
dinali, i prelati, i consoli, gli oratori
delle corti, i decurioni, gli ufìiziali
della curia, i soldati di guarnigio-
ne che in numero di duecento e-
rano deputali alla custodia del
Pontefice, facendo successivamente
la guardia alle porte del palazzo
apostolico ; e parimenti i cavalleg-
gieri anch'essi deputati alla guar-
dia del corpo del medesimo Papa.
Biagio Ortiz nella Descrizione del
viaggio di Adriano VI, descriven-
do al cap. XXI questo celebre in-
gresso in Roma, riporta il discor-
so fatto al Papa da un personag-
gio, dopo che i cardinali gli avea-
no reso l'obbedienza, e la risposta
del Pontefice. Tre ore avanti mez-
zodì partì Adriano VI dal moni-
stero per la città. Precedevano al-
cune guardie a cavallo, seguivano
12
i78 1NG
i soldati di fanteria della custodia
del palazzo, indi gli scudieri cogli
altri officiali della curia, vestiti di
abiti rossi, e per ultimo il maestro
di camera con altri prelati dome-
stici. Subito poi venivano i pala-
frenieri che circondavano il Pon-
tefice. Seguivano immediatamente
il dottore d'Agreda protomedico,
e il maestro Pietro di Iloma fiam-
mingo, principale di camera , ufli-
ziale del registro per la spedizione
delle suppliche. Indi seguivano i
cardinali, e dietro a questi gli ora-
tori, i consoli, i magnati ed i no-
bili, e finalmente la gran turba del
popolo concorso allo spettacolo, tut-
ti esclamando: Benedictus qui venit
in nomine Domini, per la vantag-
giosa opinione che avevano della
santità e dottrina del nuovo Pon-
tefice. Giunto esso con sì magnifi-
ca pompa alla porta della città ,
trovò nel primo ingresso bellissi-
mi archi trionfali, a somiglianza
di quelli degli antichi romani. Al-
tri dicono che il Papa sospese il
compimento di tali archi, che fu
portato in sedia gestatoria da s.
Paolo sino alla porta della città ,
e che ivi il cardinal Farnese gli
presentò a baciare la croce, ed il
senatore e conservatori di Roma
fecero la tradizione delle chiavi ;
che fu preceduto dalla ss. Euca-
ristia {Vedi), secondo il costume
de' Papi che viaggiano , e che fu
così accompagnato con grandi ap-
plausi e col rimbombo de' cannoni
sino al palazzo vaticano, dopo a-
vere ascoltata la messa nella con-
tigua basilica. Il Cancellieri nella
Storia de possessi a pag. 86 ri-
produsse il diario che di questo
solenne ingresso fece il maestro di
cerimonie Biagio Martinelli. Que-
sto ingresso fu scolpito sul mau-
ING
soleo di Adriano VI, nella cbiesa
di s. Maria dell' Anima dov' è se-
polto.
Nel pontificato di Paolo III e
nel i536 l'imperatore Carlo V
fece il solenne ingresso in Roma,
a seconda della minuta descrizione
che ne fa il predetto Cancellieri a
pag. g3 e seg. Si narra, che per
fare la strada si demolirono più.
di duecento case, e tre o quattro
chiese, onde farlo passare libera-
mente sotto gli archi di Costanti-
no, di Tito e di Settimio Severo,
e per nuove strade, le quali si
videro tutte adornate con fine tap-
pezzerie e bellissimi quadri; inol-
tre Paolo III che invitò a Roma
Carlo V, per riceverlo onorevol-
mente deputò diversi commissari
a procurar le cose necessarie di
vettovaglie, di alloggiamenti, e per
l'erezione degli archi trionfali ed
altri ornamenti. Spedì ad incon-
trarlo monsignor Baldassarri da
Pescia, per farlo onorare in tutti i
luoghi soggetti al dominio della Chie-
sa, ed espressamente deputò ancora
ad incontrarlo e complimentarlo i
monsignori Sipontino arcivescovo
di Siena, Capizucco, ed il vescovo
Colonna, oltre due cardinali lega-
ti di s. Severina e di Trani, i
quali lo presero in mezzo e lo
accompagnarono sino a s. Paolo ,
ove Carlo V alloggiò la notte dei
4 aprile. Nella seguente mattina
ad ore quindici, l'imperatore vol-
le fare la solenne entrala. La de-
scrizione venne pubblicata col li-
bro intitolato: Ordine, pompa _,
apparati e ceremoniale della so-
lenne entrata di Carlo V impera-
tore sempre augusto nella città di
Roma, i536. Tutti i cardinali si
recarono ad incontrare l'impera-
tore, tranne quattro che restarono
ING
col Papa ad aspettarlo in s. Pie-
tro; e cos'i tutti i vescovi, prelati,
baroni, cittadini romani ed offi-
ciali della corte si radunarono in
s. Sebastiano, dove Carlo V fu da
tutti secondo i loro gradi e colle
debite cerimonie ricevuto ed in-
chinato. La pompa dell'ingresso si
ordinò come segue. Il marchese
del Vasto generale capitano im-
periale precedeva, essendo seguito
dai soldati di fanteria in numero
di 35oo colle proprie insegne.
Indi venivano il duca d'Alba ric-
camente" addobbato con molti suoi
gentiluomini, paggi e cavalli, di
una livrea tutta di panni d'oro di
diversa sorte e lavoro; cinquecento
uomini a cavallo; alcune famiglie
de' baroni imperiali, de'nobili ro-
mani, de'cardinali; i paggi e ca-
valli dell'imperatore, bellissimi e
guarniti di diverse sorta di abbi-
gliamenti ricchissimi , essendo i
paggi tutti vestiti di una livrea di
velo giallo e bigio ; la famiglia
del conte di Benevento, sopra bel-
li e ben ornati cavalli, tutti vesti-
ti di sai di tela d'oro; la famiglia
di palazzo ossia pontifìcia , tutta
vestita di scarlatto ; cento giovani
romani con livrea di giubboni di
teletta d'argento, saie e robe di
raso e velluto paonazzo, ciascuno
con due servitori in livrea; i ca-
po-rioni, il senatore, i conservato-
ri, i sindaci ed i cavalieri romani
vestiti all'antica di un corto man-
to di broccato, con berrette a ta-
glieri pur di broccato foderate di
armellini. Questi giovani romani
insieme coi conservatori procedeva-
no alla stalla, portando il baldac-
chino pur di broccato dell'impe-
ratore. Carlo V era vestito sem-
plicissimo, con un saio di velluto
paouazzo ed un cappelletto del me-
ING 179
desimo, ornato con alcune punte e
cordoni d'oro, cavalcando un ca-
vallo leardo bellissimo, in mezzo
ai cardinali di Siena e di Tiaui,
uno per essere decano, l'altro qual
primo vescovo. Avanti all'impera-
tore incedevano uno squadrone di
duchi, marchesi, conti, baroni e
gentiluomini tutti ricchissimamen-
te e variamente vestiti, e fra essi
Pier Luigi Farnese figlio del Pa-
pa, ed Ascanio Colonna. Seguiva
la guardia imperiale degli spagnuo-
li alabardieri vestiti di velluto gial-
lo, indi i cardinali, gli arcivescovi,
i vescovi ed altri prelati, e per
ultimo la retroguardia di fanteria
imperiale di i5oo, e 3oo cavalieri
alla borgognona, e circa mille fan-
ti archibugieri. Con questa pompa
e corteggio essendo stato incontra-
to dai cardinali avanti la chiesina
chiamata Domine, quo vadis ? al
dire del Torrigio, giunse alla por-
ta di s. Sebastiano assai decorata
con pitture simboliche, perchè il
Papa dispose che facesse V antica
via trionfale. Alla porta 1' impera-
tore fu incontrato dal clero roma-
no, e baciata la croce presentata
da mousignor Capizucco vescovo
di Nicastro e vicario del Pontefi-
ce, non apparendo tale nell' elenco
del Ponzetti ; e fatte Carlo V
alcune altre cerimonie, pel Circo
Massimo, pel Settizouio, passò sot-
to gli archi di Costantino, Tito e
Settimio, e per la via di Marforio
sotto quello eretto presso la piaz-
za di s. Marco, disegno di San Gal-
lo tutto di legno con bellissimi
ornamenti, iscrizioni ed allusioni
ai fasti dell' imperatore ; indi per
la via de' Cesarmi, per quelle del-
la Valle e de' Massimi voltò per
Campo di Fiore, e giunse per la
via dritta a ponte s. Angelo tutto
180 ING
decorato di statue. Allora il castel-
lo, anch'esso nella sua porta addob-
bato, esplose parecchi tiri d' arti-
glierie, e per Borgo giunse Carlo
V sulla piazza di s. Pietro. Il Pa-
pa lo aspettava sopra un palco
nelle scale, in compagnia de' men-
tovati cardinali, della sua famiglia
e guardia. Smontato 1' imperatore
da cavallo, con grandissima rive-
renza ed umiltà andò a baciare
il piede al Papa, il quale Io ba-
ciò in volto, e abbracciò tenera-
mente, e per la mano lo condusse
nella basilica ; mentre le artiglie-
rie e le moschetterie spararono per
giubilo, essendo le porte della ba-
silica magnificamente abbellite. Nel-
la basilica il corteggio dell' impe-
ratore baciò i piedi a Paolo IH,
che recitate alcune orazioni bene-
disse Carlo V e la sua corte, e
portatisi insieme nel palazzo vati-
cano, si separarono nella sala della
cappella, il Papa ritirandosi nelle
sue stanze, e Carlo V in quelle
di Alessandro VI : nella sera furo-
no fatte allegrezze per tutta la cit-
tà e fuochi in Castel s. Angelo. Il
Torrigio nelle sue Grotte vatica-
ne p. 110, aggiunge, che V impe-
ratore assisti alla messa pontificale
di Paolo III, venerò il Volto san-
to e la sacra Lancia, e parti da
Roma ai 18 aprile, dopo avere ri-
baciato il piede al Papa. Questi
donò all' imperatore un uffiziolo
della Madonna, miniato finissima-
mente da Giulio Clovio, con co-
perte d' oro con preziosissime gio-
ie fatte da Benvenuto Cellini ; e
Carlo V regalò a Paolo III un
diamante del valore di dodicimila
scudi, che Benvenuto gli legò in
un anello.
Altro ingresso trionfale vide Ro-
ma due anni dopo, quando il po-
ING
polo romano volle dimostrare la
sua gratitudine a Paolo III ch'era-
si portato a Nizza per pacificare
l'imperatore con Francesco I re
di Francia. I romani a' 24 luglio
i538 andarono ad incontrare il
Pontefice a ponte Molle, coi prin-
cipali signori di Roma, coi Colon-
nesi ed i conservatori ; adornarono
la porta Flaminia con pitture ed
iscrizioni, cosi l'arco di Portogallo
allora nella strada del Corso. Il
Papa fu ricevuto tra le giulive
acclamazioni, e nella mattina smon-
tò al palazzo di s. Marco, dopo
aver fatto gittar denari e rivestire
quaranta romani. Verso il fine
dello stesso secolo, volendo s. Pio
V onorare col trionfo il prode Mar-
c'Antonio Colonna vincitore de'tur-
chi nella famosa battaglia di Le-
panto, di che tenemmo proposito
nei voi. XIV, p. 291, XVIII, p.
70 e seg., e XXIX, p. 248, del
Dizionario, la solenne entrata in
Roma ebbe luogo a' 4 dicembre
1 57 1 ; e Francesco Albertonio ne
pubblicò la relazione che compen-
diata qui daremo. Altrove par-
lammo a'ioro luoghi de' di versi co-
stumi come andarono vestiti quelli
che intervennero alla solenne pom-
pa di sì trionfale ingresso. Mar-
c'Antonio alla porta di s. Sebastia-
no fu ricevuto dal senatore, con-
servatori, capo-rioni ed altri uffi-
ziali del popolo romano. La porta
fu adornata con analoghe pitture,
simboli, iscrizioni, e stemmi del
Papa, del popolo romano, e del
Colonnese. Incedendo la pompa
per la via Appia, pel Settizonio,
passò sotto gli archi di Costantino,
di Tito e di Settimio Severo, tut-
ti decorati con allusive iscrizioni:
nel foro romano 1' attendeva la
compagnia delle milizie della città.
ING
Sa!"ì il corteggio sul Campidoglio, le
cui finestre erano ornate con iscri-
zioni ed insegne tolte ai nemici, tra
il suono di musicali istromeuti , lo
spaio de'moschetti e le voci giu-
bilanti de'romaui. Dal Campidoglio
proseguì la pompa per le vie dei
Cesarini, della Valle, di Pasquino,
e per monte Giordano arrivò sul
ponte s. Angelo. Quivi il trionfato-
re fu salutato dagli istrumenti ed
artiglierie del castello, e per Bor-
go traversò la piazza di s. Pietro,
e s'introdusse nel palazzo vaticano.
Nel cortile Marc'Antonio scese da
cavallo, e portossi alla chiesa rice-
vuto dal patriarca di Gerusalem-
me vicario e vescovo di Pola, ve-
stito in pontificale, accompagnato
dai canonici e clero. Condotto il
Colonna all' altare del ss. Sagra-
mento ivi fu cantato il Te Deum;
visitò gli altri altari, e posto in
mezzo da due camerieri del Papa,
a questi venne introdotto in com-
pagnia degli uffiziali romani. Pio
V lo ricevette con grandi dimo-
strazioni di onore, e gli diede lun-
ga e grata udienza a solo. Dipoi
il giorno di s. Lucia nella chiesa
di s. Maria d'Araceli solennemente
si celebrò la messa dello Spirito
Santo, Marc'Antonio Mureto pro-
nunziò una bellissima orazione in
lode del trionfatore, ed ebbero luogo
altre festevoli e pie dimostrazio-
ni descritte da Sebastiano Torello,
e riportate dal Cancellieri nella
Storia de possessi a p. 1 18. Quan-
to alla descrizione della pompa
trionfale , eccone il compendiato
racconto. La soldatesca della città
che l'accompagnò venne divisa in
tre squadroni. Eranvi dodici vesti-
ti alla turchesca, ed alcuni turchi
schiavi legati in numero di due-
cento, tra' quali alcuni pascià , il
ING i8t
viceré di Negroponte e forse un
nipote di Seliin II. Procedevano
quindi a cavallo alcune file di
gentiluomini, seguiti dai maestri di
strada, dai sindaci, dagli scriba se-
nalus, dai segretari, dai marescialli
del popolo romano, dai capo-rioni,
dal priore de' medesimi, dal gon-
faloniere in mezzo ai cancellieri
e portante lo stendardo del popolo
romano. Indi cavalcavano il com-
mendatore gerosolimitano Roma-
gasso con lo stendardo del Papa,
il capitano delle guardie pontifi-
cie, due nipoti di Pio V, il gene-
rale della fanteria, e Marc'Antonio
Colonna a cavallo sopra una chi-
nea del Papa, con sella di tela di
oro, guarnita d'oro e seta rossa
con frangie simili da piedi ; por-
tava stivaletti bianchi incerati con
calze di seta d'oro, e sotto tela di
argento e seta morella , giubbone
di tela d'oro con cappotto di seta
nera con trine d' oro foderato di
pelli zibelline , con cappello di
velluto nero guarnito di frangia
d'oro con perle di molto valore,
e salutava tutti umilmente, sem-
pre col cappello in mano. Erangli
intorno dodici staffieri con calze
d'oro di velluto cremisino trincia-
to, con ginocchiati di raso picchia-
to, con calzette cremisine e scarpe
bianche, borricco di velluto nero
con liste del medesimo trinciante,
e giubbone di raso cremisino pic-
chiato, cappe di panno nero con
liste di velluto quattro dita larghe,
e berretta di velluto nero con piu-
me bianche e rosse. Dietro ad es-
so venivano il senatore coi conser-
vatori, ed i cavalleggieri del Papa.
Sisto V per regolare meglio le
cose dell'ordine gevosomilitano, nel
1087 chiamò a Roma il gran mae-
stro fr. Ugo de Loubeus de Ver-
182 ING
dalle. Avvicinandosi questi alla cit-
tà, il cardinal Alessandro Peretti
nipote del Papa gli mandò incon-
tro buon numero di carrozze e di
cavalli a maggior comodo del suo
seguito numeroso, ed oltre a ciò gli
mandò in dono una lettiga coper-
ta di velluto cremisino fregiata d'o-
ro. In questa entrò il gran maestro,
seguito da una sedia di velluto ne-
ro portata da otto schiavi con ca-
sacconi di velluto nero trinati d'o-
ro, essendo circondato da ventiquat-
tro palafrenieri vestiti dell'istesso
drappo con maniche di broccato. Il
gran maestro agli 8 dicembre de-
sinò nella villa di Ciriaco Mattei
barone romano, quindi venne incon-
trato dalle famiglie de'cardinali, de-
gli ambasciatori e dei principi, e
fece il suo ingresso in Roma con
tanto concorso di tutti gli ordini
della corte e della nobiltà roma-
na, che non solamente superò l'in»
trata del suo predecessore La Cas-
siere, della quale facemmo parola al
voi. XXIX, p. 252 del Dizionario,
ma qualsivoglia altra più. magnifi-
ca e più solenne che da molti an-
ni veduta si fosse. Nel passare pel
ponte s. Angelo, salutollo il castel-
lo con tutte le artiglierie, ed il si-
mile si l'innovò quando sulla piaz-
za di s. Pietro pose piede in terra.
Asceso nel palazzo vaticano , fu
accolto nella prima loggia da d.
Michele Peretti fratello del cardi-
nale, e condotto nella sala di Co-
stantino lo presentò al Papa ed al
sacro collegio al modo narrato a
p. 253 del citato volume, ove pu-
le si disse dell'alloggio datogli nel
Vaticano. Ivi fu visitato dal cardinal
Peretti, da tutti i cardinali, dagli
ambasciatori e da tutta la corte;
indi Sisto V lo creò cardinale, co-
me si legge nel Pozzo, Historia del-
ING
la sacra religione, t. I, p. 298 e
seg. Del solenne ingresso che fece
in Roma nel pontificato di Alessan-
dro VII la celebre Cristina regi-
na di Svezia, se ne può leggere la
descrizione nel voi. X, p.3o2 e seg.
del Dizionario. Da ultimo in Ro-
ma nel i838 coi tipi del Sal-
viucci il dotto e eh. d. Tito Crcco-
ni bibliotecario dell' eccellentissima
casa Albani, pubblicò l'opuscolo inti-
tolato : Descrizione del primo viag-
gio fatto a Roma dalla regina di
Svezia Cristina Maria, e delle ac-
coglienze quivi avute ec, del p. Sfor-
za Pallavicino della compagnia di
Gesìi, poi cardinale, tratta da un
manoscritto della biblioteca Alba-
ni. In esso a p. 4° e seg- si descri-
ve il suo ingresso in Roma, ed al-
tro relativo. Dell'incontro dei car-
dinali a qualche principe sovrano
nei loro ingressi in Roma ne par-
lammo altrove al voi. X, p. 3o2
del Dizionario, all'articolo Ferrara
ec. Il Lonigo, Delle vesti purpuree
p. 4'> dice che quando i cardinali
cavalcavano per incontrare i car-
dinali legati che ritornavano dalle
legazioni, o i cardinali che porta-
vansi a ricevere il cappello cardi-
nalizio, o per incontrare imperato-
ri, re, od altri principi, assumeva-
no le cappe paonazze di cambellot-
to, le sottane conformi al tempo
e giorno corrente, dovendo essere
i finimenti delie mule conformi al
colore delle sottane non delle cap-
pe; tuttavolta Leone X per onora-
re Francesco I lo fece incontrare
dal sagro collegio con cappe ros-
se. A p. 56 poi avverte che i car-
dinali per antica consuetudine in-
contravano collegialmente gl'impe-
ratori ed imperatrici sì latini che
greci, i re, le regine, i figli dei re
primogeniti, laici e legittimi, il do-
ING
gè o principe di Venezia come si
praticò in Ancona a tempo di Pio
11. Avverte inoltre, che ad altri
principi di sangue regio, come fra-
telli di re, figli di re non primo-
geniti, figlie e sorelle di re o re-
gine, non uscivano i cardinali col-
legialmente ad incontrarli, ma si
soleva mandare due cardinali no-
mine collegi, e Io stesso si faceva
coi nipoti legittimi dei re, etiarn ex
primogenito, così al tempo di Ales-
sandro VI con Ferdinando princi-
pe di Capua figliuolo d'Alfonso pri-
mogenito di Ferdinando re di Na.
poli.
Dopo la morte di Pio VI acca-
duta in Valenza di Francia, nel
declinar dell'agosto 1799, a cagione
delle turbolenze de'tempi il sacro
collegio dei cardinali non in Ro-
ma ma in Venezia potè adunarsi
in conclave per dargli il successo-
re, ciò che si effettuò nel marzo
1800 nella persona del cardinal
Chiaramonti che- prese il nome di
Pio VII. Afflitta Roma per un'in-
fausta serie di politiche vicende,
giubilò per tale esaltazione, e que-
sta gioia immensamente si accreb-
be nell'avvicinarsi a lei il nuovo pa-
dre e sovrano, per cui volle cele-
brarne solennemente l'ingresso che
ebbe luogo a' 3 luglio. Se ne pub-
blicò la relazione dalla stamperia
di Vincenzo Pilucchi Cracas, ed il
Cancellieri l'inserì nella summento-
vata Storia a p. 469 e seg. Dalla
stamperia Lazzari ni poi si pubbli-
cò la Descrizione dell'arco trionfa-
le ed altre decorazioni architetto-
niche innalzate nella piazza del Po-
polo per solennizzare il primo glo-
rioso ingresso nella dominante del-
la santità di nostro Signore Papa
Pio VII. Questo ingresso fu cele-
brato come altri con coniazione di
ING i83
medaglia con l'effigie del Papa e
l'epigrafe, advextvi. opt. prixcipis.
v. >ox. qvixct. Nel rovescio fu rap-
presentato il detto arco trionfa-
le. La nobiltà, il senato e popolo
romano, oltre le dimostrazioni di
ossequio e di tripudio già date
dalla città, ordinò per tale avveni-
mento la costruzione del detto ar-
co trionfale all'ingegnere Benedetto
Piernicoli, che l'eresse sulla piazza
del Popolo all'imbocco della strada
del Corso, innestando per così di-
re la macchina dell'arco colle estre-
mità delle due chiese della Madon-
na dei Miracoli, e di s. Maria di
Monte Santo, con istatue colossali,
inscrizioni , ed anologhi emblemi
ed ornali. Per più nobilitare la de-
corazione della piazza si continuò
l'architettura anche nelle altre due
strade che conducono a Ripetta
ed a piazza di Spagna, formando
nella linea della facciata delle due
chiese due porticati. Si decorò an-
cora gran parte della piazza del
Popolo, fin dopo l'obelisco, con
due linee di gradinate per comodo
della popolazione, con quattro or-
chestre. Tutta la piazza venne
guarnita dalla truppa napoletana
col general d. "Diego Naselli alla
testa, essendo il governo provviso-
rio di Roma stato affidato ai mi-
nistri del re Ferdinando IV. Es-
sendo tutto disposto pel felice in-
gresso in Roma del supremo Ge-
rarca, e le strade ornate di nobili
tappezzerie, il tenente generale
Bourchard andò in vece del mare-
sciallo Acton fino alla stazione della
Storta per complimentare il Pon-
tefice, e fargli scorta fino alla ca-
pitale col corteggio di scelta uffi-
cialità, e di cinquecento uomini di
cavalleria. Pio VII, deposto 1' abi-
to viatorio nel casino del cav. Boc-
>84 1NG
capaduli vicino a ponte Molle, e
ripresi gli abiti usuali si pose nel-
la bellissima carrozza tirata a sei
divalli, donatagli dal contestabile
Colonna, insieme ai cardinali Giu-
seppe Doria e Romualdo Braschi,
non permettendo ebe fosse tratta
a braccio da molti divoli romani
trasteverini. Dopo essere stato com-
plimentato a nome del re di Na-
poli, il Pontefice s' incamminò ver-
so la porta tra innumerabile po-
polo esultante, indi verso le ore
22 fece il suo ingresso in Roma
come in trionfo, scortato da nu-
merosa cavalleria oltre la corte
pontificia ; assordando 1' aria i cla-
morosi e lieti evviva, il suono del-
le orchestre, quello di tutte le
campane della città che durò
un' ora e mezzo, ed il continuo
rimbombo delle artiglierie di Ca-
stel s. Angelo, ove furono inalbe-
rati gli stendardi pontificii. Prose-
guendo il treno per la via del
Corso, voltò al palazzo Ruspoli per
la strada che conduce a ponte s.
Angelo, e per Borgo giunse alla
basilica vaticana . Smontò dalla
parte della sagrestia, ricevuto dai
vescovi, prelati, da undici cardina-
li, e dal cardinal York alla testa
del capitolo della basilica. Avendo
quivi appagata la sua divozione,
collo stesso accompagnamento e
slato maggiore del re di Napoli
ossia delle due Sicilie, il Papa si
condusse al palazzo Quirinale, ri-
cevuto dal cardinale Roverella pro-
datario, da monsignor Consalvi pro-
segretario di stato, dal general Na-
selli, dal regio consultore Frama-
rino, da molti vescovi e prelati,
da tutta la camera segreta e di
onore, e dalla' milizia urbana o
caputoli del popolo romano, la cui
nobiltà trovò schierata nelle scale
ING
e nelle anticamere. Finalmente por-
tatosi alla loggia del palazzo, com-
partì 1' apostolica benedizione al-
l' immenso popolo: per tre sere
fu fatta generale illuminazione, ed
i poveri provarono gli elfetti della
comune esultanza.
Essendosi portato Pio VII a
Parigi per coronare Napoleone, ri-
tornando nel i8o5 alla sua capi-
tale, solenne ne fu 1' ingresso, che
descrive il numero 41 del Diario
dì Roma, di cui. diamo qui ap-
presso un sunto. A' 16 maggio il
Papa giunse a Monte Rosi dopo
avere pernottato a Nepi in casa
Pisani, ed ivi ascoltata la messa.
Ad ore 19 arrivò alla Storta, ove
furono ad ossequiarlo il ministro di
Spagna e molti signori romani,
mentre altri d' ambo i sessi lo at-
tendevano lungo la strada che cou-
duce a ponte Molle. Quivi giunto
trovò molti prelati tra' quali mon-
signor Alessandro Lante tesoriere
generale, che gli mostrò i miglio-
ramenti fatti al ponte, principal-
mente per questo suo ritorno in
Roma. In una casa poco distante
Pio VII dimise gli abiti viatorii,
ed assunse gli usuali, e sali nella
carrozza nobile detta stufa, coi
cardinali di Pietro e de Bayane,
e fece il suo ingresso nella città
colle solite dimostrazioni di onore
e di allegrezza, preceduto e segui-
to da questo treno. Precedeva un
picchetto di cavalleria, quindi ve-
nivano due battistrada a cavallo;
una carrozza di palazzo col cav.
Altieri vice-sopraintendente delle
poste, il marchese Sacchetti foriere
maggiore, ed il barone Piccolomi-
ni cavallerizzo maggiore; monsi-
gnor Speroni crocifero a cavallo
colla croce pontificia inalberata; la
carrozza col Papa circondata dai
ING
palafrenieri con alla portiera Livio
Pai moni corriere di gabinetto, Giu-
seppe Moiraghi ed Andrea Morel-
li aiutanti di camera a cavallo,
ed uno scopatore segreto ; tutta
la guardia nobile a cavallo ; la
seconda muta nobile pontificia, con
entro i monsignori Gavotti mag-
giordomo, Altieri maestro di ca-
mera e Menochio sagrista ; altra
carrozza di palazzo a quattro ca-
malli con entro i due francesi de
Brigode e Duronsel mandati da
Napoleone ad accompagnare il Pa-
pa, il duca Brascbi ed il principe
Altieri ; in altro frullone a quattro
cavalli i monsignori Mancurti e
Calderini camerieri segreti, Testa
segretario delle lettere latine, e
Braga primo cappellano segreto ;
la carrozza nobile del cardinal di
Pietro col suo seguito ; la carrozza
nobile del cardinale de Barane
col suo seguito, e le seconde loro
carrozze colla famiglia di città;
le carrozze del maggiordomo e
del maestro di camera colle loro
famiglie di città; un picchetto di
cavalleria, la carrozza da viaggio
di sua Santità, e simili di monsi-
gnor tesoriere, dei due cardinali
colle famiglie di campagna ; le
bastarde dei francesi colle famiglie;
le carrozze da viaggio dei monsi-
gnori maggiordomo, maestro di ca-
mera, elemosiniere Bertazzoli, del
crocifero, del duca Braschi, del
principe Altieri, del marcbese Sac-
chetti foriere maggiore ( il quale
essendo stato direttore degli allog-
gi nel viaggio portava la sua car-
rozza, quale non avea il cavalleriz-
zo, e per non aver fatto parte
del seguito pontificio nel viaggio,
e per essere andato incoutro al
Papa colla carrozza di palazzo ) e
del cav. Altieri; quindi seguiva la
ING 18?
truppa di cavalleria e fanteria,
chiudendo tutto il seguito la trup-
pa a cavallo della provincia del
Lazio e Sabina. Con quest' ordine
il Pontefice per le strade summen-
tovate, tra le vive acclamazioni
del popolo giunse a s. Pietro, ri-
cevuto dal sacro collegio, da tutta
la prelatura, dal senatore, dal ma-
gistrato romano, dalla camera se-
greta, e dal capitolo della basilica,
il cui arciprete cardinal York apri
lo sportello della carrozza. Dopo
avere il Pontefice fatto orazione,
assistito al Te Deurn e ricevuta la
benedizione col ss. Sagramento, in
una stanza contigua alla cappella
di s. Leone I ricevette gli ossequi
dell' arciduchessa Marianna d' Au-
stria, e del principe ereditario ba-
varo palatino, i quali avevano as-
sistito alla funzione, come vi as-
sistette molta della nobiltà tanto
romana che straniera. Dopo di
che il santo Padre risali in car-
rozza coi due cardinali, e col me-
desimo corteggio si portò al palaz-
zo Quirinale, ove 1' attendevano i
cardinali palatini, i principi e ba-
ronaggio romano, molta prelatura
e la camera segreta. La sera vi
fu generale illuminazione per la
città, insieme a quella della cupo-
la, facciata e colonnato di s. Pie-
tro, oltre 1' incendio della girando-
la in Castel s. Angelo. Nella mat-
tina seguente si portarono al pa-
lazzo a congratularsi col Pontefice
del prospero ritorno, il re di Sar-
degna Carlo Emmanuele IV, ed
il cardinal York decano del sacro
collegio . I cardinali, gli ambascia-
tori, i ministri, i principi ed altri
nobili, e la primaria prelatura, giu-
sta il consueto, mandarono i loro
gentiluomini per informarsi dello
stato di salute del sauto Padre.
i86 ING ING
Si coniò una medaglia coli' effigie delegato apostolico a riprendere le
del Papa e col motto: ex gallia redini del governo, sì in Roma che
hedevnti. postr. EiD. mai; e nel" nelle provincie, monsignor Agosti-
l'esergo p. mii/vivs. eest. mdcccv , no Rivarola poi cardinale, il quale
pel risarcimento ed ornato del annunziò poscia a Roma il ritorno
monte Molle. Altre notizie sui so- del sommo Pontefice tanto desi-
lenni ingressi si possono principal- derato. L' entusiasmo de' romani
mente leggere negli articoli Viag- giunse ad un punto non facile a
gì, Villeggiature, Treni e Caval- descriversi, e Roma si vide popo-
cate. lata degli abitanti de' circostanti
Ma il 24 Diaggio t 8 1 4- sai'à luoghi, come di altri paesi, e pre-
sempre, massime per Roma, giorno sento uno spettacolo da non po-
memorabile e glorioso, pel trionfa- tersi immaginare da chi non lo
le e solennissimo ingresso che fece vide. Si fecero quindi grandi pre-
Pio VII in questa metropoli del parativi per festeggiare il sospira-
cristianesimo, e ritorno alla sua to ritorno del legittimo principe,
sede, dopo cinque anni di depor- e del capo della Chiesa universale,
frizione, per cui in perpetuo rin- I romani con generale movimento
graziamento alla Reata Vergine, il abbandonarono pressoché ogni cu-
rnedesimo Pontefice istituì la festa ra, e solo attesero ad occuparsi in
di divozione per Pioma e per tut- pubblici e privati modi in prepa-
to lo stato ecclesiastico di Maria rare splendidi segni di loro leti-
A uxì Hit m clivi stiano rum. La descri- zia, e brillanti illuminazioni; tutti
zione di questo avventurato in- ardentemente bramosi di esternare
presso fu stampata a parte, non in diversi modi la loro profonda
che nel Giornale romano nume- venerazione verso il comun padre
ro 63, e suo supplemento del 28 e sovrano, senza distinzione di
maggio i8i4j e successivi numeri persone o ceti, laonde anche i bi-
64, 65 e 66. L' avvocato Miche- sognosi ed i poveri con luminarie
le Galea/zi pubblicò un' elegantis- e festevoli apparati presero parte
ma descrizione per commissione al giubilo universale. Dal ponte
del ministro di Portogallo Pinto, Molle alla porta del Popolo e nel-
e con questo titolo: Epìstolam ad le vie interne della città che Pio
amicwn Petropoli commoranlem de VII dovea percorrere, si eressero
trium phali Pii FU. P. M. in Ur- archi di trionfo, anfiteatri, colon-
bem ingressu, Romae apud Rourliè nati, gradinate, tappezzerie, addob-
i8i4- 11 Pistoiesi nella Vita di bi , festoni, versare, fiori, ed or-
Pio VII) t. HI, p. 194 e seg-> ce namenti d'ogni genere, e molti di
ne diede eziandio la relazione con nuova invenzione. Le gradinate
molte delle iscrizioni in tale epoca principiarono dal detto ponte fino
poste negli archi trionfali ed al- alla porta del Popolo, e da questa
trove. Noi ci limiteremo ad ac- fino al Vaticano ed al Quirinale,
cennare le cose principali. Dopo estensione assai grande ma ristret-
1' occupazione di Roma e stato ta al desiderio del numero prodi-
pontificio operata dagl' imperiali gioso di quelli, che anelanti, e
francesi, venendo Pio VII reinte- col cuore intenerito, e gli occhi
grato de' suoi dominii, nominò suo umidi di lagrime, concorsero a fé-
IXG
sfeggiare il passaggio dell' immor-
tale Pio VII. Il popolo incominciò
a prendere posto nella mattina per
le strade e palchi ; e le finestre
e loggie e persino i tetti delle a-
bitazioni furono piene zeppe di spet-
tatori: tutte le strade erano semi-
nate di mortella, lauro, mirto e
fiori. Dal sito detto di Papa Giu-
lio III, sino alla porta della città,
ING
iS-
abbellirono la strada due lunghe
ale d' archi di mortella ; da ogni
arco pendevano «erti di odorifere
rose, e nel mezzo eranvi vasi in
forma etrusca variopinti, pei* non
dire di altri belli ornati, dei si-
mulacri della Religione e di Roma,
stemmi pontificio e del popolo
romano, ed iscrizioni; la prima co-
sì diceva
RED1TVI . FAVSTO . FEtICI
PII . VII . POST . MAX.
INCOLUMIS. EST . QVOD . VRBS .SALVA . QVOD
RELIGIO
La porta del Popolo venne or-
nata con grandioso stemma del
Pontefice ed iscrizione , e poiché
tutto in quel giorno essere dove-
va simmetria, magnificenza e gran-
dezza , incontro alla chiesa di s.
Maria del Popolo s'innalzò consi-
mile facciata : ivi si schierarono le
milizie de' capotori, ed il senato
romano attese il Pontefice. Dai la-
ti di queste due facciate progredi-
va per ambe le parti un colon-
nato, il quale terminava sull' im-
boccatura delle due strade latera-
li che conducono a Ripetta, ed
alla piazza di Spagna. Il disegno
di queste architetture e decora-
zioni fu del cav. Giuseppe Vala-
dier, ed eseguito per ordine del
senato e popolo romano, con di-
verse allusive iscrizioni. Nella piaz-
2a di Venezia coll'opeia dell'archi-
tetto cav. Clemente Folchi, i mer-
canti di campagna innalzarono un
arco trionfale che caratterizzava
la fermezza del venerando trion-
fatore. Esso era d' ordine dorico,
con emblemi , ornati , bassorilievi
ed iscrizioni; il gruppo di statue
posto nella sommità rappresenta-
va la Religione che dà la pace alle
nazioni. Sul bivio delle quattro
strade della via. Papale, al luogo
detto de' Cesarmi, si eresse altro
arco di trionfo, semplice ma ben
inteso , e con emblemi e figure
allegoriche: per la spesa concorsero
gli abitanti del luogo, e 1' archi-
tetto fu Giocondo Dante. Nella
piazza di ponte s. Angelo, alcune
persone, fra le quali l'avvocato Set-
tembrini , a mezzo dell' architetto
Tommaso Zappati , eressero una
magnifica mole quasi ottagona di
decorazione, ossia monumento qua-
drato ad angoli tagliati, rappresen-
tandosi sopra un arco le virtù che
caratterizzavano il Pontefice, la Co-
stanza religiosa e trionfante sopra
le altre. Alla prestazione gratuita
l'architetto associò i seguenti arti-
sti che fecero le statue allegoriche:
cioè la Giustizia il cav. Pacetti,
1' Umiltà il cav. Thordwalsen, la
Temperanza e la Prudenza il cav.
Labotireur, e la Costanza Carlo
Pinelli. Diverse decorazioni, passi
scritturali, epigrafi ed iscrizioni,
abbellivano questa macchina. Inol-
tre il medesimo architetto ornò il
ponte con festoni e vasi. In mol-
ti altri luoghi di Roma s'innalza-
rono frontispizi, colonnati, e mille
altre variate e belle decorazioni.
188 ING
Le truppe civica, pontificia , dei
ca potori, la guardia svizzera, la
cavalleria austriaca, l'infanteria e
la cavalleria napoletana, nel recarsi
ciascuna ai luoghi loro destinati,
accrebbero lo spettacolo che tutti
sorprese e sbalordì. La cavalleria
ungarese si dispose in due ale col-
la fanteria civica e pontificia al-
l'ingresso della porta del Popolo.
La truppa napoletana, infanteria e
cavalleria, nella più bella tenuta,
ed in ordine di parata, si era schie-
rata su tutte le piazze da s. Car-
lo al Corso fino al Vaticano. Qua
e là lungo la strada erano situate
numerose bande musicali, che a
vicenda facevano eecheggiare i mar-
ziali istrumenti ed i loro strepitosi
concerti. Una assai numerosa or-
chestra di scelta musica era situa-
ta nel Corso presso il monistero
delle Orsoline, con coro formato
con regolare architettura. Monsignor
Rivarola, per comodo de' sovrani
allora residenti iu Roma, fece eri-
gere magnifici palchi sulla piazza
del Popolo, ed altri simili ne fece
innalzar nella chiesa di s. Pietro,
monsignor Naro maggiordomo. I
sovrani furono Carlo IV re di
Spagna, la regina sua moglie, e
gl'infanti figli; il re di Sardegna
Carlo Eminanuele IV; la resina
d' Elruria Maria Luigia coi reali
figli; e la duchessa di Chablais.
Questi sovrani si recarono a fare
omaggio al Santo Padre, quando
prese breve riposo alla Giustinia-
na, luogo posto circa sette miglia
prima della porta del Popolo ,
tranne il re di Sardegna che si
trovò sulla porta della basilica va-
ticana quando vi giunse il Papa,
e idi baciò di vota mente i piedi.
Risalilo Pio VII in carrozza pro-
seguì il suo viaggio sino a ponte
ING
Molle , per fermarsi in un casino
ove trovò il corteggio che doveva
accompagnarlo nel solenne ingresso.
Si presentarono alla carrozza del
Pontefice la commissione interina di
slato, il cav. Lesbilzerten inviato
straordinario dell'imperatore d' Au-
stria, il cav. Pinto ministro di Por-
togallo, il tenente generale Pignat-
telli Cerchiara comandante le trup-
pe napoletane collo stato maggiore,
ed altri personaggi. In quel punto
sulla torre del ponte Molle fu inal-
berato il pontificio stemma, ed un
colpo di cannone di Castel s. An-
gelo lo salutò ; questo segnale
sparse nell'animo di tutti incessan-
te gioia, vedendosi avvicinare l'og-
getto da tutti vivamente bramato.
JVel casino il Papa assunse gli abiti
usuali, e ricevette gli omaggi dei
nominati personaggi. Quindi il san-
to Padre ascese nella carrozza no-
bile coi cardinali Mattei decano del
sacro collegio, e Pacca camerlengo
e pro-segretario di stato, carrozza
donatagli dui re Carlo IV: questa
tirarono a braccia settantadue gio-
vani di civil condizione , probi e
pieni di attaccamento al Papa, tutti
uniformemente vestiti in abito ne-
ro, con bandoliere e tracolle di
corame, dalle quali pendevano al-
cuni cordoni di seta cremisi con
piccoli uncini attaccati al timone; la
carrozza era preceduta dai pala-
frenieri pontificii, procedendo il de-
cano del Papa alla portiera secon-
do il consueto. Seguivano, la com-
missione interina di slato nelle sue
carrozze e livree di gala, ed i no-
mi de' membri componenti la com-
missione, sotto la presidenza di mon-
signor delegato apostolico, si leg-
gono nel Giornale romano nume-
ri 5j e 58 ; la vanguardia di ca-
valleria ungala austriaca e napole-
ING
tana ossiano lancieri, eh' era stata
collocata sulle poste percorse dal
santo Padre; contornava la carroz-
za del Papa la cavalleria austria-
ca, dopo la quale incedeva l'intie-
ra compagnia di cavalleria napole-
tana, che avea scortato il Ponte-
fice dal momento ch'egli pose pie-
de ne' luoghi ove trovavasi l'ar-
mata napoletana ; poscia veniva il
marchese Sacchetti foriere maggio-
re, il barone Piccolomini cavalle-
rizzo maggiore, e la carrozza del
maestro di casa de'sacri palazzi.
Precedeva la carrozza pontifìcia
monsignor Speroni crocifero a ca-
vallo colla croce inalberata, circon-
dandola la guardia svizzera nella
sua antica uniforme : al lato destro
della carrozza era a cavallo il te-
nente generale Piguattelli Cerchia-
ra, nel sinistro il maggiore Sigis-
mondo de Oppitz colonnello co-
mandante la cavalleria austriaca o
ungarese, che poscia servì nelle fun-
zioni di guardia d' onore il santo
Padre ; procedendo subito dopo tut-
ta P uiììzialità dello Stato maggiore
dell'armata napoletana colla detta
cavalleria de' lancieri. La carrozza
nobile ed il treno del seguito di
sua Santità erano tirale da mute
a sei cavalli, poscia seguivano le
mute di palazzo coi prelati mag-
giordomo e maestro di camera, e
camerieri segreti partecipanti. Ap-
presso venivano le carrozze nobili
del cardinal Mattei e del cardinal
Pacca, seguite dalle seconde loro
carrozze, e nelle une e nelle altre
eranvi gl'individui delle loro fa-
miglie nobili. Poscia incedevano le
mute a quattro cavalli del mag-
giordomo e del maestro di came-
ra colle loro cappe nere. La ca-
valleria napoletana dietro ed in-
torno a tutte le nominate carroz-
KNG 189
ze, formò il bell'ordine della sua
guardia. Indi venivano le mute e
le carrozze dell'inviato d'Austria,
del ministro di Portogallo, del con-
sole inglese Fagliati e di altri si-
gnori esteri, della corte pontificia,
e della nobiltà romana , oltre il
convoglio da viaggio. Tutta la stra-
da percorsa dal santo Padre eccbeg-
giò continuamente di plausi, di ev-
viva , di spontanee espressioni di
tenerezza, di venerazione ed amo-
re; il Papa commosso dallo spet-
tacolo , a tutti faceva viso ilare e
ripeteva affettuose benedizioni ; tut-
to essendo religioso entusiasmo ed
allegrezza indescrivibile.
Il dottore Giacomo Brasca (che
il Papa regnante fece cavaliere del-
lo Speron d'oro ) della famiglia
che da Sisto V tuttora fornisce di
palme il palazzo apostolico, aven-
do ogni anno presentato a Pio VII
nella sua dimora a Savona una
bellissima palma lavorata a san Re-
mo, fatta raccolta delle più belle
palme si recò in Roma per tribu-
tarle al Pontefice nel suo trionfi-
le ingresso. Quindi nel casiuo del
suo amico Giuseppe Viale chirur-
go, insieme con questo dispose un
coro di fanciulli e fanciulle con
palme in mano, cioè veutidue or-
fanelli vestiti di bianco con colta
e berretta, e quarantacinque ver-
ginelle del conservatorio di Ripet-
ta in parte, altre di oneste fami-
glie romane, e queste zitelle con
panieri di verzure e freschi fiori ,
schierandosi tulli in buon ordine
sulle due ale della strada , avanti
il detto casino posto a circa mez-
zo miglio distante dalla porta del
Popolo. Allorché la carrozza del
Papa si approssimò a questo luo-
go, le fanciulle incominciarono a
spargere i fiori, e gli orfanelli cir-
ì()o ING ING
condando la carrozza offrirono a dalle acclamazioni di giubilo dei-
Pio VII le palme. La novità dello l' intiera popolazione". Sua San-
spettacolo destò generale commo- tità ringraziò il senato e lo bene-
zione, ed il popolo divise alcune dì, proseguendo la carrozza il calli-
di quelle palme, e sull' istante ne mino. La cavalleria austriaca e
ornò i cappelli ed il petto: il Pon- I'uflìzialità della guardia civica che
tefice ne fece, collocare due ai lati riceverono alla porta il Pontefice,
della carrozza. Alia porta del Po- si posero tosto al suo seguito; la
polo il senato romano attendeva il prima marciò immediatamente ap-
supremo Gerarca, che avendo fatta presso di lui, l'altra ne circondò
fermare la carrozza, il marchese la carrozza a piedi con spade sfo-
Rinaldo dal Bufalo della Valle, derale. E qui noteremo, che i detti
come primo conservatore gli dires- uffiziali civici, finché non furono ri-
se questa breve orazione. » Beatis- prislinate le guardie nobili , allor-
simo Padre. Se trionfa la religio- quando il Papa incedette per la
ne, se giubila il mondo cattolico, città col treno pubblico, a piedi ne
se esultano i vostri fedelissimi sud- circondarono la carrozza, mentre
diti, e specialmente Roma eh' è la la cavalleria ungarese la seguiva
sede del sovrano Pontefice, si ri- come dicemmo,
pete dalla magnanima costanza del- Anche tutto il clero di Roma
la Santità vostra nelle diverse tra- colle insegne delle basiliche si
versie della Chiesa e della sovra- portò sulla piazza del Popolo ad
nità. Il senato, in nome del pò- incontrare il sommo Pontefice, e
polo romano, contesta a' piedi di lo precedette processionalmente in-
■vostra Beatitudine i segni della più nanzi alla croce papale portata
■viva riconoscenza, e le presta quel- dal crocifero. Dopo aver percor-
l'omaggio e quella fedeltà che Sem- so il nobilissimo treno e pom-
pre indelebile ha conservata nel pa trionfante tutta la via del Cor-
suo cuore, come ha dato in ogni so, voltò a piazza di Venezia e per
circostanza riprove non equivoche la strada Papale giunse alla basi-
di attaccamento e venerazione, e si lica Vaticana. Il capitolo di questa
chiama fortunato di contestarglielo appena intese che le artiglierie di
in questo fausto avvenimento del Castel s. Angelo annunziavano l'in-
voslro glorioso ritorno, ed in qua- gresso nella porta del Popolo del
lunque altra occasione, ed iinplo- sommo Pontefice, processionalmen-
ra la vostra paterna benedizione", te parti dalla basilica, e proceden-
II Papa rispose benignamente: » Sia- do per la strada Papale, passata la
ino grati al senato romano delle chiesa Nuova, e nelle vicinanze di
dimostrazioni dateci in nome del Pasquino ebbe la religiosa conso-
popolo; nulla però si deve ripete- lazione d'incontrarlo, e fatti i suoi
re da noi , ina tutto da Iddio ". omaggi prese luogo nella proces-
Allora il primo conservatore repli- sione del clero, e con esso proce-
di modestamente. « Fra le altre dette a s. Pietro. Il clero romano
"virtù che. adornano la Santità vo- prima della processione erasi riu-
stra, risplende la profonda umilia; nito nella chiesa di s. Maria del
ma le dimostrazioni del senato le Popolo. 11 Papa fu ricevuto dal
ha vedute e le vedrà confermate sacro collegio, dalla prelatura ed
ING
altri personaggi ; e fatte le con-
suete orazioni nella basilica, dopo
aver ricevuto la benedizione col
ss. Sagramento, per la via Papale
e col medesimo accompagno si re-
cò al palazzo Quirinale, ove ritro-
varonsi di nuovo il sacro collegio,
)1 senato romano , ed i ministri
esteri , oltre la prelatura , e dalla
gran loggia benedi l' immenso e
festevole popolo. Intanto essendo
l'ora tarda si vide la città illumi-
nata sfarzosamente a giorno, ciò
che venne ripetuto per due altre
sere, con ornali in differenti rog-
gie , parature , festoni , ghirlan-
de di fiori, pitture trasparenti,
botti , fiaccole , torcie , ed an-
cora l'università degli ebrei ce-
lebrò in più modi 1' avvenimen-
to. Coli' opera dell' architetto Leo-
poldo Buzi gli ebrei sulla piazza
delle Scuole eressero un tempio
con altre opere sul prospetto della
sinagoga , e vaghissime illumina-
zioni. Fra i palazzi che si distin-
sero nelle splendide luminarie, no-
mineremo quelli della curia Inno-
cenziana, Sciarra, Verospi, Borghe-
se, Ruspoli ed altri. I più regolati
disegni e lampadini di prospetti-
ve, di ornati, di piramidi, e di
festoni che abbarbagliavano la vi-
sta riuscirono di comune stupore.
Le ringhiere pel Corso, in piazza
Navona, alla Rotonda, agli Orfa-
nelli, a pie di Monte Cilorio, ed
altrove formarono spettacoli diffi-
cili ad immaginarsi. A Villa Me-
dici i' accademia di Francia fece
una splendida illuminazione con
bellissimo fuoco artifiziaie. La fa-
mosa illuminazione a lanternoni
e fiaccole della cupola, facciata,
colonnato, e piazza di s. Pietro
fu eseguita con maggior copia di
lumi, e la girandola in Castel s.
ING i9i
Angelo ch'ebbe luogo la terza sera,
fu bellissima. Nelle diverse illumina-
zioni si videro grandi lampade di
forme antiche, vasi etruschi, emble-
mi ed allegorie singolari. Nel pa-
lazzo della ex regina d'Etruria sul-
la loggia si ammirò un gruu qua-
dro trasparente. Incontro al palaz-
zo Cingi meritò attenzione il ri-
tratto del Papa trasparente. Al
fontanone di ponte Sisto i fratelli
Cartoni esposero in figura natura-
le di cera Pio VII, che sollevava
Roma, e la richiamava alla Reli-
gione, con mirabile illuminazione.
Michele Ajani espose un grande sten-
dardo dipinto a olio colle immagi-
ni de' ss. Pietro e Paolo, del Pon-
tefice col suo stemma, ed in mez-
zo a nove bandiere. Giovanni Rot-
ti coli' opera dell' ingegnere Pro*
vinciali fece costruire a Ripelta
sul Tevere un meraviglioso e so-
lido ponte trionfale su barche, per
solennizzare il prezioso ritorno di
Pio VII, e facilitale al pubblico
il tragitto del fiume con sicurezza
a s. Pietro : 1' arco di trionfo fu
collocato sulla gran barca di mez-
zo; ed era dedicato alla Religione
figurata in un gruppo di figure,
e calpestante i vizii. Vuoisi che
all' arrivo del Poutefice passassero
il ponte da sessautamila persone,
per recarsi a vedere lo spettacolo
che presentava la piazza Vaticana,
massime all' arrivo del Papa. In
tempo di notte seimila lumi ador-
narono il ponte con brillante effet-
to. Finalmente noteremo che nella
zecca pontificia di Roma furono
battute diverse medaglie, celebranti
il trionfante ingresso in Roma di
Pio VII. Il p. Gallico, Ada sele-
cta caeremonialia, tratta de Pon-
tificis itùiera/itis vestes quo
ordine iter agat qua poni-
192
ING
ING
pa in civitate exccptus il- naie mandava un suo gentiluomo
lani solemniler ingredilur
ex itinere rediens quomodo exce-
plus. Più, nella parte seconda
espressamente riporta De ilineribns
lìomanorum Ponti ficitm a Sislo IV
ad Benediclum X[V P. O. 31. Il
Marcello, Sacrarum caciinioniaruni
lib. I, tit. XII, De itineralione Pa-
pae quando ad alias urbes sive
alia loca vult se transferre. Ordo
intrandi aliquam urbeni in ponti-
ficalibus.
Altri solenni ingrani erano quelli
dei cardinali quando porlavansi a
Roma dopo la loro creazione , o
dopo qualche legazione; e quelli
degli ambasciatori, gl'ingressi so-
lenni de' quali sono descritti agli
articoli Ambasciatori, Conclavi ed
in altri. Il solenne possesso del se-
natore di R.oma si può considera-
re un solenne ingresso in Roma :
lo descrivemmo al voi. X, p. 3 12
e seg. del Dizionario. Quanto al
solenne ingresso de' cardinali che
recavansi in Roma a prendere il
cappello cardinalizio, dopo il loro
arrivo si praticava quanto si è det-
to al voi. IX, pag. 182 e seg. del
Dizionario , mentre della cavalcata
che avea luogo nella mattina del
concistoro pubblico, se ne trattò al
detto voi. X, pag. 3oo e seg. Qui
dunque riporteremo il cerimoniale
praticato sino agli ultimi del secolo
decorso, dai cardinali che facevano
il solenne ingresso in Roma. Nei
giorni precedenti al puhblico in-
gresso, il cardinale usciva dal suo
palazzo in abito corto nero , colle
calze e collare paonazzo, e col cap-
pello nero con fiocco verde se era
vescovo, o paonazzo se tale prima
lo portava, o rosso se era stato
protonotario apostolico. Cinque gior-
ni prima di tale entrata il cardi-
da monsignor maestro di camera
del Papa, per sapere in qual gior-
no ed ora voleva degnarsi il Pon-
tefice ammetterlo alla udienza. A-
vutane risposta, il cardinale reca-
vasi a parteciparla al cardinal ni-
pote, o al cardinal segretario di
stato, pregandolo a voler mandare
la sua carrozza con muta, col suo
maestro di camera, alla villa di
Papa Giulio III fuori della porta
del Popolo, luogo donde partiva il
corteggio, onde entrare in essa per
essere condotto al palazzo aposto-
lico. Eguale partecipazione si co-
stumava dare agli altri nipoti del
Papa ecclesiastici o secolari , colla
preghiera di mandare il corteggio
della carrozza con muta, ordinaria-
mente alle ore ventuna. Nel gior-
no seguente il cardinale a mezzo
di un gentiluomo vestito in abito
da città, faceva invitare tutti i car-
dinali, ambasciatori, principi, mi-
nistri, prelati di fiocchetti e pa-
triarchi ; mentre per un cappella-
no invitava gli altri prelati e ca-
valieri a mandare alla villa di Pa-
pa Giulio III le loro carrozze ti-
rate da mule di cavalli. In questa
occasione il gentiluomo ed il cap-
pellano ringraziavano quelli che a-
veano mandato al cardinal nell'ar-
rivo in Roma i propri gentiluomi-
ni, o l'aveano complimentato in per-
sona. Inoltre un cappellano reca-
vasi dal foriere maggiore del Pa-
pa a chiedergli in nome del car-
dinale le chiavi dell'appartamento
della nominata villa; da monsi-
gnor commissario delle armi e dal
capitano delle corazze a chiedere
i cavalli per la famiglia che dovea
cavalcare ; e da monsignor presi-
dente delle strade, per pregarlo a
fare risarcire e scopare tutto il
ING
tratto di strada per cui doveva
passare la cavalcata. Finalmente il
cardinale invitava tre prelati e l'able-
gato che gli avea portato la ber-
retta cardinalizia, a recarsi in abi-
to viatorio alla predetta villa, per
accompagnarlo sino al palazzo apo-
stolico ; tra questi prelati solevasi
scegliere due vescovi ed un proto-
notario apostolico.
Nel giorno stabilito al solenne
ingresso in Roma, per questo si
preparava alle ore venti il cardi-
nale in abito viatorio paonazzo con
calze simili, con iscarpe senza tac-
co rosso , con cappello nero coi
fiocchi come sopra ; l'abito viato-
rio consisteva in sottana lunga si-
no a mezza gamba, mantello della
medesima lunghezza e maniche lun-
ghe pendenti e mozzetta ; 1' abito
era di lana o di seta. Indi il car-
dinale dalla sua abitazione priva-
tamente portavasi in una carrozza
a bandinelle chiuse alla villa di
Papa Giulio III, dove già avea fat-
to accomodare tre stanze con se-
die, arazzi e tavolini, col ritratto
del Pontefice. Ivi riceveva in piedi
i complimenti di congratulazione
dai gentiluomini de' mentovati per-
sonaggi, a lui spediti nelle proprie
carrozze o mute a sei cavalli , i
quali venivano serviti con più sorta
di rinfreschi. Dopo eh' era giunto
il maestro di camera del cardinal
nipote o del cardinal segretario di
stato, e ch'era stato servito di rin-
fresco nella stanza in cui stava il
cardinale a differenza degli altri ,
si ritirava il maestro di camera
del cardinale, lasciando che quello
del cardinal nipote o segretario di
slato introducesse ed annunziasse i
gentiluomini che portavansi a com-
plimentare il cardinale. Alle ore
ventidue incominciava la marcia
vnt. IXXV.
ING i93
della cavalcata. Il cardinale saliva
nella carrozza mandatagli dal car-
dinal nipote o segretario di stato,
coi quattro prelati e il detto mae-
stro di camera del padrone della
carrozza, che siedeva sopra uno sga-
bello a mano destra, sedendo a si-
nistra l'ablegato. Circondavano la
muta del cardinale quattro suoi
lacchè, seguiti da altrettanti del
cardinal nipote o segretario di sta-
to , col resto di sua famiglia. Pre-
cedevano due postiglioni colla cor-
netta, e seguivano i due corrieri
che aveano portato la notizia del-
l'esaltazione al cardinalato a lui ed
al parentado. Indi venivano il fa-
cocchio, il marescalco, dodici ser-
vitori, il decano, due paggi colle
valigie, due uffiziali, uno di cuci-
na, l'altro di credenza, quattro ca-
merieri e il maestro di casa, tutti
a cavallo. Dopo la carrozza in cui
incedeva il cardinale , venivano le
sue tre carrozze con mute di ca-
valli: nella prima prendeva luogo
il maestro di camera e tre gentil-
uomini, con due servitori a piedi
alle portiere della carrozza ; nella
seconda altri gentiluomini, e nella
terza i cappellani. Seguiva un' al-
tra carrozza con muta di sei ca-
valli alla postigliona, con due ser-
vitori in serpa ; un' altra a quattro
cavalli con carrozzino da viaggio ,
un calesse e tre carriaggi coperti
con gran copertoni aventi nel mez-
zo lo stemma gentilizio del cardi-
nale. La cavalcata dalla villa di
Papa Giulio III con quest' ordine
faceva l' ingresso nella porta del
Popolo, e proseguendo per tutta la
via del Corso, voltava a s. Ro-
mualdo se il Papa risiedeva al Qui-
rinale, o per piazza di Venezia per
la via Papale se abitava al Vali-
cano. Giunto a pie delle scale , il
i3
ig4 ING
cardinale quando smontava dalla
carrozza si trovava a riceverlo il
primo maestro di cerimonie e il fo-
riere maggiore del Papa, con tutta
la famiglia del cardinal nipote o
segretario di stato, il quale l' in-
contrava alle scale dell'appartamen-
to. Allora il cardinale ringraziava
i prelati del corteggio che restava-
no in libertà, e deposto l'abito via-
torio, prendeva il cardinalizio pao-
nazzo, la fascia simile con fiocchi
d'oro, col rocchetto e la berretta
rossa, il tutto precedentemente pre-
parato da due camerieri, lasciando
in dono al cameriere del cardinal
nipote o segretario di stato il cap-
pello nero e la fascia paonazza.
Quindi il cardinale per la sca-
letta segreta veniva accompagnato
co' soli maestri di camera e cau-
datari nell'appartamento pontificio
dal cardinal nipote o segretario di
stato che lo presentava al Papa ,
a cui il nuovo porporato dopo tre
genuflessioni baciava il piede e la
mano, ed alzatosi veniva ricevuto
all'amplesso. Indi faceva il ringra-
ziamento per la sua promozione
alla sacra porpora, e postosi a se-
dere su di uno sgabello, appresso
all' altro cardinale , si trattene-
va in colloquio sinché il Papa lo
congedava. Per la stessa scala se-
greta tornava nelle stanze del car-
dinal nipote o segretario di stato,
che in questo ritorno gli cedeva
la mano destra, e partiva dal pa-
lazzo col treno di due carrozze con
bandinelle chiuse, ed i cavalli sen-
za fiocchi. Essendovi in Roma la
nipote del Papa o altra parente ,
il cardinale andava a farle visita,
conducendo seco il maestro di ca-
mera ed il coppiere , e nella se-
conda carrozza il caudatario, il cap-
pellano e due camerieri. Uil solo
ING
servitore di vanguardia precedeva
la prima carrozza, il decano e sot-
to-decano procedevano alle portie-
re, seguendo la medesima prima
carrozza otto servitori. In vicinan-
za del palazzo dei parenti del Pa-
pa, il decano mandava l'ambascia-
ta del vicino arrivo del cardinale,
affinchè preparassero le torcie e
fosse pronta l' anticamera a rice-
vere il cardinale alla carrozza. Fat-
te tali visite, il cardinale ritorna-
va al proprio palazzo nell' istes-
so modo, e giungendovi non suo-
nava la campanella. Nella sera il
cardinale non riceveva alcuno con
formalità; ne' tre seguenti giorni
riceveva le visite di calore, apren-
do l'anticamera nella mattina due
ore prima di mezzodì e nel dopo
pranzo alle ore venlidue. In rice-
vere le visite il cardinale slava sem-
pre in piedi sulla soglia della ca-
mera del trono, dove poi si dove-
va alzare il baldacchino nel gior-
no del concistoro pubblico, ed era
vestito con sottana, mozzelta e fa-
scia paonazza, con berrettino ros-
so in testa e la berretta rossa in
mano; riceveva chiunque si pre-
sentava, senza però mai dare da
sedere ad alcuno per tutto il pri-
mo giorno. Negli altri due giorni
seguenti visitavano il cardinale mon-
signor governatore, il senatore di
Roma, il contestabile principe as-
sistente al pontificio soglio , i pa-
triarchi, l'uditore della camera, il
maggiordomo, il tesoriere, tutti i
principi e duchi romani e l'amba-
sciatore di Bologna. Neppure que-
sti personaggi erano dal cardinale
incontrati o accompagnali fuori della
soglia della stanza ove riceveva ,
ma bensì ad ognuno di essi dava
da sedere. Siccome fuori de' quat-
tro patriarchi, che andavano uniti,
tlovcano andare gli altri alla visi-
ta uno per uno mandando prima
l' ambasciata , di mano in mano
che arrivavano, il decano ne avvi-
sava il maestro di camera che fa-
ceva cenno al cardinale aflìnchè con-
gedasse quello che teneva ad udien-
za, il quale nel partire veniva ac-
compagnato dai gentiluomini e cap-
pellani fino alla carrozza, cioè nello
stesso modo cui l'aveano ricevuto.
]Nel tempo dell'udienza non si chiu-
deva mai la bussola, né si tirava-
no mai le portiere, e il cardinale
non cedeva mai la mano nelP an-
dare e nel muoversi dalla sua se-
dia, acuì veniva accompagnato da
un gentiluomo che mostrava di
accomodarla come faceva dell'al-
tra sedia un altro gentiluomo. Scri-
ve il Sestini nel suo Maestro di
camera } che anticamente alcuni
cardinali , ambasciatori e principi
solevano in persona incontrare il
cardinale che faceva il suo solenne
ingresso a Roma ; ma il suo an-
notatole Amati avverte che Urbano
Vili rimediò a questo inconvenien-
te ordinando che niuno incontras-
se di persona il cardinale che por-
tavasi a Roma. V. il p. Gattico,
Àeta caeremonialìa: Cardinali novo
Romam venienti obviant alii car-
dinales non tanien conciavi*
tempore. Marcello, Sacrarum caeti-
moniarwn tit. Vili, lib. I, De no-
vo cardinali veniente ad cnriam
sine galero. All'articolo Legato a-
postolico, dicemmo della loro ca-
valcata, partenza da Roma e ri-
torno. Il Rinaldi all'anno io57,
num. 9, ed all'anno 1059, n. io,
riporta due esempli del modo co-
me anticamente facevano i cardi-
nali il loro ingresso in Roma.
1NGUANZO RIRERA Pietro,
Cardinale, Pietro de Inguanzo-y-Ri-
ING i95
bera nacque in Llanes nel princi-
pato delle Asturie, a'-2 1 dicembre
1764, uno de' tredici figli de' suoi
genitori Antonio de Ingnanzo e
Teresa Ribera o de Riviro. Sino
dai suoi primi anni manifestò a-
more alla solitudine ed allo stu-
dio. Nell'età di undici anni si re-
cò nell'università di Rologna chia-
mato a studiarvi dallo zio d. Pie-
tro Inguanzo Posada, a quel tempo
alunno del collegio di s. Clemente
degli spagnuoli, esistente in quella
città e già canonico di Palencia; ivi
sotto la direzione dello zio appre-
se la filosofia. Ritornato in patria
poco dopo passò nell'università di
Oviedo a studiare la legge civi-
le e canonica con singolare pro-
fitto, ove accoppiando la dolcezza
del tratto all'innocenza de'costumi,
si esercitò pure nella musica e nel
canto. Monsignor Llanes arcivesco-
vo di Siviglia, informato delle qua-
lità e buone speranze che dava il
giovane Pietro, bramò avello pres-
so di sé nella propria famiglia,
onde avviarlo allo stato ecclesiasti-
co, a cui lo ch-iamavano la sua
vocazione e gli studi, quali com-
pì nell'università di Siviglia, dove
prese la laurea di dottore, e ot-
tenne per concorso una delle cat-
tedre di diritto canonico. In segui-
to meritò di essere eletto alla
prebenda dottorale della cattedrale
di Oviedo, ed allora cominciò la
sua vita pubblica. Zelante pei di-
ritti della Chiesa, uscì a loro di-
fesa con prudenza e saviezza al-
lorché li vide attaccati : i sopra-
vanzi delle sue rendite ecclesiasti-
che gì' impiegò generosamente coi
poveri, nel modo il più ingegnoso
e modesto. Vacata l'onorevole pre-
benda dottorale di s. Giacomo di
Galizia , vi concorse e l'ottenne.
196 ING
Intanto divenuta la Spagna ogget-
to delle brame del conquistatore
Napoleone, la provincia delle A-
sturie fu la prima che si dichia-
rò contro il fortunato guerriero.
Vedendo la provincia lo stato d'i-
solamento in cui si trovava, creò
per sicurezza una giunta suprema
di governo, e chiamò ad esserne
membro nel tribunale di grazia
e giustizia Pietro. Egli co'suoi lumi,
co'suoi scritti, co' suoi consigli e
col suo denaro cooperò efficace-
mente all'esito dell'impresa ; disim-
pegnò con plauso universale le
ardue importanti commissioni affi-
dategli, e con la giunta si trasferì
a Castrepol, allorquando i francesi
occuparono la capitale delle Astu-
rie. Non andò guari che si riu-
nirono a Cadice uomini d'influen-
za da diversi punti, desiderosi di
dare unità al governo e rappre-
sentare la nazione spagnuola, for*
mando un congresso. All'antico no-
me di cortes sostituirono moder-
ne forme di governo, e sotto il
pretesto di abusi, cambiarono es-
senzialmente le antiche basi della
monarchia. I deputati zelanti di
combattere le armi straniere, si
lasciarono soggiogare da straniere
dottrine, e sottraendosi dal ferreo
giogo del conquistatore suscitarono
le armi della rivoluzione. La pro-
vincia delle Asturie nominò Pietro
perchè la rappresentasse in questa
occasione. Degno interprete di una
provincia che salvò in altri tempi
la monarchia e la religione, si op-
pose fortemente alle innovazioni
pericolose, e difese le buone e sa-
ne dottrine, non mancando mai
ad alcuna sessione: lesse alcuni suoi
scritti importanti, e pronunciò di-
scorsi di sommo rilievo, trovando
in lui la religione e la monarchia
ING
un saldo campione; parlò in di-
fesa della santa Sede, del tribuna-
le dell'inquisizione, e di altri punti
in cui veniva attaccato il potere
della Chiesa. Si fece ammirare per
la sua erudizione , doti oratorie,
grandezza d'animo, nobiltà ed in-
tegrità di carattere. Disse franca-
mente la verità, e indarno si sca-
tenarono contro di lui le tribune,
le satiriche stampe e le minacce
del popolaccio. Uno de'suoi stessi
contrari, il conte di Toreno, non
potè a meno di lodarlo nell'istoria
che in quell'epoca diede alla luce.
Frattanto il torrente delle cattive
dottrine vieppiù spandendosi, il go-
verno invase di fronte uno dei pri-
mi diritti della santa Sede, crean-
do vescovi contro l'ordine stabili-
to da circa dieciolto secoli, e di-
sponendo che fossero confermati
dai vescovi nazionali. Il perchè
Pietro nel 1 8 1 3 pubblicò colle
stampe un suo discorso sopra la
conferma de'vescovi, nel quale dot-
tamente provò il diritto della Chie-
sa, col diritto canonico, colla sto-
ria e disciplina della Chiesa , e
con ogni genere di antichità eccle-
siastica. Questa trionfante difesa
frenò le mani al governo, e di-
poi nel i836, in circostanze egual-
mente pericolose, in cui si ripro-
dussero le medesime nocive dottri-
ne , non mancarono ecclesiastici
degni e zelanti che ristamparono
quell'istesso discorso per riparare
a danni eguali. Liberato Ferdi-
nando VII re di Spagna dalla sua
prigionia, nominò Pietro alla sede
vescovile di Zamora, che Pio V1C
gli conferì nel concistoro de' 26
settembre 1 8 14- Le cure pastorali
subito assorbirono tutta la sua per-
sona : predicò, inviò missionari nel-
la sua diocesi, e mostrò quanto cstc-
ING
sa fosse la sua sollecitudine e pa-
terna carità. Restaurò il seminario,
lo forni di ottimi maestri, riparò
molte chiese deteriorate dui tempi
e dalla guerra, ne edilìcò una nuo-
va in Mayalde, impiegò diecimila
scudi per riparare il palazzo ve-
scovile di Zamora, e restaurò quel-
lo della città di Toro. Visitò più.
volte la sua diocesi, e fuorché nel-
la prima, si mantenne in tutte le
visite a sue spese, lasciando per
tutto larghe prove di sua benefi-
cenza. Soccorse di sue limosine gli
artisti e lavoratori di campagna,
e dotò fanciulle povere. Allorquan-
do dal 1820 al 1823 le dottrine
che già avea combattute, vide in
Cadice che attaccavano i beni del
clero, scrisse un' opera di due volu-
mi, in cui mostrò ad evidenza
il sacro dominio della Chiesa nei
suoi beni temporali. Niuno osò
rispondergli e ammutolì perfino
la maldicenza; tanta fu la copia
e la forza delle ragioni e delle
autorità con cui era scritta la sua
opera; mentre lo scrittore che re-
clamava la proprietà de' beni, e-
ra il più. zelante amministratore
de'poveri. Vacata nel 1824 la se-
de arcivescovile di Toledo, la pub-
blica opinione indicò Pietro come
il più degno ad occuparla. In
fatti Ferdinando VII non esitò a
nominarlo, e Leone XII ad appro-
varlo , preconizzandolo nel conci-
storo de' 27 settembre. L'arcive-
scovo di Toledo oltre 1' essere un
prelato illustre, necessita che sia
un uomo di governo e di consiglio:
come primate della Spagna e come
gran dignitario della corona, ha
grande influenza negli affari pub-
blici, sedendo sempre nei consi-
gli dei re. Pietro disimpegnò de-
gnamente ambedue questi uffizi.
ING 197
La sua pietà, beneficenza e gene-
rosa liberalità verso i bisognosi del-
la sua diocesi, fu veramente mi-
rabile, distribuendo talvolta più di
quello che raccoglievano gli am-
ministratori della mensa. Il con-
tadino nella carestia ebbe grano
per seminare e per alimento ; quel-
lo che vedeva periti i suoi bestia-
mi, ricorrendo a lui veniva soc-
corso. Protesse l'opera della pro-
pagazione della fede con grandi
somme. Pieno di tanti meriti, ad
istanza di Ferdinando VII, nel con-
cistoro de' io dicembre 1824 Leo-
ne XII lo creò cardinale dell'ordi-
ne de'preti. Gli spedi il berrettino
cardinalizio colla notizia della sua
esaltazione, per la guardia nobile
Francesco Giustiniani, al presente
esente della medesima, che il re
decorò dell' ordine e grado di ca-
valiere della santissima Concezio-
ne. Inoltre il Papa nominò ab-
legato apostolico per la tradizio-
ne della berretta cardinalizia l'udi-
tore della nunziatura di Madrid,
monsignor Ignazio Giovanni Cado-
lini suo cameriere segreto sopran-
numerario, attualmente cardinale
arcivescovo di Ferrara. L'imposi-
zione della berretta, colla consueta
formalità, la fece lo stesso re. Con-
tinuando il cardinale nell'esercizio
delle sue virtù, di moto proprio
diede diecimila scudi ai missionari
di s. Vincenzo di Paola, per la
costruzione di una casa in Ma-
drid, cui assegnò annua rendita.
Trovò il modo di depositare nella
fabbrica della chiesa cattedrale di
Toledo grosse somme di denaro
per impiegarsi in dotazioni di zi-
telle. Mancando nell'arcidiocesi il
seminario conciliare, die principio
a costruirlo, d'una grandezza pro-
pria della magnanimità del suo
i98 INO
cuore. Come profondo politico as-
sisteva ai consigli del re, ove face-
va sentire i suoi lamenti nelle scis-
sure che nascevano; die salutevo-
li avvisi per la condotta da tener-
si dopo la rivoluzione di luglio in
Parigi, e parlò forte perchè si riu-
nissero le cortes a decidere la que-
stione di successione, ed allonta-
nare i mali che altrimenti preve-
deva inevitabili. Alla morte di Leo-
ne XII non potè recarsi al con-
clave in cui fu eletto Pio Vili.
Per quella di questo vi si recò nel
i83i, ed intervenne al conclave
iu cui fu innalzato al pontificato
il regnante Gregorio XVI, il qua-
le gli conferì per titolo la chiesa
di s. Tommaso in Parione, e lo
ascrisse alle congregazioni de' ve-
scovi e regolari, dell' immunità, dei
riti e della cerimoniale. In Roma
si mostrò attaccassimo alla santa
Sede che più volte avea difeso, e
nel ritorno in Ispagna visitò il san-
tuario di Loreto, siccome tenera-
mente divoto della Beata Vergine,
cui offri un bel calice di argento do-
rato. I tempi che vennero a succe-
dersi dopo il suo ritorno alla propria
sede, furono pel cardinale fecondi
d'ogni genere di disgusti, a moti-
vo delle innovazioni che in mate-
rie ecclesiastiche pretendevansi fare
dalla potestà temporale, senza ve-
runo intervento del supremo capo
della Chiesa. Privalo d'ogni parte-
cipazione nel governo, per non a-
vere voluto acconsentire alle sue
novità, fu allontanato dalla capitale,
dove nel 1 834- formossi la fatnosa
giunta della riforma della chiesa
di Spagna, senza far conto per
niente dell' autorità del romano
Pontefice, né dei vescovi titolari
di Spagna, anzi volendo che tutti
ai sottomettessero obbedienti alle
INN
disposizioni ch'emanava: il cardina-
le, come tutti gli altri vescovi ,
si oppose ad un tal decreto cos\
anti canonicamente delineato. Quin-
di indicìbili furono i crudeli pati-
menti e le persecuzioni che la sua
apostolica fortezza gli procurò, li-
no a cagionargli quella malattia
che lo condusse alla tomba. Dal
suo letto di dolore lamentando
tanti disordini, non dubitò di al-
zar la voce di sua coscienza alle
intimazioni arbitrarie e minacciose
del potere: avea prevedute le ca-
lamità pubbliche che gravitarono
sulla già fiorentissima monarchia
spagnuola; avea adoperato indarno
la sua voce per ripararle, e Iddio
lo esentò da ulteriori afflizioni, col
chiamarlo a miglior vita d' anni
settantadue li 3o gennaio i836
in Toledo, venendo il suo cada-
vere esposto e sepolto nella metro-
politana. Mentre moriva, il gover-
no gli avea decretato l'esilio per-
petuo dalla Spagna, e spedita la
scorta che dovea accompagnar-
lo in Alicante, .ed indi farlo im-
barcare per Roma. Fu il cardi-
nale di statura bassa , ilare di
volto, e d'occhio penetrante. Se-
vero ne' costumi, franco nel tratto,
umile cogli umili, ma non s'inti-
moriva innanzi ai potenti. Il suo
cuore amava la rettitudine, e le
sue labbra proferivano sempre la
verità. La chiesa di Toledo ancora
vedova, lungamente ne deplorerà
la perdita, siccome uno dei prelati
più dotti , zelanti e virtuosi che
illustrarono la chiesa di Spagna.
INNO, Hymnus, Canto ecclesia-
stico composto con metro, cantico
in versi, piccolo poema di lodi a
Dio ed ai santi, e destinato ad es-
porre con soavi e nobili ispirazio-
ni i misteri della nostra religione,
1NN
come a celebrare le divine glorie
e le gesta de' medesimi santi, a
similitudine di quelli della Scrittu-
ra e dei Cantici [Vedi). Presso gli
antichi pure si disse inno quel can-
tico od alcuni cantici composti sen-
za metro. Così alcuni scrittori chia-
mano, presso Du Gange, inno an-
gelico il Gloria in excelsis Deo }
che si dice nella messa ; ed anche
il trisagio è detto così presso il Mi-
crologo. Neil' Abrincense, De offìc.
eccl., il Magnificat si vede nomi-
nato Hymnus s. Mariaej ed è ce-
lebre anche ne' concilii presso Mar-
tene, Anecd. toni. V, col. 92, l'in-
no Trium puc roriun. V. Canto ec-
clesiastico. Inno dalla voce gre-
ca significa lode ; Innologia il canto
degli inni ovvero parola di lode;
Innario il libro che contiene gl'in-
ni ed i cantici delle funzioni spet-
tanti alla Chiesa ; ed Innesta od
Innografo, colui che compone ov-
vero che canta gì' inni. La con-
gregazione cardinalizia de' sacri riti
ha l'innografo: al presente è il
celebre monsignor Gio. Battista Ro-
sani vescovo d'Eritrea. L'inno deve
contenere tre condizioni, il canto,
la lode, e questa in onore della di-
vinità e de' santi. Queste qualità
altri dicono essere la lode, la lode
di Dio, ed il cantico; ciò può af-
fermarsi colì'autorità di Rullino, il
quale nel titolo del salmo 72 cosi
si esprime: Hymni siint cantus con-
linenles laiidem Dei. Si sit laus et
non sit Dei, non est liymnus : si
sii laus et Dei, et non cantetur,
non est hymnus j oportet ergo , ut
sit hymnus, habeat haec tria : lau-
devi, et Dei, et canticuin. Del resto
le preghiere e i canti della Chiesa
non sono destinati ad allettare le
orecchie, ne la fantasia, ina ad ispi-
rare sentimenti di pietà.
INN 199
Nel popolo ebreo trovasi l' inno
in tutto 1 impeto de'suoi slanci, del
suo sacro entusiasmo, e in tutta la
sublimità della sua lirica elevatezza.
Una vittoria, un prodigio, la libe-
razione da un grave pericolo , ed
altri simili avvenimenti dierono
motivo a' capi e condottieri del
popolo eletto di celebrare con can-
tici ed inni la grandezza e l'onni-
potenza divina ; e siccome canta -
vansi a coro nelle assemblee e nelle
feste, si tramandarono dai padri ai
figli, e furono propri ad eternar la
memoria de' più celebri fatti. Mosè
nel portentoso passaggio del mar
Rosso, pieno di riconoscenza e di
gioia per vedere liberato Israele
dalla schiavitù , con inno solenne
magnificò la possanza divina. Laon-
de vuoisi che Mosè fosse il primo
compositore e cantore degli inni
sacri, dal cui esempio la Chiesa per
tradizione apostolica introdusse nel
coro il canto degli inni , dicendo
s. Agostino epist. iig, cap. 18: De
quibus hymnis in ecclesia canen-
dis, et ipsius Domini, et aposto-
loruru habemus documenta , exern-
pla et praecepta. 11 medesimo santo
dottore nel salmo 148 ecco come
definisce l'inno : Hyninus scitis quid
est? Cantus est cimi Liudeni Dei.
Si laudas Deum, et non canlas, non
dici* hymnurn : si canlas, et non
laudas Deum , non dicis hy-
mnurn : si laudas aliquid, quo il
non pertinet ad laudem Dei, et
si cantando laudes, non dicis hy-
mnurn. Gli inni si trovano ram-
mentati come in uso nella Chiesa,
fino dall'età degli apostoli in s.
Paolo ancora ad Coloss. e. 3, v. 16:
Psalmis, hymnis et canticis spiri-
tualibus. Con essi il medesimo apo-
stolo ad Ephes. e. 5, v. 19, esortò
i fedeli ad istruirsi ed edificarsi gli
200 INN
uni e gli altri coi salmi, cogl' inni
e cantici spirituali, cantando per
gratitudine a Dio ne' nostri cuori.
Plinio nella sua lettera scritta a
Traiano intorno i cristiani, dice
che si congregavano il giorno del
sole ossia la domenica, per canta-
re degl' inni ( carmen) a Gesù Cri-
sto come ad un Dio. 1 primi mo-
naci ne cantavano nelle loro soli-
tudini. Eusebio ci dice che i salmi
e i cantici dei fratelli composti sino
dal principio , chiamavano Gesù.
Cristo Verbo di Dio, e gli attri-
buivano la divinità, e ne cava una
prova contro gli errori degli aria-
ni, Hist. eccl. 1. 5, e. 28. È certo
che nei primi secoli della Chiesa i
fedeli componevano degli inni per
celebrare la gloria di Gesù Cristo,
come vien provato dal trattato di
un anonimo contro Artemone , e-
resiarca del terzo secolo, in cui è
dimostralo che Gesù Cristo è vero
Dio e vero uomo, per mezzo d'in-
ni e di cantici che i cristiani ave-
vano composto fino dai primi tem-
pi della Chiesa , e nei quali essi
confessavano pubblicamente che Ge-
sù Cristo è il Verbo di Dio, e Dio
medesimo.
Di quanta virtù ed efficacia
sieno gl'inni lo provò sant' E-
frem siro, il' quale con inni da lui
composti elegantemente confutò Ar-
monio eretico. Il simile fece s. Gre-
gorio Nazianzeno con Apollinare.
Nella chiesa greca il primo com-
positore degli inni sacri fu s. Je-
roteo , fiorito nel primo seco-
lo, come riferisce lo stesso Eu-
sebio lib. 7, cap. 19. Nella chie-
sa latina, secondo l' opinione co-
mune , il primo che compose pro-
priamente degl' inni e dei cantici
per essere cantati nella chiesa, fu
s. Ilario vescovo di Poitiers. Nelle
INN
opere di s. Clemente di Alessan-
dria si ha un inno o cantico mi-
surato ch'egli recitò in chiesa. Nella
chiesa di Milano se ne riconosce
l'uso fino dai tempi di s. Ambro-
gio, il quale si rese insigne in que-
sto genere di cantici, come attesta
Isidoro, lib. I, De eccl. offic, cap.
6 ; laonde da s. Benedetto che pose
gl'inni nel suo uffizio, nella sua
regola l'inno viene detto Ambro-
sianus, perchè in quel tempo nel-
la Chiesa non si cantavano altri
inni, se non quelli composti da s.
Ambrogio. Questi e Prudenzio com-
posero la maggior parte degl' inni
del breviario. GÌ' inni composti da
s. Ambrogio per la chiesa di Mi-
lano nel quarto secolo, e dal poeta
Prudenzio, al dire di alcuni non
sono già capolavori di poesia, ma
sono rispettabili per la loro anti-
chità, e servono a testificare l'an-
tica credenza della Chiesa. Tutta-
volta gì' inni di s. Ambrogio sono
da altri encomiati anco pel metro
poetico. Il dotto sacerdote Borghi,
nelle Storie ital. voi. Ili, p. 672,
ecco come si esprime intorno a
Prudenzio. » L'aquila de' poeti cri-
stiani, quell'ardimentoso Pruden-
zio, che della religione evangelica
primiero degnamente cantò; di tan-
to superiore ai profani pel vero af-
fetto e le immagini, per la mora-
lità, per lo scopo, di quanto il
cielo alla terra, la sapienza stessa
all' errore ". Dopo il risorgimento
delle lettere ne furono fatti alcuni
bellissimi.
In progresso di tempo l'uso de-
gli inni divenne un punto di que-
stione in alcune chiese e concilii,
temendo che sotto i fiori poetici
avesse a nascondersi la eresia, giac-
ché Ario prete, poeta e musico, a
mezzo di canzoui spirituali in versi,
INN
disseminò la sua rea dottrina con-
dannala nel primo concilio gene-
rale l'auno 3i5. Il concilio di Bra-
ga nel Portogallo, l'anno 563, proi-
bì col can. 1 2, di cantare nell'uf-
fizio divino alcuna poesia, ma sol-
tanto i salmi ed i cantici tratti
dalla Scrittura sacra del vecchio e
nuovo Testamento, in conseguenza
si venne quasi a proibire il canto
degli inni. Devesi presumere che
fra i fedeli si fossero introdotti al-
cuni inni composti da aulori ete-
rodossi o poco istruiti, e che fosse
intenzione di questo concilio di
sopprimerli. Tale misura fu parti-
colare disciplina di alcune chiese e
di alcuni tempi; ma quando i com-
ponimenti di uomini insigni per
santità e dottrina resero vani i ti-
mori concepiti, allora si aprì libe-
ramente l'adito nelle sacre liturgie
all' inno ecclesiastico. Imperocché
un secolo prima del concilio di Bra-
ga s. Ambrogio ne avea introdotto
l'uso nella chiesa di Milano. In se-
guito ne' concilii di Tours del Ì66
al cap. a 3, e di Toledo del 633,
cap. i3, gli inni che dal principa-
le autore si trovano detti Ambro-
siani, sono riguardali come già ri-
cevuti nella Chiesa. Il concilio to-
letano permise l'uso degl'inni, con
condizione che fossero composti da
autori dotti ed autorevoli. Questo
concilio si appoggiò sull'esempio di
Gesù Cristo, il quale cantò o re-
citò un inno dopo 1' ultima cena ;
dicendo che da lui e dai suoi a-
postoli possiamo trarre i documen-
ti, gli esempi ed i precetti di can-
tare gì' inni nella Chiesa. £ tosto
questi piccoli poemi divennero una
parte dell' Uffìzio divino (Ucdi).
ISella sinodica del concilio antio-
cheno contro Paolo di Samosata ,
si rimproverò quell'eresiarca, oltre
INN 2or
altri errori, di avere abolito l'uso
degli inni composti in onore di
Cristo. Tuttavolta nella chiesa ro-
mana che fra tutte è stata sempre
la più attaccata all'antiche forme,
dell'uso degl' inni non si trova me-
moria per tutto il secolo XI, laon-
de solo nel secolo XII pare che in
essa s' incominciassero ad usarsi e
cantarsi. In fatti non solo non ne
fa menzione l' Amalario , ma nep-
pure se ne vede traccia in alcun
Ordine romano, né anche in quello
che Benedetto canonico di s. Pie-
tro dedicò a Guidone di Castello,
che nel ii43 fu Papa col nome
di Celestino II. Temono i critici
che la testimonianza di Giovanni
Taleto, il quale fiorì nel i 160, e
riportata dall'Armellini ne' suoi e-
ruditi dialoghi sull'ufficio divino,
dial. V, n. i54, non parli del-
l'uso della chiesa romana; e che
quanto alla pratica delle altre chie-
se sia molto più tarda dal vero
cominciamento. Sicura poi e chia-
ra è la deposizione di Radulfo pres-
so il Zaccaria, Onomasticon, verbo
Hyninus. Da ciò vuoisi dedurre, che
dilatatosi uelle varie chiese l' uso
degli inni di chiari autori , e ap-
provati sempre più, la stessa chiesa
romana perchè non sembrasse ri-
provare col proprio fatto la gene-
rale irreprensibile costumanza, vi
si adattò similmente, e introdusse
gli inni nel proprio uffizio. Ed è
da notarsi che nelle chiese di Lio-
ne e di Vienna di Francia non se
n' è giammai introdotto l'uso, fuor-
ché alla sola compieta, e si fa lo
stesso nei tre ultimi giorni della
settimana santa, e nella settimana
di Pasqua ; ed anzi nella stessa
chiesa di Parigi ciò non avvenne
che molto tardi, giacché nella pri-
ma edizione del Breviario uel i4<P
iot. INN
non se ne vede pur uno. Tutta
questa varietà però non deve ren-
derci meno rispettabile il rito de-
gl' inni, poiché antichissima e lode-
vole è la costumanza, da uomini
santissimi praticata, e finalmente
dalla Chiesa universale venne non
solo approvata ma ancora pre-
scritta.
Nella liturgia greca si distinguo-
no quattro sorta d' inni, prenden-
do questo termine per semplici lo-
di, benché non siano essi in versi ;
cioè l'inno Angelico Gloria in ex-
celsis; il Trisagio ; 1* inno Cheru-
bico o Sanctus; e l'inno della vit-
toria o di trionfo. Oltre s. Jeroteo,
che vuoisi autore di vari inni , s.
Sabba che fiorì nel V secolo for-
mò il suo tipico greco , e ridusse
ad una certa forma il divino uffi-
zio. L' innodia greca con l'armonia
del ritmo si perfezionò nell' otta-
vo secolo, quando s. Giovanni Da-
masceno rinnovando il rituale di
s. Sabba v'inserì del suo inni me-
trici , e sono quelli che trovami
nella greca liturgia nel mattutino
dell'Epifania, del Natale e della
Pentecoste. Nella liturgia latina si
cantano gl'inni in tutte le ore del-
l'uffizio divino, fuorché nel triduo
innanzi Pasqua fino ai vesperi del
sabbato in Albis esclusivamente, e
fuorché nell'uffizio de' defunti. Quan-
do l'inno incomincia con l'invoca-
zione di Dio o di Cristo, il cele-
brante intuonandolo deve alzare le
mani e poi unirle e far l'inchino
col capo verso l'altare , come pre-
scrive il Caerem. episc. I. 2, e. i/\.
Neil' inno de' santi confessori cor-
retto da Urbano Vili, quando non
si celebra la morte del santo , si
devono mutare le parole della pri-
ma strofa, e dire: Meruit supre-
ma laudis honores. Questa mula-
INN
zione si deve praticare solamente
quando si celebrano l' ordinazione
e traslazione del santo ; ma non
già quando si trasferisce il giorno
natalizio per qualche impedimen-
to, nel che pare al Macri nella
Notizia de vocab. eccl. che gli stam-
patori e gli ordinari premiano un
grosso equivoco non intendendo la
mente del sapiente Pontefice , il
quale pretese onorare con quelle
parole la ordinazione de'santi ve-
scovi, ovvero la traslazione de' lo-
ro corpi ; perché sebbene si trasfe-
risce l'uffizio, con tutto ciò sempre
si celebra la morte del santo, nel
qua! giorno siccome non si muta
la parola Natalida, così in niun
conto si devono mutare le parole
dell' inno Meruit bcatas scandere
sedes. Le quali cadono a proposi-
to celebrandosi la morte del santo,
al quale non si potranno adattare
quelle , Meruit supremos laudis
honores, non avendo in tal giorno
quel santo acquistato alcun onore.
La medesima rubrica scioglie il no-
do dicendo: Si non fuerit dies o-
bitus , poiché si dice con verità
giorno dedicato alla morte del santo,
quello nel cjuale si celebra la di lui
morte, ancorché trasferita, come
si pratica in tutti i giorni dell'ot-
tava de' santi confessori, ne' quali
tempi si replica le medesime pa-
role, e pure non sono giorni della
morte, ma ad essi dedicati. Si cor-
robora tutto questo colle parole del-
l' inno delle laudi, le quali non si
mutano: Dies refulsit lumine, Quo
sanctus lue de corpore Migravit inter
sìdera, ancorché si trasferisca la
fèsta. Neil' officio però delle stim-
mate di s. Francesco furono pru-
dentemente nel vespero e nelle lau-
di mutate, perché non si cele-
bra la di lui morte, né traslazio-
INN
ne. Eguali ed altre erudizieni si
leggono nelle Leti. eccl. del Sar-
nelli tom. V, lelt. XIX: Osserva-
zioni intorno agli inni de' confes-
sori ed a quello di s. Giuseppe
sposo di Maria Vergine, e di s.
Giovarmi Battista.
Quanto ali inno cantato da Ge-
sù Cristo dopo la cena ed istitu-
zione della ss. Eucaristia, inter-
rogato Albino Fiacco dall' impera-
re Carlo Riagno, qual tosse stato
l' inno che cantò Cristo dopo la
cena prima di portarsi all'orto di
Getsemani, rispose egli con una
eruditissima lettera nella quale pro-
va non essere stalo un salmo co-
me alcuni stimarono, ma piuttosto
quelle parole dell'ultimo sermone :
Pater viari fica Jilnini tuurn, con
quel che segue in s. Giovanni al
cap. iy. Sant'Agostino nell'episto-
la 2.53, scritta a Ceretio vescovo,
asserisce come al suo tempo cor-
reva per le mani uu inno stima-
to comunemente che fosse quello
che cantò Cristo dopo la cena, le
cui parole però furono tenute per
apocrife. 11 cardinal Baronio inse-
gna, che negli antichi rituali degli
ebrei erano assegnate alcune preci
da cantarsi dopo le cene solenni ;
ed a quella dell' agnello pasquale
era prescritto il salino i 1 3 : In
exilu Israel de Egypto . Paolo
Burgense neofito , e praticissimo
de' liti de'giudei, commentando il
salmo 112, aiferma come dopo la
cena dell'agnello si cantavano sei
salmi da esso accennali , i quali
cominciavano coli' alleluj'a, cioè il
primo salmo era Laudate pueri,
coi cinque seguenti, i quali lutti
uniti insieme cliiamavansi Magnimi
alleluj'a. Il Sarnelli nel tom. VI,
lett. LVI : Della lezione alla men-
sa ; e qual inno dicesse Cristo
INN ao3
Signor nostro finita la cena, si u-
nisce all'opinione di Albino, e sti-
ma più probabile che Cristo non
cantasse salmo, ma piuttosto le no-
minate parole dell'ultimo sermone,
e per più ragioni. Primo, perchè
s. Giovanni descritte le dette pa-
iole, subito soggiunge: Haec vurri
dixissel Jesus egressus est vuni
discipulis suis trans torrentem Ce-
dron, ubi erat hortus, in quern in-
troivit ipse, et disvipuli t/us. Di-
cendo adunque s. Matteo cap. 26:
Et hymno divto exierunt in mon-
terà Oliveti, intende di quelle pa-
role riferite da s. Giovanni. Se-
condo, fu costume degli ebrei a
tenore delle circostanze lodar Dio
con inni, fatti d' improvviso, sen-
za guardare a'numeri, come sono i
cantici di Debora , di Anna, di
Zaccaria, di Riaria, ec. ; e quella
orazione di Pietro e Giovanni, e
degli altri discepoli o cristiani che
si legge, Adorimi 14, v. 24 usque
ad 3i. Or Cristo Signor nostro,
perchè dovea dire inno confacente
non alla cena dell'agnello, ma alla
santa Eucaristia, fece quell' inno
delle grazie, et hymno dicto, che
tratta sempre dell'unione de'cuori
de' fedeli, eh' è significato per la
ss. Eucaristia, sacramento di pietà,
vincolo d' unità, e però Cristo la
istituì.
Intorno agli autori degli inni
che oggi usa la Chiesa, vengono
notati diffusamente dal p. Gavan-
to nella spiegazione delle rubriche,
sect. 5, cap. VI. Un copioso IJy-
mnario pubblicò sul fine del passa-
to secolo il ven. cardinal Toinma»
si, come si vede nel t. II dell'edi-
zione romana del Vezzosi. E il
Fontauini riferisce, Diar. litter. I-
talic. t. XXI, p. 6, che quel car-
dinal dolevasi che i Maurini edi-
a<4 INN
lori diligentissirni delle opere di
s. Ambrogio, non avessero potuto
trovare molli inni, che sicuramen-
te sono di quel santo dottore, e
eh' egli pubblicò nel detto suo
llymnario , mostrandone la prove-
nienza. Tale innario è diviso in tre
parti, cioè, ITymni de anni circu-
ii, e son quelli per le feste fra
l'anno; Il y inni de natalitiis san-
ctorum; e finalmente Ilymnì de
quolidiania, cioè i feriali. Nel li-
bro intitolato Istruzioni pratiche
nulla recita del divino uffizio, del
cardinal Gio. Battista Bussi, a p.
46 e seg. si legge una erudita in-
dicazione di alcuni inni, che attual-
mente si leggono ne'nostri uffizi,
coll'aulore di ciascuno. Nel ripor-
tarsi ivi i principii di tali inni
venne seguita la vecchia lezione,
come sta ne' codici di Tom masi,
ed in tal guisa si apprende una
idea delle correzioni fattevi in
emendare il Breviario {Vedi), spe-
cialmente sotto Urbano Vili, il
quale, come dice l' Azevedo nel-
YExercit. 32 , si servì dell'opera di
Famiano Strada , di Tarquinio
Galluzzi, e di Girolamo Petrucci,
benché valesse mollo in tal gene*
re di composizioni egli stesso, co-
me può vedersi dall'inno della re-
gina s. Elisabetta, e da qualche
altro, che a lui attribuiscesi comu*
nemente. I critici però osservano,
che mentre Urbano VIII volle do-
nare agli inni antichi la purezza
della lingua e del ritmo, susci-
tò questo lamento: Accessit lali-
nitas, recessi t pietas. 11 Si eco scris-
se, Deecclesiaslicahymnodia, 1 634;
ed il Mattei, Ilinnodia sacra pa-
rafrasi armonica degl'inni del iuio-
vo Breviario romano, stampata in
Bologna. Gli inni hanno formato
in tutte l'età una parte essenziale
INN
del culto religioso. I caldei e i
persiani, i greci e i romani , i
galli e i lusitani principalmente,
tutti i popoli in somma tanto bar-
bari quanto inciviliti, celebrarono
tutti col mezzo d'inni o di cantici
le lodi delle loro divinità. Omero,
Callimaco, Pindaro ed Orazio si
lasciarono modelli di inni o di
cantici ad onore degli dei o degli
eroi. A rigore, l'inno non è altro
che canto in lode di Dio: Can-
tetnus Domino ; ecco il titolo del
primo inno che si conosca. Di
alcuni inni sacri elegantissimi ed
in lingua italiana hanno fornito
recentemente l'esempio ed il mo-
dello, il sacerdote Giuseppe Bor-
ghi, Alessandro Manzoni, il pro-
fessore Barsottini , il Gabrielli, e
Samuele Biava sacerdote co' suoi
volgarizzamenti. Abbiamo pure dal-
l'altro celebre monsignor Baraldi :
Versione degli inni e sequenze
dei divini uffizi, Modena i8i5. Era
riserbato al secolo nostro l'onore di
portare l'inno quasi al supremo
grado della sua perfezione, mentre
i due principi della lirica italiana
Manzoni e Borghi, seguiti da tan-
ti altri valenti ingegni, hanno ar-
ricchito la nostra poesia di tali
gemme eh' è difficile trovarne più.
belle, trattando nobilmente un sog-
getto ch'è il più degno delle mu-
se cristiane, come la celebrazione
di Dio, i misteri di nostra santa
religione, ed altri argomenti ec-
clesiastici e sacri. La prima strofa
dell' inno : Allo ex olimpi vertice,
ultimo del Breviario romano, potè
somministrare al lodato Manzoni
la bella immagine con che dispie-
ga il volo sublime al suo stupen-
do inno del Natale. L'encomiato
Borghi, oltre gl'inni sui misteri
di nostra religione, ci ha dato
JN>"
inoltre de'capi d'opera in quelli
ad onore di s. Filippo Neri, di
s. Filomena, di s. Ignazio, di s.
Luigi, di s. Romualdo, ed altri.
In questo Dizionario sono ripor-
tati ai rispettivi articoli gì' inui
principali, e di molti altri se ne
parla in diversi luoghi. Sulla re-
cita e canto degli inni, e ciò che
si deve dire dopo di essi in al-
cuni tempi, ne tratta la rubrica
generale del Breviario romano.
INNOCENTI ( i santi ). Così
chiamami i fanciulli che Erode
fece uccidere, avendo udito dai
magi, venuti dall' oriente per cer-
care e adorar Gesù Cristo, che
il Messia predetto dai profeti era
nato fra' giudei . Perlocchè te-
mendo Erode di essere spoglia-
to del suo regno, prese la bar-
bara risoluzione di far uccidere
tutti i bambini che da due anni
in poi erano nati in Betlemme e
nei suoi contorni, sperando egli
di far perire in questa strage il
nuovo re dei giudei, la cui nascita
veniva a turbare la sua ambizione.
1 soldati incaricati di eseguire il
crudele decreto, si recarono a Bet-
lemme e ne' dintorni, e vi truci-
darono tutti i fauciulli dell' età
indicata; ma Gesù era già in sal-
vo, avendo un angelo avvisato s.
Giuseppe di condurlo in Egitto
per sottrarlo alla persecuzione. Le
grida sì delle madri che dei fi-
gliuoli furono tali, che s. Matteo
applica a questo avvenimento la
profezia di Geremia : « Un rumo-
» re si è udito in Rama ; un gran
» pianto e molto lamento : Ha-
» chele che piange i suoi figliuoli, e
-•' non volle esser consolata, perchè
» più non sono." Questa profezia
che riguarda più immediatamente
la schiavitù di Babilonia, ebbe il
MI 20)
suo intiero compimento nella stra-
ge degli Innocenti. Rama di cui
parla s. Matteo era un villaggio
poco distante da Betlemme, e la
tomba di Rachele era in un cam-
po che ne dipendeva. E probabi-
le inoltre che la strage siasi estesa
infino alla tribù di Beniamino, che
si trovava nel vicinato, e che di-
scendeva da Rachele. Se vogliamo
attenersi alla liturgia degli etiopi
e al calendario dei greci, perirono
quattordicimila fanciulli; ma que-
sto numero , secondo il Butler ,
sembra esagerato, e non vi so-
no ragioni solide che ci obbli-
ghino ad ammetterlo. Il Sarnelli
nelle Lettere ecrl. t. VI, lett. LV :
Se si pub sapere il numero de* ss.
Innocenti , e del rito con cui la
santa Chiesa li celebra ; rigettan-
do l'opinione erronea di quelli che
bonariamente credettero essere il
numero degl' innocenti periti cen-
toquarantaquattromila , tuttavolta
citando Genebrardo, il Sahnerone
e le liturgie de'greci ed etiopi, dice
che probabilmente furono quattor-
dicimila. Nel tom. V, lett. XXII:
Se i bambini battezzali e subito
morti possono essere canonizzali;
il Sarnelli avverte, che per esser
santo appresso Dio nella Chieda
trionfante basta al fanciullo il bat-
tesimo, ma per essere venerato nel-
la Chiesa militante, vi si richiedo-
no due condizioni espresse da In-
nocenzo HI nella bolla della ca-
nonizzazione di s. Omobono, Quia
pietas, de' 22 dicembre 1198, cioè
ineriti e miracoli; si venerano poi
per santi gl'Innocenti, perchè mo-
rirono in vece di Cristo. Qualche
commentatore di s. Matteo credet-
te, che il furore di Erode non si
restringesse alla sola Betlemme ,
né si limitasse al solo biiuato dei
2o6 INN
bambini, ma si estendesse anche
ad altri luoghi ed ai quinquenni,
per così assicurarsi maggiormente
di togliere al mondo il temuto
Messia. Quindi essendosi discusso
il dubbio, se dovesse prescriversi,
che fòsse tolta da' Menei greci la
suddetta indicazione del numero,
fu decretato dalla s. congregazione
per la correzione de' libri della
chiesa orientale, a' i4 aprile 1733,
nihil innovandum. Su questi pun-
ti il Cancellieri raccolse erudizio-
ni, che si possono consultare a p.
53 e 54 della Dissert. epìst. su
.v. Siinplicia , ec. Il culto dei
santi Innocenti è senza dubbio
antichissimo nella Chiesa , che
gli ha sempre considerati come il
fiore de' martiri. Essi ebbero la
gloria di morire per Gesù Cristo
in un'età nella quale non poteva-
no ancora invocare il suo nome,
e trionfarono del mondo prima di
conoscerlo. Che ogni anno se ne
celebrava ne' primi secoli la loro
memoria, lo afTertnano Origene e s.
Agostino. La chiesa latina cele-
bra la loro festa ai 28 di dicem-
bre, e la greca ai 20,. In molti
luoghi si mostrano delle reliquie
de' ss. Innocenti.
INNOCENZO I (s.), PapaXLII.
Figlio d'Innocenzo di Alba nel Mon-
ferrato, fu fitto da s. Damaso I
diacono cardinale, e quindi venne
creato Pontefice a' 18 maggio del-
l'anno 402j i° el** di quarantadue
anni. L'impero d'occidente era al-
lora governalo da Onorio; la chie-
sa africana trovavasi divisa per la
setta de'donatisti ; ma fiorivano s.
Giovanni Crisostomo, s. Girolamo
e s. Agostino, coi quali il Papa
ebbe sempre corrispondenza, aven-
do dichiarato innocente e restitui-
to alla sede di Costantinopoli il
INN
primo. Impiegò Innocenzo I tutto
il suo zelo presso l'imperatore, per
ottenere severe leggi contro i do-
natisti, e riuscì nel lodevole inten-
to. L'invasione de'goli comandati
da Alarico stringendo Roma d'as-
sedio, il Pontefice concorse a pla-
care il nemico, il quale a forza di
presenti venne a patti col senato
romano, che convenne di dargli
cinquemila libbre d' oro . trenta-
mila d'argento, quattromila tona-
che di seta, tremila pelli tinte in
scarlatto, tremila libbre di pepe, pro-
mettendo inoltre il senato di procura-
re la pace tra Alarico e l'impera-
tore. A tale effetto nel 4°9 venne
spedita dal senato e popolo roma-
no un' ambasceria a Ravenna, ove
dimorava Onorio, per la conclu-
sione di questo trattato. Invitato
il Papa a porvisi alla testa, di
buon grado vi accondiscese. Nulla
persuase l'imperatore a confermare
la capitolazione, dopo che Giovio
prefetto del pretorio per impru-
denza fece interromperne le nego-
ziazioni. Mentre Innocenzo I rad-
doppiava le cure per salvare Ro-
ma, Alarico incominciò le ostilità,
obbligò i romani ad eleggere im-
peratore Aitalo prefetto della cit-
tà, e restituitosi dalle Alpi dopo
un terzo assedio prese Roma a'c*4
agosto del4io> e barbaramente la
saccheggiò coli' ultimo eccidio dei
cittadini. Trovandosi il Papa in-
fruttuosamente in Ravenna, non fu
testimonio di tale catastrofe, e
tornato in Roma non trovò che
desolazione e rovine. Fu dai ro-
mani ricevuto come un angelo
consolatore , ond'egli si applicò
con tutto l'impegno a solleva-
re i cristiani colpiti da tante dis-
grazie, a restaurare le chiese, or-
nandole di nuovi lavori e di pre-
1NN INN 207
ziose suppellettili d' oro e d* ar- nel canone delle sacre Scritture. E
gerito. calunnia quanto scrissero Zosimo
Da quel punto Innocenzo I, più e 1' Osmanno, che s. Innocenzo I
che prima, non attese che a far permise nel 4°4 'a celebrazione dei
fiorire la religione, e pubblicare giuochi secolari o centenari chia-
molte costituzioni pel regolamento mali ludi, i (piali erano slati abo-
degli ecclesiastici, e a distruggete liti qualche secolo prima, massime
ne' suoi principii le eresie di Pe- dopo la celebre costituzione di Co-
lagio, di Celeslio e de' donatisti stantiuo il Grande. Di tali giuochi
col condannarle. Ordinò che le se ne fece parola nel voi XXXI,
cause maggiori, dopo la sentenza pag. 172 del Dizionario. Solo qui
del vescovo, fossero rimesse alla aggiungeremo essersi i ludi seco-
santa Sede, secondo il religioso co- lari celebrali in Roma nove volte,
slume, comesi legge nel Coustant, cominciando dall'anno di Roma
Epist. Rom. Pont. toni. I, p. y49- ^45 sino all'anno 1000 di essa e
Intorno al leslo d' Innocenzo 1 sul- 247 dell'era nostra, quando furo-
Ia riserva delle cause maggiori, no per l'ultima volta celebrali con
come si debba leggere e spiegare, gran magnificenza. Con legato del-
è da vedersi il Zaccaria , And- la matrona \ estina fabbricò ed e-
Febronio parte 2, omo II. Que- resse il titolo cardinalizio de' ss.
sii inoltre difende l'altro detto del Vitale, Gervasio e Protasio. la
Pontefice, che le chiese occidenta- quattro ordinazioni fatle nel dicem-
li furono tutte da s. Pietro fonila- bre creò cinquantaquattro vescovi,
te, cioè a p. 66. Nella decretale trenta preti e quindici diaconi,
con cui dichiarò i bigami irrego- Governò quindici anni, due mesi
lari ed incapaci di essere promossi e dieci giorni. Eia egli di grande
agli ordini sacri, dichiarò ancora ingegno, di singolare prudenza or-
esseie bigamo quello che presa nato, come scrive Teodoreto, /list.
moglie prima del battesimo, ne lib. 5, cap. 23, e degnissimo della
pigliasse altra dopo battezzato, mor- sede di Pietro, al dire di s. Prospe-
ta la prima. Riformò l'abuso che ro, contr. collat. e. 5, § 3. Mori
si era messo nel dare il bacio di a' 28 luglio, altri dicono a' 12
pace nella messa prima del tempo marzo, del 4'7 5 ma 'a Chiesa ono-
osservato dall'uso della Chiesa. A p- na la sua memoria a' 28 luglio,
provò il digiuno del sabbato, già Fu sepolto nel suo cimiterio all'Or-
da molto tempo ricevuto in Ro- so Pilealo, e quindi trasferito nella
ma, in memoria della sepoltura di chiesa de' ss. Silvestro e Martino ai
Cristo, e della tristezza della Bea- Monti. Abbiamo di lui gran nu-
ta Vergine e degli apostoli. Con- mero di decretali , essendone le
fermò la tradizione per cui la Cine- principali, quella scritta a s. Esu-
sa nel venerdì e sabbaio santo si perio vescovo di Tolosa, quella a
astiene dal sacrifizio della messa e Decenzio vescovo nell'Umbria, quel-
dalia comunione, in memoria ed le a molti vescovi d'Italia e di A-
esempio degli apostoli, i quali nei frica. Vacò la santa Sede ventun
detti due giorni perseverarono me- giorni.
sti in digiuno. Determinò quali INNOCENZO II, Papa CLXXI.
sieno i libri che dehbonsi ricevere Gregorio del Papa o Paparesohi,
2o8 INN
romano del rione di Trastevere,
della nobilissima famiglia delta al-
lora de' Guidoni ed oggi Mattei,
ebbe per padre Giovanni. Educa-
to fino dall'infanzia nella pietà e
nelle lettere, e nell'una e nell'altre
mirabilmente cresciuto , professò
ancor giovanetto la regola de'ca-
nonici regolari lateranensi, tra'qua-
li fu abbate de' ss. Nicola e Pri-
mitivo di cui parlammo all' arti-
colo Gabio ; quindi divenne tanto
celebre, che Urbano II lo creò
diacono cardinale e gli conferì per
diaconia la chiesa di s. Angelo in
Pescheria , tuttoché in giovanile
età. Trasferitosi nelle Gallie con
Gelasio II, alla cui elezione erasi
trovalo presente, per sua morte
concorse a quella di Calisto li e
poscia a quella di Onorio II, a cui
impose la pontificia tiara come
arcidiacono della chiesa romana.
Adempì con valore e decoro tutte
le parti di legato apostolico nella
Francia e nell'Alemagna, dove nel
1124 gli riuscì stabilire insieme
coi cardinali Lamberto vescovo
Ostiense e sassone , come lo chia-
ma il Cardella, del titolo di s.
Stefano al Monte Celio, la tanto
desiderata pace tra il sacerdozio
e 1' impero. Mentre soggiornava
nelle Gallie volle visitare s. Ste-
fano di Mureto fondatore dell' or-
dine di Grandmont, che per la san-
tità di sua vita si era reso celebre.
Appose la sua soscrizione ad una
bolla spedita da Calisto II a fa-
vore del vescovo di Genova. Inol-
tre si vuole che da cardinale scri-
vesse un dotto commentario sul
sacro libro della Cantica, che fu
collocato nella biblioteca del mona-
stero di s. Gallo nella Svizzera, al
dire del Cardella, Memorie istori-
che de cardinali t. I, par. i, p.
INN
200. Essendo morto Onorio II
a'i4 febbraio ii3o, per suo con-
siglio si procedette subito all'elezio-
ne di lui in successore , siccome
degnissimo per veneranda canu-
tezza, illibati costumi, mirabile scien-
za, affabilità ed eloquenza, al dire
di Arnaldo abbate in vita s. Ber-
nardi lib. 2, cap. 1, § 1, Opere
t. Ili, p. 1107, ed il Surio a'20
agosto. Tale sollecitudine neh' ele-
zione si fece ancora ad evitare i
maneggi e le prepotenze di Pietro
di Leone cardinale potentissimo in
Pioma per ricchezze, pei fratelli ed
altre parentele, e per l'appoggio
del vescovo Portuense, ma di cor-
rottissimi costumi. Alcuni dicono
che sedici o diecinove cardinali
nella notte dello stesso giorno del-
la morte di Onorio II frettolosa-
mente vestirono delle insegne pa-
pali Gregorio ; altri lo dicono e-
letto nel d'i seguente i5 febbraio.
Pu pugnando egli con singoiar fer-
mezza, fu dai cardinali costretto
con pena di scomunica a ricevere
il pontificato, al modo narrato da
Arnolfo Sagiense , De schismatc
posi Honorii II decessurn, cap. 4»
in ter Script, rer. Italie, t. Ili, p.
420. Prese il nome d' Innocenzo
II, fu ordinato prete a'22, giorno
dedicato alla cattedra di s. Pie-
tro in Antiochia, e consacrato Pa-
pa a'23 febbraio nella chiesa di s.
Maria Nuova. Nello stesso giorno
dell'elezione, ovvero tre giorni do-
po, il cardinal Pietro suscitò con-
tro di lui un orribile scisma, e ven-
ne intronizzato e s'intruse nel pon-
tificato col nome di Anacleto II,
pel favore de'suoi numerosi parti-
giani, acconsentendovi gran molti-
tudine del clero e del popolo;
laonde Innocenzo li dalle case
Laterane si ritirò dai Frangi pa-
I N N
ni nemici di Anacleto IT. Fu que-
sto consacrato pseudo-papa in s.
Pietro, e per mantenersi nell' u-
surpato trono e corrompere i ro-
mani fedeli al vero Pontefice, spo-
gliò le chiese di R.oma delle cose
preziose: di questo antipapa ne
trattammo nei voi. II, p. 193, e
XXI, p. i3 del Dizionario.
Non potendo Innocenzo II resi-
stere al partito dell' antipapa, vo-
lendo rifugiarsi in Francia, partì
da Roma, ed imbarcatosi nel Te-
vere con molti de'suoi, giunse a
Porto. Dichiarò Corrado vescovo
di Sabina suo vicario in Roma.
Indi con due galere per mare si
portò a Pisa, dove si trattenne
buona parte del ii3o. Continuò
il suo Tiaggio per Genova, e quin-
di sbarcò a s. Egidio nella Pro-
venza; portossi a \ iviers, a Puy,
e fu ricevuto magnificamente in
Cluny, donde passò a Clermont in
cui celebrò un concilio. Nel 1 1 3 1
andò ad Orleans, presso le cui
vicinanze fu incontrato dal re di
Francia Luigi VI, il quale con
tutta la reale famiglia rese al Pa-
pa i più distinti atti di riverenza.
Successivamente Innocenzo II fu
a Rouen ed a Chartres : ivi il re
d' Inghilterra Enrico I gli prestò
obbedienza. Si recò in Liegi ove
celebrò un concilio, scomunicò nuo-
vamente 1' antipapa , e ricevette
Lotario II re de' romani, che col-
la sua sposa si portò a riconoscer-
lo e fargli omaggio. Sulla piazza
della cattedrale il re andò incontro
al Papa ; con una verga faceva
allargare l' affollato popolo, men-
tre coli' altra mano sosteneva la
briglia del . cavallo cavalcato da
Innocenzo II, cui sostenne nello
smontare. In tale occasione il re
gli domandò la ripristinazione del-
vol. xxxv.
INN 209
l'investiture ecclesiastiche, ma il
Papa ricusò di farlo, solo promet-
tendogli la corona imperiale s'egli
assumesse la difesa della Chiesa e
di conservare i beni della santa
Sede. S. Bernardo, gran sostenito-
re della legittimità d'Innocenzo II,
essendo presente,, con savie e forti
ragioni persuase Lotario II di non
insistere sulla domanda delle inve-
stiture, ed a contentarsi di quanto
erasi stabilito tra il Papa Calisto
II e l'imperatore Enrico V. Indi
il Papa visitò le due celebri ab-
bazie di Chiaravalle e di s. Dio-
nigio dove celebrò la Pasqua, ed
in Parigi ringraziò il re di quan-
to operava a di lui vantaggio nel
soggiorno del suo regno. Passato
a Compiegne vi restò parte del
ii3r, donde recossi a Reims a
celebrarvi un concilio. In esso fu
riconosciuta canonica la sua ele-
zione, l'antipapa ed i suoi Seguaci
furono condannati ; inoltre Inno-
cenzo II canonizzò s. Godardo ve-
scovo d'Hildesheim, e nei Bollan-
disli ad diem 4 ina fi p. 5oi, si
legge la storia di questa canoniz-
zazione. Quivi pure il Pontefice
coronò Luigi VII secondogenito
di Luigi VI, e da Reims si di-
resse per 1' Italia nella primave-
ra del 11 32, dopo aver concedu-
to a s. Bernardo per tutto il suo
ordine il privilegio di non essere
obbligati a pagar decime ai ve-
scovi. Per le montagne del Geno*
vesato entrò in Lombardia, e fe-
steggiata presso la città d' Asti la
Risurrezione del Signore, a Pia-
cenza tenne un terzo concilio. Nel-
le vicinanze s' incontrò con Lota-
rio II, col quale si stabilì di libe-
rare dalle mani dell'antipapa la
Chiesa romana, e che in Roma
l'avrebbe coronato imperatore. A
li
aio INN
Viterbo tornarono ad incontrarsi,
e per la Sabina giunsero nelle
vicinanze di Roma. Lotario II ac-
campò il suo esercito presso s.
Agnese , ed ivi recossi Tebaldo
prefetto di Roma, e moltissima no-
biltà, laonde senza resistenza vi
entrò col Pontefice il primo mag-
gio. Innocenzo II pacificamente a-
bitò il palazzo lateranense, ed il
re nel Monte Aventino , mentre
l' antipapa teneva ancora la basi-
lica vaticana ed il Castel s. An-
gelo. Intanto i genovesi ed i pisa-
ni , grati ad Innocenzo II per a-
verli pacificati, ed eretto Pisa e
Genova in sedi arcivescovili, colle
loro armate navali gli sottomisero
Civitavecchia e tutta la costa ma-
rittima. A' 4 g,ugn0 Innocenzo II
nella basilica lateranense coronò
colle insegne imperiali Lotario II,
e Riclienza o Ricliilta sua moglie;
e diede al primo, suoi figli e ge-
nero Enrico duca di Baviera il
patrimonio della contessa Matilde,
mediante annuo censo, giuramen-
to ed omaggio di fedeltà, per es-
sere feudo alla santa Sede. Però
il Borgia nella Difesa del dominio
temporale della santa Sede a p.
79, dice soltanto che Innocenzo II
con atto solenne entro la basilica
lateranense investì dei doni di Ma-
tilde per annulum V imperatore
Lotario II ed Agnese sua moglie,
coli' obbligo del censo annuo di
cento lire d'argento, ed il patto
che dopo la loro morte 1' uti-
le dominio investito ritornasse al-
la Chiesa romana. Lotario II di
tutto ringraziò il Papa, gli baciò
i piedi e condusse per alcuni pas-
si la mula che cavalcava.
Per la scarsezza de' mezzi di
difesa, per essere infestato e ber-
sagliato dalle fortezze in cui si era
INN
ritiralo 1' antipapa, e per evitare
i calori estivi perniciosi all' arma-
ta, 1' imperatore partì per Pisa, e
lo seguì Innocenzo 11, il quale vi
restò sino alla morte di Anacleto
II. Ivi a' 22 aprile 1 1 34 canoniz-
zò s. Ugo vescovo di Grenoble ,
ed a' 3o maggio vi convocò il
quarto concilio, concorrendovi i
vescovi ed abbati non solamente
dell' Italia, ma di Francia e di
Germania con 1' istesso abbate s.
Bernardo, essendovi confermata la
scomunica contro 1' antipapa e i
suoi aderenti. Pregato s. Bernardo
dai milanesi d' interporsi col Pa-
pa, perchè restituisse loro 1' onore
di metropoli, furono benignamen-
te esauditi. In detto anno Inno-
cenzo li dispensò Ramiro sacer-
dote e monaco di prendere mo-
glie per ottenere il regno d' A-
ragona. Intanto avendo il Ponte-
fice pregato d' aiuto 1' imperatore
già tornato in Germania, esso ri-
passò prontamente le Alpi con for-
midabile esercito, e nel marzo del
11 37 si fece vedere sotto le mura
di Roma, dopo avere in Viterbo
riveduto Innocenzo II. Sebbene
avesse questi ricuperato la Campa-
gna ed Albano, per timore delle
insidie de' fautori dell' antipapa,
si recò a Benevento, dove celebrò
coli' imperatore la festa di Pente-
coste. Inoltre passò il santo Padre
in Avellino, ove con Lotario II
contrastò sul diritto di creare il
duca di Puglia, che finalmente fu
aggiudicato al Papa. Ritornati a
Ruma Innocenzo II e 1' imperato-
re, superali gli ostacoli, vi entraro-
no come trionfanti, assistiti dai
Frangipani,, e da quasi tutta la
nobiltà e popolo romano, nello sles-
soanno 1 1 37 . Innocenzo II ricupe-
rò il possesso della basilica vati-
INN
caria, e si pose con tutta quiete
a governare la Chiesa di Dio, che
nel il 38 verso li ?5 gennaio fu
liberata dalle molestie dell' antipa-
pa, perchè mori di dolore in ve-
dersi abbandonato da tutti, sco-
municato e maledetto, terminando
così -di più travagliare il cristia-
nesimo. Non fu perciò terminato
lo scisma, dappoiché i fratelli del
defunto spalleggiati da Ruggiero
duca o re di Sicilia, e per consi-
glio di questi fecero antipapa col
nome di Vittore IV il cardinal
Gregorio Conti, il quale era stato
legato dell' antipapa alla corona-
zione di Ruggiero in Palermo.
Tuttavolta crescendo il partito di
Innocenzo II, i fratelli di Anacleto
li, per non restale soli scomuni-
cati ed esposti agli insulti de' ro-
mani, si umiliarono al Papa giu-
randogli fedeltà. Riuscì ancora a
s. Rernardo d' indurre il falso
Pontefice a detestare lo scisma,
umiliarsi ad Innocenzo lì, e de-
porre le insegne papali, il che fe-
ce ottenendo benignamente il per-
dono a'2g maggio i 1 38. Così fi-
nì lo scisma crudele che per ot-
t' anni avea lacerato la Chiesa.
Veggasi s. Rernardo, Semi. 24 "1
Cantica § 1, e neh* episl. 3 1 7;
Fulcone Beneventano in Chron.
ad an. 11 38, p. 126. Inoltre di
questo scisma tratta il p. Mabil-
lon, Praefat. in novanti edit. s.
Bernardi § 4-
Profittando Innocenzo II della
pace, agli 8 aprile t i 3c> cominciò
il concilio generale Lateranense li,
coli' intervento di circa mille ve-
scovi. In questo si annullarono gli
atti di Anacleto Il-r fu scomunica-
to Ruggiero re di Sicilia ; si con-
dannò Pietro di Bruii, Arnaldo
da Brescia e loro seguaci ; e *i
INN 211
fecero vari decreti per riordinare
la disciplina ecclesiastica assai ri-
lassata. Inoltre il Papa canonizzò
s. Sturmio primo abbate di Ful-
da : in altri tempi canonizzò s.
Petronio vescovo e s. Giusto ve-
scovo. Dopo il concilio, Innocenzo
II facendo guerra a Ruggiero du-
ca' di Sicilia, che dopo morto ai
3o aprile ii3c) Rainolfo duca di
Puglia feudatario della Chiesa ro-
mana, erasi impadronito della Pu-
glia, lo assediò in Galluccio. So-
pravvenuto Guglielmo duca di Ca-
labria suo figlio, con insidie fece
prigioni il Papa con tutti i cardi-
nali eh' erano nel campo presso
Monte Cassino. Ruggiero con lode-
vole moderazione li trattò onorifi-
camente, e li lasciò liberi ottenen-
do molti vantaggi. Innocenzo II
lo riconobbe ed onorò del titolo
di re di Sicilia, titolo che incom-
petentemente gli avea dato Ana-
cleto II, e lo investì del regno delle
due Sicilie col gonfalone. Il re coi
suoi figli si prostrarono a'piedi
del Pontefice, chiesero perdono e
furono assolti; indi accompagnarono
con molto onore il Papa sino a
Benevento, ove venne atterrato il
castello costrutto da Roscemando
arcivescovo di quella città, nuo-
vamente deposto come fatto da
Anacleto II. Nel 1 i4o con la co-
stituzione Testante apostolo, presso
il Bull. Rom. t. II, p. i5o, Inno-
cenzo II condannò gli errori di
Pietro Abelardo, già condannati
nel medesimo anno dal concilio di
Sens. Ebbe luogo un'apparente ri-
conciliazione tra i latini ed i greci, '
ma che poco durò per la guerra
che l'imperatore Giovanni Comne-
no mosse ai latini d'oriente. Nel
1 1 4-' » nata discordia tra il Ponte-
fice e Luigi VII re di Francia, a
212 INN
cagione dell'arcivescovo di Bourges,
Innocenzo II fulminò l'interdetto
contro il regno. In quest' anno si
ribellarono i romani ripristinando
nel primiero onore ed autorità il
senato ; indi avendo terminata la
guerra coi tivolesi, ad onta della
pace fatta vollero rientrare in cam-
pagna con dispiacere del Pontefi-
ce, che ne morì a' 24 settembre
ii43. Governò tredici anni, sette
mesi e nove giorni, ne'quali creò
in sei promozioni quarantanove
cardinali, oltre altri sedici cardi-
nali creati in tempi diversi, secon-
do il Cardella. Dettò quarantatre
decretali , oltre cinque altre ri-
guardanti la chiesa d' Alemagna,
e due altre quella di Angers. Fu
sepolto in s. Giovanni in Laterano,
e quindi dopo sette anni trasfe-
rito nella chiesa di s. Maria in
Trastevere, che a proprie spese
avea cominciato a rinnovare dai
fondamenti ornando la tribuna di
mosaici. La sua vita fu scritta dal
p. Giovanni de Lannes, nelP Ili-
sloire du Pontificai du Pape In-
nocent II. Paris 1741- Vacò la
sede romana tre giorni.
INNOCENZO III, P. CLXXXIII.
Lotario o Giovanni Lotario nac-
que verso l'anno 1 160 o 1161
in Anagni, da Trasmondo o Tra-
simondo Conti di Segni, e da
Clarina o Clarice della nobile e
senatoria famiglia che vantava po-
tenti amicizie ed illustri parentele,
ma emula della famiglia cospicua
dei Bobi o Bobò, ramo della poten-
te stirpe degli Orsini, della quale fu
Celestino III, immediato predeces-
sore d'Innocenzo III, chiamato prima
Giacinto Bobò -Orsini romano. I
Conti furono per più. secoli anno-
verati fra le più. illustri famiglie
dell'Italia meridionale, e il nome
INN
di Trasmondi che questa famiglia
in antico portava, diede cagione
ad alcuni biografi di far salire l'o-
rigine sua fino a Trasmondo I
conte di Capua, che nel 663 fu
fatto duca di Spoleto da Grimoal-
do re de' longobardi, che gli avea
dato per moglie la propria figlia.
Dopo avere circa quarantanni go-
vernato il ducato, si ritirò nel suo
monastero di Farfa, e gli successe
il suo figlio Faroaldo. Nelle due
versioni stampate a Milano, di cui
parleremo in fine, della celebre
Storia d' Innocenzo III del eh.
Hurter, tanto si legge. Ma nel
Compendio storico genealogico del-
la patrizia famiglia Trasmondo,
Roma i832, per Giuseppe Bran-
cadoro, a p. %i si dice che Tras-
mondo mori nel 703 compianto
dai suoi popoli, senza farsi men-
zione del suo ritiramento nel mo-
nastero, Bensì narrasi che Faroal-
do fu grandemente benemerito del-
le abbazie di Farfa e di Feren-
tdlo, al modo che dicemmo già.
a quegli articoli, e che ritiratosi
nella prima ne divenne abbate, e
morì santamente nel 728, lascian-
do il suo figlio Trasmondo o Tra-
simondo II, che sino dal 724 gli
era successo nel ducato. Dipoi uno
de' suoi discendenti, i quali erano
conti di Chieli, Penna e Marsi,
possedeva anche al tempo dell'im-
peratore Ottone I il medesimo
ducato di .Spoleto. Atto, fratello
di luij per mézzo del suo figlio
Lotario vuoisi avolo di Crescenzio
fatto prefetto di Roma nel io ir.
Questi, figlio di Berardo seniore
conte di Marsi, è diverso da Cre-
scenzio Nomentano, e da Crescen-
zio conte di Sabina morto nel
io io. Quindi si dice che il di lui
figlio Trasmondo, che secondo il
INN
citato Compendio sarebbe stato si-
gnore di molti feudi, di Anagni,
Segni e Ferentino, fu padre d' un
altro Trasmondo donde usci il
nostro Lotario. Ad onta dell'oscu-
rità cbe domina in questa genealo-
gia e sull'origine vera della fami-
glia Conti, che altri fanno deri-
vare dall'antica romana Anicia os-
sia Ottaviana, certo è che dessa
risale ad epoca remota e che i
proavi di Lotario poi Innocenzo
III esercitarono la dignità ed uffi*
zio di Conte (Vedi), ora in Roma,
ora nel Tuscolo, ora in Segni ed
Anagni ed altri luoghi vicini alla
capitale del cristianesimo. Forse
ebbero in principio questo nome
dalla stessa dignità di cui furono
più spesso che gli altri onorati, o
fors'anco dal luogo di loro dimora,
o dall'essere vicine a queste le lo-
ro terre; col tempo poi questo so-
prannome divenne il nome assolu-
to della famiglia. Su questo punto
sono a vedersi gli articoli Co>ti
Famiglia , e Frascati succeduta
all'antico Tuscolo. A detto articolo
Comi parlammo dell'origine di que-
sta celebre e nobilissima famiglia,
che nel principio del secolo XIII
eguagliò in reputazione e potere
le romane potenti dei Colonuesi,
Orsini, Frangipani, Savelli, ed al-
tre primarie. Si disse ancora dei
due rami principali di Segni e
Valinontone e de' signori di Poli
come diretti discendenti da Inno-
cenzo III; delle beneficenze fatte
dal Papa ai suoi congiunti , di
quelli che creò cardinali, di Ric-
cardo ed altri suoi fratelli e ni-
poti ; delle famose torri edificate in
Roma, dei feudi conferiti od acqui-
stati dalla famiglia , dei grandi
uomini boriti in essa per virtù,
santità, dottrina, Papi, cardinali,
INN 2i3
valorosi ed eccellenti guerrieri e
dignitari; delle cospicue parentele
contratte dai Conti anche con case
sovrane, della loro grandezza, po-
tenza e splendore ; e dicemmo pu-
re quanto altro può appartenergli.
Estintasi la famiglia Conti nel
1811, i Ruspoli principi di Cer-
veteri, e gli Sforza-Cesarini duchi
di Marsi ne ereditarono i posse-
dimenti, alcuni de' quali per com-
prila e per matrimonio sono pas-
sati nella principesca famiglia Tor-
lonia. Le prerogative ed il titolo
di duca di Segni sono riunite nel
duca d. Francesco Sforza-Cesarini
figlio del duca d. Lorenzo, il qua-
le gode il cognome, le insegne e
le onorificenze della famiglia Con-
ti, tranne la dignità di Maestro
del sacro ospizio passala nei prin-
cipi Ruspoli, ed ora n' è insignito
il principe d. Giovanni. Inoltre
della illustre famiglia Conti se ne
tratta in parecchi analoghi artico-
li di questo mio Dizionario. Il eh.
conte Litta ne fece la storia nella
sua opera delle Famiglie celebri
italiane. Non è vero che 1' inter-
nunzio della Svizzera Gizzi, ed il
nunzio Ostini, ora amplissimi car-
dinali, sieno autori di due scritti
sulla storia della famiglia Conti.
Richiesti ambedue dal eh. Hurter
di notizie su tal famiglia, il primo
solo le procurò da Roma, il se-
condo fece altrettanto con Nicolò
Ratti autore della Storia della fa-
miglia Sforza, opera che studiam-
mo nella compilazione del citato
articolo Coxti.
Trasmondo 0 Trasimondo ebbe
da Clarice cinque figli, una fem-
mina maritata a Pietro Anuibal-
di, della quale potentissima fami-
glia parlammo altrove, come pu-
re nel volume XXVI t, pag. i^t
ai4 1NN
e seg. del Dizionario, e quat-
tro maschi , cioè Riccardo , Pie-
tro morto nel iaia, Tommaso
conte di Celano, e Giovanni Lo-
tario, o Lotario perchè l'antinome
«li Giovanni da alcuni viene escluso.
Quest'ultimo nacque nel pontifica-
lo di Alessandro III, il quale da
cardinale nella dieta di Besancon
avea proposta la famosa questione :
« E da chi mai l'imperatore ri-
conosce l'impero se non dal Papa"?
All'articolo Imperatore {Vedi) di-
mostrammo che questi riconosceva
con giuramento la corona e l'im-
pero dal sommo Pontefice. L'epo-
ca adunque in cui nacque Lotario
era fatale per lo scisma sostenuto
dall'antipapa Vittore V e da Fe-
derico I, alla Chiesa e particolar-
mente all' Italia ed alla Germania,
vigendo appunto la questione se
V impero avesse diritto di sovrani-
tà o solo di patrocinio sulla Chie-
sa. Alessandro 111 e Federico I,
rappresentanti la Chiesa e l'Impe-
ro, animati da incomparabile co-
raggio operavano ciascuno pel pro-
prio trionfo: vinse il Papa, e l'im-
peratore, il più poleute degli Ho-
henslaufen, nel i 177 giurò in Ve-
nezia pace con la Chiesa, e di ri*
spettare l'integrità de' suoi diritti.
Sortì Lotario dalla natura una fe-
licissima memoria, accompagnata da
tale acutezza e penetrazione d in-
gegno, che non solo divenne dot-
tissimo nella sacra e profana let-
teratura, ma oltre a ciò riuscì fa-
moso nella scienza delle leggi, e as-
sai eloquente. I primi suoi studi
li fece in Roma, e nella scuola di
s. Giovanni in Laterano, per cui il
Pennollo, Tot. orci. cler. can. histor.
tri pari. lih. 3, cap. i2,§ 6, dice che
ivi fu fatto canonico regolare latera-
ncnse da fanciullo , ovvero nella
INN
scuola di s. Pietro in Vaticano i
cui canonici conducevano vita clau-
strale, od anche in ambedue ter-
minò la sua educazione elementa-
re. Che ancor lui fu poi canonico
di s. Pietro, egli stesso lo attesta
nella sua bolla che da Papa di-
resse al capitolo, che tanto favorì»
Cum in lege veteri, presso il Bull.
tom. III, par. I, pag. 7. Uno dei
suoi maestri, Pietro Ismaele, appe-
na esaltato al pontificato fece ve-
scovo di Sutri. Cresciuto in età, e
fatto capace a ricevere più ampia
istruzione, verso il 1 1 80 si condusse
a Parigi, città già famosa pe' mae-
stri che vi professavano gli elementi
di tutte le umane cognizioni, e le
scienze di quel tempo comprese
sotto il nome di arti liberali; più
tardi poi anche tutte le altre scien-
ze vi furono introdotte e coltivate
con amore, oud' è che ivi accorre-
vano quanti amavano rendersi pro-
fondi in ogni dottrina , massime
nella teologia, pel grido che gode-
va di eccellente la sua università
della Sorbona, i cui professori ve-
nivano consultati nelle più impor-
tanti questioni teologiche e morali.
In Parigi Lotario ascoltò di pre-
ferenza le lezioni di Pietro cantore
della cattedrale, e più ancora quelle
di Pietro di Corbeil cui si mostrò
gratissimo con dignità e benefizi,
come pure ebbe per tutta la vita
lieta e riconoscente memoria del
tempo da lui passato in Francia ,
e prese sotto la sua speciale pro-
tezione V università di Parigi, cui
concesse parecchi privilegi. Dopo
essersi recato in Inghilterra a ve-
nerare le reliquie di s. Tommaso
di Gantorbery, Lotario passò a Bo-
logna dove da gran tempo fiori-
vano le scuole di giurisprudenza ,
e dove grande era il concorso da
INN
tutta I* Italia e dai lontani paesi.
I professori di quella celebre uni-
versità più diletti a Lotario furono
Giovanni Bassiano e Uguccione da
Ferrara, l'ultimo de' quali, che fu
vescovo, onorò poi di particolar af-
fezione, e spesso richiese di consi-
glio; distinse pure Bernardo Balbi
detto Circa, indi promosso a vesco-
vo di Pavia.
Ignorasi quanti anni Lotario fre-
quentasse le due università di Pa-
rigi e di Bologna, ben vedesi però
da' suoi scritti, che rendono testi-
monianza del suo sapere in divi-
nità, come altresì dalle molteplici
sue provisioni, decisioni e risposte,
le quali attestano la sua dottrina
in diritto canonico, che i professori
delle due città trovar dovettero in
lui un allievo che sapeva con giu-
dizio raccogliere le loro lezioni ,
far suoi i tesori della loro erudi-
zione, per quindi applicarla più
variamente che mai in tutte le cose
de'l'ampio ed alto suo ministero.
Dar dunque gli si può a giusta
ragione il titolo di maestro, o guar-
disi alla sua dottrina in diritto
canonico, o alla sua erudizione teo-
logica , se pur non vogliasi am-
mettere eh' egli occupasse qualche
pubblica cattedra in Parigi o in
Bologna. Ornato della dignità di
dottore, con tale istruzione che as-
sicurar gli poteva un rapido avan-
zamento nella carriera cui stava
per principiare, procurandosi l'amor
di lutti per l'amenità de' suoi mo-
di , Lotario tornò in Roma per ivi
ricevere gli ordini sacri e dedicarsi
agli uffizi ecclesiastici ed alle in-
cumbenze che si riferissero agl'in*
teressi della Chiesa universale. Ri-
cevuti i primi ordini, ottenne quiu-
di il memorato canonicato di s.
Pietro, e per la protezione de* suoi
llfW *i5
zìi ed altri parenti, fra' quali erano
i tre illustri cardinali Paolo o Pao-
lino de' ss. Sergio e Bacco, forse
fratello della madre , Ottaviano
Conti degli antichi signori di Poli
vescovo d'Ostia , e Giovanni di s.
Marco suo zio dal canto di padre,
potè facilmente pervenire vicino alla
persona del capo della Chiesa Lucio
HI, avendo allora ventiquattr'anni
di età. Facendo il Papa stima delle
cognizioni e della precoce sagacità
del giovine, lo fece entrare negli
affari della santa Sede. Dopo la
morte di Lucio III, ed il breve
pontificato di Urbano III, Gregorio
VIII che a questi successe, nei
pochi giorni che regnò conferì il
suddiaconato a Lotario. Nel 1187
il di lui zio per canto materno ,
Clemente III Scolari romano, fu
collocato sulla veneranda cattedra
apostolica, che nella terza promo-
zione fatta in Roma nel settembre
1 190, creò il nipote Lotario car-
dinale dell'ordine de' diaconi, allora
di ventinove o trent' anni, e per
diaconia gli conferì la chiesa de' ss.
Sergio e Bacco già da lui occupata
nel cardinalato. Il Cardella nelle
Memorie storiche de' cardinali, 1. 1,
par. II, pag. 172, avverte che al-
cuni dissero essere stato Lotario
fatto cardinale dell'ordine de* preti
col titolo di s. Pudenziana, ma
essere vero che in una bolla di
Celestino III del 1 ig3, Lotario si
trova sottoscritto cardinale diacono
di s. Giorgio in Velabro, che pos-
sedeva fino dal ligi. La sua pro-
mozione riuscì di generale gradi-
mento, e parecchi già gli prono-
sticarono il pontificato. Tosto ri-
volse le cure alla sua chiesa , ne
ristorò i muri ed il tetto, e prov-
vide al suo interno abbellimento.
Fregiato di et eminente dignità.
2i6 INN
subito gli furono affidati molti af-
fari, ne' quali pigliò quell'abitudine
a lavorare, e acquistò quella facili-
tà, che in progresso di tempo gli
furono di tanto vantaggio. Questa
pratica negli affari gli fruttò anco-
ra la conoscenza dei personaggi co-
spicui di tutti i regni cristiani, e
fu per esso cagione di nuove ami-
cizie, alle quali rimase fedele anco
sul soglio pontifìcio. Morto nel 1 1 91
Clemente III, gli fu dato in suc-
cessore il vecchio, benigno e pru-
dente cardinal Giaciuto Bobò-Or-
sini romano, che prese il nome di
Celestino III. Nel suo pontificato,
a cagione delle succennate differen-
ze tra le famiglie dei Bobò e dei
Conti, pare che Lotario avesse mi-
nor parte negli affari della Chiesa;
laonde si suppone che il cardinale
non restasse fermo stabilmente in
Roma, ma passasse ad abitar le
case di sua famiglia e patria iu
Aiiagui o nei suoi dintorni, dove
incontrò stretta amicizia col cano-
nico d'Anagni Alberto Longhi, nel-
l'intimità del quale, dopo di aver-
lo promosso al vescovato di Feren-
tino, attinse la posatezza e le for-
ze necessarie a compiere i doveri
suoi di Pontefice sommo. Nel tem-
po che era Papa per più anni si
recò nell'estate a Ferentino, e nel-
l'anno 1208 vi soggiornò per be-
ne un mese e mezzo. Della dimo-
va sua in Ferentino ne parlammo
nel voi. XXIII, pag. 29,5 e 298
del Dizionario. In questo tempo il
cardinale fu preso da umore me-
lanconico, sotto l'influsso del qua-
le compose il suo libro: Delle li-
mane miserie, o del disprezzo del
mondo, che dedicò al vescovo di
Porto. L'opera sua sulle diverse
specie di matrimonio, De quadri-
parlila specie nupliaruin, non è
INN
sino a noi pervenuta, quando pur
non sia, come i suoi dialoghi, se-
polta nella biblioteca di qualche
monastero. Agli ozii suoi giovanili
si possono attribuire due inni in
onore di Gesù Cristo e della Bea-
ta Vergine. Dice il Navaes nella
sua vita, credesi aver Innocenzo III
ordinato che nelle messe si dicesse
in certo tempo la seconda orazio-
ne: A cunctis, da lui composta, co-
me afferma il Lambertini, De sa-
cri/, inissae sect. 1, n. 1 io, p. 5i;
siccome ancora da lui furono com-
posti l'inno Slabat Maler {Vedi),
che altri attribuiscono al b. Jaco-
bono , l'inno Ave mandi spts Ma-
ria, e la sequenza Veni sanctae
Spirilus, della quale il Lenglet,
Compendio della storia, toni. V,
pag. 1 4-7» ea< altri, fanno autore
Roberto II re di Francia, mentre
altri con Platina in vita Gregorii
V ', credono che la composizione
del monarca francese sia il Sancti
Spiritus adsit nobis grada.
Con la morte di Guglielmo II
il Buono re di Napoli e della Si-
c\\\a, e con quella di Federico I,
il figlio di questi Enrico VI di-
venne pretendente al regno di Si-
cilia, ed imperatore; di questa se-
conda dignità ne ricevette la coro-
nazione in un con Costanza sua
moglie dal Papa Celestino HI. Le
ragioni che portarono poi Euri-
co VI sul trono delle due Sicilie,
le ripetè da Costanza figlia di Rug-
giero II, zia di Guglielmo II, ed
ultimo rampollo legittimo della
famiglia de'Normanni. Non avendo
Guglielmo II lasciato né prole né
testamento, secondo il diritto feuda-
le il reame era devoluto allasanta Se-
de suprema signora del medesimo,
per l'estinzione della linea da lei in-
vestita. Insorsero parecchi compe-
1 H N
titoli iil trono, ma ne ottenne la
preferenza Tancredi conte di Lec-
c«, figlio naturale di Ruggiero li,
il quale superate le poche truppe
mandate dall' imperatore, estese il
suo dominio su tutto il regno. Pre-
scindendo anche dai suoi diritti
sulla Sicilia e sulle siguorie dell'I-
talia inferiore, la santa Setle non
poteva veder di huon occhio che
quel reame cadesse in mano della
casa imperiale di Hohenstaufen, che
già troppo l'adombrava per la pos-
sanza sua nell'Italia superiore, per-
che tutti i tentativi de'Papi da Ales-
sandro li in poi non erano potuti
riuscire a sforzare gli Hohenstaufen
alla rinunzia de' beni donati alla
Chiesa dalla gran Conlessa Ma-
tilde [Vedi), ciò che trattammo
ancora all' articolo Garfagiya.va, e
ad altri. Se dunque Enrico VI
capo degli Hohenstaufen fosse per-
venuto ad unir le terre normanne
a queste provincie, Roma si sa^
rebbe trovata circondata dalle sue
possessioni, ed allora egli avrebbe
forse potuto far valere le sue pre-
tensioni sulla metropoli della cri-
stianità, senza che ci fosse più in
Italia un sol potentato capace ad
opporsegli; e bastato sarebbe un
colpo solo di spada ad abbattere
quel gigantesco edilìzio già reso sì
saldo dalla sagacità , vasta mente,
ardimento e perseveranza di s.
Gregorio VII (f edi), e terminato
dalla solerzia e prudenza de'degni
suoi successori. A quell'articolo al-
quanto diffuso mi sono allontana-
to dalla brevità e dal sistema com-
pendioso delle biografie de' Papi ,
nou solo pel complesso delle cir-
costanze che forse in ni un altro
Pontefice si riuniscono, e perciò
necessario rilevarli; a schiarimento
dei tanti gravi ed importanti ar-
I N N 217
ticoli che vi hanno relazione, ma
ancora per una speciale ammira-
zione e tenera venerazione che
m'ispirarono l'eroismo, la magnani-
mità, l'animo grande, l'ardente ze-
lo a favore della santa Sede e
della giustizia, nou che la dottrina
e la santità di s. Gregorio VII,
Mi congratulo quindi con me stes-
so, mi gode 1' animo e si riempie
di religioso tripudio in leggere
soltanto adesso che il celebre e
dottissimo Hurter biografo d Inno-
cenzo III, all'incominciar della sua
gloriosa carriera letteraria, traen-
dolo l'inclinazione verso il medio
evo, ebbe un momento il pensie-
ro di difendere il prediletto degli
anni suoi giovanili s. Gregorio
VII, contro le calunnie e le bu-
giarde relazioni degli scrittori, e
che a questo pensiero quello suc-
cedette di scrivere la storia d' In-
nocenzo III. Il eh. Giovanni Voigt
ebbe eguale trasporto e tendenza,
e la pose meravigliosamente ad
effetto colla tanto e mai abba-
stanza lodata sua Storia di Papa
Gregorio F II e de suoi contempo-
ranci, da lui pubblicata nel i8i5.
Ben a ragione scrisse il can. Jager,
traduttore erudito di tale storia, que-
ste memorabili parole. » Nella sto-
ria della Cbiesa Voigt e Hurter
hanno colti i primi allori. Spo-
gliando questi il principal pregiu-
dizio della loro setta , eressero
due grandi monumenti alla glo-
ria della santa Sede; con infinita
vergogna di tutti noi, i quali, nel
mentre ripuliamo nostra gloria il
chiamarci cattolici, lasciamo che
sorgano in nostra vece a rendere
omaggio al Pontefice i protestan-
ti ". In questo articolo profitterò
principalmente dell' encomialo bio-
grafo cou un sunto della sua gran-
ii8 INN
diosa opera; ed a quanto vi man-
casse o fosse troppo brevemente
narrato potranno supplire i moltis-
simi articoli relativi ad Innocenzo
III, alle sue gesta, fasti del ponti-
ficato e sue particolari circostanze
con tutta la Chiesa, che a'ioro luo-
ghi nel Dizionario riporto; ciò che
pure eseguisco con tutte le bio-
grafie de' Papi, nelle quali, ad evi-
tare ripetizioni, soltanto tratto con
economia di parole le cose di mag-
giore importanza, appena indican-
do quelle di minore rilievo, po-
tendo ciò bastare a tracciare ove
il di più si possa leggere. Nell'in-
dice generale poi, tutte le parti
si riuniranno. Essendo tanto giu-
stamente acclamate le storie di
s. Gregorio VII e d'Innocenzo III
compilate dai due encomiati auto-
ri, ripeto che ho creduto far cosa
grata ai benevoli lettori allonta-
nandomi dal sistema di brevità, ed
in proporzione di tali dettagliate
storie far le biografìe de'due glo-
riosi Papi, per cui sono riuscite
più diffuse delle altre.
Considerando Celestino III le
conseguenze dell'ingrandimento del-
la casa d'Hohenstaufen se aggiun-
geva a'suoi dominii le Sicilie, favo-
rì gli sforzi di Tancredi per rasso-
darsi su quel trono, sebbene in-
darno. Enrico VI occupò parte del
regno colle armi, Costanza sua moglie
cadde prigionera dell'avversario , e
lasciando l'imperatore a'suoi capitani
la continuazione della guerra tornò
in Germania. Mentre Tancredi ri-
portava rilevanti vantaggi mori nel
1194, onde sua moglie Sibilla fe-
ce tosto coronare il figlio Gugliel-
mo III. Allora l'imperatore intra-
prese una seconda spedizione, e
con poca resistenza s' impadronì
delle due Sicilie e d'immenso bot-
INN
tino. Guglielmo III, $ua madre e
le sorelle caddero in potere del
vincitore, che contro i giuramenti
fatti tutti mandò prigioni in Ger-
mania, facendo cavar gli occhi e
fors'anco castrare l'infelice Gugliel-
mo III ; i suoi aderenti non ebbe-
ro miglior ventura, né mancò di
muovere pretesti alle vendette e
crudeltà inaudite. Per quelle eser-
citate anche in Germania, Enrico VI
provocò da Celestino III la scomu-
nica, e solo per diverse promesse fu
assolto ; quindi non riuscendogli
rendere ereditario nel figlio Fe-
derico Il 1' impero, avendo solo
due anni lo fece eleggere re dei
romani, indi morì a' 28 settembre
1197 in Palermo. Prima di mo-
rire raccomandò il figlio alle cure
di Costanza e di suo fratello Fi-
lippo duca di Svevia e di Tosca-
na; impose a detta moglie e fi-
glio che domandassero al Papa
la solita conferma dei diritti sul
reame di Sicilia e le signorie che
ne dipendevano, e che se il figlio
venisse a morire senza eredi, il
reame ricadesse alla Chiesa romana.
In contraccambio della qual ponti-
fìcia conferma, ordinò 1' imperato-
re che si restituissero alla Chie-
sa medesima i beni della contes-
sa Matilde , tranne Medecina o
Medesina e Argelati nel Bolo-
gnese, e appresso tutto il paese
fino a Ceprano con Montefiascone.
Al siniscalco MarcovaldooMarquar-
do di Anveiler prescrisse Enrico VI
di prendere in feudo dalla santa Se-
de il ducato di B.avenna, la contea
di Bertinoro, la Marca d'Ancona ed
eziandio Medesina ossia Medecina
e Argelati coi loro dominii, e pre-
stargli fede ed omaggio per tutte
queste terre che egualmente rica-
derebbero alla Chiesa se morisse
1 N N
il figlio senta eredi. Alcuni con-
trastano queste disposizioni di En-
rico VI. Frattanto i di ini capi-
tani e compagni, appena morto, si
affrettarono assicurar l' impero a
Federico II, ed a loro stessi i feudi
acquistati. Marcovaldo prese pos-
sesso dell'esarcato, Corrado di Lut-
zenhard si stabili nel ducato di
Spoleto, mentre Costanza fermò il
suo soggiorno a Palermo col figlio,
per regnare con lui in qualità di
curatrice. Enrico VI nel suo te-
stamento ne avea lasciato esecutore
e reggente della Sicilia il favorito
Marcovaldo, prode ma crudele ed
ambizioso.
In tale epoca approssimando-
si il termine del pontificato del
vecchio Celestino 111 , da molti
ne venne designato successore Lo-
tario, quando il Papa nella sua
ultima infermità ardentemente bra-
mò che si elegesse in sua vece il
cardinal Giovanni Colonna. Agli 8
gennaio 1198 terminò di vivere
Celestino III, e Lotario con pochi
altri cardinali si portarouo nella
basilica di s. Giovanni in Laterano
per quivi celebrargli l' uffizio dei
morti. Allora erano viventi ventot-
to cardinali, de' quali circa ventitre
trovavansi in Roma, e da'quali sol-
tanto ormai dipendeva l' Elezione
del Papa ( /^W/^come dimostrammo
a quell'articolo. Volendosi a motivo
di parecchie circostanze prontamente
procedere all'elezione del nuovo Pa-
pa, i cardinali si congregarono nello
stesso giorno della morte di Cele-
stino III nel monastero presso il
Stttizonìo [Vedi), al Clivo di Scau-
ro nelle falde del Monte Celio, per
potere con più sicurezza delibera-
re intorno all'elezione. Il cardinal
Giordano da Ceccano ambi il pa-
pato inutilmente, il cardinal Otta-
INN 219
viano Conti ebbe diversi suffragi ,
e dieci furono in favore del car-
dinal Giovanni di Salerno del ti-
tolo di 6. Stefano al Monte Celio.
Questi eroicamente, insieme al car-
dinal Ottaviano , procurò in vece
l'esaltazione di Lotario pel suo pro-
fondo sapere in diritto canonico ,
zelo per tornar in vigore i canoni
della Chiesa, pratica negli affari,
austerità dei costumi , saviezza e
consumata prudenza. Si disputò
sulla poco matura sua età di tren-
tasetle o trent' otto anni , e non
meno, come prova il Sandini nella
sua Fila, seguito dal Becchetti nel
tona. XII, pag. i83 della Storia
ecclesiastica; ma la vinse il rifles-
so della condizione de' tempi die
richiedevano nel capo della Chiesa
vigoria nel corpo ; ond' è che su-
perato tale ostacolo, tutti i cardi-
nali con unanimi voti elessero Papa
il cardinal Lotario Conti nello stesso
giorno de' funerali del predecesso-
re. Ripugnante accettò la suprema
dignità, come si legge nella costi-
tuzione I, ltieffabilis, de' 9 gennaio
1 198, Bull. tom. Ili, par. I, in
cui diede notizia al cristianesimo
della sua canonica elezione, pre-
gandolo di assisterlo colle orazioni.
Della resistenza, suppliche e pianti
di Lotario per esimersi da un tauto
peso ne fa pure testimonianza il
Rinaldi, Annal. eccl. an. 11 98. Di
questo punto ne trattiamo all'ar-
ticolo Rl>'U?fZlA AL PONTIFICATO, e
Papi remtesti ad accettarlo. Fer-
mi gli elettori nella scelta di Lo-
tario, il cardinal Graziano da Pisa
già prò o vice-cancelliere, e sud-
diacono della Chiesa romana, come
il cardinale più. antico s'avvicinò
a Lotario, gli pose indosso il pi-
viale e la porpora, salutandolo col
nome d' Innocenzo III, non esscudo
220 INN
ancor stabilmente libero al nuovo
Papa di scegliere il uome. V. No-
me de' Pontefici. Lotario diede il
suo consenso, e la sua elezione fu
compita, prendendo per motto o
sentenza da porsi nelle bolle e di-
plomi, secondo il costume da noi
accennato nel Dizionario, massime
nei voi. V, pag. 280, VII, pag. 319,
e XX, pag. 99 e 100, le parole
del salmo 85 : Domine, fac me-
rum sig/ium in bonurn, a significa-
re il desiderio ardente del suo cuo-
re, e fors' anco la sua prosapia.
Annunziata al clero e popolo
romano l'assunzione al pontificato
d'Innocenzo III , fu ricevuta la no-
tizia con festevoli acclamazioni; indi
i cardinali col clero e col popolo
accompagnarono il nuovo Papa alla
patriarcale arci basilica Iateranense,
ed ivi con quelle cerimonie descrit-
te da noi in più luoghi l'introniz-
zarono nel soglio pontificio, e po-
scia si ritirò nel contiguo patriar-
chio allora residenza pontificia. Ai
18 febbraio concesse all'arcivesco-
vo di Milano la facoltà di pro-
muovere agli altri ordini sacri quelli
che già avevano ricevuto altro or-
dine dal romano Pontefice. Essen-
do Iunocenzo III soltanto diacono,
per ordinarsi prete volle attendere
il sabbato delle quattro tempora
di Pasqua, che in quell'anno cadde
a' 3 1 febbraio, e nel dì seguente,
festa della cattedra di s. Pietro in
Antiochia, nella basilica vaticana si
fece consacrare vescovo, celebrò la
solenne messa , ove il vangelo e
l'epistola furono cantati in Ialino
ed in greco, e colle altre cerimo-
nie fu coronato ed intronizzato
sulla cattedra di san Pietro. Ter-
minate che furono le sacre fun-
zioni , Innocenzo III pronunziò un
sermone sul fine e la grandezza
INN
del pastorale ministero apostolico:
quattro di lui ne abbiamo, in con-
secralione romani Pontificis. Indi
colla tiara in capo, preceduto dalla
solenne processione, si condusse alla
basilica Iateranense a prenderne
il formale possesso , con tutte le
solite cerimonie, donativi e convito
pure da noi descritte in molti ar-
ticoli. 11 citato Rinaldi a detto an-
no, oltre le particolarità dell'ele-
zione d' Innocenzo III, riporta e-
ziandio quelle della consacrazione
e possesso a quell'epoca chiamato
processo e processione. 11 Cancel-
lieri nella Storia de' solenni pos-
sessi de' romani Pontefici a p. 1 5 ,
riprodusse la descrizione che com-
pose l'Anonimo in vita Intiocentii
III, in ter Script, rer. ltal. t. Ili,
p. 4^7 del Muratori , e cita Ba-
luzio e Moretti. La cristianità av*
vezza a venerare sulla sede di s.
Pietro uomini atti per l'età a rap-
presentar l'immagine d'un padre
comune de' fedeli , restò sorpresa
di sentir quella d'Innocenzo ili sì
giovane, ma i timori presto dile-
guaronsi dall'energia, prudenza ed
accorgimento cui si condusse in
tutti gli affari, anzi si ringraziò Dio
che l'avea posto a capo di sua
Chiesa ; tuttavolta in progresso di
tempo l'età sua servi di pretesto
alle censure di certi spiriti preoc-
cupati e irritati, e di coloro a cui
sentir fece la pienezza della sua
podestà.
La decrepita età del predeces-
sore avea cagionato un qualche ar-
renamento negli affari , molti ve
n'erano de' pontificati precedenti ,
tutto richiedeva attenzione ed at-
tivila. In vermi anno si accumu-
larono come nel primo del regna
d' Innocenzo III le questioni che
giungevano da ogni parte in argo-
INN
mento di cause le più diverse fra
loro, le decisioni, le istruzioni e le
sentenze che si spedivano allora per
le contrade del mondo , a segno
che il pi-imo libro delle sue lette-
re ne comprende cinquecento ot-
tantatre, un di presso il doppio
degli anni successivi. Anche prima
della consacrazione il Papa si diede
a tutto uomo al lavoro, come ri-
levasi dalle sue bolle col sigillo im-
presso da un solo lato colle im-
magini cioè de' ss. Pietro e Paolo,
essendo il rovescio senza impres-
sione perchè il nome del Pontefice
ivi si scolpiva dopo la sua consa-
crazione. Prima d' ogni altra cosa
Innocenzo III rivolse le sue cure alla
riforma della propria famiglia, a-
vanti di estenderla sul paese e sulla
Chiesa universale. Con la sempli-
cità della sua vita egli servir volle
di esempio ai prelati, ed insieme
non permise con una corte fastosa
dar motivo a censure, e però ei la
ridusse a forme modestissime. I
vasi d'oro e d' argento mutaronsi
in vasi di legno e di cristallo , e
la pelle d'armellino in pelle di pe-
cora. Con soli tre piatti imbandi-
vasi la sua mensa, eh' egli servir
fece non più da laici ma da reli-
giosi ; e di due soli piatti era la
tavola de' cappellani, eccettuate solo
le feste grandi. A corte non con-
servò le cariche di cerimonia altro
che per le solennità, nelle quali si
richiedeva che il capo della cri-
stianità si mostrasse in tutto l'ester-
no splendore del suo sublime gra-
do. Licenziò i paggi ( così le due
versioni italiane del eh. Hurter ) ,
ma diede a ciascun d' essi quanto
denaro bastasse a farli vivere ono-
ratamente.
Già da cardinale avea mostra-
to il suo disinteresse col non
IX X 221
trar mai profitto alcuno dai molti
e importanti affari che richiesero
il suo tempo e la sua fatica. Del
pari inaccessibile alle promesse ed
ai doni, a toglier le querele con-
tro la venalità di cui s' incolpava
Roma, pronunziò severissimi de«
creti contro gli abusi di tal gene-
re, manifestando il suo risentimento
contro coloro che sotto vari pre-
testi prendevano sportule dai liti-
ganti che venivano in Roma; solo
permise accettare qualche donativo
spontaneo, riducendo i diritti dei
compilatori e speditori di bolle e
brevi. Provvide alle loro fabi fra-
zioni rigorosamente, con sottoporre
ad esame l'autenticità delle lettere
e diplomi pontificii. Imparziale co-
ni' egli era, e senza rancori verso
i suoi cardinali, seppe colle mode-
rate sue abitudini fare degli avanzi,
e potè subito innalzar edifizi che
destarono meraviglia. Altri abusi
che commettevansi dai famigliari
del Papa, avevano già indotto In-
nocenzo III a far giurare a'portinai
di settimana del palazzo di non
trafugare nessuna cosa preziosa o
masserizia. Si vietò loro difficoltare
l'accesso in palazzo ai notari, le
cui facoltà furono sino da que-
sto tempo circoscritte entro i li-
miti del proprio uffizio , non per-
mettendosi il presentare altre pe-
tizioni se non quelle de' loro pa-
renti, amici, abbiette e miserabili
persone. Le raancie che gli scudieri,
mappullari, servi della mensa, cu-
biculari famigliari del Papa esige-
vano spesso arbitrariamente dagli
arcivescovi, vescovi ed abbati che
venivano in Roma per ricevere gli
ordini , furono abolite, e solo si
lasciò libero alla generosità di cia-
scuno il donare quel più ch'ei vo-
lesse. Presso le porte del palazzo
222 INN
lateranense, Innocenzo ITI bandì
i banchieri, i cambiatori e i pre-
statori. Egli rinnovò l'uso, ormai
divenuto raro, di presiedere tre vol-
te per settimana a un concistoro
di cardinali, a cui ognuno avea li-
bero l'accesso, costumandosi allora,
come dicemmo all'articolo Conci-
storo, di trattarsi in esso qualun-
que affare. In essi disputò con dot-
trina sì grande, che molti celebri
giureconsulti si portarono a Roma
sol per udirlo.
Appena divenuto Pontefice, la
cittadinanza romana con arrogan-
za gli chiese di far loro prestare il
giuramento di fedeltà , per aver
quindi i donativi o presbiterii so»
liti farsi ad ogni elezione del Pa-
pa, e confermati ancora nella con-
cordia stipulata tra il popolo ro-
mano e Clemente III. Fece pertan-
to Innocenzo III rispondere che a-
vrebbero avuto luogo nel dì seguente
alla consacrazione ; ma prima di
questo tempo, senza esporsi al pe-
ricolo di non poter effettuare la
promessa per mancanza di mezzi,
ordinò si facesse in segreto un cen-
so della popolazione di tutte le
parrocchie in ragione di numero e
condizione, per sapere se l'erario
potesse bastare alla domanda; do-
po di che distribuir fece ad ogni rio-
ne quanto gli toccava. Vuoisi da al-
cuno che il primo censo fattosi in Ro-
ma dopo la caduta del romano im-
pero d' oriente fosse eseguito nel
i i 0,8 sotto Innocenzo III, ed ascen-
desse al numero di trentacinquemi-
la i maschi pervenuti soggetti al-
la capitazione o testatico, tributo sul-
le teste dei sudditi, e sui quali po-
teva cadere il dono del nuovo Pa-
pa. L' erario pontificio era privo a
quel tempo di quasi tutte l'entra-
te dei dominii temporali della Chie-
INN
sa, i quali si trovavano per gran par-
te in potere degli stranieri. Enrico
VI ad onta delle reiterate istanze
di Celestino III mai avea restituito
il patrimonio della contessa Matil-
de, e coll'aiuto di sue milizie avea
posto suo figlio in possesso delle si-
gnorie del conte di Bertinoro. Maf-
covaldo signoreggiava Ravenna, la
Marca e la Romandiola, essendo il
resto dell'esarcato diviso tra' baroni
tedeschi; diversi luoghi di esso come
della Pentapoli eransi eretti in co-
mune. Corrado di Svevia investito
del titolo di duca di Spoleto ne
occupava la città insieme ad Asisi.
Il senatore Benedetto Carosomi fa-
ceva in suo nome governar le co-
ste di Sabina. Il prefetto di Roma
veniva eletto dall'imperatore, al qua-
le promettendo fedeltà, riceveva il
manto o la spada di sua dignità.
L'autorità temporale del Papa era
riconosciuta in Terra di Lavoro, in
conflitto però di quella dell'impe-
ratore , che nella provincia avea
dato diversi feudi a' suoi commili-
toni. Non v'era che Roma libera
ancora, sebbene aspirante di eriger-
si in comune, e le soldatesche im-
periali facevano scorrerie fino alle
sue porte, commettendo rapacità
e crudeltà. La predilezione poi delle
famiglie grandi era per l'imperato-
re, mentre i romani sedotti dai ri-
voluzionari seguaci del corruttore
Arnaldo da Brescia , agognavano
libertà, e di affrancarsi dal giogo
della Chiesa.
Prima che Innocenzo III pensasse
a ristabilir l'autorità sua nelle pro-
vincie, volle stabilirla in Roma stes-
sa. Sarebbe un rimprovero peren-
ne ed una vergogna incancellabile
per la madre e la regina di tutte
le Chiese, se lasciasse gemere sot-
to un giogo straniero quelli che sono
INN
pure sottomessi al suo potere tem-
porale. II giorno dopo la sua con-
sacrazione chiamò il prefetto di Ro-
ma, e l'obbligò a prestargli il giu-
ramento d'obbedienza e fedeltà con
diverse prescrizioni : in tal modo
ebbe termine l'autorità degl'impe-
ratori in Roma. A sopprimere nel-
la persona del senatore l'ultima trac-
cia di dipendenza de'romani, lo fe-
ce giurare obbedienza e fedeltà, co-
stringendolo ad esercitar il suo mi-
nistero non più in nome del popolo,
sibbene in quello del Papa. Que-
sti nel medesimo giorno ricevette
il giuramento di vassallaggio da pa-
recchi baroni ; indi mandò i cardi-
nali nelle provincie, e diversi uffi»
ziali in altri luoghi a ricuperarne
i dominii, nel fermo proposito di
conservarli inalienabilmente, toglien-
doli a coloro che illegalmente gli
aveano occupati, e per tutto i rap-
presentanti pontificii trovarono ec-
cellenti disposizioni. Come tosto
fu in Roma e ne' dintorni rista-
bilita 1' autorità sovrano, perchè il
popolo alfìn conobbe quanto me-
glio fosse l'obbedir ad un sovra-
no stabilmente residente tra loro,
che ad un monarca lontano ed
illegittimo, Innocenzo III rivolse l'at-
tenzione sua verso le parti più lon-
tane dei possedimenti della santa
Sede. Mondò i cardinali Giovanni
di Salerno, e Cencio Savelli che lo
successe col nome di Onorio III,
a Marcovaldo investilo da Enrico
\ Ideila Marca d'Ancona, della Ro-
magna, e del ducato di Ravenna, per
invitarlo a sottomettersi alla Chie-
sa. Astuto ed audace com' eia, fi-
dando nelle sue ricchezze e forze, con
promesse anco d' amplificare il do-
minio della santa Sede, cercò d'il-
ludere Io svegliato suo capo, ne-
gando persino di riconoscere la pre-
stazione d'omaggio che a vera com-
messa a' suoi; tultavolta desiderò
che non si obbligassero i popoli alla
sommissione, e si lasciasse ad ognu-
no di far il piacer loro, mentre in-
tanto fece apparecchi guerreschi. I
legati pieni di zelo ammisero al giu-
ramento di obbedienza tutte le par-
rocchie che acconsentirono a sotto-
mettersi, massime nell'esarcato e nel-
la Marca d'Ancona. Allora Marco-
valdo infierì controia città e le cam-
pagne, non risparmiando le chiese,
tutto pose a ferro e fuoco: non cu-
rando le minacele dei cardinali legati
fu scomunicato insieme a'suoi ade-
renti, ed il Papa prosciolse dal giu-
ramento tutti quelli che glielo avea-
no prestato. Indi Innocenzo III
prese denaro ad imprestito, arrol-
lò soldatesche, che unite a quelle
de' vassalli, conti e baroni restali fe-
deli, vittoriose attraversarono il pae-
se occupato ancora da Marcovaldo,
e distrussero i forti che rimaneva-
no sotto la sua dominazione. Jesi,
sebbene vide nascere entro le sue
mura Federico II, dedicò le sue so-
stanze e le vite de'suoi abitanti in
vigorosa difesa dei diritti della Chie-
sa romana. Successivamente Osi-
mo, Ascoli, Cesena e Forlì furo-
no le sole che nelle provincie do-
minate da Marcovaldo ritardarono
di sottomettersi alla Chiesa; anzi in
Forlì vi perì il prefetto ch'era ro-
mano, ed un nipote del Papa con
alcuni suoi compagni vi perderono
miseramente la vita, al dire dell' A r-
gelati , not. ad Sigon. Bist. reg,
Ital. p. 856. Quindi Innocenzo III
spedì i suoi ministri nell'esarcato
e nelle terre già occupate dal con-
te Ugo di Bertinoro, il quale ca-
stello egli ayea donato alla santa
Sede sino dal r 102, ma per le ragio-
ni che affacciò l'arcivescovo di Ra-
2 24 INN
venna consentì ch'egli entrasse in
possesso, contento d'aver abbattuto
la podestà d'un signore secolare.
L'imperatore defunto avea clo-
nato il ducato di Spoleto, la contea
d'Asisi e quella di Sora a Corra-
do, il quale per evitar la disgrazia
toccata a Marcovaldo procurò con
tulli i modi guadagnar il favore
del Papa con offrirgli vassallaggio,
annuo canone ed aiuti. Innocen-
zo III tenendo in maggior con-
to le disposizioni generali che alta-
mente manifestavansi contro i tede-
schi, rifiutò le offerte, e costrinse
Corrado a restituir quanto avea pos-
seduto del patrimonio di s. Pietro,
ed a giurare in Narni obbedienza.
Restituì Foligno e Terni; si con-
venne che il castello d'Asisi fosse
spianato, per terminar le guerre tra
gli asisani e i perugini; Perugia ot-
tenne il privilegio di tribunali pro-
pri, e d'eleggere liberamente i suoi
magistrati ; Todi ebbe confermata
la sua giurisdizione; a Rieti fu gua-
rentita la facoltà di tenere per sé
la metà di certe tasse; altre città
conservarono pure i loro antichi
privilegi, conseguendo governamen-
to più libero. Essendosi Narni im-
padronito di Otricoli, il Papa col-
le armi e le censure l'obbligò a
rientrare ne'suoi doveri. Dopo la fe-
sta di s. Pietro, Innocenzo III si re-
cò con ragguardevole corteggio a visi-
tare il ricuperato ducato di Spoleto,
accollo dalle acclamazioni de' popoli
come un liberatore: in parecchie
città consacrò chiese, altari e vasi
sacri, donando a diverse chiese ar-
redi e vesti ecclesiastiche. Anche
Perugia fu visitala da Innocenzo III,
e per memoria gli abitanti impo-
sero il nome di fontana del Papa
ad una sorgente d'acqua che rinven-
nero in quel tempo. Il Fellone, Dei
1NN
VÌ/Tggi dei sommi Ponfc/ìci, dice che
Innocenzo III visitò il ducato di Spo-
leto e la Toscana, e cbe durò il
viaggio dalla festa di s. Pietro sino
ad Ognissanti del medesimo i if)8.
Secondando il Papa il general mo-
to contro i tedeschi, e la lega fat-
ta dalla Toscana, a quella collegò
le provincie da lui visitate. La To-
scana donata alla Chiesa dalla con-
tessa Matilde, con titolo di ducato
era signoreggiata da Filippo di Sve-
via ch'era favorito da tutta la no-
biltà ; ma le città profittando di
quanto operava il Pontefice contro
gli stranieri, si strinsero in lega per
ricuperar la libertà, difendere la
Chiesa romana, e senza il suo con-
senso mai sottomettersi a nessuna
signoria temporale, né riconoscere
alcun imperatore che non fosse in
grado al Papa. In principio Inno-
cenzo III che desiderava il ducato
in virtù della donazione di Matil-
de, e voleva che l'alta signoria si
appartenesse alla Sede apostolica) non
piacevagli la lega. A rimediarvi spe-
di in Toscana per legati i cardina-
li Pandolfoe Bernardo, i quali cam-
biarono spirito e forma alla lega in
modo che riuscì di soddisfazione del
Pontefice, colla riserva de'suoi di-
ritti di sovrano signore del paese.
Bramò che alla difesa della liber-
tà italiana ed alì'alfrancazione d'o-
gni giogo straniero, alla lega si unis-
se Pisa, la quale essendo da anti-
ca data di parte imperiale, si ricu-
sò e fu imitata da Pistoia. Com-
mettendo alcuni nobili toscani mol-
ti eccessi, spogliando viaggiatori e
pellegrini colla forza delle armi
della lega, il Papa li fece domare
e prestar giuramento di fedeltà alla
santa Sede.
Non trascurò Innocenzo ili di
comprare i castelli in buona poti-
INN
rione ; vendicò le vessazioni com-
messe verso gli ecclesiastici, e fece
abbattere il castello di s. Maria per-
chè Corrado vi avea imprigionato
il cardinal Ottaviano Conti reduce
dalla legazione di Normandia. Sog-
gettò di poi, non senza fatica, le cit-
tà di Montefiascone e Radicofani ;
ricuperò pure Acquapendente asse-
diata dagli orvietani, ed a Città di
Castello fece prestare il giuramen-
to di obbedienza. Oltre le summen-
tovate città e territorii, Innoceuzo
III restituì al dominio della Chiesa
eziandio Ancona, Fermo, Fano, Seni-
gallia, Gubbio, la Sabina, Benevento
e molte altre contee e signorie; di-
modoché egli paragonando l'esten-
sione del temporale dominio de'suoi
predecessori con quello da lui in
sì breve tempo e nel primo anno
del suo pontificato ricuperato, di-
mostrò l'ammirabile disposizione del
supremo regolatore di tutte le cose.
In ogni luogo si fece prestare o-
maggio; istituì molti castellani in
varie fortezze ; ampliò e fortificò
le mura, le fosse , i bastioni di par-
ecchie tra esse; confortò gli abi-
tanti a tenersi apparecchiati a com-
battere con lancio e fanti, e li soc-
corse di denaro e di munizioni da
guerra. In Toscana pose amministra-
tori con carico di riscuotere ogni
anno la gravezza per l'alloggio, vi-
veri e foraggi de'militari, tassa che
pagava ogni capo di famiglia per
esserne dispensato; ad essi commise
pure la riscossione delle gabelle fon-
diarie e la tassa sulle case. Da va-
rie lettere di questo Papa si rac-
coglie, che l'amministrazione interna
di tutte le città doveva essere re-
golata secondo il beneplacito di Ro-
ma. Adunque le sue prime solleci-
tudini quelle furono di ristabilire
l'autorità sovrana, poi di riscuotere
voi. xxxv.
INN 225
le rendite, di rimettere la giustizia,
la pace, la tranquillità nelle pro-
vincie riconquistate, e radicarvi l'a-
more alla santa Sede; ma nello stes-
so tempo attese a confermare i lo-
ro diritti e le loro franchigie, a
tornarli in vigore dove cadevano, e
a conservare le salutari istituzioni
che le città aveano già dato a se
stesse. Volle, come poi dichiarò in
processo di tempo, che la dolcezza
dell'autorità sua avesse a persuade-
re altrui che la santa Sede, anzi-
ché opprimere al pari di schiavi i
suoi sudditi fedeli, li protegge qua-
li figli, e che ama donare più che
ricevere. Se non che l'esito parve
non corrispondere sempre agli sfor-
zi suoi, e la difficoltà d'assoggettar
gente imbarbarita a un ordine re-
golare e stabile, parve alcuna vol-
ta insuperabile al Papa medesimo.
Tutta 1' Italia superiore, insieme
colla parte di mezzo fino alle fron-
tiere del principato di Capua, or-
mai divenne libera dalla prepon-
deranza dell' imperatore, per la
cooperazione del popolo congiunta
all' attività del sommo Pontefice.
Neil' Italia inferiore più ampio an-
cora fu il campo che si aprì agli
sforzi indefessi d' Innocenzo III,
per conseguire 1' intento a cui
continuamente mirava. Frattanto
Costanza bramosa di pacificare l'in-
felice reame di Sicilia, per ispon-
taneo moto dell'animo suo e per
compiacere il popolo, ordinò a Mar-
covaldo, a Corrado, e agli altri a-
lemanni che si trovavano in Sici-
lia, di partirne; fece coronare in
Palermo Federico II suo figlio, e
lo nominò reggente insieme con
lei. Questo partito non giovando a
ristabilire interamente la tranquilli-
tà nel regno, e ad assicurare ai
principe minore il pacifico posses-
i5
226 I.NN
so del Irono, conosciutasi da Co-
stanza la necessità di un fermo ap-
poggio e d' una vigorosa protezio-
ne, trovò l'uno e l'altra nel vinco-
lo feudale con la Sede apostolica.
Inviò adunque ambasciatori ad In-
nocenzo 111 per ricevere in nome
di Federico II, in feudo dal Papa
il reame di Sicilia, il ducato di
Puglia, e il principato di Capua,
alle medesime condizioni sussistenti
tra il re ed il sommo Pontefice.
L'investitura con diverse pregerò-
fio-DÌ di vassallaggio fu concessa,
ma Innocenzo III non volle con-
fermare i quattro capitoli o privi-
legi ecclesiastici accordati dopo mol-
ti contrasti a Guglielmo l da A-
driano IV. I tre capitoli sull'ap-
pellazione, sulla legazione e sui si-
nodi furono annullati ; quelli sulle
elezioni o nomine ecclesiastiche
vennero ristretti. Mentre il Papa
spediva in Sicilia col carattere di
legato il cardinal vescovo d'Ostia,
Gostanza cadde inferma, e senten-
dosi avvicinare il suo fine, nomi-
nò nel suo testamento cancelliere
Gualtieri vescovo di Troia, e gli
arcivescovi di Palermo, di Monrea-
le e di Capua consiglieri e fami-
gliari del suo figlio, conferendone
la tutela ad Innocenzo III nella
sua qualità di signore diretto ; tut-
ti gli altri dovevano giurare di ri-
conoscerlo per tutore, e sull'en-
trate del reame gli assegnò l'an-
nuo compenso di trentamila tareni.
Costanza usci di vita in Palermo
a' 27 novembre 1198, quattordici
mesi dopo il suo sposo Enrico VI.
Alla morte di questi il di lui fra-
tello Filippo duca di Svevia e di
Toscana, siccome tutore del nipote,
parti per la Germania a procurar-
gli voti per l' impero, ma la tro-
vò tutta sconvolta, ed afflitta da
INN
durissima carestia. Tuttavolta nei
suoi domimi apparecchiossi a sos-
tener colla forza delle armi la pre-
minenza di sua famiglia, il soc-
corso delle città imperiali, e i voti
de'principi ecclesiastici del Reno.
Molti obliando il giuramento pre-
stato a Federico 11 fanciullo, e co-
me fatto prima del suo battesimo,
Io considerarono nullo; ed i biso-
gni e lo splendore dell impero aver
bisogno d' un capo che fosse in
grado di compierne i doveri, ciò che
non poteva fare un fanciullo di
quattro anni. Più docili i principi
della Germania orientale, nomina-
rono Filippo difensore dell'impero.
Tuttavolta la dieta d'Andernach,
presieduta da Adolfo di Colonia,
invitò a concorrere all'impero Ric-
cardo l re d'Inghilterra, come ne-
mico degli Hohenstaufen per la
cattività da lui sofferta iu Germa-
nia, ma egli paventando questa si
ricusò. A lui Innocenzo III nel
principio del pontificato avea scrit-
to una lettera, e mandato in do-
no quattro anelli simbolici.
Dopo avere i principi di Ger-
mania di detta dieta olferto la co-
rona al potente principe Bertoldo
di Zaeringen, nella dieta di Mul-
hausen in Sassonia altri principi
a proposizione del vescovo di Co-
stanza, e pel favore di molti par-
tigiani, parte guadagnati con pro-
messe, elessero in re de'romani lo
stesso Filippo, che io riguardo del
nipote si mostrò ritroso in accet-
tare: egli era il principe più ricco
e più potente di Germania. Adol-
fo arcivescovo di Colonia coi mem-
bri della sua dieta protestò contro
sì fatta elezione, la quale secondo
le consuetudini dovea aver luogo in
Franconia ; e siccome riè Bertoldo,
uè Bernardo di Sassonia vollero
IHN
accettare l'impero, elesse co'suoi
aderenti un altro avversano formi-
dabile alla casa di Svevia, in Ot-
tone IV secondogenito di Enrico
il Leone duca di Sassonia e di
Matilde d'Inghilterra, il quale del
pari che tutta la famiglia sua era
in piena grazia della santa Sede.
Prima dell'elezione di Filippo, il
Papa spedì legati in Germania per
la liberazione dei vescovi, e della
vedova e figlie di Tancredi, impri-
gionati tutti da Enrico VI; e poi-
ché Filippo era stato scomunicato
da Celestino III per aver occupa-
to e dato il guasto al patrimonio
di s. Pietro, impose al vescovo di
Sutii di non assolverlo prima di
aver loro resa la libertà. Questi
in vece avendolo assolto mediante
una semplice promessa, Innocenzo
III per dare un esempio del rigo-
re con che voleva che i suoi le-
gati eseguissero i suoi ordini, di-
chiarò il vescovo decaduto dalla
dignità, e lo confinò in un mona-
stero. Il primo ostacolo dunque
che opponevasi pel duca di Svevia
all'acquisto della corona imperia-
le parve tolto coll'assoluzione di
lui, ma bisognò metter mano alla
spada contro Ottone IV e suoi a-
derenti, ed allearsi con Filippo
Augusto re di Francia. Riuscì ad
Ottone IV di prendere Aquisgra-
na dove trova vasi l'arcitrono del-
l'impero, antica sede degl' impera-
tori, ed ivi venne cinto della co-
rona germanica nella cattedrale di
Carlo Magno dall'arcivescovo di
Colonia Adolfo, giurando rispetta-
re e conservare i diritti della
Chiesa, e di restituirle quanto i
precedenti imperatori le aveano
tolto. Quindi Ottone IV significò
al Pontefice la sua elezione, di aver
giurato serbar illesi i diritti della
INN 227
Chiesa, e di rinunziare all' iniquo
abuso d' incamerare le successioni
de' vescovi, abbati e principi eccle-
siastici defunti, pregandolo in con-
siderazione della sua divozione alla
santa Sede, di volerlo consacrare
imperatore, e prosciogliere dal giu-
ramento i principi ecclesiastici e
secolari che s'erano attentati di e-
leggere Filippo, e gli avevano pre-
stato giuramento di fedeltà, e di
ordinar loro sotto pena della sco-
munica di riconoscer lui medesimo.
11 suo zio Riccardo I re d' Inghil-
terra mandò i vescovi di Andely
e di Bangor a Roma a supplicar
il Pontefice di coronare il nipote,
rendendosi garante • pel medésimo
di favorire, rispettare e proteggere
la Chiesa romana, riponendola in
possesso di quanto avesse per l'in-
nanzi posseduto. Eguali preghiere
fecero altri principi, massime l'ar-
civescovo Adolfo, che particolar-
mente pregò il santo Padre a ben
accogliere l'ambasciata di Ottone
IV eletto re, approvarne l'elezione,
l'incoronazione e la consacrazione,
ed a chiamarlo a Roma per esser-
vi coronato imperatore. Frattanto
Filippo nella cattedrale di Ma gon-
za erasi fatto coronare da Aimo
II arcivescovo di Tarantasia, stra-
niero all'autorità che arrogavasi, e
continuò le sue guerre con l'av-
versario.
Uno degli affari più gravi che
Celestino HI lasciò pendente al
suo successore, fu quello del di-
vorzio del re di Francia con In-
gelburga di Danimarca sorella di
Canuto VI, di segnalata bellezza,
pia e virtuosa, coronata regina dal-
l'arcivescovo di Reims in Amiens;
divorzio concepito dal re il gior-
no seguente alle celebrale nozze,
col pretesto d'affinità di parentela
328 nw
colla sposa, accompagnato dalla pili
grande avversione. Il re in Com-
piegne da un'assemblea di vescovi,
fidati in testimoni che giurarono
il grado di parentela, fece pronun-
ziare lo scioglimento del matri-
monio. Un individuo annunziò que-
sta sentenza alla regina, la quale
non sapendo la lingua del paese non
potè opporre ragioni, benché aves-
se adempito il debito coniugale , e
solo fra pianti e gemiti ripetè :
Mala Francia, mala Francia ! Ro-
ma, Roma I con la quale escla-
mazione significar volle che si ap-
pellava al solo giudice imparziale
costituito sulle case reali. Non vo-
lendo tornar in • Danimarca, il re
la fece chiudere nel monastero di
Beaurepaire, ove la principessa re-
sasi superiore alle ingiustizie di
questo mondo, visse nell' esercizio
delle virtù, e nell'indigenza cui la
lasciò l' indegno marito. Celestino
III informatosi dell'avvenuto, ten-
tate le vie di affettuoso padre,
dichiarò nulla, e come non avve-
nuta e illegale la sentenza di di-
vorzio, pronunziata contro donna
ignara della lingua del paese e sen-
za difesa, da persone che non eb-
bero, in essa, rispetto né al sacra-
mento del matrimonio, né ai di-
ritti della santa Sede, e riferendo-
si essa sentenza a una regina co-
ronata, unta, e riconosciuta dal
proprio sposo. Volendo il re pas-
sala ad altre nozze fu rifiutato da
diverse principesse, finché vi accon-
senti Agnese figlia di Bertoldo du-
ca di Merania discendente di Carlo
Magno. Il Papa fece di nuovo ammo-
nire il re a mezzo di altri legati, im-
ponendogli di licenziarla concubina.
Il re di Danimarca si lagnò colla
santa Sede perchè non pronun-
ziasse il minaccialo interdetto e
INN
la scomunica, ed Ingelburga tornò
ad implorar la misericordia del
Pontefice, negando alcun grado di
parentela col re, e protestando non
avere alcuna colpa al suo capric-
cio. Non si tosto Innocenzo III fu
eletto a successore di Celestino III,
applicò l'animo a far senza indu-
gio cessar questo scandalo verso
la Chiesa, scrivendone al vescovo
di Parigi. Tra le altre cose disse
nella sua lettera: » La santa Sede
non può lasciar cadere in silenzio
le querele delle mogli oppresse;
dovere impostole da Dio è il rad-
durre sul buon sentiero ogni cri-
stiano in peccato mortale, e ap-
plicargli le pene della disciplina
ecclesiastica, ogni volta che ravve-
dersi non voglia. La dignità regia
non iscioglie altrui dall'osservanza
dei doveri di cristiano; la condi-
zione di principe non può legitti-
mare differenza veruna tra gli al-
tri cristiani ".
I canoni ecclesiastici concedeva-
no bensì a' vescovi di pronunziar
sentenza nelle cause di divorzio
dei principi senza che il Papa vi
si intromettesse, ma ad ambedue
le parti era libero l'appellarsi del
loro giudizio, ed Ingelburga avea
introdotta appellazione all'assemblea
di Compiegne. Neil' insinuare al
vescovo di Parigi d' indurre il re
a ripigliar la sua sposa, Innocenzo
III gli ricorda che la donna con la
quale il re vivea non poteagli
procrear mai legittima prole; e se
P unico figlio gli venisse a morire,
il regno cadrebbe in mano agli stra-
nieri. Raccomandò al vescovo di
avere in vista qui più il re del
cielo, che il re della terra, e di
operare secondo giustizia 6enza ri-
spetto a persona. Il re non fece
alcun conto delle ammonizioni del
IHH
vescovo, ed il Papa gli scrisse con
amore per 1' educazione che avea
ricevuto in Francia, e per essere
sempre questa stata unita alla
Chiesa romana ; rinnovò le ammo-
nizioni, e che sarebbe costretto
con suo gran rincrescimento di
aggravar 1' apostolica sua mano
contro di lui, non essendovi cosa
al mondo che possa distoglierlo dal-
la sua ferma risoluzione, fondala
com' è sulla ragione e sulla giu-
stizia. Il re, violento di sua natu-
ra e non avvezzo a soffrire con-
trarietà, non si arrestò altrimenti
per queste rimostranze. Cogliendo
Innocenzo III 1' opportunità che
Pietro di Capua portavasi in Fran-
cia in qualità di legato, per ivi
accender gli animi alle crociate,
gli diede istruzioni precise intorno
al divorzio, commettendogli di rin-
novar al re 1' esortazioni della
Chiesa, e lo minacciasse dell' inter-
detto, se fra un mese non avesse
richiamata la moglie senza motivi
ripudiata. Tutti gli ecclesiastici di
qualunque grado ebbero anticipa-
tamente l'ordine di osservare stret-
tamente 1' interdetto quando fosse
intimato. Innocenzo III scrisse pur
un' altra volta a Filippo Augusto,
dicendogli : » Bada alla collera di
Dio, non ascoltare i consigli dei
tristi, e fa di salvar dall' altrui
maldicenza te stesso, e noi pure ".
JVon volle tuttavolta per allora
procedere, temendo che andasse a
vuoto la tregua che si proponeva
di conchiudere fra lui e 1' Inghil-
terra in favore della crociata di
Terra Santa. Riccardo I frattanto
supplicò il Papa ad invitare il du-
ca di Svevia e Leopoldo d' Austria
a restituirgli il denaro che i loro
predecessori gli aveano estorto
quando, ritornando dalla guerra
INN 229
sacra di Palestina, con violen-
za l' imprigionarono. Lo conten-
tò quanto al duca d1 Austria, ma
con lo svevo chiamato da una
parte de' principi dell' impero a
questo, gli sembrò prudente di
soprassedere. Il re d' Inghilterra
inoltre tentò di ottenere per inter-
posizione del Pontefice le castella
ed il contante che gli dovea per
dote il suo suocero Sancio VI re
di Navarro , ed Innocenzo III die
commissione all' arcivescovo -di
ÌNarbona di procedere con rimo-
stranze e minacce. Il Papa si fe-
ce mallevadore verso il clero in-
glese dell' inviolabilità dei diritti
che dal re gli erano stati promes-
si pe'sussidii avuti da quella chie-
sa, e protestò contro le collette
arretrate procedenti dalle isole di
Inghilterra sino da Alessandro III,
in favore della santa Sede.
Eravi da molto tempo tra Al-
fonso VIII re di Castiglia, ed
Alfonso IX re di Leone grande
inimicizia, che li faceva guerreggia-
pe ogni volta che il paese era si-
curo dai mori ; onde i prelati e
baroni del regno per pacificarli
conchiusero il matrimonio di Be-
rengaria figlia del re di Casti-
glia collo zio re di Leone. Cele-
stino III avea mandato in Ispa-
gna il cardinal Guido di s. Angelo a
sciogliere questo illegittimo matri-
monio, ciò che non riuscendogli,
il re ed i vescovi di Salamanca,
Zamora, Leone ed Astorga furono
scomunicati : all' incontro il vesco-
vo d'Oviedo pel suo zelo dovette
fuggire. Laonde, per questi ed al-
tri gravi affari, Innocenzo III spe-
di nella penisola frate Rai neri 0,
personaggio distinto, con l'incarico
altresì di pacificar i re cristiani
della regione, di minacciare del-
23o IJNN"
l'interdetto il re di Na varrà se non
ritira vasi dall'allenza dei mori in-
fedeli, di rimettere le discipline ca-
dute in disuso nelle chiese, e di
correggerne gli abusi. Indi gli fu
ordinato di sciogliere l' illecito ma-
trimonio pel quale Alfonso IX ab-
bracciava la carne sua propria, ab-
bominevole colpa dinanzi a Dio,
orrendo scandalo dinanzi agli uo-
mini. Il legato avendo invano am-
monito il re, rinnovò il decreto di
scomunica e d'interdetto; la Ca-
stiglia fu salva da queste censure,
avendo il re dichiarato essere pron-
to a riprendersi la figlia. Le ave-
va Alfonso IX sperimentate pel
precedente suo maritaggio con Te-
resa figliuola di Sancio I re di
Portogallo, che dichiarato nullo
per consanguinilà, fu costretto a
separarsi a cagione del culto divi-
no cui si vide privo il popolo. In
questo secondo frangente il re spedì
un' ambasceria al Papa, per tenta-
re di fargli mutar consiglio. In
pari tempo Innocenzo III per
Rainerio reclamò al re portoghes*
1' annuo censo che Alfonso 1 avea
promesso alla santa Sede, quando
Alessandro III gli concesse la di-
gnità reale. Per le doglianze del-
l' arcivescovo di Drontheim e del-
l' arcivescovo di Lund avea Cele-
stino III fulminata la scomunica
contro Suero re di Norvegia , il
quale invece di correggersi aumen-
tò il novero delle sue iniquità; es-
sendo per lui distrutta in Norve-
gia ogni ecclesiastica istituzione, e
la disciplina v' avea perduto ogni
osservanza e vigore. Innocenzo III
si vide quindi obbligato di porre
in opera tutta la potestà sua per
reintegrar quella della Chiesa. Al-
la difesa di essa chiamò i re di
Danimarca e di Svezia, esortò il
INN
popolo norvegio a cessar dall' ob-
bedienza al re, tanto piò eh' era
un usurpatore, minacciandolo del-
l' interdetto. Indi rinnovò il Papa
la concessione fatta dai suoi prede-
cessori all' arcivescovo di Lund di
instituire per la Svezia un arcive-
scovato ad Upsala ; in Zelanda
sostenne il priore contro i tentati-
vi de' laici, i quali volevano sot-
trarsi alla disciplina anticamente
introdotta ne'presbiterii, ma disap-
provò 1' usanza di permettere me-
diante denaro le nozze vietate. Gua-
rentì ai monasteri della Danimar-
ca le donazioni de' beni stabili ,
secondo la consuetudine del paese,
la quale consisteva in deporre sul-
1' altare alquanto di zolla alla pre-
senza di testimoni ; il priorato di
Strand ebbe da lui sostegno contro
il proposto della cattedrale di Schle-
swig ; concesse al popolo danese la
sua protezione contro i sacerdoti e
i laici a cui i frati ospitalieri di
Gerusalemme ponevano la croce
addosso per raccogliere nel paese
le obblazioni a nome loro. Ordinò
poi in Islanda agli ecclesiastici di
cessare da ogni disobbedienza ver-
so i loro superiori, di non più
commettere omicidii, incendi, car-
nalità, e di non più destare 1' u-
niversale indignazione per la sem-
pre più crescente moltitudine dei
loro peccali.
Accorse ancora il zelante Pon-
tefice a provvedere alla pace del-
l'Ungheria ed alla salvezza sua,
per l'invidia e l'odio ch'era tra
Emerico ed Andrea figli del re
Bela III, ricusandosi il secondo di
recarsi alla crociala secondo il voto
del padre. Spedì due legati in Ser-
via per riordinarvi le cose eccle-
siastiche, essendo debito del pastor
supremo non solo d'aver cura della
I » M
tranquillità del gregge, ma ezian-
dio d'invigilare che non sia sce-
mato. Verso il medesimo tempo
Alessio 111 Coinneuo imperatore
greco mandò al Papa ambasciatori
con ricchi doni, manifestandogli che
avrebbe avuto caro di veder visi-
tare 1' impero suo da qualche le-
gato della santa Sede. Innocenzo
III colse con giubilo l'invito, nella
speranza di por fine allo scisma
della chiesa greca. Scrisse quindi
all'imperatore, che s'egli desiderava
che il suo regno stasse fermo sulla
pietra fondamentale della Chiesa ,
gli conveniva amar Dio ed ono-
rare la santa romana Chiesa ; tutto
il popolo cristiano mormorare con-
tro l'imperatore perchè non aiuta
gli eserciti de' fedeli contro i ne-
mici del nome cristiano ; ma si
ancora per la separazione delle tri-
bù greche dalla comunione della
santa Sede, formando così una chie-
sa a parte, come se potesse darsene
un'altra oltre quella eh' è una.
Pregò l' imperatore a ricongiun-
gere la chiesa greca alla romana ,
di ricondurre la figlia alla madre
allineile le agnella di Cristo siano
guidate da un sol pastore, al quale
effètto die potestà ai legati di trat-
tare, e su quanto poteva essere di
onore alla Chiesa e di utilità al-
l'impero. iSè tutta l'attività d'In-
nocenzo III si sfugava soltanto nel-
le sue pratiche cogli stati cristiani
come capo ch'era della Chiesa, che
mentre allàticavasi a togliere tutte
le discordie, a costituir l'unità cat-
tolica, a concentrar tutte le forze
dei regni, egli avea principalmente
a nobile intento di collegar tutta
la cristianità contro i saraceni per
la liberazione di Terra Santa; al
quale intento dedicò tutta la po-
tenza dell'autorità sua e della sua
INN a3 1
sagacia, a fermar l'ordine in Italia
e la tranquillità nel reame di Si-
cilia, a far che terminassero le in-
testine discordie in Germania ; in
Ungheria a rivolgere il genio ar-
migero del duca Andrea verso la
crociala ; a ridurre Costantinopoli
in seno alla grande comunità cri-
stiana, e ad infiammar tutto l'oc-
cidente con la lugubre pittura della
condizione in cui si trovavano la
Palestina e i cristiani che ancora
vi dimoravano. Esortò con lettere
tutti i principi ecclesiastici e laici
alla crociata; segnò di croce i car-
dinali Pietro e Solfredo; a quanti
andassero ad incontrar pericoli nel
la crociata o vi concorressero pro-
mise in nome di Dio e de' beati
apostoli l'assoluzione di tutti i pec-
cati, e pose le terre e i beni dei
crociati sotto la protezione de' ss.
Pietro e Paolo, della Sede aposto-
lica, e di tutti i vescovi. Dispose
che le contribuzioni di lutti i paesi
fossero spese ne' bisogni de' cro-
ciati, armò un bastimento, e lo
fece caricare d'ogni genere di mu-
nizioni, dimostrando così che la
Chiesa romana non suole aggravar
gli altri di carichi, e sgravarne del
tutto sé stessa, secondo le calunnie
de' suoi nemici. Questa crociata è
descritta agli articoli Gerusalemme
e Crociata quinta.
Gran tempo erano durate al-
cune controversie insorte fra l' ar-
civescovo e il capitolo di Cantor-
bery , il quale era composto di
monaci benedettini, perchè il pri-
mo per svincolarsi da loro avea
fabbricato altra cattedrale i cui
canonici avrebbero eletto i suoi
successori, non più i monaci. In-
nocenzo III pronunziò la sentenza
che l'arcivescovo atterrar, dovesse
l'edilìzio da lui eretto. Decise pure
5l32
INN
la famosa questione tra l'arcivesco-
vo di Tours e quello di Dol sui
diritti metropolitani, che aggiudicò
al primo; e terminò l'abuso delie
traslazioni de' vescovi dall' una al-
l'altra chiesa senza l'autorizzazione
della santa Sede. Egli ebbe altresì,
per non dirne di altre, a definir
la lite fra il patriarca d' Antiochia
e quello di Gerusalemme. L' im-
mensa attività d'Innocenzo III ar-
rivò ad ognuna delle molteplici e
variatissime cure del pontificato :
non vi fu cosa che a lui paresse
inferiore agli uffizi o alle cure della
suprema sua dignità. Ognuno po-
tea tenersi sicuro di trovar prote-
zione a Roma contro ogni sorla
d' usurpazione, e giustizia contro
qualunque oppressore. Il grande
edilizio della Chiesa, che eri stabi-
lito nell' inviolabile osservanza dei
diritti de' piccoli e de' grandi , fu
rassodato e ampliato per la subor-
dinazione strettamente ordinata di
tutte le parti del corpo cristiano ,
dalla vasta mente ed energia del
Pontefice. Nel 1199 mandò un
governatore munito di pieni poteri
nel ducato di Spoleto e nel con-
tado d'Asisi e in Toscana, il qua-
le fu accompagnato dal prefetto
di Roma, conferendo ad ambedue
facoltà di fare e disfare, acciò co-
stringessero le città a rientrare nei
limiti della loro giurisdizione, con im-
pedir ad esse d'invadere i diritti della
sovranità. La popolosa città di Tre-
viso, che avea un tempo obbedito
al crudele Ezzelino, indi ad Enrico
VI, erasi armata in guerra contro
ì vescovi circonvicini, e avea sman-
tellato la città di Feltre, obbligan-
do vescovo e terrazzani a prestarle
giuramento di obbedienza. I vesco-
vi di Belluno e di Ceneda videro
pur essi dare il guasto alle loro
INN
terre, e la chiesa d' Aquilein sog-
giacque a danni grandissimi. I tre-
vigiani, senza pigliarsi fastidio della
scomunica e senza aver riguardo
a un accordo conchiuso coli' im-
peratore, non cessarono dalle loro
ostilità contro i vescovi di Feltre,
di Belluno e di Ceneda, continua-
rono i loro guasti, ed un giorno
imprigionarono duecento persone
tra le più ragguardevoli. Sentenze
per arbitri, giuramenti, pegni, o-
staggi, ogni cosa fu inutile a trat-
tenerli ; che anzi fingendo di voler
venire ad accordo, presero il ve-
scovo di Belluno in un agguato ,
lo posero a morte, e collocarono
presidii nelle sue terre. Per tali
gravi avvenimenti Celestino III
bandi l' interdetto contro la Marca
Trivigiana, e la scomunica contro
gli autori principali del misfatto.
Dopo l'elezione d'Innocenzo III i
trivigiani domandarono a lui gra-
zia, ma poi invano egli ordinò loro
una inquisizione, ed invano promise
l'assoluzione purché dar volessero
soddisfazione per l'uccisione del ve-
scovo, e cauzione pei beni vescovili
da essi occupati ; giacché si mo-
strarono apertamente nemici della
santa Sede, strinsero lega con Ve-
rona e Vicenza, ed irruppero di bel
nuovo nel vescovato di Ceneda, ad
onta della pace col vescovo giu-
rata. Arsero la cattedrale e varie
altre chiese, spogliarono gli altari,
rapirono le reliquie , e misero a
sacco le proprietà della chiesa e
del vescovo, il quale si salvò colla
fuga. Non potendo Innocenzo III
più. a lungo tollerare tante enor-
mità, intimò la restituzione d'ogni
cosa rapita e il risarcimento di
tutti i danni patiti dal patriarcato
d' Aquileia e dai tre vescovi , mi-
nacciando altrimenti di togliere il
INN
grado episcopale alla chiesa di Tre-
viso , d' interdire ogni pratica e
ogni commercio alle provincie della
Lombardia cogli abitanti della città,
e di commettere ai principi di por
le mani addosso a' loro trafficanti,
di vender le loro merci e d' im-
prigionar le loro persone, giacché
la loro colpa era tanto grave che
meritava castigo temporale e spi-
rituale.
Dopo la morte dell' imperatrice
Costanza, i consiglieri da lei depu-
tati a Federico II suo figlio, si ri-
volsero ad Innocenzo III pregan-
dolo a proteggere il reame e 1' or-
fano principino, ed egli rispose con
una lettera diretta al fanciullo.» Il
Padre delle misericordie, il Dio
d' ogni consolazione corregge e ca-
stiga coloro ch'egli ama, ma dalla
correzione e dal castigo fa che ne
venga un frutto salutare. Per dar-
tene una prova evidente, vedi che
e^li ha deputato il suo vicario a
tuo tutore ; con l'abbondanza della
sua grazia egli ha riparato la per-
dita del padre tuo con un padre
più degno, e in vece della madre
defunta, ti dà una madre migliore,
quella cioè intorno al cui capo la
destra e la sinistra mano del Si-
gnore si allacciano, secondo si leg-
ge ne'Cantici. Noi dunque, non solo
per debito del pastorale uffizio no-
stro, pel quale siamo obbligati ver-
so tutti e principalmente verso i
pupilli e gli orfani, ma sì ancora
per tua madre l'imperatrice Co-
stanza, di gloriosa memoria , che
ti commise alla nostra tutela, e
perchè il reame di Sicilia ap-
partiene al patrimonio della Chie-
sa, ci assumiamo di amarti e pro-
teggerti, di provvedere con tutte
le forze nostre, se Dio ci aiuti, al-
1 onore e all' incremento della po-
199 a33
desta regale, alla sicurtà del regno
ed al bene de' tuoi fedeli. Ti con-
fortiamo però a dar bando ad ogni
tristezza e ad esultar nel Signore
che t' ha dato un padre spirituale
in luogo d'un padre temporale, e
nella morte di tua madre ti ha
procurato le materne sollecitudini
della Chiesa, finché fatto uomo e
raffermato in trono, tu abbi sem-
pre più a venerar colei per la
quale fosti esaltato. Fa dunque di
accogliere benignamente i nostri le-
gati, perocché eglino saran tutti per
te, e si mostreranno diligenti e sol-
leciti in ogni commissione ed uffi-
zio loro affidati ". Innocenzo III
rivolse dunque allora ogni cura sua
alle cose della Sicilia e degli altri
dominii del suo pupillo, uè mai
cessò dall' intendere all' onore del
re ed alla prosperità del regno. Ne
die subito lumiuosa prova opponen-
dosi con tutte le forze a Marco-
valdo tornato di Germania con mi-
ra d' impadronirsi della Sicilia, a-
gognandone la corona, e produ-
ceudo un testamento d' Enrico VI
che gli affidava la tutela del re
pupillo e la reggenza dello stato.
Respinse colle armi quelle di Mar-
covaldo, lo scomunicò co' suoi a-
derenti, e concesse indulgenze a chi
combatteva contro di lui. Tra i
legati spediti dal Papa nel regno
vi fu il cardinal Gregorio con pieni
poteri, siccome personaggio chiaro
per fermezza, prudenza e destrez-
za, avendo più volte trattato gli
affari della Chiesa romana in Si-
cilia. Marcovaldo si levò la ma-
schera, e per Corrado arcivescovo
di I\Iagonza fece offrire al Papa
quarantamila oncie d' oro , doppio
canone feudale, i più estesi diritti
del papato in Sicilia, e di ricevere
la corona dalle sue mani, solo che
234 INN
non si opponesse a' suoi disegni ,
olimi dosi a provare che Federico II
non era altrimenti figlio degli im-
periali coniugi. Avendo Innocenzo
ili ributtato con orrore queste
proposi/ioni, Marcovaldo immaginò
nuova perfidia e chiese di ricon-
ciliarsi colla Chiesa, promettendo
con solenne giuramento obbedien-
za. Dubitando il Papa, non senza
ragione, d'inganni, non avendo però
inai la Chiesa negato di aprir le
braccia ai figli suoi ravveduti, man-
dò luttavolta tre cardinali legati a
Veroli per ribenedirlo, con molte
condizioni eh' egli lece mostra di
accettare, mentre tramava d'impa-
dronirsi de' cardinali. Continuò le
sue mene, ad usar il titolo di reg-
gente, e vuoisi che per tale il ri-
conoscesse Filippo di Svevia zio
del pupillo; senza più il Papa tor-
nò a scomunicarlo, ed egli passato
in Sicilia trovò nuovo campo ai
suoi sediziosi maneggi, e vi com-
mise inaudite crudeltà e danni.
Per tante calamità i consiglieri
del re nuovamente ricorsero ad In-
nocenzo III. Questi scrisse a tutti
gli abitanti della Sicilia, di nuovo
rammentò loro le vessazioni da essi
provate per opera de' tedeschi , e
siccome Marcovaldo voleva spogliar
Federico II del retaggio materno,
ed erasi collegato co'sàraceni, gl'in-
sito a combatterlo, promettendo loro
le grazie medesime concedute ai
crociati. Scrisse pure ai saraceni
stabiliti in Sicilia, a guardarsi bene
dalle promesse e minacce di Mar-
covaldo , a non mostrarsi ingra-
ti ai favori dai re ad essi con-
ceduti, e ad aspettarsi dalla be-
nevolenza della santa Sede non so-
lo la conservazione , ma ben anco
l' ampliamone de' loro antichi privi-
legi o consuetudini. Al cardinal
I NN
Cencio Savelli, uno delegati, affi-
dò Innocenzo 111 la direzione su-
prema dell'educazione di Federico
li, ed il primo precettore sotto di
lui fu il vescovo di Catania. Frat-
tanto la Germania co' suoi princi-
pi era divisa tra Ottone IV e
Filippo di Svevia, altri principi
restando neutrali, considerando co-
me vacante il trono imperiale; il
primo colla morte dello zio Ric-
cardo I provò danno, perchè alcu-
ni principi ch'erano della sua pas-
sarono alla parte dell'emulo, per
cui vide che a principale suo ap-
poggio non gli restava che il
Papa ; ond' è che sempre più si
strinse a lui, promettendogli ogni
cosa, e volle il suo assenso nel-
1' intendimento di sposarsi a Ma-
ria figlia del duca di Brabante.
Rispose Innocenzo Ill^all'arci vesco-
vo di Colonia che gli avea parte-
cipato l'elezione di Ottone IV, che
avrebbe con piacere contribuito al-
la sua potenza, sperando che si
sarebbe conservato divoto alla san-
ta Sede. Nel medesimo tempo rup-
pe il silenzio sul conto di Filippo
che non avea partecipato la sua
elezione, scrivendo a tutti i prin-
cipi ecclesiastici e secolari di Ger-
mania, quanto fosse necessaria la
concordia tra la Chiesa e l'impero,
e di esser pronto a dispensar le
grazie apostoliche a colui che a-
vesse in sé maggior numero di
suffragi e il merito maggiore. Otto
giorni dopo la spedizione di tale
lettera • partiva da Spira quella
che Filippo scrisse al Papa, scu-
sandosi del ritardo e pregandolo
accogliere favorevolmente quanto i
legati pontificii gli avrebbero det-
to . In pari tempo molli princi-
pi ecclesiastici e secolari scrissero
ad Innocenzo III supplicandolo a
INN
nou pregiudicare i diritti dell' im-
pero, e che avrebbero accompagna-
to Filippo a Roma per ricevervi
la corona imperiale. 11 re di Fran-
cia vi aggiunse una commendati-
zia, assicurandolo che Filippo a-
vrebbe stretto h'ga perpetua colla
Chiesa. Prima di risolvere volle
Innocenzo 111 consultare il cardi-
nal Corrado arcivescovo di Magou-
za, che reduce dalla Palestina si
portò in Roma, sembrandogli 1' uo-
mo destinato a ristabilir la pace
in Germania, di che in pieno con-
cistoro gliene die V incarico, e per
collega neir ambasceria Bonifazio
marchese di Monferrato. Ritornato
Corrado in Germania, si convenne
che la controversia sarebbe giudi-
cata inappellabile dai principi ec-
clesiastici e temporali nella dieta di
Boppart, pei quali Ottone IV cal-
dissimamente e colle più larghe
promesse implorò le raccomanda-
zioni del Pontefice . Filippo in-
viò pure a Roma i suoi deputati,
colla commissione di trattare ver-
balmente col Papa. Questi li ac-
colse in un concistoro di cardinali,
rivolse loro un' allocuzione a sta-
bilire ancor lui la preminenza del
sacerdozio sui re, allocuzione no-
tabile, di cui sarà bene riferirne al-
cuni paNsi.
II Pontefice dopo d' essere sali-
lo sino a Melchisedech e ad A-
bramo, per provare che il consa-
crante sta sopra al consacrato, sog-
giunge. » Benché, secondo prescri-
ve la legge divina, i re e i sa-
cerdoti ricevono del pari 1' unzio-
ne, il sacerdote nondimeno è quel-
lo che dà F unzione al re, e non
già il re al sacerdote, la qual co-
sa proverebbe senza più che quel-
lo è inferiore a questo. Ond' è
che Gesù Cristo disse : il Padre
IH* a35
che F ha unto secoudo la sua di-
vinità essere maggiore di lui che
fu unto secondo la sua umanità.
Ond' è parimenti che il Signore
dà il nome di Cristi a' sacerdoti ,
e quel di principi ai re. A que>ti
è dispensata la podestà in terra,
a quelli in cielo ; al re sui corpi,
ai sacerdoti sulle anime. 11 sacer-
dozio è altrettanto superiore al
principato, quanto l'anima è supe-
riore al corpo. I principi sono co-
stituiti sulle provincie e i re sui
reami ; ma Pietro va innanzi a
tutti, tanto per 1' estensione, come
per la plenitudine della podestà
sua, perocché egli è il vicario di
colui al quale appartiene la terra ,
F universo, con lutti quelli che
T abitano. Il sacerdozio precede
altresì il principato nell'anzianità.
L' uno e F altro ebbero principio
al tempo del popolo di Dio; il
sacerdozio istituito da Dio medesi-
mo, il principato carpito dagli uo-
mini. Dio disse a Mosè, parlando
del sacerdozio: Lucerai Aronne
e i suoi Jìgliuoli .... affinchè eser~
citino il mio sacerdozio. 11 Signo-
re disse a Samuele, parlando del
principato : Ascotta le parole di
onesto popolo in tulio quello che
ei ti dice j perocché eglino han ri-
gettalo non te, via me. Alcuno di-
rà forse : Ma il princrpato è ben
più antico fra' pagani, perchè Baal
fondò il suo regno in Assiria poco
dopo la costruzione della torre di
Babele. Allora salite a Sem, a Noè,
pur fino ad Abele. Se guardasi al
modo in cui sacerdozio e princi-
pato continuarono a sussistere, si
vede che .fin dai tempi pili limoli
v' ebbe chi si ribellò contro 1' uno
e contro F altro : contro il sacer-
dozio, Core, Datan, Abiron e i
suoi, che furono inghiottiti dalla
236 INN
terra e consumati dalle fiamme ;
contro il principato di Saul, David,
non per protervia, ma per ordine
di Dio; e a dispetto delle lunghe
persecuzioni di Saul, finì per vin-
cere, perchè Dio era con lui. E
ora, perchè mai la ribellione con-
tro il sacerdozio fu perdente, e vit-
toriosa contro il principato ? Que-
$t' è in vero il supremo indizio di
un gran fatto, un simbolo per av-
ventura del tempo presente! Glie
perchè, a dir nostro, la ribellione
contro il sacerdozio trovar non
poteva veruna assistenza, perchè il
sacerdozio fu insliluito da Dio, e,
il principato fu carpito dalle istan-
ze degli uomini. Il regno dopo la
morte di Salomone andò diviso, e
due tribù conservarono Gerusalem-
me, la sede regale, il tempio e il
sacerdozio. Geroboanjo divise pur
esso il sacerdozio, edificò un tem-
pio ai falsi Dei e instiliù sacerdo-
ti che non erano altrimenti della
tribù di Levi. Che avvenne ? Men-
tr' egli se ne stava all' altare get-
tando incenso, accostatosi a lui il
profeta, gli disse: Che il Signore
sia quegli che parla, da questo H
vedrete: ecco che V aliare si squarr
cera e la cenere che vi è sopra si
spanderà. Il re allora stese la ma-
no, e gridò; Prendete costui! ma
la sua mano era già inaridita,
1' altare squarciavasi, e la cenere
disperde vasi. Ecco di qual modo
castigò Dio la ribellione contro il
sacerdozio ".
» Quanto accadde nell' antica
alleanza, accadde altresì nella nuo-
va. Per non andar cercando gli
esempi troppo lontano, il principa-
to e il sacerdozio erano al tempo
di Papa Innocenzo II e del re
Lotario II discordi fra loro. Fu
innalzalo Anacleto II contro Inno-
INN
cenzo II, e Corrado III contro
Lotario II ; ma i due cattolici In-
nocenzo II e Lotario II trionfa-
rono, perchè Innocenzo II coronò
Lotario II; e i due scismatici A-
nacleto II e Corrado III soggiac-
quero, perchè la verità trionfa del-
l' errore. Sotto il pontificato d' A-
lessandro III uno scisma divise la
Chiesa, e l' impero rimase unito
sotto Federico I. Quest' imperato-
re, che non proteggeva altrimenti,
ma perseguitava la Chiesa, fomentò
la discordia, e sostenne lo scisma-
tico ; ma lo scisma fu abbattuto
insieme con tutti quelli che Io ca-
gionarono; e ora la Chiesa, per
la grazia di Dio, è unita, laddove
1' impero, per colpa de' suoi pec-
cati, è diviso. Ma la Chiesa non
procede verso I' impero come que-
sto ha proceduto verso la Chiesa.
Ella si affligge per questa discordia,
e soprattutto non può patire di ve-
dere i principi macchiare il pro-
prio nome, infamare il proprio
onore, e calpestar la libertà e la
dignità loro. Già da un pezzo sot-
topor doveasi questa controversia
alla santa Sede, cui spetta il giu-
dicare in prima ed ultima istanza,
avendo essa e non altri trasferito
1' impero d' oriente nell' occiden-
te, a lei appartenendo il concedere
la corona imperiale. Noi dunque
vi daremo udienza, leggeremo le
lettere. del vostro signore, e con-
sultati i nostri fratelli vi daremo.
risposta. Voglia Dio onnipotente
ispirarci un giusto consiglio, e ri-
velarci la volontà sua, acciò pro-
veder possiamo in questa causa per
la gloria sua e pel maggior bene
della Chiesa e dell'impero". La
risposta, in sostanza^ era già data ;
poiché Innocenzo III, con profon-
da cognizione della sacra Scrittura,
INH
nell' interpretarla avea dichiarato
ai deputati di Filippo la preminen-
za della Chiesa sull' impero, del
sacerdozio sul principato, ed i suoi
diritti sulla controversa elezione.
Innocenzo III spiegossi più chia-
ramente ancora nella sua risposta
ai principi ecclesiastici e secolari del-
la Germania, e fu secondo i desi-
derii di Ottone IV. Il Papa scris-
se loro, di aver deliberato co' suoi
fratelli i cardinali di santa Chiesa,
ed altri uomini di gran dottrina,
sul grave argomento, con aver
scrupolosamente esaminatele dispo-
sizioni degli elettori e i meriti de-
gli eletti. Egli scongiurò pertanto i
detti principi a non lasciarsi al-
lucinar da coloro, che mirano più
al proprio, che al pubblico van-
taggio; un principe non si elegge
perchè favorisca il bene d' un so-
lo, ma quello generale di tutti.
Esternò poi il suo stupore come
il cardinal Corrado, il quale vio-
lando la promessa fatta di nulla
intraprendere circa 1' elezione sen-
za prima informarne la santa Se-
de, avea sottoposto la questione
alla definitiva sentenza d' una die-
ta ; essere suo debito che nulla
fosse fatto contro il bene della
Chiesa e dell'impero. Ottone IV
comparve a Boppart, ma moltissi-
mi principi non v' intervennero,
onde la dieta rimase senza effetto ;
ed Innocenzo HI se ne dolse col-
1* arcivescovo di Colonia, doman-
dandogli la relazione dello stato
delle cose. Intanto il partito di
Filippo si accrebbe, e questo e
1' emulo si fecero delle scambievo-
li rappresaglie a travaglio dell' im-
pero.
Per la morte di Riccardo I la
tregua conchiusa col re di Fran-
cia dal cardinal Pietro di Capua
INN 237
non ebbe effetto; il cardinale in-
contrò miglior fortuna per termi-
nare i litigi tra Baldovino IX conte
di Fiandra e Filippo Augusto, per
la successione di Maria madre del
primo. A Riccardo I successe il
suo fratello Giovanni, ma nel prin-
cipe Arturo figlio del maggior fra-
tello Geoffroy, trovò un competi-
tore che vantava miglior titolo di
lui al trono. Intanto giunse ia
Roma 1' ambasceria del re di Leo-
ne, ed i vescovi che ne facevano
parte supplicarono il Papa per
motivi gravissimi a sospendere le
leggi ecclesiastiche : egli però solo
mitigò in favore del popolo e iu
parte il rigore dell' interdetto, au-
torizzando la celebrazione de' divi-
ni uffizi , senza permettere la se-
poltura in luogo sacro, salvo che
per quei chierici che fossero pro-
prietari de' luoghi ove destinavano
tumularsi. La regina die alla luce
un bambino, che fu s. Ferdinan-
do III, e ad onta della scomunica
venne solennemente battezzato nel-
la cattedrale di Leone. JNegò quin-
di Innocenzo IH a Pietro II re
d' Aragona di sposare Bianca so-
rella del re di Navarca e sua pa-
rente, benché avesse per iscopo un
giurato trattato di pace ; il Papa
dichiarò il giuramento spergiuro
e disonesta promessa, che non era
lecito osservare. Bendiè frate Rai-
neiio indusse il re di Castidia e
o
d' Aragona ad una spedizione cou-
tro i saraceni, con gran conlento
del Papa, questi non volle accon-
sentire che senza 1' approvazione
del suo popolo si servisse per ef-
fettuarla di moneta alterata : cosi
Innocenzo III resisteva alla prepo-
tenza de' principi pel maggior be-
ne de' popoli. Avendo il Papa spe-
dito due inviali pontificii al re di
a38 INN
Dioclca e di Dalmazia, essi cele-
brando un concilio vi statuirono
utilissimi canoni e discipline. I le-
gati inviati all' imperatore Alessio
III, giunti in Costantinopoli, ebbe-
ro da questi le seguenti risposte,
poco soddisfatto pel loro contegno
acerbo, e pei veementi rimproveri
del Papa. Quanto alla liberazione
del santo Sepolcro ne favorirebbe
i tentativi se 1' impero sarà lascia-
to illeso ; quanto all' unione delle
due Cbiese dichiarò che ognuna
rinunziasse alle sue opinioni, tutti
unendosi nella volontà di Dio; e
se le dottrine controverse si voles-
sero sottomettere ad un concilio,
la Chiesa greca v'interverrebbe. Il
patriarca di Gerusalemme lodò
1' ardente zelo del Papa per 1' li-
mone., ma esternò il suo stupore
nel sentir chiamare la Chiesa ro-
mana universale e madre di tutte
le Chiese, e siccome egli credeva
che la Chiesa di Gerusalemme fos-
se la vera madre, desiderò schiari-
menti. Rispose il Papa all' im-
peratore: le riprensioni essere sta-
te fatte in senso esortatorio, co-
mechè il riprendere, giusta le pa-
iole dell' Apostolo, stia nei doveri
del Pontefice. Se egli meglio ri-
fletterà, conoscerà corrergli dovere
di soccorrere il santo Sepolcro. Si
rallegrò per la disposizione che
mostrava all'unione consultandolo
nelle cose dubbie, e convenne sul-
la convocazione del concilio. Al
patriarca spiegò il primato ponti-
ficio istituito da Dio ; perchè si
chiama universale la Chiesa roma-
na, siccome avente sotto di sé le
altre tutte, che insieme ad essa
compongono propriamente la Chiesa
universale o cattolica, quindi esse-
re la romana quale parte princi-
pale della medesima, e perciò go-
INN
dere la preminenza; e che la Chie-
sa di Gerusalemme poteasi chia-
mare madre della fede, la romana
madre de' fedeli, perchè fu costi-
tuita sopra di loro per la premi-
nenza di dignità, non in ordine al
tempo. Inoltre 1' imperatore sup-
plicò il Papa ad indurre il re di
Cipro a riconoscere 1' alta sua si-
gnoria sull' isola, volendo altrimen-
ti tentar la sorte dell' armi, ma
non raggiunse 1' intento.
Rientrando nel grembo della
Chiesa gli armeni, il loro re Leo-
ne il Grande si dichiarò vassallo
dell'impero romano, ottenne la di-
gnità reale e da Innocenzo III un
legato che lo nominò re del Regno
d'Armenia [Vedi). Il Papa si die-
de tutta la sollecitudine pel bene
spirituale degli armeni, e prese la
difesa di Raimondo principe latino
d'Antiochia, come supremo protet-
tore de' principi orfanelli. In que-
sto tempo fecero pure la loro sot-
tomissione alla Chiesa i Bulgari
ed i Vallachi (Vedi), il cui princi-
pe Gioannicio o Caloianni avea
domandato a Celestino III la co-
rona reale per sé, ed un patriarca
pel suo paese. Accorse Innocenzo
III a procurare aiuti ai nuovi cri-
stiani di Livonia, ed alla nascente
chiesa di Riga, dando licenza ai
crociati di Palestina di portarsi a
combattere i pagani di Livonia, e
per tal difesa e propagazione del
vanselo confermò l'ordine militare
della Spada, fondato per ciò da Al-
berto di Brema vescovo di Riga.
Sebbene da gran tempo innanzi la
Prussia aveva accolto alcuni mis-
sionari, però al novello impulso da-
to da Innocenzo III si deve, che
l'evangelo predicatovi dal suo in-
viato Cristiano monaco cistercien-
se , cominciasse a gittarvi prò-
INN
fonde radici. La speranza di sem-
pre più ampliare il regno del Si-
gnore, rallegrò tanto il Pontefice,
che scrisse ai crociati di Costanti-
nopoli come s. Pietro si adoperasse
in ogni parte nell'uffizio suo di
pescatore delle anime. E in tutte
queste sollecitudini del Papa per
esercitare l'autorità sua nelle cose
di tutte le diverse contrade , nel
corroborare la concordia de' prin-
cipi, conservare in tutti i regni la
riverenza alla santa Sede, egli ave-
va sempre per principal fine di
adoperare tutte le forze della cri-
stianità per riacquistare la Terra
Santa. Sebbene la trista condizione
de' regni principali ostasse all'effet-
tuazione del suo grande intento ,
egli non si rimise mai dalla sua
instancabile attività. Compartì elogi
ai cisterciensi , ai premonstratensi
ed a parecchi altri ordini pel loro
virtuoso e pio tenore di vita , e
rinnovò la domanda delle contribu-
zioni agli ordini religiosi ed al cle-
ro di tutta la cristianità in aiuto
de' crociati, de' quali espose l'im-
minente pericolo siccome bersaglio
de' saraceni potenti. Gli arcivesco-
vi furono abilitati a convertile in
limosine per Terra Santa le peni-
tenze imposte, ed esortò gli uomi-
ni atti ad arrollarsi sotto i vessilli
del Signore. Ma gli eccitamenti a
pigliar la croce, per caldi e urgenti
che fossero, non ebbero sempre l'ef-
fetto desiderato, che anzi la non
curanza ormai con che venivano
accolti era motivo a rinnovarli.
Nel pubblicare Innocenzo IH un
breve relativo agli ebrei, li chia-
mò testimoni viventi della fede cri-
stiana, » non esser quindi lecito al
cristiano distruggerli, perchè gio-
vano a impedirgli di scordarsi la
cognizione della legge ; e poiché ad
IN fi 239
essi è conceduto di praticar giuri-
dicamente tuttociò a cui sono dalla
legge autorizzati, non si vuole tur-
bameli. Quantunque vogliano essi
piuttosto perfidiar nella durezza dei
loro cuori, che intendere le predi-
zioni de' profeti e i misteri della
loro legge, e imparare a conoscere
Gesù Cristo, nullameno hanno pur
essi diritto alla nostra protezione,
onde noi loro la concediamo per
carità cristiana, ad esempio de' no-
stri predecessori di beata memoria,
Calisto II, Eugenio III, Alessandro
III, Clemente III e Celestino IH.
Non sia lecito dunque a nessuno
cristiano di costringere un ebreo
a battezzarsi, perocché chi è costret-
to non ha fede ; e s'essi vogliono
ricevere liberamente e pubblica-
mente il battesimo, nessuno osi far
loro ingiurie. Niuu cristiano si at-
tenti di offenderli nella vita senza
una giuridica sentenza, né offen-
derli nei beni, o mutar le loro an-
tiche consuetudini nei luoghi ove
dimorano. Non sia lecito molestarli
né con percosse ne con sassate in
mezzo alle loro feste, e meno an-
cora obbligarli ad opere e servigi
che eseguir possano in altri giorni.
Nessuno ardisca dare il guasto ai
loro cimiteri, né dissotterrar per de-
naro i loro cadaveri, il tutto sotto
pena di scomunica ". I capi della
Chiesa non entrarono punto nelle
persecuzioni mosse a que' tempi
contro gl'israeliti e nelle oppres-
sioni sotto le quali gemevano. In-
nocenzo Il si mostrò per essi pie-
no di benignità; Alessandro III fre-
nò l'animosità del popolo contro
di loro, che facilmente traevalo a
maltrattarli, e più tardi Gregorio
IX protestò altamente contro le
violenze che i crociati esercitavano
verso de' medesimi. Consimili senti-
a4o INI»
menti animarono s. Bernardo , i ve-
scovi più illustri, i pastori e i dottori
della Chiesa. All' incontro gli ebrei
ora furono crudelmente persegui-
tati dai principi e grandi signori,
e ora talmente ricolmi di favore,
che il clero dovette esserne scau-
dalezzato, e quest'è il motivo che
nascer fece negli ebrei stessi l'a-
mor della vendetta e la traco-
tanza che li trasse spesso ad a-
zioni indegne. Innocenzo III pure
alzò la voce contro le loro licenze^
e rimproverò severamente i princi-
pi che si servivano degli ebrei per
opprimere i sudditi con uegozi usu-
rai. Quindi proibì agli ebrei pi-
gliar servi o nutrici fra' cristiani i
ed a questi di prestar testimonian-
za a favor loro ; vietò ai cristiani
la coabitazione cogli ebrei , sui
quali prese altre provvidenze, ma
non potè correggerne 1' usura che
in essi perpetua vasi per la loro
scaltrezza e protezione de' potenti.
Volendo il Papa che gli ebrei pa-
gassero le decime al vescovo dio-
cesano, dichiarò la scomunica con-
tro que' cristiani che trafficavano
con ebrei renitenti a pagarle. Proi-
bì agli ebrei di vendere a' cristia-
ni le parti delle bestie macellate
che ad essi non era lecito mangia-
re, e gli avanzi del mosto nelle
vendemmie. Ad onta di tutti que-
sti divieti il Papa dichiarò essere
grato al Signore di veder che il
popolo d' Israele trovava urf asilo
negli stati de'principi cristiani, per-
chè e Giuda ed Israello devono
un giorno pur essi salvarsi. Ap-
provò che gli ebrei, secondo 1' uso
antico, dovessero portare un abito
diverso per distinguersi dai cristia-
ni secondo le varie costumanze dei
luoghi , come un mantello rosso
ovvero un berrettino giallo o di
1NN
altri colori, od in vece di essi al-
cun segnale; provvide però che per
questo non venisse agli ebrei alcun
danno, e per toglierli dal pericolo
d'essere insultati, proibì agli ebrei
mostrarsi in pubblico ne' giorni
che la cristianità celebra la pas-
sione del Signore. Le ordinazioni
de' Pontefici, le loro concessioni o
restrizioni furono sempre umane ,
non cosi fu il procedere di molti
principi, i quali non videro negli
ebrei che un mezzo a soddisfare
la necessità di denaro, usando tal-
volta modi crudelissimi. V. Ebrei.
Incominciò l'anno 1200 con la
guerra che i romani mossero a
Viterbo , i cui abitanti tenevano
assediato Vitorchiano , per le se-
grete macchinazioni di Gian Ra-
nieri Pierleone già senatore di Ro-
ma, e di Giovanni Capocci, occulti
nemici del Pontefice perchè eleg-
geva a suo grado il senatore ed
esercitava pienamente il dominio
sovrano. Innocenzo III inviò un
legato a Fermo ancora ricalcitran-
te contro l'autorità papale, e rice-
vette la sommissione di Fano, cui
concesse la libera scelta de' magi-
strati col pagamento d'annua con-
tribuzione ; altrettanto ebbe luogo
con altre città ritornate all' obbe-
dienza della Chiesa. Altre all' in-
contro negavano 1' annuo tributo ,
e guerreggiavano tra loro ; a tutto
provvide Innocenzo III amante del
ristabilimento dell' ordine e della
giustizia. I seguaci di Marco valdo
continuando a guerreggiare contro
l'abbate di Montecassino , e medi-
tando assalire gli stati di Federico
II, il Papa assoldò gente, e 1' af-
fidò al comando di Jacopo suo cu-
gino maresciallo della Chiesa ro-
mana. In Roma si condusse Gual-
tieri di Brienna per vendicare il
INN
principato di Tarauto e la contea
di Lecce dati da Enrico VI a Tan-
credi, di cui avea sposato la figlia
Albina. Riconosciutasi da Innocen-
zo HI la giustizia di tali diritti ,
ne restò spaventato il cancelliere
Gualtieri vescovo di Troia, princi-
pal nemico della famiglia di Tan-
credi, e tentò di sollevar i messi-
nesi favorevoli a Marcovaldo con-
tro il Papa. Cou l'aiuto di Ma-
gatilo emiro de' saraceni , Marco-
valdo occupò varie città ed otten-
ne il titolo di guardiano del re e
del suo palazzo. Mentre stava per
cadere Palermo, giunse a salvarlo
l'esercito pontificio col maresciallo
ed il legato, che sbaragliò compiu-
tamente il nemico con immenso
bottino, in un agli arredi di Mar-
covaldo ed il testamento di Enri-
co VI. Monreale fu presa, l'emiro
vi perdette la vita, ed i pisani col-
legati di Marcovaldo quasi tutti vi
perirono. Grato il re alla prodezza
del maresciallo, con diploma gli
diede in feudo il contado d'An-
dria; il Papa premiò le soldatesche,
ed il cancelliere procurò accomo-
dare le cose sue facendo mostra
di affetto pel re , acciò il legato
partisse. Quindi il cancelliere sen-
za curarsi della scomunica da lui
stesso pronunziata contro Marco-
valdo, lo ammise tra'consiglieri e
accomunò con esso il governo del
reguo, ciò che altamente riprovò
il Pontefice. Intanto in Germania
era morto l'arcivescovo di Magon-
za, ed il capitolo della cattedrale
diviso in due parti elesse due ar-
civescovi , gli adereuti di Filippo
Leopoldo, quelli di Ottone IV Si-
gifredo, ma il primo s' impadronì
di Magouza.
Il re di Boemia Primislao, per
sposare Costanza figlia di Cela III
VOL. XXXV.
INN 241
re di Ungheria, ripudiò la sua mo-
glie Adelaide de' margravi di Mis-
nia, colla quale avea vissuto venti
anni con prole d'ambo i sessi. La
ripudiata vedendosi non ascoltata
dal congresso de' prelati del regno
che dichiarò il suo divorzio, ricorse
al giudice supremo Innocenzo III,
e sottopose a lui le proprie ragio-
ni, che ne affidò l'esame all' arci-
vescovo di Maddeburgo. Non ce-
dendo Primislao alle esortazioni di
Filippo a riprendere la moglie ,
questo lo dichiarò decaduto dal
principato e ne investì il nipote ,
onde il re fece alleanza con Otto-
ne IV, il quale però a cagione di
quella fatta con Filippo Augusto
dal suo zio Giovanni re d' Inghil-
terra, di questi perdette l' appog-
gio. Tale accordo dispiacque al
Papa che dal suo legato in Fran-
cia lo fece dichiarare nullo ed in-
giusto, e querelossi col re inglese
che operava contro le disposizioni
del defunto Riccardo I, colpa che
il capo della Chiesa doveva preve-
nire. In questo medesimo anno le
due parti contendenti il trono im-
periale tentarono la sorte delle ar-
mi in Sassonia. Innocenzo HI in
mezzo alle proteste d' imparzialità,
non potè celare l'inclinazione sua
per Ottone IV , e vedendo colla
morte di Corrado svanita ogni spe-
ranza di terminar la contesa in
via pacifica, stimò essere venuto il
tempo di apertamente dichiarare
qual fosse colui che la Chiesa in-
tendeva riconoscere per suo pro-
tettore. A tale effetto dipoi Inno-
cenzo III elesse a suo legato in
Germania il cardinal Guido Pare,
col carico di pubblicare che la
san la Sede riconosceva Ottone IV
qual re de' romani, con bolla che
racchiudeva l'esame delle tre ele-
16
242 INN
zioni, cioè del fanciullo Federico II
re di Sicilia, di Filippo e di Ottone
IV- In essa il Papa si spiegò ca-
tegoricamente, riconobbe in parte
legale l' elezione di Federico II ,
ma inammissibile perchè questi in-
capace a tutto per la sua fanciul-
lezza, non potersi l'impero gover-
nare per un procuratore, non con-
venire alla dignità dell'impero e
agli uffizi dell' imperatore riguar-
dato non solo come governatore e
capitano supremo, ma reggitore de-
gli affari interni e supremo legis-
latore e difensore della cristianità,
ond' essere permesso di provvedere
in altra guisa agl'interessi dell'im-
pero ; elezione inoltre non conve-
niente, perchè il reame di Sicilia
verrebbe unito all'impero con pre-
giudizio della Chiesa. Quanto a Fi-
lippo dichiarò l'elezione sua sem-
brare valida anche pel maggior
numero e qualità degli elettori,
ma essendo egli scomunicato da
Celestino III come invasore del pa-
trimonio di s. Pietro , non esser
valida l'assoluzione del vescovo di
Sutri, comprendersi nella scomuni-
ca fulminata contro Marcovaldo e
suoi aderenti; non convenirsi per
non sembrare passar l'impero per
eredità, per essere persecutore e
discendente di persecutori , affati-
candosi ancora di travagliar la Chie-
sa per opera di Marcovaldo ed al-
tri, e di carpire il reame di Sici-
lia; e volere quindi attraversare le
sue violenze prima che si facessero
maggiori. Parlando di Ottone IV,
la sua elezione sebbene venne fatta
dal minor numero, doversi però
contar la maggioranza non secondo
il numero ma secondo il merito,
essere divoto alla santa Sede come
gli avi suoi, e parere conveniente
ed utile di concedere il pontifìcio
INN
favore a lui. Conchiuse il Ponte-
fice stimare inutile insistere perchè
il pupillo ottenga di presente la
corona; rifiutar Filippo, disposti
a fargli opposizione perchè non
usurpi l'impero; concedere al le-
gato commissione di persuadere i
principi a congiungere i loro suf-
fragi sur un uomo atto all' impe-
ro, o rimettere l'elezione al giuri-
dico o arbitrale giudizio del Papa,
e non piacendo loro alcuno di tali
espedienti, dovere la santa Sede
dichiararsi per Ottone IV, ricono-
scerlo re de' romani e chiamarlo
a Roma per ricevervi la corona
imperiale. Tale fu il partito preso
da Innocenzo III sull' elezione del
re de' romani, tanto più animoso
e magnanimo siccome senza verini
appoggio di forza materiale, ma
solo penetrato e mosso dalla co-
scienza del suo diritto e del suo
dovere, e dagli interessi della Chie-
sa, sostenuto da quell'energia mo-
rale che viene dalla certezza d' o-
perare per un ordine di cose su-
periori.
Innocenzo III profondamente af-
flitto dall'ostinazione del re di Fran-
cia dimentico dell'infelice ripudia-
ta sposa, scrisse al clero di Fran-
cia avvisandolo che il legato dove-
va tornare ad ammonire il re, per
quindi fulminar l'interdetto. Pertan-
to gli comandò in nome di Dio
onnipotente, del Padre, del Figliuo-
lo e dello Spirito Santo, per la ple-
nitudine de'ss. apostoli Pietro e Pao-
lo, e in virtù dell'obbedienza che
gli doveva, di conformarsi alla sen-
tenza, con astenersi da ogui mini-
stero ecclesiastico, sotto pena di per-
dere dignità ed uffizi. Ma né le ri-
mostranze e le minacci* del cardi-
nal Pietro, né i consigli che al re
diede il suo clero di rimuovere da
INN
Se e dal reame la rigorosa senten-
za che gli sovrastava, valsero pun-
to a liberarlo dai vezzi di Agnese.
Allora il cardinale adunò un conci-
lio a Dijon, e non ostante l'appella-
zione invocata dal re per Roma, pro-
nunziò l'interdetto su tutti gli sta-
ti del re di Francia, finché Filippo
Augusto non troncasse il suo adul-
terio, e poscia lo pubblicò nel conci-
lio di Vienna. 1 vescovi, tranne l'e-
letto di Bourges e il vescovo di Au-
xerres, obbedirono, e tutta la Fran-
cia fu priva del divin servigio, on-
de lo sdegno del re scoppiò con
furore contro tutto il chiericato; né
meglio fu trattata Ingelburga che
dal monastero ove viveva alle ora-
zioni e alle opere di pietà, venne
tratta in dura prigione nella roc-
ca di Etampes. Accecato dalla rab-
bia, Filippo Augusto oppresse il po-
polo con esorbitanti imposizioni ,
dandone in appalto la riscossione
agli ebrei. I baroni quindi si ar-
marono, e i servitori del re non
vollero più servirlo e lo fuggivano
come un uomo a cui l'Onnipo-
tente avea levato la grazia sua. Non-
dimeno Innocenzo III ancor non
avea posto in opera il castigo più.
rigoroso, quello di scomunicare il
re ed Agnese in persona, ciò che il re
assai temeva, per cui giunse ad escla-
mare: » Fortunato il Saladino che
non ha Papi "! Filippo Augusto
non seppe più a lungo resistere, e
mandò alcuni preti e cavalieri al
Papa, ma inutilmente ; gli conven-
ne lasciar la donna ch'egli amava
con tutto il cuore, eh' egli nomi-
nò fin anco io mezzo alle agonie
della morte, e ripigliar colei per
la quale provava uu' insuperabile
avversione. Convocò i prelati e si-
gnori del regno per deliberare con
essi, il re domandò loro che cosa
INN i43
ei far dovesse, e n'ebbe in rispo-
sta : » Obbedire al santo Padre,
allontanare Agnese, e ripigliare In-
gelburga ". Il re mandò a Roma
un'altra ambasceria, pregando istan-
temente la remozione dell'interdet-
to, ed esame delle sue obbiezioni;
Agnese vi unì le sue suppliche,
mostrò i figli suoi, protestando non
essere sedotta dallo splendore della
corona, ma si di cuore affezionata
a Filippo. Il Papa rimase inflessi-
bile, siccome ligio al proprio do-
vere, né prieghi o minacce vale-
vano a smuoverlo. Questa è la
sacerdotale fermezza the mantenne
l'autorità del cristianesimo in oc-
cidente, che confermò la salutare
dominazione universale della san-
ta Sede, e collocò dessa sopra i
troni dei re, unicamente per la
vittoriosa potenza d'un supremo
pensiero comune ai più magnani-
mi sommi Pontefici.
Filippo si sottomise, onde Inno-
cenzo III inviò per legato il suo
cugino e confidente cardinal Otta-
viano Conti vescovo d'Ostia, già
conosciuto in Francia, e che van-
tava parentela col re. Il Papa esi-
gette risarcimento dei danni al cle-
ro, esilio dal reame della concubi-
na, e solenne reintegrazione della
regina, con giuramento del re che
non sarebbesi più da lei separato
senza un giudizio della Chiesa. Il
cardinal Giovanni Colonna ebbe
commissione d'accompagnar il le-
gato e di coadiuvarlo. Il loro in-
gresso in Francia per le dimostra-
zioni del popolo fu trionfante, ed
il re per guadagnarli li accolse a
Sens con tutti i segni di riveren-
za e d'affetto, promettendo colle
lagrime agli occhi di sottomettersi
agli ordini del santo Padre; rico-
nobbe non senza ripugnanza In-
244 INN
gelburga per sua sposa e regina
di Francia, e come tale un cava-
liere giurò in suo nome l'avrebbe
trattata. Cosi terminò il lugubre
e funesto interdetto, cui successe il
giubilo universale e la consolazio-
ne de'prelati pel ristabilito culto.
Il re inoltre acconsenti separarsi
da Agnese, e non potendo farla
partire dal regno, essendo prossima
al parto, la mandò nell'ameno ca-
stello di Poissy; ma né prieghi,
né persuasioni poterono indurlo a
vivere con Ingelburga da marito,
che anzi persistette nella sua do-
manda di divorzio, allegando il
vicino grado della parentela. Il
legato dunque assegnò uno spazio
di sei mesi, sei giorni e sei ore
per giudicar la causa a Soissons,
dandone notizia al re di Danimar-
ca fratello d' Ingelburga e all'arci-
vescovo di Lund, affinchè potesse-
ro mandare i difensori della regi-
na. Pentito il re di quanto avea
fatto per quietare il male umore
del popolo, fece ricondurre Ingel-
burga ad Etampes, ma trattata con
onori regi, e poco dopo con molta
sorveglianza e pochi riguardi. La
regina se ne dolse col Papa, la-
gnandosi pure del legato troppo
condiscendente al re, coll'aver per-
messo nella formola per la quale
Filippo obbligavasi a ripigliarla
quale sposa o regina, le parole, per
sette mesi, e di aver intromesso
nel giuramento la clausola di non
abbandonarla senza un giudizio del-
la Chiesa. Innocenzo III ne rima-
se sbalordito, le promise assisten-
za, e l'esortò ad orare e confidare
in Dio, invitandola a far assumere
al fratello la difesa, provando la
falsità dell'addotta parentela ; non
avendo potuto ributtar la doman-
da del re, perchè l'affare sia de-
INN
ciso in punto di diritto, ciò che pur
scrisse al re di Danimarca eccitan-
dolo a patrocinar la sorella. Il Pa-
pa ripigliò il legato pel suo pro-
cedere biasimato da molti, invi-
tandolo a fare rimostranze perchè
la regina fosse trattata meglio e
dal re da marito, ed a questi scris-
se con pari zelo ed energia; indi
punì quei prelati che non aveva-
no osservato l' interdetto. Il lega-
to avea pure l'incarico d'indurre
alla pace la Francia e l'Inghilter-
ra per muoverle ad una crociata,
ma dessa al suo arrivo era stata
conchiusa con dispiacere del Papa,
perchè il re inglese erasi obbliga-
to negar soccorsi al nipote Ot-
tone IV. Essendosi il cardinal le-
gato di proposito applicato alla
guerra di Terra Santa, Baldovino
IX conte di Fiandra prese la cro-
ce siccome divoto alla Chiesa, e
fu imitato dalla nobiltà fiammin-
ga, da molti signori francesi ed
inglesi. Innocenzo III vedendo fi-
nalmente appressarsi l' istante del-
l'effettuazione de'suoi desideri! più
cari, scrisse lettere in tutte le par-
ti, onde infiammare gli animi ad
accrescere il numero de'combatten-
ti, col premio della remissione del-
le penitenze dovute ai loro pecca-
ti, anche a quelli che senza parti-
re vi contribuivano secondo le pro-
prie forze.
Nel 1201 il conte Gualtieri di
Brienna, coll'esercito condotto da
Francia e gli aiuti ricevuti dal
Papa, si portò in Sicilia a ricupe-
rare le signorie di ragione della
moglie, ove Marcovaldo e il can-
celliere eransi divisa l'autorità e
tutto il potere, quando avvedutisi
dei reciproci inganni divennero fie-
ri nemici ; e Gualtieri quanto co-
raggioso altrettanto prudente, s'im-
INN
padroni di quasi tu Ito il princi-
pato di Taranto. Per le iniquità
sue il cancelliere fu «comunicato
e privato delle chiese di Troia e
Palermo, e d'ogni autorità nel re-
gno. Scrisse quindi Innocenzo III
lettere encicliche ai vescovi e prin-
cipi secolari di Germania, lagnan-
dosi del lungo temporeggiare sul
grave affare dell'impero; e con una
lettera riconobbe Ottone IV per
re de' romani, ordinando che gli
fossero resi gli onori e l'obbedienza
a un re dovuti. Adempito poi che
egli abbia quanto il dovere co-
manda, riceverà dalle sue mani
la corona del sacro romano impe-
ro, ed insieme la dignità suprema
di principe temporale. A molti prin-
cipi tedeschi particolarmente scrisse
il Pontefice perchè favorissero Ot-
tone IV, promettendo riconoscenza
e rigore secondo il contegno che
avrebbero tenuto ; a quelli che a-
veano abbandonato Filippo testifi-
cò la sua soddisfazione. Inoltre in-
vitò tutti i prelati di Germania
a sottomettersi con umiltà e buon
animo agli ordini del cardinal le-
gato per accomodar le cose; e pro-
curò ancora guadagnare ad Otto-
ne IV lo stesso re di Francia e
quello d'Inghilterra. Giunto il car-
dinal Guido col suo compagno in
Germania, ed unitosi loro il car-
dinal Ottaviano, in Aquisgrana fu-
rono ricevuti con gioia da Ottone
IV, il quale a Neusz alla loro pre-
senza fece un solenne giuramento
in difesa del Papa e della santa
Sede, e loro diritti e dominii. Sol-
lecitato il cardinal Guido dagli a-
derenti del re a non differir piò
oltre la sua missione, congregò i
principi astanti in Colonia, e pre-
sentando loro la lettera del santo
Padre, con la quale valida dichia-
INN *45
rava l'elezione d'Ottone IV, pro-
clamò pubblicamente a nome di
Innocenzo III, Ottone IV re dei
romani e sempre augusto, minac-
ciando di scomunica chiunque a
lui si opponesse ; i principi presen-
ti, aderenti del re, ringraziarono
Dio e il Pontefice mandando gri-
da di gioia. Accorgendosi il legato
che la podestà del re posava sopra
mal ferme fondamenta, rinnovò la
medesima solennità nell'adunanza
di Corbey. Portatisi poscia i lega-
ti a Maestricht, alla presenza d'una
moltitudine di principi e signori
confermarono lo sposalizio tra Ot-
tone IV e la figlia del duca di
Brabante, pubblicando la dispensa
pontificia. Tutti giurarono ricono-
scerlo, e il duca adottò per figliuo-
lo il genero ed invitò a seguirlo
con tutte le forze chi volesse esse-
re suo amico e parente, onde i
conti di Loo e di Gueldria ab-
bandonarono Filippo. I legati pas-
sati a Bringen, ivi il cardinal Gui-
do convocò i principi per la terza
ed ultima volta, con pena di sos-
pensione e di scomunica a chi non
interveniva, ed ivi pure proclamò
Ottone IV re de' romani. Questi
fece conoscere al Papa la sua im-
mensa gratitudine per la pruden-
za ed alacrità usate dal cardinale
Guido.
Filippo pubblicamente si laguò
del Papa, averlo contrario perchè
non gli domandò liceuza di regnare,
e che sarebbe finita la libertà ger-
manica se un imperatore non po-
tesse essere eletto senza il pontifi-
cio consenso. Scomunicati ch'ebbe il
cardinal Guido i di lui partigiani,
questi in gran numero e potentissimi,
in Bamberga protestarono contro le
pretensioni di Roma, e indirizzaro-
no gravissime rimostranze al Pon«
246 INN
tefice contro Y operato del cardi-
nal Guido, che avea fatto da elet-
tore e da giudice dell' elezione
del capo dell' impero ; aver essi
eletto unanimamente Filippo re dei
romani sempre augusto, promet-
tere per lui obbedienza a Dio e
alla santa Sede di cui sarà valo-
roso difensore, ed a cui non gli
avrebbe a suo tempo negato la
grazia della sacra unzione. In vece
Innocenzo III ricolmò d' elogi il
cardinal legato e i suoi compagni,
confortandolo a collegar sempre più
strettamente i partigiani ad Otto-
ne IV. Per chiuder poi la bocca
a coloro i quali si immaginavano
che il Papa volesse far forza alla
loro libertà di suffragio, ripetè che
la santa Sede nuli' altro più desi-
derava che di veder appunto que-
sta libertà sciolta da ogni impedi-
mento ed intrigo. E in fatti il Pa-
pa non elesse già, ma solo conces-
se la preferenza a colui che fu
eletto dalla maggioranza, e legitti-
mamente coronato ; perchè la san-
ta Sede ha obbligo di dar la co-
rona imperiale a quello eh' ebbe le-
gittimamente la corona reale, e solo
rifiutò un principe che voleva ren-
dere la corona ereditaria. Poscia s'a-
doperò Innocenzo III a raffermar
Y indole irresoluta d' Ottone IV ;
scrisse lettere gratulatorie ai prin-
cipi ecclesiastici e secolari che 1' a-
ìutavano, e con termini risentiti a
diversi prelati contrari al re, invi-
tandoli a sostenerlo senza aver ri-
guardo al giuramento prestato a
Filippo. Non andò guari che il
re a" Inghilterra portandosi in Pa-
rigi, Filippo Augusto, che non sa-
peva distaccarsi da Filippo di Sve-
zia, 1' indusse a promettergli di
non dar soccorsi al nipote. La con-
cordia tra i due re ebbe corta du-
INN
rata, per avere il primo rapito Isa-
bella ereditiera d' Angouléme. Quan-
to alle dispute sul matrimonio del
re di Francia, moltissime persone
si raccolsero in Poissons, oltre \\
cardinal Ottaviano, il re, la regi-
na, i vescovi, e ragguardevoli per-
sonaggi mandati da Canuto VI
re di Danimarca per difender la
causa della sorella. Aperto il con-
cilio, il re domandò lo scioglimento
del suo matrimonio, per causa di
prossimità nel grado di parentela.
Gli avvocati danesi risposero a fa-
vore della regina, ed appellarono
al Papa non avendo fiducia nel
cardinale cugino del re. Soprag-
giunto a Soissons il cardinal Gio-
vanni Colonna, si ricominciarono le
dispute : dieci vescovi e molti più
abbati parlarono a favore d' In-
gelburga, e gli avvocati del re con
fiorita eloquenza e ragioni sottilis-
sime. Erano passate più settimane
in prove e disputazioni, quando
un ignoto chierichetto uscì dalla
moltitudine, e chiese modestamen-
te licenza di parlare. Il re gliela
concesse, ed egli destò 1' ammira-
zione di tutti con un improvvisato
e caldo discorso pieno di dottrina
e di chiarezza, nel quale si fece a
difendere 1' innocenza oppressa, e
fu riguardalo come un inviato dal
cielo, perchè i diritti della dere-
litta principessa si tenevano per
perduti a fronte della forza. Quan-
do il cardinal Giovanni era per
pronunziar la sentenza, Filippo
Augusto forse trapelandola contra-
ria, con gran stupore di tutti di-
chiarò essere pronto a riconoscere
Ingelburga per propria sposa, ed
acconsentire a non più separarsi
da lei. Indi a cavallo si portò a
prenderla dove dimorava, e la pre-
se in groppa dietro a sé, affinchè
INN
ognuno fosse testimonio della ri-
conciliazione, ed uscì dalla città
senza prender commiato da nessu-
no. Il concilio si sciolse, il cardinal
Giovanni partì, restò il cardinal
Ottaviano, ed allora il re fece di
nuovo chiudere la regina nell' an-
tico castello. Agnese di Merania
morì, il re la fece seppellire a
Mantes nella chiesa di s. Corenzio,
ed onorò la sua memoria colla
fondazione d' un' abbazia per cen-
toventi monache: a sue istanze il
Papa legittimò i loro figli Filippo
e Maria con breve dato da Ana-
gni, con la clausola che tal con-
cessione nulla innoverebbe quanto
alla già sentenziata nullità del ma-
trimonio.
Mentre la possente repubblica
di Venezia trovavasi piena di ri-
sentimento alle ingiurie fatte dal-
l' impero greco , e n' era doge
Enrico Dandolo, quanto celebre
per gloriose azioni, altrettanto im-
placabile nemico de' greci, per es-
sere stato orbato dall' imperatore
essendo ambasciatore a Costantino-
poli, giunsero a Venezia i depu-
tati de' crociati francesi. Questi
domandarono ai veneti aiuti pel
conquisto di Gerusalemme, e Y ot-
tennero, associandosi pure a loro
nella sacra guerra. Fu invocato
1' assenso d' Innocenzo III, che lo
die tutto contento ; ma quasi aves-
se preveduto gli eccessi che acca-
der dovevano, raccomandò ai ero»
ciati francesi e veneti di non fare
nella spedizione alcun danno ai
popoli cristiani, e se trovassero op-
posizioni nulla facessero senza il
consiglio del legato, condizione che
i veneti non accettarono. In Sois-
sons venne eletto in capo supre-
mo della crociata Bonifazio mar-
chese di Monferrato, personaggio
INN 247
di grandissima riputazione, parente
dell' imperatore greco, onde si fe-
cero a lui compagni altri grandi
signori. Presso il marchese suo cu-
gino erasi ricoverato Alessio figlio
dell' imperatore Isacco II, balzato
dal trono di Costantinopoli da A-
lessio III suo zio. Essendo il prin-
cipe bizantino cognato di Filippo
di Svevia, questi lo raccomandò a
Bonifazio per procurare coli' aiuto
de' crociati di collocarlo sul trono
come legittimo erede. Quando pe-
rò il marchese si condusse in Ro-
ma parlò di Alessio al Papa, ma
questi non sembrò favorevole, vo-
lendo egli, come i suoi predecesso-
ri, che la crociata fosse in tutta
la purezza sua, e unicamente per
la liberazione del santo Sepolcro.
Frattanto Innocenzo III, ad onta
della piena autorità che la sua
parola esercitava sopra tutte le co-
se della cristianità, non potè come
principe temporale godere di sta-
bile quiete nella città sua capitale ;
tanto da far credere che mentre la
cristianità tutta lo venerava qual
capo spirituale, Roma altro in lui
non vedesse che un capo tempo-
rale, la cui potestà tanto avea di
fiacchezza più nel centro da cui
operava, quanto avea più, di forza
e di riputazione al di fuori. Non
solo con Y equità e con fermo ca-
rattere procurò farsi stimare dal
popolo e dai nobili, ma cercò di
guadagnarli colle paterne sue cu-
re e beneficenze. Nella primavera
del 1202 sovrastando a Roma per
la carestia la fame, egli tosto ac-
corse da Anagni, ove si trovava, alla
metropoli, e invigilò perchè i bi-
sognosi fossero provveduti. A colo-
ro che si vergognavano di mendi-
care, ogni settimana fece giungere
segrete limosino ; ai mendicanti poi,
248 INN
che sommavano ad ottomila, fece
ogni giorno distribuire pane, altri
nutrendone negli ospizi de' poveri,
spendendo grossissime somme in
beneficenze; ed eccitò a fare al-
trettanto gli altri, onde il popolo
fu salvato dalla fame. Ma se que-
ste opere cattivavano ad Innocen-
zo III 1' amore de' romani , non
riuscivano a frenar le inclinazioni
di coloro che nelle civili discordie
si confidavano di poter soddisfare
la loro ambizione e le loro priva-
te e ree passioni. I nemici della
pubblica quiete non tralasciarono
di profittar d' ogni circostanza per
sollevar il popolo, e vi voleva lat-
ta la persuasiva eloquenza del Pon-
tefice perchè non si levasse a ru-
more, e gli riuscì di conchiudere
un accordo tra' magistrati di Ro-
ma e i viterbesi, i quali obbliga-
ronsi a restituire alla basilica va-
ticana le porte di bronzo, e gli
atlanti di egual materia che soste-
nevano la pila dell' acqua santa,
da loro tolti a tempo di Federico
I. Quindi i nipoti di Celestino III
della casa Orsini, che si erano ar-
ricchiti coi beni della Chiesa, in-
sorsero contro gli Scotti, famiglia
da cui discendeva la madre del
Papa. Neil' ardore dell' estate es-
sendo passato Innocenzo III a Su-
biaco ed a Velletri, i suoi nemici
profittandone calarono d' improvvi-
so su Romano Scotti e sui figli
di Giovanni Oddo cugini del Pa-
pa, e li cacciarono con tutti i loro
famigliari. Frettolosamente ritornò
in Roma il Papa e costrinse gli
Orsini alla pace. Il senatore Pan-
dolfo della Suburra, benché aderis-
se alle parti d' Innocenzo III, in
virtù di sua giurisdizione obbligò
le parti a giurare obbedienza pure
a' suoi decreti, prese in consegua
INN
le loro torri e poi li fece uscire
di città, facendo abbattere la tor-
re degli Orsini. Questi profittando
dell' uccisione di Tebaldo degli Od-
di suocero di Romano, tornarono
in Roma e sollevando il popolo
s' impadronirono delle torri de' lo-
ro avversari già occupate dal se-
natore, e le raserò al suolo. Que-
sto avvenimento fece ripullulare gli
antichi germi della discordia, e
perchè nel bollore delle passioni
facilmente si perde la memoria dei
benefizi, i romani si fecero subor-
nare dai nemici del Papa.
Continuando Gualtieri i suoi bril-
lanti successi, volendo Innocenzo
III testimoniargli il favor suo, man-
dò in Puglia Jacopo maresciallo
suo zio e gli elesse ambedue reggi-
tori di questa provincia e della
Terra di Lavoro; poscia destinò
Gualtieri a passare in Sicilia per
raffrenare Marcovaldo che se n'e-
ra reso padrone, come del palaz-
zo reale e di Federico II, di cui
forse se ne sarebbe disfatto per i-
sgombrarsi la via al trono, qualora
non lo avesse trattenuto il timore
di vedervi ascendere Gualtieri. Po-
co dopo Marcovaldo morì, ed In-
nocenzo III raddoppiò le cure in
vantaggio del regno e del pupillo,
che destinò sposare ad una figlia
del re d'Aragona. Dalla Germania
il cardinal Guido mandò il suo
compagno ad informare il Papa
del risultato di sue pratiche, men-
tre i principi aderenti a Filippo
spedirono pure inviati a Roma,
accolti benignamente e favoriti con
grazie da Innocenzo III, volendo
così mostrare che egli sapeva se-
parare gli uomini dalle cose. Ri-
spose ad essi che oppugnavano non
dover il legato far le parti di elet-
tore, né pronunziar sentenza in
INN
assenza delle parti, che dovevano
ammettere risiedere nel Papa l'au-
torità di esaminar qual sia la per-
sona promossa alla dignità impe-
riale, poiché dalle mani pontificie
dovea ricevere l'unzione e la coro-
na. » Supponiamo che i principi
non fossero stati discordi, ma sì
tutti unanimi ad eleggere uno spo-
gliatore dei beni della Chiesa, uno
scomunicato, un tiranno, un for-
sennato, un eretico, un pagano, po-
tremmo noi essere costretti a con-
sacrale e incoronare un re di que-
sta fatta? No certamente. Il legato
aver solo fatto gli uffizi di relato-
re, e che le prerogative de' princi-
pi si ridurrebl>ero al niente se
l'impero fosse fatto di ragione e-
reditaria. Esortare i principi, senza
lasciarsi trattenere dal giuramento
prestato, ad abbracciar la parte di
Ottone IV , e in contraccambio
noi vi concederemo la nostra be-
nevolenza ". Quindi diverse esor-
tazioni ragionate fece al re di
Francia, per convincerlo essergli
utile dichiararsi per Ottone IV.
Le contrarietà che Innocenzo III
incontrava altro non facevano che
renderlo più fermo e irremovibile
ne' suoi proponimenti : questa fu
sempre la qualità de'grandi uomi-
ni. Il legato tra i due eletti alla
sede di Magonza, preferì Sigefredo
che recossi in Roma a prendere il
pallio, guadagnandosi l'affezione del
Papa per le sue qualità ; mentre
le pratiche del legato a favor di
Ottone IV coi vescovi di Germa-
nia andarono fallite, non cedendo
ne alle care7ze né alle minacce,
e molti manifestarono scopertamen-
te la loro simpatia per Filippo.
Innocenzo HI non lasciò impuni-
ti i disprezzi e gì' insulti de' vesco-
vi, che per la propria condizione
erano i naturali difensori della
Sede apostolica, dovendo per essa
anco esporsi a pericoli e persecu-
zioni. In questo tempo Corrado
vescovo di Virzburgo fu ucciso
per vendetta ; e Giovanni re d'In-
ghilterra con Canuto VI re di
Danimarca dichiararono per Ot-
tone IV.
Mentre l'Inghilterra, per colpa
del re assassino del nipote Arturo,
era in preda ora agli assalti de'nemici
ed ora alle perturbazioni interne,
la Scozia godendo di sufficiente
quiete, il pio re Guglielmo fece
prestare omaggio ad Alessandro II
suo figlio, cui il Papa mandò un
legato con donativi. A questo tem-
po furono coronate dall'esito desi-
derato le pratiche d'Innocenzo III
con Caloianni principe de'bulgari
e de'vallachi, il quale domandò al
Papa la reale corona, come i suoi
predecessori aveano ricevuto dalla
Chiesa romana, alla quale dichia-
rava la sua obbedienza, onde In-
nocenzo III gli spedì un legato
col pallio per l'arcivescovo. Poco
dopo ricevette il Pontefice nuove
dichiarazioni di Leone re d'Arme-
nia di divozione alla santa Sede,
e concesse all'arcivescovo di Sis suo
cancelliere il pallio che avea do-
mandato a mezzo d' un legato.
Sempre più crescendo in occidente
ardore per la crociata, il Papa
nominò a ledati della medesima
il cardinal Soffredo o sia Goffredo
Gaetani che dal titolo di s. Pri-
sca era passato a quello di s. Pras-
sede, ed il cardinal Pietro del titolo
di s. Marcello con corrispondente
autorità, esortandoli a preceder l'e-
sercito del Signore ed a mantenere
la concordia e la pace. Una gran
parte dell'Europa era di nuovo ani-
mata da quello spirito che accoppiar
25o INN
sapeva la guerra al pellegrinaggio, le
opere della spada con quelle della
fede. Né era solo il capo della Chie-
sa ad incuorar i crociati coll'aprir
loro i tesori della Chiesa, ma an-
che i re gl'incoraggivano francan-
doli di molti aggravi, provveden-
doli altresì gli abitanti de' luoghi
per dove passavano. Baldovino IX
conte di Fiandra, dato sesto agli
affari come avesse dovuto morire,
fatte generose disposizioni pie, si
mosse per la crociata, e fece sal-
pare dai porti de* Paesi Bassi una
flotta di sessantasei legni riccamen-
te equipaggiati, e coi più valorosi
vassalli e cavalieri. Raccolti i cro-
ciati a Venezia si trovarono im-
potenti di pagar tutte le somme
convenute, ad onta delle ulteriori
somministrazioni de' loro capi; e
giunse il doge a dir in consiglio
non dover la repubblica ritenerli
più oltre, come non era tenuta re-
stituire il ricevuto. Tultavolta si
convenne che in luogo di trenta-
cinquemila marchi che doveano i
crociati , questi avrebbero coope-
rato coi veneti alla ricupera di Za-
ra loro tolta dal re d'Ungheria.
Il doge Dandolo prese la croce ed
una moltitudine di veneti ne se-
guirono l' esempio. Dispiacque al
Papa che i veneziani profittando
de'crociati volessero dare altro in-
dirizzo alla spedizione, e mandò
il cardinal Pietro a Venezia onde
affrettar la partenza della flotta
per Alessandria, e disforia dall'im-
presa contro Zara, e d'assaltare gli
stati d'un re il cui popolo avea preso
la croce. Essendo stato il cardinale
legato freddamente accolto, non ri-
conosciuto per legato, e venendo in
cognizione che i crociati aveano deli-
berato riporre sul trono di Costanti-
nopoli il principe Alessio, il car-
INN
dinaie lasciò Venezia. Ne miglior
frutto produssero le lettere ponti-
ficie ; se non che temendo i veneti
che alcuni per non disobbedire al
Papa si decidessero di ritirarsi, sciol-
sero le vele alla flotta composta
di quattrocento legni. Ad onta
dell'energiche proteste di Guido
abbate di Val di Cernay, che in
nome del Papa proibì di assalir
Zara abitata da gente cristiana; ad
onta che gli assediati ponessero
alle mura della città le immagini
del Crocefisso, e che il Pontefice
minacciasse la scomunica, i venezia-
ni la presero, e quei francesi che
vi si prestarono ne dimostrarono
poco buon volere. Intanto Alessio
fece magnifiche promesse ai cro-
ciati perchè lo riponessero sul tro-
no, offrendosi poi di unirsi a loro
per la sacra guerra ; ritornare
l'impero d'oriente sotto l'obbe-
dienza della santa Sede, e pagare
ai crociati duecentomila marchi.
Tultavolta l'abbate Pietro tornò ad
alzar la voce, alcuni crociati si riti-
rarono," altri si diressero per la Pa-
lestina.
Correndo l'anno i2o3 Roma
era pur sempre minacciata da un
fuoco coperto; i nemici della fa-
miglia d' Innocenzo III meditavano
continuamente congiure, quando gli
sponsali della figliuola d'Oddo da
Poli con un nipote del Papa, fi-
glio di Riccardo suo fratello, ne
porse loro il pretesto. Oddo nel
pontificato di Adriano IV avea
preso per sé e discendenti dalla
Chiesa romana in feudo Poli ed al-
tri luoghi; ma poi essendo stata
mossa lite contro di essi innanzi
al senatore, il Papa l'avocò al suo
tribunale perchè trattavasi d'un
feudo della santa Sede, tanto più
che Riccardo avea spento i molti
debiti su quelle terre e poco frut-
to ne ritraeva. Benché Innocenzo
III voleva che si procedesse impar-
zialmente, nel martedì dopo Pasqua
insorse una sollevazione, insultando-
lo mentre secondo la consuetudine
vestito degli ornamenti pontificali
attraversava la città; ma egli pro-
segui tranquillo ed impavido il suo
cammino, come nulla fosse, sicuro
nella propria coscienza. Né di ciò
contenti gli avversari, portatisi in
Campidoglio cederono formalmen-
te que'dominii ch'erano feudi del-
la Sede apostolica, al senato e po-
polo romano; e perchè il senatore
riconobbe i diritti della Chiesa
quando il Papa ne ordinò la di-
fesa, venne assediato il suo palaz-
zo in Campidoglio. Disgustato In-
nocenzo III dalle calunnie ed ira
del popolo, negli ultimi giorni di
aprile lasciò Roma per ridursi a
Palestrina e poi a Ferentino ove
era solito passare l'estate. Alla me-
tà di settembre passò ad Anagni e
per la malattia grave che ivi lo
colse dimorò colà tutto l'inverno ,
e solo fece ritorno in Roma nei
primi di marzo dell'anno seguente,
senza che gli affari patissero inter-
ruzione. In mezzo a tante occupa-
zioni e burrascosi tempi egli ter-
minò la spiegazione de' sette salmi
penitenziali , piena di religiose bel-
lezze e di profonda cognizione delle
sacre scritture. La malattia del Pa-
pa pregiudicò le cose di Sicilia e
di Puglia, profittandone i nemici
della santa Sede con parecchie ri-
bellioni. Intanto la prudente e fer-
ma condotta del cardinal Guido
procurò ad Ottone IV la benevo-
lenza di vàri principi, onde meritò
le congratulazioni del Pontefice; ma
in pari tempo rampognò i vescovi
di disobbedietiza e spergiuro. 1 car-
INN 25i
d'inali resero ai principi testimonian-
za del loro perfetto accordo col
Papa, ch'egli ama come fratelli e
eh' essi onorano come padre ; la
Chiesa romana non lasciarsi mai
trasportare da cieca passione, es-
sere tutti gli atti suoi guidati dalla
ragione. In generale Innocenzo III
non lasciò sfuggir occasione di gra-
tificare i principi della parte di Ot-
tone IV; non potè però in niun
modo indurre gli altri a ricono-
scerlo qual re de' romani. Mentre
questi ordinava le cose di sua fa-
miglia con dividere il paterno re-
taggio, Filippo si preparò alla pu-
gna per decidere della validità di
sua elezione. Non mancò Ottone
d' insignorirsi di varie castella , e
coronò il re dì Boemia tenendosi
illegale la coronazione che di lui
avea fatto Filippo. Non restando
Innocenzo III inoperoso, pel com-
pimento de'suoi due gran disegni ,
la pacificazione dell'impero e la
sacra guerra, procurò guadagnar ad
Ottone IV l'antica Lombardia for-
mante parte dell'impero; indi di-
chiarò falso quanto Filippo anda-
va spargendo in Germania per dis-
togliere i principi dal suo emulo,
cioè che il Papa per mezzo di Mar-
tino priore de' camaldolesi gli avea
offerto la corona imperiale, sicco-
me personaggio di cui spesso si gio-
vò in affari ecclesiastici; solo aver il
provvido ed onesto priore procu-
rato il ritorno di Filippo al grem-
bo della Chiesa, essendo incompa-
tibile seguir due sentieri ad un
tratto.
Continuava Innocenzo III a sos-
tenere con lealtà e fermezza con-
tro i tiranneschi capricci del ma-
rito la misera Ingelburga, che o-
gni giorno cresceva presso tutti in
istima per l' esemplare sua vita ,
2*2 INN
mentre il re, senza voler sapere
uè di processo , né di sentenza ,
instava pel divorzio, che il Papa
non poteva concedere se prima
non era giustificato con sufficienti
motivi. L' ira di Filippo Augusto
contro l'innocente oggetto della sua
avversione aumentandosi in pro-
porzione degli ostacoli , volle che
fosse oltraggiata con calunnie, gl'in-
terdisse il confessarsi , e di udir
solo qualche rara volta la messa ,
per non dire di altre durissime
privazioni. Ciò non pertanto ella
faceva giungere le sue commoven-
ti e patetiche doglianze all' unico
suo protettore e benefattore il Vi-
cario di Gesù Cristo, e di essere
piti infelice racchiusa nel palazzo
reale, che prima non era nel chio-
stro ove coi conforti della religio-
ne le monache ne mitigavano colla
loro compagnia le sue pene. Il Pa-
pa fece rinnovare al barbaro mo-
narca le sue più vive ammonizio-
ni per l'abbate di Casamare, a lui
inviato con due altri abbati per
altre cose ; ed a vantaggio della
crociata consigliare una tregua col
re inglese, cui aveagli invaso la
Normandia per l'uccisione dell'in-
felice Arturo. Troppa era l' irrita-
zione di Filippo Augusto per ce-
dere alle rimostranze de' legati, che
non poterono distorlo dal suo pro-
posito, e dichiarò non essere ob-
bligato render conto al Papa di
quanto riferivasi ai feudi e vassalli
suoi , non essere di giurisdizione
del Papa le contese fra' re. Ma al-
lora Innocenzo III da Anagni scris-
se una lettera a Filippo per illu-
minarlo sulla fatta dichiarazione ,
con cui intendeva di restringere
la giurisdizione della santa Sede;
non pretendere conoscere i diritti
signorili, ma sì il peccato per ca-
INN
stigarlo; e che se vana riuscirà la
materna dolcezza, essere costretto
per dovere del ministero di ricor-
rere al paterno rigore. Come di-
fensor della pace, scrisse pure al
re Giovanni per indurlo a questa,
od almeno a tregua, poiché i li-
miti dell'impero divino tutto ab-
braccia quanto é sopra la terra;
essere suo dovere l'impedir lo spar-
gimento di sangue, e mantener la
concordia tra due monarchi, la cui
possanza contribuir deve in modo
efficace alla liberazione di Terra
Santa. Morendo Suero re di Nor-
vegia ringraziò Dio d'averlo illu-
minato sul mal fatto, e raccoman-
dò al figlio di pacificarsi co' ve-
scovi esiliati, onde l'arcivescovo di
Drontheim levò la scomunica ful-
minata già contro il re ed i suoi
consiglieri, ma fu rimproverato da
Innocenzo III perchè mancante d'au-
torità.
I crociati passando l'inverno a
Zara, il Papa diresse una lettera
a tutto l' esercito , dicendogli aver
offerto le primizie del suo pelle-
grinaggio al demonio, e conculcata
l'autorità della santa Sede che avea
dato precisi comandi ; invitarlo a
restituir il bottino , altrimenti di-
chiararlo capace della meritata sco-
munica, e decaduto da tutti i me-
riti della crociata. I capitani fran-
cesi riconoscendo il loro fallo, in-
viarono a Roma il pio , eloquente
e dotto maestro Giovanni di No-
yon vescovo di Soissons, in com-
pagnia di due cavalieri, a scusarsi
col Papa della forzata lega co' ve-
neziani, ed a chiedere l' assoluzio-
ne, assicurandolo che in avvenire
obbedirebbero prontamente a' suoi
ordini. Ottenutasi da essi, non sen-
za difficoltà, l'udienza da Innocen-
zo III, questi manifestò loro il prò-
INN
prio risentimento per gli avveni-
menti di Zara; poi in una nuova
lettera ai conti , baroni ed altri
crociati, dove neppur li degna del-
l'apostolico saluto , ripetè i rim-
proveri, manifestando tuttavia con-
tentezza pel ravvedimento loro, e
che la necessità poteva scusameli;
dover restituire il bottino, e giu-
rare al cardinal Pietro che d' ora
innanzi avrebbero obbedito agli or-
dini pontifìcii, e solo a tali condi-
zioni potranno essere ribenedetti ,
non dovendo più assalir alcun pae-
se cristiano , e chiedere perdono
dell'ingiuria fattagli al re d'Un-
gheria. Grande fu la gioia de' cro-
ciati , quando al tornar de' loro
inviati conobbero 1' indulgenza del
Papa, e tosto aflrettaronsi a man-
dargli la chiesta dichiarazione ; soli
i veneziani non vollero saperne
nulla, onde il marchese di Monfer-
rato temendo che se n'andassero
colla flotta, non mostrò loro la let-
tera pontificia, ed Innocenzo III
entrò nelle viste prudenti del sag-
gio marchese, sebbene considerasse
i veneziani scomunicati. Venuto poi
in cognizione del trattato conchiu-
so dai crociati col principe Alessio,
Innocenzo III scrisse al marchese
ed ai conti di Fiandra, di Blois e
di San Polo, avvertendoli che la
crociata andava a macchiarsi di
un grave misfatto; non esser lecito
assaltare 1' impero greco perchè
non riconosceva la Sede apostoli-
ca, o perchè Alessio III avesse cac-
ciato dal trono il fratello Isacco II,
ed esortarli a rinunciar all'impre-
sa, ed a passare a Terra Santa,
proibendo di nuovo sotto pena di
scomunica di assalile o danneggia-
re verun paese cristiano; gli co-
mandò conformarsi ai consigli del
legato, e di comunicar la lettera
INN a53
ai veneziani acciò non abbiano ad
allegare in discolpa la loro igno-
ranza : laonde è falso che il Papa
aderisse segretamente alla spedizio-
ne contro Costantinopoli. Prima che
giungesse a Zara la lettera d' In-
nocenzo III la flotta salpò , ed il
giovane Alessio si uni ai crociati.
La vista di questo principe spoglia-
to per infame tradimento degli sta-
ti e del trono , un sentimento di
compassione, il rinnovamento delle
sue prime promesse, l'odio contro
un popolo in opposizione verso la
Chiesa romana, e conseguentemente
verso Dio ; nei veneziani l'esca del
guadagno e il desiderio di vendi-
carsi, la gola del bottino negli al-
tri ; in quelli che aspiravano ai
tesori spirituali la speranza di ac-
quistar le reliquie de' santi , delle
quali la chiesa greca era indegna,
tutte queste ragioni insieme unite
confermarono i crociati nei loro
disegni di conquista contro Costan-
tinopoli. Via facendo Dorano si ar-
rese subito al giovine Alessio , il
quale colle lagrime agli occhi scon-
giurò i crociati a riconquistare il
paterno impero; ma i crociati con-
siderandone i pericoli o avendo
probabilmente ricevuto le lettere
d'Innocenzo III, si divisero in opi-
nioni; quelli che inclinavano per
la spedizione di Costantinopoli si
posero in ginocchio , protestando
rimanervi finché i loro fratelli d'ar-
mi avessero promesso di non se-
pararsi , e con delle restrizioni i
dissenzienti cedettero per commo-
zione d'animo.
Dopo aver sottomesso 1' isola
d' Andro e la città d' Abido , con
prospera navigazione giunse la flot-
ta alla deliziosa ed imponente vi-
sta di Costantinopoli e delle ec-
celse sue mura ; uè per beu ani-
254 INN
moso ch'ei fosse, nessun dei cro-
ciati potea far di non sentirsi tre-
mar il cuore a una tal vista, pen-
sando all' impresa temeraria che
un pugno di gente dovesse tentar
d' impadronirsi d' una simile citlà.
Il doge autorevole per la pratica
che avea de' luoghi e per l' espe-
rienza sua, consigliò somma circo-
spezione, e del modo di regolarsi,
sapendo ormai i greci con qual
disegno venivano i latini, sebbene
non avessero fatto provvedimento
alcuno per la loro sicurtà. L'im-
peratore Alessio III in preda alle
delizie delia mensa, con grandissi-
mo disprezzo parlava dell' armata
latina, e rideva del pericolo che
gli sovrastava, solo aizzando l'odio
antico de' greci con dir loro essere
venuti i latini per distruggere il
bizantino impero, e sottomettere il
popolo e il paese al Papa. Inutil-
mente i crociati presentarono presso
le mura di Costantinopoli il gio-
vine Alessio, invitando il popolo a
riconoscere il suo legittimo signo-
re. Conosciuta i crociati la neces-
sità, per mancanza di vettovaglie,
di vincere o morire, si accinsero
all'assalto in sei schiere , tenendo
il mare i veneti colle navi. Senza
difficoltà operarono lo sbarco, dan-
dosi i greci alla fuga ; Baldovino
occupò il campo abbandonalo dal-
l'imperatore, e mentre più il co-
raggio de' latini accendevasi, e più
ne' greci languiva per la strage
sofferta, il porto fu occupato a' 6
luglio. Dopo otto giorni d' assedio
e di accanite battaglie, dopo aver
il doge Dandolo fitta sull'alto d'u-
na torre la veneta insegna dello
stendardo di s. Marco , ad onta
dell'oste greca ben dieci volte più
numerosa, il vile Alessio III fuggi
da Costantinopoli a Dibelto o De-
INN
velto ovvero ad Halicz, ed il po-
polo cavato di prigione Isacco II con
Margherita sua sposa, lo salutò im-
peratore, con gioia de' crociati, che
subito ottennero da lui la sanzione
del trattato conchiuso col figlio A-
lessio, che dal padre fu associato
al trono , e fatto coronare il gior-
no di s. Pietro in Vincoli. Consi-
gliato Alessio figlio d' Isacco II ,
chiamato Alessio IV , dai vescovi
di Soissons, di Alberstad e di Tro-
yes, scrisse ad Innocenzo III, noti-
ficandogli aver i crociati preso a cuo-
re la sventura sua, e avendo Dio
benedetto i loro sforzi era stato suo
padre liberato. L'assicurò della sua
costante divozione, e che la pro-
messa da lui fatta di riconoscere
il Papa vero successore degli apo-
stoli, avea solo indotto i crociati a
prestargli aiuto; e rinnovò il giu-
ramento di esser sommesso, quan-
to lo furono gl'imperatori cattolici
suoi predecessori , chiedendo con-
siglio per condurre ad effetto la
soggezione della Chiesa d' oriente.
Anche i crociati si giustificarono
con Innocenzo III di aver frappo-
sto indugi all' impresa della crocia-
ta, per aiutar Alessio. I veneziani
anch'essi mandarono inviati al car-
dinal Pietro legato , supplicandolo
a levar la scomunica, il quale pre-
ferì meglio imperfettamente ribe-
nedirli che vederli restar sotto l'a-
natema. Quantunque avesse il Pa-
pa veduto la spedizione rivolta
contro la Grecia, continuò a cu-
rare le cose di Terra Santa, facen-
do patriarca di Gerusalemme il
cardinal Soffredo Gaetani, che ri-
cusando fermamente la dignità ,
venne sostituito dal vescovo di Ver-
celli.
I crociati erano sempre deside-
rosi di portarsi iu Terra Santa, ma
INA
l'esecuzione di questo disegno ogni
dì si fece più difficile ; non vole-
vano, massime i veneti, rinunziare
alle ricompense promesse , e bra-
mavano che la sommissione del-
l' impero d'oriente alla Chiesa d'oc-
cidente non si limitasse ad un trat-
tato, ma fosse di fatto eseguita, ad
onta che i greci n'erano avversi ; oltre
a ciò i latini per muovere contro
gl'infedeli avevano più bisogno d'a-
iuti che prima. Ad istanza di A-
lessio IV che trovavasi impotente
di soddisfare al trattalo , e colla
partenza de' crociati correva peri-
colo di perdere il trono, i crociati
dovettero contentarsi di procrasti-
nare alla futura Pasqua la loro
partenza per la Siria ; e per evitar
ogni contesa co' greci uscirono da
Costantinopoli accampandosi nel-
l' opposta riva. Mentre aumenta-
vasi l'odio de' greci pei crociati
che vedevano in ogni modo distinti
dall' imperatore Alessio IV, in Co-
stantinopoli scoppiò un fatale incen-
dio che infuriando otto giorni pro-
dusse immensi danni colla rovina
di un quarto almeno della città.
Avendo avuto origine da una zuffa
tra alcuni fiamminghi, pisani e ve-
neziani contro i saraceni, il popolo
si vendicò sui latini abitanti , che
in numero di ben quindicimila fu-
rono costretti cercar asilo e pro-
tezione al campo de' crociati ; il
perchè essendo Alessio IV co' più
ragguardevoli baroni frauchi per
le piovincie onde soggiogarle, tosto
cessò qualunque pratica fra i greci
e i latini. 11 patriarca, i grandi ed
i cortigiani fecero di tutto per in-
disporre Isacco li e Alessio IV a
danno de' crociati, divenendo que-
st'ultimo da grato, arrogante e sco-
noscente, usando sutterfugi alle ri-
mostranze che i latini gli fecero ;
INN 255
onde per mare e per terra colla
peggio de' greci ricominciò la guer-
ra. 11 male umore del popolo au-
mentò, e se la prese scopertamente
contro i due imperatori padre e fi-
glio, e tentò a suggestione di Mur-
zuffo incendiare la flotta veneta.
Quella del conte Baldovino da Mar-
siglia erasi portata in Siria , ove
per diversi avvenimenti restò di
molto diminuita, e sviata per le
perdite fatte coi saraceni.
Intanto che Innocenzo III pas-
sava l' inverno ad Anagni, avvici-
navasi il tempo in cui doveasi a
Roma rinnovare il senato, per cui
i perturbatori in vece d'uno fece-
ro eleggere cinquantasei senatori ;
ma il senatore uscente, forse Pan-
dolfo di Suburra, consegnò il Cam-
pidoglio agli eletti divoti al Papa,
e tornò in campo la questione dei
beni di Poli, che la plebe con gran
schiamazzo voleva ceduti alla co-
mune, essendo a ciò fomentati dai
sediziosi. I difensori della sovrani-
tà del popolo furono lo stesso in
ogni epoca da per tutto; e il fine
delle rivoluzioni fu sempre il le-
vati di qui, che mi ci voglio met-
tere io. Essendo la città in preda
ai tumulti i buoni gemevano ; va-
rie deputazioni mandate al Papa
perchè ritornasse a Roma, restarono
senza effetto, finché Innocenzo III
cedette ad una più solenne, e nei
primi di marzo 1204 vi fu accolto
con festevoli dimostrazioni, essendo
gli abitanti stanchi de'faziosi. Tut-
tavia successero fatti che riempi-
rono Roma di desolazione e di
spavento ; uccisioni, case atterrate,
incendii ed erezioni di nuove torri
ne furono le conseguenze. Pietro
Annibaldi cognato del Papa, aven-
do fatto costruir una torre per
chiuder gli aditi del Colosseo , i
n56 INN
Frangipani possessori di questo vi
si opposero. La torre de' Conti in-
nalzata da Riccardo co' denari da-
tigli da suo fratello Innocenzo III
per dilèsa della famiglia, venne
inutilmente assalila ; ma la di lui
casa a nome del comune fu occu-
pata, con gravissimi danni degli
amici del Papa. Questi con la sua
clemenza ed intrepidezza restituì
la pace al paese , convenne all' e-
lezione de' cinquantasei senatori, e
ne ricevette il giuramento. Indi
sottrasse Te tracina dai Frangipani,
obbligando gli abitanti a giurar
fede alla Chiesa, facendosi dare il
castello e le fortificazioni che la
difendevano. Fece prendere posses-
so nel Mantovano sulle terre di
Matilde; mandò castellani alle roc-
che di Montefiascone e Camerino;
pose all' interdetto Asisi perchè a-
vea preso a podestà uno scomuni-
cato, e solo lo tolse quando i cit-
tadini lo rimossero e prestarono
giuramento di fedeltà. Avendo Lu-
poldo vescovo di Vormazia, amba-
sciatore di Filippo, fomentato tur-
bolenze nella Marca d'Ancona, spe-
di a questa un legato. Riscattò
quindi molti beni di ragione della
Chiesa, e procurò di far valere le
ragioni di diretto dominio che la
santa Sede avea sulla Sardegna, e
pose un canone annuale sull'isola,
tanto a titolo di podestà spiritua-
le quanto di temporale. Essendo
la Sicilia in preda ai disordini, In-
nocenzo III vi spedì per legato il
cardinal Gregorio di s. Adriano
con plenipotenza, onde prendesse
reggimento dell' isola in qualità di
rappresentante del tutore. Nò la
Germania venne in quest'anno di-
menticata da Innocenzo III con
esortazioni ad Ottone IV ed ai
principi spirituali e temporali del
INN
suo partito, cui concesse nuovi pri-
vilegi, e al re di Boemia confer-
mò il titolo regio , quindi avuto
riguardo all'ampiezza de' suoi stati
gli concesse d' instituirvi una chie-
sa metropolitana. Ma Adolfo arci-
vescovo di Colonia ed altri prin-
cipi passarono a Filippo, insieme
al duca di Brabante, che ad onta
del giuramento fatto non voleva
più dare in isposa sua figlia ad
Ottone IV, per lo che il Papa lo
ammonì seriamente, siccome fece
con Adolfo a mezzo dell' arcivesco-
vo di Magonza.
Filippo Augusto continuava i
suoi trionfi sui possedimenti che
il re Giovanni avea in Francia, ed
il Pontefice non lasciava cure per
pacificarli, ed i vescovi de' paesi
conquistati domandarono a lui istru-
zioni prima di sottomettersi. Aven-
do Berengaria acconsentito alla se-
parazione del suo sposo re di Leo-
ne, e rinunziato alle città assegnate
pel suo vedovile , Innocenzo III
tolse l' interdetto dal regno, dichia-
rando la prole atta a succedere al
trono. Pietro II re d'Aragona di-
stinguendosi per virtù, religiose ed.
eroiche, volendo accrescere lo splen-
dore alla sua dignità col farsi in-
coronare al pari di tutti i re, de-
liberò di portarsi in Roma a ri-
cevervi la corona dalle mani del
Papa , per così escludere qualun-
que obbiezione per parte de'gran-
di, e qualunque pretensione da par-
te della Francia di cui gli avi suoi
erano vassalli. Giunto al porto di
Ostia trovò duecento cavalli da
sella, e più. altre bestie da soma,
mandatigli da Innocenzo III, e lun-
go la via parecchi cardinali, il se-
natore e molli nobili ad incontrar-
lo. Giunto in Roma fu ricevuto
dal Papa e coronato al modo uar-
INN
rato al voi. XVII, pag. 229 del
Dizionario, ove pur dicemmo co-
me commise il suo regno al prin-
cipe degli apostoli, indi l'ebbe in
feudo dal Pontefice , con annuo
tributo di duecento mazemuttini.
Il Papa dalla sua parte obbligossi
a prendere i suoi stati e la per-
sona sua sotto la prolezione della
santa Sede. In seguito rivolse In-
nocenzo III le sue sollecitudini al-
l' Ungheria ed alla Servia, la cui
congiunzione colla Chiesa romana
consolidò. Caloianni re de' bulgari
e de' vallachi avendo ricevuto il
legato pontificio , questi creò due
nuovi arcivescovati, conferì la di-
gnità di primati agli arcivescovi di
Zagora e di Ternova , ed il prin-
cipe ritirandosi dalla Chiesa greca
pose il suo regno nella comunione
della romana. Per le di lui suppli-
che Innocenzo 111 gli mandò per
legato il cardinal Leone del titolo
di s. Croce in Gerusalemme, col
pallio pel nuovo primate, con la
corona e lo scettro acciocché un-
gesse re de' bulgari e vallachi lo
stesso Caloianni, col diritto di bat-
ter moneta in proprio nome, oltre
il donativo dello stendardo in cui
col salutifero segno della croce e-
ranvi le chiavi di s. Pietro. La co-
ronazione procedette colle festose
grida del popolo. Con egual sod-
disfazione del supremo Gerarca riu-
scirono le cose in Armenia,, ma-
neggiate dai legati i cardinali Pie-
tro e SofTredo, i quali oltre alle
pratiche fra' crociati aveano l' in-
carico di accomodar gli affari ec-
clesiastici dell'oriente. 11 re d' Ar-
menia alla presenza del cattolico
co' suoi suffraganei ricevette in so-
lenne udienza il cardinal legato, il
quale conchiusa la congiunzione
della Chiesa armeua alla romana,
voi. xx»v.
die il pallio al cattolico con gran
solennità. Quanto alle dissensioni
tra il re, il conte di Tripoli ed i
cavalieri templari, Innocenzo III fe-
ce di tutto per sopirle.
Tornando alle cose di Costanti-
nopoli, 1' irritazione tra' greci e
latini giunse all' estremo. Alessio
duca o sia Murzuffo, godendo d^
favore di Alessio IV suo cugino,
se ne giovava a tener vivi i ran-
cori fra le due nazioni , siccome
nutriva ambiziosi disegni qual di-
scendente dei Comneni; confidava-
si egli di giungere alla corona in
quel sì frequente mutar de' signo-
ri in Costantinopoli. Crescendo lo
scontento del popolo contro i suoi
imperatori, si levò a tumulto ; A-
lessio I V, fidandosi di Murzuffo,
pel suo mezzo chiamò il soccorso
de' latini. Mentre il marchese Bo-
nifazio faceva i suoi preparativi ,
Murzuffo persuase il popolo, che
per non soggiacere ai crociati bi-
sognava deporre Alessio IV, e di
notte consigliando questi alla fuga
lo fece in vece chiudere in una
torre, indi si fece proclamare im-
peratore, ed Isacco II ne morì
di pena. Considerato Murzuffo dai
crociati come reo di fellonia, si de-
cisero liberar 1' imperatore ; ma
stretti dal bisogno di viveri, con
un drappello se li procurarono nel-
la vicina città di Filca. Murzuffo
corse per accerchiarli, ma in vece
Io fu egli, e con istento salvò la
vita, lasciando in poter de' latini
le armi, lo scudo e 1' insegna im-
periale coli' immagine della Beata
Vergine, che veniva portata dal
patriarca di Costantinopoli. Mur-
zuffo tentò senza effetto di arder
di nuovo la flotta, onde i crociati
marciarono per terra sulla città,
ma niuno comparve a respingerli;
17
258 INN
quindi procurò di venire agli ac-
cordi senza conclusione, e vedendo
che il veleno non avea operato su
Alessio IV, lo fece strozzare, quan-
do il Papa indirizzava lettere al-
l' infelice principe perchè effettuas-
se 1' unione delle due Chiese, seb-
bene ne temeva, siccome scrisse al
marchese Bonifazio, e solo credervi
quando il patriarca riconosciuto il
primato della santa Sede domandas-
se il pallio; importar più di tutto
veder compito il voto della crociata.
Nel mese di marzo i baroni fran-
cesi conchiusero un trattato col
doge Dandolo se la città fosse pre-
sa, non che per I' elezione d' un
imperatore, e pel regolamento del-
le cose civili ed ecclesiastiche; ma
il sistema feudale che voleva in-
trodursi , e non adatto per 1' o-
riente, era il germe di distruzione
dell' impero che i latini stavano
per conquistare. Quindi i crociati
si accinsero alla guerra come i
greci alla difesa con mezzi formi-
dabili, cacciando con improvvido
consiglio tutti i latini che ahi fa va-
no la città. Datosi dai crociati l'as-
salto con felice successo entrarono
nella medesima, fuggendo i greci
alla loro strage che i sacerdoti impe-
dirono maggiore. Inutilmente tentò
Murzuflo di raccoglierei! popolo per
rafforzar con esso il suo esercito, tutti
procurando porsi in salvo^ siccome
fece egli pure. Allora insorsero due
pretendenti all' impero, Teodoro
duca e Teodoro Lascari marito di
Anna figlia di Alessio III. Ambe-
due n' erano degni per riputazio-
ne, nobiltà ed autorità; il clero
stette per Lascari, protettore dei
dotti ; ma neppur egli valse a riac-
cender lo spento coraggio del po-
polo, per cui si abbandonò a pre-
cipitosa fuga.
INN
Continuando i crociati ad esten-
der le conquiste nell'immensa cit-
tà, come ad impadronirsi d' infi-
nite ricchezze, trovarono nel pa-
lazzo di Cuccoleone due imperatri-
ci sorelle dei re di Francia e di
Ungheria. Greci e latini conobbero
del pari la mano di Dio in que-
sta tremenda rovina della città j
dappoiché assediata venti nove vol-
te e sei espugnata, questa era la
prima dopo la sua fondazione che
fosse del tutto occupata. I greci
vi vedevano un giusto castigo del
dispregio in cui da gran tempo
sacerdozio e popolo tenevano le
leggi divine, oltre la mollezza dei
loro oziosi principi; i latini tene-
vano la conquista per castigo do-
vuto alla scismatica separazione dei
greci dalla Chiesa romana, e per
castigo altresì della superbia con
la quale il popolo erasi per tanto
tempo opposto alla medesima, alla
preminenza di s. Pietro ed alle
istituzioni di Cristo, come ai di-
fensori di Terra Santa. Ma 1' em-
pietà, la cupidigia, le barbarie ed
ogni sorta di eccessi che commise-
ro i soldati latini in Costantinopo-
li fanno orrore in rammentarli,
né la voce de' capi, né gli scon-
giuri fatti colla croce in mano,
né le scomuniche fulminate dai
tre vescovi poterono frenare la
violazione delle chiese, delle tombe
e del sesso femminile di qualunque
condizione e stato. I gemiti dello
storico Niceta, giustamente sdegnato,
di secolo in secolo fino a noi risona-
rono, nella storia che ne scrisse sotto
il patrocinio di Teodoro Lascari
Né la cosa poteva essere diversa-
mente, poiché migliaia di ribaldi
venuti da tutte le regioni d' oc-
cidente, s' erano congiunti ai cro-
ciati solo per la speranza di far
I H W
bottino ; ciò che oggidì vediamo
spesso rinnovarsi ove insorgono ri-
voluzioni o guerre. La città divo-
rata più che la metà da tre in-
ceiulii, i suoi più splendidi monu-
menti barbaramente distrutti o la-
ceri, presentò I' immagine dello
squallore e del lutto. Innumerabi-
li furono i tesori spirituali e le
più venerande reliquie che si di-
visero i crociati, e n' ebbe anco
Innocenzo III. Questo trionfai suc-
cesso della spedizione, di cui aveano
principalmente merito i veneziani,
non raddolcì tuttavia il giusto sde-
gno del Papa circa gli avvenimen-
ti di Zara, che li coprì di rim-
brotti e gì' invitò al pentimento.
Partito eh' ebbero fra loro il bot-
tino, i crociati procedettero all' e-
lezione dell' imperatore, mediante
sei elettori veneti nobili e sei fran-
cesi ecclesiastici : il doge Dandolo,
il marchese Bonifazio e il conte
Baldovino erano i candidati di
maggior favore. Il terzo contro la
sua espettazione prevalse per mol-
i politici e saggi riflessi, e tanto
fu degno che meritò gli alti
encomi dello stesso Kiceta ; ed ai
16 maggio fu solennemente inco-
ronato imperatore nella basilica di
s. Sofia. L' impero fu così trava-
sato dai greci ai latini, i quali gli
diedero istituzioni non atte a con-
solidarlo, e benché cuiquantasei
anni dopo i greci lo riconquistas-
sero, sempre più decadde, finché
fu preda della turchesca possanza.
La più rilevante conseguenza di
questa conquista fu il rivolgimen-
to che per lei ne venne in Euro-
pa. Costantinopoli essendo succedu-
ta ad Alessandria come centro del
commercio europeo, cessò di esse-
re il mercato e magazzino di quel-
lo che facevasi fra 1' Asia e 1' Eu-
INN a59
ropa ; mercato e magazzino che
furono trasferiti a Venezia, dive-
nuti i veneti padroni ancora dei
privilegi che prima erano divisi
fra i genovesi e i pisani. E poi,
chi dir potrebbe tutti i vantaggi
di cui la scienza andò debitrice a
questa vittoriosa spedizione e al
soggiorno e dominazione de' latini
in Costantinopoli ?
Appena Baldovino I si vide
incoronato, inviò al Pontefice ma-
gnifici presenti di vesti di vel-
luto, ornamenti di chiesa, calici,
croci d'oro fregiate di gemme, e
la relazione degli avvenimenti, qua-
le mandò pure all' imperatore di
occidente e a tutta la cristianità.
Baldovino I pregò il Papa, 1' im-
peratore e i prelati di stimolare
gli abitanti di occidente acciò ve-
nissero a partecipare de* tesori sì
spirituali che temporali dell' impe-
ro greco. Al santo Padre scrisse
pregandolo di radunare un conci-
lio in Costantinopoli, d' onorar di
sua presenza questa città, e di
congiungere così, al servigio di
Dio, la nuova Boma all' antica; e
premiar i vescovi, gli abbati e il
clero minore che onoratamente a-
veano «servito all' impresa, racco-
mandando alla benevolenza aposto-
lica i veneziani. Essendo disegno
di Baldovino I, prima di proseguir
il pellegrinaggio per Terra Santa,
di consolidar la podestà sua nel
nuovo impero e d' introdurre nel-
le chiese il rito latino, a tal uopo
richiamò dalla Siria i cardinali
Pietro e Soffredo, domandando ad
Innocenzo III messali, breviari ed
ecclesiastici, non che monaci e re-
ligiosi. A dare quindi un capo
spirituale, essendo i veneti padro-
ni di s. Sofia, essi elessero in pa-
triarca il compatriotta Tommaso
36o INN
Morosini ; ed una deputazione del
capitolo patriarcale, del doge e
dell' imperatore fu incaricata sot-
tomettere 1' elezione alla conferma
del Papa; il quale avea già scrit-
to ai vescovi ed abbati della cro-
ciata cbe ordinassero il culto cat-
tolico nelle chiese, e procedessero
coi chierici d' ogni nazione all' e-
lezione d' un degno capo, che a-
vrebbe confermato il legato che
intendeva spedire. Intanto 1' astuto
Dandolo profittò del buon momen-
to per far giungere ad Innocenzo
III le sue scuse, e giustificar la
presa di Zara e quella di Costan-
tinopoli ; mentre seguì tra i cro-
ciati la spartizione delle conquiste
e 1' occupazione di diverse provin-
cie dell' impero, facendo altrettan-
to diversi signori greci, onde Teo-
doro Lascari fondò 1' impero di
Nicea. Smembrato in questo modo
1' impero d'oriente, a somiglianza
d' una nave rotta dalla tempesta,
tutti procurarono afferrarne qual-
che brano. Murzuffo caduto nelle
mani de' crociati fu punito coli' ul-
timo supplizio, ed Alessio III ca-
duto in quelle del marchese di
Monferrato, ivi esso Io mandò pri-
gione. Il cardinal Soffredo da Co-
stantinopoli si portò a Tessalonica
data al marchese, ove ricevette
dall' imperatrice Margherita d' Un-
gheria di lui moglie e vedova d' I-
sacco, 1' abiura della religione gre-
ca da lei abbracciata. 11 cardinal
Pietro restò più a lungo in Co-
stantinopoli, sciolse il voto ai cro-
ciati a restarvi ancora un anno
per 1' istanza dell' imperatore, e
tolse la scomunica ai veneziani. Il
Papa rispondendo a Baldovino I,
si tenne sulle generali, e gli disse :
di ricevere l' impero sotto la pro-
tezione di s. Pietro, e mandargli
INN
i richiesti aiuti, esortandolo di
aver cura de' beni ecclesiastici. Ai
prelati poi inculcò a far di tutto
per confermar i greci alla podestà
spirituale della santa Sede. Baldo-
vino I in questo tempo co' suoi
baroni pianse la morte della sua
diletta moglie Maria, e da Tolemai-
de ne fece trasferire il cadavere
in s. Sofia.
Mori nel i2o5 Gualtieri, men-
tre in Germania accadde un gran
rivolgimento di cose a danno di
Ottone IV, per l'abbandono di
molti principi, che Innocenzo III
qualificò per canne agitate dal ven-
to, uomini senza fermezza di pro-
posito: li rimproverò come sper-
giuri, minacciandoli della scomuni-
ca. Filippo di Svevia convocò una
curia solenne in Aquisgrana di
tutti i principi dell' impero, e de-
poste le insegne reali giurò di non
riprenderle se non gli fossero state
unanimamente conferite. Fattosi lo
scrutinio, ed essendo stati i voti
tutti a favor suo, volle colla mo-
glie ricevere l'unzione e la consa-
crazione dalle mani di Adolfo ar-
civescovo di Colonia, il quale ven-
ne scomunicato dal Papa, proscio-
gliendo tutti i di lui sudditi tem-
porali e spirituali dall'obbedienza,
acciò un somigliante esempio di
infedeltà non andasse impunito.
Quindi i giudici eletti dal Papa,
deposto in Colonia Adolfo, procla-
marono successore Brunone di Bon-
na, laonde i due emuli incomin-
ciarono una terribile guerra. I co-
loniesi difesero bravamente il nuo-
vo pastore e le parti di Ottone IV,
e meritaronsi grandissimi elogi dal
Papa. Questi guidato sempre dalla
giustizia, non volle lasciar impu-
nita la disobbedienza de' crociati
nell'assalire un paese cristiano, e
INN
principalmente con le crudeltà com-
messe in Costantinopoli, ed il trat-
tato fra' veneti ed i francesi , che
racchiudeva molti capitoli, concer-
nenti la Chiesa ed il clero, pre-
giudizievoli alla Sede apostolica.
Dopo avere Innocenzo III tenuto
frequenti consulte co' cardinali, ve-
scovi e personaggi di cui conveni-
va sempre un gran numero da
tutte le parti in Roma, scrisse e-
nergicamente ai crociati rampo-
gnandoli del mal fatto, ed invitando-
li ad amministrar la giustizia ed
attendere al primo voto; non dan-
do altra importanza al conquisto
di Costantinopoli , se non quella
che riferivasi alla liberazione di
Terra Santa a cui teneva costan-
temente rivolli gli sguardi. Indi au-
torizzò il cardinal Pietro a rap-
presentarlo in Costantinopoli, a pat-
to che non dimenticasse il pae-
se di Gerusalemme. Rigettò l' ele-
zione del patriarca non per la perso-
na dell'eletto, ma perchè non s'erano
osservate le formalità ecclesiastiche;
non aver su ciò facoltà i laici, né
gli ecclesiastici veneti che si dava-
no il titolo di canonici eletti del-
la chiesa di s. Sofia, prima di es-
sere stati instituiti dal Papa o da un
suo legato. Tuttavolta perchè la Chie-
sa non dovesse patire per colpa degli
uomini, confermò in patriarca l'e-
letto Tommaso, 1' assoluzione data
a' veneti dal legato, inculcando al
doge, che domandava ritirarsi, di
effettuar prima il suo voto. Inno-
cenzo III consacrò in s. Pietro il
nuovo patriarca, ricevette da lui il
giuramento di obbedienza alla Se-
de apostolica, e gì' impose il pallio
con facoltà di conferirlo a' suoi ar-
civescovi previo il giuramento di
obbedienza alla Chiesa romana.
Oltre tutti i privilegi conceduti ai
INN 261
metropolitani, gli accordò di farei
precedere dalla croce, tranne i luo-
ghi ove si trovasse il Papa e Ro-
ma ; di cavalcar una chinea ma-
gnificamente bardata, di consacra-
re i sovrani dell'impero di Costan-
tinopoli, con altre benigne prero-
gative e facoltà. Cosi Innocenzo
III terminò le pretensioni della
chiesa Costantinopolitana , dichia-
randola seconda dopo la romana;
ed inviò a Costantinopoli con pre-
cise istruzioni il legato cardinal
Benedetto di s. Susanna.
Il cavalleresco imperatore mosse
guerra a Caloianni o sia Gioannicio
re de' bulgari e de'vallachi, il qua-
le con un'armata dieci volte mag-
giore de'crociati, li vinse compiuta-
mente, gran parte ne uccise, e fe-
ce prigioniero l'imperatore. Per
maggior sciagura sette delle navi
più grandi de' veneziani con sette-
mila fra cavalli e fanti, ad onta
dei prieghi del cardinal legato e
degli altri, vollero tornare alla pa-
tria, maledetti da tutto l'esercito.
11 conte Enrico fratello di Baldovino
I fu eletto reggente dell' impero, e col
doge passarono a difender Costan-
tinopoli minacciata da Gioannicio
co' suoi bulgari e vallachi uniti ai
cumani, forte inoltre per essersi
collegato coi turchi ed altri nemi-
ci del nome distiano. Fu allora
che i crociati videro il castigo di-
vino, ed i più zelanti si persuase-
ro che la conquista dell'impero gre-
co, lungi dal giovare alla crociata,
avea impedito quella di Gerusa-
lemme. La morte di Enrico Dan-
dolo, terminando una lunga car-
riera piena di belle imprese, afflis-
se i latini vedendosi privi del suo
consiglio. In questi duri frangenti
il conte Enrico si rivolse pieno di
fiducia al Papa, come quello che
263 INN
temperatamente, ma con fermo vo-
lere ed operosa sollecitudine, man-
dava l'aiuto delle sue cure e ^ei
suoi consigli in tutte le parti;
scongiurandolo di assistenza per la
liberazione dell'imperatore; conse-
crando la propria persona e quel-
le de'suoi al servigio della Chiesa
romana, e ritenere la conquista di
Terra Santa, e la ricongiunzione
delle due Chiese, una sola ed iden-
tica cosa. Appena Innocenzo III
apprese la deplorabile sorte di
Baldovino I, scrisse al re de' bul-
gari e vallachi di far pace co' la-
tini, e liberar l'imperatore, minac-
ciandolo che altrimenti gli ungheri
e nuovi eserciti lo avrebbero assa-
lito; ma ad onta di quanto avea
fatto per lui, e delle sollecitazioni
del primate provocate dal Papa ,
il re allettato dalle conquiste e dal
bottino non solo non volle pacifi-
carsi, ma si preparò a nuove in-
cursioni. Altri dicono che al giun-
gere delle lettere, o di nuove let-
tere pontificie, Baldovino I era già
morto, mutilato ed esposto in un
fosso, pasto agli uccelli di rapina ;
uè con minor crudeltà furono trat-
tati i suoi compagni. Inutilmente
ì latini avevano offerto ricco riscat-
to per l' imperatore , e posto in
opera minacce e preghiere per ot-
tenerne la libertà. Corse voce che
Dio onorò le sue reliquie con mi-
racolose guarigioni. Innocenzo III
scrisse ancora al re di Francia ed
a tutti gli arcivescovi del regno di
mandar gente in Costantinopoli ,
concedendo la remissione delle pene
de' peccati a chi vi si recasse, fa-
cendo una lacrimevole descrizione
dello stato de' crociati, e de' luo-
ghi santi pressoché abbandonati dai
loro sostenitori, per recarsi nella
capitale dell'impero. Rimproverò i
INN
due cardinali SolTredo e Pietro per
averli lasciati senza l'autorità «uà,
e rimandò il secondo in Palestina
col nuovo patriarca di Gerusalem-
me cui die il pallio, quattrocento
soldi d' oro per le spese del viag-
gio, e ventiquattro marche d' ar-
gento per soccorrere Terra Santa.
V. Costantinopoli e Gerusalemme.
Nel 1206 assestate alquanto le
cose di Sicilia da Innocenzo III,
questi ad istanza di Ottone IV ri-
dotto assai debole, ottenne a mez-
zo dei legati da Filippo di Svevia
una tregua con lui, condiscendenza
che lo svevo accompagnò con pro-
teste di divozione per cattivarsi la
benevolenza del Papa , senza la
quale non poteva posseder tran-
quillamente Ja corona, siccome con-
vinto valere la pontificia univer-
sale influenza più. che la potenza
de' principi ed eserciti loro. Però
la tregua non ebbe effetto, che anzi
Filippo sottomise i coloniesi meno
il clero; e vedendosi riconosciuto
da tutto l'impero, intantochè il
suo competitore trovavasi ridotto
ai soli stati ereditarli, inviò a Ro-
ma una splendida ambasceria con
piena facoltà di ricomporre la ri-
conciliazione fra la Chiesa e l'im-
pero. In questo tempo morì il car-
dinal Guido legato a latere, onde
la Chiesa romana perde un vicario
in Germania, che operava intera-
mente a seconda de' suoi materni
disegni , nelle cose ecclesiastiche e
in quelle dell' impero. Quanto al
re di Francia, i suoi procedimenti
verso Ingelburga erano sempre i
medesimi. Per lo zelo d'Innocenzo
HI e la mediazione della regina di
Danimarca Dagmar, questa ottenne
dal suo sposo Valdemaro li, suc-
ceduto a suo fratello Canuto VT,
che il di lui cugino Valdemaro
INN
vescovo di Schleswig, imprigionato
qual ribelle, fosse finalmente libe-
rato. Inoltre il Papa raccomandò
all'arcivescovo di Lund di costrin-
gere il suo clero a più casta vita.
Tornando alla Grecia, i crociati a
stento si sostenevano in poca par-
te di quel gran tratto di paese
che oggidì chiamasi Romelia, e Ca-
loianni avea dato una terribile scon-
fitta a quelli che dimoravano nella
forte città di Rusio , e continuò
ovunque le sue distruzioni non ri-
sparmiando neppure i greci , che
perciò si avvicinarono ai latini. Il
prode conte Enrico avendo saggia-
mente^ governato l'impero, vi fu
innalzato quando i latini appresero
l'infelice morte del degno fratello,
e fu coronato con gran pompa
nella chiesa di s. Sofìa. Il cardinal
Benedetto terminò la lite che di-
videva francesi e veneziani , stabi-
lendosi la dotazione ecclesiastica pel
patriarca, per le chiese e pel clero
secolare e regolare, non che le giu-
risdizioni ed immunità: il Papa
tutto approvò, ma annullò il trat-
tato precedentemente fatto tra il
patriarca ed i veneziani, che il pa-
triarca ed i canonici di s. Sofia
sempre dovessero essere veneziani;
scrivendo ai cardinali Pietro legato
di Gerusalemme, e Benedetto, che
per lo splendore e prosperità di
detta chiesa doveansi eleggere uo-
mini sapienti e rispettabili, di qua-
lunque nazione. Il patriarca spedi
a Roma un' ambasceria solenne per
diversi affari, che il Pontefice trat-
tò colla solita circospezione e pru-
denza, quale praticò sempre nelle
più. piccole cose; indi regolò la
provvisione delle sedi vescovili , e
ricusò di approvare arcivescovo
di Zara quello proposto dai ve-
neziani, perchè essi ancora non
INN 263
aveano dato soddisfazione alla Chie-
sa .
Come avea Innocenzo III pre-
veduto, nel 1207 in Roma si ve-
rificò che la ragione e la giustizia
meglio si amministrava da un sol
senatore che da un senato compo-
sto di cinquantasei persone ; laon-
de i romani si trovarono costretti
a supplicarlo restituir la potestà
del senato nelle mani d' un solo.
Il resto dello stato ecclesiastico,
guarentito d' ogni pericolo al di
fuori, tranquillo di dentro, di nuo-
vo accostumavasi al soave e pater-
no impero pontificio, e godeva, per
l'appoggio conceduto a tutti gli
antichi diritti, per la ferma con-
servazione delle leggi e per la pace
onde le città prosperavano, il frut-
to delle cure d' Innocenzo III , a
rimettere il patrimonio di s. Pie-
tro nelle precedenti sue giurisdi-
zioni. Diede la marca d'Ancona in
feudo ad A zzo d'Este marchese di
Ferrara; ricevette dal suo fratello
Riccardo l'omaggio pe' beni di Poli
e Valmontoue ed altre possessioni,
ed in segno d' investitura prese
dalle mani del Papa, alla presenza
de' vescovi e cardinali, la coppa
dorata. Neil' eslate e nell' autunno
dimorò in Viterbo , che beneficò
coll'ampliare i privilegi municipali
concessi dal predecessore , ed ivi
ricevette il giuramento di obbe-
dienza di quei di Todi , e de' pre-
lati, signori e magistrati della To-
scana, del ducato di Spoleto, della
Marca e di tutto il territorio sino
a Roma ; a tutti amministrando la
giustizia e provvedendo alle loro
bisogna. Durante il suo soggiorno
a Viterbo, il Papa attese pure ad
altre faccende tanto spirituali quan-
to temporali de' suoi stati d'Italia.
Onorò pure di sua presenza To-
264 1NN
scanella, indi Corneto, abitando nel
palazzo da lui fabbricato, e ripi-
gliandovi alcuni diritti da altri u-
surpati ; passato a Sutri vi consa-
crò la cattedrale e ritornò in Ro-
ma nella metà di novembre. Man-
dò in Germania legati il cardinal
Ugolino Conti suo parente e Leo-
ne Brancaleone, per ottenere da Fi-
lippo di Svevia di sottomettersi
alle censure del Papa per le colpe
cui era incorso, onde venisse as-
solto dalla scomunica, e cbe Bru-
none di Colonia fosse liberato dal
carcere, oltre altre cose, il tutto per
la pace fra la Cbiesa e l' impero.
Avendo Filippo giurato di confor-
marsi agli ordini del Papa, ritornò
al grembo della Chiesa e fu ribene-
detto. Il Papa comandò di levare da
tutta la Germania una contribuzione
a pio di Terra Santa, e chi più.
dasse farebbe opera gradita a Dio.
I legati procurarono di pacificare
i due competitori, con proporre il
matrimonio d'una figlia di Filippo
con Ottone IV; ma questi senten-
do che dovea cedergli la corona,
non vi convenne; tuttavia si con-
chiuse una tregua, e Brunone po-
tè recarsi in Roma. L' Inghilterra
in questo tempo non era più tran-
quilla della Germania, pel violento
contrasto delle franchigie della Chie-
sa contro le usurpazioni della po-
destà temporale, e l'arbitrario pro-
cedere del re Giovanni. A ciò si
aggiunse la vertenza dell' elezione
di Reginaldo alla chiesa di Cantor-
bery, e di Giovanni vescovo di
Norwick favorito dal re, che volle
sostenerlo con aspre minacce. Sic-
come canonicamente fu eletto in
terzo il cardinal Stefano Laugton,
questi Innocenzo III vestì del pallio
colle sue mani. In pari tempo Be-
rengaria vedova di Riccardo I si
INN
rivolse al Papa per riavere la sua
dote e quanto altro gli spettava,
onde il re fu citato a rispondere
su questa causa.
Pietro li re d'Aragona volle se-
pararsi da Maria di Montpellier,
perchè sua parente, ed ancor vi-
vente il marito che l'avea divor-
ziata. Innocenzo IH commise a tre
legati l' esame della causa , pen-
dente la quale il re riunitosi alla
moglie n'ebbe un figlio che fu poi
Giacomo I, indi tornò al suo pro-
ponimento, e benché non avesse
eredi, pose avversione anche al fan-
ciullo. La Svezia pure a quest' e-
poca provocò le sollecitudini del
Pontefice romano; la Chiesa non
godeva libertà, e il popolo teneva
ancora dell'antica sua barbarie;
eletto Valerio ad arcivescovo d'Upsa-
la, il Papa non ci convenne, non
reputandolo atto alla riforma che
bisognava operare, massime sull'a-
bolizione del matrimonio de' preti.
Intento costantemente Innocenzo III
ad ampliare il regno del Signore
ed a rannodare alla Chiesa le mem-
bra che n'erano state divelte, pro-
fittò dello scadimento della chiesa
greca scismatica , per ricondurre
all' unità della fede i settari di
quella credenza sparsi negli altri
paesi. Scrisse dunque agli arcive-
scovi , vescovi , clero e popolo di
Russia , e mandò loro per legato
Gregorio cardinal di s. Vitale, per
farli rientrare nel grembo del cat-
tolicismo. Ma colla presa di Co-
stantinopoli accresciutasi l'avversio-
ne de' russi per la Chiesa latina, i
metropolitani non riconobbero che
il patriarca di Nicea. A seconda dei
trattati i signori veneziani conqui-
starono le isole e città dei mari
Egeo e Jonio, la repubblica non
bramando die il possesso delle iso-
le maggiori; e l'imperator Enrico
sposò la figlia del marchese Boni-
fazio il più potente signore dell'im-
pero. Sapendo Teodoro Lascari im-
peratore di Nicea che la mag-
gior parte delle forze latine erano
in Asia minore , provocò il re dei
bulgari ad assalire Enrico, mentre
egli si portò ad assediar Ciboto, ed
ebbe principio la guerra con lui e
coi bulgari, i quali in uno scontro
mozzarono il capo al marchese ,
onde l'imperatore ed i latini fu-
rono compresi di desolazione. Il
Papa non cessava di predicare la
pace a Gioannicio, però senza suc-
cesso; che anzi liberato dal formi-
dabile nemico del marchese, corse
per conquistar Tessalonica, ma fu
assassinato nella sua tenda. Conti-
nuandosi mandar dall'occidente sem-
pre soccorsi ai latini, Innocenzo III
adoperavasi perchè potessero con-
servar le conquiste, e compier quel-
le che aveano in animo di fare ,
e liberar la Terra Santa dalle pro-
fanazioni degl' infedeli, avendo fatto
bandir la scomunica contro i tornei
onde agevolarla, ed insieme a por
line alle interne discordie. In Pa-
lestina il conte di Tripoli , colle-
gato co' cavalieri templari, combat-
teva sempre per l'eredità del ni-
pote, quando il patriarca e gli a-
bitanti d' Antiochia invitarono Leo-
ne re d'Armenia ad impossessarsi
della città pel suo protetto Rupi-
no, mentre il conte fece imprigio-
nare il patriarca, e permise ai gre-
ci di eleggere uno del loro rito. Il
Papa impose al patriarca di Geru-
salemme legato della Siria , che
facesse scarcerare il patriarca, ma
questi mori nella prigione.
Sebbene Innocenzo III fosse ir-
removibile nel sostenere in usui
luogo i diritti della Chiesa, non
N IN a65
volle che il clero si usurpasse quei
dell' impero , onde riprese il pa-
triarca di Costantinopoli , perchè
suscitava impedimenti ad Enrico:
gì' interdisse le censure senza dar-
gliene prima avviso e senza la-
sciargli libero l'appello alla Sede
apostolica. Nel 1208 Federico II
era giunto all' anno quattordicesi-
mo di sua età, onde la tutela del
Papa cessò, dopo aver colla sua
vigilanza e personali sagrifizi sven-
tato i disegni insidiosi di molti
contro la Sicilia , ed aver impe-
dito che il regno non fosse tolto
al suo pupillo e dismembrato in
piccoli principati : in somma tutto
avea fatto per dare a Federico li
il regno in miglior condizione che
non l'avea ricevuto, mai cercando
uè per sé, né per la Chiesa ro-
mana alcun utile. A terminar la
guerra tra Pietro cardinale gover-
natore di Campania, e Corrado di
Marlei che occupava Sora, l'abba-
te di Monte Cassino ed il conte
Riccardo fratello del Papa furono
sopra al secondo, e fattolo prigio-
niero, Innocenzo III per togliere
ai tedeschi gli ultimi ripari nel re-
gno lo fece riscattare mediante la
cessione di due castelli ; indi rein-
tegrò gli abitanti de' privilegi di
cui li aveano privati gli stranieri.
Volendo por fine ai moli e turnazio-
ni che ancora tenevano agitato quel
regno, non tenendosi per la finita
tutela sgravato dei doveri suoi verso
il re da lui protetto, deliberossi di
portarvisi in persona per raffer-
marne l'autorità. Accompagnato da
vari cardinali parti da Roma a' i5
maggio, e dopo essersi trattenuto
più. d' un mese in Anagni prose-
gui il suo viaggio, il quale uon fu
ormai più che una solenne pro-
cessione sino a s. Germano, ove
26G INN INN
avea convocato un consiglio de'reg- rao monastero di Monte Cassino, e
gitori di quella città e de' conti e passò a Sora in cui rimase sino
baroni del reame. Giovanni da a' 11 settembre. Recatosi quindi
Ceccano l'aspettò fuori della città nel rinomato monastero di Casa-
con cinquanta cavalieri sontuosa- mari a pernottare, recossi in Fe-
mente vestili per servirgli di guar- rentino, e dimoratovi un mese e
dia ; il clero degli stati del conte mezzo, ritornò a Roma. Avendo il
stava pur fuori di s. Giuliano per Papa ottenuto dall'imperatrice Co-
precedere il Pontefice nel suo so- stanza 1' intera restituzione dei di-
lenne ingresso in questa città, do- ritti ecclesiastici riguardanti l' ele-
ve alla porta della chiesa il ve- zione de' vescovi e la nomina dei
scovo di Ferentino intuonò co' suoi benefizi , volendo Federico II in-
sacerdoti : Tua e. la podestà. Al trudersi nell'elezione dell' arcivesco-
Papa venne imbandito uno splen- vo di Palermo fu rimproverato
elido banchetto sotto un padiglio- dal Pontefice.
ne, e il conte, a fargli onore, rom- Avendo Innocenzo III ripristi-
peva intanto alcune lancie in gio- nato Brunone nell' arcivescovato
stia co' suoi compagni. Di là tutto di Colonia e scomunicato quel-
il corteggio recossi a Piperno, ed lo di Magonza, considerando il
Innocenzo III avuta ospitalità nel sovvertimento in cui trovavasi l'im-
celebre monisteio di Fossanuova, pero, il pregiudizio che ne veni-
onorò que' monaci sedendo con lo- va alla Chiesa e la debolezza
io a cena in refettorio, e più an- di Ottone IV, dopo matura de-
cora il giorno appresso consecran- liberazione pospose 1* avversione
do l'altare maggiore della chiesa, sua per la casa di Svevia alla pace
Ivi fu, che presentatosi un proto- del paese ed al riposo della ori*
notario del re di Sicilia, proclamò stianità. Quindi approvò le con-
a suon di tromba Riccardo fratello venzioni fatte tra i cardinali e Fi-
dei Papa conte di Sora e di tutte lippo, e li rimandò in Germania
le castella tolte a' tedeschi, e gli coli' ambasceria venuta in Roma,
consegnò lo stendardo reale in se- onde dar termine definitivo alla
gno d'investitura. A' 22 giugno faccenda. Mentre Filippo stava in
l'abbate di Monte Cassino con tutto Bamberga , il conte palatino Ot-
il suo clero incontrò Innocenzo III, tone di Wittelsbach, di feroce natu-
e con lui entrò in s. Germano ove ra , in odio d' avergli negato per
fu con gran pompa ricevuto. Nella sposa la figlia, ed impedito il ma-
dieta che vi celebrò, istituì capi- trimonio colla figlia del duca di
tani con diritto di far pace e guer- Polonia, 1' uccise e fuggì rapida-
ra Pietro di Celano gran giustizie- mente. Così finì Filippo di Svevia,
re di Puglia e Terra di Lavoro, mentre per la riconciliazione col
e Riccardo dell' Aquila conte di Papa credevasi in tranquillo pos-
Fondi governatore di Napoli, a sesso della corona imperiale, colla
vantaggio del re e per assicurar la riputazione di principe dotto, ai-
pace e difesa del regno. Innocenzo meno più de' pari suoi , giacché
III si fermò più di un mese a s. né il suo assassino, né il re di
Germano, celebrò le tre feste de- Francia sapevano leggere, per non
gli Apostoli nel vicino celebratissi- diredi altre sue eccellenti doti. Alla
INN
nuova di sua morte la Germania
fu in preda all' agitazione, e per
tutto s' intese ripetere essere man-
cata la gloria del paese, per tutto
fu confusione e lutto; però ter-
minò la guerra civile che per dieci
anni l'avea travagliata. Saputosi
dal Papa l'atroce misfatto, trafitto
da dolore la chiamò una sventura;
e quando n'ebbe cognizione Otto-
ne IY adoperossi subito a ristorar
l'antica sua possanza ed impadro-
nirsi degli stati imperiali. Indi si
rivolse al Papa pregandolo di dare
l'ultima mano alla sua esaltazione.
Innocenzo HI l'avea prevenuto per
assicurarlo dell' inalterabile affetto
suo, e dandogli istruzioni e saggi
consigli. Inoltre il Papa rappresen-
tò a tutti gli arcivescovi di Ger-
mania esser dovere del capo della
Chiesa impedire una nuova divi-
sione, colf opporsi all'elezione d'un
nuovo re, proibendo loro con pe-
na di scomunica di conferir la un-
zione o la corona ad alcun prin-
cipe. Nei medesimi sensi scrisse a
tutti i principi spirituali e tempo-
rali dell'impero, dicendo loro il
giudizio di Dio essersi pronunziato
per Ottone IV, mentre di nuovo
eccitò il re d' Inghilterra a favo-
rire il nipote. Innocenzo III spedi
poscia un legato con lettere apo-
stoliche alla dieta convocata a Virz-
burgo , per ottener la conferma
di Ottone IV. Però non avendo
essa luogo, fu in quella di Arn>tad
che fu gridato Ottone IV re dei
germani e sempre augusto, dal-
l' arcivescovo di Maddeburgo , e
tutti i principi diedero il loro suf-
fragio; indi fecero dal maresciallo
dell' impero significar ad Ottone IV
che gli conferivano la podestà so-
vrana, ed intimarono la dieta di
Francfort per la sua solenne rico-
IM 267
gnizione. In essa tutti i principi,
massime ecclesiastici che aveano
consultato il Papa a chi dare il
voto, e siccome egli disse essere il
meglio Ottone IV, d' unanime ac«
cordo tutti Io gridarono re. Il can-
celliere dell' impero vescovo di Spi-
ra, in conferma gli consegnò la co-
rona e l'asta imperiale ; poi gli
die, come dote di Beatrice che
avea da sposare e figliuola di Fi-
lippo, l'eredità di suo padre: la
principessa condotta innanzi alla
dieta, querelandosi contro l'ucciso-
re del padre, mosse tutti al pianto,
e venne sollecitato Ottone IV a
renderle giustizia. Si diede quindi
assetto alle cose dell' impero con
utilissime provvidenze ; indi il re
fece solenne promessa di difendere
la santa Sede. Ottone IV, confor-
mandosi ai consigli d'Innocenzo III
e dell'arcivescovo di Maddeburgo,
concesse perdoni e favori; e come
avea al primo promesso, tolse l'a-
buso pel quale l' imperatore ere-
ditava da' vescovi e dagli abbati
che morivano, e confermò la fa-
coltà già dai medesimi ottenuta di
cedere i propri beni al successore.
Anche i deputati delle comuni d'I-
talia si recarono coi gonfaloni e
con le chiavi d'oro delle città loro
e con donativi a mostrare la soaj-
gezione a Ottone IV, il quale in-
titolandosi re per la grazia del
Papa, a questo die tosto notizia
di sua esaltazione e gli domandò
consiglio circa l'incoronazione e le
sue nozze con Beatrice. Anche il
vescovo di Spira avea tutto noti-
ficato ad Innocenzo III, che ricol-
mò di lodi il- prelato, ed altrettan-
to fece il vescovo di Cambrny ;
pure a questo, e in pecu'.iar modo
all'arcivescovo di Maddeburgo , il
Pontefice dichiarò la sua soddisfa-
i68
INN
zione, poscia ricevette i regi am-
basciatori. Intanto si procedette con-
tro i complici dell' uccisione di
Filippo, il castello di Wittelsbach
fu raso, e rinvenutosi in Abac il
conte palatino Ottone, fu trafìtto ,
la sua testa gettata nel Danubio ,
ed il cadavere rimase per nove anni
insepolto.
In Francia il divorzio del re
teneva tutti angustiali, ed Ingel-
burga pei mali trattamenti mosse
nuove querele ad Innocenzo III,
il quale con dolore protestava aver
fatto per lei tutto il possibile, ne
miglior successo sapeva prometter-
si per l'avvenire, perchè Filippo
sempre insisteva pel divorzio, ad-
ducendo cbe la parentela e la ma-
lia ed i maleficii gì' impedivano
accostarsi alla regina; tuttavia rin-
novò il Pontefice al re le sue am-
monizioni, e alla regina inviò un
legato per consolarla, forse il car-
dinal Guala Bicchieri- Il re d'In-
ghilterra continuava a non ricono-
scere l'arcivescovo di Cantorbery,
infuriando con contumelie contro
il Papa, i vescovi e i romani di-
moranti nel regno. Esaurite dai
vescovi le debite rimostranze, esor-
tazioni e minacce, preferendo per-
dere vita e beni, che infrangere i
loro doveri, e mancar d'obbedien-
za verso il capo visibile della Chie-
sa, nel quale veneravano la volon-
tà del capo invisibile, spirato il
termine de'monitorii, a' 24 marzo
dichiararono l'Inghilterra separata
dalla comunione della Chiesa, e
di tutti i beni spirituali ch'essa
impartisce a' fedeli , pubblicando
1' interdetto. Giovanni montando
in collera voleva cacciare i prelati
dal regno acciò andassero a por-
tar le loro lagnanze a Roma; ma
essi protestando uou cedere che
INN
alla forza, non si fece loro violen-
za, bensì vennero sequestrati i lo-
ro beni, e fatti bersaglio d' ogni
ingiuria. Paventando il re che il
Papa fulminasse la scomunica, in-
viò ambasciatori in Roma, mo-
strandosi pronto a riconoscere l'ar-
civescovo, mentre vi giunse pure
Valdemaro vescovo di Schleswig che
poi ottenne l'arcivescovato di Bre-
ma da molti di quei canonici, ciò
che produsse grave contesa. Inno-
cenzo III s' interpose tra Suero
re di Svezia ed Erico che poi gli
successe nel trono ; indi ricevette
tributari della santa Sede gli sta-
ti di Lesco duca di Polonia, del-
la quale si accinse a migliora-
re le cose ecclesiastiche. A Co-
stantinopoli i latini a grande sten-
to reggevansi nella dominazione
loro con zuffe continue or con-
tro i greci, or contro i bulgari,
laonde il Papa nuovi soccorsi gli
procurò dall'occidente, acciò quella
metropoli divenisse il punto cen-
trale donde muovere al conquisto
di Terra Santa, per la quale par-
tì il duca d' Austria Leopoldo VI
il Glorioso, adempiendo il voto
fatto, perchè tutti i duchi d'Au-
stria aveano caro di mostrarsi ca-
valieri cristiani : anche diversi si-
gnori francesi per le premure del
cardinal Guala Bicchieri presero
la croce. Il Papa raccomandò la
crociata agli abitanti della Lom-
bardia e delle Marche, ed a' mae-
stri dei cavalieri templari, e spe-
dalieri ossiano gerosolimitani. In
questo tempo Teodoro Lascari im-
peratore di Nicea invocò l'autorità
del Pontefice per pacificarlo coll'im-
peratore Enrico; Innocenzo III nel
rispondergli gli die solo in titolo
nobil uomo, lo consigliò a dichia-
rarsi vassallo del competitore, e a
INN INN 269
mezzo d'un legato gli promise sa romana nel tranquillo possesso
trattar la concordia. Moltissimi ec- di tutte le terre a lei cedute dai
clesiastici latini allettati dalle rie- precedenti imperatori, e d'aiutarla
chezze dell'oriente, o per aver un a ricuperare quelle che le furono
maggior campo a fare il bene, col tolte. Quando poi la santa Sede lo
portarsi a Costantinopoli accrebbe- chiamasse o per ricevere la coro-
ro i contrasti tra il clero greco na imperiale o per altri bisogni
ed il clero romano; ben vedendo della Chiesa ne' suoi stati, il Papa
Innocenzo III la necessità di assog- s'intendesse ivi obbligato al man-
gettarli ad una stabile legge, e re- tenimento suo e della sua corte,
golarvi la disciplina, spiegò per la Obbligavasi inoltre a difendere e
Chiesa d'oriente quella medesima conservare illeso il reame di Sici-
sollecitudine che avea per l'occi- lia come proprietà della Chiesa
dentale, disponendo che i vescovi romana. Nel medesimo tempo pa-
dovessero essere ordinati con rito re che Ottone IV mandasse pure
latino, così le professioni de'mona- il giuramento a Roma, dove tutte
ci e delle monache. queste disposizioni furono gradite
Nel 1209 Innocenzo III scrisse ed encomiate. I legati del Papa
ad Ottone IV parole di congratu- intanto arrivarono in Germania,
lazione per l'elezione seguita in recando alle città privilegi, indul-
Francfort, inviandogli per legati i genze e grazie in testimonio della
cardinali Ugolino Conti e Leone gioia d'Innocenzo IH per la pace
del titolo di s. Croce in Gerusa- ristabilita; e nella solenne dieta di
lemme; ed i prelati di Germania Virzburgo di quasi tutti i prelati
esortò alla concordia e alla pace, di Germania e della maggior par-
Ottone IV esternò al Papa i suoi te de'principi dell'impero, i cardi-
timori circa le ostili intenzioni di nali sederono a lato del trono di
Federico II re di Sicilia, ma ven- Ottone IV che la presiedeva, ed
ne rassicurato e promesso di aiuto: ivi col consenso della dieta spo-
indi otto giorni dopo Pasqua, Ot- so Beatrice. A richiesta di Ottone
tone IV spedir fece a Spira in IV che con splendida comitiva vo-
autentica forma, e col sigillo im- leva intraprendere il viaggio di
penale, un atto nel quale ricono- Italia per condursi a Roma, il
scendo la grazia ottenuta da Dio, Papa raccomandò alle città della
e l'assistenza prestatagli dal Papa, Lombardia e della Toscana che
promette a quest'ultimo e suoi sue- dipendevano dall' impero avessero
cessori e alla Chiesa romana obbe- quel rispetto ai diritti del re stesso
dienza, sommissione e rispetto; ri- che a' loro propri, e riferissero a 1-
nunzia, siccome ad un abuso, alla la santa Sede le doglianze. E sic-
partecipazione nell'elezione de'pre- come il re avea incaricato Volga -
lati; concede a chiunque l'appella- 10 patriarca di Aquileia a prece-
re alla Sede apostolica; cede o- derlo nel viaggio per far valere
gni pretensione nell'eredità de've- nelle città italiane i diritti iuipe-
scovi defunti o nell'entrate delle riali, e prepararvi quanto era ne-
chiese vacanti; promette di coope- cessano al sostentamento dell' im-
rare alla distruzione degli eretici, peratore e della sua corte, il Pa-
e si obbliga di mantenere laChie- pa impose al patriarca di reclamare
5.70 INN
come possessioni della romana Chie-
sa le terre e gli averi della con-
tessa Matilde, per conseguenza del-
le reali promesse. Il procedere del
patriarca fu violento, per cui il
Pontefice dovette richiamarlo alla
moderazione. Una magnifica am-
basceria mosse da Mantova per
annunziar al Papa la giunta del
re al passo del Po, e lo trovò a
Viterbo ad attendere Ottone IV, a
cui spedì incontro il prefetto della
città ed uno de' suoi notari. Dopo
Volgaro giunse in Viterbo il re
preceduto dall'esercito, ed ivi i due
capi della cristianità si videro la
prima volta, dove il Papa accom-
pagnato da grande stuolo di eccle-
siastici e di popolo recossi incon-
tro ad Ottone IV: ambedue si
abbracciarono versando lagrime di
gioia e rimasero insieme per due
giorni, perchè le pratiche fra il
capo della Chiesa e l'impero do-
veano essere stabilite prima della
coronazione. Indi Innocenzo III si
restituì a Roma, ed il re lo seguì
lentamente marciando alla testa
dell'esercito , solo preceduto dal
cancelliere dell'impero e da alcuni
di sua corte per preparare il ri-
cevimento.
Ottone IV piantò il suo padi-
glione il primo ottobre presso Mon-
te Mario e il seguente sabbato si
condusse alla chiesa di s. Pietro,
onde pregar sulla soglia de' santi
apostoli e testificare la sua vene-
razione alla città eterna, accompa-
gnato da splendida comitiva di
principi e di prelati, da seimila
uomini d'arme e da gran numero
di balestrieri, dappoiché il giorno
innanzi all'ingresso del vescovo di
Augusta era scoppiata una gran
sollevazione fra il popolo e i tede-
schi, colla peggio, di questi. Sembra
INN
che derivasse dall'essersi opposto il
re di Francia alla coronazione; ed
il magistrato della città col sena-
tore , malcontenti di non essere
stati consultati, fecero prova d'im-
pedirla con alcuni cardinali. Nel di
della coronazione, prima che Otto-
ne IV entrasse in Roma, giurò coi
suoi che il Pontefice, i cardinali,
la santa Chiesa, il popolo e le so-
stanze di tutti sarebbero da essi
difese e protette sino alla partenza.
La solenne processione si avanzò
alla porta Castello, attendendo il
re presso la chiesa di s. Maria in
Traspontina il prefetto di Roma
e il conte palatino del palazzo la-
teranense, tacendo largo all' infini-
ta popolazione con pena le lance
de' soldati, le verghe de' mazzieri
della città e le monete che il re
spandeva con mano generosa. Ven-
ne incontrato dal clero coi turibo-
li e sacri cantici : il Pontefice cir-
condato dai cardinali, dai vesco-
vi e dai sacerdoti in ordine ge-
rarchico, sedeva sublime sulla gra-
dinata che conduce a s. Pietro di-
nanzi la porta di bronzo. Tre ve-
scovi discesero dai gradini e be-
nedirono il re, poi lo accompa-
gnarono dinanzi al capo della Chie-
sa, a cui egli ed i principi ba-
ciarono con riverenza i piedi; dopo
di che il re prestò il giuramento
di non mai assalire la Chiesa del
Signore e i suoi diritti, di essere
giudice e protettore delle vedove
e degli orfanelli, difendere le chie-
se e singolarmente il patrimonio
di s. Pietro, conservare la digni-
tà dell'impero e riscattare i dirit-
ti che gli erano stati rapiti. Il
Papa interrogò Ottone IV: Vuoi
tu vivere in pace colla Chiesa?
ed avendo il re tre volte risposto
di sì, disse Innocenzo III: Io ti
INN INN a7i
dò la pace che il Signore ha da- l' imperatore a tutti gli abitanti
to a'suoi discepoli, e Io baciò sul- di Roma, la città risuonava di lie«
la fronte, sul mento, sulle gote, e te grida e reputavasi felice augurio
sulla bocca. Il Papa prosegui : alla futura concordia fra la Chie-
Vuoi tu essere uno de' figli della sa e 1' impero. Se Ottone IV a-
Chiesa ? e avendo Ottone IV det- vesse immediatamente abbandonato
to di sì tre volte, il Pontefice Roma e lo stato del Papa, secondo
soggiunse : Io ti ricevo adunque il desiderio d'Innocenzo III, le co-
a figliuolo della Chiesa; poi lo ri- se sarebbero passate di meraviglia;
parò sotto il suo manto piglian- ma la rottura che scoppiò poco
dolo per la mano destra, e il re dopo l' incoronazione tra i seguaci
baciò il Papa in petto. Entrarono dell' imperatore ed i romani gra-
ambedue in chiesa tra il canto veniente l'alterò. I tedeschi ere-
alternato, e postisi a sedere, sette dendo Roma cosa loro, suscilaro-
vescovi italiani sedettero alla de- no col provocar grandissime spese
stra del Pontefice e sette vescovi a chi li alloggiava e con atti di
alemanni alla destra dell'imperato- violenza la collera d' un popolo
re, quindi ehbero luogo tutte le libero che sentiva ancora del suo
cerimonie della Coronazione degli antico eroismo e grandezza, e che
imperatori (Fedi). Usciti dalla chie- si reputava superiore agli altri per
sa il Pontefice e l' imperatore, il abitare la capitale del cristianesimo,
Papa montò a cavallo e Ottone il centro della fede; si aggiunge
IV gli tenne la staffa, gli porse al malcontento de' romani il veder-
la briglia e lo seguì colla corona si delusi iu partecipare alle lar-
imperiale in capo, circondato da ghezze imperiali, eh' erasi da loro
tutto il suo seguito. I sacerdoti in- sperato. Il popolo assembratosi piom-
tuonarono i consueti inni progre- bò sui tedeschi; Ezzelino da Ona-
dendo la processione, le campane ra o sia da Romano, come uno
suonarono a festa, ed i ciambella- de' più prodi procurò difenderli,
ni dell'imperatore sparsero denari ma non potè impedir l'uccisione
al popolo dal principio al fine di molti de' più. ragguardevoli ba-
della funzione e solenne cavalcata, roni dell' imperatore e gran copia
Giunti al palazzo lateranense, Ot- di altri. Ottone IV oltre altre per-
tone IV scese da cavallo, tenne dite, restò privo di mille cento
nuovamente la staffa al Pontefice, cavalli, e perchè alle sue preten-
ed insieme col prefetto di Roma sioni di esserne reintegrato il Pa-
lo accompagnò nella gran sala del pa si rifiutò, abbandonò furibondo
convito. Intanto che ambedue si la città. Dipoi invitò Innocenzo
ritirarono nelle solite stanze, il III ad un' amichevole conferenza
ciambellano dell' imperatore spartì per trattare intorno parecchi pun-
fra tutti i servi del palazzo apo- ti importanti per la santa Sede
stolico i presenti della consecrazio- e pel riposo della Chiesa; ma il
ne. Il Papa tenne a mensa 1' im- Papa a cagione delle circostanze
peratore, e dopo i canti e le he- per prudenza si ricusò, e rimise le
nedizioni si allontanarono tutti lie- cose ad un prudente negoziatore,
ti e contenti. il quale riferisse i vicendevoli sen-
Pel banchetto imbandito dal- timenti; pare al dire d'alcuno
n7i INN
che la conferenza abbia avuto luogo
nel campo imperiale ove si recò In-
nocenzo III, e che si lasciassero a-
michevolmente, avvegnaché già sor-
gesse il germe della futura inimi-
cizia. Ottone IV se ne andò con
gran pompa io Toscana, e occupò
Acquapendente, Radicofani, Monte-
fiascone ed altre città appartenen-
ti alla contessa Matilde, le quali
dichiararono ciò lecito all'impera-
tore, preferendo un signore lonta-
no al vicino, ond'essere più liberei
In ogni luogo l'imperatore la fece
da sovrano, ed invano il Papa
spedì a lui molti vescovi ed abbati
perchè si astenesse di ledere i di-
ritti della Chiesa, e il suo giu-
ramento, essendo cesare deliberato
spogliar la romana Chiesa delle
sue terre : entrò nel ducato di
Spoleto e vi prepose al governo
Bertoldo, uno de'suoi confidenti.
Frattanto in Inghilterra i sacerdo-
ti erano in preda a violenta per-
secuzione, e non per tanto la mag-
gior parte di essi antepose la più.
estrema miseria all' inobbedienza
verso il supremo Gerarca : 1' ira
del re Giovannni- si sfogò ancora
sul popolo crudelmente. Il Papa
non mancò di ammonirlo paterna-
mente, ma severamente fece osser-
vare l'interdetto. Sprezzando il re
l'esortazioni come le minacce, Inno-
cenzo III gli bandì contro la sco-
munica, e lo minacciò d' un ana-
tema speciale sulle terre di perti-
nenza della cognata Berengaria,
che ancora ingiustamente riteneva.
La riconciliazione seguita in Ger-
mania per P esaltazione di Ottone
IV , allettò di nuova speranza il
Papa al conquisto di quella terra
che fu nido della fede e della
Chiesa, ma tre ostacoli si opposero
finché visse al compimento del suo
INN
desiderio: la tiepidezza de' principi
prodotta dal timore che sì remote
spedizioni esponevano i loro regni ;
1' egoismo e 1' avidità de' crociati ;
finalmente le dissensioni di coloro
che già trovavansi in Terra Santa.
Innocenzo III senza perdersi d' a-
nimo e in mille modi si studiò
superare sì fatti ostacoli colla per-
severanza, e col mandare ai cro-
ciati somme immense. Procurò pa-
cificare a tal oggetto i genovesi coi
pisani, e proibì ai veneti adope-
rare i mezzi della sacra guerra
pel compimento del conquisto di
Candia, e di aiutare' in Alessandria
gì' infedeli contro i cristiani. S' in-
terpose il Papa con l' imperatore
Enrico, perchè al fanciullo Gugliel-
mo nato da Margherita moglie
del defunto Bonifazio di Monferrato,
si conservasse il suo regno di Tes-
salonica fondato dal padre nel ri-
parto delle latine conquiste ; e fa-
vorii il matrimonio di Giovanni di
Brienna fratello del morto conte
Gualtieri, con Maria ereditiera del
regno di Gerusalemme, cui sovven-
ne con millequattrocento marchi.
Ingiunse ai veneziani di riconoscere
1' eletto arcivescovo di Durazzo e
restituirgli i beni ; e nel medesimo
tempo fece consacrar il nuovo pa-
triarca d' Antiochia dal legato di
oriente, facendo considerare al re di
Armenia, al contedi Tripoli e al gran
maestro de' templari che la spa-
da degli infedeli sovrastava sul lo-
ro capo, né poterne campare se
non tenendosi uniti. Consolò con
religiosi conforti il patriarca d'Ales-
sandria in cattività degli infede-'
li. Infestando la Chiesa l'eresie
dai gazati, o catari, o valdesi,
quelle de' patarini, albigesi ed al-
tri eretici, Innocenzo III avrebbe
voluto unir le forze del suo stato
INN
e degli altri regni cristiani, non so-
lo per impedirne la funesta pro-
pagazione, ma distruggerle del tut-
to, altro non essendo che la rin-
novazione degli antichi errori sotto
mille diverse forme, sempre lo
stesso quanto alla natura loro. Due
essendo le specie di avversari in-
sorti in grembo alla Chiesa e con-
tro d'essa, gli uni si diedero prin-
cipalmente ad assalir la fede da
lei bandita , gli altri contro le
forme esterne, giovandosi a prete-
sto de'traviamenti d'alcuni indivi-
dui; ed è perciò che Innocenzo III,
per conseguire la distruzione delle
eresie, intese doversi prima indurre
il clero a vita veramente cristiana;
non che infervorare la predicazione
della vera dottrina, e la pubblica
e libera confutazione de' perniciosi
errori, al qual proposito pose par-
ticolar fiducia ne'monaci cisterciensi,
come quelli che congiungevano le
opere con le parole. Altra misura
efficace contro l'eresia stimò In-
nocenzo III l'inquisizione, affinchè
nessuno fosse dichiarato colpevole
ingiustamente, massime quando gli
accusati appartenevano al clero ;
dovendo l'inquisizione usare rigore
cogli ostinati neh' eresia ad onta
degli ammaestramenti e delle vie
della dolcezza con loro esercitata.
Nella maggior parte dello stato
ecclesiastico gli eretici professavano
le false dottrine de' patarini o pa-
terini, i quali si congiunsero ai val-
desi, massime si propagarono di
soppiatto in Rimini, Faenza, Vi-
terbo e particolarmente in Orvie-
to ad onta dello zelo del vescovo,
e dell'interdetto fulminato dal Pa-
pa. Vedendo i cattolici orvietani
pei manichei giunte le cose all' e-
stremo , invocarono dal Papa e
dal comune di Roma un governa-
vo!,, xxxv.
INN 173
tore atto ad estirpar l'eresia, ve-
nendo a ciò destinato Pietro di
Parenzo d'illustre ed antica famiglia
romana, siccome di maturissimo
consiglio, fermo, intrepido, beni-
gno, e liberale co' poveri ; ma ne
fu gloriosa vittima, e meritò gli
onori dell'altare : la sua famiglia
avea dato a Roma de' senatori ,
ma i fratelli o parenti del santo
la trapiantarono a Spoleto ove
tuttora fiorisce. Innocenzo III pre-
se severe provvisioni per estirpar
l'eresia in Viterbo, e vi si recò di
persona ricevendo grandi dimostra-
zioni di onore; punì, promulgò leg-
gi e fece di tutto per annichilare
l'errore. L'eresia era pure sparsa in
diversi luoghi d' Italia, e nelle
valli che si stendono dalle mon-
tagne del Tirolo e le Alpi carni-
che fino in Italia, infestate dai
patarini. Il Papa eccitò i popoli
a non offuscar la luce del nome
loro con la macchia dell' eresia, e
restar fedeli alla Chiesa cattolica.
Questa peste sotto altri nomi e
forme insinuossi dall' oriente in
Germania, in Ungheria, e per op-
porvi un argine Innocenzo III ad
istanza del duca d' Austria fondò
la sede vescovile di Vienna. Le
stesse erronee dottrine penetrarono
nella Svizzera, ne' Paesi Rassi, in
Inghilterra, nella Spagna, in Francia,
e Tolosa divenne ciò che in Ispa-
gna era Leone, ed in Italia Mila-
no. L' eresia facendo rapidi pro-
gressi , acquistò gran numero di
principi sovrani, di nobili e di
ecclesiastici d' ogni grado, con in-
dicibile accoramento d' Innocenzo
III, che spedi legati per tutto a
riparare gli immensi mali che ne
conseguivano, massimamente in To-
losa ove stabilì il primo tribunale
deh' Inquisizione (Fedi). Ad altri
18
274 IH»
relativi articoli si tratta di queste
eresie, e degli avvenimenti grandi
che ne furono le conseguenze, del-
le crociate eh' ebbero luogo, e dei
ss. Domenico e Pietro di Castel-
nau o Castehiuovo che ne fu mar-
tire, e di altri campioni difensori
della cattolica fede. I crociati per
distinguersi da quelli di Palestina
portavano una croce rossa sul pet-
to, e moltissimi oltre le armi un
bordone, a significar che qnella spe-
dizione era un pellegrinaggio; tra
i loro condottieri merita special
menzione Simone conte di Mon-
fort, il quale fu dal Papa investi-
to di diversi slati conquistati agli
eretici. Ebbero pur luogo diversi
concilii come in Avignone per la
riforma de'costumi in Provenza e
per l'esterminio degli eretici, i qua-
li oltre la professione de' più ne-
fandi errori commisero atrocità in-
descrivibili, e portarono in mol-
te provincie la desolazione, tut-
to distruggendo col ferro e col fuo-
co. Nel voi. HI, p. 16 1 e seg. del
Dizionario facemmo la breve isto-
ria dell' eresia degli albigesi, delle
gravi sue conseguenze, e di quanto
zelantemente operò Innocenzo III.
I primi del 12 io furono da
Ottone IV consumati a raffermar
la sua dominazione in Toscana e
Romagna, avendo investito della
Marca d'Ancona il marchese Azzo
d' Este, e d' Argelati e Medicina
Salinguerra, della famiglia Torelli
possente in Ferrara ed emula del-
l'Estense. Indi l'imperatore si recò
a Milano e in altre città d' Italia
che pacificò e confermò loro i pri-
vilegi. Troppo presto dimenticando
la perseveranza con cui l'avea sos-
tenuto Innocenzo 111 contro il
possente suo competitore, cedeva
alle altrui suggestioni per impa-
INN
dronirsi di altre terre della Chie-
sa ; diede commissione ad alcuni
giureconsulti di provare le ragioni
dell' impero sulle provincie appar-
tenenti al patrimonio di s. Pietro,
e costoro osarono dichiarare che
la santa Sede, approfittando del
contrasto sulla successione all'impe-
ro, erasi impadronita di varie ca-
stella e signorie di ragione del me-
desimo impero, i cui diritti 1' im-
peratore avea giurato difendere.
In conseguenza di che invase egli
la Campagna ed altre terre della
Chiesa; soggiogò Orvieto, Perugia,
e la più gran parte del dominio
temporale della Sede apostolica, e
fece assalire e maltrattare i cro-
ciati che attraversavano il paese,
mentre stringeva d'assedio Viterbo.
Innocenzo III, sperando che 1' im-
peratore tornasse in ragione, pa-
zientò alquanto, poscia gli scrisse
per dovere di ministero, lo rim-
proverò che invece di protettore
era divenuto acerrimo nemico del-
la santa Sede che lo avea innal-
zato al grado in cui era; lo ammo-
ni a cessar le usurpazioni e ricor-
darsi de' giuramenti se non voleva
essere scomunicato. Francamente
rispose l'imperatore negando di a-
ver leso i suoi diritti; essere tutta
di lui la podestà temporale, e per-
ciò non doversi il Papa frammet-
tervisi; riconoscer lui solo capo
della cristianità e pienamente inve-
stito della podestà spirituale, onde
non meritare rimproveri. Vera-
mente egli non era nemico del Pa-
pa, solo credeva suo debito sotto-
mettere i domimi temporali della
Chiesa romana all'impero, quindi
invece di favorir i nemici dell'au-
torità pontifìcia, eseguir fece in
Ferrara e nelle altre città degli
stati papali le leggi della Chiesa
INN
contro gli eretici, radendone an-
che le case. Non contento Ottone
IV di riunir all'impero lo stato
della Chiesa , volle sottomettere
tutta 1' Italia, ed agognò alla Pu-
glia che il normanno Ruggieri avea
tolta all' impero, ed al reame di
Federico II, ed incominciò dall'im-
possessarsi della prima. Frattanto
il Papa non cessando di protestai*
contro le usurpazioni imperiali, l'am-
monì di rispettare gli stati di Fede-
rico II ch'erano sotto la protezione
di s. Pietro, mentre avvertì il re
di procedere cauto, non maltrattare
i nobili, e richiamare l'antico aio
vescovo di Catania. Ottone IV ve-
dendo inevitabile la rottura col
Papa, mandò il patriarca d'Aqui-
leia nelle città di Lombardia a
raffermar gli abitanti nell'affetto di
lui, in che fu assai fortunato, e
procurò guadagnarsi la benevolen-
za de'principi ecclesiastici della Ger-
mania. In questo tempo il re di
Boemia rinnovò nou solo la do-
manda dei suo divorzio, ma te-
nendosi per isciolto , per quanto
aveva dichiarato il vescovo di Pra-
ga, si sposò con Costanza, incorse
nella scomunica ed i procuratori
della regina ripudiata tornarono a
ricorrere in Roma. Essendo morto
Bernardo, con diverse clausole fu
reintegrato Adolfo nella sede di
Colonia.
Rinnovò Innocenzo III le sue
ammonizioni pel divorzio al re di
Francia, e s'interpose nella con-
troversia eh' egli avea coi vescovi
d'Auxerre e di Orleans; e fece
altrettanto col re di Portogallo ed
il vescovo di Porto. Alcuni cister-
ciensi incoraggiti da Corrado duca
di Masovia, ottennero dal Papa il
permesso di trasferirsi in Prussia,
e semiuarvi la parola di Dio con
INN 275
felice successo : quindi Innocenzo
III investì de' poteri necessari l'ar-
civescovo di Gnesna per la propa-
gazione della religione cristiana. E-
guali sollecitudini ebbe il Papa per
la Livonia e per le popolazioni po-
ste sulla riva del Baltico, per le
quali si mostrò molto zelante il re
di Danimarca Valdemaro II. O che
Alessio III riuscì di evadere da' suoi
custodi quando lo portavano nel
Monferrato, o che fosse poi lascia-
to in libertà, cosa indubitata però
si è , che vedendo il suo genero
Teodoro Lascari aver trasferito in
Asia ed a Nicea il titolo degl' im-
peratori bizantini, e sottomesso gran
parte del paese, indusse il sultano
d' Iconio d' intimar a Teodoro che
a lui restituisse l'autorità sovrana,
e a dichiarargli la guerra. Teodo-
ro sbaragliò il nemico coli' aiuto
de' latini, e fatto prigione il suo-
cero per sempre lo chiuse nel mo-
nastero di s. Giacinto a Nicea. Frat-
tanto in Gerusalemme si portò Gio-
vanni di Brienna, che dalla sua
moglie Maria ebbe Jolanda poi
maritata a Federico II; ed in Ro-
ma si recò Raimondo VI conte di
Tolosa a domandar la restituzione
delle castella date in mano al le-
gato, ed a dolersi del suo proce-
dere e di quello di Simone di
Monfort. Innocenzo IH sulle pri-
me lo trattò bruscamente, assicu-
ratosi poi del suo pentimento, e
che adempiva quanto gli era stato
imposto, diede benigne disposizio-
ni a suo riguardo, lo regalò di un
ricco manto e d'un prezioso anello
che si trasse dal dito, e gli die
l'assùluzioue : i tolosani al ritorno
del conte festeggiarono la sua ri-
conciliazione con la Chiesa. Ma i
legati trovando pretesti difficolta-
rono il compimento di sua ricon-
276 INN
ciliazione; la guerra continuo con
fierezza e crudeltà contro gli ere-
tici albigesi, e Raimondo VI fu da
Simone di Monfort cacciato in una
torre. Tornando ad Ottone IV, egli
passò l'inverno del ian in Ca-
pua, ove l'abbate di Morimond inu-
tilmente tentò di ricouciliarlo col
Papa, perchè ad ogni modo vole-
va espulso Federico II dalla Sici-
lia, a fronte della minacciata sco-
munica d' Innocenzo III. Questi fi-
nalmente dopo averlo reiterata-
mente ammonito, di concordia coi
cardinali, scagliò nel giovedì santo
la sentenza di scomunica contro
Ottone IV che chiamavasi impera-
tore , siccome quello che degene-
rando dalle massime de'suoi maggio-
ri, avea rotta la giurata fede, s'era
impadronito di Viterbo e di altre
città dai suoi antenati riconosciute
proprietà di s. Pietro, e apparecchia-
vasi a muover guerra al re di Si-
cilia. Nella scomunica si compre-
sero tutti i suoi complici e com-
pagni, e fu sì rigorosamente osser-
vata che v' incorsero Capua , Na-
poli e Pisa, questa per soccorrere il
principe, quelle per aver celebrato
alla sua presenza gli uffizi divini.
Il Papa chiese quindi aiuto al
re di Francia che si mostrò pron-
to a contentarlo. Ottone IV sordo
alle esortazioni, perseverando nel
suo proposito, divenne più che mai
nemico della Chiesa, e più acca-
nito di Enrico VI, e voleudo co-
stringere Federico II a riconoscere
almeno il regno in feudo da lui,
continuò le invasioni a suo danno.
I patriarchi di Grado e d'Aquileia,
e gli arcivescovi di Ravenna , di
Milano e di Genova, insieme con
tutti i vescovi dell'Italia superio-
re, ebbero ordine di bandir solen-
nemente la scomunica contro di
INN
Ottone IV che chiamavasi impe-
ratore. Si dolse il Papa co' prin-
cipi tedeschi de' tentativi di Otto-
ne IV contro la Sicilia, della sua
ingratitudine e delle turnazioni cui
era cagione, ed elesse legato in
Germania Sigifredo arcivescovo di
Magonza, commettendogli di tosto
bandir la scomunica in quel paese,
e di pubblicare che nessuno dasse
più il titolo d'imperatore ad Ot-
tone IV, né tampoco gli obbedisse,
sciogliendo tutti i principi tedeschi
dal giuramento e dagli obblighi
verso di lui. L'arcivescovo obbedì ,
tutta la Germania conobbe la de-
posizione e scomunica di Ottone
IV, le sue enormi ingralitudiui
verso il suo benefattore , per cui
la sua autorità andò in pezzi. Ot-
tone IV non fu quindi più tenuto
per principe cattolico , i vincoli
che avea cogli altri si rallentaro-
no : così quello che tanto avea
fatto per deprimere la Chiesa , in
breve tempo fu balzato dall'alto
del suo soglio; e la Germania a
un tratto perde la tranquillità co-
me l'impero tornò in confusione.
Tutti i prelati tedeschi pigliarono
esempio dalla costanza del Papa ,
ed i principi secolari l'abbandona-
rono, altri lo dichiararono deca-
duto dal trono, e con diversi ar-
civescovi e vescovi incominciarono
a far pratica in favore di Federi-
co II, sia con lui che con Roma.
I principi che restarono del partito
di Ottone IV cominciarono le osti-
lità per difenderlo. I legati ponti-
ficii in Inghilterra non potendo ri-
durre il re a correggersi, rinnova-
rono la scomunica e l'interdetto.
Movendo Alfonso IX re di Castiglia
guerra ai saraceni fu aiutato da In-
nocenzo III, minacciando il Pontefice
la scomuuica contro quelli che aves-
INN
sero rotto con lui la tregua. Nata
grave discordia tra il re di Porto-
gallo Sancio I ed il vescovo di
Coimbra, questi per le violenze che
commetteva gli fulminò l' interdet-
to : il Papa rammentò al re i suoi
doveri e la salute dell' anima , e ve-
nuto esso a morte die segni di pen-
timento. Allora ricorsero al patro-
cinio pontificio i figli del defunto,
coutro il fratello Alfonso I ch'era
montato sul trono, onde Innocen-
zo III die le opportune istruzioni
ai vescovi del reame. Morto Suero
re di Norvegia fu innalzato alla
corona Ingo nipote di lui, eh' eb-
be a competitore Filippo, per cui
ricorsero al Pontefice producendo
la legittimità delle loro ragioni. Da
questo costante appellarsi a Roma
per le cause più gravi , è chiaro
che la santa Sede formava un tri-
bunale supremo riconosciuto dai
principi. Intanto la riunione della
Chiesa greca colla latina non era
che apparente, ed anziché accre-
scere autorità alla Sede apostolica,
serviva a moltiplicarle gli aflari per
le infinite questioni de' vescovi ,
degli ordini religiosi, de'preti e dei
laici.
Per le violenze che il re d'Ar-
menia commise contro i cavalieri
templari, fu scomunicato dal Pa-
pa; quindi questi confortò il patriar-
ca d' Antiochia dalle tribolazioni
de' suoi nemici, e lo raccomandò
al soldano d' Aleppo Malek figlio
di Saladino , augurando a questo
ultimo con fervore degno del capo
della cristianità, che scendesse ad
illuminarlo la luce del vangelo ,
con queste parole. » Noi sappiamo
per relazioni degne di fede che
quantunque tu non abbia per an-
co ricevuto i sacramenti , sei tut-
tavia sì rivereute della fede catto-
INN 277
lica da superare in questo molti
cristiani. Confidiamo nella bontà
e nella grazia infinita di Cristo, e
speriamo ch'egli vorrà illuminarti
con la luce della sua visitazione,
onde nasca in te il desiderio di
venerare il vero ed eterno Iddio ,
che s' è fatto uomo per nostra re-
denzione. Noi dunque caldamente
ti esortiamo in nome di Gesù Cri-
sto ad esercitare la giustizia, ad
amare la verità, che ti sarà guida
nella via della salute ; a venerare
per amor nostro il patriarca d'An-
tiochia , carissimo a noi, nel Si-
gnore, sopra molti fratelli nostri
e vescovi compagni, a cagione del-
l' integrità sua ; a non lasciare, per
quanto è da te, eh' egli ed il suo
re sieno molestati, anzi a conceder
loro aiuto e consiglio , affinchè tu
così ottener possa la protezione
della Maestà divina e la grazia
della santa Sede ". Continuando i
conti di Tolosa, di Fois e di For-
calquier la protezione degli albi,
gesi, dai legati furono di nuovo
condannati; e continuarono i trat-
tati, i concilii e gli avvenimenti
d'una terribile guerra , sostenuta
con ardore da ambo le parti con
sorti varie. Si vuole che Raimon-
do, malmenato dai legati, si dimen-
ticò dell'accoglienza amorevole ri-
cevuta in Roma, e trovossi costret-
to a riprendere le armi. Intanto
giunsero in Roma i deputati dei
principi alemanni per annunziar
ad Innocenzo III la scelta di Fe-
derico li, e chieder la sua appro-
vazione. La faccenda era grave e
richiedea quella matura delibera-
zione che sapevasi già per prova
metter la Chiesa romana in ogni
grave contingenza, diflicilissimamen-
te e non altro che dopo lunga pon-
derazione accomodandosi alle inno-
a78 INN
vazioni. Se dall' una parte il Papa,
disgustato com'era di Ottone IV,
trovava la risoluzione de' principi
alemanni conforme a'desiderii suoi,
non potea dall'altra non ricordarsi
di qual casa sveva usciva Federi-
co II Hohenstaufen, le tribolazioni
da questa cagionate alla Chiesa, e
i doveri del Pontefice verso que-
st' ultima. Se non che sperar po-
teva che i moltissimi beneficii fatti
a Federico II, il quale riconosceva
il regno sol dalle cure di lui, l'a-
vrebbero altrimenti guidato. On-
d'è che alla fine aderì alla fatta
elezione, e confortò lo stesso Fede-
rico II a recarsi di presenza in
Germania, ed i principi tutti di
colà a riconoscerlo per loro signo-
re ed a collegarsi con esso, come
tosto ivi giunto, coi loro vassalli.
Recatisi i deputati in Sicilia a par-
tecipar a Federico II la sua ele-
zione , accettò e si dispose alla par-
tenza nel 1 2 1 2.
Appena Ottone IV tornò in Ger-
mania, tutte le sue conquiste an-
darono perdute, ed Innocenzo III
coll'aiuto del marchese Azzo d'E-
sle, senza opposizione ricuperò alla
Chiesa romana tutte le provincie
a lei sottratte da Ottone IV iu
Toscana. In Germania questo prin-
cipe non ebbe alcuna accoglienza;
in due diete che adunò niun ve-
scovo comparve, tranne quello d'AI-
berstadt; ed i principi che v'in-
tervennero nella maggior parte in
cuore erano per Federico II. Ce-
lebrate Ottone IV le nozze con
Beatrice a' 7 agosto , agli 1 1 ne
restò vedovo; onde il popolo vide
in questo castigo un segno della
collera divina. Federico lì lascian-
do la moglie Costanza reggente del
regno, dopo aver fatto coronare re
di Sicilia Eurico suo figlio, nell'a-
prile si portò in Roma ricevuto
con grand onore dal Papa, dai car-
dinali e dal senato e popolo roma-
no. In perfetto accordo con Inno-
cenzo III, riconobbe il diretto do-
minio sulla Puglia, confermò l'an-
nuo censo di mille monete d' oro,
e la libera elezione de' vescovi ; e
fu convenuto che la Germania e
la Sicilia non avrebbero mai for-
mato un sol regno. Il Papa prov-
vide alle spese del re per tutto il
suo soggiorno in Roma, gli diede
una somma di denaro e quanto
altro gli occorreva a continuare il
suo viaggio, e lo fece accompa-
gnare da un legato: i genovesi per
compiacere Innocenzo III vennero
con quattro galere al porto d' O-
stia a levar Federico li. Entrò in
Germania riconosciuto per signore
dalla nobiltà, dai prelati e da tut-
te le popolazioni de' luoghi ove
passò : si abboccò col figlio primo-
genito del re di Francia , fece con
questi alleanza difensiva ed offen-
siva, e n'ebbe ventimila marchi. La
general difFalta in Germania inse-
gnò ad Ottone IV, che la pode-
stà spirituale del Papa più poteva
degli eserciti e della podestà tem-
porale. Quanto all' Inghilterra tut-
te le rimostranze d' Innocenzo III
furono vane, per cui costretto ad
usar severità sciolse dal giuramen-
to di fedeltà i nobili, il popolo e
i vassalli di Giovanni, e vietò sotto
pena di scomunica d'aver pratica
con lui , che restò sommamente
spaventato dalla sentenza pontifi-
cia. Questa pel malcontento gene-
rale venne accolta a gran giubilo
da tutti. Essendosi portati in Ro-
ma l'arcivescovo di Cantorbery ed
altri vescovi a narrare le crudeltà
di Giovanni coutro la Chiesa, In-
nocenzo III pronunziò uu'altra con*
INN
sura, colla quale ordinò la depo-
sizione del re, e l' elezione d' un
altro più degno sotto la vigilanza
della santa Sede, incaricando del-
l'esecuzione il re di Francia , che
invitò ad impossessarsi del regno ,
dichiarando crociati quelli che si
fossero schierati sotto i di lui ves-
silli, colla partecipazione dell' in-
dulgenze concesse a quelli che pel-
legrinando visitavano il santo Se-
polcro. I legati pontificii annun-
ziarono a Giovanni in Northampton
le sentenze pontificie. Il re arrab-
biatissimo sulle prime, venne a po-
co a poco calmandosi, e vedendo
crescere contro di se lo scontento
de' suoi , temendo di peggio inco-
minciò a mitigar il rigore di sue
leggi, benché spesso si abbandonas-
se alle violenze.
Tornando alla guerra di Spagna
contro i mori, essendo venuto dal-
l'Africa innumerabili orde di sara-
ceni , Ben Nasser si tenne tanto
certo della vittoria, che fece bru-
ciare le navi che li avevano por-
tati, essendo durato lo sbarco quin-
dici giorni. Minacciata la cristiani-
tà da tanto pericolo, prontamente
Innocenzo III speuse in Ispagna le
discordie fra i principi, e commise
a tutti gli arcivescovi di Francia
di muovere a favore del re di Ca-
stiglia Alfonso IX il fervore defe-
deli come fece con altri, e mera-
vigliosi ne furono i risultati. La
massa degli armati si radunò a
Toledo , composta di portoghesi
guidati dall'infante Pietro, cavalie-
ri degli ordini religiosi, navarresi
comandati dal loro re Sancio \ II,
«pagnuoli fra' quali il re d'Arago-
na, francesi, e persino italiani, ed
anco il duca d' Austria Leopoldo
VI con gran seguito, trovando
egli più comodo guadagnar in Eu-
INN a79
ropa la ricompensa promessa ai
crociati, che andarla a cercare di
là dai mari. L' esercito sommò a
centomila uomini a piedi, e dieci-
mila a cavallo, a tutti provveden-
do del necessario il re, che inoltre
ognuno trattava con nobiltà, men-
tre i vescovi teneva ferma la pa-
ce tra tanta moltitudine d'uomini
diversi d'indole e di costumi. In-
tanto eh' essi preparavansi a far
provare ai nemici della cristianità
il potere delle sue armi, e il va-
lore de' suoi difensori, Innocenzo
III in Roma a'3 maggio fece una
processione generale di ecclesiastici
e di laici, affine d'impetrar da Dio
la vittoria alle armi cristiane, di-
pendendo dal successo, se i re cri-
stiani o gli emiri de'saraceni do-
vessero comandare in Ispagna, e se
gli abitanti suoi avessero a seguir
la credenza di Maometto o la fe-
de di Cristo. I fedeli co'piedi nu-
di da tre chiese si portarono al
Laterano preceduti dal salutifero
vessillo della croce, ove pur si re-
cò il Papa co'cardinali, vescovi, cap-
pellani, ed altri. Benedì nella ba-
silica il popolo colla reliquia della
ss. Croce di cui correva la festa
dell'invenzione, e questa portò poi
al palazzo del vescovo d'Albano,
dalle cui gradinate predicò alla
moltitudine , dopo di che tutti
tornarono alle chiese; le donne a
quella di s. Croce in Gerusalemme
dove un cardinale celebrò la messa,
e le esortò alla preghiera ; gli eccle-
siastici e laici a quella di s. Giovanni
in Laterano, dove Innocenzo III dopo
aver celebrato il sagrifizio, a piedi
nudi come tutti gli altri venerò la
Croce. L'esercito cristiano marcian-
do di vittoria in vittoria prese di-
verse città e fortezze, riportò un
compiuto trionfo a Naves di To-
280 INN
Iosa, avendo poco perduto in con-
fronto de' saraceni, che alcuni fece
ascendere a centomila morti oltre
un immenso bottino. Gli storici a-
rabi riguardarono tale disfatta co-
me una delle cagioni del diserta-
mene dell'Africa, i nostri come
il decadimento della potenza dei
mori in Ispagna. 11 principale ono-
re della vittoria si debbe a Dio,
ed alla Beata Vergine protettrice
della Spagna, e tra gli uomini al
valoroso e pio re di Castiglia, con-
tento di aver salvato il paese dal-
l'invasione de' suoi tremendi vicini
e vendicata la sanguinosa giornata
d'Alarco. A Calatrava i crociati
incontrarono il duca d'Austria coi
suoi , ed accompagnossi con suo
cugino alla volta d'Aragona. Al-
fonso IX mandò al Papa una bre-
ve relazione della gloriosa spedi-
zione, con l'alferez , insegna prin-
cipale de' mori, e la tenda di seta
dell' emiro Al-Mumerim. Pietro
II fece pure il suo omaggio al
santo Padre della lancia dell'emi-
ro, che si vide per più secoli so-
spesa alla volta del tempio di s.
Pietro in testimonio del divin pa-
trocinio conceduto ai fedeli. La
gioia prodotta in Roma da questa
strepitosa vittoria fu pari a quella
del popolo spagnuolo, per cui In-
nocenzo III convocò il clero, sta-
bilì una festa per questo avveni-
mento, e tradotta egli stesso la
lettera del re, la fece leggere al
popolo radunato ; quindi lodò le
gesta del prode principe, e ringraziò
il Dio degli eserciti.
In questo tempo ebbe pur luo-
go la Crociata sesta (Fedi), ove
parlammo della crociata de'fanciul-
li, esempio atto a mostrare lo spi-
rito di quell'epoca, a cui tanto die
impulso Innocenzo III. Stefano
INN
giovane francese del villaggio di
Cloies presso Vendome, dotato dalla
natura di efficacissima eloquenza,
fu quello che predicò la crociata
de'fanciulli, e fu imitato sia nella
predicazione, che nel pio desiderio
di liberare i santi luoghi, da altri
fanciulli e fanciulle che vestirono
l'abito de'pellegrini. L'esito fu in-
felicissimo , pressoché niuno arri-
vando in Palestina, e dispersi po-
chi ritornarono alle loro case. In-
tanto i latini che stanziavano nel-
l'impero greco, mostrarono non più
ricordarsi del motivo che gli avea
tratti in quelle parti ; e trovando-
si il re di Gerusalemme Giovanni
di Brienna in infelice condizione,
spedi il vescovo di Sidone al Pa-
pa ad informarlo del suo stato.
Innocenzo III ordinò quindi ai
cavalieri templari di prestare as-
sistenza al re, perchè la causa
sua era pur anco la loro, e al
patriarca commise di esortar i ba-
roni a collegarsi lealmente col re.
Nata forte scissura in Costantinopoli
per dar al defunto patriarca il
successore , il Papa vi spedì un
legato, e consolò il patriarca di
Alessandria prigione del soldano ,
invitando i principi cristiani di Pa-
lestina a far con esso il cambio
de' prigionieri. Le guerre contro i
sostenitori degli albigesi continuan-
do nella Francia meridionale, il
figlio del re prese la croce con al-
tri personaggi e due vescovi, e
dalla Germania mercè l'esortazioni
del Papa diversi signori ed eccle-
siastici recaronsi ad ingrossare l'e-
sercito cattolico. Delle conquistate
provincie il conte di Monfort fece
diversi principati, pe'quali si de-
cretarono molti utili provvedimen-
ti. In Germania la generosità di
Federico II posta a coulrouto con
l'avarizia di Ottone IV, aumen-
tò al primo il numero de' par-
tigiani : quindi nel 121 3 nella
gran dieta di Eger dichiarò al
Papa in una bolla d'oro, firmata
dai primi fra i principi spirituali
e temporali « voler egli in bene-
merenza della protezione in cui
l'avea sempre avuto Innocenzo III,
e delle cure sue come tutore di
lui, prestargli in ogni tempo ob-
bedienza e rispetto al pari e più.
ancora di tutti i suoi predecesso-
ri ". Concesse inoltre ai capitoli
intera libertà nell'elezione dei ve-
scovi, e libertà d'appellare a Ro-
ma in tutte le cause ecclesiastiche;
rinunziò ad ogni pretensione sulle
successioni de' prelati defunti , e
sulle reudite delle chiese vacanti ;
promise efficace cooperazione per
la distruzione dell'eresia; confermò
la Chiesa romana in tutte le pos-
sessioni ab antico acquistate, sen-
z' altro aggravio che di far le spese
all'imperatore durante il suo sog-
giorno in Roma nell'incoronazione;
e protestò che ogni cagione di di-
scordia fra la Chiesa e l'impero
doveva essere tolta di mezzo, e le
due podestà d' ora innanzi essere
strettamente congiunte, in prova di
che egli avrebbe fatto causa co-
mune con essa nella difesa del
reame di Sicilia, e dell' isole di
Corsica e di Sardegna. Essendo
poi Federico II in Spira, grato
ad Innocenzo III d'avergli conser-
vato il regno, concesse di nuovo
al fratel suo Riccardo ed ai di-
scendenti di lui l'investitura del-
la contea di Sora.
Le cose di Francia cangiarono
di aspetto, perchè Filippo Augu-
sto dopo venti anni di separazio-
ne riprese Iugelburga sua moglie,
cedeudo alle esortazioui del Papa,
INN 38 r
o per cattivarsi tutti gli animi
nella guerra che andò a rompere
cogl'inglesi e col duca di Fiandra.
Universale perciò fu in Francia il
contento, e la regina si chiamò
beata d'essere giunta al termine
delle sue pene, e di aver ottenuto la
ricompensa della costanza sua, nel-
l' affetto ridonatole dal marito, al
quale sopravvisse quattordici anni.
L'arcivescovo di Cantorbery, da Ro-
ma ov' erasi portato, passando in
Francia, alla presenza del re, del
clero e del popolo bandi la sco-
munica contro il re d'Inghilterra,
esortatilo tutti con promessa della
remissione della penitenza dovuta
pei peccati a chi pigliasse le anni
contro di lui e riponesse un altro
più degno sovrano sul trono. Altro
non desiderava Filippo Augusto
per convocar i suoi vassalli onde
prender l'armi contro l'Inghilterra,
di rimettervi i vescovi raminghi,
ristabilir il culto divino e vendi-
car la morte d'Arturo. Il re Gio-
vanni tutto sapendo si pose sulle
difese con settantamila uomini ;
ma pei legati spediti dal Papa a
rinnovare esortazioni , egli vide
ormai trono, vita, eterna salvezza
in pericolo, laonde tutto tremante
giurò sul vangelo di sottomettersi
alla Chiesa. Ristabilita dai legati
la concordia tra il re, i vescovi e
gli ecclesiastici, i primi spedirono
messi al re francese a desistere
dall'invadere l'Inghilterra. Il Papa
rispose alle proposizioni di pace
con una lettera a Giovanni, nella
quale invece del solilo saluto, gli
augurò miglior consiglio di mente,
dichiarando . nulle, illegali e con-
trarie alla immunità della Chiesa
tutte le convenzioni fatte col re
dagli ecclesiastici di qualunque gra-
do. 11 re rinunziò ìu favore della
2S2 INN INN
santa Sede alla corona ed ai rea- firma dell'arcivescovo di Dublino e
ini d'Inghilterra e d'Irlanda, e con- di parecchi baroni, al legato, poi
segnò al legato Pandolfo un atto recossi in gran pompa alla chiesa,
concepito in questi termini. '» Af- depose la corona e le insegne del-
fine d'ottenere misericordia da Dio la dignità reale, e prestò il giura-
per le offese da noi fatte alla san- mento di vassallaggio in questi ter-
ta Chiesa, e d'umiliarci dinanzi a mini. » Io, Giovanni, per la grazia
Colui che umiliò sé stesso fino al- di Dio re d' Inghilterra e signore
la morte, mossi per impulso dello d'Irlanda, giuro d'essere d'ora in-
Spirito Santo e non avendo nulla nanzi fedele a Dio, a s. Pietro, al-
di più prezioso ad offrir della la Chiesa romana, a Papa Inno-
persona nostra e de' nostri regni, cenzo III mio signore ed a'suoi
rinunziamo, di consenso co' nostri successori cattolici; di non coadiu-
baroni , non forzati da violenza vare né in fatti né in parole né
o timore , ma di nostro libero in consigli né in pensieri a far Io-
volere, a Dio, a'suoi santi aposto- ro perder la vita, le membra, o la
li Pietro e Paolo , a nostra ma- libertà; a rimuovere da essi ogni
dre santa Chiesa, a Papa Inno- danno di cui io avessi sentore, ed
cenzo 111 signor nostro ed a'suoi a fare ogni poter mio per impe-
successori cattolici, in espiazione dirlo; a rivelar loro colla maggior
de' peccati nostri e della nostra fa- prontezza possibile, io stesso o per
miglia, i nostri regni d'Inghilterra mezzo di fidate persone, ogni mac-
e d'Irlanda, con tutte le ragioni chinazione contro i medesimi; a
e dipendenze , onde riceverli di custodire il segreto in tutto ciò che
nuovo qual vassallo di Dio e della mi comunicassero, sia in persona, sia
Chiesa romana. Prestiamo quindi in messaggi, sia per lettere, ed a non
in tal qualità tra le mani di Pan- punto divulgarlo scientemente a
dolfo il giuramento al sommo Pon- danno loro; a difender con tutte
tefìce ed a'suoi successori, renden- le mie forze il patrimonio di san
dolo obbligatorio per noi e nostri Pietro e particolarmente i reami
eredi e successori; ed in segno di d'Inghilterra e di Irlanda contro
vassallaggio ci obblighiamo di pa- chiunque gli assalisse. Così Dio e
gare alla santa Sede sui redditi i santi vangeli mi aiutino ". Pan-
dei regno, oltre il denaro di s. dolfo gettò in terra il denaro dal
Pietro, trecento marchi per 1' Ir- re offerto in segno di vassallaggio,
landa e settecento per l'Inghilterra, e tenne presso di sé per cinque
11 tutto sotto pena di perdere o- giorni la corona e Io scettro, do-
gni diritto al regno per chiunque pò di che li rese al re. Questo era
de'successori nostri infrangesse que- il giuramento che ogni vassallo
ste condizioni ". Qui noteremo che prestava al suo signore. Notano i
all'articolo Inghilterra (Fedi), nel critici, che essendo Giovanni osti-
traltarsi questo argomento, si disse nato se il pericolo era lontano, co-
fino a quando i re d'Inghilterra dardo se vicino, vogliono che das-
pagarono alla Sede apostolica il se il regno in feudo alla santa
convenuto tributo. Sede per assicurarsi d' un potente
Il re Giovanili consegnò l'atto, protettore contro il re di Francia,
autenticato col suo sigillo e cou la di che ne restarono piccali i suoi
I n N
baroni al vedersi da vassalli im-
mediati della corona diventar sot-
to vassalli; maggiore fu poi il ran-
core del re francese che per la
spedizione avea speso seicentomila
lire, ed incominciò ad invadere la
Fiandra alleata di Giovanni, il cui
aiuto implorò ed ottenne il suo
conte Ferrando. Le novelle d' In-
ghilterra furono accolte a Roma
con giubilo grande, ed Innocenzo
III vedendo la mano di Dio in
questo fatto, scrisse al re: » Lo
Spirito Santo ti ha ispirato la ri-
soluzione di sottomettere il tuo re-
gno alla Chiesa romana ; tu il
possederai Ora più fermo e splen-
dido che mai ; poiché esso è di-
venuto un regno sacerdotale, se-
condo la parola di Mosè e di s.
Pietro. Dio faccia che tu lealmen-
te adempi tutte le tue promesse".
Ed a richiesta del re gli mandò
per l'esecuzione del trattato il car-
dinal ÌNicolò vescovo di Frascati
con piena facoltà, e fu prosciolto
dalle censure ecclesiastiche, rinno-
vando il re i suoi giuramenti di
abrogare tutte le leggi ingiuste, e
confermando quelli fatti alla santa
Sede.
Il re Pietro II d'Aragona sem-
pre fisso nel ripudiar Maria sua
moglie, questa portossi in Roma
per trattare la sua causa. Avendo
quindi Innocenzo HI medesimo esa-
minato gli atti del processo, di-
chiarò in pieno concistoro insussi-
slenti i motivi addotti dal re, cui
intimò ripigliarsi la moglie che lo
avea fatto padre d'un figlio ed era
d'irreprensibili costumi. Maria inol-
tre ricorse contro gli abitanti di
Montpellier che le aveano atter-
ralo il proprio castello, per cui il
Papa ordinò un processo; indi
mori in Roma assistila dal medi-
li* >' 283
co pontificio : lasciò ricchi doni
alle quattro principali basiliche di
Roma, il suo corpo volle che fos-
se sepolto in quella di s. Pietro
presso s. Petronilla, pose i figli
sotto la protezione del Papa e lo
lasciò esecutore testamentario, con
facoltà di cambiar le sue disposi-
zioni. In questo tempo il Papa si
rivolse al re di Portogallo Alfon-
so II, che avendolo posto sotto la
sua prolezione e di s. Pietro, e
confermato il suo stato tributario
alla santa Sede, tornò ad invitarlo
energicamente a rispettare il testa-
mento paterno circa i fratelli e le
sorelle. Piinnovò il Pontefice i suoi
eccitamenti per tutto in soccorso
di Terra Santa, un gran numero
di fedeli presero la croce, e scrisse
la seguente lettera a Malek-Adel
per indurlo a ceder volontariamen-
te quel che gli poteva esser tolto
per forza. « Al magnifico Safiìl-
dino, soldano di Damasco e di Ba-
bilonia, venerazione ed amore pel
nome di Dio. Il profeta Daniele
e' insegna che Dio in cielo produ-
ce in palese le cose nascoste, can-
gia i tempi e trasmuta gl'imperi,
affin che tutti conoscano esser egli
solo l'arbitro de' regni e distribuir-
li a chi più vuole. La qual verità
fu da lui chiaramente dimostrala
col far cadere Gerusalemme e il
suo territorio nelle mani di tuo
fratello, non già per merito delle
virtù sue, ma si per castigare il
popolo cristiano dell'aver offeso il
suo Dio. Ma ci siamo prostrati a
lui e speriamo che avrà misericor-
dia di noi, però che, come dice il
profeta, anche nell'ira sua non la-
scia di esser misericordioso. Ad e-
sempio di colui che disse nel van-
gelo: Imparate da me che sou be-
nigno ed umile di cuore, noi sup-
284 INN INN
plichiamo con tutta 1' umiltà la corrispondevano alla sua confiden-
magni licenza tua , affinchè non si za, come richiesto avrebbe il mag-
versi maggior quantità di sangue gior bene della Chiesa. 11 re si re-
umano della già versata per la vio- co a Tolosa ed in Lavaur a re-
lenta occupazione di codesto pae- clamare le provincie tolte ai conti,
se, e ascoltando i consigli della ma i legati gli provarono aver loro
prudenza, tu ce lo renda, da che, provocalo 1' occupazione, con pro-
salvo un poco di gloria vana, da teggere gli eretici, sostener la guer-
s'unil possesso trarrai più danno ra e commettere moltissime ciudel-
che frutto. Se tu consenti alla do- tà ; quanto al tolosano esser di-
manda nostra, noi daremo scam- venuto peggio eli prima dopo il
bievolmente la libertà ai prigionie- suo ritorno da Roma, cose tutte
ri, faremo posar le armi, e il che i legati dimostrarono ancora
popolo tuo sarà appo noi trattato al santo Padre. Questi fece allora
come il nostro appo te. Ti pre- sapere al re che desistesse dalla
ghiamo di accoglier benignamente protezione degli eretici, e che in-
i latori di questa lettera, di trai- tanto si farebbe 1' esame delle ra-
tarli onorevolmente e di dar loro gioni d' ognuno. Ma Pietro II,
conveniente risposta quale ce 1' a- non curando tali ammonizioni, rup-
speltiaino ". Questo messaggio di- pe contro Monfort la guerra; si
mostra ancora quanto stasse a cuo- fecero dai cattolici inutili proposi-
re d'Innocenzo III la ricupera del zioni di pace, i vescovi scomuni-
santuario de' santuari. carono i conti capi degli eretici, e
A rimostranza dei conti di To- Monfort fiduciato in Dio, attaccata
Iosa, di Foix, di Comminges e di la battaglia, Pietro II restò ucci-
13earn, il re d'Aragona Pietro II so, dopo essere stato inutilmente
per ambasciatori fece conoscere al scongiurato a ritirarsi. Morto il re,
Papa che il conte di Monfort a- i cattolici si precipitarono fra le
vea rivolto le armi non solo con- schiere nemiche, i conti fuggirono,
tro gli eretici, ma pure a danno e completo fu il trionfo. Narrasi
dei fedeli suoi sudditi, versando che l'esercito del re d'Aragona
sangue innocente, ed occupato prò- perde più di dieciottomila uomini,
vincie non punto infette d'eresia, ed ebbesi per miracolo che i cat-
per lo che Innocenzo III se ne dol- tolici ebbero morti un cavaliere e
se coi legati e col conte, e vietò di otto soldati, considerati gloriosi
molestare le terre del re, resti- martiri della fede. Il corpo del re
tuendo quelle occupate. Da que- portato in Aragona rimase inse-
sti provvedimenti si vede l'im- polto come scomunicalo, finché a
parzialità, la moderazione e la giù- mediazione della sorella Costanza
stizia del Pontefice; che se que- moglie di Federico II, gli fu con-
sta guerra fu piena di lagrime- cessa sepoltura. Monfort si recò a
voli eccessi,, e s' ella fu tratta piedi nudi nella chiesa di Muret a
in lungo non è a darne colpa ringraziare Iddio, e venduto il ca-
a lui, il quale aver non potea vallo di battaglia e 1' armamento,
1' occhio in ogni parte, e per mol- ne dispensò il prezzo a' poveri. Ai
tissime cose dovea stare alle rela- 1 8 aprile di quest' anno 1 1 1 3 Inno-
zioni di persone che non sempre cenzo IH effettuò uu disegno che
1NN
da lungo tempo nudriva, col convo-
care il concilio generale Laleranen-
se IV (Fedi), al quale invitò
1' oriente e V occidente , i priucipi
temporali e spirituali. Nel seguen-
te anno 12 14 Ottone IV si spo-
sò con Maria di Brabante, e vuoisi
che nessun vescovo né prete abbia
voluto dargli la benedizione nuziale
percbè scomunicato; indi si alleò
con Giovanni re d' Inghilterra che
era in guerra colla Francia, onde
abbatterne la potenza, la quale era
il più saldo sostegno del Papa ,
sperando come avessero abbattuto
]' una e 1' altro , seguirebbe la
caduta di Federico II. Rottasi dun-
que la guerra, Ottone IV con
un esercito immenso di collegati
fu costretto alla fuga, e Filippo
Augusto riportò la famosa vittoria
di Bovines, ritornando trionfante
in Parigi, e pieno di gloria. La
Chiesa e Federico II si rallegraro-
no di questa vittoria. Il re di Fran-
cia usò gran moderazione di essa,
concesse tregua e poi pace a' suoi
nemici, e poco dopo Innocenzo III
levò formalmente 1' interdetto al
regno d' Inghilterra, che tanto dan-
no aveale recato.
Il patriarca di Gerusalemme, ed
i gran maestri degli ordini eque-
stri mandarono ad Innocenzo III
la relazione delle forze de' sarace-
ni in Palestina, ond' egli fece pre-
dicare la crociala in Francia, e
con miglior successo in Inghilterra.
Intanto Raimondo VI conte di
Tolosa, e i conti di Foix e di
Comminges con altri signori si di-
chiararono disposti di rientrar nel
grembo della Chiesa, e fecero la
loro sottomissione, ed il primo si
riconobbe vassallo del conte di
Monfort, il quale accrebbe i suoi
dominii, e li fece assicurare dai le-
INN 285
gati alla sua discendenza, all' insa-
puta e contro il volere d' Inno-
cenzo III . Questi per la rea con-
dotta di Valdemaro arcivescovo di
Brema, seguace d'Ottone IV, nel-
1' anno 121 5 rinnovò solenne-
mente contro di lui e suoi ade-
renti la scomunica . Stanco or-
mai Ottone IV di guerreggiare,
ritirassi negli stati ereditarli, e passò
in pace gli ultimi giorni di sua
vita, e riconciliatosi con la Chiesa,
pentito delle sue colpe, morì d'an-
ni quarantotto nel 12 r8 in Artz-
burgo, quasi due anni dopo la
morte di Innocenzo III. Ottone IV,
da guelfo eh' era o mostravasi nel-
1' aspirare alla corona, fatto dipoi
imperatore divenne ghibellino. f.
Guelfi e Ghibellini. Quanto al-
l' indomito Valdemaro, passò a
seppellire la sua ambizione in un
chiostro . Federico II nella dieta
tenuta in Francfort a' 19 maggio
12 15 fece giurare i principi del-
l' impero, che non avrebbero elet-
to altro successore a lui, che En-
rico suo figlio; indi passò in A-
quisgrana, ove Sigifredo arcivescovo
di Magonza, essendo vacante la se-
de di Colonia, lo cinse colla coro-
na reale di Germania nella catte-
drale, in cui pochi giorni innanzi
erasi posto un magnifico monu-
mento ad accogliere le ceneri di
Carlo Magno. 11 giorno dopo il
teologale di Xanten predicò la cro-
ciata, e il re fu il primo a pren-
der la croce, seguito da altri prin-
cipi ecclesiastici e secolari. Prima
della coronazione il re promise ce-
dere al suo figlio dopo la solenni-
tà il reame di Sicilia, confidando-
ne fino alla maggiore sua età il
governo a quel capace reggente,
che Innocenzo III destinasse. In
Inghilterra i baroni grandemente
286 1NN
sdegnati con Giovanni, mandarono
deputati a Roma, supplicando il
Papa ad aiutarli a riconquistar le
loro franchigie antiche dal re ar-
bitrariamente abolite, e ciò in ri-
munerazione di aver essi coraggio-
samente contrastato per le prero-
gative della Chiesa ; ma il Ponte-
fice gl'invito alla concordia ed alla
sommissione. Malcontenti i baro-
ni presero le armi, si mossero a
ricuperar da per loro i privilegi
che prima godevano, quando In-
nocenzo III ad istanza del re si
interpose tra lui ed i baroni, i
quali nulla curando eh' egli avea
preso per deluderli la croce, I' ob-
bligarono a conceder loro un diplo-
ma chiamato magna diaria , che
■vuoisi contener le basi di quanto
ora dicesi costituzione ; e guarenti-
ti furono del pari i diritti e le
immunità della Chiesa. Il re a mez-
zo dell'arcivescovo di Dublino e
del vescovo di Londra suoi amba-
sciatori, procurò trarre il Papa dal-
la sua, rappresentandogli eh' essen-
do il regno feudo della Cbiesa ro-
mana, le concessioni da lui estorte
senza il consentimento di lei non
potevano aver valore, e come se-
gnato della croce essere sotto la
protezione della santa Sede. Inno-
cenzo III entrò nelle sue ragioni,
ed emanò analoga bolla di scomu-
nica in Anagni a' 24 agosto, colla
quale condannò 1' accordo come
pregiudizievole alla Sede apostolica,
ai diritti della coronargli interes-
si delle crociate, e disonorevole pel
popolo inglese; quindi con lettera
invitò i baroni a rinunziar alla
convenzione, ed affidarsi a lui che
gli avrebbe fatto rendere giustizia,
e ridotto il re ne' limiti de' suoi
veri diritti. La bolla fu pubblicata
in Inghilterra dal vescovo di Win-
INN
Chester e da maestro Pandolfo de-
legali del Papa, ma non nominan-
do persona alcuna, i baroni non
la tennero per autentica e valevo-
le. Venuto poi Innocenzo III in
cognizione che i baioni avevano
fatto lega con Luigi figlio del re
di Francia, 1' ammonì a non fare
causa comune con gente scomuni-
cata; ed avendogli il re fatto sa-
pere che 1' arcivescovo di Cantor-
bery ne faceva parte, lo sospese, e
sciolse dall' obbedienza i di lui
suffragane!, iodi fulminò un' altra
bolla di scomunica contro i baro-
ni, nominando parecclii de'loro ca-
pi, e gli abitanti di Londra : in-
tanto i baroni ed il re si fecero
un' accanita guerra con crudeltà
terribili.
Luigi di Francia con gran se-
guito di baioni si accinse a scio-
gliere il voto per la crociala con-
tro gli albigesi, e porlossi dal con-
te di Monforl per procedere di co-
mune accordo, a cui il Papa avea
dato la guardia del paese conqui-
stato, e ricolmato di lodi per aver
combattuto da soldato degno di
Cristo per la fede cattolica. La
crociata di Filippo fu al tutto pa-
cifica, perocché già era finita ogni
resistenza, sottomesso il paese, ed
i capi degli eretici ritirati in In-
ghilterra. Quindi Simone di Mon-
fort s'intitolò, per la grazia di Dio,
conte di Tolosa e di Leicester, vis-
conte di Beziers e di Carcassona,
e duca di Narbona, governando
da assoluto signore e ricevendo o-
maggio dai più potenti conti e ba-
roni. Frattanto si recarono in Ro-
ma per la celebrazione del conci-
lio generale gli uomini più famosi
pel saper loro nel mondo cristia-
no, principi spirituali, ed altri per-
sonaggi ; ed il giorno di s. Marti-
INN
no nella patriarcale arcibasilica la-
teranense Innocenzo III pronunziò
il discorso per la sua apertura ed
incominciamento: di quanto si trat-
tò in questo concilio lo riporto al
citato articolo Lateranesse IV. L'ul-
timo anno del glorioso pontificato
d'Innocenzo III fu il 121 6. Colla
morte di Azzo VI marchese d'E-
ste, gli successe il figlio Aldovran-
dino in gran favore di Federico II.
Aldobrandino meritò pure quello
del Papa, che per segno d' inve-
stitura gli mandò una bandiera
bianca ; ma caduto prigione del
conte di Celano, che avea costretto
levar l'assedio di Fano, mori con
sospetto di veleno : con lui perì il
capo de' guelfi, e surse più poten-
te Salinguerra capo de' ghibellini
in Ferrara [Pedi). Questi ciò non
pertanto ottenne da Innocenzo III
in Romagna l'investitura di ven-
tiquattro feudi già della contessa
INlatilde, dati a lui da Ottone IV.
Dopo la partenza degli alemanni,
in Toscana e in Lombardia rico-
minciarono gli odii e le zuffe tra
guelfi e ghibellini; mentre Federi-
co li si decise pel suo voto e per
l'affetto che portava al Pontefice
d' imprendere la crociata. Gli in-
glesi continuarono a non far con-
to della scomunica, così gli eccle-
siastici. Innocenzo III tentò tolte
le vie perchè il re di Francia non
dasse aiuto ai baroni contro Gio-
vanni, ed a tale effetto spedì per
legato il cardinal Guala Bicchieri,
dovendosi il re inglese rispettare
qual vassallo della Chiesa romana.
Il re di Fiancia ricevè bruscamen-
te il cardinale, dicendogli non ap-
partenere 1' Inghilterra di buon di-
ritto al patrimonio di s. Pietro ,
ed aver Giovanni ucciso Arturo;
e perchè il di lui figlio non volle
INN 287
desistere dal soccorrere i baroni
contro Giovanni , il cardinale por-
tatosi da questi pronunziò la sco-
munica di cui avea minacciato Lui-
gi, mentre questi continuava le
conquiste nell' Inghilterra per le
ragioni che vi avea la propria mo-
glie. Il padre per obbedire al Pa-
pa sequestrò i beni del figlio e
de' signori che l'aveano seguito nel-
la spedizione, offrendosi di opporsi
con le armi ai disegni de' ribelli
di Giovanni, avendo cambiato sen-
timento dopo le pratiche del lega-
to. Luigi mandò a Roma amba-
sciatori per discolparsi, e dichiara-
re che non i baroni , ma i suoi
diritti sulla corona d'Inghilterra
l' inducevano ad occuparla. Inno-
cenzo III dopo aver risposto a tutte
le loro obbiezioni , bandi la sco-
munica contro Luigi e suoi seguaci,
facendola pubblicar ne' due regni ,
scrivendo parole severe contro Fi-
lippo Augusto del cui contegno non
fidavasi. Il cardinal Guala contem-
poraneamente operò iu favore del
re Giovanni molte cose , mentre
egli combatteva Luigi ed il re di
Scozia che con un esercito l'appog-
giava. L'Inghilterra trovossi in que-
sto modo per quasi tre anni tra-
vagliata da tre eserciti che gareg-
giavano di avidità e di ferocia.
Giovanni morì nella notte della fe-
sta di s. Luca, lasciando il regno
ad Enrico III suo primogenito, e
senza che nessuno ne lagrimasse la
perdita. Il figlio, sostenuto dal le-
gato, in età di dieci anni fu coro-
nato in Gloucester; i baroni ab-
bandonarono poi Luigi , il quale
reintegrato delle spese fatte, con-
chiuse la pace, ed abbandonata
l' Inghilterra fu riconciliato colla
Chiesa.
Il conte Simone di Monfort pre-
288 INN
se dal re di Francia l' investitura
delle provincie conquistate. Enrico
imperatore di Costantinopoli, con-
tentando con la mitezza del suo
governo greci e latini , sposò una
figlia del defunto Gioannicio per as-
sicurarsi l'amicizia de' bulgari suoi
vicini ; indi morì a' 3 giugno in
Tessalonica , per fatale disgrazia
della dominazione latina in oriente.
Non avendo lasciato eredi maschi,
i baroni elessero al trono Pietro
di Courtenay figlio di Luigi il
Grosso, marito di Elisabetta erede
di Courtenay e d'Auxerre; essendo
egli per Jolanda o Violante sua
sposa cognato de' due precedenti
imperatori. Erasi distinto nella pre-
sa di Coslanlinopoli e nella balta-
glia di Bovines. In conseguenza
delle disposizioni del concilio ge-
nerale venne di nuovo predicata la
crociata , cui potevano essere di
grande utile col navile le città ma-
rittime d'Italia. Genova e Venezia
eransi pacificate, ma Genova e Pi-
sa erano sempre in guerra tra loro,
e cosi le città di Lombardia. In-
nocenzo III sperando di ricondur
la pace con la mediazione sua per-
sonale, parti da Roma, e per Vi-
terbo passò a Perugia per indi re-
carsi a Pisa e probabilmente ali al-
tre città dell'Italia superiore, man-
dando innanzi due cardinali per
indurre il podestà e il consiglio di
Pisa a dimettere, pel bene della
cristianità, gli odii loro contro i
genovesi. I pisani risposero esser
pronti a compiacere il santo Pa-
dre, ma non voler lasciarsi fuggir
di mano un' occasione per vendi-
carsi de' nemici. Il Papa non di-
sperò di conseguire il suo intento,
e sull' interposizione sua persona-
le; ma fu colto in Perugia da feb-
bre terzana , che per l' ignoranza
INN
de' medici degenerò in febbre acu-
ta, cui senza accorgersi del suo pe-
ricolo, tennero dietro la paralisi,
il letargo, indi la morte. Innocen-
zo III spirò a' 16 luglio 1216,
nell' età di cincpiantasei anni , e
dopo dieciotto anni , sei mesi e
sette o nove giorni di pontificato.
Fu sepolto nella cattedrale di Pe-
rugia; nel i34", in cui si fabbri-
cò di nuovo la cattedrale, le di
lui ceneri furono nella stessa ur-
na congiunte colle ossa de' suoi
successori Urbano IV e Martino
IV, sepolti nella medesima chiesa,
finché nel 161 5 le ceneri di tutti
e tre furono trasportate in altro
più magnifico deposito, la cui im-
magine riporta il Papebrochio in
Propylaeo par. II, pag. 34, in-
sieme alla semplice iscrizione che
annunzia contener le ossa de' tre
Papi. Innocenzo III era di mez-
zana ma ben proporzionata statu-
ra, di grazioso aspetto ; avea l'oc-
chio scintillante, da cui tutta tra-
luceva l'interna indole sua: dato
com' egli era ad una vita oltre
ogni credere studiosa ed operosa,
e malgrado della gracile sua co-
stituzione , soggiacque a molte e
gravi malattie. Il suo ritratto si
vede negli Annali del Baronio; in
diversi autori delle biografie dei
Pontefici, come nel Ciacconio, Hist.
Pont. Rorn. tom. II, p. 2, col pi-
viale e tiara con una sola corona,
e senza barba ; nel Gravesonio col
piviale e triregno, allora però non
decorato di tre corone ; nel Ma-
rangoni , Chronologìa Roni. Pont.
pag. 90, tratto da quelli della ba-
silica di s. Paolo, col capo nudo,
senza barba e col pallio; ed in
fronte all' Istoria dHurlcr , senza
barba, col piviale e la tiara orna-
la di due corone con le code, ve-
1NN
dendosi coperte le orecchie dal ca-
mauro. Di questo ritratto uè re-
sero ragione i traduttori nel pri-
mo tomo, cioè in quello dell'edi-
fione Bonfànti a pag. 5i , in quel-
lo dell'edizione Resnati a pag. 5g.
Tutte in Innocenzo III trova-
ronsi congiunte le qualità dell'uo-
mo eccellente, del gran principe ,
del vero Pontefice massimo e su-
premo reggitore del mondo cri-
stiano. Dotato di profonda pene-
trazione, che gli faceva prevedere
facilmente l'esito degli avvenimen-
ti, ad una gran memoria ebbe u-
niti tutti i doni dell' ingegno, ed
insieme tal dottrina che raramen-
te trovavasi in altri ; l' alto suo
sentire Io trasse a concepir grandi
disegni, che poi con grandissima
intrepidezza e perseveranza con-
dusse ad etFetto, stimolato anziché
trattenuto, come suole ogni gran-
d'anima, dalle opposizioni altrui.
Per questa prudenza e ponderazio-
ne sue, congiunte all' acume del-
l' intelletto, niun ostacolo gli fece
paura, niun pericolo né minaccia
il fece dare addietro; solo l'obbe-
dienza e il rispetto lo potevano
piegare. Severo verso i protervi ,
benigno cogli umili, inflessibile do-
v'era da far giustizia, buono quan-
do occorreva usar clemenza, ne-
mico d'ogni nequizia o misfatto,
amava tuttavia di credere più il
bene che il male, e benché d' in-
dole impetuosa fu prontissimo al
perdono. Mai diede sentenza in gra-
vi affari senza consultar prima i
cardinali, e soleva dire, ch'egli a-
mava in ogni proposito più di ri-
cever consiglio che di darlo. Fu
affabile e cortese nel conversare, e
semplicissimo nella sua vita dome-
stica. Alla gravita sua naturale ac-
coppiar soleva la giovialità e go-
VOL. XXXV.
I N N 289
deva di assistere ai giuochi ed alle
pubbliche feste. Tommaso Canti-
pratense nella vita di s. Luitgarda,
presso i Bollandisti a' 16 giugno
pag. 237, racconta che Innocenzo
III dopo la sua morte comparisse
alla santa circondato di fuoco per
tre suoi peccati, ovvero ch'egli era
in purgatorio per tre motivi, i
quali l'autore non volle far noti
per riverenza di questo gran Pon-
tefice; de' quali per intercessione
della Beatissima Vergine si era
pentito, ed aveva scansato le pene
eterne , ma non quelle in cui Io
vedeva, che dovrebbe soffrire fi-
no al giorno del giudizio, e per le
quali veniva a domandargli suffra-
gi, che la santa subito gli procu-
rò dalle sue sorelle. Lo Spoudano
negli Annali eccl. an. 12 16; il
Pagi in Vita Innocenlii III} tom.
Ili Breviar. Rom. Pont. num. 110;
il Fleury, Hist. eccl. lib. 77, ed
altri, ammettono questa apparizio-
ne come probabile e verosimile.
Ma i Bollandisti suddetti, il Rinal-
di an. 12 16, num. 12, e l'Oldoi-
ni in A cidi t. ad vit. Innoc. Ili,
la credono favolosa, come contra-
ria ai testimoni del Rigoldo, De
gest. Philippi Augusti, e di s. An«
tonino presso il Piatti tom. VII,
pag. iog, i quali affermano che
Innocenzo III dopo innumerabili
egregie opere di virtù santamente
morì. Ogni mattina , dopo cele-
brata la messa, recavasi al conci-
storo composto di cardinali, e tre
volte la settimana esso era pub-
blico. Ivi accoglieva le suppliche
di tutti coloro che a lui ricorre-
vano, di qualunque paese si fos-
sero; e chiunque avesse a far qual-
che domanda o propor qualche
partito per la riforma di questo o
quell' abuso, o a chiedere favori
*9
29o INN INN
per questa o quella chiesa, o sug- dimostrazioni. Dicemmo già che a
gerir qualclte migliore costituzione fuggire i grandi calori dell'estate,
per questo o per quell'ordine mo- nocevolissirui alla sua salute, re-
nastico, era certo d'aver benigna cavasi alla campagna o iu qualche
udienza da lui. Innocenzo III non città vicina. Anagni era il soggior-
si lasciava punto sorprendere né no suo favorito, e cos\ Segni, luo-
allucinare , tenendo ne' concistori go ove al dir d' alcuno egli era
pubblici dietro e con grandissima nato, e Ferentino a cui traevalo
attenzione a tutte le questioni prò- l'amicizia pel vescovo; soleva re-
poste, esaminandole tutte sottil- carsi nella detta stagione anche a
mente , domandando spiegazioni , Viterbo, mentre all' uscir dell' au-
prove , testimonianze, documenti, tunno ordinariamente tornava in
all' uopo d'essere d' ogni cosa mi- Roma. Dovunque ei si trovava
nulamente informato. Udiva senza gli affari aveano spedizione come
impazienza esposizioni , repliche a fosse in Roma, non curante per
meglio dilucidar le questioni; ma sé di riposo, benché umanamente
chi più confìdavasi negli artifizi il concedesse sì agli ecclesiastici che
dell' eloquenza che nella solidità ai laici della sua curia. Una gran
delle ragioni ingannavasi , dappoi- moltitudine di persone da Roma
che la sua perspicacia sapea ben e da tutte le altre contrade del
distinguere la verità in mezzo a mondo cristiano concorrevano ai
quelle arti. luoghi dell' estiva sua dimora : a
Non breve non bolla spedivasi Viterbo in un mese si contarono
senza la sua partecipazione; per quarantamila forastieri, essendo luo-
la felice sua memoria ricordavasi go comodo per essi e fornito dei-
punto per punto le discussioni o l'occorrente. Tanto da cardinale che
le sentenze fattesi già sullo stesso da Papa di frequente predicava
proposito, ond'era impossibile alle- con profonda eloquenza ed eru-
gargli una bolla falsa per aulenti- dizione; dai suoi sermoni si vede
ca , né alcuno poteva superarlo come appieno fosse dentro nelle
quanto alla scienza de' documenti sacre Scritture; parole, atti, sen-
antichi. Data spedizione agli affari, tenze soleva prendere in senso mi-
Innocenzo III andava a desinare, stico, ed amava sopra tutto le
e il suo pasto era semplicissimo ; antitesi. Oltre le opere di lui sum-
mai non si vide alla sua tavola mentovate, oltre le lettere ed i
vasellame d'oro né d'argento, tran- sermoni, egli compose un trattato
ne le grandi solennità, né mai era dell'educazione de'principi, e alcu-
imbandita di più che tre piatti, e ni dialoghi fra Dio e il peccatore:
il servizio facevasi non già da le lettere sono belle per la gran-
gentiluomini, ma solo da alcuni dezza e per la potenza de'pensieri
ecclesiastici che avevano cura della e per altri pregi ; lettere alla cui
casa. Se a mantener le leggi o le compilazione, se pure non usciro-
consuetudini della Chiesa, Iunocen- rono di getto dalla sua penna, egli
zo III trovavasi obbligalo a dar ha evidentemente cooperato. Due
tale sentenza che affligger potesse raccolte abbiamo delle lettere del
questa o quella parte, sempre cer- suo memorabile pontificato, /se-
cava di mitigarla con amichevoli slolarum Innoce/itii III wmani
IHH
Ponlifìcis libri undecìm: accedimi
gesta e/usdem Innocentii et prima
collecùo decretalium coni posila a
Rainerio diacono et monacho poni-
postano. Stephamis Balutius tute-
lensis in unum collegit, magnani
partcm nunc pr inumi edidit, reli-
qua emcndavit, Parisiis 1682. Que-
st'opera rarissima, viene compiuta
dall'altra ancor più rara : Diplo-
mata, cliartae , epistolae et alia
documenta ad res francìcas spe-
ctantia, ex diversis regni, exlerna-
rumque. regionum archiviis ac hi-
bliothecis jussu regis christianìssimi
multo rum eruditorum curis, più-
rimum ad id conferente congre-
gatone s. Mauri ertila. Notis il-
lustrarunt et ediderunt L. G. O.
Feudi ix de Brequigny , F. J. G.
La Porte du Theil, Parisiis 1691.
Questa raccolta comprende nel pri-
mo volume un' edizione più com-
piuta delle Gesta Innocentii, di
quella che si trova nella raccolta
del Baluzio, e nel Muratori, Scri-
ptor. rer. Ital. t. III. Il secondo vo-
lume è tutto pieno delle lettere
che mancano nel Baluzio. Le Ge-
sta nou giungono che all' anno
1208. Alcuni vollero Innocenzo
III anche versato nella medicina;
egli avea in pregio tutte le scien-
ze, e quelli che onoratamente le
professavano. La parte del sapere
in cui Innocenzo III era, ed esser
doveva per la sua condizione, so-
prattutto dottissimo, si era la Litur-
gia {Vedi), la storia della Chiesa cri-
sliana, e più specialmente quella che
riferì vasi al culto, ed al diritto cano-
nico fondato sulle decretali de'suoi
predecessori. Le decisioni pontificie
non furono mai tante quante sotto
il pontificato d' Innocenzo III, né
mai più dotte, perocché egli ac-
coppiava alla scienza del diritto
INN 291
canonico quella non men profonda
del diritto romano, e principalmen-
te delle Pandette. La maniera in cui
Innocenzo III sbrogliò e sciolse le più
difficili questioni di diritto, rende te-
stimonianza della sagacità sua, della
ponderazione ch'egli poneva in tut-
to ciò che veniva sottoposto al suo
giudizio, e delle sue vaste cogni-
zioni in questa parte della giuris-
prudenza di que'giorni con tanto
favor coltivata. Parecchi dei rescrit-
ti suoi, contenenti esami, spiegazio-
ni, risoluzioni, possono aversi in
questo genere per capolavori; laon-
de Bernardo di Compostella nel
quarto anno del pontificato stimò
bene raccogliere in un corpo tut-
te le sue decisioni, che per non a-
ver avuto la superiore sanzione,
sotto il titolo di Romana potè
servire per uso privato. Dopo di
lui il diacono Ranieri mentovato
continuò la medesima opera, cui
die il nome di Prima, ma non
fu solennemente riconosciuta. Solo
nel duodecimo anno del pontifica-
to d'Innocenzo III, questi die com-
missione a maestro Pietro Morra
di Benevento, di compilar questa
raccolta che fu da lui approvata,
onde lo premiò col cardinalato.
All'occasione del concilio generale
Lateranense il Papa fece accresce-
re la raccolta colle decisioni e pre-
cetti posteriori, che poi venne in-
corporata in quella voluminosa di
Gregorio IX. Compresovi il Regi-
strum de negolio itnperii, si fanno
ascendere tutte le lettere d'Inno-
cenzo HI a seimila, sommamen-
te importanti per la storia di quei
tempi, per l'amministrazione inter-
na della Chiesa, e per la cogni-
zione delle particolari condizioni
e del gius pubblico di que'tempi
medesimi.
*ga INN
Innocenzo III avea per costume
eli vivere, viaggiando, a proprie
spese, né mai volle farsi spesare
dalle chiese, com' era la consuetu-
dine. Dal dì della sua esaltazione
destinò tutti i doni che si offriva-
no nella chiesa di s. Pietro e il
decimo de' suoi redditi a sollievo
de' poveri, e così tutti mandava
al suo elemosiniere i presenti che
solevansi deporre a' suoi piedi, li-
na parte del denaro che trovavasi
nella camera apostolica alla sua
esaltazione, fu da lui messa da par-
te per provvedere ai bisogni re-
pentini, e il resto fu fatto distri-
buire ai conventi fuori di Roma ;
tutti i luoghi di pubblica benefi-
cenza furono dotati; moltissime
chiese ebbero doni, e ben quaran-
tamila lire furono da lui ripartite
fra le persone della sua casa così
ecclesiastiche come secolari. Reputò
suo obbligo dar da mangiare agli
affamati, vestir gli ignudi, soccor-
rere gli infermi, dotar povere zi-
telle, aver cura de' figliuoli abhan-
donati, vivendo de' suoi doni reli-
giosi e monache indigenti. Al suo
elemosiniere specialmente raccoman-
dava i poveri vergognosi, eh' erano
beneficati ogni settimana con dena-
ri, pane, vitto e vestito. Alla fine
del suo desinare poveri giovanetti
venivano a prendere gli avanzi;
ogni sabba to lavava e baciava i
piedi a dodici poverelli, poi faceva
dar loro da mangiare e dodici mo-
nete d' argento per ciascheduno;
pagava i debiti ai conventi, e già
dicemmo quanto soccorresse Terra
Santa. Laonde l'accusa d' ingordi-
gia d' oro datagli da Matteo Paris
e da altri cade da sé. Innocenzo
III, seguendo 1' esempio di Clemen-
te III suo zio e predecessore, con-
tribuì pur molto all' abbellimento
TNN
di Roma. Da cardinale consumò
gran parte del suo patrimonio nei
restauri della sua diaconia, da Pa-
pa ebbe la stessa sollecitudine pel
tempio di s. Pietro, e fece ancora
restaurare la chiesa di s. Sisto-
Sotto il suo pontificato comincia-
rono a fiorire le arti, massime
1' architettura, e Marcinone d' A-
rezzo architetto e scultore rinoma-
to ebbe da lui commissione di fab-
bricar parecchi edifizi. Presso la
chiesa di s. Pietro eresse un' abi-
tazione pei Pontefici ; abbellì ed
ingrandì il palazzo lateranense ;
restaurò ed ampliò il celebre 0-
spedale di s. Spirilo in Sassia
(Fedi), che riuscì un monumento
degno della metropoli del mondo
cristiano, siccome lo è tuttora. Im-
piegò Innocenzo III grosse somme
nelle chiese di Roma e di altro-
ve, con abbellimenti e copiosi do-
nativi ; ed in Roma particolarmen-
te quelle di s. Paolo e di s. Lo-
renzo fuori le mura, di s. Maria
Maggiore, di s. Maria sul Monte
Aventino, sperimentarono la sua
munificenza. La propria cappella
poi provvide di vasi d' oro, di
nuovi abiti pontificali d' ogni co-
lore, e di stoffe d' oro trapunte
di perle, sì eh' ella vinceva tutte
le altre nella ricchezza delle mate-
rie e del lavoro. Dichiara 1' ulti-
mo suo degno biografo, che dopo
Innocenzo III la cattedra di s.
Pietro non vide mai Pontefice più
illustre di lui per l'ampiezza del sa-
pere, per la purità de' costumi, e
per r importanza de' benefizi resi
alla Chiesa, per modo eh' ei fu
chiamato il più potente, non solo,
ma sì pure il più saggio dei Papi
che dopo s. Gregorio VII illustras-
sero il soglio pontificio. Ben dun-
que doveasi a questi due gran Gè-
rarchi che noi ne facessimo la bio-
grafia più assai ampia di quelle
di tutti gli altri predecessori e
successori, avuto riguardo all' in-
comparabile cumulo de' fasti e del-
le clamorose circostanze e singola-
ri avvenimenti che segnalarono i
loro due gloriosi pontificati, come
già protestammo più sopra; e qui
inoltre ripeteremo che moltissime
cose appena accennammo, perchè
esse come tutte le altre hanno par-
ziali articoli in questo Dizionario.
Pur tuttavia moltissimi provarono
piuttosto allegrezza che tristezza
alla nuova inattesa della morte di
Innocenzo III, a cagione dell' ac-
crescimeuto da lui dato all' auto-
rità e splendore della santa Sede,
della mirabile fermezza con che
seppe condurre il timone della
mistica navicella. £ quanto agli
scrittori, che venuti dopo il suo
secolo accolsero le calunnie spac-
ciate intorno a questo Pontefice
da alcuno de' suoi contemporanei
ferito neh' interesse o nell' amor
proprio, essi vollero piuttosto in
ciò ascoltar le loro private passio-
ni che investigar diligentemente le
azioni, e particolarmente le inten-
zioni d' Innocenzo III. In ben di-
verso modo giudicarono questo
gran Papa altri scrittori, che spo-
gli delle male preoccupazioni del
secolo, meglio seppero conoscerlo e
stimarlo, che le false o esagerate
relazioni dettate da spirito di par-
te, le quali non si debbono tenere
iu conto di verità storiche.
Lo stesso Giannone, nemico giu-
rato de' Papi, dichiarò essere stato
Innocenzo III un Pontefice a cui
molto deve la Chiesa romana, per-
chè colla sua accortezza, e molto
più per la sua dottrina, la ridusse
nel più alto e sublime stato, e
INI* a<j3
che avea saputo soggettarsi quasi
tutti gli stati e principi d' Europa,
i quali da lui come oracolo dipen-
devano. Tanto si legge nella sua
storia civile del regno di Napoli. Se
il di lui pontificato dovette una par-
te del suo splendore a quel con-
corso di avvenimenti straordinari
che serve a sviluppare tutta V e-
nergia delle anime grandi, può pe-
rò dirsi ancora eh' ei trovò sem-
pre in sé stesso e nella vasta sua
mente i mezzi proporzionati ai bi-
sogni delle circostanze in cui do-
vette vivere. Ecco poi come si
esprime il eh. Saint-Cheron tra-
duttore di Hurter, in diversi luo-
ghi della sua introduzione. » Or
bene 1 Innocenzo III ebbe al pari
di Gregorio VII contro di se le
passioni, i rancori, gli odii gallica-
ni, giansenistici, parlamentari, filo-
sofici, razioualisti, che da tre se-
coli accecano 1' umano intelletto
sull' indole della chiltà del medio
evo e sul genio de' suoi più gran-
di uomini Nella bella storia
di s. Elisabetta di Montalernbert,
nella sua introduzione, eh' è un si
compiuto ed eloquente ritratto del-
la prima metà del secolo decimo-
terzo, esso parlò condegnamente
di quest' uomo, che nel vigor del-
l' età, dovea, sotto il nome d' In-
nocenzo III, combattere con invitto
coraggio contro tutti gli avversari
della giustizia e della Chiesa, ed
offrire al mondo per avventura il
modello più perfetto che sia di un
sommo Pontefice, il tipo per ec-
cellenza del vicario di Dio. Il no-
me d' Innocenzo III desterà mai
sempre la memoria d' uno dei per-
sonaggi che più rispleuderono nel-
la scena del mondo, e d' un di
quegli eziandio de' quali la spas-
sionala filosofia avrà più diwcoltà
a94 INN
a definire precisamente le virtù
ed i difetti di cui fu tacciato
Innocenzo III dee mostrarsi ben
più degno di lode che di biasimo;
la perizia sua nelle scienze, la sua
erudizione in belle lettere, il suo
acume nelle cause di giurispruden-
za, l' integrità sua abituale ne'giu-
dizii, 1' autorità ancor di presente
inconcussa delle sue decisioni in
argomento di diritto ecclesiastico,
l'instancabile applicazione sua alle
cure del governo, 1' attitudine sua
al lavoro, la purità de' suoi costu-
mi generalmente riconosciuta, final-
mente la moltitudine di elette qua-
lità che i più violenti suoi detrat-
tori medesimi non seppero altri-
menti negargli, non renderan noi
persuasi esser egli stato più degno
di lode che di biasimo? Il
principal fine della presente storia
è la confutazione di tante erro-
nee opinioni, di tanti pregiudizii e
bugiardi asserti intorno al papato
nel medio evo, ed in ispezialità
intorno ad Innocenzo III
Fra tanti uomini che nel corso dei
secoli acquistarono grande impor-
tanza nella storia , nessuno più
de' Papi, e di questi nessuno più
d' Innocenzo III, toccò più spesso
la disgrazia d' essere mal giudica-
to, perchè giudicati furono senza
guardar, come si doveva, al tem-
po in cui vissero e ai doveri del
ministero loro ".
Inoltre Innocenzo III accrebbe la
gloria della Chiesa trionfante con la
canonizzazione de' santi Omobono,
Cunegonda imperatrice, Guglielmo,
Wulstano, Procolo, Pietro di Ca-
stelnuovo e Gilberto; ed aumentò
il lustro della Chiesa militante con
approvare gli ordini religiosi della ss.
Trinità della redenzione degli schia-
vi, dei canonici regolari spedalieri
INN
di Montpellier, do'oertosini di Val
di Choux, e de'francescani mino-
ri, confermando quello degli umi-
liati, e l'equestre di s. Benedetto d'A-
viz nel Portogallo. Anche il «acro
collegio de'cardinali fu da Innocen-
zo III illustrato con esaltare alla di-
gnità del cardinalato cospicui per-
sonaggi. Di ventotto cardinali che
Innocenzo III trovò nell'atto della
sua esaltazione, tre soli gli soprav-
vissero, fra'quali Cencio Savelli che
gli successe col nome di Onorio III;
egli in otto differenti promozioni o
nominazioni creò trentuno cardinali
ed undici in altri tempi, in tutti qua-
rantadue al dire del Cardella, uno
de'quali fu il suo parente che di-
venne Gregorio IX. Monsignor Fran-
cesco Bosquet vescovo di Montpel-
lier, alle lettere d'Innocenzo III, che
pubblicò in Tolosa nel i632, pre-
mise la Vita Innocentii III ab a~
nonymo conscripta, et e codice Fu-
xiensi mene primum edita. Federico
Hurter autiste o presidente del con-
cistoro protestante di Sciaffusa, nel
i834 in due primi volumi ed in
lingua tedesca pubblicò in Ambur-
go per Federico Perthes la sua Sto-
ria di Papa Innocenzo III e dei
suoi contemporanei, ed il terzo vi-
de la luce nel 18 38. Di quest'ope-
ra dal medesimo tipografo in Am-
burgo fu pubblicata in tre volumi
una seconda edizione negli anni
1841-1842. ^ssa ^u adotta in i-
dioma francese nel i838 stesso da
Alessandro de Saint-Cheron e da
Giambattista rjaiber, ed il primo
vi premise una bella introduzione
o discorso preliminare, meritando
il Saint-Cheron per la sua magi-
strale traduzione gli encomi dello
stesso autore, il quale dichiarò di
non riconoscere altre traduzioni, per
cui il di lui lavoro può tener luo-
go di originale. Sulla seconda e-
dizione di tal francese traduzione il
cav. ed abbate Cesare Rovida, non
sema consultare l'originale tedesco,
fece la sua versione in italiano, che
in tre tomi fu pubblicata in Mi-
lano da Giovanni Resnati coi tipi
Ronchetti nel i83g: essa ha nel prin-
cipio una lettera del vescovo del-
la Rocella monsignor Clemente Vil-
lecourt , di splendido elogio per
l'Hurter, dicendogli che tutti i suoi
desiderii ad altro non miravano che
alla sua presente ed eterna felici-
tà, applicandogli il seguente passo
dell'Ecclesiaste: « Essendo sapientis-
simo istruì il popolo . . . ricercò pa-
role vantaggiose, e scrisse documen-
ti rettissimi e pieni di verità ". Nello
stesso anno i83g ed in Milano e-
ziandio sulla francese traduzione, in
due tomi la tipografia d'Angelo Ron-
fanti ci diede la versione pure in
lingua italiana di Luigi Toccagni.
Iu Roma negli Annali delle scien-
ze religiose sino dal i836e 1837,
ne' voi. Ili, p. 161, e IV, p. 54,
sì pubblicò l'analisi di Giuseppe Es-
slinger della storia dell'Hurter ; quin-
di nel voi. XI del 1840 a p. 3y4
venne pubblicata l'analisi e riflessio-
ni sulla medesima storia del p. Gio-
vanni Perrone della compagnia di
Gesù, già letta nell'accademia di
religione cattolica e stampata an-
che a parte in Roma dalla tipo-
grafia delle belle arti. Il giudizio
che questi due ultimi dotti hanno
proferito sulla storia d'Innocenzo III,
siccome eminentemente cattolica ed
assai onorevole per la santa Sede,
è un nuovo tributo di lode reso
al sommo merito ed alla imparzia-
lità dello storiografo Hurter, il quale
tuttoché allora protestante volle far-
si difensore di un Pontefice, che fu
verameute la gloria del suo secolo.
INN 295
Il dotto Saint-Cheron nella sua
bella introduzione della sua diligen-
te traduzione in francese della sto-
ria di Hurter, dice che l'opera di es-
so ** distinguesi fra tutte le produzio-
ni storiche della Germania protestan-
te, per un grado più eminente di sa-
pere, per una più profonda cogni-
zione degli uomini, delle idee, de-
gli affetti, dei costumi, degli avve-
nimenti religiosi e politici del me-
dio evo. In essa ci ha più che im-
parzialità, ci ha una calda simpatia,
ci ha dell'amore, e oserei dire per-
fin della fede. Pel corso di ventan-
ni il ministro protestante Hurter
concentrò i suoi pensieri, tutti i suoi
studi nel regno e nel secolo del Pon-
tefice eh' è la personificazione com-
piuta e piìi sfolgorante che sia del
papato nel medio evo .... Il papato
era il pensiero ond'era continua-
mente preoccupato il nostro Hur-
ter, il papato era destinato a no-
verarlo fra'suoi vendicatori ". Il eh.
Esslinger autore protestante della
Germania, convertito alla religione
cattolica, nella sua analisi ci atte-
sta che la dotta Germania con me-
ritati applausi accolse la vita d'Inno-
cenzo III compilata da Hurter, cioè
d'un Pontefice la cui mente all'idea
elevossi la più ampia e sublime
che si abbia mai avuto del som-
mo pontificato, idea che nel più e-
nergico ed esteso modo fu nel regno
di lui effettuata. Egli opina, nel dar
l'idea tenuta dall'Hurter nel suo la-
voro, che tre meriti in esso si tro-
vano; cioè una maravigliosa cogni-
zione delle più minute circostanze
del tempo di cui tratta; una tale
abilità nel descrivere, che ci fa vi-
vere in mezzo agli avvenimenti che
racconta; in fine un gran numero
d'istruttive e profonde riflessioni det-
tate da massime sanissime iu poli-
296 IN 21
tica e religione. Chiude l'Esslinger
l'esame dell'opera di Hurter con
queste parole : » Nel considerare che
un protestante si è dimostrato nel-
la storia d'un Papa (da storici su-
perficiali anche cattolici tante vol-
te maltrattato ) tanto affezionato al-
le massime della vera Chiesa, quan-
to profondo e sagace indagatore dei
fatti di un tempo rimoto, ci torna
alla mente una bella riflessione, di
cui Hurter è al tempo stesso ed
autore ed esempio illustre. Si può
applicare, dic'egli, alla storia ciò che
Bacone dice della filosofia : Levio-
res haustus avocanl a Deo, plenio-
res ad Deum reducunt; ed in quan-
to al nostro egregio autore pos-
siamo aggiungere: et reducunt ( in-
ternamente per lo meno ) ad Dei
Ecclcsiam sanctam catliolicam ro-
vianani ". E lo si verificò trionfal-
mente. Questo esame amplissimo
dell'Esslinger sulla storia d'Hurter
fu citalo dal Saint-Cheron onde
spiegar l'immaginaria distinzione fra
l'accettazione degli uomini e dei
fatti, e l'accettazione de'principii, ri-
portandone analoghi tratti. L'anali-
si poi del profondo teologo p. Per-
rone è condotta in un modo assai
diverso dalla lodata, imperocché la
grand'opera dell'Hurter viene con-
siderata sotto due generali aspetti,
materiale e formale, da'quali scen-
dono importanti considerazioni e
non raen utili conseguenze: il ma-
teriale essendo la tela, il campo, il
fondo storico del lavoro; il forma-
le abbraccia lo spirito che lo in-
forma ed avviva, i principii, le ve-
dute, le tendenze dell'autore nel de-
lineare e colorire gli storici fatti. Ri-
trovò il p. Perrone in cotal opera
la formale condanna della setta dei
protestanti, alla quale apparteneva
allora Hurter, almeno esteriormente,
INN
chiudendo l'analisi colla seguenti di-
chiarazioni. « Di più l'odio e le si-
nistre prevenzioni di tanti contro i
romani Pontefici, e in ispeeial ma-
niera contro Innocenzo III, vengo-
no a rompersi al raffronto della vita
da lui descritta con tanta ingenui-
ta, e al lume di numerose e sotti-
li ricerche d'una critica la più se-
vera, qual è quella del nostro sto-
rico. In essa si appalesa l'eroe e la
vita del suo secolo, l'uomo magna-
nimo e grande, forte e giusto, mo-
derato e clemente, attivo e saggio;
il Pontefice cristiano intorniato dal-
la brillante aureola di tutte le vir-
tù, il padre dei popoli, il tutore
de'rispettivi diritti de'sovrani e dei
sudditi, l'universale rifugio degli in-
felici, il difensore e il propagatore
della fede, il sostegno inconcusso del
diritto e della libertà europea. Ma
questo stesso irritò gli animi de'pro-
testanti contro dell' Hurter. Una fie-
ra tempesta si suscitò • 'danai di lui :
trovasi egli omelia mischia. Dio vo-
glia, e noi ce ne confidiamo, che vin-
cendo egli ancora qualche rimanen-
te ostacolo, trionfi di sé stesso, on-
de il suo nome con tanti altri il-
lustri, che lo precorsero nel diffici-
le ed onorato arringo, venga regi-
strato tra i forti che trionfarono
similmente di sé col far ritorno a
quella Chiesa, ch'è stata ed è mai
sempre l'unica arca di salvamento
ed asilo di pace ! Consoli egli e ral-
legri questa Chiesa, che in sé rac-
chiude tante manifeste impronte del
Dio che la fondò, questa religione
figlia del cielo, la cui influenza sul-
la mente e sul cuore della passeggie-
ra umanità vien così maravigliosa-
mente personificata di secolo in se-
colo nei supremi Pontefici suoi "..Fe-
derico Hurter consolò in fatti la Chie-
sa, riempi di fraterna e religiosa le-
INN
tizia i cattolici suoi ammiratori, ed
accrebbe il lustro ad Innocenzo III,
pel quale avendo conosciute perfet-
tamente le verità cattoliche, in Ro-
ma a' 16 giugno i844 abiurò so-
lennemente gli errori della sua set-
ta con universale edificazione, e fu
abbracciato paternamente dal Papa
che regna Gregorio XVI, indi distin-
to qual diletto ed illustre figlio pri-
ma col decorarlo delle insegne e del
grado di cavaliere dell'ordine di s.
Gregorio I Magno da lui istituito,
poi nell'ottobre i845| nel suo ri-
torno in Roma , di commenda-
tore dell' istesso ordine. La descri-
zione di questa abiura la facemmo
all'articolo Germania, ove pure par-
lammo di altre celebri opere del
cav. Hurter, cioè nel voi. XXIX, p.
96, 210 e 111 del Dizionario. Qui
appresso riportiamo l'elenco delle
principali : I. Storia del re Teo-
dorico, SciafFusa 1807. II. Storia
d'Innocenzo III ec. III. Allocuzio-
ni come, autiste ai suoi collegiani
parrochi, e prediche, SciafFusa ti-
pografia Hurteriana 1 838. IV. L'au-
tiste Hurter ed i suoi collegiani pa-
stori, ivi 1839. V. Descrizione del
viaggio di Federico de Hurter a
Presburgo ed a Vienna, ivi 1840.
VI. Delle istituzioni e delle costu-
manze della Chiesa nel medio evo
e particolarmente nel secolo XII}
Amburgo per Federico Perthers;
e Parigi 1 843, traduzione francese
dall'alemanno del eli. Giovanni
Cohen. Il p. d. Giovanni Strozzi
de' canonici regolari del ss. Salva-
tore lateranensi, prefetto degli studi
di detta congregazione e lettore in
sacra teologia, ne fece argomento
di dotta dissertazione ed analisi ,
che lesse con applauso nell'acca-
demia di religione cattolica in Ro-
ma il 22 agosto i844j e meritò
I « N 297
non solo di essere pubblicata nel
l.° volume della serie seconda de-
gli Annali delle scienze religiose,
ma ancora a parte , col titolo di
Ragionamento, dalla tipografia del-
le belle arti in Roma nel i84j.
VII. La persecuzione della Chiesa
cattolica nella Svizzera comincian'
do dal 1 83 r fino al 1840, Sciaf-
fusa tipografia Hurteriana 1842,
Vili. La persecuzione contro i cat-
tolici inArgovia nella Svizzera, ed
il furore del radicalismo in Isviz-
zera, ivi i843. IX. S. Agostino,
la sua vita, sua dottrina e le sue
opere, ivi 1 843 : traduzione dal
francese in tedesco. X. Le più ri-
marcabili conversioni al cattolì-
cismo del nostro secolo XIX, ivi
i844- Quest' opera in gran parte
è una traduzione di quella dell'ab-
bate Rohrbacher in lingua teuto-
nica. XI. Nascita e rinascila di
Federico Hurter, o ricordi della
mia vita, ivi i845. XII. I doveri
de' sacerdoti, ivi 184^: traduzio-
ne dal francese in tedesco. XIII. In-
nocenzo III Papa sopra il sacri-
fizio, ivi 184?: traduzione dal la-
tino in tedesco. XIV. Breve isto-
ria dell'ordine de' gesuiti, ivi 184^.
Queste sono le più importanti sue
opere, tutte interessantissime, senza
nominare un gran numero di pic-
coli fascicoli, allocuzioni ed articoli
pubblicati dal medesimo Hurter ,
il quale quanto prima darà alla
repubblica letteraria altre opere.
Il sullodato Saint-Cheron nel 1844
pubblicò in Parigi : La vita, i tra-
vagli, la conversione di Federico
Hurter antico presidente del con-
cistoro di Sciajfusa. Alle notizie
biografiche date di questo bene-
merito scrittore in questo articolo
e in quello citalo di Germwia, ag-
giungeremo, che nacque nel 1787
298 INN
<la nobile ed antica famiglia, es-
sendo il padre gonfaloniere di Sciaf-
fusa comune patria. Ivi studiò, ma
la teologia l'apprese nell'università
di Gottinga ; indi fece un viaggio
in Olanda e nelle Fiandre. Il pa-
trio sinedrio lo dichiarò degno d'es-
sere pastore; lo fece antiste e nel
1807 gli affidò una parrocchia ru-
rale. Nel 1 835 fu elevato alla rag-
guardevole carica di antiste del
clero di Sciaflusa , e l' occupò con
decoro sino al 1840, dopo essere
stato curato di altre parrocchie.
Fu in tale epoca che accusato di
troppo amore pei cattolici egli ri-
nunziò tutti gli uffizi. Nel 1841 fu
a Vienna ed a Presburgo, nel 1842
a Parigi, nel 1 844 a Roma ove
effettuò la sua abiura. Nel seguen-
te anno l'imperatore d' Austria lo
nominò consigliere aulico ed isto-
riografo dell'impero, e lasciata la
Svizzera ritornò nella sua predilet-
ta Italia, ed all'amata Roma, don-
de si ridusse a Vienna colla con-
sorte della cospicua famiglia Am-
man, la quale è disposta ad ab-
bracciare il cattolicismo. Hurter ha
cinque figli viventi, e sono: i.° Fe-
derico proprietario dell'antica e fa-
mosa tipografia Hurteriana di Sciaf-
fusa, affezionato alla religione cat-
tolica, ma ancora protestante. i.°
Francesco uffiziale austriaco , che
abbracciò il cattolicismo nel 1845.
3." Enrico studente I* architettura
in Monaco, fece altrettanto in det-
to anno. 4-° Ferdinando, 5.° Ugo:
questi pure nel 184^ professarono la
fede cattolica, e per benignità del
Papa regnante sono ora alunni nel
collegio Urbano di Roma. Dopo la
morte d'Innocenzo III la santa Se-
de vacò poco più d'un giorno.
INNOCENZO IV, P. CLXXXVII.
Sinibaldo Fieschi o Fiesco, una del»
INN
le primarie famiglie di Genova, nac-
que nella città di questo nome, nel
superbo palazzo paterno, da Ugo od
Ugone conte sovrano di Lavagna ex
nob'dibus imperli, e dalla figlia di
Amico Grillo, uomo eminente fra
gli altri per la dignità consolare
della repubblica. Professò la rego-
la monastica benedettina nel mona-
stero di s. Benigno di Fluttuarla nel
territorio di Torino, come scrive
Giorgio Eggs a p. 442 del suo li-
bro intitolato Pontificiuni doctum.
In seguito si applicò con meravi-
glioso successo allo studio delle scien-
ze, per cui divenne profondo cano-
nista. Il vescovo di Parma Opizzo-
ne suo zio, sotto la cui disciplina
avea applicato ai primi suoi studi,
lo fece canonico della cattedrale .
Condottosi a Roma, venne tosto tra-
scelto per giudice in molte cause, e
dichiarato uditore delle contraddet-
te; indi dato per compagno al car-
dinal Ugolino Conti poi Gregorio
IX, nel viaggio che fece a Geno-
va per sedare le discordie accese
tra 'genovesi e i pisani, e poi depu-
tato al governo della Marca, a cui
presiedè per lungo tempo con fa-
ma d'integrità e prudenza. Quan-
tunque distolto da tante e s\ va-
rie occupazioni, seppe trovare il tem-
po da scrivere alcuni dotti commen-
tari sopra i cinque libri delle decre-
tali, ed altre opere ricordate dal
Bellarmino nel suo libro degli Scrit-
tori ecclesiastici alla p. 4^o. Ono-
rio III nel 1-235 gli conferì il ve-
scovato di Albenga insieme colla
carica di vice-cancelliere della san-
ta romana Chiesa. Gregorio IX nel
settembre del 1227 nella sua pri-
ma promozione che fece in Roma,
o meglio in Anagni come vuole il
Ciacconio, lo creò cardinale dell'or-
dine dei preti, conferendogli per ti-
imi
lolo la chiesa di s. Lorenzo in Lu-
cina, poscia lo nominò legato della
Marca. Dopo la morte di Gregorio
IX (yedi), per quegli awenimen-
ti che notammo a quell'articolo,
con pena si procedette all'elezione
di Celestino IV, che visse diciassette
giorni, laonde la nuova sede va-
cante ed interregno durò un an-
no, otto mesi e diciassette giorni,
perchè i cardinali temendo la fu-
ria dell'imperatore Federico II sco-
municato da Gregorio IX, che nel-
la maggior parte li tenne prigioni
in Amalfi, non si risolvevano ad u-
uirsi in un luogo, né anche negli
animi per eleggere il successore al
defunto Papa, dappoiché i soldati
imperiali saccheggiavano le terre dei
cardinali e devastarono centocin-
quanta chiese, massime quelle di
Albano, portandone via i libri, gli
ornamenti e persino i calici. Final-
mente convocatisi i cardinali nella
città di Anagni, insieme a quelli
rilasciati dall'imperatore, il cardi-
nal Fieschi a' if\ giugno \i'\$ e-
lessero d'unanime consenso Ponte-
fice, siccome il meglio accetto a Fe-
derico II, il quale però in saper-
lo non parve molto soddisfatto, e
disse tristamente che prevedeva co-
me di cardinale amico, diverrebbe
Papa nemico; per cui alcuni scris-
sero che da cardinale fu ghibelli-
no, forse per l'amicizia con Fede-
rico li, e fatto Pontefice divenne
zelante guelfo. A' 29 dello stesso
mese di giugno si fece consecrare
nella cattedrale d'Anagni, avendo
preso il nome d'Innocenzo IV.
Sul finire di ottobre s'avviò il
santo Padre verso Roma, dove per-
venuto a' 1 5 di novembre vi fu
ricevuto con ogni maggior onore
dal senato e popolo romano, aven-
dolo incontralo con solenne proces-
sione in un al clero secolare e re-
golare. Il suo biografo narra che
il Papa da Anagni passò in Asi-
si, e per Narni e la Sabina si por-
tò in Roma ad abitare il palazzo
lateranense. Dubitiamo di questa an-
data in Asisi dopo la sua elezione; il
viaggio d' Asisi per Narni e la Sabi-
na forse è quello che indicheremo
dopo il suo ritorno in Roma. Po-
co durò per Innocenzo IV questa
allegrezza, perchè alcuni mercanti
romani con indicibile temerità a
lui tosto si presentarono diman-
dandogli sessantamila marche, date
da loro in prestito a Gregorio IX,
riempiendo con numeroso popolo
insolente, che seco condussero, la
corte, il palazzo e le stanze del pa-
triarchio lateranense, che rimbom-
bò di riprovevole schiamazzo. An-
gustiato il buon Pontefice per ta-
le vessazione, non potè prendere il
cibo nel solito luogo, e fu costret-
to starsene nascosto nelle stanze più
remote del palazzo; per lo che al-
l'irriverenza succeduta ne'raercanti
la compassione ed il rimorso in ve-
dere il Papa sì paziente, ottenu-
ta una piccola porzione di denaro
se ne partirono. Come avea preve-
duto Federico II, il Pontefice di-
menticando l'anteriore amicizia pri-
vata, divenuto capo supremo del-
la Chiesa attese unicamente a«li in-
o
teressi di essa, che cesare sempre più
vessava con nuovi insulti, dimentico
ed ingrato de'benefizi ricevuti da In-
nocenzo III e da Onorio III. Tutta-
volta punto Federico II dalle disgra-
zie che andava da ogni parte incon-
trando e dalle continue ammonizioni
del Papa, spedì a Roma un'amba-
scieria composta da Raimondo VIT
conte di Tolosa, da Pietro delle Vigne
e da Taddeo di Suessa per doman-
dargli pace e riconciliarsi colla san-
3oo INN
ta Sede. Per ottenerla gli ambascia-
tori nel giorno della Cena a' 3 1
marzo 1^44» giurarono solennemen-
te ad Innocenzo IV in presenza di
Baldovino II imperatore latino di
Costantinopoli, de'cardinali, prelati,
senato e popolo romano, che Fede-
rico II darebbe soddisfazione alla
Chiesa pei danni ed ingiurie che
avea ad essa fatte ed alle persone
ecclesiastiche, prima e dopo la sco-
munica fulminata contro di lui da
Gregorio IX; accetterebbe riveren-
te quella correzione che dal Pa-
pa gli verrebbe imposta; di resti-
tuire le terre appartenenti alla Chie-
sa ed a'suoi alleati; di far l'omag-
gio pei regni di Napoli e Sicilia ,
di riconoscere la supremazia del
Papa quanto allo spirituale su tutti
i cristiani ed anche sui re ; di rein-
tegrare i prelati di quanto era stato
lor tolto, ed infine di obbedire in
tutto al Pontefice senza il pregiu-
dizio dell'impero e dei suoi regui.
In questo trattato non si fece pa-
rola della deposizione di Federico
II, ma soltanto dell'abolizione del-
le censure. Il diploma dell'impera-
tore in cui annunzia questo giura-
mento, si legge nel Rinaldi all'an-
no ia44-
Per un avvenimento si vantag-
gioso alla Chiesa ed alla pace del-
l'impero, avea Innocenzo IV con-
cepita un'estrema letizia, la quale
ben tosto si cambiò in gravissimo
dolore; poiché Federico II non tar-
dò a pentirsi di essersi sottomesso
in tal modo al Papa, e tornando
subito alla primiera perfidia, pro-
testò di non poter effettuare quan-
to i suoi commissari aveano pro-
messo in suo nome, né attendere
al prestato giuramento siccome trop-
po pregiudizievole ai suoi interessi.
Quindi teuLò di sorprendere il Pa-
INN
pa e gli tese insidie, il quale per la
concepita diffidenza stando in guar-
dia potè evitarle. Per meglio dun-
que convincerlo, e rimetterlo nel
buon sentiero, il Papa a' 7 giugno
si trasferì non a Città di Castello
come dice il Novaes nella sua vi-
ta, sibbene a Civita Castellana, af-
fine di trattare una pace stabile col-
l'imperatore allora dimorante in
Terni. Di là Innocenzo IV per an-
darlo a visitare a'28 dello stesso
mese passò a Sutri, ove cesare gli
fece dire che non avrebbe esegui-
to nessuna parte delle convenzioni
se prima non vedesse abolite le cen-
sure. Innocenzo IV rispose che ta-
le proposizione era irragionevole, e
fin da quel momento la rottura fu
decisa. Informato poi che trecento
cavalieri toscani dovevano nella se-
guente notte arrestarlo, col favore
delle tenebre si vesfi leggermen-
te e montato sopra un eccellente ca-
vallo per vie disastrose e per boschi
giunse nel mattino a Civitavecchia,
dove alquante galere genovesi, che
uvea segretamente domandate alla
sua patria, l'attendevano per proteg-
gere la sua ritirata. Dopo aver su-
perato una fiera burrasca il Papa
arrivò a Genova ricevuto con ono-
rificenza ed acclamazioni, al modo
narrato a quell'articolo, tra la gioia
de'parenti, amici e connazionali. Es-
sendosi trattenuto alcuni giorni in
Genova attesa la morte di Tom-
maso conte di Savoia, a cui il Pon-
tefice aveva data in moglie sua ni-
pote Beatrice figlia di Tedisio Fie-
schi di lui fratello, colla dote di mol-
te terre in Piemonte, e dalla qua-
le oinnes duces Sabaudiae, elesse
per gonfaloniere di s. Chiesa il fra-
tello del defunto conte, già arcive-
scovo di Lione, il quale sebbene
non ancora ut sacris era tuttavia
INN
benemerito della Chieda e amntis-
simo dal Papa. I manifesti dei due
contendenti inondarono in breve
tutta l'Europa. In quello che Fe-
derico II indirizzò ad Enrico III re
iV Inghilterra, diceva che il Papa
avea negata la di lui mediazione e
quella di s. Luigi IX re di Fran-
cia; chiese che non fossero som mi-
nistrati sussidi al suo nemico, e fe-
ce violenti minacce ove gliene ve-
nissero dati. Dal canto suo Inno-
cenzo IV scrisse al pio re di Fran-
cia che assisteva il capitolo genera-
le de'cisterciensi, pregandolo accor-
dargli asilo e protezione; e benché
i monaci istantemente ne lo prega-
rono, avendo i baroni da lui con-
sultati rigettata la proposizione, il
Papa fece eguali domande al re in-
glese ed al re d'Aragona Giacomo
J, ma nulla ottenne. Allora deli-
berò di scegliere per suo soggiorno
la città di Lione ch'era neutrale
ed apparteneva al suo arcivescovo,
e dopo essere guarito da mortale
infermità, per Asti e per Susa
dove trovò otto cardinali., con es-
si valicò le Alpi, superò non po-
chi disagi, ed a'2 dicembre en-
trò in Lione, dove essendo dal
clero e popolo accolto con indici-
bile giubilo, stabilì la sua curia e
corte. Poi convocò il concilio gene-
rale di Lione I (Vedi), in cui tra
le altre cose venne ordinato che la
festa della Natività della Beata Ver-
gine si celebrasse per otto giorni, per
cui il Baronio nelle sue note al
Martirologio attribuisce l'oflizio di
tale ottava al Papa. Nel medesimo
concilio fece riconoscere e legaliz-
7are i diplomi imperiali di dona-
zioni e privilegi fatti e concessi al-
la Chiesa romana, onde formò una
bolla inserendovi i medesimi di-
plomi, munita dei sigilli di quaran-
INN 3oi
ta prelati; renne determinata e fu
stabilita la Crociata settima {Vedi);
scomunicato e deposto dal regno di
Sicilia e dall'impero Federico II, vie-
tandosi a tutti i fedeli di ricono-
scerlo per sovrano siccome eretico e
nemico della Chiesa. Questi arse di
sdegno in sentire la tremenda sen-
tenza, e volevasi inoltrare a Lione
coll'esercito, se non l'avessero trat-
tenuto le forze di Francia che a-
vea assicurato il Papa del suo va-
lido aiuto; volle invece assediar
Parma che per opera dei parenti
del Pontefice gli si era ribellata.
Innocenzo IV si adoprò subito per-
chè gli elettori del sacro romano
impero dassero a questo un altro
capo.
Dispiacendo a s. Luigi IX que-
sta rottura, pregò il Pontefice por-
tarsi a Cluny per un congresso, on-
de il Papa vi andò alla metà di
novembre 1246. Ivi celebrò la
messa nella chiesa maggiore nel gior-
no di s. Andrea, assistito da dodi-
ci cardinali, da due patriarchi, da
tre arcivescovi, da quindici vesco-
vi e molti abbati. Vi furono presen-
ti il re di Francia, la regina Bian-
ca sua madre, Isabella sua sorella
e Roberto d'Artois, Alfonso di Poi-
tiers e Carlo d'Angiò suoi fratelli.
Fuvvi pure l'imperatore Baldovino
II, i due infanti d'Aragona e di
Castiglia, il duca di Borgogna ed
altri signori. Le conferenze tra In-
nocenzo IV, il re e la regiua Bian-
ca furono segretissime. Dipoi si re-
stituirono il Papa a Lione ed il re
alla sua residenza; indi nell'anno
seguente si riunirono in Cluny. Fu
in questa celebre abbazia che il Pon-
tefice impose per la prima volta ai
cardinali l'insegna onorifica del Cap-
pello cardinalizio (P'edi), ch'egli
avea determinato già nel concilio
3oi INN
generale. Federico II umiliato dal-
le congiure di Germania ed Italia a
di lui danno, nel secondo congresso
di Cluny fece dal re di Frauda
offrire al Papa alcune condizioni per
rimuoverlo dalla sentenza contro di
lui pronunziata; ma Innocenzo IV
restò inflessibile, ricordando le infe-
deltà e spergiuri di cesare sotto
i suoi predecessori. Inutilmente s.
Luigi IX fece riflettere al Ponte-
fice, che considerando Federico II
come il maggior oltraggio fatto dal
concilio nel dichiararlo sospetto di
eresia, erasene purgato con una di-
chiarazione di fede alla presenza di
sette ecclesiastici di primo ordine,
e quale l'esibiva al Papa; ma que-
sti neppure volle udire gli inviati
del deposto principe. Anzi avendo
il Papa esortato gli elettori a dar-
gli per successore Enrico di Turin-
gia, esso fu eletto re de' romani ,
ed egli ne approvò l'atto con let-
tera de'9 giugno 1246. Morto poi
Enrico nel 1247, Innocenzo IV si
adoprò con calore perchè gli fosse
sostituito Guglielmo conte di Olan-
da, che fattosi coronare in Aquis-
grana, disfece poi Corrado IV che
il suo padre Federico II avea man-
dato in Germania a sostener la cau-
sa, mentre egli dopo essere stato dis-
fatto dai parmigiani, da Cremona
passò in Puglia per opporsi ai due
legati pontificii che proscioglievano
i popoli dalla sua obbedienza. Inol-
tre Federico li scrisse con poco ef-
fetto a tutti i principi ecclesiastici
e secolari di Germania, per trarli
nella sua causa, facendo loro cono-
scere il pericolo in cui erano se sotto-
messi alla piena dipendenza del
Pontefice. Fu scoperta una congiu-
ra contro la vita di Federico ll_, il
quale erroneamente ne credette i-
stigatorc il Papa, perchè alcuni ve-
INN
scovi ne facevano parte. Dall'altra
parte fu scoperta pure in Lione una
cospirazione di quaranta e più per-
sone contro la vita d'Innocenzo IV,
e formata dagli emissari di Fede-
rico 11: per Io che il ^Pontefice si
astenne per un tempo a non uscir
dalle sue camere., custodito giorno
e notte da cinquanta guardie per
sua difesa.
Frattanto vedendo Innocenzo IV
che Sancio II re di Portogallo, nulla
curando le sue ammonizioni, poneva
al colmo le sue iniquità, secondo le
richieste de'magnati del regno lo
privò di questo che invece diede
al suo fratello Alfonso III, salva
la convenienza di Sancio II', e i
diritti de' figli se avesse avuto di-
scendenza. Ordinò nel 1246 cne
fossero coronati colle insegne reali
Gioacchino o Aquino V re di Nor-
vegia, che pure legittimò, e Danie-
le duca di Russia, il quale coi
suoi popoli abbandonato lo scisma
de' greci, era ritornato al grembo
della Chiesa cattolica : il primo
promise crociarsi per Terra Santa,
che tanto stava a cuore del Papa.
Nel 1247 approvò con la regola
di s. Benedetto 1' ordine de' silve-
strini ; e nel seguente anno rinno-
vò agli slavi il privilegio di cele-
brare nella propria lingua i divi-
ni misteri ; benedì la rosa d' oro
e la donò a Raimondo conte di
Provenza, ed altra ne regalò ai cano-
nici di s. Giusto di Lione. Proibì
agli ebrei di tener balie o servi
cristiani ; die provvidenza perchè
in Roma fiorisse lo studio del di-
ritto canonico e civile, per cui vie-
ne considerato come uno de' fon-
datori dell' università romana. Vie-
tò che la ss. Eucaristia si conser-
vasse più di quindici giorni, e che
i sacerdoti celebrassero la messa
INN
senza avere recitato prima il mat-
tutino. Concesse ai frati minori la
facoltà di chiamarsi conventuali, al
modo detto all'articolo Francesca-
no ordine, donandogli la Chiesa di
s. Maria d' Araceli [Fedi). Ri-
formò molte congregazioni degli
ordini eremitani, riducendole tutte
sotto la regola di s. Agostino ; con-
fermò 1' ordine de'carmelitani, ai
quali diede 1' abito listato, e quel-
lo de' serviti. Rinnovò 1' ordine dei
crociferi ; diede autorità ai cavalie-
ri di s. Lazzaro di eleggersi il gran
maestro, e concesse ventinove pri-
vilegi ai domenicani, fra' quali e-
rasi vestito s. Tommaso di Aqui-
no favorito del Papa. Avendo gli
eretici fatto morire s. Marcellino
vescovo di Arezzo e s. Pietro da
Verona domenicano e inquisitore,
Innocenzo IV promulgò una ter-
ribile costituzione contro gli ereti-
ci, ed altre dieciotto ne spedì nei
seguenti anni, in conferma di quan-
to avevano decretato i suoi pre-
decessori e gì' imperatori compreso
Federico II, obbligando i re, i
principi e baroni ad esporre al-
1 incanto i beni degli eretici e
dei loro fautori e complici. Aven-
do Federico II abbandonato 1' al-
ta Italia e ritiratosi in Puglia, non
cessando dalle sue crudeltà, Inno-
cenzo IV fece pubblicar in Ger-
mania contro di lui la crociata,
onde 1' impero si mise tutto in
commozione e produsse la guerra
civile in Boemia, di cui il re Ven-
ceslao III teneva il partito del
Papa, mentre il suo figlio primo-
genito Premislao sosteneva la cau-
sa di Federico li, con molti gran-
di del regno. In tali circostanze,
prima di partir per la crociata s.
Luigi IX andò a visitare il Papa
in Lione, onde persuaderlo a ri-
I H N 3o3
mettere in grazia Federico II, che
pareva umiliato dalle sue avversi-
tà e disposto a chiedere perdono,
ma nulla ottenne. Federico II cor-
se pericolo d' esser avvelenato da
Pietro delle Vigne, il più affezio-
nato de' suoi confidenti , d'accordo
col suo medico, ed ambedue peri-
rono vittime del loro delitto; i
fautori del principe non mancaro-
no calunniar il Pontefice di aver
persuaso Pietro al misfatto. Afflitto
Federico II per la morte del suo
figlio Enrico, per la prigionia del
suo figlio naturale Enzio, divenuto
cagionevole di salute, in tale stato
di umiliazione e di dolore fece
chiedere la pace al Papa senza as-
soggettarsi a tutte le condizioni
che doveva esaurire, e nel dicem-
bre i25o la morte pose fine alla
lunga serie delle calamità che il
principe avea provocate colla sua
condotta ; tuttavolta ordinò nel suo
testamento a Corrado IV suo fi-
glio, di restituire alla Chiesa quan-
to aveale tolto. Innocenzo IV si
congratulò coi siciliani per veder
liberata la Chiesa da un persecu-
tore, e gl'invito a ritornare all'ob-
bedienza di essa ; indi inviò legati
in Germania per istaccar dal par-
tito di Corrado IV quelli che Io
seguivano, e determinarli in favore
di Guglielmo re de'romani, la cui
elezione confermò, reiterando nel
giovedì santo la scomunica, tanto
sul defunto che su Corrado IV,
per essersi appropriati senza il suo
consenso la Sicilia e 1' impero.
Dopo il soggiorno di quasi sette
anni in Lione, Innocenzo IV ri-
solvè di partire per Roma, e pri-
ma di eseguire il suo disegno die
segni di gratitudine ai re di Fran-
cia, col concedere dieci giorni di
indulgenza a' fedeli che avessero
3o| liNN INi\
pregato Din per la loro felicità : contro di lui come contro i sc-
ia regina Bianca ed Enrico III re gitaci di Corrado IV la crociata,
d' Inghilterra volevano essere a Questo principe essendo sbarcato
complimentarlo prima della sua in Pescara coll'aiuto de'veneziani,
partenza, ma egli non volle. Adun- le sue armi fecero pronti progres-
que il Pontefice dopo aver celebra- si in Italin, ed in Puglia princi-
to la Pasqua col re Guglielmo., pai niente, quando la morte lo colse
nel mercoledì seguente dell' anno presso Lavello nella provincia di
\i5i partì da Lione, accompagna- Basilicata nel maggio del 1204.
to dai cardinali e da Filippo di Lasciò un figlio per nome Cor-
Savoia oltre moltissimi nobili; si radino, ultimo rampollo della no-
avviò per Roma, ricevendo per bilissima casa sveva degli Hohen-
tutti i luoghi ove passò infiniti os- staufen, di cui ne prese tutela
sequi , massime dai suoi genovesi Manfredi suo zio, come figlio na-
e dai milanesi. Essendo a Milano turale di Federico II. II Ferlone
ordinò al vescovo di Culm che in ne Piaggi de' Pontefici p. 174 dice
suo nome coronasse re Mindano che il Papa tornò in Asisi, vi ce-
duca di Lituania, il quale avea lebrò la Pentecoste, poi tornò in
soggettato il suo stato alla santa Roma e passò ad Anagni. Inno-
Sede. Da Milano si trasferì a Bre- cenzo IV reclamando i diritti dei-
scia, indi a Mantova ove allog- la santa Sede sulle due Sicilie, si
giò nel celebre monistero di s. dichiarò protettore di Corradino
Benedetto di Polirone ; donde na- in età di due anni, nella sua qua-
vigando pel Po giunse nell'ottobre 'ita di supremo signore del regno;
a Ferrara e poco dopo a Bologna e siccome questo volevasi usurpare
in cui consagrò la chiesa di s. Do- da Manfredi, per ricuperarlo il
menico. Finalmente per la Roma- Papa vi si condusse con un eser-
gna si trasferì a Perugia, dove cito nel 1254, capitanato dai due
dubitando della fede d'alcuni pò- cardinali Fieschi Guglielmo e Al-
teriti romani fermò la sua resi- berto conte di Lavagna e generale
densa. Di. là nella domenica in Al- di santa Chiesa, ambedue suoi ni-
bis del 1253 si portò ad Asisi poti. Manfredi gli andò incontro a
e vi passò I' estate, visitando s. Ceprano, si sottomise a lui ed af-
Chiara vicina a morire. Quindi fettando divozione addestrò il suo
pregato il santo Padre dal senato cavallo conducendolo per la briglia
e popolo romano, ed anche mi- sino al Garigliano. Innocenzo IV
naccialo perchè ritornasse in Roma, volendo prendere possesso del reame,
si mise in viaggio alla volta del- come sovrano fece il suo ingresso nel
1' eterna città, dove fu ricevuto regno agli 8 ottobre; si fermò per
nel mese di ottobre con somma qualche giorno a Capua, e passa -
allegrezza e dimostrazioni di osse- to a Teano ivi si ammalò, né po-
quio. Essendo in Roma, nel gio- tè risorgere. Ciò non pertanto
vedi santo Innocenzo IV scomuni- volle portarsi in Napoli e vi giun-
cò Ezzelino III da Romano, uomo se a'27 ottobre od ai i3 novem-
crudelissimo, fatto da Federico II bre, ricevuto con pompose diino-
capitano della Lombardia, che tà- strazioni , ond' egli poi ornò di
ceva stragi in Italia; inoltre bandi privilegi la città.
INN
Il legato del Papa e vicario
temporale per la santa Sede pro-
posto al reggimento del regno o-
perava da padrone, onde Manfre-
di giudicò opportuno di porsi in
sicurezza ; ricorse al braccio de'sa-
raceni a Nocera de' Pagani, dove
trovò gran tesori, e radunato un
esercito numeroso tosto ottenne
grandi vantaggi, e costrinse il lega-
to a rifugiarsi in Napoli. Accre-
scendosi ad Innocenzo IV il male
in Napoli, ove avea rifatte le mu-
ra, e si disponeva a prender l'intie-
ro possesso del reame, il Pontefice
▼i mori a'7 dicembre 1254, non
nel giorno i3 di s. Lucia, come si
legge nella seconda iscrizione se-
polcrale cbe qui appresso ripor-
teremo, perchè il successore Ales-
sandro IV, presso il Rinaldi a
detto anno num. 6g, scrisse a'7
dicembre, e dopo il governo di
undici anni, cinque mesi e quat-
tordici giorni. Fu sepolto vicino
alla cattedrale di detta città, nella
cappella di s. Lorenzo con lacrime
universali. Indi le sue spoglie mor-
tali furono trasferite nella nuova
fabbrica che di detta cattedrale
fece innalzare il re Carlo I d' An-
giò, dove gli fu posto sulla tomba
e monumento marmoreo che tut-
tora si conserva, e sotto l'effìgie
del Papa, dall'arcivescovo della me-
desima Umberto, un epitaffio di
tredici versi, sotto al quale altra
iscrizione fu aggiunta da Annibaldo
di Capua altro arcivescovo di Na-
poli, e sono riportate dal p. Gia-
cobbe nella Biblioth. Pont. p. 122, e
dal Fabricio Biblioth. lai. t. IV, p.
36. L' iscrizione di Umberto seb-
bene nello stile sia stravagante, se-
condo 1' uso di que'tempi, giova
a tonfermare 1' opinione che avea-
si ancora dopo sessanta anni dalla
vol. xxxv.
IMI 3oj
morte d'Innocenzo IV, della perfì-
dia cioè di Federico II verso la
Chiesa, della giustizia di questo
gran Pontefice, non che delle sue
operazioni per consolidare il domi-
nio di quel regno a favore della
Sede apostolica. Non sarà dunque
del tutto inutile qui riportarla.
Hic superis dignus requiescit Papa
benignus
Lectus de Flisco, sepultus tempore
prisco
Vir sacer et rectus sancto velaminc
tectus
Ut iam coUapso mundo temeraria
passo
Sancta ministrari Urbs posset quo-
que ractificari
Concilium fecit veteraque fura re-
fecit
Haeresis illis ium extitii atque. re*
cisa
Moenìa direxit rìta sili eredita re-
xit
Stravit inimicum Christi colubrum,
Fridericum
Janue de nato gaudet sic glorificato
Laudibus immensis Urbs tu quoque
Parthenopensis
Pulcra decora satis dedit hic tibi
plurima gratis
Hoc titulavit ita Humbertus metro-
polita
Ecco poi l' iscrizione in istile più,
moderno di Annibale da Capua ar-
civescovo di Napoli, che nel restau-
rare il monumento la fece scolpire
nel 1578.
Innocentio UH Pont. Max.
De omni Christiana Rep. optime
merito
Qui natali s. Joannis Baptìstae an-
no 1241 Pontifex renuntiatus
20
3o6 INN
Die Aposlolorum Principi sacra co-
ronaluSf curri purpureo primus
pileo
Pileo cardd. exornasset Neapoli a
Corrado eversam
Sua pecunia resliluendum curassct
innumerisque aliis preclarae et
prope
Divinae gestis Pontificatimi suum
quarti maxime
Illustrem reddidisset anno mccliii
beatae Luciae Virginis luce lu-
cessit
Annibal de Capita archiepis. Neap.
in sanclis viri memoriam
Oboletum vetustate epigramma re-
stituit.
In tre promozioni creò ventiquat-
tro cardinali, da cui uscirono due
Pontefici, Adriano V suo nipote e
Nicolò III. In diversi tempi cano-
nizzò i santi Guglielmo vescovo di
s. Brieux, Edmondo arcivescovo di
Cantorbery, Pietro martire da Ve-
rona, Stanislao vescovo di Craco-
via e martire. Le sue gravi conte-
se con Federico II punto non ral-
lentarono la sua attività pel cu-
mulo degli altri affari. In Prussia
istituì quattro vescovati, e donò due
terzi delle terre a' cavalieri teuto-
nici che l'aveano conquistata. In
Danimarca inviò un semplice frate
minore per informare contro due
vescovi di cui il primo avea ec-
citato le lagnanze del re Erico VI,
ed il secondo quelle de' suoi dio-
cesani. Nella Svezia tolse al re ed al
popolo l'elezione de' vescovi, per
darla ai capitoli. Nella Spagna sco-
municò il re Giacomo I d'Arago-
na, per aver fatto tagliar la lingua
al vescovo di Girona, e gli perdo-
nò a condizione che fabbricasse un
monastero nelle montagne di Tor-
tosa, terminasse un ospedale presso
INN
Valenza e fondasse una cappella-
ta nella cattedrale di Girona. In-
viò un legato in Armenia per com-
porre le contese tra i greci ed i la-
tini, ed una missione di frati mi-
nori, del cui ordine nella discipli-
na fu benemerito, in Tartaria pres-
so il figlio di Gengis-kan, ma con
infelice successo. Si trovano le sue
opere stampate a Venezia, a Lione,
a Francfort ed altrove, sotto que-
sto titolo : Apparatus libri s quin-
que dislinctus in totidem libros de-
cretalium. Innocenzo IV fu Ponte-
fice saggio, zelante, e pieno d' una
pietà singolare, come altresì di dot-
trina fornito, al dire del citato
Ferlone per l'autorità di molti scrit-
tori. Quelli seguaci degli Hohen-
staufen e i detrattori de' Papi lo
dipinsero altero ed inflessibile, ac-
cordandogli zelo e lumi singolari.
Fu chiamato per la sua profonda
dottrina nella giurisprudenza, splen-
dore de' canonisti, organo della ve-
rità, padre del diritto e della leg-
ge, e monarca delle divine ed li-
mane leggi, citando Bartolo con
isti ma le sue opere. La sua con-
dotta verso i parenti e la patria ,
come il novero di altre belle azio-
ni, si possono leggere agli articoli
Genova e Fiescui Famiglia. Fu
invero questo gran Pontefice am-
mirabile per il sommo sapere, non
meno che per la fortezza d'animo,
prudenza e valore, non avendo
trascurato nelle dolorose vicissitu-
dini del suo torbido pontificato di
conciliare non solo delle discor-
die inveterate fra' principi cristia-
ni, ma di comporre ancora molte
opere importanti de jure canonico,
come sopra si è detto, e special-
mente le sue decretali. Compose
V Apologetico contro Pietro delle
Vigne, De potest. Ecclesias. I cotn-
INN
mentori delle decretali in cinque
libri. Autenticai. Regulam clarissi-
marum. Vitam s. Guglielmi episc.
Brincen. Epistola* decretale* alios-
gite quae extanl apud Matthaeum
Parmen. Registri mss. ipsius in bi-
bliot. Valicati, servanlur.
Non conobbe ostacoli la sua mu-
nificenza , avendo fatto costruire
con pontificia liberalità due ponti
sul Rodano a Lione e in Avigno-
ne, e un terzo ponte sull' Entella
fra Chiavari e Lavagna, quale an-
che al presente esiste a comodo di
quelle popolose contrade , e dopo
aver dotate con generosità non co-
mune varie chiese d' Italia, e fon-
date trenta cappellanie perpetue
in s. Pietro in Vaticano e istitui-
to stabilmente l'arcipresbilerato in
un cardinale. Fece edificare la ce-
lebre basilica del santissimo Salva-
tore nelle vicinanze di Lavagna e
altre chiese annesse con patro-
nato perpetuo nei discendenti ma-
schi de' suoi nipoti conti di La*
■vagna. Che se da alcuni moder-
ni scrittori venne riputata la di
lui fermezza superiore al sacro suo
carattere di Vicario di Cristo, non
era questa men necessaria nella
generale costernazione e nel disor-
dine in cui trovavansi gli affari e
i diritti imperscrittibili della Chie-
sa. A ciò si univano i gemiti e le
insistenze dei prelati della cristia-
nità, che supplichevoli scongiurava-
no il Pontefice a poi-re un argine
vigoroso alla preponderanza fatale
dell'imperatore nemico dichiarato
di Cristo, cosicché a tanti mali un
estremo rimedio dovea contrappor-
si. Il perchè soleva ripetere Inno-
cenzo IV, la scure sta già in al'
to a troncare le radici della pianta.
Né può dirsi che a tale estremo
si piegasse il sommo Gerarca, per
INN 3o7
appagare soltanto il suo risenti-
mento contro Federico II, dap-
poiché la di lui persecuzione con-
tro la Chiesa rendeva cosi ne-
cessaria siffatta risoluzione da non
esitare in dubbiosi consigli. Di fat-
ti nell'apertura del concilio gene-
rale non d'altro era occupato il
suo animo che di zelo e ardore
per la Sede apostolica, al punto
che non poteva frenare le lagri-
me, e la sua voce era spesso sol-
focata da' singhiozzi, se dobbiamo
credere ad un autore contempo-
raneo. Dimodoché avea comunica-
to a quei padri e alla augusta as-
semblea i sentimenti da cui si sen-
tiva egli stesso commosso; se non
che ripigliando ad un tratto l' u-
sata sua fortezza e rinvigorito l'a-
nimo dall'impulso de'suoi alti do-
veri, lasciando le lagrime e il do-
lore, pronunziò intrepido dall'alto
del trono papale le parole della
condanna di Federico II del te-
nore che segue, e riportata dal
Micheaud, Ist. lib. 14.
»»Io sono il vicario di Gesù Cri-
sto in terra, tutto quello che io
legherò sulla terra, sarà legato in
cielo, giusta la promessa fatta dal
figlio di Dio al principe degli A-
postoli. In conseguenza dopo di
aver deliberato coi nostri fratel-
li i cardinali, e col concilio, di-
chiaro Federico II accusato e con-
vinto di sacrilegio é di eresia ,
scomunicato e decaduto dall' im-
perio; assolvo per sempre dal giu-
ramento tutti coloro che gli han-
no giurata la fedeltà ; proibisco
a ciascuno sotto pena di scomuni-
ca, da incorrersi ipso facto, d' ob-
bedirgli d'ora in poi. Finalmente
comando agli elettori che abbiano
ad eleggere un altro imperatore, e
mi riserbo il diritto di disporre
3o6 INN
del regno di Sicilia ". Nel tempo
in cui leggevasi la sentenza, i car-
dinali e vescovi tenevano in ma-
no le torcie accese, e le abbassa-
vano verso terra in segno di ap-
provazione e di anatema. I mes-
si dell'imperatore presenti al con-
cilio, nel ritirarsi costernati escla-
mavano: oh giorno terribile 1 oh
giorno d'ira e di calamità ! Dopo
siffatto tremendo giudicato l'istoria
ci narra, come a Federico II dopo vari
successi misti di sconfìtte, venisse
risibilmente meno la sua potenza,
e come deposto dall'imperio, ber-
sagliato dalla fortuna, ponesse ter-
mine infelicemente ai suoi giorni,
soffocato con un piumazzo dal suo
figlio naturale Manfredo che aspi-
rava alla successione del regno di
Napoli; non potendo vantare trion-
fi maggiori a danno della Chiesa
e d'Innocenzo IV, se non che di
aver adeguati al suolo e rovinati
s palazzi e beni della gente Fie-
scaj debole compenso per altro
al suo feroce risentimento, a con-
fronto delle tante rotte, cattività,
e morte de' propri figliuoli, oltre
tutto quello che dovette soffrire
dalla lega ecclesiastica, come si
legge in Papi rio Massoni nella vi-
ta di Gregorio IX e d'Innocenzo
IV. Inoltre scrissero la vita di
questo Pontefice, Paolo Pansa ge-
novese , la quale corretta e mi-
gliorata cosi di stile come di lin-
gua ec. fu ristampata da Tomma-
so Costo napoletano , in Napoli
appresso Giuseppe Carlino nel i6or.
Giovanni Diplovataccio patrizio di
Costantinopoli e Federico Federici
nel libro che scrisse della genea-
logia della famiglia Fiesco. Quella
che d'Innocenzo IV scrisse il fran-
cescano Nicolò di Curbio suo con-
fessore, fra le cui braccia spirò il
INN
Pontefice, e ch'è molto importante
per la storia ecclesiastica di quel
tempo, fu inserita nel Baluzio nel
VII tomo delle sue Miscellanee p.
353 ; e dal Muratori nel tom. Ili,
p. 589 Script, rer. Ital. Ambedue
riportarono ancora la Vita ex
mss. Bern. Guidonis, ed il Balu-
zio nel tom. Ili, p. ^o5. Abbia-
mo ancora da Matteo Spinelli, De
Juvenatio clironicoa ad hunc et
tres sequentes Pontifìces pertinens
in Conalu Chron. Papebrochii, p.
Ili, p. 4°« Vacò la santa Sede
quattro giorni.
INNOCENZO V, Papa CXCIi.
Pietro di Tarantasia, luogo così
chiamato nella Savoia, d' illustre
famiglia di Sentrori tra gli Ap-
pennini di cui Tarantasia è la ca-
pitale, della stirpe de' Champagni
de Campagniaco nacque in Mou-
tier. Fino da fanciullo vestì l'abi-
to di s. Domenico, nel cui ordi-
ne essendosi avanzato nella pietà
e nella scienza delle Scritture, le
spiegò poi pubblicamente in Pari-
gi, dove avea ottenuto la laurea
dottorale, essendosi esercitato pu-
re nella predicazione della divi-
na parola . Eletto dal suo or-
liceli provinciale di Francia , fu
promosso, ma non si sa di cer-
to se consecrato, come lo avver-
tono i Sammartani nella Gallici
Christ. t. IV p. 4^°> e i PP- Qnie-
tif ed Echard, De script. Domi-
nic. t. I, p. 35o, all' arcivescovato
di Lione, nella quale chiesa già da
lui rinunziata, fu per la seconda
volta celebrato il concilio generale
a cui si trovò egli presente, ed
ebbe gran parte in quanto venne
decretato intorno al cattolico dom-
ina della processione dello Spirito
Santo. Prima di cominciarsi il con-
cilio, come vuole il Ciaccolilo, fu
INI*
da Gregorio X creato cardinale
▼escovo d' Ostia e penitenziere
maggiore, altri pretendono che fos-
se stato elevato a tal dignità pri-
ma d' essere arcivescovo, ed il Car-
della riporta analoghe notizie : il
Novaes dice che nel dicembre 1273
ed in Orvieto fu promosso alla
dignità cardinalizia. Obbligato a
seguire il Pontefice nel suo ritor-
no in Italia, durante il viaggio
impiegò il suo zelo nel pacificare
le fatali discordie delle due luttuo-
se fazioni de' guelfi e ghibellini che
tenevano in combustione tutta la
Lombardia. Da religioso scrisse al-
cune opere teologiche ed un com-
mento sufi' epistole di s. Paolo.
Altri dicono eh' egli fu autore di
alcuni commentari sul Pentateuco,
sui salmi, sul cantico de' cantici,
suir evangelio di s. Luca e sui
quattro libri delle sentenze. Dupin
gli attribuì pure un compedio di
teologia stampato a Parigi nel i55i,
ma i dotti sono d' avviso che que-
sta opera non sia sua. Durante il
concilio essendo morto il cardinale
s. Bonaventura, nelle solenni ese-
quie che gli si celebrarono coli' in-
tervento del Papa, di due impe-
ratori, di tutto il sacro collegio,
di due patriarchi, di cinquecento
vescovi, di sessanta abbati, degli
oratori de' principi e di sopra mil-
le sacerdoti, il cardinale pronunziò
1' orazione funebre che trasse le
lagrime da tutta quelF augusta
adunanza, quale leggesi nel prodro-
mo della nuova edizione delle ope-
re di s. Bonaventura. Inoltre du-
rante il concilio battezzò un am-
basciatore tartaro e due suoi com-
pagni. Morto Gregorio X in A-
rezzo neh' episcopio, in questo pa-
lazzo fu eletto Papa dai dieci sa-
cri elettori, secondo la legge del
INN 309
defunto sul conclave, nel giorno
dopo che vi erano entrati, e nel
primo ed unico scrutinio a' 22
gennaio 1276, com' egli scrisse nel-
la lettera a tutti i principi e pre-
Iati, a' quali die parte di sua ele-
zione. Prese il nome d' Innocenzo
V, ed il suo ordine de' predicato-
ri venerò in lui il primo Pontefi-
ce che lo illustrò.
Da Arezzo Innocenzo V si por-
tò in Roma, ove nella basilica va-
ticana fu coronato a' 22 febbraio,
giorno dedicato alla cattedra di s.
Pietro. Quindi animò con aposto-
liche lettere i popoli della Spagna
a prender V armi contro i mori
che devastavano que' regni ; ed in-
caricò il vescovo d' Oviedo a rac-
cogliere diligentemente le decime
concesse dal predecessore al re Al-
fonso X, che ne deputasse i colla-
tori e punisse chi ricusava pagar-
le. Preparandosi Rodolfo d' Ab-
sburg re de' romani, per portarsi
a Roma con gran comitiva per
ivi ricevere le insegne imperiali
che Gregorio X gli avea promesso,
il Pontefice inviò a lui il vescovo
d' Albi come legato, per stabilir la
pace tra lui e Carlo I d' Angiò
re di Sicilia, prima della quale
gli vietò entrare in Italia per non
dar motivo ai guelfi e ghibellini
di riaccendere la guerra civile. Ri-
conciliò colla Chiesa i fiorentini,
nella cui città Gregorio X avea
posto 1' interdetto, al modo che
narra Leonardo Aretino, Histor.
Eccl. lib. 3. Inviò due legati in
Toscana per conchiudere la pace
tra' lucchesi ed i pisani, come ab-
biamo da Tolomeo da Lucca, Hist.
Eccl. lib. 2 3, cap. 19. E quando
la Chiesa cominciava a concepire in
lui gloriose speranze pel suo spirito
conciliatore, pietà, sacra erudizione
3io INN
e dottrina, abitando il palazzo la-
terauense la morte lo tolse da que-
sto mondo a'22 giugno 1276, dopo
soli cinque mesi di pontificato. Il
Dalleo nella Vita di s. Filippo Be-
nizi, con molti altri scrittori accu-
rati, dice che Innocenzo V sia
morto d' improvviso, quando pen-
sava di sopprimere ed abolire 1' or-
dine de' serviti. Il re di Sicilia
Carlo I fu presente a' suoi fune-
rali; e fu sepolto nella basilica la-
teranense. Il re aveva prestato ad
Innocenzo V il giuramento di o-
maggio pel reame di Sicilia e per
la terra di qua dal Faro, eccet-
tuato Beneveuto. La vita di questo
Papa fu scritta compendiosamente
da Bernardo Guidonis, e venne
pubblicata nel 1725 dal Muratori,
ne' suoi Script, rer. Italie, t. Ili,
p. 6o5. Il suo elogio, del conte di
San Raffaele, è nel t. V de' Pie-
montesi illustri. Gli scrittori dome-
nicani ancora ne descrissero le gesta.
Vacò la Sede romana dieciotto
giorni.
INNOCENZO VI, Papa CCVII.
Stefano d'Albert o Albret nacque
di mediocre condizione in Mal-
mont, terra della diocesi di Li-
moges, non lungi da Pompadour
nella parrocchia di Brissac, dove
in un palazzo si vedevano le inse-
gne della famiglia di questo Papa
fregiate del triregno pontificio, co-
me scrive il Baluzio, De vù. Pap.
Avenion. p. 918; in oltre questi
aggiunge , che nello stesso luogo
erari una piccola chiesa di eccel-
lente disegno e costrutta di pietre
quadrate molto ben commesse, nel-
la sommità della cui volta si scor-
geva l'arme gentilizia pure ornata
della tiara papale. Divenuto dot-
tore e professore famoso nel di-
ritto legale, siccome dotato di straor-
INN
dinaria dottrina, singolarmente nel-
le materie civili e canoniche, su
di che scrisse alcuni volumi, e pel
tenore di vita irreprensibile ed il-
libata, la maggior parte degli scrit-
tori lo celebrarono massimo tra i
canonisti, dottissimo in entrambe
le leggi , eccellente nelle materie
canoniche, uomo di fama integer-
rima e di ottima condotta. Dopo
avere esercitata la carica di giu-
dice maggiore nella siniscalchia di
Tolosa, fu fatto uditore della ro-
mana rota da Benedetto XII, e da
lui promosso nel 1 337 a^ vesco-
vato di Noyou , e dopo tre anni
trasferito a quello di Clermont,
non di Cambray come alcuni scris-
sero. Clemente VI a' 20 dicembre
i342 lo creò in Avignone cardi-
nale prete del titolo de' ss. Gio-
vanni e Paolo, legato alle corti di
Parigi e di Londra insieme col
cardinal Annibale da Ceccano, per
trattare la pace tra que' due so-
vrani , e finalmente vescovo d' O-
stia e penitenziere maggiore nel
i352. Dopo la morte di Cle-
mente VI entrati in conclave in
Avignone venlolto cardinali , la
maggior parte di essi offri il pon-
tificato a Giovanni Birellio, santo
generale de' certosini, ma temendo-
ne la severità il cardinale de Ta-
layrand ne dissuase gli altri. Il car-
dinal di Cannilliac ebbe quindici
voti, quando il cardinal de Talay-
rand avendo persuaso i colleghi a
sollecitar l'elezione nella persona
del cardinal d'Albert, perchè a gran
giornate Giovanni II re di Francia
portavasi al conclave a lederne la
libertà , per avere un Papa a suo
genio, atteso i molti cardinali a
lui ben affetti, come osservò Mat-
teo Villani nel lib. 3, cap. 44*
i suffragi si riunirono su di lui e
INN
dopo due soli giorni di conclave
a* 18 dicembre i35a si vide innal-
zato alla cattedra apostolica e pre-
se il nome d' Innocenzo VI. Fu
quindi coronato a' 23 dello stesso
mese nella cattedrale, dal cardinal
Gailardo de la Mothe primo dia-
cono, ma non volle per umiltà in-
cedere in solenne cavalcata per la
città dopo la coronazione e secon-
do l'uso, per evitarne la pompa,
come si legge nella Fila d' Urba-
no Ft presso il Muratori nel to-
mo III, par. II, p. 602, Script,
rer. Italie.
Non tardò egli a riformare al-
cuni de' più grandi abusi d' allora,
rivocando la costituzione del pre-
decessore, colla quale riservato avea
a certi cardinali alcune dignità e
benefizi nelle cattedrali e chiese
collegiate e religiose, ed annullando
le commende delle chiese e mona-
steri, eccetto quelle già concesse ai
cardinali. Sotto pena di scomunica
ordinò la residenza a' vescovi ed
altri benefiziati con cura d'anime,
i quali solevano portarsi alla corte
pontificia per acquistarne de' nuovi.
Riformò più che i suoi predecesso-
ri l'eccessivo lusso della sua corte,
nella quale ridusse a' soli necessari
i molti domestici, scegliendo quelli
che lo meritavano per le loro vir-
tù. Stabile assegnamenti agli udi-
tori di rota, e non conferì il sa-
cerdozio ed i benefizi che a perso-
ne di merito. Riprese i cardinali
giovani che avevano abusato del
potere, e cassò tutte le leggi che i
cardinali avevano stabilite in con-
clave, come contrarie al pontificio
diritto. Alberto duca di Baviera ,
Lodovico marchese di Brandebur-
go, Guglielmo, Ottone e Stefano
tutti figliuoli di Lodovico il Bava-
ro, riconoscendo le proprie scelle-
INN 3 1 e
ratezze in aderire e sostenere lo
scisma del loro padre, ne riprova-
rono la condotta e supplicarono
Innocenzo VI dell'assoluzione dal-
le censure in cui erano incorsi, e
furono esauditi. Indi si rivolse a
frenare i fraticelli ed altri eretici,
non che gli errori che al suo tem-
po insorsero. Per reprimere la vio-
lenza di alcuni signori d'Italia, e
per ricuperare lo stato ecclesiastico
nella maggior parte usurpato da al-
cuni prepotenti, il Pontefice nel i353
spedi il cardinal Egidio Albornoz
in Italia per legato, il quale con
valore in cinque anni ricuperollo.
Insorto in quest' anno un tumulto
in Boma a cagione della carestia ,
per opera del notaro Francesco
Baroncelli, fece scarcerare il famo-
so Cola di Rienzo, il quale recatosi
in Roma, col legato restituì la cal-
ma alla città con severe giustizie,
onde in premio fu fatto senatore.
Se non che egli abusando di sua
possanza , fu ucciso agli 8 otto-
bre 1 354 in una commozione po-
polare. Furono eletti con autorità
pontificia diversi senatori, ma per
nuove sedizioni il popolo creò il
magistrato de' banderesi pel gover-
no civile della città, mentre quello
criminale fu affidato ad un estra-
neo colla dignità senatoria. Frat-
tanto Pietro IV re d'Agarona si
portò in Avignone e fece con gran
solennità il giuramento di fedeltà
pel feudo della Sardegna e della
Corsica appartenenti alla Chiesa
romana. Nel tempo stesso procurò
il santo Padre di pacificare il re
di Francia Giovanni li con Odoar-
do III re d' Inghilterra , pel qual
fine spedi loro il cardinal Guido
vescovo di Palestrina, il quale seb-
bene riuscì a stabilire i prelimina-
ri della concordia, questa non pò-
Sia INN
tè effettuarsi. Nel i354, ad istan-
za di Carlo IV re de' romani, con-
cesse alla Germania e alla Boemia
di celebrare la festa della sacra
Lancia e Chiodi che servirono di
stromento alla passione di Cristo.
Commise al cardinal Albornoz di
creare il nuovo magistrato perchè
ricevesse coli' onore conveniente il
detto re, che a' 5 aprile 1 355 fece
coronare colle insegne imperiali dal
cardinal Pietro Bertrand vescovo di
Ostia , con Anna di lui moglie.
Nello stesso anno pose l' interdetto
al regno di Napoli e scomunicò la
regina Giovanna I con Lodovico
suo marito, perchè non aveano pa-
gato il consueto tributo alla san-
ta Sede. Pietro il Crudele re di
Castiglia avendo abbandonata la
regina Bianca sua moglie per vi-
vere in concubinato prima con
Maria Padiglia, poi con certa Ca-
stro, né cedendo alle ammonizio-
ni d' Innocenzo VI, che a tal uopo
gli avea mandato il vescovo di
Senez, per mezzo di questi lo sco-
municò e pose l' interdetto al re-
gno. Rivoltatisi i sudditi contro
l'impudico monarca, lo costrinsero
a cacciare la Padiglia, ai cui amo-
rì era tornato, ed a richiamare
Bianca, onde il Papa lo assolse e
levò l' interdetto.
Mosso Innocenzo VI dallo zelo che
Io animava e compassionando lo
Stato infelice de' greci e del loro im-
pero, diviso per sé stesso e afflitto
dai saraceni e dai turchi, sino dal
i353 spedi legati a Cantacuzeno
che ne reggeva le redini nella mi-
norità di Giovanni I Paleologo.
Trattarono dell'unione delle due
Chiese, e quando l'imperatore in-
cominciò a governare giurò obbe-
dienza al Pontefice e di adoperar-
si onde costringervi anco i greci.
INN
Indi pregò Innocenzo VI a spedi-
re un esercito contro i turchi ed
i sudditi ribelli; ma il Papa ve-
dendo che i due vescovi spediti a
Costantinopoli per 1' unione, non
erano riusciti neh" intento, si limi-
tò ad invitare il re di Cipro, i
veneziani, i genovesi, ed i cavalie-
ri di Rodi a mantenere nel porto
di Smirne quel numero di galere
convenuto da Clemente VI. Nel 1 356
con maggior impegno si applicò il
Papa a pacificare i re di Francia
e d' Inghilterra, pel qual fine de-
putò a legati i cardinali Talayrand
e Capocci, come altresì scrisse al-
l' imperatore e ad altri principi,
perchè ne fossero mediatori ; ma
solo ottenne che il re francese pri-
gioniero dell' inglese fosse trattato
con generosità e riguardi . Nel
principio del i357 Innocenzo VI
creò Lodovico I re d' Ungheria
capo dell' esercito crociato contro
i nemici della Chiesa, e specialmen-
te contro Francesco Ordelafìo ca-
pitano di Forlì usurpatore di mol-
te città. In mezzo a queste cure il
Papa scrisse al nuovo re di Porto-
gallo Pietro I, esortandolo a seguir
l'orme del genitore sia nel rispettar
l'immunità ecclesiastica, che nell'ono-
rarela Chiesa. Ritornato nel i358
in Avignone il cardinal Albornoz,
Innocenzo VI lo fece incontrare
solennempnte, e lo colmò di altis-
sime lodi. Il di lui successore An-
droino de la Roche abbate di
Cluny per inesperienza delle cose
di guerra non si seppe far temere,
per cui il Pontefice fu costretto
rimandar in Italia il cardinal Al-
bornoz per raffrenare le città, e
terre ribellate. Nella famosa uni-
versità di Bologna istituì la facoltà
teologica co' medesimi privilegi del-
le altre. Nel i35q a pacificare i
INN
re di Cartiglia e d' Aragona irv
viò loro per legato il cardinal Gui-
do vescovo di Porto, e riuscì nel-
F intento. L' imperatore Carlo IV
avendo violato la libertà ed im-
munità ecclesiastica, per le rimo-
stranze del Papa si emendò, e que-
sti fece una costituzione a difesa
de' diritti immunitari. Nel i35o
mandò il vescovo di Rimini a Ge-
nova per ricevere il giuramento
di fedeltà ed il tributo per la Cor-
sica, essendo per questa decisa la
lite in favore de' genovesi contro
il re aragonese. I romani dopo aver
affidato il loro governo al calzolaio
Lelio Pocadota, nel i362 lo resti-
tuirono al cardinal Albornoz, il
quale emanò allora le costituzioni
Egidiane. Malcontenti i romani dei
diversi generi di governo, e vo-
lendo il Papa accostumarli all' ob-
bedienza, gli mandò a governali
Ugo IV di Lusignano re di Ci-
pro, che si trovava presso di lui
in Avignone per domandargli soc-
corso contro il sultano di Egitto.
Mentre Innocenzo VI si appli-
cava con instancabile premura nel
procurare la riunione della Chiesa
greca colla latina, e la pace fra i
principi cattolici, ed avendo gover-
nato egregiamente il pontificato per
nove anni , otto mesi e ventitre
giorni, consumato dalla vecchiaia
e dalle malattie, mori in Avignone
a' ii settembre i362, e fu sepolto
in Villanova ove soleva soggiorna-
re presso i certosini nel monaste-
ro da lui fabbricato nel i356 nel
palazzo che possedeva da cardinale,
ivi solendosi sollevare dalle cure
del pontificato colla meditazione
solitaria delle cose celesti. Il suo
cadavere dalla chiesa di s. Maria
de Donis d' Avignone, fu traspor-
tato a Villanova, a' 13. novembre,
INX 3i3
nel monumento da lui preparato»
si. In quattro promozioni, una del-
le quali al dire del Novaes fatta
in Villanova, Innocenzo VI creò
sedici cardinali, fra' quali Aldoino
d' Albert, senza consultarne i car-
dinali, suo nipote, Pietro da Mon-
turco figlio di sua sorella, e Ste-
fano d' Albret suo pronipote. Inol-
tre cinse di mura Avignone dalla
quale procurò indarno di tener in-
dietro la terribile pestilenza del
i36i ; fabbricò il collegio de' po-
veri in Tolosa detto di s. Marzia-
le, per venti studenti della diocesi
di Limoges. Abbiamo di lui molte
lettere in una collezione di concilii
e nel Tliesaurus di Marlene. Fi»
dotato Innocenzo VI di grande pe-
rizia ne' canoni e nelle leggi, di
6Ìngolar amore per la giustizia, di
non ordinario zelo pel bene della
Chiesa, e di somma integrità di
vita; ma un poco attaccato al pro-
prio sangue, sollevando molti dei
6uoi parenti, che per altro n' era-
no meritevoli pe' loro costumi. Fa-
vori i letterati, e molti ne pro-
mosse, come beneficò le persone
di merito. Giovanni Tritemio, in
C/ironico Hirsaugensi, ad an. i352,
p. 2g3 edit. Basileensis, con altri,
lo chiama massimo tra' canonisti.
Vacò la santa Chiesa un mese e
quindici giorni.
INNOCENZO VII, Papa CCXU.
Cosimo o Cosimato de' Migliorati
nacque da una famiglia onesta ed
onorata dell' Abruzzo, nella città
di Sulmona nel regno di Napoli.
Dopo aver esercitato in Caputi
1' uffizio di notaro o cancelliere,
portossi a Bologna per applicarsi
allo studio delle leggi, in cui ri-
cevè le insegne di dottore sotto la
disciplina del famoso Giovanni di
Lagnano, il quale mandato dal co-
3i4 INN
mune di Bologna a Urbano VI,
caldamente raccomandò il Miglio-
rati a questo Pontefice, che perciò
lo prese al suo servigio, e ricono-
sciutane la virtù ed il talento Io
avanzò a uditore di rota e chie-
rico di camera, e lo spedi collet-
tore delle rendite della Chiesa ro-
mana in Inghilterra. Ivi si distinse
per la sua integrità e valore, pro-
testando con diverse lettere al Pa-
pa la costante sua obbedienza nel
funesto scisma d'occidente, soste-
nuto in Avignone dall' antipapa
Clemente VII. Tornato in Roma
ottenne nel 1 386 il vescovato di
Bologna, e non avendone potuto
conseguire il possesso, Urbano VI
nel 1387 lo trasferì all' arcivesco-
vato di Ravenna; ma contrastatogli
da Guido da Polenta signore della
città, e fautore del pseudo-papa,
solo sotto Bonifacio IX lo conse-
guì. Ebbe ancora le cariche di
tesoriere e vice-cancelliere di san-
ta Chiesa, e dopo la morte di Ur-
bano VI quella di governatore di
conclave. Bonifacio IX a' 1 8 dicem-
bre 1389 lo creò cardinale prete
del titolo di s. Croce in Gerusa-
lemme, e poscia camerlengo di san-
ta Chiesa, e legato per la pace di
tutta 1' Italia. Per 1' illibatezza dei
suoi costumi, che al dire del Maini -
bourg, Storia dello scisma d' oc-
cidente t. I, p. 44^> non fu m£d
oscurata da vizio alcuno, e per la
umanità, piacevolezza e compassio-
ne che avea pei poveri, tale ascen-
dente si acquistò nell' animo di
Bonifacio IX, che questi gli affidò
gli affari più importanti del pon-
tificato, agitato dallo scisma di
Benedetto XIII successore nell' au-
tipapato a Clemente VII, eh' essen-
do infermo lo dichiarò presidente
del concistoro con autorità illinii-
INN
tata nel governo della Chiesa. Dopo
la morte di Bonifacio IX nove
cardinali, ovvero sette, come vo-
gliono il Gobelino ed il Panvinio,
dell'obbedienza romana, poiché gli
altri tre erano assenti, nel quinto
giorno del conclave, cioè a' 17 ot-
tobre 1 4o4» concordemente lo crea-
rono Papa in età di sessantacinque
anni, prendendo il nome d' Inno-
cenzo VII. A' 2 novembre, secondo
il Panvinio e il Contelori, in gior-
no di domenica, ovvero come vuole
I' Oldoino con altri sull' autorità
del libro del sacro collegio, in
giorno di martedì festa di s. Mar-
tino vescovo, ossia agli 1 i novem-
bre, fu solennemente coronato, e
nello stesso giorno prese solenne
possesso della basilica di s. Gio-
vanni in Laterano. Però da un
frammento di storia di Antonino
di Pietro, conservato nella miscel-
lanea della biblioteca vaticana, si
ricava, che Innocenzo VII dopo la
coronazione fatta in detto giorno
passò a prender possesso, laonde non
sembra vero che ciò egli facesse
a' 27 dicembre come altri scrisse-
ro. La cavalcata ebbe luogo con
molti baroni delle case Orsini e
Colonna, del conte di Troia e dei
magistrati e principali del popolo
romano con molta onorificenza,
e ad ora di vespero fece ritorno
al palazzo vaticano.
Avendo Ladislao re di Napoli
saputo che Innocenzo VII s' era
obbligato con giuramento, come gli
altri cardinali nel conclave, di ri-
nunziare al papato qualora ciò
fo«se necessario per dar fine allo
scisma, e temendo nello stesso tem-
po che nella pace universale corres-
se rischio il suo scettro per cagio-
ne delle pretensioni di Lodovico
d'Angiò, da lui espulso da quel
INN
reame, indusse il buon Pontefice a
dichiarare con una costituzione de-
gli i i novembre presso il Rinal-
di, ch'egli non sarebbe mai venu-
to ad alcun trattato di pace, se
non fosse stabilito prima da am-
bedue le parti come preliminare ,
che Ladislao restasse pacifico pos-
sessore degli stati che allora godeva.
Questa grazia del Papa, in cui il
bene privato si antepose a quello
della Chiesa, poiché con essa, che
certamente non poteva essere ac-
cettala dai cardinali francesi favo-
revoli a Lodovico, rendevasi più,
difficile anzi impossibile l'estinzione
dello scisma, non impedì a Ladislao
di cominciar ad occupare i beni
della Chiesa, ed a commettere di-
verse malvagità. Queste Innocenzo
VII procurò di frenare con affa-
bilità e benefizi, tra' quali gli ri-
mise il censo che non avea paga-
to alla santa Sede pel regno ne-
gli anni addietro e per tre de' pros-
simi futuri. L' ingrato Ladislao fa-
cendo finta di voler congratularsi
col Papa per la esaltazione , dove
che aspirava al dominio temporale
di Roma, quivi si portò e mosse
contro Innocenzo VII i romani, i
quali non erano perfettamente tran-
quilli, non ostante che il Pontefi-
ce studiava più d'ogni altra cosa
di favorirli, accordando loro ciò che
domandavano, talché una volta do-
mandò ad essi se volevano pure l'a-
bito che indossava, per significare
che stimerebbe men penoso spo-
gliarsi della dignità che tollerar
l'ingiurie che da essi riceveva, co-
me osserva il Niemo nella sua sto-
ria. Dall' altra parte Alberico di
Raibiano contestabile di Napoli e
feudatario della santa Sede , man-
cando alla promessa fedeltà , nel
INN 3i5
i4o5 occupò improvvisamente al-
cune terre nel territorio di Bolo-
gna e procurò di far lo stesso sulla
città. Per reprimere dunque l'in-
solenza del contestabile, scrisse In-
nocenzo VII a' 26 giugno a tutti
i governatori dello stato ecclesia-
stico , ordinando loro sotto pena
di scomunica e privazione di tutti
i beni, che nessuno gli dasse aiuto
o favore di sorte alcuna, e che al
primo avviso del cardinal legato
prendessero le armi contro di lui
per soggiogarlo. Nel tempo mede-
simo Forlì e Cesena tornarono alla
Chiesa per morte dell' Ordelaifo ;
ma quando il cardinal Cossa lega-
to volle prenderne possesso, vi si
opposero alcuni, intromettendosi nel
governo di Forlì. Per lo che il
santo Padre scrisse una lettera a
quella città con amare doglianze, e
ordinò al legato che tosto si avan-
zasse coli' esercito per reprimere i
sollevati; ma essendovisi opposti, il
cardinale venne' a concordia. Quel-
li poi di Città di Castello, avendo
scosso il giogo di chi li signoreg-
giava, si assoggettarono interamente
al Papa.
Intanto a' 12 giugno Innocenzo
VII fece una promozione di undi-
ci cardinali, nel qual numero oltre
il nipote Giovanni Migliorati, sei
erano romani, affine di obbligarli
a desistere dalle ribellioni e som-
mosse principalmente de'Colonnesi
e Savelli ghibellini che volevano
ristabilire l'antica repubblica, con-
trariati dagli Orsini guelfi. I primi
simulando di favorire le parti del-
l'antipapa erauo accampati intorno
alla città, i secoudi a mossa di La-
dislao molestavano il Papa cou
nuove ricerche.* Quindi sollevatisi
i romaui apertamente pretesero u-
3.6 INN
ria notte di sorprendere il ponte
Molle , guarnito dalle milizie pon-
tifìcie, che valorosamente li re-
spinsero. Quindi si trattò di con-
cordia tra i ribelli ed il Pontefice,
quando ritornando dall'udienza di
questi due de' sette reggenti di Ro-
ma con nove altri principali cit-
tadini , Lodovico Migliorati nipote
d'Innocenzo VII, siccome capitano
dc'soldati, li fece passare a fil di
spnda a'5 agosto i4o5 nel proprio
palazzo a s. Spirito in Sassia. Ap-
pena i romani intesero questo as-
sassinio, al suono della campana
del Campidoglio corsero alle armi,
e sui più rispettabili ecclesiastici
che trovarono diedero sfogo alla
vendetta, trascinandoli ignominio-
samente alle carceri del medesimo
Campidoglio. Ignaro dell'accaduto,
che gli produsse sommo cordoglio
quando lo seppe, Innocenzo VII che
sospettava male di Antonio Toma-
celli nipote del predecessore e castel-
lano di Castel s. Angelo, corrotto da
Ladislao, e vedendo la penuria de'vi-
veri cbe era in Roma, ne fuggi nel
maggior caldo del giorno per Sutri
a Viterbo, avendo corso pericolo
di morire di sete nel viaggio, co-
me in fatti morirono alcuni delia
sua comitiva. Giovanni Colonna
occupò allora i sobborghi di s.
Pietro e del palazzo vaticano, e
Ladislao credendo opportuna l' oc-
casione d' impadronirsi di Roma,
con forte esercito vi spedi Peretto
conte di Troia, il quale fu rice-
vuto dai congiurati ed ammesso
nei contorni di s. Pietro. Prefe-
rendo i romani la morte alla sog-
gezione del re, Peretto manomise
vari luoghi ed il Colonna si die-
de alla fuga co' partigiani , prima
che l'esercito della Chiesa che si
INN
avanzava gliela potesse impedire.
Aveva Innocenzo VII con lette-
ra circolare de' 27 dicembre i4o4
avvisato i vescovi ed i principi
della sua obbedienza di portarsi a
Roma per 1' estirpazione dello sci-
sma nella festa d' Ognissanti, e
partecipò pure questo suo disegno
all'università di Parigi. Eravi sta-
to invitato anche l'antipapa, che
d'Avignone per la via di Genova
venne in Italia, quando per la so-
praggiunta peste tornò a Marsiglia.
S'avvide allora Innocenzo VII della
impossibilità di tenere in quell'anno
il concilio in Roma. I torbidi della
città e le vie non sicure ai viag-
giatori l'obbligarono a prorogarlo
al maggio 1406, con bolla data
a Viterbo a' 26 novembre. Essen-
do passati sette mesi dacché il
Papa era in Viterbo, e però pen-
titi i romani dei falli commes-
si , lo supplicarono con diverse
ambascerie di fare ad essi ritor-
no . Il santo Padre fece prima
da'suoi prendere possesso con asso-
luto dominio della città, del Cam-
pidoglio e di tutte le porte e ca-
stelli, indi per la porta Portese
entrò in Roma a'3i marzo 1406,
ricevuto con singolari dimostrazio-
ni di letizia ed applausi. Gli an-
darono incontro con le fiaccole in
mano i giuocatori de' giuochi di
Agone e di Testacelo e della Ma-
donna di mezzo agosto, gridando :
Viva lo Papa, che sotto il bal-
dacchino per Trastevere giunse al
palazzo vaticano.
Tuttavolta la città non era in
perfetta calma, persistendo il To-
macelli nella ribellione ed in po-
tere del Castel s. Angelo donde si
facevano non poche ostilità ; il Pe-
retto, Nicolò e Giovanni Colonna,
INN
che con Ladislao avevano congiu-
rato contro il Papa, in un al ma-
gistrato ed altri erano ancora ri-
belli. Laonde il Pontefice a'ao giu-
gno fulminò contro tutti le censu-
re e pene de* sacri canoni, privò
del regno e d' ogni altro onore
il fellone Ladislao e del governo
di Campagna e di Marittima. Con
simulazione ricorse Ladislao alla
clemenza d'Innocenzo VII doman-
dandogli perdono, il quale non
solo l' ottenne dal benigno Papa,
ma a' 1 3 agosto avendo fatta la
pace con quelle condizioni che ri-
porta il Rinaldi all'anno i$o6, n.
7, lo rimise nell'antico onore e gli
conferì la dignità di gonfaloniere
e difensore della Chiesa romana.
Ma l'ambizioso e perfido principe,
più. che mai sconoscente, con nuo-
ve ingiurie ricompensò i favori ri-
cevuti da Innocenzo VII, il perchè
questi si decise dar nuova sentenza
contro di lui, quando la morte
glielo impedì, mentre in Parigi si
maneggiava l'estinzione dello scisma.
Avendo dunque Innocenzo VII go-
vernato due anni e ventitre giorni,
morì in Roma di apoplessia a' 6
novembre i4o6, in età di sessanta-
sette o sessantotto anni, e fu sepolto
nella cappella di s. Tommaso della
basilica vaticana, donde le sue cene-
ri furono trasportate nella terza na-
ve delle sacre grotte della stessa ba-
silica. Era Innocenzo VII di bella
statura, uè grasso né magro, di
buona complessione, molto perito
nella scienza legale , praticissimo
degli a fifa ri della curia romana,
di maniere dolci ed affabili, in
grande riputazione presso i princi-
pi, e commendato da tutti per la
sua mansuetudine, per la pietà che
usava verso gli afflitti, per la pron-
INN 3i7
tezza e pazienza nel dare udienza
a chiunque la richiedeva, per la
giusta severità contro i malvagi ,
per la protezione che prendeva
de' letterati, per l'abborrimento alla
superbia e alla simonia, e pel de-
siderio in fine di far bene a tutti,
come lo dipinge Teodoiico ftiemo
vescovo di Camhray famigliare pon-
tificio e piuttosto contrario ai Pa-
pi, nella Storia dello scisma d'oc-
cidente lib. 4> caP- 3g. Il Cordel-
la nelle Meni. stor. de' cardinali ,
tra la altre lodi, lo dice destro
nel maneggio degli affari, eloquen-
te, e che prendeva diletto in con-
versare cogli uomini dotti ed eru-
diti. Solamente l'avere questo Pa-
pa innalzato l' immeritevole suo
nipote Lodovico al grado di mar-
chese della Marca e ad altre ono-
rificenze, e non aver dato mano
all'estinzione dello scisma con quel
zelo che avea dimostrato e pro-
messo prima di essere fatto Papa,
sminuirono non poco la gloria del
suo pontificato. Tutte le qualità,
che in lui erano mirabilmente u-
nite, sarebbero bastauti per farlo
un Pontefice in cui non fosse
cosa alcuna da rimproverare, se
questo prodigio non fosse stato co-
me impossibile nelle spinose circo-
stanze nelle quali occupò egli fi
cattedra pontificale. Innocenzo ^ li
non vide più la cessione di questa
con quell' occhio medesimo che
l'avea veduta quand'era cardinale
Migliorati , e perciò fatto Papa
credette di poter dispensare il car-
dinale medesimo da'giuranienti fat-
ti nel conclave, di sagrificare se
fosse stato necessario la sua propria
grandezza alla pace della Chiesa.
A vantaggio di questa Iunocenzo
VII condannò i simoniaci di qua-
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3.8 INN INN
lunque condizione e dignità, risei*- tempo 1' eresie di Wicleffb furono
■vando al solo Pontefice la loro as- condannate dai dottori dell'accade-
soluzione e con pena della priva- mia di Parigi. Vacò la romana
zione degli uffici ; alla quale pure Sede venticinque giorni,
condannò i concubinari. A suo
FINE DEL VOLUME TR1GESIMOQU1NTO.
BX 841 .M67
1840
SMCR
fioroni , Gaet
ano,
1802-1883.
Di z i onari o d
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AFK-9455 (awsk)