Skip to main content

Full text of "Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da S. Pietro sino ai nostri giorni. Compilazione di Gaetano Moroni romano"

See other formats


C3  Y&é 


DIZIONARIO 

DI  ERUDIZIONE 

STORICO-ECCLESIASTICA 

DA  S.  PIETRO  SINO  Al  NOSTRI  GIORNI 

SPECIALMENTE      INTORNO 

AI  PRINCIPALI  SANTI,  BEATI,  MARTIRI,  PADRI,  AI  SOMMI  PONTEFICI,  CARDINALI 
E  PIÙ  CELEBRI  SCRITTORI  ECCLESIASTICI,  AI  VARII  GRADI  DELLA  GERARCHIA 
DELLA  CHIESA  CATTOLICA,  ALLE  CITTA*  PATRIARCALI,  ARCIVESCOVILI  E 
VESCOVILI,  AGLI  SCISMI,  ALLE  ERESIE,  AI  CONCILII,  ALLE  FESTE  PIÙ  SOLENNI, 
AI  RITI,  ALLE  CERIMONIE  SACRE,  ALLE  CAPPELLE  PAPALI,  CARDINALIZIE  E 
PRELATIZIE,  AGLI  ORDINI  RELIGIOSI,  MILITARI,  EQUESTRI  ED  OSPITALIERI,  NON 
CHE    ALLA    CORTE    E    CURIA    ROMANA    ED    ALLA    FAMIGLIA    PONTIFICIA,    EC.    EC.    EC. 

COMPILAZIONE 

DEL  CAVALIERE  GAETANO  MORONI  ROMANO 

SECONDO  AIUTANTE  DI  CAMERA 

DI   SUA  SANTITÀ  PIO   IX. 


VOL.  LV. 


IN     VENEZIA 

BALLA     TIPOGRAFIA     EMILIANA 
MDCCCLII. 


^  S*  \  * >  v 


^j 


DIZIONARIO 


DI  ERUDIZIONE 


STORICO-ECCLESIASTICA 


POV 


POV 


1  OVERO.  Egens,  Egenus,  Inops, 
Mendicus,  Pauper.Cheha  scarsità  e  man- 
camento delle  cose  che  gli  bisognano; 
contrario  di  ricco.  La  povertà  volontaria 
è  lodata  nel  vangelo,  come  la  i  .a  delle 
beatitudini.  Gesù.  Cristo  l'ha  santificata 
nella  sua  persona  e  in  quella  de'suoi  ge- 
nitori, in  quella  de'suoi  apostoli  e  de'più 
perfetti  discepoli.  Mala  povertà  involon- 
taria, soprattutto  quando  essa  è  estrema, 
è  uno  scoglio  sì  grande  perla  virtù,  che 
Salomone  domandando  a  Dio  che  lo  pre- 
servasse dagli  scogli  contro  i  quali  corrono 
pericolo  di  urtare  coloro  che  posseggono 
grandi  ricchezze,  lo  supplicò  altresì  per- 
chè non  permettesse  d'essere  esposto  ai 
pericoli  d'una  estrema  miseria.  La  pover- 
tà è  considerata  in  alcuni  luoghi  della  s. 
Scrittura  come  un  castigo  e  talvolta  co- 
me una  prova.  Non  vi  è  nulla  di  più  rac- 
comandalo nella  legge  antica  e  nuova 
quanto  l'elemosina  e  la  compassione  pei 
poveri;  essendo  l'elemosina  un  douo  fat- 
to ai  poveri  per  motivo  di  carità  e  per  sol- 
levarli. Mg.r  Bronzuoli,  Istituzioni  cai' 
toliche,  dice  che  le  buone  operechesi  pos- 


sono fare  dal  cristiano,  tanto  comandate, 
quanto  eseguite  di  propria  elezione,  e  che 
formano  l'osservanza  della  legge  e  l'eser- 
cizio delle  virtù,  soglionsi  anche  riportare 
a  3  soli  capi,  cioè  all'orazione,  al  digiu- 
no, all'elemosina  ;  nella  parola  elemosi- 
na s'includono  tutte  le  opere  di  miseri- 
cordia corporali  e  spirituali.  Vi  sono  dei 
poveri  industriosi  e  onesti  che  vivono  del- 
le loro  braccia,  ma  non  tutti  apparten- 
gono a  questa  classe;  vi  sono  molti  di 
quelli  che  quantunque  il  vogliano  non 
possono  guadagnare  il  pane  coli' opera 
delle  proprie  mani,  ed  altri  che  quantun- 
que molto  fatichino,  non  giungono  però  a 
procurarsi  il  necessariosostentamento.  Di- 
ce ilcardinal  Monchini,  Degl'istituti  di  ca- 
rità, che  questi  secondi  a  parlar  propria- 
mente diconsi  i  poveri  :  e  perchè  gli  ope- 
rai possono  facilmente  cadere  in  questa 
condizione,  a  voler  abbracciare  il  sog- 
getto nella  sua  universalità,  non  vi  si  pos- 
sono escludere.  Ma  lo  statode'primièan- 
cor  più  infelice,  e  voglionsi  dinotare  con 
più  accurato  termine  indigenti.  In  una 
parola,  indigente  è  quegli  che  nou  ha  nul- 


4  pov 

la  e  però  si  trova  in  estrema  necessità,; 
povero  chi  ha  poco  e  però  si  trova  in  ne- 
cessità anch'egli,  ma  solo  comune:  la  re- 
ligiosa carità  invita  al  soccorso  dell'uno 
e  dell'altro.  Sembra  che  nelle  provincie 
d'oriente,  culla  del  cristianesimo,  si  apris- 
sero i  primi  pietosi  asili  e  si  destinassero 
ai  Pellegrini  (V.):  ben  presto  vi  si  prese 
cura  altresì  degl'infermi, quindi  degli  or- 
fani, de'vecchi,  degl'invalidi,  de'mendi- 
ci.  Col  volgere  del  tempo  furono  istituiti 
Ordini  militari  ed  equestri  (f),  non  che 
ospitalari  per  esercitarsi  nell'ospitalità  e 
nel  ricovrare  i  poveri  malati.  Galvagni, 
Il  povero,  distingue  due  sorte  di  poveri, 
di  Gesù  Cristo  e  del  demonio.  I  poveri 
di  Cristo,  pazienti,  umili,  modesti  econ- 
tenti dello  stato  in  cui  si  trovano  posti  dal- 
la divina  provvidenza  e  del  sussidio  che 
ricevono,  non  si  saziano  di  ringraziareld- 
dio  e  benedicono  quelli  che  lo  fanno.  I 
poveri  del  demonio,  nemici  del  buon  or» 
dine,  infingardi,  mentitori,  ubhriachi  e 
disonesti,  mormorano  sempre,  non  sono 
mai  contenti,  sempre  petulanti;  se  rin- 
chiusi in  qualche  stabilimento  di  pubbli- 
ca beneficenza,  maledicono  i  fondatori  e 
gli  amministratori.  Mg.rCiofi  vescovo  di 
Chiusi  e  Pienza  osserva  in  una  pastora- 
le, che  la  Chiesa  fino  dal  suo  principio 
mise  in  onore  la  povertà,  visto  nascere 
nella  miseria  il  Redentore:  essa  sa  che  vi 
saranno  sempre  tra  noi  de'poveri,  sa  che 
bene  spesso  la  povertà  è  il  frutto  de'vizi 
e  delle  passioni;  e  mentre  combatte  le 
cause  e  gli  elFetli,  porge  benefica  la  ma- 
no a  chiunque  ne  rimase  vittima  quan- 
tunque volontaria.  Insegna  che  la  cari- 
tà è  il  vincolo  della  perfezione,  che  uni- 
sce e  conserva  le  altre  virtù,  per  cui  l'uo- 
mo si  rende  perfetto;  insegna  l'amore  ai 
patimenti,  e  addita  i  tesori  di  virtù,  a'qua- 
li  nascosti  nella  povertà  e  nel  dolore  apre 
la  via  colla  povertà  volontaria  e  colle  vo- 
lontarie privazioni.  Applaude  a  tutte  le 
sagge  prove  che  la  società  immagina  a 
miglioramento  della  miseria,  chiede  solo 
di  esservi  unita, onde  prestarvi  lo  spirito 


POV 

del  cristianesimo;  che  la  moderna  filan- 
tropia non  è  già  quella  carità  tanto  da 
Gesù  Cristo  raccomandata,  quando  dis- 
se: ama  il  tuo  prossimo  come  te  stesso, 
fa  del  bene  a  tutti  per  amor  mio.  I  ne- 
mici del  cristianesimo,  gelosi  della  virtù 
ch'esso  insinua,  soppressero  il  nomedi  ca- 
rità, sostituendo  quello  di  filantropia.  Ma 
fu  la  caritàcristiana  che  innalzò  tra  noi  gli 
asilide'poveri  ede'malati, degli  orfanelli  e 
delle  vedove,  e  vennero  in  soccorso  di  detti 
asili  i  moderni,  quando  si  trattò  di  presie- 
dervi per  lucro  e  interesse,  diminuendo 
così  quelle  rendile  destinate  al  sollievo 
degl'infelici.  Questa  tanto  celebrata  filan- 
tropia non  ha  indotto  sin  qua  alcuno  a 
consacrarsi  Missionario  (F^),o  suora  del- 
la Carità(F.),  per  tutto  il  corso  della  vi- 
ta a  traversar  mari,  a  curare  le  più  schi- 
fose malattie,  a  sprezzare  il  pericolo  del 
contatto  pestifero  e  della  morte;  e  ciò 
non  per  acquistar  la  fama  del  mondo,  ma 
per  piacere  a  Gesù  Cristo,  cjie  fu  piagato 
e  confitto  in  croce  per  noi.  La  Chiesa  com  - 
balle nelle  sue  causela  povertà,  ma  vuole 
che  si  rifletta  che  il  Salvatore  nacque  po« 
veroin  un  Presepio[Jr.)  per  insegnar  la  po- 
ca stima  ch'ei  fece  de'comodi  terreni;  essa 
vuole  che  si  rifletta, che  se  nascemmo  tra 
gli  agi  fu  pure  suo  dono,  che  di  questo 
dono  facciamo  parte  ai  poverelli  che  lan- 
guiscono; che  Gesù  Cristo  reputerà  fat- 
to a  se  stesso  quanto  faremo  ai  disgra- 
ziati e  ci  colmerà  di  premi.  La  Chiesa 
vuole  e  comanda  che  si  soccorrino  i  mi- 
seriche  per  malattia  o  altri  casi  sonoespo- 
sii  a  strettezze.  La  beneficenza  è  un  do- 
vere pel  ricco,  per  lo  stalo. nel  limite  di 
sua  potenza,  un  benefizio  della  religione 
che  comanda  di  porgere  aiuto  ai  nostri 
simili  bisognosi.  Ma  il  socialismo  o  Pan' 
teismo  {V-)>  il  più  assurdo  e  funesto  tra 
i  vaneggiamenti,  dice  all'uomo:  tulli  i 
beni  di  questo  mondo  sono  di  tuo  dirit- 
to; la  proprietà  è  furto.  La  religione  al 
contrario  proclama:  ama  il  tuo  prossimo, 
comanda  con  dolcezza  se  devi  comanda- 
re, obbedisci  con  gioia  se  devi  obbedire, 


POV 

il  mio  regno  non  è  di  questo  mondo,  il 
più  umile  della  terra  sarà  il  più  innal- 
zato nel  cielo. 

Roma  centro  della  religione  d'amore, 
che  ha  per  principio  l'amar  il  proprio  si- 
mile come  se  stesso,  seguitando  la  vera 
indole  della  carità  cristiana,  ridonda   di 
■venerande  e  benefiche  istituzioni  versoi 
poveri  e  gl'infelici.  E  ben  può  dirsi  cat- 
tolica la  carità  romana,  poiché  quasi  tut- 
te le  nazioni  contribuironoa  fondarvi  uti- 
li istituti,  Ospizi,  Ospedali,  Collegi,  Do- 
ti (F.)  e  altri  soccorsi,  essendo  grandis- 
simo il  numero  delle  Arciconfraternile 
e  Confraternite  che  fra  gl'istituti  limosi  - 
nieri  tengono  il  primo  luogo,  come  per 
l'esercizio  di  tante  opere  di  carità  cristia- 
na, anche  a  vantaggio  delle  Verghile  Ve~ 
dove  {V.),  e  d'  ogni  specie  di  bisognosi. 
]  Papi  luminosamente  cooperarono  alle 
tante  belle  opere  che  risplendono  nell'al- 
ma città  in  favore  de'poveri  d'ambo i  ses- 
si, col  proprio  peculio,  con  l'erario  pub- 
blico e  colle  casse  de  Lotti (F.),  della  Da- 
teria e  de  Brevi  (F.)j  cardinali,  prelati, 
signori  e  persone  d'ambo  i  sessi  ne  imi- 
tarono i  generosi  esempi,  come  vado  ce- 
lebrando in  tutta  quanta  questa  mia  ope- 
ra. E  impossibile  impresa  il  volere  no- 
verare tutte  le  limosine,  che  sotto  svaria- 
te forme  e  maniere  si  distribuiscono  ai 
poveri  d'ogni  specie  nella  beneficenlissi- 
ma  Roma,  oltre  le  private  largizioni  pe- 
riodiche o  mensili  d'ogni  ceto  di  perso- 
ne. Ad  Elemosiniere  parlai  dell'uffizio 
dell'elemosiniere,  dell'antico  Sacellario 
cui  spettava  dare  le  limosine  del  Papa, 
poi  chiamalo  Elemosiniere  del  Papa(F.), 
e  degli  elemosinieri  de'sovrani.  A  questo 
articolo  feci  la  storia  di  tale  ministro  e 
della  Elemosineria  apostolica.  Dei  tanti 
diversi  modi  e  tempi  dell'elemosina  fatta 
esemplarmente  dai  Papi  colle  stesse  lo- 
ro mani,  essendone  restata  memoria  nel 
Succintorio  (V),  o  per  mezzo  d'altri  con 
ispleudida  generosità  e  animo  veramen- 
te paterno;  avendo  notato  quali  Ponte- 
fici vi  si  distinsero,  siuo  a  imbandire  il 


POV  5 

Pranzo  ai  poveri  nel  proprio  Palazzo  a- 
poslolico,  oltre  la  Lavanda  de' piedi  (V.). 
Ad  Elemosina  discorsi  del  precetto  e  vir- 
tù dell'elemosina  a  chi  può  farla,  e  del 
vantaggio  immenso  che  se  ne  ritrae.  Che 
le  Oblazioni  (Pedi,  dicendo  a  questo  ar- 
ticolo che  la  Chiesa  le  ricusò  da  quelli 
che  opprimevano  i  poveri eche questi  era- 
no dispensati  dalle  oblazioni)  si  divide- 
vano in  3  parti  (quanto  alla  durata  di  tal 
disciplina  V.  Palazzo),  una  delle  quali 
pei  poveri  e  Pellegrini  (V.).  Avvertirò 
con  Berlendi  p.  170,  Delle  oblazioni,  che 
i  poveri  non  avendo  che  olferirepel  sa- 
grifìzio  se  non  il  desiderio,  acciò  non  re- 
stassero privi  del  frutto  del  sagrifizio,  il 
sacerdote  per  renderli  partecipi  in  tal  mo- 
do a  Dio  li  raccomandava:  Suscipe  Deus 
miniera  eorum,qui offèrre  volunt,  et  non 
habent.  Ciò  anche  in  ordine  ai  defunti, 
cheavendoavutoun  tal  volere,  non  han- 
no avuto  poi  il  potere;  poiché  essendo  an- 
che i  poveri  membri  della  Chiesa,  non  era 
conveniente  chele  loro  anime  restassero 
senza  sulfragio  perchè  i  lóro  parenti  si  pre- 
sentavano senza  oblazione.  Inollrea  Ele- 
mosina ricordai  le  antiche  Collette(F)  o\e 
si  facevano  le  Collette d : questua  (F.)  pei 
poveri;  la  grande  carità  de'primi  fedeli,  si- 
no a  vendersi  Schiavi(V.)  per  nutrire  ipo- 
veri; delle  necessità  di  questi,  delle  provvi- 
denze prescsull'elemosineda'concilii, e  su- 
gli antichi  accattoni  :  dissi  pure  delle  mae- 
stre pie,  dellespezierie, de'medici,  chirur- 
gi e  levatrici  pei  poveri  di  tutti  i  rioni,  dal 
Papa  regnante  attribuitealmunicipioro- 
mano.  1  Diaconi  Cardinali  (F.)  furono 
istituiti  dai  Papi,  dopo  quelli  degli  apo- 
stoli,anche  per  soccorrere  ipoveri,e  pren- 
der cura  degli  orfani  e  de'  pupilli,  onde 
ebbero  case,  ospizio  e  ospedale  per  ricet- 
tarli,alimentarli  e  curarli,  presso  le  Dia- 
conie  [V.),  essendo  le  maniche  larghe  del- 
la dalmatica  simbolo  di  loro  liberalità; 
mentre  le  Diaconesse  (F.)  presero  cura 
delle  povere  orfane.  A   Matricola  (V.) 
ragionai  ancora  di  quella  che  ne'  primi 
secoli  della  Chiesa  conteneva  la  lista  dei 


6  POV 

poveri  de'due  sessi,  alimentati  a  spese  del- 
la medesima, specialmente  le  vedovee  pu- 
pilli, con  rendite  chiamate  vialricularii, 
nella  casa  detta   Matricida  pauperum  , 
contigua  al  tempio,  ove  abitavano  que' po- 
veri denominati  matricolari.  A  Difenso- 
re parlai  purede'difensori  de'poveri  e  del 
popolo,  non  che  della  Chiesa,  come  quel  la 
chesempre  prese  la  protezione  de'poveri, 
afflitti,  vedove,  orfani,  contro  gli  oppres- 
sori, potendo  giudicar  le  cause  tra'poveri 
e  il  popolo  minuto  sino  a  una  certa  som- 
ma. Il  Patrizio  di  Roma  (P\)  doveva  di- 
fenderei poveri.  A  Possesso  de'Papi  ram  - 
mentai  l'anlico  rito  di  tal  funzione,  di 
spargere  monete  al  popolo,  con  versetti 
risguardanti  i  poveri.  A  Difensori  della 
chiesa  romana  istituiti  ne'pi  imi  suoi  tem- 
pi, notai  che  loro  spettava  patrocinar  le 
cause  anche  de'  poveri,  perciò  spediti  dai 
Papi  in  remote  parti  per  accorrere  inaiulo 
a  quelli  che  imploravano  l'autorità  della 
s.  Sede.  Ivi  dissi  ancora  de'7  difensori  re- 
gionari di  Roma,  istituiti  o  meglio  sta- 
biliti da  s.  Gregorio  I,  che  si  mandava- 
no per  le  provincie  anche  per  distribui- 
re ai  poveri  i  danari  lasciati  dai  testatori, 
e  come  a  questi  difensori  successero  gli 
avvocati  concistoriali (V.).  A  questo  ar- 
ticolo parlai  di  uno  del  medesimo  cospi- 
cuo collegio,  che  funge  l'antichissimo  e  ri  • 
levante  ufficio  di  Avvocato  de  poveri,  per 
l'obbligo  che  ha  di  difenderli,  massime  se 
carcerali  o  condannali  a  morie,  dicendo 
che  prima  avea  parte  doppia  dal  palazzo 
apostolico,  come  famigliare  del  Papa,  con 
altroché  lo  riguarda.  Morcelli  lo  chiama 
advocatus  plebis,  advocalus  populi,  ad- 
vocatus  public.  A  Concistoro  lo  ricordai 
per  le  perorazioni  che  vi  fanno  perle  Ca- 
nonizzazioni, e  di  quelle  che  si  fecero 
sino  ad  Urbano  Vili  su  gravissime  cau- 
se criminali.  A  Camera  apostolica  ripar- 
lai dell'avvocato  de'poveri  per  appaile- 
nerea  quel  tribunale,del  suo  posto  in  cap- 
pella pontificia,  del  suo  titolo  di  monsi- 
gnore e  abitodistinto  di  manlclletlone,  e 
che   non  può  trattare  altre  cause  olire 


POV 

quelle  del  proprio  onorevolissimo  uilicio. 
A  Mantellone  non  solo  meglio  dissi  del 
suo  abito,  ma  che  non  può  ammogliarsi 
dopo  essere  insignito  della  carica.  A  Go- 
vernatore di  Roma  egualmente  ne  tenni 
proposito,  comechè  fece  parte  del  suo  tri- 
bunale,inun  agli  altri  procuratori  dei  po- 
veri subalterni,  dicendo  del  loro  accesso 
alla  visita  delle  prigioni,  nonché  alla  visita 
generale  delle  carceri  con  altre  notizie.  O- 
ra  fa  parte  del  Tribunale  crimina  le  di  Ro- 
ma, componendosi  la  procura  de'  pove- 
ri, di  mg.r  Filippo  Baffi  avvocato  de'pove- 
ri, edi  mg.r  Bonaventura  Orfei  avvocato 
dei  poveri  coadiutore  d'Orvieto,  di  4  Pro- 
curatori de'poveri,  d'un  procuratore  ag- 
giunto, d'altro  onorario,  del  procuratore 
dei  poveri  per  la  carità  de' carcerati,  e  del 
sollecitatore  delle  cause  de'poveri.  A  No- 
menclatore dissi  che  a  lui  è  succeduto  l'av- 
vocato de'  poveri,  altri  dicono  1'  Uditore 
della  camera:  il  nomenclatore  cavalcava 
vicino  al  Papa  per  ricevere  i  Memoriali 
[V.)  di  chi  avea  bisogno  di  aiuto,  di  gra- 
zia o  di  soccorso.  Cartari,  Syllabum  ad- 
vocalorum  s.  Consistorii,  riporta  le  no- 
tizie di  molti  avvocati  de'poveri,  profon- 
di giureconsulti,  insieme  a  quelle  del  dot- 
tissimo padre  di  Paolo  V,  cioè  Marc'An- 
tonio  Borghese  decano  degli  avvocati  con- 
cistoriali, che  si  meritò  il  titolo  di  padre 
e  protettore  de'poveri:  nel  moto-proprio 
di  elogio  splendido  di  s.  Pio  V,  ed  in  cui  si 
parla  delle  grandi  sue  benemerenze  e  del- 
le attribuzioni  e  prerogative  del  nobile  e 
meri  torio  uflìzio.questo  magistrato  si  chia- 
ma Advocati  pauperum,  uffizio  stabilito 
ab  antiquo,  ad  defensionem  pauperum, 
praesertim  carceratorumj  e  uella  lapide 
sepolcrale,  Magno  pauperum  advocalo. 
Garampi,  Osserv.  delle  monete  poni.  p. 
278,  nel  documento  della  zecca  di  Roma 
del  i545j  rogato  da  diversi  camerali  e 
dall'avvocato  de'poveri  Gio.  Luigi  d'A- 
ragona, che  lo  era  fino  dal  1  l'òi,  avverte 
che  i  De  Rubeis  nel  Defensor  redivivus, 
Roma  1657,  a  p.  28K  nel  darci  il  cata- 
logo di  quelli  che  hanno  esercitato  l'uf- 


POV 

fizio  di  avvocato  de'poveri  nella  curia  ro- 
mana ,  essendo  assai  digiuno  quanto  ai 
tempi  più  antichi  e  senza  notare  il  tempo 
in  cui  visseciascuno,  ne  riportai  seguenti, 
e  potranno  servii  edi  supplemento  a  detta 
opera  e  a  quella  di  Cartari.  Gio.  Bruni 
Doknsis  advocatuspauperum  in  romana 
curia  seguitò  Papa  Urbano  V  allorché  da 
Avignone  si  trasferì  a  Roma  nel  1367. 
Gio.  deMilisdi  Eugenio  IV.  AntonioRo- 
selli  d'Arezzo  insignegiureconsulto.  Lelio 
della  Valle  del  1472.  Francesco  Pellati 
da  Padova  del  i479-  Coronato  Planca 
ammesso  nell'officio  da  A  lessandro  V I  nel 
i495.  Paolo  Planca  del  i5o4;  gli  suc- 
cesse nel  1 5i  1  Melchiorre  Baldassini.  Ve- 
spasiano Cesi  del  1 53  1 .  Pietro  Paolo  San- 
guinei del  i548.  M.  A.  Borghese  sud- 
detto lo  era  già  nel  1 54*).  cui  successe  nel 
1574  Lorenzo  Campeggi  arcidiacono  di 
Bologna.  Vedi  Plettemberg,  Notitiacon- 
greg.  p.  55 1 ,  De  procuratore  pauperum, 
parlando  di  questo  e  di  quello  del  soda- 
lizio di  s.  Girolamo  della  carità.  Piazza 
riell'  Eusevologio  trat.  3  ,  cap.  5:  Del- 
l'avvocalo  e  procuratore  de'poveri,  eru- 
ditamente discorre  di  loro  origine  e  pre- 
gi, come  di  quanto  fecero  le  altre  nazio- 
ni, anche  gentili  e  idolatre  per  la  difesa 
de'  poveri.  Del  modo  come  procedono 
alla  difesa  de'  poveri,  colla  prescrizione 
di  s.  Pio  V  che  debbono  rilasciarsi  i  car- 
cerati per  debiti  se  non  sono  mantenuti 
in  prigione  dai  creditori,  in  uno  alle  be- 
nefiche disposizioni  degl'imperatori  e  dei 
Papi.  Riporta  il  giuramento  imposto  da 
Innocenzo  li  agli  avvocati  e  procuratori 
de'  poveri,  non  che  le  belle  prescrizioni 
di  Paolo  V  all'  avvocato  de'  poveri  per 
la  loro  difesa  e  patrocinio,  dovendone  vi- 
sitare spesso  le  carceri  o  per  mezzo  de- 
gli altri  procuratori  o  sostituti. 

Dal  Rinaldi  si  apprende  come  sin  dal 
principio  del  cristianesimo  solevano  i  po- 
veri mendicar  fuori  delle  chiese  nel  por- 
tico, non  essendo  loro  lecito  entrare  in 
chiesa  a  domandare  limosina,  bensì  co- 
me agli  altri  era  loro  aperta  la  chiesa  per 


POV  7 

far  orazione  ed  essere  ammessi  alla  sa- 
gra mensa  insieme  coi  principi.  I  poveri 
abitavanoallora  fuori  della  Porta  Ostien- 
se e  la  Porta  Trigemina,  e  vi  riceveva- 
no la  limosina,  come  attestano  Plinio  e 
Plauto,  dicendo  Ammiano  che  poi  la  lo- 
ro abitazione  fu  trasportata  al  Vaticano. 
I  poveri  di  ciascun  rione  di  Roma,  sta- 
vano sotto  la  cura  di  7  cardinali  diaconi; 
il  Papa  ne  sapeva  il  numero,  e  li  soste- 
neva abbondantemente.  Papa  s.  Solerò 
del  175  fu  sommamente  liberale  co'bi- 
sognosi  ed  aumentò  generosamente  il  pio 
costume  usato  fino  dalla  nascente  Chiesa 
dai  12  suoi  predecessori,  nel  soccorrere 
con  copioso sovvenimento  i  poveri,  anche 
di  rimotissimi  luoghi  e  nelle  più  lonta- 
ne parti  del  mondo.  Malgrado  le  perse- 
cuzioni nel  pontificato  di  s.  Cornelio  del 
254  in  Roma  si  contava  numeroso  clero, 
i5oo  vedove  e  moltissimi  poveri  ,  tutti 
mantenuti  dalla  pietosa  carità  della  chie- 
sa romana.  Nel  concilio  romano  tenuto 
da  s.  Silvestro  I  alla  presenza  di  Costan- 
tino, venne  stabilito  che  la  4-a  parte  del- 
le rendile  della  Chiesa  fosse  impiegata  a 
beneficio  de'poveri  e  degl'infermi.  Nel 
4oo  circa  si  aprì  in  Trastevere  un  Ospe- 
dale pei  malati,  mentre  altri  se  ne  erige- 
vano a  Ostia  ed  a  Porto,  i  quali  istituti 
se  cedono  per  anteriorità  di  tempo  a  quel- 
li aperti  in  oriente,  furono  al  certo  i  pri- 
mi d'Italia  e  delle  regioni  occidentali.  In 
Roma  le  più  nobili  e  antiche  matrone,  i 
patrizi  e  persone  consolari,  e  soprattutto 
i  Papi, furono  esempi  di  carità  fin  dai  pri- 
mi secoli  e  in  ogni  tempo,  imperocché  in 
Roma  si  tenne  sempre  carissima  questa 
splendida  eredità  trasmessale  da'suoi  il* 
lustri  antenati,  sicché  può  affermarsi  con 
sicurezza  che  nessun'allra  metropoli  ne 
fu  più  doviziosa.  Nicolai,  Meni,  sull'an- 
nona di  Roma,  celebra  i  frequenti  sussidi 
che  i  Papi  distribuivano  alla  plebe  di  Ro- 
ma, specialmente  in  tempo  di  calamità, 
sino  dai  primi  secoli  della  Chiesa,  e  delle 
loro  paterne  cure  ne'tempi  di  carestie,  on  • 
de  provvedere  la  città  de'generi  necessari 


8  PO  V 

ni  sostentamento.  Nel  L  3,  p.  377  e  seg. 
degli  Alti  di  archeologia   si  contengono 
le  3  seguenti  erudite  e  importanti  disser- 
tazioni. Di  Nicola  Ratti,  Sopra  gli  stabi- 
limenti di  pubblica  beneficenza  degli  an- 
tichi romani:  Delle  opere"  di  pubblica  be- 
neficenza de' cristiani  de' primi  tre  secoli. 
Di  Giuseppe  de  Mattheis,  Sulle  inferme- 
rie degli  antiehie  loro  differenza  dai  mo- 
derni ospedali.  Nella  i.a  Ratti,  nell'illu- 
strare  gli  stabilimenti  di  pubblica  benefi- 
cenza degli  antichi  romani,  diceche  non 
ve  ne  furono  sotto  la  repubblica,  in  cui 
a  Roma  non  v'  erano  indigenti  e  persone 
prive  d'ogni  maniera  di  sostentamento, 
uè  oziosi  a  carico  dello  stato,  perchè  ogni 
cittadino  dovea  esercitare  un  impiego  o 
un  mestiere,  almeno  e  quasi  tutti  erano 
agricoltori  e  militari.  Nondimeno  nel  voi. 
IX,  p.  264  riportai  l'erezione  del  tempio 
alla  Pietà  romana,  in  onore  di  quella  fi- 
glia, che  alimentò  il  carcerato  genitore, 
portandosi  poi  alla  propinqua  Colonna 
lattaria  del  Foro  Olitorio  i  bambini  spu- 
ri per  trovare  le  nutrici  (della  pia  casa 
degli  esposti  trattai  a  Ospedale  di  s.  Svi- 
bito).  Col  declinar  della  repubblica  ab- 
bandonate le  antiche  virtù,  la  sobrietà, 
e  introdotto  il  fatale  Lusso^P^.),  si  scon- 
volse e  disorganizzò  l'ordine  pubblico;  a 
tuttociò  si  aggiunga  la  popolazione  man- 
data alle  colonie 3  le  guerre  civili  e  le  pro- 
scrizioni, che  fecero  restare  prive  di  sussi- 
stenza una  classe  di  persone,  che  necessa- 
riamente ricadde  a  carico  delle  altre  clas- 
si de'cittadini  e  del  pubblico,  sì  in  Roma 
che  nell'Italia.  In  questo  stato  trovavasi 
la  regione  quando  Augusto  divenne  im- 
peratore, il  quale  compassionando  la  mi- 
seria di  tanti  infelici,  nel  fare  il  giro  del- 
l' Italia  fece  una  distribuzione  pecunia- 
ria a  ciascun  padre  di  famiglia  in  pro- 
porzione del  numero  de'figli,  e  colla  plebe 
di  Roma  fu  più  generoso,  ed  in  tempi  di 
carestia  dispensò  grano,  0  gratuitamente 
o  a  bassissimo  prezzo,  com'erasi  talvolta 
praticato  dalla  repubblica  mensualmen- 
te.  Ciò  fomentando  l'ozio  e  l'infinga!  dag- 


POV 

gine  in  pregiudizio  della  coltivazione  del- 
le terre,  indusse  Augusto  a  ridurre  tali 
distribuzioni  frumentarie  per  quadrime- 
stri. Nérva  però  fu  il  1 .°  istitutore,  quin- 
di Traiano,  dei  sussidi  alimentari  a  van- 
taggio di  Roma  e  degli  oppidi  d'Italia  pei 
poveri  d'ogni  età,  oltre  i  congiariodonio 
largizioni  di  grano  e  altri  generi,  che  go- 
deva la  capitale  (larghi  donativi  che  ave- 
vano luogo  nelle  festi  ve  ricorrenze,  e  di  cui 
trattai  altrove,  gratificazione  che  la  prepo- 
tente soldatesca  e  la  turbolenta  e  petulan- 
te plebe  pretese  poi  per  obbligo).  Quest'e- 
sempio fu  imitato  da  molti  ricchi  privali 
romani  edi  non  poche  città  d'Italia,  ed  A- 
driano  favori  e  protesse  questa  beneficen- 
za, cosi  Antonino  eM.  Aurelio,  de'quali 
le  rispettive  mogli  si  distinsero  per  que- 
sta parte  al  pari  di  loro.  Tutto  variò  sotto 
Comodo,  che  non  prendendo  cura  degli 
afFurj,  molto  meno  si  occupò  della  pubbli- 
ca beneficenza.  Nella  peste  poi  che  nel  1 8 1 
afflisse  I  talia,  per  morte  perirono  i  padro- 
ni de'terreni  che  corrispondevano  annuo 
censo  agi'  istituti  alimentari,  e  niuno  ac- 
correndo a  rimediarvi  cessarono  a  un  trat- 
to le  rendite,  per  cui  Elvio  Pertinace  fu 
costretto  farli  cessare.  Dipoi  nel  secolo  IV 
sMncontrauo  esempi  di  distribuzioni  fru- 
mentarie sotto  gl'imperatori  cristiani.  A 
queste  beneficenze  sovrastava  il  prefetto 
degli  alimenti.  Il  mensile  assegnamento 
del  vitto  della  femmina  era  un  terzo  meno 
del  maschio,  mentre  i  maschi  alimentari 
erano  nel  numero  di  gran  lunga  superiore 
a  quello  delle  femmine  e  poco  più  della 
io."  parte.  Al  convitto  alimentare  non 
si  ammettevano  i  due  sessi  prima  de' 9 
anni,  e  ne  godevano  sino  al  i41efemmi« 
ne,  sino  al  18  i  maschi,  cioè  gl'italiani, 
mentre  gli  abitanti  di  Roma  sino  dall'in- 
fanzia si  ammettevano  alla  percezione. 
Ratti  crede  che  in  alcuni  luoghi  d' Ita- 
lia i  fanciulli  e  fanciulle  povere  fossero 
alimentate  in  case  di  convitto,  avendosi 
in  mira  l'educazione  peraverne  utili  citta- 
dini :  altri  istituti  alimentari  furono  ope- 
ra di  privati  cittadini.  Ma  di  questi  stabir 


PO  V 

li  menti  di  pubblica  beneficenza  di  Roma 
pagana,  n'  ebbe  assai  piùe  piùpregievoli 
Roma  cristiana  fin  dai  primi  secoli;  i  pri- 
mi furono  l'è  (Ietto  di  sentimenti  d'urna* 
nità,  i  secondi  il  prodotto  dello  spirito 
di  carità  evangelica ,  sentimento  tanto  più 
nobile,  perchè  della  legge  di  natura  è  più 
perfètta  la  legge  di  grazia, onde  dai  pri- 
mi cristiani  si  aprì  vasto  campo  alle  più 
belle  opere  di  beneficenza.  JNella  2.a  dis- 
sertazione Ratti  fa  considerare,  che  in- 
nanzi che  la  religione  di  Cristo  divenisse 
quella  dell'impero  pacificamente,  e  fin- 
ché fu  punito  il  pubblico  esercizio  di  es- 
sa, fu  allora  che  più  risplendette  la  fra- 
terna carità  de'fedeli  tanto  inculcata  dal 
divin  legislatore,  e  lasciò  esempi  così  lu- 
minosi, che  invano  se  ne  cercherebbero  di 
simili  nelle  altre  religioni.  Ricorda  la  ge- 
nerale e  spontanea  comunione  de'beni  che 
fu  introdotta  sotto  gli  apostoli,  che  trat- 
tai a  Diacono,  a  Gerusalemme  ove  inco- 
minciò, e  negK  articoli  relativi  (a  Disci- 
plina regolare  parlai  della  vita  comune 
del  clero),  con  generale  vicendevole  bene- 
ficenza, che  si  rese  necessaria  ne'secoli  di 
Persecuzione  (F.)j  mentre  pii  personag- 
gi e  divote  matrone  ne'  propri  fondi  die- 
rono  onorata  sepoltura  ai  martiri  e  altri 
defunti,  edificando  Cimiteri  e  Catacom- 
be {V.).  Ricorda  l'istituzione  di  Papa  s. 
Fabiano  de'7  memorati  Diaconi  della 
Chiesa  romana,  terminando  la  comunan- 
za de'beni  ne'primi  del  IV  secolo  al  fi- 
nire delle  persecuzioni  (dopo  le  quali  i  soc- 
corsi della  privata  beneficenza  non  furo- 
no più  sufficienti  al  sollievo  delle  umane 
miserie,  o  per  l'aumento  de'bisognosi  o 
perchè  si  scemò  il  primo  fervore  della  ca- 
rità, di  che  si  lagnò  s.  Gio.  Crisostomo, 
in  Manli.  27,  io,  Homil.25).  JNelle  Car- 
ceri (F.)  i  Confessori  della  Ftde{fr.)  ri- 
ceverono ogni  sorte  di  aiuto  dai  loro  fra- 
telli,così  quelli  condannati  negli  scavi  ad 
metallo,  sormontando  per  questi  carita- 
tevoli uffici  i  più  grandi  ostacoli  e  gravi 
pericoli.  A  cagione  de'frequenli  martini, 
moltissime  donne  rimasero  prive  de'luro 


POV  9 

mariti,  moltissimi  fanciulli  de'loro  geni- 
tori, quindi  come  già  rilevai,  dall'unione 
de'  fedeli  e  dalle  chiese  particolari  erano 
mantenute  le  vedove  egli  orfani  de' quo- 
tidiani alimenti  e  dell'  occorrente  vestia- 
rio ;  beneficenza  che  si  estese  per  tutta 
quanta  la  Chiesa,  e  finché  il  bisogho  lo  ri- 
chiese, dimostrandosi  maggiore  la  libera- 
lità de'cristiani  verso  gli  orfani  de'mar- 
tiri.  Questi  alimentati  non  vanno  confusi 
coi  mendici  pubblici,  che  si  radunavano 
presso  le  carceri  de'confessori,  o  avanti  i 
monumenti  de'martiri,  e  vi  ricevevano  la 
limosina da'fedeli che  in  folla  viaccorreva- 
no,  in  quella  guisa  medesima  che  poi  il 
luogo  destinato  ai  mendici  fu  il  portico 
esterno  delle  chiese  dopo  l'atrio,  aderen- 
tealle  porte  delle  medesime.  Interessòpu- 
re  il  cuore  benefico  de'primitivi  cristiani 
tutti  quelli  che  per  vecchiezza  o  infermi- 
tà erano  divenuti  inabili  a  esercitare  un 
mestiere,  dal  quale  potessero  ritrarre  il 
sostentamento.  La  beneficenza  degli  an- 
tichi cristiani  era  diretta  a  sov  venire  i  veri 
impotenti, di  venuti  tali  o  per  moti  vodelle, 
persecuzioni  o  per  cause  naturali;  quei 
che  lo  fossero  stati  per  inclinazione  alla 
"vita  oziosa  o  per  avversione  al  travaglio, 
non  entra  vano  in  questo  numero.  Agi'  in- 
fermi somministra  vano  i  necessari  alimen- 
ti e  nelle  proprie  case  apprestavano  loro 
gli  opportuni  rimedi,amorevolmeute  ser- 
vendoli nelle  cose  più  vili ,  non  esclusi 
quelli  che  cadevano  malati  nelle  Pesti- 
lenze (f-),  imitati  dai  posteriori  Ospe- 
dalieri e  Ospedaliere  {V.).  Pei  medesimi 
primi  cristiani  fu  opera  benefica  la  pub- 
blica ospitalità,  quale  fu  praticata  anche 
dagli  antichi  romani  e  da  altre  nazioni  , 
come  dissi  a  Ospizio.  Fu  tanto  affettuo- 
sa ed  esemplare,  clie  mosse  l'invidiosis- 
simo Giuliano  apostata,  per  fare  risorge- 
re il  paganesimo,  ad  ordinare  al  sacerdo- 
te degl'idoli  Arsace,  di  stabilire  in  ciascu- 
na città  case  o  ospizi  pei  pellegrini  e  pei 
poveri,  affinchè  i  gentili  non  fossero  in 
ciò  inferiori  ai  cristiani,  come  toccai  a 
Ospedale.  Ad  evitar  le  frodi  depellegri* 


io  POV 

ni  impostori,  anche  i  cristiani  usarono  le 
tessere  ospitali  e  poi  le  lettere  formate, 
ed  in  Roma  si  esercitò  mirabilmente  l'o- 
spitalità,ove accorrevano  i  fedeli  qual  cen- 
tro del  cristianesimo  e  capitale  dell'im- 
pero, d'onde  ebbero  origine  i  tanti  ospe- 
dali e  ospizi  che  vanta,  come  descrissi  a 
Ospedali  di  Roma, a  Ospizi  di  Roma,  a  Pel- 
legrinaggio parlando  delle  case  e  bagni 
(questi  si  erigevano  presso  le  chiese  per 
lavarvi  i  pellegrini,  come  notai  a  Lavan- 
da delle  MANi)convertiti  in  alberghi  ospi- 
tali alle  radici  del  Viminale  ed  Esquili- 
no,  regione  in  cui  secondo  Baronio  esi- 
stevano molti  alloggi  de'pellegrini, ma  non 
pare  essendo  piuttosto  la  Vaticana.  A 
Palazzi  di  Roma  accennai  le  provviden- 
ze de'Papi  contro  gli  abusi  de'proprietari 
delle  case,  a  vantaggio  de'pellegrini  e  dei 
poveri.  Nella  3.a  dissertazione  il  doti.  De 
Mattheis  sulle  infermerie  o  ricettacoli  di 
infermi  presso  gli  antichi,  a  differenza  dei 
moderni  ospedali,  prova  che  vi  furono 
presso  i  greci  e  presso  i  romàni,  e  spe- 
cialmente dopo  che  le  malattie  divennero 
assai  frequenti,  anche  pegli  schiavi,  per 
interesse  de'proprietari  più  che  per  uma- 
nità, avendone  pure  il  bestiame  ammor- 
bato, chiamandosi  siffatti  ricettacoli  va- 
letudinarium  :  anche  le  milizie  ne  dovea- 
no  avere  pei'  accogliere  i  feriti  e  gl'infer- 
mi. Presso  gli  antichi  le  case  stesse  dei 
medici  e  le  loro  officine  o  botteghe  servi- 
vano a  ricevere  i  malati  anche  a  dimora, 
per  meglio  assisterli  e  sottoporli  a  cure 
più  o  meno  lunghe,  come  al  presente  si 
pratica  da  alcuni  medicj  di  Germania  e 
di  Francia,  a  convitto  o  pensione.  In  que- 
sto senso  adopravano  gli  antichi  la  paro- 
la  Medicina  (V.),  vale  a  dire  officina  di 
medico  fornita  d'istromenti  e  di  farma- 
chi, oveaccoglievansi  gl'infermi  o  per  me- 
dicarli o  per  curarli  se  vi  restavano  ,  lo 
che  accennai  a  Medico.  Però  i  veri  ospe- 
dali e  le  pubbliche  infermerie  degli  an- 
tichi greci  e  romani  erano  i  templi  delle 
deità  salutari,  come  Esculapio,  i  suoi  fi- 
gli, ed  i  numi  protettori  dell'umana  sa- 


POV 

Iute,  come  Apollo,  Se-rapide,  Minerva, 
Lucina,  ec:  ivi  accorrevanoin  folla  gl'in- 
fermi d'ogni  specie,  per  esser  guariti  dal 
medico  potere  di  que'numi,  che  lo  eser- 
citavano per  mezzo  de' loro  sacerdoti  fur- 
bi e  avidi  de'grandidoni  che  percepivano 
per  l'interpretazione  de'sogni  e  pei  rime- 
di vani  e  superstiziosi  che  insegnavano, 
onde  Luciano  chiamò  il  tempio  d'Escu- 
lapio  in  Pergamo:  bottega  del  nume.  In 
Roma  fu  prescelta  l'isola  Tiberina,  fra  i 
ponti  Cestio  e  Fabricio,  a  contenere  il 
tempio  e  la  casa  d'Esculapio,  ove  surse 
poi  \' Ospedale  di  s.  Gio.  di  Dio,  tanto 
benemerito  dell'umanità  languente,men- 
tre  ivi  si  esponevano  o  abbandonavano  gli 
schiavi  incurabili,  che! se  guarivano  di- 
venivano liberi.  I  ricoveri  e  infermerie 
presso  i  templi  sorgevano  ne' luoghi  più 
salubri,  con  bagni,  abitazioni  e  altre  co- 
modità. Essendo  tenuti  per  santuari,  il 
non  ricuperare  lasanitàeilmalesitodella 
cura  si  ascriveva  a  mancanza  di  fiducia 
o  di  obbedienza  alle  prescrizioni.  Sulle 
porte  o  parelio  colonne  di  questi  templi, 
detti  anche  Asclepii,  a  pubblico  vantag- 
giosi scrivevano  i  farmachi  di  nuovo  sco- 
perti, e  con  iscrizioni  si  scolpivano  le  sto- 
rie  delle  guarigioni.  Altre  infermerie  era- 
no quelle  di  ricchi  proprietari,  destinate 
a  ricevere  i  loro  servi  malati.  Ma  il  bal- 
samo soavissimo  della  carità  che  dirige 
i  nostri  stabilimenti  di  tal  genere,  non 
era  conosciuto  dai  gentili  :  sotto  l'influs- 
so benefico  di  tal  sentimento,  provenne 
una  nuova  specie  di  ospitalità  e  di  bene- 
ficenza ,  unicamente  a  favore  della  po- 
vertà e  del  bisogno.  GÌ'  infermi  più  po- 
veri ,  più  schifosi  ,  i  più  derelitti ,  i  più 
incurabili,  sono  nella  morale  cristiana  i 
soli  prescelti  e  distinti.  De  Mattheis  ri- 
tiene che  avanti  il  IV  secolo  e  di  s.  Fa- 
biola, che  celebra  prima  istitutrice  degli 
ospedali  in  Roma  anzi  del  cristianesimo, 
ne  in  oriente,  ne  in  occidente  esistessero 
tra'cristiani  case  e  ospedali  particolar- 
mente destinati  a  ricevere  infermi,  mas- 
sime i  poveri;  bensì  pare  che  in  oriente 


POV 

oltre  i  luoghi  per  accogliere  i  forestieri 
e  pellegrini  che  si  recavano  a  visitare  i 
santi  luoghi  di  Palestina  {V.),  dipoi  si 
moltiplicassero  le  infermerie  e  ospizi  dei 
lebbrosi,  chiamati  in  seguito  Lazzaret- 
ti (  V.  ) ,  assistiti  da'  monaci  di  s.  Basi- 
lio che  ne  viene  considerato  principale  i- 
stitutore,  e  da  altri  ospitatali;  utilissimi 
stabilimenti  con  chiese  contigue,  desti- 
nati ad  accogliere  i  poveri  infermi,  som- 
ministrando loro  gratuitamente  alloggio, 
■vitto  e  assistenza  religiosa  e  medica,  che  si 
propagarono  ovunque  a  precipua  utilità 
de'poveri,  onde  Giustiniano  I  concesse  e- 
senzioni  e  privilegi  per  favorirne  la  mol- 
tiplicazione ,  rifabbricando  magnifica- 
mente quello  eretto  da  Sansone  in  Co- 
stantinopoli, ed  erigendone  altro  in  An- 
tiochia. Nella  i.a  città  Alessio  Comneno 
il  seniore  fondò  nel  secolo  XI  il  più  no- 
bile, vasto  e  sontuoso  stabilimento  di  tal 
natura  che  sia  stato  fabbricato  non  solo 
in  oriente,  ma  in  qualunque  altra  parte 
del  mondo;  era  una  specie  di  città  che 
occorrevano  24  ore  per  vederla,  popo- 
lata da  circa  10,000  poveri  invalidi  d'o- 
gni specie,  orfani,  feriti;  ammalati, e  tutti 
provveduti  assai  bene  d'ogni  cosa.  Anche 
in  occidente  e  prima  del  1000  si  molti- 
plicarono per  ogni  dove  presso  le  Chiese 
ei  Monasteri^.)  ospizi  pegl'infermi  po- 
veri e  pei  pellegrini,  come  si  apprende 
dalla  storia  degli  Ordini  religiosi  (V.)t 
tanto  benemeriti  de'poveri.  Dopo  il  1 000 
tali  luoghi  incominciarono  ad  essere  più. 
ampi  e  più  ricchi,  meglio  diretti  e  gover- 
nati, e  quasi  ogni  genere  di  malattia  co- 
minciò ad  avere  il  proprio  ospedale,  co- 
me pei  Pazzi  (F.),  Alle  opere  di  carità 
cristiana  verso  i  poveri  fu  lodevolmen- 
te accoppiato  lo  studio  della  salute,  on- 
de gli  ospedali  come  gli  antichi  Ascle- 
pii  e  meglio  contribuirono  grandemen- 
te all'  incremento  della  Medicina  ,  co- 
me già  notai  a  quell'  articolo  coli'  au- 
torità eziandio  del  De  Maltheis  tanto 
dotto  Dell'  arte  salutare.  Della  disser- 
tazione poi  che  questi  fece  Degli  accat' 


POV  .  t 

toni  deJ tempi  antichi,  già  parlai  a  Elemo- 
sina. 

A  Elemosiniere  del  Papa  riportai  mol- 
ti de'Pontefici  che  ne'bassi  tempi  furono 
veramente  padri  de'poveri,  qui  aggiun- 
gerò s.  Felice  III  detto  IV  ,  Pelagio  II, 
Severino,  Teodoro  I,  Conone,  Costanti- 
no, s.  Gregorio  III,  Eugenio  II,  Grego- 
rio IV,  Benedetto  111,  e  per  non  diredi 
altri,  descritti  nelle  biografie,  Stefano  V 
detto  VI  dell' 885,  che  pei  poveri  e  per 
riscattare  gli  schiavi  eminentemente  si  di- 
stinse. II  Muratori  trattò  nella  Dissert. 
37  :  Degli  spedali  de'pellegrini,  inalati, 
fanciulli  esposti  de'  tempi  di  mezzo,  es- 
sendo .stati  i  poveri  grandemente  a  cuo- 
re ne'secoli  chiamati  barbari,  anche  pei 
tanti  pii  luoghi  fondati  per  essi.  Impe- 
rocché dopo  la  declinazione  del  romano 
impero,  nellosfoggiodi  liberalità  de'fede- 
li  verso  i  sacri  templi,  i  collegi  de'  cano- 
nici ed  i  monasteri  non  furono  trascu- 
rate le  turbe  de'poveri  e  bisognosi,  pre- 
dicandosi da  per  tutto  con  quanta  pre- 
mura Iddio  nelle  divine  scritture  racco- 
mandi la  misericordia  versoi  poveri, con 
promesse  di  splendidi  premi  ai  miseri- 
cordiosi, anche  come  efficace  aiuto  e  suf- 
fragio pei  fedeli  Defunti  (P.)  le  cui  ani- 
me penavano  in  Purgatorio \W. .).  Perciò 
anche  ne'  secoli  rozzi  e  di  ferro  la  mu- 
nificenza de'  cristiani  verso  i  poveri  fa 
grandissima  e  maggiore  de'  posteriori. 
Primieramente  l'illustre  storico  fa  osser- 
vare, che  di  tutte  le  facoltà  trasferite  dai 
fedeli  nelle  chiese  e  monasteri  o  lasciatela 
morte,  n'  erano  una  volta  partecipi  an- 
che i  poveri;  giacché  si  donavano  i  Beni 
(F.)  agli  ecclesiastici  con  questa  condi- 
zione o  tacita  o  aperta,  che  ne  servissero 
le  rendite  per  ornamento  delle  chiese,  per 
l'alimento  ai  sagri  ministri, e  insieme  per- 
chè il  popolo  de'poveri  per  quanto  fos- 
se possibile  ricevesse  aiuto  e  sollievo  dal- 
l'erario loro:  innumerabili  furono  i  ca- 
noni dei  concilìi  ed  i  passi  de'  ss.  Padri 
che  in  proposito  riunì  Tomassini  nella 
par.  3,  lib.  3  de  Beneficiis.  L'imperato- 


12  POV 

re  Lodovico  I  neli'8i  6  statuì  ne'  Capi- 
tolari, Uh.  1,  cap.  80,  qual  parte  delle 
rendite  ecclesiastiche  si  dovesse  conferi- 
re a'  poveri,  acciocché  l'umana  malizia 
non  assorbisse  quello  ch'era  destinato  dai 
canoni  a  sollievo  della  povera  gente,  ri- 
guardandosi que' beni  patrimoni  a  pau- 
perum,  non  già  de'soli  chierici  e  mona- 
ci. Inoltre  gran  copia  di  liuiosine  quoti- 
diane raccoglievano  allora  i  poveri  dal- 
la carila  de'fedeli,  molli  de'quali  lascia- 
vano l'intiera  eredità  o  una  porzione  per 
distribuirsi  subito  a'  poveri  e  bisogno* 
si.  In  tali  secoli  fu  pio  costume  a  bene- 
ficenza della  povertà  la  frequente  fonda- 
zione di  luoghi  pii  per  gl'infermi,  per  i 
pellegrini ,  per  i  fanciulli  esposti  e  altri 
fanciulli  poveri,  per  gli  orfani,  per  gl'in- 
validi, per  i  poveri  vecchi,  in  una  paro- 
la per  ogni  sorta  di  miserabili  e  bisogno- 
si, di  maniera  che  ognuno  di  essi  trova- 
va dove  ricorrere  per  sollievo  alle  pro- 
prie necessità,  per  abitazione,  vitto  e  cu- 
ra nelle  infermità,  con  assistenza  eziandio 
spirituale.  Gareggiarono  perciò  in  Italia  i 
fedeli  per  fondare  somiglianti  case  di  per- 
petua carila,  non  meno  nelle  città,  che 
fuori  dicesse,  reputandosi  il  maggior  de- 
coro degli  ecclesiastici  e  insieme  de'laici 
il  far  simili  fondazioni ,  anche  con  ispe- 
ranza  di  conseguirei!  regnode'cieli.  Mu- 
ratori dichiara,  che  per  l'esercizio  della 
carità  furono  commendati  assaissimo  i 
Papi  ed  i  vescovi,  mentre  nelle  iscrizio- 
ni sepolcrali  di  molti  Papi,  la  più.  usata 
loro  lode  fu  quella  di  aver  sovvenuto  i 
poveri;  le  monache  ed  i  religiosi  non  tra- 
scurarono questo  elogio,  massime  i  mo- 
naci. Particolarmente  fu  in  uso  di  quei 
tempi  il  fabbricare  ospizi  di  carità  per 
sussidio  e  comodo  de'pellegrini,  dove  si 
doveano  passare  i  fiumi  senza  ponte  e  va- 
licare le  cime  de'monti.  Andati  in  disuso 
i  pubblici  alberghi  degli  antichi  romani, 
principalmente  nelle  stazioni  delle  Posta 
(f/.)}  dopo  l'invasioni  barbariche,  riferi- 
sce Muratori,  a  poco  a  poco  si  rinnova- 
rono segnatamente  nel  secolo  IX,  iusie- 


POV 

me  alle  osterie  o  taverne,  le  quali  come 
le  caritatevoli  ospitalità  particolari  pati- 
rono inconvenienti  per  parte  di  pellegri- 
ni e  poveri,  ladri  e  di  male  affare,  onde 
in  alcuni  luoghi  furono  proibite  le  oste- 
rie, per  la  mancanza  delle  quali  si  aumen- 
tò il  numero  degli  ospizi  pei  viandanti.  A. 
cagione  della  malattia  del  Fuoco  [F.)  sa- 
cro ,  molti  ospedali   vennero  eretti  per 
curarlo.  I  Papi  ed  i  vescovi,  gl'impera- 
tori, i  re  ed  altri  principi  protessero  tut- 
ti gli  stabilimenti  a  vantaggio  de'poveri, 
furono  larghi  di  beneficenze  e  privilegi, 
e  moltissimi  furono  da  loro   fondati.  Il 
medesimo  Muratori  nel  libro  Della  ca- 
rità cristiana,  a  quo  multi  ex  neotheri- 
cis  hauriunt,  cap.  3i,  dice:  »  Si  dovreb- 
be toglierete  mai  si  polesse,  la  mendici- 
tà tutta  di  mezzo  alle  città  ben  regolate, 
enongià  per  locontrario  accrescerla.  Per 
quanto  è  in  vostra  mano  (grida  lo  stesso 
Dio  nel  Deuteronomio  )  fate  che  non  vi 
sia  fra  voi  alcun  povero  e  bisognoso  ". 
L'origine  del  rispettabile  collegio  dei 
Procuratori  del  s.  palazzo  apostolico 
(y.)  risale  al  pontificato  d'Innocenzo  II 
deli  3oo,  anche  per  tutelare  i  diritti  de'po- 
veri, de'quali  dice  Fanucci,  Opere  pie  di 
Romajp.  121,  esserecostume,  ad  ogni  cau- 
sa per  cui  venissero  richiesti  di  patrocinio, 
estrarre  a  sorte  il  nomedi  unode'colleghi, 
e  se  il  procuratore  sortito  per  qualchegiu- 
sta  ragione  non  piacesse  al  povero,  altro 
surrogarne  in  egual  modo,  perchè  l'assi- 
stito avesse  piena  fiducia  nel  suo  difenso- 
re. 11  magnifico  ospedale  di  s.  Spirilo  di 
Roma  lo  dobbiamo  a  Innocenzo  III,  co- 
me il  Conservatorio  delle  proictte  (P.), 
figlie  di  poveri  genitori  o  abbandonate: 
all'articolo  Ospedale  di  s.  Spirito  parlai 
del  benefico  istituto  pei  bambini  esposti 
e  abbandonati.  Questo  Papa    approvò 
l'ordi ne/llendicante.  (  A7.) francescano  dei 
minori,  miracolo  della  provvidenza,  che 
fondato  nella  più  stretta  povertà,  si  dif- 
fuse in  tutto  il  mondo:  gli  ordini  men- 
dicanti vivono  di  elemosina,  altri  lo  sono 
per  privilegio.  A  detto  articolo  pai  lai  del- 


POV 

In  famosa  questione  della  povertà  di  Ge- 
sù Cristo  e  degli  apostoli,  e  delle  false 
dottrine  che  ne  derivarono,  sostenute  da 
diversi  eretici  ,  terminata  da  Giovanni 
XXII.  Alessandro  Vnon  avendo  Parenti 
(f'.),\>i'ese  in  loro  luogo  i  poveri,  cui  da- 
va quanto  avea,  per  cui  diceva  ch'era  sta- 
to vescovo  ricco,  cardinale  povero  e  Pa- 
pa mendico,  con  allusione  all'ordinedei 
mendicanti  francescani  in  cui  avea  pro- 
fessato. Al  citato  articolo  dissi  pure,  che 
gli  ecclesiastici  possono  aiutare  i  paren- 
ti, come  lo  sono  tenuti  pei  poveri.  Eu- 
genio IV  e  Nicolò  V  furono  assai  aman- 
ti de'poveri,  ed  il  secondo  precipuamen- 
te coi  nobili  ridotti  in  povertà;  altrettan- 
to può  dirsi  di  Paolo  II,  il  quale  per  tut- 
ti i  rioni  di  Roma  avea  persone  destina- 
te a  distribuire  mensili  limosine  ai  roma- 
ni indigenti,  ed  ai  cardinali  privi  di  ren- 
dite stabilì  il  piatto  di  cardinale  povero 
ossia  il  Piatto  cardinalizio  {^-)-  Que- 
sto Papa  fu  il  i.°  ad  approvare  a  utilità 
de'poveri  i  Monti  di  pietà  (I7-),  al  quale 
articolo  parlai  di  quelli  frumentari  e  del 
Monte  di  pietà  di  Roma,  con  quanto  fe- 
cero i  Papi  per  frenare  le  usure  gravose, 
a  vantaggio  de'bisognosi.  Nel  pontifica- 
to di  Paolo  III  i  curiali  fondarono  YAr- 
ciconfralernìta  per  prendere  la  cura  di 
educare  e  istituire  nelle  arti  i  poveri  or- 
fani d'ambo  i  sessi, di  che  trattai  nel  voi. 
XIX,  p.  33,  ove  descrissi  la  bella  istitu- 
zione di  s.  Ivo  che  tanto  onora  la  curia 
romana ,  per  la  caritatevole  difesa  che 
prende  ne'tribunali  delle  cause  civili  dei 
poveri,  orfani,  pupilli,  minori  e  delle  ve- 
dove, contro  i  prepolenti.  Inoltre  a  p.  39 
parlai  dell'arciconfraternita  di  s.  Girola- 
mo della  carità  (Z7.),  la  quale  patrocinia 
eziandio  ne'tribunali  le  cause  de'  pupilli 
e  delle  vedove,  e  sollecita  il  disbrigo  del- 
le cause  de'carcerati,  come  della  Prela- 
tura (JT.)  Amadori  istituita  pel  patroci- 
nio de'  poveri.  Ad  Arciconfraternite  e 
Confraternite  ne  descrissi  le  principali 
istituzioni,  nella  maggior  parte  benefiche 
pei  poveri.  Il  nipote  di  Paolo  111, cardi? 


POV  '3 

nal  Alessandro  Farnese,  fondò  diversi  pi i 
luoghi,  onde  gli  orfani,  le  vergini,  le  ve- 
dove, gli  schiavi  ,  gli  esuli  ed  i  misera- 
bili ebbero  sempre  in  lui  un  padre ,  un 
tutore  e  un  benigno  avvocato.  Altro  car- 
dinale di  Paolo  111  fu  Gio.  Alvarez  di 
Toledo, diesi  meritòil  titolo  dipadredei 
poveri  per  le  sue  limosine.  Nel  voi.  XXI, 
p.  171  ricordai  l'istituzione  fatta  sotto 
Pio  IV  dell' Arciconfralernita  de' ss.  A- 
postoli  (/  .)con  spezierie  e  medici  percu- 
rare  i  poveri  e  soccorrerli  con  limosine. 
Nel  suo  pontificato  morVil  cardinal  Er- 
cole Gonzaga,  che  distribuì  a'poveri  più 
di  565,ooo  scudi.  Nipote  di  Pio  IV  fu 
ilcardmal  s.  Carlo  Borromeo,  che  in  un 
sol  giorno  distribuì  4o.,ooo  scudi  ai  po- 
veri e  20,000  in  un  altro.  Il  concittadi- 
no Piazza  nel  Menologio  romano,  p.  378, 
dice  che  nella  cappella  a  lui  dedicata  nel- 
la chiesa  d'Araceli  si  espone  la  di  lui  bor- 
sa, con  cui  in  Roma  fece  quelle  limosi- 
ne per  le  quali  fu  denominato  padre  dei 
poveri.  Osservò  il  cardinal  Monchini  nel 
e. ^Degl'istituti di pubblicacarità  in  Ro- 
ma, che  collo  spuntar  del  secolo  XVI  si 
cambiò  fortemente  la  condizione  econo- 
mica e  politica  della  città  e  d'Italia,  per- 
chè il  commercio  che  avea  fatte  ricche  le 
repubbliche  italiane  fuggì  dal  Mediter- 
raneo, scoperta  l'America  e  il  passaggio 
alle  Indie  pel  Capo  di  buona  Speranza; 
più  alla  commerciale  libertà  di  tali  re- 
pubbliche essendoprevalsi  i  privilegi  del- 
le maestranze  o  università  artistiche,  la 
ricchezza  di  pochi  produsse  miseria  in 
molti.  La  condizione  di  Roma  si  fece  sfa- 
vorevole anche  pei  diminuiti  soccorsi  del- 
la cristianità,  a  cagione  della  defezione 
dell'Inghilterra,  di  gran  parte  di  Germa- 
nia e  di  altri  paesi  dall'ubbidienza  della 
s.  Sede,  quindi  quegli  accattoni  ch'erano 
poco  molesti  ne'secoli  precedenti,  comin- 
ciarono a  divenire  assai  pesanti  e  petu- 
lanti,  per  cui  seriamente  si  applicarono 
i  Papi  a  bandir  la  mendicità  (come  no- 
tai nel  voi.  L,  p.  6),  con  fondare  istitu- 
ti per  racchiudervi  i  poveri  questuanti 


1 4  pov 

e  vaganti  per  le  strade,  vecchi,  donzelle 
e  fanciulli,  cui  aprironsi  ricoveri  negli  O- 
spizi  di  Roma  (/^.)  e  ne'  Conservatorii  di 
Roma  (f7-),  per  reprimere  l'ozioso  ac- 
cattonaggio e  le  sue  funeste  conseguen- 
ze. Il  Piazza  nelle  Opere  pie  di  Roma,p. 
72  ,  e  nell'  Eusevologio  romano  (  dedi- 
cato ai  poveri  di  Gesù  Cristo),,  p.  56,  ri- 
ferisce, che  desideralissima  in  ogni  tempo 
fu  in  Roma,  anzi  necessaria  la  provviden- 
za che  i  poveri  non  vadino  mendicando 
per  la  città,  né  per  le  chiese,  pel  disturbo 
e  distrazione  che  recano  colle  loro  impor- 
tunità, oltre  l'irriverenza  che  cagionano 
ne'  sagri  templi ,  nella  celebrazione  e- 
ziandio  de'di  vini  uffizi,  e  il  disturbo  del- 
le private  orazioni  de'  fedeli.  A  togliere 
tal  pernicioso  abuso,  s.  Pio  V  con  bolla 
proibì  rigorosamente  a'poveri  mendican- 
ti di  vagar  nellechiese  accattando  limo- 
sine,  esortando  il  popolo  a  non  darle, co- 
me corruttela  assai  disdicevolè  ne'luoghi 
sagri,  come  fomento  all'insolenza  di  mol- 
te persone  vagabonde,  che  vivendo  ozio- 
se e  viziose,  tolgono  le  limosino  alle  per- 
sone veramente  miserabili  per  difetto  di 
beni  di  fortuna  oper  disgrazie  corporali. 
Per  lostesso  motivo  nella  chiesa  di  Milano 
fece  simile  divieto  s.  Carlo,  onde  snidare 
dal  suo  popolo  sì  molesta  turba  d' inu- 
tile e  perniciosa  gente ,  stabilendo  pene 
ai  custodi  delle  chiese  se  l'avessero  tolle- 
rala. GregorioXIII, nell'intendimento  di 
togliere  affatto  i  mendicanti  da  Roma, 
ne  affidò  la  cura  a\Y  Ospizio  della  ss.  Tri- 
nila de'  pellegrini  e  convalescenti  (F.)t 
onde  i  poveri  furono  riuniti  nel  mona- 
stero contiguo  alla  Chiesadis.  Sislo(F.)t 
al  mòdo  che  narrai  nel  voi.  XXIX ,  p. 
279.  Ivi  purdissi  comeil  sodalizio  otten- 
ne da  Sisto  V  di  essere  sgravato  da  que- 
sto peso,  ma  volendo  il  Papa  efficacemen- 
te sbandir  da  Roma  la  mendicità  e  i  dan- 
ni degli  oziosi  questuanti,  fabbricò  l'ospi- 
zio a  pon le  Sisto  e  vi  trasporlo  i  inendi- 
ci de'  due  sessi  del  monastero  suddetto. 
Inoltre  Sisto  V  applicò i  frutti  di  1 00,000 
scudi  da  impiegarsi  ogni  anno  per  doti 


POV 

alle  vergini  pencolanti  e  per  liberar  dalle 
carceri  i  debitori.  Imitatore  di  sua  muni- 
ficenza co'poveri  fu  il  nipote  cardinal  A- 
lessandroPer^«/(F.).ALANAnotaiquan- 
to  l'animarono s.  Pio  V  e  Sisto  V,  ed  al- 
tri Papi  inclusivamente  a  Gregorio  XVI 
(e  lo  rilevai  anche  nel  voi.  L,p.  i4),  per 
togliere  dall'ozio  e  dalla  miseria  uomini 
e  donne.  Urbano  VII  nel  i5o,o  si  fece 
descrivere  tulli  i  poveri  di  Roma  per  soc- 
correrli, e  voleva  pagare  i  debiti  de'luo- 
ghi  pii  di  tutto  lo  stato  ,  quando  fu  ra- 
pito dalla  morte.  Gregorio  XIV  che  gli 
successe  si  distinse  co'  poveri ,  massime 
nella  tremenda  carestiadi  grano:  ad  An- 
nona e  ad  Agricoltura  parlai  delle  pon- 
tificie benemerenze  per  la  classe  indigen- 
te. Clemente  Vili  fu  assai  pietoso  e  lar- 
go co'  poveri,  massime  neWAnno  santo 
(/^.),  tempo  in  cui  i  Papi,  i  cardinali  e 
altri  furono  generosi  coi  pellegrini  e  coi 
bisognosi:  fu  munifico  cogl' indigenti  il 
nipote  cardinal  Pietro  A Idobr andini  (di 
cui  meglio  nel  vol.XXVII,p.  157).  Nar- 
rano Piazza  a  p.  ^^uStW'Eusev.  ed  il  car- 
dinal Monchini,  Istituti  voi.  1,  p.  i4r> 
che  i  romani  ciechi  e  storpi  de'due  ses- 
si, come  le  vecchie  inabili  al  lavoro,  e- 
sclusi  i  ragazzi  e  le  ragazze,  fino  al  de- 
clinar del  secolo  passato,  formavano  un 
tempo  in  Roma  la  compagnia  di  s.  Eli- 
sabetta o  della  Visitazione.  Pare,  che  ve- 
dendosi non  potersi  togliere  dalla  ciltà 
l'accattonaggio,  almeno  si  volle  discipli- 
narli con  vincoli  religiosi.  Questa  aggre- 
gazione formatasi  nell'  ospizio  presso  la 
chiesa  di  s.  Sisto,  da  Paolo  V  nel  161 3 
fu  canonicamente  eretta  e  trasferita  da 
detta  chiesa  ad  un  oratorio  già  esistente 
presso  la  parrocchia  di  s.  Lucia  del  gon- 
falone, ove  adempivano  a  diverse  prati- 
che religiose,  vestendo  gli  uomini  abito 
celeste.  Il  cieco  guidato  dallo  storpio  cui 
egli  sorreggeva,  e  scortati  dalla  milizia, 
facevano  nell'  anno  una  processione  di 
penitenza  visitando  4  chiese.  Chi  ad  es- 
sa non  apparteneva  non  poteva  questua- 
re per  la  città;  si  permetteva  ciò  tal  voi- 


POV 

ta  ai  forastieri  nell'inverno,  quindi  si  ri- 
mandavano ai  loro  paesi.  Esercitavano 
anche  fra  loro  la  carità,  massime  se  in- 
fermi. Nelle  domeniche  il  camerlengo 
storpio,  il  signore  e  il  guardiano  ciechi, 
accompagnali  da  2  violini,  da  una  viola 
e  da  un  poeta,  andavano  pei  caffè,  oste- 
rie e  altri  luoghi  offrendo  tabacco,  quin- 
di improvvisavano  e  cantavano  orazioni 
sagre.  Il  denaro  raccolto,  tranne  una  pic- 
cola porzione  per  loro,  Io  portavano  all'o- 
ratorio per  la  festa  titolare.  De'ciechi  sor- 
do-muti feci  parola  nel  voi.  L,  p.  26,  ed 
il  cav.  Renzi  ci  diede  un  trattato  Sugli 
ospìzi  de  ciechi  e  siili'  indole  morale  di 
questi,  pubblicato  in  Napoli.  De'  ciechi 
delle  Qu aranlJ  ore  vedasi  tale  articolo. 
Paolo  V, splendido  in  tutte  le  sue  azioni, 
nel  suo  pontificato  di  circa  16  anni  di- 
spensò manualmente  un  milione  e  mez- 
zo di  scudi  d'oro,  oltre  a  800,000  scudi 
che  impiegò  nell' annona,  dicendo  con 
Gregorio  XIII,  che  il  fabbbricare  era  ca- 
rità pubblica.  Tra'cardinali  che  creò,  fu- 
rono teneramente  propensi  egenerosi  coi 
poveri  Gaspare  Borgia,  Baldassare  San- 
doval,  Francesco  Rojas  Sandoval,  Ago- 
stino Spinola.  Altro  porporato  limosi  me- 
ro fu  Lodovico  Ludovisi  nipote  di  Gre- 
gorio XV,  anche  per  maritare  le  zitelle 
e  rimuovere  dal  male  le  Meretrici  (f^.). 
Urbano  Vili  nel  1682  istituì  l'uffi- 
cio di  avvocato  de'poveri  nelle  cause  ci- 
vili ,  al  quale  dovesse  nominarsi  un  no- 
bile cittadino  ,  dal  prefetto  o  senatore 
di  Roma,  al  modo  detto  nel  voi.  XIX  , 
p.  4i.  Nel  voi.  XXIII,  p.  i38  riportai 
l'istituzione  de'  nobili  aulici ,  a  sollievo 
di  quelli  bisognosi,  di  cui  fu  benefattore 
Urbano  VIII;  e  nel  voi.  L,  p.  2  19  rac- 
contai le  provvidenze  prese  da  Urbano 
Vili  sul  gran  numero  de'poveri,  e  quel- 
le d'Innocenzo  X,  il  quale  come  dichia- 
rai nel  voi.  XLV,  p.  22  3,  istituì  il  giu- 
dice de'poveri  senza  appello,  da  cui  de- 
rivò il  giudice  delle  mercedi.  Questo  Pa- 
pa fu  affettuosissimo  coi  poveri,  al  modo 
detto  nella  biografia:  il  suo  nipote  Ca- 


POV  i5 

millo  Pamphilf  (/'.)  fu  magnificamen- 
te liberale  cogl'indigenti.  Nella  sede  va- 
cante per  l'elezione  d'Innocenzo  X  cosa 
fece  di  limosina  il  cardinal  Lante,  può 
vedersi  nel  voi.  XXXVII,  p.  1 13.  Ap- 
pena fu  eletto  Alessandro  VII,  fece  ven- 
dere le  suppellettili  cardinalizie  in  van- 
taggio de'poveri,  acciò  gli  ottenessero  da 
Dio  un  salutare  governo  della  Chiesa.  A 
Innocenzo XI  celebrai  la  sua  innata  libe- 
ralità coi  poveri,  che  esercitò  in  più  mo- 
di: lo  imitarono  in  parte  i  suoi  cardi- 
nali Francesco  Bonvisi,  e  Stefano  Ca- 
mus che  lasciò  l'eredità  ai  poveri.  Inno- 
cenzo XI  nel  i685  approvò  la  congre- 
gazione della  Divina  pietà  con  molti  pri- 
vilegi, istituita  pei  poveri  vergognosi  dal 
sacerdote  Giovanni  Stanchi,  onde  racco- 
gliere limosine  da  dispensarsi  a  povere  e 
onorate  famiglie,  nella  chiesa  di  s.  Ve- 
nanzio, donde  fu  trasferita  propinqua  al 
Ponte  quattro  Capi  (fr.).  Prima  i  confra- 
ti o  deputati,  con  sacco  paonazzo  questua- 
vano alla  porta  delle  chiese.  Mirabile  è  il 
modo  che  adopera  nella  distribuzione  dei 
soccorsi,  celebrato  da  Piazza  nell'jEWei'o/. 
p.  146,  e  dal  cardinal  Monchini,  Istituti 
t.  1 ,  p.  1 96.  Ciascun  rione  di  Roma  ha  un 
deputato,  assistito  da  due  visitatori,  i  qua- 
li prima  verificano  i  bisogni.  Ne'soccorsi 
si  preferiscono  i  generi  al  denaro,  savia- 
mente piuttosto  ad  una  famiglia  che  ne 
risenta  sollievo,  di  quello  che  poco  a  mol- 
te: gl'infermi,  le  zitelle  pericolanti,  le  ve- 
dove, le  maritale  derelitte,  i  carcerati,  i 
disimpiegati  ed  i  pellegrinanti  egualmen- 
te sono  presi  di  mira  nelle  diverse  bene- 
ficenze. Ordinariamente  consistono  i  soc- 
corsi in  letti,  vesti,  pagamento  di  pigio- 
ne, riscossione  di  pegni-  e  distribuzione  di 
pane  3  volte  all'anno,  e  quando  la  con- 
gregazione ha  cognizione  di  qualche  ur- 
gente bisogno  di  povera  e  onorata  fami- 
glia; questi  si  chiamano  casi  segreti  cui 
sono  destinati  4  deputati,  i  quali  non  re- 
gistrano i  sussidiati.  Il  sodalizio  si  carica 
di  distribuire  le  limosine  che  riceve,  nel 
modo  il  più  giusto.  Il  marchese  Giusep- 


iG  POV 

pe  Origo  che  lodai  a  Pompieri,  gli  lasciò 
gran  parte  di  sue  sostanze,  ascendendo 
quelle  del  pio  luogo  circa  ad  annui  scu- 
di 5,ooo.  Ad  Ospizio  apostolico  di  s.  Mi- 
chele a  Ripa  grandemente  celebrai  i  be- 
nemeriti fondatori  di  sì  meraviglioso  sta- 
bilimento, ed  i  successivi  benefattori,  pre- 
cipuamente il  principalissimo  e  magna- 
nimo Innocenzo  XII  {fr.)>  ove  sono  zi- 
telle e  fanciulli  poveri,  ed  i  vecchi  e  vec- 
chie invalide.  Riuniti  dal  Papa  in  detto 
ospizio  i  poveri,  in  quello  a  ponte  Sisto 
■vi  fu  trasferito  l'istituto  pei  poveri  sacer- 
doti, come  raccontai  nel  voi.  XXIX,  p. 
28  1,  finché  Gregorio  XVI  Io  concesse  al- 
l'ordine Gerosolimitano,  con  diverse  con- 
dizioni. Innocenzo  XII  formò  il  grandioso 
stabilimento  per  toglierela  pubblica  men- 
dicità; prese  i  poveri  per  parenti,  e  lasciò 
adessi  la  sua  eredità;  in  questo  Io  imitò  Fe- 
derico Cacciala  lui  creato  cardinale,  già 
elemosiniere  d'Innocenzo  XI.  Quanto  fu 
limosiniero  Clemente XI,\o  rimarcainel- 
Ja  sua  biografìa,  ed  il  b.  Tommasi  da  lui 
creato  cardinale,  risplendette  per  amore 
verso  i  poveri,  componendo  la  famiglia 
di  gente  deforme,  come  accennai  nel  voi. 
XXIII,  p.  i3i;  altro  suo  cardinale  fu  O- 
descalchi  Erba  che  distribuì  ai  bisognosi 
un  milione  e  100,000  lire  imperiali.  Re- 
nedetto  XIII  fu  un  altro  padrede'pove- 
ri,  che  essendo  arcivescovo  di  Beneven- 
to propagò  i  monti  frimientari  e  fatto  Pa- 
pa insinuava  ai  vescovi  che  si  recavano 
in  Roma  a  procurarne  l'istituzione  nelle 
loro  diocesi:  di  recente  li  ha  lodevolmen- 
te promossi  il  magnanimo  Ferdinando  II 
re  delle  due  Sicilie.  Fornir  la  semenza, 
riscuoterla  dopo.il  raccolto  con  lenuissi- 
moaumenlOjdareilcontoincapoaun  an- 
no, ecco  la  somma  deregolamenti  impo- 
sti agli  amministratori  degli  utilissimi  e 
benefici  monti  fiumentari.  Negli  annali 
rivili  del  regno  delle  due  Sicilie  fase.  3g 
il  cav.  Fittoli  ci  diede:  De' monti  frumcn- 
tari.  Benedetto  XIII  ripristinò  ai  padri 
di  1  ■>.  figli  la  franchigia  ed  esenzione  del- 
la gabella  del  vino,  di  che  e  di  quanto  è  in 


POV 
vigore  parlai  ne' voi.  XX,  p.  161,  LUI,  p. 
1  go;  solo  qui  aggiungo,  che  se  tale  padre  è 
di  condizione  nobile  gode  annui  scudi  1 00, 
come  sotto  Gregorio  XVI  fu  accordato  ad 
un  uffiziale  degli  svizzeri,  benché  non  na- 
to nobile,  ma  per  appartenere  alla  fami- 
glia nobile  pontificia.  Nella  chiesa  di  s. 
Stefino  in  Piscinola  (di  cui  nel  voi.  LI, 
p.  245,  filiale  della  chiesa  di  s.  Lorenzo 
in  Damaso,ondeneparlaBovio,  Lapietà 
trionfante  p.  1 85,  dicendola  probabil- 
mente edificata  da  un  re  d'Ungheria ,  cioè 
incontro  la  chiesa  di  s.  Lucia  del  gonfalo- 
ne; pare  che  passasse  alla  nazione  boema 
con  ospedale  di  cui  trattai  nel  voi.  XXIX, 
p.  1  1 4>  divenne  collegiata  e  l'ebbero  in 
cura  canonici  ungheresi),  così  detta  dal- 
l'esservi  statonel  luogo  il  mercatooi  ban- 
chi del  pesce,  prima  che  si  trasferisse  al- 
trove, il  sacerdote  Pietro  Mire  nel  1747 
vi  fondò  la  congregazione  del  sussidio  ec- 
clesiastico, sotto  l'invocazione  della  ss. 
Concezione  e  de'ss.  Pietro  e  Paolo,  com- 
posta di  1  a  sacerdoti,  i  quali  prendono 
cura  di  altrettanti  poveri  chierici  romani 
e  studenti,  che  sono  soccorsi  nelle  feste  di 
Natale  e  di  s.  Pietro:  divenuti  preti  ter- 
mina il  sussidio  e  l'amorevole  vigilanza 
dell'istituto.  I  chierici  si  esercitano  in  det- 
ta chiesa  in  varie  opere  di  pietà,  adde- 
strandosi alla  predicazione,  e  fanno  il  ca- 
techismo nelle  proprie  parrocchie.  In  fa- 
vore de'poveri  Clemente  XIII, come  altri 
suoi  predecessori,  prese  cura  dell'abbon- 
danza de'commestibili,  come  dissi  ad  An- 
nona parlando  de'pozzi  dell'olio  fatti  da 
lui  costruire9ul!a^v7zz2a  di  Termini ^pres- 
so i  granai,  di  cui  feci  menzione  nei  voi. 
XL1V,  p.  236,  L,  p.18  ed  altrove  (locali 
vastissimi,  chedopo l'abolizione  del  com- 
mercio libero  di  Pio  VII,  e  dopo  essersi 
conosciuto  pregiudizievole  l'acquisto  di 
grano,  olio  e  altri  generi  annonari  per 
parte  del  governo,con  lodevole  pensamen- 
to furono  impiegati  a  beneficio  dell'uma- 
nità per  diminuire  la  pubblica  mendici- 
tà), accorrendo  al  sollievo  di  tutti  nella 
carestia  che  tanto  afflisse,  facendo  aprire 


POV  POV  17 
in  Roma  un  altro  (bino  per  rione,  oltre  monasteri  e  conservatorii  bisognosi,  pe- 
frequenti  e  copiosissime  distribuzioni  di  gli  esercizi  spirituali  e  per  mantenere  pò- 
limosine.  Siccome  per  la  penuria  de'vi-  veri  giovanetti  ne'pubblici  istituti,  che  fu 
veri  i  poveri  delle  circostanti  provincie  il  principalescopodella  benefattrice,  dap- 
si  rifugiarono  in  Pioma,  il  Papa  ordinò  poiché  sono  innumerevoli  le  Congrega- 
che  gli  uomini  si  riunissero  in  un  reclu-  zioni,  Luoghi  pii3  Pie  unioni  che  furono 
sorio  di  detta  piazza,  e  le  donne  coi  figli  istituitepelbenespiritualeelasaluteeter- 
di  tenera  età  in  nitro  locale  propinquo  nade'poveri,  come  ancoragli  stabilimen- 
a  s.  Anastasia,  facendoli  alimentare  con  ti  di  pubblica  istruzione,  di  che  tratto  nei 
pane,  minestra  e  carne;  gli  uomini  asce-  tanti  articoli  che  li  riguardano.  Pio  VII 
seroa  3ooo,ledonnecoifanciulli  a  5ooo,  prese  diverse  provvidenze,  massime  nel 
assistendo  i  primi  nello  spirituale  i  gesui-  18 16,  per  liberare  Roma  oppressa  da  un 
ti,  gli  altri  diversi  preti  col  vicegerente,  grandissimo  numero  di  accattoni,  veri  o 
Nelle  inondazioni  del  Tevere  (V.),  Pio  simulati  o  per  speculazione,  che  turbava - 
VI  fece  distribuire  panein  quantità  e  ca-  no  la  pubblica  quiete  anche  ne'luoghi  sa* 
ritatevole  assistenza  alle  povere  famiglie  gii,  eccitando  i  facoltosi  aconcorrereallo 
bloccate  dall'acqua,  carità  che  ha  luogo  stabilimentod'un luogo  pio,  onde  poieb- 
in  simili  disastri,  e  ne'tempi  delle  nevi  e  be  origine  ['Ospizio di s.  Maria  degli  An- 
"delle grandi  pioggie,come  toccherò  a  del-  geli.  Avendo  il  Papa  esentato  dal  paga- 
to articolo.  Ne' primordi  del  corrente  se-  mento  delle  tasse  di  registro  la  congre- 
colo  Gregorio  Chiesa  lasciò  1 0,000  scu-  gazione  di  s.  Ivo  che  difende  i  poveri,  que- 
di  al  cardinal  vicario,  acciò  n'erogasse  il  sii  per  tutto  lo  stato  esentò  dall'obbligo 
frutto  per  sollevare  le  povere  zitelleche  di  registrare  e  di  pagar  le  lasse  di  regi- 
possono  pericolare.  Il  medesimo  cardina-  stro  negli  atti  giudiziali  delle  proprie  cau- 
le e  mg.r  vicegerente  dispensano  isoccor-  se  inclusi  vamentealle  sentenze.  Nel  1820 
si  ordinati  nel  18  12  da  mg. r  Severo  Car-  Benedetto  Greco  d'Olevano  fece  quella 
migliano  de'marchesi  d'Acquaviva  colla  generosa  lascila  per  le  povere  condanna  - 
sua  eredità,  per  le  persone  più  derelitte  te,  che  dichiarai  ne' Voi.  XXVIII,  p.  2  1  3, 
e  più  bisognose,  vecchi  impotenti,  infèr-  XLIV,  p.  237.  Assai  benemerito  si  rese 
mi,  vedove,  pupilli  orfani,  ciechi  e  storpi  Leone  XII  per  eliminare  l'accattonaggio 


inabili, a  que'senza  appoggi  e  protezioni, 
agl'incapaci  a  procacciarsi  il  proprio  ali- 
mento o  che  colle  loro  fatiche  non  pos- 
sono sostentare  le  proprie  famiglie,  esclu- 
dendo gli  oziosi  o  viziosi,  o  caduti  in  mi- 
seria per  loro  colpa,  esigendo  e  preferen- 


massime  nel  le  chiese,  ove  pose  svizzeri  per 
espellerli;  avendo  parlato  a  Elemosiniere 
della  bella  istituzione  della  commissione 
de'  sussidi,  e  dell'incremento  dato  all'  O- 
spizio  di  s.  Maria  degli  Angeli.  Le  suore 
della  Carità  (l7.),  da  tal  Papa  e  dal  pre- 


do ne'sussidiati  i  timorati  di  Dio  che  fre-  decessoreintrodottenell'O^er/a/ei/e/^. 

quentano  i  sagramenti,  che  educano  be-  Salvatore,  furono  approva  te  da  Gregorio 

ne  i  figli  e  li  mandano  alla  dottrina  cri-  XVI  e  da  questi  propagate  nel  Conserva- 

stiana,  in  fine  la  somministrazione  di  let-  torio  del  Rifugio,  e  negli  Ospedali  di  s. 

ti  per  separare  i  maschi  dalle  femmine.  Gallicano, s.  Giacomo, s.Spirilo,neìqiìa- 

Nell'anno  seguente  1 8 1  3  la  contessa  Gi-  le  di  recente  sono  state  aumentate  an- 

rolama  Carpegna  vedova  Cavalieri  lasciò  che  pel  noviziato  stabilitovi,  a  corporale 

il  suo  patrimonio  per  opere  di  pietà,  dal  e  spirituale  vantaggio  delle  povere  infer- 

quale  ne  stabilì  Pio  VII  25,ooo  scudi,  me  e  infermi.  Il  pontificato  di  Gregorio 

il  resto  avendolo  preteso  i  parenti  fu  lo-  XVI  fu  assai  benefico  pei  poveri,  anche 

ro  concesso.  Col  fruttatosi  eressero  3  cap-  nel  morale  per  l' istituzione  delle  Scuo- 

pellanie,  si  accordarono  annui  assegni  a  le  notturne  {V),  per  quanto  operò  col- 

vol.  lv.                     _     _— —  ^      -  «    — *V*"k                  2 


.8  POV 

l' Ospizio  apostolico  di  s.  (  Michele,  per 
quanto  fece  nella  Pestilenza  (  V),  per  l'or- 
dinamento ed  accrescimen  lo  dell'  Ospizio 
dis.  Maria  degli  Angeli  (V.),  propinquo 
al  quale  eresse  l'istituto  de'sordo-muti, 
che  descrissi  a  quell'articolo,  per  l'au- 
mento di  Orfanotrofi,  per  quanto  dissi 
a  Elemosiniere  ed  a  Conservatorio  del 
buon  Pastore,  per  quanto  operò  colla 
commissione  de'  sussidi  cui  accrebbe  il 
reddito  colla  cassa  de' Lotti {V.),  con  ap- 
provare e  incoraggiare  i  promotori  delle 
casse  di  risparmio,  onde  fioriscono  in  Ro- 
ma, Forlì,  Bologna,  Ravenna,  SpoIeto,Ri- 
mini  ed  altri  luoghi,  delle  quali  erudita- 
mente scrisse  il  lodato  cardinal  Monchi- 
ni, e  "quelli  che  citai  in  molti  de'luoghi 
ove  sono,  avendo  parlato  di  loro  origine 
nel  1778  in  Amburgo, e  in  Ginevra  nel 
1782,  e  loro  mirabile  propagamento , 
Mengigi  coll'articolo  che  si  legge  nel  Sup- 
plemento al  n.°  63  del  Diario  di  Roma 
i843,  ed  il  Malcus,  Sulle  casse  di  ri- 
sparmio in  Europa,  Heidelberg  1 838. 
Osserva  il  i.°  che  le  consorterie  di  arti 
e  mestieri  in  Italia,  o  Università  artisti- 
che, le  corporazioni  degli  artefici  coi  lo- 
ro capi  in  Francia,  le  società  degli  ope- 
rai pei  soccorsi  mutui  in  Inghilterra,  pos- 
sono riguardarsi  come  altrettante  casse 
di  risparmio  prima  che  queste  s'istituis- 
sero ,  e  forse  da  esse  possono  essere  de- 
rivate. In  Roma  si  pubblicò  il  Regola- 
mento per  l'istituzione  della  cassa  di  ri- 
sparmio, Roma  i836,  nel  quale  annosi 
.stampò  pure  Altra  istruzione  sulla  cassa, 
e  dal  1837  i  progressivi  annui  bilanci. 
Questo  felice  concepimento  di  carità  e  di 
politica  economia  Via  prodotto  nelle  clas- 
si povera  e  media,  giacché  la  povertà  è 
relativa  anche  alla  condizione  delle  per- 
sone, eccellenti  risultamenti  morali,  re- 
ligiosi ed  economici.  Si  può  depositare 
col  fruito  del  4  pei'  100  da  un  paolo  a 
20  scudi  per  volta,  e  si  può  ritirare  il  de- 
posito, quanto  e  sino  scudi  10  subito,  il 
resto  dopo  1 5  giorni.  11  risparmio  non 
è  solamente  utile  al  popolo,  ma  anche 


POV 
alle  classi  medie  che  sogliono  pur  trop- 
po essere  abituate  a  spendere  più  di  quan  • 
to guadagnano, precipuamente  nel  ripro- 
vevole e  fatalissimo  lusso  che  prima  avea 
santissime  e  salutari  prammatiche ,  concie 
vi  era  anche  nel  Lutto  (V.),  divenuto 
quasi  ornamentale  e  ostentati  vo  senza  di- 
stinzione. Il  medesimo  Papa  dal  cardina- 
le segretario  per  gli  affari  di  stato  interni 
nel  1837  fece  promulgare  l'editto,  col 
quale  si  proibì  l'accattare  in  Roma  sen- 
za permesso  del  governo,  i!  quale  rilasciò 
una  patente  ed  una  placca  per  conoscersi 
quelli  che  furono  abilitati  a  questuare, 
cioè  que'poveri  che  non  potevano  lucra- 
re il  pane  colle  proprie  fatiche,  e  soltanto 
dal  levare  del  sole  sino  all'Ave  Maria  del- 
la sera;  gli  statisti  e  esteri  si  rimanda- 
ronoalleloro  patrie.  Si  deve  anche  a  Gre- 
gorio XVI  l'accrescimento  de' fondi  pei 
pubblici  lavori,  detti  volgarmente  di  be- 
neficenza, già  riattivati  da  Leone  XII  e 
aumentati  da  Pio  VIII, assegnando  1000 
scudi  per  settimana.  Gregorio  XIII,  Si- 
sto V,  Paolo  V  e  Innocenzo  XII  già  vi  si 
erano  distinti,  dimodoché  il  sussidio  ai  po- 
veri validide'/raW/ici'/awr/stabilito  nei- 
l'amministrazione  imperiale  francese,  in 
sostanza  è  molto  antico  in  Roma.  Sono 
diretti  da  una  commissione  presieduta 
dal  cardinal  presidente  de'  sussidi,  ma  il 
regnante  Pio  IX  col  moto-proprio  sul  se- 
nato di  Roma  deli.0  ottobre  1847  l'attri- 
buì al  municipio  di  Roma  e  poi  ne  rein- 
tegrò i' encomiata  commissione:  quan- 
to ha  fatto  questo  Papa  pei  poveri,  lo  ac- 
cennai al  suo  articolo.  Del  resto,  de'prin- 
cipali  stabilimenti  a  benefizio  de'poveri 
e  di  tante  notizie  che  li  riguardano,  ne 
tratto  agli  articoli  relativi,  ed  in  quelli  de- 
gli stati,  città  e  luoghi  ove  sono.  I  men- 
dicanti che  vanno  accattando  di  città  in 
città,  ritengonsi  domiciliati  nel  luogo  ove 
trovansi  attualmente,  al  pari  de'soldati; 
dal  che  ne  consegue,  non  aver  essi  altri 
vescovi  e  curati  propri,  se  non  che  quelli 
de'luoghi  ne'quali  si  trovano.  Su  questo 
argomento  de'poveri  si  possono  consul- 


i 

POV 
tai  e.  Mebochio,  Sluore  t.  3,  cent,  i  o,  cap. 
5  e  6:  Dell'amore  di  gran  personaggi  ver- 
so i  poveri,  i  aitali  anticamente  non  si  la~ 
sciavano  mendicar  nelle  chiese j  Indu- 
stria de' poveri  per  cavar  limosine.  Sar- 
nelli,  Lett.  eccl.:  Della  povertà  conlenta 
e  che  non  e  giusto  motivo  il  trasferimen- 
to de' vescovi  per  la  povertà  delle  chiese, 
t.  3,  let.  2.  Se  agli  ordini  sagri  debbonsi 
promuovere  poveri  e  ricchi,  t.  5,  let.  36. 
Ipoveri  non  devono  essere  disprezzati^  e 
de' poveri  dispirito,  t.  i  o,  let.  4g-  Nel  voi. 
i  7 ,  p.  264  degli  Annali  delle  scienze  re- 
li  g.  si  loda  il  Ragionamento  di  mg.r  Gio. 
Corboli -Bussi:  Sulla  mendicità  e  sulla 
beneficenza  presso  i  gentili,  presso  i  cat- 
tolici e  presso  i protestanti.  Carlo  Ilario- 
ne  Peti  Iti,  Saggio  sulla  mendicità,  ed  isti- 
tuti di  beneficenza,  Torino  i83y.  Felice 
Ciccognaui,  Dissertatio  de mendicantibus 
validis,  Romae  1 844-  Giambattista  Gal- 
vagni,  Il  povero,  il  lavoro ,  la  questua , 
ossia  l'istituto  di  lavoro  e  beneficenza,  Ro- 
vigo 1 846.  L'opera  del  cardinal  Monchi- 
ni, lib.  1,  cap.  25:  Concordia  de'  pria- 
cipii  dell'economia  politica  e  della  cari- 
tà cristiana  pel  benessere  del  povero;  lib. 
2,  cap.  1  :  Condizione  morale  e  intellet- 
tuale del  povero.  Giuseppe  M.a  barone 
de  Gerando, //  visitatore  del  povero,  Mi- 
lano 1828,  traduzione  del  conte  Schiz- 
zi. Le  visiteur  dupauvre,  Bruxelles!  838. 
De  la  bienfaisancc  publique,  Paris  1 83g. 
A  Pio  VII  dissi  come  il  de  Geraudo  fe- 
ce parte  della  consulta  straordinaria  pegli 
stati  romani  nel  1809,  nel  qual  tempo 
pose  affetto  alla  città  e  università  di  Pe- 
rugia, alla  quale  lasciò  in  morte  la  Gran- 
de opera  sull'Egitto,  compilata  da  quei 
dotti  che  accompagnarono  Napoleone  in 
quella  regione, della  quale  parlai  nel  voi. 
XXI,  p.  1  23.  De  Geraudo  fu  uno  di  quei 
grandi  uomini  che  hanno  contribuito  a 
ridurre  la  beneficenza  a  scienza  positiva, 
essendo  stato  in  corrispondenza  co'prin- 
cipali  filantropi  del  mondo  intero.  Le  sue 
opere  si  distribuiscono  in  tre  classi  :  Fi- 
losofia >  Amminisli  azione  3  Beneficenza. 


P  O  Z  19 

L'elenco  si  legge  nella  Notizia  necrolo- 
gica del  barone  de  Gerando  di  Boula- 
tignet,  versione  italiana  dell'  avv.  Filip- 
po Friggeri,  Perugia  1 844- 

POVERO  DI  LIONE.  V.  Valdesi, 
Lione. 

POVERO  VOLONTARIO.  Ordine 
religioso  che  non  esiste  più.  Si  vuole  co- 
minciato nel  decliuar  del  secolo  XIV  e 
nel  i47°  abbracciò  la  regola  di  s.  Ago- 
stino, formando  una  congregazione  di 
semplici  laici ,  i  quali  si  occupavano  di 
diversi  mestieri  e  servivano  i  malati  se 
erano  richiesti.  Vivevano  di  limosine  da 
loro  questuate  in  tutti  i  giorni.  Il  loro 
vestito  era  grigio,  con  scapulare  e  cap- 
puccio neri  in  casa, fuori  usavano  la  cap- 
pa grigia.  In  Fiandra  le  vesti  erano  co- 
lor tanè  o  lionato  scuro  ,  e  portavano 
sempre  uu  lungo  bastone  cuti  in  cima  un 
piccolo  Crocefisso. 

POZZO,  Puteus.  Luogo  cavato  a  fon- 
do in  fin  che  si  trovi  l'acqua  viva  per  be- 
re o  altro  :  dicesi  Cisterna  quel  ricetto  a 
guisa  di  pozzo,  nel  quale  si  raccoglie  e  si 
conserva  1'  acqua  piovana.  Il  contorno 
degli  antichi  pozzi  era  d'una  intiera  pie- 
tra, scavata  alla  guisa  delle  are  rotonde. 
I  pozzi  italiani  o  modenesi  delti  artesia- 
ni, o  pozzi  forati  o  trivellati ,  sono  fon- 
tane salienti  che  si  fanuo  zampillare  dal- 
la superficie  del  terreno,  anche  da  una 
profondità  maggiore  di  3oo  piedi  ;  e 
quelle  acque  sono  tanto  limpide  e  pure, 
che  in  alcuni  paesi  sono  le  sole  che  si  a- 
doperino.agli  usi  ordinari  della  vita.  Nel- 
la s.  Scrittura  in  diversi  luoghi  si  fa  men- 
zione de'pozzi  e  sottq  questo  nome  s'in- 
tendono talvulta  le  Fontane  {V.).  11  poz- 
zo di  Giacobbe  ,  quello  della  Samarita- 
na sono  i  più  rinomali  per  quanto  vi  av- 
venne. Gli  antichi  romani  chiamarono 
Puleal  una  bocca  di  pozzo  o  ara  vuota 
che  si  poneva  sui  luoghi  dove  il  fulmi- 
ne ascondevasi  sotterra,  affinchè  non  si 
profanasse  col  camminarvi  sopra  e  re- 
stasse sempre  a  cielo  scoperto.  Nel  foro 
romano  Bravi  il  Puleal  del  pretore  L. 


20  POZ 

Scribonio  Libone  presso  l'arco  di  Fabia- 
no, da  lui  edificato  in  luogo  toccato  dal 
fulmine, e  fu  detto  pozzo  sacro:  avendo 
poi  tal  pretore  introdotto  1'  uso  di  am- 
ministrare ivi  dappresso  la  giustizia,  P«- 
teal  divenne  sinonimo  di  Tribunal.  Can- 
cellieri nelle  Selle  cose  fatali  di  Roma 
p.  22,  riporta  diversi  autori  che  tratta- 
rono De  Puteali  Scribonii  Libonìs.  Nei 
bassi  tempi  e  di  poi  per  Roma  si  vende- 
■va  YAcqua  cavata  dai  pozzi  e  dalle  fon- 
tane particolari.  Dei  pozzi  più  rinomati 
parlai  in  diversi  articoli,  come  del  Poz- 
zo di  s.  Patrìzio,  ad  Irlanda  e  Down; 
del  Pozzo  d'Orvieto,  a  Orvieto.  Il  bel 
pozzo  eh' è  nel  mezzo  del  cortile  della 
canonica  contigua  alla  Chiesa  di  s.  Pie- 
tro in  Vincoli,  con  decorazioni  di  mar- 
mo bianco  ed  eleganti  sculture,  è  dise- 
gno di  Michelangelo,  quantunque  il  Ti- 
fi lo  dica  di  Simon  Mosca.  I  pozzi  servi- 
rono di  Martirio  [V.)  e  dierono  origine 
a  diverse  chiese,  come  all'antica  catte- 
drale di  Porlo  (V-)  quello  in  cui  fu  get- 
tato s.  Ippolito.  Il  pozzo  in  cui  fu  butta- 
to s.  Calisto  I  è  nella  Cliiesa  di  s.  Cali- 
sto (V.),  ove  si  beve  l'acqua  per  divozio- 
ne, e  vi  è  la  pietra  che  gli  fu  attaccata  al 
collo, al  dire  del  Piazza  nel  Menologio ro- 
mano, le  cui  acque  celebra  come  salutifere 
e  venerabili,  ovvero  nella  propinqua  basi- 
lica di  s.Mariain  Trastevere,  secondo  Se- 
verano,  Meni,  sacre.  Questi  parla  de'poz- 
zi  esistenti  nelle  catacombe  e  cimiteri,  e 
di  quello  ove  furono  nascosti  i  corpi  dei 
ss.  Pietro  e  Paolo  (V.),  nonché  de' pozzi 
o  puticoli  de'  romani  fuori  della  porta 
Esquilina,  dove  si  gettavano  e  putreface- 
vano i  cadaveri  de'  plebei  e  malfattori, 
sebbene  altri  collocarono  tali  pozzi  altro- 
ve ;  certo  è  che  il  luogo  fu  frequente  car- 
BtGcìna  di  cristiani  nelle  persecuzioni. 
Nella  Chiesa  di i.  Pudenziana  (V.)  que- 
sta santa  vi  seppellì  3ooo  martiri,  e  nel- 
la cappella  di  s.  Pastore  li  venera  il  poz- 
zo ove  la  santa  con  una  spugna  vi  spre- 
meva il  loro  sangue,  clic  raccoglieva  nel 
luogo  del  martirio,  in  cui  ora  è  la  Chic- 


POZ 

sa  de' ss.  Vito  e  Modesto.  Nella  Chiesa 
di  s.  Lorenzo  in  Lucina  {V.)v\  è  un  poz- 
zo in  cui  si  crede  vi  sieno  molti  corpi  di 
ss.  martiri,  dicendo  Piazza  nel  Santuario 
romano  che  di  quell'acqua  si  beveva  per 
molte  infermità.  La  Chiesa  di  s.  Maria 
in  Via  (V.)  fu  fabbricata  per  l'immagi- 
ne di  Maria  Vergine  dipinta  sopra  una 
pietraegalleggiante sull'acqua  che  da  un 
pozzo  sboccava  in  gran  quantità.  Dice 
Piazza  che  in  tal  pozzo  vi  fu  posta  una 
pietra  di  quello  su  cui  sedè  Gesù  Cristo 
nel  colloquio  colla  Samaritana. 

POZZO,  Cardinale.  V.  Pur. 

POZZOBONIÌLL1  Giuseppe,  Cardi- 
naie.  Patrizio  milanese,  si  aprì  la  strada 
agli  onori  ecclesiastici  con  soda  dottrina 
e  colle  più  belle  virtù.  Successivamente 
nella  chiesa  di  Milano  fu  canonico  ,  de- 
cano, visitatore  della  diocesi  e  vicario  del- 
le monache,  per  morte  del  cardinal  Stam- 
pa vicario  capitolare,  e  da  Benedetto  XIV 
nominato  arciprete;  quindi  senza  che  Io 
immaginasse  fatto  nel  1743  arcivescovo 
di  Milano,  ed  a'q  settembre  lo  creò  car- 
dinale prete  di  s.  Maria  in  Via,  consa- 
grandolo il  Papa  nella  chiesa  di  s.  Car- 
lo al  Corso.  Diede  principio  al  governo 
della  sua  diocesi  con  adempiere  nella  sua 
persona  quel  tanto  ch'esigeva  negli  al- 
tri. Frequenti  e  piene  di  gravità  e  zelo 
erano  le  sue  prediche;  assidua  la  sua  as- 
sistenza alle  accademie  per  promuovere 
nel  clero  la  sana  dottrina  e  il  gusto  pei 
buoni  studi;  industriose  le  maniere  per 
destare  la  pietà  e  la  divozione.  Genero- 
so e  compassionevole  colle  povere  fami- 
glie, impiegò  le  proprie  rendite  nel  sol- 
levar le  loro  miserie.  Non  lasciò  di  visi- 
tare con  indefessa  sollecitudine  la  diocesi, 
penetrando  ne'  luoghi  più  montuosi  e 
inaccessibili,  e  d'intervenire  con  assidua 
frequenza  nelle  chiese  in  tempo  della  dot- 
trina, come  d'istruire  ne'divini  misteri  il 
suo  popolo.  Fu  ai  conclavi  di  Clemente 
XIII  e  Clemente  XIV,  non  intervenne  a 
quello  per  Pio  VI  ,  morendo  in  Milano 
nel  1783,  d'unni  87,  dopo  aver  governa- 


POZ 

ta  la  sua  chiesa  santamente,  e  istituiti  e- 
redi  i  poveri.  Fu  sepolto  nella  metropo- 
litana con  onorevole  epitaffio,  universal- 
mente compianto. 

POZZUOLI  (Puteolan). Città  con  re- 
sidenza vescovile  del  regno  delle  due  Si- 
cilie nella  provincia  di  Napoli,  capoluo- 
go di  distretto  e  di  cantone,  sopra   una 
piccola  baia  della  costa  nord  del  golfo  di 
Napoli,  da  cui  è  distante  leghe  2  172,  ap- 
poggiandosi alle  falde  d'un  monte,  il  qua- 
le sporgendo  nel  mare  forma  un  picco- 
lo capo,  nell'antica  Campania  Felice.  Se- 
de  d'un  tribunale  civile  e  piazza  di  guer- 
ra di  5.a  classe.  La   costa   vi  forma  un 
porto  naturale  perfettamente  riparato. 
La  cattedrale  è  fabbricata  sulle  rovine 
d'un  tempio  dedicato  ad  Augusto  da  Lu- 
cio Calfurnio  sotto  il  nome  di  Giove.  E' 
intitolata  al  diacono  martire  s.  Proculo, 
di  cui  ivi  si  venera  il  capo  ,  ed  uno  dei 
compagni  di  s.  Gennaro,  con  battisterio 
e  cura  d'anime  affidata   al  capitolo  che 
vi  nomina  il  vicario  curato  approvato  dal 
vescovo.  Il  capitolo  si  compone  di  3  di- 
gnità, il  decano,  l'arcidiacono,  il  canto- 
re,  di   i3  canonici   compresi  il  peniten- 
ziere e  il  teologo  ,  di  16  beneficiati ,  di 
6  mansionari  e  di  altri  preti  e  chierici. 
L'episcopio  ed  il  seminario  sono  aderen- 
ti alla  cattedrale  ,  e  come  questa  buoni 
edifici.  Vi  sono  inoltre  nella  città  due  al- 
tre chiese  parrocchiali  coKs.  fonte,  alcu- 
ni conventi  di  religiosi,  un  monastero  di 
monache,  di  versi  sodalizi,  ospedale  e  mon- 
te di  pietà.  Nella  piazza  sorge  da  un  la- 
to sopra  colonna  la  statua  con  isplendi- 
do  elogio  del  benemerito  vescovo  Mar- 
tino de  Leon  eCardenas  agosti  nianospa- 
gnuolo,  insigne  teologo,  di  candidi  costu- 
mi, caritatevole,  che  rifabbricò  dai  fon- 
damenti e  ornò  la  cattedrale  con  pittu- 
re e  marmi,  la  forni  di  sagre  suppellet- 
tili, fece  esprimervi  con  colori  la  serie  dei 
vescovi  e  la  consagrò  neh  634»  aumentò 
l'episcopio  ed  i  redditi  della  mensa;  in- 
grandì l'area  della  propinqua  piazza,  vi 
aprì  la  via  e  vi  eresse  il  fonte,  ed  in  al- 


POZ  21 

tri  edifìci  migliorò  la  coudizione  della  cit- 
tà. Dall'altro  lato  della  piazza  sorge  la 
statua  consolare  con  maestoso  panneg- 
giamento, rinvenuta  nel  1704  presso  il 
giardino  del  palazzo  vicereale,  rappre- 
sentante Q.  Flavio  Mesio  Egnazio  Lol- 
liano  protettore  di  Pozzuoli.  Non  è  a  ta- 
cersi il  bel  monumento  di  marmo  bian- 
co che  servì  forse  di  piedistallo  ad  una 
statua  di  Tiberio,  vedendosi  nel  basso- 
rilievo scolpite  1 4-  provincie  dell'Asia, da 
quell'imperatore  sovvenute  largamente 
in  occasione  d'un  orribile  terremoto.  At- 
tiva vi  è  la  pesca,  ed  il  territorio  produ- 
ce buoni  frutti,  ottimi  vini  e  legumi  ab- 
bondanti, e  l'industria  vi  annovera  una 
rinomata  fabbrica  di  saponi.  Una  brec- 
cia rossastra  vulcanicache  trovasi  in  quei 
contorni,  e  che  si  usa  per  fare  un  cemen- 
to della  maggior  solidità  nelle  opere  mu- 
rarie, specialmente  nelle  idrauliche,  dal- 
la città  prese  il  nome  di  pozzolana,  e  fu 
poi  dato  alle  simili  materie  terrose  cac- 
ciate fuori  da' vulcani  che  trovansiin  altri 
luoghi,  come  ne'dintorni  di  Roma  abbon- 
dantemente e  di  eccellentequalità.  La  co- 
modità e  l'importanza  di  questa  terra  la 
fece  adotta  re  e  ricercare  in  Francia  e  in  al- 
tri stati  europei.  Celebrato  fu  soprattutto 
in  Pozzuoli  il  porto,  che  ancora  è  ben  sicu- 
ro e  potrebbe  offrire  comoda  stazione  al 
naviglio  napoletano  ed  ai  bastimenti  mer- 
cantili :  nella  remota  età  veniva  guarnito 
da  25  robusti  pilastri  insieme  collegali 
con  solidissimi  archi  che  costituivano  un 
piano  e  ameno  passeggio,  cuichiamossi 
per  eccellenza  Moles  Puteolana  e  corrot- 
tamente Molo  di  Pozzuoli,  avendosi  me- 
morie de'riattamenti  di  Antonino  Pio.  Il 
volgo  deturpando  la  storia,  denominollo 
Ponte  di  Caligola,  confondendo  quest'o- 
pera col  Ponte  di  barche,  mediante  il  qua- 
le l'imperatore  Caio  percorreva  a  caval- 
lo la  marittima  via  da  Pozzuoli  a  Baia, 
ponte  famoso  che  incominciava  all'estre- 
mità di  detto  molo,  di  cui  più  pilastri  sono 
ancora  in  piedi  e  vedesi  sott'  acqua  una 
parte  degli  archi,  ed  attraversando  una 


22  POZ 

patte  della  baia  avea  circa  176  di  lega  in 
linea  retta. 

Ne' remoti  tempi  fu  amenissima,  salu- 
berrima e  di  sontuose  ville  ridondante , 
comedi  folta  popolazione,  la  costiera  oc- 
cidentale di  Napoli ,  che  dalla  punta  di 
Posilipo  si  estende  infìno  al  capo  Mise- 
no  {P-),  formandosi  nell'intervallo  il  va- 
ghissimo golfo  puteolano.  Nella  nostra 
età,  sia  pei  naturali  fenomeni,  o  per  le 
neglette  acque  minerali  o  pei  variati  co- 
stumi, tutto  vi  è  solitudine,  ed  anche  l'ae- 
re è  divenuto  dannoso  pei  stagnanti  la- 
ghi. Non  si  muove  passo  per  questa  clas- 
sica regióne,  donde  trassero  i  pagani  le 
più  sublimi'mitologiche  idee,  senza  che 
ti  arrestino  le  meraviglie  naturali.  Ap- 
pena usciti  dalla  grotta  posilipana,  si  pre- 
sentano gì'  immensi  campi  Flegrei,  e  ti 
rassembra  ne' solforosi  laghi,  ne'  monti 
fiammanti,  nelle  bocche  vulcaniche  ri- 
mirar tuttora  i  contrassegni  della  teme- 
raria pugna  titanica,  ed  Ercole  agitante 
la  clava  micidiale  esterminar  que'feroci. 
Gli  elisi  campi  (di  cui  a  Paradiso),  l'a- 
cheronzia  palude,  l'ingresso  all'Averno, 
così  graficamente  da  Virgilio  descritti  , 
ti  penetrano  d'alto  inconcepibile  stupo- 
re. E  ben  ti  avvedi  di  calcar  la  beata  ter- 
ra, ove  trovò  requie  il  saggio  Ulisse  dal 
suo  vagare,  e  dove  in  magnifiche  case  di 
piacere  correvano  i  più  celebri  personag- 
gi dell'antica  Roma.  Nulla  è  paragona- 
bileal  magico  incanto  che  i  moderni  pun- 
ti di  vista  producono  e  le  vetuste  rimem- 
branze. Se  non  ti  spiacc  deviare  un  mo- 
mento dalla  nuova  via  de'  Bagnoli,  ove 
l'altra  si  riunisce  che  costeggia  Posilipo, 
tisi  presenta  il  rotondo  lago  Aniano  det- 
to Agnano,  che  ha  più  di  mezza  lega  di 
perimetro  e  vi  svolazzano  frequenti  uc- 
celli acquatici.  L'acqua  talora  vi  sobbol- 
le, e  le  arse  materie  e  le  piriti  giustifica- 
no P  opinione  che  vi  ardesse  ne'  remoti 
tempi  un  vulcano.  Su  d'  una  sponda  si 
apre  la  piccola  grotta  delta  del  Cane;  lo 
sprigionamento  del  gas  acido  carbonico 
1  he  s' innalzi  ad  un  palmo  dal  terreno 


POZ 

per  la  sua  gravità  maggiore  specificata- 
mente dell'  aria  atmosferica  ,  si  chiami» 
dagli  antichi  mofeta  sulfurea  e  ne  descri- 
vono con  esagerazione  i  mortiferi  effetti. 
E  certo  però  che  un  lume  acceso  a  quel 
livello  subito  si  estingue,  e  che  negli  a- 
rumali  che  ne  respirano  l'esalazioni  pro- 
duce secondo  la  diversa  costituzione  più 
o  meno  pericolose  asfissie.  A  pochi  passi  so- 
no le  stufe  dette  di  s.  Germano,  per  avervi 
albergalo  per  malattia  quel  celebre  ve- 
scovo capuano.  Vi  sono  8  piccole  came- 
re ove  per  P  incessante  decomposizione 
delle  piriti  sottoposte  si  sprigiona  il  calo- 
rico e  aggiunge  nelle  prime  4  siuo  a3o 
gradi  del  termometro  di  Reaumur,  e  nel- 
le altre  4  che  più  si  addentrano  nella  col- 
lina fino  a  4o,  superandosi  il  calore  del- 
l'acqua bollente  dal  gas  solforoso  uscen- 
te dagli  elevati  pertugi.  Antiche  celle  di 
bagni  si  trovano  al  di  sopra,  che  furono 
forse  le  terme  Angolane  (incuipatìilcar- 
dinale  Pascasio,  Fedi)  ovvero  accessori! 
delle  ville  lucullane.  Grandi  sono  i  van- 
taggi traiti  dalPuso  delle  fumigazioni  sul- 
furee nelle  stufe  artificiali  di  Assalili!  , 
maggiori  se  ne  ponno  trarre  da  questi  na- 
turali e  più  attivi  sudatoria  Alle  falde  di 
Montesecco  scaturisce  l'acqua  de'Piscia- 
relli  e  da  per  tutto  sono  sparse  le  vulca- 
niche materie,eil  gas  solforoso  esce  dal- 
le screpolature,  sviluppandosi  portento- 
so calore  nelle  varie  sue  grotte.  Di  egual 
natura  è  la  Solfatara,  altro  estinto  vul- 
cano che  gli  antichi  chiamarono  Forum 
Vulcani  }z  consiste  in  pianura  lunga  1 3oo 
palmi  e  larga  100,  circondata  da  colline,  e 
risponde  a'  campi  Flegrei.  In  alcuni  luo- 
ghi il  calore  supera  80  gradi  e  senza  fuo- 
co artificiale  vi  si  fa  bollir  l'acqua  e  si 
purifica  lo  zolfo  nelle  rinomate  fabbri- 
che. Dalle  screpolature  o  fumarole  tal- 
volta escono  fiamme.  Lungo  l'antica  stra- 
da consolare  per  a  Pozzuoli,  die  si  chia- 
mò Antiniana,  sul  vertice  de'  colli  Leu- 
cogei  è  un  antico  e  lungo  sepolcreto.  In 
prossimità  poi  s'innalza  la  chiesa  dedi- 
cata a  s.  Gennaro,  nel  luogo  ove  fu  de- 


POZ 

collato  co'martiri  compagni,  di  che  feci 
parola  a  Napoli,  ove  fu  eretto  un  altare 
di  fino  marmo  con  isculture  del  Vacca- 
ro.  La  cappella  che  lo  contiene  è  bene 
ornata,  col  busto  del  santo  e  la  pietra  in- 
sanguinata ovecadde.I  cappuccini  vi  han- 
no il  convento  e  vi  si  gode  la  vista  di  e- 
stesissimo  orizzonte  e  su  tutto  il  delizio- 
so cratere  puteolano.  Domina  queste  con- 
trade, che  precedono  Pozzuoli,  la  mon- 
tagna che  racchiude  la  real  caccia  di  A- 
struni, famosa  campagna  circolare  cinta 
da  monti  e  ornata  da  spessi  boschi  e  da 
3  angusti  laghi.  Si  vedono  gli  avanzi  di 
un  vulcano,  ad  ogni  passo  scaturendo  le 
acque  minerali  e  termali.  Diverse  pisci- 
ne e  serbatoi  d'acqua  s'incontrano  nel- 
l'avvicinarsi  per  questo  lato  a  Pozzuoli, 
e  ad  una  vasta  e  ben  conservata  si  discen- 
de nella  Villa  del  principe  di  Cardilo,  e- 
dificata  sopra  l'antico  fòro,  presso  la  qua- 
le si  vede  qualche  traccia  d'acquedotto, 
onde  1'  acqua  del  Serino  probabilmente 
si  trasmetteva  alla  piscina  di  Cauli.  Le 
altre  due  piscine  si  vedono  nella  Villa 
del  duca  di  Lusciano,  ed  altra  di  esse  di- 
cesi il  Laberinto  per  la  moltitudine  e  ir- 
regolarità delle  camerette  che  la  compon  • 
gono.  Si  giunge  poi  al  trivioformatodal- 
la  via  Campana  boreale,  dalla  Cumana 
occidentale  edall'orientale  Anliniana.  Da 
ogni  banda  qui  s'incontrano  sepolcri  e  ve 
ne  ha  magnifici  presso  la  chiesa  di  s.  Vi- 
to, l'un  de'quali  ha  45  nicchie  per  urne, 
e  l'altro  a  due  piani  desta  l'ammirazio- 
ne dell'osservatore  per  la  grandiosità  del 
lavoro.  L'odierna  via  per  giungere  a  Poz- 
zuoli lungo  la  marina,  venne  agevolata 
dal  viceré  Parafan  de  Rivera  nel  1571, 
incominciando  da  Bagnoli  a  tagliar  da  ci- 
ma a  fondo  il  Monte  Dolce  di  fragile  tu- 
fo, ed  il  Monte  Olibano  di  materia  cal- 
carea ricoperta  d'ammassi  di  lava  duris- 
sima dai  prossimi  vulcani  eruttata,  ve- 
dendosi entro  gli  scavi  vestigia  dell'acque- 
dotto. Non  solo  il  nome  di  Bagnoli  ri- 
corda i  celebri  bagni  minerali  già  ivi  an- 
ticamente esistenti ,  essendovi  avanzi  di 


POZ  23 

solidissime  costruzioni ,  ma  tutta  la  via 
n'è  disseminata,  senza  che  si  faccia  uso 
della  grotta  per  salutari  stufe  con  un  ca- 
lorico di  4o  gradi. 

La  cospicua  città  di  Pozzuoli  ebbe  un 
tempo  la  più  alta  rinomanza,  e  la  sua  o- 
rigine  rimonta  per  lo  meno  a  due  secoli  e 
mezzo  innanzi  a  Roma:  secondo  Strabone 
la  edificarono  i  cumani,  al  dire  di  altri  al 
tempo  di  Policrate  vi  cercarono  ricovero 
i  samii,  la  favola  dicendola  eretta  dal  fi- 
glio di  Nettuno.  T  suoi  nomi  di  Puleoli 
e  Dìcearchia&i  credono  sinonimi  dedot- 
ti dal  rendervisi  esattamente  giustizia  , 
sebbene  altri  traggano  il  primo  dal  pu- 
tire del  zolfo  o  dalla  moltitudine  de' poz- 
zi ,  ed  altri  controvertono  se  in  origine 
fosse  detta  Puteoli,  quindi  dai  greci  Di' 
cearchia,  e  poi  fendutole  dai  romani  il 
nome  primiero,  oppure  se  dell'odierna 
denominazione  stati  sieno  autori  i  roma- 
ni medesimi.  Divenne  Pozzuoli  il  com- 
raerciale  emporio,  ove  confluivano  le  ric- 
chezze orientali ,  perfino  da  Tiro  e  da 
Berito ,  e  molti  mercanti  alessandrini  e 
sirii  vi  prendevano  stanza.  Prima  Fabio 
Massimo  e  poi  Augusto  vi  dedussero  una 
colonia,  essendo  municipio  romano,  co- 
me la  chiama  Cicerone,  et  gitasi  pusil- 
lam  Romani.  A  bordo  della  nave  mer- 
cantile alessandrina  Castore  e  Polluce  vi 
fu  tratto  l'apostolo  s.  Paolo  ,  proceden- 
do da  Cesarea  a  Roma  per  sostenere  il 
giudizio  di  appellazione  a  Cesare  che  a- 
vea  provocato.  L.  Cornelio  Siila  elesse 
Pozzuoli  a  suo  pacifico  ritiro  dopo  abdi- 
cata !a  dittatura,  e  molti  famosi  romani 
vi  ebbero  ville  e  delizie;  introdottivi  quin- 
di dagl'  imperatori  di  Roma,  che  inco- 
minciando da  Augusto  ne  amarono  il 
soggiorno,  la  mollezza,  il  lusso,  gli  spet- 
tacoli, sicché  dopo  quella  città  teneva  il 
principale  posto.  Dopo  i  terribili  danni 
ch'ebbe  a  soffrire  in  rimota  epoca  da  An- 
nibale, e  quindi  uel  medio  evo  dai  goti, 
dai  longobardi  ,  dai  saraceni  e  dal  fon- 
datore della  pirateria  algerina,  l'eruzio- 
ne della  Solfatara  del  1 198,  poi  i  terre- 


24  poz 

moti  deli 448  e  deli 538  la  rovinarono 
e  resero  deserta.  Estendevasi  da  prima 
insino  alla  via  Campana  e  trova  varisi  nel 
suo  recinto  i  due  templi  di  Diana  e  di  Net- 
tuno, le  reliquie  de'quali  veggonsi  ora  al- 
l'esterno, ed  il  superbo  anfiteatro,  detto 
ad  imitazione  di  Roma  Colosseo  ed  an- 
che Carceri  per  esservi  stali  esposti  mi- 
gliaia di  martiri  alle  fiere,  e  specialmen- 
te s.  Gennaro  co'  suoi  compagni  nella 
persecuzione  di  Diocleziano  :  la  prigione 
del  sauto  nel  1689  fu  ridotta  a  cappella. 
L'edilìzio  capace  di  25,ooo  spettatori, 
dà  idea  della  popolazione  di  Pozzuoli. 
Dal  lato  occidentale  facevauo  pure  par- 
te della  città  il  magnifico  tempio  di  Se- 
rapide,  disotterrato  per  cura  di  re  Car- 
lo Borbone,  ov'era  il  Serapeum,  vasta 
parte  dell'edilìzio,  nella  quale  tratta van- 
si  gì'  infermi  incurabili ,  e  si  vede  pure 
la  gran  piazza  ,  sulla  quale  sono  erette 
16  colonne  di  marmo  cipollino  che  do- 
veano  sostenere  una  gran  cupola.  Intor- 
no al  basamento  stavano  12  marmorei 
vasi  cilindrici  da  serbar  l'acque  salutari 
o  lustrali,  e  ne  rimangono  due.  Vi  sono 
ancora  qui  prossimi  de'sudatorii.  Vicino 
al  mare  sono  gli  avanzi  de'due  templi  del- 
l'Onore  e  delle  Ninfe*  Nello  scavare  il 
terreno  trovansi  sempre  nell'area  di  Poz- 
zuoli numismi ,  monete,  corniole,  cam- 
mei e  pietre  preziose.  Ridotto  Pozzuoli  ad 
uno  scheletro  di  città,  salutò  ristorato- 
re della  sua  grandezza  il  viceré  Pietro  di 
Toledo  sotto  il  regno  di  Carlo  V,  il  qua- 
le fahbricandovi  un  sontuoso  palazzo  vi- 
cereale, trasse  cosi  i  grandi  di  Napoli  a 
imitarlo.  Si  comprendono  nel  distretto 
di  Pozzuoli  i  circondari  di  Marano,  Pro- 
cida,  Ischia  e  Foria.  La  città  conta  cir- 
ca 12,000  abitanti, compresi  i  villaggi  di 
Bacoli  e  Nisita,  la  quale  è  un'isola  roton- 
da con  uhertose  vigne  e  fruiti  squisiti , 
col  Porlo  Pavone  di  comodo  accesso,  ed 
ove  Porzia* ingoiò  i  carboni  ardenti,  ri- 
nomala pure  per  altre  memorie.  Dei  fa- 
sti di  Pozzuoli  e  de'  suoi  uomini  illustri 
scrisse  Giulio  Cesare  Capaccio,  Pulcola- 


POZ 

na  historia  cui  accessit  de  balneis  libel- 
bis,  Neapolii6o4-  La  vera  antichità  di 
Pozzuolo,  Napoli  1607. 

Il  vangelo  vi  fu  predicato  da  s.  Patrona, 
uno de'7  2  discepoli  del  Redentore,  allievo 
de'ss.  Pietro  e  Paolo,  e  ne  fu  il  1 .°  vescovo: 
converfi  colle  sue  prediche  molti  infedeli 
a  Gesù  Cristo,  e  governò  contemporanea- 
mente alla  chiesa  di  Pozzuoli  quella  di 
Napoli,  come  era  in  uso  ne' primi  lem- 
pi  del  cristianesimo.  Gli  successe  s.  Celso 
di  lui  allievo,  ordinato  nell'anno  60  da 
s.  Pietro,  che  convertì  quasi  tutta  la  dio- 
cesi e  morì  nell'anno  80,  celebrandosene 
la  festa  a  Pozzuoli  il  5  novembre.  Que- 
sta sede  da  tempo  immemorabile  su  lira  - 
ganea  della  metropolitana  di  Napoli  lo 
è  tuttora.  La  chiesa  puteolanaè  insigne 
per  la  copia  de'suoi  martiri  ,  per  molte 
prerogative  e  privilegi  concessi  dai  Papi 
edai  sovrani.  Dopo  s.  Celso  fiorì  per  san* 
tità  il  vescovo  Giovanni,  indi  Florenzio 
che  pe'suoi  demeriti  fu  deposto,  Teodo- 
ro di  santa  vita  ,  Giuliano  dottissimo  e 
legalo  di  s.  Leone  I  al  concilio  d'Efeso, 
e  Stefano.  Nominerò  i  vescovi  più  insi- 
gni. Dopo  Gaudioso  del  680  vacò  lo  se- 
de sino  a  Leone  deho3o,che  rinunzia- 
to il  vescovato  si  ritirò  all'eremo.  Dona- 
to fiorì  nel  1 1 1 9  e  ricuperò  da  Roberto  e 
Giordano  principi  di  Capua  i  diritti  e  pos- 
sessioni di  sua  chiesa.  Mauro  del  1 135 
ottenne  da  Riccardo  principe  di  Capua 
la  conferma  delle  decime  in  favore  del- 
la cattedrale:  altre  decime  re  Carlo  I  con- 
cesseal  vescovo  Angelo  nel  1 277.  Landol- 
fo de'nobilissimi  Capecelatro  del  1 344» 
Nicola  del  1389,  Tommaso  Brancacci 
traslato  da  Triedrico  nel  i4o5  e  poi  car- 
dinale. Gli  successe  Lorenzo  de  Gilotto 
vescovo  di  Vesti, a  cui  Giovanna  II  con- 
fermò le  decime.  Fr.  Lorenzo  de'inino- 
ri  nel  1 435.  Lodovico  di  Costanzo  di  po- 
tente famiglia  neli447-  Giacomo  Orsi- 
ni romano  del  1 49^-  Antonio  Jaconi  di 
Lecce  deli494>  virtuosissimo.  Neli5i4 
Leone  X  fece  commendatario  il  cardinal 
Bernardo  Divizi,  Nel  1 537  da  Ugcnio  fu 


PRA 

trasferito  Carlo  Borromeo  nobile  mila- 
nese ,  chiaro  per  pietà  e  dottrina.  Gio. 
Matteo  Castaldo  nobile  napoletano  del 
i5/[i  ,  benemerito  pastore,  restaurò  la 
cattedrale  rovinata  dal  terremoto  e  dal 
fuoco:  per  questi  Sebastiano  monaco  o» 
livetano  e  suo  correligioso  scrisse  V  opu- 
scolo ,  De  dìguitate  et  antiqui  tale  eccle- 
n'ae  Puteolanae.  Leonardo  Vairo bene- 
ventano canonico  regolale  lateranense 
del  1587,  per  la  sua  dottrina  e  probità 
fu  ornamento  di  questa  sede.  Girolamo 
Bernardo  de  Quirosspagnuolocistereien- 
se  deli6o4-  Fr.  Martino  de  Leon  e  Car- 
denas  sullodato,  per  ventura  di  questa 
chiesa  neh  63 1  vi  fu  traslato  da  Triven- 
to,  celebrò  il  sinodo,  fece  rifiorire  la  di- 
sciplina ecclesiastica  ,  edificò  tutti  colle 
sue  virtù,  fu  padre  de'poveri  ede'luoghi 
pii,  nel  i65o  fu  trasferito  a  Palermo  col- 
le dignità  di  arcivescovo,  luogotenente  e 
capitano  generale  del  regno  di  Sicilia,  ove 
morì  neh  655, avendone  celebrato  le  ge- 
sta l'Uglielli,  Italia  sacra  t.  6,  p.  2676 
286.  Carlo  de  Palma  teatino,  insigne  teo- 
logo del  1675.  Pietro  Cavalcante  nobile 
di  Cosenza  dotto  teatino  del  161  3,  col 
quale  termina  nell'  Ughelli  la  serie  dei 
vescovi,  proseguita  dalle  Notizie  di  Ro- 
ma. Per  morte  di  Pietro  Ignazio  Marol- 
da,  Gregorio  XVI  nel  i8{3  preconizzò 
l'attuale  vescovo  mg.r  Raffaele  Purpodi 
Sorrenlo,giàcanonico  teologo  di  sua  pa- 
tria e  vicario  generale.  La  diocesi  si  e- 
stende  per  24  miglia  di  territorio  e  con- 
tiene 4  luoghi.  Ogni  vescovo  è  tassato  in 
fiorini  1 33,  ascendendo  le  rendite  della 
mensa  a  circa  3,ooo  ducati  napoletani. 
PRAGA  (Pragen).  Città  con  residen- 
za arcivescovile,  celebre  ed  antica,  capi- 
tale del  regno  di  Boemia  (J7.),  di  cui  oc- 
cupa appresso  a  poco  il  centro,  tra  i  cir- 
coli di  Raurzim  e  di  Rakonitz,  a  54  le- 
ghe da  Vienna.  E'  pur  sede  del  soprin- 
tendente della  Confessione  augustana 
(%'■),  la  cui  giurisdizione  si  estende  so- 
pra tutto  il  regno,  d'un  governo  genera- 
le militare,  delle  corti  di  giustizia  e  del- 


PRA  25 

le  primarie  autorità  della  Boemia,  come 
di  quelle  del  circolo  diKaurzim.È  cin- 
ta da  un  muro  e  da  un  fosso  di  circa  3 
leghe  172  di  circuito,  ed  attraversala  dal 
sud  al  nord  dalla  Moldau,  che  vi  forma 
parecchie  isole  e  la  divide  in  due  porzio- 
ni ineguali  riunite  da  un  bel  ponte  di  pie- 
tra di  16  archi,  lungo  1  790  piedi,  ed  or- 
nato di  statue  di  santi,  tutte  di  metallo, 
tranne  due  di  pietra,  tra  le  quali  si  ve- 
nera particolarmente  quella  di  s.  Gio- 
vanni Nepomuceno  maestosamente  at- 
teggiata, il  quale  d'ordine  di  re  Vence- 
slao  VI  fu  gettato  da  questo  ponte  nel 
fiume  (per  cui  si  suole  erigere  la  statua 
del  santo  ne'ponli),  essendo  il  ponte  de- 
corato di  emblemi  riguardanti  quel  pro- 
tomartire del  segreto  della  confessione  , 
per  cui  meritò  che  dopo  342  anni  fosse 
trovata  incorrotta  e  fresca  la  sua  lingua, 
come  si  legge  nella  bolla  In  sede,  del  1  2 
agosto  1624, di  Urbano  Vili.  La  porzio- 
ne più  ragguardevole  della  città  occupa 
la  destra  sponda  ,  ed  ha  il  sobborgo  di 
Smichow .  In  4  parti  si  divide  Praga  : 
i.°  la  Città  Vecchia,  Altsladl,  bislunga 
di  forma,  che  estendesi  lungo  la  destra 
sponda  del  fiume,  e  racchiude  il  quar- 
tiere degli  ebrei,  Judenstadtj  1°  la  Cit- 
tà Nuova,  Neustadt,  che  avvolge  l'anti- 
ca all'est,  al  nord-est  ed  al  sud-est  ;  3.° 
il  I  Inu Ischi n,  sulla  sinistra  della  Moldau 
e  fabbricata  sopra  una  montagna  scosce- 
sa, donde  si  gode  di  bellissima  vista  sul 
fiume  e  su  gran  parte  della  città;  4°  il 
Lato  Piccolo,  Eleinseite,  all'est  ed  al  nord 
del  Hradschin,  e  che  dicesi  la  parte  più 
antica  della  città  ;  al  sud  di  Praga  è  il 
Wischerad  appartenente  al  circolo  di 
Kaurzim,  cioè  l'antica  cittadella  che  tro- 
vasi ancora  benissimo  fortificala  e  che 
contiene  l'arsenale.  Quantunque  la  città 
sia  munita  ed  abitata  da  più  di  120,000 
anime, è  troppo  estesa  e  dominata  dalle 
alture  troppo  vicine  per  essere  capace  di 
lunga  difesa.  Le  strade  vi  sono  in  gene- 
rale dritte,  regolari  e  guernite  di  mar- 
ciapiedi ;  le  più  belle  trovatisi  nella  Cit- 


26  P  R  A 

tà  Nuova  ;  le  case  per  la  più  parte  sono 
costrutte  in  pietra  sul  gusto  moderno, 
così  i  palazzi.  Tra  le  piazze  pubbliche  si  os- 
serva nella  Città  Vecchia  il  Grosse-Ring, 
il  Kleine  Ring,  il  Kohlmarkt,  il  Tandel- 
markt;  nella  Città  Nuova  il  Grosse-Vich- 
markt,  massima  piazza  di  Praga,  ed  il 
B.ossmarkt;  nel  Lato  Piccolo  il  Ring  eia 
Welsclierplatz  ;  nel  Hradschin  il  Hrad- 
schiner-Ring  e  laLoretto-pIatz.  Vi  ha  u- 
na  quantità  di  edifizi  pubblici  ;  si  fanno 
specialmente  distinguere  I'  cstello  della 
città  situato  sul  Grosse- Ring  e  adorno 
d'una  torre  con  bell'orologio,  di  una  co- 
lonna sormontata  dalla  statua  della  B. 
Vergine  in  bronzo  dorato,  e  d'una  fonte 
con  vasca  a  1 2  faccie,  nel  centro  delle  qua  • 
li  su  piedistallo  sorge  una  statua.  La  cat- 
tedrale ampia  e  di  magnifica  architet- 
tura gotica,  per  la  sua  situazione  sul  fian- 
co della  montagna  Hradschin  ',  olfre  un 
aspetto  imponentissimo;  è  sotto  l'invo- 
cazione di  s.  Vito  martire  e  racchiude  le 
tombedi  parecchi  sovrani  di  Boemia, fra 
le  quali  quella  di  s.  Venceslaore  di  Boe- 
mia che  fece  fabbricare  questa  chiesa,  ed 
avente  un  prezioso  tesoro.  Tra  le  insigni" 
reliquie  vi  è  in  grandissima  venerazione 
il  corpo  di  s.  Giovanni  Nepomuceno,  già 
canonico  della  medesima.  Papebrochio, 
Junii  p.  4^2>  narra  che  Gio.Pessina  de- 
cano di  Praga, poi  vescovo  di  Samandria, 
tessendo  l'elenco  delle  reliquie  di  questa 
metropolitana,  dice  che  Carlo  IV  impe- 
ratore vi  mandòda  Roma  parte  delle  os- 
sa de'ss.  Pietro  e  Paolo,  e  parte  del  pal- 
lio del  i.°:  di  più  che  Carlo  IV  ottenne 
parte  del  bacolo  dello  stesso  s.  Pietro  e 
lo  fece  rinchiudere  nel  pastorale  dell'ar- 
civescovo di  Praga,  col  quale,  officiante 
archiepiscopo, sole  t  sibi  subdiaconns  con  • 
celebrare.  Le  dignità  del  capitolo,  che 
hanno  l'uso  della  mitra  nelle  solennità, 
sono  notate  nel  voi.  XLV,  p.  279;  esso 
si  compone  di  due  dignità  ^  prima  delle 
quali  è  il  preposto,  di  12  canonici  com- 
presi il  teologo  e  penitenziere,  3  vicari 
sii,  5  sallerisli,  diversi  beneficiati,  ed  al- 


PRA 
tri  ecclesiastici  addetti  al  divino  servigio, 
cui  assistono  anche  i  seminaristi.  Vi  è  il 
fonte  sagro  e  la  cura  d'anime  esercitata 
dal  curato  cappellano  della  cattedrale  , 
dalla  quale  è  alquanto  distante  il  palaz- 
zo arcivescovile,  grande  edifizio.  Inoltre 
vi  sono  altre  22  chiese  parrocchiali  con 
battisterio  e  due  collegiate:  la  chiesa  di 
s.  Giacomo  è  sormontata  da  alta  torre, 
e  di  cui  si  ammira  l'altare  maggiore,  co- 
me pure  la  cappella  della  B.  Vergi  ne  or- 
nata di  due  belle  colonne  di  cristallo  di 
rocca.  Vi  sono  1  1  conventi  di  religiosi, 
4  monasteri  di  monache ,  5  ospedali  e 
orfanotrofi ,  il  monte  di  pietà  ,  ed  il  se- 
minario, la  cui  fondazione  approvò  Ur- 
bano Vili  col  breve  Romanus  Ponti/ex, 
de'22  dicembre  1628,  Bull,  de  prop.fi- 
del.i,  p.  92,  ad  istanza  dell'arcivescovo 
cardinal  de  Harrach,  e  lo  fece  degno  di 
tutti  i  privilegi  che  godono  i  seminari 
pontificii.  Rimarcabile  è  l'abbazia  delle 
benedettine  di  s.  Giorgio,  ch'è  il  piìi  an- 
tico monastero  di  tutta  la  Boemia,  fon- 
dalo verso  ilyg  1  dalla  principessa  Milada 
sorella  di  Boleslao  il  Pio  duca  di  Boemia. 
L'abbadessa,  che  d'ordinario  è  una  prin- 
cipessa, godeva  in  passato  dell'autorità 
sovrana,  ed  ha  ancora  il  diritto  dimet- 
tere la  corona  sulla  testa  della  regina  nel 
giorno  dell'incoronazione.  Questo  mona- 
stero è  esente  dalla  giurisdizione  dell'or- 
dinario e  soggetto  immediatamente  al 
Papa.  I  protestanti  vi  hannodue chiese; 
vi  è  l'ospizio  per  le  partorienti,  un  gran 
teatro,  un  sontuoso  palazzo  municipale 
decorato  delle  statue  de' re  di  Boemia.  Sul 
molo  fu  eretto  un  monumento  a  Fran- 
cesco I,  colla  statua  colossale  in  bronzo 
che  lo  rappresenta,  ed  adornato  da  8  sta- 
tue scolpite  da  Max,  ed  esprimenti  8  cir- 
coli boemi,. oltre  altre  8  piccole  figure. 
L'università  situata  nella  Città  Vecchia 
e  che  ricevette  il  nome  di  Carlo  Ferdi- 
nando, è  la  più  antica  della  Germania  ; 
fondata  nel  1 34.7  dall'imperatore  Carlo 
IV,  Papa  Clemente  VI  a  di  lui  ittanza 
l'approvò  e  ornò  di  privilegi  colla  bolla 


PRA 
la  snpremaè  dignitatis,  7  kal.  fcbr.  an. 
v,  Bull,  cit.,  Appendix  t.  1,  p.  5.  Da 
questa  università  sorti  I'  eresiarca  Gio. 
Huss boemo,  fatto  bruciare  nel  \[\.\5  dal 
concilio  di  Costanza,  pena  che  soffri  an- 
cora il  suo  discepolo  Girolamo  da  Pra- 
ga, professore  di  teologia,  ambedue  se- 
guaci degli  errori  di  TViclefo.  L'univer- 
sità nel  secolo  XV  godeva  molta  riputa- 
zione, ed  oggi  pure  è  in  rinomanza,  con- 
tando circa  55  professori  e  intorno  a  1 4oo 
studenti ,  munita  di  copiosa  biblioteca, 
osservatorio  ,  gabinetti  di  fisica  e  storia 
naturale,  e  d'istituti  artistici  e  scientifici. 
Praga  ha  3  pubbliche  biblioteche  forni- 
te di  stanze  per  lettura:  quella  dell'uni- 
versità con33oomss.  e  109,529  volu- 
mi di  tutti  i  rami  della  letteratura  ;  la 
biblioteca  del  museo  boemo  con  1  200 
mss.,  5ooo  opere  stampate  nazionali, 
7000  storiche  di  varia  sorte  e  i5,ooo  vo- 
lumi; la  biblioteca  della  società  industria- 
le di  Praga  con  5oo  opere  in  10,000  vo- 
lumi. Praga  ha  inoltre  22  biblioteche 
private,  fra  le  quali  quella  del  principe 
diKinski  con4o,ooo  volumi,  quella  del- 
la società  agricola  nazionale  con  4°°° 
volumi,  e  il  gabinetto  di  lettura  della  fa- 
coltà medica. con  3ooo  volumi.  Nell'ar- 
chivio civico  si  trovano  olire  a  i3oo  vo- 
lumi di  antichi  mss.  della  città, il  più  an- 
tico èdel  1  3  1  o.  Altri  stabilimenti  d'istru- 
zione pubblica,  di  scienze  e  arti  sono  3 
ginnasi,  scuola  normale,  scuola  politec- 
nica, di  disegno,  di  pittura, conservatorio 
di  musica,  l'accademia  delle  scienze  as- 
sai inpregio  nella  Germania,  edallredot- 
te  società;  quella  del  museo  nazionale  è 
ricca  ancora  di  oggetti  d'arte  e  di  storia 
naturale:  da  ultimo  questo  museo  con 
graudi  spese  andavasi  riordinando,  e 
Schwanlhaler  lavorava  in  Monaco  per  2  1 
statue  di  bronzo,  che  il  mecenate  delle 
arti  possidente  Veith  gli  ordinò  pel  Pan- 
theon boemo  di  Liboch.  Sino  dal  pon- 
tificato di  Gregorio  XIII,  come  si  ha  dal 
p.  Maffei,  Annali  t.  4>  all'anno  i5y5,  si 
trova  in  Praga  stabilito  da  quel  Papa  il 


PRA  27 

pontifìcio  collegio  di  s.  Bartolomeo  pergli 
scolari  della  nazione  tedesca,  collegio  che 
Urbano  Vili  colla  bolla  Quoniam  divi- 
nac,  presso  il  Bull,  de  prop.  fidel.i,  p. 
5i,  riformò  e  ristabilì,  riducendo  a  20 
gli  alunni  ch'erano  4o  e  sottoponendolo 
ai  cardinali  della  congregazione  di  pro- 
paganda fide,  iaqualedava  al  nunzio  di 
Vienna  ampie  facoltà  pel  buon  regola* 
mento  di  esso:  era  diretto  dai  gesuiti,  ed 
avea  dalla  s. Sedei  53o  talleri.  In  Praga 
nel  1  58o  fu  istituito  un  convitto  dis.  Ven- 
ceslao  de'poveri  studenti, ch'ebbe  un  as- 
segno annuo  somministrato  dall'ospeda- 
le de'boetni  di  Roma  ,  del  quale  parlai 
nel  voi.  XXIX,  p.  1  14,  ed  a  Povero.  A  Uro 
seminario  e  collegio  esisteva  in  Praga  sot- 
to la  denominazione  di  s.  Norberto,  fon- 
dato dall'  abbate  de'  premostratensi  pei 
suoi  canonici  e  pei  chierici  secolari,  che 
Urbano  Vili  approvò  col  breve  AUiludo 
divinae, a'3o  luglio  1 63q,  Bull,  cit.p.  107. 
Urbano  Vili  confermò  i  privilegi  con- 
cessi da  Gregorio XV  al  collegio  dis.  Gia- 
como del  convento  de'minori  conventua- 
li, mediante  il  breve  Alias,  de'2  settem- 
bre 1625,  Bull,  cit.,  Appendix  t.  i,p. 
162.  Sembra  ancora  degno  di  memoria, 
che  i  beni  ecclesiastici  di  questo  regno, 
essendo  stati  invasi  dagli  eretici  seguaci 
di  Lutero,  riceveva  il  clero  un  compen- 
so sulla  cassa  del  sale,  e  di  questa  inden- 
nizzazione  si  trattò  a  lungo  nella  detta 
congregazione  di  propaganda.  Contiene 
questa  città  manifatture  di  stoffa  d'  oro 
e  di  argento,  seterie,  cotoncrie,  minute- 
rie fine  e  false,  strumenti  di  musica  e  di 
matematica, fabbriche  di  maioliche,  bir- 
rerie considerabili,  manifatture  d'  armi 
e  tabacchi.  Questa  città  è  il  centro  del 
commercio  della  Boemia  ed  il  deposito 
generale  del  regno,  e  vi  si  fanno  molti 
affari  di  transito  ;  vi  si  contano  meglio 
clie  3o  grandi  case  di' commercio,  quasi 
la  metà  delle  quali  ebree,  mentre  parec- 
chi ebrei  si  dedicano  alla  politura  degli 
eccellenti  cristalli  di  Boemia.  Praga  fu 
patria  di  molli  uomini  illusili  che  fiori- 


28  P  ■  A 

rono  nelle  armi,  nelle  scienze  e  nelle  di- 
gnità ecclesiastiche  e  "civili;  di  alcuni  car- 
dinali avendone  parlato  a  Boemia. 

Praga  è  una  città  antica,  ed  alcuni  cre- 
dono che  sia  la  CasurgistW  Tolomeo, masi 
Tageneralmented'accordo  nel  considerar- 
la come  la  Boviasmum  di  Strahone  o  la 
Marobadum  di  Tolomeo.  Nel  XV  secolo 
fu  lungamente  turbata  pergli  eretici  Us- 
siti (V.).  L'imperatore  Ridolfo  II  vista- 
bili  la  sede  dell'impero,  ma  nel  1612  il 
successore  e. fratello  Mattia  la  restituì  a 
Vienna.  Essendo  morto  nel  1619,!  boe- 
mi già  ribellati  con  gettare  dalle  finestre 
del  palazzo  di  Praga  i  ministri  cattolici, 
si  mostrarono  contrari  anche  col  nuovo 
imperatore  Ferdinando  li  ,  offrendo  il 
trono  a  Federico  V  elettore  Palatino , 
al  modo  detto  a  Palàtinato,  a  Boemia 
ed  a  Germania.  Quindi  cogli  aiuti  di  Pao- 
lo V  dagl'imperiali  nel  1620  si  die  sotto 
le  mura  di  Praga  tremenda  battaglia,  che 
perdette  il  Pala  tino  col  la  sconfitta  de'boe- 
ini,  onde  seguì  la  presa  della  città; quin- 
di Ferdinando  li  ricuperò  tutta  la  Boe- 
mia e  altre  provincie.  Nel  1741  s'impa- 
dronirono della  città  i  francesi,  che  nel- 
l'anno seguente  vi  furono  bloccali  dall'e- 
sercito imperiale,  ed  il  2  gennaio  1743 
rendettero  la  piazza,  uscendone  cogli  o- 
nori  della  guerra,  dopo  essersi  segnalali 
con  vigorosa  resistenza.  1  prussiani  se  ne 
rendettero  padroni  nel  1  744>  ma  gl'im- 
periali la  ricuperarono  in  quello  stesso 
anno;  nel  1757  poi  soffri  molto  per  la 
guerra  tra  gli  austriaci  ed  i  prussiani 
medesimi,  i  quali  rumatala  in  parte  col 
bombardamento,  non  però  se  la  potero- 
no pigliare.  A'  14  settembre  1847  P''aga 
fu  per  la  1 .''  volta  illuminata  a  gas,  in  o- 
nore  del  giorno  natalizio  dell'arciduca 
Stefano,  Per  l'insurrezione  del  1 848,  nel 
giugno  fu  bombardata,  per  cui  restò  in 
diverse  parti  incendiata  ,  venendo  però 
vinta  la  rivoluzione  e  distrutte  le  barri- 
cate. Nel  declinar  di  detto  anno  avendo 
l' imperatore  Ferdinando  1  abdicato  al- 
l' impero,  dipoi  coli'  imperatrice  stabilì 


FRA 
l'ordinaria  sua  residenza  in  Praga.  Ne 
i85i  il  ceto  commerciale  ha  fatto  conia- 
re, in  memoria  dell'apertura  della  stra- 
da ferrata  di  Fraga-Dresda  ,  una  meda- 
glia incisa  da  Seidau  ,  che  da  una  parte 
rappresenta  la  Boemia  e  la  Sassonia  in 
atto  di  porgersi  la  mano  da  una  carroz- 
za a  vapore,  dall'altra  la  così  detta  Tor- 
re del  ponte  della  Città  Vecchia. 

La  sede  vescovile  fu  eretta  nel  971, 
Comnianville  protraendo  l'istituzione  al 
998,  sufFraganea  di  Magonza.  Di  linaio 
o  Dietrnaro,  monaco  benedettino  di  Mag- 
dehurgo,  viene  riconosciuto  come  il  i." 
vescovo  di  Praga  e  morì  nel  980,  gettan- 
do orribili  grida  pel  timore  di  andare 
nelle  pene  eterne,  per  aver  trascurato  i 
doveri  del  proprio  stato,  e  ricercato  con 
passione  gli  onori  e  piaceri  mondani. Suo 
successore  fu  s.  Adalberto  conte  di  Wog- 
tiech  nel  g83  ,  parente  dell'imperatore 
Ottone  II,  chiamato  l'apostolodella Boe- 
mia, Ungheria,  Moravia,  e  Polonia  do- 
ve lasciò  il  fratello  Gaudenzio i.°  vesco- 
vo di  Gnesna.  Egli  erasi  trovato  presen- 
te all'infelice  morte  di  Dilmaro,onde  pre- 
so da  spavento  e  compunzione  detestò  i 
suoi  falli,  si  rivestì  di  cilizio  e  distribuì 
larghe  limosine  a'poveri.  Elelto  vescovo 
non  più  fu  veduto  ridere,  dicendo:  >»  E' 
molto  agevol  cosa  portare  una  mitra  e 
un  pastorale;  ma  è  ben  assai  terribile  do- 
ver render  conto  d'  un  vescovato  al  su- 
premo giudice  de'vivi  e  de'morli  ".  Fe- 
ce il  suo  ingresso  in  Praga  a  piedi  nudi, 
quindi  divise  le  rendite  in  4  parti,  per  lu 
chiesa,  pei  canonici ,  pei  bisognosi  e  per 
sé.  La  diocesi  era  allora  nel  più  deplora- 
bile stato.  Una  parte  di  quelli  che  l'abi- 
tavano erano  ancora  avvolti  fra  le  tene- 
bre dell'idolatria;  gli  altri  professando  il 
cristianesimo,  disonoravano  la  loro  fede 
coi  piìi  detestabili  vizi.  Adalberto  si  ado- 
però a  tutto  potere  per  far  fiorire  la  ve- 
ra pietà,  rna  invano,  per  cui  si  dedicò  al- 
la conversione  degl'idolatri  delle  memo- 
rate regioni ,  venendo  dai  boemi  truci- 
dati diversi  parenti,  saccheggiati  e  iucen- 


PRA 
diati  i  loro  beni.  Patì  glorioso  martirio 
in  Polonia, ed  il  suo  corpo  venerasi  nella 
cattedrale  diGnesna.  Gli  storici  della  fa- 
miglia Orsini  fanno  di  questa  s.  Adalber- 
to e  altro  vescovo  di  Praga  chiamato  Gau- 
denzio, forse  il  fratello  del  santo  e  vesco- 
vo di  Gnesna.  Fragli  altri  vescovi  di  Pra- 
ga noterò,  s.  Severo  Berzkowsky,  morto 
nel  i  067,  dopo  aver  dato  il  consenso  che 
la  sede  vescovile  d' Olmiitz  (^.)>  da  tanti 
anni  unita  a  Praga,  fosse  separata  e  fatta 
suffraganea  di   Magonza;  s.   Andrea  di 
Guttensteyn,  che  fu  perseguitatoe  man- 
dato in  esilio  da  Premislao  re  di  Boemia 
e  morì  in  Roma  nel  1224.  L'ultimo  dei 
vescovi  di  Praga  fu  Giovanni  di  Driazez, 
discendente  dalla  famiglia  reale  di  Boe- 
mia, prevosto  di  Wischehrad,  canonico  di 
Praga  ei.°  priore  del  convento  dis.  Gio. 
di  Gerusalemme  a  Praga, eletto  vescovo 
neli3oi  e  morto  neh  343.  Narra  Rinal- 
di all'anno  i344>n-°64j  che  i  demeriti 
di  Enrico  arcivescovo  di  Magonza  e  del 
suo  chiericato ,  tolsero  la  Boemia  dalla 
sua  giurisdizione  ,  anche  per  I'  odio  che 
nutriva  contro  Enrico  il  marchesediTl/o- 
ravia  [V.)  Carlo  (  poi  imperatore  Carlo 
IV)  figlio  di  Giovanni  re  di  Boemia,  co- 
me osserva  Vettori,  Fiorino  d 'oro,  p.  72. 
Vi  contribuì  l' imprudenza  del  vescovo 
di  Wratislavia  Nauchero,  il  quale  mal- 
contento di  re  Giovanni,  per  certa  dif- 
ferenza lo  chiamò  regolo  e  richiesto  dal- 
l'offeso re  di  dichiararsi,  gli  rispose:  »  Chi 
non  ha  nel  suo  regno  alcun  metropoli- 
tano,e  nella  sua  coronazione  conduce  con 
preghiere  e  con  prezzo  gli  arcivescovi  (di 
Magonza),  egli  è  regolo,  e  fra  tutti  i  re 
cattolici  il  minimo  ".  Allora  Giovanni, 
aiutato  da  Filippo  VI  redi  Francia,  pre- 
gò caldamente  Clemente  VI  di  elevare 
la  chiesa  di  Praga  in  arcivescovato  e  me- 
tropolitana, e  fu  esaudito  pienamente  nel 
1 343,  togliendola  dalla  giurisdizione  me- 
tropolitica di  Magonza  ;  allora  essendo 
vescovo  di  Praga  Ernesto  Pardubiez  o 
Pardubicio  ne  divenne  il  i.°  arcivesco- 
vo. Il  Papa  formò  isuflraganei  con  eri- 


PR  A  29 

gere  in  vescovato  l'abbazia  premostra- 
tense  diLittomische!  o  Lylhoniysliense 
(soppresso  poi  le  turbolenze  degli  ussiti), 
che  altri  chiamarono  o  confusero  con 
Leitrnerilz(  P'.),  e  dismembrò  da  Magon- 
za il  vescovo  d'Olmiitz,  e  quello  di  Meis- 
seu  in  Sassonia  da  Magdeburgo,  come 
afferma  Micovia,  Rerum  Polonicarwn 
lib.  4  :  eretti  poi  i  vescovati  di  Leitme- 
ritz,  Konigtgratz  e  BudweU,  questi  sol- 
tanto restarono  suffraganei  di  Praga  e  lo 
sono  tuttora,  giacché  Littomischel  e  Meis- 
sen  furono  soppressi,  ed  Olrniitz  diven- 
ne arcivescovato.  Ernesto  fu  inoltre  da 
Clemente  VI  decorato  del  pallio  solen- 
nemente, in  vigore  della  bolla  Atteneteti- 
tes  Pragensem  ecclesiam  nwgnae,  de'25 
agosto  i344>^fó^-  Rom.t.  3,  par.  2,  p. 
2g5,  e  lo  conferma  Stranskiz  nella  sua 
Repubblica  Boernaj  per  cui  furono  de- 
volute le  ragioni  di  ungere  i  novelli  re 
di  Boemia  all'arcivescovo  di  Praga  e  co- 
me prima  in  questa  città,  ad  esclusione 
degli  arcivescovi  di  Magonza  (P.),  an- 
che pel  diploma  speditoa'5  maggio  1 34^- 
Inoltre  I'  arcivescovo  di  Praga  ebbe  da 
Clemente  VI  il  titolo  di  legato  della  s. 
Sede,  in  seguito  la  dignità  di  primate 
ed  il  grado  di  principe  dell'impero.  Non 
debbo  tacere,  che  da  quanto  riporta  Vet- 
tori, pare  che  già  Benedetto  XII  prede- 
cessore di  Clemente  VI, con  diploma  dei 
9  ottobre  i34'  avesse  ordinato,  che  sen- 
za derogare  all'avvenire  si  facesse  peral- 
lora  in  Praga  la  coronazione,  e  si  unges- 
se in  re  Carlo  primogenito  di  re  Giovan- 
ni e  Bianca  sua  consorte  in  regina  della 
Boemia  ad  hoc  ipsius  regis  accedente 
consensu.  Morì  il  1 ,°  arcivescovo  Ernesto 
nel  1  347  e  gli  successe  Tommaso  Gio. 
Oczko  (f' .)  di  Wallassim,  già  vescovo  di 
Olmiitz,  che  neh  365  ottenne  da  Urba- 
no V  il  titolo  di  legato  nato  della  s.  Sede 
e  fu  creato  cardinale  da  Urbano  VI.  L'ar- 
civescovo Corrado  de  V  edite  r.°  vescovo 
di  Verden  poi  d'Olmiitz  e  neh4i3  ar- 
civescovo di  Praga  ,  dopo  di  avere  per 
qualche  tempo  governato  con  prudenza 


3o  PRA 

e  zelo  l'arcidiocesi,  dichiarossi  protetto- 
re  degli  eretici  ussiti,  mettendosi  alla  lo- 
ro testa  quando  saccheggiavano  i  mona- 
steri, ed  è  perciò  che  Martino  V  lo  de- 
pose nel  1426,  morendo  Corrado  5  anni 
dopo.  Martino  V  fece  amministratore 
Gio.  Bacca  di  Praga,  già  vescovo  di  Lit- 
tomischel  (Sior.  eccl.  d'Alemagnai.  2, 
p.  172)  e  d'Ohniitz,  e  nello  stesso  1426 
(non  1406  per  errore  tipografico  quali- 
ficato nella  biografia)  lo  creò  cardinale: 
col  zelo  e  colle  armi  combattè  gli  ussi- 
ti e  ne  riuscì  vittorioso  in  diverse  batta- 
glie ,  facendo  l'ufficio  d' intrepido  capi- 
tano ,  poi  nel  i4^o  sepolto  nella  catte- 
drale di  Vaccia.  Giovanni  di  Rochizana 
o  Rockyczana,  distinto  personaggio  di 
Boemia, pretese  all'arcivescovato  vacan- 
te di  Praga  verso  il  1 436,  ma  siccome  a- 
pcrtarueute  favoriva  l'eresie  di  Wiclefo 
e  di  Huss,  così  venne  escluso  dal  conci- 
lio di  Basilea  e  da  Eugenio  IV  ,  poi  ri- 
conosciuto dal  conciliabolo  di  Basilea,  al 
modo  detto  a  Boemia, ove  parlai  ancora 
della  legazione  del  cardinal  Carvajal  a 
Praga,  e  quanto  questa  città  soffri  per  le 
gravi  turbolenze  degli  eretici  principal- 
mente suscitale  da  Ziska  e  dai  taboriti, 
che  vi  distrussero  le  chiese  ed  i  mona- 
steri, massacrarono  la  maggior  parte  dei 
cattolici,  e  misero  tutto  a  fuoco  ed  a  san- 
gue. Continuando  Rochizana  nell'usur- 
pazione, restò  vacante  e  quasi  soppressa 
la  sede  per  molti  anni ,  solo  la  s.  Sede 
sempre  zelante  pel  bene  de' veri  fedeli^  in 
quel  disastrosissimo  periododi  tempo  no» 
minò  di  quando  in  quando  amministra- 
tori all'illustre  chiesa,come  Corrado  ba  io- 
ne di  Zwole  vescovo  d'Ohniitz  nel  1 434» 
Filiberto  di  Montjoyeux  vescovo  di  Cou- 
tances  nel  1 4^9>  Giovanni  di  Doba  ve- 
scovo d'Eichstadt  nel  1462.  Nuove  stra- 
gi di  religiosi  e  spogliamene  di  mona- 
steri fecero  nel  1 474  8n  eretici  in  Praga. 
Ad  Alessandro  \1  finalmente  riuscì  ri- 
conciliare colla  chiesa  romana  i  pragesi, 
dopo  aver  essi  riconosciuti  i  loro  errori. 
Racconta  Rinaldi  all'annoi 493  che  A- 


PRA 

lessa ndro  VI,  fallo  legato  Orso  vescovo 
di  Trani,  l'incaricò  di  tal  missione,  per 
cui  ottenne  che  i  pragesi,  condannati  gli 
errori,  promettesero  osservare  perpetua  - 
mente  i  riti  e  le  verità  cattoliche,  paci- 
ficando ancora  i  principi  boemi.  Avendo 
re  Ferdinando  I  ottenuto  da  Giulio  III 
il  ristabilimento  dell'arcivescovo  di  Pra- 
ga, neh  562  vi  nominò  Antonio  di  Mu- 
glitzdi  Moravia, già  vescovo  di  Vienna, 
il  quale  fu  ambasciatore  imperiale  al  con- 
cilio di  Trento  e  inori  neh  58o.  Quan- 
to ai  successori  fino  al  principio  del  pas- 
sato secolo,  vedasi  la  Storia  eccles.  di 
Germania  t.  2  ,  p.  j3  (,  e  da  quell'  e- 
poca  sino  ad  oggi  le  Notìzie  di  Roma. 
Essendo  arcivescovo  Gio.  Maurizio  de 
Manderscheid ,  Clemente  XIII  col  bre- 
ve Apostolicae  benignalis,  degli  8  mar- 
zo 1763,  Ball,  cont.t.  2,p.  336,  abrogò  il 
privilegio  d'esenzione  concesso  da  Boni- 
facio IX  al  capitolo  Viscehradense,  e  lo 
sottopose  alla  giurisdizione  dell'arcive- 
scovo di  Praga.  Gregorio  XVI  neh 83?. 
fece  suflfraganeo  e  vescovo  di  Satala  in 
parlibas  I'  attuale  mg.1  Gio.  Francesco 
Tippmann  della  diocesi  di  Praga,  quin- 
di neh  838  preconizzò  arcivescovo  Lui- 
gi Antonio  libero  barone  di  Shrenk.  Per 
sua  morte  Pio  IXa'20  maggio  i85o  vi 
trasferì  l'odierno  cardinal  Schwartzem- 
berg,  di  cui  ue'vol.  XXI,  p.  1 64)  XXXII, 
p.  324-  L'arcidiocesi  è  assai  vasta,  conte- 
nendo diverse  città,  castella  e  luoghi.  O- 
gni  arcivescovo  è  tassato  in  fiorini  2800, 
le  rendite  ascendono  a  circa  60,000  fio- 
rini di  convenzione,  gravate  dall'annua 
pensione  di  8000  in  favore  del  vescovo 
di  Budweis  e  d'un  luogo  pio. 

Concila  di  Praga. 

Il  1 ,°  fu  celebrato  dall'arcivescovo  Er- 
nesto, ed  in  esso  si  fecero  regolamenti  re- 
lativi alla  cognizione  ed  alla  fede  della 
Trinità,  all'osservanza  de'decreli  dei  si- 
nodi, alle  elezioni,  ai  benefizi  e  all'eser- 
ciziodelle  cariche  e  dignità  ecclesiastiche , 
all'alienazione de'beni  di  chiesa,  alle  se- 


P  R  A 

polirne,  ai  monaci  e  monache,  alla  con* 
sagrazione  delle  chiese  e  degli  altari,  al- 
la messa,  al  battesimo,  ec.  Mansi,  Suppl. 
ai  concilii  t.  3,  p.  543.  Il  2.0  fu  tenuto 
nel  i4o5  contro  1' antipapa  Benedetto 
XIII.  Il  3."  nel  f4o8  contro  i  wiclefiti. 
lì  4-°  nel  i434  per  la  riunione  degli  us- 
siti. Labbét.  1 1.  Arduino  t.  7.  Cochlaeus, 
Hist.  Hussit. 

PRAMMATICA  o  PRAGMATICA, 
Lex  sumptuaria.  Riforma  delle  pompe, 
delle  vesti ,  del  lutto  ,  de'  titoli,  fieno  e 
limite  al  lusso,  alle  spese  pubbliche  e  pri- 
vate; legge  suntuaria,  municipale, di  con- 
suetudine, del  quale  argomento  tratto  a 
Legge,  Vesti,  Convito,  Funerali,  Lut- 
to, Titoli  di  onore  e  relativi  articoli, 
principalmente  a  Lusso. 

PRAMMATICA  SANZIONE,  Prag- 
matica sanctione.  Questo  termine  che 
dal  latino  sanctio,  ordinanza,  legge,  sta- 
tuto, e  dal  greco  pragma,  affare  ,  viene 
usato  particolarmente  per  distinguere  le 
ordinanze  che  concernono  i  grandi  affa- 
ri dello  stato,  della  chiesa,  delle  comu- 
nità, oppure  le  ordinanze  che  si  faceva- 
no per  affari  pubblici  colla  riunione  e  col 
consiglio  di  molti  dotti  giureconsulti,  o 
finalmente  quelle  che  i  re  e  gli  altri  prin- 
cipi sovrani  facevano  in  un'assemblea 
composta  di  grandi.  Molle  costituzioni 
imperiali  ,  riguardanti  massime  i  diritti 
e  le  successioni  degli  Elettori  dell'impe- 
ro (/ .),  ottennero  il  nome  di  pramma- 
tica sanzione  e  sotto  questo  veggonsi  re- 
gistrate nel  corpo  del  diritto  germanico, 
nelle  leggi  imperiali  raccolte  da  Golda- 
sto.  Parlerò  de'  due  famosi  regolamenti 
di  Francia  che  portano  il  medesimo  ti- 
tolo, il  i.°  supposto  e  creduto  promul- 
gato da  s.  Luigi  IX ,  il  i.°  emanato  da 
Carlo  VII.  Mentre  s.  Luigi  IX  nel  1269 
si  preparava  al  viaggio  d'oltremare  per 
la  crociata,  per  gli  aiuti  della  quale  im- 
plorò coi  franchi  la  mediazione  della  s. 
Sede,  ad  onta  ancora  di  sua  pietà  e  ma- 
gnanimità si  pretende  che  facesse  un'or- 
dinanza col  titolo  di  Prammatica  san- 


P  R  A  3  1 

zione, divisa  in  G  articoli;  bensì  istituì  un 
consiglio  di  coscienza  presieduto  dal  ve- 
scovo di  Parigi, cui  raccomandò  non  no- 
minare che  gli  ecclesiastici  più  pii  e  più 
atti  a  servire  utilmente  la  Chiesa  colla 
convenevole  distribuzione  delle  loro  ren- 
dite, onde  assicurare  ottime  elezioni  ca- 
noniche. Il  i.°  riguarda  le  chiese,  i  pre- 
lati, i  patroni  ed  i  collatori  ordinari  dei 
benefizi,  i  quali  godranno  de'loro  diritti 
e  giurisdizione.  Il  2.0  che  le  chiese  cat- 
tedrali e  altre  avranno  la  libertà  delle  e- 
lezioni.  Il  3.°  che  la  simonia  sarà  bandi- 
ta dal  regno.  Il  4-°  che  le  promozioni, 
collazioni,  provvisioni  e  deposizioni  di  pre- 
lature ed  altri  benefìzi  e  uffìzi  ecclesia- 
stici, si  faranno  secondo  il  diritto  comu- 
ne de' concilii  e  le  istituzioni  degli  anti- 
chi padri.  Il  5.°  che  le  libertà,  le  franchi- 
gie, i  privilegi  accordati  dal  ré  dì  Fran- 
cia alle  chiese,  monasteri  e  altri  luoghi 
pii,  ed  anche  alle  persone  ecclesiastiche, 
saranno  conservate.  Il  6.°  riguarda  le  tas- 
se pecuniarie  a  vantaggio  della  chiesa  ro- 
mana. Diversi  scrittori  sono  d'avviso  che 
questa  prammatica  non  sia  di  Luigi  IX, 
sebbene  sia  citala  negli  articoli  presentati 
a  Luigi  XI  negli  stati  riuniti  a  Tourse 
nell'atto  d'appello  dell'università  di  Pa- 
rigi del  1 49 1 ,  e  per  vera  l'abbiano  cre- 
duta il  p.  Alessandro  e  Velley  :  altri  at- 
tribuiscono a  s.  Luigi  IX  solo  i  primi  5 
articoli.  Si  riporta  nel  t.  7  de'  Concilii 
d'Arduino,  ed  affatto  supposta  la  dichia- 
ra Tomassini,  De  velerà  et  nova  eccles. 
disc.  par.  2,  I.  2,  cap.  3,  e  par.  3,  lib.  /, 
cap.  43,  e  dimostra  Lambertini,  De  ser- 
i'orum  Dei  beat.  lib.  3,  cap.  36,  sì  per- 
chè solo  se  ne  parlò  circa  due  secoli  do- 
po la  morte  del  santo  re,  come  ancora 
perchè  se  fosse  stata  vera  se  ne  sarebbero 
serviti  i  francesi  nelle  discordie  tra  Boni- 
facio Vili  e  Filippo  IV.  I  Bollandisti  se- 
guirono l'opinione  di  Tomassini  ad  dieni 
25  aug.,  per  la  qual  sentenza  propende 
il  p.  Griflèt,  Istoria  di  Francia.  Di  re- 
cente la  provò  con  buone  ragioni,  criti- 
ca ed  erudizione  una  favola,  tendente  a 


32  P  R  A 

palliare  col  manto  della  sant'ila  l' ingiu- 
stizia e  la  prepotenza,  il  libro  encomiato 
dagli  Annali  delle  scienze  rei.  serie  2.a, 
voi.  6,  p.  3o5:  Della  Prammatica  san- 
zione attribuita  a  s.  Luigi  IX  per  Rd. 
Tlwmassy  antico  allievo  della  scuola  rea- 
le di  CharlreSj  Parigi  i844- 

Avendo  il  conciliabolo  di  Basilea  (l7.) 
molte  cose  disposto  sopra  la  riforma  dei 
benefìzi  e  sopra  il  giudizio  delle  cause, 
Carlo  VII  re  di  Francia,  prima  zelante 
di  riconciliare  coi  Papa  quella  congre- 
ga, poi  vietato  a'vescovi  d'intervenire  al 
concilio  generale  da  Eugenio  IV  presie- 
duto in  Ferrara  (F.)  e  sempre  più  ade- 
rente a  quegli  scismatici,  attento  a  pro- 
cacciarsi de' vantaggi  allora  die  la  Chiesa, 
sconvolto  l'ordine  delle  cose,  travaglia- 
va nella  divisione  dello  scisma,  come  os- 
serva Bernini  ,  Hist.  dell'  eresie  t.  4>  P- 
237,  nel  i438  a'  7  giugno  convocò,  se- 
condochè  narrai  ne' voi.  II,  p.  2i3,  e 
XXVI  j  p.  3i5,  una  grande  assemblea 
a  Bourges  (F.)  di  vescovi  ed  ecclesiastici 
francesi  contaminati  dagli  erronei  princi- 
pii  de'padri  basileesi  e  coll'intervento  dei 
loro  legati  (secondo  alcuno  pure  di  quel- 
li d'Eugenio  IV).  La  presiedè  il  re  assi- 
stito da  Luigi  il  Delfino  suo  figlio  ,  da 
molti  principi  del  sangue  e  da  numeroso 
stuolo  di  potenti  signori.  In  questa  assem- 
blea secondo  la  mente  de'basileesi  e  i  de- 
creti spediti  al  re,  tendenti  al  ristabi- 
limento della  libertà  nelle  elezioni  ca- 
noniche, pregandolo  farli  ricevere  nel 
suo  regno,  tali  decreti  furono  la  base  del- 
la formazione  della  costituzione  o  rego- 
lamento di  disciplina  ecclesiastica  in  2  3 
articoli,  con  varie  modificazioni  rela- 
tive alle  libertà  della  chiesa  gallicana, 
che  si  disse  Prammatica  sanzione,  cioè 
costituzione  riformatoria  di  alcuni  dai 
basileesi  chiamati  abusi  o  inconvenienze. 
Essa  riconoscendo  1'  autorità  de'  conci- 
li'! ecumenici  superiore  a  quella  de'  Pa- 
pi, tutta  si  raggirò  nell'abolizione  delle 
censure  ecclesiastiche  e  delle  antiche  Ap- 
pellazioni interposte  al  Papa,  e  nella 


PRA 
proibizione  di  conferir  prebende,  abba- 
zie, vescovati  ecommendea  persone  non 
nazionali  francesi,  venendo  così  tolta  al 
Pontefice  quasi  ogni  facoltà  di  conferir 
benefizi,  e  di  giudicar  le  cause  ecclesia- 
stiche del  regno  di  Francia  ,  perciò  in- 
giuriosa a  lui,  al  suo  regno  ed  alias.  Se- 
de, onde  fu  causa  e  fomento  di  mille  di- 
sordini. Osserva  Rinaldi  a  tale  anno,  che 
i  francesi  non  ricevettero  tutti  i  decreti 
del  conciliabolo,  ma  quelli  che  loro  piac- 
quero ;  ma  mentre  i  prelati  si  sottraeva- 
no dall'  autorità  pontificia,  colla  pram- 
matica si  sottomisero  alla  servitù  laica- 
le. Bercastel ,  Storia  del  cristianesimo , 
narra  che  dopo  la  traslazione  de'Papi  in 
Avignone, i  re  e  il  clero  di  Francia  si  tro- 
varono privati  de'loro  migliori  diritti  al- 
la collazione  de'benefizi,  per  mezzo  del- 
le riserve  e  aspettative  principiate  in  A- 
vignone,  per  disporne  anche  prima  che 
i  medesimi  fossero  vacanti.  Laonde  fu 
questo  il  motivo  per  cui  precipuamente 
i  francesi  seguirono  il  concilio  di  Basilea, 
quindi  per  trovar  qualche  via  di  conci- 
liazione tra  esso  ed  Eugenio  IV,  o  alme- 
no per  resistere  alle  conseguenze  d'  una 
discordia,  che  faceva  languir  la  discipli- 
na nella  più  parte  della  Chiesa,  si  venne 
alla  compilazione  della  prammatica  san- 
zione, sempre  dipoi  tanto  cara  ai  france- 
si, sino  a  nominarsi  da  alcuni  il  baluar- 
do di  loro  chiesa.  Abbracciata  e  promul- 
gata siffatta  prammatica  da  Carlo  VII 
a*7  luglio  come  legge  del  regno  e  regi- 
strala nel  parlamento,  tutto  si  risvegliò 
lo  zelo  sacerdotale  di  Eugenio  IV  che  la 
condannò  solennemente  con  autorità  a- 
postolica,  come  afferma  Novaes,  e  fece  pòi 
grandi  istanze  al  re  perchè  l'annullasse 
quando  si  ritirò  dal  conciliabolo  ,  come 
riporta  Rinaldi  all'anno  i44o>n.°  4-  ^c- 
cone  i  23  articoli  o  titoli,  che  subito  ap- 
provò il  conciliabolo  di  Basilea.  i.°  Ap- 
prova il  pseudo-concilio  di  Basilea  e  lo 
dichiara  superiore  al  Papa,  il  quale  solo 
col  suo  parere  potrà  destinare  i  luoghi 
pei  concilii.  2.0  Prescrive  chele  elezioni 


PRA 
sieno  falle  liberamente  da  coloro  cui  ap- 
partengono di  diritto.  3.°  Abolisce  tutte 
le  riserve  generali  e  particolari  de'bene- 
fìzi.  4-°  Proibisce  le  grazie  o  nomine  a- 
speltative.  5.°  Vuole  che  ne'Iuoghi  lon- 
tani 4  giorni  da  Roma,  le  cause  sieno  deci- 
se dai  giudici  che  ne  hanno  diritto,  tran- 
ne le  cause  maggiori  enunziate  nelle  leg- 
gi e  quelle  concernenti  le  elezioni  delle 
chiese  cattedrali  ede'monasteri.  6.°  Trat- 
ta de  frivolis  appellaliouibus.  7.0  Ordi- 
na che  colui  il  quale  avendo  un  titolo 
colorato  avrà  posseduto  un  benefizio  per 
tre  anni  pacificamente  e  non  l'avrà  ot- 
tenuto per  intrusione  o  per  forza  ,  non 
debba  più  esser  molestato.  8.°  Tratta  de 
nuin.  et  qual.  card.  g.°  Tratta  de  annot. 
io.0  Tratta  de  quomodo  divinimi  offi- 
cium  sii  celebrandum.  1  1 .°  Tratta  de 
quo  tempore  quisquis  debeai  esse  in  eho> 
ro.  12.0  Tratta  de  qualiler  horae  cano- 
nicae  sunt  dicendae  extra  chorum.  i3.° 
Tratta  de  his  qui  tempore  divinorum  af- 
fi dorimi  vaganlur  per  ecclesiam.  i4-° 
Tratta  de  tabula  pendente  in  choro.i5.° 
Tratta  de  his  qui  in  missa  non  complent 
Credo,  velcantanl  cantilenas.  1 6.°  Trat- 
ta de  lenentibus  capitula  tempore  missae, 
parrocchiale  o  solenne,  senza  un'urgen- 
te necessità  venne  proibito.  17.0  Tratta 
de  pignorantibus  cullimi  divinimi ,  ciò 
ch'è  proibito.  1 8.°  Tratta  de  spectaculis 
in  ecclesia  nonfaciendis.  1  q.°  De  con- 
cubinariis  }  ordina  che  il  concubinario 
pubblico,  senza  alcuna  eccezione,  sia  so- 
speso ipso  facto  e  privato  di  tutti  i  suoi 
benefizi ,  se  egli  non  abbandona  la  sua 
concubina  ,  appena  ne  sia  avvertito  dal 
suo  superiore.  20.0  Della  comunicazione 
cogli  scomunicati.  2  1  ,°T ratta  de  interdici, 
indijjtrenler  non  ponend.  22.0  Riguarda 
le  enunciazioni  nelle  lettere  apostoliche, 
che  un  tale  è  privalo  del  suo  benefizio 
o  di  altro  diritto.  23.°  Contiene  la  con- 
clusione della  chiesa  gallicana  pel  rice- 
vimento de'decreti  ovvero  del  sedicente 
concilio  di  Basilea.  V.  Primato,  Benefi- 
zi ECCLESIASTICI,  CONCILIO,  GaILIA  ,  Da- 
VOL.  LV. 


PRA  33 

teria,  Bretagna,  nella  quale  in  parte  la 
permise  Nicolò  V. 

Pio  II  come  quello  che  avea  cancel- 
lato e  annullato  tutto  ciò  eh'  egli  stesso 
avea  da  privato  dettato  in  favore  del  con* 
ciliabolodi  Basilea  contro  Eugenio  IV, 
e  precedentemente  ritrattate  le  opinioni 
manifestate  contro  le  prerogative  della  s. 
Sede  con  lettera  a  Giordano  rettore  del- 
l'uni versila  di  Colonia  (esistente  nella  Bi- 
blioteca Chigìana,  Vedi) ,'come  quello  che 
prima  del  pontificato  avea  potentemen- 
te impugnato  questa  prammatica  nel  suo 
libro  De  moribus  Germanorum  ,  repli- 
catamene pregò  Carlo  VII  perchè  l'a- 
brogasse. Venendo  poi  rimproverato  dal 
re  con  una  lettera  d'essere  a  luimal'af- 
fetto,  si  giustificò  pienamente  con  un  bre- 
ve diretto  a  tal  sovrano,  presso  mg.r  Bian- 
chini, Parergon  ad  examen  libri  Ponti- 
fìcalis,  sive  Epistola  Pii  II  ad  Carolimi 
FU  regem  Franciae  ab  haereticis  de- 
pravata et  a  Launojana  calamuia  via- 
dicata,  Romaei688.  Quindi  Pio  II  con 
maggior  risentimento  se  ne  querelò  nel- 
l'assemblea di  Mantova^.),  cogli  am- 
basciatori di  Carlo  VII  ,  perchè  ancora 
si  sosteneva  in  Francia  la  prammatica  , 
mentre  era  ingiuriosissima  all'  autorità 
papale,  sebbene  chiamasse  il  re  difenso- 
re della  fede.  Si  difesero  gli  ambasciato- 
ri col  dichiarare  la  legale  convocazione 
del  concilio  di  Basilea,  che  perciò  il  re  a- 
vea  creduto  dover  accettarne  i  decreti, 
con  alcune  modificazioni  e  addizioni  con- 
venienti alle  consuetudini  del  regno  e  alla 
condizione  de' tempi,  le  quali  non  dero- 
gavano in  ninna  maniera  ai  privilegi  del- 
la s.  Sede.  Tornali  in  Francia  gli  amba- 
sciatori e  riferite  le  parole  di  Pio  II ,  il 
procuratore  generale  Dauret  d'ordine  del 
re,  senza  riguardo  aila  proibizione  fatta 
da  Pio  II  d'appellare  dai  suoi  giudizi  al 
concilio,  appellò  al  prossimo  concilio  ge- 
nerale tuttociò che  avea  detto  il  Papa  in- 
torno alla  prammatica  sanzione,  onde 
prevenire  gl'inconvenienti  che  potessero 
succedere  in  caso  di  scomunica,  su  di  che 
3 


34  PRA 

si  presero  misure  nel  parlamento.  Mor- 
to nel  1461  Carlo  VII, gli  successe  il  fi- 
glio Luigi  XI,  al  quale  subito  si  rivolse 
Pio  lì, domandando  pel  nunzio  Geojfroy 
l'abolizione  della  prammatica,  come  na- 
ta nello  scisma  e  come  distruttiva  del 
diritto  del  Papa  ,  da  cui  derivano  tutte 
le  sacre  leggi.  Luigi  XI  vi  acconsentì  e 
l'abrogò,  più  per  condiscendenza  di  com- 
piacere Pio  11,  che  per  risoluta  riprova- 
zione. Vedasi  1'  epistola  del  re  al  Papa 
presso  Rinaldi,  all'anno  i46i,n.°  188; 
Labbé,  Coutil,  t.  14,  p-  97>  Natal  Ales- 
sandr.,  Hisl.  eccl.  t.  8,  dissert.  1  1;  Char- 
las,  De  liberlatib.eccles.  Gallica ime ,lib. 
1,  cap.  16.  La  nuova  fu  ricevuta  in  Ro- 
ma con  solenne  applauso;  ma  il  parla- 
mento, i  prelati  di  Francia  e  altri  dei  clero 
non  desisterono  dall'  osservare  la  pram- 
matica. Anche  il  re,  non  vedendo  man- 
tenute  le  promesse  di  riconoscenza  fat- 
tegli da  Pio  II,  non  si  prese  molta  cura 
di  fare  eseguire  la  sua  dichiarazione,  a- 
vendogli  fatto  impressione  le  rimostran- 
ze energiche  del  parlamento  e  dell'uni- 
versità sui  vantaggi  riportati  dalla  pram- 
matica, massime  per  le  chiese  provviste 
di  buoni  prelati. 

Terminando  di  vivere  Pio  II  nel  i4^4i 
la  prammatica  d'ordine  regio  ritornò  al 
suo  antico  vigore ,  per  cui  il  successore 
Paolo  II  a  mezzo  de'  cardinali  Geoffroy 
e  Salve  (/^.)  volle  tentare  l' esecuzione 
dell'abolizione,  impegnando  il  parlainen- 
to  a  verificare  le  lettere  patenti  colle  qua- 
li Luigi  XI  l'avea  soppressa:  però  il  pro- 
curatore Gio.  di  Romano  vi  si  oppose 
vigorosamente  ,  dicendo  tra  le  altre  ra- 
gioni, che  l'abolir  l'ordine  delle  antiche 
elezioni  era  un  togliere  agli  ordinari  il 
diritto  di  eleggere  ,  ristabilir  le  riserve, 
le  espettati  ve,  l'evocazioni  in  prima  istan- 
za delle  cause  alla  corte  di  Roma  ;  un 
togliere  ai  patroni  il  diritto  di  presen- 
tare ai  benefizi,  e  agli  ordinari  quello  di 
conferirli,  il  che  non  poteva  a  meno  di 
non  introdurre  nella  chiesa  gallicana  una 
orribile  confusione:  di  più  Y  università 


PRA. 
appellò  al  futuro  concilio  di  tutti  gli  at- 
tentati occorsi  e  da  farsi  contro  questa 
legge.  Inoltre  il  clero  di  Francia  ricu- 
sò di  ricevere  un  breve  di  Sisto  IV,  fu 
indocile  alle  ammonizioni  d' Innocenzo 
Vili  e  di  Alessandro  VI  fatte  sotto  re 
Carlo  Vili  ;  può  quindi  facilmente  im- 
maginarsi qual  disordine  invadesse  le  co- 
se ecclesiastiche  del  regno.  In  questo  sta- 
to di  cose  ,  non  sembrando  a  Giulio  II 
lasciar  trascorrere  altro  tempo  per  sanar 
questa  piaga  della  Chiesa,  regnando  Lui- 
gi XII, ne  intraprese  coraggiosamente  la 
cura  nel  concilio  generale  di  Lalerano  f, 
che  descrissi  a  tale  articolo,  nella  cui  4  •  ' 
sessione  volle  che  si  leggesse  la  revoca 
fatta  da  Luigi  XI,  per  venire  al  decre- 
to conciliare  della  totale  abolizione,  al 
modo  riportato  dal  citato  Bernini  e  da 
me  nel  medesimo  concilio.  In  questo  alto 
preparatorio  si  citarono  i  padri  francesi 
a  dire  le  loro  ragioni,  perchè  abolir  non 
si  dovesse  la  prammatica  sanzione.  La 
risoluzione  di  Giulio  li  riuscì  sensibilis- 
sima a  Luigi  XII  pei  gravi  dissapori  in- 
sorti tra  loro,  e  ne  portò  ulte  doglianze 
quasi  a  tutti  i  potentati  cristiani  ,  que- 
relandosi del  Papa,  che  togliere  a  lui  vo- 
lesse il  più  prezioso  gioiello  di  sua  coro- 
na. Essendo  morto  Giulio  II,  continuò  la 
celebrazione  del  concilio  Leone  X,  laon- 
de Luigi  XII  vi  aderì  ,  rinunziò  al  con- 
ciliabolo di  Pisa  e  pocodopo  morì.  Que- 
sto Papa  portassi  in  Bologna  (/".)  nel 
1 5 1  5  per  abboccarsi  col  nuovo  re  diFi  an- 
cia Francesco  1  (di  che  parlai  purea  Fran- 
cia ) ,  il  quale  con  caldissime  istanze  lo 
supplicò,  che  abrogandosi  nel  concilio  la 
prammatica  sanzione,  gli  fosse  permes- 
so proporre  in  luogo  di  quella  altri  pro- 
getti di  disciplina,  che  poscia,  muniti  di 
apostolica  autorità,  servissero  di  norma 
in  tutto  il  suo  reame.  Assentì  ilPapa  al- 
le preghiere  di  Francesco  I,  e  di  comu- 
ne accordo  concertati  gli  articoli  della 
nuova  disciplina  ,  col  Concordato  tra 
Leone  X  e  Francesco  I{Tr.),  il  Papa  for- 
malmente abrogandola  Prammatica ,  lo 


PRA 

sanzionò  colle  bolle,  Primitiva  ilici  eccle- 
sia, de'  1 8  agosto  1 5 1 6;  Paslor  aelernus, 
de' 19  dicembrei5i6;  Divina  disponen- 
te, de'  1 9 dicembre  i5i6;  Romanus Pon- 
ti fex,  del  i .°  ottobre  1 5 1 7,  Bull.  Hom.  t. 
3,  par.  3,  p.  43o,  433,  442  e  443,  Sa- 
cro approdante  concilio.  In  tal  modo  si 
conchiuse  quel  celebre  concordato,  segna- 
tamente per  quei  motivi  che  indussero  i 
Papi  a  convenire  a  concordati,  e  che  di- 
chiarai a  Pace.  La  bolla  JPrts,for,colIa  qua- 
le Leone  X  condannò,  annullòe  riprovò  la 
Prammatica  sanzione,  con  plauso  e  gene- 
rale approvazione  fu  letta  a' 19  dicembre 
1 5 1 6  nella  sessione  1 1  .a  del  concilio  Lu- 
terano, in  cui  rimarcai  in  che  consisto- 
no le  differenze  tra  la  soppressa  pram- 
matica e  il  convenuto  e  sostituito  con- 
cordato ,  il  quale  precipuamente  estinse 
le  elezioni  ai  benefìzi,  molto  allora  tra- 
lignate dall'antica  loro  purità  e  sogget- 
te a  infiniti  abusi, a  cui  vari  illustri  pre- 
lati della  stessa  chiesa  di  Francia  giudi- 
carono  conveniente  tale  rimedio,  come 
riferisce  Bercastel.  In  conseguenza,  con- 
servandosi nel  concordato  alcuni  rego- 
lamenti della  prammatica,  le  elezioni  del- 
le prelature  ecclesiastiche,  che  per  la 
prammatica  erano  libere  ai  re  di  Fran- 
cia, pel  concordato  restarono  di  nomina 
regia  ,  ma  soggette  alla  suprema  ponti- 
ficia approvazione,  per  convalidarle  col- 
l'autorità  apostolica.  Clemente  VII  creò 
cardinale  Antonio  de  Prato  o  Pradt,  per 
aver  contribuito  all'  abolizione  definiti- 
va  della  prammatica  e  alla  conclusione 
del  concordato.  Nella  Chronica  latina 
pubblicata  nell'i  Monumenta  histor.  pa- 
triae,  t.  3,  p.  619,  viene  qualificata  la 
prammatica  la  maggior  peste  della  Chie- 
sa, stabilita  nel  concilio  di  Basilea.  Non- 
dimeno i  francesi  non  acconsentirono  su- 
bito che  fosse  cassata,  come  notai  al  ci- 
tato Concordalo j  anzi  negli  stati  di  Blois 
del  1576  si  trattò  di  rimetterla  in  vi- 
gore, mediante  un  ardito  ragionamento 
deli.0  presidente  del  parlamento,  che  per 
altro  non  produsse  alcun  effetto,  sebbe- 


PBA  35 

ne  la  chiamasse  Palladio  della  Fran- 
cia. 

PRANZO,  Prandium.  Il  desinare,  il 
mangiare.  Remotissima  è  la  consuetudi- 
ne di  congregarsi  gli  uomini  a  mensa , 
onde  col  cibo  ristorare  il  corpo  e  dare  e- 
ziandio  breve  riposo  alle  membra  stan- 
che e  faticate  dalle  giornaliere  occupa- 
zioni, onde  diversi  autori  scrissero  intor- 
no all'uso  delle  mense  e  del  modo  di  ce- 
lebrare i  conviti,  cosi  Erodoto,  Strabo- 
ne,  Plutarco,  Mela,  Stuchio,  Ciacconioe 
Bulangero.  Il  costume  di  cibarsi  con  par- 
simonia fu  proprio  di  tutti  i  popoli,  tan- 
to nella  loro  primitiva  semplicità,  quan- 
to nell'adolescenza.  Ma  tal  costume  de- 
generò ben  presto,  e  si  sostituirono  son- 
tuose mense,  e  alle  ruvide  sedie  si  sosti- 
tuirono letti  con  morbide  piume.  Perciò 
si  promulgarono  leggi  suntuarie  di pram- 
matiche^ ma  con  poco  successo.  Gli  egizi 
anticamente  sedevano  a  mensa,  ma  non 
apparecchiavano  le  tavole;  venivano  lo- 
ro successivamente  portati  i  piatti, affin- 
chè ciascuno  si  servisse  a  piacere.  I  ric- 
chi al  fine  de'  conviti  facevano  presenta- 
re ai  convitati  il  simulacro  di  una  mum- 
mia, dicendo  loro  :  Mangiate  e  state  al- 
legri, che  in  breve  sarete  simili  a  questo. 
I  primi  greci  erano  grandi  mangiatori, 
ed  il  cibo  più  ordinario  fu  il  grano  edi 
legumi,  come  gli  egizi  ed  i  romani;  spre- 
giavano il  pesce  come  troppo  delicato  e 
leggero.  Gli  ebrei  adottarono  il  costu- 
me di  cibarsi  parcamente  in  comune  in 
vari  tempi  dell'anno;  dipoi  la  legge 
scritta  ordinò  i  conviti  religiosi  nelle  fe- 
ste di  Pasqua  e  Pentecoste  {V.)  e  nella 
solennità  de' 'Tabernacoli {V.):  tali  con- 
viti si  ripetevano  negli  sposalizi  o  altre 
liete  circostanze.  Gli  ebrei  dividevano  in 
due  mense  i  loro  conviti;  nella  i.  ci- 
bavansi  delle  carni  della  vittima ,  nella 
2.a  portavano  le  frutta  e  facevano  gira- 
re il  vino  con  la  tazza  detta  delle  bene- 
dizioni e  delle  lodi ,  dai  brindisi  ed  ac- 
clamazioni che  facevano.  Come  altre  na- 
zioni gli  ebrei  mangiavano  giacendo.  Nei 


36  PRA 

tempi  eroici  facevano  d'  ordinario  due 
pasti  il  giorno,  l'uno  a  mezzodì,  l'altro  la 
sera;  questo  ultimo  era  più  abbondan- 
te e  considerabile,  l'altro  era  una  specie 
di  colazione,  non  pasto o  pranzo.  Gli  spar- 
tani mangiavano  insieme,  ed  il  loro  ali- 
mento era  assai  parco  e  regolato  dalla 
legge  die  toccai  a  Grecia  e  relativi  arti- 
coli. Gli  aborigeni  avvezzavano  i  figli  a 
cibarsi  di  frutta  e  bere  acqua,  della  qua- 
le parlo  pure  a  Fontane  e  Pozzi.  1  siba- 
riti, popoli  della  Calabria,  attesero  smo- 
deratamente agli  agi,  alle  delizie,  ai  pas- 
satempi, alle  gozzoviglie,  per  cui  furono 
ritenuti  inventori  di  cibi  delicati  e  demoti- 
viti. Erano  tanto  dediti  al  mangiare  che 
premiavano  gl'inventori  di  nuove  vivan- 
de e  nuovi  intingoli,  ed  anche  li  corona- 
vano. Gli  epicurei  fecero  consistere  il  be- 
ne principale  nel  piacere,  uno  de'qualie- 
ra  il  mangiare  assai  e  delicatamente.  I 
romani  (licevano  3  pasti;  colazione,  de- 
sinareeeena:  la  colazione  di  mattina  con- 
sisteva ordinariamente  in  pane  inzuppa- 
to al  vino;  il  pranzo  era  una  specie  di 
déjeunerj  la  cena  era  il  più  importante 
de'  loro  pasti  e  corrispondeva  al  nostro 
pranzo:  talvolta  dopo  la  cena  facevano 
un  quarto  pasto,  una  specie  di  merenda 
(pomeridiana), equivalente  alla  nostra  ce- 
na. Pranzavano  all'  ora  6.a  cioè  a  mez- 
zodì, cenavano  all'ora  q.a  sebbene  ognu- 
no poteva  sciegliere  l'ora  a  piacer  suo.  Si 
ricava  da  Isidoro,  Stor.  Aug.  t.  r,  n.°  38, 
che  gli  antichi  imbandivano  lauti  pranzi 
a  vanti  d'intraprendere  qualche  fiera  pu- 
gna :  Proprie,  a  pud  veteres  prandi 'uni  vo- 
rallini  fuissc  omnern  militimi  cibimi  ante 
pugnam.  Poiché  per  la  testimonianza  di 
Casaubono,  parandium  ancora  dicevasi, 
quasi  pararci  militcs  ad  pugnam,  cui  aule 
pugnarti  fumerelur.  In  questa  occasione 
si  beveva  gran  varietà  di  l/ino(f/.),  co- 
me si  legge  nel  Calogeri,  Opuscoli  t.  3jt 
p.  a3o.  Convertitasi  la  romana  parsimo- 
nia in istra vizzo  abbominevole,  si  pubbli- 
carono leggi  suntuarie  di  prammatiche 
per  porvi  un  limite,  come  si  può  vedere 


PRA 

in  Paolo  Manuzio,  De  legibus,eà  in  Apu- 
leio, T^ttno  d'oro,  lib.  io.  I  romani  gia- 
cevano a  mensa  5  per  Ietto:  i  letti  li  por- 
tò in  Roma  da  Cartagine  Scipione  Afri- 
cano e  perciò  chiamati  punicani,  poi  ar- 
chiani  dal  fabbro  Archia  che  li  imitò,  ed 
anche tricliniares^B  distinzione  de'letli  cu- 
biculares  desti  ria  ti  al  riposo.  Il  lussogiun- 
se  a  formare  mense  di  legno  prezioso,  co- 
perle  di  lamine  d'argento  e  oro  e  di  ric- 
che coltri:  ornavansi  con  vasi  di  tali  me- 
talli, di  superbo  lavoro.  Il  solenne  con- 
vito de' romani  si  divideva  in  due  portate 
o  parti  :  la  i."  era  destinata  al  servizio 
delle  carni  e  del  pesce;  la  2."  per  le  frut- 
ta e  pel  vino.  I  commensali  si  portavano 
ade  mense  colle  vesti  cenaloria,  Inclina' 
ria,convivalis  e  facevano  brindisi  alla  2.a 
tavola,  bevendo  in  onore  di  Bacco,  degli 
altri  dei  massime  ai  tutelari,  e  degli  uo- 
mini che  si  volevano  onorare.  In  mezzo 
della  tavola  si  poneva  il  vaso  cratere  pie- 
no di  vino  e  in  questo  ognuno  attingeva 
il  suo  vaso,  come  praticavano  gli  ebrei. 
Le  mense,  i  letti,  i  pavimenti  si  sparge- 
vano di  fiori  e  d'acque  odorifere,  anzi  di 
tratto  in  trattosi  versavano  profumi  so- 
pra i  convitati.  In  alcuni  luoghi  i  pigmei 
ed  i  nani  servivano  ne'convili  al  lusso  dei 
grandi:  i  romani  storpiavano  in  culla  i 
bambini,  per  impedire  che  crescessero  re- 
stando nani.  De'buftòni  e  improvvisatori 
cheassistevanoallemense  dei  grandi,  par- 
lai nel  voi.  XXXI,  p.  i y5.  Alla  seconda 
portata  o  tavola  i  romani  ponevano  i  dei 
/r/rtw(A\),o  lari  o  geni  domestici,  sia  per 
religione,  che  per  ornamento,  donde  eb- 
be origine  il  dessert  che  serve  per  la  se- 
conda portata,  sebbene  si  ponga  in  mez- 
zo di  essa  per  ornamento  la  parte  deco- 
rativa e  consistente  in  vasi  con  fiori,  la- 
vori di  fini  marmi,  metalli  ed  altro.  Tra 
i  romani  l'infimo  lungo  nel  teatro  era  pei 
senatori,  e  il  supremo  pei  plebei;  nel  trion- 
fo l'ultimo  luogo  era  per  l'imperatore,  nel 
convito  quello  del  console:  nel  sedere,  nel 
camminare,  alla  mensa,  l'ultimo  luogo 
veniva  ad  essere  il  primo.  Per  gli  antichi 


PR  A 
romani  e  delle  loro  mense  e  banchetti, 
si  possono  leggere,  Descrizione  de' riti  de- 
gli antichi  romani:  delle  mense  devonia- 
ni. Compendio  delle  antichità  romane: 
de'banchetti  de'romani.  Buonarroti  nei 
t'asidi  vetro  eruditamente  parla  de'  con- 
vili reali, di  quelli  con  divertimenti  di  rap- 
presentazionij  balli,  armeggiamenti,  suo- 
ni, canti,  con  intervento  di  poeti  a  reci- 
tare sopra  le  azioni  de'maggiori  per  istru- 
zione de'figliuoli,  sopra  le  favole  degli  dei 
e  sopra  cose  di  filosofia;  dell'antico  uso 
d'introdurre  ne'banchetti  una  figura  che 
rappresentasse  lo  scheletro  dell'uomo,per 
prenderne  un  incentivo  più  forte  ed  ef- 
ficace di  affrettarsi  (come  rimarcai  negli 
egizi)  a  godere  pazzamente  di  tutte  le  de- 
lizie e  dissolutezze.  Discorre  pure  de'con- 
vili  ne'giorni  natalizi  degli  imperatori, 
de'pubblici  fatti  da  principi,  consoli  e  ma- 
gistrati in  occasione  di  giuochi,  e  regali 
in  essi  dati;  de'conviti  fatti  dagli  amici 
ai  vincitori  dei  giuochi,  o  dai  vincitori 
medesimi,  e  di  quelli  imbanditi  in  Roma 
ai  vincitori  de'circensi  ;  de'conviti  trion- 
fali de'trionfanti  e  di  quelli  epinicei  dati 
dai  vincitori  di  battaglie;  de'conviti  agapi 
e  pel  Battesimo  (P '.).  Mai-torelli,  Opere 
t.  l,  p.  i85  ci  diede  la  Dissertazione  del' 
la  cena  de'romani.  I  setlemviri  Epuloni 
e  i  Tizi,  anziché  sacerdoti,  erano  cuochi, 
ed  anche  ogni  Sagrifizio  avea  termine  col 
banchetto.  Altri  li  chiamano  una  specie 
di  sacerdoti,  che  supplivano  ai  pontefici 
per  presiedere  ai  convili  in  onore  di  Gio- 
ve e  degli  altri  dei.  Formavano  un  col- 
legio e  aveano  1'  incarico  di  fare  osser- 
vare le  ceremonie  ne' conviti  sagri  e  nei 
pubblici  sagrifizi,  riportando  ai  pontefici 
i  disordini  quando  accadevano.  .Nel  553 
di  Roma  ne  furono  istituiti  3  ,  poi  ne 
furono  aggiunti  altri  4 ,  finché  il  ditta- 
tore Cesare  ne  creò  altri  3,  e  in  tutti  fu- 
rono io.  Si  costruirono  cucine  grandio- 
se e  proporzionate  all'eccesso  della  lau- 
tezza delle  cene  e  de' pranzi.  Inoltre  su 
questo  argomento  si  possono  vedere:  Ere- 
tam  M.}  Mensa  romana  sive  urbana  vi. 


PRA  37 

ctus.  Cortìì,  Deprandiiac  cenae  modo, 
Romae  Aldus  i56si,  et  Venetiae  i565. 
Petioni,  arbitri  de  victu  romanorutn  et 
de  sanitale  luenda,  Romae  i  58 1 .  Pisa- 
nelli,  Trattalo  della  natura  dei  cibi  e  del 
bere,  Venezia  1587.  Peulingeri,  Sermo- 
nes  convivales,  Yienaae  1689.  Vittorio 
Lancellotli,  Lo  scalco  pratico,  Roma 
1627.  Antonio  Persio,  Del  bere  caldo  co- 
stumato dagli  antichi  romani,  Venezia 
i683.  Fr.  Ganassoni,  Opuscoli  Caloge- 
ro, t.  44-  Parere  intorno  al  mangiare  de- 
gli  antichi  romani.  Filippo  Venuti,  Dis- 
seri,  di  Cortona,  t.  5:  Del  nettare  e  del- 
l'ambrosia cibo  e  bevanda  degli  dei.  Me- 
morie sloriche  sopra  l'uso  della  ciocco- 
lata in  tempo  di  digiuno,  Venezia  1  748. 
Pietro  Ciacconio,  De  triclinio,  sive  de  mo- 
do convivandi,  apud  priscos  romanosy 
Lipsiae  1  758.  Lezione  accademica  delle 
cene  sontuose  de'romani,  negli  Opuscoli 
di  G.  B.  Vivo  raccolti  e  pubblicati  da  C. 
A.  de  Rosa, Napoli  18 18.  Giuseppe  d'E- 
ste,  Ragionamento  sul  così  detto  Dessert 
delle  tavole  moderne,  Roma  1829.  Nel- 
V Album  t.  1 4,  p-  273  si  riporta  la  de- 
scrizionediunbanchettosotto  Luigi  XIV, 
e  si  cita  un  manuale  di  cucina  del  i655, 
degno  d'essere  studiato  dai  moderni  Lu- 
culli  :  Delizie  della  campagna  o  manna- 
lecite  insegna  a  preparare  per  l'uso  della 
vita  quanto  cresce  sulla  terra  e  nelle  ac- 
que. Neil'  agosto  1 85 1  fu  famoso  il  con- 
vito dato  dalla  città  di  Parigi  splendida- 
mente a  lord  maire  e  altri  della  muni- 
cipalità di  Londra,  in  cui  Chevet,  inca- 
ricato delle  mense, accumulò  tutte  le  me- 
raviglie del  genio  gastronomico  della  na- 
zione: la  lista  delle  vivande  che  fu  data 
agli  invitati  fa  comprendere  come  gl'in- 
signi gastronomi,  di  cui  Chevet  seguì  le 
norme,  Crillat-Savarin,  Grimod,  de-la- 
Heynièree  Carème,  hanno  un  merito  di- 
stinto. Abbiamo  molti  trattati  sulla  cu- 
cina, come  il  Cuciniere  perfetto  italiano, 
Firenze  1826.  I  greci  chiamarono  Ar- 
chimargirus  il  soprastante  alle  vettova- 
glie; Archioenochus  il  coppiere  maggio- 


38  PRA 

re  o  capo  de' coppieri  ;  Architriclìnus  o 
Triclini archa  soprastante  o  capo  del  con- 
vito,© capo  del  luogo  ov'erano  3  Ietti  so- 
pra i  quali  si  giaceva  per  mangiare:  fu 
costume  degli  ebrei  assegnare  nelle  nozze 
un  capo,  acciò  colla  sua  presenza  e  au- 
torità ordinasse  il  convito  con  modestia 
e  quiete. 

Del  modo  di  cibarsi,  de' cibi  piti  usa- 
ti, e  de'  vasi  e  altre  suppellettili  adope- 
rate parlai  in  moltissimi  articoli  e  prin- 
cipalmente ne'seguenti;  mentre  a  Digiu- 
no, santa  e  morale  astinenza  dalla  qua- 
lità e  quantità  di  alcuni  cibi,  che  include 
la  virtù  della  temperanza,  dichiarai  che 
fu  praticato  dai  popoli  i  più  antichi  an- 
che idolatri,  dicendo  pure  delle  ore  del 
mangiare,  come  di  alcuni  cibi  e  bevande. 
Del  famoso  convito  di  Baldassare  feci 
menzione  nel  voi.  XLII,  p.  1 35  e  altrove. 
A  Convito  parlai  degli  splendidi  desinari 
O  cene,  dell'uso  de'con viti  in  tutte  le  na- 
zioni, della  s.  Scrittura,  del  Salvatore, 
de'primi  cristiani  in  cui  cantavano  inni 
e  salmi,  si  segnavano  colla  croce,  facen- 
dosi questo  cogli  anelli  segnatorii  (di  cui 
Boldetti  ne'  Cimiteri de 'ss.  Martiri  lib.  2, 
rnp.  i4)  dal  più  degno  della  famiglia  sui 
cibi  e  le  vivande;  della  sagra  lettura  a 
mensa  e  del  ringraziamento  a  Dio  dopo 
di  essa  (7^.  Benedicite,  anche  per  la  so- 
lenne mensa  del  Papa  e  per  quella  che 
serve  ai  pellegrini);  de'conviti  funebri  de- 
gli antichi  cristiani;  de'banchelti  imban- 
diti dagli  ecclesiastici  e  dai  secolari;  co- 
mesi debbano  dare  e  come  vi  si  deve  sta- 
re, lodando  il  tacere  e  il  silenzio,  con  di- 
versi esempi  della  sacra  o  morale  lettu- 
ra praticata  a  mensa  anche  da  molti  so- 
vrani e  personaggi;  nonché  sulla  bene- 
dizione  de'cibi,  di  che  trattai  pure  nel  voi. 
LI,  p.  260.  Come  e  dell'ora  in  cui  man- 
giavano e  bevevano  gli  antichi  cristiani, 
e  delle  preghiere  che  prima  e  dopo  vi  fa- 
cevano.Delle  leggi  suntuariedi/?/Y7wiwrf- 
tica.  Del  convito  d'Assuero,  de'  persiani 
e  di  altri.  Della  mensa  in  cui  il  re  vedeva 
i  convitali  senza  esser  veduto,  e  dello  sta- 


PRA 

rea  mensa  sedendo  sui  letti,  mangiando 
di  fianco  per  facilitar  la  digestione,  poi- 
ché corcandosi  dalla  parte  del  piloro  o  ori- 
fìzio inferiore  dello  stomaco,aveapiùcam- 
po  il  cibo  d'insinuarsi  e  di  triturarsi  ne- 
gli intestini.  Per  quali  circostanze  si  ce- 
lebrarono i  conviti.  De'conviti  delle  cord 
bandite  {V.  Giuoco).  Di  alcuni  pomposi 
conviti,  come  di  quello  del  patriarca  di 
Mosca  nel  suo  installamento,  e  di  quello 
ch'ebbe  luogo  nel  i838  in  Milano  per 
la  coronazionedell'imperatore  Ferdinan- 
do I,  qual  re  del  regno  lombardo-vene- 
to, in  cui  intervenne  il  nunzio  pontificio. 
A  Lavanda  de'hedi  dissi  che  ne  derivò 
l'uso  dal  camminare  a  piedi  e  per  non 
lordare  i  letti  mangiando  a  tavola,  ed  an- 
che dal  bagnarsi  prima  di  prender  il  ci- 
bo, come  rimarcai  a  Letto,  dicendo  dei 
lettisterni  o  conviti  solenni  cui  invila  vali- 
si gli  dei  (  a  Gemma  notai  che  con  que- 
ste si  ornarono  i  Ietti,  formarono  i  vasi 
delle  bevande  e  si  posero  co'fìori  tra'frut- 
ti);  che  nel  convito  di  Pasqua  (F.)  de- 
gli Ebrei  (V.)  due  erano  le  lavande  ,  e 
parlai  d'altre  loro  cene:  nello  stesso  ar- 
ticolo Lavanda  deViedi  narrai  come  i  Pa- 
pi dopo  averla  fatta  ai  Pellegrini  o  Po- 
veri  (P-),  servono  loro  a  mensa.  Anche 
nel  Triclinio  [V.)  pontifìcio  si  sedeva  su 
banchi  in  forma  di  letti,  perciò  chiamati 
Icllislerni.  A  BAGNienel  voi.  XXXVII,  p. 
1  (  )  ì  notai  che  prima  di  porsi  a  mensa  vi  si 
lavavano  i  gentili  ed  i  cristiani;  e  siccome 
in  detto  articolo  dissi  che  gli  antichi  man- 
giavano una  volta  al  giorno,  intesi  parlare 
de'  greci,  i  quali  propriamente  facevano 
verso  sera  un  pasto  solido  e  succoso,  al 
quale  si  preparavano  con  una  leggera  co- 
lazione nel  mattino  o  al  mezzodì.  Venuto 
Platone  in  Italia  meravigliò  che  allora 
gli  abitanti  facessero  due  pasti  al  giorno, 
cioè  le  persone  sobrie;  i  soldati,  gli  ope- 
rai e  le  persone  dedite  ai  travagli  face- 
vano 3  pasti,  colazione,  pranzo  e  cena,  e 
talvolta  anche  la  merenda  nell'estate. 
L'aw.  Camilli,  Album  1. 13,  p.  349, pub- 
blicò un  saggio  de'conviti  e  delle  cucine 


PR  A 

degli  antichi  greci, registrando  gli  scritto- 
ri greci  sull'arte  del  cucinare,  oltre  la  Ga- 
stronomia, poema  di  cucine  in  versi  di  Ar- 
chestrato,  che  qualificò  l'opera  più  dotta 
e  compiuta  in  argomento. 

Ad  Agapi,  pasti,  cene  o  hanchetti  fatti 
dai  primitivi  cristiani  ne' Cimiteri o  Ca- 
tacombe (P*.),  e  poi  nelle  chiese  o  loro 
vestiboli  con  fratellevole  concordia,  par- 
lai delle  loro  diverse  specie  per  fomen- 
lare  la  carità  cristiana  e  sollevare  i  poveri, 
cioè  nuziali  o  connubiali  se  pel  Matri- 
monio {V.);  natalizie  e  onomastiche  {V, 
Nome  e  Nata  le)  se  correva  la  festa  di  qual- 
che Martire  (^.)j  funerarie  se  per  occa- 
sione di  esequie  ai  Defunti  (f/-)-  A  Fu- 
nerali con  qualche  diffusione  trattai  delle 
cene  o  banchetti funerariide'genlili,  in  cui 
avea  luogo  il  bagno;  delle  agapi  funerali 
de'cristiani,  ed  anche  delle  natalizie  pei 
martiri  ;  de'cibi  che  si  ponevano  sulle  se- 
polture [V.  Lutto),  con  distribuzioni  ai 
poveri  eziandio  di  limosinejcome  de'pran- 
zi  lasciali  pei  suffragi  anni  versarli  o  Com- 
memorazione de' fedeli  defunti  (ad  Anni- 
versario de'defunti  ed  altrove  parlai  del- 
la distribuzione  di  fave  ai  poveri  per  ta- 
le ricorrenza,  dell'origine  della  quale  me- 
glio a  s.  Odilone).  Inoltre  dissi  ad  Agapi, 
che  ne'primi  tempi  della  Chiesa  desunte 
le  agapi  dai  precetti  ceremoniali  mosai- 
ci, Deuteronomio  cap.  i4>  v.  2 4  a  28,  in 
seguito  degenerate  in  abusi  gravi,  furono 
proibite,  indi  definitivamente  soppresse 
nel  secolo  XV,  solo  ne  restòqualche  vesti- 
gio in  diverse  chiese.  Le  feste  de'  Pazzi(f:/.) 
ebbero  origine  dalle  innocenti  agapi.  A 
Brindisi,  invito  o  saluto  diesi  fa  a  pranzo 
in  atto  di  bere,  ragionai  delle  antiche  ac- 
clamazioni convivali  e  loro  ceremonie  (an- 
che a  Laudi),  ricordando  quello  fitto  alla 
salute  di  Giacomo  III  da  Clemente XIII 
nella  sontuosa  mensa  in  cui  ammise  il  fi- 
glio cardinal  York  che  avea  consagrato 
vescovo,  altro  ai  cardinali  commensali, 
altro  al  sagro  collegio;  e  quello  detto  per 
Gregorio  XVI.  A  p.  627  del  Diario  di 
Cccconi  si  legge,  che  Clemente  XI  aven- 


P  R  A  39 

do  promosso  al  cardinalato  Gualtieri  nun- 
zio in  Francia,  con  breve  scritto  di  pro- 
prio pugno  delegò  Luigi  XIV  a  impor- 
gli la  berretta.  Questa  il  re  gli  pose  sul 
capo  a'4  agosto  1706  nella  cappella  di 
Versailles  dopo  la  messa,  tenendo  poi  a 
desinare  il  cardinale,  il  quale  sedette  in 
distanza  di  4  luoghi  dal  re.  Luigi  XIV 
nel  bere  alla  salute  del  Papa,  si  levò  in 
piedi  e  si  scuoprì,  poi  si  rimise  a  sedere 
e  bevette  col  capo  coperto,  stando  il  car- 
dinale in  piedi  e  scoperto.  Quindi  il  car- 
dinale volendo  bere  alla  salute  delie, si 
scuoprì  e  si  levò  in  piedi,  bevendo  in  que- 
sta positura. Tra  gli  antichi  danesi  la  fe- 
sta di  Natale  si  chiamava  del  corno,  per 
quello  che  vuotavano  pieno  di  vino  per 
la  solennità.  In  tal  giorno  i  norvegi  beve- 
vano in  onore  di  s.  Olao ,  da  cui  avea- 
no  ricevuto  la  fede  cattolica,  e  per  abo- 
lir l'uso  di  bere  in  onore  delle  false  di- 
vinità. Tra  gl'irlandesi  si  beveva  in  onore 
di  Gesù  Cristo  e  de'santi,  in  corni  dorati. 
Pegli  abusi  introdotti  fu  proibito  di  bere  in 
amorem  sanclorum,  dal  concilio  di  Nan- 
tes, presso  Incuiaro  di  Reims,  in  cap.  ad 
Presbytcros,  e.  1 4-  A  Cappelle  pontificie, 
nella  generica  descrizionedelleantichesa- 
gre  funzioni  celebrate  da'Papi,  raccontai  i 
solenni  conviti  disposti  in  più  mense,  una 
delle  quali  era  pel  Pontefice  vestito  (di 
questo, oltre  la  mitra,  lodichiarai  nel  voi. 
XLII,  p.  1 70)  pontificalmente  con  mitra 
aurifregiata,  piviale  rosso  e  Fanone  (V.), 
alla  cui  destra  e  sinistra  eranoquelledei 
vescovi,  preti  e  diaconi  cardinali,  e  in  ap- 
presso le  altre  de'prelati  e  signori,  e  me- 
glio dichiarai  nel  voi.  IX,  p.  1 16:  che  i 
cardinali  sedevano  alla  mensa  per  ordine 
con  mitra  bianca,  ed  aveano  superpelli- 
cium(o  Colla,Vedì)cum  camisiis,  et  man- 
teIlo.  11  cardinal  Stefaneschi  nel  codice  va- 
ticano presso  Gallico,  Acta  caeremonia- 
Ha  t.  1,  p.  28, scrive  :  Cardinales  omnes 
tamsaeculares,  quam  religiosi,  habebunt 
cottas ,cum  succissive  camisiis  (rochetis) 
albis,  et  mitris  simplicibus  de  guarnello 
(panno  di  bombagia,  imperocché  fu  Pao  • 


4o  PRA 

lo  II  che  loro  le  concesse  di  seta  a  lavo- 
ro di  damasco)  incapile,  et  manlellisad 
scapulas:  sed religiosi  habebunt  manlel- 
limi  coloris  suae  religionis  :  et  ita  parali 
comedent,  et  alii  praelati  similiter.  Ter- 
minato il  convito,  riconducevasi  dai  car- 
dinali il  Papa  alla  sua  camera, ibique  se- 
dei in  faldistorio,  ipso  et  eis  paratis,  ut 
Juerunt  in  mensa.  Dopoch'erasi  spogliato 
il  Papa  degli  abiti  sagri,  i  cardinali  ed  i 
prelati  tornavano  alle  loro  abitazioni,*:»/?! 
milris  equitanles,  et  parali,  sicut  incoine- 
slioneslelerunl.lnohve  riportai  come  nella 
solenne  messa  e  dopo  {'Agnus  Dei,  il  iVo- 
menclalore  (Pr.) che  chiamava  o  nomina- 
va quei  chesi  dovevano  invitare  alla  men- 
sa pontificia,  il  Sacellario  (V.),  e  il  no- 
taio del  Vicedomino  (V.),  ascendevano 
all'altare  per  prender  i  nomi  dal  Papa 
dei  commensali:  il  i  ."invitava  quelli  prò- 
priamente  per  la  tavola  del  Papa;  il 3.° 
quelli  della  mensa  del  vicedomino  (co- 
me pur  dissi  nel  voi.  IX,  p.  io  e  1 1 5). 
Che  ne'vesperi  di  Pasqua  i  primati  della 
chiesa  romana  si   refocillavano  con  be- 
vande di  vini  diversi,  pachis,  pactysi, 
e  la  return  vimini,  ciò  che  si  continuava  a 
fare  sino  a  tutta  la  domenica  in  Albis>  al 
modo  riportato  pure  nel  voi.  XLI,  p.  243 
e  244-  Parlai  del  pranzo  del  giorno  di  Na- 
tale (/'.  e  ne  parlai  ancora  ne' voi,  lX,p. 
1 i5,  XXI,  p.   161)  nel  triclinio  del  Pa- 
lazzo Laleranense  (F .),  dopo  le  3  Messe, 
come  dell'ordine  in  cui  sedevano  a  men- 
sai  cardinali,!  vescovi  e  gli  altri.  Del  pran- 
zo nel  giorno  di  Pasqua  (V.)  nel  tricli- 
nio leoniano,  ove  mangiavano  sull'accu- 
bito o  lettislernio  intorno  alla  mensa  del 
Papa  in  figura  de' 12  apostoli,  cioè  5  Car- 
dinali, 5  Diaconi,  il  Primicero{F '.),  ed  il 
Priore  basilicario  sedente  su  sgabello:  si 
benediceva  l'agnello  dal  Papa,  il  quale  in 
memoria  dell'ultima  cena  del  Signore,  ne 
poneva  un  poco  in  bocca  del  priore  di- 
cendo: Quod  facis,fac  citius,  sicut  ille 
accepit  ad  damnationem,  tu  accipe  ad 
irntissionem.  11  resto  dell'agnello  dava 
agli  altri  i  i  personaggi  che  seco  man- 


PRA 
giavano,ead altri  a  piacere.  Versola  me- 
tà del  convito  l'arcidiacono  faceva  legge- 
re al  diacono  una  lezione  e  poi  gli  faceva 
cenno  di  finire.  Allora  il  Papa  ordinava 
all'accolito  che  chiamasse  i  Cantori  pon- 
tificii per  cantare  la  sequenza, indi  rice- 
vevano come  pel  Natale  una  moneta  e  dal 
Papa  una  gran  tazza  piena  di  vino  già  da 
lui  gustalo,  come  narrai  a  tale  articolo 
(e  nel  voi.  VIII,  p.  3  i  e  seg.),  ove  dissi 
del  canto  eseguito  dai  cantori  ne'solenni 
conviti  del  Papa.  Ne'due  giorni  seguenti 
alla  Pasqua  si  faceva  nel  triclinio  il  me- 
desimo convito,  senza  la  rappresentanza 
dell'agnello.  Noterò  che  nel  voi.  XLVI1I, 
p.  2i  8,  dicendo  delle  oblazioni  che  si  fa- 
cevano all'altare  in  commestibili,  parlai 
dell'agnello  arrostito  che  si  benediceva  dal 
Papa  nel  giorno  di  Pasqua,  prima  all'al- 
tare, poi  in  una  sala  lateranense  della  ba- 
silica Leoniana,  ed  a  chi  lo  dava  a  man- 
giare in  figura  della  cena  del  Signore.  Nel 
medesimo  articolo  Cappelle  pontificie 
(e  nel  voi.  Vili,  p.  296  e  3oo)  descrissi 
la  tavola  che  nel  giovedì  santo  s'imban- 
disce dal  Papa  ai   i3  apostoli  e  come  la 
serve  (non  sogliono  assistervi  i  cardinali, 
pure  nel  1846  Gregorio  XVI  permise  al 
cardinal  La  Tour  vescovo  d'Arras  che  se- 
desse dopo  l'ultimo  apostolo  su  d'una  se- 
dia a  bracciuoli,  vestito  dell'abito  cardi- 
nalizio paonazzo:  tutte  le  volte  che  il  Pa- 
pa si  avvicinava  a  lui,  egli  si  alzava  d'in- 
chinava): delle  tavole  del  giovedì  e  ve- 
nerdì santo  (ne.W Ordine  romano  XIII, 
n.  29,51  legge  cheinquesto  giorno  il  Papa 
non  dava  alla  sua  famiglia  veruna  vivan- 
da cotta,  né  vino  da  bere,  ma  solo  erbe, 
Pane  ed  Acqua,  V.)  che  il  palazzo  apo- 
stolico dava  ai  cardinali  (le  quali  già  si 
facevano  nel  1G27  e  meglio  stabilite  da 
Clemente  XI,  come  osservò  Cancellieri, 
Settimana  santa,  p.  226),  ed  al  princi- 
pe assistente  al  soglio,  come  di  altre  ta- 
vole che  aveano  luogo;  descrivendo  al- 
tresì la  mensa  che  i  conservatori  di  Ro- 
ma facevano  imbandire  ai  pellegrini    111 
sede  vacuale,  ed  altre  notizie  di  essa  ri 


PRA 

poitaiaLAVAjfDADE'piEDr,  mentre  nel  voi. 
XLIX  notai  la  disposizione  in  vigore.  A 
Cena  dissi  di  quella  del  Signore  eseguita 
nel  cenacolo  di  Gerusalemme  (F-),  in  cui 
Gesù  Cristo  istituì  la  ss.  Eucaristia  (F.), 
dopo  la  Lavanda  de'piedi  agli  apostoli, 
per  memoria  delle  quali  si  fanno  dal  Papa 
nel  giovedì  santo  a  1 3  sacerdoti;  della  ce- 
na in  figura  dell'antica  refezione  sum- 
nientovata,  che  avea  luogo  nella  notte  di 
Natale  ne  Palazzi  apostolici  Quirinale  e 
Faticano  (ai  quali  articoli  rimarco  i  luo- 
ghi ove  pranza  il  Papa  sotto  baldacchi- 
no, ed  ovest  fecero  conviti,  lo  che  dichia- 
rai pure  negli  altri  simili  palazzi),  la  quale 
cena  descrissi  nel  voi.  IX,  p.  io4>  in  uno 
alla  cantata  che  sole  va  farsi;  come  ancora 
trattai  delle  cene  di  Quaresima  (Ir.),de\- 
l' Avvento  (Ir.),  e  di  digiuno,  non  che  del 
modo  di  sedere  a  mensa  degli  antichi.  Qui 
aggiungerò  che  ad  Anni  santi  riportai 
quando  i  Pontefici  somministrarono  le 
vivande  ne\V  Ospizi  ode  Ila  ss.  Trinità  dei 
pellegrini  (fr.),  a  quelli  che  vi  sono  ospi- 
tati, e  le  altre  mense  da  loro  servite  o  nel 
proprio  palazzo  o  in  altri  locali  ove  allog- 
giarono vescovi,  ecclesiastici  d'oltieraonte 
e  pò  veri  pellegrini. Per  la  mensa  del  giove- 
dì santo  ricordai  nel  voi.  L1I,  p.  1 63  che  il 
comune  di  Perugia  somministrava  buon 
pesce;  il  nunzio  di  Napoli  varie  casse  di 
mostaccioli,  canditi,  conserve  di  frutti  e 
uva  ;  ed  il  tesoriere  della   provincia  di 
Ferrara  scatole  di  caviale  (preparato  pei 
primi  dai  sibariti,  come  rile  vòTafuri,iT>e/- 
tere)  e  de'sturioni  pescali  nel  Po:  al  pre- 
sente solo  da  Ferrara  vengono  tali  pesci 
e  caviale.  Anticamente  lo  stesso  Papa  in- 
terveniva alla  cena  del  giovedì  santo  al 
modo  già  detto,  con  piviale  rosso,  e  fano- 
ne sul  capo  colla  mitra  sopra,  lìlus.  hai. 
t.  2,  p.  487;  restandovi  pure  a  desinare 
i  cardinali  coi  descritti  paramenti  sagri, 
dicendo  il  citato  Gattico  a  p.  3o,quibus 
omnibus  lolis  danlur  species,  et  vinum. 
Questa  doppia  distribuzione  che  il  Papa 
iuceviiai  cardinali  di  spezie  edi  vino,  cam- 
biato poi  in  rinfreschi  rigenti  uni  3aptarum* 


PRA  4t 

que  aquarum,  come  li  chiama  Cencio  Ca- 
merario neh' Ordine  XII,  spesso  si  trova 
rammentata;  poiché  a  p.  8  1  si  diceche 
nella  vigilia  di  Natale,  redeuntead  aulam 
Papae,  ubi  parala  sunt  vina  multa  et  di- 
versa, et  claretum,  et  species eo- 

dem  die  Poenilentiarii  cum  eorutn  fami' 
liis,  et  Eleemosinarius ,  et  Vicecancella- 
rius  cum  tota  cancellala  vtniunt  videre 
Paparn,  et  Papam  dat  omnibus  species, 
et  vinum.  Il  clareto  si  nomina  spesso  ne- 
gli Ordtni\romanij  Vegio  lo  chiamò  opti- 
mum vinum,  oplimus  aromatibus  tondi' 
tum;  i  Bullandisti,  aromaticum  vinumj 
Marlene  e  Durando^ecoc/z^/jj  vinum  fa- 
clitium,  dulce  pigmentum,  gcrmanis  da- 
rei,gallis  kipocras.  L'autore  del  ceremo- 
niale,  parlando  del  solenne  convito  papa- 
le, dice:  Ponuntur  deinde  vinum,  et  con- 
fectiones,  sive  species.  Si  può  dunque  cre- 
dere che  con  queste  parole  sieno  indicate 
le  confetture  o  il  pepe,  il  quale  dabalur 
in  collatione  post  prandium,  anche  nel 
giorno  diPasqua,comedissi  nel  voi.  Vili, 
p.  1  1 9,  e  come  si  legge  in  Gattico  p.  427- 
Anno  i4'o  Barellinone  die  dominicae 
Paschae,  Benedictus  XIII  Petrus  de  Lu- 
na dedit  piper  in  collatione.  Di  che  for- 
se rimane  un  vestigio  ne'garofani  dispen- 
sati dal  capitolo  lateranense,  come  notai 
nel  voi.  XII, p.  40,  e  nelledispensedi  pe- 
pe che  in  alcuni  tempi  fanno  diversi  so- 
dalizi. A  Ebrei  dissi  del  loro  tributo  d'u- 
na libbra  di  pepe,  piperis,  e  due  di  can- 
nella, cinnamomo.  Moretti,   De  presby- 
terium  p.   222  e  232  ,   parla  di  doni  e 
distribuzioni  di  pepe,  piper  in  collatio- 
ne post  prandium,  largizione  che  faceva 
il  Papa  nel  giorno  di  Pasqua.  »  Donis, 
et  praestationibus  nobilioris,cariorisque 
generis  accensebatur  piper  ,  antequam  , 
patefactis  industria  nationum  maribus, 
ac   detectis  ignotis  regionibus  ,    veteres 
ai-ornatimi  species  copiosiores  fierent,  no- 
vaeque  adveherentur  in  Europam".  Nel 
voi.  I,  p.  i85,  parlai  della  cena  che    il 
cardinal  vescovo  di  Albano  dava  alla  cu- 
ria nella   vigilia  di  Natale,   cui   donava 


4»  TRA. 

due  porci  ;  ad  vesperas  et  ad  vigiliani 
dtbet  (nel  palazzo  del  cardinale)  ibi  re- 
tnanere  Ponti/ex  per  totani  noctem,  co- 
me riporta  l'  Ordine  romano  XI  ;  e  il 
XV,  post  vesperas  fìt  potus  in  aula.  Di 
alcuni  rinfreschi  per  la  festa  di  s.  Loren- 
zo e  per  l'Ascensione  si  legge  nel  Gatti- 

co  p.  86,  infesto  s.  Laurenli si 

moraretur  d.  Papa  juxla  eccl.  s.  Lau- 
rentìi,  habel  vesperos  solemnes  canlan- 
dos  in  ecclesia,  et  datar  potus  praelalis 
in  aida;  ed  alla  pag.  88  e  89,  sunl  ve- 
speri  papale s  solemnes  in  vigiliis  Ascen- 
sionis  cantatali  in  ecclesia,  et  dalur  po~ 
tusin  aula.  A  Banchetti  o  splendidi  con- 
viti riportai  diversi  canoni  che  ne  vieta- 
no l'accesso  agli  ecclesiastici,  e  che  la  ta- 
vola de'cardinali  dev'esser  specchio  di 
moderazione  (meglio  nel  voi.  XXIII,  p. 
i36  :  s.  Eusebio  Papa  del  3og  prescris- 
se moderazione  ai  vescovi  nelle  mense); 
che  in  quello  de' Papi  i  principi  sovrani 
e  ambasciatori  davano  loro  l'acqua  per 
la  Lavanda  delle  mani  (F.),  servivano 
de'due  primi  piatti  e  versavano  nel  bic- 
chiere per  la  1.*  volta  il  vino.  Ricordai 
i  banchetti  splendidissimi  per  l'Elezione, 
Consagrazione,  Coronazione  e  Possesso 
del  Papa  (f.),  e  dei  cardinali,  ambascia- 
tori ed  altri  personaggi  che  vi  era  no  con- 
vitati, tolti  e  aboliti  da  s.  Pio  V,  Grego- 
rio XIII  e  Sisto  V,  come  pur  notai  nei 
voi.  VIII,  p.  162,  XXI,  p.  170  e  171,  e 
ne  derivò  l'uso  della  dispensa  a'poveri  di 
un  paolo  per  la  coronazione,  e  di  un  gros- 
so nell' Anniversario  della  coronazione 
nel  cortile  di  Belvedere,  imperocché  tale 
banchetto  talvolta  si  faceva  anche  per 
l'anniversario.  A  Conclave  e  Cella  par- 
lai ove  pranzarono  i  Papi  appena  eletti, 
che  per  la  confusione  talvolta  solo  pote- 
rono refocillarsi.  A  Conclave  e  Dapiferi 
trattai  della  quantità  del  cibo  prescritto 
ai  cardinali  in  conclave,  somministrato 
loro  dai  dapiferi.  Galletti,  Del  primicc- 
ro  a  p.  87,  parla  di  Giacinto  dapifero 
del  Papa  del  1  1  \  1  ,  in  cui  regnava  In- 
nocenzo II.  Nardi,  De'  parrochi  t.  a,  p. 


PRA 

206,  parla  de'  Subpulmentari  e  de'  Da- 
piferi della  s.  Sede;  crede  i  primi  prepo- 
sti forse  alla  cura  de' cibi,  i  secondi  per- 
sone nobili  che  servivano  a  tavola;  e  che 
nel  1  177  Alessandro  III  mandòa  pren- 
der possesso  di  Bertinoro  e  suo  contado, 
che  Cavalcante  suo  signore  in  morire  a- 
vea  lasciato  alla  s.  Sede  suprema  signora 
del  medesimo,  un  cardinale,  un  suddia- 
cono ed  un  suo  dapifero.  Nardi  parla  pu- 
re de'  Paracellari  della  s.  Sede,  che  ras- 
somigliaai  moderni  impiegati  della  guar- 
daroba e  Floreria  pontificia  (P-).  Dice 
però  Macri,  Not.  de'vocab.,  che  Paracel* 
larius  era  uffizio  del  palazzo  apostolico, 
il  quale  avea  la  cura  di  distribuire  ai  po- 
veri tutto  quello  che  rimaneva  alla  men- 
sa del  Papa, e cli'era ancora  chiamatoci- 
pulmenlarius,  uno  de'quali  fu  suddiaco- 
no, aggiungendo  che  sotto  Adriano  I  la 
dispensa  pontifìcia  fu  nomata  Paracel- 
larium.  Anticamente  nella  mattina  del 
concistoro  pubblico,  in  cui  i  nuovi  car- 
dinali ricevevano  il  cappello  dal  Papa, 
tanto  essi  che  i  cardinali  vecchi  restava- 
no a  pranzo  col  Papa.  Il  Lonigo,  Delle 
vesti  purpuree  p.  4^  e  5o,  riferisce  che 
ai  banchetti  solenni  ai  quali  interveniva 
anticamente  ilPonteficeco'paramenti  sa- 
gri ne'giorni  di  sua  coronazione,  di  Nata- 
le, Pasqua  e  di  s.  Pietro,  sedevano  i  car- 
dinali colia  cotta  sopra  il  rocchetto,  con 
manlelletto  paonazzo  sopra  la  cotta  lun- 
go fino  a  terra  senza  coda  e  aperto  di- 
nanzi sino  ai  piedi,  senza  manicheo  fo- 
rame alcuno  alle  braccia  e  colla  mitra  in 
testa.  1  cardinali  religiosi  vestivano  nello 
stesso  modo,  del  colore  dell'ordine  a  cui 
appartenevano,  assumendo  la  cotta  sulle 
vesti  comuni  per  non  usare  il  rocchetto. 
Ai  banchetti  ordinari  senza  paramenti,  i 
cardinali  intervenivano  col  mautelletto 
sopra  il  rocchetto  senza  la  mozze  Ila,  ed 
il  più  anziano  di  promozione  dava  lo  a- 
sciugamani  al  Papa,  prima  e  dopo  il  ban- 
chetto. Che  in  tali  vesti  intervenivano  al 
pranzo  pontificio,  per  la  benedizione  de- 
gli Agnus  Dei,  de'quali  parlai  ancora  nel 


PRA 

voi.  IX,  p.  35.  Come  vestivano  i  cardi- 
nali ne'pranzi  del  giovedì  e  venerdì  santo, 
lo  dichiarai  nel  voi.  Vili,  p.3o  i  ;  come  al- 
la cena  e  cantata  nel  voi.  IX, p.io5.  L'ac- 
qua ne'  pranzi  solenni  la  versa  sulle  ma- 
ni del  Papa  il  cameriere  segreto  coppie- 
re, di  cui  parlai  nel  voi.  VII,  p.  2  5,  a  Fa- 
miglia pontificia  e  negli  articoli  che  lo  ri- 
guardano, ovvero  un  cardinale,  il  mag- 
giordomojiin  principe,  essendovene  esem- 
pi. Nel  vol.VIIIsp.  443  rammentai  l'usodi 
farsi  de'concerti  cantati  alla  mensa  papa- 
le nel  1 .°  d'anno.  A  Coronazione  degl'im- 
peratori e  ad  Imperatore  descrissi  queste 
funzioni  eseguite  dai  Papi,  i  quali  poi  trat- 
tarono a  convito  solenne  i  medesimi,  non 
le  imperatrici  benché  le  avessero  coro- 
nate, le  quali  erano  convitate  in  altra  ca- 
mera, lo  che  praticò  Clemente  lì, con  En- 
rico IH  ed  Agnese.  Talvolta  pranzaro- 
no gl'imperatori  al  palazzo Laleranense, 
senza  il  Papa,  come  Federico  III.  In  Bo- 
logna Carlo  V  non  pranzò  con  Clemente 
VII;  bensì  l'imperatore  al  primo  atto  di 
bere  s' alzò  dalla  sua  sedia  e  con  graziose 
parole  disse  un  brindisi  al  Papa;  per  que- 
sto, e  inchinandosi  insegno  di  gradimen- 
to, rispose  il  nipote  cardinal  Ippolito  de 
Medici;  gli  altri  convitati  di  seguito  imi- 
tarono l'imperatore,  e  quindi  fu  bevuto 
alla  salute  e  onoranza  del  l'imperatrice  as- 
sente, del  redi  Boemia  edell'infante reale 
principe  di  Spagna,  fratello  e  figlio  di  Car- 
lo V,  come  si  legge  in  Giordani,  Della 
venuta  in  Bologna  di  Clemente  VII  e 
Carlo  Vy  p.  i43,  che  descrive  il  magni- 
fico pranzo  di  cui  feci  parola  nel  voi. XV 1 1, 
p.  22  5.  Inoltre  a  Imperatore  ricordai  il 
convito  sontuosissimo  che  si  faceva  in  A- 
quisgrana  per  la  sua  prima  coronazione. 
E  ad  Elettori  dell'  impero  dissi  che  il 
conte  Palatino  era  lo  scalco  e  l'arcida- 
pifero  che  portava  le  vivande  in  tavola; 
ed  il  re  di  Boemia  avea  l'uffizio  di  gran 
coppiere  e  dava  da  bere  al  nuovo  impe- 
ratore ne'solenni  conviti  la  prima  volta 
e  colla  corona  in  capo  o  senza.  Antica- 
mente l'elettore  di  Baviera  era  l'orrida* 


PRA  43 

pifero  e ne'solenni  banchetti  portava  ili.0 
alla  mensadell'imperatore4scodelle  d'ar- 
gento coi  cibi.  L' elettore  di  Brandebur- 
go,  quale  arcicameriere, ne'pranzi  solen- 
ni porgeva  da  lavare  le  mani  all'impera- 
tore. Riporta  il  p.  Tosti,  nella  Storia  della 
lega  lombarda,  che  Federico  I  prenden- 
do in  Pavia  la  Corona  di  ferro  nel  dì  del- 
la Pasqua,  dopo  la  mensa  tenne  lauto  ban- 
chetto, cui  fece  sedere  i  vescovi  ed  i  gran- 
di feudatari  di  Lombardia,  egli  colla  co- 
rona in  capo,  i  vescovi  colle  mitre.  An- 
che nelle  coronazioni  de're,  i  Papi  li  ten- 
nero alla  loro  mensa,  in  cui  ricevettero 
l'acqua  alle  mani  egli  altri  ossequi  toc- 
cati di  sopra,  mentre  gl'imperatori  nella 
Cavalcata  fungevano  l'uffizio  di  Pala- 
freniere (V.)t  gli  uni  e  gli  altri  colla  co- 
rona in  capo. 

Ai  sagri  o  solenni  conviti  de'Papi  pre- 
siedeva e  dirigeva  la  mensa  il  Vicedo- 
mino,  poi  Maggiordomo  :  a  questo  arti- 
colo trattai  di  quanto  Io  riguarda,  e  che 
spetta  a  lui  di  servire  a  mensa  nel  gio- 
vedì santo  i  1  3  apostoli  (  che  prima  uno 
di  questi  era  confrate  della  dottrina  cri- 
stiana, lo  notai  nel  voi.  XX,  p.  249)  se 
il  Papa  non  fa  la  funzione;  che  il  prela- 
to se  non  è  prete  benedice  la  mensa  un 
vescovo  o  \  Elemosiniere  (lr.')jclie  invi- 
tava i  cardinali  alla  mensa  del  giovedì  e 
venerdì  santo,  ed  alla  cena  della  vigilia 
di  Natale,  oltre  quelle  tavole  che  tuttora 
imbandisce  ai  primari  della  famiglia  pon- 
tificia ne'due  primi  giorni;  e  che  ne' Viag- 
gi e  Villeggiature  de'Papi  (V.J,  invila  i 
commensali  ai  pranzi  cui  presiedere  al- 
la mensa  interviene  il  Papa,  questi  li  de- 
stina ,  nel  qual  caso  lo  Scalco  (V.)  e  il 
coppiere  prestano  qualche  assistenza  in 
principio  a  piacere  del  Papa,  presentando 
il  i.°  la  minestra,  il  1°  versando  vino  nel 
bicchiere,  indi  in  lutto  sunnWsceV  Aiutati- 
te  di  camera  (V.)  eh'  è  quello  che  sem- 
pre serve  a  mensa  il  Pontefice  sia  dome- 
stica che  solenne,  non  dovendo  servire 
altri ,  ne  muoversi  dal  fianco  del  Papa, 
cui  presenta  le  vivande  e  altro,  e  versa  il 


44  PRA. 

vino  e  T  acqua  ne)  bicchiere.  In  questi 
pranzi  la  tavola  del  Papa  è  aderenteal- 
ìa  mensa  degli  altri,  ma  circa  un  palmo 
più.  alla,  sedendo  in  sedia  a  bracciuoli  e 
su  pradella.  Ne'pranzi  solenni  il  coppie- 
re e  lo  scalco  devono  prestare  servizio  in 
tutto  il  tempo  che  dura  la  mensa ,  coa- 
diuvati dall'aiutante  di  camera,  il  quale 
è  assistito  dai  famigli  pontificii  chiama- 
ti impropriamente  scopatori  segreti.  Di- 
minuiti gli  uffizi  della  Famiglia  ponti- 
ficia {V.)  e  semplificate  le  ceremonie  e 
costumanze  riguardanti  la  mensa  ponti- 
ficia, anche  se  il  Papa  pranza  in  pubblico, 
cioè  se  animelle  cardinali,  prelati  e  altri 
peisonaggie  l'intima  famiglia  nobile,  tut- 
to procede  con  semplicità  e  con  poca  eti- 
chetta. Al  presente  ne'pranzi  ordinari  è  il 
credenziere  che  mette  i  piatti  intavola,  li 
leva, scalca,  distribuisce  i  vini  (non  essen- 
dovi più  il  bottigliere,  esercitandone  il  cre- 
denziere le  veci)  e  dirige  la  mensa  ;  lo  aiu- 
tano gli  scopatori  segreti, i  palafrenieri  e 
altri  inservienti.il  Papa  benedice  la  men- 
sa, e  quando  beve  la  prima  volta  tutti 
devono  genuflettere  (su  di  che  può  ve- 
dersi il  voi.  XXXVII,  p.  1 88);  i  cardi- 
nali ed  i  vescovi  si  alzano  in  piedi  e  fanno 
un  inchino,  i  cardinali  cavandosi  il  ber- 
rettino rosso.  Altre  particolarità  speciali 
le  dirò  in  seguito.  A  Maestro  del  s.  o- 
srizio,  ministro  laico  palatino,  raccontai 
che  anticamente  avea  la  cura  del  desina- 
re e  della  cena  di  que' cardinali  che  ce- 
lebravano nella  basilica  Vaticana.  Spet- 
tava a  lui  domandare  al  Papa  chi  do- 
veasi  invitare  a  mensa,  per  regolarsi  nel 
£ue  le  provviste  corrispondenti  :  che  in 
tempo  di  desinare  si  chiudevano  le  porte 
di  palazzo  e  posava  le  chiavi  sulla  mensa 
del  Papa  o  le  consegnava  al  Camerlengo, 
se  questo  primario  ministro  pranzava  o 
pernottava  in  palazzo.  Nell'ora  del  pran- 
zo e  della  cena  faceva  suonar  \aCampa- 
nao  Campanella^.) di  palazzo  (ciòche 
ricorda  l'usodella  campana  Pulnumtaria, 
di  cui  parlò Stuchii, ^Nltdr.  Conv.ì.  12, la 
qua  le  si  usa  va  nelle  vaste  abitazioni  dc'ina- 


PRA 
gnali  per  radunare  le  persone  a  mensa) e 
assisteva  il  Pontefice  durante  la  mensa; 
presiedeva  all'assaggio  delle  vivande  edel- 
le  bibite  prima  diesi  ponessero  sulla  men- 
sa pontificia  (quanto  si  fa  ora  perla  mes- 
sa solenne,  lo  toccai  nel  voi.  L,  p.  43) , 
questa  terminata  somministrava  al  Pa- 
pa il  rocchetto,  la  mozzetta  e  l'acqua  al- 
le mani  se  non  vi  era  persona  a  lui  su- 
periore. Alla  sua  tavola  invitava  militi  e 
altri.  Inoltre  presiedeva  all'imbandigione 
de'solenni  conviti  nel  palazzo  apostolico 
nel  giorno  della  coronazione  del  Papa, 
nel  giovedì  santo  e  in  altri.  A  Famiglia 
pontificia,  a  Palazzi  apostolici,  a  Mag- 
giordomo, riportai  il  novero  delle  oflìci- 
ne  e  dispense  palatine  de' commestibili , 
della  cantina,  della  panetteria,  della  cu- 
cina, della  credenza,  del  lineilo,  de'luo- 
ghi  ove  si  mangiava  e  altro.  Siccome  in 
molte  ingerenze  dell'antico  Vicedoniino 
successe  il  Maestro  del  sagro  ospizio,  le 
attribuzioni  di  questi  furono  poi  riunite 
nel  prelato  maggiordomo  e  prefetto  dei 
palazzi  apostolici.  All'  articolo  Foriere 
maggiore,  offiziale  laico  palatino,  narrai 
che  ne'  solenni  pranzi  pontificii  eserci- 
ta delle  ingerenze  dipendentemente  dal 
maggiordomo,  e  che  ne'viaggi  del  Papa 
lo  precede,  prepara  gli  alloggi,  fa  imban- 
dire le  mense  pel  Pontefice  e  per  la  cor- 
te, supplendo  il  maestro  di  casa  in  sua 
assenza.  A  Maestro  di  casa  oe'sagri  pa- 
lazzi apostolici  enumerai  le  attribuzio- 
ni di  questo  offiziale  laico  palatino,  del- 
la cura  che  aveva  della  mensa  pontificia 
e  lavanda  delle  mani  del  Papa,  come  dei 
pranzi  e  delle  cene  che  si  davano  in  pa- 
lazzo ai  famigliari  pontificii  o  ad  invitati 
cardinali  e  signori  ;  che  in  nome  del  Pa- 
pa presentava  i  donativi  di  copiosi  com- 
mestibili ai  sovrani  e  ambasciatori  nel  lo- 
ro arrivo  in  Roma,  e  se  i  secondi  appro- 
davano in  Civitavecchia  erano  trattali  di 
pranzo,  da  lui,  dai  bussolanti,  dallo  scal- 
co della  foresteria  e  da  altri  famigliari  ; 
della  mensa  palatina  che  imbandiva  nel- 
la villeggiatura  di  Castel  Gandoljoy  di- 


PRA 
cencio  chi  v'interveniva,  come  dell'attua- 
li sue  attribuzioni  in  tal  tempo  e  ali  re  cir- 
costanze, circa  i  pranzi  e  le  cene  de'pa- 
latini  ;  del  pranzo  annuale  che  il  Papa 
dava  in  palazzo  agli  Uditori  di  rota  ,  e 
di  quelli  che  ai  medesimi  offriva  il  cardi- 
nal cancelliere.  Quanto  agli  ambasciato- 
ri aggiungerò  con  Amati,  annotatore  del 
Maestro  di  camera  del  Sestini  nel  1 634- 
»  Il  Papa  suole  onorare  gli  ambascia- 
tori (/^.)  regi  straordinari  d'ubbidienza, 
col  tenerli  una  volta  a  mangiar  seco  : 
questo  onore  è  stato  fatto  anche  ai  due 
capi  delle  due  case  Colonnae  Orsini;  da 
s.  Pio  V  a  M.  Antonio  Colonna  nel  ri- 
torno dalla  guerra  navale  (di  cui  nel  voi. 
XXXV,  p.  180),  e  da  Clemente  Vili  a 
d.  Virginio  Orsini  allorché  si  trattenne 
alcuni  giorni  per  diporto  a  Palo  (di  che 
parlai  a  Porto);  il  quale  onore  non  fa 
il  Papa  agli  ambasciatori  benché  regi  e 
straordinari  se  non  sono  d'  ubbidienza  , 
non  solo  in  Roma,  ma  neppure  in  Fra- 
scati e  in  Castel  Gandolfo  ,  dove  vanno 
essi  molte  volte  a  trovare  sua  Santità  e 
sono  trattenuti  a  mangiare  dal  cardinal 
nipote  del  Papa  ".  A  Bussolanti,  fami- 
gliari palatini,  già  divisi  in  Bussolanti, 
Camerieri  extra  e  Scudieri,  dissi  che  fra 
i  primi  erano  lo  scalco  della  foresteria  di 
palazzo  e  il  trinciante,  fra 'secondi  il  sot- 
to scalco  e  due  trincianti  della  foreste- 
ria, che  i  terzi  versavano  l'acqua  alle  ma- 
ni del  Papa  in  alcune  funzioni.  Che  i 
bussolanti  nel  giovedì  santo  assistono  al- 
la tavola  de'pellegrini  e  fanno  altrettan- 
to ne'solenni  conviti  de'  Papi  ;  assisteva- 
no alle  mense  de'cardinali  nel  giovedì  e 
•venerdì  santo,  ed  alla  cena  di  Natale.  Che 
il  bussolante  sotto -guardaroba  assiste 
quelli  che  fanno  da  apostoli ,  li  accom- 
pagna alla  colazione  e  alla  mensa  dopo 
la  Lavanda  de  piedi ',  leggendo  alla  stes- 
sa mensa  dopo  il  Caudatario  del  Papa 
{V)-  Nell'articolo  Mazzieri  del  Papa  e 
nel  voi.  Vili,  p.  234  ,  rilevai  che  dalla 
cucina  della  foresteria  pontifìcia  piglia- 
vano le  torte  e  le  portavano  ai  cardina- 


P  R  A  4$ 

li  che  aveano  cantalo  messa  nella  cap- 
pella palatina,  o  assistita  quella  del  Pa- 
pa o  cantato  l'evangelo.  Che  ne'pranzi  in 
cui  i  Papi  vi  ammisero  cardinali,  amba- 
sciatori e  altri  personaggi  o  principi,  ac- 
compagnavano lo  scalco  e  il  coppiere  ; 
questi  pranzi  anticamente  si  facevano  nei 
primi  9  giorni  dopo  l'elezione.  A  Fami- 
glia de'cardinali  e  prelati  parlai  anco- 
ra de'loro  coppieri,  scalchi,  credenzieri  e 
cuochi,  come  de'sodalizi  de'nobili  aulici, 
de'cuochi,de'credenzieri  e  pasticcieri  (dei 
fornari  ,  osti  e  altri  a  Università'  arti- 
stiche); ricordando  nel  voi.  VJIIjp.'ìSoe 
3o2  quelle  colazioni  che  dal  palazzo  pon- 
tifìcio ricevevano  i  famigliari  de'  cardi- 
nali nelle  sagre  funzioni,  ede'pranzi  nel 
giovedì  e  venerdì  santo.  11  Sestini,  Mae,~ 
stro  di  camera  cap,  4 1>  riporta  che  i  car- 
dinali legati  o  altri  in  ospitare  personag- 
gi anche  reali,  allorché  gì' imbandivano 
la  mensa  pubblica  vestivano  per  distin- 
zione 1'  abito  cardinalizio  col  rocchetto 
scoperto  ,  per  gli  altri  non  assumevano 
il  rocchetto.  Nel  cap.  11  dice  che  i  car- 
dinali intervenivano  alle  ceremonie  degli 
sposalizi  e  al  banchetto  pure  in  abito  car- 
dinalizio col  rocchetto  scoperto;  se  trat- 
tenevansi  al  ballo,  indossavano  sottana 
e  ferrai uolone.  Delle  parti  di  palazzo  o 
pane  di  onore  parlai  in  più  luoghi,  cioè 
delle  quotidiane  e  altre  distribuzioni  di 
pane,  vino,  commestibili  e  altro  che  da- 
va il  palazzo  apostolico,  e  chi  ne  gode- 
va, come  ne'vol.XLI,  p.  9.87,  L,  p.  2o5 
ossia  Palazzo  apostolico,  ove  feci  memo- 
ria dell'antica  vita  comune  che  ivi  si  u- 
sava  ;  quali  persone  il  Papa  invitava  a 
mensa  pel  Nomenclatorej  de'luoghi  o  ti- 
nelli, caenaculum,  t  rie Un  aria,  ove  si  ci- 
bava la  famiglia  pontificia;  delle  vivande 
che  si  cucinavano  nelle  officine  palatine 
pel  gran  numero  de'  famigliari,  per  cui 
eranvi  i  cacciatori  per  somministrare  i 
prodotti  della  Caccia  (V),  e  de'tributi 
di  questa  perciò  imposti  dai  Papi.  Che 
intermesso  l'uso  della  mensa  ai  famiglia- 
ri s'introdussero  le  parti  di  palazzo,  pri- 


46  P  R  A 

ma  copiose,  poi  modificate,  indi  soppres- 
se nel  fine  del  passato  secolo.  All'arti- 
colo Famiglia  pontificia, nel  pubblicare 
diversi  anticbi  ruoli,  riportai  gli  uffizia- 
li  della  panetteria,  cucina,  tinello,  creden- 
za, cantina  e  foresteria  pontificie,  tan- 
to per  la  persona  del  Papa  ,  che  de'  fo- 
resteri  e  de'  famigliari  palatini.  Nel  se- 
colo XIII  eravi  la  Coquina  parva  et  ma' 
gnaj  i  brodariij  Yosliario  o  custode  del- 
le porte  della  cucina,  I'  arcicuoco,  il  su- 
perquoqus.  A  Maggiordomo,  in  descrive- 
re l'antico  /  icfdoiniiìo  i .°  minisi  io  del- 
la casa  del  Papa, descrissi  quanto  riguar- 
da l'antica  vita  comune  tenuta  nel  me- 
desimo palazzo,  essendo  egli  preposto  al 
sostentamento  del  Papa  e  de'famigliari; 
che  nel  Patriarchio  ospitava  i  forestieri 
e  li  riceveva  alla  sua  mensa  nel  Vicedo,- 
minio,  ove  pure  ammetteva  gli  ufliziali 
maggiori  della  s.  Sede  nelle  solennità,  e 
dove  li  faceva  refocillare  in  alcune  fun- 
zioni con  iscelte  bevande  e  vini  preliba- 
ti, per  tornare  a  cantare  dopo  ristorati, 
cioè  in  sedili  intorno  al  Triclinio  j  che 
di  questi  ve  n'erano  parecchi  nel  Late- 
rano  pei  sagri  conviti  papali ,  quali  di- 
rigeva e  presiedeva.  A  Palazzo  Vatica- 
no parlai  delpollaro,  del  custode  dell'or- 
to o  giardiniere  e  del  fornaio,  che  caval- 
cavano ve  possessi  e  altre  funzioni.  Ve- 
dasi il  Caerem.  Rom.  sectio  3.a  De  con- 
vivio  solcmni  Pontificis  cimi  cardinali- 
bus,  et  praelalis,  p.  29.  Caerem.  elecl'iO' 
nis  et  coronationis  Ponlf.,  Francofurti 
1732  et  Romae  :  De.  convivio  solemni 
Pontificis  cimi  cardinalibus  et  praela- 
tis  e.  1  1,  p.  186.  Vergeri,  Ord.  eligendi 
Pontificii;  Tubingae  1 556  :  De  convivio 
solcmni  Pont,  cimi  cardinalibus  et  prae- 
lalis, e.  4-  Quanto  riguarda  la  lavanda 
delle  mani  Io  riportai  nel  voi.  XXXVII, 
p.  188;  quanto  spetta  al  maggiordomo 
nel  voi.  XLI ,  p.  286.  In  capite  aulae 
erit  suggeslum ,  ad  quod  triplici  grada 
ascendtlur,  longumpro  latitudine  aulae. 
In  medio  surget  quadrus  thalamus pal- 
mi altitudine,  super  quo  paratur  meri- 


PRA 

saePapae.  Apudparietcm  erit  sedes  pa - 
palis,  ad  quam  parvo,  et  demum  ma- 
gno scabello  ascendetur.  Ornabilurque 
sedes  panno  aureo  pendente  super  ca- 
put. Mensa  erit  alla  ad justam  proporlio- 
nem  sedeniis.  Ad  dexteram  aulae  par- 
te m  par  abitar  prò  cardinalibus,  eie.  Ma- 
gister  domus  provideal  in  tempore  de  or- 
dine, et  modo  ferculorum  de  servitori' 
bus,  quis  primus  et  secundus,  et  quis  a- 
lius  debet  portare  fercula.  Pontifex  re- 
mota prius  mensa  ad  partem  sedeat  in 
sede.  Cardinale^,  et  principis  alii  stent 
ante  paratos mensae  . .  .  Dopo  la  lavan- 
da, Papa  benedicit  mensam ,  stans  capi- 
le nudo,  et  lune  diaconi  assistimi.  Fini- 
ta benedictione  sedet,  et  diaconi  vadunt 
ad  loca  sua.  Primum  ferculum  por  labi  t 
nobilior  princeps ,  sive  imperator ,  sive 
rex  sitj  secundimi  ferculum  dignior  a- 
lius  post  eum,  et  sic  successive j  et  por- 
tato ferculo  ,  quisque  sedei  si  debet  se- 
dece ...  Quimi  Papae  bibel,consueverunt 
omnes  astantes,  prae  ter  episcopos  et  su- 
perioris  dignitalis  viros,  genufleclere  ... 
Omnibus  lolis redduntur gratiae per  Pa- 
paia stanlem,  ut  prius.  Ora  riunirò  alcu- 
ne altre  erudizioni  speciali ,  relative  al 
modo  di  cibarsi  de'  Papi,  ed  ai  loro  so- 
lenni pranzi. 

Papa  s.  Gregorio  I  del  5go  per  l'ar- 
dente sua  carità  ogni  giorno  nel  suo  pa- 
lazzo faceva  imbandire  la  mensa  a  12 
poveri  e  li  serviva  a  mensa,  ed  un  gior- 
no peri 3.°  vi  si  assise  un  Angelo,  quel- 
lo di  cui  parlai  nel  voi.  XII,  p.  49:  laon- 
de da  questo  pio  costume  di  s.  Grego- 
rio 1  isuccessori  fecero  altrettanto  al  mo- 
do che  narrai  nel  voi.  XXI,  p.  1 58,  1 6\ 
e  altrove  (ivi  celebrai  i  Papi  s.  Zaccaria, 
Adriano  1 ,  s.  Nicolò  I  e  Adriano  II,  pel 
pranzo  e  alimenti  che  facevano  sommi- 
nistrare ai  poveri).  Riporta  il  Libro  Pon- 
tificale, che  Carlo  Magno  allorché  ven- 
ne in  Roma  nel  774  stette  a  mensa  vi- 
cino a  Papa  Adriano  I,  dopo  la  solenne 
messa,  e  l'ospitò  ,  ed  altrettanto  fece  s. 
Leone  III,  come  notai  a  Palazzo  Vati- 


PRA 

cvjfo,  dicendo  della  gran  sala  pei  convi- 
ti edificata  da  questo  ultimo.  A  s.  Nico- 
lò I  raccontai  die  solennemente  convitò 
nell'858  l'imperatore  Lodovico  II,  il  qua- 
le fece  altrettanto  al  Papa  a  Tordi  Quin- 
to lungi  dalla  porta  del  Popolo  3  miglia 
e  3/4  (  ora  i  prati  omonimi  hanno  due 
fondi  cosi  detti  dalia  torre  distrutta  , 
appartenenti  alla  basilica  Vaticana  per 
quanto  dirò  a  Primicerio,  e  al  princi- 
pe Borghese).  Rinaldi  all'anno  867,  n.° 
7  riporta,  che  essendo  divulgato  che  A- 
driano  II  volesse  annullare  i  decreti  del 
predecessore  s.  Nicolò  I ,  i  vescovi  occi- 
dentali gli  scrissero  solenni  lelttvc  in  lo- 
de del  defunto.  »  Or  essendosi  per  tal 
cagione  alcuni  servi  di  Dio  greci  e  d'al- 
tre nazioni  dimoranti  in  Roma,  ritratti 
occultamente  dal  collegio  del  santissimo 
Adriano  li,  egli  l'invitò  la  6.a  feria  del- 
la seltuagesima  a  convito,  secondo  il  co- 
stume, ma  in  maggior  numero  dell'or- 
dinario, e  con  esempio  di  molta  umiltà 
diede  a  tutti  l'acqua  alle  mani ,  pose  le 
vivande  in  tavola  e  porse  da  bere.  E  (che 
sapeva  non  aver  fatto  nessun  altro  Pon- 
tefice) affinchè  più  volontieri  si  mettes- 
sero a  desinare,  si  pose  a  tavola  con  es- 
so loro.  E  lodando  Dio  con  cantici  spi- 
rituali, si  levò  e  gittossi  in  terra,  dicen- 
do: Prego  vi  e  supplichevolmente  vi  chieg- 
go o  padri,  fratelli  e  figliuoli,  che  faccia- 
te orazione  al  Signore  per  la  chiesa  cat- 
tolica e  pel  cristianissimo  nostro  figliuo- 
lo Lodovico  li  imperatore,  acciò  voglia 
sottomettere  al  dominio  di  lui  la  nazio- 
ne de'  saraceni  per  nostra  perpetua  pa- 
ce. Anche  orate  per  me  fragile  e  debole, 
acciocché  Cristo  mi  dia  grazia  e  virtù  di 
santamente  governare  tanta  moltitudi- 
ne della  sua  chiesa,  il  qual  Signore  com- 
mise al  b.  Pietro  apostolo,  che  reggesse 
tutti  quelli  ch'egli  col  suo  sangue  pre- 
zioso ricomperò.  E  rispondendo  essi  a 
gran  voce,  che  anzi  egli  dovea  porgere 
preghiere  per  loro,  essendo  più  accetto  a 
Dio,  il  Pontefice  soggiunsecollelagrime. 
Conciosiachè  il  pregar  per  li  buoni  è  tra 


PRA  47 

render  grazie  al  donatore  d'ogni  bene  , 
io  domando,  che  avendo  voi  memoria 
nelle  vostre  orazioni  del  santissimo  e  cat- 
tolico Papa  Nicolò  I  padre  e  predecessore 
mio,  rendiate  graziealla  di  vi  ria  bontà  ,che 
mossasi  a  compassione  della  sua  chiesa 
l'abbia  elettoa  rimedio  de'mali  del  mon- 
do. Le  quali  parole  non  sì  tosto  ebbero 
udito  que'servi  del  Signore, cioè  i  geroso- 
limitani, gli  antiocheni, gli  alessandrini, 
i  costantinopolitani ,  alcuni  de'  quali  e- 
rano  ambasciatori  de' principi  del  mon- 
do, che  in  subita  meraviglia  venuti  e  qua- 
si attoniti  a  chiarissima  voce  dissero:  Deo 
gratias,  Deo  gratias,  il  quale  ha  dato  per 
capo  della  sua  chiesa  te ,  che  fai  al  tuo 
predecessore  tanta  riverenza.  Deo  gra- 
tias, Deo  gratias,  il  quale  non  ha  posto 
nella  sede  del  suo  apostolo  un  Papa  a- 
postatico;  il  quale  collocato  ha  i  fonda- 
menti della  sua  casa  non  su  l'arena,  ma 
sopra  fermissima  pietra  ;  il  quale  t'  ha 
fatto  succedere  al  santissimo  Nicolò  I  e 
mantenere  i  decreti  di  lui.  Cessi  dunque 
l'invidia  e  la  sinistra  fama  pur  cessi.  E 
sì  (con  acclamazione  convivale)  gridaro- 
no tre  volte:  Al  nostro  signore  Adria- 
no  II  eletto  da  Dio  sommo  Pontefice  e 
Papa  universale  vita  lunga.  Dopo  que- 
sto, Adriano!  I  imponendo  col  cenno  del- 
la mano  silenzio,  intonò  (  questa  accla- 
mazione convivale):  Al  reverendissimo, 
santissimo  e  cattolico  don  Nicolò  I,  de- 
stinato da  Dio  sommo  Pontefice  e  Pa- 
pa universale  sempiterna  memoria  j  il 
che  disse  tre  volte.  Al  nuovo  Elia  vita 
perenne  e  gloria  immarcescibile;  simil- 
mente tre  fiate  disse  :  Al  nuovo  Finces, 
che  merita  gli  ornamenti  dell'eterno  sa- 
cerdozio, eterna  salulej  si  disse  pur  tre 
volte,  e  altrettante:  Ai  seguaci  suoi  pace 
e  grazia  ". 

Stefano  V  detto  VI  dell'885,  chiamava 
ogni  giorno  a  pranzo  i  nobili  caduti  in  po- 
vertà. Leggo  in  Borgia,  Memorie  di  Be- 
nevento t.  3,  p.  128,  che  nel  1 137  In- 
nocenzo II  convalidò  il  diritto  de'  Papi 
di  confermare  l'abbate  di  Monte  Cassi- 


48  PRA 

no,  e  eli  essere  in  quel  monnslero  trattali 
di  pranzo  e  alloggio  nell'andare  e  ritorna- 
re da  Benevento,  cosa  che  in  que'tenipi  as- 
sai spesso  accadeva.  Alessandro  III  perdo- 
nò l'antipapa  Calisto  III  del  suo  scisma  e 
con  carità  lo  fece  sedere  alla  sua  mensa.  In- 
nocenzo III  imbandiva  la  sua  tavola  con 
tre  soli  piatti  (come  costantemente  ammi- 
rai per  più  di  i  i  anni  praticarsi  da  Gre- 
gorio XVI  nel  cardinalato  e  nel  ponti- 
ficato, il  cui  semplicissimo  pranzo  si  com- 
pose di  tre  frugalissime  vivande;  in  pro- 
porzione la  sobrietà  del  vino  fu  maggio- 
re e  più  parca  della  mensa,  non  avendo 
mai  adatto  usalo  di  bere  liquori  :  meglio 
spero  celebrarne  le  virtù  con  apposita  o- 
pera);  dopo  a  ver  coronato  imperatole  Ot- 
tone IV  lo  tenne  a  mensa,  facendo  questi 
imbandire  un  banchetto  a  tutti  gli  abitan- 
ti di  Roma  (ridotti  allora  a  35,ooo  come 
notò  Cancellieri,  Aria,  p.  1 9),  lo  che  ripor- 
tai nel  voi. XXXV, p.  2 7  1  .Nel  voi.  XV, p. 
192  dissi  che  s.  Celestino  V  creò  un  cardi- 
nale a  cena.  Eletto  nel  1 294  a  successore 
Bonifacio  Vili,  nel  giorno  della  corona- 
zione e  possesso  gli  addestrarono  a  pie- 
di la  chinea  Carlo  II  re  di  Napoli  e  Car- 
lo Martello  suo  figlio,  detto  re  d'  Un- 
gheria, i  quali  colla  corona  reale  in  te- 
sta Io  servirono  in  quel  giorno  in  tavo- 
la delle  due  prime  vivande  e  poi  resta- 
rono ancor  essi  al  convito  coi  cardinali: 
altro  simile  anteriore  esempio  1'  accen- 
nai nel  voi.  XXXVII,  p.  187.  A  Curso- 
ri apostolici  notai  che  attingevano  l'ac- 
qua che  beveva  Bonifacio  Vili,  il  qua- 
le nella  prigione  d'Anagni,  come  riferii 
nel  voi.  XIV,  p.  283,  per  timore  di  ve- 
leno non  si  cibava  die  di  ovi  :  al  citato 
articolo  dissi  della  vivanda  ,  bevande  o 
colazione  che  ricevevano  i  cursori  dai  car- 
dinali, se  li  trovavano  a  tavola  nelle  in- 
timazioni. Nel  voi.  XXVII,  p.  275  dissi 
dell'obbligo  del  vescovo'e  capitolo  di  A- 
nagni,di  offrire  ogni  sabbato  7  pania'Pa- 
pi,  recandosi  nelle  provinciedi  Marittima 
e  Campagna.  Se  il  b.  Benedetto  XII  morì 
per  fichi  avvelenati,  vedasi  i  voi.  V,  p.  5, 


PRA 

LII,  p.164.  Giovanni  XXII,  fece  nutrire 
nel  suo  palazzo  coi  cibi  della  sua  mensa 
l'antipapa  Nicolò  V,  dopo  la  sua  conver- 
sione. Del  magnifico  banchetto  dato  nel 
1 34o  in  Parigi  a  Benedetto  XII,  per  cui 
il  popolo  mangiò  la  carne  di  venerdì,  si 
può  leggere  tale  articolo.  Nel  voi.  Ili,  p. 
193  raccontai  come  una  squadra  d'as- 
sassini bloccò  Avignone,  ed  a  che  costrin- 
se Urbano  V:  Novaes  chiama  il  capo 
Arnaldo  de  Servole  detto  l'arciprete,  che 
vi  fu  accolto  come  fosse  un  figlio  del  re 
di  Francia,  che  più  volte  mangiò  a  men- 
sa col  Papa  e  coi  cardinali.  Portatosi  Ur- 
bano V  in  Roma,  nel  1369  imbandì  un 
solenne  pranzo  all'imperatore  d'oriente 
Giovanni  I  Paleologo,  per  1'  abiura  che 
ricordai  nel  voi.  XL1X,  p.  3o4-  Euge- 
nio IV  (P.)  ,  mentre  mangiava  voleva 
sapere  cosa  di  lui  si  diceva,  pel  fine  vir- 
tuoso che  notai  nel  voi.  VII,  p.  23.  Ni- 
colò V  eletto  nel  1 447  >  ^ece  restare  a 
pranzo  nello  stesso  giorno  nel  Vaticano 
la  maggior  parte  de'cardinali;  poscia  fu 
calunniato,  come  altri ,  di  dilettarsi  dei 
vini  squisiti.  Pio  II  nel  giorno  della  co- 
ronazione e  possesso  con  reale  convito  nel 
palazzo  Lateranense  trattò  i  cardinali,  gli 
ambasciatori  de' sovrani ,  gli  ottimati  et 
proceribus  di  Roma.  Ne'  viaggi  ricevè 
in  Firenze  splendido  banchetto  da  Co- 
simo de  Medici ,  in  Ferrara  magnifico 
pranzo  da  Borso  d'Este.  Sempre  ameno 
cogli  amici, alcuni  ne  voleva  ogni  giorno 
a  mensa,  la  quale  ordinaria  mente  face- 
va imbandire  ad  aria  aperta  :  modera- 
tissimo, fu  contrario  ai  cibi  delicati  o  con 
ricercatezza  conditi  (come  lo  fu  l'enco- 
miato Gregorio  XVI).  A  Paolo  II  rile- 
vai che  gli  piaceva  pranzare  in   compa- 
gnia (oggidì  è  inveterata  consuetudine 
che  il  Papa  pranza  sempre  solo,  tranne 
qualche  rara  volta  nell'ottobre  in  giar- 
dino o  in  qualche  gita  ne'suburbi  di  Ro- 
ma, con  qualche  cardinale,  prelato,  fa- 
migliari e  alcun  personaggio,  e  talvolta 
coi  religiosi  de' conventi  o  monasteri  in 
cui  si  recano ,  locchè  notai  parlando  di 


PR  A 
tali  luoghi  ;  bensì  sogliono  i  Papi  gradi- 
re  la  semplice  compagnia  di  qualche  in- 
timo famigliare,  e  talvolta  pure  di  alcun 
personaggio,  il  quale  fanno  sedere),  ri- 
portai l'improvvisata  che  fece  a  un  pranzo 
di  cardinali,  e  che  come  nel  cardinalato, 
vegliando  la  notte,  soleva  pranzare  a  ora 
di  vespero  e  cenare  verso  l'alba,  talvol- 
ta in  giardino,  confutando  le  calunnie 
contro  di  lui  lanciate.  A  Palazzo  aposto- 
lico di  s.  Marco  dissi  de'banchetti  dati 
in  esso,  anche  nel  Carnevale  di  Roma  (al 
quale  articolo,  a  Carnevale,  a  Giuoco  e 
nel  voi.  L,  p.  73,  trattai  de  relativi  sol- 
lazzi, se  il  vocabolo  derivò  dal  tralasciar- 
si l'uso  della  carne) ,  che  imbandiva  al 
senato  romano  ed  ai  forestieri  :  per  la 
pace  d'Italia  e  per  amore  verso  il  popo- 
lo romano  die  un  sontuoso  convito,  e  fu 
coniata  la  medaglia  descritta  dal  p.  Bo- 
nanni,  Numism.  Pont.  t.  1,  p.  87,  coi  cor- 
ni dell'abbondanza  e  l'epigrafe  :  Convi- 
viurn  pub.  erga  populum  romanurn.  Ro' 
ma.  Paulus  Ilvenetus  P.  M.  Pacisfund. 
Innocenzo  Vili  dopo  essersi  coronato  in 
Vaticano,  si  portò  con  magnifica  caval- 
cata al  Lalerano  pel  possesso  ;  quindi/e- 
cit  prandium  solus  ami  suis  domesticisj 
i  cardinali  pranzarono  nella  canonica; 
per  gli  officiali  della  curia  e  baronaggio 
romano  furono  imbandite  molle  mense 
con  abbondanza  di  cibi,  cum  magna  coti' 
fusione.  Nel  i4^9  stampò  in  Roma  l'in- 
signe medico  Gabriele  Zerbi  di  Verona 
e  dedicò  a  Innocenzo  Vili:  Gerentoco- 
mia,  opera  intorno  al  metodo  di  vivere 
pei  vecchi,  del  vitto,  del  vestito  e  delle 
loro  occupazioni.  A  Medico  parlai  delle 
opere  scritte  pel  sano  nutrimento  e  flo- 
rida conservazione  de'  Papi  :  si  può  ve- 
dere anche  il  voi.  LII,  p.  226.  Eletto  nel 
1492  Alessandro  VI  fece  restare  a  pran- 
zo il  cardinal  Ascanio  Sforza  e  alcuni  al- 
tri. Mentre  il  suo  figlio  Cesare  voleva  in 
una  cena  presso  il  cardinal  Castelli  av- 
velenare i  cardinali,  ne  restò  invece  vit- 
tima col  padre,  il  quale  ne  mori  secondo 
alcunij  Cesare  fu  messo  subilo  dentro  un 

VOL.  LV. 


P  R  A  49 

bove  ucciso  allora,  perde  i  capelli  e  mu- 
tò la  pelle:  tutto  riportai  ne'  voi.  I,  p. 
242,  VI,  p.  46,  LI,  p.  128.  Giulio  li 
nella  sua  elezione  trattenne  alla  sua  men- 
sa diversi  cardinali  :  il  solenne  convito 
del  possesso  viene  descritto  ne'  Possessi 
raccolti  da  Cancellieri  p.  59.  Il  Papa  man- 
giò con  diversi  cardinali,  altri  pranzaro- 
no nella  camera  de'canonici.  In  palatio 
card.  Eslensis  ordinetur  et  repareturlo- 
cuspro  colanone  Papae,  et  cardinalium: 
et  in  domo  de  Mellinis  prò  praelatis,  et 
offìcialibus  capellae.  Palatiwn  s.  Joan- 
nis  reaptetur,  ubi  opus  est.  A  p.  62  e  65 
si  descrive  il  convito  di  Leone  X  per  la 
medesima  funzione  del  possesso  che  Giu- 
lio II  avea  separata  dalla  coronazione. 
De'solenni  conviti  dati  da  Agostino  Chi- 
gi a  Leone  X  ed  al  sagro  collegio  dei  car- 
dinali, parlai  ne'  voi.  XIII,  p.  77  e  78, 
XXIII,  p.  207  e  208.  Alla  sua  biografia 
ed  a  Poesia  dissi  dei  versi  che  Leone  X 
gradiva  sentire  improvvisati  a  mensa  con 
allegrie  non  lodate.  Del  solenne  convito 
imbandito  in  Campidoglio^  per  la  crea- 
zione in  patrizi  romani  del  fratello  Giu- 
liano e  del  nipote  Lorenzo,  ne  pubblicò 
la  descrizione  il  comm.r  Visconti  nel  t.  4-» 
p.  264  e  272  dell'  Album.  Adriano  VI 
nel  giorno  della  coronazione  fece  il  con- 
vito nella  sala  d'Innocenzo  Vili  in  Va- 
ticano. La  sua  morte  fu  attribuita  alla 
birra  che  beveva,  o  al  pranzo  che  nel  con- 
vento della  Chiesa  di  s.  Martino  gli  die 
il  cardinal  Carvajal  a'5  agoslo,  nel  ritor- 
no da  s.  Maria  Maggiore  per  la  festa  del- 
la Neve,  affermando  l'Ortiz  che  non  man- 
giò. Nel  voi.  XXVII,  p.  12  rimarcai  co- 
me Clemente  VII  in  Marsiglia  si  assise  a 
mensa  colla  regina  di  Francia  ,  ad  onta 
che  il  Caeretn.  Rom.  di  Patrizi  prescri- 
veva :  Numquam  aliqua  mulier  come- 
di tinpraesenlia  Papae,  etiamsi  esset  ini- 
peratrix,  regina  vel  Pontificis  consan- 
guinea. La  morte  di  Clemente  VII  si  cre- 
de provenuta  dal  cambiamento  del  teno- 
re di  vita  nel  cibarsi.  Paolo  III  amava 
avere  presenti  alla  sua  mensa  filosofi  e 

4 


5o 


PRA 


teologi,  cui  somministrava  argomenti  per 
istruttivi  ragionamenti.  Giulio  HI  che 
nel  1 55o  gli  successe,  tenne  a  pranzo  nel 
dì  dell'esaltazione  quasi  tutti  i  caldina» 
li:  alla  biografia  osservai  che  dai  cibi  gros- 
solani essendo  passato  ai  delicati,  lo  con- 
dussero al  sepolcro  ;  e  che  banchettava 
spesso  i  cardinali  nelle  frequenti  ricrea- 
zioni che  si  prendeva  alla  sua  Villa  dì 
Papa  Giulio.  Celebrai  Marcello  II  (F.) 
per  la  sua  parsimonia  anche  nelle  sup- 
pellettili della  mensa  ,  ove  si  faceva  leg- 
gere la  scrittura  o  i  padri.  Paolo  IV  ad 
onta  della  sua  virtuosa  sobrietà  ne' cibi 
e  nel  vino,  tenne  solenne  convito  per  la 
coronazione,  e  voleva  che  s' imbandisse 
la  domestica  mensa  da  principe  :  ne'suoi 
austeri  costumi  pure  in  carnevale  invi- 
tava a  pranzo  tutti  i  cardinali.  Le  belle 
particolarità  si  possono  leggere  ne'vol.  X, 
p.  93,  XLI,  p.  258,  LI,  p.  1 29,  1 3o  e 
i32.  Pio  IV  nel  dì  del  possesso  si  fermò 
a  pranzo  in  Castel  s.  Angelo  (^.),  indi 
nell'anni  versai  io  di  sua  coronazione  pran- 
zò in  pubblico  nella  sala  di  Costantino 
al  Vaticano,  col  sagro  collegio  egli  am- 
basciatori pegli  sponsali  del  nipote,  che 
descrissi  anco  ne'vol.  XXV111,  p.  233, 
XLV,  p.  1 12.  I  1000  scudi  annui  che 
si  spendevano  nel  banchetto  pei  cardinali 
e  ambasciatori,  nell'anniversario  della  co- 
ronazione^. Pio  V  li  dispose  in  favore  dei 
poveri  ede'monasteri  econvenli  bisogno- 
si. Alle  moderate  spese  che  nel  cardinalato 
faceva  per  la  mensa, s.PioV  divenuto  Pa- 
pa aggiunse  4paoli  il  giorno.  Auche  Gre- 
gorio XIII  non  permettendo  il  convito, 
soccorse  copiosamente  i  poveri  e  i  luoghi 
pii;magnificoin  tutto,  pel  pranzo  non  vo- 
leva che  si  spendesse  piò  di  mezzo  scu- 
do. Sisto  V  dopo  il  possesso  si  recò  a  pran- 
zo cogli  ambasciatori  del  Giappone^.), 
che  gli  versarono  l'acqua  sulle  mani,  nel* 
la  sua  vigna  a  s.  Maria  Maggiore  ;  ma 
non  volle  l'aulico  convito,  tanto  piò  che 
allora  in  Hoina  cravi  penuria  di  viveri. 
Di  Gregorio  XIV  abbiamo:  //  solertissi- 
mo convito  /allo  in  Roma  nel  giorno  di 


PRA 
sua  coronazione  coi  cardinali  e  prelati 
della  corte  e  molti  altri  personaggi  di 
conto,  Venezia  1 590.  Nel  palazzo  di  s. 
Marco  trattò  di  lautissimo  ospizio  Al- 
fonso li  duca  di  Ferrara;  altrettanto  fe- 
ce Innocenzo  IX  col  duca  di  Mantova: 
questo  Papa  si  cibava  una  volta  il  gior- 
no, cioè  la  sera.  Clemente  Vili  teneva 
ogni  giorno  accanto  alla  sua  mensa  tanti 
poveri,  quanti  erano  gli  anni  del  suo  pon- 
tificato; a  questi  versava  l'acqua  sulle  ma- 
ni, benediceva  la  tavola  e  regalava  di  qual- 
che piatto  della  sua.  A  Ferrara  descrissi  i 
matrimoni  che  vi  fece  Clemente  Vili  tra 
Margherita  d'Austria  e  Filippo  HI  re  di 
Spagna  assente,  e  di  Alberto  d'Austria 
ex  cardinale  con  Isabella  di  Spagna.  Ab- 
biamo da  Ferlone  ,  De'  viaggi  de' Papi, 
che  Clemente  Vili  nobilmente  alloggiò 
la  regina  Margherita  nel  Castello  ov'e- 
gli  abitava,  componendosi  il  suo  seguito 
e  quelli  dell'arciduchessa  madre  e  del  co- 
gnato arciduca  Alberto  di  7,000  perso- 
ne, compresi  i  grandi  di  Spagna,  baroni 
e  nobili.  Il  Papa  invitò  la  regina  a  pran- 
zo. Un  palmo  distante  la  mensa  pontifì- 
cia e  un  poco  più  bassa  era  quella  del- 
la reginaj  alla  quale  contigua  fu  l'altra 
della  madre  e  del  cognato.  L'etichetta 
delle  mense  fu  osservata  scrupolosamen- 
te, anche  pegli  scalchi  e  pei  piatti.  Nella 
cattedrale  Clemente  Vili  fece  gli  sponsa- 
li, pontificando  la  messa  dello  Spirito  san- 
to. Letto  dal  papa  l'offertorio  dal  trono, 
due  cardinal  lanciarono  a  levare  la  regina 
dalla  sua  tribuna  e  la  condussero  ai  pie- 
di del  Pontefice,  con  l'arciduca  Alberto 
procuratore  del  re  di  Spagna,  e  li  con- 
giunse in  matrimonio.  Partita  dal  soglio 
la  sposa  ,  Clemente  Vili  sposò  Alberto 
con  l'infanta  Isabella,  per  la  quale  fece 
da  procuratore  il  duca  di  Sessa  :  1'  arci- 
duca ringraziò  il  Papa,  dopo  avergli  ba- 
ciato i  piedi,  la  mano  e  il  volto.  Alla  co- 
munione dal  trono  il  Papa  die  I'  Euca- 
ristia alle  due  arciduchesse,  ad  Alberto 
ed  a  Sessa:  gli  ambasciatori  imperiali  , 
veneto  e  bolognese  versarono  l'acqua  sul- 


PR  A 

le  pontificie  mani.  Indi  la  regina  ricevè 
in  ginocchio  da  Clemente  Vili  la  rosa 
doro  benedetta.  Nel  dì  seguente  il  Papa 
imbandì  ai  medesimi  nuova  mensa,  e  la 
replicò  nel  dì  appresso,  donando  alla  re- 
gina la  carrozza  di  velluto  cremisi  mes- 
sa a  oro,  colla  quale  l'avea  fatta  incon- 
trare da  due  cardinali  legati. Urbano  VI  II 
creò  il  nipote  d.  Taddeo  Barberini  pre- 
fetto di  Roma,  indi  lo  tenne  a  desinar  seco 
in  mensa  distinta.  A  Morte  (  ove  ripar- 
lo de'con vili  funebri)  notai  che  Alessan- 
dro VII  per  averla  presente.,  la  fece  di- 
pingere sui  piatti  e  scodelle  della  mensa 
e  scolpile  nella  tazza  d'argento  in  cui  be- 
veva :  a  Letterato  dissi  quale  tratteni- 
mento faceva  dopo  la  mensa.  J\Tel  voi. 
XXXV,  p.  1 82  trattai  dell'ingresso  solen- 
ne in  Roma  di  Cristina  regina  di  Svezia, 
ed  a  Confermazione  riportai  quella  che  le 
somministrò  Alessandro  VII,  alloggian- 
dola nel  Palazzo  faticano:  la  mattina 
seguente  il  Papa  1*  invitò  a  pranzo,  e  la 
sua  tavola  fu  inferiore  d'un  palmo  a  quel- 
la del  Pontefice,  con  partecipare  del  suo 
baldacchino.  Mentre  desina  vano  fece  bre- 
ve ragionamento  sagro  il  gesuita  p.  O- 
liva  predicatore apostolico,ed  il  resto  del 
tempo  si  passò  col  canto  di  parole  spiri- 
tuali. Levate  le  mense,  la  regina  si  fermò 
per  alcun  tempo  a  discorrere  con  Ales- 
sandro VII  ,  il  quale  poi  la  visitò  nelle 
sue  stanze, come  avea  fatto  ClementeVI  II 
in  Ferrara  colla  regina  di  Spagna.  Cle- 
mente IX  ogui  giorno  faceva  nel  palaz- 
zo imbandire  il  pranzo  a  12  pellegrini, 
e  spesso  dava  loro  le  pietanze  e  da  bere. 
Innocenzo  XII,  padre  de'poveri,  non  vo- 
leva spendere  più  di  3  paoli  pel  desina- 
re, poiché  la  sera  secondo  le  stagioni  pren- 
deva la  cioccolata  o  il  sorbetto.  Modera- 
to Clemente  XI  nella  tavola  ,  durante 
questa  si  faceva  leggere  un  libro  spiri- 
tuale ;  digiunava  spesso  e  ne'  tre  piatti 
delle  vivande  voleva  spenderei 5  baioc- 
chi. Benedetto  XIII  soleva  andare  a  pran- 
zo ne'  rcfellorii  de'  domenicani  già  suoi 
col-religiosi  uè'  conventi  della  Minerva, 


P  R  A  5 . 

de'penitenzieri  liberiani, di  «.Clemente, 
di  s.  Matteo  in  Merulana,  di  s.  Sabina, 
di  Monte  Mario  {F.),  assumendo  l'abi- 
to dell'ordine,  e  con  questo  interveniva 
al  refettorio  de'minori  osservanti  d'Ara- 
celi nella  festa  di  S.Francesco  e  poi  inco- 
ro. A  Ospedali  di  Roma  raccontai  come 
Clemente  XI  e  Benedetto  XIII  serviva- 
no gì'  infermi  nel  desinare,  ricreandoli 
con  dolci  e  brugne  :  altrettanto  fece  Be- 
nedetto XIII  recandosi  a  Benevento.  Nel 
1725  [nel  Diario  di  Roma  n.°  1 173  si 
legge  come  Benedetto  XIII ,  dopo  aver 
consagrato  vescovo  il  cardinal  Ottobo- 
ni,  1'  ammise  a  mensa  coi  cardinali  assi- 
stenti. Nel  n.°2472  del  Diario  di  Roma 
del  1733  si  descrive  l'alloggio  dato  da 
Clemente  XII  nel  palazzo  Quirinale,  al 
viceré  di  Sicilia  conte  d.  Giulio  Viscon- 
ti milanese,  dopo  averlo  fatto  incontrare 
a  Civita  Castellana.  In  tavola  separata  lo 
tenne  alla  sua  mensa,  ricevendo  dal  vi- 
ceré il  tovagliolo  quando  si  lavò  le  ma- 
ni, sedendo  il  Papa  sotto  baldacchino.  La 
mensa  era  adornata  di  eleganti  trionfi  , 
due de'quali  decoravano  l'altra.  11  vice- 
ré genuflesse  alla  benedizione  della  men- 
sa, e  portatosi  alla  sua,  avendo  rice- 
vuto il  segno  colla  benedizione  ,  sedette 
e  si  coprì.  III. "cappellano  segreto  lesse: 
De  officio  principi  christiani  del  cardi- 
nal Bellarmino ,  indi  si  fecero  concerti 
dai  cantori  coll'organo.  Dopo  il  pranzo  in 
uno  sgabello  a  sé  vicino  trattenne  alquan  • 
to  il  viceré  in  conversazione.  La  sala  e- 
ra  piena  di  prelati  e  nobili,  collocati  en- 
tro steccato.  Dipoi  gli  fece  mostrare  in 
s.  Pietro  le  reliquie  maggiori,  e  lo  regalò 
d'un  corpo  di  s.  Clemente,  di  Agnus  Dei, 
de'4  Evangelisti  in  arazzo  copie  di  Gui- 
do, e  di  due  corone  di  lapislazzuli  con  in- 
dulgenze. Benedetto  XIV  fu  parco  nel 
vitto,  percolazione  prendeva  il  thè  e  la 
sera  il  calle.  Fu  a  pranzo  a  Marino }  a 
a  Porlo,  a  Frascati  (F.)  nella  villa  Ruf- 
lineila,  ed  altri  luoghi  cornea  Porlo  d'An- 
zio. A  Castel  Gandolfo  parlai  del  pran- 
zo solenne  (atto  da  Clemente  XIII  per  la 


fe  P  R  A 

consagrazionein  vescovi  de'cardinali  O- 
descalchi  e  Valenti,  descritto  dal  n.°6  ^97 
del  Diàrio  di  Roma  del  1  j5g  (altra  Re- 
lazione stampò  a  parte  Gio.  Reffini),  col- 
le medesime  ceremonie  e  splendidezza  di 
quello  imbandito  nel  Quirinale  e  servi- 
to dai  primari  della  corte  pontificia,  per 
la  consagrazione  fatta  dal  Papa  del  car- 
dinal Yorck,  descritto  nel  n."  6456  del 
Diario  di  Roma  1 758»  Nella  sala  duca- 
le del  palazzo  Quirinale  si  alzò  il  trono 
con  baldacchino,  sotto  il  quale  era  la  men- 
sa pel  solo  Papa,  in  terra  sopra  elevato 
gradino  era  gran  tavola  bislunga  deco- 
rata con  3  bellissimi  trionfi.  In  qualche 
distanza  a  destra  altra  oblunga  ,  ornala 
di  20  graziosi  trionfi  di  cristallo  guar- 
niti di  vari  dolci,  pei  9  cardinali  assisten- 
ti e  palatini  invitati  dal  maggiordomo,  e 
pel  consagrato,  i  quali  v'intervennero  in 
abito,  solo  deponendo  la  mozzetta  come 
fece  il  Papa,  a  mezzo  del  maestro  di  ca- 
mera, che  rimase  col  rocchetto  scoperto, 
mentre  i  cardinali  restarono  col  rocchet- 
to coperto  dalla  mantelletta  e  sedendo  su 
sgabelli.  Il  cardinal  York  versò  l'acqua 
sulle  manidi Clemente  XIII,  i  bussolanti 
fecero  il  simile  coi  cardinali  ai  loro  posti. 
11  caudatario  lesse  la  benedizione  della 
mensa, cui  risposero  i  cantori  pontificii  e 
la  comparti  il  Papa  ;  allora  il  maggior- 
domo pose  la  bavarola  o  salvietta  al  Pa- 
pa:quindi  tal  cappellano  fece  la  lettura 
d'alcuni  capitoli  delle  opere  di  s.  Gre- 
gorio 1 ,  fino  alla  i.a  volta  che  beve  il 
Papa  ,  il  quale  fece  sapere  dal  ceremo- 
niere  che  beveva  come  ho  detto  di  so- 
pra :  allora  i  cardinali  si  alzarono  in  pie- 
di e  levaronsi  le  berrette  dal  capo  ,  gli 
altri  e  gli  spettatori  genuflessero.  11  cop- 
piere avea  fatta  la  pregustazione  del  vi- 
no e  dell'acqua  chedovea  bere  Clemen- 
te XIII,  ed  i  prelati  Gazzoli  e  Rinali  gli 
presentarono  ogni  volta  le  sottocoppe: 
assistevano  la  mensa  papale  gli  altri  ca- 
merieri segreti,  compreso  il  medico.  I  car- 
dinali aveano  ai  fianchi  i  propri  maestri 
di  camera  ed  i  coppieri,  che  porgevano 


PRA 
e  levavano  i  tondini  e  davano  loro  da 
bere.  11  servizio  della  tavola  pontifìcia 
era  di  argento  dorato ,  quello  della  ta- 
vola de'cardinali  di  argento,  la  quale  era 
diretta  dal  foriere  maggiore.  Dopo  la  let- 
tura i  cantori  cominciarono  alcuni  mot- 
tetti sagri  con  organo,  violoncello  e  con- 
trabasso, e  proseguirono  fino  al  termine 
delconvito.il  Papa  dallasua  mensa  man- 
dò a  quella  de'cardinali,  pel  suo  scalco 
accompagnato  dal  coppiere,  un  bacile  di 
sturione  e  a  Uro  di  fagiani  portati  dai  bus- 
solanti. 11  caudatario  fece  il  ringrazia- 
mento. Levate  le  tovaglie  si  servì  il  caffè, 
il  Papa  e  i  cardinali  si  lavarono  le  ma- 
ni e  ripresero  le  mozzette  ;  indi  i  cardi- 
nali in  semicircolo  si  trattennero  su  sga- 
belliin  breve  colloquio  col  Papa,  ringra- 
ziandolo dell'  onore  compartito,  ed  ac- 
compagnatolo alle  sue  stanze  si  ritiraro- 
no. In  diversi  ripari  furono  ammesse  ad 
osservare  il  magnifico  trattamento  ,  la 
prelatura  e  la  nobiltà,  in  un  distinto  luo- 
go collocandosi  i  due  nipoti  del  Papa  con- 
vittori nel  seminario  romano.  Nei  voi. 
VI,  p.  98,  XI,  p.  i3o,  narrai  come  Pio 
VI  recatosi  in  Cesena  sua  patria,  ammi- 
se alla  sua  mensa  tutti  i  parenti ,  com- 
prese le  donne  ed  i  fanciulli.  GÌ'  insulti 
che  Pio  VI  ricevette  a  mensa  nell'inva- 
sione de'  repubblicani  francesi ,  li  notai 
alla  biografia  e  nel  voi.  II,  p.  63.  All'ar- 
ticolo Pio  IX  accennai  quando  desinò 
colla  real  famiglia  dei  monarchi  delle  due 
Sicilie  a  Gaeta,  a  Poi  liei,  a  Napoli,  a  Ca- 
serta, a  Castel  Gandolfo. 

PR  ASSE  ANI.  Eretici  seguaci  di  Pras- 
sea  o  Praxea  filosofo  della  Frigia,  che  fu 
condannalo  in  un  concilio  da  Papa  s.  Vit- 
tore I  che  mori  nel  20 3,  perchè  erronea- 
mente sosteneva  che  non  era  vi  che  una 
persona  sola  in  Dio,  che  era  Padre,  Fi- 
glio e  Spirito  santo  ,  sotto  differenti  of- 
fizi  :  da  ciò  concludeva  che  il  Padre  e- 
rasi  incarnato,  ed  avea  patito  sulla  cro- 
ce. I  Noeziani  _,  i  Sabelliani,  i  Monar- 
chici, i  Palropatsiani^F.),  impilarono 
il  medesimo  errore.  Tertulliano  lo  con- 


PRA 

futòcon  molta  forza:  Contra  Praxeam, 
cap.  2. 

PRASSEDE(s.),  vergine.  Nobilissima 
romana,  figlia  del  senatore  Putlente ,  e 
sorella  di  s.  Pudenziana.  Viveva  nel  pon- 
tificato di  s.  Pio  I,  eletto  nel  i58.  De- 
dita assiduamente  alla  preghiera,  alle  ve- 
glie e  ai  digiuni,  edificò  la  città  di  Roma 
collo  splendore  di  sue  virtù,  impiegan- 
do le  sue  ricchezze  a  sollievo  dei  pove- 
ri e  pei  bisogni  della  Chiesa.  Alimentan- 
do in  sua  casa  molti  cristiani  nella  per- 
secuzione ,  l' imperatore  Antonino  Pio 
ordinò  che  ivi  si  uccidessero,  ed  ella  ne 
seppellì  i  corpi  nel  cimiterio  di  s.  Priscil- 
la. Morì  in  pace  e  fu  sepolta  presso  a  sua 
sorella  sulla  via  Salaria.    V.  Chiesa  di 
s.  Prassede  e  Palazzo  apostolico  di  s. 
Prassede.  Beda  e  gli  altri  martirologisti 
le  danno  il  nome  di  vergine,  e  la  sua  fe- 
sta si  celebra  il  21  di  luglio. 

PRAT  o  PRATO  Antonio,  Cardina- 
le. Francese  de' Verrieres,  nacque  in  Issoi- 
re  nell'Ai  vernia  e  divenne  avvocato.  Am- 
ministrate con  lode  in  Francia  le  più  co- 
spicue cariche  e  di  maestro  delle  suppli- 
che nel  1 5o5  di  Luigi  XII,  1 .°  presiden- 
te del  parlamento  di  Parigi  nel  1507  e 
gran  cancelliere  del  regno  nel  1 5 1 5,  nel- 
la prigionia  di  Francesco  I  fu  associato 
dalla  regina  madre  al  governo  della  mo- 
narchia, valendosene  negli  affari  più  ri- 
levanti, pel  credito  che  godeva  d'uno  dei 
più  gran  politici  del  suo  tempo,  onde  po- 
tè determinar  il  re  ad  abolir  la  Pramma- 
tica Sanzione  (F.),  ed  al  concordato  con 
Leone  X.  Dalla  moglie  de  Veni  ebbe  nu- 
merosa prole,  che  morta  nel  1 5 1 7,  nella 
florida  età  di  3o  anni  si  dedicò  allo  stato 
ecclesiastico,  fu  fatto  canonico  di  Meaux 
e  abbate  di  Fleury,  e  da  Clemente  VII 
nel  1 5a 5  arcivescovo  di  Sens,  a  fronte 
che  il  capitolo  avesse  eletto  l'arcidiaco- 
no. Lo  stesso  Papa  nel  1 528  gli  aggiun- 
se la  chiesa  d'Alby,  poi  quelle  di  Meaux, 
Valenza,  Die  e  Gap,  e  ad  istanza  di  Fran- 
cesco Iedella  regina  a'2  1  novembre  1027 
lo  creò  cardinale  prete  di  s.  Anastasia  e 


PRA  53 

nel  i52g  legato  a  latere  in  Francia,  ove 
fece  la  ceremonia  della  coronazione  della 
regina  Eleonora  sorella  di  Carlo  V,  on- 
de Clemente  VII  gli  mandò  a  Parigi  il 
cappello  e  le  altre  insegne  cardinalizie 
ch'egli  ricevè  solennemente  nella  chiesa 
degli  agostiniani.  Nel  1 526  fece  celebra- 
re un  concilio  in  Sens,  altro  ne  tenne  a 
Parigi  nel  i528.  Ricolmò  di  favori  l'o- 
spedale Lusitano,  che  aumentò  d'un  brac- 
cio e  considerabilmente  nelle  rendile,  e 
fondò  un  convento  ai  minimi  in  Beaure- 
gard,  diocesi  di  Clermont.  Benché  favo- 
rito da  Carlo  V  e  Francesco  I,  indarno 
vagheggiò  il  papato.  Con  rimorsi  per  non 
essere  mai  stato  nella  sua  chiesa  di  Sens, 
morì  d'anni  68  nel  i538,  nel  castello  di 
Nantovillet  da  lui  fabbricato,  dopo  esser 
divenuto  tanto  pingue,  che  per  sostenere 
il  suo  ventre  fu  d'uopo  incavargli  la  ta- 
vola innanzi.  Ebbe  onorevole  sepolcro  in 
delta  metropolitana. 

PRATA  Pietro,  Cardinale.  Vedi  il 
voi.  Ili,  p.  216. 

PRATIS  o  PRATO  0  PRETIS  Pie- 
tuo,  Cardinale.  V.  Desprez. 

PRATO  ALBERTI  o  ALBERTINI, 
Cardinale.  V.  Alberti  Nicolò,  ed  i  voi. 
XXI,  p.  223,  XXVI,  p.  3oi,  XXXIII, 
p.  184. 

PRATO  (Praten).  Città  con  residen- 
za vescovile  nel  granducato  di  Toscana, 
nobile,  industriosa  e  bella,  già  fino  al  se- 
colo XVII  uno  de'4  primari  castelli  d'I- 
talia ,  capoluogo  di  comunità  e  di  giu- 
risdizione nel  compartimento  di  Firenze 
da  cui  è  distante  circa  1 1  miglia  e  io  da 
Pistoia,  sede  d  un  vicario  regio  e  di  al- 
tre autorità,  giace  sulla  riva  destra  del 
fiume  Bisenzio,  in  amena,  fertile  e  irri- 
gata pianura.  Tra  le  fabbriche  pubbliche 
d'antica  costruzione  è  il  Castello  dell'Im- 
peratore ora  detto  Fortezza, il  palazzo  pre- 
torio già  del  popolo  rifatto  nel  secoloX  VI, 
il  casone  de'conti  Alberti,  il  palazzo  Da- 
tini  ridotto  a  residenza  del  Ceppo  dei  pò- 
veri.Fra  le  buone  fabbriche  moderne  può 
contarsi  il  monastero  e  la  chiesa  di  s.  Vin- 


54  PRA 

cenzo  straricca  d'ornati,  il  grandioso  edi- 
fizio  del  collegio  Cicognoni,  e  l'elegante 
teatro  costruito  nel  i83o,  senza  dire  di 
molti  palazzi  de'parlicoIari,'avendo  quel- 
lo de'Vaj  bel  cortile  e  grazioso  oratorio. 
Vi  sono  5  fonti  pubbliche  d'acqua  pota- 
bile, essendo  la  più  copiosa  in  piazza  del 
duomo.  La  cattedrale  sotto  l'invocazione 
di  s.  Stefano  protomartire  con  battiste- 
ro e  cura  d'anime,  è  un  antico  edilìzio 
riedificato  verso  il  1 200  e  aumentato  nel 
1 3 1 7  forse  dal  celebre  Giovanni  di  Ni- 
cola Pisano,  del  quale  pur  si  crede  la  gran- 
diosa torre  quadrata  o  campanile:  que- 
sto tempio  è  incrostato  nell'interno  e  nel- 
l'esterno di  bel  serpentino  verde  e  nero 
del  vicino  Monferrato  a  strisce  alternanti 
con  quelle  di  pietra  alberese  di  tinta  bian- 
castra. Ha  5  navale  e  quella  di  mezzo  con 
colonne  e  basi  di  serpentino.  Sulla  porta 
principale  si  ammira  bellissimo  bassori- 
lievo di  terra  invetriata,  di*cui  il  famoso 
Luca  della  Robbia  è  reputato  autore.  Del 
maestro  di  Donatelloè  il  pergamo  di  mar- 
mo con  mirabili  e  artificiose  sculture,esi- 
Meute  sull'angolo  della  facciata,  donde  si 
mostra  al  popolo  la  sagra  Cintola  di  Ma- 
ria Vergine,  di  cui  feci  parola  a  Cintura 
(fz),  che  dicesi  portata  dalla  Soria  circa 
il  1  1  1 1  da  un  pratese  che  l'avea  ricevuta 
per  dote  della  povera  giovine  da  lui  spo- 
sata. Questa  insigne  reliquia  si  conserva 
nella  ricchissima  cappella  de\\a sagra Cin- 
loia  dipinta  da  Gaddi  e  restaurata  dall'a- 
bilissimo pratese  Marini,  con  cancello  di- 
segnato da  Filippo  Brunellesco:  la  sta- 
tuina  della  B.  Vergine  sull'altareè  di  Gio- 
vanni Pisano,  ed  i  lavori  dell'altare  an- 
tico riposti  nella  contigua  sagrestia  della 
sagra  Cintola  sono  di  scuola  pisana.  Nel 
luglio  1  3  1  1  fu  tentato  il  furto  di  questa 
venerabile  memoria,  e  nel  1 399  con  so- 
lenne rito  qui  fu  collocata.  Si  ha  di  Giu- 
seppe Bianchini,  Notizie  isteriche  intor- 
no alla  sacratissima  Cintola  di  Maria 
/  ergine,  che  si  conserva  nella  città  di 
Prato  in  7b.?Cflrt<z,  Firenze  1  722  pelMan- 
pt.   Nella  cappella   maggiore  di  questa 


PRA 
cattedrale  sono  un  capolavoro  le  pitture 
a  fresco  di  Fr.  Filippo  Lippi,  colle  storie 
di  s.  Stefano  e  di  s.  Gio.  Battista  :  dello 
stesso  è  la  morte  di  s.  Bernardo.  Sono  an- 
che rimarchevoli,  il  Crocefisso  fuso  dal 
Tacca,  ed  il  cenotafio  del  proposto  Carlo 
de  Medici  naturale  di  Cosimo  il  Vecchio, 
scolpito  da  Vincenzo  Danti.  11  capitolo  ha 
5  dignità,  primicero,  arciprete,  arcidia- 
cono, decano  e  tesoriere;  1 9  canonici  com- 
presi il  penitenziere  e  il  teologo,molti  cap- 
pellani del  coro  e  altri  ecclesiastici.  Pio 
VII  col  breve  In  summo  apostolati^,  dei 
2  dicembre  i8o3,  Bull.  cont.  t.  12  ,  p. 
101,  concesse  l'uso  della  Palmaloria  o 
ifagza  allediguità  e  canonici.  L'episcopio 
è  prossimo  alla  cattedrale.  Nella  città  vi 
sono  altre  io  chiese  parrocchiali  (7  dice 
l'ultima  proposizione  concistoriale,  senza 
il  s.  fonte).  Tra  le  chiese  di  Prato  per  me- 
rito artistico  gode  il  primato  quella  del- 
la Madonna  delle  carceri,  come  gioiello 
fra  tutte,  per  l'armonia  e  grazia  delle  par- 
ti architettoniche,  a  foggia  di  croce  gre- 
ca, in  cui  Giuliano  da  s.  Gallo  facendo 
opera  divina  superò  se  stesso,  avvicinan- 
dosi la  cupola  nella  forma  al  Pantheon 
di  Roma.  Fra  le  chiese  più  grandi  e  più 
antiche  nominerò  quelle  di  s.  Domenico 
e  di  s.  Francesco;  contribuì  al  compi- 
mento della  prima  e  del  convento  il  ce- 
lebre cardinal  Alberti  di  Prato:  sono  nel- 
la 1.*  i  domenicani,  nella  2.a  i  minori  os- 
servanti. Prima  del  1780  Prato  poteva 
dirsi  un  seminario  di  conventi  e  di  mona- 
steri: tra  i  superstiti  delle  monache  vi  so- 
no quelli  delle  domenicane,  delle  bene- 
dettine, e  delle  Clarisse  ridotto  a  conser- 
vatorio; né  vi  mancano  pie  confraternite. 
Fra  gli  stabilimenti  di  beneficenza  il  Cep- 
po vecchio  e  nuovo  per  le  famiglie  povere 
e  pegli  stabilimenti  utili  ;  il  conservatorio 
delle  pericolanti  per  le  orfane  senza  do- 
te; di  s.  Caterina  per  le  fanciulle  pove- 
re, con  lanificio  e  altre  manifatture,  non 
che  scuole  per  le  povere;  l'orfanotrofio 
dellaPietà  istituito  a'nostri  giorni  dal  pra- 
tese Gaetano  Maguolfi  pei  fanciulli,  e  sic- 


PRA 

come  fiorisce  per  le  zelanti  cure  del  fon- 
datore, si  ammettono  all'istruzione  arti- 
stica e  religiosa  anche  i  non  orfani.  L'o- 
spedale della  Misericordia  con  vasto  edi- 
lizio e  patrimonio  cospicuo,  ebbe  insigne 
benefattore  il  pratese  Pier  Francesco  Ric- 
ci, già  pedagogo  di  Cosimo  I,  e  vi  si  riu- 
nirono diversi  antichi  ospizi.  II  monte  di 
pietà  ripete  l'origine  dal  i^j6}  e  fu  im- 
pinguato col  patrimonio  ecclesiastico  dei 
soppressi  luoghi  pii  e  monasteri.  Le  scuo- 
le pubbliche  cominciate  nel  secolo  XIV, 
furono  aumentate  in  progresso  di  tem- 
po; nel  conservatorio  di  s.  Nicolò  ricevo- 
no adatta  coltura  le  fanciulle  di  agiata 
condizione.  Inoltre  vi  è  il  seminario,  le 
scuole  pei  chierici,  il  magnifico  collegio 
fondato  dal  can.°  Cicognini  e  già  diretto 
dai  gesuiti,  la  biblioteca  pubblica  fonda- 
ta nel  1676  dal  pratese  Rondoni,  aumen- 
tata dal  can.°  Giannini,  e  da  ultimo  dal 
dotto  mg.r  Alessandro  Lazzarini  biblio- 
tecario della  Corsiniana  di  Roma  e  Ma- 
stro  delle  ceremonìe  pontificie  {V.).  Per 
P  industria  Prato  si  può  dire  la  Manche- 
ster del  granducato  e  l'emporio  manifat- 
turiero della  Toscana;  imperocché  le  ar- 
ti industriali  fin  dal  secolo  XIII  erano  con 
favore  coltivate  dai  piatesi,  e  nel  seguen- 
te die  prove  di  maestria  nell'arte  de'pan- 
ni  :  ne'  tempi  moderni  diversi  ingegnosi 
cittadini  migliorarono  le  manifatture,  e 
Vincenzo  Mazzoni  v'introdusse  quella  dei 
berretti  rossi  di  Levante,  coadiuvato  dal 
tintore  Pacchiani;  altro  progresso  lo  de- 
ve a  Gio.  Rallista  Mazzoni.  Tra  i  diversi 
lodevoli  opificii  nominerò  5stamperie,  la 
maggiore  delle  quali  de'fratelli  Giacchet- 
ti, distinta  per  le  opere  classiche  pubbli- 
cate, pei  buoni  caratteri,  pei  torchi  da  cal- 
cografia e  da  tipografia  di  ferro  fuso  in- 
glesi e  francesi.  Molte  strade  notabili  fan- 
no capo  a  Prato,  e  nel  luglio  i85i  s'inau- 
gurò la  strada  ferrata  da  Prato  a  Pistoia. 
11  clima  è  temperato,  le  acque  ottime,  l'a- 
ria salubre:  le  acque  incanalate  del  Bi- 
senzio  favoriscono  l'industria  manifattu- 
riera e  le  produzioni  del  suolo.  Lungo  sa- 


PRA  55 

rebbe  il  novero  degl'illustri  pratesi,  laon- 
de indicherò  i  più  celebri.  Nelle  scienze 
teologiche  e  politiche  fiorì  il  cardinal  Ni- 
colò degli  diberli  o  libertini  (F '.)  di  Pra- 
to (Z7.),  preceduto  d'un  secolo  da  fr.  Ar- 
lottoda  Prato  de'minori  e  creduto  r.°  au- 
tore delle  Concordanze  bibliche.  Gemi- 
nianolnghirami  bravo  canonista, Antonio 
Martini  arci  vescovo  di  Firenze  celebre  per 
ecclesiastica  dottrina,  Jacopo  Guidalolti 
profondo  politico.  Nelle  scienze  fisiche  e 
matematiche  si  distinsero,  Paolo  Dago- 
mari  il  Geometra,  Francesco  Buonamici, 
Jacopo  Bettazzi  autore  dell'  Opus  Pasca' 
le  o  correzioni  al  calendario  Gregoriano, 
principalmente  Francesco  Vacchiani  e 
Gioacchino  Carradori;in  belle  lettere  fio- 
rirono il  Convenevole  maestro  di  Petrar- 
ca, e  Giovanni  di  Gherardo  espositore  iti 
Firenze  della  Divina  commedia j  in  eco- 
nomia e  nelle  arti  industriali  figurò  il  mer- 
cante Francesco  Datini  e  i  lodati  di  so- 
pra; in  erudizione  e  storia,  ed  autori  d'o- 
pere, il  nominato  Bianchini  e  Gio.  Bat- 
tista Casotti;  fr.  Bartolomeo  della  Porta, 
uno  de'pr inci pi  della  pittura,  nacque  a  Sa • 
vignano  presso  Prato  e  si  vesti  domeni- 
cano nel  convento  di  Prato. 

Prato  già  esisteva  nel  principio  del  se- 
colo XI colla  qualifica  di  castello  de'con- 
ti  Alberti  di  Vernio,  posto  poco  lungi  dal- 
la sua  pieve  di  s.  Stefano  nel  Borgo  Cor- 
nio,  i  quali  sono  rammentati  in  un  pri- 
vilegio del  99 1  d'Ottone  III,  che  confer- 
ma al  vescovo  di  Pistoia  la  corte  e  la  pie- 
ve nel  Borgo  Cornio  di  sua  giurisdizione. 
Nel  1  o  92  nel  palazzo  torrito  o  cassero  del 
castello  di  Prato  abitavano  i  conti  Alber- 
ti. Altri  dissero  fondata  Prato  da  una  po- 
polazione del  vicino  Monte  Giavello  e- 
mancipatasi  dai  conli  Guidi,  e  che  sta- 
bilitisi in  una  terra  prativa  da  loro  com- 
prata, chiamarono  Pratoìa  nuova  patria; 
perciò  altri  affermano  che  i  pratesi  non 
furono  soggetti  né  ai  detti  signori,  né  ad 
altro  barone  imperiale.  Nel  1 107  Prato 
difesa  da  fossi,  dal  fiume,  forse  da  mura 
e  dal  valore  degli  abitanti, sostenne  un  as- 


56  PRA 

sedio  contro  la  gran  contessa  Matilde  e 
il  vescovo  di  Pistoia;  altri  pretesero  che 
i  fiorentini  a  punire  la  ribellione  de'pra- 
tesi  disfecero  il  castello:  le  controversie 
per  giurisdizione  ecclesiastica  fra'pistoie- 
si  e  pratesi  sono  assai  antiche,  mentre  ri- 
guardo alla  giurisdizione  civile  i  pratesi 
al  pari  de'fìorentini  sostennero  quasi  sem- 
pre la  parte  guelfa.  Nel  1 1 54  i  piatesi 
furono  in  grado  di  far  guerra  a  Pistoia 
pelcastellodiCarmignano.Nel  i  i56sem- 
bra  già  Prato  costituito  in  comune,  anzi 
taceva  guerre  e  paci  prima  di  questo  tem- 
po; accresciuto  il  paese  di  borghi  ,di  chie- 
se e  di  abitanti,  il  comune  provvide  per 
circondare  con  più  vasto  cerchio  di  mu- 
ra e  fortificare  con  torri  le  nuove  porle 
della  Terra  di  Prato  nel  1 192,  in  cui  go- 
vcrna  vasi  dai  consoli,  ai  quali  erano  uniti 
i  consiglieri,  i  militi,  i  mercanti  e  rettori 
delle  arti:  nel  ia5o  i  pratesi  ai  consoli 
sostituirono  gli  anziani  con  un  podestà 
ed  un  numero  di  consiglieri,  ma  da  un  at- 
to del  1241  si  rileva  ch'erano  governati 
e  protetti  dal  vicario  imperiale.  Nel  1 191 
Enrico  Vi,  nel  I2i3  Ottone  IV  impe- 
ratori eransi  recati  a  Prato  di  passaggio, 
per  cui  il  Castello  o  palazzo  che  li  allog- 
giò prese  il  nomed'Imperatore.Dipoieb- 
bero  i  pratesi  il  capitano  del  popolo,  co- 
inè nel  1 284  in  cui  venne  edificato  il  par 
lazzo  pretorio  o  palazzo  del  popolo.  Ver- 
so il  1289  fu  adottato  il  regime  popo- 
larcene! 1292  si  fecero  lastricare  le  stra- 
de interne  a  spese  degli  abitanti.  Frati- 
tanto  i  partiti  de'  guelfi  e  de'  ghibellini 
avendo  trovato  in  Pistoia  (F.)  e  in  Fi- 
renze nuovo  fomite  sotto  il  nome  di  bian- 
chi e  di  neri,  misero  in  apprensione  i  go- 
vernanti fiorentini,  che  per  timore  in  Pra  • 
to  accadesse  altrettanto,  la  signoria  in- 
dusse i  reggitori  della  Terra  a  consegnar 
nel  l'ini  a  un  capitano  guelfo  fiorenti- 
no il  Castello  dell'Imperatore.  Nel  i3o4 
Benedetto  XI  mandò  in  Fireuzea  paci- 
ficare i  due  opposti  partiti  il  legalo  car- 
dinal Nicolò  da  Prato,  di  vasta  e  profon- 
da dottrina,  soprattutto  celebre  in  poli- 


PRA 
tica.  Machiavello  che  lo  dice  ghibellino 
e  voleva  ripatriare  i  fuorusciti,  venne  in 
sospetto  di  tutti  e  fu  costretto  pieno  di 
sdegno  lasciar  Firenze  e  Prato  sua  pa- 
tria, nella  più  parte  guelfe,  in  mezzo  alla 
confusione  e  all'interdetto  che  gli  fulmi- 
nò; ed  il  Papa  per  vendicar  gli  oltraggi 
fatti  al  suo  legato,  con  alto  del  2 1  giu- 
gno scomunicò  i  guelfi  ed  i  neri,  e  con 
essi  i  cittadini  di  Prato.  Ma  nell'aprile 
1 309,  quando  la  residenza  pontificia  fu 
trasferita  fatalmente  in  Provenza  per  pri- 
maria cagione  del  cardinale  da  Prato,  i 
ghibellini  pratesi  cacciarono  fuori  i  guel- 
fi, i  quali  però  subito  coll'aiutode'pistoie- 
si  e  de'fìorentini  ripatriarono  ed  espul- 
sero i  loro  emuli  :  in  benemerenza  i  pra- 
tesi mandarono  poi  aiuti  a  Firenze  con- 
tro Enrico  VII,  ed  alla  lega  guelfa  to- 
scana per  battagliare  il  Serissimo  ghibel- 
lino Uguccione  della  Faggiuola,  ed  è  per- 
ciò che  i  pratesi  si  posero  con  altri  guelfi 
sotto  la  protezione  di  Roberto  redi  Na- 
poli capo  e  difensore  de'guelfì  in  Italia  e 
benemerito  della  concordia  di  essi:  il  re 
mandò  quindi  nel  1 3  1 4  un  vicario  re- 
gio in  Prato.  Nel  i326  il  goufaloniere  e 
gli  8  difensori  di  Pialo  dierono  il  gover- 
no della  patria  al  figlio  del  re  Carlo  du- 
ca di  Calabria.  Da  un  diploma  di  Rober- 
to del  i328,  riportato  dall' LJghelli,  Zta- 
lia  sacra  t.  3,  p.  3 19,  si  rileva  che  Pra- 
to fu  ornato  del  titolo  di  città.  Intanto 
per  difendersi  da  Castruccio  signore  di 
Lucca,  si  fecero  nuovi  fossi  e  nuovo  cer- 
chio di  mura,  ed  i  fiorentini  sommini- 
strarono pronto  aiuto  a  Prato,  quando 
quel  prode  capitano  la  voleva  ad  ogni 
modo  tributaria  e  occupare;  e  siccome 
più  volte  ne  danneggiò  il  contado,  il  co- 
mune compensò  quelli  che  aveano  sof- 
ferto, con  esenzioni  di  dazio  e  con  terre- 
no per  fabbricarvi  case.  Divenuta  regi- 
na di  Napoli  Giovanna  I  figlia  del  duca 
Carlo,  nel  i348  Prato  prestò  omaggio 
a'suoi  ministri;  di  poi  nel  i352  lo  cede 
col  distretto  ai  fiorentini  per  1  7,5oo  fio- 
rini d'oro.  Firenze  prese  possesso  di  lui- 


PRA 

to  il  contado,  l'incorporò  alla  signoria  e 
mandò  uflìziali  a  governarlo,  accrescen- 
do le  fortificazioni  con  una  specie  di  Roc- 
ca detta  nuova,  per  distinguersi  dalla  vec- 
chia o  Castello  dell'Imperatore,  ad  am- 
bedue mandando  il  castellano.  I  fioren- 
tini accordarono  a  Prato  molte  esenzio- 
ni e  immunità,  e  fecero  istanza  ad  Ales- 
sandro V  a'3o  agosto  i4°9  perchè  l'eri- 
gesse in  città  vescovile,  ed  in  cattedrale 
la  chiesa  collegiata  de'ss.  Stefano  e  Lo- 
renzo, come  dal  documento  pubblicato 
da  Ughelli,  nel  quale  si  legge  il  luogo  e  la 
mensa  assegnata  alla  diocesi,  il  cui  i ." 
vescovo  dovea  essere  il  preposto  di  Pra- 
to, indipendente  da  quelli  di  Lucca  e  di 
Pistoia,  accordandosi  però  a  quest'ultimo 
in  compenso  diversi  luoghi.  Il  Papa  an- 
nuì, da  Pisa  si  recò  a  Prato,  ed  ivi  si  vuole 
che  dettasse  il  breve  d'erezione  del  ve- 
scovato, che  però  rimase  senza  effetto  o 
per  la  morte  del  Papa  accaduta  poco  ap- 
presso in  Bologna, o  per  effetto  delle  vicen  . 
de  calamitosedel  grande  scisma,  o  per  gli 
ostacoli  che  vi  avranno  opposti  i  vescovi 
di  Pistoia.  Nel  1470  il  fiorentino Nalcli  con 
alcuni  fuorusciti  tentò  una  inconsiderata 
rivoluzione,  prese  la  Rocca, una  porta  del- 
la Terra  e  il  palazzo  pretorio,  ma  tutti  fu- 
rono impiccati.  A  cagionedella  peste  qui- 
vi nel  1 485  fu  provvisoriamente  trasferita 
l'università  di  Pisa,  Fuepoca  lacrimevole 
per  Prato  il  29  agosto  1  5  1  2  sino  a'  1 9  set- 
tembre pel  fidissimo  sacco,  cumulo  di  vio» 
lenze  e  barbare  stragi  d'innocenti  e  rispet- 
tabili persone,  operato  dai  soldati  spa- 
gnuoli,  con  intesa  de' fuorusci  ti;  per  cui 
Giulio  II  con  tre  bolle  autorizzò  l'arci- 
vescovo di  Firenze,  il  preposto  di  s.  Ste- 
fano di  Prato  e  il  vicario  del  vescovo  di 
Pistoia  a  fulminar  la  scomunica  contro 
i  detentori  dei  mobili  o  immobili  tolti 
nel  saccheggio  agli  ospedali.  Da  questa 
epoca  Prato  come  Firenze  soggiacque  ai 
comandi  del  cardinal  Gio.de  Medici,  poi 
Leone  A',  che  godeva  i  benefizi  della  col-, 
legiata  e  dell'abbazia  di  Vaiano  (la  pre- 
positura in  commenda  la  godè  dal  1 492  al 


PRA  57 

i5oi),  avendo  fornito  aglispagnuoli  due 
cannoni  per  aprire  la  breccia  alle  mura 
castellane.  Assediata  Firenze  dalle  mili- 
zie di  Carlo  V  e  Clemente  "VII ,  i  reggi- 
tori di  essa  fortificarono  Prato  come  uno 
degli  antemurali  della  loro  città,  indi  la- 
sciarono in  libertà  i  pratesi  di  accomo- 
darsi col  Papa  che  mandò  a  governarla. 
Sotto  il  i.°  granduca  di  Toscana,  i  reg- 
gitori del  comune  di  Prato,  lasciato  il  ti- 
tolo degli  8  difensori  del  popolo,  presero 
quello  di  priori, presieduti  come  innanzi 
dal  gonfaloniere  di  giustizia  e  in  nume- 
rodi  8 come  le  porte  della  Terra,  la  qua- 
le contava  6  sobborghi.  D'allora  in  poi 
Prato  seguì  i  destini  del  granducato,  ed 
8*29  maggio  1 8 1 5  fu  onorata  dalla  pre- 
senza di  Pio  VII,  che  da  Pistoia  recava- 
si a  Firenze,  che  produsse  un  divoto  en- 
tusiasmo. 

La  brama  del  clero,  pieve  e  preposi- 
tura di  Prato,  di  emanciparsi  dal  vesco- 
vo di  Pistoia,  è  molto  antica,  restando- 
ne traccia  nell'assedio  del  1  107,  e  dal  li- 
berarsi che  fecero  i  pievani  fino  dal  1  1  33 
dall'autorità  feudale  de'conti  Alberti:  le 
controversie  fra'  proposti  di  Prato  ed  i 
vescovi  di  Pistoia  incominciarono  nel 
1207,  essendo  già  questa  pieve  la  1  .'del- 
la diocesi  pistoiese.  Si  aumentarono  nel 
seguente  secolo,  e  per  quelle  sui  ponti- 
ficali del  vescovo  e  sul  mostrare  la  s. 
Cintole/)  come  sulla  visita,  nel  1408  di- 
chiarò Gregorio  XII  la  pieve  di  Prato 
esente  dalla  visita  del  diocesano  e  con- 
seguentemente nulliiis  dioecesis;  ed  è 
perciò  che  la  signoria  di  Firenze  pregò 
Alessandro  V  ad  erigere  la  sede  vesco- 
vile di  Prato.  In  vista  pertanto  de'gran- 
di  privilegi  in  più  tempi  a  questa  insigne 
collegiata  pieve  di  Prato  concessi  dai  Pa- 
pi e  imperatori,  essendo  proposto  il  sud- 
detto Carlo  de  Medici,  Pio  li  colla  bol- 
la Etsìcunctaj presso l'Ughelli, nel  i463 
la  qualificò  nullius  dioecesis, esentando  il 
suo  clero  dalla  giurisdizione  del  vescovo 
di  Pistoia  e  dichiarando  i  proposti  no- 
tali della  s.  Sede.  Ne  ottenne  conferma 


58  PRA 

daPaoloHIcolIa  bolla  Cunisicut  nel  i543 
il  cardinal  Nicola  Ridolfi  proposto  com- 
mendatario della  medesima.  Paolo Vcon- 
fertnò  l'uso  de'pontificali  ai  proposti,  col- 
la bolla  Decet  Romanum  del  i6o5,  per 
le  suppliche  del  proposto  Filippo  Salvia- 
ti,  e  nel  1608  l'estese  a  tutte  le  chiese 
soggette  alla  prepositura.  Finalmente  ad 
istanza  del  proposto  commendatario  car- 
dinal Carlo  de  Medici  edel  fratello  Fer- 
dinando II  granduca,  Innocenzo  X  col- 
la bolla  Redemploris  nostri,  de'22  set- 
tembre 1 653,  Bull.  Rom.  t.  6,  par.  3,  p. 
258,  eresse  in  cattedrale  la  prepositura 
di  Prato  e  questa  in  città  vescovile,  an- 
che per  decreto  sovrano,  e  l'unì  perpe- 
tuamente suffraganea  dell'arcivescovo  di 
Firenze  al  vescovatodi  Pistoia,  colla  con- 
dizione aeque  principalìter,  e  d'essere  il 
vescovo  di  Pistoia  pastore  tanto  della  sua 
cattedrale  che  della  nuova  di  Prato,  la 
cui  giurisdizione  venne  limitata  dentro 
i  confini  delle  sue  mura  castellane.  Il  ve- 
scovo assunse  i  titoli  di  vescovo  di  Pi- 
sloia  e  Prato.  Ben  presto  il  capitolo  pra- 
tese ebbe  cura  di  richiamare  i  suoi  chie- 
rici dal  capitolo  di  Pistoia,  fondando  un 
seminario  che  aprì  nel  1680,  prima  che 
il  vescovo  Basi  fondasse  quello  di  Pistoia. 
Dopo  diverse  traslazioni,  il  seminario  di 
Piato  nel  1780  fu  stabilmente  collocato 
nell'antico  monastero  vallombrosano  di 
s.  Fabiano,  i  cui  beni  Leone  X  avea  as- 
segnati al  capitolo  della  collegiata.  L'U- 
ghclli  dieci  dà  importanti  notizie  su  Pra- 
to e  sua  diocesi,  dichiara  godere  le  di- 
gnità e  canonici  l'uso  della  colta  sopra 
il  rocchetto  e  della  cappa  magna  viola- 
cea, e  gli  altri  cappellani  corali  o  porzio- 
nari  l'almuzia  nera  oltre  la  cotta.  Ripor- 
ta la  serie  de'35  proposti,  che  incomin- 
ciata nel  1070  terminò  nel  1 653, coi  pri- 
vilegi concessi  da  Innocenzo  II,  Adriano 
1 V,  Alessandro  111,  Lucio  III,  Urbano  111, 
Gregorio  IX,  Innocenzo  IV  ed  altri.  Ol- 
tre i  rammentati  proposti,  lo  furono  li- 
berto deli  ì/fi,  cui  a  Michaele pratensi 
B.  ./)/.  /Irgmis  cingulum  Hierosolymis 


PRE 

allalum,  ut  decenter  tervaretur,  tradii 
tumfuitj  il  cardinal  Giovanni  Colonna 
nel  1 34 1  ;  Giovanni  da  Parma  medico 
del  Papa  dal  i35o  al  i35r;  cardinale 
Ferdinando  de  Medici  dal  1 574  al  i588 
divenuto  granduca;  cardinal  Alessandro 
de  Medici  dal  1 588  al  i6o5  in  cui  di- 
venne Leone  XI.  Altre  notizie  su  Prato 
si  possono  leggere  in  Repetti,  Dizionario 
geografico  fisico- storico  della  Toscana. 
Il  Beccaste!,  Storia  del  cristianesimo,  t. 
35, p.  1 85,  racconta  i  disordini  avvenuti 
in  Prato  sotto  il  famoso  vescovo  di  Pi- 
stoia e  Prato  Scipione  Ricci,  il  quale  non 
contento  di  avere  ridotto  i  templi  del- 
l'Altissimo ad  una  pretesa  antica  nudità, 
e  non  volere  altari  oltre  il  maggiore,  scris- 
se al  suo  vicario  di  Prato  che  si  portas- 
se nelle  chiese  di  s.  Vincenzo  e  del  Duo- 
mo, per  coprire  le  memorie  d'indulgen- 
ze e  poi  toglierle.  Essendosi  sparsa  voce 
che  il  vescovo  volesse  demolire  l'altare 
ove  con  tanta  venerazione  gelosamente 
si  conserva  la  s.  Cintola,  il  popolo  insorse 
con  furore  religioso  per  difenderlo,  ed  ai 
20  maggio  1787,  armato  di  accette  e  ba- 
stoni, tumultuosa  mente  s'impossessò  del- 
l'altare della  Cintola,  onde  la  sera  non  fu 
possibile  chiudere  la  chiesa  eie  campa- 
ne suonarono  per  tutta  la  notte.  Accad- 
dero lagrimevoli  fatti,  si  bruciarono  lo 
stemma  e  la  cattedra  del  vescovo,  le  carte 
degli  uffizi  e  delle  messe,  e  si  fecero  molti 
attentati  strani:  la  truppa  spedita  da  Fi- 
renze quietò  l'insurrezione  e  ne  punì  i 
capi.  Nel  monastero  di  detta  chiesa  di  s. 
Vincenzo  prese  1'  abito  del  terz'  ordine 
de'predicatori  e  ne  fu  priora  s.  Caterina 
Ricci  nobile  fiorentina, ed  ivi  si  venera  il 
suo  corpo.  Abbiamo  nel  1. 1  .°delCalogerà, 
Dell'origine  e  progressi, e  dello  stato  pre- 
sente  della  città  di  Prato,  ragionamento 
istorico  del  conte  Giambattista  Casotti 
canonico  pratese. 

PREADAMITI.  Abitanti  della  terra, 
che  alcuni  hanno  supposto  avessero  esi- 
stilo avanti  Adamo.  Nel  i655  Isacco  de 
la  Pcrreyre  o  Peyrere  francese,  infetto 


PRE 

degli  errori  di  Calvino,  fece  stampare  in 
Olanda  un  libro,  nel  quale  pretese  pro- 
vare che  vi  furono  uomini  avanti  Ada- 
mo, e  questo  paradosso  assurdo  trovò  su- 
bito de'settatori;  ma  la  confutazione  che 
pubblicò  Desmarais,  professore  di  teolo- 
gia a  Groninga,  soffocò  sì  strano  vaneg- 
giamento, avendo  inutilmente  Perreyre 
tentato  di  farlo  rivivere  con  una  repli- 
ca. Egli  chiamò  gli  ebrei  Sdamili,  sup- 
ponendoli discesi  da  Adamo,  ed  appellò 
Preadamiti  i  gentili,  che  secondo  le  sue 
pretensioni,  esistevano  già  molto  tempo 
avanti  Adamo.  Fu  il  Perreyre  arrestato 
in  Fiandra  d'ordine  dell'inquisizione,  che 
lo  condannò;  appellò  alla  s.  Sede  e  gli  fu 
permesso  recarsi  a  Roma.  Alessandro  VII 
lo  persuase  del  suo  errore,  quindi  im- 
plorando perdono  alla  sua  aberrazione, 
pubblicò  solenne  ritrattazione  del  suo  li- 
bro e  abiurò  i  suoi  errori.  Il  Papa  ne  fu 
consolato  e  gli  offrì  de'benefìzi  ecclesia- 
stici che  ricusò;  e  ritiratosi  presso  i  pa- 
dri dell'oratorio  della  Madonna  di  Ver- 
tus,  morì  pentito  nel  1676.  Della  vita  e 
scritti  di  Perreyre  e  delle  confutazioni  che 
furono  pubblicate,  scrissero:  Gio.  Conr. 
Dannhawer,  Praeadamita  ulis,  o  Fabu- 
la priniorum  hominum  ante  Adamutn 
conditorumexplosa.  Filippo  Priori  o Eu- 
sebio Romano,  Animadversion,  in  librum 
Praeadamilarum.NalaWlessandvoféisl. 
eccl.  veter.  leslam.  t.  1,  disser.  3,  ar.  1,  p. 
07.  Niceron,  Memorie  t.  12  e  22. 

PREBENDA,Pmeèe«rfrt.Rendita  fer- 
ma di  cappella  o  di  canonicato.  Benché 
la  parola  prebenda  si  confonda  ordina- 
riamente col  Canonicato  (^.),avvi  però 
la  differenza,  che  la  prebenda  è  un  di- 
ritto che  l'ecclesiastico  ha  di  riscuotere 
certe  rendite  in  una  chiesa  cattedrale  o 
collegiale,  mentre  il  canonicato  è  un  ti- 
tolo spirituale  indipendente  dalla  rendita 
temporale;  di  maniera  che  la  prebenda 
può  sussistere  senza  il  canonicato,  ma  il 
canonicato  è  inseparabile  dalla  prebenda 
del  Canonico  (V.).  Non  alla  prebenda, 
bensì  al  canonicato  sono  annessi  i  diritti 


PRE 


% 


spirituali;  e  quando  la  prebenda  è  unita 
al  canonicato  diviene  spirituale.  La  pre- 
benda, distinta  così  dal  canonicato,  po- 
teva esser  divisa  e  conferita  anche  a  lai- 
ci, e  di  là  le  semi-prebende  che  si  vede- 
vano nella  maggior  parte  de'capitoli  con- 
ferite a  cappellani.  Queste  semi  preben- 
de essendo  possedute  da  ecclesiastici  co- 
stituivano titolo  di  Benefìcio  (^.),  irre- 
vocabile o  amovibile  secondo  le  diverse 
costumanze  de'capitoli.  In  molti  di  que- 
sti i  cappellani  semi  prebendati  non  po- 
tevano essere  rivocati  dal  capitolo  che  li 
aveva  nominati  e  potevano  anche  qual- 
che volta  rassegnare  le  loro  semi  preben- 
de. Oltre  le  prebende  teologale  e  peni- 
tenziale, vi  èia  prebenda  precettoiiale  o 
scolastica  nelle  cattedrali  o  collegiate,  as- 
segnata ad  un  maestro  o  precettore  per 
insegnare  la  grammatica  ai  chierici  di 
quelle  chiese  e  ad  altri  ;  questa  in  Fran- 
cia se  data  a  un  laico  non  gli  conferiva 
gli  onori  canonicali  e  non  era  un  bene- 
fìcio, ma  il  solo  reddito  annesso.  Nell'età 
di  mezzo  si  chiamò  prebenda  la  distribu- 
zione di  viveri  che  si  faceva  ai  soldati,  il 
quale  significato  passò  alle  distribuzioni 
che  facevansi  ai  canonici  ed  ai  monaci, 
poscia  alle  porzioni  delle  rendite  de  Beni 
di  chiesa  (P-),  che  toccarono  agli  eccle- 
siastici dopo  la  divisione  che  fu  fatta  di 
detti  beni.  Che  prebende  furono  dette  le 
porzioni  della  massa  canonicale,  anche  a 
tempo  di  Bonifacio  Vili,  lo  afferma  Ga- 
rampi,  Memorie,  p.  298.  Cecconi,  Istit. 
de' seminari,  p.  9  e  18,  dice  che  i  benefizi 
furono  chiamati  prebende,  perchè  l'en- 
trate de'chierici  beneficiati  o  prebendati 
derivavano  dalle  pie  oblazioni  fatte  pel 
comune  mantenimento  del  parroco  e  dei 
suoi  chierici,  i  quali  lo  assistevano  nelle 
sagre  funzioni  e  dal  medesimo  erano  di- 
retti alla  pietà  e  nella  buona  erudizione; 
quindi  chi  gode  di  qualche  porzione  di  si- 
mili prebende  èobbligato  a  servir  la  chie- 
sa di  cui  furono  le  offerte,  ed  in  essa  deve 
intervenire  ai  divini  offìzi  ne'giorni  deter- 
minati, particolarmente  festivi.  Dell'origi- 


6o  PRE 

ìic  della  prebenda  del  Penitenziere  vedasi 
tale  articolo:  quanto  a  quella  teologale  e 
scolastica,  dice  Cecconi  che  derivadal  di- 
sposto de'concilii  generali  Lateranensi  III 
e  IVjdie  a  rimediare  alla  grave  ignoranza, 
determinarono  che  in  ciascuna  cattedra- 
le si  stabilisse  un  maestro  di  grammatica 
per  ammaestrare  i  giovani  della  chiesa 
medesima;  e  il  2.0  aggiunse  che  nelle  me- 
tropolitane si  eleggesse  anche  un  lettore 
teologo.  Dal  medesimo  decreto  ebbero  o- 
rigine  le  prebende  teologali  eie  scolasti- 
che oscolasterie.  Prebendario,  era  noma- 
ta quella  vergine,  che  nel  monastero  vi- 
vea  separata  dalle  monache,  sostentando- 
si colle  limosine,  quasi  come  le  attuali  e- 
ducande,  convittrici  o  pensionate. 

PRECANTORE.  V.  Precettore. 

PRECA  USA. Sede  vescovile  della  prò- 
\incia  Bizacena  dell'Africa  occidentale, 
sotto  la  metropoli  d'  Adrumeto.  Adeo- 
dato suo  vescovo  nel  484  ■  portò  alla  con- 
ferenza di  Cartagine.  Africa  chr. 

PRECENTORE  o  PRECANTORE, 
Praecenlor.  E  il  primo  o  il  secondo  Can- 
tore {V),  ed  il  maestro  del  Coro  (P-), 
dignità  di  alcune  chiese  cattedrali  o  col- 
legiate. Alacri,  Notizia  de'vocab.  eccl.,  lo 
chiama  Archiparaphonista,  capo  degli 
acclamatoti  tra'greci  (delle  Acclamazio- 
ni parlai  anche  a  Laudi),  del  quale  trat- 
tai ad  Arcicantore  (V-)  e  perchè  si  chia- 
mò Precenlorej  mentre  a  Cantore  dis- 
si, che  siccome  il  prefetto  della  scuola  dei 
cantori  si  chiamava  Primicerio  (V.) ,  il 
suo  compagno  fu  detto  Succenloro  Prae- 
centor,  cioè  Secondicerio.  V.  Canto  ec- 
clesiastico, Cantori,  Musica  sacra.  Can- 
torinum  ,  ad  eorum  instructionem  ,  qui 
cantimi  ad  cliorum  pertinent,  Venetiae. 
Giuseppe  Frezza,  //  cantore  ecclesiastico 
ovvero  notizia  del  canto  fermo,  Padova 
J699.  Vincenzo  Requeno,  Saggio  sul  ri- 
stabilimento dell'arte  armonica  de' greci 
e  romani  cantori,  Parma  1  798.  Lorenzo 
Berti,  Regole  del  canto  Gregoriano  rica- 
vale da  rinomati  autori,  Roma  1 836. 

PRECI  PRIMARIE.  Indulto  pontili- 


PRE 

ciò  col  quale  il  Papa  accordava  agi' Im- 
peratori (f.)  la  facoltà  di  poter  conferi- 
re le  dignità  e  benefizi  ecclesiastici,  va- 
canti la  prima  volta  dopo  la  loro  elezio- 
ne, precedendone  1'  analoga  petizione  al 
Papa  mediante  lettera,  chiamandosi  per- 
ciò preci  primarie,  perchè  il  Papa  con- 
cedeva le  dignità  e  benefizi  ad  primas 
preces  imperaloris,  e  con  questa  forato- 
la: Devotionem  titani  rogamusj\eg^en- 
dosi  in  quella  di  Rodolfo  I  del  1  273:  Prae- 
decessoritm  vestigiis  inhaerere  volentest 
primarias  preces  noslras  prò  devoto,  etc. 
ad  vox  porreximus,  etc.  Vos  adhortan- 
tes,  et  prò  conservalione  jurium,el  con- 
sueludinem  Rom.  Imper.  expresse  requi- 
renles,  come  rilevasi  dalla  lettera  di  Giu- 
seppe I  del  1705,  presso  Bohemero  1.  3, 
tit.  5,  p.  353.  Diverse  forinole  sono  in 
Append.  ad  Gervasium  Tilberiensem  de 
Imperio  Romano,  p.  1  i3,  ed  in  Leibni- 
tium  iu  Codice  diplomatico  juris  gen- 
tium  par.  1,  §  g8,  p.  222.  V.  Investi- 
ture ecclesiastiche.  Lodovico  Anasta- 
sio ,  Islor.  degli  Antipapi  t.  2,  p.  2  55, 
riferisce  ,  che  1'  imperatore  Sigismondo 
partito  dal  concilio  di  Costanza(Jr.)  per 
pacificare  i  re  di  Francia  e  Inghilterra, 
nel  viaggio  raccomandò  al  concilio  di  non 
decider  prima  del  suo  ritorno  sopra  il 
diritto  imperiale  delle  prime  preghiere. 
Ne' voi.  V,  p.  86, e  XXIX,  p.  1 56,  par- 
lando de' Benefizi  ecclesiastici  e  loro  no- 
mina, e  di  Germania,  trattai  delle  cagio- 
ni che  determinarono  il  Concordato  Ger- 
manico (f^.)  tra  Nicolò  V  e  l'imperato- 
re Federico  III  (confermato  poi  da  Cle- 
mente VII  nel  1 534,  quando  volevano 
violarlo  alcuni  prelati  tedeschi,  da  Giu- 
lio III,  e  da  Gregorio  XIII  che  ordinò  ai 
collatori  ordinari  de'benefizi, che  non  po- 
tessero conferirli  dopo  3  mesi  dalla  loro 
•vacanza,  se  dentro  quel  tempo  ne  aves- 
se provvisto  la  s.  Sede),  col  quale  il  Pa- 
pa meglio  Io  regolò  nel  i/{52  in  Roma, 
dopo  averlo  coronato  a*  19  marzo,  nel 
qual  giorno  Federico  III  ottenne  da  Ni- 
colò V  l'indulto  delle  preci  primarie  con 


PRE 
bolla  presso  Rinaldi, an.  1 4^2,11. 3;Gioan- 
netti,  De  Rom.  Pont.  cap.  1 86,  p.  3 1 4, 
e  presso  Corradini.  Ma  non  avendo  Ni- 
colò V  espressamente  derogato  al  concor- 
dato, il  qualeescludeva  tali  preci, nacque- 
ro gravi  difficoltà ,  a  togliere  le  quali  il 
Papa  diede  nel  i4^4  un  nuovo  indulto 
con  espresso  derogamento  al  concorda- 
to, e  questa  medesima  concessione  fu  con- 
fermata dal  successore  Calisto  III  nel 
i455.  Giovanni  a  Cochier ,  Scholia  in 
primarias  preces  imperatoris ,  illustrò  e 
discusse  T  indulto  di  queste  preci  prima- 
rie, concesso  da  Paolo  V  nella  bolla  dei 
4  giugno  1620  all'imperatore  Ferdinan- 
do II.  Della  vertenza  insorta  tra  Giusep- 
pe I  e  Clemente  XI  nel  1705,  per  volere  il 
primo  conferire  i  benefìzi  senza  aver  do- 
mandato le  preci  primarie,  feci  cenno  nel 
voi.  XXIX,  p.  171,  ed  il  Papa  non  ac- 
cordò l'indulto.  Ivi  raccontai  die  il  suc- 
cessore Carlo  VI  avendolo  domandato, 
nel  1 714  l'ottenne.  Il  contemporaneo 
diarista  Cecconi  ne  riporta  la  formalità 
a  p.  643.  Il  marchese  di  Prie  ambascia- 
tore imperiale  a'i5  febbraio  si  portò  al- 
l'udienza di  Clemente  XI,  coi  cardina- 
li Adda,  Colonna  e  Imperiali,  e  con  un 
corteggio  imponente  e  decoroso.  In  nome 
dell'imperatore  domandò  al  Papa  1'  in- 
dulto per  poter  conferire  per  una  sol  vol- 
ta in  tutti  i  luoghi  dell'impero,  tutte  le 
dignità  ecclesiastiche  vacanti  alla  colla- 
zionedella  s.  Sede.  Clemente  XI  ricevet- 
te il  ministro  sotto  il  baldacchino  vestito 
degli  abiti  pontifìcii,  assistito  da  una  par- 
te dai  cardinali  Sacripanti ,  Paolucci  e 
Albani,  dall'altra  i  suddetti.  Il  ministro, 
spiegale  le  credenziali,  fece  la  domanda 
e  ottenne  l' intento.  Aggiunge  Cecconi, 
che  questa  ceremonia  che  in  Germania 
si  chiama  ['Indulto  delle  prime  preci,  non 
era  più  stata  praticata  dopo  Urbano  Vili 
e  l'imperatore  Ferdinando  III.  Questo 
indulto  del  Papa  fu  poi  sottoscritto  dai 
cardinali  nel  seguente  concistoro.  Il  car- 
dinal Corradini ,  sotto  il  nome  di  Con- 
rado Oligenio,  col  quale  alcuni  crede- 


PRE  Gì 

rono  occultarsi  mg.r  Fontanini,  per  or- 
dine di  Clemente  XI,  che  nel  1706  avea 
riprovalo  l'editto  di  Giuseppe  I  ,  scrisse 
l'erudita  dissertazione,  Deprimariis  pre- 
cibus  imperialibus ,Fi\buig\\  Brisgoviae 
1706.  Vi  si  oppose  il  protestante  Miche- 
le Enrico  Griibner,  con  altra,  De  pri- 
mariis precibus  imperialibus }  1707.  E- 
rudita,  forte,  ingegnosa  e  con  bel  meto- 
do distribuita  è  altresì  quella  del  gesui- 
ta p.  Faure,  Dissert.  polemica  de  j'ure 
regaliae,  et  primarum  precuni  contra 
publicistas  protestantes,  acpraecipue  Vi- 
Irìarium,  PfefJìngerum,Grubnerumì  Bo- 
hemerum,  Romaei  753.  Sono  pure  a  ve- 
dersi, quella  del  p.  Biner ,  De  /tire  pri- 
martini  precum  nel  t.  3  del  suo  Appa- 
ratus  eruditionis  ad  jurisprud.,  Augu- 
stae  1752;  quella  del  p.  Schwartz  nel  t. 
8.°  Coli.  hist.  quaest.  6;  quella  di  Acazio 
Antonio  de  Ripoll  nel  Tractalus  rega- 
liarum,  Marcinone  1 644-i  e^  •'  Moreri, 
Dissert.  de  fu  re  primarum  precum.  Tra 
i  protestanti  vi  scrissero,  Adamo  Cortrejo, 
Repraesenlatio  j'uris  primariarum  pre- 
cinti sacratissimis  Imper.  Rom.  German. 
sine  praevio  Ponlìficum  assensu  com- 
petentis,Fvancofurl\  ad  Moenum  1706  : 
poi  l'inserì  nel  t.  1,  par.  6,  Corporisju- 
ri»  publici  p.  93.  Biondi ,  De  jure  Cae- 
sareo  primarum  precum ,  il  quale  trat- 
tando donde  abbia  avuto  origine  il  di- 
ritto delle  preci  primarie,  conchiude:  Hoc 
fus  primariutn  precum  quoad  substan- 
tiam  antiquae  consuetudini ,  quod  mo- 
dum  vero  qualificatimi,  quo  exercelur, 
indulto  pontificio  deberi.  Nel  succitato 
volume  dichiarai  che  Carlo  VII  doman- 
dò e  ottenne  le  preci  primarie  da  Bene- 
detto XI  V,quindi  pel  conciliabolo  d'Ems 
(V.) ,  e  per  le  innovazioni  religiose  di 
Giuseppe  I,  ivi  e  altrove  descritte,  Leo- 
poldo II  abrogò  il  concordato  germani- 
co, terminando  col  successore  Francesco 
I  la  serie  degl'  imperatori  del  sagro  ro- 
mano impero. 

PRECONIO, Praecono,  Praeconium. 
Preconizzare,  bandire  e  pubblicare; Prae- 


62  PRE 

conabilis,  lodevole,  degno  di  lode.  Così 
il  Macri  nella  Not.  de'voc.  eccl.  A  Conci- 
storo, Proposizione  concistoriale,  Pro- 
tettore, parlai  del  preconio  o  dichiara- 
zione o  pubblicazione  de'vescovi  e  abbati 
nullius  che  in  esso  fa  il  Papa.  Ad  Exul- 
tet  parlai  di  questo  inno  o  preconio  pa- 
squale o  benedizione  del  cereo  pasquale , 
perciò  detto  ancora  Laus  o  Consecralio 
cerei. 

PRECONNESO  o  PROCONNESO 
o  MARMORA.  Sede  arcivescovile  del- 
l' Ellesponto  nell'esarcato  d'Asia,  nella 
Propontide  ,  eretta  in  vescovato  nel  V 
secolo,  suffraganea  di  Cizico,  ed  arcive- 
scovato onorario  nel  IX,  nell'isola  del  suo 
nome.  Questa  fu  chiamata  anche  Elapho- 
nesos,  perla  gran  quantità  de'cervi  che  vi 
si  trovavano,  non  che  Marmorao Mar- 
mava per  le  celebri  cavedi  marmo  bian- 
co ancora  in  attività.  h'Oriens  chr.  t.r, 
p.  786  registra  io  vescovi  greci,  e  nel  t. 
3,  p.  946  parla  de'  vescovi  latini,  come 
di  Gallerò  di  Strasburgo  domenicano. 
Al  presente  Preconneso,  Praeconnen,  è 
un  titolo  vescovile  in  partibus  sotto  Ci- 
zico. 

PRECORDI  DE*  PAPI,  Praecordia 
Pontificum.  Il  cuore,  le  viscere  e  interio- 
ra del  corpo  del  Papa  divenuto  cadave- 
re. In  termine  anatomico  si  chiamano 
precordi  le  parti  immediatamente  vici- 
no al  cuore,  la  regione  precordiale  ,  da 
prar,  avanti,  e  cor,  dis,  cuore  :  per  vi. 
sceri  e  viscere  s' intendono  le  parti  in- 
terne del  corpo  umano,  come  fegato,  cuo- 
re e  simili,  extaj  per  interiora  e  inte- 
riori sJ  intende  ciò  eh'  è  rinchiuso  nella 
cavità  del  petto  e  del  ventre,  laonde  vi 
si  comprende  il  cuore  nobilissimo  visce- 
re muscoloso,  centro  della  circolazione, 
che  incomincia  a  muoversi  sino  dai  pri- 
mi istanti  di  nostra  vita,  né  cessa  mai  di 
pulsare  sino  al  totale  estinguimene  di 
questa.  A  Cadavere  e  Egitto  trattai  del- 
l'antichità della  lavanda  e  imbasalmazio- 
ne  de'  cadaveri.  A  Cadavere  del  Papa 
raccontai  che  già  nel  secolo  XIV  ni  la- 


PRE 

vavn  e  condizionava  con  erbe  odorose  e 
aromi  daìV  Elemosiniere  (f^.),  dai  Peni- 
tenzieri (F.) ,  dai  cubiculari  e  altri  con 
molta  diligenza  e  venerazione.  Che  nel 
secolo  seguente  si  ha  che  probabilmente 
fu  aperto  il  cadavere  di  Alessandro  V,  e 
che  morendo  Pio  1 1  in  Ancona  {f^.),  nel  • 
la  cattedrale  furono  deposti  i  precordi, 
ed  il  corpo  fu  portato  a  Roma.  Che  il  ca- 
davere di  Giulio  II  fu  certamente  aper- 
to e  imbalsamato,  così  quelli  di  Clemen- 
te VII,  Paolo  IV,  Pio  IV,  s.  Pio  V.  Tu- 
mulandosi ordinariamente  i  cadaveri  dei 
Papi  nella  basilica  Vaticana,  ne  feci  l'e- 
lenco nel  voi.  XII,  p.  292  ;  anche  i  pre- 
cordi ivi  si  deponevano  nelle  sagre  grot- 
te, finche  essendo  Sisto  V  morto  pel  1 .° 
nel  palazzo  Quirinale,  i  suoi  precordi  fu- 
rono portati  nella  propinqua  chiesa  dei 
ss.  Vincenzo  e  Anastasio  come  parrocchia 
palatina  e  tuttora  si  continua  a  farsi.  Fi- 
no a  Leone XII  vi  si  tumularono  soltan- 
to quei  precordi  de'Papi  defunti  nel  Qui- 
rinale, e  sebbene  per  di  lui  disposizione 
tale  chiesa  non  sia  più  parrocchia  di  det- 
to palazzo,  egli  ordinò  non  solo  che  vi  si 
deponessero  i  precordi  de'  Papi  che  ter- 
minassero di  vivere  nel  Quirinale  ,  ma 
ancora  quelli  che  morissero  nel  Vatica- 
no. Benedetto  XIV  edificò  una  cappella 
sotterranea  sotto  l'altare  maggiore  della 
medesima  chiesa  e  al  modo  che  si  legge 
nel  n.°6 1 86  de\Diario  di  Roma  del  1 757, 
per  contenere  i  precordi  de'  Pupi,  i  cui 
nomi  si  leggono  nelle  iscrizioni  marmo- 
ree di  ognuno,  poste  nelle  pareti  dell'al- 
tare maggiore.  Tutto  riportai  nel  voi. 
XLV,p.  190  eigi,  insieme  al  ceremo- 
niale  come  vi  si  trasportano  i  pontificii 
precordi  ,  non  che  ne'  voi.  VI ,  p.  202, 
Vili,  p.  186,  XXVIII,  p.  4i,  cioè  den- 
tro un  vaso  mortuario  ben  sigillato,  di- 
cendo ancora  che  nelle  pareti  esteriori 
della  chiesa  de'ss.  Vincenzo  e  Anastasio, 
ora  de' ministri  degl'infermi,  si  attaccano 
gli  slemmi  e  le  morti  dipinte  del  defunto. 
A  Chirurgo  ed  a  Medico  parlai  dell'a- 
pertura, sezione  eimbulsamaturadc'cu- 


PRE 

daveri  de'Papi.  A  Pio  VI  raccontai  co- 
me Pio  VI  I  accordò  alla  cattedrale  di  Va- 
lenza,  ov* era  morto,  i  di  lui  precordi  e 
cuore,  insieme  alle  formalità  della  spe- 
dizione che  ne  fu  fatta  da  Roma  (in  una 
cassa  coll'iscrizione  :  Praecordia  Pii  VI 
P.  M.),o\e  col  cadavere  erano  stali  de- 
corosamente mandati,  come  delle  cere- 
monie  funebri  e  dimostrazioni  religiose 
ch'ebbero  luogo,  descrivendo  il  monu- 
mento marmoreo  in  cui  furono  colloca- 
ti. De'cadaveri  de'cardinali,  imbalsama- 
zione, precordi,  funerali  e  tumulazione, 
trattai  ne'citati  voi.  VI,p.  2o6,XXVUI, 
p.  44;  che  alcuni  cardinali  lasciarono  ad 
uua  chiesa  il  corpo,  ad  altra  i  precordi;  al- 
tri vietarono  l'apertura  de'Joro  cadave- 
ri. Abbiamo  la  Disterlation  sur  un  toni- 
beau  de  Philippe  le  Hardij  et  sur  V  u- 
sage  d'inhumer  le  coeur  et  les  entrailles 
des  prìnces,  séparément  de  leurs  corps. 
Mercure  de  France ,  ann.  1718,  mois 
d'Aoùt.  Enrico IV  ordinò  che  il  suo  cuo- 
re fosse  depositato  nella  chiesa  del  col- 
legio della  Flecheda  lui  fondato  ai  ge- 
suiti :  simili  esempi  li  notai  in  diversi  luo- 
ghi. Nei  n.i  3g  e  4o  del  Diario  di  Roma 
1847  si  legge  la  solenne  e  splendida  pom- 
pa funebre  colla  qualein  Vienna  furono 
portati  nella  chiesa  di  corte  il  corpo,  il 
cuore  entro  cappa  d'argento  e  il  vaso  dei 
visceri,  ambedue  coperti  da  taffettà  nero, 
dell'arciduca  Carlo  d'Austria  padre  della 
regina  regnante  delle  due  Sicilie.  Sulla 
bara  furono  poste  le  insegne  dell'illustre  e 
celebre  defunto,  la  corona  principesca,  il 
cappello  arciducale, la  collana  del  Toson 
d'oroe  altre  decorazioni,  il  cappello  mili- 
tare e  la  spada,  il  bastone  di  feld-mare- 
sciallo  ed  i  guanti  bianchi.  A'piedi  della 
bara  si  deposero  la  coppa  del  cuore  e  il 
vaso  de'  visceri.  Il  cadavere  fu  sepolto 
nella  chiesa  de'cappuccini ,  dopo  conse- 
gna al  p.  guardiano.  I  vasi  contenenti  il 
cuore  e  le  viscere  si  portarono  ili."  nel- 
la cappella  di  Loreto  degli  agostiniani, 
che  previa  benedizione  prese  in  consegna 
il  priore;  il  2.0  in  carrozza  fu  recato  al- 


PRE  63 

la  cattedrale  di  s.  Stefano,  ricevendolo 
il  proposto  dopo  averlo  asperso  con  l'ac- 
qua benedetta.  Anche  i  precordi  di  mol- 
ti servi  di  Dio  si  conservano  separati  dai 
loro  corpi.  Nel  santuario  di  Porziuncola 
(V.),  vi  è  l'insigne  cappella  de  Precordi 
per  quelli  di  S.Francesco  d'Asisi  ivi  de- 
posti alla  venerazione  de'  fedeli. 

PREDICA  ,  PREDICATORE ,  Sa- 
cra concio,  Concionator.  Ragionamento 
che  si  fa  in  predicando  ,  da  quello  che 
predica  ,  dicendosi  predicazione  il  predi- 
care e  la  predica  stessa.  La  predicazione 
è  di  due  sorta,  una  maggiore,  ch'è  la  pre- 
dicazione propriamente  detta,  chiamala 
anche  tractare  ,  V  altra  minore  o  sia  la 
catechistica.  La  predicazione  è  una  di- 
spensazione legittima  della  parola  di  Dio, 
è  antica  quanto  la  religione  cristiana  e 
non  finirà  che  con  essa, essendo  uno  dei 
mezzi  necessari  per  conservarla  nella  sua 
purezza.  Per  mezzo  della  predicazione  si 
promulgò  \'Evangelo(V.),  si  stabilì  lai*e- 
de  (V.) ,  si  convertirono  gì'  IdoLilrì ,  i 
Pagani,  i  Gentili  (V.),  e  si  propagò  il 
Cristianesimo  (V.),  e  dai  Missionari  {V.) 
tuttora  si  esercita  per  convertire  gl'in, 
fedeli, ricondurre  nel  grembo  dellaChiesa 
gli  eretici  egli  scismatici,  come  per  istrui- 
re e  perfezionare  i  cattolici.  Gesù  Cristo 
ne  confidò  il  ministero  ai  vescovi  nella 
persona  degli  apostoli  da  lui  scelti  ;  la 
predicazione  de'  72  Discepoli  (V.)  non 
fu  predicazione  propriamentedetta  e  for- 
se neppure  catechistica  ,  secondo  Nardi, 
De'parrochij  poiché  egli  osserva,  che  se 
Gesù  Cristo  li  mandò  per  la  Giudea,  fu 
dopo  aver  data  la  Missione  (V.)  della 
predicazione  agli  apostoli,  e  non  si  leg- 
ge che  dasse  loro  l'incarico  di  predicare, 
ma  solo  di  andare  ne'circonvicini  luoghi 
dov' egli  si  sarebbe  portato  per  fare  la 
predicazione;  e  siccome  allora  i  discepo- 
li erano  laici,  non  aveano  che  la  commis- 
sione di  preparare  le  vie ,  e  al  più  non 
erano  che  Catechisti  (  V.).  Essendo  la  pre- 
dicazione propria  funzione  de'vescovi,  ad 
essi  soltanto  spetta  il  delegare  e  appio- 


64  PRE 

vare  i  predicatori.  Questi  per  il  loro  sa- 
gro e  sublime  ministero  essendola  luce 
del  mondo,  il  sale  della  terra  ,  i  dottori 
de'popoli,  i  dispensatori  delle  verità  di- 
vine, gli  araldi  e  gli  ambasciatori  di  Dio 
medesimo,  devono  essi  partecipare  delle 
qualità  di  colui  del  quale  esercitano  le 
finizioni ,  alla  sua  scienza  cioè  ,  alla  sua 
purezza,  alla  sua  santità;  non  devono  a- 
vere  in  vista  che  la  sua  gloria  e  la  salu- 
te delle  anime,  sostenere  i  loro  discorsi 
con  una  vita  esemplare  e  colla  pratica 
di  tutte  le  virtù.  Lo  spirito  di  novità  del- 
la sella  filosofica,  nello  scorso  secolo  fe- 
ce tutti  gli  sforzi  per  impedire  col  mezzo 
del  ridicolo  e  del  disprezzo  la  predica- 
zione; andato  a  vuoto  il  malvagio  divisa- 
mento, i  novatori  moderni  cangiando  me- 
todo sono  divenuti  eglino  stessi  i  più. 
grandi  encomiatori  della  predicazione  ; 
ma  la  vogliono  secondo  lo  spirito  e  l'in- 
civilimento de'  tempi ,  e  con  pompa  o- 
stentala  di  frasi  ricercate  ed  elegauti  , 
che  il  più  delle  volte  non  s' intendono 
che  da  pochi ,  tutta  spirante  fantasia  , 
amore,  dolcezza,  beneficenza,  senza  mai 
permetterle  di  levare  a  tempo  la  voce 
per  iscuotere  l'empio  dal  letargo  in  cui 
dorme.  I  banditori  del  vangelo  che  si 
appigliano  a  queste  massime  erronee  , 
tradiscono  la  loro  missione,  deviano  dal 
modello  che  ce  ne  hanno  lasciato  gli  a- 
postoli  e  i  santi  padri,  e  cambiano  il  Pul- 
pito (J7.)  o  cattedra  dell'eterna  verità  in 
vera  scranna  di  una  filosofica  e  poetica 
accademia;  per  cui  in  vece  di  essere  ri- 
formatori utili  della  sagra  eloquenza  e- 
vangelica ,  come  li  celebrano  i  lodatori, 
sono  piuttosto  pericolosi  difformatori,  sic- 
come provò  il  p.  Teodoro  di  Maria  ss. 
carmelitano  scalzo  ,  nella  Dissert.  sulla 
prelesa  riforma  intorno  al  predicare,  la 
divina  parola ,  di  cui  se  ne  legge  un  cen- 
no nel  voi.  8  degli  Annali  delle  scien' 
ze /*<?//#., p. g 3.  Fu  sempre  ed  è  senza  dub- 
bio la  divina  parola  uno  de'mezzi  più  ef- 
ficaci per  In  riforma  de'  costumi,  e  per 
abbracciare  la  vera  strada  ,  che  unica- 


PRE 
mente  può  condurre  a  salvamento  quelli 
che  vivono  nelle  tenebre  e  nell'errore.  E 
perciò,  pel  comando  del  Redentore  ,  in 
ogni  tempo  ministri  evangelici  pieni  di 
vivo  zelo  tollerarono  gravi  fatiche ,  per 
istruire  e  richiamare  quelli  che  sedotti 
da  scandali  e  da  perversi  insegnamenti, 
o  si  erano  allontanati  dalla  retta  via,  ov- 
vero stavano  per  incontrare  disgrazia  si 
deplorabile.  Cosi  furono  corretti  i  costu- 
mi, tanti  traviati  tornarono  al  buon  sen- 
tiero, ed  abbandonatoli  vizio  intrapre- 
sero la  pratica  delle  cristiane  virtù  e  la 
osservanza  di  quelle  massime  divine,  le 
quali  in  loro  produssero  copiosi  vantaggi; 
cosi  in  fine  quella  chiesa  che  si  stabili  e 
dilatò  col  mezzo  della  predicazione,  con 
essa  si  è  sempre  conservata  mirabilmen- 
te, e  si  conserverà  fino  al  terminare  dei 
secoli.  Nelle  Lettere  del  Compagnoni  si 
legge.»  Chiamato  l'oratore  sagro  a  per- 
suadere ai  cristiani  la  fuga  dai  vizi  e  la 
pratica  delle  virtù  morali  e  religiose,  chia- 
ra cosa  è  che  perciò  conseguire  gli  con- 
viene operare  nelle  menti  di  chi  lo  ascol- 
ta un  assoluto  convincimento,  senza  del 
quale  ogni  mossa  ed  agitazione  di  affetti 
ch'egli  pure  tentasse,  ri marrebbesi  inuti- 
le e  vana,  per  l'ovvia  considerazione  che 
P  effetto  a  cui  tende  non  è  di  strappare 
una  deliberazione  dell'istante,  come  suc- 
cede negli  arringhi  o  politici  o  forensi  ; 
ma  un  proposito  fermo  e  durevole  anche 
dopo  cessato  il  suo  impulso  ". 

Alcuni  scrittori  furono  giustamente 
di  avviso,  come  Pulfendorff  e  Fabricio, 
che  i  greci  ed  i  romani  niente  ebbero  di 
somigliante  alle  nostre  prediche  ;  Zornio 
però,  negli  Opusc.  sacr.  1. 1,  p.  227,  Dis^ 
seri,  de  rilibus  sacratimi  concionimi  in 
sacrisgentiunijSì  studiò  e  pretese  di  pro- 
vare il  contrario  con  molte  antiche  te- 
stimonianze e  con  interpretare  l'autorità 
di  s.  Pietro;  cioè  secondo  il  costume  dei 
protestanti,  di  trarredal  gentilesimo  l'o- 
rigine delle  cristiane  ceremonie  e  usi,  ma 
le  prediche  certamente  non  derivarono 
dui  paganesimo  (non  ne  fa  parola  il  dot 


PRE 

to  Marangoni ,  Delle  cose  gentilesche  e 
profane  ,tr  asportate  ad  uso  e  ornamen- 
to delle  chiese),  non  solo  perchè  il  divin 
Maestro,  non  avendo  bisogno  di  confor- 
marsi alle  costumanze  gentilesche,  predi- 
cò tante  volte;  ma  tra  gli  ebrei  fu  comune 
questo  rito  ,  lo  che  dimostra  il  gesuita 
p.  Carlo  Regio,  nella  Dissertalo,  slam- 
pala  in  Roma  nel  i6i2nel  suo  Orator 
christianus,  anzi  a  tenore  deli' epìst.  di  s. 
Giuda  v.  i4>  se  ne  trova  menzione  ai 
tempi  de'  patriarchi.  Imperocché  fu  co- 
stume nella  mosaica  Sinagoga,  che  nelle 
pubbliche  assemblee  del  sabbato  si  leg- 
gessero alcuni  luoghi  della  scrittura  ,  e 
che  poi  i  rabbini  interpretandoli  ne  trae- 
vano argomento  di  morale  esortazione. 
Questo  costume  consagrato  dall'esempio 
medesimo  del  divin  Maestro  e  dagli  apo- 
stoli (  Luca  iv,  16  ;  Act.  xiv,  i4),  pas- 
sò alla  Chiesa  cattolica,  la  quale  lo  riten- 
ne come  il  più  ordinario  e  più  legittimo 
modo  di  predicare  a'  Fedeli.  A  Lwgua 
dissi  in  quale  idioma  predicarono  Gesù 
Cristo  e  gli  apostoli  ;  ed  a  Predicatore 
apostolico  dirò  del  predicare  in  volga- 
re. Con  vari  nomi  furono  dai  padri  chia- 
mate le  prediche.  I  padri  greci  le  nomi- 
narono Omelie  {f.),  che  fra  tutti  i  ge- 
neri di  cristiana  predicazione  è  il  più  an- 
tico, e  più  costantemente  raccomandato 
nella  Chiesa.  I  padri  latini  le  chiamaro- 
no Sermoni (V.)  o  trattati  :  della  paro- 
la Sermo  ne  abbiamo  prove  ne'sermoni 
di  s.  Agostino.  Frequente  fu  pure  il  vo- 
cabolo di  Trattati ,  sebbene  fu  pure  u- 
sato  per  significare  le  formole  di  fede , 
e  le  sessioni  de'vescovi  per  gli  affari  del- 
la Chiesa.  Francesco  Bernardino  Ferrari, 
De  ritti  sacrarum  ecclesiae  catholicac 
veteris  concionimi,  Mediolani  1620  ,  et 
Veronae  1  y3 1,  vuoleche  la  parola  Tra- 
ctatus  specialmente  significhi  quelle  pre- 
diche, nelle  quali  si  spiegava  qualche  luo- 
go della  s.  scrittura,  anzi  che  la  stessa  co- 
sa fosse  Trattato ,  ed  Esposizione  o  le- 
zione della  s.  scrittura.  Nondimeno  al- 
tri scrittori  non  seguono  intieramente 

VOL.  LV. 


PRE  G.o 

l'opinione  di  Ferrari,  e  s.  Agostino  gene- 
ralmente chiamò  trattati  le  sue  prediche; 
altri  notano  differenza  tra  il  trattato  e 
il  sermone,  che  prima  dicevansi  trattati 
i  soli  sermoni  de'  vescovi ,  e  sermoni  si 
chiamarono  i  discorsi  di  tutti  gli  eccle- 
siastici ;  dipoi  furono  detti  trattati  i  ra- 
gionamenti loro,comedel  prete  Origene. 
Le  prediche  si  trovano  dette  anche  Di- 
sputationes,  massime  quelle  che  tratta- 
vano punti  di  religione  contro  gli  eretici, 
ovvero  contenevano  istruzioni  sulla  9. 
scrittura,  controverse  o  dubbie.  Le  pre- 
diche furono  eziandio  denominate  Dot- 
trine ,  o  conferenze  ascetiche.  Col  nome 
di  Locuzione  le  dichiararono  diversi,  co- 
me Tertulliano,  s.  Gregorio  I  e  altri. 
Francesco  A.Zaccaria,  Dissert.  t.  2,  Del- 
le antiche  concioni  ecclesiastiche,  divide 
le  prediche,  secondo  il  metodo  usato  dai 
padri,  in  due  classi.  La  1 ."  è  di  quelle  ch'e- 
vanolibere  o  non  legate  a  verun  capo  del- 
la scrittura,  e  queste  furono  per  lo  più 
estemporanee;  l'altra  classe  furono  le  te- 
stuali ,  comechè  concepite  per  spiegare 
uno  o  più  testi  della  scrittura,  ed  avea- 
no  il  loro  esordio  o  principio  o  prologo; 
per  altro  e  specialmente  quando  le  pre- 
diche erano  concatenate,  solevano  i  pa- 
dri per  tutto  esordio  brevemente  ripe- 
tere l'argomeuto  della  precedente  ome- 
lia, e  soggiungere  quello  che  intendeva- 
no trattare.  Non  mancano  per  altro  ome- 
lie, in  cui  l'esordio  non  è  che  la  sempli- 
ce proposizione.  11  corpo  dell'omelia  era 
composto  quasi  sempre  in  due  parti,  una 
esegetica,nella  quale  spiega  vasi  il  testo  let- 
teralmente o allegoricamente;  l'altra  mo- 
rale, in  cui  s'inveiva  contro  i  vizi,o  alla 
virtù  si  studiava  d'infiammare  gli  ascol- 
tanti. Ordinariamente  così  terminavano 
le  omelie,  ovvero  con  qualche  buon  au- 
gurioagli  uditori,  ocon  preghiera  a  quei 
santi  che  si  erano  celebrati,  e  quasi  sem- 
pre coll'invocazione  e  lode  della  ss.  Tri- 
nità. La  lingua  era  greca  o  latina,  secon- 
do le  nazioni  ;  i  nomi  che  i  predicatori 
davano  agli  ascoltanti,  erano  vostra  san- 
5 


66  PRE 

tifa,  vostra  carità,santa  fraternità,  fra- 
telli carissimi,  dilezion  vostra,  dilettissi- 
mi e  somiglianti ,  i  quali  erano  nali  dai 
nomi  d'i  fratelli  e  di  santi  con  che  scam- 
bievolmente chiamavansi  i  primi  cri* 
sliani. 

11  vescovo  come  ministro  della  predi- 
cazione ha  obbligo  di  predicare,  ed  è  il 
solo  che  può  delegare  a  predicare  il  prete 
e  il  diacono  :  anticamente  non  predica- 
va che  il  vescovo,  talora  faceva  recita- 
re le  proprie  omelie  dai  diaconi  e  preti. 
In  Roma  fuori  del  Papa  niun  vescovo 
poteva  predicare.  Non  potevano  i  vesco- 
vi predicare  pubblicamente  nelle  altre 
diocesi  senza  licenza  dell'ordinario,  ben- 
sì scambievolmente  i  vescovi  s'invitava- 
no a  predicare  nella  propria  città  e  dio- 
cesi. Tardi  i  vescovi  commisero  ai  preti 
la  predicazione  maggiore.  I  primi  esempi 
che  si  conoscano  di  sacerdoti  incaricati 
dai  vescovi  di  predicare  sono,  nelle  chie- 
se orientali,  di  Origene  (secondo  alcuni 
prima  che  fosse  prete)  e  di  s.  Gio.  Criso- 
stomo; nelle  chiese  occidentali,  di  s.  Fe- 
lice di  Nolaedi  s.  Agostino.  Sugli  esempi 
apostolici  che  i  ss.  Stefano  e  Filippo  dia- 
coni predicarono  il  vangelo,  i  vescovi  tal- 
volta permisero  a'diaconi  la  predicazio- 
ne ,  massime  in  tempo  di  persecuzione 
a  sui  principii  di  qualche  novella  chie- 
sa. I  canonici  furono  i  primi  a  prèdica* 
re ,  quindi  furono  delegati  anche  i  dia* 
coni ,  i  monaci  ed  altri  religiosi.  Ad  e- 
sempio  che  Gesù  Cristo  e  gli  apostoli  pre- 
dicarono da  luoghi  elevati  per  essere  me- 
glio intesi  (comeda  luogo  elevato  perora- 
vano gli  oratori,  ed  i  capitani  e  gl'impera- 
tori facevano  leloro  arringhe  eallocuzio- 
ni a'soldati),  i  preti,  i  diaconi  egli  altri  dal- 
V Ambone  (/"'.)  o  pulpito  predicarono  al 
modo  descritto  a  Pulpito;  anche  i  vescovi 
talvolta  dall'ambone  predicavano,  spe- 
cialmente quando  grande  era  il  numero 
del  popolo:  alcuna  volta  i  preti  e  gl'inferio- 
ri ministri  predicarono  in  piedi,  forse  dal* 
l'altare,  senza  salire  sul  pulpito:  i  vescovi 
anche  dalla  cattedra.,  alle  volle  coperta 


PRE 

di  onorevoli  tapezzerie.  In  alcuni  luoghi 
i  preti  non  potevano  predicare  che  in  pre  - 
senza  del  vescovo,  d'  onde  ebbe  origino 
di  domandarsi  dal  predicatore  la  bene- 
dizione del  vescovo  presente  alla  predi- 
ca. I  tempi  destinati  alle  prediche  erano 
primamente  le  domeniche  ,  in  secondo 
luogo  le  altre  feste;  anche  neh.0  giorno 
in  cui  i  vescovi  erano  creati,  predicava- 
no al  popolo,  e  l'anniversario  di  tal  crea- 
zione era  pure  giorno  di  predica;  inoltre 
lo  era  nelle  consagrazioni  di  chiese,  di  al* 
tari, di  vescovi.  Talvolta  si  predicava  nel- 
le vigilie  delle  solennità, ed  in  alcuni  gior- 
ni feriali  destinati  alle  prediche.  In  certi 
luoghi  il  sabbato  e  la  domenica;  oltre 
questa,  in  altri  il  mercoledì  e  venerdì  ; 
alle  volle  si  predicava  ogni  giorno,  mas- 
simamente nella  Quaresima  (F.) ,  poi 
anche  ne\V  Avvento  (  V.).  Anche  nella  set- 
timana di  Pasqua  eravi  predica  ogni  dì. 
Quanto  all'  ora,  si  predicava  ordinaria- 
mente nella  mattina,  alle  volte  dopo  il 
pranzo,  tale  altra  mattina  e  giorno,  ed  an- 
che la  sera.  Per  lo  più  subito  dopo  letto 
Y  Evangelo  della  messa  (/^.)  faceasi  la  pre- 
dica: a  tale  articolo  notai  che  s.  Cesareo 
dopo  l'evangelo  faceva  chiudere  le  porte 
della  chiesa,  affinchè  il  popolo  restasse  a 
sentire  il  sermone.  Quando  s.  Gregorio  I 
non  poteva  predicare,  faceva  leggere  la 
sua  omelia  da  un  notaro  regionario.  Inal- 
cuue  chiese  d'oriente  fu  costumechedo* 
pò  aver  predicato  uno,  seguisse  un  altro, 
e  dopo  questo  un  terzo. 

11  predicatore  innanzi  dJandare  in  pul- 
pito si  raccoglieva  un  poco  nel  segreta- 
rio o salutatorio  e  si  raccomandava  a  Dio. 
Se  il  predicatore  era  vescovo  sette  dia- 
coni l'assistevano  sul  pulpito,  secondo  il 
decretato  da  Papas.Evaristo  :  se  non  era 
vescovoandava  prima  a  prendere  la  bene- 
dizione dal  suo  prelato.  Forse  montato 
sul  pulpito  il  predicatore  colla  mano  inti- 
mava silenzio  agli  ascoltanti,  come  in  più 
occasioni  fecero  gli  apostoli.  Cominciava 
dal  farsi  il  segno  della  croce.  L'uso  del- 
la lecita  delire  Maria  (P.)  al  princi- 


PRE 

pio  della  predica  o  dopo  l'esordio,  si  vuole 
introdotto  da  Papa  Urbano  II,  secondo 
Burio,  Vitae  Pont.,  ciò  che  altri  attri- 
buiscono a  s.  Domenico  o  a  s.  Vincenzo 
Ferreri;  è  probabile  che  prima  si  faces- 
se qualche  orazione  innanzi  la  predica, 
almeno  gli  antichi  padri  avanti  di  sermo- 
nare  frequentemente  imploravano  le  o- 
razioni  del  popolo.  Alle  volte  il  predica- 
tore tornava  a  leggere  il  sagro  testo  già 
letto  o  d'altro  sagro  libro,  essendo  costu- 
me de'predicalori  di  portare  sul  pulpito 
il  codice  degli  evangeli  o  della  s.  scrit- 
tura, e  talvolta  pure  codici  de'  ss.  padri 
per  leggervi  qualche  testo.  Innanzi  l'e- 
sordio alcuna  volta  in  poche  parole  si 
accennava  l'argomento  della  predica.  Se 
il  predicatore  era  vescovo,  sul  principio 
pregava  agli  ascoltanti  la  pacecon  varie 
forinole  :  Grada  vobis  ,  et  pax  a  Dco 
Palre  nostro  et  Domino  Jesu  diritto: 
Gratia  Domini  Dei  nostri  Jesu  Chi  isti, 
et  caritas  Dei  Patris  3  et  communicatio 
Spiritus  sancii  sit  cttrn  omnibus  i'obis , 
Amen.  Le  più  usate  erano  :  Pax  omni- 
bus: Pax  vobis  (fy.).  Il  popolo  rispon- 
deva :  Cum  spirilu  tuo.  Quando  sovra- 
stava qualche calamitàosi  fosse  dissipato 
il  pericolo  o  il  danno,  solevasi  dar  prin- 
cipio col  Benedictus  Deus.  1  preti  e  cle- 
ro, e  sino  gli  abbati,  come  discepoli  do- 
vevano udire  la  predica  del  vescovo.  Si 
scomunicava  chi  fosse  sortito  di  chiesa 
mentre  il  vescovo  predicava.  Doveva  il 
vescovo  predicare  ogni  domenica  sotto 
gravi  pene,  anzi  dovea  perciò  lasciare  le 
altre  cose  :  gran  conto  si  faceva  de'sermo- 
ni  de' vescovi. Sembra  che  gli  antichi  padri 
poco  o  nulla  gestissero.  In  Italia  predica- 
vano sedendo;  in  Africa  e  nell'Asia  in  piedi, 
se  deboli  sedevano.  Un'ora  circa  dura  va  la 
predica,  e  forse  misura  vasi  colla  clepsydra 
(di  cui  a  Orologio).  Nella  predica  propo- 
ne vasi  alle  volte  l'argomento  della  futura; 
imploravansi  le  orazioni  degli  ascoltanti; 
il  giorno  dell'Epifania  s'intimava  la  Pa- 
squa; anche  il  principio  della  quaresima 
dentro  la  predica  era  costume  di  denun- 


PRE  67 

ziare;  bandivasi  pure  agli  uditori,  che  ma- 
nifestassero se  alcuno  ne  sapessero  ereti- 
co. Quando  sovrastavano  i  giorni  delle 
pubbliche  Collette  di  questua  (Tr.)  pei 
poveri,  si  avvertiva  il  popolo  di  venirvi 
con  buone  limosine  per  sovvenirli.  Ol- 
tre queste  collette,  nel  tempo  della  pre- 
dica si  raccomandava  l'elemosina,  pres- 
soché al  modo  nostro.  Finita  la  predica, 
facevano  comune  orazione  il  predicato- 
re e  il  popolo.  Quanto  agli  uditori  del- 
le antiche  prediche, vi  erano  ammessi,  ol- 
tre i  fedeli,  anche  i  catecumeni,  gli  ener- 
gumeni, i  penitenti,  eziandio  gl'infedeli, 
i  gentili,  i  giudei, gli  eretici  :  finita  la  pre- 
dica e  fatte  alcune  preci  sopra  lutti,  era- 
no licenziati, ed  allora  cominciava  la  Mes- 
sa (F.)  de'fedeli.  Fu  costume de'padri  di 
voltarsi  ora  agli  eretici,  ora  a'giudei,  ora 
a'gentili,  dirizzando  loro  espressamente  il 
discorso;  ed  è  perciò  che  parlavano  con 
riserva  de'sagri  misteri,  per  la  Discipli- 
na dell'Arcano  (F.).  Nelle  Gallie  e  nel- 
le Spagne  i  soli  fedeli  potevano  udire  le 
prediche,  finche  si  mutò  questa  discipli- 
na ne'concilii  d'Oranges  nel  44 l  >  di  Va- 
lenza nel  546.  Ne'  tempi  delle  persecu- 
zioni e  prima  dell'  introduzione  delle 
Campane  (^.),  i  fedeli  erano  invitati  al- 
le prediche  collo  strepito  delle  tabelle  (di 
cui  nel  voi.  Vili,  p.  291),  dai  Diaconi, 
e  dai  Cursori  (F.) sui  quali  ripugna  l'Us- 
serio  nelle  note  a\V epistola  di  s.  Ignazio. 
Il  luogo  in  cui  slavano  gli  uditori  alle 
prediche  era  distribuito  cosi  :  gli  eccle- 
siastici entro  i  cancelli  del  coro  erano  se- 
parati dai  laici,  le  donne  divise  dagli  uo- 
mini, e  ancora  dalle  maritate  e  dalle  ve- 
dove erano  separate  le  fanciulle,  al  mo- 
do detto  a  Chiesa  ed  analoghi  articoli. 
In  alcuni  luoghi  sedevano,  in  altri  sta- 
vano in  piedi  a  udir  la  predica  ,  in  altri 
soltanto  sedevano  sinché  veniva  il  vesco- 
vo per  predicare,  e  allora  si  rizzavano;  a- 
gl'infermi  davasi  licenza  di  sedere;  i  vec- 
chi ed  i  deboli  si  appoggiavano  al  basto- 
ne e  lo  deponevano  alla  lettura  del  van- 
gelo. L'  uso  di  acclamare  il  predicatore 


68  PRE 

da  principio  fu  convenevole  alla  venera- 
zione che  si  deve  alla  casa  di  Dio,  ma  di- 
poi divenne  abuso  :  le  forinole  d' accla- 
mazione erano  gridare,  Amen,  Amen,  o 
che  il  predicatore  era  Ortodosso  (V.)  o 
che  era  un  tredicesimo  apostolo.  Varie 
poi  erano  le  maniere  di  plauso;  muover 
le  mani,  pestare  co'piedi,  volgersi  dall'u- 
na all'altra  banda,  spiegar  per  aria  i  faz- 
zoletti, scuotere  penne  d'  uccelli,  toccar 
l'armi.  Vedasi  il  citato  Ferrari,  De  ve- 
teribus  acclamalionibus  etplausu.  I  pa- 
dri tollerarono  per  degni  motivi  questo 
abuso  :  Io  biasimarono  s.  Gio.  Crisosto- 
mo e  s.  Agostino.  Durarono  le  acclama- 
zioni sino  a'tempi  di  s.  Bernardo  nel  se- 
colo XII;  un  qualche  vestigio  ne  resta  in 
alcun  luogo,  ed  in  segno  di  plauso  spu- 
tano al  fine  dell'  esordio  o  della  prima 
parte,  come  osserva  Zaccaria,  almeno  al 
suo  tempo;  ora  si  applaudono  general- 
mente con  composizioni  poetiche  in  lode 
del  predicatore,  col  farne  il  ritratto  econ 
altre  dimostrazioni.  Fu  già  uso  anche  tra  i 
greci  di  scrivere  con  abbreviature  le  pre- 
diche mentre  si  recitavano,  quindi  soven- 
te miseramente  tronche  girarono  le  pre- 
diche. A  Letterato  riportai  esempi  di 
uditori  che  ritenevano  a  mente  le  predi- 
che., di  altri  che  le  dettavano,  e  d'un  pre- 
dicatore che  ritenne  a  memoria  il  qua- 
resimale perduto  in  mare  :  il  citato  Va- 
lentini  se  udiva  predica  o  lezione  la  reci- 
tava tutta  senza  lasciarne  o  mutarne  pa- 
rola ;  Domenico  A.  Franceschi  talvolta 
ripeteva  quasi  intieramente  qualche  pre- 
dica udita:  riportai  ancora  vari  esempi 
di  oratori  che  perderono  la  memoria  e 
si  confusero  nella  perorazione  ;  Bartolo- 
meo Sozzino  si  confuse  innanzi  Alessan- 
dro VI  ;  l'eloquentissimo  predicatore  p. 
Vipera  conventuale  si  dimenticò  di  qua- 
si tutte  le  cose  per  la  mente  stanca  datante 
fatiche.  Ne'bassi  tempi  nelle  prediche  si 
parlava  un  linguaggio  (fr.  Lingua),  che 
partecipava  molto  del  latino,  come  pro- 
vano fra  le  altre  le  prediche  del  p.  Bar- 
letta. Fino  al  tempo  di  s.  Pio  V  vi  era- 


PRE 

no  de'Iuoghi  in  Calabria,  in  cui  si  parla- 
va latino.  Francesco  Colonna  autore  del- 
l'opera del  Polifìlo  pretese  sul  principio 
del  i5oo  di  restituire  in  Italia  uno  stile 
di  scrivere,  che  avesse  del  latino;  contro 
la  quale  novità  inveì  Aonio  Baleario  iu 
un  dialogo  che  si  legge  in  fine  della  sua 
grammatica  latina,  opera  di  egual  rarità 
a  quella  del  Polifìlo,  di  cui  parla  Cancel- 
lieri, Mercato  p.  177,  e  Settimana  san- 
ta p.  244-  Domenico  M.d  Manni  dimo- 
strò non  essere  vero  che  nelle  chiese  si 
predicasse  solo  iu  latino,  come  alcuno 
pretese ,  poiché  ivi  si  predicò  anche  in 
volgare,  non  solo  nel  secolo  XV,  ma  an- 
che sul  principio  del  precedente.  Si  può 
vedere  la  sua  erudita  prefazione  al  t.  1 
delle  Prediche  di  F.  Giordano  p.  36. 

Il  dirittodi  approvare  i  predicatori  ap- 
partiene ai  vescovi  nella  loro  diocesi,  on- 
de possono  negare  il  permesso  di  predi- 
care a  chi  loro  piace,  senza  che  vengano 
obbligati  ad  accordarlo,  ed  i  religiosi  seb- 
bene esenti  non  possono  predicare  nelle 
chiese  stesse  de'loro  monasteri  e  conven- 
ti senza  la  benedizione  del  vescovo,  né 
contro  la  sua  volontà.  Iparrochi  non  han- 
no bisogno  della  espressa  approvazione 
del  vescovo  per  predicare  nelle  loro  par- 
rocchie, perchè  la  predicazione  è  una  fun- 
zione attaccata  al  titolo  del  loro  benefi- 
zio. Essi  possono,  se  vogliono  predicare, 
impedire  a  qualunque  altro  sacerdote  se- 
colare o  regolare  di  predicare  nelle  loro 
parrocchie.  Non  avvi  che  il  solo  vescovo 
ed  in  persona,  il  quale  in  qualità  di  pri- 
mo pastore  di  tutta  la  sua  diocesi,  possa 
predicare  nella  parrocchia  d'un  parroco 
senza  bisogno  del  suo  consenso.  Allor- 
quando i  parrochi  trascurano  di  predi- 
care, il  vescovo  dà  l'incarico  ad  altri  pre- 
dicatori perchè  predichino  nelle  loro  par- 
rocchie ed  alle  loro  spese.  Il  concilio  dì 
Trento  ordinòa'Ptf/rocVw  (//.),  che  in  tut- 
ti i  giorni  festivi  o  solenni  dovessero  spie- 
gare in  lingua  volgare  la  divina  parola 
e  le  salutari  istruzioni,  spiegando  V/ivan- 
gelo,  nella  Messa, quasi  interpreti  del  me- 


PRE 

desimo,  dopo  letto  l' evangelo.  Il  Nardi, 
De'  parrochi,  riporta  importanti  nozioni 
sulla  predicazione, massime  nel  t.  i,  cap. 
io:  Sul  predicare  e  catechizzare, di  chi 
siano  propri.  Anticamente  i  vescovi  do- 
vevano girare  per  la  diocesi  per  predi- 
carvi. Dovevano  allora  i  parrochi  andare 
coi  parrocchiani  ne'luoghi  fissati  per  udir- 
vi la  predica  del  vescovo.  Il  vescovo  al- 
lora dovea  essere  mantenuto.  Talora  il 
popolo  della  diocesi  doveva  venire  in  cit- 
tà alla  predica  del  vescovo.  Talvolta  il 
vescovo  mandava  per  la  diocesi  predica- 
tori a  spese  de'parrochi.  Più  tardi  fu  da- 
ta la  predicazione  agli  Arcidiaconi  (F.) 
nel  visitare  la  diocesi  :  fu  data  anche  agli 
arcidiaconi  minori,  che  pure  erano  ca- 
nonici, nel  visitare  il  loro  arcidiaconato. 
I  vescovi  andavano  all'armata  per  pre- 
dicarvi, benedirvi  e  riconciliarvi  i  pub- 
blici penitenti.  Anticamente  si  riservaro- 
no anche  la  predicazione  minore  o  cate- 
chistica. Alle  monache  si  predicava  con 
licenza  del  vescovo:  per  la  catechistica 
alle  monache  tocca  all'abbadessa;  per 
quella  ai  regolari  non  in  sacris  tocca  a 
uno  deputato  dal  loro  superiore.  Il  ve- 
scovo per  la  predicazione  maggiore  non 
può  delegare  che  i  soli  preti  e  diaconi  ; 
per  la  minore  o  catechistica  può  delegar 
tutti,  anche  i  laici;  Io  stesso  dicasi  perle 
scuole  sacre.  Il  parroco  non  ha  la  pre- 
dicazione maggiore,  bensì  la  minore  o  ca- 
techistica. Tutti  i  preti  che  dicono  messa 
negli  oratorii  rurali  debbono  nella  festa 
catechizzare  e  istruire  il  popolo.  II  vesco- 
vo deve  con  grande  attenzione  vegliare 
sulla  predicazione  e  sulla  catechistica. Non 
si  può  predicare  dall'altare  col  capo  co- 
perto di  berretta  o  altro.  Vi  è  la  scomu- 
nica a  chi  predica  senza  licenza  del  ve- 
scovo. I  preti  che  predicavano  dovevano 
e  debbono  chiedere  pubblicamente  la  be- 
nedizione al  vescovo.  A  forma  del  decre- 
tato del  concilio  di  Trento,  confermato 
da  Urbano  Vili,  i  predicatori  dell'av- 
vento e  della  quaresima  devono  pren- 
dere prima  la  benedizione  dell'ordinario. 


PRE 


69 


Borgia  arcivescovo  di  Fermo,  come  ve- 
desi  dalle  di  lui  Omelie  {dette  in  varie 
funzioni  pontificali  nella  stessa  città  dal 
17  53  fino  alla  festa  dell'  Assunta  del 
1 758,  Fermo  1 75g)  dedicate  a  Clemen- 
te XIII,  ai  predicatori  di  quaresima  dava 
a  tutti  in  una  volta  in  cattedrale  la  be- 
nedizione e  gl'istruiva.  Tali  omelie  sono 
28,  le  ultime  3  sono  espressamente  per 
la  benedizione  de 'predicatori. Nella  1  ."leg- 
go che  a  motivo  del  terribile  terremoto 
di  Lisbona,  inculcò  ai  sacri  oratori  di  an- 
nunziare al  popolo  la  Penitenza(V.)}xim- 
co  e  sicuro  scampo  da  tanto  male:  che 
i  predicatori  supplendo  le  veci  de' vescovi 
in  ogni  luogo  della  città,  massimamen- 
te nel  tempo  di  quaresima,  perciò  devo- 
no predicare,  non  in  persuasibilibus  hu- 
manae  sapientiae  verbiss  sed  in  ostensio~ 
ne  spiritus,  et  virlutisj  oltre  diversi  op- 
portuni ricordi  per  esercitare  con  pro- 
fitto l'apostolico  ministero.  Nella  2.a  si 
cerca  la  cagione  per  cui  da  tanti  predi- 
catori e  da  tante  prediche  si  ricava  poco 
profitto  :  da  un  fatto  notabile  registrato 
negli  Alti  Apost.  cap.  19,  v.  i3,  si  de- 
duce essere  necessaria  ne'sacri  oratori  la 
purità  dell'intenzione,  e  un  ardente  de- 
siderio tutto  diretto  alla  gloria  di  Dio  e 
alla  conversione  de'peccatori,  lodandosi 
l'uso  d'uno  stile  facile  e  adattato  alla  scar- 
sa capacità  di  parte  dell'uditorio,  ma  av- 
valorato sempre  da  un  tenore  di  vita  ir- 
reprensibile. Nella  3.a  proposto  l'esempio 
di  Gesù  Cristo  e  il  suo  celebre  sermone 
del  monte,  si  esortano  i  predicatori  a  es- 
sere brevi,  chiari,  sugosi  e  ben  acconci  a 
persuader  gli  uditori,  i  quali  quasi  per  la 
maggior  parte  sogliono  essere  persone 
volgari  ed  idiote:  raccomandò  loro  d'in- 
sistere spesso  nelle  prediche  per  la  buo- 
na educazione  e  cristiana  istruzione  dei 
fanciulli  e  delle  fanciulle,  come  pure  di 
fare  in  un  giorno  festivo  di  consenso  dei 
vicari  foranei  la  predica  controia  bestem- 
mia. In  Roma  la  benedizione  ai  parrochi 
per  la  predicazione  catechistica,  ed  ai  pre- 
dicatori per  la  predicazione  maggiore  la 


7o  PItE 

dà  il  Papa  prima  della  quaresima  con  a- 
naloga  esortazione,  ovvero  supplisce  il 
cardinal  vicario,  come  si  legge  nel  n.°2002 
del  Diario  di  Roma  1794»  dicendosi  che 
il  cardinal  Corsini  in  tale  occasione  fece 
un  dotto  e  zelante  discorso  ai  parrochi, 
esortandoli  ad  aver  cura  delleanimeloro 
affidate;  che  altro  sermone  fece  ai  pre- 
dicatori, esortandoli  specialmente  a  non 
fare  dissertazioni  filosofiche  e  di  gius  pub- 
blico, ma  promulgare  le  massime  e  la  mo- 
rale evangelica,  colle  interpretazioni  dei 
santi  padri,  ed  in  tal  guisa  rendere  utile 
la  loro  predicazione  alla  moltitudine  del 
popolo.  Di  quanto  praticano  i  Pontefici, 
eccone  il  ceremoniale.  Nel  giovedì  di  car- 
nevale si  recano  nelle  pontifìcie  stanze  il 
segretario  del  tribunale  del  vicariato  col- 
la formola  della  professione  di  fede  e  l'e- 
lenco de'predicatori;  mg.r  vicegerenle,  i 
parrochi  delle  Parrocchie  di  Roma  (/"'.) 
ed  i  predicatori.  Mg.r  vicegerente  nel- 
l'anticamera d'onore  seduto  in  un  banco 
al  muro  riceve  la  professione  de'predica- 
tori, ai  quali  il  prefetto  delle  ceremouie 
già  ha  fatto  deporre  il  cappello,  ed  il  man- 
tello se  religiosi.  Il  predicatore  della  ba- 
silica Lateranense  genuflesso  avanti  il  vi- 
cegerente legge  senso  per  senso,  e  gli  al- 
tri predicatori  genuflessi  in  circolo  ripe- 
tono le  sue  parole:  in  fine  ognuno  fa  il 
giuramento,  Sic  me  Deus  ad/uvei,  ba- 
ciando il  Crocefisso  emettendo  la  mano 
sul  vangelo.  Quindi  il  detto  ceremouiere 
introduce  il  vicegerente,  il  segretario  ed 
i  parrochi  dal  Papa,  il  quale  vestito  con 
soltana  e  mozzetta  siede  in  Irono  avente 
ai  lati  il  maggiordomo  e  il  maestro  di  ca- 
mera, e  da  una  parte  i  camerieri  segreti 
e  d'onore.  Il  vicegerente,  il  segretario,  i 
parrochi,  in  circolo  si  prostrano  avanti 
al  Papa  e  si  alzano  se  ne  fa  cenno.  11  Pa- 
pa, fatta  analoga  esortazione,  gli  ammet- 
te al  bacio  del  piede  e  benedice.  Parliti 
i  parrochi  sono  ammessi  i  predicatori,! 
quali  devono  dire  al  Papa  la  chiesa  ove 
predicano,  e  praticano  quanto  si  è  detto 
de'pan'ochi,  ricevono  l'esortazione,  la  he- 


PRE 

nedizione  e  partono.  Nel  n.°  4o5  del  Dia  - 
rio  di  Roma  del  1 720,  si  legge  come  Cle- 
mente XI  esortò  i  predicatori  quaresima- 
li a  predicare  con  istile  veramente  apo- 
stolico, gli  ammise  al  bacio  del  piede  e 
benedì.  Nel  n.°  22  3  del  Diario  di  Roma 
del  i8o3  è  riportato,  che  nella  feria  5/ 
di  sessagesima  i  parrocchi  di  Roma  uni- 
tamente ai  predicatori  destinali  ad  an- 
nunziare la  divina  parola  sì  al  popolo, 
come  alle  monache  ne'  propri  monasteri 
e  conservatorii  nella  prossima  quaresima, 
conforme  il  consueto  si  portarono  al  pa- 
lazzo Quirinale;  nelle  stanze  pontificie  i 
predicatori  fecero  avanti  il  vicegerente  la 
solenne  professione  di  fede;  quindi  i  me- 
desimi insieme  coi  parrochi  dal  cardinal 
vicario  e  dal  vicegerente  furono  presen- 
tati a  Pio  VII,  il  quale  con  dotto  e  fer- 
voroso discorso  inculcò  vivamente  a  tutti 
d'inveire  contro  il  libertinaggio  ed  il  vi- 
zio, non  che  contro  i  profanatori  del  tem- 
pio di  Dio,  indi  compartì  loro  la  bene- 
dizione apostolica.  Nel  n.°  1 3  del  Diario 
di  Roma  del  1847  si  legge,  che  agli  1  1 
febbraio  tutti  i  banditori  evangelici  de- 
stinati nella  prossima  quaresima  a  pro- 
mulgare dal  pergamo  la  dottrina  di  Ge- 
sù Cristo  aveano  prestato  il  giuramento 
consueto  a  mg.r  vicegerente,  quindi  il  re- 
gnante Pio  IX,  secondo  l'antico  costu- 
me, li  convocò  tutti  in  una  sala  del  Qui- 
rinale e  tenne  loro  discorso  sul  gran  mi- 
nistero a  cui  venivano  chiamali,  alla  pre- 
senza del  vicegerente,  del  segretario  del 
vicariato,degl'individui  della  camera  se- 
greta, avendo  ai  lati  il  maggiordomo  e  il 
maestro  di  camera.  Disse  che  la  parola 
di  Dio  non  ha  bisogno  di  Panegirico  (F-), 
imperocché  porta  l'elogio  in  se  slessa,  ap- 
pena di  lei  s'imprende  a  far  motto.  Che 
Dio  mandò  la  parola  sua  nel  mondo,  e 
questa  s'incarnò,  commettendo  l'ufficio 
di  far  circolare  la  religione  vera  per  mez- 
zo della  predicazione  al  suo  vicario,  e  que- 
sto n'suoi  successori,  e  da  questi  fa  echeg- 
giarsi per  l'universo  fino  alla  consuma- 
zione de'secoli  per  mezzo  de'ba  odi  tori  e- 


. 


PRE 
angelici.  Fece  considerare,  che  in  quel 
momento  ricevevano  dal  Pastore  de  Pa- 
stori la  facoltà  di  predicarla  dai  pulpiti. 
Invocò  su  loro  lo  spirito  di  Dio,  e  ricor- 
dò che  i  caratteri  di  questo  spirito  sono 
due:  la  fortezza  e  la  dolcezza.  E  virtù  san- 
ta del  primo  strappare  i  peccatori  dagli 
adescamenti  della  colpa,  sbarazzarli  dal 
vischio  delle  prave  abitudini  ;  è  dono  del 
secondo  l'allettare  soavemente  con  pie- 
tosi artifizi  i  colpevoli,  sì  che  il  pie  che 
stornarono  dall'ovile  di  Cristo,  di  Cristo 
all'ovile  riportino. Poi aggiunse,cheque- 
sto  è  poco,  se  non  s'imita  meglio  Gesù 
Cristo,  predicando  con  l'esempio  :  esem  - 
pio  che  riveli  spirito  di  carità,  di  umiltà, 
di  castità.  Quindi  terminò  facendo  loro 
coraggio,  ed  animandoli  a  porsi  con  ge- 
neroso e  santo  ardimento  all'opera;  non 
stando  in  forse,  che  fruito  larghissimo  a- 
vrebbero  raccolto  dalle  loro  evangeliche 
quaresimali  fatiche.  Dipoi  il  Papa  am- 
mise al  bacio  del  piede  tutti  i  predicatori 
edi  parrochi.  All'articolo  PioIX  feci  men- 
zione di  altri  sermoni  pronunziati  in  pub- 
blico. Gli  antichi  Papi  incominciando  da 
s.  Pietro  (^.),di  frequente  predicavano, 
distinguendosi  s.  Leone  I  e  s.  Gregorio  I 
ne'primi  secoli;  poi  vanno  nominati  A- 
ariano  1 \Innocenzo  1  Inclemente  IV;  A- 
li'ssandroIIIchepred\cò  in  Venezia  avan- 
ti Federico  I,  come  notai  a  Pulpito;  Gio- 
vanni  XXIIin  Avignone  e  sul  Purgatorio 
{V.)j  Giulio  III,  che  recitò  un'orazione 
essendo  ancor  giovane  nel  concilio  di  Lu- 
terano V,  e  altra  nella  domenica  di  Pas- 
sione avanti  Adriano  VI;  Sisto  Scheda 
religioso  illustrò  molti  pulpiti  d'Italia;  Be- 
nedetto XIII,d\  cui  scrisse  il  p.GaelanoM." 
da  Bergamo  cappuccino,  nel  libro:  L'Uo- 
ino  apostolico  al  pulpito,  Venezia  i  762, 
che  predicò  da  cardinale  e  da  Papa  4^92 
volte,  oltre  le  Pastorali  (V.)  che  scrisse 
per  istruzione  del  gregge,  e  spiegava  la 
Dottrina  cristiana  (V.)  ai  fanciulli;  o- 
gni  sabbato  udiva  il  sermone  del  p.  Ca- 
ra vita  gesuita.  Benedetto  À7f  nell'aprile 
la  visita  apostolica  nella  basilica  Latera- 


PRE  71 

nense,  istruì  nella  dottrina  cristiana  i  fan- 
ciulli della  parrocchia.  Leone  X [Ida  pre- 
lato recitò  avanti  Pio  VI  l'orazione  fu- 
nebre per  Giuseppe  II:  a  Orazione  per 
l'elezione  de'Pontefici,  che  si  fa  al  sacro 
collegio,  parlai  ancora  delle  Orazioni  fu- 
nebri pei  Papiche  si  pronunziano  ne'no- 
vendiali  avanti  l'assoluzione.  All'articolo 
Cappelle  pontificie  notai  in  quali  anti- 
che funzioni  i  Papi,  i  cardinali  ed  i  ve- 
scovi predicavano:  tra'cardinali  predica- 
tori si  distinsero,  Ruffini,  Canisio,  Lo- 
rerio,  Berlrano,  Petow,  Baronio,  Tole- 
do, Bellarmino,  Micara  già  Predicatore 
apostolico  (V).  Ad  Anni  santi  riportai 
le  prediche  in  essi  fatti  dai  cardinali.  Il 
cardinal71/orr<7  compilò  un  dizionario  per 
l'arte  del  predicare  coi  passi  della  sacra 
scrittura.  A  Bolle,  a  Encicliche,  a  Let- 
tere apostoliche  trattai  di  quelle  colle 
quali  i  Pontefici  istruiscono  tutto  il  mon- 
do cattolico,  ed  aCoNcisTORO  ragionai  del- 
le allocuzioni  che  vi  pronunziano.  Tal- 
volta i  Papi  sono  andati  ad  ascoltare  i  pre- 
dicatori quaresimali  in  s.  Pietro.  Clemen- 
te XI  nel  1  7  1 9  calò  dal  contiguo  palazzo 
alla  basilica  per  la  predica  pomeridiana 
del  giorno  di  Pasqua.  Gregorio  XVI  tal- 
volta andò  nel  coretto  della  stessa  chiesa 
per  ascolta  requalche  predica  lore.Nelvol. 
Vili,  p.  3o2  notai,  che  uno  de'migliori 
predicatori  quaresimali  faceva  il  discorso 
ai  cardinali  dopo  il  pranzo  del  giovedì 
santo,  che  suole  udirsi  dal  Papa  dietro 
la  bussola.  I  cardinali  nelle  chiese  ove  so- 
no arcipreti,  titolari  o  diaconi,  assistono 
alle  prediche  in  cappa  e  vesti  paonazze, 
ed  il  caudatario  è  tutto  vestito  di  uero. 
Nelle  altre  chiese  sogliono  andare  in  abi- 
to corto  ne'  coretti  ,  ovvero  in  qualche 
cappella. 

I  Papi  furono  sempre  zelanti  e  sol- 
leciti della  predicazione,  come  dimostrai 
in  tanti  articoli  e  principalmente  a  Mis- 
sioni pontificie.  Paolo  III  approvò  gli 
Esercizi  spirituali  di  s.  Ignazio  (V.). 
Gregorio  XIII  prescrisse  l'istruzione  cat- 
tolica e  la  predica  agli  ebrei  di  Roma,  co- 


70  P  R  E 

me  riportai  nel  voi.  XXI,  p.  a 3.  11  suo 
predecessore  s.  Pio  V,  secondo  il  concilio 
di  Trento,  ordinò  l'erezione  delle  congre- 
gazioni della  Dottrina  cristiana  (f^.),  ove 
dissi  delle  benemerenze  di  Clemente  Vili 
e  successori, edella  istruzione  che  ne  fan- 
no i  parroclii  nelle  domeniche,  come  dei 
catechismi  istituiti  da  BenedettoXIVnel- 
la  quaresima,  pei  sagramenti  della  peni- 
tenza e  della  Eucaristia.  Delle  prediche 
di  Roma  ne  parlò  l'Amidenio,  Depieta- 
le  romana,  p.  123.  A  Oratorio  toccai 
de'notturni  ove  si  fanno  prediche.  A  Mis- 
sione parlai  delle  missioni  ordinarie  e 
straordinarie  fondate  in  Roma;  di  quel- 
le pei  Giubilei  (P~.)  e  altre  circostanze  ; 
delle  diversecongregazioni  omonime  col 
santo  fine  di  predicare,  il  quale  l'hanno 
molti  Ordini  religiosi,  come  i  Predica' 
tori,  i  Gesuiti,  i  Pii  operai,  i  signori  del- 
la Missione,  i  Francescani,  i  Pas sioni- 
sti e  tanti  altri,  come  si  può  vedere  ai  lo- 
ro articoli.  A  Gerusalemme,  ed  a  Guar- 
diano dei  s.  Sepolcro  dissi  delle  questue 
ordinate  nelle  prediche  dell'avvento  e 
della  quaresima  dai  Papi  pei  luoghi  san- 
ti, alla  liberazione  de'quali  fecero  predi- 
care la  Crociala  {f^.)j  ed  a  Schiavi  delle 
pontificie  ingiunzioni  ai  predicatori  pel- 
le limosine  a  vantaggio  di  essi  e  pel  loro 
riscatto.  Ecco  le  rubriche  che  sulla  Pre- 
dica pubblicò  Diclich  nel  Diz.  sacro-li-; 
turgico.  Se  si  deve  fare  nella  messa  so- 
lenne, si  faccia  dopo  l'evangelo  se  deve 
versar  su  questo,  altrimenti  si  deve  fare 
Ila  la  messa;  la  consuetudine  però  di- 
spensa da  questa  prassi,  cosi  nella  recita 
de'pancgirici:  anticamente  si  predicava 
dopo  il  Credo.  Dopo  l'offertorio  è  vietalo 
qualunque  sacro  ragionamento.  Se  il  ce- 
lebrante predica,  sederà  sopra  uno  scan- 
no nudo  in  cornu  Evangelii  col  capo  co- 
perto, o  senza  pianeta  in  pulpito.  Il  dia- 
cono e  suddiacono  sederanno  sopra  uno 
scanno  nudo,  fuori  però  dell'altare  colla 
faccia  ad  esso  volta  e  col  ca*po  coperto, 
o  potranno  sedere  dove  sedevano  col  cele- 
brinlcnientresi cantava  il  Gloria.  I3aul- 


PRE 

dry  insegna  che  i  prepositi  e  altri  inferio- 
ri al  vescovo,che  predicano  all'ai  tare,deb- 
bono  stare  col  capo  scoperto  in  cornu  E- 
vangelii,  né  si  estingueranno  i  cerei  del- 
l'altare. Se  altra  persona  in  luogo  del  ce- 
lebrante dovesse  predicare,  prima  che  a- 
scenda  il  pulpito  se  sia  chierico  assumerà 
la  colta,  e  anche  la  stola  se  sacerdote;  in 
Roma  la  stola  nou  si  assume  per  riveren- 
za al  Papa  che  l'usa  sempre  anche  fuori 
dell'amministrazione  de'sagramenti.  Se 
l'oratore  è  regolare  rimarrà  vestito  del 
solo  suo  abito;  se  canonico  o  dignitario, 
predicherà  colla  cappa  o  colla  almuzia 
sopra  il  rocchetto;  se  poi  sia  vescovo  e 
non  celebri  solennemente,  sarà  vestito  del 
suo  abito  ordinario,  aggiuntavi  la  stola 
sulla  mani  .elicila  o  sulla  mozzetto  per  chi 
ne  ha  l'uso;  né  ad  esso  conviene  l'assi- 
stenza de'canonici  e  delle  dignità,  perchè 
questa  compete  soltanto  al  vescovo  che 
predica  col  piviale  e  colla  mitra  :  se  pre- 
dicherà fuori  di  diocesi  non  userà  la  moz- 
zetta,ma  la  mantelletta.  Se  si  predica  in- 
nanzi al  cardinal  legato  della  s.  Sede,  al 
patriarca,  all'arcivescovo,  o  al  vescovo 
ne'luoghi  di  sua  giurisdizione,  allora  l'o- 
ratore colle  dovute  riverenze,  prima  di 
ascendere  al  pulpito,  genuflesso  chiederà 
la  benedizione,  sia  ecclesiastico  secolare 
o  regolare,  dicendo:  Jube  donine  bene- 
dicere.  Se  sia  qualche  dignità  o  canoni- 
co, profondamente  inchinato  chiederà  la 
benedizione.  I  vescovi  non  la  domanda- 
no né  agli  altri  vescovi,  né  ai  cardinali. 
Dopo  che  l'oratore  avrà  asceso  il  pulpi- 
to, tosto  farà  alla  Croce  o  all'altare  un 
profondo  inchino  o  genuflessione  sevi  sia 
in  esso  il  ss.  Sagramento,  poi  saluterà  il 
clero  e  il  popolo.  Se  vi  sono  prelati,  pri- 
mati o  principi,  si  dovranno  salutare  col 
capo  scoperto  prima  del  popolo.  Se  vi  so- 
no i  canonici,  il  magistrato  o  governatore 
del  luogo  devesi  fare  altrettanto,  distin- 
guendo il  suffraganeo  se  vi  è  sedente  nel 
presbiterio.  Se  saluta  i  ministri  dell'al- 
tare, questi  possono  corrispondere  sco- 
prendosi il  capo.  Fatte  poi  dall'oratore 


PRE 
le  dovute  riverenze,  sederà,  si  coprirà  il 
capo;  dopo  breve  momento  si  alzerà,  sco- 
prirà ecolle  mani  giunte,  tenendo  la  ber- 
retta innanzi  al  petto  se  l'usa,  cogli  oc- 
chi alzati  a  Dio,  si  farà  il  segno  di  croce, 
dicendo  sotto  voce:  In  nomine  Patris,  ec. 
e  nel  fine  giungerà  le  mani,  dicendo:  A- 
men.  Genuflesso  subito  verso  l'altare,  di- 
rà a  chiara  voce  l'Ave  Maria }  non  mai 
la  Regina  Coelij  compiuta  la  quale,  sor- 
gerà, si  coprirà  il  capo,  incomincerà  il  ser- 
mone e  Io  proseguirà.  Nel  fine  benedirà 
il  popolo,  purché  non  sia  presente  il  ve- 
scovo del  luogo,  che  se  vi  è  qualche  al- 
tro gran  prelato,  prima  di  benedire  gli  al- 
tri s'inchinerà  profondamente  a  lui,  e  poi 
volto  dall'altra  parte  benedirà  il  popolo. 
Finalmente,  se  la  predica  si  fa  o  in  pul- 
pito, o  innanzi  l'altare  i«  conni  Evan- 
gW»,quando  il  ss.  Sagramento  è  esposto, 
l'oratore  starà  sempre  coi  capo  scoperto. 
Sulla  predicazione  e  sui  predicatori  si 
possono  consultare  i  seguenti  autori.  Me- 
nochio,  Stuo re  t.  2,  cent.  6,  e.  46  e  seg. 
De' riti  degli  ebrei  circa  le  prediche  delle 
loro  sinagoghe.  De' riti  antichi  de' cristia- 
ni circa  le  prediche.  Se  le  prediche  de~ 
vono  essere  brevi  o  lunghe.  Se  nelle  pre- 
diche si  devono  addurre  autori  profani. 
Qual  sorte  d'eloquenza  convenga  ai  pre- 
dicalori.  Sainelli,  Lelt.eccl.  t.  3,  lett.  4&: 
Non  doversi  dal  curato  intermettere  la 
predicazione  benché  vi  sia  della  gente  che 
si  stanchi  di  udirlo;  t.  io,  lett.  35:  Se  al 
chierico  d'ordini  minori  sia  lecito  il  pre- 
dicare. Gio.  Sigismondo  Susckio,  De  mo- 
re surge ndi,  standique  in  ecclesia  quurn 
divinaverba  /'ecita/ifr/r,Magdeburg  1  732. 
G.  13.  Braschi,  Idea  del  pulpito  mitrato, 
Roma  1725.  Lohner,  Bibliolheca  ma- 
nualis  concionaloria,  Venetiis  1730.  Bi- 
blioteca predicabile  o  scienza  universale 
del  pulpito,  Venezia  1775.  Houdry,  Bi- 
bliolheca concionaloria  continens  helices 
christianae  praecipua  argumenta,  Ve  • 
netiis  1750.  Musatti,  Prediche,  Venezia 
1772.  Dell'arte  della  parola  considerata 
ne'  vari  modi  della  sua  espressione,  sia 


PRE  73 

che  si  legga,  sia  che  in  qualunque  ma- 
niera si  reciti,  lettere,  Milano  1827.  Di 
queste  bellissime  lettere  del  eh.  Compa- 
gnoni sono  rimarchevoli  pel  mio  argo- 
mento tre.  1 7.'  L'eloquenza  sacra  è  la  so- 
la che  nello  stato  presente  sia  aperta  agli 
ingegni  italiani.  Vantaggi  che  ha  sopra 
gli  altri  l'oratore  sacro,  edifticoltà  rispet- 
tive. I  santi  padri  sono  i  suoi  veri  mo- 
delli. i8.a  Di  alcune  parti  che  nella  co- 
struzione delle  prediche  paiono  atte  a  ri- 
cevere qualche  perfezionamento.  19. "Del- 
l'azione oratoria.  Necessità  speciale  del 
predicatore  per  formarsi  una  buona  vo- 
ce. Precetti  generali  dell'azione  oratoria 
applicati  ad  ogni  particola!'  caso.  Adeo- 
dato Turchi,  Opereinedile,  omeliee pre- 
diche, Modena  18 18.  G.  J.  Montanari, 
Discorso  sulla  eloquenza  sacra,  Pesaro 
1 833  :  osserva  la  diversità  che  passa  tra 
l'eloquenza  sacra  francese  e  quella  degli 
italiani,  i  quali  declamano  i  loro  discorsi, 
mentre  i  francesi  li  leggono,giovando  me- 
glio alla  commozione  e  alla  persuasione 
il  metodo  italiano.  Collezione  di  oratori 
sacri  francesi,  Firenze  1 835.  Gio.  Finaz- 
zi,  Dell'omelia  nel  voi.  9,  p.  358  degli 
Annali  delle  scienze  relig.,  serie  2.'n L'elo- 
quenza moderna  del  pulpito,  opuscolo 
dedicato  alla  s.  Sede  apostolica  ed  ai 
vescovi  cattolici,  Modena  1 836.  Giusep- 
pe Defendi,  Lettere  intorno  alla  s.  elo- 
quenza, Parma  1 844-  Gaetano  Lenzi, 
Lettere  intorno  all'  eloquenza  singolar- 
mente del  pergamo,  Imola  1 844-  Antonio 
Rosmini,  Dell'ecclesiastica  eloquenza  di- 
scorso, Milano  i832.  Giovanni  Granel- 
li, Opere  ossiano  lezioni  della  s.  scrittu- 
ra, prediche  e  panegirici,  Venezia  1 828. 
Felice  Peraldi,  Lettera  sulla  predicazio- 
ne, Lucca  i833.  Francesco  Finetti,  Sto- 
ria evangelica  esposta  in  sagre  lezioni, 
Roma  1 836.  Storia  dell'antico  Testamen- 
to esposta  in  sagre  lezioni,  Roma  i83g. 
Atti  apostolici  esposti  in  sagre  lezioni, 
Roma  i83g.  Prediche  postume,  Roma 
1 843.  Panegirici  e  discorsi  sagri,  Roma 
1 845.  Gorla,  Prediche  quaresimali,  Ve- 


74 


PRE 


nezia  1703.  Bourdaloue,  Quaresimale, 
Venezia  1 7  1 3.  Di  Fromentiere,  Quare- 
simale, Milano  1730.  Giroust,  Quare- 
simale, Venezia  1 734.  Simonetta,  Qua- 
resiniate, Venezia  1 736.  Siniscalchi,  Qua- 
resimale, Venezia  1 738.  Manfredi,  Qua- 
resimale, Venezia  1748.  Segneri,  Qua- 
resimale, Roma  1752.  Rossi,  Quaresima- 
le, Venezia  1 764.  Tornielli,  Quaresima- 
7e,Cassanoi76g.  Granelli,  Predìchequa- 
resimali  e  panegirici,  Venezia  1772.  An- 
selmo, Prediche  quaresimali ,  Venezia. 
Venini,  Prediche  quaresimali,  Venezia 
1  796.  Trento,  Prediche  quaresimali,  Ve- 
nezia 1798.  Deani,  Quaresimale,  Brescia 
1825.  Buffa,  Prediche  quaresimali  ele- 
zioni sagre,  Milano  i833.  Quaresimale 
formalo  dalle  prediche  più  scelte  de' mi- 
gliori autori  sagri  italiani,  Parma  1 844- 

PREDICATORE.  V.  Predica. 

PREDICATORE  APOSTOLICO. 
Ponlificiae  Aulae  Orator,  Concionator 
Palata  apostolici.  Religioso  dell'esempla- 
re e  benemerito  ordine  de'  Cappuccini 
(  Fedi,  avendone  parlalo  pure  in  altri 
luoghi,  come  nel  voi.  XXVI,  p.  168  e 
169),  che  predica  nell'avvento  e  nella 
quaresima  nell'aula  pontificia  al  più  ve- 
nerando consesso,  cioè  al  sommo  Ponte- 
fice, al  sagro  collegio  de'cardinali,  ai  ve- 
scovi, ai  prelati  e  ad  altri  notabili  perso- 
naggi. Lo  nomina  il  Papa  con  biglietto 
del  maggiordomo  ,  scegliendolo  fra'  più 
dotti  e  facondi  oratori  di  cui  l'encomia- 
lo ordine  è  doviziosamente  fornito.  Fa 
parte  della  famiglia  nobile  pontificia,  ed 
ha  luogo  nella  Cappella  papale  tra' pro- 
curatori degli  ordini  regolari  e  il  Con- 
fessore  della  famiglia  pontificia  (  V '.).  Dal 
palazzo  apostolico  ha  l'uso  della  carrozza 
detta  frullone, la  dispensa  delle  medaglie 
d'argento,  e  riceve  mensili  scudi  4$,  fa- 
cendo l'ordinaria  residenza  nel  conven- 
to de'  cappuccini  di  Roma.  L'onorevole 
e  distinto  uffizio  fu  disimpegnato  da  illu- 
stri soggetti  che  risplenderono  per  pro- 
fonda scienza  ,  per  maschia  eloquenza  , 
per  vivo  zelo  nell'apostolico  ministero  e 


PRE 

per  l'ornamento  di  altre  virtù,  onde  mol- 
ti meritarono  d'essere  confessori  de' Pa- 
pi e  da  loro  ebbero  cospicui  incarichi ,  e 
furono  insigniti  delle  dignità  cardinalizia 
e  vescovile.  Prima  di  parlare  del  luogo 
e  modo  come  predica  il  predicatore  apo- 
stolico, accennerò  quanto  a  Predica  (F.) 
e  in  altri  articoli  trattai  sulle  prediche, 
sermoni ,  discorsi ,  orazioni  pronunziate 
innanzi  all'  augusta  presenza  del  Papa , 
de'cardinali,  de' vescovi  e  altri  dignitari, 
perchè  meglio  si  conosca  lo  stabilimen- 
to del  rispettabile  e  gravissimo  uffìzio  del 
predicatore  apstolico.  Nel  voi.  Vili,  p. 
236  ragionai  delle  prediche  e  discorsi , 
come  del  modo  cui  si  recitano  nelle  Cap- 
pelle pontificie  (F.),  dopo  che  li  ha  rive- 
duti il  p.  maestro  del  s.  palazzo.  Che  men- 
tre il  predicatore  o  sermonatore ,  dopo 
avere  alquanto  orato  verso  l'altare,  ge- 
nuflesso recita  1'  Ave  Maria  (  nel  qual 
tempo  tutti  debbono  gemi/lettere,  secon- 
do il  Ceremoniale  di  s.  romana  chiesa), 
dai  Mazzieri  (V.)  si  chiude  la  porta  che 
conduce  al  presbiterio  e  ninno  può  en- 
trarvi né  sortirvi  durante  la  predica  o  re- 
citazione del  discorso  o  Orazione  fune- 
bre (F-)  ,  in  modo  che  venendo  un  car- 
dinale in  detto  tempo  si  trattiene  fuori  fi- 
noal  termine.  Della  domanda  chel'orato- 
re  fa  ai  piedi  del  Papa, dopo  il  vangelo,  del- 
la benedizione  e  dell'indulgenza(non  nelle 
cappelledell' Ascensione  e  dell'Assunta,  a 
cagione  della  solenne  benedizione);  con 
quale  formola  la  promulga  (ricevendola 
dal  ceremoniere)  dopocheha  terminato 
(va  notato  che  l'oratore  nell'incomincia- 
re  la  predica  o  il  discorso,  nominando  il 
Papa  si  scuopreil  capo  e  genuflette  verso 
di  lui),  della  quale  parlai  anche  a  p.  248 
(e  nel  voi.  XXXIV,  p.  278  per  l'antica 
formola);  dell'indulgenza  che  egualmen- 
te si  concede  quando  non  ha  luogo  la  pre- 
dica osermone,pubblicandola  il  celebran- 
te, lo  che  rilevai  pure  a  p.  253,  la  quale 
si  domanda  dal  2.0 ceremoniere,  ed  al- 
lora la  pubblica  il  celebrante  prima  di 
dire  l'è  vangelo  di  s.  Giovanni  colla  for- 


PRE 

mola  che  trova  posta  nel  messale.  Assen- 
te il  Papa,  il  ceremoniere  conduce  l'ora- 
tore avanti  il  celebrante  e  genuflesso  gli 
bacia  l'  anello,  gli  chiede  la  benedizione 
e  l'indulgenza  (già  concessa  dal  Papa),  e 
cominciando  la  predica  non  genuflette 
nominandoil  Papa. Dell'antichissimo  uso 
eli  fare  prediche  e  sermoni  in  latino  nel- 
la cappella  pontificia  sopra  l'evangelo cor- 
rente ,  ed  a  chi  spettava  nominarne  gli 
oratori.  Che  anticamente  predicavano  e 
sermocinavano  que'  medesimi  che  cele- 
bravano la  messa,  i  Papi,  i  cardinali ,  i 
vescovi,  i  prelati;  e  ciò  anche  descriven- 
do a  Cappelle  pontificie  e  cardinalizie, 
individualmente  le  funzioni  d'  ognuna, 
ove  raccolsi  altre  speciali  erudizioni,  ol- 
tre il  di  più  che  notai  descrivendo  le  cor- 
porazioni religiose  e  i  collegi  cui  appar- 
tengono quelli  che  predicano  o  sermo- 
neggiano. Se  il  Papa  legge  Y  Omelia  (V^ 
dopo  il  vangelo,  il  cardinal  vescovo  assi- 
stenle  pubblica  l'indulgenza.  Che  sebbe- 
ne ora  in  cappella  pontificia  si  predichi 
e  sermoneggi  in  idioma  latino  ,  vi  sono 
esempi  che  fu  fatto  in  altre  lingue,  spie- 
gando perchè  il  predicatore  apostolico 
soltanto  predica  in  italiano.  Come  della 
lingua  italiana  parlai  a  Italia  ed  a  Lin- 
gua, a  questa  ultima  ed  a  Lazio  discor- 
si della  latina,  dichiarandola  propria  del- 
la Chiesa  e  del  Papa,  perciò  esso  udire  le 
prediche  in  latino,  stando  dietro  una  bus- 
sola privatamente  quando  leascoltr.  in  i- 
taliano;  inoltre  a  Lingua  ragionai  della 
celebrazione  de'divini  uffizi  in  latino  che 
non  s'intende  da  tutti  :  si  può  vedereLi- 
turgia  (nel  voi.  9,  p.  3  degli  Annali  del- 
le scienze  relìg.  serie  2.a  vi  è  l'importan- 
te Ragionamento  siili'  uso  della  lingua 
latina,  di  Rari).  Fontanini,  Eloquenza 
ital.  p.  268,  rese  ragione  per  cui  il  Pa- 
pa ascolta  le  prediche  del  predicatore  a- 
postolico  in  sito  nascosto,  dicendo  che  il 
rito  di  predicareinchiesainlatinoenonin 
volgare,  si  mantenne  sino  ai  secoli  a  noi  vi- 
cini e  in  Roma  durava  ancora  (su  di  che 
può  vedersi  quanto  ho  notato  a  Predica); 


PRE  75 

mcntreincappella  pontificiaal  Papa  eal- 
la  gerarchia  ecclesiastica,  con  lui  rappre- 
sentante laChiesa,  è  in  osservanza  l'antico 
l'ito  di  predicare  in  latino.  Ma  Zeno,  Leti. 
t.2,  p.423,  contraddice  l'opinione  di  Fon- 
tanini, solo  accorda  che  ciò  sia  seguito 
al  più,  prima  del  secolo  XIII,  ma  non 
in  appresso,  dimostrando  che  è  stata  sem- 
pre usata  la  predicazione  in  volgare  nel- 
le chiese  di  città  e  di  campagna,  poiché 
non  fu  mai  prescritto  dalla  Chiesa,  che 
anco  le  prediche  fossero  latine  al  pari  del- 
la sagra  ufficiatura  e  della  liturgia.  Nel 
più  volte  citato  luogo  e  articolo,  rimar- 
cando a  chi  spetta  sermoneggiare,  dissi  di 
quali  discorsi  se  ne  fa  la  stampa  (al  pre- 
sente, mentre  prima  se  ne  stampavano 
un  maggiore  numero,  come  notai  ai  ri- 
spettivi luoghi)  e  la  dispensa  alla  porta 
della  cappella  pontificia  e  della  camera 
de' paramenti  al  termine  della  funzione 
n  chi  vi  ha  luogo,  compresi  i  ceremonic- 
ri,  oltre  un  esemplare  pel  loro  archivio 
per  la  collezione,  e  quello  che  si  umilia 
al  Pontefice.  Finalmente  nelle  p.  3o2  e 
3i5  dissi  dei  sermoni  recitali  ai  cardi- 
nali che  intervenivano  ai  pranzi  del  gio- 
vedì e  venerdì  santo,  nel  1 .°  giorno  in  ita- 
liano, nel  2.0  in  latino,  che  talora  i  Pa- 
pi udirono  dietro  la  bussola.  A  Orazio- 
ne per  l'elezione  de'Pontefici,  ed  Ora- 
zione funebre  pei  Papi,  parlai  di  chi  le 
pronunzia  e  il  modo,  come  di  chi  li  de- 
stina :  a  Funerali  delle  orazioni  pei  so- 
vrani e  altri  principi  defunti  recitale  nel- 
la pontificia  cappella.  A  Maestro  del  s. 
palazzo  apostolico  descrissi  le  sue  prero- 
gati vee  autorità,  nella  quale  si  compren- 
de la  revisione  e  approvazione  delle  pre- 
diche, sermoni  e  orazioni  funebri  che  si 
dicono  nella  cappella  pontificia;  che  pri- 
ma nominava  i  soggetti  che  dovevano 
pronunziarli,  quali  potea  ri  prendere  pub- 
blicamente se  lo  merita  va  no  eziandio  pre- 
sente il  Papa;  parlai  di  sua  origine  sot- 
to Onorio  III  che  l'incaricò  di  predicare 
e  catechizzare  la  fa  miglia  pontificia  e  quel- 
le de' cardinali  e  prelati,  mentre  questi 


76  PUE 

erano  a  trattare  col  Pontefice  gli  affari; 
quindi  istituite  da  Paolo  IV  le  prediche 
dell'avvento  e  di  quaresima  nel  palazzo 
apostolico,  il  maestro  del  s.  palazzo  con- 
temporaneamente fece  altrettanto,  nel 
Quirinale  nella  Cappella  paolina ,  nel 
Vaticano  nella  Cappella  segreta  di  Gre- 
gorio XIII  o  sala  contigua;  affermando- 
lo il  de  Luca,  Rom.  Cur.  relat.  par.  2, 
disc.  8,  n.°  8,  ed  il  Catalano,  De  Magistro 
s.  pal.ap.  p.  16.  Aumentate  poi  ledi  lui 
incombenze,  si  fece  supplire  dal  p.  com- 
pagno, il  quale  tuttora  l'  eseguisce  ,  ve- 
nendo anche  stabilito,  che  il  medesimo 
facesse  ai  famigliari  palatini  l'istruzione 
catechistica  per  le  annue  comunioni  ge- 
nerali ,  di  che  feci  parola  nel  voi.  XLI, 
p.  292. 

L'origine  delle  prediche  nell'avvento 
e  nella  quaresima  nell'aula  pontificia  ri- 
sale a  Paolo  IV  deli 555,  riportando  il 
p.  Carrara,  Storia  di  Paolo  IV,  t.  2,  p. 
5oi.  »  Nel  palazzo  apostolico  introdus- 
se una  novità,  cioè  un  predicatore,  di- 
nanzi a  cui  si  radunassero  i  cardinali  e 
prelati  di  Roma, e  che  lorodovessespie- 
gare  le  verità,  ed  inculcare  le  massime 
convenienti  al  loro  stato.  Novità  che  se 
allora  fece  strepito  come  odiosa ,  ades- 
so pel  continuato  uso  come  decorosa  e 
giusta  pacificamente  viene  praticata.  Ma 
predicava  anch'egli  ai  cardinali  e  prela- 
ti ne'concistori,  nelle  congregazioni  e  in 
altri  incontri  :  Riforma,  riforma  all'ec- 
clesiastica gerarchia  ".  Aggiungequesta 
testimonianza  dell'altro  storico  Carac- 
ciolo :  Palatinas  concìones  instituitquas 
audiebat  clanculum,  inclusus  lignea  ceU 
lula.  Lunadoro ,  Relazione  della  corte 
di  Roma,  edizione  del  1646, a  p.  121  ri- 
ferisce: »  Ordinariamente  l'avvento  e  la 
quaresima  una  volta  la  settimana  si  pre- 
dica innanzi  al  Papa  Clemente  Vili.  La 
Santità  sua  sia  in  una  bussola  dove  non 
ù  veduta  da  nessuno,  nella  propria  stan- 
ca, dov'è  il  predicatore  che  sta  in  pulpi- 
tetto  all'  ordinario.  Li  signori  cardinali 
seggono  per  ordine  come  in  concistoro, 


PRE 
e  vi  hanno  da  stare  con  cappa  paonaz- 
za; e  li  venerdì  di  marzo  dopo  la  predi- 
ca il  Papa  cala  in  s.  Pietro  ,  accompa- 
gnato dal  s.  collegio.  Usava  ancora  Cle- 
mente Vili  farsi  sermoneggiare  in  cap- 
pella la  sera;  chi  faceva  il  sermone  sede- 
va in  uno  sgancilo  nella  porta  della  cap- 
pella,ma  in  luogo  che  il  Papa  noi  vedesse, 
ed  i  cardinali  sedevano  intorno  al  predi- 
catore ne' soliti  sgabelli  d'appoggio,  stan- 
do con  l'abito  di  cardinale.  Ma  fuori  della 
cappella  ordinariamente  quelli  sermoni 
li  facevano  i  predicatori  che  predicavano 
per  le  chiese  di  Roma,  che  in  questo  mo- 
do la  Santità  sua  veni  va  a  sentire  la  mag- 
gior parte  di  loro,  e  se  trovava  de'  pre- 
dicatori valenti,  che  li  dessero  gusto,  da- 
va loro  delle  pensioni,  e  alcuni  ne  face- 
va vescovi.  Sermoneggiavano  alcune  vol- 
te i  signori  cardinali  Tarugi ,  Baronio, 
Bellarmino,  Antonianie Monopoli  (Mar- 
zali),  e  assistevano  sempre  a  questi  ser- 
moni tutti  li  cardinali  di  palazzo,  che  al- 
cune volte  furono  al  numero  di  10  ".Del 
frequente  sermoneggiare  per  le  chiese 
dai  cardinali  nell'anno  santo  1600,  par- 
la pure  Ricci ,  De  giubilei ,  p.  116.  Se- 
slini,  77  maestro  di  camera,  stampato 
nel  i634,  cap.  12,  dice  che  i  cardinali 
usavano  la  cappa  paonazza  a  tutte  lepre- 
diche  che  si  fanno  nel  palazzo  apostoli- 
co, come  in  altre  chiese,  tranne  nelle  fe- 
ste solenni.  Aggiungerò,  che  se  ha  luo- 
go la  predica  ne' venerdì  di  marzo  dopo 
Pasqua  ,  in  questi  i  cardinali  incedono 
in  vesti  e  tutto  altro  rosso  ,  bensì  colla 
cappa  paonazza.  Gabriele  Chiabrera,  ce- 
lebre poeta  di  Savona  morto  nel  1637, 
scrive  nella  propria  vita  e  si  gloria,  che 
da  Urbano  Vili  fu  ammesso  nella  bus- 
sola ad  ascoltare  con  lui  tutta  la  predi- 
ca, ed  il  Giustiniani,  Lett.  memorabili  t. 
3,  p.  247>  lo  conferma.  Questa  bussola 
è  di  noce  con  grata  o  gelosia  simile  e  ten- 
dine di  seta  rossa:  chi  vi  ammette  il  Pa- 
pa, lo  dissi  ne' voi.  Vili,  p.  273,  IX,  p. 
1 54,  insieme  al  modocui  v'incedono  chi 
vi  ha  luogo.  Nel  n.°  5574  del  Diario 


PRE 

di  Rornai'j53  si  legge,  che  GiacomoIII 
re  cattolico  d'Inghilterra  ascoltò  la  pre- 
dica dell'avvento  dietro  una  bussola,  co- 
me Benedetto  XIV  in  altra,  nel  palaz- 
zo Quirinale. 

La  predica  dell'  avvento  e  della  qua- 
resima si  fa  nel  Palazzo  Faticano  o  Pa- 
lazzo Quirinale  [F.)  ove  abita  il  Papa, 
nella  sala  del  concistoro  se  nel  Vaticano, 
nella  2/  camera  della  gran  galleria  (co- 
me in  dicembre  1839  )  o  in  altra  se  nel 
Quirinale.  Sotto  il  baldacchino  si  colloca 
il  pulpito  nel  luogo  del  trono,  baldacchi- 
no che  prima  si  levava  per  la  predica  : 
rimpeUo  vi  è  sempre  il  Crocefisso}  da  un 
lato  la  bussola  ove  siede  il  Papa,  col  mag- 
giordomo e  maestro  di  camera  su  due 
sgabelli.  In  un  quadrato  di  banchi  siedo- 
no i  cardinali  per  ordine.  Dietroal  qua- 
le ne'  tre  lati  sono  banchi  pei  vescovi , 
prelati,  capi  degli  ordini  religiosi  e  altri 
che  hanno  luogo  in  cappella ,  compresi 
gl'individui  della  camera  segreta  eccle- 
siastica :  possono  intervenirv  i  anche  i  ve- 
scovi eletti,  benché  non  preconizzati  in 
concistoro;  mg.r  maestro  di  camera  può 
accordare  licenza  a  qualche  ecclesiastico 
forestiere  che  lo  desideri,  i  quali  restano 
in  piedi  tra  la  portiera  e  la  porta  in  mo- 
do di  non  essere  veduti ,  la  quale  porta 
custodisce  un  bussolante.  I  cardinali  che 
arrivano  cominciata  la  predica  non  pos- 
sono più.  entrare  nella  sala:  si  trattengo- 
no con  un  ceremoniere  nella  cappella  se- 
greta del  Papa  se  al  Vaticano,  nella  sa- 
grestia se  al  Quirinale.  Un  cardinale  vol- 
le entrare  alla  predica  benché  comincia- 
ta; il  predicatore  si  trattenne  dal  prose- 
guire finché  non  fu  seduto.  Altro  busso- 
lante sta  in  piedi  vicino  al  pulpito,  met- 
te e  leva  la  tavoletta  ove  siede  il  predi- 
catore apostolico.  Il  laico  cappuccino  del 
predicatore,  sta  in  piedi  alla  destra  del 
pulpito.  La  predica  dell'avvento  ha  luo- 
go ne'mercoledì ,  ma  nelle  due  settima- 
ne, nelle  quali  cadono  le  feste  di  s.  Lu- 
cia edis.  Tommaso,  in  questi  giorni,  pur- 
ché uou  vengano  di  domenica.  Se  la  fe- 


PRE  77 

sta  dell'  Immacolata  Concezione  si  cele- 
bra nel  mercoledì,  la  predica  si  trasferi- 
sce al  venerdì.  La  predica  di  quaresima* 
ha  luogo  in  tutti  i  venerdì  ,  in  vece  di 
quella  del  venerdì  santo  perla  Passione, 
si  fa  il  martedì  santo.  Beuché  non  sia  en- 
trata laquaresitna,  si  fa  la  predica  ali.° 
venerdì  di  marzo,  e  nel  venerdì  poste- 
riore alla  Passione  quando  é  ancora  nel 
mese  di  marzo.  Se  la  festa  di  s.  Tommaso 
d'Aquino  vienedi  venerdì,  celebrandosi  la 
cappella  semipapale,  si  anticipa  la  predi- 
ca nel  mercoledì.  Notai  nel  voi.  lX,p.  137, 
che  se  la  cappella  di  s.  Francesca  cade  di 
venerdì  ha  luogo  la  predica,  e  la  cappel- 
la si  celebra  il  giorno  innanzi,  ovvero  si 
canta  la  sola  compieta  nello  stesso  gior- 
no. Vacò  la  predica  a'7  aprilei843  per 
malattia  del  predicatore.  Neil'  avvento 
i845  vacò  una  predica  e  altra  fu  trasfe- 
rita, per  le  due  visite  che  fece  a  Grego- 
rio XVI  l'imperatore  delle  Russie  Nico- 
lò I.  A'27  marzo  1846  «I  predicatore  a- 
postolico  dopo  l'esordio,  sentendosi  man- 
care, si  pose  a  sedere  e  tralasciò  di  pro- 
seguire, essendo  debole  per  indisposizio- 
ne di  stomaco.  Gregorio  XVI  braman- 
do che  si  ristabilisse  bene,  non  volle  che 
predicasse  nelle  altre  dm:  prediche  de'3  f 
marzo  e  del  martedì  santo.  Di  vacanze 
di  predica  per  impotenza  del  predicato- 
re apostolico  vi  sono  altri  esempi,  come 
di  sostituzioni.  Leggo  nel  n.°  2002  dei 
Diari  di  Roma  1794, che  per  indisposi- 
zione del  predicatore  apostolico,  Pio  VI 
vi  surrogò  mg/  Cristiani  sagrista ,  che 
ammalandosi  (n.°  2006),  avendolo  fatto 
sapere  al  Papa  nella  slessa  mattina  che 
dovea  predicare,  Pio  VI  con  una  carrozza 
fece  subito  prendere  il  p.  Luigi  Costagu- 
ti  agostiniano  e  predicatore  in  s.  Agosti- 
no, il  quale  supplì  egregiamente,  anche 
una  2. "volta (n.°  2008).  Ristabilitosi  mg/ 
sagrista,  pronunziò  la  4-'  predica  (  n. 
20 io),  quindi  ne  recitò  altre  3,  con  che 
compì  il  corso  quaresimale  (  n.°  2012  , 
201 4)-  I  giorni  della  predica  sono  indi- 
cati uell'opuscolo  annuale,  di  cui  fecipa- 


78  PRE 

rola  nel  voi.  IX,  p.  i3s  :  se  avviene  va- 
riazione, il  prefetto  delle  ceremonie  eoa 
«ìschedula  ne  avverte  il  predicatore,  il  sa- 
gro collegio  e  gli  altri,  ed  eccone  un  e- 
sempio.  Monitum.  Concio  inPalatio  a- 
poslolico  quae  tempore  Advenlus  in  li- 
bello notatiti' habenda  die  o.?  mensis  de- 
cembris  fer.  4  hoc  anno  habebilur  die 
3o  novembris,  in  quam  inciditfestum  s. 
Andrene  apostoli.  Allorché  vacala  pre- 
dica il  disintimo  lo  fa  mg.r  maestro  dica- 
mera al  prefetto  delle  ceremonie,  come 
notai  nel  voi.  XLI,  p.  i/f-i,  il  quale  con 
ischedula  stampata  avvisa  i  cardinali  e 
chi  altri  vi  hanno  luogo,  ed  il  predica- 
tore se  l'impedimento  proviene  dal  Pa- 
pa. Eccone  un  esempio.  Monitum.  Die 
7  aprilis  feria  3."  majoris  hebdomadae, 
vacabit  concio  in  Palatio  apostolico.  — 
Joseph  de  Ligne  apost.  cacrem.  praefe- 
ctus.  Se  il  Papa  è  assente  da  Roma,  come 
quando  Pio  VI  nel  1 782  andò  a  Vienna, 
ovvero  è  incomodato,  la  predica  ha  luo- 
go e  nel  palazzo  di  ordinaria  residenza, 
come  la  visita  della  basilica  Vaticana  nei 
venerdì  di  marzo.  In  questo  caso  il  pre- 
fetto delle  ceremonie  domanda  al  car- 
dinale più  anziano  il  permesso  di  fare  in- 
cominciare la  predica.   Allora  un  cere- 
moniere conduce  nella  sala  il  predicato- 
re apostolico  senza  domandare  e  pren- 
dere la  benedizione  pontificia  ,  ne  altra, 
restando  il  ceremoniere  nella  sala  e  siede 
in  tempo  della  predica.  Salito  il  predi- 
catore sul  pulpito,  genuflette  al  Croce- 
fisso, fa  il  saluto  ingiroaicardinali  edo- 
po la  prima  parola  dice  Eininentissinii 
padri, &  prosiegue  senza  alcuna  variazio- 
ne. Il  predicatore  apostolico  condotto  col 
suo  laico  dal  convento  de'cappuccini  col 
frullone  al  pontificio  palazzo,  si  trattie- 
ne in  qualche  cappella  o  sagrestia  ,  ov- 
vero in  una  camera,  nella  quale  il  creden- 
ziere segreto  del  Papa  lo  serve  di  cioccola- 
ta ,  cade  o  altro  che  desideri.  L'  ultimo 
ceremoniere  a  ora  della  predica  lo  va  n 
prendere  e  Io  porla  presso  la  bussola  ove 
il  Papa  l'ascolta,  levandosi  il  mantello 


PRE 

che  consegna  al  compagno.  All'arrivo  del 
Papa  il  predicatore  s'inginocchio,  bacia  il 
piede  e  domanda  la  benedizione  dicen- 
do :Jube Donine  benedicere.  E  condotto 
quindi  dal  ceremoniere  al  pulpito  ,  nel 
quale  asceso,  genuflette  primaal  Crocefis- 
so, poi  verso  il  Papa,  senza  il  saluto  in  giro 
ai  cardinali.  Alzati  gli  occhi  al  cielo  si  fa 
il  segno  della  croce  e  quindi  recita  ingi  • 
nocchio  V  Ave  Maria:  siede  e  comincia 
la  predica  senz'altro  genuflessione.  Dopo 
la  prima  parie  avvisa  all'eccelso  uditorio 
il  giorno  della  predica  futura  e  l'ora  quan- 
do debba  variarsi.  Finita  la  predica  il  me- 
desimo ceremoniere  conduce  il  predica- 
tore dove  sorte  il  Papa  dalla  bussola  e 
genuflesso  gli  bacia  il  piede.  Avantiedo- 
po  le  predicazioni  dell'avvento  e  di  qua- 
resima il  predicatore  apostolico  si  reca 
ad  ossequiare  il  Papa. 

Prima  di  produrre  un  elenco  di  quei 
predicatori  apostolici  che  mi  fu  dato  rin- 
venire nelle  mie  studiose  ricerche,  dopo 
V  istituzione  dell'uffizio,  parlerò  di  due 
più  antichi.  Leggo  in  Benoffi,  Storia  mi- 
noritica,  p.  1 66,  che  Martino  V  nel  1  422 
volle  predicatore  apostolico  il  sanese  fr. 
Antonio  da  Massa  de'minorij  dotto  pre- 
dicatore, già  suo  nunzio  apostolico  in 
Costantinopoli,  indi  nel  \lp-Z  lo  desti- 
nò vicario  apostolico  dell'ordine  dei  mi- 
nori francescani,  il  quale  lo  creò  poi  ge- 
nerale ,  ed  il  Papa  vescovo  di  Massa  e 
Populonia.  Leggo  ne'dueBaldassini,  No- 
tizie di  Jesi,  p.  197,  Memorie,  p.  2 3  {, 
che  il  ven.  fr.  Francesco  Ripanti  di  Je- 
si, zelante  e  sapiente  predicatore,  mino- 
re osservante,  fu  fatto  predicatore  apo- 
stolico e  procurò  presso  il  Papa  Clemen- 
te VII  la  riforma  dell'  ordine  ;  verso  il 

I  534  passò  nell'ordine  de'cappuccini,  ne 
divenne  generale  e  mori  santamenle  nel 
i549-  *n  ceile  Notizie  bibliografiche  tro- 
vai di  un  Mautini  o  Manlini  :  Prediche 
dette  nel  palazzo  apostolico,  Roma  1 532. 

II  gran  Papa  s.  l'io  V  amando  la  com- 
pagnia di  Gesù,  come  si  badai  suoi  sto- 
rici, dopo  averle  affidato  la  penitenzie- 


PRE 

ria  Vaticana,  decretò  che  fosse  gesuita 
il  predicatore  apostolico  :  fu  il  primo  il 
p.  Benedetto  Palmi j  poi  il  p.  Emmanue- 
le  Sa;  quindi  il  p.  Alfonso  Salmerong\k 
compagno  di  s.  Ignazio  e  teologo  di  Pao- 
lo III  al  concilio  di  Trento;  indi  il  p. Fran- 
cesco Toledo  (Z^.)  celebre  predicatore  e 
profondo  teologo, egualmente  nominalo 
da  s,  Pio  V,  confermato  dal  successore 
Gregorio  XIII  come  suo  predicatore  or- 
dinario nel  pontificio  palazzo,  come  di- 
ce Novaes,  e  continuò  con  plauso  ad  es- 
serlo ne'pon  tifica  ti  di  Sisto  V  ,  Urbano 
VII,  Gregorio  XIV,  Innocenzo IX e  Cle- 
mente Vili,  dimorando  nel  palazzo  apo- 
stolico, confessore  eziandio  di  Clemente 
Vili  che  nel  i593  lo  creò  cardinale, ed 
alle  biografie  riportole  notizie  de'predi- 
calori  apostolici  elevati  a  sì  sublime  gra- 
do. Altro  predicatore  apostolico  di  Cle- 
mente Vili  fu  il  domenicano  p.  Bran- 
di ,  di  cui  parlai  nel  voi.  XIX,  p.  252. 
Indi  fu  celebre  predicatore  del  palazzo 
apostolico  fi*.  Anselmo  Manali  cappuc- 
cino che  neli6o4  Clemente  Vili  elevò 
al  carditialato.il  Papa  gli  sostituì  nell'uf- 
fizio fi*.  Pietro  della  Madonna  della  Pe- 
gna  carmelitano  spagnuolo  ,  poi  confes- 
sore di  Leone  XI  che  assistè  in  morte. 
Il  p.  Girolamo  da  Narni  cappuccino  e 
celebre  predicatore  apostolico  ,  contri- 
buì a  persuadere  Gregorio  XV  ad  isti- 
tuire la  mirabile  Propaganda  fide.  Ur- 
bano Vili  aglii  i  giugno  1629  fece  pre- 
dicalore  apostolico  fr.  Nicola  Riccardi 
maestro  del  s.  palazzo,  morto  nel  i63g 
a'3o  maggio  e  lodato  da  Fontana,  Syl- 
labus  rnagistr.  p.  1 6 1 ,  e  da  Catalano,  De 
magislro,  p.  16.  Racconta  il  diarista  Gi- 
gli, che  nel  i643  era  predicatore  aposto- 
lico il  p.  (Luigi)  Albrizio  gesuita,  il  qua- 
le fu  privato  dell'uffizio,  per  aver  delto 
una  sentenza  che  sembrava  favorire  le 
domande  che  allora  faceva  al  Papa  il  du- 
ca di  Parma  (F.).  Di  questo  religioso 
abbiamo:  Prediche  falle  nel  palazzo  a- 
postolico,  Roma  e  Venezia  due  volumi. 
Nell'appendice  al  t.  2  de'  Diari  di  mg.r 


PRE  79 

Dini  prefello  delle  ceremonie  pontificie, 
vi  sono  le  notizie  di  alcuni  predicatori 
ringraziati  coli*  assegno  di  scudi  sei  al 
mese.  Il  p.  Gio.  Paolo  Oliva  genovese 
fu  predicatore  apostolico  d'  Innocenzo 
X,  Alessandro  VII,  Clemente  IX  e  Cle- 
menteX,  avendoritenuto  l'impiego  ben- 
ché assunto  al  generalato  neh  644  e  '° 
fu  sino  alla  morte  avvenuta  a'26  novem- 
bre 168 1,  lasciando  :  Prediche  delle  nel 
palazzo  apostolico,  Roma  1670  tre  vo- 
lumi. Di  lui  parlano  Alegambe,  Bill, 
script.  S.  /.,  e  Galeoti,  Imagines  prae- 
pos.  S.  J.  A  Innocenzo  Xdissich'erasuo 
confessore  e  che  lo  dispose  a  ben  mori- 
re; a  Pranzo  che  predicò  a  quello  di  A- 
lessandro  VII  e  della  regina  Cristina.  Pel 
conclave  del  1676  per  morte  di  Clemen- 
te X  ed  elezione  d'Innocenzo  Xi",  fu  fat- 
to confessore  del  s.  collegio  il  p.  Bona- 
ventura da  Recanali  cappuccino  e  predi- 
catore apostolico,  del  quale  sono  ìePrc- 
diche  dette  nel  palazzo  apostolico  ,  Ve- 
nezia 1709.  Innocenzo  XI  nel  1688  di- 
chiarò fr.  Tommaso  M3  Ferrari  dome- 
nicano maestro  del  s.  palazzo  e  predi- 
catore apostolico,  onde  di  lui  scrisse  Ca- 
talano a  p.  i  6  :  Romani  evocatus  ab  In- 
nocentio  XI  magisler  s.  palatii,  et  con- 
cionalor  palalii  apostolici,  anno  scilicct 
1688  conslilutus  juit  ...  e  che,  ut  Poti- 
tificem  ,  et  purpuratos  patres  suis  con- 
cionibus  mirifica  Spirilus  sancii  unctio- 
ne  perfusis  per  quadragesimalis  tempo- 
ris  curriculum  in  admirationem  rapue- 
rit.  Innocenzo  XII  nel  1  Gq1)  cieò Ferra- 
ri cardinale.  Questo  Papa  avendo  Ietto 
il  Quaresimale  lìti  p.  Paolo  Segneri  ge- 
suita, stampato  in  Firenze  nel  1679,  per 
la  splendida  riputazione  che  gli  procac- 
ciò, desiderò  di  sentirlo  nel  Vaticano,  e 
Segneri  vi  predicò  nel  1692.  In  mezzo 
alla  corte  pontificia  ed  ai  più  distinti 
dignitari  ecclesiastici,  il  religioso  conser- 
vò le  sue  abitudini  semplici  e  modeste, 
ed  occupossi  indefessamente  alle  curedel 
suo  apostolico  ministero.  Inoltre  il  Papa 
lo  fece  suo  teologo,  e  morì  nel  1694,  in 


80  PRE 

cui  a  Napoli  furono  stampale  le  sue  Pre- 
diche dette  nel  palazzzo  apostolico.  In- 
nocenzo XII  di  moto-proprio  elesse  pre- 
dicatoreapostolico  fr.  Francesco M." Ca- 
sini d'Arezzo  rinomato  oratore,  lo  che 
riuscì  di  tanta  soddisfazione  del  s.  colle- 
gio, che  nominò  due  cardinali  a  ringra- 
ziare il  Papa  per  sì  bella  scelta,  come  no- 
tai alla  sua  biografia,  mentre  a  Confes- 
sore del  Papa  registrai  come  lo  fu  d'In- 
nocenzo XII.  Continuando  col  successo- 
re Clemente  XI  l'apostolico  ministero,  a 
questi  tanto  piacque ,  che  in  premio  di 
sua  dottrina  e  zelo,  a'3o  gennaio  17  i3 
Io  creò  cardinale,  facendolo  proseguire 
a  predicare  nella  quaresima  (ino  all'av- 
vento seguente,  dopo  il  quale  cessò  dal 
cospicuo  incarico  che  avea  esercitato  i5 
anni:  di  lui  si  hanno,  Prediche  dette  nel 
palazzo  apostolico,  Milano  1714»  *•  3, 
1722,  t.  4>  Venezia  1724,  t.  3.  Lessi  in 
certe  memorie  mss.  che  il  cardinal  Ca- 
sini predicava  sul  pulpito  coperto  d'  un 
cielo  paonazzo  con  frangie  d'oro,  ed  alla 
scaletta  per  ascendervi  si  fece  un  para- 
petto. Qui  noterò  che  nelle  citate  Noli- 
zie  bibliografiche  trovai  di  un  Pietro  Fal- 
le :  Prediche  dette  nel  palazzo  aposto- 
lico, Venezia  1713.  Rilevo  dal  diarista 
Cecconi,  Roma  sacra,  p.  63g,  che  Cle- 
mente XI  fece  dopo  il  precedente,  pre- 
dicatore apostolico  il  p.  Pellegrini  della 
missione.  Innocenzo  XIII  nel  1 721  di- 
chiarò predicatore  apostolico  fr.  Bona- 
ventura Barberini  da  Ferrara  cappuc- 
cino ,  che  divenne  generale  del  suo  or- 
dine. Racconta  Petrilli,  Memorie  Prene- 
sline,  p.  272,  che  il  p.  Bonaventura  per 
molti  anni  nella  stagione  di  estatesi  por- 
tò nel  convento  de' cappuccini  di  Pale- 
strina  e  procurò  delle  somministrazioni, 
con  cui  formò  una  scelta  biblioteca  che 
donò  al  convento:  ne  ampliò  la  fabbri- 
ca, e  restaurò  il  recinto  della  clausura, 
e  la  chiesa  che  nel  1 726  fece  solennemen- 
te consagrare  dal  cardinal  Barberini  pro- 
tettore dell'  ordine.  Da  altre  memorie 
apprendo,  chela  biblioteca  la  destinò  per 


PRE 

uso  de'predicatori  apostolici  successori,  i 
quali  perciò  sogliono  recarvisi  nella  sta- 
gione estiva,  diche  trovo  testimonianza 
anco  in  Falaschi,  sebbene  non  esatto,  Ge- 
rarchia eccl.  p.ioi,del  Predicatore  a- 
postolico.  Il  Novaes  nella  Stor.  de'  Pont., 
1. 1 3,  p.  264, narra,  che  avendo  Clemente 
XII  voluto  che  lo  assistesse  in  morte,  con 
apostolica  libertà  fr.  Bonaventura  l'esortò 
a  pentirsi  di  qualunque  difetto  che  avesse 
potuto  commettere  nel  supremo  pontifi- 
cato. Rispose  il  Papa:  che  per  tal  mo- 
tivo non  avea  di  che  dolersi,  mentre  per 
quello  che  si  ricordava,  avea  sempre  pro- 
curato di  amministrarlo  il  meglio  possi- 
bile. E  ripigliando  il  religioso,  che  il  Pon- 
tefice può  essere  reo  di  qualche  ommis- 
sione,  Clemente  XII  lo  assicurò,  che  nep- 
pure di  questo  sentiva  rimorso  di  coscien- 
za. Nel  conclave  del  1 74°  per  la  sede  va- 
cante di  tal  Papa,  il  p.  Bonaventura,  ben- 
ché non  decorato  della  porpora,  con  ra- 
ro esempio  ebbe  9  voti  pel  pontificato, 
come  rimarcai  in  diversi  luoghi:  l'elet- 
to Benedetto  XIV  subito  lo  creò  arcive- 
scovo di  Ferrara  (F.) ,  dopo  che  avea 
per  22  anni  disimpegnato  il  predicato- 
rato  apostolico  ,  onde  avea  domandato 
d'  esserne  esouerato  per  riposo.  Del  p. 
Barberini  vi  sono  le  Prediche  dette  al 
palazzo  apostolico,  Venezia  17  52  tre  to- 
mi. Benedetto  XIV  gli  die  in  successo- 
re fr.  Michelangelo  Franceschi  da  Reg- 
gio, lodato  dalCatalano  citato:  quindi  col- 
la bolla  7  5,  Inclytum  fratrum  minorimi, 
de'2  marzo  1743,  Bull.  Bened.  XIV,  t. 
1 ,  in  perpetuo  stabilì  1'  onorevolissimo 
uffizio  di  predicatore  apostolico  neh'  or- 
dine de'  cappuccini,  imperocché,  dice  il 
dotto  Pontefice:  abundal  cappuccino- 
rum  religio  illustribus  concioiialoribus , 
et  melius  in  ore  cappuccini,  quam  cujus- 
cuinque  alterius  sonanl  veritales ,  quac 
in  pulpito,  Papae,  cardinalibus ,etprae- 
latis  annunciari debent.Neì  1  j55  lostes- 
so  Benedetto  XIV  nominò  predicatore 
apostolico  il  p.  Francesco  Maria  da  Ber- 
gamo, autore  di  quell'  opera  che  citai  n 


PRE 
Predica.  Clemente  XIV  nel  1773  con- 
ferì l'uffizio  al  p.  Giuseppe  Maria  Luigi 
da  Lugano.  Pio  VI  successivamente  fe- 
ce tre  predicatori  apostolici,  nel  1  786  il 
p.  Pietro  da  Como;  neh  791  il  p:  Pie- 
ranlonio  da  Parma j  neh  79 3  il  p.  Gio- 
vanni dal  Bosco  di  Lugano.  Altrettanti 
ne  nominò  Pio  VII,  nel  1800  il  p.  Fede- 
rico das.  Giovanni;  neh8i7  il  p.  Giu- 
seppe Mafia  da  Pesciaj  nel  18 19  il  p. 
Lodovico  Micara  da  Frascati.  Questo 
ultimo,  come  dissi  alla  sua  biografia,  fu 
pubblicato  cardinale  da  Leone XII  a'  1  3 
marzo  1826,  continuando  a  predicare 
nella  quaresima  colla  cappa  cardinalizia; 
quindi  gli  diede  in  successore  il  p.  Loren- 
zo Serafini  da  Camerata  che  il  s.  colle- 
gio nel  1829  elesse  a  proprio  confessore 
del  conclave.  Amato daGregorioXVI,  lo 
volle  a  confessore  nelle  villeggiature  di 
Castel  Gandolfo,  da  dove  il  Papa  piti  vol- 
te si  portò  a  pranzo  nel  refettorio  de'cap- 
puccini  d'Albano,  nel  quale  convento  il 
religioso  passava  alcuni  mesi  dell'anno, 
ammettendolo  alla  pontificia  mensa  coi 
correligiosi  da  lui  egualmenteassai  amati, 
vantandosi  di  avere  avuto  a  zio  un  cap- 
puccino di  santa  vita.  A  Corico  dissi  che 
Gregorio  XVI  conferì  nel  1840  quel  ti- 
tolo colla  dignità  vescovile  al  p.  Loren- 
zo, che  morendo  nel  1 845»  fu  tumulato 
nella  chiesa  de'cappuccini  di  Roma,  con 
quella  lapide  marmorea  che  riporta  il  n.° 
2  delle  Notizie  del  giorno  1 846.  Grego- 
rio XVI  nello  stesso  annoi 840  nominò 
predicatore  apostolico  il  p.  Luigi  Petro- 
ni  da  Bagnaja  procuratore  generale  dei 
cappuccini,  come  si  legge  nel  n.°35  del 
Diario  di  Roma  1 840  de'2  maggio,  poi 
generale  del  suo  ordine,  morto  in  Vi- 
terbo a' 1 4  ottobre  1 845,  e  sepolto  nella 
chiesa  de'  cappuccini  con  iscrizione  in 
marmo  riportata  nell' Elogio funebre  pro- 
nunziato ne'  solenni  funerali  fatti  nel- 
la chiesa  dell' ordine  in  Roma,  dal  p.  m. 
Angelo  Vincenzo  Modena  de'predicato- 
ri,  Roma  1 845.  Gregorio  XVI  elesse  pre- 
dicatore apostolico  ilp.  Ignazio  da  Ro- 
vai. TiV. 


PRE  81 

vereto, fatto  come  il  predecessore  consul- 
tore della  congregazione  de' riti,  morto 
a'21  aprile  1847,  e  meritò  quell'elogio 
che  è  nel  n.°  33  del  Diario  di  Roma  1 847; 
mentre  nel  n.°5i  si  riporta  la  nomina 
del  regnantePio  IX  con  bigliettodel  mag- 
giordomo,del  p.Nazarioda  Prato,  il  qua- 
le rinunziò  poco  dopo.  Finalmente  lo  stes- 
so Papa  ai  25  novembre  1847  scelse  a 
predicatore  apostolico  l'odierno  rmo.  p. 
Lorenzo  da  Brisighella  definitore  gene- 
rale dell'ordine  e  consultore  della  con- 
gregazione de'riti. 

PREDICATORI,  Ordine  religioso. 
Così  chiamato  da  Innocenzo  III,  secondo 
le  antiche  tradizioni  dell'ordine  conser- 
vate nel  Chronicon  Magistrorum  gen.  p. 
6.  Venne  da  questo,  che  Innocenzo  HI 
volendo  scrivereas.  Domenico  ed  ai  suoi 
compagni  nelle  parti  di  Tolosa,  chiama- 
to lo  scrittore  delle  lettere  apostoliche, 
gli  disse  :  Scrìvi  a  frate  Domenico  e  suoi 
sodi.  Poscia  ripensando  alquanto,  sog- 
giunse: Mainò  così,  ma  scrivi  a  frale  Do- 
menico, ed  a  coloro  che  predicano  insie- 
me a  lui.  Finalmente  considerando  an- 
cor meglio,  ordinò  cne  si  scrivesse aìMae- 
slro  Domenico  e  Frati  Predicatori.  Ma- 
gistro  Dominico  et  Fratribus  Praedica- 
toribus.  Laonde  da  quel  tempo  e  con  tal 
nome, col  quale  li  nominò  Innocenzo  III, 
cominciarono  a  chiamarsi  nella  curia  ro- 
mana ed  ovunque  Frati  Predicatori.  Ap- 
provato da  Innocenzo  III,  indi  il  succes- 
sore Onorio  III  lo  confermò,  e  commise  al 
suo  glorioso  fondatore  s.  Domenico  {V.), 
che  Dante  qualificò  «  Della  fede  cristia- 
na il  forte  atleta  »  l'istruire  nella  scien- 
za de'santi  le  sommità  del  sacerdozio  e 
la  famiglia  pontificia  fra  le  pareti  me- 
desime del  Palazzo  apostolico  (F.),  e 
quindi  a  lui  ed  all'ordine  suo  assegnò  in 
perpetuo  1'  uffizio  ed  il  titolo  illustre  di 
Maestro  del  sacro  palazzo  apostolico 
(V.).  Non  è  poi  vero,  come  scrissero  al- 
cuni, che  Onorio  III  volle  che  dalla  sua 
straordinaria  eloquenza  apostolica  l'or- 
dine si  denominasse  ptrcagion  d'onore, 

6 


82  P  R  E 

l'ordine  de  j roti  predicatori,  mentre  già 
godeva  di  questo  nome.  Tultavolta  dal 
nome  del  santo  istitutore  Domenico,  Do- 
menicani eziandio  si  appellano  i  religiosi 
die  professano  la  di  lui  regola,  non  che 
Domenicane  le  religiose  o  monache  al 
medesimo  ordine  addette,  de' vari  rami 
in  cui  venne  l'ordinedi  viso  in  diversi  tem- 
pi colla  qualifica  di  mendicante.  Dio  su- 
scitò questo  celeberrimo  e  benemerentis- 
simo istituto,  quando  la  Chiesa  ne  avea 
bisogno,  come  il  Francescano  (P.),  e  co- 
me quello  altro  miracolo  della  provvi- 
denza l'ordine  de'predicatori  si  diffuse 
mirabilmente  per  tutto  il  mondo,  mo- 
strandosi ovunque  sempre  sollecito  della 
gloria  di  Dio  e  della  salute  eterna  delle 
anime.  Imperocché  s.  Domenico  suo  pa- 
triarca, divoralo  com'era  da  ardentissi- 
mo  zelo,  non  si  con  tentò  di  travagliarselo 
nel  campo  evangelico,  ove  tanta  zizzania 
aveva  sparso  il  nemico  dell'umanità  nel- 
l'empia eresia  degli  albigesi,  la  di  cui  con- 
versione viene  riguardata  come  il  mag- 
giorde'mira  coli,  per  a  venie  arrestato  l'im- 
petuoso torrente;  ma  concepì  etl  effettuò 
il  generoso  disegno  cu  associare  a  sé  una 
schiera  di  eletti  compagni,  i  quali  accop- 
piando gli  esercizi  della  vita  monastica  a- 
gli  sludi  delle  scienze  sacre,  si  rendessero 
abili  a  predicare  l'evangelo,  a  difendere 
la  purità  della  fede,  e  a  diffondere  per  tut- 
to quell'incendio  di  carità,  di  cui  era  sim- 
bolo la  fiaccola  portata  in  bocca  dal  ca- 
gnolino, e  veduto  in  sogno  misterioso  dal- 
la madre  innanzi  di  darlo  alla  luce,  che 
,  partorito  incendiava  tutto  il  mondo;sim- 
boloche  fu  adottato  per  insegna  e  stemma 
dell'ordine.  La  15.  Vergine  Maria  ispirò 
a  s.  Domenico  il  felice  pensiero  d'istituire 
ad  onor  suo  e  di  propagare  per  tutta  la 
terra  la  santa  divozione  del  Rosario  (F.), 
di  cui  parlai  ancora  a  Corona  dìvozio- 
nale;  divozione  che  salvò  tante  volle  il 
popolo  cristiano  da  gravissimi  imminenti 
disastri,  per  averne  zelato  i  domenicani 
costantemente  l'incremento.  L'ordinedei 
predicatori  o  domenicani  die  alla  Chiesa 


PRE 

un  grandissimo  numero  di  martiri,  di  san- 
ti e  sante,  con  moltissimi  personaggi  il- 
lustri per  nascila  ,  per  dottrina  e  per  le 
dignità  ecclesiastiche,  vescovile,  cardina- 
lizia e  pontificia  ;  si  distinse  per  meravi- 
gliose imprese,  a  vantaggio  della  Chiesa  e 
de'popoli;  dal  suo  ceppo  derivarono  mol- 
ti istituti  religiosi  d'ambo  i  sessi,  ospi- 
talari  ed  equestri,  ed  i  cui  fasti  sono  re- 
gistrati in  voluminose  opere.Eaonde  par- 
lando di  esso  con  venerazione  per  dovere 
istorico  in  tutto  questo  mio  Dizionario, 
qui  appresso  mi  limiterò  ad  un  sunto  di 
quanto  lo  riguarda, incominciandodall'o- 
rigine,colle  notizie  di  alcuna  dellesue  con- 
gregazioni, delle  chiese  che  ha  in  Roma, 
co  Ile  missioni  ad  esse  affidale,  nonché  de- 
scrivendoilsecondoordineele  chiese  che 
in  Roma  posseggono  le  monache,  ed  in- 
fine dicendo  del  terz'ordine.  E' gloria  del- 
l'ordine domenicano  l'essere  stato  sem- 
pre uno,  senza  scisma,  senza  separazione, 
senza  riforma,  ma  sempre  con  la  slessa 
legislazione,  regola  e  costituzioni  per  tut- 
ti. L'ordine  è  composto  di  provincie,  le 
provincie  di  conventi.  Le  regole  non  ob- 
bligano a  peccalo,  ed  i  superiori  posso- 
no dispensare  intorno  alle  medesime. 
Quindi  le  congregazioni  dell'ordine  do- 
menicano non  sono  sfmili  a  quelle  che  for- 
mano speciali  corporazioni  nell'ordine  di 
s.  Benedetto,  ma  esse  si  devono  conside- 
rare,come  in  sostanza  propriamente  fu- 
rono e  sono,  alcuni  conventi  ove  si  fa  uso 
più  parco  delle  dispense  e  vita  più  au- 
stera. Le  congregazioni  non  hanno  mai 
avolo  luogo  e  voce  ne'capitoli  generali 
dell'ordine,  né  voce  attiva  per  eleggere 
il  generale. 

Per  la  visione  accennata,  gl'illustri  e 
nobilissimi  genitori  di  s.  Domenico  s'im- 
pegnarono a  curarne  l'educazione,  quan- 
do, esercitando  già  la  virtù,  di  6  anni  Io 
consegnarono  al  dotto  e  degno  zio  ma- 
terno arciprete  di  Gumiel  d'Issan,  poco 
distante  dalla  comune  patria  Cala  roga  o 
Calaruega  della  vecchia  Casliglia.  Pro- 
fittando de'virtuosi  esempi  clic  riceveva 


PRE 

e  colla  sua  bella  inclinazione  a  santificar- 
si, divenne  segno  agli  elogi  di  chi  lo  am- 
mirava. Di  i4anni  fu mandatoalle scuo- 
le di  Palenza,  dove  allora  fioriva  la  più. 
celebre  università  delle  Spagne,  le  quali 
poco  stante  furono  trasferite  a  Salaman- 
ca. Fece  ivi  rapidi  avanzamenti  nella  ret- 
torica,  nella  filosofia  e  nella  teologia,  e 
acquistò  perfetta  conoscenza  della  scrit- 
tura e  de'padri;  lontano  sempre  dalle  va- 
ne allegiezze  de'mondani,  ed  applicato 
alla  pielà  e  alla  mortificazione,  *per    io 
anni  si  astenne  adatto  dall'uso  del  vino. 
Ottenuta  nella  università  la  laurea  di  dot- 
tore, vi  spiegò  con  somma  lode  le  divine 
scritture:  la  sua  dottrina  e  la  esemplare 
sua  condotta  gli  procacciarono  eslimato- 
ri, prendendosi  cura  degli  orfani,  delle  ve- 
dove e  de'poveri,a  favore  de'quali  vendè 
i  libri  e  le  suppellettili.  Per  l'ardente  sua 
carità  voleva  vendere  se  stesso  per  ri- 
scattare uno  schiavo,  e  piangendo  i  pec- 
cali altrui,  co'suui  efficaci  ragionamenti 
converti  a  penitenza  moltissimi.  Conci- 
liatasi coi  suoi  grandi  talenti  singolare  ri- 
putazione in  chi  lo  conosceva,  era  con- 
sultato qual  uomo  pieno  di  sapienza  e 
d'intelletto,  e  comedo  etlore esperto  nelle 
vie  della  perfezione.  Questo  concetto  in- 
dusse il  proprio  vescovo  d'Osma  Azebe- 
do  ad  ammettere  s.  Domenico  tra'cano- 
niei  regolari  di  s.  Agostino,  che  nella  ri- 
forma del  suo  capitolo  avea   introdotto 
nella  cattedrale:  appena  nel  i  198  il  sali- 
to entrò  in  possesso  di  sua  prebenda   e 
ne  vesfi  l'abito  di  sottana  nera  e  rocchet- 
to, brillò  come  un  astro  novello  nella  chie- 
sa d'Osma,  massime  nella  predicazione. 
In  breve  il  vescovo  l'ordinò  sacerdote  e 
nominò  capo  o  sottopriore  del  capitolo. 
Intanto  re  Alfonso  IX  volendo  dare  a 
suo  figlio  Ferdinando  in  isposa  la  figlia 
del  conte  della  Marca,  destinò  per  le  trat- 
tative Azebedo,  il  quale  condusse  seco  s. 
Domeuico.  Giunti  a  Tolosa  capitale  del- 
la Linguadoca,  dove  l'eresia  degli  Albi- 
gesi  (/'.)  piìi  che  altrove  erasi  moltipli- 
cata, il  santo  potè  subito  convertire  il  pa- 


PRE  8ì 

drone  della  casa  che  gli  alloggiava.  Con  - 
chiuso  l'affare  del  matrimonio,  il  vesco- 
vo con  s.  Domenico  tornarono  in  Ispa- 
gna,  indi  furono  rimandati  in  Francia  a 
prendere  la  sposa,  cui  in  ve^ce  assisterono 
a'funerali.  Allora  si  determinarono  recar- 
si in  Roma,  ove  narrando  a  Innocenzo  III 
i  mali  che  recavano  gli  eretici,  ottennero 
licenza  di  fermarsi  in  Linguadoca  per  at- 
tendere alla  conversione  degli  eretici,  il 
Papa  limitando  al  vescovo  lo  spazio  di 
1  anni.  L'eresia  degli  albigesi  minacciava 
di  gravissimi  mali  la  Chiesa,  mentre  chi 
la  professava  trucidavano  i  preti,  spezza- 
vano gli  arredi  sacri,  convertivano  i  pa- 
ramenti in  abiti  femminili, e  colle  armi 
commettevano  ogni  sorte  d'iniquità  (tie 
trattai  in  tanti  articoli,  come  ad  Avigno- 
ne e  nelle  biografie  d' Innocenzo  III,  O- 
norio  III  e  Gregorio  IX,  per  non  dire 
altri).  Ritornati  ambedue  in  Francia  si 
unirono  nell'apostolico  ministero  ai  le- 
gati pontificii,  ai  quali  s.  Domenico,  do- 
po fervide  orazioni  easprepenitenze,per- 
suase  che  se  volevano  ricavarne  frutto, 
bisognava  come  gli  apostoli  viaggiare  a 
piedi  senza  fasto,  provvisione  o  denaro, 
vivere  e  predicare  comeessi,  per  opporre 
ali'  eretica  pravità,  1'  umiltà  e  la  virtù. 
Pel  primo  s.  Domenico* col  suo  vescovo 
pose  in  pratica  quanto  avea  propostoci 
che  fu  poi  imitato  dai  missionari,  dai  le- 
gali, dai  vescovi  e  da  altri  prelati  con  feli- 
ce successo.  Dopo  qualche  tempo  s.  Do- 
menico restò  come  capo  e  superiore  a  so- 
stenere tutto  il  peso  della  missione:  la 
proseguì  con  vivissimo  zelo  e  invitto  co- 
raggio per  io  anni,  espouendo  se  stesso 
che  anelava  di  sagrifìcare  la  vita  per  Ge- 
sù Cristo,  alle  insidie  e  insulti  degli  ere- 
tici che  più  volte  tentarono  di  trucidar- 
lo. Li  attaccava  e  convinceva  colle  dispu- 
te pubbliche  e  priva  te,  li  confondeva  e  av- 
vili va  con  islupendi  miracoli  che  per  vir- 
tù divina  operava,  e  cogli  scritti  pieni  di 
dottrina  e  di  vittoriose  ragioni;  ed  il  li- 
bro da  lui  composto  in  difesa  delle  ve- 
rità cattoliche,  gittate  dai  nemici  3  volle 


84  PRE 

nel  fuoco,  sempre  saltò  intatto  dalle  fiam- 
me, siccome  avvenne  di  altro  foglio  del 
santo  in  cui avea riportato  testimonian- 
ze scritturali  per  illuminare  l'eretica  ce- 
cità. In  questo#lempo  S.Domenico,  mosso 
da  lume  soprannaturale,  dalla  tenera  di- 
vozione per  la  ss.  Vergine  oppugnata  da- 
gli albigesi,  e  da  fervore  per  la  salute  delle 
anime,  pel  primo  cominciò  a  predicare 
la  salutevole  divozione  del  Rosario,  spie- 
gando ai  popoli  i  misteri  della  nostra  re- 
denzione e  le  grandezze  di  Maria,  che  re- 
citando il  medesimo  debbonsi  meditare. 
Innumerabili  furono  i  peccatori  e  gli  ere- 
tici, che  con  questo  efficacissimo  mezzo 
convertì  e  illuminò,  confermando  Iddio 
con  prodigi  quanto  riuscisse  accetta. a  lui 
e  alla  sua  Madre  questa  formola  di  pre- 
ghiera, dipoi  cotanto  propagata,  quale 
potente  rimedio  per  abbattere  l'eresia  e 
ogni  sorte  di  vizi. 

Si  sentiva  s.  Domenico  trafìtto  di  do- 
lore, considerando  che  a'figli  de'cattolici 
mancava  il  soccorso  per  avere  una  buona 
ed  ucazione,  donde  a  v  veni  va  ch'erano  tra- 
scurati nella  giovinezza,  o  cadevano  in 
precettori  che  corrompevano  la  purità 
de'costumi  e  della  loro  fede.  Egli  cercò 
di  arrestare  il  male  dalla  sua  sorgente, 
ed  aiutato  dalle  liberalità  di  molti  vesco- 
vi, fondò  nel  1206  il  monastero  di  Pro- 
ville o  Provilla,  assoggettando  le  religio- 
se che  vi  si  ritirarono  alla  regola  di  s.  A- 
gostino,  e  diede  loro  alcune  costituzioni 
particolari;  monastero  che  fu  riguardato 
da  alcuni  la  culla  delle  domenicane  e  dei 
domenicani,  e  ne  parlerò  meglio  trattan- 
do del  secondo  ordine,  il  quale  dopo  l'isti- 
tuzione dell'ordine  de'predicatori  vi  fu 
annoverato,  ed  ecco  perchè  sebbene  isti- 
tuito prima  è  il  secondo,  essendo  il  pri- 
moquello degli  uomini. Quanto  alla  fon- 
dazione del  monastero  di  Proville  fu  cosa 
isolata  per  bisogno  locale;. perciò  stret- 
tamente ragionando  non  fu  creazione 
d'alcun  ordine  né  primo  né  secondo.  La 
religione  domenicana  cominciò  coi  frati 
che  predicavano  e  non  con  le  monache 


PRE 

che  educavano  le  fanciulle  a  Pro  ville.  Nel 
1207  molte  persone  di  alto  lignaggio  ri- 
nunciarono all'eresia, onde  molti  Cistcr- 
ciensi {V?)  ritornarono  a  Castello,  ed  il 
santo  vescovo  d'  Osma  alla  sua  diocesi. 
Allora  s.  Domenico,  eh'  egli  avea  scelto 
per  succedergli  nell'incarico  di  superiore 
della  missione  nella  Linguadoca,  e  che 
Innocenzo  III  nello  stesso  anno  confermò 
nell'uffizio,  fece  delle  savie  regole  perla 
condotta  de'missionari  chefaticavano  in- 
sieme con  lui.  Alcuni  scrittori  prendono 
da  ciò  la  data  dell'origine  dell'ordine  dei 
predicatori,  altri  la  ritardano  dopo  l'isti- 
tuzione dell'ordine  della  milizia  di  Gesù 
Cristo,  di  cui  parlai  nel  voi.  XXX,  p. 
1  o5,  mentre  a  p.  106  descrissi  l'ordine 
equestre  di  Gesù  Cristo,  s.  Domenico  e 
s.  Pietro  martire.  Da  questo  si  fa  deriva- 
re il  terz 'ordine  di  religiose  viventi  ne'mo- 
nasteri,  o  nelle  proprie  case  con  certi  re- 
golari esercizi  per  santificare  i  doveri  del- 
la vita  civile,  e  di  terziari  che  ne  osser- 
vano le  regole  nelle  proprie  case.  Por- 
tando s.  Domenico  l'abito  de'canonici  re- 
golari di  s.  Agostino  e  seguendone  la  re- 
gola,era  sempre  acceso  d'un  vivissimo 
desiderio  di  eccitare  lo  spirito  apostolico 
ne'ministri  del  Signore,  lo  scandalo  d'al- 
cuno de'quali  era  servilo  di  pretesto  al- 
l'eresia. Egli  sapeva  bene  che  questo  spi- 
rito avea  per  fondamento  il  disprezzo  del 
mondo  ed  un  perfetto  distaccamento  dai 
beni  caduchi.  Avvisò  quindi  che  il  mezzo 
più.  certo  di  riuscirvi  era  quello  d'istitui- 
re un  ordine  di  uomini  religiosi,  i  quali 
accoppiassero  gli  esercizi  del  ritiro  e  della 
contemplazione,  allo  studio  delle  scienze 
ecclesiastiche,  affinchè  potessero  applicar- 
si alle  funzioni  della  vita  pastorale,  e  spe- 
cialmente alla  predicazione.  Il  precipuo 
suo  scopo  era  di  moltiplicare  con  ciò  nel- 
la Chiesa  i  predicatori  zelanti,  i  quali  coi 
discorsi  ed  esempi  fossero  in  islato  di  spar- 
gere la  luce  della  fede  e  di  difenderla,  di 
accendere  il  fuoco  della  divina  carità,  e 
di  aiutare  i  pastori  a  guarire  le  piaghe 
che  il  vizio  e  l'eresia  avevano  fatto  alla 


PRE 

loro  greggia.  Dopo  aver  fatto  lungo  tem- 
po orazione  per  conoscere  la  volontà  di 
Dio  sopra  il  suo  disegno,  lo  comunicò  ai 
vescovi  di  Linguadoca  e  di  Provenza,  i 
qualj  tutfci  vi  applaudirono  e  lo  pressa- 
rono a  condurlo  ad  effetto.  Era  da  tutti 
stimato  degno  di  essere  il  padre  de'pre- 
dicalori,  come  quello  che  n'era  il  perfetto 
modello.  Nel  i  207  invitòa  seguirlo  quelli 
che  ben  conosceva  essere  animati  dal  suo 
spirilo,  e  16  si  unirono  a  lui  ,  di  cui  8 
erano  francesi,  7  spagnuoli  ed  uno  in- 
glese. Fra  questi  furongil  fratello  Marco 
o  MamesoMamete  (beatificato  per  equi- 
pollenza da  Gregorio  XVI:  l'altro  fratel- 
lo Antonio  sacerdote  morì  in  concetto  di 
santità  in  un  ospedale,  nel  quale  erasi  de- 
dicato al  servizio  de'poveri),  Guglielmo 
Clareti,  Domenico  detto  lo  spagnuolo 
perchè  di  tal  nazione,  i  fratelli  Pietro  e 
Tommaso  Cellani  o  Sillan  di  Tolosa  che 
cederono  la  propria  casa  presso  portaNar- 
bona,  dove  il  santo  fece  coi  compagni  la 
prima  dimora.  Di  poi  nel  12  i5  per  ri- 
stabilire il  suo  ordine  con  l'approvazio- 
ne della  s.  Sede,  si  portò  in  Roma  con 
fr.  Giovanni  di  Navarra,  in  compagnia 
di  Folco  vescovo  di  Tolosa  che  si  recava 
al  concilio  generale  di  Laterano  IV  per 
la  condanna  degli  errori  degli  albigesi. 
Innocenzo  III  che  governava  la  Chiesa  lo 
accolse  con  contrassegui  di  grande  affe- 
zione, avendo  inteso  parlare  della  sua  san- 
tità e  zelo  per  annunziare  la  parola  di  Dio. 
Il  Papa  che  avea  egli  stesso  scritto  il  de- 
creto conciliare  che  ha  per  oggetto  d'in- 
culcare la  predicazione,  per  istruire  l'i- 
gnoranza e  combattere  l'eresia,  non  potè 
che  lodare  il  divisamente  del  santo,  ma 
essendo  stato  decretato  nel  concilio,  cui 
assistette  s.  Domenico,  che  in  vece  di  ap- 
provare nuovi  ordini  religiosi  si  riformas- 
serogliesistenti,fece  delle  difficoltà.  Frat- 
tanto Innocenzo  III,  come  avea  avuta  vi- 
sione per  l'ordine  di  s.  Francesco,  l'ebbe 
per  s.  Domenico,  e  gli  sembrò  vedere  la 
chiesa  del  Laterano  cadente  e  s.  Dome- 
nico reggerla  colle  spalle  affinchè  non 


PRE  85 

crollasse.  Allora  il  Papa  chiamato  il  san- 
to, gli  approvò  a  voce  l'istituto  da  lui  fon- 
dato e  gli  promise  di  confermarlo,  qua- 
lora avesse  scelto  co'suoi  religiosi  una  del- 
le regole  approvate  dalla  Chiesa.  Men- 
tre s.  Domenico  trovavasi  in  Roma  con- 
trasse amicizia  con  s.  Francesco  e  diven- 
ne intima  per  questa  visione.  Orando  s. 
Domenico  una  notte,  gli  sembrò  vedere 
Gesù.  Cristo  adirato  con  3  freccie  in  ma- 
no in  alto  di  scagliarle.contro  il  mondo, 
per  le  grandi  scelleraggini  che  vi  si  com- 
mettevano, e  che  si  placava  alle  preghie- 
re della  B.  Vergine,  prostrata  a  lui  ed  in 
atto  di  presentargli  Domenico  e  France- 
sco, i  quali  avrebbero  atteso  alla  con- 
versione de'  peccatori.  Il  di  seguente  s. 
Domenico  incontrato  s.  Francesco  ,  che 
mai  avea  veduto,  Io  abbracciò,  baciò  e 
gli  disse  :  Tu  sei  il  mio  compagno ,  noi 
faticheremo  insieme;  stiamo  uniti  e  nes- 
suno ci  potrà  vincere.  Gli  narrò  quin- 
di la  visione,  ed  i  due  santi  strinsero  tra 
loro  perfetta  amicizia  e  fratellanza,  esor- 
tando poi  i  rispettivi  figli  e  discepoli  acon- 
servarla sempre  scambievole  e  cordiale, 
come  eseguirono  e  dura  ancora  al  modo 
che  notai  nel  voi.  XXV I?  p.  56.  Ritor- 
nato s.  Domenico  in  Linguadoca  e  rife- 
rito ai  compagni  quanto  gli  avea  detto 
Innocenzo  IH,  dopo  molte  orazioni  per 
intendere  da  Dio  a  quale  regola  si  doves- 
sero appiglia  re,  convennero  di  abbraccia- 
re la  regola  di  s.  Agostino  ,  che  pure  si 
era  segnalato  nel  predicare,  e  vi  aggiun- 
sero alcune  osservanze  tratte  da  quella 
de'premostratensi,  con  certe  costituzioni 
particolari.  I  principali  articoli  coman- 
dano il  silenzio  e  di  non  parlare  tra  re- 
ligiosi senza  licenza  del  superiore;  il  di- 
giuno dai  e  4  di  settembre  sino  a  Pasqua; 
l'astinenza  continua  dalle  carni,  fuorché 
in  caso  d'infermità;  V  uso  della  lana  in 
vece  del  lino,  una  rigorosa  povertà*  ed 
altre  molte  austerità  ed  asprezze.  Si  di- 
spose che  i  frati  vivessero  di  limosine, 
ma  non  fu  proibito  alle  case  di  avere  al- 
cuni beni,  purché  fossero  posseduti  in  co- 


86  P.R  E       , 

mime.  A  Comumone  ed  a  Messa  parlai 
de'particolari  riti  de'domenicani  per  la 
liturgia  speciale  nella  celebrazione  del  s. 
sacrifizio,  oltre  un  rito  particolare  per  la 
recita  dell'uffizio  divino,  ch'è  quella  del 
messale  di  Parigi,  al  dire  eziandio  del  p. 
Le  Bruii,  x\e\V  ExpUcatio  missae  t.  4,dis- 
sert.  1 5,  art.  4.  Pei'  rendere  s.  Domenico 
più  utile  l'ordine  suo,  mandò  un  certo 
numero  de'suoi  discepoli  nellaSpagna,  in 
Portogallo,  ed  aJParigi  col  fratello  Mar- 
co o  Mames,  inculcando  loro  l'umiltà,  il 
disprezzo  di  se  stessi  e  la  fidanza  in  Dio,  con 
cui  sarebbero  vincitori  nella  guerra  ch'e- 
rano per  sostenere  contro  il  mondo  depra- 
vato e  le  forze  infernali.  La  straordina- 
ria riputazione  che  si  guadagnarono  i  no- 
velli religiosi,  trasse  nell'ordine  molti  e- 
ruditi  dottori  e  uomini  di  grandissimo 
merito:  ben  presto  si  videro  conventi  in 
Lione,  a  Montpellier,  a  Bajona  e  in  mol- 
te altre  città  di  Francia.  Nel  12  16  s.  Do- 
menico tornò  in  Roma,  ricevuto  nel  Pa- 
lazzo apostolico  dì  s.  Sabina  (V .)  dal 
nuovo  Papa  Onorio  III  con  dimostrazio- 
ni di  paterna  amorevolezza,  ed  in  esso  ap- 
provò l'ordine  de'predicatori  colla  bolla 
Religiosam  vilam,  de'22  dicembre,  Bull. 
Rom.  t.  3,  par.  1 ,  p.  178,  che  si  legge 
anche'nel  bollarlo  domenicano.  Fu  il  pri- 
mo s.  Domenico  ad  obbligatisi,  rinno- 
vando solennemente  i  voti  e  la  profes- 
sione nelle  mani  dello  stesso  Papa,  che 
lo  costituì  (prima  s'intitolava  superiore) 
maestro  generale  di  tutto  l'ordine,  con  fa- 
coltà di  ammettere  all'abito  e  alla  profes- 
sione i  suoi  compagni  e  altri,  di  eleggerei 
superiori  e  gli  ufìiziali.  Dopo  un  esito  co- 
sì felice  s.  Domenico  tornò  a  Tolosa,  ed  eb- 
be laconsolazionédi  veder  compita  la  fab- 
brica del  convento  di  s.  Romano  in  quel- 
la città,  che  fu  il  primodcll'ordine  dome- 
nica tio,  mediante  la  diligenza  de'suoi  frati, 
il  cui  numero  erasi  aumentato,  e  le  libe- 
ralità del  vescovo,  di  Tolosa  e  di  Simone 
contedi  Monlfort.  Subito  si  applicò  il  san- 
to a  ristabilir  la  disciplina  regolare  egli 
affari  domestici  ;  ricevè  dai  compagni  i 


PRE 
voti  religiosi,  seguitando  con  essi  a  por- 
tar l'abito  de'canonici  regolari,  ch'egli  a- 
vea  ricevuto  dal  vescovo  d'Osma,  con- 
sistente in  sottana  nera  con  sopra  il  roc- 
chetto, come  apparisce  da  alcune  antiche 
pitture  del  santo  e  de'suoi  primi  disce- 
poli, i  quali  continuò  a  mandare  in  di- 
verse parti  perchè  si  affaticassero  nella 
predicazione. 

Disposte  così  le  cose,  il  santo  intrapre- 
se nuovamente  il  viaggio  d'Italia,  fondan- 
do diversi  conventi  ne'luoghi  pei  quali 
passava;  e  siccome  avea  risoluto  di  por- 
tarsi poi  nell'Africa perannunziare  il  van- 
gelo agl'infedeli,  incaricò  del  governo  del- 
l'ordine fi*.  Matteo  priore  del  convento 
di  Parigi,  il  quale  ebbe  il  titolo  che  però 
finì  con  lui  di  abbate  generale,  sebbene 
non  avendo  s.  Domenico  passato  l'Italia, 
fr.  Matteo  ese.icitògiurisdizione  nella  sola 
provincia  di  Francia,  di  cui  mentre  era 
provinciale  fondò  il  convento  nella  sua 
patria,  che  per  essere  posto  nella  via  dis. 
Giacomo  in  quel  regno  derivò  ai  dome- 
nicani il  nome  di  Jacobins  o  Giacobini, 
vocabolo  innocentissimo  fino  al  declinar 
del  secolo  passato,  in  cui  mutò  senso  e 
divenne  segno  a  fazione  quando  il  locale 
fu  preso  dai  nuovi  pigionali  che  dichia- 
rai all'articolo  omonimo.  Giunto  s.  Do- 
menico in  Roma  ebbe  subito  da  Onorio 
HI  la  Chiesa  di  s.  Sisto  (fr.),  ove  istituì 
la  divozione  del  s.  Rosario  per  Romn,col- 
l'abitazione  annessa,  invitandolo  a  fon- 
darvi un  convento.  Il  santo  perdargliene 
la  forma  I'  edificò  di  nuovo  colle  limosi- 
ne  de'  fedeli,  presso  i  quali  sempre  più. 
acquistava  gran  concetto  per  la  predica- 
zione e  pei  strepitosi  miracoli,  risuscitan- 
do un  muratore  morto  sotto  le  rovine 
d'una  grotta  di  detta  fabbrica,  ed  un  fan- 
ciullo spirato  nel  tempo  che  la  madre 
ascoltava  la  sua  predica  nella  chiesa  ili  s. 
Marco.  Eranvi  delle  religiose  in  Roma 
che  non  osservavano  la  Clausura,  altre 
erano  disperse  in  piccoli  monasteri,  ed  al- 
tre vivevano  COparenti  e  amici.  A  rime- 
diarvi non  riuscì  Innocenzo  III,  onde  ()• 


PRE 

norio  III  diede  la  cura  di  questa  riforma 
a  s.  Domenico,  il  quale  per  riuscirvi  ot- 
tenne il  concorso  di  3  cardinali,  Conti  poi 
Gregorio  IX,  Romanis  e  Stefano  Cecca- 
no.  Trovò  molte  difficoltà  nelle  monache 
di  s.  Maria  nella  regione  di  Trastevere, 
ma  colle  sue  maniere  le  persuase  a  pas- 
sare con  altre  religiose  nello  slesso  suo 
convento  di  s.  Sisto  e  le  obbligò  tutte  a 
"vivere  in  perpetua  clausura,  adottando 
esse  la  sua  regola.  Essendo  stato  il  con- 
vento di  s.  Sisto  ceduto  alle  religiose,  O- 
uorio  III  die  a  s.  Domenico  la  Chiesa  di 
s.  Sabina  (Jr-),  con  una  parte  del  conti- 
guo palazzo  apostolico  per  abitazione  dei 
frali  e  per  le  scuole  palatine  che  loro  af- 
fidò, come  narrai  a  Lettori  del  sacro 
palazzo.  Indi  per  quanto  riportai  ne'vol. 
Vili,  p.  236,  XLI,  p.  20 1,  ed  a  Predi- 
catore apostolico,  in  questa  pontificia 
residenza  e  nel  12  18  Onorio  111  istituì 
l'onorifico  e  autorevole  uflìziodi  Maestro 
del  s.  palazzo  apostolico ,  nominò  pel  1 .° 
s.  Domenico  e  lo  stabili  in  perpetuo  nel 
suo  ordine  che  tuttora  n'è  in  possesso. 
Dice  Novaes,  che  i  predicatori  nel  con- 
vento di  s.  Sabina  nel  1219  mutarono 
l'abito  in  quello  che  presentemente  por- 
tano. Il  p.  Bonanni,  Catalogo  degli  or- 
dini rei.  a  p.  86  ne  riporta  la  figura  e 
dice:  Hanno  questi  religiosi  la  veste  o  to- 
naca, la  pazienza  o  scapolare  e  cappuc- 
ciotondo  e  largo,  tutto  bianco,  e  fuori  di 
con  venloassumono  inoltre  una  cappa  ne- 
ra più  corta  della  veste  con  altro  cap- 
puccio simile.  La  qual  veste  la  B.  Ver- 
gine prescrisse  al  ven.  maestro  fi*.  Regi- 
naldo,  alFennando'10  anche  il  p.  generale 
Bandelio,  ne  Commentari  delle  costitii' 
zioni,  dist.  i,cap.  1  5.  Aggiungerò  che 
la  materia  di  lana  di  tali  abiti  è  di  scotto 
o  saia,  usando  calze  bianche  e  cappello 
ecclesiastico:  dal  cingolo  di  cuoio  tengo- 
no appeso  il  rosario.  A  Mozzetta  e  Man- 
telletta  parlai  degli  abiti  de'cardinali  e 
vescovi  domenicani.  Gli  storici  dell'ordi- 
ne narrano  ches.  Domenico  indetto  con- 
vento ricevè  diversi  discepoli,  fra'quali  i 


PRE  87 

polacchi  s.  Giacinto  e  s.  Ceslao,  e  mutò 
l'abito  di  canonico  regolare  in  quello  che 
ora  usano i  domenicani,  perchè  la  B.  Ver- 
gine apparve  a  Reginaldo  canonico  d'Or- 
leans gravemente  infermo,  l'esortò  a  en- 
trare nell'ordine  de'predica  tori,  mostran- 
dogli l'abito  che  avrebbedovuto  portare, 
ed  in  fatti  Io  assunse  nel  farsi  religioso. 
I  laici  o  exinversi  portano  la  sola  tonaca 
bianca;  la  cappa,  lo  scapolare  e  il  cappuc- 
cio sono  neri.  Nota,  il  p.  Malvenda  negli 
Annali  dell'ordine  p.  214,  che  la  tonaca 
e  la  cappa  già  si  usavano  dai  domenica- 
ni prima  della  visione  di  Reginaldo,  e 
che  la  B.  Vergine  aggiunse  il  solo  scapo- 
lare bianco.  11  p.  Flaminio,  Istoria  lib. 
2-,  spiega  il  significato  dell'abito:  la  to- 
naca bianca  significa  la  purità  delìammo 
che  deve  avere  chi  la  porta;  la  cappa  ne- 
ra essere  simbolo  di  pianto,  di  penitenza 
e  di  macerazione  della  carne.  I  religiosi 
di  Spagna  e  Portogallo  portarono  cappe 
bigie  fino  al  generalato  del  p.  Marziale 
Auribel,  die  gli  obbligò  ad  usare  le  nere. 
In  questo  tempo  s.  Domenico  inviò  i 
suoi  religiosi  in  Polonia  per  istabilirvi  il 
suo  istituto.  Terminati  gli  affari  pei  quali 
il  santo  erasi  portato  in  Pioma,  ne  partì 
a  piedi  per  passare  nella  Spagna,  e  nel 
viaggio  si  trattenne  alcuni  giorni  in  Bo- 
logna nel  convento  di  s.  Maria  della  Ma- 
scareila  del  suo  ordine;  quindi  da  quello 
di  s.  Romano  di  Tolosa  giunto  in  lspa- 
gna, visitò  i  conventi  fondati  dai  suoi  com- 
pagni, ed  egli  stesso  ne  eresse  degli  altri, 
come  in  Segovia  e  Madrid.  Recatosi  po- 
scia a  Parigi,  inviò  diversi  religiosi  in  mol- 
te città  di  Francia,  come  in  Avignone, 
ed  anche  nella  Scozia  a  richiesta  di  re 
Alessandro  II,  per  predicarvi  e  fondarvi 
conventi;  mentre  altri  ne  fondò  poi  egli 
medesimo  tanto  in  quel  regno,  che  ad  A  • 
sti  e  a  Bergamo  in  Italia,  dove  essendo 
ritornato  si  fermò  per  qualche  tempo  a 
Bologna  co'suoi  religiosi  ch'erano  passati 
a  s.  Nicolò  delle  Vigne,  così  detto  dai  ter- 
reni adiacenti, di  cui  è  superstite  una  cap- 
pella, imperocché  per  cessione  del  suolo 


88  PRE 

fatta  dagli  Andolò  o  Carbonesi  al  b.  Re- 
ginaldo,  fu  eretto  l'attuale  tempio  dal 
1 2  i  g  al  1 22  i .  In  Bologna  ricevè  la  pro- 
fessione di  altri  religiosi,  altri  ne  inviò  a 
predicare  e  fondar  conventi  nella  Tosca- 
na, in  Lombardia,  nella  Catalogna.  Per 
Firenze  si  recò  a  Viterbo  ov'era  Onorio 
111,  indi  in  Roma  a  riprendervi  i  suoi  uf- 
fici, dopo  di  avere  da  per  tutto  colle  sue 
orazioni  ottenuto  da  Dio  molti  prodigi; 
ivi  rivide  l'amato  S.Francesco.  Nel  1220 
tornò  inBologna  percelebrarvi  nellaPen- 
lecoste  il  i.u  capitolo  generale,  a  cui  in- 
tervennero i  frati  d'Italia,  di  Francia  e 
di  Spagna.  Vi  furono  stabilite  diverse  leg- 
gi conducenti  all'osservanza  della  regola, 
alla  disciplina  e  al  buon  ordinamentodel 
crescente  ordine.  Quanto  alla  povertà  fu 
ordinalo  che  in  avvenire  non  si  riceves- 
sero più  possessio'.i  ne  rendite,  e  che  si 
rinunziassero  quelle  di  Tolosa.  Il  santo 
con  sincera  umiltà  pregò  di  essere  depo- 
sto dal  generalato,  ma  di  commi  consen- 
so volendosi  superiore  dell'ordine  finché 
viveva, si  piegòalla  volontà  de'padri. Ter- 
minato il  capitolo  scorse  molte  città  di 
Lombardia  efecevi  nuove  fondazioni,  co- 
s'i di  Brescia,  di  Faenza,  di  Viterbo.  Re- 
stituitosi in  Roma  vi  stabilì  meglio  le  co- 
sedell'ordine. Ritornato  a  Bologna  econ- 
tando già  l'ordine  60  conventi,  nel  1 22  1 
vi  celebrò  il  2.0  capitolo  generale,  in  cui 
fu  diviso  l'ordine  in  8  provincie,  Spagna, 
Tolosa,  Francia,  Lombardia,  Roma,  Pro- 
venza, Alemagna  e  Inghilterra, assegnan- 
do ad  ognuna  un  capo  col  titolo  di  prio- 
re provinciale:  fu  inculcala  con  calore  la 
predicazione  e  raccomandato  efficace- 
mente lo  studio  della  teologia,  per  ircir 
piegarsi  con  frutto  nell'apostolico  mini- 
stero. Il  santo  esorlò  tutti  a  leggere  so- 
vente le  divine  scritture,  ed  a  portar  seco 
il  vangelo  di  s.  Matteo  e  l'epistole  cano- 
niche. Spedi  religiosi  in.diversi  paesi, spe- 
cialmente nel!'  Ungheria,  ove  fr.  Paolo 
/ondò  i  conventi  di  Gevcr  e  Vesprim,  coq- 
vi  rtendo  molli  idolatri  di  Croazia,  Schia  - 
vonia,  Transilvanin,  Vallachia,  Moldq- 


PRE 

via,  Bosnia  e  Servia,  e  soffrì  il  martirio 
con  90  religiosi  del  suo  ordine.  Ne  man- 
dò ancora  in  Irlanda,  ne'paesi  del  Nord, 
come  inlsvezia(di  recente GregorioXVI 
riconobbe  il  culto  del  b.  Enrico  Susone 
svedese)  e  Norvegia,  nella  Grecia,  nella 
Palestina  e  in  altri  luoghi  di  Levante,  in 
Marocco:  i3  domenicani  diretti  da  fr. 
Gilberto  andati  inInghilterra,aveano  fat- 
to edificare  conventi  aCantorbery,  a  Lon- 
dra, a  Oxford.  Il  fondatore  passò  in  Ve- 
nezia per  abboccarsi  col  legato  cardinal 
Conti,  e  dopo  il  giro  di  alcune  città  tornò 
a  Bologna;  quivi  un  angelo  Io  avvertì 
che  presto  avrebbe  ricevuto  il  premio  in 
paradiso,  onde  egli  disse  ad  alcuni  che 
morirebbe  prima  della  festa  dell'Assun- 
ta. Caduto  gravemente  infermo  negli  ul- 
timi di  luglio  1221  nel  convento  di  s.  Ni- 
colò, dal  suo  nome  delto  poi  s.  Domeni- 
co, muuito  de'ss.  sagramenli,  dopo  aver 
benedetto  i  suoi  figli  e  raccomandato  lo- 
ro la  carità,  la  povertà,  l'umiltà  e  le  al- 
tre virtù,  tenendo  le  mani  alzale  verso  il 
cielo,  soavemente  volò  in  paradiso,  il  ve- 
nerdì 6  agosto  all'ora  6.a  d'anni  5i .  Im- 
menso fu  il  concorso  di  popolo  per  ve- 
nerarne il  sacro  corpo,  che  Dio  illustrò 
con  molli  miracoli  nel  sepolcro  di  detta 
chiesa,  ove  si  venera  in  quella  mirabile 
arca  marmorea  scolpita  nelia36da  Ni- 
cola Pisano ,  col  superbo  coperchio  la- 
voro esimio  di  Nicolò  da  Barri  delto-per- 
ciò  dell' Arca s  avendovi  lavoralo  anebe 
l'eccellente  scultore  bolognese  Corlelli- 
ni.  Questo  magnifico  tempio,  uno  de'più 
vasti  di  Bologna,  non  che  ricco  di  cose 
d'arti  e  di  storiche  patrie  memorie,  fu  con- 
sagrato nel  i25i  da  Innocenzo  IV.  Mi- 
nacciando rovina  e  contribuendovi  Be- 
nedetto XIII  ne  fu  incominciato  il  restau- 
ro nel  1730  con  disegni  di  Francesco 
Dotti.  Di  recente  altro  superbo  e  magni- 
fico restauro  ed  abbellimento  lo  ricevet- 
te per  opera  di  fr.  Girolamo  Bianchedi 
converso  domenicano  di  Faenza,che  dal- 
la natura  ricevuto  il  genio  delle  arti,  fu 
l'anima  di  grandi  e  faticosi  lavori,  mira- 


PRE 

bilmente  facendo  da  architetto,  da  mec- 
canico, da  plasticatore,  da  intagliatore, 
onde  giustamentecolmatodi  lodi,  losplen- 
dido  tempio  potè  riaprirsi  nella  festa  del 
santo  nel  1 844>  come  si  legge  nel  n.°  65 
del  Diario  di  Roma.  Vedasi  Leandri  Al- 
berti ord.  praed.,  Declivi  Dominici  obi- 
tu  etsepultura,  Bononiae  i535.  March. 
Virgilio  Davia,  Memorie  storico-artisti- 
che intorno  all'arca  dis.  Domenico ,  Bo- 
logna i  838.  Di  sue  esequie, canonizzazio- 
ne, festa  e  biografi,  parlai  al  suo  articolo. 
Nella  basilica  Vaticana  I*  ordine  pose  la 
sua  statua  tra  quelle  de'fondatori  di  or- 
dini religiosi,  facendola  scolpire  da  Pietro 
le  Gros. 

Nel  1111  i  predicatori  radunati  nel  ca- 
pitolo generale  di  Parigi  elessero  generale 
ilb.  Giordano  di  Sassonia,  che  spedii  suoi 
frati  in  Germania,  ovefondarono  4  nuovi 
conventi;  e  nella  Palestina,  onde  l'ordine 
sotto  di  lui  seguitò  a  moltiplicarsi  tanto, 
che  nell'altro  capitolo  tenuto  a  Parigi  nel 
1228  furono  erette  4  nuove  provincie, 
cioè  di  Grecia,  Polonia,  Danimarca  e  Ter- 
ra santa. Fiorendo  per  molti  uomini  insi- 
gni in  dottrina  esuntitù, Gregorio  IX  potè 
trarre  dall'ordine  33  vescovi,  oltre  il  pa- 
triarca d'Antiochia  e  9  legati.  Questo  Pa- 
pa dopo  il  1 229  approvò  il  tribunale  del- 
l'inquisizione istituito  in  Tolosa  da  Inno- 
cenzo IH,  ne  nominòinquisitori  idomeni- 
cani,com  mettendo  all'oidi  ne  il  gravissimo 
uffizio  dell'inquisizione,  sebbene  in  altri 
luoghi  he' primi  tempi  l'esercitassero  altri 
religiosi, e  nella  stessa  Tolosaall'inquisito- 
re  domenicano  fu  dato  a  compagno  un 
francescano.  L' Inquisizione^.)  già  esi- 
steva quando  Innocenzo  111  più  formal- 
mente la  propagò  ad  insinuazione  di  s, 
Domenico,  e  secondo  alcuni  lo  fece  1 .°  in- 
quisitore per  impedire  la  funesta  diffu* 
sione  dell'eresia  albigese;  altri  dannoquer 
sto  onore  a  s.  Pietro  protomartire  del- 
l'inquisizione. Però  nella  guerra  de'cro- 
ciati  contro  i  crudeli  albigesi,  s.  Dome- 
nico assistè  a  una  battaglia  col  Crocefis- 
so in  mano,  che  fu  trafitto  dalle  frecci? 


PRE  89 

nemiche;  in  quella  combattuta  da  Mont- 
fort  ne'campi  di  Mureto,s.  Domenico  qua- 
le altro  Mosè  sulla  montagna,  se  ne  stava 
orando  a  pie  degli  altari,  perchè  Iddio  be- 
nedicesse le  armi  cattoliche  e  convertisse 
i  pertinaci  albigesi,  che  per  le  loro  furiose 
devastazioni,  protetti  dai  conti  di  Tolosa, 
di  Foix  e  di  Bearn,  costrinsero  i  cattolici 
ad  armarsi  per  respingere  la  forza  colla 
forza.  Ches.  Domenico  in  quelleguerre  fa- 
cesse orazione  e  non  avesse  parte  alcuna 
bellicosa,  fu  vittoriosamente  provato  da 
gravissimi  scrittori.  Qui  aggiungerò,  che 
da  Giulio  III  che  nominò  Commissario 
del  s.  offìzio  (tr.)  fr.  Michele  Ghislieri 
domenicano,  poi  glorioso  s.  Pio  V,  sem- 
pre l'ordine  ha  goduto  questo  importan- 
tissimo posto,  e  chi  lo  esercita  risiede  coi 
religiosi  suoi  compagni  domenicani  nel 
palazzo  della  s.  Inquisizione  di  Pioma,  es- 
sendone maestro  di  casa  uno  de  conversi. 
Anche  a  Congregazione  della  s.  Inqui- 
sizione dichiarai,  che  Innocenzo  111  dopo 
i  cisterciensi,  delegò  inquisitori  in  Fran- 
cia i  predicatori,  avendo  meglio  a  Inqui- 
sizioNEdistinto  i  due  s.  Pietro  martiri  del- 
l'inquisizione, quel  di  Castel  Nuovo  no- 
minato cisterciense,  l'altro  di  Verona  do- 
menicano, pel  quale  ogni  anno  si  celebra 
nella  chiesa  principale  dell'ordine  in  Ro- 
ma la  cappella  cardinalizia  che  descrissi 
nel  voi.  IX,  p.  137.  Il  generale  b.  Gior- 
dano governò  i5  anni  l'ordine,  e  navi- 
gando per  la  Palestina  restò  sommerso 
in  vista  di  Tolemaide.  Nel  1237  Rieletto 
successore  s.  Raimondo  di  Pegnafort,  che 
ridusse  in  iscritto  le  costituzioni,  edivi-» 
dendole  in  due  parti  diede  loro  miglior 
forma:  in  un  capitolo  generale  fece  de- 
cretare che  i  generali  potessero  rinun- 
ziare il  generalato  e  che  la  loro  rinunzia 
dovesse  essere  ammessa,  del  qual  decreto 
si  approfittò  egli  medesimo,  rinunzian- 
dolo  dopo  due  anni,  per  cui  fu  eletto  in 
sua  vece  il  p.  Giovanni  di  Waldesusen 
di  Weslfalia.  Nell'anzidetto  capitolo  del 
1228  furono  fatte  delle  costituzioni,  nelle 
quali  fu  confermato  quanto  s.  Domenico 


9° 


PRE 


avea  ordinato  nel  capitolo  del  1220  in- 
torno alle  possessioni  e  beni  stabili,  cioè 
di  rinunziare  gli  accettati  e  di  non  rice- 
verne più  in  avvenire,  tanto  più  che  il 
santo  nell'ultima  infermità  avea  minac- 
ciato la  divina  indignazione  e  la  sua  con- 
tro chi  avesse  introdotto  di  nuovo  l'uso 
di  possederli.  Furono  poi  queste  costitu- 
zioni dispensate  da  vari  Papi  e  con  fa- 
cilità, perchè  l'ordine  de'predicatori   fu 
istituito  e  canonicamente  confermato  nel 
12  16  con  tutti  i  terreni,  entrate  e  ren- 
dite, che  allora  già  possedeva  ed  avreb- 
be potuto  possedere  in  avvenire:  dice  O- 
norio  IH  nella  sua  bolla  a  S.Domenico: 
Confinnamusordinc.nl  tinnii,  cuni  omni- 
bus castri*,  et  possessionibus  habitis  et 
hàbtiidis.  In  vigore  di  queste  dispense 
pertanto  furono  i  frati  predicatori  resti- 
tuiti allo  stato  della  primitiva  istituzio- 
ne, e  quindi  è  che  Clemente  IV  conce- 
dendo loro  di  poter  lecitamente  succede- 
re nell'eredità,  colla  bolla  Obtentu divini 
nomini*,  e  Sisto  IV,  e  poscia  il  concilio 
di  Trento  accordando  loro  la  facoltà  di 
possedere  in  tulli  i  conventi  presenti  e  fu- 
turi, non  li  dispensarono  dalla  regola,  ma 
soltanto  dalle  costituzioni;  e  perciò  di- 
venuti possidenti  per  tali  dispense,  non 
mutarono  la  formola  della   professione, 
ch'è  sempre  quella  fatta  dai   loro  primi 
padri,  i  quali  in  realtà  furono  possidenti 
in  virtù  della  propria  regola,  benché  poi 
si  costituissero  mendicanti  per  costituzio- 
ne, la  quale,  come  dicono  i  canonisti,  può 
mutarsi  senza  pregiudizio  dell'essenziale 
dell'  istituto,    consistente   nella    regola. 
Sebbene  Clemente  IV  nella  citala  bolla 
Obtentu,  come  è  riportato   nel    bollano 
de'predicatori,  altro  non  coucede  a  que- 
sti se  non  che  possono,  honorum  posses- 
sioneut  apprchendere,  ac  véndere  libere 
bona  ipsa,  torumque  pretium  in  utilità- 
lem  eorum  converlere,  lo  che  non  è  di- 
chiararli possidenti,  o  dar  loro  la  facoltà 
di  possedere  beni  stabili,  come  ognun  ve- 
de. Nel  1276  l'ordine  ebbe  il  1."  Papa 
domenicano  in  Innocenzo  V ;  il  2.0  fu 


PRE 

il  b.  Benedetto  XI,  già  generale  del  me- 
desimo, che  creò  cardinali  i  domenicani 
Alberti  di  Prato,  Mahlesfedd,  e  Winter- 
bum.  A  Francescano  ordine  parlai  del- 
la famosa  questione  eccitata  nel  1  322  tra 
i  domenicani  ed  i  francescani ,  sopra  la 
povertà  di  Cristo  e  degli  apostoli,  che  e- 
stinse  Giovanni  XXII.  Quest'ordine  eb- 
be sempre  un  solo  generale  che  lo  gover- 
nò sua  vita  durante,  se  si  eccettui  il  tem- 
po dello  scisma, chedopo  la  morte  di  Gre- 
gorio XI  durò  sino  a  Martino  V,  poiché 
allora  fu  che  nel  capitolo  generale  tenu- 
to in  Bologna  nel  i38o  ebbe  due  gene- 
rali eletti  dai  diversi  partiti.  Seguitò  cosi 
fino  al  14.18  in  cui  Martino  V  soggettò 
tutto  l'ordine  al  p.  fr.  Leandro  da  Firen- 
ze ch'era  stato  eletto  dalle  provincie  d'I- 
talia e  dalle  altre  unite,  e  sotto  il  di  lui 
successore  p.  fr.  Bartolomeo  Texier,  per 
privilegioconceduto  dallo  stesso  Martino 
V,  cominciò  l'ordine  a  possedere  univer- 
salmente beni  stabili  e  rendite  fisse. 

Elevato  al  pontificato  s.  Pio  V,  gloria 
di  quest'ordine,  ne  fu  magnanimo  bene- 
■  fattore.  Avendo  dichiarato  quali  fossero 
gli  ordini  mendicanti,  decretò  che  tale 
veramente  si  riconoscesse  quello  de'pre- 
dicatori, sebbene  possedesse  in  comune 
beni  stabili,  volendo  che  godesse  de'pri- 
vilegi  conceduti  dalla  s.  Sede,  così  alle 
monache  domenicane.  Indi  derogando  a 
qualunque  concessione  o  consuetudine  in 
contrario,  colla  bolla  Divina  disponente, 
de'27  agosto  f  568,  presso  CherubiuijSta - 
bili  che  all'ordine  di  s.  Domenico  si  do- 
vesse la  precedenza  e  il  luogo  più  degno 
sopra  gli  altri  ordini  de' fra  li  mendicanti, 
tanto  nella  cappella  pontificia  e  ne'con- 
cilii ,  quanto  nelle  processioni  ed  altre 
pubbliche  funzioni.  Ai  domenicani  con- 
segnò il  coUegio  de  Penitenzieri  Liberia- 
ni  (f^.)  j  e  creando  cardinale  il  nipote  fr. 
Michele  Bottelli  domenicano,  gli  ordinò 
di  continuare  a  vestirne  l'abito  e  di  non 
usare  il  cappello  rosso.  Inoltre  elevò  al 
cardinalato  gli  altri  domenicani,  Bianchi 
e  Giustiniani,  il  quale  colla  qualifica  di 


PRE 

generale  dell'ordine  era  intervenuto  al 
concilio  di  Trento.  Il  concilio  di  Trento 
avendo  istituito  la  Congregazione  del- 
l'Indice (V.),  ne  fece  segretario  un  do- 
menicano; quindi  s.  Pio  V  un  conven- 
tuale; ma  Gregorio  XIII  nel  i58o  aven- 
do in  sua  assenza  fatto  il  domenicano  p. 
Gio.  Battista  Lancio,  il  cospicuo  uffizio 
del  segretario  deU'Indicc  (/^.)  restò  rid- 
i' ordine.  Inoltre  Gregorio  XIII  stabili 
l'istruzione  cattolica  per  gli  ebrei  di  Ro- 
ma, e  ne  affidò  la  predica  ad  un  dome- 
nicano,al  modo  cbe  narrai  nel  voi.  XXI, 
p.  23.  Clemente  Vili  colla  bolla  Inter 
caetera ,  de'  i5  settembre  1592,  Bull. 
Born.  t.  5,  par.  I,  p.  395,  assegnò  ai  do- 
menicani negli  atti  pubblici  e  privati  il 
luogo  più  degno,  dopo  i  canonici  rego- 
lari, chierici  regolari  e  secolari,  ed  i  mo- 
naci degli  ordini  antichi.  Quindi  nel  1 602 
restituì  all'ordine  la  chiesa  di  s.  Sisto  in 
Roma  ,  coli'  annesso  convento.  Allorché 
nel  1672  Clemente Xcreòcardinale  Vin- 
cenzo M.a  Or^'/zf  domenicano,  avendone 
3  volte  ricusata  la  dignità,  fu  d'uopo  per- 
chè l'accettasse  del  precetto  d'ubbidienza 
del  p.  Roccaberti  generale.  Eletto  Papa 
nel  1  724  col  nome  di  Benedetto  XUI,  fu 
ripugnante  nel  dare  il  suo  consenso,  e  so« 
locedettequandodalp. geuerale  Pipiagli 
fu  imposto  per  ubbidienza,  avendolo  nel 
cardinalato  tenuto  sempre  per  suo  su- 
periore; volle  poi  nell'atto  di  accetta- 
zione, che  vi  si  dicesse  appartenere  al- 
l'ordine di  s.  Domenico.  Nella  medaglia 
del  possesso  vi  fece  esprimere  s.  Dome- 
nico i-n  gloria  con  angeli,  e  sotto  il  cane 
con  torcia  accesa. in  bocca,  allusivo  allo 
stemma  dell'ordine.  Di  frequente  si  por- 
tava nel  coro  delle  chitfse  dell'ordine  a 
salmeggiare  coi  frati,  mangiava  nei  loro 
réfeltorii  coll'abito  religioso,  baciando  la 
mano  al  p.  generale.  Il  nipote  duca  Or- 
sini asseguò  600  scudi  annui  napoletani, 
con  polizza  anticipata,  al  cardinale  Pipia 
quando  fu  elevato  a  tpie.sta  dignità  dal- 
lo zio,egli  mandò  3  carrozze  e  livree  pel 
suo  servizio  :  e  per  la  gratitudine  che  la 


PRE  91 

sua  casa  professava  all'  ordine,  coli'  ap- 
provazione dello  stesso  Benedetto  XUI, 
stabilì  in  perpetuo,  che  la  sua  famiglia 
somministrasse  eguale  pensione  al  car- 
dinale domenicano  prò  tempore.  Mentre 
Benedetto  XIII  era  cardinale,  l'ordine 
contava  3  altri  porporati,  Kovard,  Ca- 
pizucchi  e  Ferrari:  esso  ne  creò  4j  Pi~ 
pia  colla  ritenzione  del  generalato  fino  al 
seguente  capitolo,  Gotti,  Seller i  e  Fcr- 
reri.  Il  successore  Clemente  XII,  come 
dissi  a  Dottore,  autorizzò  i  domenica- 
ni a  conferirne  il  grado  agli  scolari  teo- 
logi. Sarebbe  troppo  lungo  il  riportare 
tutti  gl'insigni  privilegi  che  meritamente 
gode  questo  préclarissimo  ordine,  trat- 
tandone i  suoi  storici  ed  il  bollano  pro- 
prio; come  sarebbe  tentare  l'impossibile 
il  voler  qui  riferire  il  bene  immenso  fatto 
in  ogni  tempo  dai  frati  predicatori  alla 
Chiesa.  Basti  il  dire  che  non  si  radunò 
mai  o  provinciale  o  generale  concilio,. in 
cui  la  sapienza  domenicana  non  si  al- 
zasse tra'  primi  a  difesa  del  dogma  ed  a 
sterminio  dell'eresia;  che  in  moltissime 
università  del  mondo  cattolico,  special- 
mente le  teologiche  discipline,  furono 
con  successo  insegnale  dai  figli  di  s.  Do- 
menico; e  che  non  v'ebbe  convento  in 
cui  fra  gli  esercizi  di  pietà  non  si  col- 
tivassero indefessamente  le  scienze  sagre 
e  profaue,  a  vantaggio  non  solo  de'gio- 
vani  allievi  religiosi,  ma  di  tutti  eziandio 
i  chierici  secolari  che  amarono  profittar- 
ne e  vi  trovavano  sempre  scuole  gratui- 
te, libri  opportuni, saggi  e  amorosi  mae- 
stri; i  quali  esercizi  edificanti,  la  coltura 
delle  scienze,  e  l'utile  insegnamento  tut- 
tora fioriscono,  solo  a  cagione  de'politict 
sconvolgimenti  del  passato  secolo  e  del 
corrente, comeèawenulo  in  tutte lecor- 
porazioni  religiose, sonodiminuitelepro- 
vincie  dell'ordine,  come  il  numero  dei 
conventi  e  il  novero  de'religiosi,  mentre 
prima  giunse  ad  avere  ^5  provincie  o 
congregazroni,  di  alcune  poche  delle  «pia- 
li vado  a  dare  un  cenno,  onde  potersi 
prendere  un'  idea  delle  molte  altre. 


92  PRE 

Di  alcune  provincie  o  congregazioni 

dell' o  rdin  e  de'  Predica  tori. 
L'ordine  di  S.Domenico  ossia  de'pre- 
dicatori,  è  stato  ancor  egli  soggetto  di 
quando  in  quando, come  tutti  gli  altri,  a 
qualche  rilassamento,  a  cui  sempre  si  op- 
posero con  ripararvi  con  pronto  successo 
j  generali,  ed  altri  zelanti  religiosi,  che 
inai  mancarono  nell'ordine  domenicano, 
i  quali  in  diversi  conventi  fecero  rigo- 
rosamente osservare  le  regole  e  menando 
vita  più  austera,  come  accennai  in  prin- 
cipio. Verso  il  i  389  il  generale  b.  Cor- 
rado di  Prussia  restituì  la  regolare  os- 
servanza a  tutti  i  conventi  di  Germania, 
ne'  quali  era  decaduta  fin  dal  1 349  a'" 
lorchè  la  peste  proveniente  dall'Asia  de- 
solò quasi  tutta  Europa.  Nel  1^01  il  b. 
Bartolomeo  di  s.  Domenico  di  Siena  re- 
staurò la  medesima  osservanza  ne'con- 
■venti  d'Italia,  ne'quali  era  rilassata  a  mo- 
tivo della  stessa  pestilenza,  che  fu  cagione 
di  altrettanto  nella  maggior  parte  degli 
ordini  regolari.  Il  p.  Bartolomeo  Texier 
francese,  già  ricordato,  generale  dell'or- 
dine, impiegò  la  sua  autorità  per  man- 
tenerla o  restituirla  in  tutti  i  conventi, 
e  nel  suo  zelo  eresse  ancora  la  Congre- 
gazione d'Aragona  che  durò  gr  anni, 
tlopo  i  quali  passò  a  formare  una  pro- 
vincia dell'ordine.  Molto  celebre  astata 
la  Congregazione  di  Lombardia,  a  cui 
diede  principio  il  p.  Matteo  Boniparti  o 
Bonimperti  di  Novara,  eletto  poi  perla 
santità  della  vita  vescovo  di  Mantova.  II 
p.  generale  Gioacchino  Tulliani  accordò 
a  questa  congregazione  molti  privilegi, 
ma  con  tutto  ciò  durando  ancora  il  suo 
governo  fu  smembrata,  ed  i  conventi  di 
s.  Sabina  di  Roma,  di  Pisa,  Ili  s.  Gemi- 
liiano,  di  Viterbo,  di  Siena  e  di  s.  Marco 
di  Firenze  si  unirono,  separandosi  dagli 
altri, per  formarne  altra  che  fu  detta  Con* 
gregazione  di  Toscana,  incominciata  nel 
l493  dal  p.  Girolamo  Savonarola  fer» 
farete.  Dopo  5  anni  si  riunì  alla  congre- 
gazione di  Lombardia,  la  quale  nel  1  53  1 , 
essendo  generale  il  p.  Paolo  Botligellada 


PRE 

Pavia,  che  n'era  stato  due  volte  vicario 
generale,  fu  estinta  ed  eretta  in  provincia 
da  Clemente  VII,  il  quale  fece  lo  stesso 
anche  colla  Congregazione  di  Calabria. 
Fu  eretta  ancora  la  Congregazione  d'O- 
landa,  che  comprendeva  28  conventi,  al- 
cuni de'quali  si  erano  separati  da  quella 
di  Lombardia;  ma  nel  1 5 1 4  Leone  X,  ad 
istanza  di  Luigi  XII  re  di  Francia,  or- 
dinò al  generale  p.  Tommaso  Gaetano, 
di  separare  i  conventi  di  questa  congre 
gazione  situati  nella  Francia  e  di  forma 
re  di  questi  la  Congregazione  Gallica 
na,  i  di  cui  religiosi  si  fecero  allora  degl 
statuti  più  austeri  di  quelli  degli  olande 
si.  11  medesimo  Papa  accordò  alla  Gal 
lioana  tutte  le  grazie,  ch'erano  moltissi 
me,  delle  quali  godeva  la  congregazione 
d'Olanda,  e  nel  i5i8  rinnovando  e  ac 
crescendo  con  un  breve  gli  slessi  privi 
legi  alla  congregazione  olandese,  dichia 
rò  di  concederli  ancora  a  quella  di  Fran 
eia,  ed  approvò  l'autorità  del  vicario  gè 
nerale  di  questa  ultima.  Verso  il  fine  de 
medesimo  secolo  il  p.  Paolino  Bernar 
dini  lucchese  istituì  la  Congregazione  d, 
s.  Caterina  di  Siena  nell'Abruzzo,  ac 
cresciuta  dipoi  coli' aiuto  del  p.  Nicolò 
Masio  da  Perugia,  che  di  questa  mede 
sima  congregazione  fu  vicario  generale 
Il  p.  Paolino  morì  nel  i583,  ed  il  p.  Ni 
colò  verso  il  1 6 1  1  nel  convento  di  s.  Do 
menico  di  Chieti,  ambedue  con  fama  di 
gran  santità.  Quasi  nello  stesso  tempo  e 
nel/  5g6ilp.  Sebastiano  Michaelis,  il  qua- 
le si  era  fatto  religioso  in  Marsiglia,  fon- 
dò in  Tolosa  la  Congregazione  di  Occi- 
tania  o  hinguadoca ,  di  cui  fu  il  1 ,°  vica- 
rio generale,  approvata  nel  1608  da  Pao- 
lo V;  sotto  la  protezione  di  re  Enrico  IV, 
fabbricò  io  Parigi-in  vias.  Onoralo  il  con- 
vento dell'  Annunziata,  in  cui  morì  nel 
1 6 1  8, dopo  le  sue  gloriose  fatichee  le  pa- 
titecontraddizioni.  Nel  1669  questa  con- 
gregazione fu  da  Clemente  IX  eretta  in 
provincia  sótto  il  titolo  di  s.  Luigi,  ed  era 
la  45/  e  ultima  provincia  de'  domeni- 
cani, come  in  provincia  furono  erette  le 


PRE 
Congregazioni  di  Faglisi,  dell  Abruzzo 
e  alcune  altre.  Negli  ultimi  tempi  riten- 
nero il  nome  di  congregazione  ed  erano 
governate  dai  vicari  generali  coi  soggetti 
conventi,  ed  alcuna  con  monasteri  di  mo- 
nache: la  Congregazione  di  s.  Vincenzo 
Ferreri  o  di  Brettagna  nella  provincia 
di  Parigi,  aveva  i4  conventi; quella  de- 
gli Angeli  in  Provenza  6;  quella  di  Al- 
sazia 4 di  frati  e  8  di  monache;  quella 
del  Nome  di  Gesù  nell'isole  Antille  d'A- 
merica un  convento  e  20  parrocchie; 
quella  di  s.  Domenico  in  altra  isola  d'A- 
merica os.  Domingo  2  conventi  e  10  cure; 
quella  di  s.  Sabina  di  Roma  8  conventi; 
quella  di  s.  Marco  di  Firenze  6;  quella  di 
Venezia  del  b.  Giacomo  Salomoni  7  ; 
quella  à\Napoli  dellaMa donna  della  Sa- 
nità 1 3;  quella  di  s.  Domenico  Soriano  in 
Sardegna  1  o  e  un  monastero  di  monache; 
quella  di  s.  Marco  de' Gavoni  nel  regno 
di  Napoli  1 3.  Nelle  congregazioni  di  Bret- 
tagna, degli  Angeli  e  de'Gavotti  i  priori 
de'conventi  avevano  voce  ne'capitoli  pro- 
vinciali delle  rispettive  provincie,  e  dopo 
dato  il  voto  per  l'elezione  del  provinciale 
si  radunavano  nel  d'i  seguente,  ed  eleg- 
gevano essi  soli  il  loro  vicario  generale. 
La  congregazione  di  s.  Sabina  di  Roma 
non  interveniva  al  capitolo  della  provin- 
cia di  Lombardia,  dalla  quale  anticamen- 
te dipendeva,  e  il  provinciale  di  questa 
non  aveva  alcun  gius  di  visitarne  la  con- 
gregazione, siccome  neppur  quello  di  Ve- 
nezia interveniva  a  quello  di  sua  provin- 
cia, ma  il  provinciale  di  questa  aveva  il 
diritto  della  visita  onoraria  nella  sua  con- 
gregazione. I  vicari  generali  di  Alsazia  e 
di  Sardegna  non  dipendevano  da  alcuna 
provincia,  ma  erano  eletti  dal  generale, 
che  nominava  ancor  quelli  dell'Ameri- 
ca. Tutti  i  vicari  non  aveano  autorità  se 
non  dopo  confermati  dal  generale  di  tut- 
to l'ordine.  Non  differivano  tutte  le  no- 
minate congregazioni  dalla  religione  ma- 
dre, che  nell'astinenza  dalle  carni, la  qua- 
le si  osservava  in  esse  rigorosamente,  e 
nell'abito  di  lana  alquanto  più  grosso, 


P  R  E  <j3 

ma  dello  stesso  colore  e  forma  degli  al- 
tri domenicani,  poiché  possedevano  tut- 
te beni  stabili  e  rendite  fisse,  a  riserva  di 
quella  del  ss.  Sagramento  la  più  celebre 
di  tutte. 

La  Congregazione  del  ss.  Sagramen- 
to ,  detta  ancora  della  primitiva  osser- 
vanza,(a  istituita  dal  p.  Antonio  le  Quieti 
nato  a  Parigi  nel  1601.  Mostrò  sino  da 
fanciullo  un'  indole  assai  inclinata  alla 
pietà,  alla  mortificazione  ed  alla  ritira- 
tezza. Da  giovinetto  entrò  nell'  istituto 
di  s.  Domenico,  di  cui  vestì  l'abito  nel 
1622  nel  convento  dell'  Annunziata  di 
Parigi,  in  cui  fioriva  mirabilmente  la  re- 
golare osservanza.  Comparve  subito  egli 
adorno  di  tante  virtù,  che  poco  dopo  fat- 
ta la  professione  e  ricevutigli  ordini  sa- 
gri, e  perciò  molto  giovine,  fu  fatto  mae- 
stro de'novizi,  prima  nel  convento  di  Pa- 
rigi, poi  in  quello  d'Avignone.  Riusciva 
egli  così  bene  in  questo  impiego  ,  che  il 
p.  generale  Ridolfo,  essendo  il  p.  Anto- 
nio capitato  in  Roma,  lo  mandò  coi  no- 
vizi afìinchè  gì'  istruisse  nelle  obbligazio- 
ni della  regola,  lo  che  eseguì  con  tanto 
profitto  di  que'giovani,  che  dovendo  e- 
gli  ritornare  in  Francia ,  tutti  lo  prega- 
rono restare  in  Roma  o  di  condurli  seco 
per -vivere  nella  congregazione  che  me- 
ditava d'istituire,  ma  ciò  fu  permesso  al 
solo  p.  Domenico  Paravicini.  Giunto  in 
Avignone  si  diede  tulio  il  p.  Antonio  al- 
l'esercizio delle  opere  di  misericordia  ed 
all'aiuto  de'peccatori  nel  tribunale  della 
penitenza,  e  quindi  manifestò  per  lettera 
al  p.  generaleRidolfoilsuodisegnodidar 
principio  alla  Congregazione  del  ss.  Sa- 
gramento o  della  primitiva  osservanza, 
in  cui  rinunciandosi  a  tutte  le  possessio- 
ni, ed  osservandosi  una  rigorosa  pover- 
tà, tornasse  a  rivivere  lo  spirito  del  pa- 
triarca s.  Domenico.  Si  opposero  gli  altri 
religiosi  del  convento  d'  Avignone  e  per 
impedirne  l'esecuzione  fecero  molte  sup- 
plicheal  p.generale,il  qualechiamòa  Ro- 
ma il  p.  Antonio,  ed  avendo  udito  da  lui 
che  la  stretta  povertà,  tanto  in  parlico- 


94  PRE 

lare  che  in  comune,  era  la  base  dell'os- 
servanza che  intendeva  di  stabilire,  non 
solo  l'approvò,  ma  sene  incaricò  egli  stes- 
so come  di  affare  suo  proprio,  e  slimolò  il 
p.  Antonio  a  dar  principio  al  più  presto 
possibile.  L'  esortò  ancora  ad  escludere 
le  fìgliuolanze  de'  conventi  ,  e  gli  diede 
con  lettere  patenti  la  piena  autorità  d'in- 
trodurre la  detta  osservanza.  Ritornato 
ad  Avignone  nel    i636  mise  immedia- 
tamente le  mani  all'opera,  ed  avendo  a- 
vuto  nel  borgo  di  Langues  5  leghe  di- 
stante una  casa  da  Tronquet  signore  d'u- 
na parte  del  borgo,  quivi  gitlò  i  fonda- 
menti di  sua  congregazione  col  solo  p. 
Paravicini,  coll'approvazione  del  vesco- 
vo diCavaillon,  nellacui  diocesiera  Lan- 
gues. Presto  questo i  ."convento  si  popo- 
lò d'un  sufficiente  numero  di  religiosi  , 
accorrendovi  pel  buon  odore  di  santità 
del  p.  Antonio,  tanlodagli  altri  conventi 
domenicani,  che  dal  secolo  per  vestire  il 
sagro  abito.  Si  osservavano  qui  le  prime 
costituzioni  senz'  alcuna  dispensa,  onde 
perpetuo  era  il  silenzio,  continuo  il  rac- 
coglimento, ed  oltrea  due  orelamedita- 
zione  che  tutti  in  comune  facevamo  ogni 
giorno  ,  sempre  affaticandosi  di  mante- 
nersi  alla  presenza  di  Dio.  Dormivano 
sopra  un  saccone  di  paglia  esoventeso- 
pra  le  tavole  o  la  nuda  terra,  e  3  ore  in- 
tiere  stavano  in  coro   la  notte.   Il  loro 
cibo  era  piuttosto  mortificazione  che  ri- 
storo del  corpo,  non  cibandosi  che  di  er- 
be mal  condite  o  di  radici,  digiunavano 
con  pane  e  acqua  3  giorni  della  settima- 
na e  non  vi  tra  atto  di  virtù  che  questi 
religiosi  con  fervore  spontaneamente  non 
esercitassero.  Uscivano  nelle  feste  e  tal- 
volta anche  ne'giorni  feriali  a  predicare 
ne'luoghi  vicini,  molti  de' quali  offriva- 
no loro  delle  fondazioni ,  sebbene  il  p. 
Antonio  non  accettò  che  quella  di  Thor 
nella  contea  \  enaissiiia,di  citi  prese  pos- 
sesso nel  1637,  e  ricusò  eziandio  i  conven- 
ti d'Oranges  e  ih'  Cavaillon,  perchè  era- 
no dotati  di    rendile  e  perciò  contrario 
alla  sua  riforma.  La  fama  della  virtù  e 


PRE 

vita  apostolica  di  questo  sant'uomo  in- 
dusse  varie  persone  qualificale  d'  Aix, 
Arles  e  Marsiglia  a  scrivere  al  p.  gene- 
rale, pregandolo  di  acconsentire  ch'egli 
fondasse  un  convento  nelle  loro  città:  il 
p.  generale  accordò  la  domanda  e  proi- 
bì agli  altri  religiosi  di  molestare  il  p. 
Antonio,  il  quale  neli63g  fondò  il  con- 
vento della  Madonna  della  Rota  mezza 
lega  da  Marsiglia.  Alcune  persone  ma- 
ligne cercarono  di  oscurare  la  sua  ripu- 
tazione con  nere  calunnie,  ed  ottennero 
con  frode  un  decreto  dal  parlamento  di 
Aix  per  farlo  uscire  dal  territorio  di  Mar- 
siglia, ma  egli  se  ne  procurò  altro  che  in 
vece  l'abilitò  a  fondare  un  convento  nel 
sobborgo  della  città.  Non  contento  que- 
sto servo  di   Dio  delle  molte  austerità 
che  si  praticavano  nella  sua  congrega- 
zione, nel  1640  volle  aggiungere  la  nu- 
dila de'piedi,  con  autorizzazione  di  mg.r 
Sforza  vice-legato  d'Avignone.  Appena 
i  religiosi  comparvero  in  pubblico  scalzi 
e  vestiti  d'un  abito  dell'antica  forma  u- 
sata  das.  Domenico,  che  somiglia  in  par- 
te a  quello  de'  certosini,  si  suscitò  con- 
tro di  loro  fiera  tempesta.  Lo  stesso  ge- 
nerale gli  proibì  la  nudità  de'  piedi,  ed 
il  cardinal  Barberini  protettore  dell'or- 
dine e  legato  d'  Avignone  fece  rivocare 
la  concessione.   In  seguito  di  ciò  i  reli- 
giosi espulsi  dai  conventi  di  Langues  e 
di  Thor,  si  ritirarono  in  quello  di  Mar- 
siglia, da  cui  parimenti  poco  dopo  furo- 
no costretti  partire,  onde  il  p.  Antonio 
non  avendo  avuto  tempo  da  trovare  al- 
tra abitazione,  con  8  de' suoi  compagni 
s'imbarcò  per  Roma.  Quivi  egli  soffrì  con 
invitta  costanza  e  pazienza  molte  avver- 
sità e  tribolazioni,  ed  essendosi  alla  fine 
calzato  ed  uniformato  agli  altri  domeni- 
cani nel  vestire,  ottenne  di  ritornare  in 
Francia  ,  anche  ad  istanza   di  re  Luigi 
XIII  ,  per  ristabilirvi  i  suoi  conventi   e 
vivere  in  essi  coi  suoi  seguaci  nella  ri- 
gorosa povertà,  come  pel  passato.  Andò 
subito  a  Parigi  e  vi  predicò  la  quaresi- 
ma, poscia  nel  i645  si  portò  a  Thor,  e 


PRE 

due  anni  dopo  il  p.  generale  Tommaso 
Turque  gli  accordò  di  ritenere  questo 
convento  come  immediatamente  sogget- 
to a  se;  fu  quindi  eletto  priore  del  con- 
vento di  s.  Onorato  di  Parigi,  ed  essen- 
do morto  nel  1649  ''  generale,  si  por- 
tò per  la  3."  volta  a  Roma  e  vi  fu  rice- 
vuto e  trattato  molto  amorevolmente. 
11  nuovo  generale  p.  Gio.  Battista  de  Ma- 
rinis  fu  pregato  dal  p.  Antonio  di  con- 
fermare la  sua  congregazione,  ma  lo  tro- 
vò tanto  alieno  dal  fai Io,che  voleva  an- 
zi unire  il  convento  di  Thor  alla  provin- 
cia di  Tolosa  o  a  quella  di  Provenza.  II 
vescovo  di  Cavaillon  che  si  trovava  in 
Roma  parlò  in  suo  favore  al  generale  e 
lo  fece  mutare  di  sentimento,  ed  essendo 
poi  questo  prelato  trasferito  alla  chiesa 
di  Carpentrasso,  nel  1 65o  diedeal  p.  An- 
tonio un  convento  nella  città  di  Sault  , 
ch'era  stato  abbandonato  dai  cappucci- 
ni. Due  anni  dopo  ne  fu  edificato  altro 
nel  borgo  di  Cadendo  in  Provenza  ,  e 
nel  1664  questi  religiosi  furono  chiama- 
ti dai  vescovi  di  due  altre  città  di  Fran- 
cia. Vedendo  il  p.  Antonio  che  la  sua 
congregazione  andava  crescendo, colle  o- 
pere  e  colle  parole  aumentò  la  vocazio- 
ne ne*  suoi  frati  ,  che  accesi  di  fervore 
raddoppiarono  le  austerità.  Alcuni  digiu- 
navano con  pane  e  acqua  più  giorni  del- 
la settimana,  altri  non  mangiavano  per 
3o  o  4°  giorni  alcuna  cosa  cotta,  altri 
dormivano  sul  pavimento  sebbene  stan- 
chi dalle  fatiche,  ed  altri  dopo  il  mattu- 
tino non  prendevano  più  riposo,  passan- 
do il  resto  della  notte  nell'  orazione  e 
nello  studio.  Tutti  poi  uon  si  accostava- 
no al  fuoco  nell'  inverno  il  più  rigido  , 
non  mitigavano  leasprezzedel  vivere  nep- 
pure nelle  malattie  e  finché  aveano  for- 
ze intervenivano  agli  atti  comuni.  Il  p. 
Antonio  avendo  stabilita  la  sua  congre- 
gazione, che  giunse  ad  aver  6  conventi, 
s'impiegò  tutto  «elle  missioni  che  ordina- 
riamente faceva  ne'luoghi  piccoli  e  inac- 
cessibili situali  nelle  montagne  della  Pro- 
venza ,  del  Delfinato  e  della  bassa  Liu- 


PRE  95 

guadoca.  Andava  in  cerca  di  eretici  per 
convertirli ,  e  vi  riusciva  così  bene  che 
ridusse  moltissimi  al  cattolicismo;  ed  al- 
cuni di  essi  più  ostinati,  considerandolo 
come  il  loro  maggior  nemico,  lo  maltrat- 
tarono più  volte  e  tentarono  di  levargli 
la  vita.  Informato  Alessandro  VII  dei  me- 
riti del  p.  Antonio,  nel  1662  gli  accordò 
molti  privilegi  e  gli  die  il  titolo  di  mis- 
sionario apostolico,  ed  il  p.  generale  Roc- 
caberti  neli6y5  approvò  il  tenore  di  vi- 
ta che  si  osservava  nella  sua  congrega- 
zione, come  fece  ancora  il  di  lui  succes- 
sore p.  generale  Antonio  di  Monreale. 
Oppresso  alla  fine  il  servo  di  Dio  da  y5 
anni  di  età, dalle  fatiche  e  dalle  peniten- 
ze, morì  nel  convento  di  Cadeneto  a'  7 
ottobre  1676.  Il  p.  Arcangelo  Gabriele 
di  questa  congregazione,  compilò  la  Vie 
(hip.  Aniome  le  Quieti  religieux  de  l'or- 
dredes.  Dominique,  inslituieur  delacon- 
grégation  du  s.  Sacrement  dti  niesme  or- 
dre,  et  fundaleur  de  l'ordre  des  rcligieu~ 
ses  du  s.  Sacrement  de  Marseille ,  Avi- 
gnon  1682. 

L'ordine  domenicano  ha  un  cardinale 
per  prolettore;  attualmente  lo  è  l'am- 
plissimo cardinal  Angelo  Mai.  A  Geive- 
rale  de'  religiosi  dissi  qualche  cosa  ri- 
guardante eziandio  quello  dell'ordine  dei 
predicatori  :  al  presente  per  nomina  del 
Papa  Pio  IX  n'è  vicario  generale  il  rmo. 
p.  m.  Vincenzo  Jandel,  e  procuratore  ge- 
nerale il  rmo.  p.  m.  Francesco  Gaude. 
Lo  stemma  dell'ordine  si  compone  d'un 
campo  nero  e  bianco,  di  un  giglio  e  di 
una  palma  incrociati  dentro  una  corona, 
sovrastati  dalla  stella,  e  di  un  cane  seden- 
te sopra  un  libro  e  avente  in  bocca  tuia 
torcia  ardente. Negli  articoli  geografici  de- 
gli stati,  città  e  diocesi  parlai  molto  del- 
le principali  chiese  e  conventi  de' dome- 
nicani, de'  vescovi  e  uomini  illustri  del- 
l'ordine; e  negli  articoli  biografici  vi  so- 
no quelli  de'  \  summentovati  Papi,  dei 
cardinali  secondo  Cardella,  de' più  cele- 
bri scrittori  ecclesiastici,  de'princi pali  san- 
ti e  beali ,  come  delle  principali  sante  e 


96 


PRE 


beate.  Quanto  ai  Papi  qui  ricorderò,  che 
n  Porpora  notai  che  due  domenicani  sen- 
za esserne  decorati  ebbero  de' voti  pel  pon- 
tificato, a  vendo  scritto  il  domenicano  Bzo- 
vio,  che  nel  1281  fu  eletto  Papa  fr.  Gio- 
vanni di  Vercelli  generale  de'predicatori 
e  che  mori  prima  di  saperlo;  mentre  nei 
conclavi  del  1 52  1  e  del  1 523  il  domeni- 
cano Scomberg  arcivescovo  di  Capua,  ri- 
cevè diversi  voli  pel  triregno.  Benedetto 
XIII  in  una  sua  allocuzione  disse  che  il 
suo  ordine  avea  avuto  55  cardinali.  No- 
vaes  nella  vita  d' Onorio  ///diceche  l'or- 
dine  va  glorioso  per  aver  prodotto  In* 
nocenzo  F,  il  b.  Benedetto  XI,  s.  Pio  V 
e  Benedetto  XIII ,  più  di  60  cardinali, 
più  di  i5o  arcivescovi,  più  di  800  vesco- 
vi (numero  aumentatosi,  poiché  pubbli- 
cò -T  opera  nel  declinili*  del  secolo  passa- 
to), un  numero  grandissimo  di  santi  ca- 
nonizzati, ed  un  numero  senza  numero 
di  scrittori  e  uomini  insigni  in  ogni  ge- 
nere di  pietà  e  dottrina.  Seguendo  e  con- 
tinuando Cardella  ,  come  il  più  recen- 
te storico  de'  cardinali  non  che  critico , 
oltre  le  biografìe  de'  4  Papi ,  ho  pub- 
blicalo le  biografie  de' seguenti  5o  car- 
dinali, oltre  i  Papi  che  pur  furono  car- 
dinali ;  mentre  ad  Avignone  riportai  le 
notizie  degli  anticardinali  fr.  Nicola  da 
s.  Saturnino  generale  dell'  ordine,  fatto 
dall'antipapa  Clemente  VII  nel  1378,  il 
quale  neh  383  fece  altrettanto  col  con- 
sobrino  Giovanni  Novocastro domenica- 
no; a  Basilea  dissi  che  l'antipapa  Felice 
V  nel  i444  fece  anticardinale  Giovanni 
de  Ragusio  de'predicatori;  nella  serie  poi 
de'maeslri  del  s.  palazzo  riportai  altre  no- 
tizie degli  a'nticardinali  s.  Saturnino  e  No- 
vocaslro mentovati.  Ecco  il  novero  dei 
cardinali.  Alberti  di  Prato,  Alvarez,  An- 
nibaldeschi,  Badia,  Begaignon,  Berne' 
rio,  Berlano,  Bianchi,  Billomo,  Bonelli, 
Boxadors,  Capizucchi,Caracciolo Nico- 
la, Caro  (il  primo  cardinale  domenica- 
no, crealo  nel  1244  da  Innocenzo  IV  ). 
Casanova,  Dati,  Domenici  (  il  cui  cul- 
to immemorabile  col  litolodi  beato  lieo- 


PKE 

nobbeGregorioXVIjil  quale  inoltre  bea- 
tificò gli  altri  domenicani  Gio.  Massias  e 
Martino  de  Porres, approvando  il  culto 
che  si  rendeva  al  b.  Giordano  da  Pisa), 
Farinola,  Ferrari,  Ferreri,  Frangipane, 
Galantina,  Giustiniani ,  Goditi,  Gotti 
(dottissimo),  Guardia,  Hovard,  Joice, 
Kiluvarbio,  Loaisa,  Lucuti,  Maculani, 
Maklesfeild,  Mazzarini,  Natta,  Orsi  (il- 
lustre storico  della  Chiesa),  Orsini  Mat- 
teo ,  Piinentel,  Pipia,  Roselli,  Scaglia, 
Scombergh  ,  Selleri ,  Soudre,  Teobaldi, 
Tor  ree  remata.  Felzi  (l'ultimo  creato  da 
Gregorio  XVI  nel  i832),  Vio,  TVinler- 
bum,  Zavierre.  Fra'santi  nominerò,  oltre 
i  memorali  Papi  b.  Benedetto  XI  e  s.  Pio 
V,  e  Domenici,  Tommaso  d' Aquino,  Vin- 
cenzo Ferreri,  Giacinto,  Alberto  Magno, 
Antonino,  Raimondo  di  Pegnafort ,  Lo- 
dovico  Bertrando,  Pietro  Martire,  Anco- 
nino,  i  bb.  Francesco  de  Posadas  e  Gia- 
como di  Varaginc,  ed  altri.  Fra  gli  scrit- 
tori ecclesiastici,  oltre  i  diversi  cardinali 
e  santi  nominati,  i  pp.  Mamachi,Bzovio, 
Le  Quien,  Melchior  Cano,  Sante  Pagni- 
ni,  Ciaccolilo,  Valsecchi ,  maestri  preci- 
pui di  tutti  i  rami  delle  scienze  sagre.  Me- 
ritano menzione  egualmente  ,  Cavalca  , 
Bartolomeo  da  s.  Concordio  ,  Giordano 
da  Bivalto  il  migliore  prosatore  del  tre- 
cento; Ignazio  Danti  e  Fr.  Giocondo  gran- 
di nelle  matematiche;  fr.  Angelico  da 
Fiesole  e  fr.  Bartolomeo  celebri  pittori.  In- 
numerabili  altresì  sono  gli  altri  dotti  d\in 
merito  distinto,mentre  fra  quelli  di  cui  ne- 
gli ultimi  tempi  si  deplorò  la  perdita  cer- 
tamente si  deve  ricordare  il  commissario 
del  s.  oflìzio  p.  m.  Maurizio  BenedeltoO- 
livieri  stato  anche  maestro  generale  di 
tutto  l'ordine,  profondo  cattedratico  nel- 
le lettere  e  scienze  latine  ,  greche  ed  e- 
braiche,  ornato  di  un  complesso  di  virtù. 
Però  a  questa  mia  brevità  suppliscano  le 
collezioni de'seguenti  storici  domenicani. 
Giacomo- Echard  continuatore  dell'altro 
domenicano  Quielif:  Scriptores  ordini» 
praedicalorum  recensiti,  notisque  histo- 
ricis  et  criticis  illustrati ,  Parisiis   1 7  1 9. 


PRE 

Leandro  Alberti,  De  viris  illuslribusor- 
dinis  praedicatorum  ,  Bononiae  1 5 1  7. 
VincenzoM.3  Fontana,  Sacrimi  theatruin 
do/ninicanum,  Romaei  666.  De  romana 
provincia  ordinìs  praedicatorum,  Romae 
1670.  Monumenta  domiaicana  breviter 
in  xynopxim  collecla  ,  de  fìdis  obsequiis 
ab  ordine  praedicatorum  s.  Dei  eccle- 
siae  usane  modo  praestitis,  Romae  1 675. 
Antonio  Touron,  Storia  degli  uomini  il- 
lustri dell'ordine  di  s.  Domenico,  Roma 
1 743-49.  Questa  opera,  colla  sua  Vita 
di  s.  Domenico,  forma  una  storia  com- 
pita dell'ordine,  dalla  sua  fondazione  al 
1748.  Gio.  Michele  Pio,  Vita  degli  uo- 
mini illustri  di  s.  Domenico  e  storia  del- 
la nobile  progenie  dis.  Domenico.  Tom- 
maso Mal  venda,  A  miai.  Orci,  praedica- 
torum. Inoltre  dall' ordine  le  belle  arti 
ricevettero  lustro  e  incremento,  come  di 
recente  ha  dimostrato  il  p.  L.  Vincenzo 
Marchese  dello  stesso  istituto,  Memorie 
de  più  insigni  pittori,  scultori  e  architetti 
domenicani,  con  aggiunta  di  alcuni  scrit- 
ti intorno  le  belle  arti,  Firenze  1 845.  Se 
ne  legge  l'elogio  e  il  trasunto  nel  voi.  4 
degli  Annalidelle  scienze  religiose,  serie 
»/  Ferdinando  delCastiglio,Z?e//'wtorùz 
generale  di  s.  Domenico  e  dell'  ordine  dei 
predicatori,  Venezia  i58g.  P.  Giacobbe, 
Memor.  sulla  canonicità  dell'istituto  di  s. 
D omenieo,  Beziersi  75o.  Ant.°  Bremond, 
Bullarium  Domenicanum,  Romae  1  740 
in  8  tomi.  LeCordaire,  Memo  ire  pour  le 
rélablUsement  en  France  de  l'ordre  des 
ftìres  Piécheurs,  Paris  1839.  I  domeui- 
caui  hanno  in  Roma  le  seguenti  chiese. 
Chiesa  di  s.  Maria  sopra  Minerva 
(V.)  con  ampio  e  magnifico  convento  an- 
nesso ,  propinqua  alla  Piazza  della  Mi- 
nerva (V.),  residenza  del  generale  e  pro- 
curatore generale  dell'ordine,  del  segre- 
tario della  congregazione  dell'indice.  In 
esso  dai  cardinali  si  tiene  la  Congrega- 
zione del  s.  offìzio  (V.);  vi  è  il  Collegio 
di  s.  Tommaso  d'Aquino,  V.  (nel  chio- 
stro è  il  deposito  cou  busto  di  marmo 
del  fondatore ,  presso  5  antichi  sepolcri 

VOL.  LV. 


PRE  97 

de' generali  dell'ordine,  già  esistenti  nel 
pavimento  della  chiesa),  e  la  celebre  Bi- 
blioteca Casanalense  (V.),  la  prima  in 
Roma  dopo  la  Vaticana.  Di  questa  oltre 
aquanto  dissi  a  Chiesa  di  s.  Maria  sopra 
Minerva,  parlando  del  chiostro  e  del  con- 
vento, sulla  primitiva  fondazione, aggiun- 
gerò, che  fra'suoi  preziosi  libri  distingue- 
si  la  gran  Bibbia  in  pergamena  impres- 
sa a  mano  con  lettere  a  punzone,  la  qual 
cosa  costituisce  quell'anello  di  congiun- 
zione che  unisce  il  manoscritto  alla  stam- 
pa :  è  questo  un  lavoro  rarissimo,  da  ta- 
luni chiamato  chirografia.  Nel  n.°7  1  del 
Diario  di  Roma  1 840  si  legge,  che  la  bi- 
blioteca fu  magnificamente  restaurata  , 
abbellita  e  ampliata  nelle  stanze  aggiun- 
te a  quelle  ch'erano  contigue  alla  vastis- 
sima sala.  Questo  utilissimo  stabilimen- 
to ,  ricco  di  rarissimi  codici  ed  edizioni 
antiche  e  moderne  d'ogni  specie,  situato 
nel  centro  di  Roma,  frequentato  da  una 
gran  folla  di  studiosi,  faceva  da  alcun  tem  • 
pò  temere  di  qualche  rovina.  Il  eh.  p.  m. 
Giacinto  de  Ferrari  dell'  ordine  de' pre- 
dicatori, appena  nominato  prefetto  della 
biblioteca  Casanatense  (ora  è  commissa- 
rio del  s.  offizio),  non  pago  di  averla  già 
fatta  accrescere  di  moltissime  recenti  o- 
pere,  si  diede  tutta  la  premura  perchè  si 
eseguissero  subitamente  gli  opportuni  ri- 
parile si  prevenisse  così  qualunque  dan- 
no cheavrebbe*essa  potuto  un  giorno  sof- 
frire. Inoltre  noterò,  che  nel  convento  vi 
è  altra  importante  libreria  per  uso  pri- 
vato de'religiosi,  già  splendidamente  ar- 
ricchita di  libri  pregievolissimi  del  car- 
dinal Torrecremata;  preziosa  raccolta  che 
pati  qualche  perdita  nelle  vicende  che 
afflissero  Roma  ne'  primi  anni  del  cor- 
rente secolo  ;  tuttavia  si  mantiene  e  con- 
serva i  suoi  3o,ooo  volumi,  alcuni  mss., 
ed  una  ricca  collezione  di  miscellanee.Nel- 
la  biografia  del  domenicano  cardinal  Giu- 
stiniani, non  solo  riportai  che  nella  chie- 
sa eresse  la  cappella  di  s.  Vincenzo,  di  cui 
portava  il  nome ,  ma  che  edificò  buona 
parte  del  convento  }  con  una  biblioteca 
7 


98  PRE 

pei'  uso  de'religiosi.  Quanto  alla  chiesa, 
oltre  la  descrizione  che  ne  feci  al  citato 
suo  articolo  ed  a  quelli  relativi  (anche  al- 
la sagrestia  pei  Conclavi  lenuii  e  pei  Pa- 
pi eletti  vi),  come  de'pregiatissimi  monu- 
menti sepolcrali  di  cui  è  doviziosa  ,  che 
in  gran  parte  descrissi  ancora  nelle  bio- 
grafie o  dove  parlai  di  quelli  che  vi  so- 
no tumulati,  come  di  cinque  Papi,  mol- 
ti cardinali,  vescovi,  prelati  e  altri  per- 
sonaggi. Ivi  si  celebrano  quelle  funzioni 
papali  e  cardinalizie  che  indicai  nel  cita- 
to articolo  e  descrissi  ai  luoghi  loro,  solo 
qui  aggiungendo  che  ve  n'ebbero  luogo 
anche  straordinarie,  avendo  detto  nel  voi. 
IV,  p.  2i2cle'batlesimiche  vi  fecero  Be- 
nedetto XI 11  e  Benedetto  XIV,  ed  a  Fa- 
scie  benedette  di  quelle  che  Pio  VI  vi 
benedì.  Prima  nella  processione  del  Cor- 
pus Domini  in  mollo  numero  v'interve- 
nivano i  cardinali  e  nel  1721  furonoig, 
come  si  legge  nel  n.°  612  del  Diario  di 
Roma.  Nel  n.°io3deliyi7SÌ  riporta  co- 
me Clemente  XI  le  donò  per  mg.r  sagri- 
sta  uno  stendardo  preso  ai  turchi.  Del- 
la processione  solenne  chiamata  del  Du- 
rando, che  i  religiosi  eseguiscono  nella 
festa  dell'  Ascensione ,  in  memoria  del 
viaggio  di  Gesù  Cristo  e  degli  ppostoli  al 
Monte  Oliveto  per  farli  testimoni  distia 
andata  al  cielo,  ne  parla  il  n. "39  del  Dia- 
rio di  Roma  1801.  Nel  1. 1 5  dell'Album, 
p.  1  i,vi  è  un  erudito  articolo  sulla  rifor- 
ma della  chiesa  della  Minerva  in  islile  go- 
tico, ossia  ogivale,  coli'  interno  di  essa  e 
il  dettaglio  della  sezione  longitudinale, 
incominciata  nel  1848  coll'opera  del  ce- 
lebre religioso  li.  Girolamo  Bianchedi 
lodato  di  sopra.  La  condizione  de' tempi 
ne  ha  ritardalo  la  totale  riduzione  e  ab- 
bellimenti: ma  già  il  tempio  è  stato  mae- 
stosamente ridottoalla  pristina  forma  go- 
tica. Avrà  le  pitture  a  tulio  il  coro  ed  al- 
la crociera.  Le  basi  già  finile  a  marmo  ci- 
pollino fauno  bella  mostra  :  le  colonne  o 
pilastri  saranno  di  scagliola  del  medesi- 
mo colore  cipollino.  In  complesso  riusci- 
rà magnifica  e  decorala. 


PRE 

Chiesa  di  s.  Sabina  (V.).  Ne  parlai  an- 
cora a  Palazzo  apostolico  di  s.  Sabina.  In 
questa  chiesa  crede  Panvinio  che  vi  fosse 
sepolto  Giovanni  XVII  (V.)j  ed  alcuni 
che  vi  fosse  la  Porta  santa  (V.). 

Chiesa  di  s.  Sisto  (V.).  Ne  parlai  an- 
che a  Poveri,  per  quelli  che  un  tempo 
furono  collocati  nel  convento. 

Chiesa  de' ss.  Quirico  e  Giulitla  (V.). 

Chiesa  di  s.  Clemente  (V.).  Dei  dome- 
nicani d'Irlanda  (V.).  Nel  voi.  XVI,  p. 
198  dissi  che  Benedetto  XIII  vi  consagrò 
l'altare  maggiore  e  vi  tenne  l'esame  dei 
vescovi;  qui  aggiungo  che  vi  pernottò  per 
portarsi  nella  seguente  mattina  alla  cap- 
pella della  Natività  di  s.  Giovanni.  Cle- 
mente XI  soleva  visitarla  per  la  festa.  Del- 
la favola  che  ivi  fosse  sepolta  la  papessa 
Giovanna,  vedi  tale  articolo.  Quivi  era 
un  collegio  di  missioni,  dipendente  dalla 
congregazione  di  propagandai/e. 

Chiesa  di  s.  Nicola  de'  Prefetti.  Nel 
rione  Campo  Marzo  già  parrocchia  sino 
a  Leone  XII,  così  chiamata  forse  dal  vi- 
cino palazzo  del  Prefetto  di  Roma  (V.) , 
ed  anche  de'  Perfetti  probabilmente  dal 
nome  d'  una  famiglia  romana  ivi  dimo- 
rante, come  osserva  Venuti,  Roma  mo- 
derna, p.  348,  il  quale  aggiunge  che  fu 
detto  anche  s.  Nicola  de' Medici  dal  Pa- 
lazzo di  Firenze  (V.)  de  %rand\ic\i\  di  To- 
scana di  lai  nome,  poco  distante,  così  chia- 
mandola Panciroli  ,  Tesori  nascosti,  p. 
637.  Martinelli ,  Roma  sacra ,  p.  193 
e  263  la  denomina  de  Perfectis  seu  de 
Praefeclis ,  poiché  riproducendo  la  Cro- 
nica (secondo  la  quale  fu  Clemente  IV 
che  die  a'domenicani  la  chiesa  delta  del- 
la Minerva;  forse  l'immediato  successore 
Gregorio  X  ne  effettuò  il  disposto  ,  rite- 
nendosene concessore)  del  monastero  di 
Campo  Marzo  di  fr.  Giacinto  de'  Nobi- 
li domenicano  ,  questi  la  dice  s.  Nicoli) 
dei  Prefetti.  Questa  chiesa  è  antichissi- 
ma, dicendosi  che s.  Zaccaria  (o fabbricata 
da  lui,  secondo  Piazza,  Emerologio  t.  2, 
p.  719)  la  diede  alle  monache  basiliane 
(poi  benedettine) di  Campo  Marzo:  cerio 


PRE 
è  che  nel  jlo  esse  da  Costantinopoli  si 
rifugiarono  in  Roma  ben  accolte  da  quel 
Papa  che  le  provvide  di  tutto  ,  e  diede 
loro  le  chiese  di  s.  Maria  sopra  Minerva 
e  di  s.  Maria  in  Campo  Marzo.  Nel  i568 
s.  Pio  V  donò  la  chiesa  ai  domenicani  di 
s.  Sabina  per  loro  ospizio.  Benedetto  XI II 
la  fece  restaurare  e  ridurre  in  miglior  for- 
ma, insieme  alla  volta  in  cui  Giacomo  Tri- 
ga  dipinse  a  fresco  s.  Nicola  in  gloria  con 
angeli.  Nella  1."  cappella  a  dritta  il  s.  Vin- 
cenzo Ferreri  è  pittura  di  Ferrari  da  Ro- 
vigo, nella  »."  il  s.  Nicola  è  d'autore  in- 
cognito, mala  pittura  ha  merito.  La  Ma- 
donna del  Rosario  sull'altare  maggiore 
fu  eseguita  da  Lazzaro  Raldi,  ed  i  i5  mi- 
steri all'intorno  sono  dello  stesso  Triga, 
come  il  ricordato  Ferrari  dipinseils.  Do- 
menico ch'è  sul  l'ai  tare  a  sinistra.  Neh  y43 
vi  fu  sepolto  1'  ab.  Francesco  Lorenzini 
2.°custode  generale  dell'accademia  d'Ar- 
cadia. Vi  si  celebrano  le  feste  dell'ordine, 
e  quella  del  santo  titolare  a'6  dicembre. 
Nel  vicolo  contiguo  vi  è  l'oratorio  del  ss. 
Sagramento  della  parrocchia, dedicato  a 
s.  Caterina  da  Siena. 

Chiesa  di  s.  Maria  del  Rosario  e  del- 
la Febbre  ya  Monte  Mario.  Nel  rione  Bor- 
go fuori  la  Porla  Angelica  a  poco  più  di 
due  miglia,  parrocchia  per  avervi  Leone 
XII  unita  quella  di  s.  Lazzaro,  come  no- 
tai nel  voi.  LI,  p.  246 ,  nel  luogo  detto 
la  Croce  di  Monte  Mario.  A  Monti  di  Ro- 
ma, descrivendo  e  celebrando  l'elevato  e 
delizioso  Monte  Mario,  narrai  come  Be- 
nedetto XIII  amò  di  frequente  trattener- 
si diversi  giorni  dell'anno  nel  convento 
annesso,  vestendo  l'abito  domenicano,  fa- 
cendo funzioni  e  consagrando  vescovi  nel- 
la chiesa  che  restaurò  col  convento,  quin- 
di solennemente  la  consagrò  nel  1726, 
come  rilevasi  dall'iscrizione  posta  nel  suo 
interno  :  raccontai  pure  come  Gregorio 
XVI  rifece  la  strada  più  comoda  per  a- 
scenderealMonte,equestoe  la  chiesa  più 
volte  visitò.  Narra  Martinelli,  Roma  sa- 
gra p.  2  1 7,  che  ad  onore  di  s.  Maria  del- 
la Febbre  e  nella  sua  villa  il  celebre  letie- 


P  R  E  99 

rato  Gio.  Vittorio  de  Rossi  romano,  cui 
piacque  nascondersi  sotto  il  nome  ana- 
grammatico  di  Giano  Nic io  Eritreo  che 
significa  l'istesso  in  lingua  greca,  edificò 
nel  1628  colle  limosine  di  persone  pie 
questa  chiesa,  cui  donò  la  miracolosa  im- 
magine di  s.  Maria  della  Febbre  donde 
ne  prese  il  nome.  Qui  osserverò  con  Can- 
cellieri, De  secretariis,  t.  4,  p.  i()5j,  De 
imagine  Dominae  no s trae  Mariae  Febri- 
fugiae,  et  de  ceteris  imaginibus  B.  M.Fe- 
briuni  nomine  itisi gnitis  ;  e  con  De  Mat- 
theis,  Dissert.  sul  culto  reso  dagli  anti- 
chi romani  alla  dea  Febbre,  che  sicco- 
me in  ogni  tempo  più  o  meno  domina- 
rono in  Roma  le  febbri  (per  cui  molte 
affluenze  furono  prese  pev  Pestilenze,  co- 
me provai  a  quell'articolo),!  romani  in- 
trodussero il  culto  della  dea  Febbre,  le 
eressero  templi, e  ne  invocarono  il  patro  ■ 
cinio  per  essere  esenti  dai  molesti  suoi  at- 
tacchi, in  tempi  che  al  dir  di  Asclepiade 
e  Celio  Aureliano  ,  ivi  erano  comuni  le 
febbri  quotidiane  letargiche  ,  come  con- 
fermasi da  Galeno  intorno  le  febbri  pe- 
riodiche ,  da  lui  chiamate  semiterzane. 
Cessata  la  superstizione, ai  templi  profa- 
ni sostituite  le  chiese,  ed  ai  simulacri  le 
sante  immagini  massime  di  Maria  Ver- 
gine ,  questa  fu  venerata  anche  sotto  il 
titolo  della  febbre,  cui  ricorrevano  i  feb- 
bricitanti, ed  i  sani  per  esserne  preserva- 
ti. Una  di  esse  venne  posta  nel  tempio  ro- 
tondo che  servì  di  sagrestia  nella  Chiesa 
di  s.  Pietro  in  Praticano  (F.),  e  fu  lai." 
ad  essere  coronata  dal  capitolo,  ed  altre 
due  sotto  lo  stesso  titolo  sono  nelle  pro- 
pinque Grotte  sagre.  La  chiesa  di  Monte 
Mario  compita  che  fu  ,  venne  benedetta 
a'20  settembre  1629.  Indi  vi  fu  istituita, 
la  confraternita  del  s.  Rosario,  per  cui  ne 
prese  il  nome  cumulativamente  al  pre- 
cedente, ed  Urbano  Vili  nel  1 644  'e 
concesse  indulgenze  e  privilegi.  Con  te- 
stamento del  1646  l'illustre  fondatore, 
per  aumento  del  divino  culto  lasciò  la 
chiesa  ed  eredi  de'suoi  beni,  consistenti  in 
?  vigne  della  rendita  di  circa  scudi  1000, 


ioo  PRE 

i  Girolamini  del  b.  Pietro  da  Pisa  (/'.) 
coll'obbligo  che  si  fabbricasse  propinquo 
un  convento,  per  comodo  di  que  religio- 
si che  vi  avessero  voluto  menare  una  vi- 
ta ritirala  e  più  perfetta;  non  adempien- 
dosi alcune  condizioni,  altri  venivano  so- 
stituiti. Per  diverse  vicende  e  liti  colla 
congregazione  della  B.  Vergine  Assunta 
della  Chiesa  del  Gesù,  ed  i  preti  che  sub- 
entrarono alla  cura,  il  convento  e  la  chie- 
sa passarono  nel  1 7  i  o  ai  domenicani  del- 
la congregazione  di  s.  Marco  di  Firenze. 
ClementeXI  nell'approvare(egli  dichiarò 
parrocchia  la  vicina  chiesa  di  s.  Francesco 
sul  Monte  Mario,  che  tuttora  posseggono 
i  Girolamini)  col  breve  Exponi  nobis3 
de'  3  febbraio,  Bull,  de  prop.  fide,  Ap- 
pendix  Li,  p.  390,  questa  convenzione, 
ordinò  che  dopo  6  anni  nel  convento  si 
aprisse  un  collegio  di  missioni  di  6  alun- 
ni sotto  la  dipendenza  della  congregazio- 
ne di  propaganda  fide.  Furono  stabilite 
le  congregazioni  donde  prendersi  i  colle- 
giali, la  loro  età,  qualità  morali,  gli  stu- 
di, il  giuramento.  Ogni  4  mesi  il  vicario 
generale,  ed  ogni  6  mg.r  segretario  di  pro- 
paganda doveano  visitare  il  collegio.  Pas- 
sati i  6  anni  e  non  essendosi  aperto  il  col- 
legio, i  Papi  accordarono  diverse  proro- 
ghe, finché  Benedetto  XIII  assolvè  il  con- 
vento di  mantenere  i  6  alunni,  col  bre- 
ve Alias  prò  parte,  de'io  marzo  1727, 
Bull,  cit.,  Appendix  t.  2,p.2i;  ma  Be- 
nedetto XÌV  col  breve  Ecclesiae  catho- 
licae  regi/nini,  de*  10  luglio  1748,  Bull, 
de  prop. fide,  t.  3,  p.  237,  riassumendo 
tutte  le  anteriori  disposizioni  della  s.  Se- 
de, eresse  nuovamente  il  seminario  delle 
missioni  nelconventodis.  Mariae  de  Ro- 
sario et  Febri  in  Monte  Mario.  Questo 
però  non  ebbe  mai  effetto,  ed  il  governo 
imperiale  francese  ne  alienò  i  beni.  Per 
Je  vicende  di  quel  tempo  avendo  la  fab- 
brica della  chiesa  solferto,  Gregorio  XVI 
la  restaurò  nel  i838,  e  vi  fece  eseguire 
innanzi  l'ampia  scalinata  di  travertini, 
essendovene  memoria  marmorea,  che  ri- 
produsse l'aw.0  De  Dominicis  Tosti,  De 


PRE 

operibus  publicis  ,  p.  5j.  Dipoi  nel  con- 
vento fu  istituita  la  prima  Scuola  (/■) 
della  carità  educatrice.  Dal  piano  della 
strada  si  salisce  alla  chiesa  per  la  detta 
scalinata  a  4  branche,  due  per  parte.  Nel 
ripiano  superiore  s'alza  la  facciata  di  sem- 
plice architettura  ,  adorna  di  4  pilastri 
ionici  sorreggenti  l'architrave,  nel  mezzo 
ai  quali  è  la  porta.  L'  interno  della  chie- 
sa è  dittico  con  cupola  in  pilastri  ionici  : 
ha  4  cappelle  concave,  oltre  il  cappello- 
ne maggiore  e  2  cappelline  laterali  chiu- 
se sotto  V  arco  d' ingresso,  sopra  di  cui  è 
la  cantoria.  Di  queste  cappelline  in  una 
si  venera  il  ss.  Crocefisso ,  nell'  altra  s. 
Vincenzo  Ferreri  di  buona  pittura  ;  in 
questo  altare  è  pure  1'  antico  dipinto  in 
tavola  esprimente  la  B.  Vergine  col  Bam- 
bino in  campo  d'oro  o  Madonna  della 
Febbre.  La  1  .a  cappella  a  dritta  è  dedi- 
cata ai  ss.  Angeli,  la  2."  a  s.  Domenico;  il 
cappellone  ha  bell'altare  isolato  di  mar- 
mo e  sotto  la  mensa  riposa  il  corpo  di  s. 
Colomba  martire,  collocatovi  da  Clemen- 
te XI.  La  t ."  cappella  che  segue  a  sinistra 
è  sacra  alla  B.  Vergine  del  Rosario,  gra- 
devoledipintodi  Michelangelo Cerruti;  la 
2."  ha  il  quadro  col  transito  di  S.Giuseppe. 
Missioni  de'  Domenicani, 
Descrivendo  gì'  innumerabili  luoghi 
ove  in  tutto  il  mondo  sono  vicariati  e 
Prefetture  apostoliche  (F.)  e  altre  parti 
dipendenti  dalla  Congregazione  di  pro- 
paganda fide  {F.),  per  le  Missioni  pon- 
tificie (F.)3  descrissi  ancora  quelle  del  be- 
nemerito ordine  de'  predicatori ,  i  quali 
noverano  moltissimi  martiri ,  ed  anche 
recenti  come  notai  a  Indie  orientali  par- 
lando del  Tonkino,  in  difesa  delle  quali 
missioni,  contro  le  pretese  di  altri  missio- 
nari, scrisse  il  p.  Mamachi{V.)t  con  suc- 
cesso a  favore  del  suo  ordine.  Gregorio 
IX  fu  il  primo  Papa  che  impiegò  i  dome- 
nicani nelle  missioni  straniere,  coll'inviar- 
li  nell'  Asia.  Poco  dopo  si  propagarono 
tanto  ,  che  a'  2  3  luglio  12 53  potè  loro 
Scrivere  Innocenzo  IV.  »  Ai  nostri  cari 
figliuoli  i  fruii  predicatori,  che  predica- 


PRE 

no  nelle  terre  de' saraceni,  de'greci ,  dei 
bulgari,  de'cumani,  degli  etiopi,  de' siri, 
de' goti,  de'giacobiti,  degli  armeni,  de- 
gl'indi, de'tartari,  degli  ungheresi,  e  del- 
le altre  nazioni  infedeli  d'oriente,  salute 
e  benedizione  apostolica  ".  Ov'è  da  no- 
tare che  allora  l'ordine  era  bambino,  co- 
mechè  approvato  da  Innocenzo  III  e  nel 
1216  confermato  da  Onorio  III  canoni- 
camente, quindi  ancora  non  avea  potuto 
svilupparequelle  forze  colossali, che  spie- 
gò poi  largamente  e  si  distese  per  tutta 
quanta  la  terra.  Sotto  Innocenzo  IV  inol- 
tre ebbe  origine  la  Società  de  pellegrini 
di  Cristo,  rinnovata  in  molti  de' seguen- 
ti pontificati  e  formata  di  domenicani  e 
francescani,  per  scorrere  l'oriente  e  il  set- 
tentrione a  diffondere  la  luce  del  vero  a- 
gì'  idolatri,  infedeli,  eretici  e  scismatici , 
di  che  feci  cenno  nel  voi.  XXVI,  p.  96. 
Il  famoso  Nicolò  Fortiguerri,  nella  cele- 
bre Relazione  delle  missioni  d'Africa,  A- 
sia  ed  America,  estratta  dalle  memorie 
dell'archivio  di  propaganda  fide  e  offerta 
a  Benedetto  XIII,  come  dal  codice  Vati- 
cano colla  data  1  726,  dice  che  i  domeni- 
cani furono  destinati  da  Innocenzo  IVper 
missionari  dell'Etiopia;  che  i  domenicani 
della  provincia  di  s.  Croce  neli53g  furo- 
no i  primi  a  portare  la  fede  nel  Perù  e 
in  altre  regioni;  che  penetrati  nella  Cina, 
vi  ebbero  martiri  verso  il  i635  {V.  A- 
iessandro  Natale);  che  nel  i65i  anda- 
rono alla  missione  della  Guyana;  che  in 
quella  della  Guinea  succedettero  ai  cap- 
puccini, la  cui  prefettura  nel  1  700  fu  da- 
ta alla  congregazione  di  s.  Vincenzo  Fer- 
reri.  Nel  1 3og  fr.  Ricoldo  da  Monte  Cro- 
ce fiorentino  fu  missionario  celebre  in  tut- 
ta 1'  Asia.  Quanto  fece  in  Armenia  il  b. 
Bartolomeo  pochi  anni  dopo,  lo  dissi  nel 
voi.  LI ,  p.  3 1 6  :  fondò  1'  arcivescovato 
di  Naxivan  e  altri  sei  vescovati  secondo 
gli  scrittori  domenicani ,  dai  quali  pure 
si  apprende  che  tutti  furono  retti  per  tre 
secoli  dai  loro  religiosi.  Nel  i33o  il  p. 
Bartolommeo  da  Tivoli,  seguito  da  mol- 
ti religiosi  pledicatori,  fondò  la  missione 


PRE  011 

di  Nubia  e  convertì  molti  infedeli,  fu  e- 
letto  vescovo  e  vicario  apostolico  di  quel 
paese.  Fino  dal  i49°  s'  trovavano  in  A- 
frica  missionari  domenicani,  comeal  Con- 
go ,  al  Senegal,  alla  Gambia  e  alle  due 
Guinee  :  il  re  e  la  regina  del  Congo  fu- 
rono battezzati  dal  p.  Giovanni  di  s.  Ma- 
ria domenicano.  Nel  i5o3  fiorivano  in  In- 
dia, avendovi  navigato  col  famoso  ammi- 
raglio duca  d'  Albuquerque:  il  p.  Plato 
gesuita,  De  borio  status  religioni,  scrive 
che  i  domenicani  in  detto  anno  avea  no  per 
tutti  i  paesi  dell'India,  dell'Arabia  e  del- 
la Persia  convertite  un  numero  infinito 
d'anime  a  Dio.  Appena  scoperta  l'Ame- 
rica e  neli5o5  fu  evangelizzata  in  ogni 
parte  dai  domenicani.  Vi  furono  s.  Lo- 
dovico, fr.  Tommaso  Ortiz  e  fr.  Barto- 
lomeo Las  Casas  :  questo  ultimo  prese 
l'abito  domenicano  nel  1 5^2  al  convento 
dell'isola  di  s.  Domingo,  laónde  non  so- 
lo vi  esistevano  conventi,  ma  anche  no- 
viziati. Nel  1 556  il  p.  Gaspare  della  Cro- 
ce, al  diredegli  storici  domenicani,  entrò 
primiero  tra  tutti  nella  Cina,  e  compose 
un  trattato  delle  cose  cinesi  stampato  ad 
Evora  nel  i56q.  Nel  1600  i  domenicani 
erano  penetrati  nel  Giappone  ,  e  fr.  Al- 
fonso Navarrate  vicario  provinciale  nel 
1617  vi  fu  martirizzatocon  altri  religio- 
si. Altre  notizie  si  possono  trovare  ne'ci- 
tati  articoli.  Iti  una  recente  statistica  del- 
le missioni  cattoliche  in  tutto  il  mondo, 
leggo  che  l'ordine  de'predicatori  è  diffu- 
so in  34  missioni,  con  padri  e  vescovi.  O- 
vunque  e  sempre  itigli  di  s.  Domenico  si 
portarono  risoluti  di  piantarvi  la  croce 
del  Redentore  o  di  lasciarvi  per  suo  amo- 
re la  vita.  Attualmente  i  domenicani  esi- 
stono nelle  seguenti  missioni.  Inghilter- 
ra, convento  e  missione.  Irlanda  1 3  con- 
venti. Olanda  1 4  stazioni.  Russia,  oveso- 
no  il  principal  sostegno  della  fede  catto- 
lica, hanno  53  conventi, come  in  Pietro- 
burgo, Vilna,  Riga,  Smolensko,  Lituania, 
ec.  :  religiosi  sacerdoti  e  novizi  107,  co- 
mesi legge  in  un  catalogo  impresso  a  Vil- 
na nel  1 8 44 •  Costantinopoli  convento  a 


ioa                     PRE  PRE 
Calala.  Smirne  ospizio.  Naxiail  vescovo,  quali  non  solo  approvarono  il  suodisegno, 
Mossul  e  Kurdistan,  missione  e  prefetto  ma  conlribuironoanche  moltissimo  per  la 
apostolico.  Cina  un  vicariato  apostolico,  fabbrica  del  monastero,  cbe  in  poco  tem- 
due  vescovi,  17  religiosi,  parte  europei,  pò  con  chiesa  dedicataa  s.  Maria  fueret- 
parle  indigeni.  Tonkino  due  vicariati  a-  lo  in  Provilla,  luogo  situato  tra  Carcas- 
postolici,  4  vescovi,  46  religiosi  sacerdo-  sona  e  Tolosa  un  4.°di  lega  da  Fanjaux, 
ti  e  novizi.  Macao  casa  di  procura.  Fi-  dolalo  a  sufficienza  dalla  pietà  de'fedeli. 
lippine  isole,  un  vescovo,  4f)  parrocchie,  Pertanto  nel  giorno  di  s.  Gio.  Evangeli- 
circa  200  religiosi:  missioni  tra'moiifi-  stai2o6  vi  furono  introdottei  1  donzel- 
hppini  delle  montagne  di  Guajangan,  di  le,  9  delle  quali  già  convertite  dal  santo, 
Mayoyao,  di  Yleab-bon,  di  Aua,  ed  al-  che  tutte  vestì  colle  proprie  mani,  e  die- 
tre.  Capo  di  buona  Sperauza  un  vesco-  de  loro  ad  osservare  la  regola  delle  Ca- 
vo e  missionari:  lo  stesso  nella  Gujana  nonichesse  di  s.  agostino,  con  l'aggiunta 
inglese.  Stati  Uniti  3  conventi,  9  stazio-  di  alcune  particolari  costituzioni, confer- 
iti, 2  monasteri  di  monache  educatrici,  mate  poi  da  Gregorio  IX.  Comandò  Io- 
ed  un  vescovo  a  Nashville.  California  il  ro  l'osservanza  della  clausura,  rigoroso 
vescovo  di  Moutrey  e  missionari.  Nell'A-  silenzio,  evitare  l'ozio  col  filare  lana  e  li- 
merica  meridionale  vi  sono  altre  missio-  no  per  gli  usi  del  monastero, ed  avendo- 
ne Vedasi,  De  Martyr.  Sinens.  ordinis  ne  preso  la  direzione  ne  restò  priore  fi- 
Traed.  Commentai rais.  P.  Alberto  Gu-  no  al  12  16.  Quando  si  dovea  allontana- 
glielmotli  de'predicatori,  Memorie  delle  re  da  Provilla  ,  ne  commetteva  la  cura 
missioni  cattoliche  nel  regno  del  Tunchi-  a  fi\   Natale  ed  a  fr.  Guglielmo  Clareli. 
no  o  sieno  brevi  notizie  degli  alti  de' mar-  Stabilì  inoltre  ,  che  alcuni  de'  suoi  frati 
tiri,  e  delle  persecitzioni}ehe  si  sono  levate  abitassero  vicino  al  monastero,  in  un  con- 
111  fjiiel  reame  contro  alla  Chiesa  di  Dio  vento  distinto  e  separato,  non  solo  a  fine 
e  contro  ai  missionari  dell'  ordine  di  s.  di  prestar  loro  ogni  aiuto  nelle  cose  spi  - 
Domenico,  Roma  x 844-  rituali,  ma  ancora  nell'amministrazione 

,1  1             j          ,.        ,.        „          .  de'  beni  temporali ,  che  in  breve  furono 

Del  secondo  ordine  di  s.  Domenico  o  .         ,       ,.  \           .     1      ••         .1 

,       ,                        .          ...  loro  donati  da  molti   di  voli,  particolar- 

monacne  domenicane  e  loro  chiese  in  ,  ..,       .                i-  tv    1      „  «k. 

„    .  meule  dall  arcivescovo  di  ISarbona  che 

nel  1 207  donò  ad  esse  la  chiesa  di  s.  Marti- 
Meutre  s.  Domenico  attendeva  con  no  di  Limoux  con  tutte  le  rendite  che  le 
fervore  e  zelo  alle  missioni  per  gli  ereti-  appartenevano  in  quel  borgo  e  in  quel- 
ci  albigesi  (come  già  dissi),  e  molti  di  lodiTax.  Vivevano  delle  medesime  re  11- 
quesli  de'due  sessi  per  le  di  lui  prediche  dite  le  mouache  e  i  frati  destinati  alla 
e  miracoli  si  convertivano  alla  fede,  ve-  loro  assistenza, e  sebbene  le  religiose  pre- 
mendo che  molli  cattolici,  anche  nobili,  stavano  ubbidienza  al  priore,  nondime- 
per  essere  stali  spogliati  dagli  eretici  nel-  «0  aveano  la  pi  iora,  la  prima  delle  qua- 
le sostanze,  si  riducevano  alla  necessità  li  e  costituita  da  s.  Domenico  fu  Guglie!' 
di  consegnare  le  loro  figliuolead  altri  al-  metta  di  Fanjaux  che  governò  il  mona- 
bigesi  per  l'alimento  e  1'  istruzione,  con  stero  di  Provilla  sino  al  1225.  Fioriva 
manilèsto  pericolo  di  sovversione,  pensò  quivi  l'osservanza  della  regola  e  delle  co- 
di fondare  un  monastero  per  collocarvi  sliluzioni,esercilandovisi  le  più  belle  v'ir- 
le donzelle.  In  Linguadoca  ne  parlò  col  tu,  il  buon  odore  delle  quali  trasse  inol- 
suo  vescovo  d'Osimi  Azebedo,  con  Ber-  te  nobilissime  vergini  a  prendervi  l'abi- 
ti andò  arcivescovo  di  Narbona,  con  Fol-  lo,  le  quali  si  aumentarono  in  modo  che 
co  vescovo  di  Tolosa  e  con  altri  perso-  bisognò  decretare  non  superassero  il  nu- 
nuggi  umauli  della  religione  cattolica,  i  moro  di  100.  Anzi  si  diffuse  tanto  la  fa- 


PRE 

ma  della  lorosanta  vita,  che  dopo  pochi 
anni  furono  fondati  parecchi  monasteri 
in  diverse  città  e  luoghi  di  Francia,  d'I- 
talia e  di  Spagna,  particolarmente  dopo 
la  fondazione  di  quello  di  Roma,  da  cui 
uscirono  le  monache  per  stabilirne  altri 
io  o  12.  Poscia  la  superiora  la  nomina- 
va il  re  di  Francia  ,  e  la  prima  ch'ebbe 
tale  onore  fu  Giovanna  d'  Amboise  ,  la 
seconda  Maddalena  di  Borbone,  dopo  le 
quali  fu  governato  da  due  principesse  del- 
la famiglia  reale.  Queste  religiose  e  altre 
simili  si  dissero  del  secondo  ordine  di  s. 
Domenico,  benché  fondate  prima  dell'or- 
dine de'predicatori,  per  dare  giustamen- 
te a  questi  la  precedenza ,  chiamandosi 
del  primo  ordine,  mentre  per  il  tempo 
della  fondazione  tale  dovrebbe  dirsi  quel- 
lo delle  monache. Fino  al  1 2 1 8  s.  Dome- 
nico non  fondò  altri  monasteri  di  don- 
ne ,  ma  in  quest'  anno  avendo  avuto  in 
Roma  da  Onorio  III  la  commissione  di 
raccogliere  in  un  luogo  solo  molte  reli- 
giose, che  sparse  per  la  città  in  piccole  co- 
munità, come  le  monache  di  s.  Bibiana,o 
case  private,  vivevano  poco  regolarmen- 
te, ed  avendo  il  santo  ceduto  loro  il  con- 
vento di  s.  Sisto ,  venne  questo  ad  esse- 
re il  2.0  monastero  da  lui  fondato  per  le 
monache.  Toccai  superiormente  quanta 
fatica  durò  s.  Domenico  per  effettuare 
siffatta  riunione,  come  della  resistenza  di 
quelle  che  dimoravano  nel  luogo  detto 
s.  Maria  della  Torre  presso  la  chiesa  di 
s.  Cecilia  di  là  dal  Tevere,  ov'era  una  di- 
vota  immagine  della  B.  Vergine  in  mol- 
ta venerazione  del  popolo  romano;  e  poi- 
ché una  delle  ragioni  che  alimentava  la 
loro  ripugnanza  era  di  non  voler  abban- 
donare la  sagra  immagine,  avendo  il  Pa- 
pa accordato  di  trasferirla  a  s.  Sisto,  ve 
la  portò  di  notte  s.  Domenico  accompa- 
gnato da  due  cardinali  e  da  molti  divo- 
ti ,  i  quali  lutti  incedevano  con  fiaccole 
accese  e  piedi  nudi,  siccome  scalze  per  ri- 
verenza la  riceverono  le  religiose.  Queste 
subito  furono  confermate  nel  santo  pro- 
posito, particolarmente  per  lo  strepitoso 


PRE  io3 

miracolo  operato  da  s.  Domenico  a'  ao 
febbraio  nel  di  delle  Ceneri,  giornodel  lo- 
ro ingresso  (altri  lo  stabiliscono  a'24  do- 
menica 1  .a  di  quaresima),  alla  presenza  di 
esse  e  de'  cardinali  Conti,  Romanis  e  Ste- 
fano di  Ceccano,  nel  risuscitare  nella  chie- 
sa il  nipote  di  questi  Napoleone  Orsini, 
fracassato  nelle  membra  per  orribile  ca- 
duta da  cavallo,  dopo  aver  celebrato  eoa 
lagrime  la  messa,  acconciate  le  membra 
nella  naturale  situazione,  e  ad  alla  voce 
chiamato  nel  nome  di  Gesù  Cristo  :  laon- 
de restandone  sbalordite  anche  le  mona- 
che ,  si  sottomisero  pienamente  alla  sua 
ubbidienza  e  alla  perpetua  clausura.  Ne 
assunse  il  santo  la  direzione,  ed  avendo 
loro  prescritto  alcune  regole  proprie  della 
vita  religiosa,  si  vide  presto  fiorire  tra 
esse  ogni  virtù,  massime  la  povertà,  cui 
si  obbligarono  volontariamente,  dovendo 
ciascuna  donzella  il  4-°  giorno  dopo  la 
sua  accettazione  in  s.  Sisto  rinunziare  a 
tutti  i  beni  che  possedeva  o  potesse  pos- 
sedere. La  i."  che  vestì  l'abito,  simile  a 
quello  che  dopo  la  visione  del  b.  Regi- 
ualdo  assunsero  e  portano  i  frati  e  mona- 
che dell'ordine,  a  riserva  del  cappuccio, 
in  vece  del  quale  le  religiose  hanno  un 
velo  nero  posto  sopra  altro  bianco,  fu  la 
b.  Cecilia  Cesai  ini  romana  priora  del  mo- 
nastero di  s.  Sisto,  da  dove  con  permes- 
so di  Gregorio  IX  uscì  nel  1 2  33  per  fon- 
darne altro  a  Bologna,  in  cui  morì  san- 
tamente di  89  anni  nel  1280.  Che  se  le 
monache  domenicane  del  monastero  di 
Roma  non  furono  fondate  primadi quel- 
le di  Provilla,  però  prima  di  queste  ve- 
stirono l'abito,  che  tuttora  usano  le  do- 
menicane. Ilp.  Bonanni  nel  Catalogode- 
gli  ordini  religiosi ,  delle  Vergini  a  Dio 
dedicate^  a  p.  46  e  47  riporta  le  figure 
della  monaca  senza  cappa  e  con  questa, 
avvertendo  che  le  monache  assumono  la 
cappa  nelle  funzioni  sagre  e  quando  ri- 
cevono la  ss.  Eucaristia.  Il  GarampijTI/e- 
morie  della  b.  Chiara  di  Rimini,  p.  i35 
e  1 40,  parla  del  colore  dell'abito  di  que- 
st'ordine e  del  terzo.  Le  religiose  del  se- 


io4  PRE 

condo  ordine  di  s.  Domenico  hanno  mo- 
nasteri in  tutte  le  parti  del  mondo,  sog- 
getti quasi  tulli  ai  superiori  dell'ordine, 
ed  alcuni  soltanto  agli  ordinati  de'  luo- 
ghi ne'quali  sono  fondati.  In  vigore  del- 
le loro  costituzioni  ad  esse  non  è  lecito 
mangiar  la  carne  fuorché  nelle  malattie; 
è  loro  vietato  l'usodellino  nelle  camicie 
e  ne'lenzuoli,  i  quali  devono  essere  di  la- 
na; sono  tenute  a  digiunare  in  tutti  i  ve- 
nerdì da  Pasqua  fino  alla  festa  dell'  E- 
saltazione  della  Croce,  ec. ,  ed  oltre  l'uf- 
fìzio divino  hanno  da  recitare  in  coro 
quello  della  Madonna.  Nel  secondo  ordi- 
ne in  grandissimo  numero  fiorirono  le 
sante  e  le  heate,  e  per  la  prima  meritò 
gli  onori  dell'altare  s.  Agnese  da  Mon- 
tepulciano; sono  innumerabili  quelle  che 
vissero  santamente,  ornate  di  tutte  le  vir- 
tù, contandosi  fra  queste  monache  indi- 
vidue di  sangue  regio  e  di  nobilissimi  li- 
gnaggi, di  tutto  trattandone  gli  storici  e 
biografi  dell'ordine  rammentati  di  sopra, 
oltre  gli  scrittori  degli  ordini  religiosi  e 
precipuamente  ilp.  Helyot.  Ecco  le  chie- 
se che  hanno  in  Roma  le  domenicane. 

Chiesa  de'  ss.  Domenico  e  Sisto.  Nel 
rione  Monti,  sulla  punta  del  Monte  Qui- 
rinale già  detto  Colle  Laliaris.  Ne'  voi. 
Il,  p.  68,  XI ,  p.  43,  XIII,  p.  45  e  46, 
narrai  che  divenuta  insalubre  l'aria  ove 
abitavano  le  monache  domenicane  in  s. 
Sisto,  massime  dopo  il  sacco  di  Borbone 
del  1527,  per  essersi  spopolato  il  sito,  s. 
Pio  V  con  la  tassa  dell'  anello  cardina- 
lizio ed  altre  somministrazioni  di  scudi 
1 0,000  d'oro  eresse  un  piccolo  monaste- 
ro con  chiesa  annessa,  indi  quivi  passa- 
rono le  religiose,  portando  con  loro  la 
suddetta  miracolosa  immagine  di  Maria 
che  dicesi  dipinta  da  s.  Luca  e  illustra- 
ta da  quelleoperechecitai  :  di  questa  da- 
rò un  cenno  coll'autorilà  del  Torriggio, 
Ilistoria  della  ven.  immag.  di  Maria  V. 
posta  nella  chiesa  del  monastero  delle  RR. 
monache  de' ss.  Sisto  e  Domenico  di  Ro> 
ma,  ivi  1641.  Un  pellegrino  da  Gerusa- 
lemme la  porlo  in  Roma  («embra  prima 


PRE 

de'  tempi  di  s.  Gregorio  I,  imperocché 
questo  Papa  la  portò  in  processione  nel 
giorno  di  Pasqua,  con  quelle  della  basi- 
lica Liberiana  e  d'Araceli),  e  da  esso  per 
visione  l'ottenne  il  pioTempuio,  il  quale 
la  ripose  nella  chiesa  dis.  Agata  in  Tras- 
tevere, che  poi  prese  il  nome  di  s.  Ma- 
ria delle  Grazie  per  quelle  che  faceva,  e 
in  Torre  (forse per  quella  accanto  eleva- 
ta  nell'  848  da  s.  Leone  IV  in  ripa  del 
Tevere,  poiché  al  presente  lachiesina  di 
s.  Maria  in  Torre,  dai  marinai  chiama- 
ta s.  Maria  del  buon  viaggio,  rimane  con- 
giunta all'ospizio  apostolico,  dal  lato  che 
guarda  il  fiume)  o  Tempulo,  apparte- 
nente alle  monache  benedettine.  Papa 
Sergio  111  del  go4  la  fece  trasportare  al- 
la basilica Lateranense,  ma  nella  seguen- 
te notte  prodigiosamente  l'immagine  tor- 
nò nella  sua  chiesa  ,  onde  il  Papa  donò 
ricchi  assegni  al  monastero,  e  si  aumen- 
tò la  divozione  per  essa  del  popolo  roma- 
no; restando  pel  patrocinio  suo  le  mona- 
che in  s.  Sisto  esenti  dalle  barbarie  del 
mentovalo  saccheggio.  Terminato  sotto 
GregorioXIII  l'edilìzio  del  monastero  a- 
gli  8  febbraio  i5j5  visi  trasferirono  da 
s.  Sisto  62  monache  colla  santa  imma- 
gine, collocandola  poi  nella  chiesa  ove  si 
venera a'3o  luglio  1640  con  solennissima 
pompa,  in  cui  prese  parte  tutta  la  città, 
ed  il  capitolo  Vaticano  nel  1 64  J  la  coro- 
nò con  corona  d'oro,  come  si  legge  in  Bom- 
belli,  Raccolta  delle  immaginii.  3,  p.  5  r . 
A  p.  5g  parla  della  coronazione  seguita 
nel  1647  dell'altra  miracolosa  Madonna 
delle  Grotte,  egualmente  portala  in  que- 
sto luogo  da  s.  Sisto,  il  cui  Bambino  la 
B.  Vergine  nel  1570  pose  nelle  braccia 
di  suor  Filippa.  Quando  s.  Pio  V  con- 
cesse questo  sito ,  esso  apparteneva  alle 
monache  terziarie  domenicane  di  s.  Ma- 
ria della  Neve,  le  quali  si  ritirarono  in- 
sieme con  altre  terziarie  dell'ordine  dette 
le  monache  di  s.  Caterina,  che  abitava- 
no vicino  alla  chiesa  di  s.  Maria  sopra 
Minerva,  in  una  casetta  ov'era  morta  la 
santa  :  dipoi  queste  religiose  con  l'aiuto 


PRE 

di  Porzia  Massimi  eressero  un  nobile  mo- 
nastero sotto  il  titolo  di  s.  Caterina  da 
Siena,  e  commutando  il  3.°ordinecol  a.° 
ne  professarono  la  regola.  Avendo  tro- 
vato le  monache  di  s.  Sisto  un  ampio  lo- 
cale da  potervi  innalzare  una  comoda  fab- 
brica, diedero  subito  mano  all'opera,  for- 
marono un  nobile  interno  coro  o  chiesa, 
che  arricchirono  di  reliquie  e  della  mano 
di  s.  Caterina,  collocando  sulP  altare  la 
detla  immagine  di  s.  Maria  delle  Grotte j 
ed  in  vece  della  precedente  chiesuola  con 
un  solo  altare  (secondo  Martinelli,  Roma 
sacra  ,  p.  36g,  era  dedicata  a  s.  Maria 
e  giuspatronato  di  Nicola  Conti  signore  di 
Poli),  dierono  principio  a  quella  che  no- 
bilissima si  ammira,  trasferendovi  anco- 
ra dalla  chiesa  di  s.  Sisto  un  antico  Cro- 
cefisso trafitto  con  4  chiodi,  che  si  crede 
già  esistesse  a  s.  Sisto  quando  consagrò 
quel  tempio  s.  Silvestro  I  in  onore  di  s. 
Sisto  1 1;  queste  monache  posseggono  e  ve- 
nerano altra  immagine  della  B.  Vergi- 
ne detta  di  s.  Aurea  per  esservi  dipinto 
ai  lati  il  suo  martirio.  Quanto  alla  chie- 
sa di  s.  Maria  in  Torre  o  Tempulo,  fu 
data  ai  dottrinari  di  s.  Agata  nella  stes- 
sa regione.  Inoltre  il  Torriggio  parla  del 
monastero  di  s.  Sisto  e  suoi  benefattori, 
principalmente  Onorio  III  ,  Innocenzo 
IV,  Benedetto  XI,  Gregorio  XI;che  Eu- 
genio IV  vi  riunì  le  benedettine  del  vi- 
cino monastero  di  s.  Cesario  ;  che  Leone 
X  vi  riunì  le  domenicane  di  s.  Aurea  del 
monastero  posto  a  strada  Giulia  nel  luo- 
go detto  Castrimi  Senensej  che  anche  le 
«benedettine  del  monastero  de' ss.  Cosma 
e  Damiano  in  Trastevere  furono  traspor- 
tate in  s.  Sisto  ed  unite  alle  domenica- 
ne, dicendo  pure  de'divoti  della  B.  Ver- 
gine che  si  fecero  oblati  nel  monastero 
di  s.  Sisto.  Prosperando  il  monastero  dei 
ss.  Domenico  e  Sisto,  per  la  purezza  del- 
l'aria si  aumentò  il  numero  delle  signore 
romane,  laonde  ora  si  compone  di  qua- 
si tutte  nobili.  Ed  è  perciò  che  neliGi  i 
ampliarono  decorosamente  il  monastero 
sutlo  Paolo  V,  quindi  nel  pontificato  di 


PRE  io? 

Urbano  Vili  riedificarono  eziandio  ma- 
gnilicentemente  la  chiesa,  con  facciata 
esterna  di  travertino  e  con  architettura 
di  Vincenzo  della  Greca,  cui  si  ascende 
per  doppia  grandiosa  scala.  Entrando  in 
chiesa  nella i.a  cappella  a  sinistra  Roma- 
nelli dipinse  il  quadro  della  Madonna  del 
Rosario  ,  s.  Domenico  e  s.  Caterina  ;  la 
tavola  dell'altare  seguente  si  crede  d'Al- 
legrini  ;  il  Cristo  in  croce  della  cappella 
che  segue  è  copia  d'altro  quadro  del  Lan- 
franco. La  tribuna  era  stata  colorita  da 
Baglioni,che  vi  avea  rappresentati  i  fat- 
ti di  s.  Domenico;  oggi  però  si  vedono  a 
fresco  di  Baldini  la  battaglia  ,  di  Genti- 
le l'Evangelo  di  s.  Domenico  illeso  nelle 
fiamme  mentre  i  libri  degli  eretici  resta- 
no consunti.  Del  Gentile  sono  pure  le  pit- 
ture che  decorano  l' immagine  della  B. 
Vergine  delle  Grazie  trasportatavi  da  s. 
Sisto.  Le  pitture  della  volta  e  della  tri- 
buna sono  di  Canuti ,  e  figurano  la  glo- 
ria dell'  ordine  de'  predicatori ,  espressa 
nelle  immagini  del  fondatore  e  delle  san- 
te domenicane.  Nella  cappella  seguente 
Mola  rappresentò  s.  Domenico  portato 
a  Soriano  da  tre  sante.  Il  s.  Pietro  mar- 
tire nel  seguente  altare  è  un'imitazione 
di  quello  del  Tiziano.  Nell'ultima  cappel- 
la architettata  da  Bernini  ,  le  statue  del 
Redentoree  della  Maddalena  sonodi  Rag- 
gi. In  questa  chiesa,  che  risplende  per  mar- 
mi, pitture  e  stucchi  a  oro,  si  celebrano 
le  feste  di  s.  Domenico  a'  4  agosto,  di  s. 
Sisto  II  a'  6;  ed  il  senato  romano  ogni 
quadriennio  fa  l'oblazione  del  calice  d'ar- 
gento  con  torcie  di  cera. 

Chiesa  dis.  Caterina  da  Siena  a  Mon- 
te Magnanapoli.  Nel  rione  Monti,  nella 
contrada  detta  ne'  tempi  bassi  Dalnea 
Pauli,  per  esservi  ivi  stati  i  bagni  del  con- 
sole Paolo  Emilio,  sulla  quale  etimolo- 
gia Cancellieri  die  erudite  notizie  uè  Pos- 
sessi e  nei  Mercato.  Il  contiguo  mona- 
stero contiene  quell'alta  e  gigantesca  tor- 
re d'ottima  costruzione,  di  cui  parlai  nel 
voi.  XVII,  p.  yo  ed  altrove.  Conti  e  Ric- 
chebach  ,  Posizione  geogr.  de  luoghi  di 


io6  PRE 

Roma,  p.  77,  la  dicono  eretta  sotto  In- 
nocenzo III  verso  il  i2i5,  perciò  poste- 
riore a  Nerone,  del  quale  il  volgo  le  ha 
dato  il  nome;  ma  altri  l'attribuiscono  al 
12  io  e  a  Pandolfo  della  Suburra  sena- 
tore di  Roma;  certo  è  che  la  sua  forma 
la  dimostra  eretta  in  tempo  di  fazioni  ci- 
vili. 11  monastero  ebbe  origine  da  quello 
di  s.  Caterina,  che  accennai  nel  preceden- 
te articolo,  e  lo  fondò  nel  i563  Porzia 
Massimi  figlia  di  Luca  e  di  Virginia  Co- 
lonna ,  la  quale  rimasta  vedova  di  Gio. 
Ranista  Salviali  neli573  vi  si  rinchiuse. 
Narra  Novaes,  nella  Vita  di  Gregorio 
XIII ,  che  volendo  stabilire  il  collegio 
de'.neofiti  o  catecumeni  nella  casa  ove  già 
•visse  e  morì  s.  Caterina  da  Siena,  levan- 
do le  monache  che  ivi  erano  sotto  V  in- 
vocazione della  santa,  edificò  loro  un  mo- 
nastero più  comodo  nel  Monte  Magna- 
napoli.  Avrà  forse  ingrandito  quello  del- 
la Massimo,  o  con  essa  contribuito  po- 
tentemente all'edificazione  e  sistemazio- 
ne. Quando  il  Panciroli  nel  1600  pub- 
blicò i  Tesori  nascoiti,  era  del  3.°  ordi- 
ne, poi  lodivenne  del  i.°  La  chiesa  fu  rin- 
novata ne'primi  anni  del  secoloXVIIcon 
architettura  di  Gio.  Rattista  Soria  e  con 
facciata  di  travertino.  L'interno  è  orna- 
to di  marmi  e  di  stucchi  dorati.  Nella  i.a 
cappella  a  sinistra  Nelli  dipinse  s.  Nicola; 
i  3  Arcangeli  nella  cappella  seguente  sono 
di  Fabio  della  Cornia,  ma  le  pitture  del- 
la volta  sono  di  Tedesco.  Nella  3/  cap- 
pella vicino  alla  sagrestia,  Passeri  colori 
la  B.  Vergine  del  Rosario,  nella  volta  Spe- 
ranza vi  espresse  variestoriedellass.  Ver- 
gine; il  sott'arco  fu  dipinto  da  Ruggieri. 
1  due  ovati  sopra  la  sagrestia  sono  di  Pas- 
seri. L'altare  maggiore  decorato  di  4  co- 
lonne di  marmo  bianco  e  nero,  fu  edificalo 
coi  disegni  del  maltese  Cafa ,  che  vi  scol- 
pì ancora  in  rilievo  la  statua  di  s.  Cate- 
rina che  è  il  più  bello  ornamento  della 
chiesa.  Nella  cappella  seguente  s.  Dome- 
nico che  risuscita  il  fanciullo  è  di  Pucci- 
ni, del  Vasconio  sono  i  freschi.  La  glo- 
ria con  vari  santi  nella  cappella  appresso 


PRE 

sono  pitture  di  Garzi.  Tutte  le  pitture 
dell'  ultima  cappella  di  s.  Maria  Madda- 
lena, effigiata  in  atto  di  comunicarsi,  so- 
no di  Luti.  La  chiesa  fu  consagrata  nel 
1640  e  vi  si  celebra  la  festa  della  santa 
titolare  a'3o  aprile  o  la  domenica  dopo. 
In  tempo  del  governo  imperiale  france- 
se, nel  monastero  fu  collocata  la  fabbri- 
ca de'tabacchi;  ma  dopo  il  ritorno  di  Pio 
VII  vi  furono  ripristinate  le  monache. 
Ad  Adoratrici  perpetue  del  divin  Sa- 
cramento, nel  vol.XLII,  p.  58  ed  altrove 
riportai  come  Gregorio  XVI  concesse  a 
tali  monache  il  monastero  e  chiesa  di  s. 
Maddalena  al  Quirinale  nel  1 838,  trasfe- 
rendo le  poche  religiose  domenicane  ga- 
votte che  l'abitavano  in  questo  di  s.  Ca- 
terina: il  monastero  neh  58 1  l'aveva  e- 
retto  Maddalena  Orsini  e  vi  prese  l'abi- 
to religioso ,  quindi  sotto  Clemente  XI 
fu  rifatta  la  chiesa  con  disegno  di  Borio- 
ni; il  quadro  dell'altare  maggiore  è  del- 
la scuola  de'Caracci,  la  volta  e  le  lunette 
di  Garzi;  il  senato  ogni  quadriennio  fa 
l'offerta  del  calice  e  delle  torcie. 

Chiesa  della  ss.  Annunziata.  Nel  rio- 
ne Monti  all'Arco  de'  Pantani,  presso  gli 
avanzi  del  tempio  di  Marte  Ultore  e  del 
recinto  del  foro  d'  Augusto,  già  sagra  a 
s.  Basilio  e  dei  monaci  del  suo  ordine.  A 
quanto  dissi  ad  Annunziata  monache,  a 
Neofite  per  quelle  che  vi  sono,  colloca- 
tevi nel  1 566  da  s.  Pio  V,  e  nel  vol.XL VI  I, 
p.  271,  274,  275,  aggiungerò,  che  nel- 
la chiesa  il  quadro  dell'Annunziata  del- 
l'altare maggiore  è  di  Lapis  da  Cagli;  le 
pitture  a  fresco  all'intorno  sono  di  Moti- . 
tagna  :  i  quadri  degli  altari  laterali  dis. 
Basilio,  dis.  Gio.  Battista  e  di  s.  Giaco- 
mo l'eseguì  Consolano.  Oltre  la  festa  ti- 
tolare a'25  marzo,  vi  si  celebra  quella  di 
s.  Basilio  a'  1  \  giugno. 

Del  ter z  ordine  di  s.  Domenico. 

Gli  albigesi  sovvertendo  i  cattolici  per 
trarli  ai  loro  errori,  se  non  riuscivano  sfo- 
gavano la  loro  rabbia  con  crudeltà  inau- 
dite e  con  violenze,  sagrificando  le  [ter- 
sone e  spogliandole  de'  beni.  Lo  zelo  di 


P  II  E 

cui  s.  Domenico  ardeva  perla  chiesa  cat- 
tolica e  pei  suoi  figli  lo  spronò  a  porre  ri- 
medio a  tanti  mali.  Dopo  averne  delibe- 
rato con  persone  savie  e  zelanti  della  reli- 
gione, si  determinò  di  fondare  nel  1209 
o  12  io  un  terz'ordine  ovvero  una  santa 
milìzia  oordiuemilitareintitolatodi  Ge- 
sù Cristo  ,  il  cui  articolo  citai  in  princi- 
pio, composto  d'uomini  di  provota  virtù, 
obbligo  de'  quali  fosse  di  prender  le  ar- 
mi e  combattere  secondo  i  bisogni  della 
Chiesa  per  opporsi  alle  usurpazióni  e  uc- 
cisioni degli  eretici,  e  per  la  difesa  e  ricu- 
pero de'beni  e  diritti  delle  chiese.  L'ab- 
bandono quasi  generale  cui  si  vide  tal- 
volta ridotto  Simone  di  Monfort  coman- 
dante de'crociati,  per  la  partenza  di  que- 
sti ,  fu  altro  motivo  di  stabilire  questa 
milizia, in  cui  il  conte  volle  esservi  rice- 
vuto, come  si  rileva  da  un  breve  d'Inno- 
cenzo III  de*28  giugnoi2io.  Vi  ammi- 
se s.  Domenico  gli  uomini  eziandio  am- 
mogliati, ma  con  di  verse  cautele,  affinchè 
il  loro  impegno  non  potesse  pregiudica- 
re alla  pace  e  tranquillità  delle  famiglie, 
non  dovendo  tornare  a  danno  de' parti- 
coiai  i  lo  stabilito  pel  bene  comune.  Vo- 
lendo le  spose  e  le  figlie  di  quelli  chea- 
veano  abbracciatoquesto  terz'ordine,  ol- 
tre avere  dato  il  loro  consenso,  eziandio 
partecipare  al  fruttospirituale  degli  eser- 
cizi e  buone  opere  loro,  s.  Domenico  le 
aggregò  alla  sagra  milizia,  acciocché  an- 
cora esse  combattessero  per  la  Chiesa  con 
orazioni  e  colla  pratica  delle  virtù  cristia- 
ne e  con  opere  di  misericordia,  onde  si 
chiamarono  suore  della  milizia  di  Gesù 
Cristo.  Agli  uomini  e  alle  donne  a  voce 
prescrisse  una  certa  regola  di  condotta, 
una  forma  d'abito  bianco  e  nero  per  e- 
sprimere  l'innocenza  e  l'umiltà,  ed  alcu- 
ne preghiere.  Il  fervore  e  buon  esempio 
furono  cos'i  efficaci,  che  molte  vedove  e 
vergini  fecero  istanza  d'essere  annovera- 
te nel  terz'  ordine,  il  quale  divenne  ben 
presto  celebre  e  si  dilatò  poi  tanto,  quan- 
to l'  ordine  slesso  de'  frati  predicatori. 
Morto  poscia  il  foudatore  e  ascritto  nel 


PRE  107 

catalogo  de' santi,  determinarono,  gli  a- 
scrittial  terz'ordinedi  farsi  chiamare  fra- 
telli della  penitenza;  poiché  essendo  ter- 
minati gli  eretici  e  cessato  l'istituto  di 
combatterli  s  non  rimaneva  loro  altra 
guerra  che  col  nemico  interiore  e  le  pro- 
prie passioni, laonde  fu  l'ordine  della  mi- 
lizia di  Gesù  Cristo  chiamato  terz'  ordi- 
ne della  penitenza  di  s.  Domenico.  Tra 
le  persone  de'due  sessi  che  in  questa  pro- 
fessione seguitarono  a  vivere  ,  vi  furono 
in  grandissimo  numero,  commeiidevoli 
per  sublime  pietà,  ed  appartenenti  ad  o- 
goì  ceto,ecclesiasticie  laici,  di  cui  gli  an- 
nali dell'  ordine  domenicano  sono  pieni 
di  elogi,  massime  pel  gran  numero  delle 
sinte  e  beate  che  diede  questo  terz'ordi- 
ne. La  i."  che  si  meritò  il  titolo  di  bea- 
ta fu  la  b.  Margherita  d'Ipri  che  abbrac- 
ciò l'istituto  nel  1228.  Altre  accese  del 
divino  amore  e  a  più  alta  perfezione  a- 
spirando,si  separarono  dal  mondo,  e  sen- 
za abbracciare  lo  stato  religioso,  ai  loro 
statuti  aggiunsero  la  clausura  e  il  volo 
semplice  di  castità.  La  b.  Emilia  di  Ver- 
celli nel  1  255  fondò  uno  di  quesli  mona- 
steri, di  cui  poi  fu  fatta  priora  dai  supe- 
riori dell'  ordine  ,  contribuendo  col  suo 
esempio  e  saggio  governo  alla  perfezione 
d'un  gran  numero  di  vergini.  Non  aven- 
do s.  Domenico  dato  al  suo  terz'ordine 
regola  alcuna  in  iscritto,  accadde  che  le 
superiore  de'monasteri  o  congregazioni, 
e  talvolta  i  loro  direttori  vi  mischiarono 
alcune  pratiche,  che  non  erano  sempre 
conformi  agli  statuti.  Ad  evitare  la  confu- 
sione che  ne  proveniva,  le  suore  d'Italia 
pregarono  il  p.  Muzio  di  Zamora  7. "ge- 
nerale dell'ordine  de'predicatori,  di  fis- 
sare una  perfetta  conformità  in  tutte  le 
case  e  congregazioni  del  terz'ordine.  In 
quésta  occasione  la  regola  data  das.  Do- 
menico di  viva  voce  fu  scritta,  e  distri- 
buita poi  da  un  successore  nel  1 285 ,  e 
fu  chiamata  la  Regola  del  terz'ordine,  che 
approvarono  neh4o5  Innocenzo  VII,  e 
neh  43c)  Eugenio  IV.  Adunque  il  terz'or- 
dine di  s.  Domenico  fu  diviso  in  più  va- 


io8  PRE 

mi  ed  ebbe  diversi  stati.  Gli  uomini  fu- 
rono i  primi  ad  abbracciarlo:  tra  le  don- 
ne che  vollero  poi  esservi  ricevute, alcu- 
ne si  rinchiusero  ne'chiostrie  vissero  po- 
co differente  dalle  religiose,  le  cui  auste- 
rifa  erano  minori;  tal  sorte  di  monache 
si  moltipJicò  assai  in  Europa  e  in  Ame- 
rica, essendo  vere  monache  e  religiose  di 
voti  solenni.  Sono  però  in  maggior  nu- 
mero i  terziarie  le  terziarie  che  nelle  ca- 
se de'Ioro  congiunti,  nel  mezzo  delle  lo- 
ro famiglie,  procurano  di  santificarsi  tra  i 
doveri  della  vita  civile,  con  regolati  eser- 
cizi didivozioneecon  una  parte  delle  pra- 
tiche del  chiostro  :  nel  numero  di  queste 
terziarie  furono  s.  Caterina  da  Siena  che 
contribuì  alla  restituzione  della  residen- 
za pontificia  in  Roma  (  per  le  cui  stim- 
mate fu  grave  questione  sopita  da  Sisto 
IV,  mentre  per  quelle  della  b.  Lucia  di 
Narni,  pure  del  3."ordine,  si  riconobbe- 
ro); s.  Rosa  di  Lima  che  per  tutta  I'  A- 
ruei  ica  diffuse  il  buon  odore  di  Cristo  ; 
la  b.  Colomba  da  Rieti,  la  b.  Benvenuta 
Balani  d'Udine,  la  b.  Osanna  Andreasis 
di  Mantova,  s.  Caterina  Ricci, ealtre  bea- 
te. Verso  il  declinar  del  secolo  XVII  il 
p.  Piccini  domenicano  veneto  istituì  in 
Conegliano  un  monastero  di  terziarie,la 
I.*  delle  quali  fu  suor  Giacinta  Bosso  ve- 
neziana, le  quali  nel  1690  in  Macerala 
con  essa  fondarono  quel  monastero  per 
1'  adorazione  del  ss.  Sagramento,  di  cui 
parlai  nel  voi.  Ij  p.  9 5,  con  austerissime 
costituzioni. Più  comunemente  in  Italia, 
nella  Spagna,  nel  Perù,  in  Avignone  si 
videro  suore  portare  in  pubblico  l'abito 
religioso,  visitando  modestamenteecon- 
solando  gl'infermi,  gli  afflitti, i  poveri.  Pel 
buon  odoredi  santità  e  cristiane  virtù,  che 
questo  terz'  ordine  sparse  nella  Chiesa, 
massime  nel  fervore  del  suo  principio, 
mosse  Gregorio  IX  a  scrivere  al  b.  Gior- 
dano 2.0  generale  de' fra  ti  predicatori,  per 
ordinargli  a  coltivarlo  sempre  con  dili- 
genza e  a  dilatarlo  di  più.  I  successori  O- 
noriolV,  Giovanni  XXII,  Innocenzo  VII, 
Eugenio  IV  ,  Sisto  IV,  Alessandro  VI, 


PRE 
Giulio  II,  Leone  X,  Paolo  III,  s.  Pio  V, 
Clemente  Vili  e  Urbano  Vili  lodarono 
assai  il  terz'ordine  e  gli  accordarono  di- 
versi privilegi.  BenedetloXIII  nellabol- 
la  Pretiosus  rinnovò  le  lodi  date  dai  pre- 
decessori e  confermò  lutti  i  privilegi,  per 
muovere  più  efficacemente  i  frati  e  le  suo- 
re a  compiere  sempre  con  fervore  tutte 
le  obbligazioni  della  loro  regola  per  la  pro- 
pria perfezione  e  ad  edificazione  altrui.  Il 
p.  Bonanni,  Catalogo  degli  ordini,^.  48, 
riporta  la  figura  della  monaca  domenica- 
na del  terz'  ordine,  vestita  con  tonaca  e 
scapolare  bianco  e  manto  nero  pendente 
dalla  testa  ai  piedi,  mentre  sul  capo  usa- 
no un  velo  bianco. 

PREDIZIONI.  V.  Profezie. 

PREFAZIO,  Praejatio.  Orazione  che 
precede  immediatamente  il  Canone  (P.) 
della  Messa  (P.),  parte  di  questa  e  qua- 
si preparazione  al  sagrifizio  o  rendimen- 
to di  grazie  a  Dio  per  quanto  è  per  e- 
seguirsi.  Dice  Piscicelli,  Riti  della  messa 
par.  4>  che  la  Chiesa  venera  tanto  il  ca- 
none, come  quello  che  in  sé  contiene  l'a- 
zione del  sagrifizio,  che  prima  abbia  prin- 
cipio, s'introduce  colla  Prefazione,  la  qua- 
le per  brevità  chiamasi  in  latino  Praefa- 
tic  (nel!'  errata-corrige  scrive  Praepha- 
tio),  in  italiano  Prefazio.  Nel  rito  gotico 
il  Prefazio  è  chiamato  Immolazione,  nel 
mozarabico  Illazione,  e  nel  gallicano  Con- 
testazione. Gli  scrittori  di  Liturgia  (V.) 
e  insegnano  che  questa  preghiera  ed  a- 
zione  di  grazie  che  serve  di  preparazio- 
ne alla  consagrazione  trovasi  in  tutti  i  vec- 
chi sagramentari  e  nelle  liturgie  le  più 
antiche,  come  in  quelle  di  s.  Giacomo  , 
di  s.  Basilio,  di  s.  Gio.  Crisostomo,  delle 
costituzioni  apostoliche.  Fino  dal  3.°  se- 
colo s.  Cipriano  ne  parlò  nel  suo  tratta- 
to dell'  orazione  domenicale,  con  queste 
parole:  Ideo,et  sacerdos  ante  orationem, 
praefatione  praemissa  ,  praeparal  fra- 
trum  mentes  dicendo,  Sursum  corda.  I 
padri  del  4-°  secolo  ne  fanno  spesso  men- 
zione. Alcuni  reputano  autori  del  Prefa- 
zio i  Papi  s.  Dionisio  del  261,  o  s.  Leo- 


PRE 
ne  Idei  44°>  °  s-  Gelasio  I  del  492,  che 
Durando,  lib.  4,  e.  33  dice  che  ordinò  si 
cantasse  nella  messa.  Novaes afferma  che 
s.  Gelasio  1  alle  antiche  Prefazioni  del- 
la messa  ne  aggiunse  delle  altre.  Si  leg- 
ge nel  libro  Pontificale,  che  s.  Gelasio  I 
ferii  sacramenlorum  Praefationes,  et  o- 
raliones  cauto  sermone,  onde  alcuni  cre- 
derono essere  stato  1'  autore  delle  Prefa- 
zioni; maLambertini,  Del  sacrifizio  del* 
la  messa  t.  2,  par.  43  sez.  I,  n.  192,  con 
Gavanto  ,  Bona  e  Meniti,  opina  che  ciò 
devesi  intendere  cosi,  che  s.  Gelasio  I  ne 
abbia  fatte  alcune,  non  già  che  sia  stato 
ili. "ad  introdurre  nella  messa  questa  ora- 
zione, facendosene  prima  menzione  nel- 
la liturgia  di  s.  Giacomo,  e  nelle  opere 
di  s.  Cipriano  e  di  s.  Cirillo  più  antichi  di 
dello  Papa;  per  lo  che  insegnano  i  men- 
tovati scrittori,  doversi  attribuire  questa 
istituzione  agli  apostoli,  ovvero  agli  uomi- 
ni apostolici.  Secondo  la  risposta  di  Pe- 
lagio Il  del  £78  ai  vescovi  di  Germania 
e  di  Francia, cpist.  4, sono  q  le  Prefazio- 
ni, cioè  1.'1  del  Natale,  2.a  dell'Epifania, 
3."  della  Quaresima  e  in  tempo  di  digiu- 
no, 4-3  della  Croce,  5."  della  Pasqua,  6.a 
dell'  Ascensione,  7."  dello  Spirito  santo, 
8.°  della  ss.  Trinità  (la  quale  per  decreto 
di  Clemente XI 11  de'3  gennaio  1  759,  che 
si  legge  nel  t.  9  Decrel.  S.  R.  C.  n.°  1  602, 
si  deve  dire  in  tutte  le  domeniche  dell'an- 
no, nelle  quali  non  è  assegnata  Prefazio- 
ne propria),  9/  degli  Apostoli  (  le  quali 
sono  riferite  nel  can.  Invenìmus,  de  cpns. 
disi,  i),  ed  a  queste,  al  dire  dello  stesso 
IVovaes,  nel  concilio  di  Piacenza  aggiun- 
se Urbano  li  nel  iog5  la  io.'1  della  B. 
Vergine  (Bona,  Liturg.  cap.  1  o,  §  3,  e  Di- 
vina  psaltnod.  cap.  i2,§  2),  ch'egli  avea 
composto  mentre  era  cardinale  (come  di- 
ce Poggiali  nella  Storia  di  Piacenza, seb- 
bene  altri  l'attribuiscano  a  s.  Brunone, 
per  cui  Ruinarl  nella  Storia  letteraria  di 
Francia,  ne  crede  incerto  l'autore),  can- 
tandola egli  stesso  nel  celebrar  la  messa 
nella  chiesa  di  s.  Maria  di  Campagna  di 
Piacenza,  la  quale  non  avea  prima  del- 


PRE  109 

la  messa  composta,  ma  in  essa  gli  fu  dal 
cielo,  ispirala,  come  riferisce  Battaglili! 
nel  1. 1 ,  Misi.  um\>.  Concilior.  ad  an.  5qo, 
p.  3o2,  e  dallo  Spirito  sanlo,  con  istupore 
di  lutto  il  popolo  presente,  come  vuole 
Macri  nella  Not.de'  vocab.  eccl.,  a  Prae- 
fatio.  Siccome  poi  diverse  sono  le  feste 
della  Madonna,  cosi  la  Chiesa  a  tenore  di 
queste  feste  comincia  il  prefazio proprio  : 
Et  te  in  Assumptionej  Et  te  in  Nari  la- 
te,  ec.  In  quanto  alla  festa  della  Conce- 
zione (P\)  soleva  dirsi  ,  Et  te  in  Conce- 
pitone,ma.  Gregorio  XVI  permise  e  Pio 
IX(F.)\\a  poi  prescritto  che  si  debba  di- 
re, Et  te  in  Immaculala  Concepitone.  I 
francescani  hanno  unaPrefazionepropria 
del  sanlo  loro  fondatore,  che  fu  compo- 
sta dal  b.  Giovanni  d'  Alvernia,  e  la  di- 
cono nelle  messe  dei  sanli»del  loro  ordi- 
ne. Il  Pagi  nella  Vita  di  Pelagio  II,  n.° 
17,  e  Bona,  Rer.  litur.  lib.  2, cap.  io,  n.° 
3  ,  dubitano  con  gravi  fondamenti,  che 
possono  vedersi  anche  in  Merali  t.  i,par. 

I,  n.°  6,  della  verità  di  questa  lettera  di 
Pelagio  II,  ma  certo  è  che  ne'  Messali 
dopo  1200  anni  non  si  trovano  che  le  9 
Prefazioni  riferite  nel  decreto  di  Pelagio 

II,  alle  quali  fu  aggiunta  dipoi  un'anti- 
chissima comune,  che  credesi  di  s.  Gela- 
sio I  o  di  s.  Gregorio  I,  e  l'altra  della  B. 
Vergine ,  laonde  oggi  sono  11  le  Prefa- 
zioni di  cui  si  serve  la  chiesa  romana.  Ve- 
dasi Giorgi,  Liturgia  Rom.  Pont.  Il  Mu- 
ratori nella  Liturgia  romana  osserva,  che 
erasi  finora  creduto  che  prima  di  s.  Gre- 
gorio I  avesse  la  chiesa  romana  molti  Pre- 
fazi  e  che  altri  ne  aggiungesse  quel  Pa- 
pa, altri  ne  riformasse.  Laonde  Bona  re- 
puta falsa  la  lettera  di  Pelagio  li  a'vescovi 
suddetti,  in  cui  asseriva  che  a  que' tempi 
la  chiesa  romana  non  usava  che  9  Pre- 
fazi,  quindi  ne  verrebbe  che  s.  Gregorio 
I  troppi  più  ne  avesse  fatti,  il  che  non  pa- 
re verosimile  in  un  Papa  immediato  suc- 
cessore di  Pelagio  II  e  tenace  delle  sagre 
costumanze.  E  siccome  nel  Sagramenta- 
1  io  di  s.Gregorio  I  pubblicato  da  Menar- 
dosonovipiù  Prefazi,  Muratori  li  dichia- 


i.io  PRE 

io  aggiunti,  non  da  Grimoldo  abbate  o 
da  Roclrado  prete, come  altri  dissero,  ma 
da  A Icuino  abbate,  di  die  fa  testimonian- 
za Micrologo  autore  del  secolo  XI.  I  greci 
non  barino  cbe  una  Prefazione,  die  si  dice 
in  tutte  le  messe.  I  mozarabi  hanno  Pre- 
fazioni proprie,  nelle  quali  si  parla  o  del 
mistero  della  festa  cbe  si  celebra  ,  o  dei 
ineriti  del  santo  in  onore  del  quale  si  ce- 
lebra la  messa.  Nei  nuovi  messali  delle 
diverse  diocesi  furonocollocati  nuovi  Pre- 
fazi per  tutte  le  solennità  ,  composti  sul 
modello  degli  antichi.  Nella  liturgia  del- 
la cbiesa  Ambrosiana  a  tutte  le  messe  , 
fuorché  ad  alcune  de' santi  cbe  l'hanno 
comune,  sono  assegnati  i  Prefazi  propri, 
die  si  variano  secondo  la  diversità  delle 
feste  e  de'giorni.  Di  molti  di  tali  Prefazi 
se  ne  fa  autore  s.  Ambrogio,  il  di  cui  sti- 
le in  alcuni  si  ravvisa;  sebbene  poi  altri 
ne'secoli  bassi  siano  stali  intrusi  assai  sci- 
piti e  barbari,  per  cui  furono  nelle  poste- 
riori riforme  levati  dai  messali.  Vedasi 
Fumagalli,  Antich.Longob.Milan.t.  3. 
11  Prefazio  lo  definisce  Piscicelli  ren- 
dimento di  grazie  a  Dio  pel  gran  prodi- 
gio, che  in  virtù  delle  divine  parole  è  per 
eseguirsi,  mentre  facendosi  questo  rendi- 
mento di  grazie  imita  la  Chiesa  il  divino 
istitutore,  il  quale  prima  di  consagrare 
nell'ultima  cena  il  pane  e  il  vino,  ringra- 
ziò l'eterno  Padre,  gratias  agensfregil, 
et  dixit,  ec,  e  per  ringraziare  degnamente 
annunzia  il  sacerdote  di  bel  nuovo  al  po- 
pola la  santa  unioneconDio,  mentre  dopo 
Je  parole  dell'ultima  segreta,  Per  omnia 
soccida  saccidorum,  stando  in  mezzo  del- 
l'altare e  deposte  sopra  di  esso  le  mani, 
seguila  a  dire  con  voce  alta  Dominus 
vobiscum  (senza  però  rivoltarsi  al  popo- 
lo, o  perchè  coll'aver  detto  prima  Orale 
fralres ,  si  è  come  congedato  da  esso,  o 
perchè  secondo  le  antiche  liturgie  serran- 
dosi le  porte  del  santuario  e  tirandosi  pri- 
ma del  Prefazio  alcune  cortine  attorno 
all'altare,  fu  riputato  inutile  che  il  sacer- 
dote si  rivoltasse  per  salutare  il  popolo, 
die  non  poteva  vedere),  ed  immediata - 


PRE 

mente  si  risponde  dal  ministro  o  dai  can- 
tori pel  popolo,  Et  cum  spirila  tuo:  al- 
za le  bracciagià  estese  sino  al  petto  in  mo- 
do che  una  palma  guardi  1'  altra  e  dice 
Sursum  corda;  e  gli  si  replica,  grazie  al 
cielo  abbiamo  unito  i  nostri  cuori  al  Si- 
gnove}Habemus  ad  Dominumj  per  tan- 
to bene  adunque  alza  le  mani  sinoal  pet- 
to e  poi  l'unisce  e  solleva  lo  sguardo  in  al- 
to, ripigliando  il  sacerdote,  Gratias  aga- 
mus  Domino  Deo  nostro,  e  tosto  china 
il  capo  alla  croce;  egli  è  degno,  egli  è  giu- 
sto, rispondesi,  Dignum,  etjustum  est.  Fi- 
nite queste  divote  espressioni  del  popolo 
per  la  voce  del  ministro  o  de'cantori,  il 
sacerdote  alzate  ed  estese  come  prima  le 
mani  incomincia  o  prosiegue  come  dice 
Diclich  il  Prefazio,  Vere  dignum  et  fu- 
stimi  est.  Quando  dice,  Per  Christian  Do- 
minimi nostrum  non  china  il  capo  (  lo  chi- 
na nella  Prefazione  della  B.  Vergine,  e  con 
una  inchinazione  maggiore  fa  altrettan- 
to verso  la  croce  nel  pronunciare  il  nome 
Jesum,  ciò  cbe  fa  pure  il  ministro).  Di- 
cesi con  voce  alta  e  chiara  o  intelligibile, 
essendo  un  fervore  sincero,  sì  del  sacer- 
dote come  del  popolo,  questo  ringrazia- 
mento che  si  fa  al  divino  benefattore;  e 
non  contenta  la  Chiesa  della  propria  esul- 
tanza in  ringraziare  il  suoDio,invita an- 
che gli  angeli,  come  pure  il  cielo  e  la  ter- 
ra e  gli  uomini,  acciò  tutti  dicano  insie- 
me: Sanctus  Sanctus  Sanctus.  Dipiùs'in- 
vitano  gli  angeli  a  cantarlo  come  Tri- 
sagio  {V.)  e  canto  angelico,  avendolo  la 
Chiesa  preso  da  Isaia  che  rapito  in  ispi- 
rilo 1'  udì  cantare  alternativamente  dai 
serafini.  Alle  parole  del  trisngio,  per  de- 
notare maggiore  riverenza  al  santo  dei 
santi  unisce  il  sacerdote  le  mani  innanzi 
al  petto  col  capo  chinato  alquanto  ,  ed 
abbassa  la  voce,  in  modo  però  che  sia  u- 
dito,  e  con  questa  variazione  di  voce  in- 
tende di  risvegliare  sempre  più  l'  atten- 
zione degli  astanti,  che  è  l'oggetto  prin- 
cipale della  Chiesa  ,  siccome  il  suonare 
diesi  fa  del  Campanello  (V.),  altro  non 
è  che  per  avvertire  il  popolo  darsi  prin- 


PRE 
cipio  dal  sacerdote  a  quel  canone  che  o- 
perar  deve  il  miracolo  della  transustan- 
ziazione del  pane  e  del  vino  in  Corpo  e 
Sangue  di  Gesù  Cristo,  e  quindi  appli- 
cati tutti  a  raddoppiare  la  riverenza,  il 
rispetto,  il  silenzio,  la  meditazione,  dicesi 
tre  volte  Sanctus  per  adorare  Dio  uno  e 
trino  nelle  persone  (nelle  messe  cantate  al 
detto  suono  si  unisce  quello  delle  Campa' 
ne  per  invitare  i  fedeli  a  trovarsi  presenti 
a  Ila  Consagrazione  ed  Elevazione  dell'  O- 
slia).  Segue  il  sacerdote  a  dire,  ma  sotto 
voce  :  Dominus  Deus  Sabaoth,  pieni sunt 
coeli,el  terra  gloria  tua,  Hosanna  in  ex- 
eelsis,  ed  erigendosi  dice  Benedictus  tjui 
venit  in  nomine  Domini,  e  si  fa  il  segno 
della  croce.  \J  Hosanna  (a  questo  arti- 
colo dichiarai  perchè  si  dicedue  volte  con 
quel  che  segue)  in  excelsis,  ed  il  Dominus 
Deus  Sabaoth  con  quel  che  segue, che  di- 
cesi sotto  voce,  Pisciceli!  è  di  parere  es- 
sere provenuto  dalle  messe  solenni,  in  cui 
cantandosi  dal  coro  il  Sanctus ,  il  cele- 
brante insieme  coi  ministri  con  voce  bas- 
sa lo  recita.  Si  nomina  Iddio  Signore  de- 
gli eserciti,  Dominus  Deus  Sabaoth,che 
in  ebreo  significa  armate  ed  eserciti,  eia 
Chiesa  come  le  altre  parole  l'usa  nel  tra- 
durla in  latino,  poiché  è  ben  giusto  a- 
d  ora  re  il  Signore  qual  Dio  degli  eserciti, 
perchè  Egli  cosi  si  gloriò  nominarsi  e  si 
compiace  d'essere  nominato  dal  popolo 
eletto ,  e  perchè  Egli  è  padrone  di  tut- 
tociò  che  vi  è  di  bello ,  di  delizioso  e  di 
grande  ne' cieli,  e  di  tuttociò  che  nasce, 
fruttifica  e  vive  sulla  terra  ,  perciò  sog- 
giunge il  sacerdote  pieni  sunt  coeli  et  ter- 
ra gloria  tua.  Ma  l'amore  e  la  gratitu- 
dine di  cui  meritamente  per  Gesù  suo  spo- 
so è  ricolma  la  sua  Chiesa,  dopo  il  canti- 
co in  onore  della  sagrosanla  Triade,  non 
le  permettono  si  tralasci  d'onorare  in  que- 
sta occasione  il  suo  Redentore,  ed  è  per- 
ciò che  prosegue  festosamente  adireZte- 
nediclus  qui  venit,  ed  a  questo  Benedictus 
il  sacerdote  si  erige  nella  persona  e  si  fa 
il  segno  della  croce,  perchè  in  questa  il 
Verbo  umanato  rese  il  dovuto  onore  al- 


PRE  ni 

l'eterno  Padre;  al  Trisagio  s'inchina  coti 
riverenza  perchè  adora  il  gran  Dio  con 
umiltà  e  tremore  (cui  allude  il  suono  dei 
campanelli  degli  orientali,  come  n olai  nel 
voi.  XXV,  p.  91),  laddove  il  Benediciti* 
eh 'è  acclamazione  di  gioia  (come  rilevai 
a  Hosanna)  esige  azione  festevole.  Que- 
sto inno  o  cantico,  qaantunque  di  gioia 
e  di  allegrezza,  è  slato  ed  è  di  sì  gran  di- 
vozione, che  la  Chiesa  ha  stabilito  che  si 
dica  anco  ne'giorni  di  penitenza  e  perfi- 
no nelle  messe  de' defunti.  Dato  fine  al 
Prefazio  ,  si  dà  principio  alla  grande  a- 
zione  del  sagrifizio  e  pertanto  il  sacerdo- 
te alza  le  mani  e  gli  occhi  al  cielo  e  di- 
ce :  Te  igilur.  11  Diclich,  Diz.  sacro-litur- 
gico, all'articolo  Praefatio  avverte,  che 
si  dice  come  si  trova  notato  nell'ordine 
della  messa  :  e  quelle  Prefazioni  che  si 
dicono  nella  quaresima,  nel  tempo  di  pas- 
sione enei  tempo  pasquale,  o  che  vengo- 
no assegnate  come  proprie  fra  le  Ottave 
(si  eccettua  però  la  festa  di  s.  Gio.  Evan- 
gelista, nella  quale  sebbene  abbia  la  pre- 
fazione propria,  pur  si  dice  quella  de  Na- 
tivitate,  per  antico  uso  della  cappella  pa- 
pale.Si  devono  eccettuare  eziandio  la  mes- 
sa d'  una  feria  privilegiata,  come  quella 
delle  litanie  maggiori  nella  festa  di  s.  Mar- 
co ,  secondo  la  sua  rubrica  propria,  e  la 
messa  della  feria  4-a  delle  tempora,  che 
occorre  nell'ottava  della  Natività  di  Ma- 
ria Vergine,  nelle  quali  messe  si  dice  la 
prefazione  comune, come  decretò  la  s.  con. 
de'rili,  la  quale  inoltre  ordinò.  »  Qui  in 
sabbaio  recitat  officium  B.  M.  Virginis 
volens  celebrare missam  votivam  de  san- 
cto,nondebet  dicere  Praefationem  B.  M. 
Virginis,  sed  communem  ".  Le  messe  vo- 
tive del  s.  Natale  non  hanno  altra  Prefa- 
zione ,  che  quella  de  Nativitate,  per  la 
stessa  ragione  addotta  per  la  festa  di  s. 
Giovanni  Evangelista),  si  dicono  eziandio 
nelle  domeniche  e  nelle  feste, che  in  quei 
tempi  si  celebrano,  purché  le  dette  feste 
non  abbiano  la  Prefazione  propria.  Sefia 
l'ottava  di  qualche  festa  occorra  una  fe- 
sta delle  maggiori,  che  non  ha  prefazio- 


ii2  PRE 

ne  propria  ,  si  dirà  quella  dell'  ottava  , 
quantunque  di  essa  notisi  faccia  comme- 
morazione nella  messa,  Nelle  messe  si  dice 
la  Prefazione  propria, se  l'abbiano;  se  poi 
non  vi  siasi  diranno  quelle  de  tempore  o 
dell'ottava,  fra  la  quale  accaderà  di  cele- 
brare la  messo;  altrimenti  si  dirà  la  Pre- 
fazione comune.  E' quando  si  celebra  so- 
lennemente qualche  messa  votiva  per  una 
causa  pubblica,  allora  si  dirà  la  Prefa- 
zione incanto  solenne,  come  ne'  Doppi. 
Nelle  messe  de'defunti,in  qualunque  tem- 
po, sempre  si  dice  la  Prefazione  comu- 
ne. Leggo  nel  Macri,  che  si  deve  dire  il 
Prefazio  comune  nelle  vigilie  di  s.  Gio. 
Battista  e  de' ss.  Pietro  e  Paolo,  se  ven- 
gono fra  l'ottava  del  Corpus  Domini,  co- 
me decretò  la  s.  cong.  de'riti.  Nola  Can- 
cellieri, Lett.  sul  Dominus,  che  l'  antica 
formola  del  Prefazio  che  comunemente 
si  dice,  Domine  sancte,  Pater  omnipotens, 
aeterne  Deus,  è  malamente  interpunta 
e  cantata,  dovendosi  dire  :  Domine  san- 
de  Pater  (come  Gesù.  Cristo  medesimo 
pregando  il  divin  Padre  chiamollo  Pa- 
ter sancte),  omnipotens  aeterne  Deus.  Sul 
Prefaziosi  possono  leggere,  oltre  i  citati 
scrittori,  e  gli  articoli  a  questo  relativi, 
Musica  sagra  e  Organo,  anche  Henr. 
Gravius,Z?e  rilibus  antiquis  Baplismi, 
et  Confessionibus,  et  Praefalionibus,  Co- 
loniaei53i.  Fr.  Ant.  De  Monelia,  Sur- 
sum  corda,  Bononiaei522.  Barili.  Bor- 
snoei,  De  formula,  Sur  sum  corda,  dis- 
seti, dune,  Hafniae  1696,  1698.  Adam 
Rechenbergius,  De  formula  Sursum  cor- 
da, Lipsiaei7o4elin  ejus Exercit.  ad N. 
T.,  et  Hist.  Eccles. ^Lipsiae  1  707.  Bingha- 
miis,  Deusitata  Praefalione,  dieta  Sur- 
sum corda,  t.  6,  p.  3o(). 

PREFETTO,  Magister,  Praeftctus. 
Preposto,  che  è  sopra  gli  alili,  che  tiene 
ragione  o  grado  di  dignità.  Un  tempo  vi 
erano  in  Roma  molte  sorte  di  prefetti, 
le  cui  funzioni  erano  assai  diverse.  Que- 
sto nome  sotto  la  repubblica  era  dato  ad 
alcuni  magistrati  della  città  ed  ai  gover- 
natori d'Italia,  i  quali  luoghi  e  giurisdi- 


PRE 
zioni  perciò  si  dissero  Pi <efetlure(F '.).V en- 
ne l'impero,  ed  Augusto  intitolò  prefetti 
i  governatori  delle  provincie  eletti  da  lui 
e  molti  altri  uiìi/.iali  anche  inferiori,  che 
aveano  piuttosto  il  titolo  di  onore  che  im- 
piego di  prefetto.  11  Prefetto  di  Roma  (  V ) 
era  uno  de'primi  magistrati  che  la  go- 
vernava nell'assenza  de're,  de'consoli  e 
degl'imperatori.  Il  suo  potere  fu  alquan- 
to diverso  secondo  i  tempi, ed  ebbe  un'au- 
torità molto  maggiore  sotto  gl'impera- 
tori. Aveva  soprattutto  il  governo  della 
città,  di  R.oma,ene  trattai  a  Governatore 
e  Governatore  di  Roma.  11  Prefetto  del 
pretorio  era  il  comandante  della  guardia 
dell'imperatore  e  ne  parlai  a  Porte  di  Ro- 
ma,  dicendo  della  Porta  Pretoria  e  del  Ca- 
stro pretorio,  il  quale  come  alloggiamento 
dei  soldati  pretoriani,  era  di  verso  dal  luo- 
go ove  il  Prelore(P.)ammhì\slva\a\a  giu- 
stizia: meglio  è  a  vedersi  Pretorio.  Au- 
gusto creò  questa  carica,  che  comandava 
la  legione  pretoriana.  Questo  prefetto  e- 
ra ordinariamente  dell'ordine  de'cavalie- 
i*i  romani,  ma  dopo  l'elevazione  di  Ma- 
crino  furono  a  tal  carica  scelti  i  senatori 
o  quei  ch'erano  stati  consoli.  Gli  altri  im- 
peratori accrebbero  considerevolmente  il 
suo  potere,  poiché  divenne  come  l'arbi- 
tro e  il  giudice  sovrano  degli  affari,  e  po- 
trebbe paragonarsi  ai  Maestri  del  pa~ 
lazzo  che  aveano  anticamente  tanto  po- 
tere in  Francia.  La  prepotenza  del  pre- 
fetto del  pretorio  giunse  al  colmo:  lo  inti- 
tolavano chiarissimo,  padre  dell'impera- 
tore; e  di  fitti  l'imperatore  era  divenuto 
il  ministro  d'un  violento  governo  eletto 
per  la  particolare  utilità  de'soldati,  e  si 
videro  parecchi  prefetti  del  pretorio  giun- 
gereal  seggio  imperiale,  facendo  trucida- 
re, quando  pareva  loro  opportuno,  colui 
che  l'occupava.  Ma  Costantino  abolì  le 
guardie  pretoriane  e  il  pretorio  di  Ro- 
ma, e  per  diminuire  l'autorità  del  prefet- 
to del  pretorio  divise  l'impero  in  4  parti, 
cioè  l'Italia,  l'Illirio,  le  Gallie  e  l'Orien- 
te, e  creò  un  prefetto  del  pretorio  per  go- 
vernare ciascuna  di  esse  o  per  ainmini- 


strarvi  la  giustizia  e  le  finanze,  senza  ve- 
runa ingerenza  militare.  Per  tal  modo  la 
carica  del  prefetto  del  pretorio,  che  nel- 
l'origine sua  era  militare  e  presso  a  poco 
simile  a  quella  del  generale  di  cavalleria, 
Magisler  equilum,  sotto  questo  impera- 
tore divenne  una  carica  civile.  L'impera- 
tore Giustiniano  I  creò  un  5.°  prefetto  del 
pretorio  per  governare  l'Egitto,  che  fu  di- 
viso dal  governo  d'Oriente  dopo  l'inva- 
sione de' vandali, e  riunito  all'impero  sot- 
to un  tale  imperatore,  ed  invigilava  per- 
chè non  mancasse  al  popolo  la  sussisten- 
za. Questi  5  prefetti  non  aveano  più  il 
comando  delle  armate;  essi  giudicavano 
definitivamente  gli  affari  e  godevano  di 
lutti  gli  onori  dovuti  ai  sovrani,  senza  a- 
venie  ne  il  nome  né  l'autorità,  poiché 
niente  facevano  senza  il  consentimento 
degl'imperatori.  Dopo  di  questi  aveano 
il  primo  posto,  e  tutti  gli  altri  magistrati 
ed  i  governatori  di  provincia  erano  loro 
soggetti.  Delle  dignità  dell'impero  in  Ita- 
lia feci  il  novero  nel  voi.  XXXVI,  p.  i85e 
seg.  coi  diversi  prefetti  delle  legioni  e  delle 
provincie, e  ne  riparlai  a  p.  209  e  seg.  A.- 
gli  altri  relativi  articoli  trattai  delle  digni- 
tà e  prefetti  delle  diverse  regioni. Quan- 
tunquegli  edili  (ne  ragionai  anche  a  Mae- 
stri ni  strade)  fossero  incaricali  in  Ro- 
ma d'aver  cura  de' vi  veri,  ed  il  prefetto 
della  città  ne  avesse  l'ispezione,  nondi- 
meno nelle  glandi  necessità  e  in  tempo 
di  carestia  o  di  fame  creavasi  un  magi- 
strato chiamato  prefetto  de'viveri,  Prete- 
feclus  Annonae,  il  quale  avea  l'incarico 
di  comprare  le  vettovaglie  nelle  provin- 
cie (così  chiamavansigli  stali  e  paesi  con- 
quistali fuori  .d'Italia),  di  farle  vendere 
al  popolo  ad  un  prezzo  ragionevole,  e  di 
far  punire  coloro  che  facevano  monopo- 
lio per  aumentarne  il  prezzo:  ne  parlai 
in  diversi  articoli,  ed  anche  a  Povero. 
Il  prefetto  dell'annona  divenne  carica  e- 
minente,  quando  gl'imperatori  per  tener 
provveduta  Roma  de'viveri  necessari,  a 
profusione  ne  distribuivano  ai  soldati  e 
ulla  plebe, creduti  da  loro  due  grandi  ap- 
vot.  tv.  •«.         __-^- 

1Ù 


P  R  E  ni 

poggi  del  potere,  ciò  che  li  rese  insolenti 
e  disgustò  le  provincie  donde  si  traevano 
i  generi  necessari  al  sostentamento.  Bene 
ne  scrisse  Nicolai,  Memorie  sull'annona 
di  Roma.  Eraviil  Prefetto  de'vigìli,  di 
cui  tenni  proposito  a  Pompieri.  11  Pie* 
fedo  de'fabri  nelle  legioni,  essendovi  nel- 
l'esercito molti  maestri  legnaiuoli  e  di  fa- 
re i  carri,  di  ferrari,  di  fabbricatori  pei' 
edificare  lestanze  per  l'inverno,  come  pei" 
fare  le  macchine,  le  torri  di  legno,  le  ar- 
mi e  le  altre  cose  necessarie,  de' quali 
maestri  il  prefetto  n'era  capo. Prefetto  del- 
l'erario era  il  custode  del  tesoro,  uffizio 
che  prima  spettava  ai  pretori  e  da  Nerone 
fu  attribuito  a  questi.  Si  disse  Prefetto 
dell'agricoltura  l'ispettore  ai  lavori  ru- 
rali. Prefetto  delle  ale  il  primario  uffi- 
ziale  delle  ale  degli  eserciti.  Il  Prefetto 
aurarium  era  l'ispettore  delle  miniere  o, 
comealtri  vogliono,all'imposta  detta  Mu- 
raria istituita  da  Costantino.il  Prefetto 
della  flotta  equivaleva  ai  moderni  am- 
miragli. Prefetto  delle  ferie  latine  si  disse 
quello  che  ne  presiedeva  la  celebrazione, 
e  si  sceglieva  tra'palrizi.  Il  Prefetto  della 
giurisdizione  era  il  nome  de'giudici  sta- 
biliti ne'municipii;  Prefetto  de' naviganti 
era  il  soprastante  ai  rematori  di  una  na- 
ve. Prefetto  degli  alloggiamenti  dicevasi 
chi  curava  la  posizione  del  piano  de'trin- 
cera  menti  e  di  tutte  le  ispezioni  de'cam- 
pi.  Il  Prefetto  della  legione  era  un  uomo 
consolare  che  comandava  agli  eserciti  iu 
qualità  di  luogotenente.  Il  Prefello  del- 
l'Egitto detto  Angus  tale  non  era  diverso 
dai  prefetti  o  governatori  delle  altre  pro- 
vincie,se  non  in  questo,  ch'egli  conserva- 
va la  sua  autorità  sino  a  tanto  che  il  suo 
successore  fosse  entrato  in  Alessandria, 
mentre  per  la  legge  generale  il  successore 
di  un  governo  esercitava  il  suo  uffizio  ap- 
pena posto  il  piede  nella  provincia.  Par- 
tecipava a  tutti  gli  onori  de'proconsoli, 
tranne  i  fasci  e  la  pretesta;  ed  era  sua 
principal  cura  di  spedire  a  Roma  quella 
quanti tàdi  frumento  che  l'Egitto  doveva 
somministrare.  Vedasi  Emmanuele  Du- 
8 


^    IX,  _ 


i>4  PRE 

ni,  Origine  e  progressi  del  cittadino  e 

del  governo  civile  di  Roma,  ivi  ij63. 

Con  questo  vocabolo  sì  denominarono 
tlai  Papi  diversi  uflìziali  della  s.  Sede,  ci- 
vili ed  ecclesiastici,  uggendosi  in  Morcelli 
la  nomenclatura  di  molli  nell'idioma  la- 
tino. Di  questi  titoli  e  uffìzi  di  prefètti  ne 
parlo  ai  loro  articoli.  I  prefetti  navali  , 
di  cui  parlai  nel  voi.  XLIIJ,  p.  22  ed  al- 
trove, sono  i  più  antichi  uffiziali  della  s. 
Sede  che  ebbero  il  titolo  di  prefetto,  ve- 
stivano coi  piviali  e  portavano  bandiere 
corrispondenti  alle  insegne  de' rioni  di 
Roma.  Dal  secolo  XV  ebbe  origine  il  pre- 
letto della  Biblioteca  Vaticana  (ne'primi 
tempi  in  uno  a\V  Archivio,  presieduta  dal 
Primicerio  della  s.  Sede,  Vedi,  poi  dai 
cardinali  vescovi  di  Selva  Candida,  e  lo 
riportai  a  Porto),  come  notai  a  Bibliote- 
cario dis.  Chiesa,  e  meglio  nel  voi.  XLII, 
p.  24  '>  cne  ben  presto  ne  fu  aggiunto 
altro,  e  sono  gli  odierni  i.°  e  1°  prefetti 
O  custodi  di  detta  Libreria.  Egualmente 
hanno  il  titolo  di  prefetto  i  bibliotecari 
delle  Biblioteche  Casanalensee  Angelica 
(V.).Neì  tribunale  della  Dateria  aposto- 
lica sono  antichissimi  il  Prefetto  dell'of- 
ficio per  obitum,  il  Prefetto  del  conces- 
simi, jl  Prefetto  delle  date  (a  Primicerio 
dellas.  Sede  dissi  ch'era  incombenza  sua 
il  datate  le  bolle  e  i  Diplomi  pontifìcii 
colla  formola,  Dalum per  manum  N.  Pri- 
micerii,  ingerenza  che  poi  passò  al  Bi- 
bliotecario di  s.  Chiesa),  de'quali  ragio- 
nai nel  voi.  XIX,  p.  123,  i4',  i43>  J44- 
All'antica  carica  del  Prefetto  dell'  anno- 
na e  col  medesimo  titolo  successe  il  pre- 
lato Chierico  di  Camera  (V.),  pel  quale 
si  può  vedere  anche  Agricoltura  e  An • 
kona.  A  detto  articolo  Chierici  di  Ca- 
mera dissi  del  decano  ch'è  prefetto  del- 
l'ergastolo di  Cornelo.  Anticamente  i  se- 
gretari de' Brevi  (f\)  etano  prelati,  con 
titolo  ili  Prefetto  de' brevi  o  della  segna- 
tura de  brevi;  avevano  posto  in  cappella 
«:  l'uso  del  fiocco  paonazzo  al  cappello, 
quando  pochi  prelati  lo  potevano  usare: 
si  vedanoi  voi.  Vili,  p.  Ì06,  IX,  p.  199. 


PRE 
Agli  antichissimi  Archivisti  della  Chiesa 
romana  (V.)}  de'quali  parlai  ancora  a 
Notaro  e  in  altri  luoghi,  degli  Archivi 
della  s.  Sede  {V.),  successero  idue  pre- 
lati  Prefetti  dell'archivio  Vaticano  fon- 
dato da  Clemente  Vili  e  da  Paolo  V,  il 
i.°  de'quali  perfezionò  ancora  quello  di 
Castel  s.  Angelo  ch'ebbe  pure  il  suo  pre- 
fetto, avendolo  notato  eziandio  nel  voi. 
Xj  p.  187  e  j  88.  Il  Castellano  di  Castel 
s.  Angelo  (V.)  godeva  talvolta  anche  il 
titolo  di  prefetto  del  medesimo.  A  Ma- 
rina, a  Porti  ed  altrove  notai  che  vi  fu  il 
cardinal  Prefetto  delle  pontificie  galere, 
e  che  il  prelato  Tesoriere  (V.)  esercitò 
la  carica  di  Prefetto  o  commissario  del 
mare  o  della  marina  pontificia,  delle  ga- 
lere, fortezze,  torri,  porti,  spiaggie  o  ripe 
marittime.  Di  poi  fu  data  la  prefettura 
ad  un  chierico  di  camera,  anche  col  titolo 
di  Prefetto  di  Castel  s.  Angelo,  indi  suc- 
cessero variazioni.  Il  prelato  Maggiordo- 
mo (V.)  era  prefetto  de'ss.  palazzi  apo- 
stolici^ èantico  uffizio:  il  Papa  che  regna 
ha  diviso  la  prefettura,  dichiarando  un 
cardiuale  Prefetto  de'  ss. palazzi  aposto- 
lici, come  riportai  nel  voi.  L,  p.  196.  il 
i.°  de  Maestri  delle ceremonie pontifìcie 
(/'.)  ha  il  titolo  di  Prefetto  delle  cere- 
monie pontificie.  A  Depositerà  Urba- 
ni rimarcai  che  n' è  sempre  prefetto  il 
cardinal  camerlengo.  A  Congregazioni 
cardinalizie  trattai  di  tutte  ,  inclusiva* 
mente  a  quelle  che  più  non  esistono,  in 
uno  alla  loro  origine  che  risale  al  stcolo 
XVI,  ad  ognuna  delle  quali  il  Papa  no- 
mina per  prefetto  un  cardinale,  per  cui 
ad  ognuna  ne  formai  la  serie,  notando 
nel  voi.  XVI,  p.  1 38  e  139  ciò  elle  piti 
particolarmente  riguarda  i  cardinali  pre- 
fetti, i pro-prefetti,  o chi  ne  fa  le  veci  nella 
loro  assenza  o  impotenza  :  che  il  cardinal 
Decano  (fr.)  è  sempre  prefetto  del  la  con  - 
gregazioue  ceremoniale;  che  la  Congre- 
gazione di  propaganda  fide  ha  3  cardi  - 
nali  prefetti,  cioè  il  Prefetto  generale,  il 
Prefetto  dell'economia,  il  Prefetto  della 
stamperia,   la  quale  prefettura  suole  e- 


PI!  E 
sercitarsi  dui  primo.;  che  della  Congre- 
gazione della  rev.  fabbrica  di  *.  Pietro 
n'è  sempre  prefetto  l'arciprete.  NeHo  stes- 
so articolo  notai  pure  che  il  Papa  suo- 
le ritenere  le  prefetture  delle  congrega- 
zioni della  s.  romana  ed  universale  in- 
quisizione, della  visita  apostòlica  e  del- 
la concistoriale,  come  per  ultimi  fecero 
Gregorio  XVI  ed  il  regnante  Pio  IX. 
Del  resto  il  titolo  di  prefetto  fu  attribui- 
to a  diversi  individui.  Nel  voi.  XXXI V, 
p.  3q  dissi  che  il  prefetto  dell'immunità 
ha  ingerenza  sulla  cappella  cardinalizia 
di  S.Tommaso.  Quando  Leone  XI 1  si  por- 
tò nel  1828  al  Collegio  Urbano  per  una 
novena,  il  cardinal  Cappellai'!  l'incontrò 
e  apri  lo  sportello  della  carrozza,  come 
prefetto  di  propaganda,  benché  ivi  fosse 
il  decano  del  s.  collegio;  poi  il  cardinale 
die  la  benedizione  col  Santissimo.  Chia- 
masi Prefello  il  superiore  d'  una  delle 
Prefetture  delle  missioni  apostoliche^7 .); 
Prefetto  generale  il  superiore  generale 
de'  Ministri  degl'  infermi  (f^);  ne'  Col- 
legi e  Seminari  quello  che  presiede  agli 
studi,  ed  altri  ancora  che  sono  preposti 
a  vari  uffizi  minori  ;  vi  sono  i  prefetti  del- 
le congregazioni  pie,  degli  oratorii,  della 
dottrina  cristiana,  ed  altri. 

PREFETTO  DI  ROMA,  Praefectus 
AlmaeVrbis.  Primaria,  nobilissima*;  au- 
torevole dignità  della  città  di  Roma, che 
ebbe  origine  prima  del  senato  romano 
(7^.)  e  dei  comizi,  da  Romolo  i.°  re  dei  ro- 
mani, quando  (come  dice  Dionisio  d'Ali- 
caruasso)  ordinò  alle  tribù  e  alle  curie  che 
ognuna  eleggesse  3  senatori  dentro  alla 
sua  compagnia,  uno  n'elesse  egli  medesi- 
mo per  dar  loro  norma  in  affare  di  tanto 
peso  edichiarollo  insieme  senatore  e  pre- 
fetto pei'  governare  la  città  quando  egli  ne 
partisse coll'esercito. Questa  dignità  durò 
per  23oo  anni  sino  a  Urbano  Vili  che 
nominò  l'ultimo  prefetto  di  Roma,  re- 
standola dignità  sospesa,  ma  non  estinta. 
Come  Romolo  creò  il  prefetto  di  Roma, 
così  sempre  fu  crealo  dai  re  successori, 
dal  dittatore  e  dai  consoli  che  nella  re- 


v  u  e  1 1  ; 

pubblica  tenevano luogodi  principe,  sen- 
za consultarne  il  senato  e  fuori  de'comizi. 
Sotto  i  re  la  carica  fu  a  vita,  sotto  la  re- 
pubblica e  gli  annui  magistrati  non  ebbe 
più  tal  durata,  perchè  niuna  carica  per- 
petua avea  luogo  nella  repubblica.  L'es- 
sere.il  prefetto  eletto  dal  principe  fuori 
de'comizi,  non  godendo  perciò  l'onore  di 
magistrato  e  perciò  non  avendo  autorità 
di  consultare  il  senato  e  di  radunare  i  co- 
mizi, non  poteva  in  conseguenza  niente 
deliberare  o  risolvere  nelle  grandi  emer- 
genze,adducendone  le proveil  Cenni  con- 
tro le  asserzioni  di  Livio  e  le  sue  interpre- 
tazioni. Solo  nel  dedinar  della  repubbli- 
ca il  prefetto  ebbe  l'autorità  di  radunare 
il  popolo  e  il  senato  in  assenza  de' con- 
soli, prima  essendogli  stata  contrastata. 
Avanti  di  questa  epoca  la  podestà  del  pre- 
fetto consisteva  nel  comandare  le  trup- 
pe destinate  alla  difesa  di  Roma  e  ad  in- 
vigilare sugli  andamenti  de'cittadini  per 
prevenire  i  disordi  ni  con  avvisarne  il  prin- 
cipe, ed  a  riparare  a  quegli  sconcerti, che 
senza  senato  e  comizi  potevano  rimediarsi 
con  privata  autorità  e  consiglio.Nell'anno 
di  Roma  3  1  2  colla  formazione  del  poi  tan- 
to temuto  magistrato  de'censori  si  dimi- 
nuirono per  allora  le  brighe  del  prefetto, 
indi  nel  387  o  388  i  tribuni  con  podestà 
consolare,  non  partendo  mai  tutti  daRo- 
ma,  tolsero  il  bisogno  del  prefetto,  crean- 
do il  Pretore  (F.),  magistrato  il  più  ri- 
spettabile dopo  i  consoli,  amministrando 
nella  loro  assenza  la  giustizia  in  Roma, 
solo  restandovi  il  prefetto  delle  Ferie  la- 
tine (tr.),  di  cui  feci  cenno  a  Prefetto. 
Risorse  la  dignità  di  Prefetto  di  Roma 
quando  Augusto  sulle  rovine  della  repub- 
blica rinnovò  il  governo  monarchico,  imi- 
tando e  di  gran  lunga  oltrepassando  il 
fondatore  di  Roma  :  giacché  di  questo  le 
disposizioni  urbane  si  restrinsero  entro 
gli  angusti  termini  de  Monti  di  Roma 
(f^.),  da  lui  racchiusi  nel  circuito,  dove 
quelle  d'Augusto  riguardar  doveano  un 
vastissimo  impero  e  un'ampia  illustre  ca- 
pitale di  vaste  proviueie  in  oriente  eoe- 


nG  PRE 

cidente.  In  quanto  a  Roma,  col  consiglio 
dèi  suo  gran  ministro  Ciluio  Mecenate, 
egli  la  divise  in  proporzione  della  esten- 
sione in  i4  regioni  o  Rioni,  ed  assegnò 
loro  annui  magistrati:  ordinò  anche  Ita- 
lia e  la  divise  in  1 1  gran  regioni  con  sta- 
bilirvi 4  prefetture.  Accrebbe  alcuni  dei 
magistrati  antichi  e  fra  gli  altri  la  pre- 
tura, e  ne  istituì  molli  di  nuovi;  e  tutti 
questi  magistrati,  comprese  le  prefetture 
<f/ta//<z,  soggettai  li  al  prefetto  di  Roma. 
Mecenate  fu  il  i.°  ad  essere  crealo  pre- 
fetto e  benché  semplice  cavaliere  fu  fatto 
principe  del  senato,  ed  ebbe  autorità  e 
giurisdizione  in  Roma  e  nell'  Italia  sen- 
za limitarla  all'assenza  del  principe.  Inol- 
tre Augusto  al  prefetto  di  Roma  sottopose 
tra  tanti  altri  magistrati  anche  quello 
della  censura  e  della  pretura,  gli  diede 
il  jus  gladii,  che  fu  un  dichiararlo  tri- 
bunale supremo  nel  criminale,  come  lo 
eia,  in  assenza  del  principe,  nel  civile, 
invigilando  col  prefetto  dell' annona  pel 
buon  mercato  e  giustezza  de'prezzi  dei 
"viveri, come  uno  degli  oggetti  di  polizia; 
però  nell'accordargli  il  jus  giaciti,  salva 
la  di  lui  superiorità  agli  altri  magistrali, 
l'accordò  pure  a'consoli  eda'pretori  che 
furono  detti  giudici  massimi,  determina- 
zione che  confermò  Adriano  nella  sua 
nuova  ordinazione  dell'impero.  Quindi 
sotto  il  successore  Antonino  Pio,  l'anno 
i  38  di  nostra  era,  il  prefetto  Publio  nella 
causa  di  s.  Felicita  e  de'suoi  7  figli  fece 
solamente  il  processo  e  altri   giudici   li 
condannarono  a  morte  o  almeno  fecero 
eseguire  l'imperiale  condanna.  Il  che  non 
segui  1 6  anni  dopo  sotto  M.  Aurelio,  che 
anzi  il  prefèllo  Urbicio  nella  causa  di  To- 
lomeo e  altri  martiri,  e  Rustico  in  quella 
di  s.  Giustino,  in  qualità  di  giudici  con- 
dannarono assolutamente  a  morte.  Tale 
usui  pacione  di  potere l'aveano  tanto  este- 
sa i  prefetti  nel  2.0 secolo,  ch'ebbed' uopo 
d'essere  con  precello  imperiale  ristretta 
dentro  a    100  miglia.  Altro  freno  posto 
a  queste  e  altre  usurpazioni  fu  quello  di 
avere  ridotto  gl'ingelositi  imperulori  a 


PRE 

magistrato  annuo  la  prefettura;  laonde 
nel  catalogo  de'prefetti  presso  Bucherio 
si  osserva  che  dal  254  al  352  contiene 
prefetti  annui  confermati  talvolta  sino  al 
3.°  anno.  Nondimenochi  veramente  fissò 
il  corso  alle  usurpazioni  del  prefetto  fu 
Costantino,  il  quale  nella  nuova  generale 
ordinazione  dell'impero  alzò  in  Roma  un 
tribunale  al  vicario  del  prefetto  del  Pre- 
torio d'Italia,  e  venne  per  tal  via  a  di- 
videre la  giurisdizione  del  prefetto  di 
Roma.  Segui  il  di  lui  esempio  Costanzo, 
pochi  anni  dopo  togliendo  alla  prefettura 
il  pregio  d'esser  singolare,  con  creare  il 
suo  prefetto  nella  nuova  Roma  o  Costan- 
tinopoli, in  cui  non  avea  posti  il   padre 
se  non  de'pretori.  Scernimento  tale  d'au- 
torità e  d'onore  che  non  sembra  com- 
pensato dal  nuovo  splendore  che  gli  ac- 
crebbe poi  Valentiniano,  preferendolo  in 
senato  ai  patrizi,  consoli,  consolari,  pre- 
fetti del  pretorio  e  altri  illustri.  Decadde 
vieppiù  la  prefettura  nello  smembramen- 
to dell'impero,  né  valse  l'emulazione  di 
Teodoi  ico  re  de'goti  a  ristabilirla  sul  pie- 
de primitivo;  che  invece  succeduti   nel 
568  ai  goti  i  longobardi,  questi  oscura- 
rono affatto  i  magistrati  romani  e  tulio 
empirono  di  barbarie,  ponendo  quasi  in 
silenzio  la  prefettura;  mentre  appena  due 
soli  prefetti  in  sì  lungo  tempo  ci  sono  ri- 
masti secondo  Cenni  (cinque  pare  nella 
serie  di  Contelori,  compreso  s.  Gregorio 
I),  ignorandosi  chi  li  creava,  com'erano 
tornati  ad  essere  perpetui,  e  quale  autori- 
tà ritenessero.  Solo  trovasi  rimasta  inalte- 
rabile in  essi  la  criminale  giudicatura  ne- 
gli ultimi  anni  del   regno  longobardo. 
Cenni  ne'due  prefètti  non  vi  comprese  s. 
Gregorio  I,  non  convenendo  che  avanti 
il  pontificato  avesse  esercitata  la  prefet- 
tura, come  alieno  dal  carattere  del  santo 
il  condannare;  piuttosto  con   Giovanni 
Diacono  ritiene  che  fosse  stato  pretore, 
convenendovi  Noris.  L' Almeloeven  ag- 
giunse ai  fasti  consolari  la  Serie  rie  Pre- 
fetti eli  Roma  e  eli  Costantinopoli  fino  al 
478  ;  l'Eccardo  pubblicò  il  Catalogo  nel 


PRE 

t.  i,  Scrìptores  medii  nevi,  inserito  dal 
devio  nel  t.  3,  Thes.  ant.  Rom.  Cassio- 
doro  e  Salrnasio  trattano  della  sua  giu- 
risdizione nelle  regioni  suburbicarie  fino 
a  100  miglia,  e  della  facoltà  di  giudicare 
nelle  cause  de'senatori  e  degli  altri  ro- 
mani fino  nelle  provincie.  Joh.  Strau- 
c\\'u\s,De cenlumlapidibus  suburbicariis, 
seu  de  Praefeetura  Urbicaria,  ad  tit. 
Digest,  de  Officio  Praef.  Urbis  ,  Vit- 
tebergae  1660  Arn.  Drakenborgii,  Dis- 
sert.phil.  histor.  de  Praefectis  Urbi,  1 704 
e  Ultrajecti  1 752.  Jo.  Tob.  Krebsy,  Com- 
mentatici de  Praefecto  Urbis  romano,  Li- 
psiaei  747- Edoardi  Corsini,  SeriesPrae- 
feclorum  Urbis,  ab  Urbe  condita  ad  an- 
mini  usane  i353,sivea  Christonato6oo, 
colicela  et  illustrata,  Pisis  1763.  Difesa 
per  la  serie  de'  Prefetti  di  Roma  del  p. 
Corsini,  contro  la  censura  fattale  sulle 
Ossen>azioni  del  Giornale  Pisano,  in  cui 
la  detta  serie  si  supplisce  in  assai  luoghi 
e  si  emenda,  Bologna  1772.  Ne  parlano 
Y Effemeridi  di  Roma  1772,  p.  33g.  Let- 
tera scritta  a  mg.r  Guarnacci  dall' ab. 
Amaduzzi  sopra  la  difesa  per  la  serie 
de' Prefetti  di  Roma  del  p.  Corsini,  Pisa 
1  773.  Lettera  di  Clemente  Cardinali  in- 
torno la  serie  de' Prefetti  di  Roma  redat- 
ta da  Eduardo  Corsini,  Velletri  1 836. 
Fu  riprodotta  con  Aggiunte  nel  voi.  2, 
p.  i5  e  235  degli  Atti  della  società  Ve* 
Ulema.  Oltre  la  controversia  per  questa 
serie,  nel  t.  1  degli  Annali  leller.  d'Ita' 
Ha  p.  4j  si  rende  conto  d' un'altra  que- 
stione insorta  tra  il  p.  Branda  che  soste- 
neva doversi  dire  Praef.  Urbis,  e  il  can. 
Irico  che  sosteneva  doversi  scriverePrae/! 
Urbi. 

Le  relazioni  principali  tra'  prefetti  di 
Roma  ed  i  Papi,  prima  che  questi  dive- 
nissero sovrani  temporali,  sono  le  seguen- 
ti. Ermete  del  i32  circa  fu  convertito  con 
tutta  la  sua  famiglia  da  s.  Alessandro  I 
e  patì  glorioso  martirio.  Viene  dai  critici 
tenuta  apocrifa  la  lettera  scritta  da  s.  Dio- 
nisio al  prefetto  Urbano.  L'antipapa  Or- 
sicino  fu  cacciato  da  Roma  <lai  prefetti 


PRE  117 

Giovenzio  o  Vivenzio  e  Vezio  Pretesta- 
to: questo  ultimo  disse  a  s.  Damaso  I: 
Fatemi  vescovo  di  Roma  e  mi  farò  cri- 
stiano. Gl'imperatori  Valentiniano, Teo- 
dosio ed  Arcadio  commisero  al  prefetto 
Saluslio  l'ampliazione  e  ornamento  della 
Chiesa  di  s.  Paolo  fuori  le  mura.  II  pre- 
fetto Gracco  del  383  ottenne  il  battesimo 
da  s.  Damaso  7,  a  condizione  di  atterrare 
la  spelonca  del  dio  Mitra,  come  fece.  Il 
prefetto  Simmaco  nel  4  '  8,  contro  s.  Bo- 
nifacio!, favorì  l'intrusione  dell'antipapa 
JStilalio,onde  l'imperatore  Onorio  dando 
ragione  al  Papa  fu  cagione  che  lui  e  altri 
principi  si  frammischiassero  ne\Y  Elezio- 
ne  de'Pontefici.  Il  prefetto  Germano  in- 
tercettò la  lettera  che  s.  Gregorio  Iscrìsse 
all'imperatore  Maurizio  acciò  non  appro- 
vasse la  sua  elezione,  ed  invece  gli  mandò 
il  decreto  di  questa.  Prima  di  parlare  del- 
la serie  de'  prefetti  di  Roma  sotto  i  Papi 
divenuti  sovrani,  dirò  di  sua  creazione, 
abito,  ollicio,  podestà,  giurisdizione,  pre- 
rogative e  altro.  Felice  Contelori,  De 
Praefecto  Urbis,1\.omae  1 63  I, trattando 
tutti  i  nominati  argomenti,  ecco  come 
descrive  il  ceremoniale  col  quale  il  Papa 
creava  il  prefetto  di  Roma,  e  fu  osservato 
principalmente  da  EugenioI  V,  Sisto  IV, 
Paolo  III  e  Urbano  Vili.  »»  In  pontificio 
sacello  praesente  sacro  cardinalium  coe- 
to,  vel  in  aliquo  tempio,  qui  praefecturae 
insignibus  donandus  est,  inter  sacrorum 
solemnia  duobus  ex  procerum  nùmero 
primoribus  utrinque  associatusad  Pon- 
tificem  ducitur:  Tum  flexis  iu  imo  solii 
gradus  genibus  ad  ipsum  accedit,  pedi- 
busque  de  more  exosculatis  nixus  geni- 
bus,  fidei  ac  subjectionis  juramentum 
praestat:  Inde  ad  solii  imum  regredieiis 
consuetum  pallium,  sagumque  exuit,  ac 
solio  iterimi  conscenso  genibus  iucubens 
suarum  vestium  consecrationi  interest, 
dum  a  Pontifico  veteri  precatione  pera- 
gitur:  Tum  ab  eodem  dalmatica,  cla- 
mydeque  induitur.  Demum  pileo  capiti 
imposito,  ad  osculimi  oiis  admittitur; 
exinde  a  sacrarum  caeremoniarum  ma" 


i.8  PRE 

gistro  in  supremo  solii  gradu  proxime 
posi  diaconum  cai dinalem  inibì  adsiden- 
tern  ad  Pontificis  dexteram  collocatur, 
eisque  ad  sacri  fìnem  adstat  paridi  in- 
cumbens.  Mox  Pontifìcera  discendentem 
assectatus  pone  pluvialis  vestis  oras  su- 
stinet.  Postremo  Pontifexeumdem  non- 
dum  depositis  magistrati^  insignibuse 
pulo  publice  exceptum  collocutioneque, 
coram  omnibus  in  scam.no  sedentem  di- 
gnatusdioiittitjEtdemumsolemni  pom- 
pa revertitur,  ut  inferius  dicetur  ".  Le 
vesti  del  prefetto  di  Roma  eletto  dal  Pa- 
pa consistevano:  nelle  calze  (za nchas,  cai- 
ceos),una  tessuta  d'oro,  l'altra  rossa;  Ma- 
cri  le  chiama  scarpe  preziose  e  ricamate: 
nella  forma  che  produsse  Contelori  sono 
una  specie  di  stivali  allacciati  nella  par- 
te anteriore  della  gamba  cogli  speroni 
Nella  tunica,  dalmatica  o  funicella  det- 
ta anche  veste  senatoria,  aperta  dai  Iati, 
e  secondo  altra  forma  soltanto  davanti, 
con  maniche  corte  e  larghe  di  drappo 
rosso,ricamata  d'oro  nelle  aperture  e  nel  - 
laestremità.  Nella  clamide,  o  paludamen  • 
to,  o  pallio,  o  piviale,  o  manto  prezioso 
(come  dissi  nel  voi.  XL1I,  p.  i6S)holo- 
serica  punicea  confeclum  àuroque,  rica- 
mata d'oro  intorno  all'apertura  davanti 
e  nell'estremità:  tanto  questo  manto  che 
la  tunica  discendevano  sino  ai  ginocchi, 
e  si  legava  il  manto  sull'omero  destro  con 
legaccia  d'oro.  Nel  pileo  o  tiara  con  co- 
rona (ne  parlai  nel  voi.  XVII,  p.  1 83), 
o  berretta  ducale  colle  code  pendenti,  ros- 
sa e  ricamata  d'oro  con  gemme  nel  cer- 
chio, essendosi  usata  di  forme  di  verse, co- 
me di  berretto  frigio,  di  tiara  e  di  mi- 
tra chiusa  ,  per  cui  Garampi  nel  Sigil- 
lo della  Garfagnana  p.  75,  scrisse  che 
da  Benzone  vescovo  d'  Alba  si  raccoglie 
che  nel  secolo  XI  portava  la  mitra  an- 
che il  prefetto  di  Roma.  Nel  voi.  Vili , 
p.  117  e  seg.  narrai  del  suo  interven- 
to, per  documenti  de'  primi  del  secolo 
XII,  alle  sagre  funzioni  pontifìcie,  vesti- 
to di  manto  prezioso  e  calzato  d'  oro  in 
ima  cianca  e  di  rosso  nell'altra,  che  as- 


PRE 

sisleva  al  soglio  pontificio,  che  caval- 
cava immediatamente  dopo  il  Papa  coi 
giudici  all'intorno,  e  riceveva  il  presbi- 
terio di  20  soldi  e  la  mancia  per  Natale; 
ed  a  p.  222  che  per  la  Candelora  riceveva 
la  dispensa  della  cera  anche  la  moglie  del 
prefetto,  chiamata  prefettessa  ,  Praefe- 
clissae,  avendone  parlato  in  diversi  luo- 
ghi relativi.  Riceveva  in  cappella  le  can- 
dele, le  ceneri  e  le  palme  benedette  prima 
degli  ambasciatorf:  questi  somministra- 
vano l'acqua  al  Papa  per  la  Lavanda 
delle  mani  (V.)y  ma  l'ultima  volta,  come 
la  più  degna,  la  versava  il  prefetto.  In 
cappella  semper  Praefeclum  omnibus 
post  cardinales,  illosque  principe*,  qui 
in  eodem  scartino  cardinalibus  adsident, 
sive  clericis,  sive  laicis  sine  lilla  contro- 
versia anteferendum  esse  docent:  neque 
excipiunt  praesules  cujuscunique  digni- 
tatis  ac  muneris,  etìam  si  sacris  vesti- 
bus  induli  sint.  Tanto  il  prefetto  che  la 
prefettessa  aveano  la  parte  di  palazzo, 
pane,  vino,  ciambelle,  di  che  nel  voi.  L, 
p,  2o5  e  206.  Nel  giorno  della  corona- 
zione, così  leggesi  per  Gregorio  IX  nel 
1 227  che  addestrava  per  la  briglia  il  ca- 
vallo su  cui  cavalcava  i)  Papa  col  Sena- 
tore di  Roma  (P.),  e  per  Bonifacio  Vili 
nel  1294,  manto  quod  splendidus  una 
auri  subcinclus  caliga,  subeinctus  et  una 
scarle ti,  ponendus  erat  Praefeclus,et  al- 
mae  Urbis  aposlolicum  juxla,  corni  tan- 
tibùs  illuni  judicibus  coperti  di  piviale, 
ancorché  in  questa  funzione  v'intervenis- 
se Carlo  11  re  di  Sicilia  e  altri  principi, 
osservando  Contelori  che  il  prefetto  pre- 
cedeva il  Papa  o  gli  era  al  lato  o  imme- 
diatamente lo  seguiva.  Altrettanto  faceva 
nel  giorno  di  Pasqua  cavalcando,  e  ne  ri- 
porta la  figura  (insieme  ad  altre  tra  tic 
dai  monumenti  di  Viterbo  e  Caprarola), 
ricevendo 4o  soldi  o  denari  di  Pavia,  nec 
raro  quindecim  sportulam,  unumque  vi- 
ni, alterimi  vero  secundarii  cadum  ac- 
cipiebat.  Nella  4*  domenica  di  quaresima 
1  iceveva  dal  Papa  in  dono  la  Rosa  d  or,, 
benedetta  {V-),  per  avere  accompagnato 


PRE 
a  piedi  il  Papa  e  condolici  per  la  briglia 
il  suo  cavallo  e  sostenuto  la  staffa  a  guisa 
<li  Palafreniere  [V.)}  come  fecero  impe- 
ratori e  re,  e  nel  modo  che  riportai  nel 
citato  volume  p.  277.  Riferisce  Borgia, 
Memorie  1. 1,  p.  41 2>  parlando  degli  ar- 
civescovi di  Lione,  che  amministravano 
il  governo  temporale  pel  senescalco, sen- 
za interloquire  nelle  cause  criminali  e  in 
quelle  massimamenteche esigevano  pena 
di  sangue,  per  cui  gli  davano  l'autorità 
rog/ioscendi et defìniendi ,  nello  stesso  mo- 
do che  il  prefetto  di  Roma,  qui  punien- 
dis  criminibus  specialiter  praeest,  prae- 
jeclurae  suae  auctoritatem  a  domino  Pa- 
pa recipere  dicitur.  Ut  et  in  dominion 
Laetare, expleta  solemni  processione,  in 
qua  rosam  auream  idem  summus  Poti' 
ti/ex  circum portai,  ipsum  quasi  prò  de- 
biti exequutione  eadetn  rosa  remunerai. 
Nel  r5o6  Giulio  II  nel  dì  della  Purifi- 
cazione die  la  candela  al  prefetto  prima 
de'vescovi  assistenti  al  soglio  e  del  prin- 
cipe di  Macedonia.  Nel  precedente  anno 
e  per  tal  funzione,  reliclo  majori  cereo, 
(pieni  ad  Pontificis  dexteram  lenebal,  ce- 
retini  ab  ipso  minorem  anteSalernitanum 
principali  acccpit,  qui  tanica  accepcrat 
ante  praesides  assistens.  Ma  devesi  te; 
ner  presente  che  allora  il  prefetto  era  il 
duca  d'Urbino.  Nel  solenne  ingresso  che 
fece  Giulio  II  in  Bologna  cavalcava  dopo 
gli  ambasciatori,  sosteneva  la  fimbria  o 
coda  posteriore  del  manto  papale  e  lo  co- 
priva con  l'ombrella.  Nella  processione 
del  Corpus  Domini  sostenne  il  lembo  po- 
steriore del  manto  di  Giulio  II  nel  recarsi 
alla  cappella  e  poscia  incedette  nella  pro- 
cessione dopo  il  principe  di  Macedonia, 
cogli  ambasciatori  di  Francia  e  di  Vene- 
zia :  con  questi  sostenne  l'asta  del  ponti- 
ficio baldacchino  quadrato.  Il  prefetto 
interveniva  alla  solenne  funzione  della 
lavanda  de'piedi  dell'immagine  del  ss. 
Salvatore,  istituita  da  s.  Leone  IV  nel- 
1'  847>  come  narrai  ne'  voi.  IX,  p.  83, 
XLIX,  p.  287.  Al  prefetto  apparteneva 
nel  giorno  di  s.  Andrea  al  Vaticano  som- 


PRE.  119 

ministrare  al  Papa  i  cerei,  era  ammesso 
al  solenne  convito  e  riceveva  le  decime. 
Nelle  funzioni  che  il  Papa  celebrava  nel- 
la basilica  Lateranense,  il  prefètto  vi  as- 
sisteva coi  Giudici  (F.)  Palatini  (f'-)j 
con  questi  e  altri  primari  uffiziali  della 
s.  Sede  ne'primi  secoli  interveniva  a\VE- 
lezione  del  Pontefice.  Allorché  l'impera- 
tore veniva  in  Roma,  il  prefetto  l'incon- 
trava, e  nell'ingresso  della  cittàsosleneva 
l'asta  del  baldacchino  quadrato,  con  quei 
personaggi  che  indicai  nel  voi.  XXXV, 
p.  173  e  174:  i  conservatori  di  Roma 
conducevano  il  cavallo  pel  freno,  che  nel 
discendere  prendevano  il  prefetto  e  il  se- 
natore, ed  il  i.°  sorreggeva  la  staffa  nel 
discenderel'imperatore.  Il  prefetto  di  Ro- 
ma nell'ingresso  di  Lodovico  il  Bavaro 
lo  precedeva;  così  nel  1468  quando  tor- 
nò in  Roma  Federico  III,  dopo  il  re  d'Un- 
gheria e  Boemia  cavalcava  il  prefetto  or- 
nato di  sue  insegne,  seguito  dall'impera- 
tore in  mezzo  a  due  cardinali.  Nella  co- 
ronazione dell'imperatore  o  quando  con 
solenne  pompa  fece  il  suo  solenne  ingres- 
so in  Roma, gli  andava  innanzi  colla  spa- 
da imperiale  nuda,  come  aveano  prati- 
cato cogl'im  pera  tori  romani  i  prefetti  del 
pretorio,  ed  i  proto-spatari  con  quelli  di 
oriente.  Tanto  eseguì  nelle  coronazioni 
d'Enrico  VII  e  Carlo  IV.  In  Bologna  per 
la  coronazione  di  Carlo  V,  nella  splendi- 
dissima cavalcata  che  in  più  luoghi  de- 
scrissi, Francesco  M.a  I  della  Rovere  du- 
ca d'Urbinoe  prefetto  di  Roma  fatto  dal- 
lo zio  Giulio  II,  col  marchese  di  Mon- 
ferrato, il  duca  di  Baviera  e  il  duca  di  Sa- 
voia, cavalcava  per  3.°  Come  prefetto  di 
Roma  vestiva  la  dalmatica  di  raso  cre- 
misi che  sino  alle  ginocchia  gli  cadeva, 
con  manto  di  broccato  d'oro  e  allacciato 
alla  spalla  destra.  In  capo  aveva  un  ber- 
rettone a  forma  di  piramide,  lungo  e  co- 
perto di  raso  rosso,  con  fodera  d'armel- 
lino,  splendido  per  oro  e  gemme,  con  alla 
sommità  rotonda  e  bianca  duestriscie  au- 
ree formanti  la  croce.  Gli  pendevano  sul- 
le spalle  due  altre  strisele  rosse  colle  croci 


lao  PRE 

di  trine  d'oro  a  guisa  delle  Gode  delle  mi- 
tre vescovili.  Egli  teneva  lo  stocco  o  spa- 
da dell'imperatore  ben  ornata  di  gemme 
nell'elsa  e  nella  vagina.  Dopo  che  Carlo 
V  per  circa  6  passi  guidò  per  la  briglia 
la  chinea  che  cavalcava  Clemente  Vlf, 
ad  istanza  di  questi  montò  sul  suo  ca- 
vallo, sorreggendo  la  staffa  il  prefetto  di 
Roma. Nel  convito  imperiale,  questi  sedè 
nella  mensa  poco  disgiunta  dall'impera- 
tore con  4  cardinali  e  i  nominati  princi- 
pi. Dice  Giovio  che  lo  creò  cavaliere,  co- 
me solevano  fare  gl'imperatori  dopo  co- 
ronati sul  Ponte  s.  Angelo  (P.),  con  di- 
Tersi. 

Della  podestà,  giurisdizione  e  preroga- 
tive Contelori  tratta  ai  e.  4  e  5,  ed  il  Co- 
heW'io,  Noi.  cardinalalus,p.  i56:  dell'an- 
tica ne  parlai  in  principioenel  voi.  XXXI, 
p.  3o8.  Amplissima  era  l'antica  podestà  e 
giurisdizione  sotto  i  Cesari  e  sotto  ire  goti 
tanto  in  Roma  che  nel  suo  distretto  e  Co- 
marca  [V.)  nel  raggio  di  ioo  miglia, 
nel  criminale  e  nel  civile,  cui  appellava- 
no dai  pretori  delle  provincie chi  si  cre- 
deva gravato  de'  loro  giudizi  ,  essendo 
molti  gli  avvocali  che  ricorrevano  al  sup 
tribunale.  Presiedeva  ai  pubblici  spetta- 
coli, puniva  i  servi  infedeli,  nominava  i 
curatori  e  tutori,  vegliava  sugli  artefici 
e  venditori  de'commestibili,  alla  ripara- 
zione de'pubblici  edifizi,  sulle  pubbliche 
strade  contro  i  ladri,  e  sopra  altre  cose, 
venendo  la  sua  podestà  e  giurisdizione 
ampliala  o  ristretta  secondo  la  volontà 
de'principi.  Sotto  i  Papi  conservò  diverse 
delle  memorate  e  altre  attribuzioni.  A- 
driano  I  di  comune  consenso  coi  romani, 
volendo  punire  il  misfatto  commesso  nel- 
le persone  de'due- primari  palatini  Cri» 
stofano  e  Sergio,  d"  cui  pàrlaGalletti,  Del 
primicero  p.  5i,  Jussit  contradere  Cai- 
vulum  eubicularium,el  Campanos  Prat- 
fedo  Urbis, ut  more  homicidarum  eosco- 
ram  universo  populo  cxaminaret.  Nel 
loto  nella  causa  tra  Ugo  abbate  di  Far- 
la e  altri  giudicò  il  prefetto.  Calisto  II  nel 
i  123  concesse  a  questo  magistrato  giu- 


PRE 

risdizione  sulla  Città  Leonia  a  [F.).  Inno- 
cenzo III  aggiunse  al  prefetto  il  cardinal 
Gregorio  diacono  per  provvedere  energi- 
camente contro  i  ladroni.  Il  prefetto  crea- 
va i  giudici  ed  i  notari  ne'  secoli  XIII  e 
XIV,  usando  nel  diploma  questa  fòi  mo- 
la: »  Ego  N.  Dei  graliasacrae  romanae 
praefecturae  judex  et  scrinarius  ".  Cali- 
sto III  nel  14^7  e  Alessandro  VI  nel  i497 
gli  restituirono  la  giurisdizione  sui  ca- 
stelli, »»  Vetus  Civitas,  Montagnola,  Ca- 
prarola,  Vetralla,  Carbonianum,  Julia- 
nellum,  Tulpha  nova,praelerea  Castrum 
Valeranum,  Rispampanum,  Orchia  seu 
Orclae,  Arx  Mons  Romanus,  Mons  Ma- 
jor, Casamarii,  et  alia  quaedam,  quorum 
regimen  ac  dominatus  Urbanae  oliai 
praefecturae  conjuncta  erant".  Vedasi  il 
p.  Casimiro,  Memorie  de'  conventi  della 
provincia  romana,  p.  54- 11  prefetto  co- 
niava anche  la  moneta,  di  che  parla  Con- 
telori riproducendone  due  con  sei  pani 
e  la  lettera  P,  Praefecti,  dicendo  essere 
loro  insegna  l'aquila  che  sostiene  una  ro- 
sa, per  quella  che  gli  donavano  i  Papi, 
ed  i  sei  pani  che  ogni  giorno  riceveva  in 
Roma  da  ciascun  fòrmi ro  per  la  sorve- 
glianza che  esercita  va  sul  pane  ealtre  vet- 
tovaglie, perchè  osserva  Nicolai  t.  3,p.  6  r , 
chene'lempi  di  mezzo  tra  gli  antichi  ma- 
gistrati della  città  più  stabilmente  si  tro- 
va la  carica  del  prefetto  di  Roma,  essen- 
do molto  probabile  che  avesse  la  ispezio- 
ne egiurisdizione  sopra  l'annona.  GÌ'  im- 
peratori ed  i  Pontefici  concessero  ai  pre- 
fetti di  Roma  diverse  prerogative.  Nel 
senato  era  il  primo  a  parlare.  Venne  de- 
coralo deJti Ioli  d'  Illuslre,d'  Illustrissima, 
di  Gloriosissimo,  di  Eminentissimo,  il 
quale  titolo  si  dava  anche  al  prefetto  del 
pretorio,  come  notano  Salmasio,  Depri- 
mala Papae  p.  1 55,  e  Seldeno,  De  titulis 
honorum  1. 1,  p.  6G8. Seri  vendogli  o  par- 
landogli si  usavano  quelli  di  tua  magni- 
tudo ,  sincerilas _,  illustris  auctorìtas , 
sublimilas,  nobilitas,  exiniiclas  ,ampli- 
ludo,  eminenlia,  gravitas,  culmen,  ma- 
gnificentia.  Fu  equiparato  al  prefètto  del 


PRE 

pretorio. e  al  maestro  de'militi.  Da  Adria- 
no I  a  Benedetto  X  poco  si  conoscono  le 
prerogative  del  prefettodi  Roma. DaGre- 
gorio  XI  ad  Eugenio  IV  egualmente,  a 
cagione  del  grande  e  lungo  scisma,  co- 
me per  l'assenza  de'Papi  da  Roma.  Così 
Contelori  descrive  i  rapporti  tra  il  pre- 
fetto e  i  magistrati  del  municipio  roma- 
no, ossia  della  precedenza  del  prefetto  sul 
senatore,  sui  conservatori  e  sul  vessilli- 
fero o  gonfaloniere  di  Roma,  tutti  ma- 
gistrati primari,  ma  inferiori  al  prefetto. 
«  Atq-ue  ut  ab  Urbis  senatore  ordiamur, 
eum  ubique,Praefecto  loci  dignitate  ces- 
sisse,  neque  uspiam  ea  de  re  in  contro- 
versia m  venisse reperio.  Ex  eoflt  non  mo- 
do Urbis  conservatores,  sed  etiam  populi 
romani  vexilliferum  (V.  Gonfaloniere 
della  s.  r.  Chiesa,  dal  quale  si  rileva  cbe 
maggiore,  di  questi  era  la  dignità  del  pre- 
fetto), qui  dignitate  senatori  inferiores 
sunt,  praefecto  posthaberi.  Atque,  haec 
ut  juredebentur,  ita  semper  servata  fuis- 
se  memoriae  proditum  est  ''.  A  Paggio 
dissi  di  quelli  del  prefetto  di  Roma  e  co- 
me nobilmente  vestivano  nelle  cavalcate 
colla  livrea  del  prefetto,  precedendolo  con 
una  frusta  in  mano,  in  segno  che  casti- 
gava i  malfattori.  Il  Vitale,  De  senatori 
di  Roma,  riportando  l'ordine  e  la  magni- 
ficenza de'magistrati  romani  nelle  pub- 
bliche cavalcate,  nel  tempo  che  il  Papa 
colla  corte  stava  in  Avignone,  scrive  che 
dopo  gli  oratori  dei  re,  de'principi  e  re- 
pubbliche, preceduto  dai  paggi  del  gon- 
faloniere e  propri  »  seguiva  il  Prefetto 
di  Roma  a  man  dritta  del  Confaloriiero. 
E  questo  officio  dopo  il  Senatore  ha  il  pri- 
mo luogo,  esercitato  da  baroni  romani 
(massime  dai  Caelani  e  Orsini,  f.)jet 
avendo  carico  di  mantenere  la  patria  ab- 
bondante, e  di  tenere  purgate  e  sicure 
le  strade  della  campagna  di  Roma,  nette 
da  la  troni  et  assassini,  e  con  vigore  li  ca- 
stigava   Dietro  a  questo  venivano  4 

paggi,  i  palafrenieri,  i  gentiluomini,  gli  a- 
labardieridel  seuatore,il  quale  cavalcava 
con  maestà".  Laonde  chiaro  risulta  che 


PRE  121 

a  quell'epoca  il  senatore  di  Roma  era  di- 
gnità maggioredel  prefetto.  Daidiaridei 
maestri  delle  ceremonie,  in  gran   parte 
pubblicati  dal  p.  Gattico,  si  apprende  co- 
me ne'posteriori  tempi  il  prefetto  di  Ro- 
ma era  trattato  nella  cappella  pontifìcia 
e  nelle  pubbliche  funzioni,  divenuto  però 
quanto  all'esercizio  della  carica  prelato 
Governatore  di  Roma  j  imperocché  es- 
sendo i  duchi  d' Urbino  (panche  prefèt- 
ti, rare  volte  si  recavano  in  Roma.  Conte- 
lori  riporta  molti  tratti  ditalidiari,ed al- 
cuni appunto  riguardano  i  governatori  di 
Roma,  la  loro  assistenza  alle  sagre  funzio- 
ni papali,  la  precedenza  sugli  ambascia- 
tori incappella  e  nelle  cavalca  te.  Nel  i5oG 
Giulio  II  pranzando  coi  cardinali  nel  mo- 
nastero di  s.  Paolo  a'-i5  gennaio,  fece  as- 
sidere  a  mensa  solo  praefectus,  così  nel 
convito  di    Pasqua  il   nipote  prefetto  di 
Roma;  nel  pranzo  fatto  nel  Valicano  pel 
matrimonio  di  Felice  figlia  del  Papa  con 
Orsini,  pracfectus  post  cardinalessedit, 
secundum  illuni  Urbis  gubernator,  dei/i- 
ceps  suo  ordine  regis  Galliae,  atque  Ili' 
spaniae  oratores.  Nello  stesso  anno  Giu- 
lio li  recandosi  da  Ferrara  a  Imola,  il 
nipote  duca  d'Urbino  e  prefetto  di  Roma 
cavalcò  tra  due  cardinali.  Recandosi  in 
Roma  il  prefetto  era  incontrato  da  una 
cavalcata  de'famigliari  del  Papa,  de' car- 
dinali e  de'baroni  romani,  che  descrive 
Contelori,  insieme  a  quella  per  l'ultimo 
prefetto  reduce  dall'aver  preso  possesso 
dello  stato  d'Urbino  in  nome  dello  zio 
Urbano  VIII,  anche  coi  famigli  degli  am- 
basciatori. Nella  distribuzione  delle  pal- 
me nel  i5o5  e  i5o6,  in  questo  tempo 
il  prefetto  palmata  gestabat  ad  Pontifi- 
cis  dexleram,  princeps  vero  Salernita- 
nus,  atque  Urbis  senator  gestabant  ad 
sinistram.  Garampi  citato  a  p.  6 1  parla 
del  sigillo  del  prefetto  di  Roma  Pietro 
de  Vico,  rappresentante  l'immagine  d'u- 
na donna  colla  spada  (segno  della  giu- 
stizia, dice  Valesio)  in  una  mano  e  colla 
rosa  nell'altra  coll'iscrizione  abbreviata: 
Signuta pracfcctoriae  dignitàtis,  perde- 


i22  l'UE 

notare  che  quella  figura  rappresentava 
l,i  Prefettura  di  Roma.  Vettori  nel  Fio- 
rino d'oro  p.  i  29  diede  un  intaglio  in  le- 
gno col  sigillo  del  prefetto,  colla  detta  fi- 
gura sedente  su  trono  adorno  delle  teste 
di  cane  (per  simbolo  di  fedeltà,  dice  Va- 
lesio), egualeaquelloch'è  nell'arco  trion- 
fale della  basilica  Liberiana,  nella  cui  pre- 
della è  l'epigrafe:  Justilia  indicat.  Late- 
ralmente sono  3  figure  in  atto  di  suppli- 
care,alcuna  anche  genuflessa,  ed  una  pre- 
sentando istanza  ,  sovrastate  da  due  i- 
scrizioni.  Dice  là  1/  All'inai  Papae  Ma- 
rais  Aurea  Rosaj  la  »;-  Sig.  Praefeclo- 
riae  dignità ùs.  Sotto  alla  predella  si  leg- 
ge: Haéc  die.  fideliter  scrii,  notarli  et/'u- 
dices,con  l'aquila  coi  6  pani.  Intorno  al 
sigillo  è  l'iscrizione:  Joannes  Dei gratia 
Ahnae  Urbis  Praefectus  Cesare  absen- 
te  sanimi  Pontifìcis  daclor.  Sotto  nella 
maggior  parte  del  diametro  vi  è  l'epigra- 
fe: hnperii  sacri jasliliae  cani  mucrone. 
Il  citalo  p.  Casimiro  a  p.  386  dice  clie 
il  sigillo  della  prefettura  che  usava  Gio- 
vanni de  Vico  prefetto  di  Roma  nel  1  34', 
si  vede  impresso  con  incisione  nella  Sto- 
ria di  T'iterbo  del  Bussi  (Garampi  ritie- 
ne che  questi  errò  sul  nome,  essendo  il 
sigillo  di.  Pietro),  illustrato  dal  Valesio. 
Osservo  che  nel  Bussi  a  p.  20*1,  il  sigillo 
è  eguale  a  quello  di  Vettori,  meno  qual- 
che piccola  diversità;  esse  consistono, che 
nell'ultima  epigrafe  è  detto:  Juslicieq. 
inaerò;  che  in  vece  delle  6  figure  ne  so- 
no scolpite  4,  cioè  2  giudici  in  ginocchio 
col  motto  sotto,  Judicet,  e  sopra  Jusleju- 
dicanl,  con  un  libro  a  piedi  della  Prefet- 
tura; e  dall'altra  parte  2  notali  in  simile 
atto  con  un  calamaio,  sotto  vi  è  Notarii, 
e  sopra  Dieta  ips.  fidclltè.  scribi".  Si  al- 
lude alla  vigilanza  del  prefello  nello  sce- 
gliere giudici  e  notali  dotli  e  fedeli:  i 
primi  hanno  il  cappuccio,  forse  segno  di 
giurisdizione.  L'aquila  arme  dell'impero 
romano  lo  divenne  della  prefettura  e  pro- 
babilmente l'adottò  la  famiglia  de  Vico, 
per  il  lungo  tempo  che  eserciti)  la  digni- 
tà :  i  pani  ricordano  quelli  che  vi  prefetto 


PRE 

soleva  avere  dai  fornì  della  città  ogni  gior- 
no nel  medio  evo,  dice  Nerini,che  ripor- 
ta diverse  notizie  sui  prefetti  di  Roma, 
De  tempio  ss.  Bonifacii  et  Alexii.  Can- 
cellieri ne' Possessi  p.  499  crede  che  il 
Palazzo  di  Firenze  (f.)  in  Roma  fosse 
già  del  prefetto  di  Roma  o  della  fami- 
glia de  Vico  che  ne' vecchi  mss.  è  detta 
anche  de'PrefeUi,  il  quale  nella  confisca 
de'beni  fatta  ad  essa  da  Calisto  III,  co- 
me edifizio  spettante  alla  prefettura  lo 
die  al  nipote  quandogli  conferì  la  digni- 
tà, il  quale  in  più  luoghi  vi  fece  dipin- 
gere sul  muro,  graffito  a  chiaroscuro,  il 
bove  stemma  gentilizio  de'Leuzuoli  Bor- 
gia. Da  questa  denominazione  la  vicina 
chiesa  di  s.  Nicola  de'  Predicatori  (P.) 
prese  il  titolo  di  s.  Nicola  de' Prefetti,  ed 
in  una  bolla  di  Urbano  II  presso  Mont- 
faucon,  Diar.  ital.  p.  244»  e  scritto  de 
Praefecto,  che  il  volgo  dice  de'  Perfelti. 

Serie  deJ  prefetti  di  Roma  in  tempo  dei 
sovrani  Pontefici. 

Gaetano  Cenni,  Dissert.  10  del  Pre- 
fetto di  Roma,  supplì  a  Contelori  nel  ri- 
portare le  notizie  di  alcuni  prefetti  di  Ro- 
ma, dal  fine  del  regno  longobardo  fino  a 
Innocenzo  III,  cioè  dal  774circa  ah  rg8, 
per  più  di  4oo  anni,  lasciando  così  Con- 
telori correre  l'opinione  di  coloro,  i  quali 
leggermente  credono  avere  avuta  gl'im- 
peratori suprema  giurisdizione  in  Roma 
(cièche  confutai  in  moltissimi  articoli  ed 
a  Placito)  e  ne'di  lei  magistrati  ;  tanto 
più  che  gli  atti  del  medesimo  Innocenzo 
III ,  se  non  si  esamina  direttamente  la 
Storia,  parche  confermino  tale  falsissima 
opinione.  Mentre  che  i  Papi  assoluti  si- 
gnori di  Roma  e  dello  stato  della  Chiesa 
fin  da  s.  Gregorio  II,  prima  ancora  che 
ristabilissero  l'Impero  (P.)  ài  Occidente, 
non  si  spogliarono  mai  del  loro  diritto, 
molto  meno  lo  perdettero,  benché  ora  dal  - 
l'incostanza  de' sudditi,  ora  dalle  usur- 
pazioni imperiali  fosse  loro  contrastato. 
Appena  ripristinato  l'impero  da  s.  Leo- 
ne III  in  Carlo  Magno,  i  successori  fu- 


PRE 
rono  costretti  dalla  instabilità  de'roma- 
ni  a  chiamare  in  aiuto  gl'imperatori  Ca- 
rolingi, e  questi  in  tali  occasioni  ebbero 
autorità  delegata  negli  affari- anche  più 
gelosi  del  principato  e  del  sacerdozio;  ma 
non  però  si  arrogarono  essi  mai  alcun  di- 
ritto pontificio  ,  come  osarono  fare  Fe- 
derico I  e  suo  figlio  Enrico  VI,  ai  quali 
spettano  i  memorati  atti.  Pertanto  indi- 
cherò le  cose  principali  di  detti  prefetti 
diRorna  colla  scorta  di  Cenni,  e  di  quan- 
to mi  riuscì  riunire,  avendo  presente  e 
profittando  di  ciò  che  scrisse  il  Carli  , 
Ossen'azioni  in  quanto  appartiene  alla 
zecca  pontificia  e  a  Roma,  opera  loda- 
ta dal  Zaccaria  ,  Storia  letteraria  d'  7- 
lalia  t.  3,  con  importanti  rilievi.  Nel- 
l'andare unite  alla  podestà  del  Papa  le 
forze  imperiali ,  ne  nacquero  frequenti 
sedizioni  in  Roma,  che  andarono  per  lo 
più  a  finire  nella  mutazione  di  governo. 
Cominciò  la  i  .a  vivente  ancora  Carlo  Ma- 
gno, iiquale  da  alcuni  e  da  Torrigio,  Grot- 
te vaticane,  p.  269,  citando  Alamanni, 
De  late.r.  par iet.,  dicesi  che  fu  anche  pre- 
fetto di  Roma,  forse  perchè  ne'mooumen- 
ti  ci  viene  rappresentato  con  berrettone 
in  testa,  e  come  dice  Eginardo, era  solito 
vestirsi  con  longa  tunica  et  clamyde  a- 
mie  tua,  come  suole  figurarsi  il  prefettodi 
Roma.  Che  a  suo  tempo  enell'Boolo  era 
Costantino  Orsini,  lo  afferma  Contelori, 
Da  questa  epoca  e  per  più  d'un  secolo  Ro- 
ma non  ebbe  prefetto,  cioè  fino  al  928, 
al  dire  di  Cenni,  non  intendendosi  perciò 
come  ebbe  Muratori  a  far  le  meraviglie 
trovando  nel  g65  il  prefetto  Pietro  men- 
tovato dalconlinuatore  diReginonee  da 
Contelori,  quando  erano  già  38  anni  da 
che  era  stato  nel  928  sotto  Leone  VI  in 
una  nuova  sedizione  ristabilito  ,  benché 
in  compagnia  di  due  consoli  e  de'tribuni 
della  plebe,  il  qual  governo  durò  a  tutto 
il  secolo  X;  finché  avvedutisi  i  Papi  mi- 
drirsi  nella  podestà  consolare  i  semi  di 
sedizione,  ridussero  il  governo,  aiutandoli 
gl'imperatori, al  solo  prefetto,  il  quale  tra 
gli  scismi  orribili  degli  Antipapi  (f/.))  ra- 


PRE  p*  3 

re  volle  scompagnali  da  sedizioni,  conti- 
nuò fino  a  buona  parte  del  secoloXH.Qui 
termina  Cenni  e  tace  fino  al  1  1  4o,  per  cui 
riempirò  il  vuoto.  Pompili  Olivieri,  lise- 
nato  romano,  p.  166,  confutò  Platina,  per 
avere  asserito  che  nel  pontificato  di  Gio- 
vanni XII  in  Roma  erano  creati  due  con- 
soli l'anno,  e  un  prefetto  della  nobiltà,  il 
quale  rendesse  ragione  al  popolo,  e  dalla 
plebe  si  creavano  12  decarconi  (o-tribuni 
della  plebe  o  caporioni), i  quali  sostenes- 
sero 1'  officio  del  senato.  Narra  poi  che 
Giovanni  X1II{  V.),  essendosi  inimicati  i 
romani,  Roffredo  prefetto  di  Roma  lo  po- 
se in  Castel  s.  Angelo ,  indi  cacciò  dalla 
città.  Ne  prese  le  difese  Ottone  I,  per  cui 
i  romani  lo  richiamarono,  ma  l'impera- 
tore fece  impiccare  i3  de'principaii  ro- 
mani o  tribuni ,  e  secondo  Baronio  fece 
cavar  dal  sepolcro  il  cadavere  di  Roffre- 
do, squartare  in  pezzi  e  attaccare  in  va- 
rie forche.  A  Pietro  poi  successore  di  Rof- 
fredo nella  prefettura,  dopo  avergli  fatto 
radere  la  barba  e  attaccare  pei  capelli  al 
cavallo  di  Costantino,  a  ritroso  sopra  un 
asino  (con  un  campanello  alla  coda,  dissi 
nel  voi.  VII,  p.  1  1 5)  con  un  otre  in  testa 
e  due  alle  coscie,  lo  mandò  a  girare  per 
la  città  zimbello  del  popolo,  battuto  con 
verghe;  indi  posto  in  oscura  prigione  vi 
restò  lungo  tempo,  finche  fu  esiliato  da 
Roma.  Tuttociòcon  qualche  piccola  dif- 
ferenza Io  racconta  pure  Contelori.  Fer- 
rucci, Investigazioni  su  Bonifazio  VII , 
p".  io,  riferisce  che  Ottone  I  abolì  la  ca- 
rica di  prefetto;  nondimeno  nel  794  Cre- 
scenzo Nomentanoera  capo  d'una  fazio- 
ne popolare,  con  attribuzione  equivalen- 
te a  prefetto  o  decarcone:  di  questo  fa- 
moso personaggio  che  s'insignorì  di  Ro- 
ma, trattai  nel  voi.  XLVIII,  p.  g4-  Con- 
telori lo  registra  prefetto  di  Roma  al  ioo3, 
laonde  non  pare  esatto  quanto  si  legge  nel 
Compendio  della  famiglia  Trasmondo, 
p.  79,  che  Contelori  loavea  riportatoal 
990,  bensì  è  vero  che  il  Nomentanoera 
stato  punito  nel  998,  per  curii  prefetto 
deve  essere  quello  che  1'  erudito  storico 


lai  PRE 

riporta,  Crescenzo  figlio  ilei  conte  Berar- 
do seniore.  Altro  prefètto  di  Roma  è  Cre- 
scenzo conte  di  Sabina,  tanto  ili  voi  ito  dai 
l'api,  che  morì  nel  i  o  i  o,  e  da  cui  si  vuole 
discesa  la  nobilissima  famiglia  Crescenzi, 
per  cui  nelioi  i  lo  divenne  il  preceden- 
le;  ed  Galletti  citato  dall'eliconi  iato  sto- 
rico, sull'opera  di  Gobio,  ne  parla  anco- 
ra, e  de'suoi  giudicati  a  p.  80  del  Primi' 
cero ,  chiamandolo  Crescenzo  glorioso 
prefetto  di  Roma.  Questo  Crescenzo  di 
Berardo  fu  detto  de  Arce,  de  Turre}  del 
Castello  munito,  perchè  stabilitosi  presso 
il  foro  di  Nerva  lo  cinse  di  torri  e  di  ben 
muniti  ripari.  Così  in  vece  di  uno,inquei 
tempi  vi  furono  successivamente  3  Cre- 
scenzi prefetti  dell'alma  città.  Furono  in- 
di prefetti,  nel  1060  Giovanni,  nel  1061 
Stefano,  nel  1076  Cencio  o  Cinzio,  che 
crudelmente  oltraggiò  s.  Gregorio  Vile 
fu  punito,  di  cui  parlai  nel  voi.  XXXII, 
p.  216  e  seg.  ,  ed  all'  articolo  Ponte  s. 
Angelo.  Nel  1080  Riccardo  de  Vico, 
nel  1088  Benedetto',  nel  1  ogg  Pietro  de 
Vico.  Per  sua  morte  il  figlio  Pietro,  gio- 
cane di  pochi  anni,  col  favore- di  alcu- 
ni romani  prelese  di  succedere  nella  pre- 
fettina, con  quella  sedizione  del  1  1  16  che 
accennai  nel  voi.  Ll,p.  i65;  ma  Pasquale 
Il  la  die  a  Pierleoni,  il  quale  ebbe  colla 
fazione  contraria  gran  contrasto  ,  come 
leggo  in  Carli.  Notabili  sono  le  parole  del 
Papa  nell'in  vestirlo;  Quianostra,  inquit, 
ante  tempus  occupant,  merito  et  non  sua 
in  tempore  perdant.  Vade  Pelre ,  et  tu 
Constantine  selex  omnibus  quae  ad  prae- 
fec.turam pcrtinentad curìae  commoduni 
in  testimonio  venerabile  hujus  nostri  dia- 
coni le  inveslias.  Nel  1 1  18  appena  eletto 
Gelasio  1I(V.),  fu  imprigionatóda  Fran- 
gipane ,  ma  Pietro  Pierleoni,  che  il  Pa- 
pa nel  divider  le  cariche  avea  conferma- 
to nella  prefettura  urbana,  lo  liberò  e  l'aiu- 
tò a  fuggire.  Il  successore  Calisto  II,  per 
l'abuso  che  facevasidel  privilegio  poc'an- 
zi ila  lui  accordato  al  prelètto  di  succe- 
dere nell'eredità  di  coloro  che  morivano 
senza  figli  nella  Città  Leonina,  dove  egli 


PRE 

avea  giurisdizione,  con  bolla  de!  1 1 23  lo 
privò  di  tal  diritto.  Neh  i3o  Ugo  figlio 
ili  Leone  Frangipane  seguì  le  parti  del- 
l'antipapa Anacleto  li  contro  Innocenzo 
lì.  Nel  1 1 34  Tebaldo  e  Pietro  Lattoni. 
Sdegnati  i  romani  irragionevolmente  con 
Innocenzo  II  per  non  aver  voluto  loro  ac- 
cordare di  vendicarsi  a  loro  talento  de'ti- 
burtini,  mutarono  il  governo  municipa- 
le, ristabilendo  il  senato,  cui  diedero  per 
capo  il  Patrizio  (V.),  a  ciò  istigati  da  Ar- 
naldo da  Brescia  {F/.),  le  cui  false  e  per- 
verse dottrine  il  Papa  avea  condannate 
nel  conciliogeneraledi  Lalerano  77,  qua- 
le fanatico  eresiarca  e  nemico  furibondo 
della  sovranità  pontificia  e  delle  posses- 
sioni ecclesiastiche  e  Mani  (Z7.)  morte. 
Delle  sedizioni  de'  romani  ne'  successivi 
pontificati,  infiammati  dagli  errori  del 
perturbatore  Arnaldo,  parlai  ancora  nel 
voi.  XLVI,p.  1 1 3, per  cui  vollero  interve- 
nire all'elezione  di  Celestino  II  nel  r  1 4-3. 
Sotto  il  successore  Lucio  II  elevarono  al 
patriziato  Giordano,  cui  volevano  ubbidi- 
re come  a  principe,  con  che  restò  allora 
abolito  il  prefetto, intimando  al  Papa  di 
deporre  nelle  sue  mani  i  diritti  regali,  e 
giusta  i  falsi  principii  d'Arnaldo  doversi 
con  tentare  per  se  e  pel  clero  delle  decime  e 
oblazioni  de'fedeli.  Lucio  II  restò  vittima 
del  suo  coraggio  col  quale  voleva  caccia- 
re dal  Campidoglio  patrizio  e  senatori. 
Divenuti  più  orgogliosi  i  romani  e  volen- 
do nel  1 14^  impugnar  l'elezione  di  Eu- 
genio III, se  non  confermava  le  innovazio- 
ni da  loro  fatte,  il  Papa  partì  da  Roma,  e 
come  racconta  Muratori,  vi  ritornò  l'e- 
resiarca Arnaldospargendovi  liberamen- 
te il  veleno  di  sua  dottrina,  ad  onta  che 
Innocenzo  II  l'avesse  espulso  da  Italia,  fo- 
mentandoil  popolo  alla  libertàea  restau- 
rare l'antica  repubblica,  privando  il  Pa- 
pa dell' autorità  civile,  per  cui  Eugenio 
HI  avvertì  con  lettera  il  clero  romano  con- 
tro le  fallaci  lusinghe  dell'insidioso  sci- 
smatico. Inferocito  il  popolo  si  diede  ad 
atterrare  i  magnifici  palazzi  e  le  torri  dei 
nobili  che  abbonivano  queste  sacrileghe 


PRE 
novità,  e  le  case  de'cardinali,  alcuni  dei 
quali  ne  riportarono  ferite.  Venuti  poi  i 
romani  a  concordia  con  Eugenio  III, que- 
sti m  contentò  che  sussistesse  il  penato  con 
senatori  deputati  dalla  pontificia'autori- 
tà  ,  ma  ordinò  che  abolito  il  patrizio  si 
rimettesse  nel  primiero  decoro  la  digni- 
tà del  prefetto  di  Roma,  che  sarebbe  e- 
Jetto  dai  Pontefici,  ed  a  prestare  l'ubbi- 
dienza dovuta  ai  Papi  padroni  legittimi; 
quindi  è  manifesto  perchè  Lucio  II  ed  Eu- 
genio III  tanta  premura  avessero  che  dai 
sediziosi  romani  abolito  il  patriziato  si  re- 
stituisse la  prefettura  ,  dipendendo  essa 
assolutamente  dai  Papi,  come  riflette  Cai'  • 
li.  Nondimeno  per  le  violenze  de'romani 
arnaldisti  il  Papa  parti  daRoma  nel  i  1 5o, 
e-  vi  ritornò  nell'ottobre 1 i52  perla  nuo- 
va pace  fatta  co'romani.  Gli  successe  A  - 
nastasio  IV,  sotto  il  quale  Arnaldo  prese 
maggior  audacia  ad  eccitare  e  sedurre  il 
popolo  colle  sue  utopie  e  co'suoi  condan- 
nati errori,  dispregiando  la  scomunica  e 
1'  esilio  da  Roma,  da  cui  era  allacciato. 
Il  prefetto  venne  ristabilito  ed  a  tempo 
di  Adriano  IV  lo  era  nel  i  i  55  Pietro  del 
Papa.  Per  quanto  dissi  nel  voi.  XXXVI, 
p.  5i  ed  altrove,  i  romani  dopo  l'inter- 
detto d'Adriano  IP  (P~.),  esiliarono  da 
Roma  e  dal  contado  Arnaldo  ed  isuoiset- 
tatori,  ma  non  cessando  l'agitatore  dalle 
riprovevoli  e  false  sue  dottrine,  veneralo 
quale  profeta  presso  i  Visconti  di  Cam- 
pagna o  Campagnatico  in  Val  d'Ombro- 
ne  a  Bricole  in  Val  d'  Orcia,  ed  avvici- 
nandosi a  Roma  Federico  I  per  esservi 
coronalo,  il  Papa  gli  domandò  che  facesse 
prendere  l'eretico,  il  quale  arrestalo  fu 
consegnato  al  prefetto  di  Roma,  che  lo  fe- 
ce morire  strangolalo  alle  forche,  per  le 
tante  sentenze  che  aveano  colpito  la  sua 
malvagità;  ed  affinchè  la  scipcca  plebe 
non  lo  venerasse  come  martire,  fu  in  Ro- 
ma bruciato  il  cadavere  e  gittate  le  ce- 
neri nel  fiume;  s.  Bernardo,  che  ne  fu  il 
martello,  lo  chiamò  pesle,  dicendo  ai  ro- 
mani, che  mentre  i  loro  padri  a  veano  sog- 
gettalo l'universo  a  Roma,  allora  rende- 


PRE  ia5 

vano  questa  la  favola  di  quello  per  A  mal- 
do.Contro  gli  antichi  e  moderni  apologisti 
benissimo  chiari  le  cose  riguardanti  i  nar- 
rati fatti  d'Arnaldo  la  Civiltà  cattolica  nei 
voi.  4.  p.  35  e  129  :  però  e  per  quanto 
vado  a  dire,  non  posso  convenire  intie- 
ramente nell'asserzione.  »  Il  prefetto  di 
Roma  rendeva  sì  omaggio  al  Papa,  m?i 
rappresentava  l'imperatore,  da  cui  in  se- 
gno del  suo  potere  riceveva  una  spada: 
questo  uso  non  fu  abolito  che  posterior- 
mente sotto  Innocenzo  Ili  ".  Per  quan- 
to dichiarai  nel  voi.  XXIX,  p.  142,  do- 
po la  coronazione  insorse  accanita  zulfa 
tra'romani  ed  i  tedeschi;  oltre  i  1000  che 
de'primi  morirono,  Federico  I  ne  fece  da 
200  prigionieri,  che  liberò  alle  suppliche 
d'Adriano  IV,  venendo  consegnati  a  Pie- 
tro prefetto  di  Roma. 

Neh  i5g  per  l'elezione  di  Alessandro 
III,  insorse  l'antipapa  Vittore  V, che  Fe- 
derico I  sostenne  colle  armi,prolugando- 
si  lo  scisma  da  altri  3  pseudo-pontefici. 
Uno  di  questi,  Pasquale  III,  neh  166  in 
presenza  de'  vescovi  e  religio  sor  uni  di 
Lombardia  e  Toscana  elesse  per  prefetto 
Giovanni  Frangipani  figlio  del  preceden- 
te, cui  Adriano  IV  avea  dato  2000  mar- 
che d'argento.  Federico  I  blandis  verbis 
allocutus  legalòs  romanorum  eos  d'uni- 
sit,  et  in  Urbem  legavil  Otlwnem  Pala- 
tiimm,  et  Heribertum  Acquea,  archiepi- 
scopimi  quibus  mandavil...  consensu  prae- 
sulisj  atque  lotius  populi  veterem  reno- 
vare  senalum,  reddere  primaevo  prae- 
fedo  j ura  vigori.  Nel  1 170  Otto  o  forse 
Ottaviano  del  Papa  prefetto,  quiConstan- 
tiani  imperalricein  ex  Apulia  redeuntem 
ad  itnperalorem  deduxit.  Riferisce  Carli 
che  Federico  1  ne'  tanti  tumillti  eccitati 
contro  la  Chiesa,  s'impadronì  anche  del- 
la prefettura  urbana; che  però  nelle  ca- 
pitolazioni di  pace  stabilite  in  Anagni  trai 
suoi  ministri  e  i  cardinali  deputati  da  A- 
lessandro  III  fu  convenuto  espressamen- 
te: Possessionem  quoque  praefcc  tu  rae  Ur- 
bis d.  imperator  libere  et  plenarie  resti- 
tu€l  d.  Papae  Alexandro  et  romanae  ec- 


1*6  P  R  E 

desine,  e  nel  fine  i  ministri  medesimi  si 
obbligarono  con  giuramento;  che  d.  im- 
perator  d.  Papae  Alexandre)  et  sneces- 
soribus  suis,  elpraefecluram  Urbis,  et  ler- 
rant  comitissae  Matildis  restituet.  Quali 
capitoli,  sebbene  neh  177  fossero  mutati 
da  Federico  I  in  Venezia,  nondimeno  fu 
osservato  il  patto  di  rimettere  in  mano 
del  Papa  la  prefettura  urbana  ;  per  cui 
nel  1178  avendo  il  suddetto  Giovanni 
prefetto  fa  volito  l'antipapaCalisto  III  con- 
tro Alessandro  111 ,  questi  vedendolo  ai 
suoi  piedi  compunto  dell'errore,  con  atto 
generoso  lo  perdonò  e  confermò  nel  gra- 
do. Cenni  riporta  Una  testimonianza,  dal- 
la quale  sembra  non  esservi  dubbio  che 
a  tempo  d'Alessandro  III  vi  fosse  il  pre- 
fetto da  lui  dipendente,  benché  resti  oscu- 
ro quanto  durasse.  Lucio  III  e  Urbano  III 
dovettero  star  lontani  daRoma  per  le  per- 
turbazioni non  finite.  Di  Gregorio  Vili 
del  1  1  87  riferisce  Vitali  citato,  che  non 
potè  altro  ottenere  dai  romani,  mediante 
l'interposizione  di  Annibale  degli  Anni- 
baldi  del  Coliseo,  che  di  nuovo  fosse  tol- 
to il  patrizio  e  restituito  il  prefètto:  ma 
il  senato  restò  nella  stessa  forma  di  prima 
e  proseguì. a  far  coniare  la  sua  Moneta, 
al  quale  articolo  molte  nozioni  relative 
a  queste  rivoluzioni  riportai.  Ivi  parlai 
ancora  della  celebre  concordia  fatta  nel 
1  187  tra' romani  e  Clemente  III ,  nella 
quale  fu  pure  stabilito,  come  riporta  No- 
■vaes  citando  il  libro  de'  Censi  della  chie- 
sa romana,  che  levato  il  titolo  e  la  digni- 
tà di  patrizio ,  sarà  restituito  il  prefello 
di  Roma.  Vitali  narra  che  Clemente  III 
tollerando  il  governo  del  senato,  concor- 
dò che  prender  si  dovesse  dal  Pontefice 
l'investitura  delle  dignità  per Mantum  o 
altra  veste  magnifica,  della  quale  erano 
dal  Pnpa  rivestiti  i  senatori  ed  il  prelèt- 
to urbano  (piando  ricevevano  l'investitu- 
ra. Torrigio  citato  a  p.  396  dichiara  che 
in  un  isttomento  del  1  190  lesse  Pietro 
Paolo  Angelo  Andrea  Matlei  ,  sacrac 
prarfccltirae  aacloritale  jndex  et  noia- 
rius.  Delle  vertenze  tra  Celestino  111  e 


PRE 

l'imperatore  Enrico  VI  traltaiancora  nel- 
la biografia  d'  Innocenzo  III  ed  a  Ger- 
mania. Avendo  Enrico  VI  invasa  1'  Ita- 
lia e  occupato  poco  meno  che  tutto  lo  sta  - 
to  della'Chiesa,  tra'pregiudizi  che  recò  a 
Celestino  111,  creò  a  suo  talento  il  prefetto 
di  Roma  e  l'obbligò  al  giuramento  di  fe- 
deltà all'imperatore, nella  persona  di  Pie- 
tro j  ad  onta  che  suo  padre  Federico  1  a- 
vesse  rinunziato  ad  eguale  usurpazione. 
Nel  voi.  XXXV,  p.  222  e  223  raccontai 
che  nel  1  198  Iunocenzo  III,  chiamato  il 
prefetto  Pietro,  l'obbligò  a  prestargli  il 
giuramento  d'ubbidienza  e  fedeltà,  e  che 
altrettanto  fece  col  senatore  nel  concisto- 
ro di  Laterano;  per  cui  Muratori  scrisse: 
Spirò  qui  l'ultimo  fiato  1'  autorità  degli 
Augusti  in  Roma.  Hurter  nella  Storia  di 
quel  Papa,  lib.  2  ,  narra  che  Innocenzo 
IH  il  giorno  dopo  la  sua  consagrazione 
chiamò  il  prefetto  a  prestar  giuramento 
»  di  non  alienare  né  dare  a  pegno  né  a 
feudo  alcuno  de'dominii  a  lui  confidati, 
di  rintracciare  i  diritti  e  le  tasse  della  chie- 
sa romana,  d' impossessarsene  e  di  con- 
servarle; di  custodir  fedelmente  le  castel- 
la, di  non  lasciarvi  entrar  chicchesia  e  di 
non  fabbricarne  alcuno  senza  1'  autoriz- 
zazione del  Papa;  di  render  conto  in  ogni 
tempo  dell'esercizio  della  sua  carica  e  di 
licenziarsene  ad  ogni  richiesta.  In  luogo 
della  spada  che  soleva  essergli  data  dal- 
l'imperatore  (il  manto  dice  INovaes),  il 
Papa  lo  vestì  pubblicamente  d'un  man- 
to in  segno  della  sua  investitura,  e  gli  fe- 
ce presente  d'  una  coppa  d'  argento,  co- 
me simbolo  della  sua  benevolenza  da  su- 
premo signore-".  Brevemente,  ma  nella 
sostanza  disse  altrettanto  Contelori.  Pe- 
rò Carli  e  Cenni  egregiamente  difendono 
questo  punto  dall'  asserzione  generica  e 
illimitata  di  alcuni  storici  seguaci  d'un  a- 
nonimo  pubblicato  da  Baluzio,  che  ripor- 
tarono nominare  l'imperatore  il  prefetto 
di  Roma  e  dipendere  assolutamente  da 
lui  lìtio  ali  198;  rimarcando  le  contrad- 
dizioni di  silfalti  scrittori  uell'  allennan: 
che  il  prefetto  ul  Papa  rendeva  omaggio, 


PRE 

dall'imperatore  prendeva  la  spada  nuda 
in  seguo  di  sua  podestà,  ma  piuttosto  al 
dire  di  altri  come  da  patrizio  e  Difenso- 
re della  Chiesa  (F.)}  dovendo  sostenere 
in  Roma  le  sue  veci  (come  notò  Geroo), 
quando  la  storia  e'  insegna  che  per  pre- 
potenza ciò  fecero  soltanto  Federico  I  ed 
Enrico  VI.  Anzi  Carli  dice  che  il  prefet- 
to andò  ai  piedi  d'Innocenzo  III,  temen- 
do d'esser  privato  della  prefettura,  a  giu- 
rargli fedeltà,  ligium  homininm,  e  che  il 
Papa  col  nuovamente  investirlo  per  Mari- 
timi, venne  a  dichiarar  nulla  l'imperiale 
elezione,  e  col  dono  gli  diede  un  contras- 
segno d'averlo  restituito  alla  grazia  della 
Chiesa.  Osserva  Cenni  che  eziandio  Inno- 
cenzo HI  provò  la  sedizione  de' romani, 
e  per  compiacere  il  popolo  accrehbe  nel 
i2o3  i  senatori  fino  a  56,  ma  ben  tosto 
i  romani  si  trovarono  pentiti;  ed  oppressi 
dalle  tirannie  e  dall'ingiustizie,  supplica- 
rono il  Papa  a  ridurre  il  senato  a  un  so- 
lo senatore,,  come  egli  voleva  fare,  e  ta- 
le con  poca  variazione  ha  poiduratosem- 
pre  fino  al  presente.  In  quello  passò  al- 
lora l'autorità  del  prefetto,  rimanendo  a 
questo  l'amministrazione  civile  di  Roma 
e  del  Patrimonio  ad  nutum  del  Pontefi- 
ce e  della  Chiesa  ,  coiti'  è  manifesto  dal 
giuramento  di  fedeltà  ;  Et  quandocum- 
que  j'ussus  a  Domino  Papa  ,  vel  ab  ec- 
clesia romana,  integre  et  libere  resigna- 
bo.  Dopo  Innocenzo  III,  pretende  Cenni 
(giacché  in  Contelori  leggo  Teobaldo  dei 
1219;  Gotlofredo  suo  figlio  suddiacono 
e  cappellano  del  Papa,  legato  di  Sarde- 
gna e  Corsica  del  1224»  Giovanni  di  Po- 
li conte  d'Alba  e  senatore  deli23o;  Pie- 
tro de  Fico  del  1  297;  Manfredoàeì  1 3o4; 
Giovanni  de  Fico  del  1 346  che  fu  depo- 
sto dalla  prefettura  dal  famoso  tribuno 
Cola  di  Rienzo,  ma  fatta  la  sottomissio- 
ne ne  fu  reintegrato,  inseguito  giurò  ub- 
bidienza aNegato  cardinal  Alboruoz;  Pie- 
tro de  Fico  del  1 366)  che  per  più  di  1 00 
anni  poca  o  ninna  menzioneincontrasi  del- 
la prefettura,  finché  abbracciando  anche 
essa  il  pessimo  costume  di  quella  età,  non 


PRE  127 

ebbe  degeneralo  in  tirannide,  la  quale 
vieppiù  si  accrebbe  un  secolo  dopo,  quan- 
do ne!i3o5  fu  trasferita  la  sede  in  Fran- 
cia e  in  Avignone  (F.).  Abusatisi  allora 
i  prefetti  della  fede  giurata  al  Papa  e  al- 
la Chiesa,  tentaronodi  perpetuarsi  in  ca- 
sa, contro  ogni  legge,  la  giurisdizione  fi- 
dala, loro  pel  bene  della  repubblica.  Non 
più  intenti  a  conservare  il  patrimonio  del- 
la sposa  di  Cristo,  si  diedero  a  fomentar 
sedizioni  e  ad  attizzar  città  malcontente 
affinchè  ribellassero  ,  e  fecero  in  somma 
oggetto  di  rapina  ciò  che  con  sagrameli - 
ti  eransi  obbligati  a  custodire. 

Tale  trovò  la  prefettura  di  RomaGre- 
gorio  XI, quando  neh  377  restituì  la  re- 
sidenza pontificia  a  Roma  ;  imperocché 
Francesco  de  Fico  potentissimo  prefet- 
to fin  dalr36(j,  era  divenuto  tiranno  di 
Filerbo{F.),  ed  avea  usurpaloaltri  luo- 
ghi della  s.  Sede;  nondimeno  si  trovò  co- 
stretto a  pacificarsi  con  lui,  e  siccome  gli 
era  nata  una  figlia,  da  Viterbo  la  fece  por- 
tare in  Roma,  la  battezzò  e  le  die  il  proprio 
nome.  Tuttavolta  il  prefetto  perseverò 
nelle  prepotenze,  per  cui  nel  1 378  da  Ur- 
bano VI  ebbe  un  aspro  rimprovero  il  car- 
dinal d'Ambuosa  (cosi  lo  chiama  Cenni) 
perchè  aderiva  al  tiranno.  Nel  gran  sci- 
sma insorto  contro  Urbano  VI  per  ope- 
ra dell'antipapa  Clemente  FU,  tra 'suoi 
principali  fautori  vi  fu  Francesco  ,  che 
mostraudosisempreavversOjilPapa  man- 
dò un  esercito  a  combatterlo,  per  cui  nel 
1387  fu  ucciso  da  Angelo  di  Palino,  il 
quale  poi  da  un  naturale  del  defunto  fu 
fatto  in  minuti  pezzi  e  dato  per  pasto  ai 
cani,  come  apprendo  dal  Russi.  In  vece 
Contelori  nel  1378-1379  registra  dopo 
Francesco  il  prefetto  Angelode  Fico  pu- 
re seguace  dell'antipapa,  ed  ilNovaes  scris- 
se che  fu  fatto  a  pezzi  dai  soldati  d' Ur- 
bano^!. Cardella  poi  nella  biografia  del 
cardinal  Gherardo  Puy  (F.),  chiamato 
1' abbate  di  Monte  Maggiore,  riferisce 
ch'ebbe  amari  rimproveri  da  Urbano  V I 
per  aver  consegnata  la  fortezza  di  Castel 
s.  Angelo  a  Pietro  prefello  di  Roma;  la- 


128  PRE 

vorendo  poi  il  cardinale  l'intrusione  del- 
l'antipapa. Nel  1 390G/0. Sciarmele.  Vico 
nel  pontificato  di  Bonifazio  IX  profittan- 
do dello  scisma  ,  occupò  diversi  domina 
della  Chiesa,  saccheggiò  Nepi  e  fu  tiran- 
no di  Viterbo.  Il  prefetto  Giovanni  de 
fico  non  fu  diverso  dai  predecessori,  e 
terminato  lo  scisma  nell'elezione  di  Mar- 
tino V,  questi  neh  4^0  gli  condpnò ogni 
crimine  commesso  nella  precedente  epo- 
ca. Gli  successe  nella  prefettura  il  figlio 
Giacomo  de  Fico,  che  ribellatosi  ad  Eu- 
genio IV ,  volendo  questi  finirla  con  sì 
torbida  e  sediziosa  famiglia  e  insieme  li- 
berare Viterbo  dal  suo  giogo,  nel  i4^4 
spedì  un  formidabile  esercito  capitanato 
dal  famoso  Vitelleschi,  che  vinto  il  tiran- 
no e  presolo  con  la  famiglia  ,  tutti  fece 
uccidere  nel  i435.  Trovandosi  il  Papa  in 
Firenze  ,  nel  1 435  investì  per  Mantum 
della  prefettura  Francesco  Orsini  conte 
di  Trani,  col  diploma  Duin  ad  insignem, 
riportalo  da  Contelori, colla  fede  del  giu- 
ramento che  prestò.  In  questo  tempo,  co- 
me descrissi  a  Governatore  di  Roma,  già 
fioriva  questo  nuovo  magistrato,  che  fa- 
cente le  vecidel cardinal  Camerlengo  (  V .), 
riunì  le  antiche  prerogative  del  prefello 
di  Roma,  la  quale  carica  era  divenuta  più 
onorifica  che  autorevole,  con  diverse  pre- 
roga ti  ve  di  quelle  ch'erano  state  attribuite 
a\  senatore,  la  cui  giurisdizione  venne  così 
diminuita.  11  prefetto  Orsini  nella  coro- 
nazione falla  da  Nicolò  V  a  Federico  1 1 T, 
porlo  lostocco  imperiale,  dopo  averlo  in- 
contrato nella  venula  in  Roma.  Calisto 
III  neh 4^6  dichiarò  prefetto  Gio.  An- 
tonio  Orsini  conte  di  Tagliacozzo  e  Al- 
ba; indi  nel  i4^7  C1'e°  prefetto  il  nipote 
Pietro  Borgia,  di  cui  parlai  nel  voi.  VI, 
p.  \">,  aggiunse  alla  dignità  una  corona, 
per  cui  ne'prefetti  seguenti  si  trova  la  fra- 
se coronamento,  e  gli  concesse  le  terre  e 
palazzo  confiscati  alla  famiglia  de  Vico. 
Queste  terre  erano  quelle  della  giurisdi- 
zione che  enumerai  di  sopra,  avvertendo 
Galletti  nel  ìestarario  di  s.  Chiesa,  p. 
37,  che  la  pontificia  disposizione  sulle  ter- 


PRE 
re  non  ebbe  effetto,  o  perchè  Calisto  III 
morì  nel  1  /\.!)S,  o  perchè  Sicuranza  e  Me- 
nelao figli  di  Giacomo  de  Vico  persistes- 
sero nella  contumacia  di  non  rilasciare 
i  castelli  che  aveano  occupati.  Pio  li  nel 
i458  nominò  prefetto  Antonio  Colonna 
principe  di  Salerno,  e  nel  diploma  d'in- 
vestitura, con  distinzione  non  mai  usata 
per  l'addietro,  vi  comprese  il  di  lui  pri- 
mogenito, esempio  imitato  dai  successo- 
ri che  estesero  la  concessione  fino  a  3.a 
generazione;  inoltre  Pio  II  partendo  pel 
congresso  di  Mantova  lo  lasciò  al  gover- 
no di  Roma.  Mentre  il  senatore  nel  se- 
colo XIV  avea  presa  la  precedenza  sul 
prefetto  ,  questo  si  reintegrò  nella  supe- 
riorità, lo  che  destò  meraviglia  in  Fede- 
rico 111  quando  ri  tornò  in  Roma  sotto  Pao- 
lo II.  Agostino  Patrizi  che  fu  spettatore 
della  comparsa  pubblica,  così  descrisse  il 
maestoso  vestire  del  prefetto  Colonna, che 
peli.0  assunse  la  mentovata  specie  di  co- 
rona. Pileurn  in  capite gestans  oblungum, 
vittis  ab  aure  pendentibus  inmodum  tia- 
ra e  pontificalis,  coloris  autem  rubei,  ac 
signis  quibusdam  in  longum  porrectis  di- 
stinctum.  Essendo  prefetto  Pietro  Anto- 
nio Colonna  figlio  d'Antonio,  fu  abroga- 
to in  concistoro  nel  1 4-7  1  a'  i3  febbraio 
da  Sisto  IV,  il  quale  ai  i5  creò  prefetto 
il  nipote  Leonardo  della  Rovere  (/.),  in- 
di nel  1 47^  l'altro  nipote  Giovanni,  il  cui 
fratello  fu  poi  Giulio  II.  Il  figlio  di  Gio- 
vanni, Francesco  Maria  della  Rovere  di 
annii  i,per  disposizione  del  defunto  Si- 
sto IV  divenne  prefetto-neli5oi,con  ap- 
provazione d'Alessandro  VI  :  fu  poi  du- 
ca d'Urbino  e  lo  zio  Giulio  II  gli  conces- 
se la  prefettura  a  3.a  generazione,  onde 
nel  i5i3  pel  possesso  di  Leone  X  inter- 
venne alla  funzione  e  gli  addestrò  il  ca- 
vallo, incedendo  nella  cavalcata  dopo  il 
senatore  e  i  principi  assistenti  al  soglio. 
Leone  X  neh  5 1 6,per  que'moti  vi  che  pro- 
dussi nel  vol.LII,p.  199,  spogliò  Francesco 
M."  I  della  prefettura  e  dello  slato  d'Ur- 
bino, e  tutto  conferì  al  proprio  ni  potè  Lo- 
renzo de  Medici,  che  morto  ueh  5 1 9,  gli 


PRE 
sostituì  Giovanni  Maria  barano  duca 
di  Camerino  nel  luglio  i520  e  la  succes- 
sione al  primogenito.  Adriano  VI  nel  mar- 
io  i523  reintegrò  di  tutto  il  Roveresco. 
Dopo  la  sua  morte  Paolo  111  fece  prefet- 
to il  nipote  Ottavio  Farnese  duca  di  Par- 
ma (/ "'".),  neh  538  in  concistoro,  benché 
avesse  i5  anni  e  ad  onta  che  domanda- 
va la  carica  Guidobaldo  11  figlio  del  de- 
funto, secondo  il  privilegio  di  Giulio  li. 
Ottavio  avendo  dimessa  la  prefettura  , 
Paolo  III  nell'aprile  1 547  la  conferì  al  di 
lui  fratello  Orazio,  cui  in  sede  vacante 
i  cardinali  affidarono  la  custodia  di  Ro- 
ma. Alla  sua  morte  Paolo  IV  nel  giugno 
1 555  fece  prefetto  Guidobaldo  II  duca 
d'Urbino,  e  neh  574  '°  divenne  il  figlio 
Francesco  Maria  II  che  terminò  di  vi- 
vere a'28  aprile  i63i,  ricadendo  lo  sta- 
to alla  s.  Sede  e  restando  vacante  la  ca- 
rica. Urbano  Vili  in  concistoro  nel  Qui- 
rinale creò  prefetto  di  Roma  a'12  mag- 
gio 1 63  1  il  proprio  nipote  Taddeo  Bar- 
Verini  principe  di  Palesi rina}  del  quale 
discorsi  nel  voi.  I V,  p.  1 1 2  e  1 1 3  ed  al- 
trove, mentre  qual  generale  della  Chiesa 
stava  colle  milizie  al  campo.  Narra  Tor- 
rigio  contemporaneo  a  p.  269,  che  fece 
l'ingresso  in  Roma  con  molto  splendore 
domenica  3  agosto  per  la  porta  del  Po- 
polo sino  al  suo  palazzo  posto  quasi  in* 
contro  la  chiesa  di  s.  Salvatore  in  Cam- 
po, con  numerosa  comitiva  di  gran  per- 
sonaggi e  titolati,  e  nella  mattina  del  6 
nella  cappella  apostolica  del  Quirinaleal- 
la  presenza  di  3o  cardinali,  il  Papa  con 
grandissima  solennità  gli  die  1' antico  a- 
bito  prezioso  del  prefetto,  cioè  dalmati- 
ca, manto ec,  indi  lo  ritenne  seco  a  pran- 
zo in  mensa  distinta,  e  ad  ore  22  con  no- 
bilissima cavalcata  e  l' accompagno  dei 
principi  e  conservatori  di  Roma  ritornò 
al  suo  palazzo ,  alla  cui  pompa  accorse 
quasi  tutta. Roma.  A'  20  settembre  per 
memoria  dai  conservatori  di  Roma  fu  po- 
sta in  Campidoglio  un'iscrizione  marmo- 
rea, che  riporta  Torrigio.  Finalmente  nel- 
la domenica  laetare  del  i632  (nella  ca« 

VOL.  LV. 


PRE  129 

mera  de'  paramenti  del  Vaticano ,  dice 
Novaes)  Urbano  VIII  gli  diede  solenne- 
mente la  Rosa  d'oro  benedetta  e  fu  ac- 
compagnato da  34  cardinali,  incedendo 
il  prefetto  fra'due  primi  diaconi  France- 
sco Barberini  e  Ippolito  Aldobrandini  con 
molto  applauso.  Collasua  morte  avvenu- 
ta nel  1647  questa  cospicua  dignità  non 
venne  più  conferita  ad  altre  famiglie.  Per 
lui  Contelori  compose  e  dedicò  il  libro  : 
DeAlmac  Urbis  Praefecto,  Michele  Lo- 
nigo  pubblicò;  Lettera  intorno  all'ufficio 
del  prefetto  di  Roma  ad   Urbano  FUI 
che  per  la  morte  del  duca  d'  Urbino  lo 
conferì  fino  alla  3."  generazione  a  Tad- 
deo suo  nipote,  che  ne  prese  possesso  con 
solennissima  cavalcata,  nelle  Lettere  me- 
morabili  di  Michele  Giustiniani,  t.  i,p. 
76.  Notai  nel  detto  voi.  IV,  p.  1 14,  che 
quando  Innocenzo  X  nel  i652  creò  car- 
dinale Carlo  figlio  primogenito  di  Tad- 
deo, lo  facoltizzò  a  ritenere  la  carica  di 
prefetto  di  Roma,  essendo  successo  al  pa- 
dre, come  leggo  in  Ciacconio,  ViL  Pont, 
et  Cardinalium  t.  4>  P-  696.  Anche  Lu- 
nadoro  (ediz.  del  1646),  Rèlaz.  della  cor- 
te di  Roma,  p.  27, dice  che  la  prefettura 
la  conferì  Urbano  Vili  a  3."  generazio- 
ne, ed  in  fatti  lessi  in  un  ruolo  palatino 
del  1706  :  d.  Urbano  Barberini  prefetto 
di  Roma.  Prima  di  Urbano,  in  cui  si  e- 
stinse  la  linea  mascolina  de'  Barberini,  lo 
fu  d.  Maffeo  secondogenito  di  d.  Taddeo, 
che  morì  nel  i685,  per  cui  sembra  che 
il  cardinale  a  lui  cedesse  l'onore,  perchè 
morì  nel  1704:  tutto  ho  potuto  verifi- 
care nell'archivio  dell'eccellentissima  ca- 
sa. Ma  di  questi  tre  successori  di  d.  Tad- 
deo, non  se  ne  fa  menzione  dagli  stori- 
ci, per  quanto  ho  potuto  leggere,  tran- 
ne Cardella  sul  cardinale;  tutti  dicendo 
ultimo  prefetto  d.  Taddeo.  In  una  delle 
relazioni  del  possesso  d'Innocenzo  X,  i  ca- 
po-rioni sono  chiamati  partiitm  Urbis 
praefecli  3  quello  di  Trastevere  partis 
Transtiberinae  prarfectus,  ed  il  senatore 
di  Roma  praefcctus  civitatis  supremus. 
Cancellieri  nel  Mercato,  stampato  nel 
9 


i3o  PRE 

1 8 1  r ,  dice  che  allora  era  prefetto  di  Ro- 
ma per  P  imperatore  Napoleone  (ma  di- 
verso dall'  antico)  il  barone  Camillo  de 
Tournon.  Sallengre  in  Thes.  p.  5i  8,  pro- 
dusse la  serie  de'prefetli  di  Roma  sino  al 
i63o. 

PREFETTURA,  Magisterium.Prae- 
feclura.  Dignità  di  Prefetto  [F.).  Le  pre- 
fetture romane  erano  alcune  Città  (F.) 
d' Italia  (F.)}  governate  da  prefetti  an- 
nuali mandati  dal  Pretore  (F.)  urbano 
o  di  Roma ,  sotto  la  repubblica  e  sotto 
]Ji raperò  di  cui  erano  riguardate  suddi- 
te, senza  que'diritti  che  godevano  le  Co- 
lonie [V.)  ed  i  Municipii  (F.),  e  perciò 
ad  essi  inferiori,  imperocché  gli  abitanti 
non  solo  non  aveano  proprie  leggi ,  ma 
non  potevano  creare  magistrati,  e  sicco- 
me i  magistrati  che  le  governavano  si  de- 
nominavano prefetti,  cosi  le  città  e  i  loro 
governi  si  dissero  prefetture;  tali  essendo 
divenute  quelle  colonie  e  que'municipii 
che  ribellali  ai  romani  e  decadendo  dal 
loro  grado,  vennero  spogliati  della  loro 
libertà, prerogative  e  diritti,  cessando  di 
essere  Comunità  (F.)  e  venendo  gover- 
nate colle  leggi  romane.  Inoltre  l'infeli- 
ce condizione  di  prefettura  portava  di 
conseguenza  la  privazione  del  dominio 
delle  terre  e  delle  rendite  a  piacimento 
de'vincilori,  i  quali  per  mezzo  del  reggi- 
mento del  prefetto  imponevano  leggi  ai 
soggiogatie  facevano  tuttociòche  per  con- 
quista si  poteva  fare  sì  nel  pubblico  che 
nel  privato.  Di  alcune  città  che  merita- 
rono siffatta  degradazione  parlai  ad  Ita- 
lia. Queste  prefetture  erano  costituite  di 
due  specie,  l'una  portava  seco  quelle  cit- 
tà, nelle  quali  si  mandavano  i  prefetti 
creati  col  suffragio,  chiamate  Decempo- 
pulit  e  Ricchi,  Reggia  de'  volsci,  p.  i4, 
pone  in  questa  condizione  Capua,  Cuma, 
Casilino,  Volturno,  Linterno,  Pozzuoli, 
Acerra,  Suessa,  A  Iella,  Calutia;  quelle  di 
altra  specie  erano  Fondi,  Forrrtia,  Cere, 
Venafro,  Piperno,  Anagni ,  Prosinone, 
Reata,  Saturnia,  Nursia,  Lanuvio,  Ilo  vil- 
li, A  rpino  e  moltealtre,  alle  quali  da  Ilo- 


PRE 

ma  s'inviava  ogni  anno  col  prefetto  delle 
leggi  il  pretore  urbano.  Nel  Lazio  (F.) 
o  vicino  ad  esso,  alcune  città  non  erano 
ne  colonie,  né  municipii ,  né  prefetture, 
come  Tivoli ,  Palestrina,  Napoli  e  altre, 
che  vivevano  con  leggi  diverse  e  coi  loro 
magistrati  a  seconda  delle  convenzioni  fat- 
te coi  romani,  e  si  nominavano  città  fede- 
rate, per  socialeamicizia  e  alleanza;  poiché 
alcune  erano  in  tutto  libere,  altre  tributa- 
rie, altre  stipendiate,  altre  delle fundi  pò- 
puli ,  cioè  quelle  le  quali  si  arrogavano 
qualche  legge  privata  come  propria  e  fatta 
inRoma.  A  vverte  Ricchi, che  questa  gene- 
rale distinzione  di  città,  terre  e  castelli 
segui  inltalia  avanti  la  legge  Giulia  eguer- 
ra Marsia ,  mentre  a  tempo  di  Cicerone 
le  colonie  e  prefetture  si  chiamarono  pu- 
re municipii.  Anche  Adami ,  Storia  di 
Folsenol.  2,p.44>dice  che  incerti  tempi 
si  confusero  i  metodi  de'governi,  ed  i  no- 
mi cui  distinguevansi  le  città,  laonde  un 
medesimo  paese  or  dicevasi  colonia,  or 
prefettura  ,  or  municipio.  Marangoni , 
Meni.  diNovana,  p.  200,  parlando  delle 
prefetture  del  Piceno,  osserva,  che  la  vir- 
tù e  temperanza  degliantichi  romani, do- 
po le  conquiste,  volendo  le  città  e  provin- 
eie  amiche  e  non  ischiave,  dopo  averle  per 
qualche  tempo  tenute  nella  condizione  dì 
prefetture ,  donavano  loro  il  titolo  ed  i 
privilegi  di  municipio  o  di  colonia  ,  col 
fus  del  suffragio.  In  tal  guisa ,  come  av- 
venne  alle  città  e  prefetture  del  Piceno, 
ripigliavano  l'antico  essere  di  repubbliche, 
rimanendo  libere  coli' uso  delle  proprie 
leggi  e  de'  suoi  magistrati.  Vedi  Compa- 
gnoni, Memorie  à!  Osimo,  t.  1,  p.  xxxix. 
Fu  la  legge  Giulia  per  la  quale  tutte  le 
città  italiane  furono  ammesse  alla  citta- 
dinanza romana  ,  e  molte  cambiarono  i 
nomi  di  colonia,  o  municipio,  o  prefet- 
tura. Nelle  prefetture  il  primo  ordine  dei 
cittadini  chiamavasi  convento.  Si  può  ve- 
dere Pomponio  Festo,  De  veter.  verb.  si- 
gnif,  all'articolo  Praefeclura.  Sigonio , 
De  antiquo  furo  Ital.,  cap.  de  Praefectu- 
ris.  Prefetture  si  dissero  anche  i  gover- 


PRE 

ni  delle  provi nciej  e  la  prefettura  d'A- 
lessandria d'Egitto  ebbe  il  titolo  d'Augu- 
stale  dall'imperatore  Augusto.  Così  pre- 
fetture furono  dette  quelle  Provincie\V!) 
d'Italia  soggette  al  Prefetto  diRoma(Pr.)e 
alla  sua  prefettura.  A  Ducato  dissi  che 
diversi  ebbero  origine  dalle  prefetture  , 
conferite  dagl'  imperatori  ai  benemeriti 
della  corte.  11  vocabolo  poi  si  rese  comu- 
ne e  inerente  all'esercizio  e  alla  giurisdi- 
zione di  prefetto,  anche  nelle  cose  eccle- 
siastiche ,  come  i  cardinali  prefetti  delle 
Congregazioni  cardinalizie  ,  dicendosi 
Prefetture  delle  missioni  apostoliche  quel- 
le Missioni  governate  da  un  missionario 
prefetto. 

PREFETTURE  delle  missioni  apo- 
stoliche e  pontificie.  Luoghi  delle  Mis- 
sioni Pontificie  (/"*".)  di  tutte  le  parti  del 
mondo,  ne'  paesi  idolatri ,  degl'  infedeli, 
degli  eterodossi  o  di  culto  misto,  gover- 
nate da  un  Missionario  (  V.)  ecclesia- 
stico secolare  o  regolare.  Il  sommo  Pon- 
tefice per  mezzo  della  Congregazione  di 
propaganda  fide  dà  la  Missione  (Jr-) 
ai  missionari  destinati  a  predicare  il  van- 
gelo per  convertire  gì'  infedeli  ed  i  pa- 
gani ,  o  pel  mantenimento  della  fede  in 
istruire  e  coltivare  i  cattolici,  e  condurre 
nella  via  della  salute  eterna  gli  eretici  e 
gli  scismatici  nelle  indicate  regioni,  i  quali 
missionari  sono  subordinali  e  regolati  o 
dai  vicari  apostolici  o  dai  prefetti- delle 
missioni  apostoliche  cui  la  sagra  congre- 
gazione comunica  le  necessarie  opportu- 
ne facoltà,  piti o  meno  estese  nelle  forino- 
le, secondo  i  luoghi  ed  i  bisogni  spirituali 
delle  popolazioni,  per  l'amministrazione 
de'  sagramenli,  e  per  adempiere  il  mini- 
stero di  tutte  le  funzioni  ecclesiastiche,  ed 
alcune  vescovili  ne'  luoghi  remoti  e  lon- 
tani dai  vescovi;  istituisce  prefetture  apo- 
stoliche, determinando  1'  estensione  ed  i 
contini  del  territorio  di  loro  giurisdizio- 
ne come  fossero  diocesi  o  provinole  eccle- 
siastiche, e  tali  si  possono  chiamare  quel- 
le che  hanno  un'immensa  estensione.  Al- 
cune prefetture  temporaneamente  sono 


PRE  i3t 

governate  da  vice -prefetti,  e  tanto  que- 
sti che  i  prefetti  debbono  fare  alla  con- 
gregazione di  propaganda  la  relazione 
dello  stato  delle  loro,  missioni  dettaglia- 
ta, secondo  le  prescrizioni  contenute  nel 
t.  i,  p.  233  e  seg.  del  Bull,  de  prop.  fi- 
de. Fiorendovi  il  cristianesimo,  e  per  la 
troppo  grande  vastità  delle  prefetture, 
sono  poi  elevate  a  Vicariati  apostolici 
(f-),  ed  allora  vengono  d'ordinario  sot- 
tomesse alla  giurisdizione  d'un  vescovo  in 
partibus  residenziale.  1  Papi  eziandio  per 
l'organo  di  detta  congregazione  cardina- 
lizia accordarono  a  diversi  prefetti  delle 
missioni  gli  abiti  prelatizi,  privilegi  e  pre- 
rogative particolari  ;  come  ancora  asse- 
gnarono ad  ordini  e  congregazioni  re- 
golari e  altre  pie  istituzioni,  una  o  piti 
prefetture,  massimamente  se  quelle  cor- 
porazioni furono  benemerite  della  mis- 
sione ,  per  essere  affidate  ai  zelanti  loro 
membri,  per  l'uniformità  e  piena  cogni- 
zione della  coltivazione  di  quelle  vigne 
del  Signore,  delle  quali  missioni  parlai, 
oltre  ai  citali  articoli,  anche  a  quelli  di  ta- 
li ordini ,  congregazioni  e  pie  istituzioni. 
Così  la  s.  Sede  conserva  non  interrottala 
successione  de' presidi  ecclesiastici,  rim- 
piazzando con  degna  scelta  i  prefetti  che 
dispensa  dairesercitarel'oflìzio,  o  i  defun- 
ti; accoglie  le  loro  domande,  concede  sus- 
sidi ,  sebbene  alcune  prefetture  hanno 
proprie  rendite  pel  mantenimento  della 
missione,  altre  venendo  sostenute  con  as- 
segni annuali  o  della  congregazione  di 
propaganda,  o  della  pia  opera  della  Pro- 
pagazione della  fede  (fr.)}  o  da  quella  del- 
le Missioni  straniere  (^.),o  da  altre  si- 
mili istituzioni,  ad  altre  accorrendovi  la 
pietà  de'fedeli  colle  oblazioni.  Inoltre  sol- 
lecita e  provvida  la  s.  Sede ,  con  lettere 
accorda  grazie,  di  cui  è  fonte  inesauribi- 
le pel  bene  spirituale  de'  fedeli ,  scioglie 
dubbi ,  decide  le  questioni ,  termina  le 
controversie,  mantiene  l'autorità,  rinvi- 
gorisce la  disciplina,  emana  decreti  e  con- 
ferma colla  sua  autorità  suprema  le  ec- 
clesiastiche costituzioni  dalle  autorità  lo- 


i32  PRE 

cali  ne* sinodi  o  in  qualunque  altra  ma- 
niera statuite.  Roma  centro  della  cristia- 
nità deve  necessariamente  esserlo  di  tut- 
te  le  missioni  cattoliche.  Nel  citato  arti- 
colo CONGREGAZIONE  DI  PROPAGANDA  FIDE 

riportai  il  catalogo  non  solo  de' vicariati 
e  prefetture  apostoliche  ad  essa  soggette 
meli' africa,  America,  Asia,  Europa,  O- 
ceania,  ma  de'patriarcati,  arcivescovati, 
vescovati  e  delegazioni  apostoliche  di  Gre- 
cia, Mesopotamia,  Monte  Libano  e  Per- 
sia {fr.)3  da  essa  dipendenti  per  la  s.  Se- 
de, i  quali  e  le  quali  tutti  hanno  articoli 
in  questa  mia  opera.  Delle  prefetture  al- 
lora esistenti,  cioè  ne'primi  del  1842,  al- 
cune divennero  vescovati,  come  Guada- 
lupe  e  Martinica,  delle  quali  trattai  nel 
voi.  XLV,  p.  256  e  257,  e  della  2.a  an  • 
che  nel  voi.  XXX,  p.  1 3  1  ,  ed  a  Pio  IX 
perchè  neli85o  l'eresse  in  diocesi  vesco- 
vili e  provvide  di  vescovi  ;  altre  furono 
dichiarate  vicariati  apostolici,  come  Abis- 
sinia,  Tunisi,  Curacao,  Surinam,Batavia 
e  Australia  neW  Oceania  (V.),  Madaga- 
scar e  l'isola  di  Borbone,  delle  quali  per- 
ciò parleròa  Vicariati  apostolici.  Al  pre- 
sente esistono  le  seguenti  prefetture  apo- 
stoliche. 

Africa:  i.°  Congo, vedi  il  vol.XLVIII, 
p.  32,  e  s.  Salvatore  di  Congo.  i.°  Ma- 
rocco (F.).  3.°  Nossibè,  s.  Maria  e  Ma- 
yotte  nell'isole  Comore,  nella  parte  set- 
tentrionale di  Mozambico,  che  hanno  re 
particolarie  trafficano  coi  portoghesi, es- 
sendo gli  abitanti  idolatri  e  maomettani 
nella  maggior  parte.  Gl'indigeni  ricevet- 
tero fra  loro  degli  arabi  naufragati,  e  ne 
adottarono  i  costumi  e  la  religione  mao- 
mettana. Patirono  molto  dai  pirati  del 
Madagascar,  ove  nel  secolo  XVlIessen- 
dovisi  fondata  una  colonia  francese  sulle 
rovine  della  fortezza  demolita  e  già  de- 
gli olandesi,  ne  eressero  un'altra;  indi  dai 
signori  della  Missione  (F.),  che  si  erano 
imbarcati  sui  vascelli  di  Francia,  fu  ope- 
rata con  tanto  zelo  per  la  propagazione 
della  fede,  che  in  pochissimo  tempo  con- 
vertirono 5ooo  barbari  e  vi  fu  stabilita 


PRE 

la  missione  e  data  in  governo  a  delti  pa- 
dri,componendola  d'un  prefetto  e  8  mis- 
sionari, i  quali  vi  continuarono  sino  al 
1668.  Vi  furono  ancora  un  tempo  gli  ago- 
sliniani,  nel  1642  i  carmelitani  destinali 
dalla  congregazione  di  propaganda,  cui 
poi  tolse  la  prefettura,  che  nel  1697  die 
agli  agostiniani  scalzi.  Di  questa  missione 
parlai  nel  voi.  XLV,  p.  255.  Le  isole  Nos- 
sibè, s.  Maria  e  Mayotte  nel  1 848  furono 
separate  da  Madagascar,  allorché  questa 
prefettura  fu  eretta  in  vicariato,  e  di  esse 
venneformata  l'omonima  prefettura  apo- 
stolica. 4-° Senegal,  ne  trattai  ne'detti  voi. 
XLV,  p.  256,XLVIII,p.  32.  5.°  Tri- 
poli (F.). 

America:  i.°Cajenna,vediil  voi. XLV, 
p.  256  (per  le  colonie  francesi  anche  il 
voi.  XXVI,  p.  247):  a  Prigioni  ho  detto 
che  la  Francia  ha  formato  nella  Gujana 
la  sede  de'suoi  stabilimenti  penitenziari. 
2.cS.PietroeMiquelon,vediil  vol.XLV, 
p.  257.  3.  Nell'America  meridionale  v'è 
un  prefetto  apostolico,  che  dirige  le  mis- 
sioni composte  da  diverse  corporazioni 
religiose  in  aiuto  de' vescovi  residenziali. 
1  Minori  osservanti  (F.)  hanno  collegi 
nella  Bolivia,  nel  Messico,  nel  Chili,  nel 
Perù,  in  Panama  con  religiosi  per  le  mis- 
sioni. 

Asia:  i.°  Hong-Kong,  vedi  il  vol.XL, 
p.  22 1 .  Qui  noterò,  die  mentre  a  Pekiivo 
e  nel  voi.  XLV,  p,  248  mi  rallegrai  sulla 
condizione  del  cristianesimo  nella  Cina, 
ora  apprendo  dalle  pubbliche  notizie  de- 
gli Annali  della  propagazione  della  fé- 
i/e,  che  la  persecuzione  abbia  cominciato 
a  funestare  le  cristianità  di  quel  vasto  im- 
pero, in  Pekino,  nel  Toncbino  occidentale 
col  martirio  del  sacerdoleSchoefller,  nella 
Cocincina, e  cheil  missionario  Guillemin 
fu  in  preda  a  crudeli  violenze,  perchè  la 
sua  cappella  vicino  a  Hong-Kong  fu  di- 
strutta, alcune  famiglie  gittate  in  prigio- 
ne, un  giovine  morto  sotto  le  catene,  ed 
il  missionario  Vachal  spirò  in  carcere.  Il 
reTu-Ducha  rinnovato  i  decreti  di  per- 
secuzione, e  dichiarato  che  farà  cacciai 


PRE 

i»el  fonti o  del  mare  o  de'fiumi  i  missio- 
nari, ed  i  loro  ricettatori  farà  tagliare  a 
pezzi,  i.  "Colonie  francesi  nell' Indie  orien- 
tali {T'.),  essendo  in  Pondichery  la  resi- 
denza della  prefettura,  vedi  voi.  XXXI V, 
p.  236  e  seg.  e  263. 

Europa:  i.°  Mesolcina  e  Calanca  nel- 
la Svizzera  (P.).  2.°  Rezia  ue'Grigioni, 
nella  Svizzera  {F-)- 

Altre  prefetture  apostoliche  sono  quel- 
le di  Bagdad  {Vedi  in  uno  a  Caldea), 
prefettura  dei  carmelitani  scalzi.  Bey- 
rulh  o  Berito  (F-),  de'  cappuccini.  Cai- 
ro de'  minori  riformati,  vedi  voi.  XXI, 
p.  1 36.  Costantinopoli  diverse  prefettu- 
re descritte  nel  voi.  XVIII,  p.  107  eseg. 
Diarbekir  {V)t  de' Cappuccini  {V.),  ed 
i  voi.  VI,  p.  245,  XLVU  ,  p.  20.  Gad- 
da in  Arabia  de'serviti,  vedi  voi.  XXI, 
p.  1 36.  Giorgia  (f-),  de'cappuccini.  las- 
si (/"'.),  de'couventuali,  vedi  voi.  XLVI, 
p.  27.  Mossul  (Fr.),  de'domenicani.  Al- 
tre prefetture  per  le  vicende  de' tempi 
non  più  esistono,  come  di  Mosca  (f^-)j 
di  Bahia  e  Fernambuco  in  Rio  Janeiro 
(F.),  e  il  voi.  XXVI,  p.  170.  Delle  altre 
missioni  che  non  sono  vicariati  o  prefet- 
ture o  delegazioni,  tratto  ai  rispettivi  ar- 
ticoli, e  principalmente  citerò  Guardia- 
no del  s.  Sepolcro.  Ecco  un'altra  pietra 
pel  mio  grandioso  edilìzio,  col  quale  in- 
tesi supplire,  nelle  proporzioni  imposte 
alla  condizione  di  questo  mio  Dizionario, 
al  divisamente  concepito  dal  celebre  car- 
dinal Garainpi  (/".),  come  dichiarai  in 
altri  luoghi  e  nel  voi.  XLV,  p.  241.  Per- 
ciò non  senza  religiosa  compiacenza  spe- 
ro e  mi  lusingo  di  avere  pel  primo  riem- 
pito un  tanto  vuoto,  ciò  che  piacque  spon- 
taneamente e  apertamente  dichiarare  ad 
uno  de  più  illustri  geografi  de'nostri  tem- 
pi, il  eh.  avv.  Pietro  Castellano  autore  di 
diverse  opere  e  benemerito  pel  suo  clas- 
sico Specchio  geografico  -storico  politico 
di  tutte  le  nazioni  del  globo  in  io  gros- 
si tomi ,  per  la  lettera  autografa  e  non 
provocata  che  favori  scrivermi  a'  24set- 
te mbre  i85i .  »  Le  compiego  il  Pro- 


PRE  i33 

gr anima  sinoUÌco(della  Palingenesia  ita- 
liana tratta  dalla  statistica  generale  del- 
l''orbe cattolico  apostolico  romano)  e  l'ul- 
timo manifesto  della  Palingenesia  succe- 
duto a  quello  della  statistica  cattolica  . . . 
La  menzione  onorevole  di  Lei  e  de'  suoi 
dotti  lavori  si  ripeterà  per  dovere  ad  ogni 
pagina,  ma  frattanto  leggerà  nel  mani- 
fèsto la  mia  ingenua  confessione, che  sen- 
za la  sua  opera,  del  mio  scritto  neppure 
avrei  potuto  coltivare  il  pensiere".  Al- 
tri non  fecero  così,  sebbene  profittarono 
de'miei  indefessi  e  coscienziosi  studi;  anzi 
dopo  essersi  armati  di  lente,  cercarono 
qualche  ragnatela  nel  vasto  e  dovizioso 
museo!  Ciò  non  mi  sorprende,  poiché  ne 
insegna  l'istoria  maestra  della  vita,  che 
il  gran  Colombo  volendo  confondere  la 
malignità  degl'invidiosi  suoi  emoli,  fece 
quanto  vado  a  ricordare.  Alcuni  di  essi 
estenuavano  il  merito  nelle  sue  scoperte 
d'America,  che  spacciavano  per  assai  fa- 
cili e  casuali,  sostenendo  che  soltanto  si 
dovessero  a  poca  arditezza  e  a  molta  for- 
tuna. Egli  dunque  scherzando,  propose 
loro  di  trovare  il  modo  di  far  stare  ritto 
di  punta  un  uovo  sopra  di  un  piano.  Tut- 
ti si  provarono,  un  dopo  l'altro,  ma  niu- 
no  il  seppe  fare.  Colombo  allora  sorriden- 
do, schiacciò  alquanto  la  punta  dell'uo- 
vo e  comprimendolo  un  poco  sulla  tavo- 
la, Io  fece  restar  fermo  ed  in  piedi.  Beffan- 
dolo tutti,  dissero  immantinente,  che  in 
quel  modo  nulla  era  più  agevole.  Non 
uiego,  rispose  Colombo.  A  buon  conto 
niuno  di  voi  ha  sapulo  pensarvi.  In  que- 
sta guisa  ho  io  scoperto  le  Indie.  Dopo 
il  fatto  ciascuno  sa  fare.  Mi  sarà  condo- 
nato questo  parlare,  se  si  leggerà  quanto 
dissi  ne'  voi.  XL1V,  p.  i43,  L,  p.  223, 
ed  a  Letterato,  sempre  essendo  il  mio 
precipuo  fine  quello  indicato  nei  voi. 
XXIII,  p.  3 . ,  XXXVI,  p.  1 74,  XLI,  p. 
218. 

PREGHIERA,  Orazione,  Precatio, 
Prex}  Preces,  Supplicalio,  Oralio.  La 
preghiera  o  l'orazione,  ch'è  antica  quan- 
to il  mondo, considerata  nel  più  lato  sen- 


i34  PRE 

so,  è  una  elevazione  dell'anima  a  Dio. 
In  questo  senso  ogni  pensiero  di  Dio,  con- 
giunto con  un  buon  movimento  della  vo- 
lontà, è  una  preghiera.  L'orazione  pro- 
priamente delta  è  una  domanda  fatta  a 
Dio  di  qualche  cosa  conveniente,  che  pos- 
sa servire  alla  sua  gloria  e  alla  nostra  sa- 
lute. L'  Adorazione  {V?)}  i  Cantici^.) 
di  lode, il  rendimento  di  grazie  de'bene- 
fìzi  ricevuti,  e  l'impetrazione  de'nuovi, 
l'offerta  di  se  stesso,  i  santi  desiderii,  le 
buone  risoluzioni,  con  domandargli  per- 
dono de'peccati,  e  il  soccorso  nelle  pri- 
vate e  nelle  pubbliche  necessità,  tuttociò 
chiamasi  preghiera  in  un  senso  genera- 
le. Tale  si  è  la  definizione  che  ne  danno 
i  ss.  padri  Basilio,  Agostino,  Gio.  Dama- 
sceno e  Tommaso  d'  Aquino.  Quindi  la 
preghiera  si  fa  in  due  maniere,  o  solo  in- 
ternamente, o  internamente  ed  esterna- 
mente iusieme,  che  equivale  all'orazione 
mentale  e  vocale.  L'orazione  mentale  è 
quella  in  cui  nel  silenzio  della  lingua  si 
applica  solamente  lo  spirito  alla  conside- 
razione della  deformità  d'un  vizio  e  della 
bellezza  d'una  virtù,  d'una  verità,  d'un 
mistero  della  religione,  per  eccitare  la  vo- 
lontà a  produrre  di  voti  affetti  e  a  formare 
delle  buone  risoluzioni.  La  vocale  è  quella 
in  cui  si  esprimono  i  pensieri  del  cuore 
con  parole  corrispondenti.  Da  questa  de- 
finizione si  rileva,  che  l'attenzione  della 
mentee  l'affetto  del  cuore  formano  l'ani- 
ma della  orazione  vocale.  La  preghiera 
vocale  poi  è  di  due  specie,  privata  e  pub- 
blica :  la  prima  è  quella  che  si  fa  dalla 
persona  privata  e  in  proprio  suo  nome; 
la  pubblica  è  quella  che  si  fu  dalla  Chiesa 
per  mezzo  de'suoi  ministri.  A  questa  spe- 
cie appartiene  il  sacrifizio  della  Messa 
(V.),  che  i  primi  cristiani  chiamarono 
orazione  solenne;  il  divino  Uffìzio  (F.), 
anche  qua  ndo. si  reciti  privatamente  dalle 
persone  dedicate  al  servizio  della  Chiesa, 
le  solenni  preghiere  e  le  supplicazioni, 
come  le  litanie  e  le  processioni  intimate  ai 
fedeli  dal  superiore  ecclesiastico.  Inoltre 
la  preghiera  pubblica,  fatta  dai  fedeli  riu- 


PUE 

ritti  insieme,  è  più  efficace  della  partico- 
lare, perchè  tutta  la  Chiesa  che  prega  ha 
maggior  forza  per  ottenere  ciò  ch'essa  do- 
manda, e  perchè  quelli  che  pregano  con 
tiepidezza  partecipano  al  fervore  de'per- 
felti  pregando  con  essi.  Gesù  Cristo  ha 
detto  :  Allorché  due  o  tre  persone  saran- 
no radunate  in  mionome,  io  sarò  in  mez- 
zo ad  esse.  Egli  vi  si  trova  dunque  a  più 
forte  ragione  quando  tutta  la  Chiesa  è  ra- 
dunata. L'orazione  per  gli  adulti  è  di  ne- 
cessità assoluta  per  salvarsi;  in  quanto 
che  Dio  ha  stabilito  e  ordinato  che  per 
l'orazione, siccome  mezzo  convenientissi- 
mo,  si  ottengano  gli  aiuti  indispensabili 
per  conseguire  l'eterna  salute.  Pregate  ed 
otterrete,itu  perocché  chiunque  prega  ri- 
ceve. E  ogni  qualunque  cosa  chedoman- 
derete  nell'orazione,  credendola  otterre- 
te. È  essenziale  piegare  in  nome  e  pei  me- 
riti di  Gesù  Cristo,  avendoci  promesso 
che  suo  Padre  non  esaudirebbe  le  nostre 
orazioni  che  allorquando  le  avessimo  fat- 
te in  suo  nome.  Il  precetto  poi  esplicito 
di  Gesù  Cristo,  l'esempio  di  lui  che  be- 
ne spesso  passava  le  notti  in  pregare  Id- 
dio, determinano  anche  più  chiaramente 
questa  obbligazione.  Urge  il  precetto  del- 
la preghiera  nelle  tentazioni,  nel  doversi 
eccitare  a  contrizione,  nel  dovere  riceve- 
re i  sagrameuti,  intraprendere  arduo  ne- 
gozio e  massimamente  in  pericolo  di  mor- 
te. E  cosa  poi  utilissima  che  si  faccia  in 
ogni  tempo,  e  specialmente  ne'giorui  fe- 
stivi per  santificarli,  e  al  principio  e  al 
termine  d'ogni  giorno;  e  ciò  con  quegli 
esercizi  di  pietà,  i  quali  sogliono  com- 
prendere gli  alti  de'principali  doveri  del- 
l'uomo verso  Dio.  Benché  Iddio  per  la  sua 
infinita  sapienza  conosca  le  nostre  richie- 
ste, quando  gli  sono  fatte  colla  mente  sol- 
tanto, nondimeno  devesi  praticare  anche 
l'orazione  vocale,  sia  per  eccitare  cou  l'e- 
sterno segno  della  voce  l'affetto  interio- 
re, sia  per  dare  a  Dio  un  tributo  d'onore 
coll'anima  e  col  corpo,  essendo  l'uomo 
a  lui  debitore  dell'una  e  l'ultra  sostanza; 
sia  per  dimostrare  che  l'affetto  veemente 


PRE 

per  cui  arde  il  cuore,  ridonda  anche  nel 
corpo.La  necessità  della  preghiera  non  de- 
roga alla  somma  liberalità  di  Dio,  per  la 
quale  parrebbe  che  dovesse  elargire  i  suoi 
doni  senza  die  gli  fossero  domandati.  Im- 
perocché, oltre  al  conferirci  di  fatto  alcu- 
ne grazie,  senza  che  gli  sieno  da  noi  richie- 
ste., a  nostra  grande  utilità  ha  ordinato  poi 
che  tante  altre  non  si  ricevano ,  se  non 
per  la  preghiera,  porgendoci  così  l'occa- 
sione di  tener  viva  la  fede,  di  muoverci 
a  confidenza  verso  di  lui,  di  esercitar  l'u- 
miltà nella  confessione  delle  nostre  mi- 
serie e  bisogni.  La  preghiera  fatta  a  Dio 
con  fede,  con  confidenza,  con  perseveran- 
za, e  nel  nome  di  Gesù  Cristo,  è  infalli- 
bilmente esaudita  in  tempo  congruo,  se- 
condo i  divini  consigli,  quando  è  fatta  per 
sé,  e  purché  se  fatta  per  altri,  questi  non 
\i  pongano  ostacolo.  Chiedere  pel  no- 
me di  Gesù  Cristo,  vuol  dire  chiedere  pei 
meriti  di  lui,  e  chiedere  quello  che  ap- 
partiene alla  grazia  e  alla  gloria  e  che  con- 
tribuisce al  conseguimento  di  essa  :  le  co- 
se temporali,  quando  sieno  oneste  e  buo- 
ne per  loro  stesse,  possono  pure  doman- 
darsi, ma  sempre  secondariamente  e  con 
spirito  di  rassegnazione.  La  promessa  in- 
defettibile di  Gesù  Cristo  di  esaudire  le 
orazioni  nostre,  non  cade  su  queste  cose 
temporali,  se  non  quando  alla  mente  o- 
gniscente  di  Dio  esse  compariscono  cer- 
tamente utili  per  la  nostra  eterna  salute. 
La  Chiesa  sempre  animata  dalla  carità, 
non  esclude  alcuno  dal  partecipare  del 
frutto  delle  orazioni  sue.  Offerendo  il  sa- 
crifizio incruento,  il  sacerdote  dice:  Di- 
nanzi alla  divina  maestà  tua  salga  in  odo- 
re di  soavità  per  la  salute  nostra  e  di  tut- 
to il  mondo,  nessuno  eccettuato.  Si  pre- 
ga adunque  per  tutti  gli  uomini  giusti  o 
peccatori,  amici  o  nemici:  si  prega  anche 
per  gl'infedeli,  per  gli  eretici  e  scismati- 
ci; purché  non  si  considerino  come  mem- 
bri della  Chiesa,  e  per  loro  si  domanda 
la  fede,  la  grazia  della  conversione  e  la 
remozione  de'castighi  temporali  ed  eter- 
ni.  A  Timoteo  scrisse  s.  Paolo:  Racco- 


PRE  i35 

mando  prima  di  tutto  che  si  facciano  sup- 
pliche, orazioni*  voti,  ringraziamenti  per 
tutti  gli  uomini,  per  i  regi,  e  per  tutti  i 
costituiti  in  posto  sublime.  L'obbligo  di 
pregare  per  tutti  gli  uomini  è  fondato 
sul  precetto  che  ci  obbliga  ad  aver  ca- 
rità per  lutti  gli  uomini,  e  ad  amare  il 
prossimo  come  noi  stessi,  come  dichia* 
ra  s.  Tommaso.  L'ordine  delle  preghiere 
che  si  fanno  a  Dio  consiste:  a  pregare  per 
se  stesso,  per  coloro  che  ci  sono  più  spe- 
cialmente uniti  coi  vincoli  della  carne  e 
del  sangue,  per  quelli  che  ci  tengono  luo- 
go di  padre  come  i  pastori  e  i  superiori 
temporali,  per  quelli  cui  abbiamo  qualche 
obbligazione,  ec.  Nel  Paternoster  (^r-), 
o  orazione  domenicale,  si  contengono  tut- 
te quelle  cose  che  si  possono  domandare 
e  sperare  da  Dio.  L'orazione  squarcia  le 
nubi  della  tribolazione  e  assicura  la  pa- 
ce, come  dice  s.  Gregorio  Nisseno.  Mai 
Israele  supplicò  invano  il  Dio  de'suoi  pa- 
dri nel  suo  pellegrinaggio  verso  la  terra 
promessa,  e  mai  pregò  indarno  la  Chiesa 
il  suo  Maestro  e  Signore  nel  cammino  al- 
la celeste  Gerusalemme.  Un  popolo  che 
prega  è  invincibile  in  Dio.  Imperocché 
non  solamente  Cristo  egli  Angeli  si  uni- 
scono pietosi  a  coloro  che  pregano,  dice 
Origene;  ma  ancora  i  santi  di  Dio  ne  pren- 
dono parte  onde  assicurare  alla  preghie- 
ra fatta  con  ispirilo  di  umiltà  e  di  divo- 
zione la  sua  efficacia.  E'  l'orazione  un'o- 
pera essenzialmente  buona,  che  conduce 
l'anima  alla  prosperità.  Quindi  le  belle 
immaginide'ss.  padri  Ambrogio,  Loren- 
zo Giustiniani  e  Bonaventura;  ora  danno 
le  ali  all'orazione  per  ispiegare  la  sua  pie- 
na efficacia,  ora  la  rappresentano  sotto  la 
forma  di  grazioso  uccellino  che  penetra 
nel  gabinetto  di  Dio,  ora  all'armatura  di 
un  guerriero  che  sta  in  propria  tutela  , 
ora  ad  un  Incenso  (  V.)  odoroso  che  spi  - 
ra  soavità  dinanzi  al  Signore.  I  pregi  prin- 
cipali della  preghiera  sono  tre:  i.°  che 
il  cuore  sia  puro,  e  chi  opera  bene  è  si- 
mile a  chi  prega  senza  interruzione;  2.0 
che  l'orazione  nasca  propriamente  dal 


i36  PRE 

cuore  e  non  dalla  lingua,  e  sia  fondata 
nelloslanciodegli  affetti,  non  già  nel  mo- 
to o  qualità  dell'espressione;  3.°  che  l'o- 
razione sia  continua,  senza  interporre  di- 
mora, dissero  il  Salvatore  e  s.  Paolo,  ciò 
che  può  anco  intendersi  dirigendo  con- 
tinuamente a  Dio  le  stesse  proprie  ope- 
razioni cou  una  locuzione  mentale,  pie- 
gando il  cuore  del  supremo  giudice  le 
continue  orazioni.  Inoltre  l'orazione  ha 
la  virtù  di  soddisfare  perchè  è  un'opera 
laboriosa  e  penosa,  alla  quale  Dio  ha  pro- 
messo la  remissione  delle  pene  dovute  al 
peccato,  e  perchè  rinchiude  in  sé  l'ubbi- 
dienza e  l'umiliazione  dell'uomo  in  pre- 
senza della  maestà  divina.  Essa  è  qual- 
che volta  impetratoria  senza  essere  me- 
ritoria, né  soddisfaltoria;  tali  sono  le  pre- 
ghiere che  i  santi  fanno  per  noi  in  cielo. 
La  preghiera  ottiene  qualche  volta  una 
cosa  e  ne  merita  un'altra.  I  difetti  prin- 
cipali della  preghiera  sono  tre:   t.°  che 
non  sia  timida;  2.0  che  non  sia  temera- 
ria per  eccesso  di  fiducia,  onde  non  può 
essere  disgiunta  dal  dovuto  rispetto;  3.° 
non  dev'essere  tiepida  o  mista  d'indiffe- 
renza odi  rincrescimento.  Vi  sono  diver- 
si errori  sulla  preghiera,  in  cui  caddero 
i  pagani,  i  pelagiani,  i  messaliani,  i  vicle- 
fiti  ed  altri  eretici,  oltre  i  quietisti.  Con- 
tro i  vodpsi ,  i  viclefiti,  i  luterani,  i  cab 
vinisli,il  concilio  di  Trento  definì  essere 
permesso  e  utile  di  pregare  i  Santi  (F.), 
che  regnano  in  cielo,  perchè  intercedano 
per  noi  presso  Dio;  però  invocandoli  dob- 
biamo aver  presente;  che  nulla  possono 
ottenere  senza  la  mediazione  di  Gesù  Cri- 
sto. V.  Culto.  Non  si  deve  pregare  pei 
santi  che  sono  nel  cielo,  perchè  essi  non 
hanno  bisogno  di  nulla;  si  può  nondi- 
meno chiedere  qualche  gloria  accidenta- 
Je  pei  santi.  Quanto  alle  anime  del  Pur- 
gatorio  (fr.)t  vi  sono  de'teologi  che  pen- 
sano esser  cosa  vana  il  pregarle,  altri  so- 
stengono che  possono  ottenere  pei  vivi, 
perchè  non  si  può  dire  che  Dio  abhia  sta» 
1>ilito  il  contrario.  Però  il  pregare  per  loro 
(   huona  e  utile  coso,  e  fu  sempre  in  uso 


PRE 

nella  Chiesa,  raccomandandolo  i  ss.  padri 
e  tutte  le  liturgie.Delle  preghiere  pe'morti 
parlai  in  diversi  articoli.  /^.Commemora- 
zione de'fedeli  defunti.  Non  si  può  pre- 
gare pei  dannati,  sì  perche  essi  non  sono 
più  uniti  col  vincolo  della  carità,  per  mez- 
zo della  quale  i  vivi  comunicano  le  loro 
opere  buone  ai  morti,  come  perchè  essi 
sono  giunti  a  quel  termine  fatale  edim- 
mutabile,  in  cui  hanno  ricevuto  l'ultimo 
castigo  dovuto  alle  loro  colpe,  cioè  l'eter- 
na dannazione,  che  non  può  essere  né  tol- 
ta, né  diminuita  :  Dio  però  colla  sua  as- 
soluta e  straordinaria  potenza  può  far  tut- 
to. A  Inferno  dissi  favola  la  pretesa  li- 
berazione di  Traiano  infedele,  persecu- 
tore della  Chiesa, senza  battesimo  né  pe- 
nitenza. 

Il  tempio  o  Chiesa  (F.)  è  chiamata 
la  casa  dell'orazione.  I  primitivi  cristiani 
oravano  nelle  Catacombe  e  Cimiteri(F .), 
nell'epoca  delle  atroci  persecuzioni,  ve- 
nendo costi-etti  in  Congregazioni  divole 
(V.)  ad  intervenire  ai  Divini  uffizi  [V.)y 
e  praticare  i  santi  Riti  (Z7".)  nelle  latebre 
di  tali  luoghi  d'infortunio  e  d'affanno, 
però  nobilitati  dal  consesso  de'padri  del- 
la Chiesa  e  santificati  per  la  celebrazione 
del  divino  sagrifizio  dalla  presenza  di  Dio 
vi  vente.  Severano,  Memorie  sacre  p.  3o8, 
riporta  l'orazione  particolare  detta  dai 
vescovi,  nel  congresso  de'cristiani  de'pri- 
mi  secoli.  Deus  et  Pater  D.  2V.  Jesu  Cliri- 
sti, qui  dispersa  congregai,  et  congregata 
conservaSj  auge  /idem,  et  fiduciam  ser- 
vis  luis.  A  Genuflessione  parlai  dell'uso 
di  pregare  genuflessi  e  che  non  è  essen- 
ziale alla  preghiera;  degli  antichi  cristia- 
ni che  da  Pasqua  a  Pentecoste  (fr.)  ora- 
vano in  piedi;  dell'elevazione  e  distensio- 
ne delle  mani,  disapprovando  Tertullia- 
no il  sedere  (Z7".  Genuflessorio  e  il  voi. 
XI,  p.  25g);  e  dissi  inoltre  delle  diverse 
genuflessioni,  e  di  quelle  di  culto  e  di  ri- 
verenza. Ad  Inchino elNciiiNAziON Binan- 
do si  devono  fare  o  nella  celebrazione  del- 
le sagre  ceremonie  o  nelle  orazioni:  r. 
Nome  di  Gesù.  In  America  e  altrove  al- 


PRE 

forche  le  Campane  danno  il  segno  del  - 
l'Angelus  Domini  (F.)t  al  mezzodì  e  nel 
cominciar  della  notte,  nelle  pubbliche  vie 
si  fermano  i  pedoni ,  adorando  in  pie- 
di col  capo  chino  la  gran  Madre  di  Dio 
fino  al  3.°  tocco  della  campana.  LeBrun, 
Explicalion  des  prieres,  racconta  che 
ne'primi  quattro  secoli  della  Chiesa  non 
vi  fu  cosa  tanto  raccomandata,  quan- 
to P  orare  in  piedi  nelle  domeniche  e  in 
tutto  il  tempo  pasquale,  poiché  i  fede- 
li vollero  onorare  in  tal  guisa  la  risurre- 
zione di  Gesù  Cristo,  per  far  conoscere, 
anche  colla  positura  del  corpo,  la  spe- 
ranza che  nutrivano  di  partecipare  della 
gloriosa  risurrezione  e  ascensione  di  lui. 
Anzi  Tertulliano,  De  Corona  e.  3,  non 
solo  dice  che  nelle  domeniche  e  dalla  Pa- 
squa sino  alla  Pentecoste  non  s'inginoc- 
chiavano punto  per  5o  giorni,  ma  che 
l'avevano  come  per  peccato.  Questo  rito 
tuttora  si  osserva,  e  lo  stesso  in  tutte  le 
domeniche  dell'anno,  le  quali  sono  spe- 
cialmente consagrate  a  onorare  il  miste- 
ro della  risurrezione.  Osserva  Butler  nel- 
le Feste  mobili  p.  4oo,  che  tale  rito  è  os- 
servato negli  uffizi  pubblici,  ed  è  una  pra- 
tica lodevole  il  conformarvisi  almeno  in 
parte  nelle  nostre  particolari  orazioni.  Ma 
se  preghiamo  in  presenza  degli  altri  dob- 
biamo evitare  ogni  singolarità  affettata 
che  potrebbe  offendere  o  scandalezzare; 
cosa  savia  è  allora  non  («costarsi  dall'uso. 
A  Evangelio  e  a  Te  Deum  dissi  che  nel- 
la loro  recita  o  canto  si  deve  stare  in  pie- 
di. Sarnelli,  Lelt.  eccl.  t,  5,  lett.  2:  Che 
l'uomo  deve  orare  col  capo  scoperto  e  la 
donna  col  capo  coperto,  scioglie  diverse 
difficoltà  e  rende  ragione  di  tali  usi,  che 
io  toccai  a  Berretta,  Berrettino,  Paruc- 
ca  e  altre  coperture  del  capo,  ed  a  Don- 
na. Sarnelli  nelle  pubbliche  preci  incul- 
ca agli  uomini  l'orare  col  capo  scoperto, 
per  cui  inveisce  contro  le  perucche ,  ri- 
cordando al  sesso  femminile  le  prescri- 
zioni di  s.  Paolo  e  di  diversi  Papi  d'in- 
cedere nelle  chiese  col  capo  coperto  e 
velato  ;  aggiungendo  che  si  deve  orare 


PRE  i37 

con  ambedue  le  ginocchia  piegate,  il  che 
senon  fosse  rimarcabile,  non  avrebbe  Id- 
dio fatto  notare  nella  s.  Scrittura,  Reg. 
3, 54>  che  Salomone  così  orò  nel  suo  tem- 
pio, utrumque  eniin  genu  in  terram  fi- 
xeralj  et  manus  expanderal  in  coeluni. 
Abbiamo  di  s.  Giacomo  apostolo  detto  il 
Minore,  ch'era  tanto  assiduo  nel  pregare 
genuflesso  e  per  umiltà  colla  fronte  sulla 
terra,  che  gli  si  formarono  calli  tanto  sul- 
le ginocchia,  che  sulla  fronte.  I  ss.  Pietro 
e  Paolo  s'inginocchiarono  per  fare  ora- 
zione, nel  volo  di  Simon  mago.  Donati 
ne' Dittici  p.  1  18  parla  dell'orazione  fat- 
ta colle  mani  aperte  ed  alzate,  anche  dai 
gentili.  Il  vedere  ne' monumenti  le  mani 
alzate  verso  il  cielo,  fu  pure  talvolta  segno 
di  orazione,  quantunque  conciò  mostrasi 
qualche  volta  ancora  l'azione  del  bene- 
dire. Riporta  le  testimonianze  di  Tertul- 
liano, Pamelio,  Muratori  e  altri.  Nel  voi. 
XXXIV,  p.  io  parlai  dell'immagine  di 
Maria  Vergine  dipinta  nel  cimiterio  di 
Ciriaca  colle  braccia  aperte  e  sostenute 
dai  ss.  Pietro  e  Paolo  in  allodi  pregare, 
rilevando  che  il  simile  si  ha  di  Mosè,  co- 
me di  sua  efficacia.  Gli  antichi  cristiani 
alzando  le  mani,  quando  oravano,  le  te- 
nevano ancora  talvolta  in  forma  di  cro- 
ce, per  dimostrare  la  rimembranza  an- 
cora cogli  atti  esterni  che  sempre  inter- 
namente avevano  della  passione  di  Gesù. 
Cristo.  Vicino  a  morte  s.  Ambrogio,  col- 
le mani  in  croce  porgeva  fervorose  preci 
all'Altissimo.  Eusebio  racconta  che  Co- 
stantino fece  scolpire  la  sua  effigie  nelle 
medaglie  d'oro  col  volto  rivolto  verso  il 
cielo,  e  le  mani  aperte  a  guisa  di  chi  fa 
orazione.  Altri  vuole  che  simil  gesto  sia 
fatto  per  rappresentare  l'elevazione  dei 
nostri  cuori  alle  cose  celesti,  e  tale  uso 
conferma  s.  Gio.  Crisostomo  nello  spiegar 
le  parole  del  salmo  i4o.  Borgia,  Meni, 
di  Benevento  t.  r,  p.  1 4-8,  parlando  del- 
l'antico rito  di  orare  colle  mani  distese, 
dice  che  ve  n'è  rimasto  qualche  vestigio 
ne'sacerdoti,  quando  celebrano  la  messa 
e  proferiscono  le  sacre  orazioni;  osservali- 


i38  PRE 

do  che  anco  gli  ebrei  oravano  con  le  ma- 
ni alza  te,  e  specialmente  Davide,  uso  pra- 
ticato pure  dai  gentili.  Anche  Buonarro- 
ti, T etri  antichi  p.  me  270,  parla  del- 
l'uso restato  a'sacerdoti  nelle  sacre  pre- 
ghiere specialmente  della  messa,  di  tener 
le  braccia  in  gesto  di  orazione,  non  del 
tutto  nel  modo  antico,  secondo  il  quale, 
egli  dice,  si  tenevano  le  braccia  totalmen- 
te distese  in  fuori  a  forma  di  croce.  11  me- 
desirnoap.  78  racconta chegli  ebrei  nel- 
le pubbliche  orazioni  e  particolarmente 
il  popolo  minuto,  fu  solito  di  portare  so- 
pra le  spalle  e  sopra  gli  abiti  un  panno, 
e  si  crede  che  fosse  una  specie  à'Efod,  sem- 
plice e  piccolo  manto  che  circondava  le 
spalle  e  qualche  volta  si  affibbiava  e  con- 
giungeva sul  petto.  Crede  quindi  che  al- 
trettanto praticassero  i  primi  cristiani  nel 
tempo  della  preghiera,  ritenendo  verosi- 
mile che  nel  comandare  s.  Paolo  alle  don- 
ne di  stare  in  cliiesa  col  capo  velato,  e  vo- 
lendo che  gli  uomini  stieno  scoperti,  in- 
tenda di  questi  veli  o  manti  usati  dai  due 
sessi  nelle  loro  di  vote  adunanze,  e  che  essi 
dierono  occasione  a  quell'apostolica  or- 
dinazione. India  p.  120  dichiara  con  mo- 
numenti, essere  stata  consuetudine  degli 
antichi  cristiani  di  starecolle  mani  e  brac- 
cia distese  quando  facevano  le  loro  pre- 
ghiere ,  esprimendosi  quasi  un  modello 
ed  una  immagine  della  passione;  e  sic- 
come il  martirio  è  il  cimento  più  forte, 
quindi  è  che  molti  ss.  martiri  nel  tempo 
istesso  de'loro  tormenti,  per  ottenere  da 
Dio  costanza  e  valore  in  quel  fiero  con- 
trasto, stavano  orando,  qualora  il  poteva- 
no, colle  braccia  distese  in  modo  di  cro- 
ce, come  in  un  vetro  fu  rappresentala  s. 
Agnesenelle  Gamme. Eusebio  vide  un  san- 
to giovane  che  nel  martirio  stette  sem- 
pre in  orazione,  colle  inani  alzate  e  diste- 
se. Altrettanto  si  ha  de'ss.  Fruttuoso  e 
Augurio,  dicendosi  di  loro,  che  bruciati 
i  legami  einginncchioni,t/z  signoquetro- 
phaei  Doni  in  i  consti  tuli,  Doni  inuni  depre- 
cabantur.  Anche  Buonarroti  afferma  che 
fu  uni  versai  costume  presso  quasi  tutte 


PRE 

le  nazioni  nell'atto  dell'orare,  il  tenere 
le  braccia  alzate  e  distese,  ed  in  questa 
guisa  porgeva  le  preghiere  ai  falsi  dei  la 
folle  gentilità:  così  fecero  gli  ebrei,  Mo- 
sè,  e  Daniele  nel  lago  de' leoni;  laonde 
stima  probabile  che  questo  rito  sia  de- 
rivato dalla  prima  legge  di  natura.  Es- 
sendo anticamente  comune  a  tutti  i  fe- 
deli questo  modo  di  stare  nell'orazione, 
in  un  Eucologiode'greci  avanti  certe  pre- 
ghiere si  dice  al  popolo:  Alzate  le  mani 
vostre.  Dalle  pitture  de' sacri  cimiteri  si 
Tede  il  costume  di  orare  in  piedi,  impe- 
rocché quantunque  vi  fosse  il  rito  di  se- 
dere, dopo  data  o  intimata  l'orazione,  con 
dire  Oremus  (f.),  tacciato  come  di  su- 
perstizioso da  Tertulliano  (neW  Edipo  di 
Sofoclei  t  ebani  siedono  nell'atto  di  sup- 
plicare), come  già  notai,  e  vi  fosse  quello 
di  fare  orazione  in  ginocchioni,  ed  altre 
volte  col  volto  e  colla  persona  prostrala 
per  terra  (di  che  trattano  Tertulliano,  ad 
TJxorem  I.  2,  e.  8,  et  Advers.  Marc.  I.  3, 
e.  18,  et  Apol.  e.  4o;  Eusebio  in  Isaiam 
e.  49i  »•  23;  il  Nazianzeno,  Orai.  XI,  p. 
1 83 ;  Prudenzio,  De  s.  Laur.j  s.  Girola- 
mo, De  vita  s.  ffilarìonis,  et  Epist.  1 3  ad 
Paulinunt),  pur  tuttavia  quello  di  stare 
in  piedi  era  più  usato  e  comune.  In  que- 
sto c'insegna  la  Chiesa,  secondo  s.  Basi- 
lio lib.  de  Spirita  Sanclo,  di  dover  noi 
anteporre  i  beni  eterni  a  tutti  gli  altri, 
quasi  trasportandoci  con  quell'ammoni- 
zione sensibile  dalle  cose  presenti  alle  fu- 
ture, ed  inoltre  ogni  volta  che  c'inginoc- 
chiamo  e  di  nuovo  ci  rizziamo  nella  po- 
situra in  piedi,  mostriamo  che  noi,  i  qua- 
li a  cagione  del  peccato  eravamo  afflitti 
ed  in  terra,  siamo  richiamati  al  cielo  per 
mezzo  di  colui  che  ci  creò;  alludendo  il 
santo  a  quel  rito  del  Flectamus  genita, 
conservato  rn  alcuni  giorni  ancora  dalla 
Chiesa,  dell'inginocchiarsi  il  popolo  nel- 
l'atto di  dire  o  inlimare  l'orazione  il  sa- 
cerdote, e  rizzarsi  e  stare  in  piedi  nel  tem- 
po dell'orazione,al  Levate.  De'catecume- 
11  i  e  neofiti  parimenti  si  ha,  che  oravano 
in  piedi,  colla  differenza  solamente,  che 


PRE 
dove  i  fedeli  tenevano  la  faccia  mediocre- 
mente elevata,  facevano  tenere  ai  cate- 
cumeni il  capo  basso,  non  avendo  essi  an- 
cora ottenuto,  medianteil  battesimo,  l'a- 
dozionee  la  confidenza  di  figliuoli  di  Dio. 
A  Oriente  notai  il  costume  de'primi  cri- 
stiani di  orare  verso  quella  parte,  per  mol- 
ti misteri  e  ad  imitazione  degli  apostoli. 
Si  può  vedere  anche  Severano,  Memo- 
r/ep.  55,  e  Rinaldi  agli  anni  34,  n.°  232, 
58,  n.°  io5,  106,  e  nel  n.°  109  e  1  io 
tratta  de'di  versi  modi  d'orare,  notando 
che  i  fedeli,  trovandosi  in  qualche  gran 
calamità,  costumavano  pregare  prostrati 
in  terra;  nel  n.°i  1  1  che  tutti  i  fedeli  de- 
vono slare  nell'orazione  con  riverenza, 
modestia  e  umiltà  anche  esteriormente; 
che  talora  alcuno  si  batteva  il  petto,  co- 
me fece  il  pubblicano  che  meritò  gli  elogi 
del  Piedenlore,  il  quale  segno  mostra  il 
pentimento  del  peccato  [V.  Penitenza); 
e  cosi  coloro  che  dopo  la  passione  di  Cri- 
sto tornavano  dal  Calvario  baltevansi  il 
petto.  Di  questo  parlò  s.  Nicolò  I  nelle 
risposte  ai  bulgari  e  circa  al  rito  di  con- 
giungere  e  piegare  le  mani,  dice  fra  le  al- 
tre queste  parole:  »  Quid  aliud  isti  a- 
gunt,  qui  manus  suas  corani  Domino  li- 
gant,  nisi  Domino  quodammodo  dicant: 
Domine  ne  manus  mea  ligari  praecipias, 
utmittas  in  tenebrasexteriores;quoniam 
ecce  ego  jam  eas  ligavi,  et  ecce  in  flagella 
paralus  sum  ".  Furono  anche  soliti  i  fe- 
deli di  porgere  a  Diodivote  preghiere  au- 
dando  in  Processione  (V.) ,  di  che  par- 
lano Tertulliano  ad  Uxor.,  lib.  2,  e.  4» 
e  s.  Girolamo,  Epist.  7,  12  e  22  :  del- 
le processioni  si  fa  menzione  nel  conci- 
lio di  Laodicea.  Che  le  stesse  si  chia- 
massero Litania  (F.),  perchè  pubblica- 
mente s'intimavano  per  placare  Iddio, 
Io  dichiarano  molti  esempi.  Sulla  distri- 
buzione delle  ore  per  pregare,  ne  par- 
lai a  Ore  canoniche.  Delle  preghiere  che 
si  fanno  in  latino  e  perchè,  e  del  loro 
valore  benché  non  s'intenda  quell' idio- 
ma, ragionai  a  Lingua.  Dell'  uso  di  la- 
varsi le  mani  prima  di  entrare  iti  chiesa 


PRE  139 

a  fare  orazione,  trattai  a  Lavanda  delle 

MUTI. 

A  Oremus  o  invito  all'orazione,  che 
termina  con  V  Amen  (V.),  dissi  dell' in- 
timo o  forinola:  H umiliale  capita  vestra 
Deoj  degl'inviti  Fleclamus  genita  e  Le- 
vate, e  nel  voi.  XXIX,  p.  19020:  notai 
ancora  perchè  non  si  dice  il  Fleclamus 
genita  pregando  per  gli  ebrei.  A  Dittici 
rimarcai,  che  non  solo  in  essi  erano  regi- 
strati i  sovrani,  ma  che  se  ne  faceva  com- 
memorazione nella  messa;  erano  poi  can- 
cellati quando  abbandonavano  la  fede  or- 
todossa. Neil'  annalista  Rinaldi  si  legge 
come  i  primitivi  cristiani  oravano  ezian- 
dio per  gl'imperatori  gentili  e  per  la  pro- 
sperità dell'impero  romano:  per  le  loro 
preghiere  a  Dio  gì'  imperatori  ottennero 
diverse  vittorie.  Quanto  alle  orazioni  che 
la  Chiesa  fa  per  gl'imperatori,  vedasi  E- 
xuLTET.eilvol.XXXIV,  p.146.  Nel  voi. 
XXVIj  p.  272  riportai  che  Adriano  I 
istituì  l'uso  di  fare  orazione  nella  messa 
pel  re  di  Francia,  costume  che  venne  ab- 
braccialo dai  regni  cattolici,  onde  pre- 
gare pel  proprio  sovrano;  ed  a  p.  293 
dissi  dell'indulgenze  concesse  dai  Papi  a 
chi  pregava  Dio  per  la  felicità  del  re  e  del 
regno  di  Francia.  Papa  s.  Pio  V  concesse 
ai  vescovi  e  sacerdoti  spaglinoli  di  no- 
minare il  re  nel  Canone  della  messa  (  V.). 
Però  convenendo  alla  maestà  della  no- 
stra religione  l'orare  pei  principi  secola- 
ri, come  prescrive  s.  Paolo,  ad  Thimo- 
leus  2,  e  fu  sempre  1'  uso  della  Chiesa  , 
non  può  tuttavia  la  podestà  secolare  sta- 
bilire uè  ordinare  queste  preci,  come  già 
scrisse  il  grande  Osio  vescovo  di  Cordova 
all'imperatore  Costanzo:  Tibi  Deus  ini- 
perium  iradidit,  nobis  guae  sutit  Dei  ec; 
quindi  Benedetto  XIV  perchè  non  pre- 
valesse l'abuso  a  questa  incontrastabile 
massima  della  Chiesa,  colla  bolla  Quem- 
admodum  j  de'  22  marzo  1  743.,  Bull, 
Magri,  t.  16,  p.  i45,  avvertì  tulli  i  ve- 
scovi, che  ad  essi  solo  spettava  il  diritto 
di  ordinare  le  preghiere  pubbliche;  che 
se  la  podestà  secolure  li  pregherà  di  or- 


i4o  PRE 

«linai  le,  eglino  Io  facciano;  se  però  senza 
il  loro  permesso  la  podestà  le  ordinerà, 
i  vescovi  dovranno  opporvisi,  anzi  non 
cedendo  quella  alla  loro  resistenza,  usino 
i  vescovi  de'loro  diritti  e  de'rimedi  ec- 
clesiastici a  ciò  necessari.  Il  medesimo  Be- 
nedetto XIV  per  maggiormente  accresce- 
re l'uso  dell'orazione  mentale,  non  sola- 
mente confermò  tutte  le  indulgenze  già 
concedute  a  quelli  che  la  facessero,  colla 
bolla  Quemadmodum,  de'16  dicembre 
1746,  loc.  cit.  t.  17,  p.  22,  ma  vi  aggiun- 
se l'indulgenza  di  7  anni  e  7  quarantene 
a  quelli  che  ne  insegnassero  ad  altri  il 
metodo  per  farla, e  indulgenza  plenaria 
tanto  a  questi,  quanto  a  coloro  che  im- 
parassero questo  metodo,  i  quali  si  con- 
fesseranno e  comunicheranno  una  volta 
il  mese,  pregando  nello  stesso  tempo  i  ve- 
scovi che  esortassero  i  fedeli  a  così  pio 
esercizio.  Innumerabili  sono\e Indulgen- 
ze (V.)  concesse  per  le  diverse  specie  di 
orazioni  e  pie  opere,  riportate  nella  Rac- 
colta di  orazioni  e  opere  pie  per  le  quali 
sono  slate,  concedute  dai  sommi  Ponte- 
fici le  s.  Indulgenze,  Roma  1 84 1  •  Egual- 
mente non  si  possono  enumerare  i  pro- 
digi ei  portenti,  le  grazie  spirituali  e  tem- 
porali ottenute  da  Dio  pel  potente  mez- 
zo della  preghiera  tanto  a  lui  gradita.! 
santi,  i  beati,  i  servi  di  Dio  ne  formarono  il 
loro  principale  pascolo.  Racconta  Rinal- 
di di  s.  Ludgero  vescovo  di  Munster,  che 
chiamato  3  volte  da  Carlo  Magno  men- 
tre salmeggia  va  co'suoi,  solo  vi  andò  dopo 
terminato.  A  vendo  perciò  trovalo  inquie- 
to l'imperatore,  perchè  gl'invidiosi  avea- 
110  dipinto  il  ritardo  come  un  dispregio 
della  maestà  sovrana,  rispose  al  rimpro- 
vero :  che  sebbene  sempre  era  stato  som- 
messo ai  di  lui  ordini,  non  dubitò  di  pre- 
ferire Dio  a  lui  in  ogni  cosa,  anco  per  le 
imperiali  ingiunzioni,  che  nell'affidargli 
la  cura  pastorale,  gli  dichiarò  dover  pri- 
ma servire  a  Dio  e  poi  soddisfare  al  so- 
vrano volere;  non  essere  stala  irriveren- 
za il  ritardo,  ma  soddisfazione  di  debito 
ai  Signore,  e  perciò  più  pronto  offrirsi 


PRE 

al  suo  servigio.  Carlo  restò  edificato,  e 
colmò  d'elogi  il  santo  vescovo.  Con  tanto 
fervore  pregano  i  santi,  che  moltissimi 
meritarono  elevazioni  edestasi  durante 
la  preghiera,  sollevandosi  in  alto  anche 
genuflessi  e  colle  braccia  stese,  per  gode- 
re ledelizieineffabiliches'incontrano  nel- 
le consolazioni  celesti,  circondati  di  bril- 
lante splendore.  Di  questo  dono  di  Dio 
parla  il  dotto  annotatore  di  Butler,  Vite 
de' padri,  martiri  e  altri  principali  santi, 
in  quella  di  s.  Filippo  Neri,  narrando  le 
sue  miracolose  elevazioni,  e  quelle  di  s. 
Ignazio  Lojola,di  s.  Domenico,  di  s.Dun- 
stano,  di  s.  Filippo  Benizi,  di  s.  Gaetano, 
di  s.  Alberto  di  Sicilia,  del  b.  Bernardo 
Tolomei,  di  s.  Francesco  d'Assisi,  di  s. 
Edmondo  arcivescovo  diCantorbery,  e  di 
s.  Teresa.  Finalmente  dicesi  anche  ora- 
zione certa  preghiera  ch'è  propria  del- 
l'offizio  del  giorno  o  per  la  commemora- 
zione delle  feste  e  ferie,  e  che  èquasi  sem- 
pre preceduta  da  un'antifona  oda  un  ver- 
setto. L'orazionedel  giorno  termina  le  lo- 
di, prima,  terza,  sesta,  nona,  ed  i  vesperi. 
Vedasi  Diclich,  Diz.  sacro- liturgico,  O- 
razione  dell'uffizio:  Orazione  della  messa 
o  colletta:  Oraziou»?  domenicale  e  Salu- 
tazione angelica  nell'uffizio:  Orazioni  di 
rito  semidoppio,  delle  feste,  ottave,  ferie, 
messe  votive.  Gli  articoli  poi  di  questa 
mia  opera  sono  in  grandissimo  numero, 
che  lungo  sarebbe  indicarli,  sia  riguar- 
danti la  preghiera,  sia  per  tuttociò  che 
si  comprende  nella  categoria  ampia  delle 
preghiere  e  delle  orazioni. Si  possono  con  - 
sultare:  Pr.  Pelliccia,  De  Christ.  eccl.  tuni 
publica,  tum  privata  prece  prò  princi- 
bus,  Neapoli  1  778.  S.  Alfonso  de  Liguo- 
ri,  Del  gran  mezzo  della  preghi  era.  io. 
Pricaeus  et  Claudius  Expencaens,  De  o- 
ranlium,  sive  sid>latis  inter  precandum 
manibus.  Coro.  Seb.Schurtzfleischii,/?/*- 
sert.  de  Chirotonia,  Vittebergae  1 68(>,et 
inter  ejusdem  Dissert.  historico  politicns 
t.  2,  n.°Oy.  Adam  Rechenbergius,  De  eie- 
catione  manum  inter  precandum  ,  Li  - 
psiae  1 688,  et  in  ejus  Exercil.  in  N.  C, 


1 


PRE 

i4^.  De  more  manus  et  digitos  inler 
oranclum  complicarteli,  Lipsie.  P.  Luigi 
Tappa  rei  li  gesuita,  Ragionamento  sulla 
reghiera  cattolica  considerata  in  ordine 
alla  civiltà  de' popoli.  Nel  voi.  3,  p.  i53 
Annali  delle  scienze  relig.,  serie  2." 

PREJETTO  (s.),  vescovo  di  Clermont 
e  martire,  detto  in  Francia  s.  Prix  o  Priest. 
Nacquein  Alvergna,efu  iniziato  nel  ser- 
vigio ecclesiastico  da  s.  Genesio  arcidia- 
cono e  poi  vescovo  di  Al  vergna.  Esercitò 
da  prima  il  suo  zelo  nella  parrocchia  d'Is- 
soire,  poscia  nel  monastero  delle  religio- 
se di  Candedin.  Eletto  vescovo  di  Cler- 
mont nel  666  ,  fondò  monasteri,  chiese, 
ospedali,  stabilì  case  di  carità  per  prov- 
vedere ai  bisogni  dei  miserabili ,  e  si  a- 
doperò  a  far  fiorire  nella  sua  vasta  dioce- 
si le  pratiche  di  religione  e  il  fervore  cri- 
stiano. P*rejetto  dovette  recarsi  alla  corte 
per  gli  affari  della  diocesi,  ed  in  quel  tem- 
po Ettore  patrizio  di  Marsiglia,  che  avea 
rapito  una  delle suediocesanee  commessi 
altri  misfatti,  venne  condannato  alla  mor- 
te dal  re  Childerico.  I  partigiani  di  Et- 
tore riguardarono  la  sua  morte  come  una 
conseguenza  dei  lagni  che  Prejetto  avea 
fatto  al  re  contro  di  lui;  quindi  mentre 
il  santo  vescovo  ritornava  dalla  corte  lo 
fecero  assassinare  a  Volvic,  insieme  ad 
un  sant'uomo  chiamato  Amaritio,  che  lo 
accompagnava.  Ciò  avvenne  nel  674  a' 
2  5  gennaio  ,  nel  qual  giorno  si  celebra 
la  sua  festa,  avendone  la  Francia  onorata 
la  memoria  subito  dopo  la  sua  morte.  La 
maggior  parte  delle  sue  reliquie  si  con- 
servano nell'abbazia  di  Flavigny. 

PRELATI  Pietro,  Cardinale.  Fran- 
cese, che  Frizonio  dice  creato  cardinale  da 
Giovanni  XXII,  ma  non  vi  è  nel  registro 
del  s.  collegio,  né  tra'cardinali  di  Panvi- 
nio  eCiacconio,  ed  il  Contelori  lo  esclude 
espressamente  dal  numero  de' cardinali. 

PRELATO,  Antisles,  Praesul.  Quel- 
lo che  ha  la  dignità  ecclesiastica  con  giu- 
risdizione, come  cardinale,  vescovo,  ab- 
bate esimili;  dicendosi  Prelatura  la  di- 
gnità de'prelali,  Praesulis  dignitas.  Così 


PRE  141 

il  Da.  della  lingua  italiana.  Alcuni  opi- 
nano che  impropriamente  si  chiamino 
prelati  i  referendari  di  segnatura,  ed  i  fa- 
migliari del  Papa  prelati  domestici,  men- 
tre questi  sebbene  abbiano  un  grado  di 
dignità  non  hanno  giurisdizione,  non  pre- 
siedono, cosa  essenziale  per  un  vero  pre- 
lato, che  vuol  dire  presiedere,  essere  su- 
periore, dal  verbo  latino  praeesse.  Feli- 
ci,nell'  Onomasticum  romanum,  chiama 
la  prelatura,  honores  ecclesiastici,  digni- 
talis  gradus.  Morcelli  qualifica  il  prelato 
di  Roma,  Antist.es  urbanus;  ed  il  prelato 
domestico  di  sua  Santità,  Adleclus  inter 
antistes  domus  Ponti/.,  Anlistes  domus 
Pont.  Max.  Nardi,  Deparrochi  voi.  1, 
p.  3g5,  definisce  la  prelatura,  nel  senso 
generale,  un  grado  onorifico  con  giuris- 
dizione sui  sudditi,  che  propriamente  col 
vocabolo  prelato  senz'altro  aggi  un  to  s'in- 
tende il  vescovo,  e  quando  si  vogliono  no- 
minare altri  prelati,  vi  si  mette  l'aggiun- 
to o  di  regolari,  o  di  esenti  ec,  per  di- 
stinguerli. Quantunque  questi  pure  sieno 
nella  classe  de'prelati,  pure  vi  è  la  dif- 
ferenza, che  hanno  la  giurisdizione  per 
concessioneecclesiastica,  mentre  i  vescovi 
sono  posti  da  Dio  al  regime,  pel  quale 
hanno  Praelationisconsecralione.m,a  per- 
ciò ne'primi  secoli  la  parola  Praeses,  si- 
nonimo di  Praelatus,  era  adoperata  per 
significare  il  solo  vescovo.  Prelati  mag- 
giori sono  i  vescovi, ed  i  cardinali  perla 
parte  che  hanno  al  regime  della  Chiesa 
universale.  Prelati  minori  sono  le  persone 
di  grado  inferiore  ai  mentovati,  e  che  ab- 
biano I'  onorifica  distinzione  di  grado  e 
la  giurisdizione  esterna.  1  prelati  minori 
sono  in  gran  numero:  tra  questi  i  prin- 
cipali sono  gli  ordinari  nullius3  gli  esenti, 
gli  abbati,  gli  aventi  usi  di  pontificali  con 
giurisdizione,  i  superiori  supremi  o  pro- 
vinciali de'regolari,  i  vicari  generali,  gli 
arcidiaconi  antichi;  gl'inferiori  tra  questi 
prelati  minori  sono,  per  esempio,  i  supe- 
riori de'con venti,  le  abbadesse  (come  le 
chiamò  nell'8 1 3  il  concilio  di  Reims,  e 
nell'816  il  concilio  d'Aquisgrana,  e  au- 


i4*  PRE 

che  pastore),  ec.,  i  quali  anch'essi  sono 
veri  prelati,  perchè  hanno  una  giurisdi- 
zione, benché  assai  limitata,  esterna  e  rea- 
le sui  sudditi,  che  possono  comandare  e 
punire.  Vi  sono  ancora  altri  che  hanno 
l'ombra  della  prelatura,  o  per  grado  ono- 
rifico o  per  qualchegiurisdizione  esterna, 
cornei  corepiscopi  nell'antichità,  a'quali 
con  minori  facoltà  successero  i  vicari  fo- 
ranei, ed  altri  notati  da  Nardi.  Aggiunge 
che  prelati  erano  appellati  i  capi  delle 
collegiate  e  le  dignità  de'capitoli,  e  pre- 
lato era  il  preposto  de'capitoli  che  pre- 
siedeva alle  canoniche.  Il  concilio  di  Toul 
dell' 859  chiamò  prelato  chiunque  pre- 
siede ad  una  comunità  religiosa.  Delledi- 
■verse  classi  de'  prelati  parlò  ancora  Bo- 
naccorsi,  Del  protonotariato  p.  55  e  seg. 
1  prelati  della  s.  Sede  sono  veri  prelati, 
perchè  oltre  la  precedenza,  hanno  anche 
delle  incombenzedi  giurisdizione,  le  qua- 
li riguardano  la  cattedra  apostolica,  e 
quindi  il  regime  universale.  La  remota 
antichità  della  prelatura  romana,  Nardi 
la  fa  risalire  ai  7.5  preti  e  7  diaconi  che 
ne'primi  tempi  della  Chiesa  formavano  il 
presbiterio  del  Papa,  o  sagro  senato  ro- 
mano {V.  Sagro  collegio).  Aggiungerò 
che  fiorivano  ancora  i  notari  regionari, 
poi  Protonolari  apostolici  (F.)}ed  i  Di- 
fensori dtllachiesa  romana  (  V.),  poi  ,4i>- 
vocati  concistoriali^^  .),lull\  primari  pre- 
lati. Vi  erano  io  1  chierici,  tra  suddiaconi 
regionari  e  minoristi,  uomini  di  matura 
età  al  servizio  della  s.  Sede  pel  regime 
universale,  e  che  servivano  nelle  funzioni 
ecclesiastiche  pontifìcie,  ed  erano  ciò  che 
è  oggidì  la  prelatura,  essendo  allora  tali 
chierici  della  sede  apostolica  in  grandis- 
sima stima,  per  cui  di  versi  suddiaconi  fu- 
rono elevati  al  vescovato.  Nel  pontificalo 
di  s.  Gregorio  I  abbiamo  più  esempi  di 
notari,  di  suddiaconi  e  di  rettori  cui  com- 
mise gravi  aftari  delle  chiese,  de' vescovi, 
presiedere  alle  loro  elezioni,  vegliare  sul- 
la loro  condotta,  riprenderli  e  anche  pu- 
nirli. Inoltre  a'tempi  di  s.  Gregorio  I  i 
Patrimoni  della  chiesa  (F.)  erano  go- 


PRE 

vernati  dai  rettori,  difensori,  notari,  car- 
tulari o  archivisti,  diaconi  e  suddiaconi, 
tutti  primari  chierici  della  romana  chie- 
sa, ed  in  alcuni  vi  esercitavano  anche  il 
dominio  temporale,  tutti  ministri  mag- 
giori della  s.  Sede  che  formavano,  come 
oggidì,  il  fiore  della  prelatura  romana  ; 
inferiori  ai  cardinali,  superiori  ai  preti, 
diaconi  ed  altri  ecclesiastici  minori.  Nar- 
di somiglia  i  prelati  maggiori  e  minori 
antichi,  agli  odierni  prelati  di  mantel- 
letta  e  manlellonej  i  quali  tutti  giurava- 
no ubbidienza  e  fedeltà  al  Papa  e  rende- 
vano conto  al  medesimo  dell'operato,  co- 
me fa  oggidì  la  prelatura  romana.  Il  nu- 
mero di  tali  prelati  si  aumentò  colla  pro- 
pagazione del  cristianesimo  e  col  la  Sovra- 
aita  pontificia  (/"'.),  incominciata  con  s. 
Gregorio  II  dopo  il  726.  Tali  prelati  nei 
patrimoni  avevano  la  loro  corte,  di  per- 
sone condotte  da  Roma,  come  notari,  di- 
fensori, azionari;  poscia  divennero  Go- 
vernatone Delegali  (  V.)  delle  città  e  Pro- 
vincie. Quindi  ne'primi  dell'VIH  secolo 
già  erano  primari  uffiziali  della  s.  Sede  i 
prelati  Primicero,  Secondicero,  Arcario 
o  Tesoriere,  Saccellario,  Proloscrinario , 
Prìmicero  deJ  difensori  3  Nomenclatore 
(V.),  che  formavano  le  7  più  grandi  cari- 
che palatine.  Di  questi  e  altri  uffizi  prelati- 
zi ne  ragionai  anche  a  Camera  apostolica. 
\  Legati,  gli  Jpocrisarieà  i  Nunzi  (V.), 
sono  altri  prelati  di  prim'ordine,  che  nei 
primi  secoli  della  Chiesa  erano  dai  Papi 
spediti  in  tutto  il  mondo.  Antichissima 
origine  hanno  pure  i  prelati  Cubiculari 
(  V.)  della  Famiglia  Pontificia  (  V.),  sot- 
to la  direzione  del  Vicedomino  (V.),  cui 
successe  WMaggiordomo 3  con  titolo  e  pre- 
rogative di  prelati  domestici,  famigliari  e 
commensali  del  Papa,qualifiche  e  privile- 
gi che  furono  estesi  ai  prelati  domestici, 
titolo  che  godono  i  vescovi  assistenti  al  so- 
glio ed  altri  prelati  :  il  novero  dei  prelati 
domestici  di  sua  Santità  si  legge  nelle  ttt- 
nua\\  Notizie  di  Roma,  dopo  i  Camerieri 
segreti  partecipanti (^.).Nel  VI  eVII  se- 
colo già  vi  erano  i  consiglieri  della  s.  Se- 


PRE 


de,  poiché  s.  Gregorio  I  scrisse  a  Teodo- 
ro Consiliarium  nostrum,  forse  quel  Teo- 
doro che  il  precedessere  Pelagio  II  chia- 
mò magnifici  Consiliari  nostri.  Nel  63g 
fioriva  Giovanni  servus  Dei  Consiliarius 
apostolicae  sedis.  Sotto  Stefano  III  tro- 
vasi Cristoforo  Primicerius  et  Consilia- 
rius. Questo  uffizio,  dice  Nardi,  spesso  fu 
dato  ai  vescovi,  e  Giovanni  VIII  lo  con- 
ferì agl'imperatori  Carlo  il  Calvo  e  Lo- 
dovico ilBalbo;  indi  nell'88onominaVal- 
perto  episcopo  Consiliario  nostro,  presso 
Ughelli,  leggendosi  nel  Mansi,  un  prete 
Consiliarios nostros di  quelPapa.La  mag- 
gior parte  de' nominati  ministri  e  digni- 
tari formavano  collegi  prelatizi,  e  diversi 
aveano  per  capo  il  primicero,  che  ne'col- 
legi  de'prelati  successivi  si  disse  presiden- 
te e  più  comunemente  decano.  Gli  odier- 
ni collegi  prelatizi  sono  quelli  de  Vescovi 
assistenti  al  soglio,  de"*  Prolonotari  apo- 
stolici, Uditori  di  Rota,  Chierici  di  ca- 
mera, Ponenti  di  Consulta,  Potanti  di 
segnatura,  Abbreviatoti  di  parco  mag- 
giore (V.),  ec.  Avendo  parlato  ai  rispet- 
tivi articoli  d'ogni  ceto  prelatizio  e  di  cia- 
scuna carica  prelatizia,  come  de'prelati 
di  Mantellone  (V.),  lungo  sarebbe  qui  il 
riepilogarli,  avendo  articoli  anche  quei 
collegi  e-ministeri  prelatizi  che  più  non 
esistono,  a  tutti  avendo  i  Papi  accordato 
privilegi,  prerogative  e  distinzioni,  egual- 
mente da  me  notati.  Il  Parisi,  Istruzioni 
per  la  segreteria  t.  2,  p.  1 5j,  dice  che  il 
nome  di  prelatoabbraccia  tutti  i  Patriar- 
chi, Arcivescovi,  Vescovi  (V.),  ed  altri 
che  servono  il  Papa  e  la  s.  Sede  in  vari 
oflici  e  magistrature  della  corte  e  dello 
stato  pontifìcio,  e  che  hanno  l'uso  del- 
l'abito prelatizio  e  manlelletta.  Nei  voi. 
VII,  p.  241,  VIII,  p.  1 44»  dissiche  i  3 
canonici  Lnteraneu.se,  Vaticano  e  Libe- 
riano, appena  sono  eletti  a  ministri  assi- 
stenti delle  cappelle  pontificie,sono ascrit- 
ti fra'prelati  Domestici.  Essi  sono  i  primi 
prelati  domestici,  poiché  lo  sono  colla  no- 
mina all'officio  senza  bisogno  di  biglietto 
di  prelato  domestico,  essendo  inclusa  que- 


PRE  i43 

sta  nomina  nell'altra  di  ministro  alle  cap- 
pelle pontificie.  Non  sono  Referendari  di 
segnatura  (V.),  e  solo  possono  prestare 
il  giuramento  in  segnatura,  con  che  di- 
ventano referendari,  se  hanno  il  biglietto 
di  prelato  domestico  diviso  dall'altro, 
perchè  quello  e  non  questo  dà  loro  il  di- 
ritto di  prestare  il  giuramento. 

Dovendo  i    prelati  concorrere  al  go- 
verno della  Chiesa  universale,  come  esa- 
minatori della  Congregazione  dell'esame 
(V.),  Prefetti,  Consultori,  Segretari  del- 
le congregazioni  cardinalizie  (V  .),ec,  ed 
al  governo  temporale  dei  domiuii   pon- 
tificii (Paolo  II  affidò  loro  la  custodia  del- 
le  fortezze,  e  Paolo  IV  in  diverse  provin- 
ole ai  legali  sostituì  prelati  governatori), 
quali  Presidenti,  Delegali,  ec,  devono  ri- 
splendere per  pietà,  virtù,  dottrina,  zelo 
ed  esemplarità,  imperocché  dal  loro  il- 
lustre e  cospicuo  ceto,  dopo  avere  eser- 
citato gravi  uffizi  ed   eminenti^  cariche, 
vengono  dal  Papa  elevati  oal  venerando 
episcopato  o  alla  sublime  dignità  di  Car- 
dinale (P.),  quindi  elettori  del  Papastes- 
so.  Delle  loro  qualità  parlai  in  più  luoghi, 
come  a  Chierico,  Digttità',  Carica, Lus- 
so, Corte,  Promozione  ,  Famigliari  dei 
prelati,  ec.  Vedasi  il  moto- proprio   di 
Paolo  III,  Cum  sicut,  de'2  1  aprilet545, 
Bull.  Rom.  t.  4>  pai'-  *>  P-  232:  Fa- 
miliareset  servi lores  praelatorum  roma- 
nae  curiae,  salarium,  et  stipendium  prò 
biennio  tantum,  et  infra  annum  a  die  o- 
bilus  illorum  petere  possint.  Per  quan- 
to riguarda  il  coruccio  e  quarantena  pei 
famigli  de'cardmali,ne  trattai  anche  nel 
voi.  XL,  p.  206:  pei  famigli  de'prelati 
si  può  inoltre  leggere  Palafreniere. Mar- 
tinelli, Codice  de' doveri,  p.  l5a  e  56l, 
avverte  che  i  prelati  della  romana   Cu- 
ria (V.), detti  prelati  secolari,  siano  inca- 
rica o  senza  ,  sono  considerati  come  su- 
periori ecclesiastici,  e  sono  ad  essi  appli- 
cabili i  doveri  prescritti  in  quanto  ai  pre- 
Iati  domestici  nella  bolla  7." d'Innocenzo 
X,  Etsiea,e  in  quella  d'Alessandro  VII, 
In  sublimi,  de 22  agosto  1 656:  in  quan- 


144  PRE 

Ioni  prelati  assistenti  in  corte  onella  cap- 
pella pontificia,  delti  anche  di  mantello- 
ne,  nella  bolla  Romanorum  di  Giulio  III, 
nella  bolla  32  Ci rcumspecla  di  Gregorio 
XV,  trovansi  molti  privilegi  e  prerogati- 
ve loro  concesse.  Bisogna  però  avere  pre- 
senti le  bolle  limitative  di  tali  privilegi  , 
cioè  la  45  di  Pio  IV, e  la  60  dis.  Pio  V. 
Quanto  poi  ai  prelati  in  genere,  tra  cui 
si  comprendono  estensivamente  anco  i 
cardinali,  bisogna  aggiungere  alla  rubri- 
ca de'loro  doveri,  il  testo  canonico  nel  cap. 
ClemensSy  qu.  i.»Clemens  tamquamqui 
omnibus  praeesse  le  noveris ,  singulto, 
prout  potueris  juva,  et  singulos  releva,  qui 
etsingulorumonus,  etsollicitudinem  por- 
las  ".  Vedasi  anche  la  bolla  xi  di  Paolo 
V,  In  Maximis ,  §  12,  che  si  riferisce  a 
tutti  i  prelati  della  Corte  di  Roma  (F.). 
Dice  dunque  Martinetti  che  il  dettaglio 
de' doveri  de'superiori,  in  genere  appar- 
tiene ad  ogni  sorta  di  superiori  ,  tanto 
della  gerarchia  ecclesiastica  che  secolare, 
forma  un  ramo  della  filosofìa  morale , 
chiamata  Poliarchia,  ossia  prudente  e  re- 
ligiosa supremazia.  Questi  sono  :  Avere 
timore  di  Dio  e  fiducia  in  esso.  Umanità 
e  cortesia  cogl'  inferiori.  Usare  modesto 
contegno.  Esercitare  la  clemenza.  Avere 
animo  pronto  e  sollecito  per  le  necessità 
degl'inferiori.  Candore  e  sincerità  ne'fal- 
ti  e  nelle  parole.  Animo  grato  ai  benefizi 
ancorché  si  ripetano  dagl'inferiori.  Man- 
tenere le  promesse.  Conservare  silenzio 
ne' segreti  affidati.  Essere  magnanimo  e 
generoso.  Dimostrare  fortezza  nelle  av- 
versità, maturi  tàne'consigli, costanza  nel- 
le esecuzioni  degli  ordini  dati, amore  del- 
la giustizia.  Osservare  in  tutte  le  azioni 
la  temperanza  e  la  riservatezza.  Evitare 
d'interloquire  sopra  cièche  s'ignora.  Fug- 
gire T  estrema  fiducia  e  l' estrema  diffi- 
denza. Non  attribuire  a  taluno  un  pote- 
re soverchio  sugli  altri  inferiori.  Ne'rap- 
porti  assumere  la  difesa  della  persona  in- 
colpata. Punire  l'invidia  e  l'emulazione. 
Allontanare  i  dell'allori.  Disapprovare  gli 
adulatori,  che  in  parte  inganuuuo,  inpar- 


PRE 
le  deludono  i  superiori.  Fuggirla  super- 
bia. Moderar  l'ira  che  collegata  al  pote- 
re rende  fulminante  e  vitando.  Evitar  l'e- 
strema severità  e  1'  estrema  indulgenza. 
Essere  famigliare  con  tutti.  Avercura  de- 
gl'infermi. Stimare  e  avere  riguardo  per 
le  persone  attempate.  Studiar  la  condot- 
ta degl'inferiori.  Non  pronunciare  la  dis- 
grazia d'alcun  inferiore,  senza  fargli  noti  i 
motivi.  Finalmente  osservare  per  la  pro- 
sperità dell'erario  e  degli  amministrati  i 
precettidella  scienza  economica  parte  del- 
l'elica, norma  e  regola  d'ogni  umana  am- 
ministrazione, come  della  prosperità  del 
buon  reggimento  d'ogni  governo  politi- 
co e  privato. 

Tra' Papi  che  fecero  accurata  inqui- 
sizione sopra  i  costumi  de'  prelati  ,  per 
rimunerare  gli  esemplari  e  correggere 
e  lasciar  in  dimenticanza  nelle  promozio- 
ni e  provviste  quelli  che  non  si  emenda- 
vano, Alessandro  VII  certamente  va  no- 
minato, ed  a  lui  dobbiamo  la  bolla  Ales- 
sandrina, Inter  caeteras,  degli  1 1  giugno 
1 65g,  Bull.  Rom.  t.  5,  par.  5,  p.  1 1 ,  nel- 
la quale  prescrisse  quanto  è  necessario  per 
ottenere  la  prelatura  romana  della  s.  Se- 
de, delta  di  giustizia  per  quanto  vado  a 
narrare  ,  chiamandosi  prelatura  di  gra- 
zia quella  che  conferisce  il  Papa  per  suo 
beneplacito  ,  derogando  a  questa  bolla  , 
mentre  delle  prelature  particolari  genti- 
lizie e  altre  simili  parlerò  dopo.  Pertan- 
to, secondo  la  bolla  Alessandrina,  il  can- 
didato che  aspira  a  servire  la  sede  apo- 
stolica con  la  prelatura  di  giustizia,  deve 
sottoporsi  ad  un  processo,  ed  esibire  i 
seguenti  documenti.  i.°  Fede  del  batte- 
simo. 2.0  Attestato de'buoni  costumi.  3.1' 
Documenti  che  provino  se  la  propria  fa- 
miglia è  addetta  ad  alcun  patriziato ,  se 
abbia  esercitate  cariche  onorifiche  nella 
magistratura,  o  che  sia  almeno  di  civile 
condizione,  la  quale  sia  qualunque  non  è 
impedimento  neppure  a\ Pontificato  (/'.). 
4-°  Se  ecclesiastico,  la  fede  del  chiericato, 
ovvero  la  dimissoria  del  vescovo  se  sacer- 
dote. 5.°A  ttestato  degli  studi  fatti  alla  leu- 


PRE 

rica  legale  per  5  anni ,  e  non  provando 
ciò  ottenerne  la  deroga,  6."  Attestato  di 
avere  esercitato  la  pratica  legale  nel  foro 
per  due  anni,  e  mancando  esibirne  la  de- 
roga. 7.0  Presentare  la  laurea  originale, 
e  qualora  non  l'abbia  domandare  la  pro- 
roga  per  prenderla.  8.°  Possedere  una 
rendita  netta  di  scudi  i5oo,  la  quale  de- 
ve provarsi  con  I'  esistenza  di  tanti  fon- 
di di  proprietà  dell'aspirante  o  per  asse- 
gno a  lui  fatto  dai  parenti ,  su  di  che  si 
richiedono  i  seguenti  documenti,  a)  Pro- 
venienza de'fondi.£)  Trascrizione  a  favo- 
re dell'aspirante,  e)  Fede  catastale  dell'e- 
stimo de'fondi.^)  Perizie  de'fondi.  e)  Fe- 
de d'iscrizioni  anteriori  all'acquisto.^)  Fe- 
de del  conservatore  delle  ipoteche ,  che 
provi  se  vi  sono  iscrizioni  posteriori,e  qua- 
lora non  vi  sieno,  documento  negativo. 
g)  Se  non  è  sacerdote,  1'  atto  di  emanci- 
pazione dal  padre,  h)  Fede  del  parroco 
provante  il  numero  de'  figli  viventi  per 
calcolare  le  legittime.  Devesi  però  nota- 
re, che  fra  le  rendite  che  si  possono  esi- 
bire per  la  prelatura,  in  primo  luogo  vi 
sono  le  rendite  de'  benefizi  ecclesiastici. 
Pronti  che  sieno  tutti  questi  documenti, 
e  previo  il  rescritto  del  Papa  che  ammet- 
tendo alla  prelatura  di  giustizia  l'aspiran- 
te, autorizzi  il  cardinal  prefetto  del  su- 
premo tribunale  della  Segnatura  di  giu- 
stizia (/^.),  alla  formazione  del  processo, 
il  candidato  presenta  tutte  le  carte  a  quel 
prelato  Potante  di  segnatura  {f),  il  qua- 
le destinato  dal  cardinale  deve  formare  il 
processo  e  che  perciò  prende  il  nome  di  po- 
nente. Dal  votante  si  consegnano  i  docu- 
menti al  cancelliere,  e  questi  compila  il 
processo.  Allorché  tutto  è  compito,  1'  a- 
spirante  con  due  testimoni  che  conosca- 
no perfettamente  il  candidato  e  la  sua 
famiglia,  sono  chiamati  presso  mg.T  po- 
nente e  prestano  il  giuramento  per  con- 
fermare la  verità  e  la  lealtà  de'documen- 
ti  inseriti  nel  processo.  Dopo  ciò,  nella  i." 
adunanza  del  tribunale  di  segnatura  pre- 
sieduta dal  cardinal  prefetto,  si  propone 
il  candidato,  ed  a  questo  oggetto  alcuni 
voi.  tv. 


PRE  i4^ 

giorni  prima  va  in  giro  da  lutti  i  prelati  vo- 
tanti il  processo,  quindi  nel  tribunale  si 
discute  prima  a  voce,  e  se  talvolta  si  bra- 
mano dai  votanti  degli  schiarimenti  senza 
passare  il  bussolo  si  dà  il  dilata,  per  dar 
tempo  d'impinguare  il  processo,  diversa- 
mente si  passa  il  bussolo,  e  ciascun  pre- 
lato dà  il  suo  volo  con  palla  biancao  ne- 
r#,a  seconda  del  suo  coscienzioso  convin- 
cimento, se  favorevole  o  contrario.  Il  car- 
dinal prefetto  ha  due  voti,  i  sette  prela- 
ti votanti  uno  per  ciascuno.  Perchè  l'a- 
spirante sia  ammesso  alla  prelatura  di 
giustizia,  occorre  che  riporti  due  terzi  di 
voti  favorevoli,  altrimenti  resta  escluso. 
Ottenuto  il  candidato  il  pieno  de' voti  ne- 
cessari, mg.r  ponente  gliene  dà  subito  l'av- 
viso dell'esito  favorevole^  ed  allora  l'aspi- 
rante eletto  prelato  per  la  prossima  se- 
gnatura si  porta  in  veste  talare  a  far  vi- 
sita a  tutti  i  votanti,  e  poscia  nel  giorno 
dell'adunanza  si  trova  nella  sala  del  tri- 
bunale dei  palazzo  apostolico  ove  abita 
il  Papa,  e  dal  prelato  ponente  viene  in- 
trodotto nella  sala  dell'adunanza.  Quivi 
fa  la  spiegazione  di  due  testi,  uno  civile, 
l'altro  canonico,  e  poi  esce  lasciando  soli 
i  prelati  votanti  giudici,  dai  quali  si  deve 
per  la  seconda  volta  votare.  Ultimata  la 
votazione,  di  nuovo  mg.r  ponente  intro- 
duce nella  sala  l'aspirante  eletto  e  ringra- 
zia il  Iribunaledelln  definiti vaammissio- 
ne  concessa  nella  prelatura  della  s.  Sede. 
Quindi  presta  il  solito  giuramento,  fa  la 
prescritta  professione  di  fede,  e  vieneara- 
messo  tra'prelati  Referendari  dell'una  e 
dell'altra  segnatura.  11  cardinal  prefetto 
gì' impone  la  mantelletta  nera,  la  quale 
col  resto  dell'  abito  si  porta  nero,  finché 
il  Papa  non  conferisceal  nuovo  prelato  di 
giustizia  qualche  carica, ovvero  Io  dispen- 
sa, per  cui  dal  color  nero  passa  al  pao- 
nazzo, assumendo  poi  il  Rocchetto  (f.), 
come  nelle  funzioni  delle  Cappelle  pon- 
tificie. Dopo  il  prestato  Giuramento  (/^.) 
T  eletto  e  novello  prelato  deve  tosto  pre- 
sentarsi in  abito  al  bacio  dei  piedi  del  Pon- 
tefice, e  così  vestilo  visitare  tutti  i  cardi- 
io 


i46  PRE 

nali  ed  i  primari  prelati.  Quanto  alla  vo- 
luta rendita, si  suole  derogare  alla  com- 
pleta cifra  indicata,  però  non  meno  d'an- 
nui scudi  1000.  Pio  VII  colla  bolla  Post 
diulurnas  del  1800,  De/urisd.  trìb.  et  fu- 
diclini  §  1  1,  decretò:  »  Si  avrà  in  conto 
di  requisito  per  coloro  che  aspirano  met- 
tersi in  prelatura ,  la  frequenza  da  essi 
praticata  dello  studio  di  alcuno  dei  Po- 
nenti di  consulla,  come  lo  è  la  frequen- 
za dello  studio  di  uh  qualche  Isolante  di 
segnatura,  e  l'assistenza  in  qualità  di  se- 
greto presso  gli  Uditori  di  rota.  Merita- 
no leggersi  le  gravi  parole  pronunziate 
da  Leone  XII  sulle  promozioni-,  che  ri- 
portai nel  voi.  XXXVIII ,  p.  69.  Il  re- 
gnante Pio  IX  col  moto-proprio  de'  12 
giugno  1847,  dichiarò  nel  cap.  3,  §20: 
«  Le  nomine  sovrane  de'prelati  a  qualun- 
que carica  o impiego sarannospedite dal- 
la segreteria  di  stato  indipendentemen- 
te dal  consiglio  de'  ministri.  Si  ritengo- 
no come  nomine  prelatizie  quelle  del- 
l'avvocato dei  Poveri  (F.) ,  dell'avvoca- 
to generale  del  Fisco  (F.),  del  procura- 
tore fiscale  generale,  e  del  Commissa- 
rio della  camera  apostolica  (Fedi:  per- 
chè questi  4  pielati  sono  volgarmente 
chiamati  prelati  di  mantelletlone  dalla 
forma  dell'  abito,  lo  dissi  a  Mantellone),  e 
quelle  pure  degli  avvocati  concistoriali". 
Le  nomine  si  fanno  per  biglietto  del  car- 
dinal segretario  distato, e  per  moltissime 
occorre  quindi  la  spedizione  del  breve  a- 
postolico. 

Diverse  famiglie  magnatizie  per  fon- 
dazione di  qualche  illustre  individuo  del- 
le medesime  posseggono  prelature  con 
apposite  rendite,  che  sono  del  genere  dei 
legati  pii ,  ed  inalienabili  senza  il  bene- 
placito apostolico  j  le  quali  rendite  si 
fruiscono  da  quel  parente  o  altri,  secon- 
do le  disposizioni  dell'  istitutore  della 
prelatura,  che  viene  nominato  prelato. 
Il  possessore  di  questa  rendita  doman- 
da al  Papa,  che  per  la  via  di  giustizia  o 
di  grazia  sia  annoverato  fra  i  prelati.  Al- 
cune di  queste  istituzioni  preseli  Tono  che 


PRE 
nella  vacanza  della  prelatura  le  rendi* 
te  si  rinvestino  in  aumento  de'  fondi  del- 
la prelatura  stessa,  altre  che sieno  godu- 
te dalla  famiglia.  Una  delle  ultime  isti- 
tuzioni di  questo  genere  la  fece  Pio  Vili 
(F.)  a  favore  de'suoi  nobili  congiunti.  Vi 
sono  de'municipii  e  delle  corporazioni  che 
hanno  la  nomina  delle  prelature  istitui- 
te da  quelli  che  loro  gliene  concesse  il 
conferimento.  Per  privilegio  de'Papi  di- 
verse dignità  ecclesiastiche  godono  il  ti- 
tolo e  le  prerogative  di  prelati  domesti- 
ci della  s.  Sede;  altre  e  molti  capitoli,  tut- 
te o  parte  delle  vesti  prelatizie.  Anche  in 
alcuno  degli  ordini  equestri  gli  ecclesia- 
stici che  ne  sono  decorati  godono  l'abito 
prelatizio  ed  i  privilegi  de'  prelati  dome- 
stici, come  quello  di  s.  Michele  di  Bavie- 
ra (F~.)j  altri  godono  i  privilegi  de'pro- 
tonotari  apostolici;  in  altri  i  soli  superio- 
ri o  dignitari  di  tali  ordini  sono  insigniti 
della  prelatura  per  concessioni  pontifìcie. 
Nel  voi.  XIX,  p.  36,  descrivendo  la  con- 
gregazione di  s.  Ivo  di  Roma,  che  difen- 
de i  miseri  che  non  hanno  mezzi  da  far 
valere  le  loro  ragioni,  parlai  della  prelatu- 
ra di  abbreviatore  che  si  gode  da  uno  dei 
confrati.  Appresso  la  pubblicazione  e  ac- 
clamazione fatta  nella  congregazione  ge- 
nerale di  s.  Ivo, dell'elezione  al l'ahbre via- 
toria majoris  praesidenliae  ,  il  cardinal 
protettore  della  medesima, consuo  bigliet- 
to e  nomina  formale,  con  ferisce  tal  prela- 
tura all'eletto.  Merita  poi  particolare  de- 
scrizione la  benefica  istituzione  della  cele- 
bre prelatura  Amadori,  della  quale  feci 
parola  altrove  e  nel  detto  voi.  p.  3q,  die 
amministra  l'arciconfraternita  di  s.  Gi- 
rolamo(F.).  Felice  Amadori  nobile  fio- 
rentino, commiserando  Io  stalo  di  tante 
povere  vedove,  pupilli,  orfani  ealtre  per- 
sone indigenti,  che  non  aveauo  in  Roma 
il  modo  di  sostenere  in  giudizio  i  loro  di- 
ritti per  mancanza  de'mezzi  necessari,  ed 
avendo  esso  un  pingue  patrimonio,  pen- 
sò per  quanto  poteva  provvedervi  colle 
proprie  sostanze,  ed  a  tale  effetto  con  te- 
stamento aperto  li  29  aprile  1G39  pergli 


PRE 
alti  del  Forizza  notaro  dell'A.C,  istiluì 
colia  sua  eredità  e  dopo  la  morte  del  fra- 
tello ultimo  di  sua  famiglia ,  una  prela- 
tura che  doveva  sempre  appellarsi  prc~ 
latura  Amadori,  acciò  il  prelato  tutto  si 
dedicasséal  patrocinio  de' veri  poveri,  do- 
vendo chi  la  goderebbe  assumere  il  suo 
cognome  e  stemma,  e  destinando  per  pre- 
lato, prima  uno  de'suoi  parenti, ein  man- 
canza di  questi  un  nobile  fiorentino,  e  se 
questi  non  vi  fosse,  altro  idoneo  soggetto, 
accordando  la  nomina  al  decano  de'pre- 
lati  uditori  di  rota  ed  altri  uditori,  col- 
le norme  da  esso  prescritte  di  scegliere 
il  migliore  tra' concorrenti,  ingiungendo 
che  il  prelato  scelto  dovesse  essere  lau- 
reato in  legge  e  farsi  sacerdote  se  non  lo 
fosse.  Volle  pure  che  il  prelato  avesse  sem- 
pre per  assistenti  un  uditore  e  un  solle- 
citatore o  curiale,  i  quali  dovessero  subi- 
re esame  in  pieno  uditorio  della  rota,  e 
dal  tribunale  ricevesseroapprovazioneal 
merito  ,  applauso  alla  dottrina  ed  ecci- 
tamento alla  virtù,  come  riferisce  Berni- 
ni, II  tribunale  della  rota,  p.  1 55.  Dispo- 
se inoltre  che  tutti  e  tre  dovessero  atten- 
dere al  patrocinio  gratuito  di  tutte  e  sin- 
gole le  liti  civili  e  di  povere  vedove,  pu- 
pilli, orfani  e  altri  miserabili  di  qualun- 
que nazione,  che  avessero  causa  in  Ro- 
ma ;  provvedendo  che  i  registri  di  tutti 
gii  atti  delle  cause  difese  fossero  sottoscrit- 
ti dal  decano  della  rota ,  e  si  conservas- 
sero in  libri  conformi  negli  archivi  del 
nominato  sodalizio  e  nello  studio  del  pre- 
lato. Il  testamento  assegnò  al  prelato  scu- 
di 1 200  all'anno,  vietandoal  medesimo  di 
far  coabitar  seco  parenti  e  di  tenere  con- 
versazione, dovendo  egli  coabitare  e  con- 
vivere coi  detti  suoi  assistenti,  a'quali  sta- 
bili congruo  stipendio  ,  mentre  il  resto 
delle  rendite  si  dovevano  impiegare  nel- 
le liti  da  sostenersi.  Destinò  per  abitazio- 
ne del  prelato  l'appartamento  del  i.°  pia- 
no al  Corso,  allora  presso  l'arco  così  det- 
to di  Portogallo  (di  cui  a  Palazzo  Or- 
toboni  FiANo),ed  ora  nella  stessa  via  n.° 
i65.  Per  opera  di  Clemente  IX  fu  scel- 


PRE  j47 

to  pel  1."  al  godimento  della  prelatura 
Amadori,  Antonio  Malagonelli  Amadori 
che  recitò  quelle  due  orazioni  che  nomi- 
nai nel  voi.  XL1X,  p.  5i,  e  stampate  in 
Roma,  la  i."n*li66q,  la  2/  nel  16760 
sta  ancora  nelle  sue  Oralioncs ,  Romae 
1  Gq5.  Egli  morì  a'9  settembre  1  709  di 
anni  63,  come  riporta  Novaes,  Dissert.  t. 
1  ,  p.  266  e  299.  Forse  il  2.0  a  godere 
questa  prelatura  fu  quel  prelato  Vincen- 
zo Amadori  già  Manieri,  avvocato  conci- 
storiale, votante  e  referendario  di  segna- 
tura, che  in  concistoro  a'26  aprile  1  7  12 
pronunziò  l'orazione  perla  canonizzazio- 
ne che  Clemente  XI  fecedelb.  Felice  da 
Canlalice,  come  leggo  in  Chiapponi,  Ada 
canon.,  p.  72.  Leggo  pure  nel  Renazzi  , 
Storia  dell'  università  L  4>  p-  ^9,  61  e 
62, diverse  notizie  del  Manieri  qual  ret- 
tore della  medesima,  votante  di  segnatu- 
ra, lodalo  per  la  sua  gran  perizia  nel  di- 
fendere le  liti  nel  foro.  A  Lanfredim  A- 
madori  celebrai  tale  prelato  che  meritò 
questa  prelatura  in  un  modo  distinto  e 
poi  il  cardinalato.  11  vivente  cardinal  Pie- 
colomiui,  di  cui  feci  parola  nel  voi.  LII, 
p.  292,  godè  questa  prelatura,  che  però 
a  cagione  de'tempi  essendo  diminuite  le 
rendile,  il  prelato  che  la  gode  ora  riceve 
annui  scudi  600,  adempiendo  le  dispo- 
sizioni del  benigno  istitutore  con  l'assi- 
stenza d'un  curiale,  per  lo  stipendio  del 
quale  e  per  le  spese  inerenti  del  foro  s'im- 
piegano circa  altri  scudi  200  all'  anno. 
L'  attuale  possessore  della  prelatura  A- 
madori  è  l'avv.°  Pellegrini,  ma  non  ha 
indossato  le  insegne  prelatizie;  percepi- 
sce gli  scudi  600  annui  e  difende  le  cause. 
Il  Parisi  nel  citato  luogo  ,  riferisce  : 
»  Che  il  titolo  ordinario  de'  prelati,  sta- 
bilito dalla  congregazione  ceremoniale,  è 
quello  d' Illustrissimo  e  Reverendissimo 
{V.),  e  di  Monsignore  (F.).  Nel  che  tut- 
ti i  prelati  si  cousiderauo  egualmente  ; 
né  veruno  di  essi,  benché  nato  di  fami- 
glia che  gode  Y Eccellenza  (?r.),  può  pre- 
tender di  più.  Egli  è  vero  che  da  qual- 
che tempo,  non  si  sa  però  con  quale  au- 


148  PRE 

torità,  si  è  insensibilmente  introdotto  con- 
tro il  divieto  de' decreti  della  s.  congre- 
gazione ceremoniale ,  nelle  lettere,  non 
già  nelle  stampe,  il  titolo  di  Eccellenza 
Reverendissima  per  i  prelati  di  nascita 
principesca,  e  per  alcuni  ch'esercitano 
le  principali  magistrature.  I  cardinali  per 
altro,  osservando  le  regole  prescritte  uei 
già  detti  decreti,  non  debbono  a  qualun- 
que) prelato  dare  altro  titolo  che  quello 
d' Illustrissimo  e  Reverendissimo.  11  ce- 
remoniale che  deve  usare  un  prelato  con 
ciascun  ceto  di  persone,  potrà  vedersi  ne- 
gli esempi  delle  lettere  che  porremo  qui 
appresso  ".  Il  titolano  per  un  cardinale 
dà  l' Illustrissimo  e  Reverendissimo  Si- 
gnore a  tutti  i  patriarchi,  ai  nunzi, ai  ve- 
scovi principi  di  Germania,  purché  loro 
non  competi  altro  trattamento  per  na- 
scita :  in  corpo  della  lettera  Mostra  Si- 
gnoria Illustrissima  e  Reverendissima. 
Meno  questo  ultimo  titolo  nel  corpo  del- 
la lettera,nelrestoiltrattamentoèeguale 
ai  4  prelati  di  fiocchetti ,  all'  uditore  e 
maestro  di  camera  del  Papa,  ai  segretari 
delle  prime  congregazioni ,  ai  prelati  in 
cariche  cardinalizie ,  ed  a  tulli  i  prelati 
di  case  principesche,  ed  a  tutto  il  resto 
della  prelatura,  con  qualche  variazione 
nella  chiusa  della  lettera  e  nella  sotto- 
scrizione. Ai  prelati  di  mantellone  i  car- 
dinali danno  ['Illustrissimo  Signore.  Di- 
ce Urbano  Vili  in  una  bolla  ,  che  tutti 
i  prelati  sono  eguali  pel  titolo.  Fatto  è 
che  l'Eccellenza  Reverendissima  è  dive- 
nuto un  titolo  che  a  tutto  pasto  si  dà  a 
chi  gode  il  titolo  di  Monsignore,coù  non 
vi  è  più  distinzione  tra  i  gradi  della  Ge- 
rarchia ecclesiastica  della  romana  pre- 
latura, ed  a  Camera  segreta  dichiarai  di 
quali  prelati  si  compone.  Gli  abiti  del  pre- 
lato si  compongonodel  Cappello (F.)  con 
quei  cordoni  e  fiocchi  che  dichiarai  a  quel- 
l'articolo ed  agli  altri  delle  rispettive  ca- 
tegorie cui  appartiene;  del  Collare  (/*.) 
di  seta  paonazza ,  del  quale  colore  sono 
la  Sottana  (F.),  la  Fascia  (F.),  la  Man- 
telletta (F.)t  la  Mozzetla  (  F.)  per  chi  ne 


PRE 

ha  P  uso,  e  la  Cappa  (F.),  la  quale  in 
Roma  non  si  spiega  che  dal  Commenda- 
tore dì  s.  Spirilo  (F.)  nella  sua  chiesa,  e 
dagli  Uditori  di  rota  nella  messa  che  a- 
scoltano  nella  riapertura  del  tribunale. 
Usano  ancora  il  Rocchetto  (F.),  eia  Ber- 
retta (F.)  clericale  nera,  quale  un  servo 
porta  dentro  un  velo  di  seta  paonazza. 
1  prelati  vicari  delle  basiliche  e  altre 
chiese  di  Roma  incedono  nelle  medesi- 
me in  mantelletta  ;.così  i  prelati  primi- 
ceri o  governatori  delle  confraternite. 
Nelle  cavalcate  pei  Possessi  de'  Papi  (F.) 
cavalcano  al  modo  che  dissi  ai  relativi 
articoli  di  ciascun  ceto  o  carica  ed  a  Man- 
tellone. Per  le  diversità  darò  un  cenno, 
traendolo  da  quello  del  1846  descritto 
dad.  Giovanni  Arcieri  segretario  del  mae- 
stro di  camera.  1  camerieri  soprannume- 
rari e  d'onore,  non  che  i  partecipanti, ca- 
valcarono cavalli  bardati  con  gualdrappe 
e  testiere  di  panno  nero,  staffe  e  fibbiami 
dorati,  vestiti  di  sottane  efasciepaonazze, 
con  cappe  di  saia  rossa  con  mostre  e  cap- 
puccio di  amuerre  scarlatto,  il  quale  por- 
tavano in  testa,  con  guanti  di  seta  paonaz- 
za a  maglia,  che  usarono  tutti  i  seguen- 
ti. I  cappellani  segreti  crocifero  e  cauda- 
tario procederemo  con  cavalli  similmen- 
te forniti ,  ma  il  i.°  in  mantellone  pao- 
nazzo, il  2.0  come  i  camerieri  segreti.  11 
governatore  di  Roma  con  rocchetto  e 
mantelletta,  cappello  usuale,  e  gualdrap- 
pa di  panno  paonazzo,  con  frangie  di  se- 
ta di  tal  colore  e  fiocchi  intarsiati  in  oro, 
essendola  testiera  del  cavallo  di  velluto 
paonazzo  con  guaruimeuti  dorati.  11  mae- 
stro di  camera  con  rocchetto  e  mantel- 
letta paonazza  ,  cappello  usuale  e  gual- 
drappa paonazza.  Il  maggiordomo  come 
il  governatore,  ma  in  vece  della  mantel- 
letta, la  cappa  col  cappuccio  in  testa  coi 
cappello  pontificale  nero  foderato  di  se- 
ta paonazza  e  cordoni  coi.  fiocchi  rossi. 
Gli  arcivescovi  e  vescovi  in  rocchetto  e 
cappa  con  cappello  pontificale  nero  fo- 
derato di  seta  verde,  con  cordoni  e  fioc- 
chi simili ,  cavalcando  cavalli  con  guai- 


PRE 

frappe  di  panno  paonazzo,  guarnite  di 
seta  simile  e  guarnimenti  di  metallo.  I 
protoffotari  apostolici  vestiti  di  cappe  e 
cappuccio  e  cappello  pontificale  nero , 
foderato  di  seta  paonazza  con  cordoni  e 
fiocchi  rossi ,  con  gualdrappe  di  panno 
paonazzo  e  testiera  guarnita  di  seta  si- 
mile con  guarnizioni  di  metallo.  Gli  udi- 
tori di  rota  sopra  cavalli  bardati  di  pan- 
no paonazzo  con  testiera  di  seta  simile  e 
guarnimenti  di  metallo,  con  cappa  e  cap- 
pello pontificale  nero  foderato  di  pao- 
nazzo, con  fiocchi  e  cordoni  di  tal  colo- 
re. I  chierici  di  camera  con  cavalli  simil- 
mente bardati, con  cappe  e  cappelli  pon- 
tificali simili.  I  votanti  di  segnatura  in 
rocchetto  e  cappa  ,  cappelli  e  cavalli  e- 
gualmente  ornati.  Il  reggente  della  can- 
celleria e  gli  abbreviatoli,  con  bardatu- 
re del  cavallo  di  panno  nero,  rocchetto, 
cappa  e  cappello  semi-pontificale  sopra 
la  testa.  I  referendari  con  gualdrappe  ne- 
re ,  in  rocchetto,  mantelletta  e  cappello 
semi-pontificale.  All'  articolo  Cappello 
de'  prelati  parlai  ancora  del  fiocco  pao- 
nazzo concesso  temporaneamente  per 
qualche  circostanza,  come  per  gli  Alle- 
gati (V.)  delle  Berrette  cardinalizie  e 
altro  (per  cui  sono  a  vedersi  gli  articoli 
Cardinale,  Cappello  cardinalizio,  Rosa 
d'oro,  Stocco  e  berrettone,  Fascie  be- 
nedette, per  alcuna  delle  quali  cose  al  ren- 
ditore  si  dà  talvolta  il  titolo  di  nunzio),  as- 
sumendo pure  le  calze  paonazze.  Ivi  dissi 
pure  de'fiocchi  de'cappelli  prelatizi,  che 
sovrastano  gli  stemmi  de'prelati.  11  Parisi 
t.  3,  p.  1 66,  parlando  dell'ornamentodel- 
Ie  armi  gentilizie  ne'  cappelli  cardinalizi 
e  prelatizi ,  dice  che  il  cappello  co' suoi 
cordoni  ha  3  ordini  di  fiocchi  pendenti, 
cioè  6  fiocchi  per  parte,  benché  alcuni  as- 
segnino ai  cardinali  5  ordini,  agli  arcive- 
scovi 4»  ai  vescovi  e  prelati  semplici  3,  e 
agli  altri  che  hanno  il  privilegio  di  porta- 
re sulle  insegne  gentilizie  il  cappello,  come 
i  protonota  ri  non  partecipanti,  2  ordini,  i 
e  2, ovvero  1,2  e  i.  Sarnelli,  Leti.  eccl.  t. 
6,lett.  5g:  Perchè  la  prelatura  nelle  lette- 


PRE  149 

re  missive  oggi  usa  un  piccolo  suggellet- 
to;  dice  doversi  credere  che  i  prelati  ab- 
biano richiamato  l'uso  antico,  quando  il 
Sigillo  (7^.)  non  era  più  grande  della  pie- 
tra d'un  anello,  colla  quale  suggellavano 
nella  cera;  perchè  prima  che  s'inventas- 
se l'ostia,  colla  cera  delle  Lettere  episto- 
lari o  missive  (V.)  si  chiudevano,  come 
oggi  more  majorum  il  Papa  usa  ne'bre- 
vi.  Noterò  che  Sarnelli  sembra  parlare 
propriamente  del  sigillo  de'prelati  vesco- 
vi. Il  l'oiianni,  Gerarchia  ecclesiastica, 
p.  398,  riporta  la  figura  del  prelato  in 
mantelletta  con  berretta  aperta  in  mano, 
quale  tengono  chiusa  nel  fare  le  visite, 
deponendola  quando  vanno  a\\' Udienza 
del  Papa  (P.). Del  colore  paonazzo o  vio- 
laceo degli  abiti  de'prelati,  e  dell'origine 
dell'abito  prelatizio,  oltre  i  citati  articoli 
riguardanti  le  vesti  di  essi,  ne  trattai  nei 
voi.  VII,  p.  28,  XXIII,  p.  36,  Coloriec- 
clesiastici,  Mantellone.  Ne  tratta  pure 
il  citato  Bernini.  Nel  voi.  XVIII,  p.  265 
dissi  come  i  prelati  portano  la  croce  di 
decorazione  siili'  abito  corto  nero  detto  di 
abbate  :  si  può  vedere  anche  Commenda» 
tore  di  s.  Spirito,  Collana,  Croce  pet- 
torale. Con  detto  abito  i  prelati  porta- 
no il  collare  paonazzo,  del  quale  colore 
sono  le  calze,  e  il  ferraiuolo  di  panno  nel- 
l'inverno, che  usano  pure  sull'abito  pre- 
latizio, ed  i  Guanti  (fr-),  non  che  il  cap- 
pello ecclesiastico  con  fiocco  del  colore 
ch'è  proprio  di  sua  condizione.  Tanto  con 
tale  abito,  che  colla  mantelletta  incedo- 
no col  servo,  e  colla  seconda  anche  colla 
carrozza.  A  Conclave  narrai  che  in  tale 
tempo,  prima  di  Clemente  XII  ,  diversi 
prelati  avevano  le  vesti  di  coruccio.  Nel 
voi.  Vili,  p.  igo  ed  altrove  notai  come 
devono  vestire  i  prelati  in  sede  vacante, 
cioè  di  nero ,  così  nelle  cappelle  de'  no- 
vendiali pel  Papa  defunto,  tranne  quelle 
eccezioni  che  rimarcai  ancora  nel  voi.  IX, 
p.  ii)-).  A  stabilire  con  più  regolarità  il 
metodo ,  con  cui  debba  accedersi  all'  u- 
dienza  del  sommo  Pontefice,  volendosi 
provvedere  al  decoro  ed  all'onore  non  del- 


i  So  P  R  E 

le  persone  soltanto,  ma  ben  ancodelle  lo- 
ro dignità,  per  comando  del  Papa  Pio  IX 
fu  pubblicato  il  decreto,  Firma  perma- 
nente, che  voltato  in  italiano  dice:  »  Ri- 
manendo ferma  la  regola  che  gli  Em.  Sig.i 
cardinali  ed  i  prelati  vadano  all'udienza 
ordinaria  vestiti  cogli  abiti  cardinalizi  a 
seconda  del  tempo,  ovvero  coi  rispettivi 
abiti  prelatizi ,  si  comanda  che  relativa- 
mente alle  udienze  private,  cioè  ne'gior- 
ni  e  nelle  ore  nellequali  vacano  le  udien- 
ze ordinarie,  gliEm.  Sig.i  cardinali  ed  i 
prelati  non  usino  più  gli  abiti  corti,  o  co- 
me chiamano  d'  abbate  ,  ma  i  cardinali 
indossino  la  veste  talare  nera  colle  orla- 
ture, bottoni  ed  asole  rosse,  colla  fascia 
rossa  senza  i  fiocchi  d'  oro ,  ma  soltanto 
con  una  frangia  alta  circa  4  dita  ,  e  col 
ferra iuolone.  rosso  o  paonazzo  a  seconda 
del  tempo  :  i  prelati  abbiano  la  sottana 
nera  colle  orlature,  bottoni  ed  asole  co- 
lor rubino,  colla  fascia  paonazza  senza  i 
fiocchi, e  col  ferraiuolone  paonazzo;  i  pre- 
lati poi  di  mantellone  usino  la  veste  ne- 
ra, coi  bottoni,  asole,  orlature  paonazze, 
colla  fascia  paonazza  senza  i  fiocchi,  e  col 
ferraiuolone  nero.  Tal  sorte  di  vesti  po- 
tranno adoperarsi  nell'uso  della  vita  pri- 
vata. Dalla  segreteria  della  s.  e.   ceremo- 
riiale  li  7  gennaio  1 85 1.  V.  Card.  Macchi 
prefetto.  Giuseppe  de  Ligne  segretario". 
A  Cappelle  pontificie  e  cardinalizie 
ho  descritto  tuttociò  che  riguarda  il  po- 
sto che  vi  hanno  i  prelati  e  la  parte  che 
hanno  nellefunzioni  ecclesiastiche,  equau- 
do  assumono  i  paramenti  sagri  o  la  cot- 
ta, contenendosi  I*  articolo  ne'  voi.  Vili 
e  IX  (le  pontificie  incominciano  a  p.  i  >4 
deli.0,  le  cardinalizie  a  p.  122  del  2.0): 
indicheròqui  qualche  cosa,  mentre  quei 
prelati  che  non  hanno  posto  in  cappella, 
se  v'intervengono  in  abito  prelatizio  ,  si 
collocano  in  piedi  a  eornu  epistolae  del- 
l'altare. Nel  voi.  Vili,  p.  i43  dissi  dei 
ministri  e  inservienti   delle  cappelle  pa- 
latine, come  de'3  prelati  canonici  delle  pa- 
triarcali; a  p. l5l  come  i  prelati  incede- 
vano nelle  Cavalcate  delle  cappelle,  ed 


PUE 
a  p.  171  come  in  quelle  à^  Possessi  dei 
Papi,  anche  quando  si  procedeva  in  pa- 
ramenti sagri,  e  di  quanto  si  praticò  sen- 
za le  cavalcate  solenni;  a  p.  2i5  de'pre- 
lati  che  hanno  luogo  in  cappella,  e  ordi- 
ne di  loro  precedenza  ,  anche  nel  sedere 
e  nelle  processioni  ,  nel  recarsi  al  trono 
pontificio  eall'adorazione  della  croce  (per 
la  quale  meglio  a  p.  3oge  nel  voi.  XVII I, 
p.  23g).  A  p.  227e23oil  modo  col  qua- 
le i  prelati  si  recano  alle  cappelle  (Z7.  Ca- 
vallo, Carrozza  e  il  voi.  XLIX,  p.  1  1  e 
12).  A  p.23i  notizie  generiche,  come  sul- 
l'ordine della  processione  e  delle  messe  che 
cantano  i  vescovi.  A  p.  270  de'libri  che 
nel  dì  delle  Ceneri  si  dispensano  per  le  o- 
razioni  delle  Stazionij  qui  poi  aggiunge- 
rò, che  ilceremonierenel  distribuirli  av- 
visa il  cardinal  decano  ed  i  prelati  deca- 
ni de'  diversi  collegi  prelatizi,  che  dopo 
spogliatoi!  Papa  nella  Camera  de' para- 
menti(V.),  vadino  a  domandare  le  indul- 
genze per  le  stazioni  da  lucrarsi  nelle  lo- 
ro privatecappelle,  i  cardinali  ed  i  prelati 
de'  collegi  prelatizi.  Dopoché  il  Papa  ha 
deposto  gli  abiti  sagri  e  ripreso  la  moz- 
zetta,  il  cardinalegli  baciala  mano,ipre- 
lati  il  piede,  domandano  V  indulgenza  e 
loro  viene  accordata.  A  p.  2  36  delle  pre- 
diche o  sermoni  o  orazioni  de'prelati,  di 
che  trattai  anche  a  Orazione  per  l'  ele- 
zione de'Papi,  e  Orazioni  funebri  pei  Pa- 
pi, mentre  per  quelle  de'  sovrani  si  può 
vedere  p.  1c)5  e  il  voi.  XXVIII  ,  p.  63 
(per  l'intervento  de'prelati  alle  prediche 
palatine,  V.  Predicatore  apostolico).  A 
p.  241  e  nel  voi.  IX,  p.  56  e  57,  come 
i  prelati  sono  intimati  all'intervento  del- 
le cappelle.  A  p.  243   quanto  si  pratica 
nelle  cappelle  ordinarie,  tutto  avendo  de- 
scritto nelle  altre  (chi  deve  genuflelteie 
quando  il  Papa  benedice  osi  lava  le  ma- 
ni, ne  ragionai  eziandio  ne*  voi.  X\l\( 
p.  23,  XXXVII,  p.  188).  A  p.  252  co- 
sa si  pratica  e  ove  siedono  i  prelati   nel- 
l'assenza del  Papa,  dovendoci  egualmen- 
te intervenire  la  prelatura,  per  (pianto  di 
rimarchevole  notai  a  p.  253.  A  voler  di- 


PRE 

chiarare  con  più  precisione  quanto  riguar- 
da i  prelati,  se  nelle  funzioni  palatine,an- 
corchè  si  celebrino  nelle  chiese  di  Roma, 
non  interviene  il  Papa,  aggiungerò  que- 
ste notizie,  che  ricavo  dalle  Indicazioni 
pei  maestri  di  ceremonie  di  rng.r  Forni- 
ci, come  pure  nltre  spettanti  alle  Cappel- 
le prelatizie  (f^.).  Ordine  di  sedere  as- 
sente il  Papa.  I  vescovi  assistenti  prendo- 
no luogo  tra'non  assistenti,  conservando 
la  precedenza  di  loro  consagrazione  (ma 
dopo  i  prelati  di  fiocchetti).  La  prelatura 
conserva  lostesso ordine,  esollanto  quan- 
do è  iu  piedi  si  alza  e  si  trattiene  avan- 
ti gli  scalini  rivolta  verso  l'altare.  I  prin- 
cipi assistenti  al  soglio,  i  conservatori  di 
Roma  e  la  famiglia  pontificia,  sono  i  soli 
che  non  intervengono.  Tutti  gli  altri  che 
hanno  luogo  in  cappella  dovrebbero  in- 
tervenire e  siedonoai  loro  stalli.  Per  quel- 
lo poi  che  riguarda  ogni  funzione,  a  suo 
luogo  ne  tratto.  Descrivo  le  Cappelle  pre- 
latizie nel  voi.  IX,  p.  1 47  >  sebbene  ne 
riparli  negli  articoli  relativi  :  per  quan- 
to riguarda  le  cappelle  funerali  meglio 
nel  voi.  XXIX,  p.  55eseg.,  66  eseg.,per 
tutti  i  prelati,  e  con  più  dettaglio  ne'ri- 
spettivi  articoli  de' collegi  e  cariche  dei 
prelati,  anche  di  mantellone.  Noterò,  che 
essendo  morto  a'3  agosto  1 845  nig.r  A- 
lessi  segretario  del  concilio  e  della  resi- 
denza de' vescovi,  ed  abbreviatoredi  par- 
co maggiore,  lasciò  nel  testamento  ad  ar- 
bitrio di  Gregorio  XVI  (cui  lasciò  un  di- 
voto ed  elegante  quadretto,  che  posseggo 
per  dono  pontificio)  di  destinare  il  luo- 
go della  sepoltura  ed  il  funerale.  Il  Papa 
stabilì  perla  prima  la  chiesa  di  s.  Carlo  ai 
Catinari,  perchè  il  prelato  abitava  nella 
contigua  casa;  quanto  alla  pompa  funebre 
la  lasciò  a  beneplacito  dell'esecutore  te- 
stamentario. Perle  sette  (l'8.a  la  celebra- 
no i  cardinali)  cappelle  poi  prelatizie  che 
in  Roma  si  celebrano  nelle  chiese  indi- 
cale in  detto  articolo,  per  l'otta  vario  so- 
leunedella festa de'ss.  Pielroe  Paolo(f/^.)) 
il  decanodi  ciascun  collegio  prelatizio  in- 
vita il  vescovo  celebrante  ,  prende  la  li- 


PRE  i5i 

cenza  pei  pontificali,  ed  intima  l'ora  ai 
prelati  suoi  colleghi.  Il  custode  de' cappel- 
la ni  cantori  della  cappella  pontifìcia  pren  - 
de  l'ora  da  detto  decano,  l'intima  al  3.° 
e  4-° maestri  delle  cerenionie ,  ai  quali  spet- 
tano queste  cappelle,  ai  ministri  sagri,  ai 
chierici,  sottochierico  e  al  collegio  di  det- 
ti cantori.  Per  ogni  cappella  sono  fissati 
scudi  8o,da  pagarsi  3  parli  dal  Papa,  2 
dal  rotolo  del  s.  collegio,  una  dalla  date- 
ria, altra  dalla  segreteria  de'brevi,  e  l'al- 
tra dal  monte  di  pietà  :  mg/ maggiordo- 
mo presiede  a  tutte  queste  spese.  Per  la 
paratura  e  cera,  in  ogni  chiesa  si  dà  un 
compenso.  La  Floreria  apostolica  pensa 
ai  banchi  ed  ai  parati  o  tappeti  pei  me- 
desimi. I  prelati  si  adunano  nel  luogo  per 
es->i  preparato  ed  assumono  le  cappe  quan- 
do il  vescovo  è  vestito.  Nel  sortire  dalla 
sagrestia  ricevono  l'aspersorio  per  conlat- 
to dal  sagrestano  o  altro  sacerdote  in  col- 
ta. Si  portano  prima  alla  visita  del  Sagra  - 
mento,  quindi  al  luogo  destinato,  prece- 
duti dal  3.°  ceremoniere  ,  che  poi  va  ad 
assistere  il  vescovo ,  mentre  il  4-°  lo  ha 
fatto  vestire  e  resta  con  esso.  Nell'acces- 
so i  prelati  salutano  il  vescovo,che  loro  cor- 
risponde alzandosi  in  piedi.  Non  si  pren- 
de licenza  per  cominciare  la  messa ,  ma 
arrivali  allo  stallo,  il  vescovosaluta  i  pre- 
lati e  comincia  la  messa.  La  messa  si  can  • 
ta  de  die  infra  octavam,  Gloria,  Credo, 
unica  orazione,  senza  neppur  quella  del- 
la domenica,  la  quale  però  esiste  nel  mes- 
sale falto  stampare  da  BenedettoXIV,  e 
si  dice  nella  domenica  che  cade  fra  l'ot- 
tava. Nella  Commemorazione  di  s.  Pao- 
lo  si  canta  la  propria, comeanche nell'ot- 
tava. 1  prelati  sonoturificatiffajt?//ci  ductu 
e  ricevono  la  pace  (  oltre  quanto  dissi  a 
Cappelle  pontificie,  si  veda  Incenso  e  In- 
censazione, Pace  della  messa).  Finita  la 
messa  visitano,  oltre  il  ss.  Sagramento, 
in  s.  Paolo  l'altare  del  Crocefisso  (il  de- 
cano de' vescovi  assistenti  prima  doman- 
dava il  rescritto  per  celebrare  sull'altare 
papale,  ma  per  quanto  riportai  nel  voi. 
Ll,p.  il 5,  e  nel  voi.  IX,  p.  <5i  pel  re- 


ifc»  PRE 

scritto cìi  autorizzazione  di  Benedetto  XIV 
che  riprodussi,  non  ha  più  luogo  l'istan- 
za), in  s.  Pudenziana  l'altare  di  s.  Pietro, 
in  s.  Maria  in  via  Lata  la  cappella  de'ss. 
Pietro  e  Paolo  nel  sotterraneo,  in  s.  Pietro 
jn  Vincoli  la  cappella  del  sotterraneo,  co- 
sì in  s.  Pietro  in  Carcere,  in  s.  Pietro  Mon- 
torio  la  cappella  nel  cortile  del  chiostro  o 
tempio  di  Bramante.  Di  tutte  queste  chie- 
se trattai  ai  loro  articoli,  e  per  quella  di  s. 
Pietro  in  Carcere  nel  voi.  LUI,  p.  20.  Ab- 
biamo di  Gio.  Pietro  Simonetti  :  Breve 
ragguaglio  delle  8  chiese  destinate  da  Be- 
nedetto XI F per  Voltavano  de'ss.  Pietro 
e  Paolo,  Roma  1 744-  Delle  memorie  dei 
ss.  Apostoli  che  sono  in  dette  chiese,  ne 
parlai  pure  nel  voi.  IX,  p.i5o.  Della  cu- 
stodia del  conclave  affidata  ai  prelati  e 
quali,  in  uno  al  Maestro  del  s.  palazzo 
(F.),  ragionai  ne' voi.  XV,  p.  3oo,  3o5, 
XLI,  p.  29/L  Dei  prelati  chehanno  Ino 
go  in  Concistoro,  vedi  tale  articolo.  Del 
le  precedenze  de'prelati  parlai  ancora  ne 
voi.  XVI,  p,i35,  XXIX,  p.  77,  a  Conci 
storo,  a  Maestro  di  camera,  come  nel  voi 
XV,  p.  227,  246,  247,  essendo  dispen 
Rati  daW'Esame  i  prelati  esaminatori,  u 
ditori  di  iota,  consultoridel  s.  offizio,  fa* 
tendo  la  sola  presentazione  ;  come  lo  fu 
un  avvocatoconcistoriale,  Io  dissi  nel  voi, 
XXII,  p.  72.  Delle  precedente  nelle  Pro* 
mozioni  [V.)  cardinalizie  de'prelati,  ob 
tre  quanto  notai  a  Cardinale,  ne'luoghi 
analoghi  e  nel  voi.  L,  p.  84,  eccone  l'oiv 
dine  di  precedenza  :  patriarchi,  arcivescor 
\  i,  vescovi,  prelati  di  fiocchetti,  protono- 
tari  apostolici  partecipanti,  uditori  di  ro- 
ta,essendo  per  tale  considerato  il  p.  mae- 
stro del  s.  palazzo  ,  chierici  di  camera  , 
segretari.  L'assessore  della  Congregazio- 
nedel  s.  ojjlzio  (F.)  0  s.  Inquisizione  (  V.), 
qualora  non  sia  vescovo  o  prolonotario 
apostolico  partecipante,  non  baia  prece- 
denza sopra  i  prelati  segretari  allorché 
sono  creati  insieme  cardinali.  Per  ultimo 
sono  promulgati  i  religiosi,  ancorché  sie- 
110  generali  del  proprio  ordine  o  congre- 
gazione, tranne  il  detto  p.  maestro.  Les- 


PRE 

si  in  un  ceremòniale,  che!  prelati  si  scuo- 
pronodel  berretlinoai  soli  cardinali, con- 
siderandoli come  tanti  vescovi  in  diocesi. 
Per  la  ricorrenza  del  s.  Natale  eperl'an- 
niver sarto  della  coronazione  del  Papat 
i  prelati  si  portano  in  anticamera  ponti- 
ficia per  segnarsi  nel  fòglio  delle  felicita- 
zioni, il  quale  poi  vienedal  prelato  mae- 
stro di  camera  sottoposto  alla  lettura  del 
Pontefice.  Dice  il  Parisi  t.  2,  p.  237,  che 
ordinariamente  i  prelati  scrivono  lette- 
re di  buone  feste  al  proprio  sovrano  , 
quando  il  prelato  sia  di  famiglia  prima- 
ria e  incarica  distinta;  ai  cardinali,  ai  nun- 
zi, ai  ministri  principali  del  suo  sovrano, 
e  ad  altri  signori  cui  hanno  o  dipendenza 
o  relazione.  Allorché  i  cardinali  si  reca- 
no alla  visita  della  basilica  Vaticana  ,  e 
del  cardinal  decano,  dopo  avere  ricevu- 
to il  Cappello  cardinalizio  (^.),  come  se 
prendono  Possesso  delle  Protettone  e  ilei 
loro  Titoli  e  Diaconie,  ovvero  si  portano 
ad  assistere  alle  Co/ic/hsio/h  (/■'^lorode- 
dicate,  incedono  con  prelati  nella  propria 
carrozza,  Inoltre  i  prelati  fecero  corteggio 
ne'pubblici  Ingressi  in  Roma  (Pr.)  ai  car- 
dinali ed  ambasciatori.  Narra  il  diarista 
Cecconi,  che  ne'  pontificati  di  Clemente 
XI  e  Benedetto  XIII,  il  cardinal  Albani 
nipote  dei  primo  si  portò  ad  un'accade- 
mia nel  collegio  Nazareno  dedicata  al  Pa- 
pa, col  corteggio  di  5o  prelati  nel  1718; 
in  un'accademia  del  collegio  romano  il 
medesimo  vi  si  recò  con  60  prelati  nel 
1720;  ed  allorché  l'ambasciatole  impe- 
riale Raunitz  fu  all'udienza  formale  di 
Benedetto  XIII,  avea  nel  seguito  5o  pre- 
lati. Di  questi  corteggi  di  prelati  nelle  fun- 
zioni, ed  anche  coi  cardinali  legati  per  l'a- 
pertura e  chiusura  delle  Porle  sante  (F.), 
tenni  proposito  ai  loro  luoghi.  Nelle  bio- 
grafie de'cardinali  e  in  altri  articoli  nar- 
rai come  anticamente  i  cardinali  nella  lo  - 
ro  splendida  corte  avevano  vescovi  ,  al- 
tri prelati  e  personaggi  dotti  ed  eruditi. 
Ai  rispettivi  articoli  dico  di  quanto  han- 
no di  onorario  i  prelati  secondo  le  cari- 
che, e  nel  voi.  XXXVII,  p.  288  ripor- 


PRE 

lai  gli  assegnamenti  de'prelati  pro-legali, 
\\ce-legali,  delegati,  presidente  della  Co- 
marca  di  Roma  e  commissario  apostoli- 
co di  Loreto.  Sino  al  termine  del  secolo 
pascalo,  oltre  i  prelati  palatini,  ia  prela- 
tura era  registrata  ne'  ruoli  del  palazzo 
apostolico  per  la  parte  di  palazzo  (voi. 
L,  p.  2o5,  206),  cioè  pane,  ciambelle  e 
vino.  La  godevano  i  vescovi  assistenti  al 
soglio,  i  prelati  di  fiocchetti,  i  protonota- 
ii,gli  uditori  di  rota,  i  chierici  di  came- 
ra,} segretari  di  diverse  congregazioni,  i 
■votanti  di  segnatura,  i  ponenti  di  consul- 
ta, igiudici  di  Montecitorio,  i  prelati  do- 
mestici, quelli  della  penitenzieria,  della 
cancelleria  in  uno  agli  abbrevia  tori,  della 
dateria,  de'brevi,  i  referendari,  gli  avvo- 
cati concistoriali,  ec.  Molle  cariche  car- 
dinalizie erano  anticamente  prelatizie,  e 
Je  notai  ne'rispettivi  articoli,  per  cui  per 
molto  tempo  alcune  conservarono  il  prò, 
e  da  ultimo  lo  usava  il  segretario  de'me- 
morìalij  lo  conserva  ancora  il  datario. 
Meglio  è  a  vedersi  i  loro  articoli  ,  così 
quello  di  Cancelliere  di  s.  Chiesa,  per- 
chè s'intitola  vice.  In  diverse  cariche  pre- 
latizie ,  se  vengono  ritenute  dal  prelato 
divenuto  cardinale,  o  per  poco  o  per  lun- 
go tempo,  prende  il  titolo  di  prò. 

I  Prelati  di  fiocchetti,  così  denominati 
per  quelli  che  usano  ai  cavalli  delle  loro 
carrozze  in  uno  ai  ciuffi,  sono:  Governa- 
tore  di  Roma  come  V ice- Camerlengo  , 
Uditore  della  camera,  Tesoriere,  Mag- 
giordomo (F.),  Questi  sono  i  primi  pre- 
lati della  romana  prelatura  della  s.  Se- 
de, e  propriamente  il  primo  è  l'Uditore 
della  camera,  sebbene  lo  preceda  il  Go- 
vernatore di  Roma  come  Vice-  Camer- 
lengo, come  noto  a  tali  articoli.  Oltre  ciò 
che  di  loro  ho  detto  di  sopra  particolar- 
mente e  genericamente,  ed  oltre  quanto 
dico  negli  articoli  loro  oche  li  riguarda- 
no, solo  qui  aggiungerò  o  ripeterò  che 
parlai  de'loro  treni  di  frullone  e  altra  car- 
rozza, i  cui  cavalli  hanno  ciuffi  e  fiocchet- 
ti di  seta  paonazza  (il  colore  rosso  fu  proi- 
bito per  decreto  della  congregazione  ce- 


PRE  i53 

remoniale),  distinzioneche  godonoanche 
i  Patriarchi  (Vedi,  avendo  pure  parlato 
delle  visite  che  fanno  a'prelati  di  fiocchet- 
ti), usando  1'  uditore  della  camera  l'om- 
brellino, ne'vol.  VIII,p.  23o,  X,  p.  121, 
Xl,p.  36,XLlX,p.  1 1. 11  prelato  vescovo 
Vicegerente (V.)  ha  l'uso  de'fiocchi  e  ciuffi, 
verdi  a'cavalli;  non  pare  che  risultino  da 
concessioni  quelli  che  tal  volta  adoperano 
alcuni  vescovi  nelle  solenni  funzioni.  Per 
le  cappelle  pontificie  e  altre  sagre  fun- 
zioni papali  sono  intimati  dai  Cursori  a- 
postolici(V.),  così  ai  Concistori  (V.).  Nel- 
le cappelle  siedono  come  dissi  nel  voi.  VII  f, 
p.  2 18  é  222;  se  sono  arcivescovi,  come 
dichiarai  parlando  del  maggiordomo  nel 
voi.  XLI,  p.  290  e  291,  assumono  il  pi- 
viale e  prendono  luogo  fra  gli  assistenti 
al  soglio,  così  l'uditore  della  camera  e  il 
tesoriere  (ricevendo  egualmente  la  palma, 
la  candela  e  gli  Agnus  Dei  come  i.  car- 
dinali), tranne  il  governatore  per  ciò  che 
notai  nel  voi.  XXXII,  p.  29;  dicendo  al- 
tresì che  quando  i  vescovi  assumono  il 
piviale, i  prelati  di  fiocchetti  passano  al 
banco  de'protonotari  apostolici,  che  sie- 
dono dopo  loro.  Come  incedono  nelle  pro- 
cessioni,oltreildettonel  voi.  Vili,  p.2  16, 
è  notato  nella  descrizione  delle  proces- 
sioni. Sul  modo  d'incedere  all'adorazio- 
ne della  croce,  può  leggersi  anche  i  voi. 
XVIII ,  p.  289,  XLI,  p-  29 . .  Nelle  in- 
censazioni vieneprima  incensato  il  gover- 
natore, poi  il  principe  assistente  al  soglio, 
indi  gli  altri  prelati  di  fiocchetti,  poscia 
i  vescovi  assistenti  chesiedono  dopo  dies- 
si.  Il  prete  assistente  nelle  cappelle  ordi- 
narie, e  P  uditore  di  rota  ne'  pontificali 
danno  la  pace  al  governatore,  e  quest'ila 
comunica  ai  colleghi  prelati  di  fiocchet- 
ti, l'ultimo  de' quali  la  passa  ai  vescovi 
non  assistenti  nelle  cappelle  ordinarie,  ai 
protonotari  ne' pontificali.  In  conseguen- 
za, quando  è  assenteil  governatore, tan- 
to l'incensazione  che  la  pacela  riceve  pri- 
ma il  detto  principe,  poi  gli  altri  prela» 
ti  di  fiocchetti.  Questi,  come  tutta  la  pre- 
latura, sono  tenuti  a  fare  le  visite  ai  cai- 


!54  PRE 

dinali  nuovi,  patriarchi,  prelati  di  fioc- 
chetti, ambasciatori  ec.,al  modo  detto  e- 
ziaudio  a  Patriarca.  Nell'odierno  ponti- 
ficato cessando  la  carica  di  governatore 
di  Roma,  mg.r  Savelli  che  n'era  investi- 
to  ,  restando  colla  cospicua  qualifica  di 
Vice-  Camerlengo  di  s.  Chiesa  (V.),  con- 
tinuò a  godere  le  prerogative  inerenti  e 
sedere  sopra  l'uditore  della  camera,  con 
precedenza  sul  Principe  assistente  al  so- 
glio (V.),  laonde  va  alla  sua  destra  nelle 
processioni  e  prima  di  lui  riceve  l'incensa- 
tura, la  pace, le  candele,  le  ceneri,  le  pal- 
me ,  gli  Agnus  Dei.  Cessando  ancora  il 
le  so  ri  e  re  {f7.),  nel  rinunziare  la  carica 
mg.r  Monchini ,  il  Papa  gli  conservò  gli 
onori  annessi  ai  prelati  di  fiocchetti,  co- 
me riporta  iln.°7  i  della  Gazzetta  di  Ro- 
ma de'2.5  aprile  1848.  Nel  Giornale  di 
Roma  n."  64  del  1 852  si  legge  ,  che  il 
Papa  nominò  commissario  straordinario 
per  le  4  legazioni  di  Romagna  mg.r  Ga- 
spare Grassellini,  cogli  onori  di  prelato 
di  fiocchetto.  E  ciò  perchè  l'illustre  pre- 
lato, essendo  stato  governatore  di  Roma 
e  vice-camerlengo,  era  stato  ancora  pre- 
lato di  fiocchetto.  Nel  voi.  XXVIII ,  p. 
56,  57,  58,  66  e  67,  descrissi  i  funerali 
de' prelati  di  fiocchetti,  e  del  loro  inter- 
vento ai  medesimi,  notando  perchè  ad 
up  funere  intervenne  il  solo  maggior- 
domo. Ordinariamente  i  prelati  di  fioc- 
chetti non  sono  mai  canonici  delle  pa- 
triarcali basiliche  di  Roma;  nondimeno 
trovo  due  esempi  in  contrario.  Monsi- 
gnor Giuliano  Cesarini^P '.)  era  canoni- 
co della  basilica  Vaticana,  ed  insieme  u- 
ditore  generaledella  camera, come  appa- 
risce da  islromento  degli  1  1  marzo  i427 
per  gli  atti  del  Toti  notaro  pubblico  e 
della  basilica:  Martino  V  segretamente 
lo  creò  cardinale  a'24  maggio  1 426,  o  ai 
26  secondo  Ciacconio,  ma  avendolo  ri- 
servato in  petto,  solo  lo  pubblicò  agli  8 
novembre  1  "pò,  come  dichiara  Ratti  , 
Della  famiglia  Sforza  t.  2,  p.  253  e  266, 
divenendo  poi  arciprete  della  stessa  ba- 
silica. Leggo  nel  iìombeWì,  Raccolta  del- 


PRE 

le  immagini  coronate  dal  capitolo  di  s. 
Pietro^.Z,  p.  2,  che  mg/Lodovico  Bian- 
chetti maggiordomo  di  Gregorio  XIII  e 
canonico  della  Vaticana  nel  1579,  Ol'no 
di  scelti  marmi  1'  altare  della  Madonna 
della  Colonna  di  detta  basilica  (di  cui  nel 
voi.  XII,  p.  276),  altri  abbellimenti  a- 
vendoli  fatti  il  fratello  cardinal  Lorenzo 
Bianchetti  (V.)t  al  quale  articolo  Io  dis- 
si in  véce  Maestro  di  camera,  e  meglio 
nella  serie  di  questi  nel  voi.  XLI,  p.i  33, 
non  avendolo  trovato  maggiordomo  nel- 
le ricerche  da  me  fatte  neh'  archivio  del 
Palazzo  apostolico.  Siccome  tali  esempi 
sono  antichissimi,  forse  in  quelle  epoche 
non  erano  quelle  cariche  di  fiocchetti  : 
certo  è  che  Urbano  Vili  concesse  i  ciuffi 
e  fiocchi  rossi  ai  cavalli  de'cardinali;  Cle- 
mente XII  i  fiocchetti  neri  al  maggior- 
domo, e  Clemente  XIV  confermò  quelli 
pure  neri  de'  patriarchi,  poi  cambiati  in 
paonazzo;  laonde  pare  che  in  tal  conces- 
sione fosse  allora  il  maggiordomo  dichia- 
rato prelato  di  fiocchetti.  A'giorni  nostri 
furono  fatti,  maggiordomo  mg.r  Naro 
(V.) poi  cardinale,  mg/della  Porta  (V.) 
uditore  della  camera  poi  cardinale,  i  qua- 
li conservarono  il  canonicato  Vaticano, 
perchè  ambedue  erano  giubilati.  Sopra 
il  prelato  si  possono  leggere:  Mosconii, 
De  majestale  mililiaeecclesiasdcae,  Ve- 
netiis  1 602.  Tamburinio,  Dej'ure  abba- 
in 'ii  et  aliorum  praelatorwn,  Lugduni 
1 64o.  Castori  ,  Istituzione  cristiana  per 
chi  desidera  vivere  in  corte,  Roma  i  (54 2. 
Manzini,  //  principe  ecclesiastico,  Bolo- 
gna 1 644-  Da  Ponte,  Specchio  del  vesco- 
vo e  del  prelato,  Roma  169 1.  Più  gli  ar- 
ticoli relativi  in  questa  mia  opera;  il  Gior- 
nale della  voce  della  ragione,  che  s' in- 
cominciòa  pubblicare  nel  i832;  e  le  mol- 
te opere  erudite  di  mg.1*  Mario  Felice  Pe- 
raldi  chierico  di  camera  vi  venie,  sulla  ro- 
mana prelatura.  Cancellieri  ne'  Possessi 
tratta  qual  sia  la  probabilità  che  hanno 
i  prelati  di  divenir  cardinali  :  nella  Let- 
tera al  d.r  Ko reff  racconta  che  il  p.  Cor- 
dala scrisse  una  utile  e  lunga  Istruzio- 


PRE 

neper  un  giovine  che  vuole  entrare  ih  pre- 
latura,a  l'indirizzò  a  mg.  ^Bonaccorai  se- 
gretario de' vescovi  e  regolari.  Lunadoro, 
Relazione  della  corte  di  Roma  (ediz.  del 
1646),  p.  241,  tratta:  Ordine  della  pre- 
cedenza degli  ecclesiastici  o  prelati.  La 
precedenza  tra'patriarchi si  chiamò  Pro- 
catedria,  vocabolo  greco  che  significaprio- 
1  ila  di  sedere  o  precedenza  nel  consesso 
de' patri  archi. 

PRELATURA.  F.  Prelato. 

PREMISLIA  oPrzemisliaoPrzemysl 
{Premislien).  Città  con  residenza  vesco- 
vile nella  Gallizia,  della  Polonia  austria- 
ca ,  capoluogo  di  circondario  a  6  leghe 
da  Jaroslaw  e  1 9  da  Leopoli  o  Lembergh, 
è  cinta  di  mura  con  castello  sopra  alta 
rupe,  presso  il  fiume  San.  La  cattedrale 
è  solido  ed  elegante  edificio  ,  sotto  l' in- 
vocazione di  s.  Gio.  Callista,  con  baltiste- 
rio  eh'  è  l'unico  della  città  :  le  è  vicino 
l'episcopio,  ampio  e  decente.  11  ca piloto 
si  compone  delle  dignità  del  preposto, 
decano  e  scolastico,  avendo  la  1/  I'  uso 
della  mitra,  e  di  altrettanti  canonici.  Vi 
sono  4  vicari,  cui  è  affidata  la  cura  d'a- 
nime sotto  la  direzione  di  un  canonico  che 
è  il  parroco  della  cattedrale,  altro  cano- 
nico è  rettore  del  seminario,  gli  alunni 
«lei  quale  servono  alla  divina  oflìciatura. 
Non  vi  è  altra  parrocchia,  bensì  un  mo- 
nastero di  benedettini,  altro  di  monache, 
confraternite  e  ospedale.  La  sede  vesco- 
vile fu  eretta  nel  1  3j5  da  Gregorio  XI  se- 
condo Commanville,  sufliaganea  di  Leo- 
poli,  di  cui  Io  è  tuttora.  I  vescovi  del  se- 
colo passato  sono  riportati  nelle  Notizie 
di  Roma.  Per  morte  di  mg.r  Saverio  Za- 
cliariasievicz,  a?  27  luglio  1 847  P'°  IX 
dichiarò  vescovo  l'attuale  mg.r  France- 
sco Saverio  Wierzchleyski  diViznia-Po- 
remba  diocesi  di  Tarnovia,  già  canonico 
della  metropolitana  di  Leopoli.  La  dio- 
cesi è  vasta,  comprende  if5  parrocchie 
e  molti  luoghi. Ogni  nuovo  vescovoè  tas- 
sato iu  fiorini  i5o,  essendo  le  rendiledel- 
la  mensa  circa  i4>ooo  fiorini  di  conven- 
zione. 


PRE  1  35 

PREMISLIA  o  Przemislia  (  Premi- 
slien). Vescovato  di  rito  greco-ruteno,  il 
cui  vescovo  risiede  \i\  Premislia  (V-),  ove 
ha  la  cattedrale  del  proprio  rito  e  al  Ire 
cbiese.  Vi  è  il  monastero  di  s.  Salvatore, 
i  cui  monaci  posseggono  le  ville  Slrazo- 
vica  e  Busoca,  reclamate  però  dall'ordi- 
nario, essendo  state  donate  nel  «292  da 
Leone  duca  di  R.ussia.  Nel  sinodo  di  Za- 
m  osci  a  fu  stabilito  di  ridurre  i  monaste- 
ri della  gran  Russia  in  congregazioni,  e  ciò 
specialmente  nella  diocesi  di  Premislia. 
In  seguito  di  che,  nel  capitolo  generale 
tenuto  nella  cattedrale  di  Leopolifu  po- 
sta in  opera  la  riduzione  e  furono  i  mo- 
naci esentati  dalla  giurisdizione  de' vesco- 
vi, ciò  che  approvò  Benedetto  XIV  nel 
1  y44  c°Ha  bolla  Inter plures.  Havvi  an- 
cora lo  spedale,  il  ginnasio  e  la  scuola.  La 
sede  vescovile  fu  eretta  nel  secolo  Xlll  , 
secondo  Coni  man  vi  Ile,  suffraganeadiKio- 
via  dello  stesso  rito  ruteno,  ed  un  tempo 
fu  riunita  a  Riovia.  Il  vescovo  Michele 
Ropistenski  sottoscrisse  la  lettera  del  con- 
cilio di  Russia,  mandata  nel  i5q5  a  Cle- 
mente Vili  per  l'unione  colla  chiesa  ro- 
mana. 11  vescovo  Silvestro  Ulebitzi  fu  al 
concilio  di  Moldavia  nel  1642,  Oriens 
christ.  1. 1,  p.  1  284.  Il  vescovo  di  Premi- 
slia con  quello  di  Leopoli  nel  17^1  do- 
mandarono a  Benedetto  XIV  di  passare 
al  rito  latino,  ma  il  Papa  col  breve  P'e- 
strae  ad  nos,  de' 18  settembre,  Bull,  de 
prop.  fide,  Appendix  t.  2,  p.  i5g,  glielo 
vietò,a  tenore  del  decreto  ditJrbano  VIII. 
Nella  3.a  divisione  della  Polonia  tutti  i 
vescovi  ruteni  passarono  sotto  il  domi- 
nio della  Russia,  tranue  quelli  di  Presmi- 
lia  e  Leopoli.  In  questa  diocesi  furono 
ridotte  le  feste  stabilite  nel  sinodo  di  Za- 
moscia  a' 18  settembre  1  780,  come  lo  era- 
no slate  negli  altri  domimi  della  casa  di 
Austria.  Pio  Vllcolla  bolla  Operosa,  dei 
24  settembre  i8o5,  Bull.  coni,  t.12,  p. 
38  i  ,  distribuì  i  luoghi  in  varie  diocesi 
della  Polonia  austriaca ,  come  in  quella 
di  Premislia.  Inoltre  Pio  VII  nel  1807 
elevando  Leopoli  {Tr.)  di  rito  ruteno  al 


i56  P  R  E 

grado  arcivescovile,  ne  dichiarò  suffra- 
ganeo  il  vescovo  di  Premislia  ,  che  lo  è 
ancora,  al  quale  unì  i  titoli  vescovili  di 
Sanoehìa  e  Samboria  del  medesimo  ri- 
to, coi  quandi  denomina.  Sanochia  o  Sa- 
ìioky  città  della  Gallicia-polono-austria- 
ca,é  capoluogo  di  circolo,  situata  in  mez- 
zo ad  una  pianura  assai  estesa  sulla  spon- 
da sinistra  del  San.  Ha  castello  munito 
e  la  scuola.  Samboria  o  Sambor,  altra  cit- 
tà della  Gallicia-polono-austriaca,  è capo» 
luogo  di  circolo,  in  un'ampia  pianura  sul- 
la sponda  sinistra  del  Dniester,  che  un 
poco  inferiormente  riceve  lo  Strwiaz.  E 
assai  ben  fabbricata.  Ha  chiesa  decanale 
di  rito  latino,  e  altra  di  rito  greco-rute- 
no, ospedale,  ginnasio,  scuola  ch'eia  prin- 
cipale del  circolo,  ed  il  tribunale  crimi- 
nale ,  oltre  l' intendenza  delle  saline  di 
Drohobicz.  Pio  VII  neli8i8  fece  vesco- 
vo di  Premislia  ,  Sanochia  e  Samboria  , 
Giovanni  Snigurski.  Pio  IX  nel  1848  gli 
die  per  successore  mg.r  Gregorio  Sachi- 
mowiez  di  Podberga  arcidiocesi  di  Leo- 
poli  ,  che  Gregorio  XVI  nel  1841  avea 
fitto  vescovo  di  Pompeiopoli  inpartibus. 
Questo  Papa  a'27  febbraio  1846  indiriz- 
zò la  lettera  Inter  gravissimas,  presso  gli 
annali  delle  scienze  relig.  serie  2.a,  voi. 
a,  p.  385,  al  predecessore,  ed  al  vesco- 
vo di  rito  latino  di  Premislia,  acciò  in- 
culcassero ai  loro  diocesani  la  fedeltà  e 
l'ubbidienza  all'imperatore  d'Austria  lo- 
ro sovrano.  La  mensa  vescovile  ha  di 
rendita  circa  scudi  1200. 

PREMONSTRATENSI  o  PREMO- 
STRATENSl.  Ordine  de'  canonici  re- 
golari,chiamati  anche  Canonici  bianchi, 
istituiti  da  s.  Norberto  (P.)  poi  arcive- 
scovo di  Magdcburgo  (F.),  de'quali  trat- 
tai nel  voi.  VII,  p.  265  e  266.  Inoltre  il 
santo  istituì  anche  le  Canonichesse  Pre- 
monstralcnsi (V .).  Nell'ordine  fiorirono 
canonici  illustri  per  dottrina  e  per  san- 
tità di  vita  ,  oltre  il  cardinal  Giovanni 
Bucca  [V.),  Benedetto  XIII  colla  bolla 
Etnanavit,  degli  8  marzo  1728,  conces- 
se a  tutto  l' ordine  nremonstratense  di 


PRE 

fare  l'uffizio  de'ss.  Gilberto  abbate,  Ger- 
laco  eremita,  Scardo  confessore,  de'  bb. 
Godifredo,  Federico,  Ermanno  Giusep- 
pe e  Gertrude  vergine,  tutti  del  medesi- 
mo ordine  ;  a  questo  inoltre  a*  12  apri- 
le con  altra  bolla  Etnanavil >  accordò 
l'uffizio  e  messa  di  3  loro  santi  vescovi, 
Eumodo  ,  Isfrido  e  Lodolfo.  I  premon- 
stratensi  aveano  in  R.oma  il  collegio  di  s. 
Norberto,  fondato  nel  1 63  1  da  Giovan- 
ni da  Preuk  canonico  della  cattedrale  di 
Varmia,  ricco  di  benefìzi  ecclesiastici  che 
volle  impiegare  con  questa  istituzione  a 
vantaggio  de'  prossimi  ed  alla  conversio- 
ne de'parenti  infetti  di  eresia.  Ne  affidò 
la  cura  ai  premonstratensi  e  vi  doveano 
essere  ammessi  pei  primi  i  suoi  parenti 
nati  nella  Prussia  reale  o  ducale,  o  nel 
vescovato  di  Varmia  :  pel  collegio  il  fon- 
datore prescrisse  il  tempo,  la  nomina, gli 
studi,  i  fondi,  le  rendite.  Vi  risiedeva  il 
procuratore  de'premonstratensi  di  Pra- 
ga ,  che  amministrava  le  missioni  della 
Lusazia,  delle  quali  parlai  ne' voi.  XXIX, 
p.io3,e  XLIV,  p.  i46.  L'ultimo  presi- 
dente del  collegio  morì  nel  18  12,  e  fino 
al  1817  ne  fu  amministratore  Giacomo 
Enea  di  Chataud  :  allora  restava  al  col- 
legio, oltre  il  locale  e  la  chiesa,  i  giardini 
e  una  vigna  ai  monti  Parioli.  Il  mona- 
stero e  la  chiesa  Gregorio  XVI  la  diede 
alle  monache  figlie  del  Calvario  [V),  che 
dirigono  e  curano  le  donzelle  dell'  Ospi- 
zio di  s.  Maria  degli  Angeli  (F.),  i  qua- 
li edilìzi  il  Papa  visitò  molte  volle  per 
la  benevolenza  con  cui  riguardava  le  ot- 
time religiose  che  beneficò  in  vita  e  in 
morte,  ond'esse  gli  celebrano  due  annui 
anniversari  di  gratitudine,  virtù  tanto 
più  mirabile  in  quanto  che  ai  nostri  in- 
felici giorni  è  divenuta  rara.  La  chiesina 
e  monastero  di  s.  Norberto  è  situata  nel 
rione  Monti  ,  lungo  la  bella  strada  che 
dalle  Quattro  Fontane  conduce  a  s.  Ma- 
ria Maggiore.  E  adorna  con  buoni  mar- 
ini e  altri  abbellimenti  :  i  due  quadri  de- 
gli altari  laterali  sono  pitture  di  Stefano 
Pozzi  discepolo  di  Masucci.  Vi  si  celebra 


PRE 
la  festa  di  s.  Norberto  a'6  giugno  e  non 
agli  1 1  luglio  come  altri  scrissero.  11  Do- 
limi ni,  Catalogo  degli  ordini  1. 1,  p.  a 2, 
23, 24»  tratta  de'canonici  premonstraten- 
si  e  riporta  3  figure  vestite  con  rocchet- 
to e  alniuzia  d'  armellino,  con  tonaca  e 
scapolare,  e  quella  dell'  abbate  in  cap- 
pa, mozzetta  e  croce  pettorale  ,  teneudo 
il  pastorale.  Nel  t.  2  parla  delle  monache 
premonstratensi,  e  riproduce  la  figura  di 
esse  presa  dall'  immagine  di  s.  Gertrude 
maestra  delle  medesime  nel  monastero 
d'AIdeberga. 

PRENETO  o  PRONETTO.  Sede  ve- 
scovile della i.aBitinia,  eretta  nel  VI  se- 
colo, sotto  la  metropoli  di  Nicomedia.L'  O- 
riens  dir.  1. 1,  p.  621  riporta  5  vescovi. 

PREPENESSO  o  PREPENNISSO. 
Sede  vescovile  della  Frigia  Salutare,  eret- 
ta nel  V  secolo,  suffraganea  di  Sinnada, 
di  cui  un  solo  vescovo  registra  1'  Oriens 
chr.  t.  1 ,  p.  84g. 

PREPOSTO,  PROPOSTO,  PRE- 
POS1TO  ,  PREVOSTO.  Praepositus, 
Magisler.  Ufficio  e  titolo  di  dignità  e  di 
beneficio  ecclesiastico  in  alcuni  capitoli 
ed  in  altre  chiese  cattedrali,  collegiale; 
ed  alcune  volte,  come  osserva  Alacri  in 
Praepositus,  significava  ne'  primi  secoli 
il  vescovo  (  cosi  Berlendi ,  Oblazioni,  p. 
1  16),  altre  volle  il  vicario,  ovvero  l'eco- 
nomo della  chiesa  (lo  dissi  nel  voi.  XIX, 
p.  2g5)  in  tempo  di  sede  vacante.  Mor- 
celli  chiama  Magisler,  Praepositus  il  pre- 
posto :  Praepositus  anche  il  vicario  fora- 
neo e  il  prevosto  delle  chiese.  Il  prevo- 
sto in  alcuni  ordini  militari  equestri  è  il 
grande  uffiziale  che  ha  cura  delle  cere- 
monie:  vi  furono  molti  prevosti  neglior- 
ditii  di  s.  Michele,  dello  Spirito  santo,  di 
s.  Luigi,  di  s.  Lazzaro,del  Carmelo.  Pre- 
posto dicesi  pure  il  capo,  il  prefetto,  il 
superiore  di  diversi  uffici  civili.  Osserva 
Adami,  Storia  di  Volseno  t.  2,  p.  1 45, 
che  tra  gli  uffizi  militari  degli  antichi  io- 
maui  eravi  il  Preposito,  impiego  poco  di- 
verso da  quello  de'  tribuni  militari,  coi 
quali  comandavano  le  coorti,  e  si  tenue  o- 


PRE  i57 

norevole  Y  esercizio  di  tale  prepositura. 
Nelle  congregazioni  de'chierici  regolari, il 
superiore  generale  ordiuariameute  si  de- 
nomina Preposito, come  in  quelle  de'tea- 
tini,  barnabiti,  somaschi,  gesuiti,  chierici 
minori,  scuole  pie,  dottrinari,  pii  operai, 
passionisi,  lo  che  si  può  vedere  ne'loro ar- 
ticoli :  vedi  pure  Generale  de'  religio- 
si. Dicesi  Prepostura,  Propostato,  Prepo- 
stalo,  Prevoslura,  Prcposilura,  Propo- 
situra, Propostia,  Pràeposilura,  l'ufficio 
e  la  dignità  di  preposto.  A  Cella  parlai 
dell'antiche  prepositure  monastiche.  Nar- 
di, De'  parrochij  chiama  Prevosto  la  di- 
gnità omonima  del  capitolo,  che  antica- 
mente era  Prelato  (V •)  quando  presie- 
devano domesticamente  alle  canoniche  o 
case  canonicali ,  di  cui  erano  capi  ,  cosi 
chiamandoli  il  concilio  d'Aquisgrana  del- 
l'83o,  ed  in  una  epistola  dell'imperato- 
re Lodovico,  prelato  chiamò  s.  Gregorio 
VII  il  prevosto  di  Chiusi;  era  prelato,  per- 
chè avea  giurisdizione  sul  buon  ordine 
della  canonica,  che  inoltre  avea  altri  mi- 
nistri e  cariche  canonicali,  come  il  Vice- 
domino  o  economo,  da  cui  dipendeva  il 
canonico  Cellerario.  Il  prevosto  presiede- 
va alla  casa  e  vita  comune  de'chierici  (del- 
la quale  trattai  anche  a  Canonico,  a  Cle- 
ro, non  esigendosi  Decima  dai  beni  dei 
canonici  viventi  in  comune,  i  quali  dalla 
canonica  ricevevano  vitto,  alloggio  e  ve- 
stito) e  portamento  degl'individui  entro 
la  medesima,  i  quali  erano  parecchi  ol- 
tre i  canonici,  suddiaconi,  minoristi  cat- 
tedrali, seminaristi ,  vivendo  in  comune 
con  essi  auche  i  vescovi.  In  conseguenza 
dice  Nardi  ,  che  il  prevosto  non  era  an- 
ticamente dignità  capi tolareo  per  dir  me- 
glio dignità  ecclesiastica,  ma  era  il  cano- 
nico capo  delia  casa  canonicale;  talvolta 
era  prevosto  un  canonico  diacono ,  ora 
un  canonico  prete,  ora  l'arciprete  o  l'ar- 
cidiacono, ed  era  eletto  dagli  altri  cano- 
nici per  un  tempo  determinato.  Non  so- 
lo era  eletto  dai  canonici,  ma  negli  aflari 
d'importanza  doveva  consultare  i  mede- 
simi. Fu  in  tempi  più  bassi  anche  chiù- 


i58  PRE 

unito  Prìor  canonicontm.  Egli  col  ve- 
scovo stabiliva  le  preghiere  nell'  alzarsi, 
il  martirologio,  ed  altre  cose  per  vari  tem- 
pi dell'anno.  Avea  l'incombenza  di  visi- 
tare nelle  domeniche  coll'arcidiacono  le 
carceri  per  vedere  com'erano  ben  tenu- 
tele puniva  i  trasgressori  delle  leggi  ca- 
nonicali, contro  il  buon  ordine  della  ca- 
nonica. Per  le  di  lui  belle  attribuzioni  fu 
pure  chiamato  Archicanonicus, come  nel 
concilio  tt'  Aquisgrana  dell' 8  16  ,  nel  si- 
nodo di  Veroli  dell'i  i  i  i, in  cui  il  prevo- 
sto o  archicanonico  era  l'arcidiacono.  Nel- 
l'azione 2.adel  concilio  generale  Niceno  2.0 
vi  è  sottoscritto  Leone  prete  dellas.  chiesa 
Costantinopoli  tana  a  nome  dell'arci  vesco- 
vo di  Sida;  e  nella  3.a  azione  si  sottoscrive 
Leo  Praepositus ,  et  locum  retinms  me- 
tropoleos  Sidae.  All'unno  523  abbiamo 
il  preposi to  della  bas.lica  Vaticana,  cioè 
il  capo  di  quel  capitolo.  In  una  lettera 
d'incmaro  di  Reims  è  nominato  il  Prae- 
posilo  et  canonicis  ecclesiae  Remensis  : 
Lamberto  vescovo  d'Arras,  scrivendo  a 
Manasse  preposilo,  al  decano  e  agli  altri 
del  capitolo  di  Reims,  dà  loro  i  titoli  di 
Reverendìs  Patribus,  e  l'epiteto  di  San- 
clitalis  vestrae.  A'iempi  d'  Incraaro  era 
prevosto  de'canonici  di  Reims  Gislolclo. 
Nel  concilio  di  Chalonssur  Saondell'837 
o  83q  mentovasi  Leuterio  prevosto  e  av- 
vocato d'un  capitolo  di  canonici. Nel  1  og5, 
come  rilevasi  dal  concilio  di  Piacenza,! 
prevosti  delle  cattedrali  mettevano  degli 
ecclesiastici  o  preti  minori  nelle  cappel- 
le o  oralorii  urbani  del  capitolo.  Nel  ca- 
pitolare Aquisgranense  dell'  8 1  3,  ancor- 
ché non  fosse  prete  ,  il  preposto  poteva 
dare  la  benedizione  al  lettore,  e  poteva 
scomunicare  nel  furto  occulto.  In  un  di- 
ploma delio55del  capitolo  di  Piacenza, 
tra'capitolari  vi  è  un  diacono  preposito. 
Il  vescovo  di  Soissons  s.  Arnolfo  fu  pri- 
ma arcidiacono  Mormorimi  et  ecclesiae 
s.  Audomari  Praepositus,  Nel  secolo  XII 
s.  Anselmo,  prima  di  essere  vescovo,  fu 
Praepositus  della  chiesa  di  Ginevra  :s. 
Francesco  di  Sala  4  secoli  dopo  fu  cziau- 


p  a  e 

dio  preposto  di  Ginevra.  Del  prevosto 
s'incontrano  frequenti  menzioni  anche  dei 
tempi  più  bassi, come  nel  concilio  di  Ma- 
gonza  dell'8  1  3,  e  successivamente  in  quel- 
li di  Reims  dell'87  1  (il  prevoslodella cat- 
tedrale viene  chiamato  Praesides3  ed  a- 
vea  giurisdizione  esterna  sugli  uomini  del  - 
la  chiesa),  di  Vienna,  di  Bourges.  Anche 
le  collegiate  a  veano  il  loro  prevosto,  e  nel- 
le città  grandi  erano  frequenti,  sebbene 
più.  comunemente  fu  detto  Priore  il  pre- 
vosto delle  collegiate  e  talora  anche  arci- 
prete. Del  prevosto  di  Verona  si  fa  men- 
zione nel  1  o38. Urbano  II chiamò eximio 
Praeposito  quello  della  collegiata  di  Gesù 
Nazareno  in  Ispagna.  Nella  bolla  di  Boni- 
facio VII  Idei  i3oi  al  vescovo  d'Anagni, si 
legge  che  il  prevosto  era  eletto  dai  canoni- 
ci (di  sue  insegne  parlai  nel  voi.  II,  p.  34), 
che  vi  veano  in  vita  comune,  poteva  sco- 
municare e  sospendere  tutti  gl'individui 
del  clero  cattedrale,  e  correggere  le  man- 
canze leggiere,  riservando  al  vescovo  le 
gravi.  Il  preposto  poi  non  poteva  essere  so- 
speso o  scomunicalo  dal  vescovo,  senza  il 
consenso  della  maggior  parte  del  capi- 
tolo. Ne'  bassi  tempi  ed  anche  oggidì  in 
molti  luoghi  il  prevosto  o  il  decano  del 
capitolo  ha  la  cura  d'anime  dei  canonici 
e  altri  beneficiati  della  cattedrale.  Non 
fa  quindi  specie  che  in  certe  cattedrali  sia 
divenuta  una  Dignità  ecclesiastica^.), 
come  riporto  a'ioro  luoghi  (parlando  iti 
molti  delle  loro  prerogative  e  distinzio- 
ni concesse  loro  dai  Papi),  quella  che  una 
volta  era  la  sola  presidenza  della  canoni- 
ca, e  di  essa  capo  domestico. 

PRESAGIO.  V.  Predizioni. 

PRESANTIFICATE.  Ostie  consagra, 
tene'giorni  precedenti, quindi  dicesi  Mes~ 
sa  dei  presanli/ìcati  quella  in  cui  il  cele- 
brante olire  all'altare  e  consuma  alla  co- 
munione le  specie  Eucaristiche  consagra- 
te nella  vigilia  o  ne'  giorni  precedenti  , 
laonde  tale  messa  è  senza  consagrazio- 
ue.  Nel  692  decretò  il  concilio  di  Carta- 
gine che  in  quaresima  si  debba  celebra- 
re tulli  i  giorni  la  messa  de' presantificati, 


PRE 
tranne  i  sabbali,  le  domeniche  e  il  gior- 
no della  ss.  Annunziala.  Nella  chiesa  la- 
lina  si  celebra  la  messa  de*  presanlificati 
solo  nel  venerdì  santo- (  che  il  cardinal 
Tommasi  chiama  uffizio  della  feria  VI 
in  Parasceve),come descrissi  ne' voi.  Vili, 
p.  3o4,  XLIV,  p.  271  ;  ma  nella  chiesa 
greca  viene  celebrala  ancora  in  tutta  la 
quaresima  ,  eccettuati  i  sabbati  e  le  do- 
meniche. Questa  disciplina  fu  stabilita  da 
diversi  concilii.  V.  Pane  azzimo  e  fermen- 
tato. Christ.  Claii,  Disputatici  hislorica 
de  die  magnae  Parasceve,  Lipsiaei697. 
Vili ibrord Deschardes, Feria  VI sive ej'us 
dignitas ,  et  opera  sacra  ejusdem  diei, 
Mechliniae  1 653.  Jo.  Dav.  Thoenuiker, 
De  missa praesanctificaloi  uni,  Vitteber- 
gaeiyi  1.  Hen.Rixnerus,  De  communio- 
neprae$anctifìcalorum,}le\imteà\\i6'/o, 
e  nel  libro,  De  laica,  et  peregrina  commu- 
ni one.  Al'azio,  De  concord,  eccles.  orient. 
etoccid.  Le  Brun,  Exphcationde  la  mes- 
se, t.  2,  p.  372.  Benedetto  XIV,  De  fé- 
slis,  p.  146.  Sarnelli,  Leti.  eccl.  t.  9,  lett. 
4,  Spiegazione  della  forma  del  presbi- 
terato e  della  messa  del  venerdì  santo. 

PRESB1TERA  o  PRESB1TERES- 
SA,  Presbylera.  Presso  gli  ebrei  ed  i  pa- 
dri della  primitiva  chiesa  fu  costume  de- 
putare alcune  vergini  al  ministero  eccle- 
siastico, cioè  alla  custodia  de' templi,  ed  a 
quanto  descrissi  a  Diaconessa  (7^.)^  per- 
chè erano  così  chiamate,  o  Presbiteres- 
se  o  Prelesse j  imperocché  quelle  donne 
maritate  le  quali  consentivano  che  i  loro 
mariti  si  ordinassero  Suddiaconi  o  Dia- 
coni (V.),  venivano  appellate  suddiaco- 
nesse  e  diaconesse,  se  Preti  {V.),  Presbi- 
tere  o  Presbiteresse  o  Pretesse,  se  Vesco- 
vi {V .),V escove,  Epìscopae.  Se  mori  va- 
no iloro  mariti,  egualmente  non  poteva- 
no congiungersi  con  altri  in  Matrimonio 
(V.),  essendo  loro  proibito,  e  costumava- 
no ritirarsi  ne'monasteri  e  larvi  anche  la 
professione  religiosa.  Nel  concilio  di  Ro- 
ma del  731  ,  s.  Gregorio  II  (come  dissi 
nel  voi.  XLVI,  p.  $),  decretò:  Se  alcu- 
no sposa  una  presbileressa,  cioè  quella  il 


PRE  i59 

cui  marito  è  stato  ordinalo  prete,  sia  a- 
natema.  Altrettanto  aveano  fulminato  i 
concilii  di  Calcedonia  nel  45 1  e  d'Orleans 
nel  533,  per  quelle  donne  che  aveano  ri- 
cevuto la  consagrazione  di  presbiteresse 
o  diaconesse.  Altre  diaconesse  o  presbi- 
teresse erano  alcune  donne  vergini ,  di 
senno  e  prudenza  mature,  almeno  di  4» 
anni,  le  quali  al  dire  di  Davanzati,  No- 
tizie del  pellegrino  ,  p.  121,  in  un  certo 
modo  venivano  come  ordinate  e  consa- 
grate dal  Papa  (comedissia  Diaconessa) 
e  dai  vescovi  coll'imposizione  delle  ma- 
ni; per  la  quale  funzione  ,  sebbene  non 
ricevevano  Ordine  [V.)  alcuno,  essendo 
di  questoalfatto  incapaci  lefemmine(nul- 
la  vi  sarebbe  di  più  sconvenevole  che  di 
dar  loro  l'impero  sopra  l'uomo  nelle  co- 
se sante,  perciò  nessuna  femmina  fu  mai 
onorata  del  sacerdozio  nella  vera  reli- 
gione, né  sotto  la  legge  mosaica,  uè  sotto 
l'evangelica),  con  tuttocin  venivano  di- 
stinte con  questi  nomi:  di  questa  ordina- 
zione o  benedizione  si  fa  menzione  nel 
canone  1 5  di  Calcedonia,  ove  si  nota  che 
prima  di  detta  età  era  alla  donna  proi- 
bito tal  consagrazione,  ed  anche  nel  si- 
nodo Trullano.  AggiungeDavanzali,che 
nel  decreto  di  s.  Bai  tolomeo  apostolo  si 
prescrive  la  forma  di  della  ordinazio- 
ne, nella  quale  il  vescovo  alla  presenza 
de'preti  e  diaconi  imponeva  le  mani  al- 
le ordinando  colla  recita  di  alcune  pre- 
ci; e  perchè  questa  ordinazione  non  im- 
primeva carattere  alcuno,  e  non  è  sagra- 
mentale,  perciò  le  diaconesse  e  le  presbi- 
teresse in  chiesa  rimanevano  nel  solito 
luogo  laicale.  Dell'uflizio  e  impiego  del- 
le presbiteresse,  dice  Davanzati,  che  avea- 
no cura  delle  vedove  perchè  adempisse- 
ro le  costituzioni  apostoliche  e  prestas- 
sero ubbidienza  ai  vescovi ,  ai  preti  ,  ai 
diaconi,  ec.  Istruivano  quelle  che  dovea- 
no  ricevere  il  battesimo  per  immersione; 
assistevano  alle  porte  e  steccali  delle  chie- 
se, e  come  ostiarie  introducevano  in  es- 
se le  donne  nel  malroneo  o  luogo  sepa- 
rato dagli  uomini;  dispensavano  le  olici- 


i6o  PRE 

te  eie  limosine  che  si  raccoglievano  per 
le  vedove  e  altre  donne  bisognose;  vigi- 
lavano sui  costumi  delle  donne  e  perciò 
aveano  autorità  di  entrare  liberamente 
nelle  loro  case,  per  osservare  e  informar- 
ci come  del  tenore  di  vita,  cosìi  de'  loro 
bisogni,  per  aiutarle  secondo  le  necessità, 
e  rimuoverle  dai  pericoli,  laonde  colle  lo- 
ro visite  le  tenevano  in  soggezione,  come 
insinuano  le  costituzioni  apostoliche.  Nei 
monasteri  le  diaconesse  e  le  presbiteres- 
se  portavano  abito  distinto  e  aveano  po- 
destà di  dar  principio  alle  ore  canoniche, 
cornee  registi-aio  nel  Pontificale  roma- 
no, tit.  de  benedici,  et  consecr.  Virg.  Ri- 
naldi all'anno  34>  n.°  289,  riferisce  che 
presbilera  fu  delta  non  solo  la  moglie 
di  chi  si  fosse  ordinato  prete,  che  vive- 
\ano  separatamente  celibi,  ma  ancora  la 
donna  vecchia  e  le  vedove,  come  dichia- 
ra il  concilio  di  Laodicea  ,  facendosene 
menzione  anche  ne'concilii  diTours  e  di 
Auxerre.  Riferisce  Piazza,  Gerarchia,  p. 
7  1 6,  che  le  presbitere  o  presbiteresse  so- 
no mogli  de'sacerdoli  Greci  (V.),  i  quali 
tutti,  tranne  i  monaci,  ne  prendono  una 
soltanto  e  vergine,  prima  di  ricevere  il 
diaconato.  Attesta  Macri,  Vocaboli eccl. 
alla  voce  Presbytera ,  che  le  presbiteresse 
greche  dopo  la  morte  del  marito  non  pos- 
sono più  maritarsi;  e  che  questo  nome  si- 
gnificò ancora  le  matrone  che  custodiva- 
no le  chiese,  chiamate  anche  Matricuriae. 

PRESBITERATO.  V.  Sacerdozio. 

PRESBITERI  AN 1 .  Eretici  Calvinisti 
(/r.)  rigidi  che  seguono  alla  lettera  gli  er- 
rori e  le  riprovevoli  massime  dell'eresiar- 
ca Calvino,  per  cui  pretendono  debba  es- 
sere la  Chiesa  governala  dai  soli  Preti{V.y, 
che  la  scrittura  non  fa  alcuna  differenza 
tra'  preti  ed  i  vescovi;  e  che  il  vescovato, 
come  venne  stabilito  dalla  Chiesa,  non  è 
d'  istituzione  divina;  che  se  in  principio 
della  Chiesa  vi  furono  de'preti  che  ven- 
nero chiamati  vescovi ,  era  questa  sem- 
plice denominazione  esteriore,  che  i  pre- 
ti stessi  aveano  data  ai  loro  confratelli,  e 
che  potevano  rivocare.  I  presbiteriani  si 


PRE 


trovano  particolarmente  in  Ginevra,  e  so- 
no assai  numerosi  in  Inghilterra ,ove  di- 
sprezzando gli  episcopali ,  vi  furono  tra 
ledue  sette  forti  e  deplorabili  dissensioni; 
dappoiché  gli  episcopali  protestanti  han- 
no ivi  conservata  la  gerarchia  ecclesiasti- 
ca j  qual  era  nella  chiesa  romana,  ad  on- 
ta che  se  ne  divisero,  e  sebbene  professi- 
no molti  degli  errori  de'calvinisti,  credo- 
no che  non  vi  possa  essere  religione  cri- 
stiana senza  la  successione  dell'episcopato. 
PRESBITERO, Cardinale.  Nelle  tem- 
pora di  dicembre  1 1 38  Innocenzo  II  Io 
creò  cardinale  prete  di  s.  Pudenziana  ,  e 
sottoscrisse  una  bolla  nel  i  i4°  a  favore 
di  s.  Salvatore  di  Viviano. 

PRESBITERO  o  PRESBITERIO, 
Presbylerium.  Questo  vocabolo,  oltre  il 
significare  la  dignità  sacerdotale,  Prcsby- 
ter,  sebbene  ne'primi  secoli  il  solo  vesco- 
\o  si  chiamava  Sacerdote  (V.),  esprime 
ancora  quattro  cose. r.°  La  parte  interio- 
re del  coro  della  chiesa,  vicino  all'altare 
maggiore,  destinato  pei  preti.  2.°La  casa 
parrocchiale  coni  igua  alla  chiesa. 3.°  L'an  - 
tico  senato  del  Papa,  ora  sagro  collegio, 
e  del  vescovo  o  sia  l'odierno  capitolo.4-* 
I  donativi  di  moneta  che  facevano  i  Pa- 
pi al  clero  di  Roma  e  ad  altri  della  curia 
romana;  ed  anche  le  distribuzioni  cano- 
nicali de'  vescovi. 

i.°  Macri,  Noi.  de vocaboli  eccl. ,  chia- 
ma Presbylerium  la  parte  interiore  del 
Coro{V .),  vicino  a\V Altare (V.) maggio- 
re, notando  che  s.  Cipriano  disse,  Exci' 
tari  de  presbiterio  ,  in  significato  di  de- 
gradazione dall'ordine  presbiterale,  ov- 
vero essere  scacciato  dal  coro  assegnato 
ai  presbiteri  e  altri  ecclesiastici.  A  Chie- 
sa, parlando  della  struttura  delle  antiche 
chiese,  dissi  del  luogo  più  cospicuo  ove 
sedeva  il  vescovo  o  capo  degli  ecclesiasti- 
ci ,  detto  Sintrontoj  del  luogo  destinato 
ai  soli  ecclesiastici  ossia  il  Santuario,  il 
Sagrario  o  Berna  vicino  all'  altare  ,  lo 
stesso  luogo  chiamato  Coro  o  Presbiterio, 
Abside,  contenente  il  trono  del  vescovo 
e  le  sedie  pei  preti  in  semicerchio,  esseu- 


PRE 

done  interdetto  l'accesso  ai  laici,  per  de* 
creto  di  s.  Leonel:  V.  Coro. .Nel  santua- 
rio vi  erano  due  luoghi,  l'uno  destinato 
alle  oblazioni,  l'altro  pei  diaconi  e  per- 
ciò detto  Diaconico,  ed  occupava  Io  spa- 
zio fra  l'altare  e  i  cancelli,  ora  chiamalo 
Presbiterio,  sebbene  Diaconico  si  chia- 
mò pure  la  Sagrestia  ,  ed  il  luogo  pel 
ministero  ecclesiastico,  ed  anche  per  al- 
loggiarvi i  pellegrini.  Costadoni,  Osser- 
vaz.  intorno  alla  chiesa  cattedrale  di  Tor- 
cetto, presso  Calogeri  t.  43  ,  ne  riporta 
il  disegno  del  presbiterio  antico  posto  in 
fondo  alla  navata  di  mezzo  ,  ove  il  clero 
sfava  assiso  secondo  il  suo  rango  nelle  ec- 
clesiastiche funzioni,  lenendo  in  mezzo  il 
■vescovo,  conforme  al  costume  antichissi- 
mo della  Chiesa,  secondo  le  prescrizioni 
delle  costituzioni  apostoliche.  Questo pre* 
sbiterio  chiamossi  ne' primi  secoli  anche 
Exedra  per  la  Cattedra  o  Trotio  (f\)  del 
vescovo,  ma  Origene,  il  concilio  d'And- 
ra, altri  concilii  e  molli  autori  antichi  e 
de'tempi  di  mezzo  lo  denominarono  pre- 
sbiterio, ed  ove  il  vescovo  in  conscssupre- 
sbyterorum  sublimior sedeal,  che  essen- 
do in  fondo  alla  chiesa  tutto  il  popolo 
facilmente  lo  vedeva  in  uno  all'alta  rc.Gal- 
Jetti,  Del  primicero,  p.  i  3,  narra  che  giun- 
to il  Papa  nel  mezzo  del  presbiterio,  qui- 
vi si  levava  la  mitra  dal  capo  :  del  pre- 
sbiteriodella  cappella  pontificia  parlai  nei 
■voi.  VIIl,p.22  l.  Anche  al  presente  chia- 
masi presbiterio  il  luogo  della  chiesa  in 
cui  trovasi  la  sedia  del  prelato,  cogli  stal- 
li pei  sacerdoti  e  altri  ministri,  o  che  la 
sedia  sia  dietro  l'altare  maggiore,  o  che 
sia  di  fianco  al  medesimo,  venendo  ordi- 
nariamente munito  di  balaustrata  o  can- 
celli per  impedirne  l'ingresso  al  popolo, 
dovendosi  nel  presbiterio  celebrare  la  mes- 
sa e  le  sagre  funzioni.  Il  presbiterio  che 
contiene  l'altare  principale,  si  fa  più  alto 
del  piano  della  chiesa,  per  godere  le  fun- 
zioni, che  riescono  più  maestose,  comu- 
nemente con  forma  quadrilatera;  deve  es- 
sere spazioso  e  proporzionato  alla  cele- 
brazione de'diviui  uffici  e  de'sagri  miste- 

VOL.  LV, 


PRE  161 

ri.  Il  presbiterio  non  solo  fu  proprio  della 
chiesa  occidentaleo  latina,  ma  anche  del- 
l'orientale. Il  can.  Stracchi,  Serie  de*  ve- 
scovi  faentini  p.  66,  riferisce  che  fino  dai 
tempi  degli  apostoli  ciascun  vescovo  del- 
la chiesa  d'oriente  aveva  il  suo  clero  det' 
to  anche  presbiterio,  che  si  componeva 
de'  diversi  ordini  degli  ecclesiastici  del- 
la rispettiva  diocesi.  Erano  tra'  primi  i 
preti  o  seniori,  e  i  diaconiche  assisteva- 
no il  vescovo  nelle  sagre  funzioni  uni- 
tamente ai  chierici  minori,  ai  quali  tutti 
si  concedeva  nella  chiesa  un  luogo  distin- 
to, ove  non  erano  ammessi  i  laici,  deno- 
minato Presbyterium,  come  si  chiama  pu- 
re al  presente.  Una  con  tesa  insorta  in  Ilo- 
veredo  tra  il  clero  e  i  fratelli  d'una  laica 
compagnia  ,  che  in  esclusione  di  quello, 
a  titolo  ili  padronato,  volevano  arrogar- 
si gli  scanni  più  distinti  del  recinto  inte- 
riore o  sia  del  presbiterio,  indusse  1'  ab. 
Gio.  Battista  Graser  a  comporre  e  pub- 
blicare: Dcpresbyterio,  et  in  eo  sedendo 
jure  dispula thy  Tridenti  1779, avendolo 
già  fatto  stampare  nel  17^2  in  italiano  a 
Mantova.  Pertanto  colle  antichità  ebrai- 
che, cristiane  e  gentilesche  prova  che  sem- 
pre ai  ministri  del  culto  fu  accordato  un 
luogo  distinto  e  separato  dagli  altri;  do- 
po aver  ben  definito  il  presbiterio,  non 
pregiudicando  la  moderna  struttura  del- 
le chiese  all'antica  disciplina  del  luogo 
distinto  che  debbono  occupare  gli  eccle- 
siastici ,  combattendo  con  solide  ragioni 
l'insorto  abuso. 

2.0  Presbiterio  e  altresì  una  casa  vici- 
na alla  chiesa  peralloggiarequelli  che  la 
ulìiziano  e  custodiscono,  onde  essere  più 
pronti  al  divino  servigio  ed  all'assisten- 
za spirituale  del  popolo.  I  concilii  e  par- 
ticolarmente quellodi  Trento,  statuirono 
che  ciascuna  chiesa  parrocchiale  debba  a - 
vere  un  presbiterio  per  alloggiare  il  Par* 
roco  (P^.)  a  spese  degli  abitanti  o  delle 
rendite  della  parrocchia.  Si  chiamò  Dia- 
conico,  oltre  una  parte  interioredel  tem- 
pio e  la  sagrestia,  anche  quel  luogo  con- 
tiguo alle  chiese  ove  il  vescovo  ospitava  i 

1 1 


162  PRE 

pellegrini,  e  le  antiche  Diaconie  cardina- 
lizie {fr.)  di  Roma  aveano  propinquo  alle 
chiese  l'ospizio  e  l'ospedale  per  soccorrere 
i  poveri  e  curare  gl'infermi,  dette  anche 
case  ministeriali, e  vi  abitavano  i  diaconi 
stessi.  I  cardinali  preti  ebbero  case  e  abi- 
tazioni annesse  alle  loro  chiese  titolari  o 
Titoli  cardinalizi  (Jr.),  come  i  Canonici  e 
il  Clero  (V.)  la  canonica  o  abitazione,! 
vescovi  presso  le  cattedrali  l'  Episcopio 
(Z^.),  i  patriarchi  in  Roma  annesso  alle 
basiliche  patriarcali  il  Patriarchio  {V.). 
3."  Presbiterio  venne  appellato  l'anti- 
co senato  del  Papa  e  del  vescovo,  corri- 
spondente all'attuale  Sagro  collegio  (T7.), 
ed  al  Capitolo  (V.)  o  corpo  e  collegio  ca- 
nonicale. Macri  e  Zaccaria  chiamano  col- 
legio o  radunanza  di  sacerdoti  della  chie- 
sa romana,  l'antico  Presbyteri uni,  ora  sa- 
gro Concistoro  {fr.)  de'  Cardinali  (>^.), 
cleri  romani  se/ratiis,  Compresbyterium, 
come  dichiarai  a  Concistoro  succeduto 
al  presbiterio  de'primi  Papi, in  cui  discu- 
tevano e  risolvevano  gli  affari  della  Chie- 
sa universale.  Chardon,  Storia  de' Sagra- 
menti  t.  2,  p.  83,  riferisce  che  nella  pri- 
mitiva Chiesa  essendo  i  fedeli  governa- 
ti dal  vescovo  ,  insieme  coi  sacerdoti  la 
confessione  facevasi  a  lui,  e  qualche  vol- 
ta dinanzi  a  lui  e  agli  altri  sacerdoti,  che 
si  chiamavano  il  senato  o  il  presbilerioj 
dipoi  essendo  il  vescovo  e  il  senato  eccle- 
siastico troppo  aggravato  d'altre  occupa- 
zioni, fu  destinato  il  Penitenziere {V .)  per 
ascoltare  i  Penitenti (/^.).Nardi,  De  parrò- 
chi  t.  2,  p.  1 5 1,  eruditamente  tratta  del- 
le antiche  prerogative  de' cardinali  di  s. 
romana  chiesa,  dicendo  che  i  preti  e  dia- 
coni del  presbiterio  romano,  o  siano  i  car- 
dinali, formavano  il  consiglio  del  romano 
Pontefice,  che  consultava  in  tulle  le  oc- 
correnze. A  questi  erano  quasi  di  conti- 
nuo uniti  i  P escovi  suburbicari  (f/.) ,  e 
qualche  al  Irò  vescovo  che  fosse  stato  chia- 
mato a  consulto;  per  cui  questo  consesso 
era  quel  concilio  permanente  del  Papa,  del 
quale  si  fa  menzione  in  tanti  monumen- 
ti de'primi  secoli.  Nell'antichità  spesso 


PRE 

vedesi  contraili  Presbylerium  della  chie- 
sa romana  per  qualche  affare,  come  dal- 
la lettera  di  s.  Vittore  I  delig4.  Ne'pri- 
mi  secoli  il  sacro  collegio  o  senato  o  pre- 
sbiterio della  s.  romana  chiesa  conviveva 
col  sommo  Pontefice,  come  si  apprende 
da  Baronio  e  dalle  lettere  di  s.  Pio  I  del 
i58,  da  quella  di  s.  Cornelio  del  254  e 
da  altri  monumenti,  ciò  che  rendeva  an- 
che più  facili  le  adunanze  consigliar'!.  Nel- 
Yepist.  55  s.  Cipriano  chiama  i  cardina- 
nah^oWegxo  florentissimum  elcum  Cor- 
nelio praesidenlem.  Questo  Papa  nella 
lettera  5.a  dice  :  omni  igilur  aclu  ad  me 
periato  placuit  contraili  Presbylerium. 
Adfuerunt  eliani  episcopi  auinque.  Lo 
stesso  VanEspen  conviene  che  questo 
presbiterio  era  il  collegio  de'preli  e  dia- 
coni o  sia  il  senato  della  chiesa  romana. 
Nel  253  per  la  sede  vacante  di  s.  Fabia- 
no il  presbiterio  romano  assumendo  il  go- 
verno della  Chiesa,  secondo  il  consueto  te- 
stificato da  s.  Cipriano  del  li  secolo,  scrisse 
alpresbiteriodi  Cartagine, «essendo  i  pre- 
sidi ed  i  custodi  del  gregge  in  luogo  del 
Padre,  Noi  tutti  vegliar  dobbiamo  per  il 
corpo  della  Chiesa  universale,  i  cui  mem- 
bri sono  sparsi  per  tutte  le  varie  provin- 
cie".  Però  il  presbiterio  romano  lasciava 
irresoluti  quegli  affari  di  esclusiva  spet- 
tanza del  Papa.  S.  Sisto  HI  del  432  ra- 
dunò il  presbiterio  de'preli  e  diaconi  per 
trattarvi  importantissime  cose ,  e  vi  fece 
gran  figura  Leone  diacono,  forse  il  car- 
dinale che  gli  successe  col  nome  di  s.  Leo- 
ne 1.  Neil'  epistola  di  s.  Felice  II  dello 
HI  del  483  contro  Gnaffeo  vescovo  in- 
truso d'  Antiochia,  dice  il  Papa  :  «  Fir- 
ma sii  haec  tua  deposilio  a  me,  et  ab  bis 
qui  una  mecum  apostolicum  thronum  re- 
gunt".  Daiconcilii  romani  risulla,  che  nel 
presbiterio  del  Papa  sempre  interveniva- 
no i  cardinali  preti  e  diaconi,  i  quali  vi 
sottoscrivevano,  ciò  che  non  accadeva  ai 
presbilerii  delle  altre  chiese,  ove  tenevan- 
si  concili],  e  nelle  dette  sottoscrizioni  non 
aveano  luogo  quelle  degli  oltii  semplici 
preti  e  diaconi ,  essendo  singolare  privi- 


PRE 
legio  del  presbiterio  romano  il  sottoscri- 
versi ne'concilii.  Nella  lettera  di  s.  Boni- 
facio 1 1  del  53o,si  legge  :  »Quam  ad  rem 
faciendam  memorato  Episcopo  mea  di- 
veda secundaprotinusquae  Praesbyterio 
uni  verso  complacuitauctoritatem  manda- 
vi". Quando  frequentemente  de'  Papi  dei 
primi  secoli  leggesi:  hicfecitconstitntum  in 
basìlica  N.}  non  erano  che  adunanze  del 
presbiterio,  oggidì  diciamo  Concistoro, 
ch'è  sinonimo  del  cum  concilio  sedis  snae 
di  s.  Felice  III,  ch'era  il  concilio  perma- 
nente de' vescovi  suburbicari,  de*  preti  e 
diaconi  del  presbiterio,  tutti  cardinali  di 
s.  Chiesa.  I  monumenti  de'seguen ti  seco- 
li sono  corrispondenti  in  tutto.  Piutto- 
sto è  da  rimarcarsi ,  che  già  nel  IX  se- 
colo 1'  eletto  Papa  faceva  una  protesta, 
che  naturalmente  doveva  essere  in  uso 
assai  prima,  dopo  l'Elezione^.),  di  man- 
tenere le  cose  spirituali  e  temporali, e  di 
far  tutto  col  com\g\\o fìliorummeorum  S. 
R.  E.  Cardi nalium,  ciò  che  si  fa  anche 
oggidì,  come  descrissi  a  Professione  di 
fede,  parlando  pure  del  giuramento  del 
nuovo  Papa.  Nello  stesso  secolo  Giovanni 
VIII  nella  costituzione  intitolata  dejure 
Cardinalium,  prescrive  che  due  volte  al 
mese  si  radunino  in  un  titolo  o  diaconia 
per  esaminarvi  la  condotta  degli  eccle- 
siastici inferiori; e  riguardo  agli  ecclesia- 
stici superiori ,  come  quilibel  praepositi 
se  erga  subdilos  habeant ,  ed  ecco  le  o- 
dierne  Congregazioni  cardinalizie  (Z7".). 
Dalla  medesima  si  apprende  che  i  cardi- 
nali facevano  gli  abbati  de'  monasteri , 
quando  mancavano,  dandone  parte  al  Pa- 
pa. Riconosce  ne' cardinali  il  sagro  col- 
legio, ed  i  70  seniori  che  assistevano  Mo- 
sè.  Vi  si  confermano  i  loro  beni,  e  l'uso 
antichissimo  loro,  che  »in  principalibus 
ecclesiis  juxta  primatum  vestrae  emise- 
crationis  vicissim  officia  divina  peragere", 
come  fanno  appunto  al  presente  nelle 
Cappelle  pontificie  e  cardinalizie.  Ma  ciò 
che  più  conta  per  questo  argomento,  vi 
si  vede  l'uso  che  tutti  i  cardinali  due  vol- 
te alla  settimana  si  dovessero  portare  al 


PRE  i63 

palazzo  apostolico,  secondo  la  costituzio- 
ne di  s.  Leone  IV,  »  propter  sollicitudi- 
nem  ecclesiarum  ,  et  clericorum  earum- 
demdisciplinam  ".Era  il  concistoro,  e  co- 
me riflette  Tomassini  :  »  Quis  ambiget, 
quin  hujusmodi  presbyterorum  et  dia- 
conorum  collegiura  in  eamdem  cupida- 
retur  gloriae  ,  et  auctoiitatis  societatem 
cum  apostolicae  sedis  Praesule".  Anche 
fuori  di  Roma  il  Papaeraassistitodal  pre- 
sbiterio cardinalizio,  cioè  dal  consiglio  di 
que'cardinali  che  seco  conduceva.  Nel  se- 
colo XI,  nel  concilio  di  Reims,  s.  Leone 
IX  fu  circondato  dai  cardinali  nelle  fun- 
zioni, come  Alessandro II  nella  consagra  - 
zione  della  basilica  di  Monte  Cassino.  Nel 
secolo  seguente  Arnulfo  vescovo  Luxo- 
viense  chiama  il  corpo  de'  cardinali  Col' 
legiuni  sanctum,  come  appunto  denomi- 
niamo il  sagro  collegio,  vocabolo  che 
venne  sostituito  al  Presbiterio  della  chie- 
sa romana.  Del  presbiterio  del  Papa  e 
de'diversi  tre  gradi  di  quelli  che  lo  com- 
ponevano, trattai  a  Primicerio  della  s. 
Sede,  come  pure  nel  voi.  XV,  p.  1 89  e 
190.  Zaccaria  nell'  Anti-Ftbbronìo  t.  2, 
p.  464? ''iporta  la  disciplina  che  osserva- 
vano i  Papi  nel  mandare  i  loro  decreti 
o  dal  loro  presbiterio  o  da  un  concilio 
romano.  Anche  il  Presbiterio  del  vesco- 
vo esisteva  ne' primi  secoli  della  Chiesa^ 
come  descrive  Tamagna,  Origini  de  car- 
dinali par.  2,  p.  79,  ricercando  l'origi- 
ne del  Clero.  Gli  apostoli  in  molte  chie- 
se posero  a  presiederle  un  vescovo  e  un 
diacono ,  ove  i  neofiti  non  erano  molti. 
Nelle  altre  chiese  in  cui  fioriva  la  molti- 
plicità  de'fedeli,  più  copioso  era  il  nume- 
ro de'preti  e  de'diaconi,  forma  ntiuna  spe- 
cie di  presbiterio, capo  de'qualiera  il  ve- 
scovo, che  ne'  piccoli  paesi  e  luoghi  ru- 
rali governava  a  mezzo  de'parrochi.  Da 
tale  clero  ebbero  origine  le  Collegiate{V  .)t 
ed  ove  probabilmente  non  eranvi  Core- 
piscopi(V.)o  altri  rappresentanti  vesco- 
vili :  dipoi  le  collegiate  furono  introdot- 
te  anche  nelle  città  vescovili  per  aiuto 
della  cattedrale.  Della  città  poi  egli  coi 


164  l'RE  PRE 
«noi  preti,  diaconi  e  chierici  area  cura,  e  il  consenso  del  suo  presbiterio  dispor- 
Questo  clero  si  disse  fin  dai  primi  secoli,  re  di  veruna  cosa  riguardante  i  beni  di 
Presbiterio  del  vescovo,  col  quale  il  ve-  chiesa,  espressamente  lo  comanda  il  4  '  -° 
scovo  regolava  tutti  gli  affari  della  chie-  de'canoni  apostolici,  i  canoni  antioche- 
sa;  e  quando  nelle  città  si  aumentarono  ni  del  34'  ,  il  canone  33  del  concilio  a- 
le  chiese  e  le  parrocchie,  tutte  lefunzio-  fricano.  Qualunque  volta  che  il  vesco- 
ni  parrocchiali  si  fecero  sempre  dal  ve-  vo  solennemente  e  pubblicamente  agi- 
scovo  col  suo  presbiterio;  laonde  la  prin-  va, era  circondato  e  assistito  dal  presbite- 
cipale  chiesa  del  vescovo  fu  detta  matri-  rio  o  collegio  del  suo  clero  e  senato.  Tra 
ce  e  cattedrale,  ed  i  suoi  preti  e  diaconi,  le  altre  ingerenze  die  spettavano  al  pre- 
principalijOrdinari  e  poi  canonici, forman-  sbiterio  del  vescovo,  era  il  dover  istruire 
ti  il  clero  episcopale,  il  consiglio,  il  pre-  i  parrochi,  consigliare  assiduamente  il  ve- 
sbiterio,  il  senato  del  vescovo.  Di  questo  scovo  in  qualunque  causa.  Morto  il  ve- 
presbiterio  episcopale  parla  s.  Ignazio  nel  scovo,  tutti  gli  all'ari  della  diocesi  erano 
li  secolo  agli  efesii,  composto  di  preti  e  affidati  alla  cura  del  presbiterio,  celebra- 
diaconi,  dicendo  dell'unità  necessaria  del  va  il  funerale,  faceva  l'inventario  di  tut- 
presbiteriocol  vescovo,  come  lecordeso-  ti  i  beni  della  chiesa, governandola  chie- 
no  unite  alla  cetra.  Nell'epistola  ai  ma-  sa  finché  durava  la  sede  vacante,  come 
gnesiani  si  esprime  quasi  nello  stesso  mo-  Io  faceva  nell'assenza  del  vescovo,  tran- 
cio :  "Presiedendo  il  vescovo  in  luogo  di  ne  l'esercizio  degli  atti  giurisdizionali,  che 
Dio,  i  preti  in  luogo  del  senato  apostoli-  sono  privativi  del  vescovo.  Ai concilii  ge- 
co, ed  i  miei  carissimi  diaconi,  ai  quali  è  nerali  interveniva  qualche  membro  del 
affidato  il  ministero  di  Gesù  Cristo.  Nul-  presbiterio,  o  come  compagno  del  vesco- 
la  sia  in  voi  che  possa  dividervi,  ma  vi-  vooquale  ambasciatore  o  legato  della  sua 
vete  unanimi  col  vescovo  e  co'presiden-  chiesa.  Osserva  Nardi,  che  se  il  presbite- 
ti  per  rappresentare  e  insegnare  l'incor-  rio  nulla  poteva  fare  dei  sagro  ministero 
ruttela".  Nelle  costituzioni  apostoliche  si  senza  il  vescovo,  anche  il  vescovo  nei  ca- 
legge:  »  I  preti  occuperanno  il  luogo  de-  nonici  avea  consiglieri  e  senatori  non  ili 
gli  apostoli ,  come  consiglieri  del  vesco-  nome,  ma  di  fatto.  Non  faceva  cosa  im- 
vo  e  corona  della  chiesa  ;  giacché  il  sine-  portante  senza  sentirli,  benché  non  fosse 
drio  sono  ed  il  senato  ecclesiastico  ".  I  obbligalo  a  seguirne  il  parere;  ed  alcuni 
componenti  il  presbiterio,  coi  vescovo  bat-  atti,  appunto  come  l'odierna  disciplina, 
tezzavano,  imponevano  la  penitenza,  con-  erano  nulli  se  non  avesse  sentito  il  pre- 
ferivano gli  ordini,  catechizzavano,  pren-  sbiterio  o  sia  il  capitolo,  come  non  po- 
devano  cura  del  funerale  pel  vescovo  de-  leva  giudicar  le  cause  senza  l'intervento 
funto,  ad  essi  ne'  primi  secoli  era  riser-  del  suo  senato  ,  essendo  il  presbiterio  il 
bata  l'elezione  del  successore  eia  scelta  collegio  de'preti  ediaconi  cattedrali.  An- 
sopra  un  di  loro  per  lo  più  cadeva,  esem-  che  i  canonici  diaconi  erano  e  chiama- 
pie  le  maggiori  dignità  del  clero  erano  vansi  in  presbyterii  /to/ion?,  cioè  di  esse- 
ai  medesimi  conferite.  Se  v'era  distinto-  re  del  presbiterio.  Così  i  canonici  delle 
zione  ,  privilegio,  onorificenza  ecclesia-  collegiate,preti  e  diaconi,  furonodetti  po- 
stica, pel  presbiterio  ecclesiastico  sembra-  sbyterium.  Per  onorare  i  melili  slraor- 
va  istituita.  Questi  dunque  erano  quasi  dinari  d'un  Confessore  della  fede  (A'.), 
sempre  e  in  ogni  affale  i  consiglieri,  gli  talvolta  si  fece  membro  del  presbiterio, 
assessori,  i  coadiutori  del  vescovo:  senza  come  praticò  s.  Cipriano  col  presbiterio 
di  essi  non  poteva  il  vescovo  disporre  in  cartaginese,  ciò  ch'era  una  grande  ele- 
veruncontode'beni  della  sua  chiesa.  Che  vazione,  come  si  esprime  Tomassini  che 
il  vescovo  non  poteva  senza  il  consiglio  riporta  diversi  esempi  di  questo  onore, 


PRE 

che  si  comparti  anco  a  qualche  prete  o 
diacono  minore.  Dice  Nardi:  »  i  canoni- 
ci fanno  circolo  al  vescovo  assistente  alla 
messa  cantata,  al  Kyrie,  Gloria ,  Sanctus 
e  Agnus  Dei  (come  fauno  i  cardinali  nel- 
le cappelle  col  Papa);  e  tale  è  il  signifi- 
calo di  formare  i  canouici  un  corpo  solo 
col  vescovo  pioppo,  che  non  debbono  fa- 
re detto  circolo  a  ^  laluuque  altro  ,  an- 
corché si  trattasse  di  l  7  superiore  al  pro- 
prio vescovo,  il  quale  a.  ìstessealla  mes- 
sa cantata,  fosse  anche  il  i  metropolitano, 
o  uu  cardinale,  o  legato  pontificio,  o  an- 
che un  vescovo  amministratore,  evicario 
apostolico  della  stessa  chiesa  ".  Insegui- 
to il  presbiterio  prese  il  nome  di  Capi- 
tolo. 

4.°  Presbiterio  si  appellò  altresì  quel 
donativo  di  monete  che  gli  antichi  Pa- 
pi facevano  al  clero  e  alle  chiese  di  Ro- 
ma ,  agli  ufiiziali  del  palazzo  apostolico 
e  della  curia  romana,  come  presbiterio 
furono  chiamate  le  distribuzioni  cano- 
nicali de'vescovi.  Riferisce  Macri,  che  il 
vocabolo  presbylerium  significa  ancora 
uu  certo  donativo,  il  quale  soleva  fare  il 
Papa  nel  giorno  che  pigliava  possesso 
nella  chiesa  Lateranense ,  ove  ai  cardi- 
nali poneva  nella  mitra  due  scudi  d'oro 
per  ciascuno,  con  due  grossi  d'  argento. 
Ai  vescovi  e  altri  prelati  uno  scudo  d'o- 
ro e  un  grosso  d'argento.  Forse  fu  così 
denominato  perchè  si  distribuiva  dentro 
il  presbiterio  della  chiesa,  sebbene  Cen- 
cio Camerario  nel  suo  Ceremoniale  fa 
menzione  d'altra  sorte  di  moneta,  la  qua- 
le soleva  in  quel  secolo  distribuire  il  Papa 
per  presbiterio.  All'articolo  Denari  trat- 
tai del  valore  di  quelli  che  si  distribuivano 
dai  Papi  nel  dare  il  presbiterio,  chiamali 
denari  di  Pavia  o pavesi,  bizantini, provi- 
sini,  marabottini,malechini  soldi  e  altre 
specie  di  Moneta(fr.).  Abbiamo  da  Gio- 
vanni Diacono  1.  2,  n.°  26,  che  s.  Gre- 
gorio I  del  5go  nel  giorno  di  Pasqua  di- 
stribuiva delle  monete  d'oro  ai  vescovi 
e  cardinali  preti  e  diaconi,  et  aliisaxio- 
niaùcis  cioè  persone  in  dignità,  che  si  pie- 


PRE  i65 

sentavano  ad  osculimi  pacis.  Macri,  ver- 
bo Axiomatici,  li  chiama  officiali  della 
Chiesa  ,  voce  greca  che  dice  significare 
habenles  dignitatem  :  il  salario  che  si  da- 
va a  questi  officiali  chiama  vasi  axioinad- 
cum.  Neil' Ordo  offleiorum  ecclesiae  La- 
teranensis  si  legge  che  nel  dare  il  prio- 
re de' cardinali  diaconi  certe  monete  ai 
cantori  laleranensi ,  questi  a  quello  ba- 
ciavano la  mano,  presenti  il  Papa  e  il  pre- 
sbiterio romano  o  sagro  collegio.  A  Can- 
tori roNTincnePitANzo  narrai  dell'inter- 
vento del  primicero  de'cantori  alla  men- 
sa papale,  del  vino  che  riceveva  la  scuo- 
la de'cautori  dal  Papa,  e  de'presbiterii  di 
un  bizanzio  nella  mattina  di  Pasqua  e  di 
Natale  ,  mentre  al  primicero  avea  dato 
3  soldi  e  la  mancia,  e  2  al  secondicela»; 
le  bibite  si  davano  anche  ne'vesperi.  In 
quello  della  3.a  domenica  dell'avvento  il 
Papa  metteva  in  bocca  una  moneta  d'o- 
ro a  chi  aveva  intonala  la  5.a  antifona, 
come  notai  nel  voi.  IX,  p.  99.  Nei  voi. 
Vili,  p.  169,  XLVI,  p.  no  riportai 
che  tra  le  ceremonie  della  cousagrazio- 
ne  del  Papa,  già  neh'  827  era  in  uso  il 
solenne  banchetto  o  pranzo  ed  i  donati- 
vi detti  presbiterii  al  senato  romano,  ai 
giudici,  agli  avvocati,  agli  scrinar!, ec.  e 
al  popolo  romano  :  altrettanto  si  prati- 
cò nell'847  Per  s-  Leone  I V,  il  quale  nel- 
l'ottava dell'Assunta  distribuì  moneta  ef- 
fettiva. A  Moneta  raccontai  le  ribellio- 
ni de'  romani  del  secolo  XII,  e  la  con- 
cordia fatta  nel  1  188  con  Clemente  III, 
cui  restituirono  il  diritto  di  battere  mo- 
neta, obbligandosi  il  Papa  di  dare  nuo- 
vamente ai  senatori  i  benefizi  e  presbi- 
terii; nonché  ai  giudici,  avvocati  e  seri- 
nari,  ordinati  dal  Pontefice,  ed  agli  uf- 
ficiali del  senato  i  soliti  presbiterii.  Fino 
a'tempi  di  s.  Gregorio  VI  I  presso  la  Chie- 
sa di  s.  Maria  in  Acquiro  (F.)  si  usò 
questa  ceremonia.  »  Sabbato  de  Albis.... 
omnes  archipresbyteri  xvm  diaconia- 
rum,  expeclant  d.  Papa  in  campo,  ante 
Palatium,  sub  Fullonia....  Deinde  archi- 
presbyter  cum  clericis  pouuut  coronas 


166  PRE 

ad  pedes  ejus Domnus  archipresby- 

ter  s.  Maria  in  Aquiro  coronanti  et  gal- 
1 1.1  ni,  et  accipi l  unum  bizantino)  et  quar- 
tana   Archipresbyter  s.  Maria  in  via 

Lata  (  della  qual  chiesa  era  commenda 
l'altra)  coronam  et  vulpeculam>nonliga- 
tam,  quae  fugit,  et  Papa  dat  archipre- 
sbyterobyzaulium".Nei  vol.XlX,p.3o, 
XXI,  p.  160  e  161,  cioè  a  Curia  roma- 
na ed  Elemosiniere,  descrissi  la  strada 
che  faceva  il  Papa  recandosi  dal  Vatica- 
no alla  basilica  Lateranense,  ed  il  getti- 
to de'  denari  che  in  diversi  punti  della 
strada  papale  si  faceva  al  popolo  dal  si- 
niscalco o  soldano,  e  dai  curiali  (già  si 
praticava  ne'primi  del  secolo XII:  a  dar- 
ne un'idea  dirò,  che  per  tutta  la  regio- 
ne di  Parione  si  davano  6  libbre  di  pro- 
visini; sino  alla  casa  de'Massimii2  soldi 
provisini;  sino  alla  torre  di  Oddone  figlio 
di  Romano  io  soldi  provisini ,  come  si 
legge  in  Mabillon,  Mus.  Ilal.  t.  2,  Ordo 
romanus  XII,  §  17,  De  presbyterio  quo 
dalur  prò  arcubust  ossia  della  tassa  che 
il  camerlengo  pagava  ne'di  versi  luoghi 
di  Roma, dove  solevano  erigersi  degli  ar- 
chi per  festeggiare  il  Papa  nella  sua  ca- 
valcata,in  certi  giorni  dell'anno)  che  ri- 
cevevano il  presbiterio,  cioè  dopo  la  co- 
ronazione pel  possesso,  nella  3.  festa  di 
Pasqua  ed  in  altre  circostanze;  inoltre 
notai  a  p.  1 56  che  il  Papa  usava  iltSbe- 
ci  rito  rio  (f.)  per  sostenere  la  borsa  del- 
le limosiue  che  faceva  di  propria  mano, 
insieme  al  rito  di  spargere  due  volte  mo- 
nete nelle  ceremouie  del  possesso,  pro- 
nunziando alcune  sentenze  scritturali,  ciò 
che  ricordai  pure  nel  voi.  Vili, p.  173  ed 
a  Povero.  De'  presbiteri"!  distribuiti  nel- 
le sagre  funzioni  a  quelli  che  vi  assiste- 
vano, iuclusivamente  ai  Mandatari  ed 
ai  Maggiorènti  (F.)  o  stimolati,  trattai 
a  Cah'eile  pontificie  e  De' l'elativi  arti- 
coli, come  ne'  voi.  Vili,  p.  1 1 7  e  6eg.,  e 
JX,  p.  io,i  16,  ricevendo  gli  abbati  dal- 
ie abbazie  privilegiate  3  soldi  ciascuno 
per  presbiterio  :  nel  giorno  di  Natale  il 
Prefetto  di  Roma  (V.)  uvea  20  ioidi,  il 


PRE 

primicero  de'giudici  4j  gu  &Uri  propor- 
zionatamente. Garampi,  Sigillo  della 
Garfagnanap. 74eseg.,riferisceche  per 
le  litanie  di  s.  Marco  universi  mitrati  per- 
cepivano separatamente  dal  rimanente 
del  clero  4°  soldi  dalla  Confessione  di  s. 
Pietro,  ossia  dalle  Oblazioni  (V.)  che  i 
fedeli  facevano  ai  Liminì  degli  Apostoli 
(/^.Jjfra'quali  mitrati  eranocompresi  car- 
dinali, vescovi  e  abbati  privilegiati  (del- 
le oblazioni  chespettavano  al  vescovo  di 
Porto  e  Selva  Candida,  Vedi).  Se  in  oc- 
casione del  presbiterio  che  distribuivasi 
solennemente  per  Natale  o  per  Pasqua, 
aliquis  abbas  mitralus  praesens  fuerit 
(d.  Papae),  dat  ei  unum  melequinum, 
et  12  den.  papienses;  e  questa  era  la  di- 
stribuzione che  competeva  a  ogni  cardi- 
nale. Il  malechino  era  moneta  d'oro  co- 
mune in  Europa  nel  secolo  XII  ,  inter- 
messa sulla  metà  del  seguente  ,  equiva- 
lente a  6  soldi  e  3  denari  tornesi  piccoli; 
poco  piò  valeva  il  bizanzoe  l'obolo  d'o- 
ro: quando  il  malechino  cessò  d'aver  cor- 
so, nel  secolo  XIV  i  presbiterii  si  distri- 
buivano in  monete  correnti,  ragguaglia- 
te al  valore  antico  de'malechini  e  de'pa- 
vesi,  cioè  computando  per  ogni  male* 
chino  6  grossi  tornesi  buoni  d'  argento, 
10  de' quali  equivalevano  a  un  fiorino 
d'oro.  Il  p.  Casimiro,  Meni.  dis.  Maria 
in  Araceli,  già  una  delle  abbazie  privi- 
legiate, a  p.  1 5  dice  che  nella  processio- 
ne di  s.  Marco,  dalla  basilica  Lateranen- 
se alla  Vaticana,  col  Papa,  i  vescovi,  i 
cardinali  e  tutto  il  clero  di  Roma,  rice- 
veva per  questa  funzione  tre  soldi,  cia- 
scunode'qualiPanvinio  valutò  uno  scudo 
e  mezzo  d'oro  e  Ciacconioqualtro.  A  Li- 
tanie maggiori  parlai  del  presbiterio  che 
tuttora  si  distribuisce  nella  propria  ba- 
silica dal  capitolo  Vaticano  ai  capitoli 
delle  basiliche  e  collegiate  di  Roma ,  al 
camerlengo  del  clero,  ed  a  tutti  i  parro- 
chi  della  città,  nel  giorno  di  s.  Marco  per 
la  processione.  Cancellieri  nelle  Notizie 
della  festa  di  Natale  a  p.  37,  parla  del 
doppio  presbiterio  clic  il  Pupa  dopo  la 


PRE 


PRE 


3.a  messa  celebrata  nella  basilica  Vatica- 
na o  Liberiana,  nel  Patriarchio  Lalera- 
tiense  (P.),  ove  l'accompagnava  in  pro- 
cessione tutta  la  curia  ,  dava  a  tutti  gli 
ordini, come  nel  giorno  di  sua  coronazio- 
ne, del  giovedì  santo  e  di  Pasqua.  Il  can. 
Benedetto  ne  fece  la  descrizione  prima 
della  metà  del  secolo  XII.  »  Ibi  dat  pre- 
sbyterium  omnibus  ordiuibus.  Iste  vero 
die  Natalis  Domini,  et  die  s.  Paschae  dat 
omnibus  prioribus  rnanum  ,  idest  pre- 
sbyterium  duplum.  Praefecto  scilicet  20 
solid.  Dominus  Papa,  et  manum;  Primi- 
cerium  judicum  4  solid.  et  manum;  u- 
nicuique  judicum  4  solid.  Priori  episco- 
pò  4  solid.  et  manum;  unicuique  episco- 
porum  3  solid.  Priori  cardinali  4  solid.  et 
manum;  unicuique  cardinali  3  solid.  Ar- 
chid.  3  solid.  et  manum  ;  unicuique  dia- 
conorum  3 solid.  Primicerio  cantorum  3 
solid.  et  manum.  Secundicerio  cantorum 
2  solid.  Priori  basilicario  2  solici,  et  ma- 
num et  8  denarii  prò  konorantia;  uni- 
cuique cantori  2  solid.;  unicuique  sub- 
diacono 2  solid.  Priori  regionario  2  solid. 
et  manum;  unicuique  eorum  2  solid.;  u- 
nicuique  acolytho  2  solid.  Duobus  dilun- 
gariis  8  solid.  Scrinariis  io  solid.  Majo- 
rentibus  5  solid.  Draconariis  3  solid.  et 
aliis  ordinibus,sicutmosest".  Cencio  Ca- 
merario che  fece  eguale  descrizione  nei 
primi  del  secolo  XII  l'incomincia  in  al- 
tro modo.  »  Deinde  judices  ducunt  eum 
usquead  locum  illuni,  ubi  datur  presby- 
terium.  Tunc  vero  exuunt  eum  pianeta, 
et  apposito  manto  super  scapulas,  sedet 
in  Fonslatorio,  seu  Cathedra,  et  largitur 
presbyterium  cunctis  ordinibus  propria 
maim  taliter".  Qui  descrive  questo  rito 
con  termini  diversi,  nominando  oltre  i 
soldi,  melequinos,  et marabolinostel de> 
narios  papienses.  Mabillon  spiegò  il  vo- 
cabolo Mancia  per  derivazione  di  ma- 
num usato  dal  can.° Benedetto,  ma  Can- 
cellieri crede  che  voglia  soltanto  indicar-' 
si  il  bacio  della  mano,  che  il  Papa  accor- 
dava ai  più  degni,  dopo  aver  loro  dato  il 
presbiterio,  come  fanno  tuttora  i  cardi- 


167 


nali  baciando  la  mano  sotto  l'aurifrigio 
del  manto  nel  recarsi  in  paramenti  sa- 
gri all'  ubbidienza,  e  baciando  la  mano 
nuda  dopo  avere  ricevuto  nella  mitra  il 
presbiterio  di  due  medaglie  d'argento. 
Nel  ceremoniale  di  Gregorio  X  del  r  27 1 
pubblicato  da  Mabillon,  ecco  il  modo  con 
cui  distribuì  vasi  dal  Papa  il  presbiterio 
nel  giorno  di  sua  coronazione,  nel  gio- 
vedì santo  e  nel  Natale.  wlpsePapa  se- 
det in  sede,  et  quilibet  cardi  nalis  et  p rac- 
la tus  vadit  coram  eo,et  flexis  genibus  e- 
xuetsibimet  cardinalissive  praelatus  mi- 
tram,  et  tenet  apertam  ante  Papam;  et 
ipse  proiicit  illam  pecuniam,  quam  dat 
ei  in  uno  scypho  argenteo  camerarius  ; 
et  ille  qui  recipit  pecuniam  in  mitram, 
oscula  tur  genu  domini  Papae".  Dopo  la 
distribuzione  del  presbiterio  seguiva  il  so- 
lenne Convito.  Osserva  Garampi,  che  del- 
le distribuzioni  di  presbiterio  nel  giove- 
dì santo  e  nel  Natale,  ne  ha  trovate  me- 
morie anche  sulla  metà  del  secolo  XIV, 
allorché  i  Papi  risiedevano  in  Avignone. 
Si  continuava  la  stessa  tassa  anticamen- 
te prescritta ,  se  non  che  le  monete  ivi 
nominate,  che  allora  erano  disusate,  li- 
ducevansi  alla  corrente,  secondo  la  tra- 
dizione  che  si  avea  del  loro  antico  valore. 
Siccome  il  Papa  anticamente  dopo  es- 
sersi consagrato  e  coronalo  nella  basili- 
ca Vaticana,  passava  subito  alla  Latera- 
nense  a  prendervi  possesso,  nella  strada 
che  percorreva,  dalle  chiese  in  essa  esi- 
stenti riceveva  da  ognuna  l'incensazione 
con  l'Incensiere^.),  per  cui  dava  a  que- 
ste chiese  il  presbiterio  prò  thuribulo  da- 
to,  che  Mabillon  enumera  nel  §  xvm  col 
quantitativo  de'soldi,  descrivendo  nel  se- 
guente quello  che  si  distribuiva  alle  scuo- 
le e  Università  artistiche,  e  persino  20 
soldi  agli  ebrei,  pei  servigi  che  presta- 
vano alla  curia  romana.  Nel  voi.  Vili, 
p.173  notai,  che  con  Leone  X  termina- 
rono molte  delle  ceremonie  che  facevan- 
si  ne'  Possessi  (J*.),  la  qual  funzione  es- 
sendo poi  stata  separata  da  quella  della 
Corona%ione{F.)}  invece  dell'antico  pre  - 


i68  PRE 

sbiterio  i  Papi  incominciarono  a  dispen- 
sare medaglie  d'oro  e  di  argento  sommi- 
nistrate loro  dal  cardinal  primo  diacono, 
che  le  riceve  dal  prelato  Tesoriere  (I7.). 
Come  e  da  chi  si  ricevono  queste  meda- 
glie, e  ciò  che  si  suole  incidervi,  oltre  il 
citato  articolo  Possessi,  si  può  vedere  nei 
Tol.VIII:p.i84,i85,XLl,p.i48,XLIV, 
p.  76,  Lll,p.  70:  per  gli  altri  che  rice- 
vono le  medaglie  lo  notai  ai  Ioroartico- 
li.  Per  gli  Avvocali  concistoriali  o  Di- 
fensori,\\Cailav\,Advocat.  syllabum }xxq 
tratta  a  p.  1 1  7,  dicendo  ancora  di  quello 
che  ricevevano  dagl'imperatori,  insieme 
ad  altri ,   nella  loro  coronazione.  Nella 
lettera  di  Clemente  V  per  la  coronazio- 
ne dell'imperatore  Enrico  VII,  dice  Vi» 
la\e, De' senatori  p.  209,  che  nel  n.°i3  si 
parla  de'  presbiteri!  soliti  darsi  dagl'im- 
peratori nell'  atto  della  coronazione,  ai 
cardinali, con  lori,  uni  versila  del  clero  ro- 
mano, cappellani,  ec.,  non  che  si  dovea- 
no  dare  al  prefetto  di  Roma,  al  senatore 
e  ad  altri  officiali.  Quando  propriamen- 
te le  medaglie  d'oro  e  d'argento  si  so- 
stituirono al  presbiterio   nella  funzione 
del  possesso  s'ignora;  solo  si  conosce  che 
Pio  VI  fu  l'ultimo  a  dare  ai  cardinali  il 
presbiterio,  dopo  avergli  baciato  la  mar 
no  sotto  il  fregio  del  manto,  d'una  me- 
daglia d'  oro  ed  altra  d'  argento  nella 
mitra,  dopo  che  gli  ribaciarono  la  mar 
no  nuda  (i  cardinali  a  Pio  Vili  per  re- 
cargli meno  incomodo  baciarono  solo  la 
mano  nuda,  e  ricevuto  il  presbiterio  par* 
tirono),  ePio  VII  il  primo  a  distribuir- 
ne due  di  argento  nella  stessa  guisa,  fa- 
cendone dare  due  simili  al  senatore  co- 
me principe  assistente  al  soglio.  Nondi- 
meno farò  qualche  estratto  dalla  colle- 
zione che  de' Possessi  ci  diede  Cancellie- 
ri. Nella  coronazione  d'Innocenzo  II  del 
1  i3o  si  legge:  »  dat  presbyterium  sine 
manibus  in  palatio Lateraucnse, celebrat 
convivium."  In  quella  di  Celestino  II  del 
I  1 43:  »  tale  presbylcrium,  et  taliler  da- 
lum  acci  pinot  quale  in  die  Paschae  re- 
1  ipiunl.  Snbdiaconi  autcm  sjngulisingu- 


PRE 

los  melequinos  habent:  quod  tamen  non 
fìtinaliqua  praedictarum  soletnnitalum. 
Non  (lanini-  enim  eis,  sìcut  ibidem  scri- 
ptum plenius  invenilur,  eliamsi  3o  vel 
amplius  essent  12  melechini.  Uni  versa  e 
etiam  scholae  palatii  clerici  romauis  pio 
thuribulis,  judaeis  prò  repraesentalione 
legis,  laicis  romanis  prò  arcu,  tale  pre- 
sbyterium  datur,  et  taliler,  qualiterda- 
tur  incoronalionibus  aliis  d.  Papae.  Pio- 
cerna  insuper,  et  marescallus  tam  de  co- 
mestione,  quam  de  aliis  donariis  remu- 
neranti!!' similiter,  excepto  quod  capita 
porcorum  aplata  non  habent,  neque  cla- 
retum  (specie  di  vino).  Familia  quoque, 
et  curiales  presbyterium  habeut juxta  ca- 
merarii  voluntalem".  Innocenzo  111  nel 
1  1 98  diede  il  presbiterio»  inLaleraneu- 
se  palatio  in  domum  majorem,  quae Leo- 
niana  vocatur,  presbyterio  per  ordiucm 
distributo,  solemue  convivium  celebra  - 
vii". Di  Urbano  VI  del  i  378  si  dice:  nel- 
la basilica  Lateranense  »  certuni  nume- 
rum  monetarum,  quae  in  coronalione 
summi  Pontificisconsueverunt  cardina- 
libus  dari,  receperunt".  anche  Liguano 
riferisce  che  fu  distribuita  »  certa  pecu- 
niae  summa  inter  cardinales,  quae  pecu- 
nia vocatur  presby  Ieri  uni."  Nel  possesso 
d'Innocenzo  Vili  nel  i4^4>  eg''  Sl  Pose 
a  sedere  nella  cappella  di  s.  Silvestro  e 
die  il  presbiterio,  che  riceveva  dal  teso- 
riere: i  cardinali  lo  riceverono  tenendo 
in  mano  la  mitra,  indi  baciandogli  la  ma- 
no, gli  altri  baciarono  il  piede.  I  cardi- 
nali ebbero  2  ducati  e  2  carlini;  i  prelati 
un  ducato  e  un  carlino,  cioè  i  suddiaco- 
ni, gli  uditori  di  rota,  i  chierici  di  came- 
ra, gli  accoliti  e  gli  altri  inclusive  ai  pre- 
fetti navali,  ed  il  maestro  delle  ceremo- 
nie  Burcardo.  Altrettanto  si  praticò  da 
Giulio  II  nel  i5o3  ,  dai  cardinali  e  dai 
protonotari  ai  prefetti  navali,  e  compresi 
i  canonici  e  cappellani  Lateranensi.  Leo- 
ne X  nel  1 5 1  3  ai  cardinali  distribuì  per 
presbiterio  due  ducati  e  due  giuli,  agli  al- 
tri un  ducato  e  un  giulio.  Paolo  III  nel 
j533feceesoguire!edislnbuzioindeMc- 


PRE 
naro,che  soleva  gitlarsi  in  vari  luoghi,  e 
diede  il  presbiterio  a'cardinali.  Paolo  IV 
nel  1 555  bultò  denari  al  popolo,  altret- 
tanto fece  Pio  IV  nel  i55g,  ma  per  rac- 
coglierlo ne  morirono i  o,  e  4°  restarono 
malconci;  per  cui  il  successore  s.  Pio  V 
neli566,adevitaresimili  disgrazie,  ne  a- 
boli  l'uso,efece  distribuire a'poveri  quan- 
to soleva  gettarsi,  ond'ebbe  origine  la  di- 
spensa del  paolo  e  del  grosso  che  fa  ì'Ele- 
mosiniere  del  Papa  [F.).  Sisto  Vnel  i585 
non  distribuì  presbiterio,  riferendo  Gat- 
tico,  Ada  caeremonialia:  »  Ponti  (ex  n  ul  - 
luiu  presbyterium,necmedaliasdeditcar- 
dinalibus,  sicut  multi  ahi  Pontificesfece- 
runt  in  ecclesia  s.  Joannis."  Egualmente 
non  lo  diedero  Gregorio  XIV  e  Innocen- 
zo IX,  affermandolo  anche Gattico. Gre- 
gorio XIV  separò  la  funzione  della  co- 
ronazione da  quella  del  possesso,  onde  es- 
sendovi tempo  a  coniare  le  medaglie,  que- 
ste furono  sostituite  ai  presbiteri'!  j  ma 
nella  funzione  dal  Papa  si  diedero  ai  so- 
li cardinali,  e  agli  altri  particolarmente 
dal  tesoriere,  maggiordomo  e  maestro  di 
camera.  Il  cardinal  Gesualdo  decano  del 
s.  collegio  e  prefetto  de'riti, acciò  non  an- 
dasse in  disuso  la  ceremonia  del  presbi- 
terio, procurò  chesi  ristabilisse  per  Gre- 
gorio XIV  e  Innocenzo  IX,  ma  non  es- 
sendo inordine  le  monete  e  medaglie  non 
ebbe  luogo,  per  cui  e  pel  2°  il  tesoriere 
se  ne  scusò  con  diversi  cardinali. Nel  1 5ga 
persuase  Clemente  Vili  di  ripristinarlo, 
onde  questo  Papa  distribuì  tuedaglied'o- 
ro  e  d'argento  colla  sua  effigie, e  collo  stes- 
so vocabolo  di  presbiterio  le  distribuì  po- 
nendole nelle  mitre de'cardinali,  sommi- 
nistrandole il  tesoriere.  Al  decano  ne  die- 
de 4>  due  d'oro  e  due  d'argento,  e  altret- 
tante ai  cardinali  che  solevano  aver  dop- 
pie lo  Candele  e  le  Palme  (F.),  così  al- 
l'arciprete per  l'orazione  fatta,  ed  al  car- 
dinal Montalto  6,agli  altri  cardinali  una 
d'oro  e  l'altra  d'argento:  per  essere  il  Pa-> 
pa  stanco  non  die  il  presbiterio  ai  vesco- 
vi, ma  ordinòche  si  mandasse  a  casa;  gli 
altri  prelati  euflìziali  non  l'ebbero.  Pao? 


PRE  169 

Io  V  nel  i6o5  diede  ai  cardinali  il  pre- 
sbitero, mediante  una  medaglia  d'oro  e 
l'altra  d'argento  nelia  sala  Lateranense, 
al  solilo  dopo  le  Laudi{V.).  Urbano  Vili 
non  distribuì  il  presbiterio  delle  meda- 
glie, ma  le  fece  dare  dal  tesoriere,  secon- 
do la  distribuzionedelle  candelee  palme, 
a  chi  spettano,  incominciando  dai  cardi- 
nali,cui  le  consegnò  il  Papa,  ed  inclusi- 
vamente  agli  ambasciatori  e  principi  as- 
sistenti al  soglio.  Innocenzo  X  neh  644» 
dice  Novaes,  che  distribuì  ai  cardinali  e 
principi  romani  medaglie  d'oro  e  d'ar- 
gento. Cancellieri  riporta,  che  le  meda- 
glie furono  distribuite  a  tutti  quelli  cui 
appartengono,  anche  con  porzioni  dop- 
pie e  triple  secondo  gli  ufììzi:  dalla  log- 
gia Lateranense  i  cardinali  Este  e  Orsi- 
ni, ed  il  maggiordomo  Cibo  gettarono 
monete  nuove  d'argento  al  popolo.  Al- 
trettanto nel  1 655  fecero  i  cardinali  e  il 
tesoriere  per  Alessandro  VII  colle  sue  mo- 
nete nuove  d'argento.  Le  medaglie  del 
presbiterio  furono  majoris  formae:  a 
quelli  che  aveano  più  d'un  ullìcio  per  o- 
gnunofudata  una  medaglia  d'oro.  A  Me- 
daglie pontificie  dissi  che  il  conio  più 
antico  della  zecca  pontificia  di  quella  del 
possesso  è  di  Alessandro  VII  del  iG55, 
e  la  i.a  colla  parola  Possessio  quella  del 
successore  Clemente  IX.  Per  questo  Pa- 
pa il  tesoriere  diede  le  medaglie  agli  am- 
bascia tori  ed  ai  principi  assistenti  al  so- 
glio. Per  Clemente  X  i  cardinali  ebbero 
per  presbiterio  duo  numisma ta  intusmi* 
tram:  agli  ambasciatori  e  principi  del  so- 
glio le  distribuì  il  tesoriere.  D'Innocen- 
zo XI  del  1676  si  legge,  che  diede  per 
presbiterio  a  ciascun  cardinale  nell'aper- 
tura della  mitra  due  mortele,  una  d'oro, 
l'altra  d'argento  di  diverso  conio  da  quel- 
le per  distribuirsi  al  popolo,  ciò  che  per  la 
calca  non  fu  eseguito.  Il  successore  Ales- 
sandro Vili  die  medaglie  per  presbite- 
rio, così  Innocenzo  XII  e  tutti,  gli  altri 
fino  al  presente.  Benedetto  XI  II  le  fece 
dare  anche  a  tutto  il  clero  Lateranense, 
Chiamasi  anche  presbiterio  l'oblazio- 


i7o  PRE 

ne  che  il  Papa  lascia  sull'altare  papale  La  - 
teranense  in  una  borsa,  come  notai  a  Pos- 
sesso. Nel  voi.  VII,  p.  3o3  trattai  delle  o- 
blazioni  che  si  fanno  al  Papa  per  la  ca- 
nonizzatone, ed  a  p.  3  i  8  di  quelle  che 
fa  il  Papa  alla  chiesa  in  cui  la  celebra. 
Quando  il  Papa  canta  pontificalmente  la 
messa  riceve  dal  cardinal  arciprete  e  dal 
capitolo  Vaticano  perla  Coronazione,Pa- 
squa,  s.  Pietro  e  Natale  il  presbiterio  di 
25  giulii  yoro  missa  bene  cantala;  ed  an- 
cora riceve  eguale  presbiterio  dal  cardi- 
nal arciprete  e  dal  capitolo  Liberiano, 
per  quella  che  canta  la  notte  di  Natale: 
tutto  ciò,  come  dell'uso  di  tal  presbiterio, 
descrissi  nel  voi.  IX,  p.  32, 8  r,  1 18.  Di 
simile  presbiterio  pel  pontificale  della  ca- 
nonizzazione, parla  Chiapponi,  Ada  ca- 
nonizationis  p.  236.  Gattico  p.  424  vv~ 
ferisce  il  presbiterio  presentato  dal  car- 
dinal arciprete  Vaticano  dopo  la  messa 
della  coronazione  d'Innocenzo  XI.  Nel 
diario  di  Alaleona  si  legge,  che  Paolo  V 
avendo  nel  1 6 14  cantato  pontificalmen- 
te la  messa  in  s.  Agnese  fuori  le  mura, 
il  cardinal  Sfondrati  commendatario  del- 
la medesima  diede  al  Papa  una  borsa  di 
tela  d'argento  con  monete  prò  missa  be- 
ne cantata,  et  solito  presbyterio.  Nel  voi. 
Vili,  p.  2  i5  riportai  un  altro  caso,  che 
pontificando  Benedetto  XIII  in  s.  Agosti- 
no ricevè  dal  litolare  il  consueto  presbi- 
terio, altrettanto  fece  il  cardinal  Cozza  ti- 
tolare di  s.  Maria  in  Araceli,  quando  Be- 
nedetto XIII  viandòa  pontificare  la  mes- 
sa. Nel  voi.  XIX,  p.  284  dissi  che  il  Papa 
donandolo  al  cardinal  diacono  ministran- 
te, questi  lo  regala  al  proprio  caudata- 
rio. Questo  uso  è  antico,  attestando  Ma- 
cri  in  Presbyterium,  di  aver  veduto  nel 
1649  il  cardinal  Raggi  donarlo  al  suo 
caudatario.  Il  presbiterio  prò  missa  be- 
ne cantata  non  è  stato  sempre  lo  stesso, 
poiché  narra  Paride  de  Grassis,  che  a  Leo- 
ne X  in  Firenze  nel  giorno  di  Natale  ri- 
chiese: «  an  canonici  praeparare  debe- 
rentbursellam,  sicut  canonici  s.  l'etri  de 
Urbe,  quam  donaut  Pontifici  post  rais- 


PRE 

sam  canta tatn?  et  hoc  remiti!  arbitrio  ca* 
nonicorum,  et  meo;  et  fecimus,  quod  pri- 
mus  canonicus  cum  archidiacono  dona- 
vi! bursellam  Papae  de  raso  cai-basino 
rubro,  con  i5  solidis,  et  ipse  postea  eam 
donavit  cardinali  de  Petruciis,  qui  Evan- 
gelium  dixit."  Finalmente  farò  menzio- 
ne degli  stipendi  o  distribuzioni  canoni- 
cali, che  si  chiamavano  Presbyteria,  ap- 
punto, come  dice  Nardi,  perchè  il  vescovo 
distribuiva  ai  preti  e  diaconi  cattedrali 
o  sia  canonici,  gli  stipendi  e  le  oblazioni, 
e  talora  anche  faceva  delle  straordinarie 
largizioni  a  ciascuno  de'medesimijcheap- 
pellavansi  parimenti  Presbyteria  e  se  ne 
fa  frequente  menzione  nelle  vilede'Pa- 
pi:  il  Pontefice  s.  Zaccaria  »  dilettele- 
rum  valde,  atque  presbyteria  eis  annue 
in  duplo  et  amplius  ejus  tribuit;"  e  che 
anco  il  Papa  avea  le  sue  distribuzioni, 
esse  pure  appellate  presbyteria, q  spesso 
ne'monumenti  antichi  s'incontra,  pre* 
sbyleria  dimisìt  clero.  Il  concilio  di  Me- 
nda del  666  stabilì,  che  delle  oblazioni 
de'fedeli  raccolte  in  chiesa  nella  festa,  il 
vescovo  ne  faccia  3  parti,  una  per  se,  una 
pei  preti  e  diaconi  o  sia  canonici,  secon- 
do la  dignità  e  l'ordine,  senza  alcuna  ri- 
serva; quindi  la  3.a  parte  si  distribuisse 
dal  primicero  ai  suddiaconi  e  agli  altri 
chierici,  a  norma  della  diligenza  di  cia- 
scuno. V.  Prebenda.  Su  di  tutto  questo 
argomento  eruditamente  scrisse  il  cano- 
nico di  s.  Maria  in  Trastevere  Pietro  Mo- 
retti, Rilus  danài  presbyterium  Papae, 
cardinalibus  et  clericis  nonnullarum  ec- 
clesiarum  Urbis  Romae  investigalus,  et 
explanatus,  Lucubralio  aereis  tabulis  et 
notis  ornata,  Romae  17126  1741-  Bo- 
n a nni,  Numismata  Ponlificum  t.  2,  p. 
709.  Giyl\.\co,Acta  caeremonìalia  p.  4g3. 
PRESBURGO,  Posonium.  Città  li- 
bera e.  regia  d'Ungheria,  antica  capitale 
di  questo  regno,  capoluogo  di  comitato 
e  di  marca,  residenza  ordinaria  dell'ar- 
civescovo di  Gran  o  Strigonia^.),*  12 
leghe  da  Vienna,  sulla  sinistra  sponda  del 
Danubio,  che  vi  si  divide  in  più  rami  e  clic 


PRE 
si  varca  per  un  ponte  volante.  Giace  so- 
pra una  collina  che  domina  vasta  pianu- 
ra, a  pie  d'un  ammasso  di  montagne,  con 
castello;  non  ha  più  le  fortificazioni  che 
la  separavano  dai  suoi  sobborghi,  in  cui 
sono  le  più  belle  case  e  le  migliori  piaz- 
ze, delle  quali  però  la  città  ne  ha  due  as- 
sai belle  e  decorate  da  fouti  ed  altro.  La 
cattedrale  è  sotto  l'iu  vocazione  di  s.  Mar- 
tino, di  stile  gotico,  spaziosa  e  sormon- 
tata da  alto  campanile:  nella  cappella  di 
s.  Giovanni  facevasi  un  tempo  l'incoro- 
nazione de're  d'Ungheria.  Vi  sono  altre 
chiese,  conventi  e  monasteri,  due  prepo- 
sture, orfanotrofio,  ospedale,  accademia 
di  letteratura  slava,  archiginnasio,  semi- 
nario, non  che  sinagoga  pegli  ebrei  e  gin- 
nasio luterauo,  il  principale  del  regno.  E' 
notabile  il  palazzo  del  principe  palatino, 
quello  della  città,  quello  del  governatore, 
il  mercato  e  le  caserme:  vicino  alla  città 
è  un  amenissimo  passeggio,  il  paese  din- 
torno è  fertile  in  grano  ebuoni  vini.  Sem- 
bra che  Presburgo  fosse  fondata  dai  ja- 
zigi  lungo  tempo  prima  che  i  romani  sog- 
giogassero il  paese.  Fu  capitale  dell'Un- 
gheria sino  all'imperatore  Giuseppe  li, 
che  ne  trasferì  il  titolo  a  Buda.  Molto  sof- 
fri per  assedi  ed  incendi:  enti  ole  sue  mu- 
ra in  diverse  epoche  accaddero  sangui- 
nose fazioni  tra  gl'imperiali  e  i  malcon- 
tenti ungheresi.  Dopo  la  guerra  del  1 8o5 
tra  la  Francia  e  l'Austria,  quivi  fu  con- 
chiuso  un  trattalo  di  pace  a'26  dicem- 
bre. Iti  Presburgo  il  celebre  cardinal  Gen- 
tile Parano  da  Monlefìore}  legalo  diCle- 
inente  V  in  Ungheria,  tenne  un  concilio 
a'  1  o  novembre  1 309,  in  cui  furono  fatti 
9  canoni  di  disciplina.  Nel  7.°si  trattano 
da  eretici  tutti  quelli  i  quali  restauo  sco- 
municati per  un  anno.  JNeH'8.°  fu  proi- 
bito alle  donne  cristiane  di  maritarsi  co- 
gl'infedeli.  Labbé  t.  9. 

PRESENTAZIONE  della  B.  Vergi- 
ne al  Tempio.  Festa  in  cui  la  Chiesa  ce- 
lebra tale  memoria  della  Madre  di  Dio, 
perchè  l'antica  tradizione  insegna  che  la 
ss.  Vergiue  fino  dall'  infanzia  fu  offerta  a 


PRE  i7i 

Dio  nel  tempio,  il  che  diede  origine  alla 
festa  in  discorso  che  celebrasi  a' 21  no- 
vembre,chiumata  dai  greci  Entrata  della 
s.  tergine  nel  tempio.  Questa  festa  della 
Presentazione  è  più  antica  fra'greci  che 
fi  ■«'Ialini.  Se  ne  fa  menzione  ne'più  an- 
tichi martirologi,  ne  parla  il  Sinassario 
di  Basilio  Porfirogenito,  la  costituzione 
dell'imperatore  Emmanuele  Comneno 
del  1 143  riferita  da  Balsamone,  in  No- 
mocan.  Pholii  tit.  7,  e.  1 ,  e  le  Tavole  Mo- 
schov  iti  cheti  Papebrochio,percui  abbia- 
mo molti  discorsi  sulla  medesima  festa, 
di  Germano  patriarca  di  Costantinopoli 
nel  secolo  XI II,  dell'altro  patriarca  s.  Tu  - 
ribio,  come  di  altri.  In  occidente  incomin- 
ciò a  celebrarsi  d'ordine  di  Gregorio  XI 
nel  1372, quando  Filippo  di  Maiziers can- 
celliere e  ambasciatore  di  Pietro  II  re  di 
Cipro,  a  nome  di  questi  presentò  al  Papa 
l'uffizio  di  tal  festività  messo  in  note  co- 
me si  cantava  in  oriente,  acciò  l'appro- 
vasse e  ne  introducesse  l'osservanza  tra 
i  latini.  Gregorio  XI  l'approvò  con  de- 
creto, fece  celebrare  la  festa  nella  chiesa 
de'frati  minori  d'Avignone  ove  risiedeva, 
e  stabilì  per  la  festa  il  detto  giorno.  Si 
ricava  dal  diploma  riportato  da  Launojo, 
Ilistor.SchoLNavarrae  par.  i,cap.  io, 
p.  78,  che  Carlo  V  re  di  Francia,  a  cui 
l'ambasciatore  avea  notificato  tale  festa 
de'greci,  la  fece  solennizzare  a  Parigi  nel- 
la s.  Cappella,  in  presenza  del  nunzio  apo- 
stolico, quindi  si  propagò  quasi  per  tutto 
l'occidente.  Macri  in  Praesenlatio  dice 
che  detto  uffizio  mss.  è  nel  codice  Vit- 
torino di  Parigi.  Pio  II  e  Paolo  II,  che 
gli  successe  nel  «464»  vieppiù  conferma- 
rono questa  festa  per  secondare  la  pielà 
di  Guglielmo  duca  di  Sassonia,  accordan- 
do varie  indulgenze,  le  quali  Sisto  IV  con- 
cesse per  la  festa  della  Concezione  nel 
1477  e  l'aggiunse  a  quelle  di  precetto. 
Avendo  s.  Pio  V  soppresso  il  breviario 
del  cardinal  Quiguones,  ove  la  medesima 
festa  era  inserita,  fu  levata  la  celebrazio- 
ne della  Presentazione  come  poco  antica, 
e  tolta  dal  breviario  romano  da  lui  ri- 


i73  PRE 

formato,  finché  si  esaminassero  le  lezio- 
ni. Nondimeno  Gregorio  XIII  suo  suc- 
cessore,alle  premure  di  Filippo  II  re  di 
Spagna,  condiscese  che  si  celebrasse  nei 
suoi  domimi.  Ad  istanza  del  dotto  p.  Tur- 
riaui  gesuita,  e  uer  aver  dimostrato  col- 
l'autorilà  de' ss.  padri  greci  e  latini  che 
la  festa  anticamente  si  celebrava  non  me- 
no nella  cbiesa  orientale,  die  nella  occi- 
dentale, Sisto  V  con  decreto  del  i585  la 
ripristinò  nel  calendario,  mediante  la  co- 
stituzione Intemeralae,  del i. "settembre, 
Bull.  Rom.  t.  2  del  Cherubini,  e  t.  4,  par. 
4,  p.  1 42  del  Cocquelines,  e  con  rito  dop- 
pio  per  tutta  la  Chiesa,  come  all'erma  Zac- 
caria, Dissevt.  t.  2,  dissert.  5,  §  7.  Il  zelo 
«lei  gesuita  gli  meritò  d'essere  chiamato 
da  questa  mortai  vita  nel  giorno  di  tal 
festività,  come  osservò  Niccolo  Antonio, 
Bibl.  Hisp.  t.  2,  p.  372.  Però  l'uffizio  del 
quale  oggi  si  fa  uso,  venne  corretto  ed 
emendato  sotlo  Clemente  Vili.  Grato  il 
piissimo  Ferdinando  li  re  delle  due  Si- 
cilie ai  segnalati  favori  da  lui  ottenuti 
da  Dio,  per  l'intercessione  della  li.  Ver- 
gine a  favore  del  regno,  domandò  e  ot- 
tenne per  esso  dal  Papa  Pio  IX  la  cele- 
brazione di  questa  festa,  col  decreto  Ut 
Btalissimam  Fìrginem,  de'3o  novembre 
1849,  che  si  legge  nel  n.°  146  del  Gior- 
naie  di  Roma.  Sotto  questo  titolo  della 
Presentazione  della  B.  Vergine  furono 
istituite leseguenti  congregazioni  religio- 
se. Vedi  Bollandisti,  Acta  ss.  Mail  t.  8, 
p.  110;  Lamberlini,  Defestis  B.  M.V. 
cap.  1  4,  n.°  7.i  *en.  Cathsio  gesuita,  De 
jMaria  Deipara  Virgine  lib.  2,  cap.  12, 
n."  96;  Raynaud,  Oper.  t.  7,  pun.  3, 11. ° 
1,  in  Dipiicis  Marianis  ;  Gavanto,  De 
f-stis  ss.  di'cemb .  sed.  7,  cap.  1  3,  n.°  2  1 . 
Morcelli  denominò  questa  festa,  Mariae 
/Irginis  ad  leniplum  (leditela?,  D.  N. 
Virgini  puellae  a  parcnlibus  in  teinplum 
deductae. 

J'RLSENTAZIONEdella  B.  Vagi- 
ne. Congregazioni  di  religiose:  ne  cono- 
*co4sotlo  questa  denominazione.  1  ."Pro- 
gettata nel  1618  dalla  pia  donzella  Giù  • 


PRE 

v;|mna  di  Cambiay,  non  ebbe  poi  effetto. 
2."  La  fondò  Nicola  Sanguin  vescovo  di 
Senlis,  ove  la  stabilì  nel  i63o  per  l'ap- 
provazione di  Urbano  VIII  del  1628,0011 
la  regola  di  s.  Agostino,  e  ne  compilò  le 
costituzioni,  che  poi  cambiò  il  successore 
Dionisio  Sanguin,  in  vigore  delle  quali 
le  monache  furono  obbligate  a  fare  già  - 
tuitamenle  la  scuola  alle  fanciulle,  reci- 
tare ogni  giorno  l'uffizio  breve  della  Ma- 
donna, digiunare  nelle  vigilie  del  ss.  Sa- 
gramento,  delle  feste  di  precetto  della  B. 
Vergine,  di  s.  Agostino,  e  nel  dì  prece- 
dente all'elezione  della  superiora;  asti- 
nenza ne'mercoledì,  disciplina  ne'veuer- 
dì,  dopo  la  festa  della  Presentazione  e  do- 
po fatti  gli  esercizi.  Per  abito  fu  statuito, 
veste  di  saia  bianca  lunga  olirei  piedi  e 
altra  di  saia  nera  legata  con  cintura  di 
lana, soggolo  di  telabianca,  benda  e  velo 
nero;  per  le  converse  il  vestito  fu  asse- 
gnato più  corto.  3.°  Nel  1664  la  fondò 
inMorbegno  nella  Valtellina  il  visitatore 
apostolico  di  questa,  Federico  Borromeo 
poi  arcivescovodi  Milano  e  cardinale,  ad 
istanza  di  Carlo  Busca  arciprete  del  luo- 
go e  di  alcune  zitelle  di  famiglie  distiate 
che  desideravano  vivere  e  ritirarsi  in  co- 
mune a  servire  Iddio.  L'istituto  fu  poco 
dopo  approvato  dall'ordinario  mg.1'  Tur- 
giani,  in  n."  di  33  olitele  converse,  con 
voti  solenni,  rigorosa  clausura,  regola  di 
s.  Agostino,  e  costituzioni  scritte  dal  p. 
Bartolomeo  Pusterla  gesuita,  ed  estratte 
da  quelle  della  sua  compagnia,  con  veste 
nera,  scapolare  bianco,  e  velo  sul  quale 
fu  posta  la  croce  nera.  Ne  riporta  la  ligu- 
la il  Bonanni,  Catalogo  p.  85,  e  ne  trat- 
ta pure  come  di  quelle  di  Senlis  il  p.  da 
Latera,  Compendio  della  storia  degli  or- 
dini regolari,  p.  227  e  229.  4-°  La  con- 
gregazione delle  sorelle  religiose  eretta 
nella  città  di  Cork  in  Irlanda,  per  cui  ne 
feci  parola  a  quell'articolo,  per  la  carita- 
tevole istruzione  nelle  scuole  delle  fan- 
ciulle, specialmente  povere,  ne' principi! 
della  religione  e  della  pietà  cristiana  pre- 
cipuamente, con  clausura  e  voti.  Fu  fon» 


PRE 
data  ila  Onorata  Nagle  e  approvala  da 
Pio  VI  e  dal  successivo  decreto  della  con- 
gregazione di  propaganda, il  quale  fu  con- 
fermato da  Pio  VII  ad  istanza  del  vesco- 
vo di  Cork  Francesco  Moylan,  colla  bolla 
Pastorali  so fficii,  de'gapiile  i  8o5,  ripor- 

»tata  colle  regole  e  costituzioni  approvate 
dai  vescovi  d'Irlanda,  in  cui  si  propagò 
con  successo  la  congregazione,  nel  Bull, 
de  prop.  fide  t.  4>  P-  3o6,  e  nel  t.  1 2,  p. 
278  del  Bull.  coni. 

PRESEPE  o  PRESEPIO,  Praesepe, 
Praesepium.  Stalla,  ed  anche  la  mangia- 
.  toia  che  si  pone  nella  stalla,  detta  pure 
greppia,  arnese  o  luogo  dove  si  mette  il 
mangiare  innanzi  alle  bestie:  però  per  il 
luogo  ove  nacque  Gesù  Cristo, comedi- 
venuto  il  più  degno,  si  chiamò  5.  Prese- 
pio la  mangiatoia  e  il  luogo  stesso.  A  Ma- 
ria Vergine  ed  a  Gesù  Cristo  narrai  l'av- 
venturoso parto  della  divina  Madie  e  la 
nascita  temporale  del  Salvatore  del  mon- 
do,la  quale  sublimò  il  cuore  umano,  ren- 
dendogli agevolissimo  loamarlo. Volendo 
parlare  dell'origine  de'  presepi  che  si  rap- 
presentano nelle  private  abitazioni  o  nel- 
le pubbliche  chiese,  nell'annua  festevole 
ricorrenza  del  Natale,  portentoso  prin- 
cipio di  nostra  religione,  trovo  opportu- 
no di  prima  ricordare  i  principali  luoghi 
in  cui  trattai  dell'argomento, premetten- 
do inoltre  a  maggiore  intelligenza  ,  che 
la  B.  Vergine  da  Nazareth  (f^.),  recan- 
dosi a  Betlemme  con  s.  Giuseppe  (^.),  e 
non  avendo  potuto  trovare  un  posto,  un 
alloggio  nell'albergo  o  osteria,  detto  Di- 
versorium,  si  rifugiarono  nella  stalla  del 
medesimo,  ch'era  una  grotta  o  caverna 
scavata  nella  rupe  e  da  alcuni  chiamata 
capanna.  Il  dotto  vescovo Sarnelli,  Lelt. 
eccl.  t.  4>  'ett.  1 2  :  Diversorio  che  cosa 
sia,  riferisce  ch'era  fuori  «Iella  città  verso 
oriente,  per  cui  s.  Giuseppe  ad  essa  tornò 
per  pigliar  lume  e  altre  cose  necessarie. 
Quindi  la  B.  Vergine  rapita  fuori  de'sen- 
si  nel  punto  della  mezzanotte,  in  un  luo- 
go più  appartato  e  in  una  giotticella  o 
piccola  stalla  a  sinistra  della  grotta  roag- 


PRE  i73 

gìore,  partorì  il  figlio  di  Dio,  che  pei  ri- 
gori del  freddo  e  dopo  averlo  adorato  Io 
fasciò  con  pannicelli  e  lo  pose  nel  prese- 
pio o  mangiatoia  di  legno  sopra  fieno,  ac- 
costandovi il  bue  che  seco  avea  condotto 
per  sagrificare  (altri  aggiungonoe  lo  stes- 
so Sarnelli  altrove,  ch'era  vi  pure  l'asino) 
acciò  col  fiato  lo  riscaldasse.  Tornato  s. 
Giuseppe  vide  nel  presepio  una  luce  ri- 
splendente, trovò  il  nato  Dio  e  l'adori. 
Intanto  un  angelo  annunziò  ai  vicini  pa 
stori  ch'era  nato  il  Salvator  del  mondo 
e  che  lo  troverebbero  fasciato  e  giacente 
in  una  mangiatoia ,  positum  in  praese- 
piOj  indi  cantando  con  altri  angeli  l'in- 
no Gloria  in  excelsis  Deoj  poscia  i  pa- 
stori si  portarono  ad  adorarlo,  ed  altret- 
tanto più  tardi  eseguirono  i  ss.  Magi.  Del 
bue  e  dell'asino  s.  Luca  non  ne  fa  men- 
zione; pure  si  crede  comunemente  che  vi 
fossero  presso  la  mangiatoia,  l'orse  fonda- 
li sopra  i  vaticini  d'Abacuc  e  d'Isaia  r, 
3.Garampi,  Memorie^.  71,  osserva  che 
in  vari  antichi  monumenti  è  rappresen- 
tato il  presepio  di  Gesù  Cristo,  col  bue 
e  coll'asino;  e  fin  dal  IV  secolo  si  crede 
di  cosi  poter  alludere  alla  conversione  dei 
popoli,  gentile  ed  ebreo  (o  all'uno  e  al- 
l'altro testamento,  dalla  cui  lezione  si  ac- 
quista la  cognizione  di  Dio;  ovvero  che 
si  rimproverino  gli  ebrei  d'ingratitudine 
in  non  riconoscere  i  benefìzi  ricevuti  da 
Dio,  quantunque  il  bue  riconosca  il  suo 
padrone  e  l'asino  la  sua  mangiatoia),  on- 
de la  Chiesa  dice  nell'uffizio  della  Cir- 
concisione: In  medio  duo  rum  ammaliarli 
jacehat  in  praesepio,  et  fulgebat  incoc- 
loj  e  nell'ullizio  della  Natività,  ut  amma- 
lia viderent  Dominimi  natimi  jacentem 
in  praesepio.  Inoltre  Garampi  cita  vari 
autori  che  illustrarono  gli  antichi  mo- 
numenti spettanti  al  presepio  di  Cristo. 
Donati,  De  dittici  p.2o5,  descrivendo  un 
trittico  col  presepio,  il  Bambino  ravvolto 
in  fasce  sopra  la  mangiatoia  (gli  ebrei  con 
fasce  erano  soliti  di  ravvolgere  anche  i 
defunti,  come  gli  egizi),  ove  sono  scolpite 
le  teste  del  bue  e  dell'asino  in  allo  di  vi- 


i74  PRE 

scaldare  il  nato  Bambino,  come  nel  ve- 
tro aulico  del  museo  Vettori,  dice  che 
quantunque  questi  due  animali  si  veda- 
nosempre  ne'monumenti  rappresentanti 
questo  sagro  mistero,  tuttavia  non  è  si- 
curo che  si  trovassero  presenti  alla  na- 
scita del  Redentore:  il  Baroni  o,  che  ad- 
duce molti  padri  per  l'opinione  favorevo- 
le, viene  contraddetto  da  quegli  scrittori 
che  opinano  potersi  spiegare  in  senso  al- 
legorico, e  nella  stessa  maniera  viene  in- 
terpretalo da  s.  GregorioNazianzeno  e  da 
Prudenzio,  i  quali  pare  che  ammettino 
per  vera  questa  tradizione,  che  si  è  resa 
così  celebre  da'pittori  e  scultori  italiani. 
Però  Cancellieri  nelle  Notizie  della  notte 
e  festa  di  Natale,  cap.  33  :  Se  nel  prese- 
pio /ossero  il  bue  e  l'asino,  dice  che  seb- 
bene gli  evangelisti  nulla  ne  scrissero,  pu- 
re anlicbissimi  monumenti  e  la  non  in- 
terrotta tradizione  della  chiesa  greca  e 
latina  non  ce  ne  lascia  dubitare,  siccome 
fondata  sulla  fede  de'primitivi  cristiani, 
ed  appoggiata  agli  oracoli  de'profeli.  Can  - 
cellieri  cita  gli  scrittori  ed  i  ss.  padri  che 
difesero  o  parlarono  di  questa  tradizio- 
ne, la  quale  secondo  Tillemont,  Baillet 
e  Calmet  non  è  anteriore  al  V  secolo,  ciò 
che  non  si  può  accordare,  vedendosi  rap- 
presentala in  monumenti  molto  più  an- 
tichi, quali  sono  il  citato  vetro  detto  pa- 
sta aulica,  illustrato  da  Vettori  e  da  Go- 
ri,  attribuito  alla  metà  del  III  secolo,  e  il 
sarcofago  riferito  da  Bottari  e  da  altri, 
più  di  tutti  avendone  ragionato  Trom- 
belli,  De  cultu  sanclorum  t.  4>  cap.  Zj. 
1 1  Quaresm  io,  Elucid.  Terrae  sanctae  lib. 
6,  e.  '),  riferisce  che  alcuni  credono  che 
la  B.  Vergine  venissea  Betlemme  seden- 
do sull'asino,  e  che  il  bue  fosse  portato 
da  s.  Giuseppe  per  venderlo  o  per  sagri- 
ficarlo.  Ma  senza  ricorrere  a  questo  mo- 
tivo, niente  di  più  facile  che  si  trovassero 
nella  stalla,  ch'era  destinata  per  ricevere 
gli  animali. 

A  Betlemme  dichiarai  che  il  presepio, 
capanna,  diversorio  che  serviva  di  stalla 
ad  un  albergo  era  fuori  della  città;  che 


PRE 

a  mezzanotte  nacque  il  Riparatore  del  ge- 
nere umano;  che  volendolo  Erode  sagri  - 
ficare  fu  portato  in  Egitlo(\edi  voi.  XXI, 
p.  127)  da  Maria  e  da  Giuseppe,  indi  se- 
gui la  strage  degl'  Innocenti  (V.)j  del- 
le profanazioni  cui  soggiacque  il  santo 
luogo  del  Presepio,  detta  cappella  o  grot- 
ta della  Natività,  della  sontuosa  basilica 
nella  quale  fu  racchiuso  e  che  descrissi, 
détta  anche  della  Natività,  in  uno  ai  Pel- 
legrinaggi a  tal  santuario;  che  la  città  fu 
eretta  in  sede  vescovile  e  arcivescovile 
(ad  onore  di  essa  furono  istituiti  gli  or- 
dini di  Betlemme,  de' Betlemmiti^de  Bel- . 
lemmiticl,  Vedì,\\  2.°coll'insegna  della 
stella  de' Magi,  il  3.°  con  quella  del  Pre- 
sepio); chi  custodisce  il  s.  luogo  (anche 
ne'vol.  XXX,  p.  48  e  5g,  LI,  p.  i\,  ed  a 
Guardiano  del  s.  Sepolcro)  e  il  villag- 
gio de'Pastori  in  amenissima  pianura  ad 
un  4-°di  lega  dalla  città  in  fondo  alla  valle. 
Nel  1. 1  SdeW'Album  p.  366  si  legge  la  nar- 
razione della  festa  della  nascita  di  Gesù 
Cristo,  celebrata  aBetlemme  dai  france- 
scani che  ne  abitano  il  con  vento,  con  pro- 
cessione che  nel  i845  rifecero  dopo  80  an- 
ni di  sospensione,  per  le  prepotenze  ed  u- 
surpazioui  dei  greci  scismatici  sul  santua  • 
rio  dels.  Presepio, cioè  partendo  dalla  lo- 
ro chiesa  di  s.  Caterina  vergine  e  martire, 
e  ponendo  nella  s.  Grotta  il  s.  Bambino  di 
cera  situato  in  un  canestro  di  fiori  esalan- 
ti i  più  grati  profumi,  poi  ravvolto  in  pan- 
nicelli, indi  deposto  nella  mangiatoia  ri- 
petendosi le  parole  del  vangelo  :  Et  recli- 
navi t  eumin  Praesepio,  quia  non  erateis 
locus  in  Diversorio.  Dopo  di  verse  cereuio- 
nie  e  preghiere  allusive  al  gran  mistero, 
il  divin  simulacro  fu  riportato  nella  chie- 
sa di  s.  Caterina.  A  Palestina  e  negli  ar- 
ticoli ivi  citati  parlai  diffusamente  di  quei 
santi  luoghi  e  loro  custodie  affidate  ai  re- 
ligiosi cattolici  europei,  detti  franchi  o  la- 
tini, ciò  che  risale  al  secolo  XI  avanti  le 
Crociate,  venendo  protette  dai  sultani  fi- 
no al  secolo  XIII.  Ma  nel  seguente  inco- 
minciate le  persecuzioni,re  Roberto  eSan - 
ciad'Angiò  comprarono  ai  religiosi  le  ca- 


PRE 

se  che  abitavano,  come  si  ha  dalla  bolla 
Graiias  agimus,  di  Clemente  VI,  e  dai 
posteriori  diplomi  turchi  del  i5o4ei6ao 
conceduti  alla  Francia  per  l'antico  pro- 
tettorato sui  luoghi  santi.  Nondimeno 
l'ingordigia  de'pascià  e  la  gelosia  de'greci 
scismatici  non  rispettarono  più  i  diritti  di 
proprietà,  ne  i  trattati.  Gli  scismatici  nel 
1 63  i  incominciarono  le  loro  mene  per 
ispogliarei  cattolici  della  chiesa  della  Na- 
tività in  Betlemme,colgiardinoall'orien- 
te,  finche  illuminato  il  sultano  dell'in- 
giustizie e  venalità  de'suoi  ministri,  rese 
giustizia  ai  cattolici  per  le  proprietà  sui 
luoghi  santi.  Ciò  risulta  dai  trattati  colla 
Francia  del  1673  e  1690,  in  cui  fu  de- 
finito; doversi  riguardare  come  proprie- 
tà de' religiosi  franchi  le  due  cupole  del 
s.  Sepolcro,  la  metà  del  Calvario,  i  7  ar- 
chi della  Madonna,  la  Pietra  dell'unzio- 
ne, la  chiesa,  il  giardino  e  il  cimiterio  di 
Betlemme,  non  che  la  cappella  della  Na- 
tività. Tali  possessi  furono  goduti  paci- 
ficamente sino  al  17^7,  quando  i  greci 
scismatici  ingiustamente  eper  denaroot- 
tennero  la  cappella  sotterranea  del  s.  Se- 
polcro e  della  B.  Vergine,  la  cupola  del 
s.  Sepolcro,  la  chiesa  di  Betlemme,  una 
chiave  della  grotta  dellaNati  vita.  Pei  nuo- 
vi insulti  e  incendio  del  s.  Sepolcro  ope- 
rato nel  1808  dagli  scismatici  onde  poter 
ricostruire  il  tempio  affine  d'impossessar- 
sene, la  Francia  protestò  appellando  al 
trattato  del  1690.  Da  quell'epoca  a  oggi 
corsero  anni  di  fluttuazione,  finché  per 
l'alta  protezione  che  godono  dalla  Russia 
i  greci  scismatici,  si  temeva  che  la  Porla 
ottomana  volesse  finirla,  accordando  alle 
due  confessioni  eguale  facoltà  d'usai  e  dei 
luoghi  santi.  Se  ciò  effettuavasi ,  inutil- 
mente avrebbe  V  Europa  cattolica  pro- 
digato fatiche,  sangue  e  tesori,  per  la  li- 
berazioneeacquistode'luoghi  santi,  prin- 
cipali de'quali  sono  il  santuario  di  Bet- 
lemme e  il  s.  Sepolcro.  Però  leggo  con  re- 
ligiosa consolazione  nella  Civiltà  cattoli- 
ca dell'aprile  1 852,  t.  9,  p.108,  la  pub- 
blicazione del  nuovo  trattalo  conchiuso 


PRE  l75 

a  Costantinopoli  tra  la  Francia  e  la  Por- 
ta ottomana,  wllsig.  Lavallette  ha  otte- 
nuto pei  cattolici  il  libero  uso  della  chie- 
sa di  Betlemme,  colla  proprietà  deJdue 
giardini  che  vi  sono  congiunti,  la  parte 
inferiore  della  chiesa  del  s.  Sepolcro,  la 
partecipazionedel  sepolcro  diMaria  ss.  sul 
Cedron,  la  facoltà  di  edificare  una  nuova 
chiesa  a  Béjetdjella  vicino  a  Betleem,  e  di 
fare  qualunque  aumento  o  miglioria  alle 
chiese  ed  ai  conventi  che  ora  essi  posseg* 
gono.  Né  contento  a  questi  così  reali  van- 
taggi ha  inserito  nella  trattazione  la  for- 
inola di  riserva  pei  diritti  antichi  e  inalie- 
nabili}co\\a  quale  fassi  luogo  per  l'avve- 
nire a  chiedere  condizioni  anche  miglio- 
ri". Essendo  questo  accordo  riuscito  sfa- 
vorevole ai  greci  scismatici ,  essi  ne  re- 
starono dolentissimi.  Intorno  alla  magni- 
fica chiesa  di  Betlemme,  già  luogo  del  na- 
scimento del  Salvatore,  si  può  vedere: 
Viaggio  da  Venezia  al  .*.  Sepolcro  e  al 
Monte  Sinai,  del  p.  Noè  francescano, 
Treviso  1 79 1 .  La  Terra  Santa  (Torino 
1837)  p.  99  eseg.,  con  la  descrizione  di 
Betlemme, dell'interno  della  chiesa  e  del- 
la messa  della  mezzanotte  di  Natale,  a 
quell'ora  di  riscatto,  in  cui  in  tutte  le  chie- 
se dell'uni  verso  cattolico  il  bambino  Gesù, 
ricevegli  omaggi  di  tutti  quanti  i  fedeli  cri  • 
stiani  che  sono  sulla  terra.  Presso  queslo 
santuario  divotamente  lungo  tempo  di- 
morarono s.  Girolamo,  s.  Paola  e  s.  Eu~ 
stochia  (V.)  sua  figlia,  queste  sepolte  nella 
chiesetta  presso  Betlemme,  il  s.  dottore 
fu  trasportato  in  Roma  e  posto  propin- 
quo alla  cappella  del  Presepio  in  s.  Ma- 
ria Maggiore,  affinchè  neppure  le  ossa 
restassero  divise  dal  s.  Presepio  che  tanto 
avea  venerato  vivente,  colle  dette  san- 
te divotissime  di  sì  gran  tesoro.  All'ar- 
ticolo Fascie  (perchè  in  memoria  delle 
quali  i  Papi  donino  Fascie  benedette  , 
meglio  lo  dissi  nel  voi. LI V,  p.  27o)par- 
lai  de'  pannilini  cui  fu  ravvolto  il  divi- 
no Infante,  di  loro  venerazione  e  dove 
si  conservano.  A  Gloria  in  excelsis  Deo, 
dissi  di  quest'  inno  dagli  angeli  cantato 


i76  PRE 

nette  nascita  di  Gesù  Cristo,  e  adottato 
dalla  Chiesa  che  Io  tralascia  per  mestizia 
nella  festa  de'ss.  Innocenti,  mentre  il  ve- 
scovo di  Betlemme  lo  cantava  ogni  gior- 
no, con  quanto  si  pratica  nel  santuario 
di  Loreto  (/^.).  Dichiarai  a  Pastori  che 
furono  i  primi  adoratori  fra  gli  ebrei  del 
ii;»lo  Bambino  nel  presepio,  per  avviso 
dell'  angelo  cui  loro  annunziò  la  seguita 
nascila,del  loro  numero  e  ove  sono  i  cor- 
pi. Sarnelli  t.  7,  lett.  32  :  Quanti  furono 
gli  Erodi,  e  perche  l'Angelo  non  disse  ai 
pastori,  andate  a  tal  presepio.  Seguen- 
do s.  Cipriano,  dice  che  ne  fu  guida  1'  an- 
gelo, con  una  luce  invisibile  ;  ovvero  al 
dire  di  Natale  Alessandro,  per  superno 
istinto  si  diressero  al  presepio.  A  Magi 
notai  chi  fossero,  e  come  preceduti  da 
una  stellasi  recarono  al  presepio  per  of- 
frire doni  al  Bambino  nel  i3.°  giorno  di 
sua  nascita,  figurando  essi  leprimiziedei 
gentili  in  adorare  Gesù  Cristo;  mentre 
a  Epifania  e  Befana  dissi  con  quali  riti 
e  costumanze  se  ne  celebra  la  memoria. 
A  Natale  la  celebrai  metropoli  dellefe- 
ste,  che  die  principio  e\Y  Era  cristiana 
(!' \)3  in  uno  al  significato  delle  3  Messe 
(/^.),  la  2.a  ricordando  l'adorazione  dei 
pastori,  e  quale  propriamente  fu  il  fau- 
sto giorno  della  nascita  del  Redentore. 
A  Festa  narrai  quella  stravagante  degli 
asini  che  avea  luogo  per  la  solennità  del 
Natale,  abolita  poi  con  censure  ecclesia- 
stiche ;  ed  a  Beauvais  a'i4  gennaio  per 
rappresentare  il  ritorno  di  Maria  Vergine 
cols.  Bambino  dall'Egitto,  nella  cui  mes- 
sa il  popolo  replicava  Hinharn,  imitan- 
do il  ragghiare  dell'asino  (di  quello  ca- 
valcato dal  Redentore  nell'ingresso  in  Gè- 

I  usalcmmc,  parlai  a  Palma  e  IIosann a). 

II  Zaccaria  nelle  Dissertazioni,  ci  die  la 
7.";  Sul  tempo  in  cui  Cristo  bambino  di- 
morò in  Egitto.  A  Chiesa  di  s.  Mari  a  Mag- 
giore ,  detta  ancora  s.  Maria  del  Pre- 
sepe, notai  che  con  questo  titolo  Gre- 
gorio IV  (.-resse  un  altare  nella  Chiesa 
di  s.  Maria  in  Trastevere  (/ '.),  perchè 
circa  il  (i  \>.  ivi  si  trasportò  una  poi  zio- 


PRE 

ne  della  pietra  su  cui  nacque  il  Salvato- 
re, e  parte  della  s.  Culla  o  legni  o  tavole 
grosse  e  rozze  che  formavano  la  mangia- 
toia del  presepio  sul  quale  giacque  ap- 
pena nato  il  Redentore  nella  grolla  di  Bet- 
lemme. Bianchini  nel  t.  3  d'Anastasio  ci 
diede  :  De  translalione  sacrorum  Cuna- 
bulorum,  ac  Praesepio  Domini,  nec  non 
corporis  b.  Hieronymi  ab  ecclesia  Bel- 
Iheemiiica adbasilicam Liberianam.  Più, 
DedominicaeNativitatis  Praesepi,  ac  ve- 
nera bilibus  Cunis  infantiae  Christi Domi- 
ni,  Romae  1727.  In  detto  articolo  dissi 
dellesagre  Fasce  e  pannicelli  (delle  quali 
insigni  reliquie  parla  ancora  Severano, 
Memorie  p.j  11  e  71 3),  come  del  fienosi! 
cui  riposaronoefurono  ravvolte  le  divine 
membra, narrando  che  laCulla  si  conserva 
nella  cappella  del  Crocefisso;  che  Sisto  V 
nella  magnifica  cappella  da  lui  edificata 
fece  trasportare  l'antica  cappella  del  Pre- 
sepio,che descrissi  insieme  al  suo  altare  pa- 
pale; che  il  Papa  nella  vigilia  di  Natale  tal- 
volta celebra  all'altro -«iltare  papale  il  ve- 
spero  pontificale,  il  Mattutino  (/■'.)  nel 
inedesimoaltareo  in  quello  della  cappel- 
la del  Presepio,  e  la  Messa  (A'.)  solenne 
prima  della  mezzanotte  nel  i.°  altare,  as- 
sistendo poi  i  cardinali  ai  secondi  vespe- 
ri  ;  che  la  Culla  chiusa  in  cas9a  d'argen- 
to, framezzata  di  cristalli  affinchè  possa 
osservarsi  dai  divoli  fedeli,  insieme  a  quel- 
la porzione  del  le  s.  Fasce  e  del  Fieno  col- 
locate in  due  vasetti,  colla  figura  del  s. 
Bambino  in  oro  effettivo  in  atto  di  he- 
nedire,da  un  altare  della  cappella  inter- 
na della  sagrestia  ove  si  espone  e  s'incen- 
sa nella  notte  di  Natale,  viene  trasporta- 
ta sotto  baldacchino  (^.Ombrellino)  con 
solenne  processione  per  tutta  la  chiesa, 
recandola- sopra  le  spalle  4  canonici  pre- 
ceduti da  tutto  il  capitolo,  esponendosi 
sopra  l'altare  maggiore  (se  il  Papa  ivi  ar- 
siste al  mattutino,  la  s.  Culla  ti  porta  ed 
espone  in  tempo  del  canto  del  Te  Dram), 
ove  resta  al  pubblico  culto  fino  alla  sera 
seguente,  riportandosi  con  poinpn  "ella 
sagrestia;  funzioni  tutte  celebranti  la  uà- 


PRE 
<?cita  di  Gesù  Cristo  e  il  suo  Presepio, che 
eziandio  e  insieme  alle  auliche  descrissi 
nel  voi.  IX,  p.  ioo,  106,  108,  1 1 1, 1 14, 
146-  In  onore  del  divin  Infante  fu  istitui- 
ta la  congregazione  delle  uaouache  del  ss. 
Bambino  Grsu(lr.). 

L'origine  de'presepi  diesi  rappresenta- 
no nelle  domestiche  abitazioni  de'divoti 
del  gran  mistero  e  nelle  pubbliche  chiese 
dalla  notte  del  s.  Natale  alla  festa  inclusive 
dell'Epifania, cuoprendosi  il  giorno  della 
strage de'ss. Innocenti, perchè  in  quel  gior- 
no Gesù  era  già  in  salvo  e  viaggiava  per 
l'Egitto,  onde  non  trovavasi  più  in  Bet- 
lemme, ha  sicura  origine  da  s.  Francesco 
d'Asisi,  perquanto  narra  il  p.  Benoffi,  i5V. 
Minoriùca  p<  34,  che  io  riportai  nel  voi. 
XXVI, p.  63,cioè  in  Grecio  nella  valle  di 
Bieli  nel  1223  circa,  probabilmente  in 
quella  foggia  che  si  usa  ancora.Poichè  nel- 
la notte  di  Natale  in  una  specie  di  grotta 
del  bosco  di  Grecio  fece  portare  una  man- 
giatoia col  fieno,  le  figure  del  bue  e  del- 
l'asino, ed  il  simulacro  del  s.  Bambino, 
cui  impresse  affettuosissimi  baci,  dicen- 
dosi che  poi  le  paglie,  per  la  fede  di  chi 
implorò  l'aiuto  del  divin  Infante,  opera- 
rono non  pochi  prodigi.  A  questa  festa 
s.  Francesco  avea  invitato i  convicini  abi- 
tanti, e  per  la  venerazione  che  tutti  avea-  • 
no  di  lui  grande  ne  fu  il  concorso,  scen- 
dendo i  pastori  suonando  le  cornamuse 
e  pive  armoniosamente.  Nella  messa  che 
■vi  fu  celebrata  ,  il  santo  esercitò  I'  uffi- 
zio di  levita  leggendo  il  vangelo,  dopo  il 
quale  pronunziò  un  fervoroso  sermone 
per  accendere  a  divozione  gli  ascoltanti, 
ad  amore  e  tenerezza  per  il  Dio  fatto  Bam- 
bino onde  operare  la  redenzione.  Rac- 
contano le  storie  francescane  che  volen- 
do s.  Francesco  festeggiare  colla  maggior 
solennità  la  memoria  del  nascimento  del 
Redentore,  chiese  ed  ottenne  da  Giovan- 
ni Veleta  signore  del  castello  di  Grecio 
tutto  l'occorrente;  e  che  questi  ebbe  ivi 
una  visione  nella  quale  un  vago  e  gentil 
bambino  posato  in  quella  greppia,  dol- 
cemente carezzò  e  baciò  il  santo.  Dopo 

VOL.  LY< 


PRE  177 

la  sua  morte  nel  luogo  fu  eretta  di  vo- 
ta cappella,  con  altare  dov'  era  il  prese- 
pio. Tanto  afferma  il  p.  Frediani,  nell'O- 
de, s.  Francesco  nel  bosco  eli  Grecio,  Pra- 
to 1845.  Quindi  la  rappresentazione  del 
presepio  divenne  famigliare  e  comune 
non  solo  e  principalmente  ne'suoi  frati  mi- 
nori, pel  pio  e  bell'esempio  che  ne  a  veano 
ricevuto  dal  loro  istitutore,  ma  ancora 
in  altri  ordini  religiosi,  tra  le  monache, 
nelle  pubbliche  chiese  e  nelle  case  pri- 
vate. Si  suole  rappresentare  il  presepio 
con  la  stalla  e  mangiatoia, col  bue  e  l'asi- 
no in  atto  di  riscaldare  col  loro  fiato  il 
divino  Infante  giacente  sulla  paglia, colle 
figure  laterali  della  B.  Vergine  e  di  s.  Giu- 
seppe, coi  pastori  genuflessi  in  atteggia- 
mento di  fare  qualche  offerta,  venendo 
sovrastata  la  grotta  da  una  gloria  d'an- 
geli, uno  de'quali  sorregge  il  principio 
dell'inno  Gloria  inexcelsis  Deo.  Per  l'E- 
pifania si  aggiungono  le  figure  de'Magi 
coi  lorodonativi,  onde  alcuni  protraggo- 
no a  tenere  il  presepio  per  tutta  l'ottava 
di  tal  festa.  Diversi  presepi  si  abbellisco- 
no con  vedutedi  paesaggi, di  campi,  mon- 
tagne e  altro,  con  figure  di  varie  forme, 
ma  ordinariamente  in  costume  villerec- 
cio, oltre  quelle  degli  animali,  illuminan- 
dosi 0  colla  luce  naturale  o  con  lumi  artifi- 
ciali. Altri  vi  aggiungono  le  figure  de'piffe- 
rari  suonando  i  detti  strumenti,  per  quei 
pastori  i  quali  sogliono  in  Roma  e  altrove 
scendere  dalle  montagne  per  la  novena 
dell'Immacolata  Concezione  e  per  quella 
di  Natale, e  nel  novendiale  tempo  innan- 
zi alle  immagini  della  B.  Vergine  nelle 
pubbliche  vie  o  nelle  case  domestiche  suo- 
nano, alternando  alcune  analoghe  strofe 
e  terminando  col  suono  detto  la  pastora- 
le, che  nelle  feste  natalizie  suona  pure  l'or- 
gano. Questi  innocenti  suoni  comechè  ri- 
cordano il  gran  mistero  e  la  gioconda  ri- 
correnza, nella  più  parte  de'fedeli  promo- 
vono sensazioni  di  vote  e  di  allegria.  Si  di- 
ce volgarmente  che  i  pifferar!  rappresen- 
tano i  fortunati  pastori,  che  si  recarono 
al  Presepio  a  venerare  il  nato  Bambino: 
12 


i78  PRE 

l'origine  di  siffatte  novene  è  immemora- 
bile. Anche  Cancellieri  conviene  che  l'uso 
di  rappresentare  il  s.  Presepio  nelle  chie- 
se e  nelle  case,  derivi  dall'introduzione 
che  ne  fece  s.  Francesco,  citando  Gori, 
Osservazioni  sopra  il  s.  Presepio,  il  quale 
è  di  parere  che  intorno  al  secolo  XIII  in- 
cominciata sia  la  pia  e  divota  costumanza 
con  tavole  dipintee  figure  di  rilievo,  nel- 
lequali  si  distinse  Ltica  della  Rohbia,  fa- 
cendole di  terra  colta  e  dipinte  con  ver- 
nice a  vari  colori,  come  tuttora  si  fanno 
benissimo  in  Roma,  ed  i  napoletani  so- 
no valentissimi  nel  formare  presepi  ele- 
ganti ed  artistici.  Inoltre  Cancellieri  nel 
descrivere  i  riti  delle  chiese  di  Laon,  di 
Nantes  e  di  Siena  in  rappresentare  nella 
notte  di  Natale  la  chiamala  de'pastori  al 
Presepio,  narra  l'usanza  della  chiesa  di 
Rohan  descritta  da  Marlene  e  Du  Can- 
ge.  »»  Ergesi  dietro  l'altare  un  vago  Pre- 
sepio colla  Madonna  e  col  nato  Bambi- 
no, e  dopo  che  nella  notte  si  è  cantato  il 
Te  Deum, un  fanciullo  graziosamente  ve- 
stito da  angelo  colle  ali  comparisce  alla 
sommità  del  coro,  e  rivolto  a  5  canonici 
deputati  a  sostenere  le  persone  de'pasto- 
ri, annunzia  loro  la  giocondissima  novel- 
la della  nascita  del  Redentore.  I  5  cano- 
nici pastori  si  partono  immediatamente 
dal  coro  e  vanno  processionalmenle  al 
Presepio, cantando  giulivamente  Pax  in 
lerris ,  ed  ivi  salutano  la  ss.  Vergine  e 
adorano  il  di vin  Pargoletto.  Tornano  poi 
al  primo  posto,  ed  assistono  alla  messa 
solenne,  dopo  la  quale  il  celebrante  a  lo- 
ro si  volgee  cantando gl'inlerroga,  Quern 
x'idistis  Paslores?  e  allora  i  canonici  lie- 
tamente rispondono,  Natimi  vid'unus,con 
ciò  che  segue  ".  In  Roma  quasi  in  tutte 
le  chiese  nella  notte  di  Natale  si  espone 
la  figura  del  s.  Bambino,  e  vi  resta  per 
tutta  l'ottava,  ed  anche  sinoall'Epifània. 
Nella  chiesa  di  s.  Francesco  a  Ripa  (di 
cui  nel  voi.  XXVI,  p.  1 5o,)  de'minori  ri- 
formali, si  fa  un  bellissimo  e  grandioso 
Presepio  con  figure  più  grandi  del  natu- 
i  ale,  con  molto  concorso  di  di  voti,  iqua- 


PRE 

li  vi  portano  i  figliuoli  a  recitare  un  ser- 
mone relativo  al  mistero  o  un  dialogo; 
ed  altrettanto  si  pratica  nella  Chiesa  di 
s.  Maria  dì  Araceli  (Vi),  de'minori  os- 
servanti, nella  quale  ancora  si  forma  al- 
trograndee  bellissimo  Presepio,  del  qua- 
le e  del  miracolosissimo  s.  Bambino  che 
vi  si  venera,  trattai  nel  voi.  XXVI, p.  63 
e  64-  L'uso  della  recita  di  siffatti  sermo- 
ni è  antico,  e  si  suole  donare  a  'giovanetti 
de'due  sessi,  che  li  recitano  anche  nelle 
case  domestiche  e  religiose,  divoziona- 
li,  portogalli  e  paste  dolci.  Innumerabi- 
li  sono  i  componimenti  o  Azioni  pasto- 
rali, celebranti  il  Presepio,  le  Buone  fe- 
ste cristiane,  gli  Oracoli  cristiani,  i 
Trionfi  cristiani  nella  fuga  del  fanciul- 
lo Gesù  in  Egitto,  e  sopra  aliti  simili  ar- 
gomenti sul  Presepio.  A  Epifania  raccon- 
tai come  nella  chiesa  di  s.  Andrea  del- 
la Valle  sono  diversi  anni  che  la  pia  so- 
cietà di  Maria  Begina  degli  Apostoli  vi 
ha  introdotto  la  celebrazione  del  solenne 
ottavario  per  l'Epifania  con  le  immagini 
più.  grandi  del  naturale,  rappresentanti 
il  mistero  dell'adorazione  di  Gesù  Cristo 
fatta  daiMagi,  le  quali  si  benedicono.  Que- 
sta macchina  elegante  e  grandiosa,  con 
figure  maestrevolmente  eseguite,  ènobi- 
•  le  dono  del  principe  d.  Alessandro  Tor- 
Ionia.  In  Roma  un  grandissimo  numero 
di  famiglie  fanno  il  Presepio  nelle  loro 
case  domestiche,  pubblico  o  privalo.  Ta- 
le e  tanta  fu  la  tenera  divozione  pel  s. 
mistero  e  pel  divin  Bambino,  che  la  mia 
piissima  ava  materna  Francesca  (degna 
moglie  dell'  ingegnoso  e  colto  mio  avo 
che  celebrai  nel  voi.  XLV,  p.  i5j,  e  de- 
gna madre  di  Caterina  virtuosissima  au- 
trice di  mia  esistenza,  la  quale  con  pa- 
role riverenti  e  affettuose,  con  modera- 
zione accennai  nel  voi.  XIII, p.  i  54senza 
nominarla),  che  costantemente  e  fino  al- 
l'ultimo anno  di  sua  ben  lunga  vita,  nella 
propria  camera  fece  di  tutto  punto  il  Pre- 
sepio con  ogni  accessorio,  tenendo  cuslo- 
ditelultele  figure  come  un  tesoro.  Egual- 
mcntefece  sempre  eseguire  du'pifferari  la 


PRE 

novena,  della  quale  moltissimi  romani  so- 
no di  voli.  Che  la  pia  e  di  vota  costumanza 
di  rappresentare  in  musaici,  in  pilline,  in 
inculture,  in  medaglie,  in  gemme,  in  ve- 
tri, in  monete  e  dittici  sagri  la  nascita  di 
Gesù  Cristo  collocato  nel  Presepio,  sia 
tanto  antica  che  risalga  sino  a'pri  mi  tempi 
del  cristianesimo,  si  apprende  dagli  scrit- 
ti di  s.  Giustino,  da  Eusebio  Panfilo,  da 
Ippolito  Tebano  e  da  altri  antichi  auto- 
ri, essendone  evidente  prova  i  molli  mo- 
numenti che  abbiamo,  incominciando  dal 
più  vetusto  che  rammentai  di  sopra,  che 
si  vedeva  in  Roma  nel  famoso  museo  Vet- 
tori, il  cui  rame  pubblicò  il  p.  Mamachi, 
de'quali  natta  Cancellieri  a  p.  i32.  Al- 
tro ne  pubblicò  il  p.  Allegranza,  che  si 
conserva  in  Milano  nel  museo  Trivulzio; 
allroconsimileènel  museo  Borgia  in  Vel- 
lelri. Nella  Dissertazione  dello  stesso  p.  A 1- 
legranza  sopra  il  gran  sarcofago  cristia- 
no, esistente  sotto  il  pulpito  dis.  Ambro- 
gio di  Milano  e  che  slima  lavoro  del  IV 
secolo,  vi  è  scolpito  Gesù  Bambino  in  fa- 
sce collocalo  sopra  dure  tavole,  con  una 
stella  sul  capo,  fra  il  bue  e  l'asino.  Nel 
sotterraneo  della  cattedrale  d'Ancona  vi 
è  un  sarcofago, che  diversi  scrittori  han- 
no creduto  appartenere  a  quel  Gorgonio 
cui  Valentiniano  nel  386  diresse  una  leg- 
ge, ov'è  rappresentato  il  Presepio  in  una 
maniera  molto  simile  a  quella  espressa 
da  Gori.  In  un  codice  siriaco  del  VI  se- 
colo che  si  conserva  nella  biblioteca  Lau- 
renziaua,  si  vede  effigialo  il  Bambino  fa- 
sciato e  giacente  in  un'alta  atea  bislun- 
ga. In  somigliante  maniera  si  osserva  di- 
pinto in  una  delle  camere  del  cimilcrio 
«li  s.  Giulio  I  e  di  s.  Valentino,  riportato 
dal  Bosioedall'Arringhi  nella  Romasub- 
terranea.  Nel  sarcofago  cristiano  di  villa 
Borghese  il  Bambino  è  in  fasce,  sopra  una 
mensa  parata,  col  bue,  l'asino  e  due  pa- 
stori. Nel  Menologio  l'alto  nel  IX  secolo 
d'ordine  di. Basilio  imperatore,  si  vede  il 
Presepio  di  figura  quadrata  composto  di 
pietre  commesse,  insiemecol  Bambino  fa- 
scialo vicino  al  bue  e  all'asiiio,  fra  laMa- 


PKE  179 

donna  e  s.  Giuseppe  genuflessi  e  due-pa- 
stori in  piedi.  In  due  monete  d'argento 
battute  in  Pesaro  nel  pontificato  di  Leo- 
ne X,  nel  rovescio  è  figurato  il  Presepio: 
di  Pesaro  vi  sono  pure  due  grossi  o  giuli 
col  Presepio  nel  rovescio,  per  non  ripor- 
tare altri  monumenti  diesi  possono  ve- 
dere in  Cancellieri ,  riprodotti  dal  prof. 
Parati  nel  t.  i/\.òc\V  Album  p.  357,  ìn~ 
sieme  alla  descrizione  e  rame  del  bel  Pre- 
sepe esimia  pittura  di  Lorenzo  di  Credi, 
esistente  nella  galleria  del  principe  Bor- 
ghese in  Roma,  del  quale  posseggo  una  e- 
leganle  copia  in  disegno,  egregio  lavoro 
di  Giuseppe  Ferretti. 

PRESIDATI  DELLO  STATO  PONTIFICIO. 

Governi  e  tribunali  con  giudici  che  esi- 
sterono nella  provincia  d'Urbino  e  nella 
Marca,  formandosi  di  varie  città,  terre 
e  castella,  istituiti  nel  i3e)r?  dal  celebre 
legato  cardinal  Egidio  Albornoz,  quando 
divise  la  curia  generale  della  Marca  e 
Piceno  (F '.)  in  3  presidati.  Nella  provin- 
cia d'Urbino  fu  ilPresidalodi  s.  Lorenzo 
in  Campo,  al  presente  comune  soggetto 
al  governo  e  diocesi  di  Pergola  {f/-),  con 
belli  e  numerosi  fabbricati  chiusi  da  mu- 
ra ,  con  borgo  esteso  e  piacevole ,  paese 
che  vuoisi  derivato  dalle  rovine  di  Suasa 
(come  Corinaldo  di  cui  trattai  nel  voi. 
XXXVI,  p.  274), del  cui  tempio  magni- 
fico d'Adone  si  ammirano  4  grosse  co- 
lonne di  granito  nella  chiesa  abbazialc 
matrice.  Ne'dintoini  si  scoprirono  molte 
antichità  di  fabbriche  grandiose  e  diversi 
monumenti  di  bronzo,  di  marmo  e  di  ter- 
ra cotta.  Leggo  in  Lub'iiì,  A bbatiarum  I- 
taliae  p.  76,  che  verso  il  1  9.89  in  s.  Lo- 
renzo in  Campo  diocesi  di  Fano  fu  eretta 
un'abbazia  di  benedettini  che  divenne 
nullius.Da  Amiani,  Memorie  istorichedi 
Fano,  apprendo  le  seguenti  notizie,  sic- 
come terra  già  soggetta  a  Fano.  Nel  1  1  C)3 
esisteva  il  monastero,  ed  era  castello  sul 
quale  avanzò  nel  1202  pretensioni  Sini- 
gaglia.  Nel  i348  si  ribellò  a  Fano  e  si  die 
al  rettore  della  Marca, con  altri  paesi, che 
inutilmente i  fattesi  tentarono  ricuperare 


i8o  PRE 

«otto  Gregorio XI, essendo  divenuto  pre- 
.siclato  nel  i357  per  disposizione  del  le- 
gato cardinal  Albornoz.  Nel  i  39  rera  pre- 
sidente del  Presidatodis.LorenzoinCam- 
pò  e  del  vicariato  di  Mondavio,  Filippo 
Onorati  di  Camerino  che  capitanava  le 
soldatesche  fanesi  nella  guerra  de'Mala- 
lésta  loro  alleati  ,  contro  Antonio  conte 
d'Urbino.  Nel  1  3q2  si  chiamava  anche 
commissarialo  e  soggiacque  alle  infeste 
truppe  di  Boldrino.  L'anno  i3g6  Cristo- 
foro de  Bari  da  Terni  era  giudice  e  com- 
missario del  vicariato  di  Mondavio  e  di 
s.  Lorenzo  in  Campo.  Bonifacio  IX  nel 
1  398  diede  s.  Lorenzo  in  Campo  in  feu- 
do ai  figli  di  Cante  di  Monlevecchio  con- 
ti di  Mirabello,  con  altre  terre  e  castella 
già  della  signoria  di  Fano.  Nel  1 436  era 
commissario  del  presidato  Pier  Antonio 
Amiani,  e  vicario  di  Mondavio  allora  ap- 
partenente aiMalatesta. Sottomesso  s. Lo- 
renzo in  Campo  a  Francesco  Sforza,  nel 
1439  Sigismondo  Malatesta  lo  riacqui- 
stò. Nel  1 473Fano  fu  reintegrata  diMon- 
davio,  non  però  di  quelle  terre  comprese 
nel  commissariato  di  s.  Lorenzo  in  Cam- 
po, continuando  a  ubbidire  ai  conti  di 
Monte  vecchio,  i  quali  nel  i474  ottenne- 
ro da  Sisto  lVnuova  investitura  conjnero 
emisloimpero,cioè  i  castelli  di  s.  Loren- 
zo in  Campo,  di  Montevecchio,di  Monte 
al  Foglio,  e  del  Forte  di  Mirabello.  Nel 
i5oa  Cesare  Borgia  figlio  di  Alessandro 
VI  promisea  Fano  la  restituzione  del  vi- 
cariato di  Mondavio  e  il  presidentato  di 
s.  Lorenzo  in  Campo.  Sebbene  il  presi- 
dato  della  Marca,  come  dichiarai  nel  voi. 
XXIII,  p.  1G8,  dicendo  dell'estensione  di 
quello  di  s.  Lorenzo  in  Campo,  fu  diviso 
in  3  parli, cioè  il  nominato  e  quelli  di  Ca- 
merino^ di  Fai  fa  che  poi  di  vennedi  Mon- 
tallo,  forse  nella  provincia  d'Urbino  ebbe 
la  slessa  denominazione  o  di  rettorato  il 
governo  della  Massa  Ti  ebaria  che  è  la  2." 
provincia  d'Urbino,  di  cui  è  capo  Villa- 
nia (/'.),  ove  nel  secolo  passato  risiede- 
va il  giudice  «Ielle  appellazioni,  come  ri- 
ferisce Ueposali,  percui  nedarò  un  cenno, 


PRE 
senza  affermale  che  propriamente  fosse 
presidato.  Leggo  in  Nardi,  De'  parrò- 
cliil.  2,p.  200,  che  nel  129.5  Nicolò  sud- 
diacono e  cappellano  pontificio  era  ret- 
tore della  Massa  Trebaria  e  giudicava  spi- 
ritualmente. Più  in  Amiani,  Memorie  di 
Fano  t.  i,p.  2  18, che  neh  272  sotto  Gre- 
gorio Xfu  divisa  la  rettoria  della  provili- 
eia  in  più  giudici,  ch'erano  destinati  chi  al 
governo  politico,  chi  all'economico,  chi 
allo  spirituale;  mentre  Guglielmo  da  s. 
Lorenzo  cappellano  del  Papa  e  vicario 
generale  estendeva  la  sua  giurisdizione 
privativa  nella  Massa  Trebaria  e  in  Ur- 
bino. Torelli  nelle  Lettere  su  Castel  Du- 
rante oggi  Urbania,  presso  Colucci,  A 'li- 
tichila picene  t.  1  3,  p.  172,  riferisce  che 
nel  1  355si  trova  unito  il  vicariato  di  Du- 
rante sotto  un  medesimo  preside  col  ret- 
torato di  Massa  Trebaria  e  della  terra  di 
s.  Agata,  cioè  Brancaleone  de'Brancaleo- 
ni,  magnifico  e  polente  milite.  Per  la  ve- 
nuta in  Italia  del  cardinal  Egidio  Albor- 
noz legato,  dipoi  e  nel  i35g  avendo  re- 
presso il  potere  de'Brancaleoni,  si  trova 
in  quell'anno  rettore  di  Massa  Trebaria 
e  annessi  per  la  chiesa  romana  Bartolo- 
meo Ricciardi;  lo  furono  successivamen- 
te, nel  i36o  Francesco  di  Davadoli,  nel 
1 362  forse  Giorgio  Fidesmini,  nel  1 363 
Consalvo  Roderici,  ed  altri  fino  a  Filip- 
po Corsini  del  1  372  che  aveva  in  vicario 
a  Castel  Durante  Tommaso  Gherardi. 
Quindi  i  Brancaleoni  ricuperarono  il  po- 
tere, onde  Brancaleone  nel  1  376 era  ret- 
tore della  Massa  Trebaria  per  la  sk  roma- 
na chiesa,  finché  Bonifacio  IX  die  loro 
in  investi  lina  e  in  vicariato  tutto  o  parte 
del  rettorato  di  Massa  Trebaria,  e  vica- 
riato di  Castel  Durante,  del  quale  li  spo- 
gliò Martino  V  per  non  avere  pagato  il 
censo  di  ricognizione  alla  s.  Sede  «piale 
suprema  signora  di  quelle  terre.  Sareb- 
be toccalo  altreltautoa  Bartolomeo  Rraii  - 
caleone  pel  rettorato  di  Massa  ,  ma  per 
la  protezione  presso  il  Papa  di  Guidan- 
tonio  Fellrio,  egii  restò  nel  dominio; Che 
.Massa  Trebaria  possa  essere  stata  anche 


PRE 

presidalo,  me  Io  fa  sospettare  quanto  di- 
cono Colucci,  Antichità  picene  l.  3  i ,  p. 
<)2,  e  Compagnoni  nella  Reggia  picena 
p.  3o5.  Questi  a  p.  222  afferma  che  do- 
po la  pace  conchiusa  per  Urbano  V  col 
Visconti  di  Milano  dal  cardinal  Albornoz, 
■volendo  ridurre  a  huono  stato  il  governo 
delle  provincie  e  riformar  la  curia  gene- 
rale e  stabilirla  in  Macerata (V.),\\  car- 
dinale ordinò  che  de'tre  giudici  de'/Ve- 
sidati  nominati  nelle  sue  famose  Costi- 
titzioni,  che  dal  suo  nome  furono  dette 
Egidiane  (stabilendo  la  giurisdizione  ci- 
vile e  criminale  ne'giudici,  nel  lib.  li,  cap. 
(i)promulgateinFanoil  1.  "maggio  1  357 
ìsel  parlamento  generale,  il  Farfense,  il 
Camerìnense,  e  di  s.  Lorenzo  in  Campo, 
ne'qualiavea  divisa  la  curia  generaledel- 
la  stessa  Marca,  quel  di  Camerino  (V.) 
dovesse  risiedere  in  Macerata,  luogo  più 
adatto  d'ogni  altro  della  provincia, come 
notai  nel  voi.  XLI,  p.  4g.  Di  Camerino  e 
della  sua  Marca,  oltre  il  suo  articolo,  par- 
lai in  più  luoghi,  come  Piceno,  Marca, 
Macerata,  Fermo,  ec.jdichiarando  Com- 
pagnoni, che  i  suoi  duchi  Varani  furono 
i  più  potenti  signori  della  Marca. 

Del  Presidalo  farfense  parlai  a  Farfa, 
aMoNTALTO  perchè  in  tal  città  passò, co- 
me pure  nel  voi.  XXIV,  p.  8  e  altrove, 
trattando  di  s.  Vittoria,  come  luogo  in 
cui  l'abbate  di  Fai  fa  teneva  il  preside  per 
reggere  il  governo  temporale  delle  estese 
possessioni  della  celebre  abbazia  nelle 
Marche. Santa  Vittoria  ebbe  origine  quan- 
do 1'  abbate  Pietro  fuggendo  da  Sabina 
per  le  barbare  devastazioni  de'  saraceni 
nell'897  circa  colla  maggior  parte  de'te- 
sori  dell'abbazia,  edificò  sul  Monte  Nano 
o  M 'alenano oMateri ano  nellaMarcaFer- 
niana  il  monastero  e  la  chiesa  ove  si  tra- 
sportò circa  3o  anni  dopo  il  corpo  di  s. 
Vittoria  che  die  il  nome  all'odierno  pae- 
se, che  ha  governo  con  di  versi  luoghi  sog- 
getti :  dipoi  venne  fabbricata  la  bella  chie- 
sa collegiata  di  s. Vittoria, dichiarala  tale 
da  Urbano  VI II, quando  ne  fece  canoni- 
ci i  monaci,  col  moto -proprio  Cum  nos 


PRE  181 

del  i632.  L'abbazia  di  Farfa  avea  giu- 
risdizione anchespirituale sopra s.  Vitto- 
ria, Monte  Falcone  e  Monte  Giorgio,  nel 
1572  Gregorio  XIII  li  smembròdall'ab- 
bazia  farfense  e  li  die  al  vescovo  di  Fer- 
mo; ma  insorte  liti,  Benedetto  XIV  nel 
174^  obbligò  l'arcivescovo  di  Fermo  a 
compensare  l'abbazia  con  annue  3o  lib- 
bre di  cera.  Colucci  nel  t.  29  dell'  Anti- 
chità picene  pubblicò  il  Codice  diploma- 
tico della  terra  di  s.  Vittoria,  una  delle 
più  cospicue  del  presidato,  riguardante 
la  distruzione  del  monastero  farfense,  e 
sull'origine  del  monastero  di  s.  Vittoria 
che  divenne  la  principal  sede  dell'abba- 
zia, i  privilegi  accordati  dai  Papi,  come 
di  Nicolò  IV,  di  eleggere  il  podestà  e  al- 
tri uflìziali,  e  da  altri  per  l'esercizio  della 
giurisdizione  ne'luoghi  dipendenti  dal- 
l'abbazia, la  decisione  delle  cause  in  i.'e 
2.a istanza. Inoltre  pubblicò  loslatuto mu- 
nicipale della  terra  di  s.  Vittoria;  e  nel  t. 
3  1  le  Memorie  /'storiche  dell' abbadia  di 
Farfa,  in  uno  alla  serie  degli  abbati  colla 
Dissertazione,  del  Presidato  farfense,  sua 
origine,  estensione,  vicende  e  suo  governo 
politico,  ed  il  Supplemento  al  codice  di- 
plomatico di  s.  Vittoria.  Le  memorie  del 
Presidato  farfense  rimontano  al  secolo 
XIII  ed  anche  più  addietro,  essendo  più 
antico  il  dominio  temporale  di  Farfa  nel- 
la regione.  Questa  celeberrima  abbazia 
di  Sabina  fu  nell'immediata  protezione 
de' re  franchi  e  longobardi,  indi  degl'im- 
peratori, e  Carlo  il  Calvo  nell'875  le  ac- 
cordò l'esenzione  dalla  giurisdizione  dei 
giudici  e  messi  imperiali;  laondeavendo 
dovuto  l'abbazia  costituire  de'giudici  per 
amministrare  la  giustizia  in  tutte  le  loro 
terre  :  se  ne  sarà  fino  d'allora  formata 
come  una  particolare  provincia  detta/Ve- 
sidalo,  forse  dal  nome  antico  di  Praeses 
dato  a  tali  giudici.  Le  possessioni  tempo- 
rali dell'abbazia  si  estendevano  nell'A- 
bruzzo, nella  Marca,  nell'Umbria,  nella 
Sabina,  nella  Toscana,  nella  provincia  di 
Campagna  e  fino  ai  luoghi  suburbani  a 
Roma.  Ma  le  guerre  civili, le  invasioni  e 


i82  PRE 

scorrerie  de'  saraceni  e  ungheri  sommi 
danni  recarono  al  celebre  monastero  sa- 
binese,  dovendo  i  monaci  salvar  la  vita 
colla  fuga.  Falalmentedegli  abbati  inlru- 
m  si  divisero  i  beni  della  ricchissima  ab- 
bazia in  3  parti:  una  toccò  con  Farfa  e 
le  possidenze  sabine  a  Dagiberto,  l'altra 
de'beni  nella  diocesi  di  Rieti  e  luoghi  a- 
diacenti  fu.  data  a  Campone,  la  3/  com- 
prese le  possidenze  della  Marca  e  ducato 
di  Spoleto  che  prese  Ildebrando.  Riunita 
questa ultimaabbaziasotloun  medesimo 
capo,  sembra  chele  possidenze  picene  fa- 
cessero sempre  un  corpo  a  parte,  gover- 
nato da  un  vicario  generale,  che  per  or- 
dinarioera  il  vicario  dis.  Vittoria, equal- 
che volta  i  priori  d'Oflida, Rotella, s. Sal- 
vatore Maggiore  e  altri  personaggi  spe- 
diti dagli  abbati  farfensi.  Anche  il  giudice 
temporale  fu  ristabilito,  ed  era  giudice 
generale  di  tutte  le  possidenze  abbaziali 
della  Marca.  E  siccome  ne'  primi  tempi 
la  sola  s.  Vittoria  era  il  luogo  fortificato, 
e  che  avea servito  di  residenza  anche  al- 
l'usurpatore Ildebrando,  e  prima  di  lui 
;«d  altri  abbati  farfensi  quando  Farfa  era 
in  potere  de'saraceni,  così  ins.  Vittoria 
fecero  i  giudici  la  loro  residenza,  conside- 
rala come  capitale  di  tutto  quello  stato, 
ivi  decidendosi  le  questioni  dal  giudice 
generale,  e  si  portavano  in  grado  di  ap- 
pello le  cause  de'giudici  locali  e  subalter- 
ni. Questo  sistema  fu  invariabile  fino  al 
secoloXII  e  finche  Farfa  si  tennedal  par- 
tito degl'imperatori.  Con  miglior  consi- 
glio ravveduti  gli  abbati  da  siffatto  con- 
tegno, Pandolfo  meritò  il  cardinalato  da 
Celestino  111  nel  i  193,  ma  convien  dire 
che  poco  vivesse,  non  facendone  memo- 
ria i  biografi  de'cardinali.  Sembra  quin- 
di che  gl'imperatori  annullassero  i  pri- 
vilegi concessi  per  ogni  giudicatura,  a  ven- 
do la  farfense  per  suoi  confini ,  il  Tron- 
to e  il  Tenna  in  largo,  i  monti  A  penni- 
ni e  il  mare  in  lungo,  detta  Giudicatura 
dell'abbazia  fin  fame,  e  talora  de'  comi- 
tali fermano  e  ascolano.  Fu  perciò  sotto- 
posta a  tributi  e  imposizioni  dai   vicari 


PRE 
imperiali,  dappoiché  gl'imperatori  avea- 
no  diviso  la  Marca  in  più  giudicature , 
quando  la  invadevano  colla  prepotenza 
del  le  armi.  Costretti  gl'imperatori  dai  Pa- 
pi Innocenzo  III  e  successori  a  rinunzia- 
re alle  loro  pretensioni,  la  Marca  tutta 
tornò  al  pieno  dominio  pontificio,  com- 
prese le  terre  farfensi.  Las.  Sede  rispet- 
tando le  pie  donazioni  fatte  all'abbazia 
di  Farfa,  la  lasciò  pacifica  posseditrice  dei 
suoi  dominii  temporali,  solo  volle  che  la 
sovranità  fosse  a  se  riservata  come  supre- 
ma signora.  Quindi  sotto  il  governo  dei 
Papi  fu  costituito  nel  Presidato  farfense 
un  giudice  subordinato  alla  curia  gene- 
rale della  Marca,  ed  abbiamo  nel  1275 
Gerardo  Gogò  giudice  di  questa  parte  di 
provincia,  il  qua!  s'intitola  giudice  dal 
Tenna  e  Tennacolo  fino  al  regno,  pel  ret- 
tore della  Marca.  Tutte  le  terre  e  castelli 
del  presidato  furono  sottomesse  al  censo, 
tranne  s. Vittoria,  forse  come  capitale  del 
medesimo,  e  per  la  sua  costante  fedeltà 
olla  sede  apostolica.  In  tale  luogo  i  giudi- 
ci vi  fecero  l'ordinaria  residenza,  mentre 
talvolta  per  islraordinarie  cagioni  dimo- 
rarono altrove,  come  nel  turbolentissimo 
secolo  XV,  in  cui  risiederono  un  tempo  in 
Ascoli,  finché  tornarono  a  s.  Vittoria,  a 
seconda  eziandio  del  convenuto  nel  1 44^ 
trai!  comune  e  il  cardinal  Scarampo  Mez- 
zanità, quando  si  liberò  dalle  armi  Sfor- 
zesche. Dipoi  la  giudicatura  si  trasferì  a 
Ripatransone,  ma  dopo  la  metà  del  seco- 
lo XVI  e  verso  il  1570  non  esisteva  più, 
per  essere  slato  come  soppresso  il  Presi- 
dato  di  Farfa,  di  cui  non  rimase  che  il 
nome,  riguardandosi  sempre  il  presidato 
come  una  provincia  a  parte.  L'autorità 
di  questi  giudici, dall'islituzionedel  pre- 
sidato al  cominciamento  del  secolo  XIV, 
era  indipendente  da  ogni  autorità  de'ret- 
tori  della  Marca  e  altri  simili  presidi  ge- 
nerali, perquantosi  rileva  dal  cap.  7  della 
costituzione  emanata  nel  1  334  dal  legalo 
Bertrando  Deuxo  arci  vescovo  d'Embruu 
poi  cardinale,poichè  potevano  liberameli 
te  giudicare  de'casi  anche  gravi  e  de'de- 


PRE 

Jitti  atroci  fino  alla  sentenza,  ch'era  ben 
proferita  senza  permesso  del  rettore;  raa 
a  frenarne  gli  abusi,  col  cap.  8  il  legato 
proibì  le  transazioni  e  composizioni,  pei 
delitti  competenti  al  rettore  e  tesoriere 
della  provincia.  Prima  e  nel  i  3oo  il  car- 
dinal Napoleone  Orsini  legato  avea  già 
tarpate  le  ali  nella  giudicatura,  con  pre- 
scrivere la  somma  di  i5  libbre  nella  co- 
gnizione delle  cause  di  appellazione,  che 
il  cardinal  Pio  legato  nel  1 538  estese  fi- 
no a!le4o.  Meglio  dichiarò  le  giurisdizio- 
ni il  mentovato  cardinal  Albornoz  nel 
i357  quando  istituì  o  divise  in  3  presi- 
dati  la  curia  generale  della  Marca.  Seb- 
bene il  Presidato  farfense  altro  non  fosse 
che  una  parte  della  Marca  e  nella  Marca 
intieramente  compreso,  nel  secolo  XV  si 
•vede  considerato  come  una  provincia  se- 
parata. Infatti  quando  Giovanni  XXIII 
spedì  nella  regione  il  cardinal  Pietro  An- 
nibaldi  (di  cui  meglio  ne!  voi.  XXV li, 
p.  j  73),  coi  titoli  di  vicario  generale  in 
Roma  e  nelle  provincie  di  Marittima  e 
Campagna,  Sabina,  Patrimonio,  ducato 
di  Spoleto,  Marca,  espressamente  vi  spie- 
gò il  Presidato  Farfense,  come  anche  le 
Terre  Arnolfe.  Clemente  VI  neh347se 
Innocenzo  VI  neh  353  egualmente  con- 
tarono 6  provincie, cioè  il  Patrimonio  di 
s.  Pietro,  la  Marca  d'Ancona,  il  ducato 
di  Spoleli,  la  Romagna,  la  Campagna,  la 
Maremma,  come  pure  si  legge  nel  diplo- 
ma col  quale  Innocenzo  VI  costituì  vi- 
cario di  tutto  lo  stato  ecclesiastico  il  car- 
dinal Albornoz.  Né  rechi  meraviglia  che 
in  altre  carte  di  que'tempi  si  mentovino 
come  provincie  della  chiesa  romana  il 
Montefeltro,la  Massa  Tra  bari  a  e  le  Ter- 
re Arnolfe,  poiché  queste,  sebbene  tali 
fossero,  non  formavano  ad  ogni  modo 
corpo  a  parte,  ma  d'ordinario  dipende- 
vano, il  Montefeltrodal  rettore  della  Ro- 
magna, la  Massa  Trabaria  da  quello  del- 
la Marca, eie  Terre  Arnolfe  da  quellodel 
ducato  di  Spoleto,  come  osserva  Borgia, 
Alerti .  di  Benevento  t.  3 ,  p.  2 97 .  E  Grego  - 
rio  .À'7/dopo  hinunzialo  il  pontificalo,  ri- 


PRE  i83 

tornato  cardinale,  prese  il  titolo:  Iti  Mar- 
chia Anconitana,  et  Praesidatu  Farfensi 
cani  pò  testate  legati  a  latere  vicariusgene  - 
ralis.  Come  egualmente  fecero  i  cardinali 
legati  Gabriele  Conditimi  eri  (poi  Eugenio 
IP),  Latino  Orsini eallri;  ed  i  loro  vice- 
legati,luogotenenti  e  tesorieri,  i  quali  s'in- 
titolarono: In  provincia  Marchiae  An- 
conilanae,  Praesidatu  Farfensi  et  Mas- 
sae  Trabarìae,  ec.  Ma  il  Presidato  far- 
fense  ormai  era  divenuto  puro  titolo  di 
quella  parte  di  provincia  in  cui  era  com- 
preso. Finalmente  e  al  modo  narrato  nel 
voi.  XLVI,  p.  147,  Sisto  V  ristabilì  con 
maggior  lustro  V  estinto  presidato  colla 
bolla  Postquam,  de'i3  dicembre  i586 
(Sappi,  al  codice  di  s.  littoria  p.  52), 
con  minore  estensione  del  precedente,  li- 
mitandolo ai  luoghi  che  enumerai,  in- 
clusi vamente  a  Ripatransone, Monte  Mo- 
naco, Monte  Fortino,  che  qui  aggiungo 
con  Colucci  e  con  l'altra  enumerazione 
che  feci  nel  voi.  XXXI,  p.  3o6,  col  no- 
me di  Presidato  di  Montalto  perla  città 
in  cui  faceva  l'ordinaria  residenza  il  pre- 
side prelato  governatore  deputato  dalla 
s.  Sede  con  autorità  e  giurisdizione  tem- 
porale precaria  su  tutto  il  presidato,  di- 
slaccandolo Sisto  V  da  tutto  il  governo 
generale  della  Marca^  colla  dipendenza 
soltanto  dalla  sede  apostolica  e  dai  su- 
premi tribunali  di  Roma  destinati  al  go- 
verno di  tutto  lo  stato.  Inoltre  Colucci 
riporta  le  serie  cronologiche  de'  giudici 
dell'  abbazia  farfense,  incominciando  da 
D.  Oldofredus  judex  abb.  Farfensis,  et 
Comilalum  Firtnani  et  Asculanì,  fino  a 
D.  Severinus  de  Camerino  judex  Presi- 
dalus  del  1462  ;  de'  vicari  generali  del- 
l' abbazia  farfense  nella  Marca,  princi- 
piando da  F.  Laurenlius  perusinus  del 
1  260,  fino  ad  Aloysius  Lenti  del  1  70 3; 
de' vescovi  della  città  di  Montalto;  de'pre- 
sidi  di  Montalto  in  n.°di  70,  incomincian- 
do da  Mgs  Giulio  Sclafinalo  milanese. 
del  i58r>,  a  Mg.1'  Francesco  Brivio  mi- 
lanese del  1798,  diversi  de'qualì  dipoi 
furono  elevati  al  cardinalato.  Dalle  No- 


184  PRE 

tizie  di  Roma,  cioè  da  quelle  che  furono 
stampate,  ricavo  i  seguenti  presidi.  1 80  1 
Dolt.  Pier  Simone  Galli.  1 802  Mg.r  Lui- 
gi Pandolfì  poi  cardinale.  1 808  Mg.'' Do- 
menico de  Simoni.  Occupato  Io  stato  pon  - 
tifìcio  dai  francesi,  nella  ristorazione  del 
governo  Pio  VII  non  ripristinò  il  presi  - 
dato,  ma  ne  assegnò  i  luoghi  alle  Dele- 
gazioni (V.)  di  Fermo  con  s.  Vittoria  , 
e  di  Ascoli  con  Montalto. 

PRESIDE  e  PRESIDENTE,  Praeses, 
Magister,  Praefectus,  Praepositus.  Co- 
lui che  presiede  a  qualche  cosa  o  a  qual- 
che opera,  ad  uffizio;  che  è  il  capo  d'una 
adunanza  o  corporazione,  congregazione, 
concilio,  accademia,  tribunale,  e  per  Io 
più  si  dice  de'magistrati;  che  ha  carica, 
da  presedere  o  presiedere,  soprintende- 
re, aver  maggioranza,  autorità,  governo 
o  presidenza,  aucloritas,  magisleriumj 
dicendosi  presidato  il  dominio,  il  gover- 
no, il  distretto  del  preside,  Praesidalus; 
presidentato  l'ufficio,  la  dignità,  il  domi- 
nio del  presidente.  Il  titolo  di  preside  nel- 
la s.  Scrittura  è  dato  ai  governatori  della 
Giudea,  dopo  che  il  paese  fu  ridotto  a 
provincia  romana.  I  presidi  delle  provin- 
cie  o  procuratori  di  Cesare  erano  uffi- 
ziali  istituiti  da  Augusto  per  governare 
le  provincie  più  esposte  alle  incursioni  ne- 
miche, munite  di  piazze  forti  e  castella 
con  presidio  di  guarnigione  d'armati,  se- 
condo la  divisione  da  lui  fatta,  lasciando 
al  senalola  cura  di  quelle  più  tranquille: 
essi  erano  luogotenenti  o  legati  consolari 
o  semplicemente  consolari:  avevano  di- 
ritto di  portar  la  spada  e  l'abito  militare 
e  di  poter  condannare  a  morte  un  rnili^ 
te,  che  non  potevano  i  consoli.  Avevano 
il  costume  di  scrivere  le  cose  di  gran  mo- 
mento all'imperatore,  e  Claudio  li  teme- 
va assai,  perchè  erano  soliti  macchinare 
cose  nuove,  mentre  Adriano  punì  seve- 
ramente i  presidenti  e  procuratori  delle 
provincie  trovati  in  colpa,  come  riporta 
l'annalista  Rinaldi.  Da  questi  pur  si  ap- 
prende, che  nel  concilio  d'Ailesove  in- 
tervenne Costantino,  yenendoesclusidal- 


PRE 

le  magistrature  gli  eretici  e  gli  scismati- 
ci, si  determinò  che  i  presidi  delle  pro- 
vincieegli  altri  magistrali  cristiani,quan- 
do  erano  promossi  ricevessero  le  lettere 
ecclesiastiche,  ed  i  vescovi  de'luoghi  te- 
nessero cura  di  loro  e  bisognando  li  ca- 
stigassero col  le  censure  del  la  Chiesa.  Com- 
pagnoni, De' presidi  della  Marca,  dice 
che  preside  nel  suo  nome  generale  com- 
prende ogni  reggente  di  provincia:  lo  stes- 
so che  pretore  o  proconsole,  il  consolare, 
il  correttore,  il  prefetto,  il  legalo,  l'esar- 
ca, il  conte, il  marchese,  il  rettore,  il  luo- 
gotenente, il  vice-legato,  il  governatore  ge- 
nerale. Si  possono  vedere  gli  articoli  di 
detti  nomi  distinti  in  carattere  corsivo, 

SoVRANlTAPONTIFICIAe  Pp.IMICEHIODEI.L  A. 

s.  Sede,  ove  notai  che  ne'primi  tempi  del 
dominio  di  essa  i  primati  e  magnali  seco- 
lari aveano  parte  nel  governo,  ed  erano 
impiegati  nelle  legazioni  per  a  Ha  ri  diffi- 
cili e  nel  governo  delle  città.  In  Roma 
nella  curia  e  governamento  della  s.  Se- 
de e  nello  stato  pontificio,  molte  cariche 
ebbero  ed  hanno  il  titolo  di  Preside,  col 
quale  genericamente  si  appellano i  Lega- 
ti e  Delegali  delle  provincie,  e  di  Presi- 
dente. A  Delegazioni  e  Legazioni  aposto- 
liche dello  stato  pontifìcio  e  negli  articoli 
che  li  risguardano parlai  de'  presidi  delle 
provincie  antichi  e  odierni,  come  del  pre- 
sidente della  legazione  e  provincia  d' Ur- 
bino cardinale o  prelato,  ed  era  posto  car- 
dinalizio,con  altro  prelato  vice-presiden- 
te; del  presidente  d'  Avignone  e  contea 
Venaissina  prelato,  e  del  preside  del  Pre- 
sidato di  Montalto  egualmente  prelato. 
In  Romaeravi  il  prelato  presidente  della 
Contorca  di  Roma  (?r.) ,  ma  a  Pio  IX  dissi 
come  nel  fine  d'ottobre  1847  cessò,  ve- 
nendo conferita  subito  la  carica  ad  un 
cardinale  col  titolo  di  Presidente  di  Ro- 
ma e  Comarca,  con  l'esercizio  della  su- 
periore autorità  non  solo  sopra  tutta  la 
Comarca, come  l'avea esercitata  il  prela- 
to, ma  eziandio  sopra  il  consiglio  e  ma- 
gistratura municipale  di  Roma,  conser- 
vandosi quel  medesimo  ministero  che  a- 


PRE 

\ea  assistilo  il  prelato,  onde  assisterlo  ne- 
gli affari  comunali  eprovinciali.  Nell'arti- 
coloPio  IX  dissi  ancora  cerne  in  novembre 
1 85o  aumentò  il  Circondario  di  Roma  e 
Comarca  colle  provincie  di  Viterbo,  Ci- 
vitavecchia e  Orvieto,  conferendo  al  car- 
dinale le  attribueioni  di  legato.  Inoltre 
in  detto  articolo  riportai  che  nell'otto- 
bre 1847  cessò  la  carica  del  carcuna'  l>ve' 
sidente  della  Congregazione  di  revisione 
(K.),  e  in  diversi  tempi  le  cariche  prela- 
tizie de'  Chierici  di  Camera  (J7.), cioè  del 
presidente  delle  armi  o  Milizie  pontifi- 
cie (V),  del  presidente  d' Acque  e.  Strade 
(f.),  del  quale  pure  parlai  a  Congrega- 
zione delle  acque:  ai  chierici  di  camera 
appartengono  le  presidenzedegliy^rc/t'V/ 
{[''.)-,  AeW Annona  [F.)  e  grascia  (ne  par- 
lai anche  a  Prefetto  e  in  più  luoghi); 
delle  Zecche  (F.),  e  degli  uffizi  del  bollo 
ori  ed  argenti;  deW  Ospizio  apostolico  di 
s.  Michelejed  al  decano  la  presidenza  del- 
la congregazionecriminalecamerale,  che 
si  compone  del  prelato  uditore  del  ca- 
merlengo ed\  due  giudici  camerali.  A  Ca- 
mera apostolica  e  nel  vol.IX,p.  198,  nar- 
rai che  fino  al  1828  ebbe  un  prelato  pre- 
sidente. Vi  è  il  cardinale  presidente  dei 
sussidi,  di  cui  parlai  a  Elemosiniere, Po- 
vero, Ospizio  dis.  Maria  degli  Angeli, 
istituito  da  Leone  XIIj  il  cardinal  pre- 
sidente de' Spogli  (F.), che  riunisce  la  pre- 
fettura dell'economia  nella  Congregazio- 
ne di  propaganda  fide  (f.)j  il  cardinal 
presidente  del  Censo  (/r.),  di  cui  meglio 
a  Congregazione  del  censo  (Galletti,  Fri- 
micero  p.  1 82,  pubblicando  un  documen- 
to dell'822,  parla  del  Magister  censio  Ur- 
bis Romae,  e  pensa  che  fosse  stato  uffizio 
secolare  del  comune  della  città,  pei  censi 
e  tributi  che  gli  doveano  i  romani);  il 
cardinal  presidente  della  Congregazione 
speciale  per  la  riedificazione  della  basi- 
lica di  s.  Paolo  (^r.)j  il  cardinal  presi- 
dente della  Congregazione  della  visita 
apostolica  (?'.),  che  è  il  cardinal  vicario, 
essendone  prefetto  \\  Papa;  il  cardinal  pre- 
sidente del  consiglio  de*  Ministri  (!'.)  e 


PRE  1 8-» 

del  consiglio  di  stalo  istituito  da  Pio  IX 
(^.),  o  Segretario  di  stato  {f^.)j il  cardi- 
nal presidente  del  convitto  ed  istruzione 
de'sordo-muti  presso  l'Ospizio  di s.  Ma- 
ria  degli  Angeli  (Z^.).  Prima  era  presiden- 
te della  Congregazione  speciale  sanitaria 
(P .)  il  cardinal  segretario  per  gli  affini 
di  stato  interni,  ed  ora  lo  è  il  prelato  mi- 
nistro dell'interno.  Vi  sono  i  prelati  pre- 
sidenti dello  studio  del  Musaico  (^  •),  dei 
Tribunalidi Roma(Pr.),  dell' Accademia 
ecclesiastica  (F),  restaurata  da  Pio  IX 
(/^.):  di  più  ad  Accademie  parlai  de'di- 
versi  presidenti  delle  medesime,  ecclesia- 
stici e  secolari,  Ira 'primi  nominerò  quello 
prelato  dell'accademia  di  religione  cat- 
tolica, talvolta  cardinale  come  al  presen- 
te; tra'secondi  quello  dell'accademia  di  s. 
Luca  (dell'attuale  suo  locale  parlai  nel 
voi.  L II,  p.  278)  che  gode  il  titolo  di  prin- 
cipe e  quegli  onori  riportati  a  Cavalieri 
ordine  de'presidenti,  ec,  ordine  che  pel 
i.°  ebbe  il  celebre  barone  Vincenzo  Ca- 
muccini.Di  frequente  si  conferisce  dal  Pa- 
pa il  titolo  di  presidente  a  qualche  precaria 
commissione  o  congregazione  :  attual- 
mente vi  sono  ancora  il  cardinal  presidente 
della  commissione  per  l'ammortizzazio- 
ne della  carta  monetata,  ed  il  prelato  pre- 
sidente della  commissione  degli  ospedali 
di  Roma,  de'quali  parlai  a  Pio  IX  che  li 
nominò.  Antichissimo  è  l'uffizio  nella  Can-> 
celleria  di  s.  Chiesa  del  presidente  del 
piombo  ,  ora  depositario  generale  del 
piombo, che  essendo  prelato  godequel  di- 
stintivo che  accennai  a  Piombo,  indicando 
i  luoghi  ove  parlo  di  lui,  come  ne'  voi.  VII, 
p.  1 58,XV1,  p.  292,  ed  ha  posto  in  cappel- 
la come  dissi  nel  voi.  VII,  p.  299.  Dei  1 4 
presidenti  de' Rioni  di  Roma  e  loro  presi- 
denze regionarie  ne  trattai  a  Capo  Rioni 
e  nel  voi. XXXII, p.  i3  e  16,  cioè  a  Go- 
vernatore di  Roma, ove  ragiono  della  po- 
lizia (anche  a  Prefetto,  a  Pompieri  e  al- 
trove per  l'antica),  attualmente  per  di- 
sposizione di  Pio  IX  affidata  al  prelato 
direttore  generale,  da  cui  dipendono  i 
presidenti  regionari.  A  Museo  e  Proto  ? 


i86  PRE 

motecaCipitoi  ina  dissi  del  presidente  an- 
tiquario, a  Università  romana  de'presi- 
tli-nti  de'collegi,  ed  in  altri  articoli  de'di- 
versi  presidenti:  hanno  finalmente  que- 
lito titolo  i  superiori  generali  delle  con- 
gregazioni benedettine  de' Cisterciensi  e 
de'Cassinesi  (V.),  non  che  la  presidente 
delle  Oblate  di  S.Francesca  romana(fr.). 
Morcelli  riporta  molti  eleganti  vocaboli 
latini  del  titolo  di  preside  e  presidente. 

PRESTI MONIO  ,  Praestimonium. 
Beneficio  ecclesiastico  senza  titolo  di  be- 
nefìcio, onde  differisce  dal  beneficio  sem- 
plice, col  peso  di  qualche  opera  pia,  ol- 
tre le  Ore  canoniche  (  V.),  da  eseguirsi 
dal  possessore,  o  destinato  a  qualche  gio- 
vane ecclesiastico  per  aiutarlo  a  termina- 
re i  suoi  studi  ed  a  servire  la  Chiesa.  Il 
concilio  di  Trento  usò  questo  vocabolo 
quando  decretò  la  tassa  da  imporsi  dal 
vescovo  sopra  i  beni  ecclesiastici  pel  man- 
tenimento del  seminario.  Dice  Macri, che 
in  Ispagna  si  praticano  i  preslimoni ,  e 
sono  cosi  denominati  perchè  il  possessore 
deve  prestare  qualche  opera  pia  imposta 
dal  fondatore.  Cecconi,  De' 'seminari :,  os- 
serva che  in  vigore  del  decreto  Tridenti- 
no,  i  preslimoni  o  presti moniali  si  possono 
unire  eapplicareal  seminario,  perchè  so- 
no benefizi  semplici  senza  obblighi  perso- 
nali, qua  lifìcandoli,  sii  pendio  detratto  dai 
beni  ecclesiastici  che  suol  dividersi  tra  i 
canonici  ovvero  tra'chierici  in  vantaggio 
del  loro  onesto  trattamento;  e  quando 
questo  assegnamento  sia  stabile  e  perpe- 
tuo, assume  la  natura  di  beneficio,  e  non 
avendo  annesso  I'  obbligo  personale  po- 
trà unirsi  al  seminario.  Preslimoni  si  dis- 
sero pure  certi  uffizi  perpetui  dati  ai  sa- 
cerdoti attaccali  a  capitoli  o  altre  chiese, 
od  ti  religiosi  ai  quali  pagavansi  delle  mes- 
se,che  celebravano  a  titolo  di  loro  sus- 
sistenza. 

PRETE.  V.  Sacerdote  e  Preti. 

PRETEGIANNI  o  JANNI.  V.  Nesto- 
riani,  Abissisia,  Etiopia,  ossia  i  voi.  1,  p. 
a8,XX.II,p.  1 35, 139,  i4«-  Aggiungerò 
con  Du  Cange,  che  questo  re  cos'i  s'inti- 


PRE 
tolava  come  discendente  da  un  Giovan- 
ni preie  nestoriano.  Altri  vogliono  che  sia- 
si così  chiamato  per  umiltà.  Volterrano, 
Diario  t.  a  3,  Rer.  Ilalicar.  p.  1 56,  dice: 
»  Christian!  sunt,  quibus  rex  i  1  le  imperi- 
tal,  quem  nos  Presto  Joanne  vulgo  dici- 
mus".Si  possono  vedere^ Damiano  Gioes, 
De  fide  Religione  moribusque  aethiopurn, 
sub  imperio preciosi  Johannis  3  quemvul- 
guru  PresbylerumJohannem  vocanl,Va- 
risiis  i54i.  G.  Lodolfo,  Hist.  Aethiopae, 
sive  regni  Abyssinorum ,  quod  vulgo  per- 
peram  Presby  ter  i  Johannis  vocantur3iz- 
nae  1 676.Dicterico  Luders,  DehisL  imp. 
Abyssin.  quod  sub  Presb.  Joh.  esse  di- 
ci tur,  Viteb.  167 1. 

PRETESTATO  (  s.  ) ,  vescovo  di 
Rouen.  Non  si  conosce  il  tempo  e  il  luo- 
go della  sua  nascita.  Fu  eletto  vescovo  di 
Rouen  nel  54g  ed  assistè  al  concilio  di 
Parigi  nel  55j,  non  chea  quello  di  Tours 
tenuto  nel  566.  Lo  zelo  con  cui  s'oppo- 
neva alle  ingiustizie  della  regina  Frede- 
gonda  moglie  di  Chilperico,  e  ne  censu- 
rava le  sregolatezze,  gli  attirò  l'odio  di 
questa  malvagia  principessa  e  l'espose  a 
crudeli  persecuzioni.  Dopo  la  morte  di 
Sigeberto  re  d'Austrasia,  che  Fredegon- 
da  avea  fatto  assassinare  ,  Chilperico  re 
di  Parigi  e  di  Soissons  mandò  suo  figlio 
Meroveo  per  impadronirsi  di  Poitiers  e 
di  altri  luoghi  soggetti  al  regno  d'Austra- 
sia. Meroveo  invece  di  eseguire  gli  ordi- 
ni di  suo  padre,  recossi  segretamente  a 
Rouen,  ov'era  la  sua  zia  Brunechilde,  ve- 
dova di  Sigeberto,  per  la  quale  avendo 
una  violenta  passione,  le  propose  di  spo- 
sarla ,  né  ella  ricusò.  Pretestato,  temen- 
do le  conseguenze  d'  un  commercio  sì 
scandaloso,  li  congiunse  in  matrimonio. 
Chilperico  irritato  contro  Pretestato,  che 
gli  fu  dato  a  credere  complice  della  ri- 
bellione del  figlio,  convocò  a  Parigi  un 
concilio  per  farlo  condannare,  l'anno  577. 
S.  Gregorio  di  Tours  prese  ivi  le  sue  di- 
fese ,e  Pretestato  confessò  di  aver  fallo 
il  matrimonio,  ma  sostenne  di  non  ave- 
re avuto  alcuna  parte  alla  ribellione  di 


PRE 
Meroveo.  Se  non  che  essendo  sialo  male 
consiglialo  da  alcuni  officiali  della  cor- 
te, che  gli  rappresentarono  essere  impru- 
denza il  questionare  col  re,  e  che  più  gli 
gioverebbe  confessarsi  reo  del  supposto 
delitto,  assicurandolo  che  avrebbe  otte- 
nuto grazia  dal  re,  il  credulo  vescovo  fu 
colto  al  laccio,  ed  ebbe  la  debolezza  di 
acconsentire  a  ciò  che  si  esigeva  da  lui  per 
perderlo.  Su  questa  confessione  Pretesta- 
to fu  condannato  dal  concilio,  ed  il  re  lo 
mandò  in  esilio  in  una  piccola  isola  della 
bassa  Normandia  presso  Coulances.  Pre- 
testato espiò  nell'  esilio  la  sua  debolezza 
colla  penitenza,  e  diede  un  luminoso  esem- 
pio delle  più  eroiche  virtù.  Dopo  la  mor- 
te di  Chilperico,  trucidato  a  Chelles  nel 
584,  il  santo  vescovo  fu  rimesso  sulla  sua 
sede,  e  l'anno  susseguente  assistè  al  1° 
concilio  di  Macon,  ove  fece  molti  discor- 
si e  propose  delle  saggie  regole  per  la  con- 
servazione della  disciplina.  Continuò  ad 
invigilare  con  sollecitudine  alla  diletta  sua 
greggia  ,  e  procurò  colle  sue  esortazioni 
di  far  conoscere  a  Fredegonda  l'enormi- 
tà de'  suoi  delitti ,  per  cui  essa  deliberò 
di  spacciarsi  di  lui.  II  santo  vescovo  fu 
assassinato  mentre  cantava  il  mattutino 
col  suo  clero,  in  giorno  di  domenica  nel 
586.  1!  martirologio  romano  ne  fu  men- 
zione a'24 di  febbraio  :  alcuni  autori  met- 
tono la  sua  morte  a'i4  eli  aprile,  suppo- 
nendo che  fosse  stato  trucidato  il  giorno 
di  Pasqua. 

PRETI  CARDINALI.Dell'origine,di- 
gnità,  prerogative,  vesti, insegne,  creazio- 
ne e  funerali  de'cardinali  dell'ordine  dei 
preti,  il  secondo  de'tre  di  cui  si  compone 
la  gerarchia  cardinalizia  del  Sagro  Col' 
legio  (V.),  de'  Vescovi)  Preti  e  Diaconi, 
diffusamente  ragionai  a  Cardinali  di  s. 

ROMANA  CHIESA,  TlTOLI  CARDINALIZI,  PRE- 
SBITERIO, e  negli  altri  moltissimi  articoli 
in  cui  trattai  di  lutto  quanto  può  riguar- 
dare i  cardinali  preti,  che  lungo  assai  sa- 
rebbe se  volessi  semplicementeaccennar- 
li,  ed  ove  riportai  eziandio  le  tante  opere 
che  ne  parlano.  1 1  nome  di  Sacerdote  (F.) 


PRE  .87 

si  usa  nella  Chiesa  per  significare  il  prete 
o sagro  ministrodell'altare,  eziandio  non 
provvisto  di  veruna  dignità,  benefìcio,  l'i- 
tolo o  prebenda,  ed  i  cardinali  litolari 
piuttosto  sono  stati  chiamati  preti  diesa- 
cerdoti,  come  più  cospicuo  nella  Chiesa, 
lasciato  il  secondo  come  più  comune  a 
tutto  il  clero;  prete  come  proprio  della 
legge  nuova,  sacerdote  come  universale 
e  già  comune  agli  ebrei  e  gentili,  come 
osserva  Piazza,  Gerarchia  cardinalizia 
p.  363.  Ad  Arciprete  Io  dissi  i.°  e  su- 
periore tra'preti.  Questo  titolo,  al  dire  di 
Piazza, significa  capo,priore,seniore-,  pre- 
sidenteo  primo  de'preti,  perchè  presiede 
loro  in  ordine  dell'uffìzio  sacerdotale;  non 
che  primo  tra  le  dignilà  de'capitoli,  co- 
me de'gradi  minori  il  i.°  è  il  presbite- 
rato o  sacerdozio.  Il  primo  de'cardinali 
preti  si  denominò  fino  dalla  più  remola 
antichità  col  titolo  di  arciprete,  sino  al 
secolo  XII  in  cui  incominciò  a  intitolar- 
si Prior presbyterorutn  cardi nalium,  co- 
me il  primo  de  Diaconi  Cardinali  (V.J, 
e  arcidiacono ,  Prior  diaconorum  car- 
dinalium.  V,  Priore.  Nel  concilio  li  Ni- 
ceno  del  787  uno  de'legali  apostolici  era 
il  cardinal  arciprete,  che  viene  chiamalo 
Pe.tr uni  priinuin  presbyterum,  cioè  nella 
vita  di  s.  Tarasio.  In  detto  concilio  poi 
vi  è  espressamente  chiamato  anche  Pri- 
ma tem  presbyterorwn,  e  certo  era  il  pri- 
mo prete  del  mondo,  non  che  Archipre- 
sbylerum  apostolicae  cathedrae.  A  Pe- 
nitenziere maggiore  dissi  cheanticamen- 
te  lo  era  l'arciprete  di  s.  romana  chiesa 
o  i.°  cardinale  dell'ordine  de'preti.  Mei 
1 1  18  si  trova  Amicus  presbyler  cardi- 
nalis  s.  Crucis  S.  R.  E.  Archi  pre  sby  ter, 
e  forse  fu  una  delle  ultime  volte,  poiché 
nel  1  i43  comincia  a  leggersi  Prior  pre- 
sbyterorum, come  negli  anniseguenti. Gli 
ordini  gerarchici  de'cardinali  preti  e  dei 
cardinali  diaconi  è  di  remotissima  ori- 
gine, ed  anteriori  all'ordine  de'cardinali 
Vescovi  (V.):  per  lungo  tempo  s'ignorò 
il  nome  di  cardinale  vescovo.  Stefano  111 
nel  concilio  del  769  fa  di  loro  menzione, 


■  88  PRE 

.miai!  vescovi  cardinali  ebdomadari  e  ce- 
lebranti per  turno  in  luogo  del  Papa  nel- 
la patriarcale  basilica  o  Chiesa  dis.  Gio- 
vannini  Laterano  (f7.).  Egualmente  nel- 
le patriarcali  basiliche  o  Chiese  di  s.  Pie- 
tro,  di  s.  Paolo,  di  s.  Maria  Maggiore 
e  di  s.  Lorenzo  fuori  le  mura  {f7.),  sette 
cardinali  preti  facevano  ogni  giorno  l'uf- 
ihÀaluvaEbdomadaria  (P .),  e  quali  li  no- 
minai a  quegli  articoli  ed  a  Titoli,  cele- 
brando pel  Pontefice  sull'altare  papale. 
JNel  i  1 8  i  il  i.°  de'cardinali  vescovi  s'in- 
titolava Episcopus  Ostiensis  Prior,  sive 
decanus  episcoporum.  V.  Decano  del  s. 
Collegio.  Nel  i  1 85  si  ha  ,  Albertus  de 
M^orra  bcneventanus  presbyter  cardina- 
lis ti  tuli  s.  Lati  reni  ii  in  Lucina  S.R.  E. 
cancellarius  Prior  presbyterorumj  e  nel 
i  187  Diaconus  cardinalis  s.  Marine  in 
Cosmedin  Prior  diaconorum.Tlranoc[ue- 
sii  i  capi  d'ordine  de'cardinali  vescovi, 
preti  e  diaconi:  il  solo  i.°  de'  vescovi  ri- 
tenne il  titolo  di  decano,  gli  altri  lascia- 
l"ono  quello  di  Priore  (/r.),  giacché  co- 
minciava ad  essere  con  frequenza  assun- 
to da  ecclesiastici  minori;  e  s'intitolaro- 
no Primo  Prete  e  Primo  Diacono. 

Anticamente  e  per  quanto  dichiarai  ai 
loro  articoli,  i  cardinali  diaconi  forse  su- 
perarono in  potere  i  cardinali  preti,  stante 
le  particolari  ingerenze  sul  Patrimonio 
della  Chiesa,  ed  altre  gravi  e  importanti 
iucumbenze.  I  Papi  però  sempre  si  ser- 
virono indifferentemente,  anche  nella  ca- 
rica di  Legato(Pr.),  de'cardinali  preti,  co- 
me de'  cardinali  diaconi.  In  Sede  vacan- 
te (?'.)>  come  gli  odierni  capi  d'ordine,  il 
1 ,°  de'preti  e  il  i.°  de'diaconi  reggevano 
le  redini  della  s.  Sede  e  la  governavano: 
ciò  che  fanno  al  presente  lo  dichiarai  a 
Congbeg  azioni  cardinalizie  che  si  aduna- 
no nella  sede  vacante,  a  Conclave,  a  E- 
lezione  del  Papa;  avendo  trattatoa  Con- 
sagrazionedel  PApA,diquanto  si  fa  se  l'e- 
letto è  semplice  prete  0  diacono  nell'or- 
dine sagro.  Ne'concilii  si  sottoscrivevano 
tanto i  cardinali  preti,  che  i cardinali  dia- 
coni (prima  de'  vescov  imperché  eguali,sal- 


PRE 
vo  l'ordine  sagro;  i  preti  mettevano  il  titolo 
(non  erano  già  chiamati  cardinali  dal  ti- 
tolo, ma  cardinali  della  s.  Sede  o  s.  roma- 
na chiesa  ;  il  titolo  era  un  aggiunto  poste- 
riore alla  sostanza  della  cosa),  e  i  diaconi 
ora  la  chiesa  diaconale  o  diaconia,  ora  la 
regione  sulla  quale  aveano  giurisdizione 
inclusivamente  al  clero.  Nel  494sol'os- 
Gelasio  I  si  trovano  i  nomide'cardiuali 
preti  coi  loro  titoli  e  poscia  un  gran  nu- 
mero di  arcipreti.  I  cardinali  preti  e  dia- 
coni nella  chiesa  romana  furono  sempre 
affattodi  versi  dal  numeroso  stuolo  di  pre- 
ti e  diaconi  minori,  i  quali  trova  vansi  in 
Roma  in  tanti  collegi  o  capitoli,  per  la 
diurna  e  notturna  salmodia,  pel  servigio 
in  comune,  e  per  hebdomadas  distribui- 
to agl'individui,  pei  bisogni  del  popolo, 
malati,  ec.  In  detto  pontificato  si  vedono 
28  preti  cardinali,  quanti  erano  allora  i 
titoli  cardinalizi  presbiterali, il  i.°de'qua- 
li  è  segnato  Presbyter  in  titillo  s.  Praxc- 
dis  S.  R.  E,  Arclv presbyter,  cioè  il  r ."  dei 
preti  cardinali;  poi  vedonsi  i  7  diaconi 
cardinali,  il  1 ,°  de'quali  si  segna  S.  R.  E. 
A rchidi aconiti,  et  in  regione  terlia  dia- 
conus cardinalis etdecima.  Quel  segnar- 
si prete  ed  arciprete  della  s.  romana  chie  - 
sa,  diacono  ed  arcidiacono,  mostra  l'im- 
portanza diesi  metteva  nell'apparlenere 
al  Presbiterio  pontificio,  o  senato  apo- 
stolico de'cardinali, ad  onta  della  poten- 
za immensa  della  carica  di  arciprete  e  ar- 
cidiacono, che  si  mentova  come  aggiun- 
to. Inoltre  vi  sono  28  arcipreti  di  28  ti- 
toli diversi,  per  ognuno  de'quali  vi  è  men- 
tovalo il  cardinale:  non  erano  ne  parrò- 
chi,  ne  preti  semplici.  In  tale  secolo  non 
eravi  che  un  arciprete  per  diocesi, e  que- 
sto era  il  1 ."  de'preti  cattedrali,  i  quali 
per  lo  meno  doveano  essere  12,  con  7 
diaconi,  i.°  de'quali  era  l'arcidiacono:  in 
Roma  però  non  si  trovano  arcidiaconi 
subalterni,  essendo  troppo  grande  la  po- 
tenza della  carica  del  cardinal  arcidiaco- 
no, perchè  questo  nome  si  accomunasse 
ad  ecclesiastici  inferiori.  Se  in  Roma  fu- 
rono parecchi  arcipreti,  e  ne  feci  il  novero 


PRE 

nel    ARCIPRETE  DELLE  CHIESE  E  BASILICHE  DI 

Roma, mio  solo  come  altro  ve  era  l'arcipre- 
te del  presbiterio  del  Papa  o  sia  del  sagro 
collegio;  gli  al  tri  si  con  veni  vano  alla  nobil- 
tà delle  Collegiate  della  chiesa  romana 
(i  canonici  delle  basiliche  e  collegiale  di 
Roma  precedono  i  canonici  cattedrali  an- 
che nelle  rispettive  diocesi,  non  quanto 
all'antichità,  ma  all'essere  del  clero  ro- 
mano, che  dopo  i  cardinali  più  da  vicino 
rappresenta  la  chiesa  romana  e  suo  pre- 
sbiterio: un  canonico  di  s.  Giovanni  in 
La  tetano  è  sempre  il  prete  assistente  al 
celebrante  nelle  Cappelle  pontificie,  ed 
è  Prelato,  Vedi), alla  maestra  della  capi- 
tale del  cristianesimo,  al  servizio  della 
sede  apostolica  in  tanti  impieghi  subal- 
terni, come  lo  erano  i  28  arcipreti  che 
in  sostanza  erano  preti  minori  e  diverta 
del  tutto  ai  28  preti  cardinali  magnali 
e  senato  della  slessa  chiesa  romana,  che 
facevano  il  memorato  servizio  ebdoma- 
dario in  4  patriarcali  basiliche,  7  per  ca- 
dauna. Questi  arcipreti  minori  bensì  a- 
veano  preti  e  diaconi  nelle  loro  chiese, 
come  può  vedersi  in  Ciacconio,  Panvi- 
nio,  Tamagna  e  Nardi.  Per  esempio,  in 
vn  monumento  antico  si  trova  notato  : 
Setvus  Dei  Preshyter  in  ùlulo  s.  Cimieri- 
tis,  e  vi  si  vede  anche  l'arciprete  di  s.  Cle- 
mente ed  il  cardinal  preledi  s.  Clemen- 
te ;  così  dicasi  di  altri  titoli,  ove  vedon- 
si  preti,  l'arciprete  e  il  cardinale  tito- 
lare del  titolo  ,  e  questo  solo  assume  il 
titolo  di  cardinale  prete.  Nel  pontificalo 
di  s.  Simmaco  del  499>  l'arciprete  car- 
dinale era  allora  Lorenzo  ùluli s.  Praxe- 
dis  e'eoutemporaneamente  vi  si  vedono 
altri  preti  nello  stesso  titolo,  come  vari 
se  ne  vedono  in  ciascun  titolo,  in  guisa 
che  i  titoli  erano  a  quell'epoca  28,  ed  i 
preti  ivi  mentovati  68  :  i  preti  cardinali 
occupano  il  i.°  posto,  gli  arcipreti  il  2.0, 
laonde  si  deduce  che  gli  arcipreti  erano 
minori  de'prcti  cardinali,  ina  dopo  il  car- 
dinal titolare  di  quel  titolo  erauo  i  capi 
delle  collegiate  e  per  questo  titolo  ono- 
rati, per  dignità  rispetto  ai  preti  inferio- 


PRE  189 

ri,  de'quali  egli  era  il  i.°  e  ne  tenea  cu- 
ra. Arroge  quanto  leggo  in  Crescimbe- 
ni,  Istoria  di  s.  Giovanni  a  porta  Lati' 
na  p.  368,  parlando  della  differenza  tra 
i  cardinali  preti  de'titoli  di  Roma  e  gli 
arcipreti  de'medesimi  titoli,  alfermamlo 
che  essi  non  erano  né  cardinali,  ne  tito- 
lari, ma  capi  de'collegi  o  per  meglio  di- 
re delle  collegiate  in  essi  titoli  esistenti, 
e  a  differenza  del  prete  cardinale,  appel- 
lato prete  del  titolo,  si  chiamavano  ar- 
cipreti nel  titolo,  nella  qual  guisa  si  di- 
cevano anche  i  preti  che  loro  erano  su- 
bordinati, comesi  raccoglie  da  un  conci- 
lio romano  di  s.  Simmaco,  ove  si  leggo- 
no sottoscritti  3  col  medesimo  titolo  di 
s.  Anastasia,  cioè:  »  Anastasius  presb. 
card.  tit.  s.  virg.  et  mari.  Anastasiae  ". 
Quesloera  il  cardinal  titolare.  >•  Julianus 
archipresb.  in  titulos.  virg.  et  marf.  A- 
nastasiae".  Questo  era  l'arciprete."  Julia- 
nus presbyler  in  titulo  s.  virg.  et  mari.  A- 
naslasiae".  Questo  era  un  semplice  prete 
della  collegiata.  La  ragione  poiché  così 
si  chiamassero  e  sottoscrivessero,  la  reti- 
dePiazza,  Gerarchia  cardinalizia  p.328. 
»  Ed  è  da  singolarmente  osservarsi  che 
la  maggior  parte  de'titoli  cardinalizi  era- 
no collegiate  de'canonici  secolari,  nelle 
quali  erano  i  loro  arcipreti,  l'autorità  e 
la  prerogativa  dei  quali,  perchè  non  pa- 
resse competere  all'eccellenza  del  prete 
cardinale  nella  medesima  chiesa,  s'inti- 
tolavano non  arcipreti  della  detta  chie- 
sa, ma  arcipreti  in  essa;  e  li  preti  car- 
dinali, per  ragione  di  maggioranza,  chia- 
ma vansi  assolutamente  Preti  di  tal  titolo. 
Così  pure  li  preti  di  qualche  chiesa,  che 
fosse  titolo  di  cardinale,  non  si  chiama- 
vano Preti  del  titolo,  ma  Preti  nel  tal  ti- 
tolo." Talvolta  questi  arcipreti  si  trova- 
no detti  A rchipresby Ieri  titilli j  non  per- 
tanto può  concludersi  che  fossero  cardi- 
nali titolari,  mentre  gli  uni  erano  distinti 
dagli  altri,  come  ne  convince  l'intitola- 
zione della  bolla  o  lettera  di  s.  Gregorio 
1,  esistente  in  marmo  nella  Chiesa  de' ss. 
Gio.  e  Paolo,  in  cui  si  legge:  »  Gregorio* 


1 9o  PRE 

Episcopusservusservorutn  Dei.  Dilectis- 
simis  in  Christofìliis  Deusdedil Cardina- 
li, et  Johanni  Archìpresbytero  tiluli  ss. 
Jonnnis  et  Pauli  ".  JNel  concilio  romano 
del  5o2  l'arciprete  vero  della  chiesa  ro- 
mana o  sia  l'arciprete  cardinale  s'intitola 
Presbyter  cardinalis  in  titillo  s.  Silvestri 
Archipresbyler  S.  R.  E.,  cioè  non  arci- 
prete delle  basiliche  Laleranense  o  Va- 
ticana, o  di  un  titolo  primario  o  di  altra 
chiesa,  come  face  va  noi  ricordati  arcipreti 
minori,  ma  arciprete  della  s. romana  chie- 
sa, come  l'arcidiacono  appellavasi  Sedis 
apostoticae ovvero  S.  R.  E.,  non  mai  del- 
la diaconia  o  regione. 

L'arciprete  non  avea  un  titolo  che  fos- 
se fisso  al  primo  de'preti  cardinali, come 
non  eravialcunadiaconia  o  regione  fissa 
per  I'  arcidiacono  cardinalizio,  come  no- 
tai a  Diaconie  cardinalizie;  nondimeno 
Piazza  riconosce  per  i .°  titolo  cardi  indizio 
l'insigne  Chiesa  dis.  Mariani  Trastevere 
(Z^.),  che  ha  le  prerogative  d'  essere  la 
I."  in  Roma  dedicata  alla  B.  Vergine, co- 
me lai."  ad  essere  consagrata  da  unPa- 
pa  martire,  e  la  i  .a  Parrocchia  di  Roma 
(/^.).  AdeltoarticoIoCHiESAdichiaraiche 
il  titolare  era  pure  arciprete,  o  qualei.° 
prete  o  perchè  eravi  annessa  la  dignità 
arcipretale,  sebbene  in  progresso  di  tem- 
po fu  stabilito  dalla  consuetudine,  che  al 
cardinali.0  prete  venga  conferita  per  ti- 
tolo la  Chiesa  di  s.  Lorenzo  in  Lucina 
(A7.),  della  quale  e  del  palazzo  già  del  ti- 
tolare parlai  ancora  ne'vol.L,p.  72,  LII, 
p.  281,  essendo  per  la  l.1  in  Roma  de- 
dicata al  s.  arcidiacono  della  chiesa  ro- 
mana ,  dicendo  Piazza  che  in  compenso 
del  palazzo  i  Chierici  regolari  minori  as- 
segnarono al  cardinal  1 ,°  prete  annui  scu- 
di 800,  e  celebrandola  quale  uno  de'pri- 
mi  e  più  antichi  titoli  cardinalizi  e  pos- 
seduta dal  cardinal  1 .°  prete.  Anticamen- 
le  prestavano  l'accennala  assistenza  ebdo- 
madaria il  titolare  cardinale  di  s.  Maria 
in  Trastevere  la  domenica  in  s.  Pietro, 
il  titolare  cardinale  di  s.  Lorenzo  in  Lu- 
cina il  martedì  ins.  Lorenzo  fuori  le  imi> 


P  B  E 

ra.  Diversi  Papi  aumentarono  i  titoli  dei 
cardinali  preti,  e  Sisto  V  li  stabilì  a  5o. 
A  tempo  di  s.  Marcello  I  del  3o4  i  tito- 
li cardinalizi  erano  riguardali  come  dio- 
cesi, riferendolo  Anastasio  Bibliotecario. 
ATitoli  dico  che  i  cardinali  preti  vi  hanno 
giurisdizione  vescovile  o  quasi  vescovile, 
potendo  scomunicare  anche  nel  circonda- 
rio, benedire, conferire  benefizi  ecclesia- 
stici, anche  in  altre  chiese,  come  nel  voi. 
XII, p.  3  16,  ec.  AOzione  trattai  del  pas- 
saggio de'cardinuli  diaconi  all'ordine  dei 
cardinali  preti,  e  di  questi  a  quello  dei 
cardinali  vescovi  subui  bicari.  I  cardina- 
li preti  possono  essere  arcipreti  di  alcu- 
na basilica  patriarcale  (de'quali  tratto  ad 
Arciprete  delle  chiese  e  basiliche  pa- 
triarcali di  Roma,  e  meglio  negli  artico- 
li delle  medesime;  nel  voi.  XII,  p.  3o8 
riportai  che  venne  detto  Protopresbyler) 
e  ritenere  per  indulto  pontificio  il  titolo, 
come  al  presente  il  cardinal  Barberini  ar- 
ciprete Laleranense,  del  titolo  di  s.  Maria 
in  Trastevere; egualmente i  cardinali  ve- 
scovi suburbicari  perdispensa  apostolica 
possono  ritenere  in  commenda  il  titolo 
che  prima  aveano,  come  l'attuale  cardinal 
Brignole  vescovo  di  Sabina,  commenda- 
tario del  titolo  di  s.  Cecilia.  Un  cardi- 
nale dell'ordine  de'preti  può  oltre  il  tito- 
lo averne  altro  in  commenda,  come  fece 
il  cardinal  Fesch  (F.)  i.°  prete,  morto 
nel  1 839,  ciò  che  meglio  dichiarai  a  Com- 
menda, con  altri  analoghi  esempi.  A  Dia- 
conie cardinalizie  feci  menzione  di  alcu- 
no di  quei  cardinali  dell'ordine  de' dia- 
coni, che  a  un  tempo  erano  vescovi  or- 
dinari e  abbati  nullius;  di  que'  diaconi 
cardinali  che  si  ordinarono  preti  senza 
passate  a  quest'ordine;  di  que'  preti  che 
creati  cardinali  furono  posti  nell'ordine 
de' diaconi;  viceversa  de' cardinali  preti 
che  ricevettero  il  presbiterato  dopo  mol- 
ti anni  che  appartenevanoaU'ordine,non 
essendolo  quando  vi  furono  collocati  :  dis- 
si pure  delle  diaconie  conferite  per  tito- 
li presbiterali  ,  e  di  questi  dati  per  dia- 
conie. A  Ordinazioni  DE'PoHMWCiripor- 


PRE 
lai  il  numero  de' pie  li  ordinati  dai  Papi 
ne'primi  secoli.  I)  cardinale  i.°  prete,  co- 
me il  cardinale  i .°  diacono,  ne  godono  il 
titolo  ancorché  sieno  assenti  da  Roma  , 
ed  il  i.°  anche  il  titolo  presbiterale  di  s. 
Lorenzo  in  Lucina.  Vi  furono  cardinali 
primi  preti  che  non  ebbero  tale  titolo  : 
l'ultimo  esempio  lo  die  il  cardinal  B ran- 
ca doro  (F.),  arcivescovo  di  Fermo,  mor- 
to nel  1837.  I  cardinali  preti,  se  insigniti 
della  dignità  vescovile,  possono  consagra- 
re in  Roma  i  vescovi,  ed  esercitale  altre 
funzioni  proprie  del  grado  episcopale, co- 
me toccai  nel  voi.  LI,  p.  3oo  e  ne' rela- 
tivi luoghi.  Per  assenza  e  impotenza  del 
cardinal  1 .°  prete,  come  del  cardinal  i.° 
diacono,  il  più  antico  cardinale  dell'or- 
dine per  promulgazione  ne  esercita  le  ve- 
ci. In  sede  vacante  per  turno  tutti  i  car- 
dinali dell'ordine  de'preli  esercitano  l'uf- 
fìzio di  capo  d'ordine,  con  quelle  partico- 
larità che  notai  ai  citati  articoli.  Delle 
particolari  prerogative  dell'ordinede'car- 
dinali  preti ,  del  cardinal  1 .°  prete  e  dei 
preti  cardinali  discorro  ai  rispettivi  arti- 
coli. Nel  1780,  come  si  ha  dal  n.°  562 
del  Diario  di  Berna,  Pio  VI  stabilì  che 
in  mancanza  d'un  cardinaledella  Marca 
d'Ancona,  il  i.°  cardinale  prete  sia  pro- 
tettore della  cappella  Sistina  nella  Chie- 
sa dis.  Diaria  111  aliare  (/-" '.),  della  fina- 
le feci  parola  eziandio  nel  voi.  LII,p.  3o2. 
Anticamente  le  chiese  subui  bicarie  ve- 
nivano proposte  in  concistoro  dal  cardi- 
nali.0 prete,  dopo  averne  fatto  il  proces- 
so, ciò  che  ricordai  nei  voi.  X,  p.  1 5,  XV, 
p.  221.  A  Famiglia  de' cardinali  ed  a 
Palafreniere  dissi  quanto  spetta  alle  fa- 
miglie de'cardinali  preti,  massime  la  no- 
mina al  palafrenierato  o  compenso  per 
ogni  nuovo  Papa,  e  per  quando  muore  al- 
cun palafreniere,  pel  rimpiazzo  che  si  fa 
dai  primi  cardinali  preti. 

A  Cappelle  pontificie  ed  in  tutti  gli  ar- 
ticoli riguardanti  le  sagre  funzioni  ho  det- 
tagliatamente descritto  tutto  quanto  il  ri- 
guardante i  cardinali  preti,  quando  loro 
incombe  celebrare  pontili  calciente  inuau- 


PRE  191 

zi  al  Papa,  intuonare  i  vesperi  efare  le  al- 
tre funzioni,  con  le  particolarità  proprie 
d'ognuna, anche  assente  il  Papa.  Piazza 
nel  Menci,  remano,  p.  2 3, dice  che  i  car- 
dinali preti  solevano  nelle  feste  più  solen- 
ni celebrare  col  Papa,dal  quale  riceve  va  no 
anche  l'Eucaristia,  per  rappresentare  Ge- 
sù Cristo  nell'  ultima  cena  cogli  aposto- 
li. E  per  questo  celebrando  il  Papa  pon- 
tificalmente,! cardinali  preti  vestono  la 
Pianeta  [V.) ,  mentre  i  vescovi  porta- 
no il  Piviale  (che  prima  ne'  vesperi  as- 
sumevano tutti  i  cardinali,  ed  ora  i  car- 
dinali preti  nelle  funzioni  che  lo  prescri- 
vono, come  nelle  solenni  assoluzioni  dei 
Novendiali  pel  Papa  defunto)  perchè  as- 
sistono e  non  concelebrano.  Il  Nardi,  Dei 
parrochi,  tra  le  tante  nozioni  che  riporta 
sui  caldina  li  preti,  riferisce  che  anticamen- 
te nella  messa  pontificale  si  comunicavano 
i  vescovi,  cardinali  preti  e  diaconi,  e  for- 
se i  primari  prelati.  A  Cappelle  pontifi- 
cie parlai  ani  he  del  sedere  e  del  modo 
d'incedere  nelle  processioni.  In  mancan- 
za de'cardinali  diaconi  suppliscono  i  car- 
dinali preti,  come  per  Pasqua  1846  fece 
il  cardinal  Piccolomini  nel  porsi  lateral- 
mente all'altare  poco  prima  del  Pre/a- 
zio.  Leggo  nelle  Brevi  indicazioni  pei  ce- 
remonieri pontificii  che  in  qualunque  fun- 
zione, nel  caso  che  mancassero  cardina- 
li diaconi,  devonosuppliregli  ultimi  car- 
dinali preti,  ma  in  abiti  diaconali. Quan- 
do vi  è  un  solo  cardinale  diacono,  fa  da 
2.°  un  cardinale  prete  all'assistenza  del 
trono  del  Papa,  sebbene  nelle  altre  cose  i 
cardinali  preti  hanno  la  precedenza  sui 
cardinali  diaconi.  Se  oltre  i cardinali  dia- 
coni assistenti  al  trono  ve  n'  è  un  altro 
solo,  questi  siede  nello  stallo  de'cardinali 
preti,  dopo  l'ultimo  di  questi,  come  notai 
anche  nel  voi.  XIX,  p.  281.  Similmente 
nelle  processioni  se  vi  è  un  solocardinal 
diacono,  si  accompagna  con  l'ultimo  car- 
dinale prete.  Il  cardinale  1. "prete  in  tutte 
le  funzioni  pontifìcie  esercita  particolari 
incumbenze,assislito  dal  4-°  ceremoniere; 
a  ricapitolarne  le  principali  dirò.  Uno  de- 


192  PRE 

.gli  uffizi  del  cardinali.0  prete  è  di  som- 
ministrare I'  Incenso  [V.)  al  Papa  nelle 
messe,  vesperi, ed  in  qualunque  altra  cir- 
costanza, in  cui  debba  servire  1*  incenso, 
edi  porgergli  \' Aspersorio  (/^.Jcoll'acqua 
benedetta  quando  ne  debba  far  uso,  in- 
elusivamente  alle  benedizioni  della  Rosa 
d'oro  e  dello  Stocco  e  berrettone,  che  si 
fanno  nella  Camera  de'  paramenti  (F.). 
Tre  volte  nella  messa  de' vi  vi  somministra 
l'incenso,  cioè  la  i  .a  dopo  aver  resa  l'ub- 
bidienza si  Papa  e  salutati  i  cardinali  as- 
sistenti; la  2.a  quando  il  prelatodiacono 
ha  baciato  il  piede  al  Papa  prima  del  van- 
gelo; la  3."  quando  il  celebrante  ascende 
all'altare  dopo  aver  letto  l'offertorio.  Nel- 
le messe  de'morti  due  volte  somministra 
l'incenso,  cioè  dopo  letto  l'offertorio,  ed 
allorché  si  ripete  il  Libera  me  Domine  per 
l'assoluzione,  finita  la  messa.  Nei  vesperi 
somministra  l' incenso  quando  si  canta 
l'antifona  dei  Magnificai.  Riceve  sempre 
la  navicella  dell'incenso  dal  ceremonie- 
re,  prende  il  cucchiarino,  lo  bacia  e  nel 
consegnarlo  al  Papa  gli  bacia  l'anello  di- 
cendo: Benedicite  Beatissime  Pater,  me- 
no che  quando  il  ss.  Sagramento  è  espo- 
sto e  nell'assoluzione  de'morti,  nelle  qua- 
li circostanze  non  bacia  l'anello,  ma  di- 
ce: Benedìcite,  e  colle  medesime  forma- 
lità riprende  il  cucchiarino  e  postolo  nel- 
la navicella  restituisce  tutto  al  ceremo- 
niere. Incensa  il  Papa  genuflesso  (  per 
quanto  dissi  ne' voi.  Vili,  p.  248,  X,  p. 
266)  sull'ullimograclinodel  trono,quan- 
do  il  Papa  è  seduto,  1'  incensa  in  piedi 
quando  il  Papa  è  egualmente  in  piedi. 
Tre  volte  incensa  il  Papa  nelle  messe  dei 
vivi  :  la  1."  quandoè  compita  l'ubbidien- 
za de'cardinali  diaconi  ;  la  2.'  dopo  che 
ha  baciato  il  vangelo  ;  la  3.a  dopo  che  il 
celebrante  ha  incensato  l'altare  per  l'of- 
fertorio. Quindi  peli."  tra 'cardinali  vie- 
ne incensalo  dal  prelato  diacono,  al  suo 
posto  nel  ripiano  del  trono.  Nelle  messe 
ila  morto  incensa  il  Papa  una  sola  vol- 
ti», dopo  l'incensazione  del  celebrante. Nei 
vesperi  iuceusa  il  Papa  quando  questi  è 


P  I  E 

tornalo  al  Irono,  dopo  aver  incensalo  l'al- 
ta re.  Scende  ini  inedia  tamente  dal  suo  stal- 
lo dopo  aver  lai."  volta  nella  messa  dei 
vivi  somministrato  l'incenso  al  Papa  do- 
po la  sua  ubbidienza;  nella  2/ dopo  il  van- 
gelo va  al  suo  posto  nel  circolo  cogli  al- 
tri cardinali  quando  vi  sia  il  Credo,  ed 
allo  stallo  quando  vi  sia  il  discorso  :  in 
tutte  le  oltre  funzioni  nelle  quali  deve 
somministrare  l'incenso  o  l'acqua  bene- 
detta, ritorna  per  breviorem  in  mezzo  ai 
conservatori,  sempre  al  suo  stallo  quando 
il  Papa  ha  fallo  l'incensazione.  Per  l'as- 
sistenza al  Trono  {V.)  è  sempre  avver- 
tito ed  accompagnalo  dal  ceremoniere. 
Sul  ripiano  del  trono  siede  su  sgabello  a 
sinistra  del  Papa  voltando  le  spalle  all'al- 
tare,in  cappa  sciolta,  colla  berretta  in  ma- 
no e  col  capo  scoperto,  alquanto  distan- 
te dal  cardinal  2.0  diacono.Ogni  volta  che 
portasi  alla  delta  assistenza,  fa  prima  ri- 
verenza all'altare  e  quindi  al  Papa,  come 
dopo  incensato  il  Papa  torna  al  suo  stal- 
lo o  al  circolo  cogli  altri  cardinali,  fa  in- 
chino prima  al  Papa  e  quindi  all'altare. 
Assiste  al  trono  quando  si  canta  il  Glo- 
ria, l'Epistola,]' Evangelo,  il  Credo,  Y Of- 
fertorio fino  al  Fere  digiuna  ec.  del  Pre- 
fazio.  Nelle  messe  di  requiem  e  feriali  va 
all'assistenza  dopo  I'  orazione  quando  si 
canta  l'epistola.  Ne' vesperi  al  principio 
deli.0  salmo  fino  al  termine.  Altro  offi- 
cio del  cardinal  prete  assistente  è  di  som- 
ministrare al  Papa  la  Pace  della  messa 
(V.).  Falla  la  genuflessione  ulroque  ge- 
nti, dopo  aver  detto  al  circolo  de'cardi- 
nali l'Agnus  Dei,  è  avvertito  ed  accom- 
pagnato dal  ceremoniere  per  ascendere 
colla  cappa  distesa  all'  altare.  Ivi  giunto 
alla  destra  del  celebrante  genuflette  ulro- 
que. genti,  bacia  fallare,  riceve  la  pace  dal 
celebrante,  e  ripetuta  la  slessa  genuflessio- 
ne si  porta  al  trono  e  comunica  la  pace  al 
Papa  dicendo  :  Pax  tecuinj  e  quindi  senza 
fai  e  inchino  a'diaconiassislenlisceude/;*'/' 
breviorem  al  suo  stallo,  ove  dopo  esservi 
asceso,  comunica  la  pace  al  prelato  pieU: 
assistente  dell'altare  che  ivi  si  trova  in 


PRE 
piviale,  dicendogli:  Pax  tècum j  \tvi\  det- 
to prelato  la  comunica  al  cardinal  i.°  ve- 
scovo, al  cardinal  saprete*  ali."  de'car- 
dinali  diaconi  del  loro  stallo,  e  agli  altri 
personaggi.  Standoal  trono  per  l'assisten- 
za, sta  in  piedi  quando  fannoaltrettanto 
i  cardinali  diaconi  assistenti.  Mentre  il 
cardinale  i .°  prete  eseguisce  le  narrate  a- 
zioni,  il  detto  ceremoniere  sostiene  lo  stra- 
scico della  cappa.  Inoltre  nella  Lavanda 
delle  mani  (/'.)  del  Papa  spelta  al  car- 
dinal i.°  prete  di  presentargli  in  un  piat- 
to il  manlile  o asciugamano, avendo  no- 
talo a  tale  articolo  quando  ciò  incombe 
al  cardinal  vescovo,  e  descrivendo  le  fun- 
zioni a  Cappèlle  pontificie  ,  ove  ripor- 
tai tutte  le  altre  azioni  e  assistenze  in  cui 
ha  parte  il  cardinal  i.°  prete,  principal- 
mente nel  canto  delle  Laudi  (fr.),  nella 
Consagrazione  o  benedizione  del  Papa  e 
nel  Possesso  (J7-.),  come  perla  benedizio- 
ne (\e'Pallii(Pr.).  Nei  vesperi  e  messe  pon- 
tificali del  Papa  il  cardinal  vescovo  de- 
cano o  altro  del  suo  ordine  funge  l'uffi- 
zio di  vescovo  assistente  all'altare  e  al 
trono, riunendo  ancora  gli  uffizi  del  cardi- 
nal i  ."prele.  Nel  concilio  romano  celebra- 
to da  Benedetto  XIII,  fece  da  prete  assi- 
stente un  cardinale  prete  in  piviale,  così 
quando  il  Papa  celebrò  la  solenne  messa 
pei  padri  del  concilio  defunti.  Notai  a  Pro- 
cessione che  recandosi  in  esse  il  Papa  a 
chiese  che  non  hanno  arci  prete  o  al  Irò  car- 
dinale persuperiore,il  cardinal  i /'prete o 
più  anziano  gli  presenta  a  baciare  il  Cro- 
cefisso, gli  somministra  l'aspersorio  e  lo 
incensa.  A  Concistoro  dissi  che  in  queslo 
dopo  il  cardinal  i.°  prete  sedevano  i  pri- 
mogeniti de're  e  le  regine.  Nel  vol<  IX,  p. 
19  riportai  il  significato  del  bacio  e  am- 
plesso dei  3  ultimi  cardinali  preti  ne'pon- 
tifìcali,  quando  vanno  incontro  al  Papa, 
che  dal  trono  ove  ha  intonato  l'ora  di  Ter- 
za s'incammina  processionalmente  all'al- 
tare. Qui  aggiungerò  che  il  bacio  e  am- 
plesso di  detti  cardinali  nell'altare,  e  de'  3 
primi  cardinali  diaconi  dopo  che  il  Papa 
tra  salilo  all'altare,  prima  d' incensarlo, 

VOL.   LV. 


PRE  H)3 

era  in  uso  anche  nella  domenica  delle  Pal- 
me, nel  sabbato  santo,  nel  giorno  di  Pa- 
squa e  nella  processione  di  sua  coronazio- 
ne,Come  si  ha  dal  Gallico,  Ada  caeremo- 
nialia.  A  Portogallo  notai,  che  il  car- 
dinal Enrico  divenuto  re,  ed  usando  in 
vece  della  corona  la  berretta  cardinali- 
zia, fu  detto  Prete-Re. 

PRETORE,  Praelor.  Nome  che  in  o- 
rigine  si  diede  a  molte  magistrature  pres- 
so i  romani,  anche  militari.  Si  disse  Prc- 
loria  la  dignità  del  pretore,  Praelura j 
Pretorio[V  ,)\\  luogo  dove  risiedeva  il  pre- 
tore a  rendere  ragione,  ed  anco  quartie- 
ree  padiglione.  Il  2. °  onore  del  magistra- 
to ordinario  fu  in  Roma  quello  del  pre- 
tore. Seguì  la  creazione  del  1 .°  nel  387  o 
388  di  Roma  in  Spurio  Furio  Camillo, 
per  amministrare  la  giustizia  e  per  due 
cause;  i.a  acciò  si  comunicasse  il  conso- 
lato de'patrizi  colla  plebe;  2."  per  giudi- 
care le  differenze  de'cittadini,  mentre  es- 
sendo! consoli  impegnati  in  continueguer- 
re,  non  potevano  assistere  a  ogni  cosa,  e 
perciò  il  pretore  poneva  le  bilancie  nelle 
sue  monete.  Bisognava  essere  di  famiglia 
patrizia  per  ottenere  la  carica  di  pretore; 
ma  nel  4'  7  di  Roma  vi  furono  abilitati 
anche  i  plebei  '.quando  il  popolo  nel387 
ottenne  che  uno  de'consoli  fosse  preso  dal 
suo  celo, avea  concesso  a'  senatori  il  pre- 
tore dell'ordine  de'patrizi.  Colla  istitu- 
zione di  questo  magistrato  diminuì  l'au- 
torità del  Prefetto  di  Roma  (  J7".).  Fu  crea- 
to il  pretore  ne'  comizi  delle  curie  colle 
medesime  facoltà  de'consoli,  e  perciò  tal- 
volta si  nominò  loro  collega.  Nel  5io  o 
5 1  1  di  Roma  si  aggiunse  altro  pretore  det- 
to Pellegrino  o  giudice  degli  stranieri,  che 
giudicasse  tra'  cittadini  e  pellegrini  ,  pél 
gran  numerodegli  stranieri  stabiliti  inRo- 
ma;  mentre  l'altro  doveva  giudicare  i  soli 
cittadini,  e  perciò  detto  Urbano,  cioè  giu- 
dice de'cittadini,  il  quale  avea  più  pote- 
re del  pellegrino.  Nel  5a6  furono  eletti 
due  pretori  pet'la  Sicilia edue per  la  Sar- 
degna; indi  anche  due  per  la  Spagna, do- 
po la  conquista  di  quelle  e  altre  regioni. 
i3 


j94  PRE 

Questi  pretori  delle  provincie  erano  ma- 
gistrati che  le  governavano  ,  che  ammi- 
nistravano la  giustizia  e  comandavano  le 
truppe  in  tempo  di  guerra  durante  l'an- 
no della  loro  magistratura.  Siila  nella  sua 
dittatura  enei  672  di  Roma  creò  due  altri 
pretori.  Essendo  varie  le  opinioni  sul  nu- 
mero de'pretori,  si  dice  che  Giulio  Cesare 
nelyoydi  Roma  necreòioepoi  aumentò 
di  altri  4  e  5,  ritornando  a  io  dopo  la 
sua  morte:  altri  dicono  chene  creasse  due 
soli  chiamati  cereales,  per  aver  cura  dei 
viveri  e  far  trasportare  in  Roma  il  fru- 
mento, mentre  altri  vogliouoche  fossero 
edili.  Augusto  ne  fece  1 2  e  successivamen- 
te 16  :  Claudio  ne  aggiuuse  due  che  giu- 
dicassero le  cause  de'fedecornmessi,  detti 
fedecommes sarti ,  perchè  li  giudicassero 
in  ultima  istanza,  ma  Brio  a  una  certa  som- 
ma. Di  questi  Tito  ne  levò  uno,  che  poi 
rimise  Nerva  acciò  giudicasse  tra'privati 
e  il  fiscoye  fu  chiamato  Fiscale.  M.  Au- 
relio istituì  il  pretore  tutelare  pei  delitti 
di  tutela.  Nella  decadenza  dell'  impero 
diminuì  il  numero  de'pretori,  ed  a'tem- 
pi  di  Valentiniano  e  Marciano  se  ne  crea- 
vano soli  3  ,  finché  furono  aboliti  sotto 
Giustiniano  Idei  527  di  nostra  era.  I  pre- 
tori erano  eletti  dal  popolo  convocalo  per 
centurie,  nel  i.°  giorno  dell'anno,  dopo 
aver  fatto  preci  e  offerto  unsagrifizioin 
Campidoglio.  Per  essere  pretore  bisogna- 
va avere  4°  anni.  Le  distinzioni  della  di- 
gnità de'  pretori  erano  primieramente 
l'accompagno  di  6  littori  co'fasci, almeno 
fuori  della  città  e  non  meno  di  2  :  ave- 
vano uffiziali  subalterni,  come  gli  scribi, 
gli  accensi   ec.   Vestivano  la  Toga  (/'.) 
pretesta  ornata  di  porpora,  come  i  con- 
soli ,  sedevano  nella  sedia  curule  in  tri- 
bunale ch'era  luogo  eminente,  ed  erano 
portati  in  sedia  d'avorio:  quando  con- 
dannavano a  morte  o  ad  altro  supplizio, 
lasciavano  la  veste  ordinaria  e  ne  vesti* 
vano  una  di  lutto.  Dall'  onore  della  di- 
gnità grande  di  questo  uflìzio  fu  chiama- 
to j'us  hoiiorarium;  Biondo  dice  il  preto- 
re urbano  3.°magislralodidignilàinRo- 


PRE 

ma.  Usavano  l'asta  e  il  coltello  o  spada, 
l'una  segno  di  giurisdizione,  l'altro  di  li- 
tigio o  questione.  Il  potere  de'pretori  era 
molto  esteso,  potevano  modificar  le  leg- 
gi, abrogarle  e  farne  delle  nuove,  donde 
avviene  che  nelle  leggi  romane  si  fa  spes- 
so menzione  dell'itilo  del  pretore.  Essi 
convocavano  il  senato  e  il  popolo,  quan- 
do lo  credevano  a  proposito;  in  una  pa- 
rola, quando  i  consoli  eranoassenti  e  an- 
davano a  comandar  le  armate,  essi  avea* 
no  tutta  l'autorità  in  Roma.  Spettava  a 
loro  registrare   i  nomi  degli  schiavi ,  ai 
quali  davasi  la  libertà, ed  aggiudicare  ai 
creditori  i  beni  dei  debitori  loro.  Erano 
altresì  i  protettori  delle  vedove  e  degli  or- 
fani. Le  matrone  romane  raduna  vansio- 
gni  anno  nel  loro  palazzo  pretoriale  per 
celebrarvi  la  festa  e  i  misteri  di  Cibele, 
a'  quali  era  vietato  sotto  pena  di  bando 
di  assistervi  gli  uomini.  Ai  pretori  era  af- 
fidata la  cura  de'sagrifizi  che  si  facevano 
a  spese  pubbliche,  comede'giuochi,  mas- 
sime que'  del  circo,  come  i  Megalensi,  i 
Floreali  che  si  eseguivano  con  grande  spe- 
sa e  pompa  facendosi  de'regalijdi  esigere 
sarta  teda  ,  essendo  la  censura  vacante, 
con  ordine  del  senato  :  l'uffizio  più  spe- 
ciale era  la  giurisdizione,  laonde  e  pei  mol- 
teplici uffizi  non  potevano  assentarsi  da 
Roma  che  per  io  giorni.  Consisteva  la 
giurisdizione  in  lutti  i  giudizi  privati  o 
pubblici  :  ai  privati  presiedevano  l'urba- 
no e  il  pellegrino;  ai  pubblici  aulicamen- 
te assisteva  il  popolo,  che  per  esercitare 
la  giudicatura  creavano  il  questore  o  il 
dittatore;  i  triumviri  giudicavano  i  servi 
e  quelli  d'infima  condizione  ;  gli  edili  le 
cose  spettanti  al  loro  offizio.  Aumentati 
gli  affari  della  repubblica,  fu  stabilito  nel 
6o5  di  Roma,  che  i  due  pretori  urbano 
e  pellegrino  esercitassero  la  consueta  giu- 
risdizione nelle  cause  privale  de'  parti- 
colari, e  gli  altri  4  soprintendessero  al- 
le questioni  delle  cause  capitali  di  delit- 
ti pubblici,  decretale  dal  senato  e  dette 
perpetue.  Le  prime  questioni  perpetue 
furono  quelle  delle  estorsioni  commesse 


PRE 
dai  magistrati  e  dai  giudici;  l'ambito  os- 
sia il  broglio;  i  delitti  di  lesa  maestà  ro- 
mana o  contro  il  popolo  e  la  libertà  ,  o 
contro  i  privilegi  de'romani;  il  peculato 
o  furto  del  denaro  pubblico;  i  titoli  delle 
quali  sono  detti  \n  Ialino: de  Rrpctundis, 
de  Ambi  tu,  deMajeslale>  de  Peculato,  e 
varie  altre:  Siila  aggiunse  quelle  del  Fai 
so,\\  qual  giudizio  si  estendeva  contro  gli 
adulteratori  della  moneta,  sicari,  parrici- 
di, venefici.  I  pretori  si  dividevano  a  sor- 
te le  questioni  risolute  nel  senato,  e  molte 
volte  due  pretori  presiedevano  ad  una 
causa, altre  volte  unonegiudicava  due.  Il 
pretore  urbano  era  il  più  onorevole  degli 
altri ,  come  conservatore  del  diritto  ro- 
mano ecustode  de'dirilti  de'quiriti,  e  dai 
suoi  editti  si  regolavano  gli  altri  preto- 
ri ;  perciò  fu  detto  maggiore  e  massi- 
mo :  d'ordinario  era  solo,  ma  la  molte- 
plicità delle  liti  obbligò  a  dargli  un  col- 
lega. Il  pretore  urbano  o  di  Roma  man- 
dava i  prefetti  alle  Prefetture  {V .)  d'  I- 
lalia.  Nel  principio  del  magistrato  il  pre- 
tore urbano  proponeva  la  formola,  cioè 
1'  editto,  secondo  il  quale  nell'anno  del 
suo  esercizio  dovea  giudicare  di  quelle  co- 
se spettanti  alla  sua  giurisdizione,  edillo 
che  rinnovandosi  ogni  anno  era  detto  leg- 
ge annua.  Ma  perchè i  pretori  o  per  far 
grazia  o  per  ambizione  soventeabusava- 
no  e  non  giudicavano  a  dovere,  nel  686 
di  Roma,  a  raffrenarli, dalla  legge  Corne- 
lia di  C.  Cornelio  tribuno  della  plebe,  fu 
ordinato  che  i  pretori  dovessero  onnina- 
mente giudicare  a  tenore  dell'  editto  da 
essi  pubblicalo.  A  tempo  d'Adriano, Sai- 
vio  Giuliocosommogiureconsullo  raccol- 
se in  un  volume  tutti,  gli  editli  de'preto- 
ri.  II  pretore  esercitava  la  sua  podestà  col- 
le parole  :  Do,  Dico,  Abdico,  che  espri- 
mevano la  sua  giurisdizione.  La  i .'  signi- 
ficava la  podestà  de  beni,  delle  possessio- 
ni, delazioni, ec;  la  2.a della  ragioneo sen- 
tenza da  darsi;  la  3.*  di  giudicare  e  d'e- 
seguire. Giudicava  il  pretore  nelle  cause 
leggiere  sedente  nel  tribunale, e  negli  af- 
fari più  rilevanti  o  per  decreto  o come  si 


TRE  191? 

suol  dire  de  plano  (o  ritto),  o  per  libello, 
e  ciò  faceva  ne'  giorni  nefasti,  perchè  le 
suddette  3parolesi  ponevano  ad  esecuzio- 
ne in  questi  giorni.  Tutte  le  suddette  co- 
se con  piena  podestà  furono  esercitate  dai 
pretori  nella  libertà  della  repubblica,  ma 
poi  negli  ultimi  dell'impero  non  rimase 
loro  altra  facoltà,  che  la  ispezione  de'giuo- 
chi  e  pubblici  spettacoli,  essendosi  prefet- 
ti (F.)  del  pretorio  usurpate  tutte  le  loro 
funzioni.  A  questi  pretori  successero  i  Po- 
destà, Governatori,  Giudici  [V.)  e  altri: 
vedi  pure  Tribunale,  Legge.  In  fatti  l'A- 
dami, Storia  di  Volseno  t.  2 ,  p.  124  e 
seg.,  nel  parlare  delle  diverse  specie  de- 
gli antichi  pretori  e  loro  uffìzi,  di  quel- 
li dell'Elruria  e  dell'Umbria,  narra  che 
i  fiorentini  nel  1 1 1 5  nel  nuovo  magistra- 
to vi  compresero  due  pretori  simili  a  quel- 
li degli  antichi  romani,  uno  urbano,  l'al- 
tro pellegrino  con  annua  podestà.  Ver- 
so questa  epoca  anche  di  versi  luoghi  del- 
lo stato  pontificio  istituirono  un  magistra» 
to  che  chiamarono  pretore.  A  Ravenna 
e  altre  città  di  Romagna  parlai  dei  loro 
pretori  ;  così  negli  articoli  delle  città  del- 
la Marca  dei  medesimi  magistrati.  Bai- 
dassini,  Memorie  di  Jesi,  parlando  a  p* 
388  de'podestà  (che  dice  originati  dopo 
cessato  il  dominio  de'  consoli,  soppresso 
da  Papa  Alessandro  III),  dice  che  eser- 
citando nelle  città  libere  poco  meno  che 
sovrana  autorità  ,  la  loro  corte  si  chia- 
mava pretoria  per  servizio  della  giusti- 
zia; che  neh  3oy  fu  pretore  di  Firenze 
un  Bisaccione  di  Jesi,  succeduto  da  Or- 
manno;  e  che  nel  1462  Angelo  Ghisi- 
lieri  jesino  andò  pretore  a  Lucca  e  la- 
sciò di  sé  gran  nome.  Calcagni,  Memo- 
rie storiche  di  Recanati,  p.  109,  raccon- 
ta che  tale  città  lungamente  si  governò 
a  repubblica,  poiché  dalle  memorie  an- 
tiche, che  cominciano  nel  i<±i5,  rilevasi 
ch'ebbe  la  dignità  di  pretore,  dei  duum- 
viri ed  altre.  Il  pretore  era  eletto  dal  con- 
siglio generale  e  godeva  decoroso  tratta» 
mento.  Dovea  essere  insignito  di  qualche 
carica  militare  ed  equestre;  dovea  tene- 


1 96  P  R  E 

re  due  giudici,  uno  de'  quali  fosse  slato 
laureato  in  legge  nelle  università  di  Bo- 
logna o  Perugia  o  Padova.  Avea  4  nota* 
ri, 4  staffieri,  2  paggi  e4  cavalli, coll'ob- 
bligodi  farne  la  comparsa  ogni  settima- 
na avanti  il  magistrato.  Il  giudice  delle 
appellazioni  riceveva  le  accuse  contro  il 
pretore  e  altri  magistrali.  Pel  manteni- 
mento della  pace  v'erano  4  deputati  det- 
ti Pennonieri,  ai  quali  il  pretore  dava  a 
ciascuno  una  bandiera  coll'arme della  cit- 
tà,alla  presenza  del  magistrato.  Ancheal- 
tre  città  ebbero  i  pretori ,  come  Osi/no 
(V.),  poiché  i  governatori  delle  città  e 
luoghi  dellostato  ecclesiastico  furono  chia- 
mati pretori.  Leoni,  Ancona  illustrata 
p.  221,  all'anno  i44-^>  dice  che  a  quest'e- 
poca pretore  e  podestà  era  la  stessa  cosa. 
In  moltissime  città  e  luoghi  dello  stato 
pontifìcio  in  progresso  di  tempo  essendo 
cessali  i  pretori,  Leone  XII  li  ripristinò 
uniformemente  nelle  Delegazioni  e  te- 
gazioni(F.),  proseguirono  sotto  Pio  Vili, 
e  Gregorio XVI  li  tolse,  per  quelle  prov- 
videnze narrate  a  detto  articolo. 

PRETORIO,  Praetorium.  Luogo  do- 
ve risiede  il  Pretore  (P.) ,  e  rende  ra- 
gione nel  tribunale.  Il  vocabolo  Pretore, 
Praelor,  derivando  dal  verbo  protette 
o  praeire s  come  osservano  Tito  Livio 
e  Cicerone,  significa  presidente,  coman- 
dante, generale  e  capitano  d'  armata  ;  e 
coloro  i  quali  comandavano  le  truppe  di- 
venivano giudici  delle  cause  civili  e  cri- 
minali durante  il  quartiere  d' inverno  o 
in  tempo  di  pace.  Per  questa  ragione  ap- 
punto cliiama vasi  pretorio  il  padiglione 
del  generale,  la  casa  del  pretore  e  il  luo- 
go ove  amministrava  la  giustizia,  il  quar- 
tiere dove  alloggiavano  in  Roma  i  preto- 
riani, guardia  imperiale  comandata  dal 
Prefetto  (J'.)del  pretorio,  col  quale  no- 
me si  chiamò  pure  il  luogo  o  tribunale 
di  tal  prefetto,  ovvero  la  sala  d'udienza 
per  la  giustizia  nel  palazzo  imperiale.  Pre- 
torioancornsi  disseil  luogo  o  palazzo  do- 
ve risiedeva  il  pretore  provinciale  e  do- 
ve i  magistrati  facevano  ragione;  in  ogni 


PRI 

città  romana  erane  uno.  Si  dà  nel  van- 
gelo il  nome  di  pretorio  alla  casa  del  go- 
vernatore di  Gerusalemme  (F .),  manda- 
tovi dai  romani  :  ivi  tenevasi  anche  il  tri- 
bunale di  giustizia  ,  dove  fu  presentato 
Gesù  Cristo.  Pretorio  si  disse  pure  la  ca- 
sa delle  sontuose  villeggiature  de'grandi 
di  Roma.  Il  pretorio  o  padiglione  o  ten- 
da del  capo  supremo  dell'  esercito  ,  era 
collocato  nel  sito  più  acconcio  a  soprav- 
vedere  tutto  il  campo  e  nel  mezzo  d'una 
piazza  quadra,  avente  negli  angoli  le  ten- 
de dell'esercito.  Nel  pretorio  il  generale 
adunava  gli  uffiziali  per  deliberare  e  di- 
sporre; ivi  stavano  le  aquile  delle  legio- 
ni, ivi  erano  le  are  o  altari,  ivi  era  il  tri- 
bunale ove  amministravasi  la  giustizia  ci- 
vile e  criminale  fra' soldati.  Per  segnale 
del  combattimento  ergevasi  sopra  il  pre- 
torio lo  stendardo  rosso. 

PREVALITANA.  Antica  provincia 
della  diocesi  deh' Mi  ri  a  orientale,  che  ta- 
ceva parte  dell'  antica  Macedonia ,  ed  e- 
stendevasi  da  Epidamno  alla  Dalmazia, 
comprendendo  gran  parte  della  Dalma- 
zia mediterranea.  A  tempo  di  s.  Gregorio 
I  avea  per  metropoli  Scodra  o  Scutari 
capitale  dell'  Albania,  chiesa  che  succes- 
sivamente passò  sotto  i  metropolitani  di 
Dormo,  di  Dioclea,  d'Anti vari, secondo 
YOriens  chr.  t.  2,p.  275. 

PREVESA.  r.  N.copoli  d'Epiro. 

PREVOSTO.  V.  Preposto. 

PRIA  o  PRIE  Renato  o  Reginaldo, 
Cardinale.  D'illustre  e  nobile  famiglia  di 
Bourges, datosi  ne' verdi  anni  alla  vita  ec- 
clesiastica ,  ottenne  la  dignità  di  grande 
arcidiacono  in  patria  ,  e  nel  i5o2  Ales- 
sandro VI  lo  fece  vescovo  di  Bajeux.  Giu- 
lio Il  a'4  gennaio  1 507  lo  creò  cardinale 
prete  di  s.  Lucia  inSeptisolio.  Si  diceche 
alla  nuova  di  sua  promozione  non  dasse 
segno  di  allegrezza,  ricevendo  le  insegne 
cardinalizie  in  Lione  nella  chiesa  de'do- 
menicani  dal  cardinal  d'  Amboise  ,  alla 
presenza  di  Luigi  XII.  Dipoi  a'9.4  otto- 
bre i5i  l  il  Papa  lo  depose  dalla  dignità 
cardinalizia  e  vescovile,  non  tanto  per  es- 


Pili 

sere  stato  uno  óV  Scardinali  autori  del 
conciliabolo  di  Pisa  {F-),  quanto  per  es- 
sere partito  da  Roma  senza  il  suo  permes- 
so ,  essendosi  obbligato  con  giuramento 
e  sotto  pena  della  privazione  di  qualun- 
que dignità  ecclesiastica  a  non  assentai*- 
sene.  Avendo  poi  detestato  e  condannato 
l'empia  con  venticola,  e  accettato  il  concilio 
generale  di  Letterario  V (P.),  fu  da  Leo- 
ite  X  restituito  a  tutti  gli  onori,  e  nel  i  5  i  \ 
trasferito  a  Limoges,  a  cui  era  stato  elet- 
to fin  dal  i5io  ,  ritardato  avendone  il 
possesso  le  li  ti  mosse  dai  competitori.  Do- 
po aver  celebrato  i  solenni  funerali  alla 
regina  Anna,  cui  intervennero  3  vescovi, 
morì  in  Beziers  nel  1 5 1 6.  Fu  sepolto  nella 
cappella  di  s.  Fausto  con  magnifico  epi- 
tau*ìo,nel  monastero de'cisterciensi  di  Pra- 
tea,  che  Jongelino  crede  ne  fosse  abbate. 

PRIENE.Sede  vescovile  di  Caria  sot- 
to la  metropoli  d'Efeso,  eretta  nel  V  se- 
colo e  da  alcuni  chiamata  Cadmaea,al' 
l'imboccatura  del  Meandro,  che  vuoisi 
patria  di  Biante,  uno  de'7  sapienti  di  Gre- 
cia. Riporta  4  vescovi  i'Oriens  chr.  t.  1, 
p.  717.. 

PRIGIONE,  Career.  Luogo  pubblico 
destinalo  a  custodirei  delinquenti,  e  tal- 
volta anche  gli  Schiavi  (f.) ,  ed  i  debi- 
tori se  obbligati  colla  persona,  o  per  truf- 
fa o  per  fallimento,  di  che  feci  parola  a 
Mercante.  Ad  Amburgo  le  pene  del  fal- 
limento fraudolento,  per  legge  del  seco- 
lo XIV  ,  in  cui  la  lega  anseatica  era  al 
colmo  di  sua  grandezza,  consistono  nel 
porre  sulla  porta  principale  della  borsa 
un  gran  cartello  nero,  in  cui  a  caratteri 
bianchi  è  il  nome  del  fallito,  indi  si  suo- 
na per  due  ore  la  campana  della  torre 
della  medesima,  delta  del  disonore:  an- 
ticamente il  carnefice  bruciava  sulla  piaz- 
za pubblica  le  lettere  di  cittadinanza  e 
le  patenti  di  commerciante  del  fallito. 
Delle  pie  istituzioni  per  l' aiuto  cari- 
tatevole de'  carcerati  e  prigioni  trattai 
in  diversi  articoli  ,  così  di  quelle  per  la 
redenzione  degli  schiavi  ;  avendo  notato 
a  Pasqua  que'carcerati  che  si  liberavano 


PRI  i97 

per  quella  festa.  In  tempo  delle  prime  Per- 
secuzioni (F.)  i  cristiani  celebravano  le 
sagre  adunanze  nelle  carceri.  A  Carcere 
parlai  delle  prigioni  di  diverse  nazioni,  e 
di  quelle  cui  soggiacquero!  Papi,  mas- 
sime de'  primi  secoli,  come  delle  carceri 
ove  furono  s. Pietro  (F~.)  e  s.  Paolo  (F.). 
A  Carceri  di  Roma  descrissi  le  antiche  eie 
pi  esenti,  in  uno  alle  benefiche  istituzioni 
a  favore  de'  prigioni,  di  che  riparlai  a  s. 
Girolamo  della  carità  ed  aGovERNATORE 
di  Roma,  dicendo  della  visita  graziosa.  Nel 
voi.  XL1X  notai  l'esonerazione  del  peso 
che  avea  l'ospedale  del  ss.  Salvatore  per 
le  carceri  Capitoline,  che  ora  non  esisto- 
no più;  nel  voi.  L,  p.  8  e  9  ricordai  i  luo- 
ghi ove  ragionai  del  luogo  pei  ragazzi  di- 
scoli, delle  prigioni  per  le  donne  di  mala 
vita  o  ree  di  delitti  comuni.  Inoltre  si  può 
vedere  Maresciallo, Luogotenente,  Ca- 
stel s.  Angelo,  Marina  e  Porti,  in  cui 
discorsi  de'bagni,  delle  darsene  e  delle  ga- 
lere. E  veramente  cosa  mirabile  che  Ro- 
ma cattolica  e  lo  stato  suo  furono  sem- 
pre alla  testa  de'  savi  e  veramente  pro- 
ficui progressi.  Così  prima  che  i  cittadi- 
ni di  Filadelfia  ponessero  mano  a  miglio- 
rare su  nuovi  metodi  ogni  specie  di  ca- 
se e  di  prigioni,  prima  che  apparisse  Io 
stabilimento  di  Gand,  e  che  i  desideriidi 
Howard  si  compissero  a  Glocester  ,  già 
in  Roma  il  gran  Clemente  XI  ne  avea 
dato  il  segnale  e  fruttuosi  saggi  nel  me- 
raviglioso carcere  di  s.  Michele.  Ora  neh 
le  carceri  di  Termini  o  Terme  Dioole- 
zianesi  proseguono  alacremente!  restau- 
ri cominciati,  tanto  per  le  sale  de'giova- 
netti,  quanto  per  quelle  dell'età  più  at- 
tempate. Delle  1  1  che  dovranno  essere 
rifatte,  6  sono  intieramente  compiute. 
Ciascuna  fu  resa  più  ampia,  e  potrà  con- 
tenere comodamente  sino  a  60  detenuti  : 
le  finestre  tolte  dalla  facciata  esteriore 
dell'  edilìzio  riescono  ai  cortili  interni  e 
ai  giardini  ;  e  con  ciò  le  sale  guadagna- 
no di  luce  e  di  aria  ;  ed  i  ventilatori  alti 
e  bassi  sono  già  stabiliti  da  per  tutto.  La 
cappella  nuovamente  costrutta,  fu  beue> 


K|8 


PIÙ 


<lella  nell'aprile  i85a.  A  Carceri  ecclk- 
siASTicnE,aCoRN£To  ed  a  Cellerario  tenni 
proposito  delle  prigioni  pei  chierici,  e  di 
quelle  del  Palazzo  Lateraneuse,  di  cui 
parlai  nel  voi.  XL1,  p.  245.  11  concilio  di 
Orleans  decretò:  quelli  che  sono  in  prigio- 
ne per  delillosaianno  visitati  ogni  dome- 
nica dall'  arcidiacono  o  dal  preposto  della 
chiesa,  per  conoscerei  lorobisogui  e  prov- 
vederli di  alimento  e  delle  cose  necessa- 
rie a  spese  della  chiesa.  11  concilio  di  Ver- 
neuil  dell'844  ordina  che  i  monaci  apo- 
stati saranno  custoditi  in  prigione.  Di  al- 
tre leggi  ecclesiastiche  trailo  a'  loro  ar- 
ticoli. Delle  prigioni  usate  dalla  Chiesa,  si 
ha  di  Antonio  Bombardini:  De  carcere 
ti  antiquo  ej'us  usu,  Pataviaei7i3.  Tra 
gli  studi  onde  si  rese  in  questi  tempi  co- 
sì benemerita  la  pubblica  economia,  oc- 
cupano un  posto  distinto  quelli  che  si  ri- 
feriscono al  miglioramento  del  sistema 
penitenziario.  La  condizione  dell'infelice 
che  sta  espiando  nel  carcere  il  proprio  fal- 
lo, ispirò  giustamente  un  allo  interesse 
diretto  a  potere  raggiungere  in  modo  più 
sicuro  il  supremo  fìue della  pena,  l'emen- 
da cioè  del  traviato.  Quindi  sotto  tale  a- 
spetlo  quelle  prigioni  denominate  Case 
di  forza  dischiusero  recentemente  un  va- 
sto campo  di  ufficiali  discussioni,  e  fra  le 
controverse  teorie  insorte  sulle  varie  ri- 
forme da  adottarsi  nel  loro  ordinameli- 
to,  una  sola  verità  fu  generalmente  sen- 
tita, quella  dell'utilità  del  lavoro,  il  qua- 
le mentre  con  giovamento  morale  rende 
più  sopportabile  al  condannato  la  dura 
azione  della  legge,  serve  anche  al  prospe- 
ramento del  suo  fisico  ,  togliendolo  dal- 
l'inerzia, e  inoltre  fa  del  detenuto  un  es- 
sere ancor  utile  alla  società,  quando  nel- 
l'ozio non  sarebbe  che  a  tulio  suo  peso. 
L'individuo  colpito  da  una  condanna,  nel- 
la sua  prigionia  non  ha  che  due  modi  per 
riparare  il  suo  passato  e  far  ritorno  al  be- 
ue,  la  religione  e  il  lavoro.  L'  ozio  è  per 
lui  la  causa  più  terribile  di  demoralizza- 
zione :  lo  degrada  e  serve  a  maturare  tut- 
ti i  pensieri  colpevoli  che  l'hanno  tiasei- 


PR1 

nato  al  delitto,  e  dà  agio  alla  sua  imma- 
ginazione di  meditare  di  continuo  nuovi 
misfatti.  Accordandosi  la  metà  del  gua- 
dagno a  favore  del  recluso,  affinchè  all'e- 
poca specialmente  della  sua  liberazione 
si  trovi  provveduto  di  quanto  basta  al 
primo  momento,  per  non  dovere,  rien- 
trando in  seno  della  società,  trovarsi  e- 
sposto  all'imperiose  necessità  della  vita, 
e  per  esse  far  ritorno  al  delinquere.  Sui 
nuovi  sistemi  penitenziari  scrisse  ancora 
il  cooim.1  Primo  Ronchivecchi ,  //  /mo- 
vo stabilimento  penitenziario  in  Firenze , 
Vienna  1  843.  Sulla  prigione  dello  Spiel- 
berg e  dello  stato  attuale  di  altre  prigio- 
ni, con  alcuni  cenni  sull'origine  e  progres- 
so chi  miglioramento  della  disciplina  dei 
stabilimenti  penitenziari  in  Inghilterra  e 
in  America,  col  rapporto  intorno  al  con- 
gresso scientifico  di  Gratz,  Firenze  1 844- 
Considerandola  Francia  che i condannati 
racchiusi  nelle  galere  gravitavano  sull'e- 
rario d'un  peso  enorme,  si  depravavano 
ognor  più  e  minacciavano  di  continuo  la 
società,  di  recente  adottò  il  sistema  della 
deportazione  pei  condannati  in  perpetuo 
ed  a  tempoai  lavori  pubblici  detenuti  nel- 
le darsene  e  altrove.  Con  questi  provve- 
dimenti rese  le  pene  di  tali  lavori  più  ef- 
ficaci ,  più  morali,  meno  dispendiose  al 
governo,  più  utili  al  progresso  delle  sue 
colonie,  ed  eziandio  più  umane  per  aver 
liberati  dal  carcere  quelli  che  aderirono 
all'invito  di  andarvi.  Quindi  fu  stabilita 
la  Gujana  francese  nell'  isola  di  Cujenna 
(di  cui  a  Prefetture  apostoliche)  del- 
l'America meridionale,  per  sede  degli  sta- 
bilimenti penitenziari  della  Francia  ,  ed 
ivi  si  trasportarono  le  galere  che  detur- 
pavano anche  la  metropoli,  siccome  cli- 
ma salubre  ,  con  suolo  fertile  e  proprio 
pei  l'esigenza  di  questo  novello  ordine  di 
cose.  Siffatti  stabilimenti  penitenziari  o 
carceri  più  miti  sono  circoscritti  e  isolati 
con  tutte  le  norme  volute  dal  buon  or- 
dine e  dalla  sicurezza  della  colonia,  non 
che  dalla  morale  e  dalla  religione,  pei  sag- 
gi regolamenti  peniteuziari ,  pei  quali  il 


IPRI 
tenuto  diesi  diporta  bene  è  nella  pos- 
sibilità di  divenir  proprietario  del  suolo 
da  lui  stesso  fecondato. 

PRIGIONI  ROMANI.  Sotto  questo  ti- 
tolo  il  Buller  riporta  a'9  di  aprile  la  festa 
di  molti  confessori  cbe  soffrirono  il  mar- 
tirio nella  Persia.  Avendo  i  persiani  fatto 
una  scorreria  nel  territorio  de'cristiani, 
presero  d'assalto  il  castello  di  Betzardo 
sopra  il  Tigri,  e  trucidatane  la  guarnigio- 
ne, fecero  qooo  prigioni,  che  condussero 
seco  loro.  Fra  questi  prigioni  trovavan- 
si  il  vescovo  Eliodoro,  Dausas  e  Marim- 
be vecchi  preti,  parecchi  altri  ecclesiastici 
e  gran  numero  di  monaci  e  religiosi.  Essi 
radunavansi  ogni  dì  con  Dausas,  che  E- 
Jiodoro,  morto  lungo  il  viaggio,  avea  or- 
dinato suo  successore,  ed  assistevano  alla 
celebrazione  de'divini  misteri.  Arrivati 
sulIefrontiered'Assiria.fu  intimato  a3oo 
-di  loro  di  adorare  il  sole,  ovvero  disporsi 
a  morire.  Soli  i5  apostatarono,  ma  gli 
altri  275,  perseverando  costantemente 
nella  confessione  di  loro  fede,  furono  tru- 
cidati in  un  col  vescovo  Dausas,  l'anno 
362  diG.  Ce  53  del  regno  di  Sapore  II. 
Mg.r  Assemani  pubblicò  i  loro  atti  origi- 
nali, scritti  in  lingua  caldaica.  Lo  stesso 
Butler  a'  6  di  detto  mese  e  sotto  detto  re 
riporta  i  Martiri  dell' Adiabene.  A  Mar- 
tiri parlasi  di  quo'  martiri  e  degli  altri 
martiri  i  cui  nomi  nella  maggior  parte 
s'ignorano  o  perchè  sono  conosciuti  ge- 
neralmente con  tali  speciali  denomina- 
zioni. V.  Persia  e  Persecuzionb  della 
CniESA. 

PRIGNANO  MORICOTTI  France- 
sco, Cardinale.  Napoletano  o  secondo  al- 
cuni da  Vico  diocesi  di  Pisa  ,  nipote  di 
Urbano  VI  come  figliodella  sorella,  pri- 
micerio e  poi  nel  1 363  arcivescovo  di  sua 
patria  Napoli,  a' 18  o  28  settembre  1 3 78 
fu  dallo  zio  creato  cardinale  prete  di  s.  Eu- 
sebio, poi  vescovo  di  Palestrina  e  reggen- 
te della  cancelleria  in  luogo  del  vice-can- 
celliere cardinal  Monturco  che  ricusò  da 
Avignone  portarsi  a  Roma.  Qualelegato 
di  Marittima  e  Campagna,  e  del  Pati  imo- 


PRI  m 

nio,  con  energia  difese  quelle  provincie 
dalle  scorrerie  dei  soldati  dell'  antipapa 
Clemente  VII.  Ne'molti  viaggi  di  Urba- 
no VI  fu  sempre  indivisibile  suo  com- 
pagno, ad  onta  della  turbolenta  condir 
zione  de' tempi.  Dopo  di  essere  interve- 
nuto all'elezione  di  Bonifacio  IX,  mori 
neh  394  in  Asisi  ove  trovavasi  la  curia, 
e  trasferito  a  Pisa  fu  sepolto  presso  il  co- 
ro di  quella  primaziale  o  nella  sagrestia 
con  breve  iscrizione,  che  mostra  l'errore 
d'Ughelli  e  Lucenzi  che  lo  dissero  mor- 
to nel  i383. 

PRIMA.  Così  chiamasi  la  prima  delle 
Ore  canoniche  {T'.).  Dice  Macri  che  si 
deve  dire  nel  nascer  del  sole  (fu  stabili- 
to di  cantarsi  appena  spuntalo  il  giorno, 
come  indica  1*  inno  Jam  lucis  orto  side' 
re),  e  fu  istituita  prima  de'tempi  di  Cas- 
siano  ,  facendone  menzione  s.  Clemente, 
Const.  apost.  lib.  8,  e.  4o,  e  s.  Atanasio, 
de  Virg.  I  canonisti,  De  celebr.  Miss.  e.  1 , 
dicono  che  l'ora  prima  si  recita  in  me- 
moria della  risurrezione  del  Salvatore  ; 
ma  però  i  ss.  padri  comunemente  ten- 
gono che  risuscitasse  verso  la  mezzanot- 
te o  circa  l'aurora.  Si  può  ben  dire  che  • 
nell'  ora  di  prima  fosse  manifestata  alle 
sante  donne  dall'Angelo.  In  questa  me- 
desima ora,  al  riferire  di  Ruperto,  Cristo 
fu  sputacchiato  e  percosso  con  schiaffi,  e 
inoltre  condotto  al  preside  Pilato.  Le  ru- 
briche degli  uffizi  divini  dicono  che  que- 
sta ora  fu  detta  Prima,  perchè  si  recita- 
va nello  spuntar  del  sole,  eh 'è  la  prima 
ora  del  giorno.  Mazzinelli,  Uffizio  della 
settimana  santa,  parlando  di  quest'  ora 
nel  giovedì  santo,  osserva  che  fu  antico 
costume  nella  Chiesa  che  a  dì  nascente  si 
radunassero  i  fedeli  pe'divini  uffìzi,  e  fu- 
rono dette  Prima  quelle  preghiere  che  si 
facevano  spuntato  ilsole.  Benché  ciò  non 
si  dica  e  non  si  faccia  nel  tempo  di  Pas- 
sione, pure  è  bene  sapere  che  la  Chiesa 
per  fare  un  degno  e  cristiano  impiego  del 
tempo,  chiede  negli  altri  uffizi  sulle  pri- 
me ore  del  giorno  la  benedizione  sopra 
le  opere  nostre  da  quel  Dio,  che  nel  prin- 


200  PRI 

cipio  appunto  de'  tempi  benecTi  i  giorni 
della  prima  settimana,  ed  in  essi  tutti  gli 
anni  che  sarebbero  venuti  appresso;  e  col- 
Ja  benedizione  lo  prega  di  darle  lume  e 
fòrza  di  camminare  rettamente  nelle  vie 
de'suoi  santi  comandamenti,  per  giunge- 
re al  conseguimento  dell'eterna  beatitu- 
dine, per  mezzo  de'soccorsi  del  suo  di  vi- 
no liberatore.  Garampi,  Memorie ^p.3  19, 
parla  de'riti  nell'assoluzione  del  capitolo 
dopo  Prima.  Diclich  dice  che  questa  ora 
canonica  si  deve  recitare  dopo  levato  il 
sole  per  dovere  in  coro,  e  perconseguen- 
za  extra  chorum.  Ceillier  t.  6  ,  p.  384 
confutò  solidamente  Bulteau,  il  quale  nel- 
la sua  Storia  monastica  d'oriente,  lib.  2, 
avea  osato  dire  che  l'ora  di  Prima  era 
sconosciuta  al  tempo  di  s.  Basilio  ai  mo- 
naci di  Cappadocia,  mentre  quel  santo 
ne  parla  nella  regola  3j.* 

PRIMATE,  Frimas,  Antistes.  Dignità 
ecclesiastica  e  principale  che  soprasta  agli 
altri,  cioè  sopra  i  metropolitani,  gli  ar- 
civescovi e  vescovi  delle  provincie  sogget- 
te alla  sua  giurisdizione,  dicendo  Macri  e 
citando  l'autorità  di  Papa  s.  Anacleto  del 
io3,  Epist.  3,  ad  Episc,  che  alcune  vol- 
te era  chiamato  Patriarca (V.),  alla  qua- 
le dignità  è peròinferiore.  Il  nome  di  prir 
mate,  che  porta  con  sé  un  titolo  di  digni- 
tà, non  s'introdusse  nella  Chiesa,  secondo 
alcuni,  che  qualche  secolo  dopo  lo  stabi- 
limento del  cristianesimo;  così  i  nomi  di 
Arcivescovo,  Patriarca  e  Papa{Pr.).  I  ca- 
pi delle  chiese  più  distinte  si  contenta- 
vano ne' primi  tempi  della  sola  denomi- 
nazione di  Vescovi  (V.),  ch'era  loro  co- 
mune coi  capi  delle  sedi  meno  conside- 
revoli :  amala  pena  i  prelati  delle  prima- 
rie città  assumevano,  benché  di  rado,  quei 
titoli  :  alla  fine  poi  l'uso  prevalse,  e  chia- 
mossi  arcivescovo  o  metropolitano  il  ve- 
scovo della  principale  città  di  ciascun  di- 
stretto. Fu  dato  il  nome  di  Primate  odi 
arcivescovo  a  quelli  ledi  cui  sedi  trova- 
vansi  collocate  nelle  città  che  tenevano 
il  rango  di  capitali  relativamente  a  mol- 
li distretti.  1  vescovi  delle  città  eh'  era- 


PRI 

no  esse  medesime  considerate  come  ca- 
pitali relativamente  a  moltegrandi  pro- 
vincie o  regni,  furono  chiamati  patriar- 
chi. La  loro  autorità  e  la  loro  giurisdi- 
zione estendevasi  anche  sui  primati  e  ter- 
minò coll'assoi  bire  intieramente  1'  auto- 
rità di  questi  ultimi.  Fu  particolarmen- 
te della  chiesa  greca  o  d'  Oriente  che  le 
suddette  dillerenli  denominazioni  furono 
ammesse  anche  con  altri  titoli.  La  chie- 
sa latina  continuò  per  lungo  tempo  a  di- 
stinguere i  vescovi  delle  primarie  sedi  col- 
la qualità  di  arcivescovi;  che  sei  nomi  di 
patriarca  o  di  primate  vennero  poscia  ri- 
cevuti anche  in  Occidente,  ciò  fu  però 
in  un  senso  meno  esteso  e  con  preroga- 
tive assai  inferiori  a  quelle  de'  prelati  ri- 
vestiti de'  medesimi  titoli  nella  chiesa  o- 
rientale  o  con  altre  equivalenti  denomi- 
nazioni. Inoltre  si  vuole  che  sebbene  si 
trovi  talvolta  il  titolo  di  primate  accor- 
dato ad  alcuni  vescovi  o  arcivescovi  del- 
la chiesa  latina,  quel  titolo  però  non  por- 
tava seco  gli  stessi  vantaggi,  come  aveva- 
no i  vescovi  orientali.  Altri  scrittori  so- 
stengono, come  dissi  ad  Arcivescovo  eM  e- 
tropolitano  ,  che  questi  furono  stabiliti 
dagli  stessi  apostoli  a  reggere  gli  allàri 
pubblici  o  comuni  di  parecchie  chiese  nel- 
le grandi  provincie.  Egualmente  sosten- 
gono che  i  primati  e  metropolitani  an- 
ticamente aveano  incerti  luoghi  una  giù-» 
risdizione  molto  estesa  sopra  le  loro  pro- 
vincie e  sopra  i  loro  suffragatici,  la  qua- 
le fu  poscia  ristretta  dai  canoni  entro  as? 
sai  angusti  confini.  Ella  sussiste  ancora, 
massime  ne'metropolitani,  in  alcuni  pun- 
ti; ma  la  discussione  delle  cause  maggio» 
ri  è  rimandata  o  ai  concilii  provinciali  o 
alla  s.  Sede.  La  giurisdizione  de'primati 
si  estende  sopra  molti  metropolitani;  ma 
essa  fu  pure  assai  ristretta  dai  canoni  e 
dagli  usi  particolari  :  vi  sono  molli  pri- 
mati che  lo  sono  di  solo  titolo.  L' anna- 
lista Rinaldi  all'anno  639,  n. "9,  ri  portan- 
do un  brano  d'  Anastasio  Bibliotecario, 
dicendo  che  in  Roma  i  primati  (forse  in 
senso  di  principe  eh'  è  sinonimo  di  pi  i- 


FRI 

male)  della  Chiesa  furono  mandati  in  esi- 
lio dagli  eretici  monoteliti  ministri  im- 
periali, pei  primati  della  Chiesa  egli  in- 
tende i  preti  e  diaconi  Cardinali  (F.),  per 
dignità  e  autorità  superiori  agli  altri.  Nar- 
di, Deiparrochi,  t.  2,  p.  170  e  171,  ri- 
ferisce che  altro  nome  d'  onore  partico- 
lare ai  cardinali  era  quello  di  Primi,  Pri- 
mates, anch'egli  riportando  il  memorato 
esilio  e  spiegando  omnes  Primates  eccle- 
siae  pei  cardinali,  secondo  l'addotta  os- 
servazione del  Binio:»>Presby  teros  et  Car- 
dinaie*  Diaconos,  qui  dignitate  et  aneto- 
ritate reliquosantecellunt  ";quindi  è  che 
5oo  anni  dopo  i  cardinali  sono  così  men- 
tovati nel  concilio  di  Compostella  del 
1 1  i4,  can.  18.  »  Pontifici  atque  aposto- 
licae  Sedis  Primatibus  referaturet  deter- 
tninetur".  Primi  sono  chiamati  i  cardi- 
nali da  s.  Martino  I  del  649  nella  lette- 
ra 1  5;  e  Primates  di  nuovo  in  Adriano  I 
nel  772  souochiamati.  A  Primiceriodel- 
ia  e.  Sede  dissi,  con  Cenni  e  Galletti,  me- 
glio Primati  e  Proceri,  il  2.0  grado  delle 
dignità  palatine  ;  anzi  parlai  ancora  dei 
primati  laici. 

Primaziale  chiamasi  il  titolo  e  la  di- 
pendenza de'primati;  quindi  sede  prima- 
ziale, chiesa  cattedrale  primaziale  e  me- 
tropolitana, autorità  primaziale  ec.  :  sic- 
come chiamasi  primazia  la  giurisdizione 
del  primate,  od  il  capoluogo  dell'  esten- 
sione territoriale  su  cui  esercita  il  prela- 
to primate  la  sua  autorità.  Questo  pri- 
mate, che  ha  una  superiorità  digiurisdi- 
zioue  sopra  metropolitani,  arcivescovati 
e  vescovati,  è  un  arcivescovo  {V.) ,  che 
come  notai  a  Gerarchia  ecclesiastica  e 
Metropolitano,  è  superiore  ai  metropo- 
litani, benché  questi  nella  frase  degli  an- 
tichi canoni  furono  denominati  primati. 
Quello  ch'è  nell'Occidente  il  primate,  è 
nell'  Oriente  1'  Esarca  (V.),  inferiore  al 
patriarca,  superiore  ai  metropolitani  e 
presidente  di  più  provincie  ecclesiastiche 
dette  Esarcalo.  Il  Mafriano  (V.)  è  una 
dignità  ecclesiastica  de'giacobiti, simile  a 
quella  de'primati  orientali,  poiché  pre- 


P R  I  MI 

siede  a  più  provincie  ecclesiastiche.  Aldo 
grado  ecclesiastico  della  gerarchia  orien  - 
tale  è  il  Cattolico  (^.),  dignità  patriar- 
cale, talvolta  denominata  primaziale.  Nel 
concilio  generale  di  Costantinopoli  I  tlel 
38  1  fu  dato  a  quel  vescovo  il  primato  do- 
po il  Papa  supremo  Gerarca,  ma  s.  Da- 
rnaso  I  non  l'approvò,  né  i  successori  fi- 
no ad  Innocenzo  III.  Tale  prerogativa 
l'ebbe  il  vescovo  di  Costantinopoli  per  la 
preminenza  della  città  imperiale.  Dice 
Sirmondo  che  l'origine  de'primati  deri- 
va dalle  grandi  Provincie^.)  suddivise 
dagl'imperatori,  che  le  une  nominavansi 
prime  (ciò  che  toccai  a  Metropoli)  e  le 
altre  seconde  0  secondarie,  terziarie,  ec; 
quindi  chiamaronsi  primati  i  metropoli- 
tani, cioè  i  vescovi  delle  città  eh'  erano 
capitali  della  provincia  avanti  la  divisto* 
ne,  e  perciò  superiori  trovavansi  ai  ve- 
scovi di  quelle  provincie  inferiori,  sepa- 
rate dalla  primaria  provincia.  I  primati 
furono  stabiliti  per  la  maggior  parte  nei 
regni,  perchè  una  giurisdizione  esercita- 
vano sui  vescovi  del  regno  medesimo. 

Papa  s.  Aniceto  del  167  dicesi  che  ab- 
bia decretato  che  niun  arcivescovo,  sen- 
za particola!'  prerogativa,  si  prendesse  il 
titolo  di  primate.  Papas.  Zeferinodel2o3, 
dice  l'Anastasio,  che  ordinò  che  nessun 
patriarca,  primate  ed  arcivescovo  potes- 
se sentenziar  vescovi  senz'autorità  del 
Papa.  De  /ure  divino  il  sommo  Pontefì.- 
ce(/^.)hail  Primato  {V!)  sopra  tutta  la 
Chiesa;  inoltre  è  patriarca  d' Occidente  e 
primate  d'Italia  :  il  VI  sinodo  lo  chiamò 
Primate  della  Chiesa.  Durante  il  corso 
de'  primi  secoli  il  vescovo  di  Cartagine 
(J7.)  assumeva  il  titolo  di  primate  d'A- 
frica ,  ed  era  indipendente  dal  patriarca 
d'Alessandria:  sui  primati  dell'Africa  può 
anche  vedersi  il  voi.  XL1V,  p.  3i6,  di- 
cendo Zaccaria,  in  africa  tot  erant  Pri' 
mates,quol  Provinciale.  Il  Terzi  pure  nel- 
la Siria  sacra,  p.  389,  descrive  il  prima- 
te di  Cartagine  e  la  sua  amplissima  giu- 
risdizione, immediatamente  soggetta  alla 
s.  Sede,  da  cui  riceveva  il  Pallio  (^-)> 


202  PRI 

insegna  d'onore  e  d'autorità  propria  an- 
cora dei  primati.  Sei  erano  le  provincia 
ecclesiastiche  subalterne  di  questo  pri- 
mate, ed  in  esse  si  numeravano  545  chie- 
se arcivescovili  e  vescovili  sulìraganee  , 
sebbene  Ferrari  non  gliene  ammise  che 
125.  Però  nell'Africa,  come  altrove,  tal- 
volta fu  dato  anche  il  titolo  di  primate 
al  vescovo  d'  un  semplice  luogo ,  o  per 
l'anzianità  dell'ordinazione  o  per  l'an- 
tichità della  chiesa,  perciò  eletta  chiesa 
madre  o  prima  sede.  Dal  Pontefice  s. 
Zosimo  I  del  4' 7  fu  fatto  vicario  o  pri- 
mate nelle  Gallie  (P.)  l'arcivescovo  di 
Reims,  ciò  che  confermò  Adriano  I  :  ciò 
che  concesse  s.  Zosimo  a  quello  d'Arles 
lo  dissi  nel  voi.  XLIV,  p.  3i8.Ne'primi 
XI  secoli  della  Chiesa  nelle  Gallie  fu  il  ti- 
tolo di  primate  un  semplice  titolo  d'  o- 
nore,  accordato  tal  volta  all'antichità  del- 
l'ordinazione e  talvolta  al  merito  perso- 
nale, ma  senza  alcuna  preminenza  e  su- 
periorità di  diritto.  Malgrado  tutto  il  cre- 
dito che  s.  Leone  I  erasi  giustamente  ac- 
quistato colle  sue  virtù  e  colla  sua  dot- 
trina, non  potè  riuscire  a  fare  accettare 
alla  chiesa  delle  Gallie  che  fossero  in  es- 
sa stabiliti  differenti  primati ,  dai  quali 
dovessero  dipenderei  vari  metropolitani. 
L'attaccamento  della  chiesa  gallicana  al- 
le sue  antiche  usanze  non  diede  accesso 
ad  una  tale  innovazione.  Avendo  s.  Ilario 
vescovo  d'Arles  deposto  dalla  sede  di  Be- 
sancon  Celidonio,per  I' Appellazione^.) 
che  questi  fece  a  s.  Leone  I,  fu  reintegra- 
to. Papa  s.  Simplicio  nel  482  fece  primo 
primate  della  Spagna  o  Andalusia  e  Por- 
togallo il  vescovo  di  Siviglia,  con  prero- 
gativa personale,  che  consisteva  nel  com- 
mettergli il  Papa  le  sue  veci  per  l'osser- 
vanza de'canoni,  come  dichiaraPagi,Z?/'ci\ 
Pont.,  e  senza  pregiudizio  de'  metropo- 
litani; e  come  dice  s.  Gregorio  I  nel  lib. 
5,  Epist.  54.  per  meglio  conservare  l'in- 
tegrità della  fede  cattolica  ,  per  togliere 
le  discordie  tra'  fratelli  e  per  definii*  le 
cause, dovendosi  le  più  importanti  ripor- 
tare alla  i.  Sede.  Papa  s.  Ormisda  del  5 1 4 


PRI 

coW'EpisL  a4  feCe  primate  dellaSpagna 
il  vescovo  di  Tarragona  ,  confermando 
quello  di  Siviglia  ,  con  prerogativa  per- 
sonale soltanto, ossiasuo  Sicario.  A  Me- 
tropolitano ricordai  i  contrasti  incomin- 
ciati nel  V  secolo  pel  primato  tra' vesco- 
vi d'Arles  e  di  Vienna.  Nel  545  Papa  Vi- 
gilio fece  primate  il  vescovo  d'Arles  nel 
regno  di  Francia  soggetto  a  Childeberto 
I ,  commettendogli  le  sue  veci  in  quelle 
Provincie,  ma  con  prerogativa  persona- 
le. Si  vuole  che  l'arcivescovo  di  Sens  otte- 
nesse iltitolodiprimatedaGiovanni  VI  II 
dell'872.  Alessandro  II  nel  1068  ornò  il 
vescovo  di  Lucca,  del  titolo  di  primate, 
ritenendo  egli  il  governo  di  quella  chie- 
sa. Alcuni  pretendono  che  prima  di  s.  Gre- 
gorio VII  deli 073  nonsi  conoscesse  nel- 
le Gallie  propriamente  l'autorità  di  alcun 
primate,  traune  i  titoli  o  qualche  nomi- 
na personale,  ovvero  di  vicario  o  Legato 
(ff.)  del  Papa  nella  regione  :  quel  Pon- 
tefice però  accordò  il  diritto  di  primazia 
all'arcivescovo  di  Lione  sulle  4  provincie 
lionesi,  cioè  di  Lione,  di  Rouen,  di  Tours 
e  di  Sensj  quindi  l'arcivescovo  di  Rouen 
ne  fu  sottratto  con  bolla  di  Calisto  II  del 
1 1 19  e  per  diritto  di  possesso  allegato  da 
quel  prelato,  nel  quale  fu  mantenuto  con 
decreto  del  consiglio  di  stato  del  1702. 
La  primazia  di  Bourget  sopra  il  vescovo 
di  Alby  come  primate  d'Aquitania  (per 
privilegio  fu  Patriarca,  V.)  fu  stipulata 
nel  1678  all'atto  dell'elevazione  del  ve- 
scovato d'Alby  in  metropoli,  e  indi  coli- 
fermato  con  provvisorio  decreto  sovrano. 
Tutti  i  suddetti  primati  di  Francia,  in  uno 
a  quello  di  Bordeaux,  non  ne  hanno  che 
il  titolo  e  lo  portano  ancora  perchè  alcu- 
ni de'loro  predecessori  hanno  una  volta 
goduto  delle  prerogative  che  vi  erano  ag- 
giunte :  altrettanto  dicasi  di  alcuni  pri- 
mati di  altri  stati  e  regni.  L'arcivesco- 
vo di  Lione  è  il  solo  in  Francia  che  eser- 
citi la  giurisdizione  primaziale.  Urbano 
li  nel  1088  dichiarò  primate  di  tutta  la 
Spagna  1'  arcivescovo  di  Toledo.  Di  al- 
tri primati ,  come  dell'  arcivescovo  di 


PIÙ 
Braga  pel  Portogallo,  dell'arcivescovo 
eli  Cantorbery  per  1'  Inghilterra  ,  del- 
l'arcivescovo  d'  Armagli  per  V  Irlanda 
(anche  lord  della  gran  Bretagna  ),  di 
Scozia,  di  Polonia,  d'Ungheria,  di  Ger- 
mania,  della  Dalmazia  eh' è  il  patriar- 
ca di  Venezia,  ec,  ne  tratto  ai  loro  ar- 
ticoli, [/ultimo  arcivescovo  primate  isti- 
tuito dalla  s.  Sede  è  quello  di  Costanti- 
nopoli (P~.),  pegli  armeni,  per  disposizio- 
ne di  Pio  Vili.  Giusta  la  vigente  disci- 
plina, i  primati  hanno  la  precedenza  su- 
gli arcivescovi  dipendenti  dalla  loro  giu- 
risdizione, convocano  e  presiedono  ai  co/i- 
cìUi nazionali  composti  de'loro  metropo- 
litani, e  giudicano  in  appello  delle  cau- 
te trattale  nelle  provincie  soggette  alla 
loro  primazia,  per  non  dire  di  altre  pre- 
minenze e  prerogative:  sul  sedere  ne'cou- 
cilii,  l'indicai  nel  voi.  XV,  p.  170,  178. 
11  Papa  Dell'inviare  l1 Encìcliche  o  Lette- 
re apostoliche  all'  episcopato  di  tutto  il 
mondo  cattolico,  usa  la  forinola:  »  Ad 
ouunes  Patriarchas,  Prirnales,  Archiepi- 
scopos  et  Episcopos,  VenerabilesFratres, 
Salulem  et  apostolica  in  henediclionem". 
Sui  primatisipossonoconsultare, Touias- 
sini,  Uc  benefic.  e.  3.  7.  8;  Leone  Ailazio, 
De  concord,  utriusqne  eccles.  lib.  1 ,  e.  a5; 
quelle  opere  che  citai  nella  biografìa  di  de 
Marca;  Zaccaria,  Onontaslicon  rituale, 
in  Fri  mas  ed  Exarchus. 

PRIMATO,  Primatus.  Diritto  di  oc- 
cupare il  primo  posto.  11  principaleluogo 
i>ì  d'onore,  si  d'autorità.  Per  diritto  e  i- 
stituzione  divinai!  Sommo  Pontefice  (F.) 
gode  il  primato  tanto  d'onore  che  di  giu- 
risdizione, ed  è  il  capo  augusto  di  tutta 
la  chiesa  universale  :  questue  venerando 
domina  di  fede  cattolica.  Essendo  egli  il 
Pastore  (f.)  di  tutta  quanta  la  chiesa 
cattolica,  ed  il  Successore  (F.)  del  prin- 
cipe degli  Apostoli,  ha  come  quello  l'i- 
slessa  sua  suprema  autorità  e  giurisdi- 
zione nella  medesima  :  quindi  tutti  i  Fe- 
deli (lr.),  senza  eccezione  veruna,  gli  de- 
vono rispetto  e  ubbidienza;  ed  è  perciò 
che  il  sagrosanto  concilio  generale  diTreu- 


PRI  ao3 

lo, conformemente  a  quanto  era  stato  già 
stabilito  in  quello  di  Firenze,  disse  e  de- 
cretò: Che  il  sommo  Pontefice  è  il  P'i- 
cario  di  Dio  (F.)  su  questa  terra  e  che 
ha  primazia  suprema  su  tutte  le  chiese. 
Sess.  6,  De  Reform.  cap.  i.Sess.i5,  De 
Poenit.  cap.  7.  Bergier  ,  Diz.  teologico  , 
co'comtnenti  del  p.  abbate  Biagi,  all'arti- 
colo Primato,  dice:  »  Alla  parola  Papa 
provammo  che  il  Sommo  Pontefice  iu 
qualità  di  successore  di  s.  Pietro  nella  se- 
de di  Roma,  ha  nella  chiesa  universale 
il  primato  non  solo  di  onore  e  di  prefe- 
renza, ma  di  autorità  edigiurisdizioue". 
Il  dotto  Zaccaria  ned'  Anti-Febbronio  o 
sia  Storia  del  primato  del  Papa  ne  pri- 
mi 8  secoli  della  chiesa,  par.  2.a,egregia- 
ineute  trattò  i  seguenti  punti  :  wll  Papa 
può  essere  sotto  vari  aspetti  considera- 
to, i  quali  aspetti  talvolta  furono  confu- 
si ne'loro  diritti.  Suo  primato  come  spie- 
gato da  Febbronio  {V.  Hontheim),  è  pri- 
mato di  vera  e  propria  giurisdizione  uni- 
versale, anche  sopra  la  chiesa  adunata  in 
concilio,  di  giurisdizione  immediata  so- 
pra tutta  la  chiesa.  Il  Papa  iu  virtù  del 
suo  primato  può  far  leggi  che  obblighi- 
no tutta  la  chiesa,  né  v'ha  mestiere  che 
la  chiesa  leaccetti  perchè  obblighino.  Co- 
me sia  soggetto  ai  canoni.  Non  può  es- 
sere spogliato  del  suo  primato  ,  che  ad 
altro  vescovo  si  trasferisca.  E'  infallibile 
nelle  decisioni  di  fede.  Tempora I  suo  do- 
minio,  se  abbia  contribuito  a  stabilirne 
la  spiritual  monarchia  (  V.  Sovranità* 
pontificia).  Se  il  suo  primato  sia  d'osta- 
colo alla  riunione  de' protestanti.  Disci- 
plina che  osservavano  i  Papi  nel  manda- 
re i  loro  decreti ,  o  dal  loro  Presbiterio 
(/^.),  o  da  un  concilio  romano.  Autori- 
tà  de'loro  detti  in  propria  causa".  Il  dot- 
tissimo p.  ab.  Cappellaio,  poi  gran  Pon- 
tefice Gregorio XVI,  nella  sua  opera:  77 
trionfo  della  s.  Sede  e  della  Chiesa,  magi- 
stralmente sviluppa  il  sublime  argomen- 
to del  pontificio  primato,  provandolo: 
Inseparabile  dalla  persona  del  Papa.  Al 
dogma  del  primato  è  essenziale  il  privi- 


ao  [  P  R  l 

\e»\o  dell'infallibilità.  La  distinzione  tra 
Sede  e  Pontefice,  introdotta  dai  novato- 
ri, tende  alla  distruzione  del  primato  del 
romano  Pontefice.  E'  intrinseco  al  pri- 
mato il  diritto  di  rappresentare  la  chie- 
sa e  1'  esercizio  libero  di  questo  diritto. 
Nel  voi.  i, serie  2.a,  p.  292  degli  anna- 
li delle  scienze  religiose  fu  pubblicato  uu 
monumento  prezioso  dell'antica  fede  del- 
la chiesa  d'oriente  sul  primato  della  chie- 
sa romana,  di  un  antico  patriarca  di  Co- 
stantinopoli, scritto  in  vasta  opera  gre- 
ca in  difesa  delle  sagre  immagini  contro 
gì'  iconoclasti,  anteriore  oltre  mezzo  se- 
colo allo  scismatico Fozio  e  contempora- 
neo a  quella  persecuzione.  La  nuova  pro- 
va alla  gravissima  autorità  che  ci  sommi- 
nistra la  vetusta  tradizione  su  tal  punto 
di  dottrina  dommatica,  dice  così  :  «  Fu 
radunato  il  Niceno  II  concilio  equissima- 
mente e  con  somma  legittimità;  poiché 
secondo  le  stabili  antiche  divine  regole, 
■vi  teneva  il  più  degno  luogo  e  presiede- 
va parte  notabile  dell'occidentale  supre- 
mo clero,  cioè  dell'antica  Roma;  senza  il 
quale  unni  domina,  che  nella  chiesa  si  e- 
sauiini,  quantunque  per  decreti  canonici 
e  per  sacerdotale  consuetudine  fosse  sta- 
to già  ammesso,  ciò  nulla  ostante  non  mai 
si  riguarderà  come  approvato  e  dedotto 
ad  assoluta  definizione  e  pratica  ;  impe- 
rocché quella  chiesa  gode  il  primato  del 
sacerdozio;  e  tale  dignità  ritiene  cornea 
lei  trasmessa  dai  due  supremi  apostoli  Pie» 
ti  o  e  Paolo  ". 

In  tutto  questo  mio  Dizionario  tratto 
del  primato  del  romano  Ponte/ice  (F '.), 
con  un  copioso  complesso  d'erudizioni,  sic- 
come immenso  e  sagro  argomento,di  que- 
sto domma  della  cattolica  fede;  ed  esso  è 
tale  che  non  ve  n'ha  di  maggior  impor- 
tanza per  la  Romana  Sede  e  per  Roma 
cristiana  e  papale,  vogliati]  dire  le  prero- 
gali ve  conferite  da  Cristo  a  s.  Pietro,  nel- 
le  quii  li  è  riposto  cjuel  di  vino  primato  d'u- 
nni e  ed  eccellenza  e  di  vera  su  prema  giu- 
risdizione nel  reggimento  della  chiesa  di 
Cristo,  indi  trasfuso  rte'romani  Pontefici 


PRI 

suoi  successori,  quale  organo  infallibile  di 
verità  costituito  da  Dio  a  salute  degli  uo- 
mini; onde  questa  Roma  (F.)  è  fatta  ca- 
po e  centro  del  cristianesimo,  vincolo  di 
comunione  e  maestra  universale  a  tutte 
le  genti, e  donde  scaturiscono  tutte  le  sue 
glorie  e  grandezze.  Non  debbo  qui  fare  da 
teologo,  pure  il  miglior  metodo  per  di- 
fendere la  religione  cattolica  e  il  suo  pri- 
mato, provarne  la  verità  e  celebrarne  le 
glorie,  è  il  raccontarne  la  storio.  Qui  dun- 
que mi  limiterò  ad  accennare  1'  analogo 
contenuto  di  alcuni  articoli,  che  indiche- 
rò in  piccole  maiuscole,  distinguendo  in 
carattere  corsivo  altre  voci,  alle  quali  pu- 
re  ne  tratto  ,  altrimenti  riuscirebbe  as- 
sai prolissa  una  completa  dimostrazione, 
in  raccogliere  qui  come  in  un  fuoco  tutti 
i  raggi  sparsi  in  questa  mia  opera  in  fa- 
vore dell'origine  e  natura  del  primato  e- 
sistente  nel  Papa  e  nella  sua  chiesa  ro- 
mana ,  per  le  testimonianze  che  ricaviti 
dalla  s.  scrittura  e  dall'ecclesiastica  e  uni- 
versale tradizione.  A  Chiesa  dichiarai  che 
il  Papa  è  il  capo  visibile  della  chiesa  mi- 
litante o  società  de'  fedeli,  sulla  terra  vi- 
cario di  Gesù  Cristo  che  ti' è  il  capo  in- 
visibile :  come  tale  fu  il  Papa  sempre  ri- 
conosciuto, e  denominato  nel  3.°  concilio 
generale  vescovo  Universale  (F.)  e  del- 
la chiesa  cattolica,  dicendo  degl'innume- 
rabili  epiteti  e  titoli  onorevolissimi  con 
cui  venne  chiamato  il  Pontefice  romano 
(anche  a  Nome  de'Papi).  Che  la  chiesa  è 
inoltre  indefettibile  e  noti  può  perire,  co- 
me una  per  lo  Spirito  santo  che  abita  in 
lei,  santa,  cattolica  e  apostolica,  com'è 
infallibile;  inutilmente  quindi  fu  combat- 
tuta la  chieia  cattolica  nel  suo  principio 
vitale  dell'unità,  sotto  il  governo  del  ro- 
mano Pontefice,  il  quale  n'è  il  centro.  Ag  • 
giungerò  che  s,  Marcello!  del  3o4  scris- 
se a'vesoovi  d'Antiochia,  chela  chiesa  ro- 
mana dovea  chiamarsi  primateecapodi 
tutte  le  altre,  e  che  niun  concilio  polca- 
si  celebrare  senza  l'autorità  del  Papa.  Il 
primato  della  latina  chiesa  è  anche  indi- 
cato nel  cauto  che  faceasi  in  Costantino- 


Pili 

poli  dell'Evangelo  latino  prima  del  gre- 
co ,  come  notai  nel  voi.  IX,  p.  2  r  ,  per 
quello  che  si  canta  in  Roma  ne'  pontifi- 
cali del  Papa.  A  Gerarchia  ecclesiasti- 
ca dissi  che  n'  è  supremo  Gerarca  (Tr.) 
il  Papa, gerarca  de'gerarchi;  ch'è  fonda- 
ta da  Gesù  Cristo  nel  principe  degli  apo- 
stolici.0 Pontefice  s.  Pietro,  alla  cui  bio- 
grafìa eziandio  parlai  del  suo  primato  e 
di  quello  de'  successori,  fonte  d'ogni  ec- 
clesiastica giurisdizione,  e  come  da  esso 
emani  l'armonico  ordinamento  di  tutta 
l'ecclesiastica  gerarchia,  per  le  due  pote- 
stà che  in  sé  riunisce,  di  ordine  e  di  giuris- 
dizione. A  Patriarca  osservai  che  il  Pa- 
pa è  il  patriarca  de' patriarchi,  pastore  e 
giudice  universale  di  tutte  le  chiese  e  di 
tutto  il  mondo,  come  lo  sarà  sino  alla  fi- 
ne de' secoli  ;  avendo  pure  il  concilio  di 
Firenze  riconosciuto  il  primato  della  se- 
de apostolica  su  tutta  quanta  la  terra, se- 
condo gli  altri  concilii  ecumenici.  Dell'au- 
torità principale  del  Papa  sopra  tutta  la 
cbiesa,  esercitata  eziandio  nel  conferma- 
re o  riprovare  le  elezioni  de'  patriarchi 
orientali;  come  dell'autorità  patriarcale 
de'Papi  sulle  elezioni  primaziali,  arcive- 
scovili e  vescovili  del  patriarcato  occiden- 
tale sempre  esercitata,  spettando  al  solo 
Papa  sciogliere  i  vescovi  dal  vincolo  spi- 
rituale che  hanno  colle  loro  chiese.  A  Pri- 
mate e  Metropolitano  egualmente  trat- 
tai della  supremazia  del  Papa  compren- 
sivamente alla  deposizione,  e  ne  riportai 
esempi;  riproducendo  l'opinamento  del 
p.  Amort,non  parzialissimo  della  papale 
giurisdizione,  ch'è  meglio  le  cause  de' ve- 
scovi si  giudichino  a  Roma,  che  ne'con- 
cilii  provinciali.  ACmAviragionai  di  que- 
sto simbolo  del  supremo  potere  spiritua- 
le di  legare  e  sciogliere^  di  aprire  echiu- 
dere il  cielo,  di  governare  la  chiesa  colla 
suprema  cura  pastorale  di  tutto  il  greg- 
ge Cri  stiano  j  siccome  attributi  del  Papa 
conferiti  da  Gesù  Cristo  nella  persona  di 
s.  Pietro,  come  solo  fondamento  e  capo 
della  chiesa  universale  ;  cioè  gli  diede  il 
primato  di  onore  e  il  primalodi  giuriseli- 


P  R  I  20? 

zione  tanto  sopra  gli  apostoli,  che  sopra 
la  chiesa  universale;  il  patronato  della 
casa  di  Dio,  la  tutela  delia  città  di  Dio; 
il  potere  di  emanare  leggi  spirituali ,  di 
confermare  i  suoi  fratelli  riuniti  o  disper- 
si nelle  loro  pasture;  poteri  tutti  di  cui 
godono  i  di  lui  successori  Pontefici  roma- 
ni, ai  quali  di  mano  in  mano  passa  la  cu- 
ra pastorale  del  cristianesimo.  Ne  ripor- 
tai gli  altri  significati,  anche  per  que'mo 
minienti  che  rappresentano s.  Pietro  con 
3  chiavi.  A  Fede  o  credenza  di  nostra  s. 
religione  rimarcai  che  le  decisioni  in  ma 
teria  di  fede,  fatte  dalla  chiesa  universa- 
le e  dal  Papa  ,  per  Condanne  di  errori 
(F'),  e  sui  donimi,  sono  di  fede.  A  Bea- 
tificazione e  Canonizzazione  riportai  co- 
me il  Papa  nella  pienezza  di  sua  autori- 
tà ordina  a  tutte  le  chiese  ed  a  tutti  i  fe- 
deli di  venerare  per  beati  e  santi  chi  ne 
crede  meritevoli:  può  vedersi  anche  Cul- 
to, Liturgia,  Riti,  per  l'autorità  die  vi 
esercita  il  Papa,  dottore  e  maestro  uni- 
versale. A  Disciplina  ecclesiastica  nar- 
rai che  appartiene  principalmente  al  Pa- 
pa il  modificarla  o  variarla  senza  cam- 
biare il  suo  spirito  e  l'esteriore  discipli- 
na, e  ciò  secondo  le  particolari  circostan- 
ze de'tempiede'luoghijCon  prudente  con- 
discendenza. A  Matrimonio,  sacramento 
e  unione  indissolubile  dell'uomo  e  della 
donna,  dimostrai  come  il  Papa  può  scio- 
glierlo e  accordare  il  Divorzio  (F.),  con- 
cedendo Dispensa  [V.)  dagl'impedimen- 
ti. A  Penitenziere,  Penitenziere  maggio - 
REj  Penitenzieria  trattai  della  podestà  di 
ritenere  e  rimettere  i  peccali,  dell'asso- 
luzione dei  casi  riservati  privativamente 
al  Papa,  inclusivamenle  ai  voli  religiosi, 
disciplina  antichissima  della  chiesa.  A  In- 
dulgenza tenni  proposito  della  remissio- 
ne della  pena  canonica  e  temporale  do- 
vuta pel  peccato ,  che  concede  la  chiesa 
a  mezzo  de'vescovi  e  del  Papa  con  potere 
di  giurisdizione  ;  ma  che  lutti  riguardo 
al  Papa  sono  convenuti,  ch'egli  solo  ab- 
bia senza  limiti  potere  e  autorità  di  con- 
cedere indulgenze  a  lutti  i  fedeli,  sì  pie- 


ao6  PRI 

narie  the  «il Ire,  avendo  i  Papi  stabiliti  gli 
Anni  Santi  ed  i  Giubilei  (Tr.)i  notando 
quali  limitate  indulgenze  possono  conce- 
dere i  cardinali  e  i  vescovi.  Quanto  al  po- 
tere d'infliggere  e  togliere  le  censure,  il 
Papa  dopo  Monitorio  (  V.)  pubbl  ica  V In- 
terdetto e  la  Scomunica  (J7-),  con  inter- 
dire e  separare  dalla  chiesa  chi  ne  puni- 
sce; poscia  colla  slessa  potestà  assolve  e 
concede  le  Assoluzioni  dalle  censure  e  Pe- 
ne ecclesiastiche  (T r.).  Ad  Appellazioni 
alla  s.  Sede  provai  che  il  Papa  per  ne- 
cessaria conseguenza  del  suo  primato  di 
diritto  le  riceveda  tutte  le  parti  del  mon- 
do cattolico  ,  affinchè  giusta  la  sua  sen- 
tenza pronunziata  con  pienissima  giuris- 
dizione, venga  riformato  il  giudizio,  co- 
me quello  che  per  divina  istituzione  ne 
ha  il  potere,  qual  successore  di  s.  Pietro, 
stabilito  pastore  della  chiesa  universale, 
nella  quale  tiene  il  primato  anche  al  di 
sopra  di  tutti  i  vescovi:  come  n'esercitò 
il  diritto  sino  dai  primi  secoli  del  Cristia- 
iiesiino,  ne  riportai  esempi  e  prove.  Inol- 
tre a  Commissioni  dichiarai  che  di  legit- 
tima conseguenza  il  Papa  può  commet- 
tere ad  alcuno  da  lui  delegato  le  cause, 
delle  quali  èstatointerposto  l'appello  del- 
la sede  apostolica,  essendo  di  loro  natu- 
ra i  pontificii  giudicali  irreformabili,  pel 
suo  venerando  capo  d'ordine  e  di  giuris- 
dizione ,  dicendo  pure  delle  norme  che 
hanno  luogo.  Non  la  finirei  più, se  di  lutti 
gli  articoli  relativi  al  primato  volessi  par- 
lare: principalmente  si  possono  vedere  gli 
articoli  de'concilii  generali  di  Laterano, 
di  Costantinopoli,  di  Firenze,  di  Trento, 
di  Costanza, di  Basileacsiio  conciliabolo, 
Missioni  pontificie,  Sede  apostolica  ,  s. 
Gregorio  VII,  Innocenzo  III,  Pio  IX.  A 
Concilio  dissi  che  i  condili  confessano  il 
primato  pontificio,  esistito  prima  di  loro; 
che  il  Papa  ha  giurisdizione  su  tutta  la 
chiesa,  che  non  potrà  mai  eirarenella  fe- 
de (eziandio  a  s.  Pietro  ed  u  Papa),  se- 
condo la  divina  promessa,  che  la  sua  fe- 
de non  verrà  mai  meno  e  che  gli  sforzi 
dell'inferno  non  prevaleranno  né  avran- 


PRI 
no  giammai  forza  sulla  chiesa  ,  di  cui  è 
pietra  fondamentale; cheha  diriltodi-con- 
vocare  i  concilii  generali  e  di  presiederli, 
anche  per  mezzo  de'suoi  Legati  (^.),  al- 
trimenti non  sono  Ecumenici  {Jr.)j  che 
i  concilii  non  hanno  autorità  senza  la  con- 
ferma del  romano  Pontefice,  cui  va  sem- 
pre unita  l'adesione  della  chiesa  cattoli- 
ca, né  occorre  che  la  dieno  in  un  sinodo 
romano;  della  potestà  del  Papa  sopra  il 
concilio;  avendo  ancora  detto  delle  scan- 
dalose reità  delle  appellazioni  dal  Papa 
al  concilio.  A  Mano  ed  a  s.  Pietro  spie- 
gai che  la  diversa  situazione  come  talvol- 
ta sono  rappresentate  ne'  monumenti  e 
sigilli  le  effigie  de'ss.  Pietro ePaolo,  non 
pregiudica  affatto  al  primato  del  primo 
e  alla  suprema  potestà  a  lui  unicamente 
concessa  da  Gesù  Cristo,  avendo  mostra- 
to in  quella  biografìa:  che  le  prerogative 
conferite  da  Cristo  a  Pietro  furono  pro- 
prie e  singolari  di  Pietro  solo;  acchiuse- 
ro un'intrinseca  eccellenza  sopra  quello 
che  fu  da  Cristo  compartito  a  tutti  gli 
nitri  apostoli  ;  contennero  una  vera  su- 
periore autorità  e  giurisdizione  nel  go- 
verno della  chiesa,  dai  quali  elementi  si 
formò  il  divino  primato  del  principe  de- 
gli Apostoli  :  come  Pietro  esercitò  tutte 
le  parti  di  supremo  capo,  maestro,  legis- 
latore, vindice,  giudice,  quali  si  addice- 
vano al  suo  primato.  Finalmente  a  Giu- 
ramento,formale  religiosa  promessa, rac- 
contai come  i  Papi  con  autorità  aposto- 
lica li  sciolsero, eparlai  del  Dictatus  Pa* 
pae  attribuito  a  s.  Gregorio  VII,  in  uno 
all'autorità  de'  Papi  sopra  i  sovrani,  i 
quali  la  riconobbero  ne'tanti  modi  chece- 
lebrai  in  molti  articoli  a  loro  onore;  men- 
tre ad  Imperatore  discorsi  del  ristabili- 
mentodell'impero  occidentaleoperato  dai 
Papi, e  quanto  riguarda  le  due  podestà, 
argomento  che  svolsi  in  non  pochi  luo- 
ghi, come  a  Concordato,  a  Pace.  A  Pa- 
squale II  e  Pio  VII  riportai  le  loro  eroi- 
che ritrattazioni  per  le  concessioni  fatte 
agl'imperatori  Enrico  V  e  Napoleone. 
Alle  relative  opere  che  qua  e  là  citai 


PRI 

si  possono  aggiungere:  Giuseppe  Esleve, 
De  pò  testa  le  Pontifici:,  Coloniae  i58o. 
//  primato  del  romano  Pontefice  difeso, 
Bavenna  1769.  Orsi  (F.)  cardinale,  le 
sue  opere.  S.  Bernardo,  De  romani  Pon- 
lificis  furisdictione,  Romae  1 79 1 .  Rosko- 
vany  ,  De  primatu  romani  Pontifici s , 
Aug.Vindel.  1 834-  Giuseppe  Ignazio  Mo- 
reno, Saggio  sopra  il  primato  del  Papa, 
specialmente  per  quanto  spetta  alla  isti- 
tuzione de'vescovi,  Lima  1  836.  Opera  as- 
sai lodata  nel  voi.  6,  p.  4^6  degli  Annali 
delle  scienze  relig.,  per  dottrina  e  robu- 
stezza d'  argomenti  contro  le  perniciose 
dottrine  de' nemici  del  primato.  Nel  voi. 
8,  p.i  55  viene  encomiata  qual  tesoro  di 
vasta  erudizione  e  di  prove  trattate  con 
logica  profondità,  l'opera  delD.rRolhen- 
see  :  //  primato  del  Papa  in  tutù  i  secoli 
dclcrislianesimo,Nagouia  i836.  Il  pri- 
malo  della  sede  apostolica  e  l'autorità  dei 
concilii  generali  di fesi  inuna  serie  di  let- 
tere indirette  al  Rmo.  d.r  J.  H.  Hopkins 
vescovo  della  chiesa  episcopale  protestan- 
te di  Pennoni,  da  mg.r  Francesco  Pa- 
trizio Kenrick,  vescovo  di  Araili,  e  coa- 
diutore del  vescovo  di  Filadelfia,  ivi  1 838. 
Nel  voi.  g,  p.  146  della  2.*  serie,  con  ben 
giusti  elogi  encomia  l'autore  dell'opusco- 
lo :  La  Cattedra  di  Pietro  fondamento 
della  Chiesa,  fonte  della  giurisdizione  , 
centro  dell'unità,  per  Tommaso  Gugliel- 
mo Allies  autore  dell' opuscolo  intitolato: 
La  Chiesa  anglicana  purgala  dall'  im- 
putazione di  scisma,  Napoli  i85o.  Così 
questo  chiaro  scrittore  anglicano  riparò 
agli  errori  contenuti  nella  1."  opera  e  si 
fece  fervente  cattolico;  con  che  condan- 
nò di  scisma  e  di  eresia  quellachiesa  an- 
glicana che  prima  avea  diféso  e  di  cui 
era  stato  ministro,  riconoscendo  che  al- 
tra vera  chiesa  non  v'ha,  che  quella  fon- 
data nella  Cattedra  di  s.  Pietro  (F.)  ,  e 
in  comunione  con  essa  (  F.  Eresia).  La 
Civiltà  cattolica,  nel  voi.  4>  P-  4 '5,  non 
solo  ricolmò  di  lodi  per  sì  capitale  argo- 
mento di  domma  cattolico  il  medesimo 
valoroso  controversista  Allies,  perchè  in 


PRI  307 

detta  pretesa  chiesa  il  cardine  della  con- 
troversia sta  nel  punto  del  primato  del 
Papa,  ma  ci  diede  succinta,  importante  e 
lucida  analisi  di  sua  opera.  Nel  voi.  5  poi 
a  p.  1 14  la  Civiltà  annunciò  la  pubbli- 
cazionee  fece  rilevarci  grandi  meriti  del- 
l'esimia e  dotta  opera  del  celebre:  Caro- 
li Passaglia  e  soc.  Jesu  in  romano  col' 
legio  theol.  prof.  Commenlarius  de  prae- 
rogativìs  h.  Pelri  aposlolorum  principia 
auctorilate divinar um  litterarum  compro- 
batis  ,  Ratisbonae  i85o.  Imperocché  il 
profondo  teologo  ben  meritò  della  verità 
e  scienza  cattolica,  per  aver  ex  professo 
vittoriosamente  confutato  e  combattuto 
colle  stesse  loro  armi  i  protestanti  avver- 
si al  primato  di  s.  Pietro,  i  quali,  come 
d'ogni  altro  domma  cattolico,  si  accam- 
pano e  si  trincerano  nella  sola  s.  Scrit- 
tura, il  cui  vero  senso  sempre  con  nuove, 
capricciose,  sofistiche  e  cavillose  interpre- 
tazioni applicano  ,  onde  sostenere  la  de- 
plorabile originedel  protestantesimo, che 
nata  nel  negar  il  domma  del  primato,  il 
protestante  torna  al  vero  ovile  col  ricono- 
scerlo. Terminerò  col  ricordare  :  Che  \[ 
romano  Pontefice  è  monarca  supremo 
nella  chiesa  e  come  tale  nel  governo  del- 
la medesima  non  puòesseregiudicato  da 
11css.no.  Questa  proposizione  è  di  fede  ; 
e  Antonio  de  Oominicis ,  che  negava  il 
regime  della  chiesa  essere  monarchico,  fu 
condannato  siccome  scismatico  ed  ereti- 
co. Scrive  Gersone  ,  De  sta  tu  ecclesiae  : 
«L'ordine  episcopale  va  ragionevolmen- 
te soggetto  ad  un  monarca  supremo,  per 
conservare  l'unità  della  fede  ".Quando  s. 
Simmaco  nel  5oo  convocò  il  sinodo  Pal- 
mare nel  portico  Vaticano  e  si  volle  sog- 
gettare al  giudizio  di  125  vescovi,  questi 
nel  dichiarar  la  sua  innocenza  protesta- 
rono: «11  vescovo  della  romana  sede  noti 
deve  so£[«iaceie  all'esame  de'vescovi  mi- 
nori  ".  Per  le  istanze  di  s.  Leone  III  in- 
vitati i  vescovi  delle  Galliee  d'Italia  da 
Carlo  Magno  a  pronunziare  giudiziosul- 
le  accuse  fatte  contro  di  s.  Leone  ili  me- 
desimo, risposero  concordemente:»  Noi 


2o8  P  R I 

non  giudichiamo  il  capo  di  tutte  le  chiese, 
poiciiè  si  appartiene  a  questa  cattedra  e 
al  suo  pastore*  vicario  di  Gesù  Cristo,  il 
giudicare  noi  tutti.  Quanto  ad  essa  sap- 
piamo per  antica  consuetudine  che  ninno 
Jo  giudica.  E  noi  ubbidiamo  a  ciò  che  il 
sommo  Pontefice  avrà  stabilito  ".  Nel- 
I'  assemblea  del  clero  di  Francia  del  20 
gcnuaioi626  venne  proclamato  solenne- 
mente :  Che  tutti  i  vescovi  rispetterebbe- 
ro il  santo  Padre  ,  il  capo  visibile  della 
chiesa  universale  e  successore  di  s.  Pie- 
tro, sul  quale  Gesù  Cristo  ha  fondato  la 
sua  chiesa  dandogli  le  chiavi  del  cielo  col- 
l'infallibilità  della  fede,che si  è  veduto  mi- 
racolosamente durare  immutabile  ne'suoi 
successori  sino  al  presente.  Nell'assemblea 
del  1682  disse  il  gran  Bossuet  :  «Non  si 
dica  che  il  ministero  di  s.  Pietro  finì  con 
lui.  Egli  parlerà  sempre  nella  sua  sede... 
La  chiesa  romana  ammaestrala  da  s.  Pie- 
tro e  dai  suoi  successori  non  conosce  e- 
resia.  La  fede  romana  è  sempre  la  fede 
della  chiesa.  Pietro  rimane  sempre  il  fon- 
damento de'fedeli  ne'suoi  successori".  In 
forza  del  primato  d'autorità  appartiene 
al  Papa  la  potestà  suprema  e  indipen- 
dente di  far  leggi  universali  per  tutta  la 
chiesa,  di  regolarne  la  disciplina,  e  di  ob- 
bligare i  fedeli,  a  qualunque  nazione  ap- 
partengano, alla  loro  osservanza,  costrin- 
gendo anche  con  salutari  penei  ripugnan- 
ti e  contumaci.  La  proposizione  contrad- 
dittoria a  questa  fu  già  riprovala  come  e- 
relica  dalla  facoltà  di  Parigi  nel  161  7,  e 
come  tale  anche  risulta  nella  condanna 
della  proposizione  4-a  del  sinodo  o  con- 
ciliabolo di  Pistoia,  fatta  da  Pio  VI  nel- 
la bolla  dommatica  ,  Auclovem  fidei.  Il 
Papa  non  è  solo  il  difensore,  il  custode, 
l'interprete  de'sagri  Canoni  (/'.);  egli  ha 
pienissima  autorità  di  stabilirne  de'nuo- 
vi.  Canonum  Condilorem  lo  appella  lo 
stesso  Bossuet  nella  prefazione  alla  Dife- 
ta  della  dichiarazione j e  nella  Gallia  or' 
lodo ssa  confessa  che  come  capo  della  chie- 
sa ha  lnii.i  l,i  forza  di  far  eseguile  i  suoi 
decreti.  Questo  doppio  potere  di  reggere 


PRI 

e  d' insegnare,  nel  pontifìcio  primato  di 
divino  giure,  fu  sempre  confessato  e  ri- 
conosciuto dall'Occidente  e  dall'Oriente 
cattolico.  Risalendo  all'antica  civiltà  ro- 
mana, sempre  si  fa  innanzi  questo  potere 
medesimo,  questa  cattedra  apostolica  di 
s.  Pietro,  grandeggiante  e  autorevole  in 
tutte  le  chiese  dell'orbe  cristiano.  Nou  vi 
è  monarchia  europea  che  possa  a  gran 
pezza  aggiungere  la  sua  antichità  :  bensì 
il  pontificio  primato  ha  veglialo  sul  pri- 
mo nascere  di  loro  tutte,  ne  ha  educato 
1'  incremento,  assistito  allo  svolgimento, 
resa  durevole  la  loro  maturità.  Mentre 
ogni  cosa  intorno  a  lui ,  imperi ,  razze, 
costumi,  coltura,  lettere,  sede  di  politico 
potere,  sede  di  civile  preponderanza,  di 
continuo  si  Ira  mula,  esso  solo,  senza  esem- 
pio somigliante,  da  ben  18  secoli  si  sta  sal- 
do, inalterabile  e  tenace  de'suoi  diritti.  A. 
queste  poche  testimonianze  sul  primato 
del  Papa  e  sua  chiesa  romana  ,  porrò  il 
suggello  colle  parole  del  dottore  s.  Ago- 
stino: «  Quod  credunt,  credo;  quod  te- 
nent,  teneo;  quod  praedicant,  praedico; 
istis  crede  et  mihi  credis;  acquiesce  islis, 
et  quiescis  me.  Quod  invenerunt  in  Ec- 
clesia tenuerunl;  quod  didicerunt,  quod 
a  patribus  acceperunt,  hoc  filiis  tradide- 
runt  ".  V.  Pontificato. 

PRIMICERIO  oPBIMlCERO,  Fri- 
micerius.  Il  primo,  il  capo,  nome  che  si 
attribuì  ai  principali  ulliziali  di  ciascun 
ordine.  Il  primicerio  nelle  dignità  eccle- 
siastiche dopo  VA  rei  diacono  e  V  Arcipre- 
te.  (fr.)  egualmente  teneva  ili.0  posto,  e 
questo  titolo  si  può  applicare  a  qualun- 
que capo  o  primo  in  qualunque  corpo- 
razione, congregazione  e  in  qualunque 
altra  adunanza,  inclusi vamente  alle  Ar- 
ci  confraternite  o  Confraternite  e  Univer- 
sità artistiche  {fr-),  a  quello  che  nel  ruo- 
lo ,  albo  o  tabella  viene  pel  primo  de- 
scritto, per  lo  più  prelato,  che  talvolta 
ha  il  titolo  di  governatore.  In  latti  nel 
diritto  civile  e  nell'ecclesiastico  si  fa  men- 
zione del  primicerio;  nel  codice  civile  ili 
Giustiniano  vi  è  il  titolo:   Del  Frunice- 


riu 

r/Ojl*  il,  t.  7;  ed  in  tutti  gli  uffici  auli- 
camente eravi  il  primicerio,  come  il  se- 
condicerio, terzicerio,  ec,  per  designare 
il  1 .°,  il  2.0,  il  3.°ec.  Cujacio  fa  menzione 
del  primicerio  de'cubiculari,  de'mensori, 
de'tesorieri:  Cassiodoro  parla  del  primi- 
cerio de'JYotari  (f'.),che  noi  chiamiamo 
capo  notaro  ;  in  somma  il  primo  in  or- 
dine, in  qualunque  impiego,  carica  e  oc- 
cupazione: i  notari  della  chiesa  di  Costan- 
tinopoli ancora  aveano  il  primicerio  o 
gran  primicerio  e  arcidiacono,  secondo 
Nardi. Egualeappellazioneebberoi  mem- 
bri degli  uffici  militari  e  altri  civili,  e  gli 
imperatori  sene  servirono  per  distingue- 
re i  primari  delle  loro  corti,  come  i  Papi 
nella  propria.  Si  è  usato  questo  nome,  ed 
ha  secondo  alcuni  avuto  la  sua  origine, 
perchè  prima  dell'invenzione  della  carta 
e  delle  membrane  si  scriveva  in  tavolet- 
te, foglie  e  altre  materie  preparate  con 
cera,  sopra  delle  quali  si  scriveva  con  u- 
no  stile  di  ferro  o  di  altra  materia  (come 
facciamo  noi  colla  Penna,  V.),  e  quello 
che  veniva  pel  i.°  notalo  dicevasi/jw/i/- 
ctrio,  chi  nel  i.°  poslo  secondicerio,  chi 
per  ultimo  ulti  micelio.  Dallo  scrivere  sul- 
la cera,  Capicerio  fu  sinonimo  di  Primi- 
cerio, cioè  il  i.°  inscritto  nella  matricola 
o  catalogo  che  si  chiama  cera,  secondo 
alcuni.  Cassiodoro  chiama  il  sigillatore 
delle  pubbliche  patenti  protocerius.  Al- 
tri credonoche  il  capicerio  fosse  una  spe- 
cie di  Sagrista,  raccoglitore  delle  Can- 
itele,  come  custode  de' Lumi  (F.).  Galletti 
coIl'autoritàdelBrissonioe  di  Suida spie- 
ga il  vocabolo  Primicero,  il  primo  nel- 
l'ordine, vale  a  dire  che  la  voce  Primi- 
cero  non  è  congiunta,  ma  semplice,  e  uni- 
Tersale  a  tutti  quelli  che  tengono  i  primi 
luoghi  in  qualsivoglia  ordine.  Perciò  da 
s.  Agostino  e  neh' Istoria  di  Gerusalem- 
me di  s.  Basilio  di  Nola,  s.  Pietro  è  chia- 
malo  primicerio  degli  apostoli :  I.vone  di 
Chartres  parlando  del  suo  primato,  nel 
Semi,  in  Calli,  s.  Petr.  scrisse:  conslitui- 
tur pos t  Deuin  primicerius.  In  questo  sen- 
so s.  Bernardo  elegantemente  chiamò  la 
vol.  ir. 


P  R  I  209 

B.  Vergine  :  Virginum  primiceria.  Nel 
sermone 2  1  di  s.  Agostino,  il  i.°  martire 
della  chiesa  cattolica  s.  Stefano  è  deno- 
minato  primicerio  de' Martiri.  Macri  nel- 
la Nat.  de'  vocaboli  eccl.,  alla  voce  Pri- 
micerius,\o  definisce:  talvolta  dignità  ec- 
clesiastica, la  quale  era  capo  di  tutti  i chie- 
rici e  di  grande  autorità,  ovvero  il  i.°o 
capo  di  qualsivoglia  ufficio,  come  il  pri- 
micerio o  capo  de  Cantori  (P.);  il  pri- 
micerio o  capo  de' Lettori (Pjj  ilsopra- 
stante  di  palazzo,  primicerius  aulaej  il 
primicerio  de' Difensori  (P.),  capo  degli 
avvocati,  del  quale  parlai  in  diversi  ar- 
ticoli (ed  anche  a  Primicerio  della  s.  Se- 
de, in  uno  ai  difensori);  il  capo  dell'or- 
dine de' Diaconi{V.)  cardinali, diaconus 
cardinalis  primicerius  (o  Prior).  Per  In 
medesima  ragionefu  dalncmarodiReims 
chiamato primicerium  Drogone  vescovo, 
perchè  era  stato  destinato  dal  Papa  suo 
vicario  in  Francia.  Quanto  al  primicerio 
capo  de'cantori  o  maestro  del  coroe  nelle 
chiese  Cattedrali  dignità  ecclesiastica,  ne 
parlai  ad  Arcicantore,  Cantore,  Pre- 
centore:  coi'due  primi  vocaboli  si  chia- 
mò propriamente  il  primicerio  de'can- 
tori, col  3.°  il  secondicerio  de'medesimi, 
ossia  il  compagno  dell'altro,  sebbene  in 
alcune  chiese  anch'egli  ebbe  il  nome  di 
primicerio,  come  fu  pure  dignità  eccle- 
siastica. Dice  Sarnelli  che  Celestino  III 
accordò  la  mitra  alle  4  dignità  della  me- 
tropolitana di  Manfredonia:  arciprete, 
arcidiacono,  primicerio  o  cantore,  secon- 
dicerio o  precettore;  notando  che  in  al- 
cune cattedrali  si  chiama  corista  un  sem- 
plice prete  direttore  de  cantori,  Borgia, 
Memorie  di  Benevento  t.  3,  parla  del  pri- 
micerio di  quella  chiesa  capo  delle  scuole 
del  1236,  cui  si  apparteneva  deputarvi 
i  maestri,  intitolandosi:  »  D.  Robertus 
Dei  gratia  ecclesiae  Beneventanae  Pri- 
micerius, et  magister  scholarum  ".  Leggo 
in  Vermiglioli,  Lezioni  di  diritto  canoni- 
co, voi.  1,  p.  235:  dell'  officio  del  Pri- 
micerio, che  questi  ossia  il  1  ."cantore  ven  • 
ne  chiamalo  anche  maestro  di  scuoiare 

'4 


2  IO  PIÙ 

i  chierici  minori  apprendevano  il  canto 
e  i  primi  erndimenti  della  grammatica. 
Che  al  medesimo  spelta  la  distribuzione 
de'cerei  da  portarsi,  e  secondo  altri  por- 
lava  il  cereo  avanti  il  vescovo  o  avanti 
il  re.  Inoltre  che  'vi  era  altra  scuola  per 
quelli  che  apprendevano  la  teologia  e  le 
cose  sagre,  e  chi  era  il  i.°  dicevasi  Pri- 
micerio e  si  distingueva  dal  cantore.  Os- 
serva Nardi,  Deparrochi  t.  2,  che  il  pri- 
micerio de'cantori  era  un  primicerio  dei 
minori,  cioè  primicerio  d'una  sola  scuo- 
la, come  primicerio  minore  era  il  primi- 
cerio della  scuola  de'lettori  ;  che  furonvi 
ancora  il  primicerio  della  scuola  degli  o- 
stiari,  ed  esisteva  una  tale  scuola  in  Tar- 
ragona  nel  5 16;  il  primicerio  degli  ac- 
coliti, de'notari  e  altri  primiceri  più  o  me- 
no glandi,  più  o  meno  rispettabili  secon- 
dochè  era  in  maggiore o  minore  stima  il 
collegio  al  quale  presiedevano.  Talvolta 
un  canonico  presiedeva-a  ciascuna  di  tali 
scuole.  Dopo  il  primicerio  minore  capo 
della  scuola  o  collegio,  vi  erano  il  secon- 
dicelo che  faceva  le  veci  in  caso  di  bi- 
sogno del  primicerio,  quindi  il  tertius } 
quàrlus,  quintus,  sexlus,  seplimus,  senza 
aggiunta  di  cerius,  i  quali  doveano  ren- 
dere conto  del  loro  operato,  come  i  no- 
lari,  al  capitolo  o  presbiterio.  Così  erano 
mentovati  i  notali  della  chiesa  di  Raven- 
na. Il  Primicerio  della  s.  Sede  (fr.)  lo  era 
i\e  Notati  e  poi  de' Giudici  (^/).  Nella 
chiesa  romana  vi  fu  il  Primicerio  de'caii' 
tori,  prelato  dignitario  della  s.  Sede  eca- 
po delle  loro  scuole  :  ne  parlai  a  Bacio  di 
Pace,  Cantori  pontificii,  Musica  sagra, 
Orfanotrofio,  Pranzo,  Feruia,  Presbi- 
terio^ altri  articoli,  come  nel  voi.  Vili, 
p.  i45,  1 46.  Questa  scuola  e  collegio  in- 
terveniva all'elezione  del  Papa,  ed  il  pri- 
miceriosi  sottoscriveva  dopo  l'ultimo  car- 
dinale diacono.  Tuttora  è  illustre  il  col- 
legio de'cappellani  cantori  della  cappella 
pontificia,  e  forma  un  ceto  canonicale, 
dovendo  essere  ciascun  cantore  almeno 
chierico  tonsurato,  vivere  in  istato celibe 
ed  incedere  in  obito  ecclesiastico. 


P  R  I 
Quanto  poi  al  Primicerio,  altra  dignità 
ecclesiastica  delle  Cattedrali,  detta  Pri- 
micerialo,  egli  esercita  uffizi,  giurisdizio- 
ne, e  gode  prerogative  secondo  i  luoghi. 
Nardi,  Dei  p arrochì  t.  2,  cap.  28:  Sulle 
antiche  cariche  capitolari ,d\ce  che  quella 
di  Primicerio  incominciò  di  buon'ora,  poi- 
ché il  concilio  di  Merida  del  666  vuole 
che  in  ogni  cattedrale  non  manchi  l'ar- 
cidiacono, l'arciprete,  elPrimiclerum}c\\e 
dal  can.  14  vedesi  essere  quello  che  pre- 
siedeva al  clero  minore,  cioè  ai  suddiaco- 
ni e  altri  chierici  inferiori;  quasi  Primi- 
clerium,  cioè  primo  o  capo  del  clero  mi- 
nore. Ne'concilii  di  Toledo  del  655,  683 
e  688  si  mentova  il  primicerio  di  Tole- 
do, come  pure  parlasi  del  primicerio  nella 
regola  di  Grodogango,  in  s.  Isidoro  e  in 
altri  monumenti.  In  un  diploma  del  903 
è  mentovato,  dopo  l'arciprete  e  l'arcidia- 
cono, il  primicerio  di  Piacenza;  in  altro 
del  967  la  chiesa  di  Ferrara  avea  il  pri- 
micerio; in  altro  del  996  si  trova  il  pri- 
micerio, il  custode,  il  cantore,  cariche  ca- 
pitolari della  chiesa  di  Arezzo.  Nel  mede- 
simo secolo  X  già  l'avea  la  cattedrale  di 
Parma,  e  considerata  dignità,  del  quale 
feci  cenno  nel  voi.  LI,p,  214,  parlando 
ancoradeliSV/grwta^.^edi  opuscoli  che 
trattano  ancora  genericamente  del  pri- 
micerio delle  cattedrali.   Tra'  canonici 
cattedrali  di   Milano  nel   1 1 44  sonovi 
il  primicerio  prete  ed  il  primicerio  dei 
lettori,  il  maestro  de' cantori.  Nel  1290 
la  chiesa  di  Rimini  avea  il  primicerio  dei 
chierici.  Oltre  il  primicerio  maggiore  ca- 
nonico che  presiedeva  al  clero  minore, 
vi  furono  (e  forse  sonovi)  i  primiceri  mi- 
nori, detti  pure  secondiceri,  i  quali  pre- 
siedevano ai  collegi  privati,chiamati  scuo- 
le. II  primicerio  vero  o  sia  il  maggiore, 
oltre  la  detta  presidenza,  avea  cura  degli 
oratorii,de'chierici  e  loro  ordine  nel  sal- 
meggiare, correggeva  i  suoi  inferiori  de- 
linquenti; hasilicarios  ipse consti tuit,  in- 
combenza di  grande  autorità,  cioè  quel- 
la di  mettere  gli  ecclesiastici  che  crede- 
va nelle  basiliche;  ed  in  tempi  posici  io- 


PRI 


ri  matricularios  disponi t,  vicarie  che  ve- 
nir doveano  alla  città  a  certe  uffiziatu- 
re,  le  quali  erano  composte  di  varie  se- 
zioni di  clero,  che  aveano  ciascuna  il  lo- 
ro primicerio  minore.Della  cera  che  ri- 
maneva nelle  basiliche,  tre  parti  tocca- 
vano al  primicerio  e  al  prete  che  vi  di- 
ceva la  messa  ,  forse  canonico  ;  giacché 
si  dice  che  la  4-a  palle  sarà  del  basilica- 
rio.  Nel  Ma  itene  possono  vedersi  le  mol- 
te scuole,  e  forse  nel  V  secolo  esisteva  il 
primicerius  cantorum  s.  Ecclesiae  Nea- 
politemele.  Noterò  che  in  quella  metropo- 
litana vi  è  V Arci primicerio,  e  l'ebbero 
ancora  altre  chiese.  Nardi  rileva  dal  con- 
cilio d'Auxerre  del  578  YArchisubdia- 
conus  per  primicerio  o  capo  de'suddia- 
coni.  Nella  cattedrale  di  Metz  era  vi  il  pri- 
micerio o  primiero,  qual  i.' dignità.  La 
metropolitana  di  Venezia  aveva  il  primi- 
cerio di  s.  Marco,  che  godeva  prerogative 
vescovili  e  l'uso  de'ponlificali.  Di  molli" 
primiceri  delle  cattedrali  e  altre  chiese 
fo  menzione  ai  loro  articoli,  come  del  Se- 
condicerio  (Z7.).  Fra  le  altre  hanno  pri- 
micerio dignità,  Borgo  s.  Donnino,  Reg- 
gio, Mantova,  Metz,  ec.  Di  altri  primi- 
ceri tratta  Chiapponi,  Ada  canoniz.  p. 
284  :  De  primicerio,  ed  anche  dell'  au- 
la imperiale  di  diverse  specie,  delle  de- 
nominazioni e  uffizi  de'quali  parlai  aCoR- 
te  e  in  molti  analoghi  articoli.  Galletti, 
Del  primicero  della  s.  Sede,  discorre  an- 
cora delle  diverse  qualità  de' primiceri 
dell'impero,  de'collegi,  degli  uffizi,  di  or- 
dinazioni e  di  arti. 

PRIMICERIO  0  Primicero  della  s. 
Sede.  Dignità  e  uffiziale  maggiore  della 
Sede  apostolica  edel  Palazzo  Lateranen- 
se{F.),  Primicero tle'collegi  de'7  Notari 
poi  detto  de'7  Giudici  palatini^.).  Gae- 
tano Cenni,  Dissert.  l.  1  :  Disseriazione 
ir,  dell'origine,  incombenze  e  dignità  del 
Primicerio  e  Secondicerio  della  chiesa 
romana,  con  severa  critica  volle  ripur- 
gare questi  due  primari  de'sette  uffizi  pa- 
latini dal  di  più  che  loroattribuironoPan- 
vinio,  Rasponi  e  Mabillon.  I  selle  uffizi 


PRI  211 

furono  :  Primicerio,  Secorulicerio,  Arca  - 
rioo  Tesoriere, Sacellario,  Proloscrina- 
rio,  Primicerio  de'DiJensori,  Nomencla 
tore.  Di  tutti  scrissi  articoli  :  il  vocabolo 
Primicerio ,  che  Galletti  chiama  Primi- 
cero,  Io  spiegai  a  Primicerio:  col  Secondi- 
cerio  furono  così  per  eccellenza  denomi- 
nati quelli  del  collegio  de'notari  regiona- 
ri ovvero  Primicerio  e  Secondicerio  del- 
la s.  Sede.  Cenni  dichiara  che  i  3  memo- 
rati scrittori  seguendo  Giovanni  Diaco- 
no della  basilica  Lateranense  nel  trattato: 
De  ecclesia  La leranensi  (sulla  critica  di 
Cenni  contro  Giovanni  va  letto  Cancel- 
lieri, Meni,  delle  sagre  leste,  p.  g),  inter- 
pretavonoi' A nwiiniculalor  per  l'uvvoca- 
to  de  Poveri  (Z7.),  mentre  quell'uffizio  fu 
adatto  ignoto  agli  antichi,  e  probabilmen- 
te fu  preso  Nominculalor  o  Nomenclato- 
re, uffizio  celebre  palatino,  per  Ammini- 
culator,  chiamato  da  Paminioeda  altri 
erroneamente  Adminiculator.  Galletti  lo 
credette  sinonimo  di  Nomenclatore  (/'.). 
Vuole  Cenni  il  primicerio  de'notari  regio- 
nari tanto  antico  quanto  lo  sono  i  notai  1 
medesimijche  in  principio  nonfu  altroché 
il  primo  u  decano  eli  quel  corpo o collegio. 
Siccomeinotari,aImodoeperl'uffizioche 
narrai  al  loro  articolo,  furono  istituiti  dui 
discepolo  e  successore  di  s.  Pietro  Papa 
s.  Clemente  I  del  93,  così  dopo  il  colle- 
gio o  Presbiterio  (F.)  de' Preti  e  Diaconi 
è  il  più  antico  della  chiesa  romana,  ed 
in  questa  istituzione  fu  imitata  dalle  al- 
tre, come  dissi  a  Notari  e  altrove,  come 
lo  fu  nei  Difensori  (f^.),  e  Secondiceri 
(Ir.).\\  Pontefice  divise  Roma  in  7  regio- 
ni ecclesiastiche,  non  unendone  due  delle 
antiche  in  una,comechè  ripartita  da  Au- 
gustoin  1 4  legioni  o  Rioni  di  Roma  [f^.), 
ma  piuttosto  assegnando  confini  propor- 
zionati più  o  meno  ampli,  secondochè  i 
cristiani  ne'rispettivi  luoghi  più  o  meno 
abbondavano,  al  dire  di  Galletti.  Queste 
7  regioni  s.  Clemente  I  le  assegnò  ai  7 
nolari  regionari,  perchè  ciascuno  tenesse 
nella  sua  conto  degli  a\.i\à&  Martiri ( f^ .), 
ritenendoli  il  Papa  necessari  per  animare 


ai ->.  P R  I 

i  fedeli  a  imitarne  gli  esempi,  donile  tras- 
sero origine  i  Martirologi  (P-),  come  il 
cospicuo  collegio  de'prelati  Prolonotari 
apostolici  (F-).  Anticamente  questi  no- 
tari  furono  chierici,  ma  di  un  grado  in- 
feriore ai  suddiaconi,  forse  il  i.°  grado 
del  chiericato;  in  seguito  si  coniugarono, 
indi  tornarono  ad  esser  chierici.  Dappoi- 
ché e  pei  tanti  esempi  che  riporterò  e  per 
aver  eziandio  letto  in  Zaccaria,i5Vo/7Vz  lelt. 
t.  6,  p.  579,  che  il  p.  ah.  Nerini,  De  tem- 
pio et  coenobio  ss.  Bonifacii  et  Alexii  (p. 
3  84  avendolo  riscontrato),  dimostra  ave- 
re mg.r  Giorgi  avuto  ragione  di  scrivere 
nelle  note  al  Baronio  all'anno  8176  924, 
che  i  primiceri  e  così  pure  i  secondiceri 
della  sede  aposlolica  potevano  aver  mo- 
glie, anzi  aggiungerò  che  l'ebbero  e  no- 
bilissime quelli  che  lessi  nel  Nerini  stesso 
e  nel  Galletti.  Inoltre  trovo  in  Garampi, 
Memorie  della  b.  Chiara  p.  54o,  che  ap- 
provando l'asserto  dal  p.  Nerini,  riporta 
una  testimonianza  del  ioi3  di  altro  pri- 
micerio maritato,  ed  osserva,  che  il  pri- 
miceriato  della  sede  apostolica  nel  secolo 
XI  non  era  uffizio  che  esigesse  ordine  sa- 
gro, e  che  soslenevasi  da  persone  nobili 
e  potenti,  che  anco  a veano  moglie.  Quali 
uffizi  calamitosi  esercitassero  il  primicerio 
e  i  Notari  in  tempo  delle  Persecuzioni 
(^V),  a  quell'articolo  lo  riportai,  in  uno 
alle  nuove  incombenze  loro  affidate  da  s. 
Giulio  I  del  336,  espressamente  nomi- 
nandosi nella  disposizione,  Primiceriuni 
notariorum,  il  quale  era  stato  applicato 
in  una  delle  7  regioni  a  raccogliere  gli  alti 
de'marliri, come  ciascuno  de'colleghi  nel- 
la sua.  Pel  decreto  però  di  s.  Giulio  I,  il 
primicerio  divenne  presidente  del  colle- 
gio con  uffizi  così  ragguardevoli,  che  lo 
costituirono  uno  de'  principali  ministri 
della  s.  Seóe.  Di  tali  uffizi  o  incombenze 
con  Cenni  e  con  quanto  altrove  riportai, 
ne  descriverò  tre  più  singolari  e  che  ab- 
bracciano diverse  delle  minori,  comuni 
anche  ad  altri  uffizi  palatini;  due  spet- 
tanti al  governo  di  s.  Chiesa,  ed  una  al 
servigio  del  Papa  nel  divin  ministero. 


PIÙ 

La  prima  e  più  antica  era  quella  di 
presiedere  all'  uffizio  de'  notari.  Questa 
non  era  limitata  ai  soli  atti  pubblici  di 
donazioni,  permutazioni  e  simili,  come 
delle  cause  de'  chierici ,  sostituite  da  s. 
Giulio  I  dopo  le  persecuzioni,  alla  com- 
pilazione e  registro  degli  atti  de'marliri, 
delle  quali  si  trovano  esempi  sino  al  se- 
colo XI  in  Bianchini,  Anastasio  t.  3,  p. 
8;  ma  estendevasi  alle  scritture  domina- 
tiche,  agli  atti  de'concilii  e  agli  altri  do- 
cumenti che  formavano  la  Biblioteca  del- 
la s.  Sede  (^r-),  la  quale  per  lungo  tem- 
po perseverò  indistinta  dal  suo  Archìvio 
(Z^.).  Al  primicerio  fu  affidata  la  custo- 
dia dello  scrigno  o  archivio  pontificio  , 
donde  poi  estraeva  ed  esibiva  ne'concilii 
romani  1  documenti  per  decifrare  e  ri- 
solvere le  questioni.  Quindi  abbiamo  che 
Papa  Vigilio  nel  544>  dopo  aver  fatto 
leggere  parte  del  poema  sagro  di  Ara- 
tore ligure  (cardinale  secondo  Cardel- 
la  e  Pasolini  ,  il  quale  lo  vuole  raven- 
nate), fatto  da  re  Teodorico  conte  del- 
le cose  domestiche  e  private,  forse  sud- 
diacono della  chiesa  romana  (errò  Mu- 
ratori nella  patria  e  nel  grado  ecclesia- 
stico), alla  sua  presenza  sedente  nel  Pre- 
sbiterio (/"■.), e  a  quella  numerosa  de've- 
scovi,  de'  cardinali  e  dell'alto  clero  in- 
nanzi alla  Confessione  di  s.  Pielro{V.)t 
e  dopo  di  averlo  replica tamente  fatto  leg- 
gere tutto  in  più  giorni  nella  chiesa  di  s. 
Pietro  in  Vincoli  per  soddisfare  le  bra- 
me universali  del  clero,aviclo  a  que'tem- 
pi  di  simile  sacro  pascolo,  il  Papa  conse- 
gnò il  codice  a  Surgenzio  primicerio  dei 
notari  perchè  lo  riponesse  nell'archivio 
della  chiesa  romana,  scrinioecclesiae, co- 
me contenente  in  versi  eroici  gli  Alti  de- 
gli Apostoli  descritti  da  s.  Luca.  Stefano 
III  detto  IV  allorché  nel  769  volle  in- 
formare il  concilio  Lateranense  dell'ini- 
qua invasione  di  Costantino,  disse  ai  pa- 
dri :  »  Ecce  dilectus  filius  noster  Chri- 
slophorus  Primicerius,  quae  scit  ea  di- 
cat".  Ond'egli  che  già  avea  fatto  epilogar 
gli  alti  di  essa  dallo  scrinano,  ne  prò- 


PRI 

dusse  il  compendio,  premettendo  le  do- 
vute scuse.  Gran  prova  del  continuato  e- 
sercizio  di  questa  prima  incombenza  sa- 
rebbero i  privilegi,  le  lettere  e  Bolle{F'.) 
ponlificiescritte  dallo  scrinano  notaro  re- 
gionario dipendente  dal  primicerio*  seb- 
bene non  tutte  hanno  la  data  di  questi, 
come  l'hanno  quelle  di  Adriano  I  pel  mo- 
nastero di  s.Dionisio;  «scriptum  per  ma- 
numChristophori  notarii  et  scrinarli  se- 
dis  noslrae  in  mense  junio,  ind.  ix.  Be- 
nevalete  (di  questa  forinola  parlai  a  Di- 
ploma ;  della  differenza  della  scrittura 
dalla  spedizione,  a  Data:  qui  aggiungerò, 
che  scrivendosi  le  bolle  da  un  notaro  re- 
gionario, alle  volle  anche  scrinano,  o  da 
un  semplice  scrinano  della  s.Sede,  il  da- 
ta/7*,cioèlaspedizionedelle  medesime  fa- 
cevasi  o  dal  primicerio  o  da  altri  ufllziali 
maggiori  della  s,  Sede).  Datum  calendis 
julii  per  manum  Anastasii  Primicerii". 
Le  hanno  pure  le  bolle  di  s.  Leone  III 
per  la  rinnovazione  del  primato  diCantor- 
bery,  per  manum  Eusta thii  Prìrniceriij 
molte  di  s.  Nicolò  I,  per  manum  Tiberii 
Primicerii;  molte  altre  di  Giovanni  VIII, 
per  manum  Christophori  Primiceriij  di 
Stefano  V  per  la  cattedrale  di  Piacen- 
za, per  manum  Zachariae  Primicerii  j 
e  finalmente  quella  bolla  di  Leone  VII 
del  g38  per  manum  Nicolai  Primice- 
rii sttmmae  aposlolicae  sedis.  Dopo  la 
quale  epoca  o  poco  appresso  (anche  ciò 
facevano  i  Secondiceri  t'e  ne  riporterò 
prove  anche  più  innanzi  di  detta  epoca) 
si  trova  privativamente  esercitato  tale  uf- 
fizio dal  Bibliotecario  (Vittore  II  dichia- 
rò perpetuo  bibliotecario  il  cardinal  ve- 
scovo di  Selva  Candida,  secondo  le  con- 
cessioni di  Marino  I  e  Sergio  III,  di  cui 
trattai  a  Porto)  e  dal  Cancelliere  (P7.). 
Tuttavolla  si  legge  aver  segnato  bolle  e 
privilegi  contemporaneamente  Teofilat- 
to  secondicelo,  Teodoro  e  Gregorio  no- 
menclatori, e  Stefano  primicerio  de  Di- 
fensori della  chiesa  romana  (^r.)J  e  so- 
pra tutto  il  bibliotecario.  Cenni  è  d'av- 
viso, che  fin  dall'VIII  secolo  il  primice- 


P  R  I  3 1 3 

rio  presiedesse  all'archivio  e  alla  biblio- 
teca, benché  questa  avesse  già  il  suo  par- 
ticolare uffizio  o  ministro,  poiché  il  i.° 
bibliotecario  di  cui  si  fa  menzione  è  del 
collegio  sottoposto  al  primicerio,  cioè  s. 
Gregorio  II,  il  quale  sotto  s.  Sergio  I  fu 
fatto  suddiacono  e  saccellario  ,  e  gli  fu 
commessa  la  cura  della  biblioteca.  Ma  in- 
di in  poi  salendo  a  poco  a  poco  in  ripu- 
tazione il  bibliotecario,  per  essere  dive- 
nuto uffizio  de'  prelati  de'  monasteri,  e 
de'diaconi,  preti  e  vescovi  cardinali,  tut- 
ti ordini  superiori  al  collegio  di  cui  era 
presidente  il  primicerio,  fu  stabilito  che 
l'incombenza  di  datare  e  segnar  le  bolle 
e  i  Diplomi  (Iz.)  pontificii,  non  l'avesse 
il  primicerio  senon  in  due  casi,  o  in  man- 
canza del  bibliotecario,  o  per  non  essere 
tale  uffizio  in  persona  di  alcuno  degli  or- 
dini superiori.  E  poi  certissimo,  che  il  bi- 
bliotecario della  s.  Sededopo  la  metà  del 
IX  secolo  era  in  auge  di  dignità,  e  che  il 
primicerio  esercitò  l'uffizio  di  segnar  le 
bolle,  benché  interrottamente,  sin  verso 
la  metà  del  secolo  X,  cioè  finché  l'eser- 
citarono privatamente  il  bibliotecario  e 
cancelliere  della  s.  Sede.  Né  si  oppongo- 
no all'asserto  da  Cenni  le  bolle  tolte  dal 
registro  di  Subiaco  e  attribuite  a  s.  Gre- 
gorio I. 

L'altra  incombenza  del  primicerio 
spettante  al  governo  di  s.  Chiesa,  sebbe- 
ne non  tanto  antica  né  di  lunga  durata, 
e  molto  più  ragguardevole  della  prima, 
fu  il  celebre  triumvirato  che  compone- 
va con  l'arciprete  o  primo  cardinale  Pre- 
te (A'.)  e  ['Arcidiacono  (Z^.),  sopra  cui  si 
appoggiava  tutto  il  governo  della  s.  Se- 
de, vacante  la  medesima,  come  notai  nel 
voi.  XXI,  p.  2  i5,di  che  abbiamo  qualche 
ombra  nei  cardinali  capi  d'ordine  nella 
Sede  vacante  e  Conclave  (^.),  avendo 
di  loro  trattato  il  libro  Diurno  (V.)  : 
III.  Archipresbyler,  III.  Archidiaconus, 
111.  Primicerius  servanles  locus  s.  Sedis 
aposlolicae.  Lo  slesso  accadeva  nell'  as- 
senza del  Papa,  comesi  rileva  pure  dal- 
la lettera  di  s.  Martino  I(F.)  aleoùo' 


£i4  PRi 

io,  con  cui  dolendosi  dal  luogo  del  suo 
esilio,  per  essergli  stato  creato  il  succes- 
sore s.  Eugenio  I  :  »In  absenlia  Pontifi- 
cis,  Archidiaconus  et  Archipresbyter  et 
Primicerius  locum  praesentat  Pontifì- 
cis".  Quanto  al  variato  ordine  di  nomi- 
narsi da  s.  Martino  I  prima  l'arcidiaco- 
no e  poi  l'arciprete,  non  deve  intendersi 
come  spiegarono  Garnier  e  Pagi  senio- 
re, poiché  avverte  Cenni,  che  molto  di- 
verso era  il  governo  della  s.  Sede  allor- 
ché era  vacante,  da  quello  dell'assenza  del 
Papa  ,  imperocché  allora  i  triumviri  si 
scrivevano;  servanles  locum  s.  Sedis.  Ma 
assente  il  Papa,  locum  praesentabanl 
Ponlìficisy  quindi  non  deve  meraviglia- 
re che  l'arcidiacono  Vicario  del  Papa 
(V.),  come  insegnano  gli  Ordini  romani 
(l:/.)  antichi  e  la  disciplina  della  chiesa 
romana,  vivente  il  Papa  tenesse  il  pri- 
mo luogo  e  dal  Papa  medesimo  fosse  pre- 
ferito all'arciprete.  Baronio  scrive  che  il 
primicerio  benché  semplice  chierico  po- 
teva crearsi  Papa  :  «  Nisi  contigeret,  ut 
ex  illis  tribusunuseligereturPontifex". 
Queste  due  singolarissime  incombenze 
del  primicerio  erano  da  gran  tempo  an  - 
date  in  disuso,  cioè  quando  scrisse  ve- 
ramente o  quando  si  pretende  dai  sun- 
nominati tre  scrittori  corretti  da  Cenni , 
che  scrivesse  Giovanni  Diacono  della  ba- 
silica Lateranense  che  viveva  nel  i  i5o, 
(nel  684  già  era  cessato  il  governo  trium- 
virale nella  sede  vacante  de'3  mentovati 
personaggi),  i  quali  scrittori  commen- 
tandolo spossessarono  del  loro  antichis- 
simo diritto  i  due  cardinali  diaconi  assi- 
stenti,  egli  avvocali  concistoriali,  che  sen- 
za dubbio  sono  gli  antichi  difensori  re- 
gionari, dell'onore  loro  dovuto,  cioè  par- 
lando delle  funzioni  e  cappelle  pontificie, 
l'intervento  alle  quali  del  primicerio  e  se- 
condicerio, Cenni  qualifica  terza  loro  in- 
combenza, volendo  anche  in  questo  cor- 
reggerei ci  tati  autori.con  dichiarare  quan- 
to propriamente  si  conviene  ai  due  ufi* 
ziali  maggiori  palatini  e  della  s.  Sede.  Con 
tutta  l'ammirazione  pel  dotto  e  critico 


PR1 

Cenni, convengo  quanto  ai  cardinali  dia- 
coni, perchè  distingue  i  tempi  della  pre- 
caria assistenza  del  primicerio  e  secondi- 
cerio  al  Papa, da  quella  immemorabile  e 
continua  de'due  primi  cardinali  diaconi; 
ma  tèmo  che  abbia  confuso  gli    Uditori 
di  rota  (V),  cappellani  e  suddiaconi  a- 
postolici  già  difensori  e  giudici   palatini, 
il  primicerio  de'quali  come  il  secondice- 
rio in  progresso  furono  chiamali  quelli 
de'  notari ,  cogli  Avvocati  concistoriali, 
come  apparirà  dal  contesto  che  vado  a 
riportare,  sulle  funzioni  del  primicerio  e 
secondicelo  de'  notari  regionari.  Della 
parte  che  questi  due  ufh'ziali  ne  avevano, 
comedi  quella  del   primicerio  de'  difen- 
sori, con  l'autorità  di  Galletti, lo  descris- 
si a  Cappelle  pontificie  [V.)  e  in  lutti  i 
luoghi  ove  ne  riparlai,  come  a  Presbite- 
rio {T/ .)  per  quello  che  ricevevano  dal  Pa- 
pa, e  segnatamente  nei  voi.  Vili,  p.  1  1  7 
1 18,  119,  120,  XVII,  p.  11 5,  riportan- 
do la  coronazione  fatta   da  Clemente  li 
nel  1046  di  Enrico  III  imperatore,  e  la 
parte  assai  onorifica  che  vi  ebbero  il  pri- 
micerio e  il  secondicerio  de'  Giudici  pala- 
tini,  che  allora  erano  gli  stessi  primicerio 
e  secondicerio  de' notari  :  ne'quali  luoghi 
dissi  pure  dell'intervento  de'notari  regio- 
nari, de'difensori  e  de'giudici,  figurando 
principalmente  il  primicerio  de'notari  re- 
gionari, il  quale  col  primicerio  de'difen- 
sori, col  secondicerio  de'notari  prestava 
assistenza  al  Papa,  come  fanno  i  due  car- 
dinali primi  diaconi,  e  nel  Pranzo  (V.)  di 
Pasqua,pressola  mensa  del  Papa  si  asside- 
va in  quella  de'5  cardinali  preti  e  altret- 
tanti diaconi.  Nelle  funzioni  papali  molti 
primari  ufliziali  della  s.  Sede  indossavano 
il  Piviale  (r.),comc  i  difensori, i  giudici, 
gliscrinari,  i  prefetti  navali,  de'quali  uf- 
fiziali  laici  parlai  nel  voi.  XLII1,  p.  ?.?., 
dicendo  che  assumevano,  oltre  la  cotta  e 
il  camice,  il  piviale  all'apostolica,  cioè  col 
braccio  dritto  scoperto,  nel  modo  che  ora 
usano  gli  avvocati  concistoriali.  Di  que- 
sti l'antico  ceremoniale  romano  dice:  "Se 
'telai  ii  et  advocati  super  vestes  coiti  u 


PRI 

nes  habeant  pluviale  eum  apertura  super 
huraerum  dextrum,  et  almucia  super  si- 
nistruca".  In  luogo  dell'alrauzia  ora  han- 
no le  pelli  di  armellino  sulla  cappa  :  a 
Mattutino  dissi  come  vestivano,  se  il  Pa  • 
pa  assumeva  la  cappa. 

Narra  Cenni  che  nelle  processioni  so- 
lenni il  Papa  incedeva  in  Cavalcata  (al 
quale  articolo  col  Galletti  descrissi  l' in- 
tervento di  tutti  gli  uffiziali  in  discorso , 
allecavalcate  per  l'elezione  del  Papa, ed 
altre  funzioni  :  si  può  vedere  anche  Ca- 
vallo e  Possesso),  e  il  primicerio  de'no- 
tarilo  precedeva  :  «Qui  antera  eum  equi- 
tantes  praecedunt hi  sunt ,  Diaconus,Pri- 
micerius,  et  duo  Notarii  regionarii,Defen- 
sores  regionarii,subdiacon.  regionarii" se- 
condo gli  Ordini  romani  i  .°e  3.°E  quando 
il  Papa  sceso  da  cavallo  entrava  in  chiesa, 
vi  entrava  wsustentatus  a  Diaconibus,qui 
eum  susceperint  de  sellano  descenden- 
lem",  o  come  si  legge  in  altro  Ordine:»qui 
eum  descendentem  a  sellano  accipiunt  ob- 
viis,  utaiuntmanibus".  Tal  era  la  pratica 
del  IX  secolo,  in  cui  maggiormente  fioriva 
1'  uffizio  del  primicerio  de'notari  regio- 
nari. Perciò  Pasquale  primicerio  enipote 
di  Adriano  I,  quando  si  feceincoutroas. 
Leone  III  (V.)  pieno  di  mal  talento  per 
l'esecrando  sacrilegio  che  meditava,  non 
si  scusò  altrimenti  diaver  mancato  al  suo 
preteso  dovere  d'accompagnarlo  col  se- 
condicerio  dexlra  laevaque ,  ma  pregò 
il  Papa  a  perdonargli  l'essere  senza  1'  a- 
bito  sagro  :  Quia  infinnus  surn,  et  ideo 
sine  piartela  veni.  Dopo  il  iooo  quando 
nelle  sagre  funzioni  era  più.  onorato  il 
Primicerio  de'  cantori  (ne  parlai  a  Pri- 
micerio), che  quello  de'notari,  allora  chia- 
mato Primicerius  judicum  ,  in  due  sole 
occasioni,  nemmeno  spettanti  alla  funzio- 
ne, si  trova  accempagnato  il  Pontefice  , 
dexlra  laevaque  dalla  basilica  di  Zacca- 
ria fino  in  camera  :  il  giorno  di  Natale 
quando  tornato  da  s.  Maria  Maggiore  era 
soeso  da  cavallo,  dopo  le  solite  Laudi  (  Fe- 
di, cioè  di  acclamazioni),  Primicerius  de- 
fensorum,  etsecundicerius  suscipiunt  eum 


PRI  2*5 

per  manus,  elducuntusque  in  canterani: 
e  il  giorno  di  Pasqua  nello  stesso  modo, 
colla  sola  diversità,  che  suscipilur  a  Pri- 
micerio, et  Secundicerius  judicum  depo- 
nitcoronam.  Del  resto  anche  dopo  il  i  ooo 
si  troverà  il  Papa  sostenuto  da  due  dia- 
coni, laonde  Cenni  dichiara  falsissimo  che 
i  cardinali  diaconi  abbiano  ereditato  dal 
primicerio  e  dal  secondicerio  l'onore  d'as- 
sistere il  Papa,  come  pretesero  gl'inter- 
preti di  Giovanni  Diacono,  Panvinio,  Ra- 
sponi  e  Mabillon.  Non  è  già  affatto  falso 
che  il  primicerio  e  secondicerio  de'nota- 
ri esercitassero  1'  uffizio  de'  due  diaconi 
assistenti,  ma  in  3  sole  occasioni  suppli- 
vano ai  medesimi  occupati  in  altro,  in- 
sieme col  primicerio  de'  difensori ,  cioè 
quando  i  diaconi  accompagnato  dexlra 
laevaque  il  Papa  nel  sagrario,  uscivano 
a  vestirsi  degli  abiti  sagri  alla  porta  di 
esso;  mentre  contemporaneamente  ve- 
stendosiin  pontificali  il  Papa,servito  come 
oggi  clegl'  indumenti  pontificii  dai  Sud- 
diaconi (F.),  il  primicerio  e  secondicerio 
de'notari,  come  attestano  d'accordo  ice- 
remoniali  antichi, cotnpomintvestimenla 
ejus  ut benesedeant.  La  2.a  occasionedel- 
la  supplenza  del  primicerio  e  secondice- 
rio avveniva  quando  occupati  i  cardi- 
nali diaconi  all'altare  in  tempo  dell'  O- 
blazione  {f^.)3  il  Papa  descendit  ad  Se- 
natorium  tenente  manuin  ejus,dexleram 
primicerio  notar iorum,  et  primicerio  de- 
fensorum  sinislram,  e  tornava  al  Soglio 
(F.)  sostenuto  dal  secondicerio  a  sinistra. 
£  finalmente,  quando  in  tempo  della 
comunioue  similmente  occupati  i  diaconi 
assistenti,! due  primiceri  accompagnava- 
no il  Papa  al  senatorio  o  luogo  ove  sta- 
vano i  magnati  secolari.  I  cardinali  dia- 
coni poi  appena  vestiti  e  rientrati  nel  sa- 
g  rari  o,  il  Papa  vestito  anch'esso,»  elevati» 
se  dat  inanimi  dexteram  arcidiacono (o 
priore  o  i.°  de'cardinali  diaconi),  et  sini- 
stranti secundo,  vel  qui  fuerit  in  ordine". 
Così  dopo  l'oblazione,  sbrigatisi  dal  lo- 
ro uffizio,  »  ascendimi  diaconi  ad  Pon- 
tiiìcem.Quos  videntcs primicerius, secuu- 


216  PKI 

diceri ns ,  el  primicerius  defensorum  re- 
giooariorumj  et  notari  regionarii,et  de- 
feusores  regionarii,  descendunt  de  acie- 
bus,  ut  sedent  in  loco  suo".  Terminata  la 
comunione,  »  surgitPontifexcum  archi- 
diacono,  ec.  "Con  questi  racconti,  crede 
Cenni  di  avere  rivendicato  dalle  altrui 
interpretazioni  i  cardinali  diaconi  e  l'an- 
tichissimo illustre  collegio  degli  avvocati 
dels.  Concistoro,  dalle  usurpazioni  in  fa- 
vore del  primicerio  e  secondiceriode'no- 
tari  regionari.  Agli  esternati  miei  dubbi, 
aggiungo  l'invito  di  consultarsi Bernino, 
11  tribunale  del  s.  Rota,  p.  1 20  e  seg.,  e 
per  l'analogia  dell'assistenza  che  presta- 
no al  Papa  in  diversi  modi ,  gli  artico- 
li Uditori  di  Rota,  Protonotari  apo- 
stolici, Falda  ,  Manto,  Genuflessorio  ; 
mentre  dagli  uffizi  degli  avvocati  conci- 
storiali non  mi  pare  che  risulti  l'asser- 
zione del  benemerito  Cenni.  Questo  inol- 
tre parla  del  diritto  attribuito  da  Gio- 
vanni Diacono  della  lettura  della  7."  e 
8.a  Lezione  (F.)  del  Mattutino  (V.)  al 
primicerio  e  secondicelo,  riportando  al- 
cuni ceremouiali  delle  uffiziature.  In  quel- 
la notturna  di  s.  Pietro  la  cantava  il  i.° 
suddiacono  de'  7  basilicali  o  palatini  o 
priore  basilicario;  così  as.  Maria  Maggio- 
re, ed  a  s.  Paolo  ovei  monaci  leggevano 
le  tre  prime.  Solo  nella  festa  di  s.  Pietro} 
dopo  i  canonici,  leggevano  la4-ae  la  5.a 
i  giudici ,  rimanendone  una  ai  vescovi, 
altra  ai  cardinali,  perchè  l'S."  impreteri- 
bilmente dovea  leggersi  dadetlosuddia- 
cono;  finché  fu  stabilito  che  le  3  ultime 
le  leggessero  i  due  cardinali  diaconi  as- 
sislenti,  e  dopo  il  Papa.  Nel  voi.  IX,  p. 
1  08  e  seg.  parlai  del  mattutino  e  lezio- 
ni che  si  cantano  nella  notte  di  Natale 
nella  cappella  papale,  riportando  diversi 
ceremouiali ,  colle  varianti  avvenute  di 
tempo  in  tempo. 

Altre  incombenze  del  primicerio  e  se- 
condicerio  de'nolari,  ch'ebbe  in  comune 
cogli  altri  primari  uffizi  palatini,  Cenni 
dice  che  furono  l'intervento  ai  congressi 
ilei  clero  o  Presbiterio,  di  concorrere  con 


PIÙ 

esso  all' Elezione  del  Papa  (F.),  di  assi- 
sterlo ne'grandi  affari  in  Roma  coll'ope- 
ra  e  col  consiglio,  pressoi  principi  col  ca- 
rattere di  Legati  (F.)  ;  ma  volle  anche 
queste  attribuzioni  ripurgare  da  quanto 
ne  dissero  i  più  volle  nominati  interpre- 
ti di  Giovanni  Diacono,  fino  ad  asserire, 
che  al  primicerio  ed  al  secondicelo,  ob- 
sequebanlurornnes  palatii  ordines,  et  of- 
ficia. Quanto  al  primicerio  conviene  nel- 
lasublimità  del  grado,  riguardo  aisecon- 
dicerio  con  testimonianze  di  s.  Gregorio 
I  apparisce  soltanto  notaro  regionario. 
All'  incontro,  Cristoforo  primicerio  da 
Stefano  IV  viene  chiamato  Primicerius 
et  Consiliarius,  illustre  ufficio  di  cui  trat- 
tai a  Presbiterio  e  che  i  Papi  conferiva- 
no a'vescovi  e  cardinali,  e  fino  agl'impe- 
ratori Carlo  il  Calvo  e  Lodovico  il  Bal- 
bo, per  disposizione  di  Giovanni  Vili:  Te 
quoque, carissime  fili,  auctoritate  s.  Spi- 
ritus  Dei  nostri  . . . .  a  secretis  constititto 
meum  Consiliarium.  E  di  Teodoro  pri- 
micerio, dice  Anastasio  1  Dudum  Pos.  et 
duce,  postmodum  vero  Primicerio  t.  no- 
slrae  Ecclesiae.  Da  tali  singolari  esempi, 
dice  Cenni,  che  non  si  deve  inferire,  che 
il  Primiceriato  fosse  maggiore  del  con- 
sigliere, del  console,  del  duca.  Proceri  o 
primati  del  clero  romano  furono  chiama- 
ti da  Anastasio  il  primicerio  e  il  secon* 
dicerio  de'  notari:  Proceribus  ecclesiae, 
Primatibus  ecclesiae  j  ma  dopo  i  Sacerdo- 
tes  che  comprendeva  dapprima  i  soli  car- 
dinali preti  e  diaconi,  detti  Primati[F.) 
della  chiesa  romana  ,  poi  anche  i  7  ve- 
scovi cardinali  suburbicari,  e  per  ultimo 
gli  abbati  o  prefetti  de' monasteri. o  ab- 
bazie privilegiate  (di  cui  nel  voi.  Vili,  p. 
i  16  ed  altrove),  che  formavano  ili. "gra- 
do della  gerarchia  ;  il  2.0  si  componeva 
di  tutti  gli  uffìzi  palatini ,  tranne  quelli 
della  I."  classe  e  in  conseguenza  de'detli 
proceri  e  primati  ;  la  3."  de'  notari,  sud- 
diaconi e  difensori  senza  dignità  palatina, 
accoliti  o  ceroferari,  e  gli  altri  ordini  mi- 
nori. Cenni  ravvisa  ora  nellai."  il  Sagro 
Collegio,  nella  2.'1  la  Prelatura,  ucllu3,' 


PRI 

il  Clero  romano.  La  somma  dignità  del 
primicerio  e  secondicerio  era  d'  avere  il 
i.u  luogo  in  tulle  le  sagre  funzioni,  nel- 
l 'assistenza  o  servizio  del  Papa  ,  e  nelle 
legazioni  tra  quei  della  a."  classe.  Allor- 
ché Papa  Costantino  nel  710  si  portò  a 
Costantinopoli  alla  corte  di  Oriente,  lo 
accompagnarono  vescovi,  preti  e  diaconi, 
e  dopo  di  essi  Giorgio  secondicerio, Gio- 
vanni primo  difensore,  Cosimo  mediano, 
Sisiunio  nomenclatore,  Sergio  •orinario, 
Doroteo  e  Giuliano  suddiaconi.  Nel753 
accompagnarono  alla  corte  di  Francia 
Stefino  li  dello  III,  olire  i  vescovi,  preti 
e  diaconi,  Ambrogio  primicerio,  Danila- 
ciò  secundum,  Leone  e  Cristoforo  regio- 
nari. Papa  s.  Zaccaria  spedi  a  Pavia  al 
re  Luitprando  per  legali,  Denedetto  ve- 
scovo Vicedomino  (P '.),  dignità  del  palaz- 
zo apostolico  (cui  successe  il  maggiordo- 
mo )  che  avea  cura  di  tutta  la  famiglia 
pontifìcia  e  de'forastieri,  insieme  ad  Am- 
brogio primicerium  notariorum,  con  let- 
tere e  con  doni.  Nel  743  da  Ravenna  s. 
Zaccaria  vi  rispedì  Stefano  prete  e  Am- 
brogio primicerio  per  notificargli  il  suo 
arrivo  e  poi  si  recò  da  lui. Stefano  III  sud- 
detto inviò  una  legazione  ad  Astolfo  re  dei 
longobardi ,  cioè  suum  germanum  san- 
ctissimo  scilicet  Paolo  diacono  (cardina- 
le e  poi  Paolo  l),con  Ambrogio  primice- 
rio (  nel  752  ,  con  doni  per  conchiudere 
la  pace,  ed  ottennero  tregua  di  4"  anni, 
che  il  barbaro  non  osservò,  per  cui  il  Pa- 
pa intraprese  col  medesimo  il  detto  viag- 
gio di  Francia).  Adriano  I  del  772  spedi 
legali  a  re  Desiderio,  Pardo  prefetto  del 
monastero  di  s.  Saba,  e  A nastasipi."  di- 
fensore, essendo  antichissima  costuman- 
za di  preferir  gli  abbati  alla  a."  classe 
della  gerarchia.  Se  la  legazione  si  com- 
metteva ai  primati  o  uffizi  palatini  della 
2.*  classe,  questi  aveano  la  precedenza  fi- 
no dai  suddiaconi,  La  slessa  prerogativa 
aveano  i  primati, eperconseguenza  il  pri- 
micerio e  secondicerio  ch'erano  i  più  rag- 
guardevoli, ne'congressi  del  clero,  ne'qua- 
li  col  medesimo  sedevano  assente  il  Pa- 


P  B.  I  217 

pa,  secondo  il  loro  antichissimo  privile- 
gio; non  mai  sedevano  presente  il  Papa 
in  tali  congressi,  presbiteri!  o  concilii,ove 
secondo  Cernii  non  era  lecito  che  seder- 
vi vescovi  e  cardinali.  Noterò  con  Nar- 
di, che  il  primicerio,  il  secondicerio,  i 
notari  doveano  rendere  conto  del  loro 
operato  in  conspectu  presbyterorum  et 
diaconorum.  Nel  concilio  di  Stefano  III 
detto  IV  del  769,  in  cui  intervennero 
i  proceri  del  clero,  fra  questi  in  piedi  e 
fuori  del  circolo  fu  ammesso  Cristoforo 
primicerio  de'notari  della  s.  Sede  e  con- 
sigliere :  con  questa  testimonianza  Cen- 
ni ribatte  le  asserzioni  di  Giovanni  Dia- 
cono e  suoi  interpreti,  che  gli  accordaro- 
no la  precedenza  sui  vescovi,  che  anzi  per- 
derono  quella  sui  suddiaconi  quandu  il 
suddiaconato  divenne  ordine  sagro  mag- 
giore^! più  lardi  nel  secolo  XI.  Da  indi 
in  poi  il  primicerio  e  secondicerio  ,  non 
perchè  cogli  altri  5  uffìzi  palatini  fossero 
creati  cardinali  da  Alessandro  III  del 
1  i5g  ,  come  Panvinio  e  Mabillon  inse- 
gnano, ma  perchè  furono  introdotti  dai 
Papi  altri  più  rispettabili  uffizi,  restaro- 
no poco  distinti  dai  laici,  com'è  notato  ne- 
gli ordini  romani,  che  gli  accompagnano 
col  Prefello  di  Roma  (Vedi,  però  cospi- 
cua dignità):  così  conchiude  Cenni. 

La  dissertazione  di  Cenni  con  altre  i- 
nedite,  fu  da  lui  letta  neh'  accademia  di 
Benedetto  XIV  e  alla  sua  presenza,  come 
all'erma  Novaes  nella  vita  di  quel  Papa, 
quindi  nel  1  778  furono  dopo  la  di  lui  mor- 
te pubblicate  in  Pistoia  dal  nipote,  cioè 
dopo  che  il  p.  ab.  Pier  Luigi  Galletti  nel 
1776  in  Roma  avea  stampala  e  dedica- 
ta a  Pio  VI:  Del  Primicerio  della  s.  se- 
de apostolica  e  di  altri  uffizioli  maggiori 
del  sagro  palagio  Laleranense  ,  opera. 
Laonde  ognuno  seguì  il  proprio  partico- 
lare proponimento.  Senza  detrarre  del 
merito  della  dissertazione  di  Cenni,  auto- 
re eziandio  di  quella  del  governo  in  Sede 
vacante  del  primicerio  de'notari,  e  di  cui 
parlerò  a  quell'  articolo,  certamente  mi 
sembra  più  assai  interessante  l'opera  del 


2.8  FRI 

Galletti,  per  avere  con  grande  erudizio- 
ne e  critica  trattato-di  lutti  i  7  summen- 
tovati  uffiziali  maggiori  palatini, e  per  a- 
verla  arricchita  di  note  e  d'un'appendice 
di  documenti.  Da  questa  estrarrò  quelle 
nozioni  che  non  trovai  in  Cenni,  in  uno 
olle  varianti,  e  parlerò  meglio  del  Secon- 
dicero  per  unità  d'  argomento,  e  così  ne 
risparmierò  uno  speciale  articolo,  ripor- 
tando d'aruhedue  gli  uffizi  le  serie  dateci 
da  Galletti,  come  ho  fatto  delle  altre  di- 
gnità palatine,  ancorché  non  trattate  da 
quel,  benemerito  scrittore,  tranne  del  Ve- 
statario,  di  cui  pubblicò  un  Discorso,  e 
ne  profittai  ,  e  rimarcando  nelle  notizie 
d'ognuno  le  cose  più  importanti  al  primi- 
cerato  e  secondicerato.  Non  si  può  sapere 
con  certezza  se  si  ascendeva  dal  notaria- 
to al  primicerato  per  anzianità  o  per  e- 
lezionedelPapa;  nondimeno  Galletti  in- 
clina a  credere  che  piuttosto  si  ottenesse 
per  anzianità,  avendola  veduta  osservare 
da  altri  collegi  della  chiesa  romana,  co- 
me in  quello  de'cantori  :  nella  corte  im- 
periale ,  che  avea  pure  il  suo  primicero 
de'notari,  n'era  eletto  al  grado  quello  che 
adempiuto  l'uffizio  del  notariato  n'era  di- 
venuto il  più  degno.  Inoltre  ritiene  che 
probabilmente  l'uffizio  di  primicero  non 
terminava  colla  morte  del  Papa,  ma  era 
perpetuo  in  chi  una  volta  l'occupava.  Cen- 
ni nulla  disse  de'primiceri  e  secoudiceri 
coniugati;  Nerini ,  Zaccaria  e  Garampi, 
coll'autorilà  eziandio  de'  quali  lo  notai, 
pubblicarono  lelorooperenel  1  752, 1  754 
e  1755.  Galletti  dice,  che  dal  primicero 
dipendevano  gli  altri  uffiziali  palatini  del- 
l'ordine chericale,  i  quali  tulli  erano  al- 
le volte  coniugati.  Che  nel  secolo  XI  Ser- 
gio e  Giovanni  primiceri  della  s.  Sede  eb- 
bero moglie,  non  essendo  cosa  nuova,  die 
uomini  impiegati  nel  medesimo  uffizio 
fossero  coniugati, poiché  Geronziodel565 
l'avea  nvuta  e  fu  sepolto  con  un  suo  pic- 
colo figlio,  come  leggesi  nel  suo  epitaffio. 
L'intervento  alle  funzioni  papali  delle 
Cappelk  pontificie,  Cavalcate,  e  Coro- 
nazione dell'  imperatore,  del  primicero, 


PRI 

secondicero  e  altri  uffiziali  di  cui  tratta 
Galletti,  già  dichiarai  che  colla  scorta  di 
questi  lo  descrissi  a'ci  tati  articoli.  Avverte 
Galletti,  che  Panvinio  nell'opuscolo, /«« 
terpretatìo  vocimi,  non  fece  bene  a  distin- 
guere e  considerare  per  tre  uffizi  diver- 
si il  Primicero  della  s.  Sede,  dal  Primi- 
cero  de'notari  e  dal  Primicero  de'giudi- 
ci  che  sono  veramente  la  stessa  cosa  e 
importano  il  medesimo  uffizio;  come  ri- 
pugna all'assertiva  che  il  primicerolegges- 
se  l'8.a  lezione  sopra  de'  vescovi,  secondo 
il  libro  di  Giovanni  Diacono  che  censu- 
ra ,  dicendolo  accozzamento  di  vecchie 
memorie  degli  uffiziali  palatini  dell'or- 
dine chericale,  peraltro*  da  non  doversi 
trascurare  affatto  e  ne  dà  erudite  notizie. 
Ne'concilii,dice  Galletti, che  il  primicerio 
suggeriva  ai  Papi  e  faceva  loro  istanze, 
ch'erano  supplicati  di  voler  trattare;  col 
di  lui  mezzo  si  concedeva  l'ingresso  a  quei 
che  in  essi  aveano  da  ragionar  di  loro  cau- 
se, e  talvolta  eslraeva  dai  padri  le  dottri- 
ne opportune,  perspiegare  e  confermare 
il  domma  cattolico.  Abbiamo  veduto  Cen- 
ni alquanto  deprimere  il  primicero  nel 
concilio:  però  come  lui  Galletti  dice  che 
uelI'VIII  secolo  sono  detti  ora  Proceres, 
ora  PrìmatesW  Primicero  ecoloro  che  oc- 
cupavanoglialtri  uffizi  palatini,  cioè  il  Se- 
condicene Arcario  o  Tesoriere, il  Sacci- 
lario,  il  Nomenclatore,  il  Primicero  dei 
Difensori, ed  il  Proloscrinarioj  avverten- 
do che  Baronio  malamente  intese,  che  si 
dovessero  credere  i  cardinali  preti  e  diaco- 
ni (e  con  lui  Nardi,  onde  lo  dissi  a  Prima- 
te); i  suddetti  uffiziali  erano  primi  nell'or  • 
dine  de'chierici,  non  già  per  rapporto  ai 
cardinali,  i  quali  per  la  loro  dignità, dopo 
il  Papa,  non  potevano  avere  nella  chiesa 
romana  chi  potesse  essere  di  maggior  gra- 
do, ma  per  rapporto  al  restante  del  cle- 
ro, ed  agli  uffizi  importantissimi  che  e- 
sercitavano  con  vera  giurisdizione.  Vi  e- 
rano  poi  anche  i  primati  laici,  com'era- 
no i  duchi  e  consoli,  i  quali  aveano  il  ti- 
tolo di  eminenlissimi,  i  maestri  de'miliii 
e  sopra  tutti  il  superista,  ch'era  il  l.°dei 


PRI 
Magnati  secolari,  secondo  il  continuatore 
di  Luif  piando: Ex printalibus Romanae 
vivila  tis  Stephanusfilius  Johannis  stipe- 
rista,  dopo  de'quali  ne  annovera  altri  i  o. 
11  libro  pontificale  dis.  Leone  IV  fa  men- 
zione di  Graziano  em  nientissimo  maestro 
a1  e' mìliti,  e  del  romano  palagio  egregio 
stipe.risia  e  consigliere,  e  poco  pia  sotto 
lo  chiama  Gratianus  Romanae  Urbis  sii- 
perìsta.  Dal  ceto  di  questi  primati  si  as- 
sumevano i  governatori  delle  città,  i  du- 
chi de'militi,  ed  erano  anch'essi  non  me- 
no del  primicero  e  degli  altri  chierici  uf- 
fiziali  adoperati  ne'  più  scabrosi  affari  e 
nelle  più  difficili  legazioni;  anzi  ne'primi. 
tempi  della  Sovranità  pontificia  [V.)  a- 
veano  parte  nell'amministrazione  del  go- 
verno. Neh" Vili  secolo  tali  pontificii  m'i- 
nibii erano  "anche  detti  servilia,  cospicui 
personaggi  :  con  questo  titolo  Adriano  I 
chiamò  il  bibliotecario,  il  sacellario,  il 
notaio,  il  giudice.  Galletti  afferma  che 
non  si  può  dubitare  che  il  primicero  del- 
la s.  Sede  non  fòsse  la  prima  dignità  del 
Palazzo  apostolico  (f^.),  e  non  ottenes- 
se quella  che  oggi  nella  corte  de'  prin- 
cipi dicesi  di  primo  ministro  e  nella  pon- 
tificia si  detrominaòegyeftz/70  distalo^  V.). 
N'  è  una  prova  il  trasmettere  che  face- 
vano i  vescovi  al  primicero  gli  alti  delle 
loro  cause  }  acciocché  perle  di  lui  mani 
passassero  poi  in  quelle  del  Papa:  il  pri- 
micerio Geronzio  d'illustre  stirpe,  coll'o- 
pera  sua  e  ministero  contribuì  alla  glo- 
ria del  pontificato  del  suo  parente  s.  Or- 
misda (V.)  del  5i4,  per  la  destrezza  e 
nobiltà  del  pensare,  nel  condurre  e  ma- 
neggiare gli  affari.  Da  s.  Paolo  I  si  ap- 
prende che  Cristoforo  primicerio  era  sta- 
to il  i  °  ministro  e  consigliere  di  Stefano 
II  detto  III  suo  fratello,  e  lo  era  di  lui 
slesso.  Ne'secoli  anteriori  aliooo,  come 
i  Papi,  i  primiceri  usavano  di  appende- 
re ai  loro  atti  la  bolla  di  piombo  col  no- 
me proprio  da  una  parte ,  chiamando 
Galletti  princi polissimo  il  posto  del  pri- 
mi  cerato,  come  primo  Primicero  e  mag- 
giore di  quello  de'difensori;  e  perciò  del- 


PRI  »*9 

to  Primicero  della  s.  Sede  ,  del  quale  si 
trova  memoria  auchene'tempi  dis.  Giu- 
lio I  del  336,  capo  de'  notari  regionari 
della  chiesa  romana,  detti  poi  Protono- 
tari  apostolici,  principale  collegio  prela- 
tizio della  corte  pontificia. 

Serie  de'  primiceri  della  s.  Sede 

apostolica. 
544  Surgenzio  fiorito  sotto  Papa  Vi- 
gilio, già  ne  parlai.  565  Geronzio  di  cui 
ne  celebrai  le  preclare  gesta,  morendo  ric- 
co d'anni  e  di  meri  ti. 593  Stefano  che  fa  \n 
Dalmazia  per  affari  rilevanti  dis.  Grego- 
rio I.  5g3  Gaudioso  ebbe  nello  stessoan- 
no  il  p'rimicerato  ovvero  lo  fu  prima  del 
precedente.  640  Giovanni,  sotto  del  qua- 
le la  chiesa  romana  nella  sede  vacante  e 
finché  l'eletto  Papa  non  era  confermato 
{V.  Elezione)  e  consagra  lo  o  benedetto, 
o  nella  sua  assenza,  era  retta  dall'arcipre- 
te, dall'arcidiacono  e  dal  primicero  dei 
notari,  e  con  singolare  esempio  da  un  4° 
personaggio  chiamato  consigliere;  rap- 
presentanza o  luogotenenza  riguardante 
fammi  Distrazione  particola  re  dell'econo- 
mico, e  non  quello  ch'era  esercizio  di  po- 
destà pontificia  sulla  chiesa  universale; 
nondimeno  nel  primicerato  di  Giovanni 
essendo  stato  elètto  Giovanni  IV,  il  clero 
romano  rispose  alla  lettera  de' .vescovi  e 
abbati  irlandesi  sullaPasquaesuI  pelagia- 
nismo.  Nel  titolo  della  lettera  si  legge  pri- 
ma il  nome  dell'arciprete,  Ilarioarcipre- 
te,  etservans  locum  s.  Sedis  aposlolicae, 
poi  di  Giovauoi  diacono  (il  Papa,  per  cui 
Novaes  disse  che  la  scrisse  lui),  in  Deino- 
mine  eleclusjtem  Johannes  pr'unicerius 
et  servans  locum  s.  Sedis  aposlolicae,  e 
Giovanni  servus  Dei  consiliarius  ejusdeni 
aposlolicae  sedis.  Avverte  Galletti,  che 
tuttavolta  a  tre  soli  spettava  siffatto  go- 
vernamento  e  maeslevole  uffizio,,  non  a- 
vendovi  luogo  l'eletto  Papa,  altrimenti 
ivi  sarebbe  stalo  nominalo  prima  degli 
altri,  tanto  vi  ebbe  luogo  Papa  Giovanni 
perchè  si  trovava  arcidiacono;  quanto  al 
consigliere  aggiunto,  può  credersi  che  so- 
stituisse un  4-°  personaggio,  allorché  uno 


220  PIÙ 

de'triumviri  fosse  eletto  a  Papa,  essendo 
il  consigliere  una  delle  più  ragguardevoli 
dignità  della  chiesa  romana,  e  nelle  cause 
temporali  di  maggior  importanza  era  in- 
terrogato per  udirsene  il  suo  parere.  649 
Teofìlatto,  il  quale  come  assai  versato  ne- 
gli studi  teologici,  fece  singoiar  comparsa 
nel  concilioLateranensedi  io5  vescovi, o- 
ve  fu  il  1  .°a  parlare,  pregando  s.  Martino  I 
chedichiarasseal  sagro  consesso  la  cagio- 
ne per  cui  l'avea  ivi  convocato,  ciò  che 
dal  Papa  prontamente  si  fece.  Indi  Pa- 
squale no  taro  regionario  lesse  le  lettere 
di  scusa  di  Mauro  vescovo  di  Ravenna, 
per  non  esservi  potuto  venir  in  persona. 
Nella  2.'sessioneil  Papa  ordinò  col  mezzo 
dilectissimum  primicerium  et  nolarios, 
s'introducessero  quelli  che  avevano  da 
esporre  circa  la  causa  dei  monoteliti.  Al- 
lora Teofìlatto  ottenne  dal  Papa  ches'in- 
troducesseil  vescovo  di  Dori,  indi  gli  fece 
istanza  che  si  ricevesse  il  suo  libello  in 
greco,  per  cui  un  notaro  regionario  lo  les- 
se in  latino.  Inoltre  Teofìlatto  propose  al 
Papa,  che  molti  abbati,  preti  e  monaci 
greci,  che  da  parecchi  anni  abitavano  in 
Roma, chiedevano  di  essere  presentati,  e 
furono  esauditi.  Di  più  si  ha  dagli  atti  di 
questo  concilio,  che  il  prirnicero  de'no- 
tari  d'ordine  di  s.  Martino  1  estrasse  dai 
ss.  padri  i  testimoni  che  facevano  a  pro- 
posito del  domina  cattolico,  ed  i  testimo- 
ni degli  eretici  per  mostrar  la  novità  del- 
l'opinione monotelitica.  65g  Gaudenzio, 
dai  monumenti  del  quale  si  prova  la  pre- 
rogativa del  prirnicero,  che  i  vescovi  gli 
trasmettevano  gli  atti  delle  loro  cause, 
perchè  li  sottomettesse  al  Papa;  proba- 
bilmente quel  Gaudenzio  di  cui  Mura- 
tori riporta  la  bolla  plumbea,  leggendosi 
da  una  banda  Gandenlii,  dall'altra  Pri- 
micerii;  venne  riferita  ancora  da  Fico- 
ronzii  quale  attribuì  al  prirnicero  inge- 
j-enzeche  non  gli  spellano,  almenoa  quel- 
lo della  s.  Sede.  Agatone  fiorì  soltos.  Zac- 
caria del  7 4  •  > e  ne  fa  menzione  Anasta- 
«io.743^/H/>rog70,unode'più  illustri  per- 
sonaggi de'suoi  tempi,  come  rilevasi  dal 


PRI 

suo  nobile  epitaffio  e  da  insigni  monu- 
menti: narrai  le  sue  solenni  legazioni,  e 
s.  Zaccaria  si  prevalse  di  lui  per  magni- 
ficamente decorare  il  Triclinio  suo  nel 
patriarchio  Lateranense.  Nel  memorato 
viaggio  con  Stefano  detto  III  morì  di  feb- 
bre nel  753  nel  monastero  di  s.  Mauri- 
zio de'Vallesi,  e  trasferito  il  corpo  in  Ro- 
ma fu  sepolto  nella  basilica  Vaticana.  764 
Cristoforo  anche  consigliere,  come  dissi 
di  sopra  con  altre  sue  notizie,  potentis- 
simo, onde  nel  768  col'  figlio  Sergio  sa- 
cellario,  e  Valdiperlo  prete,   potè  cac- 
ciare V Antipapa  Costantino  (fr.)}  fratel- 
lo di  Tolone  duca  o  governatore  di  Ne- 
pi  (f.)  ,  cogli  aiuti  somministrati  da  re 
Desiderio  e  da  Teodicio  duca  di  Spoleto, 
cooperando  Demetrio  secondicerio  che 
con  Grazioso  cartolario  o  archivista  (poi 
duca  o  governatole  di  qualche  città)  uc- 
cisero Tolone.  Insorto  quindi  l'Antipapa 
Filippo  (f^.),  abbate  della  Chiesa  de  ss. 
Vito  e  Modesto  (f^.),  Cristoforo  l'indus- 
se a  tornare  al  monastero,   indi  nel   se- 
guente giorno  fece  adunare  i  primati  del 
clero  e  delia  milizia,  l'esercito  e  i  citta- 
dini, e  tulli  dopo  maturo  esame  conven- 
nero nell'elezione  di  Stefano  IV.  Questi 
nel  celebre  rammentato  couciliodel  769 
ingiunse  a  Cristoforo  di  fare  un'esatta  e- 
sposizione  dell'intrusione  di  Costantino, 
il  quale  pure  fu  udito,  sebbene  privo  de- 
gli occhi  (cavatigli  secondo  il  frequente 
barbaro  coslume  d'allora  e  durò  sino  ver- 
so la  fine  del  secolo  XII),  ed  in  mezzo  al 
sinodo  il  prirnicero  fece  quell'eloquente 
narrativa  che  riporta   Galletti,  dicendo 
che  la  faceva  ex  persona  universalis  Dei 
s.  romanae  ecclesiae,  dalla  quale  espres- 
sione si  comprende  che  dopo  quella  del 
Papa,  non  poteva  esser  maggiore  la  rap- 
presentanza della  di  lui  dignità  primice- 
rale.  Ma  Stefano  IV,  prevalendosi  dell'o- 
pera di  Cristoforo  e  di  Sergio  suo  figlio 
secondicerio  e  nomenclatore,  già  sacella- 
rio,per  indurre  Desiderioa  restituir  quan- 
to avea  usurpato  alla  Chiesa,  condottosi 
in  Roma  quel  principe  con  inganni  fece 


PIÙ 
cavnrgli  occhi  a  Cristoforo  che  ne  morì  di 
spasimo  nel  769,  e  Sergio  imprigionalo 
fu  poi  ucciso  in  Anagni:  più  tardi  Adria- 
no I  fece  seppellire  onorevolmente  i  loro 
cadaveri  in  s.  Pietro.  770  Teodato  pa- 
rente di  Adriano  I,  da  console  e  duca  di- 
venne primicero,  e  col  figlio  fu  insigne 
benefattore  e  ristoratore  da'fondamenti 
della  Chiesa  di  s.  Angelo  in  Pescheria 
{V),  prò  intercessionem  animae  suae  et 
remedium  omnium  peccatorum.  Giovan- 
ni senz'anno;  così  Mastalo  che  però  fiori 
sotto  Adriano  I  del  772,3!  quale  moren- 
do lasciò  a  sua  disposizione  porzione  del- 
l'eredità, perchè  l'erogasse  in  sollievo  dei 
poveri;  gli  eredi  piamente  vi  unirono  la 
parte  loro  spettante  e  consistente  in  200 
soldi  mancosi  d'oro  (circa  420  scudi),  in 
fondi  colla  chiesa  di  s.  Leucio  nella  via 
Flaminia  presso  Tordi  Quinto  (pochi  pas- 
si dopo,  e  Galletti  ne  vide  gli  avanzi),  che 
il  Papa  ristorò  e  donò  con  altre  posses- 
sioni a s.  Pietro.  786  Anastasio  vissesot- 
to  Adriano  I.  799  Pasquale  primicero 
e  indegno  nipote  di  Adriano  I,  di  cui  già 
feci  cenno, crudelissimamente  fece  di  tut- 
to con  Campolo  sacellario  per  uccidere 
s.  Leone  III[V.)}  che  rifugiossi  in  Fran- 
cia da  Carlo  Magno,  al  quale  i  sacrileghi 
calunniarono  il  Papa  e  incendiarono  al- 
cuni fondi  di  s.  Pietro.  Ritornato  il  Papa 
a  Roma,  i  ribaldi  furono  esiliati.  802  jEm- 
stazio  subito  successe  a  Pasquale  appena 
fu  privato  del  primicerato,  forse  quell'Eli- 
stazio  che  essendo  duca  e  poi  diacono  di- 
spensatore o  amministratore,  donò  vari 
beni  a  s.  Maria  in  Cosmedin.  82  1  Teo- 
doro primicero  con  Floro  furono  manda- 
ti da  s.  Pasquale  I  legati  a  Lodovico  I,per 
assistere  alle  nozze  di  sua  figlia,  indi  nel- 
T82  3  con  Leone  suo  genero  e  nomencla- 
tore, dai  loro  emoli  furono  privati  prima 
degli  occhi  e  poi  della  vita,  essendo  im- 
probabili le  calunnie  sparse  sulPapa.  829 
Cirino  intervenne  a  un  Placito  (f^)}  che 
si  tenne  nel  palazzo  Laleranensee  riguar- 
dante la  Camera  apostolica.  843  Nicolò. 
852  Leone.  Dopo  1852  Tiberio  primi- 


P  R I  221 

cerio  santissimo  della  sede  apostolica  sot- 
tos.  Nicolò  I  dell' 858.  872  Sergio  in- 
tervenne ad  un  placito.  Gregorio  il  cui  fi- 
glio Giorgio  vestarario  fu  scomunicato 
neU'876  da  Giovanni  VI  II,  reo  di  molti 
delitti.  876  Cristoforo  fiorì  sotto  Gio- 
vanni Vili.  889  Zaccaria  visse  nel  pon- 
tificato di  Stefano  detto  VI.  900  leeone 
primicero  a'tempi  di  Benedetto  IV.  924 
Sergio  che  colla  moglie  Agata  nobilissi- 
ma donarono  al  monastero  di  s.  Vito  l'o- 
ratorio e  la  casa  di  s.  Teodoro  presso  Por- 
ta Maggiore.  g3  1  Stefano  trovasi  nel  pa- 
pato di  Stefano  VII  detto  Vili.  g38  Ni- 
colò viveva  sotto  Leone  VII.  947  Ste- 
fano sottoscrisse  una  donazione.  Galletti 
qui  pone  Angelo  primicero  che  pare  ri- 
vestito della  dignità  cardinalizia  (non  lo 
trovo  in  Cardella).  963  Giovanni.  963 
buonfigliuolo  o  Buon  figlio  (V-),  cardi- 
nale diacono  e  primicero,  ed  intervenne 
pure  al  conciliabolo  del  963  contro  Gio- 
vanni XII (V.):  Bonfilius  e  gran  primi- 
cerio palatino  lo  chiama  Nardi,  De  par- 
rochi  t.  2,  p.  2o4>  mentre  a  p.  202  de- 
nomina questa  dignità  Primicerio  mag- 
giore. Egli  opina  che  ogni  collegio  pre- 
latizio maggiore  o  minore  avesse  il  pri- 
micerio ed  il  secondicerio,  tutti  soggetti 
al  gran  primicerio  e  secondicerio  palati- 
ni. Osserva  Galletti,  che  il  primicerato  si 
occupava  ora  da  chi  era  coniugato,  edora 
da  chi  era  e  dovea  esser  celibe.  g83  Ste- 
fano intervenne  al  piacilo  tenuto  nella 
basilica  Vaticana  innanzi  Benedetto  VII 
e  ne  lesse  le  carte.  986  Pietro  prete  e  pri  - 
micero.  Orso  sotto  Silvestro  il  del  999- 
ioti  Giovanni  per  provvidenza  di  Dio 
primicero,  con  Giovanni  primicero  de'di- 
fensori  e  altri,  fu  al  placito  o giudicato  te- 
nuto per  lechiesedi s. Maria  es.  Benedet- 
to (di  cui  parlai  ne' voi.  XII,  p.  7 7,  XXV I, 
p.228),  in  seguilo  di  altro  placito,  ed  ebbe 
in  moglie  Sette  nobilissima  donna.  roi3 
Gregorio  aRipa  primicero.  1  oi^Benedct- 
to  intervenne  ad  un  concilio  di  Giovanni 
detto  XX,  Dei gr alia  solertissimo  primi- 
cerio s.  apostolicae  sedis.  1  o44  Teudaldo 


o.ii  PRI 

fu  al  sinodo  di  Benedetto  IX.  i  o5o  Sicone. 
iiel  concilio  di  s.  Leone  IX  per  la  cano- 
nizzazionedi  s.Gerardo  vescovo  di  Toul, 
si  sottoscrisse  primicerio  della  chiesa  ro- 
mana,dopo  i  diaconi  e  prima  degli  ab- 
bati. 1060  Giovanni.  1098  Paolo  fau- 
toredelPantipapaClementellI.  1  xo'jFe- 
rucio.  1 1 38  Galgano.  1  139  Pietro  giu- 
dicee  primiceri).  1  1 60  Pietro  come  il  pre- 
decessore Galgano  consultò  il  senato  ro- 
mano in  una  causa  a  sentenziare  in  fa- 
vore d'una  delle  parti  ecclesiastiche  liti- 
ganti. 1  191  Cencio.  1  195  Sassone  pri- 
micherii,  cui  il  senatore  di  Piuma  delegò 
l'appellazione  della  causa  tra'monasteri 
di  s.  Silvestro  in  Capite  e  di  s.  Maria  in 
Via  Lata,  primi  cerum  judicumj  ma  poi 
Innocenzo  III  dichiarò  quanto  al  senato- 
re, che  i  giudici  laici  non  hanno  giuris- 
dizione sulle  persone  e  beni  degli  eccle- 
siastici. 1 1 1 2  o  1 227  Pietro  di  Paolo  Ru- 
bei  forse  primicero  de'giudici.  Consolino 
primicero  de'giudici  e  scrinarlo.  1297 
Stefano  della  nobilissima  famiglia  Papa- 
ioni,  primicerius  judicum.  Dopo  questo 
tempo  e  principalmente  nel  seguente  se- 
colo pel  Irasferimentodella  residenza  pon- 
tifìcia in  Avignone,  essendosi  dai  Papi 
creali  altri  uffizi  nella  Curia  e  Famiglia 
pontificia,  cessarono  quelli  nobilissimi  e 
ragguardevoli  del  primicero  e  secondi- 
cero,  avendo  ne'rispettivi  articoli  trattato 
delle  sostituite  dignità  e  cariche  palatine. 
L'antichissima  Chiesa  di  s.  Salvatore  in 
Primicero,  nel  rione  Ponte,  di  cui  parlai 
ne'vol.  11,  p.  309,  XI,  p.  279,  s'iguora  se 
la  fondò  un  primicero  o  vi  abitò  vicino,  o 
se  appartenesse  al  primicero  della  chiesa 
romana. 

Del  secondicero  della  s.  Sede  apostolica. 

Il  secondicero  o  secondicerio,  Secundi' 
cerins,  come  ho  dello  a  Primicerio,  nel- 
l'antichità l'ebbero  diversi  ullizi,corpora- 
zioni, chiese, scuole  e  collegi,  cioè  quelli  e 
quelle  ch'ebbero  il  primicerio,  e  iu  di  verse 
cattedrali  e  collegiate  vi  furono  ancora  i 
canonici  secondiceli,  detti  pui e  primiceri 


PRI 

minori.  In  questo  articolo  poi  ho  rilevato 
cogli  antichi  monumenti,  che  quando  Uro- 
vasi  un  soggetto  detto  assolutamente  Pri- 
micero, si  deve  intendere  che  fosse  pri- 
micero dejwtari  regionari,  cos'i  avviene 
eziandio  del  Secondicero,  il  quale  in  quel 
nobilissimo  collegio  occupa  va  il  1. °  posto, 
nella  chiesa  romana  costituiva  una  del- 
le più  ragguardevoli  dignità,  e  nel  pa- 
lazzoLaleranense  era  il  2."  uffiziale  mag-.^ 
gioie  della  s.  Sede  apostolica.  Inoltre  ne 
ho  indicato  le  incombenze,  citando  i  luo- 
ghi ove  trattai  di  lui  e  degli  altri  secon- 
dicela, sia  per  l'inlervento  nelle  solenni 
comparse  della  corte  pontifìcia,  che  alle 
sagre  funzioni  che  celebrava  o  assisteva 
il  Papa.  11  secondicero  come  il  primicero 
fu  esercitato  dai  Papi  in  diversi  impor- 
tantissimi ministeri,  tanto  all'estero  con 
legazioni,  quanto  in  Roma  per  l'alta  di- 
rezionedegli  affari,  oltre  l'essere  il  2.°no- 
taro  regionario  tra'7  che  formavano  il  ce- 
lebre collegio,  cui  successe  quello  de'pro- 
lonolari  apostolici.  In  sostanza  e  in  molla 
parte,  le  ingerenze  del  secondicero  erano 
quelle  stesse  che  si  esercitavano  dal  pri- 
micero, e  qualche  altra  più  particolare 
l'andrò  descrivendo  nel  riportare  la  se- 
rie che  ne  formòGallet ti, tenni nando  que- 
sta dignità  come  l'altra  nel  secolo  XIV. 
Il  1 ."  secondicero  di  cui  si  ha  memoria 
è  Mena.  Vacando  la  s.  Sede  nel  536  per 
morte  di  s.  Agabito  I,  seguila  in  Costan- 
tinopoli, nel  concilio  che  si  celebrò  dal 
patriarca  Menna,  comparisce  un   Mena 
lettore  e  secondicero  de'notari  dell'antica 
Roma.  Dopo  lesottoscrizioni  de'padri,  al- 
l'azione 1  .''  si  soggiunge;  »  Et  post  leclio- 
nem  libellorum  Meuas  venerabili*  leclor, 
acsecuudiceriusnotarioruniantiquaeRo- 
mae,  ptotulit  actum  synodalis  epistolac 
scriptae  a  sanclae  memoriae  Agapeto,  et 
legit  per  dictiones  latiuas;  interprelatio- 
nem  auteni  legit  Christodorusdiaconus, 
et  notarius  secretarius,  quae  sic  habet, 
eie."  nella  qual  forma  egli  è  altra  volla 
mentovato  negli  atti  di  quel  concilio.  Al- 
cuni auni  prima  un  Meua  notaio,  che  può 


FRI 
benissimo  esser  questo,  era  asceso  poi  al 
grado  di  secondicene  nel  concilio  romano 
che  s.  Bonifacio  II  tenne  in  consistono 
b.  Andrene  ripostoli  nel  532,  e  lesse  tutti 
gli  atti  che  bisognarono.  60  i  s.  Palerio 
famigliare  di  s.  Gregorio  I  e  perciò  chie- 
rico e  degno  per  santità  e  dottrina,  da 
lui  fatto  secondicerio,  ex  libris  ipsiiu  ali- 
qua  ulilia  defloravit.  Sotto  di  lui  il  se- 
condicerio aveva  l'uffizio  di  portare  al  Pa- 
pa l'ambasciata  di  chi  desiderava  presen- 
targlisi,  come  esercita  ora  il  Maestro  di 
camera  {V.).  Forse  questo  s.  Paterio  è 
quello  stesso  notaro  della  chiesa  romana, 
cui  s.  Gregorio  I  dettò  la  lettera  a  Vin- 
co ruale  difensore  nel  5g5.  Egli  è  poi  quel- 
lo che  pubblicò  il  volume,  Testimonio' 
rum, preso  dai  libri  di  quel  Papa: i  Mau- 
rino diedero  per  intiera  l'opera  di  Pale- 
rio  e  gli  attribuirono  il  titolo  di  santo, 
come  è  nominato  negli  antichissimi  co- 
dici e  nel  martirologio  romano.  7  ìoGre- 
gorio  s'imbarcò  in  detto  anno  con  Papa 
Costantino  pel  viaggio  di  Costantinopoli, 
come  accennai  superiormente,  e  altri  lo 
chiamano  Giorgio,  abitando  colà  il  pa- 
lazzo di  Galla  Placidia  augusta,  destinato 
pei  Papi  e  pe'suoi  nunzi  quando  anda- 
vano a  Costantinopoli.  ySi  Bonifazio  ac- 
compagnò in  Francia  Stefano  dello  III 
come  descrissi.  768  Demetrio  fu  uno  de- 
gli uccisori  di  Totone  duca  di  JSepi,  in 
difesa  della  s.  Sede  per  lo  scisma  narra- 
to. 768  Sergio  figlio  del  celebre  Cristo- 
foro pi  irnicero  e  già  sacellario,  in  detto 
anno  Stefano  detto  IV  lo  elevò  alle  di- 
gnità palatinedi  secondicelo  e  di  nomen- 
clatore, fu  spedilo  in  Francia  per  trattare 
gravi  affari  con  Pipino  e  Carlomanno,ed 
ebbe  quell'infelice  lì  ne  che  raccontai.  Gre- 
gorio fiorì  sotto  Adriano  I  del  772,  e  re- 
sta incerto  se  dell'eredità  del  primicero 
Masullo  lasciò  la  sua  porzione  al   Papa 
per  averlo  elevato  al  posto  di  secondice- 
lo, ovvero  che  tali  suoi  beni  dovessero 
restare  addetti  alla  mensa  dello  stesso  uf- 
fìzio. 822  Trasmondo  santissimo  secon- 
dicelo fu  marito  di  Filippa  illustrissima 


PRI  223 

donna  :  che  de'secondiceri  ve  ne  furono 
diversi  coniugati,  lo  provai  in  principio 
dell'articolo.  843  Giorgio intervennealla 
stipulazione  di  un  contratto.  854  Teo- 
filalio  si  legge  in  una  bolla  di  s.  Leone 
IV, per  manum  Teoflacli secundicerii s. 
Sedi*  apostolicae.  Nell'ottobre  855,  e  nel- 
J'857  spedì  diplomi  per  Benedetto  III  e 
continuava  nell'uffizio  neil'872.  Galletti 
non  dice  niente,  perchè  il  seguente  sem- 
bri alterare  la  cronologia  de'secondiceri. 
855  Adriano  insigne  secondicene  si  tro- 
vò all'elezione  di  Benedetto  III,  ed  il  de- 
creto d'elezione  fu  mandalo  a  Lotario  I 
e  Lodovico  II  imperatori,  onde  ricono- 
sciuta la  validità  dell'elezione  spedissero 
i  messi  per  assistere  alla  solenne  consa- 
grazione,costume  saggiamente  introdot- 
tonon  per  aspettare  l'assenso,  come  dice 
Muratori,  ma  per  così  impedire  gli  scismi, 
lo  che  provai  a  Consacrazione  e  Esclu- 
siva. Intanto  insorto  V Antipapa  Anasta- 
sio [V)  ,  i  cui  partigiani  procurata  con 
inganno  l' imperiai  protezione  di  Lodo- 
vico li  ,  questi  mandò  i  suoi  messi  in 
Roma,  che  Benedetto  HI  volle  far  in- 
contrare presso  la  chiesa  di  s.  Leucio  da 
due  vescovi  venerabili  e  forniti  di  scien- 
za, ma  l'intruso  fece  arrestare  i  due  ve- 
scovi. Allora  Benedetto  III  spedì  ai  messi 
Adriano insignem  secundicerium s. Sedis 
apostolicae,  con  Gregorio  duca.  I  messi 
ritenuti  sotto  buona  custodia  Adriano  e 
Graziano  superista  del  sagro  patriarchio 
(principale  dignitario  pala  tino  coniugato, 
Romance  w  bis  superista  si  dice  Graziano 
sotto  s.  Leone  IV),  con  Teodoro  scrina- 
no, si  portarono  a  Ponte  Molle  oveavea- 
no  invitato  il  clero,  il  senato  e  popolo  ro- 
mano per  intendere  la  mente  dell'impe- 
ratore. Con  questo  prelesto  condussero 
Anastasio  in  Roma,  il  quale  subito  fece 
arrestare  e  spogliare  Benedetto  HI.  Op- 
postosi energicamente  il  popolo,  e  veden- 
do i  messi  che  non  si  poteva  sostenere  il 
pseudo-papa,  lo  cacciarono  e  riconobbe- 
ro il  legittimo.  872  Paolo  si  legge  sotto- 
scritto nella  bolla  di  Adriano  11  diretta 


2  24  P«'l 

a  Giovanni  vescovo  d'Arezzo  con  la  con- 
cessione di  poter  edificare  il  monastero 
dis.  Maria  in  Bagno ne'confini  di  Tosca- 
na e  di  Emilia  :  Scriptum  per  inanimi 
Pan  li  scrina  rii  secu  n  elicei  in  s  s.  Sedi*  a  pò  • 
stoheae.  876  Stefano,  forse  figlio  di  Gre- 
gorio primicero  e  fratello  di  Giorgio  ve- 
slarario:  fu  condannatoe  scomunicato  da 
Giovanni  Vili,  per  avere  aperta  «'sara- 
ceni di  lui  /àmiliarissi.mi  la  porta  s.  Pan- 
crazio per  danneggiare  Roma,  per  aver 
spogliato  diverse  chiese,  accresciuti  i  vec- 
chi tributi  con  estorsioni, ed  acconsentito 
n  tutte  le  malvagità  commesse  dal  fra- 
tello. q43  Gregorio  si  trova  in  una  bolla 
di  Marino  II.  »  Datum....  per  manum 
GregoriiDei  providentia  secundis  cerii  s. 
Sedis  apostolicae  anno  Dei  propitio  pon- 
tificatus,ec."  94  5  Giorgio  intervenne  ad 
una  donazione  d'Alberico  principe  sena- 
tore di  Roma  e  altri  del  castello  diMaz- 
zano  alla  chiesa  dei  ss.  Andrea  e  Gregorio: 
>-  Dei  providentia  secundicerus  s.  Sedis 
apostolicae".  In  una  bolla  di  Giovanni 
XII  del  957  riportata  da  Mabillonsi  leg- 
ge: »  Datum  per  inanimi  Georgii  secon- 
di episcopi  s.  Sedis  apostolicae."  Galletti 
nota  \'  evvore  óe\  secundi episcopi,  doven- 
dosi scrivere  secundieerii.  Nel  9 58  il  Pa- 
pa si  recò  a  Subiaco  per  rogare  un  at'to 
pel  monastero,  alla  presenza  de' venera- 
bili vescovi....  e  de'  romani  giudici  Gior- 
gio  secondicerio,  Leone  protoscrinario,ec. 
In  altra  sottoscrizione  si  legge:  »  Geor- 
giusDei  providentia  secundicerius  judi- 
cum".  Dopo  aver  firmato  altri  diplomi, 
verso  il  963  si  dimise  o  gli  convenne  de- 
porre i'ulìizio  di  secondicerio,  si  fece  mo- 
naco nel  monastero  di  Subiaco  e  ne  di- 
venne abbate.  Quindi  errò  Marlene  nel  ri- 
portare la  bolla  dell'erezione  di  Magde- 
borgo  in  arcivescovato, comedi  Giovanni 
Xll,mentrcèdi  Giovanni XIII  del  9670 
968:  Data  per  manum  Georgii  sreundia- 
lii  (secondari s\  dicevano  quelli  che  atte- 
nevano il  secondo  luogo)  s.  Sedi  s  apostoli- 
cae. Si  deve  probabilmente  leggere:  «  per 
immi'im  Guidonis  episcopi  Sylva  e  Candì* 


PRI 

dae  ecclesiaeet  bihliothecariis.  Sedis  apo- 
stolicae". Nelle  carte  antiche  riguardanti 
Giorgio,  bensì  è  detto:  »  Georgius  vir 
venerabilis  et  ex  apostolicae  Secondiano 
religiosus  abbas.  "  1014  Giovanni  nel 
placito  con  cui  Benedetto  Vili  restituì 
a  Farfa  Bocchignano  si  dice:  qui  et  Me- 
Ho  secundicerius,annoveinlo  con  altri  uf- 
fìziali  maggiori  intervenuti  all'atto.  Egli 
qui  non  si  sottoscrisse,  ma  bensì:  Bene' 
diclus  Dei  gratia  secundicerius  s.  Sedis 
apostolicae,  ciò  che  Galletti  procura  con- 
ciliare, che  il  i.°  già  fosse  stato  secondi  - 
cero  e  ne  ritenesse  il  titolo  per  onore,  ed 
il  2.0  surrogato  ne  esercitasse  le  funzioni 
nel  xoi4-  Opino  che  altrettanto  possa 
congetturarsi  de'secondiceri  Adriano  e 
Teofilatto  sotto  s.  Leone  IV  e  Benedetto 
III.  Benedetto  secondicelo  visse  nel  pon- 
tificato di  Giovanni  detto  XX  del  1024 
e  intervenne  al  suo  concilio  Lateranense 
di  cui  s'ignora  l'anno.  1060  Sassone  giu- 
dice e  secondicero  che  intervenne  all'atto 
di  Stefania  vedova  di  Giorgio  arcario  col 
monastero  dis.  Ciriaco,  insieme  ali'arca- 
rio,  al  protoscrinario  ed  al  i.°  difensore. 
In  un  istromento di  Nicolò  II  si  sottoscris- 
se: »  Ego  Saxo  Domini  gratia  secundi- 
cerius sanctae  apostolicae  sedis  interfui". 
1086  Fenicio.  1  107  Leone  con  Fenicio 
primicero  dierono  fine  alla  controversia 
fra  s.  Cosmato  in  Mica  aurea  (di  questa 
voce  nel  voi.  XLV,  p.  189)  e  Obicione: 
probabilmente  fu  sepolto  in  s.  Paolo  fuori 
le  mura.  1  rio  Gregorio  Dei  gratia  se- 
cundicherius  si  legge  in  una  carta.  1  1  53 
Gregorio  è  mentovato  in  un  atto  ch'ebbe 
luogo  con  Roberto  i-.°  difensore  e  abbate 
di  Grotlaferrata,  alla  presenza  di  Ana- 
stasio IV  e  di  molti  cardinali  :  continua- 
va ad  essere  secondicelo  nel  r  162,  in  cui 
con  altri  giudici  intervenne  alla  sentenza 
pronunziata  dal  senato  romano  a  favore 
delle  monache  di  s.  Maria  in  via  Lata  o 
s.Ciriaco,  per  la  Colonna  Traiana  e  at- 
tinenze. 1191  Fenicio  intervenne  alla 
concordia  tra  dette  monache-per  una  tor- 
re. 1  iq5  Oddone  Pazzi  secondicero   è 


PRI 
mentovato*  nella  carta  in  cui  i  Caparro- 
nis  rifiutano  a  Celestino  III  la  loro  por- 
zione suCivita Castellana.  12  17  Giovan- 
ni già  protoscrinario  intervenne  allo  stru- 
mento col  quale l'abbadessa  di  s.  Ciriaco 
costituì  Simeone  in  precettore  della  chie- 
sa e  spedale  di  s.  Lorenzo  de  Obras  se 
cundicerii  judicum.  INel  secolo  XII  era  in 
Roma  la  chiesa  di  s.  Maria  del  Secondi- 
cero:  Sini baldo  n'era  arciprete  nel  1  1  19, 
e  nella  chiesa  di  s.  Giovanni  all'Isola  si 
sottoscrisse tra'principali  del  clero  roma- 
no, laudo  et  confirmo,  alla  lettera  con  cui 
fu  confermala  l'elezione  di  Calisto  li  av- 
venuta in  Cluny,  Panciroli  e  Martinelli 
la  crederono  situata  nel  rione  Ponte,  ma 
da  una  carta  del  1243,  riportata  dal  Ne- 
ridi)  si  apprende  che  esisteva  e  confinava 
colla  chiesa  di  s.  Maria  in  Gradellis,  la 
quale  era  poco  lungi  dal  Seltizonio  tra 
il  Colosseo  e  le  chiese  di  s.  Gregorio  e  di  s. 
Stefano  Rotondo  nel  rione  Monti.  Nell'or- 
dine romano  di  Cenciosi  diceche  avea- 
110  per  presbiterio,  s.  Maria  de  Gradella 
6  denari,  s.  Mariae  Secundicerii  6  de- 
nari. 

PRIMI  o  PRIMIS  Giovanni,  Cardi- 
nale.T)\  Messina,  vestì  nel  1422  l'abito 
cassinese  in  s.  Giustina  di  Padova,  dove 
per  la  sua  insigne  pietà  e  scienza  fu  fat- 
to abbate,  passò  poi  in  Roma  al  gover- 
no del  monastero  di  s.  Paolo  e  due  volte 
fu  presidente  della  congregazione,  nella 
quale  per  i5  anni  fu  ancora  defìnilore. 
Per  quanto  fece  per  pacificare  re  Alfon- 
so d'Aragona  con  Renato  d'Angiò  pre- 
tendente al  regno  di  Napoli,  per  la  quie- 
te d'Italia,  Eugenio  IV  ne  ricompensò  Io 
zelo  a' 16  dicembre  1 44^  creandolo  car- 
dinale prete  di  s.  Sabina.  Fondò  in  Ca- 
tania l'università  a  vantaggio  e  decoro 
di  Sicilia,  ed  ottenne  da  detti  re  e  Papa 
amplissimi  privilegi.  Morì  in  Napoli  nel 
1 449>  dopo  2 5  mesi  di  cardinalato,  e  fu 
sepolto  nella  chiesa  cassinese  di  s.  Seve- 
rino con  iscrizione  in  versi,  meritando  un 
illustre  elogio  nelle  opere  di  s.  Antoni- 
no, dicendolo  zelatore  della  religione,  e 
voi.  I.V, 


PRI  fc>$ 

per  prudenza,  erudizione  e  saviezza  co- 
spicuo, essendosene  servito  il  Papa  ne- 
gli affari  più  ardui  della  s.  Sede. 

PRIMlSCRINIOoPROTOSCRINA- 
RIO.  V.  Archivisti  dellachiesaromana 
e  Sgrinari. 

PRIMNESIA;  Sede  vescovile  della 
Frigia  Salutare  sotto  la  metropoli  di  Sin- 
nada,  eretta  nel  IV  secolo,  indi  chiama- 
ta Prornisus.  L'Orienschr.  riporta  7  ve- 
scovi, t.  1,  p.  844- 

PRIMOeFELICIANO  (ss.),  martiri; 
Erano  fratelli  e  vissero  più.  anni  a  Roma 
nella  pratica  di  tutte  le  opere  buone,  di- 
stribuendo larghe  limosine  ai  poveri ,  e 
confortando  nella  persecuzione  i  confes- 
sori di  Gesù  Cristo,  ai  quali  prestavano 
assiduamente  servigio  nelle  prigioni.  A- 
vendo  gl'idolatri  domandata  la  loro  mor- 
te, Diocleziano  e  Massimiano  Ercole  cir- 
ca il  286  ordinarono  che  fossero  presi  e 
posti  in  carcere, e  fattili  crudelmentefla- 
gellare  li  mandarono  a  Promoto  giudice 
di  Nomento»  Ivi  furono  insieme  assogget- 
tati a  di  verse  torture,  poscia  separatamen- 
te tormentati  per  indurli  ad  offrire  in- 
censo agl'idoli;  ma  nulla  potè  smuovere 
la  loro  costanza  e  furono  condannati  a 
perdere  la  testa,  ciò  che  fu  eseguito  a'g 
di  giugno.  I  cristiani  raccolsero i  loro  cor- 
pi e  li  seppellirono  presso  Nomento.  I  no- 
mi di  questi  due  sauti  sono  registrati  in 
detto  giorno  negli  antichi  martirologi  di 
occidente  e  nel  Sagramentariodi  s.  Gre- 
gorio I  il  Grande;  Verso  l'anno  645»  Papa 
Teodoro  I  ordiuò  che  le  loro  reliquie  fos- 
sero trasportate  a  Roma  e  deposte  nella 
chiesa  di  s.  Stefano  sul  monte  Celio. 

PRIMOLO  (s.),  martire.  V.  Monta- 
no (s.). 

PRINCIPATO,  Principalus,  Domi- 
natus.  Titolo  del  dominio  e  grado  del 
Principe  {V.),  ed  esercizio  del  potere  so- 
vrano :  per  metafora  vale,  preminenza, 
maggioranza,  princeps  focus*  Principati 
è  anche  nome  di  una  delle  gerarchie  del 
Coro degliangeli  fP '.).  Principati  si  chia- 
marono i  Feudi  (F.).  Per  principato  di- 
i5 


aa6  PRI 

cesi  lo  sfato  d'un  Impero,  di  un  Regno, 
d' una  Repubblica ,  d'  un  Granducato  , 
d'un  Ducato, d'un  Margraviato  (F '.)  ec, 
in  fine  d'una  estensione  di  paese  sotto  la 
dominazione  di  un  capo  istesso  o  di  un 
medesimo  governo  qualunque.  Sagro 
principato  si  dice  il  Pontificato  (F.),  sia 
per  l'augusta  dignità  spirituale  e  prima- 
ziale  che  ha  su  tutta  la  Chiesa  il  Papa 
(F,),  sia  pel  dominio  temporale  che  e- 
sercita  sulla  Sovranità  della  s.  Sede^F.). 
I  sovrani  elevano  al  grado  di  principati 
le  signorie  e  possessioni  per  ricompensa 
di  servigi  prestali  dai  possessori,  o  ad  i- 
stanza  di  questi,  donde  gliene  deriva  il 
titolo  e  le  prerogati  ve  principesche  di  No- 
bile  (F.)  di  primo  rango. 

PRINCIPE,  Princeps,  Dynasta.Que- 
gli  che  gode  il  dominio  e  il  grado  del 
Principato  (F.),  ed  è  il  titolo  onorifico 
che  generalmente  si  dà  ad  ognuno  che 
hastatoesignoria  grande,dicendosi  prin- 
cipi i  fratelli  e  nipoti  del  principe.  Prin- 
cipe ereditario  si  dice  il  primogenito  o 
l'erede  presuntivo  dello  stato,  degl'  im- 
peratori, de're  e  di  altri  sovrani  cui  deve 
succedere,  egualmente  chiamandosi  prin- 
cipi semplicemente  o  con  titoli  di  signo- 
rie gli  altri  figli,  fratelli  o  nipoti,  ed  an- 
che duchi  e  conti.  In  Portogallo  ,  nella 
Spagna,  in  Parma  (F.)  tutti  gì'  indivi- 
dui della  famiglia  reale  hanno  il  titolo 
A' Infante  e  d'Infanta  (F.).  Oltre  quan- 
to ho  detto  su  questo  titolo  principesco 
ai  citati  articoli,  aggiungerò:  che  alcuni 
credono  provenire  il  nome  dai  romani  o 
dai  greci  che  costumavano  chiamare  in- 
funli  i  figli,  henchè  avanzati  in  età  :  al- 
tri credono  che  in  Ispagna  sia  derivalo  il 
nome  d'infante  dall'innocenza  de'popo- 
li,  poiché  non  solo  non  debbono  offen- 
dere alcuno,  ma  seguire  e  mantenere  la 
giustizia  ,  non  che  uhhidire  al  re  come 
gl'infanti.  Principessa,  Princeps  Femina 
seu  Foemina,  è  la  moglie  ola  vedova  del 
principe.  Il  Papa  è  il  successore  del  prin- 
cipe degli  apostoli  s.  Pietro,  principe  so- 
vrano de'dominii  della  s.  Sede.  Cancel- 


PRI 

Iteri,  Meni,  delle  sagre  Teste  de' ss.  Pie* 
Irò  e  Paolo,  parla  d'una  moneta  coll'e- 
pigrafe,  Romani  Principesj  e  s.  Bernar- 
do li  acclamò  gloriosi  principes  terrae. 
1  cardinali  sono  i  principi  della  s.  romana 
chiesa,  e  moltissimi  vescovi,  arcivescovi 
ed  abbati  sino  agli  ultimi  tempi  furono 
sovrani  degli  stati  temporali  col  titolo  di 
principe,  molli  de'quali  tuttora  ci  si  de- 
nominano. Rileva  Macri ,  che  ne'  bassi 
tempi  si  appellò  Princeps  monasterii  il 
superiore  maggiore.  Inoltre  questo  no- 
me si  prende  qualche  volta  perii  primo, 
il  principale  ,  come  si  dissero  i  principi 
delle  tribù  d'Israele,  i  principi  de'sacer- 
doti  che  servivano  al  tempio  di  Gerusa- 
lemme, od  i  capi  delle  famiglie  sacerdo- 
tali de'medesimi  israeliti,  i  quali  denomi- 
narono principe  della  sinagoga  quello 
che  presiedeva  alle  loro  assemblee  reli- 
giose. Osserva  il  cardinal  de  Luca,  che  il 
titolo  di  principe  presso  gli  ebrei,  greci, 
Ialini  e  altre  nazioni  per  lungo  tempo  al- 
tro non  significò  che  capo,  che  primo,  il 
più  degno  nelle  assemblee  ed  autore  di 
alcunacosa;  in  questo  senso  in  epoche  più 
"vicine  i  più  grandi  ed  illustri  letterati  ed 
artisti  sono  stati  chiamali  per  antonoma- 
sia principi  della  lelteratura,deII'erudìzio- 
ne, della  poesia,  della  musica,  del  disegno, 
della  pittura,  della  scultura  e  così  in  al- 
tre scienze  ed  arti  belle:  a  Cavalieri  pre- 
sidenti DELLA.  PONTIFICIA  ACCADEMIA  DI  S. 

Luca,  dissi  che  hanno  il  titolo  di  prin- 
cipe, il  quale  lo  hanno  pure  altre  acca- 
demie. Nella  milizia  romana  si  appella- 
vano principi  i  soldati  della  2.a fila,  più 
validi  e  prodi  nelle  armi,  seguitanti  l'e- 
sercito dopo  la  i.a  fronte.  E  così  nomi- 
navano principe  chi  nella  città  era  sopra 
glialtri  autorevole, ed  occupavail  i. "luo- 
go, come  il  console,  il  dittatore  e  simili, 
sebbene  non  assoluti  signori  delle  altrui 
sostanzee  della  vita,  ma  solo  distinti  nel- 
le prerogative,  negli  ossequi  e  in  altre 
onorificenze.  I  romani  avevano  in  uso  di 
chiamare  principe  del  senato  il  Patrizia 
(  Fr.),c\ic  soprastaudo  agli  altri  per  merito 


PM 
ed  autorità,  rappresentava  il  l."  iti  quel- 
rntiguslo  consesso. Giulio  Cesare  pare  che 
pel  i .°  assumesse  il  nome  di  principe,  che 
allora  nulla  più  significava  che  il  i.°fra  i 
cittadini.  Indi  A ugusto  bramoso  che  i  suoi 
nipoti  Caio  e  Lucio  s'innamorassero  della 
virtù,  voi  le  infiammar!  i  chiamandoli  prin- 
cipi della  gioventù,  titolo  che  poscia  gli 
imperatori  diederoai  loro  figli,  edaquelli 
che  adottavano  per  successori.  In  Italia, 
incominciando  dall'impero  di  Giustinia- 
no I,  mentre  crescevano  le  novità  per  le 
incursioni  de'barbari,  la  dignità  princi- 
pesca si  cube  per  titolo  minore  a  quella 
A' Imperatore  e  di  Re  {V),  come  d'ogni 
altro  che  fosse  sovrano  e  indipendente, 
ma  prossimo  ad  essi  e  superiore  al  Duca, 
al  Marchese,  al  Conte, e  più  tardi  a\ Mar- 
gravio, al  Lord  (f^.),  ed  a  quegli  altri 
titolali  o  dignitari  di  cui  trattai  ai  loro 
articoli,  ed  a  lutti  quelli  riguardanti  l'e- 
rudizione diplomatica  ed  araldica.  Mol- 
tissimi di  quelli  che  godono  questo  ono- 
revolissimo e  nobilissimo  titolo  presso  le 
nazioni  in  cui  è  in  uso,  non  posseggono  al- 
cun diritto  sovrano,  risolvendosi  nel  solo 
nome  principesco  e  in  quello  meramente 
di  appartenere  alla  più  elevata  classedei 
Nobili  (/'.),  bensì  godendo  distinzioni  e 
prerogative  secondo  i  luoghi  e  le  consue- 
tudini araldiche  di  precedenza. 

Muratori,  Dissertazioni  sopra  le  anti- 
chità italiane,  dissert.  54-a  tratta:  Dei 
principi  e  tiranni  d! Italia.  Dopo  aver 
egli  descritto  i  popoli  liberi  d'Italia,  rac- 
conta come  la  maggior  parte  d'essi  passò 
sotto  il  dominio  de'principi,  oppure  op- 
pressi dai  tiranni  impararono  ad  ubbi- 
dire,  con  riposar  poi  sotto  il  buon  go- 
verno di  legittimi  signori. L'Italia  non  fu 
mai  priva  ili  principi,  da  che  l'invasero 
le  barbare  nazioni.  Muratori  preude  in 
largo  significalo  il  nome  di  principe,  per 
significar  coloro,  che  non  già  portavano 
il  titolo  d'imperatore  o  di  re,  ma  pure  e- 
rano  gran  signori,  e  i  primi  maggioren- 
ti, perchè  comandavano  a  qualche  po- 
polo o  reggevano  qualche  provincia  od!- 


P  Pi  I  %ij 

tàj  sia  per  autorità  ricevuta  dal  re,  sia 
proveniente  dall'elezione  del  popolo,  o 
peraltro  titolo  legittimo  usato  dalle  gen- 
ti. Preso  più  strettamente  questo  nome, 
anticamente  conveniva  ai  soli  imperato- 
ri, reo  signori,  che  non  di  pende  vano  dalla 
superiorità  di  alcun  signore  temporale. 
Sotto  il  dominio  de're  longobardi  e  fian- 
chi, anzi  anche  sotto  gl'imperatori  di  Ger- 
mania, il  ruolo  di  questi  principi  minori 
era  costituì  lodai  duchi  diBenevento,Spo- 
leto,  Toscana  e  Friuli,  de'quali  parlai  an- 
che a  Italia.  Abbattuto  il  regno  de'lon- 
goliardi,  i  beneventani  cominciarono  ad 
attribuirsi  l'autocrazia  o  potere  indipeu- 
dente e  assoluto;  ma  questa  fu  lungo  tem- 
po instabile,  studiandosi  gl'imperatori  di 
mantenere  anche  sopra  quelle  contrade 
i  loro  diritti.  Verso  il  774  il  duca  Arigiso 
Il  prese  il  titolo  di  principe  nel  suo  più 
stretto  significato,  per  essere  considerato 
qual  supremo  sovrano  del  ducato  di  Be- 
nevento, non  soggetto  a  Carlo  Magno,  il 
quale  colla  depressione  di  Desiderio  re 
de'longobardi,  s'era  impadronito  del  ri- 
manente del  regno.  Cosi  i  dominanti  di 
Salerno  e  Capua,  nati  più  tardi,  assun- 
sero il  titolo  di  principi, cioè  di  sovrani, 
tuttoché  i  signori  di  Napoli  restaronocon  - 
tenti  del  nome  di  duchi,  maestri  de'rni- 
liti  o  generali  della  milizia  o consoli,  seb- 
bene erano  da  annoverarsi  tra  i  principi: 
eletti  questi  ultimi  dal  popolo,  da  cui  e 
talvolta  dagl'imperatori  d'oriente  conse- 
guivano l'autorità.  Non  dissomiglianti  fu- 
rono una  volta  i  Dogi{Pr.)  di  Venezia. 
Inoltre  ne' vecchi  secoli  nella  classe  dei 
principi  entravano  anche  i  duchi,  i  mar- 
chesi e  conti, essendo  per  tali  riguardati, 
così  purealcuui  arcivescovi  e  vescovi,  co- 
me i  potenti  abbati,  venendo  chiamati 
primiores  regni,  principes  regni.  Quello 
cheavvenue  in  Italia  si  praticò  parimenti 
in  Germania  e  in  Francia  (F.),  chia- 
mati regniprincipum.  Ma  di  tanti  antichi 
duchi,inarchesiecontiprincipeschi,tran- 
nele  sovrane  case  di  Modena  e  di  Savoia, 
e  tranne  i  Colonna,  gli  Orsini,  i  Caeta- 


22&x  P  R  I 

ni,  gli  Sforza-Cesarini e  a\lv\  Baroni  ro- 
mani (al  qualearticolo  dissi  che  non  pren- 
devano investitura  dai  Papi  pei  feudi  che 
passavano  per  discendenza,  onde  enfati- 
camente Cancellieri  disse  ne  Possessi  p. 
162,  che  potrebbero  meritamente  chia- 
marsi lauti  regoli  i  baroni  e  principi  ro- 
mani) che  conservano  le  reliquie  delle  lo- 
ro già  possenti  famiglie,  tutti  sparirono 
col  decorrere  i  secoli. 

Quanto  alle  città  libere  e  come  la  loro 
signoria  passò  in  mano  di  principi  o  ti- 
ranni ne'secoli  addietro,  la  principal  ca- 
gione della  mutazione  di  governo  s'hada 
attribuire  al  furore  delle  fazioni  Guelfa  e 
Ghibellina  (F.).  Ad  altre  città  fu  imposto 
il  giogo  o  dal  volere  degl'  imperatori,  o 
dalla  potenza  superiore  delle  vicinecittà 
o  de'principi  confinanti;  o  puredall'indu- 
stria  o  dalla  prepotenza  di  qualche  ambi- 
zioso cittadino,  talvolta  col  consenso,  e 
talvolta  a  dispetto  degli  altri  concittadi- 
ni. Non  si  devono  però  trattar  da  tiranni 
senza  veruna  differenza  tutti  i  principi, 
come  fecero  alcuni  con  tutti  quelli  che  si- 
gnoreggiarono dopo  il  secolo  XII,  se  pu- 
re non  usarono  la  voce  nell'antichissimo 
suo  significato  denotante  i  re  e  i  regoli. 
Se  le  città  per  le  intestine  ed  ostinate  di- 
scordie e  conflitti  de'signorotti  talvolta 
elessero  per  capo,  capitano,  Podestà  (F.)t 
o  signore  qualche  illustre  personaggio, 
questi  con  la  prudenza  unita  al  potere, 
riuscirono  a  dominar  gli  animi  e  fecero 
colle  loro  saggie  provvidenze  rifiorire  le 
città;  seda  Omero  l'impero  di  molti  non 
fu  creduto  buono,  preferendo  il  governo 
monarchico,  tanto  più  questo  sidoveaa- 
dottare  da  quellecittàsconcertatee  piene 
d'irreconciliabili  fazioni  o  tirannelti,che 
il  principe  o  capo  del  popolo  repressero 
o  pacificarono.  Però  avvenne,  che  o  per 
ineriti  o  per  prepotenza  quei  capopopoli 
o  podestà  o  principi  conservarono  il  po- 
tere nella  discendenza  e  formarono  prin- 
cipati fatti  riconoscere  e  consolidare  da- 
gl'imperatori, divenendo  così  vicari  im- 
periali, o  marchesi,  conti  o  principi  del- 


PRI 

V  lmpero(F.), ùe'quaW  trattò  imbolilo- 
tizia  de'principi  del  sagro  tornano  impe- 
ro. I  tanti  esempi  si  possono  leggere  negli 
articoli  Milano,  Ferrara,  Verona,  Ra- 
venna, Mantova,  Padova,  Pavia,  Lucca, 
Rimini,  ForlÌjBologna, Urbino,  Foligno, 
Camerino,  ec. ,  in  molti  de'quali  furono 
costretti  i  Papi  accordare  le  città  in  vi- 
cariato con  investiture  mediante  annui 
tributi  e  censi,  onde  poi  ne'secoli  XIV  e 
XV  principalmente  repressero  molte  u- 
surpazioni.  Quanto  ai  Feudi  (F.),  i  Papi 
regolarono  il  potere  de'principi  e  baroni 
dello  stato  pontificio  colla  Congregazio- 
ne del  Buon  governo  (  F,),  colla  Congre- 
gazione della s.  Consulta  (F.),  colla  Con- 
gregazione sopra  i  baroni  dello  stalo  ec- 
elesiastico.  Talvolta  i  Comuni  (V.)  con- 
servarono parte  d'autorità  e  giurisdizio- 
ne, dimodoché  il  principe  non  era  che  ca- 
podel  popolo,  capitanodella  milizia, am- 
ministratore della  pace  e  della  guerra,  e 
godente  parte  delle  regalie  proprie  della 
sovranità.  Non  si  può  del  tolto  negare  che 
dopo  il  1200  l'Italia  producesse  di  non 
pochi  tiranni,  che  imposero  il  giogo  della 
servitù  alle  proprie  città  e  perciò  tiran- 
nicamente ne  cominciarono  il  dominio  e 
il  principato,  per  la  cieca  cupidigia  di  re- 
gnare a  loro  talento;  e  siccome  trovaro- 
no opposizione  in  chi  difendeva  la  patria 
libertà, insorsero  crudelissime  oppressio- 
ni, sostenendosi  nel  procuratosi  principa- 
to colla  forza,  onde  i  miseri  cittadini  li 
proclamarono  per  tiranni,  e  tali  furono 
anche  tra  congiunti, cui  tolsero  la  vita  per 
soppiantarli  nella  signoria.  Per  più  secoli 
poi  durò  la  razza  di  questi  tirannetli,  né 
solamente  nel  la  storia  d'Italia, ma  in  quel- 
la ancora  delle  altre  nazioni,  s'incontrn 
alcuno  di  simili  malvagi  e  prepotenti 
uomini.  Proprio  di  questi  piccoli  tiranni 
era  di  suscitar  guerra  contro  i  men  po- 
tenti, e  d'infestar  le  strade  a  guisa  d'as- 
sassini, talmente  che  non  era  mai  sicuro 
il  passare  per  la  loro  giurisdizione. Quanto 
più  nobili  o  ricchi  erano  i  pellegrini  o 
viandanti,  tanto  più  grande  era  il  loro 


PRI 


pericolo  di  essere  imprigionati,  e  forzati 
poscia  a  redimere  la  loro  libertà  con  e- 
sborso  di  molto  oro.  Coll'andar  de'secoli 
e  nello  stabilirsi  i  diversi  sovrani  princi- 
pali cui  è  divisa  l'Italia  ed  il  resto  d'Eu- 
ropa, cessarono  questi  piccoli  e  infesti  pre- 
polenti. 

Fra  gli  stali  d'Italia  in  cui  il  numero  dei 
principi  titolari  è  maggiore,  debbonsi  no- 
minale quelli  de'dominii  pontifìcii  e  del 
regno  delle  due  Sicilie,  e  tra  le  città  in 
cui  abbondano  Roma  e  Napoli.  Nel  rea- 
mcdelledue  Sicilie  ebbe  origine  dalle  di- 
verse dinastie  che  vi  regnarono  o  prete- 
sero il  dominio,  onde  per  le  guerre  tra 
glisvevi,gli  angioini  egli  aragonesi,  o- 
guuua  delle  parli  rimeritò  con  soverchia 
abbondanza  di  titoli  i  propri  fautori  ese- 
guaci. In  Roma  derivò  dagli  antichi  e  po- 
tenti baroni, alcuni  de'quali  ancora  con 
lustro  fioriscono,  anche  per  le  disposizio- 
ni di  Fidecommesso  (nel  voi.  XXVII,  p. 
2()o  dissi  che  la  prima  primogenitura  di 
cui  si  ha  notizia  in  Roma,  l'istituì  Luca 
Massimo  col  titolo  di  marchesato, in  Prof- 
sedi,  acquistato  nel  i  544)>  non  cne  da  di- 
plomi imperiali  in  tempi  che  si  rilascia- 
vano con  molta  facilità  e  con  troppi  esle- 
si privilegi  e  prerogative,  ovvero  per  libe- 
ralità de'Papi,  particolarmente  coi  loro 
Parenti(F.)y\  quali  furono  fregiati  di  tito- 
li e  onorificenze  anche  da  altri  monarchi, 
come  descrivo ne'moltissirai articoli  delle 
principali  famiglie.  Abusando  i  principi  e 
baroni  romani  delle  principesche  Frati' 
clugie  (F-),  di  tempo  in  tempoi  Papi  ne 
dovettero  frenare  gli  abusi  e  finirono  con 
abolirle,  eziandio  per  togliere  gli  eccessi 
derivali  da  quelle  degli  ambasciatori;  a- 
vendo  Alessandro  VII  proibito  loro  il  ti- 
tolo di  Altezza  {F.)%  che  godono  molti 
principi  di  Germania,  in  uuo  all'altro  ti- 
tolo di  Serenissimo  (F.).  Loro  proprio  ti- 
tolo è  quello  di  Eccellenza  (  V.),  ed  anche 
di  Don  (F.)}  e  di  Donna  (F.)  alle  princi- 
pesse; ma  particolarmente  del  primoa'no- 
stri  giorni  se  ne  fa  un  intemperante  e  ri- 
dicolo abuso,  in  modo  che  la  gerarchia  e 


PRI  229 

prammatica  civile,  che  sarebbe  tanto  uti  - 
le  e  impedirebbe  molti  gravi  mali,  è  poco 
distinta,  come  Dell'ostentante  Lutto  e  nel 
rovinosissimo  Lusso  (F.).  Cancellieri, 
Campane  p.  184,  dice  ch'era  privilegio 
degli  ambasciatori  e  de'principi  teneresui 
loro  palazzi  la  Campanella  ;  il: simile  dissi 
a  questo  articolo,  in  uno  all'uso  chese  ne 
faceva.  Molti  sono  gli  articoli  in  cui  di- 
scorro delle  prerogative  antiche  e  odier- 
ne de'principi,  massime  romani, come  Pa- 
lazzo, oltre  la  descrizione  de' loro  prin- 
cipali palazzi  che  riportai  a  F 'alazzi diRo' 
ma  (F.),  dicendo  ancora  delle  loro  gal- 
leriedi  superbi  quadri, musei,  biblioteche 
e  ville.  De'funerali  de'principi  e  princi- 
pesse, comedi  altri  signori  romani,  parlai 
nel  voi.  XXVI li,  p.  6i,  63,  69,  7  1.  A. 
Famiglie  nobili  di  Roma,  a  Nobile  e  No- 
biltà, a  Famigliare,  ed  ancora  Famiglia 
de'cardinali  e  Palafreniere,  comein  al- 
tri relativi  articoli, dissi  moltecose  riguar- 
danti le  famiglie  principesche  romane  e 
i  loro  famigliari,  ed  anche  morali.  Tut- 
tora sogliono  i  Papi  decorare  mediante 
breve  apostolico  qualche  personaggio  e 
famiglia  del  titolo  e  prerogative  di  prin- 
cipe, come  di  duca  e  altri,  come  praticò 
Gregorio  XVI;edaPio  IX  riportai  quelli 
da  lui  fatti,  oltre  la  rinunzia  de'  Feudi 
(al  qual  articolo  vi  sono  nozioni  appar- 
tenenti ai  principi  romani)  di  quelli  che 
tuttora  li  possedevano;  così  a  Pio  Vili, 
a  Leone  XII,  a  Pio  VII,  Di  questo  ulti- 
mo e  come  notai  altrove,  si  legge  nel  nu- 
mero 25  del  Diario  di  Roma  1 b* 1 6,  di  a- 
ver  elevato  alla  dignità  di  principe  ro- 
mano, mediante  il  consueto  breve  aposto- 
lico^ tenente  maresciallo  austriaco  conte 
Nugent,  al  quale  consegnò  tal  diploma 
colle  sue  mani;  avendo  già  rimarcato  a 
Carrozza  (F.),  che  Pio  VII  fece  ascen- 
dere nella  sua  il  detto  principe.  Riporta 
Artaud,  Storia  di  Leone  XII,  1. 1,  p.  106, 
che  conferì  l'onorevole  titolo  di  principe 
romano  per  sé  e  suoi  discendenti  nell'or- 
dine che  piacesse  al  titolare  di  stabilire, 
al  visconte  fratello  del  cardinal  derilioni 


a3o  PR1 

Tonitene,  di  cui  e  famiglia, comechè  degli 
antichi  Chiaramonti,  parlai  anche  a  Pio 
VII.  A  Camerlengo  di  s.  Chiesa  dichia- 
rai, che  dehhono  prestare  giuramento  di 
fedeltà  alias.  Sede  a  quel  cardinale,  i  no- 
delli principi,  duchi,  marchesi  e  conti, 
«piando  il  titolo  viene  conferito  per  bre- 
\e.  Riporta  il  n.°  64^0  del  Diario  di  Ro- 
ma  iy58.»>  Il  duca  d.  Giuseppe  Grillo 
si  portò  avanti  il  cardinal  camerlengo  a 
prestare  il  giuramento  di  fedeltà  come 
principe  romano,  di  poi  in  forma  pub- 
blica si  presentò  a'piedi  di  ClementeXIII, 
dov'ebbe  il  trattamento  da  principe  ro- 
mano di  i.°  rango,  ed  in  questa  occasio- 
ne fece  mostra  di  sontuosa  corte,  carroz- 
ze e  bellissime  livree;  nello  stesso  giorno 
dopo  il  pranzo  fu  alla  visita  del  cardinal 
decano  e  poscia  visitò  lutti  i  cardinali".  E- 
gualmente descrivendo  le  funzioni  de'Pa- 
pi  e  il  loro  possesso,  ed  altre  pubbliche 
e  solenni  comparse,  dico  quanto  è  relati- 
vo ui  principi  romani  e  alle  loro  prece- 
denze, delle  quali  parlai  eziandio  nel  de- 
scrivere il  loro  intervento  alle  Cavalcate 
e  Cappelle  pontificie  (V-),  chiamati  già 
minoris  polenliae  ne  ceremoriuxW,  ne' voi. 
Vili,  p.  222,  224,  ALI,  p.  187  ed  in  al- 
tri. Mei  Ceremoniale  stampato  d'ordine 
di  Leone  X,  lib.  3,  sect.  2,  de  ordine  se- 
dtndi  in  cappella,  si  assegna  il  luogo  al 
soglio  pontificio  pel  senatore  di  Roma, 
conservatori,  ambasciatori  e  altri  baro- 
ni romani  nel  2.0  e  3."  grado  del  soglio; 
ciò  diesi  conferma  ne\Ceremoniale  stam- 
pato nel  1 56o,  lib.  5,  de  incensatione  al- 
taris,  ove  si  parla  de'  duchi  minori.  Al- 
lorché i  Papi  nel  recarsi  alle  cappelle  e- 
rano  accompagnali  a  cavallo  dal  Princi- 
pe assistente  al  soglio  (f.),  facevano  al- 
trettanto alcuni  principi  o  baroni  roma- 
ni ;  per  cui  osservando  Clemente  XI  che 
il  duca  Al, ilici  (voi.  ALI  II,  p.  3oo)  noti 
lasciava  di  corteggiarlo  nelle  funzioni  del- 
le cavalcate,  portando  anche  seco  a  caval- 
lo il  suo  figlio,  nella  cavalcata  per  la  ss. 
Annunziata  deli  7  19  Io  dichiarò  princi- 
pe di  i.°  rango,  egli  fece  godere  questa 


PIÙ 

grazia  con  ammetterlo  all'  Udienza  (/".) 
in  quella  occasione  con  la  Spada  (/'.) 
e  il  cappello.  Ne'possessi  de'Papi  inter- 
veniva il  baronaggio  e  nobiltà  romana 
risplendente  per  preziose  e  superbe  vesti, 
tempestate  di  gemme  di  gran  valore, con 
magnifiche  collane  d'oro,  cavalcando  ge- 
nerosi ca  vali  i,  e  ci  rconda  la  di  stallieri ,  pa  - 
lafrenieri,  paggi  e  lacchè  elegantemente 
vestiti,  essendovi  gara  fra 'principi  e  altri 
titolati  per  figurare  e  fare  onore  al  Pa- 
pa. Erano  preceduti  dai  loro  Gentiluo- 
mini e  Maestri  di  camera  (F.)  ,  ince- 
dendo il  baronaggio  ordinariamente  do- 
po i  Camerieri  del  Papa  (F.)  portatori 
de'4  cappelli  pontificali;  talora,  per  le- 
vare etichette,  cavalcarono  avanti  la  fa- 
miglia pontificia  o  coi  camerieri  di  spa- 
da e  cappa  del  Papa  o  coi  loro  Foriere 
e  Cavallerizzo,  e  più  aulicamente  coi  Ca- 
po-Rioni e  Gonfaloniere  del  senato  e  po- 
polo romano(F.):pub  vedersi  anche  Mae- 
stri di  Strada,  Paggio,  Prefetto  di  Ro- 
ma, Ingressi  solenni  in  Roma, nel  quale 
dicendo  di  quello  de  cardinali,  raccontò 
de'genliluominiche  vi  mandavano  i  prin- 
cipi, come  ora  fauno  nella  loro  promozio- 
ne alla  porpora,  oltre  la  visita  personale 
colle  nobilissime  consorti.  Tale  assisten- 
za e  intervento  alle  pontificie  cappelle  e 
cavalcale  terminò  nel  secolo  passato,  ed 
ora  oltre  il  Maestro  del  s.  Ospizio,  il  Se- 
nalore  di  Roma  coi  conservatori  in  rap- 
presentanza del  baronaggio  e  popolo  ro- 
mano, non  intervengono  alle  funzioni  pa- 
pali altri  nobili  laici,  ad  eccezione  del 
Principe  assistente  al  soglio  pontificio 
(F.)}  che  come  il  più  degno  prende  luo- 
go nel  ripiano  del  trono.  A  Carrozza  par- 
lai dc'trcni  de'cardinali  principi, de'prin- 
cipi  assistenti  al  soglio,  degli  ambascia- 
tori e  de' principi  romani,  e  del  gran  nu- 
mero di  carrozze  che  si  videro  in  alcu- 
ne solenni  pompe  o  d'Ingressi  in  Roma 
(F.\,  ed  anchedell'ombrellino  che  si  por- 
ta sulle  carrozze  e  avanti  i  detti  perso* 
uaggi  ,  anche  nei  funerali.  A  Cavalli  , 
degli  ornamenti  d'oro  usati  dai  cardi- 


PRI 

nali  principi,  dai  principi  assistenti  al 
soglio,  dagli  ambasciatori  e  dai  principi 
romani,  nei  finimenti  de'medesirai,  e  di 
quelli  funebri  simili,  ancbe  per  le  prin- 
cipesse. A  Baldacchino,  insegna  di  di- 
gnità principesca,  notai  che  1' usano  in 
sala  e  nella  camera  del  trono, o  d'udien- 
za o  d'  etichetta  ,  oltre  gli  ambasciatori 
ed  i  principi  assistenti  al  soglio,  gli  al- 
tri principi  romani  ed  alcuni  marchesi. 
Ad  Ombrellino,  altra  insegna  di  distin- 
zione principesca,  ed  eziandio  di  giuris- 
dizione ,  riparlai  meglio  de'  baldacchini 
e  loro  uso  che  ne  fanno  i  delti  ambascia- 
tori, principi  assistenti  al  soglio,  altri  prin- 
cipi e  marchesi  romani,  come  de'loro  di- 
versi colori,  dichiarando  altresì  con  più 
precisione  quanto  riguarda  i  cavalli  e  car- 
rozze, anche  del  magistrato  municipale 
di  Roma  per  le  ultime  pontifìcie  dispo- 
sizioni. Tuttavolta  e  siccome  argomento 
che  niuno  in  Roma  trattò,  almeno  e  per 
quanto  sia  a  mia  cognizione,  di  tutto  farò 
più  completa  dichiarazione.  Fra  le  pre- 
rogative de'principi  assistenti  al  soglio, 
degli  altri  principi  o  duchi  romani,  dei 
marchesi  delti  di  baldacchino,  oltre  gli 
ambasciatori,  vi  sono  le  seguenti  sui  bal- 
dacchini e  treni  di  carrozze  e  cavalli. 
Quanto  ai  colori  essi  variano  a  seconda  di 
quelli  adottati  per  tradizione  o  per  qual- 
che memoria  illustre  dalle  rispettive  fa- 
miglie come  colori  gentilizi.  Per  cui  molti 
adoperano  il  colore  rosso,  altri  il  celeste, 
qualcuno  il  verde  anche  per  avvicinarsi 
in  certo  modo  alla  tinta  del  precedente, 
non  essendovi  propriamente  una  pram- 
matica di  uniformità,  laonde  riescono  dif- 
ficili le  ricerche  e  la  trattazione  di  que- 
ste particolarità,  per  cui  mi  furono  ri- 
chieste come  per  l'argomento  del  Lullo 
e  altri  non  pochi.  Osserverò  che  i  Colon- 
na per  privilegio, oltre  i baldacchini, usa- 
no il  colore  rosso  anche  nelle  seterie  dei 
finimenti  e  flocchi  de'cavalli,  i  quali  or- 
nano con  ciuffi  come  i  cardinali  (a  que- 
sti li  concesse  Urbano  Vili),  massime  nel 
treno  del  Colonnese  principe  assistente 


PRI  *3i 

al  soglio  pontificio.  Questa  prerogativa 
de'ciuffi  e  seterie  di  colore  rosso,  si  vuole 
derivata  da  s.  Pio  V,  il  quale  nel  1572 
elevando  Paliano  (^.)in  principato, con 
moto-proprio  posto  poi  in  forma  di  breve 
da  Paolo  V,  concesse  ai  Colonna  tutte  le 
preminenze  che  godevano  i  principi  mag- 
giori, come  gli  altri  grandi  principi  feu- 
dataiide'dominii  della  Chiesa,  cioè  i  du- 
chi di  Urbino,  di  Ferrara,  di  Parma  e 
Piacenza.  Tutti  gli  altri  comunemente 
adoperano  ne'baldacchini  il  colore  rosso, 
e  negli  ombrellini  e  seterie  de'cavalli  il 
celeste,  qualcuno  il  verde:  altri  usano  bal- 
dacchini, ombrellini  e  seterie  de'cavalli, 
tutto  celeste  o  verde:  i  cuscini  si  fanno 
del  colore  dell'ombrellino.  A  lcuni  poi  dei 
uominati  personaggi  tengono  il  baldac- 
chino solo  in  sala.  11  Baldacchino  si  alza 
nella  sala  e  nella  camera  detta  del  tro- 
no. Insala  il  baldacchino  è  di  panno  con 
trine  e  frangie  di  seta,  ordinariamente 
gialle  o  di  altro  colore  proporzionato  a 
quello  del  medesimo.  Simile  al  baldac- 
chino è  il  dossello,  eziandio  nelle  guar- 
nizioni, nel  cui  mezzo  è  lo  slemma  gen- 
tilizio. Innanzi  e  a  ridosso  del  dossello  si 
eleva  un  bancone  con  copertone  del  me- 
desimo panno  (  o  di  pelle  di  corame  o 
altra  specie  colorate  sulla  tavola),  egual- 
mente colle  dette  trine  e  frangie.  So- 
pra alla  tavola  e  accosto  alla  parete  del 
dossello  si  pone  uno  o  due  scalini  o  cas- 
sette oblunghe  (3  scalini  usano  alcuna 
delle  famiglie  che  s'imparentarono  con 
sovrani,  come  segno  de'gradini  del  trono 
reale,  come  la  Doria,  le  quali  famiglie 
costumano  in  questi  stemmi  di  non  in- 
quartale l'arme  della  moglie  se  non  è  di 
stirpe  sovrana),  per  custodire  le  torcia  di 
cera,  le  quali  si  pongono  sul  torciero  (co- 
me si  fa  pure  nella  sala  del  Papa,  la  qua- 
le non  ha  baldacchino,  e  in  quelle  de'car- 
dinali,  nelle  occasioni  che  vado  a  dire) 
nelleseredi  visite  oconversazioni,o quan- 
do è  venuto  un  cardinale,  un  ambascia- 
tore, un  principe  o  simili  personaggi.  A- 
vauti  al  tavolone  molti  per  maggior  de- 


33i  PRI 

coro  erigono  una  balaustrata  di  legno  co- 
lorata, che  armonizzi  col  resto,  he  por- 
tiere o  tende  delle  porle,  nel  drappo  tal- 
volta sono  più  nobili  del  baldacchino,  e- 
guale  essendo  il  colore,  con  guarnizioni 
simili  e  stemma  in  mezzo.  Nella  stanza 
chiamata  del  trono  o  dell'udienza,  il  bal- 
dacchino e  il  dossello  sono  d'eleganti  drap- 
pi di  damaschi  o  altri  intessuli, talvolta 
frammisti  a  oro,  come  d'oro  o  intarsiate 
con  seta  sono  le  fiangie,  le  trine  e  altri 
ornamenti.  Nel  centro  del  dossello  si  ap- 
pende il  quadro  col  ritratto  del  Papa  re- 
gnante (gli  ambasciatori  quello  del  pro- 
prio sovrano,  cornei  nunzi  all'estero  quel- 
lo del  Papa).  Rivolta  al  dossello  è  una  se- 
dia a  bracciuoli  coperta  di  seta  o  di  vel- 
luto, con  dorature  e  altri  ornati;  gli  scalini 
o  predelle  non  hanno  luogo,  ma  un  pic- 
colo strato  o  tappeto  si  pone  sotto  la  se- 
dia. L'addobbo  della  camera  nelle  pareti 
e  nelle  finestre, 'come  il  tappetodel  pavi- 
mento, deve  armonizzare  col  baldacchi- 
no edosselloanche  nel  colore, così  le  sup- 
pellettili. Lunadoro,  Relazione  della  cor- 
te dì  Roma  (edizione  del  1646)  p.  i38 
dice:  «Può  e  deve  tenere  il  cardinale  un 
baldacchino  di  panno  rosso  ben  ricamato 
con  sue  armi  in  sala  sopra  la  credenza, 
et  un  altro  baldacchino  nell'anticamera; 
l'hanno  sempre  usato  tenerlo  i  cardinali 
di  nascita  eminente.  Come  ancora  i  car- 
dinali nati  principi  ne  sogliono  tener  più 
di  due,  et  a'piedi  de'baldacchini,  che  si 
tengono  per  le  stanze,  vi  va  sempre  un 
bello  strato  di  tappeto,  o  altro  panno, et 
sotto  il  baldacchino  vi  si  tiene  una  sedia 
voltala  dove  si  siede,  alla  cascata  di  detto 
baldacchino."  L'ombrellino  è  di  seta,  tal- 
volta damascata, con  cordoni  e  fiocchi  si- 
mili frammisti  a  oro,  con  copertina  di 
tela  del  medesimo  colore.  Si  appende  in 
sala  da  un  lato  e  fuori  del  dossello:  dalla 
parte  opposta  si  attacca  un  cuscino  co- 
perto dello  stesso  drappo  o  di  panno,  con 
trine  e  frangi  e  come  il  baldacchino.  L'om  • 
brellino  si  adopera  nelle  uscite  di  forma- 
lità, i  principi  assistenti  al  soglio  nel  re- 


PRI 

carsi  alle  cappelle  e  funzioni  pontificie, 
portandosi  innanzi  da  un  servo  (come  si 
pratica  nella  pompa  funebre),  ponendosi 
sul  cielo  della  carrozza  nel  destro  lalo 
della  parte  posteriore,  cioè  quando  den- 
tro la  medesima  è  il  principe.  Le  seterie 
ed  i fiocchi  de'fìnimenti  de'cavalli  e  le  lo- 
ro intrecciature,  sono  di  seta  frammiste 
a  oro,  cioè  ai  cavalli  della  carrozza  no- 
bile, la  quale  pure  si  guarnisce  con  se- 
terie e  ornamenti  d'oro  relativi,  pel  tre- 
no di  formalità,  ed  i  principi  assistenti  al 
soglio  l'usano  nel  recarsi  a  dette  funzio- 
ni, con  altra  di  seguito  e  due  nelle  feste 
o  ricorrenze  solenni,  le  quali  carrozze  di 
corteggio  tanto  nelle  seterie  che  nel  la  qua- 
lità e  guarnizioni  devono  distinguersi  pro- 
porzionatamente al  grado.  Prima  gli  am- 
basciatori ed  i  principi  usavano  fiocchi 
d'oro  ai  cavalli  delle  loro  carrozze  di  eti- 
chetta, cosi  i  principi  romani:  eccone  ut) 
esempio,  che  servirà  pure  per  altre  no- 
tizie analoghe  a  questo  articolo,  e  lo  ri- 
cavo dal  n.°  6780  del  Diario  di  Roma 
del  1760.  »  Sua  eccellenza  il  sig.rd.  Fi- 
lippo Orsini,  martedì  mattina  all'effetto 
di  portarsi  all'udienza  della  Santità  di  No- 
stro Signore,  partì  dal  palazzo  regio  in 
piazza  Farnese,  ove  dimora  con  l'Eni.0 
Orsini  suo  genitore,  ministro  plenipoten- 
ziario di  S.  M.  il  re  delle  due  Sicilie,  con 
treno  nobile  nuovo  di  carrozze,fìocchi  d'o- 
ro, ombrello,e  servitù  in  pomposa  nuova 
livrea  di  scarlatto  rosso  ben  guarnita  di 
trina,  e  camisciuole  gallonate  d'argento, 
e  con  suoi  paggi  in  una  delle  carrozze  di 
seguito  riccamente  vestiti,  e  con  tal  de- 
corosa comparsa  si  condusse  al  Quirina? 
le,  ove  quasi  contemporaneamente  giun- 
se ancora  in  altro  treno  nobile  ilsig/  car- 
dinale suo  padre,  secondo  il  giorno  e  l'ora 
all'eminenza  sua  accordata,  quale  entra  tu 
all'udienza  di  Nostro  Signore,  essendosi 
fermato  in  anticamera  d'onore  sua  eccel- 
lenza il  sig.r  duca  di  Gravina  suo  figlio, 
fu  poi  fatto  passare  da  mg.1' maestro  di 
camera  nella  camera  segreta, e  di  lì, quan- 
do la  Santità  Sua  comandò,  fu  introdotto 


PR1 

covi  ispada  e  cappello  all'udienza  di  Sua 
Santità,  presentandolo  Io  stesso  sig.r  car- 
dinale al  Papa  come  nuovo  duca  di  Gra- 
vina ;  rassegnandosi  così  alla  Santità  Sua 
il  sig.r  duca  fu  accolto  con  atti  di  somma 
clemenza, come  pure  il  sig.rcardinalesuo 
padre;  e  datogli  Sua  Santità  il  congedo 
si  condussero  unitamente  prima  alla  vi- 
sita dell'Em.0  Rezzonico  nipote  di  Nostro 
Signore,  indi  a  quella  dell'Erri.0  Torreg- 
giasi segretario  di  sialo,  ne'  loro  rispetti- 
vi appartamenti  nello  stesso  palazzo  Qui- 
rinale, e  trattenutisi  qualche  tempo  iu 
discorso  coi  suddetti  porporati,  si  resti- 
tuirono ciascuno  coi  loro  treni  di  carroz- 
ze, separatamente  alla  loro  suddetta  re- 
sidenza in  piazza  Farnese.  Come  poi  so- 
gliono praticare  i  novelli  principi  dipor- 
tarsi nel  giorno  stesso  il  dopo  pranzo  alla 
-visita  di  s.Pietro  in  Vaticano,  e  dell'Era, 
decano  del  s.  collegio,  vi  andò  l'eccellen- 
za sua  verso  le  ore  22  nella  medesima 
pubblica  forma "  indi  ne'seguenti  gior- 
ni visitò  tutti  i cardinali.  Altrettanto  tut- 
tora si  pratica  dai  principi,  duchi  e  altri 
signori,  quando  succedono  ai  genitori,  o 
se  mancanti  di  essi,  quando  sono  dive- 
Muli  maggiori  di  età. 

Diverse  erudizioni  sui  principi  anche 
sovrani,  si  possono  leggere  nell'indicedel- 
l'annalista  Rinaldi:  eccone  alcune  indi- 
cazioni dedotte  dalla  storia.  I  principi  dei 
sacerdoti  non  aveano  nel  sinedrio  prero- 
gativa di  luogo,  né  altro  segno  d'onore, 
per  prescrizione  d'Erode.  I  principi  sono 
d'ordine  inferiore  ai  sagri  ministri  (quan« 
lo  alle  distinzioni  del  bacio  del  libro  del- 
X Evangelo  o  Messale,  del  bacio  di  Pace 
della  Messa , dell' Incensazione  e  altro  che 
la  chiesa  accorda  ai  principi,  in  questi  e 
iu  altri  articoli  lo  notai,  come  a  Laico), 
ed  i  cristiani  devouo  essere  ubbidienti  e 
soggetti  ai  principi.  Esempiodi  modestia 
cristiana  die  s.  Atanasio  nello  scusaregli 
errori  de'principi.  Quando  procurano  il 
bene  della  religione  sono  prosperati  da 
Dio.  I  principi  facilmente  sono  sospinti  in 
erroreedifliciliucnle  si  correggono.  1  peo- 


PRI  233 

cali  loro  contro  i  diritti  ecclesiastici,  dan- 
no forza  e  vigore  ai  nemicijsono  prospe- 
rati quando  perseguitano  l'empietà.  Il  ti- 
mor di  Dio  recò  solo  ai  principi  la  feli- 
cità, e  l'oifesa  di  lui  è  la  rovina  loro.  Deb- 
bono venerare  ,  non  maltrattare  le  cose 
ecclesiastiche.  I  principi  malvagi  furono 
lasciali  da  Dio  regnare,  e  lungamente  pei 
peccati  degli  uomini.  Con  l'ubbidienza  e 
venerazione  verso  la  sede  apostolica  sta- 
biliscono se  stessi  e  lo  stalo,  facendo  al 
contrario  si  tirano  addossoogui  male:coin- 
battendo  la  chiesa  eoffendendola,  distrug- 
gono il  proprio  regno.  Nell'emendazione 
de'  peccali  de'  fedeli  si  deve  incominciar 
dai  principi,  altrimenti  vana  torna  ogni 
fatica  e  mortificazione.Fu  degna  idea  d'un 
principe  cristiano  (così  s.  Luigi  IX  e  al- 
tri), s.  Enrico  imperatore:  prima  che  si 
ponesse  a  giudicare  ed  a  trattare  gli  af« 
fari  del  regno,  faceva  orazione  e  limosi- 
ne.  I  principi  facilmente  dalla  virtù  pas- 
sano al  vizio.  Manuello  imperatore  die  e- 
sempio  di  ottimo  principe  ,  annullando 
con  legge  quello  che  avea  malamente  or- 
dinato. Molte  altre  analoghe  erudizioni 
si  possono  leggere  nelle  Sluore  del  p.  Me- 
nochio.  De'doveri  de'principi,  ed  anche 
de'sudditi,  tenni  proprosilo  in  più  luoghi, 
come  a  Re.  De'  donativi  che  i  Papi  so- 
gliono fare  ai  principi,  V.  Rosa  d'oro,  Fa- 
scie,  Stocco  e  Berrettone;  ed  a  Funerali 
quelli  che  celebrano  pei  sovrani  defunti. 
II  cardinal  de  Luca  ci  die  :  77  principe 
cristiano  pratico  ,  Roma  1680.  Andrea 
Mendo,  Il  principe  perfetto,  ed  i  mini- 
stri adattali,  documenti  politici  e  morali 
corredali  d'emblemi,  Roma  1816. 

PRINCIPE  assistente  al  soglio  pon- 
tificio, Stator  proxirnus  a  solio  Pontifi- 
cis  maximi,  come  lo  chiama  Morcelli.  La 
maggiore  tra  le  dignità  laicali  che  hanno 
luogo  nella  cappella  pontificia,  ed  in  tut- 
te le  sagre  funzioni  che  assiste  e  celebra 
il  Papa,  oltre  ai  concistori  pubblici ,  co- 
me quello  che  in  tutto  il  tempo  della  fun- 
zione sta  in  piedi  sopra  il  ripiano  del  Tro- 
no (fy.)  pontificio  a  destra  del  cardinale 


2.34  P^1 

i.°  diacono  che  siede  accanto  al  lato  de- 
stro del  Papa,  ricevendo  dopo  il  gover- 
natore come  vice-camerlengo  e  prima  de- 
gli altri  Prelati  [V.)  di  fiocchetti  sul  tro- 
no medesimo  l'incensazione  e  la  pace.  Di 
questo  onorevolissimo  posto  ne  dà  la  ra- 
gione mistica  Mucanzio,  presso  i  Bollati- 
disti,  Ada  ss.  Jan.  t.  7,  p.  166,  n.°438. 
1  principi  assistenti  al  soglio  pontificio, 
per  privilegio  perpetuo  fino  dal  secolo 
XVI  sono  i  due  nobilissimi  capi  delle  ec- 
celse e  antichissime  famiglie  romane  Co- 
lonna e  Orsini  (F.) ,  che  a  vicenda  uno 
per  volta  adempiono  allo  splendido  uffizio. 
Talvolta  i  Papi  compartirono  questo  o- 
nore  e  il  cospicuo  grado  di  assistente  al 
soglio  per  concessione  personale  ,  anche 
ad  altri  principi  e  insigni  personaggi.  An- 
ticamente assistevano  eziandio  al  trono 
papale  il  Prefetto  di  Roma,  gli  Ambascia' 
tori  (F-.)  ed  altri  Principi  (^.),  simulta- 
neamente a  questi  due  principi  Colonna 
e  Orsini,  detti  per  eccellenza  principi  as- 
sistenti al  soglio  pontificio,  uno  de'quali 
con  un  ambasciatore  e  standoli  principe 
alla  sinistra  del  trono  (perchè  gli  amba- 
sciatori aveano  la  precedenza  sui  princi- 
pi assistenti  al  soglio  )  contemporanea- 
mente somministravano  al  Papa  le  can- 
dele e  le  palme  benedette  per  la  dispen- 
sa e  gli  prestavano  tutti  quei  distinti  uf- 
fizi che  qui  accennerò,  avendone  tratta- 
to di  tutti  e  colle  particolarità  che  gli  sono 
proprie  in  tutti  i  relativi  articoli  e  princi- 
palmente a  Cappelle  pontificie.  Lunado- 
10,  Relazione  della  corte  di  Roma  (ediz. 
del  1646),  p.io4,  dice  che  i  cardinali  do- 
po avere  resa  sul  ripiano  del  trono  l'ub- 
bidienza al  Papa  ,  salutano  i  due  cardi- 
nali diaconi  assistenti ,  gli  ambasciatori, 
ed  i  principi  del  soglio,  ciò  che  tuttora  fan- 
no, meno  i  secondi  che  non  più  assistono. 
Riceve  dal  cursore  apostolico  l'intimo  e 
con  i -elicili ila  quando  vi  è,  a  tutte  le  cap- 
pelle, solenni  funzioni  papali  e  concistori 
pubblici.  Qualora  il  Papa  non  intervie- 
ne alla  funzione,  il  prelato  maestro  di  ca- 
mera ne  previene  il  principe,  perchè  se  ne 


PRI 

astenga,  intervenendo  egli  soltanto  quan- 
do il  Pontefice  la  celebra  o  vi  assiste, essen- 
do il  di  lui  uffizio  specialmente  addetto 
alla  sua  augusta  persona.  Quando  il  prin- 
cipe interviene  si  reca  nella  camera  se- 
greta contigua  a  quella  ove  risiede  il  Pa- 
pa, e  col  Governatore  di  Roma  (P.)  lo 
precede  alla  camera  de' paramenti.  Se  la 
funzione  si  celebra  nelle  chiese  di  Roma, 
il  principe  si  porta  ad  attendere  il  Papa 
nelle  sagrestie  delle  medesime;  ma  se  il 
Papa  abita  nel  palazzo  Vaticano  e  la  fun- 
zione ha  luogo  nella  propinqua  basilica, 
il  principe  si  reca  nella  delta  camera  se- 
greta, alla  quale  dopo  la  funzione  accom- 
pagna il  Papa,  ciò  praticando  sempre  con 
quelle  delle  cappelle  pontificie  palatine 
del  palazzoche abita  il  Papa.  Allorquan- 
do i  Papi  si  portavano  in  quattro  di  det- 
techiese  con  Cavalcata  (P.)  solenne,  ciò 
che  durò  sino  e  inclusive  a  Pio  VI,  v'in- 
terveniva il  principe  a  cavallo  col  gover- 
natore di  Roma,  servito  da  due  paggi,  dal 
decano  e  dai  suoi  staffieri  ,  seguiti  dalla 
croce  papale  e  circondati  dalla  guardia 
svizzera,  dopo  aver  sostenuto  al  Papa  la 
staffa  per  montare  sul  suo  cavallo  e  que- 
sto guidato  a  mano  sino  alla  metà  delle 
piazze  Vaticana  o  Quirinale, subentran- 
do poi  a  prendere  le  redini  i  conservato- 
ri e  priori  de'caporioni,  uffizio  che  eser- 
citarono imperatori  ,  re  e  altri  sovrani, 
come  descrissi  a  Palafreniere;  ed  il  car- 
dinal vescovo  di  Selva  Candida  (di  cui  a 
Porto)  anticamente  per  sostenere  la  staf- 
fa avea  in  dono  i  pontificii  guanti.  La  car- 
rozza del  principe  col  maestro  di  came- 
ra e  il  gentiluomoseguiva  quelle  del  Papa. 
Siccome  questi  dopo  la  funzione  tornava 
alla  sua  residenza  in  carrozza,  il  princi- 
pe reslava  in  sua  libertà.  Se  poi  il  Papa 
in  dette  cavalcate  solenni  vi  andava  in 
carrozza  ,  questa  precedevano  a  cavallo 
il  governatore  e  il  principe.  Prima  sole- 
vano i  Papi  portarsi  alle  funzioni  delle 
cappelle  delle  chiese  di  Roma  in  carroz- 
za o  in  sedia  scoperta  con  l'accompagna- 
mento a  cavallo  del  principe  assistente 


PR  I 

al  soglio,  di  nitri  principi  e  del  magistra- 
to romano.  Questo  accompagnamento  a 
cavallo  del  principe  assistente  ebbe  luo- 
go anche  quando  il  Papa  si  recòsempli- 
cernente a  visitarequalche chiesa.  Ne  por- 
terò due  esempi.  Leggo  nel  n.°  ^43  del 
Diario  di  Roma  i  7 1 9,  che  Clemeute  XI 
dal  Quirinale  si  portò  in  carrozza  alla  ba- 
silica Vaticana  per  la  cappella  della  Cat- 
tedra ,  dopo  la  quale  passò  a  visitare  il 
ss.  Sagramento  solennemente  esposto  in 
s.  Marcello,  servito  a  cavallo  dal  conte- 
stabile Colonna  e  conservatori  del  popo- 
lo romano  che  aveano  assistito  al  soglio. 
E  nel  n.°  68 1  del  Diario  eli  Roma  1 72  1 , 
che  Innocenzo  XIII  per  la  festa  di  s.  Ce- 
cilia andò  a  visitarne  la  chiesa  ,  accom- 
pagnalo a  cavallo  dal  duca  di  Polidichia- 
rato  principe  assistente  al  soglio.  Le  altre 
cavalcale  in  cui  cavalcava  il  principe  as- 
sistente al  soglio  erano  quelle  del  Pos- 
sesso (/^.)  del  Papa,  nelle  quali  rendeva 
al  capo  della  Chiesa  il  narralo  omaggio, 
nel  montare  a  cavallo  e  nel  condurre  que- 
sto per  un  tratto  di  strada,  subentrando 
i  conservatoli  pel  resto  della  via. 

Nella  raccolta  delle  relazioni  de  Pos- 
sessi che  pubblicò  Cancellieri,  trovo  per 
la  i.a  volta  l' intervento  del  principe  nel 
1 5 1 3  per  quello  di  Leone X.  Dopo  il  se- 
natore, Principes  de  solio  cum  officiali- 
bus  honorariis ,  indi  il  duca  d'Urbino  pre- 
fetto di  Roma:  in  altra  relazione  sono  e- 
numerati  Fabrizio  Colonna  e  Giulio  Or- 
sini, avendo  in  mezzo Gio.  Giordano  Or- 
sini, quindi  i  Savelli,  i  Conti  e  altri  baro- 
ni, come  altri  Orsini;  dunque  erano  quei 
principi  che  collettivamente  assistevano 
il  trono,  tranne  il  Colonneseche  già  era 
insignito  della  singolare  qualifica  di  prin- 
cipe assistente  oper  dir  meglio  esercita- 
va la  sua  assistenza  nel  ripiano  del  tro- 
no, mentre  gli  altri  ne  occupavano  i  gra- 
dini siccome  toccai  a  Pbinciì'e.  Nel  posses- 
so di  Gregorio XIV deli 5go  Michele  Pe- 
retti  cavalcò  avanti  gli  ambasciatori,  do- 
po i  quali  il  Governatore,  nel  quale  arti- 
colo riportai  più  esempi  del  suo  incede- 


PRI  a35 

re  cogli  ambasciatori.  Nel  i6o5  per  Leo- 
ne XI  cavalcò  Virginio  Orsini,  seguito  da- 
gli ambasciatori.  Ordinariamente  i  prin- 
cipi assistenti  ne' precedenti  possessi  era- 
no andati  cogli  altri  principi  e  baroni  ro- 
mani. Ed  i  nipoti  de'Papi  cavalcavano  e- 
gualmente  innanzi  o  con  gli  ambasciato- 
tori,  essendo  spesso  Generali  di  s.  Chie- 
sa (^.).  Neh623  pel  possesso  d'Urbano 
VIII  vi  fu  questione  tra  i  conservatori  di 
Roma  e  d.  Filippo  Colonna,  che  i  primi 
volevano  precedere-.il  Papa  decise  in  fa- 
vore del  principe  assistente  al  soglio  e  lo 
fece  andare  a  sinistra  del  proprio  nipote 
d.  Antonio  Barberini,  ma  i  conservatori 
protestarono  sul  j'us  della  precedenza. 
Narra  Cancellieri  ne  Possessi,  p.  202, che 
la  pretensione  de'conservatori  si  fondava 
per  aver  preceduto  d.  Virginio  Orsini  nel- 
la cavalcata  di  Leone  XI;  ma  d.  Filippo 
Colonna  rispose  che  si  servissero  del  lo- 
ro privilegio  con  casa  Orsini,  ma  non  con 
casa  Colonna,  che  loro  avea  sempre  pre- 
ceduto ,  come  nella  cavalcata  del  gene- 
rale Aldobrandini  nel  1^95.  Dipoi  in  quel- 
la pel  prefetto  di  Roma  Barberini,  d.  Mar- 
c'Antonio  ebbe  la  mano  diritta  dall'Or- 
sini. Altra  grave  controversia  insorse  sul- 
la precedenza  tra'priucipi  e  il  Savelli  am- 
basciatore imperiale,  nel  possesso  d'In- 
nocenzo X  ,  e  lutti  cavalcarono  innanzi 
al  governatore,  il  quale  sempre  ebbe  su 
lutti  la  mano.  In  altra  relazione  le<™oche 

DO 

i  principi  e  baroni  romani  cavalcarono 
prima  de'cubiculari  del  Papa,  e  che  Sa- 
velli andò  alla  sinistra  del  governatore, 
essendo  anche  maresciallo  di  s.  Chiesa 
(/^.).  Nel  1667  chiaramente  si  legge,  che 
per  Clemente  IX,  il  governatore  proce- 
deva in  mezzo  all'ambasciatore  di  Frauda 
ed  al  contestabile  Colonna.  A  Pbesbite- 
rio  raccontai  che  in  questa  funzione  es- 
sendo succeduta  agli  antichi  presbiterii 
la  dispensa  delle  medaglie  ai  soli  cardi- 
nali e  poi  pai  ticolarmenle  agli  altri,  i  Pa- 
pi volleradistinguereil  principe  assisten- 
te con  farglielesomministrare  subito  ap- 
pena distribuite  al  trono,  a  mezzo  del  te- 


236  PRI 

sonerò, così  agli  ambasciatori.  Anche  nella 
cavalcata  del  possesso  il  principe  del  so- 
glio era  corteggiato  dai  suoi  paggi,  deca- 
no e  staffieri  in  ricche  livree.  Nel  1676 
pel  possesso  di  Innocenzo  XI  altra  con- 
troversia ebbe  luogo  sulla  precedenza,  non 
volendo  gli  ambasciatori  cavalcare  col 
principe,  al  modo  riportato  a  Governa- 
tore. Per  Alessandro  Vili  dopo  gli  am- 
basciatori cavalcarono  il  principe  Ode- 
scalchi  generale  di  s.  Chiesa,  col  conte- 
stabile Colonna;  dopo  la  funzione  il  Papa 
ritornò  al  palazzo  Quirinale  egualmente 
com'era  andato  in  Lettiga  (f^.),  servito 
dai  principi  del  soglio,  prelati,  litolati  e 
cavalieri.  Per  Innocenzo XII  neh  6q~i  ca- 
valcarono il  contestabile  Colonna, gli  am- 
basciatori e  il  governatore.  Nel  voi.  I,  p. 
3oo  eseg.,  trattando  del  posto  degli  am- 
basciatori ne' possessi  e  cappelle,  pallai 
della  precedenza  che  1'  ambasciatore  di 
Bologna  voleva  sul  contestabile,  di  quel- 
la di  Marti nilz  ambasciatore  imperiale 
che  esigette  in  detto  possesso  sul  princi- 
pe medesimo,  per  cui  il  Papa  ordinò  al 
Colonna  che  senza  pregiudizio  di  sue  ra- 
gioni precedesse:  dipoi  Martinitz  voleva 
esigerla  anche  sul  governatore,  e  non  vol- 
le dare  la  pace  sul  trono  al  contestabile 
Colonna,  col  pretesto  di  essere  feudatario 
d'un  sovrano  della  sua  imperiale  famiglia 
austriaca;  inoltre  la  pace  fu  pure  negata 
sotto  Clemente  XI  dall' ambascialo!'  ve- 
neto e  poi  passata  nel  1  709  da  altro  am- 
basciatore imperiale,  questioni  che  ripro- 
dussi anche  altrove,  come  nel  voi.  IX, 
j).  36 1.  E  siccome  per  queste  pretensio- 
ni nel  pontificato  di  Clemente  XI  cessa- 
rono gli  ambasciatori  d'intervenire  alle 
funzioni  ecappelle  pontificie,  ovesostene- 
Aimo  lo  strascico  della  Fulda  e  del  Man- 
/o(/".)  pontificio,  e  som  ministra  vano  l'ac- 
qua per  la  Lavanda  delle  mani(F.)  al- 
ternativamente col  principe  assistente  al 
soglio,  a  questo  restò  l'onore  di  essere  il 
solo  laico  sul  ripiano  del  trono  papale, 
oltre  il  sorreggere  Io  strascico,  e  in  sua 
uiancauza  suppliscono  a  sostenere  lo  stia- 


P  R  l 

scico  il  Senatore  ed  i  Conservatori,  e  do- 
po essi  il  Maestro  del  sagro  ospizio  (F.)', 
il  principe  versa  per  ultimo,  come  il  più 
degno,  t'acqua  sulle  pontificie  mani.  Les- 
si d'un  pontificale  di  Clemente  XI,  che 
l'acqua  alle  mani  la  dierono,  1."  l'amba- 
sciatore di  Ferrara,  2.0  il  secondo  conser- 
vatore, 3.°  il  pri uio  conservatore, 4-°  l'am- 
basciatore veneto,  non  essendo  interve- 
nuto il  principe  del  soglio.  Inoltre  il  prin- 
cipe assistente  al  soglio  cogli  ambascia- 
tori sosteneva  l'asta  del  baldacchino, sot- 
to il  quale  procedeva  il  Papa  dopo  l'aper- 
tura della  Porla  santa  (A.).  Leggo  nel 
Diario  mss.  del  ceremoniere  di  Clemen- 
te XI  mg.r  Cassina  ,  che  nel  vespero  so- 
lenne della  festa  di  s.  Pietro  deh  707,  es- 
sendo intervenuto  l'ambasciatore  veneto 
Nani,  che  si  ricusava  di  dare  la  pace  al 
contestabile  principe  assistente  al  soglio, 
per  1'  abuso  in  ciò  introdotto  uel  1692 
dal  suo  predecessore  Contarmi  e  dal  ce- 
sareo Lieclrestciu,  per  cui  la  repubblica 
aveagli  inculcalo  di  nulla  innovare;  laon- 
de e  di  consenso  del  Papa  il  principe  si 
collocò  a  sinistra  del  soglio  restando  solo 
a  diritta  il  veneto.  Molli  furono  i  discor- 
si e  ricorsi  fatti  col  cardinal  Otloboni  (for- 
se come  protettore  della  cappella  ponti- 
eia,  di  cui  nel  voi.  Vili,  p.  37)  e  con  d. 
Orazio  Albani  fratello  del  Papa.  Questi 
si  portò  dal  Cassina  a  domandargli  se  vi 
erano  esempi  sull'assistenza  al  trono  nel- 
le  due  parli  destra  e  sinistra,  egli  rispo- 
se affermativamente,  massime  nelle  fun- 
zioni delle  candeleedelle  palme  per  som- 
ministrarle al  Papa  ,  come  dai  seguenti. 
Nel  1 656  l'ambasciatore  di  Venezia  era 
a  destra  e  d.  M,  A.  Colonna  a  sinistra  col- 
le palme.  Nel  1 67  71'amba  sciatore  diFrau- 
cia  a  destra  e  il  principe  a  sinistra  colle 
palme,  Ncllostesso  modo  colle  candele  si 
praticò  neh678,  1679,  1682,  nel  quale 
auno  eravi  l'ambasciatore  di  Francia  e 
Lorenzo  Colonna  duca  di  Paliano.  Nel 
1695  l'ambasciatore  veneto  e  il  Colonna, 
ih  .°  a  destra,  il  2.0  a  sinistra,  palma  de- 
UtlerunC,  Ma  ostinandosi  il  Nani  di  non 


PR1 

voler  passare  la  pace  al  principe  assisten- 
te ni  soglio,  per  le  ulteriori  istruzioni  a- 
vute  dalla  sua  repubblica,  uè  convenen- 
do a  Clemente  XI  tollerare  ulteriormente 
siffatte  pretensioni,  non  fece  più  invitare 
alla  cappella  l'ambasciatore,  terminando 
così  la  cumulativa  assistenza  al  trono  de- 
gli ambasciatori,  coi  principi  assistenti  al 
soglio  pontificio,  che  restò  unicamente  a 
questi.  Già  lo  stesso  Papa  non  avea  voluto 
permettere  nel  suo  possesso  ,  che  il  duca 
di  Parma  gli  sostenesse  la  staffa  eguidasse 
il  cavallo,  ma  si  servì  del  contestabile  Co- 
lonna principe  assistente  al  soglio,  che  da 
allora  in  poi  senza  il  concorso  degli  amba- 
sciatori continuò  a  farealtrettantone'pos- 
sessi  dei  seguenti  pontificati  sino  e  inclu- 
sive a  Pio  VI  che  lo  prese  a  cavallo,  do- 
po il  quale  incedendo  i  successori  in  car- 
rozza a  detta  solenne  pompa,  il  principe 
assistente  al  soglio  non  vi  ha  luogo  nel- 
l'andata e  ritorno,  bensì  si  trova  nel  por- 
tico della  basilica  Lateranense  pel  resto 
della  funzione.  Ne'  possessi  di  Clemente 
XIII  e  Clemente  XIV,  il  governatore  di 
Roma  e  il  principe  assistente  al  soglio  li 
accompagnarono  a  cavallo,  benché  quei 
Papi  nel  ritorno  andassero  in  carrozza. 
Neil'  ultimo  possesso  preso  nel  1846  da 
Pio  IX,  il  principe  Orsini  assistente  al  so- 
glio e  senatore  di  Roma,  ricevè  da  mg/ 
tesoriere  due  medaglie  d'  argento,  dopo 
che  il  Papa  le  avea  date  per  presbiterio 
ai  cardinali.  E  per  finirla  colle  cavalca- 
te aggiungerò,  che  nel  voi.  XXlV,p.i47 
rimarcai,  che  nel  solenne  ingresso  di  Cle- 
mente Vili  in  Ferrala,  fu  preceduto  dai 
principi  del  soglio  pontificio,  cavalcando 
dopo  gli  ambasciatori. 

Ripeto,  che  tultociò  che  riguarda  l'in- 
tervento alle  pontificie  funzioni  de'prin- 
cipi  assistenti  al  soglio  pontifìcio,  e  quan- 
to in  esse  esercitano  nel  servire  il  Ponte- 
fice vestito  degli  abiti  pontificali,  con  det- 
taglio lo  descrissi  a  Cappelle  pontificie, 
negli  articoli  citati  ed  altri,  come  a  Ca- 
nonizz azione  ed  in  quelli  analoghi.  Nel- 
le processioni  e  all'adorazione  della  croce 


P  R  I  337 

(dicuipurene'vol.XVHT,p.'239,XXXH, 
p.  3o,  avendo  nel  voi.  XLI,  p.  29 1  notato 
un  caso,  in  cui  procedendo  col  governato- 
re e  maggiordomo,  ebbe  su  quest'ultimo 
la  precedenza ),  il  principe  assistente  in- 
cedeva col  governatore  di  Roma  a  sini- 
stra, ed  al  presente  col  prelatodi  fiocchet- 
ti Vice-camerlengo  di  s.  Chiesa  (/^.),  ri- 
cevendo dopo  di  questi  l' incensazione  e 
la  pace,  e  dalle  mani  del  Papa  e  sul  tro- 
no riceve  le  candele,  le  ceneri,  le  palme,  gli 
Agnus  Dei j\a  comunione  nelle  solennità 
di  Pasqua  e  Natale  pel  1 .°  la  riceve  tra'no- 
bili  laici  che  visonoammessi,dopo  i  cardi- 
nali diaconi.  Egualmente  ai  luoghi  ricor- 
dati ho  detto  quando  e  come  sostiene  i 
lembi  dello  strascico  della  falda  e  manto 
dpi  Pontefice  (uffizio  che  esercitarono  di- 
versi sovrani),  il  quale  comincia  a  sorreg- 
gere quando  il  Papa  dalla  camera  de'pa- 
lamenti  o  sagrestie  si  porta  in  cappelle o 
nelle  chiese  al  luogo  della  funzione;  non 
che  quando  e  come  versa  l'acqua  sulle 
pontificie  mani  genuflesso.  Il  Papa  nella 
funzione  delle  candele  benedette  ne  ri- 
ceve tre,  due  grandi  ed  una  piccola,  li 
prefetto  delle  ceremonie  ripone  pel  Pa- 
pa una  delle  grandi,  altra  simile  conse- 
gna al  principe  assistente  al  soglio,  il  qua- 
le la  tiene  accesa  nella  processione  e  nel- 
la messa  a'  suoi  tempi;  dopo  la  quale  la 
lascia  smorzata  in  un  lato  del  trono,  ove 
si  reca  a  prenderla  un  suo  famigliare  per- 
chè rimane  al  principe.  Il  medesimo  pre- 
fetto consegna  la  candela  piccola  al  ca- 
meriere segreto  coppiere,  il  quale  la  reg- 
ge quando  non  la  tiene  il  Papa,  e  poi  gli 
resta  insieme  al  paramano.  1  tempi  in  cui 
il  Papa  tiene  questa  candela  piccola,  so- 
no quando  incede  in   processione  sulla 
sedia  gestatoria  ,  e  nella  messa  durante 
la  lettura  dell'evangelo,  e  dall'elevazio- 
ne sino  dopo  la  comunione  ;  pe'  quali 
tempi   il   cameriere  segreto  coppiere  la 
consegna  al  cardinale  i.°diacono  che  la 
pone  in  mano  al  Papa.   Nella   funzione 
e  messa  delle  palme  benedette,  in  tut- 
to quanto  si  pratica  lo  stesso.  Quando  il 


238 


PR  I 


principe  assistente  alsoglionon  intervie- 
ne alte  pontifìcie  funzioni  ninno  occupa 
il  suo  decoroso  posto:  lo  strascico  allora 
lo  sorreggono  il  senatore  o  il  conservato- 
re di  Roma  più  antico,  e  dal  proprio  po- 
sto; i  medesimi  in  vece  del  principe  as- 
sistente, nelle  funzioni  delle  candele  e 
delle  palme  sostengono  quelle  del  Papa 
e  restano  ad  essi.  Inoltre  il  principe  as- 
sistente al  soglio,  quando  pei  soli  cardi- 
nali la  sera  della  vigilia  di  Natale  si  fa- 
ceva la  cantata  e  la  cena  nel  palazzo  a- 
postolico,  e  quando  nel  medesimo  s' im- 
bandivano i  pranzi  (questi  e  quella  de- 
scritti ne'vol.  Vili,  p.  3oi  e  3  i  5,  IX,  p. 
i  o4)  nel  giovedì  e  venerdì  santo  (per  cui 
Galletti  lo  paragona  all'antico  Primice- 
rio della  s.  Sede,  Vedi,  anche  nel  prece- 
dere il  Papa  quando  non  sostiene  lo  stra- 
scico, poiché  nel  giorno  di  Pasqua  pran- 
zava con  io  cardinali  nell'ultimo  luogo 
alla  mensa  pontificia),  aveva  la  singolare 
distinzione  di  esservi  egli  soltanto  ammes- 
so. Il  principe  assistente  al  soglio  si  reca 
alle  nominate  funzioni  pontificie  con  l'ac- 
compagno delle  così  dette  cappe  nere  gen- 
tiluomo e  maestro  di  camera,  e  con  quel 
treno  nobile  che  indicai  ne'vol.  Vili,  p. 
23  i,  X,  p.  12  i,  e  meglio  a  Principe,  ove 
dico  ancora  del  baldacchino  che  alza  in 
sala  e  nella  camera  del  trono  (al  quale 
articolo  discorro  pure  della  pompafune- 
bre),  ed  altro,  ricevendo  gli  onori  mili- 
tari dai  quartieri  delle  milizie  innanzi  ai 
quali  passa.  Con  questo  medesimo  treno 
principesco  visita  i  nuovi  cardinali,  con 
quelle  particolarità  che  notai  ne'vol.  IX, 
p.  i  77,  XV, p.  243  e  altrove;avendo  det- 
to a  Campanella,  prerogativa  de'principi, 
che  nel  fare  le  visite  ai  nuovi  cardinali  i 
principi  assistenti  al  soglio,  come  gli  am- 
basciatori e  nipoti  del  Papa  ,  la  campa- 
nella del  visitato  doveva  suonare  nell'en- 
trata e  nella  partenza.  Quanto  alle  ve- 
sti che  indossa  e  l'abito  antico  tutto  ne- 
ro de'principi  romani,  semplice  e  nobile, 
ed  era  eguale  a  quelli  del  Foriere  mag- 
giore e  del  Cavallerizzo  maggiore  del  Va  • 


PRI 

pa  fino  al  1846:  ne  riporta  la  figura  Fa- 
laschi, La  gerarchia  ecclesiastica,^,  ii". 
Esso  si  compone  di  calze  di  seta,  calzoni 
corti,  gonnella  ,  abito  di  corte  o  di  città 
come  vogliam  dire,  corpetto,  mantello 
grandioso  di  seta  e  nelle  solennità  lista- 
to di  alti  merletti  pure  neri;  cappello,  e 
scarpe  con  fibbie;  collare  o  bragiuole,  e 
manichetti  di  merletto  bianco;  spada  al 
fianco  con  impugnatura  di  acciaio.  Nelle 
Notizie  di  Roma  i  principi  assistenti  al 
soglio  sono  riportati  dopo  mg.r  vice-ca- 
merlengo e  prima  degli  altri  prelati  di 
fiocchetti.  Ora  vado  a  parlare  della  ori- 
gine degli  attuali  principi  assistenti  al  so- 
glio ,  le  cui  nobilissime  famiglie  godono 
in  perpetuo  dell'onorificenza;  e  degli  al- 
tri che  fecero  i  Papi ,  nelle  persone  sol- 
tanto di  alcuni  personaggi,  senza  che  la 
prerogativa  passasse  alla  loro  famiglia. 
Due  sono  stale  sempre  le  famiglie  no- 
bilissime romane  che  hanno  goduto  il  pri- 
vilegio di  assistere  al  soglio  pontificio,  la 
Colonna  e  la  Orsini  ne' loro  primogeni- 
ti,in  mancanza  de'quali  i  secondogeniti, 
i  quali  hanno  portato  il  titolo  di  Prin- 
cipi assistenti  al  soglio  pontificio.  Ripor- 
ta Cancellieri  ne  Possessi, p.202,che  nel- 
lo Statuto  di  Roma  si  nomina  prima  la 
casa  Orsina  che  la  Colonna,  omnesex  n- 
traque  domo  Ursinorum  ,  et  Colomnen- 
sium.  Nel  ceremoniale  ove  si  prescrive 
l'incontro  dell'imperatore,  si  diceche  ve- 
nendo a  Roma,  il  capo  della  casa  Orsina 
coi  suoi  parenti  devonoincontrarlo  a  Pon- 
te Molle,  e  il  capo  di  casa  Colonna  a  Vi- 
terbo, come  ebbe  luogo  nel  i4?2  per  Fe- 
derico III, e  lo  notai  nel  voi.  XXXV,  p. 
174.  Per  lo  che  sembra  che  la  preceden- 
za tra  le  due  case  dovesse  averla  la  Or- 
sina, ma  la  Colonna  trovasi  di  avere  as- 
sistito prima  di  essa  al  trono  papale  nel- 
la cappella  palatina  e  altre  pontificie  (un- 
zioni. Giulio  II  beneficòe  s'ini[):irentòcoi 
Colonna^ cogli  Orsini, onde  vuoisi  da  al- 
cuno, che  pel  famoso  trattato  di  pace  col 
quale  pacificò  le  due  potenti  famiglie,  al 
modo  narratoa  quegli  articoli,  sia  derivata 


PRI 


alla  i  /la  singolare  prerogativa  di  principe 
assistente  al  soglio  pontificio.  Però  comu- 
nemente si  crede  che  Giulio  li  abbia  com  - 
partito  questo  onore  ai  Colonnesi  fino  dal 
i5o3,  mentre  la  detta  concordia  si  sti- 
pulò nel  i5i  i.  In  prova  di  che  si  legge 
ne'  Diari  dei  ceremoniere  con  temporaneo 
Paride  de  Grassis,  che  a'  i5  agosto  i5o3 
nella  festa  dell'Assunzione  di  Maria  Ver- 
gine, nella  messa  in  s.  Maria  Maggiore, 
Papa  praesente,  Prospero  Colonna  tam- 
quam  dux Trajectifu it  in  stala  ducis  idem 
ante  mazzeriis  ad  dexleram  Papae,  et 
d.  Constanti nus adsinislras.  Ma  deve  es- 
sere sbaglio  di  data,imperocchèallora  vi- 
veva Alessandro  VI  ed  era  infermo,  mo- 
rendo a'  18  o  19  agosto  i5o4-  *»  P.  Co- 
llimila dux  Trajecti  etFundorum  comes 
in  vig.  Epiphaniae  ad  vesperas  stelit  in 
gradibus solii  supra  senatorem,quod  mul- 
ti prima  facie  quasi  improbarunt  caere- 
moniariis.  Tamen  memor,  quod  de  anno 
superiori  jam  stetisset  Prosper  in  eo  lo- 
cum  in  die  Assumplionis  B.  M.V.  inec- 
cles.  s.  M.  M.  posui  eumdem,ut  alio  qui 
positus  fuerat,  quoti  card,  de  Medicis,  qui 
fuit  postmodum  Leo  X,  dixit  verum  es- 
se, quod  caeremoniarius  dixerat,  et  bo- 
num  esse,  quod  fccerat.  i5j4  diei  1  febr. 
inanniversuriisJulii  II,  Prospei  Columna 
dux  Trajecti  comparuit  infra  missam,  et 
Papa  jussit  eum  poni  ad  dexleram  suam 
subduce  Bari,  filioMediolani  ducis.  i5i6 
dom.  Adventus  Prosper  Columna  stetit 
in  gradu  solii  sublimi  apud  Papam  ,  sic 
Papa  volente  ,  et  jubenle.  1 5i  7  die  pe- 
nult.  maii  in  vig.  Pentecostes  fuerunt  ve- 
sperae  Papa  praesente,  qui  mihi  manda- 
ci, ut  honorem  d.  Prosper  de  Columna 
ducem  Trajecti,  et  petii,  analiquid  par- 
ticulare  placent,  et  remisit  omnia  mihi. 
Sic  ego  feci,  quod  portare!  caudam  plu- 
vialis  ,   et  in  cappella  esset  stans  ad  de- 
xleram solii,  de  senatore  si  veneri  t,  con- 
currentis  quod  faceret ,  ut  sibi  placeret. 
Ex  Diar.  Blas.  de  Caesena  sub  Hadriani 
Vi.  i52i  die  veneris  26  dee.  in  festo  s. 
Stephani  lll.mus  d.  Ascanius  Columna, 


PRI  a39 

ut  dux,  habuit  locum  iu  solio  Papae.  Sac- 
Clem.  VII  i529diedom.  i,mens.ang. 
in  cappella  habita  prò  publicatione  foe- 
deris  inter  Papam  ,  et  imperatorem  ,  ac 
regem  Ferdinandum  Hungariae  regem, 
supervenit  princeps  d.  Filiberlus  Oran- 
ges,  qui  stelit  in  solio ,  et  apud  eum  A- 
scanniti)  Columma  ,  qui  dux  Taleacotii, 
inde  sena  toc,  licetPapanoluisset,de  Asca- 
niodixi, quod  alia  sicstelit, et  tuncacquie- 
vit  ".  A  Paolo  III  narrai  che  nel  ponti- 
ficale celebrato  nel  1 536  alla  presenza  di 
Carlo  V ,  a  questi  gli  levava  e  metteva 
la  corona  Ascanio  Colonna,  ed  il  berret- 
tino sotto  la  corona  il  marchese  del  Va- 
sto. Nel  voi.  XLIX,  p.  1 5 1,  dichiarai  che 
Pio  IV  nel  i56o  favorendo  Paolo  Gior- 
dano Orsini,  con  erigere  in  ducato  Brac- 
ciano (Z7".)  e  in   marchesato  Anguillaia, 
feudi  degli  Orsini  ,  questi  in  quell'anno 
cominciarono  ad  assistere  al  soglio  pon- 
tifìcio senza  pregiudizio  dei  Colonna; ed 
in  fatti  il   contemporaneo  storico  Rossi 
riferisce  che  nel  i568  die  12  funi»  in  ve~ 
speris  Trinitatis,  M.  Ani.  Columna  dux 
Taleacotii  (di  questo  ducato  parlai  a  Pe- 
scina  )  caudam  pluvialis  portavit }  et  in 
cappella  fuit  in  solio  sibi  debito,  tamquant 
principi  de  minoribus.  Apprendo  da  Gal- 
tico,  Acta  caerem.,  p.  395,  che  nel  1 585» 
perla  coronazione  di  Sisto  V:  In  solio  ste- 
lerunt  senator  Urbis  pritnus,  deinde  ora- 
tor  Galliae,  oralor  Venetiarum)  i  nipo- 
ti del  re  di  Giappone,  d.  Giacomo  Bon- 
compagno  duca  di  Sora  e  generale  della 
Chiesa,  il  marchese  di  Soriano  governa- 
tore di  Borgo,  il  marchese  di  Riano  luo- 
gotenente generale  della  Chiesa  :  in  g'a- 
dibus  solii  sederunt  conservatores  Urbis, 
ed  altri  nobili  giapponesi  e  altri  baroni. 
»  Primi,  qui  tulerunt  baldacchinum  ad 
aula  ducali  usque  ad  porticum  s.  Petri 
fuerunt  oratores  ,  et  nobiles  majores  de 
solio.  Secundi  a  porticu  usque  ad  aliare 
ss.  Sacramenti  in  capellas.  A ndreae  fue- 
runt nobiles  barones.  Tertii  a  capellas. 
Andreae  "  a  quella  di  s.  Pietro  ove  do- 
vea  il  Papa  celebrare,  furono  i  cavalieri 


a4o  PRI 

di  s.  Pietro.  Quarti,  dopo  la  messa  da  det- 
ta cappella  di  s.  Pietro  al  luogo  della  co- 
ronazione portarono  le  aste  il  senatore, 
i  conservatoli,!  caporioni.  Leggo  in  Rat- 
ti, Della  famiglia  Sforza  1. 1 ,  p.  288,  che 
Gregorio  XIII  (egli  sbaglia  o  per  errore 
di  stampa  in  dire  Gregorio  XlV)avea 
fatto  assistente  al  soglio  pontifìcio  il  pa- 
rente Mario  I  Sforza  conte  di  s.  Fiora  , 
luogotenente  generale  di  s.  Chiesa.  Nella 
messa  solenne  che  il  Papa  celebrò  nel  Na- 
tale 1 584  scrive  Alaleona:»  Adfuit  ora  tot* 
regischristianissimi  paratus  (eli  quel  ve- 
lo che  si  pone  sulle  spalle  a  chi  versa  l'ac- 
qua sulle  mani  pontifìcie,  voi*  XXXVII, 
p.  186),  et  orator  Poloniae  simililer  pa- 
ratus, gubernalor  (forsedi  Borgo,  voi.  VI, 
p.6),et  quatuor  nobiles  sedentes (bisogna 
dire  che  prima  sedessero,  ora  stando  sem- 
pre diritti,  se  pure  non  sedevano  sui  gra- 
di o  dopo  come  i  conservatori  ,  che  sie- 
dono sotto  il  senatore  o  sul  gradino  do- 
po la  predella  dello  stesso  ripiano  del  tro- 
no ove  siede  il  senatore  ,  mentre  i  prin- 
cipi stanno  sempre  diritti  sul  ripiano)  in 
solio,  qui  dederunt  aquarn  manibus  Pa- 
pae. . . .  Ponti  fex  quatuor  lavit  manus  in 
m'issa;  primus  fuit  ut  supra  dixi  qui  de- 
dit  aquam  manibus  Papaejsecundus  fuit 
marchioRianijterliuslllmusMariusSfor- 
tia;  quartus  orator  Bononiae".  Pag.  35 1 
e  36o,  che  Sisto  V  nel  1  585  fece  il  pro- 
nipote Michele  Peretti,  d'anni  otto,  assi- 
slente  al  sogliopontifìcio,  governatore  di 
Borgo,  carica  propria  de'nipoli  del  Papa, 
e  poi  capitano  della  sua  guardia.  Il  cere- 
pioniere  Alaleona  descrivendo  la  funzione 
della2.'\lomenica  dell'avvento  1 585  regi- 
strò (Tempesti,  Stor.di  Sisto  Vt  p.8,  dice 
che  l' Alaleona  descrive  nel  Diario  de  1  7 
maggio  1 586,  che  Roma  vide  sedere  in 
parte  presso  l'augusto  trono  di  Sisto  V, 
Michele  Peretti):  filmo  D.  Michael?.  Pe- 
rdio pronepotc  Ponlifìcis,et  Burgiguber- 
nalore  annorumoclo  in  solio.  HPapal'a- 
vea  emancipato  dalla  podestà  paterna. 
Ratti  aggiunge  a  p.  35g,  che  Sisto  V  nel 
medesimo  giorno  20  marzo  1 58q  maritò 


PRI 
lesue pronipoti,  Flavia  a  Virginio  Orsini 
duca  di  Bracciano, Orsina  a  M.Antonio 
Colonna  duca  di  Paliano  {f^.).  »  Ad  in- 
tuito di  queste  nozze,  tanto  il  Colonna 
che  l'Orsini  (erano  cugini  e  tenevano  in 
Roma  la  maggioranza  e  il  i.°  luogo  fra 
tutti  i  baroni  romani)  furono  fatti  assi- 
fi  tenti  al  soglio,  e  sembra  che  una  tale  o- 
norifìcenza  perpetuata  in  ambedue  le  fa- 
miglie da  quel  tempo  si  abbia  a  ripetere, 
e  che  alla  medesima  si  debba  riferire  ciò 
che  racconta  il  Tempesti,  che  Sisto  V  per 
togliere  qualunque  motivo  di  differenza 
tra'due  primari  baroni  romani,  dichiarò 
che  precedesse  chi  avanzasse  l'altro  in  etìi" 
(  aggiungerò  col  Tempesti,  decretandoli 
nel  resto  eguali).  Altrettanto  riporta  No- 
vaes  nella  Storia  di  Sisto  Ir>  e  che  dichia- 
rò ambedue  le  famiglie  con  quelle  de'  Con- 
ti e  Savelli  le  più.  illustri  e  più  antiche  di 
Roma,  e  tra  le  principali  d'Italia.  11  si- 
mile riportai  ne'vol.  XIV,  p.  292,  XLIX, 
p.  159  ed  altrove.  Dal  medesimo  Ratti,  t. 
i,  p.  3oi  e  3o3  abbiamo  ,  che  Paolo  I 
Sforza  marchese  di  Proceno  fu  luogote- 
nente generale  di  s.  Chiesa  sotto  Grego- 
rioXIV  eInnocenzo  IX,  e  come  tale,  per 
testimonianza  d'Alaleona,  ne'due  ponti- 
ficati in  tutte  le  funzioni  venne  annove- 
rato tra  gli  assistenti  al  trono  pontifìcio. 
Come  tale  intervenne  alla  solenne  caval- 
cata che  fece  in  Roma  il  duca  di  Monte 
Marciano,  dallo  zio  Gregorio  XIV  dichia- 
rato generalissimo  delle  truppe  ecclesia- 
stiche contro  gli  ugonotti,  nella  qual  fun- 
zione il  Papa  benedì  le  bandiere  e  die  al 
duca  il  bastone  del  comando  in  s.  Ma- 
ria Maggiore  alla  presenza  di  38  cardi- 
nali; la  1  .'delle  quali  bandiere  portò  Pao- 
lo ,  la  2.a  Pietro  Caetani  comandante  la 
cavalleria.  »»In  sequela  di  questa  sua  de- 
corosa carica,  Paolo  godette  ancor  l'ono- 
re di  essere  principe  assistente  al  soglio, 
quale  erasi  similmente  goduto  dal  di  lui 
fratello  Mario  ". 

Alaleona  nel  descrivere  l'ordine  della 
cavalcata  pel  possesso  di  Gregorio  XV 
nel  1621,  racconta.  »  Jo.  Geoigius  Al- 


PRI 
dobrandinus,  princeps  Bassani,  marilus 
Excmae  d.  comilissae  Hippolitae  nepotis 
Papae,  quem  Exc.mo d.  Jo.  Georgiurn  Pa- 
pa declaravit  suum  nepotera  cum  omni- 
bus honoribus,  et  privilegiis  nepolum  Pa- 
pae.  Idcirco  erit  unus  de  stanlibus  in  so- 
lio". V.  Ludovisi  famiglia.  A  questo  arti- 
colo dissi  ancora  che  Nicola  Ludovisi  ni- 
pote di  Gregorio  XV  sposò  d.  Costanza 
Pamphilj^V.)  nipote  d'Innocenzo  X,  il 
quale  lo  dichiarò  principe  assistente  al 
soglio  pontificio,  generale  della  Marina  e 
galere  pontificie.  Bisogna  dire  che  gli  Or- 
sini avessero  intermesso  l'assistenza  al  tro- 
no pontificio)  giacché  Clemente  XI  di- 
chiarò principe  assistente  al  soglio  d.  Fi- 
lippo Orsini  duca  di  Gravina,  edì  Colon- 
nesi  gli  contrastarono  tale  prerogativa. 
Senza  garantirlo,  riporterò  l'asserto  da 
Falaschi.  »  Nel  secolo XVII si  accese  una 
viva  questione  fra  le  due  grandi  famiglie 
Colonna  e  Orsini,  la  quale  fu  finita  me- 
diante una  transazione  di  perfetta  alter- 
nativa, approvata  da  Alessandro  VII, Cle- 
mente X  e  Benedetto  XIII  ".  Nel  1721 
a'  14  maggio  Innocenzo  XIII  dichiarò  con 
breve  apostolico  principe  assistente  al  so- 
glio d.  Carlo  albani  nipote  del  predeces- 
sore Clemente  XI,  come  leggo  in  Novaes 
t.12,  p.  3,  e  riportai  nel  voi.  XIV,  p.6  r. 
Con  l'  autorità  di  tale  storico  nel  voi. 
XV1I,  p.  80  narrai, che  Innocenzo  XIII 
fece  pure  principe  assistente  al  soglio  il 
proprio  fratello  d.  GiuseppeLotario  Con- 
ti C7.)»  mediante  breve  apostolico  dei  rq 
novembre  1721,  data  o  sbagliata  ovve- 
ro il  breve  fu  spedito  dopo  l'esercizio  del- 
l' eccelso  uffizio ,  perchè  trovo  ne'  Pos- 
sessi di  Cancellieri,  che  Innocenzo  XIII 
prese  possesso  a' 16  di  detto  mese  »ed  a 
sinistra  di  mg.r  Ill.mo  governatore  caval- 
còl'Ecc.mo  ti.  Giuseppe  Lotario  Copti  du- 
ca di  Poli  fratellodi  N.  S.  dichiarato  prin- 
cipe del  soglio".  Il  diarista  contempora- 
neo Cecconi,  nella  Roma  sacra  e  moder- 
na di  Posteria,  p.  7  io,  riferisce  che  nella 
coronazione  di  Benedetto  XIII  nel  1723 
assisteva  al  soglio  il  contestabile  Colon - 
vol.  i.v. 


PRI  i4» 

na,  il  quale  diede  a  lavare  le  mani  al  Pa- 
pa "Stando  in  piedi  i  cardinali,  i  patriar- 
chi, gli  arcivescovi  e  vescovi,  assistenti  e 
non  assistenti  al  soglio  ,  e  inginocchioni 
tutto  il  resto  della  prelatura,  capi  degli 
ordini  religiosi,  e  principi  laici  che  hanno 
luogo  in  cappella,  come  prescrive  il  ce* 
remoniale  romano  (e  lo  dimostrai  a  La- 
vanda delle  mahi),  nel  lib.  3,cap.  Quan- 
do Papa  lavat manus  ".Pel  possesso  pre- 
so a'24  settembre!  72-4) dice  Cancellieri^ 
che  il  nipote  d.  Filippo  Orsini  duca  di 
Gravina,  Princeps  pontificio  solio  assi- 
stens,  i  conservatorie  priore  de'caporio- 
ni,  stratoris  officio functi  sitnt,  avendo  il 
duca  condotto  pel  cordone  il  cavallo  su 
cui  era  montato  il  Papa  ,  dal  Quirinale 
alla  chiesa  di  s.  Silvestro,  ivi  subentran- 
do i  primi  due  conservatori,  reggendo  le 
staffe  il  terzo  conservatore  e  il  priore  dei 
capo-rioni,  Osservò  Novaes  nella  Storia 
di  Benedetto  XIII ,  ed  io  nel  voi.  V,  p. 
ig,  che  il  contestabile  Colonna  cedette  a 
questo  Papa  le  sue  ragioni,  per  le  quali 
dal  pontificato  di  Clemente  XI  (e  non  co- 
me disse  Falaschi),  contraslava  al  duca 
di  Gravina  (forse  perchè  di  altra  linea, 
per  essersi  estinta  nel  1698  quella  cui  fu 
fatta  la  concessione),  mediante  la  conve- 
nuta alternativa  tra'principi  e  capi  del- 
le due  illustri  case,  nella  perpetua  prero- 
gativa dell'assistenza  al  trono  pontificio. 
Clemente  XII  eletto  nel  1730  nell'anno 
seguente  con  breve  de'2  3  giugno  (come 
notai  nel  voi.  XVII,  p.  282,  ed  il  Novaes 
nel  1. 1 3,  p.  1 5g),  nominò  il  nipote  d. Bar- 
tolomeo Corsini  principe  assistente  al  so- 
glio. Nelle  poche  funzioni  che  assistè  quel 
Papa  quasi  cieco,  d.  Bartolomeo  talvolta 
intervenne  al  trono  insieme  al  contesta- 
bile Colonna,  come  neh  731  alla  cappel- 
la della  2.'  domenica  dell'avvento  (  n.° 
2242  Diario  di  Roma)j  nella  3.'  vi  fu  il 
solo  contestabile,  che  fu  purealla  canta- 
ta e  cena  della  vigilia  di  Natale  (n.i  2i4^> 
2248);  quindi  perla  Pasqua  deli  733 (n.° 
2447  )  assisterono  al  soglio  il  principe 
Corsini  ed  il  contestabile  d.  Fabrizio  Co- 
16 


*4a  PR\ 

lonna  ;  cantò  la  messa  il  cardinal  sotto- 
decano,  checomunicò  i  soli  cardinali  dia- 
coni. Benedetto  XIV  nel  1743  creò  car- 
dinale il  principe  assistente  al  soglio  d. 
Domenico  Orsini,  pronipote  di  Benedet- 
to XIII;  e  nel  1747  accordò  al  contesta- 
bile Colonna,  come  principe  assistente  al 
soglio,  che  in  occasione  che  si  porli  con 
treno  nobile  o  forma  pubblica  alle  cap- 
pelle e  altre  funzioni,  gli  vengano  pre- 
sentate le  armi  dai  quartieri  di  Berna  e 
di  Castel  s.  Angelo,  non  che  dai  palatini 
corazze  ecavalleggierì  (cui  successero  le 
Guardie  nobili),  come  si  può  vedere  nel 
n.°  4659  del  Diario  di  Roma.  Divenuto 
maggiore  il  duca  di  Gravina  d.  Filippo 
Orsini  figlio  del  suddetto  cardinale,  come 
principe  romano  e  assistente  al  soglio,  nel 
modo  e  con  quella  pompa  che  descrissi 
a  Principe,  si  portò  a  farsi  riconoscere  da 
Clemente  XIII,  indi  visitò  la  basilica  Va- 
ticana e  il  sagro  collegio.  Si  legge  nel  n.° 
6783  del  Diario  di  Roma  del  1760,  che 
avendo  il  duca  supplicato  il  Papa  a  con- 
cedergli la  presentazione  delle  armi  da 
tutti  i  corpi  di  guardia  della  milizia  pon- 
tifìcia, come  Benedetto  XI V  1' avea  ac- 
cordata all'altro  principe  assistente  al  so- 
glio ,  Clemente  XIII  con  biglietto  di  se- 
greteria di  stato  de' 19  dicembre  l'esau- 
dì, per  quando  avesse  preso  possesso  del- 
la sua  nobilissima  prerogativa  ,  il  quale 
lo  implorò  il  duca  dallo  stesso  Papa  con 
permettergli  intervenire  ad  una  delle  cap- 
pelle delle  ss.  feste  di  Natale,  a  vendo  quasi 
esaurite  le  visite  ai  cardinali;  laonde  Cle- 
mente XIII  gli  fece  sapere  pel  prefetto 
delle  ceremonie  che  vi  si  recasse  nella  2.* 
festa,  ed  a  tale  effetto  ricevè  pure  l'invito 
dal  cursore  pontificio.  Allora  il  duca  si 
recò  a  partecipare  il  tutto  al  suo  illustre 
collega  contestabile  Colonna,  che  si  portò 
a  ringraziarne  ilPapa. Quindi  nel  ^"6786 
dello  stesso  Diario,  nel  pubblicarsi  la  ce- 
lebrazione della  cappella  di  s.  Stefano, si 
dice  ancora:  »  In  questa  cappella  si  por» 
tò  per  la  1.*  volta  ad  assistere  al  soglio 
pontificio  come  principe  del  medesimo, 


PIÙ 
sua  eccellenza  il  sig.  d.  Filippo^Orsini  du- 
ca di  Gravina,  che  vi  andò  col  suo  pom- 
poso nobilissimo  treno  nuovo  di  carroz- 
ze ,  con  paggi  in  una  di  esse  di  seguito, 
e  con  numerosa  servitù  in  vaga  e  ricca 
livrea;  e  fu  onorata  l'eccellenza  sua,  se- 
condo la  benigna  concessione  di  sua  San- 
tità ,  della  presentazione  delle  armi  dalle 
guardie  de'cavalleggieri,  corazze  e  solda- 
ti rossi,  nel  passare  avanti  di  esse.  Oltre 
di  tale  assistenza  al  soglio  del  sig.r  duca, 
ebbe  anche  sua  Beatitudine  quella  de'si- 
gnori  conservatori  e  priore  del  popolo  ro- 
mano, del  sig.r  ambasciatore  di  Bologna 
e  del  maestro  del  sagro  ospizio,  ciascuno 
ai  loro  luoghi  destinati  ".Nella  seguente 
cappella  fu  al  soglio  d.  Lorenzo  Colonna 
gran  contestabile,  giusta  l'alternativa  nel 
porlarsialpontifìciosogliofra'suddettidue 
principi.  Nel  n.°  68 1 9  del  Diario  di  Ro' 
mai 761  si  dichiara,  che  Clemente  XIII 
avea  nominato  il  proprio  nipote  d.  Lo- 
dovico Rezzonico  principe  assistente  al 
soglio,  che  assistè  la  1  .a  volta  nel  mattut- 
ino delle  tenebre  del  mercoledì  santo  , 
insieme  all'  altro  principe  Orsini.  Dipoi 
il  Papa  fece  senatore  di  Boma  l'altro  ni- 
pote d.  Abbondio  Bezzonico.  Fino  a  tutto 
il  pontificatodi  Pio  Vii  principi  assisten- 
ti al  soglio  a  veano  la  parte  di  pane,  ciam- 
belle e  vino  dal  palazzo  apostolico,  detta 
panetn  honoris,  e  venivano  registrali  fra  i 
signori  graziosi  della  corte  papale  ;  T  a- 
veano  pure  i  cardinali,  gli  ambasciatori, 
la  prelatura  e  persino  la  regina  vedova 
di  Polonia  quando  dimorò  in  Boma  :  di 
queste  parti  trattai  nel  voi.  L,  p  2o5  e 
206,  ed  i  registri  sono  ne'  ruoli  dell'ar- 
chivio del  palazzo  apostolico.  In  essi  lessi 
ne'ponlificali  di  Clemente  XI II,  Clemen- 
te XIV  e  Pio  VI  i  principi  assistenti  al 
soglio,  Bezzonico,  Colonna  e  Orsini,  ri- 
cevere tali  parti.- 

Eletto  nel  1800  a  Venezia  Pio  VII, 
essendo  morto  il  principe  Bezzonico,  e 
trovandosi  il  contestabile  d.  Filippo  Co- 
lonna avanzato  in  età,  ivi  si  portò  il  se- 
natore Bezzonico  e  domandò  al  Papa  di 


PRI 

potere  assistere  al  trono  come  il  fratello, 
ed  il  Papa  lo  dichiarò  principe  assisten- 
te al  soglio,  continuando  ad  essere  sena- 
tore di  Roma,  onde  come  principe  assi- 
stente al  soglio  assistè  in  Venezia  al  pon- 
tificale della  coronazione.  Per  sua  mor- 
te Pio  VIIneli8i4  fece  senatore  il  mar- 
chese Patrizi,  e  perchè  non  mancasse  l'as- 
sistenza al  trono,  essendo  assente  da  Ro- 
ma il  principe  Orsini  e  il  contestabile  più 
vecchio  (mori  nel  1 8 1 6),  per  mezzo  di  bi  - 
ghetto  del  cardinal  segretario  di  stato  e 
del  n.°48  del  Diario  di  Roma  i 8  \/\  di- 
chiarò: »  S.  E.  il  sig.r  marchese  Patrizi 
senatore  di  Roma  è  stato  autorizzato  a 
poter  assistere  al  trono  pontificio".  Al- 
la morte  di  questi  Pio  VII  elesse  sena- 
tore il  principe  d.  Tommaso  Corsini  nel 
1 8 1 8,  e  con  altro  simile  biglietto  l'abili- 
tò alla  medesima  assistenza, comefece  per 
la  sua  rinunzia  col  nuovo  senatore  prin- 
cipe d.  Emilio  Altieri,  al  cui  tempo  il  prin- 
cipe d.  Domenico  Orsini  (divenuto  nel 
1824  xvui  duca  di  Gravina)  alternati- 
vamente assistette  al  trono,  indi  per  mor- 
te dell'Altieri  nel  1 834  f*u  ^atto  senato- 
re di  Roma  da  Gregorio  XVI.  Però  que- 
sto Papa  dichiarò  con  biglietto  del  car- 
dinal segretario  di  stato  a'primi  due  mae- 
stri delle  cereraonie,  che  d'allora  in  poi 
il  senatore  non  potesse  più  esercitare  l'uf- 
fizio di  principe  assistente  al  soglio,  vo- 
lendo che  esclusivamente  lo  godessero  i 
capi  delle  famiglie  Colonna  e  Orsini; 
laonde  il  senatore  tornò  a  sedere  suli.° 
gradino  dopo  la  predella  alla  stessa  par- 
te destra  del  soglio.  Tutto  e  meglio  nar- 
rai ne' voi.  I,  p.  288,  Vili,  p.  223.  L'al- 
ternativa fu  ripristinata  colla  venuta  in 
Roma  del  principe  d.  Giovanni  Colonna 
che  riassunse  la  prerogativa  nel  pontifi- 
cale di  Natale  1847,  come  riporta  il  n.° 
io4  del  Diario  di  Roma.  Il  regnante  Pio 
IX,  volendo  dare  una  solenne  dimostra- 
zione di  stima  e  benevolenza  a  d.  Alfon- 
so d'Avalos  marchese  di  Pescara  e  Va- 
sto (di  cui  nel  voi.  LUI,  p.  2  1  7),  nel  no- 
vembre 1 85o  con  breve  apostolico  gli  cou- 


PRI  243 

feri  il  titolo  di  principe  assistente  al  so- 
glio pontificio,  aumentando  cos\  le  no- 
bilissime prerogative  gentilizie  e  perso- 
nali, di  cui  è  dovizioso  questo  eminente 
personaggio.  Delle  glorie  di  sua  celebre 
famiglia  discorro  in  più  luoghi,  come  nei 
voi.  Ili,  p.  i5i,  XXXV,  p.  178  e  seg., 
XLVII,  p.  87,  LII,  p.  24,  LUI,  p.  78. 

PRINCIPIO  (s.),  vescovo  di  Soissons. 
Fratello  di  s.  Remigio  vescovo  di  Reims, 
fu  formato  alla  perfezione  da  maestri  ch'e- 
rano vissuti  nel  celebre  monastero  di  Le- 
rins.  Governò  santamente  la  sua  diocesi 
pel  corso  di  molti  anni ,  e  mori  sul  co- 
minciare del  VI  secolo.  Le  sue  reliquie, 
ch'erano  state  trasportate  nella  cattedra- 
le di  Soissons,  furono  bruciate  dagli  u- 
gonotti  nel  secolo  XVI:  si  conserva  un  di 
lui  braccio  nella  collegiata  di  s  Amato  a 
Douai.  Il  martirologio  romano  nota  la 
sua  festa  ai  25  di  settembre.  S.  Sidonio 
Apollinare  rende  a  lui  e  a  s.  Remigio  la 
più  onorevole  testimonianza. 

PRIORATO.  V.  Priore. 

PRIORE  (s.),  eremita.  Originario  di 
Egitto,  abbandonò  in  età  giovanile  la  ca- 
sa paterna  e  andò  a  porsi  sotto  la  guida 
di  s.  Antonio,  di  cui  fu  uno  de'primi  di- 
scepoli. Fatti  rapidi  progressi  nella  perfe- 
zione, chiese  a  s.  Antonio  il  permesso  di 
menare  vita  eremitica,  e  pose  sua  stanza 
nel  deserto  di  Nitria,  ove  distaccalo  dal 
mondo  e  da  sé  stesso,  visse  nella  morti- 
ficazione ,  nutrendosi  di  solo  pane  e  di 
alcune  olive.  Dopo  circa  5o  anni  da  che 
era  uscito  della  sua  patria,  per  comando 
di  s.  Antonio  andò  a  visitare  sua  sorella 
cbe  desiderava  di  vederlo:  le  parlò  ad  oc- 
chi chiusi  e  non  volle  entrare  neppure 
in  casa.  Si  mise  poscia  a  far  orazione,  e 
ritornò  nella  solitudine.  Mori  in  età  di 
quasi  100  anni  ,  alla  fine  del  IV  secolo. 
Leggesi  in  Palladioche  fu  favorito  del  do- 
no dei  miracoli ,  ed  è  onorato  dai' greci 
il  1 7  di  giugno. 

PRIORE,  Prior.  Colui  eh'  è  nell'  uf- 
fizio  del  Priorato  o  Prioratico  (Magiste- 
riunì,  Praefeclura,  Prioralus^o  magi- 


244  pRI 

strale» (ìe'priori,<licendosi  PrioHa o Pria- 
rea  la  chiesa  che  ha  cura  d'anime,  ed  è 
di  mezzana  dignità  tra  la  Parrocchia  e 
la  Pieve  (F.).  Così  il  Diz.  della  lingua 
italiana.  Il  vocabolario  latino  chiama 
Anlisles,  Praeses,  Prior,  colui  ch'è  nel- 
l'uffizio del  prioratico:  per  dignità  eccle- 
siastica, cavalleresca,  ec.  Zaccaria,  Ono- 
masticon  rituale,aì  vocabolo  Prior  lo  de- 
finisce seu  decanum  canonicoruni,  et  gè- 
nera  tini  collegiorum.  Sebbene  quelli  che 
hanno  nomee  autorità  di  priore  nelle  di- 
verse denominazioni  gli  hodescritti,  non- 
dimeno qui  dirò  di  quelli  più  meritevoli 
di  speciale  menzione:  i.°  come  dignità 
ecclesiastica;  2. "corae carica  odignità  re- 
golare; 3.°  come  magistrato  civile  quale 
capo  di  magistratura  municipale,  aven- 
do inoltre  il  priore  molte  corporazioni  e 
confraternite,  Magisler  sodalium,  Prior 
collegii  :  gli  ospedali  ,  ospizi  e  altri  sta- 
bilimenti benefici  hanno  il  priore  per  gli 
uomini,  la  priora  per  le  donne.  i.°  Co- 
medignità  ecclesiastica  la  primaè  il  prio- 
re de'cardinali  diaconi  di  s.  Chiesa,  ossia 
il  primo  cardinale  dell'ordine  de'diaconi 
àeì Sagro  Collegio  [F.),  detto  pure  Pri- 
micerio ,  Arcidiacono  della  chiesa  ro- 
mana, Vicario  del  Papa(F.),  Prior  dia- 
conorum,  e  Morcelli  lo  disse,  Protodiae 
cardinalis.  Egli  ha  per  insegna  di  digni- 
tà lai*<?/7//tf  (/^.),anchecome  giudice  del- 
le pontificie  processioni,  ed  a  tale  effet- 
to nella  Coronazione  del  Papa,  dopo  det- 
ta Terza  si  pone  all'egresso  del  presbite- 
rio, in  questa  circostanza  dicendo  il  Pro- 
cedamus  in  pace  il  2.0  cardinale  diaco- 
no che  è  subentrato  a  lui  nell'assistenza 
del  Papa.  Nella  processione  del  Corpus 
Domini  (F.)}  per  esercitare  lo  stesso  uf- 
fizio si  pone  a  sedere  fuori  del  portone 
degli  svizzeri, al  modo  che  riportai  nel  voi. 
IX,  p.  53  e  58.  Del  cardinal  i.° diacono 
ho  diffusamente  trattato  negli  articoli 
Cardinalp,  Diaconi  cardinali, ed  in  tutti 
quelli  che  lo  riguardano,  inclusivamente 
a  Preti  caroin  ali,  in  cui  parlo  del  1  ."car- 
dinale dell'ordine de'prcti.  Ivi  parlai  del 


PRI 

Prócedamus  in  pacej  ed  anche  nel  voi 
VIII,  p.264.  Nel  voi. VII, p.  3oo  e  3o  1, 
dissi  che  il  cardinale  1 .°  diacono  nelle  ca - 
nonizzazioni  invita  gli  astanti  a  pregare 
colla  forinola  Orate  j  indi  il  cardinal 
2.0  diacono  dice  ,  Levate  :  pronunzialo 
dal  Papa  il  decreto,  il  cardinal  i.°  diaco- 
no pel  primo  invoca  i  santi  canonizzali. 
Nel. voi.  XXXVIII,  p.  292  parlai  delle 
formole  pronunziate  dai  cardinali  i.°e 
2.  diacono  ne'concilii  generali,  con  l'in- 
tervento del  Papa.  Anticamente  la  scuo- 
la de'pontificii  Cantori  [Vedi,  e  ne  par- 
lai anche  a  Primicerio  e  Precentore  ) 
ebbe  il  priore,  di  cui  tratta  pure  Chiap- 
poni, Ada  canonìz.  p.  277:  Prior  scho- 
lae  cantorum  quis  fuerit.  Fu  celebre  Del- 
l' antichità  il  priore  della  basilica  di  s. 
Lorenzo  ad  s.  Sanctorum  o  Scale  sante 
{V.) ,  il  quale  dava  il  Possesso  (F.)  al 
nuovo  Papa  della  basilicale teranense,  al- 
lorché gli  poneva  in  mano  la  Ferula  (F.) 
e  le  Chiavi  (F.)  delle  Porte  della  chiesa 
(F.) ,  indi  gli  cingeva  la  cintura  da  cui 
pendevano  12  sigilli  impressi  in  altrettan- 
te pietre  o  Gemme  preziose  (F.);  dipoi 
nella  funzione  della  Lavanda  de'  piedi 
{F.)  il  Papa  vi  comprendeva  questo  prio- 
re. A  Pranzo  notai,  che  il  priore  basili  - 
cario  nel  giorno  di  Pasqua  era  invitalo 
a  mensa  dal  Papa  ,  il  quale  gli  poneva 
in  bocca  un  pezzo  d'agnello.  Molte  chie- 
se particolarmente  Collegiate  (F.)  eb- 
bero ed  hanno  pure  in  Roma  la  digni- 
tà del  priore,  come  in  s.  Maria  in  via 
Lata,  al  presente  arcivescovo  in  parti- 
bus,  talvolta  chiamala  Preposto  {F .).  Di- 
ce Piazza  nella  Gerarchia,  p.  327  ,  che 
sono  istituite  le  prime  dignità  di  prio- 
re e  altre  nella  chiesa,  secondo  il  concilio 
di  Trento,  sess.  24  de  Reform.  e.  12,  ad 
conservandam  ,  et  promovendam  ecvh- 
siasticam  disciplinam.  E  perciò  la  loro 
dignità  si  conosce  dalla  prelazione  stes- 
sa, che  seco  porta  il  nome.  In  molti  ar- 
ticoli di  chiese  cattedrali  e  altre  ne  par- 
lo, come  delle  loro  insegne  e  prerogative. 
2.0  La  Chiesa  di  s.   Lorenzo  fuori  le 


PIÙ 

mura  (F.)  presso  la  quale  è  il  pubblico 
Cimiterlo  di  Roma  (P-),  una  delle  5  pa- 
triarcali ,  che  Panvinio  considerò  come 
tante  cattedrali  del  Papa,  fu  abbazia  car- 
dinalizia, perchè  ilsuo  abbatecome  quel- 
lo di  s.  Paolo  erano  i  primari  e  principa- 
li abbati  di  Roma  e  per  essere  i  medesi- 
simi  di  frequente  esaltati  al  cardinalato. 
Questo  abbate  avea  pure  il  titolo  di  prio- 
re e  nella  Coronazione  e  Possesso  (P*.) 
del  Papa  cantava  le  Laudi  (^.),  ciò  che 
ora  eseguisce  il  cardinal  i.°  diacono.  La 
prima  basilica  del  cristianesimo  o  Chiesa 
di  s.  Giovanni  in  Laterano  (P^.),  prima 
che  Bonifacio  Vili  vi  togliesse  i  Canoni- 
ci regolari  Laleranensi  (P '.),  il  loro  capo 
era  il  priore  (  per  uu  tempo  vi  furono  i 
monaci  di  Monte  Cassino,  fedi), ed  avea 
giurisdizione  eziandio  sulla  iusigne  Chie- 
sa di  s.  Giovanni  a  Porta  Latina  (J^-), 
Io  storico  della  quale  a  p.  292  riportò  la 
serie  di  que'  celebri  priori,  cominciando 
dal  1  i44*  Dipoi  la  basilica  ebbe  un  car- 
dinale per  arciprete,  e  la  chiesa  un  car- 
dinale titolare.  Antichissimo  è  il  titolo  di 
priore  tra'  Monaci  e  i  Frati  (P ".),  detto 
anche  Superiore  (P^^j  come  tra  le  Mo- 
nache  (/^.)la  priora,  chiamata  pure  Supe- 
riora^.). Al  presente  chiamanti:  priore 
della  gran  certosa,  il  superiore  generale 
de'  Certosini^.);  priore  generale,  quello 
degli  agostiniani  (P*-)j  priore  generale, 
quello  de' carmelitani  calzati  ;  priore  ge- 
nerale, quello  de'  Servi  di  Maria  detti 
Servili  {PT.).  Anche  negli  ordini  militari 
ed  equestri  vi  è  il  priore  e  il  gran  prio- 
re, come  il  Gerosolimitano  (Pr.),  che  ha 
i  gran -priori  di  Roma  (che  sono  sempre 
cardinali),  del  regno  lombardo- veneto, 
ec.  cui  hanno  giurisdizione  sul  priorato. 
Morcelli  chiamò  il  i.°,  Maglster  Prlor 
Urbanus  ordinis  Hierosoly marti j  il  2.0 
Ecjues  major  Melltensls  maglsterium  or- 
dinlsui  apud  venetos.  Anticamente  mol- 
te cattedrali  erano  governate  dai  monaci 
che  facevano  da  canonici,  capo  de'  quali 
era  il  priore.  Nella  storia  d' Inghilterra 
si  legge,  che  l'officio  d'arcidiacono  d'una 


P  R  I  245 

chiesa  cattedrale  era  annesso  alla  carica 
di  priore  dei  monastero.  Si  fa  distinzione 
del  priore  d'  un  Convento  o  Monastero 
(/^.)  di  religiosi  o  priore  claustrale  ,  dal 
priore  conventuale.  11  priore  claustrale  è 
quello  che  governa  i  religiosi  nelle  abba- 
zie dipendenti  da  abbati s'ieao  regolari  o 
commendatari,  e  chiamasi  priore  clau- 
strale perchè  ha  la  superioritàdel  chiostro 
o  monastero.  Il  priore  conventuale  rego- 
lare è  quello  che  governa  il  monastero 
come  capo  e  i.°  superiore,  colla  medesi- 
ma autorità  dell'abbate.  11  priore  clau- 
strale èamovibile  ad  nutum  dell'abbate 
regolare, ma  non  già  del  commendatario. 
Il  priore  conveutualenonè  amovibile  che 
per  ragione  e  giusta  la  forma  del  diritto. 
Dicesi  priorato  il  Beneficio  ecclesiastico 
(P'.)  del  priore.  Vi  furouo  priorati  sem- 
plici, priorati  dignità  con  podestà  di  con- 
ferire benefizi,  e  priorati-parrocchie  uf- 
flziati  e  assistiti  in  tuttociò  che  abbiso- 
gnava dai  canonici  regolari  di  s.  Agosti- 
no e  dipendenti  dalle  loro  canoniche  o 
monasteri.  I  priorati  in  origine  nella  mag- 
gior parte  furono  semplici  possessioni  di- 
pendenti dall'abbazie,  cui  l'abbate  man- 
dava un  numero  di  religiosi  che  l'ammi- 
nistravano egli  rendevano  conto  annual- 
mente. Tali  priorati  si  chiamarono  anche 
obbedienze  e  prepositure,  ed  il  religioso 
che  soprastava  agli  altri  si  denominava 
preposto  o  priore.  Col  cominciar  del  se- 
colo XIII  i  religiosi  mandati  nelle  posses- 
sioni si  vollero  considerare  indipendenti 
e  usufruttuari;  aumentandosi  l'abuso,  fu- 
rono considerali  nel  secolo  seguente  be- 
nefìzi, ed  ecco  l'origine  de'priorati  sem- 
plici. I  priora  ti- parrocchie,  che  di  sem- 
plici amministrazioni,  eranoessi  pure  di- 
ventati benefizi,  non  ebbero  la  medesima 
origine:  alcuni  non  erano  parrocchie  pri- 
ma che  appartenessero  ai  religiosi, altri  lo 
diventarono  sotto  i  monasteri.  Di  questa 
seconda  specie  di  priorati-parrocchie  in 
principio  era  la  cappella  particolare  del- 
la possessione,  che  tra'cisterciensi, premo- 
slratensi  e  altri  si  disse  Grangia^.).  I 


246  PJM 

sacerdoti  religiosi  celebravano  la  messa, 
i  conversi  lavoravano  le  terre  e  adem- 
pivano altre  incombenze.  In  seguito  fu 
permessa  al  priore  l'amministrazione  dei 
stranienti  a  quelli  che  abitavano  nel  ter- 
ritorio della  possessione,  e  poscia  anche  ai 
dimoranti  ne'luoghi  convicini  alla  gran- 
gia, laonde  la  maggior  parte  di  tali  cap- 
pelle divennero  chiese  parrocchiali  e  fl- 
uirono con  altrettanti  titoli  perpetui  di 
benefizi  ecclesiastici.  Essendo  priorati  di-  _ 
pendenti  dogli  abbati,  per  le  tante  esen- 
zioni che  loro  furono  accordate,  l'abba- 
te del  monastero  cui  era  soggetto  il  prio- 
rato ne  visitava  le  chiese,  approvava  i 
confessori  e  ascoltava  le  confessioni  del 
popolo  di  sua  giurisdizione;  si  riserbava 
i  casi,  giudicava  nelle  cause  matrimonia- 
li, e  dava  lettere  dimissoriali  ai  chierici 
secolari  per  essere  ordinati  dai  vescovi. 
Passate  le  abbazie  o  canoniche  in  mano 
di  priori  commendatati  secolari,  ne  eser- 
citarono le  precedenti  giurisdizioni,  tran- 
ne quelle  annesse  alta  benedizione  abba- 
ziale. 

3.°  11  priore  uiunicipaleè  il  capo  e  pre- 
sidente della  magistratura  del  Comune 
(  V.\  una  specie  di  Gonfaloniere  {V?),  poi- 
ché meno  il  titolo,  la  diversità  delle  in- 
segne e  qualche  particolare  attribuzione, 
nel  resto  esercita  nel  suo  comune  la  princi- 
pale giurisdizione  civica  e  lo  rappresenta. 
In  Roma  fìnoali  84.7  vi  fu  l'antichissima 
dignità  municipale  del  nobile  Priore  dei 
Capo-Rioni  (A\) ,  che  Mot-celli  chiama, 
Summo  magislro  regionum  Urbis. L'isti- 
tuzione del  magistrato  municipale  deno- 
minato priore  vuoisi  introdotta  nel  de- 
clinar del  secolo  XII  o  meglio  ne'  pri- 
mordi del  XIII  e  sembra  che  i  fiorentini 
l'avessero  pe'pritni.  Leggo  in  Vettori,i<Yo- 
rino d'oro,  che  si  chiamò  priorato  e  prio- 
ratico  il  magistrato  de'priori  del  popolo 
fiorentino,  ch'era  il  supremo  nella  repub- 
blica di  Firenze,  cui  fu  sostituito  il  goti- 
fulonicralo.  L'ufficio  de'priori  fiorentini 
si  trova  mentovalo  nelle  storie  fin  dal 
i  j.o\,  come  scrive  l'Ammiralo,  hb.  1,  p. 


FUI 

67  ,  e  divenne  supremo  magistrato  pel 
1  282,  quando  fu  tolto  via  quello  de'con- 
soli;  erano  prima  6  e  poi  8.  Prevalendo 
il  parlitode'popolani  contro  i  grandi,  nel 
i  2g3  vollero  intitolarsi  priori  delle  ar- 
ti, benché  taluni  non  l'esercitassero.  Nel 
i458  questi  priori  s'incominciarono  a  di- 
re priori  di  libertà  :  la  potente  famiglia 
deMedici  produsse  1  00  priori  circa.  Trat- 
tando Muratori  de'magistrali  delle  città 
libere  d' Italia,  conviene  che  i  fiorentini 
furono  i  primi  a  istituire  la  carica  civi- 
ca del  priore,  imperocché,  egli  dire,  pel- 
le frequenti  e  gravi  differenze  che  insor- 
gevano nelle  magistrature  de'consoli,  nel 
declinar  del  secolo  XII  fu  eletto  un  pru- 
dente personaggio  estraneo  pel  governo 
e  amministrazione  della  giustizia,  che  fu 
chiamato  podestà;  poscia  furono  introdot- 
ti il  capitano  del  popolo,  e  i  tribuni  della 
plebe,  de'quali  parlai  a  Podestà  e  altro- 
ve. Ma  essendo  frequenti  i  mutamenti  del- 
le forme  governative  ne' pubblici  uffizi, 
furono  quindi  istituiti  i  priori  e  poiigon- 
falonieri  della  bandiera  del  popolo,  che 
loro  era  consegnata  ,  introducendo  i  fio- 
rentini per  la  1 ."  volta  tale  carica  nel  1 2o,3; 
ma  con  Vettori  ne  riportai  anteriore  l'i- 
stituzione di  molti  auni.  Piuttosto  poco 
sembra  credibile  quanto  si  asserisce  sul- 
l'istituzione del  priore  avanti  il  secolo  XII. 
L'Adami,  patrio  storico  di  VolsenooBol- 
setta,  parlando  di  quel  civico  magistrato, 
dopo  il  gonfaloniere  che  Io  disse  equiva- 
lere al  prefetto  delle  città  ,  paragone)  la 
potestà  del  1 .°  e  2.0  priore  a  quella  con- 
solare, scegliendosi  dalle  famiglie  patrizie 
nel  pubblico  consiglio,  e  crede  che  ivi  fos- 
sero introdotti  nel  secolo  X.  Che  prima 
de'gonfalonieii  in  moltissimi  luoghi  ven- 
nero introdotti'!  priori,  parecchi  esempi 
ne  riporta  Col  ucci  nelle  antichità  picene. 
Aggiungo  con  Muratori  ,  che  ai  podestà 
furono  dati  alcuni  saggi  uomini  per  as- 
sistenti, che  poi  lo  divennero  de'  priori, 
senza  il  consiglio  de'quali  non  poteva  spe- 
dirgliaftàri  rilevanti,  appellati  perciò  con- 
siglieri ,  savi  e  più  comunemente  ansia* 


PRI 

ni.  Da!  Martorelli, storico  patriod'Osimo, 
si  rileva  che  la  città  neh  177  incominciò 
ad  avere  il  podestà,  più  tardi  il  gonfa- 
loniere, ed  i  priori  ai  quali  furono  dirette 
molte  lettere  e  brevi,  anzi  nel  i4^4  dal 
concilio  di  Basilea  con  questo  titolo:  Di- 
lectis  ecclesiae  filiis  Prioribus,  populo,  et 
communitati  civitatis  Auximanae  salu- 
tali et  omnipolentis  Dei  benedictionem. 
I  brevi  sono  di  Eugenio  IV  del  1 4-4-3,  di 
Pio  II,  Sisto  IV,  Alessandro  VI.  Anche 
Recanati  ebbe  per  tempo  i  priori,  poiché 
leggo  nel  Martorelli  una  lettera  d'Osimo 
diretta  al  magistrato  deli473:  «Priores, 
consilium,  et  Commune  civitatis  Recane- 
ti.  Magnifico  domino  Confabulerò,  Prio- 
ribus,  Consilio  et  Communi  ci  vi  tatis  A  uxi- 
mi  fratribus  nostri*  amatissimis  salutem, 
animum  semper  ad  grata  paraturi  ".  Il 
Calcagni,  Meni,  di  Recanati,  p.  1 12,  di- 
scorre del  magistrato  de'priori  o  signori 
della  città  che  duravano  nell'offizio  due 
mesi.  Proponevano  gli  affari  con  l'assen- 
so degli  anziani  o  4  nobili  consiglieri.  La 
residenza  era  nel  pubblico  palazzo  e  ve- 
sti vano  abito  senatorio  di  velluto  nero  nel- 
l'inverno,di  damasco  nell'estate.  Ne'tem- 
pi  antichi  pranzavano  nel  medesimo  pa- 
lazzo a  spese  della  città.  Il  i.°  della  ma' 
gistratura  comunale  era  il  capo  priore, 
il  2.0  il  dicitore  o  dittatore,  gli  altri  prio- 
retti,  regolandosi  la  precedenza  con  l'età. 
Apprendo  da  Borgia,  Istoria  di  Fellemi, 
p.  3o,5  ,  che  avendo  nel  i5ii  Giulio  II 
diretto  alla  città  un  breve  conquesto  ti- 
tolo :  Dilectis  filiis  Prioribus,  et  camera  • 
rio  civitatis  noslrae  Vellilrarum,  è  cer- 
ta prova  che  esisteva  l'omonimo  magi- 
strato. Prima  eravi  il  maestrato  de'Nove 
buoni  uomini  o  de'Signori  dei  nove,  co- 
me in  tanti  altri  luoghi.  Quello  de'prio- 
ri, camerlengo,  sindaco  ,  due  consiglieri 
maggiori,  9  contestabili  de'  balestrieri,  2 
pacieri,  9  consiglieri,  3  soprintendenti  al 
monte  di  pietà,  ed  il  cancelliere,  poco  dif- 
feriva dall'anteriore;  perchè  se  l'antico 
durava  6  mesi,  i  priori  vennero  eletti  in 
n.°  di  3  per  ogni  bimestre  con  facoltà  di 


P  R I  247 

eleggere  tutti  gli  altri  consiglieri  ediver- 
si uffiziali.  Questi  priori  furono  chiamati 
pure  conservatori,  con  autorità  di  giudi- 
ci ordinari  nelle  cause  di  danni  dati  e 
dell*Occupazione  de'terreni  pubblici.  Pa- 
risi, Istruzioni  per  la  segreteria,  riportfi 
varie  lettere  di  priori  municipali,  come 
de'  priori  di  Perugia  del  i5g6  al  Papa, 
del  priore  e  savi  di  Ravenna  del  1 6 14> 
del  gonfaloniere  e  priori  di  Fano  del 
1621,  de'priori  di  Fermo  del  1623. 

Dell'origine  del  governo  municipale 
delle  città,  castella,  terre,  ed  altra  specie 
di  comuni  ne  trattai  a  Comunità  o  Comu- 
ne. Di  quello  parziale  de'luoghi  e  de'lo- 
ro  civici  magistrati  ne  parlai  in  moltis- 
simi articoli  de'luoghi  stessi.  In  progres- 
sodi  tempo,  stabiliti  nello  stato  pontificio 
i  maestrati  comunali  con uffiziali  di  titolo 
uniforme,  comunemente  si  determinaro- 
no il  Gonfaloniere }  il  Priore,  il  Sindaco, 
eleggendosi  a  queste  onoranze  pubbliche 
i  primari  della  città,  comune  o  luogo,  quel- 
li che  si  distinguevano  per  senno  ,  spe- 
rienza  negli  affari  e  probità  ,  per  lo  più 
preferendosi  i  nobili  e  quelli  d'illustri  e 
antiche  famiglie,  possidenti  e  altri  idonei, 
principalmente  i  benemeriti;  qualità  per 
altro  che  non  sempre  si  verificarono  del 
tutto,  per  la  malizia  delle  passioni  uma- 
ne, e  per  legare  cittadine  e  municipali, 
nulla  essendo  perfetto  tra  gli  uomini;giac- 
chè  il  potere  desta  gelosia,  ed  è  segno  al- 
la facile  censura,  massime  degl'inscienti 
e  degl'indiscreti.  Come  sono  ragguarde- 
voli i  gonfalonieri  delle  città  ,  così  sono 
rispettabili  i  priori  delle  comuni  rappre- 
sentanti e  capi  del  luogo  e  del  popolo  (co- 
me nelle  debite  proporzioni  lo  sono  i  Sin- 
daci, Fedi).  Le  quali  cariche  onorano  e 
nobilitano  la  persona  e  la  famiglia,  se  già 
non  lo  fossero,  per  la  civica  amministra- 
zione cui  presiedono  ,  perchè  ad  essa  fu  • 
rono  chiamati  per  l'onorevole  riputazio- 
ne che  godevano,  dalla  maggioranza  dei 
consiglieri  e  per  l'approvazione  che  me- 
ritarono dal  governo  pontificio, esercitan- 
do autorità  e  giurisdizione;  come  doven- 


^48  PRI 

do  fare  gli  onori  del  paese,  curarne  le  reti- 
dite,il  decoro  e  incremento  del  comune,l'e- 
secuzione  degli  statuti  comunali,in  somma 
figurando  il  primo  cittadino  nella  nobile 
e  autorevole  rappresentanza  di  tutti*  sul 
quale  di  conseguenza  naturale  riverbera- 
no i  pregi  e  le  prerogative  patrie.  Dissi  a 
Nobile  che  l'occupare  i  seggi  delle  prin- 
cipali magistrature  sempre  recò  lustro  al- 
la persona  e  alla  famiglia,  tanto  più  che  i 
corpi  municipali  aggregano  alla  loro  no- 
biltà e  cittadinanza  gli  estranei  in  segno 
di  particolare  considerazione.  Dichiarai 
pure  che  si  diviene  nobile  anche  per  l'e- 
sercizio delle  onorarne  pubbliche,  del  de- 
curionato  e  cariche  civili,  colla  gradua- 
zione relativa;  mentre  tra  le  antichissime 
nazioni  reputatami  nobili  coloroche  ve- 
nivano distinti  dalla  pubblica  fiducia  della 
comunità  del  popolo,  in  affidargli  il  loro 
governamento.  Fra'  romani  eziandio  l'e- 
sercizio delle  magistrature  edilizie,  di  cui 
parlai  in  tanti  articoli,  onorando  e  nobi- 
litando le  persone,  tramandavano  inoltre 
il  titolo  di  nobile  ai  discendenti.  Trovo 
a  proposito  di  riportare  quanto  nel  cita- 
to articolo  indicai  delColucci,  tanto  pro- 
fondamente istruito  delle  prerogative  co- 
munali, e  servirà  per  altri  argomenti  an- 
cora. Nel  Discorso  istorico  di  Afonie  Casi 
siano,  Terra  del  Piceno,  di  Scaramuccia, 
a  p.  60  questi  riporta  del  celebre  e  poi 
tente Carlo Malatesta, chesi  era  insignori • 
to  della  medesima,  la  lettera  che  neh  4*  5 
scrisse  al  magistrato  comunale,  con  qtie* 
sto  titolo  :  Nobilibus,ct  egregi is  viris,  Po- 
testali,  Prioriùus,  et  Communi  Monlis  s, 
Mariae  in  Cassiano,  Amicis  carissimis, 
Alla  parola  e  titolo  Nobilibus  il  Colucci 
fece  questa  nota.  «Osservo  che  al  magi- 
strato delle  Terre  (dicesi  Terra  per  luo- 
go, provincia,  paese,  regione, locus,  regio; 
nel  senso  nostro,  per  Castel  murato,  Op- 
pidum.  A  Città  dissi  perchè  la  s.  Sede 
nelle  bolle  chiama  paese  e  terra  la  città 
quando  non  è  vescovile)  anche  da  perso- 
ne graduate  e  in  carica,  com'  era  il  Ma- 
latesta nel  secolo  XV  e  prima  e  dopo  au- 


PRI 

cora,  come  damigliaiadi  tantidocumen- 
ti  apparisce,  si  dava  comunemente  il  ti- 
tolo di  Nobili,  nella  stessa  guisa  che  si 
dava  af magistrati  delle  Ciltà{F.).  Cosa 
che  al  presente  cagionerebbe  grande  am- 
mirazione presso  taluni  individui  di  qual- 
che Città,  dove  si  pensa  che  questo  titolo 
sia  una  privativa  delle  sole  Città.  Eppu- 
re la  condizione  di  esse  Terre  di  que'tem- 
pi  era  la  stessa  che  quella  de' tempi  no- 
stri (  pubblicò  il  voi.  28  delle  Antichità 
picene  che  contiene  il  Discorso  nel  «796, 
morì  nel  1809,  lo  celebrai  nel  voi.  LII, 
p.  2g5),  e  come  oggi  le  Città  sono  distin- 
te dalle  Terre,  così  egualmente  allora  si 
distinguevano,  senza  pregiudizio  però  dei 
titoli  che  a  ciascuna  si  competeva  di  no- 
biltà rispettiva.  E  a  dir  vero  qual  sareb- 
be mai  la  ragione,  per  cui  si  volesse  ciò 
contrastare  alle  Terre  in  concorrenza  col- 
le Città,  e  per  cui  le  sole  Città  se  ne  vor- 
rebbero stare  con  una  tal  privativa?  Se 
basta  il  solo  titolo  di  Città  la  cosa  ando- 
rebbe  in  piano;  ma  questo  a*  mio  credere 
non  porta  seco  una  simile  privativa  as- 
soluta, ma  al  più  potrà  essere  rispettiva, 
per  cui  la  nobiltà  delle  Città  avesse  un 
maggior  pregio  di  onore  proporzionato  al 
grado  maggiore  che  le  distingue  sopra  le 
Terre,  ma  non  mai  tale  da  escludere  un 
tal  grado  minore  competente  alle  Terre, 
le  quali  si  regolano  colle  proprie  muni- 
cipali leggi  comesi  regolano  le  Città;han- 
no  i  magistrati  distinti  in  gradi  ,  hanno 
questi  i  titoli  di  Gonfalonieri  e  di  Prio- 
ri, come  le  Città.  Vestono  colle  insegne 
simili  a  quelli  della  Città;  escludono  dal 
i.°  grado  chi  ha  esercitato  o  esercita  ar- 
te meccanica,  e  prima  di  farlo  ascendere 
ad  esso  grado  fanno  che  passi  per  gl'in- 
fimi, come  nelle  Città;  e  quel  che  più  in  • 
teressa,  le  Terre  non  riconoscono  che  la 
dipendenza  del  principe  sovrano,  ch'è  il 
sommo  romano  Pontefice,  e  i  supremi 
tribunali  da  lui  destinati  nella  città  me- 
tropoli dello  stato  (J7.  Congregazione  so-? 
fra  i  baroni  dello  stato  ecclesiastico, 
Congregazione  Fermana,  Cpngregazionk 


PRI 

DEL  BUON  GOVERNO,  CONGREGAZIONE  DELLA 

*.  Consulta,  Ponenti  delle  medesime),  da 
cui  si  manda  i  giusdicenti  col  titolo  di  Po- 
destà odi  Governatori {V.)i a  quellegui- 
se  che  ad  alcuna  delle  Città  si  manda  il 
Prelato  a  governarle.  Che  se  questi  re- 
spetlivi  podestà  governatori  non  prelati 
dipendono  dal  prelato  governatore 'della 
città  in  cui  questo  risiede,  ciò  accade  per 
facilitare  ai  tribunali  supremi  il  buon  re- 
golamento, e  la  spedizione  degli  affari  ri- 
spettivi, né  può  bastaread  indurne  a  dan- 
no di  esse  Terre  la  privativa  di  certi  ti- 
toli, che  non  si  possono  loro  contendere., 
anche  per  la  ragione  del  possesso  in  cui 
troviamo  essere  slati  da  molti  secoli  in 
qua.  E  per  questo  io  credo  certamente, 
che  ne'  registri  delle  adunanze  generali 
della  provincia,  che  si  tengono  di  tempo 
in  tempo  inLoreto  colla  presidenza  dimg.r 
go vernatoi  e  generale  della  Marca,  coll'in- 
tervenlo  di  un  individuo  perciascuna co- 
munità, tanto  delle  Città  che  delle  Ter- 
re, a  qualunque  di  essi  soggetti  o  sia  di 
Terreo  sia  di  Città,  o  sia  nominalo  in 
comune,  o  sia  nominalo  particolarmente, 
senza  la  menoma  eccezione,  e  senza  che  i 
deputati  delle  Città  che  vi  sono,  l'abbia- 
no mai  contrastato,  si  dà  il  titolo  di  No- 
bilis  Vir,  che  equivale  all'italiano  Nobil 
Uomo  ;  i  quali  atti  non  già  privati ,  ma 
pubblici  ,  quanto  è  pubblica  1'  adunanza 
stessa  chiamata  Congregazione  generale 
delia  Marca,  si  stampano  ogni  volta  esi 
mandano  ai  supremi  tribunali  di  Roma, 
dai  quali  non  si  è  mai  veduto  impedii' 
questo  che  lalun  altro  crederebbe  abuso 
(altri  ignoranza  o  adulazione  per  parte 
di  quello  che  dà  questo  giusto  titolo,  tot 
che  finalmente  pel  vitale  riflesso,  che  seb- 
bene ad  alcuno  aristarco  o  saccente  non 
credesse  meritarlo  la  persona  cui  si  dà, 
sostengo  che  sempre  lo  si  dovrà  alla  rap» 
presentanza  )  di  titolo,  nel  tempo  che  è 
un  dovere,  ed  una  conservazione  di  usan- 
za  più  antica,  autenticata  da  migliaia  di 
documenti.  Sopra  di  questo  punto  scris» 
se  già  un  tempo  una  bellissima  e  alti  et  • 


P  R  I  249 

tanto  erudita  e  dotta  dissertazione  il  ce- 
lebre e  infelice  insieme  ab.  Ruggieri,  che 
si  conserva  inedita  presso  l'ab.  Fortuna- 
to Benigni.  Forse  a  suo  tempo  o  questa 
verrà  inserita  in  uno  de'miei  volumi,  o 
io  scriverò  fondatamente  e  più  a  lungo  su 
di  tale  argomento,  intorno  a  cui  ho  detto 
così  di  corsa  quel  che  basta  per  una  no- 
ta. Non  lascio  per  altro  di  qui  preveni- 
re il  cortese  lettore  ,  che  per  quanto  io 
credo  doverosamente  convenire  alle  Ter- 
re della  provincia  nostra  il  titolo  di  No- 
bile, non  intendo  per  questo  di  sostenere, 
che  un  tal  genere  di  nobiltà  dir  si  possa 
nobiltà  generosa  suflìciente  a  provare  le 
qualità  d'un  soggetto  per  essere  creduto 
abile  agli  onori  delle  croci  più  insigni  ca- 
valleresche ,  o  delle  più  nobili  religioni 
(cioè  ordini  equestri  regolari).  Perciò  dis- 
si da  principio  doversi  considerare  que- 
sta nobiltà  come  rispettiva,  e  di  quel  gra- 
do che  si  conviene  ad  una  Terra  in  con- 
fronto delle  Città  che  sono  per  grado  mag- 
giori delle  Terre, onde  la  nobiltà  della  Cit- 
tà sarà  più  cospicua,  ma  non  per  questa 
esclusiva  di  quella  nobiltà  chesi  conviene 
alle  Terre  fino  al  segno  di  pretendere  che 
ai  primi  cittadini  di  queste  non  si  per- 
metta di  dare  il  titolo  di  Nobile, nel  tem- 
po che  i  primi  cittadini  delle  Citlà  abu- 
sivamente si  arrogano  esi  danno  il  tito- 
lo di  Eccellenza  (f.)  proprio  solo  dei 
Principi  (r.),  come  quello  deW Illustris- 
simo {P".}  è  stato  sempre  proprio  dei  pri- 
mi cittadini  (  ora  poi  che  si  dà  quasi  a 
tutti  e  che  è  tanto  degradato,  molto  più 
sarà  convenevole  distinguere  il  Priore  co- 
munale nella  sua  onorifica  rappresentan- 
za di  tutti  gli  ordini  del  Castello,  Terra  o 
Paese  o  Comunità)  sì  delle  Terre,  che  del- 
le Città, dopo  che  cessò  l'uso  del  titolo  di 
Messer  (F.)  ". 

A  Governatore  riprodussi  la  nota  de- 
gli antichi  governi  dello  stato  ecclesiasti- 
co ne'  primi  del  secolo  XVII.  A  Delega- 
zioni e  Legazioni  riportai  la  divisione  in 
provincie  sotto  Pio  VI  coi  presidi  cardi- 
nali, prelati,  e  governatori  nominati  dal- 


2?0  PRI 

Ja  consulta;  l'istituzione  di  Pio  VII  del- 
le delegazioni,  coi  governatori  nominali 
per  breve,  e  la  classificazione  delle  pro- 
vincie;  il  riparto  più  regolare  del  terri- 
torio de' pontificii  dominii  effettuato  da 
Leone  XII  nel  1827,  in  uno  alla  relativa 
divisione  per  podesterie,  con  disposizioni 
sulle  comunità:  finalmente  le  disposizio- 
ni emanate  da  Gregorio  XVI  sull'ordi- 
namento amministrativo  delle  comunità 
e  provincie,con  aumento  del  numero  delle 
delegazioni,  facendo  pubblicare  nel  1 833 
il  riparto  territoriale;  soppresse  i  pode- 
stà, ed  accrebbe  il  numero  de' governa- 
tori laici  sottola  dipendenza  del  cardinal 
segretario  per  gli  affari  di  stato  interni, 
cui  sottopose  le  comunità  pur  da  lui  rior- 
ganizzate, insieme  ai  consigli  comunita- 
ti vi  e  provinciali,  tutto  potendosi  vedere 
nella  Raccolta  delle  leggi  voi.  6.  Quanto 
riguarda  i  Gonfalonieri,  i  Priori,  i  Sin- 
daci,  Io  indicai  a  Gonfaioniere.  Il  re- 
gnante Pio  IX  fece  nuova  divisione  ter- 
ritoriale e  decretò  la  legge  sui  comuni 
dello  stato,  nel  declinar  deli  85o,  che  bre- 
vemente indicai  nel  voi.  LIII,p.  229. 
Quanto  ai  comuni  furono  classificali  in 
5  classi:  i.a  di  quelli  che  hanno  una  popo- 
lazione maggiore  di  25,ooo  abitanti;  2/ 
di  quelli  che  hanno  una  popolazione  mag- 
giore di  10,000  e  non  eccedente  Ì20,ooo;3. 
di  quelli  che  hanno  una  popolazione  mag- 
giore di  5,ooo e  non  superiore  di  10,000; 
4-a  di  quelli  che  hanno  una  popolazione 
superioreaiijOooenon  eccedente i  5,ooo; 
5.''  di  quelli  che  hanno  una  popolazione 
non  maggiore  di  1,000  abitanti.  I  luoghi 
aggregali  si  ritengono  come  frazioni  di 
un  solo  ed  individuo  comune  :  gli  appo- 
diati  conservarono  la  propria  esistenza  , 
abbenchèdipendenti  dal  comune  princi- 
pale. Quanto  alle  rappresentanze  muni- 
cipali fu  disposto.  Ogni  comune  è  rap- 
presentato da  un  consiglio  e  da  una  ma- 
gistratura municipale,  Ilconsiglioècom- 
posto  di  36  individui  ne' comuni  di  i.a 
classe;  di  3o  in  quelli  della  2.*;  di  24  in 
quelli  di  3.*;  di  16  in  quelli  di  4-*;  di  io 


PRI 

in  quell'idi  5."  Un  numero  di  consiglieri 
stabilito  in  proporzione  delledi  verse  clas- 
si de'  comuni  è  destinato  alla  magistra- 
tura, la  quale  si  compone:  di  un  capo  e 
8  magistrati  ne' comuni  di  i.'  classe;  di 
un  capo  e  6  magistrati  ne'coniuni  di  2/ 
e  di  3.'  classe;  di  un  capo  e  di  4  magi- 
strati ne'comuni  di  4-*  classe;  di  un  capo 
e  di  due  magistrati  ne  comuni  di  Sgelas- 
se. Il  solo  capo  della  magistratura  può 
essere  scello  anche  fuori  del  consiglio; 
qualora  sia  scelto  tra 'consiglieri,  il  di  lui 
posto  viene  rimpiazzato.  Questi  nelle  cit- 
tà si  distingue  col  nome  di  Gonfalonie- 
re, negli  altri  luoghi  si  chiama  Prioreji 
membri  della  magistratura  si  chiamano 
anziani.  Un  Sindaco  e  due  aggiunti  rap- 
presentano gli  appodiati.  I  capi  delle  ma- 
gistrature di  Roma  e  Rologna  portano  il 
nome  di  Senatori j  i  magistrati  portano 
quello  di  Conservatori.  Fanno  parte  di 
ogni  consiglio  con  voto  due  deputati  ec- 
clesiastici nominati  dall'ordinario,  che 
rappresentano  il  clero  secolare  e  regola- 
re ed  i  luoghi  pii.  Vi  è  un  solo  deputa- 
to ecclesiastico  ne'consigli  de' comuni  di 
4-a  e5.a  classe.  I  capi  delle  magistrature 
ed  i  sindaci  si  rinnovano  al  finire  di  cia- 
scun triennio  nel  giorno  di  s.  Lucia.  Si 
rinnovano  in  ogni  triennio  per  metà  i 
consiglieri  ed  i  magistrati  :  lai."  voltacol 
mezzo  dell'estrazione  a  sorte,  quindi  per 
turno  di  anzianità.  Uno  de'due  deputati 
ecclesiastici ,  e  1'  unico  deputato  ne'  con- 
sigli di  4-a  edi5."  classe,  come  pure  uno 
dei  due  aggiunti  negli  appodiati,  si  rin- 
novano nello  stesso  modo  in  ogni  trien- 
nio. Le  funzioni  de'consiglieri,  del  capo 
e  de'membri  della  magistratura,  del  sin- 
daco e  degli  aggiunti  sono  totalmente 
gratuite.  L'autorità  del  governo  provve- 
de alla  nomina  de'capi  e  de'membri  delle 
magistrature,alla  osservanza  delle  norme 
opportune  per  la  elezione  de'consiglieri, 
alla  regolarità  degli  atti  e  della  gestione, 
ed  ai  bisogni  straordinari  de'  comuni.  I 
capi  delle  magistrature  nelle  città  o  Gon- 
falonieri sono  nominali  dui  Papa  :  i  ma- 


FRI 

gi  si  rati,  i  Priori,  i  Sindaci  e  gli  aggiun- 
ti dal  delegato;  tutti  sulle  terne  proposte 
da'consigli.  Occorrendoal  capo  della  ma- 
gistratura per  l'esercizio  dellesue  funzio- 
ni 1'  uso  della  forza  pubblica,  egli  ne  fa 
la  richiesta  all'autorità  governativa.  Il 
cardinal  legato  può  destituire  i  membri 
della  magistratura,  il  sindaco,  gli  aggiun- 
ti, i  consiglieri,  disciogliere  il  consiglio  e 
ordinarne  la  rinnovazione.  La  destituzio- 
ne del  capo  della  magistratura  gonfalo- 
niere e  priore  è  riservata  al  Papa.  1  distin- 
tivi e  abiti  decurionali  de'priori  e  degli 
anziani  ordinariamente  sono  il  rubbone 
nero,  con  fascia  e  fiocchi ,  e  berretta  ;  e 
molti  con  que' pai  ticolari  distintivi  pro- 
pri de' privilegi  che  godono. 

PRISCA  (s.),  vergine  e  martire.  Dama 
romana,  battezzata  da  s.  Pietro  (F.), chia- 
mata la  protomartire  delle  donne  nell'oc- 
cidente, siccome  s.  Tecla  lo  è  dell'orien- 
te, come  leggo  in  Piazza,  Emerologio  di 
Roma  p.  591.  Dopo  aver  solìerto  molti 
tormenti  per  la  fede  di  Gesù  Cristo,  fu 
decapitata  verso  l'anno  275,  al  dire  di 
Butler.  Le  sue  reliquie  o  meglio  il  suo 
corpo  si  custodisce  a  Roma  in  un'antica 
chiesa  che  porta  il  suo  nome,  e  ch'è  un 
titolo  cardinalizio.  Z7.  Chiesa  di  s.  Prisca. 
Ivi  si  vuole  che  fosse  battezzata,  ed  ove 
si  crede  che  abitasse  s.  Paolo  (^.),  il 
quale  de' suoi  parenti  fa  menzione  nelle 
epistole,  secondo  il  citato  Piazza.  Essa  è 
nominata  nel  Sagramentario  di  s.  Gre- 
gorio 1  il  Grande,  e  in  quasi  tutti  i  mar- 
tirologi latini  ai  18  di  gennaio.  Questa  s. 
Prisca  fu  confusa  e  chiamata  col  nome 
di  s.  Priscilla  moglie  di  s.  Aquila,  ambo 
ebrei,  onde  vanno  letti  i  citati  articoli  e 
quanto  dissi  nel  voi.  XXI,  p.  3j.  Altra 
s.  Priscilla  fu  moglie  e  madre  de'due  ce- 
lebri Pudenti  che  albergarono  in  Roma 
s.  Pietro,  de'quali  trattai  in  tanti  luoghi, 
come  nel  voi.  L,  p.  23o,  ed  abbiamo  il 
celebre  cimiterio  o  catacomba  di  s.  Pri- 
scilla ,  di  cui  parlai  ne'  voi.  X,  p.  234, 
XIII, p.  1 49  e  r^°  eu<  altrove.  Il  critico 
ed  erudito  annotatore  di  Butler  avverte 


PRI  2^1 

della  tradizione  di  Roma,  la  quale  porta 
che  s.  Pietro  consagi  ò  un  altare  nella  chie- 
sa di  s.  Prisca,  e  vi  battezzò  in  un'urna 
di  pietra  ancora  esistente.  Crede  proba- 
bile che  ivi  fosse  la  casa  d'Aquila  e  Pri- 
scilla di  cui  parla  s.  Paolo,  il  quale  chia- 
ma anche  col  nome  di  Prisca  l'ebrea  Pri- 
scilla, ed  ivi  da  loro  fu  alloggiato:  che  i 
greci  celebrano  l'uffizio  di  s.  Aquila,  co- 
me d'un  apostolo,  a'4  luglio,ma  nel  mar- 
tirologio romano  agli  8  insieme  alla  fe- 
sta di  s.  Priscilla,  ed  onorati  nella  chie- 
sa di  s.  Prisca  vergine  e  martire,  di  cui 
sono  con  essa  patroni  titolari,  veneran- 
dosi parte  delle  loro  reliquie  sotto  l'al- 
tare maggiore.  Ciò  concorda  col  citato 
Piazza,  il  quale  a  p.  463,  parlando  agli 
8  luglio  della  festa  de'  ss.  Aquila  e  Pri- 
scilla li  dice  dall'Asia  venuti  in  Roma,  e 
che  presero  casa  o  la  fabbricarono  sul- 
l'Aventino, e  quivi  fecero  amicizia  con  s. 
Pietro  ,  il  quale  ad  una  fonte  detta  di 
Fauno  diede  il  battesimo  a  molti.  Con- 
vertirono perciò  la  casa  in  chiesa,  la  qua- 
le da  essi  prese  il  nomee  il  titolo.  Cac- 
ciati poi  gli  ebrei  di  Roma  da  Claudio 
Cesare,  andarono  a  Corinto,  ove  trovaro- 
no s.  Paolo  e  con  esso  si  trattennero,  di- 
cendoli poi  morti  in  Efeso,  donde  i  mo- 
naci greci  portarono  in  detta  chiesa  i  lo- 
ro corpi  in  tempo  degl'iconoclasti.  E  che 
la  loro  chiesa,  ove  aveano  abitato  co'ss. 
Pietro  e  Paolo,  poi  prese  il  nome  di  s. 
Prisca  :  s.  Pietro  battezzando  i  fedeli,  s. 
Paolo  lavorando  con  loro  i  padiglioni. 
Anche  il  dotto  Raoul-Rochette,  Le  ca- 
tacombe di  Romana  p.  3g,  parlando  del- 
la chiesa  di  s.  Prisca,  la  chiama  figlia  di 
senatore  romano  »che  fu,  come  si  crede, 
battezzata  da  s.  Pietro  medesimo,  ed  è 
venera  ta  siccome  la  1 .'  fra  le  donne  a  pa- 
tire il  martirio.  Il  corpo  suo  fu  deposto 
in  un'urna  che  ha  la  forma  d'un  altare 
antico.  Questo  sepolcro  fu  posto  a  Prisca 
in  mezzo  alla  sua  propria  camera,  nel  pa- 
lazzo di  suo  padre,  di  cui  si  veggono  an- 
che oggidì  le  fondamenta  sul  monte  A- 
ventiuo".  Lasciando  io  la  questione,  se 


253  PIÙ 

In  chiesa  di  s.  Prisca  fosse  la  casa  di  que- 
sta ode'  ss.  Aquila  e  Priscilla,  e  le  altre 
intricatissime  sui  loro  nomi,  mi  limiterò 
ad  un  opinamento  sull'epoca  della  mor- 
te di  s.  Prisca  che  Butler  riporta  ali  an- 
no 275  ,  che  sarebbe  anacronismo  con 
l'asserto  di  tanti  scrittori,  ciò  facendo 
siccome  seguace  del  dottissimo  e  bene- 
merito biografo  de'santi.  Pertanto  osser- 
vo, che  nel  275  regnava  Aureliano  suc- 
cessore di  Claudio  il  Gotico  che  sembra 
morto  nel  270  ,  quindi  gli  scrittori  del 
martirio  di  s.  Prisca  o  protraendolo  di  po- 
chi anni  o  sbagliandone  la  data,  invece 
di  riportarlo  al  tempo  dell'  imperatore 
Claudio  Cesare  figlio  di  Druso  che  espul- 
se gli  ebrei  da  Roma,  forse  seguirono  l'e- 
poca di  Claudio  il  Gotico  o  poco  dopo, 
come  altri  fecero  con  epoca  anticipata  di 
s.  Tolomeo  promulgatore  dell'evangelo 
in  Polimarzio  (F.),  che  fiori  sotto  Clau- 
dio il  Gotico,  non  nell'impero  di  Claudio 
Cesare.  Mi  conferma  in  questo  sospetto 
quanto  il  marchese  Melchiorri  descriven- 
do la  chiesa  di  s.  Prisca  dice  di  essa  nella 
Guida  di  Roma:  »  Sotto  Claudio  Goti- 
co spenta  col  martirio  s.  Prisca,  vi  fu  de- 
positato il  suo  corpo". 

PRISCA  o  PR1SNA.  Sede  vescovile  di 
Macedonia  sotto  la  metropoli  di  Durazzo, 
eretta  nel  V  secolo.  Il  p.  Bremond,  Bull, 
crd.  praed.  t.  2,  p.  47°>  'a  crede  lo  stesso 
che  derida  o  Ocrida{V^).  Due  vescovi 
latini  la  governarono:  Andrea  morto  nel 
i4°4>  e  Giorgio  Pandusio  domenicano 
eletto  da  Bonifacio  IX  nello  stesso  anno 
a' 12  maggio.  Oriens  chr.  t.  3,  p.  g54- 

PR  l  SCI  LLI A  N I ST I ,  Priscillianistae. 
Eretici  discepoli  di  Priscilliano  spagnuo- 
lo,  nobile,  ricco,  dotto,  eloquente,  auste- 
ro ne'costumi  e  nel  modo  di  vivere.  Fu 
istruito  da  Marco  di  .Melili,  il  quale  dal- 
l'Egitto passato  nella  Spagna  vi  avea  o- 
peralo  molti  prestigi  e  inganni  di  false  ap- 
parenze. Priscilliano  non  fu  minore  del 
suo  maestro,  nò  in  i scienza  magica,  né  in 
ipocrisia.  Sostenne  i  principali  errori  dei 
Manichei  e  di  Noeto  maestro  de'Noczia- 


PRI 
Ut  (f.),  e  le  abbominazionì  de  Gnostici 
(P-).  L'errore  che  sembra  a  lui  proprio,  è 
di  aver  insegnato  eh' è  permesso  di  fare 
de' falsi  giuramenti  pei  pFopri  interessi  ; 
e  che  gli  uomini  erano  soggetti  a  stelle 
fatali.  A  vendutitelo  nel  suo  partito  mol- 
ti del  popolo  e  alcuni  vescovi,  si  fece  or- 
dinare vescovo  d'  Avila  ,  quindi  fu  con- 
dannato co'  suoi  segnaci  nel  concilio  di 
Saragozza  (F.)  del  38o.  Si  portò  a  Ro- 
ma per  giustificarsi  con  s.  Damaso  I;  ma 
questi  non  volle  neppure  ammetterlo  al- 
la sua  presenza.  Nel  385  fu  eziandio  con- 
dannato co'  suoi  errori  e  seguaci  da  Pa- 
_|)a  s.  Siricio  e  dal  concilio  di  Bordeaux. 
Essendosi  appellato  a  Massimo,  cheavea 
usurpato  l' impero  e  risiedeva  a  Treve- 
ri,  fu  condannato  alla  decapitazione  coi 
suoi  settari,  ciò  che  fu  eseguito.  S.  Leo- 
ne I  nel  447  s*  applicò  con  energico  ze- 
lo ad  abbattere  il  priscillianismo  che  re- 
cava gravi  danni,  con  lettera  che  scris- 
se a  s.  Turribio  vescovo  d'Astorga,  con- 
fermando tutte  le  precedenti  condanne, 
che  letta  nel  concilio  di  Braga  del  563, 
ed  essendosi  da  questo  prese  le  stesse  de- 
terminazioni ,  questi  settari  non  tarda- 
rono a  sparire.  Vedasi  Gii- vesti  ,  De  hi- 
storia  priscillianistaruni  disserlalio3  Ro- 
mae  1750. 

PRISCO,  MALCO  ed  ALESSAN- 
DRO (ss.),  martiri.  Vivevano  santamen- 
te ritirati  nella  campagna, presso  Cesarea 
in  Palestina,  allorché  riaccesosi  il  fuoco 
della  persecuzione  sotto  l'impero  di  Va- 
leriano,  desiderando  essi  di  dare  il  pro- 
prio sangue  per  la  fede,  recaronsi  a  Ce- 
sarea, ovesi  presentarono  spontaneamen- 
te al  governatore  e  gli  dichiararono  di 
essere  cristiani.  Il  loro  generoso  conle- 
gno, che  fece  maravigliar  tutti,  accese  di 
furore  il  giudice,  il  quale  ordinò  all'istan- 
te che  fossero  posti  a  diverse  maniere  di 
tortura,  e  poi  li  condannò  ad  essere  di- 
vorali dalle  bestie  feroci.  In  questo  modo 
consumarono  il  loro  martirio  l'anno  260. 
Questi  tre  santi  sono  nominati  nel  mar- 
tirologio romano  il  giorno  28  di  marzo. 


PRI 

PRISCO  (s.),  martire.  Fu  decapitato 
a  Toussi  sulla  Yonne,  nella  diocesi  d'Au- 
sérre,  con  molli  altri  cristiani.  Si  collo- 
ca il  suo  martirio  sotto  Aureliano  verso 
l'anno  273,  e  se  ne  celebra  la  festa  ai  26 
di  maggio.  Cotto  suo  discepolo  ne  rac- 
colse la  testa  (  V.  s.  Cotto  ),  che  fu  poi 
miracolosamente  scoperta  da  s.  Germa- 
no d' Auxerrej  e  posta  in  una  chiesa  da 
esso  fatta  fabbricare. Si  collocarono  delle 
relique  di  s.  Prisco  e  di  s.  Cotto  presso  i 
frati  del  3."  ordine  Picpus  a  Parigi. 

PRIULI  Lorenzo,  Cardinale.  Vene- 
to di  senatoria  stirpe,  esercitò  con  deco- 
ro splendide  ambascerie  per  la  sua  re- 
pubblica nelle  primarie  corti  d'Europa, 
fra  le  quali  a  Francesco  I  granduca  di 
Toscana,  a  Filippo  II  re  di  Spagna,  a 
Enrico  III  re  di  Francia,  ed  a  Gregorio 
XIII  e  Sisto  V.  Siccome  istruito  non  me- 
no nelle  umane,  che  nelle  divine  lettere, 
nel  i5c)i  fu  eletto  patriarca  di  Venezia. 
Penetrato  dal  zelo  per  l'onore  di  Dio  e 
por  la  salute  delle  anime,  si  applicò  con 
sollecito  fervore  alla  riforma  del  clero  e 
delle  monache,  nella  quale  opera  diede 
luminosi  contrassegni  di  pietà,  religio- 
ne, prudenza  e  fermezza  d'animo.  Due 
volte  celebrò  il  sinodo,  in  cui  promulgò 
utilissimi  decreti;  assegnò  stabile  abita- 
zione ai  chierici  del  seminario,  veglian- 
do con  indefessa  cura  sulla  loro  condot- 
ta, sui  costumi  e  sul  progresso  degli  stu- 
di. Pel  suo  raro  merito  e  senza  che  nep- 
pure lo  immaginasse,  Clemente  Vili  a' 
5  giugno  1596  lo  creò  cardinale  prete  e 
gl'invio  la  berretta  cardinalizia  per  Al- 
fonso Colonna,  il  quale  fu  alloggiato  no- 
bilmente dal  cardinale  e  ben  accollo  dal 
doge.  La  presentazione  della  berretta  eb- 
be luogo  nella  basilica  patriarcale  di  9. 
Pietro  di  Castello  il  giorno  2  1  dello  stes- 
so mese,  e  poscia  privatamente  il  cardi- 
nale 91  recò  a  visitare  il  doge,  che  colla 
signoria  solennemente  gli  restituì  la  vi- 
sita. Dipoi  il  cardinale  formalmente  si 
portò  in  collegio  con  numeroso  corteg- 
gio e  con  tulli  i  prelati  ch'erano  in  Ve- 


PRI  a53 

nezia,  incontrato  a  mezze  9cale  dal  do- 
ge. Il  cardinale  donò  all'  ablegato  5oo 
scudi  e  una  collana  del  valore  di  i5o. 
Tanto  e  meglio  si  può  vedere  in  Parisi, 
Istruzioni  t.  i,  p.  233  e  seg.  Portatosi  il 
cardinale  in  Roma,  gli  fu  conferita  per 
titolo  la  chiesa  di  s.  Maria  in  Traspon- 
tina. In  Venezia  giltò  la  prima  pietra  per 
la  chiesa  de'  teatini,  abbellì  la  facciata 
della  patriarcale  di  scelti  marmi,  e  trasfe- 
rì in  nobile  altare  le  reliquie  del  b.  poi 
s.  Lorenzo  Giustiniani.  Continuando  il 
suo  pastorale  ministero,  tutto  amorevole 
pel  gregge,  passò  al  Signore  ne'primidel 
1600  e  fu  sepolto  nella  patriarcale  con 
breve  iscrizione,  lasciando  memoria  e  ri- 
putazione di  personaggio  di  carattere  gra- 
ve e  serio,  fermo  e  costante  nelle  risolu- 
zioni ,  esatto  nei  proprio  dovere  ed  a- 
mante  della  giustizia. 

PRIULI  Matteo,  Cardinale.  Figlio 
di  Antonio  che  fu  poi  doge  di  Venezia,  fu 
chiamato  a  Roma  da  Paolo  V  e  fatto  ca- 
meriere d'onore,  indi  a'  19  settembre 
1616  lo  creò  cardinale  diacono  e  poi  pre- 
te di  s.  Girolamo  degli  Schiavoni,  cam- 
biato in  seguito  col. titolo  di  s.  Marco. 
Quantunque  fosse  d'  un  temperamento 
satio  e  robusto,  divenuto  appena  cardi- 
nale, cominciò  a  dare  in  calli  va  disposi- 
zione, per  cui  ridottosi  a  estrema  debo- 
lezza, uscì  dal  mondo  nel  1624,  d'anni 
47,  dopo  essere  intervenuto  a  due  con- 
clavi. Ebbe  sepoltura  nella  sua  titolare 
presso  l'altare  maggiore,  col  solo  nome 
inciso  a  lettere  maiuscole  sopra  la  lapi- 
de sepolcrale. 

PRIULI  Pietro,  Cardinale.  Nacque 
in  Venezia  da  senatoria  famiglia  e  nipo- 
te dal  canto  materno  d'Alessandro  VIII, 
sotto  Innocenzo  XII  si  pose  in  prelatu- 
ra e  divenne  presidente,  indi  chierico  di 
camera.  Clemente  XI  a' 17  maggio  1706 
lo  creò  cardinale  diacono  di  s.  Adriano, 
per  gratitudine  alla  memoria  d'Alessan- 
dro Vili,  da  cui  avea  ricevuto  la  porpo- 
ra. Nel  1 708  contro  sua  voglia  il  Papa  lo 
promosse  a  vescovo  di  Bergamo,  consa- 


2?4  pR! 

glandolo  in  s.  Maria  Maggiore.  Gover- 
nò quella  chiesa  4  lustri,  applicato  inde- 
fessamente a  promuovere  il  cullo  divino 
e  la  salute  delle  anime,  che  efficacemen- 
te procurava  per  mezzo  dell'esercizio  fre- 
quente de'  catechismi  e  della  dottrina 
cristiana  ,  delle  fervorose  prediche  ,  die 
faceva  egli  slesso,  e  dell'  assistenza  con- 
tinua e  mai  interrotta  onde  prestavasi  a- 
gli  esami  non  meno  de'  confessori ,  che 
degli  ordinandi.  Celebrò  nel  1725  il  si- 
nodo diocesano  in  cui  furono  stabilite  sa- 
vissime leggi  per  la  riforma  de'  costumi 
e  per  la  disciplina  del  clero.  Ad  esempio 
degli  antichi  vescovi  si  spogliò  di  tutta 
l'argenteria,  compresa  quella  della  cap- 
pella domestica,  per  contribuire  alle  spe- 
se della  guerra  contro  i  turchi.  Genero- 
so co' poveri,  talvolta  pagava  le  tasse  per 
le  dispense  matrimoniali  per  coloro  che 
vivendo  nel  peccato  non  aveano  modo 
onde  supplirvi.  Dimessa  la  diaconia  pas- 
sòall'ordine  de'preti  e  al  titolo  di  s.  Mar- 
co; e  dopo  essere  intervenuto  a  due  con- 
clavi, chiuse  con  santa  morte  la  lodevo- 
le vita  nel  1728  in  Venezia,  d'anni  5q. 
Trasferito  il  corpo  a  Bergamo, fu  sepol- 
to nella  cattedrale. 

PR1ULI  Luigi,  Cardinale.  Di  sena- 
toria famiglia  veneta  e  nipote  del  cardi- 
nal Basadonna  per  cauto  di  madre,  in- 
clinato fin  dall'adolescenza  allo  stato  ec- 
clesiastico, fu  provveduto  d' insigni  ab- 
bazie e  fatto  da  Alessandro  Vili  nel  1689 
uditore  di  rota  ,  in  cui  con  fama  di  sin- 
golare probità  e  giustizia  perseverò  qua- 
si 5  lustri,  onde  in  premio  Clemente  XI 
a'  1 8  maggio  1  7  1  2  lo  creò  cardinale  pre- 
te di  s.  Marcello,  donde  ottenne  il  titolo 
di  s.  Marco,  venendo  annoverato  in  di- 
verse congregazioni  cardinalizie.  Nel  voi. 
XI,  p.  1  3  riportai  il  ceremcuiiale  col  qua- 
le Clemente  XI  formalmente  creò  cava- 
liere aurato  l'ambasciatore  Duodo,  con- 
dotto in  carrozza  da  questo  cardinale. 
Mot)  in  Roma  nel  1720,  d'anni  70,  e  fu 
tumulato  nella  titolare  in  magnifico  e  son- 
t  uoso  monuoiento/Jinato di  statue  scolpi- 


Pili 

te  egregiamente,  col  suo  busto  espresso  in 
fino  marmo,  sotto  cui  leggesi  onorevole 
iscrizione. Con  suobenefìco  testamentodi- 
spose  generosamente  di  sua  eredità-  a  fa- 
vore de'suoi  parenti  o  concittadini,  per  la 
buona  educazione  della  gioventù  nobile, 
da  mantenersi  in  Roma  in  qualche  colle- 
gio, cioè  di  vitto  e,  di  funzioni.  Ne  attribuì 
la  nomina  al  cardinale  veneto  e  uditore  di 
rota  prò  tempore.  Inoltre  dispose,  che  in 
mancanza  di  nobili  parenti  o  nobili  con- 
cittadini da  nominarsi  a  detti  posti,  le 
rendile  si  erogassero  in  vantaggio,  metà 
alla  fraternità  di  Venezia  ,  metà  all'  O- 
spizio  della  ss.  Trinità  de' pellegrini  (lr.) 
di  Roma.  .Ora  questa  n'è  l'amministra- 
trice  ,  e  siccome  le  rendite  costituite  in 
luoghi  di  Monti  sono  diminuite,  così  per 
due  posti  contribuisce  mensilmente  a  o- 
gnuno  circa  scudi  quindici,  de'  quali  il 
Collegio  dementino  (Jr.'))  che  fu  lo  stabi- 
lito a  ricevere  ideltigiovani,ora  ne  pren- 
de pel  vitto  1  1,  restando  al  nobile  alun- 
no quasi  scudi  4  per  vestirsi  e  per  tutte  le 
altre  spese  che  sono  alquanto  superiori; 
poiché  spetta  all'alunno  fornirsi  di  letto, 
mobilie,  biancherie  e  altro,  come  se  in- 
fermo il  curarsi,  ec.  In  mancanza  del  car- 
dinale veneto,  occorre  l'intervenzione  del 
Papa  per  effettuare  le  nomine,  per  le  au- 
torizzazioni necessarie. 

PR1ULI  Antonio  Marino,  Cardina- 
le.  Nobile  veneziano,  nacque  a'2  5  agosto 
1  707, e  dedicatosi  al  servizio  della  Chie- 
sa, dopo  i  relativi  studi,  fu  ammesso  nella 
romana  prelatura  e  da  Clemente  XII  nul 
concistoro  de'ig  dicembre  1  738  fu  pre- 
conizzato vescovo  di  Vicenza.  Esercitan- 
do lodevolmente  tutti  i  doveri  d'un  ec- 
cellente pastore,  il  suo  concittadino  Cle- 
mente XI 1 1  nella  1  .a  promozione  del  suo 
pontificato,  agli  11  settembre  1758  lo 
creò  cardinale  dell'ordine  de'preti.  Nel 
ii.°  6438  del  Diario  di  Roma  si  legge  che 
l'ambasciatore  della  repubblica  veneta, 
con  ricco  treno  e  corteggio  si  portò  dal 
Papa  a  ringraziarlo  anche  per  parte  del 
doge  e  signoria,  dell'onore  compartito  a 


PIÙ 

questo  patrizio  veneto;  e  che  Clemente 
XIII  spedi  ablegato  al  cardinalecolla  ber- 
retta rossa  no g.r  Felice  Savorgnano  ve- 
neto, suo  cameriere  segreto  partecipan- 
te.Portatosi  il  cardinaleinRoma  nel  i  7^9 
per  ringraziare  di  persona  il  Papa  e  ri- 
cevere le  insegne  di  sua  dignità,  aven- 
dolo Clemente  XIII  dispensato  dal  fare 
V Ingresso  solenne  in  Roma  (Z^.),  da  lui 
gli  fu  imposto  il  cappello  cardinaliziosab- 
bato  2  giugno  (  perchè  il  Papa  essendo 
indisposto  non  potè  far  la  funzione  a'3  1 
maggiocomeavea  stabilito)vigi!iadiPen- 
tecoste,  laonde  a  cagione  del  vespero  so- 
lenne eseguì  nel  dì  seguente  le  visite  del- 
la basilica  Vaticana  e  del  cardinal  deca- 
no con  gran  corteggio.  Essendo  allora  u- 
so  (come  notai  nel  voi.  IX,  p.  1 8 1  e  3 1 2) 
che  i  nuovi  cardinali  pel  ricevimento  del 
cappello  ornavano  con  maestosi  abbel- 
limenti le  facciate  de'palazzi  ove  abita- 
vano, il  cardinale  alloggiando  nel  Pa- 
lazzo Oitoboni  Fiano  ne  die  commissio- 
ne all'architetto  Giansimoni,  che  vi  cor- 
rispose con  grandiosa  macchina  di  nobi- 
le disegno,  e  decorazioni  di  statue  sim- 
boleggianti  le  4  Virtù,  cardinali,  la  Po- 
testà pontifìcia  e  la  Clemenza,  di  colon- 
ne, di  pilastri,  di  animali  in  rilievo,  di 
pitture  fra  le  quali  la  veneta -Repubblica 
personificata,  lo  stemma  gentilizio  del 
porporato,  le  Virtù  teologali,  la  Giusti- 
zia e  la  Pace.  Campeggiava  l'arme  di  Cle- 
mente XI II  ornatissima  e  con  analoga 
iscrizione,  con  laterali  pitture  a  chiaro- 
scuro esprimenti  l'Idolatria  abbattuta 
dal  Zelo;  la  Chiesa  trionfante  dell'ere- 
sia, assistila  dalla  Fede  e  dalla  Carila; 
Roma  presentata  dalla  Chiesa  alla  Fe- 
de, colla  Mansuetudine  accanto  che  cal- 
pesta le  armi  dell'antica  potenza  demen- 
tili e  rompe  l'asta  marziale,  con  a  lato 
il  Tevere  co 'suoi  attributi.  Tutta  la  mac- 
china per  3  sere  fu  splendidamente  il- 
luminata, incominciandosi  da  quella  di 
Pentecoste,  nelle  quali  nel  palazzo  si  di- 
spensarono decorosi  rinfreschi  alla  nobil- 
tà,  rallegrando  il  popolo  due  orchestre 


PRI  a55 

di  suonatori;  mentre  l'ambasciatore  ve- 
neto nelle  medesime  sere  illuminò  a  tor- 
eie  ed  a  fiaccole  il  Palazzo  di  s.  Mar- 
co. Di  tutto  ne  riporta  la  descrizione  il 
n.°  654o  del  Diario  di  Roma.  Quindi 
il  cardinale  ricevè  per  titolo  cardinalizio 
la  chiesa  di  s.  Marco,  e  fu  annoverato  al- 
le congregazioni  del  concilio,  vescovi  e 
regolari,  riti,  indulgenze  e  sagre  reliquie. 
11  cardinale  colle  sue  virtù  e  zelo  vesco- 
vile meritòdi  essere  dallo  stesso  Clemen- 
te XIII  a'6  aprile  1767  trasferito  alla 
sede  di  Padova,  già  governata  nel  car- 
dinalato dal  Papa.  Mentre  il  cardinale 
trovavasi  in  Treville,  luogo  di  villeggia- 
tura di  sua  nobilissima  casa,  a'26  otto- 
bre 1772  fu  colpito  dalla  morte,  in  età 
di  65  anni,  dopo  essere  intervenuto  al 
conclave  per  Clemente  XIV.  Trasportato 
il  cadavere  in  Padova,  fu  sepolto  nella 
cattedrale,  lasciando  di  se  onorevole  me- 
moria, per  le  belle  quali  là  di  cui  era  ador- 
no. Di  questa  cospicua  famiglia  vi  sarebbe 
stato  probabilmente  un  6.°cardinale,se 
non  moriva  nel  fiore  dell'età.  Fu  questi 
il  prelato  Giovanni  Priuli  patrizio  vene- 
to, che  nel  1 790  la  sua  repubblica  no- 
minò uditore  di  rota  e  fu  l'ultimo.  Eser- 
citò l'uditorato  sino  ai  primi  del  1 798,  in 
cui  fu  invasa  Roma  dai  francesi,  onde  fu 
costretto  ripatriare.Nel  1800  ripristina- 
lo il  governo  pontificio  tornò  ad  eserci- 
tare il  suo  onorevole  uffizio,  quando  col- 
pito da  penosissima  malattia,  ne  morì 
d'anni  38  nell'ottobre  180  i,venendotu- 
mulalo  nella  chiesa  di  s.  Marco  con  mar- 
morea iscrizione.  Fu  pianto  dalla  ma- 
dre, da  due  fratelli  e  da  quanti  ammi- 
ravano in  lui  un  vero  ministro  del  Si- 
gnore, pel  tenore  di  vila  esemplare  che 
modestamente  menava,  per  cui  si  rese  a 
tutti  amabile  ed  accettissimo. 

PRI  V  ATO  (s.),  vescovo  e  martire.  Era 
vescovo  del  paese  di  Gevaudan  in  Fran- 
cia, la  cui  sede  vescovile  al  presente  è  a 
Mende.  E"  probabile  che  risiedesse  nel- 
l'antica città  di  Anderita,  la  quale  prese 
poscia  il  nome  di  Gabaies;  perciò  s.  Gre- 


256  PRO 

goi  io  di  Tours  Io  chiama  vescovo  di  Ga- 
bales,  e  i  suoi  successori  prendevano  an- 
cora questo  titolo  nell'876,  né  comincia- 
rono ad  essere  chiamati  \escovi  di  Men- 
de se  non  nel  secolo  XI.  Leggesi  nella  sua 
■vita  ,  che  ritiravasi  spesso  in  una  grotta 
jiosta  sopra  la  cima  d'  un  monte  presso 
Mende,  e  che  ivi  si  deliziava  tra  l'orazio- 
ne, le  veglie  e  il  digiuno.  Mentre  faticava 
alla  sua  santificazione  e  a  quella  del  suo 
gregge,  i  germani  fecero  un'irruzione  nel- 
le Gallie ,  sotto  la  condotta  del  loro  re 
Croco.  Questi  barbari  essendo  entrati  nel 
Gevaudan  ,  trovarono  il  santo  nella  sua 
grotta,  e  lo  uccisero  a  furia  di  percosse, 
per  avere  rifiutato  di  sagrificare  ai  loro 
idoli.  S.  Privato  è  nominato  nei  più  an- 
tichi martirologi  il  giorno  2  1  di  agosto. 
Secondo  s.  Gregorio  di  Tours  ed  altri, 
esso  viveva  poco  dopo  la  metà  del  HI  se- 
colo, al  tempodegl'imperatori  Valeriano 
e  Gallieno:  altri  locollocano  nel  V  secolo. 

PROBATA.  Sede  vescovile  della  me- 
tropoli d'Adrianopoli  in  Tracia,  eretta 
nel  IX  secolo.  Riporta  un  vescovo  YO- 
riens  chr.  t.  1,  p.  1  1 85. 

PROBIANO,  Cardinale.  Prete  del  ti- 
tolo di  s.  Eusebio,  vivente  nel  4q4  sotto 
s.  Gelasio  I. 

PROBO  (s.),  martire.  V.  Taraco(s.). 

PROCESSIONE,  Processio, Suppli- 
catto,  Pompa.  L'andare  che  fanno  per 
Io  più  gli  ecclesiastici  attorno  in  ordinan- 
za, cantando  salmi  e  altre  orazioni  in  lo- 
de di  Dio,  e  perciò  fu  detta  anche  /Ve- 
ghiera  {f^-)-  Altri  la  definiscono  cammi- 
no o  marcia  solenne  del  clero  e  del  po- 
polo che  si  fa  nell'interno  delle  chiese, 
rei  anche  fuori,  cantando  Inni,  Salmi,  Li- 
tanie, ec.  Zaccaria,  Onomasticon  ritua- 
le :  Processio  et  Processus,  idem  sunt,  et 
prirnum  processus,  et  processio  signi/i- 
rat,  incessimi  militimi,  populi,  cleri,  ad 
locum  aliquem  ordinatim  cunciis  ;  Itine 
cum  impevalores  aliquo  irent,puta  in  vil- 
lani processione/il,  ani  processimi  facere 
dicebantur.  Il  p.  Bernardo  da  Venezia 
annotatore  della  Storia  de'  Sugl'amenti 


PRO 
diChardon,  t.  i,p.  333,  opina: Che  pro- 
cessione anticamente  chiamavasi  non  so- 
lo quel  giro  che  ora  si  fa,  ma  eziandio  la 
radunanza  del  popolo  nella  chiesa:  in  tal 
senso l'adopraronos.  Leone  I,  Epist.  82, 
ad  Diosc.  episcj  Ennodio  in  vit.  s.  Epi- 
phan.;  s.  Girolamo  nell' Epist.  22,  sicco- 
me esserva  il  Menard,  m  not.adSagram. 
s.  Greg.  p.  177.  Per  altro  anche  nel  no- 
stro  senso  la  processione  è  molto  arili- 
ca,  poiché  s.  Ambrogio  nel  l'£/?w/.  29  de- 
scrive i  cristiani,  che  ordinati  cantavano 
per  via.  Spetta  al  vescovo  l'indicare  e  re- 
golare le  processioni  e  le  altre  preghiere 
pubbliche,  come  decise  il  conciliodiTren- 
to,  sess.  25,  cap.  6,  de  Beform.j  avendo 
inoltre  commendate  quelle  della  ss.  Eu- 
caristia, in  opposizione  agli  errori  di  Be- 
rengario, WiclefTo,  Calvino,  Lutero  e  di 
tutti  i  loro  seguaci.  L'osservanza  o  va- 
riazione della  disciplina  appartiene  alla 
Congregazione  de' riti  (/^.),  a  ciò  depu- 
tata dal  Papa.  Nelle  processioni  pontifi- 
cie, regolate  dai  Maestri  delle  ceremonie 
pontificie^  .^xì e  giudice  il  cardinalfV/o- 
re  (/z.)  de'  diaconi  o  1 ,°  diacono,  per  cui 
in  segno  di  giurisdizione  usa  in  esse  la 
Ferula(E.)\  se  è  impotente  o  assente,  con- 
segna la  ferula  al  2.°  che  lo  supplisce. 
Nelle  processioni  si  procede  a  coppia,  due 
a  due,  e  denota,  secondo Macri,  la  mis- 
sione de'discepoli  inviati  da  Cristo  a  pre- 
dicare, citando  s.  Bernardo,  in  Semi,  de 
Purif.  j  altrettanto  diceSarnelli.  Aggi  un- 
geMacri,chei  greci  nelle  processioni  sem- 
pre portano  il  libro  de'santi   Evangeli: 
nella  chiesa  di  Costantinopoli  chi  avea 
l'ofiìzio  di  portarlo  era  detto  Praejeclitf 
Evangelio.  Anticamente  nella  processio- 
ne della  benedizione  delle  palme  che  fa- 
ceva il  Papa,  eravi  pure  il  rito  di  por- 
tare sopra  feretro  il  testo  del  vangelo,  e 
lo  notai  nel  voi.  Vili,  p.  282.  Ruperto, 
De  Divin.  off.  cap.  8,  dicecheanlicamen- 
te  in  tutte  le  domeniche  si  faceva  la  pro- 
cessione in  memoria  della  resurrezione 
di  Cristo,  nella  quale  il  prelato  o  altro 
superiore  andava  avanti  a  lutti  gli  ec- 


PRO 
cleslastici,  i  quali  lo  seguivano,  in  me- 
moria degli  apostoli  e  discepoli  che  se- 
guirono Cristo  risuscitato,che  li  avea  pre- 
ceduti nella  Galilea,  per  cui  il  luogo  do- 
ve terminava  la  processione  si  diceva  Ga- 
lileac.Y)\  molte  processioni  particolari  che 
nelle  chiese  si  fanno  in  memoria  di  qual- 
che mistero,  o  altro,  ne  parlo  ai  loro  luo- 
ghi. Precedono  le  processioni  i  Manda- 
tari,  i  Mazzieri,  i  Mansionari  (antica- 
mente pei  Papi,  i  Maggiorenti^  Vedi, detti 
stimulad,  e  altri  nominati  a  Guardie,  a 
Cursori,  ec),  i  chierici  mazzieri  o  custodi 
ostiari  della  chiesa,  seguono  le  insegne 
di  Stendardi  o  Bandiere,  la  Croce  asta- 
ta, il  Crocefisso  (I ">),  e  le  sagre  Imma- 
gini (^.)j  accompagnate  da  Lumi  {V.)i 
mentre  quelle  delle  basiliche  di  Roma  so- 
no pure  precedute  dal  Campanello  e  dal 
Padiglione  (V.),  non  invece  delle  trom- 
be e  de'padiglioni  campali  secondo  l'or- 
dinanza militare  cui  marciarono  gl'israe- 
liti portando  l'Arca,  come  vorrebbero 
spiegare Macri  (tuttavoltain  alcune  pro- 
cessioni hanno  luogo  i  suonatori  di  mu- 
sicali strumenti)  e  Sa  nielli,  avendo  detto 
a  Ombrellino  o  Baldacchino  (fr.)  quan- 
to oltre  la  ss.  Eucaristia^  può  portare 
processionalmentesottodiesso.  Dellean- 
tiche  processioni  che  facevano  i  Papi  alle 
Basiliche^StazionieChiese  di  Roma{f/'.)i 
come  di  quelle  che  oggi  celebrano  o  as- 
sistono, ampiamente  ne  feci  la  descrizio- 
ne a  Cappelle  P0NTiFiciE,insieme  alle  pro- 
cessioni delle  candele  o  Purificazione^.), 
dellePalme  e  del  Corpus  Dominij  a  Ca- 
nonizzazione, negli  altri  loro  articoli,  ed 
in  quelli  che  poi  ricorderò  parlando  del- 
l'origine di  diverse  processioni  e  di  quel- 
le fatte  per  bisogni  e  pubbliche  calami- 
tà, o  avvenimenti  straordinari.  A  Letto 
de  paramenti  (V.),  che  si  erige  nella  Ca- 
mera de' paramenti  {V.\  ove  il  Papa  si 
veste  degli  abiti  sagri,  lo  dissi  derivato 
dall'andare  i  Papi  talvolta  a  piedi  scalzi 
nelle  processioni,  stazioni  o  altre  sagre 
funzioni,  o  semplicemente  a  piedi,  onde 
in  diversi  luoghi, a  motivo  delle  lunghe 

VOL.  LV. 


PRO  a5? 

distanze,  per  la  loro  avanzata  età  sole- 
vano riposarsi,  e  anche  fare  la  Lavanda 
de1  piedi  (V.),  imbrattati  di  fango  o  di 
polvere.  Diverse  pontificie  processioni,ol- 
tre  quelle  del  Possesso,  furono  celebrate 
con  medaglie,  così  quelle  d'Innocenzo  X 
per  l'apertura  della  Porla  santa  (f7.),  in 
cui  fu  rappresentato  in  processione  sotto 
baldacchino;  d'Alessandro  VII  figurato 
sulla  macchina  (il  i.°ad  usarla),  portato 
in  alto  sotto  baldacchino  per  la  proces- 
sione del  Corpus  Dominij  di  Clemente 
XI  in  processione  coli' immagine  del  ss. 
Salvatore  di  Sancta  Sane  tortini,  prece* 
duto  da  padiglione;  di  BenedettoXI II  con 
processione  per  l'incominciamento  del- 
V Anno  santo  (V.),  al  quale  articolo  par- 
lai delle  principali  processioni  che  si  fe- 
cero in  ciascuno. 

Secondo  l'opinione  piò  comune  le  pro- 
cessioni incominciarono  presso  i  cristiani 
quando  gli  antichi  vescovi  solevano  cele- 
brare il  servigio  divino  non  solamente 
nella  loro  chiesa  cattedrale,  ma  anche  nel- 
le altre  chiese  della  città  vescovile,  prin- 
cipalmente alle  tombe  de'  Martiri  {V!) 
nel  giorno  delle  loro  feste  dette  Natale^ 
ovvero  per  la  Traslazione  delle  loro  Re- 
liquie (V.),  e  v'incedevano  col  clero  e  po- 
polo ,  ciò  che  pure  si  chiamò  Stazione. 
Così  quando  il  vescovo  doveva  celebrare 
nella  chiesa  cattedrale,  il  clero  delle  altre 
chiese  vi  andava  in  processione  col  popolo 
per  assistere  alla  messa  pontificale.  Non 
pare  che  le  processioni  colla  ss.  Eucari- 
stia (Ir.)  si  facessero  ne'  primi  tre  secoli 
della  Chiesa,  come  tempi  di  persecuzio- 
ne e  in  cui  si  tenevano  nascoste  le  cose 
sante;  precauzione  che  fu  altresì  osserva- 
ta nel  principio  del  IV  secolo,  in  cui  fu 
data  pace  alla  Chiesa  da  Costantino,  an- 
che in  riflesso  de'molti  ebrei  egentili  che 
accedevano  nelle  sagre  radunanze  e  tem- 
pli de'cristiani, oltre  l'intervento  de'  neo- 
filie catecumeni,  ai  quali  si  occultavano 
la  piena  conoscenza  de'divini  misteri,  per 
le  prudentissime  ragioni  che  dissi  in  più 
luoghi,  volute  dalla  disciplina  deW'arca- 
'7 


258  PRO 

ho,  per  cui  alcuni  protraggono  ilpriucipio 
delle  processioni  della  ss.  Eucaristia  ver- 
so il  VII  secolo  circa,  le  solennissime  per 
la  festa  del  Corpus  Domini  spettando  al 
secolo  XIII  come  dirò.  L'origine  e  l'uso 
delle  processioni  si  pretese  erroneamen- 
te da  alcuni derivatodal  gentilesimo, col- 
le Lustrazioni  ed  Espiazioni  (P.) super- 
stiziose, nelle  quali  costumavano  i  pagani 
far  precedere  un  giramento,  e  l'andare 
circondando  uomini,  città  ecampagne  che 
si  doveano  purgare.  I  romani  antichi  fa- 
cevano di  queste  processioni  per  ottenere 
la  pioggia,  con  portare  dentro  Roma  la 
pietra  Manale  che  si  conservava  nel  tem- 
pio di  Marte  fuori  di  porta  Capena,  con 
diverse  ceremonie.  Ripugna  questa  sup- 
posta derivazione  alla  sana  critica,  e  piut- 
tosto come  opina  Marangoni,  Delle  cose 
gentilesche  e  profane  trasportate  a  uso  det- 
te chiese,  p.97,  le  processioni  ebhero  origi- 
ne dalla  divina  scrittura  edall'evangelo. 
Egli  pertanto  ritiene,  che  l'ordine  di  Dio 
dato  agli  ebrei  nell'accompagnare  l'Ar- 
ca, nel  trasportarla  da  unluogoad  un  al- 
tro, fu  senza  dubbio  di  processione ,  in 
una  delle  quali  Davide  coll'arpa  la  pre- 
cedeva cantando  i  suoi  salmi.  Già  colla 
medesima  Arca  sette  volte  erasi  girato 
intorno  alle  mura  di  Gerico.  Similmen- 
te solenne  fu  la  processione  fatta  da  Sa- 
lomone nel  portare  l'Arca,  H Tabernaco- 
lo ed  i  vasi  sagri  nel  tempio  di  Gerusa- 
lemme {V.).  Si  può  vedere  il  p.  Meno- 
chio,  Stuore  t.  »,  p.  234:  Alcuni  riti  de- 
gli antichi  ebrei  appartenenti  all'orazio- 
ne pubblica  e  corrispondenti  alle  nostre 
litanie  e  processioni.  Modello  poi  delle 
nostre  processioni  fu  il  solenne  ingresso 
di  Gesù  Cristo  in  detta  città  fra  gli  Ro- 
sanna {Ir.),  co' suoi  discepoli,  accompa- 
gnato dalle  turbe  co'rami  di  Palma  (A.) 
e  olivo;  quindi  l'uso  delle  processioni  non 
fu  dedotto  dai  gentili,  ma  si  ha  per  la  tra- 
dizione degli  apostoli,  parlandone  Ter- 
tulliano, lib.  1 ,  f/xor.,  e  s.  Basilio  nella  vi- 
ta di  s.  Gregorio  Taumaturgo,  oltre  mol  - 
ii  antichi  padri  presso  Baronio  all'anno 


PRO 

58,  lì."  £  1 2,  in  cui  si  dice  ch'erano  soliti  i 
fedeli  di  porgereaDio  divote  preghiere 
andando  in  processione,  e  farsene  men- 
zione nel  concilio  di  Laodicea  del  1 V  se  • 
colo.  Inoltre  Baronio  all'anno  3q8  rife- 
risce altra  testimonianza  sull'  uso  antico 
delle  processioni.  Narra  di  s.  Porfirio  ve- 
scovo di  Gaza,  che  avendo  gl'idolatri  at- 
tribuito alla  sua  venutala  siccità  che  pa- 
tiva il  paese  }  i  cristiani  lo  pregarono  a 
orare  per  impetrare  da  Dio  la  bramata 
pioggia.  II  santo  perciò  ordinò  il  digiuno, 
ed  in  chiesa  la  celebrazione  delle  vigilie 
in  continua  orazione;  indi  fatto  giorno, 
preceduti  dalla  croce,  recitando  nel  cam- 
mino inni ,  andarono  processionalmente 
a  pregare  in  due  chiese, e  poco  dopo  cad- 
de dal  cielo  acqua  abbondante.  A  Litania. 
o  Letama  ne  riportai  i  diversi  significa- 
ti, principalmente  come  Processioni  e  sup- 
plicazioni  pubbliche.  A  Litanie  de'san- 
ti  parlai  di  queste,  che  si  sogliono  can- 
tare nelle  processioni.  A  s.  Mamerto  ve- 
scovo di  Vienna  nel  Delfìnato  di  comun 
consenso  si  attribuisce  nel  4^2  o  dopo 
l'istituzione  o  ripristinazione  delle  Lita- 
nie minori  delle  Rotazioni  (V.)  ,  che  il 
concilio  di  Magonza  e  vari  monumenti 
chiamano  Litania  maggiore }  come  notò 
Marlene,  De  amia,  eccl.  disciplina  cap. 
17,  e  ciò  pel  gran  concorso  di  popolo  a 
preferenza  di  altre  processioni;quindi  nel 
798  o  80  1  si  adottarono  nella  chiesa  ro- 
mana da  s.  Leone  III.  Sono  tre  proces- 
sioni che  si  celebrano  ne'3giorni  che  pre- 
cedono la  festa  dell'  Ascensione.  Le  Ro- 
gazioni  o  preghiere  pubbliche  furono  or- 
dinate dalla  Chiesa  in  questa  stagione  co- 
me tempo  in  cui  d'ordinario  si  fa  la  guer- 
ra, e  nel  quale  i  frutti  della  terra  essen- 
do ancora  in  fiore  sono  esposti  a  molti 
pericoli,  come  dichiarò  il  concilio  di  Co- 
lonia del  i536.  In  Roma  fu  tralasciato 
il  digiuno  ,  perchè  non  adattato  alla  le- 
tizia del  tempo pasquale,benchè  coman- 
dato dal  concilio  d'  Orleans  :  nel  secolo 
XIII  erano  chiamate  le  Rogazioni,  Jcju- 
nium  triduanum  in  vigilia  Ascensioni* , 


PRO 

e  nel  ceremouiale  di  Gregorio  X  si  pre- 
scriveva la  sola  astinenza  dalle  carni  nei 
primi  due  giorni.,  e  nel  3.°  poi  il  digiu- 
no. Quello  che  fa  la  chiesa  ambrosiana 
dopo  l'Ascensione  è  in  compenso  del  di- 
giuno ommessone'primi  3  giorni  di  Qua- 
resima. Le  Rogazionio  processioni  dun- 
que furono  stabilite  per  tutto  il  cristia- 
nesimo, per  V  allontanamento  dei  divini 
flagelli,  e  la  conservazione  de'frulti  del- 
la terra.  Sarnelli,  Leti.  eccl.  t.  g,  lett.  35: 
Della  istituzione  delle  Rogazioni  o  Lita- 
nie minori,  e  di  altre  processioni.  Le  Li' 
tanie  maggiori  (V.)  furono  ampliate  e 
propagate  da  s.  Gregorio  I  del5c)0,  e  so- 
no una  processione  solenne  che  si  cele- 
bra a'^5  aprile,  dalla  chiesa  dis.  Marco 
alla  basilica  di  s.  Pietro.  Nel  medesimo 
articolo  dissi  perchè  fu  detta  Processio 
septiformis,  e  parlai  delle  altre  processio- 
ni ordinate  in  Roma  da  s. Gregorio!  per 
la  Pestilenza  (P.),  incui  si  portarono  di- 
verse prodigiose  immagini  della  B.  Ver- 
gine, fra  le  quali  si  vuole  ancora  quella 
ch'è  nella  chiesa  de'ss.  Domenico  e  Sisto 
delle  monache  dell'ordine  de' Predicato- 
ri (V-).  Dice  Macri  che  la  processione  di 
litanie  maggiori  fu  chiamata  Processio 
nigra,  perchè  si  ricoprivano  le  croci  e  gli 
altari  con  veli  neri.  Qui  noterò,  che  Ni- 
colò V  per  implorare  da  Dio  pace  alla 
Chiesa  e  tra'principi  cristiani,  n'%5  aprile 
1 44^  con  solenne  processione  dalla  ba- 
silica Vaticana,  siccome  abitava  il  conti- 
guo palazzo,  si  recò  a  piedi  alla  Chiesa 
di  s.  Marco,  accompagnatodal  s.  collegio 
e  dalla  corte,  non  che  da  tutti  quelli  che 
sono  obbligati  intervenire  alla  Litania 
maggiore  j  dichiarando  con  una  costitu- 
zione che  per-avere  invertito  l'ordine  an- 
tico ,  per  cui  la  processione  dalla  chiesa 
di  s.  Marco  si  porla  a  quella  dis.  Pietro, 
niun  pregiudizio  derivasse  al  rito,  ed  al- 
la basilica  e  capitolo  Vaticano. 

Nel  663  portandosi  in  Roma  l'impe- 
ratore Costante,  benché  eretico  monote- 
lita,  Papa  s.  Vitaliano  l'incontrò  proces- 
sionalraente  con  tutto  il  clero  e  con  som- 


PRO  a59 

ma  pompa,  6  miglia  fuori  della  città,  on- 
de averlo  favorevole  a  sé  e  alla  Chiesa.  V. 
Ingressi  solenni  in  Roma.  Della  celebre 
processione  ordinata  da  s.  Leone  IV  in 
R.oma ,  della  immagine  acheropita  del 
ss.  Salvatore  per  la  festa  dell'  Assunta  , 
parlai  ne'  voi.  IX  ,  p.  83,  XXXVII ,  p. 
2o3,  XLI,  p.  195.  Oltre  le  antichissime 
accennate  processioni  della  ss.  Eucaristia, 
ed  oltre  quella  della  messa  de' Presantifì- 
cati{fr.)Ae\  venerdì  santo  (la  congrega- 
zione de' riti  proibì  che  in  detta  processio- 
ne si  portasse  il  calice  entro  una  bara:  ben- 
sì permise  la  processione  del  Cristo  morto, 
come  dissi  di  quella  di  Macerata  nel  voi. 
XLI,  p.  1 4  ;  in  alcuni  luoghi  era  proibito 
con  scomunica  l'interventoalle donne, co- 
me leggo  nel  Suppl.  al  Gior.eccl.  diRoma 
17 91,  p.  i5),  nel  secolo XI  o  prima  s'in- 
cominciò quella  di  portarla  nella  dome- 
nica delle  Palme  racchiusa  in  un' arca  o 
cassa  con  que'riti  che  riporta  Chardon, 
Storia  de'  Sagr.  t.  1,  p.  335  ,  dicendola 
istituita  per  onorare  il  trionfale  ingresso 
del  Salvatore  in  Gerusalemme  seguito  in 
tal  giorno.  Inoltre  descrive  quella  di  Ro- 
han,  prima  del  mattutino,  perchè  antica- 
mente la  ceremonia  s'incomincia  vaa  mez- 
zanotte. Ivi  fa  menzione  di  altra  antichis- 
sima processione  in  memoria  della  Ri- 
surrezione di  Gesù  Cristo,  in  Beauvais  e 
altri  luoghi,  con  prendere  nella  mattina 
di  Pasqua  solennemente  il  calice  in  cui 
sta  il  Corpo  del  Signore,  ove  un  fanciul- 
lo fa  da  Angelo.  Le  più  celebri  proces- 
sioni in  tutta  la  chiesa  cattolica  sono  quel- 
le solennissime  del  ss.  Sagramento,  fat- 
te nel  giorno  e  durante  tutta  l'ottava  del- 
la festa  del  Corpus  Domini.  V.  Corpo  di 
Cristo.  Al  fine  di  santamente  regolare  e 
insieme  accrescere  ne'fedeli  il  culto  di  la- 
tria interno ,  e  l'esterno  conseguente  al 
domma  cattolico  della  presenza  reale  di 
Gesù  Cristo  nell'eucaristico  sagramento, 
venne  istituita  da  Urbano  IV  la  solenne 
festività  del  Corpus  Domini.  Dalla  sua 
celebrità  e  per  la  particolare  venerazio- 
ne per  Gesù  Sagrameotato  ,  torna  sem- 


a6o  PRO 

prc  lielissima  e  con  spirituali  vantaggi 
pei  fedeli;  imperocchècollesolenni  e  pom- 
pose ceremonie  che  accompagnano  la  pro- 
cessione, mostra  la  Chiesa  la  vittoria  ri- 
portata su  tutti  gli  eretici  e  gli  errori  vo- 
mitati dalle  esecrande  loro  bocche  contro 
1'  Eucaristia,  volendo  eziandio  in  tal  mo- 
do la  Chiesa  riparare  le  irriverenze  che 
ne'sagri  templi  si  commettono  verso  il  Si- 
gnore, a  vista  del  più  bel  testimonio  del 
suo  infinito  amore  per  gli  uomini,  poiché 
con  un  prodigio  di  affetto  trovò  la  manie- 
ra di  restar  fra  noi  corporalmente  fino  al 
terminare  de'secoli.  Delle  pubbliche  e  so- 
lenni processioni  colla  ss.  Eucaristia  che 
nelle  festede'ss.  Martiri  specialmente  eb- 
bero luogo  nellaChiesa  verso  il  secolo  VI  F, 
feci  cenno  di  sopra:  della  pubblica  esposi- 
zione di  essa,  oltre  quanto  dissi  a  Euca- 
ristia, V.  QuARAisTOREesua  processione, 
ed  Ostia.  Come  si  celebra  la  festa  e  la 
processionedel  Corpus  Domini  dal  Papa 
in  Roma  (  il  cui  regolamento  ogni  volta 
pubblica  il  cardinal  vicario),  diffusamen- 
telonarraine'vol.  IX, p.  43  e  seg.,XVH, 
p.  249,  XLI,  p.  29 r,  XLIX,p.  2o3, in- 
sieme alla  descrizione  di  simili  processio- 
ni che  si  fanno  con  intervento  del  Papa 
dalle  basiliche  Lateranense  e  Vaticana, 
come  si  celebra  assente  o  impotente  il 
Papa,  ed  in  sede  vacante.  Ivi  parlai  al- 
tresì dell'origine  della  festa  e  processio- 
ne ordinate  da  Urbano  IV  ,  confermate 
e  ampliate  da  Clemente  V,  massime  da 
Giovanni  XXII  propagatore  della  pro- 
cessione e  promotore  zelante  della  cele- 
brazione della  festa,  per  la  quale  alcuni 
erano  renitenti.  Per  l'origine  della  festa 
si  può  ancora  leggere  la  moderna  ope- 
ra del  p.  V.  Decharopes  liguorino  :  La 
pih  bella  memoria  della  storia  di  Lie- 
gi, ivi  i845-  Allorché  i  Papi  si  trovaro- 
no a  Castel  Gandolfo  (F '.)  non  manca- 
rono d'ivi  celebrare  festa  e  processione, 
mentre  il  s.  collegio  fece  altrettanto  in 
Roma.  Oltre  quanto  dissi  nel  voi.  IX,  p. 
G3,se  il  Papa  non  interviene,  aggiunge- 
rò, che  non  si  portano  in  processione  le 


PRO 

mitre  e  i  triregni;  la  croce  papale  si  por- 
ta dal  suddiacono  della  cappella  parato 
in  tonacella;si  portano  due  soli  candel- 
lieri  dagli  accoliti  della  cappella,  i  quali 
portano  ancora  gl'incensieri;  il  prete  as- 
sistente fa  da  diacono,  il  diacono  da  sud- 
diacono. Interviene  il  maestro  del  sagro 
ospizio,  così  il  governatore  o  vice-camer- 
lengo che  suol  precedere  il  Papa  pel 
buon  ordine,  ma  incede  dopo  il  Santissi- 
mo coi  prelati  di  fiocchetti.  Non  interven- 
gono il  principe  assistente  al  soglio,  ne  il 
senatore  e  conservatori  di  Roma,  per  cui 
le  aste  del  baldacchino  le  sostengono  dai 
pili  dell'  acqua  santa  fino  all'altare  del- 
la Confessione  quelli  che  ne  sono  soste- 
nitori avanti  il  senato  romano.  I  prelati 
referendari  pei  primi  e  come  intervenisse 
il  Papa  devono  portare  le  aste  del  bal- 
dacchino :  nel  1684  si  ricusarono,  e  con 
edificazione  supplirono  gli  uditori  di  ro- 
ta ed  alcuni  chierici  di  camera.  Leguar- 
die  nobili  e  le  altre  palatine  non  inter- 
vengono, per  cui  non  ha  luogo  il  cordo- 
ne che  le  seconde  sogliono  tirare  in  mez- 
zo alla  chiesa  di  S.Pietro:  gli  svizzeri  non 
assumono  corazza,  altrettanto  si  pratica 
ne'pontificali.  Si  rileva  dal  n.°4i  del  Dia- 
rio di  Roma  1 845,  che  sebbene  Grego- 
rio XVI  non  v'  intervenne,  vi  mandò  i 
bussolanti^  i  cappellani  segreti,  i  came- 
rieri di  onore  e  segre  ti,  tanto  secolari  qua  n- 
to  ecclesiastici.  Nel  secolo  passato  la  pio- 
cessione  era  assai  più  numerosa,  per  l'in- 
tervento de'  Vacabilisti  (V.)  ealtri  di  cui 
feci  cenno  nel  detto  volume,  p.  62,  il  cui 
novero  del  1 653  si  legge  in  Cohellio,  No- 
titia  card.  p.  243.  Inoltre  in  Roma  le 
basiliche  e  le  chiese  celebrano  altre  so- 
lenni processioni,  anche  coli' intervento 
delle  Arciconfraternile  e  Confratcr/iile 
(V.) ,  molte  delle  quali  ivi  e  altrove  fu- 
rono istituite  per  accompagnare  proces- 
sionalmente  il  ss.  Sagramento  agl'infu- 
mi, pure  per  Viatico  (J7.),  a  vendo  noia- 
to  nel  voi.  II, p.  3o5  cheqtiella  della  chie- 
sa di  s.  Maria  sopra  Minerva  si  fa  pre- 
cedere dal  Padiglione ,  come  tenuta  la 


PRO 


i."  che  venne  istituita  ad  onore  del  ss.  Sa  - 
gramento.  Nel  voi.  IX,  p.128,  i33,  1 34 
narrai  come  v'  intervengono  i  cardinali, 
eziandio  a  quelleche  celebrano  alcuni  so- 
dalizi, e  delle  due  cappelleche  celebrano 
in  onore  della  pubblica  esposizione  del 
ss.  Sagramento.  Tra  le  processioni  solen- 
ni che  pel  Corpus  Domini  ban  no  luogo 
nello  stato  ecclesiastico,  meritano  ricor- 
darsi quelle  di  Bologna  che  in  giro  de- 
cennale spettano  di  farsi  ad  ogni  parroc- 
chia urbana,  e  che  col  nome  di  Addobbi 
di  Bologna  sono  molto  rinomate ,  con- 
correndovi gli  stranieri  ad  ammirarne  la 
magnificenza  della  pompa  e  la  vaghezza 
degli  apparati.  Questa  solenne  funzione 
porge  motivo  al  progressivo  restauro  e 
abbellimento  interno  della  città,dappoi- 
chè  i  proprietari  degli  edifici  per  ove  pas- 
sa la  processione  con  nobile  gara  gradata- 
mente rendono  più  decorosa  l'illustre  Bo- 
logna, oltre  il  perenne  benefizio  di  dare 
lavoro  agli  artisti.  L'istituzione  risale  al 
1 5(36  per  opera  del  vescovo  cardinal  Pei' 
leolli.  Interrotta  nelle  politiche  vicende 
del  fine  del  passato  e  principio  del  corren- 
te secolo,  l'odierno  cardinal  arcivescovo 
Opizzoni  la  ristaili  Ti ,  ed  ebbe  la  soave 
compiacenza  di  vedersi  con  plauso  com- 
piutamente ubbidito  dall'amore  de'suoi 
figli  bolognesi,  onde  dal  1816  al  i845 
già  avea  celebrato  un  trentennio,  e  tre 
volte  rinnovato  il  decennale  turno,  per 
cui  fu  ivi  pubblicato  1'  importante  opu- 
scolo: La  pompa  decennale  dell'  Elica' 
ristico  Sacramento  per  la  parrocchia  me- 
tropolitana di  s.  Pietro  di  Bologna,  ed  i 
restauri  massimi  nel  i845,  Relazione  di 
Salvatore  Mazzi.  All'  articolo  Genzano 
descrissi  la  processione  del  Corpus  Do- 
mini colla  famosa  infiorata. 

Tra  le  processioni  fatte  colla  massima 
pompa  nella  traslazione  delle  reliquie  in- 
signi di  principali  santi,  certamentee  pel 
complesso  delle  circostanze  e  per  quanto 
citai  in  vari  articoli ,  va  descritta  quella 
eseguita  in  Roma  dal  gran  Pio  II,  col  s. 
collegio  e  gerarchia  ecclesiastica  e  civile, 


PRO  261 

pel  ricevimento  della  Testa  dell'apostolo 
s.  Andrea,  forse  discepolo  di  s.  Gio.  Bat- 
tista, 1 ,°  discepolo  di  Gesù  Cristo  cui  con- 
dusse il  fratello  s.  Pietro  (  a  questa  bio- 
grafia aggiunsi  altre  nozioni  sul  fratello 
e  se  era  maggiore  d'età),  ed  il  quale  bat- 
tezzò ambedue  e  fece  suo  vicario  s.  Pie- 
tro, argomento  che  dovetti  trattare  in  più 
luoghi.  Ed  in  fatti  a  Patrasso  parlai  del- 
l'apostolato, martirio  e  crocefissione  ivi 
seguita  di  s.  Andrea  e  di  sua  croce  (del- 
l'uso che  ne  fanno  i  cardinali  nella  Cel- 
la, Vedi),  per  la  quale  fu  istituito  il  co- 
spicuo ordine  del  Town  d'oro  (Fedi:  a 
Russia  e  Scozia  dico  de'due  ordini  eque- 
stri di  s.  Andreà)j  de'  luoghi  ove  si  ve- 
nerano le  sue  reliquie  (inclusivamentea 
quelle  date  da  Pio  li  alla  chiesa  dell' 0- 
spedale  di  s.  Spirito),  come  di  quelle  che 
vado  a  descrivere.  Nel  1 4^3  occupata  Co  - 
stantinopoli  (V .)  da  Maometto  II  impe- 
ratore de'  turchi ,  coli'  uccisione  di  Co- 
stantino XII  Paleologo  ultimo  impera- 
tore de'greci,  ebbe  fine  l'impero  ài  Orien- 
te. I  fratelli  del  Paleologo ,  Demetrio  e 
Tommaso  Despoti  (V.)  del  Peloponne- 
so o  Morea  {V\  ad  onta  del  sommo  ze- 
lo che  poneva  Nicolò  V  per  indurre  i 
principi  cristiani  alla  ricupera  del  gre- 
co impero  e  degli  sforzi  fatti  dal  succes- 
sore Calisto  111  per  abbassare  1' orgo- 
glio ottomano,  vedendo  impossibile  riac- 
quistare il  perduto  trono,  ed  avendo  do- 
vuto cedere  Corinto,  Patrasso  ed  altre 
delle  migliori  città  ,  Demetrio  acquistò 
delle  possessioni ,  e  si  pose  sotto  la  pro- 
tezione de'lurchi;  ma  Tommaso  fu  co- 
stretto dalle  armi  turchesche,  colla  mo- 
glie e  diversi  nobili  greci,  a  rifugiarsi  nel- 
l'isola di  s.  Maria  vicino  all'Epiro,  por- 
tando seco  la  preziosa  Testa  con  altre 
reliquie  di  s.  Andrea,  perchè  temeva  che 
in  Patrasso  sarebbero  profanate  e  distrut- 
te. Diversi  principi  cristiani  gli  offrirono 
grosse  somme  di  denaro  per  possedere 
un  tanto  tesoro, e  Pio  li  come  quello  che 
teneva  rivolta  la  mente  all'oriente  e  che 
in  cima  de'suoi  pensieri  aveva  di  guer- 


262  PRO 

reggiare  coi  principi  cristiani  la  crescen- 
te potenza  ottomana,  con  porsi  alla  testa 
della  crociata  a  salvamento  del  cristia- 
nesimo, inviò  a  Tommaso  ambasciatori 
onde  gliela  concedesse,  poiché  da  niuno 
fuori  che  dal  Papa  si  poteva  convenien- 
temente custodire,  dovendo  la  lesta  del 
s.  Apostolo  riposare  ove  giacevano  le  ossa 
del  suo  glorioso  fratello,  altrimenti  sareb- 
be caduto  ncir  indignazione  del  santo  : 
promise  Tommaso  di  contentare  Pio  II, e 
di  portare  il  sagro  capo  egli  slesso.  Narra- 
no, Leoni,  Ancona  illustrata,  p.  227  ,  e 
Peruzzi,  Storia  d'  Ancona,  p.  329,  che 
nel  1462  da  Corfù  approdò  in  Ancona  il 
despota  (a'  16  novembre  dice  il  2.0)  col- 
la lesta  di  s.  Andrea,  quasi  a  titolo  di 
raccomandazione  per  ricuperare  i  suoi 
dominii,  e  fu  ricevuto  dal  cardinal  Oliva 
(/^.)  speditoappositamentedal  Papa  qua- 
le legato  a  latere  per  ricevere  l' insigne 
reliquia.  Ambedue  furono  accolli  degna- 
mente dagli  anconitani,  e  trattati  splen- 
didamente a  pubbliche  spese.  Riconosci  u 
tasi  dal  cardinale  l'autenticità  della  reli- 
quia, da  lui  e  dal  principe  fu  con  solen- 
ne pompa  di  processione,  accompagnala 
dal  clero,  dal  senato  e  dal  popolo  con  fiac- 
cole e  doppieri,  tra  l'armonia  de' sagri 
cantici  e  il  suono  festoso  delle  campane, 
alla  chiesa  di  s.  Onofrio  fuori  porta  Ca- 
po di  Monte  e  quivi  depositala  alla  pub- 
blica venerazione.  Lo  stesso  Pio  li ,  che 
ne'  Commentari  lib.  8  riporta  la  descri- 
zione di  questo  racconto,  dice  chiaramen- 
te che  la  s.  Testa  approdò  in  Ancona  nel 
1461  felicemente  e  non  senza  prodigio, 
per  le  tante  tempeste  che  in  quell'anno 
vi  furono  in  mare.  Intanto  e  come  dissi 
ne' voi. XVIII,  p.  57,XLIX,  p.2g4,Tom- 
maso  si  portò  in  Roma  ,  benignamente 
accollo  da  Pioli  che  gli  assegnò  per  a- 
bitazione  le  case  dell'ospedale  di  s.  Spi- 
rito e  3oo  scudi  il  mese, cui  i  cardinali  ne 
aggiunsero  200,  poscia  in  quaresima  gli 
donò  la  Rosa  d'oro.  D'  ordine  del  Papa 
il  cardinal  Oliva  portò  la  s.  Testa  colla  do- 
vuta venerazione  e  pompa  nella  rocca  di 


PRO 

Narni,  in  custodia  di  quel  castellano  0  pre- 
fetto e  con  molti  lumi  di  continuo  accesi; 
indi  passati  alcuni  mesi  e  terminate  le 
guerre  coi  Malatesta,  il  Papa  inviò  a  Nar- 
ni tre  cardinali  a  prenderla  e  condurla 
in  Roma,  capo  de'quali  era  il  celebre  Bcs- 
sarione  (di  cui  anchenel  voi.  XXXIII,  p. 
58).  Pieno  di  fervoroso  zelo,  Pio  II  vol- 
le celebrare  sì  faustissima  circostanza  con 
molti  preparativi,  ed  a  tale  effello  pub- 
blicò per  tutta  Italia  indulgenza  di  gene- 
rale perdono,  anche  a  tutti  quelli  che  si 
fossero  trovati  in  Roma  nel  giorno  del 
ricevimento  della  s.  Tesla.  Abbiamo  da 
Cancellieri,  Meni,  delle  Teste  de' ss.  Pie- 
tro e  Paolo,  p.  33 ,  che  voleva  il  Papa 
per  accrescer  pompa  alla  splendidissima 
processione,  condurvi  le  medesime  sacre 
Teste,  ma  non  si  potè  eseguire  pel  gran 
peso  de'  busti  che  allora  le  contenevano 
e  altri  impedimenti,  come  pel  riflesso  di 
perdere  qualche  gemma  di  quelle  che  le 
ornavano,  onde  si  contentò  di  stabilire, 
che  quando  in  avvenire  fosse  occorso  por- 
tare iu  processione  la  testa  di  s.  Andrea, 
nel  dopo  pranzo  nella  basilica  Lateranen- 
se  si  dovessero  mostrare  quelle  de' prin- 
cipi degli  apostoli.  Sulle  leste  de'principi 
degli  apostoli  qui  avvertirò  con  Cancel- 
lieri, che  prima  del  secolo  XIV  erano  por- 
tabili, avendo  io  notato  nel  voi.  XXXII, 
p.  260, che  nella  processione  fatta  a  pie- 
di nudi  da  Gregorio IX alla  basilica  Va- 
ticana portandoegli  il  legnodella  ss.  Cro- 
ce, si  condussero  le  ss.  Teste,  le  quali  poi 
il  Papa  mostrò  ai  popolo  siili'  ambone. 
Egualmente  in  processione  eransi  porta- 
te dal  predecessore  Onorio  III  alla  basi- 
lica Liberiana  a  piedi  ignudi  per  la  cro- 
ciala di  Terra  santa.  Nel  voi.  Vili ,  p. 
3o5,  coll'autorità  dell'  Ordine  romano 
XI  Ideilo  stesso  Onorio  III,  narrai  che  nel 
venerdì  santo  si  estraevano  dalla  custo- 
dia le  ss.  Teste  per  venerarle  e  baciarle. 
Nel  medesimo  Ordine  si  apprende  ancora 
che  per  la  festa  dell'Esaltazione  della  cro- 
ce il  Papa  faceva  altra  estrazione  delle 
ss.  Tote,  che  consegnava  ai  cardinali  col 


PRO 

legno  della  ss.  Croce,  per  pollarsi  in  pro- 
cessione alla  vicina  chiesa  di  s.  Silvestro. 
I  cardinali  deputati  a  prendere  in  Narni 
la  testa  di  s.  Andrea,  con  ogni  riverenza 
arrivarono  a  Ponte  Molle  o  Milvio^f.) 
nella  domenica  delle  Palme  io  aprile 
1 4.62,  la  posero  nella  torre  del  ponte,  re- 
stando in  custodia  nella  notte  due  arci- 
vescovi. Nel  dopo  pranzo  il  Papa  si  recò 
nel  convento  della  Chiesa  dis.  Maria  del 
Popolo  per  essere  più  vicino  nel  di  seguen- 
te al  gran  ricevimento,  pernottando  nel 
medesimo.  A  fronte  del  tempo  minaccio- 
sissimo ,  i  tre  cardinali  legati  incolumi 
giunsero  nella  mattina  seguente  in  delta 
chiesa;  quindi  il  Papa  da  loro  preceduto 
in  magnifica  cavalcata  si  recò  al  Ponte, 
accompagnato  da  lutto  il  clero  romano, 
da'principi  romani, dagli  oratori  dei  prin- 
cipi, dagli  abbati,  vescovi  ecardinali,  tut- 
ti con  palme  in  mano  ricevute  nel  dì  pre- 
cedente (così  nel  voi.  LI,  p.  68),  oltre  una 
immensa  quantità  di  popolo.  Presso  il 
Ponte  erasi  eretto  un  gran  palco  capace 
di  contenere  Pontefice  e  clero,  sorgendo 
nel  mezzo  l'altare.  Alla  vicinanza  di  que- 
sto luogo,  ciascuno  smontò  da  cavallo,  ed 
assunti  gli  abiti  sagri  bianchi  e  lemitrechi 
ne  avea  l'uso,  con  ordine  la  processione  e 
cantando  ascese  una  delle  due  scale  del  pal- 
co, per  l'altra  salendo  il  cardinal  Bessario- 
ne  in  mezzo  ai  due  colleghi,  colla  s.  Testa 
dentro  urna,  che  depositò  sull'altare,  tra' 
sagri  cantici  e  innumerabili  lumi.  11  car- 
dinale aprì  la  custodia,  e  riconosciuti  i  si- 
gilli ,  consegnò  nelle  mani  del  Papa  con 
religiose  lagrime  la  testa  di  s.  Andrea 
apostolo;  e  Pio  II  tutto  profondamente 
commosso  inginocchiatosi  innanzi  la  re- 
liquia pronunziò  con  tremula  voce  quel- 
l'eloquente sermone  che  leggesi  ne  Coni- 
mentari:  Advenisti  tandem  sacratissi' 
munì.  Questa  orazione  fece  lagrimar  tut- 
ti e  invocare  il  patrocinio  del  s.  Aposto- 
lo. Il  Papa  baciato  pel  primo  il  veneran- 
do Capo,  lo  die  a  baciare  a  tutto  il  clero 
che  lo  circondava  e  disse  un  Oremus  da 
lui  composto.  Fatta  da  Pio  II  l'ostensio- 


PRO  a63 

ne  al  popolo  della  reliquia,  tra  gli  altis- 
simi gridi  di  compunzionedegli  spettatori, 
intuonò  il  Te  Deumt  e  poi  l'inno,  Primus 
hic  Jesum  sequitur  vocanlem,  composto 
per  suo  ordine  dal  vescovo  d'Ancona  A- 
gapitoCenciRuslici  romano,  scese  in  mez- 
zo ad  una  vasta  siepe  di  lumi  (trentami- 
la torcie  e  candelotti  dissi  nel  voi.  VII , 
p.  2o5  ,  seguendo  Cancellieri,  Novaes  e 
altri  )  ,  portando  egli  stesso  1'  urna  fino 
alla  città,  accompagnato  dal  s.  collegio, 
prelatura  e  da  tutti  i  summentovati  con 
palme  nelle  mani,  secondo  1'  ordine  ge- 
rarchico, ma  stentatamente  per  l'indicibi- 
le calca  (  nel  luogo  ove  si  fermò  il  Papa 
colla  s.  Testa,  Giulio  III  eresse  il  bellis- 
simo tempietto  in  onore  del  santo  ,  per 
quanto  dissi  nel  voi.  VII,  p.  193  ).  Ar- 
rivato il  Papa  alla  Porta  Flaminia  ,  fu 
venerata  la  s.  reliquia  profondamente  da 
una  porzione  del  clero  romano  che  ivi 
1'  aspettava,  ed  entrato  nella  propinqua 
chiesa  di  s.  Maria  del  Popolo  la  depositò 
sull'altare  maggiore,  lasciando  custodi  di- 
versi vescovi,  e  passando  egli  a  dormire 
in  una  stanza  contigua.  Dirottissima  piog- 
gia cadde  in  tutta  la  notte,  che  afflisse  il 
Pontefice,  romani  e  forestieri  che  in  im- 
menso numero  da  Italia  e  oltremonte  e- 
ransi  recati  per  vedere  questa  solennità. 
Non  senza  prodigio  un  sole  brillante  venne 
a  rallegrare  il  seguente  mattino  martedì 
santo  12  aprile  (pridie  idus  aprilis  dice 
Pio  li,  benché  diversi  scrittori  dissero  ai 
1 3,  altri  ai  2 1  e  ai  23).  Giulivo  il  popolo 
romano  e  vestito  a  festa,  abbellì  le  strade 
per  cui  dovea  transitare  la  processione, 
volendo  in  ogni  modo  onorare  l'augusto 
fratello  del  suo  gran  protettore,  con  fre- 
schi e  olezzanti  fiori,  drappi  e  altri  orna- 
menti, avendo  congegnato  rami  d'alberi 
a  riparo  del  sole  :  in  alcuni  luoghi  avea 
eretto  altari,  ove  ardevano  lumi  e  profu- 
mi; in  altri  i  sagri  cantici  erano  accom- 
pagnati dal  suono  degl'  istrumenti ,  con 
fanciulli  vestiti  da  angeli  ,  ed  ovunque 
vedevasi  effigiato  il  s.  Apostolo.  Le  abi- 
tazioni e  le  loggie  de'grancli,  come  i  bai- 


264  PRO 

coni,  erano  mirabilmente  adornate,  mas- 
sime quelle  de'cardinali  decorate  con  va- 
ghi disegni,  fra'quali  per  isquisitezza  di 
gusto  portò  il  vanto  il  vicecancelliere  car- 
dinal Borgia  poi  Alessandro  VI  :  ivi  l'oro 
era  profuso,  con  altre  cose,  orchestre  ar- 
moniose, parati  eleganti  e  carmi  in  lode 
del  santo  e  di  Pio  II.  In  somma  tutti  gli 
abitanti  fecero  a  gara  per  fare  omaggio 
a  tant'ospite.  Ad  onta  che  le  strade  fos- 
sero fangose,  il  Papa  per  riverenza  volle 
che  si  procedesse  a  piedi;  solo  permise  ai 
cardinali  e  prelati  più  vecchi  e  malsani 
di  aspettarlo  in  s.  Pietro,  ma  tranne  un 
cardinale  e  pochi  prelati,  tutti  si  assog- 
gettarono al  lungo  e  disagiato  cammino. 
Vi  erano  tutti  i  sacerdoti  delle  chiese  di 
Roma,  portandole  reliquie de'santi.  An- 
davano in  isplendide  veslimenta  i  citta- 
dini romani ,  i  conservatori,  i  caporioni 
col  priore  e  gli  altri  magistrati  civici,  gli 
oratori  de'principi  esteri,  i  baroni  romani 
con  ceri  ardenti  e  palme  secondo  l'ordi- 
ne del  grado.  Parte  degli  oratori  e  dei 
baroni  incedevano  vicini  a  Pio  II,  por- 
tando le  aste  del  baldacchino.  La  pro- 
cessione entrò  nella  basilica  Vaticana , 
mentre  il  Papa  ancora  avea  da  uscire 
dalla  chiesa  ,  percorrendo  le  vie  di  Ri? 
pelta,  Pantheon,  s.  Eustachio,  via  Papa? 
le  sino  al  palazzo  Massimi,  Campo  di  tia- 
re, Cancelleria  (  allora  nel  Palazzo  Cer 
sarini),  Ponte  s.  Angelo  e  Borgo.  Fu  spet? 
tacolo  di  commovimento  generale  e  divo- 

10  il  giunger  del  Papa  nella  piazza  Va- 
ticana colla  preziosa  urna,  e  salita  lanuor 
va  scala  da  lui  fatta  alla  basilica,  rivolto? 
si  alla  moltitudine  le  mostrò  la  reliquia 
e  con  essa  tutti  benedì.  Entrato  il  Papa 
nell' augusto  tempio  risplendente  per  la 
copia  della  luminaria ,  tra  il  canto  dei 
tori  eilsuonodegliorgani,  furesolospet- 
tacolo  più  toccante  e  sorprendente.  Pio 

11  depositò  sull'altare  papale  che  sovra- 
ita la  tomba  di  s.  Pietro  il  prezioso  Ca- 
po del  fratello,  e  permise  che  tutto  il  cie- 
lo lo  venerasse  e  baciasse.  Allora  il  dot- 
Ifnimo  cardinal   Bcssarione  con  nobile 


PRO 

facondia  die  termine  alla  funzione,  di  cui 
Roma  non  più  videe  forse  giammai  po- 
trà rivedere  lasomigliante.  A  Ospizio  del- 
la ss.  Trinità"  de'pellegrini  indicai  l'e- 
dicola o  tempietto  eretto  da  Pio  11  colla 
statua  di  s.  Andrea,  nel  luogo  ove  ricevè 
la  s.  reliquia,  ed  accanto  una  piccola  cap- 
pella con  indulgenza  plenaria,  luoghi  che 
s.  Pio  V  concesse  al  sodalizio ,  onde  pei 
restauri  che  vi  fece  nel  1 566  e  per  la  ca- 
setta che  propinqua  vi  costruì,  dissi  con 
Nibby  eretta  la  cappella  da U'arcicon fra- 
ternità ;  Pio  VII  fece  voltar  la  statua  dal- 
la parte  del  Ponte  quando  lo  restaurò  , 
sostituendo  alla  pesante  cupola  quella  o- 
dierna  di  lavagne  a  squamine.  Pel  di  più, 
come  pel  cinuiterio  che  pure  accennai,  ve- 
dasi T  importante  opuscolo  (  lodato  nel 
Suppl.  al  n.°6 i  del  Diario  di  Roma  1 847  ): 
Solenne  ricevimento  della  testa  di  s.  An~ 
drea  apostolo  e  cappella  presso  al  Pon- 
te Milvio  a  lui  consagrata ,  narrazione 
islorica  di  Egidio  Fortini,  Roma  1 847  e 
1848.  A  Chiesa  di  s.  Pietro  in  Vatica- 
no raccontai,  come  Pio  II  collocò  la  te- 
sta di  s.  Andrea  nel  ciborio  e  altare  che 
fabbricò  in  una  cappella  (dotata  da  Fran- 
cesco Bandi  ni  Piccolomini,  ed  eretta  da 
Pio  II  con  obbligo  di  messe),  nella  quale 
fu  sepolto,  come  lo  furono  il  nipote  Pio 
III  e  Adriano  VI;  che  Paolo  V  demolen- 
do la  cappella,  le  sculture  furono  traspor-r 
tate  nelle  grotte  Vaticane  ne'luoghi  che 
indicai,  i  corpi  di  Pio  11  e  Pio  III  nella 
Chiesa  di  s.  Andrea  della  Valle  (f.), 
quello  di  Adriano  VI  nella  chiesa  di  s. 
Maria  dell'  Anima  (V.)j  e  perchè  la  s, 
Testa  fosse  in  luogo  più  sicuro,  Paolo  V 
la  collocò  nella  nicchia  o  pilone  di  s.  E- 
Iena  (dal  diroccamento  della  cappella  ove 
stava  sino  al  collocamento  ove  trovasi,  la 
s.  Testa,  col  Volto  santo  e  la  sagra  Lan- 
cia furono  portate  nell'archivio  della  ba- 
silica e  chiuse  in  una  cassa  di  ferro  con 
3  chiavi,  una  delle  quali  la  custodì  il  Pa- 
pa :  nel  i656  la  volle  vedere  Alessandro 
VII  colle  altre  nominate  reliquie  nella 
nicchia  ove  gelosamente  si  conservano  e 


PRO 
poi  fu  riportata  al  suo  luogo  )  ove  si  e- 
spone  la  coltre  de'ss.  Martiri.  Nella  lette- 
ra chei  romani  scrissero  neh  522  a  Adria- 
no VI  perchè  dalla  Spagna  si  portasse  in 
Roma,  ov'era  stato  eletto  benché  assen- 
te, per  affrettarlo  gli  dissero,  come  leggo 
in  Cancellieri,  Meni,  p.35:  Dimmi  ti  pn* 
go,o  santo  Padre,  che  cosa  più  gloriosa, 
più  grata  e  più  beata  in  questa  vita  pub 
essere,  che  venerare  e  baciare  le  Teste  dei 
principi  degli  apostoli  e  capitani  della 
Chiesa,  com'è  di  s.  Pietro,  di  s.  Paolo  e 
di  s.  Andrea?  Questa  triplice  e  inespri- 
mibile consolazione  ,  per  mia  gran  ven- 
tura provai.  Imperocché,  rinnovandosi 
nel  1 84o  le  autentiche  alle  reliquie  della 
basilica  Vaticana,  il  Pontefice  Gregorio 
XVI  volle  venerare  nelle  sue  camere  la 
testa  di  s.  Andrea.   Gli  fu  portala  nella 
domenica  di  Passione  a'  5  aprile  dai  ca- 
nonici, e  si  degnò  colle  sue  mani  darme- 
la a  baciare,  donandomi  della  bambagia 
ch'era  dentro  nel  cranio.  Questo  fu  uno 
de'più  bei  giorni  memorabili  di  mia  vi- 
ta, fra 'quali  devo  celebrare  quelli  in  cui 
e  per  due  diverse  volte  il  medesimo  be- 
nigno Papa  mi  fece  baciare  nel  luogostes- 
so  ove  si  custodiscono  le  reliquie  maggio- 
ri della  ss.  Croce,  della  s.  Lancia  e  del 
Volto  santo.  A  cagione  poi  di  grato  ani- 
mo verso  1'  ottimo  mg.r  Antonio  Rossi- 
Vaccari  prete assistentedella  cappella  pon- 
tificia e  canonico  Lateranense  ,  per  suo 
gentile  invito  mi  die  a  baciare  e  fervoro- 
samente ribaciare  i  principali  tesori  del- 
l'alma Roma  mia  patria,  intendo  dire  le 
Teste  de' ss.  Pietro  e  Paolo,  in  occasione 
di  quanto  rimarcai  nel  voi.  LUI,  p.  23  1, 
A  p.  195  e  196  deplorai  il  desolante  ra- 
pimento della  Testa  di  s.  Andrea  nel  mar- 
zo 1848  (a'  io  si  conobbe  1'  esecrabile 
rubamento),  quanto  si  fece  per  rinvenir- 
la» ciò  che  avvenuto  ih.0  aprile,  il  Papa 
Pio  IX  consolennissima processione  dalla 
chiesa  di  s.  Andrea  della  Valle  la  restituì 
«'dia  basilica  Vaticana,  tutto  descrivendo 
la  Gazzetta  di  Roma  ne'n.i  54,  55,  56  e 
57.  AflJittissimi  ilPapaetiUta,  Romane! 


PRO  265 

tristissimo  avvenimento,  quando  si  seppe 
che  prodigiosamente  erasi  ritrovata  l'in- 
signe reliquia  fuori  di  Porta  s.  Pancrazio, 
coi  sigilli  intatti  e  l'argento  liquefatto  e 
ammassato  colle  pietre  preziose,  il  giubi- 
lo fu  universale  come  la  luminaria,  com- 
presa la  cupolae  tempio  Vaticano,  suonan- 
do per  mezz'ora  tutte  le  campane  della 
città,  e  si  cantarono  inni  di  ringraziamen- 
to a  Dio. Portatasi  immediatamentealPa- 
pa,tripudiante  la  espose  nella  sua  cappella 
segreta  delQuirinale,ovenefece  la  legale 
ricognizione  alla  presenza  del  s.  collegio, 
firmandosi  l'atto  da  due  protonotari  a- 
postolici.  Nella  mattina  del  5  dal  capito- 
lo di  s.  Pietro  fu  trasportata   processio- 
nalmente  nella  chiesa  di  s.  Andrea  della 
Valle,  indi  nelle  ore  pomeridiane  seguì 
il  trasferimento  nella   basilica  Vaticana 
con  solennissima  processione.  Procede- 
va il  clero  regolare  e  secolare  colle  pro- 
prie insegne,  avendo  ciascun  individuo 
un  cereo  acceso  e  cantando  inni  e  sal- 
mi. Dopo  due  accoliti  cogl'  incensieri , 
4  canonici  vaticani  in  dalmatiche  rosse 
sostenevano  l'elegante  urna  contenente 
la  testa  di  s.  Andrea,  intorno  alla  quale 
incedevano  4  vescovi  in  piviale  rosso  e 
mitra.  Le  aste  del  baldacchino  che  la  ri- 
copriva, erano  sostenute  dai  camerieri  se- 
greti e  di  onore  ecclesiastici.  Ai  lati  pro- 
cedevano ancora  il  senatore  e  conserva- 
tori di  Roma,  ed  i  religiosi  teatini  in  cot- 
ta con  torcie  accese,  facendo  corona  alla 
reliquia  stessa  le  guardie  nobili,  i  mazzie- 
ri pontificii  e  gli  svizzeri,  come  al  Papa 
che  in  mozzetta  e  portando  la  torcia  se- 
guiva coi  cardinali  in  cappe  rosse  egual- 
mente con  torcie.  Queste  tenevano  anco- 
ra i  patriarchi,  gli  arcivescovi,  i  vescovi, 
i  collegi  de'prelati,  i  camerieri  segreti  di 
spada  e  cappa  e  altri;  indi  procedevano  il 
tenente  generale  della  guardia  civica  con 
un  seguito  di  ufficialità  d'ogni  arma.  Im- 
menso fu  il  popolo  accorso,a  vendo  il  Papa 
concesso  indulgenza  plenaria, ed  essendo 
sfarzosamente  adornati  i  balconi  e  le  fine- 
stre. Giunta  la  sagra  reliquia  uella  basilica 


266  PRO 

tli  s.  Pielro,  e  recitatesi  le  analoghe  preci, 
colla  stessa  il  Papa  benedì  tutti.  Nella  se- 
ra vi  fu  generale  illuminazione,  in  uno 
alla  cupola  e  tempio  Vaticano  per  invito 
del  senato  romano.  Colla  stessa  indulgen- 
za fu  nella  basilica  celebrato  solenne  tri- 
duo in  ringraziamento  a  Dio,  ed  in  ono- 
re del  s.  Apostolo,  la  cui  testa  fu  ripor- 
tata al  suo  luogo  e  munita  di  più  forte 
custodia. 

A  Lancia  reliquia  insigne,  e  ad  In- 
gressi solenni  in  Roma,  descrissi  come  da 
Ancona  e  per  Narni  con  somma  venera- 
zione e  solenni  processioni  fu  portata  in 
Roma,  e  con  quale  splendidissima  pro- 
cessione, nella  quale  intervenne  l'amba- 
sciatore turco,  Innocenzo  Vili  la  collocò 
nella  basilica  Vaticana.  Processo  e  Pro- 
cessione chiamavasi  il  Possesso  (^.)  che 
prendono  i  Papi  della  basilica  Lateranen  • 
se,  nome  che  incominciò  sotto  Sisto  IV, 
perchè  in  questa  solenne  funzione,  cogli 
stessi  abiti  sagri  che  a  veano  servito  per  la 
Consacrazione  del  Papa,  in  maestosa  ca- 
valcata si  procedeva  dalla  basilica  Vati- 
cana alla  Lateranense,  colla  ss.  Eucari- 
stia che  precede  i  Papi  (  P.),  per  ultima- 
re alcune  ceremonie:  sulla  ss.  Eucaristia 
si  veda  Chardon,  Storia  de' sacramenti 
t. 1,  p.  346.  Giulio  II  del  i5o3  fu  ih.0  a 
separare  dalla  funzione  della  Coronazio- 
ne la  processione  0  Possesso, sebbene  an- 
ch'egli  lo  prese  in  uno  a  quelli  che  caval- 
carono in  abiti  sagri.  Tultavolta  fu  il  suc- 
cessore Leone  X  che  nel  i5i3  per  ulti- 
mo prese  possesso  coi  paramenti  sagri , 
facendosi  precedere  dalla  ss.  Eucaristia, 
laonde  non  avendo  questa  più.  luogo  nei 
posteriori  possessi,  come  neppure  le  ve- 
sti sagre,  e  l'erezione  degli  altari  eretti 
da  tutte  le  chiese  nel  passaggio  della  pro- 
cessione, incensandosi  da  ognuna  il  Papa, 
il  possesso  cessò  d' essere  propriamente 
processione  e  divenne  una  solenne  caval- 
cala per  la  funzione  della  formalità  col- 
la basilica  Lateranense  loro  cattedrale  , 
per  riguardo  al  vescovatodi  Roma.  Leg- 
go in  Torrigio,  Grotte  valicane  p.  232 


PRO 

e  265,  che  Leone  Xa'12  maggioi5i8, 
pei  gravi  pericoli  che  sovrastavano  all'I- 
talia pei  guerreschi  movimenti  che  fa- 
cevano i  turchi,  a  piedi  nudi  col  s.  col- 
legio e  il  clero  romano  processionalmen- 
te  si  portò  da  s.  Pietro  a  s.  Maria  sopra 
Minerva,  colla  Testa  di  s.  Andrea,  colla 
s.  Lancia,  colle  ini  magini  di  s.Maria  Mag- 
giore e  di  s.  Maria  in  Portico,  e  con  la 
Testa  di  s.  Gio.  Ranista  che  si  conserva 
in  s.  Silvestro  in  Capite.  Nelle  strade  fu- 
rono eretti  1 5  altari  ornati  con  molte  in- 
signi reliquie,ed  ove  di  quando  in  quan- 
do si  posavano  quelle  della  processione. 
Il  concorso  fu  così  numeroso,  che  sem- 
brò tutta  Italia  fosse  concorsa  in  Roma. 
Di  altra  processione  di  s.  Pio  V  per  lo 
stesso  grave  motivo  parlai  nel  voi.  XVIII, 
p.  70.  Nel  i5y6  per  quell'  epidemia  che 
ricordai  nel  voi.  XIII,  p.  2*>6,  che  afflis- 
se la  Germania,  Francia,  Spagna,  Italia 
e  incrudelì  aspramente  negli  stati  di  Ve- 
nezia e  Milano  ,  Gregorio  XIII  oltre  le 
molte  orazioni  e  limosine  fatte  per  implo- 
rare da  Diomisericordia,andò  processio- 
nalmente  a  piedi  scalzi  con  tutto  il  clero 
e  la  corte  dal  Vaticano  alla  chiesa  di  s. 
Maria  del  Popolo.  Altre  due  solenni  pro- 
cessioni fece  Gregorio  XIII,  nel  1 578  per 
collocare  nella  basilica  Vaticana  l'imma- 
gine della  E».  Vergine  del  Soccorso,  nel- 
l'altare detto  della  Madonna,ene\i5So 
per  riporvi  in  questo  il  corpo  di  s.  Gre- 
gorio Nazianzeno:  ne  trattai  ne' voi.  IV, 
p.  3o6,XII,  p.  260,  XIV,  p.  22. Sisto  V 
introdusse  l'uso  di  pubblicarsi  dal  Papa 
nel  principio  del  pontificato  uo  Giubileo 
straordinario  con  indulgenza  plenaria  , 
per  implorare  da  Dio  un  salutare  gover- 
no della  repubblica  cristiana,  con  pro- 
cessioni (eglilafece  dalla  chiesa  d'Araceli 
a  quella  di  s.  Maria  Maggiore)  che  fino 
a  Pio  VI  (v'intervenne  nel  1779  e  fu  di 
penitenza  per  la  inaudita  siccità)  celebra- 
rono i  Pontefici,  con  tutto  il  clero  seco- 
lare e  regolare,  col  s.  collegio  e  con  tutti 
quelli  che  hanno  luogo  nella  cappella  pa- 
pale, compresi  il  principe  assistente  al  so- 


PRO 

glio,  il  senato  romano, gli  ambasciatoli 
delle  città  suddite.  Ordinariamente  la 
processione  partiva  dalla  Chiesa  dis. Ma- 
ria degli  Angeli,  traversava  la  Villa 
Montallo  ora  Massimo,  per  abbreviare 
la  strada,  e  si  recava  nella  Chiesa  di  s. 
Maria  Maggiore,  essendo  la  Piazza  di 
Termini,  ed  i  viali  della  villa  coperti  di 
tende,  come  si  pratica  nella  pontificia  pro- 
cessione del  Corpus  Domini,  recitando 
tutti  le  litanie  de'  santi,  seguita  dalle 
guardie  palatine,  dalle  milizie  e  dal  po- 
polo. Il  Papa  talvolta  celebrava  la  mes- 
sa nella  detta  cbiesa,  ricevuto  alla  porta 
dal  cardinal  litolare,  che  gli  offriva  l'a- 
spersorio e  poi  gli  somministrava  il  mari- 
tile nelle  lavande  delle  mani  :  alla  pro- 
cessione v'incedeva  con  mozzelta  di  la- 
na, stola  e  camauro,  con  la  corona  e  il  li- 
bro delle  litanie  e  preci  in  mano,  ed  i  car- 
dinali con  abito  paonazzo.  Alla  metà  del 
cammino  si  staccava  il  cardinale  arcipre- 
te di  s.  Maria  Maggiore,  per  ricevervi  il 
Pontefice,  sulla  porta  dandogli  a  baciare 
il  Crocefisso,  mentre  il  Papa  era  genu- 
flesso sopra  un  cuscino,  indi  gli  presen- 
tava l'aspersorio  e  l'incensava  tre  volte, 
Di  tutte  queste  processioni,  come  di  altre 
che  si  fecero  per  pubbliche  calamità,  e 
del  ceremoniale,  ne  tenni  proposito  nei 
voi.  Vili,  p.  2 1 o,  XXXI,  p.  1 26  e  seg. 
Di  quelle  che  traversarono  la  detta  villa 
da  Clemente  IX  nel  1667  all'ultima  di 
Pio  VI  nel  1779,  ne  riporta  ancora  le 
notizie  il  principe  Massimo:  Notiziedella 
villa  Alassimo.  Nel  voi.  XXV,  p.  20,  ed 
a  Pokte  Rotto,  parlai  della  magnifica 
processione  seguita  sotto  Clemente  Vili, 
coll'intervenlo  del  s.  collegio, per  la  tras- 
lazione de'  corpi  de' ss.  Proto  e  Giacinto 
nella  chiesa  di  s.  Giovanni  de'fiorenlini. 
Narra  Adami,  Osserv.  per  regolare  1/ co- 
ro della  cap.  pont.  p.  73,  che  Innocen- 
zo  XI  nel  1678  per  implorare  dalla  di- 
vina pietà  l'aiuto  pei  bisogni  di  s.  Chiesa 
e  pace  tra'principi  cristiani,  fece  fare  nel- 
la 2.'1  festa  di  Pentecoste  una  solenne  pro- 
cessione di  tutto  il  clero  secolare  e  rego- 


PRO  2G7 

lare,  dalla  basilica  Vaticana  alla  chiesa 
di  s.  Spirito  in  Sassia, intervenendovi  do- 
po aver  celebralo  la  messa  nel  coro  dei 
canonici,  concedendo  Indulgenza  piena* 
ria  {V.)  in  forma  di  giubileo,  e  così  se- 
guitò ogni  anno  del  suo  pontificato,  on- 
de l'imitarono  diversi  de'suoi  successo- 
ri. In  questa  funzione  il  Papa  celebrava 
messa  bassa  alla  presenza  del  s.  collegio; 
all'offertorio  i  cantori  pontificii  cantava- 
no il  mottetto  Exullate  Deo,  a  due  cori, 
del  Palestrina,  cioè  dopoché  il  Papaavea 
detto:  Dominus  vohiscum  e  1'  Oremus. 
Si  diceva  ancora  un  altro  mottetto  nel- 
l'Elevazione. Terminatala  messa,  i  can- 
tori si  portavano  all'altare  papale,  ov'e- 
ra  esposto  il  ss.  Sagramento.  Venuto  il 
Papa  coi  cardinali,  due  soprani  davano 
principio  all'antifona:  Sancta  Maria,  et 
omnes  sancti,  e  poi  alle  litanie  maggio- 
ri ;  e  dopo  Sancta  Maria  ora  prò  nobis, 
cominciavano  i  cantori  a  defilare  due  a 
due  appresso  i  camerieri  segreti.  Giun- 
to il  Papa  alla  chiesa  di  s.  Spirito,  i  can- 
tori terminavano  Yv\\\a\oKyrie\Ir.), do- 
po del  quale  il  Papa  intonava  il  Pater 
noster.  Seguiva  il  canto  del  salino,  la  re- 
cita de'  versetti  che  faceva  il  Papa,  cui 
rispondevano  i  cantori  e  in  fine  dell'ora- 
zione rispondevano  Amen.  Detto  da  due 
soprani  il  verso,  Exaudiat  nosec.  R.  Et 
eustodìatnos  ec.,il  Papa  diceva:  \.  Sit 
nomen  Domini  benedictum.  Rj.  Ex  hoc 
mine,  et  usaue  in  saeculum.  yty.  Adjulo- 
rium  nostrum  in  nomine  Domini.  R>.  Qui 
jecil  coelum,  et  terram,  e  data  la  bene- 
dizione, i  cantori  rispondevano  Amen, 
terminandosi  la  funzione.  Non  interve- 
nendo il  Papa,  il  cardinale  più  degno  fa- 
ceva egual  funzione.  Clemente  XI  fece 
molte  processioni,  con  indulgenza  plena- 
ria, che  riportai  ne'  voi.  Vili  ,  p.  21  r, 
XXXI,  p.  128,  per  tutli  que'molivi  che 
ivi  narrai.  Le  celebrò  pure  pei  terremoti 
del  1703  e  1 705  con  abito  di  penitenza, 
dalla  chiesa  dt  s.  Maria  in  Trastevere  a 
s.  Pietro,  ordinando  quel  digiuno  nella 
vigilia  della  Purificazione ,  e  quel    Te 


2G8  PRO 

Deurn  dopo  la  messa  della  cappella  pon- 
tificia che  tuttora  si  osserva,  come  indi- 
cai nel  voi.  Vili,  p.  267,  e  siccome  il  vo- 
to della  vigilia  per  Roma  erasi  termina- 
to nel  i8o3,  Pio  VII  lo  rinnovò  in  per- 
petuo. Altra  processione  fece  Clemente 
XI  alla  basilica  Vaticana,  prima  di  con- 
dannar le  opere  di  Qttesnello.  Altra  nel 
i  709  dalia  chiesa  della  Minerva  a  s.  Pie- 
tro per  l'occupazione  di  Cotnacchio,  col- 
l' immagine  acheropila  del  ss.  Salvato- 
re, che  fece  esporre  nella  basilica  per  8 
giorni,  dopoi  quali  con  altra  solenne  pro- 
cessione si  portò  alla  basilica  Laleranen- 
se  e  dopo  restituì  la  sagra  immagine  al 
santuario  delle  Scale  sanie.  Chiapponi, 
Ada  canonìz.,  descrive  alcune  processio- 
ni, Processìo  seti  supplicatici  generalis, 
di  Clemente  XI,  quella  per  la  canoniz- 
zazione da  lui  celebrata;  quelle  cogli  sten- 
dardi, Vexdli,  de'  nuovi  beali  canoniz- 
zali; quella  a  s.  Spirito, in  cui  il  cardinale 
prete  più  anziano  sulla  porta  della  chie- 
sa die  a  baciar  la  croce  o  Crocefisso  al 
Papa,  presentò  l'aspersorio  e  fece  porre 
l'incenso  nell'incensiere  per  incensarlo 
(inoltre  il  detto i.°  prete  suppliva  pei  ti- 
tolari o  altri  cardinali  superiori  di  chie- 
se non  presenti);  quelle  delle  Litanie  mag» 
gioii  e  delle  Litanie  minori  o  legazio- 
ni. Le  processioni  di  Benedetto  XIII  le 
notai  a  Giubilei,  che  cambiò  il  rito  di 
andare  a  s.  Maria  Maggiore,  recandosi 
dalla  chiesa  della  Minerva  del  sud  onli- 
ne de'predicatori  a  quella  de'fìlippini  co- 
me divotissiino  di  s.Filippo;  lo  variò  pu- 
re nella  processione  del  Corpus  Domini, 
incui  a  piedi  volle  portare  il  Santissimo, 
ad  esempio  di  altri  predecessori:  nel  1  724 
col  rosario  e  appoggiato  al  suo  baston- 
cello, segui  la  solenne  processione  che  per 
la  festa  del  ss.  Rosario  (T'.)  celebrano  i 
domenicani  nella  chiesa  di  s.  Maria  so- 
pra Minerva.  Nel  voi.  LUI,  p.  2 1  dichia- 
rai la  disposizione  di  Benedetto  XIV  per 
celebrare  solennemenle  Voltavano  de'ss. 
Pietro  e  Paolo,  la  mattina  dai  Prelatizi7'.) 
con  cappelle,  nelle  ore  pomeridiane  dal- 


PRO 

le  Confraternite {V '.)cou  processioni  nel- 
le diverse  chiese  in  cui  sono  le  loro  me- 
morie :  le  processioni  fatte  alle  mede- 
sime nel  1844  'e  descrive  il  n.°  5j  del 
Diario  di  Roma.  Delle  processioni  fatte 
da  LeoneXII  nell'anno  santo  senza^c^r- 
pc(fr.)e  coi  soli  Sandali  (^.), ne  parlai 
nel  voi.  II,  p.  i43  e  i44-  Quelle  fatte  da 
Gregorio  XVI  per  la  pestilenza  del  cho- 
lera  coll'immaginedi  s.  Maria  Maggiore, 
le  notai  nel  voi.  LII,  p.  237  ;  quelle  di 
Pio  IX,  al  suo  articolo.  Sulle  processioni 
abbiamo  :  Nic.  Sera  ri  i ,  De  sacris  eccl. 
cath.processionibus ,  Coloniae  1607.  Jac. 
Gretsero,  De  calli,  ecclesiae  processioni' 
bus  et  supplicationibus,\n«okla(ìi\  1  734. 
Nic.  Sanderi, Accelariolum  adSerarium, 
Grelscrumque,  De  ri  tu  catholicarum  pro- 
cessionimi, Ipris  1640.  Jacob.  Eveillon, 
De  processionibus  ecclcsiaslicisj  Parisiis 
1641  .Christ.  Lupi,  Dissert.  ix  de  sacris 
processionibus,  Bruxellis  1690.  Elide  du 
Pin,  Bibl.  eccl. scriptor.  1. 1 8,  p.  1 35.  Pro- 
cessionale  Anibrosianum,  aliaque  a  Li- 
perno  in  Bibl.  theol.  atipie  Euchologium 
Jac.  Goari  p.  770.  Gisb.  Voetius,  t.  3, 
Dito,  select.  p.  960,  De  variis  proces- 
sionimi generibus  Menardus  ad  Sacra- 
vientariuin  Gregorii  M.  p.  1  77.  M.  Va- 
tar,  Des  processions  de  l'Eglise,  des  leurs 
antiqiiilez,  ulilitez,  et  des  manieres  dey 
bien  assister,  Paris  1705.  Catalani,  Ri- 
tuali Roni.:  Ritus  eccl.  rom.  in  processio- 
nibus sacris,  t.  2,  p.  i5o.  Paoli  M.  Quar- 
ti, Diga  aelherea  de  processionibus  ec- 
clesiaslicis,  de  Lilaniis  sanclorum,  de  sa- 
cris benediclionibus ,  Venetiis  1 665  et 
Coloniae  1672.  Sarnclli,  Lett.  eccl.  t.  5, 
lett.  1  1  :  Processioni  sono  come  sagre  spe- 
dizioni :  Che  una  confraternita  debba  a- 
vere  l'insegne  diverse  dalle  allre.  Sallu- 
sti,  Storia  delle  missioni  t.  1,  p.  8 1  e  seg.: 
Delle  pubbliche  processioni  di  Genova. 
Diclich,  Diz,  sacro -liturgico  :  Delle  pro- 
cessioni e  loro  regole  generali. 

PROCESSO  e  MARTINI  ANO  (ss.), 
martiri.  Erano  nel  numero  di  quelli  che 
abbracciarono  il  cristianesimo  per  la  pie- 


PRO 

dicazione  di  s.  Pietro  e  di  s.  Paolo.  Se- 
condo 1'  autore  de'  loro  atti ,  essi  erano 
guardiani  del  carcere  Mamertino  ,  ove  i 
due  apostoli  gl'istruirono  e  battezzarono 
mentre  vi  stavano  rinchiusi.  Anch'  essi 
suggellarono  la  loro  fede  col  martirio,  che 
subirono  sotto  Nerone,  non  molto  tempo 
dopo  dei  gloriosi  loro  maestri.  S.  Grego- 
rio I  il  Grande  neh'  omelia  intorno  alla 
loro  festa,  che  recitò  in  una  chiesa  ove  ri- 
posavano i  loro  corpi,  dice  che  a  quelle 
tombe  gli  ammalati  ricevevano  la  salute, 
gli  energumeni  erano  liberati,  egli  sper- 
giuri tormentati  da'  demoni.  Caduta  in 
rovina  quella  chiesa,  il  Papa  Pasquale  I 
trasferì  le  reliquie  dei  due  martiri  in  quel- 
la di  s.  Pietro  sul  monte  Vaticano.  11  lo- 
ro nome  si  legge  nei  più  antichi  marti- 
rologi, e  sono  onorati  il  giorno  2  di  luglio. 
A  Chiesa  di  s.  Pietro  in  Vaticano  par- 
lai della  sontuosa  cappella  che  ivi  è  loro 
dedicata. 

PROCLO  (s.),  arcivescovo  di  Costan- 
tinopoli. Nacque  a  Costantinopoli  ed  an- 
cora assai  giovine  fu  fatto  lettore  di  quella 
chiesa.  Si  dedicò  con  ardore  agli  studi  e 
fu  per  qualche  tempo  discepolo  di  s.  Gio. 
Crisostomo,  che  Io  unì  a  se  in  uflìzio  di 
segretario.  Successivamente  fu  elevato  al 
diaconato  e  al  sacerdozio.  Sisinnio  arci- 
vescovo di  Costantinopoli  l'ordinò  arci- 
vescovo di  Cizico  metropoli  dell'Ellespon- 
to; ma  questa  ordinazione  essendo  stata 
senza  effetto  per  l'opposizione  di  que'di 
Cizico  ,  Proclo  rimase  a  Costantinopoli, 
dove  si  acquistò  grande  riputazione  col- 
le sue  predicazioni.  Eletto  Nestorio  alla 
sede  di  Costantinopoli,  cominciò  sparge- 
re a  poco  a  poco  i  suoi  errori,  cui  Pro- 
clo non  temè  di  combattere  pubblicamen- 
te in  di  lui  presenza.  Nestorio  fu  deposto 
nel  43 1;  gli  successe  Massimiano  che  mo- 
rì tre  anni  dopo,  ed  allora  fu  eletto  Proclo. 
Governò  con  bontà  e  dolcezza,  e  visse  in 
perfetta  unione  col  Papa,  con  s.  Cirillo 
d'Alessandria econ  Giovannid' Antiochia. 
I  vescovi  armeni  lo  consultarono  circa  la 
dottrina  e  gli  scritti  di  Teodoro  vescovo 


PRO  269 

di  Mopstiestia  ,  e  la  risposta  che  diede 
loro  nel  436,  è  la  più  celebre  delle  sue  o- 
pere.  Egli  vi  condanna  la  dottrina  di  cui 
si  trattava,  come  favoreggiante  il  nesto- 
nanismo ,  e  spiega  quella  della  Chiesa 
sopra  l'Incarnazione,  esortandogli  arme- 
ni a  seguire  la  dottrina  di  s.  Basilio  e  di 
s.  Gregorio  Nazianzeno.  Nel  terremoto 
che  aftlisse  diverse  contrade  dell'oriente 
nel  44?>  s-  Proclo  seguì  i  suoi  diocesani, 
che  avendo  abbandonato  Costantinopoli, 
erravano  qua  e  là  ne'campi;  li  consolava 
ed  esortavali  ad  implorare  la  divina  mi- 
sericordia, col  ripetere  il  Trisagio  (?'.). 
Morì  a'24  ottobre  dello  stesso  anno 447> 
nel  qual  giorno  si  celebra  la  sua  festa  , 
essendo  nominato  nei  menologi  de'greci 
e  nel  calendario  moscovita.  Dalle  opere 
che  ci  restano  di  s.  Proclo  si  vede  che 
i  suoi  lumi  erano  eguali  al  suo  zelo.  Le 
sue  lettere  hanno  per  oggetto  precipuo 
le  questioni  che  insorsero  al  suo  tempo 
sopra  l'Incarnazione.  Alcunedellesue  o- 
melie,  che  abbiamo  in  numerodi  20,  so- 
no un  elogio  della  B.  Vergine,  e  vi  si  pro- 
va che  le  viene  dato  a  giusta  ragione  il 
titolo  di  Madre  di  Dio;  le  altre  trattano 
in  gran  parte  dei  misteri  di  Gesù  Cristo, 
e  contengono  delle  istruzioni  sulle  prin- 
cipali feste  dell'anno.  Gli  orientali  attri- 
buiscono a  s.  Proclo  V  ultima  revisione 
della  liturgia  di  s.  Gio.  Crisostomo  o  del- 
la chiesa  di  Costantinopoli,  e  quella  di  s. 
Giacomo  o  della  chiesa  di  Gerusalemme. 

PROCONSOLE.  F.  Pbomncia. 

PROCOPIO  (s.),  martire  in  Palestina. 
Nato  in  Gerusalemme,  si  ritirò  a  Belhsan 
o  Scitopoli,  ove  fu  ordinato  lettore  ed  e- 
sorcista.  Visse  in  una  perfetta  castità  e 
nella  pratica  delle  più  grandi  austerità  , 
cibandosi  di  solo  pane  ed  acqua,  e  passa- 
va anche  due  o  tre  giorni  senza  mangia- 
re. Possedeva  perfettamente  la  scienza  dei 
greci,  ma  era  ancor  più  versato  nella  co- 
gnizione dei  libri  santi ,  colla  lettura  e 
meditazione  de'quali  nudriva  e  rafforza- 
va l'anima  sua.  Giunti  in  Palestina  gli 
editti  di  Diocleziano  contro  i  cristiani , 


270  P  I  o 

nell'aprile  del  3o3,  s.  Procopio  fu  il  pri- 
mo fedele  di  quella  contrada  che  versò 
il  sangue  per  Gesù  Cristo.  Arrestato  a 
Belhsan  e  condotto  a  Cesarea  con  molti 
altri  cristiani^  fu  da  Paolino  governato- 
re della  provincia  condannalo  ad  essere 
decapitato.  S.  Procopio  è  onorato  dai  gre- 
ci col  titolo  di  gran  marlire,e\a  sua  fe- 
sta si  celebra  il  giorno  8  di  luglio. 

PROCOPIO,  Cardinale.  Prete  del  ti- 
tolo di  s.  Ciriaco,  fiori  nel  743  sotto  Pa- 
pa s.  Zaccaria. 

PROCURATORI  di  Collegio  del  sa- 
grò  palazzo  apostolico,  Sacri  palalii 
apostolici  causarum  e  collegio  patroni. 
JVJorcelli  chiama  il  curiale  o  procuratore 
di  collegio,  di  palazzo  in  Roma,  Palronus 
decurialis  sacri  palatii;  il  procuratore, 
iVoc-Mrafor.Collegioantichissimo,  rispet- 
tabile e  illustre,  composto  di  24  indivi- 
dui presi  dal  fiore  de' difensori  e  procu- 
ratori del  sagro  Tribunale  della  rota  ro- 
mana^.). Il  seniore  di  essi  ha  il  titolo  di 
decano.  Gode  molte  e  distinte  prerogative 
e  privilegi,  fra'quali  la  libertà  di  sceglie- 
re esclusivamente  fra' procuratori  rotali, 
quelli  chegiudica  meritevoli  di  rimpiazza- 
re i  posti  vacanti; l'onored'intervenireedi 
siedere  nelle  Cappelle  pontificie,  al  quale 
articolo  riportai  tuttociò  che  li  riguarda 
nelle  sagre  funzioni  e  processioni  cui  ce- 
lebra o  assiste  il  Papa,  con  abito  decoroso 
di  cappa  spiegata  e  nera  (non  paonazza 
come  si  legge  a  p.  26  del  Commentario 
sulla  processione  del  ss.  Sagramento  ), 
che  descrissi  nel  voi.  Vili,  p.  92,  oltre 
la  fascia  e  berretta  ecclesiastica.  La  cappa 
fuori  delle  cappelle  pontificie  non  si  spie- 
ga, ponendosi  sulle  spalle  come  una  man- 
tella, ciò  i  procuratori  praticano  nella  fe- 
sta di  s.  Michele,  e  in  altri  luoghi  e  circo- 
stanze,  come  ne'loro  funerali,  ed  in  quel- 
li degli  uditori  di  rota  cui  intervengono, 
ciò  che  notai  nel  voi.  XXVIII,  p.  68; 
laonde  si  suol  dire  cappa  rivolta,  la  cap- 
pa non  ispiegata.  Sempre  il  collegio  eb- 
be impegno  co'suoi  suffragi  di  eleggere 
procuratori  rotali  idonei  e  chiari  per  vii- 


PRO 

tu  morali  e  religiose,  nell'onesto  eserci- 
zio del  loro  nobile,  importante  e  geloso 
uffizio,  ed  insieme  periti  nella  giurispru- 
denza, onde  riuscire  decorosamente  nel- 
l'esperimento legale  che  si  fa  innanzi  al 
prelatodecanodcgli  Vditoridi  rola(fr.), 
ed  aumentare  il  lustro  del  ceto.  A  mag- 
gior chiarezza  delle  mieerudite  ricerche, 
premetterò  quanto  del  collegio  scrisse 
l'autore  (Villetti  nel  1781)  della  Pratica 
della  curia  romana  t  opera  ristampata 
con  osservazioni  alle  seguite  variazioni 
nel  1 8 1 5,  t.  2,  cap.  2  :  Della  sacra  Rota. 
»  Questo  tribunale  della  rota  ha  pure  i 
suoi  curiali,  che  si  chiamano  Sacri  pa- 
latii apostolici  causarum  patroni,  dei 
quali  però  non  è  prefisso  il  numero,  ma 
si  ammettono  ad  arbitrio  del  tribunale 
previo  examme avanti  mg.r decano  e  due 
de'curiali  di  collegio;  e  questa  ammissio- 
ne si  fa  ogni  5  o  6  anni.  Questi  soli  cu- 
riali così  approvati,  de'quali  se  ne  stam- 
pa l'elenco,  possono  scrivere  nelle  cause 
che  si  trattano  in  rota.  Dal  ceto  di  que- 
sti curiali  se  ne  scelgono  24,iquali  si  chia- 
mano Curiali  di  collegio,  e  godono  gli 
onori  e  prerogative  che  competono  agli 
avvocati.  Hanno  inoltre  l'uso  della  fascia 
e  berretta,  ed  ascendono  alle  cariche  di 
commissario  gerierale  della  r.  camera  e 
di  sostituti  commissari  per  ohilum  di  da- 
teria, presidente  della  segreteria  de'mon- 
ti  (luoghi),  e  fiscale  della  rev.  fabbrica 
di  s.  Pietro  in  vigore  di  una  costituzio- 
ne di  Clemente  XIII,  e  questo  numero 
de'curiali  di  collegio,  quando  si  trova 
mancante,  si  riempie  a  scelta  del  collegio 
medesimo.  Gli  avvocati  possono  scrivere 
in  questo  tribunale,  e  chi  vorrà  mettersi 
in  avvocatura  basterà  che  abbia  il  pri- 
vilegio del  dottorato,  faccia  un  memo- 
riale a  mg.1'  decano  della  rota,  e  se  non 
è  del  ceto  de'curiali  rotali,  allora  sotto- 
scriverà una  scrittura  come  curiale,  ed 
il  giorno  dell'informazione  si  presenti  a 
tutti  gli  uditori  di  rota,  pregandoli  a  vo- 
lergli permettere  di  esercitare  l'avvoca- 
tura". I  curiali  o  procuratori  rotali,  ed 


PRO 

i  procuratori  di  collegio  intervengono  a 
quella  pompa  chiamala,  Cavalcata  de- 
gli uditori  della  s.  Rota  romana  (V.)  , 
per  la  riapertura  del  tribunale,  inceden- 
dovi al  modo  che  ivi  descrissi,  tanto  del- 
l'antiche cavalcate,  insieme  a  quanto  ora 
praticasi.  Del  nobilissimo  e  gravissimo, 
dignitoso  e  paterno  officio  di  avvocalo, 
di  difensore,  di  patrocinatore,  parlai  in 
molti  articoli  e  particolarmente  a  Curia 
romana,  Avvocati  concistoriali,  Difen- 
sori, Difensori  della  chiesa  romana, Po- 
vero, Giurisprudenza,  Legge,  Diritto, 
Tribunali.  Si  chiama  procuratore  colui 
il  quale  è  incaricato  della  procura  di  un 
altro,  e  che  traila  in  suo  nome,  Actor: 
neli835ein  7  voi.  Carlo  Chiappini  pub- 
blicò in  Macerata,  //  Procura  tote.  Quin- 
di procuratore  ad  negolia  dicesi  quello 
cui  si  dà  procura  per  trattare  gli  all'ari 
0  negoziare:  procuratore  ad lites  quegli 
che  ha  procura  per  difendere  le  cause  dei 
clienti  in  giudizio,  le  cui  funzionigli  ven- 
gono attribuite  per  decreto  giudiziario. 
Il  procuratore  ad  lites,  rappresentando  i 
clienti,  è  incaricalo  e  responsabile  deci- 
toli e  documenti  che  gli  sono  affidati,  di 
stendere  gli  atli  nelle  debite  forme  per 
la  regolarità,  l'ordine  giudiziario,e  di  por- 
re le  liti  in  istalo  da  poter  essere  giudi- 
cate. Può  il  procuratore  ad  lites  difen- 
dere le  cause  tanto  verbalmente,  che  per 
iscritto,  purché  ne  sia  espressamente  au- 
torizzalo, il  chealtribuisceal  procuratore 
ad  lites  anche  le  funzioni  di  avvocato; 
di  modo  che  può  patrocinare  ogni  que- 
stione di  diritto,  o  di  formatila  senza  il 
ministero  dell'avvocato;  ma  questi  non 
può  dispensarsi  dal  ministero  del  procu- 
ratore ail  lites  perchè  incaricato  di  rap- 
presentare le  parti  esclusivamente  a  qua- 
lunque altro.  Vermiglioli,  Lezioni  di  di- 
ritto  canonico  t.  1,  lez.  38  :  Dei  procu- 
ratori, li  dichiara  differenti  dagli  avvo- 
cati, mentre  quelli  non  fanno  che  assi- 
stere la  persona  e  scrivono  in  diritto, 
quando  i  procuratori  sono  quelli  che  as- 
sumono in  sé  la  causa  e  la  mutano  sulla 


PPiO  271 

norma  della  prassi  giudiziaria,  quando 
sono  procuratori  alle  liti,  per  cui  i  pro- 
curatori altri  sono  quelli  che  vengono  co- 
stituiti pegli  affari,  altri  alle  liti,  e  questi 
diconsi  difensori j  generalmente  il  pro- 
curatore da  Cicerone  fu  detto  Sicario 
dell'altrui  diritto.  Aggiunge,  che  secondo 
l'antico  diritto  non  poteva  giudizialmen- 
te agirsi  che  per  sé  stesso  e  in  propria 
persona  e  non  per  altri,  mentre  nessuno 
ordinariamente  poteva  agire  per  altri, 
perchè  l'agire  essendo  atto  civile  e  legit- 
timo, questo  richiede  il  principale,  e  sic- 
come l'azione  è  un  diritto  di  agire  in  giu- 
dizio per  a  ver  quello  che  si  compete  al  pe- 
tente, così  essendo  un  altro  chechiede  non 
chiederebbe  per  sé,  ma  per  altri.  Da  que- 
sta regola  dice  ch'erano  eccetluate  le  cau- 
se che  riguardavano  il  popolo,  la  liber- 
tà, la  lutela,  ed  in  forza  della  legge  Osti- 
lia  pei  furti  che  si  commettevano  contro 
quelli  ch'erano  presso  i  nemici  o  assenti 
pel  pubblico  servizio,  per  le  quali  perso- 
ne ognuno  che  poteva  stare  in  giudizio 
poteva  soltanto  agire,  attesa  la  difficoltà 
che  tulio  il  popolo  potesse  convocarsi  a 
trattar  le  loro  cause,  ed  anche  per  que- 
sto non  distrarre  da  tante  opere  che  ta- 
ceva a  pubblico  vantaggio,  pel  comodo 
d'agire  per  urgenza  e  per  togliere  la  con- 
fusione che  ne  sarebbe  avvenuta.  Quin- 
di Vermiglioli  passa  a  fare  la  dislinzio- 
nesulle  diverse  specie  de'procuratori,  fra 
i  quali  annovera  gli  apocrisari  o  Nunzi 
(}'.),  avvertendo  però  che  il  nunzio  ese- 
guisce soltanto  e  manifesta  il  semplice  e 
nudo  fatto,  come  organo  che  annunzia 
ed  eslerna  la  volontà  del  committente. 
Dichiara  in  fine,  non  convenire  agli  ec- 
clesiastici fare  da  procuratori, per  le  ra- 
gioni che  si  adducono  dal  3.°  concilio  di 
Cartagine,  meno  che  pegli  affari  della 
Chiesa,  di  misere  persone  e  per  loro  stes- 
si, se  non  avessero  congruo  patrimonio, 
o  ecclesiastico  benefìcio  bastante  per  de- 
corosamente sostentarsi.  Ecco  il  canone 
del  concilio:  »  Ut  episcopi,  et  presby te- 
ri ,  et  diaconi ,  vel  clerici  non  sint  con- 


272  PRO 

ductores,  neque  procuratores  privato- 
rum,  neque  ullo  turpi.,  vel  inhonesto  ne- 
gotio  victumquaerant  quia  respicere  de- 
bent  quia  scriptum  est:  Nemo  militari 
Deo  implìcetse  negotiis  saecularibus  " . 
Potrà  bensì  l'ecclesiastico  far  l'avvocato 
ne'tribunali  ecclesiastici,  scrivendo  solo 
in  diritto.  Delle  diverse  specie  de'procu- 
ratori  eavvocali  della  curia  romana  trat- 
tano ancora:  Cohellio,  Notilia  Cardino.- 
latus,  etdepraecipuis  romanaeaulae  of- 
ficialibus  j  Plettenberg,  Notilia  Congre- 
gationum,el  Tribunalium  Curiaeroma- 
naej  Manzi,  De  advocatis,  procuratori- 
bus ,  defensor/bus  età;  Golini,  Deprocu- 
raloribusj  Costantini,  De  officio  procu- 
ratoris  fiscalis,  del  quale  parlai  a  Fisco. 
L'origine  de'procuratori  di  collegio  ri- 
sale al  pontificato  d1 Innocenzo  II  [V.) 
del  1  i3o,  dicendosi  nel  breve  apostoli- 
co Superni:  Nani  ree.  me.  Innocentini 
II,  qui  in  liane  apostolicam  sederti  an- 
no Domini  1  i3o  invitta  assumptus  est, 
annuum  stipendium,  sivehonorariumju- 
dicibus  (F.  Gitroicie  il  vol.XLVI,p.  1 1 3), 
advocalis,  vel  patronis  romanae  Urbis, 
de  Camera  sua  constituisse  traditur  eo- 
rum  fide  solemni  j tiramento  adstricta  in 
haec  verba.  «Ego  etc.  juro,  quod  ab  bac 
bora  in antea  piacila,  vel  negolia  romano- 
rum,  in  quibus  advocalus  ero,  vel  patro- 
nns,  romanos  maliliose  non  impugnabo, 
■vel  defendam,  sedpro  conscientia  a  Deo 
milii  praestita  secundum  conslituliones, 
et  leges,  ac  bonos  mores  ea  tractabo;  et 
postquam  justitia  de  iisdem  causisame 
cognita  fuerit,  si  requisitus  fuero,  judi- 
cibus  patefaciam;  et  eis  in  ipso  judicio 
assensum  meum  adliibebo;  pretium  ex- 
inde  non  accipiam,  uec  per  me,  nec  per 
inlerpositam  personam  suscipi  permit- 
Udì;  et  si  susceptum  fuerit,  postquam 
sci  vero,  infra  quindecim  dies  illud  reddi 
faciali)  ;  et  patrocinium  meum  alieni  ba- 
lenìi causanti, si  ab  eorogatus  fuero,  ma- 
Io  studio  non  negabo".  Questo  giuramen- 
to si  prestava  sotto  Innocenzo  II  anebe 
dai  giudici  e  avvocali  della  corte  roma- 


PRO 
ria;  ne  riporta  l'intiera  fòrmola  Piazza, 
Eusevologio  romano,lval.  3,cap. 5, laon- 
de riporterò  quanto  ommise il  breve,  do- 
po la  parola  negabo.  »  Salvisbeneficiis, 
quae  babemus  ab  ecclesiis,  vel  aliis;  et 
exceptis  sententiis  valentibus  duodecim 
denarios  quae  gratis,  et  sine  exceptione 
nobisofferuntur;  baec  omnia  observabo 
bona  fide,  sine  fraude,  et  malo  ingeuio, 
quamdiu  Papa  Innocentius,  vel  succes- 
soribus  suis  centum  libras  valentem,  de- 
nariorum  Papalium,  nobis  advocatis,  et 
judicibus  annis  singulis  solvere  perseve- 
rabnnt  ".  In  conferma  ebe  il  collegio  dei 
procuratori  ripete  il  suo  principio  da  In- 
nocenzo II,  o  almeno  gli  diede  una  specie 
di  forma  di  corporazione,  leggo  nel  n.  1 1 9 
dell'officiale  Giornale,  di  Roma  i 85o,  ebe 
il  ceto  de'procuratori  di  collegio  volendo 
felicitare  il  ritorno  alla  sua  sede  del  re- 
gnante/,/o/^L(F.),mg.vAngeloM.,,  Van- 
nini (attuale  commissario  generale  della 
rev.  cani,  ap.),  decano  del  collegio,  ac- 
compagnato dagli  altri  componenti  lo 
slesso  collegio,  gli  significò  con  acconce 
parole  i  sentimenti  di  singoiar  attacca- 
mento verso  la  s.  Sede  onde  il  collegio  dei 
procuratori  erasi  sempre  distinto,  ram- 
mentando la  sua  antiebissima  istituzio- 
ne, ed  i  benigni  riguardi  avuti  da  In- 
nocenzo li.  In  pari  tempo  il  prelato  de- 
cano partecipò  al  Papa  come  il  collegio, 
giusta  il  diritto  ebe  ne  ba  dalle  sue  co- 
stituzioni, avesse  nominati  altri  8  a  com- 
pletare il  numero  di  24  di  cui  esso  col- 
legio si  compone,avendo  in  vista  di  pre- 
scegliere tra ''curiali  rotali  persone  non 
meno  meritevoli  per  dottrina  e  onestà 
che  per  provata  fedeltà  alla  causa  del  Pa- 
pato, onde  la  curia  romana  e  segnata- 
mente il  collegio  de'  procuratori  ebbe  in 
ogni  tempo  a  segnalarsi.  Il  santo  Padre 
corrispose  con  parole  amorevoli,  e  si  de- 
gnò mostrare  gradimento.  Nel  citato  bre- 
ve, e  come  indicai  nel  voi.  XIX,  p.  3o  e 
33,  inoltre  è  dello,  che  nel  1 54 8  Paolo 
III  per  dimostrare  l'animo  suo  alle  be- 
nemerenze del  collegio,  con  lettera  apo- 


PRO 

stolica  in  forma  di  breve,  gli  concesse  luo- 
go nelle  cappelle  pontificie  e  nelle  pub- 
bliche processioni, dopo  gli  avvocati  con- 
cistoriali. Qui  noterò,  che  antichissimo 
è  simile  intervento  degli  avvocati  e  per- 
sone di  curia,  massime  i  curiali  e  giudici 
palatini  (anche  alla  Elezione  de  Papi), 
alle  pontifìcie  funzioni,  come  descrissi  nei 
citati  e  altri  articoli,  avendo  ricordato  a 
Curia  gl'intervenliallecavalcatepei  Pos- 
sessi, ne'quali  ricevevano  il  Presbiterio 
(Z7.).  Nel  1601  fu  pubblicato  in  Roma 
l' importante  Trattato  delle  opere  pie  di 
Roma,  di  Fanucci,  sul  quale  io  e  chi  mi 
precedette  studiammo.  Nel  cap.  3  del  lib. 
i  :  Del  collegio  de' procura  lori  delle  cau- 
se, si  apprende.  Che  dopo  gli  uditori  di 
rota  e  notali  del  sagro  palazzo,  e  gli  av- 
vocali concistoriali  con  bell'ordine  fu  po- 
sto il  collegio  de'  procuratori  delle  cau- 
se, ordinato  nel  i  34o  (in  Avignone)  da 
Benedetto  XII  insieme  con  quello  degli 
avvocati  concistoriali.  Avere  una  bella 
cappella  sotto  l'invocazione  di  s.  Miche- 
le arcangelo  suo  protettore  {coelestìs  fu- 
stiliae ministri,  dicono  gli  Stallila  del  col- 
legio), nella  Chiesa  di  s.  Eustachio  (F.)3 
dal  collegio  fornita  d'ornamenti  e  sagri 
paramenti  necessari,  con  cappellano  che 
continuamente  vi  celebra  la  messa.  Nel- 
la festa  di  s.  Michele  si  cantava  la  messa 
e  il  vespero  solennemente  e  con  musica, 
avendo  fatto  un  bell'apparato.  Celebra- 
vano ancora  la  festa  di  s.  Lorenzo  mar- 
tire nella  chiesa  di  s.  Lorenzolo  in  Bor- 
go {de'Scolopi,  Fedi), a\\a  quale  interve- 
nivano quasi  tutti  collegialmente.  Avea- 
no  il  luogo  del  loro  collegio  nella  Riton- 
da (o  Chiesa  di  s.  Maria  ad  Martyres 
o  Pantheon,  Fedi)j  e  quando  vacava  l'ar- 
cipretato  della  medesima,  erano  soliti  a- 
verneil  giuspatronatoe  la  presentazione. 
Morendo  alcuno  del  collegio  l'accompa- 
gnavano alla  sepoltura  e  dentro  l'oliava 
gli  celebravano  l'uffizio  de'defunti,e  nel- 
la commemorazione  di  questi  un  anni- 
versario generale  per  le  anime  de'colle- 
ghi  trapassati.  Difendevano  le  cause  e  liti 
VOL.  tv. 


PRO  273 

de'poveri  senza  alcun  premio,ma  solo  per 
carità  e  per  amor  di  Dio.  In  ciò  teneva- 
no quest'ordine.  Imbossolavano  le  poliz- 
ze coi  nomi  e  cognomi  de' collegiali,  e 
quello  che  ne  usciva  dovea  prendere  con 
pietà,  gran  cura  e  diligenza  la  difesa  di 
quel  povero  che  avea  implorato  il  patro- 
cinio. Qualora  poi  al  povero  fosse  sospet- 
to l'uscito  a  sorte  o  per  qualche  giusta 
ragione  non  ne  avesse  piena  fiducia,  se 
n'estraeva  altro  per  contentarlo  piena- 
mente. Renazzi,  Storia  dell'università  di 
Roma  voi.  4»  P-  4°j  come  Fanucci  riten- 
ne l'originedi  questo  antico  collegio  con- 
temporanea a  quella  degli  avvocati  con- 
cistoriali: dovea  dire  piuttosto  riordina- 
mento, necessario  dopo  il  trasferimento 
della  residenza  del  Papa  e  della  curia  in 
Avignone  (F.),  ove  rimase  in  7  pontifi- 
cati, restandone  pi  iva  Roma  dal  i3o5al 
1 3y7,  perchè  quando  i  Papi  risiedeva- 
no in  Avignone,  come  formossi  la  ma- 
tricola degli  avvocati  che  soli  potessero 
in  avvenire  perorare  in  concistoro  avanti 
al  Papa  le  cause  contenziose,  così  egual- 
mente la  matricola  si  formò  de'procura- 
tori,aiqua!i  soltanto  fosse  ivipermessodi 
proporle  e  atlitarle.  Afferma  Renazzi  che 
questa  è  l'opinione  d'alcuni,  citando  Ve- 
stri  III  prax.  e  Fanucci,  adottata  dal  car- 
dinal de  Luca,  Relal.  Rom.  Cur.  cap.  2, 
Disc.  46,  §  v,  n.°  106,  che  chiaramente 
scrisse  in  Avignone  e  nel  1 34o  da  Bene- 
detto XII  avesse  principio  il  collegio  dei 
Procuratori  concistoriali  jàoèslabilmen- 
te  eresse  in  collegio  il  ceto.  Siccome  però 
in  progresso  non  più  le  cause  contenzio- 
se (come  notai  a  Concistoro  e  Congre- 
gazioni cardinalizie,  ma  più  tardi)  agi- 
ronsi nel.  concistoro  pontifìcio,  ma  ven- 
nero dai  Papi  delegate  a  diversi  ceti  ec- 
clesiastici, addetti  al  loro  servizio,  donde 
provennero  i  tribunali  degli  uditori  di 
rota  (lo  credo  e  dimostrerò  assai  ante- 
riore) e  de  Chierici  di  Camera  (F.)  apo- 
stolica ;  perciò  non  occorrendo  ulterior- 
mente nel  concistoro  l'opera  de'procura- 
tori,  cessò  a  questi  la  primitiva  denomi- 
18 


*74  PRO 

nazione  di  concistoriali,  e  con  quella  in- 
cominciarono essi  a  designarsi  di  Piocu- 
ratori  delle  cause  del  sagro  palazzo  a- 
postolico,  cioè attitabili  ne' tribunali  eser- 
centi nel  dello  palazzo  la  cognizione  e  de- 
cisione delle  cause  contenziose,  qual  de- 
nominazione ancora  ritengono  (stampò 
l'opera  nel  i8o5). 

Inoltre  nel  breve  Superni  si  celebra 
Paolo  V  deli6o5,  il  quale  con  breve  ri- 
portato da  Costantini,  Rot.  Decis.  5 1 8, 
n.°  45  (come  quello  che  qual  membro 
di  questo  collegio  copiosamente  ne  trat- 
ta), rimarcando  essere  stalo  costante  uso, 
in  parità  di  circostanze,  di  preferire  nelle 
ammissioni  i  figli  e  nipoti  di  quelli  che 
furono  al  collegio  già  ascritti,  nell*  ap- 
provare e  confermare  gli  usi  e  gli  Stallila, 
the  avea  fatti  rivedere  al  celebre  prelato 
Gio.  Battista  Coccino  decano  degli  udi- 
tori della  romana  rota  ,  die  più  stabile 
forma  al  collegio,  che  secondo  l'espres- 
sioni di  Renazzi,  essendo  stalo  sino  allora 
recettizio,\o  rese  numerario,  delerm  ina  li- 
do che  iu  avvenire  fosse  composto  di  24 
procuratori, scelti  tra'procuratori  appro- 
vati dalla  s.  rota  più  abili  e  accredi  tati  per 
onestà,  costumatezza,  probità  e  dottrina 
nell'esercizio  di  aitila  re  e  trattare  le  cau- 
se del  foro,  dovendosi  un  riguardo  alla 
nobiltà  de'uatali.  Concesse  Paolo  V  al  col- 
legio diversi  privilegi,  ed  in  segno  delle 
prerogative  di  poter  patrocinare  le  cau- 
te nel  tribunale  della  rota,  come  di  trat- 
tare qualunque  negozio,  gli  accordò  la 
Berretta  (#\J  ecclesiastica  ed  il  mantel- 
lo. Paolo  V  encomiò  i  titoli  di  lodevoli 
benemerenze  del  collegio  nel  trattare  i 
pubblici  negozi,  la  gratuita  difesa  e  pa- 
trocinio de'po veri,  per  cui  si  meritò  dai 
predecessori  che  dal  loro  celo  si  prendes- 
te il  Commissario  generale  della  came- 
ra (  V.\  Prelato  (V.)  di  Manlellone,  il 
Prefetto  per  obititm  (P.)  della  dateria  , 
i  Luogotenenti (V.)  civili  e  del  Tribuna' 
le  del  Governo  {P-),  ed  altri  oflìci.  Os- 
serva ttenazzi  che  il  collegio  fiorì  sempre 
nella  curia  romana  per  soggetti  che  lo 


PRO 
hanno  illustrato  anche  con  opere  legali 
date  alle  stampe,  come  pure  per  le  di- 
gnità cui  furono  innalzati,eziandio avanti 
Paolo  V;  imperocché  nel  i5gg  era  sla- 
to sublimato  alcardinalalo  Domenico  To- 
sdii,  ed  io  aggiungerò  nella  biografia  che 
lo  si  voleva  acclamar  Papa.  Anche  Re- 
nazzi parla  del  privilegio  di  Paolo  111, 
dell'intervento  di  due  procuratori  colle- 
giali nelle  cappelle  papali,  e  dell'intiero 
collegio  nelle  processioni  e  altre  funzio- 
ni pubbliche,  procedendovi  dopo  gli  av- 
vocati concistoriali.  Dice  pure  che  il  col- 
legio godeva  il  gius  di  nominare  l'arci- 
preledella  chiesa  collegiata  di  s.  Maria  ad 
Marlyres.  Noterò  che  aulicamente  il  col- 
legio officiava  nella  suddetta  chiesa  di  s. 
Lorenzolo,  poi  passò  a  quella  di  s.  Maria 
ad  Marlyres:  accantoa  s.  Lorenzolo  vi  è  il 
palazzo  Serristori,  sul  quale  il  collegio  go- 
de annuo  canone,  dicesi  per  disposizione 
del  cardinal  Armellini.  L'Amydeno,  De 
pietale romana,  pubblicata  neh  625,par- 
landò  della  caritatevole  difesa  de'poveri, 
rende  il  seguente  elogio  ai  procuratori  di 
collegio:»  Praestaturetiam  juxlacaussa- 
rumdefensioabalio  longe  antiquiori  Cu- 
riaeProcuratorumins.Eustachiifundato 
collegio,  e  quo  pauperibusassigna  tur  pro- 
curatores,  qui  eorum  caussis  adsint  ini- 
mo  ipsum  sacrae  Rotae  tribunal  siquis 
pauperem  se  ostenderit  ne  ob  inopiam, 
caussam,  et  ex  ea  jus  oriens  deserei  e  co- 
gatur  eidem  procuratorem,  etadvocalus 
destinai,  ac  scriptum  abactuario  nullo 
praemio  exhibendas  decernit."  Leggo  nel 
Traclatus  s.  Rotae  del  decano  della  me- 
desima Emerix,  tit.  36:  De  Collegio  pro- 
curalorum  causarum  palatii  apostolici, 
che  prima  di  Paolo  V  si  componeva  di 
1  o,  onde  quel  Papa  l'aumentò  a  2.4,  do- 
po che  il  decano  Coccino  rivide  e  corres- 
se gli  statuti.  Che  alla  cavalcata  e  alle  ese- 
quie degli  uditori  di  rota  erano  invitati 
i  procuratori  di  collegio,  i  quali  per  la 
festa  di  s.  Michele  invitavano  gli  uditori 
e  gli  avvocati  concistoriali  nella  lorocap- 
pella.  Che  nel  1676  insorse  controversia 


PRO 

tra  i  procuratori  collegiali  e  i  procura- 
tori rotali,  circa  lo  scrivere  nel  tribuna- 
Fé,  ma  sebbene  composta  dagli  uditori 
Taja  e  Visconti  poi  si  rinnovò.  Vedasi  la 
Decis.  cor.  Moline*  24  martiix  702,  lam 
super  petilorio,  quarn  super  possessorio. 
Piazza  nella  Gerarchi a  cardinalizia  che 
pubblicò  nel  1 703  (oltre  quanto  analoga- 
mente disse  neìSanluario  romano  pub- 
blicato nel  1675 a  p.  326, e  nell' Emerolo- 
giostampatoneh7ig  ap.  607)  h  p.  854 
descrivendo  i  pregi  della  diaconia  cardi- 
nalizia di  s.  Eustachio,  dice  che  ivi  il  col- 
legio de'  procuratori  della  s.  rota  aveva 
il  giuspatronato  della  cappella  di  s.  Mi- 
chele arcangelo,  al  quale  celebrava  con 
solennità  la  festa  della  dedicazione  a'29 
settembre,  come  suo  protettore  e  difen- 
sore della  chiesa,  perchè  gli  si  attribuisce 
tenere  le  bilancie  della  giustizia  de'meriti 
e  demeriti  de'fedeli.  In  questa  cappella 
intervenivano  gli  uditori  di  rota,  gli  av- 
vocati concistoriali  e  tutti  gli  avvocali  e 
curiali  della  curia  romana,  recitandovi 
il  sermone  un  alunno  del  collegio  Naza- 
reno degli  scolopi.  Anche  Piazza  crede 
che  la  prima  origine  del  collegio  derivi 
nel  1  34o  da  Benedetto  XII,  e  che  dopo 
varie  vicende  riprese  il  suo  antico  lustro 
e  splendore  per  Paolo  V,  il  quale  sliman  - 
dolo  molto  utile  al  pubblico  e  di  decoro 
alla  romana  curia,  gli  die  nuove  regole 
e  statuti,  e  acciocché  fosse  più  cospicuo 
lo  compose  di  2.4scelti  procuratori  di  ma- 
tura età,  di  esemplari  costumi,  di  lunga 
sperienza  legale,  passando  prima  d'esse- 
re ammessi  a  severo  esame  per  scanda- 
gliarne il  merito.  Quindi  dover  giurare 
fedeltà  alias.  Sede,  patrocinargralù  ipo- 
veri, vedove  e  pupilli,  astenersi  dal  di- 
fendere cause  ingiuste,  per  cui  il  collegio 
acquistò  grandissimo  credito,  chiaman- 
dolo seminario  di  pubblici  manlenitori 
della  giustizia,  strenui  difensori  delle  leg- 
gi civili  e  canoniche  ;  laonde  alcuni  fu- 
rono elevati  alla  porpora  cardinalizia,  al- 
la dignità  vescovile,  alla  custodia  del  pa- 
trimonio apostolico,  alle  prelature  ed  al- 


PRO  a75 

le  presidenze  di  tribunali  e  governi,  men- 
tre Mario  Perusco  fu  promotore  della  fe- 
de al  concilio  di  balenino  V.  Dice  anco- 
raché il  ven.  Innocenzo  XI  ebbe  in  sì  gran 
stima  la  fedeltà,  prudenza  e  rettitudine 
de' procuratori  di  collegio,  che  ordinò 
ad  essi  soli  doversi  affidar  le  cause  più 
gravi  e  più  gelose,  anche  delle  beatifica- 
zioni e  canonizzazioni,  decreto  che  pun- 
tualmente osservò  la  congregazione  dei 
riti.  In  fine  che  tra  le  sue  prerogative  il 
collegio  gode  la  precedenza  a  tutti  gli  al- 
tri curiali,  e  che  vennero  ammessi  quali 
consultori  nella  congregazione  di  rifor- 
ma, comechè  tenuti  oracoli  nelle  mate- 
rie più  ardue  della  romana  curia. 

Apprendo  da  Berniuo ,  //  tribunale, 
della  s.  Rota,  Roma  1 7  1  7,  p.  20 1,  par- 
lando della  giudicatura  del  medesimo, 
che  le  cause  che  si  propongono  nell'au- 
ditorio e  diconsi  rotali,  ad  esclusione  d'o  - 
gni  altro,  solo  è  permesso  avanzarne  la 
procura  a  distinti  e  precisi  procuratori 
che  parimenti  diconsi  rotali,  da'quali  è 
formato  un  collegio,  che  si  mantiene  iu 
tanta  riputazione  e  onore,  che  in  man- 
canza d'alcuno  di  essi  s'affollano  i  con- 
correnti per  riempirne  il  luogo.  Da  essi 
poi  si  richiede  un  forte  esame  avanti  il 
decano  della  rota  coll'assislenza  de'più 
anziani  de'procuratori  collegiali,  con  la 
cui  approvazione  essi  riportano  un  po- 
tente attestato  di  soli  poter  essere  am- 
messi alla  procura  delle  cause  rotali.  Pre- 
gio non  men  decoroso  a  loro  che  rimar- 
cabile al  tribunale,  al  progetto  delle  cui 
cause  è  scelto  il  fiore  della  curia  roma- 
na. A'25  dicembre  i5o2  il  cardinal  Pic- 
colomini  diacono  di  s.  Eustachio,  il  ca- 
pitolo ed  i  canonici  aveano  concesso  al 
collegio  de'procuratori  l'uso  della  cap- 
pella di  s.  Michele  iu  detta  chiesa,  per  e- 
sercitarvi  le  loro  opere  di  pietà,  celebrar- 
vi la  festa  con  dare  due  ducati  d'oro  al 
capitolo  se  vi  assisteva,  eziandio  con  fa- 
coltà di  celebrare  i  funerali  a  que'pro- 
curatori  che  si  tumulavano  nella  sepol- 
tura dui  coll«gio  fabbricata.  Insorte  rè- 


276  PRO 

plicate  vertenze  per  l'ufficiatura,  avendo 
il  collegio  chiusa  la  cappella  con  ferrata, 
non  che  pel  l'istauro  (riuscì  maestosa  e 
vi  fu  eretto  un  bellissimo  deposito  di  pie- 
tre rare  a  mg.r  Cavalieri  segretario  di  pro- 
paganda) e  altra  sepoltura,  Benedetto 
XIII  imposto  silenzio  alle  liti,  rivocò  la 
concessione  col  moto-pi  opvìoEssendoper 
anche,  de'26  marzo  1729,  Bull.  Rom. 
t.  i3,  p.  3cji.  Per  dette  controversie  ri- 
levo da  Reuazzi  che  fino  dal  1708  per 
annuenza  del  collegio  rettorale  i  procu- 
ratori di  collegio  incominciarono  a  ce- 
lebrare con  nobile  apparato  la  festa  di  s. 
Michele  nella  chiesa  dell'  Università  ro- 
mana (P.),  coll'intervento  degli  uditori 
di  rota,  avvocati  concistoriali  e  altri  di- 
stinti  avvocati  (si  prosiegue  tuttora,  poi- 
ché il  n.°  226  del  Giornale  di  Roma  1 85o 
Io  riporta,  insieme  ai  nomi  degli  8  nuo- 
vi procuratori  suindicati  di  recente  am- 
messi nel  collegio),  ai  quali  si  fa  la  di- 
stribuzione di  mazzi  di  fiori  finti;  canta 
la  messa  solenne  il  i.° custode  della  Bi- 
blioteca Alessandrina, e  dopo  recita  una 
orazione  latina  in  lode  del  s.  Arcangelo 
un  alunno  del  Seminario  Vaticano.  Ol- 
tre a  ciò  Renazzi  rimarca  checirca  a  tal 
tempo  deve  anche  il  collegio  aver  otte- 
nuto la  facoltà  di  adunarsi  in  una  delle 
sale  dell'università.  Leggo  nel  p.  Erra, 
Storia  della  chiesa  di  s.  Maria  in  Por- 
tico di  Campitela {P .),  che  i  padri  Chie- 
rici regolari della  Madredi Dio  jtiel  1  738 
concedettero  al  collegio  de' procuratori 
delle  cause  del  s.  palazzo  apostolico  la 
cappella  di  s.  Michele  (la  i.'a  destra  del- 
l'ingresso della  chiesa),  la  quale  fino  al 
1728  era  servita  per  passare  dalla  chie- 
sa alla  sagrestia  vecchia  e  nel  decennio 
seguente  era  stata  dedicata  al  ss.  Croce- 
fisso. Il  collegio  in  parie  l'ornò  con  iscel- 
te  pietre,  ed  il  quadro  di  s.  Michele  (tra- 
sportalo da  s.  Eustachio,  come  rileva- 
no 'fili,  Descriz.  delle  pitture  j  e  Nibby, 
Roma  urli  838)  al  quale  dedicò  la  cappel- 
li, the  è  una  delle  bellissime  opere  del  cav. 
.Sebastiano  Conca.  Dice  inoltre  che  con 


PRO 

buona  musica  vi  facevano  cantar  due 
messe  l'anno,  una  pei  defunti  del  colle- 
gio,l'altra  per  mg/ProsperoTurchi  com- 
missario della  camera;  e  con  simile  mes- 
sa è  suffragato  ciascun  procuratore  in 
morte,  coll'assistenza  del  collegio  a  tut- 
te. Qui  hanno  la  loro  sepoltura  con  que- 
sta iscrizione:  Colleg.S.  P.  A.  — Caus. — 
Patron.  In  questa  cappella  i  detti  religio- 
si solevano  rappresentare  il  Presepio. Cle- 
mente XIII, già  uditore  di  rota,  amore- 
vole con  questo  rispettabile  collegio,  do- 
po aver  fatto  esaminare  i  riformati  sta- 
tuti dal  collegio,  li  confermò  con  paiole 
di  lode  e  con  compartire  nuovi  privilegi 
e  onori,  aumentando  il  numero  de'cospi- 
cui  impieghi  legali  da  conferirsi  privati- 
vamente ai  procuratori  collegiali,  e  attri- 
buendo loro  di  usare  nelle  funzioni  e  atti 
pubblici  la  berretta  già  da  Paolo  V  con- 
cessa, e  di  cingere  sulla  veste  talare  una 
fascia  nera  a  contrassegno  di  distinzione 
e  di  onore.  Il  Papa  ciò  fece  col  mento- 
vato breve,  Superni  disposinone  consi' 
Hi,  de'3o  marzo  1 765,  e  v'inserì  gli  Sla- 
ttila, stampandosi  a  parte  in  detto  anno 
cogli  autori  che  trattano  delle  preroga- 
tive del  collegio.  E'  riportato  pure  da  Re- 
nazzi a  p.  442  senza  gli  Slatina,  e  con 
questi  dal  Bull.  Rom.  coni.  t.  3,  p.  108. 
In  questi  statuti  nel  cap.  3  è  stabilita  la 
forma  dell'ammissione,  da  farsi  nella  sala 
dell'università  romana  a  pluralità  di  suf- 
fragi decomponenti  il  collegio.  Dopo  se- 
guita la  elezione,  si  eleggono  dal  ceto  stes- 
so tra'seniori  due  esaminatori,  quindi  se 
ne  dà  partecipazione  al  decano  della  rota 
perchè  stabilisca  il  giorno,  onde  avanti 
di  lui  gli  eletti  subiscano  l'esame  di  quel- 
la decretale  che  debbono  spiegare,  pas- 
sate le  24  ore  dacché  a  loro  è  stata  co- 
municata, dovendo  in  giure  quanto  in 
pratica  rispondere  a  que'  punti  che  agli 
esaminatori  e  al  decano  della  rota  pia- 
cerà proporre.  Riusciti  idonei,  in  altro 
giornoalla  presenza  del  collegio  e  del  me- 
desimo decano  della  rota,  in  ginocchio 
fanno  la  professione  e  il  giuramento:  di 


PRO 

fedelmente  per  la  giustizia  e  senza  ter- 
giversazioni difendere  le  cause,  je  di  ricu- 
sar quelle  che  sembrassero  ingiuste,  ve- 
gliando poi  all'esecuzione  del  promesso 
i  due  deputati  difensori.  Il  cap.  i  i.°  trat- 
ta del  patrocinio  de'poveri;  il  12.0  che 
possono  scrivere  e  difendere  le  cause  co- 
me gli  avvocati.  Confermando  dunque 
Clemente  XIII  gli  anteriori  privilegi,  e 
nominatamente  gl'impieghi  che  al  col- 
legio si  conferivano  per  disposizione  di 
Paolo  V  e  notati  di  sopra,  in  perpetuo 
confermò  pure  quelli  de'  3  procuratori  o 
sostituti  della  Camera  apostolica  (F.), 
di  fiscale  della  Congregazione  della  rev. 
fabbrica  di s.  Pietro  {V.) ,  di  segretario 
e  amministratore  de  Luoghi  di  Monte 
(V.).  Renazzi  che  fece  di  comune  ragio- 
ne la  sua  Storia  ne'primi  del  corrente  se- 
colo e  quando  mg.1'  Nicola  M.'  Nicolai 
(profondamente  erudi  lo  nelle  cosecame- 
rali  di  cui  ci  die  pregiate  opere)  fu  fatto 
commissario  generale  della  camera,  ce- 
lebra i  tanti  pregi  del  collegio,  si  gloria 
di  avervi  fatto  parte  il  suo  degno  geni- 
tore qual  i.°  sostituto  commissario  del- 
la camera  apostolica;  e  qual  primario  e 
onorevolissimo  collegio  tra'procuratori 
che  trattano  le  cause  nella  curia  roma- 
na, ebbe  sempre  sopra  di  essi  il  diritto 
di  precedenza,  in  contraddittorio  giudi- 
zio solennemente  comprovato,  citando  le 
Rot.  Decis.  rjfì.  e  773  cor.  di  Molin; 
laonde  avere  il  collegio  sempre  esatto  e 
godere  tuttora  in  Roma  la  pubblica  sti- 
ma e  i  riguardi  di  tutti  i  tribunali  della 
curia  romana,  specialmente  di  quello  del- 
la rota  nelle  materie  di  pratica  forense, 
su  cui  nasca  controversia,  la  quale  suole 
richiederei!  voto  del  collegio:  ed  inoltre 
l'esame  pel  notariato,  il  privato  diritto 
di  esser  scelti  in  curatori  de'futuri  ai  fi- 
decommissi  o  primogeniture  chiamati, 
oltre  il  godere  parecchie  lucrose  e  con- 
siderabili cariche  legali  per  antica  con- 
suetudine o  concessione  de'Papi  annesse 
al  collegio.  Continuando  il  collegio  nella 
generale  estimazione,  Leone  XII  con  le 


PRO  377 

sue  concessioni  pose  il  suggello  al  com- 
plesso di  sì  decorose  e  utili  prerogative. 
Primamente  con  l'onorevolissimo  bre- 
ve Magnimi  quiddam,de'2. 1  giugno  1 82.5 
e  stampato  ,  con  ampli  encomi  esaltò  il 
collegio,  rammentando  i  suoi  pregi  e  le 
grazie  de'suoi  predecessori,ripristinò  l'in- 
terrotto intervento  alle  cappelle  pontifi- 
cie con  quelle  vesti  che  nominai:  »  Ve- 
ste cuculiata,  qua  utuntur  s.  concistoria- 
lis  aulae  advocati,  cum  sola  differenza, 
quod  loco  saguli  coloris  violacei  habeant 
sagulum  coloris  nigri,  quodque  capu- 
tium,  loco  mustellae  albae,  et  serici  ru- 
bei,  sit  omni  tempore  serico  nigro  sub- 
sulum;  eaque  vestis  superponatur  tuni- 
cae  panni  nigri  tempore  hyemis,  et  se- 
rici nigri  tempore  aestivo,  ornatae,  utso- 
let,  fascia  cum  floccis  nigris".  Stabili 
che  dovessero  intervenire  due  procura- 
tori nelle  funzioni  ordinarie,  non  meno 
di  4  né  più  di  6  nelle  solenni,  dovendo 
sedere  e  incedere  nelle  processioni  dopo 
i  procuratori  generali  e  il  Confessore  del- 
la  famiglia  pontificia  (F.).  Conferman- 
do tutti  i  privilegi  goduti  dal  collegio  per 
ulterior  premio  alla  sua  dottrina,  probi- 
tà e  diligenza.  Finalmente  col  moto  pro- 
prio de' 2  1  dicembre  1828,  del  quale  par- 
lai a  Congregazione  delle  acque  (Nico- 
lai, Presidenza  delle  strade  e  acque  ne  fa 
menzione  nel  t.  2,  p.  1 66  ;  Fea  nella  Sto- 
ria  delle  acque  a  p.  1 86),  LeoneXII  con- 
ferì al  collegio  gl'importanti  uffici  di  Fi- 
scale delle  Strade  e  di  Fiscale  delle  Ac- 
que, Fiscalis  viarum,  Fiscalis  aquarum. 
Il  successore  Pio  Vili  fece  decidere 
una  questione  insorta  tra  il  rispettabile 
decano  della  rota  ed  il  collegio  de'  pro- 
curatori, sull'antica  prerogativa  che  ili." 
gode  d'un  autorevole  commendatizia  nel- 
la presentazione  che  suol  fare  al  collegio 
d'un  curiale  o  procuratore  rotale,  nel  ca- 
so di  concorso  ai  posti  vacanti  de' procu- 
ratori del  medesimo.  Pertanto  deputò 
una  congregazione  di  cardinali  composta 
degli  eminentissimi  Pacca, Dandini  e  Cri  - 
staldi,  la  quale  dopo  avere  attentameli- 


378  PRO 

te  esamiuate  le  ragioni  addotte  tarilo  da 
mg.r  decano  della  rota ,  quanto  dal  de- 
cano de'procuratori  di  collegio,  decise  ad 
unanimità  che  la  presentazione  solita  far- 
si dali.°  in  caso  di  vacanze  aperte  nello 
stesso  collegio  »-non  può  e  non  deve  esse- 
re  considerata  che  come  una  commendati- 
zia autorevole,  e  che  essa  non  deve  rigi-tai  - 
darsi  come  un  diritto  a  cui  non  possa  far- 
si opposizione".  Questa  decisione  fu  ap- 
provala dal  Papa,  e  di  suo  ordine  a' 16 
agosto  1829  comunicata  alle  parti  con- 
tendenti dal  segretario  di  stato  cardinal 
Albani,  il  quale  scrisse  inoltre  al  decano 
de'procuratori  :  »  Tanto  si  notifica,  on- 
de specialmente  per  la  espressa  sanzione 
data  dal  santo  Padre  a  questa  decisione, 
deliba  colla  medesima  imporsi  silenzio  ad 
ogni  ulteriore  reclamazione.,  e  si  passi 
senz'altroa  provvedere  in  conformità  del- 
la medesima  tanto  la  vacanza  attualmen- 
te aperta  nel  collegio  de'curiali,  quanto 
ogni  altra  che  col  decorso  del  tempo  verrà 
ad  aprirsi".  Il  fatto  del  1829  si  rinnovò  fra 
mg/  decano  della  rota  ed  il  collegio  dei 
procuratori  nel  1 85o.  Laonde  il  Papa  Pio 
IX, con  dispaccio  de'20  settembre  della 
prefettura  de'sagri  palazzi  apostolici,  or- 
dinò :»  che  in  vista  delle  particolari  cir- 
costanze avea  disposto  che  l'installazione 
de'nuovi  curiali  di  collegio  ,  senza  nulla 
innovare  alle  disposizioni  preesistenti,  do- 
vesseaverluogoperqueslasola  volta  pres- 
so lo  stesso  cardinal  prefetto  de'sagri  pa- 
lazzi apostolici  "  ed  il  giorno  27  settem- 
bre i85o  ebbe  il  suo  pieno  effètto.  I  mem- 
bri del  collegio  col  decano  si  leggono  nel- 
le annuali  Notizie  di  Roma,  nella  cate- 
goria Collegio  de' Procuratori  del  s.  Pa- 
lazzo. Allorché  sono  eletti, -si  pubblicano 
nel  giornale  officiale  di  Roma,  ed  ai  me- 
morati esempi  aggiungerò  il  n.°  72  del 
Diario  di  Roma  i829,ediln.°  17  dello 
stesso  Diario  i844>,,endendo  conto  delle 
sessioni  perciò  tenute  nelP  università  ro- 
mana presiedute  dal  decano  o  pro-deca- 
no  del  medesimo. 

PROCURATORI  GENERALI  DE- 


PIIO 
GLI'  ORDINI  RELIGIOSI,  Procuralo- 
res  generales  ordinimi.  Religiosi  che  eser- 
citano la  ragguardevole  carica  e  offizio  di 
trattare  i  negozi,  gli  affari  e  le  cause  dei 
rispettivi  Ordini  religiosi  o  Congrega- 
zioni di  comunità  {J^.),  e  de*  loro  indi- 
vidui correligiosi  o  confratelli,  in  Roma 
presso  la  s.  Sede,  nel  le  congregazioni  car- 
dinalizie, ne'tribunali  ecclesiastici  e  altri. 
L'  offizio  di  procuratore  generale  è  una 
carica  onorevole  e  distinta  che  talvolta 
il  superiore  generale,  ed  ordinariamente 
l'ordine  o  la  congregazione  conferisce  ad 
alcuno  de' primari  e  sperimentati  suoi  in- 
dividui per  la  fiducia  che  vi  ripone,  sce- 
gliendo al  delicato  e  laborioso  incarico 
quello  di  cui  hanno  prove  di  attività,  dili- 
genza, prudenza,  e  che  fornito  sia  di  quelle 
cognizioni  necessarie  al  trattamento  de- 
gli affari.  Questa  elezione  ha  luogo  ne'ca- 
pitoli  generali  per  lo  più  ad  triennium, 
dopo  il  quale  il  definitorio  generale  con- 
ferma gli  attuali  procuratori  o  ne  elegge 
altri.  Talvolta  i  generali  sogliono  propor- 
re ai  capitoli  e  definitorii  qualche  reli- 
gioso che  credono  opportuno.  Siffatta  di- 
sciplina varia  secondo  le  regole  e  costi- 
tuzioni de'rispettìvi  ordini  e  congregazio- 
ni, essendovene  anche  ad  setsennium.  I 
procuratori  generali  degli  ordini  e  con- 
gregazioni monastiche  e  quelli  de' cano- 
nici regolari  sono  anche  abbati,  e  talvol- 
ta eziandio  abbati  di  governo  de'  mona- 
steri e  canoniche  di  Roma.  In  alcuni  or- 
dini vi  è  il  vice  procuratore  generale,  al- 
meno per  assenza  o  impotenza  de'procu- 
ratori, i  quali  sogliono  avere  un  religio- 
so compagno,  oltre  il  converto.  Anche 
le  monache  nelle  loro  clausure  hanno  le 
procuratrici,  come  le  hanno  alcune  loro 
congregazioni  e  denominate  procurataci 
generali.  Destinato  il  procuratore  gene- 
rale al  servizio  di  tutto  I'  ordine  o  con- 
gregazione, è  in  conseguenza  di  tutte  le 
sue  provincie,  conventi,  monasteri,  col- 
legi o  case  ,  il  rappresentante  del  mede- 
simo, quello  che  veglia  al  suo  decoro,  ai 
suoi  bisogni.  L'origine  de'procuratori  gè- 


PRO 

nerali  nella  curia  romana  è  antichissima, 
come  ho  rimarcato  negli  articoli  speciali 
che  li  riguardano,  ed  incominciò  in  dif- 
ferenti epoche, a  seconda  di  quelle  dell'i- 
stituzione di  sua  corporazione,  o  de'loro 
bisogni  spirituali  e  temporali  colla  sede 
apostolica,  per  ottenere  dalla  sua  mater- 
na benignità  indulti,  dispense,  benepla- 
citi, privilegi,  indulgenze  e  altre  grazie, 
non  che  per  rispondere  del  proprio  or- 
cline  o  congregazione.  Anteriore  o  con- 
temporanea all'origine de'procuratori  ge- 
nerali fu  quella  del  Protettore  [F.)  de- 
gli ordini  e  congregazioni  religiose,  nel 
quale  articolo  pure  parlo  de'procuratori 
generali.  I  procuratori  generali  dimora- 
rono sempre  ne'  conventi  ,  monasteri  e 
ospizi  di  Roma  o  de'luoghi  ne'quali  per 
le  vicende  de'tempi  si  trasferì  la  romana 
curia  col  Papa;  quindi  furono  a  Perugia, 
Orvieto,  Asisiy  Filerbo,  Anagni  e  pre- 
cipuamente in  Avignone,  ove  fecero  re- 
sidenza diversi  Papi.  Avvicinando  i  pro- 
curatori generali  i  Pontefici,  i  cardinali, 
la  prelatura,  poterono  essere  conosciuti  t 
ineriti  di  moltissimi,  venendo  impiegati 
in  gravissimi  affari  della  Chiesa  e  fatti  con- 
sultori,  esaminatori,  vescovi  e  cardinali, 
e  qualcuno  fu  degno  del  sommo  ponti- 
ficalo, come  Sisto  IV,  Sisto  V  e  Grego- 
rio XVI.  Piacque  alla  s.  Sede  di  qualifi- 
care molti  de'procuratori  generali,  massi  • 
me  degli  ordini  Mendicanti  (F.)t  con  dare 
ad  essi  luogo  nelle  Cappelle  ponti fìjcie{f' '.), 
anche  delle  congregazioni  monastiche  o- 
rientali,  e  con  ammetterli  a  sermoneg- 
giare e  predicare  nelle  slesse  cappelle  in 
tempo  della  messa  solenne, cioè  nelle  do- 
meniche dell'avvento  e  di  quaresima,  co- 
me per  altre  ricorrenze,  e  con  quelle  pre- 
cedenze che  con  diffusione  descrissi  al  ci- 
tato articolo.  I  procuratori  godono  ne'lo- 
roordi ni  e  congregazioni  distinzioni  e  pri  - 
vilegi,  venendo  eletti  per  quel  tempo  che 
prescrivono  le  loro  regole  e  costituzioni. 
Ordinariamente  i  procuratori  hanno  pro- 
prio sigillo  ,  il  quale  andò  sottoposto  a 
cambiamenti.  In  alcuni  ordini  regolari  vi 


PRO  27^ 

hanno  de'procuratori  delle  missioni  loro 
affidale,  delle  quali  parlai  ai  loro  artico- 
li. F.  Religiosi  e  Religiose. 

PRODIGIO.  F.  Miracolo. 

PROFESSIONE  DI  FEDE,  Projes- 
sio  F'idei,  Sac'ramentum  ex  formula  ca- 
thoì  cae professionis  dicere.  Dichiarazio- 
ne. pubblica„ed  in  iscritto  sulla  credenza 
della  Fede  (F.)  Cattolica  (F.)  ,  o  Con- 
fessione /li  fede  (F.)j  dichiarazione  so- 
lenne della  propria  credenza  sulla  reli- 
gione, che  anticamente  si  faceva  innanzi 
le  reliquie  de'martirio  sull'ambone,  co- 
me dissi  a  Pulpito,  sul  quale  ne'concilii 
si  pronunzia  dal  Papa  e  dagli  altri  ,  al 
modo  che  descrissi  nel  voi.  XV,  p.  i  74- 
E  antichissima,  e  nel  libro  Diurno  (F.) 
sono  registrate  le  forinole  delle  profes- 
sioni di  fede  fatte  dai  romani  Pontefici. 
F.  Simbolo.  Dichiara  Derni  no,  Istoria  di 
tutte  l'eresie,  che  la  confessione  o  profes- 
sione di  fede  spetta  al  Pontefice  della  me- 
desima, il  Papa,  senza  la  cui  approvazio- 
ne, o  consenso  de'suoi  legati,  mai  in  tutti  i 
concili*!  fu  stabilita  alcuna  confessione  o 
professione  di  fede.  Quella  che  il  dottore 
s.  Basilio  mandò  a  Giuliano  apostata,  era 
concepita  così  :  »  Secundum  immacula- 
tam  f idem  chrislianorum  ,  quam  divini- 
tus  sumus  sorliti ,  confiteor  et  polliceoi 
credere  in  unum  Deum  Patrem  omnipo- 
tentem,  Deum  Patrem  ,  Deum  Filium  , 
Deum  Spiritimi  sanclum  unum  Deum, 
tria  adoro  et  glorifico.  Confiteor  auteiu 
incarnatati!  Filii  dispensationem,  et  Dei 
genitricem  s.  Mariam  qùae  illuni  secun- 
dum cameni  peperit.  Suscipioautem,et 
sanctos  Apostolos,  Prophetas  et  Marty- 
res,  et  ad  supplicalionem  quae  est  a  Deum 
hos  invoco,  ut  per  eos,  idestper  jnterven- 
tionetn  eorum,  propitius  mi  hi  sit  mise- 
ricors  Deus,etculparum  mihi  redemptio 
fiat,  et  condonetur.  Unde  et  characlere* 
Imaginem  eorum  honoro  et  adoro.  Prae- 
cipue  cum  hoc  traditimi  a  sanctis  Apo- 
stolis,  et  non  prohibitum  sit,  quiu  et  in 
omnibus  ecclesiis  nostris  ostenditur  de- 
pictum  ".  Papa  s.  Ormisda  del  5i4  *• 


?.8o  PRO 

▼endo  ricevuto  dall'imperatore  Anasta- 
sio ambasciatori  laici  in  negozio  di  reli- 
gione e  scoperti  quali  eretici,  li  rimandò 
a  Costantinopoli,  notificando  all'impera- 
tore, che  la  nostra  volontà  si  conosce  più 
dai  fatti  che  dalle  parole;  ed  acciocché 
il  cattivo  esito  del  l'affare  si  attribuisse  ai 
raggiri  dell'imperatore  e  non  a  lui,  spe- 
di in  oriente  molte  lettere  pei  suoi  legati 
al  medesimo,  al  vescovo,  al  clero  e  altri 
personaggi,  tutte  ripiene  di  santo  zelo,  e 
loro  diede  una  nuova  confessione  di  fede, 
acciò  la  sottoscrivesse  chi  voleva  comuni- 
car colla  s.  Sede,  tutto  narrando  il  citato 
Bernino,  parlando  di  questa  professione  di 
fede  prescritta  agli  orientali.  L' impera- 
tore Giustino  I  fu  ili. ° imperatore  ad  es- 
sere incoronato  nel  525  dal  Papa  che  fu 
s.  Giovanni  I ,  ma  prima  della  benedi- 
zione fece  la  professione  di  fede  a  voce 
e  in  iscritto,  rito  che  poi  fu  sempre  pra- 
ticato nella  coronazione  dell'Imperatore 
(J7.),  con  formola  che  ivi  riportai.  Ve- 
dasi Marlene  ,  De  anliq.  eccl.  ritib.  lib. 
2,  cap.  9.  Quando  l'imperatore  Giovan- 
ni I  Paleologo  abiurò  gli  errori  de'greci 
a  Urbano  V,  fece  la  professione  di  fede. 
Giustiniano  I  nel  536  voleva  obbligare 
Papa  s.  Agapito  I  a  comunicare  con  An- 
timo vescovo  eretico  ,  al  che  vigorosa- 
mente ricusandosi  il  Pontefice,  a  questi 
I  imperatore  ravveduto  trasmise  la  pro- 
fessione di  fede,  di  proprio  pugno  sotto- 
scritta, che  si  legge  in  Labbé,  Condì,  t. 
4,  p.  1801.  Papa  s.  Gregorio  I  nel  590, 
dopo  la  sua  elezione,  nel  la  lettera  che  scris- 
se ai  patriarchi  di  oriente,  inserì  la  sua 
professione  di  fede,  secondo  la  disciplina 
d'allora,  e  confermò  il  decretato  cle'con- 
cilii  di  Pficea,  Costantinopoli  I.,  Efeso, 
Calcedonia  e  quello  di  Costantinopoli 
detto  Quinto  sinodo.  V.  Lettere  apo- 
stoliche ,  Giudizi  di  Dio,  Giuramento, 
Purgazione,  in  cui  parlo  delle  diverse  spe- 
cie delle  professioni  di  fede.  Teodoro  I 
nel  648  scomunicò  il  patriarca  Paolo  , 
perchè  ad  onta  della  professione  di  fede 
era  tornato  agli  errori  dc'monotcliti.  Nar- 


PRO 

ra  Torrigìo,  Grotte  Vaticane,^.  177,  che 
Felice  arcivescovo  di  Ravenna,  avendo 
fatto  in  Roma  la  professione  di  fede  con- 
tro sua  voglia ,  e  di  ciò  accortosi  Papa 
Costantino,  nel  713  la  fece  porre  in  i- 
scrittura  sull'altare  di  s.  Pietro, dove  mi- 
racolosamente fu  trovata  quasi  tutta  bru- 
ciata, laonde  Felice  pentitosi  dell'errore 
e  fatta  penitenza,  divenne  di  vita  santis- 
sima. A  Chiesa  di  s.  Pietro  in  Vaticano, 
parlando  dell'aitare  papale  che  sovrasta 
la  tomba  del  principe  degli  apostoli,  ho 
detto  che  avanti  di  esso  gl'imperatori  cat- 
tolici si  d'oriente  che  d'occidertte  faceva- 
no la  professione  di  fede,  ed  i  calunniati 
dichiaravano  la  propria  innocenza.  Nel- 
l'opuscolo, «Se  al  romano  Pontefice  con- 
venga di  abitare  a  s.  Pietro ,  p.  44>  os* 
serva  1'  Olstenio  che  nella  basilica  Vati- 
cana il  Papa  nella  sua  consagrazione  pre- 
slava il  giuramento  sul  corpo  di  s.  Pie- 
tro ,  de  bene  administrando  Pontifica- 
tu,con  formola  riportata  nel  Diurno  cap. 
9.  Qui  nel  medesimo  tempo  il  Pontefice 
faceva  la  professione  di  fede,  e  ne  man- 
dava copia  a'  principi  e  patriarchi  ,  po- 
nendo l'originale  sul  corpo  di  s.  Pietro, 
come  si  ha  dal  cap. iodi  detto  libro.  In- 
di faceva  la  prima  e  solenne  allocuzione 
al  popolo,  pregando  poi  pel  felice  gover- 
no della  cristianità  nel  Pontificato  (P.), 
il  che  corrisponde-  alle  odierne  Encicli- 
che e  Giubilei  (^.).  Si  può  eziandio  ve- 
dere Elezione  de'  sommi  pontefici,  ed  E- 
sclusiva. 

Novaes  nel  t.  2  delle  Dìssert.  sulle  vi- 
te de'  Papi,  a  p.  58  dice  che  nel  VI  se- 
colo era  in  uso  che  i  Pontefici  dopo  la 
loro  elezione  facessero  immantinente  la 
professione  di  fede ,  in  cui  confessavano 
di  tener  la  fede  del  concilio  di  Calcedo- 
nia (P.)  e  degli  altri  concilii  generali,  e 
poi  l'inviavano  alle  altre  chiese.  Ciacco- 
lilo afferma  che  Bonifacio  Vili  la  fece 
nella  sua  consagrazione;  ma  il  Pagi  lo 
confuta  nel Breviar.  gesl.  Rom.  Pont.,  di- 
cendola supposta,  e  che  già  i  Pontefici  da 
gran  tempo  prima  erano  soliti  di  fai  la, 


PRO 

com'è  manifesto  dalla  solenne  profes- 
sione ,  eh'  essi  prestavano  allorché  eletti 
Papi  erano  sul  punto  di  consagrarsi ,  la 
qual  forinola  viene  riferita  da  Baronio, 
Annoi,  eccl.  an.  869,  n.°  5g,  e  da  molte 
altre  pubblicate  da  Garnier  nel  libro 
Diurno  Rom.  Pont.-  Oltre  di  che  s.  Ge- 
lasio I  eletto  nel  4g2J  in  una  lettera  pres- 
so Labbé,  Concil.  t.  4>  P-  «  '63,  dice  a- 
pertamente  :  »Mos  est  romanae  ecclesiae 
sacerdoti  noviterconstituto  formam  fidei 
suae  ad  s.  Ecclesiam  prorogare". Di  s. Gre- 
gorio 1,  allegato  da  Novaes,  lo  dissi  diso- 
pra. La  stessa  professione  di  fede,  dopo  la 
loro  canonica  elezione,  trasmettevano  ai 
sovrani,- chiamandola  sinodica,  non  solo 
per  autenticare  la  legittima  loro  promo- 
zione, ma  anche  per  dare  ad  essi  una  re- 
gola di  credere  ,  dovendo  ai  donimi  del 
romano  Pontefice  uniformarsi  ogni  prin- 
cipe cattolico,  ogni  imperatore,  ogni  re, 
come  disse  Venanzio  Fortuna  lo7  adJust. 
lib.,  p.  3^1.  Stima  dunque  il  critico  Pa- 
gi che  l'usanza  di  fare  la  professione  di 
fede,  subito  che  il  Papa  è  eletto,  sia  ces- 
sata iu  Urbano  II  del  1088,  poiché  dal- 
la lettera  circolare  di  sua  elezione,  pres- 
so Mabillon,  Mas.  Ital.  t.  1,  par.  2,  p. 
4^,  si  legge:  wConstat  Urbanum  II  non 
ernisisse  fidei  professionem  ,  a  romani* 
Pontificibus  emitti  solitam ,  sed  tantum 
declarasse  se  in  omnibus  Gregorii  VII  , 
decessoris  sui  vestigiis  inhaesurum". Sem- 
bra però  a  Garnier,  nelle  note  al  citalo 
libro  Diurno  cap.  i,  §§  33  e  35, p.  170, 
che  tale  uso  cominciasse  a  cessare  nel- 
l'intervallo tra  il  pontificato  di  Bonifacio 
"Vili,  mentre  il  Ciacconio  da  questi  lo  fa 
derivare,  al  concilio  di  Costanza.  «Nana 
Constantientes  eam  formulam  velut  an- 
tiquitatam,  aliquatenus  revocare  velie  ad 
usum  visi  sunt  cum  sess.  3g  statuerunt, 
qua  formula  summusPontifex,  antequam 
ipsius  electio  publicaretur  ,  fidem  suam 
profiteretur".  Vedasi  Lambertini,  De  ca- 
non, ss.  lib.  8,  cap.  12,  n.°  3.  Il  p.  Bec- 
chetti, descrivendo  nella  Storia  ecclesia- 
stica i  fasti  del  concilio  di  Costanza,  tratta 


PRO  281 

eruditamente  di  questa  professione  di  fe- 
de, ed  è  di  sentimento  chei  Papi  comin- 
ciassero a  cessare  di  farla  fino  da  Clemen- 
te V,  quando  trasferì  la  residenza  in  A- 
vignone,dove  trascurarono  questo  uso 
romano. 

Al  presente  appena  eletto  il  Papa  sot- 
toscrive le  lettere  di  partecipazione  di  sua 
esaltazione  ai  cardinali  che  non  si  reca- 
rono al  conclave,  ed  a  tutti  i  sovrani,  co- 
me di  Gregorio  XVI  dissi  nel  voi.  XV , 
p.'3l7.  Quindi  nel i.° concistoro  segreto 
checonvoca,  visi  reca  in  pivialerossoemi- 
tra  d'oro  (mentre  agli  altri  segreti  ince- 
de colla  falda,  mozzetta  e  stola),  ringra- 
zia il  sagro  collegio  di  averlo  elevato  al 
pontificato,  poi  giura  formalmente  di  os- 
servare le  bolle  e  costituzioni  apostoliche 
o  pontificie  (le  notai  nelvol.XV,  p.  24^ 
e  287  ed  altrove),  dopo  la  loro  lettura,  e 
pronunzia  la  professione  di  fede.  Tutto 
dissi  a  Concistoro  e  articoli  relativi,  e  no- 
minatamente parlando  di  Gregorio  XII F, 
BenedettoXIII,  Clemente  XIV,  Pio  Vili, 
Gregorio  XVI.  Nella  schedula  stampata 
chedistribuisconoi  cursori  apostolici  per 
detto  concistoro  si  dice  (per  quelle  di  Pio 
Vili  e  di  Gregorio  XVI):  »  MoxSan- 
ctitas  sua,  rebus  consistorialibus  abso- 
lutis,  inviolabilem  nonnullarum  praede- 
cessorum  suorum  constitutionum  obser- 
vantiam  promittet,  atque  jurabit  ".  Nel 
voi.  XV,  p.  245  riportai  come  Gregorio 
XVI  prestò  il  giuramento  di  osservare  le 
costituzioni  apostoliche ,  enumerando  le 
principali,  ratificandolo  col  tatto  degli  e- 
vangeli.  Nel  n.°  60  del  Diario  di  Roma 
1846  si  legge  come  il  regnante  Pio  IX 
nel  suo  i.°  concistoro  espresse  le  più  di- 
stinte grazie  al  s.  collegio  con  dotta  ed 
elegante  allocuzione,  cui  rispose  il  cardi- 
nal Macchi  sotto  decano  in  nome  e  per 
parte  de'suoi  colleghi  con  analogo  discor- 
so. In  fine  il  Papafece  giusta  il  costume 
la  professione  della  fede,  e  prestò  il  giu- 
ramentoallccoslituzioni  apostoliche.  An- 
ticamente nei  conclavi  sisolevanodai  car- 
dinali formare,  sottoscrivere  e  giurare 


282  PRO 

alcuni  capitoli,  perla  buona  amministra- 
zione del  pontificato  e  altro,  quali  rati- 
fjcava  l'eletto  Papa  :  ne  parlai  inpiu  luo- 
ghi e  ne' voi.  XV,  p.  280,284, 285,  LI I, 
p.  275  e  276.  Inoltre  a  Presbiterio  del 
Papa  dissi  che  questo  già  nel  IX  secolo 
era  solito  di  promettere  il  mantenimen- 
to delle  cose  spirituali  e  temporali.  Leg- 
go in  Riganti,  De  Prolonotariis,  p.  3i, 
che  anticamente  spettava  ai  notari  della 
s.  Sede  lo  scrivere  la  professione  di  fede, 
che  i  Papi  facevano  avanti  la  consagra  - 
zione ,  dopo  di  che  i  notari  la  sottoscri- 
vevano per  autenticità  del  seguito  atto. 
Inoltre  i  Papi  rinnovano  la  professione  di 
fede  prima  di  morire,  ed  a  Penitenziere 
maggiore  notai  che  talvolta  essi  la  lessero 
per  mancanza  di  forze  nell'agonizzante 
Pontefice.  A  Estrema  unzione  parlai  di 
quei  Papi  che  la  ricevettero  due  volte,  e 
che  peraltreltante  fecero  la  professione  di 
fede'.  Il  ven.  Innocenzo  XI  toccò  colla  ma- 
no la  formola  della  professione  di  fede , 
in  segno  di  piena  adesione.  Clemente  XI 
Ja  fece  sottoscrivere  dal  maggiordomo  nel 
timore  che  gli  si  volesse  far  firmare  qual- 
che carta  in  bene  del  cardinal  nipote:  glie- 
l'avea  presentata  il  prefetto  de'  ceremo- 
nieri.  Innocenzo  XIII  la  sottoscrisse  a  te- 
nore del  costume.  Egualmente  volle  sot- 
toscriverla Benedetto  XIV,  dopo  diche 
segnò  ancora  il  decreto  di  beatificazione 
del  ven.  Francesco  di  Girolamo  gesuita, 
al  dire  di  Novaes;  leggo  però  nell'interes- 
hanlissimo  Mss.  del  successivo  conclave, 
che  il  decreto  constare  de  virtutibus  di 
tal  servo  di  Dio  l'avea  pubblicatone!  gior- 
no avanti,  per  cui  uscì  il  motto  :  Infine 
dilcxit  eos.  Più,  che  il  Papa  due  volte  si 
comunicò  per  Viatico,  ricevè  l'estrema 
unzione  e  fece  la  professione  di  fede,  cioè 
nel  1756  e  nel  1758  epoca  della  morte. 
Temendosi  della  vita  di  Clemente  XIII, 
dopo  l'estrema  unzione  gli  fu  letta  la  for- 
inola della  professione  di  fede,  ed  egli  la 
sottoscrisse  seguendo  il  costante  costume 
de' buoi  predecessori  ,  indi  guarì.  E  per 
non  dire  di  altri,  Pio  VI  avanti  di  rice- 


PRO 
vere  il  Viatico,  alla  presenza  de'suoi  fa- 
migliari, avendo  assunto  i  preti  gli  abiti 
sacerdotali  ,  fece  leggere  dal  maestro  di 
camera  la  professione  di  fede  cattolica  ro- 
mana, l'accompagnò  coli'  intelletto,  indi 
la  confermò  col  porre  una  mano  sul  pro- 
prio petto,  l'altra  sopra  l'evangelo. 

I  cardinali  prima  di  ricevere  il  cappello 
cardinalizio,  e  nel  giorno  del  loro  ingres- 
so in  conclave  giurano  le  medesime  e  al- 
tre costituzioni  apostoliche,  e  nella  i,"  di 
dette  funzioni  fanno  ilgiuramento  anche 
di  fedeltà  alias.  Sede  ed  al  Papa,  il  qua- 
le giuramento  rinnovano  in  altre  parti- 
colari circostanze: lo  si  può  vedere  ne' voi. 
IX,  p.  177,184,  i85,  25i,XVjp.  269, 
XVI ,  p.  3oo  e  3  io.  II  cardinale  poi  che 
fuori  di  Roma  riceve  la  Berretta  cardi- 
nalizia {V.)t  deve  prima  fare  il  giura- 
mento di  fedeltà  al  Papa  nelle  mani  del- 
Yablegato  apostolico,  ed  alla  presenza  di 
persona  costituita  in  ecclesiastica  dignità, 
come  dissi  a  Ravenna,  parlando  del  giura- 
mento del  cardinal  Baluffi.  Ogni  cardinal 
Camerlengo  del  s.  Collegio  (P.)  presta 
giuramento  al  Papa  pel  fedele  esercizio  del 
suo  uffizio.  Benedetto  XIV  fece  stampa- 
re in  Roma  neh  755:  Conslitutiones  a- 
postolicae  et  decreta  consistorialia  quae 
furanlur,  ac formula  /tiramenti  praesta- 
ri  solita  a  S.  R.  E.  Cardinalibus,  durn 
ad cardinalalum promoventur.  Il  giura- 
mento de'cardinalt  viene  da  alcuni  chia- 
mato anche  professione  di  fede,  ed  è  un 
trasunto  delle  bolle  e  costituzioni  pon- 
tificie e.dei  decreti  concistoriali  che  giu- 
rano ;  a  me  propriamente  non  pare,  co- 
me si  potrà  dedurre  da' seguenti  argo- 
menti ,  non  riguardanti  dommi  di  fede. 
Le  bolle  e  costituzioni  pontificie  sono: 
1  .*  Admonet  nos,  di  s.  Pio  V  ,  in  cui  si 
proibisce  alienare  e  infeudare  le  città  e 
luoghi  del  dominio  temporale  e  Sovra- 
nità della  s.  romana  chiesa.  2.*  Roma- 
nus  Ponlifex,  di  Sisto  V,  sulla  visita  dei 
sagri  Limi  ni  (  prima  anche  quelle  dello 
stesso  Papa  sul  tesoro  da  lui  riposto  in 
Castel  s.  Angelo  :  Ad  clavum,  Anno  su- 


PRO 


periore,  Elsi  nos).  3."  Qtiac  ab  hac  s. 
Sede,  d'Innocenzo  IX,  di  estensione  e  con- 
ferma della  bolla  di  s.  Pio  V  e  delle  np- 
provazioni  di  Gregorio  XIII ,  Sisto  V  e 
Gregorio  XIV.  4-*  4d  Romani,  di  Cle- 
mente Vili,  confermatola  di  quelle  di  s. 
Pio  Ve  Innocenzo  IX.  5."  Romanum  de- 
cet,  di  Gregorio  XV,  di  applicazione  al- 
la congregazione  depropagandafidejsuV 
l'emolumento  dell'anello  cardinalizio.  6." 
Ad  Romani,  di  Urbano  Vili,  di  confer- 
ma alla  bolla  di  Gregorio  XV,  su\Y ele- 
zione de' Papi  e  suo  ceremoniale.  7/  Mi- 
li tantis  ecclesiae,à'  Innocenzo  X,  in  fa- 
vore del  titolo,  iusegne  ed  eguaglianza  dei 
cardinali.  8.a  Inter  caeteras,d\  Alessan- 
dro VII,  pel  divieto  di  alienare  i  domimi 
della  Chiesa.  g.a  Romanum  decet  Poti- 
tijlcem,  d'Innocenzo  XII,  sul  beneficare 
con  moderazione  i  parenti.  I  decreti  con- 
cistoriali sono  :  i .°  Sanctissimus  Domi- 
nus,  di  Clemente  Vili,  declaratorio  cir- 
ca la  disposizione  di  Gregorio  XIV  e  re- 
lativo alla  bolla  dis.  PioV.  2.0  Cognitus, 
di  Urbano  Vili  ,  sulla  devoluzione  del 
ducato  d' Urbino.  3°  Probe,  di  Alessan- 
dro VII,  suir  incorporazione  ai  dominii 
della  s.  Sede  del  ducato  di  Castro  e  del- 
lo  slato  di  Roiìciglione. 

Paolo  IV  fu  l'autore  della  professione 
di  fede  che  fanno  i  Fescovi  {V.),  nel  pren- 
dere possesso  del  vescovato;  ed  altrettan- 
to voleva  prescrivere  ai  Predicatori  (!'.), 
ai  quali  poi  venne  imposta.  Pio  IV  colla 
bolla  In  sacrosancla,  de'  i3  novembre 
i564>  Bull.  Rom.  t.  4j  P«t-  2  y  p.  201, 
istituì  la  forinola  e  professione  di  fede  da 
recitarsi  da  qualunque  persona,  che  fosse 
promossaa  qualsivoglia  magistero  di  scuo- 
le pubbliche,  di  università  e  arti  libera- 
li. Inoltre  nello  stesso  giorno  Pio  IV  col- 
la bolla  lnjunctum  nobis,  riportata  a  p. 
204,  prescrisse  la  forinola  della  professio- 
ne di  fede  ortodossa  da  farsi  dai  provvisti 
de'beneflzi  ecclesiastici  curati,  cauonici,  e 
dalle  dignità,  come  delle  chiese  abbazia- 
li  e  monasteri  nullius,  ed  altri  luoghi  di 
ordini  regolari  e  militari,  inclusivamen- 


PRO  a83 

te  ai  trasferimenti  alle  cattedrali,  ezian- 
dio esistenti  nelle  parti  degl'infedeli;  la 
quale  professione  di  fede,  come  dissi  nel 
voi.  XV,  p.  226,  i  nuovi  vescovi  la  fan- 
no in  curia  avanti' la  Proposizione  [V.) 
del  concistoro;  se  fuori  di  Roma,  ai  nun- 
zi o  a  chi  n'è  deputato  dalla  s.  Sede;  se 
presenti  in  curia,  all'  Uditore  del  Papa 
(F.),  con  quelle  avvertenze  ivi  notate  e 
oltre  il  giuramento,  ivi  parlandodi  quello 
edella  professione  di  fede  de'vescovi  cardi  - 
nali.  La  forinola  del  giuramento  di  fedeltà 
da  prestarsi  dai  vescovi  e  da  altri  prelati 
che  sono  tenuti  a  prestarlo,  con  qualche 
variazione  secondo  la  persona  ed  i  casi,  si 
legge  neWeDec  retali  1. 2,  tit.24,  Dejurejti- 
rando,c.  4  che  incomincia:  Ego  N.  Episco- 
pio, Il  concilio  di  Trento  ricevette  con  ve- 
nerazione il  decreto  di  Pio  IV,  il  quale  fu 
poi  appio  vaio  colle  bolle  di  Gregorio  XIV 
nel «591,  di  Urbano  Vili  uel  1627,  di 
Benedetto  XIV  nel  1740  e  1757.  Sicco- 
me pel  decretato  nel  i63o  da  Urbano 
Vili  i  cardinali  doveano  emettere  la  pro- 
fessione di  fede  nelle  mani  di  chi  li  con- 
sagrava ,  furono  dispensati  dallo  stesso 
BenedeltoXIV, autorizzandoli  a  farla  nel- 
la propria  cappella  innanzi  1'  immagine 
del  Crocefisso,  prescrivendo  che  dovesse- 
ro sottoscrivere  la  forinola  in  principio  e 
nel  fine  della  stessa,  per  poi  inserirsi  nel 
processo  formatosopra  lostatodellechie- 
se ,  sia  nelle  promozioni,  sia  nelle  trasla- 
zionij  essendo  la  professione  di  fede  ne- 
cessaria a  tutti  i  vescovi  ne'due  casi,  an- 
zi indispensabile,  giacché  è  per  rationeec- 
clesìae ,  non  ratione  personam.  Sisto  V 
colla  bolla  Romanus  Pontifex,\\  aggiun- 
se il  giuramento  di  fedeltà  alla  s.  Sec\e  ed 
al  Papa.  Poscia  Urbano  Vili  ordinò  nel 
1625, che  nell'Italia  ed  isole  adiacenti  il 
giurameli  tosi  debba  fare  insieme  alla  pro- 
fessione di  fede  entro  il  termine  di  tre 
mesi;  in  Germania,  Ungheria,  Francia  e 
Spagna  dentro  quattro  mesi  ;  Polonia  e 
Portogallo  nello  spazio  di  cinque,  e  nel- 
)'  Indie  orientali  e  occidentali  entro  tre 
anni.  I  cardinali  presenti  incuria  presta- 


284  PR° 

no  il  giuramento  nelle  mani  del  Papa  al 
fine  del  concistoro  in  cui  sono  preconiz- 
zati: i  cardinali  assenti  lo  mandano  in  Ro- 
ma e  talvolta  non  lo  prestano,  non  es- 
sendo ai  cardinali  strettamente  obbliga- 
torio di  prestarlo,  dopo  quello  emesso  pri- 
ma di  ricevere  il  cappello  cardinalizio.  A. 
chi  e  come  in  Roma  i  vescovi  fanno  la 
professione  di  fede  lo  dissi  a  Concistoro, 
e  precisamente  nel  voi.  XV,  p.  235.  Ve- 
dasi Rrocardo,  Professio  Fidei  Catholi- 
cae  secundum  veras  verae  fidei  regulas 
explicata ,  Venetiis  1760.  Ferrari,  Bi- 
blioteca canonica,  verbo  Fidei  profes- 
sio, in  cui  enumera  tutti  quelli  che  devono 
fare  la  professione  di  fede,  incoraiuciando 
dai  battezzandi,  giudici,  medici,  chirur- 
ghi ,  confessori,  ec.  Anche  in  diversi  or- 
dini militari  ed  equestri,  chi  vi  è  ammes- 
so deve  fare  la  professione  di  fede  :  la  for- 
inola di  quella  de'  ss.  Maurizio  e  Lazza- 
ro si  legge  nel  Ceremoniale  del  mede- 
simo ordine  a  p.  8.  JNel  Pontificale  Ro- 
inanimi  :  De  consecral.  electi  episcopi,  vi 
è  la  formola  del  giuramento;  e  nell'Or- 
bo ad  Synoduni  pure  vi  è  la  formola  del 
giuramento.  Delle  professioni  di  fede  de- 
gli orientali  e  degli  acattolici  o  eterodos- 
si ritornati  alla  fede  cattolica,  ne  parlo  ai 
loro  molti  articoli.  Delle  strane  diversità 
di  confessioni o professioni  di  fededei  set- 
tari ed  eretici,  egualmente  parlo  ai  loro 
articoli,  come  ad  Augustana  confessio- 
ne, Confessione  di  fede,  Interim,  Lute- 
rani ,  Protestanti.  Vedasi  I'  opuscolo  : 
Cerimonie  sagre  o  solenne  professione  di 
fede  al  catlolicismo  di  Giacomo  Lom- 
broso, letterato  israelita,  nella  chiesa  dei 
pp.  Barnabiti  di  Moncalieri  il  dì  28  ot- 
tobre 1 84-4-- 

PROFESSIONE  RELIGIOSA,  Pro- 
fessio volorumj  Professione  solenne,  Pro- 
fessio solernnisjV rofessionedi  3  voti, Pro- 
fessio  ternaria^  Professione  di  4voli ,  Pro- 
fessio quaternaria:  così  Felici  ntW'Ono- 
masticarli  romanum.  Promessa  pubblica 
e  solenne  che  fa  un  Religioso  (Pr.)  od  li- 
na Religiosa  (f.)  di  osservare  i  3  Foli 


PRO 

(Z7.)  di  povertà,  di  castità  e  ubbidienza, 
ed  altro  a  seconda  dell'istituto,  non  che 
la  regola  dell' ordine  o  congregazione  che 
abbracciò. 

PROFETA,  Propheta,  Vales.  Que- 
gli cheantivede  e  annunzia  il  futuro, col- 
la Profezia,  Prophetia,  Vaticinium,  os- 
sia quel  che  si  predice:  Profetessa,  Pro- 
phetissa,  donna  che  profeta  o  profetiz- 
za. Osserva  Macri  che  Profeta,  oltre  il 
significare  quello  che  predice  le  cose  fu- 
ture, Videns,  nel  nuovo  Testamento  si  è 
*■*  estesa  a  maggior  significazione,  partico- 
larmente presso  s.  Paolo,  dove  significa 
espositore  che  dichiara  le  cose  oscure  del- 
la Scrittura,  e  di  tali  persone,  uomini  e 
donne,  ve  n'era  nella  primitiva  chiesa 
tanta  quantità,  che  fu  necessitato  1'  apo- 
stolo a  ridurli  a  qualche  ordine  e  regola 
nel  parlare  in  pubblico.  Agli  ebrei  fu  det- 
to: Prophetabunt  filii  veslri  etfiliaeve- 
slrae,  e  contano  7  profetesse.  Se  ne  co- 
noscono 6,  l'altra  è  contro  versa,  cioè:  Ma- 
ria sorella  di  Mosè,  Deboia  che  giudicò 
gl'israeliti  e  combattè  per  es>i,  Anna  ma- 
dre di  Samuele,  Abigail,  Holda,  Esther: 
la  7-a  chi  dice  le  4  ostetrici  o  levatrici  del- 
l'Egitto riunendole  in  una,  chi  vuole  Sa- 
ra, i  più  propendono  per  Giuditta.  Pro- 
fetesse de'gentili  furono  le  Sibille.  La 
Scrittura  chiama  i  profeti  uomini  di  Dio, 
angeli  e  inviati  del  Signore.  La  via  or- 
dinaria perla  quale  Iddio comunicavasi 
ai  profeti  era  l'ispirazione,  illuminando 
il  loro  spirito,  ed  eccitando  la  loro  volon- 
tà a  pubblicare  ciò  eh'  egli  faceva  loro 
conoscere  interiormente.  E"  in  questo  sen- 
so che  si  ritengono  profeti  tutti  gli  au- 
tori de'libri  canonici.  Dio  si  comunicò  al- 
tresì per  mezzo  di  sogni  e  di  visioni,  co- 
me a  Giacobbe  ed  a  s.  Pietro;  in  una 
nuvola  come  ad  A  bramo,  a  Giobbe  ed 
a  Mosè,  ed  a  quest'ultimo  anche  per  mez- 
zo d'una  voce  articolata  nel  roveto  ar- 
dente e  sul  Monte  Sinai,  ed  a  Samuele 
mentre  dormiva  nel  tempio.  Degli  Ora- 
coli (F.)  che  Dio  rese  a  mezzo  dell'  urini 
e  ihuininini  feci  paróla  a  Efod.  A  Giudea 


PRO 

riportai  la  cronologia  de'profeti,  cioè  4 
maggiorinosi  chiamati  perchè  le  loro  pro- 
fezie sono  più  lunghe  e  più  estese,  !2  mi- 
nori ,  e  altri  i5  che  sogliono  porsi  nel 
novero  de'profeti  ebrei:  Baruch  viene  or- 
dinariamente compreso  con  Geremia. 
Nell'antico  Testamento  abbiamo  gli  scrit- 
ti de'profeti  maggiori  e  de'profeti  mino- 
ri: degli  altri  non  è  rimasto  alcuno  scrit- 
to o  almeno  non  giunse  sino  a  noi.  Nel 
nuovo  Testamento  si  rammentano  altri 
profeti,  e  sono  celebri  negli  Atti  degli  a- 
postoli  le  4fig'ie  vergini  di  Filippoevan- 
gelista,  le  quali  profetizzavano,  oltre  s. 
Giovanni  per  la  sua  Apocalisse:  nello 
stesso  nuovo  Testamento  si  contano 3  al- 
tre profetesse,  la  B.  Vergine,  s.  Elisabet- 
ta ed  Anna  figlia  di  Phanuele.  I  profeti 
del  nuovo  Testamento  sono  di  missione 
straordinaria,  come  gli  apostoli  e  gli  e- 
vangelisti.  Secondo  s.  Agostino  i  profèti 
erano  i  teologi,  i  dottori  e  le  guide  del 
popolo  ebreo  nelle  vie  della  salute.  Essi 
viveano  d'ordinario  separati  dal  popolo 
nel  ritiro  alla  campagna  o  fra  comunità, 
ove  occupavansi  co'loro  discepoli  nella 
preghiera  ,nello  studio  e  nel  travaglio  ma- 
nuale, in  un  modo  però  che  non  fosse  in- 
compatibile colla  tranquillità  richiesta 
dal  loro  carattere.  Le  loro  dimore  fab- 
bricate da  essi  medesimi  erano  semplicis- 
sime. I  loro  abiti  erano  dimessi  ed  il  lo- 
ro cibo  assai  frugale.  Benché  tutti  non 
osservassero  la  continenza,  non  tenevano 
donne  nelle  loro  comunità,  e  scorgesi  in 
tutti  i  loro  scritti  la  loro  riservatezza  a 
riguardo  del  sesso.  Molti  vennero  assai 
maltrattati  a  motivo  delle  loro  predizio- 
ni: alcuni  furono  pure  messi  a  morte  in 
modo  crudele.  La  Chiesa  gli  onora,  li  no- 
mina nelle  litanie  de'santi,  legge  le  loro 
profezie,  e  ne  venera  alcuni;  ad  altri  fu- 
rono erette  delle  chiese,  e  Macri  dice  che 
si  chiamò  Propheteum  tale  chiesa,  par- 
lando delle  reliquie  di  s.  Samuele  pro- 
feta. In  molle  chiese  vediamo  le  imma- 
gini de'profeti  o  le  rappresentazioni  del- 
le cose  da  loro  profetizzale,  massime  quel- 


PRO  285 

le  relative  ai  misteri  della  nostra  s.  reli- 
gione. Nella  basilica  Lateranense,  prima 
chiesa  del  mondo,  decorano  la  nave  prin- 
cipale, oltre  le  sta  tue  colossali  de'i  2  Apo- 
stoli, sopra  di  esse  altrettanti  quadri  in 
forma  oVale  dipinti  a  olio  da  abili  artisti 
rappresentanti  ii2Profeli,secondoleloro 
predizioni  e  con  analoghe  epigrafi,  essen- 
do fra  ledette  statue  ed  ovali  egual  nume- 
ro di  bassorilievi  di  stucco  esprimenti  fi- 
gure dell'antico  e  nuovo  Testamento.  Si 
vede  il  profeta  Abdia  in  atto  di  ascoltare 
la  tromba  del  giudizio  universale;  Isaia 
in  atto  di  leggere  il  codice  profetico  su 
cui  è  il  nome  di  Maria,  e  sotto  il  piede 
il  motto  della  sua  predizione;  Michea  che 
predisse  a  Betlemme  la  nascila  del  Re- 
dentore, figurala  col  presepio  e  la  croce; 
Joele  sedente  in  atto  di  meditare  la  ve- 
nuta dello  Spirilo  santo,  simboleggiata 
dalia  colomba  e  dalle  lingue  di  fuoco; 
Giona  assiso  sopra  un  colle  sotto  albero 
d'edera  secco,  colla  balena  alla  sinistra 
e  l'Angelo  in  aria  che  rimette  la  spada 
nel  fodero,  in  segno  del  perdono  dalo  da 
Dioa'penitenti  niniviti;  Osea  con  un  fan- 
ciullo a'piedi  con  chiodi,  e  alla  destra  il 
Redentore  col  vessillo  trionfale  in  segno 
di  sua  risurrezione  da  lui  predetta;  Da- 
niele tra  due  Angeli,  uno  de'quali  gli  ad- 
dita la  croce,  l'altro  accenna  in  terra  due 
leoni,  dal  lago  de'quali  uscì  illeso,  olire 
la  fascia  del  zodiaco  per  indicar  il  mese 
di  marzo,  nella  cui  luna  fu  consumata  la 
passione  di  Gesù  Cristo,  da  Daniele  va- 
ticinata; Barue  colla  croce  sostenuta  da 
un  Angelo  e  con  tavola  nelle  mani  in  cui 
scrisse  la  venuta  del  Figlio  di  Dio  nel 
mondo  ;  Geremia  piangente,  coll'Angelo 
che  gli  tocca  il  ginocchio  con  verga,  e  gli 
accenna  in  aria  la  pentola  ardente  in  si- 
gnificato dell'ira  divina,  ed  in  lontanan- 
za Gerusalemme  che  rovina;  Ezechiele 
che  vede  la  gloria  di  Dio,  figurala  nel 
misterioso  carrotiralo  da  4  animali,  che 
indicano  gli  attributi  de'4  evangelisti; 
Amos  pastore  con  alcune  pecorelle  e  la 
croce  in  alto  colla  luna  e  il  sole  eclissa- 


?.S6  PUÒ 

lo  nell'ora  in  cui  Cristo  spirò;  Nuhum 
«edente,  con  Angelo  che  tiene  la  croce  e 
la  palma,  in  segno  del  trionfo  riportato 
da  Cristo  sul  peccato. 

Si  chiamano  profezie  gli  scritti  e  le  pre- 
dizioni de'profeti,  ed  esse  vennero  sempre 
considerate  nella  Chiesa  come  una  delle 
prove  più  costanti  e  più  sensibili  della 
verità  della  religione  cristiana.  L'aposto- 
lo s.  Pietro  avea  per  l'autorità  delle  pro- 
fezie sì  grande  deferenza,  che  preferì  le 
parole  de'profeti  a  quanto  vedeva  co' suoi 
propri  occhi;  giacché  dopo  aver  riferito 
il  gran  miracolo  della  trasfigurazione  di 
Gesù  Cristo,di  cui  fu  testimonio,  aggiun- 
ge che  noi  ne  abbiamo  una  certezza  an- 
cora maggiore  della  di  vi  uilà  di  Gesù  Cri- 
sto, del  suo  regno  e  della  sua  «loria  ne- 
gli scritti  de'profeti.  La  ragione  che  ne 
adduce  si  è  che  la  conoscenza  dell'avve- 
nire non  appartiene  che  a  Dio,  e  che  è 
impossibile  ch'essa  pervenga  (ino  agli  uo- 
mini in  altra  maniera  che  per  divina  ispi- 
razione. Cosi  le  parole  de'profeti  sono  le 
parole  di  Dio  stesso.  Egli  è  perciò  che 
Gesù  Cristo  nel  vangelo, gli  apostoli  nel- 
le loro  epistole,  ed  i  padri  nelle  apologie 
che  hanno  fatte  in  difesa  del  cristianesi- 
mo, particolarmente  dimostrano  che  le 
profezie  de'profeti  si  verificarono  collo 
stabilimento  della  religione  cristiana.  Es- 
si non  potevano  in  fatti  convincere  gl'in- 
creduli in  un  modo  più  efficace,  e  s.  Ago- 
stino osserva  che  i  pagani  non  trovaro- 
no nitro  mezzo  di  resistere  alla  forza  di 
queste  prove,  se  non  che  dicendo  che  le 
profezie  erano  stale  fatte  dopo  avvenute 
le  cose  predette:  ma  il  santo  medesimo 
dimostra  in  più  luoghi  la  falsità  di  que- 
sta obbiezione.  Egli  si  appella  alla  testi- 
monianza stessa  degli  ebrei,  nemici  di  no- 
stra religione,  e  prova  colla  loro  stessa 
confessione  l'antichità  delle  nostre  pro- 
fezie, di  cui  essi  medesimi  furono  i  de- 
positarli, e  che  vennero  sin  da  principio 
scritte  nella  loro  lingua.  La  Chiesa  ha 
introdotto  molle  di  queste  profezie  nei 
suoi  uffizi.  Nel  voi.  Vili,  p.  2.85  e  3o6 


PRO 
parlai  delle  Lamentazioni  (/'.),  o  me- 
stissimi cantici  di  Geremia,  che  si  canta- 
no negli  uffizi  delle  tenebre  della  setti- 
mana santa;  e  della  profezia  d'Osea  che 
si  dice  il  venerdì  santo:  nel  voi.  JX,  p. 
5  parlai  delle  XII  Lezioni^.)  della  scrit- 
tura che  sono  dette  profezie,  dopo  la  be- 
nedizione del  Cereo;  le  quali  profezie  si 
leggono  senza  titolo  e  sono  tramezzate 
da'eantici,  tratti,  orazioni,  collette,  che 
tuttealltidorioalZ?rf/te.?i//ioJ  ch'è  la  prin- 
cipale funzione  del  sabbato  santo,  come 
il  i .  e  più  necessario  sagra  mento.  Nella 
vigilia  di  Pentecoste  dopo  l'ora  di  nona 
si  leggono  le  6  profezie,  col  l'ordine  no- 
tato nel  messale  romano,  senza  titolo  e 
senza  candele  accese  sino  al  priuci  pio  del- 
la messa,  come  nel  sabbato  santo,  in  fi- 
ne delle  quali  si  dicono  le  orazioni,  sen- 
za l'invito  alla  Preghiera  (/^.),  del  Fle- 
ctamus  genita,  per  essere  tempo  pasqua- 
le, come  dichiarano  i  commentatori  li- 
turgici. Terminato  il  canto  delle  profe- 
zie, dove  vi  è  il  Fonte  battesimale,  si  os- 
serva il  prescritto  dal  messale,  premesso 
l'intiero  titolo;  non  essendovi,  finita  l'ul- 
tima profezia  colla  sua  orazione,  si  can- 
tano le  Litanie  de'santi.  Nel  voi.  XXIV, 
p.  223,  ricordai  l'uso  di  certe  rappresen- 
tanze di  profeti  con  recite  di  profezie, 
che  si  facevano  in  quelle  feste,  che  poi  la 
Chiesa  proibì.  Amplissimo  numero  di  va- 
ticini e  predizioni  de*  profeti  raccolsero 
Eusebio  nel  lib.  i  della  Dimostrazione 
evangelica,  e  l'autore  dell'opera,  De  prò- 
missionibus  et praedictionibus  Dei,  par. 
3,  cap.  35;  poscia  altri  fecero  il  simile, 
come  Uezio,  in  Dem.  Ei'ang.j  Wils  in 
Miscel.  sacr.j  ed  il  Fabricio,  Salutari* 
lux  Evangelii  toti  orbi  per  divina  m  gra- 
tiani  exoriens.  Ruperli  Abbatis,  Coni' 
meniti riorum  in  prophetas  et  alia  opera, 
i  52y.  Elarione,  1  dodici  profeti  minori , 
Foligno  i/49-  Antonino  Barcellona,  Pa- 
rafrasi delle  profezie  de'profeti  maggio- 
ri, Isaia,  Geremia,  Ezechiele,  Daniele: 
Parafrasi  delle  profezie  de' profeti  mi- 
nori: Osea,  G ioide,  Amos,  Abdia,  Gio- 


PRO 

na,  Michea,  JVahum,  Alante,  So  fonia, 
Aggeo,  Zaccaria,  Malachia,  "Venezia 
1 827.  Navarro,  Illustrazioni  sui  profeti 
Ezechiele  e  Davide  con  il  testo,  Napoli 
1  845.  Heumann  de  Lehniun,  Prophetie 
avec  nolespar  Z?om>ero/.,  Bruxelles  1 846. 
Cancellieri,  Notizie  sulla  nascila  del  Re- 
dentore, ap.  48  riporta  un  elenco  di  scrit- 
tori sui  profeti  che  la  predissero  coi  loro 
vaticini  ;  imperocché  la  venuta  del  Mes- 
sia [V.)  fu  annunziata  dai  profeti  e  con 
varie  figure  adombrata  nel  vecchio  Te- 
slamento,  principalmente  da  Giacobbe, 
Davide,  Isaia,  ec.  Fu  attribuito  a  Papa 
s.  Telesforo  del  142  un  libro  di  profe- 
zie, che  mss.  si  conservava  in  Venezia; 
ma  questo,  secondo  i  critici,  è  opera  di 
nitro  Telesforo  romito  del  1 386,  come 
attestano  Wion,  in  Ligno  Crucis,  e  Pos- 
sevino,  in  Apparati!.  Avvertirò  poi  con 
Sarnelli,  Leti.  eccl.  t.  7,  lelt.  5i,  come 
alcuni  limino  slimato,  che  oltre  a'sacer- 
doti  e  re,  si  ungessero  ancora  i  profeti, 
fondandosi  nelle  parole  del  3.°  libro  de' 
Re,  cap.  19,  dove  Dio  01  dina  a  Elia,  che 
unga  redi  Soria  Azael,  d'Israele  Jehu, ed 
Eliseo  profeta;  ma  quella  parola  ungere 
significa  solamente  designare  e  deputa- 
re, come  nel  cap.  98  de' Giudici.  E  di  fat- 
to Elia  non  unse  Azael,  e  Jehu  fu  unto 
da  altro  profeta  ;  ne  si  trova  nella  Scrit- 
tura che  questa  ceremonia  di  ungere  si 
facesse  coi  profeti. 

Sono  famose  le  profezie  fatte  sui  roma- 
ni Pontefici,  per  cui  non  posso  tralascia- 
re di  riportarne  qualche  erudizione.  A 
s.  Malachia  {Tr.  )  arcivescovo  d'Armagli 
furono  attribuite  volgarmente  quelle  pro- 
fezie sui  Papi  che  incominciano  con  Ce- 
lestino Il  del  1 143,  mentre  il  preleso 
autore  morì  nel  1 148.  Il  primo  a  pub- 
blicarle fu  il  p.  Arnoldo  Wion  benedet- 
tino, Ligno  vitae,  lib.  2,  cap.  4°,  p.  3o, 
il  quale  vivendo  nel  1 595,  cioè  447  anni 
dopo  s.  Malachia,  non  dice  da  chi  le  ri- 
cevette. Varie  edizioni  ne  furono  fatte, 
correndo  ognuno  a  questi  libri  sibillini, 
cornea  fogli  caduti  dal  cielo.  Fu  il  p.  Me- 


PRO  287 

neslrier  gesuita  che  nel  1689  levò  la  ma- 
schera a  tali  imposlure,talmente  che  stol- 
to sarebbe  chi  ora  non  le  tenesse  per  quel 
che  sono,  come  dichiara  Novaes  nella  StO' 
ri-a  de' Pontefici j  sebbene  nel  t.  3,  p.  4^ 
e  seg.  le  riporta,  per  compiacere  quelli 
che  si  dilettano  di  simili  profezie,  con  ap- 
plicate una  qualche  stentata  spiegazione 
;id  ognuna,  che  a  dire  il  vero  non  può 
essere  più  stiracchiata,  laonde  non  lecre- 
do  convenienti  di  riproduzione.  In  fatti 
presso  i  critici,  ad  onta  della  loro  rino- 
manza, queste  sedicenti  profezie  presto 
caddero  in  discredilo,  onde  i  sensati  le 
disprezzano  e  non  curano.  Ebbero  non- 
dimeno tenaci  difensori,  per  un  malin- 
teso spirito  di  pietà  e  di  eccessiva  credu- 
lità,che  li  strascinòsenza  badarealla  pru- 
dente critica.  Oltre  che  Wion  non  sep- 
pe rendere  ragione  da  chi  ricavasse  que- 
ste profezie,  niuno  scrittore  a  s.  Malachia 
coevo  ne  fa  menzione,  inclusivamente  al 
suo  amicissimo  s.  Bernardo,  il  quale  ne 
scrisse  la  vita  con  molla  diligenza.  Inol- 
tre in  quesle  profezie  8  antipapi  si  po- 
sero tra'legil  timi  Pontefici,  meno  dueche 
li  qualifica  per  quel  che  furono,senza  vo- 
lere rimarcare  i  gravi  sbagli  cronologici, 
mentre  Dio  non  rivela  le  cose  false,  ed 
è  perciò  che  niun  caso  fecero  di  queste 
fallaci  profezie  Baronio,  Spondano,  Bzo- 
vio,  Rainaldi  e  molti  altri.  Novaes  slima 
che  sieno  state  composte  nel  1 5go  e  fab- 
bricate nel  tempo  del  conclave  in  cui  usci 
eletto  Gregorio  XIV,  dai  partigiani  del 
cardinal  Simoncelli  (F.)  di  Orvieto,  che 
essi  designarono  colla  profezia:  De  anti- 
quitale  Urbis.  Quindi  è  ch'essendo  faci- 
le l'indovinar  le  cose  passate,  queste  pro- 
fezie dal  suo  principio  fino  a  detto  an- 
no, cioè  da  Celestino  II  a  Gregorio  XIV, 
facilmente  si  accomodano  ai  Papi  suc- 
cessivamente eletti;  agli  altri  poi  inco- 
minciando da  Gregorio  XIV,  siccome  bi- 
sognava indovinare  il  futuro,  esse  non  si 
possono  applicare  se  non  che  con  violen- 
za e  coti  isforzo.  Finora  furono  applicate 
b  101  tra  Papi  e  pseudo-pontefici;  re 


288  PRO 

stano  le  seguenti:  102  Lumen  in  coelo. 
io3  Jgnis  ardens.  io4  Religio  depopu- 
lata.  1  o5  Fides  intrepida.  106  Pastor 
angelicus.  1 07  Pastor  et  nauta.  1 08  Flos 
fio  rum.  109  De,  medieUile luna.  1  io  De 
labore  solis.  1 1 r  Gloria  olivae.  111  In 
persectilione  extrema  s.  r.  ecclesiaesede- 
bit  Petrus  (vedi  Nome  de'Papi)  romanus 
(in  alcuni  codici  si  legge  secundus),  qui 
pascei oves in'multis  tribulationìbus,qui- 
bus  transactis  civilas  Seplicollis  dime- 
tur,  etjudex  treme.ndusju.dica.bit  (altri 
leggono  vindicabit)  populum  suum.  A- 
men.  Se  altro  non  vi  fosse  per  doverle 
credere  una  favola,  basterebbe  l'osser- 
vare che  per  mezzo  di  esse  noi  non  po- 
tremmo più  ignorare  l'epoca  della  finedel 
mondo,  che  Gesù  Cristo  espressamente 
disse  non  avrebbero  saputo  mai  i  suoi  ca- 
ri apostoli ,  ne  i  seguaci  suoi.  Stando  a 
quesle  volgari  profezie  di  poco  si  potreb- 
be sbagliare  il  tempo  dell'estremo  giu- 
dizio, che  da  esse  viene  determinato.  Ad 
onta  delle  tante  marchecherendonosup- 
positi/.ie  le  dette  profezie,  tuttavia  furo- 
no pubblicate  moltissime  volte,  trovan- 
do in  ogni  tempo  creduli  che  le  ritenne- 
ro per  tali.  Dopo  il  Wionchenel  i5g5 
le  stampò  in  Venezia,  abbiamo  Girola- 
mo Giannini  domenicano,  Vaticini  del- 
l'abbate  Malachiaarcivescovo  Armaca  • 
no,  tradotti  dal  latino,  Venezia  1601, 
i65o,  1689.  In  questo  anno  si  pubbli- 
carono pure  in  Roma  e  in  diversi  altri 
luoghi,  come  si  ha  daMassingam  che  l'in- 
serì nel  Florcleg.  ss.  Hiber., Parisiis  1 624. 
Daniele  G.  Mollerò,  Dissert.  hist.  de  Ma- 
lachia propheta  pontificio,  Altorf  1  706. 
Profezia  veridica  di  tutti  i  sommi  Pon- 
tefici (cioè  da  Celestino  II)  sino  alla  fi- 
ne  del  mondo,  fatta  da  s.  Malachia,  Ve- 
nezia 1670,  1075,  172  1.  Gio.  Germano 
cisterciense,  Addizione  apologelico-isto- 
ritaalla  predizione  circa  i  romani  Pon- 
tefici ec,  Napoli  1675.  Profezia  de' som- 
mi Pont.  rom.  con  illustrazioni  e  note, 
Ferrara  '794-  fra  i  critici  che  le  con- 
futarono souo  da  preferirsi  i  ISolluudisli, 


PRO 

nel  Propylaeo  ad  Act.  ss.  Maxi,  par.  1 , 
append.  4-  Francesco  Carriere  conven- 
tuale, Hist.  cronol,  Pontificum  rom.  cum 
praesignationefulurorum  ex  s. Malachia 
Lugduni  1602,  i663,  16945  Venezia 
1697.  Gio.  Pietro  Graffio, diretto  da  Sa- 
muele Andrea,  volle  sostenere  contro  la 
lodata  opera  di  Carriere  la  verità  delle 
profezie:  Disquìsilio  hislor.  de  successio' 
nibus  Pont.  Rom.  secundum  praenota- 
tionum  Malachiae  hiberno  adscriptam, 
Marburgi  1677.  Claudio  Fr.  Menestrier 
gesuita  celebre  per  la  sua  erudizione,  fu 
il  più  forte  avversario  di  queste  profezie: 
Réfulalion  des  prophetiesfaussement  al- 
tribuées  à  s.  Malachie  sur  les  elcclions 
des  Papes,  Paris  1689.  Contro  di  lui  e 
il  Carriere  insorse  il  luterano  Teodoro 
Grugero:  Commentano  hist.  de  succes- 
sione continua  Pont.  Rom.  secundum  va- 
licinia  Malachiae,  a  dubiis  vindicata, 
Wittebergae  1723.  Angelo  Gastaldi  dot- 
to barnabita  confutò  benissimo  queste 
profezie  inventate  dal  capriccio  d'un  am- 
bizioso, con  dissertazione  inserita  nel  t. 
2  della  Nuova  raccolta  degli  opuscoli 
scientifici,  Venezia  1787. 

Altre  profezie  sui  Papi  priucipalmen- 
te,  e  si  conobbero  prima  di  quelle  sedi- 
centi di  s.  Malachia,  sono  del  p.  Gioac- 
chino abbate  della  congregazione  di  Fio- 
rì o  Florense ,  e  di  Anselmo  vescovo  di 
Marsico  Nuovo  (Pr.)  ,  suo  contempora- 
neo, che  furono  pubblicate  dopo  Bonifa- 
cio Vili.  Del  dotto  e  b.p.  Gioacchino(f/.) 
cisterciense,  nato  in  Colico  di  Cosenza  in 
Calabria,  fondatore  di  sua  congregazio- 
ne eabbate  del  monastero  di  Coraci,  mor- 
to prima  deli2i5,  e  che  visse  ne'ponti- 
ficati  di  Lucio  III,  Urbano  111, Gregorio 
Vili,  Clemente  III,  Celestino  111  e  Inno- 
cenzo III,  colla  noia  di  sue  opere  che  sot- 
topose al  giudizio  della  Chiesa,  parlai  an- 
che ne'  voi.  XI 11 ,  p.  217  ,  2  18  ,  2  19  , 
XXXVII,  p.  i54-  Ivi  dissi  che  tra  le  mol- 
te grazie,  di  cui  Dio  volle  arricchirlo,  una 
fu  quella  del  dono  della  profezia  ,  colla 
«piale  gli  venne  fallo  di  predire  molte  co- 


PRO 
se,  e  clie  Innocenzo  III  condannò  una 
delle  sue  opere  sulla  ss.  Trinità,  ma  fu 
errore  di  mente,  non  di  volontà  :  d'ordi- 
ne di  Clemente  III  scrisse  sul  commen- 
to dell'Apocalisse.  Tali  profezie  si  conob- 
bero neli25o,  ePapebrocbio  in  Co  nata 
Chron.  hist.  dissert.  4f>P-  342>  confutò 
le  1 5  profezie  da  Nicolò  III  a  Urbano  VI> 
le  quali  furono  più  volte  pubblicate  e  so- 
damente confutate  in  uno  alle  tante  in- 
terpretazioni die  loro  si  diedero.  Si  dice 
cbe  furono  opera  del  p.  Gioacchino,  o  ese- 
guite secondo  lesuepredizioui,a!cuneem- 
blematiclie  figure  di  animali  in  mosaico 
nel  pavimento  della  chiesa  di  s.  Marco  in 
Venezia,  che  si  vogliono  allusive  alle  ri- 
voluzioni e  guerre  civili  che  successero 
dopo  di  lui  ;  così  pure  le  immagini  de'ss. 
Francesco  e  Domenico  sopra  l'arco  della 
porta  del  Tesoro,  che  si  pretendono  poste 
per  vaticinare  gli  ordini  Francescano  e 
dei  Predicatóri  non  ancora  istituiti,  seb* 
bene  vivessero  i  suddetti  due  santi  che  poi 
li  fondarono.  Le  accennate  figure  si  crede 
che  fossero  eseguite  prima  che  venissero 
alla  luce  le  profezie, sulle  quali  tanto  spe- 
cularono i  curiosi  per  indovinare  la  suc- 
cessione dei  Papi.  In  Venezia  sembra  che 
le  sue  opere  perla  i .'  volta  fossero  stampa- 
te nel  \5i<]  apud  Lazzarum  de  Soardis, 
indi  neh  5 19  per  Simeonde Le vre,  poscia 
nel  1 5i<j  in  aedibusFrancisci  Bindoni  ac 
Maphaei  Pasini  sodi  i  Exposilio  magni 
propheta  ab.  Joachim,  etc.  ;  di  queste  e 
altre  edizioni  tratta  Tafuri,  negli  Opu- 
scoli di  Calogerà  t.  24,  p.  283,  mentre 
nel  t.  33,  p.  5o4  si  ricordano  le  due  se- 
guenti j  Vaticini  ovvero  profezie  dell'ab* 
Gioacchino  e  di  Anselmo  vescovo  di  Mor- 
sico, con  le  immagini  intagliate  in  rame 
di  correzione  e  vaghezza  maggiore,  che 
gli  altri  finora  stampatit  per  l'aiuto  di 
molti  esemplari  scritti  a  penna;  e  per  le 
pitture  e  disegni  di  varie  immagini,  ai 
anali  è  aggiunta  una  ruota  ed  un  oraco- 
lo turchesco  di  grandissima  considera- 
zione ,  insieme  colla  prefazione  di  Pa- 
squalino Regiselmo,  Venezia  1 589. 1  va- 
voi,,  tv. 


PRO  289 

ticini  dell'abbate  Gioacchino  e  del  vesco- 
vo Anselmo  furono  ancora  riprodotti  nei 
Vaticini  ovvero  predizioni  d'  uomini  il- 
lustri della  successione  de' sommi  Ponte- 
fici ,  comprese  in  sei  ruote  stampate  in 
ratnej  colle  dichiarazioni  e  annotazioni 
di  Girolamo  Giovannini}Yenez\ai6oOi 
Inoltre  abbiamo:  Gabriele  Bari  france- 
scano ,  Vaticinia  Joachimi  ahbatis  de 
quindecim  Ponlijìcibus  3  Venetiis  i5g8. 
Di  alcuna  di  queste  edizioni  fece  memo- 
ria Cancellieri  nelle  Dissert.  epistolari t 
p.  81,  parlando  delle  predizioni  del  giu- 
dizio finale:  dice  che  dagli  autori  che  ci- 
ta è  stata  abbastanza  scoperta  l'impostu- 
ra delle  profezie  che  girano  sotto  il  no- 
me del  p.  Gioacchino  sopra  i  Pontefici 
che  seguiteranno  a  reggere  la  Chiesa,  ma 
bensì  ad  esso  debbono  attribuirsi  altre  o- 
pere,  dalle  quali  si  credette  predetto  tut- 
to quello  eh'  era  per  accadere  a  tempo 
di  lui,  fino  alla  venuta  dell'Anticristo  e 
alla  fine  del  mondo  ;  e  siccome  molti 
prestarono  lede  a  queste  predizioni ,  ri- 
porta gli  autori  cbe  trattarono  dell'ar- 
gomento ,  anche  a  p.  3y8.  A  Marcello 
II  dissi  che  dimostrò  la  falsità  del  presa- 
gio sul  diluvio  universale,  a  tempo  di  Cle- 
mente VII.  Si  possono  vedere:  Astrono- 
mia, Divinazione,  Indovino,  Magia,  Ma- 
lefizio  ed  i  relativi  articoli.  Il  p.  Meno- 
chio,  Sluoret.  3,p.5^:Dell'ab.  Gioac- 
chino e  delle  sue  profezie  de  futuri  Pon- 
tefici, osserva  che  i  creduli  di  e:?i  sono  si- 
mili a  quelli  che  con  grande  attenzione 
consideravano  le  figure  in  basso  rilievo 
che  sono  nelle  porte  di  bronzo  della  chie- 
sa di  s.  Pietro,  scioccamente  persuasi  che 
ivi  si  contenessero  gli  stemmi  o a I tri  sim- 
boli j  co'  quali  oscuramente  si  mostrano 
quelli  che  di  mano  in  mano  devono  esse- 
re assunti  al  pontificato. 

A  Palazzo  Braschi,  parlando  delle 
pasquinate  o  mordaci  satire  ,  ricordai  i 
divieti  sulle  satire,  massime  pei  promo- 
vendi al  cardinalato  e  pontificato,  come 
delle  scommesse  che  si  facevano  contro  o 
in  favore  d'alcun  Papa  sulle  basi  di  pre- 

'9 


290  PRO 

dizioni, tristi  presagimenti, superstizioni  o 
fini  venali,  con  deplorabili  conseguenze. 
Nelle  biografie  de'  Papi  ho  parlato  del- 
le loro  particolari  predizioni  al  Pontifica- 
to {Vedi)  ove  riportai  qualche  aneddo- 
to sulla  durata  e  riguardante  i  presagi) 
di  molti,  come  de'presagi  infausti  verifi- 
cati. Neil' accennarli  qui  riuniti ,  ne  ag- 
giungerò alcun  altro.  Talvolta  qualche 
avvenimento  fu  permesso  per  particolari 
disposizioni  della  divina  provvidenza,  la 
quale,  come  vuole  s.  Giovanni  Damasce- 
uo,  si  serve  alle  volte  delle  cose  naturali 
per  annunziare  qualche  evento,  che  quel- 
le per  se  stesse  non  sono  atte  a  significa- 
re, come  l'apparizione  d'una  colomba  per 
diversi  Papi,  lo  sciame  d'api  che  si  posò 
sulla  Cella  (Z^.)  nell'  elezione  d'Urbano 
Vili,  la  colomba  su  quella  d'Innocenzo 
X  avanti  la  sua  esaltazione,  i  quali  vola- 
tili facevano  parte  del  loro  stemma.  Di- 
ce l'autore  della  descrizione  del  conclave 
d'Urbano  Vili,  che  quel  segno  e  altri  si- 
mili talora  sono  inviati  da  Dio,  per  di- 
mostrare qual  fosse  la  volontà  sua  intor- 
no alla  persona  che  si  dovea  eleggere, 
come  abbiamo  di  diversi  santi  vescovi  , 
massimamente de'primi  di  Ravtnna(J'.), 
e  per  darequalchelumeai  sagri  elettori, 
nel  mezzo  della  caligine  de'privati  inte- 
ressi e  dissensioni.  A  Epoca  riportai  al- 
cune erudizioni  sulle  coincidenze  di  epo- 
che memorande  di  alcuni  Papi  e  cardi- 
nali sui  Giorni,  ed  anche  gli  antichi  eb- 
bero i  giorni  fasti  e  nefasti  come  toccai 
a  quell'articolo.  De'buoni  augurii  tenni 
proposito  a  Lettere  epistolari,  Natale, 
Pasqua  e  relativi  articoli.  Nel  238  i  sagri 
elettori  si  mossero  a  crear  Papa  s.  Fabia- 
no perla  colomba  posatasi  sul  di  lui  ca- 
po. Nel  5 1 4  1°  divenne  s.  Ormisda,  se- 
condo la  predizione  di  s.  Cesario  d'  Ar- 
les.  Nel  5go  ricusando  la  dignità  s.  Gre- 
gorio I,scuoprì  il  nascondiglio  una  splen- 
dente colomba.  A' 19  aprile  io54  mori 
s.  Leone  IX  a  tenore  di  sua  predizione. 
Un  religioso  ebbe  rivelazione  del  tempe- 
stoso pontificalo  di  Pasquale  1 1  [F.).¥.\\- 
genio  HI  predisse  il  pontificato  ad  Ales- 


PRO 
Sandro  III;  altrettanto  fece  s.  Francesco 
d' Asisi  con  Gregorio  IX  del  1277.  Ad 
Adriano  V  (Jr.),  s.  Filippo  Beuizi  pre- 
disse il  papato  con  presagio  infausto,  e  la 
breve  durata.  Nel  1277  coll'elezione  di 
JNicolòlII  si  verificò  il  vaticinio  di  S.Fran- 
cesco ,  che  sarebbe  Protettore  (V.)  del- 
l'ordine e  Papa.  Nel  1288  fu  Papa  Nico- 
lò IV  ,  mentre  ancor  giovinetto  lo  era 
stato  preconizzato  dal  b.  Corrado  Miglia- 
ni  d'Ascoli  ancli'egli  fanciullo,  poiché  ri- 
verendolo sempre  genuflesso,  ed  interro- 
gatone rispose  :  Io  glifo  riverenza,  per- 
che gli  vedo  in  mano  le  chiavi  del  regno 
de' cieli,  come  riporta  Cecconi,  Storia  di 
Palestrina,  p.  265.  Nel  1 294  divenne  Pa- 
pa Bonifacio  Vili  per  predizione  del  pre- 
decessores.  Celestino  V.  Nella  coronazio- 
ne di  Clemente  V  in  Lione  (V.)  accad- 
dero gravi  disgrazie,  il  Papa  rovesciò  dal 
cavallo  e  la  tiara  cadde  per  terra:  tutto  fu 
preso  per  presagio  infausto  e  si  verificò, 
massime  col  trasporto  della  residenza  pa- 
pale in  Avignone  (F.).  Nel  i342  eletto 
Clemente  VI  secondo  il  vaticinalo  da  Ste- 
fano priore  benedettino  fin  da  quando  era 
monaco,  lo  compensò  coli' arci  vescovato 
d'Arles,  poi  di  Tolosa.  L'abbate  dis.  Ger- 
mano d'Auxerre  Grimoardi,  lagnandosi 
coll'arcivescovo  di  Sens  Guglielmo,  che 
lo  aggravava  con  esigenze,  questi  gli  dis- 
se ironicamente:  Vi  vendicherete  quan- 
do sarete  Papa.  Senza  essere  cardinale 
nel  1 362  col  nome  d' Urbano  V  vi  fu  crea- 
to. Questi  chiamò  l'arcivescovo  e  gli  di- 
chiarò :  Non  intendo  vendicarmi  dell' ol- 
traggio ,  di  cui  non  vi  sarete  dimentica' 
toj  voglio  all'opposto  elevarvi  in  dignità. 
Voi  non  avete  che  una  semplice  croce,  ne 
avrete  finora  due  perchè  vifo  Patriarca 
(Pr.)  di  Gerusalemme  in partibus.  L'ar- 
civescovo nulla  rispose,  si  ritirò  confuso, 
perchè  spogliato  in  un  punto  delle  sue 
grosse  rendile,  che  il  Papa  per  altro  gli 
conservò,  lasciandogli  l'arcivescovato  ad 
istanza  di  Giovanni  lire  di  Francia.  Ur- 
bano V  ripristinò  la  dimora  pontificia  in 
Roma,  ma  poi  volendola  riportare  in  A- 
vignone,  s.  Brigida  gli  profetizzò  la  mor- 


PRO 

te,  per  rivelazione  avuta  dalla  B.  Vergi- 
ne, ed  ebbe  subito  effetto.  Nell'elezione 
e  conclave  per  Urbano  VI  fu  sinistro  pre- 
ludio del  funesto  e  lungo  scisma  che  poi 
afflisse  la  Chiesa,  il  fulmine  caduto  nella 
camera  de'cardinali  Ginevra  e  di  Luna, 
poscia  antipapi  Clemente  VII  e  Benedet- 
to XIII ,  percuotendo  ancora  le  chiavi 
insegne  della  Chiesa  e  traforando  lo  stem- 
ma del  defunto  Gregorio  XI.  L'infelice 
pontificato  di  Urbano  VI  fu  accompagna- 
to da  sinistri  presagi  :  egli  cadde  da  ca- 
vallo partendo  da  Perugia;  un  romito  gli 
annunziò  la  morte,  e  seguì  di  veleno  per 
profezia  di  s.  Caterina.  Delle  diversepre- 
dizioni  al  pontificato,  alla  durata  ed  alle 
disgrazie  di  Eugenio  IV ne  feci  parola  a 
quell'articolo.  Il  b.  Nicolò  Albergati  pro- 
fetizzò il  papato  a  Nicolò  V,  che  ne  prese  il 
nome;  glielo  avea  predetto  anche  Euge« 
nioIV  cui  successe,  dal  capo  del  quale  ca- 
dendo la  mitra  si  fermò  sul  suo.  A  Calisto 
III (V.)  predisse  il  triregno  s.  Vincenzo 
Ferreri,  per  cui  egli  lo  teneva  tanto  sicuro 
(come  nel  voi.  XV  III,  p.  55)  che  da  cardi- 
nale sottoscrisse  il  giuramento  di  far  guer- 
ra a'turchi  col  nome  che  poi  prese,  e  perciò 
fu  il  i ,°  a  formare  la  marina  pontificia.  A 
Pio  li  riportai  5  prognostici  di  sua  ele- 
vazione: a  Paolo  II  che  prima  lo  zio  Eu- 
genio IV, e  poi  la  Madonna  glielo  avvi- 
sò in  Loreto.  Questi  nell'imporre  il  cap- 
pello a  Rovere  ,  lo  disse  successore  e  fu 
Sisto  IV,  cui  s.  Giacomo  della  Marca  a- 
vea  predettoledignitàdi  generale  degni- 
noli ,  cardinale  e  Papa.  Pio  IH  non  ve- 
dendo ardere  la  stoppa  che  si  brucia  nel- 
la coronazione,  lo  prese  per  sinistro  au- 
gurio e  visse  26  giorni.  A  Giulio  II  fece 
la  profezia  s.  Francesco  di  Paola.  Narrai 
a  Paolo  IV  che  alla  madre  fu  progno- 
sticalo Papa  essendo  nel  suo  ventre.  Le 
predizioni  e  coincidenze  che  precedettero 
e  accompagnarono  1'  esaltazione  di  Pio 
IV, a  questo  articolo  le  riportai.  Nel  voi. 
XXI,  p.  26  raccontai  che  s.  Pio  V  volle 
la  conversione  dell'ebreo, che  nel  profe- 
targli il  papato  ,  diceva  che  allora  si  sa- 


PRO  29T 

l'ebbe  battezzato.  Gregorio  XIII  da  car- 
dinale fu  mandato  in  Ispagna  legato  a 
Filippo  II,  coi  religiosi  Peretti  e  Bonucci 
per  teologhi,  ed  i  prelati  Castagna  e  Al- 
dobrandini  :  mentre  erano  a  pranzo  col 
re,  a  questi  uu  facetodisse  :  Vostra  mae- 
stà si  trova  a  desinare  con  tre  Pappi,  con 
allusione  alla  pappa  della  mensa.  Fatto 
è  che  il  cardinale  divenne  Papa,  Peretti 
Sisto  V,  Castagna  Urbano  VII,  precisa- 
mente uu  dopo  l'altro;  Aldobrandini  e  Bo- 
nucci furono  cardinali.  La  morte  di  Gre- 
gorio XIII  giustificò  il  funesto  preludio 
fatto,  quando  gli  cadde  la  mitra  in  con- 
cistoro. Sisto  V  tenendo  a  pranzo  il  car- 
dinal Castagna  gli  predisse  il  pontificato 
e  fu  presago  della  vicina  sua  morte,  cioè 
quando  trovate  alcune  pere  guaste  di  den- 
tro, il  Papa  con  ischerzo disse,  con  allusio- 
ne al  suo  cognome  ed  a  quello  del  com- 
mensale :I  romani  ormai  abborriscono  le 
pere; presto  avranno  le  castagne.  Gli  sue- 
cesseimmediatamentecol  nome  di  Urba- 
no VII.  A  Gregorio XIV avea  predettala 
suprema  dignità  s.  Filippo  Neri.  Furono 
presagi  felici  al  successore  Innocenzo  IX 
la  mitra  del  predecessore  caduta  sul  pro- 
prio capo ,  e  che  la  sua  cella  trovossi  e- 
retta  sul  luogo  del  trono  concistoriale.  A 
Clemente  VI  II  presagirono  il  papato  Pao- 
lo IV  e  s.  Filippo  Neri,  anzi  questi  pure 
il  nome.  Inoltre  questo  santo  e  s.  Maria 
Maddalena  lo  vaticinarono  a  Leone  XI; 
s,  Filippo  vi  aggiunse:  durerete  poco,  e 
visse  26  giorni.  A  Paolo  V  notai  come 
fu  presagita  l'esaltazione.  A  Gregorio  XV 
(V.)  annunziarono  il  papato  Gregorio 
XIII,  ed  il  maresciallo  Lesdiquiries  cal- 
vinista, che  al  verificarsi  promise  la  sua 
conversione,  come  effettuò.  A  Innocenzo 
X  predisse  il  pontificato s.  Felice  da  Can- 
talice.  Il  termine  della  vita  e  indicante 
l'annodi  Alessandro  VII,  fu  prognosti- 
cato dall'  autore  di  questa  cianografica 
precazione:  oreMVs prò  pontlflCe  no- 
stro aLeXanDro.  Clemente  IX  nel  crea- 
re cardinale  Altieri,  stando  a  letto  gra- 
vemente infermo,  gli  disse  che  lo  avreb- 


292  PRO 

he  successo  immediatamente  ,  come  si 
■verificò  co!  nome  di  Clemente  X.  Fu  pre- 
so per  prognostico  infausto  ad  Alessan- 
dro Vili,  quando  in  concistoro  gli  cad- 
de la  mitra,  e  non  tardò  a  verificarsi.  A. 
Benedetto  XIII  prognosticò  il  papato  d. 
Fabio  Caracciolo;  ed  a  Clemente  XIV 
fece  altrettanto  un  suo  correligioso  ;  ma 
essendo  caduto  da  cavallo  nel  possesso 
furono  fatti  funesti  presagi.  A  Pio  VI  no- 
tai che  non  pare  che  il  h.  Leonardo  gli 
profetasse  il  triregno  ;  ad  un  curioso  che 
in  Vienna  gli  domandò  se  la  permanenza 
sarebbe  lunga,  rispose  :  che  sapeva  d'es- 
ser Papa,  non  Profeta.  Della  sua  morte 
n'ebbe  presagi  mento,  perchè  essendo  vi- 
cina la  festa  di  s.  Agostino,  avea  rimar- 
cato che  in  essa  5  volte  erasi  inalalo  gra- 
vemente. Che  fu.  di  cattivo  augurio  il 
prendere  il  nome  di  VI,  lo  dichiarai  nel 
voi.  XLVIJI,  p.  90.  A  Pio  VII  predisse 
il  pontificato  ed  i  sofferti  penosi  trava- 
gli la  propria  madre  monaca:  il  cardi- 
nalato glielo  aveà  prognosticato  l'abbate 
Bocci  cassi nese  della  stessa  sua  congrega- 
tone; e  nel  giorno  che  terminò  di  vivere 
Pio  VI,  una  colomba  entrò  nella  sua  ca- 
mera e  vi  si  trattenne  gran  tempo.  Cristia- 
no Valer  scrisse  la  Dissertazione  intorno 
i  presagi  di  vita  e  dì  morte ,  che  accre- 
sciuta da  Tissot  fu  nel  1  783  stampata  in 
Padova.  Chiuderò  questo  articolo  Pro- 
feta  con  alcuneerudizioni  sull'antico  pro- 
verbio :  Nemo  prophela  in  patria  sita. 
Questo  è  applicabile  principalmente  ai 
letterati,  che  talvolta  in  propria  patria  so- 
no attraversati  da  occulte  animosità,  de- 
rivanti o  per  rapporti  d'origine,  o  d'in- 
teressi di  famiglia  ,  o  di  controgenio,  o 
di  scuola,  odi  condotta.  Uno  de'sagrifi- 
cati  fu  il  fiorentino  dottissimo  Benedet- 
to Menzini,  che  dovendo  espatriare  tro- 
vò in  Roma  nella  regina  Cristina  una  ge- 
nerosa mecenate:  fu  allora  che  scrisse  l'i- 
nedito trattato,  De  invidia  hominis  lite- 
rati,  che  subito  si  rese  raro.  Sul  detto  di 
Gesù  Ci  i»to  che  :  Nemo  est  prophela  ac- 
ceptus  in  patria  ,c  aitale  di  ciò  sia  la  cau~ 


PRO 
sa  ?  vedasi  Menochio,  Stuore,  Centuria 
6.',  p.  2  5^.  Hieronymus  Sche  ver,  De  con  • 
temptu  prophelae  in  patria,  stampato  nel 
1660.  Giuseppe  Lanzoni,  Sopra  l'intrin- 
seca ragione  del  proverbio  :  Nessun  prò- 
feta  alla  sua  patria  è  caro,  Ragionamen- 
to con  prolusione  latina  di  Celtrini  :  De 
viris  sapientibus  patriae  invisis,  Ferrara 
1729.  V.  Patria,  Letterato. 

PROFEZIA.  V.  Profeta. 

PROFEZIE  DE'  PONTEFICI.  V. 
Profeta. 

PROJETTIZIO,  Cardinale.  Dell'or- 
dine  de'preti,  cardinale  di  s.  Lorenzo  nel 
titolo  di  s.  Damaso,  fiorì  nel  pontificalo 
di  s.  Gelasio  I  del  4<P. 

PROMOTORE  DELLA  FEDE,  Pro- 
moter fidei.  Morcelli  lo  chiama,  Qttaesi- 
ter  de  hoiwribits  caelestium.  Uffizio  ec- 
clesiastico ragguardevolissimo  che  sem- 
pre si  esercita  da  un  Avvocalo  concisto- 
riale (de'quali  anche  a  Difensori  della 
chiesa  romana, e  in  tutti  gli  articoli  che  ri- 
guardano questo  cospicuo  collegio),  qua- 
lificandolo il  cardinal  de  Luca  ,  Relal. 
Rom.  Cur.  disc.  18,  n.°  i.\,  e  nel  Car- 
dinale pratico,  p.  3  1 9,  oppositore  fisca- 
le della  s.  cardinalizia  Congregazione  dei 
riti(F.).  Fu  in  passato  l'onorevole  ca- 
rica sempre  unila  all'avvocato  del  Fisco 
(V.)}  avendo  il  medesimo  officio,  cioè  di 
sostenere  e  difenderei  diritti  della  s.  Chie- 
sa, giacche  il  promotore  della  fede  sostie- 
ne la  parte  fiscale  nelle  cause  di  cano- 
nizzazione, ossia  prepara  tutte  le  possi- 
bili difficoltà  in  queste  cause,  essendo  in- 
teresse della  Chiesa,  che  si  accordino  gli 
onori  degli  altari  a  quelli  soli,  la  morie 
de*  quali  consti  giuridicamente  che  sia 
preziosa  agli  occhi  di  Dio  ;  ora  essendo 
affatto  da  detto  importante  uffizio  dis- 
giunta, né  potendo  essere  riunita  all'  al- 
tro avvocato  concistoriale  avvocato  dei 
Poveri  {P'.),  come  dichiarai  nei  relativi 
articoli. Leggo  in  Novaes,  che  Clemente 
XI  nel  17  08,  a  mg/  Prospero  Bollini  ar- 
civescovo di  Mira  ,  avvocato  del  fisco  e 
promotore  della  fede,  diede  pcrcoadiu- 


PRO 

tore  con  futura  successione  l'avv."  Lam- 
bertini  nell'officio  di  promotore  della  fe- 
de, e  mg.1*  Bottini  nipote  di  Prospero 
nell'officio  di  avv.°  fiscale,  e  così  vennedi- 
viso  l'uno  dall'altro.  Quindi  come  pro- 
motore della  fedeLambertini  per 20  anni 
egregiamente  esercitò  l'uffizio  (perchè  os- 
serva Cardella  nella  sua  biografia,  che  ri- 
tenne la  carica  quando  fu  fatto  segretario 
del  concilio, donde  nel  1728  fu  elevato 
al  cardinalato)  in  uno  all'avvocatura  con- 
cistoriale, e  divenuto  Benedetto  XIV  se 
re  gloriò  nella  costituzione  che  vado  a 
ricordare,  avendo  dichiarato,  Raccolta 
di  Notificazioni,  ti,  p.  1 1 5, di  aver  con- 
sumata la  propria  vita  nelle  sagre  con- 
gregazioni di  Roma.  Quindi  Benedetto 
XIV  volendo  dare  all'illustre  collegio,  cui 
avea  appartenuto,  un  perpetuo  pegno  di 
sua  benevolenza  ed  estimazione,  colla  ce- 
lebre costituzione  Inter  cospicuos,  de'29 
agosto  1744)  nell'appiovarne  e  ampliar- 
ne le  prerogative,  dichiarò  espressamen- 
te incompatibile  1'  uffizio  di  promotore 
della  fede,  chefa  parte  di  tal  collegio,  con 
quello  di  avvocato  fiscale;  e  siccome  al- 
lora i  due  uffizi  erano  riuniti  per  specia- 
le disposizione  di  Clemente  XII  in  mg/ 
Luigi  Valenti, ordinò  che  non  si  dovesse 
estendere  ad  altri  tal  grazia;  imperocché 
già  avea  separato  i  due  uffìzi  Clemente 
XI  con  breve  de'7  aprile  1708,  mentre 
con  altro  de'3o  aprile  (714  avea  stabi- 
lito l'annuo  assegno  del  promotore  del- 
la fede  in  scudi  3oo,  togliendoli  dall'asse- 
gnamento dell'avvocato  fiscale,  e  gli  at- 
tribuì la  parte  di  pane,  ciambelle  e  vi- 
no dal  Palazzo  apostolico^.),  come  go- 
devano gli  altri  avvocati  concistoriali, ed 
altri  emolumenti;  concessioni  tutte  che 
Benedetto  XIV  confermò  colla  nomina- 
ta costituzione.  11  promotore  della  fede 
fa  parte  della  s.  congregazione  de'  Riti 
(F.),  ed  interviene  a  tutte  le  congrega- 
zioni che  si  adunano  nel  pontificio  palaz- 
zo, come  quelle  che  si  adunano  nelle  re- 
sidenze de' cardinali  ponenti,  ed  alle  al- 
tre particolari,  interessando  sempre  che 


PRO  295 

vi  sia  chi  rappresenti  il  fìsco.  L'  officio 
del  promotore  della  fede  è  antichissimo, 
ni  dire  di  Benedetto  XVI,  De  canoniz. 
lib.  i,cap.  18:  la  1.'. volta  che  se  ne  fe- 
ce speciale  menzione,  fu  sotto  Leone  X 
nella  causa  della  canonizzazione  dell'ai- 
lora  beato,  poi  s.  Lorenzo  Giustinia- 
ni. L'  assessore  di  detta  congregazione 
è  ancora  sotto-promotore  della  fede  :  il 
benemerito  collettore  dei  decreti  della 
congregazione  de'  riti,  mg.r  Luigi  Car- 
dellini, fu  il  i.°  ad  esercitare  questi  due 
onorevoli  uffizi.  Il  sotto-promotore  del- 
la fede  è  antico  e  prima  d'Innocenzo  XI, 
come  lo  appresi  dal  de  Luca  ne'  luoghi 
citati.  Nella  Relazione  della  corte  di  Ro* 
ma  di  Lunadoro  colle  note  di  Zaccaria, 
t.  2,  p.  5j  eio5,  si  paria  delpregievolis- 
simo  uffizio  di  promotore  della  fede;  «il 
cui  uffizio  è  di  rispondere  alle  scritture, 
che  vengono  proposte  nella  congregazio' 
ne  de'riti  per  la  beatificazione  di  qualche 
eroico  e  pio  personaggio,  di  fare  obbie- 
zioni e  di  produrre  più  difficoltà,  le  quali 
esser  devono  dichiarate  e  tolte  di  mezzo, 
onde  più  sicuramente  decidere  si  possa 
de' veri  meriti  del  servo  del  Signore  che 
si  vuole  beatificare  o  canonizzare  ".  A 
Beatificazione  parlai  della  parte  che  ne 
ha  il  promotore  della  fede,  nella  proce- 
dura dellecause  de  Beali  e  delle  animaci- 
versioni  che  fa  alle  medesime  in  ogni  con- 
gregazione, nelle  quali  propone  eziandio 
le  più  piccole  difficoltà  alle  cause  scritte 
dagli  avvocati  che  le  trattano.  Ne'  Con' 
astori  pubblici  {V.)  il  promotore  s' inti- 
ma a  intervenirvi,  ed  è  specificatamente 
nominato  nella  schedala  ,  così  in  quelle 
de'  concistori  semipubblici.  Nella  pero- 
razione che  ne'concistori  pubblici  fanno 
gli  avvocati  concistoriali ,  secondo  il  di- 
sposto di  Urbano  Vili  de' 27  gennaio 
i63r  (anche  nella  bolla  Coelestis  Hìe- 
rusalem,  degli  1  1  luglio  1 634,  Bull.  Roni. 
t.  6,  par.  1,  p.  4 '2,  Urbano  Vili  parla 
del  promotore  della  fede,  il  cui  ulfizio  con- 
ferì a  Cerri,  poi  cardinale),  con  quel  me- 
todo che  notai  altrove,  per  le  cause  dei 


2*j4  PRO 

venerabili  servi  di  Dio,  domandandone  la 
beatificazione  al  Papa,  a  questi  il  promo- 
tore della  fede  fa  la  consueta  protesta  (ri- 
cordata da  Chiapponi ,  Ada  canonizat. 
p.  2 1  o)  e  istanza  di  fare  osservare  in  ta- 
le causa  tutto  ciò  che  è  stabilito  dalle  co- 
stituzioni apostoliche,  di  procedere  nelle 
solite  formole  e  di  rimettere  la  causa  al- 
la piena  cognizione  della  congregazione 
de' s.  riti,  per  cui  il  Papa  ad  essa  la  ri- 
mette con  quella  formula  che  riportai  a- 
gli  analoghi  luoghi,  e  nel  voi.  XV,  p.2  1 8. 
Al  decreto  poi  che  fa  il  Papa  per  la  bea- 
tificazione, vi  è  presente  il  promotore  del- 
la fede.  A  Canonizzazione,  nel  descrivere 
come  procede,  narrai  che  il  Papa  nella 
congregazione  generale  ascolta  la  prole- 
sta emessa  in  iscritto  dal  promotore  del- 
la fede  ,  cui  spetta  questo  ufficio  a  guisa 
di  fisco,  o  il  proporre  le  obbiezioni  o  l'as- 
soluta sua  adesione.  Avanti  che  s'intimi 
il  Concistoro  segreto  (V.)s  il  promotore 
della  fede  presenta  a  tutti  i  cardinali  i 
compendi  della  vita,  virtù  e  miracoli  dei 
beati  chesidevonocanonizzare,acciò  pos- 
sano ben  ponderare  il  sentimento  che  do- 
vranno dare  tanto  in  detto  concistoro,  che 
ne' Concistori  semìpubblici  (^-)-  Indi  nel 
concistoro  pubblico  si  fanno  le  perorazio- 
ni dagli  avvocati  concistoriali,  essendovi 
presente  il  promotore  della  fede.  Inter- 
viene eziandio  ne'concistori  semipubbli- 
ci e  siede  nel  banco  incontro  al  segreta- 
rio de'riti,  ed  ivi  si  determinano  le  cano- 
nizzazioni. In  queste,  come  nelle  beati- 
ficazioni, il  promotore  della  fede  ed  il  sot- 
to-promotore della  fede,  oltre  i  soliti  e- 
molumenti,  immagini  e  vite  dei  beati  o 
santi,  ricevono  le  loro  reliquie  ed  un  qua- 
dro dipinto  a  olio  di  grande  dimensione, 
che  rappresenta  I'  effigie  di  ciascuno;  il 
quale  quadro  i  medesimi  lo  ricevono  an- 
che tieir  introduzione  della  causa  tanto 
de'  beati,  che  de'  santi.  Nel  voi.  VII,  p. 
3 1 3  notai  che  Benedetto  XIV  in  una  let- 
tera a  mg.r  Veterani  promotore  della  fe- 
de, dichiarò  non  potersi  canonizzare  i fan- 
ciulli e  per  quali  moli  vi,onde  li  partecipas- 


PRO 

se  a  chi  ne  facesse  istanza.  Al  presenleso- 
no:  promotore  della  fede  mg.vAnd rea  M.a 
Frattini  prelato  domestico,  protonotario 
apostolico  partecipante  e  canonico  Vati- 
cano; sotto-promotore  della  fede  e  asses- 
sore de'riti  mg.r  Pietro  Minetti  avvocato 
concistoriale  coadiutore  e  canonico  di  s. 
Maria  in  via  Lata.  Il  sotto-promotore  del- 
la fede  sino  al  1824  fu  un  aiutante  di  stu- 
dio amovibile  ad  nulum  del  promotore. 
Nella  elezione  che  questi  stesso  ne  face- 
va, si  stipulava  un  istromento  alla  pre- 
senza degli  avvocati  concistoriali.  Bene- 
detto XIV,  De  canoniz.  sancì,  lib.  1 ,  cap. 
1 8,  n.  1 3,  porta  un  solo  esempio  d'un  sot- 
to- promotore,  che  per  breve  di  Benedet- 
to XIII  fu  confermato advilam  nella  sua 
carica.  Pei  meriti  straordinari,  di  cui  era 
fornito  mg.1'  Gardellini  sotto-promotore 
della  fede,  fu  fatto  anche  assessore  della 
congregazione  de'  sagri  riti,  e  quindi  da 
Leone  XII  con  moto-proprio  de'3  mag- 
gio 1824,  in  cui  gli  assegnò  per  coadiuto- 
re mg. r  Frattini  encomiato, stabili  quan- 
to segue.  «La  carica  dell'  assessore  della 
congregazione  de'sagri  riti,  di  cui  trovasi 
in  possesso  mg.r  Luigi  Gardellini  Nostro 
cameriere  segreto  soprannumerario,  sarà 
permanente  e  perpetua.  L'assessore  ap- 
parterrà alla  classe  degli  ufiiziali  della  stes- 
sa congregazione,  prendendo  luogo  im- 
mediatamente dopo  il  promotore  della 
fede,  ed  avrà  il  voto  come  gli  altri  con- 
sultori. A  detto  assessorato  andrà  sempre 
unito  l'impiego  di  sotto-promotore  della 
fede;  cosicché  i  soggetti,  che  da  Noi  e  dai 
Nostri  successori  verranno  destinati  nel- 
le rispettive  vacanze  a  coprire  il  posto  di 
assessore,  conseguiranno  simultaneamen- 
te di  pieno  diritto  e  senza  bisogno  di  nuo- 
va nomina,  o  di  altro  qualunque  atto  o 
dipendenza,  ancor  quello  di  sotto-promo- 
tore, né  potranno  essere  rimossi  dall'imi' 
piego  che  per  autorità  pontificia  ....  Af- 
finché poi  queste  Nostre  determinazioni 
ottengano  pienamente  quei  fini  ,  che  ci 
siamo  prefissi,  ordiniamo,  che  secondo 
l'antico  sistema  il  sotto  promotore  tenga 


PRO 

studio  nella  propria  abitazione  per  am- 
mettervi que'giovani,  che  desiderano  a- 
bilitarsi  a  poter  trattare  come  procura- 
tori o  come  avvocati  le  cause  de' servi  di 
Dio  e  le  altre  di  competenza  della  con- 
gregazione de'sagri  riti;  e  che  debba  inol- 
tre prestarsi  nella  sua  qualifica  di  asses- 
sore a  ricevere  in  detto  studio  ancor  quel- 
li che  desiderassero  istruirsi  nelle  mate- 
rie ceremoniali  e  liturgiche".  L'assesso- 
re poi,  essendo  sotto-promotore,  deve  as- 
sistere come  promotor  fiscale  in  tutti  i 
processi  apostolici  che  si  fanno  in  Roma 
nelle  cause  de'  servi  di  Dio  o  beati ,  ed 
anche  ne'processi  apostolici  fuori  di  Ro- 
ma, se  vi  è  destinato  dal  promotore  del- 
la fede.  Per  altro  in  questi  processi  extra 
xirbem  rare  volte  interviene  il  sotto-pro- 
motore, essendone  impedito  dalle  varie 
e  molteplici  cure  del  suo  uffizio,  e  ordi- 
nariamente il  promotore  in  tali  processi 
si  sceglie  due  sotto- promotori  del  luogo 
stesso  ove  si  fa  il  processo,  unode'quali 
è  quasi  costantemente  il  promotor  fisca- 
le della  curia.  E'  poi  ufficio  del  sotto-pro- 
motore della  fede  di  fare  lo  spoglio  di  lut- 
ti i  processi  nelle  cause  che  si  propongo- 
no, per  compilare  quindi  i  sommarii  ob- 
biezionali,  se  occorrono,  e  le  opportune 
annotazioni,  le  quali  servono  di  base  al 
promotore  della  fede  per  fare  lesueani- 
inadversioni.  Queste  animadversioni  ap- 
partengono esclusivamente  al  promotore, 
ed  il  sotto-promotore  non  deve  far  altro 
che  prepararne,  per  modo  di  dire,  i  ma- 
teriali. Deveinoltre esaminare  tutti  i  som- 
marii, le  informazioni  e  le  scritture  che  si 
propongono  nelle  cause  de'servi  di  Dio  o 
beati,  e  porvi  il  Revisaj  che  anzi ,  rap- 
porto ai  sommarii,  deve  anche  corregger- 
ne le  stampe,  confrontandole  coi  proces- 
si originali  o  altri  documenti  autentici. 
Può  inoltre  comparire  in  alti  avanti  il 
notaro,  segretario  e  cardinali  della  con- 
gregazione de'sagri  riti  per  concordare  i 
dubbi  e  far  tutt'altro  che  occorre  a  no- 
me del  promotore.  Poi  come  assessore 
deve  esaminare  tulti  quei  dubbi  liturgici 


PRO  a95 

che  gli  sì  rimettono  dalla  congregazione 
de'sagri  riti;  deve  prestarsi  alla  revisione 
di  tulle  le  File  de'  servi  di  Dio  che  si 
stampano  in  Roma,  e  di  tutte  le  pie  con- 
siderazioni, meditazioni  e  preghiere  che 
ivi  si  vogliono  stampare.  In  fine  deve  e- 
saminare  e  porre  il  nihil  oslat  a  tutte  le 
preghiere  ed  opere  pie,  per  cui  si  brami 
dalla  s.  Sede  qualche  indulgenza  o  ple- 
naria o  parziale  ;  ed  essendo  consultore 
nato  della  Congregazione  delle  indulgen- 
ze e  sagre  reliquie  {F.j ,  deve  fare  pur 
anco  que'voti  che  da  quest'altra  congre- 
gazione gli  venissero  commessi. 

PROMOZIONI  PONTIFICIE.  Di- 
cesi Promozione  il  conferire  grado  o  di- 
gnità ad  alcuno,  Promolio.  Con  questo 
vocabolo  nella  Curia  o  Corte  Romana 
(F.)  si  qualificano  le  promozioni  che  fa 
il  Papa  di  Cardinali,  Prelati  (F.)  e  al- 
tri, ordinariamente  nel  Concistoro,  o  per 
Biglietto  o  per  Breve  (V.),  alle  cariche 
o  dignità  cardinalizie,  prelatizie  e  altre, 
in  servizio  della  s.  Sede  {F.)}  o  al  go- 
verno delle  chiese,  o  per  presiedere  ai  do- 
mimi temporali  della  Sovranità  pontifì- 
cia, ovvero  per  far  parte  della  Famiglia 
pontificia  (F.),  e  all'immediato  servizio 
del  Pontefice,  o  per  conferire  distinzio- 
ni e  onorificenze.  Ai  rispettivi  articoli  ho 
detto  come  sono  promossi  agli  onori,  al- 
le  dignità, alle  cariche  quelli  che  sono  no- 
minati a  goderne,  ed  in  moltissimi  quan- 
to devono  fare  dopo  le  loro  promozioni. 
A  Carica,  Dignità  ecclesiastica,  Gerar- 
chia ecclesiastica,  e  ad  altri  corrispon- 
denti articoli,  notai  come  cautamente  si 
regolarono  diversi  Papi  in  conferirle,  con 
qualche  sentenza  per  quelli  che  hanno  la 
debolezza  di  provocar  la  loro  promozio- 
ne. Sulla  prerogativa  della  Nobiltà  si  può 
vedere  Nobile.  A  Pontificato  trattai  che 
la  bassa  origine  non  è  ad  esso  impedi- 
mento. A  Ordinazioni  pontificie  ripor- 
tai quelle  de'Papi  de  primi  secoli  che  fe- 
cero di  vescovi,  di  preti  e  diaconi  della 
romana  chiesa,  i  quali  formavano  il  Pre- 
sbiterio pontificio  (F.)t  o  Sagro  collegio 


396  PRO 

de'cardinali,  rimarcando  i  tempi  in  cui 
le  fecero, ed  il  numero  de'promossi  in  cia- 
scuno de'3  ordini;  alle  quali  ordinazio- 
ni successero  prima  in  determinale  epo- 
che, poi  in  qualunque  tempo,  le  promo- 
zioni cardinalizie:  della  disciplina  e  ce- 
remoniale  antico,  come  del  successivo  e 
dell'odierno,  trattai  a  Cardinali  ed  in  di- 
versi corrispondenti  articoli  e  luoghi, pu- 
re nel  voi.  XII,  p.  i34;  dicendo  anco- 
ra, come  a  Cappello  cardinalizio  ed  a 
Concistoro,  le  particolarità  usate  nelle 
promozioni  de'principi  di  famiglie  sovra- 
ne, e  dei  festeggiamenti  che  hanno  luo- 
go in  tutte  le  promozioni  cardinalizie, 
delle  antiche  avendone  prodotto  altro 
esempio  nel  cardinal  Antonio  Priulì.  In- 
oltre a  Cardinali  notai  le  dignità  ecari- 
che che  sono  loro  conferite,  tutte  avendo 
speciali  articoli.  A  Porpora  trattai  del- 
la rinunzia  o  deposizione  del  cardinala- 
to: ve' Diari  di  Roma  del  iy3i,  numeri 
2 1 43,  2 1 6 1 ,  21 94,  22  1 2,  si  legge  che 
essendo  partito  da  Roma  il  cardinal  Co- 
scia,  famoso  favorito  di  Benedetto  XIII, 
contro  il  divieto  di  Clemente  XII,  ven- 
ne pubblicato  e  dichiarato  incorso  nelle 
censure,  sequestrati  i  suoi  emolumenti  e 
benefìzi,  venduta  per  conto  della  came- 
ra apostolica  la  sua  roba,  pubblicata  la 
sospensione  di  qualunque  giurisdizione 
ed  esazione,  e  rinnovate  le  intimazioni, 
essendo  decorsi  i  6  mesi  accordati  per 
presentarsi  a  rendere  ragione  delle  in- 
colpazioni. Al  detto  articolo  Cardinali 
§  IV  e  nelle  biografie  de'Pontefìci  rile- 
vai col  numero  delle  loro  promozioni, 
quello  de'cardinali  che  crearouo;  rimar- 
cando come  i  Papi  procedono  alle  pro- 
mozioni cardinalizie,,  a  quelle  dette  delle 
corone,  cioè  ai  promossi  a  preghiera  e  pre- 
sentazione de'sovrani  da  Clemente  V  in 
poi,  e  dell'alternativa  di  siffatte  promo- 
zioni introdotta  e  stabilita  da  Benedetto 
XIV.  A  Concistoro,  succeduto  all'antico 
Presbiterio  }nn\W\  de'principali  tenuti  dai 
Papi  per  promuovere  e  accrescere  il  cul- 
to de' Beati  colla  Canonizzazione,  fiscale 


PRO 

delle  quali  è  il  Promotore  della  fede  (f.)} 
per  promuovere  al  cardinalato  prelati  e 
altri  meritevoli,  come  del  loro  numero 
e  relative  erudizioni  ;  per  promuovere  al 
governo  delle  chiese  di  tutto  il  mondo 
cattolico,p7/nVzrc/i/j  primati,  arcivescO' 
vi,  vescovi  ed  abbati  nulliusdioecesis.  Ad 
Avignone  riportai  cronologicamente  tut- 
te le  promozioni  cardinalizie  cle'7  Papi 
che  vi  fecero  residenza;  quelle  anticardi- 
naliziede'falsi  PapiClemente  VII  eBener 
detto  XI  11  :  a  Basilea  le  promozioni  anti- 
cardinalizie dell'  ultimo  antipapa  Felice 
V.  Nelle  città  e  luoghi  poi  ove  i  Papi  fece- 
ro promozioni,  non  manco  di  notarlo.  A 
Cappello  cardinalizio,  Porpora, Cardi- 
nali discorro  della  consuetudine  di  quel- 
le promozioni  che  volgarmente  si  dicono 
restituzione  di  cappello  o  diporpora,  cioè 
quando  un  Papa  per  grato  animo  eleva 
al  cardinalato  un  parente,  o  un  individuo 
di  quell'ordine  o  congregazione,  cui  ap- 
partenne quel  Papa  che  Io  promosse  a 
tanta  altezza  di  grado.  Ad  Ozione,  Car- 
dinali, Prelato,  ed  altri  simili  articoli, 
parlai  sulle  rispettive  precedenze  de'pro- 
movendi  ;  e  siccome  negli  articoli  Gre- 
gorio XVI  e  Pio  IX  riportai  le  loro  pro- 
mozioni cardinalizie  con  quell'ordine  ge- 
rarchico, con  cui  furono  falle,  possono 
riuscire  di  esempi,  mentre  per  la  preco- 
nizzazione  de' vescovi  ne  trattai  a  Con- 
cistoro, Ozione  e  altri  articoli.  Ad  Or- 
dine quanto  riguarda  i  promovendi  agli 
ordini  sagri,  del  luogo  e  del  tempo  in  cui 
si  conferiscono  gli  ordini,  e  delle  pene  di 
colorocheordinanoosonoordinati  epro- 
mossi contro  le  leggi  ecclesiastiche,  fatte 
dalla  Chiesa  per  l'idoneità  de'promoven- 
di  agli  ordini  stessi,  con  quanto  è  neces- 
sario subirsi  e  praticarsi  dai  promoven- 
di. Il  dotto  vescovo  Sarnelli,  Lettere  ec- 
ci.  1. 1,  Lett.  8  :  Che  i  preti  virtuosi  e  dot- 
ti debbono  essere  tenuti  in  pregia  dai  loro, 
prelati.  Lett.  24:  Che  nelle  promozioni 
alle  ecclesiastiche  dignità,  non  al  nasci- 
mento, ma  alla  virtù  edalla  dottrina  si 
deve  riguardare. 


PRO 
Novaes  nella  Storia  ile  Pontefici  inco- 
minciò a  registrare  le  promozioni  cardi- 
nalizie con  Calisto  II  del  i  i  19,  avendo 
prima  di  lui  parlato  di  quella  fatta  in  O- 
simo  nel  io5g  da  Nicolò  II,  cui  si  può 
aggiungere  con  Cordella,  che  Pasquale 
Il  del  1099  creò  81  cardinali.  Questo 
ultimo  biografo  de'cardinali  incominciò 
la  compilazione  delle  biografìe  de'cardi- 
nali fioriti  sotto  ogni  pontificato,  da  s. 
Gelasio  I  del  493>e  'e  proseguì  a  tutto 
il  pontificato  di  Benedetto  XIV.  Nel  ri- 
produrle con  qualcbe  rettificazione,  ho 
la  compiacenza  di  avere  riempita  la  no- 
tabile lacuna  dal  1  y58  a  oggi,  colle  bio- 
grafie de'cardinali  che  in  questo  mio  Di- 
zionario vado  pubblicando,  e  tanto  alle 
biografie  estratte daCardella,che  in  quel- 
le di  olia  compilazione,  non  manco  ri- 
portale quanto  è  relativo  all'epoca  e  al- 
tro della  promozione.  Il  novero  delle  pro- 
mozioni falle  in  Concistoro,  a  questo  ar- 
ticolo (od  alle  biografie  de'Papi)  lo  ripor- 
tai, da  Gregorio  IX  del  1227  finoe  in- 
clusi ve  aquelledi  Pio  VII,  notando  l'epo- 
che, i  giorni  e  altre  analoghe  notizie,  co- 
me il  numero  de'cardinali  delle  promo- 
zioni, cogli  aneddoti,  e  rimarcando  i  car- 
dinali divenuti  Papi;  laonde  qui  appres- 
so noterò  quanto  credei  meglio  riserba- 
re per  questo  articolo,  in  gran  parte  a- 
vendovi  già  supplito  colle  riepilogazioni 
fatte  di  sopra.  Anticamente  adunandosi 
il  concistoro  3  volte  per  ogni  settimana, 
e  facendosi  principalmente  le  promozio- 
ni nelle  Quattro  tempora,  spesso  ebbero 
luogo  nel  dì  delle  ceneri  e  ne'sabbati  san- 
ti. Come  Clemente  IV,  Onorio  IV  del 
1285  creò  un  solo  cardinale.  11  fratello 
Pandolfo  Savelli  loavea  stimolato  a  pro- 
muoverne degli  altri,  e  per  moltiplicare 
i  monumenti  alla  sua  memoria  ne'poste- 
ri, e  per  beneficare  qualcuno  de'suoi  con- 
sanguinei; ma  Onorio  IV  rispose  costati- 
temente:  >»  Monumenta,  quae  ab  alio- 
rumfactispendent,essefallacesatqueina- 
nesraerces;  ad  romanam  purpuram  vi- 
ros  tantum  bouosac  doctos  esse  assumen- 


PRO  297 

dos  ".  Tanto  notò  Oldoino  nelle  Addi- 
zioni a  Ciacconio.  Innocenzo  VI  nel  gioì'* 
no  di  Natale  i35a  creò  cardinale  il  ni- 
pote Alberti.  Eugenio  IV  avendo  creato 
cardinali  Parentucelli  e  Carvajal,  men- 
tre erano  legati  in  Gerjnania,mandò  loro 
incontro  fino  a  Porta  del  Popolo  (V .) 
i  cappelli  cardinalizi,  perchè  entrassero 
in  Roma  più  onorati.  A  Ingressi  solen- 
ni ijt  Roma  trattai  del  ceremoniale  pei 
cardinali  che  veni  vano  a  prendere  il  Cap- 
pello, ed  a  quest'articolo  quello  che  per 
distinzione  i  Papi  mandarono  a  qualcu- 
no contemporaneamente  alla  loro  pro- 
mozione. Nel Gattico,  Aclacaerem.  p.  87 
e  seg.  è  riportato  il  novero  de'  giorni,  in 
guì  non  si  adunava  il  concistoro.  Leone 
X  in  una  promozione  creò  3  r  cardinali. 
Osserva  Piazza  nella  Gerarchia  cardi- 
nalizia p.  358,  che  avendo  il  Papa  pen- 
sato di  crearne  3o,  e  trovando  di  avere 
dimenticato  un  personaggio  di  merito 
grande,  ve  lo  aggiunse,  per  cui  ebbe  ori- 
gine il  volgare  motto:  Chi  fa  trenta  fa 
trentuno.  Fu  il  i.°  a  passare  il  numero 
di  53  cardinali,  essendo  nel  suo  pontifi- 
calo giunti  al  numero  di  65  viventi,  se- 
condoPiazza.  Tra 'cardinali  LeoneXcom- 
prese  più  d'una  terza  parte  de'  Protono- 
tari  apostolici,  al  quale  articolo  notai  i 
6  chierici  di  camera  creali  cardinali  da 
Alessandro  Vili  nel  suo  breve  pontifi- 
cato. Nel  voi.  IX,  p.  287  parlai  del  nu- 
mero di  tali  cardinali  e  di  quello  degli 
altri  Papi  che  ne  crearono  molti,  inclu-r 
sivamente  a  Pio  VII  che  superò  tutti, 
perchè  in  2  1  promozioni  ne  creò  98.  Ri- 
leva Ratti,  Della  famiglia  Sforza,  t.  1, 
p.  399,  che  Gregorio  XIII  creò  cardinale 
Francesco  Sforza  con  improvvisa  promo- 
zione, senza  averne  dato  precedente  av- 
viso al  s.  collegio  in  altro  concistoro,  co- 
me era  costume,  e  dell'averla  eseguita  in 
giorno  di  lunedì,  quando  fino  allora  co- 
stantemente il  venerdì  era  il  giorno  del- 
le promozioni  cardinalizie,  come  si  rileva 
dagli  Atti  concistoriali  e  dai  Diari  dei 
maestri  delle  ceremonie.  Rimarcai  nei 


398  PRO 

menzionali  articoli  che  nel  i585  Sisto  V 
stabilì  il  numero  de'cardiuali  a  70,  e  che 
fossero  eletti  da  tutte  le  nazioni;  e  che  le 
promozioni  cardinalizie  si  debbano  fare 
nel  solo  mese  di  dicembre  in  giorni  di 
Digiuno  {V-),  secondo  l'antico  costume 
durato  più  di  600  anni,  cioè  nelle  Quat- 
tro tempora  (f/.).  Questa  ultima  dispo- 
sizione non  fu  osservata,  neppure  dagli 
immediati  successori.  Gregorio  XIV con- 
fermò il  decretato  di  Pio  IV  sulle  scom- 
messe che  si  facevano  nelle  promozioni, 
con  tristi  conseguenze:  ne  parlai  nel  voi. 
L,  p.  3oi.  Nel  breve  pontificato  di  Leo- 
ne XI  non  volle  creare  cardinale  nem- 
meno il  nipote,  ad  onta  degli  stimoli  che 
ne  ricevette.  Paolo  V  in  io  promozioni 
creò  60  cardinali,  cioè  1 3  romani,  1  o  sta- 
tisti, 7  fiorentini,  5  napoletani  e  veneti, 
9  spagnuoli  e  francesi,  6  lombardi,  5  ge- 
novesi, 4  tedeschi  e  un  savoiardo:  fra'qua- 
li  io  stali  famigliari  di  sua  casa  Borghese 
o  suoi,  4  parenti,  3  domenicani  e  un  con- 
ventuale. Non  badando  ai  natali,  tenne 
per  fermo  che  le  sole  azioni  distinguono 
gli  uomini,  volendo  premiare  il  solo  me- 
lilo. Avrà  avuto  presente  la  sentenza  di 
Minuzio:  Omnes  pari  sorte  nascimur,  so- 
la  virlule  distinguitnur.  Su  questo  pro- 
posito ricorderò  che  Sigismondo  impe- 
ratore preferiva  nella  sua  corte  i  nobili 
per  virtù  e  per  dottrina  ai  nobili  per  san- 
gue, dicendo:  »>  Che  gli  uomini  d'inge- 
gno e  di  valore  eccellenti  hanno  la  loro 
nobiltà  dalla  natura  e  da  Dio;  e  gli  altri 
da'  principi,  che  agli  antenati  de'medesi- 
mi  diedero  titoli  eslati".  Si  può  aggiun- 
gere il  riflesso  di  Vasari,  che  riportai  nel 
voi.  XXIII,  p.2o3. 

AvendoVannozzimanifestatocheGre- 
gorio  XV  voleva  promoverlo  alla  porpo- 
ra, il  Papa  gli  ordinò  colla  propria  pen- 
na di  cassare  il  suo  nome  dalla  nota  dei 
promovendi, come  narrai  nel  voi.  IX,p. 
3o8,insiemcal  nome  che  tra'promoven- 
di  fece  segnare  Alessandro  Vili  all'Alba* 
ni,  poi  Clemente  XI.  In  r)  promozioni  Ur- 
bano Vili  creò  78  cardinuli  e  altri  4  non 


PRO 

potè  pubblicare.  Dei  primi,  5  furono  re- 
ligiosi, 7  promossi  ad  istanza  de'sovra ni, 
24  romani,  io  statisti  e  altrettanti  fio- 
rentini, 18  italiani,  fra'quali  6  genovesi, 
5  francesi,  4  spagnuoli,  2  tedeschi  e  un 
polacco.  Tra'medesimi  5  erano  suoi  pa- 
renti, 12  stati  famigliari,  7  de'quali  in- 
timi. Alessandro  VII  nel  i.°  concistoro 
ripetè  al  s.  collegio  nel  ringraziarlo  quello 
che  gli  avea  detto  nella  sua  promozione 
al  pontificato:  »  Che  s.  Francesco  di  Sa- 
les insegna  che  l'uomo  ecclesiastico  nulla 
deve  cercare  e  nulla  deve  ricusare,  e  per- 
ciò si  era  uniformato  al  volere  de'cardi- 
nali"(^.  Rinunzia  del  pontificato).  Nel 
promuovere  il  nipote  alla  porpora,  non 
volle  farlo  solo  comeaveano  praticato  i 
predecessori  coi  loro;  onde  in  una  fece 
due  promozioni,  il  nipote  lo  proclamò 
in  principio  del  concistoro  e  nel  fine  8 
cardinali,  fra'quali  Paolucci  che  da  3o 
anni  era  segretario  del  concilio edelPim- 
munilà.  Ad  istanza  di  Cristina  regina  di 
Svezia  elevò  Conti  al  cardinalato.  Cle- 
mente IX  per  quelle  della  madre  del  re 
di  Spagna  fece  il  simile  coti  Portocarre- 
ro;  e  siccome  in  questa  promozione  creò 
ancora  un  cardinale  a  premura  del  redi 
Francia,  l'imperatore  pretese  che  si  do- 
vesse fare  anche  quel  personaggio  da  lui 
nominato.  Ma  il  Papa  fece  rispondere  che 
la  s.  Sede  poteva  procedere  alla  promo- 
zione di  tali  cardinali  senza  mescolarvi 
le  convenienze  di  altri  monarchi;  altri- 
menti Venezia,  Portogallo  e  Polonia  po- 
tevano affacciare  egual  pretensione.  In- 
nocenzo XI  in  due  promozioni  creò  43 
cardinali,  per  le  quali  si  fece  quel  disli- 
eo che  riportai  nel  voi.  VI,  p.  i53.  Fra 
essi 4 d'ano  concittadini  e  7  religiosi:  non 
curò  le  commendatizie de'principi  quan- 
do non  erano  degne  di  lui  e  di  loro.  In- 
nocenzo XII  solo  dopo  4  <inni  e  5  mesi 
e  benché  di  80  anni,  fece  la  prima  pro- 
mozione. Clemente  XI  promosse  70  al 
cardinalato  in  ri  concistori:  nel  creare 
cardinale  il  b.  Tonimasij  che  non  voleva 
accettare,  gli  addusse  le  medesime  ragio- 


PRO 

ni  che  a  lui  avea  portato  per  costringer- 
lo a  dare  il  suo  consenso  al  pontificato 
quando  vi  fu  promosso.  A  Porpora  ho 
parlato  di  quelli  che  la  rinunciarono.  Il 
s.  collegio  deputò  due  cardinali  pei*  rin- 
graziar Clemente  XI  per  la  promozione 
al  cardinalato  di  Casini. Benedetto XIII 
in  1 1  promozioni  creò  29  cardinali,  e  vi 
comprese  5  napoletani  e  beneventani,  7 
religiosi,  4de'quali  del  suo  ordine  de'pre- 
dicatori.  In  Giambattista  Altieri  restituì 
la  dignità  che  avea  egli  ricevuto  dal  suo 
pro-zio  Clemente  X,  mentre  da  20  anni 
eia  chierico  di  camera,  onde  giunse  alla 
qualifica  di  loro  decano.  Clemente  XII 
lasciò  un  solo  cappello  vacante,  perchè 
in  1 5  promozioni  creò  35cardinali,  fra 
i  quali  8  connazionali  toscani,  3  religiosi 
e  2  parenti.  Benedetto  XIV  in  7  promo- 
zioni die  al  s.  collegio  65  cardinali,  niu- 
110  de'quali  divenne  Papa,  e  si  oppose  al- 
l'Esclusiva (^.),  che  la  corte  imperiale 
pretendeva  dare  pure  a  I  card  i  na  la  to.  Do  - 
po  lunga  carriera  promosse  Serbelloni, 
onde  il  cardinal  Pacca  si  servì  di  questo 
esempio  per  fare  il  confronto  di  que'pre- 
lali  che  dopo  pochi  anni  aspirano  al  car- 
dinalato, comeaccennai  nel  voi.  XLVI1I, 
p.  1 63.  Nelle  biografie  de'cardinali si  può 
vedere  la  diversità  che  passa  tra  il  siste- 
ma antico  e  l'odierno. 

Clemente  XII 1  in  7  promozioni  fece 
52  cardinali,  cioè  9  romani,  1  5  statisti, 
1  8  italiani,  fra 'quali  3  genovesi,  4  con- 
nazionali  veneti,  ed  altrettanti  milanesi 
e  napoletani,  3  toscani,  4  francesi,  2  te- 
deschi ed  unospagnuolo.  Vi  comprese  2 
domenicani  ed  un  conventuale,  che  fu  il 
successore  Clemente  XIV.  Questi  in  ter* 
rogato  sevoleva  accettare  il  pontificato, 
cui  era  stato  promosso,  rispose:  Non  bi- 
sogna ne  desiderarlo,  né  ricusarlo.  In  1 2 
promozioni  creò  17  cardinali,  perchè  ne 
pubblicò  uno  o  due  per  ciascuna.  Pio  VI 
in  23  promozioni  dièal  s.  collegio  73car- 
(liliali;  3  divennero  decani  del  s.  collegio, 
e  tra  questi  il  i.°  e  l'ultimo  cardinale 
che  creò,  Antonelli  e  Somaglia.  Vi  com- 


p  a  o  29r) 

prese  2  teatini,  un  camaldolese,  un  cassi  - 
nese,  un  domenicano  e  un  barnabita.  Fra' 

7  3  ne  promosse  1 4  che  erano  vescovi,  1  o 
nunzi,  4  governatori  di  Roma,  2  uditori 
generali  della  camera,  3  tesorieri  gene- 
rali, 4  maggiordomi  e  altrettanti  mae- 
stri di  camera,  il  decano  e  ■  uditori  di 
rota,  3  decani  de* chierici  di  camera,  2 
commendatori  di  s.  Spirito,  un  presiden- 
te di  Urbino,  2  segretari  della  congre- 
gazione de' vescovi  e  regolari,  ed  altret- 
tanti segretari  di  quelle  del  concilio  e  di 
consulla,  un  segretario  di  propaganda 
dopo  aver  esercitato  la  carica  18  anni, 
2  uditori  del  Papa,  un  assessore  del  s. 
offizio,  un  presidente  d'Avignone,  un  vi- 
celegato  di  Bologna.  Da  questa  enume- 
razionesi  possono  rilevare  le  cariche  pre- 
latizie che  portavano  ordinariamente  al 
cardinalato^  trannealcune eccezioni  tut- 
tora si  osserva  l'antica  consuetudine.  Pri- 
ma eranvi  quelle  di  fare  in  una  promo- 
zione i  nunzi  di  i.°  rango,  così  i  decani 
de'collegi  prelatizi  mentovati,  così  i  se- 
gretari delle  indicate  congregazioni  car- 
dinalizie, alle  quali  ormai  può  aggiun- 
gersi quella  degli  all'ari  ecclesiastici:  al- 
tre analoghe  e  speciali  notizie  di  ogni  ce- 
lo le  riportai  ai  loro  individuali  articoli. 
Alcune  sedi  vescovili  sono  onorate  per 
consuetudine  nel  loro  pastore  della  di- 
gnità cardinalizia,  nel  modo  e  con  quel- 
le regole  chedichiarai  ai  loro  articoli,  co- 
me Lisbona,  Toledo,  Siviglia,  Napoli, 
Palermo,  Capua,  Lione,  Reims  ec:  nello 
stato  papale,  oltre  li  6  vescovati  subur- 
bicari,  gli  arci  vescovati  di  Benevento,  Bo- 
logna, Fermo,  Ferrara,  Ravenna,  ed  i 
vescovati  di  Ancona,  Jesi,  Imola,  Mon- 
te Fiascone,  Orvieto,  Osimo  e  Cingoli, 
Sinigaglia,  Viterbo:  tuttavolta  vi  sono 
esempi  che  in  alcuna  delle  nominate  se- 
di, in  qualche  vescovo  ebbe  interruzione 
tal  consuetudine. Dellepiomozioni  di  Pio 
VII  feci  cenno  di  sopra  e  alla  biografia; 
solo  noterò  che  nella  promozione  degli 

8  marzo  1816,  come  Leone  X,  creò  3  r 
cardinali,  ma  soli  21  né  pubblicò,  gli  al- 


3oo  PRO 

lii  serbò  in  pel  lo.  Delle  promozioni  di 
Leone  XII  (colla  protesta  che  non  vole- 
va farle  che  eli  meritevoli)  e  Pio  Vili,  ne 
trattai  alle  loro  biografie.  Negli  articoli 
Gregorio  XVI ePio  IXcronoiogicamen- 
te  riportai  le  loro  promozioni  cardinali- 
zie, di  vescovi  e  abbati  nullius,  specifi- 
cando, oltre  l'epoca  di  ciascuna,  il  no- 
me, cognome,  patria  e  altro  di  ogni  car- 
dinale in  altrettanti  periodi:  questo  esat- 
to dettaglio  mi  assolve  dall'errore  tipo- 
grafico sul  calcolo  del  complessivo  nu- 
mero de'cardinalidi  Gregorio  XVI,  che 
in  vece  di  dire  74  f'u  impresso  82  a  tut- 
to aprile  1 845.E  siccome  fra'74  v6  n'era- 
no compresi  4  creati  e  riservati  in  petto 
nel  concistoro  de' 2  i  aprile  184^,  av- 
vertii che  non  erano  pubblicati;  così  nel 
rettificare  l'errore  numerico  aggiungerò 
t\i\c  altri  cardinali  creati  e  riservati  in 
petto  a'22  luglio  i844;  laonde  sino  a 
quell'epoca  il  Papa  Gregorio  XVI  avea 
creato  76  cardinali,  ma  pubblicati  soli 
70.  Dopo  la  stampa  del  volume  che  con- 
tiene l'equivoco,  e  fino  alla  tanto  pianta 
sua  morte,  Gregorio XVI  creò  e  pubbli- 
cò con  due  altre  promozioni  i  seguenti 
porporati.  Nel  concistoro  de'24  novem- 
bre i845  pubblicò  i  due  cardinali  riser- 
bati in  petto  nel  1 844i CIOe:  Lorenzo  Si~ 
monelli,  nato  in  Roma  e  assessore  del  s. 
ollizio,  prete  di  s.  Lorenzo  in  Pane  e  Per- 
ria;  Giacomo  Piccolomini  di  Siena,  de- 
cano de'chierici  di  camera,  diacono  e  poi 
prete  di  s.  Balbina.  Nel  medesimo  con- 
cistoro creò  e  si  riserbò  in  petto  un  car- 
dinale. Nella  promozione  o  concistoro  dei 
19  gennaio  1846  creò  e  pubblicò  cardi- 
nali :  Guglielmo  Enrico  de  Carvalho  di 
Coimbra,  patriarca  di  Lisbona,  prete;  Si- 
sto Mario  Sforza  di  Napoli  e  arcivesco- 
vo della  medesima,  prete  di  s.  Sabina  j 
Giuseppe  Dernel  di  s.  Flour,  arcivescovo 
d'Air,  prete,  morto  a'5  luglio,  4  giorni 
dopo  il  Papa.  Laonde  risulta  da  questi 
calcoli  che  Gregorio  XVI  nelle  sue  nu- 
merose promozioni  cardinalizie  creò  80 
cardinali,  de' quali  ne  pubblicò  7 5,  la- 


PRO 

sciando  alla  sua  morte  due  soli  cappelli 
vacanti,  mentre  avea  creato  e  riservato 
in  petto  5  cardinali.  Finalmente  a  com- 
piere le  memorate  promozioni  cardina- 
lizie di  Pio  IX,  poiché  l'articolo  giunge 
a'28  dicembre  i85i,  epoca  in  cui  rividi 
gli  stamponi,  riporteròquella  de'  1 5  mar- 
zo i852,  in  cui  creò  e  pubblicò  cardina- 
li; Domenico  Lucciardi  di  Sarzana,  già 
patriarca  e  segretario  del  concilio, ora  ve- 
scovo di  Sinigaglia,  prete  di  s.  Clemente; 
Francesco  Augusto  Ferdinando  Donnet 
dell'arcidiocesi  di  Lione,  arcivescovo  di 
Bordeaux,  prete;  Girolamo  d'Andrea 
di  Napoli,  arcivescovo  in  partibus  e  se- 
gretario del  concilio,  prete  di  s.  Agnese 
fuori  le  mura;  Carlo  Luigi  Monchini, 
nato  in  Roma,  arcivescovo  in  partibus  e 
già  tesoriere  generale,  presidente  della 
commissione  degli  ospedali,  pretedi  s.  O- 
nofrio. 

PROPAGANDA  FIDE  o  Propaga- 
zione della  fede,  Propagatio  fide i,  Chri- 
stiana nomini  propagando  ,  Propagatio 
nominis  chrisliani.  La  propagazione  e  dif- 
fusione della  religione  cattolica,  secondo 
il  divino  comando  di  Gesù  Cristo  fonda- 
tore della  sua  chiesa,  sublime  argomen- 
to che  con  diffusione  ho  trattato  in  lutti 
que'molti  articoli  che  lo  riguardano.  E' 
conforto  ai  figli  della  vera  chiesa  il  ve- 
dere come  anche  a'  giorni  nostri  questa 
nostra  madre  dotata  dal  celeste  suo  Spo- 
so di  quella  fecondità  prodigiosa  che  l'ha 
sempre  contraddistinta  dalle  infelici  set- 
te da  essa  separate,  adempiere  il  coman- 
do fatto  agli  apostoli  ed  ai  loro  succes- 
sori di  andare  per.  tutto  il  mondo,  di  pre- 
dicar l'evangelo  a  tutte  le  creature  e  di 
istruire  legenti,  coi  più  ubertosi  e  splen- 
didi successi  che  vado  celebrando  con  re- 
ligiosa soddisfazione  e  riverente  ammi- 
razione in  tanti  articoli.  Propagata  per 
1'  universo  la  religione  cattolica  ,  per  le 
insorte  eresie  e  scismi,  parti  della  malizia 
del  Demonio,  i  Papi  spedirono  sino  dai 
più  antichi  tempi  missionari  in  varie  re- 
gioni a  convertire  i  caduti,  confermare  i 


PRO 
fedeli ,  ed  illuminare  le  popolazioni  an- 
cora idolatre.  Imperocché  appartiene  ;il 
Papa  e  alla  Chiesa  istruire  sudditi  e  re, 
ricchi  e  poveri,  e  le  nazioni  tutte,  come 
maestro  universale,  prerogativa  tutta 
propria  dell'augusta  cattedra  di  s.  Pietro 
su  cui  siede.  L'apostolato  universale  del- 
la propagazione  della  fede  il  sommo  Pon- 
tefice principalmente  l'esercita  con  la  be- 
nemerita e  veneranda  cardinalizia  Con- 
gregazione de  propaganda  fide  (F.),  i- 
slituita  da  Gregorio  XV  onde  promuo- 
vere la  dilatazione  del  cristianesimo,  per 
le  efficaci  sollecitazioni  del  p.  Girolamo 
da  Narni  cappuccino  e  valente  predica- 
tore apostolico,  e  del  p.  Domenico  di  Ge- 
sù Maria  generale  de'carmelilani  scalzi, 
religioso  di  molta  pietà.  La  sagra  congre- 
gazione adempie  la  grande  opera  dell'al- 
ta sua  missione  con  tutti  que' vasti  mezzi 
e  ampia  giurisdizione  conferitale  dai  ze- 
lanti Papi  istitutori  delle  Missioni  ponti- 
ficie (^.),  dei  Missionari  (F.),  dei  Fica- 
riati apostolici  (F.),  delle  Prefetture  apo- 
stoliche {Fi)y  che  tanto  santamente  e  flo- 
ridamente corrisposero  all'aureo  fine,  e- 
minentemente  cooperandovi  il  clero  se- 
colare e  precipuamente  il  regolare  di  tan- 
ti illustri  ordini  e  congregazioni ,  anche 
di  recenti  istituzioni,  come  a  cagione  di 
onore  nominerò  le  congregazioni  de  Pie- 
pus,  de'Maristi,  degli  Oliali  di  Pinero- 
lo,  della  Carità,  non  che  l' Indigeno  clero 
(F.)}  come  la  pia  e  prodigiosa  opera  del- 
la Propagazione  della  fede,  del  quale  i- 
stituto  nacque  il  primo  pensiero  in  quel- 
lo appunto  delle  missioni  straniere  per 
supplire  ai  suoi  bisogni,  che  Lione  (F.) 
fra  tutte  le  città  dellaFrancia  avendo  com- 
preso meglio  di  ogni  altra  le  miserie  degli 
infedeli,  ne  divenne  la  nudrice  e  la  madre 
della  meravigliosa  sua  impresa,  che  tan- 
te ubertose  missioni  fondò.  Quest'opera 
grandiosa  fu  suscitata  dalla  divina  prov- 
videnza per  confortare  la  sua  Chiesa  com- 
battuta fra  noi,  collo  sviluppo  meraviglio- 
so delle  missioni  tra  gl'infedeli.  Immensi 
aiuti  riceve  sempre  la  sagra  congregazio- 


PRO  '     3ot 

ne  di  propaganda  nel  suo  apostolico  mi- 
nistero dal  suo  Collegio  Urbano  (^.)  t 
dalla  congregazione  delle  Missioni  stra- 
niere (F.),  e  dal  seminario  delle  Missio- 
ni straniere  {F .),  i  cui  alunni  si  resero  be- 
nemerentissimi della  diluzione  del  salu- 
tifero evangelo,  perla  gloria  di  Gesù  Cri- 
sto ,  per  la  salvezza  eterna  di  tanti  mi- 
seri e  per  ridurre  l'universo  sotto  un  so- 
lo ovile  e  un  solo  pastore.  Il  seminario 
delle  missioni  straniere,  da  due  secoli  in 
qua  ha  dato  tanti  missionari  all'  Indie, 
tanti  vescovi  alla  Chiesa,  tanti  martiri  al 
cielo,  poiché  la  vocazione  al  ministero  a- 
postolico  tra  gì'  infedeli,  suppone  la  vo- 
cazione al  martirio.  Nella  sala  del  semi- 
nario detta  de'  martiri  riposano  le  ossa 
venerande  di  tanti  illustri  campioni  del- 
la fede,  che  hanno  ai  nostri  dì  resa  col 
sangue  testimonianza  di  amore  a  Gesù 
Cristo.  Ivi  si  trovano  dipinti  per  mano 
di  testimoni  oculari  la  storia  de'loro  sup- 
plizi, e  gl'istromenti  del  martirio,  le  fu- 
ni, le  catene,  le  canghe,  vera  scuola  di 
eroismo  cristiano.  Tra  le  quattro  con- 
gregazioni di  preti  missionari  che  sono 
in  Napoli,  vi  è  quella  de  Propaganda  fi- 
de, fondata  nel  1646 dal  can.  Carnevale, 
coli'  intendimento  di  educare  e  tenere 
pronti  a'cenni  della  congregazione  di  pro- 
paganda di  Roma  sacerdoti  da  spedirsi 
alla  conversione  degl'infedeli.  In  molti  ar- 
ticoli notai  le  istituzioni  della  propaga- 
zione della  fede,  come  in  Londra  ec,  Que- 
bec ec.  Eziandio  utili  servigi  rendono  al- 
le missioni  le  figlie  o  sorelle  della  Cari- 
tà (F.)}  istituite  da  s.  Vincenzo  de  Paoli 
fondatore  della  congregazione  della  Mis- 
sione (F.)t  con  aiuti  spirituali  e  corpora- 
li a  vantaggio  de'  sani ,  e  singolarmente 
degl'infermi.  Ormai  il  nome  di  suore  del- 
laCarilà  basta  ovunque  a  indicare  affet- 
to di  sorelle  e  di  madri ,  vero  conforto 
della  languente  umanità  ,  operose  e  sol- 
lecite insegnatrici  delle  fanciulle. 

Dell'  opera  della  Propagazione  della 
fede  parlai  a  Lione,  ove  fu  fondata  a'  3 
maggio  1 822  con  appio vazionedi  PioVI  1, 


3o2  PRO 

comedel  suo  scopo  per  aumentare  i  mez- 
zi alla  sagra  congregazione  de  propagati- 
da  fi.de ,  onde  sempre  più  diffondere  e 
consolidare  la  religione  cattolica  tra  gl'in- 
fedeli ne'  due  mondi ,  avendo  pur  detto 
del  suo  stupendo  incremento  e  dell'  im- 
menso bene  che  fa.  Pio  VII,  Leone  XII, 
Pio  Vili  e  Gregorio  XVI  compartirono 
e  successivamente  confermarono  a  lutti  i 
membri  dell'  associazione  e  contribuenti 
limosino  le  seguenti  indulgenze  applica- 
bili anclie  alle  anime  del  purgatorio.  i.° 
Indulgenza  plenaria  nel  giorno  dell'  In- 
venzione della  Croce,  anniversario  della 
fondazione  della  pia  opera  in  Lione;  al- 
tra eguale  nella  festa  di  s.  Francesco  Sa- 
verio protettore  dell'associazione,  e  così 
una  volta  il  mese,  lasciando  il  giorno  al- 
l'arbitrio dell'associato,  purché  abbia  e- 
gli  in  lutti  i  giorni  del  mese  recitato  il 
Pater  e  X Ave  nella  mattina  o  nella  sera 
per  la  prosperità  della  pia  opera,  aggiun- 
gendovi sempre  l' invocazione  :  s.  Fran- 
cesco Saverio  pregate  per  noije  purché 
somministri  la  limosina  d'un  bajocco  la 
settimana.  Per  1'  acquisto  di  tale  indul- 
genza è  prescritto  di  confessarsi  e  comu- 
nicarsi, di  visitare  divolamente  la  chiesa 
parrocchiale,  ove  non  esista  la  propria 
della  pia  unione,  pregando  Dio  per  1'  e- 
saltazione  della  Chiesa  e  secondo  l'inten- 
zione del  Papa.  Gli  associati  che  per  in- 
fermità non  possono  prestarsi  alla  visita 
della  chiesa,  lucrano  tuttavia  l'indulgen- 
za ,  adempiendo  còme  possono  agli  altri 
obblighi  ,  seguendo  il  consiglio  del  con- 
fessore. 2.°  Indulgenza  di  i  oo  giorni  tut- 
te le  volte  che  contrito  di  cuore  1'  asso- 
ciato reciterà  le  indicate  preghiere, e  da- 
rà qualche  limosina  per  la  pia  opera  o 
eserciterà  qualche  allodi  religione  o  di 
carila.  In  breve  spazio  di  tempo  l'opera 
della  propagazione  della  fede  da  Lione, 
ove  ebbe  culla,  si  diramò  in  molte  regio- 
ni d'  Europa  e  di  altre  parti.  Gregorio 
XVI  assai  la  protesse ,  ed  ebbe  la  com- 
piacenza di  vederla  nel  suo  pontificato 
dilatala  e  accresciuta.  Nel  settembre  1 838 


PRO 

fece  in  Roma  a  mezzo  del  cardinal  vica- 
rio dichiarare  l'importanzadeH'istitulo  e 
inculcare  l'associazione  per  l'accrescimeli  • 
to del  numero  de'missionari,  non  che  del- 
le risorse  per  le  missioni  tra  tanti  infeli- 
ci popoli  ancora  seduti  all'  ombra  della 
morte;  esaltando  l'eccellenza  della  pia 
associazione  e  la  sua  efficacia  ad  untine 
così  sublime.  Il  Papa  fece  espressamente 
comandare  che  di  questa  opera  si  formas- 
se un  Consìglio  centrale  in  Roma,  unito 
e  nello  stesso  scopo  e  cogli  stessi  metodi 
a  quelli  già  preesistenti  di  Lione  e  di  Pa- 
rigi, sotto  la  presidenza  del  cardinal  Bri- 
gnole,  venendo  stabilita  dal  Papa  la  chie- 
sa di  s.  Maria  della  Pace  (ove  ha  pur  se- 
de la  Pia  unione  di  s.  Paolo,  f.),  per  ce- 
lebrare le  due  annue  funzioni  prescritte 
dall'istituto  per  lucrarvi  l'indulgenza  con- 
cessa agli  associati ,  invitando  tutti  »  a 
procurare  con  questo  mezzo  di  certissima 
riuscita,  la  salute  di  tante  anime  redente 
col  prezioso  sangue  di  Gesù  Cristo,  e  ri- 
cordarsi ch'è  promesso  di  aver  salva  l'ani- 
ma propria  a  chi  procura  di  salvar  quelle 
de'loro  prossimi".  A  tale  effetto  subito  si 
formò  il  Consiglio  centrale  di  F\oma.  Il 
metodo  perascriveregli  associati  e  racco- 
gliere le  oblazioni  è  semplicissimo.  Di  o- 
gni  decina  uno  ha  l'incarico  di  riscuoter- 
le dagli  altri  9  ;  il  collettore  di  io  asso- 
ciazioni ne  versa  il  prodotto  tra  le  mani 
d'un  altro  associato,  che  riunisce  io  simi- 
li collette,  ossia  il  prodotto  di  100  asso- 
ciazioni, per  versarle  in  mano  d'un  3.°, 
il  quale  ha  l'ingerenza  di  riunire  1  o  som- 
me dello  stesso  valore,  cioè  il  contributo 
di  1000  associali,  riunione  diesi  appel- 
la Chilarchia,  diramandosi  all'  uopo  le 
opportune  pagelle.  Oltre  quella  di  baj. 
52  annui,  ognuno  può  somministrare  ai 
collettori  qualunque  altra  sovvenzione. 
Nello  stato  pontifìcio  tutte  le  somme  rac- 
colte si  consegnano  ai  vescovi  diocesani, 
per  farle  versare  nella  cassa  del  consiglio 
centrale  di  Roma.  Questo  e  gli  altri  due 
consigli  distribuiscono  di  comune  accor- 
do e  con  l'intesa  della  sacra  concregazio- 


PRO 

ne  di  propaganda  le  raccolte  limosine  al- 
le diverse  missioni,  con  imparzialità  e  in 
proporzione  de'loro  bisogni.  Il  consiglio 
centrale  di  Lione  pubblica  ogni  anno  in 
varie  lingue  il  prospetto  di  tulle  le  som- 
me incassalee  della  loro  erogazione,  spe- 
cificando le  oblazioni  riscosse  in  ciascuna 
diocesi  ,  non  ebe  i  soccorsi  trasmessi  ad 
ogni  missione.  Oltre  il  prospetto  e  fin  dal 
1827  stampa  il  ridetto  consiglio  lionese 
di  bimestre  in  bimestre ,  e  in  varie  lin- 
gue, un  fascicolo  intitolato  :  Annali  del' 
la  propagazione  della  fede  ,  contenente 
le  relazioni  più  importanti  de'capi  delle 
missioni  e  de'missionari,  onde  giungano 
alla  conoscenza  di  tutti  i  progressi  e  sta- 
to della  fede  cattolica  ne'due  emisferi  (a 
Dublino  si  stampano  in  inglese).  I  fasci- 
coli vengono  distribuiti  gratuitamente  ad 
ogni  collettore  di  io  associazioni,  ebe  de- 
ve farli  circolare  tra  gli  altri  g  associati, 
restandone  a  lui  la  proprietà.  Il  consiglio 
centrale  di  Roma  eziandio  pubblica  que- 
sto breve  ragguaglio.  Nel  n.°i  o5  del  Dia- 
rio di  F\oniaiS3S,  si  legge  come  il  Papa 
per  la  congregazione  di  propaganda  ,  in 
vista  de'benelizi  recali  alia  religione  dal- 
l' opera  della  propagazione  della  fede  di 
Lione,  mercè  de'soccorsi  pecuniari  da  lei 
abbondali  temente  sommi  nistra  ti  alle  mis- 
sioni straniere,  spedì  a  quel  consiglio  cen- 
trale in  attestalo  di  gradimento  una  splen- 
dida urna  con  entro  riccamente  vestito 
il  corpo  del  martire  s.Esuperio.  Si  legge 
ancora  la  descrizione  della  solenne  pro- 
cessione e  del  successivo  festevole  triduo 
pel  trasporto  nella  metropolitana  delle  s. 
reliquie,  con  pompa  ed  entusiasmo  reli- 
gioso. Nel  1 839  in  Roma  nella  detta  chie- 
sa di  s.  Maria  della  Pace,  perlai.3  volta 
si  celebrò  dalle  thilarchie  della  propaga- 
zione della  tede  la  festa  dell'  Invenzione 
della  Croce.  Di  poi  nella  medesima  chiesa 
fu  statuito  di  annunziare  in  ogni  ultima 
domenica  del  mese  con  discorso  analogo 
l'eccellenza  di  questa  opera  pia  ai  biso- 
gni delle  missioni,  e  ai  grandi  meriti  di 
coloro  che  sebbene  con  piccoli  mezzi  con- 


PRO  3o3 

corrono  al  gran  mistero  della  Redenzio- 
ne. Nel  184»  fu  pubblicata  in  Roma  l'O- 
razione sulla  propagazione  della  fede, 
dell'ab.  Isaia  Rossi  di  Salò.  Nel  preceden- 
te anno  Gregorio  XVI  pubblicò  un'en- 
ciclica, raccomandando  a  tutte  le  chiese 
l'associazione  della  propagazione  della 
fede,  per  eccitare  i  fedeli  a  contribuir  li- 
mosine a  questa  pia  istituzione,  col  quale 
atlo  la  collocò  fra  le  comuni  istituzioni 
religiose  della  cristianità:  di  più  in  ono- 
re di  essa  fece  coniare  una  bellissima  me- 
daglia monumentale,  come  già  dissi  nei 
voi.  XXXII,  p.  3?.2,XLV,  p.  24.6.'  I  chi- 
liarchi  del  consiglio  diocesano  di  Roma, 
affine  di  suffragare  le  anime  de'loro  ze- 
latori  e  consoci  defunti,  celebrarono  in  s. 
Andrea  della  Valle  solenne  funerale,  con 
recita  dell'ofGzio  de' defunti,  messa  can- 
tata e  orazione  necrologica,  con  indulgen- 
za plenaria  concessa  da  Gregorio  XVI, 
come  si  ha  dal  n.°  6  del  Diario  di  Roma 
i845.  Quest'opera  mirabile  è  stata  lo- 
data anche  dall'episcopato  che  potente- 
mente vi  ha  contribuito,  eccitando  i  dio- 
cesani all'associazione,  e  ne  furono  reli- 
giosamente corrisposti,  qualificandola  la 
più  religiosa  creazione  de'tempi  moder- 
ni, pel  fine  sublime  di  strappar  dal  seno 
dell'ignoranza  e  dalle  tenebre  dell'idola- 
tria popoli  selvaggi,  nazioni  intere,  e  re- 
care la  luce  del  vangelo  in  tutti  i  luoghi 
della  terra  ,  che  non  ne  sono  ancora  il- 
luminati; perciò  meritò  d'  essere  racco- 
mandata da  tutti  i  vescovi,  arricchita  di 
spirituali  tesori  e  delle  benedizioni  dei 
Papi,  come  del  regnante  Pio  IX  inclusi- 
vamente  alle  limosine  ingiunte  per  conse- 
guire l'indulgenza  nel  giubileo  del  i852, 
acciò  vieppiù  si  stabilisca  e  propaghi  per 
renderne  copiosi  fruiti.  Si  può  leggere  di 
mg.rPiervisani  vescovo  di  Nocera  la  Let- 
tera pastorale  sulla  sacra  opera  della 
propagazione  della  fede,  Roma  1 838.  In- 
oltre,come  notai  altrove,  vi  è  l'istituzio- 
ne Leopoldina  stabilita  pel  medesimo  og- 
getto delle  missioni ,  con  imperiale  per- 
messo del  monarca  austriaco,  nell'Austria 


3o4  PRO 

e  in  altri  paesi  vicini,  la  cui  direzione  ri- 
siede in  Vienna  capitale  dell'impelo,  ed 
]ia  per  presidente  l'ai  ci  vescovo  della  me- 
desima. £'  questa  un  altro  potentissimo 
ausiliare  dalla  divina  provvidenza  ispi- 
ralo a  utililùdella  propagazione  della  fe- 
de con  missioni  straniere. 

Quanto  fece  per  la  propagazione  del- 
la fede  il  servo  di  Dio  d.  Vincenzo  Pal- 
loni romano,  lo  dissi  a  Regina  degli  a- 
rosTOLi ,  ove  feci  cenno  della  congrega- 
zione e  pia  società  dell'Apostolato  catto- 
lico da  lui  fondata,  e  di  altre  sue  istitu- 
zioni conducenti  a  tale  santissimo  fine. 
Di  recente  in  Milano  si  eresse  un  colle- 
gio per  le  missioni  estere,  onde  facilitare 
al  religioso  zelo  de'lombardi,  non  meno 
generosi  che  intraprendenti,  un  tale  apo- 
stolato, fino  allora  reso  da  circostanze  lo- 
cali quasi  inaccessibile.  L'attuale  zelan- 
tissimo vescovo  di  Pavia  mg. r  Angelo  Ra- 
mazzotti  della  congregazione  degli  oblali 
missionari  di  s.  Carlo,  ne  h\  il  promoto- 
re e  fondatore  principale.  Nel  consiglio  e 
nell'opera  venne  coadiuvato  da  tutto  l'e- 
piscopato lombardo,  ma  principalmente 
dall'odierno  arcivescovo  di  Milano,  che 
da  Savonno,  dove  nell'abitazione  del  ve- 
scovo pavese  il  collegio  ebbe  principio  ai 
3o  luglio  i85o,  lo  trasportò  nel  1 85 1  in 
Mihino,  cedendogli  provvisoriamente  il 
locale  e  il  santuario  della  6.  Vergine  a 
s.  Calocero,  onde  in  seno  a  quella  insi- 
gne e  benefica  capitale  potesse  più  rapi- 
damente sotto  ogni  rapporto  prosperare. 
Il  cardinal  Fransoni  prefettodella  s.  con- 
gregazione di  propaganda  fide,  da  cui  u- 
uicamenle  dipende  ['  istituto  ,  non  solo 
l'approvò  e  favorì,  ma  gli  assegnò  anco- 
ra la  diffìcile  missione  della  Polinesia  e 
della  Micronesia  ne\V  Oceania  (/"''.),  che 
andava  ad  essere  abbandonala  come  im- 
praticabile. E  già  mediante  lo  zelo  illu- 
minalo e  santo  di  chi  vi  assiste  e  preci- 
puamente del  sacerdote  d.  Giuseppe  Ma- 
rinoni,chiamato  alla  direzione  di  questa 
pahia  impresa  dall' Ospizio  apostolico  di 
s.  Micliele  di  Roma,  che  da  1 2  anni  dirige- 


PRO 

va  e  santificava  come  parroco,  inviò  fi- 
no dui 1 6  marzo  i852  sette  missionari  al- 
la volta  di  quella  perigliosa  missione.  Si 
può  vedere  l'opuscolo  :  La  partenza  de 
missionari  lombardi  per  V  Oceania _,  M»- 
lanoi852. 

Della  sterilità  delle  missioni  de'prote- 
slanli  parlai  altrove,  ed  a  Missionari,  a 
Bibbia.  Pure  le  loro  entrale  pervengono 
a  somme  veramente  incredibili.  In  una 
statistica  del  1 85 1  si  rileva  che  le  quattro 
principali  società  di  missioni  in  Inghil- 
terra raccolseroespe9ero  nello  spazio  d'un 
me7zo  secolo  275  milioni  1  Si  può  calco- 
lare nella  medesima  somma  il  totale  del- 
l'entrata e  della  uscita  delle  altre  società 
in  America  e  sul  continente  europeo.  L'o- 
pera delle  sedicenti  missioni  evangeliche 
assorbe  ogni  anno  almeno  dodici  milioni, 
e  questa  cifra  tende  all'aumento.  Quat- 
tro società  trattano  da  se  sole  1 438  mis- 
sionari. Se  tante  enormi  somme  si  sagri- 
beano  per  propagare  l'errore,  cosa  do- 
vremmo far  noi  cattolici  per  propagar  I;» 
veiilà  e  rendere  la  salute  eterna  a  tanti 
milioni  di  vittime  1  Vero  èperòchesilfat- 
te  aggregazioni  protestanti,  mentre  pub- 
blicano ampollose  statistiche  dei  pregiu- 
dizievoli libri  diffusi  e  de'  missionari  spe- 
diti, non  ci  danno  la  statistica  delle  con- 
versioni ottenute  collo  spreco  di  tanti  mi- 
lioni I  Osserva  egregiamente  il  giornale 
1'  Armonia  :  »  Se  noi  ci  contentassimo 
di  chiedere  loro  un  convertito-al  cristia- 
nesimo ,  e  che  ne  abbia  seguilo  almeno 
per  qualche  tempo  i  dettami,  per  ogni 
milione  di  franchi  che  vi  spesero,  credia- 
mo che  sarebbero  ancora  imbarazzali  a 
soddisfarci.  Con  tanta  potenza  di  mezzi, 
con  tanta  alacrità  e  perseveranza  di  la- 
voro, donde  deriva  tanta  sterilità?  Non  è 
forse  perchè  tutte  le  chiese  ,  fuori  della 
cattolica  romana,  non  sono  le  spose  del 
divino  Redentore,  ma  le  adultere  da  lui 
ripudiate?  £  questa  sterilità  tanto  più  si 
fa  notevole,  quanto  si  mette  a  confronto 
coll'abbondantissima  messe  che  la  chiesa 
cattolica  va  raccogliendo  di  continuo  coti 


PR  O 

sì  pochi  mezzi  a  sua  disposizione.  D'al- 
tra parte  non  sappiamo  se  debba  riusci- 
re più  a  vergogna,  per  l'indolenza  di  quei 
cattolici  che  sono  così  ristretti  nell' aiu- 
tare ,  secondo  loro  potere  ,  la  diffusione 
della  vera  fede ,  che  hanno  ricevuta  in 
dono  da  Dio  ,  o  a  stimolo  per  quelli  che 
già  vi  cooperano  secondo  le  loro  circo- 
stanze, vedere  che  tanti  sforzi  si  fanno  e 
tanti  denari  sono  sprecati  per  propinare 
il  veleno  ".  Nel  Discorso  pubblicato  nel 
i85r  dal  dotto  arcivescovo  di  Nuova- 
York  mg.r  Hugues,  positivamente  asse- 
risce che  1'  Inghilterra  e  gli  Stali  Uniti , 
ove  trovasi,  spesero  milioni  e  milioni,  spe- 
dirono centinaia  e  migliaia  di  missionari 
per  propagare  il  protestantismo  nelle  re- 
gioni idolatre,  senza  portare  verun  risul- 
tato. Questa  cattiva  riuscita  nella  con- 
versione de'  pagani  porge  senza  dubbio 
nel  protestantismo  sintomi  di  decadimen- 
to; mentre  d'altra  parie  esso  declina  an- 
che per  le  frequenti  e  numerose  conver- 
sioni de'  protestanti  alla  vera  fede,  ces- 
sando di  far  parte  di  una  comunità  con- 
sistente in  circa  5o  milioni  di  persone  , 
ed  in  vece  entrando  nella  grande  socie- 
tà cattolica  che  conta  più  di  200  milio- 
ni di  persone,  che  unite  in  ispirilo  di  ca- 
rità chinano  tutte  il  capo  al  Pontefice  e 
padre  che  risiede  nell' alma  Roma.  V. 
Protestanti  ,  Eretici,  Scismatici,  Reli- 
gione. 

PROPOSIZIONE  CONCISTORIA- 
LE, Proposito  consistorialig.  Memoria- 
le 0  foglio  stampato  dalla  tipografia  del- 
la rev.  cam.  apostolica  o  di  propaganda, 
e  indirizzato  ad  ogni  cardinale, contenen- 
te la  proposizione  della  chiesa  da  prov- 
vedersi dal  Papa  nel  concistoro  segreto, 
per  cui  si  distribuisce  alcuni  giorni  prima 
di  questo  individualmente  a  tutti  i  car- 
dinali dal  sostituto  del  concistoro  ,  per 
mezzo  de'procuratori,  agenti  o  Spedizio 
nieri  di  Dateria  e  di  Cancelleria  (/r.)  dei 
promovendi.  Le  chiese  o  benefizi  mag- 
giori detti  concistoriali ,  ossiano  quelle 
chiese  che  si  provvedono  in  concistoro  , 
vol.  tv. 


PRO  3o5 

sono  le  sedi  patriarcali,  arcivescovili,  ve- 
scovili ,  le  abbazie  o  monasteri  nullius 
dioecesis,  cioè  le  chiamate  abbazie  con- 
cistoriali (di  tutte  le  quali  parlai  ai  loro 
articoli,  a  Diocesi,  Monasteri  ec.  ),  che 
sono  vacanti  o  stanno  per  vacare  per  tras- 
lazione :  egualmente  in  concistoro  si  con- 
feriscono le  chiese  situale  nelle  parti  de- 
gl'infedeli, o  titoli  in  partibus,  patriarca- 
li, arcivescovili  e  vescovili,  tranne  quelli 
che  conferisce  il  Papa  per  breve  pontifi- 
cio, massime  a  mezzo  della  Congregazio- 
ne de  propaganda  fide(V.),  la  quale  ne 
dà  parte  all'  Uditore  del  Papa  {tr.),  co- 
me segretario  del  concistoro.  Raccontai  a 
Concistoro  che  Paolo  IV  istituì  il  Pre- 
conio (A7.),  ossia  la  proposizione  che  un 
cardinale  faceva  in  concistoro  per  prov- 
vedere le  chiese  cattedrali  e  abbaziali ,  o 
in  partibus,  sia  al  Papa  perchè  vi  prov- 
vedesse nel  prossimo  concistoro  (pubbli- 
candosi ne  Diari  di  Roma,  ora  Giorna- 
le di  Roma,  finché  i  cardinali  proposero 
le  chiese,  veniva  specificato  da  chi  era- 
no stale  preconizzate),  sia  al  sagro  colle- 
gio per  notificargli  quali  chiese  sarebbe- 
ro in  esso  conferite  ,  acciocché  intanto  i 
cardinali  potessero  osservare  lo  stato  del- 
le chiese  medesime,  perdarneal  Papa  nel 
detto  futuro  concistoro  il  loro  individua- 
le parere;  giacchèPio  IV  decretò  che  nou 
potessero  accordarsi  le  chiese  e  benefizi 
concistoriali,  senza  il  consenso  di  due  parti 
de'cardinali  presenti.  Che  Gregorio  XIII 
per  abbreviare  la  durata  de' concistori, 
allora  frequenti  e  lunghissimi,  perchè  an- 
cora  Sisto  V  non  a vea  accresciuto  il  nu- 
mero delle  Congregazioni  cardinalizie 
(^.),  e  meglio  stabilite  le  poche  preesi- 
stenti, ordinò  che  la  memorata  Proposi- 
zione si  stampasse  e  dispensasse  col  tito- 
lo Propositio,  ond'  ebbero  origine  i  fogli 
delle  Proposizioni  concistoriali.  Con  que- 
sto metodo  i  cardinali  vedono  nelle  pro- 
posizioni lo  stato  della  chiesa  residenzia- 
le o  titolare,  per  la  morte  o  traslazione 
di  chi  vaca  o  va  a  vacare,  di  chi  è  la  no- 
mina o  presentazione  o  raccomandazione 
20 


3o6  PRO 

o  supplica  (il  Papa  però  nel  dichiararci 
vescovi  e  gli  abbati  nullius,  non  fa  men- 
zione della  presentazione  o  nomina  )  ,  le 
qualità  de'promovendi,in  quali  mani  ab- 
biano fatto  il  giuramento,  secondochè  so- 
no presenti  in  curia  oda  essa  assenti,  co- 
me e  da  chi  ne  sia  stato  fatto  il  proces- 
so, per  quindi  darne  in  concistoro  al  Pa- 
pa il  loro  libero  e  giusto  voto ,  allorché 
glielo  richiede  per  ogni  chiesa  residen- 
ziale o  titolare,  colla  forinola:  Quid  vo- 
bis  videlur ?  Sui  diversi  modi  antichi  e 
forinole  di  provisione  e  decreti,  cornee 
da  chi  si  proponevano  le  chiese  in  Con- 
cistoro, a  questo  articolo  ragionai,  ed  an- 
che in  altri  relativi  ,  riportando  esempi 
delle  antiche  e  delle  attuali  forinole  di 
provisione  e  decreti,  anche  di  monasteri 
nullius;  le  quali  prima  da  Pio  VII  e  poi 
da  Gregorio  XVI  talvolta  furono  abbre- 
viate pel  gran  numero  delle  cinese  che 
preconizzavano,  cioè  quantoallo stato  di 
ciascuna  di  dette  chiese,  il  quale  stato  già 
ogni  cardinale  l'avea  letto  nelle  proposi- 
zioni concistoriali  che  loro  restano.  Nel 
medesimo  articolo  e  precisamente  nel  voi. 
XV,  p.  2  25  e  seg.  riportai  una  Proposi- 
zione tal  qualecome  si  dispensa,  colle  va- 
rianti e  particolarità  secondo  i  casi,  per 
darne  una  chiara  cognizione;  laonde  da 
essa  si  può  vedere  il  contenuto  di  ciascu- 
na proposizione  concistoriale.  Queste  prò  - 
posizioni  si  compilano  dal  sostituto  del 
concistoro  e  dal  notaro  de  processi  (  dei 
quali  e  del  loro  importante  uffizio  trattai 
a  Concistoro),  cioè  dal  formale  e  giurato 
processo  dello  stalo  della  chiesa  (  per  la 
Venela  ebbi  l'onore  di  fare  da  testimo- 
nio nel  provvedersi  dell'odierno  patriar- 
ca), e  dal  processo  delle  qualità  del  pro- 
movendo (per  quelle  dell'attuale  vescovo 
di  Verona  ebbi  l'onore  di  fare  da  testi- 
monio): questi  due  ufficiali  del  concisto- 
ro formano  le  proposizioui  concistoria- 
li, col  li. i-nulo  clic  fanno  di  detti  proces- 
si; il  sostituto  lo  rileva  dai  processi  fur- 
inali  dai  nunzi  o  da  altri  che  delegò  il 
Papa,  il  notaio  lo  compone  dai  proces- 


PRO 
si  da  lui  medesimo  stesi.  Questi  trascin- 
ìi o  ristretti,  dal  sostituto,  dopo  avere 
esaminati  quelli  del  notaro  (  perchè  pel 
pontificio  breve  di  sua  nomina  gli  appar- 
tiene la  revisione  de'processi  fatti  lam  in 
curiam  auam  extra)  si  sottomettono  al- 
la revisione  del  prelato  Uditore  del  Pa- 
pa  (come  suo  uditore  perpetuo  nelle  ma- 
terie concistoriali),  dopo  la  cui  approva- 
zione il  sostituto  accorda  V  imprimatur 
colla  formola  potcrit  imprimij  quindi  si 
stampano  col  nome  di  Proposizioni  e  in- 
dividualmente Proposilio  ,  che  si  distri- 
buiscono a  ciascun  cardinale ,  e  sono  le 
presenti  proposizioni,  mentre  le  antiche 
erano  più.  lunghe  e  più  dettagliate,  come 
rilevai  dall'esame  che  ne  feci.  Nel  mede- 
simo articolo  Concistoro  dichiarai  che 
qualchegiorno  innanzi  il  concistoro  segre- 
to ,  il  prelato  uditore  consegna  al  Papa 
tulle  le  proposizioni  stampate,  colla  no- 
ta corrispondente  dei  promovendi  e  del- 
le chiese  residenziali  e  titolari  che  deve 
preconizzare  in  dello  concistoro,  insieme 
al  libretto  mss.  o  fogli  concistoriali  con- 
tenenti il  compendio  di  tali  proposizio- 
ni, colle  formole  di  provisione  e  il  decre- 
to che  deve  leggere  il  Papa  al  sagro  col- 
legio in  concistoro  (per  cui  tali  fogli  sono 
denominati  Parole  del  Papa  ),  dopo  il 
quale  il  libretto  si  ripone  neh'  archivio 
che  è  in  custodia  del  sostituto,  restando 
al  Papa  la  nota  colle  proposizioni  stam- 
pate. Da  queste  proposizioni  e  in  forza 
della  cedola  concistoriale  si  formano  e 
spediscono  le  bolle  apostoliche  ,  per  au- 
torizzare i  promovendi  al  possesso  delle 
chiese  loro  destinate.  La  cedola  concisto- 
riale si  fa  dalla  segreteria  <\e  brevi  in  vir- 
tù dell'attestato  che  rilascia  il  cardinale 
vice  Cancelliere  pel  registro  che  fa  dei 
decreti  pronunziati  dal  Papa  in  concisto- 
ro, del  quale  è  notaio,  per  cui  nel  gior- 
no avanti  il  concistoro  il  sostituto  di  que- 
sto gli  porta  i  fogli  concistoriali  o  ristret- 
ti delle  preconizzazioni  in  uno  ai  detti  de 
cieli.  Anche  il  cardinal  Camerlengo  del 
s.  collrg;o  (F.)  riceve  nel  giorno  avanti 


PRO 

il  concistoro  dal  sostituto  del  medesimo 
i  fogli  concistoriali  o  ristretti  delle  pre- 
conizzazioni  uniti  in  libretto  chiamato 
delle  Proposizioni ,  col  quale  confronta 
le  chiese  che  vengono  proposte  ,  indi  fa 
notare,  registrare  e  sottoscrivere  gli  alti 
concistoriali.  Il  Pontefice  Gregorio  XVI 
si  degnò  donarmi  tutta  la  collezione  del- 
le proposizioni  concistoriali  a  lui  distri- 
buite nel  cardinalato,  e  la  collezione  di 
quelle  del  pontificato,  in  uno  alle  note  che 
ricevette  dai  prelati  suoi  uditori.  Non  so- 
lo curai  di  proseguire  diligentemente  sì 
preziosa  collezione  ,  ma  mi  riuscì  avere 
anche  tutte  quelle  de'  concistori  che  de- 
scrissi a  Pio  IX,  e  da  lui  tenuti  in  Gae- 
ta e  Portici,  le  quali  non  sono  certamen- 
te comuni.  Come  notai  a  p.  235  del  ci- 
tato volume,  colle  più  recenti  proposizio- 
ni concistoriali  procedei  alla  descrizione 
dello  stato  attuale  delle  chiese  residen- 
ziali e  de'titoli  in partibus. 

PROPOSIZIONI  CONDANNATE. 
V.  Bolle  per  condanna  di  errori,  Con- 
danne  di  errori  in  globo,  congregazio- 
ne  dell'  inquisizione  o  s.  offizio,  Con- 
gregazione dell'indice,  Inquisizione,  In- 
dice e  gli  articoli  analoghi. 

PROPOSIZIONI  GALLICANE.  Le 
riportai  nel  voi.  XXVI, p.  48  e  seg.  Inol- 
tre si  può  vedere  l'articolo  Francia,  par- 
ticolarmentealle  epoche  $  Innocenzo  XI, 
Alessandro  FUI,  Innocenzo  XIIj  più 
GALLU,ove  tratto  delia  Chiesa  gallica- 
na, e  riparlo  delle  quattro  proposizioni 
gallicane j  Immunità  ed  altri  relativi  ar- 
ticoli. 

PROPOSIZIONI  DI  GIANSENIO. 
Queste  cinque  proposizioni  le  produssi 
nel  voi.  XXVII,  p.  33  e  seg.  Si  può  ve- 
dere Giansenismo  e  gli  articoli  che  vi 
hanno  relazione. 

PROSA.  Ritmo  o  Inno  (/^compo- 
sto di  versi  senza  misura,  ma  che  han- 
no un  certo  numero  di  sillabe  con  rime, 
il  quale  si  canta  nella  chiesa  romana  do- 
po f  Epistola ,  detto  comunemente  Se- 
quenza, Sequentiao  Juhìlatìo.  Acquistò 


PRO  3o7 

il  nome  di  Sequenza  perchè  seguila  do- 
po il  Graduale  e  1'  Alleili] a.  Fu  detta 
Prosa  perchè  non  si  osserva  in  essa  la 
legge  del  metro  né  della  prosodia,  cioè  la 
regola  per  le  sillabe  da  pronunziarle  bre- 
vi o  lunghe;  mentre  per  prosa  diciamo 
pure  il  favellare  sciolto, a  distinzione  dei 
versi,  prosa,  or  alio,  oratio  numeris  so- 
luta, soluta  oratio.  Il  ritmo  della  prosa 
si  vuole  inventato  da  Noterò  o  Notche- 
ro  abbate  di  s.  Gallo,  il  quale  scriveva 
verso  l'88o;  ma  egli  dice  nella  prefazio- 
ne del  libro,  in  cui  ne  parla,  che  ne  avea 
veduto  in  un  antifonario  dell'abbazia  di 
Jumieges,  la  quale  fu  bruciata  nell'84' 
dai  normanni.  Altri  ne  fecero  sul  di  lui 
esempio,  e  ben  tosto  ve  ne  furono  per 
tutte  le  feste  e  per  tutte  le  domeniche 
dell'anno,  eccettuatala  seltuagesima  fi- 
no a  Pasqua.  Macri,  Not.  de'voc.  eccl., 
in  Prosa,  dice  che  s.  Nicolò  I  ordinò  che 
si  cantasse  nella  messa.  Osserva  Bergier, 
Diz.encicl.,  che  le  prose  ad  esempio  di 
Notchero  composte  da  altri  riuscirono 
imperfette, ondesi  lodarono  i  certosini  ed 
i  cistercieusi  per  non  aver  messo  le  pro- 
se ne'loro  messali;  e  che  in  alcuna  dio- 
cesi vi  è  1'  uso  di  dire  una  prosa  invece 
d'un  inno  ne'  secondi  vesperi  delle  fesle 
doppie.  La  chiesa  romana  non  ne  am- 
mette che 4 principali:  quella  di  Pasqua, 
Victimae  Paschalisj  quella  della  Pen- 
tecoste, Treni  sancle  Spirilusj  quella  del 
Corpus  Domini,  Lauda  Sionj  quella  che 
si  dice  pei  defunti,  Dies  irae.  La  i  *  è  di 
un  autore  sconosciuto.  La  2."  è  attribui- 
ta da  Durando,  lib.  4,  e.  22,  a  Roberto 
II  re  di  Francia  del  996;  da  Ecckardo 
in  Mabillon,  Saec.  V  Bened.  p.  1  8,  ad  In- 
nocenzo III ,  per  cui  ne  parlai  nel  voi. 
XXXV,  p.  216,  ricordandone  altra  più 
antica  che  si  vuole  del  re  e  la  quale  dice- 
vasi  dai  cluniacensi  nel  secolo  XI;  ed  altri 
credono  più  probabile  che  sia  stata  com- 
posta da  Ermanno  Contratto  che  scrive- 
va verso  il  1040.  La  3."  a  s.  Tommaso 
d'Aquino,  sebbene  altri  ne  credono  auto- 
re s.  Bonaventura,  come  rilevai  nel  voi. 


3o8  PRO 

IX,  p.  46-  Della  4-"  si  fanno  autori  i  ci- 
tati a  Dies  ibae,  e  nel  voi.  XLV,  p.a  1  5, 
ove  dissi  pure  quando  s'incominciò  a  can- 
tare ;  ma  la  comune  opinione  è  pei  car- 
dinal Latino  Frangipane  MalabrancaOr- 
sini.  Mg.r  Alfieri ,  Ristaiti,  del  canto  e 
della  musica,  dice  che  il  mettere  la  mo- 
dulazione della  prosa  in  falso  bordone  è 
proprio  snaturarla  e  farla  divenire  un 
canto  assai  rozzo.  Dichiara  Le  Bvun, Spie- 
gaz,  delle  cerem.  1. 1,  par.  2,  n.°  6,  che 
dopo  quel  tempo  furono  composte  alcu- 
ne prose  di  uno  stile  più  poetico  e  di  un 
maggior  gusto  delle  antiche.  La  chiesa 
ambrosiana  di  Milano  non  ha  mai  am- 
messa alcuna  sequenza,  né  graduali.  Vi 
sono  bensì  nell'uffizio  qualche  volta  dei 
responsori  graduali,  ma  non  consta  che 
a'tempi  di  s.  Ambrogio  fossero  questi  in 
uso.  Cantata  l'epistola,  in  alcune  giorna- 
te i  suddiaconi  davano  l'incenso  nel  co- 
ro ai  chierici  ed  ai  laici,  secondo  l'ordi- 
ne antico  di  Beroldo.  La  forma  più  an- 
tica di  Poesia  [V.)  cristiana  è  l' inno  ec- 
clesiastico latino  che  rimonta  ai  primi 
tempi  della  Chiesa,  ed  in  essi  si  distinse- 
ro i  ss.  Ilario,  Ambrogio  e  Agostino:  delle 
loro  poesie  sagre  le  più  andarono  smar- 
rite o  almeno  non  ci  pervennero  nella  lo- 
ro fórma  originaria.  La  poesia  ecclesia- 
stica si  distingue  colla  sua  ingenua  gran- 
dezza e  verità, col  suono  puro  d'un  cuo- 
re credente  e  collo  slancio  sublime  d'u- 
no spirito  sempre  volto  all'  eternità.  Si 
dice  la  lingua  latina  morta  da  gran  tem- 
po, eppure  queste  sagre  canzoni  vivono 
ancora,  vengono  cantate  in  tutto  il  mon- 
do cattolico,  con  un  mirabile  prodigio  e 
colla  durata  dell'immortalità. 

PROSPERO  (s.),  dottore  della  Chie- 
sa, soprannominato  A'Àquitaniu,  per  di- 
stinguerlo da  alcuni  altri  del  medesimo 
nome.  Nacque  in  Aquitania  nel  'jn'ì,  se- 
condo la  più  comune  opinione  ,  e  si  ap- 
plicò non  meno  allo  studio  delle  belle  let- 
tere ,  che  alla  intelligenza  della  s.  Scrit- 
tura. Ritirossi  poscia  in  Provenza,  e  sem- 
bra ch'egli  fosse  a  Marsiglia  allorché  rice- 


PRO 

vette  il  libro  Della  correzione  e  della 
grazia,  di  s.  Agostino.  Essendo  stato  que- 
sto libro  attaccato  da  alcuni  ecclesiasti- 
ci, come  tendente  a  distruggere  il  libero 
arbitrio  ,  s.  Prospero  ad  insinuazione  di 
Ilario,  uomo  pio  e  dotto,  scrisse  a  s.  A- 
gostino  per  informarlo  degli  errori  dei 
preti  di  Marsiglia;  e  il  santo  dollore'per 
confutarli  ed  istruirli  compose  i  libri:  Del- 
la predestinazione  de'  santi,  e  Del  dono 
della  perseveranza.  Nonpertanto  i  semi- 
pelagiani  continuarono  a  difenderei  loro 
errori  e  a  sollevarsi  contro  s.  Agostino. 
Prospero  ed  Ilario  si  recaronoa  Roma  per 
far  consapevole  Celestino  I  di  quanto  era 
accaduto,  e  quel  Papa  scrisse  una  lettera 
dommatica  diretta  al  vescovo  di  Marsiglia 
ed  ai  vescovi  vicini,  nella  quale  combat- 
teva i  nemici  della  grazia  e  vi  faceva  gran 
lodi  alla  dottrina  di  s.  Agostino  :  questa 
lettera  fu  scritta  nel  43  i,  dopo  la  morte 
del  santo  vescovo  d'Ippona.  In  quel  tem- 
po s.  Prospero  prese  egli  stesso  la  penna, 
e  compose  il  suo  poema  contro  gl'ingra- 
ti, cioè  contro  i  semi-pelagiani  ,  eh'  è  il 
suo  capolavoro,  sì  per  l'eleganza,  che  per 
la  sostanza  delle  cose.  Divenuto  Papa  nel 
44°  s-  Leone  I  il  Grande,  invitò  s.  Pro- 
spero a  Roma,  lo  fece  suo  segretario,  e 
l'impiegò  con  successo  nei  più  importanti 
affari  della  Chiesa.  S.  Prospero  distrusse 
intieramente  il  pelagianismo  che  inco- 
minciava sorgere  nella  capitale  del  cri- 
stianesimo; e  dice  Fozio,  che  si  dovette 
al  suo  zelo,  al  suo  sapere  ed  allesue  con  - 
tinue fatiche  l'intiera  estirpazionedi  que- 
sta eresia.  Divenne  vescovo  di  Reggio  di 
Modena  ,  che  lo  venera  per  principale 
suo  patrono.  Non  si  sa  l'anno  della  di  lui 
morte  :  dalla  cronaca  di  Marcellino  sem- 
bra che  vivesse  ancora  nel  463.  Leggesi 
il  suo  nome  nel  martirologio  romano  ai 
7,5  di  giugno.  Delle  opere  dis.  Prospero 
furono  fatte  molte  edizioni:  quella  pub- 
blicata da  Mangeant  e  da  Le  Brnn  des 
Mareltes  a  Parigi  del  i  7  r  1 ,  arricchita  di 
un  indice  amplissimo  e  di  una  vita  del 
santo  tolta  dalle  Memorie  di  Tillemont, 


PRO 

contiene:  le  Lettere  di  s.  Prospero  e  di  I- 
lario  a  s.  Agostino  ed  a  Ruffino,  coi  due 
trattati  del  vescovo  d'Ippona  che  servo- 
no di  risposta;  il  Poema  contro  gl'ingra- 
ti succitato;  V Epitaffio  delle  eresie  di  Ne- 
storio  e  di  Pelagio,  con  alcune  brevi  poe- 
sie ;  molte  Risposte  ai  partigiani  del  pe- 
lagianismo,  e  fra  gli  altri  a  Cassiano;  una 
parte  del  Commentario  sui  salmi,  com- 
pendiato da  quello  di  s.  Agostino;  una 
Raccolta  di  sentenze,  tolte  dalle  opere  di 
quel  s.  dottore;  finalmente  una  Cronaca 
che  termina  coll'anno  /\.55.  Le  altre  o- 
pere  che  fanno  parte  di  questa  edizione 
non  possono  essere  attribuite  a  s.  Pro- 
spero d'Aquitania.  Esso  compose  altresì 
un  Ciclo  Pasquale  (F '.)  di  84  anni,  ma 
non  giunse  fino  a  noi. 

PROSPERO  (s.),  vescovo  d'Orleans. 
Contemporaneo  di  s.  Prospero  d'Aqui- 
tania. Successe  verso  l'anno  4^4  sulla  se- 
de d'Orleansas.  AnianOjCheaveaingran 
venerazione.  Alcuni  scrittori  lo  hanno 
preso,  ma  senza  fondamento,  per  il  ve- 
scovo omonimo  che  assistette  ai  concilii 
tenuti  a  Vaison  e  a  Cai  pentrasso  nel  seco- 
lo V 1.  S'ignora  in  quale  anno  morisse  ;  e- 
glie  però  nominato  nei  martirologi  a*2q 
di  luglio,  ed  anche  in  quello  che  porla 
il  nomedi  s. Girolamo  L'opinionedi  quel- 
li che  gli  attribuiscono  il  libro  Della  vo- 
cazione dei  gentili,  non  ha  solido  fonda- 
mento. 

PROSTAMA.  Sede  vescovile  di  Pisi- 
dia  sotto  la  metropoli  d'Antiochia,  eret- 
ta nel  IV  secolo.  Registra  un  vescovo 
YOriens  chr.  t.  I,  p.  io56. 

PROTASIO(s.),  martire,  ^.ss.  Ger- 
vasio  e  Pbotasio. 

PROTERIO(s.),  patriarca  d'Alessan- 
dria. Fu  ordinato  prete  da  s.  Cirillo  pa- 
triarca d'Alessandria,  eilsuccessoreDio- 
scoro  lo  elesse  arciprete  della  stessa  chie- 
sa, per  trarlo  al  partito  d'Eutiche  cui  pro- 
teggeva; ma  egli  rimase  costantemente 
fedele  alla  dottrina  cattolica.  Innalzato 
a  quella  sede  nel  4^2,  i  settatori  di  Dio- 
scorogli  mossero  fiera  persecuzione, e  Ti- 


PRO  3o9 

moteo  soprannominato  Eluro,  loro  ca- 
po, ottenne  aforza  di  cabale  d'essere  pro- 
clamato solo  patriarca  d'Alessandria,  es- 
sendosi fa  Ito  ordinare  da  due  vescovi  del- 
la sua  fazione.  Avendolo  l'imperatore  non 
molto  dopo  esiliato,  gli  eutichiani  se  ne 
vendicarono  con  Proterio,  e  il  loro  furo- 
re giunse  a  tale,  che  lo  inseguirono  sino 
nel  battisterio  adiacente  alla  chiesa  di  s. 
Quirino,ove  barbaramente  l'uccisero,nel 
venerdì  santo  del  4^7  5  quindi  ne  stra- 
scinarono il  cadavere  per  Je  vie,  e  ridot- 
to in  pezzi  l'abbruciarono  e  ne  disperse- 
ro le  ceneri  al  vento.  I  vescovi  di  Tra- 
cia resero  una  gloriosa  testimonianza  al- 
la memoria  di  s.  Proterio  in  una  lettera 
che  scrissero  poco  dopo  la  di  lui  morte 
all'imperatore  Leone,  onorandolo  come 
martire.  E  menzionato  nei  calendari  gre- 
ci a'28  di  febbraio. 

PROTESTANTI,  Protestanles.  Que- 
sto nome  da  principio  si  die  ai  discepoli 
di  Lutero,  poscia  ai  seguaci  di  Calvino 
ed  a  quelli  della  pretesa  riforma  d' In- 
ghilterra o  anglicana  ;  laonde  si  stabilì 
l'uso  di  comprendere  indifferentemente 
sotto  questo  nome  tutti  i  pretesi  riforma- 
li, i  luterani,  i  calvinisti,  gli  anglicani  e 
le  ahic  sette  nate  tra  essi, delle  quali  par- 
lai sotto  il  loro  nome  particolare.  Il  pro- 
testantismo fu  l'opera  delle  umane  pas- 
sioni, non  meritando  affatto  e  sotto  qua- 
lunque aspetto  questa  nuova  religione 
il  nome  di  riforma  che  le  diedero  i  suoi 
seguaci,  come  vittoriosamente  dimostra- 
rono un  grandissimo  numero  di  scritto- 
ri cattolici.  Il  protestantismo  agghiaccia 
e  perde  tuttociò  in  cui  il  suo  alito  spi- 
ra: il  caltolicismo  invece  comunica  la  vi- 
ta a  tutto  quello  che  tocca.  Nel  recente 
Discorso  dell'arcivescovo  di  Nuova  York 
mg.r  Hugues,  egli  definisce  il  protestan- 
tismo, ritenuto  come  un  termine  gene- 
rale, nell'individuo  che  lo  accetta,  prima 
di  lutto  protesta  esplicitamente  controia 
chiesa  cattolica,  ed  implicitamente  con- 
tro ogni  autorità  umana  ;  si  attribuisce 
quindi  il  diritto  d' interpretare  da  sé  la 


3io  PRO 

Bibbia  {V?)  o  s.  Scrittura,  e  di  ritenere 
le  opinioni  che  se  ne  formò,  e  la  luce  che 
esse  riflesselo  nella  sua  mente,  come  re- 
ligione di  Cristo.  Parlando  della  ineffi- 
cace Propaganda  (F,)  del  protestanti- 
smo edel  suo  progressivo  decadimento,  il 
quale  notai  in  diversi  articoli,  enumera 
circa  5o  milioni  di  seguaci,  mentre  dà  al 
cattolicismo  più  di  200  milioni  di  fedeli, 
secondo  la  comune  opinione.  Nel  secolo 
XVI  la  prelesa  riforma  figlia  dell'orgo- 
glio e  della  libidine  la  più  sfrenata,  na- 
ta per  lacerare  la  chiesa  di  Gesù  Cristo, 
fuori  della  quale  non  vi  è  salvezza  del- 
l' eterna  salute,  si  ripartiva  in  tre  gran- 
di divisioni  :  la  Luterana,  la  Calvinista, 
l'Anglicana,fondate  dai  caporioni  del  pro- 
testantismo.Lutero,Cal  vino,  Enrico  Vili 
già  confutatore  di  Lutero;  il  i.°  nella 
Germania,  il  2.0  nella  Francia  e  nella 
Svizzera,  il  3.°  ue\V  Inghilterra.  Nella  em- 
pietà delle  dottrine  e  nella  effeminatezza 
de'costumi  a  niun  altro  eretico  secondi, 
tutti  e  tre  colla  schiera  de'loro  proseliti, 
ribellatisi  alla  madie,  che  li  avea  rige- 
nerati a  salute,  si  dislaccarono  ingrata- 
mente dal  suo  seno.  Da  essi  quindi  co- 
me da  fonie  principale  ebbero  origine 
lutti  i  mali  che  da  tre  secoli  miseramen- 
te  affliggono  i  sedicenti  paesi  riformati 
d'Europa,  e  tutti  gli  altri  per  le  conse- 
guenze lagrimevoli  che  ne  derivarono.  Il 
1  .°ad  alzar  la  bandiera  contro  la  chiesa 
di  Gesù  Cristo  fu  l'apostata  Martino  Lu- 
tero d'Eisleben  nella  Sassonia,  che  affi- 
ne di  procacciarsi  miglior  appoggio  a  pro- 
pagare i  suoi  pestiferi  errori,  cominciò 
dal  solleticare  i  principi  di  Germania 
coll'attribuir  loro  un  dominio  maggiore 
sopra  quello  della  Chiesa,  e  dichiarando* 
li  padroni  assoluti  d'impossessarsi  de' pin- 
gui beni  ecclesiastici  e  delle  sovranità  an- 
nesse, onde  molli  da  piccoli  principi  di- 
vennero potenti  sovrani.  Di  più  permise 
loro  il  divorzio  e  la  poligamia,  insegnan- 
do ai  sacerdoti,  ai  religiosi,  alle  mona- 
che eli' erano  obbligati  al  matrimonio, 
ed  egli  stesso  ebbe  l'impudenza  di  spo- 


PRO 

sarsi  ad  un'abbadessa,dopo  avere  assun- 
to la  qualità  di  ecclesiaste  di  Wittem- 
berga  ,  la  quale  città  divenne  il  primo 
centro  de'teologi  e  delle  eresie  luterane. 
Perciò  grande  fu  il  numero  de'proseliti, 
ed  i  principi  lo  sostennero  colle  armi;  per 
cui  fu  facile  all'eresiarca,  con  una  dot- 
trina cosi  favorevole  alle  depravate  pas- 
sioni e  umane  inclinazioni ,  diffonderla 
con  somma  rapidità  in  tutta  Germania, 
nella  Svizzera,  Svezia,  Norvegia,  Dani- 
marca (F.).  Contemporaneo  a  Lutero  fu 
Giovanni  Calvino  francesedi  Noyon,con- 
tinualore  dell'eresia  luterana  ;  anzi  supe- 
rando lo  stesso  istitutore,  insegnò  l'orri- 
bile proposizione  :  Che  Dio  ha  creato  la 
maggior  parte  degli  uomini  apposita- 
mente per  dannarli.  Calvino  anch'esso  a- 
postata,  dopo  scorsi  molti  paesi,  andò  a 
stabilire  la  sua  cattedra  in  Ginevra,  don- 
de mandò  in  ogni  parte  i  suoi  discepoli 
ad  acquistar  nuovi  proseliti,  diffonden- 
do i  suoi  fatali  errori  in. Francia,  nella 
Svizzera,  penetrando  ancora  in  Italia. 
In  Ginevra  Calvino,  dopo  aver  fallo  cac- 
ciare i  preti  cattolici,  assunse  le  qualità 
di  pastore  di  Ginevra.  Gli  effetti  del  cal- 
vinismo furono  orrendi  ,  massime  nella 
Francia  meridionale,  per  quanto  di  feroci 
massacri,  e  con  lunghe  e  accanite  guerre 
fecero  gli  Ugonotti  (?'.),  nulla  rispar- 
miando il  loro  fanatico  furore.  Poco  ap- 
presso alle  eresie  di  Lutero  e  di  Calvino 
sopraggiuuse  il  re  Enrico  Villa  strazia- 
re la  Chiesa  di  Cristo  col  tremendo  sci- 
sma d'Inghilterra  (F.),  perchè  non  se- 
condato daClemente  VII  nel  ripudiodel- 
la  moglie,  per  sposare  la  sua  druda  An  • 
na  bolena,  per  la  quale  indegna  passio- 
ne si  abbandonò  perdutamente  ad  ogni 
sorta  di  eccesso.  Non  volle  più  riconosce- 
re l'autorità  del  supremo  capo  del  la  Chie- 
sa, e  si  fece  dichiarare  forzatamente  dal 
parlamento  e  dal  fanatico  popolo  capo 
della  chiesa  anglicana  riformata.  L'  ori- 
gine puramente  civile  della  chiesa  angli- 
cana fu  stabilita  per  legge  del  parlamen- 
to britannico  nel  1 534;  quindi  dal  sedi- 


PRO 

cente  sinodo  di  Londra  del  1^62  fu  «sta- 
bilita la  confessione  di  fedeanglicana,che 
insorsero  a  impugnare  i  Presbiteriani  ed 
i  Puritani  (P.).  Al  citato  articolo  enu- 
merai le  vittime  di  sua  brutalità,  de'suoi 
capricci,  avendo  riempito  il  regnod'inau- 
dite  crudeltà.  Da  quel  tempo  in  poi  l'i- 
sola della  Brettagna,  già  chiamata  Iso- 
la de'  santi,  divenne  il  nido  e  il  centro 
di  tutti  gli  errori,  d'onde  più  tardi  usci- 
rono i  maestri  d'  empietà  che  recarono 
tante  stragi  in  Europa  especialmente  al- 
la Francia,  sotto  lo  specioso  nome  di  fi- 
losofia. Questi  sono  i  tre  principali  fon- 
datori del  superbo  colosso  del  Protestan- 
tismo, che  tentava  nel  suo  sterminato  or- 
goglio di  scattolicizzare  tutta  l'Europa, 
per  quanto  narrai  a  tutti  quanti  gli  ar- 
ticoli che  lo  riguardano.  Nondimeno  in 
questo  dichiarerò  meglio  1'  origine  del 
nome,  parleròdel  suo  progressivo  deca- 
dimento, ricordando  alcuni  di  que'  re- 
centi valorosi  che  ne  combatterono  gli  er- 
rori per  illuminarlo  al  ravvedimento,  co- 
me per  opporsi  ai  potenti  tentativi  di  dif- 
fonderlo nella  cattolica  Italia.  Imperoc- 
ché se  si  esamina  questa  religione  prete- 
sa riformata,  sia  negli  autori  che  l'han- 
no inventata,  sia  nei  mezzi  di  cui  si  sono 
serviti  per  stabilirla,  sia  negli  effetti  che 
ne  risultarono,  porta  essa  in  fronte  tutti 
i  più  chiari  e  visibili  contrassegni  di  una 
religione  falsa  e  riprovata  da  Dio. 

A  Luterani  feci  la  biografia  di  Lute- 
ro, il  più  famoso  novatore  del  secolo XVI 
e  malaugurato  apostolo  e  sovvertitore 
della  florida  Germania,  descrivendo  la 
sua  erronea  dottrina  colla  quale  misera- 
mente avvelenò  gran  parte  del  cristia- 
nesimOjCome  delle  tante  sette  che  dai  suoi 
aberramenti  derivarono:  ivi  diedi  un  cen- 
no storico  di  loro  false  credenze  e  de'fre- 
quenti  mutamenti  nella  loro  pretesa  re- 
ligione riformata,  col  novero  degli  stati 
che  le  seguono,  in  uno  ai  protestanti  E 
^angelici  (P.).  Dilaniata  Germania  dalle 
conseguenze  della  crescente  eresia  lute- 
rana, nel  1 5i  1  si  adunò  la  dieta  A\Worms 


PRO  3iì 

(Z7.),  ove  si  fecero  molti  decreti  contro 
Lutero  e  suoi  settari.  Nella  dieta  di  Spi • 
ra  {V)  del  i526  fu  accordata  la  libertà 
di  coscienza  finoallacelebrazionedel  con- 
cilio. Nell'altra  del  1  529,  alla  quale  Cle- 
mente VII  spedì  il  suo  nunzio,  afìine  di 
conciliare  gli  animi  de'luterani,  che  in- 
gegnandosi di  pescare  nel  torbido, si  rin- 
forzavano molto  più  colle  perturbazioni 
d'Europa,  Ferdinando  I  fratello  di  Carlo 
V  imperatore  stabilì  (il  decretosi  legge 
in  Goldasti  t.  3,  p.  494)>  co"a  maggior 
parte  de'principi  e  delle  città  imperiali, 
chesi  osservasse  il  decreto  imperiale  pub- 
blicato a  Worms  contro  gli  eretici,  con 
altre  ordinazioni  che  arrestavano  e  fre- 
na vanoi  progressi  dell'eresia.  Ma  i  prin- 
cipi infetti  dal  luteranismo,  cioè  Giovan- 
ni elettore  di  Sassonia,  Giorgio  elettore 
di  Brandeburgo,  Ernesto  e  Francesco 
duchi  di  Luneburgo,  Filippo  landgravio 
d'Assia  e  Wolfango  principe  d'Anhalt, 
colle  r4  città  di  Argentina,  Norimber- 
ga, Ulma,  Costanza,  Rutelingia,  Wi'-se- 
mio,  Meminga,  Lindo,  Campaduno,  Ail- 
brun,  Isnat,  Wissemburg,  Norlinda  e  s. 
Gallo,  tutti  protestarono  contro  il  decre- 
to della  dieta,  appellandosi  all'imperato- 
re e  al  futuro  concilio,  per  la  quale  pro- 
testa acquistarono  i  luterani  il  nOme  di 
Protestanti,  che  un  tempo  dagli  altri  ere- 
tici li  distingueva.  Questo  nome,  prima 
particolare  ai  luterani,  si  rese  poi  comu- 
ne a  tutte  le  altre  sette,  le  quali  tutte  a- 
dottarono  tale  protesta  contro  un  decreto 
che  le  feriva  tutte  egualmente.  Vedasi 
Pallavicini,  Hisl.  cono.  Tridenl.,  lib.  2, 
cap.  18,  e  Thuauo,  Hist.  lib.  1,  p.  85. 
Quindi  si  può  giudicaredei  progressi  che 
avea  fatti  il  luteranismo  pochi  anni  do- 
po la  sua  origine.  Ma  questa  fu  l'opera 
della  politica,anzichèdella  religionejque- 
sta  lega  protestante  erasi  non  meno  for- 
mata contro  la  Chiesa  cattolica,  che  con- 
tro la  suprema  autorità  dell'imperatore, 
come  narrai  a  Luterani,  Germania  e  re- 
lativi articoli.  Nella  dieta  d'Augusta  del 
i53o  i  protestanti  vi  presentarono  la  lo- 


3.2  PRO 

io  confessione  di  fede,  che  prese  il  nome 
di  Augustana  confessione  (/^.)  ,  quale 
Carlo  V  fece  proscrivere  dai  deputali  cat- 
tolici che  vi  formavano  la  maggiorità.  A 
Confessione  di  fede  (Pr.)  parlai  delle  tan- 
tespeciedi  Professione  di  Fede  (V .)3delle 
diversesettede'prolestanti,  di  sovente  da 
Joro  cambiale.  Bossuet  nella  Storiadelle 
variazioni  delle  chiese  protestanti,  dimo- 
strò l'incostanza  e  lecontraddizioni  di  tut- 
te queste  confessioni  di  fede.  A  riparare 
i  gravi  danni  delle  molteplici  eresie,  Pao- 
lo Illstabilì  la  celebrazione  del  concilio 
generale,  a  fronte  delle  contrarietà  dei 
principi  tedeschi  fautori  delle  medesime, 
e  si  aprì  in  Trento  (F.)  nel  1 54-5 •  In- 
terrotto dalla  peste  e  dubitando  Carlo  V 
in  tale  intervallo  di  qualche  sconvolgi- 
mento, concepì  il  chimerico  disegno  di 
pacificar  Germania  con  conciliar  la  fede 
colleresia,  a  mezzo  di  una  formola  di  fe- 
de che  fosse  interinalmente  dottrinale  re- 
gola pei  cattolici  e  protestanti,  sino  alla 
decisione  del  concilio.  Fatto  comporre 
questo  mostruoso  regolamento  prowi- 
sorio,  col  nome  d'Interini  {F.)}  lo  fece 
pubblicare  nel  1 548  nella  dieta  d'Augu- 
sta. Disgustò  lutto  il  cristianesimo  e  mol- 
ti protestanti  lo  rigettarono,  onde  deri- 
varono altre  sette  e  guerre,  venendo  ri- 
provato dalla  s.  Sede.  Quindi  nel  i552 
nella  dieta  di  Passavia  (ove  per  errore 
tipografico  fu  impresso  1 522)  si  conchiu- 
se il  fumoso  trattalo,  chiamato  la  Pace 
(/^.)  religiosa,  definito  in  Augusta  nel 
i555,  che  i  protestanti  riguardano  co- 
me la  gran  carta,  il  fondamento  e  il  prin- 
cipio delle  loro  libertà  religiose.  Nella 
pace  di  Wesifalia  (^-),  conseguenza  dei 
famosi  Congressi  di  Munstere  di  Osna- 
bruch  (  V.),  per  un  nuovo  sistema  politico 
e  religioso  d'Europa,  fu  concessa  la  li- 
bertà di  coscienza,  ed  il  libero  esercizio 
della  pretesa  riforma  protestante, ai  prin- 
cipi della  quale  comunione  furono  con- 
cessi molti  beni  ecclesiastici,  anche  delle 
molte  sedi  vescovili  abolite,  con  egua- 
glianza Ua'cattolici  e  protestanti,  ad  on- 


PRO 

ta  delle  proteste  del  pontificio  nunzio, 
condannandola  Innocenzo  X  come  per- 
versa ed  empia.  Di  altre  paci  e  trattati 
favorevoli  ai  protestanti,  come  degli  al- 
tri beni  ecclesiastici  con  dominii  sovrani 
dati  nel  principio  del  corrente  secolo  ai 
principi  protestanti  e  altri,  ad  onta  delle 
energiche  rimostranze  di  Pio  VII,  trattai 
a  Reo  ali  a,  Germania,  Luterani  e  altri  ar- 
ticoli; mentre  a  Concordati  (altri  li  ripor- 
to negli  articoli  degli  stati  coi  quali  furono 
conchiusi)  e  Matrimonio  riportai  le  pon- 
tificie concessioni,  per  quei  motivi  che  no- 
tai a  Pace,  parlando  dello  spirito  de'con- 
cordati  e  delle  cause  che  li  determina- 
rono. 

Al  focolare  di  PViltetnberga,  donde  si 
propagava  da  Lutero  e  suoi  discepoli  la 
pestilenza  della  supposta  riforma,  suc- 
cesse Berlino; dappoiché  avendo  Alberto 
gran  maestro  dell'ordine  teutonico  ab- 
bracciato la  confessione  augustana,  la 
Prussia  (P-),  per  la  celebre  università  di 
Berlino  sua  capitale,  divenne  come  il  nu- 
cleo del  protestantismo  di  Germania;  in- 
di Berlino  per  opera  principalmente  di 
Federico  li  fu  stabilito  come  un  punto 
principale  del  triangolo  della  strategica 
protestante.  Altro  divenne  Ginevra,  ove 
Cai  vi  no  esercitò  un  assoluto  potere,quan- 
do  Rousseau  e  compagni  vi  propagaro- 
no il  protestantismo  e  il  filosofismo.  Ter- 
zo punto  centrale  del  protestantismo  di- 
ventò Londra,  dopo  l'apostasia  di  Enri- 
co Vili.  Da  questi  Ire  luoghi  principal- 
menle  si  diffuse  e  sostenne  il  piolestau- 
tismo,  per  le  caltedredi errore  che  vi  fu- 
rono erette,  per  le  stampe  corruttrici,  pel 
convegno  de'protestanti  più  ardenti, on- 
de rovesciare  troni  ed  altari.  In  mezzo  a 
tante  sciagure  cagionate  dai  protestanti, 
la  divina  provvidenza  oppose  l'intrepido 
zelo  e  costanza  de'Papi,  e  la  cooperazio- 
ne di  tanti  benemeriti  vescovi  e  scrittori 
ecclesiastici,  che  si  fecero  baluardo  ine- 
spugnabile onde  resistere  ai  progressi  del- 
la sedicente  riforma.  Contro  di  questa  per 
mirabile  disposizione  della  divina  piov- 


PRO 

videnza  suscitò  s.  Ignazio  fondatore  dei 
Gesuiti  (P.),  per  opporli  ai  pretesi  rifor- 
matori apostati  contemporanei.  Questi  a- 
postolici  combattenti  colla  voce,col!a  pen- 
na ecoll'esempio  fecero  fronte  al  torrente 
dell'eretica  pravità,  ed  a  compensare  le 
perdite  della  Chiesa  le  procacciarono  altri 
figli  e  nazioni  nell'Asia  enell'America,  in 
che  furono  eziandio  benemeriti  altri  or- 
dini religiosi,  che  la  provvidenza  di  trat- 
to in  tratto  pose  a  difesa  e  sostegno  della 
Chiesa;  onde  isterilito  il  protestantismo 
dalla  lunga  lotta,  trionfò  più  vigorosa  e 
più  potente  la  religione  cattolica,  colle 
immense  nuove  conquiste  di  questo  stes- 
so secolo,  in  cui  il  protestantismo  rice- 
vette colpi  mortali.  La  luce  della  verità 
da  una  parte  nelle  menti  de'più  profondi 
pensatori  anche  protestanti,  e  la  eman- 
cipazione de'ealtolici  d'Inghilterra  nel 
1829,  fecero  abiurare  ad  un  gran  nu- 
mero gli  errori  della  riforma  protestan- 
te, ed  abbracciare  con  tenera  edificazio- 
ne il  cattolicismo,  cioè  ai  seguaci  di  Lu- 
tero, Calvino  ed  Enrico  Vili.  Le  tre  città 
del  cosi  detto  triangolo  protestante,  pel 
numero  crescente  de'cattolici  e  per  l'ere- 
zione delle  chiese,  vanno  perdendo  mol- 
to dell'antica  forza.  Ginevra  per  la  Sviz- 
zera, Berlino  per  la  Germania,  Londra, 
per  l'Inghilterra  (Ir-),  non  sono  più  il 
centro  esclusivo  de'soli  protestanti;  non 
sono  più  esclusive  officine  da  cui  si  sten- 
deva sopra  l'Europa  la  fosca  e  pestifera 
luce  del  protestantismo.  Londra  ormai 
conta  meglio  che  200,000  cattolici,  Gi- 
nevra più  di  1 1,000,  ed  in  Berlino  il  suo 
novero  è  in  progressivo  aumento,  anche 
per  la  tolleranza  del  governo  e  per  la  sti- 
ma che  ha  il  re  pei  cattolici.  Inoltre  Lon- 
dra ti  presenta  il  protestantismo  che  si 
discioglie  in  un  numero  infinito  di  sette, 
le  quali  non  hanno  forse  più  nulla  di  co- 
mune fra  di  esse  se  nou  l'avversione  ere  • 
ditata  dai  primi  padri  della  pretesa  rifor- 
ma contro  la  vera  Religione  {^-).  Il  movi- 
mento religioso  verso  la  chiesa  cattolica 
si  scorge  anche  ne'protestauli  d'America, 


PRO  3i3 

che  appartengono  alla  setta  degli  episco- 
pali, di  cui  parlai  a  Inghilterra.  Questa 
setta  è  figlia  della  chiesa  anglicana,  colla 
quale  conserva  una  specie  d'unione,  mal- 
grado la  separazione  politica  degli  Stali 
Uniti  dall'Inghilterra.  Il  partito  puseista 
è  in  maggioranza  tra'vescovi  protestanti 
d'America,  ed  i  ministri  americani  tengo- 
no vive  relazioni  colla  scuola  puseista  di 
Oxford:  si  cercano  a  gara  de'lumi  e  degli 
schiarimenti.  I  luterani  alemanni  si  con- 
servano in  America  come  corpo  distinto 
da  circa  due  secoli,  in  numero  di  circa 
5oo,ooo,con  un  600  loro  ministri. L'u- 
nità costante  e  mirabile  nella  chiesa  cat- 
tolica, governata  dalla  sapienza  de'Papi, 
giudici  infallibili  de'suoi  domini,  è  un'ul- 
teriore prova  di  crederla  opera  eli  vinti; 
tale  unità  si  desidera  ma  non  si  osserva 
nel  protestantismo,  benché  egli  conosca 
essere  l'unità  di  dottrina  un  mezzo  sicu- 
ro per  la  conservazione  e  durata,  e  ben- 
ché abbia  provato  e  fatto  ogni  sforzo  per 
ottenerla,  non  vi  riuscì  giammai,  perchè 
il  principio  su  cui  si  fonda  non  influisce 
né  tende  all'unione,  ma  conduce  per  ne- 
cessità alle  dissensioni,  ai  dispareri.  L'u- 
nità e  fermezza  della  chiesa  cattolica,  e 
la  debolezza  del  protestantismo  ben  si 
conobbe  e  confessò  apertamente  dai  più 
dotti  e  principali  protestanti,  avendo  più 
forza  la  lode  in  bocca  de'uemici,  sicco- 
me proveniente  da  solenne  convinzione. 
Scrisse  Lutero  a  Zuinglio:  »  Se  lunga 
sarà  la  durata  del  mondo, per  le  diverse 
interpretazioni  della  Scrittura  che  al  pre- 
sente vanno  in  corso,  sarà  di  nuovo  ne- 
cessario a  conservare  l'unità  della  fede, 
di  accogliere  i  decreti  de'concilii,  e  rifug- 
gire ad  essi".  Melantone  dichiarò»»  che 
la  monarchia  del  Papa  varrebbe  pur  mol- 
to per  conservare  fra  si  diverse  nazioni 
l'uniformità  di  dottrina".  Calvino  enco- 
miando l'unità  della  Chiesa  è  costretto 
confessarla  ancor  divina:  »  Iddio  collocò 
la  sede  del  suo  culto  in  mezzo  alla  terra, 
a  lei  prepose  un  Pontefice  unico,  in  cui 
tutti  riguardando  viemmeglio  conservai- 


3.4  PRO 

sero  Panila".  Tommaso  Beza  nella  let- 
tera ad  Andrea  Dudizio,  parlando  della 
«uà  setta,  angosciosamente  si  esprime: 
»»  Anche  me  tormentarono  que' pensieri 
che  tu  descrivi:  vedo  che  i  nostri  vanno 
vagando  ad  ogni  vento  di  dottrina, e  tra- 
sportati in  alto  ora  piegano  in  questa, 
ora  in  quell'altra  parte.  Potrai  forse  sa- 
pere qual  sia  oggi  la  loro  sentenza  intor- 
no alla  religione;  ma  qual  sia  per  esser 
domani  non  potrai  con  certezza  affermar- 
lo. In  qual  capo  di  religione  fra  loro  con- 
vengono le  chiese,  che  intimarono  guer- 
ra al  sommo  Pontefice?  Se  percorri  da 
capo  a  fondo  tutte  le  cose,  troverai  che 
affatto  nulla  si  afferma  da  uno,  che  tosto 
non  sia  taccialo  dall'altro  d'empietà  ". 
Finalmente,  per  non  dire  di  altri  molti, 
il  saggio  e  dotto  Grozio,  che  alcuni  vo- 
gliono morto  cattolico,  ci  disse  altre  ve- 
lila. Nell'opera,  Votimi  prò  paceEccle- 
."f/V/c,esplicitamente  protesta  che  le  dispu- 
te non  finiranno  giammai  senza  il  prin- 
cipato del  Papa.  In  altra  opera  poi  dice 
i:he»  i  dommi  della  fede  s'abbiano  da  de- 
cidere colla  tradizione  ed  autorità  della 
Chiesa,  non  già  colla  sola  s.  Scrittura". 
Parecchi  polemici  hanno  trionfalmente 
dimostrato  che  la  sola  dottrina  cattolica 
influisce  essenzialmente  al  progresso  ci- 
vile; mentre  il  protestantismo  non  pre- 
sentando altro  carattere  che  quello  del- 
l'incostanza ne'suoi  insegnamenti,  è  as- 
solutamente incapace  di  provvedere  ai 
bisogni  del  cuore  umano,  che  lende  o- 
gnora  al  conseguimento  del  suo  destino. 
Inoltre  il  protestantismoco'suoiprincipii, 
ben  lungi  dal  giovare  all'incivilimento, 
ha  tenuto  ogni  via  di  far  ritornare  i  po- 
poli agli  antichi  morali  disordini, essen- 
done prova  gli  scandali  dati  da  Lutero, 
da  Enrico  Vili  e  da  quanti  ne  seguiro- 
no leorine.  A  Itri  polemici  provarono,nel- 
J'argomenlo sullo  sviluppo  esulleultime 
Jasi  del  protestantismo,  sua  indole  e  na- 
tura, che  il  suo  variare  perpetuo  ed  il 
passare  di  assurdo  in  assurdo  è  un  effet- 
to naturale  de'falsi  principi!  adessoine- 


PRO 

renti. Sulla dichiarazionede' principi  pro- 
testanti fatta  a  Pio  VII  sulla  elezione  dei 
■vescovi,  parlai  nel  voi.  Llll,p.  166.  V. 
Cattolicismo,  Chiesa,  Eresia,  Eretico, 
Fede,  Primato. 

De  la  Forestci  diede:  Metodo  d'istru- 
zione per  ricondurre  i  pretesi  riformati 
alla  chiesa  cattolica  romana,  Roma 
1 825.Giuseppe  Bruna  ti:  Notizia  de'  pro- 
testanti convertiti  alla  religione  catto- 
lica dal  1794  al  1837,  Milano  1837. 
Lo  stato  attuale  del  protestantismo  in 
Inghilterra,  e  massime  le  opinioni  che 
esprime  intorno  alla  regola  di  fede,  fu 
P  argomento  di  quella  dissertazione  del 
cardinal  Wiseman  che  tra  le  sue  opere 
citai  all'articolo  Mellipotamo  ,  già  suo 
titolo  vescovile, donde  Pio  IX  lo  elevò  al- 
la metropolitana  di  TVestminster  (V.), 
nel  ripristinare  la  gerarchia  ecclesiastica 
in  Inghilterra,  che  accennai  nel  voi.  LUI, 
p.  228.  Nel  1841  io  Parigi  venne  stam- 
pato: Tableau  general  des  principales 
conversions  qui  ont  eu  lieti  panni  les  prò- 
teslants,  et  autres  religi  orinai  res  depuis  le 
commencement  du  XIX siede.  Nel  1842 
in  Barcellona  il  sacerdote  spagnuolo  Gia- 
como Balmes  pubblicò  :  Il  protestantesi- 
mo paragonato  col  cattolicismo  ne'  suoi 
rapporti  colla  civiltà  europea.  Meritò  la 
traduzione  in  diverse  lingue  e  gli  encomi 
dei  compilatori  degli  annali  delle  scienze 
religiose  e  della  Civiltà  cattolica,  che  ne 
diedero  un  estratto:  gli  AnnalineWn  serie 
1  ,a  t.  1 5,  serie  2."  t.  5  e  6;  la  Civiltà  nel  t. 
6.  H.  Smith  :  Breve  istoria  della  rifor- 
ma protestante  ,  principalmente  del  suo 
nascere  e  progredimento  in  Inghilterra, 
in  una  serie  di  conferenze,  tenute  dai  piii 
segnalati  istorici  protestanti  de' tempi  an- 
dati e  presenti,  Londra  1 842.  P.  Giovan- 
ni Perrone  gesuita  :  Sul  titolo  di  Chiesa 
cattolica  che  si  attribuiscono  le  comu- 
nioni separale  dalla  Chiesa  romana.  Ap- 
pendice alla  dissert.  sulla  denominazio- 
ne die  la  Chiesa  cattolica  dà  alle  co- 
munioni da  lei  divise  di  eretiche  e  di  sci- 
smatiche. Annali  serie  i.'  1. 17,  serie  2. 


PRO 

t.  8.  Del  medesimo  :  Esame  della  Pasto- 
rale emanata  dal  sinodo  della  ehiesa  e- 
piscopale  protestante  negli  Stati  Uniti  di 
America,  Roma  1 845.  In  questo  anno  il 
d.r  Guglielmo  Binder  di  Wiirtemberg 
protestante  rientrò  nel  grembo  della  chie- 
sa cattolica,  già  autore  lodatissimo  dell'o- 
pera :  Protestantismo  nella  sua  interna 
dissoluzione ,  con  die  scuoprì  le  piaghe 
dell'eresia  protestante.  Egli  imitò  il  suo 
degno  amicod.'Hurter,  inelogiodelqua- 
le  pubblicò  l'opuscolo  :  Federico  Hurtery 
il  rigenerato.  Di  questo  dotto  storico  fe- 
ci anche  io  i  dovuti  encomi  nel  mio  ar- 
ticolo Innocenzo  III,  riportando  in  line 
l'elenco  di  sue  opere,  anche  riguardanti 
il  protestantismo  svizzero.  D.  H.  Carus: 
Lettere  a  Emmanuele  o  immagini  rap- 
presentatrici  del  tempo  pei  protestanti  e 
i  cattolici ,  Ausburgo  i845.  D.r  F.  A. 
Staudenmaier:  Essenza  della  Chiesa  cat- 
tolica esposta  in  relazione  ai  suoi  avver- 
sari, Friburgo  di  Drisgovia  i845.  Ivi  nel 
1846  del  medesimo  :  Alla  pace  religio- 
sa dell'avvenire,  con  una  esposizione  del  - 
l'essenza  e  dello  sviluppo  del  protestan- 
tesimo (Annali  2.*  serie,  t.  5).  P.  Agosti- 
no Theiner  :  Storia  del  ritorno  alla  Chie- 
sa cattolica  delle  case  regnanti  di  Brun- 
swick e  di  Sassonia,  e  del  ristabilimen- 
to del  culto  cattolico  in  quegli  stali,  con 
altre  conversioni,  Napoli  i85o.  Del  me- 
desimo: Dell'introduzione  del  protestan- 
tismo in  Italia,  tentala  per  le  mene  dei  no- 
velli banditori  di  errori  nelle  recenti  con- 
giunture  di  Roma ,  o  sìa  la  Chiesa  cat- 
tolica dìfesacolla  testimonianza  de' pro- 
testanti,  Napoli  i85o  (Civiltà  cattolica 
t.  3;  Annali  2.a  serie,  t.  9).  Tra'5o  mo- 
tivi che  indussero  il  duca  di  Brunswick 
alla  fede  romana  cattolica,  vi  furono  :  Che 
la  religione  inventata  daLutero  e  da  Cal- 
vino è  un  guazzabuglio  di  diverse  antiche 
dannate  eresie.  Che  le  vere  no  te  della  chie- 
sa di  Gesù.  Cristo  sono  la  sua  unità,  san- 
tità, cattolicità  ossia  universalità,  e  l'ori- 
gine apostolica:  mentre  nelle  nuovamen- 
te riformale,  o  piuttosto  deformate  dai 


PRO  3ii 

luterani  e  calvinisti  non  si  ritrovano  sif- 
fatti caratteri.  Che  Cristo  nell'inviare  al- 
la conquista  del  mondo  pagano  i  suoi  a- 
postoli,  diede  loro  facoltà  di  operare  pro- 
digi conforme  alla  sua  promessa.  Ma  gli 
autori  delle  sette  non  hanno  mai  fatto 
alcun  miracolo  per  autenticar  la  loro  de- 
stinazione, anzi  non  hanno  potuto  mai 
risanare  un  cavallo  storpialo.  Cardinal 
Gaetano  Balufli  :  Intorno  alla  riforma, 
ed  ai  tentativi  per  introdurla  in  Italia^  \- 
molai85o  (Giornale  di Romai85o,  n.° 
125).  A  Pio  IX  notaiquantoqueslo  Pon- 
tefice declamò  contro  siffatti  tentati  vi.  Nel 
n.°  2  3  del  Giornale  Romano  del  1848 
si  legge,  avere  Pio  IX  pronunziato  que- 
ste memorabili  parole  nell'occasione  che 
indicai  nel  voi.  LUI,  p.  200.  m  A'  nostri 
tempi  ....  si  osa  introdurre  nell'  Italia 
tutta  cattolica,  e  finanche  nel  centro  del- 
la cristianità,  il  protestantismo;  e  che  co- 
storo, se  dall'una  porte  palesano  i  desi- 
deri ardenti  della  Bastonatila  italiana  , 
vorrebbero  dall'altra  servirsi  d'un  mezzo 
abbominevole  che  è  fallo  proprio  per  di- 
struggerla ;  e  mentre  la  Germania,  ani- 
mata dallo  stesso  spirito,  conosce  che  uà 
gravissimo  ostacolo  per  ottenere  l'inten- 
to consiste  nella  diversità  della  religione, 
e  i  protestanti  fanno  progetti  d'  unione, 
si  vedono  in  Italia  alcuni  che  con  immen- 
so scandalo  religioso  e  con  immenso  dan- 
no politico,  pretendono  d'  introdurre  il 
pessimo  seme  dèlia  separazione  dall'uni  - 
là  della  fede,  per  ottenere  V  unità  della 
nazione.  Ecco  dove  conduce  1' acceca- 
mento delle  passioni  :  pieghiamo  Iddio 
che  diradi  queste  tenebre,  e  stiamo  si- 
curi delle  divine  promesse,  che  le  porte 
dell'  inferno  non  prevarranno  contro  la 
Chiesa  ".  A  Posnania  parlai  dell'  iniqua 
e  nuova  confessione  di  fede  di  Ronge  e 
compagni,  tra'quali  insorse  poi  scisma,  ed 
ebbe  origine  la  setta  Protestante  cattoli- 
ca, divisione  che  desolò  il  protestantismo 
alemanno,  dicendo  pure  quanto  contro 
Ronge  e  seguaci  operò  Gregorio  XVI,  e 
della  riprovazione  che  ne  fece  Pio  IX.  P, 


3i6  PRO 

Gabr.  M.a  Bibbia,  //  proleslanlismo  e  la 
moderna  democrazia  confrontali  fra  lo- 
ro, Roma  1 85o  (Civiltà  t.  4)-  Il  protestan- 
tismo e  l'unità  sociale,nel  1. 1  della  Civil- 
tà cattolica.  Nel  n.°5  dell'  Osservatore  ro- 
mano dei  i85a  vi  èunimportantearticdo 
del  giornale  tedesco:  Il  Corrispondente 
del  nord  delC  Alemagna,  organo  della  set- 
ta luterana  a  Meckleuibourg,  uno  fra'  più 
ardenti  avversari  del  cattolicismo  al  di  là 
dal  Reno,  il  quale  ora  ha  cambialo  opinio- 
ne e  linguaggio,  proclamando  che  la  sola 
Chiesa  è  l'arbitra  legittima  delle  coscien- 
ze, per  cui  una  crisi  salutare  accenna  ma- 
nifestarsi nel  protestantismo.  Uditami 
»Noi  siamo  luterani  d'origine  e  di  educa- 
zione, e  per  vero  non  è  una  passione  col- 
pevole quella  che  ci  mena  ad  allontanarci 
dal  luogo  che  ci  vide  nascere.  Non  abbia- 
mo in  vista  separandoci,  né  un  bene  tem- 
porale, né  alcun  personale  interesse:  ma 
come  potremmo  noi  rimanere  più. a  lun- 
go in  una  chiesa  in  cui  v'  ha  disunione, 
debolezza,  mine?  Ora  tal  è  la  chiesa  lu- 
terana. Noi  abbiamo  la  presunzione  di 
fondare  la  nostra  fede  sulla  Bibbia  e  di 
respingere  chi  la  combatte:  ma  tutti  con- 
vengono che  la  Bibbia  è  un  libro  pieno 
di  oscurità  e  difficoltà  . .  .  L'  interpreta- 
zione sicura,  invariabile,  quale  possiede  la 
chiesa  cattolica,  manca  ai  luterani.  Non 
solo  i  nostri  teologi  disputano  a  diritto 
od  a  rovescio  sulla  canonicità  di  tale  o 
tale  altro  libro,  cancellando  con  un  trat- 
to di  penna  o  un  capitolo  od  un  para- 
grafo, ma  cadono  altresì  in  gravi  dispa- 
reri allorquando  si  tratta  della  spiegazio- 
ne dique'brani  stessi, de'quali  hannocon- 
fessata  l'autenticità  ...Questo  è  il  caso  no- 
stro. Pullula  in  mozzo  a  noi  un  miscuglio 
di  opinioni  contraddittorie  die  danno  o- 
rigine  alle  più  tristi  riflessioni.  Noi  ab- 
biamo de'predica tori  vecchi  luterani, de- 
gli ortodossi,  de'pielisli,  de'  sopranuatu- 
i  alisti,  de'razioualisti  con  tutte  le  mezze 
tinte  che  impaslanogli  uni  agli  altri.  Nelle 
t> tesse  cattedre  si  odono  esposto  le  più  con- 
traddittorie opinioni  sulle  più  sacro  sa  n- 


PRO 

te  cose.  Ecco  dove  consiste  il  loro  insegna- 
mento. A  chi  possono  dar  fede  le  comu- 
nità in  mezzodì  queste  variazioni  diame- 
tralmente opposte  sovra  punti  fondamen- 
tali? ...  La  chiesa  luterana  non  ci  olire  su 
questo  nò  principio,  uè  decisione.  Essa 
ali  opposto  lascia  i  suoi  ministri  liberi  di 
decidere  come  meglio  l'intendono;  lesue 
pecorelle  libere  di  vagare  in  questo  labe- 
rinto  di  contraddizioni.  Ma  questo  disac- 
cordo si  manifesta  in  tutto  ciò  che  ha  re- 
lazione col  cullo  esteriore,  non  meno  che 
nell'insegnameulo  teologico.  In  quasi  tut- 
te le  comuni  le  cose  liturgiche  souo  ab- 
bandonate al  capriccio  individuale  ,  del 
pari  che  il  vestiario  de'dignitari  della  chie- 
sa ...  Povera  ed  umile  serva  del  gover- 
no, la  chiesa  luterana  vive  delle  moleco- 
le che  cadono  dalla  tavola  del  suo  padro- 
ne. Ecco  il  quadro  dell'interno  della  co- 
munione luterana.  La  sua  esistenza  non 
offre  che  disunione,  fiacchezza,  impoten- 
za ...  E'  un  tronco  putrido  che  il  primo 
sbuffo  della  tempesta  getterà  a  terra.  Non 
è  delle  nostre  forze  infondergli  la  vita,  e 
non  ci  terremo  stretti  a  lui  per  non  corre- 
re con  lui  all'estrema  ed  inevitabile  perdi- 
zione. Noi  vogliamo  salvare  il  nostro  cri- 
stianesimo :  noi  andremo  là  ove  la  Chie- 
sa sa  quello  che  la  Scrittura  dice  :  ove  la 
Chiesa  prescrive  ciò  che  i  suoi  ministri 
devono  insegnare,  ciòche  i  fedeli  devono 
apprendere:  ove  si  sopravvede  alla  uni- 
formità del  culto  :  ove  lutto  è  solenne, 
eccelso,  in  armonia  col  cuore  ecoll'ado- 
razioue:ove  un  capo  spirituale  non  si  chi- 
na innanzi  alle  potenze  della  terra  ,  ma 
solo  innanzi  a  Dio:  ove  le  comuni  han- 
no tuttora  conservata  la  fede,  la  discipli- 
na ,  i  costumi  religiosi  :  ove  la  Chiesa  è 
realmente  edifica  la  su  d'una  rupe  contro 
la  quale  le  porte  dell'inferno  non  prevar- 
ranno. Dispiacenti  ci  separiamo  dalla  ca- 
sa de' nostri  padri,  ma  pur  ci  separiamo. 
Sorgete,  andiamo  a  Roma  ".  Finirò  col 
dire  :  Che  le  armi  de'  protestanti  contro 
i  cattolici  sono  calunnie,  discorsi  indecen- 
ti ,  e  sfacciale  bugie,  senza  alcun  solido 


PR  O 

argomento,  onde  sostenere  il  loro  assun- 
to. Che  lo  scadimento  del  protestantismo 
è  generale.  Che  le  vecchie  sette  sono  ab- 
bandonale per  l'indifferentismo  religio- 
so, o  per  nuovi  errori  falsamente  più  se- 
ducenti. Che  la  vera  nostra  religione  rac- 
coglie le  membra  sparse  di  quelle  povere 
sedicenti  chiese,,  che  sbalzate  qua  e  là  da 
ogni  vento  di  erronee  dottrine,  senza  ti- 
mone, senza  piloto,  vanno  più  tosto  o  più 
tardi  a  rompere  contro  lo  scoglio  della 
fralezza  ,  che  è  inseparabile  da  lutto  ciò 
che  non  si  solleva  al  di  sopra  dell'uomo. 
Il  movimento  poi  religioso,  che  spinge 
verso  il  catolicismo  gli  uomini  sinceri  e 
illuminati  della  chiesa  anglicana  ,  è  per 
certo  uno  degli  avvenimenti  più  segna- 
lati di  nostra  portentosa  epoca;  imperoc- 
ché vi  ha  contribuito  \\Puseismo(V.).  Il 
ritorno  alla  fede  cattolica  continua  in  Ger- 
mania. La  chiesa  vi  gode  finalmente,  al- 
meno in  certe  conlrade;di  una  parte  dei 
suoi  diritti  e  de' suoi  legittimi  privilegi. 
La  voce  dei  missionari  cattolici  può  far- 
si ora  sentire  nella  più  gran  parte  della 
Confederazione,  e  delle  missioni  di  recen- 
te fatte  dai  gesuiti  e  redentorisli  toccherò 
a  Prussia. 

PROTETTORE,  Proteclor ,  Patro- 
nus,  Cuslos,  Defensor,  Parens,  Pretese*, 
Tutor,  Propugnator.  Quello  che  proteg- 
ge, difensore  del  protetto,  che  tiene  pro- 
tezione di  persone,  luoghi,  corporazioni, 
ec,  dicendosi  protettorato,  Patrocinami, 
l'ufficio  del  protettore,  ed  anche  Padro- 
nato o  Patronato  [V.),  nel  quale  artico- 
lo dissi  che  tali  nomi  si  davano  ai  protet- 
tori delle  Città,  Comunità, e  Collegi d 'ar- 
ti  o  Università  artistiche  {f/-).  A  Patri- 
zio narrai  la  divisione  degli  ordini  della 
città  di  Roma  fatta  dal  suo  fondatole  Ro- 
molo, in  patrizi  ed  in  cittadini  o  plebei; 
quindi  per  unire  i  patrizi  (detti  anche  in- 
genui e  divisi  in  majorum  genlium  ,  ed 
altri  minorimi,  che  cavandosi  dalla  plebe 
divenivano  senatori)  coi  cittadini  con  re- 
ciproci legami  ,  ordinò  che  ciascun  ple- 
beo eleggesse  di  proprio  arbitrio  un  pa- 


P  R  O  3  i  7 

trizio  a  suo  padrone  o  patrono  o  protet- 
tore, di  cui  egli  si  chiamava  perciò  clien- 
te, cliens,  aderente  o  partigiano,  cioè  si 
poneva  sotto  la  sua  protezione,  e  in  ri- 
compensa parteggiava  con  lui  }  onde  la 
protezione  e  l'aderenza  fu  detta  cliente- 
la,  fides  ,patrocinium, tutela .  Indicai  l'uf- 
fìzio del  padrone  nel  difendere  il  cliente, 
e  fare  per  esso  tutto  ciò  che  il  padre  o- 
pera  pei  figli;  come  pure  parlai  de'dove- 
ri  del  cliente  verso  il  padrone  o  protet- 
tore, in  aiutarlo  colle  proprie  forze  e  so- 
stanze; che  se  il  cliente  moriva  senza  te- 
stamento ,  il  padrone  diveniva  legittimo 
erede  e  tutore  de'  superstiti  figli.  Se  ai 
palloni  mancava  denaro  per  collocare 
in  matrimonio  le  loro  figliuole,  i  clienti 
vi  concorrevano  del  proprio.  Presi  i  pa- 
troni in  guerra,  i  clienti  li  riscattavano, 
e  trovandosi  in  Roma  li  corteggiavano. 
Quindi  è  che  fra  gli  uni  e  gli  altri  era  una 
corrispondenza  così  perfetta  e  inviolabile, 
perchè  fu  creduta  necessaria  siffatta  armo- 
nia pel  mantenimentodegli  stati  tra'mem- 
bri  più  cospicui  della  repubblica  romana. 
Nelle  famiglie  progrediva  la  clientela  con 
egual  sistema  nella  discendenza,  e  sempre 
con  tale  religione,  che  agli  ospiti  ed  ai  con- 
giunsi si  preponevano  i  clienti  e  si  conside- 
ravano nel  i  ."grado  dopo  i  pupilli,  come 
all'incontro  i  patroni  erano  dai  clienti  su- 
bitodopoi!  padre n  qualunquealtroante- 
posti.  De'padroni  e  delle  clientele  tratta- 
rono molti  scrittori,  fra'quali  Aulo  Gellio, 
Noct.  Attic.  lib.  5,  e.  i  3,  e  il  suo  commen- 
tatore Doìeto;  Sigonio,  De  antiquo  jure 
Jtaliae  lib.  i  ;  Paolo  Manuzio,  De,  Sena- 
tu  romano  cap.  i .  Oltre  le  clientele  pri- 
vale istituite  da  Romolo,  fra'patrizi  ed  i 
plebei,  come  abbiamo  da  Plutarco  lib.  e 
Antiquit.,x\e  furono  eziandio  altre  usate 
dai  greci  ,  chiamando  i  difensori  PatrO' 
nos,  vocabolo  abbraccialo  dai  latini  e  pra- 
ticato assai  nelle  lapidi.  Molte  di  queste 
clientele  privale  ebbero  i  primari  di  Ro- 
ma nelle  provincie,  onde  Giulio  Cesare, 
Bel.  civil.hb.  i,  scrisse  che  Pompeo  gran 
profìtto  traeva  da  quelle  che  avea  nella 


3i8  PRO 

Spagna.  Tra'  romani  furono  ancora  le 
clientele  pubbliche  ,  colle  quali  qualche 
onorato  cittadino  o  cavaliere,  Procura- 
tore s ,  procurava  in  Roma  i  vantaggi  di 
alcuna  città  o  repubblica  forastiera  e  par- 
ticolarmente nelle  liti  ;  poiché  Asconio  , 
in  Divinatione,dhse :  Qui  alterimi  dcftn- 
dit  in  judicio,  Patronus  dicilur  si  orator 
est.  Si  apprende  da  Dionigi  d'Alien  nas- 
se, Delle  cose  antiche  di  Roma,  che  le  cit- 
tà, le  comunità  ed  i  collegi  delle  artiche 
si  davano  alla  clientela  de'cittadini  roma- 
ni più  potenti,  ch'erano  tenuti  di  conto 
e  d'  autorità  in  Roma,  ivi  aveano  i  loro 
patroni,  ai  quali  sovente  rimetteva  il  se- 
nato lecontroversiedellecillàe  dellegen- 
ti  che  aveano  in  clientela,  e  ne  ratificava 
le  decisioni.  Anche  Appiano,  Guerre  ci' 
vili,  dice  che  ogni  città  avea  in  Roma  il 
patrono;  reca  le  fòrmule  col  le  quali  le  cit- 
tà eleggevano  i  patroni,  dove  osserva,  che 
prendevano  decreti  per  la  loro  elezione 
e  gl'incidevano  in  tavoledi  rame,  faceva- 
no la  tessera  ospitale  (di  che  a  Ospizio  e 
altrove);  mandavano  talvolta  i  magistra- 
ti in  figura  di  legati  al  patrono,  col  mez- 
IO  de'  quali  lo  pregavano  a  permettere 
che  fosse  posta  nella  sua  casa  la  tavola 
col  decreto  di  elezione,  e  che  frequente- 
mente innalzavano  delle  statue  ai  loro  pa- 
troni, come  si  ricava  da  Cicerone,  da  Pli- 
nio, da  Apuleio,  dagli  scrittori  posteriori  e 
dai  monumenti  che  ci  restarono.  1  colle- 
gi e  corpi  degli  artieri  non  solo  aveano  i 
loro  patroni  ,  ma  talvolta  un  solo  corpo 
o  arte  avea  più  patroni,  tra 'quali  uno  il 
i ,  posto  occupava  per  lo  spazio  di  5  an- 
ni, e  questo  era  chiamato  quinquennale, 
e  chi  era  uscito  di  carica  quinquennali' 
zio  :  in  molte  iscrizioni  se  ne  trova  fre- 
quente menzione.  Leggo  in  Carli,  Delle 
antichità  di  Capodistria,  eh'  era  princi- 
pai  cura  d'  ogni  Colonia  (F.)  o  città  con- 
federata (di  cui  anche  a  Prefettura),  lo 
scegliersi  in  Roma  un  patrono  ovvero  pro- 
lettore che  vi  agisse  gli  affari  suoi;  onde 
Marsiglia  ebbe  Pompeo  e  Cesare;  Sira- 
cusa M.  Marcello;  Bologna  gli  Anlouii  ; 


PRO 

gli  allobrogi  Q.  Fabio;  Durazzo  e  Capua 
Cicerone,  cui  aveano  anche  eretta  una 
statua  dorata  ;  e  così  le  altre  tutte.  Questi 
patroni  si  acquistavano  dalle  città,  parti- 
colarmente dopo  che  aveano  loro  dato  o- 
spizio,  come  fecero  4  città  d'  Africa  con 
C.  Silio,  come  si  ricava  da  4  tavolette  di 
bronzo  illustrate  dai  Malfai,  Ist.  diplom., 
p.  38,  nelle  quali  si  legge  che  le  città 
lo  elessero  per  patrono,  esibendo  esse  a 
lui  la  loro  clientela  ,  ed  egli  a  loro  la 
sua  protezione.  Ogni  città  ordinariamen- 
te eleggeva  in  Roma  un  protettore,  pi- 
solilo nella  persona  di  qualche  senato- 
re, ed  eglino  si  gloriavano  delle  cliente- 
le delle  città.  Era  officio  del  prolettore 
il  proteggere  le  città  e  i  clienti  in  ogni 
loro  occorrenza  ,  come  di  difenderli  se 
accusati ,  e  di  procurar  loro  quanto  era 
di  maggior  utile  e  onore.  Aggiunge  Car- 
li, che  se  nel  romano  governo  era  neces- 
sità e  costume  che  ogni  città  e  Munici- 
pio (F.)  avesse  in  Roma  il  suo  protetto- 
re, ragionevole  cosa  è  il  credere  che  l'I- 
stria pure  avesse  il  suo,  essendo  in  lei  e 
municipi  e  colonie,  ed  in  fatti  avea  in  Ro- 
ma per  patroni  i  Crassi,  già  insigne  fami- 
glia popolare.  Colucci,  antichità  picene 
t.  6,  p.  1 06,  riporta  quanto  scrisse  sui  pa- 
troni il  conte  Macinici  li.  Egli  dice  che 
in  due  classi  ne'  tempi  antichi  si  distin- 
guevano! patroni  o  protettori  delle  città. 
Furono  que' della  i/ distinti  e  primari 
personaggi  di  Roma,  che  dalle  città  non 
solo,  ma  anche  dalle  provincie  e  dalle  stes- 
se nazioni  venivano  eletti  in  protettori  ; 
così  Svetonio  in  Augusto  avverte  che  i 
bolognesi  erano  allora  sotto  la  protezio- 
ne degli  Antonii,  «Antoniorum  clientela 
antiquitus  erant  ".Lo  stesso  autore  par- 
lando ili  Tiberio  riferisce  :  »Per  Siciliani 
quoque  et  Achajam  jam  circumductus,  et 
Lacedeoioniis  publice,qui  in  tutela  Clau- 
diorum  erant  demandatus;  "  e  Cicero- 
ne nell'orazione  per  L.  Siila, parlando  dei 
Pompeiani,  che  intorno  a  lui  si  vedeva» 
no,  dice  :  •»  Ex  hac  frequenlia  colonoruoi 
houestiss'unoi •imi  homiuum,  qui  si  adsunt 


PRO 
(intelligere  poleslis)  laborant  hunc  Pa- 
lionum  ,  Defensorem  ,  Custodenti  illius 
coloniae,  si  in  oroni  fortuna,  atque  omni 
honori  incoi umera  habere  non  potue- 
runt,  in  hoc  tamen  casu,quo  afflictus  ja- 
cet,  per  vos  tutari  ,  conservarique  cu- 
piunt".  L'altra  classe  dei  protettori  si  co- 
stituiva dai  più  ragguardevoli  cittadini 
della  stessa  città,  che  dopo  a  ver  esercitate 
nella  propria  patria  le  più  cospicue  ma- 
gistrature ,  ed  essere  passati  per  tutti  i 
gradi  di  esse,  erano  dalla  medesima  a  ca- 
gione di  onore  eletti  e  denominati  patro- 
ni e  protettori  della  slessa.  Il  medesimo 
Colucci,  Trej a  illustrata,  p.  4°,  nell'af- 
feimare  in  Romolo  l'introduzionede'pro- 
tettori  e  tutori  de'  plebei,  aggiunge  che 
ancora  ai  coloni  e  confederati  del  popo- 
lo romano  diede  facoltà  di  eleggersi  un 
patrono  tra'cittadini  romani,  della  cui  o» 
pera  si  potessero  prevalere  nelle  occorren- 
ze, oin  Roma  oaltrove;  quindi  parla  di  C. 
C'a m u rio  procuratore  di  Augusto  e  pro- 
tettore del  municipio  di  Tieia,  al  quale 
i  treiesi  per  decreto  de'decurioni  eresse- 
ro nella  di  lui  patria  Altidio  una  statua 
con  lapide. 

Anticamente  i  Papi  dichiaravano  pro- 
tettori della  chiesa  romana  il  Patrìzio  di 
Roma  (V .),  V  Imperatore  (/'•),  o  altro  so- 
vrano, per  cui  conferivano  all'imperato- 
re i  I  ti  tol  odi  Difensore  della  Chiesa  o  del- 
la fede  (V.)j  ai  quali  articoli  e  ne'rela- 
tivijComeGERMANU,  Placito,  ben  dichia- 
rai in  che  consistesse  questo  protettora- 
to o  avvocazia,  che  gli  scrittori  nemici  o 
poco  favorevoli  alla  Sovranità  pontificia 
(F.),  non  poco  alterarono  a  danno  della 
medesima,  confondendo  la  podestà  dele- 
gata a  loro  dai  Papi,  con  l'autorità  che 
pretesero  attribuire  agl'imperatori.  Fino 
all'estinzione  dell'impero  romano- ger- 
manico, ne'primi  del  corrente  secolo,  gli 
imperatori  s'intitolavano  avvocati  della 
s.  Sede  e  della  Chiesa,  massime  nelle  al- 
locuzioni che  i  loro  rappresentanti  face- 
vano ai  cardinali  in  Conclave,  usando  an- 
che la  frase  di  primo  monarca  della  cri- 


PRO  3 19 

stìanità.  Analoghe  nozioni  riportai  a  Cri- 
stianissimo e  Cattolico,  titoli  dati  dai  Pa- 
pi ai  sovrani  di  Francia  e  di  Spagna.  A 
Difensori  ragionai  delle  diverse  specie 
degli  antichi  difensore  prolettori,  visdo- 
niini,  tutori,  avvocati,  procuratori  (di  cui 
nel  voi.  XIX,  p.  4o),  oltre  altre  denomi- 
nazioni, che  proteggevano  le  città,  le  chie- 
se, i  monasteri,  le  parrocchie,  i  roveri 
(V')%\\  popolo;  dissi  della  qualità de'loro 
uffizi  nel  curare  gl'interessi  de'loro  pro- 
tetti, difendendoli  col  loro  patrocinio  dal- 
le oppressioni,  in  giudizio  e  colle  armi, 
vegliando  al  mantenimento  de'privilegi 
e  delle  possessioni,  massime  nella  sede  va- 
cante. Questi  protettori,  ad  esempio  di 
quelli  della  repubblica  romana,  de'quali 
parlai  a  Difensori,  furono  istituiti  e  de- 
putati dai  Papi,  dai  vescovi,  dai  concilii, 
dagl'imperatori  e  altri  principi,  a  tutela 
e  difesa  delle  chiese,  dellecittà  e  delle  per- 
sone che  ne  abbisognavano  se  senza  clien- 
tela o  protezione.  Inoltre  raccontai  la  dif- 
ferente autorità  di  questi  difensori  patro- 
ni, ordinariamente  laici,  che  in  seguito 
molti  di  vennero  eredi  lari  e  feudatari  del- 
le chiese,  e  quindi  terminarono  per  es- 
sersi abusati  del  loro  protettorato;  onde 
il  concilio  di  Colonia  del  1  3  1  o  proibì  ai 
protettori  de'dirilti  delle  chiese  di  nulla 
esigere  per  le  loro  funzioni.  I  Papi  po- 
sero sotto  la  protezione  della  s.  Sede  (F.) 
i  Patrimoni,  gli  Stali  tributari  (^-),  le 
Chiese,  le  Diocesi,  i  Monasteri,  gli  Or- 
dini  religiosi,  i  Luoghi  pii,  e  al  tre  corpo- 
razioni, concedendo  ['Esenzione  e  V Im- 
munità {F.),  con  privilegi  e  prerogati- 
ve. Egualmente  molti  sovrani  accorda- 
rono la  loro  protezione  e  privilegi  a  chie- 
se, abbazie,  città  e  corporazioni  civili  ed 
ecclesiastiche.  Ne'secoli  XIII,  XIV  ese- 
guenti ebbero  origine  le  protettone  dei 
Cardinali  {P.),  presso  il  Papa  e  la  sede 
apostolica,  di  ordini  religiosi,  chiese  e  mo- 
nasteri; di  pie  istituzioni, come  di  ospe- 
dali, confraternite,  conservatorii  e  altro; 
di  slati  e  nazioni,  o  regni  e  repubbliche, 
di  città,  castelli  e  terre;  di  stabilimenti 


320  PRO 

d'istruzione,  collegi,  università,  accade- 
mie e  persino  della  biblioteca  Vaticana 
e  della  cappella  pontifìcia;  alcuna  delle 
quali  protettone  talora  i  cardinali  esalta- 
ti al  pontificato  sogliono  ritenere.  1  moti- 
\i  per  cui  furono  istituite  siffatte  protet- 
tone, si  rileveranno  nelle  descrizioni  par- 
ziali che  vado  a  farne,  come  delle  loro  pre- 
rogative e  autorità,  oltrequantoaccennai 
nel  voi.  IX,  p.  286  sulle  diverse  protetto- 
rie.  Tutte  queste  e  altre  protettone,  tran- 
ne l'eccezioni  che  farò,  si  conferiscono  dal 
Papa  per  biglietto  di  segreteria  di  stato, 
cuisieguela  spedizione  -del  breve  apostoli- 
co, dopo  l'accettazionedelcardinaleeletto 
in  protettore.  Le  protettone  il  Papa  le 
attribuisce  ai  cardinali,  o  per  spontanea 
volontà  o  ad  istanza  di  chi  ne  brama  la 
protezione.  Accettata  la  protettoria^  il  car- 
dinale ne  prende  possesso  di  persona  se 
in  Roma,  per  procuratore  se  nello  stato 
papale  o  altrove,  elevandosi  il  suo  stem- 
ma sulla  porta  principale  delle  chiese,  ca- 
se religiose,  stabilimenti  e  palazzi  muni- 
cipali, nella  principale  sala  de' quali  luo- 
ghi si  suole  collocare  anche  il  suo  ritrat- 
to o  dipinto  o  scolpito.  Per  le  beneme- 
renze di  tanti  cardinali  protettori,  in  mol- 
tissimi luoghi  sono  perpetuate  le  loro  be- 
neficenze con  iscrizioni  e  busti  marmo- 
rei e  con  pitture.  Il  cardinal  protettore 
ne'bisogni  dei  protetti  raccomanda  al  Pa- 
pa od  a  chi  si  conviene  le  domande  dei 
medesimi,  e  secondo  il  suo  zelo  e  potere 
agisce  a  vantaggio  di  chi  gode  il  suo  pa- 
trocinio, dei  di  cui  effetti  in  un  gran  nu- 
mero di  articoli  celebrai  le  tante  memo- 
rie, avendo  notato  in  moltissime  delle 
loro  biografie  quali  protettone  ebbero  : 
il  novero  di  quelle  de' cardinali  viventi 
si  legge  nelle  Notizie  di  Roma.  Ordina- 
riamente i  cardinali  che  non  risiedono 
nello  stato  pontificio  non  hanno  protet- 
tone, ed  alcuno  che  vi  risiede  ama  d'es- 
serne dispensato.  Prima  di  parlare  indi- 
vidualmente delle  nominate  protettone 
cardinalizie,  dirò  qualche  cosa  de'santi 
protettori  che  il  Papa  ad  istanza  di  so- 


PRO 
vrani,  vescovi,  nazioni,  provincie,  città  e 
ordini  religiosi,  accorda  e  assegna  loro  in 
patrocinatori  presso  l'onnipotente  Redei 
re  e  Signore  dei  dominanti;  essendo  la 
chiesa  cattolica  sotto  la  protezionedel  suo 
divino  fondatore  Gesù  Cristo,  i\e\\a  Ma- 
dre di  Dio,  la  B.  Vergine  Maria,  sine  la- 
be originali  concepta,  dell'arcangelo  s. 
Michele,  equindi  singolarmente  de'prin- 
cipi  degli  apostoli  i  ss.  Pietro  e  Paolo. 
11  cardinal  de  Luca,  parlando  della  sa- 
gra e  cardinalizia  Congregazione  de' riti 
(J7.^  avverte  che  nella  medesima  si  tratta 
delle  protezioni  delle  città,  provincie,  re- 
gni e  nazioni,  le  quali  vogliono  eleggere 
qualche  santo  per  tutelare  e  protettore, 
non  potendo  ciò  fare  senza  licenza  e  ap- 
provazione della  sedeaposlolica  ossia  del 
Papa,  il  quale  procede  col  voto  di  tale 
congregazione,  come  per  assegnarne  la 
celebrazione  della  Festa  (/^.),  dell'uffizio 
e  della  messa,  e  con  quale  rito.  Deve  no- 
tarsi che  i  santi  protettori,  Coelestes  Pa- 
troni, sono  di  diverse  specie,  protettori 
principali,  comprotettori  e  protettori  or- 
dinari, secondo  la  condizione  de'quali  la 
congregazione  de'riti  stabilisceil  modo  di 
celebrarne  le  feste  econ  quali  riti.  Nel  voi. 
VII,  p.  3  12  riportai  come  Urbano  Vili 
decretò  che  isoli  santi  canonizzati  posso- 
no darsi  in  prolettori  di  regni, città, ordi- 
ni religiosi,  ec.  ;  e  che  la  festa  di  precetto 
si  osservasse  pei  soli  protettori  principali. 
Nondimeno  ivi  riprodussi  alcuni  esempi 
in  contrario  per  ambedue  i  casi,  per  par- 
ticolare indulto  de'Pontefìci,  e  che  anco 
le  sante  possono  essere  protettrici  prin- 
cipali. Nel  voi.  XXXVI,  p.  27  notai  che 
Innocenzo  XI  confermò  l'elezione  che  i 
vicari  apostolici  della  Cina  aveano  fatta 
di  s.  Giuseppe  sposo  della  R.  Vergine  in 
protettore  delle  loro  missioni.  Benedetto 
XIII  dichiarò  prolettore  degli  scolari  s. 
Luigi  Gonzaga  della  compagnia  di  Ge- 
sù, la  quale  venera  per  protettore  della 
buona  fama  s.  Giovanni  Nepomuceno.  In 
moltissimi  articoli  di  stati,  regni,  ordini 
regolari  e  altre  corporazioni,  tratto  dei 


PRO 
oro  santi  protettori,  come  delle  solen- 
nità e  dimostrazioni  festive  che  si  fanno 
in  questa  occasione,  degne  di  particolare 
menzione.  Fino  dai  primi  tempi  le  città 
costumarono  battere  le  loro  monete  col- 
l'immagine  del  santo  protettore  e  difen- 
sore. A  Reliquie  notai  con  quanta  gelosia 
le  custodiscono  le  città  e  i  luoghi  che  le 
posseggono.  Pare  che  dal  secolo  XI II  gli 
ordini  religiosi  ad  ogni  lovoProvincia^.) 
abbiano  preso  un  santo  per  protettore.  Di- 
clich,  Diz.  sacro -liturgico,  nell'articolo: 
Patrono  principale  del  luogo  e  titolare 
d'una  chiesa }  dice  che  differiscono  tra  lo- 
ro, poiché  il  patrono  è  quello  che  fu  elet- 
to primo  dall'ordinario  insieme  col  po- 
polo, o  perchè  fu  il  i.°  vescovo  del  luo- 
go, o  vi  fu  seppellito,  o  quai  cittadino, 
ovvero  perchè  sovvenne  mirabilmente 
alle  necessità  di  quel  popolo,  o  per  altre 
simili  cause.  Il  titolare  poi  d'una  chiesa 
a  quella  spetta  soltanto,  sotto  la  cui  in- 
vocazione fu  dedicata.  Il  patrono  riguar- 
da più.  chiese,  come  preso  a  protettore 
da  molti  cleri  e  da  molti  popoli  in  un  so- 
lo luogo  abitanti,  come  in  una  città  o  in 
una  diocesi.  Più, il  titolare  d'una  chiesa 
è  un  solo,  o  se  sono  più  non  si  prendo- 
no che  sotto  il  nome  d'un  solo:  al  con- 
trario vi  possono  essere  più  patroni  d'un 
luogo  soltanto.  Sì  fa  uffizio  di  rito  dop- 
pio di  i .'  classe  con  ottava  tanto  del  pa- 
trono principale,  quanto  del  titolare  di 
una  chiesa.  Pernia  congregazione  de'riti 
decretò:  m  i.°  De  Protectore  principalis 
civitatisdebet  celebrari  officium  cum  o- 
ctava  per  civitatem  et  dioecesim  sub  ri- 
tu  duplici  primae  classis,  tam  apud  sae- 
culaies,  quam  3pud  regulares  utriusque 
sexus,  sed  isti  sine  octava.  Debet  fieri  in 
tota  dioecesi  officium  cum  octava  Titu- 
laris  ecclesiae  cathedralis,  seu  patroni  : 
i.° De  Patrono,seuTitulari  ecclesiae, de- 
bet Meri  officium  sub  ritu  duplici  primae 
classis  cum  octava  a  clero  ipsi  adscripto, 
etiamsi  ecclesia  non  fu  e  ri  t  consecra  ta,  sed 
tantum  benedicta:  3.°  Si  festum  pi-aedi- 

VOL.  LV. 


PRO  32i 

ctum  erit  de  Patrono  loci,  etc.  officium 
c-ri t  celebra ndiK»  sub  ritu  secundae  clas- 
sis cum  octava  ab  omnibus  sacerdotibus 
saecularibus  ejusdem.Si  vero  festum  etc. 
eritTitulares  tantum  ecclesiae  parochia- 
lis,  officium  celebrandum  erit  sub  ritu 
primae  classis  cum  octava,  ab  iis  sacer- 
dotibus tantum,  qui  addicti  sunt  servi- 
tio  i I li us  parochialis,  et  non  ab  aliis".  Se 
siano  più  patroni  o  più  titolari,  il  di  lo- 
ro offizio  sarà  doppio  semplice,  ma  sen- 
za ottava,  perchè  questa  si  concede  al  pa- 
trono principale  o  titolare  d'una  chiesa 
soltanto;  anzi  nemmeno  la  loro  festa  sa- 
rà di  i.a  classe.  La  festa  del  detto  patro- 
no principale,  ec.  quantunque  si  escluda 
fra  le  ottave  di  Pasqua  e  di  Pentecoste 
e  nella  settimana  santa,  ha  luogo  però 
nell'ottava  dell'Epifania,  la  quale  esclu- 
de tutte  le  altre  feste  di  rito  doppio.  Nel 
giorno  poi  8.°  dell'Epifania,  se  cade  il 
detto  patrono,  si  trasferisce.  Tanta  è  poi 
la  di  lui  solennità,  che  se  cade  in  qual- 
che vigilia,  che  si  prescriva  nel  calenda- 
rio con  digiuno  di  precetto,  non  si  fa  al- 
cuna commemorazione  della  vigilia  nel- 
l'uflizio;  nella  mensa  però  si  deve  digiu- 
nare, purché  non  si  anticipi  il  digiuno 
nel  giorno  precedente.  Questa  solennità 
ha  i  vesperi  intieri,  purché  non  concorra 
colle  feste  di  Gesù  Cristo  di  i."  classe  o 
della  B.  Vergine  Assunta,  ovvero  della 
dedicazione  della  propria  chiesa.  Le  le- 
zioni del  i.°  notturno  saranno  del  co- 
mune, quando  non  ve  ne  sieno  di  pro- 
prie, e  non  mai  de  scriptum  occurren- 
te,  ad  majorem  celebrilatem.  Del  patro- 
no delle  città  si  deve  celebrare  l'8.'  dal 
clero  secolare,  ma  non  dal  regolare,  giu- 
sta i  decreti  de'riti.  I  patroni  poi  meno 
principali  d'un  luogo  o  d'una  chiesa  si  ce- 
lebreranno sotto  il  rito  di  doppio  mag- 
giore senza  8.a;  dovendosi  attendere  al 
decreto  de'riti:  »  Religiosi  nontenentur 
recitare  dePatronis  minusprincipalibus, 
nisi  sint  descripti  in  calendario  romano, 
vel  dictorurn  religiosorum  proprio." 

21 


322  PRO 

Prole' tori  degli  ordini  e  congregazioni 
religiose. 
L'ordine  Francescano  (fr.)de'm ino- 
ri fu  ih. "ordine  ch'ebbe  a  prolettore  un 
cardinale  presso  la  s.  Sede,  e  forse  fu  il 
i.°  ancora  a  godere  questo  vantaggio  , 
non  essendomi  riuscito  trovarealtre  pro- 
tettone cardinalizie  avanti  di  questa.  Nel 
voi.  XXVI,  p.  5i  e  57  dissi  che  Inno- 
cenzo III  ad  istanza  di  s.  Francesco  d'A- 
sisi  deputò  il  nipote  cardinale  Ugolino 
Conti  in  protettore  del  suo  ordine  ;  al- 
trettanto fece  Onorio  III  che  gli  successe 
nel  1216,  mentre  nel  1 227  per  morte  di 
questi  divenne  Papa  il  cardinale  col  no- 
me di  Gregorio  IX,  secondo  la  predizione 
di  s.  Francesco.  Anche  il  Bercastel  con- 
viene in  questo  principio  de'  cardinali 
protettori  di  ordini,  St.  del  cristianesi- 
mo t.  i4,  n.°  373.  Egli  riferisce  che  s. 
Francesco  ben  informato  che  il  suo  or- 
dine avea  de'nemici  in  Roma,  e  riceven- 
do le  lagnanze  di  molti  de'  suoi  confra- 
telli sulla  durezza  di  alcuni  prelati  a  lo- 
ro riguardo,  prese  la  risoluzione  di  chie- 
dere allo  stesso  Innocenzo  III  un  protet- 
tore pei  fratelli  presso  il  Papa.  Il  cardi- 
nal Conti  gli  avea  protestalo  in  termini 
espressi  di  essere  tutto  suo:  questi  tor- 
nato in  Roma  dalla  sua  legazione  di  To- 
scana, impegnò  non  senza  stento  l'umile 
Francesco  a  predicare  alla  presenza  del- 
lo zio  Innocenzo  III  e  del  sagro  collegio; 
e  l'eseguì  prodigiosamente,  per  essersi  di- 
menticato quanto  si  era  proposto,  e  con 
tanta  forza  ed  unzione,cheilPapae  tut- 
ta la  corte  ne  restarono  commossi,  onde 
il  Papa  ricolmò  di  carezze  dopo  il  ser- 
mone s.  Francesco  alla  presenza  del  ni- 
pote. Allora  ilsantodissea  Innocenzolll: 
«Santo  Padre, io  sono  confuso  della  tua 
bontà  per  me  e  per  i  poveri  nostri  fra- 
telli ;  ma  mi  rimprovererei ,  come  tolti 
alla  Chiesa,  i  momenti  preziosi  che  noi  in- 
voleremmo al  capo  di  essa,  in  mezzo  agli 
importanti  affari  di  cui  esso  è  aggrava- 
to. Accordaci  questo  cardinale  per  trat- 
tare i  nostri  interessi,  sotto  lu  tua  auto- 


PRO 

rità  ".  Acconsentì  Innocenzo  III  alla  do- 
manda, e  il  cardinal  Ugolino  fu  il  1  ."pro- 
tettore de'frati  minori,  ad  imitazione  dei 
quali  la  maggior  parte  degli  altri  ordini 
si  procurò  colfandar  del  tempo  de'car- 
d inali  protettori.  Alessandro  IV  del  1 2  54 
non  volle  dare  protettore  all'ordine  fran- 
cescano, riservando  per  sé  questo  officio, 
lo  che  fece  con  molta  utilità  e  consola- 
zione dell'ordine.  Nel  1279  essendo  Pa- 
pa Nicolò  III,  dice  il  p.  Piatti,  il  capitolo 
generale  lo  su  pplicò  che  si  degnasse  essere 
protettore  o  d'assegnargli  un  cardinale. 
Rispose  Nicolò  HI  ch'egli  stesso  voleva  es- 
sere il  protettore  (secondo  la  predizione  di 
s.  Francesco);  ma  perchè  la  regola  voleva 
che  un  cardinale  fosse  pure  prolettore, 
vollesaperechi  desideravano  si  nominas- 
se, ed  avendo  inteso  il  cardinai  Matteo 
Rosso  Orsini  suo  cugino,  l'approvò  ed  a 
lui  rivolto  gli  disse:  Fra  tutte  le  grazie 
e  onori  che  noi  vi  potremmo  fare,  nin- 
no stimiamo  maggiore  di  questa  prote- 
zione che  vi  diamo  di  questo  sagro  or- 
dine, quale  sommamente  vi  raccoman- 
diamo, acciò  lo  difendiate  e  con  somma 
cura  proteggiate;  sciogliendosi  in  lagrime 
che  commossero  tutti.  Ripresoli  discor- 
so soggiunse  :  Vi  raccomandiamo  que- 
st'ordine, avvertendovi  che  non  ha  biso- 
gno che  v'intromettiate  nel  governo,  per- 
chè non  mancano  in  esso  uomini  savi  e 
zelanti,  che  lo  reggeranno  come  convie- 
ne: officio  vostro  solamente  sarà  difen- 
derlo nelle  occasioni ,  e  non  permettere 
che  dai  malevoli  gli  sia  fatta  ingiuria  o 
torto.  Il  2.0  esempio  che  trovai  sopra  di 
un  protettore  cardinale  d'ordine  religioso 
fu  nel  1298, quando  Bonifacio  Vili  diede 
la  protettoria  dell'  ordine  de' Guglielmiti 
{V.)  al  cardinal  Boccatniti  (f.)  o  Bocca- 
mazza.  Gli  stessi  motivi  che  mossero  s. 
Francesco  a  domandare  un  proiettore 
presso  la  s.  Sede,  determinarono  questo  e 
gli  altri  ordini  a  tenere  nella  curia  romana 
o  residenza  papale  un  loro  religioso  Pro- 
curatore generale  {V-)-  Nel  1 370  Grego- 
rioXI  moderò  gli  abusi  de'cardinali  pio- 


P  B  O 

lettori  dell'ordine  francescano,  mediante 
la  bolla  Cu  nato  s  Christifideles.  Si  appren- 
de da Tomassini,  De  vel.  etnov.  eccl. disc. 
t. i,l.?., ci  1.4,0. 1  1,  che  Martino  V  proibì: 
»  ne  prò  ordinimi,  religiosorumque,  aut 
personarum  particularium  protectione, 
Cardinalis  aliquid  pecunia  percipiant,  e- 
tiam  a  sponte  ofTerenlibus".  Il  francesca- 
no Sisto  IV  stabili  i  limiti  di  tal  protezione 
colla  bolla  Sancta  Minorimi  religio j  fa- 
cendo altrettanto  il  nipote  Giulio  II,  col- 
la costituzione  Exponi.  Abbiamo  poi  la 
costituzione  d' Innocenzo  XII,  cbe  mo- 
derò l'autorità  de'  cardinali  protettori  : 
Chrisli/idelium,  eleganti  mclhodo,  et  or- 
dine memoralas  confirmat ,  declami , 
ampliai,  et  ad  omnes  regularium  orili- 
nes  estendi  lab  omnibus  cardinalibus  prò- 
tectoribus  pracmanibus  super  habendas. 
Riferisce  il  cardinal  de  Luca  nel  Cardi- 
nal pratico  cap.  1 5,  in  cui  tratta  de'car- 
dinali  protettori  :  »  Nelle  religioni  così 
dell'ordine  monastico  come  del  mendi- 
cante si  può  dire  cbe  sia  una  cosa  gene- 
rale, cioè  cbe  ogni  religione  o  congrega- 
zione cbe  sia  separala  dalle  altre,  benché 
dell'  istesso  originario  istituto  ,  abbia  il 
suo  cardinal  prolettore.  Ma  nelle  altre 
degli  ordini  chericali  e  militari  (  lo  ba 
l'ordine  Gerosolimitano,  fr.)  l'uso pitico- 
mune  è  in  contrario  che  non  l'abbiano. 
E  di  queste  protezioni  non  è  proibita  la 
moltiplicità  in  un  cardinale,  ad  arbitrio 
del  Papa.  Regolarmente  e  di  sua  natura 
questa  protezione  non  dà  giurisdizione  o 
prelatura  nella  religione;  cbe  però  giu- 
ridicamente il  protettore  non  si  può  di- 
re d'essa  prelato  o  superiore  ,  conforme 
si  dicono  il  generale,  i  provinciali  e  gli 
altri  superiori  locali,  consistendo  princi- 
palmente I'  uffizio  suo  nel  proteggere  e 
difendere  appresso  il  Papa  e  nelle  s.  con- 
gregazioni cardinalizie,  e  coi  principi  e 
altri  co'  quali  faccia  di  bisogno,  le  pre- 
rogative e  i  privilegi  della  religione,  e  fa- 
re il  di  più  che  riguardi  il  suo  beneficio, 
ed  acciò  non  sia  oppressa.  Ma  perchè  il 
Papa  e  le  s.  congregazioni  ,  particola!' - 


PRO 


3^3 


mente  quella  de'regolari,  e  gli  altri  su- 
periori maggiori  sogliono  molto  deferi- 
re al  cardinal  protettore, ed  a  quello  mol- 
te cose  ri  mettere,  ed  anche  appoggiargli 
la  presidenza  de'  Capitoli  (A^.)  e  delle 
congregazioni  generali,  quando  seguono 
in  Roma,  conforme  per  la  più  frequen- 
te pratica  suol  seguire;  ed  anche  i  reli- 
giosi sogliono  fare  il  ricorso  al  medesi- 
mo cardinal  protettore,  quando  si  stima- 
no gravati  dal  generale  o  dagli  altri  su- 
periori :  quindi  segue  cbe  la  loro  autori- 
tà sia  grande,  però  non  è  in  tutte  le  re- 
ligioni eguale,  perchè  inalcunesarà  mag- 
giore ed  in  altre  sarà  minore,  secondo- 
che  porti  l'introduzione  dell'uso,  ovve- 
ro l'ampiezza  maggiore  o  minore  delle 
facoltà,  che  dal  Papa  loro  si  diano.  Ed 
auche  in  gran  parte  ciò  dipende  dal  ge- 
nio di  quel  cardinale,  imperocché  in  una 
slessa  religione  la  pratica  frequentemen- 
te dell'età  nostra  ha  insegnato  e  tut- 
tavia alla  giornata  insegna,  che  un  pro- 
tettore (  forse  più  lodevolmente)  mollo 
poco  e  quasi  per  nulla  s'intrighi,  eccet- 
to in  quel  che  riguardi  la  prolezione  del- 
la religione,  ch'è  propriamente  l'uffizio 
suo  ;  ed  un  altro  suo  predecessore  o  suc- 
cessore voglia  riconoscere  come  si  por- 
tano il  cuoco,  il  canovaio  e  il  portinaio, 
non  che  i superiori  locali  o  generali  o  pro- 
vinciali; anzi  intrigarsi  ne'fatti  de' reli- 
giosi particolari  tra  essi,  che  però  non  è 
materia  capace  d'una  regola  certa  e  ge- 
nerale. Bensì  che  disponendosi  lodevol- 
mente per  le  costituzioni  e  decreti  apo- 
stolici, che  le  cause  de'regolari  non  deb- 
bano uscir  fuori  della  propria  religione, 
ed  i  superiori,  tra  questi  vanno  compu- 
tati la  s.  Congregazione  de' regolari (P.), 
ed  anche  il  cardinal  protettore,  al  quale, 
conforme  si  è  detto,  molte  cose  si  soglio- 
no rimettere,  ovvero  commettere".  Il  p. 
Menochio,  Sluore  t.  3,  cent.  1 1,  cap.  5  : 
Consigli  dati  dal  p.  Girolamo  Piatti  al 
cardinal  Flaminio  Piatti  suo  fratello  , 
circa  la  prolezione  delle  religioni.  Do- 
po avere  riportato  quanto  disse  Nicolò  III 


3^4  PRO 

al  cardinal  Matteo,  il  p.  Piatti  soggiun- 
ge: »Le  ragioni  per  le  quali  conviene  che 
i  protettori  appunto  si  governino  con- 
forme al  sentimento  di  quel  Papa,  lai.a 
è  perchè  essendo  il  corpo  della  religione 
composto  di  superiori  e  di  sudditi,  la  ra- 
gione vuole  che  questo  buon  concerto 
non  s'interrompa  o  guasti ,  altrimenti  si 
scomporrebbe  tutta  la  costruzione  della 
fabbrica,  se  chi  non  è  superiore  s'inge- 
risse a  comandare  e  ordinare  nella  reli- 
gione. 2.a  I  cardinali  per  molto  virtuosi 
che  sieno  e  prudenti,  ad  ogni  modo  non 
essendo  stati  religiosi,  non  possono  così 
bene  sapere  quello  che  alla  religione  e  a 
quelli  che  in  essa  vivono  sia  spediente  e 
utile,  ovvero  al  contrario  inconveniente 
e  dannoso,  quanto  lo  sanno  e  intendono 
i  prelati  delle  medesime  religioni.  3.aNon 
possono  i  cardinali  protettori  avere  tan- 
ta cognizione  delle  qualità  de'  soggetti 
particolari,  quanta  ne  hanno  i  superiori, 
che  con  il  lungo  tratto  intimamente  li 
hanno  conosciuti.  4'"  Grande  inconve- 
niente seguirebbe  e  danno  alle  religioni, 
se  i  religiosi  si  accorgessero  di  poter  a- 
vere  adito  al  protettore  e  col  favore  di 
lui  potersi  sottrarre  dall'  ubbidienza  e 
correzione  del  suo  prelato  regolare,  per- 
chè così  sarebbe  indebolito  il  vigore  del- 
la disciplina,  e  sarebbe  aperta  una  gran 
porla  alla  rilassatezza  dell'osservanza. 
Non  doversi  dar  facile  ascolto  alle  dela- 
zioni e  querele  senza  ragione,  lasciando 
che  i  provinciali  provvedano  ai  disordi- 
ni, ed  il  generale  o  capitolo  se  riguardas- 
se i  provinciali;  dovendo  sempre  il  pro- 
tettore lasciar  che  le  cose  procedano  per 
la  via  ordinaria,  senza  intromettersi  e 
turbare  il  governo  de'  prelati  regolari. 
Che  se  le  cose  fossero  ridotte  a  non  po- 
tersi rimediare,  allora  si  dovrebbe  tro- 
vare l'opportuno  provvedimento  con  mo- 
derazione e  maniera,  che  tutto  si  regoli 
e  riformi  conforme  all'istituto  dell'ordi- 
ne, con  scegliere  dalla  medesima  religio- 
ne i  meritevoli  per  la  riforma".  V.  Men- 
dicatiti, Ordini  religiosi,  Disciplinare- 


PRO 

golare,  Monaco,  Monaca,  Canonici  re- 
golari, Religiosi.  Dice Novaes  nella  Sto- 
ria  di  Giulio  III,  che  questo  Papa  or- 
dinò che  i  religiosi  per  essere  promossi  al 
vescovato  abbisognavano  anche  del  con- 
senso del  protettore.  Nel  voi.  Vili,  p.  2i5 
riportai  che  dopo  l'elezione  de'nuovi  ge- 
nerali, i  cardinali  protettori  insieme  ai 
religiosi  li  portavano  a  baciare  il  piede 
al  Papa  nella  cappella  pontificia  e  seden- 
te in  trono,  i  protettori  prendendo  il  luo- 
go in  cui  siede  il  cardinal  i.°  prete:  ciò 
avea  luogo  dopo  la  funzione ,  ed  ordi- 
nariamente dopo  il  canto  del  vespero. 
Nel  voi.  IX,  p.  i  37  dissi  che  il  cardinal 
protettore  degli  Olivetani  invita  il  s.  col- 
legio e  Io  riceve  alla  cappella  cardina- 
lizia di  s.  Francesca  Romana;  a  p.  i4r 
che  il  cardinal  protettore  del  collegio  dei 
conventuali  di  s.  Bonaventura  invita  e 
riceve  i  cardinali  per  la  cappella  cardi- 
nalizia in  onore  di  tal  santo;  a  p.i46  che 
il  cardinal  protettore  delle  monache  e 
Conservatorio  dis.  Caterina,  per  la  cap- 
pella cardinalizia  per  tal  santa,  invita  e 
riceve  il  sagro  collegio.  Pio  VI  fu  protet- 
tore dell'ordine  de'predicatori.  Pio  VII 
assunse  le  protettone  della  sua  congre- 
gazione cassinese,  dell'ordine  de'predica- 
tori, della  congregazione  del  ss.  Reden- 
tore, e  del  conservatorio  e  monache  di 
s.  Dionigio  alle  4  fontane. 

Riporterò  qualche  esempio  de' solenni 
possessi  presi  dai  cardinali  protettori  de- 
gli ordini  regolari  o  di  qualche  monaste- 
ro di  monache,  che  desumo  dai  Diaridi 
Roma,  onde  rilevarne  l'ordinario  ceremo- 
niale,  e  le  variazioni  secondo  i  luoghi  e 
gli  ordini,  le  cui  particolarità  non  sono 
senza  interesse,  massime  in  argomento  del 
quale  forse  niuno  si  occupò.  Nel  n.°  1  1 5i 
dell'  anno  1786  si  riporta  la  descrizione 
del  possesso  preso  dal  cardinal  Boncom- 
pagni  segretario  distato,della  protettoria 
di  tutto  l'ordine  de' Cappuccini (P .),  con- 
feritagli con  Molo-proprio  di  PioVl.  Por- 
tatosi alla  loro  chiesa  con  nobile  treno 
(preceduto  dai  servitori  a  piedi  coll'om- 


PRO 

brellino  e  ildecano  alla  portiera),  si  tro- 
varono alla  portiera  della  carrozza  il  p. 
guardiano  del  convento  coi  segretari  del 
p.  generale,  e  fra  il  suono  della  banda  mi- 
litare entrò  in  chiesa,  ove  ricevè  l'asper- 
sorio dal  p.  generale,  che  era  alla  testa 
del  definitorio  generale  e  provinciale.  Do- 
po P  adorazione  del  ss.  Sagramento  ,  il 
cardinale  por  tossi  in  coro  tutto  nobilmen- 
te parato  con  damaschi  e  velluti,  con  fran- 
gieelrined'oro;  ed  assisosi sulla  sedia  sot- 
to baldacchino,  e  lettosi  dal  maestro  delle 
ceremonie  il  breve  con  cui  il  Papa  lo  de- 
putava protettore,  ammise  all'  amplesso 
il  p.  generale  ed  i  superiori,  al  bacio  del- 
la porpora  i  chierici  ed  i  laici,  mentre  si 
sparavano  salve  di  mortari  (di  questi  spa- 
li trovai  diversi  esempi  ne' Diari,  sia  pel 
possesso  delle  protettone,  sia  al  giungere 
del  cardinal  protettore  nella  chiesa  ove 
si  solennizzava  la  festa).  Indi  il  cardinale 
fece  un  discorso  latino  ai  religiosi,  in  cui 
dimostrò  il  suo  contento,  perchè  alla  na- 
turale propensione  sua  e  di  tutta  la  fami- 
glia pei  cappuccini,  ora  vedevasiaggiun  - 
to  P  aggradilo  titolo  di  loro  protettore, 
confidando  che  nelle  ardue  incombenze 
affidategli  dal  Papa  ,  gli  avrebbero  colle 
loro  orazioni  impetrala  da  Dio  la  neces- 
saria assistenza.  Rispose  il  p.  generale,  di- 
mostrando l'obbligazione  che  professava 
la  povera  religione  de'cappuccini  al  Pa- 
pa, per  averle  dato  un  si  degno  protet- 
tore, e  l'obbligazione  che  professava  lo 
stesso  ordine  al  cardinal  protettore  per 
aver  accettato  tal  caritativo  impiego.  Di 
poi  il  cardinale  si  portò  alla  cella  del  p. 
generale,  ove  amàbilmente  si  trattenne  al- 
quanto con  esso  e  coi  primari  dell'ordi- 
ne; indi  parti  dal  convento  (si  suole  fare 
un'abbondante  limosina  a'  poveri).  No- 
terò, che  nel  n.°  117  del  Giornale  di 
Roma,  descrivendosi  egual  possesso  del 
cardinal  Fornari ,  si  aggiunge,  che  fu 
cantato  il  Te  Deum,  e  che  il  cardinale 
diede  la  benedizione,  visitando  poi  nel- 
le celle  i  cappuccini  infermi.  Nei  n.i  1272 
e  1278  dell'anno  1787   si    leggono  le 


PRO  325 

relazioni  de'  possessi  presi  dal  cardinal 
Braschi  nipote  di  Pio  VI,  delle  protet- 
tone della  congregazione  camaldolese  e 
di  tutto  l'ordine  Francescano,  attribui- 
tegli dallo  zio.  Col  treno  di  fiocchi  e  in  a- 
bito  si  condusse  alla  chiesa  di  s.  Romualdo 
de'  Camaldolesi  (F.),  donde  ascese  al  con  • 
tiguo  ospizio,  ricevuto  dal  p.  ab.  procu- 
ratore generale  alla  testa  de' superiori  e 
monaci  della  congregazione.  Assiso  in  tro- 
no con  dossello  e  senza  baldacchino,  per 
non  potersi  erigere  nelle  case  de'regola- 
ri,  fu  letta  la  bolla  di  destinazione  al  pro- 
tettorato; indi  il  cardinale  ricevè  all'am- 
plesso il  p.  procuratore,  e  al  bacio  della 
mano  gli  altri.  11  p.  ab.  procuratore  pre- 
sentò al  protettore  un  prezioso  reliquia- 
rio con  entro  un  pezzo  d'osso  di  s.  Gre- 
gorio I,ed  un  commentario  della  propria 
congregazione,facendo  dispensare  un  lau- 
to rinfresco  adattalo  a)  tempo  quaresima- 
le. Collo  stesso  treno  il  cardinale  in  altro 
giorno  si  portò  al  conventodi  s.  Maria  in 
Araceli  (  la  chiesa  ha  il  suo  cardinal  li- 
tolare, nondimeno  si  rileverà  da  altri  ca- 
si che  in  altre  simili  i  protettori  degli  or- 
dini le  visitarono)  ricevuto  dal  p.  procu- 
ratore generale  e  dagli  altri  superiori  e 
religiosi  del  convento  ,  ed  accompagnato 
nella  biblioteca  nobilmente  fatta  ornare 
per  uno  speciale  riguardo  al  nipote  del 
Pontefice,  ed  ivi  accolto  dal  p.  generale. 
Si  lesse  il  breve,  il  cardinal  fece  la  con- 
sueta allocuzione,  ed  ammise  all'abbrac- 
cio il  p.  generale  e  superiori  dell'ordine, 
ed  al  bacio  della  porpora  gli  altri  religiosi. 
Il  p.  guardiano  del  convento  gli  offrì  una 
mappa  di  fiori  finti  con  l'immagine  in  se- 
ta di  s.  Francesco,  ed  altro  religioso  una 
lunga  ed  erudita  iscrizione.  Quindi  il  car- 
dinale passò  al  convento  de'  ss.  Cosma  e 
Damiano  del  Ttrz'  ordine  di  s.  France- 
sco ,  ricevuto  a  suono  di  banda  di  stru- 
menti dai  superiori  e  religiosi.  In  una  sa- 
la vagamente  apparata  il  cardinale  si  as- 
sise nel  trono;  quindi  fu  letto  il  breve,  e 
pronunziata  dal  cardinale  l'allocuzione, 
rispose  con  altra  il  p.  generale, che  pie- 


òj.u  può 

sento  al  cardinale  le  reliquie  de'ss.  Fran- 
cesco, Cosma  e  Damiano,  e  fece  servire  il 
rinfresco  proporzionato  al  digiuno  qua- 
resimale. Nel  u.°66  dell'annoi 8 16  si  ri- 
porta il  possesso  del  cardinal  Albani  de- 
stinato da  Pio  VII  protettore  dell'ordine 
de  Servì  di  Maria  (f.).  Alla  porta  della 
chiesa  di  s.  Marcello  il  p.  vicario  genera- 
le ricevè  il  cardinale,  coi  religiosi  anche 
degli  altri  conventi  dell'ordine  esistenti  in 
Roma.  Dopo  breve  orazione  al  ss.  Sagra- 
mento,  il  cardinale  sali  nella  libreria  del 
propinquo  convento  nobilmente  addob- 
bata, ed  ivi  lettosi  il  breve  del  Papa  e  ri- 
cevuti gli  omaggi  del  p.  vicario  e  religio- 
si, il  cardinale  nell'allocuzione  rammen- 
tò con  lodi  la  storia  della  fondazione  e 
progressi  dell'ordine  e  degli  uomini  insi- 
gni in  esso  fiutiti , ed  in  seguito  mandò 
ai  religiosi  un  sontuoso  presente  di  com- 
mestibili da  potersi  godere  da  loro  per 
più  giorni  (ordinariamente  si  manda  li- 
na vitella  e  altro,  secondo  il  numero  dei 
religiosi  e  la  generosità  del  protettore  ; 
altri  offrono  qualche  arredo  o  paramen- 
to sagro).  Nel  n.°3o  dell'annoi 838  è  de- 
scritto il  formale  possesso  preso  dal  cardi  • 
nal  Brignole,datodaGregorioXVIa  pro- 
tettore del  3.°  ordine  di  s.  Francesco.  11 
cardinale  fu  ricevuto  sulla  porta  della 
chiesa  de'ss.  Cosma  e  Damiano  dal  p.  ge- 
nerale Conticelli  coi  religiosi  del  conven- 
to. Venerato  il  ss.  Sacramento,  passò  nel 
convento,  ove  in  una  cappella  inchinata 
la  Croce  e  assiso  in  sedia  fece  ad  alta  vo- 
ce leggere  dal  maestro  delle  cereraonie 
pontificie  il  breve;  quindi  ricevè  all'am- 
plesso il  p.  generale,  al  bacio  dell'anello 
il  p.  procuratore  generale  e  i  religiosi  sa- 
cerdoti, al  bacio  della  porpora  i  laici.  Di- 
poi il  p.  generale  diresse  al  cardinale  pro- 
tettore un  breve  discorso,  esternando  in 
nome  dell'ordine  il  gradimento  perla  ot- 
tenuta grazia  sovrana  nella  di  lui  perso- 
na, cui  raccomandò  sé  e  l'ordine.  Il  cai- 
dinalccon  riposta  desunta  dalla  s.  Scrit- 
tura commendò  il  regolare  istituto,  im- 
pegnò gl'individui  di  esso  alla  piena  ed 


P  lì  O 
esatta  osservanza  delle  proprie  regole  e 
costituzioni;  animò  i  giovani  studenti  al- 
la pietà  e  all'indefesso  studio,  onde  porsi 
in  grado  d'essere  utili  all'ordine,  e  alla 
Chiesa  nel  sostenerla  contro  chi  preten- 
deva abbatterla,  non  che  a  giovarei  pros- 
simi. Vennein  seguito  cantalo  il  Te  Deum 
in  ringraziamento  al  Signore,  terminalo 
il  quale  e  col  medesimo  nobile  treno  il 
cardinale  si  restituì  alla  propria  residen- 
za, accompagnaloalla  porta  delconvenlo 
e  alla  carrozza  dal  p.  generale, dal  p.  pro- 
curatore generale  e  dagli  altri  religiosi. 
Ne'seguenti  Diari  dì  Roma  dei  1 843  sono 
riportati  i  possessi  delle  protettone  con- 
ferite da  Gregorio  XVI.  Nel  n.°  i  i  quel- 
la del  cardinal  Acton  dell'ordine  della 
Penitenza  (V.),  che  portatosi  nella  chie- 
sa di  s.  Maria  delle  Grazie,dopo  orato,  a- 
scese  al  trono,  fece  leggere  il  breve,  ri- 
cevè l'atto  di  ubbidienza  dalla  religiosa 
famiglia,  e  cantatosi  l'inno  Ambrogiano 
e  le  litanie  Lauretane,  il  cardinale  com- 
parti la  benedizione  col  ss.Sagramento. 
Passato  nel  convento,  il  cardinale  con  pa- 
terna e  commovente  allocuzione  animò 
i  religiosi  a  corrispondere  con  zelo  alla 
loro  vocazione  e  a  promuovere  sempre 
più  il  decoro  del  loro  santo  istituto.  Nel 
n.°  12  vi  è  il  possesso  della  protettoria 
del  cardinal  Acton  della  congregazione 
Cassìnese  (Z7".),  concessa  dal  Papa  ad  i- 
stanza  del  p.  ab.  procuratore  generale. 
Il  cardinale  corteggiato  da  due  prelati 
in  abito  si  portò  nelle  ore  pomeridiane 
al  monastero  di  s.  Calisto,  ricevuto  alla 
porta  dai  monaci  e  dal  p.  ab.  procura- 
tore generale  e  abbate  di  governo  dello 
stesso  monastero,  ed  accompagnato  al- 
l'aula capitolare  ornata  dignitosamente 
con  damaschi  e  con  magnifico  trono.  In 
esso  il  cardinale  si  assise  per  sentire  la  let- 
tura del  breve  apostolico,  in  cui  colle  pa- 
role più  onorevoli  e  benigne  era  espres- 
sa la  pontificia  adesione  di  porre  sotto  il 
valevole  patrocinio  d'  un  porporato  ri- 
eolmo  d'ogni  virtù  l'intero  ordine  bc- 
uedelliuo  cassi nese.  Alla  quale  lettura  le 


PRO 

ce  seguilo  l'allocuzione  italiana  del  cardi- 
nale, che  commosse  il  cuore  di  tutti  pel- 
le espressioni  tutte  piene  di  dolcezza  e  di 
spirito  veramente  evangelico;  per  le  di- 
mostrazioni di  zelo  in  ogni  cosa  che  po- 
tesse influire  allo  splendore  dell'ordine 
monastico  ;  e  per  le  savie  considerazioni 
dette  con  bello  stile  oratorio  intorno  alle 
glorie  del  benemerito  ordine.  Il  p.  ab. 
procuratore  rese  ossequiose  azioni  di  gra- 
zie al  Papa  per  aver  concesso  un  tanto 
porporato  a  vigile  protettore,  e  a  questi 
per  essersi  compiaciuto  corrispondere  ai 
desideri  dell'ordine.  Indi  egli  e  3  altri  p. 
abbati  furono  dal  cardinale  ammessi  al- 
l'abbraccio, ed  i  monaci  al  bacio  dell'a- 
nello cardinalizio.  Nel  n.°  58  è  descritto 
il  possesso  del  cardinal  Corsi  protettore 
della  congregazione  de'  Vallombrosani 
(f^.).  Il  cardinale  col  seguito  di  3  prelati  si 
portò  al  monastero  di  s.  Prassede,  rice- 
vuto alla  porteria  dal  p.  ab.  di  governo 
del  monastero  medesimo,  e  da  altri  ab- 
bati, fra'quali  il  p.  procuratore  generale, 
in  uno  alla  monastica  famiglia.  Nel  salo- 
ne decorosamente  parato  e  con  trono,  ove 
si  assise  il  cardinale,  il  p.  priore  lesse  il 
biglietto  di  nomina  alla  protettoria,  ed  a 
nome  della  congregazione  pel  procurato- 
re generale  di  essa  indirizzò  al  porporato 
paiole  di  comune  esultanza  e  di  amplis- 
sime azioni  di  grazie.  A  queste  il  cardi- 
nale rispose  con  senno  e  zelo  ,  addimo- 
strando il  suo  gradimento,  ed  animando 
i  religiosi  vallombrosani  a  seguir  gli  esem- 
pi di  virtù  e  di  applicazione  ad  ogni  ge- 
nere di  studi,  dati  dai  loro  padri  sotto  il 
vessillo  del  s.  Istitutore.  Ammise  di  poi 
all'amplesso  gli  abbati,  al  bacio  dell'anel- 
lo i  monaci.,  al  bacio  della  porpora  i  con- 
versi, terminando  la  ceremonia  col  pren- 
dere dalle  mani  del  p.  ab.  superiore  il  li- 
bro della  regola  di  s.  Benedetto,  colle  co- 
stituzioni di  s.  Gio.  Gualberto  istitutore 
della  congregazione.  Indi  calò  nell'atti- 
gua chiesa  e  comparti  la  benedizione  col 
Santissimo ,  esposto  pel  triduo  di  detto 
santo.  Nel  u.°  76  dell'annoi 844  è  ripor- 


PRO  327 

tato  il  possesso  del  cardinal  Castracane, 
della  congregazione  de'  Canonici  regolari 
Lateranensi (V.) ,  a  richiesta  del  defini- 
torio generale  concesso  in  protettore  da 
Gregorio  XVI.  Il  cardinale  in  compagnia 
di  3  prelati  fu  ricevuto  alla  porta  della 
canonica  di  s.  Pietro  iti  Vincoli  da  tutta 
la  comunità  religiosa,  e  passato  nelle  de- 
corate stanze  della  procura  generale,  se- 
dendo in  trono ,  dopo  la  lettura  del  bi- 
glietto di  nomina  della  segreteria  di  sta- 
to, recitò  uà  gravissimo  discorso  allusivo 
alla  circostanza  e  onorevole  per  la  con- 
gregazione. A  questo  fece  dignitosa  rispo- 
sta il  p.  ab.  vice- procuratore  generale, che 
descrivendo  i  benefizi  recati  al  suo  ordi- 
ne dal  defunto  protettore  ,  mostrava  le 
più  vive  speranze  nella  sapienza  e  nelle 
ottime  disposizioni  del  successore.  Rice- 
vuto il  cardinale  il  consueto  omaggio  di 
tutta  la  comunità,  in  altra  sala,  ov'erasi 
eretto  un  altare ,  si  cantò  il  Te  Deuin, 
dopo  il  quale  il  cardinal  si  trattenne  be- 
nignamente coi  religiosi  canonici  regola- 
ri, coi  capi  di  vari  ordini  regolari  e  con 
altre  distinte  persone,  che  si  sogliono  in- 
vitare in  queste  solennità.  Nel  n.°  4o  del- 
l'anno 1847  s'  riporta  il  solenne  possesso 
del  cardinal  Ostini  perla  protettoria  del- 
l'ordine Cisterciense[  V.)t  per  nomina  del 
regnante  Pio  IX.  Con  treno  il  cardinale 
si  portò  nel  monastero  di  s.  Bernardo,  ed 
assiso  in  trono  in  ampia  aula  interna  e 
facendogli  corona  tutti  i  monaci,  dopo  il 
consueto  atto  di  fedele  sudditanza,  rivol- 
se loro  un  affettuoso  discorso,  e  per  1'  a- 
morechegli  portava  dichiarò  che  sempre 
gli  avrebbe  protetti.  Il  p.  ab.  visitatore 
maggiore,ringraziato  il  Papa  pel  benefizio 
di  aver  concesso  sì  illustre  protettore,  lo- 
dò questi  e  chea  vrebbe  certamente  adem- 
piuto a  tutti  que'sacri  doveri,  che  sono  gli 
attributi  necessari  d'un  sincero  e  operoso 
proteggitore.  Intuonatosi  il  Te  Deum  dal 
p.  ab.  presidente  generale,  il  cardinale  con 
tutti  i  monaci  processionalmente  reca- 
ronsi  alla  vicina  cappella, ed  ivi  il  protet- 
tore a  tulli  impartì  la  trina  benedizione. 


3*8  PRO 

Anche  le  congregazioni  e  monasteri  di 
monache  hanno  il  cardinal  protettore  , 
così  i  loro  Conservatorii^.),  presiedendo 
alle  elezioni  delle  abbadesse  e  superiore. 
^'.Clausura  e  Religiosa.  Pel  possesso  ri- 
porterò esempi  per  quelli  del  monastero  e 
chiesa  delle  agostiniane  monache  dei  ss. 
Bambino  Gesù  (  V.)  di  Roma.  Nel  n.°  i  g3o 
del  Diario  di  Roma  del  i 793  si  legge,  che 
avendo  Pio  VI  fatto  loro  protettore  il  car- 
dinal Zelada  3  questi  in  abito  e  treno  si 
condusse  a  detta  chiesa,  ove  venerato  Ge- 
sù sagramentato,  si  pose  poscia  a  sedere 
sotto  piccolo  trono  con  dossello  presso 
l'altare  maggiore,  e  lettosi  il  biglietto  di 
nomina,  le  monache  due  a  due  si  porta- 
rono a  baciargli  la  mano,  e  le  converse 
la  sagra  porpora  ;  ciò  fatto  il  cardinale 
intuonò  il  Te  Deum  ,  ed  in  fine  benedì 
la  comunità  religiosa  eil  popolo  accorso, 
passando  quindi  nel  monastero.  Nel  n.° 
2060  dell'anno  1  794  il  nuovo  protettore 
delle  monache  del  monastero  di  Palesili - 
na,  cardinal  Doria,  deputò  a  prendere  per 
lui  il  possesso  mg. r Graziosi  vescovo  d'A- 
nastasiopoli,  vicario  generale  di  tal  dio- 
cesi, il  quale  celebrò  la  messa  nella  loro 
chiesa  di  s.  Andrea  e  poi  intuouò  il  Te 
Deum.  Nel  n.°i  16  dell'anno  1802  si  di- 
ce, che  per  morte  del  cardinal  Zelada,  Pio 
VII  die  per  protettore  alle  monachediRo- 
ma  il  cardinalRoverella,  il  quale  si  portò  a 
prenderne  il  possesso  formale,  ricevuto 
Milla  porta  della  chiesa  da  mg.r  Riganti  e 
dagli  altri  deputati  del  monastero.  Dopo 
avere  orato  avanti  Gesù  sagramentato,  il 
cardinale  si  trasferì  all'altare  maggiore, 
ove  postosi  a  sedere  avanti  il  dossello,  fu 
letto  il  breve  di  nomina;  indi  ammiseal- 
i'amplesso  i  deputati,  al  bacio  della  ma- 
no le  monache,  al  bacio  del  lembo  della 
porpora  le  converse,  e  poscia  diresse  al- 
la comunità  un  ben  concepito  discorso. 
Dopo  aver  inluonato  il  Te  Deum,  per  la 
sagrestia  entrò  nel  monastero ,  ove  pre- 
murosamente volle  informarsi  degl'inte- 
ressi del  medesimo,  e  tornato  a  casa  man- 
dò in  dono  un  gì  ossopcsce  ombrina  euua 


PRO 

vitella  mongana  viva.  Nella  suddetta  chie- 
sa i  cardinali  prolettori  hanno  consagrati 
diversi  vescovi;  tra' benefattori  protetto- 
ri di  queste  monache  ricorderò  Clemente 
XII,  che  da  cardinale  n'era  stato  protet- 
tore. 

Protettori  d'imperi,  regni  e  nazioni. 

Dice  il  Plato,  De  Cardinalis  p.  370, 
che  leprotletoriede'regni  sembrano  con- 
sàgrate  dalla  gerarchia  celeste,  di  cui  è 
copia  l'ecclesiastica  :  dappoiché  abbiamo 
da  Daniele,  io,  e  dall'  Apocalisse,  2  e 
3,  che  la  Persia  ha  il  suo  Angelo  protet- 
tore {V.  Coro  degli  Angeli,  ove  parlo  di 
s.  Michele  protettore  primario  della  Chie- 
sa e  di  diversi  ordini  religiosi,  e  de'  ss. 
Angeli  da  Dio  posti  a  nostra  custodia  e 
protezione);  così  Smirne  e  Laodicea  era- 
no protette  dal  proprio  Angelo  presso  il 
trono  di  Dio.  Vari  Papi  econcilii  rego- 
larono il  patrocinio  de'cardinali  sui  re- 
gni e  nazioni  presso  la  s.  Sede  e  l'augusto 
suo  Capo,  avendo  un  tempo  fallo  a  gara 
col  tributo  del  Denaro  di  s.  Pietro  (f^.), 
e  col  dichiarare  i  \ovo  Slati  tributari  del- 
la s.  Sede  (F.).  Nel  voi.  IX,  p.  284,  di- 
mostrando la  sublimità  della  dignità  del 
cardinalato,  vi  compresi  l'antica  onore- 
volissima e  grave  rappresentanza  de'car- 
dinali nell'essere  richiesti  dai  sovrani, 
dalle  repubbliche  e  dai  magistrati  muni- 
cipali per  protettori  presso  il  Papa  e  la 
sede  apostolica  degl'imperi,  di  legni,  di 
stati,  di  città,  quando  i  monarchi  e  le 
nazioni  invocavano  il  sommo  Pontefice 
arbitro  ue'loro  più  grandi  interessi,  an- 
che a  patrocinio  de' sudditi  e  de'  popoli 
pei  loro  bisogni,  precipuamente  di  que- 
gP  individui  che  si  recavauo  nella  curia 
romana,  cioè  ove  risiedeva  il  Papa.  Sic- 
come questa  protezione  riusciva  potente 
ed  efficace,  essendone  insorti  non  pochi 
abusi,  dissi  che  Urbano  VI  del  1  378  vol- 
le porvi  un  freno  nelle  provvisioni,  pen- 
sioni e  doni  che  ricevevano  i  cardinali 
protettori,  talvolta  con  pregiudizio  della 
Chiesa  e  della  giustizia,  dai  principi,  dui- 


P  R  O 

le  comunità,  dalle  persone  ad  cs.se  appar- 
tenenti. Ricordai  che  Martino  V  fin  dal 
1 4»  7  dichiarò  la  sua  disapprovazione  su 
cjueste  protettone,  e  poi  proibì  le  protezio- 
ni cardinalizie  in  favore  de're  e  de'princi- 
pi,  acciò  fossero  liberi  i  cardinali  nel  servi- 
re la  chiesa  romana  e  il  Papa;  che  Alessan- 
dro VIsu  questo  delicato  punto  rinnovò  i 
rigori  de'predecessori,  e  che  Leone  X  nel 
concilio  generale  di  Laterano  V  regolò 
siffatte  protettone  cardinalizie  di  princi- 
pi e  comunità.  L'influenza  molte  volte 
pregiudizievole,  per  servire  il  sovrano  del 
di  cui  regno  erano  protettori,  esercitata 
ne  Conclavi)  per  l'Elezione  o  Esclusiva 
de' Papi,  dai  cardinali  protettori,  ed  a 
seconda  delle  istruzioni  che  aveano  da 
loro  o  dagli  ambasciatori,  si  può  osser- 
varla in  quegli  articoli,  segnatamente 
quando  riunirono  la  qualifica  di  amba- 
sciatori col  nome  di  ministri  presso  la  s, 
ifc/ede'medesimi  monarchi.  Artaud  nel- 
la Storia  di  Pio  VII,  t.  i,  p.  293,  par- 
lando della  destinazione  del  cardinal 
Fesch(F.)  in  ambasciatore  della  repub- 
blica francese,  per  destinazione  del  nipote 
Napoleone,  dice  ch'era  forse  questa  la  pri- 
ma volta  che  la  corte  di  Roma  si  affli"- 

o 

geva  nel  vedere  un  cardinale  succedere  a 
Cacault  ministro  laico.  Artaud  tutto  di- 
volo di  questo  ultimo  e  informatissimo 
di  nostre  cose,  volle  ignorare  i  tanti  pre- 
cedenti esempi,  anche  recenti  di  Francia 
stessa.  Aggiunge, che  quanto  al  titolo  di 
ambasciatore  la  corte  romana  reclamò  , 
sostenendo  che  nessun  cardinale  avea 
preso  giammai  questo  titolo,  e  facendo 
osservare  che  mg.r  Rochechoart  vescovo, 
ch'era  ambasciatore  in  Roma  nel  1761, 
pubblicato  cardinale  a*2  3  novembre,  ces- 
sò d'essere  ambasciatore  e  prese  il  titolo 
di  ministro  plenipotenziario.  Il  governo 
pontificio,  dice  Artaud,  s'appoggiava  ad 
una  decisione  del  concilio  di  Basilea,  sess. 
2  3,  De  qualit.  cardinal.)  che  proibisce 
ai  cardinali  di  prendere  il  titolo  di  am- 
basciatori, anche  del  loro  proprio  sovra- 
no; si  citava  inoltre  l'esempio  del  cardi- 

VOL.  LV. 


PRO  329 

nal  d '  Eslouteville  e  del  cardinal  Borgia 
de  Montreal,  e  che  Leone  X  avea  con- 
fermata questa  determinazione  :  >»  Gli 
ambasciatori  de'principi,  creati  cardinali, 
cessino  d'  essere  ambasciatori  {?.),  per- 
chè diventano  altrettante  membra  misti- 
che del  sommo  Pontefice  ".  Di  più  l'Ar- 
taud  riporta  il  seguente  dispaccio  del  se- 
gretario di  stato  cardinal  Consalvi.  »  Un 
cardinale  fa  parte  del  sagro  collegio;  e 
da  questo  procede  che  presso  la  Corte  di 
Roma  {Jr.:  osserva  Artaud  che  mentre 
Consalvi  usava  questa  espressione,  il  car- 
dinal Pacca  nelle  sue  Memorie  fa  le  me- 
raviglie perchè  i  ministri  esteri  si  giovino 
della  stessa  espressione)  non  è  permesso  ad 
un  ambasciatore  di  spiegare  il  suo  carat- 
tere pubblico  (con  l'Ingresso  solenne  in 
Roma,  fr.)  e  d'ottenere  una  udienza  pub- 
blica dal  santo  Padre,  se  oltre  alle  lettere 
di  credito  indirizzate  al  sommo  Pontefi- 
ce, egli  non  è  latore  delle  lettere  che  l'ac- 
creditano individualmente  presso  ciascun 
cardinale,  lettere  che  deve  presentare 
egli  stesso  in  una  visita  pubblica  di  for- 
malità al  cardinal  Decano  {V.\  Ciò  po- 
stole un  cardinale  potesse  prendere  pub- 
blicamente il  titolo  di  ambasciatore,  sa- 
rebbe allora  nella  medesima  persona  e 
nel  medesimo  punto  l'attivo  ed  il  passivo, 
il  che  si  oppone  ad  ogni  regola.  Il  cere- 
moniale  de'pubblici  ambasciatori  è  fissa- 
to con  una  etichetta  ed  una  regolarità 
tali,  che  nel  corpo  diplomatico  {V.  Di- 
plomazia) non  ammettono  eccezione  al- 
cuna. Queste  regole  non  potrebbero  più 
osservarsi  se  fra'pubblici  ambasciatori  si 
ritrovasse  un  cardinale  ;  poiché  le  regole 
e  le  onorificenze  dovute  alla  dignità  car- 
dinalizia sarebbero  in  contraddizionecon 
quelle  dovute  alla  rappresentanza  di  un 
ambasciatore.  Dietro  questa  riflessione  il 
cardinal  Fesch  non  può  essere  che  mini- 
stro plenipotenziario".  Conchiude  Ar- 
taud: »  E  questo  in  fatti  era  il  titolo  che 
prendeva  allora  il  cardinal  Fabrizio  Ruf- 
fo j  ed  a'  tempi  del  cardinale  de  Bernis 
questo  augusto  abbassamento  era  stato 
21* 


33o  PRO 

spinto  ancor  più.  in  là,  poiché  quel  car- 
dinale si  dava  il  solo  titolo  d' incaricato 
degli  affari  di  Francia".  Trovai  opportu- 
no riportare  qui  questo  importante  docu- 
mento, sia  per  i  rapporti  che  vi  furono 
tra  i  cardinali  protettori  degli  stati  este- 
ri, detti  anche  protettori  delle  corone,  e 
gli  ambasciatori  di  queste,  onde  nelle  loro 
assenze  o  impotenze  ne  funsero  le  veci  ; 
sia  per  avvertenza  che  talvolta  seguendo 
gli  storici  qualificai  col  titolo  di  ambascia- 
tori i  cardinali,  essendomi  di  frequente 
avvenuto,  come  notò  Artaud  sul  vocabolo 
Corte  di  Roma,  che  mentre  gli  uni  ne- 
ganoun  titolo,  una  qualificagli  altri  l'ac- 
cordano, essendo  del  pari  ambedue  au- 
torevoli. Osserva  Parisi,  Istruzioni,  t.  2, 
p.  1 5i,  parlando  della  consuetudine  col- 
la quale  i  sovrani  cattolici  deputano  in 
Roma  un  cardinale  col  titolo  di  protet- 
tore, che  questi  sogliono  essere  per  lo  più 
nazionali,  sebbene  molti  furono  scelti 
tra 'cardinali  italiani  e  anche  romani,  co- 
me i  cardinali  Scipione  e  Francesco  Bor- 
ghese che  furono  protettori  dell'impero, 
ed  altri  a'nostri  tempi  (1785).  Talvolta 
i  cardinali  protettori  d'  un  regno  ne  fu- 
rono anche  i  ministri  plenipotenziari, 
come  lo  fu  delle  due  Sicilie  il  cardinal 
Orsini,  morto  11^1789,  il  quale  per  un 
tempo  fu  contemporaneamente  protet- 
tore interino  della  corona  di  Francia.  In 
pari  tempo  un  cardinale  fu  protettore  di 
regni  e  stati  diversi,  come  il  cardinal  Al- 
bani morto  nel  1 834 ,  protettore  della 
oanone  Auslriaca,e  degli  antichi  e  nuovi 
slati  del  re  di  Sardegna,  non  che  della 
1  «pubblica  di  s.  Marino.  Al  presente  di 
questa  è  protettore  il  cardinal  Macchi,  e 
degli  stati  sardi  il  cardinal  Lambruschini. 
Qualche  cardinale  è  protettore  di  alcu- 
na congregazione  religiosa,  confraternita 
o  capitolo,  ancorché  non  sieno  nello  stato 
pontificio;  come  il  cardinal  Lambruschi- 
ni che  lo  è  della  congregazione  degli  obla- 
ti  di  Maria  Vergine  fondata  in  Pinero- 
lo;  il  cardinal  Brignole  della  confraternita 
delle  s.  Stimmate  in  Firenze,  dc'copiloli 


PRO 

della  cattedrale  di  Brugnato  e  della  in- 
signe collegiata  di  Seslri,  della  chiesa  col- 
legiata di  Porto  Maurizio,  del  santuario 
di  Nostra  Signora  in  s.  Remo,  della  con- 
gregazione de'preti  missionari  di  s.  Carlo 
in  Savona,  del  monastero  delle  monache 
benedettine  di  Lapo  diocesi  di  Fiesole  ; 
il  cardinale  Spinola  è  protettore  del  ca- 
pitolo della  cattedrale  basilica  di  Parma: 
altre  simili  protettone  tiene  in  Firenze 
e  in  Fiesole  il  cardinal  Corsi,  per  non 
dire  di  altri.  Fino  al  declinar  del  secolo 
passato  aveano  cardinali  protettori  V Im- 
pero, gli  stati  Austriaci,  Francia,  Spa- 
gna, Portogallo,  due  Sicilie,  Sardegna, 
Polonia,  ec.  :  l' aveano  ancora  i  regni  a- 
cattolici,  ma  a  cagione  de  collegi  o  altri 
stabilimenti  nazionali.  Talvolta  i  cardi- 
nali furono  protettori  di  qualche  cantone 
cattolico  della  Svizzera,  ed  il  cardinal 
Cappellai'!,  poi  Gregorio  XVI,  nel  luglio 
1 827  accettò  di  essere  protettore  di  quel- 
lo de'Grigioni.  Dice  Parisi,  Istruzioni  l. 
2,  p.  1 52,  che  i  cardinali  per  le  protetto- 
rie  delle  corone  solevano  tenere  un  se- 
gretario nazionale  a  parte,  benché  sotto 
Innocenzo  X  il  cardinal  d'Este  protettore 
di  Francia  operò  colla  corte  in  maniera 
che  il  suo  proprio  segretario  servisse  an- 
che per  gli  affari  della  protettoria.  An- 
ticamente l'aveano  pure  altri  regni,  co- 
me Inghilterra,  Irlanda,  Scozia3  ec.  Di- 
verse prerogative  proprie  de' cardinali 
protettori  delle  corone  V  esercitano  gli 
ambasciatori  ed  i  ministri  diplomatici, sia 
nelle  chiese,  ospedali  e  ospizi  nazionali, 
che  in  altro,  come  rimarcai  in  detti  ar- 
ticoli o  in  quelli  degli  stati  e  regni.  Nel 
voi.  IX,  p.  i43  notai  che  per  la  cappella 
cardinalizia  di  s.  Luigi  IX  redi  Francia, 
il  cardinal  protettore  della  corona  o  il 
cardinal  ministro  invitava  e  riceveva  i 
cardinali;  in  sua  mancanza  supplisce  il 
cardinal  decano,  ricevendo  però  insieme 
all'ambasciatore  o  ministro.  Ne' voi.  I,p. 
3o6,  XLl,p.  290,  dissi  che  i  cardinali 
protettori  di  Polonia  e  degli  Armeni  no- 
minavano un  individuo  per  fare  da  pel- 


PRO 

leprino  o  apostolo  alla  lavanda  de' piedi 
che  fa  loro  il  Papa  nel  giovedì  santo,  cui 
poi  imbandisce  la  mensa  e  serve,  spet- 
tando ora  la  nomina  a  quelli  ivi  notati. 
Leggo  ne'n.i  57ge58o  de  Diaridi  Roma 
dei  1721,  che  per  morte  di  Clemente  XI 
e  per  parie  de'sovrani  delle  loro  corone 
fecero  al  s.  collegio  le  condoglianze  i  car- 
dinali protettori ,  Gualtieri  d'Inghilterra 
(cioè  pel  re  cattolico  Giacomo  HI  resi- 
dente in  Roma)  e  incaricalo  d'affari  di 
sua  maestà  Britannica,  Conti  di  Porto- 
gallo (sebbene  le  facesse  anche  l'ambascia- 
tore de Mel|o),  Albani  di  Polonia,  Allann 
comprotettore  di  Germania,  de' regni,  del- 
le provincie  e  domimi  ereditari  di  casa 
d' Austria,  e  ministro  dell'imperatore,  qon 
allocuzione  che  ivi  si  riporta.  Dagli  slessi 
Diari  di  Roma  rilevo  che  i  cardinali  pro- 
lettori solevano  presentare  al  Papa  la  pri- 
ma volta  il  nuovo  ambasciatore,  con  quel 
ceremoniaie  che  riportai  nella  biogra- 
fìa del  cardinale  Luigi  Prudi,  parlando 
dell'  ambasciatore  di  Venezia,  tenendo- 
si eguale  ceremoniaie  per  altri  amba- 
sciatori, come  per  quello  di  Portogallo. 
Nella  Cronaca  della  venuta  in  Bologna 
di  Clemente  VII  e  Carlo  V }  con  note  del 
Giordani,  a  p.  99  e  1 08,  si  dice  che  per 
asserzione  con  giuramento  delle  prodotte 
testimonianze  del  cardinal  Accolti  protet- 
tore di  Spagna,  in  favore  dell'imperato- 
re Carlo  V,  Clemente  VII  ordinò  in  con- 
cistoro, presenti  i  cardinali,  la  coronazio- 
ne colla  corona  di  ferro,  che  eseguì.  Indi 
nel  pubblico  concistoro  tenuto  a'?.!)  feb- 
braio i53o  il  cardinal  Accolti  nella  sua 
dignità  di  protettore  della  Spagna  pre- 
sentò nuova  istanza,  come  avea  fatto  per 
l'altra  coronazione,  acciocché  fosse  rico- 
nosciuto Carlo  V  per  legittima  elezione 
imperatore,  allegando  che  per  atti  bene- 
meriti del  monarca  dalla  Santità  sua  non 
solo  gli  fosse  conceduta  l'imperiai  corona, 
ma  eziandio  per  le  mani  di  sua  Santità 
venisse  solennemente  coronato. Dal  Papa, 
inteso  il  parere  de'cardinali,  fu  determi- 
nalo che  nel  modo  richiesto  s'iucoronas* 


PRO  33i 

se  e  lo  effettuò.  Inoltre  i  cardinali  protet- 
tori trattavano  ne'concistori  gli  affari  del- 
le corone,  massime  prima  che  fossero  isti- 
tuite le  Congregazioni  cardinalizie  (/'.) 
da  Sisto  V  (con  che  volle  rimuovere  e- 
ziandio  gli  abusi  de'cardinali  protettori, 
che  toccai  nel  voi.  XV,  p.  216),  e  pro- 
ponevano tutte  le  chiese  cattedrali,  mo- 
nasteri nullius  e  benefìzi  maggiori  con- 
cistoriali (che  qualificai  pure  nel  voi.  XV, 
p.  2  3o),  che  erano  sotto  le  loro  protetto - 
rie,  tanto  elettivi,  che  a  nomina  o  pre- 
sentazione, e  ne  ricevevano  emolumenti, 
confermati  da  Sisto  V  e  altri  Papi.  In  as- 
senza de'cardinali  protettori  delle  corone, 
il  proporre  in  concistoro  le  loro  chiese  era 
incombenza  del  cardinal  Camerlengo  del 
s.  Collegio^. ).Ma  Clemente  XI  non  po- 
tendo tollerare  che  un  cardinal  prolet- 
tore d'un  regno  o  repubblica  talvolta  pro- 
ponesse in  concistoro  un  numero  mag- 
giore di  vescovati  e  abbazie  del  Papa 
stesso,  incominciò  a  proporle  lui;  in  che 
fu  imitalo  da'successori.  A  tenore  delle 
disposizioni  di  Gregorio  XI V  e  di  Urba- 
no VIII, i  protettori  facevano  i  processi 
agli  eletti,  domandandone  prima  licenza 
al  Papa  per  supplica  o  verbalmente,  in 
ossequio  della  suprema  di  lui  autorità, 
trattandosi  di  doverli  compilare  in  Roma. 
Ma  proponendo  lo  stesso  Pontefice,  i  pro- 
cessi li  faceva  l' Uditore  del  Papa,  essen- 
do regola  generale  di  formarsi  i  processi 
sempre  avanti  il  ponente  o  relatore.  Di 
conseguenza  con  proporre  il  Papa  tutte 
le  chiese  cessò  ne'prolettori  eziandio  l'in- 
gerenza de'processi./^.  Concistoro,  Pro- 
posizione,  Chierici  del  s.  collegio  o  na- 
zionali, de'quali  parlo  pure  nel  voi.  XV, 
p.   237. 

11  cardinal  de  Luca,  nel  Cardinale 
pratico,  cap.  1  5,  n.°i6,  ecco  quanto  dice 
delle  protettone  de'cardinali.  «L'officio 
di  protettori  di  regni  e  nazioni  propria- 
mente consiste  nel  promuovere  in  con- 
cistoro (pubblicò  l'opera  avanti  Clemen- 
te XI  ),  ed  altrove,  dove  abbisogna,  ap- 
presso il  Papa,  il  s.  collegio  e  altri,  gì'  in- 


332  PRO 

teressi  e  le  prerogative  di  que' regni  e 
principati,  de'quali  s'ha  la  protezione;  sì 
che  sono  come  una  specie  di  promotori 
ne' collegi,  ovvero  di  ponenti  ne'  tribu- 
nali, come  più  informali  de' costumi,  dei 
privilegi  e  delle  prerogative.  E  partico- 
larmente per  la  più  frequente  pratica 
consiste  tale  officio  nel  proporre  nel  con- 
cistoro quelle  chiese  metropolitane,  o 
cattedrali,  o  monasteri,  così  di  qua,  co- 
me di  là  da'monli,  le  quali  si  provvedo- 
no a  nomina  o  presentazione  o  postula- 
zione di  quel  re  o  principe,  o  veramente 
ad  elezione  o  postulazione  de' capitoli  ; 
sicché  conforme  nelle  altre  chiese,  le 
quali  sono  di  libera  provvisione  del  Papa, 
dal  medesimo  a  suo  arbitrio  in  ciascuna 
si  deputano  i  cardinali  perla  proposizio- 
ne, e  questo  è  officio  lìsso  del  protetto- 
re di  quel  regno  o  principato.  Come  an- 
cora officio  di  questi  suol  essere  in  pro- 
muovere in  nome  del  re  o  del  regno  la 
Canonizzazione  o  Beatificazione  (  P.)  di 
qualche  servo  di  Dio  nazionale,  oche  per 
altro  rispetto  vi  si  abbia  qualche  parti- 
colare divozione,  con  altre  somiglianti 
funzioni.  Auzi  in  siffatta  carica  si  soglio- 
no occupar  due  cardinali,  uno  con  quel- 
la di  protettore  ordinario,  e  1'  altro  con 
quella  di  comprotettore,  come  un  com- 
pagno o  sostituto  del  primo,  le  di  cui  veci 
supplisca  nel  caso  dell'assenza  o  di  alcun 
impedimento.  Per  que'  cardinali  nazio- 
nali o  in  altro  modo  affezionati  per  tito- 
li di  gratitudine,  e  per  altro  rispello  ai 
re  e  principi,  tale  ufficio  si  deve  eserci- 
tare compatibilmente  con  quello  del  car- 
dinale, che  vuol  dire  di  giudice  o  di  con- 
sigliere, come  per  una  specie  di  pouente 
ovvero  di  promotore,  come  sopra,  non 
già  di  parte  interessata  o  veramente  di 
avvocato  e  procuratore  di  quella;  sicché 
le  parli  primarie  e  principali  consistono 
nella  carica  di  cardinale,  e  questa  di  pro- 
tettore è  accessoria  e  consecutiva,  ma  non 
già  che  1'  accessorio  distrugga  il  princi- 
pale, e  che  l'accidente  tolga,  ovvero  im- 
pedisca la  sostanza".  Finalmente  il  cai- 


PRO 

dinal  de  Luca,  cap.  8.,  n.°  6,  rammenta 
a'cardinali  i  sagri  obblighi  della  loro  su- 
blime dignità,  i  giuramenti  o  Professio- 
ni di  fede  [V.)  fatti,  e  quanto  debbono 
alla  s.  Sede  e  al  supremo  suo  capo,  onde 
nel  procurare  i  vantaggi  de'  principi  e 
nazioni,  il  loro  patrocinio  non  deve  per 
nulla  vulnerare  i  riguardi,  che  devono 
avere  sempre  presenti  alla  loro  duplice 
e  gelosa  qualifica  di  assessori  e  consiglie- 
ri del  supremo  giudice  ,  eh'  è  il  Papa  ; 
onde  disdirebbe  1'  uffizio  di  partigiano, 
avvocato  o  procuratore  delle  parli. 

Protettori  di  città,  terre  e  castella. 

Oltre  quanto  ho  detto  di  sopra  e  nei 
rispettivi  articoli  di  città  e  comuni  dello 
stato  pontifìcio  sui  cardinali  prolettori, 
anche  questi  sono  assai  antichi,  mentre 
notai  pure  come  nelle  occorrenze  o  per 
fare  omaggio  al  nuovo  Papa  le  città  e 
comuni  spedirono  a  Roma,  o  nel  luogo 
in  cui  risiedeva  il  Papa,  oratori  e  amba- 
sciatori, quasi  tutte  costumando  avere  in 
Roma  un  procuratore  o  un  agente  che 
tratti  i  loro  affari.  Bologna  e  Ferrara 
(F.)  tennero  lungamente  un  ambascia- 
tore residenziale  in  Roma,  che  interve- 
niva alle  Cappelle  e  Cavalcale  pontificie 
(J^.)con  alternativa,  e  somministrava 
l'acqua  alle  mani  del  Papa,  come  i  Prin- 
cipi assistenti  al  soglio  (A\).  Nella  morte 
de'Papi  solevano  fare  le  condoglianze  al 
sagro  collegio,  come  ho  letto  ne' Diari  di 
Roniaj  l'ultimo  esempio  fu  per  la  mor- 
te di  Clemente  XIV,  tanto  dell'amba- 
sciatore di  Bologna  (la  serie  de'quali  dal 
1 554  al  179^  Sl  'egoe  a  P*  '35  delle 
Notizie  della  chiesa  de  ss.  Gio.  e  Petro- 
nio, di  Cancellieri  ),  che  del  residente  o 
rappresentante  di  Ferrara,  come  allora 
si  chiamava.  Dice  Parisi,  nelle  Istruzio- 
ni t.  2,  p.  2g3,  che  quando  una  città  o 
alcune  terre  cospicue  si  determinano  di 
eleggere  un  cardinale  protettore,  fanno 
prima  esplorare  dal  loro  agente  se  il  cardi- 
nale che  si  ha  in  vista  sia  in  grado  di  accet- 
tare la  protettoria,  e  quindi  annuendosi 


PRO 

propone  in  consiglio;  che  senza  mettere 
in  forse  una  cosa  patentemente  utile,  né 
esporre  la  convenienza  d'  un  porporato, 
lo  elegge  per  acclamazione,  ancorché  per 
solennità  maggiore  si  suole  fare  prece- 
dere la  formalità  dello  scrutinio,  quindi 
se  ne  dà  avviso  all'eletto,  secondo  l'esem- 
pio di  lettera  che  produce.  Di  tale  ele- 
zione si  dà  parte  con  altra  lettera  al  car- 
dinal segretario  di  stato  o  al  cardinal  ni- 
pote, per  sottometterla  al  Papa,  ripor- 
tando altre  module  per  domande  diver- 
se. Si  torna  a  scrivere  ringraziamenti  do- 
po I' accettazione,  ed  annualmente  per 
la  ricorrenza  del  s.  Natale  per  felicitare 
il  protettore  e  sempre  più  raccomandare 
alla  sua  protezione  il  comune.  Nella  bio- 
grafia del  cardinal  Pelagrua  dissi  che 
nel  «  3  i  i  i  holognesi  l'elessero  in  prolet- 
tore di  Bologna.  Un  altro  antico  esem- 
pio lo  leggo  in  Acquacotta,  Memorie  di 
Maidica  p.  117,  nelf  elezione  che  fece 
in  di  lei  protettore  del  cardinal  Giovan- 
ni (Gaetano  Orsini  diacono)  di  s.  Teodo- 
ro, legato  apostolico  residente  in  Firen- 
ze. Questi  nel  1  326  accettò  la  tutela,  prò- 
tectoriatn  et  polest ariani  communis  ve- 
stris,  e  ringraziò  Maidica  con  lettera  per 
avergli  fatto  giungere  la  somma  di  60 
fiorini  a  titolo  d'onorario,  promettendole 
in  ogni  incontro  assistenza  e  favore.  A 
Podestà  notai  che  furono  eletti  a  questo 
uffizio  nel  1288  Nicolò  IV  da  Ascoli,  nel 
1 299  Bonifacio  Vili  da  Velletri.  Del  do- 
no di  valore  mandato  da  Jesi  al  cardi- 
nal s.  Carlo  Borromeo,  quando  nel  i563 
lo  elesse  a  protettore,  feci  cenno  nel  voi. 
XXXVI,  p.  3oo.  Questi  doni  ai  protet- 
tori sogliono  farli  diverse  città  tuttora, 
mentre  diverse  città  nella  delta  ricorren- 
za della  nascita  del  Redentore  sogliono 
offrire  un  saggio  di  qualche  prodotto  più 
particolare  del  luogo;  delle  quali  dimo- 
strazioui  parlai  a  Natale,  Pasqua  ed  ar- 
ticoli ivi  citati.  Può  essere  protettore  an- 
che il  proprio  vescovo;  tali  furono  i  car- 
dinali Falzacappa  di  Albano  ,  e  Macchi 
di  Paleslrina.  Talvolta  vi  è  anche  il  com- 


PRO  333 

protettore;  per  lo  più  qualche  cardina- 
le concittadino,  o  ascritto  alla  nobiltà  del 
luogo.  In  occasione  di  queste  protetto- 
rie  si  fanno  feste  e  dimostrazioni  di  gio- 
ia; ciò  che  praticò  Ferrara  pel  cardinal 
Fransoni  (delle  sue  beneficenze  a  Reca- 
nati  di  cui  è  protettore ,  parlai  a  quel- 
l'articolo) lo  riportai  nel  voi.  XXIV,  p. 
173  ;  quello  che  praticò  Gubbio  pel  car- 
dinal Mattei,  nel  voi.  XXXIII,  p.  i63. 
In  morte  le  città  sogliono  celebrare  so- 
lenni funerali  ai  loro  amorevoli  protet- 
tori, come  eseguì  Pergola  (/^.)  con  Gre- 
gorio XVI,  che  da  Papa  ritenne  la  pro- 
tettoria  del  capitolo  e  della  città,  assunta 
da  cardinale,  avendola  in  più  modi  be- 
neficata. Pio  VII  da  Papa  fu  protettore 
della  provincia  di  Sabina.  Talvolta  i  car- 
dinali protettori  prendono  possesso  di 
persona,  come  fece  il  cardinal  Tosti  con 
Gemano  (F '.);  tale  altra  deputano  il  ve- 
scovo o  altro  prelato.  Nel  o.°  37  del  Dia~ 
rio  di  RomaiSfò  si  legge,  che  mg.rPila 
delegato  di  Prosinone  si  portò  a  Ponte- 
corvo  per  prendere  a  nome  del  cardinal 
Ferretti  il  formale  possesso  di  protettore 
della  città,  che  Gregorio  XVI  annuendo 
al  voto  unanime  della  popolazione  con- 
ferì tal  protettoria  al  cardinale.  Il  pre- 
lato fu  perciò  incontrato  dal  governatore 
e  dal  magistrato  municipale  fuori  della 
città,  e  quindi  ricevuto  all'ingresso  della 
medesima  dalle  altre  autorità  civili  e 
militari  e  dai  principali  cittadini,  al  suo- 
no della  banda  civica  e  con  festivo  con- 
corso di  numeroso  popolo.  Nel  maggior 
tempio  vi  fu  messa  solenne ,  con  iscelta 
musica  vocale  e  istromentale:  cantato  il 
Te  Deum,  fu  data  la  benedizione  col  ss. 
Sagramento.  Mentre  quindi  fra  il  giubi- 
lo del  frequente  popolo,  giusta  il  costu- 
me, si  ergeva  nel  palazzo  comunale  lo 
stemma  gentilizio  del  cardinale,  si  elar- 
givano limosine  a'  poveri.  Il  gonfalonie- 
re con  acconcie  parole  dichiarò  il  tripu- 
dio della  città  per  godere  di  un  protet- 
tore in  personaggio  così  distinto,  per  a- 
vaio  la  città  ammirato  quando  vi  esercitò 


334  r  R  ° 

il  sacro  ministero  del  missionario,  e  per 
averne  sperimentato  il  patrocinio  quan- 
do era  nunzio  apostolico  presso  la  real 
corte  di  Napoli.  All'imbrunir  della  sera 
tutta  la  città  si  vide  rischiarata  da  bril- 
lante illuminazione,  distinguendosi  per  la 
ricchezza  de'  lumi  e  delle  fiaccole  il  pro- 
spetto del  palazzo  municipale.  Fu  final- 
mente incendiata  una  macchina  di  fuochi 
artifìziali  ed  innalzato  un  globo  areosta- 
lieo,  mentre  tra  i  concerti  della  banda  e 
tra'ripetuti  colpi  di  ritortali  udi  vasi  echeg- 
giare il  nomedel  Papa  edel  cardinal  pro- 
tettore. Nel  n.°  46delle Notizie  del  gior- 
no i844»  s*  'eSSe  'a  descrizione  del  pos- 
sesso del  cardinal  De  Angelis  qual  pro- 
tettore della  città  di  Corneto,  di  cui  era 
slato  vescovo,  presoda  mg.rMilesi-Piro- 
ui-Ferretli, preside  della  provincia  di  Ci- 
vitavecchia, delegato  a  questo  atto.  Egli 
pertanto  si  trasferì  in  formalità  alla  re- 
sidenza municipale,  e  fu  alla  porta  rice- 
vuto dall'autorità  governativa  e  dal  ma- 
gistrato in  abito  decurionale.  Asceso  alle 
camere  del  comune,  si  fece  a  rispondere 
parole  di  tutta  amorevolezza  in  nome  del 
cardinal  protettore,  a  que'  sentimenti  di 
gioia  e  di  rispetto  che  il  magistrato  ci  vi- 
co gli  esternava  come  interprete  dell'in- 
tera città,  dichiarando  che  avrebbe  inde- 
lebilmente conservata  la  memoria  di  sì 
bel  giorno,  come  quello  che  li  ricongiun- 
geva al  già  amatissimo  vescovo;  intanto 
che  fra  il  suono  de'sagri  bronzi,  lo  spa- 
io de'  mortari  ed  i  concerti  della  banda 
civica,  la  popolazione  applaudiva  all'  in- 
nalzamento dello  stemma  del  protetto- 
re sulla  facciata  del  palazzo  municipale. 
Quindi  il  prelato,  insieme  alle  nominate 
autorità  ,  accompagnato  dalla  milizia  e 
dalla  banda,  si  portò  a  piedi  e  in  forma 
pubblica  alla  cattedrale,  dove  ricevuto  al- 
la porta  da)  capitoloassislè  alla  messa  so- 
lenne checelebrò mg. rQuaglia  allora  udi- 
tore di  rota  e  cornetano,  ed  all'inno  Airi- 
hrosiano  che  venne  eseguito  dai  cantan- 
ti della  cappella.  Terminata  la  funzione, 
il  prelato  ringraziò  il  clero,  e  dispensato 


PRO 

il  magistrato  dall'  accompagnarlo,  si  re- 
stituì in  carrozza  alla  propria  abitazione. 
Nella  sera  fu  elevato  un  globo  apostati- 
co di  vaga  forma,  e  generale  fu  l'illumi- 
nazione, intervenendo  il  rappresentante 
del  protettore  all'accademia  vocale  e  i- 
strumentale  che  si  tenne  nella  sala  della 
filarmonica.  Dal  n.°6o,  del  Diario  diRo- 
via  del  i845  si  apprende  come  la  Terra 
di  Castel  Bolognese  avendo  celebrato  con 
pubblici  segni  di  gioia  il  giorno  in  cui  il 
il  suo  benefattore  cardinal  Zacchia  fu  in- 
signito della  porpora  da  Gregorio  XVI, 
quindi  per  averlo  il  Papa  concesso  a  pro- 
tettore, lo  accolse  nelle  sue  mura  con  o- 
noie  voli  dimostrazioni.  Mossero  ad  in- 
contrarlo a  Faenza  le  autorità  civili  ed 
ecclesiastiche  del  luogo,  e  nel  giorno  sta- 
bilito per  le  maggiori  feste  furono  sov- 
venuti i  poveri  con  replicate  limosino  e 
4  zitelle  dotate;  si  cantò  il  Te  Dcuni  e 
nella  sera  il  cardinale  si  recò  a  Ila  residen- 
za comunaleonorevolmenle  ricevuto,  ve- 
nendogli offerti  alcuni  componimenti  poe- 
tici, pregando  il  priore  comunale,  che  , 
com'  egli  vi  leggerebbe  dentro  espresso 
con  sincerità  l'animo  del  popolo  alla  sua 
protezione  affidato,  così  quelli  volesse  a - 
ver  cari,  ed  esso  popolo  conservare  nella 
sua  grazia  mai  sempre.  Poiché  il  magi- 
strato ebbe  posto  fine  al  suo  dire,  il  car- 
dinale proferì  un  discorso  molto  affettuo- 
so, del  quale  eccone  un  cenno.  Comin- 
ciò con  render  grazie  degli  onori  fattigli, 
ed  in  particolar  modo  di  averlo  scelto  a 
protettore.  Toccò  appresso  delle  obbli- 
gazioni che  stringono  un  protettore,  e  di 
quello  insieme  che  i  protetti  devono  fa- 
re :  che  quanto  è  ufficio  del  primo  cura- 
re e  difenderei  vantaggi  e  i  diritti  de'se- 
condi,  altrettanto  s'  appartiene  a  questi 
procacciare  di  meritarsi  quelle  cure  con 
la  soggezione  ed  obbedienza  alle  leggi , 
alle  autorità,  al  legittimo  governo.  Se- 
guì dichiarando,  che  quantunque  il  no- 
me datogli  di  concittadino  veramente,  se- 
condo i  natali,  non  gli  conveniva,  egli 
tuttavia  se  ne  compiaceva, ed avealo già- 


PRO 

to  assai,  per  questa  ragione,  che  non  la 
sola  nascita,  tna  la  dimora  altresì  e  le  re- 
Iasioni  d'interesse  e  di  parentela  ,  che  si 
hanno  con  un  luogo,  giustificano  quel  ti- 
tolo :  onde  e  come  protettore,  ecomecon- 
cittadino  terrebbe  egli  in  ogni  tempo  e 
con  ogni  studio  l'animo  rivolto  al  bene 
di  coloro,  che  gli  si  erano  commessi  dal 
Papa.  Volse  in  (ine  la  parola  al  magistra- 
to, edi  cuore  lo  confortò,  che  volesse  con- 
giungere sollecitamente  le  sue  alle  cure 
di  lui ,  e  adoperare,  qual  buon  padre  di 
famiglia,  che  sia  conservata  fra  il  diletto 
popolo  la  concordia  e  la  pace ,  senza  di 
che  tornerebbe  vano  ogni  intendimento 
anche  ottimo  di  chi  regge.  Il  discorso  fu 
accolto  con  tali  dimostrazioni  di  giubilo, 
che  più  volte  la  sala  echeggiò  di  unani- 
mi e  sincerissimi  evviva.  Nei  citati  arti- 
coli sulle  città  e  comuni,  ed  in  quelli  dei 
magistrati  municipali  sonovi  notizie  sul 
reggimento  comunale,  mentre  a  Priore 
dissi  della  distinzione  che  vi  ètra  le  città 
e  le  terre,  ma  che  ognuna  ha  la  sua  no- 
biltà relativa,  comecol  titolo  di  nobili  si 
debbano  distinguere  i  gonfalonieri  ed  i 
priori  municipali.  Nonsolo  i  cardinali  pro- 
tettori vengono  aggregali  al  patriziato  e 
nobiltà  de'luoghi  da  loro  protetti,  ma  tal- 
volta si  suole  aggregarvi  le  loro  famiglie, 
come  pure  si  costuma  coi  presidi  gover- 
nativi. Nelle  città  e  nelle  terre,  diverse 
chiese,  monasteri,  ospedali,  accademie, 
stabilimenti  d'istruzione  e  di  beneficen- 
za, confraternite  ,  ed  altre  corporazioni, 
sogliono  avere  un  cardinale  per  protet- 
tore particolare,  che  alcuna  volta  è  quel- 
lo medesimo  del  comune.  Il  cardinal  Gan- 
ganelli  essendo  protettore  del  capitolo  e 
canonici  della  cattedrale  di  s.  Angelo  in 
"Vado  (della  quale  città  il  padre  era  sta- 
to medico),  delle  confraternite  degli  A- 
gonizzanti  di  Monte  Falcone,  e  della  Mi- 
sericordia di  foggio  Mirteto,  divenuto 
Clemente  XIV  volle  ritenerle.  Pio  VII 
accettò  la  protettoria  dell'arciconfrater- 
nita  di  s.  Maria  degli  Orti  di  Recanati.  A 
Perugia  raccontai,  come  Gregorio  XVI 


PRO 


335 


si  dichiarò  protettore  di  quel  sodalizio 
della  ss.  Vergine  Addolorata. 

Proiettori  di  chiese,  cappèlle,  arcicon- 
fr ate mite  e  confraternite,  ospedali  e 
collegi. 

Oltre  quanto  dissi  di  sopra  sugli  an- 
tichi protettori  e  difensori  delle  chiese, 
ed  oltre  ciò  che  notai  sui  cardinali  pro- 
tettori di  chiese,  sodalizi,  stabilimenti  di 
beneficenza  e  d'istruzione,  parlando  dei 
protettori  di  ordini  religiosi  e  di  religio- 
se; di  regni  e  nazioni,  sia  in  Roma  e  nel- 
lo stato  pontificio,  che  fuori  di  questo; 
come  di  città  e  terre,  tutte  queste  specie 
di  protezioni,  di  cui  vado  a  parlare,  sono 
antiche,  e  alcuna  quanto  le  precedenti  de- 
scritte. II  cardinal  de  Luca,  nel  Cardina- 
le pratico,  n.°4,  riferisce:  «Che  altre  spe- 
cie di  protettone  de'  cardinali  sono  quel- 
le di  alcune  chiese,  monasteri,  ovvero 
congregazioni  e  corporazioni  ecclesiasti- 
che, particolarmente  dentro  di  Roma,  co- 
me per  esempio  sono  le  A  rei  confrater- 
nite della  ss.  Annunziata,  del  ss.  Croce- 
fisso di  s.  Marcello,  della  ss.  Trinità  dei 
pellegrini,  del  Gonfalone,  de  ss.  Apostoli 
(ne  parlo  anche  a  Povero),  de'  Catecu- 
meni e  Neofiti,  delle  due  cappelle  Sisti- 
na e  Paolina  nella  Chiesa  di  s.  Maria 
Maggiore,  e  simili,  in  qualche  copia;  ed 
anche  fuori  di  Roma  vi  è  quella  della  s. 
Casa  di  Loreto  (^.),  alla  quale  pare  che 
fra  tutte  sia  dovuto  il  primo  luogo,  per 
l'ampiezza  della  giurisdizione  e  moltitu- 
dine de'sudditi.  E  questa  specie  è  di  di- 
versa natura,  perchè  il  cardinal  prolet- 
tore non  solamente  ha  la  soprintenden- 
za del  governo  di  quel  luogo  odi  quella 
università,  come  di  essa  capo  e  presiden- 
te, ma  ancora  è  come  un  prelato  ordina- 
rio colla  piena  giurisdizione  e  cognizio- 
ne delle  cause  appartenenti  a  quel  cor- 
po o  luogo,  a  guisa  degli  arcipreti  delle 
basiliche,  con  la  privativa  (a  suo  tempo 
esisteva)  ad  ogni  altro  giudice  o  tribuna- 
le, per  quel  che  nelle  opere  legali  si  di- 
scorre. Anzi  alcuui  di  essi  e  particola!- 


336  PRO 

mente  l'accennato  della  s.  Casa  di  Lore- 
to, sono  come  specie  di  vescovi  e  di  or- 
dinari coi  sudditi,  anche  nella  cura  sa- 
gramentale,  oltre  la  giurisdizionale,  con- 
fórme più  di  proposito  in  occasione  dica- 
si seguiti  di  ciò  si  discorre  nel  Teatro  sot- 
to la  materia  della  giurisdizione,  cosi  del 
suddetto  protettore  della  s.  Casa,  come 
di  quelli  delle  cappelle  Sistina  e  Paolina 
nella  basilica  di  s.  Maria  Maggiore  esi- 
mili, non  essendo  materia  capace  d'una 
regola  certa  e  generale  egualmente  ap- 
plicabile a  tutti  per  lo  diverso  tenore  dei 
privilegi  di  maggiore  o  minore  ampiez- 
za;sicchè  il  lutto  dipendedallecircostan- 
ze  del  fatto  e  de'casi  particolari,  in  quel 
modo  che  segue  negli  arcipreti  delle  ba- 
siliche e  in  alcuni  cardinali  titolari".  Nel 
voi.  LII,  p.  3o2  e  articoli  relativi  parlai 
(oltre  della  proteltoria  della  chiesa  di  s. 
Salvatore  e  collegio  Piceuo)  delle  3  pro- 
tettone istituite  da  Sisto  V  pel  cardinale 
più  antico  della  Marca,  del  collegio  Mon- 
tallo  di  Bologna,  del  collegio  di  s.  Bona- 
ventura di  Roma  (della  cappella  cardi- 
nalizia lo-toccai  dicendo  de'protettori  de- 
gli ordini),  e  della  cappella  Sistina  nella 
chiesa  di  s.  Maria  Maggiore;  mentre  a 
Preti  cardinali,  dichiarai  chi  supplisce 
in  mancanza  d'alcuno  di  detti  cardinali. 
Quanto  alla  cappella  Paolina  e  Borghe- 
siana  si  può  vedere  Chiesa  di  s.  Marca 
Maggiore,  ed  il  voi.  IX,  p.  gy,  ove  dico 
perchè  incombe  al  cardinal  protettore 
della  medesima  cantare  la  messa  incap- 
pella pontifìcia  per  la  festa  dell'Imma- 
colata Concezione.  Questo  protettore  lo 
nomina  il  principe  Borghese,  ed  è  per  lo 
più  un  parente  di  sua  nobilissima  fami- 
glia. Recandosi  il  Papa  nella  basilica  a 
celebrare  le  funzioni  in  essa  e  nella  cap- 
pella, all'ingresso  della  prima  lo  riceve  il 
cardinal  arciprete,  all'ingresso  della  se- 
conda il  cardinal  protettore:  l'ultimo  e- 
sempio  si  rileva  dal  n.°  7  1  del  Giornale 
di  Roma\Sf)2t  poiché  nella  cappella  Pio 
IX  celebrò  messa,  nella  basilica  benecli 
«>olennemeutc  la  grande  nuova  campa - 


PRO 

na  rifusa,  essendosi  rotta  quella  rifusa  e 
benedetta  da  GregorioXVl.  A  suo  luo- 
go notai,  che  pel  vespero  solenne  della  fe- 
sta della  Madonna  della  Neve,  l'invito  dei 
cardinali  e  il  ricevimento  lo  fa  il  cardi- 
nal arciprete,  essendo  funzione  del  capi- 
tolo. Ne' voi.  VIII,p.  37,XLI,p.  288  rac- 
contai, che  Sisto  V  stabilì  meglio  il  car- 
dinal protettore  de'  Cantori  della  cap- 
pella pontifìcia)  ne  feci  il  novero  e  di- 
chiarai che  uel  1798  l'abolì  Pio  VI.  Qui 
noterò  che  nel  palazzo  apostolico  avvi  un 
altro  protettore,  cioè  della  biblioteca  Va- 
ticana o  sia  il  bibliotecario  di  s.  Chiesa, 
e  lo  notai  pure  nel  voi.  XLII,  p.  241-  Le 
notizie  sui  protettori  delle  chiese  sono  i- 
nerenti  a  quelli  cui  appartengono,  come 
ordini  religiosi,  monache,  confraternite, 
ospedali,  ec,  per  cui  alle  loro  categorie 
ne  tratto.  Solo  qui  aggiungerò,  che  è  an- 
tico uso  nelle  feste  o  esposizioni  solenni 
del  ss.  Sagrameuto,  di  esporre  nelle  chie- 
se il  ritratto  del  Papa,  e  nelle  chiese  di 
prolettone  cardinalizie  (o  titolari  o  dia- 
conie) anche  quello  del  cardinal  protet- 
tore, il  quale  suole  mandare  due  nobili 
portiere  col  suo  stemma,  che  si  appendo- 
no alle  pareti.  Nella  Chiesa  di  s.  Igna- 
zio {y.)t  nelle  solennità  tuttora  si  usano 
le  ricche  portiere  della  casa  principesca 
Ludovisi,acui  appartiene  il  cardinal  La- 
dovisi  che  l'edificò,  essendovi  sulla  porta 
principale  il  di  lui  stemma.  Nelle  chiese 
nazionali  si  espone  in  dette  festive  circo- 
stanze il  ritratto  del  Papa  e  quello  del 
sovrano  regnante;  ma  se  il  Papa  vi  ce- 
lebra o  assiste  alla  funzione,  il  secondo 
non  si  espone.  Per  impedire  che  si  espo- 
nesse il  ritratto  de' pretendenti  al  duca- 
to di  Milano  nella  chiesa  di  s.  Carlo  al 
Corso,  Clemente  XI  die  origine  alla  cap- 
pella papale  che  vi  si  celebra,  come  rac- 
contai nel  voi.  IX,  p.  92,  venendo  riee  • 
vuto  e  accompagnato  il  EWpa  dal  cardi- 
nale protettore  del  sodalizio.  A  Chiesa  dei 
ss.  Celso  e  Giuliano  resi  ragione  perchè 
suole  essere  protettore  della  chiesa  e  del 
capitolo  il  Papa;  lo  fu  Pio  VII  comesi 


PRO 

riporta  nelle  Notizie  di  Roma,  lo  è  il  re- 
gnante Pio  JX.  Leggo  nel  n.°  34  delle 
Notizie  del  giorno  i  847,  che  il  Papa  ac- 
colse la  deputazione  del  capitolo  de'ss. Cel- 
so e  Giuliano  di  Roma,  per  ringraziar- 
lod'essersi  degnato  ad  esempio  de'  pre- 
decessori accettarne  la  prolettoria.  Del 
cardinal  protettore  della  Chiesa  di  s.  A- 
gnese  in  piazza Navona  e  sue  dipenden- 
ze, e  dell'abbazia  nullius  di  s.  Martino, 
che  nomina  il  principe  Doria-Pamphilj 
ne  parlai  a  Pamphilj  famiglia,  godendo 
prerogative  e  giurisdizione. 

L' A  rciconfraternite  e  le  Confraternite 
hanno  il  cardinal  protettore,  che  talvolta 
è  anche  visitatore  apostolico,  e  di  sopra 
in  diversi  luoghi  ne  feci  cenno,  massime 
dicendodi  quelli  esistenti  fuori  di  Roma. 
Nel  voi.  IX,  p.  128  pallai  delle  proces- 
sioni cui  intervengono  i  protettori.  Lo- 
nigo,  Delle  vesti  purpuree  p.  38,  dice  che 
i  cardinali  protettori  o  commendatori, 
nelle  chiese  e  luoghi  di  loro  protezione 
o  commende  vestono  del  colore  confor- 
me al  tempo  e  giorno  corrente,  colla  cap- 
pa paonazza,  eccettuali  i  3  giorni  di  Na- 
tale, Pasqua  e  Pentecoste,  e  nell'8.a  del 
Corpus  Domini  alle  processioni,  messe  e 
▼esperi  che  si  cantassero  in  dette  protet- 
tone o  commende  col  ss.  Sagramento  e- 
sposto  sopra  l'altare,  perchè  in  tali  gior- 
ni e  azioni  potranno  portare lecappe ros- 
se. Nel  voi.  Vili,  p.  i5o  notai  che  do- 
po la  cappella  della  ss.  A  nnunziata  il  car- 
dinal protettore  di  quest' arci confrater- 
nita sale  al  trono  e  siede  nel  luogo  del 
i.°  prete,  per  assistere  al  Papa  nell'am- 
ruetlere  al  bacio  del  piede  alcune  delle 
dotate  dal  sodalizio  per  monacarsi;  a  p. 
12  1  che  prima  il  cardinal  protettore  del- 
la congregazione  dell'Assunta  de'nobili, 
esistente  nella  chiesa  del  Gesù  (di  cui  an- 
che nel  voi.  XXX,  p.  180),  riceveva  il  s. 
collegio  e  il  Papa  pel  Te  Deum  nell'ul- 
timo dì  dell'anno;  a  p.  i34che  il  mede- 
simo protettore  anticamente  faceva  l'in- 
vito e  riceveva  i  cardinali  in  delta  chie- 
sa, per  la  cappella  cardinalizia  di  Quia- 


PRO  337 

quagesima;  ed  a  p.  i44  c^e  •'  cardinal 
protettore  dell' A rciconfraternita  del  ss. 
Croce/isso,  invita  e  riceve  il  s. collegio  in  s. 
Marcello  perla  cappella  cardinalizia.  Del 
cardinal  protettore  dell'arciconfra temila, 
ospedale  e  Ospizio  della  ss.  Trinità  de' 
pellegrini,vedas\  tale  articolo,  ove  dico  co- 
me riceve  il  Papa  quando  c'interviene.  I 
cardinali  protettori  de'sodalizi  chedistri- 
buisconodoti,godono  la  nomina  d'alcuna: 
di  queste  confraternite  trattoancheadU- 
mvebsita  artistiche.  L' origine  di  questi 
sodalizi  risalendo  al  secolo  XIII,  ed  attri- 
buendosi la  fondazione  di  quella  del  Gon- 
falone (ne  parlai  anche  nel  voi.  LI,  p.  246) 
al  cardinal  s.  Bonaventura  Fidanza.nesa- 
rà  stato  anebe  protettore;  certo  è  che  siffat- 
ti cardinali  protettori  sono  antichissimi. 
JNel  voi.  XX,  p.  249  riportai  che  Paolo  V 
ritenne  nel  pontificato  la  protettoci!  del- 
l' arciconfraternila  della   Dottrina  Cri- 
stiana, quale  affidò  poi  al  cardinal  Fica- 
rio  ed  a 'suoi  successori.  Il  cardinal  vicario 
ed  il  cardinal  prefetto  della  Congregazio- 
ne di  propaganda  fide  (/\)hannodiverse 
protettone  annesse  alla  carica.  Clemente 
XIV  ritenne  la  protettori*  che  avea  da 
cardinale,  della  confraternita  e  universi- 
tà di  s.  Barbara  de  librari. Gregorio X VI 
fece  altrettanto  coli' ' Arciconfraternitadel 
ss.  Sagramento  e  di  s.  Maria  della  Ne- 
ve (P '.),  nominando  vice  protettore  il 
cardinal  Polidori.  Quanto  alle  ceremo- 
nie  del  possesso  di  queste  protettone,  ec- 
cone  qualche  esempio.  Nel  n.°  1  276  del 
Diario  di  Roma  dell'anno  1787  si  leg- 
ge, che  il  cardinal  Antonio  Doria  in  abito 
e  treno  si  portò  all'oratorio  dell'arcicon- 
fra temila  del  ss.Crocefìsso  vagamenteap- 
parato  pel  suo  possesso,  essendo  ricevuto 
dai  cavalieri  deputati  e  fratellanza  in  sac- 
co, e  al  suono  di  armoniosa  sinfonia.  Do- 
po breve  orazione,  il  cardinale  si  pose  a 
sedere  sotto  il  trono,  ove  lettosi  il  pon- 
tifìcio breve  di  Pio  VII  colla  nomina  di 
visitatore  e  protettore,  ammise  all'am- 
plesso i  deputati,  ed  al  bacio  della  por- 
pora la  fratellanza,  terminando  la  fuu- 


338  PRO 

zione  col  canlo  del  Te  Deum  in  musica. 
Indi  il  cardinale  passato  in  sagrestia,  il 
fratello  guardiano  con  un  complimento 
gli  presentò  lo  statuto  del  sodalizio  no- 
bilmente legato,  ed  un'elegante  mappa 
di  fiori  fìnti  ;  poscia  il  cardinale  par  l'i,  la- 
sciando ai  poveri  abbondante  limosina. 
Nel  n.°  45  del  Diario  di  Roma  1  840  si 
dice  che  il  cardinal  Lambruschini,  fatto 
da  Gregorio  XVI  protettore  dell'  Arci- 
confraternita  di  s.  Maria  dell'orazione 
e  morie  (di  cui  parlo  ancora  a  Quaranta- 
ore,  per  averle  istituitein  Roma),  si  portò 
a  prendere  il  possesso  accompagnato  da 
3  prelati  confrati,  fra'  quali  mg.r  Van- 
nicelli  governaloredi  Roma.  Fu  ricevuto 
alla  porta  della  chiesa  da  mg.r  Capacci- 
ni governatore  del  sodai  izio,dalducaTor- 
Ionia  e  altri  guardiani.  Dopo  avere  orato 
innanzi  il  ss.  Sagramento  solennemente 
esposto,  passò  il  cardinale  nell'oratorio 
decentemente  addobbato  e  corredalo  di 
ben  disposta  illuminazione,  venendo  can- 
tato nell'ingresso  il  versetto:  Ecce  Sa- 
ccrdos  magnus.  Salito  il  cardinale  sul 
trono,  il  notaio  del  sodalizio  lesse  l'atto 
del  possesso,  indi  mg.r  Capaccini  in  no- 
me di  tutta  la  pia  corporazione  gli  rese 
le  grazie  per  l'onore  compartitogli.  Il  car- 
dinale rispose  con  modi  amorevoli  e  di 
sua  piena  soddisfazione,dichiarandosi  del 
sodalizio  padre  e  fratello.  Dopo  di  che  gli 
furono  presentate  da  mg.1  Capaccini  in 
un  bacile  le  chiavi,  gli  statuti  e  il  cam- 
panello, com'è  di  stile  (crederei  che  la 
presentazione  delle  chiavi  fosse  in  segno 
d'autorità,  quella  dello  statuto  perchè  lo 
faccia  osservare,  quella  del  campanello 
perchè  con  questo  s'imponesilenzió  nelle 
calorose  discussioni  e  si  chiamano  i  su- 
balterni): il  cardinale  ammise  all'abbrac- 
cio i  superiori,  la  fratellanza  al  bacio  della 
porpora,  raenlre  l'orchestra  eseguiva  ar- 
moniose suonate.  Alzatosi  il  cardinale  in  - 
tuonò  il  Te  Deum,  che  venne  cantato  da 
scelta  musica,  terminato  il  quale  si  trat- 
tenne graziosamente  coi  conflati,  nella 
sala  delle  congregazioni.  Nel  n.°  65  del 


PUÒ 
Diario  di  detto  anno  si  descrive  il  posses- 
so del  cardinal  Patrizi  della  Chiesa  e  ar- 
ciconfi maternità  di  s.  Maria  de'  Miracoli, 
accompagnato  da  3  prelati  uditori  di  ro- 
ta. Fu  ricevuto  alla  porta  della  chiesa  dal 
prelato  primicerio  in  mantelletla,  e  dai 
guardiani  vestiti  di  sacco.  Salutato  Gesù 
sagramentato, ascese  al  trono  in  mezzo  a 
numerosa  fratellanza, e  dal  segretario  fu 
Ietto  l'atto  del  possesso,  terminato  il  qua- 
le s' intuonò  l'inno  Ambrosiano  cantato 
da  scelta  musica.  Dopo  ciò  furono  ras- 
segnate al  cardinale,  da  mg.r  primicerio 
e  dal  guardiano,  io  un  bacile,  le  chiavi, 
gli  statuti  e  il  campanello,  a  seconda  del- 
le regole  statutarie,  ammettendo  in  segui- 
to il  cardinale  gli  officiali  maggiori  al- 
l'abbraccio, i  sacerdoti  al  bacio  della  ma- 
no, la  fratellanza  aquellodellasagra  por- 
pora. Indi  il  cardinale  si  recò  nelP  ora- 
torio nobilmente  ornato  e  illuminato,  e 
dal  trono  pronunziò  un'allocuzione  per 
imprimere  vieppiù  nell'animo  de' con- 
frali la  devozione  alla  B.  Vergine,  una 
reliquia  della  quale  gli  fu  presentata  in- 
sieme a  un  carme  che  prese  ad  argomen- 
to il  possesso;  trattenendosi  poscia  al- 
quanto in  piacevole  colloquio  cogli  uffi- 
ciali. Nel  n.°  9  del  Diario  di  Roma  1 844 
si  riporta  la  relazione  del  possesso  di  pro- 
tettore della  chiesa  e  arciconfralernita 
della  ss.  Trinità  de'pellegrini,del  cardi- 
nal Brignole,  con  treno  nobile  e  il  corteg- 
gio di  3  prelati.  Fu  ricevuto  col  suono 
delle  campane  ,  da  mg.1"  primicerio  in 
mantelletla,  dai  guardiani  e  dalla  fratel- 
lanza nella  chiesa  riccamente  addobbata  e 
rischiarata  da  molti  ceri.  Asceso  il  cardi- 
nale sul  dossello  entro  il  presbiterio  del- 
l'altare maggiore,  dopo  avere  adorato  il 
ss.  Sagramento,  il  segretario  del  sodali- 
zio lesse  l'atto  del  possesso,  il  prelato  pri- 
micerio presentò  al  protettore  le  chiavi 
e  lo  statuto,  indi  dopo  il  consueto  omag- 
gio, il  priore  dell'ospizio  intuonò  l'inno 
Ambrosiano,  proseguito  dai  cantanti,  e 
in  fine  il  cardinale  comparti  a  tutti  la 
triplice  benedizione. 


PRO 

I  Collega  le  Accadetine}\t  Università 
ff.j  hanno  cardinali  protettori,  ed  il  car- 
dinal Cappellari,  poi  Gregorio  XVI,  fu 
protettore  dell'  università  di  Macerala, 
della  quale  era  stato  visitatore  apostolico 
prima  del  cardinalato.  Nel  n.°  8a5o  del 
Diario  di  Roma  del  1 77  i  si  riporta  il  pos- 
sesso preso  dal  cardinal  Marefoschi  co- 
me protettore  del  regno  d' Irlanda,  nel 
convento  <\e  francescani  irlandesi  di  s. 
Isidoro,  come  per  quel  luogo  e  collegio, 
colle  solite  formalità.  Nel  n.°8286  dello 
slesso  anno  vi  è  la  descrizione  del  pos- 
sesso della  protettola  del  pontificio  Col' 
legio  ClemenlìnOy  del  cardinale  Borghe- 
se, come  più  prossimo  parente  degli  Al- 
dobrandino perchè  Clemente  Vili  di  tal 
famiglia  lo  fondò.  11  cardinale  vi  si  recò 
in  fiocchi  con  nobile  treno  di  carrozze, 
ricevuto  dal  p.  assistente  generale  de'so- 
maschi  che  l'hanno  in  cura  e  rettore  del 
collegio,  dagli  altri  padri  e  dai  cavalieri 
convittori,  e  passò  nella  stanza  de'Pon- 
tefici,  cosi  detta  per  ivi  riceversi  quelli 
che  onorano  l'istituto,  ove  fu  servito  in 
un  alla  sua  corte  nobile  di  copioso  rin- 
fresco. Indi  si  trasferì  a  visitare  nella  ma- 
gnifica cappella  il  ss.  Sagrauaenlo,  don- 
desi  portò  nella  bella  libreria,  ove  fu  let- 
ta la  bolla  di  Clemente  Vili  riguardan- 
te l'istituzione  del  protettore,  e  colle  so- 
lite formalità  prese  possesso  della  protet- 
toria,  recitando  quel  discorso  che  ripor- 
ta il  Parisi  bibliotecario  della  casa  Bor- 
ghese, nelle  Istruzioni  t.2,p.  1 52, in  cui 
dichiarò  il  lodevole  scopo  che  si  propose 
i  I  Papa  fondatore  nell'islituii  e  il  collegio, 
cioè  per  rendere  i  giovani  nobili ,  colla 
pietà  e  colla  disciplina  delle  buone  arti, 
cittadini  utili  alla  chiesa  e  allo  stato,  fine 
che  il  glorioso  istitutore  conseguì  per  i 
tanti  eminenti  personaggi  che  vi  ricevet- 
tero l'istruzione;  the  trovandosi  perlai 
bolla  costituito  protettore  dell'  insigne 
collegio,  e  perciò  obbligato  di  contribuire 
a  quell'eccellente  fine  per  cui  fu  eretto,  se 
ne  compiaceva  per  quanto  poteva  ridon- 
dare a)  pubblico  bene,  aggiungendo  nuovi 


PRO  33<j 

stimoli  all'ottima  indole  della  nobile  gio- 
ventù ,  esortandola  a  corrispondere  con 
impegno  alle  saggiecure  de'religiosi, pro- 
mettendo zelo  e  impegno  perchè  il  fonda- 
tore sempre  più  sia  corrisposto  nel  suo  lo- 
devole di  visamento.  Si  deve  avvertire,  che 
quando  non  vi  sono  parenti  della  casa  Al- 
dobrandino e  lo  stesso  si  dica  della  Bor- 
ghese e  di  altre,  i  rispettivi  patroni  implo- 
rano dal  Papa  il  beneplacito  e  l'autoriz- 
zazione di  nominare  un  altro  cardinale. 
Finalmente  avendo  anche  gli  ospedali  il 
cardinal  proiettore, e  come  dissi  a  Ospe- 
dale di  s.  Spirito  il  cardinal  Macchi,  ri- 
porterò poche  parole  del  possesso  preso 
dal  cardinal  Braschi  deW Ospedale  di  s. 
Giacomo, che  leggo  nel  n.°  1278  del  Dia- 
rio di  Roma  del  1787.  Fu  ricevuto  alla 
porta  della  chiesa  dal  prelato  e  cavalieri 
deputati,  adorò  il  ss.  Sagramento,  si  assise 
in  ricco  dossello,  e  fattasi  lettura  del  bre- 
ve, il  cardinale  ammise  all'  amplesso  i 
deputali,  al  bacio  della  mano  i  sacerdo- 
ti, terminando  la  funzione  col  TeDeum 
in  iscelta  musica.  Passato  il  protettore  nel 
contiguo  appartamento,  gli  fu  presentato 
il  libro  dello  statuto  ed  una  vaga  map- 
pa di  fiori  finti,  e  poscia  si  condusse  a  vi- 
sitar l'ospedale,  distribuendo  colle  pro- 
prie mani  due  paoli  a  ciascun  infermo  o 
inferma. 

PROTO  e  GIACINTO  (ss.),  martiri. 
Secondo  l'epitaffio  ch'è  nelle  opere  di  s. 
Damaso,  essi  erano  fratelli  :  Giacinto  fu 
il  primo  a  combattere,  ma  Proto  riportò 
avanti  di  lui  la  corona  del  martirio.  Ne- 
gli atti  di  s.  Eugenia  leggesi  ch'essi  era- 
no ambedue  eunuchi  di  questa  virtuosa 
donna,  e  che  soffrirono  tutti  tre  sotto  Va- 
leriano  nel  257;  ma  questa  data  non  par 
sicura,  poiché  si  scorge  dal  calendario  di 
Liberio,  che  s.  Bassilla,  la  quale  fu  pro- 
babilmente compagna  di  s.  Eugenia,  patì 
ai  22  settembre  del  3o4  nella  persecu- 
zione di  Diocleziano.  La  festa  de'ss.  Pro- 
to e  Giacinto  trovasi  ne'più  antichi  mar- 
tirologi, ed  è  uotata  agli  1 1  settembre 
nel  calendario  di  Liberio,  in  cui  è  detto 


286038 


34o  PRO 

ci/essa  celebravasi  alla  loro  toraba  sulla 
via  Salaria  nel  cimitero  di  Bassilla.  Pa- 
pa s.  Damaso  I  del  367  fece  levar  la  ter- 
ra che  ingombrava  il  loro  sepolcro,  ed 
in  quel  tempo  fu  ivi  eretta  una  chiesa. 


PRO 

Nel  i5qi  Clemente  Vili  trasferì  le  re- 
liquie de'due  santi  in  Roma,  e  le  depose 
nella  chiesa  di  s.  Giovanni  de' Fiorentini 
con  solenne  Processione,  come  dissi  pure 
nel  voi.  XXV,  p.  20. 


FINE  DEL  VOLUME  CINQUANTESIMOQUINTO. 


Por  P/f 


BX   841    .1167   1840 

SI1CR 

doremi ,  Gaetano, 

1802-1883. 
Dizionario  di  erudizione 

storico-ecclesiastica 
AFK-9455  (awsk)