C3 Y&é
DIZIONARIO
DI ERUDIZIONE
STORICO-ECCLESIASTICA
DA S. PIETRO SINO Al NOSTRI GIORNI
SPECIALMENTE INTORNO
AI PRINCIPALI SANTI, BEATI, MARTIRI, PADRI, AI SOMMI PONTEFICI, CARDINALI
E PIÙ CELEBRI SCRITTORI ECCLESIASTICI, AI VARII GRADI DELLA GERARCHIA
DELLA CHIESA CATTOLICA, ALLE CITTA* PATRIARCALI, ARCIVESCOVILI E
VESCOVILI, AGLI SCISMI, ALLE ERESIE, AI CONCILII, ALLE FESTE PIÙ SOLENNI,
AI RITI, ALLE CERIMONIE SACRE, ALLE CAPPELLE PAPALI, CARDINALIZIE E
PRELATIZIE, AGLI ORDINI RELIGIOSI, MILITARI, EQUESTRI ED OSPITALIERI, NON
CHE ALLA CORTE E CURIA ROMANA ED ALLA FAMIGLIA PONTIFICIA, EC. EC. EC.
COMPILAZIONE
DEL CAVALIERE GAETANO MORONI ROMANO
SECONDO AIUTANTE DI CAMERA
DI SUA SANTITÀ PIO IX.
VOL. LV.
IN VENEZIA
BALLA TIPOGRAFIA EMILIANA
MDCCCLII.
^ S* \ * > v
^j
DIZIONARIO
DI ERUDIZIONE
STORICO-ECCLESIASTICA
POV
POV
1 OVERO. Egens, Egenus, Inops,
Mendicus, Pauper.Cheha scarsità e man-
camento delle cose che gli bisognano;
contrario di ricco. La povertà volontaria
è lodata nel vangelo, come la i .a delle
beatitudini. Gesù. Cristo l'ha santificata
nella sua persona e in quella de'suoi ge-
nitori, in quella de'suoi apostoli e de'più
perfetti discepoli. Mala povertà involon-
taria, soprattutto quando essa è estrema,
è uno scoglio sì grande perla virtù, che
Salomone domandando a Dio che lo pre-
servasse dagli scogli contro i quali corrono
pericolo di urtare coloro che posseggono
grandi ricchezze, lo supplicò altresì per-
chè non permettesse d'essere esposto ai
pericoli d'una estrema miseria. La pover-
tà è considerata in alcuni luoghi della s.
Scrittura come un castigo e talvolta co-
me una prova. Non vi è nulla di più rac-
comandalo nella legge antica e nuova
quanto l'elemosina e la compassione pei
poveri; essendo l'elemosina un douo fat-
to ai poveri per motivo di carità e per sol-
levarli. Mg.r Bronzuoli, Istituzioni cai'
toliche, dice che le buone operechesi pos-
sono fare dal cristiano, tanto comandate,
quanto eseguite di propria elezione, e che
formano l'osservanza della legge e l'eser-
cizio delle virtù, soglionsi anche riportare
a 3 soli capi, cioè all'orazione, al digiu-
no, all'elemosina ; nella parola elemosi-
na s'includono tutte le opere di miseri-
cordia corporali e spirituali. Vi sono dei
poveri industriosi e onesti che vivono del-
le loro braccia, ma non tutti apparten-
gono a questa classe; vi sono molti di
quelli che quantunque il vogliano non
possono guadagnare il pane coli' opera
delle proprie mani, ed altri che quantun-
que molto fatichino, non giungono però a
procurarsi il necessariosostentamento. Di-
ce ilcardinal Monchini, Degl'istituti di ca-
rità, che questi secondi a parlar propria-
mente diconsi i poveri : e perchè gli ope-
rai possono facilmente cadere in questa
condizione, a voler abbracciare il sog-
getto nella sua universalità, non vi si pos-
sono escludere. Ma lo statode'primièan-
cor più infelice, e voglionsi dinotare con
più accurato termine indigenti. In una
parola, indigente è quegli che nou ha nul-
4 pov
la e però si trova in estrema necessità,;
povero chi ha poco e però si trova in ne-
cessità anch'egli, ma solo comune: la re-
ligiosa carità invita al soccorso dell'uno
e dell'altro. Sembra che nelle provincie
d'oriente, culla del cristianesimo, si apris-
sero i primi pietosi asili e si destinassero
ai Pellegrini (V.): ben presto vi si prese
cura altresì degl'infermi, quindi degli or-
fani, de'vecchi, degl'invalidi, de'mendi-
ci. Col volgere del tempo furono istituiti
Ordini militari ed equestri (f), non che
ospitalari per esercitarsi nell'ospitalità e
nel ricovrare i poveri malati. Galvagni,
Il povero, distingue due sorte di poveri,
di Gesù Cristo e del demonio. I poveri
di Cristo, pazienti, umili, modesti econ-
tenti dello stato in cui si trovano posti dal-
la divina provvidenza e del sussidio che
ricevono, non si saziano di ringraziareld-
dio e benedicono quelli che lo fanno. I
poveri del demonio, nemici del buon or»
dine, infingardi, mentitori, ubhriachi e
disonesti, mormorano sempre, non sono
mai contenti, sempre petulanti; se rin-
chiusi in qualche stabilimento di pubbli-
ca beneficenza, maledicono i fondatori e
gli amministratori. Mg.rCiofi vescovo di
Chiusi e Pienza osserva in una pastora-
le, che la Chiesa fino dal suo principio
mise in onore la povertà, visto nascere
nella miseria il Redentore: essa sa che vi
saranno sempre tra noi de'poveri, sa che
bene spesso la povertà è il frutto de'vizi
e delle passioni; e mentre combatte le
cause e gli elFetli, porge benefica la ma-
no a chiunque ne rimase vittima quan-
tunque volontaria. Insegna che la cari-
tà è il vincolo della perfezione, che uni-
sce e conserva le altre virtù, per cui l'uo-
mo si rende perfetto; insegna l'amore ai
patimenti, e addita i tesori di virtù, a'qua-
li nascosti nella povertà e nel dolore apre
la via colla povertà volontaria e colle vo-
lontarie privazioni. Applaude a tutte le
sagge prove che la società immagina a
miglioramento della miseria, chiede solo
di esservi unita, onde prestarvi lo spirito
POV
del cristianesimo; che la moderna filan-
tropia non è già quella carità tanto da
Gesù Cristo raccomandata, quando dis-
se: ama il tuo prossimo come te stesso,
fa del bene a tutti per amor mio. I ne-
mici del cristianesimo, gelosi della virtù
ch'esso insinua, soppressero il nomedi ca-
rità, sostituendo quello di filantropia. Ma
fu la caritàcristiana che innalzò tra noi gli
asilide'poveri ede'malati, degli orfanelli e
delle vedove, e vennero in soccorso di detti
asili i moderni, quando si trattò di presie-
dervi per lucro e interesse, diminuendo
così quelle rendile destinate al sollievo
degl'infelici. Questa tanto celebrata filan-
tropia non ha indotto sin qua alcuno a
consacrarsi Missionario (F^),o suora del-
la Carità(F.), per tutto il corso della vi-
ta a traversar mari, a curare le più schi-
fose malattie, a sprezzare il pericolo del
contatto pestifero e della morte; e ciò
non per acquistar la fama del mondo, ma
per piacere a Gesù Cristo, cjie fu piagato
e confitto in croce per noi. La Chiesa com -
balle nelle sue causela povertà, ma vuole
che si rifletta che il Salvatore nacque po«
veroin un Presepio[Jr.) per insegnar la po-
ca stima ch'ei fece de'comodi terreni; essa
vuole che si rifletta, che se nascemmo tra
gli agi fu pure suo dono, che di questo
dono facciamo parte ai poverelli che lan-
guiscono; che Gesù Cristo reputerà fat-
to a se stesso quanto faremo ai disgra-
ziati e ci colmerà di premi. La Chiesa
vuole e comanda che si soccorrino i mi-
seriche per malattia o altri casi sonoespo-
sii a strettezze. La beneficenza è un do-
vere pel ricco, per lo stalo. nel limite di
sua potenza, un benefizio della religione
che comanda di porgere aiuto ai nostri
simili bisognosi. Ma il socialismo o Pan'
teismo {V-)> il più assurdo e funesto tra
i vaneggiamenti, dice all'uomo: tulli i
beni di questo mondo sono di tuo dirit-
to; la proprietà è furto. La religione al
contrario proclama: ama il tuo prossimo,
comanda con dolcezza se devi comanda-
re, obbedisci con gioia se devi obbedire,
POV
il mio regno non è di questo mondo, il
più umile della terra sarà il più innal-
zato nel cielo.
Roma centro della religione d'amore,
che ha per principio l'amar il proprio si-
mile come se stesso, seguitando la vera
indole della carità cristiana, ridonda di
■venerande e benefiche istituzioni versoi
poveri e gl'infelici. E ben può dirsi cat-
tolica la carità romana, poiché quasi tut-
te le nazioni contribuironoa fondarvi uti-
li istituti, Ospizi, Ospedali, Collegi, Do-
ti (F.) e altri soccorsi, essendo grandis-
simo il numero delle Arciconfraternile
e Confraternite che fra gl'istituti limosi -
nieri tengono il primo luogo, come per
l'esercizio di tante opere di carità cristia-
na, anche a vantaggio delle Verghile Ve~
dove {V.), e d' ogni specie di bisognosi.
] Papi luminosamente cooperarono alle
tante belle opere che risplendono nell'al-
ma città in favore de'poveri d'ambo i ses-
si, col proprio peculio, con l'erario pub-
blico e colle casse de Lotti (F.), della Da-
teria e de Brevi (F.)j cardinali, prelati,
signori e persone d'ambo i sessi ne imi-
tarono i generosi esempi, come vado ce-
lebrando in tutta quanta questa mia ope-
ra. E impossibile impresa il volere no-
verare tutte le limosine, che sotto svaria-
te forme e maniere si distribuiscono ai
poveri d'ogni specie nella beneficenlissi-
ma Roma, oltre le private largizioni pe-
riodiche o mensili d'ogni ceto di perso-
ne. Ad Elemosiniere parlai dell'uffizio
dell'elemosiniere, dell'antico Sacellario
cui spettava dare le limosine del Papa,
poi chiamalo Elemosiniere del Papa(F.),
e degli elemosinieri de'sovrani. A questo
articolo feci la storia di tale ministro e
della Elemosineria apostolica. Dei tanti
diversi modi e tempi dell'elemosina fatta
esemplarmente dai Papi colle stesse lo-
ro mani, essendone restata memoria nel
Succintorio (V), o per mezzo d'altri con
ispleudida generosità e animo veramen-
te paterno; avendo notato quali Ponte-
fici vi si distinsero, siuo a imbandire il
POV 5
Pranzo ai poveri nel proprio Palazzo a-
poslolico, oltre la Lavanda de' piedi (V.).
Ad Elemosina discorsi del precetto e vir-
tù dell'elemosina a chi può farla, e del
vantaggio immenso che se ne ritrae. Che
le Oblazioni (Pedi, dicendo a questo ar-
ticolo che la Chiesa le ricusò da quelli
che opprimevano i poveri eche questi era-
no dispensati dalle oblazioni) si divide-
vano in 3 parti (quanto alla durata di tal
disciplina V. Palazzo), una delle quali
pei poveri e Pellegrini (V.). Avvertirò
con Berlendi p. 170, Delle oblazioni, che
i poveri non avendo che olferirepel sa-
grifìzio se non il desiderio, acciò non re-
stassero privi del frutto del sagrifizio, il
sacerdote per renderli partecipi in tal mo-
do a Dio li raccomandava: Suscipe Deus
miniera eorum,qui offèrre volunt, et non
habent. Ciò anche in ordine ai defunti,
cheavendoavutoun tal volere, non han-
no avuto poi il potere; poiché essendo an-
che i poveri membri della Chiesa, non era
conveniente chele loro anime restassero
senza sulfragio perchè i lóro parenti si pre-
sentavano senza oblazione. Inollrea Ele-
mosina ricordai le antiche Collette(F) o\e
si facevano le Collette d : questua (F.) pei
poveri; la grande carità de'primi fedeli, si-
no a vendersi Schiavi(V.) per nutrire ipo-
veri; delle necessità di questi, delle provvi-
denze prescsull'elemosineda'concilii, e su-
gli antichi accattoni : dissi pure delle mae-
stre pie, dellespezierie, de'medici, chirur-
gi e levatrici pei poveri di tutti i rioni, dal
Papa regnante attribuitealmunicipioro-
mano. 1 Diaconi Cardinali (F.) furono
istituiti dai Papi, dopo quelli degli apo-
stoli,anche per soccorrere ipoveri,e pren-
der cura degli orfani e de' pupilli, onde
ebbero case, ospizio e ospedale per ricet-
tarli,alimentarli e curarli, presso le Dia-
conie [V.), essendo le maniche larghe del-
la dalmatica simbolo di loro liberalità;
mentre le Diaconesse (F.) presero cura
delle povere orfane. A Matricola (V.)
ragionai ancora di quella che ne' primi
secoli della Chiesa conteneva la lista dei
6 POV
poveri de'due sessi, alimentati a spese del-
la medesima, specialmente le vedovee pu-
pilli, con rendite chiamate vialricularii,
nella casa detta Matricida pauperum ,
contigua al tempio, ove abitavano que' po-
veri denominati matricolari. A Difenso-
re parlai purede'difensori de'poveri e del
popolo, non che della Chiesa, come quel la
chesempre prese la protezione de'poveri,
afflitti, vedove, orfani, contro gli oppres-
sori, potendo giudicar le cause tra'poveri
e il popolo minuto sino a una certa som-
ma. Il Patrizio di Roma (P\) doveva di-
fenderei poveri. A Possesso de'Papi ram -
mentai l'anlico rito di tal funzione, di
spargere monete al popolo, con versetti
risguardanti i poveri. A Difensori della
chiesa romana istituiti ne'pi imi suoi tem-
pi, notai che loro spettava patrocinar le
cause anche de' poveri, perciò spediti dai
Papi in remote parti per accorrere inaiulo
a quelli che imploravano l'autorità della
s. Sede. Ivi dissi ancora de'7 difensori re-
gionari di Roma, istituiti o meglio sta-
biliti da s. Gregorio I, che si mandava-
no per le provincie anche per distribui-
re ai poveri i danari lasciati dai testatori,
e come a questi difensori successero gli
avvocati concistoriali (V.). A questo ar-
ticolo parlai di uno del medesimo cospi-
cuo collegio, che funge l'antichissimo e ri •
levante ufficio di Avvocato de poveri, per
l'obbligo che ha di difenderli, massime se
carcerali o condannali a morie, dicendo
che prima avea parte doppia dal palazzo
apostolico, come famigliare del Papa, con
altroché lo riguarda. Morcelli lo chiama
advocatus plebis, advocalus populi, ad-
vocatus public. A Concistoro lo ricordai
per le perorazioni che vi fanno perle Ca-
nonizzazioni, e di quelle che si fecero
sino ad Urbano Vili su gravissime cau-
se criminali. A Camera apostolica ripar-
lai dell'avvocato de'poveri per appaile-
nerea quel tribunale,del suo posto in cap-
pella pontificia, del suo titolo di monsi-
gnore e abitodistinto di manlclletlone, e
che non può trattare altre cause olire
POV
quelle del proprio onorevolissimo uilicio.
A Mantellone non solo meglio dissi del
suo abito, ma che non può ammogliarsi
dopo essere insignito della carica. A Go-
vernatore di Roma egualmente ne tenni
proposito, comechè fece parte del suo tri-
bunale,inun agli altri procuratori dei po-
veri subalterni, dicendo del loro accesso
alla visita delle prigioni, nonché alla visita
generale delle carceri con altre notizie. O-
ra fa parte del Tribunale crimina le di Ro-
ma, componendosi la procura de' pove-
ri, di mg.r Filippo Baffi avvocato de'pove-
ri, edi mg.r Bonaventura Orfei avvocato
dei poveri coadiutore d'Orvieto, di 4 Pro-
curatori de'poveri, d'un procuratore ag-
giunto, d'altro onorario, del procuratore
dei poveri per la carità de' carcerati, e del
sollecitatore delle cause de'poveri. A No-
menclatore dissi che a lui è succeduto l'av-
vocato de' poveri, altri dicono 1' Uditore
della camera: il nomenclatore cavalcava
vicino al Papa per ricevere i Memoriali
[V.) di chi avea bisogno di aiuto, di gra-
zia o di soccorso. Cartari, Syllabum ad-
vocalorum s. Consistorii, riporta le no-
tizie di molti avvocati de'poveri, profon-
di giureconsulti, insieme a quelle del dot-
tissimo padre di Paolo V, cioè Marc'An-
tonio Borghese decano degli avvocati con-
cistoriali, che si meritò il titolo di padre
e protettore de'poveri: nel moto-proprio
di elogio splendido di s. Pio V, ed in cui si
parla delle grandi sue benemerenze e del-
le attribuzioni e prerogative del nobile e
meri torio uflìzio.questo magistrato si chia-
ma Advocati pauperum, uffizio stabilito
ab antiquo, ad defensionem pauperum,
praesertim carceratorumj e uella lapide
sepolcrale, Magno pauperum advocalo.
Garampi, Osserv. delle monete poni. p.
278, nel documento della zecca di Roma
del i545j rogato da diversi camerali e
dall'avvocato de'poveri Gio. Luigi d'A-
ragona, che lo era fino dal 1 l'òi, avverte
che i De Rubeis nel Defensor redivivus,
Roma 1657, a p. 28K nel darci il cata-
logo di quelli che hanno esercitato l'uf-
POV
fizio di avvocato de'poveri nella curia ro-
mana , essendo assai digiuno quanto ai
tempi più antichi e senza notare il tempo
in cui visseciascuno, ne riportai seguenti,
e potranno servii edi supplemento a detta
opera e a quella di Cartari. Gio. Bruni
Doknsis advocatuspauperum in romana
curia seguitò Papa Urbano V allorché da
Avignone si trasferì a Roma nel 1367.
Gio. deMilisdi Eugenio IV. AntonioRo-
selli d'Arezzo insignegiureconsulto. Lelio
della Valle del 1472. Francesco Pellati
da Padova del i479- Coronato Planca
ammesso nell'officio da A lessandro V I nel
i495. Paolo Planca del i5o4; gli suc-
cesse nel 1 5i 1 Melchiorre Baldassini. Ve-
spasiano Cesi del 1 53 1 . Pietro Paolo San-
guinei del i548. M. A. Borghese sud-
detto lo era già nel 1 54*). cui successe nel
1574 Lorenzo Campeggi arcidiacono di
Bologna. Vedi Plettemberg, Notitiacon-
greg. p. 55 1 , De procuratore pauperum,
parlando di questo e di quello del soda-
lizio di s. Girolamo della carità. Piazza
riell' Eusevologio trat. 3 , cap. 5: Del-
l'avvocalo e procuratore de'poveri, eru-
ditamente discorre di loro origine e pre-
gi, come di quanto fecero le altre nazio-
ni, anche gentili e idolatre per la difesa
de' poveri. Del modo come procedono
alla difesa de' poveri, colla prescrizione
di s. Pio V che debbono rilasciarsi i car-
cerati per debiti se non sono mantenuti
in prigione dai creditori, in uno alle be-
nefiche disposizioni degl'imperatori e dei
Papi. Riporta il giuramento imposto da
Innocenzo li agli avvocati e procuratori
de' poveri, non che le belle prescrizioni
di Paolo V all' avvocato de' poveri per
la loro difesa e patrocinio, dovendone vi-
sitare spesso le carceri o per mezzo de-
gli altri procuratori o sostituti.
Dal Rinaldi si apprende come sin dal
principio del cristianesimo solevano i po-
veri mendicar fuori delle chiese nel por-
tico, non essendo loro lecito entrare in
chiesa a domandare limosina, bensì co-
me agli altri era loro aperta la chiesa per
POV 7
far orazione ed essere ammessi alla sa-
gra mensa insieme coi principi. I poveri
abitavanoallora fuori della Porta Ostien-
se e la Porta Trigemina, e vi riceveva-
no la limosina, come attestano Plinio e
Plauto, dicendo Ammiano che poi la lo-
ro abitazione fu trasportata al Vaticano.
I poveri di ciascun rione di Roma, sta-
vano sotto la cura di 7 cardinali diaconi;
il Papa ne sapeva il numero, e li soste-
neva abbondantemente. Papa s. Solerò
del 175 fu sommamente liberale co'bi-
sognosi ed aumentò generosamente il pio
costume usato fino dalla nascente Chiesa
dai 12 suoi predecessori, nel soccorrere
con copioso sovvenimento i poveri, anche
di rimotissimi luoghi e nelle più lonta-
ne parti del mondo. Malgrado le perse-
cuzioni nel pontificato di s. Cornelio del
254 in Roma si contava numeroso clero,
i5oo vedove e moltissimi poveri , tutti
mantenuti dalla pietosa carità della chie-
sa romana. Nel concilio romano tenuto
da s. Silvestro I alla presenza di Costan-
tino, venne stabilito che la 4-a parte del-
le rendile della Chiesa fosse impiegata a
beneficio de'poveri e degl'infermi. Nel
4oo circa si aprì in Trastevere un Ospe-
dale pei malati, mentre altri se ne erige-
vano a Ostia ed a Porto, i quali istituti
se cedono per anteriorità di tempo a quel-
li aperti in oriente, furono al certo i pri-
mi d'Italia e delle regioni occidentali. In
Roma le più nobili e antiche matrone, i
patrizi e persone consolari, e soprattutto
i Papi, furono esempi di carità fin dai pri-
mi secoli e in ogni tempo, imperocché in
Roma si tenne sempre carissima questa
splendida eredità trasmessale da'suoi il*
lustri antenati, sicché può affermarsi con
sicurezza che nessun'allra metropoli ne
fu più doviziosa. Nicolai, Meni, sull'an-
nona di Roma, celebra i frequenti sussidi
che i Papi distribuivano alla plebe di Ro-
ma, specialmente in tempo di calamità,
sino dai primi secoli della Chiesa, e delle
loro paterne cure ne'tempi di carestie, on •
de provvedere la città de'generi necessari
8 PO V
ni sostentamento. Nel L 3, p. 377 e seg.
degli Alti di archeologia si contengono
le 3 seguenti erudite e importanti disser-
tazioni. Di Nicola Ratti, Sopra gli stabi-
limenti di pubblica beneficenza degli an-
tichi romani: Delle opere" di pubblica be-
neficenza de' cristiani de' primi tre secoli.
Di Giuseppe de Mattheis, Sulle inferme-
rie degli antiehie loro differenza dai mo-
derni ospedali. Nella i.a Ratti, nell'illu-
strare gli stabilimenti di pubblica benefi-
cenza degli antichi romani, diceche non
ve ne furono sotto la repubblica, in cui
a Roma non v' erano indigenti e persone
prive d'ogni maniera di sostentamento,
uè oziosi a carico dello stato, perchè ogni
cittadino dovea esercitare un impiego o
un mestiere, almeno e quasi tutti erano
agricoltori e militari. Nondimeno nel voi.
IX, p. 264 riportai l'erezione del tempio
alla Pietà romana, in onore di quella fi-
glia, che alimentò il carcerato genitore,
portandosi poi alla propinqua Colonna
lattaria del Foro Olitorio i bambini spu-
ri per trovare le nutrici (della pia casa
degli esposti trattai a Ospedale di s. Svi-
bito). Col declinar della repubblica ab-
bandonate le antiche virtù, la sobrietà,
e introdotto il fatale Lusso^P^.), si scon-
volse e disorganizzò l'ordine pubblico; a
tuttociò si aggiunga la popolazione man-
data alle colonie 3 le guerre civili e le pro-
scrizioni, che fecero restare prive di sussi-
stenza una classe di persone, che necessa-
riamente ricadde a carico delle altre clas-
si de'cittadini e del pubblico, sì in Roma
che nell'Italia. In questo stato trovavasi
la regione quando Augusto divenne im-
peratore, il quale compassionando la mi-
seria di tanti infelici, nel fare il giro del-
l' Italia fece una distribuzione pecunia-
ria a ciascun padre di famiglia in pro-
porzione del numero de'figli, e colla plebe
di Roma fu più generoso, ed in tempi di
carestia dispensò grano, 0 gratuitamente
o a bassissimo prezzo, com'erasi talvolta
praticato dalla repubblica mensualmen-
te. Ciò fomentando l'ozio e l'infinga! dag-
POV
gine in pregiudizio della coltivazione del-
le terre, indusse Augusto a ridurre tali
distribuzioni frumentarie per quadrime-
stri. Nérva però fu il 1 .° istitutore, quin-
di Traiano, dei sussidi alimentari a van-
taggio di Roma e degli oppidi d'Italia pei
poveri d'ogni età, oltre i congiariodonio
largizioni di grano e altri generi, che go-
deva la capitale (larghi donativi che ave-
vano luogo nelle festi ve ricorrenze, e di cui
trattai altrove, gratificazione che la prepo-
tente soldatesca e la turbolenta e petulan-
te plebe pretese poi per obbligo). Quest'e-
sempio fu imitato da molti ricchi privali
romani edi non poche città d'Italia, ed A-
driano favori e protesse questa beneficen-
za, cosi Antonino eM. Aurelio, de'quali
le rispettive mogli si distinsero per que-
sta parte al pari di loro. Tutto variò sotto
Comodo, che non prendendo cura degli
afFurj, molto meno si occupò della pubbli-
ca beneficenza. Nella peste poi che nel 1 8 1
afflisse I talia, per morte perirono i padro-
ni de'terreni che corrispondevano annuo
censo agi' istituti alimentari, e niuno ac-
correndo a rimediarvi cessarono a un trat-
to le rendite, per cui Elvio Pertinace fu
costretto farli cessare. Dipoi nel secolo IV
sMncontrauo esempi di distribuzioni fru-
mentarie sotto gl'imperatori cristiani. A
queste beneficenze sovrastava il prefetto
degli alimenti. Il mensile assegnamento
del vitto della femmina era un terzo meno
del maschio, mentre i maschi alimentari
erano nel numero di gran lunga superiore
a quello delle femmine e poco più della
io." parte. Al convitto alimentare non
si ammettevano i due sessi prima de' 9
anni, e ne godevano sino al i41efemmi«
ne, sino al 18 i maschi, cioè gl'italiani,
mentre gli abitanti di Roma sino dall'in-
fanzia si ammettevano alla percezione.
Ratti crede che in alcuni luoghi d' Ita-
lia i fanciulli e fanciulle povere fossero
alimentate in case di convitto, avendosi
in mira l'educazione peraverne utili citta-
dini : altri istituti alimentari furono ope-
ra di privati cittadini. Ma di questi stabir
PO V
li menti di pubblica beneficenza di Roma
pagana, n' ebbe assai piùe piùpregievoli
Roma cristiana fin dai primi secoli; i pri-
mi furono l'è (Ietto di sentimenti d'urna*
nità, i secondi il prodotto dello spirito
di carità evangelica , sentimento tanto più
nobile, perchè della legge di natura è più
perfètta la legge di grazia, onde dai pri-
mi cristiani si aprì vasto campo alle più
belle opere di beneficenza. JNella 2.a dis-
sertazione Ratti fa considerare, che in-
nanzi che la religione di Cristo divenisse
quella dell'impero pacificamente, e fin-
ché fu punito il pubblico esercizio di es-
sa, fu allora che più risplendette la fra-
terna carità de'fedeli tanto inculcata dal
divin legislatore, e lasciò esempi così lu-
minosi, che invano se ne cercherebbero di
simili nelle altre religioni. Ricorda la ge-
nerale e spontanea comunione de'beni che
fu introdotta sotto gli apostoli, che trat-
tai a Diacono, a Gerusalemme ove inco-
minciò, e negK articoli relativi (a Disci-
plina regolare parlai della vita comune
del clero), con generale vicendevole bene-
ficenza, che si rese necessaria ne'secoli di
Persecuzione (F.)j mentre pii personag-
gi e divote matrone ne' propri fondi die-
rono onorata sepoltura ai martiri e altri
defunti, edificando Cimiteri e Catacom-
be {V.). Ricorda l'istituzione di Papa s.
Fabiano de'7 memorati Diaconi della
Chiesa romana, terminando la comunan-
za de'beni ne'primi del IV secolo al fi-
nire delle persecuzioni (dopo le quali i soc-
corsi della privata beneficenza non furo-
no più sufficienti al sollievo delle umane
miserie, o per l'aumento de'bisognosi o
perchè si scemò il primo fervore della ca-
rità, di che si lagnò s. Gio. Crisostomo,
in Manli. 27, io, Homil.25). JNelle Car-
ceri (F.) i Confessori della Ftde{fr.) ri-
ceverono ogni sorte di aiuto dai loro fra-
telli,così quelli condannati negli scavi ad
metallo, sormontando per questi carita-
tevoli uffici i più grandi ostacoli e gravi
pericoli. A cagione de'frequenli martini,
moltissime donne rimasero prive de'luro
POV 9
mariti, moltissimi fanciulli de'loro geni-
tori, quindi come già rilevai, dall'unione
de' fedeli e dalle chiese particolari erano
mantenute le vedove egli orfani de' quo-
tidiani alimenti e dell' occorrente vestia-
rio ; beneficenza che si estese per tutta
quanta la Chiesa, e finché il bisogho lo ri-
chiese, dimostrandosi maggiore la libera-
lità de'cristiani verso gli orfani de'mar-
tiri. Questi alimentati non vanno confusi
coi mendici pubblici, che si radunavano
presso le carceri de'confessori, o avanti i
monumenti de'martiri, e vi ricevevano la
limosina da'fedeli che in folla viaccorreva-
no, in quella guisa medesima che poi il
luogo destinato ai mendici fu il portico
esterno delle chiese dopo l'atrio, aderen-
tealle porte delle medesime. Interessòpu-
re il cuore benefico de'primitivi cristiani
tutti quelli che per vecchiezza o infermi-
tà erano divenuti inabili a esercitare un
mestiere, dal quale potessero ritrarre il
sostentamento. La beneficenza degli an-
tichi cristiani era diretta a sov venire i veri
impotenti, di venuti tali o per moti vodelle,
persecuzioni o per cause naturali; quei
che lo fossero stati per inclinazione alla
"vita oziosa o per avversione al travaglio,
non entra vano in questo numero. Agi' in-
fermi somministra vano i necessari alimen-
ti e nelle proprie case apprestavano loro
gli opportuni rimedi,amorevolmeute ser-
vendoli nelle cose più vili , non esclusi
quelli che cadevano malati nelle Pesti-
lenze (f-), imitati dai posteriori Ospe-
dalieri e Ospedaliere {V.). Pei medesimi
primi cristiani fu opera benefica la pub-
blica ospitalità, quale fu praticata anche
dagli antichi romani e da altre nazioni ,
come dissi a Ospizio. Fu tanto affettuo-
sa ed esemplare, clie mosse l'invidiosis-
simo Giuliano apostata, per fare risorge-
re il paganesimo, ad ordinare al sacerdo-
te degl'idoli Arsace, di stabilire in ciascu-
na città case o ospizi pei pellegrini e pei
poveri, affinchè i gentili non fossero in
ciò inferiori ai cristiani, come toccai a
Ospedale. Ad evitar le frodi depellegri*
io POV
ni impostori, anche i cristiani usarono le
tessere ospitali e poi le lettere formate,
ed in Roma si esercitò mirabilmente l'o-
spitalità,ove accorrevano i fedeli qual cen-
tro del cristianesimo e capitale dell'im-
pero, d'onde ebbero origine i tanti ospe-
dali e ospizi che vanta, come descrissi a
Ospedali di Roma, a Ospizi di Roma, a Pel-
legrinaggio parlando delle case e bagni
(questi si erigevano presso le chiese per
lavarvi i pellegrini, come notai a Lavan-
da delle MANi)convertiti in alberghi ospi-
tali alle radici del Viminale ed Esquili-
no, regione in cui secondo Baronio esi-
stevano molti alloggi de'pellegrini, ma non
pare essendo piuttosto la Vaticana. A
Palazzi di Roma accennai le provviden-
ze de'Papi contro gli abusi de'proprietari
delle case, a vantaggio de'pellegrini e dei
poveri. Nella 3.a dissertazione il doti. De
Mattheis sulle infermerie o ricettacoli di
infermi presso gli antichi, a differenza dei
moderni ospedali, prova che vi furono
presso i greci e presso i romàni, e spe-
cialmente dopo che le malattie divennero
assai frequenti, anche pegli schiavi, per
interesse de'proprietari più che per uma-
nità, avendone pure il bestiame ammor-
bato, chiamandosi siffatti ricettacoli va-
letudinarium : anche le milizie ne dovea-
no avere pei' accogliere i feriti e gl'infer-
mi. Presso gli antichi le case stesse dei
medici e le loro officine o botteghe servi-
vano a ricevere i malati anche a dimora,
per meglio assisterli e sottoporli a cure
più o meno lunghe, come al presente si
pratica da alcuni medicj di Germania e
di Francia, a convitto o pensione. In que-
sto senso adopravano gli antichi la paro-
la Medicina (V.), vale a dire officina di
medico fornita d'istromenti e di farma-
chi, oveaccoglievansi gl'infermi o per me-
dicarli o per curarli se vi restavano , lo
che accennai a Medico. Però i veri ospe-
dali e le pubbliche infermerie degli an-
tichi greci e romani erano i templi delle
deità salutari, come Esculapio, i suoi fi-
gli, ed i numi protettori dell'umana sa-
POV
Iute, come Apollo, Se-rapide, Minerva,
Lucina, ec: ivi accorrevanoin folla gl'in-
fermi d'ogni specie, per esser guariti dal
medico potere di que'numi, che lo eser-
citavano per mezzo de' loro sacerdoti fur-
bi e avidi de'grandidoni che percepivano
per l'interpretazione de'sogni e pei rime-
di vani e superstiziosi che insegnavano,
onde Luciano chiamò il tempio d'Escu-
lapio in Pergamo: bottega del nume. In
Roma fu prescelta l'isola Tiberina, fra i
ponti Cestio e Fabricio, a contenere il
tempio e la casa d'Esculapio, ove surse
poi \' Ospedale di s. Gio. di Dio, tanto
benemerito dell'umanità languente,men-
tre ivi si esponevano o abbandonavano gli
schiavi incurabili, che! se guarivano di-
venivano liberi. I ricoveri e infermerie
presso i templi sorgevano ne' luoghi più
salubri, con bagni, abitazioni e altre co-
modità. Essendo tenuti per santuari, il
non ricuperare lasanitàeilmalesitodella
cura si ascriveva a mancanza di fiducia
o di obbedienza alle prescrizioni. Sulle
porte o parelio colonne di questi templi,
detti anche Asclepii, a pubblico vantag-
giosi scrivevano i farmachi di nuovo sco-
perti, e con iscrizioni si scolpivano le sto-
rie delle guarigioni. Altre infermerie era-
no quelle di ricchi proprietari, destinate
a ricevere i loro servi malati. Ma il bal-
samo soavissimo della carità che dirige
i nostri stabilimenti di tal genere, non
era conosciuto dai gentili : sotto l'influs-
so benefico di tal sentimento, provenne
una nuova specie di ospitalità e di bene-
ficenza , unicamente a favore della po-
vertà e del bisogno. GÌ' infermi più po-
veri , più schifosi , i più derelitti , i più
incurabili, sono nella morale cristiana i
soli prescelti e distinti. De Mattheis ri-
tiene che avanti il IV secolo e di s. Fa-
biola, che celebra prima istitutrice degli
ospedali in Roma anzi del cristianesimo,
ne in oriente, ne in occidente esistessero
tra'cristiani case e ospedali particolar-
mente destinati a ricevere infermi, mas-
sime i poveri; bensì pare che in oriente
POV
oltre i luoghi per accogliere i forestieri
e pellegrini che si recavano a visitare i
santi luoghi di Palestina {V.), dipoi si
moltiplicassero le infermerie e ospizi dei
lebbrosi, chiamati in seguito Lazzaret-
ti ( V. ) , assistiti da' monaci di s. Basi-
lio che ne viene considerato principale i-
stitutore, e da altri ospitatali; utilissimi
stabilimenti con chiese contigue, desti-
nati ad accogliere i poveri infermi, som-
ministrando loro gratuitamente alloggio,
■vitto e assistenza religiosa e medica, che si
propagarono ovunque a precipua utilità
de'poveri, onde Giustiniano I concesse e-
senzioni e privilegi per favorirne la mol-
tiplicazione , rifabbricando magnifica-
mente quello eretto da Sansone in Co-
stantinopoli, ed erigendone altro in An-
tiochia. Nella i.a città Alessio Comneno
il seniore fondò nel secolo XI il più no-
bile, vasto e sontuoso stabilimento di tal
natura che sia stato fabbricato non solo
in oriente, ma in qualunque altra parte
del mondo; era una specie di città che
occorrevano 24 ore per vederla, popo-
lata da circa 10,000 poveri invalidi d'o-
gni specie, orfani, feriti; ammalati, e tutti
provveduti assai bene d'ogni cosa. Anche
in occidente e prima del 1000 si molti-
plicarono per ogni dove presso le Chiese
ei Monasteri^.) ospizi pegl'infermi po-
veri e pei pellegrini, come si apprende
dalla storia degli Ordini religiosi (V.)t
tanto benemeriti de'poveri. Dopo il 1 000
tali luoghi incominciarono ad essere più.
ampi e più ricchi, meglio diretti e gover-
nati, e quasi ogni genere di malattia co-
minciò ad avere il proprio ospedale, co-
me pei Pazzi (F.), Alle opere di carità
cristiana verso i poveri fu lodevolmen-
te accoppiato lo studio della salute, on-
de gli ospedali come gli antichi Ascle-
pii e meglio contribuirono grandemen-
te all' incremento della Medicina , co-
me già notai a quell' articolo coli' au-
torità eziandio del De Maltheis tanto
dotto Dell' arte salutare. Della disser-
tazione poi che questi fece Degli accat'
POV . t
toni deJ tempi antichi, già parlai a Elemo-
sina.
A Elemosiniere del Papa riportai mol-
ti de'Pontefici che ne'bassi tempi furono
veramente padri de'poveri, qui aggiun-
gerò s. Felice III detto IV , Pelagio II,
Severino, Teodoro I, Conone, Costanti-
no, s. Gregorio III, Eugenio II, Grego-
rio IV, Benedetto 111, e per non diredi
altri, descritti nelle biografie, Stefano V
detto VI dell' 885, che pei poveri e per
riscattare gli schiavi eminentemente si di-
stinse. II Muratori trattò nella Dissert.
37 : Degli spedali de'pellegrini, inalati,
fanciulli esposti de' tempi di mezzo, es-
sendo .stati i poveri grandemente a cuo-
re ne'secoli chiamati barbari, anche pei
tanti pii luoghi fondati per essi. Impe-
rocché dopo la declinazione del romano
impero, nellosfoggiodi liberalità de'fede-
li verso i sacri templi, i collegi de' cano-
nici ed i monasteri non furono trascu-
rate le turbe de'poveri e bisognosi, pre-
dicandosi da per tutto con quanta pre-
mura Iddio nelle divine scritture racco-
mandi la misericordia versoi poveri, con
promesse di splendidi premi ai miseri-
cordiosi, anche come efficace aiuto e suf-
fragio pei fedeli Defunti (P.) le cui ani-
me penavano in Purgatorio \W. .). Perciò
anche ne' secoli rozzi e di ferro la mu-
nificenza de' cristiani verso i poveri fa
grandissima e maggiore de' posteriori.
Primieramente l'illustre storico fa osser-
vare, che di tutte le facoltà trasferite dai
fedeli nelle chiese e monasteri o lasciatela
morte, n' erano una volta partecipi an-
che i poveri; giacché si donavano i Beni
(F.) agli ecclesiastici con questa condi-
zione o tacita o aperta, che ne servissero
le rendite per ornamento delle chiese, per
l'alimento ai sagri ministri, e insieme per-
chè il popolo de'poveri per quanto fos-
se possibile ricevesse aiuto e sollievo dal-
l'erario loro: innumerabili furono i ca-
noni dei concilìi ed i passi de' ss. Padri
che in proposito riunì Tomassini nella
par. 3, lib. 3 de Beneficiis. L'imperato-
12 POV
re Lodovico I neli'8i 6 statuì ne' Capi-
tolari, Uh. 1, cap. 80, qual parte delle
rendite ecclesiastiche si dovesse conferi-
re a' poveri, acciocché l'umana malizia
non assorbisse quello ch'era destinato dai
canoni a sollievo della povera gente, ri-
guardandosi que' beni patrimoni a pau-
perum, non già de'soli chierici e mona-
ci. Inoltre gran copia di liuiosine quoti-
diane raccoglievano allora i poveri dal-
la carila de'fedeli, molli de'quali lascia-
vano l'intiera eredità o una porzione per
distribuirsi subito a' poveri e bisogno*
si. In tali secoli fu pio costume a bene-
ficenza della povertà la frequente fonda-
zione di luoghi pii per gl'infermi, per i
pellegrini , per i fanciulli esposti e altri
fanciulli poveri, per gli orfani, per gl'in-
validi, per i poveri vecchi, in una paro-
la per ogni sorta di miserabili e bisogno-
si, di maniera che ognuno di essi trova-
va dove ricorrere per sollievo alle pro-
prie necessità, per abitazione, vitto e cu-
ra nelle infermità, con assistenza eziandio
spirituale. Gareggiarono perciò in Italia i
fedeli per fondare somiglianti case di per-
petua carila, non meno nelle città, che
fuori dicesse, reputandosi il maggior de-
coro degli ecclesiastici e insieme de'laici
il far simili fondazioni , anche con ispe-
ranza di conseguirei! regnode'cieli. Mu-
ratori dichiara, che per l'esercizio della
carità furono commendati assaissimo i
Papi ed i vescovi, mentre nelle iscrizio-
ni sepolcrali di molti Papi, la più. usata
loro lode fu quella di aver sovvenuto i
poveri; le monache ed i religiosi non tra-
scurarono questo elogio, massime i mo-
naci. Particolarmente fu in uso di quei
tempi il fabbricare ospizi di carità per
sussidio e comodo de'pellegrini, dove si
doveano passare i fiumi senza ponte e va-
licare le cime de'monti. Andati in disuso
i pubblici alberghi degli antichi romani,
principalmente nelle stazioni delle Posta
(f/.)} dopo l'invasioni barbariche, riferi-
sce Muratori, a poco a poco si rinnova-
rono segnatamente nel secolo IX, iusie-
POV
me alle osterie o taverne, le quali come
le caritatevoli ospitalità particolari pati-
rono inconvenienti per parte di pellegri-
ni e poveri, ladri e di male affare, onde
in alcuni luoghi furono proibite le oste-
rie, per la mancanza delle quali si aumen-
tò il numero degli ospizi pei viandanti. A.
cagione della malattia del Fuoco [F.) sa-
cro , molti ospedali vennero eretti per
curarlo. I Papi ed i vescovi, gl'impera-
tori, i re ed altri principi protessero tut-
ti gli stabilimenti a vantaggio de'poveri,
furono larghi di beneficenze e privilegi,
e moltissimi furono da loro fondati. Il
medesimo Muratori nel libro Della ca-
rità cristiana, a quo multi ex neotheri-
cis hauriunt, cap. 3i, dice: » Si dovreb-
be toglierete mai si polesse, la mendici-
tà tutta di mezzo alle città ben regolate,
enongià per locontrario accrescerla. Per
quanto è in vostra mano (grida lo stesso
Dio nel Deuteronomio ) fate che non vi
sia fra voi alcun povero e bisognoso ".
L'origine del rispettabile collegio dei
Procuratori del s. palazzo apostolico
(y.) risale al pontificato d'Innocenzo II
deli 3oo, anche per tutelare i diritti de'po-
veri, de'quali dice Fanucci, Opere pie di
Romajp. 121, esserecostume, ad ogni cau-
sa per cui venissero richiesti di patrocinio,
estrarre a sorte il nomedi unode'colleghi,
e se il procuratore sortito per qualchegiu-
sta ragione non piacesse al povero, altro
surrogarne in egual modo, perchè l'assi-
stito avesse piena fiducia nel suo difenso-
re. 11 magnifico ospedale di s. Spirilo di
Roma lo dobbiamo a Innocenzo III, co-
me il Conservatorio delle proictte (P.),
figlie di poveri genitori o abbandonate:
all'articolo Ospedale di s. Spirito parlai
del benefico istituto pei bambini esposti
e abbandonati. Questo Papa approvò
l'ordi ne/llendicante. ( A7.) francescano dei
minori, miracolo della provvidenza, che
fondato nella più stretta povertà, si dif-
fuse in tutto il mondo: gli ordini men-
dicanti vivono di elemosina, altri lo sono
per privilegio. A detto articolo pai lai del-
POV
In famosa questione della povertà di Ge-
sù Cristo e degli apostoli, e delle false
dottrine che ne derivarono, sostenute da
diversi eretici , terminata da Giovanni
XXII. Alessandro Vnon avendo Parenti
(f'.),\>i'ese in loro luogo i poveri, cui da-
va quanto avea, per cui diceva ch'era sta-
to vescovo ricco, cardinale povero e Pa-
pa mendico, con allusione all'ordinedei
mendicanti francescani in cui avea pro-
fessato. Al citato articolo dissi pure, che
gli ecclesiastici possono aiutare i paren-
ti, come lo sono tenuti pei poveri. Eu-
genio IV e Nicolò V furono assai aman-
ti de'poveri, ed il secondo precipuamen-
te coi nobili ridotti in povertà; altrettan-
to può dirsi di Paolo II, il quale per tut-
ti i rioni di Roma avea persone destina-
te a distribuire mensili limosine ai roma-
ni indigenti, ed ai cardinali privi di ren-
dite stabilì il piatto di cardinale povero
ossia il Piatto cardinalizio {^-)- Que-
sto Papa fu il i.° ad approvare a utilità
de'poveri i Monti di pietà (I7-), al quale
articolo parlai di quelli frumentari e del
Monte di pietà di Roma, con quanto fe-
cero i Papi per frenare le usure gravose,
a vantaggio de'bisognosi. Nel pontifica-
to di Paolo III i curiali fondarono YAr-
ciconfralernìta per prendere la cura di
educare e istituire nelle arti i poveri or-
fani d'ambo i sessi, di che trattai nel voi.
XIX, p. 33, ove descrissi la bella istitu-
zione di s. Ivo che tanto onora la curia
romana , per la caritatevole difesa che
prende ne'tribunali delle cause civili dei
poveri, orfani, pupilli, minori e delle ve-
dove, contro i prepolenti. Inoltre a p. 39
parlai dell'arciconfraternita di s. Girola-
mo della carità (Z7.), la quale patrocinia
eziandio ne'tribunali le cause de' pupilli
e delle vedove, e sollecita il disbrigo del-
le cause de'carcerati, come della Prela-
tura (JT.) Amadori istituita pel patroci-
nio de' poveri. Ad Arciconfraternite e
Confraternite ne descrissi le principali
istituzioni, nella maggior parte benefiche
pei poveri. Il nipote di Paolo 111, cardi?
POV '3
nal Alessandro Farnese, fondò diversi pi i
luoghi, onde gli orfani, le vergini, le ve-
dove, gli schiavi , gli esuli ed i misera-
bili ebbero sempre in lui un padre , un
tutore e un benigno avvocato. Altro car-
dinale di Paolo 111 fu Gio. Alvarez di
Toledo, diesi meritòil titolo dipadredei
poveri per le sue limosine. Nel voi. XXI,
p. 171 ricordai l'istituzione fatta sotto
Pio IV dell' Arciconfralernita de' ss. A-
postoli (/ .)con spezierie e medici percu-
rare i poveri e soccorrerli con limosine.
Nel suo pontificato morVil cardinal Er-
cole Gonzaga, che distribuì a'poveri più
di 565,ooo scudi. Nipote di Pio IV fu
ilcardmal s. Carlo Borromeo, che in un
sol giorno distribuì 4o.,ooo scudi ai po-
veri e 20,000 in un altro. Il concittadi-
no Piazza nel Menologio romano, p. 378,
dice che nella cappella a lui dedicata nel-
la chiesa d'Araceli si espone la di lui bor-
sa, con cui in Roma fece quelle limosi-
ne per le quali fu denominato padre dei
poveri. Osservò il cardinal Monchini nel
e. ^Degl'istituti di pubblicacarità in Ro-
ma, che collo spuntar del secolo XVI si
cambiò fortemente la condizione econo-
mica e politica della città e d'Italia, per-
chè il commercio che avea fatte ricche le
repubbliche italiane fuggì dal Mediter-
raneo, scoperta l'America e il passaggio
alle Indie pel Capo di buona Speranza;
più alla commerciale libertà di tali re-
pubbliche essendoprevalsi i privilegi del-
le maestranze o università artistiche, la
ricchezza di pochi produsse miseria in
molti. La condizione di Roma si fece sfa-
vorevole anche pei diminuiti soccorsi del-
la cristianità, a cagione della defezione
dell'Inghilterra, di gran parte di Germa-
nia e di altri paesi dall'ubbidienza della
s. Sede, quindi quegli accattoni ch'erano
poco molesti ne'secoli precedenti, comin-
ciarono a divenire assai pesanti e petu-
lanti, per cui seriamente si applicarono
i Papi a bandir la mendicità (come no-
tai nel voi. L, p. 6), con fondare istitu-
ti per racchiudervi i poveri questuanti
1 4 pov
e vaganti per le strade, vecchi, donzelle
e fanciulli, cui aprironsi ricoveri negli O-
spizi di Roma (/^.) e ne' Conservatorii di
Roma (f7-), per reprimere l'ozioso ac-
cattonaggio e le sue funeste conseguen-
ze. Il Piazza nelle Opere pie di Roma,p.
72 , e nell' Eusevologio romano ( dedi-
cato ai poveri di Gesù Cristo),, p. 56, ri-
ferisce, che desideralissima in ogni tempo
fu in Roma, anzi necessaria la provviden-
za che i poveri non vadino mendicando
per la città, né per le chiese, pel disturbo
e distrazione che recano colle loro impor-
tunità, oltre l'irriverenza che cagionano
ne' sagri templi , nella celebrazione e-
ziandio de'di vini uffizi, e il disturbo del-
le private orazioni de' fedeli. A togliere
tal pernicioso abuso, s. Pio V con bolla
proibì rigorosamente a'poveri mendican-
ti di vagar nellechiese accattando limo-
sine, esortando il popolo a non darle, co-
me corruttela assai disdicevolè ne'luoghi
sagri, come fomento all'insolenza di mol-
te persone vagabonde, che vivendo ozio-
se e viziose, tolgono le limosino alle per-
sone veramente miserabili per difetto di
beni di fortuna oper disgrazie corporali.
Per lostesso motivo nella chiesa di Milano
fece simile divieto s. Carlo, onde snidare
dal suo popolo sì molesta turba d' inu-
tile e perniciosa gente , stabilendo pene
ai custodi delle chiese se l'avessero tolle-
rala. GregorioXIII, nell'intendimento di
togliere affatto i mendicanti da Roma,
ne affidò la cura a\Y Ospizio della ss. Tri-
nila de' pellegrini e convalescenti (F.)t
onde i poveri furono riuniti nel mona-
stero contiguo alla Chiesadis. Sislo(F.)t
al mòdo che narrai nel voi. XXIX , p.
279. Ivi purdissi comeil sodalizio otten-
ne da Sisto V di essere sgravato da que-
sto peso, ma volendo il Papa efficacemen-
te sbandir da Roma la mendicità e i dan-
ni degli oziosi questuanti, fabbricò l'ospi-
zio a pon le Sisto e vi trasporlo i inendi-
ci de' due sessi del monastero suddetto.
Inoltre Sisto V applicò i frutti di 1 00,000
scudi da impiegarsi ogni anno per doti
POV
alle vergini pencolanti e per liberar dalle
carceri i debitori. Imitatore di sua muni-
ficenza co'poveri fu il nipote cardinal A-
lessandroPer^«/(F.).ALANAnotaiquan-
to l'animarono s. Pio V e Sisto V, ed al-
tri Papi inclusivamente a Gregorio XVI
(e lo rilevai anche nel voi. L,p. i4), per
togliere dall'ozio e dalla miseria uomini
e donne. Urbano VII nel i5o,o si fece
descrivere tulli i poveri di Roma per soc-
correrli, e voleva pagare i debiti de'luo-
ghi pii di tutto lo stato , quando fu ra-
pito dalla morte. Gregorio XIV che gli
successe si distinse co' poveri , massime
nella tremenda carestiadi grano: ad An-
nona e ad Agricoltura parlai delle pon-
tificie benemerenze per la classe indigen-
te. Clemente Vili fu assai pietoso e lar-
go co' poveri, massime neWAnno santo
(/^.), tempo in cui i Papi, i cardinali e
altri furono generosi coi pellegrini e coi
bisognosi: fu munifico cogl' indigenti il
nipote cardinal Pietro A Idobr andini (di
cui meglio nel vol.XXVII,p. 157). Nar-
rano Piazza a p. ^^uStW'Eusev. ed il car-
dinal Monchini, Istituti voi. 1, p. i4r>
che i romani ciechi e storpi de'due ses-
si, come le vecchie inabili al lavoro, e-
sclusi i ragazzi e le ragazze, fino al de-
clinar del secolo passato, formavano un
tempo in Roma la compagnia di s. Eli-
sabetta o della Visitazione. Pare, che ve-
dendosi non potersi togliere dalla ciltà
l'accattonaggio, almeno si volle discipli-
narli con vincoli religiosi. Questa aggre-
gazione formatasi nell' ospizio presso la
chiesa di s. Sisto, da Paolo V nel 161 3
fu canonicamente eretta e trasferita da
detta chiesa ad un oratorio già esistente
presso la parrocchia di s. Lucia del gon-
falone, ove adempivano a diverse prati-
che religiose, vestendo gli uomini abito
celeste. Il cieco guidato dallo storpio cui
egli sorreggeva, e scortati dalla milizia,
facevano nell' anno una processione di
penitenza visitando 4 chiese. Chi ad es-
sa non apparteneva non poteva questua-
re per la città; si permetteva ciò tal voi-
POV
ta ai forastieri nell'inverno, quindi si ri-
mandavano ai loro paesi. Esercitavano
anche fra loro la carità, massime se in-
fermi. Nelle domeniche il camerlengo
storpio, il signore e il guardiano ciechi,
accompagnali da 2 violini, da una viola
e da un poeta, andavano pei caffè, oste-
rie e altri luoghi offrendo tabacco, quin-
di improvvisavano e cantavano orazioni
sagre. Il denaro raccolto, tranne una pic-
cola porzione per loro, Io portavano all'o-
ratorio per la festa titolare. De'ciechi sor-
do-muti feci parola nel voi. L, p. 26, ed
il cav. Renzi ci diede un trattato Sugli
ospìzi de ciechi e siili' indole morale di
questi, pubblicato in Napoli. De' ciechi
delle Qu aranlJ ore vedasi tale articolo.
Paolo V, splendido in tutte le sue azioni,
nel suo pontificato di circa 16 anni di-
spensò manualmente un milione e mez-
zo di scudi d'oro, oltre a 800,000 scudi
che impiegò nell' annona, dicendo con
Gregorio XIII, che il fabbbricare era ca-
rità pubblica. Tra'cardinali che creò, fu-
rono teneramente propensi egenerosi coi
poveri Gaspare Borgia, Baldassare San-
doval, Francesco Rojas Sandoval, Ago-
stino Spinola. Altro porporato limosi me-
ro fu Lodovico Ludovisi nipote di Gre-
gorio XV, anche per maritare le zitelle
e rimuovere dal male le Meretrici (f^.).
Urbano Vili nel 1682 istituì l'uffi-
cio di avvocato de'poveri nelle cause ci-
vili , al quale dovesse nominarsi un no-
bile cittadino , dal prefetto o senatore
di Roma, al modo detto nel voi. XIX ,
p. 4i. Nel voi. XXIII, p. i38 riportai
l'istituzione de' nobili aulici , a sollievo
di quelli bisognosi, di cui fu benefattore
Urbano VIII; e nel voi. L, p. 2 19 rac-
contai le provvidenze prese da Urbano
Vili sul gran numero de'poveri, e quel-
le d'Innocenzo X, il quale come dichia-
rai nel voi. XLV, p. 22 3, istituì il giu-
dice de'poveri senza appello, da cui de-
rivò il giudice delle mercedi. Questo Pa-
pa fu affettuosissimo coi poveri, al modo
detto nella biografia: il suo nipote Ca-
POV i5
millo Pamphilf (/'.) fu magnificamen-
te liberale cogl'indigenti. Nella sede va-
cante per l'elezione d'Innocenzo X cosa
fece di limosina il cardinal Lante, può
vedersi nel voi. XXXVII, p. 1 13. Ap-
pena fu eletto Alessandro VII, fece ven-
dere le suppellettili cardinalizie in van-
taggio de'poveri, acciò gli ottenessero da
Dio un salutare governo della Chiesa. A
Innocenzo XI celebrai la sua innata libe-
ralità coi poveri, che esercitò in più mo-
di: lo imitarono in parte i suoi cardi-
nali Francesco Bonvisi, e Stefano Ca-
mus che lasciò l'eredità ai poveri. Inno-
cenzo XI nel i685 approvò la congre-
gazione della Divina pietà con molti pri-
vilegi, istituita pei poveri vergognosi dal
sacerdote Giovanni Stanchi, onde racco-
gliere limosine da dispensarsi a povere e
onorate famiglie, nella chiesa di s. Ve-
nanzio, donde fu trasferita propinqua al
Ponte quattro Capi (fr.). Prima i confra-
ti o deputati, con sacco paonazzo questua-
vano alla porta delle chiese. Mirabile è il
modo che adopera nella distribuzione dei
soccorsi, celebrato da Piazza nell'jEWei'o/.
p. 146, e dal cardinal Monchini, Istituti
t. 1 , p. 1 96. Ciascun rione di Roma ha un
deputato, assistito da due visitatori, i qua-
li prima verificano i bisogni. Ne'soccorsi
si preferiscono i generi al denaro, savia-
mente piuttosto ad una famiglia che ne
risenta sollievo, di quello che poco a mol-
te: gl'infermi, le zitelle pericolanti, le ve-
dove, le maritale derelitte, i carcerati, i
disimpiegati ed i pellegrinanti egualmen-
te sono presi di mira nelle diverse bene-
ficenze. Ordinariamente consistono i soc-
corsi in letti, vesti, pagamento di pigio-
ne, riscossione di pegni- e distribuzione di
pane 3 volte all'anno, e quando la con-
gregazione ha cognizione di qualche ur-
gente bisogno di povera e onorata fami-
glia; questi si chiamano casi segreti cui
sono destinati 4 deputati, i quali non re-
gistrano i sussidiati. Il sodalizio si carica
di distribuire le limosine che riceve, nel
modo il più giusto. Il marchese Giusep-
iG POV
pe Origo che lodai a Pompieri, gli lasciò
gran parte di sue sostanze, ascendendo
quelle del pio luogo circa ad annui scu-
di 5,ooo. Ad Ospizio apostolico di s. Mi-
chele a Ripa grandemente celebrai i be-
nemeriti fondatori di sì meraviglioso sta-
bilimento, ed i successivi benefattori, pre-
cipuamente il principalissimo e magna-
nimo Innocenzo XII {fr.)> ove sono zi-
telle e fanciulli poveri, ed i vecchi e vec-
chie invalide. Riuniti dal Papa in detto
ospizio i poveri, in quello a ponte Sisto
■vi fu trasferito l'istituto pei poveri sacer-
doti, come raccontai nel voi. XXIX, p.
28 1, finché Gregorio XVI Io concesse al-
l'ordine Gerosolimitano, con diverse con-
dizioni. Innocenzo XII formò il grandioso
stabilimento per toglierela pubblica men-
dicità; prese i poveri per parenti, e lasciò
adessi la sua eredità; in questo Io imitò Fe-
derico Cacciala lui creato cardinale, già
elemosiniere d'Innocenzo XI. Quanto fu
limosiniero Clemente XI,\o rimarcainel-
Ja sua biografìa, ed il b. Tommasi da lui
creato cardinale, risplendette per amore
verso i poveri, componendo la famiglia
di gente deforme, come accennai nel voi.
XXIII, p. i3i; altro suo cardinale fu O-
descalchi Erba che distribuì ai bisognosi
un milione e 100,000 lire imperiali. Re-
nedetto XIII fu un altro padrede'pove-
ri, che essendo arcivescovo di Beneven-
to propagò i monti frimientari e fatto Pa-
pa insinuava ai vescovi che si recavano
in Roma a procurarne l'istituzione nelle
loro diocesi: di recente li ha lodevolmen-
te promossi il magnanimo Ferdinando II
re delle due Sicilie. Fornir la semenza,
riscuoterla dopo.il raccolto con lenuissi-
moaumenlOjdareilcontoincapoaun an-
no, ecco la somma deregolamenti impo-
sti agli amministratori degli utilissimi e
benefici monti fiumentari. Negli annali
rivili del regno delle due Sicilie fase. 3g
il cav. Fittoli ci diede: De' monti frumcn-
tari. Benedetto XIII ripristinò ai padri
di 1 ■>. figli la franchigia ed esenzione del-
la gabella del vino, di che e di quanto è in
POV
vigore parlai ne' voi. XX, p. 161, LUI, p.
1 go; solo qui aggiungo, che se tale padre è
di condizione nobile gode annui scudi 1 00,
come sotto Gregorio XVI fu accordato ad
un uffiziale degli svizzeri, benché non na-
to nobile, ma per appartenere alla fami-
glia nobile pontificia. Nella chiesa di s.
Stefino in Piscinola (di cui nel voi. LI,
p. 245, filiale della chiesa di s. Lorenzo
in Damaso,ondeneparlaBovio, Lapietà
trionfante p. 1 85, dicendola probabil-
mente edificata da un re d'Ungheria , cioè
incontro la chiesa di s. Lucia del gonfalo-
ne; pare che passasse alla nazione boema
con ospedale di cui trattai nel voi. XXIX,
p. 1 1 4> divenne collegiata e l'ebbero in
cura canonici ungheresi), così detta dal-
l'esservi statonel luogo il mercatooi ban-
chi del pesce, prima che si trasferisse al-
trove, il sacerdote Pietro Mire nel 1747
vi fondò la congregazione del sussidio ec-
clesiastico, sotto l'invocazione della ss.
Concezione e de'ss. Pietro e Paolo, com-
posta di 1 a sacerdoti, i quali prendono
cura di altrettanti poveri chierici romani
e studenti, che sono soccorsi nelle feste di
Natale e di s. Pietro: divenuti preti ter-
mina il sussidio e l'amorevole vigilanza
dell'istituto. I chierici si esercitano in det-
ta chiesa in varie opere di pietà, adde-
strandosi alla predicazione, e fanno il ca-
techismo nelle proprie parrocchie. In fa-
vore de'poveri Clemente XIII, come altri
suoi predecessori, prese cura dell'abbon-
danza de'commestibili, come dissi ad An-
nona parlando de'pozzi dell'olio fatti da
lui costruire9ul!a^v7zz2a di Termini ^pres-
so i granai, di cui feci menzione nei voi.
XL1V, p. 236, L, p.18 ed altrove (locali
vastissimi, chedopo l'abolizione del com-
mercio libero di Pio VII, e dopo essersi
conosciuto pregiudizievole l'acquisto di
grano, olio e altri generi annonari per
parte del governo,con lodevole pensamen-
to furono impiegati a beneficio dell'uma-
nità per diminuire la pubblica mendici-
tà), accorrendo al sollievo di tutti nella
carestia che tanto afflisse, facendo aprire
POV POV 17
in Roma un altro (bino per rione, oltre monasteri e conservatorii bisognosi, pe-
frequenti e copiosissime distribuzioni di gli esercizi spirituali e per mantenere pò-
limosine. Siccome per la penuria de'vi- veri giovanetti ne'pubblici istituti, che fu
veri i poveri delle circostanti provincie il principalescopodella benefattrice, dap-
si rifugiarono in Pioma, il Papa ordinò poiché sono innumerevoli le Congrega-
che gli uomini si riunissero in un reclu- zioni, Luoghi pii3 Pie unioni che furono
sorio di detta piazza, e le donne coi figli istituitepelbenespiritualeelasaluteeter-
di tenera età in nitro locale propinquo nade'poveri, come ancoragli stabilimen-
a s. Anastasia, facendoli alimentare con ti di pubblica istruzione, di che tratto nei
pane, minestra e carne; gli uomini asce- tanti articoli che li riguardano. Pio VII
seroa 3ooo,ledonnecoifanciulli a 5ooo, prese diverse provvidenze, massime nel
assistendo i primi nello spirituale i gesui- 18 16, per liberare Roma oppressa da un
ti, gli altri diversi preti col vicegerente, grandissimo numero di accattoni, veri o
Nelle inondazioni del Tevere (V.), Pio simulati o per speculazione, che turbava -
VI fece distribuire panein quantità e ca- no la pubblica quiete anche ne'luoghi sa*
ritatevole assistenza alle povere famiglie gii, eccitando i facoltosi aconcorrereallo
bloccate dall'acqua, carità che ha luogo stabilimentod'un luogo pio, onde poieb-
in simili disastri, e ne'tempi delle nevi e be origine ['Ospizio di s. Maria degli An-
"delle grandi pioggie,come toccherò a del- geli. Avendo il Papa esentato dal paga-
to articolo. Ne' primordi del corrente se- mento delle tasse di registro la congre-
colo Gregorio Chiesa lasciò 1 0,000 scu- gazione di s. Ivo che difende i poveri, que-
di al cardinal vicario, acciò n'erogasse il sii per tutto lo stato esentò dall'obbligo
frutto per sollevare le povere zitelleche di registrare e di pagar le lasse di regi-
possono pericolare. Il medesimo cardina- stro negli atti giudiziali delle proprie cau-
le e mg.r vicegerente dispensano isoccor- se inclusi vamentealle sentenze. Nel 1820
si ordinati nel 18 12 da mg. r Severo Car- Benedetto Greco d'Olevano fece quella
migliano de'marchesi d'Acquaviva colla generosa lascila per le povere condanna -
sua eredità, per le persone più derelitte te, che dichiarai ne' Voi. XXVIII, p. 2 1 3,
e più bisognose, vecchi impotenti, infèr- XLIV, p. 237. Assai benemerito si rese
mi, vedove, pupilli orfani, ciechi e storpi Leone XII per eliminare l'accattonaggio
inabili, a que'senza appoggi e protezioni,
agl'incapaci a procacciarsi il proprio ali-
mento o che colle loro fatiche non pos-
sono sostentare le proprie famiglie, esclu-
dendo gli oziosi o viziosi, o caduti in mi-
seria per loro colpa, esigendo e preferen-
massime nel le chiese, ove pose svizzeri per
espellerli; avendo parlato a Elemosiniere
della bella istituzione della commissione
de' sussidi, e dell'incremento dato all' O-
spizio di s. Maria degli Angeli. Le suore
della Carità (l7.), da tal Papa e dal pre-
do ne'sussidiati i timorati di Dio che fre- decessoreintrodottenell'O^er/a/ei/e/^.
quentano i sagramenti, che educano be- Salvatore, furono approva te da Gregorio
ne i figli e li mandano alla dottrina cri- XVI e da questi propagate nel Conserva-
stiana, in fine la somministrazione di let- torio del Rifugio, e negli Ospedali di s.
ti per separare i maschi dalle femmine. Gallicano, s. Giacomo, s.Spirilo,neìqiìa-
Nell'anno seguente 1 8 1 3 la contessa Gi- le di recente sono state aumentate an-
rolama Carpegna vedova Cavalieri lasciò che pel noviziato stabilitovi, a corporale
il suo patrimonio per opere di pietà, dal e spirituale vantaggio delle povere infer-
quale ne stabilì Pio VII 25,ooo scudi, me e infermi. Il pontificato di Gregorio
il resto avendolo preteso i parenti fu lo- XVI fu assai benefico pei poveri, anche
ro concesso. Col fruttatosi eressero 3 cap- nel morale per l' istituzione delle Scuo-
pellanie, si accordarono annui assegni a le notturne {V), per quanto operò col-
vol. lv. _ _— — ^ - « — *V*"k 2
.8 POV
l' Ospizio apostolico di s. ( Michele, per
quanto fece nella Pestilenza ( V), per l'or-
dinamento ed accrescimen lo dell' Ospizio
dis. Maria degli Angeli (V.), propinquo
al quale eresse l'istituto de'sordo-muti,
che descrissi a quell'articolo, per l'au-
mento di Orfanotrofi, per quanto dissi
a Elemosiniere ed a Conservatorio del
buon Pastore, per quanto operò colla
commissione de' sussidi cui accrebbe il
reddito colla cassa de' Lotti {V.), con ap-
provare e incoraggiare i promotori delle
casse di risparmio, onde fioriscono in Ro-
ma, Forlì, Bologna, Ravenna, SpoIeto,Ri-
mini ed altri luoghi, delle quali erudita-
mente scrisse il lodato cardinal Monchi-
ni, e "quelli che citai in molti de'luoghi
ove sono, avendo parlato di loro origine
nel 1778 in Amburgo, e in Ginevra nel
1782, e loro mirabile propagamento ,
Mengigi coll'articolo che si legge nel Sup-
plemento al n.° 63 del Diario di Roma
i843, ed il Malcus, Sulle casse di ri-
sparmio in Europa, Heidelberg 1 838.
Osserva il i.° che le consorterie di arti
e mestieri in Italia, o Università artisti-
che, le corporazioni degli artefici coi lo-
ro capi in Francia, le società degli ope-
rai pei soccorsi mutui in Inghilterra, pos-
sono riguardarsi come altrettante casse
di risparmio prima che queste s'istituis-
sero , e forse da esse possono essere de-
rivate. In Roma si pubblicò il Regola-
mento per l'istituzione della cassa di ri-
sparmio, Roma i836, nel quale annosi
.stampò pure Altra istruzione sulla cassa,
e dal 1837 i progressivi annui bilanci.
Questo felice concepimento di carità e di
politica economia Via prodotto nelle clas-
si povera e media, giacché la povertà è
relativa anche alla condizione delle per-
sone, eccellenti risultamenti morali, re-
ligiosi ed economici. Si può depositare
col fruito del 4 pei' 100 da un paolo a
20 scudi per volta, e si può ritirare il de-
posito, quanto e sino scudi 10 subito, il
resto dopo 1 5 giorni. 11 risparmio non
è solamente utile al popolo, ma anche
POV
alle classi medie che sogliono pur trop-
po essere abituate a spendere più di quan •
to guadagnano, precipuamente nel ripro-
vevole e fatalissimo lusso che prima avea
santissime e salutari prammatiche , concie
vi era anche nel Lutto (V.), divenuto
quasi ornamentale e ostentati vo senza di-
stinzione. Il medesimo Papa dal cardina-
le segretario per gli affari di stato interni
nel 1837 fece promulgare l'editto, col
quale si proibì l'accattare in Roma sen-
za permesso del governo, i! quale rilasciò
una patente ed una placca per conoscersi
quelli che furono abilitati a questuare,
cioè que'poveri che non potevano lucra-
re il pane colle proprie fatiche, e soltanto
dal levare del sole sino all'Ave Maria del-
la sera; gli statisti e esteri si rimanda-
ronoalleloro patrie. Si deve anche a Gre-
gorio XVI l'accrescimento de' fondi pei
pubblici lavori, detti volgarmente di be-
neficenza, già riattivati da Leone XII e
aumentati da Pio VIII, assegnando 1000
scudi per settimana. Gregorio XIII, Si-
sto V, Paolo V e Innocenzo XII già vi si
erano distinti, dimodoché il sussidio ai po-
veri validide'/raW/ici'/awr/stabilito nei-
l'amministrazione imperiale francese, in
sostanza è molto antico in Roma. Sono
diretti da una commissione presieduta
dal cardinal presidente de' sussidi, ma il
regnante Pio IX col moto-proprio sul se-
nato di Roma deli.0 ottobre 1847 l'attri-
buì al municipio di Roma e poi ne rein-
tegrò i' encomiata commissione: quan-
to ha fatto questo Papa pei poveri, lo ac-
cennai al suo articolo. Del resto, de'prin-
cipali stabilimenti a benefizio de'poveri
e di tante notizie che li riguardano, ne
tratto agli articoli relativi, ed in quelli de-
gli stati, città e luoghi ove sono. I men-
dicanti che vanno accattando di città in
città, ritengonsi domiciliati nel luogo ove
trovansi attualmente, al pari de'soldati;
dal che ne consegue, non aver essi altri
vescovi e curati propri, se non che quelli
de'luoghi ne'quali si trovano. Su questo
argomento de'poveri si possono consul-
i
POV
tai e. Mebochio, Sluore t. 3, cent, i o, cap.
5 e 6: Dell'amore di gran personaggi ver-
so i poveri, i aitali anticamente non si la~
sciavano mendicar nelle chiese j Indu-
stria de' poveri per cavar limosine. Sar-
nelli, Lett. eccl.: Della povertà conlenta
e che non e giusto motivo il trasferimen-
to de' vescovi per la povertà delle chiese,
t. 3, let. 2. Se agli ordini sagri debbonsi
promuovere poveri e ricchi, t. 5, let. 36.
Ipoveri non devono essere disprezzati^ e
de' poveri dispirito, t. i o, let. 4g- Nel voi.
i 7 , p. 264 degli Annali delle scienze re-
li g. si loda il Ragionamento di mg.r Gio.
Corboli -Bussi: Sulla mendicità e sulla
beneficenza presso i gentili, presso i cat-
tolici e presso i protestanti. Carlo Ilario-
ne Peti Iti, Saggio sulla mendicità, ed isti-
tuti di beneficenza, Torino i83y. Felice
Ciccognaui, Dissertatio de mendicantibus
validis, Romae 1 844- Giambattista Gal-
vagni, Il povero, il lavoro , la questua ,
ossia l'istituto di lavoro e beneficenza, Ro-
vigo 1 846. L'opera del cardinal Monchi-
ni, lib. 1, cap. 25: Concordia de' pria-
cipii dell'economia politica e della cari-
tà cristiana pel benessere del povero; lib.
2, cap. 1 : Condizione morale e intellet-
tuale del povero. Giuseppe M.a barone
de Gerando, // visitatore del povero, Mi-
lano 1828, traduzione del conte Schiz-
zi. Le visiteur dupauvre, Bruxelles! 838.
De la bienfaisancc publique, Paris 1 83g.
A Pio VII dissi come il de Geraudo fe-
ce parte della consulta straordinaria pegli
stati romani nel 1809, nel qual tempo
pose affetto alla città e università di Pe-
rugia, alla quale lasciò in morte la Gran-
de opera sull'Egitto, compilata da quei
dotti che accompagnarono Napoleone in
quella regione, della quale parlai nel voi.
XXI, p. 1 23. De Geraudo fu uno di quei
grandi uomini che hanno contribuito a
ridurre la beneficenza a scienza positiva,
essendo stato in corrispondenza co'prin-
cipali filantropi del mondo intero. Le sue
opere si distribuiscono in tre classi : Fi-
losofia > Amminisli azione 3 Beneficenza.
P O Z 19
L'elenco si legge nella Notizia necrolo-
gica del barone de Gerando di Boula-
tignet, versione italiana dell' avv. Filip-
po Friggeri, Perugia 1 844-
POVERO DI LIONE. V. Valdesi,
Lione.
POVERO VOLONTARIO. Ordine
religioso che non esiste più. Si vuole co-
minciato nel decliuar del secolo XIV e
nel i47° abbracciò la regola di s. Ago-
stino, formando una congregazione di
semplici laici , i quali si occupavano di
diversi mestieri e servivano i malati se
erano richiesti. Vivevano di limosine da
loro questuate in tutti i giorni. Il loro
vestito era grigio, con scapulare e cap-
puccio neri in casa, fuori usavano la cap-
pa grigia. In Fiandra le vesti erano co-
lor tanè o lionato scuro , e portavano
sempre uu lungo bastone cuti in cima un
piccolo Crocefisso.
POZZO, Puteus. Luogo cavato a fon-
do in fin che si trovi l'acqua viva per be-
re o altro : dicesi Cisterna quel ricetto a
guisa di pozzo, nel quale si raccoglie e si
conserva 1' acqua piovana. Il contorno
degli antichi pozzi era d'una intiera pie-
tra, scavata alla guisa delle are rotonde.
I pozzi italiani o modenesi delti artesia-
ni, o pozzi forati o trivellati , sono fon-
tane salienti che si fanuo zampillare dal-
la superficie del terreno, anche da una
profondità maggiore di 3oo piedi ; e
quelle acque sono tanto limpide e pure,
che in alcuni paesi sono le sole che si a-
doperino.agli usi ordinari della vita. Nel-
la s. Scrittura in diversi luoghi si fa men-
zione de'pozzi e sottq questo nome s'in-
tendono talvulta le Fontane {V.). 11 poz-
zo di Giacobbe , quello della Samarita-
na sono i più rinomali per quanto vi av-
venne. Gli antichi romani chiamarono
Puleal una bocca di pozzo o ara vuota
che si poneva sui luoghi dove il fulmi-
ne ascondevasi sotterra, affinchè non si
profanasse col camminarvi sopra e re-
stasse sempre a cielo scoperto. Nel foro
romano Bravi il Puleal del pretore L.
20 POZ
Scribonio Libone presso l'arco di Fabia-
no, da lui edificato in luogo toccato dal
fulmine, e fu detto pozzo sacro: avendo
poi tal pretore introdotto 1' uso di am-
ministrare ivi dappresso la giustizia, P«-
teal divenne sinonimo di Tribunal. Can-
cellieri nelle Selle cose fatali di Roma
p. 22, riporta diversi autori che tratta-
rono De Puteali Scribonii Libonìs. Nei
bassi tempi e di poi per Roma si vende-
■va YAcqua cavata dai pozzi e dalle fon-
tane particolari. Dei pozzi più rinomati
parlai in diversi articoli, come del Poz-
zo di s. Patrìzio, ad Irlanda e Down;
del Pozzo d'Orvieto, a Orvieto. Il bel
pozzo eh' è nel mezzo del cortile della
canonica contigua alla Chiesa di s. Pie-
tro in Vincoli, con decorazioni di mar-
mo bianco ed eleganti sculture, è dise-
gno di Michelangelo, quantunque il Ti-
fi lo dica di Simon Mosca. I pozzi servi-
rono di Martirio [V.) e dierono origine
a diverse chiese, come all'antica catte-
drale di Porlo (V-) quello in cui fu get-
tato s. Ippolito. Il pozzo in cui fu butta-
to s. Calisto I è nella Cliiesa di s. Cali-
sto (V.), ove si beve l'acqua per divozio-
ne, e vi è la pietra che gli fu attaccata al
collo, al dire del Piazza nel Menologio ro-
mano, le cui acque celebra come salutifere
e venerabili, ovvero nella propinqua basi-
lica di s.Mariain Trastevere, secondo Se-
verano, Meni, sacre. Questi parla de'poz-
zi esistenti nelle catacombe e cimiteri, e
di quello ove furono nascosti i corpi dei
ss. Pietro e Paolo (V.), nonché de' pozzi
o puticoli de' romani fuori della porta
Esquilina, dove si gettavano e putreface-
vano i cadaveri de' plebei e malfattori,
sebbene altri collocarono tali pozzi altro-
ve ; certo è che il luogo fu frequente car-
BtGcìna di cristiani nelle persecuzioni.
Nella Chiesa di i. Pudenziana (V.) que-
sta santa vi seppellì 3ooo martiri, e nel-
la cappella di s. Pastore li venera il poz-
zo ove la santa con una spugna vi spre-
meva il loro sangue, clic raccoglieva nel
luogo del martirio, in cui ora è la Chic-
POZ
sa de' ss. Vito e Modesto. Nella Chiesa
di s. Lorenzo in Lucina {V.)v\ è un poz-
zo in cui si crede vi sieno molti corpi di
ss. martiri, dicendo Piazza nel Santuario
romano che di quell'acqua si beveva per
molte infermità. La Chiesa di s. Maria
in Via (V.) fu fabbricata per l'immagi-
ne di Maria Vergine dipinta sopra una
pietraegalleggiante sull'acqua che da un
pozzo sboccava in gran quantità. Dice
Piazza che in tal pozzo vi fu posta una
pietra di quello su cui sedè Gesù Cristo
nel colloquio colla Samaritana.
POZZO, Cardinale. V. Pur.
POZZOBONIÌLL1 Giuseppe, Cardi-
naie. Patrizio milanese, si aprì la strada
agli onori ecclesiastici con soda dottrina
e colle più belle virtù. Successivamente
nella chiesa di Milano fu canonico , de-
cano, visitatore della diocesi e vicario del-
le monache, per morte del cardinal Stam-
pa vicario capitolare, e da Benedetto XIV
nominato arciprete; quindi senza che Io
immaginasse fatto nel 1743 arcivescovo
di Milano, ed a'q settembre lo creò car-
dinale prete di s. Maria in Via, consa-
grandolo il Papa nella chiesa di s. Car-
lo al Corso. Diede principio al governo
della sua diocesi con adempiere nella sua
persona quel tanto ch'esigeva negli al-
tri. Frequenti e piene di gravità e zelo
erano le sue prediche; assidua la sua as-
sistenza alle accademie per promuovere
nel clero la sana dottrina e il gusto pei
buoni studi; industriose le maniere per
destare la pietà e la divozione. Genero-
so e compassionevole colle povere fami-
glie, impiegò le proprie rendite nel sol-
levar le loro miserie. Non lasciò di visi-
tare con indefessa sollecitudine la diocesi,
penetrando ne' luoghi più montuosi e
inaccessibili, e d'intervenire con assidua
frequenza nelle chiese in tempo della dot-
trina, come d'istruire ne'divini misteri il
suo popolo. Fu ai conclavi di Clemente
XIII e Clemente XIV, non intervenne a
quello per Pio VI , morendo in Milano
nel 1783, d'unni 87, dopo aver governa-
POZ
ta la sua chiesa santamente, e istituiti e-
redi i poveri. Fu sepolto nella metropo-
litana con onorevole epitaffio, universal-
mente compianto.
POZZUOLI (Puteolan). Città con re-
sidenza vescovile del regno delle due Si-
cilie nella provincia di Napoli, capoluo-
go di distretto e di cantone, sopra una
piccola baia della costa nord del golfo di
Napoli, da cui è distante leghe 2 172, ap-
poggiandosi alle falde d'un monte, il qua-
le sporgendo nel mare forma un picco-
lo capo, nell'antica Campania Felice. Se-
de d'un tribunale civile e piazza di guer-
ra di 5.a classe. La costa vi forma un
porto naturale perfettamente riparato.
La cattedrale è fabbricata sulle rovine
d'un tempio dedicato ad Augusto da Lu-
cio Calfurnio sotto il nome di Giove. E'
intitolata al diacono martire s. Proculo,
di cui ivi si venera il capo , ed uno dei
compagni di s. Gennaro, con battisterio
e cura d'anime affidata al capitolo che
vi nomina il vicario curato approvato dal
vescovo. Il capitolo si compone di 3 di-
gnità, il decano, l'arcidiacono, il canto-
re, di i3 canonici compresi il peniten-
ziere e il teologo , di 16 beneficiati , di
6 mansionari e di altri preti e chierici.
L'episcopio ed il seminario sono aderen-
ti alla cattedrale , e come questa buoni
edifici. Vi sono inoltre nella città due al-
tre chiese parrocchiali coKs. fonte, alcu-
ni conventi di religiosi, un monastero di
monache, di versi sodalizi, ospedale e mon-
te di pietà. Nella piazza sorge da un la-
to sopra colonna la statua con isplendi-
do elogio del benemerito vescovo Mar-
tino de Leon eCardenas agosti nianospa-
gnuolo, insigne teologo, di candidi costu-
mi, caritatevole, che rifabbricò dai fon-
damenti e ornò la cattedrale con pittu-
re e marmi, la forni di sagre suppellet-
tili, fece esprimervi con colori la serie dei
vescovi e la consagrò neh 634» aumentò
l'episcopio ed i redditi della mensa; in-
grandì l'area della propinqua piazza, vi
aprì la via e vi eresse il fonte, ed in al-
POZ 21
tri edifìci migliorò la coudizione della cit-
tà. Dall'altro lato della piazza sorge la
statua consolare con maestoso panneg-
giamento, rinvenuta nel 1704 presso il
giardino del palazzo vicereale, rappre-
sentante Q. Flavio Mesio Egnazio Lol-
liano protettore di Pozzuoli. Non è a ta-
cersi il bel monumento di marmo bian-
co che servì forse di piedistallo ad una
statua di Tiberio, vedendosi nel basso-
rilievo scolpite 1 4- provincie dell'Asia, da
quell'imperatore sovvenute largamente
in occasione d'un orribile terremoto. At-
tiva vi è la pesca, ed il territorio produ-
ce buoni frutti, ottimi vini e legumi ab-
bondanti, e l'industria vi annovera una
rinomata fabbrica di saponi. Una brec-
cia rossastra vulcanicache trovasi in quei
contorni, e che si usa per fare un cemen-
to della maggior solidità nelle opere mu-
rarie, specialmente nelle idrauliche, dal-
la città prese il nome di pozzolana, e fu
poi dato alle simili materie terrose cac-
ciate fuori da' vulcani che trovansiin altri
luoghi, come ne'dintorni di Roma abbon-
dantemente e di eccellentequalità. La co-
modità e l'importanza di questa terra la
fece adotta re e ricercare in Francia e in al-
tri stati europei. Celebrato fu soprattutto
in Pozzuoli il porto, che ancora è ben sicu-
ro e potrebbe offrire comoda stazione al
naviglio napoletano ed ai bastimenti mer-
cantili : nella remota età veniva guarnito
da 25 robusti pilastri insieme collegali
con solidissimi archi che costituivano un
piano e ameno passeggio, cuichiamossi
per eccellenza Moles Puteolana e corrot-
tamente Molo di Pozzuoli, avendosi me-
morie de'riattamenti di Antonino Pio. Il
volgo deturpando la storia, denominollo
Ponte di Caligola, confondendo quest'o-
pera col Ponte di barche, mediante il qua-
le l'imperatore Caio percorreva a caval-
lo la marittima via da Pozzuoli a Baia,
ponte famoso che incominciava all'estre-
mità di detto molo, di cui più pilastri sono
ancora in piedi e vedesi sott' acqua una
parte degli archi, ed attraversando una
22 POZ
patte della baia avea circa 176 di lega in
linea retta.
Ne' remoti tempi fu amenissima, salu-
berrima e di sontuose ville ridondante ,
comedi folta popolazione, la costiera oc-
cidentale di Napoli , che dalla punta di
Posilipo si estende infìno al capo Mise-
no {P-), formandosi nell'intervallo il va-
ghissimo golfo puteolano. Nella nostra
età, sia pei naturali fenomeni, o per le
neglette acque minerali o pei variati co-
stumi, tutto vi è solitudine, ed anche l'ae-
re è divenuto dannoso pei stagnanti la-
ghi. Non si muove passo per questa clas-
sica regióne, donde trassero i pagani le
più sublimi'mitologiche idee, senza che
ti arrestino le meraviglie naturali. Ap-
pena usciti dalla grotta posilipana, si pre-
sentano gì' immensi campi Flegrei, e ti
rassembra ne' solforosi laghi, ne' monti
fiammanti, nelle bocche vulcaniche ri-
mirar tuttora i contrassegni della teme-
raria pugna titanica, ed Ercole agitante
la clava micidiale esterminar que'feroci.
Gli elisi campi (di cui a Paradiso), l'a-
cheronzia palude, l'ingresso all'Averno,
così graficamente da Virgilio descritti ,
ti penetrano d'alto inconcepibile stupo-
re. E ben ti avvedi di calcar la beata ter-
ra, ove trovò requie il saggio Ulisse dal
suo vagare, e dove in magnifiche case di
piacere correvano i più celebri personag-
gi dell'antica Roma. Nulla è paragona-
bileal magico incanto che i moderni pun-
ti di vista producono e le vetuste rimem-
branze. Se non ti spiacc deviare un mo-
mento dalla nuova via de' Bagnoli, ove
l'altra si riunisce che costeggia Posilipo,
tisi presenta il rotondo lago Aniano det-
to Agnano, che ha più di mezza lega di
perimetro e vi svolazzano frequenti uc-
celli acquatici. L'acqua talora vi sobbol-
le, e le arse materie e le piriti giustifica-
no P opinione che vi ardesse ne' remoti
tempi un vulcano. Su d' una sponda si
apre la piccola grotta delta del Cane; lo
sprigionamento del gas acido carbonico
1 he s' innalzi ad un palmo dal terreno
POZ
per la sua gravità maggiore specificata-
mente dell' aria atmosferica , si chiami»
dagli antichi mofeta sulfurea e ne descri-
vono con esagerazione i mortiferi effetti.
E certo però che un lume acceso a quel
livello subito si estingue, e che negli a-
rumali che ne respirano l'esalazioni pro-
duce secondo la diversa costituzione più
o meno pericolose asfissie. A pochi passi so-
no le stufe dette di s. Germano, per avervi
albergalo per malattia quel celebre ve-
scovo capuano. Vi sono 8 piccole came-
re ove per P incessante decomposizione
delle piriti sottoposte si sprigiona il calo-
rico e aggiunge nelle prime 4 siuo a3o
gradi del termometro di Reaumur, e nel-
le altre 4 che più si addentrano nella col-
lina fino a 4o, superandosi il calore del-
l'acqua bollente dal gas solforoso uscen-
te dagli elevati pertugi. Antiche celle di
bagni si trovano al di sopra, che furono
forse le terme Angolane (incuipatìilcar-
dinale Pascasio, Fedi) ovvero accessori!
delle ville lucullane. Grandi sono i van-
taggi traiti dalPuso delle fumigazioni sul-
furee nelle stufe artificiali di Assalili! ,
maggiori se ne ponno trarre da questi na-
turali e più attivi sudatoria Alle falde di
Montesecco scaturisce l'acqua de'Piscia-
relli e da per tutto sono sparse le vulca-
niche materie,eil gas solforoso esce dal-
le screpolature, sviluppandosi portento-
so calore nelle varie sue grotte. Di egual
natura è la Solfatara, altro estinto vul-
cano che gli antichi chiamarono Forum
Vulcani }z consiste in pianura lunga 1 3oo
palmi e larga 100, circondata da colline, e
risponde a' campi Flegrei. In alcuni luo-
ghi il calore supera 80 gradi e senza fuo-
co artificiale vi si fa bollir l'acqua e si
purifica lo zolfo nelle rinomate fabbri-
che. Dalle screpolature o fumarole tal-
volta escono fiamme. Lungo l'antica stra-
da consolare per a Pozzuoli, die si chia-
mò Antiniana, sul vertice de' colli Leu-
cogei è un antico e lungo sepolcreto. In
prossimità poi s'innalza la chiesa dedi-
cata a s. Gennaro, nel luogo ove fu de-
POZ
collato co'martiri compagni, di che feci
parola a Napoli, ove fu eretto un altare
di fino marmo con isculture del Vacca-
ro. La cappella che lo contiene è bene
ornata, col busto del santo e la pietra in-
sanguinata ovecadde.I cappuccini vi han-
no il convento e vi si gode la vista di e-
stesissimo orizzonte e su tutto il delizio-
so cratere puteolano. Domina queste con-
trade, che precedono Pozzuoli, la mon-
tagna che racchiude la real caccia di A-
struni, famosa campagna circolare cinta
da monti e ornata da spessi boschi e da
3 angusti laghi. Si vedono gli avanzi di
un vulcano, ad ogni passo scaturendo le
acque minerali e termali. Diverse pisci-
ne e serbatoi d'acqua s'incontrano nel-
l'avvicinarsi per questo lato a Pozzuoli,
e ad una vasta e ben conservata si discen-
de nella Villa del principe di Cardilo, e-
dificata sopra l'antico fòro, presso la qua-
le si vede qualche traccia d'acquedotto,
onde 1' acqua del Serino probabilmente
si trasmetteva alla piscina di Cauli. Le
altre due piscine si vedono nella Villa
del duca di Lusciano, ed altra di esse di-
cesi il Laberinto per la moltitudine e ir-
regolarità delle camerette che la compon •
gono. Si giunge poi al trivioformatodal-
la via Campana boreale, dalla Cumana
occidentale edall'orientale Anliniana. Da
ogni banda qui s'incontrano sepolcri e ve
ne ha magnifici presso la chiesa di s. Vi-
to, l'un de'quali ha 45 nicchie per urne,
e l'altro a due piani desta l'ammirazio-
ne dell'osservatore per la grandiosità del
lavoro. L'odierna via per giungere a Poz-
zuoli lungo la marina, venne agevolata
dal viceré Parafan de Rivera nel 1571,
incominciando da Bagnoli a tagliar da ci-
ma a fondo il Monte Dolce di fragile tu-
fo, ed il Monte Olibano di materia cal-
carea ricoperta d'ammassi di lava duris-
sima dai prossimi vulcani eruttata, ve-
dendosi entro gli scavi vestigia dell'acque-
dotto. Non solo il nome di Bagnoli ri-
corda i celebri bagni minerali già ivi an-
ticamente esistenti , essendovi avanzi di
POZ 23
solidissime costruzioni , ma tutta la via
n'è disseminata, senza che si faccia uso
della grotta per salutari stufe con un ca-
lorico di 4o gradi.
La cospicua città di Pozzuoli ebbe un
tempo la più alta rinomanza, e la sua o-
rigine rimonta per lo meno a due secoli e
mezzo innanzi a Roma: secondo Strabone
la edificarono i cumani, al dire di altri al
tempo di Policrate vi cercarono ricovero
i samii, la favola dicendola eretta dal fi-
glio di Nettuno. T suoi nomi di Puleoli
e Dìcearchia&i credono sinonimi dedot-
ti dal rendervisi esattamente giustizia ,
sebbene altri traggano il primo dal pu-
tire del zolfo o dalla moltitudine de' poz-
zi , ed altri controvertono se in origine
fosse detta Puteoli, quindi dai greci Di'
cearchia, e poi fendutole dai romani il
nome primiero, oppure se dell'odierna
denominazione stati sieno autori i roma-
ni medesimi. Divenne Pozzuoli il com-
raerciale emporio, ove confluivano le ric-
chezze orientali , perfino da Tiro e da
Berito , e molti mercanti alessandrini e
sirii vi prendevano stanza. Prima Fabio
Massimo e poi Augusto vi dedussero una
colonia, essendo municipio romano, co-
me la chiama Cicerone, et gitasi pusil-
lam Romani. A bordo della nave mer-
cantile alessandrina Castore e Polluce vi
fu tratto l'apostolo s. Paolo , proceden-
do da Cesarea a Roma per sostenere il
giudizio di appellazione a Cesare che a-
vea provocato. L. Cornelio Siila elesse
Pozzuoli a suo pacifico ritiro dopo abdi-
cata !a dittatura, e molti famosi romani
vi ebbero ville e delizie; introdottivi quin-
di dagl' imperatori di Roma, che inco-
minciando da Augusto ne amarono il
soggiorno, la mollezza, il lusso, gli spet-
tacoli, sicché dopo quella città teneva il
principale posto. Dopo i terribili danni
ch'ebbe a soffrire in rimota epoca da An-
nibale, e quindi uel medio evo dai goti,
dai longobardi , dai saraceni e dal fon-
datore della pirateria algerina, l'eruzio-
ne della Solfatara del 1 198, poi i terre-
24 poz
moti deli 448 e deli 538 la rovinarono
e resero deserta. Estendevasi da prima
insino alla via Campana e trova varisi nel
suo recinto i due templi di Diana e di Net-
tuno, le reliquie de'quali veggonsi ora al-
l'esterno, ed il superbo anfiteatro, detto
ad imitazione di Roma Colosseo ed an-
che Carceri per esservi stali esposti mi-
gliaia di martiri alle fiere, e specialmen-
te s. Gennaro co' suoi compagni nella
persecuzione di Diocleziano : la prigione
del sauto nel 1689 fu ridotta a cappella.
L'edilìzio capace di 25,ooo spettatori,
dà idea della popolazione di Pozzuoli.
Dal lato occidentale facevauo pure par-
te della città il magnifico tempio di Se-
rapide, disotterrato per cura di re Car-
lo Borbone, ov'era il Serapeum, vasta
parte dell'edilìzio, nella quale tratta van-
si gì' infermi incurabili , e si vede pure
la gran piazza , sulla quale sono erette
16 colonne di marmo cipollino che do-
veano sostenere una gran cupola. Intor-
no al basamento stavano 12 marmorei
vasi cilindrici da serbar l'acque salutari
o lustrali, e ne rimangono due. Vi sono
ancora qui prossimi de'sudatorii. Vicino
al mare sono gli avanzi de'due templi del-
l'Onore e delle Ninfe* Nello scavare il
terreno trovansi sempre nell'area di Poz-
zuoli numismi , monete, corniole, cam-
mei e pietre preziose. Ridotto Pozzuoli ad
uno scheletro di città, salutò ristorato-
re della sua grandezza il viceré Pietro di
Toledo sotto il regno di Carlo V, il qua-
le fahbricandovi un sontuoso palazzo vi-
cereale, trasse cosi i grandi di Napoli a
imitarlo. Si comprendono nel distretto
di Pozzuoli i circondari di Marano, Pro-
cida, Ischia e Foria. La città conta cir-
ca 12,000 abitanti, compresi i villaggi di
Bacoli e Nisita, la quale è un'isola roton-
da con uhertose vigne e fruiti squisiti ,
col Porlo Pavone di comodo accesso, ed
ove Porzia* ingoiò i carboni ardenti, ri-
nomala pure per altre memorie. Dei fa-
sti di Pozzuoli e de' suoi uomini illustri
scrisse Giulio Cesare Capaccio, Pulcola-
POZ
na historia cui accessit de balneis libel-
bis, Neapolii6o4- La vera antichità di
Pozzuolo, Napoli 1607.
Il vangelo vi fu predicato da s. Patrona,
uno de'7 2 discepoli del Redentore, allievo
de'ss. Pietro e Paolo, e ne fu il 1 .° vescovo:
converfi colle sue prediche molti infedeli
a Gesù Cristo, e governò contemporanea-
mente alla chiesa di Pozzuoli quella di
Napoli, come era in uso ne' primi lem-
pi del cristianesimo. Gli successe s. Celso
di lui allievo, ordinato nell'anno 60 da
s. Pietro, che convertì quasi tutta la dio-
cesi e morì nell'anno 80, celebrandosene
la festa a Pozzuoli il 5 novembre. Que-
sta sede da tempo immemorabile su lira -
ganea della metropolitana di Napoli lo
è tuttora. La chiesa puteolanaè insigne
per la copia de'suoi martiri , per molte
prerogative e privilegi concessi dai Papi
edai sovrani. Dopo s. Celso fiorì per san*
tità il vescovo Giovanni, indi Florenzio
che pe'suoi demeriti fu deposto, Teodo-
ro di santa vita , Giuliano dottissimo e
legalo di s. Leone I al concilio d'Efeso,
e Stefano. Nominerò i vescovi più insi-
gni. Dopo Gaudioso del 680 vacò lo se-
de sino a Leone deho3o,che rinunzia-
to il vescovato si ritirò all'eremo. Dona-
to fiorì nel 1 1 1 9 e ricuperò da Roberto e
Giordano principi di Capua i diritti e pos-
sessioni di sua chiesa. Mauro del 1 135
ottenne da Riccardo principe di Capua
la conferma delle decime in favore del-
la cattedrale: altre decime re Carlo I con-
cesseal vescovo Angelo nel 1 277. Landol-
fo de'nobilissimi Capecelatro del 1 344»
Nicola del 1389, Tommaso Brancacci
traslato da Triedrico nel i4o5 e poi car-
dinale. Gli successe Lorenzo de Gilotto
vescovo di Vesti, a cui Giovanna II con-
fermò le decime. Fr. Lorenzo de'inino-
ri nel 1 435. Lodovico di Costanzo di po-
tente famiglia neli447- Giacomo Orsi-
ni romano del 1 49^- Antonio Jaconi di
Lecce deli494> virtuosissimo. Neli5i4
Leone X fece commendatario il cardinal
Bernardo Divizi, Nel 1 537 da Ugcnio fu
PRA
trasferito Carlo Borromeo nobile mila-
nese , chiaro per pietà e dottrina. Gio.
Matteo Castaldo nobile napoletano del
i5/[i , benemerito pastore, restaurò la
cattedrale rovinata dal terremoto e dal
fuoco: per questi Sebastiano monaco o»
livetano e suo correligioso scrisse V opu-
scolo , De dìguitate et antiqui tale eccle-
n'ae Puteolanae. Leonardo Vairo bene-
ventano canonico regolale lateranense
del 1587, per la sua dottrina e probità
fu ornamento di questa sede. Girolamo
Bernardo de Quirosspagnuolocistereien-
se deli6o4- Fr. Martino de Leon e Car-
denas sullodato, per ventura di questa
chiesa neh 63 1 vi fu traslato da Triven-
to, celebrò il sinodo, fece rifiorire la di-
sciplina ecclesiastica , edificò tutti colle
sue virtù, fu padre de'poveri ede'luoghi
pii, nel i65o fu trasferito a Palermo col-
le dignità di arcivescovo, luogotenente e
capitano generale del regno di Sicilia, ove
morì neh 655, avendone celebrato le ge-
sta l'Uglielli, Italia sacra t. 6, p. 2676
286. Carlo de Palma teatino, insigne teo-
logo del 1675. Pietro Cavalcante nobile
di Cosenza dotto teatino del 161 3, col
quale termina nell' Ughelli la serie dei
vescovi, proseguita dalle Notizie di Ro-
ma. Per morte di Pietro Ignazio Marol-
da, Gregorio XVI nel i8{3 preconizzò
l'attuale vescovo mg.r Raffaele Purpodi
Sorrenlo,giàcanonico teologo di sua pa-
tria e vicario generale. La diocesi si e-
stende per 24 miglia di territorio e con-
tiene 4 luoghi. Ogni vescovo è tassato in
fiorini 1 33, ascendendo le rendite della
mensa a circa 3,ooo ducati napoletani.
PRAGA (Pragen). Città con residen-
za arcivescovile, celebre ed antica, capi-
tale del regno di Boemia (J7.), di cui oc-
cupa appresso a poco il centro, tra i cir-
coli di Raurzim e di Rakonitz, a 54 le-
ghe da Vienna. E' pur sede del soprin-
tendente della Confessione augustana
(%'■), la cui giurisdizione si estende so-
pra tutto il regno, d'un governo genera-
le militare, delle corti di giustizia e del-
PRA 25
le primarie autorità della Boemia, come
di quelle del circolo diKaurzim.È cin-
ta da un muro e da un fosso di circa 3
leghe 172 di circuito, ed attraversala dal
sud al nord dalla Moldau, che vi forma
parecchie isole e la divide in due porzio-
ni ineguali riunite da un bel ponte di pie-
tra di 16 archi, lungo 1 790 piedi, ed or-
nato di statue di santi, tutte di metallo,
tranne due di pietra, tra le quali si ve-
nera particolarmente quella di s. Gio-
vanni Nepomuceno maestosamente at-
teggiata, il quale d'ordine di re Vence-
slao VI fu gettato da questo ponte nel
fiume (per cui si suole erigere la statua
del santo ne'ponli), essendo il ponte de-
corato di emblemi riguardanti quel pro-
tomartire del segreto della confessione ,
per cui meritò che dopo 342 anni fosse
trovata incorrotta e fresca la sua lingua,
come si legge nella bolla In sede, del 1 2
agosto 1624, di Urbano Vili. La porzio-
ne più ragguardevole della città occupa
la destra sponda , ed ha il sobborgo di
Smichow . In 4 parti si divide Praga :
i.° la Città Vecchia, Altsladl, bislunga
di forma, che estendesi lungo la destra
sponda del fiume, e racchiude il quar-
tiere degli ebrei, Judenstadtj 1° la Cit-
tà Nuova, Neustadt, che avvolge l'anti-
ca all'est, al nord-est ed al sud-est ; 3.°
il I Inu Ischi n, sulla sinistra della Moldau
e fabbricata sopra una montagna scosce-
sa, donde si gode di bellissima vista sul
fiume e su gran parte della città; 4° il
Lato Piccolo, Eleinseite, all'est ed al nord
del Hradschin, e che dicesi la parte più
antica della città ; al sud di Praga è il
Wischerad appartenente al circolo di
Kaurzim, cioè l'antica cittadella che tro-
vasi ancora benissimo fortificala e che
contiene l'arsenale. Quantunque la città
sia munita ed abitata da più di 120,000
anime, è troppo estesa e dominata dalle
alture troppo vicine per essere capace di
lunga difesa. Le strade vi sono in gene-
rale dritte, regolari e guernite di mar-
ciapiedi ; le più belle trovatisi nella Cit-
26 P R A
tà Nuova ; le case per la più parte sono
costrutte in pietra sul gusto moderno,
così i palazzi. Tra le piazze pubbliche si os-
serva nella Città Vecchia il Grosse-Ring,
il Kleine Ring, il Kohlmarkt, il Tandel-
markt; nella Città Nuova il Grosse-Vich-
markt, massima piazza di Praga, ed il
B.ossmarkt; nel Lato Piccolo il Ring eia
Welsclierplatz ; nel Hradschin il Hrad-
schiner-Ring e laLoretto-pIatz. Vi ha u-
na quantità di edifizi pubblici ; si fanno
specialmente distinguere I' cstello della
città situato sul Grosse- Ring e adorno
d'una torre con bell'orologio, di una co-
lonna sormontata dalla statua della B.
Vergine in bronzo dorato, e d'una fonte
con vasca a 1 2 faccie, nel centro delle qua •
li su piedistallo sorge una statua. La cat-
tedrale ampia e di magnifica architet-
tura gotica, per la sua situazione sul fian-
co della montagna Hradschin ', olfre un
aspetto imponentissimo; è sotto l'invo-
cazione di s. Vito martire e racchiude le
tombedi parecchi sovrani di Boemia, fra
le quali quella di s. Venceslaore di Boe-
mia che fece fabbricare questa chiesa, ed
avente un prezioso tesoro. Tra le insigni"
reliquie vi è in grandissima venerazione
il corpo di s. Giovanni Nepomuceno, già
canonico della medesima. Papebrochio,
Junii p. 4^2> narra che Gio.Pessina de-
cano di Praga, poi vescovo di Samandria,
tessendo l'elenco delle reliquie di questa
metropolitana, dice che Carlo IV impe-
ratore vi mandòda Roma parte delle os-
sa de'ss. Pietro e Paolo, e parte del pal-
lio del i.°: di più che Carlo IV ottenne
parte del bacolo dello stesso s. Pietro e
lo fece rinchiudere nel pastorale dell'ar-
civescovo di Praga, col quale, officiante
archiepiscopo, sole t sibi subdiaconns con •
celebrare. Le dignità del capitolo, che
hanno l'uso della mitra nelle solennità,
sono notate nel voi. XLV, p. 279; esso
si compone di due dignità ^ prima delle
quali è il preposto, di 12 canonici com-
presi il teologo e penitenziere, 3 vicari
sii, 5 sallerisli, diversi beneficiati, ed al-
PRA
tri ecclesiastici addetti al divino servigio,
cui assistono anche i seminaristi. Vi è il
fonte sagro e la cura d'anime esercitata
dal curato cappellano della cattedrale ,
dalla quale è alquanto distante il palaz-
zo arcivescovile, grande edifizio. Inoltre
vi sono altre 22 chiese parrocchiali con
battisterio e due collegiate: la chiesa di
s. Giacomo è sormontata da alta torre,
e di cui si ammira l'altare maggiore, co-
me pure la cappella della B. Vergi ne or-
nata di due belle colonne di cristallo di
rocca. Vi sono 1 1 conventi di religiosi,
4 monasteri di monache , 5 ospedali e
orfanotrofi , il monte di pietà , ed il se-
minario, la cui fondazione approvò Ur-
bano Vili col breve Romanus Ponti/ex,
de'22 dicembre 1628, Bull, de prop.fi-
del.i, p. 92, ad istanza dell'arcivescovo
cardinal de Harrach, e lo fece degno di
tutti i privilegi che godono i seminari
pontificii. Rimarcabile è l'abbazia delle
benedettine di s. Giorgio, ch'è il piìi an-
tico monastero di tutta la Boemia, fon-
dalo verso ilyg 1 dalla principessa Milada
sorella di Boleslao il Pio duca di Boemia.
L'abbadessa, che d'ordinario è una prin-
cipessa, godeva in passato dell'autorità
sovrana, ed ha ancora il diritto dimet-
tere la corona sulla testa della regina nel
giorno dell'incoronazione. Questo mona-
stero è esente dalla giurisdizione dell'or-
dinario e soggetto immediatamente al
Papa. I protestanti vi hannodue chiese;
vi è l'ospizio per le partorienti, un gran
teatro, un sontuoso palazzo municipale
decorato delle statue de' re di Boemia. Sul
molo fu eretto un monumento a Fran-
cesco I, colla statua colossale in bronzo
che lo rappresenta, ed adornato da 8 sta-
tue scolpite da Max, ed esprimenti 8 cir-
coli boemi,. oltre altre 8 piccole figure.
L'università situata nella Città Vecchia
e che ricevette il nome di Carlo Ferdi-
nando, è la più antica della Germania ;
fondata nel 1 34.7 dall'imperatore Carlo
IV, Papa Clemente VI a di lui ittanza
l'approvò e ornò di privilegi colla bolla
PRA
la snpremaè dignitatis, 7 kal. fcbr. an.
v, Bull, cit., Appendix t. 1, p. 5. Da
questa università sorti I' eresiarca Gio.
Huss boemo, fatto bruciare nel \[\.\5 dal
concilio di Costanza, pena che soffri an-
cora il suo discepolo Girolamo da Pra-
ga, professore di teologia, ambedue se-
guaci degli errori di TViclefo. L'univer-
sità nel secolo XV godeva molta riputa-
zione, ed oggi pure è in rinomanza, con-
tando circa 55 professori e intorno a 1 4oo
studenti , munita di copiosa biblioteca,
osservatorio , gabinetti di fisica e storia
naturale, e d'istituti artistici e scientifici.
Praga ha 3 pubbliche biblioteche forni-
te di stanze per lettura: quella dell'uni-
versità con33oomss. e 109,529 volu-
mi di tutti i rami della letteratura ; la
biblioteca del museo boemo con 1 200
mss., 5ooo opere stampate nazionali,
7000 storiche di varia sorte e i5,ooo vo-
lumi; la biblioteca della società industria-
le di Praga con 5oo opere in 10,000 vo-
lumi. Praga ha inoltre 22 biblioteche
private, fra le quali quella del principe
diKinski con4o,ooo volumi, quella del-
la società agricola nazionale con 4°°°
volumi, e il gabinetto di lettura della fa-
coltà medica. con 3ooo volumi. Nell'ar-
chivio civico si trovano olire a i3oo vo-
lumi di antichi mss. della città, il più an-
tico èdel 1 3 1 o. Altri stabilimenti d'istru-
zione pubblica, di scienze e arti sono 3
ginnasi, scuola normale, scuola politec-
nica, di disegno, di pittura, conservatorio
di musica, l'accademia delle scienze as-
sai inpregio nella Germania, edallredot-
te società; quella del museo nazionale è
ricca ancora di oggetti d'arte e di storia
naturale: da ultimo questo museo con
graudi spese andavasi riordinando, e
Schwanlhaler lavorava in Monaco per 2 1
statue di bronzo, che il mecenate delle
arti possidente Veith gli ordinò pel Pan-
theon boemo di Liboch. Sino dal pon-
tificato di Gregorio XIII, come si ha dal
p. Maffei, Annali t. 4> all'anno i5y5, si
trova in Praga stabilito da quel Papa il
PRA 27
pontifìcio collegio di s. Bartolomeo pergli
scolari della nazione tedesca, collegio che
Urbano Vili colla bolla Quoniam divi-
nac, presso il Bull, de prop. fidel.i, p.
5i, riformò e ristabilì, riducendo a 20
gli alunni ch'erano 4o e sottoponendolo
ai cardinali della congregazione di pro-
paganda fide, iaqualedava al nunzio di
Vienna ampie facoltà pel buon regola*
mento di esso: era diretto dai gesuiti, ed
avea dalla s. Sedei 53o talleri. In Praga
nel 1 58o fu istituito un convitto dis. Ven-
ceslao de'poveri studenti, ch'ebbe un as-
segno annuo somministrato dall'ospeda-
le de'boetni di Roma , del quale parlai
nel voi. XXIX, p. 1 14, ed a Povero. A Uro
seminario e collegio esisteva in Praga sot-
to la denominazione di s. Norberto, fon-
dato dall' abbate de' premostratensi pei
suoi canonici e pei chierici secolari, che
Urbano Vili approvò col breve AUiludo
divinae, a'3o luglio 1 63q, Bull, cit.p. 107.
Urbano Vili confermò i privilegi con-
cessi da Gregorio XV al collegio dis. Gia-
como del convento de'minori conventua-
li, mediante il breve Alias, de'2 settem-
bre 1625, Bull, cit., Appendix t. i,p.
162. Sembra ancora degno di memoria,
che i beni ecclesiastici di questo regno,
essendo stati invasi dagli eretici seguaci
di Lutero, riceveva il clero un compen-
so sulla cassa del sale, e di questa inden-
nizzazione si trattò a lungo nella detta
congregazione di propaganda. Contiene
questa città manifatture di stoffa d' oro
e di argento, seterie, cotoncrie, minute-
rie fine e false, strumenti di musica e di
matematica, fabbriche di maioliche, bir-
rerie considerabili, manifatture d' armi
e tabacchi. Questa città è il centro del
commercio della Boemia ed il deposito
generale del regno, e vi si fanno molti
affari di transito ; vi si contano meglio
clie 3o grandi case di' commercio, quasi
la metà delle quali ebree, mentre parec-
chi ebrei si dedicano alla politura degli
eccellenti cristalli di Boemia. Praga fu
patria di molli uomini illusili che fiori-
28 P ■ A
rono nelle armi, nelle scienze e nelle di-
gnità ecclesiastiche e "civili; di alcuni car-
dinali avendone parlato a Boemia.
Praga è una città antica, ed alcuni cre-
dono che sia la CasurgistW Tolomeo, masi
Tageneralmented'accordo nel considerar-
la come la Boviasmum di Strahone o la
Marobadum di Tolomeo. Nel XV secolo
fu lungamente turbata pergli eretici Us-
siti (V.). L'imperatore Ridolfo II vista-
bili la sede dell'impero, ma nel 1612 il
successore e. fratello Mattia la restituì a
Vienna. Essendo morto nel 1619,! boe-
mi già ribellati con gettare dalle finestre
del palazzo di Praga i ministri cattolici,
si mostrarono contrari anche col nuovo
imperatore Ferdinando li , offrendo il
trono a Federico V elettore Palatino ,
al modo detto a Palàtinato, a Boemia
ed a Germania. Quindi cogli aiuti di Pao-
lo V dagl'imperiali nel 1620 si die sotto
le mura di Praga tremenda battaglia, che
perdette il Pala tino col la sconfitta de'boe-
ini, onde seguì la presa della città; quin-
di Ferdinando li ricuperò tutta la Boe-
mia e altre provincie. Nel 1741 s'impa-
dronirono della città i francesi, che nel-
l'anno seguente vi furono bloccali dall'e-
sercito imperiale, ed il 2 gennaio 1743
rendettero la piazza, uscendone cogli o-
nori della guerra, dopo essersi segnalali
con vigorosa resistenza. 1 prussiani se ne
rendettero padroni nel 1 744> ma gl'im-
periali la ricuperarono in quello stesso
anno; nel 1757 poi soffri molto per la
guerra tra gli austriaci ed i prussiani
medesimi, i quali rumatala in parte col
bombardamento, non però se la potero-
no pigliare. A' 14 settembre 1847 P''aga
fu per la 1 .'' volta illuminata a gas, in o-
nore del giorno natalizio dell'arciduca
Stefano, Per l'insurrezione del 1 848, nel
giugno fu bombardata, per cui restò in
diverse parti incendiata , venendo però
vinta la rivoluzione e distrutte le barri-
cate. Nel declinar di detto anno avendo
l' imperatore Ferdinando 1 abdicato al-
l' impero, dipoi coli' imperatrice stabilì
FRA
l'ordinaria sua residenza in Praga. Ne
i85i il ceto commerciale ha fatto conia-
re, in memoria dell'apertura della stra-
da ferrata di Fraga-Dresda , una meda-
glia incisa da Seidau , che da una parte
rappresenta la Boemia e la Sassonia in
atto di porgersi la mano da una carroz-
za a vapore, dall'altra la così detta Tor-
re del ponte della Città Vecchia.
La sede vescovile fu eretta nel 971,
Comnianville protraendo l'istituzione al
998, sufFraganea di Magonza. Di linaio
o Dietrnaro, monaco benedettino di Mag-
dehurgo, viene riconosciuto come il i."
vescovo di Praga e morì nel 980, gettan-
do orribili grida pel timore di andare
nelle pene eterne, per aver trascurato i
doveri del proprio stato, e ricercato con
passione gli onori e piaceri mondani. Suo
successore fu s. Adalberto conte di Wog-
tiech nel g83 , parente dell'imperatore
Ottone II, chiamato l'apostolodella Boe-
mia, Ungheria, Moravia, e Polonia do-
ve lasciò il fratello Gaudenzio i.° vesco-
vo di Gnesna. Egli erasi trovato presen-
te all'infelice morte di Dilmaro,onde pre-
so da spavento e compunzione detestò i
suoi falli, si rivestì di cilizio e distribuì
larghe limosine a'poveri. Elelto vescovo
non più fu veduto ridere, dicendo: >» E'
molto agevol cosa portare una mitra e
un pastorale; ma è ben assai terribile do-
ver render conto d' un vescovato al su-
premo giudice de'vivi e de'morli ". Fe-
ce il suo ingresso in Praga a piedi nudi,
quindi divise le rendite in 4 parti, per lu
chiesa, pei canonici , pei bisognosi e per
sé. La diocesi era allora nel più deplora-
bile stato. Una parte di quelli che l'abi-
tavano erano ancora avvolti fra le tene-
bre dell'idolatria; gli altri professando il
cristianesimo, disonoravano la loro fede
coi piìi detestabili vizi. Adalberto si ado-
però a tutto potere per far fiorire la ve-
ra pietà, rna invano, per cui si dedicò al-
la conversione degl'idolatri delle memo-
rate regioni , venendo dai boemi truci-
dati diversi parenti, saccheggiati e iucen-
PRA
diati i loro beni. Patì glorioso martirio
in Polonia, ed il suo corpo venerasi nella
cattedrale diGnesna. Gli storici della fa-
miglia Orsini fanno di questa s. Adalber-
to e altro vescovo di Praga chiamato Gau-
denzio, forse il fratello del santo e vesco-
vo di Gnesna. Fragli altri vescovi di Pra-
ga noterò, s. Severo Berzkowsky, morto
nel i 067, dopo aver dato il consenso che
la sede vescovile d' Olmiitz (^.)> da tanti
anni unita a Praga, fosse separata e fatta
suffraganea di Magonza; s. Andrea di
Guttensteyn, che fu perseguitatoe man-
dato in esilio da Premislao re di Boemia
e morì in Roma nel 1224. L'ultimo dei
vescovi di Praga fu Giovanni di Driazez,
discendente dalla famiglia reale di Boe-
mia, prevosto di Wischehrad, canonico di
Praga ei.° priore del convento dis. Gio.
di Gerusalemme a Praga, eletto vescovo
neli3oi e morto neh 343. Narra Rinal-
di all'anno i344>n-°64j che i demeriti
di Enrico arcivescovo di Magonza e del
suo chiericato , tolsero la Boemia dalla
sua giurisdizione , anche per I' odio che
nutriva contro Enrico il marchesediTl/o-
ravia [V.) Carlo ( poi imperatore Carlo
IV) figlio di Giovanni re di Boemia, co-
me osserva Vettori, Fiorino d 'oro, p. 72.
Vi contribuì l' imprudenza del vescovo
di Wratislavia Nauchero, il quale mal-
contento di re Giovanni, per certa dif-
ferenza lo chiamò regolo e richiesto dal-
l'offeso re di dichiararsi, gli rispose: » Chi
non ha nel suo regno alcun metropoli-
tano,e nella sua coronazione conduce con
preghiere e con prezzo gli arcivescovi (di
Magonza), egli è regolo, e fra tutti i re
cattolici il minimo ". Allora Giovanni,
aiutato da Filippo VI redi Francia, pre-
gò caldamente Clemente VI di elevare
la chiesa di Praga in arcivescovato e me-
tropolitana, e fu esaudito pienamente nel
1 343, togliendola dalla giurisdizione me-
tropolitica di Magonza ; allora essendo
vescovo di Praga Ernesto Pardubiez o
Pardubicio ne divenne il i.° arcivesco-
vo. Il Papa formò isuflraganei con eri-
PR A 29
gere in vescovato l'abbazia premostra-
tense diLittomische! o Lylhoniysliense
(soppresso poi le turbolenze degli ussiti),
che altri chiamarono o confusero con
Leitrnerilz( P'.), e dismembrò da Magon-
za il vescovo d'Olmiitz, e quello di Meis-
seu in Sassonia da Magdeburgo, come
afferma Micovia, Rerum Polonicarwn
lib. 4 : eretti poi i vescovati di Leitme-
ritz, Konigtgratz e BudweU, questi sol-
tanto restarono suffraganei di Praga e lo
sono tuttora, giacché Littomischel e Meis-
sen furono soppressi, ed Olrniitz diven-
ne arcivescovato. Ernesto fu inoltre da
Clemente VI decorato del pallio solen-
nemente, in vigore della bolla Atteneteti-
tes Pragensem ecclesiam nwgnae, de'25
agosto i344>^fó^- Rom.t. 3, par. 2, p.
2g5, e lo conferma Stranskiz nella sua
Repubblica Boernaj per cui furono de-
volute le ragioni di ungere i novelli re
di Boemia all'arcivescovo di Praga e co-
me prima in questa città, ad esclusione
degli arcivescovi di Magonza (P.), an-
che pel diploma speditoa'5 maggio 1 34^-
Inoltre I' arcivescovo di Praga ebbe da
Clemente VI il titolo di legato della s.
Sede, in seguito la dignità di primate
ed il grado di principe dell'impero. Non
debbo tacere, che da quanto riporta Vet-
tori, pare che già Benedetto XII prede-
cessore di Clemente VI, con diploma dei
9 ottobre i34' avesse ordinato, che sen-
za derogare all'avvenire si facesse peral-
lora in Praga la coronazione, e si unges-
se in re Carlo primogenito di re Giovan-
ni e Bianca sua consorte in regina della
Boemia ad hoc ipsius regis accedente
consensu. Morì il 1 ,° arcivescovo Ernesto
nel 1 347 e gli successe Tommaso Gio.
Oczko (f' .) di Wallassim, già vescovo di
Olmiitz, che neh 365 ottenne da Urba-
no V il titolo di legato nato della s. Sede
e fu creato cardinale da Urbano VI. L'ar-
civescovo Corrado de V edite r.° vescovo
di Verden poi d'Olmiitz e neh4i3 ar-
civescovo di Praga , dopo di avere per
qualche tempo governato con prudenza
3o PRA
e zelo l'arcidiocesi, dichiarossi protetto-
re degli eretici ussiti, mettendosi alla lo-
ro testa quando saccheggiavano i mona-
steri, ed è perciò che Martino V lo de-
pose nel 1426, morendo Corrado 5 anni
dopo. Martino V fece amministratore
Gio. Bacca di Praga, già vescovo di Lit-
tomischel (Sior. eccl. d'Alemagnai. 2,
p. 172) e d'Ohniitz, e nello stesso 1426
(non 1406 per errore tipografico quali-
ficato nella biografia) lo creò cardinale:
col zelo e colle armi combattè gli ussi-
ti e ne riuscì vittorioso in diverse batta-
glie , facendo l'ufficio d' intrepido capi-
tano , poi nel i4^o sepolto nella catte-
drale di Vaccia. Giovanni di Rochizana
o Rockyczana, distinto personaggio di
Boemia, pretese all'arcivescovato vacan-
te di Praga verso il 1 436, ma siccome a-
pcrtarueute favoriva l'eresie di Wiclefo
e di Huss, così venne escluso dal conci-
lio di Basilea e da Eugenio IV , poi ri-
conosciuto dal conciliabolo di Basilea, al
modo detto a Boemia, ove parlai ancora
della legazione del cardinal Carvajal a
Praga, e quanto questa città soffri per le
gravi turbolenze degli eretici principal-
mente suscitale da Ziska e dai taboriti,
che vi distrussero le chiese ed i mona-
steri, massacrarono la maggior parte dei
cattolici, e misero tutto a fuoco ed a san-
gue. Continuando Rochizana nell'usur-
pazione, restò vacante e quasi soppressa
la sede per molti anni , solo la s. Sede
sempre zelante pel bene de' veri fedeli^ in
quel disastrosissimo periododi tempo no»
minò di quando in quando amministra-
tori all'illustre chiesa,come Corrado ba io-
ne di Zwole vescovo d'Ohniitz nel 1 434»
Filiberto di Montjoyeux vescovo di Cou-
tances nel 1 4^9> Giovanni di Doba ve-
scovo d'Eichstadt nel 1462. Nuove stra-
gi di religiosi e spogliamene di mona-
steri fecero nel 1 474 8n eretici in Praga.
Ad Alessandro \1 finalmente riuscì ri-
conciliare colla chiesa romana i pragesi,
dopo aver essi riconosciuti i loro errori.
Racconta Rinaldi all'annoi 493 che A-
PRA
lessa ndro VI, fallo legato Orso vescovo
di Trani, l'incaricò di tal missione, per
cui ottenne che i pragesi, condannati gli
errori, promettesero osservare perpetua -
mente i riti e le verità cattoliche, paci-
ficando ancora i principi boemi. Avendo
re Ferdinando I ottenuto da Giulio III
il ristabilimento dell'arcivescovo di Pra-
ga, neh 562 vi nominò Antonio di Mu-
glitzdi Moravia, già vescovo di Vienna,
il quale fu ambasciatore imperiale al con-
cilio di Trento e inori neh 58o. Quan-
to ai successori fino al principio del pas-
sato secolo, vedasi la Storia eccles. di
Germania t. 2 , p. j3 (, e da quell' e-
poca sino ad oggi le Notìzie di Roma.
Essendo arcivescovo Gio. Maurizio de
Manderscheid , Clemente XIII col bre-
ve Apostolicae benignalis, degli 8 mar-
zo 1763, Ball, cont.t. 2,p. 336, abrogò il
privilegio d'esenzione concesso da Boni-
facio IX al capitolo Viscehradense, e lo
sottopose alla giurisdizione dell'arcive-
scovo di Praga. Gregorio XVI neh 83?.
fece suflfraganeo e vescovo di Satala in
parlibas I' attuale mg.1 Gio. Francesco
Tippmann della diocesi di Praga, quin-
di neh 838 preconizzò arcivescovo Lui-
gi Antonio libero barone di Shrenk. Per
sua morte Pio IXa'20 maggio i85o vi
trasferì l'odierno cardinal Schwartzem-
berg, di cui ue'vol. XXI, p. 1 64) XXXII,
p. 324- L'arcidiocesi è assai vasta, conte-
nendo diverse città, castella e luoghi. O-
gni arcivescovo è tassato in fiorini 2800,
le rendite ascendono a circa 60,000 fio-
rini di convenzione, gravate dall'annua
pensione di 8000 in favore del vescovo
di Budweis e d'un luogo pio.
Concila di Praga.
Il 1 ,° fu celebrato dall'arcivescovo Er-
nesto, ed in esso si fecero regolamenti re-
lativi alla cognizione ed alla fede della
Trinità, all'osservanza de'decreli dei si-
nodi, alle elezioni, ai benefizi e all'eser-
ciziodelle cariche e dignità ecclesiastiche ,
all'alienazione de'beni di chiesa, alle se-
P R A
polirne, ai monaci e monache, alla con*
sagrazione delle chiese e degli altari, al-
la messa, al battesimo, ec. Mansi, Suppl.
ai concilii t. 3, p. 543. Il 2.0 fu tenuto
nel i4o5 contro 1' antipapa Benedetto
XIII. Il 3." nel f4o8 contro i wiclefiti.
lì 4-° nel i434 per la riunione degli us-
siti. Labbét. 1 1. Arduino t. 7. Cochlaeus,
Hist. Hussit.
PRAMMATICA o PRAGMATICA,
Lex sumptuaria. Riforma delle pompe,
delle vesti , del lutto , de' titoli, fieno e
limite al lusso, alle spese pubbliche e pri-
vate; legge suntuaria, municipale, di con-
suetudine, del quale argomento tratto a
Legge, Vesti, Convito, Funerali, Lut-
to, Titoli di onore e relativi articoli,
principalmente a Lusso.
PRAMMATICA SANZIONE, Prag-
matica sanctione. Questo termine che
dal latino sanctio, ordinanza, legge, sta-
tuto, e dal greco pragma, affare , viene
usato particolarmente per distinguere le
ordinanze che concernono i grandi affa-
ri dello stato, della chiesa, delle comu-
nità, oppure le ordinanze che si faceva-
no per affari pubblici colla riunione e col
consiglio di molti dotti giureconsulti, o
finalmente quelle che i re e gli altri prin-
cipi sovrani facevano in un'assemblea
composta di grandi. Molle costituzioni
imperiali , riguardanti massime i diritti
e le successioni degli Elettori dell'impe-
ro (/ .), ottennero il nome di pramma-
tica sanzione e sotto questo veggonsi re-
gistrate nel corpo del diritto germanico,
nelle leggi imperiali raccolte da Golda-
sto. Parlerò de' due famosi regolamenti
di Francia che portano il medesimo ti-
tolo, il i.° supposto e creduto promul-
gato da s. Luigi IX , il i.° emanato da
Carlo VII. Mentre s. Luigi IX nel 1269
si preparava al viaggio d'oltremare per
la crociata, per gli aiuti della quale im-
plorò coi franchi la mediazione della s.
Sede, ad onta ancora di sua pietà e ma-
gnanimità si pretende che facesse un'or-
dinanza col titolo di Prammatica san-
P R A 3 1
zione, divisa in G articoli; bensì istituì un
consiglio di coscienza presieduto dal ve-
scovo di Parigi, cui raccomandò non no-
minare che gli ecclesiastici più pii e più
atti a servire utilmente la Chiesa colla
convenevole distribuzione delle loro ren-
dite, onde assicurare ottime elezioni ca-
noniche. Il i.° riguarda le chiese, i pre-
lati, i patroni ed i collatori ordinari dei
benefizi, i quali godranno de'loro diritti
e giurisdizione. Il 2.0 che le chiese cat-
tedrali e altre avranno la libertà delle e-
lezioni. Il 3.° che la simonia sarà bandi-
ta dal regno. Il 4-° che le promozioni,
collazioni, provvisioni e deposizioni di pre-
lature ed altri benefìzi e uffìzi ecclesia-
stici, si faranno secondo il diritto comu-
ne de' concilii e le istituzioni degli anti-
chi padri. Il 5.° che le libertà, le franchi-
gie, i privilegi accordati dal ré dì Fran-
cia alle chiese, monasteri e altri luoghi
pii, ed anche alle persone ecclesiastiche,
saranno conservate. Il 6.° riguarda le tas-
se pecuniarie a vantaggio della chiesa ro-
mana. Diversi scrittori sono d'avviso che
questa prammatica non sia di Luigi IX,
sebbene sia citala negli articoli presentati
a Luigi XI negli stati riuniti a Tourse
nell'atto d'appello dell'università di Pa-
rigi del 1 49 1 , e per vera l'abbiano cre-
duta il p. Alessandro e Velley : altri at-
tribuiscono a s. Luigi IX solo i primi 5
articoli. Si riporta nel t. 7 de' Concilii
d'Arduino, ed affatto supposta la dichia-
ra Tomassini, De velerà et nova eccles.
disc. par. 2, I. 2, cap. 3, e par. 3, lib. /,
cap. 43, e dimostra Lambertini, De ser-
i'orum Dei beat. lib. 3, cap. 36, sì per-
chè solo se ne parlò circa due secoli do-
po la morte del santo re, come ancora
perchè se fosse stata vera se ne sarebbero
serviti i francesi nelle discordie tra Boni-
facio Vili e Filippo IV. I Bollandisti se-
guirono l'opinione di Tomassini ad dieni
25 aug., per la qual sentenza propende
il p. Griflèt, Istoria di Francia. Di re-
cente la provò con buone ragioni, criti-
ca ed erudizione una favola, tendente a
32 P R A
palliare col manto della sant'ila l' ingiu-
stizia e la prepotenza, il libro encomiato
dagli Annali delle scienze rei. serie 2.a,
voi. 6, p. 3o5: Della Prammatica san-
zione attribuita a s. Luigi IX per Rd.
Tlwmassy antico allievo della scuola rea-
le di CharlreSj Parigi i844-
Avendo il conciliabolo di Basilea (l7.)
molte cose disposto sopra la riforma dei
benefìzi e sopra il giudizio delle cause,
Carlo VII re di Francia, prima zelante
di riconciliare coi Papa quella congre-
ga, poi vietato a'vescovi d'intervenire al
concilio generale da Eugenio IV presie-
duto in Ferrara (F.) e sempre più ade-
rente a quegli scismatici, attento a pro-
cacciarsi de' vantaggi allora die la Chiesa,
sconvolto l'ordine delle cose, travaglia-
va nella divisione dello scisma, come os-
serva Bernini , Hist. dell' eresie t. 4> P-
237, nel i438 a' 7 giugno convocò, se-
condochè narrai ne' voi. II, p. 2i3, e
XXVI j p. 3i5, una grande assemblea
a Bourges (F.) di vescovi ed ecclesiastici
francesi contaminati dagli erronei princi-
pii de'padri basileesi e coll'intervento dei
loro legati (secondo alcuno pure di quel-
li d'Eugenio IV). La presiedè il re assi-
stito da Luigi il Delfino suo figlio , da
molti principi del sangue e da numeroso
stuolo di potenti signori. In questa assem-
blea secondo la mente de'basileesi e i de-
creti spediti al re, tendenti al ristabi-
limento della libertà nelle elezioni ca-
noniche, pregandolo farli ricevere nel
suo regno, tali decreti furono la base del-
la formazione della costituzione o rego-
lamento di disciplina ecclesiastica in 2 3
articoli, con varie modificazioni rela-
tive alle libertà della chiesa gallicana,
che si disse Prammatica sanzione, cioè
costituzione riformatoria di alcuni dai
basileesi chiamati abusi o inconvenienze.
Essa riconoscendo 1' autorità de' conci-
li'! ecumenici superiore a quella de' Pa-
pi, tutta si raggirò nell'abolizione delle
censure ecclesiastiche e delle antiche Ap-
pellazioni interposte al Papa, e nella
PRA
proibizione di conferir prebende, abba-
zie, vescovati ecommendea persone non
nazionali francesi, venendo così tolta al
Pontefice quasi ogni facoltà di conferir
benefizi, e di giudicar le cause ecclesia-
stiche del regno di Francia , perciò in-
giuriosa a lui, al suo regno ed alias. Se-
de, onde fu causa e fomento di mille di-
sordini. Osserva Rinaldi a tale anno, che
i francesi non ricevettero tutti i decreti
del conciliabolo, ma quelli che loro piac-
quero ; ma mentre i prelati si sottraeva-
no dall' autorità pontificia, colla pram-
matica si sottomisero alla servitù laica-
le. Bercastel , Storia del cristianesimo ,
narra che dopo la traslazione de'Papi in
Avignone, i re e il clero di Francia si tro-
varono privati de'loro migliori diritti al-
la collazione de'benefizi, per mezzo del-
le riserve e aspettative principiate in A-
vignone, per disporne anche prima che
i medesimi fossero vacanti. Laonde fu
questo il motivo per cui precipuamente
i francesi seguirono il concilio di Basilea,
quindi per trovar qualche via di conci-
liazione tra esso ed Eugenio IV, o alme-
no per resistere alle conseguenze d' una
discordia, che faceva languir la discipli-
na nella più parte della Chiesa, si venne
alla compilazione della prammatica san-
zione, sempre dipoi tanto cara ai france-
si, sino a nominarsi da alcuni il baluar-
do di loro chiesa. Abbracciata e promul-
gata siffatta prammatica da Carlo VII
a*7 luglio come legge del regno e regi-
strala nel parlamento, tutto si risvegliò
lo zelo sacerdotale di Eugenio IV che la
condannò solennemente con autorità a-
postolica, come afferma Novaes, e fece pòi
grandi istanze al re perchè l'annullasse
quando si ritirò dal conciliabolo , come
riporta Rinaldi all'anno i44o>n.° 4- ^c-
cone i 23 articoli o titoli, che subito ap-
provò il conciliabolo di Basilea. i.° Ap-
prova il pseudo-concilio di Basilea e lo
dichiara superiore al Papa, il quale solo
col suo parere potrà destinare i luoghi
pei concilii. 2.0 Prescrive chele elezioni
PRA
sieno falle liberamente da coloro cui ap-
partengono di diritto. 3.° Abolisce tutte
le riserve generali e particolari de'bene-
fìzi. 4-° Proibisce le grazie o nomine a-
speltative. 5.° Vuole che ne'Iuoghi lon-
tani 4 giorni da Roma, le cause sieno deci-
se dai giudici che ne hanno diritto, tran-
ne le cause maggiori enunziate nelle leg-
gi e quelle concernenti le elezioni delle
chiese cattedrali ede'monasteri. 6.° Trat-
ta de frivolis appellaliouibus. 7.0 Ordi-
na che colui il quale avendo un titolo
colorato avrà posseduto un benefizio per
tre anni pacificamente e non l'avrà ot-
tenuto per intrusione o per forza , non
debba più esser molestato. 8.° Tratta de
nuin. et qual. card. g.° Tratta de annot.
io.0 Tratta de quomodo divinimi offi-
cium sii celebrandum. 1 1 .° Tratta de
quo tempore quisquis debeai esse in eho>
ro. 12.0 Tratta de qualiler horae cano-
nicae sunt dicendae extra chorum. i3.°
Tratta de his qui tempore divinorum af-
fi dorimi vaganlur per ecclesiam. i4-°
Tratta de tabula pendente in choro.i5.°
Tratta de his qui in missa non complent
Credo, velcantanl cantilenas. 1 6.° Trat-
ta de lenentibus capitula tempore missae,
parrocchiale o solenne, senza un'urgen-
te necessità venne proibito. 17.0 Tratta
de pignorantibus cullimi divinimi , ciò
ch'è proibito. 1 8.° Tratta de spectaculis
in ecclesia nonfaciendis. 1 q.° De con-
cubinariis } ordina che il concubinario
pubblico, senza alcuna eccezione, sia so-
speso ipso facto e privato di tutti i suoi
benefizi , se egli non abbandona la sua
concubina , appena ne sia avvertito dal
suo superiore. 20.0 Della comunicazione
cogli scomunicati. 2 1 ,°T ratta de interdici,
indijjtrenler non ponend. 22.0 Riguarda
le enunciazioni nelle lettere apostoliche,
che un tale è privalo del suo benefizio
o di altro diritto. 23.° Contiene la con-
clusione della chiesa gallicana pel rice-
vimento de'decreti ovvero del sedicente
concilio di Basilea. V. Primato, Benefi-
zi ECCLESIASTICI, CONCILIO, GaILIA , Da-
VOL. LV.
PRA 33
teria, Bretagna, nella quale in parte la
permise Nicolò V.
Pio II come quello che avea cancel-
lato e annullato tutto ciò eh' egli stesso
avea da privato dettato in favore del con*
ciliabolodi Basilea contro Eugenio IV,
e precedentemente ritrattate le opinioni
manifestate contro le prerogative della s.
Sede con lettera a Giordano rettore del-
l'uni versila di Colonia (esistente nella Bi-
blioteca Chigìana, Vedi) ,'come quello che
prima del pontificato avea potentemen-
te impugnato questa prammatica nel suo
libro De moribus Germanorum , repli-
catamene pregò Carlo VII perchè l'a-
brogasse. Venendo poi rimproverato dal
re con una lettera d'essere a luimal'af-
fetto, si giustificò pienamente con un bre-
ve diretto a tal sovrano, presso mg.r Bian-
chini, Parergon ad examen libri Ponti-
fìcalis, sive Epistola Pii II ad Carolimi
FU regem Franciae ab haereticis de-
pravata et a Launojana calamuia via-
dicata, Romaei688. Quindi Pio II con
maggior risentimento se ne querelò nel-
l'assemblea di Mantova^.), cogli am-
basciatori di Carlo VII , perchè ancora
si sosteneva in Francia la prammatica ,
mentre era ingiuriosissima all' autorità
papale, sebbene chiamasse il re difenso-
re della fede. Si difesero gli ambasciato-
ri col dichiarare la legale convocazione
del concilio di Basilea, che perciò il re a-
vea creduto dover accettarne i decreti,
con alcune modificazioni e addizioni con-
venienti alle consuetudini del regno e alla
condizione de' tempi, le quali non dero-
gavano in ninna maniera ai privilegi del-
la s. Sede. Tornali in Francia gli amba-
sciatori e riferite le parole di Pio II , il
procuratore generale Dauret d'ordine del
re, senza riguardo aila proibizione fatta
da Pio II d'appellare dai suoi giudizi al
concilio, appellò al prossimo concilio ge-
nerale tuttociò che avea detto il Papa in-
torno alla prammatica sanzione, onde
prevenire gl'inconvenienti che potessero
succedere in caso di scomunica, su di che
3
34 PRA
si presero misure nel parlamento. Mor-
to nel 1461 Carlo VII, gli successe il fi-
glio Luigi XI, al quale subito si rivolse
Pio lì, domandando pel nunzio Geojfroy
l'abolizione della prammatica, come na-
ta nello scisma e come distruttiva del
diritto del Papa , da cui derivano tutte
le sacre leggi. Luigi XI vi acconsentì e
l'abrogò, più per condiscendenza di com-
piacere Pio 11, che per risoluta riprova-
zione. Vedasi 1' epistola del re al Papa
presso Rinaldi, all'anno i46i,n.° 188;
Labbé, Coutil, t. 14, p- 97> Natal Ales-
sandr., Hisl. eccl. t. 8, dissert. 1 1; Char-
las, De liberlatib.eccles. Gallica ime ,lib.
1, cap. 16. La nuova fu ricevuta in Ro-
ma con solenne applauso; ma il parla-
mento, i prelati di Francia e altri dei clero
non desisterono dall' osservare la pram-
matica. Anche il re, non vedendo man-
tenute le promesse di riconoscenza fat-
tegli da Pio II, non si prese molta cura
di fare eseguire la sua dichiarazione, a-
vendogli fatto impressione le rimostran-
ze energiche del parlamento e dell'uni-
versità sui vantaggi riportati dalla pram-
matica, massime per le chiese provviste
di buoni prelati.
Terminando di vivere Pio II nel i4^4i
la prammatica d'ordine regio ritornò al
suo antico vigore , per cui il successore
Paolo II a mezzo de' cardinali Geoffroy
e Salve (/^.) volle tentare l' esecuzione
dell'abolizione, impegnando il parlainen-
to a verificare le lettere patenti colle qua-
li Luigi XI l'avea soppressa: però il pro-
curatore Gio. di Romano vi si oppose
vigorosamente , dicendo tra le altre ra-
gioni, che l'abolir l'ordine delle antiche
elezioni era un togliere agli ordinari il
diritto di eleggere , ristabilir le riserve,
le espettati ve, l'evocazioni in prima istan-
za delle cause alla corte di Roma ; un
togliere ai patroni il diritto di presen-
tare ai benefizi, e agli ordinari quello di
conferirli, il che non poteva a meno di
non introdurre nella chiesa gallicana una
orribile confusione: di più Y università
PRA.
appellò al futuro concilio di tutti gli at-
tentati occorsi e da farsi contro questa
legge. Inoltre il clero di Francia ricu-
sò di ricevere un breve di Sisto IV, fu
indocile alle ammonizioni d' Innocenzo
Vili e di Alessandro VI fatte sotto re
Carlo Vili ; può quindi facilmente im-
maginarsi qual disordine invadesse le co-
se ecclesiastiche del regno. In questo sta-
to di cose , non sembrando a Giulio II
lasciar trascorrere altro tempo per sanar
questa piaga della Chiesa, regnando Lui-
gi XII, ne intraprese coraggiosamente la
cura nel concilio generale di Lalerano f,
che descrissi a tale articolo, nella cui 4 • '
sessione volle che si leggesse la revoca
fatta da Luigi XI, per venire al decre-
to conciliare della totale abolizione, al
modo riportato dal citato Bernini e da
me nel medesimo concilio. In questo alto
preparatorio si citarono i padri francesi
a dire le loro ragioni, perchè abolir non
si dovesse la prammatica sanzione. La
risoluzione di Giulio li riuscì sensibilis-
sima a Luigi XII pei gravi dissapori in-
sorti tra loro, e ne portò ulte doglianze
quasi a tutti i potentati cristiani , que-
relandosi del Papa, che togliere a lui vo-
lesse il più prezioso gioiello di sua coro-
na. Essendo morto Giulio II, continuò la
celebrazione del concilio Leone X, laon-
de Luigi XII vi aderì , rinunziò al con-
ciliabolo di Pisa e pocodopo morì. Que-
sto Papa portassi in Bologna (/".) nel
1 5 1 5 per abboccarsi col nuovo re diFi an-
cia Francesco 1 (di che parlai purea Fran-
cia ) , il quale con caldissime istanze lo
supplicò, che abrogandosi nel concilio la
prammatica sanzione, gli fosse permes-
so proporre in luogo di quella altri pro-
getti di disciplina, che poscia, muniti di
apostolica autorità, servissero di norma
in tutto il suo reame. Assentì ilPapa al-
le preghiere di Francesco I, e di comu-
ne accordo concertati gli articoli della
nuova disciplina , col Concordato tra
Leone X e Francesco I{Tr.), il Papa for-
malmente abrogandola Prammatica , lo
PRA
sanzionò colle bolle, Primitiva ilici eccle-
sia, de' 1 8 agosto 1 5 1 6; Paslor aelernus,
de' 19 dicembrei5i6; Divina disponen-
te, de' 1 9 dicembre i5i6; Romanus Pon-
ti fex, del i .° ottobre 1 5 1 7, Bull. Hom. t.
3, par. 3, p. 43o, 433, 442 e 443, Sa-
cro approdante concilio. In tal modo si
conchiuse quel celebre concordato, segna-
tamente per quei motivi che indussero i
Papi a convenire a concordati, e che di-
chiarai a Pace. La bolla JPrts,for,colIa qua-
le Leone X condannò, annullòe riprovò la
Prammatica sanzione, con plauso e gene-
rale approvazione fu letta a' 19 dicembre
1 5 1 6 nella sessione 1 1 .a del concilio Lu-
terano, in cui rimarcai in che consisto-
no le differenze tra la soppressa pram-
matica e il convenuto e sostituito con-
cordato , il quale precipuamente estinse
le elezioni ai benefìzi, molto allora tra-
lignate dall'antica loro purità e sogget-
te a infiniti abusi, a cui vari illustri pre-
lati della stessa chiesa di Francia giudi-
carono conveniente tale rimedio, come
riferisce Bercastel. In conseguenza, con-
servandosi nel concordato alcuni rego-
lamenti della prammatica, le elezioni del-
le prelature ecclesiastiche, che per la
prammatica erano libere ai re di Fran-
cia, pel concordato restarono di nomina
regia , ma soggette alla suprema ponti-
ficia approvazione, per convalidarle col-
l'autorità apostolica. Clemente VII creò
cardinale Antonio de Prato o Pradt, per
aver contribuito all' abolizione definiti-
va della prammatica e alla conclusione
del concordato. Nella Chronica latina
pubblicata nell'i Monumenta histor. pa-
triae, t. 3, p. 619, viene qualificata la
prammatica la maggior peste della Chie-
sa, stabilita nel concilio di Basilea. Non-
dimeno i francesi non acconsentirono su-
bito che fosse cassata, come notai al ci-
tato Concordalo j anzi negli stati di Blois
del 1576 si trattò di rimetterla in vi-
gore, mediante un ardito ragionamento
deli.0 presidente del parlamento, che per
altro non produsse alcun effetto, sebbe-
PBA 35
ne la chiamasse Palladio della Fran-
cia.
PRANZO, Prandium. Il desinare, il
mangiare. Remotissima è la consuetudi-
ne di congregarsi gli uomini a mensa ,
onde col cibo ristorare il corpo e dare e-
ziandio breve riposo alle membra stan-
che e faticate dalle giornaliere occupa-
zioni, onde diversi autori scrissero intor-
no all'uso delle mense e del modo di ce-
lebrare i conviti, cosi Erodoto, Strabo-
ne, Plutarco, Mela, Stuchio, Ciacconioe
Bulangero. Il costume di cibarsi con par-
simonia fu proprio di tutti i popoli, tan-
to nella loro primitiva semplicità, quan-
to nell'adolescenza. Ma tal costume de-
generò ben presto, e si sostituirono son-
tuose mense, e alle ruvide sedie si sosti-
tuirono letti con morbide piume. Perciò
si promulgarono leggi suntuarie di pram-
matiche^ ma con poco successo. Gli egizi
anticamente sedevano a mensa, ma non
apparecchiavano le tavole; venivano lo-
ro successivamente portati i piatti, affin-
chè ciascuno si servisse a piacere. I ric-
chi al fine de' conviti facevano presenta-
re ai convitati il simulacro di una mum-
mia, dicendo loro : Mangiate e state al-
legri, che in breve sarete simili a questo.
I primi greci erano grandi mangiatori,
ed il cibo più ordinario fu il grano edi
legumi, come gli egizi ed i romani; spre-
giavano il pesce come troppo delicato e
leggero. Gli ebrei adottarono il costu-
me di cibarsi parcamente in comune in
vari tempi dell'anno; dipoi la legge
scritta ordinò i conviti religiosi nelle fe-
ste di Pasqua e Pentecoste {V.) e nella
solennità de' 'Tabernacoli {V.): tali con-
viti si ripetevano negli sposalizi o altre
liete circostanze. Gli ebrei dividevano in
due mense i loro conviti; nella i. ci-
bavansi delle carni della vittima , nella
2.a portavano le frutta e facevano gira-
re il vino con la tazza detta delle bene-
dizioni e delle lodi , dai brindisi ed ac-
clamazioni che facevano. Come altre na-
zioni gli ebrei mangiavano giacendo. Nei
36 PRA
tempi eroici facevano d' ordinario due
pasti il giorno, l'uno a mezzodì, l'altro la
sera; questo ultimo era più abbondan-
te e considerabile, l'altro era una specie
di colazione, non pasto o pranzo. Gli spar-
tani mangiavano insieme, ed il loro ali-
mento era assai parco e regolato dalla
legge die toccai a Grecia e relativi arti-
coli. Gli aborigeni avvezzavano i figli a
cibarsi di frutta e bere acqua, della qua-
le parlo pure a Fontane e Pozzi. 1 siba-
riti, popoli della Calabria, attesero smo-
deratamente agli agi, alle delizie, ai pas-
satempi, alle gozzoviglie, per cui furono
ritenuti inventori di cibi delicati e demoti-
viti. Erano tanto dediti al mangiare che
premiavano gl'inventori di nuove vivan-
de e nuovi intingoli, ed anche li corona-
vano. Gli epicurei fecero consistere il be-
ne principale nel piacere, uno de'qualie-
ra il mangiare assai e delicatamente. I
romani (licevano 3 pasti; colazione, de-
sinareeeena: la colazione di mattina con-
sisteva ordinariamente in pane inzuppa-
to al vino; il pranzo era una specie di
déjeunerj la cena era il più importante
de' loro pasti e corrispondeva al nostro
pranzo: talvolta dopo la cena facevano
un quarto pasto, una specie di merenda
(pomeridiana), equivalente alla nostra ce-
na. Pranzavano all' ora 6.a cioè a mez-
zodì, cenavano all'ora q.a sebbene ognu-
no poteva sciegliere l'ora a piacer suo. Si
ricava da Isidoro, Stor. Aug. t. r, n.° 38,
che gli antichi imbandivano lauti pranzi
a vanti d'intraprendere qualche fiera pu-
gna : Proprie, a pud veteres prandi 'uni vo-
rallini fuissc omnern militimi cibimi ante
pugnam. Poiché per la testimonianza di
Casaubono, parandium ancora dicevasi,
quasi pararci militcs ad pugnam, cui aule
pugnarti fumerelur. In questa occasione
si beveva gran varietà di l/ino(f/.), co-
me si legge nel Calogeri, Opuscoli t. 3jt
p. a3o. Convertitasi la romana parsimo-
nia in istra vizzo abbominevole, si pubbli-
carono leggi suntuarie di prammatiche
per porvi un limite, come si può vedere
PRA
in Paolo Manuzio, De legibus,eà in Apu-
leio, T^ttno d'oro, lib. io. I romani gia-
cevano a mensa 5 per Ietto: i letti li por-
tò in Roma da Cartagine Scipione Afri-
cano e perciò chiamati punicani, poi ar-
chiani dal fabbro Archia che li imitò, ed
anche tricliniares^B distinzione de'letli cu-
biculares desti ria ti al riposo. Il lussogiun-
se a formare mense di legno prezioso, co-
perle di lamine d'argento e oro e di ric-
che coltri: ornavansi con vasi di tali me-
talli, di superbo lavoro. Il solenne con-
vito de' romani si divideva in due portate
o parti : la i." era destinata al servizio
delle carni e del pesce; la 2." per le frut-
ta e pel vino. I commensali si portavano
ade mense colle vesti cenaloria, Inclina'
ria,convivalis e facevano brindisi alla 2.a
tavola, bevendo in onore di Bacco, degli
altri dei massime ai tutelari, e degli uo-
mini che si volevano onorare. In mezzo
della tavola si poneva il vaso cratere pie-
no di vino e in questo ognuno attingeva
il suo vaso, come praticavano gli ebrei.
Le mense, i letti, i pavimenti si sparge-
vano di fiori e d'acque odorifere, anzi di
tratto in trattosi versavano profumi so-
pra i convitati. In alcuni luoghi i pigmei
ed i nani servivano ne'convili al lusso dei
grandi: i romani storpiavano in culla i
bambini, per impedire che crescessero re-
stando nani. De'buftòni e improvvisatori
cheassistevanoallemense dei grandi, par-
lai nel voi. XXXI, p. i y5. Alla seconda
portata o tavola i romani ponevano i dei
/r/rtw(A\),o lari o geni domestici, sia per
religione, che per ornamento, donde eb-
be origine il dessert che serve per la se-
conda portata, sebbene si ponga in mez-
zo di essa per ornamento la parte deco-
rativa e consistente in vasi con fiori, la-
vori di fini marmi, metalli ed altro. Tra
i romani l'infimo lungo nel teatro era pei
senatori, e il supremo pei plebei; nel trion-
fo l'ultimo luogo era per l'imperatore, nel
convito quello del console: nel sedere, nel
camminare, alla mensa, l'ultimo luogo
veniva ad essere il primo. Per gli antichi
PR A
romani e delle loro mense e banchetti,
si possono leggere, Descrizione de' riti de-
gli antichi romani: delle mense devonia-
ni. Compendio delle antichità romane:
de'banchetti de'romani. Buonarroti nei
t'asidi vetro eruditamente parla de' con-
vili reali, di quelli con divertimenti di rap-
presentazionij balli, armeggiamenti, suo-
ni, canti, con intervento di poeti a reci-
tare sopra le azioni de'maggiori per istru-
zione de'figliuoli, sopra le favole degli dei
e sopra cose di filosofia; dell'antico uso
d'introdurre ne'banchetti una figura che
rappresentasse lo scheletro dell'uomo,per
prenderne un incentivo più forte ed ef-
ficace di affrettarsi (come rimarcai negli
egizi) a godere pazzamente di tutte le de-
lizie e dissolutezze. Discorre pure de'con-
vili ne'giorni natalizi degli imperatori,
de'pubblici fatti da principi, consoli e ma-
gistrati in occasione di giuochi, e regali
in essi dati; de'conviti fatti dagli amici
ai vincitori dei giuochi, o dai vincitori
medesimi, e di quelli imbanditi in Roma
ai vincitori de'circensi ; de'conviti trion-
fali de'trionfanti e di quelli epinicei dati
dai vincitori di battaglie; de'conviti agapi
e pel Battesimo (P '.). Mai-torelli, Opere
t. l, p. i85 ci diede la Dissertazione del'
la cena de'romani. I setlemviri Epuloni
e i Tizi, anziché sacerdoti, erano cuochi,
ed anche ogni Sagrifizio avea termine col
banchetto. Altri li chiamano una specie
di sacerdoti, che supplivano ai pontefici
per presiedere ai convili in onore di Gio-
ve e degli altri dei. Formavano un col-
legio e aveano 1' incarico di fare osser-
vare le ceremonie ne' conviti sagri e nei
pubblici sagrifizi, riportando ai pontefici
i disordini quando accadevano. .Nel 553
di Roma ne furono istituiti 3 , poi ne
furono aggiunti altri 4 , finché il ditta-
tore Cesare ne creò altri 3, e in tutti fu-
rono io. Si costruirono cucine grandio-
se e proporzionate all'eccesso della lau-
tezza delle cene e de' pranzi. Inoltre su
questo argomento si possono vedere: Ere-
tam M.} Mensa romana sive urbana vi.
PRA 37
ctus. Cortìì, Deprandiiac cenae modo,
Romae Aldus i56si, et Venetiae i565.
Petioni, arbitri de victu romanorutn et
de sanitale luenda, Romae i 58 1 . Pisa-
nelli, Trattalo della natura dei cibi e del
bere, Venezia 1587. Peulingeri, Sermo-
nes convivales, Yienaae 1689. Vittorio
Lancellotli, Lo scalco pratico, Roma
1627. Antonio Persio, Del bere caldo co-
stumato dagli antichi romani, Venezia
i683. Fr. Ganassoni, Opuscoli Caloge-
ro, t. 44- Parere intorno al mangiare de-
gli antichi romani. Filippo Venuti, Dis-
seri, di Cortona, t. 5: Del nettare e del-
l'ambrosia cibo e bevanda degli dei. Me-
morie sloriche sopra l'uso della ciocco-
lata in tempo di digiuno, Venezia 1 748.
Pietro Ciacconio, De triclinio, sive de mo-
do convivandi, apud priscos romanosy
Lipsiae 1 758. Lezione accademica delle
cene sontuose de'romani, negli Opuscoli
di G. B. Vivo raccolti e pubblicati da C.
A. de Rosa, Napoli 18 18. Giuseppe d'E-
ste, Ragionamento sul così detto Dessert
delle tavole moderne, Roma 1829. Nel-
V Album t. 1 4, p- 273 si riporta la de-
scrizionediunbanchettosotto Luigi XIV,
e si cita un manuale di cucina del i655,
degno d'essere studiato dai moderni Lu-
culli : Delizie della campagna o manna-
lecite insegna a preparare per l'uso della
vita quanto cresce sulla terra e nelle ac-
que. Neil' agosto 1 85 1 fu famoso il con-
vito dato dalla città di Parigi splendida-
mente a lord maire e altri della muni-
cipalità di Londra, in cui Chevet, inca-
ricato delle mense, accumulò tutte le me-
raviglie del genio gastronomico della na-
zione: la lista delle vivande che fu data
agli invitati fa comprendere come gl'in-
signi gastronomi, di cui Chevet seguì le
norme, Crillat-Savarin, Grimod, de-la-
Heynièree Carème, hanno un merito di-
stinto. Abbiamo molti trattati sulla cu-
cina, come il Cuciniere perfetto italiano,
Firenze 1826. I greci chiamarono Ar-
chimargirus il soprastante alle vettova-
glie; Archioenochus il coppiere maggio-
38 PRA
re o capo de' coppieri ; Architriclìnus o
Triclini archa soprastante o capo del con-
vito,© capo del luogo ov'erano 3 Ietti so-
pra i quali si giaceva per mangiare: fu
costume degli ebrei assegnare nelle nozze
un capo, acciò colla sua presenza e au-
torità ordinasse il convito con modestia
e quiete.
Del modo di cibarsi, de' cibi piti usa-
ti, e de' vasi e altre suppellettili adope-
rate parlai in moltissimi articoli e prin-
cipalmente ne'seguenti; mentre a Digiu-
no, santa e morale astinenza dalla qua-
lità e quantità di alcuni cibi, che include
la virtù della temperanza, dichiarai che
fu praticato dai popoli i più antichi an-
che idolatri, dicendo pure delle ore del
mangiare, come di alcuni cibi e bevande.
Del famoso convito di Baldassare feci
menzione nel voi. XLII, p. 1 35 e altrove.
A Convito parlai degli splendidi desinari
O cene, dell'uso de'con viti in tutte le na-
zioni, della s. Scrittura, del Salvatore,
de'primi cristiani in cui cantavano inni
e salmi, si segnavano colla croce, facen-
dosi questo cogli anelli segnatorii (di cui
Boldetti ne' Cimiteri de 'ss. Martiri lib. 2,
rnp. i4) dal più degno della famiglia sui
cibi e le vivande; della sagra lettura a
mensa e del ringraziamento a Dio dopo
di essa (7^. Benedicite, anche per la so-
lenne mensa del Papa e per quella che
serve ai pellegrini); de'conviti funebri de-
gli antichi cristiani; de'banchelti imban-
diti dagli ecclesiastici e dai secolari; co-
mesi debbano dare e come vi si deve sta-
re, lodando il tacere e il silenzio, con di-
versi esempi della sacra o morale lettu-
ra praticata a mensa anche da molti so-
vrani e personaggi; nonché sulla bene-
dizione de'cibi, di che trattai pure nel voi.
LI, p. 260. Come e dell'ora in cui man-
giavano e bevevano gli antichi cristiani,
e delle preghiere che prima e dopo vi fa-
cevano.Delle leggi suntuariedi/?/Y7wiwrf-
tica. Del convito d'Assuero, de' persiani
e di altri. Della mensa in cui il re vedeva
i convitali senza esser veduto, e dello sta-
PRA
rea mensa sedendo sui letti, mangiando
di fianco per facilitar la digestione, poi-
ché corcandosi dalla parte del piloro o ori-
fìzio inferiore dello stomaco,aveapiùcam-
po il cibo d'insinuarsi e di triturarsi ne-
gli intestini. Per quali circostanze si ce-
lebrarono i conviti. De'conviti delle cord
bandite {V. Giuoco). Di alcuni pomposi
conviti, come di quello del patriarca di
Mosca nel suo installamento, e di quello
ch'ebbe luogo nel i838 in Milano per
la coronazionedell'imperatore Ferdinan-
do I, qual re del regno lombardo-vene-
to, in cui intervenne il nunzio pontificio.
A Lavanda de'hedi dissi che ne derivò
l'uso dal camminare a piedi e per non
lordare i letti mangiando a tavola, ed an-
che dal bagnarsi prima di prender il ci-
bo, come rimarcai a Letto, dicendo dei
lettisterni o conviti solenni cui invila vali-
si gli dei ( a Gemma notai che con que-
ste si ornarono i Ietti, formarono i vasi
delle bevande e si posero co'fìori tra'frut-
ti); che nel convito di Pasqua (F.) de-
gli Ebrei (V.) due erano le lavande , e
parlai d'altre loro cene: nello stesso ar-
ticolo Lavanda deViedi narrai come i Pa-
pi dopo averla fatta ai Pellegrini o Po-
veri (P-), servono loro a mensa. Anche
nel Triclinio [V.) pontifìcio si sedeva su
banchi in forma di letti, perciò chiamati
Icllislerni. A BAGNienel voi. XXXVII, p.
1 ( ) ì notai che prima di porsi a mensa vi si
lavavano i gentili ed i cristiani; e siccome
in detto articolo dissi che gli antichi man-
giavano una volta al giorno, intesi parlare
de' greci, i quali propriamente facevano
verso sera un pasto solido e succoso, al
quale si preparavano con una leggera co-
lazione nel mattino o al mezzodì. Venuto
Platone in Italia meravigliò che allora
gli abitanti facessero due pasti al giorno,
cioè le persone sobrie; i soldati, gli ope-
rai e le persone dedite ai travagli face-
vano 3 pasti, colazione, pranzo e cena, e
talvolta anche la merenda nell'estate.
L'aw. Camilli, Album 1. 13, p. 349, pub-
blicò un saggio de'conviti e delle cucine
PR A
degli antichi greci, registrando gli scritto-
ri greci sull'arte del cucinare, oltre la Ga-
stronomia, poema di cucine in versi di Ar-
chestrato, che qualificò l'opera più dotta
e compiuta in argomento.
Ad Agapi, pasti, cene o hanchetti fatti
dai primitivi cristiani ne' Cimiteri o Ca-
tacombe (P*.), e poi nelle chiese o loro
vestiboli con fratellevole concordia, par-
lai delle loro diverse specie per fomen-
lare la carità cristiana e sollevare i poveri,
cioè nuziali o connubiali se pel Matri-
monio {V.); natalizie e onomastiche {V,
Nome e Nata le) se correva la festa di qual-
che Martire (^.)j funerarie se per occa-
sione di esequie ai Defunti (f/-)- A Fu-
nerali con qualche diffusione trattai delle
cene o banchetti funerariide'genlili, in cui
avea luogo il bagno; delle agapi funerali
de'cristiani, ed anche delle natalizie pei
martiri ; de'cibi che si ponevano sulle se-
polture [V. Lutto), con distribuzioni ai
poveri eziandio di limosinejcome de'pran-
zi lasciali pei suffragi anni versarli o Com-
memorazione de' fedeli defunti (ad Anni-
versario de'defunti ed altrove parlai del-
la distribuzione di fave ai poveri per ta-
le ricorrenza, dell'origine della quale me-
glio a s. Odilone). Inoltre dissi ad Agapi,
che ne'primi tempi della Chiesa desunte
le agapi dai precetti ceremoniali mosai-
ci, Deuteronomio cap. i4> v. 2 4 a 28, in
seguito degenerate in abusi gravi, furono
proibite, indi definitivamente soppresse
nel secolo XV, solo ne restòqualche vesti-
gio in diverse chiese. Le feste de' Pazzi(f:/.)
ebbero origine dalle innocenti agapi. A
Brindisi, invito o saluto diesi fa a pranzo
in atto di bere, ragionai delle antiche ac-
clamazioni convivali e loro ceremonie (an-
che a Laudi), ricordando quello fitto alla
salute di Giacomo III da Clemente XIII
nella sontuosa mensa in cui ammise il fi-
glio cardinal York che avea consagrato
vescovo, altro ai cardinali commensali,
altro al sagro collegio; e quello detto per
Gregorio XVI. A p. 627 del Diario di
Cccconi si legge, che Clemente XI aven-
P R A 39
do promosso al cardinalato Gualtieri nun-
zio in Francia, con breve scritto di pro-
prio pugno delegò Luigi XIV a impor-
gli la berretta. Questa il re gli pose sul
capo a'4 agosto 1706 nella cappella di
Versailles dopo la messa, tenendo poi a
desinare il cardinale, il quale sedette in
distanza di 4 luoghi dal re. Luigi XIV
nel bere alla salute del Papa, si levò in
piedi e si scuoprì, poi si rimise a sedere
e bevette col capo coperto, stando il car-
dinale in piedi e scoperto. Quindi il car-
dinale volendo bere alla salute delie, si
scuoprì e si levò in piedi, bevendo in que-
sta positura. Tra gli antichi danesi la fe-
sta di Natale si chiamava del corno, per
quello che vuotavano pieno di vino per
la solennità. In tal giorno i norvegi beve-
vano in onore di s. Olao , da cui avea-
no ricevuto la fede cattolica, e per abo-
lir l'uso di bere in onore delle false di-
vinità. Tra gl'irlandesi si beveva in onore
di Gesù Cristo e de'santi, in corni dorati.
Pegli abusi introdotti fu proibito di bere in
amorem sanclorum, dal concilio di Nan-
tes, presso Incuiaro di Reims, in cap. ad
Presbytcros, e. 1 4- A Cappelle pontificie,
nella generica descrizionedelleantichesa-
gre funzioni celebrate da'Papi, raccontai i
solenni conviti disposti in più mense, una
delle quali era pel Pontefice vestito (di
questo, oltre la mitra, lodichiarai nel voi.
XLII, p. 1 70) pontificalmente con mitra
aurifregiata, piviale rosso e Fanone (V.),
alla cui destra e sinistra eranoquelledei
vescovi, preti e diaconi cardinali, e in ap-
presso le altre de'prelati e signori, e me-
glio dichiarai nel voi. IX, p. 1 16: che i
cardinali sedevano alla mensa per ordine
con mitra bianca, ed aveano superpelli-
cium(o Colla,Vedì)cum camisiis, et man-
teIlo. 11 cardinal Stefaneschi nel codice va-
ticano presso Gallico, Acta caeremonia-
Ha t. 1, p. 28, scrive : Cardinales omnes
tamsaeculares, quam religiosi, habebunt
cottas ,cum succissive camisiis (rochetis)
albis, et mitris simplicibus de guarnello
(panno di bombagia, imperocché fu Pao •
4o PRA
lo II che loro le concesse di seta a lavo-
ro di damasco) incapile, et manlellisad
scapulas: sed religiosi habebunt manlel-
limi coloris suae religionis : et ita parali
comedent, et alii praelati similiter. Ter-
minato il convito, riconducevasi dai car-
dinali il Papa alla sua camera, ibique se-
dei in faldistorio, ipso et eis paratis, ut
Juerunt in mensa. Dopoch'erasi spogliato
il Papa degli abiti sagri, i cardinali ed i
prelati tornavano alle loro abitazioni,*:»/?!
milris equitanles, et parali, sicut incoine-
slioneslelerunl.lnohve riportai come nella
solenne messa e dopo {'Agnus Dei, il iVo-
menclalore (Pr.) che chiamava o nomina-
va quei chesi dovevano invitare alla men-
sa pontificia, il Sacellario (V.), e il no-
taio del Vicedomino (V.), ascendevano
all'altare per prender i nomi dal Papa
dei commensali: il i ."invitava quelli prò-
priamente per la tavola del Papa; il 3.°
quelli della mensa del vicedomino (co-
me pur dissi nel voi. IX, p. io e 1 1 5).
Che ne'vesperi di Pasqua i primati della
chiesa romana si refocillavano con be-
vande di vini diversi, pachis, pactysi,
e la return vimini, ciò che si continuava a
fare sino a tutta la domenica in Albis> al
modo riportato pure nel voi. XLI, p. 243
e 244- Parlai del pranzo del giorno di Na-
tale (/'. e ne parlai ancora ne' voi, lX,p.
1 i5, XXI, p. 161) nel triclinio del Pa-
lazzo Laleranense (F .), dopo le 3 Messe,
come dell'ordine in cui sedevano a men-
sai cardinali,! vescovi e gli altri. Del pran-
zo nel giorno di Pasqua (V.) nel tricli-
nio leoniano, ove mangiavano sull'accu-
bito o lettislernio intorno alla mensa del
Papa in figura de' 12 apostoli, cioè 5 Car-
dinali, 5 Diaconi, il Primicero{F '.), ed il
Priore basilicario sedente su sgabello: si
benediceva l'agnello dal Papa, il quale in
memoria dell'ultima cena del Signore, ne
poneva un poco in bocca del priore di-
cendo: Quod facis,fac citius, sicut ille
accepit ad damnationem, tu accipe ad
irntissionem. 11 resto dell'agnello dava
agli altri i i personaggi che seco man-
PRA
giavano,ead altri a piacere. Versola me-
tà del convito l'arcidiacono faceva legge-
re al diacono una lezione e poi gli faceva
cenno di finire. Allora il Papa ordinava
all'accolito che chiamasse i Cantori pon-
tificii per cantare la sequenza, indi rice-
vevano come pel Natale una moneta e dal
Papa una gran tazza piena di vino già da
lui gustalo, come narrai a tale articolo
(e nel voi. VIII, p. 3 i e seg.), ove dissi
del canto eseguito dai cantori ne'solenni
conviti del Papa. Ne'due giorni seguenti
alla Pasqua si faceva nel triclinio il me-
desimo convito, senza la rappresentanza
dell'agnello. Noterò che nel voi. XLVI1I,
p. 2i 8, dicendo delle oblazioni che si fa-
cevano all'altare in commestibili, parlai
dell'agnello arrostito che si benediceva dal
Papa nel giorno di Pasqua, prima all'al-
tare, poi in una sala lateranense della ba-
silica Leoniana, ed a chi lo dava a man-
giare in figura della cena del Signore. Nel
medesimo articolo Cappelle pontificie
(e nel voi. Vili, p. 296 e 3oo) descrissi
la tavola che nel giovedì santo s'imban-
disce dal Papa ai i3 apostoli e come la
serve (non sogliono assistervi i cardinali,
pure nel 1846 Gregorio XVI permise al
cardinal La Tour vescovo d'Arras che se-
desse dopo l'ultimo apostolo su d'una se-
dia a bracciuoli, vestito dell'abito cardi-
nalizio paonazzo: tutte le volte che il Pa-
pa si avvicinava a lui, egli si alzava d'in-
chinava): delle tavole del giovedì e ve-
nerdì santo (ne.W Ordine romano XIII,
n. 29,51 legge cheinquesto giorno il Papa
non dava alla sua famiglia veruna vivan-
da cotta, né vino da bere, ma solo erbe,
Pane ed Acqua, V.) che il palazzo apo-
stolico dava ai cardinali (le quali già si
facevano nel 1G27 e meglio stabilite da
Clemente XI, come osservò Cancellieri,
Settimana santa, p. 226), ed al princi-
pe assistente al soglio, come di altre ta-
vole che aveano luogo; descrivendo al-
tresì la mensa che i conservatori di Ro-
ma facevano imbandire ai pellegrini 111
sede vacuale, ed altre notizie di essa ri
PRA
poitaiaLAVAjfDADE'piEDr, mentre nel voi.
XLIX notai la disposizione in vigore. A
Cena dissi di quella del Signore eseguita
nel cenacolo di Gerusalemme (F-), in cui
Gesù Cristo istituì la ss. Eucaristia (F.),
dopo la Lavanda de'piedi agli apostoli,
per memoria delle quali si fanno dal Papa
nel giovedì santo a 1 3 sacerdoti; della ce-
na in figura dell'antica refezione sum-
nientovata, che avea luogo nella notte di
Natale ne Palazzi apostolici Quirinale e
Faticano (ai quali articoli rimarco i luo-
ghi ove pranza il Papa sotto baldacchi-
no, ed ovest fecero conviti, lo che dichia-
rai pure negli altri simili palazzi), la quale
cena descrissi nel voi. IX, p. io4> in uno
alla cantata che sole va farsi; come ancora
trattai delle cene di Quaresima (Ir.),de\-
l' Avvento (Ir.), e di digiuno, non che del
modo di sedere a mensa degli antichi. Qui
aggiungerò che ad Anni santi riportai
quando i Pontefici somministrarono le
vivande ne\V Ospizi ode Ila ss. Trinità dei
pellegrini (fr.), a quelli che vi sono ospi-
tati, e le altre mense da loro servite o nel
proprio palazzo o in altri locali ove allog-
giarono vescovi, ecclesiastici d'oltieraonte
e pò veri pellegrini. Per la mensa del giove-
dì santo ricordai nel voi. L1I, p. 1 63 che il
comune di Perugia somministrava buon
pesce; il nunzio di Napoli varie casse di
mostaccioli, canditi, conserve di frutti e
uva ; ed il tesoriere della provincia di
Ferrara scatole di caviale (preparato pei
primi dai sibariti, come rile vòTafuri,iT>e/-
tere) e de'sturioni pescali nel Po: al pre-
sente solo da Ferrara vengono tali pesci
e caviale. Anticamente lo stesso Papa in-
terveniva alla cena del giovedì santo al
modo già detto, con piviale rosso, e fano-
ne sul capo colla mitra sopra, lìlus. hai.
t. 2, p. 487; restandovi pure a desinare
i cardinali coi descritti paramenti sagri,
dicendo il citato Gattico a p. 3o,quibus
omnibus lolis danlur species, et vinum.
Questa doppia distribuzione che il Papa
iuceviiai cardinali di spezie edi vino, cam-
biato poi in rinfreschi rigenti uni 3aptarum*
PRA 4t
que aquarum, come li chiama Cencio Ca-
merario neh' Ordine XII, spesso si trova
rammentata; poiché a p. 8 1 si diceche
nella vigilia di Natale, redeuntead aulam
Papae, ubi parala sunt vina multa et di-
versa, et claretum, et species eo-
dem die Poenilentiarii cum eorutn fami'
liis, et Eleemosinarius , et Vicecancella-
rius cum tota cancellala vtniunt videre
Paparn, et Papam dat omnibus species,
et vinum. Il clareto si nomina spesso ne-
gli Ordtni\romanij Vegio lo chiamò opti-
mum vinum, oplimus aromatibus tondi'
tum; i Bullandisti, aromaticum vinumj
Marlene e Durando^ecoc/z^/jj vinum fa-
clitium, dulce pigmentum, gcrmanis da-
rei,gallis kipocras. L'autore del ceremo-
niale, parlando del solenne convito papa-
le, dice: Ponuntur deinde vinum, et con-
fectiones, sive species. Si può dunque cre-
dere che con queste parole sieno indicate
le confetture o il pepe, il quale dabalur
in collatione post prandium, anche nel
giorno diPasqua,comedissi nel voi. Vili,
p. 1 1 9, e come si legge in Gattico p. 427-
Anno i4'o Barellinone die dominicae
Paschae, Benedictus XIII Petrus de Lu-
na dedit piper in collatione. Di che for-
se rimane un vestigio ne'garofani dispen-
sati dal capitolo lateranense, come notai
nel voi. XII, p. 40, e nelledispensedi pe-
pe che in alcuni tempi fanno diversi so-
dalizi. A Ebrei dissi del loro tributo d'u-
na libbra di pepe, piperis, e due di can-
nella, cinnamomo. Moretti, De presby-
terium p. 222 e 232 , parla di doni e
distribuzioni di pepe, piper in collatio-
ne post prandium, largizione che faceva
il Papa nel giorno di Pasqua. » Donis,
et praestationibus nobilioris,cariorisque
generis accensebatur piper , antequam ,
patefactis industria nationum maribus,
ac detectis ignotis regionibus , veteres
ai-ornatimi species copiosiores fierent, no-
vaeque adveherentur in Europam". Nel
voi. I, p. i85, parlai della cena che il
cardinal vescovo di Albano dava alla cu-
ria nella vigilia di Natale, cui donava
4» TRA.
due porci ; ad vesperas et ad vigiliani
dtbet (nel palazzo del cardinale) ibi re-
tnanere Ponti/ex per totani noctem, co-
me riporta l' Ordine romano XI ; e il
XV, post vesperas fìt potus in aula. Di
alcuni rinfreschi per la festa di s. Loren-
zo e per l'Ascensione si legge nel Gatti-
co p. 86, infesto s. Laurenli si
moraretur d. Papa juxla eccl. s. Lau-
rentìi, habel vesperos solemnes canlan-
dos in ecclesia, et datar potus praelalis
in aida; ed alla pag. 88 e 89, sunl ve-
speri papale s solemnes in vigiliis Ascen-
sionis cantatali in ecclesia, et dalur po~
tusin aula. A Banchetti o splendidi con-
viti riportai diversi canoni che ne vieta-
no l'accesso agli ecclesiastici, e che la ta-
vola de'cardinali dev'esser specchio di
moderazione (meglio nel voi. XXIII, p.
i36 : s. Eusebio Papa del 3og prescris-
se moderazione ai vescovi nelle mense);
che in quello de' Papi i principi sovrani
e ambasciatori davano loro l'acqua per
la Lavanda delle mani (F.), servivano
de'due primi piatti e versavano nel bic-
chiere per la 1.* volta il vino. Ricordai
i banchetti splendidissimi per l'Elezione,
Consagrazione, Coronazione e Possesso
del Papa (f.), e dei cardinali, ambascia-
tori ed altri personaggi che vi era no con-
vitati, tolti e aboliti da s. Pio V, Grego-
rio XIII e Sisto V, come pur notai nei
voi. VIII, p. 162, XXI, p. 170 e 171, e
ne derivò l'uso della dispensa a'poveri di
un paolo per la coronazione, e di un gros-
so nell' Anniversario della coronazione
nel cortile di Belvedere, imperocché tale
banchetto talvolta si faceva anche per
l'anniversario. A Conclave e Cella par-
lai ove pranzarono i Papi appena eletti,
che per la confusione talvolta solo pote-
rono refocillarsi. A Conclave e Dapiferi
trattai della quantità del cibo prescritto
ai cardinali in conclave, somministrato
loro dai dapiferi. Galletti, Del primicc-
ro a p. 87, parla di Giacinto dapifero
del Papa del 1 1 \ 1 , in cui regnava In-
nocenzo II. Nardi, De' parrochi t. a, p.
PRA
206, parla de' Subpulmentari e de' Da-
piferi della s. Sede; crede i primi prepo-
sti forse alla cura de' cibi, i secondi per-
sone nobili che servivano a tavola; e che
nel 1 177 Alessandro III mandòa pren-
der possesso di Bertinoro e suo contado,
che Cavalcante suo signore in morire a-
vea lasciato alla s. Sede suprema signora
del medesimo, un cardinale, un suddia-
cono ed un suo dapifero. Nardi parla pu-
re de' Paracellari della s. Sede, che ras-
somigliaai moderni impiegati della guar-
daroba e Floreria pontificia (P-). Dice
però Macri, Not. de'vocab., che Paracel*
larius era uffizio del palazzo apostolico,
il quale avea la cura di distribuire ai po-
veri tutto quello che rimaneva alla men-
sa del Papa, e cli'era ancora chiamatoci-
pulmenlarius, uno de'quali fu suddiaco-
no, aggiungendo che sotto Adriano I la
dispensa pontifìcia fu nomata Paracel-
larium. Anticamente nella mattina del
concistoro pubblico, in cui i nuovi car-
dinali ricevevano il cappello dal Papa,
tanto essi che i cardinali vecchi restava-
no a pranzo col Papa. Il Lonigo, Delle
vesti purpuree p. 4^ e 5o, riferisce che
ai banchetti solenni ai quali interveniva
anticamente ilPonteficeco'paramenti sa-
gri ne'giorni di sua coronazione, di Nata-
le, Pasqua e di s. Pietro, sedevano i car-
dinali colia cotta sopra il rocchetto, con
manlelletto paonazzo sopra la cotta lun-
go fino a terra senza coda e aperto di-
nanzi sino ai piedi, senza manicheo fo-
rame alcuno alle braccia e colla mitra in
testa. 1 cardinali religiosi vestivano nello
stesso modo, del colore dell'ordine a cui
appartenevano, assumendo la cotta sulle
vesti comuni per non usare il rocchetto.
Ai banchetti ordinari senza paramenti, i
cardinali intervenivano col mautelletto
sopra il rocchetto senza la mozze Ila, ed
il più anziano di promozione dava lo a-
sciugamani al Papa, prima e dopo il ban-
chetto. Che in tali vesti intervenivano al
pranzo pontificio, per la benedizione de-
gli Agnus Dei, de'quali parlai ancora nel
PRA
voi. IX, p. 35. Come vestivano i cardi-
nali ne'pranzi del giovedì e venerdì santo,
lo dichiarai nel voi. Vili, p.3o i ; come al-
la cena e cantata nel voi. IX, p.io5. L'ac-
qua ne' pranzi solenni la versa sulle ma-
ni del Papa il cameriere segreto coppie-
re, di cui parlai nel voi. VII, p. 2 5, a Fa-
miglia pontificia e negli articoli che lo ri-
guardano, ovvero un cardinale, il mag-
giordomojiin principe, essendovene esem-
pi. Nel vol.VIIIsp. 443 rammentai l'usodi
farsi de'concerti cantati alla mensa papa-
le nel 1 .° d'anno. A Coronazione degl'im-
peratori e ad Imperatore descrissi queste
funzioni eseguite dai Papi, i quali poi trat-
tarono a convito solenne i medesimi, non
le imperatrici benché le avessero coro-
nate, le quali erano convitate in altra ca-
mera, lo che praticò Clemente lì, con En-
rico IH ed Agnese. Talvolta pranzaro-
no gl'imperatori al palazzo Laleranense,
senza il Papa, come Federico III. In Bo-
logna Carlo V non pranzò con Clemente
VII; bensì l'imperatore al primo atto di
bere s' alzò dalla sua sedia e con graziose
parole disse un brindisi al Papa; per que-
sto, e inchinandosi insegno di gradimen-
to, rispose il nipote cardinal Ippolito de
Medici; gli altri convitati di seguito imi-
tarono l'imperatore, e quindi fu bevuto
alla salute e onoranza del l'imperatrice as-
sente, del redi Boemia edell'infante reale
principe di Spagna, fratello e figlio di Car-
lo V, come si legge in Giordani, Della
venuta in Bologna di Clemente VII e
Carlo Vy p. i43, che descrive il magni-
fico pranzo di cui feci parola nel voi. XV 1 1,
p. 22 5. Inoltre a Imperatore ricordai il
convito sontuosissimo che si faceva in A-
quisgrana per la sua prima coronazione.
E ad Elettori dell' impero dissi che il
conte Palatino era lo scalco e l'arcida-
pifero che portava le vivande in tavola;
ed il re di Boemia avea l'uffizio di gran
coppiere e dava da bere al nuovo impe-
ratore ne'solenni conviti la prima volta
e colla corona in capo o senza. Antica-
mente l'elettore di Baviera era l'orrida*
PRA 43
pifero e ne'solenni banchetti portava ili.0
alla mensadell'imperatore4scodelle d'ar-
gento coi cibi. L' elettore di Brandebur-
go, quale arcicameriere, ne'pranzi solen-
ni porgeva da lavare le mani all'impera-
tore. Riporta il p. Tosti, nella Storia della
lega lombarda, che Federico I prenden-
do in Pavia la Corona di ferro nel dì del-
la Pasqua, dopo la mensa tenne lauto ban-
chetto, cui fece sedere i vescovi ed i gran-
di feudatari di Lombardia, egli colla co-
rona in capo, i vescovi colle mitre. An-
che nelle coronazioni de're, i Papi li ten-
nero alla loro mensa, in cui ricevettero
l'acqua alle mani egli altri ossequi toc-
cati di sopra, mentre gl'imperatori nella
Cavalcata fungevano l'uffizio di Pala-
freniere (V.)t gli uni e gli altri colla co-
rona in capo.
Ai sagri o solenni conviti de'Papi pre-
siedeva e dirigeva la mensa il Vicedo-
mino, poi Maggiordomo : a questo arti-
colo trattai di quanto Io riguarda, e che
spetta a lui di servire a mensa nel gio-
vedì santo i 1 3 apostoli ( che prima uno
di questi era confrate della dottrina cri-
stiana, lo notai nel voi. XX, p. 249) se
il Papa non fa la funzione; che il prela-
to se non è prete benedice la mensa un
vescovo o \ Elemosiniere (lr.')jclie invi-
tava i cardinali alla mensa del giovedì e
venerdì santo, ed alla cena della vigilia
di Natale, oltre quelle tavole che tuttora
imbandisce ai primari della famiglia pon-
tificia ne'due primi giorni; e che ne' Viag-
gi e Villeggiature de'Papi (V.J, invila i
commensali ai pranzi cui presiedere al-
la mensa interviene il Papa, questi li de-
stina , nel qual caso lo Scalco (V.) e il
coppiere prestano qualche assistenza in
principio a piacere del Papa, presentando
il i.° la minestra, il 1° versando vino nel
bicchiere, indi in lutto sunnWsceV Aiutati-
te di camera (V.) eh' è quello che sem-
pre serve a mensa il Pontefice sia dome-
stica che solenne, non dovendo servire
altri , ne muoversi dal fianco del Papa,
cui presenta le vivande e altro, e versa il
44 PRA.
vino e T acqua ne) bicchiere. In questi
pranzi la tavola del Papa è aderenteal-
ìa mensa degli altri, ma circa un palmo
più. alla, sedendo in sedia a bracciuoli e
su pradella. Ne'pranzi solenni il coppie-
re e lo scalco devono prestare servizio in
tutto il tempo che dura la mensa , coa-
diuvati dall'aiutante di camera, il quale
è assistito dai famigli pontificii chiama-
ti impropriamente scopatori segreti. Di-
minuiti gli uffizi della Famiglia ponti-
ficia {V.) e semplificate le ceremonie e
costumanze riguardanti la mensa ponti-
ficia, anche se il Papa pranza in pubblico,
cioè se animelle cardinali, prelati e altri
peisonaggie l'intima famiglia nobile, tut-
to procede con semplicità e con poca eti-
chetta. Al presente ne'pranzi ordinari è il
credenziere che mette i piatti intavola, li
leva, scalca, distribuisce i vini (non essen-
dovi più il bottigliere, esercitandone il cre-
denziere le veci) e dirige la mensa ; lo aiu-
tano gli scopatori segreti, i palafrenieri e
altri inservienti.il Papa benedice la men-
sa, e quando beve la prima volta tutti
devono genuflettere (su di che può ve-
dersi il voi. XXXVII, p. 1 88); i cardi-
nali ed i vescovi si alzano in piedi e fanno
un inchino, i cardinali cavandosi il ber-
rettino rosso. Altre particolarità speciali
le dirò in seguito. A Maestro del s. o-
srizio, ministro laico palatino, raccontai
che anticamente avea la cura del desina-
re e della cena di que' cardinali che ce-
lebravano nella basilica Vaticana. Spet-
tava a lui domandare al Papa chi do-
veasi invitare a mensa, per regolarsi nel
£ue le provviste corrispondenti : che in
tempo di desinare si chiudevano le porte
di palazzo e posava le chiavi sulla mensa
del Papa o le consegnava al Camerlengo,
se questo primario ministro pranzava o
pernottava in palazzo. Nell'ora del pran-
zo e della cena faceva suonar \aCampa-
nao Campanella^.) di palazzo (ciòche
ricorda l'usodella campana Pulnumtaria,
di cui parlò Stuchii, ^Nltdr. Conv.ì. 12, la
qua le si usa va nelle vaste abitazioni dc'ina-
PRA
gnali per radunare le persone a mensa) e
assisteva il Pontefice durante la mensa;
presiedeva all'assaggio delle vivande edel-
le bibite prima diesi ponessero sulla men-
sa pontificia (quanto si fa ora perla mes-
sa solenne, lo toccai nel voi. L, p. 43) ,
questa terminata somministrava al Pa-
pa il rocchetto, la mozzetta e l'acqua al-
le mani se non vi era persona a lui su-
periore. Alla sua tavola invitava militi e
altri. Inoltre presiedeva all'imbandigione
de'solenni conviti nel palazzo apostolico
nel giorno della coronazione del Papa,
nel giovedì santo e in altri. A Famiglia
pontificia, a Palazzi apostolici, a Mag-
giordomo, riportai il novero delle oflìci-
ne e dispense palatine de' commestibili ,
della cantina, della panetteria, della cu-
cina, della credenza, del lineilo, de'luo-
ghi ove si mangiava e altro. Siccome in
molte ingerenze dell'antico Vicedoniino
successe il Maestro del sagro ospizio, le
attribuzioni di questi furono poi riunite
nel prelato maggiordomo e prefetto dei
palazzi apostolici. All' articolo Foriere
maggiore, offiziale laico palatino, narrai
che ne' solenni pranzi pontificii eserci-
ta delle ingerenze dipendentemente dal
maggiordomo, e che ne'viaggi del Papa
lo precede, prepara gli alloggi, fa imban-
dire le mense pel Pontefice e per la cor-
te, supplendo il maestro di casa in sua
assenza. A Maestro di casa oe'sagri pa-
lazzi apostolici enumerai le attribuzio-
ni di questo offiziale laico palatino, del-
la cura che aveva della mensa pontificia
e lavanda delle mani del Papa, come dei
pranzi e delle cene che si davano in pa-
lazzo ai famigliari pontificii o ad invitati
cardinali e signori ; che in nome del Pa-
pa presentava i donativi di copiosi com-
mestibili ai sovrani e ambasciatori nel lo-
ro arrivo in Roma, e se i secondi appro-
davano in Civitavecchia erano trattali di
pranzo, da lui, dai bussolanti, dallo scal-
co della foresteria e da altri famigliari ;
della mensa palatina che imbandiva nel-
la villeggiatura di Castel Gandoljoy di-
PRA
cencio chi v'interveniva, come dell'attua-
li sue attribuzioni in tal tempo e ali re cir-
costanze, circa i pranzi e le cene de'pa-
latini ; del pranzo annuale che il Papa
dava in palazzo agli Uditori di rota , e
di quelli che ai medesimi offriva il cardi-
nal cancelliere. Quanto agli ambasciato-
ri aggiungerò con Amati, annotatore del
Maestro di camera del Sestini nel 1 634-
» Il Papa suole onorare gli ambascia-
tori (/^.) regi straordinari d'ubbidienza,
col tenerli una volta a mangiar seco :
questo onore è stato fatto anche ai due
capi delle due case Colonnae Orsini; da
s. Pio V a M. Antonio Colonna nel ri-
torno dalla guerra navale (di cui nel voi.
XXXV, p. 180), e da Clemente Vili a
d. Virginio Orsini allorché si trattenne
alcuni giorni per diporto a Palo (di che
parlai a Porto); il quale onore non fa
il Papa agli ambasciatori benché regi e
straordinari se non sono d' ubbidienza ,
non solo in Roma, ma neppure in Fra-
scati e in Castel Gandolfo , dove vanno
essi molte volte a trovare sua Santità e
sono trattenuti a mangiare dal cardinal
nipote del Papa ". A Bussolanti, fami-
gliari palatini, già divisi in Bussolanti,
Camerieri extra e Scudieri, dissi che fra
i primi erano lo scalco della foresteria di
palazzo e il trinciante, fra 'secondi il sot-
to scalco e due trincianti della foreste-
ria, che i terzi versavano l'acqua alle ma-
ni del Papa in alcune funzioni. Che i
bussolanti nel giovedì santo assistono al-
la tavola de'pellegrini e fanno altrettan-
to ne'solenni conviti de' Papi ; assisteva-
no alle mense de'cardinali nel giovedì e
•venerdì santo, ed alla cena di Natale. Che
il bussolante sotto -guardaroba assiste
quelli che fanno da apostoli , li accom-
pagna alla colazione e alla mensa dopo
la Lavanda de piedi ', leggendo alla stes-
sa mensa dopo il Caudatario del Papa
{V)- Nell'articolo Mazzieri del Papa e
nel voi. Vili, p. 234 , rilevai che dalla
cucina della foresteria pontifìcia piglia-
vano le torte e le portavano ai cardina-
P R A 4$
li che aveano cantalo messa nella cap-
pella palatina, o assistita quella del Pa-
pa o cantato l'evangelo. Che ne'pranzi in
cui i Papi vi ammisero cardinali, amba-
sciatori e altri personaggi o principi, ac-
compagnavano lo scalco e il coppiere ;
questi pranzi anticamente si facevano nei
primi 9 giorni dopo l'elezione. A Fami-
glia de'cardinali e prelati parlai anco-
ra de'loro coppieri, scalchi, credenzieri e
cuochi, come de'sodalizi de'nobili aulici,
de'cuochi,de'credenzieri e pasticcieri (dei
fornari , osti e altri a Università' arti-
stiche); ricordando nel voi. VJIIjp.'ìSoe
3o2 quelle colazioni che dal palazzo pon-
tifìcio ricevevano i famigliari de' cardi-
nali nelle sagre funzioni, ede'pranzi nel
giovedì e venerdì santo. 11 Sestini, Mae,~
stro di camera cap, 4 1> riporta che i car-
dinali legati o altri in ospitare personag-
gi anche reali, allorché gì' imbandivano
la mensa pubblica vestivano per distin-
zione 1' abito cardinalizio col rocchetto
scoperto , per gli altri non assumevano
il rocchetto. Nel cap. 11 dice che i car-
dinali intervenivano alle ceremonie degli
sposalizi e al banchetto pure in abito car-
dinalizio col rocchetto scoperto; se trat-
tenevansi al ballo, indossavano sottana
e ferrai uolone. Delle parti di palazzo o
pane di onore parlai in più luoghi, cioè
delle quotidiane e altre distribuzioni di
pane, vino, commestibili e altro che da-
va il palazzo apostolico, e chi ne gode-
va, come ne'vol.XLI, p. 9.87, L, p. 2o5
ossia Palazzo apostolico, ove feci memo-
ria dell'antica vita comune che ivi si u-
sava ; quali persone il Papa invitava a
mensa pel Nomenclatorej de'luoghi o ti-
nelli, caenaculum, t rie Un aria, ove si ci-
bava la famiglia pontificia; delle vivande
che si cucinavano nelle officine palatine
pel gran numero de' famigliari, per cui
eranvi i cacciatori per somministrare i
prodotti della Caccia (V), e de'tributi
di questa perciò imposti dai Papi. Che
intermesso l'uso della mensa ai famiglia-
ri s'introdussero le parti di palazzo, pri-
46 P R A
ma copiose, poi modificate, indi soppres-
se nel fine del passato secolo. All'arti-
colo Famiglia pontificia, nel pubblicare
diversi anticbi ruoli, riportai gli uffizia-
li della panetteria, cucina, tinello, creden-
za, cantina e foresteria pontificie, tan-
to per la persona del Papa , che de' fo-
resteri e de' famigliari palatini. Nel se-
colo XIII eravi la Coquina parva et ma'
gnaj i brodariij Yosliario o custode del-
le porte della cucina, I' arcicuoco, il su-
perquoqus. A Maggiordomo, in descrive-
re l'antico / icfdoiniiìo i .° minisi io del-
la casa del Papa, descrissi quanto riguar-
da l'antica vita comune tenuta nel me-
desimo palazzo, essendo egli preposto al
sostentamento del Papa e de'famigliari;
che nel Patriarchio ospitava i forestieri
e li riceveva alla sua mensa nel Vicedo,-
minio, ove pure ammetteva gli ufliziali
maggiori della s. Sede nelle solennità, e
dove li faceva refocillare in alcune fun-
zioni con iscelte bevande e vini preliba-
ti, per tornare a cantare dopo ristorati,
cioè in sedili intorno al Triclinio j che
di questi ve n'erano parecchi nel Late-
rano pei sagri conviti papali , quali di-
rigeva e presiedeva. A Palazzo Vatica-
no parlai delpollaro, del custode dell'or-
to o giardiniere e del fornaio, che caval-
cavano ve possessi e altre funzioni. Ve-
dasi il Caerem. Rom. sectio 3.a De con-
vivio solcmni Pontificis cimi cardinali-
bus, et praelalis, p. 29. Caerem. elecl'iO'
nis et coronationis Ponlf., Francofurti
1732 et Romae : De. convivio solemni
Pontificis cimi cardinalibus et praela-
tis e. 1 1, p. 186. Vergeri, Ord. eligendi
Pontificii; Tubingae 1 556 : De convivio
solcmni Pont, cimi cardinalibus et prae-
lalis, e. 4- Quanto riguarda la lavanda
delle mani Io riportai nel voi. XXXVII,
p. 188; quanto spetta al maggiordomo
nel voi. XLI , p. 286. In capite aulae
erit suggeslum , ad quod triplici grada
ascendtlur, longumpro latitudine aulae.
In medio surget quadrus thalamus pal-
mi altitudine, super quo paratur meri-
PRA
saePapae. Apudparietcm erit sedes pa -
palis, ad quam parvo, et demum ma-
gno scabello ascendetur. Ornabilurque
sedes panno aureo pendente super ca-
put. Mensa erit alla ad justam proporlio-
nem sedeniis. Ad dexteram aulae par-
te m par abitar prò cardinalibus, eie. Ma-
gister domus provideal in tempore de or-
dine, et modo ferculorum de servitori'
bus, quis primus et secundus, et quis a-
lius debet portare fercula. Pontifex re-
mota prius mensa ad partem sedeat in
sede. Cardinale^, et principis alii stent
ante paratos mensae . . . Dopo la lavan-
da, Papa benedicit mensam , stans capi-
le nudo, et lune diaconi assistimi. Fini-
ta benedictione sedet, et diaconi vadunt
ad loca sua. Primum ferculum por labi t
nobilior princeps , sive imperator , sive
rex sitj secundimi ferculum dignior a-
lius post eum, et sic successive j et por-
tato ferculo , quisque sedei si debet se-
dece ... Quimi Papae bibel,consueverunt
omnes astantes, prae ter episcopos et su-
perioris dignitalis viros, genufleclere ...
Omnibus lolis redduntur gratiae per Pa-
paia stanlem, ut prius. Ora riunirò alcu-
ne altre erudizioni speciali , relative al
modo di cibarsi de' Papi, ed ai loro so-
lenni pranzi.
Papa s. Gregorio I del 5go per l'ar-
dente sua carità ogni giorno nel suo pa-
lazzo faceva imbandire la mensa a 12
poveri e li serviva a mensa, ed un gior-
no peri 3.° vi si assise un Angelo, quel-
lo di cui parlai nel voi. XII, p. 49: laon-
de da questo pio costume di s. Grego-
rio 1 isuccessori fecero altrettanto al mo-
do che narrai nel voi. XXI, p. 1 58, 1 6\
e altrove (ivi celebrai i Papi s. Zaccaria,
Adriano 1 , s. Nicolò I e Adriano II, pel
pranzo e alimenti che facevano sommi-
nistrare ai poveri). Riporta il Libro Pon-
tificale, che Carlo Magno allorché ven-
ne in Roma nel 774 stette a mensa vi-
cino a Papa Adriano I, dopo la solenne
messa, e l'ospitò , ed altrettanto fece s.
Leone III, come notai a Palazzo Vati-
PRA
cvjfo, dicendo della gran sala pei convi-
ti edificata da questo ultimo. A s. Nico-
lò I raccontai die solennemente convitò
nell'858 l'imperatore Lodovico II, il qua-
le fece altrettanto al Papa a Tordi Quin-
to lungi dalla porta del Popolo 3 miglia
e 3/4 ( ora i prati omonimi hanno due
fondi cosi detti dalia torre distrutta ,
appartenenti alla basilica Vaticana per
quanto dirò a Primicerio, e al princi-
pe Borghese). Rinaldi all'anno 867, n.°
7 riporta, che essendo divulgato che A-
driano II volesse annullare i decreti del
predecessore s. Nicolò I , i vescovi occi-
dentali gli scrissero solenni lelttvc in lo-
de del defunto. » Or essendosi per tal
cagione alcuni servi di Dio greci e d'al-
tre nazioni dimoranti in Roma, ritratti
occultamente dal collegio del santissimo
Adriano li, egli l'invitò la 6.a feria del-
la seltuagesima a convito, secondo il co-
stume, ma in maggior numero dell'or-
dinario, e con esempio di molta umiltà
diede a tutti l'acqua alle mani , pose le
vivande in tavola e porse da bere. E (che
sapeva non aver fatto nessun altro Pon-
tefice) affinchè più volontieri si mettes-
sero a desinare, si pose a tavola con es-
so loro. E lodando Dio con cantici spi-
rituali, si levò e gittossi in terra, dicen-
do: Prego vi e supplichevolmente vi chieg-
go o padri, fratelli e figliuoli, che faccia-
te orazione al Signore per la chiesa cat-
tolica e pel cristianissimo nostro figliuo-
lo Lodovico li imperatore, acciò voglia
sottomettere al dominio di lui la nazio-
ne de' saraceni per nostra perpetua pa-
ce. Anche orate per me fragile e debole,
acciocché Cristo mi dia grazia e virtù di
santamente governare tanta moltitudi-
ne della sua chiesa, il qual Signore com-
mise al b. Pietro apostolo, che reggesse
tutti quelli ch'egli col suo sangue pre-
zioso ricomperò. E rispondendo essi a
gran voce, che anzi egli dovea porgere
preghiere per loro, essendo più accetto a
Dio, il Pontefice soggiunsecollelagrime.
Conciosiachè il pregar per li buoni è tra
PRA 47
render grazie al donatore d'ogni bene ,
io domando, che avendo voi memoria
nelle vostre orazioni del santissimo e cat-
tolico Papa Nicolò I padre e predecessore
mio, rendiate graziealla di vi ria bontà ,che
mossasi a compassione della sua chiesa
l'abbia elettoa rimedio de'mali del mon-
do. Le quali parole non sì tosto ebbero
udito que'servi del Signore, cioè i geroso-
limitani, gli antiocheni, gli alessandrini,
i costantinopolitani , alcuni de' quali e-
rano ambasciatori de' principi del mon-
do, che in subita meraviglia venuti e qua-
si attoniti a chiarissima voce dissero: Deo
gratias, Deo gratias, il quale ha dato per
capo della sua chiesa te , che fai al tuo
predecessore tanta riverenza. Deo gra-
tias, Deo gratias, il quale non ha posto
nella sede del suo apostolo un Papa a-
postatico; il quale collocato ha i fonda-
menti della sua casa non su l'arena, ma
sopra fermissima pietra ; il quale t' ha
fatto succedere al santissimo Nicolò I e
mantenere i decreti di lui. Cessi dunque
l'invidia e la sinistra fama pur cessi. E
sì (con acclamazione convivale) gridaro-
no tre volte: Al nostro signore Adria-
no II eletto da Dio sommo Pontefice e
Papa universale vita lunga. Dopo que-
sto, Adriano! I imponendo col cenno del-
la mano silenzio, intonò ( questa accla-
mazione convivale): Al reverendissimo,
santissimo e cattolico don Nicolò I, de-
stinato da Dio sommo Pontefice e Pa-
pa universale sempiterna memoria j il
che disse tre volte. Al nuovo Elia vita
perenne e gloria immarcescibile; simil-
mente tre fiate disse : Al nuovo Finces,
che merita gli ornamenti dell'eterno sa-
cerdozio, eterna salulej si disse pur tre
volte, e altrettante: Ai seguaci suoi pace
e grazia ".
Stefano V detto VI dell'885, chiamava
ogni giorno a pranzo i nobili caduti in po-
vertà. Leggo in Borgia, Memorie di Be-
nevento t. 3, p. 128, che nel 1 137 In-
nocenzo II convalidò il diritto de' Papi
di confermare l'abbate di Monte Cassi-
48 PRA
no, e eli essere in quel monnslero trattali
di pranzo e alloggio nell'andare e ritorna-
re da Benevento, cosa che in que'tenipi as-
sai spesso accadeva. Alessandro III perdo-
nò l'antipapa Calisto III del suo scisma e
con carità lo fece sedere alla sua mensa. In-
nocenzo III imbandiva la sua tavola con
tre soli piatti (come costantemente ammi-
rai per più di i i anni praticarsi da Gre-
gorio XVI nel cardinalato e nel ponti-
ficato, il cui semplicissimo pranzo si com-
pose di tre frugalissime vivande; in pro-
porzione la sobrietà del vino fu maggio-
re e più parca della mensa, non avendo
mai adatto usalo di bere liquori : meglio
spero celebrarne le virtù con apposita o-
pera); dopo a ver coronato imperatole Ot-
tone IV lo tenne a mensa, facendo questi
imbandire un banchetto a tutti gli abitan-
ti di Roma (ridotti allora a 35,ooo come
notò Cancellieri, Aria, p. 1 9), lo che ripor-
tai nel voi. XXXV, p. 2 7 1 .Nel voi. XV, p.
192 dissi che s. Celestino V creò un cardi-
nale a cena. Eletto nel 1 294 a successore
Bonifacio Vili, nel giorno della corona-
zione e possesso gli addestrarono a pie-
di la chinea Carlo II re di Napoli e Car-
lo Martello suo figlio, detto re d' Un-
gheria, i quali colla corona reale in te-
sta Io servirono in quel giorno in tavo-
la delle due prime vivande e poi resta-
rono ancor essi al convito coi cardinali:
altro simile anteriore esempio 1' accen-
nai nel voi. XXXVII, p. 187. A Curso-
ri apostolici notai che attingevano l'ac-
qua che beveva Bonifacio Vili, il qua-
le nella prigione d'Anagni, come riferii
nel voi. XIV, p. 283, per timore di ve-
leno non si cibava die di ovi : al citato
articolo dissi della vivanda , bevande o
colazione che ricevevano i cursori dai car-
dinali, se li trovavano a tavola nelle in-
timazioni. Nel voi. XXVII, p. 275 dissi
dell'obbligo del vescovo'e capitolo di A-
nagni,di offrire ogni sabbato 7 pania'Pa-
pi, recandosi nelle provinciedi Marittima
e Campagna. Se il b. Benedetto XII morì
per fichi avvelenati, vedasi i voi. V, p. 5,
PRA
LII, p.164. Giovanni XXII, fece nutrire
nel suo palazzo coi cibi della sua mensa
l'antipapa Nicolò V, dopo la sua conver-
sione. Del magnifico banchetto dato nel
1 34o in Parigi a Benedetto XII, per cui
il popolo mangiò la carne di venerdì, si
può leggere tale articolo. Nel voi. Ili, p.
193 raccontai come una squadra d'as-
sassini bloccò Avignone, ed a che costrin-
se Urbano V: Novaes chiama il capo
Arnaldo de Servole detto l'arciprete, che
vi fu accolto come fosse un figlio del re
di Francia, che più volte mangiò a men-
sa col Papa e coi cardinali. Portatosi Ur-
bano V in Roma, nel 1369 imbandì un
solenne pranzo all'imperatore d'oriente
Giovanni I Paleologo, per 1' abiura che
ricordai nel voi. XL1X, p. 3o4- Euge-
nio IV (P.) , mentre mangiava voleva
sapere cosa di lui si diceva, pel fine vir-
tuoso che notai nel voi. VII, p. 23. Ni-
colò V eletto nel 1 447 > ^ece restare a
pranzo nello stesso giorno nel Vaticano
la maggior parte de'cardinali; poscia fu
calunniato, come altri , di dilettarsi dei
vini squisiti. Pio II nel giorno della co-
ronazione e possesso con reale convito nel
palazzo Lateranense trattò i cardinali, gli
ambasciatori de' sovrani , gli ottimati et
proceribus di Roma. Ne' viaggi ricevè
in Firenze splendido banchetto da Co-
simo de Medici , in Ferrara magnifico
pranzo da Borso d'Este. Sempre ameno
cogli amici, alcuni ne voleva ogni giorno
a mensa, la quale ordinaria mente face-
va imbandire ad aria aperta : modera-
tissimo, fu contrario ai cibi delicati o con
ricercatezza conditi (come lo fu l'enco-
miato Gregorio XVI). A Paolo II rile-
vai che gli piaceva pranzare in compa-
gnia (oggidì è inveterata consuetudine
che il Papa pranza sempre solo, tranne
qualche rara volta nell'ottobre in giar-
dino o in qualche gita ne'suburbi di Ro-
ma, con qualche cardinale, prelato, fa-
migliari e alcun personaggio, e talvolta
coi religiosi de' conventi o monasteri in
cui si recano , locchè notai parlando di
PR A
tali luoghi ; bensì sogliono i Papi gradi-
re la semplice compagnia di qualche in-
timo famigliare, e talvolta pure di alcun
personaggio, il quale fanno sedere), ri-
portai l'improvvisata che fece a un pranzo
di cardinali, e che come nel cardinalato,
vegliando la notte, soleva pranzare a ora
di vespero e cenare verso l'alba, talvol-
ta in giardino, confutando le calunnie
contro di lui lanciate. A Palazzo aposto-
lico di s. Marco dissi de'banchetti dati
in esso, anche nel Carnevale di Roma (al
quale articolo, a Carnevale, a Giuoco e
nel voi. L, p. 73, trattai de relativi sol-
lazzi, se il vocabolo derivò dal tralasciar-
si l'uso della carne) , che imbandiva al
senato romano ed ai forestieri : per la
pace d'Italia e per amore verso il popo-
lo romano die un sontuoso convito, e fu
coniata la medaglia descritta dal p. Bo-
nanni, Numism. Pont. t. 1, p. 87, coi cor-
ni dell'abbondanza e l'epigrafe : Convi-
viurn pub. erga populum romanurn. Ro'
ma. Paulus Ilvenetus P. M. Pacisfund.
Innocenzo Vili dopo essersi coronato in
Vaticano, si portò con magnifica caval-
cata al Lalerano pel possesso ; quindi/e-
cit prandium solus ami suis domesticisj
i cardinali pranzarono nella canonica;
per gli officiali della curia e baronaggio
romano furono imbandite molle mense
con abbondanza di cibi, cum magna coti'
fusione. Nel i4^9 stampò in Roma l'in-
signe medico Gabriele Zerbi di Verona
e dedicò a Innocenzo Vili: Gerentoco-
mia, opera intorno al metodo di vivere
pei vecchi, del vitto, del vestito e delle
loro occupazioni. A Medico parlai delle
opere scritte pel sano nutrimento e flo-
rida conservazione de' Papi : si può ve-
dere anche il voi. LII, p. 226. Eletto nel
1492 Alessandro VI fece restare a pran-
zo il cardinal Ascanio Sforza e alcuni al-
tri. Mentre il suo figlio Cesare voleva in
una cena presso il cardinal Castelli av-
velenare i cardinali, ne restò invece vit-
tima col padre, il quale ne mori secondo
alcunij Cesare fu messo subilo dentro un
VOL. LV.
P R A 49
bove ucciso allora, perde i capelli e mu-
tò la pelle: tutto riportai ne' voi. I, p.
242, VI, p. 46, LI, p. 128. Giulio li
nella sua elezione trattenne alla sua men-
sa diversi cardinali : il solenne convito
del possesso viene descritto ne' Possessi
raccolti da Cancellieri p. 59. Il Papa man-
giò con diversi cardinali, altri pranzaro-
no nella camera de'canonici. In palatio
card. Eslensis ordinetur et repareturlo-
cuspro colanone Papae, et cardinalium:
et in domo de Mellinis prò praelatis, et
offìcialibus capellae. Palatiwn s. Joan-
nis reaptetur, ubi opus est. A p. 62 e 65
si descrive il convito di Leone X per la
medesima funzione del possesso che Giu-
lio II avea separata dalla coronazione.
De'solenni conviti dati da Agostino Chi-
gi a Leone X ed al sagro collegio dei car-
dinali, parlai ne' voi. XIII, p. 77 e 78,
XXIII, p. 207 e 208. Alla sua biografia
ed a Poesia dissi dei versi che Leone X
gradiva sentire improvvisati a mensa con
allegrie non lodate. Del solenne convito
imbandito in Campidoglio^ per la crea-
zione in patrizi romani del fratello Giu-
liano e del nipote Lorenzo, ne pubblicò
la descrizione il comm.r Visconti nel t. 4-»
p. 264 e 272 dell' Album. Adriano VI
nel giorno della coronazione fece il con-
vito nella sala d'Innocenzo Vili in Va-
ticano. La sua morte fu attribuita alla
birra che beveva, o al pranzo che nel con-
vento della Chiesa di s. Martino gli die
il cardinal Carvajal a'5 agoslo, nel ritor-
no da s. Maria Maggiore per la festa del-
la Neve, affermando l'Ortiz che non man-
giò. Nel voi. XXVII, p. 12 rimarcai co-
me Clemente VII in Marsiglia si assise a
mensa colla regina di Francia , ad onta
che il Caeretn. Rom. di Patrizi prescri-
veva : Numquam aliqua mulier come-
di tinpraesenlia Papae, etiamsi esset ini-
peratrix, regina vel Pontificis consan-
guinea. La morte di Clemente VII si cre-
de provenuta dal cambiamento del teno-
re di vita nel cibarsi. Paolo III amava
avere presenti alla sua mensa filosofi e
4
5o
PRA
teologi, cui somministrava argomenti per
istruttivi ragionamenti. Giulio HI che
nel 1 55o gli successe, tenne a pranzo nel
dì dell'esaltazione quasi tutti i caldina»
li: alla biografia osservai che dai cibi gros-
solani essendo passato ai delicati, lo con-
dussero al sepolcro ; e che banchettava
spesso i cardinali nelle frequenti ricrea-
zioni che si prendeva alla sua Villa dì
Papa Giulio. Celebrai Marcello II (F.)
per la sua parsimonia anche nelle sup-
pellettili della mensa , ove si faceva leg-
gere la scrittura o i padri. Paolo IV ad
onta della sua virtuosa sobrietà ne' cibi
e nel vino, tenne solenne convito per la
coronazione, e voleva che s' imbandisse
la domestica mensa da principe : ne'suoi
austeri costumi pure in carnevale invi-
tava a pranzo tutti i cardinali. Le belle
particolarità si possono leggere ne'vol. X,
p. 93, XLI, p. 258, LI, p. 1 29, 1 3o e
i32. Pio IV nel dì del possesso si fermò
a pranzo in Castel s. Angelo (^.), indi
nell'anni versai io di sua coronazione pran-
zò in pubblico nella sala di Costantino
al Vaticano, col sagro collegio egli am-
basciatori pegli sponsali del nipote, che
descrissi anco ne'vol. XXV111, p. 233,
XLV, p. 1 12. I 1000 scudi annui che
si spendevano nel banchetto pei cardinali
e ambasciatori, nell'anniversario della co-
ronazione^. Pio V li dispose in favore dei
poveri ede'monasteri econvenli bisogno-
si. Alle moderate spese che nel cardinalato
faceva per la mensa, s.PioV divenuto Pa-
pa aggiunse 4paoli il giorno. Auche Gre-
gorio XIII non permettendo il convito,
soccorse copiosamente i poveri e i luoghi
pii;magnificoin tutto, pel pranzo non vo-
leva che si spendesse piò di mezzo scu-
do. Sisto V dopo il possesso si recò a pran-
zo cogli ambasciatori del Giappone^.),
che gli versarono l'acqua sulle mani, nel*
la sua vigna a s. Maria Maggiore ; ma
non volle l'aulico convito, tanto piò che
allora in Hoina cravi penuria di viveri.
Di Gregorio XIV abbiamo: // solertissi-
mo convito /allo in Roma nel giorno di
PRA
sua coronazione coi cardinali e prelati
della corte e molti altri personaggi di
conto, Venezia 1 590. Nel palazzo di s.
Marco trattò di lautissimo ospizio Al-
fonso li duca di Ferrara; altrettanto fe-
ce Innocenzo IX col duca di Mantova:
questo Papa si cibava una volta il gior-
no, cioè la sera. Clemente Vili teneva
ogni giorno accanto alla sua mensa tanti
poveri, quanti erano gli anni del suo pon-
tificato; a questi versava l'acqua sulle ma-
ni, benediceva la tavola e regalava di qual-
che piatto della sua. A Ferrara descrissi i
matrimoni che vi fece Clemente Vili tra
Margherita d'Austria e Filippo HI re di
Spagna assente, e di Alberto d'Austria
ex cardinale con Isabella di Spagna. Ab-
biamo da Ferlone , De' viaggi de' Papi,
che Clemente Vili nobilmente alloggiò
la regina Margherita nel Castello ov'e-
gli abitava, componendosi il suo seguito
e quelli dell'arciduchessa madre e del co-
gnato arciduca Alberto di 7,000 perso-
ne, compresi i grandi di Spagna, baroni
e nobili. Il Papa invitò la regina a pran-
zo. Un palmo distante la mensa pontifì-
cia e un poco più bassa era quella del-
la reginaj alla quale contigua fu l'altra
della madre e del cognato. L'etichetta
delle mense fu osservata scrupolosamen-
te, anche pegli scalchi e pei piatti. Nella
cattedrale Clemente Vili fece gli sponsa-
li, pontificando la messa dello Spirito san-
to. Letto dal papa l'offertorio dal trono,
due cardinal lanciarono a levare la regina
dalla sua tribuna e la condussero ai pie-
di del Pontefice, con l'arciduca Alberto
procuratore del re di Spagna, e li con-
giunse in matrimonio. Partita dal soglio
la sposa , Clemente Vili sposò Alberto
con l'infanta Isabella, per la quale fece
da procuratore il duca di Sessa : 1' arci-
duca ringraziò il Papa, dopo avergli ba-
ciato i piedi, la mano e il volto. Alla co-
munione dal trono il Papa die I' Euca-
ristia alle due arciduchesse, ad Alberto
ed a Sessa: gli ambasciatori imperiali ,
veneto e bolognese versarono l'acqua sul-
PR A
le pontificie mani. Indi la regina ricevè
in ginocchio da Clemente Vili la rosa
doro benedetta. Nel dì seguente il Papa
imbandì ai medesimi nuova mensa, e la
replicò nel dì appresso, donando alla re-
gina la carrozza di velluto cremisi mes-
sa a oro, colla quale l'avea fatta incon-
trare da due cardinali legati. Urbano VI II
creò il nipote d. Taddeo Barberini pre-
fetto di Roma, indi lo tenne a desinar seco
in mensa distinta. A Morte ( ove ripar-
lo de'con vili funebri) notai che Alessan-
dro VII per averla presente., la fece di-
pingere sui piatti e scodelle della mensa
e scolpile nella tazza d'argento in cui be-
veva : a Letterato dissi quale tratteni-
mento faceva dopo la mensa. J\Tel voi.
XXXV, p. 1 82 trattai dell'ingresso solen-
ne in Roma di Cristina regina di Svezia,
ed a Confermazione riportai quella che le
somministrò Alessandro VII, alloggian-
dola nel Palazzo faticano: la mattina
seguente il Papa 1* invitò a pranzo, e la
sua tavola fu inferiore d'un palmo a quel-
la del Pontefice, con partecipare del suo
baldacchino. Mentre desina vano fece bre-
ve ragionamento sagro il gesuita p. O-
liva predicatore apostolico,ed il resto del
tempo si passò col canto di parole spiri-
tuali. Levate le mense, la regina si fermò
per alcun tempo a discorrere con Ales-
sandro VII , il quale poi la visitò nelle
sue stanze, come avea fatto ClementeVI II
in Ferrara colla regina di Spagna. Cle-
mente IX ogui giorno faceva nel palaz-
zo imbandire il pranzo a 12 pellegrini,
e spesso dava loro le pietanze e da bere.
Innocenzo XII, padre de'poveri, non vo-
leva spendere più di 3 paoli pel desina-
re, poiché la sera secondo le stagioni pren-
deva la cioccolata o il sorbetto. Modera-
to Clemente XI nella tavola , durante
questa si faceva leggere un libro spiri-
tuale ; digiunava spesso e ne' tre piatti
delle vivande voleva spenderei 5 baioc-
chi. Benedetto XIII soleva andare a pran-
zo ne' rcfellorii de' domenicani già suoi
col-religiosi uè' conventi della Minerva,
P R A 5 .
de'penitenzieri liberiani, di «.Clemente,
di s. Matteo in Merulana, di s. Sabina,
di Monte Mario {F.), assumendo l'abi-
to dell'ordine, e con questo interveniva
al refettorio de'minori osservanti d'Ara-
celi nella festa di S.Francesco e poi inco-
ro. A Ospedali di Roma raccontai come
Clemente XI e Benedetto XIII serviva-
no gì' infermi nel desinare, ricreandoli
con dolci e brugne : altrettanto fece Be-
nedetto XIII recandosi a Benevento. Nel
1725 [nel Diario di Roma n.° 1 173 si
legge come Benedetto XIII , dopo aver
consagrato vescovo il cardinal Ottobo-
ni, 1' ammise a mensa coi cardinali assi-
stenti. Nel n.°2472 del Diario di Roma
del 1733 si descrive l'alloggio dato da
Clemente XII nel palazzo Quirinale, al
viceré di Sicilia conte d. Giulio Viscon-
ti milanese, dopo averlo fatto incontrare
a Civita Castellana. In tavola separata lo
tenne alla sua mensa, ricevendo dal vi-
ceré il tovagliolo quando si lavò le ma-
ni, sedendo il Papa sotto baldacchino. La
mensa era adornata di eleganti trionfi ,
due de'quali decoravano l'altra. 11 vice-
ré genuflesse alla benedizione della men-
sa, e portatosi alla sua, avendo rice-
vuto il segno colla benedizione , sedette
e si coprì. III. "cappellano segreto lesse:
De officio principi christiani del cardi-
nal Bellarmino , indi si fecero concerti
dai cantori coll'organo. Dopo il pranzo in
uno sgabello a sé vicino trattenne alquan •
to il viceré in conversazione. La sala e-
ra piena di prelati e nobili, collocati en-
tro steccato. Dipoi gli fece mostrare in
s. Pietro le reliquie maggiori, e lo regalò
d'un corpo di s. Clemente, di Agnus Dei,
de'4 Evangelisti in arazzo copie di Gui-
do, e di due corone di lapislazzuli con in-
dulgenze. Benedetto XIV fu parco nel
vitto, percolazione prendeva il thè e la
sera il calle. Fu a pranzo a Marino } a
a Porlo, a Frascati (F.) nella villa Ruf-
lineila, ed altri luoghi cornea Porlo d'An-
zio. A Castel Gandolfo parlai del pran-
zo solenne (atto da Clemente XIII per la
fe P R A
consagrazionein vescovi de'cardinali O-
descalchi e Valenti, descritto dal n.°6 ^97
del Diàrio di Roma del 1 j5g (altra Re-
lazione stampò a parte Gio. Reffini), col-
le medesime ceremonie e splendidezza di
quello imbandito nel Quirinale e servi-
to dai primari della corte pontificia, per
la consagrazione fatta dal Papa del car-
dinal Yorck, descritto nel n." 6456 del
Diario di Roma 1 758» Nella sala duca-
le del palazzo Quirinale si alzò il trono
con baldacchino, sotto il quale era la men-
sa pel solo Papa, in terra sopra elevato
gradino era gran tavola bislunga deco-
rata con 3 bellissimi trionfi. In qualche
distanza a destra altra oblunga , ornala
di 20 graziosi trionfi di cristallo guar-
niti di vari dolci, pei 9 cardinali assisten-
ti e palatini invitati dal maggiordomo, e
pel consagrato, i quali v'intervennero in
abito, solo deponendo la mozzetta come
fece il Papa, a mezzo del maestro di ca-
mera, che rimase col rocchetto scoperto,
mentre i cardinali restarono col rocchet-
to coperto dalla mantelletta e sedendo su
sgabelli. Il cardinal York versò l'acqua
sulle manidi Clemente XIII, i bussolanti
fecero il simile coi cardinali ai loro posti.
11 caudatario lesse la benedizione della
mensa, cui risposero i cantori pontificii e
la comparti il Papa ; allora il maggior-
domo pose la bavarola o salvietta al Pa-
pa:quindi tal cappellano fece la lettura
d'alcuni capitoli delle opere di s. Gre-
gorio 1 , fino alla i.a volta che beve il
Papa , il quale fece sapere dal ceremo-
niere che beveva come ho detto di so-
pra : allora i cardinali si alzarono in pie-
di e levaronsi le berrette dal capo , gli
altri e gli spettatori genuflessero. 11 cop-
piere avea fatta la pregustazione del vi-
no e dell'acqua chedovea bere Clemen-
te XIII, ed i prelati Gazzoli e Rinali gli
presentarono ogni volta le sottocoppe:
assistevano la mensa papale gli altri ca-
merieri segreti, compreso il medico. I car-
dinali aveano ai fianchi i propri maestri
di camera ed i coppieri, che porgevano
PRA
e levavano i tondini e davano loro da
bere. 11 servizio della tavola pontifìcia
era di argento dorato , quello della ta-
vola de'cardinali di argento, la quale era
diretta dal foriere maggiore. Dopo la let-
tura i cantori cominciarono alcuni mot-
tetti sagri con organo, violoncello e con-
trabasso, e proseguirono fino al termine
delconvito.il Papa dallasua mensa man-
dò a quella de'cardinali, pel suo scalco
accompagnato dal coppiere, un bacile di
sturione e a Uro di fagiani portati dai bus-
solanti. 11 caudatario fece il ringrazia-
mento. Levate le tovaglie si servì il caffè,
il Papa e i cardinali si lavarono le ma-
ni e ripresero le mozzette ; indi i cardi-
nali in semicircolo si trattennero su sga-
belliin breve colloquio col Papa, ringra-
ziandolo dell' onore compartito, ed ac-
compagnatolo alle sue stanze si ritiraro-
no. In diversi ripari furono ammesse ad
osservare il magnifico trattamento , la
prelatura e la nobiltà, in un distinto luo-
go collocandosi i due nipoti del Papa con-
vittori nel seminario romano. Nei voi.
VI, p. 98, XI, p. i3o, narrai come Pio
VI recatosi in Cesena sua patria, ammi-
se alla sua mensa tutti i parenti , com-
prese le donne ed i fanciulli. GÌ' insulti
che Pio VI ricevette a mensa nell'inva-
sione de' repubblicani francesi , li notai
alla biografia e nel voi. II, p. 63. All'ar-
ticolo Pio IX accennai quando desinò
colla real famiglia dei monarchi delle due
Sicilie a Gaeta, a Poi liei, a Napoli, a Ca-
serta, a Castel Gandolfo.
PR ASSE ANI. Eretici seguaci di Pras-
sea o Praxea filosofo della Frigia, che fu
condannalo in un concilio da Papa s. Vit-
tore I che mori nel 20 3, perchè erronea-
mente sosteneva che non era vi che una
persona sola in Dio, che era Padre, Fi-
glio e Spirito santo , sotto differenti of-
fizi : da ciò concludeva che il Padre e-
rasi incarnato, ed avea patito sulla cro-
ce. I Noeziani _, i Sabelliani, i Monar-
chici, i Palropatsiani^F.), impilarono
il medesimo errore. Tertulliano lo con-
PRA
futòcon molta forza: Contra Praxeam,
cap. 2.
PRASSEDE(s.), vergine. Nobilissima
romana, figlia del senatore Putlente , e
sorella di s. Pudenziana. Viveva nel pon-
tificato di s. Pio I, eletto nel i58. De-
dita assiduamente alla preghiera, alle ve-
glie e ai digiuni, edificò la città di Roma
collo splendore di sue virtù, impiegan-
do le sue ricchezze a sollievo dei pove-
ri e pei bisogni della Chiesa. Alimentan-
do in sua casa molti cristiani nella per-
secuzione , l' imperatore Antonino Pio
ordinò che ivi si uccidessero, ed ella ne
seppellì i corpi nel cimiterio di s. Priscil-
la. Morì in pace e fu sepolta presso a sua
sorella sulla via Salaria. V. Chiesa di
s. Prassede e Palazzo apostolico di s.
Prassede. Beda e gli altri martirologisti
le danno il nome di vergine, e la sua fe-
sta si celebra il 21 di luglio.
PRAT o PRATO Antonio, Cardina-
le. Francese de' Verrieres, nacque in Issoi-
re nell'Ai vernia e divenne avvocato. Am-
ministrate con lode in Francia le più co-
spicue cariche e di maestro delle suppli-
che nel 1 5o5 di Luigi XII, 1 .° presiden-
te del parlamento di Parigi nel 1507 e
gran cancelliere del regno nel 1 5 1 5, nel-
la prigionia di Francesco I fu associato
dalla regina madre al governo della mo-
narchia, valendosene negli affari più ri-
levanti, pel credito che godeva d'uno dei
più gran politici del suo tempo, onde po-
tè determinar il re ad abolir la Pramma-
tica Sanzione (F.), ed al concordato con
Leone X. Dalla moglie de Veni ebbe nu-
merosa prole, che morta nel 1 5 1 7, nella
florida età di 3o anni si dedicò allo stato
ecclesiastico, fu fatto canonico di Meaux
e abbate di Fleury, e da Clemente VII
nel 1 5a 5 arcivescovo di Sens, a fronte
che il capitolo avesse eletto l'arcidiaco-
no. Lo stesso Papa nel 1 528 gli aggiun-
se la chiesa d'Alby, poi quelle di Meaux,
Valenza, Die e Gap, e ad istanza di Fran-
cesco Iedella regina a'2 1 novembre 1027
lo creò cardinale prete di s. Anastasia e
PRA 53
nel i52g legato a latere in Francia, ove
fece la ceremonia della coronazione della
regina Eleonora sorella di Carlo V, on-
de Clemente VII gli mandò a Parigi il
cappello e le altre insegne cardinalizie
ch'egli ricevè solennemente nella chiesa
degli agostiniani. Nel 1 526 fece celebra-
re un concilio in Sens, altro ne tenne a
Parigi nel i528. Ricolmò di favori l'o-
spedale Lusitano, che aumentò d'un brac-
cio e considerabilmente nelle rendile, e
fondò un convento ai minimi in Beaure-
gard, diocesi di Clermont. Benché favo-
rito da Carlo V e Francesco I, indarno
vagheggiò il papato. Con rimorsi per non
essere mai stato nella sua chiesa di Sens,
morì d'anni 68 nel i538, nel castello di
Nantovillet da lui fabbricato, dopo esser
divenuto tanto pingue, che per sostenere
il suo ventre fu d'uopo incavargli la ta-
vola innanzi. Ebbe onorevole sepolcro in
delta metropolitana.
PRATA Pietro, Cardinale. Vedi il
voi. Ili, p. 216.
PRATIS o PRATO 0 PRETIS Pie-
tuo, Cardinale. V. Desprez.
PRATO ALBERTI o ALBERTINI,
Cardinale. V. Alberti Nicolò, ed i voi.
XXI, p. 223, XXVI, p. 3oi, XXXIII,
p. 184.
PRATO (Praten). Città con residen-
za vescovile nel granducato di Toscana,
nobile, industriosa e bella, già fino al se-
colo XVII uno de'4 primari castelli d'I-
talia , capoluogo di comunità e di giu-
risdizione nel compartimento di Firenze
da cui è distante circa 1 1 miglia e io da
Pistoia, sede d un vicario regio e di al-
tre autorità, giace sulla riva destra del
fiume Bisenzio, in amena, fertile e irri-
gata pianura. Tra le fabbriche pubbliche
d'antica costruzione è il Castello dell'Im-
peratore ora detto Fortezza, il palazzo pre-
torio già del popolo rifatto nel secoloX VI,
il casone de'conti Alberti, il palazzo Da-
tini ridotto a residenza del Ceppo dei pò-
veri.Fra le buone fabbriche moderne può
contarsi il monastero e la chiesa di s. Vin-
54 PRA
cenzo straricca d'ornati, il grandioso edi-
fizio del collegio Cicognoni, e l'elegante
teatro costruito nel i83o, senza dire di
molti palazzi de'parlicoIari,'avendo quel-
lo de'Vaj bel cortile e grazioso oratorio.
Vi sono 5 fonti pubbliche d'acqua pota-
bile, essendo la più copiosa in piazza del
duomo. La cattedrale sotto l'invocazione
di s. Stefano protomartire con battiste-
ro e cura d'anime, è un antico edilìzio
riedificato verso il 1 200 e aumentato nel
1 3 1 7 forse dal celebre Giovanni di Ni-
cola Pisano, del quale pur si crede la gran-
diosa torre quadrata o campanile: que-
sto tempio è incrostato nell'interno e nel-
l'esterno di bel serpentino verde e nero
del vicino Monferrato a strisce alternanti
con quelle di pietra alberese di tinta bian-
castra. Ha 5 navale e quella di mezzo con
colonne e basi di serpentino. Sulla porta
principale si ammira bellissimo bassori-
lievo di terra invetriata, di*cui il famoso
Luca della Robbia è reputato autore. Del
maestro di Donatelloè il pergamo di mar-
mo con mirabili e artificiose sculture,esi-
Meute sull'angolo della facciata, donde si
mostra al popolo la sagra Cintola di Ma-
ria Vergine, di cui feci parola a Cintura
(fz), che dicesi portata dalla Soria circa
il 1 1 1 1 da un pratese che l'avea ricevuta
per dote della povera giovine da lui spo-
sata. Questa insigne reliquia si conserva
nella ricchissima cappella de\\a sagra Cin-
loia dipinta da Gaddi e restaurata dall'a-
bilissimo pratese Marini, con cancello di-
segnato da Filippo Brunellesco: la sta-
tuina della B. Vergine sull'altareè di Gio-
vanni Pisano, ed i lavori dell'altare an-
tico riposti nella contigua sagrestia della
sagra Cintola sono di scuola pisana. Nel
luglio 1 3 1 1 fu tentato il furto di questa
venerabile memoria, e nel 1 399 con so-
lenne rito qui fu collocata. Si ha di Giu-
seppe Bianchini, Notizie isteriche intor-
no alla sacratissima Cintola di Maria
/ ergine, che si conserva nella città di
Prato in 7b.?Cflrt<z, Firenze 1 722 pelMan-
pt. Nella cappella maggiore di questa
PRA
cattedrale sono un capolavoro le pitture
a fresco di Fr. Filippo Lippi, colle storie
di s. Stefano e di s. Gio. Battista : dello
stesso è la morte di s. Bernardo. Sono an-
che rimarchevoli, il Crocefisso fuso dal
Tacca, ed il cenotafio del proposto Carlo
de Medici naturale di Cosimo il Vecchio,
scolpito da Vincenzo Danti. 11 capitolo ha
5 dignità, primicero, arciprete, arcidia-
cono, decano e tesoriere; 1 9 canonici com-
presi il penitenziere e il teologo,molti cap-
pellani del coro e altri ecclesiastici. Pio
VII col breve In summo apostolati^, dei
2 dicembre i8o3, Bull. cont. t. 12 , p.
101, concesse l'uso della Palmaloria o
ifagza allediguità e canonici. L'episcopio
è prossimo alla cattedrale. Nella città vi
sono altre io chiese parrocchiali (7 dice
l'ultima proposizione concistoriale, senza
il s. fonte). Tra le chiese di Prato per me-
rito artistico gode il primato quella del-
la Madonna delle carceri, come gioiello
fra tutte, per l'armonia e grazia delle par-
ti architettoniche, a foggia di croce gre-
ca, in cui Giuliano da s. Gallo facendo
opera divina superò se stesso, avvicinan-
dosi la cupola nella forma al Pantheon
di Roma. Fra le chiese più grandi e più
antiche nominerò quelle di s. Domenico
e di s. Francesco; contribuì al compi-
mento della prima e del convento il ce-
lebre cardinal Alberti di Prato: sono nel-
la 1.* i domenicani, nella 2.a i minori os-
servanti. Prima del 1780 Prato poteva
dirsi un seminario di conventi e di mona-
steri: tra i superstiti delle monache vi so-
no quelli delle domenicane, delle bene-
dettine, e delle Clarisse ridotto a conser-
vatorio; né vi mancano pie confraternite.
Fra gli stabilimenti di beneficenza il Cep-
po vecchio e nuovo per le famiglie povere
e pegli stabilimenti utili ; il conservatorio
delle pericolanti per le orfane senza do-
te; di s. Caterina per le fanciulle pove-
re, con lanificio e altre manifatture, non
che scuole per le povere; l'orfanotrofio
dellaPietà istituito a'nostri giorni dal pra-
tese Gaetano Maguolfi pei fanciulli, e sic-
PRA
come fiorisce per le zelanti cure del fon-
datore, si ammettono all'istruzione arti-
stica e religiosa anche i non orfani. L'o-
spedale della Misericordia con vasto edi-
lizio e patrimonio cospicuo, ebbe insigne
benefattore il pratese Pier Francesco Ric-
ci, già pedagogo di Cosimo I, e vi si riu-
nirono diversi antichi ospizi. II monte di
pietà ripete l'origine dal i^j6} e fu im-
pinguato col patrimonio ecclesiastico dei
soppressi luoghi pii e monasteri. Le scuo-
le pubbliche cominciate nel secolo XIV,
furono aumentate in progresso di tem-
po; nel conservatorio di s. Nicolò ricevo-
no adatta coltura le fanciulle di agiata
condizione. Inoltre vi è il seminario, le
scuole pei chierici, il magnifico collegio
fondato dal can.° Cicognini e già diretto
dai gesuiti, la biblioteca pubblica fonda-
ta nel 1676 dal pratese Rondoni, aumen-
tata dal can.° Giannini, e da ultimo dal
dotto mg.r Alessandro Lazzarini biblio-
tecario della Corsiniana di Roma e Ma-
stro delle ceremonìe pontificie {V.). Per
P industria Prato si può dire la Manche-
ster del granducato e l'emporio manifat-
turiero della Toscana; imperocché le ar-
ti industriali fin dal secolo XIII erano con
favore coltivate dai piatesi, e nel seguen-
te die prove di maestria nell'arte de'pan-
ni : ne' tempi moderni diversi ingegnosi
cittadini migliorarono le manifatture, e
Vincenzo Mazzoni v'introdusse quella dei
berretti rossi di Levante, coadiuvato dal
tintore Pacchiani; altro progresso lo de-
ve a Gio. Rallista Mazzoni. Tra i diversi
lodevoli opificii nominerò 5stamperie, la
maggiore delle quali de'fratelli Giacchet-
ti, distinta per le opere classiche pubbli-
cate, pei buoni caratteri, pei torchi da cal-
cografia e da tipografia di ferro fuso in-
glesi e francesi. Molte strade notabili fan-
no capo a Prato, e nel luglio i85i s'inau-
gurò la strada ferrata da Prato a Pistoia.
11 clima è temperato, le acque ottime, l'a-
ria salubre: le acque incanalate del Bi-
senzio favoriscono l'industria manifattu-
riera e le produzioni del suolo. Lungo sa-
PRA 55
rebbe il novero degl'illustri pratesi, laon-
de indicherò i più celebri. Nelle scienze
teologiche e politiche fiorì il cardinal Ni-
colò degli diberli o libertini (F '.) di Pra-
to (Z7.), preceduto d'un secolo da fr. Ar-
lottoda Prato de'minori e creduto r.° au-
tore delle Concordanze bibliche. Gemi-
nianolnghirami bravo canonista, Antonio
Martini arci vescovo di Firenze celebre per
ecclesiastica dottrina, Jacopo Guidalolti
profondo politico. Nelle scienze fisiche e
matematiche si distinsero, Paolo Dago-
mari il Geometra, Francesco Buonamici,
Jacopo Bettazzi autore dell' Opus Pasca'
le o correzioni al calendario Gregoriano,
principalmente Francesco Vacchiani e
Gioacchino Carradori;in belle lettere fio-
rirono il Convenevole maestro di Petrar-
ca, e Giovanni di Gherardo espositore iti
Firenze della Divina commedia j in eco-
nomia e nelle arti industriali figurò il mer-
cante Francesco Datini e i lodati di so-
pra; in erudizione e storia, ed autori d'o-
pere, il nominato Bianchini e Gio. Bat-
tista Casotti; fr. Bartolomeo della Porta,
uno de'pr inci pi della pittura, nacque a Sa •
vignano presso Prato e si vesti domeni-
cano nel convento di Prato.
Prato già esisteva nel principio del se-
colo XI colla qualifica di castello de'con-
ti Alberti di Vernio, posto poco lungi dal-
la sua pieve di s. Stefano nel Borgo Cor-
nio, i quali sono rammentati in un pri-
vilegio del 99 1 d'Ottone III, che confer-
ma al vescovo di Pistoia la corte e la pie-
ve nel Borgo Cornio di sua giurisdizione.
Nel 1 o 92 nel palazzo torrito o cassero del
castello di Prato abitavano i conti Alber-
ti. Altri dissero fondata Prato da una po-
polazione del vicino Monte Giavello e-
mancipatasi dai conli Guidi, e che sta-
bilitisi in una terra prativa da loro com-
prata, chiamarono Pratoìa nuova patria;
perciò altri affermano che i pratesi non
furono soggetti né ai detti signori, né ad
altro barone imperiale. Nel 1 107 Prato
difesa da fossi, dal fiume, forse da mura
e dal valore degli abitanti, sostenne un as-
56 PRA
sedio contro la gran contessa Matilde e
il vescovo di Pistoia; altri pretesero che
i fiorentini a punire la ribellione de'pra-
tesi disfecero il castello: le controversie
per giurisdizione ecclesiastica fra'pistoie-
si e pratesi sono assai antiche, mentre ri-
guardo alla giurisdizione civile i pratesi
al pari de'fìorentini sostennero quasi sem-
pre la parte guelfa. Nel 1 1 54 i piatesi
furono in grado di far guerra a Pistoia
pelcastellodiCarmignano.Nel i i56sem-
bra già Prato costituito in comune, anzi
taceva guerre e paci prima di questo tem-
po; accresciuto il paese di borghi ,di chie-
se e di abitanti, il comune provvide per
circondare con più vasto cerchio di mu-
ra e fortificare con torri le nuove porle
della Terra di Prato nel 1 192, in cui go-
vcrna vasi dai consoli, ai quali erano uniti
i consiglieri, i militi, i mercanti e rettori
delle arti: nel ia5o i pratesi ai consoli
sostituirono gli anziani con un podestà
ed un numero di consiglieri, ma da un at-
to del 1241 si rileva ch'erano governati
e protetti dal vicario imperiale. Nel 1 191
Enrico Vi, nel I2i3 Ottone IV impe-
ratori eransi recati a Prato di passaggio,
per cui il Castello o palazzo che li allog-
giò prese il nomed'Imperatore.Dipoieb-
bero i pratesi il capitano del popolo, co-
inè nel 1 284 in cui venne edificato il par
lazzo pretorio o palazzo del popolo. Ver-
so il 1289 fu adottato il regime popo-
larcene! 1292 si fecero lastricare le stra-
de interne a spese degli abitanti. Frati-
tanto i partiti de' guelfi e de' ghibellini
avendo trovato in Pistoia (F.) e in Fi-
renze nuovo fomite sotto il nome di bian-
chi e di neri, misero in apprensione i go-
vernanti fiorentini, che per timore in Pra •
to accadesse altrettanto, la signoria in-
dusse i reggitori della Terra a consegnar
nel l'ini a un capitano guelfo fiorenti-
no il Castello dell'Imperatore. Nel i3o4
Benedetto XI mandò in Fireuzea paci-
ficare i due opposti partiti il legalo car-
dinal Nicolò da Prato, di vasta e profon-
da dottrina, soprattutto celebre in poli-
PRA
tica. Machiavello che lo dice ghibellino
e voleva ripatriare i fuorusciti, venne in
sospetto di tutti e fu costretto pieno di
sdegno lasciar Firenze e Prato sua pa-
tria, nella più parte guelfe, in mezzo alla
confusione e all'interdetto che gli fulmi-
nò; ed il Papa per vendicar gli oltraggi
fatti al suo legato, con alto del 2 1 giu-
gno scomunicò i guelfi ed i neri, e con
essi i cittadini di Prato. Ma nell'aprile
1 309, quando la residenza pontificia fu
trasferita fatalmente in Provenza per pri-
maria cagione del cardinale da Prato, i
ghibellini pratesi cacciarono fuori i guel-
fi, i quali però subito coll'aiutode'pistoie-
si e de'fìorentini ripatriarono ed espul-
sero i loro emuli : in benemerenza i pra-
tesi mandarono poi aiuti a Firenze con-
tro Enrico VII, ed alla lega guelfa to-
scana per battagliare il Serissimo ghibel-
lino Uguccione della Faggiuola, ed è per-
ciò che i pratesi si posero con altri guelfi
sotto la protezione di Roberto redi Na-
poli capo e difensore de'guelfì in Italia e
benemerito della concordia di essi: il re
mandò quindi nel 1 3 1 4 un vicario re-
gio in Prato. Nel i326 il goufaloniere e
gli 8 difensori di Pialo dierono il gover-
no della patria al figlio del re Carlo du-
ca di Calabria. Da un diploma di Rober-
to del i328, riportato dall' LJghelli, Zta-
lia sacra t. 3, p. 3 19, si rileva che Pra-
to fu ornato del titolo di città. Intanto
per difendersi da Castruccio signore di
Lucca, si fecero nuovi fossi e nuovo cer-
chio di mura, ed i fiorentini sommini-
strarono pronto aiuto a Prato, quando
quel prode capitano la voleva ad ogni
modo tributaria e occupare; e siccome
più volte ne danneggiò il contado, il co-
mune compensò quelli che aveano sof-
ferto, con esenzioni di dazio e con terre-
no per fabbricarvi case. Divenuta regi-
na di Napoli Giovanna I figlia del duca
Carlo, nel i348 Prato prestò omaggio
a'suoi ministri; di poi nel i352 lo cede
col distretto ai fiorentini per 1 7,5oo fio-
rini d'oro. Firenze prese possesso di lui-
PRA
to il contado, l'incorporò alla signoria e
mandò uflìziali a governarlo, accrescen-
do le fortificazioni con una specie di Roc-
ca detta nuova, per distinguersi dalla vec-
chia o Castello dell'Imperatore, ad am-
bedue mandando il castellano. I fioren-
tini accordarono a Prato molte esenzio-
ni e immunità, e fecero istanza ad Ales-
sandro V a'3o agosto i4°9 perchè l'eri-
gesse in città vescovile, ed in cattedrale
la chiesa collegiata de'ss. Stefano e Lo-
renzo, come dal documento pubblicato
da Ughelli, nel quale si legge il luogo e la
mensa assegnata alla diocesi, il cui i ."
vescovo dovea essere il preposto di Pra-
to, indipendente da quelli di Lucca e di
Pistoia, accordandosi però a quest'ultimo
in compenso diversi luoghi. Il Papa an-
nuì, da Pisa si recò a Prato, ed ivi si vuole
che dettasse il breve d'erezione del ve-
scovato, che però rimase senza effetto o
per la morte del Papa accaduta poco ap-
presso in Bologna, o per effetto delle vicen .
de calamitosedel grande scisma, o per gli
ostacoli che vi avranno opposti i vescovi
di Pistoia. Nel 1470 il fiorentino Nalcli con
alcuni fuorusciti tentò una inconsiderata
rivoluzione, prese la Rocca, una porta del-
la Terra e il palazzo pretorio, ma tutti fu-
rono impiccati. A cagionedella peste qui-
vi nel 1 485 fu provvisoriamente trasferita
l'università di Pisa, Fuepoca lacrimevole
per Prato il 29 agosto 1 5 1 2 sino a' 1 9 set-
tembre pel fidissimo sacco, cumulo di vio»
lenze e barbare stragi d'innocenti e rispet-
tabili persone, operato dai soldati spa-
gnuoli, con intesa de' fuorusci ti; per cui
Giulio II con tre bolle autorizzò l'arci-
vescovo di Firenze, il preposto di s. Ste-
fano di Prato e il vicario del vescovo di
Pistoia a fulminar la scomunica contro
i detentori dei mobili o immobili tolti
nel saccheggio agli ospedali. Da questa
epoca Prato come Firenze soggiacque ai
comandi del cardinal Gio.de Medici, poi
Leone A', che godeva i benefizi della col-,
legiata e dell'abbazia di Vaiano (la pre-
positura in commenda la godè dal 1 492 al
PRA 57
i5oi), avendo fornito aglispagnuoli due
cannoni per aprire la breccia alle mura
castellane. Assediata Firenze dalle mili-
zie di Carlo V e Clemente "VII , i reggi-
tori di essa fortificarono Prato come uno
degli antemurali della loro città, indi la-
sciarono in libertà i pratesi di accomo-
darsi col Papa che mandò a governarla.
Sotto il i.° granduca di Toscana, i reg-
gitori del comune di Prato, lasciato il ti-
tolo degli 8 difensori del popolo, presero
quello di priori, presieduti come innanzi
dal gonfaloniere di giustizia e in nume-
rodi 8 come le porte della Terra, la qua-
le contava 6 sobborghi. D'allora in poi
Prato seguì i destini del granducato, ed
8*29 maggio 1 8 1 5 fu onorata dalla pre-
senza di Pio VII, che da Pistoia recava-
si a Firenze, che produsse un divoto en-
tusiasmo.
La brama del clero, pieve e preposi-
tura di Prato, di emanciparsi dal vesco-
vo di Pistoia, è molto antica, restando-
ne traccia nell'assedio del 1 107, e dal li-
berarsi che fecero i pievani fino dal 1 1 33
dall'autorità feudale de'conti Alberti: le
controversie fra' proposti di Prato ed i
vescovi di Pistoia incominciarono nel
1207, essendo già questa pieve la 1 .'del-
la diocesi pistoiese. Si aumentarono nel
seguente secolo, e per quelle sui ponti-
ficali del vescovo e sul mostrare la s.
Cintole/) come sulla visita, nel 1408 di-
chiarò Gregorio XII la pieve di Prato
esente dalla visita del diocesano e con-
seguentemente nulliiis dioecesis; ed è
perciò che la signoria di Firenze pregò
Alessandro V ad erigere la sede vesco-
vile di Prato. In vista pertanto de'gran-
di privilegi in più tempi a questa insigne
collegiata pieve di Prato concessi dai Pa-
pi e imperatori, essendo proposto il sud-
detto Carlo de Medici, Pio li colla bol-
la Etsìcunctaj presso l'Ughelli, nel i463
la qualificò nullius dioecesis, esentando il
suo clero dalla giurisdizione del vescovo
di Pistoia e dichiarando i proposti no-
tali della s. Sede. Ne ottenne conferma
58 PRA
daPaoloHIcolIa bolla Cunisicut nel i543
il cardinal Nicola Ridolfi proposto com-
mendatario della medesima. Paolo Vcon-
fertnò l'uso de'pontificali ai proposti, col-
la bolla Decet Romanum del i6o5, per
le suppliche del proposto Filippo Salvia-
ti, e nel 1608 l'estese a tutte le chiese
soggette alla prepositura. Finalmente ad
istanza del proposto commendatario car-
dinal Carlo de Medici edel fratello Fer-
dinando II granduca, Innocenzo X col-
la bolla Redemploris nostri, de'22 set-
tembre 1 653, Bull. Rom. t. 6, par. 3, p.
258, eresse in cattedrale la prepositura
di Prato e questa in città vescovile, an-
che per decreto sovrano, e l'unì perpe-
tuamente suffraganea dell'arcivescovo di
Firenze al vescovatodi Pistoia, colla con-
dizione aeque principalìter, e d'essere il
vescovo di Pistoia pastore tanto della sua
cattedrale che della nuova di Prato, la
cui giurisdizione venne limitata dentro
i confini delle sue mura castellane. Il ve-
scovo assunse i titoli di vescovo di Pi-
sloia e Prato. Ben presto il capitolo pra-
tese ebbe cura di richiamare i suoi chie-
rici dal capitolo di Pistoia, fondando un
seminario che aprì nel 1680, prima che
il vescovo Basi fondasse quello di Pistoia.
Dopo diverse traslazioni, il seminario di
Piato nel 1780 fu stabilmente collocato
nell'antico monastero vallombrosano di
s. Fabiano, i cui beni Leone X avea as-
segnati al capitolo della collegiata. L'U-
ghclli dieci dà importanti notizie su Pra-
to e sua diocesi, dichiara godere le di-
gnità e canonici l'uso della colta sopra
il rocchetto e della cappa magna viola-
cea, e gli altri cappellani corali o porzio-
nari l'almuzia nera oltre la cotta. Ripor-
ta la serie de'35 proposti, che incomin-
ciata nel 1070 terminò nel 1 653, coi pri-
vilegi concessi da Innocenzo II, Adriano
1 V, Alessandro 111, Lucio III, Urbano 111,
Gregorio IX, Innocenzo IV ed altri. Ol-
tre i rammentati proposti, lo furono li-
berto deli ì/fi, cui a Michaele pratensi
B. ./)/. /Irgmis cingulum Hierosolymis
PRE
allalum, ut decenter tervaretur, tradii
tumfuitj il cardinal Giovanni Colonna
nel 1 34 1 ; Giovanni da Parma medico
del Papa dal i35o al i35r; cardinale
Ferdinando de Medici dal 1 574 al i588
divenuto granduca; cardinal Alessandro
de Medici dal 1 588 al i6o5 in cui di-
venne Leone XI. Altre notizie su Prato
si possono leggere in Repetti, Dizionario
geografico fisico- storico della Toscana.
Il Beccaste!, Storia del cristianesimo, t.
35, p. 1 85, racconta i disordini avvenuti
in Prato sotto il famoso vescovo di Pi-
stoia e Prato Scipione Ricci, il quale non
contento di avere ridotto i templi del-
l'Altissimo ad una pretesa antica nudità,
e non volere altari oltre il maggiore, scris-
se al suo vicario di Prato che si portas-
se nelle chiese di s. Vincenzo e del Duo-
mo, per coprire le memorie d'indulgen-
ze e poi toglierle. Essendosi sparsa voce
che il vescovo volesse demolire l'altare
ove con tanta venerazione gelosamente
si conserva la s. Cintola, il popolo insorse
con furore religioso per difenderlo, ed ai
20 maggio 1787, armato di accette e ba-
stoni, tumultuosa mente s'impossessò del-
l'altare della Cintola, onde la sera non fu
possibile chiudere la chiesa eie campa-
ne suonarono per tutta la notte. Accad-
dero lagrimevoli fatti, si bruciarono lo
stemma e la cattedra del vescovo, le carte
degli uffizi e delle messe, e si fecero molti
attentati strani: la truppa spedita da Fi-
renze quietò l'insurrezione e ne punì i
capi. Nel monastero di detta chiesa di s.
Vincenzo prese 1' abito del terz' ordine
de'predicatori e ne fu priora s. Caterina
Ricci nobile fiorentina, ed ivi si venera il
suo corpo. Abbiamo nel 1. 1 .°delCalogerà,
Dell'origine e progressi, e dello stato pre-
sente della città di Prato, ragionamento
istorico del conte Giambattista Casotti
canonico pratese.
PREADAMITI. Abitanti della terra,
che alcuni hanno supposto avessero esi-
stilo avanti Adamo. Nel i655 Isacco de
la Pcrreyre o Peyrere francese, infetto
PRE
degli errori di Calvino, fece stampare in
Olanda un libro, nel quale pretese pro-
vare che vi furono uomini avanti Ada-
mo, e questo paradosso assurdo trovò su-
bito de'settatori; ma la confutazione che
pubblicò Desmarais, professore di teolo-
gia a Groninga, soffocò sì strano vaneg-
giamento, avendo inutilmente Perreyre
tentato di farlo rivivere con una repli-
ca. Egli chiamò gli ebrei Sdamili, sup-
ponendoli discesi da Adamo, ed appellò
Preadamiti i gentili, che secondo le sue
pretensioni, esistevano già molto tempo
avanti Adamo. Fu il Perreyre arrestato
in Fiandra d'ordine dell'inquisizione, che
lo condannò; appellò alla s. Sede e gli fu
permesso recarsi a Roma. Alessandro VII
lo persuase del suo errore, quindi im-
plorando perdono alla sua aberrazione,
pubblicò solenne ritrattazione del suo li-
bro e abiurò i suoi errori. Il Papa ne fu
consolato e gli offrì de'benefìzi ecclesia-
stici che ricusò; e ritiratosi presso i pa-
dri dell'oratorio della Madonna di Ver-
tus, morì pentito nel 1676. Della vita e
scritti di Perreyre e delle confutazioni che
furono pubblicate, scrissero: Gio. Conr.
Dannhawer, Praeadamita ulis, o Fabu-
la priniorum hominum ante Adamutn
conditorumexplosa. Filippo Priori o Eu-
sebio Romano, Animadversion, in librum
Praeadamilarum.NalaWlessandvoféisl.
eccl. veter. leslam. t. 1, disser. 3, ar. 1, p.
07. Niceron, Memorie t. 12 e 22.
PREBENDA,Pmeèe«rfrt.Rendita fer-
ma di cappella o di canonicato. Benché
la parola prebenda si confonda ordina-
riamente col Canonicato (^.),avvi però
la differenza, che la prebenda è un di-
ritto che l'ecclesiastico ha di riscuotere
certe rendite in una chiesa cattedrale o
collegiale, mentre il canonicato è un ti-
tolo spirituale indipendente dalla rendita
temporale; di maniera che la prebenda
può sussistere senza il canonicato, ma il
canonicato è inseparabile dalla prebenda
del Canonico (V.). Non alla prebenda,
bensì al canonicato sono annessi i diritti
PRE
%
spirituali; e quando la prebenda è unita
al canonicato diviene spirituale. La pre-
benda, distinta così dal canonicato, po-
teva esser divisa e conferita anche a lai-
ci, e di là le semi-prebende che si vede-
vano nella maggior parte de'capitoli con-
ferite a cappellani. Queste semi preben-
de essendo possedute da ecclesiastici co-
stituivano titolo di Benefìcio (^.), irre-
vocabile o amovibile secondo le diverse
costumanze de'capitoli. In molti di que-
sti i cappellani semi prebendati non po-
tevano essere rivocati dal capitolo che li
aveva nominati e potevano anche qual-
che volta rassegnare le loro semi preben-
de. Oltre le prebende teologale e peni-
tenziale, vi èia prebenda precettoiiale o
scolastica nelle cattedrali o collegiate, as-
segnata ad un maestro o precettore per
insegnare la grammatica ai chierici di
quelle chiese e ad altri ; questa in Fran-
cia se data a un laico non gli conferiva
gli onori canonicali e non era un bene-
fìcio, ma il solo reddito annesso. Nell'età
di mezzo si chiamò prebenda la distribu-
zione di viveri che si faceva ai soldati, il
quale significato passò alle distribuzioni
che facevansi ai canonici ed ai monaci,
poscia alle porzioni delle rendite de Beni
di chiesa (P-), che toccarono agli eccle-
siastici dopo la divisione che fu fatta di
detti beni. Che prebende furono dette le
porzioni della massa canonicale, anche a
tempo di Bonifacio Vili, lo afferma Ga-
rampi, Memorie, p. 298. Cecconi, Istit.
de' seminari, p. 9 e 18, dice che i benefizi
furono chiamati prebende, perchè l'en-
trate de'chierici beneficiati o prebendati
derivavano dalle pie oblazioni fatte pel
comune mantenimento del parroco e dei
suoi chierici, i quali lo assistevano nelle
sagre funzioni e dal medesimo erano di-
retti alla pietà e nella buona erudizione;
quindi chi gode di qualche porzione di si-
mili prebende èobbligato a servir la chie-
sa di cui furono le offerte, ed in essa deve
intervenire ai divini offìzi ne'giorni deter-
minati, particolarmente festivi. Dell'origi-
6o PRE
ìic della prebenda del Penitenziere vedasi
tale articolo: quanto a quella teologale e
scolastica, dice Cecconi che derivadal di-
sposto de'concilii generali Lateranensi III
e IVjdie a rimediare alla grave ignoranza,
determinarono che in ciascuna cattedra-
le si stabilisse un maestro di grammatica
per ammaestrare i giovani della chiesa
medesima; e il 2.0 aggiunse che nelle me-
tropolitane si eleggesse anche un lettore
teologo. Dal medesimo decreto ebbero o-
rigine le prebende teologali eie scolasti-
che oscolasterie. Prebendario, era noma-
ta quella vergine, che nel monastero vi-
vea separata dalle monache, sostentando-
si colle limosine, quasi come le attuali e-
ducande, convittrici o pensionate.
PRECANTORE. V. Precettore.
PRECA USA. Sede vescovile della prò-
\incia Bizacena dell'Africa occidentale,
sotto la metropoli d' Adrumeto. Adeo-
dato suo vescovo nel 484 ■ portò alla con-
ferenza di Cartagine. Africa chr.
PRECENTORE o PRECANTORE,
Praecenlor. E il primo o il secondo Can-
tore {V), ed il maestro del Coro (P-),
dignità di alcune chiese cattedrali o col-
legiate. Alacri, Notizia de'vocab. eccl., lo
chiama Archiparaphonista, capo degli
acclamatoti tra'greci (delle Acclamazio-
ni parlai anche a Laudi), del quale trat-
tai ad Arcicantore (V-) e perchè si chia-
mò Precenlorej mentre a Cantore dis-
si, che siccome il prefetto della scuola dei
cantori si chiamava Primicerio (V.) , il
suo compagno fu detto Succenloro Prae-
centor, cioè Secondicerio. V. Canto ec-
clesiastico, Cantori, Musica sacra. Can-
torinum , ad eorum instructionem , qui
cantimi ad cliorum pertinent, Venetiae.
Giuseppe Frezza, // cantore ecclesiastico
ovvero notizia del canto fermo, Padova
J699. Vincenzo Requeno, Saggio sul ri-
stabilimento dell'arte armonica de' greci
e romani cantori, Parma 1 798. Lorenzo
Berti, Regole del canto Gregoriano rica-
vale da rinomati autori, Roma 1 836.
PRECI PRIMARIE. Indulto pontili-
PRE
ciò col quale il Papa accordava agi' Im-
peratori (f.) la facoltà di poter conferi-
re le dignità e benefizi ecclesiastici, va-
canti la prima volta dopo la loro elezio-
ne, precedendone 1' analoga petizione al
Papa mediante lettera, chiamandosi per-
ciò preci primarie, perchè il Papa con-
cedeva le dignità e benefizi ad primas
preces imperaloris, e con questa forato-
la: Devotionem titani rogamusj\eg^en-
dosi in quella di Rodolfo I del 1 273: Prae-
decessoritm vestigiis inhaerere volentest
primarias preces noslras prò devoto, etc.
ad vox porreximus, etc. Vos adhortan-
tes, et prò conservalione jurium,el con-
sueludinem Rom. Imper. expresse requi-
renles, come rilevasi dalla lettera di Giu-
seppe I del 1705, presso Bohemero 1. 3,
tit. 5, p. 353. Diverse forinole sono in
Append. ad Gervasium Tilberiensem de
Imperio Romano, p. 1 i3, ed in Leibni-
tium iu Codice diplomatico juris gen-
tium par. 1, § g8, p. 222. V. Investi-
ture ecclesiastiche. Lodovico Anasta-
sio , Islor. degli Antipapi t. 2, p. 2 55,
riferisce , che 1' imperatore Sigismondo
partito dal concilio di Costanza(Jr.) per
pacificare i re di Francia e Inghilterra,
nel viaggio raccomandò al concilio di non
decider prima del suo ritorno sopra il
diritto imperiale delle prime preghiere.
Ne' voi. V, p. 86, e XXIX, p. 1 56, par-
lando de' Benefizi ecclesiastici e loro no-
mina, e di Germania, trattai delle cagio-
ni che determinarono il Concordato Ger-
manico (f^.) tra Nicolò V e l'imperato-
re Federico III (confermato poi da Cle-
mente VII nel 1 534, quando volevano
violarlo alcuni prelati tedeschi, da Giu-
lio III, e da Gregorio XIII che ordinò ai
collatori ordinari de'benefizi, che non po-
tessero conferirli dopo 3 mesi dalla loro
•vacanza, se dentro quel tempo ne aves-
se provvisto la s. Sede), col quale il Pa-
pa meglio Io regolò nel i/{52 in Roma,
dopo averlo coronato a* 19 marzo, nel
qual giorno Federico III ottenne da Ni-
colò V l'indulto delle preci primarie con
PRE
bolla presso Rinaldi, an. 1 4^2,11. 3;Gioan-
netti, De Rom. Pont. cap. 1 86, p. 3 1 4,
e presso Corradini. Ma non avendo Ni-
colò V espressamente derogato al concor-
dato, il qualeescludeva tali preci, nacque-
ro gravi difficoltà , a togliere le quali il
Papa diede nel i4^4 un nuovo indulto
con espresso derogamento al concorda-
to, e questa medesima concessione fu con-
fermata dal successore Calisto III nel
i455. Giovanni a Cochier , Scholia in
primarias preces imperatoris , illustrò e
discusse T indulto di queste preci prima-
rie, concesso da Paolo V nella bolla dei
4 giugno 1620 all'imperatore Ferdinan-
do II. Della vertenza insorta tra Giusep-
pe I e Clemente XI nel 1705, per volere il
primo conferire i benefìzi senza aver do-
mandato le preci primarie, feci cenno nel
voi. XXIX, p. 171, ed il Papa non ac-
cordò l'indulto. Ivi raccontai die il suc-
cessore Carlo VI avendolo domandato,
nel 1 714 l'ottenne. Il contemporaneo
diarista Cecconi ne riporta la formalità
a p. 643. Il marchese di Prie ambascia-
tore imperiale a'i5 febbraio si portò al-
l'udienza di Clemente XI, coi cardina-
li Adda, Colonna e Imperiali, e con un
corteggio imponente e decoroso. In nome
dell'imperatore domandò al Papa 1' in-
dulto per poter conferire per una sol vol-
ta in tutti i luoghi dell'impero, tutte le
dignità ecclesiastiche vacanti alla colla-
zionedella s. Sede. Clemente XI ricevet-
te il ministro sotto il baldacchino vestito
degli abiti pontifìcii, assistito da una par-
te dai cardinali Sacripanti , Paolucci e
Albani, dall'altra i suddetti. Il ministro,
spiegale le credenziali, fece la domanda
e ottenne l' intento. Aggiunge Cecconi,
che questa ceremonia che in Germania
si chiama ['Indulto delle prime preci, non
era più stata praticata dopo Urbano Vili
e l'imperatore Ferdinando III. Questo
indulto del Papa fu poi sottoscritto dai
cardinali nel seguente concistoro. Il car-
dinal Corradini , sotto il nome di Con-
rado Oligenio, col quale alcuni crede-
PRE Gì
rono occultarsi mg.r Fontanini, per or-
dine di Clemente XI, che nel 1706 avea
riprovalo l'editto di Giuseppe I , scrisse
l'erudita dissertazione, Deprimariis pre-
cibus imperialibus ,Fi\buig\\ Brisgoviae
1706. Vi si oppose il protestante Miche-
le Enrico Griibner, con altra, De pri-
mariis precibus imperialibus } 1707. E-
rudita, forte, ingegnosa e con bel meto-
do distribuita è altresì quella del gesui-
ta p. Faure, Dissert. polemica de j'ure
regaliae, et primarum precuni contra
publicistas protestantes, acpraecipue Vi-
Irìarium, PfefJìngerum,Grubnerumì Bo-
hemerum, Romaei 753. Sono pure a ve-
dersi, quella del p. Biner , De /tire pri-
martini precum nel t. 3 del suo Appa-
ratus eruditionis ad jurisprud., Augu-
stae 1752; quella del p. Schwartz nel t.
8.° Coli. hist. quaest. 6; quella di Acazio
Antonio de Ripoll nel Tractalus rega-
liarum, Marcinone 1 644-i e^ •' Moreri,
Dissert. de fu re primarum precum. Tra
i protestanti vi scrissero, Adamo Cortrejo,
Repraesenlatio j'uris primariarum pre-
cinti sacratissimis Imper. Rom. German.
sine praevio Ponlìficum assensu com-
petentis,Fvancofurl\ ad Moenum 1706 :
poi l'inserì nel t. 1, par. 6, Corporisju-
ri» publici p. 93. Biondi , De jure Cae-
sareo primarum precum , il quale trat-
tando donde abbia avuto origine il di-
ritto delle preci primarie, conchiude: Hoc
fus primariutn precum quoad substan-
tiam antiquae consuetudini , quod mo-
dum vero qualificatimi, quo exercelur,
indulto pontificio deberi. Nel succitato
volume dichiarai che Carlo VII doman-
dò e ottenne le preci primarie da Bene-
detto XI V,quindi pel conciliabolo d'Ems
(V.) , e per le innovazioni religiose di
Giuseppe I, ivi e altrove descritte, Leo-
poldo II abrogò il concordato germani-
co, terminando col successore Francesco
I la serie degl' imperatori del sagro ro-
mano impero.
PRECONIO, Praecono, Praeconium.
Preconizzare, bandire e pubblicare; Prae-
62 PRE
conabilis, lodevole, degno di lode. Così
il Macri nella Not. de'voc. eccl. A Conci-
storo, Proposizione concistoriale, Pro-
tettore, parlai del preconio o dichiara-
zione o pubblicazione de'vescovi e abbati
nullius che in esso fa il Papa. Ad Exul-
tet parlai di questo inno o preconio pa-
squale o benedizione del cereo pasquale ,
perciò detto ancora Laus o Consecralio
cerei.
PRECONNESO o PROCONNESO
o MARMORA. Sede arcivescovile del-
l' Ellesponto nell'esarcato d'Asia, nella
Propontide , eretta in vescovato nel V
secolo, suffraganea di Cizico, ed arcive-
scovato onorario nel IX, nell'isola del suo
nome. Questa fu chiamata anche Elapho-
nesos, perla gran quantità de'cervi che vi
si trovavano, non che Marmorao Mar-
mava per le celebri cavedi marmo bian-
co ancora in attività. h'Oriens chr. t.r,
p. 786 registra io vescovi greci, e nel t.
3, p. 946 parla de' vescovi latini, come
di Gallerò di Strasburgo domenicano.
Al presente Preconneso, Praeconnen, è
un titolo vescovile in partibus sotto Ci-
zico.
PRECORDI DE* PAPI, Praecordia
Pontificum. Il cuore, le viscere e interio-
ra del corpo del Papa divenuto cadave-
re. In termine anatomico si chiamano
precordi le parti immediatamente vici-
no al cuore, la regione precordiale , da
prar, avanti, e cor, dis, cuore : per vi.
sceri e viscere s' intendono le parti in-
terne del corpo umano, come fegato, cuo-
re e simili, extaj per interiora e inte-
riori sJ intende ciò eh' è rinchiuso nella
cavità del petto e del ventre, laonde vi
si comprende il cuore nobilissimo visce-
re muscoloso, centro della circolazione,
che incomincia a muoversi sino dai pri-
mi istanti di nostra vita, né cessa mai di
pulsare sino al totale estinguimene di
questa. A Cadavere e Egitto trattai del-
l'antichità della lavanda e imbasalmazio-
ne de' cadaveri. A Cadavere del Papa
raccontai che già nel secolo XIV ni la-
PRE
vavn e condizionava con erbe odorose e
aromi daìV Elemosiniere (f^.), dai Peni-
tenzieri (F.) , dai cubiculari e altri con
molta diligenza e venerazione. Che nel
secolo seguente si ha che probabilmente
fu aperto il cadavere di Alessandro V, e
che morendo Pio 1 1 in Ancona {f^.), nel •
la cattedrale furono deposti i precordi,
ed il corpo fu portato a Roma. Che il ca-
davere di Giulio II fu certamente aper-
to e imbalsamato, così quelli di Clemen-
te VII, Paolo IV, Pio IV, s. Pio V. Tu-
mulandosi ordinariamente i cadaveri dei
Papi nella basilica Vaticana, ne feci l'e-
lenco nel voi. XII, p. 292 ; anche i pre-
cordi ivi si deponevano nelle sagre grot-
te, finche essendo Sisto V morto pel 1 .°
nel palazzo Quirinale, i suoi precordi fu-
rono portati nella propinqua chiesa dei
ss. Vincenzo e Anastasio come parrocchia
palatina e tuttora si continua a farsi. Fi-
no a Leone XII vi si tumularono soltan-
to quei precordi de'Papi defunti nel Qui-
rinale, e sebbene per di lui disposizione
tale chiesa non sia più parrocchia di det-
to palazzo, egli ordinò non solo che vi si
deponessero i precordi de' Papi che ter-
minassero di vivere nel Quirinale , ma
ancora quelli che morissero nel Vatica-
no. Benedetto XIV edificò una cappella
sotterranea sotto l'altare maggiore della
medesima chiesa e al modo che si legge
nel n.°6 1 86 de\Diario di Roma del 1 757,
per contenere i precordi de' Pupi, i cui
nomi si leggono nelle iscrizioni marmo-
ree di ognuno, poste nelle pareti dell'al-
tare maggiore. Tutto riportai nel voi.
XLV,p. 190 eigi, insieme al ceremo-
niale come vi si trasportano i pontificii
precordi , non che ne' voi. VI , p. 202,
Vili, p. 186, XXVIII, p. 4i, cioè den-
tro un vaso mortuario ben sigillato, di-
cendo ancora che nelle pareti esteriori
della chiesa de'ss. Vincenzo e Anastasio,
ora de' ministri degl'infermi, si attaccano
gli slemmi e le morti dipinte del defunto.
A Chirurgo ed a Medico parlai dell'a-
pertura, sezione eimbulsamaturadc'cu-
PRE
daveri de'Papi. A Pio VI raccontai co-
me Pio VI I accordò alla cattedrale di Va-
lenza, ov* era morto, i di lui precordi e
cuore, insieme alle formalità della spe-
dizione che ne fu fatta da Roma (in una
cassa coll'iscrizione : Praecordia Pii VI
P. M.),o\e col cadavere erano stali de-
corosamente mandati, come delle cere-
monie funebri e dimostrazioni religiose
ch'ebbero luogo, descrivendo il monu-
mento marmoreo in cui furono colloca-
ti. De'cadaveri de'cardinali, imbalsama-
zione, precordi, funerali e tumulazione,
trattai ne'citati voi. VI,p. 2o6,XXVUI,
p. 44; che alcuni cardinali lasciarono ad
uua chiesa il corpo, ad altra i precordi; al-
tri vietarono l'apertura de'Joro cadave-
ri. Abbiamo la Disterlation sur un toni-
beau de Philippe le Hardij et sur V u-
sage d'inhumer le coeur et les entrailles
des prìnces, séparément de leurs corps.
Mercure de France , ann. 1718, mois
d'Aoùt. Enrico IV ordinò che il suo cuo-
re fosse depositato nella chiesa del col-
legio della Flecheda lui fondato ai ge-
suiti : simili esempi li notai in diversi luo-
ghi. Nei n.i 3g e 4o del Diario di Roma
1847 si legge la solenne e splendida pom-
pa funebre colla qualein Vienna furono
portati nella chiesa di corte il corpo, il
cuore entro cappa d'argento e il vaso dei
visceri, ambedue coperti da taffettà nero,
dell'arciduca Carlo d'Austria padre della
regina regnante delle due Sicilie. Sulla
bara furono poste le insegne dell'illustre e
celebre defunto, la corona principesca, il
cappello arciducale, la collana del Toson
d'oroe altre decorazioni, il cappello mili-
tare e la spada, il bastone di feld-mare-
sciallo ed i guanti bianchi. A'piedi della
bara si deposero la coppa del cuore e il
vaso de' visceri. Il cadavere fu sepolto
nella chiesa de'cappuccini , dopo conse-
gna al p. guardiano. I vasi contenenti il
cuore e le viscere si portarono ili." nel-
la cappella di Loreto degli agostiniani,
che previa benedizione prese in consegna
il priore; il 2.0 in carrozza fu recato al-
PRE 63
la cattedrale di s. Stefano, ricevendolo
il proposto dopo averlo asperso con l'ac-
qua benedetta. Anche i precordi di mol-
ti servi di Dio si conservano separati dai
loro corpi. Nel santuario di Porziuncola
(V.), vi è l'insigne cappella de Precordi
per quelli di S.Francesco d'Asisi ivi de-
posti alla venerazione de' fedeli.
PREDICA , PREDICATORE , Sa-
cra concio, Concionator. Ragionamento
che si fa in predicando , da quello che
predica , dicendosi predicazione il predi-
care e la predica stessa. La predicazione
è di due sorta, una maggiore, ch'è la pre-
dicazione propriamente detta, chiamala
anche tractare , V altra minore o sia la
catechistica. La predicazione è una di-
spensazione legittima della parola di Dio,
è antica quanto la religione cristiana e
non finirà che con essa, essendo uno dei
mezzi necessari per conservarla nella sua
purezza. Per mezzo della predicazione si
promulgò \'Evangelo(V.), si stabilì lai*e-
de (V.) , si convertirono gì' IdoLilrì , i
Pagani, i Gentili (V.), e si propagò il
Cristianesimo (V.), e dai Missionari {V.)
tuttora si esercita per convertire gl'in,
fedeli, ricondurre nel grembo dellaChiesa
gli eretici egli scismatici, come per istrui-
re e perfezionare i cattolici. Gesù Cristo
ne confidò il ministero ai vescovi nella
persona degli apostoli da lui scelti ; la
predicazione de' 72 Discepoli (V.) non
fu predicazione propriamentedetta e for-
se neppure catechistica , secondo Nardi,
De'parrochij poiché egli osserva, che se
Gesù Cristo li mandò per la Giudea, fu
dopo aver data la Missione (V.) della
predicazione agli apostoli, e non si leg-
ge che dasse loro l'incarico di predicare,
ma solo di andare ne'circonvicini luoghi
dov' egli si sarebbe portato per fare la
predicazione; e siccome allora i discepo-
li erano laici, non aveano che la commis-
sione di preparare le vie , e al più non
erano che Catechisti ( V.). Essendo la pre-
dicazione propria funzione de'vescovi, ad
essi soltanto spetta il delegare e appio-
64 PRE
vare i predicatori. Questi per il loro sa-
gro e sublime ministero essendola luce
del mondo, il sale della terra , i dottori
de'popoli, i dispensatori delle verità di-
vine, gli araldi e gli ambasciatori di Dio
medesimo, devono essi partecipare delle
qualità di colui del quale esercitano le
finizioni , alla sua scienza cioè , alla sua
purezza, alla sua santità; non devono a-
vere in vista che la sua gloria e la salu-
te delle anime, sostenere i loro discorsi
con una vita esemplare e colla pratica
di tutte le virtù. Lo spirito di novità del-
la sella filosofica, nello scorso secolo fe-
ce tutti gli sforzi per impedire col mezzo
del ridicolo e del disprezzo la predica-
zione; andato a vuoto il malvagio divisa-
mento, i novatori moderni cangiando me-
todo sono divenuti eglino stessi i più.
grandi encomiatori della predicazione ;
ma la vogliono secondo lo spirito e l'in-
civilimento de' tempi , e con pompa o-
stentala di frasi ricercate ed elegauti ,
che il più delle volte non s' intendono
che da pochi , tutta spirante fantasia ,
amore, dolcezza, beneficenza, senza mai
permetterle di levare a tempo la voce
per iscuotere l'empio dal letargo in cui
dorme. I banditori del vangelo che si
appigliano a queste massime erronee ,
tradiscono la loro missione, deviano dal
modello che ce ne hanno lasciato gli a-
postoli e i santi padri, e cambiano il Pul-
pito (J7.) o cattedra dell'eterna verità in
vera scranna di una filosofica e poetica
accademia; per cui in vece di essere ri-
formatori utili della sagra eloquenza e-
vangelica , come li celebrano i lodatori,
sono piuttosto pericolosi difformatori, sic-
come provò il p. Teodoro di Maria ss.
carmelitano scalzo , nella Dissert. sulla
prelesa riforma intorno al predicare, la
divina parola , di cui se ne legge un cen-
no nel voi. 8 degli Annali delle scien'
ze /*<?//#., p. g 3. Fu sempre ed è senza dub-
bio la divina parola uno de'mezzi più ef-
ficaci per In riforma de' costumi, e per
abbracciare la vera strada , che unica-
PRE
mente può condurre a salvamento quelli
che vivono nelle tenebre e nell'errore. E
perciò, pel comando del Redentore , in
ogni tempo ministri evangelici pieni di
vivo zelo tollerarono gravi fatiche , per
istruire e richiamare quelli che sedotti
da scandali e da perversi insegnamenti,
o si erano allontanati dalla retta via, ov-
vero stavano per incontrare disgrazia si
deplorabile. Cosi furono corretti i costu-
mi, tanti traviati tornarono al buon sen-
tiero, ed abbandonatoli vizio intrapre-
sero la pratica delle cristiane virtù e la
osservanza di quelle massime divine, le
quali in loro produssero copiosi vantaggi;
cosi in fine quella chiesa che si stabili e
dilatò col mezzo della predicazione, con
essa si è sempre conservata mirabilmen-
te, e si conserverà fino al terminare dei
secoli. Nelle Lettere del Compagnoni si
legge.» Chiamato l'oratore sagro a per-
suadere ai cristiani la fuga dai vizi e la
pratica delle virtù morali e religiose, chia-
ra cosa è che perciò conseguire gli con-
viene operare nelle menti di chi lo ascol-
ta un assoluto convincimento, senza del
quale ogni mossa ed agitazione di affetti
ch'egli pure tentasse, ri marrebbesi inuti-
le e vana, per l'ovvia considerazione che
P effetto a cui tende non è di strappare
una deliberazione dell'istante, come suc-
cede negli arringhi o politici o forensi ;
ma un proposito fermo e durevole anche
dopo cessato il suo impulso ".
Alcuni scrittori furono giustamente
di avviso, come Pulfendorff e Fabricio,
che i greci ed i romani niente ebbero di
somigliante alle nostre prediche ; Zornio
però, negli Opusc. sacr. 1. 1, p. 227, Dis^
seri, de rilibus sacratimi concionimi in
sacrisgentiunijSì studiò e pretese di pro-
vare il contrario con molte antiche te-
stimonianze e con interpretare l'autorità
di s. Pietro; cioè secondo il costume dei
protestanti, di trarredal gentilesimo l'o-
rigine delle cristiane ceremonie e usi, ma
le prediche certamente non derivarono
dui paganesimo (non ne fa parola il dot
PRE
to Marangoni , Delle cose gentilesche e
profane ,tr asportate ad uso e ornamen-
to delle chiese), non solo perchè il divin
Maestro, non avendo bisogno di confor-
marsi alle costumanze gentilesche, predi-
cò tante volte; ma tra gli ebrei fu comune
questo rito , lo che dimostra il gesuita
p. Carlo Regio, nella Dissertalo, slam-
pala in Roma nel i6i2nel suo Orator
christianus, anzi a tenore deli' epìst. di s.
Giuda v. i4> se ne trova menzione ai
tempi de' patriarchi. Imperocché fu co-
stume nella mosaica Sinagoga, che nelle
pubbliche assemblee del sabbato si leg-
gessero alcuni luoghi della scrittura , e
che poi i rabbini interpretandoli ne trae-
vano argomento di morale esortazione.
Questo costume consagrato dall'esempio
medesimo del divin Maestro e dagli apo-
stoli ( Luca iv, 16 ; Act. xiv, i4), pas-
sò alla Chiesa cattolica, la quale lo riten-
ne come il più ordinario e più legittimo
modo di predicare a' Fedeli. A Lwgua
dissi in quale idioma predicarono Gesù
Cristo e gli apostoli ; ed a Predicatore
apostolico dirò del predicare in volga-
re. Con vari nomi furono dai padri chia-
mate le prediche. I padri greci le nomi-
narono Omelie {f.), che fra tutti i ge-
neri di cristiana predicazione è il più an-
tico, e più costantemente raccomandato
nella Chiesa. I padri latini le chiamaro-
no Sermoni (V.) o trattati : della paro-
la Sermo ne abbiamo prove ne'sermoni
di s. Agostino. Frequente fu pure il vo-
cabolo di Trattati , sebbene fu pure u-
sato per significare le formole di fede ,
e le sessioni de'vescovi per gli affari del-
la Chiesa. Francesco Bernardino Ferrari,
De ritti sacrarum ecclesiae catholicac
veteris concionimi, Mediolani 1620 , et
Veronae 1 y3 1, vuoleche la parola Tra-
ctatus specialmente significhi quelle pre-
diche, nelle quali si spiegava qualche luo-
go della s. scrittura, anzi che la stessa co-
sa fosse Trattato , ed Esposizione o le-
zione della s. scrittura. Nondimeno al-
tri scrittori non seguono intieramente
VOL. LV.
PRE G.o
l'opinione di Ferrari, e s. Agostino gene-
ralmente chiamò trattati le sue prediche;
altri notano differenza tra il trattato e
il sermone, che prima dicevansi trattati
i soli sermoni de' vescovi , e sermoni si
chiamarono i discorsi di tutti gli eccle-
siastici ; dipoi furono detti trattati i ra-
gionamenti loro,comedel prete Origene.
Le prediche si trovano dette anche Di-
sputationes, massime quelle che tratta-
vano punti di religione contro gli eretici,
ovvero contenevano istruzioni sulla 9.
scrittura, controverse o dubbie. Le pre-
diche furono eziandio denominate Dot-
trine , o conferenze ascetiche. Col nome
di Locuzione le dichiararono diversi, co-
me Tertulliano, s. Gregorio I e altri.
Francesco A.Zaccaria, Dissert. t. 2, Del-
le antiche concioni ecclesiastiche, divide
le prediche, secondo il metodo usato dai
padri, in due classi. La 1 ." è di quelle ch'e-
vanolibere o non legate a verun capo del-
la scrittura, e queste furono per lo più
estemporanee; l'altra classe furono le te-
stuali , comechè concepite per spiegare
uno o più testi della scrittura, ed avea-
no il loro esordio o principio o prologo;
per altro e specialmente quando le pre-
diche erano concatenate, solevano i pa-
dri per tutto esordio brevemente ripe-
tere l'argomeuto della precedente ome-
lia, e soggiungere quello che intendeva-
no trattare. Non mancano per altro ome-
lie, in cui l'esordio non è che la sempli-
ce proposizione. 11 corpo dell'omelia era
composto quasi sempre in due parti, una
esegetica,nella quale spiega vasi il testo let-
teralmente o allegoricamente; l'altra mo-
rale, in cui s'inveiva contro i vizi,o alla
virtù si studiava d'infiammare gli ascol-
tanti. Ordinariamente così terminavano
le omelie, ovvero con qualche buon au-
gurioagli uditori, ocon preghiera a quei
santi che si erano celebrati, e quasi sem-
pre coll'invocazione e lode della ss. Tri-
nità. La lingua era greca o latina, secon-
do le nazioni ; i nomi che i predicatori
davano agli ascoltanti, erano vostra san-
5
66 PRE
tifa, vostra carità,santa fraternità, fra-
telli carissimi, dilezion vostra, dilettissi-
mi e somiglianti , i quali erano nali dai
nomi d'i fratelli e di santi con che scam-
bievolmente chiamavansi i primi cri*
sliani.
11 vescovo come ministro della predi-
cazione ha obbligo di predicare, ed è il
solo che può delegare a predicare il prete
e il diacono : anticamente non predica-
va che il vescovo, talora faceva recita-
re le proprie omelie dai diaconi e preti.
In Roma fuori del Papa niun vescovo
poteva predicare. Non potevano i vesco-
vi predicare pubblicamente nelle altre
diocesi senza licenza dell'ordinario, ben-
sì scambievolmente i vescovi s'invitava-
no a predicare nella propria città e dio-
cesi. Tardi i vescovi commisero ai preti
la predicazione maggiore. I primi esempi
che si conoscano di sacerdoti incaricati
dai vescovi di predicare sono, nelle chie-
se orientali, di Origene (secondo alcuni
prima che fosse prete) e di s. Gio. Criso-
stomo; nelle chiese occidentali, di s. Fe-
lice di Nolaedi s. Agostino. Sugli esempi
apostolici che i ss. Stefano e Filippo dia-
coni predicarono il vangelo, i vescovi tal-
volta permisero a'diaconi la predicazio-
ne , massime in tempo di persecuzione
a sui principii di qualche novella chie-
sa. I canonici furono i primi a prèdica*
re , quindi furono delegati anche i dia*
coni , i monaci ed altri religiosi. Ad e-
sempio che Gesù Cristo e gli apostoli pre-
dicarono da luoghi elevati per essere me-
glio intesi (comeda luogo elevato perora-
vano gli oratori, ed i capitani e gl'impera-
tori facevano leloro arringhe eallocuzio-
ni a'soldati), i preti, i diaconi egli altri dal-
V Ambone (/"'.) o pulpito predicarono al
modo descritto a Pulpito; anche i vescovi
talvolta dall'ambone predicavano, spe-
cialmente quando grande era il numero
del popolo: alcuna volta i preti e gl'inferio-
ri ministri predicarono in piedi, forse dal*
l'altare, senza salire sul pulpito: i vescovi
anche dalla cattedra., alle volle coperta
PRE
di onorevoli tapezzerie. In alcuni luoghi
i preti non potevano predicare che in pre -
senza del vescovo, d' onde ebbe origino
di domandarsi dal predicatore la bene-
dizione del vescovo presente alla predi-
ca. I tempi destinati alle prediche erano
primamente le domeniche , in secondo
luogo le altre feste; anche neh.0 giorno
in cui i vescovi erano creati, predicava-
no al popolo, e l'anniversario di tal crea-
zione era pure giorno di predica; inoltre
lo era nelle consagrazioni di chiese, di al*
tari, di vescovi. Talvolta si predicava nel-
le vigilie delle solennità, ed in alcuni gior-
ni feriali destinati alle prediche. In certi
luoghi il sabbato e la domenica; oltre
questa, in altri il mercoledì e venerdì ;
alle volle si predicava ogni giorno, mas-
simamente nella Quaresima (F.) , poi
anche ne\V Avvento ( V.). Anche nella set-
timana di Pasqua eravi predica ogni dì.
Quanto all' ora, si predicava ordinaria-
mente nella mattina, alle volte dopo il
pranzo, tale altra mattina e giorno, ed an-
che la sera. Per lo più subito dopo letto
Y Evangelo della messa (/^.) faceasi la pre-
dica: a tale articolo notai che s. Cesareo
dopo l'evangelo faceva chiudere le porte
della chiesa, affinchè il popolo restasse a
sentire il sermone. Quando s. Gregorio I
non poteva predicare, faceva leggere la
sua omelia da un notaro regionario. Inal-
cuue chiese d'oriente fu costumechedo*
pò aver predicato uno, seguisse un altro,
e dopo questo un terzo.
11 predicatore innanzi dJandare in pul-
pito si raccoglieva un poco nel segreta-
rio o salutatorio e si raccomandava a Dio.
Se il predicatore era vescovo sette dia-
coni l'assistevano sul pulpito, secondo il
decretato da Papas.Evaristo : se non era
vescovoandava prima a prendere la bene-
dizione dal suo prelato. Forse montato
sul pulpito il predicatore colla mano inti-
mava silenzio agli ascoltanti, come in più
occasioni fecero gli apostoli. Cominciava
dal farsi il segno della croce. L'uso del-
la lecita delire Maria (P.) al princi-
PRE
pio della predica o dopo l'esordio, si vuole
introdotto da Papa Urbano II, secondo
Burio, Vitae Pont., ciò che altri attri-
buiscono a s. Domenico o a s. Vincenzo
Ferreri; è probabile che prima si faces-
se qualche orazione innanzi la predica,
almeno gli antichi padri avanti di sermo-
nare frequentemente imploravano le o-
razioni del popolo. Alle volte il predica-
tore tornava a leggere il sagro testo già
letto o d'altro sagro libro, essendo costu-
me de'predicalori di portare sul pulpito
il codice degli evangeli o della s. scrit-
tura, e talvolta pure codici de' ss. padri
per leggervi qualche testo. Innanzi l'e-
sordio alcuna volta in poche parole si
accennava l'argomento della predica. Se
il predicatore era vescovo, sul principio
pregava agli ascoltanti la pacecon varie
forinole : Grada vobis , et pax a Dco
Palre nostro et Domino Jesu diritto:
Gratia Domini Dei nostri Jesu Chi isti,
et caritas Dei Patris 3 et communicatio
Spiritus sancii sit cttrn omnibus i'obis ,
Amen. Le più usate erano : Pax omni-
bus: Pax vobis (fy.). Il popolo rispon-
deva : Cum spirilu tuo. Quando sovra-
stava qualche calamitàosi fosse dissipato
il pericolo o il danno, solevasi dar prin-
cipio col Benedictus Deus. 1 preti e cle-
ro, e sino gli abbati, come discepoli do-
vevano udire la predica del vescovo. Si
scomunicava chi fosse sortito di chiesa
mentre il vescovo predicava. Doveva il
vescovo predicare ogni domenica sotto
gravi pene, anzi dovea perciò lasciare le
altre cose : gran conto si faceva de'sermo-
ni de' vescovi. Sembra che gli antichi padri
poco o nulla gestissero. In Italia predica-
vano sedendo; in Africa e nell'Asia in piedi,
se deboli sedevano. Un'ora circa dura va la
predica, e forse misura vasi colla clepsydra
(di cui a Orologio). Nella predica propo-
ne vasi alle volte l'argomento della futura;
imploravansi le orazioni degli ascoltanti;
il giorno dell'Epifania s'intimava la Pa-
squa; anche il principio della quaresima
dentro la predica era costume di denun-
PRE 67
ziare; bandivasi pure agli uditori, che ma-
nifestassero se alcuno ne sapessero ereti-
co. Quando sovrastavano i giorni delle
pubbliche Collette di questua (Tr.) pei
poveri, si avvertiva il popolo di venirvi
con buone limosine per sovvenirli. Ol-
tre queste collette, nel tempo della pre-
dica si raccomandava l'elemosina, pres-
soché al modo nostro. Finita la predica,
facevano comune orazione il predicato-
re e il popolo. Quanto agli uditori del-
le antiche prediche, vi erano ammessi, ol-
tre i fedeli, anche i catecumeni, gli ener-
gumeni, i penitenti, eziandio gl'infedeli,
i gentili, i giudei, gli eretici : finita la pre-
dica e fatte alcune preci sopra lutti, era-
no licenziati, ed allora cominciava la Mes-
sa (F.) de'fedeli. Fu costume de'padri di
voltarsi ora agli eretici, ora a'giudei, ora
a'gentili, dirizzando loro espressamente il
discorso; ed è perciò che parlavano con
riserva de'sagri misteri, per la Discipli-
na dell'Arcano (F.). Nelle Gallie e nel-
le Spagne i soli fedeli potevano udire le
prediche, finche si mutò questa discipli-
na ne'concilii d'Oranges nel 44 l > di Va-
lenza nel 546. Ne' tempi delle persecu-
zioni e prima dell' introduzione delle
Campane (^.), i fedeli erano invitati al-
le prediche collo strepito delle tabelle (di
cui nel voi. Vili, p. 291), dai Diaconi,
e dai Cursori (F.) sui quali ripugna l'Us-
serio nelle note a\V epistola di s. Ignazio.
Il luogo in cui slavano gli uditori alle
prediche era distribuito cosi : gli eccle-
siastici entro i cancelli del coro erano se-
parati dai laici, le donne divise dagli uo-
mini, e ancora dalle maritate e dalle ve-
dove erano separate le fanciulle, al mo-
do detto a Chiesa ed analoghi articoli.
In alcuni luoghi sedevano, in altri sta-
vano in piedi a udir la predica , in altri
soltanto sedevano sinché veniva il vesco-
vo per predicare, e allora si rizzavano; a-
gl'infermi davasi licenza di sedere; i vec-
chi ed i deboli si appoggiavano al basto-
ne e lo deponevano alla lettura del van-
gelo. L' uso di acclamare il predicatore
68 PRE
da principio fu convenevole alla venera-
zione che si deve alla casa di Dio, ma di-
poi divenne abuso : le forinole d' accla-
mazione erano gridare, Amen, Amen, o
che il predicatore era Ortodosso (V.) o
che era un tredicesimo apostolo. Varie
poi erano le maniere di plauso; muover
le mani, pestare co'piedi, volgersi dall'u-
na all'altra banda, spiegar per aria i faz-
zoletti, scuotere penne d' uccelli, toccar
l'armi. Vedasi il citato Ferrari, De ve-
teribus acclamalionibus etplausu. I pa-
dri tollerarono per degni motivi questo
abuso : Io biasimarono s. Gio. Crisosto-
mo e s. Agostino. Durarono le acclama-
zioni sino a'tempi di s. Bernardo nel se-
colo XII; un qualche vestigio ne resta in
alcun luogo, ed in segno di plauso spu-
tano al fine dell' esordio o della prima
parte, come osserva Zaccaria, almeno al
suo tempo; ora si applaudono general-
mente con composizioni poetiche in lode
del predicatore, col farne il ritratto econ
altre dimostrazioni. Fu già uso anche tra i
greci di scrivere con abbreviature le pre-
diche mentre si recitavano, quindi soven-
te miseramente tronche girarono le pre-
diche. A Letterato riportai esempi di
uditori che ritenevano a mente le predi-
che., di altri che le dettavano, e d'un pre-
dicatore che ritenne a memoria il qua-
resimale perduto in mare : il citato Va-
lentini se udiva predica o lezione la reci-
tava tutta senza lasciarne o mutarne pa-
rola ; Domenico A. Franceschi talvolta
ripeteva quasi intieramente qualche pre-
dica udita: riportai ancora vari esempi
di oratori che perderono la memoria e
si confusero nella perorazione ; Bartolo-
meo Sozzino si confuse innanzi Alessan-
dro VI ; l'eloquentissimo predicatore p.
Vipera conventuale si dimenticò di qua-
si tutte le cose per la mente stanca datante
fatiche. Ne'bassi tempi nelle prediche si
parlava un linguaggio (fr. Lingua), che
partecipava molto del latino, come pro-
vano fra le altre le prediche del p. Bar-
letta. Fino al tempo di s. Pio V vi era-
PRE
no de'Iuoghi in Calabria, in cui si parla-
va latino. Francesco Colonna autore del-
l'opera del Polifìlo pretese sul principio
del i5oo di restituire in Italia uno stile
di scrivere, che avesse del latino; contro
la quale novità inveì Aonio Baleario iu
un dialogo che si legge in fine della sua
grammatica latina, opera di egual rarità
a quella del Polifìlo, di cui parla Cancel-
lieri, Mercato p. 177, e Settimana san-
ta p. 244- Domenico M.d Manni dimo-
strò non essere vero che nelle chiese si
predicasse solo iu latino, come alcuno
pretese , poiché ivi si predicò anche in
volgare, non solo nel secolo XV, ma an-
che sul principio del precedente. Si può
vedere la sua erudita prefazione al t. 1
delle Prediche di F. Giordano p. 36.
Il dirittodi approvare i predicatori ap-
partiene ai vescovi nella loro diocesi, on-
de possono negare il permesso di predi-
care a chi loro piace, senza che vengano
obbligati ad accordarlo, ed i religiosi seb-
bene esenti non possono predicare nelle
chiese stesse de'loro monasteri e conven-
ti senza la benedizione del vescovo, né
contro la sua volontà. Iparrochi non han-
no bisogno della espressa approvazione
del vescovo per predicare nelle loro par-
rocchie, perchè la predicazione è una fun-
zione attaccata al titolo del loro benefi-
zio. Essi possono, se vogliono predicare,
impedire a qualunque altro sacerdote se-
colare o regolare di predicare nelle loro
parrocchie. Non avvi che il solo vescovo
ed in persona, il quale in qualità di pri-
mo pastore di tutta la sua diocesi, possa
predicare nella parrocchia d'un parroco
senza bisogno del suo consenso. Allor-
quando i parrochi trascurano di predi-
care, il vescovo dà l'incarico ad altri pre-
dicatori perchè predichino nelle loro par-
rocchie ed alle loro spese. Il concilio dì
Trento ordinòa'Ptf/rocVw (//.), che in tut-
ti i giorni festivi o solenni dovessero spie-
gare in lingua volgare la divina parola
e le salutari istruzioni, spiegando V/ivan-
gelo, nella Messa, quasi interpreti del me-
PRE
desimo, dopo letto l' evangelo. Il Nardi,
De' parrochi, riporta importanti nozioni
sulla predicazione, massime nel t. i, cap.
io: Sul predicare e catechizzare, di chi
siano propri. Anticamente i vescovi do-
vevano girare per la diocesi per predi-
carvi. Dovevano allora i parrochi andare
coi parrocchiani ne'luoghi fissati per udir-
vi la predica del vescovo. Il vescovo al-
lora dovea essere mantenuto. Talora il
popolo della diocesi doveva venire in cit-
tà alla predica del vescovo. Talvolta il
vescovo mandava per la diocesi predica-
tori a spese de'parrochi. Più tardi fu da-
ta la predicazione agli Arcidiaconi (F.)
nel visitare la diocesi : fu data anche agli
arcidiaconi minori, che pure erano ca-
nonici, nel visitare il loro arcidiaconato.
I vescovi andavano all'armata per pre-
dicarvi, benedirvi e riconciliarvi i pub-
blici penitenti. Anticamente si riservaro-
no anche la predicazione minore o cate-
chistica. Alle monache si predicava con
licenza del vescovo: per la catechistica
alle monache tocca all'abbadessa; per
quella ai regolari non in sacris tocca a
uno deputato dal loro superiore. Il ve-
scovo per la predicazione maggiore non
può delegare che i soli preti e diaconi ;
per la minore o catechistica può delegar
tutti, anche i laici; Io stesso dicasi perle
scuole sacre. Il parroco non ha la pre-
dicazione maggiore, bensì la minore o ca-
techistica. Tutti i preti che dicono messa
negli oratorii rurali debbono nella festa
catechizzare e istruire il popolo. II vesco-
vo deve con grande attenzione vegliare
sulla predicazione e sulla catechistica. Non
si può predicare dall'altare col capo co-
perto di berretta o altro. Vi è la scomu-
nica a chi predica senza licenza del ve-
scovo. I preti che predicavano dovevano
e debbono chiedere pubblicamente la be-
nedizione al vescovo. A forma del decre-
tato del concilio di Trento, confermato
da Urbano Vili, i predicatori dell'av-
vento e della quaresima devono pren-
dere prima la benedizione dell'ordinario.
PRE
69
Borgia arcivescovo di Fermo, come ve-
desi dalle di lui Omelie {dette in varie
funzioni pontificali nella stessa città dal
17 53 fino alla festa dell' Assunta del
1 758, Fermo 1 75g) dedicate a Clemen-
te XIII, ai predicatori di quaresima dava
a tutti in una volta in cattedrale la be-
nedizione e gl'istruiva. Tali omelie sono
28, le ultime 3 sono espressamente per
la benedizione de 'predicatori. Nella 1 ."leg-
go che a motivo del terribile terremoto
di Lisbona, inculcò ai sacri oratori di an-
nunziare al popolo la Penitenza(V.)}xim-
co e sicuro scampo da tanto male: che
i predicatori supplendo le veci de' vescovi
in ogni luogo della città, massimamen-
te nel tempo di quaresima, perciò devo-
no predicare, non in persuasibilibus hu-
manae sapientiae verbiss sed in ostensio~
ne spiritus, et virlutisj oltre diversi op-
portuni ricordi per esercitare con pro-
fitto l'apostolico ministero. Nella 2.a si
cerca la cagione per cui da tanti predi-
catori e da tante prediche si ricava poco
profitto : da un fatto notabile registrato
negli Alti Apost. cap. 19, v. i3, si de-
duce essere necessaria ne'sacri oratori la
purità dell'intenzione, e un ardente de-
siderio tutto diretto alla gloria di Dio e
alla conversione de'peccatori, lodandosi
l'uso d'uno stile facile e adattato alla scar-
sa capacità di parte dell'uditorio, ma av-
valorato sempre da un tenore di vita ir-
reprensibile. Nella 3.a proposto l'esempio
di Gesù Cristo e il suo celebre sermone
del monte, si esortano i predicatori a es-
sere brevi, chiari, sugosi e ben acconci a
persuader gli uditori, i quali quasi per la
maggior parte sogliono essere persone
volgari ed idiote: raccomandò loro d'in-
sistere spesso nelle prediche per la buo-
na educazione e cristiana istruzione dei
fanciulli e delle fanciulle, come pure di
fare in un giorno festivo di consenso dei
vicari foranei la predica controia bestem-
mia. In Roma la benedizione ai parrochi
per la predicazione catechistica, ed ai pre-
dicatori per la predicazione maggiore la
7o PItE
dà il Papa prima della quaresima con a-
naloga esortazione, ovvero supplisce il
cardinal vicario, come si legge nel n.°2002
del Diario di Roma 1794» dicendosi che
il cardinal Corsini in tale occasione fece
un dotto e zelante discorso ai parrochi,
esortandoli ad aver cura delleanimeloro
affidate; che altro sermone fece ai pre-
dicatori, esortandoli specialmente a non
fare dissertazioni filosofiche e di gius pub-
blico, ma promulgare le massime e la mo-
rale evangelica, colle interpretazioni dei
santi padri, ed in tal guisa rendere utile
la loro predicazione alla moltitudine del
popolo. Di quanto praticano i Pontefici,
eccone il ceremoniale. Nel giovedì di car-
nevale si recano nelle pontifìcie stanze il
segretario del tribunale del vicariato col-
la formola della professione di fede e l'e-
lenco de'predicatori; mg.r vicegerenle, i
parrochi delle Parrocchie di Roma (/"'.)
ed i predicatori. Mg.r vicegerente nel-
l'anticamera d'onore seduto in un banco
al muro riceve la professione de'predica-
tori, ai quali il prefetto delle ceremouie
già ha fatto deporre il cappello, ed il man-
tello se religiosi. Il predicatore della ba-
silica Lateranense genuflesso avanti il vi-
cegerente legge senso per senso, e gli al-
tri predicatori genuflessi in circolo ripe-
tono le sue parole: in fine ognuno fa il
giuramento, Sic me Deus ad/uvei, ba-
ciando il Crocefisso emettendo la mano
sul vangelo. Quindi il detto ceremouiere
introduce il vicegerente, il segretario ed
i parrochi dal Papa, il quale vestito con
soltana e mozzetta siede in Irono avente
ai lati il maggiordomo e il maestro di ca-
mera, e da una parte i camerieri segreti
e d'onore. Il vicegerente, il segretario, i
parrochi, in circolo si prostrano avanti
al Papa e si alzano se ne fa cenno. 11 Pa-
pa, fatta analoga esortazione, gli ammet-
te al bacio del piede e benedice. Parliti
i parrochi sono ammessi i predicatori,!
quali devono dire al Papa la chiesa ove
predicano, e praticano quanto si è detto
de'pan'ochi, ricevono l'esortazione, la he-
PRE
nedizione e partono. Nel n.° 4o5 del Dia -
rio di Roma del 1 720, si legge come Cle-
mente XI esortò i predicatori quaresima-
li a predicare con istile veramente apo-
stolico, gli ammise al bacio del piede e
benedì. Nel n.° 22 3 del Diario di Roma
del i8o3 è riportato, che nella feria 5/
di sessagesima i parrocchi di Roma uni-
tamente ai predicatori destinali ad an-
nunziare la divina parola sì al popolo,
come alle monache ne' propri monasteri
e conservatorii nella prossima quaresima,
conforme il consueto si portarono al pa-
lazzo Quirinale; nelle stanze pontificie i
predicatori fecero avanti il vicegerente la
solenne professione di fede; quindi i me-
desimi insieme coi parrochi dal cardinal
vicario e dal vicegerente furono presen-
tati a Pio VII, il quale con dotto e fer-
voroso discorso inculcò vivamente a tutti
d'inveire contro il libertinaggio ed il vi-
zio, non che contro i profanatori del tem-
pio di Dio, indi compartì loro la bene-
dizione apostolica. Nel n.° 1 3 del Diario
di Roma del 1847 si legge, che agli 1 1
febbraio tutti i banditori evangelici de-
stinati nella prossima quaresima a pro-
mulgare dal pergamo la dottrina di Ge-
sù Cristo aveano prestato il giuramento
consueto a mg.r vicegerente, quindi il re-
gnante Pio IX, secondo l'antico costu-
me, li convocò tutti in una sala del Qui-
rinale e tenne loro discorso sul gran mi-
nistero a cui venivano chiamali, alla pre-
senza del vicegerente, del segretario del
vicariato,degl'individui della camera se-
greta, avendo ai lati il maggiordomo e il
maestro di camera. Disse che la parola
di Dio non ha bisogno di Panegirico (F-),
imperocché porta l'elogio in se slessa, ap-
pena di lei s'imprende a far motto. Che
Dio mandò la parola sua nel mondo, e
questa s'incarnò, commettendo l'ufficio
di far circolare la religione vera per mez-
zo della predicazione al suo vicario, e que-
sto n'suoi successori, e da questi fa echeg-
giarsi per l'universo fino alla consuma-
zione de'secoli per mezzo de'ba odi tori e-
.
PRE
angelici. Fece considerare, che in quel
momento ricevevano dal Pastore de Pa-
stori la facoltà di predicarla dai pulpiti.
Invocò su loro lo spirito di Dio, e ricor-
dò che i caratteri di questo spirito sono
due: la fortezza e la dolcezza. E virtù san-
ta del primo strappare i peccatori dagli
adescamenti della colpa, sbarazzarli dal
vischio delle prave abitudini ; è dono del
secondo l'allettare soavemente con pie-
tosi artifizi i colpevoli, sì che il pie che
stornarono dall'ovile di Cristo, di Cristo
all'ovile riportino. Poi aggiunse,cheque-
sto è poco, se non s'imita meglio Gesù
Cristo, predicando con l'esempio : esem -
pio che riveli spirito di carità, di umiltà,
di castità. Quindi terminò facendo loro
coraggio, ed animandoli a porsi con ge-
neroso e santo ardimento all'opera; non
stando in forse, che fruito larghissimo a-
vrebbero raccolto dalle loro evangeliche
quaresimali fatiche. Dipoi il Papa am-
mise al bacio del piede tutti i predicatori
edi parrochi. All'articolo PioIX feci men-
zione di altri sermoni pronunziati in pub-
blico. Gli antichi Papi incominciando da
s. Pietro (^.),di frequente predicavano,
distinguendosi s. Leone I e s. Gregorio I
ne'primi secoli; poi vanno nominati A-
ariano 1 \Innocenzo 1 Inclemente IV; A-
li'ssandroIIIchepred\cò in Venezia avan-
ti Federico I, come notai a Pulpito; Gio-
vanni XXIIin Avignone e sul Purgatorio
{V.)j Giulio III, che recitò un'orazione
essendo ancor giovane nel concilio di Lu-
terano V, e altra nella domenica di Pas-
sione avanti Adriano VI; Sisto Scheda
religioso illustrò molti pulpiti d'Italia; Be-
nedetto XIII,d\ cui scrisse il p.GaelanoM."
da Bergamo cappuccino, nel libro: L'Uo-
ino apostolico al pulpito, Venezia i 762,
che predicò da cardinale e da Papa 4^92
volte, oltre le Pastorali (V.) che scrisse
per istruzione del gregge, e spiegava la
Dottrina cristiana (V.) ai fanciulli; o-
gni sabbato udiva il sermone del p. Ca-
ra vita gesuita. Benedetto À7f nell'aprile
la visita apostolica nella basilica Latera-
PRE 71
nense, istruì nella dottrina cristiana i fan-
ciulli della parrocchia. Leone X [Ida pre-
lato recitò avanti Pio VI l'orazione fu-
nebre per Giuseppe II: a Orazione per
l'elezione de'Pontefici, che si fa al sacro
collegio, parlai ancora delle Orazioni fu-
nebri pei Papiche si pronunziano ne'no-
vendiali avanti l'assoluzione. All'articolo
Cappelle pontificie notai in quali anti-
che funzioni i Papi, i cardinali ed i ve-
scovi predicavano: tra'cardinali predica-
tori si distinsero, Ruffini, Canisio, Lo-
rerio, Berlrano, Petow, Baronio, Tole-
do, Bellarmino, Micara già Predicatore
apostolico (V). Ad Anni santi riportai
le prediche in essi fatti dai cardinali. Il
cardinal71/orr<7 compilò un dizionario per
l'arte del predicare coi passi della sacra
scrittura. A Bolle, a Encicliche, a Let-
tere apostoliche trattai di quelle colle
quali i Pontefici istruiscono tutto il mon-
do cattolico, ed aCoNcisTORO ragionai del-
le allocuzioni che vi pronunziano. Tal-
volta i Papi sono andati ad ascoltare i pre-
dicatori quaresimali in s. Pietro. Clemen-
te XI nel 1 7 1 9 calò dal contiguo palazzo
alla basilica per la predica pomeridiana
del giorno di Pasqua. Gregorio XVI tal-
volta andò nel coretto della stessa chiesa
per ascolta requalche predica lore.Nelvol.
Vili, p. 3o2 notai, che uno de'migliori
predicatori quaresimali faceva il discorso
ai cardinali dopo il pranzo del giovedì
santo, che suole udirsi dal Papa dietro
la bussola. I cardinali nelle chiese ove so-
no arcipreti, titolari o diaconi, assistono
alle prediche in cappa e vesti paonazze,
ed il caudatario è tutto vestito di uero.
Nelle altre chiese sogliono andare in abi-
to corto ne' coretti , ovvero in qualche
cappella.
I Papi furono sempre zelanti e sol-
leciti della predicazione, come dimostrai
in tanti articoli e principalmente a Mis-
sioni pontificie. Paolo III approvò gli
Esercizi spirituali di s. Ignazio (V.).
Gregorio XIII prescrisse l'istruzione cat-
tolica e la predica agli ebrei di Roma, co-
70 P R E
me riportai nel voi. XXI, p. a 3. 11 suo
predecessore s. Pio V, secondo il concilio
di Trento, ordinò l'erezione delle congre-
gazioni della Dottrina cristiana (f^.), ove
dissi delle benemerenze di Clemente Vili
e successori, edella istruzione che ne fan-
no i parroclii nelle domeniche, come dei
catechismi istituiti da BenedettoXIVnel-
la quaresima, pei sagramenti della peni-
tenza e della Eucaristia. Delle prediche
di Roma ne parlò l'Amidenio, Depieta-
le romana, p. 123. A Oratorio toccai
de'notturni ove si fanno prediche. A Mis-
sione parlai delle missioni ordinarie e
straordinarie fondate in Roma; di quel-
le pei Giubilei (P~.) e altre circostanze ;
delle diversecongregazioni omonime col
santo fine di predicare, il quale l'hanno
molti Ordini religiosi, come i Predica'
tori, i Gesuiti, i Pii operai, i signori del-
la Missione, i Francescani, i Pas sioni-
sti e tanti altri, come si può vedere ai lo-
ro articoli. A Gerusalemme, ed a Guar-
diano dei s. Sepolcro dissi delle questue
ordinate nelle prediche dell'avvento e
della quaresima dai Papi pei luoghi san-
ti, alla liberazione de'quali fecero predi-
care la Crociala {f^.)j ed a Schiavi delle
pontificie ingiunzioni ai predicatori pel-
le limosine a vantaggio di essi e pel loro
riscatto. Ecco le rubriche che sulla Pre-
dica pubblicò Diclich nel Diz. sacro-li-;
turgico. Se si deve fare nella messa so-
lenne, si faccia dopo l'evangelo se deve
versar su questo, altrimenti si deve fare
Ila la messa; la consuetudine però di-
spensa da questa prassi, cosi nella recita
de'pancgirici: anticamente si predicava
dopo il Credo. Dopo l'offertorio è vietalo
qualunque sacro ragionamento. Se il ce-
lebrante predica, sederà sopra uno scan-
no nudo in cornu Evangelii col capo co-
perto, o senza pianeta in pulpito. Il dia-
cono e suddiacono sederanno sopra uno
scanno nudo, fuori però dell'altare colla
faccia ad esso volta e col ca*po coperto,
o potranno sedere dove sedevano col cele-
brinlcnientresi cantava il Gloria. I3aul-
PRE
dry insegna che i prepositi e altri inferio-
ri al vescovo,che predicano all'ai tare,deb-
bono stare col capo scoperto in cornu E-
vangelii, né si estingueranno i cerei del-
l'altare. Se altra persona in luogo del ce-
lebrante dovesse predicare, prima che a-
scenda il pulpito se sia chierico assumerà
la colta, e anche la stola se sacerdote; in
Roma la stola nou si assume per riveren-
za al Papa che l'usa sempre anche fuori
dell'amministrazione de'sagramenti. Se
l'oratore è regolare rimarrà vestito del
solo suo abito; se canonico o dignitario,
predicherà colla cappa o colla almuzia
sopra il rocchetto; se poi sia vescovo e
non celebri solennemente, sarà vestito del
suo abito ordinario, aggiuntavi la stola
sulla mani .elicila o sulla mozzetto per chi
ne ha l'uso; né ad esso conviene l'assi-
stenza de'canonici e delle dignità, perchè
questa compete soltanto al vescovo che
predica col piviale e colla mitra : se pre-
dicherà fuori di diocesi non userà la moz-
zetta,ma la mantelletta. Se si predica in-
nanzi al cardinal legato della s. Sede, al
patriarca, all'arcivescovo, o al vescovo
ne'luoghi di sua giurisdizione, allora l'o-
ratore colle dovute riverenze, prima di
ascendere al pulpito, genuflesso chiederà
la benedizione, sia ecclesiastico secolare
o regolare, dicendo: Jube donine bene-
dicere. Se sia qualche dignità o canoni-
co, profondamente inchinato chiederà la
benedizione. I vescovi non la domanda-
no né agli altri vescovi, né ai cardinali.
Dopo che l'oratore avrà asceso il pulpi-
to, tosto farà alla Croce o all'altare un
profondo inchino o genuflessione sevi sia
in esso il ss. Sagramento, poi saluterà il
clero e il popolo. Se vi sono prelati, pri-
mati o principi, si dovranno salutare col
capo scoperto prima del popolo. Se vi so-
no i canonici, il magistrato o governatore
del luogo devesi fare altrettanto, distin-
guendo il suffraganeo se vi è sedente nel
presbiterio. Se saluta i ministri dell'al-
tare, questi possono corrispondere sco-
prendosi il capo. Fatte poi dall'oratore
PRE
le dovute riverenze, sederà, si coprirà il
capo; dopo breve momento si alzerà, sco-
prirà ecolle mani giunte, tenendo la ber-
retta innanzi al petto se l'usa, cogli oc-
chi alzati a Dio, si farà il segno di croce,
dicendo sotto voce: In nomine Patris, ec.
e nel fine giungerà le mani, dicendo: A-
men. Genuflesso subito verso l'altare, di-
rà a chiara voce l'Ave Maria } non mai
la Regina Coelij compiuta la quale, sor-
gerà, si coprirà il capo, incomincerà il ser-
mone e Io proseguirà. Nel fine benedirà
il popolo, purché non sia presente il ve-
scovo del luogo, che se vi è qualche al-
tro gran prelato, prima di benedire gli al-
tri s'inchinerà profondamente a lui, e poi
volto dall'altra parte benedirà il popolo.
Finalmente, se la predica si fa o in pul-
pito, o innanzi l'altare i« conni Evan-
gW»,quando il ss. Sagramento è esposto,
l'oratore starà sempre coi capo scoperto.
Sulla predicazione e sui predicatori si
possono consultare i seguenti autori. Me-
nochio, Stuo re t. 2, cent. 6, e. 46 e seg.
De' riti degli ebrei circa le prediche delle
loro sinagoghe. De' riti antichi de' cristia-
ni circa le prediche. Se le prediche de~
vono essere brevi o lunghe. Se nelle pre-
diche si devono addurre autori profani.
Qual sorte d'eloquenza convenga ai pre-
dicalori. Sainelli, Lelt.eccl. t. 3, lett. 4&:
Non doversi dal curato intermettere la
predicazione benché vi sia della gente che
si stanchi di udirlo; t. io, lett. 35: Se al
chierico d'ordini minori sia lecito il pre-
dicare. Gio. Sigismondo Susckio, De mo-
re surge ndi, standique in ecclesia quurn
divinaverba /'ecita/ifr/r,Magdeburg 1 732.
G. 13. Braschi, Idea del pulpito mitrato,
Roma 1725. Lohner, Bibliolheca ma-
nualis concionaloria, Venetiis 1730. Bi-
blioteca predicabile o scienza universale
del pulpito, Venezia 1775. Houdry, Bi-
bliolheca concionaloria continens helices
christianae praecipua argumenta, Ve •
netiis 1750. Musatti, Prediche, Venezia
1772. Dell'arte della parola considerata
ne' vari modi della sua espressione, sia
PRE 73
che si legga, sia che in qualunque ma-
niera si reciti, lettere, Milano 1827. Di
queste bellissime lettere del eh. Compa-
gnoni sono rimarchevoli pel mio argo-
mento tre. 1 7.' L'eloquenza sacra è la so-
la che nello stato presente sia aperta agli
ingegni italiani. Vantaggi che ha sopra
gli altri l'oratore sacro, edifticoltà rispet-
tive. I santi padri sono i suoi veri mo-
delli. i8.a Di alcune parti che nella co-
struzione delle prediche paiono atte a ri-
cevere qualche perfezionamento. 19. "Del-
l'azione oratoria. Necessità speciale del
predicatore per formarsi una buona vo-
ce. Precetti generali dell'azione oratoria
applicati ad ogni particola!' caso. Adeo-
dato Turchi, Opereinedile, omeliee pre-
diche, Modena 18 18. G. J. Montanari,
Discorso sulla eloquenza sacra, Pesaro
1 833 : osserva la diversità che passa tra
l'eloquenza sacra francese e quella degli
italiani, i quali declamano i loro discorsi,
mentre i francesi li leggono,giovando me-
glio alla commozione e alla persuasione
il metodo italiano. Collezione di oratori
sacri francesi, Firenze 1 835. Gio. Finaz-
zi, Dell'omelia nel voi. 9, p. 358 degli
Annali delle scienze relig., serie 2.'n L'elo-
quenza moderna del pulpito, opuscolo
dedicato alla s. Sede apostolica ed ai
vescovi cattolici, Modena 1 836. Giusep-
pe Defendi, Lettere intorno alla s. elo-
quenza, Parma 1 844- Gaetano Lenzi,
Lettere intorno all' eloquenza singolar-
mente del pergamo, Imola 1 844- Antonio
Rosmini, Dell'ecclesiastica eloquenza di-
scorso, Milano i832. Giovanni Granel-
li, Opere ossiano lezioni della s. scrittu-
ra, prediche e panegirici, Venezia 1 828.
Felice Peraldi, Lettera sulla predicazio-
ne, Lucca i833. Francesco Finetti, Sto-
ria evangelica esposta in sagre lezioni,
Roma 1 836. Storia dell'antico Testamen-
to esposta in sagre lezioni, Roma i83g.
Atti apostolici esposti in sagre lezioni,
Roma i83g. Prediche postume, Roma
1 843. Panegirici e discorsi sagri, Roma
1 845. Gorla, Prediche quaresimali, Ve-
74
PRE
nezia 1703. Bourdaloue, Quaresimale,
Venezia 1 7 1 3. Di Fromentiere, Quare-
simale, Milano 1730. Giroust, Quare-
simale, Venezia 1 734. Simonetta, Qua-
resiniate, Venezia 1 736. Siniscalchi, Qua-
resimale, Venezia 1 738. Manfredi, Qua-
resimale, Venezia 1748. Segneri, Qua-
resimale, Roma 1752. Rossi, Quaresima-
le, Venezia 1 764. Tornielli, Quaresima-
7e,Cassanoi76g. Granelli, Predìchequa-
resimali e panegirici, Venezia 1772. An-
selmo, Prediche quaresimali , Venezia.
Venini, Prediche quaresimali, Venezia
1 796. Trento, Prediche quaresimali, Ve-
nezia 1798. Deani, Quaresimale, Brescia
1825. Buffa, Prediche quaresimali ele-
zioni sagre, Milano i833. Quaresimale
formalo dalle prediche più scelte de' mi-
gliori autori sagri italiani, Parma 1 844-
PREDICATORE. V. Predica.
PREDICATORE APOSTOLICO.
Ponlificiae Aulae Orator, Concionator
Palata apostolici. Religioso dell'esempla-
re e benemerito ordine de' Cappuccini
( Fedi, avendone parlalo pure in altri
luoghi, come nel voi. XXVI, p. 168 e
169), che predica nell'avvento e nella
quaresima nell'aula pontificia al più ve-
nerando consesso, cioè al sommo Ponte-
fice, al sagro collegio de'cardinali, ai ve-
scovi, ai prelati e ad altri notabili perso-
naggi. Lo nomina il Papa con biglietto
del maggiordomo , scegliendolo fra' più
dotti e facondi oratori di cui l'encomia-
lo ordine è doviziosamente fornito. Fa
parte della famiglia nobile pontificia, ed
ha luogo nella Cappella papale tra' pro-
curatori degli ordini regolari e il Con-
fessore della famiglia pontificia ( V '.). Dal
palazzo apostolico ha l'uso della carrozza
detta frullone, la dispensa delle medaglie
d'argento, e riceve mensili scudi 4$, fa-
cendo l'ordinaria residenza nel conven-
to de' cappuccini di Roma. L'onorevole
e distinto uffizio fu disimpegnato da illu-
stri soggetti che risplenderono per pro-
fonda scienza , per maschia eloquenza ,
per vivo zelo nell'apostolico ministero e
PRE
per l'ornamento di altre virtù, onde mol-
ti meritarono d'essere confessori de' Pa-
pi e da loro ebbero cospicui incarichi , e
furono insigniti delle dignità cardinalizia
e vescovile. Prima di parlare del luogo
e modo come predica il predicatore apo-
stolico, accennerò quanto a Predica (F.)
e in altri articoli trattai sulle prediche,
sermoni , discorsi , orazioni pronunziate
innanzi all' augusta presenza del Papa ,
de'cardinali, de' vescovi e altri dignitari,
perchè meglio si conosca lo stabilimen-
to del rispettabile e gravissimo uffìzio del
predicatore apstolico. Nel voi. Vili, p.
236 ragionai delle prediche e discorsi ,
come del modo cui si recitano nelle Cap-
pelle pontificie (F.), dopo che li ha rive-
duti il p. maestro del s. palazzo. Che men-
tre il predicatore o sermonatore , dopo
avere alquanto orato verso l'altare, ge-
nuflesso recita 1' Ave Maria ( nel qual
tempo tutti debbono gemi/lettere, secon-
do il Ceremoniale di s. romana chiesa),
dai Mazzieri (V.) si chiude la porta che
conduce al presbiterio e ninno può en-
trarvi né sortirvi durante la predica o re-
citazione del discorso o Orazione fune-
bre (F-) , in modo che venendo un car-
dinale in detto tempo si trattiene fuori fi-
noal termine. Della domanda chel'orato-
re fa ai piedi del Papa, dopo il vangelo, del-
la benedizione e dell'indulgenza(non nelle
cappelledell' Ascensione e dell'Assunta, a
cagione della solenne benedizione); con
quale formola la promulga (ricevendola
dal ceremoniere) dopocheha terminato
(va notato che l'oratore nell'incomincia-
re la predica o il discorso, nominando il
Papa si scuopreil capo e genuflette verso
di lui), della quale parlai anche a p. 248
(e nel voi. XXXIV, p. 278 per l'antica
formola); dell'indulgenza che egualmen-
te si concede quando non ha luogo la pre-
dica osermone,pubblicandola il celebran-
te, lo che rilevai pure a p. 253, la quale
si domanda dal 2.0 ceremoniere, ed al-
lora la pubblica il celebrante prima di
dire l'è vangelo di s. Giovanni colla for-
PRE
mola che trova posta nel messale. Assen-
te il Papa, il ceremoniere conduce l'ora-
tore avanti il celebrante e genuflesso gli
bacia l' anello, gli chiede la benedizione
e l'indulgenza (già concessa dal Papa), e
cominciando la predica non genuflette
nominandoil Papa. Dell'antichissimo uso
eli fare prediche e sermoni in latino nel-
la cappella pontificia sopra l'evangelo cor-
rente , ed a chi spettava nominarne gli
oratori. Che anticamente predicavano e
sermocinavano que' medesimi che cele-
bravano la messa, i Papi, i cardinali , i
vescovi, i prelati; e ciò anche descriven-
do a Cappelle pontificie e cardinalizie,
individualmente le funzioni d' ognuna,
ove raccolsi altre speciali erudizioni, ol-
tre il di più che notai descrivendo le cor-
porazioni religiose e i collegi cui appar-
tengono quelli che predicano o sermo-
neggiano. Se il Papa legge Y Omelia (V^
dopo il vangelo, il cardinal vescovo assi-
stenle pubblica l'indulgenza. Che sebbe-
ne ora in cappella pontificia si predichi
e sermoneggi in idioma latino , vi sono
esempi che fu fatto in altre lingue, spie-
gando perchè il predicatore apostolico
soltanto predica in italiano. Come della
lingua italiana parlai a Italia ed a Lin-
gua, a questa ultima ed a Lazio discor-
si della latina, dichiarandola propria del-
la Chiesa e del Papa, perciò esso udire le
prediche in latino, stando dietro una bus-
sola privatamente quando leascoltr. in i-
taliano; inoltre a Lingua ragionai della
celebrazione de'divini uffizi in latino che
non s'intende da tutti : si può vedereLi-
turgia (nel voi. 9, p. 3 degli Annali del-
le scienze relìg. serie 2.a vi è l'importan-
te Ragionamento siili' uso della lingua
latina, di Rari). Fontanini, Eloquenza
ital. p. 268, rese ragione per cui il Pa-
pa ascolta le prediche del predicatore a-
postolico in sito nascosto, dicendo che il
rito di predicareinchiesainlatinoenonin
volgare, si mantenne sino ai secoli a noi vi-
cini e in Roma durava ancora (su di che
può vedersi quanto ho notato a Predica);
PRE 75
mcntreincappella pontificiaal Papa eal-
la gerarchia ecclesiastica, con lui rappre-
sentante laChiesa, è in osservanza l'antico
l'ito di predicare in latino. Ma Zeno, Leti.
t.2, p.423, contraddice l'opinione di Fon-
tanini, solo accorda che ciò sia seguito
al più, prima del secolo XIII, ma non
in appresso, dimostrando che è stata sem-
pre usata la predicazione in volgare nel-
le chiese di città e di campagna, poiché
non fu mai prescritto dalla Chiesa, che
anco le prediche fossero latine al pari del-
la sagra ufficiatura e della liturgia. Nel
più volte citato luogo e articolo, rimar-
cando a chi spetta sermoneggiare, dissi di
quali discorsi se ne fa la stampa (al pre-
sente, mentre prima se ne stampavano
un maggiore numero, come notai ai ri-
spettivi luoghi) e la dispensa alla porta
della cappella pontificia e della camera
de' paramenti al termine della funzione
n chi vi ha luogo, compresi i ceremonic-
ri, oltre un esemplare pel loro archivio
per la collezione, e quello che si umilia
al Pontefice. Finalmente nelle p. 3o2 e
3i5 dissi dei sermoni recitali ai cardi-
nali che intervenivano ai pranzi del gio-
vedì e venerdì santo, nel 1 .° giorno in ita-
liano, nel 2.0 in latino, che talora i Pa-
pi udirono dietro la bussola. A Orazio-
ne per l'elezione de'Pontefici, ed Ora-
zione funebre pei Papi, parlai di chi le
pronunzia e il modo, come di chi li de-
stina : a Funerali delle orazioni pei so-
vrani e altri principi defunti recitale nel-
la pontificia cappella. A Maestro del s.
palazzo apostolico descrissi le sue prero-
gati vee autorità, nella quale si compren-
de la revisione e approvazione delle pre-
diche, sermoni e orazioni funebri che si
dicono nella cappella pontificia; che pri-
ma nominava i soggetti che dovevano
pronunziarli, quali potea ri prendere pub-
blicamente se lo merita va no eziandio pre-
sente il Papa; parlai di sua origine sot-
to Onorio III che l'incaricò di predicare
e catechizzare la fa miglia pontificia e quel-
le de' cardinali e prelati, mentre questi
76 PUE
erano a trattare col Pontefice gli affari;
quindi istituite da Paolo IV le prediche
dell'avvento e di quaresima nel palazzo
apostolico, il maestro del s. palazzo con-
temporaneamente fece altrettanto, nel
Quirinale nella Cappella paolina , nel
Vaticano nella Cappella segreta di Gre-
gorio XIII o sala contigua; affermando-
lo il de Luca, Rom. Cur. relat. par. 2,
disc. 8, n.° 8, ed il Catalano, De Magistro
s. pal.ap. p. 16. Aumentate poi ledi lui
incombenze, si fece supplire dal p. com-
pagno, il quale tuttora l' eseguisce , ve-
nendo anche stabilito, che il medesimo
facesse ai famigliari palatini l'istruzione
catechistica per le annue comunioni ge-
nerali , di che feci parola nel voi. XLI,
p. 292.
L'origine delle prediche nell'avvento
e nella quaresima nell'aula pontificia ri-
sale a Paolo IV deli 555, riportando il
p. Carrara, Storia di Paolo IV, t. 2, p.
5oi. » Nel palazzo apostolico introdus-
se una novità, cioè un predicatore, di-
nanzi a cui si radunassero i cardinali e
prelati di Roma, e che lorodovessespie-
gare le verità, ed inculcare le massime
convenienti al loro stato. Novità che se
allora fece strepito come odiosa , ades-
so pel continuato uso come decorosa e
giusta pacificamente viene praticata. Ma
predicava anch'egli ai cardinali e prela-
ti ne'concistori, nelle congregazioni e in
altri incontri : Riforma, riforma all'ec-
clesiastica gerarchia ". Aggiungequesta
testimonianza dell'altro storico Carac-
ciolo : Palatinas concìones instituitquas
audiebat clanculum, inclusus lignea ceU
lula. Lunadoro , Relazione della corte
di Roma, edizione del 1646, a p. 121 ri-
ferisce: » Ordinariamente l'avvento e la
quaresima una volta la settimana si pre-
dica innanzi al Papa Clemente Vili. La
Santità sua sia in una bussola dove non
ù veduta da nessuno, nella propria stan-
ca, dov'è il predicatore che sta in pulpi-
tetto all' ordinario. Li signori cardinali
seggono per ordine come in concistoro,
PRE
e vi hanno da stare con cappa paonaz-
za; e li venerdì di marzo dopo la predi-
ca il Papa cala in s. Pietro , accompa-
gnato dal s. collegio. Usava ancora Cle-
mente Vili farsi sermoneggiare in cap-
pella la sera; chi faceva il sermone sede-
va in uno sgancilo nella porta della cap-
pella,ma in luogo che il Papa noi vedesse,
ed i cardinali sedevano intorno al predi-
catore ne' soliti sgabelli d'appoggio, stan-
do con l'abito di cardinale. Ma fuori della
cappella ordinariamente quelli sermoni
li facevano i predicatori che predicavano
per le chiese di Roma, che in questo mo-
do la Santità sua veni va a sentire la mag-
gior parte di loro, e se trovava de' pre-
dicatori valenti, che li dessero gusto, da-
va loro delle pensioni, e alcuni ne face-
va vescovi. Sermoneggiavano alcune vol-
te i signori cardinali Tarugi , Baronio,
Bellarmino, Antonianie Monopoli (Mar-
zali), e assistevano sempre a questi ser-
moni tutti li cardinali di palazzo, che al-
cune volte furono al numero di 10 ".Del
frequente sermoneggiare per le chiese
dai cardinali nell'anno santo 1600, par-
la pure Ricci , De giubilei , p. 116. Se-
slini, 77 maestro di camera, stampato
nel i634, cap. 12, dice che i cardinali
usavano la cappa paonazza a tutte lepre-
diche che si fanno nel palazzo apostoli-
co, come in altre chiese, tranne nelle fe-
ste solenni. Aggiungerò, che se ha luo-
go la predica ne' venerdì di marzo dopo
Pasqua , in questi i cardinali incedono
in vesti e tutto altro rosso , bensì colla
cappa paonazza. Gabriele Chiabrera, ce-
lebre poeta di Savona morto nel 1637,
scrive nella propria vita e si gloria, che
da Urbano Vili fu ammesso nella bus-
sola ad ascoltare con lui tutta la predi-
ca, ed il Giustiniani, Lett. memorabili t.
3, p. 247> lo conferma. Questa bussola
è di noce con grata o gelosia simile e ten-
dine di seta rossa: chi vi ammette il Pa-
pa, lo dissi ne' voi. Vili, p. 273, IX, p.
1 54, insieme al modocui v'incedono chi
vi ha luogo. Nel n.° 5574 del Diario
PRE
di Rornai'j53 si legge, che GiacomoIII
re cattolico d'Inghilterra ascoltò la pre-
dica dell'avvento dietro una bussola, co-
me Benedetto XIV in altra, nel palaz-
zo Quirinale.
La predica dell' avvento e della qua-
resima si fa nel Palazzo Faticano o Pa-
lazzo Quirinale [F.) ove abita il Papa,
nella sala del concistoro se nel Vaticano,
nella 2/ camera della gran galleria (co-
me in dicembre 1839 ) o in altra se nel
Quirinale. Sotto il baldacchino si colloca
il pulpito nel luogo del trono, baldacchi-
no che prima si levava per la predica :
rimpeUo vi è sempre il Crocefisso} da un
lato la bussola ove siede il Papa, col mag-
giordomo e maestro di camera su due
sgabelli. In un quadrato di banchi siedo-
no i cardinali per ordine. Dietroal qua-
le ne' tre lati sono banchi pei vescovi ,
prelati, capi degli ordini religiosi e altri
che hanno luogo in cappella , compresi
gl'individui della camera segreta eccle-
siastica : possono intervenirv i anche i ve-
scovi eletti, benché non preconizzati in
concistoro; mg.r maestro di camera può
accordare licenza a qualche ecclesiastico
forestiere che lo desideri, i quali restano
in piedi tra la portiera e la porta in mo-
do di non essere veduti , la quale porta
custodisce un bussolante. I cardinali che
arrivano cominciata la predica non pos-
sono più. entrare nella sala: si trattengo-
no con un ceremoniere nella cappella se-
greta del Papa se al Vaticano, nella sa-
grestia se al Quirinale. Un cardinale vol-
le entrare alla predica benché comincia-
ta; il predicatore si trattenne dal prose-
guire finché non fu seduto. Altro busso-
lante sta in piedi vicino al pulpito, met-
te e leva la tavoletta ove siede il predi-
catore apostolico. Il laico cappuccino del
predicatore, sta in piedi alla destra del
pulpito. La predica dell'avvento ha luo-
go ne'mercoledì , ma nelle due settima-
ne, nelle quali cadono le feste di s. Lu-
cia edis. Tommaso, in questi giorni, pur-
ché uou vengano di domenica. Se la fe-
PRE 77
sta dell' Immacolata Concezione si cele-
bra nel mercoledì, la predica si trasferi-
sce al venerdì. La predica di quaresima*
ha luogo in tutti i venerdì , in vece di
quella del venerdì santo perla Passione,
si fa il martedì santo. Beuché non sia en-
trata laquaresitna, si fa la predica ali.°
venerdì di marzo, e nel venerdì poste-
riore alla Passione quando é ancora nel
mese di marzo. Se la festa di s. Tommaso
d'Aquino vienedi venerdì, celebrandosi la
cappella semipapale, si anticipa la predi-
ca nel mercoledì. Notai nel voi. lX,p. 137,
che se la cappella di s. Francesca cade di
venerdì ha luogo la predica, e la cappel-
la si celebra il giorno innanzi, ovvero si
canta la sola compieta nello stesso gior-
no. Vacò la predica a'7 aprilei843 per
malattia del predicatore. Neil' avvento
i845 vacò una predica e altra fu trasfe-
rita, per le due visite che fece a Grego-
rio XVI l'imperatore delle Russie Nico-
lò I. A'27 marzo 1846 «I predicatore a-
postolico dopo l'esordio, sentendosi man-
care, si pose a sedere e tralasciò di pro-
seguire, essendo debole per indisposizio-
ne di stomaco. Gregorio XVI braman-
do che si ristabilisse bene, non volle che
predicasse nelle altre dm: prediche de'3 f
marzo e del martedì santo. Di vacanze
di predica per impotenza del predicato-
re apostolico vi sono altri esempi, come
di sostituzioni. Leggo nel n.° 2002 dei
Diari di Roma 1794, che per indisposi-
zione del predicatore apostolico, Pio VI
vi surrogò mg/ Cristiani sagrista , che
ammalandosi (n.° 2006), avendolo fatto
sapere al Papa nella slessa mattina che
dovea predicare, Pio VI con una carrozza
fece subito prendere il p. Luigi Costagu-
ti agostiniano e predicatore in s. Agosti-
no, il quale supplì egregiamente, anche
una 2. "volta (n.° 2008). Ristabilitosi mg/
sagrista, pronunziò la 4-' predica ( n.
20 io), quindi ne recitò altre 3, con che
compì il corso quaresimale ( n.° 2012 ,
201 4)- I giorni della predica sono indi-
cati uell'opuscolo annuale, di cui fecipa-
78 PRE
rola nel voi. IX, p. i3s : se avviene va-
riazione, il prefetto delle ceremonie eoa
«ìschedula ne avverte il predicatore, il sa-
gro collegio e gli altri, ed eccone un e-
sempio. Monitum. Concio inPalatio a-
poslolico quae tempore Advenlus in li-
bello notatiti' habenda die o.? mensis de-
cembris fer. 4 hoc anno habebilur die
3o novembris, in quam inciditfestum s.
Andrene apostoli. Allorché vacala pre-
dica il disintimo lo fa mg.r maestro dica-
mera al prefetto delle ceremonie, come
notai nel voi. XLI, p. i/f-i, il quale con
ischedula stampata avvisa i cardinali e
chi altri vi hanno luogo, ed il predica-
tore se l'impedimento proviene dal Pa-
pa. Eccone un esempio. Monitum. Die
7 aprilis feria 3." majoris hebdomadae,
vacabit concio in Palatio apostolico. —
Joseph de Ligne apost. cacrem. praefe-
ctus. Se il Papa è assente da Roma, come
quando Pio VI nel 1 782 andò a Vienna,
ovvero è incomodato, la predica ha luo-
go e nel palazzo di ordinaria residenza,
come la visita della basilica Vaticana nei
venerdì di marzo. In questo caso il pre-
fetto delle ceremonie domanda al car-
dinale più anziano il permesso di fare in-
cominciare la predica. Allora un cere-
moniere conduce nella sala il predicato-
re apostolico senza domandare e pren-
dere la benedizione pontificia , ne altra,
restando il ceremoniere nella sala e siede
in tempo della predica. Salito il predi-
catore sul pulpito, genuflette al Croce-
fisso, fa il saluto ingiroaicardinali edo-
po la prima parola dice Eininentissinii
padri, & prosiegue senza alcuna variazio-
ne. Il predicatore apostolico condotto col
suo laico dal convento de'cappuccini col
frullone al pontificio palazzo, si trattie-
ne in qualche cappella o sagrestia , ov-
vero in una camera, nella quale il creden-
ziere segreto del Papa lo serve di cioccola-
ta , cade o altro che desideri. L' ultimo
ceremoniere a ora della predica lo va n
prendere e Io porla presso la bussola ove
il Papa l'ascolta, levandosi il mantello
PRE
che consegna al compagno. All'arrivo del
Papa il predicatore s'inginocchio, bacia il
piede e domanda la benedizione dicen-
do :Jube Donine benedicere. E condotto
quindi dal ceremoniere al pulpito , nel
quale asceso, genuflette primaal Crocefis-
so, poi verso il Papa, senza il saluto in giro
ai cardinali. Alzati gli occhi al cielo si fa
il segno della croce e quindi recita ingi •
nocchio V Ave Maria: siede e comincia
la predica senz'altro genuflessione. Dopo
la prima parie avvisa all'eccelso uditorio
il giorno della predica futura e l'ora quan-
do debba variarsi. Finita la predica il me-
desimo ceremoniere conduce il predica-
tore dove sorte il Papa dalla bussola e
genuflesso gli bacia il piede. Avantiedo-
po le predicazioni dell'avvento e di qua-
resima il predicatore apostolico si reca
ad ossequiare il Papa.
Prima di produrre un elenco di quei
predicatori apostolici che mi fu dato rin-
venire nelle mie studiose ricerche, dopo
V istituzione dell'uffizio, parlerò di due
più antichi. Leggo in Benoffi, Storia mi-
noritica, p. 1 66, che Martino V nel 1 422
volle predicatore apostolico il sanese fr.
Antonio da Massa de'minorij dotto pre-
dicatore, già suo nunzio apostolico in
Costantinopoli, indi nel \lp-Z lo desti-
nò vicario apostolico dell'ordine dei mi-
nori francescani, il quale lo creò poi ge-
nerale , ed il Papa vescovo di Massa e
Populonia. Leggo ne'dueBaldassini, No-
tizie di Jesi, p. 197, Memorie, p. 2 3 {,
che il ven. fr. Francesco Ripanti di Je-
si, zelante e sapiente predicatore, mino-
re osservante, fu fatto predicatore apo-
stolico e procurò presso il Papa Clemen-
te VII la riforma dell' ordine ; verso il
I 534 passò nell'ordine de'cappuccini, ne
divenne generale e mori santamenle nel
i549- *n ceile Notizie bibliografiche tro-
vai di un Mautini o Manlini : Prediche
dette nel palazzo apostolico, Roma 1 532.
II gran Papa s. l'io V amando la com-
pagnia di Gesù, come si badai suoi sto-
rici, dopo averle affidato la penitenzie-
PRE
ria Vaticana, decretò che fosse gesuita
il predicatore apostolico : fu il primo il
p. Benedetto Palmi j poi il p. Emmanue-
le Sa; quindi il p. Alfonso Salmerong\k
compagno di s. Ignazio e teologo di Pao-
lo III al concilio di Trento; indi il p. Fran-
cesco Toledo (Z^.) celebre predicatore e
profondo teologo, egualmente nominalo
da s, Pio V, confermato dal successore
Gregorio XIII come suo predicatore or-
dinario nel pontificio palazzo, come di-
ce Novaes, e continuò con plauso ad es-
serlo ne'pon tifica ti di Sisto V , Urbano
VII, Gregorio XIV, Innocenzo IX e Cle-
mente Vili, dimorando nel palazzo apo-
stolico, confessore eziandio di Clemente
Vili che nel i593 lo creò cardinale, ed
alle biografie riportole notizie de'predi-
calori apostolici elevati a sì sublime gra-
do. Altro predicatore apostolico di Cle-
mente Vili fu il domenicano p. Bran-
di , di cui parlai nel voi. XIX, p. 252.
Indi fu celebre predicatore del palazzo
apostolico fi*. Anselmo Manali cappuc-
cino che neli6o4 Clemente Vili elevò
al carditialato.il Papa gli sostituì nell'uf-
fizio fi*. Pietro della Madonna della Pe-
gna carmelitano spagnuolo , poi confes-
sore di Leone XI che assistè in morte.
Il p. Girolamo da Narni cappuccino e
celebre predicatore apostolico , contri-
buì a persuadere Gregorio XV ad isti-
tuire la mirabile Propaganda fide. Ur-
bano Vili aglii i giugno 1629 fece pre-
dicalore apostolico fr. Nicola Riccardi
maestro del s. palazzo, morto nel i63g
a'3o maggio e lodato da Fontana, Syl-
labus rnagistr. p. 1 6 1 , e da Catalano, De
magislro, p. 16. Racconta il diarista Gi-
gli, che nel i643 era predicatore aposto-
lico il p. (Luigi) Albrizio gesuita, il qua-
le fu privato dell'uffizio, per aver delto
una sentenza che sembrava favorire le
domande che allora faceva al Papa il du-
ca di Parma (F.). Di questo religioso
abbiamo: Prediche falle nel palazzo a-
postolico, Roma e Venezia due volumi.
Nell'appendice al t. 2 de' Diari di mg.r
PRE 79
Dini prefello delle ceremonie pontificie,
vi sono le notizie di alcuni predicatori
ringraziati coli* assegno di scudi sei al
mese. Il p. Gio. Paolo Oliva genovese
fu predicatore apostolico d' Innocenzo
X, Alessandro VII, Clemente IX e Cle-
menteX, avendoritenuto l'impiego ben-
ché assunto al generalato neh 644 e '°
fu sino alla morte avvenuta a'26 novem-
bre 168 1, lasciando : Prediche delle nel
palazzo apostolico, Roma 1670 tre vo-
lumi. Di lui parlano Alegambe, Bill,
script. S. /., e Galeoti, Imagines prae-
pos. S. J. A Innocenzo Xdissich'erasuo
confessore e che lo dispose a ben mori-
re; a Pranzo che predicò a quello di A-
lessandro VII e della regina Cristina. Pel
conclave del 1676 per morte di Clemen-
te X ed elezione d'Innocenzo Xi", fu fat-
to confessore del s. collegio il p. Bona-
ventura da Recanali cappuccino e predi-
catore apostolico, del quale sono ìePrc-
diche dette nel palazzo apostolico , Ve-
nezia 1709. Innocenzo XI nel 1688 di-
chiarò fr. Tommaso M3 Ferrari dome-
nicano maestro del s. palazzo e predi-
catore apostolico, onde di lui scrisse Ca-
talano a p. i 6 : Romani evocatus ab In-
nocentio XI magisler s. palatii, et con-
cionalor palalii apostolici, anno scilicct
1688 conslilutus juit ... e che, ut Poti-
tificem , et purpuratos patres suis con-
cionibus mirifica Spirilus sancii unctio-
ne perfusis per quadragesimalis tempo-
ris curriculum in admirationem rapue-
rit. Innocenzo XII nel 1 Gq1) cieò Ferra-
ri cardinale. Questo Papa avendo Ietto
il Quaresimale lìti p. Paolo Segneri ge-
suita, stampato in Firenze nel 1679, per
la splendida riputazione che gli procac-
ciò, desiderò di sentirlo nel Vaticano, e
Segneri vi predicò nel 1692. In mezzo
alla corte pontificia ed ai più distinti
dignitari ecclesiastici, il religioso conser-
vò le sue abitudini semplici e modeste,
ed occupossi indefessamente alle curedel
suo apostolico ministero. Inoltre il Papa
lo fece suo teologo, e morì nel 1694, in
80 PRE
cui a Napoli furono stampale le sue Pre-
diche dette nel palazzzo apostolico. In-
nocenzo XII di moto-proprio elesse pre-
dicatoreapostolico fr. Francesco M." Ca-
sini d'Arezzo rinomato oratore, lo che
riuscì di tanta soddisfazione del s. colle-
gio, che nominò due cardinali a ringra-
ziare il Papa per sì bella scelta, come no-
tai alla sua biografia, mentre a Confes-
sore del Papa registrai come lo fu d'In-
nocenzo XII. Continuando col successo-
re Clemente XI l'apostolico ministero, a
questi tanto piacque , che in premio di
sua dottrina e zelo, a'3o gennaio 17 i3
Io creò cardinale, facendolo proseguire
a predicare nella quaresima (ino all'av-
vento seguente, dopo il quale cessò dal
cospicuo incarico che avea esercitato i5
anni: di lui si hanno, Prediche dette nel
palazzo apostolico, Milano 1714» *• 3,
1722, t. 4> Venezia 1724, t. 3. Lessi in
certe memorie mss. che il cardinal Ca-
sini predicava sul pulpito coperto d' un
cielo paonazzo con frangie d'oro, ed alla
scaletta per ascendervi si fece un para-
petto. Qui noterò che nelle citate Noli-
zie bibliografiche trovai di un Pietro Fal-
le : Prediche dette nel palazzo aposto-
lico, Venezia 1713. Rilevo dal diarista
Cecconi, Roma sacra, p. 63g, che Cle-
mente XI fece dopo il precedente, pre-
dicatore apostolico il p. Pellegrini della
missione. Innocenzo XIII nel 1 721 di-
chiarò predicatore apostolico fr. Bona-
ventura Barberini da Ferrara cappuc-
cino , che divenne generale del suo or-
dine. Racconta Petrilli, Memorie Prene-
sline, p. 272, che il p. Bonaventura per
molti anni nella stagione di estatesi por-
tò nel convento de' cappuccini di Pale-
strina e procurò delle somministrazioni,
con cui formò una scelta biblioteca che
donò al convento: ne ampliò la fabbri-
ca, e restaurò il recinto della clausura,
e la chiesa che nel 1 726 fece solennemen-
te consagrare dal cardinal Barberini pro-
tettore dell' ordine. Da altre memorie
apprendo, chela biblioteca la destinò per
PRE
uso de'predicatori apostolici successori, i
quali perciò sogliono recarvisi nella sta-
gione estiva, diche trovo testimonianza
anco in Falaschi, sebbene non esatto, Ge-
rarchia eccl. p.ioi,del Predicatore a-
postolico. Il Novaes nella Stor. de' Pont.,
1. 1 3, p. 264, narra, che avendo Clemente
XII voluto che lo assistesse in morte, con
apostolica libertà fr. Bonaventura l'esortò
a pentirsi di qualunque difetto che avesse
potuto commettere nel supremo pontifi-
cato. Rispose il Papa: che per tal mo-
tivo non avea di che dolersi, mentre per
quello che si ricordava, avea sempre pro-
curato di amministrarlo il meglio possi-
bile. E ripigliando il religioso, che il Pon-
tefice può essere reo di qualche ommis-
sione, Clemente XII lo assicurò, che nep-
pure di questo sentiva rimorso di coscien-
za. Nel conclave del 1 74° per la sede va-
cante di tal Papa, il p. Bonaventura, ben-
ché non decorato della porpora, con ra-
ro esempio ebbe 9 voti pel pontificato,
come rimarcai in diversi luoghi: l'elet-
to Benedetto XIV subito lo creò arcive-
scovo di Ferrara (F.) , dopo che avea
per 22 anni disimpegnato il predicato-
rato apostolico , onde avea domandato
d' esserne esouerato per riposo. Del p.
Barberini vi sono le Prediche dette al
palazzo apostolico, Venezia 17 52 tre to-
mi. Benedetto XIV gli die in successo-
re fr. Michelangelo Franceschi da Reg-
gio, lodato dalCatalano citato: quindi col-
la bolla 7 5, Inclytum fratrum minorimi,
de'2 marzo 1743, Bull. Bened. XIV, t.
1 , in perpetuo stabilì 1' onorevolissimo
uffizio di predicatore apostolico neh' or-
dine de' cappuccini, imperocché, dice il
dotto Pontefice: abundal cappuccino-
rum religio illustribus concioiialoribus ,
et melius in ore cappuccini, quam cujus-
cuinque alterius sonanl veritales , quac
in pulpito, Papae, cardinalibus ,etprae-
latis annunciari debent.Neì 1 j55 lostes-
so Benedetto XIV nominò predicatore
apostolico il p. Francesco Maria da Ber-
gamo, autore di quell' opera che citai n
PRE
Predica. Clemente XIV nel 1773 con-
ferì l'uffizio al p. Giuseppe Maria Luigi
da Lugano. Pio VI successivamente fe-
ce tre predicatori apostolici, nel 1 786 il
p. Pietro da Como; neh 791 il p: Pie-
ranlonio da Parma j neh 79 3 il p. Gio-
vanni dal Bosco di Lugano. Altrettanti
ne nominò Pio VII, nel 1800 il p. Fede-
rico das. Giovanni; neh8i7 il p. Giu-
seppe Mafia da Pesciaj nel 18 19 il p.
Lodovico Micara da Frascati. Questo
ultimo, come dissi alla sua biografia, fu
pubblicato cardinale da Leone XII a' 1 3
marzo 1826, continuando a predicare
nella quaresima colla cappa cardinalizia;
quindi gli diede in successore il p. Loren-
zo Serafini da Camerata che il s. colle-
gio nel 1829 elesse a proprio confessore
del conclave. Amato daGregorioXVI, lo
volle a confessore nelle villeggiature di
Castel Gandolfo, da dove il Papa piti vol-
te si portò a pranzo nel refettorio de'cap-
puccini d'Albano, nel quale convento il
religioso passava alcuni mesi dell'anno,
ammettendolo alla pontificia mensa coi
correligiosi da lui egualmenteassai amati,
vantandosi di avere avuto a zio un cap-
puccino di santa vita. A Corico dissi che
Gregorio XVI conferì nel 1840 quel ti-
tolo colla dignità vescovile al p. Loren-
zo, che morendo nel 1 845» fu tumulato
nella chiesa de'cappuccini di Roma, con
quella lapide marmorea che riporta il n.°
2 delle Notizie del giorno 1 846. Grego-
rio XVI nello stesso annoi 840 nominò
predicatore apostolico il p. Luigi Petro-
ni da Bagnaja procuratore generale dei
cappuccini, come si legge nel n.°35 del
Diario di Roma 1 840 de'2 maggio, poi
generale del suo ordine, morto in Vi-
terbo a' 1 4 ottobre 1 845, e sepolto nella
chiesa de' cappuccini con iscrizione in
marmo riportata nell' Elogio funebre pro-
nunziato ne' solenni funerali fatti nel-
la chiesa dell' ordine in Roma, dal p. m.
Angelo Vincenzo Modena de'predicato-
ri, Roma 1 845. Gregorio XVI elesse pre-
dicatore apostolico ilp. Ignazio da Ro-
vai. TiV.
PRE 81
vereto, fatto come il predecessore consul-
tore della congregazione de' riti, morto
a'21 aprile 1847, e meritò quell'elogio
che è nel n.° 33 del Diario di Roma 1 847;
mentre nel n.°5i si riporta la nomina
del regnantePio IX con bigliettodel mag-
giordomo,del p.Nazarioda Prato, il qua-
le rinunziò poco dopo. Finalmente lo stes-
so Papa ai 25 novembre 1847 scelse a
predicatore apostolico l'odierno rmo. p.
Lorenzo da Brisighella definitore gene-
rale dell'ordine e consultore della con-
gregazione de'riti.
PREDICATORI, Ordine religioso.
Così chiamato da Innocenzo III, secondo
le antiche tradizioni dell'ordine conser-
vate nel Chronicon Magistrorum gen. p.
6. Venne da questo, che Innocenzo HI
volendo scrivereas. Domenico ed ai suoi
compagni nelle parti di Tolosa, chiama-
to lo scrittore delle lettere apostoliche,
gli disse : Scrìvi a frate Domenico e suoi
sodi. Poscia ripensando alquanto, sog-
giunse: Mainò così, ma scrivi a frale Do-
menico, ed a coloro che predicano insie-
me a lui. Finalmente considerando an-
cor meglio, ordinò cne si scrivesse aìMae-
slro Domenico e Frati Predicatori. Ma-
gistro Dominico et Fratribus Praedica-
toribus. Laonde da quel tempo e con tal
nome, col quale li nominò Innocenzo III,
cominciarono a chiamarsi nella curia ro-
mana ed ovunque Frati Predicatori. Ap-
provato da Innocenzo III, indi il succes-
sore Onorio III lo confermò, e commise al
suo glorioso fondatore s. Domenico {V.),
che Dante qualificò « Della fede cristia-
na il forte atleta » l'istruire nella scien-
za de'santi le sommità del sacerdozio e
la famiglia pontificia fra le pareti me-
desime del Palazzo apostolico (F.), e
quindi a lui ed all'ordine suo assegnò in
perpetuo 1' uffizio ed il titolo illustre di
Maestro del sacro palazzo apostolico
(V.). Non è poi vero, come scrissero al-
cuni, che Onorio III volle che dalla sua
straordinaria eloquenza apostolica l'or-
dine si denominasse ptrcagion d'onore,
6
82 P R E
l'ordine de j roti predicatori, mentre già
godeva di questo nome. Tultavolta dal
nome del santo istitutore Domenico, Do-
menicani eziandio si appellano i religiosi
die professano la di lui regola, non che
Domenicane le religiose o monache al
medesimo ordine addette, de' vari rami
in cui venne l'ordinedi viso in diversi tem-
pi colla qualifica di mendicante. Dio su-
scitò questo celeberrimo e benemerentis-
simo istituto, quando la Chiesa ne avea
bisogno, come il Francescano (P.), e co-
me quello altro miracolo della provvi-
denza l'ordine de'predicatori si diffuse
mirabilmente per tutto il mondo, mo-
strandosi ovunque sempre sollecito della
gloria di Dio e della salute eterna delle
anime. Imperocché s. Domenico suo pa-
triarca, divoralo com'era da ardentissi-
mo zelo, non si con tentò di travagliarselo
nel campo evangelico, ove tanta zizzania
aveva sparso il nemico dell'umanità nel-
l'empia eresia degli albigesi, la di cui con-
versione viene riguardata come il mag-
giorde'mira coli, per a venie arrestato l'im-
petuoso torrente; ma concepì etl effettuò
il generoso disegno cu associare a sé una
schiera di eletti compagni, i quali accop-
piando gli esercizi della vita monastica a-
gli sludi delle scienze sacre, si rendessero
abili a predicare l'evangelo, a difendere
la purità della fede, e a diffondere per tut-
to quell'incendio di carità, di cui era sim-
bolo la fiaccola portata in bocca dal ca-
gnolino, e veduto in sogno misterioso dal-
la madre innanzi di darlo alla luce, che
, partorito incendiava tutto il mondo;sim-
boloche fu adottato per insegna e stemma
dell'ordine. La 15. Vergine Maria ispirò
a s. Domenico il felice pensiero d'istituire
ad onor suo e di propagare per tutta la
terra la santa divozione del Rosario (F.),
di cui parlai ancora a Corona dìvozio-
nale; divozione che salvò tante volle il
popolo cristiano da gravissimi imminenti
disastri, per averne zelato i domenicani
costantemente l'incremento. L'ordinedei
predicatori o domenicani die alla Chiesa
PRE
un grandissimo numero di martiri, di san-
ti e sante, con moltissimi personaggi il-
lustri per nascila , per dottrina e per le
dignità ecclesiastiche, vescovile, cardina-
lizia e pontificia ; si distinse per meravi-
gliose imprese, a vantaggio della Chiesa e
de'popoli; dal suo ceppo derivarono mol-
ti istituti religiosi d'ambo i sessi, ospi-
talari ed equestri, ed i cui fasti sono re-
gistrati in voluminose opere.Eaonde par-
lando di esso con venerazione per dovere
istorico in tutto questo mio Dizionario,
qui appresso mi limiterò ad un sunto di
quanto lo riguarda, incominciandodall'o-
rigine,colle notizie di alcuna dellesue con-
gregazioni, delle chiese che ha in Roma,
co Ile missioni ad esse affidale, nonché de-
scrivendoilsecondoordineele chiese che
in Roma posseggono le monache, ed in-
fine dicendo del terz'ordine. E' gloria del-
l'ordine domenicano l'essere stato sem-
pre uno, senza scisma, senza separazione,
senza riforma, ma sempre con la slessa
legislazione, regola e costituzioni per tut-
ti. L'ordine è composto di provincie, le
provincie di conventi. Le regole non ob-
bligano a peccalo, ed i superiori posso-
no dispensare intorno alle medesime.
Quindi le congregazioni dell'ordine do-
menicano non sono sfmili a quelle che for-
mano speciali corporazioni nell'ordine di
s. Benedetto, ma esse si devono conside-
rare,come in sostanza propriamente fu-
rono e sono, alcuni conventi ove si fa uso
più parco delle dispense e vita più au-
stera. Le congregazioni non hanno mai
avolo luogo e voce ne'capitoli generali
dell'ordine, né voce attiva per eleggere
il generale.
Per la visione accennata, gl'illustri e
nobilissimi genitori di s. Domenico s'im-
pegnarono a curarne l'educazione, quan-
do, esercitando già la virtù, di 6 anni Io
consegnarono al dotto e degno zio ma-
terno arciprete di Gumiel d'Issan, poco
distante dalla comune patria Cala roga o
Calaruega della vecchia Casliglia. Pro-
fittando de'virtuosi esempi clic riceveva
PRE
e colla sua bella inclinazione a santificar-
si, divenne segno agli elogi di chi lo am-
mirava. Di i4anni fu mandatoalle scuo-
le di Palenza, dove allora fioriva la più.
celebre università delle Spagne, le quali
poco stante furono trasferite a Salaman-
ca. Fece ivi rapidi avanzamenti nella ret-
torica, nella filosofia e nella teologia, e
acquistò perfetta conoscenza della scrit-
tura e de'padri; lontano sempre dalle va-
ne allegiezze de'mondani, ed applicato
alla pielà e alla mortificazione, *per io
anni si astenne adatto dall'uso del vino.
Ottenuta nella università la laurea di dot-
tore, vi spiegò con somma lode le divine
scritture: la sua dottrina e la esemplare
sua condotta gli procacciarono eslimato-
ri, prendendosi cura degli orfani, delle ve-
dove e de'poveri,a favore de'quali vendè
i libri e le suppellettili. Per l'ardente sua
carità voleva vendere se stesso per ri-
scattare uno schiavo, e piangendo i pec-
cali altrui, co'suui efficaci ragionamenti
converti a penitenza moltissimi. Conci-
liatasi coi suoi grandi talenti singolare ri-
putazione in chi lo conosceva, era con-
sultato qual uomo pieno di sapienza e
d'intelletto, e comedo etlore esperto nelle
vie della perfezione. Questo concetto in-
dusse il proprio vescovo d'Osma Azebe-
do ad ammettere s. Domenico tra'cano-
niei regolari di s. Agostino, che nella ri-
forma del suo capitolo avea introdotto
nella cattedrale: appena nel i 198 il sali-
to entrò in possesso di sua prebenda e
ne vesfi l'abito di sottana nera e rocchet-
to, brillò come un astro novello nella chie-
sa d'Osma, massime nella predicazione.
In breve il vescovo l'ordinò sacerdote e
nominò capo o sottopriore del capitolo.
Intanto re Alfonso IX volendo dare a
suo figlio Ferdinando in isposa la figlia
del conte della Marca, destinò per le trat-
tative Azebedo, il quale condusse seco s.
Domeuico. Giunti a Tolosa capitale del-
la Linguadoca, dove l'eresia degli Albi-
gesi (/'.) piìi che altrove erasi moltipli-
cata, il santo potè subito convertire il pa-
PRE 8ì
drone della casa che gli alloggiava. Con -
chiuso l'affare del matrimonio, il vesco-
vo con s. Domenico tornarono in Ispa-
gna, indi furono rimandati in Francia a
prendere la sposa, cui in ve^ce assisterono
a'funerali. Allora si determinarono recar-
si in Roma, ove narrando a Innocenzo III
i mali che recavano gli eretici, ottennero
licenza di fermarsi in Linguadoca per at-
tendere alla conversione degli eretici, il
Papa limitando al vescovo lo spazio di
1 anni. L'eresia degli albigesi minacciava
di gravissimi mali la Chiesa, mentre chi
la professava trucidavano i preti, spezza-
vano gli arredi sacri, convertivano i pa-
ramenti in abiti femminili, e colle armi
commettevano ogni sorte d'iniquità (tie
trattai in tanti articoli, come ad Avigno-
ne e nelle biografie d' Innocenzo III, O-
norio III e Gregorio IX, per non dire
altri). Ritornati ambedue in Francia si
unirono nell'apostolico ministero ai le-
gati pontificii, ai quali s. Domenico, do-
po fervide orazioni easprepenitenze,per-
suase che se volevano ricavarne frutto,
bisognava come gli apostoli viaggiare a
piedi senza fasto, provvisione o denaro,
vivere e predicare comeessi, per opporre
ali' eretica pravità, 1' umiltà e la virtù.
Pel primo s. Domenico* col suo vescovo
pose in pratica quanto avea propostoci
che fu poi imitato dai missionari, dai le-
gali, dai vescovi e da altri prelati con feli-
ce successo. Dopo qualche tempo s. Do-
menico restò come capo e superiore a so-
stenere tutto il peso della missione: la
proseguì con vivissimo zelo e invitto co-
raggio per io anni, espouendo se stesso
che anelava di sagrifìcare la vita per Ge-
sù Cristo, alle insidie e insulti degli ere-
tici che più volte tentarono di trucidar-
lo. Li attaccava e convinceva colle dispu-
te pubbliche e priva te, li confondeva e av-
vili va con islupendi miracoli che per vir-
tù divina operava, e cogli scritti pieni di
dottrina e di vittoriose ragioni; ed il li-
bro da lui composto in difesa delle ve-
rità cattoliche, gittate dai nemici 3 volle
84 PRE
nel fuoco, sempre saltò intatto dalle fiam-
me, siccome avvenne di altro foglio del
santo in cui avea riportato testimonian-
ze scritturali per illuminare l'eretica ce-
cità. In questo#lempo S.Domenico, mosso
da lume soprannaturale, dalla tenera di-
vozione per la ss. Vergine oppugnata da-
gli albigesi, e da fervore per la salute delle
anime, pel primo cominciò a predicare
la salutevole divozione del Rosario, spie-
gando ai popoli i misteri della nostra re-
denzione e le grandezze di Maria, che re-
citando il medesimo debbonsi meditare.
Innumerabili furono i peccatori e gli ere-
tici, che con questo efficacissimo mezzo
convertì e illuminò, confermando Iddio
con prodigi quanto riuscisse accetta. a lui
e alla sua Madre questa formola di pre-
ghiera, dipoi cotanto propagata, quale
potente rimedio per abbattere l'eresia e
ogni sorte di vizi.
Si sentiva s. Domenico trafìtto di do-
lore, considerando che a'figli de'cattolici
mancava il soccorso per avere una buona
ed ucazione, donde a v veni va ch'erano tra-
scurati nella giovinezza, o cadevano in
precettori che corrompevano la purità
de'costumi e della loro fede. Egli cercò
di arrestare il male dalla sua sorgente,
ed aiutato dalle liberalità di molti vesco-
vi, fondò nel 1206 il monastero di Pro-
ville o Provilla, assoggettando le religio-
se che vi si ritirarono alla regola di s. A-
gostino, e diede loro alcune costituzioni
particolari; monastero che fu riguardato
da alcuni la culla delle domenicane e dei
domenicani, e ne parlerò meglio trattan-
do del secondo ordine, il quale dopo l'isti-
tuzione dell'ordine de'predicatori vi fu
annoverato, ed ecco perchè sebbene isti-
tuito prima è il secondo, essendo il pri-
moquello degli uomini. Quanto alla fon-
dazione del monastero di Proville fu cosa
isolata per bisogno locale;. perciò stret-
tamente ragionando non fu creazione
d'alcun ordine né primo né secondo. La
religione domenicana cominciò coi frati
che predicavano e non con le monache
PRE
che educavano le fanciulle a Pro ville. Nel
1207 molte persone di alto lignaggio ri-
nunciarono all'eresia, onde molti Cistcr-
ciensi {V?) ritornarono a Castello, ed il
santo vescovo d' Osma alla sua diocesi.
Allora s. Domenico, eh' egli avea scelto
per succedergli nell'incarico di superiore
della missione nella Linguadoca, e che
Innocenzo III nello stesso anno confermò
nell'uffizio, fece delle savie regole perla
condotta de'missionari chefaticavano in-
sieme con lui. Alcuni scrittori prendono
da ciò la data dell'origine dell'ordine dei
predicatori, altri la ritardano dopo l'isti-
tuzione dell'ordine della milizia di Gesù
Cristo, di cui parlai nel voi. XXX, p.
1 o5, mentre a p. 106 descrissi l'ordine
equestre di Gesù Cristo, s. Domenico e
s. Pietro martire. Da questo si fa deriva-
re il terz 'ordine di religiose viventi ne'mo-
nasteri, o nelle proprie case con certi re-
golari esercizi per santificare i doveri del-
la vita civile, e di terziari che ne osser-
vano le regole nelle proprie case. Por-
tando s. Domenico l'abito de'canonici re-
golari di s. Agostino e seguendone la re-
gola,era sempre acceso d'un vivissimo
desiderio di eccitare lo spirito apostolico
ne'ministri del Signore, lo scandalo d'al-
cuno de'quali era servilo di pretesto al-
l'eresia. Egli sapeva bene che questo spi-
rito avea per fondamento il disprezzo del
mondo ed un perfetto distaccamento dai
beni caduchi. Avvisò quindi che il mezzo
più. certo di riuscirvi era quello d'istitui-
re un ordine di uomini religiosi, i quali
accoppiassero gli esercizi del ritiro e della
contemplazione, allo studio delle scienze
ecclesiastiche, affinchè potessero applicar-
si alle funzioni della vita pastorale, e spe-
cialmente alla predicazione. Il precipuo
suo scopo era di moltiplicare con ciò nel-
la Chiesa i predicatori zelanti, i quali coi
discorsi ed esempi fossero in islato di spar-
gere la luce della fede e di difenderla, di
accendere il fuoco della divina carità, e
di aiutare i pastori a guarire le piaghe
che il vizio e l'eresia avevano fatto alla
PRE
loro greggia. Dopo aver fatto lungo tem-
po orazione per conoscere la volontà di
Dio sopra il suo disegno, lo comunicò ai
vescovi di Linguadoca e di Provenza, i
qualj tutfci vi applaudirono e lo pressa-
rono a condurlo ad effetto. Era da tutti
stimato degno di essere il padre de'pre-
dicalori, come quello che n'era il perfetto
modello. Nel i 207 invitòa seguirlo quelli
che ben conosceva essere animati dal suo
spirilo, e 16 si unirono a lui , di cui 8
erano francesi, 7 spagnuoli ed uno in-
glese. Fra questi furongil fratello Marco
o MamesoMamete (beatificato per equi-
pollenza da Gregorio XVI: l'altro fratel-
lo Antonio sacerdote morì in concetto di
santità in un ospedale, nel quale erasi de-
dicato al servizio de'poveri), Guglielmo
Clareti, Domenico detto lo spagnuolo
perchè di tal nazione, i fratelli Pietro e
Tommaso Cellani o Sillan di Tolosa che
cederono la propria casa presso portaNar-
bona, dove il santo fece coi compagni la
prima dimora. Di poi nel 12 i5 per ri-
stabilire il suo ordine con l'approvazio-
ne della s. Sede, si portò in Roma con
fr. Giovanni di Navarra, in compagnia
di Folco vescovo di Tolosa che si recava
al concilio generale di Laterano IV per
la condanna degli errori degli albigesi.
Innocenzo III che governava la Chiesa lo
accolse con contrassegui di grande affe-
zione, avendo inteso parlare della sua san-
tità e zelo per annunziare la parola di Dio.
Il Papa che avea egli stesso scritto il de-
creto conciliare che ha per oggetto d'in-
culcare la predicazione, per istruire l'i-
gnoranza e combattere l'eresia, non potè
che lodare il divisamente del santo, ma
essendo stato decretato nel concilio, cui
assistette s. Domenico, che in vece di ap-
provare nuovi ordini religiosi si riformas-
serogliesistenti,fece delle difficoltà. Frat-
tanto Innocenzo III, come avea avuta vi-
sione per l'ordine di s. Francesco, l'ebbe
per s. Domenico, e gli sembrò vedere la
chiesa del Laterano cadente e s. Dome-
nico reggerla colle spalle affinchè non
PRE 85
crollasse. Allora il Papa chiamato il san-
to, gli approvò a voce l'istituto da lui fon-
dato e gli promise di confermarlo, qua-
lora avesse scelto co'suoi religiosi una del-
le regole approvate dalla Chiesa. Men-
tre s. Domenico trovavasi in Roma con-
trasse amicizia con s. Francesco e diven-
ne intima per questa visione. Orando s.
Domenico una notte, gli sembrò vedere
Gesù. Cristo adirato con 3 freccie in ma-
no in alto di scagliarle.contro il mondo,
per le grandi scelleraggini che vi si com-
mettevano, e che si placava alle preghie-
re della B. Vergine, prostrata a lui ed in
atto di presentargli Domenico e France-
sco, i quali avrebbero atteso alla con-
versione de' peccatori. Il di seguente s.
Domenico incontrato s. Francesco , che
mai avea veduto, Io abbracciò, baciò e
gli disse : Tu sei il mio compagno , noi
faticheremo insieme; stiamo uniti e nes-
suno ci potrà vincere. Gli narrò quin-
di la visione, ed i due santi strinsero tra
loro perfetta amicizia e fratellanza, esor-
tando poi i rispettivi figli e discepoli acon-
servarla sempre scambievole e cordiale,
come eseguirono e dura ancora al modo
che notai nel voi. XXV I? p. 56. Ritor-
nato s. Domenico in Linguadoca e rife-
rito ai compagni quanto gli avea detto
Innocenzo IH, dopo molte orazioni per
intendere da Dio a quale regola si doves-
sero appiglia re, convennero di abbraccia-
re la regola di s. Agostino , che pure si
era segnalato nel predicare, e vi aggiun-
sero alcune osservanze tratte da quella
de'premostratensi, con certe costituzioni
particolari. I principali articoli coman-
dano il silenzio e di non parlare tra re-
ligiosi senza licenza del superiore; il di-
giuno dai e 4 di settembre sino a Pasqua;
l'astinenza continua dalle carni, fuorché
in caso d'infermità; V uso della lana in
vece del lino, una rigorosa povertà* ed
altre molte austerità ed asprezze. Si di-
spose che i frati vivessero di limosine,
ma non fu proibito alle case di avere al-
cuni beni, purché fossero posseduti in co-
86 P.R E ,
mime. A Comumone ed a Messa parlai
de'particolari riti de'domenicani per la
liturgia speciale nella celebrazione del s.
sacrifizio, oltre un rito particolare per la
recita dell'uffizio divino, ch'è quella del
messale di Parigi, al dire eziandio del p.
Le Bruii, x\e\V ExpUcatio missae t. 4,dis-
sert. 1 5, art. 4. Pei' rendere s. Domenico
più utile l'ordine suo, mandò un certo
numero de'suoi discepoli nellaSpagna, in
Portogallo, ed aJParigi col fratello Mar-
co o Mames, inculcando loro l'umiltà, il
disprezzo di se stessi e la fidanza in Dio, con
cui sarebbero vincitori nella guerra ch'e-
rano per sostenere contro il mondo depra-
vato e le forze infernali. La straordina-
ria riputazione che si guadagnarono i no-
velli religiosi, trasse nell'ordine molti e-
ruditi dottori e uomini di grandissimo
merito: ben presto si videro conventi in
Lione, a Montpellier, a Bajona e in mol-
te altre città di Francia. Nel 12 16 s. Do-
menico tornò in Roma, ricevuto nel Pa-
lazzo apostolico dì s. Sabina (V .) dal
nuovo Papa Onorio III con dimostrazio-
ni di paterna amorevolezza, ed in esso ap-
provò l'ordine de'predicatori colla bolla
Religiosam vilam, de'22 dicembre, Bull.
Rom. t. 3, par. 1 , p. 178, che si legge
anche'nel bollarlo domenicano. Fu il pri-
mo s. Domenico ad obbligatisi, rinno-
vando solennemente i voti e la profes-
sione nelle mani dello stesso Papa, che
lo costituì (prima s'intitolava superiore)
maestro generale di tutto l'ordine, con fa-
coltà di ammettere all'abito e alla profes-
sione i suoi compagni e altri, di eleggerei
superiori e gli ufìiziali. Dopo un esito co-
sì felice s. Domenico tornò a Tolosa, ed eb-
be laconsolazionédi veder compita la fab-
brica del convento di s. Romano in quel-
la città, che fu il primodcll'ordine dome-
nica tio, mediante la diligenza de'suoi frati,
il cui numero erasi aumentato, e le libe-
ralità del vescovo, di Tolosa e di Simone
contedi Monlfort. Subito si applicò il san-
to a ristabilir la disciplina regolare egli
affari domestici ; ricevè dai compagni i
PRE
voti religiosi, seguitando con essi a por-
tar l'abito de'canonici regolari, ch'egli a-
vea ricevuto dal vescovo d'Osma, con-
sistente in sottana nera con sopra il roc-
chetto, come apparisce da alcune antiche
pitture del santo e de'suoi primi disce-
poli, i quali continuò a mandare in di-
verse parti perchè si affaticassero nella
predicazione.
Disposte così le cose, il santo intrapre-
se nuovamente il viaggio d'Italia, fondan-
do diversi conventi ne'luoghi pei quali
passava; e siccome avea risoluto di por-
tarsi poi nell'Africa perannunziare il van-
gelo agl'infedeli, incaricò del governo del-
l'ordine fi*. Matteo priore del convento
di Parigi, il quale ebbe il titolo che però
finì con lui di abbate generale, sebbene
non avendo s. Domenico passato l'Italia,
fr. Matteo ese.icitògiurisdizione nella sola
provincia di Francia, di cui mentre era
provinciale fondò il convento nella sua
patria, che per essere posto nella via dis.
Giacomo in quel regno derivò ai dome-
nicani il nome di Jacobins o Giacobini,
vocabolo innocentissimo fino al declinar
del secolo passato, in cui mutò senso e
divenne segno a fazione quando il locale
fu preso dai nuovi pigionali che dichia-
rai all'articolo omonimo. Giunto s. Do-
menico in Roma ebbe subito da Onorio
HI la Chiesa di s. Sisto (fr.), ove istituì
la divozione del s. Rosario per Romn,col-
l'abitazione annessa, invitandolo a fon-
darvi un convento. Il santo perdargliene
la forma I' edificò di nuovo colle limosi-
ne de' fedeli, presso i quali sempre più.
acquistava gran concetto per la predica-
zione e pei strepitosi miracoli, risuscitan-
do un muratore morto sotto le rovine
d'una grotta di detta fabbrica, ed un fan-
ciullo spirato nel tempo che la madre
ascoltava la sua predica nella chiesa ili s.
Marco. Eranvi delle religiose in Roma
che non osservavano la Clausura, altre
erano disperse in piccoli monasteri, ed al-
tre vivevano COparenti e amici. A rime-
diarvi non riuscì Innocenzo III, onde ()•
PRE
norio III diede la cura di questa riforma
a s. Domenico, il quale per riuscirvi ot-
tenne il concorso di 3 cardinali, Conti poi
Gregorio IX, Romanis e Stefano Cecca-
no. Trovò molte difficoltà nelle monache
di s. Maria nella regione di Trastevere,
ma colle sue maniere le persuase a pas-
sare con altre religiose nello slesso suo
convento di s. Sisto e le obbligò tutte a
"vivere in perpetua clausura, adottando
esse la sua regola. Essendo stato il con-
vento di s. Sisto ceduto alle religiose, O-
uorio III die a s. Domenico la Chiesa di
s. Sabina (Jr-), con una parte del conti-
guo palazzo apostolico per abitazione dei
frali e per le scuole palatine che loro af-
fidò, come narrai a Lettori del sacro
palazzo. Indi per quanto riportai ne'vol.
Vili, p. 236, XLI, p. 20 1, ed a Predi-
catore apostolico, in questa pontificia
residenza e nel 12 18 Onorio 111 istituì
l'onorifico e autorevole uflìziodi Maestro
del s. palazzo apostolico , nominò pel 1 .°
s. Domenico e lo stabili in perpetuo nel
suo ordine che tuttora n'è in possesso.
Dice Novaes, che i predicatori nel con-
vento di s. Sabina nel 1219 mutarono
l'abito in quello che presentemente por-
tano. Il p. Bonanni, Catalogo degli or-
dini rei. a p. 86 ne riporta la figura e
dice: Hanno questi religiosi la veste o to-
naca, la pazienza o scapolare e cappuc-
ciotondo e largo, tutto bianco, e fuori di
con venloassumono inoltre una cappa ne-
ra più corta della veste con altro cap-
puccio simile. La qual veste la B. Ver-
gine prescrisse al ven. maestro fi*. Regi-
naldo, alFennando'10 anche il p. generale
Bandelio, ne Commentari delle costitii'
zioni, dist. i,cap. 1 5. Aggiungerò che
la materia di lana di tali abiti è di scotto
o saia, usando calze bianche e cappello
ecclesiastico: dal cingolo di cuoio tengo-
no appeso il rosario. A Mozzetta e Man-
telletta parlai degli abiti de'cardinali e
vescovi domenicani. Gli storici dell'ordi-
ne narrano ches. Domenico indetto con-
vento ricevè diversi discepoli, fra'quali i
PRE 87
polacchi s. Giacinto e s. Ceslao, e mutò
l'abito di canonico regolare in quello che
ora usano i domenicani, perchè la B. Ver-
gine apparve a Reginaldo canonico d'Or-
leans gravemente infermo, l'esortò a en-
trare nell'ordine de'predica tori, mostran-
dogli l'abito che avrebbedovuto portare,
ed in fatti Io assunse nel farsi religioso.
I laici o exinversi portano la sola tonaca
bianca; la cappa, lo scapolare e il cappuc-
cio sono neri. Nota, il p. Malvenda negli
Annali dell'ordine p. 214, che la tonaca
e la cappa già si usavano dai domenica-
ni prima della visione di Reginaldo, e
che la B. Vergine aggiunse il solo scapo-
lare bianco. 11 p. Flaminio, Istoria lib.
2-, spiega il significato dell'abito: la to-
naca bianca significa la purità delìammo
che deve avere chi la porta; la cappa ne-
ra essere simbolo di pianto, di penitenza
e di macerazione della carne. I religiosi
di Spagna e Portogallo portarono cappe
bigie fino al generalato del p. Marziale
Auribel, die gli obbligò ad usare le nere.
In questo tempo s. Domenico inviò i
suoi religiosi in Polonia per istabilirvi il
suo istituto. Terminati gli affari pei quali
il santo erasi portato in Pioma, ne partì
a piedi per passare nella Spagna, e nel
viaggio si trattenne alcuni giorni in Bo-
logna nel convento di s. Maria della Ma-
scareila del suo ordine; quindi da quello
di s. Romano di Tolosa giunto in lspa-
gna, visitò i conventi fondati dai suoi com-
pagni, ed egli stesso ne eresse degli altri,
come in Segovia e Madrid. Recatosi po-
scia a Parigi, inviò diversi religiosi in mol-
te città di Francia, come in Avignone,
ed anche nella Scozia a richiesta di re
Alessandro II, per predicarvi e fondarvi
conventi; mentre altri ne fondò poi egli
medesimo tanto in quel regno, che ad A •
sti e a Bergamo in Italia, dove essendo
ritornato si fermò per qualche tempo a
Bologna co'suoi religiosi ch'erano passati
a s. Nicolò delle Vigne, così detto dai ter-
reni adiacenti, di cui è superstite una cap-
pella, imperocché per cessione del suolo
88 PRE
fatta dagli Andolò o Carbonesi al b. Re-
ginaldo, fu eretto l'attuale tempio dal
1 2 i g al 1 22 i . In Bologna ricevè la pro-
fessione di altri religiosi, altri ne inviò a
predicare e fondar conventi nella Tosca-
na, in Lombardia, nella Catalogna. Per
Firenze si recò a Viterbo ov'era Onorio
111, indi in Roma a riprendervi i suoi uf-
fici, dopo di avere da per tutto colle sue
orazioni ottenuto da Dio molti prodigi;
ivi rivide l'amato S.Francesco. Nel 1220
tornò inBologna percelebrarvi nellaPen-
lecoste il i.u capitolo generale, a cui in-
tervennero i frati d'Italia, di Francia e
di Spagna. Vi furono stabilite diverse leg-
gi conducenti all'osservanza della regola,
alla disciplina e al buon ordinamentodel
crescente ordine. Quanto alla povertà fu
ordinalo che in avvenire non si riceves-
sero più possessio'.i ne rendite, e che si
rinunziassero quelle di Tolosa. Il santo
con sincera umiltà pregò di essere depo-
sto dal generalato, ma di commi consen-
so volendosi superiore dell'ordine finché
viveva, si piegòalla volontà de'padri. Ter-
minato il capitolo scorse molte città di
Lombardia efecevi nuove fondazioni, co-
s'i di Brescia, di Faenza, di Viterbo. Re-
stituitosi in Roma vi stabilì meglio le co-
sedell'ordine. Ritornato a Bologna econ-
tando già l'ordine 60 conventi, nel 1 22 1
vi celebrò il 2.0 capitolo generale, in cui
fu diviso l'ordine in 8 provincie, Spagna,
Tolosa, Francia, Lombardia, Roma, Pro-
venza, Alemagna e Inghilterra, assegnan-
do ad ognuna un capo col titolo di prio-
re provinciale: fu inculcala con calore la
predicazione e raccomandato efficace-
mente lo studio della teologia, per ircir
piegarsi con frutto nell'apostolico mini-
stero. Il santo esorlò tutti a leggere so-
vente le divine scritture, ed a portar seco
il vangelo di s. Matteo e l'epistole cano-
niche. Spedi religiosi in.diversi paesi, spe-
cialmente nel!' Ungheria, ove fr. Paolo
/ondò i conventi di Gevcr e Vesprim, coq-
vi rtendo molli idolatri di Croazia, Schia -
vonia, Transilvanin, Vallachia, Moldq-
PRE
via, Bosnia e Servia, e soffrì il martirio
con 90 religiosi del suo ordine. Ne man-
dò ancora in Irlanda, ne'paesi del Nord,
come inlsvezia(di recente GregorioXVI
riconobbe il culto del b. Enrico Susone
svedese) e Norvegia, nella Grecia, nella
Palestina e in altri luoghi di Levante, in
Marocco: i3 domenicani diretti da fr.
Gilberto andati inInghilterra,aveano fat-
to edificare conventi aCantorbery, a Lon-
dra, a Oxford. Il fondatore passò in Ve-
nezia per abboccarsi col legato cardinal
Conti, e dopo il giro di alcune città tornò
a Bologna; quivi un angelo Io avvertì
che presto avrebbe ricevuto il premio in
paradiso, onde egli disse ad alcuni che
morirebbe prima della festa dell'Assun-
ta. Caduto gravemente infermo negli ul-
timi di luglio 1221 nel convento di s. Ni-
colò, dal suo nome delto poi s. Domeni-
co, muuito de'ss. sagramenli, dopo aver
benedetto i suoi figli e raccomandato lo-
ro la carità, la povertà, l'umiltà e le al-
tre virtù, tenendo le mani alzale verso il
cielo, soavemente volò in paradiso, il ve-
nerdì 6 agosto all'ora 6.a d'anni 5i . Im-
menso fu il concorso di popolo per ve-
nerarne il sacro corpo, che Dio illustrò
con molli miracoli nel sepolcro di detta
chiesa, ove si venera in quella mirabile
arca marmorea scolpita nelia36da Ni-
cola Pisano , col superbo coperchio la-
voro esimio di Nicolò da Barri delto-per-
ciò dell' Arca s avendovi lavoralo anebe
l'eccellente scultore bolognese Corlelli-
ni. Questo magnifico tempio, uno de'più
vasti di Bologna, non che ricco di cose
d'arti e di storiche patrie memorie, fu con-
sagrato nel i25i da Innocenzo IV. Mi-
nacciando rovina e contribuendovi Be-
nedetto XIII ne fu incominciato il restau-
ro nel 1730 con disegni di Francesco
Dotti. Di recente altro superbo e magni-
fico restauro ed abbellimento lo ricevet-
te per opera di fr. Girolamo Bianchedi
converso domenicano di Faenza,che dal-
la natura ricevuto il genio delle arti, fu
l'anima di grandi e faticosi lavori, mira-
PRE
bilmente facendo da architetto, da mec-
canico, da plasticatore, da intagliatore,
onde giustamentecolmatodi lodi, losplen-
dido tempio potè riaprirsi nella festa del
santo nel 1 844> come si legge nel n.° 65
del Diario di Roma. Vedasi Leandri Al-
berti ord. praed., Declivi Dominici obi-
tu etsepultura, Bononiae i535. March.
Virgilio Davia, Memorie storico-artisti-
che intorno all'arca dis. Domenico , Bo-
logna i 838. Di sue esequie, canonizzazio-
ne, festa e biografi, parlai al suo articolo.
Nella basilica Vaticana I* ordine pose la
sua statua tra quelle de'fondatori di or-
dini religiosi, facendola scolpire da Pietro
le Gros.
Nel 1111 i predicatori radunati nel ca-
pitolo generale di Parigi elessero generale
ilb. Giordano di Sassonia, che spedii suoi
frati in Germania, ovefondarono 4 nuovi
conventi; e nella Palestina, onde l'ordine
sotto di lui seguitò a moltiplicarsi tanto,
che nell'altro capitolo tenuto a Parigi nel
1228 furono erette 4 nuove provincie,
cioè di Grecia, Polonia, Danimarca e Ter-
ra santa. Fiorendo per molti uomini insi-
gni in dottrina esuntitù, Gregorio IX potè
trarre dall'ordine 33 vescovi, oltre il pa-
triarca d'Antiochia e 9 legati. Questo Pa-
pa dopo il 1 229 approvò il tribunale del-
l'inquisizione istituito in Tolosa da Inno-
cenzo IH, ne nominòinquisitori idomeni-
cani,com mettendo all'oidi ne il gravissimo
uffizio dell'inquisizione, sebbene in altri
luoghi he' primi tempi l'esercitassero altri
religiosi, e nella stessa Tolosaall'inquisito-
re domenicano fu dato a compagno un
francescano. L' Inquisizione^.) già esi-
steva quando Innocenzo 111 più formal-
mente la propagò ad insinuazione di s,
Domenico, e secondo alcuni lo fece 1 .° in-
quisitore per impedire la funesta diffu*
sione dell'eresia albigese; altri dannoquer
sto onore a s. Pietro protomartire del-
l'inquisizione. Però nella guerra de'cro-
ciati contro i crudeli albigesi, s. Dome-
nico assistè a una battaglia col Crocefis-
so in mano, che fu trafitto dalle frecci?
PRE 89
nemiche; in quella combattuta da Mont-
fort ne'campi di Mureto,s. Domenico qua-
le altro Mosè sulla montagna, se ne stava
orando a pie degli altari, perchè Iddio be-
nedicesse le armi cattoliche e convertisse
i pertinaci albigesi, che per le loro furiose
devastazioni, protetti dai conti di Tolosa,
di Foix e di Bearn, costrinsero i cattolici
ad armarsi per respingere la forza colla
forza. Ches. Domenico in quelleguerre fa-
cesse orazione e non avesse parte alcuna
bellicosa, fu vittoriosamente provato da
gravissimi scrittori. Qui aggiungerò, che
da Giulio III che nominò Commissario
del s. offìzio (tr.) fr. Michele Ghislieri
domenicano, poi glorioso s. Pio V, sem-
pre l'ordine ha goduto questo importan-
tissimo posto, e chi lo esercita risiede coi
religiosi suoi compagni domenicani nel
palazzo della s. Inquisizione di Pioma, es-
sendone maestro di casa uno de conversi.
Anche a Congregazione della s. Inqui-
sizione dichiarai, che Innocenzo 111 dopo
i cisterciensi, delegò inquisitori in Fran-
cia i predicatori, avendo meglio a Inqui-
sizioNEdistinto i due s. Pietro martiri del-
l'inquisizione, quel di Castel Nuovo no-
minato cisterciense, l'altro di Verona do-
menicano, pel quale ogni anno si celebra
nella chiesa principale dell'ordine in Ro-
ma la cappella cardinalizia che descrissi
nel voi. IX, p. 137. Il generale b. Gior-
dano governò i5 anni l'ordine, e navi-
gando per la Palestina restò sommerso
in vista di Tolemaide. Nel 1237 Rieletto
successore s. Raimondo di Pegnafort, che
ridusse in iscritto le costituzioni, edivi-»
dendole in due parti diede loro miglior
forma: in un capitolo generale fece de-
cretare che i generali potessero rinun-
ziare il generalato e che la loro rinunzia
dovesse essere ammessa, del qual decreto
si approfittò egli medesimo, rinunzian-
dolo dopo due anni, per cui fu eletto in
sua vece il p. Giovanni di Waldesusen
di Weslfalia. Nell'anzidetto capitolo del
1228 furono fatte delle costituzioni, nelle
quali fu confermato quanto s. Domenico
9°
PRE
avea ordinato nel capitolo del 1220 in-
torno alle possessioni e beni stabili, cioè
di rinunziare gli accettati e di non rice-
verne più in avvenire, tanto più che il
santo nell'ultima infermità avea minac-
ciato la divina indignazione e la sua con-
tro chi avesse introdotto di nuovo l'uso
di possederli. Furono poi queste costitu-
zioni dispensate da vari Papi e con fa-
cilità, perchè l'ordine de'predicatori fu
istituito e canonicamente confermato nel
12 16 con tutti i terreni, entrate e ren-
dite, che allora già possedeva ed avreb-
be potuto possedere in avvenire: dice O-
norio IH nella sua bolla a S.Domenico:
Confinnamusordinc.nl tinnii, cuni omni-
bus castri*, et possessionibus habitis et
hàbtiidis. In vigore di queste dispense
pertanto furono i frati predicatori resti-
tuiti allo stato della primitiva istituzio-
ne, e quindi è che Clemente IV conce-
dendo loro di poter lecitamente succede-
re nell'eredità, colla bolla Obtentu divini
nomini*, e Sisto IV, e poscia il concilio
di Trento accordando loro la facoltà di
possedere in tulli i conventi presenti e fu-
turi, non li dispensarono dalla regola, ma
soltanto dalle costituzioni; e perciò di-
venuti possidenti per tali dispense, non
mutarono la formola della professione,
ch'è sempre quella fatta dai loro primi
padri, i quali in realtà furono possidenti
in virtù della propria regola, benché poi
si costituissero mendicanti per costituzio-
ne, la quale, come dicono i canonisti, può
mutarsi senza pregiudizio dell'essenziale
dell' istituto, consistente nella regola.
Sebbene Clemente IV nella citala bolla
Obtentu, come è riportato nel bollano
de'predicatori, altro non coucede a que-
sti se non che possono, honorum posses-
sioneut apprchendere, ac véndere libere
bona ipsa, torumque pretium in utilità-
lem eorum converlere, lo che non è di-
chiararli possidenti, o dar loro la facoltà
di possedere beni stabili, come ognun ve-
de. Nel 1276 l'ordine ebbe il 1." Papa
domenicano in Innocenzo V ; il 2.0 fu
PRE
il b. Benedetto XI, già generale del me-
desimo, che creò cardinali i domenicani
Alberti di Prato, Mahlesfedd, e Winter-
bum. A Francescano ordine parlai del-
la famosa questione eccitata nel 1 322 tra
i domenicani ed i francescani , sopra la
povertà di Cristo e degli apostoli, che e-
stinse Giovanni XXII. Quest'ordine eb-
be sempre un solo generale che lo gover-
nò sua vita durante, se si eccettui il tem-
po dello scisma, chedopo la morte di Gre-
gorio XI durò sino a Martino V, poiché
allora fu che nel capitolo generale tenu-
to in Bologna nel i38o ebbe due gene-
rali eletti dai diversi partiti. Seguitò cosi
fino al 14.18 in cui Martino V soggettò
tutto l'ordine al p. fr. Leandro da Firen-
ze ch'era stato eletto dalle provincie d'I-
talia e dalle altre unite, e sotto il di lui
successore p. fr. Bartolomeo Texier, per
privilegioconceduto dallo stesso Martino
V, cominciò l'ordine a possedere univer-
salmente beni stabili e rendite fisse.
Elevato al pontificato s. Pio V, gloria
di quest'ordine, ne fu magnanimo bene-
■ fattore. Avendo dichiarato quali fossero
gli ordini mendicanti, decretò che tale
veramente si riconoscesse quello de'pre-
dicatori, sebbene possedesse in comune
beni stabili, volendo che godesse de'pri-
vilegi conceduti dalla s. Sede, così alle
monache domenicane. Indi derogando a
qualunque concessione o consuetudine in
contrario, colla bolla Divina disponente,
de'27 agosto f 568, presso CherubiuijSta -
bili che all'ordine di s. Domenico si do-
vesse la precedenza e il luogo più degno
sopra gli altri ordini de' fra li mendicanti,
tanto nella cappella pontificia e ne'con-
cilii , quanto nelle processioni ed altre
pubbliche funzioni. Ai domenicani con-
segnò il coUegio de Penitenzieri Liberia-
ni (f^.) j e creando cardinale il nipote fr.
Michele Bottelli domenicano, gli ordinò
di continuare a vestirne l'abito e di non
usare il cappello rosso. Inoltre elevò al
cardinalato gli altri domenicani, Bianchi
e Giustiniani, il quale colla qualifica di
PRE
generale dell'ordine era intervenuto al
concilio di Trento. Il concilio di Trento
avendo istituito la Congregazione del-
l'Indice (V.), ne fece segretario un do-
menicano; quindi s. Pio V un conven-
tuale; ma Gregorio XIII nel i58o aven-
do in sua assenza fatto il domenicano p.
Gio. Battista Lancio, il cospicuo uffizio
del segretario deU'Indicc (/^.) restò rid-
i' ordine. Inoltre Gregorio XIII stabili
l'istruzione cattolica per gli ebrei di Ro-
ma, e ne affidò la predica ad un dome-
nicano,al modo cbe narrai nel voi. XXI,
p. 23. Clemente Vili colla bolla Inter
caetera , de' i5 settembre 1592, Bull.
Born. t. 5, par. I, p. 395, assegnò ai do-
menicani negli atti pubblici e privati il
luogo più degno, dopo i canonici rego-
lari, chierici regolari e secolari, ed i mo-
naci degli ordini antichi. Quindi nel 1 602
restituì all'ordine la chiesa di s. Sisto in
Roma , coli' annesso convento. Allorché
nel 1672 Clemente Xcreòcardinale Vin-
cenzo M.a Or^'/zf domenicano, avendone
3 volte ricusata la dignità, fu d'uopo per-
chè l'accettasse del precetto d'ubbidienza
del p. Roccaberti generale. Eletto Papa
nel 1 724 col nome di Benedetto XUI, fu
ripugnante nel dare il suo consenso, e so«
locedettequandodalp. geuerale Pipiagli
fu imposto per ubbidienza, avendolo nel
cardinalato tenuto sempre per suo su-
periore; volle poi nell'atto di accetta-
zione, che vi si dicesse appartenere al-
l'ordine di s. Domenico. Nella medaglia
del possesso vi fece esprimere s. Dome-
nico i-n gloria con angeli, e sotto il cane
con torcia accesa. in bocca, allusivo allo
stemma dell'ordine. Di frequente si por-
tava nel coro delle chitfse dell'ordine a
salmeggiare coi frati, mangiava nei loro
réfeltorii coll'abito religioso, baciando la
mano al p. generale. Il nipote duca Or-
sini asseguò 600 scudi annui napoletani,
con polizza anticipata, al cardinale Pipia
quando fu elevato a tpie.sta dignità dal-
lo zio,egli mandò 3 carrozze e livree pel
suo servizio : e per la gratitudine che la
PRE 91
sua casa professava all' ordine, coli' ap-
provazione dello stesso Benedetto XUI,
stabilì in perpetuo, che la sua famiglia
somministrasse eguale pensione al car-
dinale domenicano prò tempore. Mentre
Benedetto XIII era cardinale, l'ordine
contava 3 altri porporati, Kovard, Ca-
pizucchi e Ferrari: esso ne creò 4j Pi~
pia colla ritenzione del generalato fino al
seguente capitolo, Gotti, Seller i e Fcr-
reri. Il successore Clemente XII, come
dissi a Dottore, autorizzò i domenica-
ni a conferirne il grado agli scolari teo-
logi. Sarebbe troppo lungo il riportare
tutti gl'insigni privilegi che meritamente
gode questo préclarissimo ordine, trat-
tandone i suoi storici ed il bollano pro-
prio; come sarebbe tentare l'impossibile
il voler qui riferire il bene immenso fatto
in ogni tempo dai frati predicatori alla
Chiesa. Basti il dire che non si radunò
mai o provinciale o generale concilio,. in
cui la sapienza domenicana non si al-
zasse tra' primi a difesa del dogma ed a
sterminio dell'eresia; che in moltissime
università del mondo cattolico, special-
mente le teologiche discipline, furono
con successo insegnale dai figli di s. Do-
menico; e che non v'ebbe convento in
cui fra gli esercizi di pietà non si col-
tivassero indefessamente le scienze sagre
e profaue, a vantaggio non solo de'gio-
vani allievi religiosi, ma di tutti eziandio
i chierici secolari che amarono profittar-
ne e vi trovavano sempre scuole gratui-
te, libri opportuni, saggi e amorosi mae-
stri; i quali esercizi edificanti, la coltura
delle scienze, e l'utile insegnamento tut-
tora fioriscono, solo a cagione de'politict
sconvolgimenti del passato secolo e del
corrente, comeèawenulo in tutte lecor-
porazioni religiose, sonodiminuitelepro-
vincie dell'ordine, come il numero dei
conventi e il novero de'religiosi, mentre
prima giunse ad avere ^5 provincie o
congregazroni, di alcune poche delle «pia-
li vado a dare un cenno, onde potersi
prendere un' idea delle molte altre.
92 PRE
Di alcune provincie o congregazioni
dell' o rdin e de' Predica tori.
L'ordine di S.Domenico ossia de'pre-
dicatori, è stato ancor egli soggetto di
quando in quando, come tutti gli altri, a
qualche rilassamento, a cui sempre si op-
posero con ripararvi con pronto successo
j generali, ed altri zelanti religiosi, che
inai mancarono nell'ordine domenicano,
i quali in diversi conventi fecero rigo-
rosamente osservare le regole e menando
vita più austera, come accennai in prin-
cipio. Verso il i 389 il generale b. Cor-
rado di Prussia restituì la regolare os-
servanza a tutti i conventi di Germania,
ne' quali era decaduta fin dal 1 349 a'"
lorchè la peste proveniente dall'Asia de-
solò quasi tutta Europa. Nel 1^01 il b.
Bartolomeo di s. Domenico di Siena re-
staurò la medesima osservanza ne'con-
■venti d'Italia, ne'quali era rilassata a mo-
tivo della stessa pestilenza, che fu cagione
di altrettanto nella maggior parte degli
ordini regolari. Il p. Bartolomeo Texier
francese, già ricordato, generale dell'or-
dine, impiegò la sua autorità per man-
tenerla o restituirla in tutti i conventi,
e nel suo zelo eresse ancora la Congre-
gazione d'Aragona che durò gr anni,
tlopo i quali passò a formare una pro-
vincia dell'ordine. Molto celebre astata
la Congregazione di Lombardia, a cui
diede principio il p. Matteo Boniparti o
Bonimperti di Novara, eletto poi perla
santità della vita vescovo di Mantova. II
p. generale Gioacchino Tulliani accordò
a questa congregazione molti privilegi,
ma con tutto ciò durando ancora il suo
governo fu smembrata, ed i conventi di
s. Sabina di Roma, di Pisa, Ili s. Gemi-
liiano, di Viterbo, di Siena e di s. Marco
di Firenze si unirono, separandosi dagli
altri, per formarne altra che fu detta Con*
gregazione di Toscana, incominciata nel
l493 dal p. Girolamo Savonarola fer»
farete. Dopo 5 anni si riunì alla congre-
gazione di Lombardia, la quale nel 1 53 1 ,
essendo generale il p. Paolo Botligellada
PRE
Pavia, che n'era stato due volte vicario
generale, fu estinta ed eretta in provincia
da Clemente VII, il quale fece lo stesso
anche colla Congregazione di Calabria.
Fu eretta ancora la Congregazione d'O-
landa, che comprendeva 28 conventi, al-
cuni de'quali si erano separati da quella
di Lombardia; ma nel 1 5 1 4 Leone X, ad
istanza di Luigi XII re di Francia, or-
dinò al generale p. Tommaso Gaetano,
di separare i conventi di questa congre
gazione situati nella Francia e di forma
re di questi la Congregazione Gallica
na, i di cui religiosi si fecero allora degl
statuti più austeri di quelli degli olande
si. 11 medesimo Papa accordò alla Gal
lioana tutte le grazie, ch'erano moltissi
me, delle quali godeva la congregazione
d'Olanda, e nel i5i8 rinnovando e ac
crescendo con un breve gli slessi privi
legi alla congregazione olandese, dichia
rò di concederli ancora a quella di Fran
eia, ed approvò l'autorità del vicario gè
nerale di questa ultima. Verso il fine de
medesimo secolo il p. Paolino Bernar
dini lucchese istituì la Congregazione d,
s. Caterina di Siena nell'Abruzzo, ac
cresciuta dipoi coli' aiuto del p. Nicolò
Masio da Perugia, che di questa mede
sima congregazione fu vicario generale
Il p. Paolino morì nel i583, ed il p. Ni
colò verso il 1 6 1 1 nel convento di s. Do
menico di Chieti, ambedue con fama di
gran santità. Quasi nello stesso tempo e
nel/ 5g6ilp. Sebastiano Michaelis, il qua-
le si era fatto religioso in Marsiglia, fon-
dò in Tolosa la Congregazione di Occi-
tania o hinguadoca , di cui fu il 1 ,° vica-
rio generale, approvata nel 1608 da Pao-
lo V; sotto la protezione di re Enrico IV,
fabbricò io Parigi-in vias. Onoralo il con-
vento dell' Annunziata, in cui morì nel
1 6 1 8, dopo le sue gloriose fatichee le pa-
titecontraddizioni. Nel 1669 questa con-
gregazione fu da Clemente IX eretta in
provincia sótto il titolo di s. Luigi, ed era
la 45/ e ultima provincia de' domeni-
cani, come in provincia furono erette le
PRE
Congregazioni di Faglisi, dell Abruzzo
e alcune altre. Negli ultimi tempi riten-
nero il nome di congregazione ed erano
governate dai vicari generali coi soggetti
conventi, ed alcuna con monasteri di mo-
nache: la Congregazione di s. Vincenzo
Ferreri o di Brettagna nella provincia
di Parigi, aveva i4 conventi; quella de-
gli Angeli in Provenza 6; quella di Al-
sazia 4 di frati e 8 di monache; quella
del Nome di Gesù nell'isole Antille d'A-
merica un convento e 20 parrocchie;
quella di s. Domenico in altra isola d'A-
merica os. Domingo 2 conventi e 10 cure;
quella di s. Sabina di Roma 8 conventi;
quella di s. Marco di Firenze 6; quella di
Venezia del b. Giacomo Salomoni 7 ;
quella à\Napoli dellaMa donna della Sa-
nità 1 3; quella di s. Domenico Soriano in
Sardegna 1 o e un monastero di monache;
quella di s. Marco de' Gavoni nel regno
di Napoli 1 3. Nelle congregazioni di Bret-
tagna, degli Angeli e de'Gavotti i priori
de'conventi avevano voce ne'capitoli pro-
vinciali delle rispettive provincie, e dopo
dato il voto per l'elezione del provinciale
si radunavano nel d'i seguente, ed eleg-
gevano essi soli il loro vicario generale.
La congregazione di s. Sabina di Roma
non interveniva al capitolo della provin-
cia di Lombardia, dalla quale anticamen-
te dipendeva, e il provinciale di questa
non aveva alcun gius di visitarne la con-
gregazione, siccome neppur quello di Ve-
nezia interveniva a quello di sua provin-
cia, ma il provinciale di questa aveva il
diritto della visita onoraria nella sua con-
gregazione. I vicari generali di Alsazia e
di Sardegna non dipendevano da alcuna
provincia, ma erano eletti dal generale,
che nominava ancor quelli dell'Ameri-
ca. Tutti i vicari non aveano autorità se
non dopo confermati dal generale di tut-
to l'ordine. Non differivano tutte le no-
minate congregazioni dalla religione ma-
dre, che nell'astinenza dalle carni, la qua-
le si osservava in esse rigorosamente, e
nell'abito di lana alquanto più grosso,
P R E <j3
ma dello stesso colore e forma degli al-
tri domenicani, poiché possedevano tut-
te beni stabili e rendite fisse, a riserva di
quella del ss. Sagramento la più celebre
di tutte.
La Congregazione del ss. Sagramen-
to , detta ancora della primitiva osser-
vanza,(a istituita dal p. Antonio le Quieti
nato a Parigi nel 1601. Mostrò sino da
fanciullo un' indole assai inclinata alla
pietà, alla mortificazione ed alla ritira-
tezza. Da giovinetto entrò nell' istituto
di s. Domenico, di cui vestì l'abito nel
1622 nel convento dell' Annunziata di
Parigi, in cui fioriva mirabilmente la re-
golare osservanza. Comparve subito egli
adorno di tante virtù, che poco dopo fat-
ta la professione e ricevutigli ordini sa-
gri, e perciò molto giovine, fu fatto mae-
stro de'novizi, prima nel convento di Pa-
rigi, poi in quello d'Avignone. Riusciva
egli così bene in questo impiego , che il
p. generale Ridolfo, essendo il p. Anto-
nio capitato in Roma, lo mandò coi no-
vizi afìinchè gì' istruisse nelle obbligazio-
ni della regola, lo che eseguì con tanto
profitto di que'giovani, che dovendo e-
gli ritornare in Francia , tutti lo prega-
rono restare in Roma o di condurli seco
per -vivere nella congregazione che me-
ditava d'istituire, ma ciò fu permesso al
solo p. Domenico Paravicini. Giunto in
Avignone si diede tulio il p. Antonio al-
l'esercizio delle opere di misericordia ed
all'aiuto de'peccatori nel tribunale della
penitenza, e quindi manifestò per lettera
al p. generaleRidolfoilsuodisegnodidar
principio alla Congregazione del ss. Sa-
gramento o della primitiva osservanza,
in cui rinunciandosi a tutte le possessio-
ni, ed osservandosi una rigorosa pover-
tà, tornasse a rivivere lo spirito del pa-
triarca s. Domenico. Si opposero gli altri
religiosi del convento d' Avignone e per
impedirne l'esecuzione fecero molte sup-
plicheal p.generale,il qualechiamòa Ro-
ma il p. Antonio, ed avendo udito da lui
che la stretta povertà, tanto in parlico-
94 PRE
lare che in comune, era la base dell'os-
servanza che intendeva di stabilire, non
solo l'approvò, ma sene incaricò egli stes-
so come di affare suo proprio, e slimolò il
p. Antonio a dar principio al più presto
possibile. L' esortò ancora ad escludere
le fìgliuolanze de' conventi , e gli diede
con lettere patenti la piena autorità d'in-
trodurre la detta osservanza. Ritornato
ad Avignone nel i636 mise immedia-
tamente le mani all'opera, ed avendo a-
vuto nel borgo di Langues 5 leghe di-
stante una casa da Tronquet signore d'u-
na parte del borgo, quivi gitlò i fonda-
menti di sua congregazione col solo p.
Paravicini, coll'approvazione del vesco-
vo diCavaillon, nellacui diocesiera Lan-
gues. Presto questo i ."convento si popo-
lò d'un sufficiente numero di religiosi ,
accorrendovi pel buon odore di santità
del p. Antonio, tanlodagli altri conventi
domenicani, che dal secolo per vestire il
sagro abito. Si osservavano qui le prime
costituzioni senz' alcuna dispensa, onde
perpetuo era il silenzio, continuo il rac-
coglimento, ed oltrea due orelamedita-
zione che tutti in comune facevamo ogni
giorno , sempre affaticandosi di mante-
nersi alla presenza di Dio. Dormivano
sopra un saccone di paglia esoventeso-
pra le tavole o la nuda terra, e 3 ore in-
tiere stavano in coro la notte. Il loro
cibo era piuttosto mortificazione che ri-
storo del corpo, non cibandosi che di er-
be mal condite o di radici, digiunavano
con pane e acqua 3 giorni della settima-
na e non vi tra atto di virtù che questi
religiosi con fervore spontaneamente non
esercitassero. Uscivano nelle feste e tal-
volta anche ne'giorni feriali a predicare
ne'luoghi vicini, molti de' quali offriva-
no loro delle fondazioni , sebbene il p.
Antonio non accettò che quella di Thor
nella contea \ enaissiiia,di citi prese pos-
sesso nel 1637, e ricusò eziandio i conven-
ti d'Oranges e ih' Cavaillon, perchè era-
no dotati di rendile e perciò contrario
alla sua riforma. La fama della virtù e
PRE
vita apostolica di questo sant'uomo in-
dusse varie persone qualificale d' Aix,
Arles e Marsiglia a scrivere al p. gene-
rale, pregandolo di acconsentire ch'egli
fondasse un convento nelle loro città: il
p. generale accordò la domanda e proi-
bì agli altri religiosi di molestare il p.
Antonio, il quale neli63g fondò il con-
vento della Madonna della Rota mezza
lega da Marsiglia. Alcune persone ma-
ligne cercarono di oscurare la sua ripu-
tazione con nere calunnie, ed ottennero
con frode un decreto dal parlamento di
Aix per farlo uscire dal territorio di Mar-
siglia, ma egli se ne procurò altro che in
vece l'abilitò a fondare un convento nel
sobborgo della città. Non contento que-
sto servo di Dio delle molte austerità
che si praticavano nella sua congrega-
zione, nel 1640 volle aggiungere la nu-
dila de'piedi, con autorizzazione di mg.r
Sforza vice-legato d'Avignone. Appena
i religiosi comparvero in pubblico scalzi
e vestiti d'un abito dell'antica forma u-
sata das. Domenico, che somiglia in par-
te a quello de' certosini, si suscitò con-
tro di loro fiera tempesta. Lo stesso ge-
nerale gli proibì la nudità de' piedi, ed
il cardinal Barberini protettore dell'or-
dine e legato d' Avignone fece rivocare
la concessione. In seguito di ciò i reli-
giosi espulsi dai conventi di Langues e
di Thor, si ritirarono in quello di Mar-
siglia, da cui parimenti poco dopo furo-
no costretti partire, onde il p. Antonio
non avendo avuto tempo da trovare al-
tra abitazione, con 8 de' suoi compagni
s'imbarcò per Roma. Quivi egli soffrì con
invitta costanza e pazienza molte avver-
sità e tribolazioni, ed essendosi alla fine
calzato ed uniformato agli altri domeni-
cani nel vestire, ottenne di ritornare in
Francia , anche ad istanza di re Luigi
XIII , per ristabilirvi i suoi conventi e
vivere in essi coi suoi seguaci nella ri-
gorosa povertà, come pel passato. Andò
subito a Parigi e vi predicò la quaresi-
ma, poscia nel i645 si portò a Thor, e
PRE
due anni dopo il p. generale Tommaso
Turque gli accordò di ritenere questo
convento come immediatamente sogget-
to a se; fu quindi eletto priore del con-
vento di s. Onorato di Parigi, ed essen-
do morto nel 1649 '' generale, si por-
tò per la 3." volta a Roma e vi fu rice-
vuto e trattato molto amorevolmente.
11 nuovo generale p. Gio. Battista de Ma-
rinis fu pregato dal p. Antonio di con-
fermare la sua congregazione, ma lo tro-
vò tanto alieno dal fai Io,che voleva an-
zi unire il convento di Thor alla provin-
cia di Tolosa o a quella di Provenza. II
vescovo di Cavaillon che si trovava in
Roma parlò in suo favore al generale e
lo fece mutare di sentimento, ed essendo
poi questo prelato trasferito alla chiesa
di Carpentrasso, nel 1 65o diedeal p. An-
tonio un convento nella città di Sault ,
ch'era stato abbandonato dai cappucci-
ni. Due anni dopo ne fu edificato altro
nel borgo di Cadendo in Provenza , e
nel 1664 questi religiosi furono chiama-
ti dai vescovi di due altre città di Fran-
cia. Vedendo il p. Antonio che la sua
congregazione andava crescendo, colle o-
pere e colle parole aumentò la vocazio-
ne ne* suoi frati , che accesi di fervore
raddoppiarono le austerità. Alcuni digiu-
navano con pane e acqua più giorni del-
la settimana, altri non mangiavano per
3o o 4° giorni alcuna cosa cotta, altri
dormivano sul pavimento sebbene stan-
chi dalle fatiche, ed altri dopo il mattu-
tino non prendevano più riposo, passan-
do il resto della notte nell' orazione e
nello studio. Tutti poi uon si accostava-
no al fuoco nell' inverno il più rigido ,
non mitigavano leasprezzedel vivere nep-
pure nelle malattie e finché aveano for-
ze intervenivano agli atti comuni. Il p.
Antonio avendo stabilita la sua congre-
gazione, che giunse ad aver 6 conventi,
s'impiegò tutto «elle missioni che ordina-
riamente faceva ne'luoghi piccoli e inac-
cessibili situali nelle montagne della Pro-
venza , del Delfinato e della bassa Liu-
PRE 95
guadoca. Andava in cerca di eretici per
convertirli , e vi riusciva così bene che
ridusse moltissimi al cattolicismo; ed al-
cuni di essi più ostinati, considerandolo
come il loro maggior nemico, lo maltrat-
tarono più volte e tentarono di levargli
la vita. Informato Alessandro VII dei me-
riti del p. Antonio, nel 1662 gli accordò
molti privilegi e gli die il titolo di mis-
sionario apostolico, ed il p. generale Roc-
caberti neli6y5 approvò il tenore di vi-
ta che si osservava nella sua congrega-
zione, come fece ancora il di lui succes-
sore p. generale Antonio di Monreale.
Oppresso alla fine il servo di Dio da y5
anni di età, dalle fatiche e dalle peniten-
ze, morì nel convento di Cadeneto a' 7
ottobre 1676. Il p. Arcangelo Gabriele
di questa congregazione, compilò la Vie
(hip. Aniome le Quieti religieux de l'or-
dredes. Dominique, inslituieur delacon-
grégation du s. Sacrement dti niesme or-
dre, et fundaleur de l'ordre des rcligieu~
ses du s. Sacrement de Marseille , Avi-
gnon 1682.
L'ordine domenicano ha un cardinale
per prolettore; attualmente lo è l'am-
plissimo cardinal Angelo Mai. A Geive-
rale de' religiosi dissi qualche cosa ri-
guardante eziandio quello dell'ordine dei
predicatori : al presente per nomina del
Papa Pio IX n'è vicario generale il rmo.
p. m. Vincenzo Jandel, e procuratore ge-
nerale il rmo. p. m. Francesco Gaude.
Lo stemma dell'ordine si compone d'un
campo nero e bianco, di un giglio e di
una palma incrociati dentro una corona,
sovrastati dalla stella, e di un cane seden-
te sopra un libro e avente in bocca tuia
torcia ardente. Negli articoli geografici de-
gli stati, città e diocesi parlai molto del-
le principali chiese e conventi de' dome-
nicani, de' vescovi e uomini illustri del-
l'ordine; e negli articoli biografici vi so-
no quelli de' \ summentovati Papi, dei
cardinali secondo Cardella, de' più cele-
bri scrittori ecclesiastici, de'princi pali san-
ti e beali , come delle principali sante e
96
PRE
beate. Quanto ai Papi qui ricorderò, che
n Porpora notai che due domenicani sen-
za esserne decorati ebbero de' voti pel pon-
tificato, a vendo scritto il domenicano Bzo-
vio, che nel 1281 fu eletto Papa fr. Gio-
vanni di Vercelli generale de'predicatori
e che mori prima di saperlo; mentre nei
conclavi del 1 52 1 e del 1 523 il domeni-
cano Scomberg arcivescovo di Capua, ri-
cevè diversi voli pel triregno. Benedetto
XIII in una sua allocuzione disse che il
suo ordine avea avuto 55 cardinali. No-
vaes nella vita d' Onorio ///diceche l'or-
dine va glorioso per aver prodotto In*
nocenzo F, il b. Benedetto XI, s. Pio V
e Benedetto XIII , più di 60 cardinali,
più di i5o arcivescovi, più di 800 vesco-
vi (numero aumentatosi, poiché pubbli-
cò -T opera nel declinili* del secolo passa-
to), un numero grandissimo di santi ca-
nonizzati, ed un numero senza numero
di scrittori e uomini insigni in ogni ge-
nere di pietà e dottrina. Seguendo e con-
tinuando Cardella , come il più recen-
te storico de' cardinali non che critico ,
oltre le biografìe de' 4 Papi , ho pub-
blicalo le biografie de' seguenti 5o car-
dinali, oltre i Papi che pur furono car-
dinali ; mentre ad Avignone riportai le
notizie degli anticardinali fr. Nicola da
s. Saturnino generale dell' ordine, fatto
dall'antipapa Clemente VII nel 1378, il
quale neh 383 fece altrettanto col con-
sobrino Giovanni Novocastro domenica-
no; a Basilea dissi che l'antipapa Felice
V nel i444 fece anticardinale Giovanni
de Ragusio de'predicatori; nella serie poi
de'maeslri del s. palazzo riportai altre no-
tizie degli a'nticardinali s. Saturnino e No-
vocaslro mentovati. Ecco il novero dei
cardinali. Alberti di Prato, Alvarez, An-
nibaldeschi, Badia, Begaignon, Berne'
rio, Berlano, Bianchi, Billomo, Bonelli,
Boxadors, Capizucchi,Caracciolo Nico-
la, Caro (il primo cardinale domenica-
no, crealo nel 1244 da Innocenzo IV ).
Casanova, Dati, Domenici ( il cui cul-
to immemorabile col litolodi beato lieo-
PKE
nobbeGregorioXVIjil quale inoltre bea-
tificò gli altri domenicani Gio. Massias e
Martino de Porres, approvando il culto
che si rendeva al b. Giordano da Pisa),
Farinola, Ferrari, Ferreri, Frangipane,
Galantina, Giustiniani , Goditi, Gotti
(dottissimo), Guardia, Hovard, Joice,
Kiluvarbio, Loaisa, Lucuti, Maculani,
Maklesfeild, Mazzarini, Natta, Orsi (il-
lustre storico della Chiesa), Orsini Mat-
teo , Piinentel, Pipia, Roselli, Scaglia,
Scombergh , Selleri , Soudre, Teobaldi,
Tor ree remata. Felzi (l'ultimo creato da
Gregorio XVI nel i832), Vio, TVinler-
bum, Zavierre. Fra'santi nominerò, oltre
i memorali Papi b. Benedetto XI e s. Pio
V, e Domenici, Tommaso d' Aquino, Vin-
cenzo Ferreri, Giacinto, Alberto Magno,
Antonino, Raimondo di Pegnafort , Lo-
dovico Bertrando, Pietro Martire, Anco-
nino, i bb. Francesco de Posadas e Gia-
como di Varaginc, ed altri. Fra gli scrit-
tori ecclesiastici, oltre i diversi cardinali
e santi nominati, i pp. Mamachi,Bzovio,
Le Quien, Melchior Cano, Sante Pagni-
ni, Ciaccolilo, Valsecchi , maestri preci-
pui di tutti i rami delle scienze sagre. Me-
ritano menzione egualmente , Cavalca ,
Bartolomeo da s. Concordio , Giordano
da Bivalto il migliore prosatore del tre-
cento; Ignazio Danti e Fr. Giocondo gran-
di nelle matematiche; fr. Angelico da
Fiesole e fr. Bartolomeo celebri pittori. In-
numerabili altresì sono gli altri dotti d\in
merito distinto,mentre fra quelli di cui ne-
gli ultimi tempi si deplorò la perdita cer-
tamente si deve ricordare il commissario
del s. oflìzio p. m. Maurizio BenedeltoO-
livieri stato anche maestro generale di
tutto l'ordine, profondo cattedratico nel-
le lettere e scienze latine , greche ed e-
braiche, ornato di un complesso di virtù.
Però a questa mia brevità suppliscano le
collezioni de'seguenti storici domenicani.
Giacomo- Echard continuatore dell'altro
domenicano Quielif: Scriptores ordini»
praedicalorum recensiti, notisque histo-
ricis et criticis illustrati , Parisiis 1 7 1 9.
PRE
Leandro Alberti, De viris illuslribusor-
dinis praedicatorum , Bononiae 1 5 1 7.
VincenzoM.3 Fontana, Sacrimi theatruin
do/ninicanum, Romaei 666. De romana
provincia ordinìs praedicatorum, Romae
1670. Monumenta domiaicana breviter
in xynopxim collecla , de fìdis obsequiis
ab ordine praedicatorum s. Dei eccle-
siae usane modo praestitis, Romae 1 675.
Antonio Touron, Storia degli uomini il-
lustri dell'ordine di s. Domenico, Roma
1 743-49. Questa opera, colla sua Vita
di s. Domenico, forma una storia com-
pita dell'ordine, dalla sua fondazione al
1748. Gio. Michele Pio, Vita degli uo-
mini illustri di s. Domenico e storia del-
la nobile progenie dis. Domenico. Tom-
maso Mal venda, A miai. Orci, praedica-
torum. Inoltre dall' ordine le belle arti
ricevettero lustro e incremento, come di
recente ha dimostrato il p. L. Vincenzo
Marchese dello stesso istituto, Memorie
de più insigni pittori, scultori e architetti
domenicani, con aggiunta di alcuni scrit-
ti intorno le belle arti, Firenze 1 845. Se
ne legge l'elogio e il trasunto nel voi. 4
degli Annalidelle scienze religiose, serie
»/ Ferdinando delCastiglio,Z?e//'wtorùz
generale di s. Domenico e dell' ordine dei
predicatori, Venezia i58g. P. Giacobbe,
Memor. sulla canonicità dell'istituto di s.
D omenieo, Beziersi 75o. Ant.° Bremond,
Bullarium Domenicanum, Romae 1 740
in 8 tomi. LeCordaire, Memo ire pour le
rélablUsement en France de l'ordre des
ftìres Piécheurs, Paris 1839. I domeui-
caui hanno in Roma le seguenti chiese.
Chiesa di s. Maria sopra Minerva
(V.) con ampio e magnifico convento an-
nesso , propinqua alla Piazza della Mi-
nerva (V.), residenza del generale e pro-
curatore generale dell'ordine, del segre-
tario della congregazione dell'indice. In
esso dai cardinali si tiene la Congrega-
zione del s. offìzio (V.); vi è il Collegio
di s. Tommaso d'Aquino, V. (nel chio-
stro è il deposito cou busto di marmo
del fondatore , presso 5 antichi sepolcri
VOL. LV.
PRE 97
de' generali dell'ordine, già esistenti nel
pavimento della chiesa), e la celebre Bi-
blioteca Casanalense (V.), la prima in
Roma dopo la Vaticana. Di questa oltre
aquanto dissi a Chiesa di s. Maria sopra
Minerva, parlando del chiostro e del con-
vento, sulla primitiva fondazione, aggiun-
gerò, che fra'suoi preziosi libri distingue-
si la gran Bibbia in pergamena impres-
sa a mano con lettere a punzone, la qual
cosa costituisce quell'anello di congiun-
zione che unisce il manoscritto alla stam-
pa : è questo un lavoro rarissimo, da ta-
luni chiamato chirografia. Nel n.°7 1 del
Diario di Roma 1 840 si legge, che la bi-
blioteca fu magnificamente restaurata ,
abbellita e ampliata nelle stanze aggiun-
te a quelle ch'erano contigue alla vastis-
sima sala. Questo utilissimo stabilimen-
to , ricco di rarissimi codici ed edizioni
antiche e moderne d'ogni specie, situato
nel centro di Roma, frequentato da una
gran folla di studiosi, faceva da alcun tem •
pò temere di qualche rovina. Il eh. p. m.
Giacinto de Ferrari dell' ordine de' pre-
dicatori, appena nominato prefetto della
biblioteca Casanatense (ora è commissa-
rio del s. offizio), non pago di averla già
fatta accrescere di moltissime recenti o-
pere, si diede tutta la premura perchè si
eseguissero subitamente gli opportuni ri-
parile si prevenisse così qualunque dan-
no cheavrebbe*essa potuto un giorno sof-
frire. Inoltre noterò, che nel convento vi
è altra importante libreria per uso pri-
vato de'religiosi, già splendidamente ar-
ricchita di libri pregievolissimi del car-
dinal Torrecremata; preziosa raccolta che
pati qualche perdita nelle vicende che
afflissero Roma ne' primi anni del cor-
rente secolo ; tuttavia si mantiene e con-
serva i suoi 3o,ooo volumi, alcuni mss.,
ed una ricca collezione di miscellanee.Nel-
la biografia del domenicano cardinal Giu-
stiniani, non solo riportai che nella chie-
sa eresse la cappella di s. Vincenzo, di cui
portava il nome , ma che edificò buona
parte del convento } con una biblioteca
7
98 PRE
pei' uso de'religiosi. Quanto alla chiesa,
oltre la descrizione che ne feci al citato
suo articolo ed a quelli relativi (anche al-
la sagrestia pei Conclavi lenuii e pei Pa-
pi eletti vi), come de'pregiatissimi monu-
menti sepolcrali di cui è doviziosa , che
in gran parte descrissi ancora nelle bio-
grafie o dove parlai di quelli che vi so-
no tumulati, come di cinque Papi, mol-
ti cardinali, vescovi, prelati e altri per-
sonaggi. Ivi si celebrano quelle funzioni
papali e cardinalizie che indicai nel cita-
to articolo e descrissi ai luoghi loro, solo
qui aggiungendo che ve n'ebbero luogo
anche straordinarie, avendo detto nel voi.
IV, p. 2i2cle'batlesimiche vi fecero Be-
nedetto XI 11 e Benedetto XIV, ed a Fa-
scie benedette di quelle che Pio VI vi
benedì. Prima nella processione del Cor-
pus Domini in mollo numero v'interve-
nivano i cardinali e nel 1721 furonoig,
come si legge nel n.° 612 del Diario di
Roma. Nel n.°io3deliyi7SÌ riporta co-
me Clemente XI le donò per mg.r sagri-
sta uno stendardo preso ai turchi. Del-
la processione solenne chiamata del Du-
rando, che i religiosi eseguiscono nella
festa dell' Ascensione , in memoria del
viaggio di Gesù Cristo e degli ppostoli al
Monte Oliveto per farli testimoni distia
andata al cielo, ne parla il n. "39 del Dia-
rio di Roma 1801. Nel 1. 1 5 dell'Album,
p. 1 i,vi è un erudito articolo sulla rifor-
ma della chiesa della Minerva in islile go-
tico, ossia ogivale, coli' interno di essa e
il dettaglio della sezione longitudinale,
incominciata nel 1848 coll'opera del ce-
lebre religioso li. Girolamo Bianchedi
lodato di sopra. La condizione de' tempi
ne ha ritardalo la totale riduzione e ab-
bellimenti: ma già il tempio è stato mae-
stosamente ridottoalla pristina forma go-
tica. Avrà le pitture a tulio il coro ed al-
la crociera. Le basi già finile a marmo ci-
pollino fauno bella mostra : le colonne o
pilastri saranno di scagliola del medesi-
mo colore cipollino. In complesso riusci-
rà magnifica e decorala.
PRE
Chiesa di s. Sabina (V.). Ne parlai an-
cora a Palazzo apostolico di s. Sabina. In
questa chiesa crede Panvinio che vi fosse
sepolto Giovanni XVII (V.)j ed alcuni
che vi fosse la Porta santa (V.).
Chiesa di s. Sisto (V.). Ne parlai an-
che a Poveri, per quelli che un tempo
furono collocati nel convento.
Chiesa de' ss. Quirico e Giulitla (V.).
Chiesa di s. Clemente (V.). Dei dome-
nicani d'Irlanda (V.). Nel voi. XVI, p.
198 dissi che Benedetto XIII vi consagrò
l'altare maggiore e vi tenne l'esame dei
vescovi; qui aggiungo che vi pernottò per
portarsi nella seguente mattina alla cap-
pella della Natività di s. Giovanni. Cle-
mente XI soleva visitarla per la festa. Del-
la favola che ivi fosse sepolta la papessa
Giovanna, vedi tale articolo. Quivi era
un collegio di missioni, dipendente dalla
congregazione di propagandai/e.
Chiesa di s. Nicola de' Prefetti. Nel
rione Campo Marzo già parrocchia sino
a Leone XII, così chiamata forse dal vi-
cino palazzo del Prefetto di Roma (V.) ,
ed anche de' Perfetti probabilmente dal
nome d' una famiglia romana ivi dimo-
rante, come osserva Venuti, Roma mo-
derna, p. 348, il quale aggiunge che fu
detto anche s. Nicola de' Medici dal Pa-
lazzo di Firenze (V.) de %rand\ic\i\ di To-
scana di lai nome, poco distante, così chia-
mandola Panciroli , Tesori nascosti, p.
637. Martinelli , Roma sacra , p. 193
e 263 la denomina de Perfectis seu de
Praefeclis , poiché riproducendo la Cro-
nica (secondo la quale fu Clemente IV
che die a'domenicani la chiesa delta del-
la Minerva; forse l'immediato successore
Gregorio X ne effettuò il disposto , rite-
nendosene concessore) del monastero di
Campo Marzo di fr. Giacinto de' Nobi-
li domenicano , questi la dice s. Nicoli)
dei Prefetti. Questa chiesa è antichissi-
ma, dicendosi che s. Zaccaria (o fabbricata
da lui, secondo Piazza, Emerologio t. 2,
p. 719) la diede alle monache basiliane
(poi benedettine) di Campo Marzo: cerio
PRE
è che nel jlo esse da Costantinopoli si
rifugiarono in Roma ben accolte da quel
Papa che le provvide di tutto , e diede
loro le chiese di s. Maria sopra Minerva
e di s. Maria in Campo Marzo. Nel i568
s. Pio V donò la chiesa ai domenicani di
s. Sabina per loro ospizio. Benedetto XI II
la fece restaurare e ridurre in miglior for-
ma, insieme alla volta in cui Giacomo Tri-
ga dipinse a fresco s. Nicola in gloria con
angeli. Nella 1." cappella a dritta il s. Vin-
cenzo Ferreri è pittura di Ferrari da Ro-
vigo, nella »." il s. Nicola è d'autore in-
cognito, mala pittura ha merito. La Ma-
donna del Rosario sull'altare maggiore
fu eseguita da Lazzaro Raldi, ed i i5 mi-
steri all'intorno sono dello stesso Triga,
come il ricordato Ferrari dipinseils. Do-
menico ch'è sul l'ai tare a sinistra. Neh y43
vi fu sepolto 1' ab. Francesco Lorenzini
2.°custode generale dell'accademia d'Ar-
cadia. Vi si celebrano le feste dell'ordine,
e quella del santo titolare a'6 dicembre.
Nel vicolo contiguo vi è l'oratorio del ss.
Sagramento della parrocchia, dedicato a
s. Caterina da Siena.
Chiesa di s. Maria del Rosario e del-
la Febbre ya Monte Mario. Nel rione Bor-
go fuori la Porla Angelica a poco più di
due miglia, parrocchia per avervi Leone
XII unita quella di s. Lazzaro, come no-
tai nel voi. LI, p. 246 , nel luogo detto
la Croce di Monte Mario. A Monti di Ro-
ma, descrivendo e celebrando l'elevato e
delizioso Monte Mario, narrai come Be-
nedetto XIII amò di frequente trattener-
si diversi giorni dell'anno nel convento
annesso, vestendo l'abito domenicano, fa-
cendo funzioni e consagrando vescovi nel-
la chiesa che restaurò col convento, quin-
di solennemente la consagrò nel 1726,
come rilevasi dall'iscrizione posta nel suo
interno : raccontai pure come Gregorio
XVI rifece la strada più comoda per a-
scenderealMonte,equestoe la chiesa più
volte visitò. Narra Martinelli, Roma sa-
gra p. 2 1 7, che ad onore di s. Maria del-
la Febbre e nella sua villa il celebre letie-
P R E 99
rato Gio. Vittorio de Rossi romano, cui
piacque nascondersi sotto il nome ana-
grammatico di Giano Nic io Eritreo che
significa l'istesso in lingua greca, edificò
nel 1628 colle limosine di persone pie
questa chiesa, cui donò la miracolosa im-
magine di s. Maria della Febbre donde
ne prese il nome. Qui osserverò con Can-
cellieri, De secretariis, t. 4, p. i()5j, De
imagine Dominae no s trae Mariae Febri-
fugiae, et de ceteris imaginibus B. M.Fe-
briuni nomine itisi gnitis ; e con De Mat-
theis, Dissert. sul culto reso dagli anti-
chi romani alla dea Febbre, che sicco-
me in ogni tempo più o meno domina-
rono in Roma le febbri (per cui molte
affluenze furono prese pev Pestilenze, co-
me provai a quell'articolo),! romani in-
trodussero il culto della dea Febbre, le
eressero templi, e ne invocarono il patro ■
cinio per essere esenti dai molesti suoi at-
tacchi, in tempi che al dir di Asclepiade
e Celio Aureliano , ivi erano comuni le
febbri quotidiane letargiche , come con-
fermasi da Galeno intorno le febbri pe-
riodiche , da lui chiamate semiterzane.
Cessata la superstizione, ai templi profa-
ni sostituite le chiese, ed ai simulacri le
sante immagini massime di Maria Ver-
gine , questa fu venerata anche sotto il
titolo della febbre, cui ricorrevano i feb-
bricitanti, ed i sani per esserne preserva-
ti. Una di esse venne posta nel tempio ro-
tondo che servì di sagrestia nella Chiesa
di s. Pietro in Praticano (F.), e fu lai."
ad essere coronata dal capitolo, ed altre
due sotto lo stesso titolo sono nelle pro-
pinque Grotte sagre. La chiesa di Monte
Mario compita che fu , venne benedetta
a'20 settembre 1629. Indi vi fu istituita,
la confraternita del s. Rosario, per cui ne
prese il nome cumulativamente al pre-
cedente, ed Urbano Vili nel 1 644 'e
concesse indulgenze e privilegi. Con te-
stamento del 1646 l'illustre fondatore,
per aumento del divino culto lasciò la
chiesa ed eredi de'suoi beni, consistenti in
? vigne della rendita di circa scudi 1000,
ioo PRE
i Girolamini del b. Pietro da Pisa (/'.)
coll'obbligo che si fabbricasse propinquo
un convento, per comodo di que religio-
si che vi avessero voluto menare una vi-
ta ritirala e più perfetta; non adempien-
dosi alcune condizioni, altri venivano so-
stituiti. Per diverse vicende e liti colla
congregazione della B. Vergine Assunta
della Chiesa del Gesù, ed i preti che sub-
entrarono alla cura, il convento e la chie-
sa passarono nel 1 7 i o ai domenicani del-
la congregazione di s. Marco di Firenze.
ClementeXI nell'approvare(egli dichiarò
parrocchia la vicina chiesa di s. Francesco
sul Monte Mario, che tuttora posseggono
i Girolamini) col breve Exponi nobis3
de' 3 febbraio, Bull, de prop. fide, Ap-
pendix Li, p. 390, questa convenzione,
ordinò che dopo 6 anni nel convento si
aprisse un collegio di missioni di 6 alun-
ni sotto la dipendenza della congregazio-
ne di propaganda fide. Furono stabilite
le congregazioni donde prendersi i colle-
giali, la loro età, qualità morali, gli stu-
di, il giuramento. Ogni 4 mesi il vicario
generale, ed ogni 6 mg.r segretario di pro-
paganda doveano visitare il collegio. Pas-
sati i 6 anni e non essendosi aperto il col-
legio, i Papi accordarono diverse proro-
ghe, finché Benedetto XIII assolvè il con-
vento di mantenere i 6 alunni, col bre-
ve Alias prò parte, de'io marzo 1727,
Bull, cit., Appendix t. 2,p.2i; ma Be-
nedetto XÌV col breve Ecclesiae catho-
licae regi/nini, de* 10 luglio 1748, Bull,
de prop. fide, t. 3, p. 237, riassumendo
tutte le anteriori disposizioni della s. Se-
de, eresse nuovamente il seminario delle
missioni nelconventodis. Mariae de Ro-
sario et Febri in Monte Mario. Questo
però non ebbe mai effetto, ed il governo
imperiale francese ne alienò i beni. Per
Je vicende di quel tempo avendo la fab-
brica della chiesa solferto, Gregorio XVI
la restaurò nel i838, e vi fece eseguire
innanzi l'ampia scalinata di travertini,
essendovene memoria marmorea, che ri-
produsse l'aw.0 De Dominicis Tosti, De
PRE
operibus publicis , p. 5j. Dipoi nel con-
vento fu istituita la prima Scuola (/■)
della carità educatrice. Dal piano della
strada si salisce alla chiesa per la detta
scalinata a 4 branche, due per parte. Nel
ripiano superiore s'alza la facciata di sem-
plice architettura , adorna di 4 pilastri
ionici sorreggenti l'architrave, nel mezzo
ai quali è la porta. L' interno della chie-
sa è dittico con cupola in pilastri ionici :
ha 4 cappelle concave, oltre il cappello-
ne maggiore e 2 cappelline laterali chiu-
se sotto V arco d' ingresso, sopra di cui è
la cantoria. Di queste cappelline in una
si venera il ss. Crocefisso , nell' altra s.
Vincenzo Ferreri di buona pittura ; in
questo altare è pure 1' antico dipinto in
tavola esprimente la B. Vergine col Bam-
bino in campo d'oro o Madonna della
Febbre. La 1 .a cappella a dritta è dedi-
cata ai ss. Angeli, la 2." a s. Domenico; il
cappellone ha bell'altare isolato di mar-
mo e sotto la mensa riposa il corpo di s.
Colomba martire, collocatovi da Clemen-
te XI. La t ." cappella che segue a sinistra
è sacra alla B. Vergine del Rosario, gra-
devoledipintodi Michelangelo Cerruti; la
2." ha il quadro col transito di S.Giuseppe.
Missioni de' Domenicani,
Descrivendo gì' innumerabili luoghi
ove in tutto il mondo sono vicariati e
Prefetture apostoliche (F.) e altre parti
dipendenti dalla Congregazione di pro-
paganda fide {F.), per le Missioni pon-
tificie (F.)3 descrissi ancora quelle del be-
nemerito ordine de' predicatori , i quali
noverano moltissimi martiri , ed anche
recenti come notai a Indie orientali par-
lando del Tonkino, in difesa delle quali
missioni, contro le pretese di altri missio-
nari, scrisse il p. Mamachi{V.)t con suc-
cesso a favore del suo ordine. Gregorio
IX fu il primo Papa che impiegò i dome-
nicani nelle missioni straniere, coll'inviar-
li nell' Asia. Poco dopo si propagarono
tanto , che a' 2 3 luglio 12 53 potè loro
Scrivere Innocenzo IV. » Ai nostri cari
figliuoli i fruii predicatori, che predica-
PRE
no nelle terre de' saraceni, de'greci , dei
bulgari, de'cumani, degli etiopi, de' siri,
de' goti, de'giacobiti, degli armeni, de-
gl'indi, de'tartari, degli ungheresi, e del-
le altre nazioni infedeli d'oriente, salute
e benedizione apostolica ". Ov'è da no-
tare che allora l'ordine era bambino, co-
mechè approvato da Innocenzo III e nel
1216 confermato da Onorio III canoni-
camente, quindi ancora non avea potuto
svilupparequelle forze colossali, che spie-
gò poi largamente e si distese per tutta
quanta la terra. Sotto Innocenzo IV inol-
tre ebbe origine la Società de pellegrini
di Cristo, rinnovata in molti de' seguen-
ti pontificati e formata di domenicani e
francescani, per scorrere l'oriente e il set-
tentrione a diffondere la luce del vero a-
gì' idolatri, infedeli, eretici e scismatici ,
di che feci cenno nel voi. XXVI, p. 96.
Il famoso Nicolò Fortiguerri, nella cele-
bre Relazione delle missioni d'Africa, A-
sia ed America, estratta dalle memorie
dell'archivio di propaganda fide e offerta
a Benedetto XIII, come dal codice Vati-
cano colla data 1 726, dice che i domeni-
cani furono destinati da Innocenzo IVper
missionari dell'Etiopia; che i domenicani
della provincia di s. Croce neli53g furo-
no i primi a portare la fede nel Perù e
in altre regioni; che penetrati nella Cina,
vi ebbero martiri verso il i635 {V. A-
iessandro Natale); che nel i65i anda-
rono alla missione della Guyana; che in
quella della Guinea succedettero ai cap-
puccini, la cui prefettura nel 1 700 fu da-
ta alla congregazione di s. Vincenzo Fer-
reri. Nel 1 3og fr. Ricoldo da Monte Cro-
ce fiorentino fu missionario celebre in tut-
ta 1' Asia. Quanto fece in Armenia il b.
Bartolomeo pochi anni dopo, lo dissi nel
voi. LI , p. 3 1 6 : fondò 1' arcivescovato
di Naxivan e altri sei vescovati secondo
gli scrittori domenicani , dai quali pure
si apprende che tutti furono retti per tre
secoli dai loro religiosi. Nel i33o il p.
Bartolommeo da Tivoli, seguito da mol-
ti religiosi pledicatori, fondò la missione
PRE 011
di Nubia e convertì molti infedeli, fu e-
letto vescovo e vicario apostolico di quel
paese. Fino dal i49° s' trovavano in A-
frica missionari domenicani, comeal Con-
go , al Senegal, alla Gambia e alle due
Guinee : il re e la regina del Congo fu-
rono battezzati dal p. Giovanni di s. Ma-
ria domenicano. Nel i5o3 fiorivano in In-
dia, avendovi navigato col famoso ammi-
raglio duca d' Albuquerque: il p. Plato
gesuita, De borio status religioni, scrive
che i domenicani in detto anno avea no per
tutti i paesi dell'India, dell'Arabia e del-
la Persia convertite un numero infinito
d'anime a Dio. Appena scoperta l'Ame-
rica e neli5o5 fu evangelizzata in ogni
parte dai domenicani. Vi furono s. Lo-
dovico, fr. Tommaso Ortiz e fr. Barto-
lomeo Las Casas : questo ultimo prese
l'abito domenicano nel 1 5^2 al convento
dell'isola di s. Domingo, laónde non so-
lo vi esistevano conventi, ma anche no-
viziati. Nel 1 556 il p. Gaspare della Cro-
ce, al diredegli storici domenicani, entrò
primiero tra tutti nella Cina, e compose
un trattato delle cose cinesi stampato ad
Evora nel i56q. Nel 1600 i domenicani
erano penetrati nel Giappone , e fr. Al-
fonso Navarrate vicario provinciale nel
1617 vi fu martirizzatocon altri religio-
si. Altre notizie si possono trovare ne'ci-
tati articoli. Iti una recente statistica del-
le missioni cattoliche in tutto il mondo,
leggo che l'ordine de'predicatori è diffu-
so in 34 missioni, con padri e vescovi. O-
vunque e sempre itigli di s. Domenico si
portarono risoluti di piantarvi la croce
del Redentore o di lasciarvi per suo amo-
re la vita. Attualmente i domenicani esi-
stono nelle seguenti missioni. Inghilter-
ra, convento e missione. Irlanda 1 3 con-
venti. Olanda 1 4 stazioni. Russia, oveso-
no il principal sostegno della fede catto-
lica, hanno 53 conventi, come in Pietro-
burgo, Vilna, Riga, Smolensko, Lituania,
ec. : religiosi sacerdoti e novizi 107, co-
mesi legge in un catalogo impresso a Vil-
na nel 1 8 44 • Costantinopoli convento a
ioa PRE PRE
Calala. Smirne ospizio. Naxiail vescovo, quali non solo approvarono il suodisegno,
Mossul e Kurdistan, missione e prefetto ma conlribuironoanche moltissimo per la
apostolico. Cina un vicariato apostolico, fabbrica del monastero, cbe in poco tem-
due vescovi, 17 religiosi, parte europei, pò con chiesa dedicataa s. Maria fueret-
parle indigeni. Tonkino due vicariati a- lo in Provilla, luogo situato tra Carcas-
postolici, 4 vescovi, 46 religiosi sacerdo- sona e Tolosa un 4.°di lega da Fanjaux,
ti e novizi. Macao casa di procura. Fi- dolalo a sufficienza dalla pietà de'fedeli.
lippine isole, un vescovo, 4f) parrocchie, Pertanto nel giorno di s. Gio. Evangeli-
circa 200 religiosi: missioni tra'moiifi- stai2o6 vi furono introdottei 1 donzel-
hppini delle montagne di Guajangan, di le, 9 delle quali già convertite dal santo,
Mayoyao, di Yleab-bon, di Aua, ed al- che tutte vestì colle proprie mani, e die-
tre. Capo di buona Sperauza un vesco- de loro ad osservare la regola delle Ca-
vo e missionari: lo stesso nella Gujana nonichesse di s. agostino, con l'aggiunta
inglese. Stati Uniti 3 conventi, 9 stazio- di alcune particolari costituzioni, confer-
iti, 2 monasteri di monache educatrici, mate poi da Gregorio IX. Comandò Io-
ed un vescovo a Nashville. California il ro l'osservanza della clausura, rigoroso
vescovo di Moutrey e missionari. Nell'A- silenzio, evitare l'ozio col filare lana e li-
merica meridionale vi sono altre missio- no per gli usi del monastero, ed avendo-
ne Vedasi, De Martyr. Sinens. ordinis ne preso la direzione ne restò priore fi-
Traed. Commentai rais. P. Alberto Gu- no al 12 16. Quando si dovea allontana-
glielmotli de'predicatori, Memorie delle re da Provilla , ne commetteva la cura
missioni cattoliche nel regno del Tunchi- a fi\ Natale ed a fr. Guglielmo Clareli.
no o sieno brevi notizie degli alti de' mar- Stabilì inoltre , che alcuni de' suoi frati
tiri, e delle persecitzioni}ehe si sono levate abitassero vicino al monastero, in un con-
111 fjiiel reame contro alla Chiesa di Dio vento distinto e separato, non solo a fine
e contro ai missionari dell' ordine di s. di prestar loro ogni aiuto nelle cose spi -
Domenico, Roma x 844- rituali, ma ancora nell'amministrazione
,1 1 j ,. ,. „ . de' beni temporali , che in breve furono
Del secondo ordine di s. Domenico o . , ,. \ . 1 •• .1
, , . ... loro donati da molti di voli, particolar-
monacne domenicane e loro chiese in , .., . i- tv 1 „ «k.
„ . meule dall arcivescovo di ISarbona che
nel 1 207 donò ad esse la chiesa di s. Marti-
Meutre s. Domenico attendeva con no di Limoux con tutte le rendite che le
fervore e zelo alle missioni per gli ereti- appartenevano in quel borgo e in quel-
ci albigesi (come già dissi), e molti di lodiTax. Vivevano delle medesime re 11-
quesli de'due sessi per le di lui prediche dite le mouache e i frati destinati alla
e miracoli si convertivano alla fede, ve- loro assistenza, e sebbene le religiose pre-
mendo che molli cattolici, anche nobili, stavano ubbidienza al priore, nondime-
per essere stali spogliati dagli eretici nel- «0 aveano la pi iora, la prima delle qua-
le sostanze, si riducevano alla necessità li e costituita da s. Domenico fu Guglie!'
di consegnare le loro figliuolead altri al- metta di Fanjaux che governò il mona-
bigesi per l'alimento e 1' istruzione, con stero di Provilla sino al 1225. Fioriva
manilèsto pericolo di sovversione, pensò quivi l'osservanza della regola e delle co-
di fondare un monastero per collocarvi sliluzioni,esercilandovisi le più belle v'ir-
le donzelle. In Linguadoca ne parlò col tu, il buon odore delle quali trasse inol-
suo vescovo d'Osimi Azebedo, con Ber- te nobilissime vergini a prendervi l'abi-
ti andò arcivescovo di Narbona, con Fol- lo, le quali si aumentarono in modo che
co vescovo di Tolosa e con altri perso- bisognò decretare non superassero il nu-
nuggi umauli della religione cattolica, i moro di 100. Anzi si diffuse tanto la fa-
PRE
ma della lorosanta vita, che dopo pochi
anni furono fondati parecchi monasteri
in diverse città e luoghi di Francia, d'I-
talia e di Spagna, particolarmente dopo
la fondazione di quello di Roma, da cui
uscirono le monache per stabilirne altri
io o 12. Poscia la superiora la nomina-
va il re di Francia , e la prima ch'ebbe
tale onore fu Giovanna d' Amboise , la
seconda Maddalena di Borbone, dopo le
quali fu governato da due principesse del-
la famiglia reale. Queste religiose e altre
simili si dissero del secondo ordine di s.
Domenico, benché fondate prima dell'or-
dine de'predicatori, per dare giustamen-
te a questi la precedenza , chiamandosi
del primo ordine, mentre per il tempo
della fondazione tale dovrebbe dirsi quel-
lo delle monache. Fino al 1 2 1 8 s. Dome-
nico non fondò altri monasteri di don-
ne , ma in quest' anno avendo avuto in
Roma da Onorio III la commissione di
raccogliere in un luogo solo molte reli-
giose, che sparse per la città in piccole co-
munità, come le monache di s. Bibiana,o
case private, vivevano poco regolarmen-
te, ed avendo il santo ceduto loro il con-
vento di s. Sisto , venne questo ad esse-
re il 2.0 monastero da lui fondato per le
monache. Toccai superiormente quanta
fatica durò s. Domenico per effettuare
siffatta riunione, come della resistenza di
quelle che dimoravano nel luogo detto
s. Maria della Torre presso la chiesa di
s. Cecilia di là dal Tevere, ov'era una di-
vota immagine della B. Vergine in mol-
ta venerazione del popolo romano; e poi-
ché una delle ragioni che alimentava la
loro ripugnanza era di non voler abban-
donare la sagra immagine, avendo il Pa-
pa accordato di trasferirla a s. Sisto, ve
la portò di notte s. Domenico accompa-
gnato da due cardinali e da molti divo-
ti , i quali lutti incedevano con fiaccole
accese e piedi nudi, siccome scalze per ri-
verenza la riceverono le religiose. Queste
subito furono confermate nel santo pro-
posito, particolarmente per lo strepitoso
PRE io3
miracolo operato da s. Domenico a' ao
febbraio nel di delle Ceneri, giornodel lo-
ro ingresso (altri lo stabiliscono a'24 do-
menica 1 .a di quaresima), alla presenza di
esse e de' cardinali Conti, Romanis e Ste-
fano di Ceccano, nel risuscitare nella chie-
sa il nipote di questi Napoleone Orsini,
fracassato nelle membra per orribile ca-
duta da cavallo, dopo aver celebrato eoa
lagrime la messa, acconciate le membra
nella naturale situazione, e ad alla voce
chiamato nel nome di Gesù Cristo : laon-
de restandone sbalordite anche le mona-
che , si sottomisero pienamente alla sua
ubbidienza e alla perpetua clausura. Ne
assunse il santo la direzione, ed avendo
loro prescritto alcune regole proprie della
vita religiosa, si vide presto fiorire tra
esse ogni virtù, massime la povertà, cui
si obbligarono volontariamente, dovendo
ciascuna donzella il 4-° giorno dopo la
sua accettazione in s. Sisto rinunziare a
tutti i beni che possedeva o potesse pos-
sedere. La i." che vestì l'abito, simile a
quello che dopo la visione del b. Regi-
ualdo assunsero e portano i frati e mona-
che dell'ordine, a riserva del cappuccio,
in vece del quale le religiose hanno un
velo nero posto sopra altro bianco, fu la
b. Cecilia Cesai ini romana priora del mo-
nastero di s. Sisto, da dove con permes-
so di Gregorio IX uscì nel 1 2 33 per fon-
darne altro a Bologna, in cui morì san-
tamente di 89 anni nel 1280. Che se le
monache domenicane del monastero di
Roma non furono fondate primadi quel-
le di Provilla, però prima di queste ve-
stirono l'abito, che tuttora usano le do-
menicane. Ilp. Bonanni nel Catalogode-
gli ordini religiosi , delle Vergini a Dio
dedicate^ a p. 46 e 47 riporta le figure
della monaca senza cappa e con questa,
avvertendo che le monache assumono la
cappa nelle funzioni sagre e quando ri-
cevono la ss. Eucaristia. Il GarampijTI/e-
morie della b. Chiara di Rimini, p. i35
e 1 40, parla del colore dell'abito di que-
st'ordine e del terzo. Le religiose del se-
io4 PRE
condo ordine di s. Domenico hanno mo-
nasteri in tutte le parti del mondo, sog-
getti quasi tulli ai superiori dell'ordine,
ed alcuni soltanto agli ordinati de' luo-
ghi ne'quali sono fondati. In vigore del-
le loro costituzioni ad esse non è lecito
mangiar la carne fuorché nelle malattie;
è loro vietato l'usodellino nelle camicie
e ne'lenzuoli, i quali devono essere di la-
na; sono tenute a digiunare in tutti i ve-
nerdì da Pasqua fino alla festa dell' E-
saltazione della Croce, ec. , ed oltre l'uf-
fìzio divino hanno da recitare in coro
quello della Madonna. Nel secondo ordi-
ne in grandissimo numero fiorirono le
sante e le heate, e per la prima meritò
gli onori dell'altare s. Agnese da Mon-
tepulciano; sono innumerabili quelle che
vissero santamente, ornate di tutte le vir-
tù, contandosi fra queste monache indi-
vidue di sangue regio e di nobilissimi li-
gnaggi, di tutto trattandone gli storici e
biografi dell'ordine rammentati di sopra,
oltre gli scrittori degli ordini religiosi e
precipuamente ilp. Helyot. Ecco le chie-
se che hanno in Roma le domenicane.
Chiesa de' ss. Domenico e Sisto. Nel
rione Monti, sulla punta del Monte Qui-
rinale già detto Colle Laliaris. Ne' voi.
Il, p. 68, XI , p. 43, XIII, p. 45 e 46,
narrai che divenuta insalubre l'aria ove
abitavano le monache domenicane in s.
Sisto, massime dopo il sacco di Borbone
del 1527, per essersi spopolato il sito, s.
Pio V con la tassa dell' anello cardina-
lizio ed altre somministrazioni di scudi
1 0,000 d'oro eresse un piccolo monaste-
ro con chiesa annessa, indi quivi passa-
rono le religiose, portando con loro la
suddetta miracolosa immagine di Maria
che dicesi dipinta da s. Luca e illustra-
ta da quelleoperechecitai : di questa da-
rò un cenno coll'autorilà del Torriggio,
Ilistoria della ven. immag. di Maria V.
posta nella chiesa del monastero delle RR.
monache de' ss. Sisto e Domenico di Ro>
ma, ivi 1641. Un pellegrino da Gerusa-
lemme la porlo in Roma («embra prima
PRE
de' tempi di s. Gregorio I, imperocché
questo Papa la portò in processione nel
giorno di Pasqua, con quelle della basi-
lica Liberiana e d'Araceli), e da esso per
visione l'ottenne il pioTempuio, il quale
la ripose nella chiesa dis. Agata in Tras-
tevere, che poi prese il nome di s. Ma-
ria delle Grazie per quelle che faceva, e
in Torre (forse per quella accanto eleva-
ta nell' 848 da s. Leone IV in ripa del
Tevere, poiché al presente lachiesina di
s. Maria in Torre, dai marinai chiama-
ta s. Maria del buon viaggio, rimane con-
giunta all'ospizio apostolico, dal lato che
guarda il fiume) o Tempulo, apparte-
nente alle monache benedettine. Papa
Sergio 111 del go4 la fece trasportare al-
la basilica Lateranense, ma nella seguen-
te notte prodigiosamente l'immagine tor-
nò nella sua chiesa , onde il Papa donò
ricchi assegni al monastero, e si aumen-
tò la divozione per essa del popolo roma-
no; restando pel patrocinio suo le mona-
che in s. Sisto esenti dalle barbarie del
mentovalo saccheggio. Terminato sotto
GregorioXIII l'edilìzio del monastero a-
gli 8 febbraio i5j5 visi trasferirono da
s. Sisto 62 monache colla santa imma-
gine, collocandola poi nella chiesa ove si
venera a'3o luglio 1640 con solennissima
pompa, in cui prese parte tutta la città,
ed il capitolo Vaticano nel 1 64 J la coro-
nò con corona d'oro, come si legge in Bom-
belli, Raccolta delle immaginii. 3, p. 5 r .
A p. 5g parla della coronazione seguita
nel 1647 dell'altra miracolosa Madonna
delle Grotte, egualmente portala in que-
sto luogo da s. Sisto, il cui Bambino la
B. Vergine nel 1570 pose nelle braccia
di suor Filippa. Quando s. Pio V con-
cesse questo sito , esso apparteneva alle
monache terziarie domenicane di s. Ma-
ria della Neve, le quali si ritirarono in-
sieme con altre terziarie dell'ordine dette
le monache di s. Caterina, che abitava-
no vicino alla chiesa di s. Maria sopra
Minerva, in una casetta ov'era morta la
santa : dipoi queste religiose con l'aiuto
PRE
di Porzia Massimi eressero un nobile mo-
nastero sotto il titolo di s. Caterina da
Siena, e commutando il 3.°ordinecol a.°
ne professarono la regola. Avendo tro-
vato le monache di s. Sisto un ampio lo-
cale da potervi innalzare una comoda fab-
brica, diedero subito mano all'opera, for-
marono un nobile interno coro o chiesa,
che arricchirono di reliquie e della mano
di s. Caterina, collocando sulP altare la
detla immagine di s. Maria delle Grotte j
ed in vece della precedente chiesuola con
un solo altare (secondo Martinelli, Roma
sacra , p. 36g, era dedicata a s. Maria
e giuspatronato di Nicola Conti signore di
Poli), dierono principio a quella che no-
bilissima si ammira, trasferendovi anco-
ra dalla chiesa di s. Sisto un antico Cro-
cefisso trafitto con 4 chiodi, che si crede
già esistesse a s. Sisto quando consagrò
quel tempio s. Silvestro I in onore di s.
Sisto 1 1; queste monache posseggono e ve-
nerano altra immagine della B. Vergi-
ne detta di s. Aurea per esservi dipinto
ai lati il suo martirio. Quanto alla chie-
sa di s. Maria in Torre o Tempulo, fu
data ai dottrinari di s. Agata nella stes-
sa regione. Inoltre il Torriggio parla del
monastero di s. Sisto e suoi benefattori,
principalmente Onorio III , Innocenzo
IV, Benedetto XI, Gregorio XI;che Eu-
genio IV vi riunì le benedettine del vi-
cino monastero di s. Cesario ; che Leone
X vi riunì le domenicane di s. Aurea del
monastero posto a strada Giulia nel luo-
go detto Castrimi Senensej che anche le
«benedettine del monastero de' ss. Cosma
e Damiano in Trastevere furono traspor-
tate in s. Sisto ed unite alle domenica-
ne, dicendo pure de'divoti della B. Ver-
gine che si fecero oblati nel monastero
di s. Sisto. Prosperando il monastero dei
ss. Domenico e Sisto, per la purezza del-
l'aria si aumentò il numero delle signore
romane, laonde ora si compone di qua-
si tutte nobili. Ed è perciò che neliGi i
ampliarono decorosamente il monastero
sutlo Paolo V, quindi nel pontificato di
PRE io?
Urbano Vili riedificarono eziandio ma-
gnilicentemente la chiesa, con facciata
esterna di travertino e con architettura
di Vincenzo della Greca, cui si ascende
per doppia grandiosa scala. Entrando in
chiesa nella i.a cappella a sinistra Roma-
nelli dipinse il quadro della Madonna del
Rosario , s. Domenico e s. Caterina ; la
tavola dell'altare seguente si crede d'Al-
legrini ; il Cristo in croce della cappella
che segue è copia d'altro quadro del Lan-
franco. La tribuna era stata colorita da
Baglioni,che vi avea rappresentati i fat-
ti di s. Domenico; oggi però si vedono a
fresco di Baldini la battaglia , di Genti-
le l'Evangelo di s. Domenico illeso nelle
fiamme mentre i libri degli eretici resta-
no consunti. Del Gentile sono pure le pit-
ture che decorano l' immagine della B.
Vergine delle Grazie trasportatavi da s.
Sisto. Le pitture della volta e della tri-
buna sono di Canuti , e figurano la glo-
ria dell' ordine de' predicatori , espressa
nelle immagini del fondatore e delle san-
te domenicane. Nella cappella seguente
Mola rappresentò s. Domenico portato
a Soriano da tre sante. Il s. Pietro mar-
tire nel seguente altare è un'imitazione
di quello del Tiziano. Nell'ultima cappel-
la architettata da Bernini , le statue del
Redentoree della Maddalena sonodi Rag-
gi. In questa chiesa, che risplende per mar-
mi, pitture e stucchi a oro, si celebrano
le feste di s. Domenico a' 4 agosto, di s.
Sisto II a' 6; ed il senato romano ogni
quadriennio fa l'oblazione del calice d'ar-
gento con torcie di cera.
Chiesa dis. Caterina da Siena a Mon-
te Magnanapoli. Nel rione Monti, nella
contrada detta ne' tempi bassi Dalnea
Pauli, per esservi ivi stati i bagni del con-
sole Paolo Emilio, sulla quale etimolo-
gia Cancellieri die erudite notizie uè Pos-
sessi e nei Mercato. Il contiguo mona-
stero contiene quell'alta e gigantesca tor-
re d'ottima costruzione, di cui parlai nel
voi. XVII, p. yo ed altrove. Conti e Ric-
chebach , Posizione geogr. de luoghi di
io6 PRE
Roma, p. 77, la dicono eretta sotto In-
nocenzo III verso il i2i5, perciò poste-
riore a Nerone, del quale il volgo le ha
dato il nome; ma altri l'attribuiscono al
12 io e a Pandolfo della Suburra sena-
tore di Roma; certo è che la sua forma
la dimostra eretta in tempo di fazioni ci-
vili. 11 monastero ebbe origine da quello
di s. Caterina, che accennai nel preceden-
te articolo, e lo fondò nel i563 Porzia
Massimi figlia di Luca e di Virginia Co-
lonna , la quale rimasta vedova di Gio.
Ranista Salviali neli573 vi si rinchiuse.
Narra Novaes, nella Vita di Gregorio
XIII , che volendo stabilire il collegio
de'.neofiti o catecumeni nella casa ove già
•visse e morì s. Caterina da Siena, levan-
do le monache che ivi erano sotto V in-
vocazione della santa, edificò loro un mo-
nastero più comodo nel Monte Magna-
napoli. Avrà forse ingrandito quello del-
la Massimo, o con essa contribuito po-
tentemente all'edificazione e sistemazio-
ne. Quando il Panciroli nel 1600 pub-
blicò i Tesori nascoiti, era del 3.° ordi-
ne, poi lodivenne del i.° La chiesa fu rin-
novata ne'primi anni del secoloXVIIcon
architettura di Gio. Rattista Soria e con
facciata di travertino. L'interno è orna-
to di marmi e di stucchi dorati. Nella i.a
cappella a sinistra Nelli dipinse s. Nicola;
i 3 Arcangeli nella cappella seguente sono
di Fabio della Cornia, ma le pitture del-
la volta sono di Tedesco. Nella 3/ cap-
pella vicino alla sagrestia, Passeri colori
la B. Vergine del Rosario, nella volta Spe-
ranza vi espresse variestoriedellass. Ver-
gine; il sott'arco fu dipinto da Ruggieri.
1 due ovati sopra la sagrestia sono di Pas-
seri. L'altare maggiore decorato di 4 co-
lonne di marmo bianco e nero, fu edificalo
coi disegni del maltese Cafa , che vi scol-
pì ancora in rilievo la statua di s. Cate-
rina che è il più bello ornamento della
chiesa. Nella cappella seguente s. Dome-
nico che risuscita il fanciullo è di Pucci-
ni, del Vasconio sono i freschi. La glo-
ria con vari santi nella cappella appresso
PRE
sono pitture di Garzi. Tutte le pitture
dell' ultima cappella di s. Maria Madda-
lena, effigiata in atto di comunicarsi, so-
no di Luti. La chiesa fu consagrata nel
1640 e vi si celebra la festa della santa
titolare a'3o aprile o la domenica dopo.
In tempo del governo imperiale france-
se, nel monastero fu collocata la fabbri-
ca de'tabacchi; ma dopo il ritorno di Pio
VII vi furono ripristinate le monache.
Ad Adoratrici perpetue del divin Sa-
cramento, nel vol.XLII, p. 58 ed altrove
riportai come Gregorio XVI concesse a
tali monache il monastero e chiesa di s.
Maddalena al Quirinale nel 1 838, trasfe-
rendo le poche religiose domenicane ga-
votte che l'abitavano in questo di s. Ca-
terina: il monastero neh 58 1 l'aveva e-
retto Maddalena Orsini e vi prese l'abi-
to religioso , quindi sotto Clemente XI
fu rifatta la chiesa con disegno di Borio-
ni; il quadro dell'altare maggiore è del-
la scuola de'Caracci, la volta e le lunette
di Garzi; il senato ogni quadriennio fa
l'offerta del calice e delle torcie.
Chiesa della ss. Annunziata. Nel rio-
ne Monti all'Arco de' Pantani, presso gli
avanzi del tempio di Marte Ultore e del
recinto del foro d' Augusto, già sagra a
s. Basilio e dei monaci del suo ordine. A
quanto dissi ad Annunziata monache, a
Neofite per quelle che vi sono, colloca-
tevi nel 1 566 da s. Pio V, e nel vol.XL VI I,
p. 271, 274, 275, aggiungerò, che nel-
la chiesa il quadro dell'Annunziata del-
l'altare maggiore è di Lapis da Cagli; le
pitture a fresco all'intorno sono di Moti- .
tagna : i quadri degli altari laterali dis.
Basilio, dis. Gio. Battista e di s. Giaco-
mo l'eseguì Consolano. Oltre la festa ti-
tolare a'25 marzo, vi si celebra quella di
s. Basilio a' 1 \ giugno.
Del ter z ordine di s. Domenico.
Gli albigesi sovvertendo i cattolici per
trarli ai loro errori, se non riuscivano sfo-
gavano la loro rabbia con crudeltà inau-
dite e con violenze, sagrificando le [ter-
sone e spogliandole de' beni. Lo zelo di
P II E
cui s. Domenico ardeva perla chiesa cat-
tolica e pei suoi figli lo spronò a porre ri-
medio a tanti mali. Dopo averne delibe-
rato con persone savie e zelanti della reli-
gione, si determinò di fondare nel 1209
o 12 io un terz'ordine ovvero una santa
milìzia oordiuemilitareintitolatodi Ge-
sù Cristo , il cui articolo citai in princi-
pio, composto d'uomini di provota virtù,
obbligo de' quali fosse di prender le ar-
mi e combattere secondo i bisogni della
Chiesa per opporsi alle usurpazióni e uc-
cisioni degli eretici, e per la difesa e ricu-
pero de'beni e diritti delle chiese. L'ab-
bandono quasi generale cui si vide tal-
volta ridotto Simone di Monfort coman-
dante de'crociati, per la partenza di que-
sti , fu altro motivo di stabilire questa
milizia, in cui il conte volle esservi rice-
vuto, come si rileva da un breve d'Inno-
cenzo III de*28 giugnoi2io. Vi ammi-
se s. Domenico gli uomini eziandio am-
mogliati, ma con di verse cautele, affinchè
il loro impegno non potesse pregiudica-
re alla pace e tranquillità delle famiglie,
non dovendo tornare a danno de' parti-
coiai i lo stabilito pel bene comune. Vo-
lendo le spose e le figlie di quelli chea-
veano abbracciatoquesto terz'ordine, ol-
tre avere dato il loro consenso, eziandio
partecipare al fruttospirituale degli eser-
cizi e buone opere loro, s. Domenico le
aggregò alla sagra milizia, acciocché an-
cora esse combattessero per la Chiesa con
orazioni e colla pratica delle virtù cristia-
ne e con opere di misericordia, onde si
chiamarono suore della milizia di Gesù
Cristo. Agli uomini e alle donne a voce
prescrisse una certa regola di condotta,
una forma d'abito bianco e nero per e-
sprimere l'innocenza e l'umiltà, ed alcu-
ne preghiere. Il fervore e buon esempio
furono cos'i efficaci, che molte vedove e
vergini fecero istanza d'essere annovera-
te nel terz' ordine, il quale divenne ben
presto celebre e si dilatò poi tanto, quan-
to l' ordine slesso de' frati predicatori.
Morto poscia il foudatore e ascritto nel
PRE 107
catalogo de' santi, determinarono, gli a-
scrittial terz'ordinedi farsi chiamare fra-
telli della penitenza; poiché essendo ter-
minati gli eretici e cessato l'istituto di
combatterli s non rimaneva loro altra
guerra che col nemico interiore e le pro-
prie passioni, laonde fu l'ordine della mi-
lizia di Gesù Cristo chiamato terz' ordi-
ne della penitenza di s. Domenico. Tra
le persone de'due sessi che in questa pro-
fessione seguitarono a vivere , vi furono
in grandissimo numero, commeiidevoli
per sublime pietà, ed appartenenti ad o-
goì ceto,ecclesiasticie laici, di cui gli an-
nali dell' ordine domenicano sono pieni
di elogi, massime pel gran numero delle
sinte e beate che diede questo terz'ordi-
ne. La i." che si meritò il titolo di bea-
ta fu la b. Margherita d'Ipri che abbrac-
ciò l'istituto nel 1228. Altre accese del
divino amore e a più alta perfezione a-
spirando,si separarono dal mondo, e sen-
za abbracciare lo stato religioso, ai loro
statuti aggiunsero la clausura e il volo
semplice di castità. La b. Emilia di Ver-
celli nel 1 255 fondò uno di quesli mona-
steri, di cui poi fu fatta priora dai supe-
riori dell' ordine , contribuendo col suo
esempio e saggio governo alla perfezione
d'un gran numero di vergini. Non aven-
do s. Domenico dato al suo terz'ordine
regola alcuna in iscritto, accadde che le
superiore de'monasteri o congregazioni,
e talvolta i loro direttori vi mischiarono
alcune pratiche, che non erano sempre
conformi agli statuti. Ad evitare la confu-
sione che ne proveniva, le suore d'Italia
pregarono il p. Muzio di Zamora 7. "ge-
nerale dell'ordine de'predicatori, di fis-
sare una perfetta conformità in tutte le
case e congregazioni del terz'ordine. In
quésta occasione la regola data das. Do-
menico di viva voce fu scritta, e distri-
buita poi da un successore nel 1 285 , e
fu chiamata la Regola del terz'ordine, che
approvarono neh4o5 Innocenzo VII, e
neh 43c) Eugenio IV. Adunque il terz'or-
dine di s. Domenico fu diviso in più va-
io8 PRE
mi ed ebbe diversi stati. Gli uomini fu-
rono i primi ad abbracciarlo: tra le don-
ne che vollero poi esservi ricevute, alcu-
ne si rinchiusero ne'chiostrie vissero po-
co differente dalle religiose, le cui auste-
rifa erano minori; tal sorte di monache
si moltipJicò assai in Europa e in Ame-
rica, essendo vere monache e religiose di
voti solenni. Sono però in maggior nu-
mero i terziarie le terziarie che nelle ca-
se de'Ioro congiunti, nel mezzo delle lo-
ro famiglie, procurano di santificarsi tra i
doveri della vita civile, con regolati eser-
cizi didivozioneecon una parte delle pra-
tiche del chiostro : nel numero di queste
terziarie furono s. Caterina da Siena che
contribuì alla restituzione della residen-
za pontificia in Roma ( per le cui stim-
mate fu grave questione sopita da Sisto
IV, mentre per quelle della b. Lucia di
Narni, pure del 3."ordine, si riconobbe-
ro); s. Rosa di Lima che per tutta I' A-
ruei ica diffuse il buon odore di Cristo ;
la b. Colomba da Rieti, la b. Benvenuta
Balani d'Udine, la b. Osanna Andreasis
di Mantova, s. Caterina Ricci, ealtre bea-
te. Verso il declinar del secolo XVII il
p. Piccini domenicano veneto istituì in
Conegliano un monastero di terziarie,la
I.* delle quali fu suor Giacinta Bosso ve-
neziana, le quali nel 1690 in Macerala
con essa fondarono quel monastero per
1' adorazione del ss. Sagramento, di cui
parlai nel voi. Ij p. 9 5, con austerissime
costituzioni. Più comunemente in Italia,
nella Spagna, nel Perù, in Avignone si
videro suore portare in pubblico l'abito
religioso, visitando modestamenteecon-
solando gl'infermi, gli afflitti, i poveri. Pel
buon odoredi santità e cristiane virtù, che
questo terz' ordine sparse nella Chiesa,
massime nel fervore del suo principio,
mosse Gregorio IX a scrivere al b. Gior-
dano 2.0 generale de' fra ti predicatori, per
ordinargli a coltivarlo sempre con dili-
genza e a dilatarlo di più. I successori O-
noriolV, Giovanni XXII, Innocenzo VII,
Eugenio IV , Sisto IV, Alessandro VI,
PRE
Giulio II, Leone X, Paolo III, s. Pio V,
Clemente Vili e Urbano Vili lodarono
assai il terz'ordine e gli accordarono di-
versi privilegi. BenedetloXIII nellabol-
la Pretiosus rinnovò le lodi date dai pre-
decessori e confermò lutti i privilegi, per
muovere più efficacemente i frati e le suo-
re a compiere sempre con fervore tutte
le obbligazioni della loro regola per la pro-
pria perfezione e ad edificazione altrui. Il
p. Bonanni, Catalogo degli ordini,^. 48,
riporta la figura della monaca domenica-
na del terz' ordine, vestita con tonaca e
scapolare bianco e manto nero pendente
dalla testa ai piedi, mentre sul capo usa-
no un velo bianco.
PREDIZIONI. V. Profezie.
PREFAZIO, Praejatio. Orazione che
precede immediatamente il Canone (P.)
della Messa (P.), parte di questa e qua-
si preparazione al sagrifizio o rendimen-
to di grazie a Dio per quanto è per e-
seguirsi. Dice Piscicelli, Riti della messa
par. 4> che la Chiesa venera tanto il ca-
none, come quello che in sé contiene l'a-
zione del sagrifizio, che prima abbia prin-
cipio, s'introduce colla Prefazione, la qua-
le per brevità chiamasi in latino Praefa-
tic (nel!' errata-corrige scrive Praepha-
tio), in italiano Prefazio. Nel rito gotico
il Prefazio è chiamato Immolazione, nel
mozarabico Illazione, e nel gallicano Con-
testazione. Gli scrittori di Liturgia (V.)
e insegnano che questa preghiera ed a-
zione di grazie che serve di preparazio-
ne alla consagrazione trovasi in tutti i vec-
chi sagramentari e nelle liturgie le più
antiche, come in quelle di s. Giacomo ,
di s. Basilio, di s. Gio. Crisostomo, delle
costituzioni apostoliche. Fino dal 3.° se-
colo s. Cipriano ne parlò nel suo tratta-
to dell' orazione domenicale, con queste
parole: Ideo,et sacerdos ante orationem,
praefatione praemissa , praeparal fra-
trum mentes dicendo, Sursum corda. I
padri del 4-° secolo ne fanno spesso men-
zione. Alcuni reputano autori del Prefa-
zio i Papi s. Dionisio del 261, o s. Leo-
PRE
ne Idei 44°> ° s- Gelasio I del 492, che
Durando, lib. 4, e. 33 dice che ordinò si
cantasse nella messa. Novaes afferma che
s. Gelasio 1 alle antiche Prefazioni del-
la messa ne aggiunse delle altre. Si leg-
ge nel libro Pontificale, che s. Gelasio I
ferii sacramenlorum Praefationes, et o-
raliones cauto sermone, onde alcuni cre-
derono essere stato 1' autore delle Prefa-
zioni; maLambertini, Del sacrifizio del*
la messa t. 2, par. 43 sez. I, n. 192, con
Gavanto , Bona e Meniti, opina che ciò
devesi intendere cosi, che s. Gelasio I ne
abbia fatte alcune, non già che sia stato
ili. "ad introdurre nella messa questa ora-
zione, facendosene prima menzione nel-
la liturgia di s. Giacomo, e nelle opere
di s. Cipriano e di s. Cirillo più antichi di
dello Papa; per lo che insegnano i men-
tovati scrittori, doversi attribuire questa
istituzione agli apostoli, ovvero agli uomi-
ni apostolici. Secondo la risposta di Pe-
lagio Il del £78 ai vescovi di Germania
e di Francia, cpist. 4, sono q le Prefazio-
ni, cioè 1.'1 del Natale, 2.a dell'Epifania,
3." della Quaresima e in tempo di digiu-
no, 4-3 della Croce, 5." della Pasqua, 6.a
dell' Ascensione, 7." dello Spirito santo,
8.° della ss. Trinità (la quale per decreto
di Clemente XI 11 de'3 gennaio 1 759, che
si legge nel t. 9 Decrel. S. R. C. n.° 1 602,
si deve dire in tutte le domeniche dell'an-
no, nelle quali non è assegnata Prefazio-
ne propria), 9/ degli Apostoli ( le quali
sono riferite nel can. Invenìmus, de cpns.
disi, i), ed a queste, al dire dello stesso
IVovaes, nel concilio di Piacenza aggiun-
se Urbano li nel iog5 la io.'1 della B.
Vergine (Bona, Liturg. cap. 1 o, § 3, e Di-
vina psaltnod. cap. i2,§ 2), ch'egli avea
composto mentre era cardinale (come di-
ce Poggiali nella Storia di Piacenza, seb-
bene altri l'attribuiscano a s. Brunone,
per cui Ruinarl nella Storia letteraria di
Francia, ne crede incerto l'autore), can-
tandola egli stesso nel celebrar la messa
nella chiesa di s. Maria di Campagna di
Piacenza, la quale non avea prima del-
PRE 109
la messa composta, ma in essa gli fu dal
cielo, ispirala, come riferisce Battaglili!
nel 1. 1 , Misi. um\>. Concilior. ad an. 5qo,
p. 3o2, e dallo Spirito sanlo, con istupore
di lutto il popolo presente, come vuole
Macri nella Not.de' vocab. eccl., a Prae-
fatio. Siccome poi diverse sono le feste
della Madonna, cosi la Chiesa a tenore di
queste feste comincia il prefazio proprio :
Et te in Assumptionej Et te in Nari la-
te, ec. In quanto alla festa della Conce-
zione (P\) soleva dirsi , Et te in Conce-
pitone,ma. Gregorio XVI permise e Pio
IX(F.)\\a poi prescritto che si debba di-
re, Et te in Immaculala Concepitone. I
francescani hanno unaPrefazionepropria
del sanlo loro fondatore, che fu compo-
sta dal b. Giovanni d' Alvernia, e la di-
cono nelle messe dei sanli»del loro ordi-
ne. Il Pagi nella Vita di Pelagio II, n.°
17, e Bona, Rer. litur. lib. 2, cap. io, n.°
3 , dubitano con gravi fondamenti, che
possono vedersi anche in Merali t. i,par.
I, n.° 6, della verità di questa lettera di
Pelagio II, ma certo è che ne' Messali
dopo 1200 anni non si trovano che le 9
Prefazioni riferite nel decreto di Pelagio
II, alle quali fu aggiunta dipoi un'anti-
chissima comune, che credesi di s. Gela-
sio I o di s. Gregorio I, e l'altra della B.
Vergine , laonde oggi sono 11 le Prefa-
zioni di cui si serve la chiesa romana. Ve-
dasi Giorgi, Liturgia Rom. Pont. Il Mu-
ratori nella Liturgia romana osserva, che
erasi finora creduto che prima di s. Gre-
gorio I avesse la chiesa romana molti Pre-
fazi e che altri ne aggiungesse quel Pa-
pa, altri ne riformasse. Laonde Bona re-
puta falsa la lettera di Pelagio li a'vescovi
suddetti, in cui asseriva che a que' tempi
la chiesa romana non usava che 9 Pre-
fazi, quindi ne verrebbe che s. Gregorio
I troppi più ne avesse fatti, il che non pa-
re verosimile in un Papa immediato suc-
cessore di Pelagio II e tenace delle sagre
costumanze. E siccome nel Sagramenta-
1 io di s.Gregorio I pubblicato da Menar-
dosonovipiù Prefazi, Muratori li dichia-
i.io PRE
io aggiunti, non da Grimoldo abbate o
da Roclrado prete, come altri dissero, ma
da A Icuino abbate, di die fa testimonian-
za Micrologo autore del secolo XI. I greci
non barino cbe una Prefazione, die si dice
in tutte le messe. I mozarabi hanno Pre-
fazioni proprie, nelle quali si parla o del
mistero della festa cbe si celebra , o dei
ineriti del santo in onore del quale si ce-
lebra la messa. Nei nuovi messali delle
diverse diocesi furonocollocati nuovi Pre-
fazi per tutte le solennità , composti sul
modello degli antichi. Nella liturgia del-
la cbiesa Ambrosiana a tutte le messe ,
fuorché ad alcune de' santi cbe l'hanno
comune, sono assegnati i Prefazi propri,
die si variano secondo la diversità delle
feste e de'giorni. Di molti di tali Prefazi
se ne fa autore s. Ambrogio, il di cui sti-
le in alcuni si ravvisa; sebbene poi altri
ne'secoli bassi siano stali intrusi assai sci-
piti e barbari, per cui furono nelle poste-
riori riforme levati dai messali. Vedasi
Fumagalli, Antich.Longob.Milan.t. 3.
11 Prefazio lo definisce Piscicelli ren-
dimento di grazie a Dio pel gran prodi-
gio, che in virtù delle divine parole è per
eseguirsi, mentre facendosi questo rendi-
mento di grazie imita la Chiesa il divino
istitutore, il quale prima di consagrare
nell'ultima cena il pane e il vino, ringra-
ziò l'eterno Padre, gratias agensfregil,
et dixit, ec, e per ringraziare degnamente
annunzia il sacerdote di bel nuovo al po-
pola la santa unioneconDio, mentre dopo
Je parole dell'ultima segreta, Per omnia
soccida saccidorum, stando in mezzo del-
l'altare e deposte sopra di esso le mani,
seguila a dire con voce alta Dominus
vobiscum (senza però rivoltarsi al popo-
lo, o perchè coll'aver detto prima Orale
fralres , si è come congedato da esso, o
perchè secondo le antiche liturgie serran-
dosi le porte del santuario e tirandosi pri-
ma del Prefazio alcune cortine attorno
all'altare, fu riputato inutile che il sacer-
dote si rivoltasse per salutare il popolo,
die non poteva vedere), ed immediata -
PRE
mente si risponde dal ministro o dai can-
tori pel popolo, Et cum spirila tuo: al-
za le bracciagià estese sino al petto in mo-
do che una palma guardi 1' altra e dice
Sursum corda; e gli si replica, grazie al
cielo abbiamo unito i nostri cuori al Si-
gnove}Habemus ad Dominumj per tan-
to bene adunque alza le mani sinoal pet-
to e poi l'unisce e solleva lo sguardo in al-
to, ripigliando il sacerdote, Gratias aga-
mus Domino Deo nostro, e tosto china
il capo alla croce; egli è degno, egli è giu-
sto, rispondesi, Dignum, etjustum est. Fi-
nite queste divote espressioni del popolo
per la voce del ministro o de'cantori, il
sacerdote alzate ed estese come prima le
mani incomincia o prosiegue come dice
Diclich il Prefazio, Vere dignum et fu-
stimi est. Quando dice, Per Christian Do-
minimi nostrum non china il capo ( lo chi-
na nella Prefazione della B. Vergine, e con
una inchinazione maggiore fa altrettan-
to verso la croce nel pronunciare il nome
Jesum, ciò cbe fa pure il ministro). Di-
cesi con voce alta e chiara o intelligibile,
essendo un fervore sincero, sì del sacer-
dote come del popolo, questo ringrazia-
mento che si fa al divino benefattore; e
non contenta la Chiesa della propria esul-
tanza in ringraziare il suoDio,invita an-
che gli angeli, come pure il cielo e la ter-
ra e gli uomini, acciò tutti dicano insie-
me: Sanctus Sanctus Sanctus. Dipiùs'in-
vitano gli angeli a cantarlo come Tri-
sagio {V.) e canto angelico, avendolo la
Chiesa preso da Isaia che rapito in ispi-
rilo 1' udì cantare alternativamente dai
serafini. Alle parole del trisngio, per de-
notare maggiore riverenza al santo dei
santi unisce il sacerdote le mani innanzi
al petto col capo chinato alquanto , ed
abbassa la voce, in modo però che sia u-
dito, e con questa variazione di voce in-
tende di risvegliare sempre più l' atten-
zione degli astanti, che è l'oggetto prin-
cipale della Chiesa , siccome il suonare
diesi fa del Campanello (V.), altro non
è che per avvertire il popolo darsi prin-
PRE
cipio dal sacerdote a quel canone che o-
perar deve il miracolo della transustan-
ziazione del pane e del vino in Corpo e
Sangue di Gesù Cristo, e quindi appli-
cati tutti a raddoppiare la riverenza, il
rispetto, il silenzio, la meditazione, dicesi
tre volte Sanctus per adorare Dio uno e
trino nelle persone (nelle messe cantate al
detto suono si unisce quello delle Campa'
ne per invitare i fedeli a trovarsi presenti
a Ila Consagrazione ed Elevazione dell' O-
slia). Segue il sacerdote a dire, ma sotto
voce : Dominus Deus Sabaoth, pieni sunt
coeli,el terra gloria tua, Hosanna in ex-
eelsis, ed erigendosi dice Benedictus tjui
venit in nomine Domini, e si fa il segno
della croce. \J Hosanna (a questo arti-
colo dichiarai perchè si dicedue volte con
quel che segue) in excelsis, ed il Dominus
Deus Sabaoth con quel che segue, che di-
cesi sotto voce, Pisciceli! è di parere es-
sere provenuto dalle messe solenni, in cui
cantandosi dal coro il Sanctus , il cele-
brante insieme coi ministri con voce bas-
sa lo recita. Si nomina Iddio Signore de-
gli eserciti, Dominus Deus Sabaoth,che
in ebreo significa armate ed eserciti, eia
Chiesa come le altre parole l'usa nel tra-
durla in latino, poiché è ben giusto a-
d ora re il Signore qual Dio degli eserciti,
perchè Egli cosi si gloriò nominarsi e si
compiace d'essere nominato dal popolo
eletto , e perchè Egli è padrone di tut-
tociò che vi è di bello , di delizioso e di
grande ne' cieli, e di tuttociò che nasce,
fruttifica e vive sulla terra , perciò sog-
giunge il sacerdote pieni sunt coeli et ter-
ra gloria tua. Ma l'amore e la gratitu-
dine di cui meritamente per Gesù suo spo-
so è ricolma la sua Chiesa, dopo il canti-
co in onore della sagrosanla Triade, non
le permettono si tralasci d'onorare in que-
sta occasione il suo Redentore, ed è per-
ciò che prosegue festosamente adireZte-
nediclus qui venit, ed a questo Benedictus
il sacerdote si erige nella persona e si fa
il segno della croce, perchè in questa il
Verbo umanato rese il dovuto onore al-
PRE ni
l'eterno Padre; al Trisagio s'inchina coti
riverenza perchè adora il gran Dio con
umiltà e tremore (cui allude il suono dei
campanelli degli orientali, come n olai nel
voi. XXV, p. 91), laddove il Benediciti*
eh 'è acclamazione di gioia (come rilevai
a Hosanna) esige azione festevole. Que-
sto inno o cantico, qaantunque di gioia
e di allegrezza, è slato ed è di sì gran di-
vozione, che la Chiesa ha stabilito che si
dica anco ne'giorni di penitenza e perfi-
no nelle messe de' defunti. Dato fine al
Prefazio , si dà principio alla grande a-
zione del sagrifizio e pertanto il sacerdo-
te alza le mani e gli occhi al cielo e di-
ce : Te igilur. 11 Diclich, Diz. sacro-litur-
gico, all'articolo Praefatio avverte, che
si dice come si trova notato nell'ordine
della messa : e quelle Prefazioni che si
dicono nella quaresima, nel tempo di pas-
sione enei tempo pasquale, o che vengo-
no assegnate come proprie fra le Ottave
(si eccettua però la festa di s. Gio. Evan-
gelista, nella quale sebbene abbia la pre-
fazione propria, pur si dice quella de Na-
tivitate, per antico uso della cappella pa-
pale.Si devono eccettuare eziandio la mes-
sa d' una feria privilegiata, come quella
delle litanie maggiori nella festa di s. Mar-
co , secondo la sua rubrica propria, e la
messa della feria 4-a delle tempora, che
occorre nell'ottava della Natività di Ma-
ria Vergine, nelle quali messe si dice la
prefazione comune, come decretò la s. con.
de'rili, la quale inoltre ordinò. » Qui in
sabbaio recitat officium B. M. Virginis
volens celebrare missam votivam de san-
cto,nondebet dicere Praefationem B. M.
Virginis, sed communem ". Le messe vo-
tive del s. Natale non hanno altra Prefa-
zione , che quella de Nativitate, per la
stessa ragione addotta per la festa di s.
Giovanni Evangelista), si dicono eziandio
nelle domeniche e nelle feste, che in quei
tempi si celebrano, purché le dette feste
non abbiano la Prefazione propria. Sefia
l'ottava di qualche festa occorra una fe-
sta delle maggiori, che non ha prefazio-
ii2 PRE
ne propria , si dirà quella dell' ottava ,
quantunque di essa notisi faccia comme-
morazione nella messa, Nelle messe si dice
la Prefazione propria, se l'abbiano; se poi
non vi siasi diranno quelle de tempore o
dell'ottava, fra la quale accaderà di cele-
brare la messo; altrimenti si dirà la Pre-
fazione comune. E' quando si celebra so-
lennemente qualche messa votiva per una
causa pubblica, allora si dirà la Prefa-
zione incanto solenne, come ne' Doppi.
Nelle messe de'defunti,in qualunque tem-
po, sempre si dice la Prefazione comu-
ne. Leggo nel Macri, che si deve dire il
Prefazio comune nelle vigilie di s. Gio.
Battista e de' ss. Pietro e Paolo, se ven-
gono fra l'ottava del Corpus Domini, co-
me decretò la s. cong. de'riti. Nola Can-
cellieri, Lett. sul Dominus, che l' antica
formola del Prefazio che comunemente
si dice, Domine sancte, Pater omnipotens,
aeterne Deus, è malamente interpunta
e cantata, dovendosi dire : Domine san-
de Pater (come Gesù. Cristo medesimo
pregando il divin Padre chiamollo Pa-
ter sancte), omnipotens aeterne Deus. Sul
Prefaziosi possono leggere, oltre i citati
scrittori, e gli articoli a questo relativi,
Musica sagra e Organo, anche Henr.
Gravius,Z?e rilibus antiquis Baplismi,
et Confessionibus, et Praefalionibus, Co-
loniaei53i. Fr. Ant. De Monelia, Sur-
sum corda, Bononiaei522. Barili. Bor-
snoei, De formula, Sur sum corda, dis-
seti, dune, Hafniae 1696, 1698. Adam
Rechenbergius, De formula Sursum cor-
da, Lipsiaei7o4elin ejus Exercit. ad N.
T., et Hist. Eccles. ^Lipsiae 1 707. Bingha-
miis, Deusitata Praefalione, dieta Sur-
sum corda, t. 6, p. 3o().
PREFETTO, Magister, Praeftctus.
Preposto, che è sopra gli alili, che tiene
ragione o grado di dignità. Un tempo vi
erano in Roma molte sorte di prefetti,
le cui funzioni erano assai diverse. Que-
sto nome sotto la repubblica era dato ad
alcuni magistrati della città ed ai gover-
natori d'Italia, i quali luoghi e giurisdi-
PRE
zioni perciò si dissero Pi <efetlure(F '.).V en-
ne l'impero, ed Augusto intitolò prefetti
i governatori delle provincie eletti da lui
e molti altri uiìi/.iali anche inferiori, che
aveano piuttosto il titolo di onore che im-
piego di prefetto. 11 Prefetto di Roma ( V )
era uno de'primi magistrati che la go-
vernava nell'assenza de're, de'consoli e
degl'imperatori. Il suo potere fu alquan-
to diverso secondo i tempi, ed ebbe un'au-
torità molto maggiore sotto gl'impera-
tori. Aveva soprattutto il governo della
città, di R.oma,ene trattai a Governatore
e Governatore di Roma. 11 Prefetto del
pretorio era il comandante della guardia
dell'imperatore e ne parlai a Porte di Ro-
ma, dicendo della Porta Pretoria e del Ca-
stro pretorio, il quale come alloggiamento
dei soldati pretoriani, era di verso dal luo-
go ove il Prelore(P.)ammhì\slva\a\a giu-
stizia: meglio è a vedersi Pretorio. Au-
gusto creò questa carica, che comandava
la legione pretoriana. Questo prefetto e-
ra ordinariamente dell'ordine de'cavalie-
i*i romani, ma dopo l'elevazione di Ma-
crino furono a tal carica scelti i senatori
o quei ch'erano stati consoli. Gli altri im-
peratori accrebbero considerevolmente il
suo potere, poiché divenne come l'arbi-
tro e il giudice sovrano degli affari, e po-
trebbe paragonarsi ai Maestri del pa~
lazzo che aveano anticamente tanto po-
tere in Francia. La prepotenza del pre-
fetto del pretorio giunse al colmo: lo inti-
tolavano chiarissimo, padre dell'impera-
tore; e di fitti l'imperatore era divenuto
il ministro d'un violento governo eletto
per la particolare utilità de'soldati, e si
videro parecchi prefetti del pretorio giun-
gereal seggio imperiale, facendo trucida-
re, quando pareva loro opportuno, colui
che l'occupava. Ma Costantino abolì le
guardie pretoriane e il pretorio di Ro-
ma, e per diminuire l'autorità del prefet-
to del pretorio divise l'impero in 4 parti,
cioè l'Italia, l'Illirio, le Gallie e l'Orien-
te, e creò un prefetto del pretorio per go-
vernare ciascuna di esse o per ainmini-
strarvi la giustizia e le finanze, senza ve-
runa ingerenza militare. Per tal modo la
carica del prefetto del pretorio, che nel-
l'origine sua era militare e presso a poco
simile a quella del generale di cavalleria,
Magisler equilum, sotto questo impera-
tore divenne una carica civile. L'impera-
tore Giustiniano I creò un 5.° prefetto del
pretorio per governare l'Egitto, che fu di-
viso dal governo d'Oriente dopo l'inva-
sione de' vandali, e riunito all'impero sot-
to un tale imperatore, ed invigilava per-
chè non mancasse al popolo la sussisten-
za. Questi 5 prefetti non aveano più il
comando delle armate; essi giudicavano
definitivamente gli affari e godevano di
lutti gli onori dovuti ai sovrani, senza a-
venie ne il nome né l'autorità, poiché
niente facevano senza il consentimento
degl'imperatori. Dopo di questi aveano
il primo posto, e tutti gli altri magistrati
ed i governatori di provincia erano loro
soggetti. Delle dignità dell'impero in Ita-
lia feci il novero nel voi. XXXVI, p. i85e
seg. coi diversi prefetti delle legioni e delle
provincie, e ne riparlai a p. 209 e seg. A.-
gli altri relativi articoli trattai delle digni-
tà e prefetti delle diverse regioni. Quan-
tunquegli edili (ne ragionai anche a Mae-
stri ni strade) fossero incaricali in Ro-
ma d'aver cura de' vi veri, ed il prefetto
della città ne avesse l'ispezione, nondi-
meno nelle glandi necessità e in tempo
di carestia o di fame creavasi un magi-
strato chiamato prefetto de'viveri, Prete-
feclus Annonae, il quale avea l'incarico
di comprare le vettovaglie nelle provin-
cie (così chiamavansigli stali e paesi con-
quistali fuori .d'Italia), di farle vendere
al popolo ad un prezzo ragionevole, e di
far punire coloro che facevano monopo-
lio per aumentarne il prezzo: ne parlai
in diversi articoli, ed anche a Povero.
Il prefetto dell'annona divenne carica e-
minente, quando gl'imperatori per tener
provveduta Roma de'viveri necessari, a
profusione ne distribuivano ai soldati e
ulla plebe, creduti da loro due grandi ap-
vot. tv. •«. __-^-
1Ù
P R E ni
poggi del potere, ciò che li rese insolenti
e disgustò le provincie donde si traevano
i generi necessari al sostentamento. Bene
ne scrisse Nicolai, Memorie sull'annona
di Roma. Eraviil Prefetto de'vigìli, di
cui tenni proposito a Pompieri. 11 Pie*
fedo de'fabri nelle legioni, essendovi nel-
l'esercito molti maestri legnaiuoli e di fa-
re i carri, di ferrari, di fabbricatori pei'
edificare lestanze per l'inverno, come pei"
fare le macchine, le torri di legno, le ar-
mi e le altre cose necessarie, de' quali
maestri il prefetto n'era capo. Prefetto del-
l'erario era il custode del tesoro, uffizio
che prima spettava ai pretori e da Nerone
fu attribuito a questi. Si disse Prefetto
dell'agricoltura l'ispettore ai lavori ru-
rali. Prefetto delle ale il primario uffi-
ziale delle ale degli eserciti. Il Prefetto
aurarium era l'ispettore delle miniere o,
comealtri vogliono,all'imposta detta Mu-
raria istituita da Costantino.il Prefetto
della flotta equivaleva ai moderni am-
miragli. Prefetto delle ferie latine si disse
quello che ne presiedeva la celebrazione,
e si sceglieva tra'palrizi. Il Prefetto della
giurisdizione era il nome de'giudici sta-
biliti ne'municipii; Prefetto de' naviganti
era il soprastante ai rematori di una na-
ve. Prefetto degli alloggiamenti dicevasi
chi curava la posizione del piano de'trin-
cera menti e di tutte le ispezioni de'cam-
pi. Il Prefetto della legione era un uomo
consolare che comandava agli eserciti iu
qualità di luogotenente. Il Prefello del-
l'Egitto detto Angus tale non era diverso
dai prefetti o governatori delle altre pro-
vincie,se non in questo, ch'egli conserva-
va la sua autorità sino a tanto che il suo
successore fosse entrato in Alessandria,
mentre per la legge generale il successore
di un governo esercitava il suo uffizio ap-
pena posto il piede nella provincia. Par-
tecipava a tutti gli onori de'proconsoli,
tranne i fasci e la pretesta; ed era sua
principal cura di spedire a Roma quella
quanti tàdi frumento che l'Egitto doveva
somministrare. Vedasi Emmanuele Du-
8
^ IX, _
i>4 PRE
ni, Origine e progressi del cittadino e
del governo civile di Roma, ivi ij63.
Con questo vocabolo sì denominarono
tlai Papi diversi uflìziali della s. Sede, ci-
vili ed ecclesiastici, uggendosi in Morcelli
la nomenclatura di molli nell'idioma la-
tino. Di questi titoli e uffìzi di prefètti ne
parlo ai loro articoli. I prefetti navali ,
di cui parlai nel voi. XLIIJ, p. 22 ed al-
trove, sono i più antichi uffiziali della s.
Sede che ebbero il titolo di prefetto, ve-
stivano coi piviali e portavano bandiere
corrispondenti alle insegne de' rioni di
Roma. Dal secolo XV ebbe origine il pre-
letto della Biblioteca Vaticana (ne'primi
tempi in uno a\V Archivio, presieduta dal
Primicerio della s. Sede, Vedi, poi dai
cardinali vescovi di Selva Candida, e lo
riportai a Porto), come notai a Bibliote-
cario dis. Chiesa, e meglio nel voi. XLII,
p. 24 '> cne ben presto ne fu aggiunto
altro, e sono gli odierni i.° e 1° prefetti
O custodi di detta Libreria. Egualmente
hanno il titolo di prefetto i bibliotecari
delle Biblioteche Casanalensee Angelica
(V.).Neì tribunale della Dateria aposto-
lica sono antichissimi il Prefetto dell'of-
ficio per obitum, il Prefetto del conces-
simi, jl Prefetto delle date (a Primicerio
dellas. Sede dissi ch'era incombenza sua
il datate le bolle e i Diplomi pontifìcii
colla formola, Dalum per manum N. Pri-
micerii, ingerenza che poi passò al Bi-
bliotecario di s. Chiesa), de'quali ragio-
nai nel voi. XIX, p. 123, i4', i43> J44-
All'antica carica del Prefetto dell' anno-
na e col medesimo titolo successe il pre-
lato Chierico di Camera (V.), pel quale
si può vedere anche Agricoltura e An •
kona. A detto articolo Chierici di Ca-
mera dissi del decano ch'è prefetto del-
l'ergastolo di Cornelo. Anticamente i se-
gretari de' Brevi (f\) etano prelati, con
titolo ili Prefetto de' brevi o della segna-
tura de brevi; avevano posto in cappella
«: l'uso del fiocco paonazzo al cappello,
quando pochi prelati lo potevano usare:
si vedanoi voi. Vili, p. Ì06, IX, p. 199.
PRE
Agli antichissimi Archivisti della Chiesa
romana (V.)} de'quali parlai ancora a
Notaro e in altri luoghi, degli Archivi
della s. Sede {V.), successero idue pre-
lati Prefetti dell'archivio Vaticano fon-
dato da Clemente Vili e da Paolo V, il
i.° de'quali perfezionò ancora quello di
Castel s. Angelo ch'ebbe pure il suo pre-
fetto, avendolo notato eziandio nel voi.
Xj p. 187 e j 88. Il Castellano di Castel
s. Angelo (V.) godeva talvolta anche il
titolo di prefetto del medesimo. A Ma-
rina, a Porti ed altrove notai che vi fu il
cardinal Prefetto delle pontificie galere,
e che il prelato Tesoriere (V.) esercitò
la carica di Prefetto o commissario del
mare o della marina pontificia, delle ga-
lere, fortezze, torri, porti, spiaggie o ripe
marittime. Di poi fu data la prefettura
ad un chierico di camera, anche col titolo
di Prefetto di Castel s. Angelo, indi suc-
cessero variazioni. Il prelato Maggiordo-
mo (V.) era prefetto de'ss. palazzi apo-
stolici^ èantico uffizio: il Papa che regna
ha diviso la prefettura, dichiarando un
cardiuale Prefetto de' ss. palazzi aposto-
lici, come riportai nel voi. L, p. 196. il
i.° de Maestri delle ceremonie pontifìcie
(/'.) ha il titolo di Prefetto delle cere-
monie pontificie. A Depositerà Urba-
ni rimarcai che n' è sempre prefetto il
cardinal camerlengo. A Congregazioni
cardinalizie trattai di tutte , inclusiva*
mente a quelle che più non esistono, in
uno alla loro origine che risale al stcolo
XVI, ad ognuna delle quali il Papa no-
mina per prefetto un cardinale, per cui
ad ognuna ne formai la serie, notando
nel voi. XVI, p. 1 38 e 139 ciò elle piti
particolarmente riguarda i cardinali pre-
fetti, i pro-prefetti, o chi ne fa le veci nella
loro assenza o impotenza : che il cardinal
Decano (fr.) è sempre prefetto del la con -
gregazioue ceremoniale; che la Congre-
gazione di propaganda fide ha 3 cardi -
nali prefetti, cioè il Prefetto generale, il
Prefetto dell'economia, il Prefetto della
stamperia, la quale prefettura suole e-
PI! E
sercitarsi dui primo.; che della Congre-
gazione della rev. fabbrica di *. Pietro
n'è sempre prefetto l'arciprete. NeHo stes-
so articolo notai pure che il Papa suo-
le ritenere le prefetture delle congrega-
zioni della s. romana ed universale in-
quisizione, della visita apostòlica e del-
la concistoriale, come per ultimi fecero
Gregorio XVI ed il regnante Pio IX.
Del resto il titolo di prefetto fu attribui-
to a diversi individui. Nel voi. XXXI V,
p. 3q dissi che il prefetto dell'immunità
ha ingerenza sulla cappella cardinalizia
di S.Tommaso. Quando Leone XI 1 si por-
tò nel 1828 al Collegio Urbano per una
novena, il cardinal Cappellai'! l'incontrò
e apri lo sportello della carrozza, come
prefetto di propaganda, benché ivi fosse
il decano del s. collegio; poi il cardinale
die la benedizione col Santissimo. Chia-
masi Prefello il superiore d' una delle
Prefetture delle missioni apostoliche^7 .);
Prefetto generale il superiore generale
de' Ministri degl' infermi (f^); ne' Col-
legi e Seminari quello che presiede agli
studi, ed altri ancora che sono preposti
a vari uffizi minori ; vi sono i prefetti del-
le congregazioni pie, degli oratorii, della
dottrina cristiana, ed altri.
PREFETTO DI ROMA, Praefectus
AlmaeVrbis. Primaria, nobilissima*; au-
torevole dignità della città di Roma, che
ebbe origine prima del senato romano
(7^.) e dei comizi, da Romolo i.° re dei ro-
mani, quando (come dice Dionisio d'Ali-
caruasso) ordinò alle tribù e alle curie che
ognuna eleggesse 3 senatori dentro alla
sua compagnia, uno n'elesse egli medesi-
mo per dar loro norma in affare di tanto
peso edichiarollo insieme senatore e pre-
fetto pei' governare la città quando egli ne
partisse coll'esercito. Questa dignità durò
per 23oo anni sino a Urbano Vili che
nominò l'ultimo prefetto di Roma, re-
standola dignità sospesa, ma non estinta.
Come Romolo creò il prefetto di Roma,
così sempre fu crealo dai re successori,
dal dittatore e dai consoli che nella re-
v u e 1 1 ;
pubblica tenevano luogodi principe, sen-
za consultarne il senato e fuori de'comizi.
Sotto i re la carica fu a vita, sotto la re-
pubblica e gli annui magistrati non ebbe
più tal durata, perchè niuna carica per-
petua avea luogo nella repubblica. L'es-
sere.il prefetto eletto dal principe fuori
de'comizi, non godendo perciò l'onore di
magistrato e perciò non avendo autorità
di consultare il senato e di radunare i co-
mizi, non poteva in conseguenza niente
deliberare o risolvere nelle grandi emer-
genze,adducendone le proveil Cenni con-
tro le asserzioni di Livio e le sue interpre-
tazioni. Solo nel dedinar della repubbli-
ca il prefetto ebbe l'autorità di radunare
il popolo e il senato in assenza de' con-
soli, prima essendogli stata contrastata.
Avanti di questa epoca la podestà del pre-
fetto consisteva nel comandare le trup-
pe destinate alla difesa di Roma e ad in-
vigilare sugli andamenti de'cittadini per
prevenire i disordi ni con avvisarne il prin-
cipe, ed a riparare a quegli sconcerti, che
senza senato e comizi potevano rimediarsi
con privata autorità e consiglio.Nell'anno
di Roma 3 1 2 colla formazione del poi tan-
to temuto magistrato de'censori si dimi-
nuirono per allora le brighe del prefetto,
indi nel 387 o 388 i tribuni con podestà
consolare, non partendo mai tutti daRo-
ma, tolsero il bisogno del prefetto, crean-
do il Pretore (F.), magistrato il più ri-
spettabile dopo i consoli, amministrando
nella loro assenza la giustizia in Roma,
solo restandovi il prefetto delle Ferie la-
tine (tr.), di cui feci cenno a Prefetto.
Risorse la dignità di Prefetto di Roma
quando Augusto sulle rovine della repub-
blica rinnovò il governo monarchico, imi-
tando e di gran lunga oltrepassando il
fondatore di Roma : giacché di questo le
disposizioni urbane si restrinsero entro
gli angusti termini de Monti di Roma
(f^.), da lui racchiusi nel circuito, dove
quelle d'Augusto riguardar doveano un
vastissimo impero e un'ampia illustre ca-
pitale di vaste proviueie in oriente eoe-
nG PRE
cidente. In quanto a Roma, col consiglio
dèi suo gran ministro Ciluio Mecenate,
egli la divise in proporzione della esten-
sione in i4 regioni o Rioni, ed assegnò
loro annui magistrati: ordinò anche Ita-
lia e la divise in 1 1 gran regioni con sta-
bilirvi 4 prefetture. Accrebbe alcuni dei
magistrati antichi e fra gli altri la pre-
tura, e ne istituì molli di nuovi; e tutti
questi magistrati, comprese le prefetture
<f/ta//<z, soggettai li al prefetto di Roma.
Mecenate fu il i.° ad essere crealo pre-
fetto e benché semplice cavaliere fu fatto
principe del senato, ed ebbe autorità e
giurisdizione in Roma e nell' Italia sen-
za limitarla all'assenza del principe. Inol-
tre Augusto al prefetto di Roma sottopose
tra tanti altri magistrati anche quello
della censura e della pretura, gli diede
il jus gladii, che fu un dichiararlo tri-
bunale supremo nel criminale, come lo
eia, in assenza del principe, nel civile,
invigilando col prefetto dell' annona pel
buon mercato e giustezza de'prezzi dei
"viveri, come uno degli oggetti di polizia;
però nell'accordargli il jus giaciti, salva
la di lui superiorità agli altri magistrali,
l'accordò pure a'consoli eda'pretori che
furono detti giudici massimi, determina-
zione che confermò Adriano nella sua
nuova ordinazione dell'impero. Quindi
sotto il successore Antonino Pio, l'anno
i 38 di nostra era, il prefetto Publio nella
causa di s. Felicita e de'suoi 7 figli fece
solamente il processo e altri giudici li
condannarono a morte o almeno fecero
eseguire l'imperiale condanna. Il che non
segui 1 6 anni dopo sotto M. Aurelio, che
anzi il prefèllo Urbicio nella causa di To-
lomeo e altri martiri, e Rustico in quella
di s. Giustino, in qualità di giudici con-
dannarono assolutamente a morte. Tale
usui pacione di potere l'aveano tanto este-
sa i prefetti nel 2.0 secolo, ch'ebbed' uopo
d'essere con precello imperiale ristretta
dentro a 100 miglia. Altro freno posto
a queste e altre usurpazioni fu quello di
avere ridotto gl'ingelositi imperulori a
PRE
magistrato annuo la prefettura; laonde
nel catalogo de'prefetti presso Bucherio
si osserva che dal 254 al 352 contiene
prefetti annui confermati talvolta sino al
3.° anno. Nondimenochi veramente fissò
il corso alle usurpazioni del prefetto fu
Costantino, il quale nella nuova generale
ordinazione dell'impero alzò in Roma un
tribunale al vicario del prefetto del Pre-
torio d'Italia, e venne per tal via a di-
videre la giurisdizione del prefetto di
Roma. Segui il di lui esempio Costanzo,
pochi anni dopo togliendo alla prefettura
il pregio d'esser singolare, con creare il
suo prefetto nella nuova Roma o Costan-
tinopoli, in cui non avea posti il padre
se non de'pretori. Scernimento tale d'au-
torità e d'onore che non sembra com-
pensato dal nuovo splendore che gli ac-
crebbe poi Valentiniano, preferendolo in
senato ai patrizi, consoli, consolari, pre-
fetti del pretorio e altri illustri. Decadde
vieppiù la prefettura nello smembramen-
to dell'impero, né valse l'emulazione di
Teodoi ico re de'goti a ristabilirla sul pie-
de primitivo; che invece succeduti nel
568 ai goti i longobardi, questi oscura-
rono affatto i magistrati romani e tulio
empirono di barbarie, ponendo quasi in
silenzio la prefettura; mentre appena due
soli prefetti in sì lungo tempo ci sono ri-
masti secondo Cenni (cinque pare nella
serie di Contelori, compreso s. Gregorio
I), ignorandosi chi li creava, com'erano
tornati ad essere perpetui, e quale autori-
tà ritenessero. Solo trovasi rimasta inalte-
rabile in essi la criminale giudicatura ne-
gli ultimi anni del regno longobardo.
Cenni ne'due prefètti non vi comprese s.
Gregorio I, non convenendo che avanti
il pontificato avesse esercitata la prefet-
tura, come alieno dal carattere del santo
il condannare; piuttosto con Giovanni
Diacono ritiene che fosse stato pretore,
convenendovi Noris. L' Almeloeven ag-
giunse ai fasti consolari la Serie rie Pre-
fetti eli Roma e eli Costantinopoli fino al
478 ; l'Eccardo pubblicò il Catalogo nel
PRE
t. i, Scrìptores medii nevi, inserito dal
devio nel t. 3, Thes. ant. Rom. Cassio-
doro e Salrnasio trattano della sua giu-
risdizione nelle regioni suburbicarie fino
a 100 miglia, e della facoltà di giudicare
nelle cause de'senatori e degli altri ro-
mani fino nelle provincie. Joh. Strau-
c\\'u\s,De cenlumlapidibus suburbicariis,
seu de Praefeetura Urbicaria, ad tit.
Digest, de Officio Praef. Urbis , Vit-
tebergae 1660 Arn. Drakenborgii, Dis-
sert.phil. histor. de Praefectis Urbi, 1 704
e Ultrajecti 1 752. Jo. Tob. Krebsy, Com-
mentatici de Praefecto Urbis romano, Li-
psiaei 747- Edoardi Corsini, SeriesPrae-
feclorum Urbis, ab Urbe condita ad an-
mini usane i353,sivea Christonato6oo,
colicela et illustrata, Pisis 1763. Difesa
per la serie de' Prefetti di Roma del p.
Corsini, contro la censura fattale sulle
Ossen>azioni del Giornale Pisano, in cui
la detta serie si supplisce in assai luoghi
e si emenda, Bologna 1772. Ne parlano
Y Effemeridi di Roma 1772, p. 33g. Let-
tera scritta a mg.r Guarnacci dall' ab.
Amaduzzi sopra la difesa per la serie
de' Prefetti di Roma del p. Corsini, Pisa
1 773. Lettera di Clemente Cardinali in-
torno la serie de' Prefetti di Roma redat-
ta da Eduardo Corsini, Velletri 1 836.
Fu riprodotta con Aggiunte nel voi. 2,
p. i5 e 235 degli Atti della società Ve*
Ulema. Oltre la controversia per questa
serie, nel t. 1 degli Annali leller. d'Ita'
Ha p. 4j si rende conto d' un'altra que-
stione insorta tra il p. Branda che soste-
neva doversi dire Praef. Urbis, e il can.
Irico che sosteneva doversi scriverePrae/!
Urbi.
Le relazioni principali tra' prefetti di
Roma ed i Papi, prima che questi dive-
nissero sovrani temporali, sono le seguen-
ti. Ermete del i32 circa fu convertito con
tutta la sua famiglia da s. Alessandro I
e patì glorioso martirio. Viene dai critici
tenuta apocrifa la lettera scritta da s. Dio-
nisio al prefetto Urbano. L'antipapa Or-
sicino fu cacciato da Roma <lai prefetti
PRE 117
Giovenzio o Vivenzio e Vezio Pretesta-
to: questo ultimo disse a s. Damaso I:
Fatemi vescovo di Roma e mi farò cri-
stiano. Gl'imperatori Valentiniano, Teo-
dosio ed Arcadio commisero al prefetto
Saluslio l'ampliazione e ornamento della
Chiesa di s. Paolo fuori le mura. II pre-
fetto Gracco del 383 ottenne il battesimo
da s. Damaso 7, a condizione di atterrare
la spelonca del dio Mitra, come fece. Il
prefetto Simmaco nel 4 ' 8, contro s. Bo-
nifacio!, favorì l'intrusione dell'antipapa
JStilalio,onde l'imperatore Onorio dando
ragione al Papa fu cagione che lui e altri
principi si frammischiassero ne\Y Elezio-
ne de'Pontefici. Il prefetto Germano in-
tercettò la lettera che s. Gregorio Iscrìsse
all'imperatore Maurizio acciò non appro-
vasse la sua elezione, ed invece gli mandò
il decreto di questa. Prima di parlare del-
la serie de' prefetti di Roma sotto i Papi
divenuti sovrani, dirò di sua creazione,
abito, ollicio, podestà, giurisdizione, pre-
rogative e altro. Felice Contelori, De
Praefecto Urbis,1\.omae 1 63 I, trattando
tutti i nominati argomenti, ecco come
descrive il ceremoniale col quale il Papa
creava il prefetto di Roma, e fu osservato
principalmente da EugenioI V, Sisto IV,
Paolo III e Urbano Vili. »» In pontificio
sacello praesente sacro cardinalium coe-
to, vel in aliquo tempio, qui praefecturae
insignibus donandus est, inter sacrorum
solemnia duobus ex procerum nùmero
primoribus utrinque associatusad Pon-
tificem ducitur: Tum flexis iu imo solii
gradus genibus ad ipsum accedit, pedi-
busque de more exosculatis nixus geni-
bus, fidei ac subjectionis juramentum
praestat: Inde ad solii imum regredieiis
consuetum pallium, sagumque exuit, ac
solio iterimi conscenso genibus iucubens
suarum vestium consecrationi interest,
dum a Pontifico veteri precatione pera-
gitur: Tum ab eodem dalmatica, cla-
mydeque induitur. Demum pileo capiti
imposito, ad osculimi oiis admittitur;
exinde a sacrarum caeremoniarum ma"
i.8 PRE
gistro in supremo solii gradu proxime
posi diaconum cai dinalem inibì adsiden-
tern ad Pontificis dexteram collocatur,
eisque ad sacri fìnem adstat paridi in-
cumbens. Mox Pontifìcera discendentem
assectatus pone pluvialis vestis oras su-
stinet. Postremo Pontifexeumdem non-
dum depositis magistrati^ insignibuse
pulo publice exceptum collocutioneque,
coram omnibus in scam.no sedentem di-
gnatusdioiittitjEtdemumsolemni pom-
pa revertitur, ut inferius dicetur ". Le
vesti del prefetto di Roma eletto dal Pa-
pa consistevano: nelle calze (za nchas, cai-
ceos),una tessuta d'oro, l'altra rossa; Ma-
cri le chiama scarpe preziose e ricamate:
nella forma che produsse Contelori sono
una specie di stivali allacciati nella par-
te anteriore della gamba cogli speroni
Nella tunica, dalmatica o funicella det-
ta anche veste senatoria, aperta dai Iati,
e secondo altra forma soltanto davanti,
con maniche corte e larghe di drappo
rosso,ricamata d'oro nelle aperture e nel -
laestremità. Nella clamide, o paludamen •
to, o pallio, o piviale, o manto prezioso
(come dissi nel voi. XL1I, p. i6S)holo-
serica punicea confeclum àuroque, rica-
mata d'oro intorno all'apertura davanti
e nell'estremità: tanto questo manto che
la tunica discendevano sino ai ginocchi,
e si legava il manto sull'omero destro con
legaccia d'oro. Nel pileo o tiara con co-
rona (ne parlai nel voi. XVII, p. 1 83),
o berretta ducale colle code pendenti, ros-
sa e ricamata d'oro con gemme nel cer-
chio, essendosi usata di forme di verse, co-
me di berretto frigio, di tiara e di mi-
tra chiusa , per cui Garampi nel Sigil-
lo della Garfagnana p. 75, scrisse che
da Benzone vescovo d' Alba si raccoglie
che nel secolo XI portava la mitra an-
che il prefetto di Roma. Nel voi. Vili ,
p. 117 e seg. narrai del suo interven-
to, per documenti de' primi del secolo
XII, alle sagre funzioni pontifìcie, vesti-
to di manto prezioso e calzato d' oro in
ima cianca e di rosso nell'altra, che as-
PRE
sisleva al soglio pontificio, che caval-
cava immediatamente dopo il Papa coi
giudici all'intorno, e riceveva il presbi-
terio di 20 soldi e la mancia per Natale;
ed a p. 222 che per la Candelora riceveva
la dispensa della cera anche la moglie del
prefetto, chiamata prefettessa , Praefe-
clissae, avendone parlato in diversi luo-
ghi relativi. Riceveva in cappella le can-
dele, le ceneri e le palme benedette prima
degli ambasciatorf: questi somministra-
vano l'acqua al Papa per la Lavanda
delle mani (V.)y ma l'ultima volta, come
la più degna, la versava il prefetto. In
cappella semper Praefeclum omnibus
post cardinales, illosque principe*, qui
in eodem scartino cardinalibus adsident,
sive clericis, sive laicis sine lilla contro-
versia anteferendum esse docent: neque
excipiunt praesules cujuscunique digni-
tatis ac muneris, etìam si sacris vesti-
bus induli sint. Tanto il prefetto che la
prefettessa aveano la parte di palazzo,
pane, vino, ciambelle, di che nel voi. L,
p, 2o5 e 206. Nel giorno della corona-
zione, così leggesi per Gregorio IX nel
1 227 che addestrava per la briglia il ca-
vallo su cui cavalcava i) Papa col Sena-
tore di Roma (P.), e per Bonifacio Vili
nel 1294, manto quod splendidus una
auri subcinclus caliga, subeinctus et una
scarle ti, ponendus erat Praefeclus,et al-
mae Urbis aposlolicum juxla, corni tan-
tibùs illuni judicibus coperti di piviale,
ancorché in questa funzione v'intervenis-
se Carlo 11 re di Sicilia e altri principi,
osservando Contelori che il prefetto pre-
cedeva il Papa o gli era al lato o imme-
diatamente lo seguiva. Altrettanto faceva
nel giorno di Pasqua cavalcando, e ne ri-
porta la figura (insieme ad altre tra tic
dai monumenti di Viterbo e Caprarola),
ricevendo 4o soldi o denari di Pavia, nec
raro quindecim sportulam, unumque vi-
ni, alterimi vero secundarii cadum ac-
cipiebat. Nella 4* domenica di quaresima
1 iceveva dal Papa in dono la Rosa d or,,
benedetta {V-), per avere accompagnato
PRE
a piedi il Papa e condolici per la briglia
il suo cavallo e sostenuto la staffa a guisa
<li Palafreniere [V.)} come fecero impe-
ratori e re, e nel modo che riportai nel
citato volume p. 277. Riferisce Borgia,
Memorie 1. 1, p. 41 2> parlando degli ar-
civescovi di Lione, che amministravano
il governo temporale pel senescalco, sen-
za interloquire nelle cause criminali e in
quelle massimamenteche esigevano pena
di sangue, per cui gli davano l'autorità
rog/ioscendi et defìniendi , nello stesso mo-
do che il prefetto di Roma, qui punien-
dis criminibus specialiter praeest, prae-
jeclurae suae auctoritatem a domino Pa-
pa recipere dicitur. Ut et in dominion
Laetare, expleta solemni processione, in
qua rosam auream idem summus Poti'
ti/ex circum portai, ipsum quasi prò de-
biti exequutione eadetn rosa remunerai.
Nel r5o6 Giulio II nel dì della Purifi-
cazione die la candela al prefetto prima
de'vescovi assistenti al soglio e del prin-
cipe di Macedonia. Nel precedente anno
e per tal funzione, reliclo majori cereo,
(pieni ad Pontificis dexteram lenebal, ce-
retini ab ipso minorem anteSalernitanum
principali acccpit, qui tanica accepcrat
ante praesides assistens. Ma devesi te;
ner presente che allora il prefetto era il
duca d'Urbino. Nel solenne ingresso che
fece Giulio II in Bologna cavalcava dopo
gli ambasciatori, sosteneva la fimbria o
coda posteriore del manto papale e lo co-
priva con l'ombrella. Nella processione
del Corpus Domini sostenne il lembo po-
steriore del manto di Giulio II nel recarsi
alla cappella e poscia incedette nella pro-
cessione dopo il principe di Macedonia,
cogli ambasciatori di Francia e di Vene-
zia : con questi sostenne l'asta del ponti-
ficio baldacchino quadrato. Il prefetto
interveniva alla solenne funzione della
lavanda de'piedi dell'immagine del ss.
Salvatore, istituita da s. Leone IV nel-
1' 847> come narrai ne' voi. IX, p. 83,
XLIX, p. 287. Al prefetto apparteneva
nel giorno di s. Andrea al Vaticano som-
PRE. 119
ministrare al Papa i cerei, era ammesso
al solenne convito e riceveva le decime.
Nelle funzioni che il Papa celebrava nel-
la basilica Lateranense, il prefètto vi as-
sisteva coi Giudici (F.) Palatini (f'-)j
con questi e altri primari uffiziali della
s. Sede ne'primi secoli interveniva a\VE-
lezione del Pontefice. Allorché l'impera-
tore veniva in Roma, il prefetto l'incon-
trava, e nell'ingresso della cittàsosleneva
l'asta del baldacchino quadrato, con quei
personaggi che indicai nel voi. XXXV,
p. 173 e 174: i conservatori di Roma
conducevano il cavallo pel freno, che nel
discendere prendevano il prefetto e il se-
natore, ed il i.° sorreggeva la staffa nel
discenderel'imperatore. Il prefetto di Ro-
ma nell'ingresso di Lodovico il Bavaro
lo precedeva; così nel 1468 quando tor-
nò in Roma Federico III, dopo il re d'Un-
gheria e Boemia cavalcava il prefetto or-
nato di sue insegne, seguito dall'impera-
tore in mezzo a due cardinali. Nella co-
ronazione dell'imperatore o quando con
solenne pompa fece il suo solenne ingres-
so in Roma, gli andava innanzi colla spa-
da imperiale nuda, come aveano prati-
cato cogl'im pera tori romani i prefetti del
pretorio, ed i proto-spatari con quelli di
oriente. Tanto eseguì nelle coronazioni
d'Enrico VII e Carlo IV. In Bologna per
la coronazione di Carlo V, nella splendi-
dissima cavalcata che in più luoghi de-
scrissi, Francesco M.a I della Rovere du-
ca d'Urbinoe prefetto di Roma fatto dal-
lo zio Giulio II, col marchese di Mon-
ferrato, il duca di Baviera e il duca di Sa-
voia, cavalcava per 3.° Come prefetto di
Roma vestiva la dalmatica di raso cre-
misi che sino alle ginocchia gli cadeva,
con manto di broccato d'oro e allacciato
alla spalla destra. In capo aveva un ber-
rettone a forma di piramide, lungo e co-
perto di raso rosso, con fodera d'armel-
lino, splendido per oro e gemme, con alla
sommità rotonda e bianca duestriscie au-
ree formanti la croce. Gli pendevano sul-
le spalle due altre strisele rosse colle croci
lao PRE
di trine d'oro a guisa delle Gode delle mi-
tre vescovili. Egli teneva lo stocco o spa-
da dell'imperatore ben ornata di gemme
nell'elsa e nella vagina. Dopo che Carlo
V per circa 6 passi guidò per la briglia
la chinea che cavalcava Clemente Vlf,
ad istanza di questi montò sul suo ca-
vallo, sorreggendo la staffa il prefetto di
Roma. Nel convito imperiale, questi sedè
nella mensa poco disgiunta dall'impera-
tore con 4 cardinali e i nominati princi-
pi. Dice Giovio che lo creò cavaliere, co-
me solevano fare gl'imperatori dopo co-
ronati sul Ponte s. Angelo (P.), con di-
Tersi.
Della podestà, giurisdizione e preroga-
tive Contelori tratta ai e. 4 e 5, ed il Co-
heW'io, Noi. cardinalalus,p. i56: dell'an-
tica ne parlai in principioenel voi. XXXI,
p. 3o8. Amplissima era l'antica podestà e
giurisdizione sotto i Cesari e sotto ire goti
tanto in Roma che nel suo distretto e Co-
marca [V.) nel raggio di ioo miglia,
nel criminale e nel civile, cui appellava-
no dai pretori delle provincie chi si cre-
deva gravato de' loro giudizi , essendo
molti gli avvocali che ricorrevano al sup
tribunale. Presiedeva ai pubblici spetta-
coli, puniva i servi infedeli, nominava i
curatori e tutori, vegliava sugli artefici
e venditori de'commestibili, alla ripara-
zione de'pubblici edifizi, sulle pubbliche
strade contro i ladri, e sopra altre cose,
venendo la sua podestà e giurisdizione
ampliala o ristretta secondo la volontà
de'principi. Sotto i Papi conservò diverse
delle memorate e altre attribuzioni. A-
driano I di comune consenso coi romani,
volendo punire il misfatto commesso nel-
le persone de'due- primari palatini Cri»
stofano e Sergio, d" cui pàrlaGalletti, Del
primicero p. 5i, Jussit contradere Cai-
vulum eubicularium,el Campanos Prat-
fedo Urbis, ut more homicidarum eosco-
ram universo populo cxaminaret. Nel
loto nella causa tra Ugo abbate di Far-
la e altri giudicò il prefetto. Calisto II nel
i 123 concesse a questo magistrato giu-
PRE
risdizione sulla Città Leonia a [F.). Inno-
cenzo III aggiunse al prefetto il cardinal
Gregorio diacono per provvedere energi-
camente contro i ladroni. Il prefetto crea-
va i giudici ed i notari ne' secoli XIII e
XIV, usando nel diploma questa fòi mo-
la: » Ego N. Dei graliasacrae romanae
praefecturae judex et scrinarius ". Cali-
sto III nel 14^7 e Alessandro VI nel i497
gli restituirono la giurisdizione sui ca-
stelli, »» Vetus Civitas, Montagnola, Ca-
prarola, Vetralla, Carbonianum, Julia-
nellum, Tulpha nova,praelerea Castrum
Valeranum, Rispampanum, Orchia seu
Orclae, Arx Mons Romanus, Mons Ma-
jor, Casamarii, et alia quaedam, quorum
regimen ac dominatus Urbanae oliai
praefecturae conjuncta erant". Vedasi il
p. Casimiro, Memorie de' conventi della
provincia romana, p. 54- 11 prefetto co-
niava anche la moneta, di che parla Con-
telori riproducendone due con sei pani
e la lettera P, Praefecti, dicendo essere
loro insegna l'aquila che sostiene una ro-
sa, per quella che gli donavano i Papi,
ed i sei pani che ogni giorno riceveva in
Roma da ciascun fòrmi ro per la sorve-
glianza che esercita va sul pane ealtre vet-
tovaglie, perchè osserva Nicolai t. 3,p. 6 r ,
chene'lempi di mezzo tra gli antichi ma-
gistrati della città più stabilmente si tro-
va la carica del prefetto di Roma, essen-
do molto probabile che avesse la ispezio-
ne egiurisdizione sopra l'annona. GÌ' im-
peratori ed i Pontefici concessero ai pre-
fetti di Roma diverse prerogative. Nel
senato era il primo a parlare. Venne de-
coralo deJti Ioli d' Illuslre,d' Illustrissima,
di Gloriosissimo, di Eminentissimo, il
quale titolo si dava anche al prefetto del
pretorio, come notano Salmasio, Depri-
mala Papae p. 1 55, e Seldeno, De titulis
honorum 1. 1, p. 6G8. Seri vendogli o par-
landogli si usavano quelli di tua magni-
tudo , sincerilas _, illustris auctorìtas ,
sublimilas, nobilitas, exiniiclas ,ampli-
ludo, eminenlia, gravitas, culmen, ma-
gnificentia. Fu equiparato al prefètto del
PRE
pretorio. e al maestro de'militi. Da Adria-
no I a Benedetto X poco si conoscono le
prerogative del prefettodi Roma. DaGre-
gorio XI ad Eugenio IV egualmente, a
cagione del grande e lungo scisma, co-
me per l'assenza de'Papi da Roma. Così
Contelori descrive i rapporti tra il pre-
fetto e i magistrati del municipio roma-
no, ossia della precedenza del prefetto sul
senatore, sui conservatori e sul vessilli-
fero o gonfaloniere di Roma, tutti ma-
gistrati primari, ma inferiori al prefetto.
« Atq-ue ut ab Urbis senatore ordiamur,
eum ubique,Praefecto loci dignitate ces-
sisse, neque uspiam ea de re in contro-
versia m venisse reperio. Ex eoflt non mo-
do Urbis conservatores, sed etiam populi
romani vexilliferum (V. Gonfaloniere
della s. r. Chiesa, dal quale si rileva cbe
maggiore, di questi era la dignità del pre-
fetto), qui dignitate senatori inferiores
sunt, praefecto posthaberi. Atque, haec
ut juredebentur, ita semper servata fuis-
se memoriae proditum est ''. A Paggio
dissi di quelli del prefetto di Roma e co-
me nobilmente vestivano nelle cavalcate
colla livrea del prefetto, precedendolo con
una frusta in mano, in segno che casti-
gava i malfattori. Il Vitale, De senatori
di Roma, riportando l'ordine e la magni-
ficenza de'magistrati romani nelle pub-
bliche cavalcate, nel tempo che il Papa
colla corte stava in Avignone, scrive che
dopo gli oratori dei re, de'principi e re-
pubbliche, preceduto dai paggi del gon-
faloniere e propri » seguiva il Prefetto
di Roma a man dritta del Confaloriiero.
E questo officio dopo il Senatore ha il pri-
mo luogo, esercitato da baroni romani
(massime dai Caelani e Orsini, f.)jet
avendo carico di mantenere la patria ab-
bondante, e di tenere purgate e sicure
le strade della campagna di Roma, nette
da la troni et assassini, e con vigore li ca-
stigava Dietro a questo venivano 4
paggi, i palafrenieri, i gentiluomini, gli a-
labardieridel seuatore,il quale cavalcava
con maestà". Laonde chiaro risulta che
PRE 121
a quell'epoca il senatore di Roma era di-
gnità maggioredel prefetto. Daidiaridei
maestri delle ceremonie, in gran parte
pubblicati dal p. Gattico, si apprende co-
me ne'posteriori tempi il prefetto di Ro-
ma era trattato nella cappella pontifìcia
e nelle pubbliche funzioni, divenuto però
quanto all'esercizio della carica prelato
Governatore di Roma j imperocché es-
sendo i duchi d' Urbino (panche prefèt-
ti, rare volte si recavano in Roma. Conte-
lori riporta molti tratti ditalidiari,ed al-
cuni appunto riguardano i governatori di
Roma, la loro assistenza alle sagre funzio-
ni papali, la precedenza sugli ambascia-
tori incappella e nelle cavalca te. Nel i5oG
Giulio II pranzando coi cardinali nel mo-
nastero di s. Paolo a'-i5 gennaio, fece as-
sidere a mensa solo praefectus, così nel
convito di Pasqua il nipote prefetto di
Roma; nel pranzo fatto nel Valicano pel
matrimonio di Felice figlia del Papa con
Orsini, pracfectus post cardinalessedit,
secundum illuni Urbis gubernator, dei/i-
ceps suo ordine regis Galliae, atque Ili'
spaniae oratores. Nello stesso anno Giu-
lio li recandosi da Ferrara a Imola, il
nipote duca d'Urbino e prefetto di Roma
cavalcò tra due cardinali. Recandosi in
Roma il prefetto era incontrato da una
cavalcata de'famigliari del Papa, de' car-
dinali e de'baroni romani, che descrive
Contelori, insieme a quella per l'ultimo
prefetto reduce dall'aver preso possesso
dello stato d'Urbino in nome dello zio
Urbano VIII, anche coi famigli degli am-
basciatori. Nella distribuzione delle pal-
me nel i5o5 e i5o6, in questo tempo
il prefetto palmata gestabat ad Pontifi-
cis dexleram, princeps vero Salernita-
nus, atque Urbis senator gestabant ad
sinistram. Garampi citato a p. 6 1 parla
del sigillo del prefetto di Roma Pietro
de Vico, rappresentante l'immagine d'u-
na donna colla spada (segno della giu-
stizia, dice Valesio) in una mano e colla
rosa nell'altra coll'iscrizione abbreviata:
Signuta pracfcctoriae dignitàtis, perde-
i22 l'UE
notare che quella figura rappresentava
l,i Prefettura di Roma. Vettori nel Fio-
rino d'oro p. i 29 diede un intaglio in le-
gno col sigillo del prefetto, colla detta fi-
gura sedente su trono adorno delle teste
di cane (per simbolo di fedeltà, dice Va-
lesio), egualeaquelloch'è nell'arco trion-
fale della basilica Liberiana, nella cui pre-
della è l'epigrafe: Justilia indicat. Late-
ralmente sono 3 figure in atto di suppli-
care,alcuna anche genuflessa, ed una pre-
sentando istanza , sovrastate da due i-
scrizioni. Dice là 1/ All'inai Papae Ma-
rais Aurea Rosaj la »;- Sig. Praefeclo-
riae dignità ùs. Sotto alla predella si leg-
ge: Haéc die. fideliter scrii, notarli et/'u-
dices,con l'aquila coi 6 pani. Intorno al
sigillo è l'iscrizione: Joannes Dei gratia
Ahnae Urbis Praefectus Cesare absen-
te sanimi Pontifìcis daclor. Sotto nella
maggior parte del diametro vi è l'epigra-
fe: hnperii sacri jasliliae cani mucrone.
Il citalo p. Casimiro a p. 386 dice clie
il sigillo della prefettura che usava Gio-
vanni de Vico prefetto di Roma nel 1 34',
si vede impresso con incisione nella Sto-
ria di T'iterbo del Bussi (Garampi ritie-
ne che questi errò sul nome, essendo il
sigillo di. Pietro), illustrato dal Valesio.
Osservo che nel Bussi a p. 20*1, il sigillo
è eguale a quello di Vettori, meno qual-
che piccola diversità; esse consistono, che
nell'ultima epigrafe è detto: Juslicieq.
inaerò; che in vece delle 6 figure ne so-
no scolpite 4, cioè 2 giudici in ginocchio
col motto sotto, Judicet, e sopra Jusleju-
dicanl, con un libro a piedi della Prefet-
tura; e dall'altra parte 2 notali in simile
atto con un calamaio, sotto vi è Notarii,
e sopra Dieta ips. fidclltè. scribi". Si al-
lude alla vigilanza del prefello nello sce-
gliere giudici e notali dotli e fedeli: i
primi hanno il cappuccio, forse segno di
giurisdizione. L'aquila arme dell'impero
romano lo divenne della prefettura e pro-
babilmente l'adottò la famiglia de Vico,
per il lungo tempo che eserciti) la digni-
tà : i pani ricordano quelli che vi prefetto
PRE
soleva avere dai fornì della città ogni gior-
no nel medio evo, dice Nerini,che ripor-
ta diverse notizie sui prefetti di Roma,
De tempio ss. Bonifacii et Alexii. Can-
cellieri ne' Possessi p. 499 crede che il
Palazzo di Firenze (f.) in Roma fosse
già del prefetto di Roma o della fami-
glia de Vico che ne' vecchi mss. è detta
anche de'PrefeUi, il quale nella confisca
de'beni fatta ad essa da Calisto III, co-
me edifizio spettante alla prefettura lo
die al nipote quandogli conferì la digni-
tà, il quale in più luoghi vi fece dipin-
gere sul muro, graffito a chiaroscuro, il
bove stemma gentilizio de'Leuzuoli Bor-
gia. Da questa denominazione la vicina
chiesa di s. Nicola de' Predicatori (P.)
prese il titolo di s. Nicola de' Prefetti, ed
in una bolla di Urbano II presso Mont-
faucon, Diar. ital. p. 244» e scritto de
Praefecto, che il volgo dice de' Perfelti.
Serie deJ prefetti di Roma in tempo dei
sovrani Pontefici.
Gaetano Cenni, Dissert. 10 del Pre-
fetto di Roma, supplì a Contelori nel ri-
portare le notizie di alcuni prefetti di Ro-
ma, dal fine del regno longobardo fino a
Innocenzo III, cioè dal 774circa ah rg8,
per più di 4oo anni, lasciando così Con-
telori correre l'opinione di coloro, i quali
leggermente credono avere avuta gl'im-
peratori suprema giurisdizione in Roma
(cièche confutai in moltissimi articoli ed
a Placito) e ne'di lei magistrati ; tanto
più che gli atti del medesimo Innocenzo
III , se non si esamina direttamente la
Storia, parche confermino tale falsissima
opinione. Mentre che i Papi assoluti si-
gnori di Roma e dello stato della Chiesa
fin da s. Gregorio II, prima ancora che
ristabilissero l'Impero (P.) ài Occidente,
non si spogliarono mai del loro diritto,
molto meno lo perdettero, benché ora dal -
l'incostanza de' sudditi, ora dalle usur-
pazioni imperiali fosse loro contrastato.
Appena ripristinato l'impero da s. Leo-
ne III in Carlo Magno, i successori fu-
PRE
rono costretti dalla instabilità de'roma-
ni a chiamare in aiuto gl'imperatori Ca-
rolingi, e questi in tali occasioni ebbero
autorità delegata negli affari- anche più
gelosi del principato e del sacerdozio; ma
non però si arrogarono essi mai alcun di-
ritto pontificio , come osarono fare Fe-
derico I e suo figlio Enrico VI, ai quali
spettano i memorati atti. Pertanto indi-
cherò le cose principali di detti prefetti
diRorna colla scorta di Cenni, e di quan-
to mi riuscì riunire, avendo presente e
profittando di ciò che scrisse il Carli ,
Ossen'azioni in quanto appartiene alla
zecca pontificia e a Roma, opera loda-
ta dal Zaccaria , Storia letteraria d' 7-
lalia t. 3, con importanti rilievi. Nel-
l'andare unite alla podestà del Papa le
forze imperiali , ne nacquero frequenti
sedizioni in Roma, che andarono per lo
più a finire nella mutazione di governo.
Cominciò la i .a vivente ancora Carlo Ma-
gno, iiquale da alcuni e da Torrigio, Grot-
te vaticane, p. 269, citando Alamanni,
De late.r. par iet., dicesi che fu anche pre-
fetto di Roma, forse perchè ne'mooumen-
ti ci viene rappresentato con berrettone
in testa, e come dice Eginardo, era solito
vestirsi con longa tunica et clamyde a-
mie tua, come suole figurarsi il prefettodi
Roma. Che a suo tempo enell'Boolo era
Costantino Orsini, lo afferma Contelori,
Da questa epoca e per più d'un secolo Ro-
ma non ebbe prefetto, cioè fino al 928,
al dire di Cenni, non intendendosi perciò
come ebbe Muratori a far le meraviglie
trovando nel g65 il prefetto Pietro men-
tovato dalconlinuatore diReginonee da
Contelori, quando erano già 38 anni da
che era stato nel 928 sotto Leone VI in
una nuova sedizione ristabilito , benché
in compagnia di due consoli e de'tribuni
della plebe, il qual governo durò a tutto
il secolo X; finché avvedutisi i Papi mi-
drirsi nella podestà consolare i semi di
sedizione, ridussero il governo, aiutandoli
gl'imperatori, al solo prefetto, il quale tra
gli scismi orribili degli Antipapi (f/.)) ra-
PRE p* 3
re volle scompagnali da sedizioni, conti-
nuò fino a buona parte del secoloXH.Qui
termina Cenni e tace fino al 1 1 4o, per cui
riempirò il vuoto. Pompili Olivieri, lise-
nato romano, p. 166, confutò Platina, per
avere asserito che nel pontificato di Gio-
vanni XII in Roma erano creati due con-
soli l'anno, e un prefetto della nobiltà, il
quale rendesse ragione al popolo, e dalla
plebe si creavano 12 decarconi (o-tribuni
della plebe o caporioni), i quali sostenes-
sero 1' officio del senato. Narra poi che
Giovanni X1II{ V.), essendosi inimicati i
romani, Roffredo prefetto di Roma lo po-
se in Castel s. Angelo , indi cacciò dalla
città. Ne prese le difese Ottone I, per cui
i romani lo richiamarono, ma l'impera-
tore fece impiccare i3 de'principaii ro-
mani o tribuni , e secondo Baronio fece
cavar dal sepolcro il cadavere di Roffre-
do, squartare in pezzi e attaccare in va-
rie forche. A Pietro poi successore di Rof-
fredo nella prefettura, dopo avergli fatto
radere la barba e attaccare pei capelli al
cavallo di Costantino, a ritroso sopra un
asino (con un campanello alla coda, dissi
nel voi. VII, p. 1 1 5) con un otre in testa
e due alle coscie, lo mandò a girare per
la città zimbello del popolo, battuto con
verghe; indi posto in oscura prigione vi
restò lungo tempo, finche fu esiliato da
Roma. Tuttociòcon qualche piccola dif-
ferenza Io racconta pure Contelori. Fer-
rucci, Investigazioni su Bonifazio VII ,
p". io, riferisce che Ottone I abolì la ca-
rica di prefetto; nondimeno nel 794 Cre-
scenzo Nomentanoera capo d'una fazio-
ne popolare, con attribuzione equivalen-
te a prefetto o decarcone: di questo fa-
moso personaggio che s'insignorì di Ro-
ma, trattai nel voi. XLVIII, p. g4- Con-
telori lo registra prefetto di Roma al ioo3,
laonde non pare esatto quanto si legge nel
Compendio della famiglia Trasmondo,
p. 79, che Contelori loavea riportatoal
990, bensì è vero che il Nomentanoera
stato punito nel 998, per curii prefetto
deve essere quello che 1' erudito storico
lai PRE
riporta, Crescenzo figlio ilei conte Berar-
do seniore. Altro prefètto di Roma è Cre-
scenzo conte di Sabina, tanto ili voi ito dai
l'api, che morì nel i o i o, e da cui si vuole
discesa la nobilissima famiglia Crescenzi,
per cui nelioi i lo divenne il preceden-
le; ed Galletti citato dall'eliconi iato sto-
rico, sull'opera di Gobio, ne parla anco-
ra, e de'suoi giudicati a p. 80 del Primi'
cero , chiamandolo Crescenzo glorioso
prefetto di Roma. Questo Crescenzo di
Berardo fu detto de Arce, de Turre} del
Castello munito, perchè stabilitosi presso
il foro di Nerva lo cinse di torri e di ben
muniti ripari. Così in vece di uno,inquei
tempi vi furono successivamente 3 Cre-
scenzi prefetti dell'alma città. Furono in-
di prefetti, nel 1060 Giovanni, nel 1061
Stefano, nel 1076 Cencio o Cinzio, che
crudelmente oltraggiò s. Gregorio Vile
fu punito, di cui parlai nel voi. XXXII,
p. 216 e seg. , ed all' articolo Ponte s.
Angelo. Nel 1080 Riccardo de Vico,
nel 1088 Benedetto', nel 1 ogg Pietro de
Vico. Per sua morte il figlio Pietro, gio-
cane di pochi anni, col favore- di alcu-
ni romani prelese di succedere nella pre-
fettina, con quella sedizione del 1 1 16 che
accennai nel voi. Ll,p. i65; ma Pasquale
Il la die a Pierleoni, il quale ebbe colla
fazione contraria gran contrasto , come
leggo in Carli. Notabili sono le parole del
Papa nell'in vestirlo; Quianostra, inquit,
ante tempus occupant, merito et non sua
in tempore perdant. Vade Pelre , et tu
Constantine selex omnibus quae ad prae-
fec.turam pcrtinentad curìae commoduni
in testimonio venerabile hujus nostri dia-
coni le inveslias. Nel 1 1 18 appena eletto
Gelasio 1I(V.), fu imprigionatóda Fran-
gipane , ma Pietro Pierleoni, che il Pa-
pa nel divider le cariche avea conferma-
to nella prefettura urbana, lo liberò e l'aiu-
tò a fuggire. Il successore Calisto II, per
l'abuso che facevasidel privilegio poc'an-
zi ila lui accordato al prelètto di succe-
dere nell'eredità di coloro che morivano
senza figli nella Città Leonina, dove egli
PRE
avea giurisdizione, con bolla de! 1 1 23 lo
privò di tal diritto. Neh i3o Ugo figlio
ili Leone Frangipane seguì le parti del-
l'antipapa Anacleto li contro Innocenzo
lì. Nel 1 1 34 Tebaldo e Pietro Lattoni.
Sdegnati i romani irragionevolmente con
Innocenzo II per non aver voluto loro ac-
cordare di vendicarsi a loro talento de'ti-
burtini, mutarono il governo municipa-
le, ristabilendo il senato, cui diedero per
capo il Patrizio (V.), a ciò istigati da Ar-
naldo da Brescia {F/.), le cui false e per-
verse dottrine il Papa avea condannate
nel conciliogeneraledi Lalerano 77, qua-
le fanatico eresiarca e nemico furibondo
della sovranità pontificia e delle posses-
sioni ecclesiastiche e Mani (Z7.) morte.
Delle sedizioni de' romani ne' successivi
pontificati, infiammati dagli errori del
perturbatore Arnaldo, parlai ancora nel
voi. XLVI,p. 1 1 3, per cui vollero interve-
nire all'elezione di Celestino II nel r 1 4-3.
Sotto il successore Lucio II elevarono al
patriziato Giordano, cui volevano ubbidi-
re come a principe, con che restò allora
abolito il prefetto, intimando al Papa di
deporre nelle sue mani i diritti regali, e
giusta i falsi principii d'Arnaldo doversi
con tentare per se e pel clero delle decime e
oblazioni de'fedeli. Lucio II restò vittima
del suo coraggio col quale voleva caccia-
re dal Campidoglio patrizio e senatori.
Divenuti più orgogliosi i romani e volen-
do nel 1 14^ impugnar l'elezione di Eu-
genio III, se non confermava le innovazio-
ni da loro fatte, il Papa partì da Roma, e
come racconta Muratori, vi ritornò l'e-
resiarca Arnaldospargendovi liberamen-
te il veleno di sua dottrina, ad onta che
Innocenzo II l'avesse espulso da Italia, fo-
mentandoil popolo alla libertàea restau-
rare l'antica repubblica, privando il Pa-
pa dell' autorità civile, per cui Eugenio
HI avvertì con lettera il clero romano con-
tro le fallaci lusinghe dell'insidioso sci-
smatico. Inferocito il popolo si diede ad
atterrare i magnifici palazzi e le torri dei
nobili che abbonivano queste sacrileghe
PRE
novità, e le case de'cardinali, alcuni dei
quali ne riportarono ferite. Venuti poi i
romani a concordia con Eugenio III, que-
sti m contentò che sussistesse il penato con
senatori deputati dalla pontificia'autori-
tà , ma ordinò che abolito il patrizio si
rimettesse nel primiero decoro la digni-
tà del prefetto di Roma, che sarebbe e-
Jetto dai Pontefici, ed a prestare l'ubbi-
dienza dovuta ai Papi padroni legittimi;
quindi è manifesto perchè Lucio II ed Eu-
genio III tanta premura avessero che dai
sediziosi romani abolito il patriziato si re-
stituisse la prefettura , dipendendo essa
assolutamente dai Papi, come riflette Cai' •
li. Nondimeno per le violenze de'romani
arnaldisti il Papa parti daRoma nel i 1 5o,
e- vi ritornò nell'ottobre 1 i52 perla nuo-
va pace fatta co'romani. Gli successe A -
nastasio IV, sotto il quale Arnaldo prese
maggior audacia ad eccitare e sedurre il
popolo colle sue utopie e co'suoi condan-
nati errori, dispregiando la scomunica e
1' esilio da Roma, da cui era allacciato.
Il prefetto venne ristabilito ed a tempo
di Adriano IV lo era nel i i 55 Pietro del
Papa. Per quanto dissi nel voi. XXXVI,
p. 5i ed altrove, i romani dopo l'inter-
detto d'Adriano IP (P~.), esiliarono da
Roma e dal contado Arnaldo ed isuoiset-
tatori, ma non cessando l'agitatore dalle
riprovevoli e false sue dottrine, veneralo
quale profeta presso i Visconti di Cam-
pagna o Campagnatico in Val d'Ombro-
ne a Bricole in Val d' Orcia, ed avvici-
nandosi a Roma Federico I per esservi
coronalo, il Papa gli domandò che facesse
prendere l'eretico, il quale arrestalo fu
consegnato al prefetto di Roma, che lo fe-
ce morire strangolalo alle forche, per le
tante sentenze che aveano colpito la sua
malvagità; ed affinchè la scipcca plebe
non lo venerasse come martire, fu in Ro-
ma bruciato il cadavere e gittate le ce-
neri nel fiume; s. Bernardo, che ne fu il
martello, lo chiamò pesle, dicendo ai ro-
mani, che mentre i loro padri a veano sog-
gettalo l'universo a Roma, allora rende-
PRE ia5
vano questa la favola di quello per A mal-
do.Contro gli antichi e moderni apologisti
benissimo chiari le cose riguardanti i nar-
rati fatti d'Arnaldo la Civiltà cattolica nei
voi. 4. p. 35 e 129 : però e per quanto
vado a dire, non posso convenire intie-
ramente nell'asserzione. » Il prefetto di
Roma rendeva sì omaggio al Papa, m?i
rappresentava l'imperatore, da cui in se-
gno del suo potere riceveva una spada:
questo uso non fu abolito che posterior-
mente sotto Innocenzo Ili ". Per quan-
to dichiarai nel voi. XXIX, p. 142, do-
po la coronazione insorse accanita zulfa
tra'romani ed i tedeschi; oltre i 1000 che
de'primi morirono, Federico I ne fece da
200 prigionieri, che liberò alle suppliche
d'Adriano IV, venendo consegnati a Pie-
tro prefetto di Roma.
Neh i5g per l'elezione di Alessandro
III, insorse l'antipapa Vittore V, che Fe-
derico I sostenne colle armi,prolugando-
si lo scisma da altri 3 pseudo-pontefici.
Uno di questi, Pasquale III, neh 166 in
presenza de' vescovi e religio sor uni di
Lombardia e Toscana elesse per prefetto
Giovanni Frangipani figlio del preceden-
te, cui Adriano IV avea dato 2000 mar-
che d'argento. Federico I blandis verbis
allocutus legalòs romanorum eos d'uni-
sit, et in Urbem legavil Otlwnem Pala-
tiimm, et Heribertum Acquea, archiepi-
scopimi quibus mandavil... consensu prae-
sulisj atque lotius populi veterem reno-
vare senalum, reddere primaevo prae-
fedo j ura vigori. Nel 1 170 Otto o forse
Ottaviano del Papa prefetto, quiConstan-
tiani imperalricein ex Apulia redeuntem
ad itnperalorem deduxit. Riferisce Carli
che Federico 1 ne' tanti tumillti eccitati
contro la Chiesa, s'impadronì anche del-
la prefettura urbana; che però nelle ca-
pitolazioni di pace stabilite in Anagni trai
suoi ministri e i cardinali deputati da A-
lessandro III fu convenuto espressamen-
te: Possessionem quoque praefcc tu rae Ur-
bis d. imperator libere et plenarie resti-
tu€l d. Papae Alexandro et romanae ec-
1*6 P R E
desine, e nel fine i ministri medesimi si
obbligarono con giuramento; che d. im-
perator d. Papae Alexandre) et sneces-
soribus suis, elpraefecluram Urbis, et ler-
rant comitissae Matildis restituet. Quali
capitoli, sebbene neh 177 fossero mutati
da Federico I in Venezia, nondimeno fu
osservato il patto di rimettere in mano
del Papa la prefettura urbana ; per cui
nel 1178 avendo il suddetto Giovanni
prefetto fa volito l'antipapaCalisto III con-
tro Alessandro 111 , questi vedendolo ai
suoi piedi compunto dell'errore, con atto
generoso lo perdonò e confermò nel gra-
do. Cenni riporta Una testimonianza, dal-
la quale sembra non esservi dubbio che
a tempo d'Alessandro III vi fosse il pre-
fetto da lui dipendente, benché resti oscu-
ro quanto durasse. Lucio III e Urbano III
dovettero star lontani daRoma per le per-
turbazioni non finite. Di Gregorio Vili
del 1 1 87 riferisce Vitali citato, che non
potè altro ottenere dai romani, mediante
l'interposizione di Annibale degli Anni-
baldi del Coliseo, che di nuovo fosse tol-
to il patrizio e restituito il prefètto: ma
il senato restò nella stessa forma di prima
e proseguì. a far coniare la sua Moneta,
al quale articolo molte nozioni relative
a queste rivoluzioni riportai. Ivi parlai
ancora della celebre concordia fatta nel
1 187 tra' romani e Clemente III , nella
quale fu pure stabilito, come riporta No-
■vaes citando il libro de' Censi della chie-
sa romana, che levato il titolo e la digni-
tà di patrizio , sarà restituito il prefello
di Roma. Vitali narra che Clemente III
tollerando il governo del senato, concor-
dò che prender si dovesse dal Pontefice
l'investitura delle dignità per Mantum o
altra veste magnifica, della quale erano
dal Pnpa rivestiti i senatori ed il prelèt-
to urbano (piando ricevevano l'investitu-
ra. Torrigio citato a p. 396 dichiara che
in un isttomento del 1 190 lesse Pietro
Paolo Angelo Andrea Matlei , sacrac
prarfccltirae aacloritale jndex et noia-
rius. Delle vertenze tra Celestino 111 e
PRE
l'imperatore Enrico VI traltaiancora nel-
la biografia d' Innocenzo III ed a Ger-
mania. Avendo Enrico VI invasa 1' Ita-
lia e occupato poco meno che tutto lo sta -
to della'Chiesa, tra'pregiudizi che recò a
Celestino 111, creò a suo talento il prefetto
di Roma e l'obbligò al giuramento di fe-
deltà all'imperatore, nella persona di Pie-
tro j ad onta che suo padre Federico 1 a-
vesse rinunziato ad eguale usurpazione.
Nel voi. XXXV, p. 222 e 223 raccontai
che nel 1 198 Iunocenzo III, chiamato il
prefetto Pietro, l'obbligò a prestargli il
giuramento d'ubbidienza e fedeltà, e che
altrettanto fece col senatore nel concisto-
ro di Laterano; per cui Muratori scrisse:
Spirò qui l'ultimo fiato 1' autorità degli
Augusti in Roma. Hurter nella Storia di
quel Papa, lib. 2 , narra che Innocenzo
IH il giorno dopo la sua consagrazione
chiamò il prefetto a prestar giuramento
» di non alienare né dare a pegno né a
feudo alcuno de'dominii a lui confidati,
di rintracciare i diritti e le tasse della chie-
sa romana, d' impossessarsene e di con-
servarle; di custodir fedelmente le castel-
la, di non lasciarvi entrar chicchesia e di
non fabbricarne alcuno senza 1' autoriz-
zazione del Papa; di render conto in ogni
tempo dell'esercizio della sua carica e di
licenziarsene ad ogni richiesta. In luogo
della spada che soleva essergli data dal-
l'imperatore (il manto dice INovaes), il
Papa lo vestì pubblicamente d'un man-
to in segno della sua investitura, e gli fe-
ce presente d' una coppa d' argento, co-
me simbolo della sua benevolenza da su-
premo signore-". Brevemente, ma nella
sostanza disse altrettanto Contelori. Pe-
rò Carli e Cenni egregiamente difendono
questo punto dall' asserzione generica e
illimitata di alcuni storici seguaci d'un a-
nonimo pubblicato da Baluzio, che ripor-
tarono nominare l'imperatore il prefetto
di Roma e dipendere assolutamente da
lui lìtio ali 198; rimarcando le contrad-
dizioni di silfalti scrittori uell' allennan:
che il prefetto ul Papa rendeva omaggio,
PRE
dall'imperatore prendeva la spada nuda
in seguo di sua podestà, ma piuttosto al
dire di altri come da patrizio e Difenso-
re della Chiesa (F.)} dovendo sostenere
in Roma le sue veci (come notò Geroo),
quando la storia e' insegna che per pre-
potenza ciò fecero soltanto Federico I ed
Enrico VI. Anzi Carli dice che il prefet-
to andò ai piedi d'Innocenzo III, temen-
do d'esser privato della prefettura, a giu-
rargli fedeltà, ligium homininm, e che il
Papa col nuovamente investirlo per Mari-
timi, venne a dichiarar nulla l'imperiale
elezione, e col dono gli diede un contras-
segno d'averlo restituito alla grazia della
Chiesa. Osserva Cenni che eziandio Inno-
cenzo HI provò la sedizione de' romani,
e per compiacere il popolo accrehbe nel
i2o3 i senatori fino a 56, ma ben tosto
i romani si trovarono pentiti; ed oppressi
dalle tirannie e dall'ingiustizie, supplica-
rono il Papa a ridurre il senato a un so-
lo senatore,, come egli voleva fare, e ta-
le con poca variazione ha poiduratosem-
pre fino al presente. In quello passò al-
lora l'autorità del prefetto, rimanendo a
questo l'amministrazione civile di Roma
e del Patrimonio ad nutum del Pontefi-
ce e della Chiesa , coiti' è manifesto dal
giuramento di fedeltà ; Et quandocum-
que j'ussus a Domino Papa , vel ab ec-
clesia romana, integre et libere resigna-
bo. Dopo Innocenzo III, pretende Cenni
(giacché in Contelori leggo Teobaldo dei
1219; Gotlofredo suo figlio suddiacono
e cappellano del Papa, legato di Sarde-
gna e Corsica del 1224» Giovanni di Po-
li conte d'Alba e senatore deli23o; Pie-
tro de Fico del 1 297; Manfredoàeì 1 3o4;
Giovanni de Fico del 1 346 che fu depo-
sto dalla prefettura dal famoso tribuno
Cola di Rienzo, ma fatta la sottomissio-
ne ne fu reintegrato, inseguito giurò ub-
bidienza aNegato cardinal Alboruoz; Pie-
tro de Fico del 1 366) che per più di 1 00
anni poca o ninna menzioneincontrasi del-
la prefettura, finché abbracciando anche
essa il pessimo costume di quella età, non
PRE 127
ebbe degeneralo in tirannide, la quale
vieppiù si accrebbe un secolo dopo, quan-
do ne!i3o5 fu trasferita la sede in Fran-
cia e in Avignone (F.). Abusatisi allora
i prefetti della fede giurata al Papa e al-
la Chiesa, tentaronodi perpetuarsi in ca-
sa, contro ogni legge, la giurisdizione fi-
dala, loro pel bene della repubblica. Non
più intenti a conservare il patrimonio del-
la sposa di Cristo, si diedero a fomentar
sedizioni e ad attizzar città malcontente
affinchè ribellassero , e fecero in somma
oggetto di rapina ciò che con sagrameli -
ti eransi obbligati a custodire.
Tale trovò la prefettura di RomaGre-
gorio XI, quando neh 377 restituì la re-
sidenza pontificia a Roma ; imperocché
Francesco de Fico potentissimo prefet-
to fin dalr36(j, era divenuto tiranno di
Filerbo{F.), ed avea usurpaloaltri luo-
ghi della s. Sede; nondimeno si trovò co-
stretto a pacificarsi con lui, e siccome gli
era nata una figlia, da Viterbo la fece por-
tare in Roma, la battezzò e le die il proprio
nome. Tuttavolta il prefetto perseverò
nelle prepotenze, per cui nel 1 378 da Ur-
bano VI ebbe un aspro rimprovero il car-
dinal d'Ambuosa (cosi lo chiama Cenni)
perchè aderiva al tiranno. Nel gran sci-
sma insorto contro Urbano VI per ope-
ra dell'antipapa Clemente FU, tra 'suoi
principali fautori vi fu Francesco , che
mostraudosisempreavversOjilPapa man-
dò un esercito a combatterlo, per cui nel
1387 fu ucciso da Angelo di Palino, il
quale poi da un naturale del defunto fu
fatto in minuti pezzi e dato per pasto ai
cani, come apprendo dal Russi. In vece
Contelori nel 1378-1379 registra dopo
Francesco il prefetto Angelode Fico pu-
re seguace dell'antipapa, ed ilNovaes scris-
se che fu fatto a pezzi dai soldati d' Ur-
bano^!. Cardella poi nella biografia del
cardinal Gherardo Puy (F.), chiamato
1' abbate di Monte Maggiore, riferisce
ch'ebbe amari rimproveri da Urbano V I
per aver consegnata la fortezza di Castel
s. Angelo a Pietro prefello di Roma; la-
128 PRE
vorendo poi il cardinale l'intrusione del-
l'antipapa. Nel 1 390G/0. Sciarmele. Vico
nel pontificato di Bonifazio IX profittan-
do dello scisma , occupò diversi domina
della Chiesa, saccheggiò Nepi e fu tiran-
no di Viterbo. Il prefetto Giovanni de
fico non fu diverso dai predecessori, e
terminato lo scisma nell'elezione di Mar-
tino V, questi neh 4^0 gli condpnò ogni
crimine commesso nella precedente epo-
ca. Gli successe nella prefettura il figlio
Giacomo de Fico, che ribellatosi ad Eu-
genio IV , volendo questi finirla con sì
torbida e sediziosa famiglia e insieme li-
berare Viterbo dal suo giogo, nel i4^4
spedì un formidabile esercito capitanato
dal famoso Vitelleschi, che vinto il tiran-
no e presolo con la famiglia , tutti fece
uccidere nel i435. Trovandosi il Papa in
Firenze , nel 1 435 investì per Mantum
della prefettura Francesco Orsini conte
di Trani, col diploma Duin ad insignem,
riportalo da Contelori, colla fede del giu-
ramento che prestò. In questo tempo, co-
me descrissi a Governatore di Roma, già
fioriva questo nuovo magistrato, che fa-
cente le vecidel cardinal Camerlengo ( V .),
riunì le antiche prerogative del prefello
di Roma, la quale carica era divenuta più
onorifica che autorevole, con diverse pre-
roga ti ve di quelle ch'erano state attribuite
a\ senatore, la cui giurisdizione venne così
diminuita. 11 prefetto Orsini nella coro-
nazione falla da Nicolò V a Federico 1 1 T,
porlo lostocco imperiale, dopo averlo in-
contrato nella venula in Roma. Calisto
III neh 4^6 dichiarò prefetto Gio. An-
tonio Orsini conte di Tagliacozzo e Al-
ba; indi nel i4^7 C1'e° prefetto il nipote
Pietro Borgia, di cui parlai nel voi. VI,
p. \">, aggiunse alla dignità una corona,
per cui ne'prefetti seguenti si trova la fra-
se coronamento, e gli concesse le terre e
palazzo confiscati alla famiglia de Vico.
Queste terre erano quelle della giurisdi-
zione che enumerai di sopra, avvertendo
Galletti nel ìestarario di s. Chiesa, p.
37, che la pontificia disposizione sulle ter-
PRE
re non ebbe effetto, o perchè Calisto III
morì nel 1 /\.!)S, o perchè Sicuranza e Me-
nelao figli di Giacomo de Vico persistes-
sero nella contumacia di non rilasciare
i castelli che aveano occupati. Pio li nel
i458 nominò prefetto Antonio Colonna
principe di Salerno, e nel diploma d'in-
vestitura, con distinzione non mai usata
per l'addietro, vi comprese il di lui pri-
mogenito, esempio imitato dai successo-
ri che estesero la concessione fino a 3.a
generazione; inoltre Pio II partendo pel
congresso di Mantova lo lasciò al gover-
no di Roma. Mentre il senatore nel se-
colo XIV avea presa la precedenza sul
prefetto , questo si reintegrò nella supe-
riorità, lo che destò meraviglia in Fede-
rico 111 quando ri tornò in Roma sotto Pao-
lo II. Agostino Patrizi che fu spettatore
della comparsa pubblica, così descrisse il
maestoso vestire del prefetto Colonna, che
peli.0 assunse la mentovata specie di co-
rona. Pileurn in capite gestans oblungum,
vittis ab aure pendentibus inmodum tia-
ra e pontificalis, coloris autem rubei, ac
signis quibusdam in longum porrectis di-
stinctum. Essendo prefetto Pietro Anto-
nio Colonna figlio d'Antonio, fu abroga-
to in concistoro nel 1 4-7 1 a' i3 febbraio
da Sisto IV, il quale ai i5 creò prefetto
il nipote Leonardo della Rovere (/.), in-
di nel 1 47^ l'altro nipote Giovanni, il cui
fratello fu poi Giulio II. Il figlio di Gio-
vanni, Francesco Maria della Rovere di
annii i,per disposizione del defunto Si-
sto IV divenne prefetto-neli5oi,con ap-
provazione d'Alessandro VI : fu poi du-
ca d'Urbino e lo zio Giulio II gli conces-
se la prefettura a 3.a generazione, onde
nel i5i3 pel possesso di Leone X inter-
venne alla funzione e gli addestrò il ca-
vallo, incedendo nella cavalcata dopo il
senatore e i principi assistenti al soglio.
Leone X neh 5 1 6,per que'moti vi che pro-
dussi nel vol.LII,p. 199, spogliò Francesco
M." I della prefettura e dello slato d'Ur-
bino, e tutto conferì al proprio ni potè Lo-
renzo de Medici, che morto ueh 5 1 9, gli
PRE
sostituì Giovanni Maria barano duca
di Camerino nel luglio i520 e la succes-
sione al primogenito. Adriano VI nel mar-
io i523 reintegrò di tutto il Roveresco.
Dopo la sua morte Paolo 111 fece prefet-
to il nipote Ottavio Farnese duca di Par-
ma (/ "'".), neh 538 in concistoro, benché
avesse i5 anni e ad onta che domanda-
va la carica Guidobaldo 11 figlio del de-
funto, secondo il privilegio di Giulio li.
Ottavio avendo dimessa la prefettura ,
Paolo III nell'aprile 1 547 la conferì al di
lui fratello Orazio, cui in sede vacante
i cardinali affidarono la custodia di Ro-
ma. Alla sua morte Paolo IV nel giugno
1 555 fece prefetto Guidobaldo II duca
d'Urbino, e neh 574 '° divenne il figlio
Francesco Maria II che terminò di vi-
vere a'28 aprile i63i, ricadendo lo sta-
to alla s. Sede e restando vacante la ca-
rica. Urbano Vili in concistoro nel Qui-
rinale creò prefetto di Roma a'12 mag-
gio 1 63 1 il proprio nipote Taddeo Bar-
Verini principe di Palesi rina} del quale
discorsi nel voi. I V, p. 1 1 2 e 1 1 3 ed al-
trove, mentre qual generale della Chiesa
stava colle milizie al campo. Narra Tor-
rigio contemporaneo a p. 269, che fece
l'ingresso in Roma con molto splendore
domenica 3 agosto per la porta del Po-
polo sino al suo palazzo posto quasi in*
contro la chiesa di s. Salvatore in Cam-
po, con numerosa comitiva di gran per-
sonaggi e titolati, e nella mattina del 6
nella cappella apostolica del Quirinaleal-
la presenza di 3o cardinali, il Papa con
grandissima solennità gli die 1' antico a-
bito prezioso del prefetto, cioè dalmati-
ca, manto ec, indi lo ritenne seco a pran-
zo in mensa distinta, e ad ore 22 con no-
bilissima cavalcata e l' accompagno dei
principi e conservatori di Roma ritornò
al suo palazzo , alla cui pompa accorse
quasi tutta. Roma. A' 20 settembre per
memoria dai conservatori di Roma fu po-
sta in Campidoglio un'iscrizione marmo-
rea, che riporta Torrigio. Finalmente nel-
la domenica laetare del i632 (nella ca«
VOL. LV.
PRE 129
mera de' paramenti del Vaticano , dice
Novaes) Urbano VIII gli diede solenne-
mente la Rosa d'oro benedetta e fu ac-
compagnato da 34 cardinali, incedendo
il prefetto fra'due primi diaconi France-
sco Barberini e Ippolito Aldobrandini con
molto applauso. Collasua morte avvenu-
ta nel 1647 questa cospicua dignità non
venne più conferita ad altre famiglie. Per
lui Contelori compose e dedicò il libro :
DeAlmac Urbis Praefecto, Michele Lo-
nigo pubblicò; Lettera intorno all'ufficio
del prefetto di Roma ad Urbano FUI
che per la morte del duca d' Urbino lo
conferì fino alla 3." generazione a Tad-
deo suo nipote, che ne prese possesso con
solennissima cavalcata, nelle Lettere me-
morabili di Michele Giustiniani, t. i,p.
76. Notai nel detto voi. IV, p. 1 14, che
quando Innocenzo X nel i652 creò car-
dinale Carlo figlio primogenito di Tad-
deo, lo facoltizzò a ritenere la carica di
prefetto di Roma, essendo successo al pa-
dre, come leggo in Ciacconio, ViL Pont,
et Cardinalium t. 4> P- 696. Anche Lu-
nadoro (ediz. del 1646), Rèlaz. della cor-
te di Roma, p. 27, dice che la prefettura
la conferì Urbano Vili a 3." generazio-
ne, ed in fatti lessi in un ruolo palatino
del 1706 : d. Urbano Barberini prefetto
di Roma. Prima di Urbano, in cui si e-
stinse la linea mascolina de' Barberini, lo
fu d. Maffeo secondogenito di d. Taddeo,
che morì nel i685, per cui sembra che
il cardinale a lui cedesse l'onore, perchè
morì nel 1704: tutto ho potuto verifi-
care nell'archivio dell'eccellentissima ca-
sa. Ma di questi tre successori di d. Tad-
deo, non se ne fa menzione dagli stori-
ci, per quanto ho potuto leggere, tran-
ne Cardella sul cardinale; tutti dicendo
ultimo prefetto d. Taddeo. In una delle
relazioni del possesso d'Innocenzo X, i ca-
po-rioni sono chiamati partiitm Urbis
praefecli 3 quello di Trastevere partis
Transtiberinae prarfectus, ed il senatore
di Roma praefcctus civitatis supremus.
Cancellieri nel Mercato, stampato nel
9
i3o PRE
1 8 1 r , dice che allora era prefetto di Ro-
ma per P imperatore Napoleone (ma di-
verso dall' antico) il barone Camillo de
Tournon. Sallengre in Thes. p. 5i 8, pro-
dusse la serie de'prefetli di Roma sino al
i63o.
PREFETTURA, Magisterium.Prae-
feclura. Dignità di Prefetto [F.). Le pre-
fetture romane erano alcune Città (F.)
d' Italia (F.)} governate da prefetti an-
nuali mandati dal Pretore (F.) urbano
o di Roma , sotto la repubblica e sotto
]Ji raperò di cui erano riguardate suddi-
te, senza que'diritti che godevano le Co-
lonie [V.) ed i Municipii (F.), e perciò
ad essi inferiori, imperocché gli abitanti
non solo non aveano proprie leggi , ma
non potevano creare magistrati, e sicco-
me i magistrati che le governavano si de-
nominavano prefetti, cosi le città e i loro
governi si dissero prefetture; tali essendo
divenute quelle colonie e que'municipii
che ribellali ai romani e decadendo dal
loro grado, vennero spogliati della loro
libertà, prerogative e diritti, cessando di
essere Comunità (F.) e venendo gover-
nate colle leggi romane. Inoltre l'infeli-
ce condizione di prefettura portava di
conseguenza la privazione del dominio
delle terre e delle rendite a piacimento
de'vincilori, i quali per mezzo del reggi-
mento del prefetto imponevano leggi ai
soggiogatie facevano tuttociòche per con-
quista si poteva fare sì nel pubblico che
nel privato. Di alcune città che merita-
rono siffatta degradazione parlai ad Ita-
lia. Queste prefetture erano costituite di
due specie, l'una portava seco quelle cit-
tà, nelle quali si mandavano i prefetti
creati col suffragio, chiamate Decempo-
pulit e Ricchi, Reggia de' volsci, p. i4,
pone in questa condizione Capua, Cuma,
Casilino, Volturno, Linterno, Pozzuoli,
Acerra, Suessa, A Iella, Calutia; quelle di
altra specie erano Fondi, Forrrtia, Cere,
Venafro, Piperno, Anagni , Prosinone,
Reata, Saturnia, Nursia, Lanuvio, Ilo vil-
li, A rpino e moltealtre, alle quali da Ilo-
PRE
ma s'inviava ogni anno col prefetto delle
leggi il pretore urbano. Nel Lazio (F.)
o vicino ad esso, alcune città non erano
ne colonie, né municipii , né prefetture,
come Tivoli , Palestrina, Napoli e altre,
che vivevano con leggi diverse e coi loro
magistrati a seconda delle convenzioni fat-
te coi romani, e si nominavano città fede-
rate, per socialeamicizia e alleanza; poiché
alcune erano in tutto libere, altre tributa-
rie, altre stipendiate, altre delle fundi pò-
puli , cioè quelle le quali si arrogavano
qualche legge privata come propria e fatta
inRoma. A vverte Ricchi, che questa gene-
rale distinzione di città, terre e castelli
segui inltalia avanti la legge Giulia eguer-
ra Marsia , mentre a tempo di Cicerone
le colonie e prefetture si chiamarono pu-
re municipii. Anche Adami , Storia di
Folsenol. 2,p.44>dice che incerti tempi
si confusero i metodi de'governi, ed i no-
mi cui distinguevansi le città, laonde un
medesimo paese or dicevasi colonia, or
prefettura , or municipio. Marangoni ,
Meni. diNovana, p. 200, parlando delle
prefetture del Piceno, osserva, che la vir-
tù e temperanza degliantichi romani, do-
po le conquiste, volendo le città e provin-
eie amiche e non ischiave, dopo averle per
qualche tempo tenute nella condizione dì
prefetture , donavano loro il titolo ed i
privilegi di municipio o di colonia , col
fus del suffragio. In tal guisa , come av-
venne alle città e prefetture del Piceno,
ripigliavano l'antico essere di repubbliche,
rimanendo libere coli' uso delle proprie
leggi e de' suoi magistrati. Vedi Compa-
gnoni, Memorie à! Osimo, t. 1, p. xxxix.
Fu la legge Giulia per la quale tutte le
città italiane furono ammesse alla citta-
dinanza romana , e molte cambiarono i
nomi di colonia, o municipio, o prefet-
tura. Nelle prefetture il primo ordine dei
cittadini chiamavasi convento. Si può ve-
dere Pomponio Festo, De veter. verb. si-
gnif, all'articolo Praefeclura. Sigonio ,
De antiquo furo Ital., cap. de Praefectu-
ris. Prefetture si dissero anche i gover-
PRE
ni delle provi nciej e la prefettura d'A-
lessandria d'Egitto ebbe il titolo d'Augu-
stale dall'imperatore Augusto. Così pre-
fetture furono dette quelle Provincie\V!)
d'Italia soggette al Prefetto diRoma(Pr.)e
alla sua prefettura. A Ducato dissi che
diversi ebbero origine dalle prefetture ,
conferite dagl' imperatori ai benemeriti
della corte. 11 vocabolo poi si rese comu-
ne e inerente all'esercizio e alla giurisdi-
zione di prefetto, anche nelle cose eccle-
siastiche , come i cardinali prefetti delle
Congregazioni cardinalizie , dicendosi
Prefetture delle missioni apostoliche quel-
le Missioni governate da un missionario
prefetto.
PREFETTURE delle missioni apo-
stoliche e pontificie. Luoghi delle Mis-
sioni Pontificie (/"*".) di tutte le parti del
mondo, ne' paesi idolatri , degl' infedeli,
degli eterodossi o di culto misto, gover-
nate da un Missionario ( V.) ecclesia-
stico secolare o regolare. Il sommo Pon-
tefice per mezzo della Congregazione di
propaganda fide dà la Missione (Jr-)
ai missionari destinati a predicare il van-
gelo per convertire gì' infedeli ed i pa-
gani , o pel mantenimento della fede in
istruire e coltivare i cattolici, e condurre
nella via della salute eterna gli eretici e
gli scismatici nelle indicate regioni, i quali
missionari sono subordinali e regolati o
dai vicari apostolici o dai prefetti- delle
missioni apostoliche cui la sagra congre-
gazione comunica le necessarie opportu-
ne facoltà, piti o meno estese nelle forino-
le, secondo i luoghi ed i bisogni spirituali
delle popolazioni, per l'amministrazione
de' sagramenli, e per adempiere il mini-
stero di tutte le funzioni ecclesiastiche, ed
alcune vescovili ne' luoghi remoti e lon-
tani dai vescovi; istituisce prefetture apo-
stoliche, determinando 1' estensione ed i
contini del territorio di loro giurisdizio-
ne come fossero diocesi o provinole eccle-
siastiche, e tali si possono chiamare quel-
le che hanno un'immensa estensione. Al-
cune prefetture temporaneamente sono
PRE i3t
governate da vice -prefetti, e tanto que-
sti che i prefetti debbono fare alla con-
gregazione di propaganda la relazione
dello stato delle loro, missioni dettaglia-
ta, secondo le prescrizioni contenute nel
t. i, p. 233 e seg. del Bull, de prop. fi-
de. Fiorendovi il cristianesimo, e per la
troppo grande vastità delle prefetture,
sono poi elevate a Vicariati apostolici
(f-), ed allora vengono d'ordinario sot-
tomesse alla giurisdizione d'un vescovo in
partibus residenziale. 1 Papi eziandio per
l'organo di detta congregazione cardina-
lizia accordarono a diversi prefetti delle
missioni gli abiti prelatizi, privilegi e pre-
rogative particolari ; come ancora asse-
gnarono ad ordini e congregazioni re-
golari e altre pie istituzioni, una o piti
prefetture, massimamente se quelle cor-
porazioni furono benemerite della mis-
sione , per essere affidate ai zelanti loro
membri, per l'uniformità e piena cogni-
zione della coltivazione di quelle vigne
del Signore, delle quali missioni parlai,
oltre ai citali articoli, anche a quelli di ta-
li ordini , congregazioni e pie istituzioni.
Così la s. Sede conserva non interrottala
successione de' presidi ecclesiastici, rim-
piazzando con degna scelta i prefetti che
dispensa dairesercitarel'oflìzio, o i defun-
ti; accoglie le loro domande, concede sus-
sidi , sebbene alcune prefetture hanno
proprie rendite pel mantenimento della
missione, altre venendo sostenute con as-
segni annuali o della congregazione di
propaganda, o della pia opera della Pro-
pagazione della fede (fr.)} o da quella del-
le Missioni straniere (^.),o da altre si-
mili istituzioni, ad altre accorrendovi la
pietà de'fedeli colle oblazioni. Inoltre sol-
lecita e provvida la s. Sede , con lettere
accorda grazie, di cui è fonte inesauribi-
le pel bene spirituale de' fedeli , scioglie
dubbi , decide le questioni , termina le
controversie, mantiene l'autorità, rinvi-
gorisce la disciplina, emana decreti e con-
ferma colla sua autorità suprema le ec-
clesiastiche costituzioni dalle autorità lo-
i32 PRE
cali ne* sinodi o in qualunque altra ma-
niera statuite. Roma centro della cristia-
nità deve necessariamente esserlo di tut-
te le missioni cattoliche. Nel citato arti-
colo CONGREGAZIONE DI PROPAGANDA FIDE
riportai il catalogo non solo de' vicariati
e prefetture apostoliche ad essa soggette
meli' africa, America, Asia, Europa, O-
ceania, ma de'patriarcati, arcivescovati,
vescovati e delegazioni apostoliche di Gre-
cia, Mesopotamia, Monte Libano e Per-
sia {fr.)3 da essa dipendenti per la s. Se-
de, i quali e le quali tutti hanno articoli
in questa mia opera. Delle prefetture al-
lora esistenti, cioè ne'primi del 1842, al-
cune divennero vescovati, come Guada-
lupe e Martinica, delle quali trattai nel
voi. XLV, p. 256 e 257, e della 2.a an •
che nel voi. XXX, p. 1 3 1 , ed a Pio IX
perchè neli85o l'eresse in diocesi vesco-
vili e provvide di vescovi ; altre furono
dichiarate vicariati apostolici, come Abis-
sinia, Tunisi, Curacao, Surinam,Batavia
e Australia neW Oceania (V.), Madaga-
scar e l'isola di Borbone, delle quali per-
ciò parleròa Vicariati apostolici. Al pre-
sente esistono le seguenti prefetture apo-
stoliche.
Africa: i.° Congo, vedi il vol.XLVIII,
p. 32, e s. Salvatore di Congo. i.° Ma-
rocco (F.). 3.° Nossibè, s. Maria e Ma-
yotte nell'isole Comore, nella parte set-
tentrionale di Mozambico, che hanno re
particolarie trafficano coi portoghesi, es-
sendo gli abitanti idolatri e maomettani
nella maggior parte. Gl'indigeni ricevet-
tero fra loro degli arabi naufragati, e ne
adottarono i costumi e la religione mao-
mettana. Patirono molto dai pirati del
Madagascar, ove nel secolo XVlIessen-
dovisi fondata una colonia francese sulle
rovine della fortezza demolita e già de-
gli olandesi, ne eressero un'altra; indi dai
signori della Missione (F.), che si erano
imbarcati sui vascelli di Francia, fu ope-
rata con tanto zelo per la propagazione
della fede, che in pochissimo tempo con-
vertirono 5ooo barbari e vi fu stabilita
PRE
la missione e data in governo a delti pa-
dri,componendola d'un prefetto e 8 mis-
sionari, i quali vi continuarono sino al
1668. Vi furono ancora un tempo gli ago-
sliniani, nel 1642 i carmelitani destinali
dalla congregazione di propaganda, cui
poi tolse la prefettura, che nel 1697 die
agli agostiniani scalzi. Di questa missione
parlai nel voi. XLV, p. 255. Le isole Nos-
sibè, s. Maria e Mayotte nel 1 848 furono
separate da Madagascar, allorché questa
prefettura fu eretta in vicariato, e di esse
venneformata l'omonima prefettura apo-
stolica. 4-° Senegal, ne trattai ne'detti voi.
XLV, p. 256,XLVIII,p. 32. 5.° Tri-
poli (F.).
America: i.°Cajenna,vediil voi. XLV,
p. 256 (per le colonie francesi anche il
voi. XXVI, p. 247): a Prigioni ho detto
che la Francia ha formato nella Gujana
la sede de'suoi stabilimenti penitenziari.
2.cS.PietroeMiquelon,vediil vol.XLV,
p. 257. 3. Nell'America meridionale v'è
un prefetto apostolico, che dirige le mis-
sioni composte da diverse corporazioni
religiose in aiuto de' vescovi residenziali.
1 Minori osservanti (F.) hanno collegi
nella Bolivia, nel Messico, nel Chili, nel
Perù, in Panama con religiosi per le mis-
sioni.
Asia: i.° Hong-Kong, vedi il vol.XL,
p. 22 1 . Qui noterò, die mentre a Pekiivo
e nel voi. XLV, p, 248 mi rallegrai sulla
condizione del cristianesimo nella Cina,
ora apprendo dalle pubbliche notizie de-
gli Annali della propagazione della fé-
i/e, che la persecuzione abbia cominciato
a funestare le cristianità di quel vasto im-
pero, in Pekino, nel Toncbino occidentale
col martirio del sacerdoleSchoefller, nella
Cocincina, e cheil missionario Guillemin
fu in preda a crudeli violenze, perchè la
sua cappella vicino a Hong-Kong fu di-
strutta, alcune famiglie gittate in prigio-
ne, un giovine morto sotto le catene, ed
il missionario Vachal spirò in carcere. Il
reTu-Ducha rinnovato i decreti di per-
secuzione, e dichiarato che farà cacciai
PRE
i»el fonti o del mare o de'fiumi i missio-
nari, ed i loro ricettatori farà tagliare a
pezzi, i. "Colonie francesi nell' Indie orien-
tali {T'.), essendo in Pondichery la resi-
denza della prefettura, vedi voi. XXXI V,
p. 236 e seg. e 263.
Europa: i.° Mesolcina e Calanca nel-
la Svizzera (P.). 2.° Rezia ue'Grigioni,
nella Svizzera {F-)-
Altre prefetture apostoliche sono quel-
le di Bagdad {Vedi in uno a Caldea),
prefettura dei carmelitani scalzi. Bey-
rulh o Berito (F-), de' cappuccini. Cai-
ro de' minori riformati, vedi voi. XXI,
p. 1 36. Costantinopoli diverse prefettu-
re descritte nel voi. XVIII, p. 107 eseg.
Diarbekir {V)t de' Cappuccini {V.), ed
i voi. VI, p. 245, XLVU , p. 20. Gad-
da in Arabia de'serviti, vedi voi. XXI,
p. 1 36. Giorgia (f-), de'cappuccini. las-
si (/"'.), de'couventuali, vedi voi. XLVI,
p. 27. Mossul (Fr.), de'domenicani. Al-
tre prefetture per le vicende de' tempi
non più esistono, come di Mosca (f^-)j
di Bahia e Fernambuco in Rio Janeiro
(F.), e il voi. XXVI, p. 170. Delle altre
missioni che non sono vicariati o prefet-
ture o delegazioni, tratto ai rispettivi ar-
ticoli, e principalmente citerò Guardia-
no del s. Sepolcro. Ecco un'altra pietra
pel mio grandioso edilìzio, col quale in-
tesi supplire, nelle proporzioni imposte
alla condizione di questo mio Dizionario,
al divisamente concepito dal celebre car-
dinal Garainpi (/".), come dichiarai in
altri luoghi e nel voi. XLV, p. 241. Per-
ciò non senza religiosa compiacenza spe-
ro e mi lusingo di avere pel primo riem-
pito un tanto vuoto, ciò che piacque spon-
taneamente e apertamente dichiarare ad
uno de più illustri geografi de'nostri tem-
pi, il eh. avv. Pietro Castellano autore di
diverse opere e benemerito pel suo clas-
sico Specchio geografico -storico politico
di tutte le nazioni del globo in io gros-
si tomi , per la lettera autografa e non
provocata che favori scrivermi a' 24set-
te mbre i85i . » Le compiego il Pro-
PRE i33
gr anima sinoUÌco(della Palingenesia ita-
liana tratta dalla statistica generale del-
l''orbe cattolico apostolico romano) e l'ul-
timo manifesto della Palingenesia succe-
duto a quello della statistica cattolica . . .
La menzione onorevole di Lei e de' suoi
dotti lavori si ripeterà per dovere ad ogni
pagina, ma frattanto leggerà nel mani-
fèsto la mia ingenua confessione, che sen-
za la sua opera, del mio scritto neppure
avrei potuto coltivare il pensiere". Al-
tri non fecero così, sebbene profittarono
de'miei indefessi e coscienziosi studi; anzi
dopo essersi armati di lente, cercarono
qualche ragnatela nel vasto e dovizioso
museo! Ciò non mi sorprende, poiché ne
insegna l'istoria maestra della vita, che
il gran Colombo volendo confondere la
malignità degl'invidiosi suoi emoli, fece
quanto vado a ricordare. Alcuni di essi
estenuavano il merito nelle sue scoperte
d'America, che spacciavano per assai fa-
cili e casuali, sostenendo che soltanto si
dovessero a poca arditezza e a molta for-
tuna. Egli dunque scherzando, propose
loro di trovare il modo di far stare ritto
di punta un uovo sopra di un piano. Tut-
ti si provarono, un dopo l'altro, ma niu-
no il seppe fare. Colombo allora sorriden-
do, schiacciò alquanto la punta dell'uo-
vo e comprimendolo un poco sulla tavo-
la, Io fece restar fermo ed in piedi. Beffan-
dolo tutti, dissero immantinente, che in
quel modo nulla era più agevole. Non
uiego, rispose Colombo. A buon conto
niuno di voi ha sapulo pensarvi. In que-
sta guisa ho io scoperto le Indie. Dopo
il fatto ciascuno sa fare. Mi sarà condo-
nato questo parlare, se si leggerà quanto
dissi ne' voi. XL1V, p. i43, L, p. 223,
ed a Letterato, sempre essendo il mio
precipuo fine quello indicato nei voi.
XXIII, p. 3 . , XXXVI, p. 1 74, XLI, p.
218.
PREGHIERA, Orazione, Precatio,
Prex} Preces, Supplicalio, Oralio. La
preghiera o l'orazione, ch'è antica quan-
to il mondo, considerata nel più lato sen-
i34 PRE
so, è una elevazione dell'anima a Dio.
In questo senso ogni pensiero di Dio, con-
giunto con un buon movimento della vo-
lontà, è una preghiera. L'orazione pro-
priamente delta è una domanda fatta a
Dio di qualche cosa conveniente, che pos-
sa servire alla sua gloria e alla nostra sa-
lute. L' Adorazione {V?)} i Cantici^.)
di lode, il rendimento di grazie de'bene-
fìzi ricevuti, e l'impetrazione de'nuovi,
l'offerta di se stesso, i santi desiderii, le
buone risoluzioni, con domandargli per-
dono de'peccati, e il soccorso nelle pri-
vate e nelle pubbliche necessità, tuttociò
chiamasi preghiera in un senso genera-
le. Tale si è la definizione che ne danno
i ss. padri Basilio, Agostino, Gio. Dama-
sceno e Tommaso d' Aquino. Quindi la
preghiera si fa in due maniere, o solo in-
ternamente, o internamente ed esterna-
mente iusieme, che equivale all'orazione
mentale e vocale. L'orazione mentale è
quella in cui nel silenzio della lingua si
applica solamente lo spirito alla conside-
razione della deformità d'un vizio e della
bellezza d'una virtù, d'una verità, d'un
mistero della religione, per eccitare la vo-
lontà a produrre di voti affetti e a formare
delle buone risoluzioni. La vocale è quella
in cui si esprimono i pensieri del cuore
con parole corrispondenti. Da questa de-
finizione si rileva, che l'attenzione della
mentee l'affetto del cuore formano l'ani-
ma della orazione vocale. La preghiera
vocale poi è di due specie, privata e pub-
blica : la prima è quella che si fa dalla
persona privata e in proprio suo nome;
la pubblica è quella che si fu dalla Chiesa
per mezzo de'suoi ministri. A questa spe-
cie appartiene il sacrifizio della Messa
(V.), che i primi cristiani chiamarono
orazione solenne; il divino Uffìzio (F.),
anche qua ndo. si reciti privatamente dalle
persone dedicate al servizio della Chiesa,
le solenni preghiere e le supplicazioni,
come le litanie e le processioni intimate ai
fedeli dal superiore ecclesiastico. Inoltre
la preghiera pubblica, fatta dai fedeli riu-
PUE
ritti insieme, è più efficace della partico-
lare, perchè tutta la Chiesa che prega ha
maggior forza per ottenere ciò ch'essa do-
manda, e perchè quelli che pregano con
tiepidezza partecipano al fervore de'per-
felti pregando con essi. Gesù Cristo ha
detto : Allorché due o tre persone saran-
no radunate in mionome, io sarò in mez-
zo ad esse. Egli vi si trova dunque a più
forte ragione quando tutta la Chiesa è ra-
dunata. L'orazione per gli adulti è di ne-
cessità assoluta per salvarsi; in quanto
che Dio ha stabilito e ordinato che per
l'orazione, siccome mezzo convenientissi-
mo, si ottengano gli aiuti indispensabili
per conseguire l'eterna salute. Pregate ed
otterrete,itu perocché chiunque prega ri-
ceve. E ogni qualunque cosa chedoman-
derete nell'orazione, credendola otterre-
te. È essenziale piegare in nome e pei me-
riti di Gesù Cristo, avendoci promesso
che suo Padre non esaudirebbe le nostre
orazioni che allorquando le avessimo fat-
te in suo nome. Il precetto poi esplicito
di Gesù Cristo, l'esempio di lui che be-
ne spesso passava le notti in pregare Id-
dio, determinano anche più chiaramente
questa obbligazione. Urge il precetto del-
la preghiera nelle tentazioni, nel doversi
eccitare a contrizione, nel dovere riceve-
re i sagrameuti, intraprendere arduo ne-
gozio e massimamente in pericolo di mor-
te. E cosa poi utilissima che si faccia in
ogni tempo, e specialmente ne'giorui fe-
stivi per santificarli, e al principio e al
termine d'ogni giorno; e ciò con quegli
esercizi di pietà, i quali sogliono com-
prendere gli alti de'principali doveri del-
l'uomo verso Dio. Benché Iddio per la sua
infinita sapienza conosca le nostre richie-
ste, quando gli sono fatte colla mente sol-
tanto, nondimeno devesi praticare anche
l'orazione vocale, sia per eccitare cou l'e-
sterno segno della voce l'affetto interio-
re, sia per dare a Dio un tributo d'onore
coll'anima e col corpo, essendo l'uomo
a lui debitore dell'una e l'ultra sostanza;
sia per dimostrare che l'affetto veemente
PRE
per cui arde il cuore, ridonda anche nel
corpo.La necessità della preghiera non de-
roga alla somma liberalità di Dio, per la
quale parrebbe che dovesse elargire i suoi
doni senza die gli fossero domandati. Im-
perocché, oltre al conferirci di fatto alcu-
ne grazie, senza che gli sieno da noi richie-
ste., a nostra grande utilità ha ordinato poi
che tante altre non si ricevano , se non
per la preghiera, porgendoci così l'occa-
sione di tener viva la fede, di muoverci
a confidenza verso di lui, di esercitar l'u-
miltà nella confessione delle nostre mi-
serie e bisogni. La preghiera fatta a Dio
con fede, con confidenza, con perseveran-
za, e nel nome di Gesù Cristo, è infalli-
bilmente esaudita in tempo congruo, se-
condo i divini consigli, quando è fatta per
sé, e purché se fatta per altri, questi non
\i pongano ostacolo. Chiedere pel no-
me di Gesù Cristo, vuol dire chiedere pei
meriti di lui, e chiedere quello che ap-
partiene alla grazia e alla gloria e che con-
tribuisce al conseguimento di essa : le co-
se temporali, quando sieno oneste e buo-
ne per loro stesse, possono pure doman-
darsi, ma sempre secondariamente e con
spirito di rassegnazione. La promessa in-
defettibile di Gesù Cristo di esaudire le
orazioni nostre, non cade su queste cose
temporali, se non quando alla mente o-
gniscente di Dio esse compariscono cer-
tamente utili per la nostra eterna salute.
La Chiesa sempre animata dalla carità,
non esclude alcuno dal partecipare del
frutto delle orazioni sue. Offerendo il sa-
crifizio incruento, il sacerdote dice: Di-
nanzi alla divina maestà tua salga in odo-
re di soavità per la salute nostra e di tut-
to il mondo, nessuno eccettuato. Si pre-
ga adunque per tutti gli uomini giusti o
peccatori, amici o nemici: si prega anche
per gl'infedeli, per gli eretici e scismati-
ci; purché non si considerino come mem-
bri della Chiesa, e per loro si domanda
la fede, la grazia della conversione e la
remozione de'castighi temporali ed eter-
ni. A Timoteo scrisse s. Paolo: Racco-
PRE i35
mando prima di tutto che si facciano sup-
pliche, orazioni* voti, ringraziamenti per
tutti gli uomini, per i regi, e per tutti i
costituiti in posto sublime. L'obbligo di
pregare per tutti gli uomini è fondato
sul precetto che ci obbliga ad aver ca-
rità per lutti gli uomini, e ad amare il
prossimo come noi stessi, come dichia*
ra s. Tommaso. L'ordine delle preghiere
che si fanno a Dio consiste: a pregare per
se stesso, per coloro che ci sono più spe-
cialmente uniti coi vincoli della carne e
del sangue, per quelli che ci tengono luo-
go di padre come i pastori e i superiori
temporali, per quelli cui abbiamo qualche
obbligazione, ec. Nel Paternoster (^r-),
o orazione domenicale, si contengono tut-
te quelle cose che si possono domandare
e sperare da Dio. L'orazione squarcia le
nubi della tribolazione e assicura la pa-
ce, come dice s. Gregorio Nisseno. Mai
Israele supplicò invano il Dio de'suoi pa-
dri nel suo pellegrinaggio verso la terra
promessa, e mai pregò indarno la Chiesa
il suo Maestro e Signore nel cammino al-
la celeste Gerusalemme. Un popolo che
prega è invincibile in Dio. Imperocché
non solamente Cristo egli Angeli si uni-
scono pietosi a coloro che pregano, dice
Origene; ma ancora i santi di Dio ne pren-
dono parte onde assicurare alla preghie-
ra fatta con ispirilo di umiltà e di divo-
zione la sua efficacia. E' l'orazione un'o-
pera essenzialmente buona, che conduce
l'anima alla prosperità. Quindi le belle
immaginide'ss. padri Ambrogio, Loren-
zo Giustiniani e Bonaventura; ora danno
le ali all'orazione per ispiegare la sua pie-
na efficacia, ora la rappresentano sotto la
forma di grazioso uccellino che penetra
nel gabinetto di Dio, ora all'armatura di
un guerriero che sta in propria tutela ,
ora ad un Incenso ( V.) odoroso che spi -
ra soavità dinanzi al Signore. I pregi prin-
cipali della preghiera sono tre: i.° che
il cuore sia puro, e chi opera bene è si-
mile a chi prega senza interruzione; 2.0
che l'orazione nasca propriamente dal
i36 PRE
cuore e non dalla lingua, e sia fondata
nelloslanciodegli affetti, non già nel mo-
to o qualità dell'espressione; 3.° che l'o-
razione sia continua, senza interporre di-
mora, dissero il Salvatore e s. Paolo, ciò
che può anco intendersi dirigendo con-
tinuamente a Dio le stesse proprie ope-
razioni cou una locuzione mentale, pie-
gando il cuore del supremo giudice le
continue orazioni. Inoltre l'orazione ha
la virtù di soddisfare perchè è un'opera
laboriosa e penosa, alla quale Dio ha pro-
messo la remissione delle pene dovute al
peccato, e perchè rinchiude in sé l'ubbi-
dienza e l'umiliazione dell'uomo in pre-
senza della maestà divina. Essa è qual-
che volta impetratoria senza essere me-
ritoria, né soddisfaltoria; tali sono le pre-
ghiere che i santi fanno per noi in cielo.
La preghiera ottiene qualche volta una
cosa e ne merita un'altra. I difetti prin-
cipali della preghiera sono tre: t.° che
non sia timida; 2.0 che non sia temera-
ria per eccesso di fiducia, onde non può
essere disgiunta dal dovuto rispetto; 3.°
non dev'essere tiepida o mista d'indiffe-
renza odi rincrescimento. Vi sono diver-
si errori sulla preghiera, in cui caddero
i pagani, i pelagiani, i messaliani, i vicle-
fiti ed altri eretici, oltre i quietisti. Con-
tro i vodpsi , i viclefiti, i luterani, i cab
vinisli,il concilio di Trento definì essere
permesso e utile di pregare i Santi (F.),
che regnano in cielo, perchè intercedano
per noi presso Dio; però invocandoli dob-
biamo aver presente; che nulla possono
ottenere senza la mediazione di Gesù Cri-
sto. V. Culto. Non si deve pregare pei
santi che sono nel cielo, perchè essi non
hanno bisogno di nulla; si può nondi-
meno chiedere qualche gloria accidenta-
Je pei santi. Quanto alle anime del Pur-
gatorio (fr.)t vi sono de'teologi che pen-
sano esser cosa vana il pregarle, altri so-
stengono che possono ottenere pei vivi,
perchè non si può dire che Dio abhia sta»
1>ilito il contrario. Però il pregare per loro
( huona e utile coso, e fu sempre in uso
PRE
nella Chiesa, raccomandandolo i ss. padri
e tutte le liturgie.Delle preghiere pe'morti
parlai in diversi articoli. /^.Commemora-
zione de'fedeli defunti. Non si può pre-
gare pei dannati, sì perche essi non sono
più uniti col vincolo della carità, per mez-
zo della quale i vivi comunicano le loro
opere buone ai morti, come perchè essi
sono giunti a quel termine fatale edim-
mutabile, in cui hanno ricevuto l'ultimo
castigo dovuto alle loro colpe, cioè l'eter-
na dannazione, che non può essere né tol-
ta, né diminuita : Dio però colla sua as-
soluta e straordinaria potenza può far tut-
to. A Inferno dissi favola la pretesa li-
berazione di Traiano infedele, persecu-
tore della Chiesa, senza battesimo né pe-
nitenza.
Il tempio o Chiesa (F.) è chiamata
la casa dell'orazione. I primitivi cristiani
oravano nelle Catacombe e Cimiteri(F .),
nell'epoca delle atroci persecuzioni, ve-
nendo costi-etti in Congregazioni divole
(V.) ad intervenire ai Divini uffizi [V.)y
e praticare i santi Riti (Z7".) nelle latebre
di tali luoghi d'infortunio e d'affanno,
però nobilitati dal consesso de'padri del-
la Chiesa e santificati per la celebrazione
del divino sagrifizio dalla presenza di Dio
vi vente. Severano, Memorie sacre p. 3o8,
riporta l'orazione particolare detta dai
vescovi, nel congresso de'cristiani de'pri-
mi secoli. Deus et Pater D. 2V. Jesu Cliri-
sti, qui dispersa congregai, et congregata
conservaSj auge /idem, et fiduciam ser-
vis luis. A Genuflessione parlai dell'uso
di pregare genuflessi e che non è essen-
ziale alla preghiera; degli antichi cristia-
ni che da Pasqua a Pentecoste (fr.) ora-
vano in piedi; dell'elevazione e distensio-
ne delle mani, disapprovando Tertullia-
no il sedere (Z7". Genuflessorio e il voi.
XI, p. 25g); e dissi inoltre delle diverse
genuflessioni, e di quelle di culto e di ri-
verenza. Ad Inchino elNciiiNAziON Binan-
do si devono fare o nella celebrazione del-
le sagre ceremonie o nelle orazioni: r.
Nome di Gesù. In America e altrove al-
PRE
forche le Campane danno il segno del -
l'Angelus Domini (F.)t al mezzodì e nel
cominciar della notte, nelle pubbliche vie
si fermano i pedoni , adorando in pie-
di col capo chino la gran Madre di Dio
fino al 3.° tocco della campana. LeBrun,
Explicalion des prieres, racconta che
ne'primi quattro secoli della Chiesa non
vi fu cosa tanto raccomandata, quan-
to P orare in piedi nelle domeniche e in
tutto il tempo pasquale, poiché i fede-
li vollero onorare in tal guisa la risurre-
zione di Gesù Cristo, per far conoscere,
anche colla positura del corpo, la spe-
ranza che nutrivano di partecipare della
gloriosa risurrezione e ascensione di lui.
Anzi Tertulliano, De Corona e. 3, non
solo dice che nelle domeniche e dalla Pa-
squa sino alla Pentecoste non s'inginoc-
chiavano punto per 5o giorni, ma che
l'avevano come per peccato. Questo rito
tuttora si osserva, e lo stesso in tutte le
domeniche dell'anno, le quali sono spe-
cialmente consagrate a onorare il miste-
ro della risurrezione. Osserva Butler nel-
le Feste mobili p. 4oo, che tale rito è os-
servato negli uffizi pubblici, ed è una pra-
tica lodevole il conformarvisi almeno in
parte nelle nostre particolari orazioni. Ma
se preghiamo in presenza degli altri dob-
biamo evitare ogni singolarità affettata
che potrebbe offendere o scandalezzare;
cosa savia è allora non («costarsi dall'uso.
A Evangelio e a Te Deum dissi che nel-
la loro recita o canto si deve stare in pie-
di. Sarnelli, Lelt. eccl. t, 5, lett. 2: Che
l'uomo deve orare col capo scoperto e la
donna col capo coperto, scioglie diverse
difficoltà e rende ragione di tali usi, che
io toccai a Berretta, Berrettino, Paruc-
ca e altre coperture del capo, ed a Don-
na. Sarnelli nelle pubbliche preci incul-
ca agli uomini l'orare col capo scoperto,
per cui inveisce contro le perucche , ri-
cordando al sesso femminile le prescri-
zioni di s. Paolo e di diversi Papi d'in-
cedere nelle chiese col capo coperto e
velato ; aggiungendo che si deve orare
PRE i37
con ambedue le ginocchia piegate, il che
senon fosse rimarcabile, non avrebbe Id-
dio fatto notare nella s. Scrittura, Reg.
3, 54> che Salomone così orò nel suo tem-
pio, utrumque eniin genu in terram fi-
xeralj et manus expanderal in coeluni.
Abbiamo di s. Giacomo apostolo detto il
Minore, ch'era tanto assiduo nel pregare
genuflesso e per umiltà colla fronte sulla
terra, che gli si formarono calli tanto sul-
le ginocchia, che sulla fronte. I ss. Pietro
e Paolo s'inginocchiarono per fare ora-
zione, nel volo di Simon mago. Donati
ne' Dittici p. 1 18 parla dell'orazione fat-
ta colle mani aperte ed alzate, anche dai
gentili. Il vedere ne' monumenti le mani
alzate verso il cielo, fu pure talvolta segno
di orazione, quantunque conciò mostrasi
qualche volta ancora l'azione del bene-
dire. Riporta le testimonianze di Tertul-
liano, Pamelio, Muratori e altri. Nel voi.
XXXIV, p. io parlai dell'immagine di
Maria Vergine dipinta nel cimiterio di
Ciriaca colle braccia aperte e sostenute
dai ss. Pietro e Paolo in allodi pregare,
rilevando che il simile si ha di Mosè, co-
me di sua efficacia. Gli antichi cristiani
alzando le mani, quando oravano, le te-
nevano ancora talvolta in forma di cro-
ce, per dimostrare la rimembranza an-
cora cogli atti esterni che sempre inter-
namente avevano della passione di Gesù.
Cristo. Vicino a morte s. Ambrogio, col-
le mani in croce porgeva fervorose preci
all'Altissimo. Eusebio racconta che Co-
stantino fece scolpire la sua effigie nelle
medaglie d'oro col volto rivolto verso il
cielo, e le mani aperte a guisa di chi fa
orazione. Altri vuole che simil gesto sia
fatto per rappresentare l'elevazione dei
nostri cuori alle cose celesti, e tale uso
conferma s. Gio. Crisostomo nello spiegar
le parole del salmo i4o. Borgia, Meni,
di Benevento t. r, p. 1 4-8, parlando del-
l'antico rito di orare colle mani distese,
dice che ve n'è rimasto qualche vestigio
ne'sacerdoti, quando celebrano la messa
e proferiscono le sacre orazioni; osservali-
i38 PRE
do che anco gli ebrei oravano con le ma-
ni alza te, e specialmente Davide, uso pra-
ticato pure dai gentili. Anche Buonarro-
ti, T etri antichi p. me 270, parla del-
l'uso restato a'sacerdoti nelle sacre pre-
ghiere specialmente della messa, di tener
le braccia in gesto di orazione, non del
tutto nel modo antico, secondo il quale,
egli dice, si tenevano le braccia totalmen-
te distese in fuori a forma di croce. 11 me-
desirnoap. 78 racconta chegli ebrei nel-
le pubbliche orazioni e particolarmente
il popolo minuto, fu solito di portare so-
pra le spalle e sopra gli abiti un panno,
e si crede che fosse una specie à'Efod, sem-
plice e piccolo manto che circondava le
spalle e qualche volta si affibbiava e con-
giungeva sul petto. Crede quindi che al-
trettanto praticassero i primi cristiani nel
tempo della preghiera, ritenendo verosi-
mile che nel comandare s. Paolo alle don-
ne di stare in cliiesa col capo velato, e vo-
lendo che gli uomini stieno scoperti, in-
tenda di questi veli o manti usati dai due
sessi nelle loro di vote adunanze, e che essi
dierono occasione a quell'apostolica or-
dinazione. India p. 120 dichiara con mo-
numenti, essere stata consuetudine degli
antichi cristiani di starecolle mani e brac-
cia distese quando facevano le loro pre-
ghiere , esprimendosi quasi un modello
ed una immagine della passione; e sic-
come il martirio è il cimento più forte,
quindi è che molti ss. martiri nel tempo
istesso de'loro tormenti, per ottenere da
Dio costanza e valore in quel fiero con-
trasto, stavano orando, qualora il poteva-
no, colle braccia distese in modo di cro-
ce, come in un vetro fu rappresentala s.
Agnesenelle Gamme. Eusebio vide un san-
to giovane che nel martirio stette sem-
pre in orazione, colle inani alzate e diste-
se. Altrettanto si ha de'ss. Fruttuoso e
Augurio, dicendosi di loro, che bruciati
i legami einginncchioni,t/z signoquetro-
phaei Doni in i consti tuli, Doni inuni depre-
cabantur. Anche Buonarroti afferma che
fu uni versai costume presso quasi tutte
PRE
le nazioni nell'atto dell'orare, il tenere
le braccia alzate e distese, ed in questa
guisa porgeva le preghiere ai falsi dei la
folle gentilità: così fecero gli ebrei, Mo-
sè, e Daniele nel lago de' leoni; laonde
stima probabile che questo rito sia de-
rivato dalla prima legge di natura. Es-
sendo anticamente comune a tutti i fe-
deli questo modo di stare nell'orazione,
in un Eucologiode'greci avanti certe pre-
ghiere si dice al popolo: Alzate le mani
vostre. Dalle pitture de' sacri cimiteri si
Tede il costume di orare in piedi, impe-
rocché quantunque vi fosse il rito di se-
dere, dopo data o intimata l'orazione, con
dire Oremus (f.), tacciato come di su-
perstizioso da Tertulliano (neW Edipo di
Sofoclei t ebani siedono nell'atto di sup-
plicare), come già notai, e vi fosse quello
di fare orazione in ginocchioni, ed altre
volte col volto e colla persona prostrala
per terra (di che trattano Tertulliano, ad
TJxorem I. 2, e. 8, et Advers. Marc. I. 3,
e. 18, et Apol. e. 4o; Eusebio in Isaiam
e. 49i »• 23; il Nazianzeno, Orai. XI, p.
1 83 ; Prudenzio, De s. Laur.j s. Girola-
mo, De vita s. ffilarìonis, et Epist. 1 3 ad
Paulinunt), pur tuttavia quello di stare
in piedi era più usato e comune. In que-
sto c'insegna la Chiesa, secondo s. Basi-
lio lib. de Spirita Sanclo, di dover noi
anteporre i beni eterni a tutti gli altri,
quasi trasportandoci con quell'ammoni-
zione sensibile dalle cose presenti alle fu-
ture, ed inoltre ogni volta che c'inginoc-
chiamo e di nuovo ci rizziamo nella po-
situra in piedi, mostriamo che noi, i qua-
li a cagione del peccato eravamo afflitti
ed in terra, siamo richiamati al cielo per
mezzo di colui che ci creò; alludendo il
santo a quel rito del Flectamus genita,
conservato rn alcuni giorni ancora dalla
Chiesa, dell'inginocchiarsi il popolo nel-
l'atto di dire o inlimare l'orazione il sa-
cerdote, e rizzarsi e stare in piedi nel tem-
po dell'orazione,al Levate. De'catecume-
11 i e neofiti parimenti si ha, che oravano
in piedi, colla differenza solamente, che
PRE
dove i fedeli tenevano la faccia mediocre-
mente elevata, facevano tenere ai cate-
cumeni il capo basso, non avendo essi an-
cora ottenuto, medianteil battesimo, l'a-
dozionee la confidenza di figliuoli di Dio.
A Oriente notai il costume de'primi cri-
stiani di orare verso quella parte, per mol-
ti misteri e ad imitazione degli apostoli.
Si può vedere anche Severano, Memo-
r/ep. 55, e Rinaldi agli anni 34, n.° 232,
58, n.° io5, 106, e nel n.° 109 e 1 io
tratta de'di versi modi d'orare, notando
che i fedeli, trovandosi in qualche gran
calamità, costumavano pregare prostrati
in terra; nel n.°i 1 1 che tutti i fedeli de-
vono slare nell'orazione con riverenza,
modestia e umiltà anche esteriormente;
che talora alcuno si batteva il petto, co-
me fece il pubblicano che meritò gli elogi
del Piedenlore, il quale segno mostra il
pentimento del peccato [V. Penitenza);
e cosi coloro che dopo la passione di Cri-
sto tornavano dal Calvario baltevansi il
petto. Di questo parlò s. Nicolò I nelle
risposte ai bulgari e circa al rito di con-
giungere e piegare le mani, dice fra le al-
tre queste parole: » Quid aliud isti a-
gunt, qui manus suas corani Domino li-
gant, nisi Domino quodammodo dicant:
Domine ne manus mea ligari praecipias,
utmittas in tenebrasexteriores;quoniam
ecce ego jam eas ligavi, et ecce in flagella
paralus sum ". Furono anche soliti i fe-
deli di porgere a Diodivote preghiere au-
dando in Processione (V.) , di che par-
lano Tertulliano ad Uxor., lib. 2, e. 4»
e s. Girolamo, Epist. 7, 12 e 22 : del-
le processioni si fa menzione nel conci-
lio di Laodicea. Che le stesse si chia-
massero Litania (F.), perchè pubblica-
mente s'intimavano per placare Iddio,
Io dichiarano molti esempi. Sulla distri-
buzione delle ore per pregare, ne par-
lai a Ore canoniche. Delle preghiere che
si fanno in latino e perchè, e del loro
valore benché non s'intenda quell' idio-
ma, ragionai a Lingua. Dell' uso di la-
varsi le mani prima di entrare iti chiesa
PRE 139
a fare orazione, trattai a Lavanda delle
MUTI.
A Oremus o invito all'orazione, che
termina con V Amen (V.), dissi dell' in-
timo o forinola: H umiliale capita vestra
Deoj degl'inviti Fleclamus genita e Le-
vate, e nel voi. XXIX, p. 19020: notai
ancora perchè non si dice il Fleclamus
genita pregando per gli ebrei. A Dittici
rimarcai, che non solo in essi erano regi-
strati i sovrani, ma che se ne faceva com-
memorazione nella messa; erano poi can-
cellati quando abbandonavano la fede or-
todossa. Neil' annalista Rinaldi si legge
come i primitivi cristiani oravano ezian-
dio per gl'imperatori gentili e per la pro-
sperità dell'impero romano: per le loro
preghiere a Dio gì' imperatori ottennero
diverse vittorie. Quanto alle orazioni che
la Chiesa fa per gl'imperatori, vedasi E-
xuLTET.eilvol.XXXIV, p.146. Nel voi.
XXVIj p. 272 riportai che Adriano I
istituì l'uso di fare orazione nella messa
pel re di Francia, costume che venne ab-
braccialo dai regni cattolici, onde pre-
gare pel proprio sovrano; ed a p. 293
dissi dell'indulgenze concesse dai Papi a
chi pregava Dio per la felicità del re e del
regno di Francia. Papa s. Pio V concesse
ai vescovi e sacerdoti spaglinoli di no-
minare il re nel Canone della messa ( V.).
Però convenendo alla maestà della no-
stra religione l'orare pei principi secola-
ri, come prescrive s. Paolo, ad Thimo-
leus 2, e fu sempre 1' uso della Chiesa ,
non può tuttavia la podestà secolare sta-
bilire uè ordinare queste preci, come già
scrisse il grande Osio vescovo di Cordova
all'imperatore Costanzo: Tibi Deus ini-
perium iradidit, nobis guae sutit Dei ec;
quindi Benedetto XIV perchè non pre-
valesse l'abuso a questa incontrastabile
massima della Chiesa, colla bolla Quem-
admodum j de' 22 marzo 1 743., Bull,
Magri, t. 16, p. i45, avvertì tulli i ve-
scovi, che ad essi solo spettava il diritto
di ordinare le preghiere pubbliche; che
se la podestà secolure li pregherà di or-
i4o PRE
«linai le, eglino Io facciano; se però senza
il loro permesso la podestà le ordinerà,
i vescovi dovranno opporvisi, anzi non
cedendo quella alla loro resistenza, usino
i vescovi de'loro diritti e de'rimedi ec-
clesiastici a ciò necessari. Il medesimo Be-
nedetto XIV per maggiormente accresce-
re l'uso dell'orazione mentale, non sola-
mente confermò tutte le indulgenze già
concedute a quelli che la facessero, colla
bolla Quemadmodum, de'16 dicembre
1746, loc. cit. t. 17, p. 22, ma vi aggiun-
se l'indulgenza di 7 anni e 7 quarantene
a quelli che ne insegnassero ad altri il
metodo per farla, e indulgenza plenaria
tanto a questi, quanto a coloro che im-
parassero questo metodo, i quali si con-
fesseranno e comunicheranno una volta
il mese, pregando nello stesso tempo i ve-
scovi che esortassero i fedeli a così pio
esercizio. Innumerabili sono\e Indulgen-
ze (V.) concesse per le diverse specie di
orazioni e pie opere, riportate nella Rac-
colta di orazioni e opere pie per le quali
sono slate, concedute dai sommi Ponte-
fici le s. Indulgenze, Roma 1 84 1 • Egual-
mente non si possono enumerare i pro-
digi ei portenti, le grazie spirituali e tem-
porali ottenute da Dio pel potente mez-
zo della preghiera tanto a lui gradita.!
santi, i beati, i servi di Dio ne formarono il
loro principale pascolo. Racconta Rinal-
di di s. Ludgero vescovo di Munster, che
chiamato 3 volte da Carlo Magno men-
tre salmeggia va co'suoi, solo vi andò dopo
terminato. A vendo perciò trovalo inquie-
to l'imperatore, perchè gl'invidiosi avea-
110 dipinto il ritardo come un dispregio
della maestà sovrana, rispose al rimpro-
vero : che sebbene sempre era stato som-
messo ai di lui ordini, non dubitò di pre-
ferire Dio a lui in ogni cosa, anco per le
imperiali ingiunzioni, che nell'affidargli
la cura pastorale, gli dichiarò dover pri-
ma servire a Dio e poi soddisfare al so-
vrano volere; non essere stala irriveren-
za il ritardo, ma soddisfazione di debito
ai Signore, e perciò più pronto offrirsi
PRE
al suo servigio. Carlo restò edificato, e
colmò d'elogi il santo vescovo. Con tanto
fervore pregano i santi, che moltissimi
meritarono elevazioni edestasi durante
la preghiera, sollevandosi in alto anche
genuflessi e colle braccia stese, per gode-
re ledelizieineffabiliches'incontrano nel-
le consolazioni celesti, circondati di bril-
lante splendore. Di questo dono di Dio
parla il dotto annotatore di Butler, Vite
de' padri, martiri e altri principali santi,
in quella di s. Filippo Neri, narrando le
sue miracolose elevazioni, e quelle di s.
Ignazio Lojola,di s. Domenico, di s.Dun-
stano, di s. Filippo Benizi, di s. Gaetano,
di s. Alberto di Sicilia, del b. Bernardo
Tolomei, di s. Francesco d'Assisi, di s.
Edmondo arcivescovo diCantorbery, e di
s. Teresa. Finalmente dicesi anche ora-
zione certa preghiera ch'è propria del-
l'offizio del giorno o per la commemora-
zione delle feste e ferie, e che èquasi sem-
pre preceduta da un'antifona oda un ver-
setto. L'orazionedel giorno termina le lo-
di, prima, terza, sesta, nona, ed i vesperi.
Vedasi Diclich, Diz. sacro- liturgico, O-
razione dell'uffizio: Orazione della messa
o colletta: Oraziou»? domenicale e Salu-
tazione angelica nell'uffizio: Orazioni di
rito semidoppio, delle feste, ottave, ferie,
messe votive. Gli articoli poi di questa
mia opera sono in grandissimo numero,
che lungo sarebbe indicarli, sia riguar-
danti la preghiera, sia per tuttociò che
si comprende nella categoria ampia delle
preghiere e delle orazioni. Si possono con -
sultare: Pr. Pelliccia, De Christ. eccl. tuni
publica, tum privata prece prò princi-
bus, Neapoli 1 778. S. Alfonso de Liguo-
ri, Del gran mezzo della preghi era. io.
Pricaeus et Claudius Expencaens, De o-
ranlium, sive sid>latis inter precandum
manibus. Coro. Seb.Schurtzfleischii,/?/*-
sert. de Chirotonia, Vittebergae 1 68(>,et
inter ejusdem Dissert. historico politicns
t. 2, n.°Oy. Adam Rechenbergius, De eie-
catione manum inter precandum , Li -
psiae 1 688, et in ejus Exercil. in N. C,
1
PRE
i4^. De more manus et digitos inler
oranclum complicarteli, Lipsie. P. Luigi
Tappa rei li gesuita, Ragionamento sulla
reghiera cattolica considerata in ordine
alla civiltà de' popoli. Nel voi. 3, p. i53
Annali delle scienze relig., serie 2."
PREJETTO (s.), vescovo di Clermont
e martire, detto in Francia s. Prix o Priest.
Nacquein Alvergna,efu iniziato nel ser-
vigio ecclesiastico da s. Genesio arcidia-
cono e poi vescovo di Al vergna. Esercitò
da prima il suo zelo nella parrocchia d'Is-
soire, poscia nel monastero delle religio-
se di Candedin. Eletto vescovo di Cler-
mont nel 666 , fondò monasteri, chiese,
ospedali, stabilì case di carità per prov-
vedere ai bisogni dei miserabili , e si a-
doperò a far fiorire nella sua vasta dioce-
si le pratiche di religione e il fervore cri-
stiano. P*rejetto dovette recarsi alla corte
per gli affari della diocesi, ed in quel tem-
po Ettore patrizio di Marsiglia, che avea
rapito una delle suediocesanee commessi
altri misfatti, venne condannato alla mor-
te dal re Childerico. I partigiani di Et-
tore riguardarono la sua morte come una
conseguenza dei lagni che Prejetto avea
fatto al re contro di lui; quindi mentre
il santo vescovo ritornava dalla corte lo
fecero assassinare a Volvic, insieme ad
un sant'uomo chiamato Amaritio, che lo
accompagnava. Ciò avvenne nel 674 a'
2 5 gennaio , nel qual giorno si celebra
la sua festa, avendone la Francia onorata
la memoria subito dopo la sua morte. La
maggior parte delle sue reliquie si con-
servano nell'abbazia di Flavigny.
PRELATI Pietro, Cardinale. Fran-
cese, che Frizonio dice creato cardinale da
Giovanni XXII, ma non vi è nel registro
del s. collegio, né tra'cardinali di Panvi-
nio eCiacconio, ed il Contelori lo esclude
espressamente dal numero de' cardinali.
PRELATO, Antisles, Praesul. Quel-
lo che ha la dignità ecclesiastica con giu-
risdizione, come cardinale, vescovo, ab-
bate esimili; dicendosi Prelatura la di-
gnità de'prelali, Praesulis dignitas. Così
PRE 141
il Da. della lingua italiana. Alcuni opi-
nano che impropriamente si chiamino
prelati i referendari di segnatura, ed i fa-
migliari del Papa prelati domestici, men-
tre questi sebbene abbiano un grado di
dignità non hanno giurisdizione, non pre-
siedono, cosa essenziale per un vero pre-
lato, che vuol dire presiedere, essere su-
periore, dal verbo latino praeesse. Feli-
ci,nell' Onomasticum romanum, chiama
la prelatura, honores ecclesiastici, digni-
talis gradus. Morcelli qualifica il prelato
di Roma, Antist.es urbanus; ed il prelato
domestico di sua Santità, Adleclus inter
antistes domus Ponti/., Anlistes domus
Pont. Max. Nardi, Deparrochi voi. 1,
p. 3g5, definisce la prelatura, nel senso
generale, un grado onorifico con giuris-
dizione sui sudditi, che propriamente col
vocabolo prelato senz'altro aggi un to s'in-
tende il vescovo, e quando si vogliono no-
minare altri prelati, vi si mette l'aggiun-
to o di regolari, o di esenti ec, per di-
stinguerli. Quantunque questi pure sieno
nella classe de'prelati, pure vi è la dif-
ferenza, che hanno la giurisdizione per
concessioneecclesiastica, mentre i vescovi
sono posti da Dio al regime, pel quale
hanno Praelationisconsecralione.m,a per-
ciò ne'primi secoli la parola Praeses, si-
nonimo di Praelatus, era adoperata per
significare il solo vescovo. Prelati mag-
giori sono i vescovi, ed i cardinali perla
parte che hanno al regime della Chiesa
universale. Prelati minori sono le persone
di grado inferiore ai mentovati, e che ab-
biano I' onorifica distinzione di grado e
la giurisdizione esterna. 1 prelati minori
sono in gran numero: tra questi i prin-
cipali sono gli ordinari nullius3 gli esenti,
gli abbati, gli aventi usi di pontificali con
giurisdizione, i superiori supremi o pro-
vinciali de'regolari, i vicari generali, gli
arcidiaconi antichi; gl'inferiori tra questi
prelati minori sono, per esempio, i supe-
riori de'con venti, le abbadesse (come le
chiamò nell'8 1 3 il concilio di Reims, e
nell'816 il concilio d'Aquisgrana, e au-
i4* PRE
che pastore), ec., i quali anch'essi sono
veri prelati, perchè hanno una giurisdi-
zione, benché assai limitata, esterna e rea-
le sui sudditi, che possono comandare e
punire. Vi sono ancora altri che hanno
l'ombra della prelatura, o per grado ono-
rifico o per qualchegiurisdizione esterna,
cornei corepiscopi nell'antichità, a'quali
con minori facoltà successero i vicari fo-
ranei, ed altri notati da Nardi. Aggiunge
che prelati erano appellati i capi delle
collegiate e le dignità de'capitoli, e pre-
lato era il preposto de'capitoli che pre-
siedeva alle canoniche. Il concilio di Toul
dell' 859 chiamò prelato chiunque pre-
siede ad una comunità religiosa. Delledi-
■verse classi de' prelati parlò ancora Bo-
naccorsi, Del protonotariato p. 55 e seg.
1 prelati della s. Sede sono veri prelati,
perchè oltre la precedenza, hanno anche
delle incombenzedi giurisdizione, le qua-
li riguardano la cattedra apostolica, e
quindi il regime universale. La remota
antichità della prelatura romana, Nardi
la fa risalire ai 7.5 preti e 7 diaconi che
ne'primi tempi della Chiesa formavano il
presbiterio del Papa, o sagro senato ro-
mano {V. Sagro collegio). Aggiungerò
che fiorivano ancora i notari regionari,
poi Protonolari apostolici (F.)}ed i Di-
fensori dtllachiesa romana ( V.), poi ,4i>-
vocati concistoriali^^ .),lull\ primari pre-
lati. Vi erano io 1 chierici, tra suddiaconi
regionari e minoristi, uomini di matura
età al servizio della s. Sede pel regime
universale, e che servivano nelle funzioni
ecclesiastiche pontifìcie, ed erano ciò che
è oggidì la prelatura, essendo allora tali
chierici della sede apostolica in grandis-
sima stima, per cui di versi suddiaconi fu-
rono elevati al vescovato. Nel pontificalo
di s. Gregorio I abbiamo più esempi di
notari, di suddiaconi e di rettori cui com-
mise gravi aftari delle chiese, de' vescovi,
presiedere alle loro elezioni, vegliare sul-
la loro condotta, riprenderli e anche pu-
nirli. Inoltre a'tempi di s. Gregorio I i
Patrimoni della chiesa (F.) erano go-
PRE
vernati dai rettori, difensori, notari, car-
tulari o archivisti, diaconi e suddiaconi,
tutti primari chierici della romana chie-
sa, ed in alcuni vi esercitavano anche il
dominio temporale, tutti ministri mag-
giori della s. Sede che formavano, come
oggidì, il fiore della prelatura romana ;
inferiori ai cardinali, superiori ai preti,
diaconi ed altri ecclesiastici minori. Nar-
di somiglia i prelati maggiori e minori
antichi, agli odierni prelati di mantel-
letta e manlellonej i quali tutti giurava-
no ubbidienza e fedeltà al Papa e rende-
vano conto al medesimo dell'operato, co-
me fa oggidì la prelatura romana. Il nu-
mero di tali prelati si aumentò colla pro-
pagazione del cristianesimo e col la Sovra-
aita pontificia (/"'.), incominciata con s.
Gregorio II dopo il 726. Tali prelati nei
patrimoni avevano la loro corte, di per-
sone condotte da Roma, come notari, di-
fensori, azionari; poscia divennero Go-
vernatone Delegali ( V.) delle città e Pro-
vincie. Quindi ne'primi dell'VIH secolo
già erano primari uffiziali della s. Sede i
prelati Primicero, Secondicero, Arcario
o Tesoriere, Saccellario, Proloscrinario ,
Prìmicero deJ difensori 3 Nomenclatore
(V.), che formavano le 7 più grandi cari-
che palatine. Di questi e altri uffizi prelati-
zi ne ragionai anche a Camera apostolica.
\ Legati, gli Jpocrisarieà i Nunzi (V.),
sono altri prelati di prim'ordine, che nei
primi secoli della Chiesa erano dai Papi
spediti in tutto il mondo. Antichissima
origine hanno pure i prelati Cubiculari
( V.) della Famiglia Pontificia ( V.), sot-
to la direzione del Vicedomino (V.), cui
successe WMaggiordomo 3 con titolo e pre-
rogative di prelati domestici, famigliari e
commensali del Papa,qualifiche e privile-
gi che furono estesi ai prelati domestici,
titolo che godono i vescovi assistenti al so-
glio ed altri prelati : il novero dei prelati
domestici di sua Santità si legge nelle ttt-
nua\\ Notizie di Roma, dopo i Camerieri
segreti partecipanti (^.).Nel VI eVII se-
colo già vi erano i consiglieri della s. Se-
PRE
de, poiché s. Gregorio I scrisse a Teodo-
ro Consiliarium nostrum, forse quel Teo-
doro che il precedessere Pelagio II chia-
mò magnifici Consiliari nostri. Nel 63g
fioriva Giovanni servus Dei Consiliarius
apostolicae sedis. Sotto Stefano III tro-
vasi Cristoforo Primicerius et Consilia-
rius. Questo uffizio, dice Nardi, spesso fu
dato ai vescovi, e Giovanni VIII lo con-
ferì agl'imperatori Carlo il Calvo e Lo-
dovico ilBalbo; indi nell'88onominaVal-
perto episcopo Consiliario nostro, presso
Ughelli, leggendosi nel Mansi, un prete
Consiliarios nostros di quelPapa.La mag-
gior parte de' nominati ministri e digni-
tari formavano collegi prelatizi, e diversi
aveano per capo il primicero, che ne'col-
legi de'prelati successivi si disse presiden-
te e più comunemente decano. Gli odier-
ni collegi prelatizi sono quelli de Vescovi
assistenti al soglio, de"* Prolonotari apo-
stolici, Uditori di Rota, Chierici di ca-
mera, Ponenti di Consulta, Potanti di
segnatura, Abbreviatoti di parco mag-
giore (V.), ec. Avendo parlato ai rispet-
tivi articoli d'ogni ceto prelatizio e di cia-
scuna carica prelatizia, come de'prelati
di Mantellone (V.), lungo sarebbe qui il
riepilogarli, avendo articoli anche quei
collegi e-ministeri prelatizi che più non
esistono, a tutti avendo i Papi accordato
privilegi, prerogative e distinzioni, egual-
mente da me notati. Il Parisi, Istruzioni
per la segreteria t. 2, p. 1 5j, dice che il
nome di prelatoabbraccia tutti i Patriar-
chi, Arcivescovi, Vescovi (V.), ed altri
che servono il Papa e la s. Sede in vari
oflici e magistrature della corte e dello
stato pontifìcio, e che hanno l'uso del-
l'abito prelatizio e manlelletta. Nei voi.
VII, p. 241, VIII, p. 1 44» dissiche i 3
canonici Lnteraneu.se, Vaticano e Libe-
riano, appena sono eletti a ministri assi-
stenti delle cappelle pontificie,sono ascrit-
ti fra'prelati Domestici. Essi sono i primi
prelati domestici, poiché lo sono colla no-
mina all'officio senza bisogno di biglietto
di prelato domestico, essendo inclusa que-
PRE i43
sta nomina nell'altra di ministro alle cap-
pelle pontificie. Non sono Referendari di
segnatura (V.), e solo possono prestare
il giuramento in segnatura, con che di-
ventano referendari, se hanno il biglietto
di prelato domestico diviso dall'altro,
perchè quello e non questo dà loro il di-
ritto di prestare il giuramento.
Dovendo i prelati concorrere al go-
verno della Chiesa universale, come esa-
minatori della Congregazione dell'esame
(V.), Prefetti, Consultori, Segretari del-
le congregazioni cardinalizie (V .),ec, ed
al governo temporale dei domiuii pon-
tificii (Paolo II affidò loro la custodia del-
le fortezze, e Paolo IV in diverse provin-
ole ai legali sostituì prelati governatori),
quali Presidenti, Delegali, ec, devono ri-
splendere per pietà, virtù, dottrina, zelo
ed esemplarità, imperocché dal loro il-
lustre e cospicuo ceto, dopo avere eser-
citato gravi uffizi ed eminenti^ cariche,
vengono dal Papa elevati oal venerando
episcopato o alla sublime dignità di Car-
dinale (P.), quindi elettori del Papastes-
so. Delle loro qualità parlai in più luoghi,
come a Chierico, Digttità', Carica, Lus-
so, Corte, Promozione , Famigliari dei
prelati, ec. Vedasi il moto- proprio di
Paolo III, Cum sicut, de'2 1 aprilet545,
Bull. Rom. t. 4> pai'- *> P- 232: Fa-
miliareset servi lores praelatorum roma-
nae curiae, salarium, et stipendium prò
biennio tantum, et infra annum a die o-
bilus illorum petere possint. Per quan-
to riguarda il coruccio e quarantena pei
famigli de'cardmali,ne trattai anche nel
voi. XL, p. 206: pei famigli de'prelati
si può inoltre leggere Palafreniere. Mar-
tinelli, Codice de' doveri, p. l5a e 56l,
avverte che i prelati della romana Cu-
ria (V.), detti prelati secolari, siano inca-
rica o senza , sono considerati come su-
periori ecclesiastici, e sono ad essi appli-
cabili i doveri prescritti in quanto ai pre-
Iati domestici nella bolla 7." d'Innocenzo
X, Etsiea,e in quella d'Alessandro VII,
In sublimi, de 22 agosto 1 656: in quan-
144 PRE
Ioni prelati assistenti in corte onella cap-
pella pontificia, delti anche di mantello-
ne, nella bolla Romanorum di Giulio III,
nella bolla 32 Ci rcumspecla di Gregorio
XV, trovansi molti privilegi e prerogati-
ve loro concesse. Bisogna però avere pre-
senti le bolle limitative di tali privilegi ,
cioè la 45 di Pio IV, e la 60 dis. Pio V.
Quanto poi ai prelati in genere, tra cui
si comprendono estensivamente anco i
cardinali, bisogna aggiungere alla rubri-
ca de'loro doveri, il testo canonico nel cap.
ClemensSy qu. i.»Clemens tamquamqui
omnibus praeesse le noveris , singulto,
prout potueris juva, et singulos releva, qui
etsingulorumonus, etsollicitudinem por-
las ". Vedasi anche la bolla xi di Paolo
V, In Maximis , § 12, che si riferisce a
tutti i prelati della Corte di Roma (F.).
Dice dunque Martinetti che il dettaglio
de' doveri de'superiori, in genere appar-
tiene ad ogni sorta di superiori , tanto
della gerarchia ecclesiastica che secolare,
forma un ramo della filosofìa morale ,
chiamata Poliarchia, ossia prudente e re-
ligiosa supremazia. Questi sono : Avere
timore di Dio e fiducia in esso. Umanità
e cortesia cogl' inferiori. Usare modesto
contegno. Esercitare la clemenza. Avere
animo pronto e sollecito per le necessità
degl'inferiori. Candore e sincerità ne'fal-
ti e nelle parole. Animo grato ai benefizi
ancorché si ripetano dagl'inferiori. Man-
tenere le promesse. Conservare silenzio
ne' segreti affidati. Essere magnanimo e
generoso. Dimostrare fortezza nelle av-
versità, maturi tàne'consigli, costanza nel-
le esecuzioni degli ordini dati, amore del-
la giustizia. Osservare in tutte le azioni
la temperanza e la riservatezza. Evitare
d'interloquire sopra cièche s'ignora. Fug-
gire T estrema fiducia e l' estrema diffi-
denza. Non attribuire a taluno un pote-
re soverchio sugli altri inferiori. Ne'rap-
porti assumere la difesa della persona in-
colpata. Punire l'invidia e l'emulazione.
Allontanare i dell'allori. Disapprovare gli
adulatori, che in parte inganuuuo, inpar-
PRE
le deludono i superiori. Fuggirla super-
bia. Moderar l'ira che collegata al pote-
re rende fulminante e vitando. Evitar l'e-
strema severità e 1' estrema indulgenza.
Essere famigliare con tutti. Avercura de-
gl'infermi. Stimare e avere riguardo per
le persone attempate. Studiar la condot-
ta degl'inferiori. Non pronunciare la dis-
grazia d'alcun inferiore, senza fargli noti i
motivi. Finalmente osservare per la pro-
sperità dell'erario e degli amministrati i
precettidella scienza economica parte del-
l'elica, norma e regola d'ogni umana am-
ministrazione, come della prosperità del
buon reggimento d'ogni governo politi-
co e privato.
Tra' Papi che fecero accurata inqui-
sizione sopra i costumi de' prelati , per
rimunerare gli esemplari e correggere
e lasciar in dimenticanza nelle promozio-
ni e provviste quelli che non si emenda-
vano, Alessandro VII certamente va no-
minato, ed a lui dobbiamo la bolla Ales-
sandrina, Inter caeteras, degli 1 1 giugno
1 65g, Bull. Rom. t. 5, par. 5, p. 1 1 , nel-
la quale prescrisse quanto è necessario per
ottenere la prelatura romana della s. Se-
de, delta di giustizia per quanto vado a
narrare , chiamandosi prelatura di gra-
zia quella che conferisce il Papa per suo
beneplacito , derogando a questa bolla ,
mentre delle prelature particolari genti-
lizie e altre simili parlerò dopo. Pertan-
to, secondo la bolla Alessandrina, il can-
didato che aspira a servire la sede apo-
stolica con la prelatura di giustizia, deve
sottoporsi ad un processo, ed esibire i
seguenti documenti. i.° Fede del batte-
simo. 2.0 Attestato de'buoni costumi. 3.1'
Documenti che provino se la propria fa-
miglia è addetta ad alcun patriziato , se
abbia esercitate cariche onorifiche nella
magistratura, o che sia almeno di civile
condizione, la quale sia qualunque non è
impedimento neppure a\ Pontificato (/'.).
4-° Se ecclesiastico, la fede del chiericato,
ovvero la dimissoria del vescovo se sacer-
dote. 5.°A ttestato degli studi fatti alla leu-
PRE
rica legale per 5 anni , e non provando
ciò ottenerne la deroga, 6." Attestato di
avere esercitato la pratica legale nel foro
per due anni, e mancando esibirne la de-
roga. 7.0 Presentare la laurea originale,
e qualora non l'abbia domandare la pro-
roga per prenderla. 8.° Possedere una
rendita netta di scudi i5oo, la quale de-
ve provarsi con I' esistenza di tanti fon-
di di proprietà dell'aspirante o per asse-
gno a lui fatto dai parenti , su di che si
richiedono i seguenti documenti, a) Pro-
venienza de'fondi.£) Trascrizione a favo-
re dell'aspirante, e) Fede catastale dell'e-
stimo de'fondi.^) Perizie de'fondi. e) Fe-
de d'iscrizioni anteriori all'acquisto.^) Fe-
de del conservatore delle ipoteche , che
provi se vi sono iscrizioni posteriori,e qua-
lora non vi sieno, documento negativo.
g) Se non è sacerdote, 1' atto di emanci-
pazione dal padre, h) Fede del parroco
provante il numero de' figli viventi per
calcolare le legittime. Devesi però nota-
re, che fra le rendite che si possono esi-
bire per la prelatura, in primo luogo vi
sono le rendite de' benefizi ecclesiastici.
Pronti che sieno tutti questi documenti,
e previo il rescritto del Papa che ammet-
tendo alla prelatura di giustizia l'aspiran-
te, autorizzi il cardinal prefetto del su-
premo tribunale della Segnatura di giu-
stizia (/^.), alla formazione del processo,
il candidato presenta tutte le carte a quel
prelato Potante di segnatura {f), il qua-
le destinato dal cardinale deve formare il
processo e che perciò prende il nome di po-
nente. Dal votante si consegnano i docu-
menti al cancelliere, e questi compila il
processo. Allorché tutto è compito, 1' a-
spirante con due testimoni che conosca-
no perfettamente il candidato e la sua
famiglia, sono chiamati presso mg.T po-
nente e prestano il giuramento per con-
fermare la verità e la lealtà de'documen-
ti inseriti nel processo. Dopo ciò, nella i."
adunanza del tribunale di segnatura pre-
sieduta dal cardinal prefetto, si propone
il candidato, ed a questo oggetto alcuni
voi. tv.
PRE i4^
giorni prima va in giro da lutti i prelati vo-
tanti il processo, quindi nel tribunale si
discute prima a voce, e se talvolta si bra-
mano dai votanti degli schiarimenti senza
passare il bussolo si dà il dilata, per dar
tempo d'impinguare il processo, diversa-
mente si passa il bussolo, e ciascun pre-
lato dà il suo volo con palla biancao ne-
r#,a seconda del suo coscienzioso convin-
cimento, se favorevole o contrario. Il car-
dinal prefetto ha due voti, i sette prela-
ti votanti uno per ciascuno. Perchè l'a-
spirante sia ammesso alla prelatura di
giustizia, occorre che riporti due terzi di
voti favorevoli, altrimenti resta escluso.
Ottenuto il candidato il pieno de' voti ne-
cessari, mg.r ponente gliene dà subito l'av-
viso dell'esito favorevole^ ed allora l'aspi-
rante eletto prelato per la prossima se-
gnatura si porta in veste talare a far vi-
sita a tutti i votanti, e poscia nel giorno
dell'adunanza si trova nella sala del tri-
bunale dei palazzo apostolico ove abita
il Papa, e dal prelato ponente viene in-
trodotto nella sala dell'adunanza. Quivi
fa la spiegazione di due testi, uno civile,
l'altro canonico, e poi esce lasciando soli
i prelati votanti giudici, dai quali si deve
per la seconda volta votare. Ultimata la
votazione, di nuovo mg.r ponente intro-
duce nella sala l'aspirante eletto e ringra-
zia il Iribunaledelln definiti vaammissio-
ne concessa nella prelatura della s. Sede.
Quindi presta il solito giuramento, fa la
prescritta professione di fede, e vieneara-
messo tra'prelati Referendari dell'una e
dell'altra segnatura. 11 cardinal prefetto
gì' impone la mantelletta nera, la quale
col resto dell' abito si porta nero, finché
il Papa non conferisceal nuovo prelato di
giustizia qualche carica, ovvero Io dispen-
sa, per cui dal color nero passa al pao-
nazzo, assumendo poi il Rocchetto (f.),
come nelle funzioni delle Cappelle pon-
tificie. Dopo il prestato Giuramento (/^.)
T eletto e novello prelato deve tosto pre-
sentarsi in abito al bacio dei piedi del Pon-
tefice, e così vestilo visitare tutti i cardi-
io
i46 PRE
nali ed i primari prelati. Quanto alla vo-
luta rendita, si suole derogare alla com-
pleta cifra indicata, però non meno d'an-
nui scudi 1000. Pio VII colla bolla Post
diulurnas del 1800, De/urisd. trìb. et fu-
diclini § 1 1, decretò: » Si avrà in conto
di requisito per coloro che aspirano met-
tersi in prelatura , la frequenza da essi
praticata dello studio di alcuno dei Po-
nenti di consulla, come lo è la frequen-
za dello studio di uh qualche Isolante di
segnatura, e l'assistenza in qualità di se-
greto presso gli Uditori di rota. Merita-
no leggersi le gravi parole pronunziate
da Leone XII sulle promozioni-, che ri-
portai nel voi. XXXVIII , p. 69. Il re-
gnante Pio IX col moto-proprio de' 12
giugno 1847, dichiarò nel cap. 3, §20:
« Le nomine sovrane de'prelati a qualun-
que carica o impiego sarannospedite dal-
la segreteria di stato indipendentemen-
te dal consiglio de' ministri. Si ritengo-
no come nomine prelatizie quelle del-
l'avvocato dei Poveri (F.) , dell'avvoca-
to generale del Fisco (F.), del procura-
tore fiscale generale, e del Commissa-
rio della camera apostolica (Fedi: per-
chè questi 4 pielati sono volgarmente
chiamati prelati di mantelletlone dalla
forma dell' abito, lo dissi a Mantellone), e
quelle pure degli avvocati concistoriali".
Le nomine si fanno per biglietto del car-
dinal segretario distato, e per moltissime
occorre quindi la spedizione del breve a-
postolico.
Diverse famiglie magnatizie per fon-
dazione di qualche illustre individuo del-
le medesime posseggono prelature con
apposite rendite, che sono del genere dei
legati pii , ed inalienabili senza il bene-
placito apostolico j le quali rendite si
fruiscono da quel parente o altri, secon-
do le disposizioni dell' istitutore della
prelatura, che viene nominato prelato.
Il possessore di questa rendita doman-
da al Papa, che per la via di giustizia o
di grazia sia annoverato fra i prelati. Al-
cune di queste istituzioni preseli Tono che
PRE
nella vacanza della prelatura le rendi*
te si rinvestino in aumento de' fondi del-
la prelatura stessa, altre che sieno godu-
te dalla famiglia. Una delle ultime isti-
tuzioni di questo genere la fece Pio Vili
(F.) a favore de'suoi nobili congiunti. Vi
sono de'municipii e delle corporazioni che
hanno la nomina delle prelature istitui-
te da quelli che loro gliene concesse il
conferimento. Per privilegio de'Papi di-
verse dignità ecclesiastiche godono il ti-
tolo e le prerogative di prelati domesti-
ci della s. Sede; altre e molti capitoli, tut-
te o parte delle vesti prelatizie. Anche in
alcuno degli ordini equestri gli ecclesia-
stici che ne sono decorati godono l'abito
prelatizio ed i privilegi de' prelati dome-
stici, come quello di s. Michele di Bavie-
ra (F~.)j altri godono i privilegi de'pro-
tonotari apostolici; in altri i soli superio-
ri o dignitari di tali ordini sono insigniti
della prelatura per concessioni pontifìcie.
Nel voi. XIX, p. 36, descrivendo la con-
gregazione di s. Ivo di Roma, che difen-
de i miseri che non hanno mezzi da far
valere le loro ragioni, parlai della prelatu-
ra di abbreviatore che si gode da uno dei
confrati. Appresso la pubblicazione e ac-
clamazione fatta nella congregazione ge-
nerale di s. Ivo, dell'elezione al l'ahbre via-
toria majoris praesidenliae , il cardinal
protettore della medesima, consuo bigliet-
to e nomina formale, con ferisce tal prela-
tura all'eletto. Merita poi particolare de-
scrizione la benefica istituzione della cele-
bre prelatura Amadori, della quale feci
parola altrove e nel detto voi. p. 3q, die
amministra l'arciconfraternita di s. Gi-
rolamo(F.). Felice Amadori nobile fio-
rentino, commiserando Io stalo di tante
povere vedove, pupilli, orfani ealtre per-
sone indigenti, che non aveauo in Roma
il modo di sostenere in giudizio i loro di-
ritti per mancanza de'mezzi necessari, ed
avendo esso un pingue patrimonio, pen-
sò per quanto poteva provvedervi colle
proprie sostanze, ed a tale effetto con te-
stamento aperto li 29 aprile 1G39 pergli
PRE
alti del Forizza notaro dell'A.C, istiluì
colia sua eredità e dopo la morte del fra-
tello ultimo di sua famiglia , una prela-
tura che doveva sempre appellarsi prc~
latura Amadori, acciò il prelato tutto si
dedicasséal patrocinio de' veri poveri, do-
vendo chi la goderebbe assumere il suo
cognome e stemma, e destinando per pre-
lato, prima uno de'suoi parenti, ein man-
canza di questi un nobile fiorentino, e se
questi non vi fosse, altro idoneo soggetto,
accordando la nomina al decano de'pre-
lati uditori di rota ed altri uditori, col-
le norme da esso prescritte di scegliere
il migliore tra' concorrenti, ingiungendo
che il prelato scelto dovesse essere lau-
reato in legge e farsi sacerdote se non lo
fosse. Volle pure che il prelato avesse sem-
pre per assistenti un uditore e un solle-
citatore o curiale, i quali dovessero subi-
re esame in pieno uditorio della rota, e
dal tribunale ricevesseroapprovazioneal
merito , applauso alla dottrina ed ecci-
tamento alla virtù, come riferisce Berni-
ni, II tribunale della rota, p. 1 55. Dispo-
se inoltre che tutti e tre dovessero atten-
dere al patrocinio gratuito di tutte e sin-
gole le liti civili e di povere vedove, pu-
pilli, orfani e altri miserabili di qualun-
que nazione, che avessero causa in Ro-
ma ; provvedendo che i registri di tutti
gii atti delle cause difese fossero sottoscrit-
ti dal decano della rota , e si conservas-
sero in libri conformi negli archivi del
nominato sodalizio e nello studio del pre-
lato. Il testamento assegnò al prelato scu-
di 1 200 all'anno, vietandoal medesimo di
far coabitar seco parenti e di tenere con-
versazione, dovendo egli coabitare e con-
vivere coi detti suoi assistenti, a'quali sta-
bili congruo stipendio , mentre il resto
delle rendite si dovevano impiegare nel-
le liti da sostenersi. Destinò per abitazio-
ne del prelato l'appartamento del i.° pia-
no al Corso, allora presso l'arco così det-
to di Portogallo (di cui a Palazzo Or-
toboni FiANo),ed ora nella stessa via n.°
i65. Per opera di Clemente IX fu scel-
PRE j47
to pel 1." al godimento della prelatura
Amadori, Antonio Malagonelli Amadori
che recitò quelle due orazioni che nomi-
nai nel voi. XL1X, p. 5i, e stampate in
Roma, la i."n*li66q, la 2/ nel 16760
sta ancora nelle sue Oralioncs , Romae
1 Gq5. Egli morì a'9 settembre 1 709 di
anni 63, come riporta Novaes, Dissert. t.
1 , p. 266 e 299. Forse il 2.0 a godere
questa prelatura fu quel prelato Vincen-
zo Amadori già Manieri, avvocato conci-
storiale, votante e referendario di segna-
tura, che in concistoro a'26 aprile 1 7 12
pronunziò l'orazione perla canonizzazio-
ne che Clemente XI fecedelb. Felice da
Canlalice, come leggo in Chiapponi, Ada
canon., p. 72. Leggo pure nel Renazzi ,
Storia dell' università L 4> p- ^9, 61 e
62, diverse notizie del Manieri qual ret-
tore della medesima, votante di segnatu-
ra, lodalo per la sua gran perizia nel di-
fendere le liti nel foro. A Lanfredim A-
madori celebrai tale prelato che meritò
questa prelatura in un modo distinto e
poi il cardinalato. 11 vivente cardinal Pie-
colomiui, di cui feci parola nel voi. LII,
p. 292, godè questa prelatura, che però
a cagione de'tempi essendo diminuite le
rendile, il prelato che la gode ora riceve
annui scudi 600, adempiendo le dispo-
sizioni del benigno istitutore con l'assi-
stenza d'un curiale, per lo stipendio del
quale e per le spese inerenti del foro s'im-
piegano circa altri scudi 200 all' anno.
L' attuale possessore della prelatura A-
madori è l'avv.° Pellegrini, ma non ha
indossato le insegne prelatizie; percepi-
sce gli scudi 600 annui e difende le cause.
Il Parisi nel citato luogo , riferisce :
» Che il titolo ordinario de' prelati, sta-
bilito dalla congregazione ceremoniale, è
quello d' Illustrissimo e Reverendissimo
{V.), e di Monsignore (F.). Nel che tut-
ti i prelati si cousiderauo egualmente ;
né veruno di essi, benché nato di fami-
glia che gode Y Eccellenza (?r.), può pre-
tender di più. Egli è vero che da qual-
che tempo, non si sa però con quale au-
148 PRE
torità, si è insensibilmente introdotto con-
tro il divieto de' decreti della s. congre-
gazione ceremoniale , nelle lettere, non
già nelle stampe, il titolo di Eccellenza
Reverendissima per i prelati di nascita
principesca, e per alcuni ch'esercitano
le principali magistrature. I cardinali per
altro, osservando le regole prescritte uei
già detti decreti, non debbono a qualun-
que) prelato dare altro titolo che quello
d' Illustrissimo e Reverendissimo. 11 ce-
remoniale che deve usare un prelato con
ciascun ceto di persone, potrà vedersi ne-
gli esempi delle lettere che porremo qui
appresso ". Il titolano per un cardinale
dà l' Illustrissimo e Reverendissimo Si-
gnore a tutti i patriarchi, ai nunzi, ai ve-
scovi principi di Germania, purché loro
non competi altro trattamento per na-
scita : in corpo della lettera Mostra Si-
gnoria Illustrissima e Reverendissima.
Meno questo ultimo titolo nel corpo del-
la lettera,nelrestoiltrattamentoèeguale
ai 4 prelati di fiocchetti , all' uditore e
maestro di camera del Papa, ai segretari
delle prime congregazioni , ai prelati in
cariche cardinalizie , ed a tulli i prelati
di case principesche, ed a tutto il resto
della prelatura, con qualche variazione
nella chiusa della lettera e nella sotto-
scrizione. Ai prelati di mantellone i car-
dinali danno ['Illustrissimo Signore. Di-
ce Urbano Vili in una bolla , che tutti
i prelati sono eguali pel titolo. Fatto è
che l'Eccellenza Reverendissima è dive-
nuto un titolo che a tutto pasto si dà a
chi gode il titolo di Monsignore,coù non
vi è più distinzione tra i gradi della Ge-
rarchia ecclesiastica della romana pre-
latura, ed a Camera segreta dichiarai di
quali prelati si compone. Gli abiti del pre-
lato si compongonodel Cappello (F.) con
quei cordoni e fiocchi che dichiarai a quel-
l'articolo ed agli altri delle rispettive ca-
tegorie cui appartiene; del Collare (/*.)
di seta paonazza , del quale colore sono
la Sottana (F.), la Fascia (F.), la Man-
telletta (F.)t la Mozzetla ( F.) per chi ne
PRE
ha P uso, e la Cappa (F.), la quale in
Roma non si spiega che dal Commenda-
tore dì s. Spirilo (F.) nella sua chiesa, e
dagli Uditori di rota nella messa che a-
scoltano nella riapertura del tribunale.
Usano ancora il Rocchetto (F.), eia Ber-
retta (F.) clericale nera, quale un servo
porta dentro un velo di seta paonazza.
1 prelati vicari delle basiliche e altre
chiese di Roma incedono nelle medesi-
me in mantelletta ;.così i prelati primi-
ceri o governatori delle confraternite.
Nelle cavalcate pei Possessi de' Papi (F.)
cavalcano al modo che dissi ai relativi
articoli di ciascun ceto o carica ed a Man-
tellone. Per le diversità darò un cenno,
traendolo da quello del 1846 descritto
dad. Giovanni Arcieri segretario del mae-
stro di camera. 1 camerieri soprannume-
rari e d'onore, non che i partecipanti, ca-
valcarono cavalli bardati con gualdrappe
e testiere di panno nero, staffe e fibbiami
dorati, vestiti di sottane efasciepaonazze,
con cappe di saia rossa con mostre e cap-
puccio di amuerre scarlatto, il quale por-
tavano in testa, con guanti di seta paonaz-
za a maglia, che usarono tutti i seguen-
ti. I cappellani segreti crocifero e cauda-
tario procederemo con cavalli similmen-
te forniti , ma il i.° in mantellone pao-
nazzo, il 2.0 come i camerieri segreti. 11
governatore di Roma con rocchetto e
mantelletta, cappello usuale, e gualdrap-
pa di panno paonazzo, con frangie di se-
ta di tal colore e fiocchi intarsiati in oro,
essendola testiera del cavallo di velluto
paonazzo con guaruimeuti dorati. 11 mae-
stro di camera con rocchetto e mantel-
letta paonazza , cappello usuale e gual-
drappa paonazza. Il maggiordomo come
il governatore, ma in vece della mantel-
letta, la cappa col cappuccio in testa coi
cappello pontificale nero foderato di se-
ta paonazza e cordoni coi. fiocchi rossi.
Gli arcivescovi e vescovi in rocchetto e
cappa con cappello pontificale nero fo-
derato di seta verde, con cordoni e fioc-
chi simili , cavalcando cavalli con guai-
PRE
frappe di panno paonazzo, guarnite di
seta simile e guarnimenti di metallo. I
protoffotari apostolici vestiti di cappe e
cappuccio e cappello pontificale nero ,
foderato di seta paonazza con cordoni e
fiocchi rossi , con gualdrappe di panno
paonazzo e testiera guarnita di seta si-
mile con guarnizioni di metallo. Gli udi-
tori di rota sopra cavalli bardati di pan-
no paonazzo con testiera di seta simile e
guarnimenti di metallo, con cappa e cap-
pello pontificale nero foderato di pao-
nazzo, con fiocchi e cordoni di tal colo-
re. I chierici di camera con cavalli simil-
mente bardati, con cappe e cappelli pon-
tificali simili. I votanti di segnatura in
rocchetto e cappa , cappelli e cavalli e-
gualmente ornati. Il reggente della can-
celleria e gli abbreviatoli, con bardatu-
re del cavallo di panno nero, rocchetto,
cappa e cappello semi-pontificale sopra
la testa. I referendari con gualdrappe ne-
re , in rocchetto, mantelletta e cappello
semi-pontificale. All' articolo Cappello
de' prelati parlai ancora del fiocco pao-
nazzo concesso temporaneamente per
qualche circostanza, come per gli Alle-
gati (V.) delle Berrette cardinalizie e
altro (per cui sono a vedersi gli articoli
Cardinale, Cappello cardinalizio, Rosa
d'oro, Stocco e berrettone, Fascie be-
nedette, per alcuna delle quali cose al ren-
ditore si dà talvolta il titolo di nunzio), as-
sumendo pure le calze paonazze. Ivi dissi
pure de'fiocchi de'cappelli prelatizi, che
sovrastano gli stemmi de'prelati. 11 Parisi
t. 3, p. 1 66, parlando dell'ornamentodel-
Ie armi gentilizie ne' cappelli cardinalizi
e prelatizi , dice che il cappello co' suoi
cordoni ha 3 ordini di fiocchi pendenti,
cioè 6 fiocchi per parte, benché alcuni as-
segnino ai cardinali 5 ordini, agli arcive-
scovi 4» ai vescovi e prelati semplici 3, e
agli altri che hanno il privilegio di porta-
re sulle insegne gentilizie il cappello, come
i protonota ri non partecipanti, 2 ordini, i
e 2, ovvero 1,2 e i. Sarnelli, Leti. eccl. t.
6,lett. 5g: Perchè la prelatura nelle lette-
PRE 149
re missive oggi usa un piccolo suggellet-
to; dice doversi credere che i prelati ab-
biano richiamato l'uso antico, quando il
Sigillo (7^.) non era più grande della pie-
tra d'un anello, colla quale suggellavano
nella cera; perchè prima che s'inventas-
se l'ostia, colla cera delle Lettere episto-
lari o missive (V.) si chiudevano, come
oggi more majorum il Papa usa ne'bre-
vi. Noterò che Sarnelli sembra parlare
propriamente del sigillo de'prelati vesco-
vi. Il l'oiianni, Gerarchia ecclesiastica,
p. 398, riporta la figura del prelato in
mantelletta con berretta aperta in mano,
quale tengono chiusa nel fare le visite,
deponendola quando vanno a\\' Udienza
del Papa (P.). Del colore paonazzo o vio-
laceo degli abiti de'prelati, e dell'origine
dell'abito prelatizio, oltre i citati articoli
riguardanti le vesti di essi, ne trattai nei
voi. VII, p. 28, XXIII, p. 36, Coloriec-
clesiastici, Mantellone. Ne tratta pure
il citato Bernini. Nel voi. XVIII, p. 265
dissi come i prelati portano la croce di
decorazione siili' abito corto nero detto di
abbate : si può vedere anche Commenda»
tore di s. Spirito, Collana, Croce pet-
torale. Con detto abito i prelati porta-
no il collare paonazzo, del quale colore
sono le calze, e il ferraiuolo di panno nel-
l'inverno, che usano pure sull'abito pre-
latizio, ed i Guanti (fr-), non che il cap-
pello ecclesiastico con fiocco del colore
ch'è proprio di sua condizione. Tanto con
tale abito, che colla mantelletta incedo-
no col servo, e colla seconda anche colla
carrozza. A Conclave narrai che in tale
tempo, prima di Clemente XII , diversi
prelati avevano le vesti di coruccio. Nel
voi. Vili, p. igo ed altrove notai come
devono vestire i prelati in sede vacante,
cioè di nero , così nelle cappelle de' no-
vendiali pel Papa defunto, tranne quelle
eccezioni che rimarcai ancora nel voi. IX,
p. ii)-). A stabilire con più regolarità il
metodo , con cui debba accedersi all' u-
dienza del sommo Pontefice, volendosi
provvedere al decoro ed all'onore non del-
i So P R E
le persone soltanto, ma ben ancodelle lo-
ro dignità, per comando del Papa Pio IX
fu pubblicato il decreto, Firma perma-
nente, che voltato in italiano dice: » Ri-
manendo ferma la regola che gli Em. Sig.i
cardinali ed i prelati vadano all'udienza
ordinaria vestiti cogli abiti cardinalizi a
seconda del tempo, ovvero coi rispettivi
abiti prelatizi , si comanda che relativa-
mente alle udienze private, cioè ne'gior-
ni e nelle ore nellequali vacano le udien-
ze ordinarie, gliEm. Sig.i cardinali ed i
prelati non usino più gli abiti corti, o co-
me chiamano d' abbate , ma i cardinali
indossino la veste talare nera colle orla-
ture, bottoni ed asole rosse, colla fascia
rossa senza i fiocchi d' oro , ma soltanto
con una frangia alta circa 4 dita , e col
ferra iuolone. rosso o paonazzo a seconda
del tempo : i prelati abbiano la sottana
nera colle orlature, bottoni ed asole co-
lor rubino, colla fascia paonazza senza i
fiocchi, e col ferraiuolone paonazzo; i pre-
lati poi di mantellone usino la veste ne-
ra, coi bottoni, asole, orlature paonazze,
colla fascia paonazza senza i fiocchi, e col
ferraiuolone nero. Tal sorte di vesti po-
tranno adoperarsi nell'uso della vita pri-
vata. Dalla segreteria della s. e. ceremo-
riiale li 7 gennaio 1 85 1. V. Card. Macchi
prefetto. Giuseppe de Ligne segretario".
A Cappelle pontificie e cardinalizie
ho descritto tuttociò che riguarda il po-
sto che vi hanno i prelati e la parte che
hanno nellefunzioni ecclesiastiche, equau-
do assumono i paramenti sagri o la cot-
ta, contenendosi I* articolo ne' voi. Vili
e IX (le pontificie incominciano a p. i >4
deli.0, le cardinalizie a p. 122 del 2.0):
indicheròqui qualche cosa, mentre quei
prelati che non hanno posto in cappella,
se v'intervengono in abito prelatizio , si
collocano in piedi a eornu epistolae del-
l'altare. Nel voi. Vili, p. i43 dissi dei
ministri e inservienti delle cappelle pa-
latine, come de'3 prelati canonici delle pa-
triarcali; a p. l5l come i prelati incede-
vano nelle Cavalcate delle cappelle, ed
PUE
a p. 171 come in quelle à^ Possessi dei
Papi, anche quando si procedeva in pa-
ramenti sagri, e di quanto si praticò sen-
za le cavalcate solenni; a p. 2i5 de'pre-
lati che hanno luogo in cappella, e ordi-
ne di loro precedenza , anche nel sedere
e nelle processioni , nel recarsi al trono
pontificio eall'adorazione della croce (per
la quale meglio a p. 3oge nel voi. XVII I,
p. 23g). A p. 227e23oil modo col qua-
le i prelati si recano alle cappelle (Z7. Ca-
vallo, Carrozza e il voi. XLIX, p. 1 1 e
12). A p.23i notizie generiche, come sul-
l'ordine della processione e delle messe che
cantano i vescovi. A p. 270 de'libri che
nel dì delle Ceneri si dispensano per le o-
razioni delle Stazionij qui poi aggiunge-
rò, che ilceremonierenel distribuirli av-
visa il cardinal decano ed i prelati deca-
ni de' diversi collegi prelatizi, che dopo
spogliatoi! Papa nella Camera de' para-
menti(V.), vadino a domandare le indul-
genze per le stazioni da lucrarsi nelle lo-
ro privatecappelle, i cardinali ed i prelati
de' collegi prelatizi. Dopoché il Papa ha
deposto gli abiti sagri e ripreso la moz-
zetta, il cardinalegli baciala mano,ipre-
lati il piede, domandano V indulgenza e
loro viene accordata. A p. 2 36 delle pre-
diche o sermoni o orazioni de'prelati, di
che trattai anche a Orazione per l' ele-
zione de'Papi, e Orazioni funebri pei Pa-
pi, mentre per quelle de' sovrani si può
vedere p. 1c)5 e il voi. XXVIII , p. 63
(per l'intervento de'prelati alle prediche
palatine, V. Predicatore apostolico). A
p. 241 e nel voi. IX, p. 56 e 57, come
i prelati sono intimati all'intervento del-
le cappelle. A p. 243 quanto si pratica
nelle cappelle ordinarie, tutto avendo de-
scritto nelle altre (chi deve genuflelteie
quando il Papa benedice osi lava le ma-
ni, ne ragionai eziandio ne* voi. X\l\(
p. 23, XXXVII, p. 188). A p. 252 co-
sa si pratica e ove siedono i prelati nel-
l'assenza del Papa, dovendoci egualmen-
te intervenire la prelatura, per (pianto di
rimarchevole notai a p. 253. A voler di-
PRE
chiarare con più precisione quanto riguar-
da i prelati, se nelle funzioni palatine,an-
corchè si celebrino nelle chiese di Roma,
non interviene il Papa, aggiungerò que-
ste notizie, che ricavo dalle Indicazioni
pei maestri di ceremonie di rng.r Forni-
ci, come pure nltre spettanti alle Cappel-
le prelatizie (f^.). Ordine di sedere as-
sente il Papa. I vescovi assistenti prendo-
no luogo tra'non assistenti, conservando
la precedenza di loro consagrazione (ma
dopo i prelati di fiocchetti). La prelatura
conserva lostesso ordine, esollanto quan-
do è iu piedi si alza e si trattiene avan-
ti gli scalini rivolta verso l'altare. I prin-
cipi assistenti al soglio, i conservatori di
Roma e la famiglia pontificia, sono i soli
che non intervengono. Tutti gli altri che
hanno luogo in cappella dovrebbero in-
tervenire e siedonoai loro stalli. Per quel-
lo poi che riguarda ogni funzione, a suo
luogo ne tratto. Descrivo le Cappelle pre-
latizie nel voi. IX, p. 1 47 > sebbene ne
riparli negli articoli relativi : per quan-
to riguarda le cappelle funerali meglio
nel voi. XXIX, p. 55eseg., 66 eseg.,per
tutti i prelati, e con più dettaglio ne'ri-
spettivi articoli de' collegi e cariche dei
prelati, anche di mantellone. Noterò, che
essendo morto a'3 agosto 1 845 nig.r A-
lessi segretario del concilio e della resi-
denza de' vescovi, ed abbreviatoredi par-
co maggiore, lasciò nel testamento ad ar-
bitrio di Gregorio XVI (cui lasciò un di-
voto ed elegante quadretto, che posseggo
per dono pontificio) di destinare il luo-
go della sepoltura ed il funerale. Il Papa
stabilì perla prima la chiesa di s. Carlo ai
Catinari, perchè il prelato abitava nella
contigua casa; quanto alla pompa funebre
la lasciò a beneplacito dell'esecutore te-
stamentario. Perle sette (l'8.a la celebra-
no i cardinali) cappelle poi prelatizie che
in Roma si celebrano nelle chiese indi-
cale in detto articolo, per l'otta vario so-
leunedella festa de'ss. Pielroe Paolo(f/^.))
il decanodi ciascun collegio prelatizio in-
vita il vescovo celebrante , prende la li-
PRE i5i
cenza pei pontificali, ed intima l'ora ai
prelati suoi colleghi. Il custode de' cappel-
la ni cantori della cappella pontifìcia pren -
de l'ora da detto decano, l'intima al 3.°
e 4-° maestri delle cerenionie , ai quali spet-
tano queste cappelle, ai ministri sagri, ai
chierici, sottochierico e al collegio di det-
ti cantori. Per ogni cappella sono fissati
scudi 8o,da pagarsi 3 parli dal Papa, 2
dal rotolo del s. collegio, una dalla date-
ria, altra dalla segreteria de'brevi, e l'al-
tra dal monte di pietà : mg/ maggiordo-
mo presiede a tutte queste spese. Per la
paratura e cera, in ogni chiesa si dà un
compenso. La Floreria apostolica pensa
ai banchi ed ai parati o tappeti pei me-
desimi. I prelati si adunano nel luogo per
es->i preparato ed assumono le cappe quan-
do il vescovo è vestito. Nel sortire dalla
sagrestia ricevono l'aspersorio per conlat-
to dal sagrestano o altro sacerdote in col-
ta. Si portano prima alla visita del Sagra -
mento, quindi al luogo destinato, prece-
duti dal 3.° ceremoniere , che poi va ad
assistere il vescovo , mentre il 4-° lo ha
fatto vestire e resta con esso. Nell'acces-
so i prelati salutano il vescovo,che loro cor-
risponde alzandosi in piedi. Non si pren-
de licenza per cominciare la messa , ma
arrivali allo stallo, il vescovosaluta i pre-
lati e comincia la messa. La messa si can •
ta de die infra octavam, Gloria, Credo,
unica orazione, senza neppur quella del-
la domenica, la quale però esiste nel mes-
sale falto stampare da BenedettoXIV, e
si dice nella domenica che cade fra l'ot-
tava. Nella Commemorazione di s. Pao-
lo si canta la propria, comeanche nell'ot-
tava. 1 prelati sonoturificatiffajt?//ci ductu
e ricevono la pace ( oltre quanto dissi a
Cappelle pontificie, si veda Incenso e In-
censazione, Pace della messa). Finita la
messa visitano, oltre il ss. Sagramento,
in s. Paolo l'altare del Crocefisso (il de-
cano de' vescovi assistenti prima doman-
dava il rescritto per celebrare sull'altare
papale, ma per quanto riportai nel voi.
Ll,p. il 5, e nel voi. IX, p. <5i pel re-
ifc» PRE
scritto cìi autorizzazione di Benedetto XIV
che riprodussi, non ha più luogo l'istan-
za), in s. Pudenziana l'altare di s. Pietro,
in s. Maria in via Lata la cappella de'ss.
Pietro e Paolo nel sotterraneo, in s. Pietro
jn Vincoli la cappella del sotterraneo, co-
sì in s. Pietro in Carcere, in s. Pietro Mon-
torio la cappella nel cortile del chiostro o
tempio di Bramante. Di tutte queste chie-
se trattai ai loro articoli, e per quella di s.
Pietro in Carcere nel voi. LUI, p. 20. Ab-
biamo di Gio. Pietro Simonetti : Breve
ragguaglio delle 8 chiese destinate da Be-
nedetto XI F per Voltavano de'ss. Pietro
e Paolo, Roma 1 744- Delle memorie dei
ss. Apostoli che sono in dette chiese, ne
parlai pure nel voi. IX, p.i5o. Della cu-
stodia del conclave affidata ai prelati e
quali, in uno al Maestro del s. palazzo
(F.), ragionai ne' voi. XV, p. 3oo, 3o5,
XLI, p. 29/L Dei prelati chehanno Ino
go in Concistoro, vedi tale articolo. Del
le precedenze de'prelati parlai ancora ne
voi. XVI, p,i35, XXIX, p. 77, a Conci
storo, a Maestro di camera, come nel voi
XV, p. 227, 246, 247, essendo dispen
Rati daW'Esame i prelati esaminatori, u
ditori di iota, consultoridel s. offizio, fa*
tendo la sola presentazione ; come lo fu
un avvocatoconcistoriale, Io dissi nel voi,
XXII, p. 72. Delle precedente nelle Pro*
mozioni [V.) cardinalizie de'prelati, ob
tre quanto notai a Cardinale, ne'luoghi
analoghi e nel voi. L, p. 84, eccone l'oiv
dine di precedenza : patriarchi, arcivescor
\ i, vescovi, prelati di fiocchetti, protono-
tari apostolici partecipanti, uditori di ro-
ta,essendo per tale considerato il p. mae-
stro del s. palazzo , chierici di camera ,
segretari. L'assessore della Congregazio-
nedel s. ojjlzio (F.) 0 s. Inquisizione ( V.),
qualora non sia vescovo o prolonotario
apostolico partecipante, non baia prece-
denza sopra i prelati segretari allorché
sono creati insieme cardinali. Per ultimo
sono promulgati i religiosi, ancorché sie-
110 generali del proprio ordine o congre-
gazione, tranne il detto p. maestro. Les-
PRE
si in un ceremòniale, che! prelati si scuo-
pronodel berretlinoai soli cardinali, con-
siderandoli come tanti vescovi in diocesi.
Per la ricorrenza del s. Natale eperl'an-
niver sarto della coronazione del Papat
i prelati si portano in anticamera ponti-
ficia per segnarsi nel fòglio delle felicita-
zioni, il quale poi vienedal prelato mae-
stro di camera sottoposto alla lettura del
Pontefice. Dice il Parisi t. 2, p. 237, che
ordinariamente i prelati scrivono lette-
re di buone feste al proprio sovrano ,
quando il prelato sia di famiglia prima-
ria e incarica distinta; ai cardinali, ai nun-
zi, ai ministri principali del suo sovrano,
e ad altri signori cui hanno o dipendenza
o relazione. Allorché i cardinali si reca-
no alla visita della basilica Vaticana , e
del cardinal decano, dopo avere ricevu-
to il Cappello cardinalizio (^.), come se
prendono Possesso delle Protettone e ilei
loro Titoli e Diaconie, ovvero si portano
ad assistere alle Co/ic/hsio/h (/■'^lorode-
dicate, incedono con prelati nella propria
carrozza, Inoltre i prelati fecero corteggio
ne'pubblici Ingressi in Roma (Pr.) ai car-
dinali ed ambasciatori. Narra il diarista
Cecconi, che ne' pontificati di Clemente
XI e Benedetto XIII, il cardinal Albani
nipote dei primo si portò ad un'accade-
mia nel collegio Nazareno dedicata al Pa-
pa, col corteggio di 5o prelati nel 1718;
in un'accademia del collegio romano il
medesimo vi si recò con 60 prelati nel
1720; ed allorché l'ambasciatole impe-
riale Raunitz fu all'udienza formale di
Benedetto XIII, avea nel seguito 5o pre-
lati. Di questi corteggi di prelati nelle fun-
zioni, ed anche coi cardinali legati per l'a-
pertura e chiusura delle Porle sante (F.),
tenni proposito ai loro luoghi. Nelle bio-
grafie de'cardinali e in altri articoli nar-
rai come anticamente i cardinali nella lo -
ro splendida corte avevano vescovi , al-
tri prelati e personaggi dotti ed eruditi.
Ai rispettivi articoli dico di quanto han-
no di onorario i prelati secondo le cari-
che, e nel voi. XXXVII, p. 288 ripor-
PRE
lai gli assegnamenti de'prelati pro-legali,
\\ce-legali, delegati, presidente della Co-
marca di Roma e commissario apostoli-
co di Loreto. Sino al termine del secolo
pascalo, oltre i prelati palatini, ia prela-
tura era registrata ne' ruoli del palazzo
apostolico per la parte di palazzo (voi.
L, p. 2o5, 206), cioè pane, ciambelle e
vino. La godevano i vescovi assistenti al
soglio, i prelati di fiocchetti, i protonota-
ii,gli uditori di rota, i chierici di came-
ra,} segretari di diverse congregazioni, i
■votanti di segnatura, i ponenti di consul-
ta, igiudici di Montecitorio, i prelati do-
mestici, quelli della penitenzieria, della
cancelleria in uno agli abbrevia tori, della
dateria, de'brevi, i referendari, gli avvo-
cati concistoriali, ec. Molle cariche car-
dinalizie erano anticamente prelatizie, e
Je notai ne'rispettivi articoli, per cui per
molto tempo alcune conservarono il prò,
e da ultimo lo usava il segretario de'me-
morìalij lo conserva ancora il datario.
Meglio è a vedersi i loro articoli , così
quello di Cancelliere di s. Chiesa, per-
chè s'intitola vice. In diverse cariche pre-
latizie , se vengono ritenute dal prelato
divenuto cardinale, o per poco o per lun-
go tempo, prende il titolo di prò.
I Prelati di fiocchetti, così denominati
per quelli che usano ai cavalli delle loro
carrozze in uno ai ciuffi, sono: Governa-
tore di Roma come V ice- Camerlengo ,
Uditore della camera, Tesoriere, Mag-
giordomo (F.), Questi sono i primi pre-
lati della romana prelatura della s. Se-
de, e propriamente il primo è l'Uditore
della camera, sebbene lo preceda il Go-
vernatore di Roma come Vice- Camer-
lengo, come noto a tali articoli. Oltre ciò
che di loro ho detto di sopra particolar-
mente e genericamente, ed oltre quanto
dico negli articoli loro oche li riguarda-
no, solo qui aggiungerò o ripeterò che
parlai de'loro treni di frullone e altra car-
rozza, i cui cavalli hanno ciuffi e fiocchet-
ti di seta paonazza (il colore rosso fu proi-
bito per decreto della congregazione ce-
PRE i53
remoniale), distinzioneche godonoanche
i Patriarchi (Vedi, avendo pure parlato
delle visite che fanno a'prelati di fiocchet-
ti), usando 1' uditore della camera l'om-
brellino, ne'vol. VIII,p. 23o, X, p. 121,
Xl,p. 36,XLlX,p. 1 1. 11 prelato vescovo
Vicegerente (V.) ha l'uso de'fiocchi e ciuffi,
verdi a'cavalli; non pare che risultino da
concessioni quelli che tal volta adoperano
alcuni vescovi nelle solenni funzioni. Per
le cappelle pontificie e altre sagre fun-
zioni papali sono intimati dai Cursori a-
postolici(V.), così ai Concistori (V.). Nel-
le cappelle siedono come dissi nel voi. VII f,
p. 2 18 é 222; se sono arcivescovi, come
dichiarai parlando del maggiordomo nel
voi. XLI, p. 290 e 291, assumono il pi-
viale e prendono luogo fra gli assistenti
al soglio, così l'uditore della camera e il
tesoriere (ricevendo egualmente la palma,
la candela e gli Agnus Dei come i. car-
dinali), tranne il governatore per ciò che
notai nel voi. XXXII, p. 29; dicendo al-
tresì che quando i vescovi assumono il
piviale, i prelati di fiocchetti passano al
banco de'protonotari apostolici, che sie-
dono dopo loro. Come incedono nelle pro-
cessioni,oltreildettonel voi. Vili, p.2 16,
è notato nella descrizione delle proces-
sioni. Sul modo d'incedere all'adorazio-
ne della croce, può leggersi anche i voi.
XVIII , p. 289, XLI, p- 29 . . Nelle in-
censazioni vieneprima incensato il gover-
natore, poi il principe assistente al soglio,
indi gli altri prelati di fiocchetti, poscia
i vescovi assistenti chesiedono dopo dies-
si. Il prete assistente nelle cappelle ordi-
narie, e P uditore di rota ne' pontificali
danno la pace al governatore, e quest'ila
comunica ai colleghi prelati di fiocchet-
ti, l'ultimo de' quali la passa ai vescovi
non assistenti nelle cappelle ordinarie, ai
protonotari ne' pontificali. In conseguen-
za, quando è assenteil governatore, tan-
to l'incensazione che la pacela riceve pri-
ma il detto principe, poi gli altri prela»
ti di fiocchetti. Questi, come tutta la pre-
latura, sono tenuti a fare le visite ai cai-
!54 PRE
dinali nuovi, patriarchi, prelati di fioc-
chetti, ambasciatori ec.,al modo detto e-
ziaudio a Patriarca. Nell'odierno ponti-
ficato cessando la carica di governatore
di Roma, mg.r Savelli che n'era investi-
to , restando colla cospicua qualifica di
Vice- Camerlengo di s. Chiesa (V.), con-
tinuò a godere le prerogative inerenti e
sedere sopra l'uditore della camera, con
precedenza sul Principe assistente al so-
glio (V.), laonde va alla sua destra nelle
processioni e prima di lui riceve l'incensa-
tura, la pace, le candele, le ceneri, le pal-
me , gli Agnus Dei. Cessando ancora il
le so ri e re {f7.), nel rinunziare la carica
mg.r Monchini , il Papa gli conservò gli
onori annessi ai prelati di fiocchetti, co-
me riporta iln.°7 i della Gazzetta di Ro-
ma de'2.5 aprile 1848. Nel Giornale di
Roma n." 64 del 1 852 si legge , che il
Papa nominò commissario straordinario
per le 4 legazioni di Romagna mg.r Ga-
spare Grassellini, cogli onori di prelato
di fiocchetto. E ciò perchè l'illustre pre-
lato, essendo stato governatore di Roma
e vice-camerlengo, era stato ancora pre-
lato di fiocchetto. Nel voi. XXVIII , p.
56, 57, 58, 66 e 67, descrissi i funerali
de' prelati di fiocchetti, e del loro inter-
vento ai medesimi, notando perchè ad
up funere intervenne il solo maggior-
domo. Ordinariamente i prelati di fioc-
chetti non sono mai canonici delle pa-
triarcali basiliche di Roma; nondimeno
trovo due esempi in contrario. Monsi-
gnor Giuliano Cesarini^P '.) era canoni-
co della basilica Vaticana, ed insieme u-
ditore generaledella camera, come appa-
risce da islromento degli 1 1 marzo i427
per gli atti del Toti notaro pubblico e
della basilica: Martino V segretamente
lo creò cardinale a'24 maggio 1 426, o ai
26 secondo Ciacconio, ma avendolo ri-
servato in petto, solo lo pubblicò agli 8
novembre 1 "pò, come dichiara Ratti ,
Della famiglia Sforza t. 2, p. 253 e 266,
divenendo poi arciprete della stessa ba-
silica. Leggo nel iìombeWì, Raccolta del-
PRE
le immagini coronate dal capitolo di s.
Pietro^.Z, p. 2, che mg/Lodovico Bian-
chetti maggiordomo di Gregorio XIII e
canonico della Vaticana nel 1579, Ol'no
di scelti marmi 1' altare della Madonna
della Colonna di detta basilica (di cui nel
voi. XII, p. 276), altri abbellimenti a-
vendoli fatti il fratello cardinal Lorenzo
Bianchetti (V.)t al quale articolo Io dis-
si in véce Maestro di camera, e meglio
nella serie di questi nel voi. XLI, p.i 33,
non avendolo trovato maggiordomo nel-
le ricerche da me fatte neh' archivio del
Palazzo apostolico. Siccome tali esempi
sono antichissimi, forse in quelle epoche
non erano quelle cariche di fiocchetti :
certo è che Urbano Vili concesse i ciuffi
e fiocchi rossi ai cavalli de'cardinali; Cle-
mente XII i fiocchetti neri al maggior-
domo, e Clemente XIV confermò quelli
pure neri de' patriarchi, poi cambiati in
paonazzo; laonde pare che in tal conces-
sione fosse allora il maggiordomo dichia-
rato prelato di fiocchetti. A'giorni nostri
furono fatti, maggiordomo mg.r Naro
(V.) poi cardinale, mg/della Porta (V.)
uditore della camera poi cardinale, i qua-
li conservarono il canonicato Vaticano,
perchè ambedue erano giubilati. Sopra
il prelato si possono leggere: Mosconii,
De majestale mililiaeecclesiasdcae, Ve-
netiis 1 602. Tamburinio, Dej'ure abba-
in 'ii et aliorum praelatorwn, Lugduni
1 64o. Castori , Istituzione cristiana per
chi desidera vivere in corte, Roma i (54 2.
Manzini, // principe ecclesiastico, Bolo-
gna 1 644- Da Ponte, Specchio del vesco-
vo e del prelato, Roma 169 1. Più gli ar-
ticoli relativi in questa mia opera; il Gior-
nale della voce della ragione, che s' in-
cominciòa pubblicare nel i832; e le mol-
te opere erudite di mg.1* Mario Felice Pe-
raldi chierico di camera vi venie, sulla ro-
mana prelatura. Cancellieri ne' Possessi
tratta qual sia la probabilità che hanno
i prelati di divenir cardinali : nella Let-
tera al d.r Ko reff racconta che il p. Cor-
dala scrisse una utile e lunga Istruzio-
PRE
neper un giovine che vuole entrare ih pre-
latura,a l'indirizzò a mg. ^Bonaccorai se-
gretario de' vescovi e regolari. Lunadoro,
Relazione della corte di Roma (ediz. del
1646), p. 241, tratta: Ordine della pre-
cedenza degli ecclesiastici o prelati. La
precedenza tra'patriarchi si chiamò Pro-
catedria, vocabolo greco che significaprio-
1 ila di sedere o precedenza nel consesso
de' patri archi.
PRELATURA. F. Prelato.
PREMISLIA oPrzemisliaoPrzemysl
{Premislien). Città con residenza vesco-
vile nella Gallizia, della Polonia austria-
ca , capoluogo di circondario a 6 leghe
da Jaroslaw e 1 9 da Leopoli o Lembergh,
è cinta di mura con castello sopra alta
rupe, presso il fiume San. La cattedrale
è solido ed elegante edificio , sotto l' in-
vocazione di s. Gio. Callista, con baltiste-
rio eh' è l'unico della città : le è vicino
l'episcopio, ampio e decente. 11 ca piloto
si compone delle dignità del preposto,
decano e scolastico, avendo la 1/ I' uso
della mitra, e di altrettanti canonici. Vi
sono 4 vicari, cui è affidata la cura d'a-
nime sotto la direzione di un canonico che
è il parroco della cattedrale, altro cano-
nico è rettore del seminario, gli alunni
«lei quale servono alla divina oflìciatura.
Non vi è altra parrocchia, bensì un mo-
nastero di benedettini, altro di monache,
confraternite e ospedale. La sede vesco-
vile fu eretta nel 1 3j5 da Gregorio XI se-
condo Commanville, sufliaganea di Leo-
poli, di cui Io è tuttora. I vescovi del se-
colo passato sono riportati nelle Notizie
di Roma. Per morte di mg.r Saverio Za-
cliariasievicz, a? 27 luglio 1 847 P'° IX
dichiarò vescovo l'attuale mg.r France-
sco Saverio Wierzchleyski diViznia-Po-
remba diocesi di Tarnovia, già canonico
della metropolitana di Leopoli. La dio-
cesi è vasta, comprende if5 parrocchie
e molti luoghi. Ogni nuovo vescovoè tas-
sato iu fiorini i5o, essendo le rendiledel-
la mensa circa i4>ooo fiorini di conven-
zione.
PRE 1 35
PREMISLIA o Przemislia ( Premi-
slien). Vescovato di rito greco-ruteno, il
cui vescovo risiede \i\ Premislia (V-), ove
ha la cattedrale del proprio rito e al Ire
cbiese. Vi è il monastero di s. Salvatore,
i cui monaci posseggono le ville Slrazo-
vica e Busoca, reclamate però dall'ordi-
nario, essendo state donate nel «292 da
Leone duca di R.ussia. Nel sinodo di Za-
m osci a fu stabilito di ridurre i monaste-
ri della gran Russia in congregazioni, e ciò
specialmente nella diocesi di Premislia.
In seguito di che, nel capitolo generale
tenuto nella cattedrale di Leopolifu po-
sta in opera la riduzione e furono i mo-
naci esentati dalla giurisdizione de' vesco-
vi, ciò che approvò Benedetto XIV nel
1 y44 c°Ha bolla Inter plures. Havvi an-
cora lo spedale, il ginnasio e la scuola. La
sede vescovile fu eretta nel secolo Xlll ,
secondo Coni man vi Ile, suffraganeadiKio-
via dello stesso rito ruteno, ed un tempo
fu riunita a Riovia. Il vescovo Michele
Ropistenski sottoscrisse la lettera del con-
cilio di Russia, mandata nel i5q5 a Cle-
mente Vili per l'unione colla chiesa ro-
mana. 11 vescovo Silvestro Ulebitzi fu al
concilio di Moldavia nel 1642, Oriens
christ. 1. 1, p. 1 284. Il vescovo di Premi-
slia con quello di Leopoli nel 17^1 do-
mandarono a Benedetto XIV di passare
al rito latino, ma il Papa col breve P'e-
strae ad nos, de' 18 settembre, Bull, de
prop. fide, Appendix t. 2, p. i5g, glielo
vietò,a tenore del decreto ditJrbano VIII.
Nella 3.a divisione della Polonia tutti i
vescovi ruteni passarono sotto il domi-
nio della Russia, tranue quelli di Presmi-
lia e Leopoli. In questa diocesi furono
ridotte le feste stabilite nel sinodo di Za-
moscia a' 18 settembre 1 780, come lo era-
no slate negli altri domimi della casa di
Austria. Pio Vllcolla bolla Operosa, dei
24 settembre i8o5, Bull. coni, t.12, p.
38 i , distribuì i luoghi in varie diocesi
della Polonia austriaca , come in quella
di Premislia. Inoltre Pio VII nel 1807
elevando Leopoli {Tr.) di rito ruteno al
i56 P R E
grado arcivescovile, ne dichiarò suffra-
ganeo il vescovo di Premislia , che lo è
ancora, al quale unì i titoli vescovili di
Sanoehìa e Samboria del medesimo ri-
to, coi quandi denomina. Sanochia o Sa-
ìioky città della Gallicia-polono-austria-
ca,é capoluogo di circolo, situata in mez-
zo ad una pianura assai estesa sulla spon-
da sinistra del San. Ha castello munito
e la scuola. Samboria o Sambor, altra cit-
tà della Gallicia-polono-austriaca, è capo»
luogo di circolo, in un'ampia pianura sul-
la sponda sinistra del Dniester, che un
poco inferiormente riceve lo Strwiaz. E
assai ben fabbricata. Ha chiesa decanale
di rito latino, e altra di rito greco-rute-
no, ospedale, ginnasio, scuola ch'eia prin-
cipale del circolo, ed il tribunale crimi-
nale , oltre l' intendenza delle saline di
Drohobicz. Pio VII neli8i8 fece vesco-
vo di Premislia , Sanochia e Samboria ,
Giovanni Snigurski. Pio IX nel 1848 gli
die per successore mg.r Gregorio Sachi-
mowiez di Podberga arcidiocesi di Leo-
poli , che Gregorio XVI nel 1841 avea
fitto vescovo di Pompeiopoli inpartibus.
Questo Papa a'27 febbraio 1846 indiriz-
zò la lettera Inter gravissimas, presso gli
annali delle scienze relig. serie 2.a, voi.
a, p. 385, al predecessore, ed al vesco-
vo di rito latino di Premislia, acciò in-
culcassero ai loro diocesani la fedeltà e
l'ubbidienza all'imperatore d'Austria lo-
ro sovrano. La mensa vescovile ha di
rendita circa scudi 1200.
PREMONSTRATENSI o PREMO-
STRATENSl. Ordine de' canonici re-
golari,chiamati anche Canonici bianchi,
istituiti da s. Norberto (P.) poi arcive-
scovo di Magdcburgo (F.), de'quali trat-
tai nel voi. VII, p. 265 e 266. Inoltre il
santo istituì anche le Canonichesse Pre-
monstralcnsi (V .). Nell'ordine fiorirono
canonici illustri per dottrina e per san-
tità di vita , oltre il cardinal Giovanni
Bucca [V.), Benedetto XIII colla bolla
Etnanavit, degli 8 marzo 1728, conces-
se a tutto l' ordine nremonstratense di
PRE
fare l'uffizio de'ss. Gilberto abbate, Ger-
laco eremita, Scardo confessore, de' bb.
Godifredo, Federico, Ermanno Giusep-
pe e Gertrude vergine, tutti del medesi-
mo ordine ; a questo inoltre a* 12 apri-
le con altra bolla Etnanavil > accordò
l'uffizio e messa di 3 loro santi vescovi,
Eumodo , Isfrido e Lodolfo. I premon-
stratensi aveano in R.oma il collegio di s.
Norberto, fondato nel 1 63 1 da Giovan-
ni da Preuk canonico della cattedrale di
Varmia, ricco di benefìzi ecclesiastici che
volle impiegare con questa istituzione a
vantaggio de' prossimi ed alla conversio-
ne de'parenti infetti di eresia. Ne affidò
la cura ai premonstratensi e vi doveano
essere ammessi pei primi i suoi parenti
nati nella Prussia reale o ducale, o nel
vescovato di Varmia : pel collegio il fon-
datore prescrisse il tempo, la nomina, gli
studi, i fondi, le rendite. Vi risiedeva il
procuratore de'premonstratensi di Pra-
ga , che amministrava le missioni della
Lusazia, delle quali parlai ne' voi. XXIX,
p.io3,e XLIV, p. i46. L'ultimo presi-
dente del collegio morì nel 18 12, e fino
al 1817 ne fu amministratore Giacomo
Enea di Chataud : allora restava al col-
legio, oltre il locale e la chiesa, i giardini
e una vigna ai monti Parioli. Il mona-
stero e la chiesa Gregorio XVI la diede
alle monache figlie del Calvario [V), che
dirigono e curano le donzelle dell' Ospi-
zio di s. Maria degli Angeli (F.), i qua-
li edilìzi il Papa visitò molte volle per
la benevolenza con cui riguardava le ot-
time religiose che beneficò in vita e in
morte, ond'esse gli celebrano due annui
anniversari di gratitudine, virtù tanto
più mirabile in quanto che ai nostri in-
felici giorni è divenuta rara. La chiesina
e monastero di s. Norberto è situata nel
rione Monti , lungo la bella strada che
dalle Quattro Fontane conduce a s. Ma-
ria Maggiore. E adorna con buoni mar-
ini e altri abbellimenti : i due quadri de-
gli altari laterali sono pitture di Stefano
Pozzi discepolo di Masucci. Vi si celebra
PRE
la festa di s. Norberto a'6 giugno e non
agli 1 1 luglio come altri scrissero. 11 Do-
limi ni, Catalogo degli ordini 1. 1, p. a 2,
23, 24» tratta de'canonici premonstraten-
si e riporta 3 figure vestite con rocchet-
to e alniuzia d' armellino, con tonaca e
scapolare, e quella dell' abbate in cap-
pa, mozzetta e croce pettorale , teneudo
il pastorale. Nel t. 2 parla delle monache
premonstratensi, e riproduce la figura di
esse presa dall' immagine di s. Gertrude
maestra delle medesime nel monastero
d'AIdeberga.
PRENETO o PRONETTO. Sede ve-
scovile della i.aBitinia, eretta nel VI se-
colo, sotto la metropoli di Nicomedia.L' O-
riens dir. 1. 1, p. 621 riporta 5 vescovi.
PREPENESSO o PREPENNISSO.
Sede vescovile della Frigia Salutare, eret-
ta nel V secolo, suffraganea di Sinnada,
di cui un solo vescovo registra 1' Oriens
chr. t. 1 , p. 84g.
PREPOSTO, PROPOSTO, PRE-
POS1TO , PREVOSTO. Praepositus,
Magisler. Ufficio e titolo di dignità e di
beneficio ecclesiastico in alcuni capitoli
ed in altre chiese cattedrali, collegiale;
ed alcune volte, come osserva Alacri in
Praepositus, significava ne' primi secoli
il vescovo ( cosi Berlendi , Oblazioni, p.
1 16), altre volle il vicario, ovvero l'eco-
nomo della chiesa (lo dissi nel voi. XIX,
p. 2g5) in tempo di sede vacante. Mor-
celli chiama Magisler, Praepositus il pre-
posto : Praepositus anche il vicario fora-
neo e il prevosto delle chiese. Il prevo-
sto in alcuni ordini militari equestri è il
grande uffiziale che ha cura delle cere-
monie: vi furono molti prevosti neglior-
ditii di s. Michele, dello Spirito santo, di
s. Luigi, di s. Lazzaro,del Carmelo. Pre-
posto dicesi pure il capo, il prefetto, il
superiore di diversi uffici civili. Osserva
Adami, Storia di Volseno t. 2, p. 1 45,
che tra gli uffizi militari degli antichi io-
maui eravi il Preposito, impiego poco di-
verso da quello de' tribuni militari, coi
quali comandavano le coorti, e si tenue o-
PRE i57
norevole Y esercizio di tale prepositura.
Nelle congregazioni de'chierici regolari, il
superiore generale ordiuariameute si de-
nomina Preposito, come in quelle de'tea-
tini, barnabiti, somaschi, gesuiti, chierici
minori, scuole pie, dottrinari, pii operai,
passionisi, lo che si può vedere ne'loro ar-
ticoli : vedi pure Generale de' religio-
si. Dicesi Prepostura, Propostato, Prepo-
stalo, Prevoslura, Prcposilura, Propo-
situra, Propostia, Pràeposilura, l'ufficio
e la dignità di preposto. A Cella parlai
dell'antiche prepositure monastiche. Nar-
di, De' parrochij chiama Prevosto la di-
gnità omonima del capitolo, che antica-
mente era Prelato (V •) quando presie-
devano domesticamente alle canoniche o
case canonicali , di cui erano capi , cosi
chiamandoli il concilio d'Aquisgrana del-
l'83o, ed in una epistola dell'imperato-
re Lodovico, prelato chiamò s. Gregorio
VII il prevosto di Chiusi; era prelato, per-
chè avea giurisdizione sul buon ordine
della canonica, che inoltre avea altri mi-
nistri e cariche canonicali, come il Vice-
domino o economo, da cui dipendeva il
canonico Cellerario. Il prevosto presiede-
va alla casa e vita comune de'chierici (del-
la quale trattai anche a Canonico, a Cle-
ro, non esigendosi Decima dai beni dei
canonici viventi in comune, i quali dalla
canonica ricevevano vitto, alloggio e ve-
stito) e portamento degl'individui entro
la medesima, i quali erano parecchi ol-
tre i canonici, suddiaconi, minoristi cat-
tedrali, seminaristi , vivendo in comune
con essi auche i vescovi. In conseguenza
dice Nardi , che il prevosto non era an-
ticamente dignità capi tolareo per dir me-
glio dignità ecclesiastica, ma era il cano-
nico capo delia casa canonicale; talvolta
era prevosto un canonico diacono , ora
un canonico prete, ora l'arciprete o l'ar-
cidiacono, ed era eletto dagli altri cano-
nici per un tempo determinato. Non so-
lo era eletto dai canonici, ma negli aflari
d'importanza doveva consultare i mede-
simi. Fu in tempi più bassi anche chiù-
i58 PRE
unito Prìor canonicontm. Egli col ve-
scovo stabiliva le preghiere nell' alzarsi,
il martirologio, ed altre cose per vari tem-
pi dell'anno. Avea l'incombenza di visi-
tare nelle domeniche coll'arcidiacono le
carceri per vedere com'erano ben tenu-
tele puniva i trasgressori delle leggi ca-
nonicali, contro il buon ordine della ca-
nonica. Per le di lui belle attribuzioni fu
pure chiamato Archicanonicus, come nel
concilio tt' Aquisgrana dell' 8 16 , nel si-
nodo di Veroli dell'i i i i, in cui il prevo-
sto o archicanonico era l'arcidiacono. Nel-
l'azione 2.adel concilio generale Niceno 2.0
vi è sottoscritto Leone prete dellas. chiesa
Costantinopoli tana a nome dell'arci vesco-
vo di Sida; e nella 3.a azione si sottoscrive
Leo Praepositus , et locum retinms me-
tropoleos Sidae. All'unno 523 abbiamo
il preposi to della bas.lica Vaticana, cioè
il capo di quel capitolo. In una lettera
d'incmaro di Reims è nominato il Prae-
posilo et canonicis ecclesiae Remensis :
Lamberto vescovo d'Arras, scrivendo a
Manasse preposilo, al decano e agli altri
del capitolo di Reims, dà loro i titoli di
Reverendìs Patribus, e l'epiteto di San-
clitalis vestrae. A'iempi d' Incraaro era
prevosto de'canonici di Reims Gislolclo.
Nel concilio di Chalonssur Saondell'837
o 83q mentovasi Leuterio prevosto e av-
vocato d'un capitolo di canonici. Nel 1 og5,
come rilevasi dal concilio di Piacenza,!
prevosti delle cattedrali mettevano degli
ecclesiastici o preti minori nelle cappel-
le o oralorii urbani del capitolo. Nel ca-
pitolare Aquisgranense dell' 8 1 3, ancor-
ché non fosse prete , il preposto poteva
dare la benedizione al lettore, e poteva
scomunicare nel furto occulto. In un di-
ploma delio55del capitolo di Piacenza,
tra'capitolari vi è un diacono preposito.
Il vescovo di Soissons s. Arnolfo fu pri-
ma arcidiacono Mormorimi et ecclesiae
s. Audomari Praepositus, Nel secolo XII
s. Anselmo, prima di essere vescovo, fu
Praepositus della chiesa di Ginevra :s.
Francesco di Sala 4 secoli dopo fu cziau-
p a e
dio preposto di Ginevra. Del prevosto
s'incontrano frequenti menzioni anche dei
tempi più bassi, come nel concilio di Ma-
gonza dell'8 1 3, e successivamente in quel-
li di Reims dell'87 1 (il prevoslodella cat-
tedrale viene chiamato Praesides3 ed a-
vea giurisdizione esterna sugli uomini del -
la chiesa), di Vienna, di Bourges. Anche
le collegiate a veano il loro prevosto, e nel-
le città grandi erano frequenti, sebbene
più. comunemente fu detto Priore il pre-
vosto delle collegiate e talora anche arci-
prete. Del prevosto di Verona si fa men-
zione nel 1 o38. Urbano II chiamò eximio
Praeposito quello della collegiata di Gesù
Nazareno in Ispagna. Nella bolla di Boni-
facio VII Idei i3oi al vescovo d'Anagni, si
legge che il prevosto era eletto dai canoni-
ci (di sue insegne parlai nel voi. II, p. 34),
che vi veano in vita comune, poteva sco-
municare e sospendere tutti gl'individui
del clero cattedrale, e correggere le man-
canze leggiere, riservando al vescovo le
gravi. Il preposto poi non poteva essere so-
speso o scomunicalo dal vescovo, senza il
consenso della maggior parte del capi-
tolo. Ne' bassi tempi ed anche oggidì in
molti luoghi il prevosto o il decano del
capitolo ha la cura d'anime dei canonici
e altri beneficiati della cattedrale. Non
fa quindi specie che in certe cattedrali sia
divenuta una Dignità ecclesiastica^.),
come riporto a'ioro luoghi (parlando iti
molti delle loro prerogative e distinzio-
ni concesse loro dai Papi), quella che una
volta era la sola presidenza della canoni-
ca, e di essa capo domestico.
PRESAGIO. V. Predizioni.
PRESANTIFICATE. Ostie consagra,
tene'giorni precedenti, quindi dicesi Mes~
sa dei presanli/ìcati quella in cui il cele-
brante olire all'altare e consuma alla co-
munione le specie Eucaristiche consagra-
te nella vigilia o ne' giorni precedenti ,
laonde tale messa è senza consagrazio-
ue. Nel 692 decretò il concilio di Carta-
gine che in quaresima si debba celebra-
re tulli i giorni la messa de' presantificati,
PRE
tranne i sabbali, le domeniche e il gior-
no della ss. Annunziala. Nella chiesa la-
lina si celebra la messa de* presanlificati
solo nel venerdì santo- ( che il cardinal
Tommasi chiama uffizio della feria VI
in Parasceve),come descrissi ne' voi. Vili,
p. 3o4, XLIV, p. 271 ; ma nella chiesa
greca viene celebrala ancora in tutta la
quaresima , eccettuati i sabbati e le do-
meniche. Questa disciplina fu stabilita da
diversi concilii. V. Pane azzimo e fermen-
tato. Christ. Claii, Disputatici hislorica
de die magnae Parasceve, Lipsiaei697.
Vili ibrord Deschardes, Feria VI sive ej'us
dignitas , et opera sacra ejusdem diei,
Mechliniae 1 653. Jo. Dav. Thoenuiker,
De missa praesanctificaloi uni, Vitteber-
gaeiyi 1. Hen.Rixnerus, De communio-
neprae$anctifìcalorum,}le\imteà\\i6'/o,
e nel libro, De laica, et peregrina commu-
ni one. Al'azio, De concord, eccles. orient.
etoccid. Le Brun, Exphcationde la mes-
se, t. 2, p. 372. Benedetto XIV, De fé-
slis, p. 146. Sarnelli, Leti. eccl. t. 9, lett.
4, Spiegazione della forma del presbi-
terato e della messa del venerdì santo.
PRESB1TERA o PRESB1TERES-
SA, Presbylera. Presso gli ebrei ed i pa-
dri della primitiva chiesa fu costume de-
putare alcune vergini al ministero eccle-
siastico, cioè alla custodia de' templi, ed a
quanto descrissi a Diaconessa (7^.)^ per-
chè erano così chiamate, o Presbiteres-
se o Prelesse j imperocché quelle donne
maritate le quali consentivano che i loro
mariti si ordinassero Suddiaconi o Dia-
coni (V.), venivano appellate suddiaco-
nesse e diaconesse, se Preti {V.), Presbi-
tere o Presbiteresse o Pretesse, se Vesco-
vi {V .),V escove, Epìscopae. Se mori va-
no iloro mariti, egualmente non poteva-
no congiungersi con altri in Matrimonio
(V.), essendo loro proibito, e costumava-
no ritirarsi ne'monasteri e larvi anche la
professione religiosa. Nel concilio di Ro-
ma del 731 , s. Gregorio II (come dissi
nel voi. XLVI, p. $), decretò: Se alcu-
no sposa una presbileressa, cioè quella il
PRE i59
cui marito è stato ordinalo prete, sia a-
natema. Altrettanto aveano fulminato i
concilii di Calcedonia nel 45 1 e d'Orleans
nel 533, per quelle donne che aveano ri-
cevuto la consagrazione di presbiteresse
o diaconesse. Altre diaconesse o presbi-
teresse erano alcune donne vergini , di
senno e prudenza mature, almeno di 4»
anni, le quali al dire di Davanzati, No-
tizie del pellegrino , p. 121, in un certo
modo venivano come ordinate e consa-
grate dal Papa (comedissia Diaconessa)
e dai vescovi coll'imposizione delle ma-
ni; per la quale funzione , sebbene non
ricevevano Ordine [V.) alcuno, essendo
di questoalfatto incapaci lefemmine(nul-
la vi sarebbe di più sconvenevole che di
dar loro l'impero sopra l'uomo nelle co-
se sante, perciò nessuna femmina fu mai
onorata del sacerdozio nella vera reli-
gione, né sotto la legge mosaica, uè sotto
l'evangelica), con tuttocin venivano di-
stinte con questi nomi: di questa ordina-
zione o benedizione si fa menzione nel
canone 1 5 di Calcedonia, ove si nota che
prima di detta età era alla donna proi-
bito tal consagrazione, ed anche nel si-
nodo Trullano. AggiungeDavanzali,che
nel decreto di s. Bai tolomeo apostolo si
prescrive la forma di della ordinazio-
ne, nella quale il vescovo alla presenza
de'preti e diaconi imponeva le mani al-
le ordinando colla recita di alcune pre-
ci; e perchè questa ordinazione non im-
primeva carattere alcuno, e non è sagra-
mentale, perciò le diaconesse e le presbi-
teresse in chiesa rimanevano nel solito
luogo laicale. Dell'uflizio e impiego del-
le presbiteresse, dice Davanzati, che avea-
no cura delle vedove perchè adempisse-
ro le costituzioni apostoliche e prestas-
sero ubbidienza ai vescovi , ai preti , ai
diaconi, ec. Istruivano quelle che dovea-
no ricevere il battesimo per immersione;
assistevano alle porte e steccali delle chie-
se, e come ostiarie introducevano in es-
se le donne nel malroneo o luogo sepa-
rato dagli uomini; dispensavano le olici-
i6o PRE
te eie limosine che si raccoglievano per
le vedove e altre donne bisognose; vigi-
lavano sui costumi delle donne e perciò
aveano autorità di entrare liberamente
nelle loro case, per osservare e informar-
ci come del tenore di vita, cosìi de' loro
bisogni, per aiutarle secondo le necessità,
e rimuoverle dai pericoli, laonde colle lo-
ro visite le tenevano in soggezione, come
insinuano le costituzioni apostoliche. Nei
monasteri le diaconesse e le presbiteres-
se portavano abito distinto e aveano po-
destà di dar principio alle ore canoniche,
cornee registi-aio nel Pontificale roma-
no, tit. de benedici, et consecr. Virg. Ri-
naldi all'anno 34> n.° 289, riferisce che
presbilera fu delta non solo la moglie
di chi si fosse ordinato prete, che vive-
\ano separatamente celibi, ma ancora la
donna vecchia e le vedove, come dichia-
ra il concilio di Laodicea , facendosene
menzione anche ne'concilii diTours e di
Auxerre. Riferisce Piazza, Gerarchia, p.
7 1 6, che le presbitere o presbiteresse so-
no mogli de'sacerdoli Greci (V.), i quali
tutti, tranne i monaci, ne prendono una
soltanto e vergine, prima di ricevere il
diaconato. Attesta Macri, Vocaboli eccl.
alla voce Presbytera , che le presbiteresse
greche dopo la morte del marito non pos-
sono più maritarsi; e che questo nome si-
gnificò ancora le matrone che custodiva-
no le chiese, chiamate anche Matricuriae.
PRESBITERATO. V. Sacerdozio.
PRESBITERI AN 1 . Eretici Calvinisti
(/r.) rigidi che seguono alla lettera gli er-
rori e le riprovevoli massime dell'eresiar-
ca Calvino, per cui pretendono debba es-
sere la Chiesa governala dai soli Preti{V.y,
che la scrittura non fa alcuna differenza
tra' preti ed i vescovi; e che il vescovato,
come venne stabilito dalla Chiesa, non è
d' istituzione divina; che se in principio
della Chiesa vi furono de'preti che ven-
nero chiamati vescovi , era questa sem-
plice denominazione esteriore, che i pre-
ti stessi aveano data ai loro confratelli, e
che potevano rivocare. I presbiteriani si
PRE
trovano particolarmente in Ginevra, e so-
no assai numerosi in Inghilterra ,ove di-
sprezzando gli episcopali , vi furono tra
ledue sette forti e deplorabili dissensioni;
dappoiché gli episcopali protestanti han-
no ivi conservata la gerarchia ecclesiasti-
ca j qual era nella chiesa romana, ad on-
ta che se ne divisero, e sebbene professi-
no molti degli errori de'calvinisti, credo-
no che non vi possa essere religione cri-
stiana senza la successione dell'episcopato.
PRESBITERO, Cardinale. Nelle tem-
pora di dicembre 1 1 38 Innocenzo II Io
creò cardinale prete di s. Pudenziana , e
sottoscrisse una bolla nel i i4° a favore
di s. Salvatore di Viviano.
PRESBITERO o PRESBITERIO,
Presbylerium. Questo vocabolo, oltre il
significare la dignità sacerdotale, Prcsby-
ter, sebbene ne'primi secoli il solo vesco-
\o si chiamava Sacerdote (V.), esprime
ancora quattro cose. r.° La parte interio-
re del coro della chiesa, vicino all'altare
maggiore, destinato pei preti. 2.°La casa
parrocchiale coni igua alla chiesa. 3.° L'an -
tico senato del Papa, ora sagro collegio,
e del vescovo o sia l'odierno capitolo.4-*
I donativi di moneta che facevano i Pa-
pi al clero di Roma e ad altri della curia
romana; ed anche le distribuzioni cano-
nicali de' vescovi.
i.° Macri, Noi. de vocaboli eccl. , chia-
ma Presbylerium la parte interiore del
Coro{V .), vicino a\V Altare (V.) maggio-
re, notando che s. Cipriano disse, Exci'
tari de presbiterio , in significato di de-
gradazione dall'ordine presbiterale, ov-
vero essere scacciato dal coro assegnato
ai presbiteri e altri ecclesiastici. A Chie-
sa, parlando della struttura delle antiche
chiese, dissi del luogo più cospicuo ove
sedeva il vescovo o capo degli ecclesiasti-
ci , detto Sintrontoj del luogo destinato
ai soli ecclesiastici ossia il Santuario, il
Sagrario o Berna vicino all' altare , lo
stesso luogo chiamato Coro o Presbiterio,
Abside, contenente il trono del vescovo
e le sedie pei preti in semicerchio, esseu-
PRE
done interdetto l'accesso ai laici, per de*
creto di s. Leonel: V. Coro. .Nel santua-
rio vi erano due luoghi, l'uno destinato
alle oblazioni, l'altro pei diaconi e per-
ciò detto Diaconico, ed occupava Io spa-
zio fra l'altare e i cancelli, ora chiamalo
Presbiterio, sebbene Diaconico si chia-
mò pure la Sagrestia , ed il luogo pel
ministero ecclesiastico, ed anche per al-
loggiarvi i pellegrini. Costadoni, Osser-
vaz. intorno alla chiesa cattedrale di Tor-
cetto, presso Calogeri t. 43 , ne riporta
il disegno del presbiterio antico posto in
fondo alla navata di mezzo , ove il clero
sfava assiso secondo il suo rango nelle ec-
clesiastiche funzioni, lenendo in mezzo il
■vescovo, conforme al costume antichissi-
mo della Chiesa, secondo le prescrizioni
delle costituzioni apostoliche. Questo pre*
sbiterio chiamossi ne' primi secoli anche
Exedra per la Cattedra o Trotio (f\) del
vescovo, ma Origene, il concilio d'And-
ra, altri concilii e molli autori antichi e
de'tempi di mezzo lo denominarono pre-
sbiterio, ed ove il vescovo in conscssupre-
sbyterorum sublimior sedeal, che essen-
do in fondo alla chiesa tutto il popolo
facilmente lo vedeva in uno all'alta rc.Gal-
Jetti, Del primicero, p. i 3, narra che giun-
to il Papa nel mezzo del presbiterio, qui-
vi si levava la mitra dal capo : del pre-
sbiteriodella cappella pontificia parlai nei
■voi. VIIl,p.22 l. Anche al presente chia-
masi presbiterio il luogo della chiesa in
cui trovasi la sedia del prelato, cogli stal-
li pei sacerdoti e altri ministri, o che la
sedia sia dietro l'altare maggiore, o che
sia di fianco al medesimo, venendo ordi-
nariamente munito di balaustrata o can-
celli per impedirne l'ingresso al popolo,
dovendosi nel presbiterio celebrare la mes-
sa e le sagre funzioni. Il presbiterio che
contiene l'altare principale, si fa più alto
del piano della chiesa, per godere le fun-
zioni, che riescono più maestose, comu-
nemente con forma quadrilatera; deve es-
sere spazioso e proporzionato alla cele-
brazione de'diviui uffici e de'sagri miste-
VOL. LV,
PRE 161
ri. Il presbiterio non solo fu proprio della
chiesa occidentaleo latina, ma anche del-
l'orientale. Il can. Stracchi, Serie de* ve-
scovi faentini p. 66, riferisce che fino dai
tempi degli apostoli ciascun vescovo del-
la chiesa d'oriente aveva il suo clero det'
to anche presbiterio, che si componeva
de' diversi ordini degli ecclesiastici del-
la rispettiva diocesi. Erano tra' primi i
preti o seniori, e i diaconiche assisteva-
no il vescovo nelle sagre funzioni uni-
tamente ai chierici minori, ai quali tutti
si concedeva nella chiesa un luogo distin-
to, ove non erano ammessi i laici, deno-
minato Presbyterium, come si chiama pu-
re al presente. Una con tesa insorta in Ilo-
veredo tra il clero e i fratelli d'una laica
compagnia , che in esclusione di quello,
a titolo ili padronato, volevano arrogar-
si gli scanni più distinti del recinto inte-
riore o sia del presbiterio, indusse 1' ab.
Gio. Battista Graser a comporre e pub-
blicare: Dcpresbyterio, et in eo sedendo
jure dispula thy Tridenti 1779, avendolo
già fatto stampare nel 17^2 in italiano a
Mantova. Pertanto colle antichità ebrai-
che, cristiane e gentilesche prova che sem-
pre ai ministri del culto fu accordato un
luogo distinto e separato dagli altri; do-
po aver ben definito il presbiterio, non
pregiudicando la moderna struttura del-
le chiese all'antica disciplina del luogo
distinto che debbono occupare gli eccle-
siastici , combattendo con solide ragioni
l'insorto abuso.
2.0 Presbiterio e altresì una casa vici-
na alla chiesa peralloggiarequelli che la
ulìiziano e custodiscono, onde essere più
pronti al divino servigio ed all'assisten-
za spirituale del popolo. I concilii e par-
ticolarmente quellodi Trento, statuirono
che ciascuna chiesa parrocchiale debba a -
vere un presbiterio per alloggiare il Par*
roco (P^.) a spese degli abitanti o delle
rendite della parrocchia. Si chiamò Dia-
conico, oltre una parte interioredel tem-
pio e la sagrestia, anche quel luogo con-
tiguo alle chiese ove il vescovo ospitava i
1 1
162 PRE
pellegrini, e le antiche Diaconie cardina-
lizie {fr.) di Roma aveano propinquo alle
chiese l'ospizio e l'ospedale per soccorrere
i poveri e curare gl'infermi, dette anche
case ministeriali, e vi abitavano i diaconi
stessi. I cardinali preti ebbero case e abi-
tazioni annesse alle loro chiese titolari o
Titoli cardinalizi (Jr.), come i Canonici e
il Clero (V.) la canonica o abitazione,!
vescovi presso le cattedrali l' Episcopio
(Z^.), i patriarchi in Roma annesso alle
basiliche patriarcali il Patriarchio {V.).
3." Presbiterio venne appellato l'anti-
co senato del Papa e del vescovo, corri-
spondente all'attuale Sagro collegio (T7.),
ed al Capitolo (V.) o corpo e collegio ca-
nonicale. Macri e Zaccaria chiamano col-
legio o radunanza di sacerdoti della chie-
sa romana, l'antico Presbyteri uni, ora sa-
gro Concistoro {fr.) de' Cardinali (>^.),
cleri romani se/ratiis, Compresbyterium,
come dichiarai a Concistoro succeduto
al presbiterio de'primi Papi, in cui discu-
tevano e risolvevano gli affari della Chie-
sa universale. Chardon, Storia de' Sagra-
menti t. 2, p. 83, riferisce che nella pri-
mitiva Chiesa essendo i fedeli governa-
ti dal vescovo , insieme coi sacerdoti la
confessione facevasi a lui, e qualche vol-
ta dinanzi a lui e agli altri sacerdoti, che
si chiamavano il senato o il presbilerioj
dipoi essendo il vescovo e il senato eccle-
siastico troppo aggravato d'altre occupa-
zioni, fu destinato il Penitenziere {V .) per
ascoltare i Penitenti (/^.).Nardi, De parrò-
chi t. 2, p. 1 5 1, eruditamente tratta del-
le antiche prerogative de' cardinali di s.
romana chiesa, dicendo che i preti e dia-
coni del presbiterio romano, o siano i car-
dinali, formavano il consiglio del romano
Pontefice, che consultava in tulle le oc-
correnze. A questi erano quasi di conti-
nuo uniti i P escovi suburbicari (f/.) , e
qualche al Irò vescovo che fosse stato chia-
mato a consulto; per cui questo consesso
era quel concilio permanente del Papa, del
quale si fa menzione in tanti monumen-
ti de'primi secoli. Nell'antichità spesso
PRE
vedesi contraili Presbylerium della chie-
sa romana per qualche affare, come dal-
la lettera di s. Vittore I delig4. Ne'pri-
mi secoli il sacro collegio o senato o pre-
sbiterio della s. romana chiesa conviveva
col sommo Pontefice, come si apprende
da Baronio e dalle lettere di s. Pio I del
i58, da quella di s. Cornelio del 254 e
da altri monumenti, ciò che rendeva an-
che più facili le adunanze consigliar'!. Nel-
Yepist. 55 s. Cipriano chiama i cardina-
nah^oWegxo florentissimum elcum Cor-
nelio praesidenlem. Questo Papa nella
lettera 5.a dice : omni igilur aclu ad me
periato placuit contraili Presbylerium.
Adfuerunt eliani episcopi auinque. Lo
stesso VanEspen conviene che questo
presbiterio era il collegio de'preli e dia-
coni o sia il senato della chiesa romana.
Nel 253 per la sede vacante di s. Fabia-
no il presbiterio romano assumendo il go-
verno della Chiesa, secondo il consueto te-
stificato da s. Cipriano del li secolo, scrisse
alpresbiteriodi Cartagine, «essendo i pre-
sidi ed i custodi del gregge in luogo del
Padre, Noi tutti vegliar dobbiamo per il
corpo della Chiesa universale, i cui mem-
bri sono sparsi per tutte le varie provin-
cie". Però il presbiterio romano lasciava
irresoluti quegli affari di esclusiva spet-
tanza del Papa. S. Sisto HI del 432 ra-
dunò il presbiterio de'preli e diaconi per
trattarvi importantissime cose , e vi fece
gran figura Leone diacono, forse il car-
dinale che gli successe col nome di s. Leo-
ne 1. Neil' epistola di s. Felice II dello
HI del 483 contro Gnaffeo vescovo in-
truso d' Antiochia, dice il Papa : « Fir-
ma sii haec tua deposilio a me, et ab bis
qui una mecum apostolicum thronum re-
gunt". Daiconcilii romani risulla, che nel
presbiterio del Papa sempre interveniva-
no i cardinali preti e diaconi, i quali vi
sottoscrivevano, ciò che non accadeva ai
presbilerii delle altre chiese, ove tenevan-
si concili], e nelle dette sottoscrizioni non
aveano luogo quelle degli oltii semplici
preti e diaconi , essendo singolare privi-
PRE
legio del presbiterio romano il sottoscri-
versi ne'concilii. Nella lettera di s. Boni-
facio 1 1 del 53o,si legge : »Quam ad rem
faciendam memorato Episcopo mea di-
veda secundaprotinusquae Praesbyterio
uni verso complacuitauctoritatem manda-
vi". Quando frequentemente de' Papi dei
primi secoli leggesi: hicfecitconstitntum in
basìlica N.} non erano che adunanze del
presbiterio, oggidì diciamo Concistoro,
ch'è sinonimo del cum concilio sedis snae
di s. Felice III, ch'era il concilio perma-
nente de' vescovi suburbicari, de* preti e
diaconi del presbiterio, tutti cardinali di
s. Chiesa. I monumenti de'seguen ti seco-
li sono corrispondenti in tutto. Piutto-
sto è da rimarcarsi , che già nel IX se-
colo 1' eletto Papa faceva una protesta,
che naturalmente doveva essere in uso
assai prima, dopo l'Elezione^.), di man-
tenere le cose spirituali e temporali, e di
far tutto col com\g\\o fìliorummeorum S.
R. E. Cardi nalium, ciò che si fa anche
oggidì, come descrissi a Professione di
fede, parlando pure del giuramento del
nuovo Papa. Nello stesso secolo Giovanni
VIII nella costituzione intitolata dejure
Cardinalium, prescrive che due volte al
mese si radunino in un titolo o diaconia
per esaminarvi la condotta degli eccle-
siastici inferiori; e riguardo agli ecclesia-
stici superiori , come quilibel praepositi
se erga subdilos habeant , ed ecco le o-
dierne Congregazioni cardinalizie (Z7".).
Dalla medesima si apprende che i cardi-
nali facevano gli abbati de' monasteri ,
quando mancavano, dandone parte al Pa-
pa. Riconosce ne' cardinali il sagro col-
legio, ed i 70 seniori che assistevano Mo-
sè. Vi si confermano i loro beni, e l'uso
antichissimo loro, che »in principalibus
ecclesiis juxta primatum vestrae emise-
crationis vicissim officia divina peragere",
come fanno appunto al presente nelle
Cappelle pontificie e cardinalizie. Ma ciò
che più conta per questo argomento, vi
si vede l'uso che tutti i cardinali due vol-
te alla settimana si dovessero portare al
PRE i63
palazzo apostolico, secondo la costituzio-
ne di s. Leone IV, » propter sollicitudi-
nem ecclesiarum , et clericorum earum-
demdisciplinam ".Era il concistoro, e co-
me riflette Tomassini : » Quis ambiget,
quin hujusmodi presbyterorum et dia-
conorum collegiura in eamdem cupida-
retur gloriae , et auctoiitatis societatem
cum apostolicae sedis Praesule". Anche
fuori di Roma il Papaeraassistitodal pre-
sbiterio cardinalizio, cioè dal consiglio di
que'cardinali che seco conduceva. Nel se-
colo XI, nel concilio di Reims, s. Leone
IX fu circondato dai cardinali nelle fun-
zioni, come Alessandro II nella consagra -
zione della basilica di Monte Cassino. Nel
secolo seguente Arnulfo vescovo Luxo-
viense chiama il corpo de' cardinali Col'
legiuni sanctum, come appunto denomi-
niamo il sagro collegio, vocabolo che
venne sostituito al Presbiterio della chie-
sa romana. Del presbiterio del Papa e
de'diversi tre gradi di quelli che lo com-
ponevano, trattai a Primicerio della s.
Sede, come pure nel voi. XV, p. 1 89 e
190. Zaccaria nell' Anti-Ftbbronìo t. 2,
p. 464? ''iporta la disciplina che osserva-
vano i Papi nel mandare i loro decreti
o dal loro presbiterio o da un concilio
romano. Anche il Presbiterio del vesco-
vo esisteva ne' primi secoli della Chiesa^
come descrive Tamagna, Origini de car-
dinali par. 2, p. 79, ricercando l'origi-
ne del Clero. Gli apostoli in molte chie-
se posero a presiederle un vescovo e un
diacono , ove i neofiti non erano molti.
Nelle altre chiese in cui fioriva la molti-
plicità de'fedeli, più copioso era il nume-
ro de'preti e de'diaconi, forma ntiuna spe-
cie di presbiterio, capo de'qualiera il ve-
scovo, che ne' piccoli paesi e luoghi ru-
rali governava a mezzo de'parrochi. Da
tale clero ebbero origine le Collegiate{V .)t
ed ove probabilmente non eranvi Core-
piscopi(V.)o altri rappresentanti vesco-
vili : dipoi le collegiate furono introdot-
te anche nelle città vescovili per aiuto
della cattedrale. Della città poi egli coi
164 l'RE PRE
«noi preti, diaconi e chierici area cura, e il consenso del suo presbiterio dispor-
Questo clero si disse fin dai primi secoli, re di veruna cosa riguardante i beni di
Presbiterio del vescovo, col quale il ve- chiesa, espressamente lo comanda il 4 ' -°
scovo regolava tutti gli affari della chie- de'canoni apostolici, i canoni antioche-
sa; e quando nelle città si aumentarono ni del 34' , il canone 33 del concilio a-
le chiese e le parrocchie, tutte lefunzio- fricano. Qualunque volta che il vesco-
ni parrocchiali si fecero sempre dal ve- vo solennemente e pubblicamente agi-
scovo col suo presbiterio; laonde la prin- va, era circondato e assistito dal presbite-
cipale chiesa del vescovo fu detta matri- rio o collegio del suo clero e senato. Tra
ce e cattedrale, ed i suoi preti e diaconi, le altre ingerenze die spettavano al pre-
principalijOrdinari e poi canonici, forman- sbiterio del vescovo, era il dover istruire
ti il clero episcopale, il consiglio, il pre- i parrochi, consigliare assiduamente il ve-
sbiterio, il senato del vescovo. Di questo scovo in qualunque causa. Morto il ve-
presbiterio episcopale parla s. Ignazio nel scovo, tutti gli all'ari della diocesi erano
li secolo agli efesii, composto di preti e affidati alla cura del presbiterio, celebra-
diaconi, dicendo dell'unità necessaria del va il funerale, faceva l'inventario di tut-
presbiteriocol vescovo, come lecordeso- ti i beni della chiesa, governandola chie-
no unite alla cetra. Nell'epistola ai ma- sa finché durava la sede vacante, come
gnesiani si esprime quasi nello stesso mo- Io faceva nell'assenza del vescovo, tran-
cio : "Presiedendo il vescovo in luogo di ne l'esercizio degli atti giurisdizionali, che
Dio, i preti in luogo del senato apostoli- sono privativi del vescovo. Ai concilii ge-
co, ed i miei carissimi diaconi, ai quali è nerali interveniva qualche membro del
affidato il ministero di Gesù Cristo. Nul- presbiterio, o come compagno del vesco-
la sia in voi che possa dividervi, ma vi- vooquale ambasciatore o legato della sua
vete unanimi col vescovo e co'presiden- chiesa. Osserva Nardi, che se il presbite-
ti per rappresentare e insegnare l'incor- rio nulla poteva fare dei sagro ministero
ruttela". Nelle costituzioni apostoliche si senza il vescovo, anche il vescovo nei ca-
legge: » I preti occuperanno il luogo de- nonici avea consiglieri e senatori non ili
gli apostoli , come consiglieri del vesco- nome, ma di fatto. Non faceva cosa im-
vo e corona della chiesa ; giacché il sine- portante senza sentirli, benché non fosse
drio sono ed il senato ecclesiastico ". I obbligalo a seguirne il parere; ed alcuni
componenti il presbiterio, coi vescovo bat- atti, appunto come l'odierna disciplina,
tezzavano, imponevano la penitenza, con- erano nulli se non avesse sentito il pre-
ferivano gli ordini, catechizzavano, pren- sbiterio o sia il capitolo, come non po-
devano cura del funerale pel vescovo de- leva giudicar le cause senza l'intervento
funto, ad essi ne' primi secoli era riser- del suo senato , essendo il presbiterio il
bata l'elezione del successore eia scelta collegio de'preti ediaconi cattedrali. An-
sopra un di loro per lo più cadeva, esem- che i canonici diaconi erano e chiama-
pie le maggiori dignità del clero erano vansi in presbyterii /to/ion?, cioè di esse-
ai medesimi conferite. Se v'era distinto- re del presbiterio. Così i canonici delle
zione , privilegio, onorificenza ecclesia- collegiate,preti e diaconi, furonodetti po-
stica, pel presbiterio ecclesiastico sembra- sbyterium. Per onorare i melili slraor-
va istituita. Questi dunque erano quasi dinari d'un Confessore della fede (A'.),
sempre e in ogni affale i consiglieri, gli talvolta si fece membro del presbiterio,
assessori, i coadiutori del vescovo: senza come praticò s. Cipriano col presbiterio
di essi non poteva il vescovo disporre in cartaginese, ciò ch'era una grande ele-
veruncontode'beni della sua chiesa. Che vazione, come si esprime Tomassini che
il vescovo non poteva senza il consiglio riporta diversi esempi di questo onore,
PRE
che si comparti anco a qualche prete o
diacono minore. Dice Nardi: » i canoni-
ci fanno circolo al vescovo assistente alla
messa cantata, al Kyrie, Gloria , Sanctus
e Agnus Dei (come fauno i cardinali nel-
le cappelle col Papa); e tale è il signifi-
calo di formare i canouici un corpo solo
col vescovo pioppo, che non debbono fa-
re detto circolo a ^ laluuque altro , an-
corché si trattasse di l 7 superiore al pro-
prio vescovo, il quale a. ìstessealla mes-
sa cantata, fosse anche il i metropolitano,
o uu cardinale, o legato pontificio, o an-
che un vescovo amministratore, evicario
apostolico della stessa chiesa ". Insegui-
to il presbiterio prese il nome di Capi-
tolo.
4.° Presbiterio si appellò altresì quel
donativo di monete che gli antichi Pa-
pi facevano al clero e alle chiese di Ro-
ma , agli ufiiziali del palazzo apostolico
e della curia romana, come presbiterio
furono chiamate le distribuzioni cano-
nicali de'vescovi. Riferisce Macri, che il
vocabolo presbylerium significa ancora
uu certo donativo, il quale soleva fare il
Papa nel giorno che pigliava possesso
nella chiesa Lateranense , ove ai cardi-
nali poneva nella mitra due scudi d'oro
per ciascuno, con due grossi d' argento.
Ai vescovi e altri prelati uno scudo d'o-
ro e un grosso d'argento. Forse fu così
denominato perchè si distribuiva dentro
il presbiterio della chiesa, sebbene Cen-
cio Camerario nel suo Ceremoniale fa
menzione d'altra sorte di moneta, la qua-
le soleva in quel secolo distribuire il Papa
per presbiterio. All'articolo Denari trat-
tai del valore di quelli che si distribuivano
dai Papi nel dare il presbiterio, chiamali
denari di Pavia o pavesi, bizantini, provi-
sini, marabottini,malechini soldi e altre
specie di Moneta(fr.). Abbiamo da Gio-
vanni Diacono 1. 2, n.° 26, che s. Gre-
gorio I del 5go nel giorno di Pasqua di-
stribuiva delle monete d'oro ai vescovi
e cardinali preti e diaconi, et aliisaxio-
niaùcis cioè persone in dignità, che si pie-
PRE i65
sentavano ad osculimi pacis. Macri, ver-
bo Axiomatici, li chiama officiali della
Chiesa , voce greca che dice significare
habenles dignitatem : il salario che si da-
va a questi officiali chiama vasi axioinad-
cum. Neil' Ordo offleiorum ecclesiae La-
teranensis si legge che nel dare il prio-
re de' cardinali diaconi certe monete ai
cantori laleranensi , questi a quello ba-
ciavano la mano, presenti il Papa e il pre-
sbiterio romano o sagro collegio. A Can-
tori roNTincnePitANzo narrai dell'inter-
vento del primicero de'cantori alla men-
sa papale, del vino che riceveva la scuo-
la de'cautori dal Papa, e de'presbiterii di
un bizanzio nella mattina di Pasqua e di
Natale , mentre al primicero avea dato
3 soldi e la mancia, e 2 al secondicela»;
le bibite si davano anche ne'vesperi. In
quello della 3.a domenica dell'avvento il
Papa metteva in bocca una moneta d'o-
ro a chi aveva intonala la 5.a antifona,
come notai nel voi. IX, p. 99. Nei voi.
Vili, p. 169, XLVI, p. no riportai
che tra le ceremonie della cousagrazio-
ne del Papa, già neh' 827 era in uso il
solenne banchetto o pranzo ed i donati-
vi detti presbiterii al senato romano, ai
giudici, agli avvocati, agli scrinar!, ec. e
al popolo romano : altrettanto si prati-
cò nell'847 Per s- Leone I V, il quale nel-
l'ottava dell'Assunta distribuì moneta ef-
fettiva. A Moneta raccontai le ribellio-
ni de' romani del secolo XII, e la con-
cordia fatta nel 1 188 con Clemente III,
cui restituirono il diritto di battere mo-
neta, obbligandosi il Papa di dare nuo-
vamente ai senatori i benefizi e presbi-
terii; nonché ai giudici, avvocati e seri-
nari, ordinati dal Pontefice, ed agli uf-
ficiali del senato i soliti presbiterii. Fino
a'tempi di s. Gregorio VI I presso la Chie-
sa di s. Maria in Acquiro (F.) si usò
questa ceremonia. » Sabbato de Albis....
omnes archipresbyteri xvm diaconia-
rum, expeclant d. Papa in campo, ante
Palatium, sub Fullonia.... Deinde archi-
presbyter cum clericis pouuut coronas
166 PRE
ad pedes ejus Domnus archipresby-
ter s. Maria in Aquiro coronanti et gal-
1 1.1 ni, et accipi l unum bizantino) et quar-
tana Archipresbyter s. Maria in via
Lata ( della qual chiesa era commenda
l'altra) coronam et vulpeculam>nonliga-
tam, quae fugit, et Papa dat archipre-
sbyterobyzaulium".Nei vol.XlX,p.3o,
XXI, p. 160 e 161, cioè a Curia roma-
na ed Elemosiniere, descrissi la strada
che faceva il Papa recandosi dal Vatica-
no alla basilica Lateranense, ed il getti-
to de' denari che in diversi punti della
strada papale si faceva al popolo dal si-
niscalco o soldano, e dai curiali (già si
praticava ne'primi del secolo XII: a dar-
ne un'idea dirò, che per tutta la regio-
ne di Parione si davano 6 libbre di pro-
visini; sino alla casa de'Massimii2 soldi
provisini; sino alla torre di Oddone figlio
di Romano io soldi provisini , come si
legge in Mabillon, Mus. Ilal. t. 2, Ordo
romanus XII, § 17, De presbyterio quo
dalur prò arcubust ossia della tassa che
il camerlengo pagava ne'di versi luoghi
di Roma, dove solevano erigersi degli ar-
chi per festeggiare il Papa nella sua ca-
valcata,in certi giorni dell'anno) che ri-
cevevano il presbiterio, cioè dopo la co-
ronazione pel possesso, nella 3. festa di
Pasqua ed in altre circostanze; inoltre
notai a p. 1 56 che il Papa usava iltSbe-
ci rito rio (f.) per sostenere la borsa del-
le limosiue che faceva di propria mano,
insieme al rito di spargere due volte mo-
nete nelle ceremouie del possesso, pro-
nunziando alcune sentenze scritturali, ciò
che ricordai pure nel voi. Vili, p. 173 ed
a Povero. De' presbiteri"! distribuiti nel-
le sagre funzioni a quelli che vi assiste-
vano, iuclusivamente ai Mandatari ed
ai Maggiorènti (F.) o stimolati, trattai
a Cah'eile pontificie e De' l'elativi arti-
coli, come ne' voi. Vili, p. 1 1 7 e 6eg., e
JX, p. io,i 16, ricevendo gli abbati dal-
ie abbazie privilegiate 3 soldi ciascuno
per presbiterio : nel giorno di Natale il
Prefetto di Roma (V.) uvea 20 ioidi, il
PRE
primicero de'giudici 4j gu &Uri propor-
zionatamente. Garampi, Sigillo della
Garfagnanap. 74eseg.,riferisceche per
le litanie di s. Marco universi mitrati per-
cepivano separatamente dal rimanente
del clero 4° soldi dalla Confessione di s.
Pietro, ossia dalle Oblazioni (V.) che i
fedeli facevano ai Liminì degli Apostoli
(/^.Jjfra'quali mitrati eranocompresi car-
dinali, vescovi e abbati privilegiati (del-
le oblazioni chespettavano al vescovo di
Porto e Selva Candida, Vedi). Se in oc-
casione del presbiterio che distribuivasi
solennemente per Natale o per Pasqua,
aliquis abbas mitralus praesens fuerit
(d. Papae), dat ei unum melequinum,
et 12 den. papienses; e questa era la di-
stribuzione che competeva a ogni cardi-
nale. Il malechino era moneta d'oro co-
mune in Europa nel secolo XII , inter-
messa sulla metà del seguente , equiva-
lente a 6 soldi e 3 denari tornesi piccoli;
poco piò valeva il bizanzoe l'obolo d'o-
ro: quando il malechino cessò d'aver cor-
so, nel secolo XIV i presbiterii si distri-
buivano in monete correnti, ragguaglia-
te al valore antico de'malechini e de'pa-
vesi, cioè computando per ogni male*
chino 6 grossi tornesi buoni d' argento,
10 de' quali equivalevano a un fiorino
d'oro. Il p. Casimiro, Meni. dis. Maria
in Araceli, già una delle abbazie privi-
legiate, a p. 1 5 dice che nella processio-
ne di s. Marco, dalla basilica Lateranen-
se alla Vaticana, col Papa, i vescovi, i
cardinali e tutto il clero di Roma, rice-
veva per questa funzione tre soldi, cia-
scunode'qualiPanvinio valutò uno scudo
e mezzo d'oro e Ciacconioqualtro. A Li-
tanie maggiori parlai del presbiterio che
tuttora si distribuisce nella propria ba-
silica dal capitolo Vaticano ai capitoli
delle basiliche e collegiate di Roma , al
camerlengo del clero, ed a tutti i parro-
chi della città, nel giorno di s. Marco per
la processione. Cancellieri nelle Notizie
della festa di Natale a p. 37, parla del
doppio presbiterio clic il Pupa dopo la
PRE
PRE
3.a messa celebrata nella basilica Vatica-
na o Liberiana, nel Patriarchio Lalera-
tiense (P.), ove l'accompagnava in pro-
cessione tutta la curia , dava a tutti gli
ordini, come nel giorno di sua coronazio-
ne, del giovedì santo e di Pasqua. Il can.
Benedetto ne fece la descrizione prima
della metà del secolo XII. » Ibi dat pre-
sbyterium omnibus ordiuibus. Iste vero
die Natalis Domini, et die s. Paschae dat
omnibus prioribus rnanum , idest pre-
sbyterium duplum. Praefecto scilicet 20
solid. Dominus Papa, et manum; Primi-
cerium judicum 4 solid. et manum; u-
nicuique judicum 4 solid. Priori episco-
pò 4 solid. et manum; unicuique episco-
porum 3 solid. Priori cardinali 4 solid. et
manum; unicuique cardinali 3 solid. Ar-
chid. 3 solid. et manum ; unicuique dia-
conorum 3 solid. Primicerio cantorum 3
solid. et manum. Secundicerio cantorum
2 solid. Priori basilicario 2 solici, et ma-
num et 8 denarii prò konorantia; uni-
cuique cantori 2 solid.; unicuique sub-
diacono 2 solid. Priori regionario 2 solid.
et manum; unicuique eorum 2 solid.; u-
nicuique acolytho 2 solid. Duobus dilun-
gariis 8 solid. Scrinariis io solid. Majo-
rentibus 5 solid. Draconariis 3 solid. et
aliis ordinibus,sicutmosest". Cencio Ca-
merario che fece eguale descrizione nei
primi del secolo XII l'incomincia in al-
tro modo. » Deinde judices ducunt eum
usquead locum illuni, ubi datur presby-
terium. Tunc vero exuunt eum pianeta,
et apposito manto super scapulas, sedet
in Fonslatorio, seu Cathedra, et largitur
presbyterium cunctis ordinibus propria
maim taliter". Qui descrive questo rito
con termini diversi, nominando oltre i
soldi, melequinos, et marabolinostel de>
narios papienses. Mabillon spiegò il vo-
cabolo Mancia per derivazione di ma-
num usato dal can.° Benedetto, ma Can-
cellieri crede che voglia soltanto indicar-'
si il bacio della mano, che il Papa accor-
dava ai più degni, dopo aver loro dato il
presbiterio, come fanno tuttora i cardi-
167
nali baciando la mano sotto l'aurifrigio
del manto nel recarsi in paramenti sa-
gri all' ubbidienza, e baciando la mano
nuda dopo avere ricevuto nella mitra il
presbiterio di due medaglie d'argento.
Nel ceremoniale di Gregorio X del r 27 1
pubblicato da Mabillon, ecco il modo con
cui distribuì vasi dal Papa il presbiterio
nel giorno di sua coronazione, nel gio-
vedì santo e nel Natale. wlpsePapa se-
det in sede, et quilibet cardi nalis et p rac-
la tus vadit coram eo,et flexis genibus e-
xuetsibimet cardinalissive praelatus mi-
tram, et tenet apertam ante Papam; et
ipse proiicit illam pecuniam, quam dat
ei in uno scypho argenteo camerarius ;
et ille qui recipit pecuniam in mitram,
oscula tur genu domini Papae". Dopo la
distribuzione del presbiterio seguiva il so-
lenne Convito. Osserva Garampi, che del-
le distribuzioni di presbiterio nel giove-
dì santo e nel Natale, ne ha trovate me-
morie anche sulla metà del secolo XIV,
allorché i Papi risiedevano in Avignone.
Si continuava la stessa tassa anticamen-
te prescritta , se non che le monete ivi
nominate, che allora erano disusate, li-
ducevansi alla corrente, secondo la tra-
dizione che si avea del loro antico valore.
Siccome il Papa anticamente dopo es-
sersi consagrato e coronalo nella basili-
ca Vaticana, passava subito alla Latera-
nense a prendervi possesso, nella strada
che percorreva, dalle chiese in essa esi-
stenti riceveva da ognuna l'incensazione
con l'Incensiere^.), per cui dava a que-
ste chiese il presbiterio prò thuribulo da-
to, che Mabillon enumera nel § xvm col
quantitativo de'soldi, descrivendo nel se-
guente quello che si distribuiva alle scuo-
le e Università artistiche, e persino 20
soldi agli ebrei, pei servigi che presta-
vano alla curia romana. Nel voi. Vili,
p.173 notai, che con Leone X termina-
rono molte delle ceremonie che facevan-
si ne' Possessi (J*.), la qual funzione es-
sendo poi stata separata da quella della
Corona%ione{F.)} invece dell'antico pre -
i68 PRE
sbiterio i Papi incominciarono a dispen-
sare medaglie d'oro e di argento sommi-
nistrate loro dal cardinal primo diacono,
che le riceve dal prelato Tesoriere (I7.).
Come e da chi si ricevono queste meda-
glie, e ciò che si suole incidervi, oltre il
citato articolo Possessi, si può vedere nei
Tol.VIII:p.i84,i85,XLl,p.i48,XLIV,
p. 76, Lll,p. 70: per gli altri che rice-
vono le medaglie lo notai ai Ioroartico-
li. Per gli Avvocali concistoriali o Di-
fensori,\\Cailav\,Advocat. syllabum }xxq
tratta a p. 1 1 7, dicendo ancora di quello
che ricevevano dagl'imperatori, insieme
ad altri , nella loro coronazione. Nella
lettera di Clemente V per la coronazio-
ne dell'imperatore Enrico VII, dice Vi»
la\e, De' senatori p. 209, che nel n.°i3 si
parla de' presbiteri! soliti darsi dagl'im-
peratori nell' atto della coronazione, ai
cardinali, con lori, uni versila del clero ro-
mano, cappellani, ec., non che si dovea-
no dare al prefetto di Roma, al senatore
e ad altri officiali. Quando propriamen-
te le medaglie d'oro e d'argento si so-
stituirono al presbiterio nella funzione
del possesso s'ignora; solo si conosce che
Pio VI fu l'ultimo a dare ai cardinali il
presbiterio, dopo avergli baciato la mar
no sotto il fregio del manto, d'una me-
daglia d' oro ed altra d' argento nella
mitra, dopo che gli ribaciarono la mar
no nuda (i cardinali a Pio Vili per re-
cargli meno incomodo baciarono solo la
mano nuda, e ricevuto il presbiterio par*
tirono), ePio VII il primo a distribuir-
ne due di argento nella stessa guisa, fa-
cendone dare due simili al senatore co-
me principe assistente al soglio. Nondi-
meno farò qualche estratto dalla colle-
zione che de' Possessi ci diede Cancellie-
ri. Nella coronazione d'Innocenzo II del
1 i3o si legge: » dat presbyterium sine
manibus in palatio Lateraucnse, celebrat
convivium." In quella di Celestino II del
I 1 43: » tale presbylcrium, et taliler da-
lum acci pinot quale in die Paschae re-
1 ipiunl. Snbdiaconi autcm sjngulisingu-
PRE
los melequinos habent: quod tamen non
fìtinaliqua praedictarum soletnnitalum.
Non (lanini- enim eis, sìcut ibidem scri-
ptum plenius invenilur, eliamsi 3o vel
amplius essent 12 melechini. Uni versa e
etiam scholae palatii clerici romauis pio
thuribulis, judaeis prò repraesentalione
legis, laicis romanis prò arcu, tale pre-
sbyterium datur, et taliler, qualiterda-
tur incoronalionibus aliis d. Papae. Pio-
cerna insuper, et marescallus tam de co-
mestione, quam de aliis donariis remu-
neranti!!' similiter, excepto quod capita
porcorum aplata non habent, neque cla-
retum (specie di vino). Familia quoque,
et curiales presbyterium habeut juxta ca-
merarii voluntalem". Innocenzo 111 nel
1 1 98 diede il presbiterio» inLaleraneu-
se palatio in domum majorem, quae Leo-
niana vocatur, presbyterio per ordiucm
distributo, solemue convivium celebra -
vii". Di Urbano VI del i 378 si dice: nel-
la basilica Lateranense » certuni nume-
rum monetarum, quae in coronalione
summi Pontificisconsueverunt cardina-
libus dari, receperunt". anche Liguano
riferisce che fu distribuita » certa pecu-
niae summa inter cardinales, quae pecu-
nia vocatur presby Ieri uni." Nel possesso
d'Innocenzo Vili nel i4^4> eg'' Sl Pose
a sedere nella cappella di s. Silvestro e
die il presbiterio, che riceveva dal teso-
riere: i cardinali lo riceverono tenendo
in mano la mitra, indi baciandogli la ma-
no, gli altri baciarono il piede. I cardi-
nali ebbero 2 ducati e 2 carlini; i prelati
un ducato e un carlino, cioè i suddiaco-
ni, gli uditori di rota, i chierici di came-
ra, gli accoliti e gli altri inclusive ai pre-
fetti navali, ed il maestro delle ceremo-
nie Burcardo. Altrettanto si praticò da
Giulio II nel i5o3 , dai cardinali e dai
protonotari ai prefetti navali, e compresi
i canonici e cappellani Lateranensi. Leo-
ne X nel 1 5 1 3 ai cardinali distribuì per
presbiterio due ducati e due giuli, agli al-
tri un ducato e un giulio. Paolo III nel
j533feceesoguire!edislnbuzioindeMc-
PRE
naro,che soleva gitlarsi in vari luoghi, e
diede il presbiterio a'cardinali. Paolo IV
nel 1 555 bultò denari al popolo, altret-
tanto fece Pio IV nel i55g, ma per rac-
coglierlo ne morirono i o, e 4° restarono
malconci; per cui il successore s. Pio V
neli566,adevitaresimili disgrazie, ne a-
boli l'uso,efece distribuire a'poveri quan-
to soleva gettarsi, ond'ebbe origine la di-
spensa del paolo e del grosso che fa ì'Ele-
mosiniere del Papa [F.). Sisto Vnel i585
non distribuì presbiterio, riferendo Gat-
tico, Ada caeremonialia: » Ponti (ex n ul -
luiu presbyterium,necmedaliasdeditcar-
dinalibus, sicut multi ahi Pontificesfece-
runt in ecclesia s. Joannis." Egualmente
non lo diedero Gregorio XIV e Innocen-
zo IX, affermandolo anche Gattico. Gre-
gorio XIV separò la funzione della co-
ronazione da quella del possesso, onde es-
sendovi tempo a coniare le medaglie, que-
ste furono sostituite ai presbiteri'! j ma
nella funzione dal Papa si diedero ai so-
li cardinali, e agli altri particolarmente
dal tesoriere, maggiordomo e maestro di
camera. Il cardinal Gesualdo decano del
s. collegio e prefetto de'riti, acciò non an-
dasse in disuso la ceremonia del presbi-
terio, procurò chesi ristabilisse per Gre-
gorio XIV e Innocenzo IX, ma non es-
sendo inordine le monete e medaglie non
ebbe luogo, per cui e pel 2° il tesoriere
se ne scusò con diversi cardinali. Nel 1 5ga
persuase Clemente Vili di ripristinarlo,
onde questo Papa distribuì tuedaglied'o-
ro e d'argento colla sua effigie, e collo stes-
so vocabolo di presbiterio le distribuì po-
nendole nelle mitre de'cardinali, sommi-
nistrandole il tesoriere. Al decano ne die-
de 4> due d'oro e due d'argento, e altret-
tante ai cardinali che solevano aver dop-
pie lo Candele e le Palme (F.), così al-
l'arciprete per l'orazione fatta, ed al car-
dinal Montalto 6,agli altri cardinali una
d'oro e l'altra d'argento: per essere il Pa->
pa stanco non die il presbiterio ai vesco-
vi, ma ordinòche si mandasse a casa; gli
altri prelati euflìziali non l'ebbero. Pao?
PRE 169
Io V nel i6o5 diede ai cardinali il pre-
sbitero, mediante una medaglia d'oro e
l'altra d'argento nelia sala Lateranense,
al solilo dopo le Laudi{V.). Urbano Vili
non distribuì il presbiterio delle meda-
glie, ma le fece dare dal tesoriere, secon-
do la distribuzionedelle candelee palme,
a chi spettano, incominciando dai cardi-
nali,cui le consegnò il Papa, ed inclusi-
vamente agli ambasciatori e principi as-
sistenti al soglio. Innocenzo X neh 644»
dice Novaes, che distribuì ai cardinali e
principi romani medaglie d'oro e d'ar-
gento. Cancellieri riporta, che le meda-
glie furono distribuite a tutti quelli cui
appartengono, anche con porzioni dop-
pie e triple secondo gli ufììzi: dalla log-
gia Lateranense i cardinali Este e Orsi-
ni, ed il maggiordomo Cibo gettarono
monete nuove d'argento al popolo. Al-
trettanto nel 1 655 fecero i cardinali e il
tesoriere per Alessandro VII colle sue mo-
nete nuove d'argento. Le medaglie del
presbiterio furono majoris formae: a
quelli che aveano più d'un ullìcio per o-
gnunofudata una medaglia d'oro. A Me-
daglie pontificie dissi che il conio più
antico della zecca pontificia di quella del
possesso è di Alessandro VII del iG55,
e la i.a colla parola Possessio quella del
successore Clemente IX. Per questo Pa-
pa il tesoriere diede le medaglie agli am-
bascia tori ed ai principi assistenti al so-
glio. Per Clemente X i cardinali ebbero
per presbiterio duo numisma ta intusmi*
tram: agli ambasciatori e principi del so-
glio le distribuì il tesoriere. D'Innocen-
zo XI del 1676 si legge, che diede per
presbiterio a ciascun cardinale nell'aper-
tura della mitra due mortele, una d'oro,
l'altra d'argento di diverso conio da quel-
le per distribuirsi al popolo, ciò che per la
calca non fu eseguito. Il successore Ales-
sandro Vili die medaglie per presbite-
rio, così Innocenzo XII e tutti, gli altri
fino al presente. Benedetto XI II le fece
dare anche a tutto il clero Lateranense,
Chiamasi anche presbiterio l'oblazio-
i7o PRE
ne che il Papa lascia sull'altare papale La -
teranense in una borsa, come notai a Pos-
sesso. Nel voi. VII, p. 3o3 trattai delle o-
blazioni che si fanno al Papa per la ca-
nonizzatone, ed a p. 3 i 8 di quelle che
fa il Papa alla chiesa in cui la celebra.
Quando il Papa canta pontificalmente la
messa riceve dal cardinal arciprete e dal
capitolo Vaticano perla Coronazione,Pa-
squa, s. Pietro e Natale il presbiterio di
25 giulii yoro missa bene cantala; ed an-
cora riceve eguale presbiterio dal cardi-
nal arciprete e dal capitolo Liberiano,
per quella che canta la notte di Natale:
tutto ciò, come dell'uso di tal presbiterio,
descrissi nel voi. IX, p. 32, 8 r, 1 18. Di
simile presbiterio pel pontificale della ca-
nonizzazione, parla Chiapponi, Ada ca-
nonizationis p. 236. Gattico p. 424 vv~
ferisce il presbiterio presentato dal car-
dinal arciprete Vaticano dopo la messa
della coronazione d'Innocenzo XI. Nel
diario di Alaleona si legge, che Paolo V
avendo nel 1 6 14 cantato pontificalmen-
te la messa in s. Agnese fuori le mura,
il cardinal Sfondrati commendatario del-
la medesima diede al Papa una borsa di
tela d'argento con monete prò missa be-
ne cantata, et solito presbyterio. Nel voi.
Vili, p. 2 i5 riportai un altro caso, che
pontificando Benedetto XIII in s. Agosti-
no ricevè dal litolare il consueto presbi-
terio, altrettanto fece il cardinal Cozza ti-
tolare di s. Maria in Araceli, quando Be-
nedetto XIII viandòa pontificare la mes-
sa. Nel voi. XIX, p. 284 dissi che il Papa
donandolo al cardinal diacono ministran-
te, questi lo regala al proprio caudata-
rio. Questo uso è antico, attestando Ma-
cri in Presbyterium, di aver veduto nel
1649 il cardinal Raggi donarlo al suo
caudatario. Il presbiterio prò missa be-
ne cantata non è stato sempre lo stesso,
poiché narra Paride de Grassis, che a Leo-
ne X in Firenze nel giorno di Natale ri-
chiese: « an canonici praeparare debe-
rentbursellam, sicut canonici s. l'etri de
Urbe, quam donaut Pontifici post rais-
PRE
sam canta tatn? et hoc remiti! arbitrio ca*
nonicorum, et meo; et fecimus, quod pri-
mus canonicus cum archidiacono dona-
vi! bursellam Papae de raso cai-basino
rubro, con i5 solidis, et ipse postea eam
donavit cardinali de Petruciis, qui Evan-
gelium dixit." Finalmente farò menzio-
ne degli stipendi o distribuzioni canoni-
cali, che si chiamavano Presbyteria, ap-
punto, come dice Nardi, perchè il vescovo
distribuiva ai preti e diaconi cattedrali
o sia canonici, gli stipendi e le oblazioni,
e talora anche faceva delle straordinarie
largizioni a ciascuno de'medesimijcheap-
pellavansi parimenti Presbyteria e se ne
fa frequente menzione nelle vilede'Pa-
pi: il Pontefice s. Zaccaria » dilettele-
rum valde, atque presbyteria eis annue
in duplo et amplius ejus tribuit;" e che
anco il Papa avea le sue distribuzioni,
esse pure appellate presbyteria, q spesso
ne'monumenti antichi s'incontra, pre*
sbyleria dimisìt clero. Il concilio di Me-
nda del 666 stabilì, che delle oblazioni
de'fedeli raccolte in chiesa nella festa, il
vescovo ne faccia 3 parti, una per se, una
pei preti e diaconi o sia canonici, secon-
do la dignità e l'ordine, senza alcuna ri-
serva; quindi la 3.a parte si distribuisse
dal primicero ai suddiaconi e agli altri
chierici, a norma della diligenza di cia-
scuno. V. Prebenda. Su di tutto questo
argomento eruditamente scrisse il cano-
nico di s. Maria in Trastevere Pietro Mo-
retti, Rilus danài presbyterium Papae,
cardinalibus et clericis nonnullarum ec-
clesiarum Urbis Romae investigalus, et
explanatus, Lucubralio aereis tabulis et
notis ornata, Romae 17126 1741- Bo-
n a nni, Numismata Ponlificum t. 2, p.
709. Giyl\.\co,Acta caeremonìalia p. 4g3.
PRESBURGO, Posonium. Città li-
bera e. regia d'Ungheria, antica capitale
di questo regno, capoluogo di comitato
e di marca, residenza ordinaria dell'ar-
civescovo di Gran o Strigonia^.),* 12
leghe da Vienna, sulla sinistra sponda del
Danubio, che vi si divide in più rami e clic
PRE
si varca per un ponte volante. Giace so-
pra una collina che domina vasta pianu-
ra, a pie d'un ammasso di montagne, con
castello; non ha più le fortificazioni che
la separavano dai suoi sobborghi, in cui
sono le più belle case e le migliori piaz-
ze, delle quali però la città ne ha due as-
sai belle e decorate da fouti ed altro. La
cattedrale è sotto l'iu vocazione di s. Mar-
tino, di stile gotico, spaziosa e sormon-
tata da alto campanile: nella cappella di
s. Giovanni facevasi un tempo l'incoro-
nazione de're d'Ungheria. Vi sono altre
chiese, conventi e monasteri, due prepo-
sture, orfanotrofio, ospedale, accademia
di letteratura slava, archiginnasio, semi-
nario, non che sinagoga pegli ebrei e gin-
nasio luterauo, il principale del regno. E'
notabile il palazzo del principe palatino,
quello della città, quello del governatore,
il mercato e le caserme: vicino alla città
è un amenissimo passeggio, il paese din-
torno è fertile in grano ebuoni vini. Sem-
bra che Presburgo fosse fondata dai ja-
zigi lungo tempo prima che i romani sog-
giogassero il paese. Fu capitale dell'Un-
gheria sino all'imperatore Giuseppe li,
che ne trasferì il titolo a Buda. Molto sof-
fri per assedi ed incendi: enti ole sue mu-
ra in diverse epoche accaddero sangui-
nose fazioni tra gl'imperiali e i malcon-
tenti ungheresi. Dopo la guerra del 1 8o5
tra la Francia e l'Austria, quivi fu con-
chiuso un trattalo di pace a'26 dicem-
bre. Iti Presburgo il celebre cardinal Gen-
tile Parano da Monlefìore} legalo diCle-
inente V in Ungheria, tenne un concilio
a' 1 o novembre 1 309, in cui furono fatti
9 canoni di disciplina. Nel 7.°si trattano
da eretici tutti quelli i quali restauo sco-
municati per un anno. JNeH'8.° fu proi-
bito alle donne cristiane di maritarsi co-
gl'infedeli. Labbé t. 9.
PRESENTAZIONE della B. Vergi-
ne al Tempio. Festa in cui la Chiesa ce-
lebra tale memoria della Madre di Dio,
perchè l'antica tradizione insegna che la
ss. Vergiue fino dall' infanzia fu offerta a
PRE i7i
Dio nel tempio, il che diede origine alla
festa in discorso che celebrasi a' 21 no-
vembre,chiumata dai greci Entrata della
s. tergine nel tempio. Questa festa della
Presentazione è più antica fra'greci che
fi ■«'Ialini. Se ne fa menzione ne'più an-
tichi martirologi, ne parla il Sinassario
di Basilio Porfirogenito, la costituzione
dell'imperatore Emmanuele Comneno
del 1 143 riferita da Balsamone, in No-
mocan. Pholii tit. 7, e. 1 , e le Tavole Mo-
schov iti cheti Papebrochio,percui abbia-
mo molti discorsi sulla medesima festa,
di Germano patriarca di Costantinopoli
nel secolo XI II, dell'altro patriarca s. Tu -
ribio, come di altri. In occidente incomin-
ciò a celebrarsi d'ordine di Gregorio XI
nel 1372, quando Filippo di Maiziers can-
celliere e ambasciatore di Pietro II re di
Cipro, a nome di questi presentò al Papa
l'uffizio di tal festività messo in note co-
me si cantava in oriente, acciò l'appro-
vasse e ne introducesse l'osservanza tra
i latini. Gregorio XI l'approvò con de-
creto, fece celebrare la festa nella chiesa
de'frati minori d'Avignone ove risiedeva,
e stabilì per la festa il detto giorno. Si
ricava dal diploma riportato da Launojo,
Ilistor.SchoLNavarrae par. i,cap. io,
p. 78, che Carlo V re di Francia, a cui
l'ambasciatore avea notificato tale festa
de'greci, la fece solennizzare a Parigi nel-
la s. Cappella, in presenza del nunzio apo-
stolico, quindi si propagò quasi per tutto
l'occidente. Macri in Praesenlatio dice
che detto uffizio mss. è nel codice Vit-
torino di Parigi. Pio II e Paolo II, che
gli successe nel «464» vieppiù conferma-
rono questa festa per secondare la pielà
di Guglielmo duca di Sassonia, accordan-
do varie indulgenze, le quali Sisto IV con-
cesse per la festa della Concezione nel
1477 e l'aggiunse a quelle di precetto.
Avendo s. Pio V soppresso il breviario
del cardinal Quiguones, ove la medesima
festa era inserita, fu levata la celebrazio-
ne della Presentazione come poco antica,
e tolta dal breviario romano da lui ri-
i73 PRE
formato, finché si esaminassero le lezio-
ni. Nondimeno Gregorio XIII suo suc-
cessore,alle premure di Filippo II re di
Spagna, condiscese che si celebrasse nei
suoi domimi. Ad istanza del dotto p. Tur-
riaui gesuita, e uer aver dimostrato col-
l'autorilà de' ss. padri greci e latini che
la festa anticamente si celebrava non me-
no nella cbiesa orientale, die nella occi-
dentale, Sisto V con decreto del i585 la
ripristinò nel calendario, mediante la co-
stituzione Intemeralae, del i. "settembre,
Bull. Rom. t. 2 del Cherubini, e t. 4, par.
4, p. 1 42 del Cocquelines, e con rito dop-
pio per tutta la Chiesa, come all'erma Zac-
caria, Dissevt. t. 2, dissert. 5, § 7. Il zelo
«lei gesuita gli meritò d'essere chiamato
da questa mortai vita nel giorno di tal
festività, come osservò Niccolo Antonio,
Bibl. Hisp. t. 2, p. 372. Però l'uffizio del
quale oggi si fa uso, venne corretto ed
emendato sotlo Clemente Vili. Grato il
piissimo Ferdinando li re delle due Si-
cilie ai segnalati favori da lui ottenuti
da Dio, per l'intercessione della li. Ver-
gine a favore del regno, domandò e ot-
tenne per esso dal Papa Pio IX la cele-
brazione di questa festa, col decreto Ut
Btalissimam Fìrginem, de'3o novembre
1849, che si legge nel n.° 146 del Gior-
naie di Roma. Sotto questo titolo della
Presentazione della B. Vergine furono
istituite leseguenti congregazioni religio-
se. Vedi Bollandisti, Acta ss. Mail t. 8,
p. 110; Lamberlini, Defestis B. M.V.
cap. 1 4, n.° 7.i *en. Cathsio gesuita, De
jMaria Deipara Virgine lib. 2, cap. 12,
n." 96; Raynaud, Oper. t. 7, pun. 3, 11. °
1, in Dipiicis Marianis ; Gavanto, De
f-stis ss. di'cemb . sed. 7, cap. 1 3, n.° 2 1 .
Morcelli denominò questa festa, Mariae
/Irginis ad leniplum (leditela?, D. N.
Virgini puellae a parcnlibus in teinplum
deductae.
J'RLSENTAZIONEdella B. Vagi-
ne. Congregazioni di religiose: ne cono-
*co4sotlo questa denominazione. 1 ."Pro-
gettata nel 1618 dalla pia donzella Giù •
PRE
v;|mna di Cambiay, non ebbe poi effetto.
2." La fondò Nicola Sanguin vescovo di
Senlis, ove la stabilì nel i63o per l'ap-
provazione di Urbano VIII del 1628,0011
la regola di s. Agostino, e ne compilò le
costituzioni, che poi cambiò il successore
Dionisio Sanguin, in vigore delle quali
le monache furono obbligate a fare già -
tuitamenle la scuola alle fanciulle, reci-
tare ogni giorno l'uffizio breve della Ma-
donna, digiunare nelle vigilie del ss. Sa-
gramento, delle feste di precetto della B.
Vergine, di s. Agostino, e nel dì prece-
dente all'elezione della superiora; asti-
nenza ne'mercoledì, disciplina ne'veuer-
dì, dopo la festa della Presentazione e do-
po fatti gli esercizi. Per abito fu statuito,
veste di saia bianca lunga olirei piedi e
altra di saia nera legata con cintura di
lana, soggolo di telabianca, benda e velo
nero; per le converse il vestito fu asse-
gnato più corto. 3.° Nel 1664 la fondò
inMorbegno nella Valtellina il visitatore
apostolico di questa, Federico Borromeo
poi arcivescovodi Milano e cardinale, ad
istanza di Carlo Busca arciprete del luo-
go e di alcune zitelle di famiglie distiate
che desideravano vivere e ritirarsi in co-
mune a servire Iddio. L'istituto fu poco
dopo approvato dall'ordinario mg.1' Tur-
giani, in n." di 33 olitele converse, con
voti solenni, rigorosa clausura, regola di
s. Agostino, e costituzioni scritte dal p.
Bartolomeo Pusterla gesuita, ed estratte
da quelle della sua compagnia, con veste
nera, scapolare bianco, e velo sul quale
fu posta la croce nera. Ne riporta la ligu-
la il Bonanni, Catalogo p. 85, e ne trat-
ta pure come di quelle di Senlis il p. da
Latera, Compendio della storia degli or-
dini regolari, p. 227 e 229. 4-° La con-
gregazione delle sorelle religiose eretta
nella città di Cork in Irlanda, per cui ne
feci parola a quell'articolo, per la carita-
tevole istruzione nelle scuole delle fan-
ciulle, specialmente povere, ne' principi!
della religione e della pietà cristiana pre-
cipuamente, con clausura e voti. Fu fon»
PRE
data ila Onorata Nagle e approvala da
Pio VI e dal successivo decreto della con-
gregazione di propaganda, il quale fu con-
fermato da Pio VII ad istanza del vesco-
vo di Cork Francesco Moylan, colla bolla
Pastorali so fficii, de'gapiile i 8o5, ripor-
»tata colle regole e costituzioni approvate
dai vescovi d'Irlanda, in cui si propagò
con successo la congregazione, nel Bull,
de prop. fide t. 4> P- 3o6, e nel t. 1 2, p.
278 del Bull. coni.
PRESEPE o PRESEPIO, Praesepe,
Praesepium. Stalla, ed anche la mangia-
. toia che si pone nella stalla, detta pure
greppia, arnese o luogo dove si mette il
mangiare innanzi alle bestie: però per il
luogo ove nacque Gesù Cristo, comedi-
venuto il più degno, si chiamò 5. Prese-
pio la mangiatoia e il luogo stesso. A Ma-
ria Vergine ed a Gesù Cristo narrai l'av-
venturoso parto della divina Madie e la
nascita temporale del Salvatore del mon-
do,la quale sublimò il cuore umano, ren-
dendogli agevolissimo loamarlo. Volendo
parlare dell'origine de' presepi che si rap-
presentano nelle private abitazioni o nel-
le pubbliche chiese, nell'annua festevole
ricorrenza del Natale, portentoso prin-
cipio di nostra religione, trovo opportu-
no di prima ricordare i principali luoghi
in cui trattai dell'argomento, premetten-
do inoltre a maggiore intelligenza , che
la B. Vergine da Nazareth (f^.), recan-
dosi a Betlemme con s. Giuseppe (^.), e
non avendo potuto trovare un posto, un
alloggio nell'albergo o osteria, detto Di-
versorium, si rifugiarono nella stalla del
medesimo, ch'era una grotta o caverna
scavata nella rupe e da alcuni chiamata
capanna. Il dotto vescovo Sarnelli, Lelt.
eccl. t. 4> 'ett. 1 2 : Diversorio che cosa
sia, riferisce ch'era fuori «Iella città verso
oriente, per cui s. Giuseppe ad essa tornò
per pigliar lume e altre cose necessarie.
Quindi la B. Vergine rapita fuori de'sen-
si nel punto della mezzanotte, in un luo-
go più appartato e in una giotticella o
piccola stalla a sinistra della grotta roag-
PRE i73
gìore, partorì il figlio di Dio, che pei ri-
gori del freddo e dopo averlo adorato Io
fasciò con pannicelli e lo pose nel prese-
pio o mangiatoia di legno sopra fieno, ac-
costandovi il bue che seco avea condotto
per sagrificare (altri aggiungonoe lo stes-
so Sarnelli altrove, ch'era vi pure l'asino)
acciò col fiato lo riscaldasse. Tornato s.
Giuseppe vide nel presepio una luce ri-
splendente, trovò il nato Dio e l'adori.
Intanto un angelo annunziò ai vicini pa
stori ch'era nato il Salvator del mondo
e che lo troverebbero fasciato e giacente
in una mangiatoia , positum in praese-
piOj indi cantando con altri angeli l'in-
no Gloria in excelsis Deoj poscia i pa-
stori si portarono ad adorarlo, ed altret-
tanto più tardi eseguirono i ss. Magi. Del
bue e dell'asino s. Luca non ne fa men-
zione; pure si crede comunemente che vi
fossero presso la mangiatoia, l'orse fonda-
li sopra i vaticini d'Abacuc e d'Isaia r,
3.Garampi, Memorie^. 71, osserva che
in vari antichi monumenti è rappresen-
tato il presepio di Gesù Cristo, col bue
e coll'asino; e fin dal IV secolo si crede
di cosi poter alludere alla conversione dei
popoli, gentile ed ebreo (o all'uno e al-
l'altro testamento, dalla cui lezione si ac-
quista la cognizione di Dio; ovvero che
si rimproverino gli ebrei d'ingratitudine
in non riconoscere i benefìzi ricevuti da
Dio, quantunque il bue riconosca il suo
padrone e l'asino la sua mangiatoia), on-
de la Chiesa dice nell'uffizio della Cir-
concisione: In medio duo rum ammaliarli
jacehat in praesepio, et fulgebat incoc-
loj e nell'ullizio della Natività, ut amma-
lia viderent Dominimi natimi jacentem
in praesepio. Inoltre Garampi cita vari
autori che illustrarono gli antichi mo-
numenti spettanti al presepio di Cristo.
Donati, De dittici p.2o5, descrivendo un
trittico col presepio, il Bambino ravvolto
in fasce sopra la mangiatoia (gli ebrei con
fasce erano soliti di ravvolgere anche i
defunti, come gli egizi), ove sono scolpite
le teste del bue e dell'asino in allo di vi-
i74 PRE
scaldare il nato Bambino, come nel ve-
tro aulico del museo Vettori, dice che
quantunque questi due animali si veda-
nosempre ne'monumenti rappresentanti
questo sagro mistero, tuttavia non è si-
curo che si trovassero presenti alla na-
scita del Redentore: il Baroni o, che ad-
duce molti padri per l'opinione favorevo-
le, viene contraddetto da quegli scrittori
che opinano potersi spiegare in senso al-
legorico, e nella stessa maniera viene in-
terpretalo da s. GregorioNazianzeno e da
Prudenzio, i quali pare che ammettino
per vera questa tradizione, che si è resa
così celebre da'pittori e scultori italiani.
Però Cancellieri nelle Notizie della notte
e festa di Natale, cap. 33 : Se nel prese-
pio /ossero il bue e l'asino, dice che seb-
bene gli evangelisti nulla ne scrissero, pu-
re anlicbissimi monumenti e la non in-
terrotta tradizione della chiesa greca e
latina non ce ne lascia dubitare, siccome
fondata sulla fede de'primitivi cristiani,
ed appoggiata agli oracoli de'profeli. Can -
cellieri cita gli scrittori ed i ss. padri che
difesero o parlarono di questa tradizio-
ne, la quale secondo Tillemont, Baillet
e Calmet non è anteriore al V secolo, ciò
che non si può accordare, vedendosi rap-
presentala in monumenti molto più an-
tichi, quali sono il citato vetro detto pa-
sta aulica, illustrato da Vettori e da Go-
ri, attribuito alla metà del III secolo, e il
sarcofago riferito da Bottari e da altri,
più di tutti avendone ragionato Trom-
belli, De cultu sanclorum t. 4> cap. Zj.
1 1 Quaresm io, Elucid. Terrae sanctae lib.
6, e. '), riferisce che alcuni credono che
la B. Vergine venissea Betlemme seden-
do sull'asino, e che il bue fosse portato
da s. Giuseppe per venderlo o per sagri-
ficarlo. Ma senza ricorrere a questo mo-
tivo, niente di più facile che si trovassero
nella stalla, ch'era destinata per ricevere
gli animali.
A Betlemme dichiarai che il presepio,
capanna, diversorio che serviva di stalla
ad un albergo era fuori della città; che
PRE
a mezzanotte nacque il Riparatore del ge-
nere umano; che volendolo Erode sagri -
ficare fu portato in Egitlo(\edi voi. XXI,
p. 127) da Maria e da Giuseppe, indi se-
gui la strage degl' Innocenti (V.)j del-
le profanazioni cui soggiacque il santo
luogo del Presepio, detta cappella o grot-
ta della Natività, della sontuosa basilica
nella quale fu racchiuso e che descrissi,
détta anche della Natività, in uno ai Pel-
legrinaggi a tal santuario; che la città fu
eretta in sede vescovile e arcivescovile
(ad onore di essa furono istituiti gli or-
dini di Betlemme, de' Betlemmiti^de Bel- .
lemmiticl, Vedì,\\ 2.°coll'insegna della
stella de' Magi, il 3.° con quella del Pre-
sepio); chi custodisce il s. luogo (anche
ne'vol. XXX, p. 48 e 5g, LI, p. i\, ed a
Guardiano del s. Sepolcro) e il villag-
gio de'Pastori in amenissima pianura ad
un 4-°di lega dalla città in fondo alla valle.
Nel 1. 1 SdeW'Album p. 366 si legge la nar-
razione della festa della nascita di Gesù
Cristo, celebrata aBetlemme dai france-
scani che ne abitano il con vento, con pro-
cessione che nel i845 rifecero dopo 80 an-
ni di sospensione, per le prepotenze ed u-
surpazioui dei greci scismatici sul santua •
rio dels. Presepio, cioè partendo dalla lo-
ro chiesa di s. Caterina vergine e martire,
e ponendo nella s. Grotta il s. Bambino di
cera situato in un canestro di fiori esalan-
ti i più grati profumi, poi ravvolto in pan-
nicelli, indi deposto nella mangiatoia ri-
petendosi le parole del vangelo : Et recli-
navi t eumin Praesepio, quia non erateis
locus in Diversorio. Dopo di verse cereuio-
nie e preghiere allusive al gran mistero,
il divin simulacro fu riportato nella chie-
sa di s. Caterina. A Palestina e negli ar-
ticoli ivi citati parlai diffusamente di quei
santi luoghi e loro custodie affidate ai re-
ligiosi cattolici europei, detti franchi o la-
tini, ciò che risale al secolo XI avanti le
Crociate, venendo protette dai sultani fi-
no al secolo XIII. Ma nel seguente inco-
minciate le persecuzioni,re Roberto eSan -
ciad'Angiò comprarono ai religiosi le ca-
PRE
se che abitavano, come si ha dalla bolla
Graiias agimus, di Clemente VI, e dai
posteriori diplomi turchi del i5o4ei6ao
conceduti alla Francia per l'antico pro-
tettorato sui luoghi santi. Nondimeno
l'ingordigia de'pascià e la gelosia de'greci
scismatici non rispettarono più i diritti di
proprietà, ne i trattati. Gli scismatici nel
1 63 i incominciarono le loro mene per
ispogliarei cattolici della chiesa della Na-
tività in Betlemme,colgiardinoall'orien-
te, finche illuminato il sultano dell'in-
giustizie e venalità de'suoi ministri, rese
giustizia ai cattolici per le proprietà sui
luoghi santi. Ciò risulta dai trattati colla
Francia del 1673 e 1690, in cui fu de-
finito; doversi riguardare come proprie-
tà de' religiosi franchi le due cupole del
s. Sepolcro, la metà del Calvario, i 7 ar-
chi della Madonna, la Pietra dell'unzio-
ne, la chiesa, il giardino e il cimiterio di
Betlemme, non che la cappella della Na-
tività. Tali possessi furono goduti paci-
ficamente sino al 17^7, quando i greci
scismatici ingiustamente eper denaroot-
tennero la cappella sotterranea del s. Se-
polcro e della B. Vergine, la cupola del
s. Sepolcro, la chiesa di Betlemme, una
chiave della grotta dellaNati vita. Pei nuo-
vi insulti e incendio del s. Sepolcro ope-
rato nel 1808 dagli scismatici onde poter
ricostruire il tempio affine d'impossessar-
sene, la Francia protestò appellando al
trattato del 1690. Da quell'epoca a oggi
corsero anni di fluttuazione, finché per
l'alta protezione che godono dalla Russia
i greci scismatici, si temeva che la Porla
ottomana volesse finirla, accordando alle
due confessioni eguale facoltà d'usai e dei
luoghi santi. Se ciò effettuavasi , inutil-
mente avrebbe V Europa cattolica pro-
digato fatiche, sangue e tesori, per la li-
berazioneeacquistode'luoghi santi, prin-
cipali de'quali sono il santuario di Bet-
lemme e il s. Sepolcro. Però leggo con re-
ligiosa consolazione nella Civiltà cattoli-
ca dell'aprile 1 852, t. 9, p.108, la pub-
blicazione del nuovo trattalo conchiuso
PRE l75
a Costantinopoli tra la Francia e la Por-
ta ottomana, wllsig. Lavallette ha otte-
nuto pei cattolici il libero uso della chie-
sa di Betlemme, colla proprietà deJdue
giardini che vi sono congiunti, la parte
inferiore della chiesa del s. Sepolcro, la
partecipazionedel sepolcro diMaria ss. sul
Cedron, la facoltà di edificare una nuova
chiesa a Béjetdjella vicino a Betleem, e di
fare qualunque aumento o miglioria alle
chiese ed ai conventi che ora essi posseg*
gono. Né contento a questi così reali van-
taggi ha inserito nella trattazione la for-
inola di riserva pei diritti antichi e inalie-
nabili}co\\a quale fassi luogo per l'avve-
nire a chiedere condizioni anche miglio-
ri". Essendo questo accordo riuscito sfa-
vorevole ai greci scismatici , essi ne re-
starono dolentissimi. Intorno alla magni-
fica chiesa di Betlemme, già luogo del na-
scimento del Salvatore, si può vedere:
Viaggio da Venezia al .*. Sepolcro e al
Monte Sinai, del p. Noè francescano,
Treviso 1 79 1 . La Terra Santa (Torino
1837) p. 99 eseg., con la descrizione di
Betlemme, dell'interno della chiesa e del-
la messa della mezzanotte di Natale, a
quell'ora di riscatto, in cui in tutte le chie-
se dell'uni verso cattolico il bambino Gesù,
ricevegli omaggi di tutti quanti i fedeli cri •
stiani che sono sulla terra. Presso queslo
santuario divotamente lungo tempo di-
morarono s. Girolamo, s. Paola e s. Eu~
stochia (V.) sua figlia, queste sepolte nella
chiesetta presso Betlemme, il s. dottore
fu trasportato in Roma e posto propin-
quo alla cappella del Presepio in s. Ma-
ria Maggiore, affinchè neppure le ossa
restassero divise dal s. Presepio che tanto
avea venerato vivente, colle dette san-
te divotissime di sì gran tesoro. All'ar-
ticolo Fascie (perchè in memoria delle
quali i Papi donino Fascie benedette ,
meglio lo dissi nel voi. LI V, p. 27o)par-
lai de' pannilini cui fu ravvolto il divi-
no Infante, di loro venerazione e dove
si conservano. A Gloria in excelsis Deo,
dissi di quest' inno dagli angeli cantato
i76 PRE
nette nascita di Gesù Cristo, e adottato
dalla Chiesa che Io tralascia per mestizia
nella festa de'ss. Innocenti, mentre il ve-
scovo di Betlemme lo cantava ogni gior-
no, con quanto si pratica nel santuario
di Loreto (/^.). Dichiarai a Pastori che
furono i primi adoratori fra gli ebrei del
ii;»lo Bambino nel presepio, per avviso
dell' angelo cui loro annunziò la seguita
nascila,del loro numero e ove sono i cor-
pi. Sarnelli t. 7, lett. 32 : Quanti furono
gli Erodi, e perche l'Angelo non disse ai
pastori, andate a tal presepio. Seguen-
do s. Cipriano, dice che ne fu guida 1' an-
gelo, con una luce invisibile ; ovvero al
dire di Natale Alessandro, per superno
istinto si diressero al presepio. A Magi
notai chi fossero, e come preceduti da
una stellasi recarono al presepio per of-
frire doni al Bambino nel i3.° giorno di
sua nascita, figurando essi leprimiziedei
gentili in adorare Gesù Cristo; mentre
a Epifania e Befana dissi con quali riti
e costumanze se ne celebra la memoria.
A Natale la celebrai metropoli dellefe-
ste, che die principio e\Y Era cristiana
(!' \)3 in uno al significato delle 3 Messe
(/^.), la 2.a ricordando l'adorazione dei
pastori, e quale propriamente fu il fau-
sto giorno della nascita del Redentore.
A Festa narrai quella stravagante degli
asini che avea luogo per la solennità del
Natale, abolita poi con censure ecclesia-
stiche ; ed a Beauvais a'i4 gennaio per
rappresentare il ritorno di Maria Vergine
cols. Bambino dall'Egitto, nella cui mes-
sa il popolo replicava Hinharn, imitan-
do il ragghiare dell'asino (di quello ca-
valcato dal Redentore nell'ingresso in Gè-
I usalcmmc, parlai a Palma e IIosann a).
II Zaccaria nelle Dissertazioni, ci die la
7."; Sul tempo in cui Cristo bambino di-
morò in Egitto. A Chiesa di s. Mari a Mag-
giore , detta ancora s. Maria del Pre-
sepe, notai che con questo titolo Gre-
gorio IV (.-resse un altare nella Chiesa
di s. Maria in Trastevere (/ '.), perchè
circa il (i \>. ivi si trasportò una poi zio-
PRE
ne della pietra su cui nacque il Salvato-
re, e parte della s. Culla o legni o tavole
grosse e rozze che formavano la mangia-
toia del presepio sul quale giacque ap-
pena nato il Redentore nella grolla di Bet-
lemme. Bianchini nel t. 3 d'Anastasio ci
diede : De translalione sacrorum Cuna-
bulorum, ac Praesepio Domini, nec non
corporis b. Hieronymi ab ecclesia Bel-
Iheemiiica adbasilicam Liberianam. Più,
DedominicaeNativitatis Praesepi, ac ve-
nera bilibus Cunis infantiae Christi Domi-
ni, Romae 1727. In detto articolo dissi
dellesagre Fasce e pannicelli (delle quali
insigni reliquie parla ancora Severano,
Memorie p.j 11 e 71 3), come del fienosi!
cui riposaronoefurono ravvolte le divine
membra, narrando che laCulla si conserva
nella cappella del Crocefisso; che Sisto V
nella magnifica cappella da lui edificata
fece trasportare l'antica cappella del Pre-
sepio,che descrissi insieme al suo altare pa-
pale; che il Papa nella vigilia di Natale tal-
volta celebra all'altro -«iltare papale il ve-
spero pontificale, il Mattutino (/■'.) nel
inedesimoaltareo in quello della cappel-
la del Presepio, e la Messa (A'.) solenne
prima della mezzanotte nel i.° altare, as-
sistendo poi i cardinali ai secondi vespe-
ri ; che la Culla chiusa in cas9a d'argen-
to, framezzata di cristalli affinchè possa
osservarsi dai divoli fedeli, insieme a quel-
la porzione del le s. Fasce e del Fieno col-
locate in due vasetti, colla figura del s.
Bambino in oro effettivo in atto di he-
nedire,da un altare della cappella inter-
na della sagrestia ove si espone e s'incen-
sa nella notte di Natale, viene trasporta-
ta sotto baldacchino (^.Ombrellino) con
solenne processione per tutta la chiesa,
recandola- sopra le spalle 4 canonici pre-
ceduti da tutto il capitolo, esponendosi
sopra l'altare maggiore (se il Papa ivi ar-
siste al mattutino, la s. Culla ti porta ed
espone in tempo del canto del Te Dram),
ove resta al pubblico culto fino alla sera
seguente, riportandosi con poinpn "ella
sagrestia; funzioni tutte celebranti la uà-
PRE
<?cita di Gesù Cristo e il suo Presepio, che
eziandio e insieme alle auliche descrissi
nel voi. IX, p. ioo, 106, 108, 1 1 1, 1 14,
146- In onore del divin Infante fu istitui-
ta la congregazione delle uaouache del ss.
Bambino Grsu(lr.).
L'origine de'presepi diesi rappresenta-
no nelle domestiche abitazioni de'divoti
del gran mistero e nelle pubbliche chiese
dalla notte del s. Natale alla festa inclusive
dell'Epifania, cuoprendosi il giorno della
strage de'ss. Innocenti, perchè in quel gior-
no Gesù era già in salvo e viaggiava per
l'Egitto, onde non trovavasi più in Bet-
lemme, ha sicura origine da s. Francesco
d'Asisi, perquanto narra il p. Benoffi, i5V.
Minoriùca p< 34, che io riportai nel voi.
XXVI, p. 63,cioè in Grecio nella valle di
Bieli nel 1223 circa, probabilmente in
quella foggia che si usa ancora.Poichè nel-
la notte di Natale in una specie di grotta
del bosco di Grecio fece portare una man-
giatoia col fieno, le figure del bue e del-
l'asino, ed il simulacro del s. Bambino,
cui impresse affettuosissimi baci, dicen-
dosi che poi le paglie, per la fede di chi
implorò l'aiuto del divin Infante, opera-
rono non pochi prodigi. A questa festa
s. Francesco avea invitato i convicini abi-
tanti, e per la venerazione che tutti avea- •
no di lui grande ne fu il concorso, scen-
dendo i pastori suonando le cornamuse
e pive armoniosamente. Nella messa che
■vi fu celebrata , il santo esercitò I' uffi-
zio di levita leggendo il vangelo, dopo il
quale pronunziò un fervoroso sermone
per accendere a divozione gli ascoltanti,
ad amore e tenerezza per il Dio fatto Bam-
bino onde operare la redenzione. Rac-
contano le storie francescane che volen-
do s. Francesco festeggiare colla maggior
solennità la memoria del nascimento del
Redentore, chiese ed ottenne da Giovan-
ni Veleta signore del castello di Grecio
tutto l'occorrente; e che questi ebbe ivi
una visione nella quale un vago e gentil
bambino posato in quella greppia, dol-
cemente carezzò e baciò il santo. Dopo
VOL. LY<
PRE 177
la sua morte nel luogo fu eretta di vo-
ta cappella, con altare dov' era il prese-
pio. Tanto afferma il p. Frediani, nell'O-
de, s. Francesco nel bosco eli Grecio, Pra-
to 1845. Quindi la rappresentazione del
presepio divenne famigliare e comune
non solo e principalmente ne'suoi frati mi-
nori, pel pio e bell'esempio che ne a veano
ricevuto dal loro istitutore, ma ancora
in altri ordini religiosi, tra le monache,
nelle pubbliche chiese e nelle case pri-
vate. Si suole rappresentare il presepio
con la stalla e mangiatoia, col bue e l'asi-
no in atto di riscaldare col loro fiato il
divino Infante giacente sulla paglia, colle
figure laterali della B. Vergine e di s. Giu-
seppe, coi pastori genuflessi in atteggia-
mento di fare qualche offerta, venendo
sovrastata la grotta da una gloria d'an-
geli, uno de'quali sorregge il principio
dell'inno Gloria inexcelsis Deo. Per l'E-
pifania si aggiungono le figure de'Magi
coi lorodonativi, onde alcuni protraggo-
no a tenere il presepio per tutta l'ottava
di tal festa. Diversi presepi si abbellisco-
no con vedutedi paesaggi, di campi, mon-
tagne e altro, con figure di varie forme,
ma ordinariamente in costume villerec-
cio, oltre quelle degli animali, illuminan-
dosi 0 colla luce naturale o con lumi artifi-
ciali. Altri vi aggiungono le figure de'piffe-
rari suonando i detti strumenti, per quei
pastori i quali sogliono in Roma e altrove
scendere dalle montagne per la novena
dell'Immacolata Concezione e per quella
di Natale, e nel novendiale tempo innan-
zi alle immagini della B. Vergine nelle
pubbliche vie o nelle case domestiche suo-
nano, alternando alcune analoghe strofe
e terminando col suono detto la pastora-
le, che nelle feste natalizie suona pure l'or-
gano. Questi innocenti suoni comechè ri-
cordano il gran mistero e la gioconda ri-
correnza, nella più parte de'fedeli promo-
vono sensazioni di vote e di allegria. Si di-
ce volgarmente che i pifferar! rappresen-
tano i fortunati pastori, che si recarono
al Presepio a venerare il nato Bambino:
12
i78 PRE
l'origine di siffatte novene è immemora-
bile. Anche Cancellieri conviene che l'uso
di rappresentare il s. Presepio nelle chie-
se e nelle case, derivi dall'introduzione
che ne fece s. Francesco, citando Gori,
Osservazioni sopra il s. Presepio, il quale
è di parere che intorno al secolo XIII in-
cominciata sia la pia e divota costumanza
con tavole dipintee figure di rilievo, nel-
lequali si distinse Ltica della Rohbia, fa-
cendole di terra colta e dipinte con ver-
nice a vari colori, come tuttora si fanno
benissimo in Roma, ed i napoletani so-
no valentissimi nel formare presepi ele-
ganti ed artistici. Inoltre Cancellieri nel
descrivere i riti delle chiese di Laon, di
Nantes e di Siena in rappresentare nella
notte di Natale la chiamala de'pastori al
Presepio, narra l'usanza della chiesa di
Rohan descritta da Marlene e Du Can-
ge. »» Ergesi dietro l'altare un vago Pre-
sepio colla Madonna e col nato Bambi-
no, e dopo che nella notte si è cantato il
Te Deum, un fanciullo graziosamente ve-
stito da angelo colle ali comparisce alla
sommità del coro, e rivolto a 5 canonici
deputati a sostenere le persone de'pasto-
ri, annunzia loro la giocondissima novel-
la della nascita del Redentore. I 5 cano-
nici pastori si partono immediatamente
dal coro e vanno processionalmenle al
Presepio, cantando giulivamente Pax in
lerris , ed ivi salutano la ss. Vergine e
adorano il di vin Pargoletto. Tornano poi
al primo posto, ed assistono alla messa
solenne, dopo la quale il celebrante a lo-
ro si volgee cantando gl'inlerroga, Quern
x'idistis Paslores? e allora i canonici lie-
tamente rispondono, Natimi vid'unus,con
ciò che segue ". In Roma quasi in tutte
le chiese nella notte di Natale si espone
la figura del s. Bambino, e vi resta per
tutta l'ottava, ed anche sinoall'Epifània.
Nella chiesa di s. Francesco a Ripa (di
cui nel voi. XXVI, p. 1 5o,) de'minori ri-
formali, si fa un bellissimo e grandioso
Presepio con figure più grandi del natu-
i ale, con molto concorso di di voti, iqua-
PRE
li vi portano i figliuoli a recitare un ser-
mone relativo al mistero o un dialogo;
ed altrettanto si pratica nella Chiesa di
s. Maria dì Araceli (Vi), de'minori os-
servanti, nella quale ancora si forma al-
trograndee bellissimo Presepio, del qua-
le e del miracolosissimo s. Bambino che
vi si venera, trattai nel voi. XXVI, p. 63
e 64- L'uso della recita di siffatti sermo-
ni è antico, e si suole donare a 'giovanetti
de'due sessi, che li recitano anche nelle
case domestiche e religiose, divoziona-
li, portogalli e paste dolci. Innumerabi-
li sono i componimenti o Azioni pasto-
rali, celebranti il Presepio, le Buone fe-
ste cristiane, gli Oracoli cristiani, i
Trionfi cristiani nella fuga del fanciul-
lo Gesù in Egitto, e sopra aliti simili ar-
gomenti sul Presepio. A Epifania raccon-
tai come nella chiesa di s. Andrea del-
la Valle sono diversi anni che la pia so-
cietà di Maria Begina degli Apostoli vi
ha introdotto la celebrazione del solenne
ottavario per l'Epifania con le immagini
più. grandi del naturale, rappresentanti
il mistero dell'adorazione di Gesù Cristo
fatta daiMagi, le quali si benedicono. Que-
sta macchina elegante e grandiosa, con
figure maestrevolmente eseguite, ènobi-
• le dono del principe d. Alessandro Tor-
Ionia. In Roma un grandissimo numero
di famiglie fanno il Presepio nelle loro
case domestiche, pubblico o privalo. Ta-
le e tanta fu la tenera divozione pel s.
mistero e pel divin Bambino, che la mia
piissima ava materna Francesca (degna
moglie dell' ingegnoso e colto mio avo
che celebrai nel voi. XLV, p. i5j, e de-
gna madre di Caterina virtuosissima au-
trice di mia esistenza, la quale con pa-
role riverenti e affettuose, con modera-
zione accennai nel voi. XIII, p. i 54senza
nominarla), che costantemente e fino al-
l'ultimo anno di sua ben lunga vita, nella
propria camera fece di tutto punto il Pre-
sepio con ogni accessorio, tenendo cuslo-
ditelultele figure come un tesoro. Egual-
mcntefece sempre eseguire du'pifferari la
PRE
novena, della quale moltissimi romani so-
no di voli. Che la pia e di vota costumanza
di rappresentare in musaici, in pilline, in
inculture, in medaglie, in gemme, in ve-
tri, in monete e dittici sagri la nascita di
Gesù Cristo collocato nel Presepio, sia
tanto antica che risalga sino a'pri mi tempi
del cristianesimo, si apprende dagli scrit-
ti di s. Giustino, da Eusebio Panfilo, da
Ippolito Tebano e da altri antichi auto-
ri, essendone evidente prova i molli mo-
numenti che abbiamo, incominciando dal
più vetusto che rammentai di sopra, che
si vedeva in Roma nel famoso museo Vet-
tori, il cui rame pubblicò il p. Mamachi,
de'quali natta Cancellieri a p. i32. Al-
tro ne pubblicò il p. Allegranza, che si
conserva in Milano nel museo Trivulzio;
allroconsimileènel museo Borgia in Vel-
lelri. Nella Dissertazione dello stesso p. A 1-
legranza sopra il gran sarcofago cristia-
no, esistente sotto il pulpito dis. Ambro-
gio di Milano e che slima lavoro del IV
secolo, vi è scolpito Gesù Bambino in fa-
sce collocalo sopra dure tavole, con una
stella sul capo, fra il bue e l'asino. Nel
sotterraneo della cattedrale d'Ancona vi
è un sarcofago, che diversi scrittori han-
no creduto appartenere a quel Gorgonio
cui Valentiniano nel 386 diresse una leg-
ge, ov'è rappresentato il Presepio in una
maniera molto simile a quella espressa
da Gori. In un codice siriaco del VI se-
colo che si conserva nella biblioteca Lau-
renziaua, si vede effigialo il Bambino fa-
sciato e giacente in un'alta atea bislun-
ga. In somigliante maniera si osserva di-
pinto in una delle camere del cimilcrio
«li s. Giulio I e di s. Valentino, riportato
dal Bosioedall'Arringhi nella Romasub-
terranea. Nel sarcofago cristiano di villa
Borghese il Bambino è in fasce, sopra una
mensa parata, col bue, l'asino e due pa-
stori. Nel Menologio l'alto nel IX secolo
d'ordine di. Basilio imperatore, si vede il
Presepio di figura quadrata composto di
pietre commesse, insiemecol Bambino fa-
scialo vicino al bue e all'asiiio, fra laMa-
PKE 179
donna e s. Giuseppe genuflessi e due-pa-
stori in piedi. In due monete d'argento
battute in Pesaro nel pontificato di Leo-
ne X, nel rovescio è figurato il Presepio:
di Pesaro vi sono pure due grossi o giuli
col Presepio nel rovescio, per non ripor-
tare altri monumenti diesi possono ve-
dere in Cancellieri , riprodotti dal prof.
Parati nel t. i/\.òc\V Album p. 357, ìn~
sieme alla descrizione e rame del bel Pre-
sepe esimia pittura di Lorenzo di Credi,
esistente nella galleria del principe Bor-
ghese in Roma, del quale posseggo una e-
leganle copia in disegno, egregio lavoro
di Giuseppe Ferretti.
PRESIDATI DELLO STATO PONTIFICIO.
Governi e tribunali con giudici che esi-
sterono nella provincia d'Urbino e nella
Marca, formandosi di varie città, terre
e castella, istituiti nel i3e)r? dal celebre
legato cardinal Egidio Albornoz, quando
divise la curia generale della Marca e
Piceno (F '.) in 3 presidati. Nella provin-
cia d'Urbino fu ilPresidalodi s. Lorenzo
in Campo, al presente comune soggetto
al governo e diocesi di Pergola {f/-), con
belli e numerosi fabbricati chiusi da mu-
ra , con borgo esteso e piacevole , paese
che vuoisi derivato dalle rovine di Suasa
(come Corinaldo di cui trattai nel voi.
XXXVI, p. 274), del cui tempio magni-
fico d'Adone si ammirano 4 grosse co-
lonne di granito nella chiesa abbazialc
matrice. Ne'dintoini si scoprirono molte
antichità di fabbriche grandiose e diversi
monumenti di bronzo, di marmo e di ter-
ra cotta. Leggo in Lub'iiì, A bbatiarum I-
taliae p. 76, che verso il 1 9.89 in s. Lo-
renzo in Campo diocesi di Fano fu eretta
un'abbazia di benedettini che divenne
nullius.Da Amiani, Memorie istorichedi
Fano, apprendo le seguenti notizie, sic-
come terra già soggetta a Fano. Nel 1 1 C)3
esisteva il monastero, ed era castello sul
quale avanzò nel 1202 pretensioni Sini-
gaglia. Nel i348 si ribellò a Fano e si die
al rettore della Marca, con altri paesi, che
inutilmente i fattesi tentarono ricuperare
i8o PRE
«otto Gregorio XI, essendo divenuto pre-
.siclato nel i357 per disposizione del le-
gato cardinal Albornoz. Nel i 39 rera pre-
sidente del Presidatodis.LorenzoinCam-
pò e del vicariato di Mondavio, Filippo
Onorati di Camerino che capitanava le
soldatesche fanesi nella guerra de'Mala-
lésta loro alleati , contro Antonio conte
d'Urbino. Nel 1 3q2 si chiamava anche
commissarialo e soggiacque alle infeste
truppe di Boldrino. L'anno i3g6 Cristo-
foro de Bari da Terni era giudice e com-
missario del vicariato di Mondavio e di
s. Lorenzo in Campo. Bonifacio IX nel
1 398 diede s. Lorenzo in Campo in feu-
do ai figli di Cante di Monlevecchio con-
ti di Mirabello, con altre terre e castella
già della signoria di Fano. Nel 1 436 era
commissario del presidato Pier Antonio
Amiani, e vicario di Mondavio allora ap-
partenente aiMalatesta. Sottomesso s. Lo-
renzo in Campo a Francesco Sforza, nel
1439 Sigismondo Malatesta lo riacqui-
stò. Nel 1 473Fano fu reintegrata diMon-
davio, non però di quelle terre comprese
nel commissariato di s. Lorenzo in Cam-
po, continuando a ubbidire ai conti di
Monte vecchio, i quali nel i474 ottenne-
ro da Sisto lVnuova investitura conjnero
emisloimpero,cioè i castelli di s. Loren-
zo in Campo, di Montevecchio,di Monte
al Foglio, e del Forte di Mirabello. Nel
i5oa Cesare Borgia figlio di Alessandro
VI promisea Fano la restituzione del vi-
cariato di Mondavio e il presidentato di
s. Lorenzo in Campo. Sebbene il presi-
dato della Marca, come dichiarai nel voi.
XXIII, p. 1G8, dicendo dell'estensione di
quello di s. Lorenzo in Campo, fu diviso
in 3 parli, cioè il nominato e quelli di Ca-
merino^ di Fai fa che poi di vennedi Mon-
tallo, forse nella provincia d'Urbino ebbe
la slessa denominazione o di rettorato il
governo della Massa Ti ebaria che è la 2."
provincia d'Urbino, di cui è capo Villa-
nia (/'.), ove nel secolo passato risiede-
va il giudice «Ielle appellazioni, come ri-
ferisce Ueposali, percui nedarò un cenno,
PRE
senza affermale che propriamente fosse
presidato. Leggo in Nardi, De' parrò-
cliil. 2,p. 200, che nel 129.5 Nicolò sud-
diacono e cappellano pontificio era ret-
tore della Massa Trebaria e giudicava spi-
ritualmente. Più in Amiani, Memorie di
Fano t. i,p. 2 18, che neh 272 sotto Gre-
gorio Xfu divisa la rettoria della provili-
eia in più giudici, ch'erano destinati chi al
governo politico, chi all'economico, chi
allo spirituale; mentre Guglielmo da s.
Lorenzo cappellano del Papa e vicario
generale estendeva la sua giurisdizione
privativa nella Massa Trebaria e in Ur-
bino. Torelli nelle Lettere su Castel Du-
rante oggi Urbania, presso Colucci, A 'li-
tichila picene t. 1 3, p. 172, riferisce che
nel 1 355si trova unito il vicariato di Du-
rante sotto un medesimo preside col ret-
torato di Massa Trebaria e della terra di
s. Agata, cioè Brancaleone de'Brancaleo-
ni, magnifico e polente milite. Per la ve-
nuta in Italia del cardinal Egidio Albor-
noz legato, dipoi e nel i35g avendo re-
presso il potere de'Brancaleoni, si trova
in quell'anno rettore di Massa Trebaria
e annessi per la chiesa romana Bartolo-
meo Ricciardi; lo furono successivamen-
te, nel i36o Francesco di Davadoli, nel
1 362 forse Giorgio Fidesmini, nel 1 363
Consalvo Roderici, ed altri fino a Filip-
po Corsini del 1 372 che aveva in vicario
a Castel Durante Tommaso Gherardi.
Quindi i Brancaleoni ricuperarono il po-
tere, onde Brancaleone nel 1 376 era ret-
tore della Massa Trebaria per la sk roma-
na chiesa, finché Bonifacio IX die loro
in investi lina e in vicariato tutto o parte
del rettorato di Massa Trebaria, e vica-
riato di Castel Durante, del quale li spo-
gliò Martino V per non avere pagato il
censo di ricognizione alla s. Sede «piale
suprema signora di quelle terre. Sareb-
be toccalo altreltautoa Bartolomeo Rraii -
caleone pel rettorato di Massa , ma per
la protezione presso il Papa di Guidan-
tonio Fellrio, egii restò nel dominio; Che
.Massa Trebaria possa essere stata anche
PRE
presidalo, me Io fa sospettare quanto di-
cono Colucci, Antichità picene l. 3 i , p.
<)2, e Compagnoni nella Reggia picena
p. 3o5. Questi a p. 222 afferma che do-
po la pace conchiusa per Urbano V col
Visconti di Milano dal cardinal Albornoz,
■volendo ridurre a huono stato il governo
delle provincie e riformar la curia gene-
rale e stabilirla in Macerata (V.),\\ car-
dinale ordinò che de'tre giudici de'/Ve-
sidati nominati nelle sue famose Costi-
titzioni, che dal suo nome furono dette
Egidiane (stabilendo la giurisdizione ci-
vile e criminale ne'giudici, nel lib. li, cap.
(i)promulgateinFanoil 1. "maggio 1 357
ìsel parlamento generale, il Farfense, il
Camerìnense, e di s. Lorenzo in Campo,
ne'qualiavea divisa la curia generaledel-
la stessa Marca, quel di Camerino (V.)
dovesse risiedere in Macerata, luogo più
adatto d'ogni altro della provincia, come
notai nel voi. XLI, p. 4g. Di Camerino e
della sua Marca, oltre il suo articolo, par-
lai in più luoghi, come Piceno, Marca,
Macerata, Fermo, ec.jdichiarando Com-
pagnoni, che i suoi duchi Varani furono
i più potenti signori della Marca.
Del Presidalo farfense parlai a Farfa,
aMoNTALTO perchè in tal città passò, co-
me pure nel voi. XXIV, p. 8 e altrove,
trattando di s. Vittoria, come luogo in
cui l'abbate di Fai fa teneva il preside per
reggere il governo temporale delle estese
possessioni della celebre abbazia nelle
Marche. Santa Vittoria ebbe origine quan-
do 1' abbate Pietro fuggendo da Sabina
per le barbare devastazioni de' saraceni
nell'897 circa colla maggior parte de'te-
sori dell'abbazia, edificò sul Monte Nano
o M 'alenano oMateri ano nellaMarcaFer-
niana il monastero e la chiesa ove si tra-
sportò circa 3o anni dopo il corpo di s.
Vittoria che die il nome all'odierno pae-
se, che ha governo con di versi luoghi sog-
getti : dipoi venne fabbricata la bella chie-
sa collegiata di s. Vittoria, dichiarala tale
da Urbano VI II, quando ne fece canoni-
ci i monaci, col moto -proprio Cum nos
PRE 181
del i632. L'abbazia di Farfa avea giu-
risdizione anchespirituale sopra s. Vitto-
ria, Monte Falcone e Monte Giorgio, nel
1572 Gregorio XIII li smembròdall'ab-
bazia farfense e li die al vescovo di Fer-
mo; ma insorte liti, Benedetto XIV nel
174^ obbligò l'arcivescovo di Fermo a
compensare l'abbazia con annue 3o lib-
bre di cera. Colucci nel t. 29 dell' Anti-
chità picene pubblicò il Codice diploma-
tico della terra di s. Vittoria, una delle
più cospicue del presidato, riguardante
la distruzione del monastero farfense, e
sull'origine del monastero di s. Vittoria
che divenne la principal sede dell'abba-
zia, i privilegi accordati dai Papi, come
di Nicolò IV, di eleggere il podestà e al-
tri uflìziali, e da altri per l'esercizio della
giurisdizione ne'luoghi dipendenti dal-
l'abbazia, la decisione delle cause in i.'e
2.a istanza. Inoltre pubblicò loslatuto mu-
nicipale della terra di s. Vittoria; e nel t.
3 1 le Memorie /'storiche dell' abbadia di
Farfa, in uno alla serie degli abbati colla
Dissertazione, del Presidato farfense, sua
origine, estensione, vicende e suo governo
politico, ed il Supplemento al codice di-
plomatico di s. Vittoria. Le memorie del
Presidato farfense rimontano al secolo
XIII ed anche più addietro, essendo più
antico il dominio temporale di Farfa nel-
la regione. Questa celeberrima abbazia
di Sabina fu nell'immediata protezione
de' re franchi e longobardi, indi degl'im-
peratori, e Carlo il Calvo nell'875 le ac-
cordò l'esenzione dalla giurisdizione dei
giudici e messi imperiali; laondeavendo
dovuto l'abbazia costituire de'giudici per
amministrare la giustizia in tutte le loro
terre : se ne sarà fino d'allora formata
come una particolare provincia detta/Ve-
sidalo, forse dal nome antico di Praeses
dato a tali giudici. Le possessioni tempo-
rali dell'abbazia si estendevano nell'A-
bruzzo, nella Marca, nell'Umbria, nella
Sabina, nella Toscana, nella provincia di
Campagna e fino ai luoghi suburbani a
Roma. Ma le guerre civili, le invasioni e
i82 PRE
scorrerie de' saraceni e ungheri sommi
danni recarono al celebre monastero sa-
binese, dovendo i monaci salvar la vita
colla fuga. Falalmentedegli abbati inlru-
m si divisero i beni della ricchissima ab-
bazia in 3 parti: una toccò con Farfa e
le possidenze sabine a Dagiberto, l'altra
de'beni nella diocesi di Rieti e luoghi a-
diacenti fu. data a Campone, la 3/ com-
prese le possidenze della Marca e ducato
di Spoleto che prese Ildebrando. Riunita
questa ultimaabbaziasotloun medesimo
capo, sembra chele possidenze picene fa-
cessero sempre un corpo a parte, gover-
nato da un vicario generale, che per or-
dinarioera il vicario dis. Vittoria, equal-
che volta i priori d'Oflida, Rotella, s. Sal-
vatore Maggiore e altri personaggi spe-
diti dagli abbati farfensi. Anche il giudice
temporale fu ristabilito, ed era giudice
generale di tutte le possidenze abbaziali
della Marca. E siccome ne' primi tempi
la sola s. Vittoria era il luogo fortificato,
e che avea servito di residenza anche al-
l'usurpatore Ildebrando, e prima di lui
;«d altri abbati farfensi quando Farfa era
in potere de'saraceni, così ins. Vittoria
fecero i giudici la loro residenza, conside-
rala come capitale di tutto quello stato,
ivi decidendosi le questioni dal giudice
generale, e si portavano in grado di ap-
pello le cause de'giudici locali e subalter-
ni. Questo sistema fu invariabile fino al
secoloXII e finche Farfa si tennedal par-
tito degl'imperatori. Con miglior consi-
glio ravveduti gli abbati da siffatto con-
tegno, Pandolfo meritò il cardinalato da
Celestino 111 nel i 193, ma convien dire
che poco vivesse, non facendone memo-
ria i biografi de'cardinali. Sembra quin-
di che gl'imperatori annullassero i pri-
vilegi concessi per ogni giudicatura, a ven-
do la farfense per suoi confini , il Tron-
to e il Tenna in largo, i monti A penni-
ni e il mare in lungo, detta Giudicatura
dell'abbazia fin fame, e talora de' comi-
tali fermano e ascolano. Fu perciò sotto-
posta a tributi e imposizioni dai vicari
PRE
imperiali, dappoiché gl'imperatori avea-
no diviso la Marca in più giudicature ,
quando la invadevano colla prepotenza
del le armi. Costretti gl'imperatori dai Pa-
pi Innocenzo III e successori a rinunzia-
re alle loro pretensioni, la Marca tutta
tornò al pieno dominio pontificio, com-
prese le terre farfensi. Las. Sede rispet-
tando le pie donazioni fatte all'abbazia
di Farfa, la lasciò pacifica posseditrice dei
suoi dominii temporali, solo volle che la
sovranità fosse a se riservata come supre-
ma signora. Quindi sotto il governo dei
Papi fu costituito nel Presidato farfense
un giudice subordinato alla curia gene-
rale della Marca, ed abbiamo nel 1275
Gerardo Gogò giudice di questa parte di
provincia, il qua! s'intitola giudice dal
Tenna e Tennacolo fino al regno, pel ret-
tore della Marca. Tutte le terre e castelli
del presidato furono sottomesse al censo,
tranne s. Vittoria, forse come capitale del
medesimo, e per la sua costante fedeltà
olla sede apostolica. In tale luogo i giudi-
ci vi fecero l'ordinaria residenza, mentre
talvolta per islraordinarie cagioni dimo-
rarono altrove, come nel turbolentissimo
secolo XV, in cui risiederono un tempo in
Ascoli, finché tornarono a s. Vittoria, a
seconda eziandio del convenuto nel 1 44^
trai! comune e il cardinal Scarampo Mez-
zanità, quando si liberò dalle armi Sfor-
zesche. Dipoi la giudicatura si trasferì a
Ripatransone, ma dopo la metà del seco-
lo XVI e verso il 1570 non esisteva più,
per essere slato come soppresso il Presi-
dato di Farfa, di cui non rimase che il
nome, riguardandosi sempre il presidato
come una provincia a parte. L'autorità
di questi giudici, dall'islituzionedel pre-
sidato al cominciamento del secolo XIV,
era indipendente da ogni autorità de'ret-
tori della Marca e altri simili presidi ge-
nerali, perquantosi rileva dal cap. 7 della
costituzione emanata nel 1 334 dal legalo
Bertrando Deuxo arci vescovo d'Embruu
poi cardinale,poichè potevano liberameli
te giudicare de'casi anche gravi e de'de-
PRE
Jitti atroci fino alla sentenza, ch'era ben
proferita senza permesso del rettore; raa
a frenarne gli abusi, col cap. 8 il legato
proibì le transazioni e composizioni, pei
delitti competenti al rettore e tesoriere
della provincia. Prima e nel i 3oo il car-
dinal Napoleone Orsini legato avea già
tarpate le ali nella giudicatura, con pre-
scrivere la somma di i5 libbre nella co-
gnizione delle cause di appellazione, che
il cardinal Pio legato nel 1 538 estese fi-
no a!le4o. Meglio dichiarò le giurisdizio-
ni il mentovato cardinal Albornoz nel
i357 quando istituì o divise in 3 presi-
dati la curia generale della Marca. Seb-
bene il Presidato farfense altro non fosse
che una parte della Marca e nella Marca
intieramente compreso, nel secolo XV si
•vede considerato come una provincia se-
parata. Infatti quando Giovanni XXIII
spedì nella regione il cardinal Pietro An-
nibaldi (di cui meglio ne! voi. XXV li,
p. j 73), coi titoli di vicario generale in
Roma e nelle provincie di Marittima e
Campagna, Sabina, Patrimonio, ducato
di Spoleto, Marca, espressamente vi spie-
gò il Presidato Farfense, come anche le
Terre Arnolfe. Clemente VI neh347se
Innocenzo VI neh 353 egualmente con-
tarono 6 provincie, cioè il Patrimonio di
s. Pietro, la Marca d'Ancona, il ducato
di Spoleli, la Romagna, la Campagna, la
Maremma, come pure si legge nel diplo-
ma col quale Innocenzo VI costituì vi-
cario di tutto lo stato ecclesiastico il car-
dinal Albornoz. Né rechi meraviglia che
in altre carte di que'tempi si mentovino
come provincie della chiesa romana il
Montefeltro,la Massa Tra bari a e le Ter-
re Arnolfe, poiché queste, sebbene tali
fossero, non formavano ad ogni modo
corpo a parte, ma d'ordinario dipende-
vano, il Montefeltrodal rettore della Ro-
magna, la Massa Trabaria da quello del-
la Marca, eie Terre Arnolfe da quellodel
ducato di Spoleto, come osserva Borgia,
Alerti . di Benevento t. 3 , p. 2 97 . E Grego -
rio .À'7/dopo hinunzialo il pontificalo, ri-
PRE i83
tornato cardinale, prese il titolo: Iti Mar-
chia Anconitana, et Praesidatu Farfensi
cani pò testate legati a latere vicariusgene -
ralis. Come egualmente fecero i cardinali
legati Gabriele Conditimi eri (poi Eugenio
IP), Latino Orsini eallri; ed i loro vice-
legati,luogotenenti e tesorieri, i quali s'in-
titolarono: In provincia Marchiae An-
conilanae, Praesidatu Farfensi et Mas-
sae Trabarìae, ec. Ma il Presidato far-
fense ormai era divenuto puro titolo di
quella parte di provincia in cui era com-
preso. Finalmente e al modo narrato nel
voi. XLVI, p. 147, Sisto V ristabilì con
maggior lustro V estinto presidato colla
bolla Postquam, de'i3 dicembre i586
(Sappi, al codice di s. littoria p. 52),
con minore estensione del precedente, li-
mitandolo ai luoghi che enumerai, in-
clusi vamente a Ripatransone, Monte Mo-
naco, Monte Fortino, che qui aggiungo
con Colucci e con l'altra enumerazione
che feci nel voi. XXXI, p. 3o6, col no-
me di Presidato di Montalto perla città
in cui faceva l'ordinaria residenza il pre-
side prelato governatore deputato dalla
s. Sede con autorità e giurisdizione tem-
porale precaria su tutto il presidato, di-
slaccandolo Sisto V da tutto il governo
generale della Marca^ colla dipendenza
soltanto dalla sede apostolica e dai su-
premi tribunali di Roma destinati al go-
verno di tutto lo stato. Inoltre Colucci
riporta le serie cronologiche de' giudici
dell' abbazia farfense, incominciando da
D. Oldofredus judex abb. Farfensis, et
Comilalum Firtnani et Asculanì, fino a
D. Severinus de Camerino judex Presi-
dalus del 1462 ; de' vicari generali del-
l' abbazia farfense nella Marca, princi-
piando da F. Laurenlius perusinus del
1 260, fino ad Aloysius Lenti del 1 70 3;
de' vescovi della città di Montalto; de'pre-
sidi di Montalto in n.°di 70, incomincian-
do da Mgs Giulio Sclafinalo milanese.
del i58r>, a Mg.1' Francesco Brivio mi-
lanese del 1798, diversi de'qualì dipoi
furono elevati al cardinalato. Dalle No-
184 PRE
tizie di Roma, cioè da quelle che furono
stampate, ricavo i seguenti presidi. 1 80 1
Dolt. Pier Simone Galli. 1 802 Mg.r Lui-
gi Pandolfì poi cardinale. 1 808 Mg.'' Do-
menico de Simoni. Occupato Io stato pon -
tifìcio dai francesi, nella ristorazione del
governo Pio VII non ripristinò il presi -
dato, ma ne assegnò i luoghi alle Dele-
gazioni (V.) di Fermo con s. Vittoria ,
e di Ascoli con Montalto.
PRESIDE e PRESIDENTE, Praeses,
Magister, Praefectus, Praepositus. Co-
lui che presiede a qualche cosa o a qual-
che opera, ad uffizio; che è il capo d'una
adunanza o corporazione, congregazione,
concilio, accademia, tribunale, e per Io
più si dice de'magistrati; che ha carica,
da presedere o presiedere, soprintende-
re, aver maggioranza, autorità, governo
o presidenza, aucloritas, magisleriumj
dicendosi presidato il dominio, il gover-
no, il distretto del preside, Praesidalus;
presidentato l'ufficio, la dignità, il domi-
nio del presidente. Il titolo di preside nel-
la s. Scrittura è dato ai governatori della
Giudea, dopo che il paese fu ridotto a
provincia romana. I presidi delle provin-
cie o procuratori di Cesare erano uffi-
ziali istituiti da Augusto per governare
le provincie più esposte alle incursioni ne-
miche, munite di piazze forti e castella
con presidio di guarnigione d'armati, se-
condo la divisione da lui fatta, lasciando
al senalola cura di quelle più tranquille:
essi erano luogotenenti o legati consolari
o semplicemente consolari: avevano di-
ritto di portar la spada e l'abito militare
e di poter condannare a morte un rnili^
te, che non potevano i consoli. Avevano
il costume di scrivere le cose di gran mo-
mento all'imperatore, e Claudio li teme-
va assai, perchè erano soliti macchinare
cose nuove, mentre Adriano punì seve-
ramente i presidenti e procuratori delle
provincie trovati in colpa, come riporta
l'annalista Rinaldi. Da questi pur si ap-
prende, che nel concilio d'Ailesove in-
tervenne Costantino, yenendoesclusidal-
PRE
le magistrature gli eretici e gli scismati-
ci, si determinò che i presidi delle pro-
vincieegli altri magistrali cristiani,quan-
do erano promossi ricevessero le lettere
ecclesiastiche, ed i vescovi de'luoghi te-
nessero cura di loro e bisognando li ca-
stigassero col le censure del la Chiesa. Com-
pagnoni, De' presidi della Marca, dice
che preside nel suo nome generale com-
prende ogni reggente di provincia: lo stes-
so che pretore o proconsole, il consolare,
il correttore, il prefetto, il legalo, l'esar-
ca, il conte, il marchese, il rettore, il luo-
gotenente, il vice-legato, il governatore ge-
nerale. Si possono vedere gli articoli di
detti nomi distinti in carattere corsivo,
SoVRANlTAPONTIFICIAe Pp.IMICEHIODEI.L A.
s. Sede, ove notai che ne'primi tempi del
dominio di essa i primati e magnali seco-
lari aveano parte nel governo, ed erano
impiegati nelle legazioni per a Ha ri diffi-
cili e nel governo delle città. In Roma
nella curia e governamento della s. Se-
de e nello stato pontificio, molte cariche
ebbero ed hanno il titolo di Preside, col
quale genericamente si appellano i Lega-
ti e Delegali delle provincie, e di Presi-
dente. A Delegazioni e Legazioni aposto-
liche dello stato pontifìcio e negli articoli
che li risguardano parlai de' presidi delle
provincie antichi e odierni, come del pre-
sidente della legazione e provincia d' Ur-
bino cardinale o prelato, ed era posto car-
dinalizio,con altro prelato vice-presiden-
te; del presidente d' Avignone e contea
Venaissina prelato, e del preside del Pre-
sidato di Montalto egualmente prelato.
In Romaeravi il prelato presidente della
Contorca di Roma (?r.) , ma a Pio IX dissi
come nel fine d'ottobre 1847 cessò, ve-
nendo conferita subito la carica ad un
cardinale col titolo di Presidente di Ro-
ma e Comarca, con l'esercizio della su-
periore autorità non solo sopra tutta la
Comarca, come l'avea esercitata il prela-
to, ma eziandio sopra il consiglio e ma-
gistratura municipale di Roma, conser-
vandosi quel medesimo ministero che a-
PRE
\ea assistilo il prelato, onde assisterlo ne-
gli affari comunali eprovinciali. Nell'arti-
coloPio IX dissi ancora cerne in novembre
1 85o aumentò il Circondario di Roma e
Comarca colle provincie di Viterbo, Ci-
vitavecchia e Orvieto, conferendo al car-
dinale le attribueioni di legato. Inoltre
in detto articolo riportai che nell'otto-
bre 1847 cessò la carica del carcuna' l>ve'
sidente della Congregazione di revisione
(K.), e in diversi tempi le cariche prela-
tizie de' Chierici di Camera (J7.), cioè del
presidente delle armi o Milizie pontifi-
cie (V), del presidente d' Acque e. Strade
(f.), del quale pure parlai a Congrega-
zione delle acque: ai chierici di camera
appartengono le presidenzedegliy^rc/t'V/
{[''.)-, AeW Annona [F.) e grascia (ne par-
lai anche a Prefetto e in più luoghi);
delle Zecche (F.), e degli uffizi del bollo
ori ed argenti; deW Ospizio apostolico di
s. Michelejed al decano la presidenza del-
la congregazionecriminalecamerale, che
si compone del prelato uditore del ca-
merlengo ed\ due giudici camerali. A Ca-
mera apostolica e nel vol.IX,p. 198, nar-
rai che fino al 1828 ebbe un prelato pre-
sidente. Vi è il cardinale presidente dei
sussidi, di cui parlai a Elemosiniere, Po-
vero, Ospizio dis. Maria degli Angeli,
istituito da Leone XIIj il cardinal pre-
sidente de' Spogli (F.), che riunisce la pre-
fettura dell'economia nella Congregazio-
ne di propaganda fide (f.)j il cardinal
presidente del Censo (/r.), di cui meglio
a Congregazione del censo (Galletti, Fri-
micero p. 1 82, pubblicando un documen-
to dell'822, parla del Magister censio Ur-
bis Romae, e pensa che fosse stato uffizio
secolare del comune della città, pei censi
e tributi che gli doveano i romani); il
cardinal presidente della Congregazione
speciale per la riedificazione della basi-
lica di s. Paolo (^r.)j il cardinal presi-
dente della Congregazione della visita
apostolica (?'.), che è il cardinal vicario,
essendone prefetto \\ Papa; il cardinal pre-
sidente del consiglio de* Ministri (!'.) e
PRE 1 8-»
del consiglio di stalo istituito da Pio IX
(^.), o Segretario di stato {f^.)j il cardi-
nal presidente del convitto ed istruzione
de'sordo-muti presso l'Ospizio di s. Ma-
ria degli Angeli (Z^.). Prima era presiden-
te della Congregazione speciale sanitaria
(P .) il cardinal segretario per gli affini
di stato interni, ed ora lo è il prelato mi-
nistro dell'interno. Vi sono i prelati pre-
sidenti dello studio del Musaico (^ •), dei
Tribunalidi Roma(Pr.), dell' Accademia
ecclesiastica (F), restaurata da Pio IX
(/^.): di più ad Accademie parlai de'di-
versi presidenti delle medesime, ecclesia-
stici e secolari, Ira 'primi nominerò quello
prelato dell'accademia di religione cat-
tolica, talvolta cardinale come al presen-
te; tra'secondi quello dell'accademia di s.
Luca (dell'attuale suo locale parlai nel
voi. L II, p. 278) che gode il titolo di prin-
cipe e quegli onori riportati a Cavalieri
ordine de'presidenti, ec, ordine che pel
i.° ebbe il celebre barone Vincenzo Ca-
muccini.Di frequente si conferisce dal Pa-
pa il titolo di presidente a qualche precaria
commissione o congregazione : attual-
mente vi sono ancora il cardinal presidente
della commissione per l'ammortizzazio-
ne della carta monetata, ed il prelato pre-
sidente della commissione degli ospedali
di Roma, de'quali parlai a Pio IX che li
nominò. Antichissimo è l'uffizio nella Can->
celleria di s. Chiesa del presidente del
piombo , ora depositario generale del
piombo, che essendo prelato godequel di-
stintivo che accennai a Piombo, indicando
i luoghi ove parlo di lui, come ne' voi. VII,
p. 1 58,XV1, p. 292, ed ha posto in cappel-
la come dissi nel voi. VII, p. 299. Dei 1 4
presidenti de' Rioni di Roma e loro presi-
denze regionarie ne trattai a Capo Rioni
e nel voi. XXXII, p. i3 e 16, cioè a Go-
vernatore di Roma, ove ragiono della po-
lizia (anche a Prefetto, a Pompieri e al-
trove per l'antica), attualmente per di-
sposizione di Pio IX affidata al prelato
direttore generale, da cui dipendono i
presidenti regionari. A Museo e Proto ?
i86 PRE
motecaCipitoi ina dissi del presidente an-
tiquario, a Università romana de'presi-
tli-nti de'collegi, ed in altri articoli de'di-
versi presidenti: hanno finalmente que-
lito titolo i superiori generali delle con-
gregazioni benedettine de' Cisterciensi e
de'Cassinesi (V.), non che la presidente
delle Oblate di S.Francesca romana(fr.).
Morcelli riporta molti eleganti vocaboli
latini del titolo di preside e presidente.
PRESTI MONIO , Praestimonium.
Beneficio ecclesiastico senza titolo di be-
nefìcio, onde differisce dal beneficio sem-
plice, col peso di qualche opera pia, ol-
tre le Ore canoniche ( V.), da eseguirsi
dal possessore, o destinato a qualche gio-
vane ecclesiastico per aiutarlo a termina-
re i suoi studi ed a servire la Chiesa. Il
concilio di Trento usò questo vocabolo
quando decretò la tassa da imporsi dal
vescovo sopra i beni ecclesiastici pel man-
tenimento del seminario. Dice Macri, che
in Ispagna si praticano i preslimoni , e
sono cosi denominati perchè il possessore
deve prestare qualche opera pia imposta
dal fondatore. Cecconi, De' 'seminari :, os-
serva che in vigore del decreto Tridenti-
no, i preslimoni o presti moniali si possono
unire eapplicareal seminario, perchè so-
no benefizi semplici senza obblighi perso-
nali, qua lifìcandoli, sii pendio detratto dai
beni ecclesiastici che suol dividersi tra i
canonici ovvero tra'chierici in vantaggio
del loro onesto trattamento; e quando
questo assegnamento sia stabile e perpe-
tuo, assume la natura di beneficio, e non
avendo annesso I' obbligo personale po-
trà unirsi al seminario. Preslimoni si dis-
sero pure certi uffizi perpetui dati ai sa-
cerdoti attaccali a capitoli o altre chiese,
od ti religiosi ai quali pagavansi delle mes-
se,che celebravano a titolo di loro sus-
sistenza.
PRETE. V. Sacerdote e Preti.
PRETEGIANNI o JANNI. V. Nesto-
riani, Abissisia, Etiopia, ossia i voi. 1, p.
a8,XX.II,p. 1 35, 139, i4«- Aggiungerò
con Du Cange, che questo re cos'i s'inti-
PRE
tolava come discendente da un Giovan-
ni preie nestoriano. Altri vogliono che sia-
si così chiamato per umiltà. Volterrano,
Diario t. a 3, Rer. Ilalicar. p. 1 56, dice:
» Christian! sunt, quibus rex i 1 le imperi-
tal, quem nos Presto Joanne vulgo dici-
mus".Si possono vedere^ Damiano Gioes,
De fide Religione moribusque aethiopurn,
sub imperio preciosi Johannis 3 quemvul-
guru PresbylerumJohannem vocanl,Va-
risiis i54i. G. Lodolfo, Hist. Aethiopae,
sive regni Abyssinorum , quod vulgo per-
peram Presby ter i Johannis vocantur3iz-
nae 1 676.Dicterico Luders, DehisL imp.
Abyssin. quod sub Presb. Joh. esse di-
ci tur, Viteb. 167 1.
PRETESTATO ( s. ) , vescovo di
Rouen. Non si conosce il tempo e il luo-
go della sua nascita. Fu eletto vescovo di
Rouen nel 54g ed assistè al concilio di
Parigi nel 55j, non chea quello di Tours
tenuto nel 566. Lo zelo con cui s'oppo-
neva alle ingiustizie della regina Frede-
gonda moglie di Chilperico, e ne censu-
rava le sregolatezze, gli attirò l'odio di
questa malvagia principessa e l'espose a
crudeli persecuzioni. Dopo la morte di
Sigeberto re d'Austrasia, che Fredegon-
da avea fatto assassinare , Chilperico re
di Parigi e di Soissons mandò suo figlio
Meroveo per impadronirsi di Poitiers e
di altri luoghi soggetti al regno d'Austra-
sia. Meroveo invece di eseguire gli ordi-
ni di suo padre, recossi segretamente a
Rouen, ov'era la sua zia Brunechilde, ve-
dova di Sigeberto, per la quale avendo
una violenta passione, le propose di spo-
sarla , né ella ricusò. Pretestato, temen-
do le conseguenze d' un commercio sì
scandaloso, li congiunse in matrimonio.
Chilperico irritato contro Pretestato, che
gli fu dato a credere complice della ri-
bellione del figlio, convocò a Parigi un
concilio per farlo condannare, l'anno 577.
S. Gregorio di Tours prese ivi le sue di-
fese ,e Pretestato confessò di aver fallo
il matrimonio, ma sostenne di non ave-
re avuto alcuna parte alla ribellione di
PRE
Meroveo. Se non che essendo sialo male
consiglialo da alcuni officiali della cor-
te, che gli rappresentarono essere impru-
denza il questionare col re, e che più gli
gioverebbe confessarsi reo del supposto
delitto, assicurandolo che avrebbe otte-
nuto grazia dal re, il credulo vescovo fu
colto al laccio, ed ebbe la debolezza di
acconsentire a ciò che si esigeva da lui per
perderlo. Su questa confessione Pretesta-
to fu condannato dal concilio, ed il re lo
mandò in esilio in una piccola isola della
bassa Normandia presso Coulances. Pre-
testato espiò nell' esilio la sua debolezza
colla penitenza, e diede un luminoso esem-
pio delle più eroiche virtù. Dopo la mor-
te di Chilperico, trucidato a Chelles nel
584, il santo vescovo fu rimesso sulla sua
sede, e l'anno susseguente assistè al 1°
concilio di Macon, ove fece molti discor-
si e propose delle saggie regole per la con-
servazione della disciplina. Continuò ad
invigilare con sollecitudine alla diletta sua
greggia , e procurò colle sue esortazioni
di far conoscere a Fredegonda l'enormi-
tà de' suoi delitti , per cui essa deliberò
di spacciarsi di lui. II santo vescovo fu
assassinato mentre cantava il mattutino
col suo clero, in giorno di domenica nel
586. 1! martirologio romano ne fu men-
zione a'24 di febbraio : alcuni autori met-
tono la sua morte a'i4 eli aprile, suppo-
nendo che fosse stato trucidato il giorno
di Pasqua.
PRETI CARDINALI.Dell'origine,di-
gnità, prerogative, vesti, insegne, creazio-
ne e funerali de'cardinali dell'ordine dei
preti, il secondo de'tre di cui si compone
la gerarchia cardinalizia del Sagro Col'
legio (V.), de' Vescovi) Preti e Diaconi,
diffusamente ragionai a Cardinali di s.
ROMANA CHIESA, TlTOLI CARDINALIZI, PRE-
SBITERIO, e negli altri moltissimi articoli
in cui trattai di lutto quanto può riguar-
dare i cardinali preti, che lungo assai sa-
rebbe se volessi semplicementeaccennar-
li, ed ove riportai eziandio le tante opere
che ne parlano. 1 1 nome di Sacerdote (F.)
PRE .87
si usa nella Chiesa per significare il prete
o sagro ministrodell'altare, eziandio non
provvisto di veruna dignità, benefìcio, l'i-
tolo o prebenda, ed i cardinali litolari
piuttosto sono stati chiamati preti diesa-
cerdoti, come più cospicuo nella Chiesa,
lasciato il secondo come più comune a
tutto il clero; prete come proprio della
legge nuova, sacerdote come universale
e già comune agli ebrei e gentili, come
osserva Piazza, Gerarchia cardinalizia
p. 363. Ad Arciprete Io dissi i.° e su-
periore tra'preti. Questo titolo, al dire di
Piazza, significa capo,priore,seniore-, pre-
sidenteo primo de'preti, perchè presiede
loro in ordine dell'uffìzio sacerdotale; non
che primo tra le dignilà de'capitoli, co-
me de'gradi minori il i.° è il presbite-
rato o sacerdozio. Il primo de'cardinali
preti si denominò fino dalla più remola
antichità col titolo di arciprete, sino al
secolo XII in cui incominciò a intitolar-
si Prior presbyterorutn cardi nalium, co-
me il primo de Diaconi Cardinali (V.J,
e arcidiacono , Prior diaconorum car-
dinalium. V, Priore. Nel concilio li Ni-
ceno del 787 uno de'legali apostolici era
il cardinal arciprete, che viene chiamalo
Pe.tr uni priinuin presbyterum, cioè nella
vita di s. Tarasio. In detto concilio poi
vi è espressamente chiamato anche Pri-
ma tem presbyterorwn, e certo era il pri-
mo prete del mondo, non che Archipre-
sbylerum apostolicae cathedrae. A Pe-
nitenziere maggiore dissi cheanticamen-
te lo era l'arciprete di s. romana chiesa
o i.° cardinale dell'ordine de'preti. Mei
1 1 18 si trova Amicus presbyler cardi-
nalis s. Crucis S. R. E. Archi pre sby ter,
e forse fu una delle ultime volte, poiché
nel 1 i43 comincia a leggersi Prior pre-
sbyterorum, come negli anniseguenti. Gli
ordini gerarchici de'cardinali preti e dei
cardinali diaconi è di remotissima ori-
gine, ed anteriori all'ordine de'cardinali
Vescovi (V.): per lungo tempo s'ignorò
il nome di cardinale vescovo. Stefano 111
nel concilio del 769 fa di loro menzione,
■ 88 PRE
.miai! vescovi cardinali ebdomadari e ce-
lebranti per turno in luogo del Papa nel-
la patriarcale basilica o Chiesa dis. Gio-
vannini Laterano (f7.). Egualmente nel-
le patriarcali basiliche o Chiese di s. Pie-
tro, di s. Paolo, di s. Maria Maggiore
e di s. Lorenzo fuori le mura {f7.), sette
cardinali preti facevano ogni giorno l'uf-
ihÀaluvaEbdomadaria (P .), e quali li no-
minai a quegli articoli ed a Titoli, cele-
brando pel Pontefice sull'altare papale.
JNel i 1 8 i il i.° de'cardinali vescovi s'in-
titolava Episcopus Ostiensis Prior, sive
decanus episcoporum. V. Decano del s.
Collegio. Nel i 1 85 si ha , Albertus de
M^orra bcneventanus presbyter cardina-
lis ti tuli s. Lati reni ii in Lucina S.R. E.
cancellarius Prior presbyterorumj e nel
i 187 Diaconus cardinalis s. Marine in
Cosmedin Prior diaconorum.Tlranoc[ue-
sii i capi d'ordine de'cardinali vescovi,
preti e diaconi: il solo i.° de' vescovi ri-
tenne il titolo di decano, gli altri lascia-
l"ono quello di Priore (/r.), giacché co-
minciava ad essere con frequenza assun-
to da ecclesiastici minori; e s'intitolaro-
no Primo Prete e Primo Diacono.
Anticamente e per quanto dichiarai ai
loro articoli, i cardinali diaconi forse su-
perarono in potere i cardinali preti, stante
le particolari ingerenze sul Patrimonio
della Chiesa, ed altre gravi e importanti
iucumbenze. I Papi però sempre si ser-
virono indifferentemente, anche nella ca-
rica di Legato(Pr.), de'cardinali preti, co-
me de' cardinali diaconi. In Sede vacan-
te (?'.)> come gli odierni capi d'ordine, il
1 ,° de'preti e il i.° de'diaconi reggevano
le redini della s. Sede e la governavano:
ciò che fanno al presente lo dichiarai a
Congbeg azioni cardinalizie che si aduna-
no nella sede vacante, a Conclave, a E-
lezione del Papa; avendo trattatoa Con-
sagrazionedel PApA,diquanto si fa se l'e-
letto è semplice prete 0 diacono nell'or-
dine sagro. Ne'concilii si sottoscrivevano
tanto i cardinali preti, che i cardinali dia-
coni (prima de' vescov imperché eguali,sal-
PRE
vo l'ordine sagro; i preti mettevano il titolo
(non erano già chiamati cardinali dal ti-
tolo, ma cardinali della s. Sede o s. roma-
na chiesa ; il titolo era un aggiunto poste-
riore alla sostanza della cosa), e i diaconi
ora la chiesa diaconale o diaconia, ora la
regione sulla quale aveano giurisdizione
inclusivamente al clero. Nel 494sol'os-
Gelasio I si trovano i nomide'cardiuali
preti coi loro titoli e poscia un gran nu-
mero di arcipreti. I cardinali preti e dia-
coni nella chiesa romana furono sempre
affattodi versi dal numeroso stuolo di pre-
ti e diaconi minori, i quali trova vansi in
Roma in tanti collegi o capitoli, per la
diurna e notturna salmodia, pel servigio
in comune, e per hebdomadas distribui-
to agl'individui, pei bisogni del popolo,
malati, ec. In detto pontificato si vedono
28 preti cardinali, quanti erano allora i
titoli cardinalizi presbiterali, il i.°de'qua-
li è segnato Presbyter in titillo s. Praxc-
dis S. R. E, Arclv presbyter, cioè il r ." dei
preti cardinali; poi vedonsi i 7 diaconi
cardinali, il 1 ,° de'quali si segna S. R. E.
A rchidi aconiti, et in regione terlia dia-
conus cardinalis etdecima. Quel segnar-
si prete ed arciprete della s. romana chie -
sa, diacono ed arcidiacono, mostra l'im-
portanza diesi metteva nell'apparlenere
al Presbiterio pontificio, o senato apo-
stolico de'cardinali, ad onta della poten-
za immensa della carica di arciprete e ar-
cidiacono, che si mentova come aggiun-
to. Inoltre vi sono 28 arcipreti di 28 ti-
toli diversi, per ognuno de'quali vi è men-
tovalo il cardinale: non erano ne parrò-
chi, ne preti semplici. In tale secolo non
eravi che un arciprete per diocesi, e que-
sto era il 1 ." de'preti cattedrali, i quali
per lo meno doveano essere 12, con 7
diaconi, i.° de'quali era l'arcidiacono: in
Roma però non si trovano arcidiaconi
subalterni, essendo troppo grande la po-
tenza della carica del cardinal arcidiaco-
no, perchè questo nome si accomunasse
ad ecclesiastici inferiori. Se in Roma fu-
rono parecchi arcipreti, e ne feci il novero
PRE
nel ARCIPRETE DELLE CHIESE E BASILICHE DI
Roma, mio solo come altro ve era l'arcipre-
te del presbiterio del Papa o sia del sagro
collegio; gli al tri si con veni vano alla nobil-
tà delle Collegiate della chiesa romana
(i canonici delle basiliche e collegiale di
Roma precedono i canonici cattedrali an-
che nelle rispettive diocesi, non quanto
all'antichità, ma all'essere del clero ro-
mano, che dopo i cardinali più da vicino
rappresenta la chiesa romana e suo pre-
sbiterio: un canonico di s. Giovanni in
La tetano è sempre il prete assistente al
celebrante nelle Cappelle pontificie, ed
è Prelato, Vedi), alla maestra della capi-
tale del cristianesimo, al servizio della
sede apostolica in tanti impieghi subal-
terni, come lo erano i 28 arcipreti che
in sostanza erano preti minori e diverta
del tutto ai 28 preti cardinali magnali
e senato della slessa chiesa romana, che
facevano il memorato servizio ebdoma-
dario in 4 patriarcali basiliche, 7 per ca-
dauna. Questi arcipreti minori bensì a-
veano preti e diaconi nelle loro chiese,
come può vedersi in Ciacconio, Panvi-
nio, Tamagna e Nardi. Per esempio, in
vn monumento antico si trova notato :
Setvus Dei Preshyter in ùlulo s. Cimieri-
tis, e vi si vede anche l'arciprete di s. Cle-
mente ed il cardinal preledi s. Clemen-
te ; così dicasi di altri titoli, ove vedon-
si preti, l'arciprete e il cardinale tito-
lare del titolo , e questo solo assume il
titolo di cardinale prete. Nel pontificalo
di s. Simmaco del 499> l'arciprete car-
dinale era allora Lorenzo ùluli s. Praxe-
dis e'eoutemporaneamente vi si vedono
altri preti nello stesso titolo, come vari
se ne vedono in ciascun titolo, in guisa
che i titoli erano a quell'epoca 28, ed i
preti ivi mentovati 68 : i preti cardinali
occupano il i.° posto, gli arcipreti il 2.0,
laonde si deduce che gli arcipreti erano
minori de'prcti cardinali, ina dopo il car-
dinal titolare di quel titolo erauo i capi
delle collegiate e per questo titolo ono-
rati, per dignità rispetto ai preti inferio-
PRE 189
ri, de'quali egli era il i.° e ne tenea cu-
ra. Arroge quanto leggo in Crescimbe-
ni, Istoria di s. Giovanni a porta Lati'
na p. 368, parlando della differenza tra
i cardinali preti de'titoli di Roma e gli
arcipreti de'medesimi titoli, alfermamlo
che essi non erano né cardinali, ne tito-
lari, ma capi de'collegi o per meglio di-
re delle collegiate in essi titoli esistenti,
e a differenza del prete cardinale, appel-
lato prete del titolo, si chiamavano ar-
cipreti nel titolo, nella qual guisa si di-
cevano anche i preti che loro erano su-
bordinati, comesi raccoglie da un conci-
lio romano di s. Simmaco, ove si leggo-
no sottoscritti 3 col medesimo titolo di
s. Anastasia, cioè: » Anastasius presb.
card. tit. s. virg. et mari. Anastasiae ".
Quesloera il cardinal titolare. >• Julianus
archipresb. in titulos. virg. et marf. A-
nastasiae". Questo era l'arciprete." Julia-
nus presbyler in titulo s. virg. et mari. A-
naslasiae". Questo era un semplice prete
della collegiata. La ragione poiché così
si chiamassero e sottoscrivessero, la reti-
dePiazza, Gerarchia cardinalizia p.328.
» Ed è da singolarmente osservarsi che
la maggior parte de'titoli cardinalizi era-
no collegiate de'canonici secolari, nelle
quali erano i loro arcipreti, l'autorità e
la prerogativa dei quali, perchè non pa-
resse competere all'eccellenza del prete
cardinale nella medesima chiesa, s'inti-
tolavano non arcipreti della detta chie-
sa, ma arcipreti in essa; e li preti car-
dinali, per ragione di maggioranza, chia-
ma vansi assolutamente Preti di tal titolo.
Così pure li preti di qualche chiesa, che
fosse titolo di cardinale, non si chiama-
vano Preti del titolo, ma Preti nel tal ti-
tolo." Talvolta questi arcipreti si trova-
no detti A rchipresby Ieri titilli j non per-
tanto può concludersi che fossero cardi-
nali titolari, mentre gli uni erano distinti
dagli altri, come ne convince l'intitola-
zione della bolla o lettera di s. Gregorio
1, esistente in marmo nella Chiesa de' ss.
Gio. e Paolo, in cui si legge: » Gregorio*
1 9o PRE
Episcopusservusservorutn Dei. Dilectis-
simis in Christofìliis Deusdedil Cardina-
li, et Johanni Archìpresbytero tiluli ss.
Jonnnis et Pauli ". JNel concilio romano
del 5o2 l'arciprete vero della chiesa ro-
mana o sia l'arciprete cardinale s'intitola
Presbyter cardinalis in titillo s. Silvestri
Archipresbyler S. R. E., cioè non arci-
prete delle basiliche Laleranense o Va-
ticana, o di un titolo primario o di altra
chiesa, come face va noi ricordati arcipreti
minori, ma arciprete della s. romana chie-
sa, come l'arcidiacono appellavasi Sedis
apostoticae ovvero S. R. E., non mai del-
la diaconia o regione.
L'arciprete non avea un titolo che fos-
se fisso al primo de'preti cardinali, come
non eravialcunadiaconia o regione fissa
per I' arcidiacono cardinalizio, come no-
tai a Diaconie cardinalizie; nondimeno
Piazza riconosce per i .° titolo cardi indizio
l'insigne Chiesa dis. Mariani Trastevere
(Z^.), che ha le prerogative d' essere la
I." in Roma dedicata alla B. Vergine, co-
me lai." ad essere consagrata da unPa-
pa martire, e la i .a Parrocchia di Roma
(/^.). AdeltoarticoIoCHiESAdichiaraiche
il titolare era pure arciprete, o qualei.°
prete o perchè eravi annessa la dignità
arcipretale, sebbene in progresso di tem-
po fu stabilito dalla consuetudine, che al
cardinali.0 prete venga conferita per ti-
tolo la Chiesa di s. Lorenzo in Lucina
(A7.), della quale e del palazzo già del ti-
tolare parlai ancora ne'vol.L,p. 72, LII,
p. 281, essendo per la l.1 in Roma de-
dicata al s. arcidiacono della chiesa ro-
mana , dicendo Piazza che in compenso
del palazzo i Chierici regolari minori as-
segnarono al cardinal 1 ,° prete annui scu-
di 800, e celebrandola quale uno de'pri-
mi e più antichi titoli cardinalizi e pos-
seduta dal cardinal 1 .° prete. Anticamen-
le prestavano l'accennala assistenza ebdo-
madaria il titolare cardinale di s. Maria
in Trastevere la domenica in s. Pietro,
il titolare cardinale di s. Lorenzo in Lu-
cina il martedì ins. Lorenzo fuori le imi>
P B E
ra. Diversi Papi aumentarono i titoli dei
cardinali preti, e Sisto V li stabilì a 5o.
A tempo di s. Marcello I del 3o4 i tito-
li cardinalizi erano riguardali come dio-
cesi, riferendolo Anastasio Bibliotecario.
ATitoli dico che i cardinali preti vi hanno
giurisdizione vescovile o quasi vescovile,
potendo scomunicare anche nel circonda-
rio, benedire, conferire benefizi ecclesia-
stici, anche in altre chiese, come nel voi.
XII, p. 3 16, ec. AOzione trattai del pas-
saggio de'cardinuli diaconi all'ordine dei
cardinali preti, e di questi a quello dei
cardinali vescovi subui bicari. I cardina-
li preti possono essere arcipreti di alcu-
na basilica patriarcale (de'quali tratto ad
Arciprete delle chiese e basiliche pa-
triarcali di Roma, e meglio negli artico-
li delle medesime; nel voi. XII, p. 3o8
riportai che venne detto Protopresbyler)
e ritenere per indulto pontificio il titolo,
come al presente il cardinal Barberini ar-
ciprete Laleranense, del titolo di s. Maria
in Trastevere; egualmente i cardinali ve-
scovi suburbicari perdispensa apostolica
possono ritenere in commenda il titolo
che prima aveano, come l'attuale cardinal
Brignole vescovo di Sabina, commenda-
tario del titolo di s. Cecilia. Un cardi-
nale dell'ordine de'preti può oltre il tito-
lo averne altro in commenda, come fece
il cardinal Fesch (F.) i.° prete, morto
nel 1 839, ciò che meglio dichiarai a Com-
menda, con altri analoghi esempi. A Dia-
conie cardinalizie feci menzione di alcu-
no di quei cardinali dell'ordine de' dia-
coni, che a un tempo erano vescovi or-
dinari e abbati nullius; di que' diaconi
cardinali che si ordinarono preti senza
passate a quest'ordine; di que' preti che
creati cardinali furono posti nell'ordine
de' diaconi; viceversa de' cardinali preti
che ricevettero il presbiterato dopo mol-
ti anni che appartenevanoaU'ordine,non
essendolo quando vi furono collocati : dis-
si pure delle diaconie conferite per tito-
li presbiterali , e di questi dati per dia-
conie. A Ordinazioni DE'PoHMWCiripor-
PRE
lai il numero de' pie li ordinati dai Papi
ne'primi secoli. I) cardinale i.° prete, co-
me il cardinale i .° diacono, ne godono il
titolo ancorché sieno assenti da Roma ,
ed il i.° anche il titolo presbiterale di s.
Lorenzo in Lucina. Vi furono cardinali
primi preti che non ebbero tale titolo :
l'ultimo esempio lo die il cardinal B ran-
ca doro (F.), arcivescovo di Fermo, mor-
to nel 1837. I cardinali preti, se insigniti
della dignità vescovile, possono consagra-
re in Roma i vescovi, ed esercitale altre
funzioni proprie del grado episcopale, co-
me toccai nel voi. LI, p. 3oo e ne' rela-
tivi luoghi. Per assenza e impotenza del
cardinal 1 .° prete, come del cardinal i.°
diacono, il più antico cardinale dell'or-
dine per promulgazione ne esercita le ve-
ci. In sede vacante per turno tutti i car-
dinali dell'ordine de'preli esercitano l'uf-
fìzio di capo d'ordine, con quelle partico-
larità che notai ai citati articoli. Delle
particolari prerogative dell'ordinede'car-
dinali preti , del cardinal 1 .° prete e dei
preti cardinali discorro ai rispettivi arti-
coli. Nel 1780, come si ha dal n.° 562
del Diario di Berna, Pio VI stabilì che
in mancanza d'un cardinaledella Marca
d'Ancona, il i.° cardinale prete sia pro-
tettore della cappella Sistina nella Chie-
sa dis. Diaria 111 aliare (/-" '.), della fina-
le feci parola eziandio nel voi. LII,p. 3o2.
Anticamente le chiese subui bicarie ve-
nivano proposte in concistoro dal cardi-
nali.0 prete, dopo averne fatto il proces-
so, ciò che ricordai nei voi. X, p. 1 5, XV,
p. 221. A Famiglia de' cardinali ed a
Palafreniere dissi quanto spetta alle fa-
miglie de'cardinali preti, massime la no-
mina al palafrenierato o compenso per
ogni nuovo Papa, e per quando muore al-
cun palafreniere, pel rimpiazzo che si fa
dai primi cardinali preti.
A Cappelle pontificie ed in tutti gli ar-
ticoli riguardanti le sagre funzioni ho det-
tagliatamente descritto tutto quanto il ri-
guardante i cardinali preti, quando loro
incombe celebrare pontili calciente inuau-
PRE 191
zi al Papa, intuonare i vesperi efare le al-
tre funzioni, con le particolarità proprie
d'ognuna, anche assente il Papa. Piazza
nel Menci, remano, p. 2 3, dice che i car-
dinali preti solevano nelle feste più solen-
ni celebrare col Papa,dal quale riceve va no
anche l'Eucaristia, per rappresentare Ge-
sù Cristo nell' ultima cena cogli aposto-
li. E per questo celebrando il Papa pon-
tificalmente,! cardinali preti vestono la
Pianeta [V.) , mentre i vescovi porta-
no il Piviale (che prima ne' vesperi as-
sumevano tutti i cardinali, ed ora i car-
dinali preti nelle funzioni che lo prescri-
vono, come nelle solenni assoluzioni dei
Novendiali pel Papa defunto) perchè as-
sistono e non concelebrano. Il Nardi, Dei
parrochi, tra le tante nozioni che riporta
sui caldina li preti, riferisce che anticamen-
te nella messa pontificale si comunicavano
i vescovi, cardinali preti e diaconi, e for-
se i primari prelati. A Cappelle pontifi-
cie parlai ani he del sedere e del modo
d'incedere nelle processioni. In mancan-
za de'cardinali diaconi suppliscono i car-
dinali preti, come per Pasqua 1846 fece
il cardinal Piccolomini nel porsi lateral-
mente all'altare poco prima del Pre/a-
zio. Leggo nelle Brevi indicazioni pei ce-
remonieri pontificii che in qualunque fun-
zione, nel caso che mancassero cardina-
li diaconi, devonosuppliregli ultimi car-
dinali preti, ma in abiti diaconali. Quan-
do vi è un solo cardinale diacono, fa da
2.° un cardinale prete all'assistenza del
trono del Papa, sebbene nelle altre cose i
cardinali preti hanno la precedenza sui
cardinali diaconi. Se oltre i cardinali dia-
coni assistenti al trono ve n' è un altro
solo, questi siede nello stallo de'cardinali
preti, dopo l'ultimo di questi, come notai
anche nel voi. XIX, p. 281. Similmente
nelle processioni se vi è un solocardinal
diacono, si accompagna con l'ultimo car-
dinale prete. Il cardinale 1. "prete in tutte
le funzioni pontifìcie esercita particolari
incumbenze,assislito dal 4-° ceremoniere;
a ricapitolarne le principali dirò. Uno de-
192 PRE
.gli uffizi del cardinali.0 prete è di som-
ministrare I' Incenso [V.) al Papa nelle
messe, vesperi, ed in qualunque altra cir-
costanza, in cui debba servire 1* incenso,
edi porgergli \' Aspersorio (/^.Jcoll'acqua
benedetta quando ne debba far uso, in-
elusivamente alle benedizioni della Rosa
d'oro e dello Stocco e berrettone, che si
fanno nella Camera de' paramenti (F.).
Tre volte nella messa de' vi vi somministra
l'incenso, cioè la i .a dopo aver resa l'ub-
bidienza si Papa e salutati i cardinali as-
sistenti; la 2.a quando il prelatodiacono
ha baciato il piede al Papa prima del van-
gelo; la 3." quando il celebrante ascende
all'altare dopo aver letto l'offertorio. Nel-
le messe de'morti due volte somministra
l'incenso, cioè dopo letto l'offertorio, ed
allorché si ripete il Libera me Domine per
l'assoluzione, finita la messa. Nei vesperi
somministra l' incenso quando si canta
l'antifona dei Magnificai. Riceve sempre
la navicella dell'incenso dal ceremonie-
re, prende il cucchiarino, lo bacia e nel
consegnarlo al Papa gli bacia l'anello di-
cendo: Benedicite Beatissime Pater, me-
no che quando il ss. Sagramento è espo-
sto e nell'assoluzione de'morti, nelle qua-
li circostanze non bacia l'anello, ma di-
ce: Benedìcite, e colle medesime forma-
lità riprende il cucchiarino e postolo nel-
la navicella restituisce tutto al ceremo-
niere. Incensa il Papa genuflesso ( per
quanto dissi ne' voi. Vili, p. 248, X, p.
266) sull'ullimograclinodel trono,quan-
do il Papa è seduto, 1' incensa in piedi
quando il Papa è egualmente in piedi.
Tre volte incensa il Papa nelle messe dei
vivi : la 1." quandoè compita l'ubbidien-
za de'cardinali diaconi ; la 2.' dopo che
ha baciato il vangelo ; la 3.a dopo che il
celebrante ha incensato l'altare per l'of-
fertorio. Quindi peli." tra 'cardinali vie-
ne incensalo dal prelato diacono, al suo
posto nel ripiano del trono. Nelle messe
ila morto incensa il Papa una sola vol-
ti», dopo l'incensazione del celebrante. Nei
vesperi iuceusa il Papa quando questi è
P I E
tornalo al Irono, dopo aver incensalo l'al-
ta re. Scende ini inedia tamente dal suo stal-
lo dopo aver lai." volta nella messa dei
vivi somministrato l'incenso al Papa do-
po la sua ubbidienza; nella 2/ dopo il van-
gelo va al suo posto nel circolo cogli al-
tri cardinali quando vi sia il Credo, ed
allo stallo quando vi sia il discorso : in
tutte le oltre funzioni nelle quali deve
somministrare l'incenso o l'acqua bene-
detta, ritorna per breviorem in mezzo ai
conservatori, sempre al suo stallo quando
il Papa ha fallo l'incensazione. Per l'as-
sistenza al Trono {V.) è sempre avver-
tito ed accompagnalo dal ceremoniere.
Sul ripiano del trono siede su sgabello a
sinistra del Papa voltando le spalle all'al-
tare,in cappa sciolta, colla berretta in ma-
no e col capo scoperto, alquanto distan-
te dal cardinal 2.0 diacono.Ogni volta che
portasi alla delta assistenza, fa prima ri-
verenza all'altare e quindi al Papa, come
dopo incensato il Papa torna al suo stal-
lo o al circolo cogli altri cardinali, fa in-
chino prima al Papa e quindi all'altare.
Assiste al trono quando si canta il Glo-
ria, l'Epistola,]' Evangelo, il Credo, Y Of-
fertorio fino al Fere digiuna ec. del Pre-
fazio. Nelle messe di requiem e feriali va
all'assistenza dopo I' orazione quando si
canta l'epistola. Ne' vesperi al principio
deli.0 salmo fino al termine. Altro offi-
cio del cardinal prete assistente è di som-
ministrare al Papa la Pace della messa
(V.). Falla la genuflessione ulroque ge-
nti, dopo aver detto al circolo de'cardi-
nali l'Agnus Dei, è avvertito ed accom-
pagnato dal ceremoniere per ascendere
colla cappa distesa all' altare. Ivi giunto
alla destra del celebrante genuflette ulro-
que. genti, bacia fallare, riceve la pace dal
celebrante, e ripetuta la slessa genuflessio-
ne si porta al trono e comunica la pace al
Papa dicendo : Pax tecuinj e quindi senza
fai e inchino a'diaconiassislenlisceude/;*'/'
breviorem al suo stallo, ove dopo esservi
asceso, comunica la pace al prelato pieU:
assistente dell'altare che ivi si trova in
PRE
piviale, dicendogli: Pax tècum j \tvi\ det-
to prelato la comunica al cardinal i.° ve-
scovo, al cardinal saprete* ali." de'car-
dinali diaconi del loro stallo, e agli altri
personaggi. Standoal trono per l'assisten-
za, sta in piedi quando fannoaltrettanto
i cardinali diaconi assistenti. Mentre il
cardinale i .° prete eseguisce le narrate a-
zioni, il detto ceremoniere sostiene lo stra-
scico della cappa. Inoltre nella Lavanda
delle mani (/'.) del Papa spelta al car-
dinal i.° prete di presentargli in un piat-
to il manlile o asciugamano, avendo no-
talo a tale articolo quando ciò incombe
al cardinal vescovo, e descrivendo le fun-
zioni a Cappèlle pontificie , ove ripor-
tai tutte le altre azioni e assistenze in cui
ha parte il cardinal i.° prete, principal-
mente nel canto delle Laudi (fr.), nella
Consagrazione o benedizione del Papa e
nel Possesso (J7-.), come perla benedizio-
ne (\e'Pallii(Pr.). Nei vesperi e messe pon-
tificali del Papa il cardinal vescovo de-
cano o altro del suo ordine funge l'uffi-
zio di vescovo assistente all'altare e al
trono, riunendo ancora gli uffizi del cardi-
nal i ."prele. Nel concilio romano celebra-
to da Benedetto XIII, fece da prete assi-
stente un cardinale prete in piviale, così
quando il Papa celebrò la solenne messa
pei padri del concilio defunti. Notai a Pro-
cessione che recandosi in esse il Papa a
chiese che non hanno arci prete o al Irò car-
dinale persuperiore,il cardinal i /'prete o
più anziano gli presenta a baciare il Cro-
cefisso, gli somministra l'aspersorio e lo
incensa. A Concistoro dissi che in queslo
dopo il cardinal i.° prete sedevano i pri-
mogeniti de're e le regine. Nel vol< IX, p.
19 riportai il significato del bacio e am-
plesso dei 3 ultimi cardinali preti ne'pon-
tifìcali, quando vanno incontro al Papa,
che dal trono ove ha intonato l'ora di Ter-
za s'incammina processionalmente all'al-
tare. Qui aggiungerò che il bacio e am-
plesso di detti cardinali nell'altare, e de' 3
primi cardinali diaconi dopo che il Papa
tra salilo all'altare, prima d' incensarlo,
VOL. LV.
PRE H)3
era in uso anche nella domenica delle Pal-
me, nel sabbato santo, nel giorno di Pa-
squa e nella processione di sua coronazio-
ne,Come si ha dal Gallico, Ada caeremo-
nialia. A Portogallo notai, che il car-
dinal Enrico divenuto re, ed usando in
vece della corona la berretta cardinali-
zia, fu detto Prete-Re.
PRETORE, Praelor. Nome che in o-
rigine si diede a molte magistrature pres-
so i romani, anche militari. Si disse Prc-
loria la dignità del pretore, Praelura j
Pretorio[V ,)\\ luogo dove risiedeva il pre-
tore a rendere ragione, ed anco quartie-
ree padiglione. Il 2. ° onore del magistra-
to ordinario fu in Roma quello del pre-
tore. Seguì la creazione del 1 .° nel 387 o
388 di Roma in Spurio Furio Camillo,
per amministrare la giustizia e per due
cause; i.a acciò si comunicasse il conso-
lato de'patrizi colla plebe; 2." per giudi-
care le differenze de'cittadini, mentre es-
sendo! consoli impegnati in continueguer-
re, non potevano assistere a ogni cosa, e
perciò il pretore poneva le bilancie nelle
sue monete. Bisognava essere di famiglia
patrizia per ottenere la carica di pretore;
ma nel 4' 7 di Roma vi furono abilitati
anche i plebei '.quando il popolo nel387
ottenne che uno de'consoli fosse preso dal
suo celo, avea concesso a' senatori il pre-
tore dell'ordine de'patrizi. Colla istitu-
zione di questo magistrato diminuì l'au-
torità del Prefetto di Roma ( J7".). Fu crea-
to il pretore ne' comizi delle curie colle
medesime facoltà de'consoli, e perciò tal-
volta si nominò loro collega. Nel 5io o
5 1 1 di Roma si aggiunse altro pretore det-
to Pellegrino o giudice degli stranieri, che
giudicasse tra' cittadini e pellegrini , pél
gran numerodegli stranieri stabiliti inRo-
ma; mentre l'altro doveva giudicare i soli
cittadini, e perciò detto Urbano, cioè giu-
dice de'cittadini, il quale avea più pote-
re del pellegrino. Nel 5a6 furono eletti
due pretori pet'la Sicilia edue per la Sar-
degna; indi anche due per la Spagna, do-
po la conquista di quelle e altre regioni.
i3
j94 PRE
Questi pretori delle provincie erano ma-
gistrati che le governavano , che ammi-
nistravano la giustizia e comandavano le
truppe in tempo di guerra durante l'an-
no della loro magistratura. Siila nella sua
dittatura enei 672 di Roma creò due altri
pretori. Essendo varie le opinioni sul nu-
mero de'pretori, si dice che Giulio Cesare
nelyoydi Roma necreòioepoi aumentò
di altri 4 e 5, ritornando a io dopo la
sua morte: altri dicono chene creasse due
soli chiamati cereales, per aver cura dei
viveri e far trasportare in Roma il fru-
mento, mentre altri vogliouoche fossero
edili. Augusto ne fece 1 2 e successivamen-
te 16 : Claudio ne aggiuuse due che giu-
dicassero le cause de'fedecornmessi, detti
fedecommes sarti , perchè li giudicassero
in ultima istanza, ma Brio a una certa som-
ma. Di questi Tito ne levò uno, che poi
rimise Nerva acciò giudicasse tra'privati
e il fiscoye fu chiamato Fiscale. M. Au-
relio istituì il pretore tutelare pei delitti
di tutela. Nella decadenza dell' impero
diminuì il numero de'pretori, ed a'tem-
pi di Valentiniano e Marciano se ne crea-
vano soli 3 , finché furono aboliti sotto
Giustiniano Idei 527 di nostra era. I pre-
tori erano eletti dal popolo convocalo per
centurie, nel i.° giorno dell'anno, dopo
aver fatto preci e offerto unsagrifizioin
Campidoglio. Per essere pretore bisogna-
va avere 4° anni. Le distinzioni della di-
gnità de' pretori erano primieramente
l'accompagno di 6 littori co'fasci, almeno
fuori della città e non meno di 2 : ave-
vano uffiziali subalterni, come gli scribi,
gli accensi ec. Vestivano la Toga (/'.)
pretesta ornata di porpora, come i con-
soli , sedevano nella sedia curule in tri-
bunale ch'era luogo eminente, ed erano
portati in sedia d'avorio: quando con-
dannavano a morte o ad altro supplizio,
lasciavano la veste ordinaria e ne vesti*
vano una di lutto. Dall' onore della di-
gnità grande di questo uflìzio fu chiama-
to j'us hoiiorarium; Biondo dice il preto-
re urbano 3.°magislralodidignilàinRo-
PRE
ma. Usavano l'asta e il coltello o spada,
l'una segno di giurisdizione, l'altro di li-
tigio o questione. Il potere de'pretori era
molto esteso, potevano modificar le leg-
gi, abrogarle e farne delle nuove, donde
avviene che nelle leggi romane si fa spes-
so menzione dell'itilo del pretore. Essi
convocavano il senato e il popolo, quan-
do lo credevano a proposito; in una pa-
rola, quando i consoli eranoassenti e an-
davano a comandar le armate, essi avea*
no tutta l'autorità in Roma. Spettava a
loro registrare i nomi degli schiavi , ai
quali davasi la libertà, ed aggiudicare ai
creditori i beni dei debitori loro. Erano
altresì i protettori delle vedove e degli or-
fani. Le matrone romane raduna vansio-
gni anno nel loro palazzo pretoriale per
celebrarvi la festa e i misteri di Cibele,
a' quali era vietato sotto pena di bando
di assistervi gli uomini. Ai pretori era af-
fidata la cura de'sagrifizi che si facevano
a spese pubbliche, comede'giuochi, mas-
sime que' del circo, come i Megalensi, i
Floreali che si eseguivano con grande spe-
sa e pompa facendosi de'regalijdi esigere
sarta teda , essendo la censura vacante,
con ordine del senato : l'uffizio più spe-
ciale era la giurisdizione, laonde e pei mol-
teplici uffizi non potevano assentarsi da
Roma che per io giorni. Consisteva la
giurisdizione in lutti i giudizi privati o
pubblici : ai privati presiedevano l'urba-
no e il pellegrino; ai pubblici aulicamen-
te assisteva il popolo, che per esercitare
la giudicatura creavano il questore o il
dittatore; i triumviri giudicavano i servi
e quelli d'infima condizione ; gli edili le
cose spettanti al loro offizio. Aumentati
gli affari della repubblica, fu stabilito nel
6o5 di Roma, che i due pretori urbano
e pellegrino esercitassero la consueta giu-
risdizione nelle cause privale de' parti-
colari, e gli altri 4 soprintendessero al-
le questioni delle cause capitali di delit-
ti pubblici, decretale dal senato e dette
perpetue. Le prime questioni perpetue
furono quelle delle estorsioni commesse
PRE
dai magistrati e dai giudici; l'ambito os-
sia il broglio; i delitti di lesa maestà ro-
mana o contro il popolo e la libertà , o
contro i privilegi de'romani; il peculato
o furto del denaro pubblico; i titoli delle
quali sono detti \n Ialino: de Rrpctundis,
de Ambi tu, deMajeslale> de Peculato, e
varie altre: Siila aggiunse quelle del Fai
so,\\ qual giudizio si estendeva contro gli
adulteratori della moneta, sicari, parrici-
di, venefici. I pretori si dividevano a sor-
te le questioni risolute nel senato, e molte
volte due pretori presiedevano ad una
causa, altre volte unonegiudicava due. Il
pretore urbano era il più onorevole degli
altri , come conservatore del diritto ro-
mano ecustode de'dirilti de'quiriti, e dai
suoi editti si regolavano gli altri preto-
ri ; perciò fu detto maggiore e massi-
mo : d'ordinario era solo, ma la molte-
plicità delle liti obbligò a dargli un col-
lega. Il pretore urbano o di Roma man-
dava i prefetti alle Prefetture {V .) d' I-
lalia. Nel principio del magistrato il pre-
tore urbano proponeva la formola, cioè
1' editto, secondo il quale nell'anno del
suo esercizio dovea giudicare di quelle co-
se spettanti alla sua giurisdizione, edillo
che rinnovandosi ogni anno era detto leg-
ge annua. Ma perchè i pretori o per far
grazia o per ambizione soventeabusava-
no e non giudicavano a dovere, nel 686
di Roma, a raffrenarli, dalla legge Corne-
lia di C. Cornelio tribuno della plebe, fu
ordinato che i pretori dovessero onnina-
mente giudicare a tenore dell' editto da
essi pubblicalo. A tempo d'Adriano, Sai-
vio Giuliocosommogiureconsullo raccol-
se in un volume tutti, gli editli de'preto-
ri. II pretore esercitava la sua podestà col-
le parole : Do, Dico, Abdico, che espri-
mevano la sua giurisdizione. La i .' signi-
ficava la podestà de beni, delle possessio-
ni, delazioni, ec; la 2.a della ragioneo sen-
tenza da darsi; la 3.* di giudicare e d'e-
seguire. Giudicava il pretore nelle cause
leggiere sedente nel tribunale, e negli af-
fari più rilevanti o per decreto o come si
TRE 191?
suol dire de plano (o ritto), o per libello,
e ciò faceva ne' giorni nefasti, perchè le
suddette 3parolesi ponevano ad esecuzio-
ne in questi giorni. Tutte le suddette co-
se con piena podestà furono esercitate dai
pretori nella libertà della repubblica, ma
poi negli ultimi dell'impero non rimase
loro altra facoltà, che la ispezione de'giuo-
chi e pubblici spettacoli, essendosi prefet-
ti (F.) del pretorio usurpate tutte le loro
funzioni. A questi pretori successero i Po-
destà, Governatori, Giudici [V.) e altri:
vedi pure Tribunale, Legge. In fatti l'A-
dami, Storia di Volseno t. 2 , p. 124 e
seg., nel parlare delle diverse specie de-
gli antichi pretori e loro uffìzi, di quel-
li dell'Elruria e dell'Umbria, narra che
i fiorentini nel 1 1 1 5 nel nuovo magistra-
to vi compresero due pretori simili a quel-
li degli antichi romani, uno urbano, l'al-
tro pellegrino con annua podestà. Ver-
so questa epoca anche di versi luoghi del-
lo stato pontificio istituirono un magistra»
to che chiamarono pretore. A Ravenna
e altre città di Romagna parlai dei loro
pretori ; così negli articoli delle città del-
la Marca dei medesimi magistrati. Bai-
dassini, Memorie di Jesi, parlando a p*
388 de'podestà (che dice originati dopo
cessato il dominio de' consoli, soppresso
da Papa Alessandro III), dice che eser-
citando nelle città libere poco meno che
sovrana autorità , la loro corte si chia-
mava pretoria per servizio della giusti-
zia; che neh 3oy fu pretore di Firenze
un Bisaccione di Jesi, succeduto da Or-
manno; e che nel 1462 Angelo Ghisi-
lieri jesino andò pretore a Lucca e la-
sciò di sé gran nome. Calcagni, Memo-
rie storiche di Recanati, p. 109, raccon-
ta che tale città lungamente si governò
a repubblica, poiché dalle memorie an-
tiche, che cominciano nel i<±i5, rilevasi
ch'ebbe la dignità di pretore, dei duum-
viri ed altre. Il pretore era eletto dal con-
siglio generale e godeva decoroso tratta»
mento. Dovea essere insignito di qualche
carica militare ed equestre; dovea tene-
1 96 P R E
re due giudici, uno de' quali fosse slato
laureato in legge nelle università di Bo-
logna o Perugia o Padova. Avea 4 nota*
ri, 4 staffieri, 2 paggi e4 cavalli, coll'ob-
bligodi farne la comparsa ogni settima-
na avanti il magistrato. Il giudice delle
appellazioni riceveva le accuse contro il
pretore e altri magistrali. Pel manteni-
mento della pace v'erano 4 deputati det-
ti Pennonieri, ai quali il pretore dava a
ciascuno una bandiera coll'arme della cit-
tà,alla presenza del magistrato. Ancheal-
tre città ebbero i pretori , come Osi/no
(V.), poiché i governatori delle città e
luoghi dellostato ecclesiastico furono chia-
mati pretori. Leoni, Ancona illustrata
p. 221, all'anno i44-^> dice che a quest'e-
poca pretore e podestà era la stessa cosa.
In moltissime città e luoghi dello stato
pontifìcio in progresso di tempo essendo
cessali i pretori, Leone XII li ripristinò
uniformemente nelle Delegazioni e te-
gazioni(F.), proseguirono sotto Pio Vili,
e Gregorio XVI li tolse, per quelle prov-
videnze narrate a detto articolo.
PRETORIO, Praetorium. Luogo do-
ve risiede il Pretore (P.) , e rende ra-
gione nel tribunale. Il vocabolo Pretore,
Praelor, derivando dal verbo protette
o praeire s come osservano Tito Livio
e Cicerone, significa presidente, coman-
dante, generale e capitano d' armata ; e
coloro i quali comandavano le truppe di-
venivano giudici delle cause civili e cri-
minali durante il quartiere d' inverno o
in tempo di pace. Per questa ragione ap-
punto cliiama vasi pretorio il padiglione
del generale, la casa del pretore e il luo-
go ove amministrava la giustizia, il quar-
tiere dove alloggiavano in Roma i preto-
riani, guardia imperiale comandata dal
Prefetto (J'.)del pretorio, col quale no-
me si chiamò pure il luogo o tribunale
di tal prefetto, ovvero la sala d'udienza
per la giustizia nel palazzo imperiale. Pre-
torioancornsi disseil luogo o palazzo do-
ve risiedeva il pretore provinciale e do-
ve i magistrati facevano ragione; in ogni
PRI
città romana erane uno. Si dà nel van-
gelo il nome di pretorio alla casa del go-
vernatore di Gerusalemme (F .), manda-
tovi dai romani : ivi tenevasi anche il tri-
bunale di giustizia , dove fu presentato
Gesù Cristo. Pretorio si disse pure la ca-
sa delle sontuose villeggiature de'grandi
di Roma. Il pretorio o padiglione o ten-
da del capo supremo dell' esercito , era
collocato nel sito più acconcio a soprav-
vedere tutto il campo e nel mezzo d'una
piazza quadra, avente negli angoli le ten-
de dell'esercito. Nel pretorio il generale
adunava gli uffiziali per deliberare e di-
sporre; ivi stavano le aquile delle legio-
ni, ivi erano le are o altari, ivi era il tri-
bunale ove amministravasi la giustizia ci-
vile e criminale fra' soldati. Per segnale
del combattimento ergevasi sopra il pre-
torio lo stendardo rosso.
PREVALITANA. Antica provincia
della diocesi deh' Mi ri a orientale, che ta-
ceva parte dell' antica Macedonia , ed e-
stendevasi da Epidamno alla Dalmazia,
comprendendo gran parte della Dalma-
zia mediterranea. A tempo di s. Gregorio
I avea per metropoli Scodra o Scutari
capitale dell' Albania, chiesa che succes-
sivamente passò sotto i metropolitani di
Dormo, di Dioclea, d'Anti vari, secondo
YOriens chr. t. 2,p. 275.
PREVESA. r. N.copoli d'Epiro.
PREVOSTO. V. Preposto.
PRIA o PRIE Renato o Reginaldo,
Cardinale. D'illustre e nobile famiglia di
Bourges, datosi ne' verdi anni alla vita ec-
clesiastica , ottenne la dignità di grande
arcidiacono in patria , e nel i5o2 Ales-
sandro VI lo fece vescovo di Bajeux. Giu-
lio Il a'4 gennaio 1 507 lo creò cardinale
prete di s. Lucia inSeptisolio. Si diceche
alla nuova di sua promozione non dasse
segno di allegrezza, ricevendo le insegne
cardinalizie in Lione nella chiesa de'do-
menicani dal cardinal d' Amboise , alla
presenza di Luigi XII. Dipoi a'9.4 otto-
bre i5i l il Papa lo depose dalla dignità
cardinalizia e vescovile, non tanto per es-
Pili
sere stato uno óV Scardinali autori del
conciliabolo di Pisa {F-), quanto per es-
sere partito da Roma senza il suo permes-
so , essendosi obbligato con giuramento
e sotto pena della privazione di qualun-
que dignità ecclesiastica a non assentai*-
sene. Avendo poi detestato e condannato
l'empia con venticola, e accettato il concilio
generale di Letterario V (P.), fu da Leo-
ite X restituito a tutti gli onori, e nel i 5 i \
trasferito a Limoges, a cui era stato elet-
to fin dal i5io , ritardato avendone il
possesso le li ti mosse dai competitori. Do-
po aver celebrato i solenni funerali alla
regina Anna, cui intervennero 3 vescovi,
morì in Beziers nel 1 5 1 6. Fu sepolto nella
cappella di s. Fausto con magnifico epi-
tau*ìo,nel monastero de'cisterciensi di Pra-
tea, che Jongelino crede ne fosse abbate.
PRIENE.Sede vescovile di Caria sot-
to la metropoli d'Efeso, eretta nel V se-
colo e da alcuni chiamata Cadmaea,al'
l'imboccatura del Meandro, che vuoisi
patria di Biante, uno de'7 sapienti di Gre-
cia. Riporta 4 vescovi i'Oriens chr. t. 1,
p. 717..
PRIGIONE, Career. Luogo pubblico
destinalo a custodirei delinquenti, e tal-
volta anche gli Schiavi (f.) , ed i debi-
tori se obbligati colla persona, o per truf-
fa o per fallimento, di che feci parola a
Mercante. Ad Amburgo le pene del fal-
limento fraudolento, per legge del seco-
lo XIV , in cui la lega anseatica era al
colmo di sua grandezza, consistono nel
porre sulla porta principale della borsa
un gran cartello nero, in cui a caratteri
bianchi è il nome del fallito, indi si suo-
na per due ore la campana della torre
della medesima, delta del disonore: an-
ticamente il carnefice bruciava sulla piaz-
za pubblica le lettere di cittadinanza e
le patenti di commerciante del fallito.
Delle pie istituzioni per l' aiuto cari-
tatevole de' carcerati e prigioni trattai
in diversi articoli , così di quelle per la
redenzione degli schiavi ; avendo notato
a Pasqua que'carcerati che si liberavano
PRI i97
per quella festa. In tempo delle prime Per-
secuzioni (F.) i cristiani celebravano le
sagre adunanze nelle carceri. A Carcere
parlai delle prigioni di diverse nazioni, e
di quelle cui soggiacquero! Papi, mas-
sime de' primi secoli, come delle carceri
ove furono s. Pietro (F~.) e s. Paolo (F.).
A Carceri di Roma descrissi le antiche eie
pi esenti, in uno alle benefiche istituzioni
a favore de' prigioni, di che riparlai a s.
Girolamo della carità ed aGovERNATORE
di Roma, dicendo della visita graziosa. Nel
voi. XL1X notai l'esonerazione del peso
che avea l'ospedale del ss. Salvatore per
le carceri Capitoline, che ora non esisto-
no più; nel voi. L, p. 8 e 9 ricordai i luo-
ghi ove ragionai del luogo pei ragazzi di-
scoli, delle prigioni per le donne di mala
vita o ree di delitti comuni. Inoltre si può
vedere Maresciallo, Luogotenente, Ca-
stel s. Angelo, Marina e Porti, in cui
discorsi de'bagni, delle darsene e delle ga-
lere. E veramente cosa mirabile che Ro-
ma cattolica e lo stato suo furono sem-
pre alla testa de' savi e veramente pro-
ficui progressi. Così prima che i cittadi-
ni di Filadelfia ponessero mano a miglio-
rare su nuovi metodi ogni specie di ca-
se e di prigioni, prima che apparisse Io
stabilimento di Gand, e che i desideriidi
Howard si compissero a Glocester , già
in Roma il gran Clemente XI ne avea
dato il segnale e fruttuosi saggi nel me-
raviglioso carcere di s. Michele. Ora neh
le carceri di Termini o Terme Dioole-
zianesi proseguono alacremente! restau-
ri cominciati, tanto per le sale de'giova-
netti, quanto per quelle dell'età più at-
tempate. Delle 1 1 che dovranno essere
rifatte, 6 sono intieramente compiute.
Ciascuna fu resa più ampia, e potrà con-
tenere comodamente sino a 60 detenuti :
le finestre tolte dalla facciata esteriore
dell' edilìzio riescono ai cortili interni e
ai giardini ; e con ciò le sale guadagna-
no di luce e di aria ; ed i ventilatori alti
e bassi sono già stabiliti da per tutto. La
cappella nuovamente costrutta, fu beue>
K|8
PIÙ
<lella nell'aprile i85a. A Carceri ecclk-
siASTicnE,aCoRN£To ed a Cellerario tenni
proposito delle prigioni pei chierici, e di
quelle del Palazzo Lateraneuse, di cui
parlai nel voi. XL1, p. 245. 11 concilio di
Orleans decretò: quelli che sono in prigio-
ne per delillosaianno visitati ogni dome-
nica dall' arcidiacono o dal preposto della
chiesa, per conoscerei lorobisogui e prov-
vederli di alimento e delle cose necessa-
rie a spese della chiesa. 11 concilio di Ver-
neuil dell'844 ordina che i monaci apo-
stati saranno custoditi in prigione. Di al-
tre leggi ecclesiastiche trailo a' loro ar-
ticoli. Delle prigioni usate dalla Chiesa, si
ha di Antonio Bombardini: De carcere
ti antiquo ej'us usu, Pataviaei7i3. Tra
gli studi onde si rese in questi tempi co-
sì benemerita la pubblica economia, oc-
cupano un posto distinto quelli che si ri-
feriscono al miglioramento del sistema
penitenziario. La condizione dell'infelice
che sta espiando nel carcere il proprio fal-
lo, ispirò giustamente un allo interesse
diretto a potere raggiungere in modo più
sicuro il supremo fìue della pena, l'emen-
da cioè del traviato. Quindi sotto tale a-
spetlo quelle prigioni denominate Case
di forza dischiusero recentemente un va-
sto campo di ufficiali discussioni, e fra le
controverse teorie insorte sulle varie ri-
forme da adottarsi nel loro ordinameli-
to, una sola verità fu generalmente sen-
tita, quella dell'utilità del lavoro, il qua-
le mentre con giovamento morale rende
più sopportabile al condannato la dura
azione della legge, serve anche al prospe-
ramento del suo fisico , togliendolo dal-
l'inerzia, e inoltre fa del detenuto un es-
sere ancor utile alla società, quando nel-
l'ozio non sarebbe che a tulio suo peso.
L'individuo colpito da una condanna, nel-
la sua prigionia non ha che due modi per
riparare il suo passato e far ritorno al be-
ue, la religione e il lavoro. L' ozio è per
lui la causa più terribile di demoralizza-
zione : lo degrada e serve a maturare tut-
ti i pensieri colpevoli che l'hanno tiasei-
PR1
nato al delitto, e dà agio alla sua imma-
ginazione di meditare di continuo nuovi
misfatti. Accordandosi la metà del gua-
dagno a favore del recluso, affinchè all'e-
poca specialmente della sua liberazione
si trovi provveduto di quanto basta al
primo momento, per non dovere, rien-
trando in seno della società, trovarsi e-
sposto all'imperiose necessità della vita,
e per esse far ritorno al delinquere. Sui
nuovi sistemi penitenziari scrisse ancora
il cooim.1 Primo Ronchivecchi , // /mo-
vo stabilimento penitenziario in Firenze ,
Vienna 1 843. Sulla prigione dello Spiel-
berg e dello stato attuale di altre prigio-
ni, con alcuni cenni sull'origine e progres-
so chi miglioramento della disciplina dei
stabilimenti penitenziari in Inghilterra e
in America, col rapporto intorno al con-
gresso scientifico di Gratz, Firenze 1 844-
Considerandola Francia che i condannati
racchiusi nelle galere gravitavano sull'e-
rario d'un peso enorme, si depravavano
ognor più e minacciavano di continuo la
società, di recente adottò il sistema della
deportazione pei condannati in perpetuo
ed a tempoai lavori pubblici detenuti nel-
le darsene e altrove. Con questi provve-
dimenti rese le pene di tali lavori più ef-
ficaci , più morali, meno dispendiose al
governo, più utili al progresso delle sue
colonie, ed eziandio più umane per aver
liberati dal carcere quelli che aderirono
all'invito di andarvi. Quindi fu stabilita
la Gujana francese nell' isola di Cujenna
(di cui a Prefetture apostoliche) del-
l'America meridionale, per sede degli sta-
bilimenti penitenziari della Francia , ed
ivi si trasportarono le galere che detur-
pavano anche la metropoli, siccome cli-
ma salubre , con suolo fertile e proprio
pei l'esigenza di questo novello ordine di
cose. Siffatti stabilimenti penitenziari o
carceri più miti sono circoscritti e isolati
con tutte le norme volute dal buon or-
dine e dalla sicurezza della colonia, non
che dalla morale e dalla religione, pei sag-
gi regolamenti peniteuziari , pei quali il
IPRI
tenuto diesi diporta bene è nella pos-
sibilità di divenir proprietario del suolo
da lui stesso fecondato.
PRIGIONI ROMANI. Sotto questo ti-
tolo il Buller riporta a'9 di aprile la festa
di molti confessori cbe soffrirono il mar-
tirio nella Persia. Avendo i persiani fatto
una scorreria nel territorio de'cristiani,
presero d'assalto il castello di Betzardo
sopra il Tigri, e trucidatane la guarnigio-
ne, fecero qooo prigioni, che condussero
seco loro. Fra questi prigioni trovavan-
si il vescovo Eliodoro, Dausas e Marim-
be vecchi preti, parecchi altri ecclesiastici
e gran numero di monaci e religiosi. Essi
radunavansi ogni dì con Dausas, che E-
Jiodoro, morto lungo il viaggio, avea or-
dinato suo successore, ed assistevano alla
celebrazione de'divini misteri. Arrivati
sulIefrontiered'Assiria.fu intimato a3oo
-di loro di adorare il sole, ovvero disporsi
a morire. Soli i5 apostatarono, ma gli
altri 275, perseverando costantemente
nella confessione di loro fede, furono tru-
cidati in un col vescovo Dausas, l'anno
362 diG. Ce 53 del regno di Sapore II.
Mg.r Assemani pubblicò i loro atti origi-
nali, scritti in lingua caldaica. Lo stesso
Butler a' 6 di detto mese e sotto detto re
riporta i Martiri dell' Adiabene. A Mar-
tiri parlasi di quo' martiri e degli altri
martiri i cui nomi nella maggior parte
s'ignorano o perchè sono conosciuti ge-
neralmente con tali speciali denomina-
zioni. V. Persia e Persecuzionb della
CniESA.
PRIGNANO MORICOTTI France-
sco, Cardinale. Napoletano o secondo al-
cuni da Vico diocesi di Pisa , nipote di
Urbano VI come figliodella sorella, pri-
micerio e poi nel 1 363 arcivescovo di sua
patria Napoli, a' 18 o 28 settembre 1 3 78
fu dallo zio creato cardinale prete di s. Eu-
sebio, poi vescovo di Palestrina e reggen-
te della cancelleria in luogo del vice-can-
celliere cardinal Monturco che ricusò da
Avignone portarsi a Roma. Qualelegato
di Marittima e Campagna, e del Pati imo-
PRI m
nio, con energia difese quelle provincie
dalle scorrerie dei soldati dell' antipapa
Clemente VII. Ne'molti viaggi di Urba-
no VI fu sempre indivisibile suo com-
pagno, ad onta della turbolenta condir
zione de' tempi. Dopo di essere interve-
nuto all'elezione di Bonifacio IX, mori
neh 394 in Asisi ove trovavasi la curia,
e trasferito a Pisa fu sepolto presso il co-
ro di quella primaziale o nella sagrestia
con breve iscrizione, che mostra l'errore
d'Ughelli e Lucenzi che lo dissero mor-
to nel i383.
PRIMA. Così chiamasi la prima delle
Ore canoniche {T'.). Dice Macri che si
deve dire nel nascer del sole (fu stabili-
to di cantarsi appena spuntalo il giorno,
come indica 1* inno Jam lucis orto side'
re), e fu istituita prima de'tempi di Cas-
siano , facendone menzione s. Clemente,
Const. apost. lib. 8, e. 4o, e s. Atanasio,
de Virg. I canonisti, De celebr. Miss. e. 1 ,
dicono che l'ora prima si recita in me-
moria della risurrezione del Salvatore ;
ma però i ss. padri comunemente ten-
gono che risuscitasse verso la mezzanot-
te o circa l'aurora. Si può ben dire che •
nell' ora di prima fosse manifestata alle
sante donne dall'Angelo. In questa me-
desima ora, al riferire di Ruperto, Cristo
fu sputacchiato e percosso con schiaffi, e
inoltre condotto al preside Pilato. Le ru-
briche degli uffizi divini dicono che que-
sta ora fu detta Prima, perchè si recita-
va nello spuntar del sole, eh 'è la prima
ora del giorno. Mazzinelli, Uffizio della
settimana santa, parlando di quest' ora
nel giovedì santo, osserva che fu antico
costume nella Chiesa che a dì nascente si
radunassero i fedeli pe'divini uffìzi, e fu-
rono dette Prima quelle preghiere che si
facevano spuntato ilsole. Benché ciò non
si dica e non si faccia nel tempo di Pas-
sione, pure è bene sapere che la Chiesa
per fare un degno e cristiano impiego del
tempo, chiede negli altri uffizi sulle pri-
me ore del giorno la benedizione sopra
le opere nostre da quel Dio, che nel prin-
200 PRI
cipio appunto de' tempi benecTi i giorni
della prima settimana, ed in essi tutti gli
anni che sarebbero venuti appresso; e col-
Ja benedizione lo prega di darle lume e
fòrza di camminare rettamente nelle vie
de'suoi santi comandamenti, per giunge-
re al conseguimento dell'eterna beatitu-
dine, per mezzo de'soccorsi del suo di vi-
no liberatore. Garampi, Memorie ^p.3 19,
parla de'riti nell'assoluzione del capitolo
dopo Prima. Diclich dice che questa ora
canonica si deve recitare dopo levato il
sole per dovere in coro, e perconseguen-
za extra chorum. Ceillier t. 6 , p. 384
confutò solidamente Bulteau, il quale nel-
la sua Storia monastica d'oriente, lib. 2,
avea osato dire che l'ora di Prima era
sconosciuta al tempo di s. Basilio ai mo-
naci di Cappadocia, mentre quel santo
ne parla nella regola 3j.*
PRIMATE, Frimas, Antistes. Dignità
ecclesiastica e principale che soprasta agli
altri, cioè sopra i metropolitani, gli ar-
civescovi e vescovi delle provincie sogget-
te alla sua giurisdizione, dicendo Macri e
citando l'autorità di Papa s. Anacleto del
io3, Epist. 3, ad Episc, che alcune vol-
te era chiamato Patriarca (V.), alla qua-
le dignità è peròinferiore. Il nome di prir
mate, che porta con sé un titolo di digni-
tà, non s'introdusse nella Chiesa, secondo
alcuni, che qualche secolo dopo lo stabi-
limento del cristianesimo; così i nomi di
Arcivescovo, Patriarca e Papa{Pr.). I ca-
pi delle chiese più distinte si contenta-
vano ne' primi tempi della sola denomi-
nazione di Vescovi (V.), ch'era loro co-
mune coi capi delle sedi meno conside-
revoli : amala pena i prelati delle prima-
rie città assumevano, benché di rado, quei
titoli : alla fine poi l'uso prevalse, e chia-
mossi arcivescovo o metropolitano il ve-
scovo della principale città di ciascun di-
stretto. Fu dato il nome di Primate odi
arcivescovo a quelli ledi cui sedi trova-
vansi collocate nelle città che tenevano
il rango di capitali relativamente a mol-
li distretti. 1 vescovi delle città eh' era-
PRI
no esse medesime considerate come ca-
pitali relativamente a moltegrandi pro-
vincie o regni, furono chiamati patriar-
chi. La loro autorità e la loro giurisdi-
zione estendevasi anche sui primati e ter-
minò coll'assoi bire intieramente 1' auto-
rità di questi ultimi. Fu particolarmen-
te della chiesa greca o d' Oriente che le
suddette dillerenli denominazioni furono
ammesse anche con altri titoli. La chie-
sa latina continuò per lungo tempo a di-
stinguere i vescovi delle primarie sedi col-
la qualità di arcivescovi; che sei nomi di
patriarca o di primate vennero poscia ri-
cevuti anche in Occidente, ciò fu però
in un senso meno esteso e con preroga-
tive assai inferiori a quelle de' prelati ri-
vestiti de' medesimi titoli nella chiesa o-
rientale o con altre equivalenti denomi-
nazioni. Inoltre si vuole che sebbene si
trovi talvolta il titolo di primate accor-
dato ad alcuni vescovi o arcivescovi del-
la chiesa latina, quel titolo però non por-
tava seco gli stessi vantaggi, come aveva-
no i vescovi orientali. Altri scrittori so-
stengono, come dissi ad Arcivescovo eM e-
tropolitano , che questi furono stabiliti
dagli stessi apostoli a reggere gli allàri
pubblici o comuni di parecchie chiese nel-
le grandi provincie. Egualmente sosten-
gono che i primati e metropolitani an-
ticamente aveano incerti luoghi una giù-»
risdizione molto estesa sopra le loro pro-
vincie e sopra i loro suffragatici, la qua-
le fu poscia ristretta dai canoni entro as?
sai angusti confini. Ella sussiste ancora,
massime ne'metropolitani, in alcuni pun-
ti; ma la discussione delle cause maggio»
ri è rimandata o ai concilii provinciali o
alla s. Sede. La giurisdizione de'primati
si estende sopra molti metropolitani; ma
essa fu pure assai ristretta dai canoni e
dagli usi particolari : vi sono molli pri-
mati che lo sono di solo titolo. L' anna-
lista Rinaldi all'anno 639, n. "9, ri portan-
do un brano d' Anastasio Bibliotecario,
dicendo che in Roma i primati (forse in
senso di principe eh' è sinonimo di pi i-
FRI
male) della Chiesa furono mandati in esi-
lio dagli eretici monoteliti ministri im-
periali, pei primati della Chiesa egli in-
tende i preti e diaconi Cardinali (F.), per
dignità e autorità superiori agli altri. Nar-
di, Deiparrochi, t. 2, p. 170 e 171, ri-
ferisce che altro nome d' onore partico-
lare ai cardinali era quello di Primi, Pri-
mates, anch'egli riportando il memorato
esilio e spiegando omnes Primates eccle-
siae pei cardinali, secondo l'addotta os-
servazione del Binio:»>Presby teros et Car-
dinaie* Diaconos, qui dignitate et aneto-
ritate reliquosantecellunt ";quindi è che
5oo anni dopo i cardinali sono così men-
tovati nel concilio di Compostella del
1 1 i4, can. 18. » Pontifici atque aposto-
licae Sedis Primatibus referaturet deter-
tninetur". Primi sono chiamati i cardi-
nali da s. Martino I del 649 nella lette-
ra 1 5; e Primates di nuovo in Adriano I
nel 772 souochiamati. A Primiceriodel-
ia e. Sede dissi, con Cenni e Galletti, me-
glio Primati e Proceri, il 2.0 grado delle
dignità palatine ; anzi parlai ancora dei
primati laici.
Primaziale chiamasi il titolo e la di-
pendenza de'primati; quindi sede prima-
ziale, chiesa cattedrale primaziale e me-
tropolitana, autorità primaziale ec. : sic-
come chiamasi primazia la giurisdizione
del primate, od il capoluogo dell' esten-
sione territoriale su cui esercita il prela-
to primate la sua autorità. Questo pri-
mate, che ha una superiorità digiurisdi-
zioue sopra metropolitani, arcivescovati
e vescovati, è un arcivescovo {V.) , che
come notai a Gerarchia ecclesiastica e
Metropolitano, è superiore ai metropo-
litani, benché questi nella frase degli an-
tichi canoni furono denominati primati.
Quello ch'è nell'Occidente il primate, è
nell' Oriente 1' Esarca (V.), inferiore al
patriarca, superiore ai metropolitani e
presidente di più provincie ecclesiastiche
dette Esarcalo. Il Mafriano (V.) è una
dignità ecclesiastica de'giacobiti, simile a
quella de'primati orientali, poiché pre-
P R I MI
siede a più provincie ecclesiastiche. Aldo
grado ecclesiastico della gerarchia orien -
tale è il Cattolico (^.), dignità patriar-
cale, talvolta denominata primaziale. Nel
concilio generale di Costantinopoli I tlel
38 1 fu dato a quel vescovo il primato do-
po il Papa supremo Gerarca, ma s. Da-
rnaso I non l'approvò, né i successori fi-
no ad Innocenzo III. Tale prerogativa
l'ebbe il vescovo di Costantinopoli per la
preminenza della città imperiale. Dice
Sirmondo che l'origine de'primati deri-
va dalle grandi Provincie^.) suddivise
dagl'imperatori, che le une nominavansi
prime (ciò che toccai a Metropoli) e le
altre seconde 0 secondarie, terziarie, ec;
quindi chiamaronsi primati i metropoli-
tani, cioè i vescovi delle città eh' erano
capitali della provincia avanti la divisto*
ne, e perciò superiori trovavansi ai ve-
scovi di quelle provincie inferiori, sepa-
rate dalla primaria provincia. I primati
furono stabiliti per la maggior parte nei
regni, perchè una giurisdizione esercita-
vano sui vescovi del regno medesimo.
Papa s. Aniceto del 167 dicesi che ab-
bia decretato che niun arcivescovo, sen-
za particola!' prerogativa, si prendesse il
titolo di primate. Papas. Zeferinodel2o3,
dice l'Anastasio, che ordinò che nessun
patriarca, primate ed arcivescovo potes-
se sentenziar vescovi senz'autorità del
Papa. De /ure divino il sommo Pontefì.-
ce(/^.)hail Primato {V!) sopra tutta la
Chiesa; inoltre è patriarca d' Occidente e
primate d'Italia : il VI sinodo lo chiamò
Primate della Chiesa. Durante il corso
de' primi secoli il vescovo di Cartagine
(J7.) assumeva il titolo di primate d'A-
frica , ed era indipendente dal patriarca
d'Alessandria: sui primati dell'Africa può
anche vedersi il voi. XL1V, p. 3i6, di-
cendo Zaccaria, in africa tot erant Pri'
mates,quol Provinciale. Il Terzi pure nel-
la Siria sacra, p. 389, descrive il prima-
te di Cartagine e la sua amplissima giu-
risdizione, immediatamente soggetta alla
s. Sede, da cui riceveva il Pallio (^-)>
202 PRI
insegna d'onore e d'autorità propria an-
cora dei primati. Sei erano le provincia
ecclesiastiche subalterne di questo pri-
mate, ed in esse si numeravano 545 chie-
se arcivescovili e vescovili sulìraganee ,
sebbene Ferrari non gliene ammise che
125. Però nell'Africa, come altrove, tal-
volta fu dato anche il titolo di primate
al vescovo d' un semplice luogo , o per
l'anzianità dell'ordinazione o per l'an-
tichità della chiesa, perciò eletta chiesa
madre o prima sede. Dal Pontefice s.
Zosimo I del 4' 7 fu fatto vicario o pri-
mate nelle Gallie (P.) l'arcivescovo di
Reims, ciò che confermò Adriano I : ciò
che concesse s. Zosimo a quello d'Arles
lo dissi nel voi. XLIV, p. 3i8.Ne'primi
XI secoli della Chiesa nelle Gallie fu il ti-
tolo di primate un semplice titolo d' o-
nore, accordato tal volta all'antichità del-
l'ordinazione e talvolta al merito perso-
nale, ma senza alcuna preminenza e su-
periorità di diritto. Malgrado tutto il cre-
dito che s. Leone I erasi giustamente ac-
quistato colle sue virtù e colla sua dot-
trina, non potè riuscire a fare accettare
alla chiesa delle Gallie che fossero in es-
sa stabiliti differenti primati , dai quali
dovessero dipenderei vari metropolitani.
L'attaccamento della chiesa gallicana al-
le sue antiche usanze non diede accesso
ad una tale innovazione. Avendo s. Ilario
vescovo d'Arles deposto dalla sede di Be-
sancon Celidonio,per I' Appellazione^.)
che questi fece a s. Leone I, fu reintegra-
to. Papa s. Simplicio nel 482 fece primo
primate della Spagna o Andalusia e Por-
togallo il vescovo di Siviglia, con prero-
gativa personale, che consisteva nel com-
mettergli il Papa le sue veci per l'osser-
vanza de'canoni, come dichiaraPagi,Z?/'ci\
Pont., e senza pregiudizio de' metropo-
litani; e come dice s. Gregorio I nel lib.
5, Epist. 54. per meglio conservare l'in-
tegrità della fede cattolica , per togliere
le discordie tra' fratelli e per definii* le
cause, dovendosi le più importanti ripor-
tare alla i. Sede. Papa s. Ormisda del 5 1 4
PRI
coW'EpisL a4 feCe primate dellaSpagna
il vescovo di Tarragona , confermando
quello di Siviglia , con prerogativa per-
sonale soltanto, ossiasuo Sicario. A Me-
tropolitano ricordai i contrasti incomin-
ciati nel V secolo pel primato tra' vesco-
vi d'Arles e di Vienna. Nel 545 Papa Vi-
gilio fece primate il vescovo d'Arles nel
regno di Francia soggetto a Childeberto
I , commettendogli le sue veci in quelle
Provincie, ma con prerogativa persona-
le. Si vuole che l'arcivescovo di Sens otte-
nesse iltitolodiprimatedaGiovanni VI II
dell'872. Alessandro II nel 1068 ornò il
vescovo di Lucca, del titolo di primate,
ritenendo egli il governo di quella chie-
sa. Alcuni pretendono che prima di s. Gre-
gorio VII deli 073 nonsi conoscesse nel-
le Gallie propriamente l'autorità di alcun
primate, traune i titoli o qualche nomi-
na personale, ovvero di vicario o Legato
(ff.) del Papa nella regione : quel Pon-
tefice però accordò il diritto di primazia
all'arcivescovo di Lione sulle 4 provincie
lionesi, cioè di Lione, di Rouen, di Tours
e di Sensj quindi l'arcivescovo di Rouen
ne fu sottratto con bolla di Calisto II del
1 1 19 e per diritto di possesso allegato da
quel prelato, nel quale fu mantenuto con
decreto del consiglio di stato del 1702.
La primazia di Bourget sopra il vescovo
di Alby come primate d'Aquitania (per
privilegio fu Patriarca, V.) fu stipulata
nel 1678 all'atto dell'elevazione del ve-
scovato d'Alby in metropoli, e indi coli-
fermato con provvisorio decreto sovrano.
Tutti i suddetti primati di Francia, in uno
a quello di Bordeaux, non ne hanno che
il titolo e lo portano ancora perchè alcu-
ni de'loro predecessori hanno una volta
goduto delle prerogative che vi erano ag-
giunte : altrettanto dicasi di alcuni pri-
mati di altri stati e regni. L'arcivesco-
vo di Lione è il solo in Francia che eser-
citi la giurisdizione primaziale. Urbano
li nel 1088 dichiarò primate di tutta la
Spagna 1' arcivescovo di Toledo. Di al-
tri primati , come dell' arcivescovo di
PIÙ
Braga pel Portogallo, dell'arcivescovo
eli Cantorbery per 1' Inghilterra , del-
l'arcivescovo d' Armagli per V Irlanda
(anche lord della gran Bretagna ), di
Scozia, di Polonia, d'Ungheria, di Ger-
mania, della Dalmazia eh' è il patriar-
ca di Venezia, ec, ne tratto ai loro ar-
ticoli, [/ultimo arcivescovo primate isti-
tuito dalla s. Sede è quello di Costanti-
nopoli (P~.), pegli armeni, per disposizio-
ne di Pio Vili. Giusta la vigente disci-
plina, i primati hanno la precedenza su-
gli arcivescovi dipendenti dalla loro giu-
risdizione, convocano e presiedono ai co/i-
cìUi nazionali composti de'loro metropo-
litani, e giudicano in appello delle cau-
te trattale nelle provincie soggette alla
loro primazia, per non dire di altre pre-
minenze e prerogative: sul sedere ne'cou-
cilii, l'indicai nel voi. XV, p. 170, 178.
11 Papa Dell'inviare l1 Encìcliche o Lette-
re apostoliche all' episcopato di tutto il
mondo cattolico, usa la forinola: » Ad
ouunes Patriarchas, Prirnales, Archiepi-
scopos et Episcopos, VenerabilesFratres,
Salulem et apostolica in henediclionem".
Sui primatisipossonoconsultare, Touias-
sini, Uc benefic. e. 3. 7. 8; Leone Ailazio,
De concord, utriusqne eccles. lib. 1 , e. a5;
quelle opere che citai nella biografìa di de
Marca; Zaccaria, Onontaslicon rituale,
in Fri mas ed Exarchus.
PRIMATO, Primatus. Diritto di oc-
cupare il primo posto. 11 principaleluogo
i>ì d'onore, si d'autorità. Per diritto e i-
stituzione divinai! Sommo Pontefice (F.)
gode il primato tanto d'onore che di giu-
risdizione, ed è il capo augusto di tutta
la chiesa universale : questue venerando
domina di fede cattolica. Essendo egli il
Pastore (f.) di tutta quanta la chiesa
cattolica, ed il Successore (F.) del prin-
cipe degli Apostoli, ha come quello l'i-
slessa sua suprema autorità e giurisdi-
zione nella medesima : quindi tutti i Fe-
deli (lr.), senza eccezione veruna, gli de-
vono rispetto e ubbidienza; ed è perciò
che il sagrosanto concilio generale diTreu-
PRI ao3
lo, conformemente a quanto era stato già
stabilito in quello di Firenze, disse e de-
cretò: Che il sommo Pontefice è il P'i-
cario di Dio (F.) su questa terra e che
ha primazia suprema su tutte le chiese.
Sess. 6, De Reform. cap. i.Sess.i5, De
Poenit. cap. 7. Bergier , Diz. teologico ,
co'comtnenti del p. abbate Biagi, all'arti-
colo Primato, dice: » Alla parola Papa
provammo che il Sommo Pontefice iu
qualità di successore di s. Pietro nella se-
de di Roma, ha nella chiesa universale
il primato non solo di onore e di prefe-
renza, ma di autorità edigiurisdizioue".
Il dotto Zaccaria ned' Anti-Febbronio o
sia Storia del primato del Papa ne pri-
mi 8 secoli della chiesa, par. 2.a,egregia-
ineute trattò i seguenti punti : wll Papa
può essere sotto vari aspetti considera-
to, i quali aspetti talvolta furono confu-
si ne'loro diritti. Suo primato come spie-
gato da Febbronio {V. Hontheim), è pri-
mato di vera e propria giurisdizione uni-
versale, anche sopra la chiesa adunata in
concilio, di giurisdizione immediata so-
pra tutta la chiesa. Il Papa iu virtù del
suo primato può far leggi che obblighi-
no tutta la chiesa, né v'ha mestiere che
la chiesa leaccetti perchè obblighino. Co-
me sia soggetto ai canoni. Non può es-
sere spogliato del suo primato , che ad
altro vescovo si trasferisca. E' infallibile
nelle decisioni di fede. Tempora I suo do-
minio, se abbia contribuito a stabilirne
la spiritual monarchia ( V. Sovranità*
pontificia). Se il suo primato sia d'osta-
colo alla riunione de' protestanti. Disci-
plina che osservavano i Papi nel manda-
re i loro decreti , o dal loro Presbiterio
(/^.), o da un concilio romano. Autori-
tà de'loro detti in propria causa". Il dot-
tissimo p. ab. Cappellaio, poi gran Pon-
tefice Gregorio XVI, nella sua opera: 77
trionfo della s. Sede e della Chiesa, magi-
stralmente sviluppa il sublime argomen-
to del pontificio primato, provandolo:
Inseparabile dalla persona del Papa. Al
dogma del primato è essenziale il privi-
ao [ P R l
\e»\o dell'infallibilità. La distinzione tra
Sede e Pontefice, introdotta dai novato-
ri, tende alla distruzione del primato del
romano Pontefice. E' intrinseco al pri-
mato il diritto di rappresentare la chie-
sa e 1' esercizio libero di questo diritto.
Nel voi. i, serie 2.a, p. 292 degli anna-
li delle scienze religiose fu pubblicato uu
monumento prezioso dell'antica fede del-
la chiesa d'oriente sul primato della chie-
sa romana, di un antico patriarca di Co-
stantinopoli, scritto in vasta opera gre-
ca in difesa delle sagre immagini contro
gì' iconoclasti, anteriore oltre mezzo se-
colo allo scismatico Fozio e contempora-
neo a quella persecuzione. La nuova pro-
va alla gravissima autorità che ci sommi-
nistra la vetusta tradizione su tal punto
di dottrina dommatica, dice così : « Fu
radunato il Niceno II concilio equissima-
mente e con somma legittimità; poiché
secondo le stabili antiche divine regole,
■vi teneva il più degno luogo e presiede-
va parte notabile dell'occidentale supre-
mo clero, cioè dell'antica Roma; senza il
quale unni domina, che nella chiesa si e-
sauiini, quantunque per decreti canonici
e per sacerdotale consuetudine fosse sta-
to già ammesso, ciò nulla ostante non mai
si riguarderà come approvato e dedotto
ad assoluta definizione e pratica ; impe-
rocché quella chiesa gode il primato del
sacerdozio; e tale dignità ritiene cornea
lei trasmessa dai due supremi apostoli Pie»
ti o e Paolo ".
In tutto questo mio Dizionario tratto
del primato del romano Ponte/ice (F '.),
con un copioso complesso d'erudizioni, sic-
come immenso e sagro argomento,di que-
sto domma della cattolica fede; ed esso è
tale che non ve n'ha di maggior impor-
tanza per la Romana Sede e per Roma
cristiana e papale, vogliati] dire le prero-
gali ve conferite da Cristo a s. Pietro, nel-
le quii li è riposto cjuel di vino primato d'u-
nni e ed eccellenza e di vera su prema giu-
risdizione nel reggimento della chiesa di
Cristo, indi trasfuso rte'romani Pontefici
PRI
suoi successori, quale organo infallibile di
verità costituito da Dio a salute degli uo-
mini; onde questa Roma (F.) è fatta ca-
po e centro del cristianesimo, vincolo di
comunione e maestra universale a tutte
le genti, e donde scaturiscono tutte le sue
glorie e grandezze. Non debbo qui fare da
teologo, pure il miglior metodo per di-
fendere la religione cattolica e il suo pri-
mato, provarne la verità e celebrarne le
glorie, è il raccontarne la storio. Qui dun-
que mi limiterò ad accennare 1' analogo
contenuto di alcuni articoli, che indiche-
rò in piccole maiuscole, distinguendo in
carattere corsivo altre voci, alle quali pu-
re ne tratto , altrimenti riuscirebbe as-
sai prolissa una completa dimostrazione,
in raccogliere qui come in un fuoco tutti
i raggi sparsi in questa mia opera in fa-
vore dell'origine e natura del primato e-
sistente nel Papa e nella sua chiesa ro-
mana , per le testimonianze che ricaviti
dalla s. scrittura e dall'ecclesiastica e uni-
versale tradizione. A Chiesa dichiarai che
il Papa è il capo visibile della chiesa mi-
litante o società de' fedeli, sulla terra vi-
cario di Gesù Cristo che ti' è il capo in-
visibile : come tale fu il Papa sempre ri-
conosciuto, e denominato nel 3.° concilio
generale vescovo Universale (F.) e del-
la chiesa cattolica, dicendo degl'innume-
rabili epiteti e titoli onorevolissimi con
cui venne chiamato il Pontefice romano
(anche a Nome de'Papi). Che la chiesa è
inoltre indefettibile e noti può perire, co-
me una per lo Spirito santo che abita in
lei, santa, cattolica e apostolica, com'è
infallibile; inutilmente quindi fu combat-
tuta la chieia cattolica nel suo principio
vitale dell'unità, sotto il governo del ro-
mano Pontefice, il quale n'è il centro. Ag •
giungerò che s, Marcello! del 3o4 scris-
se a'vesoovi d'Antiochia, chela chiesa ro-
mana dovea chiamarsi primateecapodi
tutte le altre, e che niun concilio polca-
si celebrare senza l'autorità del Papa. Il
primato della latina chiesa è anche indi-
cato nel cauto che faceasi in Costantino-
Pili
poli dell'Evangelo latino prima del gre-
co , come notai nel voi. IX, p. 2 r , per
quello che si canta in Roma ne' pontifi-
cali del Papa. A Gerarchia ecclesiasti-
ca dissi che n' è supremo Gerarca (Tr.)
il Papa, gerarca de'gerarchi; ch'è fonda-
ta da Gesù Cristo nel principe degli apo-
stolici.0 Pontefice s. Pietro, alla cui bio-
grafìa eziandio parlai del suo primato e
di quello de' successori, fonte d'ogni ec-
clesiastica giurisdizione, e come da esso
emani l'armonico ordinamento di tutta
l'ecclesiastica gerarchia, per le due pote-
stà che in sé riunisce, di ordine e di giuris-
dizione. A Patriarca osservai che il Pa-
pa è il patriarca de' patriarchi, pastore e
giudice universale di tutte le chiese e di
tutto il mondo, come lo sarà sino alla fi-
ne de' secoli ; avendo pure il concilio di
Firenze riconosciuto il primato della se-
de apostolica su tutta quanta la terra, se-
condo gli altri concilii ecumenici. Dell'au-
torità principale del Papa sopra tutta la
cbiesa, esercitata eziandio nel conferma-
re o riprovare le elezioni de' patriarchi
orientali; come dell'autorità patriarcale
de'Papi sulle elezioni primaziali, arcive-
scovili e vescovili del patriarcato occiden-
tale sempre esercitata, spettando al solo
Papa sciogliere i vescovi dal vincolo spi-
rituale che hanno colle loro chiese. A Pri-
mate e Metropolitano egualmente trat-
tai della supremazia del Papa compren-
sivamente alla deposizione, e ne riportai
esempi; riproducendo l'opinamento del
p. Amort,non parzialissimo della papale
giurisdizione, ch'è meglio le cause de' ve-
scovi si giudichino a Roma, che ne'con-
cilii provinciali. ACmAviragionai di que-
sto simbolo del supremo potere spiritua-
le di legare e sciogliere^ di aprire echiu-
dere il cielo, di governare la chiesa colla
suprema cura pastorale di tutto il greg-
ge Cri stiano j siccome attributi del Papa
conferiti da Gesù Cristo nella persona di
s. Pietro, come solo fondamento e capo
della chiesa universale ; cioè gli diede il
primato di onore e il primalodi giuriseli-
P R I 20?
zione tanto sopra gli apostoli, che sopra
la chiesa universale; il patronato della
casa di Dio, la tutela delia città di Dio;
il potere di emanare leggi spirituali , di
confermare i suoi fratelli riuniti o disper-
si nelle loro pasture; poteri tutti di cui
godono i di lui successori Pontefici roma-
ni, ai quali di mano in mano passa la cu-
ra pastorale del cristianesimo. Ne ripor-
tai gli altri significati, anche per que'mo
minienti che rappresentano s. Pietro con
3 chiavi. A Fede o credenza di nostra s.
religione rimarcai che le decisioni in ma
teria di fede, fatte dalla chiesa universa-
le e dal Papa , per Condanne di errori
(F'), e sui donimi, sono di fede. A Bea-
tificazione e Canonizzazione riportai co-
me il Papa nella pienezza di sua autori-
tà ordina a tutte le chiese ed a tutti i fe-
deli di venerare per beati e santi chi ne
crede meritevoli: può vedersi anche Cul-
to, Liturgia, Riti, per l'autorità die vi
esercita il Papa, dottore e maestro uni-
versale. A Disciplina ecclesiastica nar-
rai che appartiene principalmente al Pa-
pa il modificarla o variarla senza cam-
biare il suo spirito e l'esteriore discipli-
na, e ciò secondo le particolari circostan-
ze de'tempiede'luoghijCon prudente con-
discendenza. A Matrimonio, sacramento
e unione indissolubile dell'uomo e della
donna, dimostrai come il Papa può scio-
glierlo e accordare il Divorzio (F.), con-
cedendo Dispensa [V.) dagl'impedimen-
ti. A Penitenziere, Penitenziere maggio -
REj Penitenzieria trattai della podestà di
ritenere e rimettere i peccali, dell'asso-
luzione dei casi riservati privativamente
al Papa, inclusivamenle ai voli religiosi,
disciplina antichissima della chiesa. A In-
dulgenza tenni proposito della remissio-
ne della pena canonica e temporale do-
vuta pel peccato , che concede la chiesa
a mezzo de'vescovi e del Papa con potere
di giurisdizione ; ma che lutti riguardo
al Papa sono convenuti, ch'egli solo ab-
bia senza limiti potere e autorità di con-
cedere indulgenze a lutti i fedeli, sì pie-
ao6 PRI
narie the «il Ire, avendo i Papi stabiliti gli
Anni Santi ed i Giubilei (Tr.)i notando
quali limitate indulgenze possono conce-
dere i cardinali e i vescovi. Quanto al po-
tere d'infliggere e togliere le censure, il
Papa dopo Monitorio ( V.) pubbl ica V In-
terdetto e la Scomunica (J7-), con inter-
dire e separare dalla chiesa chi ne puni-
sce; poscia colla slessa potestà assolve e
concede le Assoluzioni dalle censure e Pe-
ne ecclesiastiche (T r.). Ad Appellazioni
alla s. Sede provai che il Papa per ne-
cessaria conseguenza del suo primato di
diritto le riceveda tutte le parti del mon-
do cattolico , affinchè giusta la sua sen-
tenza pronunziata con pienissima giuris-
dizione, venga riformato il giudizio, co-
me quello che per divina istituzione ne
ha il potere, qual successore di s. Pietro,
stabilito pastore della chiesa universale,
nella quale tiene il primato anche al di
sopra di tutti i vescovi: come n'esercitò
il diritto sino dai primi secoli del Cristia-
iiesiino, ne riportai esempi e prove. Inol-
tre a Commissioni dichiarai che di legit-
tima conseguenza il Papa può commet-
tere ad alcuno da lui delegato le cause,
delle quali èstatointerposto l'appello del-
la sede apostolica, essendo di loro natu-
ra i pontificii giudicali irreformabili, pel
suo venerando capo d'ordine e di giuris-
dizione , dicendo pure delle norme che
hanno luogo. Non la finirei più, se di lutti
gli articoli relativi al primato volessi par-
lare: principalmente si possono vedere gli
articoli de'concilii generali di Laterano,
di Costantinopoli, di Firenze, di Trento,
di Costanza, di Basileacsiio conciliabolo,
Missioni pontificie, Sede apostolica , s.
Gregorio VII, Innocenzo III, Pio IX. A
Concilio dissi che i condili confessano il
primato pontificio, esistito prima di loro;
che il Papa ha giurisdizione su tutta la
chiesa, che non potrà mai eirarenella fe-
de (eziandio a s. Pietro ed u Papa), se-
condo la divina promessa, che la sua fe-
de non verrà mai meno e che gli sforzi
dell'inferno non prevaleranno né avran-
PRI
no giammai forza sulla chiesa , di cui è
pietra fondamentale; cheha diriltodi-con-
vocare i concilii generali e di presiederli,
anche per mezzo de'suoi Legati (^.), al-
trimenti non sono Ecumenici {Jr.)j che
i concilii non hanno autorità senza la con-
ferma del romano Pontefice, cui va sem-
pre unita l'adesione della chiesa cattoli-
ca, né occorre che la dieno in un sinodo
romano; della potestà del Papa sopra il
concilio; avendo ancora detto delle scan-
dalose reità delle appellazioni dal Papa
al concilio. A Mano ed a s. Pietro spie-
gai che la diversa situazione come talvol-
ta sono rappresentate ne' monumenti e
sigilli le effigie de'ss. Pietro ePaolo, non
pregiudica affatto al primato del primo
e alla suprema potestà a lui unicamente
concessa da Gesù Cristo, avendo mostra-
to in quella biografìa: che le prerogative
conferite da Cristo a Pietro furono pro-
prie e singolari di Pietro solo; acchiuse-
ro un'intrinseca eccellenza sopra quello
che fu da Cristo compartito a tutti gli
nitri apostoli ; contennero una vera su-
periore autorità e giurisdizione nel go-
verno della chiesa, dai quali elementi si
formò il divino primato del principe de-
gli Apostoli : come Pietro esercitò tutte
le parti di supremo capo, maestro, legis-
latore, vindice, giudice, quali si addice-
vano al suo primato. Finalmente a Giu-
ramento,formale religiosa promessa, rac-
contai come i Papi con autorità aposto-
lica li sciolsero, eparlai del Dictatus Pa*
pae attribuito a s. Gregorio VII, in uno
all'autorità de' Papi sopra i sovrani, i
quali la riconobbero ne'tanti modi chece-
lebrai in molti articoli a loro onore; men-
tre ad Imperatore discorsi del ristabili-
mentodell'impero occidentaleoperato dai
Papi, e quanto riguarda le due podestà,
argomento che svolsi in non pochi luo-
ghi, come a Concordato, a Pace. A Pa-
squale II e Pio VII riportai le loro eroi-
che ritrattazioni per le concessioni fatte
agl'imperatori Enrico V e Napoleone.
Alle relative opere che qua e là citai
PRI
si possono aggiungere: Giuseppe Esleve,
De pò testa le Pontifici:, Coloniae i58o.
// primato del romano Pontefice difeso,
Bavenna 1769. Orsi (F.) cardinale, le
sue opere. S. Bernardo, De romani Pon-
lificis furisdictione, Romae 1 79 1 . Rosko-
vany , De primatu romani Pontifici s ,
Aug.Vindel. 1 834- Giuseppe Ignazio Mo-
reno, Saggio sopra il primato del Papa,
specialmente per quanto spetta alla isti-
tuzione de'vescovi, Lima 1 836. Opera as-
sai lodata nel voi. 6, p. 4^6 degli Annali
delle scienze relig., per dottrina e robu-
stezza d' argomenti contro le perniciose
dottrine de' nemici del primato. Nel voi.
8, p.i 55 viene encomiata qual tesoro di
vasta erudizione e di prove trattate con
logica profondità, l'opera delD.rRolhen-
see : // primato del Papa in tutù i secoli
dclcrislianesimo,Nagouia i836. Il pri-
malo della sede apostolica e l'autorità dei
concilii generali di fesi inuna serie di let-
tere indirette al Rmo. d.r J. H. Hopkins
vescovo della chiesa episcopale protestan-
te di Pennoni, da mg.r Francesco Pa-
trizio Kenrick, vescovo di Araili, e coa-
diutore del vescovo di Filadelfia, ivi 1 838.
Nel voi. g, p. 146 della 2.* serie, con ben
giusti elogi encomia l'autore dell'opusco-
lo : La Cattedra di Pietro fondamento
della Chiesa, fonte della giurisdizione ,
centro dell'unità, per Tommaso Gugliel-
mo Allies autore dell' opuscolo intitolato:
La Chiesa anglicana purgala dall' im-
putazione di scisma, Napoli i85o. Così
questo chiaro scrittore anglicano riparò
agli errori contenuti nella 1." opera e si
fece fervente cattolico; con che condan-
nò di scisma e di eresia quellachiesa an-
glicana che prima avea diféso e di cui
era stato ministro, riconoscendo che al-
tra vera chiesa non v'ha, che quella fon-
data nella Cattedra di s. Pietro (F.) , e
in comunione con essa ( F. Eresia). La
Civiltà cattolica, nel voi. 4> P- 4 '5, non
solo ricolmò di lodi per sì capitale argo-
mento di domma cattolico il medesimo
valoroso controversista Allies, perchè in
PRI 307
detta pretesa chiesa il cardine della con-
troversia sta nel punto del primato del
Papa, ma ci diede succinta, importante e
lucida analisi di sua opera. Nel voi. 5 poi
a p. 1 14 la Civiltà annunciò la pubbli-
cazionee fece rilevarci grandi meriti del-
l'esimia e dotta opera del celebre: Caro-
li Passaglia e soc. Jesu in romano col'
legio theol. prof. Commenlarius de prae-
rogativìs h. Pelri aposlolorum principia
auctorilate divinar um litterarum compro-
batis , Ratisbonae i85o. Imperocché il
profondo teologo ben meritò della verità
e scienza cattolica, per aver ex professo
vittoriosamente confutato e combattuto
colle stesse loro armi i protestanti avver-
si al primato di s. Pietro, i quali, come
d'ogni altro domma cattolico, si accam-
pano e si trincerano nella sola s. Scrit-
tura, il cui vero senso sempre con nuove,
capricciose, sofistiche e cavillose interpre-
tazioni applicano , onde sostenere la de-
plorabile originedel protestantesimo, che
nata nel negar il domma del primato, il
protestante torna al vero ovile col ricono-
scerlo. Terminerò col ricordare : Che \[
romano Pontefice è monarca supremo
nella chiesa e come tale nel governo del-
la medesima non puòesseregiudicato da
11css.no. Questa proposizione è di fede ;
e Antonio de Oominicis , che negava il
regime della chiesa essere monarchico, fu
condannato siccome scismatico ed ereti-
co. Scrive Gersone , De sta tu ecclesiae :
«L'ordine episcopale va ragionevolmen-
te soggetto ad un monarca supremo, per
conservare l'unità della fede ".Quando s.
Simmaco nel 5oo convocò il sinodo Pal-
mare nel portico Vaticano e si volle sog-
gettare al giudizio di 125 vescovi, questi
nel dichiarar la sua innocenza protesta-
rono: «11 vescovo della romana sede noti
deve so£[«iaceie all'esame de'vescovi mi-
nori ". Per le istanze di s. Leone III in-
vitati i vescovi delle Galliee d'Italia da
Carlo Magno a pronunziare giudiziosul-
le accuse fatte contro di s. Leone ili me-
desimo, risposero concordemente:» Noi
2o8 P R I
non giudichiamo il capo di tutte le chiese,
poiciiè si appartiene a questa cattedra e
al suo pastore* vicario di Gesù Cristo, il
giudicare noi tutti. Quanto ad essa sap-
piamo per antica consuetudine che ninno
Jo giudica. E noi ubbidiamo a ciò che il
sommo Pontefice avrà stabilito ". Nel-
I' assemblea del clero di Francia del 20
gcnuaioi626 venne proclamato solenne-
mente : Che tutti i vescovi rispetterebbe-
ro il santo Padre , il capo visibile della
chiesa universale e successore di s. Pie-
tro, sul quale Gesù Cristo ha fondato la
sua chiesa dandogli le chiavi del cielo col-
l'infallibilità della fede,che si è veduto mi-
racolosamente durare immutabile ne'suoi
successori sino al presente. Nell'assemblea
del 1682 disse il gran Bossuet : «Non si
dica che il ministero di s. Pietro finì con
lui. Egli parlerà sempre nella sua sede...
La chiesa romana ammaestrala da s. Pie-
tro e dai suoi successori non conosce e-
resia. La fede romana è sempre la fede
della chiesa. Pietro rimane sempre il fon-
damento de'fedeli ne'suoi successori". In
forza del primato d'autorità appartiene
al Papa la potestà suprema e indipen-
dente di far leggi universali per tutta la
chiesa, di regolarne la disciplina, e di ob-
bligare i fedeli, a qualunque nazione ap-
partengano, alla loro osservanza, costrin-
gendo anche con salutari penei ripugnan-
ti e contumaci. La proposizione contrad-
dittoria a questa fu già riprovala come e-
relica dalla facoltà di Parigi nel 161 7, e
come tale anche risulta nella condanna
della proposizione 4-a del sinodo o con-
ciliabolo di Pistoia, fatta da Pio VI nel-
la bolla dommatica , Auclovem fidei. Il
Papa non è solo il difensore, il custode,
l'interprete de'sagri Canoni (/'.); egli ha
pienissima autorità di stabilirne de'nuo-
vi. Canonum Condilorem lo appella lo
stesso Bossuet nella prefazione alla Dife-
ta della dichiarazione j e nella Gallia or'
lodo ssa confessa che come capo della chie-
sa ha lnii.i l,i forza di far eseguile i suoi
decreti. Questo doppio potere di reggere
PRI
e d' insegnare, nel pontifìcio primato di
divino giure, fu sempre confessato e ri-
conosciuto dall'Occidente e dall'Oriente
cattolico. Risalendo all'antica civiltà ro-
mana, sempre si fa innanzi questo potere
medesimo, questa cattedra apostolica di
s. Pietro, grandeggiante e autorevole in
tutte le chiese dell'orbe cristiano. Nou vi
è monarchia europea che possa a gran
pezza aggiungere la sua antichità : bensì
il pontificio primato ha veglialo sul pri-
mo nascere di loro tutte, ne ha educato
1' incremento, assistito allo svolgimento,
resa durevole la loro maturità. Mentre
ogni cosa intorno a lui , imperi , razze,
costumi, coltura, lettere, sede di politico
potere, sede di civile preponderanza, di
continuo si Ira mula, esso solo, senza esem-
pio somigliante, da ben 18 secoli si sta sal-
do, inalterabile e tenace de'suoi diritti. A.
queste poche testimonianze sul primato
del Papa e sua chiesa romana , porrò il
suggello colle parole del dottore s. Ago-
stino: « Quod credunt, credo; quod te-
nent, teneo; quod praedicant, praedico;
istis crede et mihi credis; acquiesce islis,
et quiescis me. Quod invenerunt in Ec-
clesia tenuerunl; quod didicerunt, quod
a patribus acceperunt, hoc filiis tradide-
runt ". V. Pontificato.
PRIMICERIO oPBIMlCERO, Fri-
micerius. Il primo, il capo, nome che si
attribuì ai principali ulliziali di ciascun
ordine. Il primicerio nelle dignità eccle-
siastiche dopo VA rei diacono e V Arcipre-
te. (fr.) egualmente teneva ili.0 posto, e
questo titolo si può applicare a qualun-
que capo o primo in qualunque corpo-
razione, congregazione e in qualunque
altra adunanza, inclusi vamente alle Ar-
ci confraternite o Confraternite e Univer-
sità artistiche {fr-), a quello che nel ruo-
lo , albo o tabella viene pel primo de-
scritto, per lo più prelato, che talvolta
ha il titolo di governatore. In latti nel
diritto civile e nell'ecclesiastico si fa men-
zione del primicerio; nel codice civile ili
Giustiniano vi è il titolo: Del Frunice-
riu
r/Ojl* il, t. 7; ed in tutti gli uffici auli-
camente eravi il primicerio, come il se-
condicerio, terzicerio, ec, per designare
il 1 .°, il 2.0, il 3.°ec. Cujacio fa menzione
del primicerio de'cubiculari, de'mensori,
de'tesorieri: Cassiodoro parla del primi-
cerio de'JYotari (f'.),che noi chiamiamo
capo notaro ; in somma il primo in or-
dine, in qualunque impiego, carica e oc-
cupazione: i notari della chiesa di Costan-
tinopoli ancora aveano il primicerio o
gran primicerio e arcidiacono, secondo
Nardi. Egualeappellazioneebberoi mem-
bri degli uffici militari e altri civili, e gli
imperatori sene servirono per distingue-
re i primari delle loro corti, come i Papi
nella propria. Si è usato questo nome, ed
ha secondo alcuni avuto la sua origine,
perchè prima dell'invenzione della carta
e delle membrane si scriveva in tavolet-
te, foglie e altre materie preparate con
cera, sopra delle quali si scriveva con u-
no stile di ferro o di altra materia (come
facciamo noi colla Penna, V.), e quello
che veniva pel i.° notalo dicevasi/jw/i/-
ctrio, chi nel i.° poslo secondicerio, chi
per ultimo ulti micelio. Dallo scrivere sul-
la cera, Capicerio fu sinonimo di Primi-
cerio, cioè il i.° inscritto nella matricola
o catalogo che si chiama cera, secondo
alcuni. Cassiodoro chiama il sigillatore
delle pubbliche patenti protocerius. Al-
tri credonoche il capicerio fosse una spe-
cie di Sagrista, raccoglitore delle Can-
itele, come custode de' Lumi (F.). Galletti
coIl'autoritàdelBrissonioe di Suida spie-
ga il vocabolo Primicero, il primo nel-
l'ordine, vale a dire che la voce Primi-
cero non è congiunta, ma semplice, e uni-
Tersale a tutti quelli che tengono i primi
luoghi in qualsivoglia ordine. Perciò da
s. Agostino e neh' Istoria di Gerusalem-
me di s. Basilio di Nola, s. Pietro è chia-
malo primicerio degli apostoli : I.vone di
Chartres parlando del suo primato, nel
Semi, in Calli, s. Petr. scrisse: conslitui-
tur pos t Deuin primicerius. In questo sen-
so s. Bernardo elegantemente chiamò la
vol. ir.
P R I 209
B. Vergine : Virginum primiceria. Nel
sermone 2 1 di s. Agostino, il i.° martire
della chiesa cattolica s. Stefano è deno-
minato primicerio de' Martiri. Macri nel-
la Nat. de' vocaboli eccl., alla voce Pri-
micerius,\o definisce: talvolta dignità ec-
clesiastica, la quale era capo di tutti i chie-
rici e di grande autorità, ovvero il i.°o
capo di qualsivoglia ufficio, come il pri-
micerio o capo de Cantori (P.); il pri-
micerio o capo de' Lettori (Pjj ilsopra-
stante di palazzo, primicerius aulaej il
primicerio de' Difensori (P.), capo degli
avvocati, del quale parlai in diversi ar-
ticoli (ed anche a Primicerio della s. Se-
de, in uno ai difensori); il capo dell'or-
dine de' Diaconi{V.) cardinali, diaconus
cardinalis primicerius (o Prior). Per In
medesima ragionefu dalncmarodiReims
chiamato primicerium Drogone vescovo,
perchè era stato destinato dal Papa suo
vicario in Francia. Quanto al primicerio
capo de'cantori o maestro del coroe nelle
chiese Cattedrali dignità ecclesiastica, ne
parlai ad Arcicantore, Cantore, Pre-
centore: coi'due primi vocaboli si chia-
mò propriamente il primicerio de'can-
tori, col 3.° il secondicerio de'medesimi,
ossia il compagno dell'altro, sebbene in
alcune chiese anch'egli ebbe il nome di
primicerio, come fu pure dignità eccle-
siastica. Dice Sarnelli che Celestino III
accordò la mitra alle 4 dignità della me-
tropolitana di Manfredonia: arciprete,
arcidiacono, primicerio o cantore, secon-
dicerio o precettore; notando che in al-
cune cattedrali si chiama corista un sem-
plice prete direttore de cantori, Borgia,
Memorie di Benevento t. 3, parla del pri-
micerio di quella chiesa capo delle scuole
del 1236, cui si apparteneva deputarvi
i maestri, intitolandosi: » D. Robertus
Dei gratia ecclesiae Beneventanae Pri-
micerius, et magister scholarum ". Leggo
in Vermiglioli, Lezioni di diritto canoni-
co, voi. 1, p. 235: dell' officio del Pri-
micerio, che questi ossia il 1 ."cantore ven •
ne chiamalo anche maestro di scuoiare
'4
2 IO PIÙ
i chierici minori apprendevano il canto
e i primi erndimenti della grammatica.
Che al medesimo spelta la distribuzione
de'cerei da portarsi, e secondo altri por-
lava il cereo avanti il vescovo o avanti
il re. Inoltre che 'vi era altra scuola per
quelli che apprendevano la teologia e le
cose sagre, e chi era il i.° dicevasi Pri-
micerio e si distingueva dal cantore. Os-
serva Nardi, Deparrochi t. 2, che il pri-
micerio de'cantori era un primicerio dei
minori, cioè primicerio d'una sola scuo-
la, come primicerio minore era il primi-
cerio della scuola de'lettori ; che furonvi
ancora il primicerio della scuola degli o-
stiari, ed esisteva una tale scuola in Tar-
ragona nel 5 16; il primicerio degli ac-
coliti, de'notari e altri primiceri più o me-
no glandi, più o meno rispettabili secon-
dochè era in maggiore o minore stima il
collegio al quale presiedevano. Talvolta
un canonico presiedeva-a ciascuna di tali
scuole. Dopo il primicerio minore capo
della scuola o collegio, vi erano il secon-
dicelo che faceva le veci in caso di bi-
sogno del primicerio, quindi il tertius }
quàrlus, quintus, sexlus, seplimus, senza
aggiunta di cerius, i quali doveano ren-
dere conto del loro operato, come i no-
lari, al capitolo o presbiterio. Così erano
mentovati i notali della chiesa di Raven-
na. Il Primicerio della s. Sede (fr.) lo era
i\e Notati e poi de' Giudici (^/). Nella
chiesa romana vi fu il Primicerio de'caii'
tori, prelato dignitario della s. Sede eca-
po delle loro scuole : ne parlai a Bacio di
Pace, Cantori pontificii, Musica sagra,
Orfanotrofio, Pranzo, Feruia, Presbi-
terio^ altri articoli, come nel voi. Vili,
p. i45, 1 46. Questa scuola e collegio in-
terveniva all'elezione del Papa, ed il pri-
miceriosi sottoscriveva dopo l'ultimo car-
dinale diacono. Tuttora è illustre il col-
legio de'cappellani cantori della cappella
pontificia, e forma un ceto canonicale,
dovendo essere ciascun cantore almeno
chierico tonsurato, vivere in istato celibe
ed incedere in obito ecclesiastico.
P R I
Quanto poi al Primicerio, altra dignità
ecclesiastica delle Cattedrali, detta Pri-
micerialo, egli esercita uffizi, giurisdizio-
ne, e gode prerogative secondo i luoghi.
Nardi, Dei p arrochì t. 2, cap. 28: Sulle
antiche cariche capitolari ,d\ce che quella
di Primicerio incominciò di buon'ora, poi-
ché il concilio di Merida del 666 vuole
che in ogni cattedrale non manchi l'ar-
cidiacono, l'arciprete, elPrimiclerum}c\\e
dal can. 14 vedesi essere quello che pre-
siedeva al clero minore, cioè ai suddiaco-
ni e altri chierici inferiori; quasi Primi-
clerium, cioè primo o capo del clero mi-
nore. Ne'concilii di Toledo del 655, 683
e 688 si mentova il primicerio di Tole-
do, come pure parlasi del primicerio nella
regola di Grodogango, in s. Isidoro e in
altri monumenti. In un diploma del 903
è mentovato, dopo l'arciprete e l'arcidia-
cono, il primicerio di Piacenza; in altro
del 967 la chiesa di Ferrara avea il pri-
micerio; in altro del 996 si trova il pri-
micerio, il custode, il cantore, cariche ca-
pitolari della chiesa di Arezzo. Nel mede-
simo secolo X già l'avea la cattedrale di
Parma, e considerata dignità, del quale
feci cenno nel voi. LI,p, 214, parlando
ancoradeliSV/grwta^.^edi opuscoli che
trattano ancora genericamente del pri-
micerio delle cattedrali. Tra' canonici
cattedrali di Milano nel 1 1 44 sonovi
il primicerio prete ed il primicerio dei
lettori, il maestro de' cantori. Nel 1290
la chiesa di Rimini avea il primicerio dei
chierici. Oltre il primicerio maggiore ca-
nonico che presiedeva al clero minore,
vi furono (e forse sonovi) i primiceri mi-
nori, detti pure secondiceri, i quali pre-
siedevano ai collegi privati,chiamati scuo-
le. II primicerio vero o sia il maggiore,
oltre la detta presidenza, avea cura degli
oratorii,de'chierici e loro ordine nel sal-
meggiare, correggeva i suoi inferiori de-
linquenti; hasilicarios ipse consti tuit, in-
combenza di grande autorità, cioè quel-
la di mettere gli ecclesiastici che crede-
va nelle basiliche; ed in tempi posici io-
PRI
ri matricularios disponi t, vicarie che ve-
nir doveano alla città a certe uffiziatu-
re, le quali erano composte di varie se-
zioni di clero, che aveano ciascuna il lo-
ro primicerio minore.Della cera che ri-
maneva nelle basiliche, tre parti tocca-
vano al primicerio e al prete che vi di-
ceva la messa , forse canonico ; giacché
si dice che la 4-a palle sarà del basilica-
rio. Nel Ma itene possono vedersi le mol-
te scuole, e forse nel V secolo esisteva il
primicerius cantorum s. Ecclesiae Nea-
politemele. Noterò che in quella metropo-
litana vi è V Arci primicerio, e l'ebbero
ancora altre chiese. Nardi rileva dal con-
cilio d'Auxerre del 578 YArchisubdia-
conus per primicerio o capo de'suddia-
coni. Nella cattedrale di Metz era vi il pri-
micerio o primiero, qual i.' dignità. La
metropolitana di Venezia aveva il primi-
cerio di s. Marco, che godeva prerogative
vescovili e l'uso de'ponlificali. Di molli"
primiceri delle cattedrali e altre chiese
fo menzione ai loro articoli, come del Se-
condicerio (Z7.). Fra le altre hanno pri-
micerio dignità, Borgo s. Donnino, Reg-
gio, Mantova, Metz, ec. Di altri primi-
ceri tratta Chiapponi, Ada canoniz. p.
284 : De primicerio, ed anche dell' au-
la imperiale di diverse specie, delle de-
nominazioni e uffizi de'quali parlai aCoR-
te e in molti analoghi articoli. Galletti,
Del primicero della s. Sede, discorre an-
cora delle diverse qualità de' primiceri
dell'impero, de'collegi, degli uffizi, di or-
dinazioni e di arti.
PRIMICERIO 0 Primicero della s.
Sede. Dignità e uffiziale maggiore della
Sede apostolica edel Palazzo Lateranen-
se{F.), Primicero tle'collegi de'7 Notari
poi detto de'7 Giudici palatini^.). Gae-
tano Cenni, Dissert. l. 1 : Disseriazione
ir, dell'origine, incombenze e dignità del
Primicerio e Secondicerio della chiesa
romana, con severa critica volle ripur-
gare questi due primari de'sette uffizi pa-
latini dal di più che loroattribuironoPan-
vinio, Rasponi e Mabillon. I selle uffizi
PRI 211
furono : Primicerio, Secorulicerio, Arca -
rioo Tesoriere, Sacellario, Proloscrina-
rio, Primicerio de'DiJensori, Nomencla
tore. Di tutti scrissi articoli : il vocabolo
Primicerio , che Galletti chiama Primi-
cero, Io spiegai a Primicerio: col Secondi-
cerio furono così per eccellenza denomi-
nati quelli del collegio de'notari regiona-
ri ovvero Primicerio e Secondicerio del-
la s. Sede. Cenni dichiara che i 3 memo-
rati scrittori seguendo Giovanni Diaco-
no della basilica Lateranense nel trattato:
De ecclesia La leranensi (sulla critica di
Cenni contro Giovanni va letto Cancel-
lieri, Meni, delle sagre leste, p. g), inter-
pretavonoi' A nwiiniculalor per l'uvvoca-
to de Poveri (Z7.), mentre quell'uffizio fu
adatto ignoto agli antichi, e probabilmen-
te fu preso Nominculalor o Nomenclato-
re, uffizio celebre palatino, per Ammini-
culator, chiamato da Paminioeda altri
erroneamente Adminiculator. Galletti lo
credette sinonimo di Nomenclatore (/'.).
Vuole Cenni il primicerio de'notari regio-
nari tanto antico quanto lo sono i notai 1
medesimijche in principio nonfu altroché
il primo u decano eli quel corpo o collegio.
Siccomeinotari,aImodoeperl'uffizioche
narrai al loro articolo, furono istituiti dui
discepolo e successore di s. Pietro Papa
s. Clemente I del 93, così dopo il colle-
gio o Presbiterio (F.) de' Preti e Diaconi
è il più antico della chiesa romana, ed
in questa istituzione fu imitata dalle al-
tre, come dissi a Notari e altrove, come
lo fu nei Difensori (f^.), e Secondiceri
(Ir.).\\ Pontefice divise Roma in 7 regio-
ni ecclesiastiche, non unendone due delle
antiche in una,comechè ripartita da Au-
gustoin 1 4 legioni o Rioni di Roma [f^.),
ma piuttosto assegnando confini propor-
zionati più o meno ampli, secondochè i
cristiani ne'rispettivi luoghi più o meno
abbondavano, al dire di Galletti. Queste
7 regioni s. Clemente I le assegnò ai 7
nolari regionari, perchè ciascuno tenesse
nella sua conto degli a\.i\à& Martiri ( f^ .),
ritenendoli il Papa necessari per animare
ai ->. P R I
i fedeli a imitarne gli esempi, donile tras-
sero origine i Martirologi (P-), come il
cospicuo collegio de'prelati Prolonotari
apostolici (F-). Anticamente questi no-
tari furono chierici, ma di un grado in-
feriore ai suddiaconi, forse il i.° grado
del chiericato; in seguito si coniugarono,
indi tornarono ad esser chierici. Dappoi-
ché e pei tanti esempi che riporterò e per
aver eziandio letto in Zaccaria,i5Vo/7Vz lelt.
t. 6, p. 579, che il p. ah. Nerini, De tem-
pio et coenobio ss. Bonifacii et Alexii (p.
3 84 avendolo riscontrato), dimostra ave-
re mg.r Giorgi avuto ragione di scrivere
nelle note al Baronio all'anno 8176 924,
che i primiceri e così pure i secondiceri
della sede aposlolica potevano aver mo-
glie, anzi aggiungerò che l'ebbero e no-
bilissime quelli che lessi nel Nerini stesso
e nel Galletti. Inoltre trovo in Garampi,
Memorie della b. Chiara p. 54o, che ap-
provando l'asserto dal p. Nerini, riporta
una testimonianza del ioi3 di altro pri-
micerio maritato, ed osserva, che il pri-
miceriato della sede apostolica nel secolo
XI non era uffizio che esigesse ordine sa-
gro, e che soslenevasi da persone nobili
e potenti, che anco a veano moglie. Quali
uffizi calamitosi esercitassero il primicerio
e i Notari in tempo delle Persecuzioni
(^V), a quell'articolo lo riportai, in uno
alle nuove incombenze loro affidate da s.
Giulio I del 336, espressamente nomi-
nandosi nella disposizione, Primiceriuni
notariorum, il quale era stato applicato
in una delle 7 regioni a raccogliere gli alti
de'marliri, come ciascuno de'colleghi nel-
la sua. Pel decreto però di s. Giulio I, il
primicerio divenne presidente del colle-
gio con uffizi così ragguardevoli, che lo
costituirono uno de' principali ministri
della s. Seóe. Di tali uffizi o incombenze
con Cenni e con quanto altrove riportai,
ne descriverò tre più singolari e che ab-
bracciano diverse delle minori, comuni
anche ad altri uffizi palatini; due spet-
tanti al governo di s. Chiesa, ed una al
servigio del Papa nel divin ministero.
PIÙ
La prima e più antica era quella di
presiedere all' uffizio de' notari. Questa
non era limitata ai soli atti pubblici di
donazioni, permutazioni e simili, come
delle cause de' chierici , sostituite da s.
Giulio I dopo le persecuzioni, alla com-
pilazione e registro degli atti de'marliri,
delle quali si trovano esempi sino al se-
colo XI in Bianchini, Anastasio t. 3, p.
8; ma estendevasi alle scritture domina-
tiche, agli atti de'concilii e agli altri do-
cumenti che formavano la Biblioteca del-
la s. Sede (^r-), la quale per lungo tem-
po perseverò indistinta dal suo Archìvio
(Z^.). Al primicerio fu affidata la custo-
dia dello scrigno o archivio pontificio ,
donde poi estraeva ed esibiva ne'concilii
romani 1 documenti per decifrare e ri-
solvere le questioni. Quindi abbiamo che
Papa Vigilio nel 544> dopo aver fatto
leggere parte del poema sagro di Ara-
tore ligure (cardinale secondo Cardel-
la e Pasolini , il quale lo vuole raven-
nate), fatto da re Teodorico conte del-
le cose domestiche e private, forse sud-
diacono della chiesa romana (errò Mu-
ratori nella patria e nel grado ecclesia-
stico), alla sua presenza sedente nel Pre-
sbiterio (/"■.), e a quella numerosa de've-
scovi, de' cardinali e dell'alto clero in-
nanzi alla Confessione di s. Pielro{V.)t
e dopo di averlo replica tamente fatto leg-
gere tutto in più giorni nella chiesa di s.
Pietro in Vincoli per soddisfare le bra-
me universali del clero,aviclo a que'tem-
pi di simile sacro pascolo, il Papa conse-
gnò il codice a Surgenzio primicerio dei
notari perchè lo riponesse nell'archivio
della chiesa romana, scrinioecclesiae, co-
me contenente in versi eroici gli Alti de-
gli Apostoli descritti da s. Luca. Stefano
III detto IV allorché nel 769 volle in-
formare il concilio Lateranense dell'ini-
qua invasione di Costantino, disse ai pa-
dri : » Ecce dilectus filius noster Chri-
slophorus Primicerius, quae scit ea di-
cat". Ond'egli che già avea fatto epilogar
gli alti di essa dallo scrinano, ne prò-
PRI
dusse il compendio, premettendo le do-
vute scuse. Gran prova del continuato e-
sercizio di questa prima incombenza sa-
rebbero i privilegi, le lettere e Bolle{F'.)
ponlificiescritte dallo scrinano notaro re-
gionario dipendente dal primicerio* seb-
bene non tutte hanno la data di questi,
come l'hanno quelle di Adriano I pel mo-
nastero di s.Dionisio; «scriptum per ma-
numChristophori notarii et scrinarli se-
dis noslrae in mense junio, ind. ix. Be-
nevalete (di questa forinola parlai a Di-
ploma ; della differenza della scrittura
dalla spedizione, a Data: qui aggiungerò,
che scrivendosi le bolle da un notaro re-
gionario, alle volle anche scrinano, o da
un semplice scrinano della s.Sede, il da-
ta/7*,cioèlaspedizionedelle medesime fa-
cevasi o dal primicerio o da altri ufllziali
maggiori della s, Sede). Datum calendis
julii per manum Anastasii Primicerii".
Le hanno pure le bolle di s. Leone III
per la rinnovazione del primato diCantor-
bery, per manum Eusta thii Prìrniceriij
molte di s. Nicolò I, per manum Tiberii
Primicerii; molte altre di Giovanni VIII,
per manum Christophori Primiceriij di
Stefano V per la cattedrale di Piacen-
za, per manum Zachariae Primicerii j
e finalmente quella bolla di Leone VII
del g38 per manum Nicolai Primice-
rii sttmmae aposlolicae sedis. Dopo la
quale epoca o poco appresso (anche ciò
facevano i Secondiceri t'e ne riporterò
prove anche più innanzi di detta epoca)
si trova privativamente esercitato tale uf-
fizio dal Bibliotecario (Vittore II dichia-
rò perpetuo bibliotecario il cardinal ve-
scovo di Selva Candida, secondo le con-
cessioni di Marino I e Sergio III, di cui
trattai a Porto) e dal Cancelliere (P7.).
Tuttavolla si legge aver segnato bolle e
privilegi contemporaneamente Teofilat-
to secondicelo, Teodoro e Gregorio no-
menclatori, e Stefano primicerio de Di-
fensori della chiesa romana (^r.)J e so-
pra tutto il bibliotecario. Cenni è d'av-
viso, che fin dall'VIII secolo il primice-
P R I 3 1 3
rio presiedesse all'archivio e alla biblio-
teca, benché questa avesse già il suo par-
ticolare uffizio o ministro, poiché il i.°
bibliotecario di cui si fa menzione è del
collegio sottoposto al primicerio, cioè s.
Gregorio II, il quale sotto s. Sergio I fu
fatto suddiacono e saccellario , e gli fu
commessa la cura della biblioteca. Ma in-
di in poi salendo a poco a poco in ripu-
tazione il bibliotecario, per essere dive-
nuto uffizio de' prelati de' monasteri, e
de'diaconi, preti e vescovi cardinali, tut-
ti ordini superiori al collegio di cui era
presidente il primicerio, fu stabilito che
l'incombenza di datare e segnar le bolle
e i Diplomi (Iz.) pontificii, non l'avesse
il primicerio senon in due casi, o in man-
canza del bibliotecario, o per non essere
tale uffizio in persona di alcuno degli or-
dini superiori. E poi certissimo, che il bi-
bliotecario della s. Sededopo la metà del
IX secolo era in auge di dignità, e che il
primicerio esercitò l'uffizio di segnar le
bolle, benché interrottamente, sin verso
la metà del secolo X, cioè finché l'eser-
citarono privatamente il bibliotecario e
cancelliere della s. Sede. Né si oppongo-
no all'asserto da Cenni le bolle tolte dal
registro di Subiaco e attribuite a s. Gre-
gorio I.
L'altra incombenza del primicerio
spettante al governo di s. Chiesa, sebbe-
ne non tanto antica né di lunga durata,
e molto più ragguardevole della prima,
fu il celebre triumvirato che compone-
va con l'arciprete o primo cardinale Pre-
te (A'.) e ['Arcidiacono (Z^.), sopra cui si
appoggiava tutto il governo della s. Se-
de, vacante la medesima, come notai nel
voi. XXI, p. 2 i5,di che abbiamo qualche
ombra nei cardinali capi d'ordine nella
Sede vacante e Conclave (^.), avendo
di loro trattato il libro Diurno (V.) :
III. Archipresbyler, III. Archidiaconus,
111. Primicerius servanles locus s. Sedis
aposlolicae. Lo slesso accadeva nell' as-
senza del Papa, comesi rileva pure dal-
la lettera di s. Martino I(F.) aleoùo'
£i4 PRi
io, con cui dolendosi dal luogo del suo
esilio, per essergli stato creato il succes-
sore s. Eugenio I : »In absenlia Pontifi-
cis, Archidiaconus et Archipresbyter et
Primicerius locum praesentat Pontifì-
cis". Quanto al variato ordine di nomi-
narsi da s. Martino I prima l'arcidiaco-
no e poi l'arciprete, non deve intendersi
come spiegarono Garnier e Pagi senio-
re, poiché avverte Cenni, che molto di-
verso era il governo della s. Sede allor-
ché era vacante, da quello dell'assenza del
Papa , imperocché allora i triumviri si
scrivevano; servanles locum s. Sedis. Ma
assente il Papa, locum praesentabanl
Ponlìficisy quindi non deve meraviglia-
re che l'arcidiacono Vicario del Papa
(V.), come insegnano gli Ordini romani
(l:/.) antichi e la disciplina della chiesa
romana, vivente il Papa tenesse il pri-
mo luogo e dal Papa medesimo fosse pre-
ferito all'arciprete. Baronio scrive che il
primicerio benché semplice chierico po-
teva crearsi Papa : « Nisi contigeret, ut
ex illis tribusunuseligereturPontifex".
Queste due singolarissime incombenze
del primicerio erano da gran tempo an -
date in disuso, cioè quando scrisse ve-
ramente o quando si pretende dai sun-
nominati tre scrittori corretti da Cenni ,
che scrivesse Giovanni Diacono della ba-
silica Lateranense che viveva nel i i5o,
(nel 684 già era cessato il governo trium-
virale nella sede vacante de'3 mentovati
personaggi), i quali scrittori commen-
tandolo spossessarono del loro antichis-
simo diritto i due cardinali diaconi assi-
stenti, egli avvocali concistoriali, che sen-
za dubbio sono gli antichi difensori re-
gionari, dell'onore loro dovuto, cioè par-
lando delle funzioni e cappelle pontificie,
l'intervento alle quali del primicerio e se-
condicerio, Cenni qualifica terza loro in-
combenza, volendo anche in questo cor-
reggerei ci tati autori.con dichiarare quan-
to propriamente si conviene ai due ufi*
ziali maggiori palatini e della s. Sede. Con
tutta l'ammirazione pel dotto e critico
PR1
Cenni, convengo quanto ai cardinali dia-
coni, perchè distingue i tempi della pre-
caria assistenza del primicerio e secondi-
cerio al Papa, da quella immemorabile e
continua de'due primi cardinali diaconi;
ma tèmo che abbia confuso gli Uditori
di rota (V), cappellani e suddiaconi a-
postolici già difensori e giudici palatini,
il primicerio de'quali come il secondice-
rio in progresso furono chiamali quelli
de' notari , cogli Avvocati concistoriali,
come apparirà dal contesto che vado a
riportare, sulle funzioni del primicerio e
secondicelo de' notari regionari. Della
parte che questi due ufh'ziali ne avevano,
comedi quella del primicerio de' difen-
sori, con l'autorità di Galletti, lo descris-
si a Cappelle pontificie [V.) e in lutti i
luoghi ove ne riparlai, come a Presbite-
rio {T/ .) per quello che ricevevano dal Pa-
pa, e segnatamente nei voi. Vili, p. 1 1 7
1 18, 119, 120, XVII, p. 11 5, riportan-
do la coronazione fatta da Clemente li
nel 1046 di Enrico III imperatore, e la
parte assai onorifica che vi ebbero il pri-
micerio e il secondicerio de' Giudici pala-
tini, che allora erano gli stessi primicerio
e secondicerio de' notari : ne'quali luoghi
dissi pure dell'intervento de'notari regio-
nari, de'difensori e de'giudici, figurando
principalmente il primicerio de'notari re-
gionari, il quale col primicerio de'difen-
sori, col secondicerio de'notari prestava
assistenza al Papa, come fanno i due car-
dinali primi diaconi, e nel Pranzo (V.) di
Pasqua,pressola mensa del Papa si asside-
va in quella de'5 cardinali preti e altret-
tanti diaconi. Nelle funzioni papali molti
primari ufliziali della s. Sede indossavano
il Piviale (r.),comc i difensori, i giudici,
gliscrinari, i prefetti navali, de'quali uf-
fiziali laici parlai nel voi. XLII1, p. ?.?.,
dicendo che assumevano, oltre la cotta e
il camice, il piviale all'apostolica, cioè col
braccio dritto scoperto, nel modo che ora
usano gli avvocati concistoriali. Di que-
sti l'antico ceremoniale romano dice: "Se
'telai ii et advocati super vestes coiti u
PRI
nes habeant pluviale eum apertura super
huraerum dextrum, et almucia super si-
nistruca". In luogo dell'alrauzia ora han-
no le pelli di armellino sulla cappa : a
Mattutino dissi come vestivano, se il Pa •
pa assumeva la cappa.
Narra Cenni che nelle processioni so-
lenni il Papa incedeva in Cavalcata (al
quale articolo col Galletti descrissi l' in-
tervento di tutti gli uffiziali in discorso ,
allecavalcate per l'elezione del Papa, ed
altre funzioni : si può vedere anche Ca-
vallo e Possesso), e il primicerio de'no-
tarilo precedeva : «Qui antera eum equi-
tantes praecedunt hi sunt , Diaconus,Pri-
micerius, et duo Notarii regionarii,Defen-
sores regionarii,subdiacon. regionarii" se-
condo gli Ordini romani i .°e 3.°E quando
il Papa sceso da cavallo entrava in chiesa,
vi entrava wsustentatus a Diaconibus,qui
eum susceperint de sellano descenden-
lem", o come si legge in altro Ordine:»qui
eum descendentem a sellano accipiunt ob-
viis, utaiuntmanibus". Tal era la pratica
del IX secolo, in cui maggiormente fioriva
1' uffizio del primicerio de'notari regio-
nari. Perciò Pasquale primicerio enipote
di Adriano I, quando si feceincoutroas.
Leone III (V.) pieno di mal talento per
l'esecrando sacrilegio che meditava, non
si scusò altrimenti diaver mancato al suo
preteso dovere d'accompagnarlo col se-
condicerio dexlra laevaque , ma pregò
il Papa a perdonargli l'essere senza 1' a-
bito sagro : Quia infinnus surn, et ideo
sine piartela veni. Dopo il iooo quando
nelle sagre funzioni era più. onorato il
Primicerio de' cantori (ne parlai a Pri-
micerio), che quello de'notari, allora chia-
mato Primicerius judicum , in due sole
occasioni, nemmeno spettanti alla funzio-
ne, si trova accempagnato il Pontefice ,
dexlra laevaque dalla basilica di Zacca-
ria fino in camera : il giorno di Natale
quando tornato da s. Maria Maggiore era
soeso da cavallo, dopo le solite Laudi ( Fe-
di, cioè di acclamazioni), Primicerius de-
fensorum, etsecundicerius suscipiunt eum
PRI 2*5
per manus, elducuntusque in canterani:
e il giorno di Pasqua nello stesso modo,
colla sola diversità, che suscipilur a Pri-
micerio, et Secundicerius judicum depo-
nitcoronam. Del resto anche dopo il i ooo
si troverà il Papa sostenuto da due dia-
coni, laonde Cenni dichiara falsissimo che
i cardinali diaconi abbiano ereditato dal
primicerio e dal secondicerio l'onore d'as-
sistere il Papa, come pretesero gl'inter-
preti di Giovanni Diacono, Panvinio, Ra-
sponi e Mabillon. Non è già affatto falso
che il primicerio e secondicerio de'nota-
ri esercitassero 1' uffizio de' due diaconi
assistenti, ma in 3 sole occasioni suppli-
vano ai medesimi occupati in altro, in-
sieme col primicerio de' difensori , cioè
quando i diaconi accompagnato dexlra
laevaque il Papa nel sagrario, uscivano
a vestirsi degli abiti sagri alla porta di
esso; mentre contemporaneamente ve-
stendosiin pontificali il Papa,servito come
oggi clegl' indumenti pontificii dai Sud-
diaconi (F.), il primicerio e secondicerio
de'notari, come attestano d'accordo ice-
remoniali antichi, cotnpomintvestimenla
ejus ut benesedeant. La 2.a occasionedel-
la supplenza del primicerio e secondice-
rio avveniva quando occupati i cardi-
nali diaconi all'altare in tempo dell' O-
blazione {f^.)3 il Papa descendit ad Se-
natorium tenente manuin ejus,dexleram
primicerio notar iorum, et primicerio de-
fensorum sinislram, e tornava al Soglio
(F.) sostenuto dal secondicerio a sinistra.
£ finalmente, quando in tempo della
comunioue similmente occupati i diaconi
assistenti,! due primiceri accompagnava-
no il Papa al senatorio o luogo ove sta-
vano i magnati secolari. I cardinali dia-
coni poi appena vestiti e rientrati nel sa-
g rari o, il Papa vestito anch'esso,» elevati»
se dat inanimi dexteram arcidiacono (o
priore o i.° de'cardinali diaconi), et sini-
stranti secundo, vel qui fuerit in ordine".
Così dopo l'oblazione, sbrigatisi dal lo-
ro uffizio, » ascendimi diaconi ad Pon-
tiiìcem.Quos videntcs primicerius, secuu-
216 PKI
diceri ns , el primicerius defensorum re-
giooariorumj et notari regionarii,et de-
feusores regionarii, descendunt de acie-
bus, ut sedent in loco suo". Terminata la
comunione, » surgitPontifexcum archi-
diacono, ec. "Con questi racconti, crede
Cenni di avere rivendicato dalle altrui
interpretazioni i cardinali diaconi e l'an-
tichissimo illustre collegio degli avvocati
dels. Concistoro, dalle usurpazioni in fa-
vore del primicerio e secondiceriode'no-
tari regionari. Agli esternati miei dubbi,
aggiungo l'invito di consultarsi Bernino,
11 tribunale del s. Rota, p. 1 20 e seg., e
per l'analogia dell'assistenza che presta-
no al Papa in diversi modi , gli artico-
li Uditori di Rota, Protonotari apo-
stolici, Falda , Manto, Genuflessorio ;
mentre dagli uffizi degli avvocati conci-
storiali non mi pare che risulti l'asser-
zione del benemerito Cenni. Questo inol-
tre parla del diritto attribuito da Gio-
vanni Diacono della lettura della 7." e
8.a Lezione (F.) del Mattutino (V.) al
primicerio e secondicelo, riportando al-
cuni ceremouiali delle uffiziature. In quel-
la notturna di s. Pietro la cantava il i.°
suddiacono de' 7 basilicali o palatini o
priore basilicario; così as. Maria Maggio-
re, ed a s. Paolo ovei monaci leggevano
le tre prime. Solo nella festa di s. Pietro}
dopo i canonici, leggevano la4-ae la 5.a
i giudici , rimanendone una ai vescovi,
altra ai cardinali, perchè l'S." impreteri-
bilmente dovea leggersi dadetlosuddia-
cono; finché fu stabilito che le 3 ultime
le leggessero i due cardinali diaconi as-
sislenti, e dopo il Papa. Nel voi. IX, p.
1 08 e seg. parlai del mattutino e lezio-
ni che si cantano nella notte di Natale
nella cappella papale, riportando diversi
ceremouiali , colle varianti avvenute di
tempo in tempo.
Altre incombenze del primicerio e se-
condicerio de'nolari, ch'ebbe in comune
cogli altri primari uffizi palatini, Cenni
dice che furono l'intervento ai congressi
ilei clero o Presbiterio, di concorrere con
PIÙ
esso all' Elezione del Papa (F.), di assi-
sterlo ne'grandi affari in Roma coll'ope-
ra e col consiglio, pressoi principi col ca-
rattere di Legati (F.) ; ma volle anche
queste attribuzioni ripurgare da quanto
ne dissero i più volle nominati interpre-
ti di Giovanni Diacono, fino ad asserire,
che al primicerio ed al secondicelo, ob-
sequebanlurornnes palatii ordines, et of-
ficia. Quanto al primicerio conviene nel-
lasublimità del grado, riguardo aisecon-
dicerio con testimonianze di s. Gregorio
I apparisce soltanto notaro regionario.
All' incontro, Cristoforo primicerio da
Stefano IV viene chiamato Primicerius
et Consiliarius, illustre ufficio di cui trat-
tai a Presbiterio e che i Papi conferiva-
no a'vescovi e cardinali, e fino agl'impe-
ratori Carlo il Calvo e Lodovico il Bal-
bo, per disposizione di Giovanni Vili: Te
quoque, carissime fili, auctoritate s. Spi-
ritus Dei nostri . . . . a secretis constititto
meum Consiliarium. E di Teodoro pri-
micerio, dice Anastasio 1 Dudum Pos. et
duce, postmodum vero Primicerio t. no-
slrae Ecclesiae. Da tali singolari esempi,
dice Cenni, che non si deve inferire, che
il Primiceriato fosse maggiore del con-
sigliere, del console, del duca. Proceri o
primati del clero romano furono chiama-
ti da Anastasio il primicerio e il secon*
dicerio de' notari: Proceribus ecclesiae,
Primatibus ecclesiae j ma dopo i Sacerdo-
tes che comprendeva dapprima i soli car-
dinali preti e diaconi, detti Primati[F.)
della chiesa romana , poi anche i 7 ve-
scovi cardinali suburbicari, e per ultimo
gli abbati o prefetti de' monasteri. o ab-
bazie privilegiate (di cui nel voi. Vili, p.
i 16 ed altrove), che formavano ili. "gra-
do della gerarchia ; il 2.0 si componeva
di tutti gli uffìzi palatini , tranne quelli
della I." classe e in conseguenza de'detli
proceri e primati ; la 3." de' notari, sud-
diaconi e difensori senza dignità palatina,
accoliti o ceroferari, e gli altri ordini mi-
nori. Cenni ravvisa ora nellai." il Sagro
Collegio, nella 2.'1 la Prelatura, ucllu3,'
PRI
il Clero romano. La somma dignità del
primicerio e secondicerio era d' avere il
i.u luogo in tulle le sagre funzioni, nel-
l 'assistenza o servizio del Papa , e nelle
legazioni tra quei della a." classe. Allor-
ché Papa Costantino nel 710 si portò a
Costantinopoli alla corte di Oriente, lo
accompagnarono vescovi, preti e diaconi,
e dopo di essi Giorgio secondicerio, Gio-
vanni primo difensore, Cosimo mediano,
Sisiunio nomenclatore, Sergio •orinario,
Doroteo e Giuliano suddiaconi. Nel753
accompagnarono alla corte di Francia
Stefino li dello III, olire i vescovi, preti
e diaconi, Ambrogio primicerio, Danila-
ciò secundum, Leone e Cristoforo regio-
nari. Papa s. Zaccaria spedi a Pavia al
re Luitprando per legali, Denedetto ve-
scovo Vicedomino (P '.), dignità del palaz-
zo apostolico (cui successe il maggiordo-
mo ) che avea cura di tutta la famiglia
pontifìcia e de'forastieri, insieme ad Am-
brogio primicerium notariorum, con let-
tere e con doni. Nel 743 da Ravenna s.
Zaccaria vi rispedì Stefano prete e Am-
brogio primicerio per notificargli il suo
arrivo e poi si recò da lui. Stefano III sud-
detto inviò una legazione ad Astolfo re dei
longobardi , cioè suum germanum san-
ctissimo scilicet Paolo diacono (cardina-
le e poi Paolo l),con Ambrogio primice-
rio ( nel 752 , con doni per conchiudere
la pace, ed ottennero tregua di 4" anni,
che il barbaro non osservò, per cui il Pa-
pa intraprese col medesimo il detto viag-
gio di Francia). Adriano I del 772 spedi
legali a re Desiderio, Pardo prefetto del
monastero di s. Saba, e A nastasipi." di-
fensore, essendo antichissima costuman-
za di preferir gli abbati alla a." classe
della gerarchia. Se la legazione si com-
metteva ai primati o uffizi palatini della
2.* classe, questi aveano la precedenza fi-
no dai suddiaconi, La slessa prerogativa
aveano i primati, eperconseguenza il pri-
micerio e secondicerio ch'erano i più rag-
guardevoli, ne'congressi del clero, ne'qua-
li col medesimo sedevano assente il Pa-
P B. I 217
pa, secondo il loro antichissimo privile-
gio; non mai sedevano presente il Papa
in tali congressi, presbiteri! o concilii,ove
secondo Cernii non era lecito che seder-
vi vescovi e cardinali. Noterò con Nar-
di, che il primicerio, il secondicerio, i
notari doveano rendere conto del loro
operato in conspectu presbyterorum et
diaconorum. Nel concilio di Stefano III
detto IV del 769, in cui intervennero
i proceri del clero, fra questi in piedi e
fuori del circolo fu ammesso Cristoforo
primicerio de'notari della s. Sede e con-
sigliere : con questa testimonianza Cen-
ni ribatte le asserzioni di Giovanni Dia-
cono e suoi interpreti, che gli accordaro-
no la precedenza sui vescovi, che anzi per-
derono quella sui suddiaconi quandu il
suddiaconato divenne ordine sagro mag-
giore^! più lardi nel secolo XI. Da indi
in poi il primicerio e secondicerio , non
perchè cogli altri 5 uffìzi palatini fossero
creati cardinali da Alessandro III del
1 i5g , come Panvinio e Mabillon inse-
gnano, ma perchè furono introdotti dai
Papi altri più rispettabili uffizi, restaro-
no poco distinti dai laici, com'è notato ne-
gli ordini romani, che gli accompagnano
col Prefello di Roma (Vedi, però cospi-
cua dignità): così conchiude Cenni.
La dissertazione di Cenni con altre i-
nedite, fu da lui letta neh' accademia di
Benedetto XIV e alla sua presenza, come
all'erma Novaes nella vita di quel Papa,
quindi nel 1 778 furono dopo la di lui mor-
te pubblicate in Pistoia dal nipote, cioè
dopo che il p. ab. Pier Luigi Galletti nel
1776 in Roma avea stampala e dedica-
ta a Pio VI: Del Primicerio della s. se-
de apostolica e di altri uffizioli maggiori
del sagro palagio Laleranense , opera.
Laonde ognuno seguì il proprio partico-
lare proponimento. Senza detrarre del
merito della dissertazione di Cenni, auto-
re eziandio di quella del governo in Sede
vacante del primicerio de'notari, e di cui
parlerò a quell' articolo, certamente mi
sembra più assai interessante l'opera del
2.8 FRI
Galletti, per avere con grande erudizio-
ne e critica trattato-di lutti i 7 summen-
tovati uffiziali maggiori palatini, e per a-
verla arricchita di note e d'un'appendice
di documenti. Da questa estrarrò quelle
nozioni che non trovai in Cenni, in uno
olle varianti, e parlerò meglio del Secon-
dicero per unità d' argomento, e così ne
risparmierò uno speciale articolo, ripor-
tando d'aruhedue gli uffizi le serie dateci
da Galletti, come ho fatto delle altre di-
gnità palatine, ancorché non trattate da
quel, benemerito scrittore, tranne del Ve-
statario, di cui pubblicò un Discorso, e
ne profittai , e rimarcando nelle notizie
d'ognuno le cose più importanti al primi-
cerato e secondicerato. Non si può sapere
con certezza se si ascendeva dal notaria-
to al primicerato per anzianità o per e-
lezionedelPapa; nondimeno Galletti in-
clina a credere che piuttosto si ottenesse
per anzianità, avendola veduta osservare
da altri collegi della chiesa romana, co-
me in quello de'cantori : nella corte im-
periale , che avea pure il suo primicero
de'notari, n'era eletto al grado quello che
adempiuto l'uffizio del notariato n'era di-
venuto il più degno. Inoltre ritiene che
probabilmente l'uffizio di primicero non
terminava colla morte del Papa, ma era
perpetuo in chi una volta l'occupava. Cen-
ni nulla disse de'primiceri e secoudiceri
coniugati; Nerini , Zaccaria e Garampi,
coll'autorilà eziandio de' quali lo notai,
pubblicarono lelorooperenel 1 752, 1 754
e 1755. Galletti dice, che dal primicero
dipendevano gli altri uffiziali palatini del-
l'ordine chericale, i quali tulli erano al-
le volte coniugati. Che nel secolo XI Ser-
gio e Giovanni primiceri della s. Sede eb-
bero moglie, non essendo cosa nuova, die
uomini impiegati nel medesimo uffizio
fossero coniugati, poiché Geronziodel565
l'avea nvuta e fu sepolto con un suo pic-
colo figlio, come leggesi nel suo epitaffio.
L'intervento alle funzioni papali delle
Cappelk pontificie, Cavalcate, e Coro-
nazione dell' imperatore, del primicero,
PRI
secondicero e altri uffiziali di cui tratta
Galletti, già dichiarai che colla scorta di
questi lo descrissi a'ci tati articoli. Avverte
Galletti, che Panvinio nell'opuscolo, /««
terpretatìo vocimi, non fece bene a distin-
guere e considerare per tre uffizi diver-
si il Primicero della s. Sede, dal Primi-
cero de'notari e dal Primicero de'giudi-
ci che sono veramente la stessa cosa e
importano il medesimo uffizio; come ri-
pugna all'assertiva che il primicerolegges-
se l'8.a lezione sopra de' vescovi, secondo
il libro di Giovanni Diacono che censu-
ra , dicendolo accozzamento di vecchie
memorie degli uffiziali palatini dell'or-
dine chericale, peraltro* da non doversi
trascurare affatto e ne dà erudite notizie.
Ne'concilii,dice Galletti, che il primicerio
suggeriva ai Papi e faceva loro istanze,
ch'erano supplicati di voler trattare; col
di lui mezzo si concedeva l'ingresso a quei
che in essi aveano da ragionar di loro cau-
se, e talvolta eslraeva dai padri le dottri-
ne opportune, perspiegare e confermare
il domma cattolico. Abbiamo veduto Cen-
ni alquanto deprimere il primicero nel
concilio: però come lui Galletti dice che
uelI'VIII secolo sono detti ora Proceres,
ora PrìmatesW Primicero ecoloro che oc-
cupavanoglialtri uffizi palatini, cioè il Se-
condicene Arcario o Tesoriere, il Sacci-
lario, il Nomenclatore, il Primicero dei
Difensori, ed il Proloscrinarioj avverten-
do che Baronio malamente intese, che si
dovessero credere i cardinali preti e diaco-
ni (e con lui Nardi, onde lo dissi a Prima-
te); i suddetti uffiziali erano primi nell'or •
dine de'chierici, non già per rapporto ai
cardinali, i quali per la loro dignità, dopo
il Papa, non potevano avere nella chiesa
romana chi potesse essere di maggior gra-
do, ma per rapporto al restante del cle-
ro, ed agli uffizi importantissimi che e-
sercitavano con vera giurisdizione. Vi e-
rano poi anche i primati laici, com'era-
no i duchi e consoli, i quali aveano il ti-
tolo di eminenlissimi, i maestri de'miliii
e sopra tutti il superista, ch'era il l.°dei
PRI
Magnati secolari, secondo il continuatore
di Luif piando: Ex printalibus Romanae
vivila tis Stephanusfilius Johannis stipe-
rista, dopo de'quali ne annovera altri i o.
11 libro pontificale dis. Leone IV fa men-
zione di Graziano em nientissimo maestro
a1 e' mìliti, e del romano palagio egregio
stipe.risia e consigliere, e poco pia sotto
lo chiama Gratianus Romanae Urbis sii-
perìsta. Dal ceto di questi primati si as-
sumevano i governatori delle città, i du-
chi de'militi, ed erano anch'essi non me-
no del primicero e degli altri chierici uf-
fiziali adoperati ne' più scabrosi affari e
nelle più difficili legazioni; anzi ne'primi.
tempi della Sovranità pontificia [V.) a-
veano parte nell'amministrazione del go-
verno. Neh" Vili secolo tali pontificii m'i-
nibii erano "anche detti servilia, cospicui
personaggi : con questo titolo Adriano I
chiamò il bibliotecario, il sacellario, il
notaio, il giudice. Galletti afferma che
non si può dubitare che il primicero del-
la s. Sede non fòsse la prima dignità del
Palazzo apostolico (f^.), e non ottenes-
se quella che oggi nella corte de' prin-
cipi dicesi di primo ministro e nella pon-
tificia si detrominaòegyeftz/70 distalo^ V.).
N' è una prova il trasmettere che face-
vano i vescovi al primicero gli alti delle
loro cause } acciocché perle di lui mani
passassero poi in quelle del Papa: il pri-
micerio Geronzio d'illustre stirpe, coll'o-
pera sua e ministero contribuì alla glo-
ria del pontificato del suo parente s. Or-
misda (V.) del 5i4, per la destrezza e
nobiltà del pensare, nel condurre e ma-
neggiare gli affari. Da s. Paolo I si ap-
prende che Cristoforo primicerio era sta-
to il i ° ministro e consigliere di Stefano
II detto III suo fratello, e lo era di lui
slesso. Ne'secoli anteriori aliooo, come
i Papi, i primiceri usavano di appende-
re ai loro atti la bolla di piombo col no-
me proprio da una parte , chiamando
Galletti princi polissimo il posto del pri-
mi cerato, come primo Primicero e mag-
giore di quello de'difensori; e perciò del-
PRI »*9
to Primicero della s. Sede , del quale si
trova memoria auchene'tempi dis. Giu-
lio I del 336, capo de' notari regionari
della chiesa romana, detti poi Protono-
tari apostolici, principale collegio prela-
tizio della corte pontificia.
Serie de' primiceri della s. Sede
apostolica.
544 Surgenzio fiorito sotto Papa Vi-
gilio, già ne parlai. 565 Geronzio di cui
ne celebrai le preclare gesta, morendo ric-
co d'anni e di meri ti. 593 Stefano che fa \n
Dalmazia per affari rilevanti dis. Grego-
rio I. 5g3 Gaudioso ebbe nello stessoan-
no il p'rimicerato ovvero lo fu prima del
precedente. 640 Giovanni, sotto del qua-
le la chiesa romana nella sede vacante e
finché l'eletto Papa non era confermato
{V. Elezione) e consagra lo o benedetto,
o nella sua assenza, era retta dall'arcipre-
te, dall'arcidiacono e dal primicero dei
notari, e con singolare esempio da un 4°
personaggio chiamato consigliere; rap-
presentanza o luogotenenza riguardante
fammi Distrazione particola re dell'econo-
mico, e non quello ch'era esercizio di po-
destà pontificia sulla chiesa universale;
nondimeno nel primicerato di Giovanni
essendo stato elètto Giovanni IV, il clero
romano rispose alla lettera de' .vescovi e
abbati irlandesi sullaPasquaesuI pelagia-
nismo. Nel titolo della lettera si legge pri-
ma il nome dell'arciprete, Ilarioarcipre-
te, etservans locum s. Sedis aposlolicae,
poi di Giovauoi diacono (il Papa, per cui
Novaes disse che la scrisse lui), in Deino-
mine eleclusjtem Johannes pr'unicerius
et servans locum s. Sedis aposlolicae, e
Giovanni servus Dei consiliarius ejusdeni
aposlolicae sedis. Avverte Galletti, che
tuttavolta a tre soli spettava siffatto go-
vernamento e maeslevole uffizio,, non a-
vendovi luogo l'eletto Papa, altrimenti
ivi sarebbe stalo nominalo prima degli
altri, tanto vi ebbe luogo Papa Giovanni
perchè si trovava arcidiacono; quanto al
consigliere aggiunto, può credersi che so-
stituisse un 4-° personaggio, allorché uno
220 PIÙ
de'triumviri fosse eletto a Papa, essendo
il consigliere una delle più ragguardevoli
dignità della chiesa romana, e nelle cause
temporali di maggior importanza era in-
terrogato per udirsene il suo parere. 649
Teofìlatto, il quale come assai versato ne-
gli studi teologici, fece singoiar comparsa
nel concilioLateranensedi io5 vescovi, o-
ve fu il 1 .°a parlare, pregando s. Martino I
chedichiarasseal sagro consesso la cagio-
ne per cui l'avea ivi convocato, ciò che
dal Papa prontamente si fece. Indi Pa-
squale no taro regionario lesse le lettere
di scusa di Mauro vescovo di Ravenna,
per non esservi potuto venir in persona.
Nella 2.'sessioneil Papa ordinò col mezzo
dilectissimum primicerium et nolarios,
s'introducessero quelli che avevano da
esporre circa la causa dei monoteliti. Al-
lora Teofìlatto ottenne dal Papa ches'in-
troducesseil vescovo di Dori, indi gli fece
istanza che si ricevesse il suo libello in
greco, per cui un notaro regionario lo les-
se in latino. Inoltre Teofìlatto propose al
Papa, che molti abbati, preti e monaci
greci, che da parecchi anni abitavano in
Roma, chiedevano di essere presentati, e
furono esauditi. Di più si ha dagli atti di
questo concilio, che il prirnicero de'no-
tari d'ordine di s. Martino 1 estrasse dai
ss. padri i testimoni che facevano a pro-
posito del domina cattolico, ed i testimo-
ni degli eretici per mostrar la novità del-
l'opinione monotelitica. 65g Gaudenzio,
dai monumenti del quale si prova la pre-
rogativa del prirnicero, che i vescovi gli
trasmettevano gli atti delle loro cause,
perchè li sottomettesse al Papa; proba-
bilmente quel Gaudenzio di cui Mura-
tori riporta la bolla plumbea, leggendosi
da una banda Gandenlii, dall'altra Pri-
micerii; venne riferita ancora da Fico-
ronzii quale attribuì al prirnicero inge-
j-enzeche non gli spellano, almenoa quel-
lo della s. Sede. Agatone fiorì soltos. Zac-
caria del 7 4 • > e ne fa menzione Anasta-
«io.743^/H/>rog70,unode'più illustri per-
sonaggi de'suoi tempi, come rilevasi dal
PRI
suo nobile epitaffio e da insigni monu-
menti: narrai le sue solenni legazioni, e
s. Zaccaria si prevalse di lui per magni-
ficamente decorare il Triclinio suo nel
patriarchio Lateranense. Nel memorato
viaggio con Stefano detto III morì di feb-
bre nel 753 nel monastero di s. Mauri-
zio de'Vallesi, e trasferito il corpo in Ro-
ma fu sepolto nella basilica Vaticana. 764
Cristoforo anche consigliere, come dissi
di sopra con altre sue notizie, potentis-
simo, onde nel 768 col' figlio Sergio sa-
cellario, e Valdiperlo prete, potè cac-
ciare V Antipapa Costantino (fr.)} fratel-
lo di Tolone duca o governatore di Ne-
pi (f.) , cogli aiuti somministrati da re
Desiderio e da Teodicio duca di Spoleto,
cooperando Demetrio secondicerio che
con Grazioso cartolario o archivista (poi
duca o governatole di qualche città) uc-
cisero Tolone. Insorto quindi l'Antipapa
Filippo (f^.), abbate della Chiesa de ss.
Vito e Modesto (f^.), Cristoforo l'indus-
se a tornare al monastero, indi nel se-
guente giorno fece adunare i primati del
clero e delia milizia, l'esercito e i citta-
dini, e tulli dopo maturo esame conven-
nero nell'elezione di Stefano IV. Questi
nel celebre rammentato couciliodel 769
ingiunse a Cristoforo di fare un'esatta e-
sposizione dell'intrusione di Costantino,
il quale pure fu udito, sebbene privo de-
gli occhi (cavatigli secondo il frequente
barbaro coslume d'allora e durò sino ver-
so la fine del secolo XII), ed in mezzo al
sinodo il prirnicero fece quell'eloquente
narrativa che riporta Galletti, dicendo
che la faceva ex persona universalis Dei
s. romanae ecclesiae, dalla quale espres-
sione si comprende che dopo quella del
Papa, non poteva esser maggiore la rap-
presentanza della di lui dignità primice-
rale. Ma Stefano IV, prevalendosi dell'o-
pera di Cristoforo e di Sergio suo figlio
secondicerio e nomenclatore, già sacella-
rio,per indurre Desiderioa restituir quan-
to avea usurpato alla Chiesa, condottosi
in Roma quel principe con inganni fece
PIÙ
cavnrgli occhi a Cristoforo che ne morì di
spasimo nel 769, e Sergio imprigionalo
fu poi ucciso in Anagni: più tardi Adria-
no I fece seppellire onorevolmente i loro
cadaveri in s. Pietro. 770 Teodato pa-
rente di Adriano I, da console e duca di-
venne primicero, e col figlio fu insigne
benefattore e ristoratore da'fondamenti
della Chiesa di s. Angelo in Pescheria
{V), prò intercessionem animae suae et
remedium omnium peccatorum. Giovan-
ni senz'anno; così Mastalo che però fiori
sotto Adriano I del 772,3! quale moren-
do lasciò a sua disposizione porzione del-
l'eredità, perchè l'erogasse in sollievo dei
poveri; gli eredi piamente vi unirono la
parte loro spettante e consistente in 200
soldi mancosi d'oro (circa 420 scudi), in
fondi colla chiesa di s. Leucio nella via
Flaminia presso Tordi Quinto (pochi pas-
si dopo, e Galletti ne vide gli avanzi), che
il Papa ristorò e donò con altre posses-
sioni a s. Pietro. 786 Anastasio vissesot-
to Adriano I. 799 Pasquale primicero
e indegno nipote di Adriano I, di cui già
feci cenno, crudelissimamente fece di tut-
to con Campolo sacellario per uccidere
s. Leone III[V.)} che rifugiossi in Fran-
cia da Carlo Magno, al quale i sacrileghi
calunniarono il Papa e incendiarono al-
cuni fondi di s. Pietro. Ritornato il Papa
a Roma, i ribaldi furono esiliati. 802 jEm-
stazio subito successe a Pasquale appena
fu privato del primicerato, forse quell'Eli-
stazio che essendo duca e poi diacono di-
spensatore o amministratore, donò vari
beni a s. Maria in Cosmedin. 82 1 Teo-
doro primicero con Floro furono manda-
ti da s. Pasquale I legati a Lodovico I,per
assistere alle nozze di sua figlia, indi nel-
T82 3 con Leone suo genero e nomencla-
tore, dai loro emoli furono privati prima
degli occhi e poi della vita, essendo im-
probabili le calunnie sparse sulPapa. 829
Cirino intervenne a un Placito (f^)} che
si tenne nel palazzo Laleranensee riguar-
dante la Camera apostolica. 843 Nicolò.
852 Leone. Dopo 1852 Tiberio primi-
P R I 221
cerio santissimo della sede apostolica sot-
tos. Nicolò I dell' 858. 872 Sergio in-
tervenne ad un placito. Gregorio il cui fi-
glio Giorgio vestarario fu scomunicato
neU'876 da Giovanni VI II, reo di molti
delitti. 876 Cristoforo fiorì sotto Gio-
vanni Vili. 889 Zaccaria visse nel pon-
tificato di Stefano detto VI. 900 leeone
primicero a'tempi di Benedetto IV. 924
Sergio che colla moglie Agata nobilissi-
ma donarono al monastero di s. Vito l'o-
ratorio e la casa di s. Teodoro presso Por-
ta Maggiore. g3 1 Stefano trovasi nel pa-
pato di Stefano VII detto Vili. g38 Ni-
colò viveva sotto Leone VII. 947 Ste-
fano sottoscrisse una donazione. Galletti
qui pone Angelo primicero che pare ri-
vestito della dignità cardinalizia (non lo
trovo in Cardella). 963 Giovanni. 963
buonfigliuolo o Buon figlio (V-), cardi-
nale diacono e primicero, ed intervenne
pure al conciliabolo del 963 contro Gio-
vanni XII (V.): Bonfilius e gran primi-
cerio palatino lo chiama Nardi, De par-
rochi t. 2, p. 2o4> mentre a p. 202 de-
nomina questa dignità Primicerio mag-
giore. Egli opina che ogni collegio pre-
latizio maggiore o minore avesse il pri-
micerio ed il secondicerio, tutti soggetti
al gran primicerio e secondicerio palati-
ni. Osserva Galletti, che il primicerato si
occupava ora da chi era coniugato, edora
da chi era e dovea esser celibe. g83 Ste-
fano intervenne al piacilo tenuto nella
basilica Vaticana innanzi Benedetto VII
e ne lesse le carte. 986 Pietro prete e pri -
micero. Orso sotto Silvestro il del 999-
ioti Giovanni per provvidenza di Dio
primicero, con Giovanni primicero de'di-
fensori e altri, fu al placito o giudicato te-
nuto per lechiesedi s. Maria es. Benedet-
to (di cui parlai ne' voi. XII, p. 7 7, XXV I,
p.228), in seguilo di altro placito, ed ebbe
in moglie Sette nobilissima donna. roi3
Gregorio aRipa primicero. 1 oi^Benedct-
to intervenne ad un concilio di Giovanni
detto XX, Dei gr alia solertissimo primi-
cerio s. apostolicae sedis. 1 o44 Teudaldo
o.ii PRI
fu al sinodo di Benedetto IX. i o5o Sicone.
iiel concilio di s. Leone IX per la cano-
nizzazionedi s.Gerardo vescovo di Toul,
si sottoscrisse primicerio della chiesa ro-
mana,dopo i diaconi e prima degli ab-
bati. 1060 Giovanni. 1098 Paolo fau-
toredelPantipapaClementellI. 1 xo'jFe-
rucio. 1 1 38 Galgano. 1 139 Pietro giu-
dicee primiceri). 1 1 60 Pietro come il pre-
decessore Galgano consultò il senato ro-
mano in una causa a sentenziare in fa-
vore d'una delle parti ecclesiastiche liti-
ganti. 1 191 Cencio. 1 195 Sassone pri-
micherii, cui il senatore di Piuma delegò
l'appellazione della causa tra'monasteri
di s. Silvestro in Capite e di s. Maria in
Via Lata, primi cerum judicumj ma poi
Innocenzo III dichiarò quanto al senato-
re, che i giudici laici non hanno giuris-
dizione sulle persone e beni degli eccle-
siastici. 1 1 1 2 o 1 227 Pietro di Paolo Ru-
bei forse primicero de'giudici. Consolino
primicero de'giudici e scrinarlo. 1297
Stefano della nobilissima famiglia Papa-
ioni, primicerius judicum. Dopo questo
tempo e principalmente nel seguente se-
colo pel Irasferimentodella residenza pon-
tifìcia in Avignone, essendosi dai Papi
creali altri uffizi nella Curia e Famiglia
pontificia, cessarono quelli nobilissimi e
ragguardevoli del primicero e secondi-
cero, avendo ne'rispettivi articoli trattato
delle sostituite dignità e cariche palatine.
L'antichissima Chiesa di s. Salvatore in
Primicero, nel rione Ponte, di cui parlai
ne'vol. 11, p. 309, XI, p. 279, s'iguora se
la fondò un primicero o vi abitò vicino, o
se appartenesse al primicero della chiesa
romana.
Del secondicero della s. Sede apostolica.
Il secondicero o secondicerio, Secundi'
cerins, come ho dello a Primicerio, nel-
l'antichità l'ebbero diversi ullizi,corpora-
zioni, chiese, scuole e collegi, cioè quelli e
quelle ch'ebbero il primicerio, e iu di verse
cattedrali e collegiate vi furono ancora i
canonici secondiceli, detti pui e primiceri
PRI
minori. In questo articolo poi ho rilevato
cogli antichi monumenti, che quando Uro-
vasi un soggetto detto assolutamente Pri-
micero, si deve intendere che fosse pri-
micero dejwtari regionari, cos'i avviene
eziandio del Secondicero, il quale in quel
nobilissimo collegio occupa va il 1. ° posto,
nella chiesa romana costituiva una del-
le più ragguardevoli dignità, e nel pa-
lazzoLaleranense era il 2." uffiziale mag-.^
gioie della s. Sede apostolica. Inoltre ne
ho indicato le incombenze, citando i luo-
ghi ove trattai di lui e degli altri secon-
dicela, sia per l'inlervento nelle solenni
comparse della corte pontifìcia, che alle
sagre funzioni che celebrava o assisteva
il Papa. 11 secondicero come il primicero
fu esercitato dai Papi in diversi impor-
tantissimi ministeri, tanto all'estero con
legazioni, quanto in Roma per l'alta di-
rezionedegli affari, oltre l'essere il 2.°no-
taro regionario tra'7 che formavano il ce-
lebre collegio, cui successe quello de'pro-
lonolari apostolici. In sostanza e in molla
parte, le ingerenze del secondicero erano
quelle stesse che si esercitavano dal pri-
micero, e qualche altra più particolare
l'andrò descrivendo nel riportare la se-
rie che ne formòGallet ti, tenni nando que-
sta dignità come l'altra nel secolo XIV.
Il 1 ." secondicero di cui si ha memoria
è Mena. Vacando la s. Sede nel 536 per
morte di s. Agabito I, seguila in Costan-
tinopoli, nel concilio che si celebrò dal
patriarca Menna, comparisce un Mena
lettore e secondicero de'notari dell'antica
Roma. Dopo lesottoscrizioni de'padri, al-
l'azione 1 .'' si soggiunge; » Et post leclio-
nem libellorum Meuas venerabili* leclor,
acsecuudiceriusnotarioruniantiquaeRo-
mae, ptotulit actum synodalis epistolac
scriptae a sanclae memoriae Agapeto, et
legit per dictiones latiuas; interprelatio-
nem auteni legit Christodorusdiaconus,
et notarius secretarius, quae sic habet,
eie." nella qual forma egli è altra volla
mentovato negli atti di quel concilio. Al-
cuni auni prima un Meua notaio, che può
FRI
benissimo esser questo, era asceso poi al
grado di secondicene nel concilio romano
che s. Bonifacio II tenne in consistono
b. Andrene ripostoli nel 532, e lesse tutti
gli atti che bisognarono. 60 i s. Palerio
famigliare di s. Gregorio I e perciò chie-
rico e degno per santità e dottrina, da
lui fatto secondicerio, ex libris ipsiiu ali-
qua ulilia defloravit. Sotto di lui il se-
condicerio aveva l'uffizio di portare al Pa-
pa l'ambasciata di chi desiderava presen-
targlisi, come esercita ora il Maestro di
camera {V.). Forse questo s. Paterio è
quello stesso notaro della chiesa romana,
cui s. Gregorio I dettò la lettera a Vin-
co ruale difensore nel 5g5. Egli è poi quel-
lo che pubblicò il volume, Testimonio'
rum, preso dai libri di quel Papa: i Mau-
rino diedero per intiera l'opera di Pale-
rio e gli attribuirono il titolo di santo,
come è nominato negli antichissimi co-
dici e nel martirologio romano. 7 ìoGre-
gorio s'imbarcò in detto anno con Papa
Costantino pel viaggio di Costantinopoli,
come accennai superiormente, e altri lo
chiamano Giorgio, abitando colà il pa-
lazzo di Galla Placidia augusta, destinato
pei Papi e pe'suoi nunzi quando anda-
vano a Costantinopoli. ySi Bonifazio ac-
compagnò in Francia Stefano dello III
come descrissi. 768 Demetrio fu uno de-
gli uccisori di Totone duca di JSepi, in
difesa della s. Sede per lo scisma narra-
to. 768 Sergio figlio del celebre Cristo-
foro pi irnicero e già sacellario, in detto
anno Stefano detto IV lo elevò alle di-
gnità palatinedi secondicelo e di nomen-
clatore, fu spedilo in Francia per trattare
gravi affari con Pipino e Carlomanno,ed
ebbe quell'infelice lì ne che raccontai. Gre-
gorio fiorì sotto Adriano I del 772, e re-
sta incerto se dell'eredità del primicero
Masullo lasciò la sua porzione al Papa
per averlo elevato al posto di secondice-
lo, ovvero che tali suoi beni dovessero
restare addetti alla mensa dello stesso uf-
fìzio. 822 Trasmondo santissimo secon-
dicelo fu marito di Filippa illustrissima
PRI 223
donna : che de'secondiceri ve ne furono
diversi coniugati, lo provai in principio
dell'articolo. 843 Giorgio intervennealla
stipulazione di un contratto. 854 Teo-
filalio si legge in una bolla di s. Leone
IV, per manum Teoflacli secundicerii s.
Sedi* apostolicae. Nell'ottobre 855, e nel-
J'857 spedì diplomi per Benedetto III e
continuava nell'uffizio neil'872. Galletti
non dice niente, perchè il seguente sem-
bri alterare la cronologia de'secondiceri.
855 Adriano insigne secondicene si tro-
vò all'elezione di Benedetto III, ed il de-
creto d'elezione fu mandalo a Lotario I
e Lodovico II imperatori, onde ricono-
sciuta la validità dell'elezione spedissero
i messi per assistere alla solenne consa-
grazione,costume saggiamente introdot-
tonon per aspettare l'assenso, come dice
Muratori, ma per così impedire gli scismi,
lo che provai a Consacrazione e Esclu-
siva. Intanto insorto V Antipapa Anasta-
sio [V) , i cui partigiani procurata con
inganno l' imperiai protezione di Lodo-
vico li , questi mandò i suoi messi in
Roma, che Benedetto HI volle far in-
contrare presso la chiesa di s. Leucio da
due vescovi venerabili e forniti di scien-
za, ma l'intruso fece arrestare i due ve-
scovi. Allora Benedetto III spedì ai messi
Adriano insignem secundicerium s. Sedis
apostolicae, con Gregorio duca. I messi
ritenuti sotto buona custodia Adriano e
Graziano superista del sagro patriarchio
(principale dignitario pala tino coniugato,
Romance w bis superista si dice Graziano
sotto s. Leone IV), con Teodoro scrina-
no, si portarono a Ponte Molle oveavea-
no invitato il clero, il senato e popolo ro-
mano per intendere la mente dell'impe-
ratore. Con questo prelesto condussero
Anastasio in Roma, il quale subito fece
arrestare e spogliare Benedetto HI. Op-
postosi energicamente il popolo, e veden-
do i messi che non si poteva sostenere il
pseudo-papa, lo cacciarono e riconobbe-
ro il legittimo. 872 Paolo si legge sotto-
scritto nella bolla di Adriano 11 diretta
2 24 P«'l
a Giovanni vescovo d'Arezzo con la con-
cessione di poter edificare il monastero
dis. Maria in Bagno ne'confini di Tosca-
na e di Emilia : Scriptum per inanimi
Pan li scrina rii secu n elicei in s s. Sedi* a pò •
stoheae. 876 Stefano, forse figlio di Gre-
gorio primicero e fratello di Giorgio ve-
slarario: fu condannatoe scomunicato da
Giovanni Vili, per avere aperta «'sara-
ceni di lui /àmiliarissi.mi la porta s. Pan-
crazio per danneggiare Roma, per aver
spogliato diverse chiese, accresciuti i vec-
chi tributi con estorsioni, ed acconsentito
n tutte le malvagità commesse dal fra-
tello. q43 Gregorio si trova in una bolla
di Marino II. » Datum.... per manum
GregoriiDei providentia secundis cerii s.
Sedis apostolicae anno Dei propitio pon-
tificatus,ec." 94 5 Giorgio intervenne ad
una donazione d'Alberico principe sena-
tore di Roma e altri del castello diMaz-
zano alla chiesa dei ss. Andrea e Gregorio:
>- Dei providentia secundicerus s. Sedis
apostolicae". In una bolla di Giovanni
XII del 957 riportata da Mabillonsi leg-
ge: » Datum per inanimi Georgii secon-
di episcopi s. Sedis apostolicae." Galletti
nota \' evvore óe\ secundi episcopi, doven-
dosi scrivere secundieerii. Nel 9 58 il Pa-
pa si recò a Subiaco per rogare un at'to
pel monastero, alla presenza de' venera-
bili vescovi.... e de' romani giudici Gior-
gio secondicerio, Leone protoscrinario,ec.
In altra sottoscrizione si legge: » Geor-
giusDei providentia secundicerius judi-
cum". Dopo aver firmato altri diplomi,
verso il 963 si dimise o gli convenne de-
porre i'ulìizio di secondicerio, si fece mo-
naco nel monastero di Subiaco e ne di-
venne abbate. Quindi errò Marlene nel ri-
portare la bolla dell'erezione di Magde-
borgo in arcivescovato, comedi Giovanni
Xll,mentrcèdi Giovanni XIII del 9670
968: Data per manum Georgii sreundia-
lii (secondari s\ dicevano quelli che atte-
nevano il secondo luogo) s. Sedi s apostoli-
cae. Si deve probabilmente leggere: « per
immi'im Guidonis episcopi Sylva e Candì*
PRI
dae ecclesiaeet bihliothecariis. Sedis apo-
stolicae". Nelle carte antiche riguardanti
Giorgio, bensì è detto: » Georgius vir
venerabilis et ex apostolicae Secondiano
religiosus abbas. " 1014 Giovanni nel
placito con cui Benedetto Vili restituì
a Farfa Bocchignano si dice: qui et Me-
Ho secundicerius,annoveinlo con altri uf-
fìziali maggiori intervenuti all'atto. Egli
qui non si sottoscrisse, ma bensì: Bene'
diclus Dei gratia secundicerius s. Sedis
apostolicae, ciò che Galletti procura con-
ciliare, che il i.° già fosse stato secondi -
cero e ne ritenesse il titolo per onore, ed
il 2.0 surrogato ne esercitasse le funzioni
nel xoi4- Opino che altrettanto possa
congetturarsi de'secondiceri Adriano e
Teofilatto sotto s. Leone IV e Benedetto
III. Benedetto secondicelo visse nel pon-
tificato di Giovanni detto XX del 1024
e intervenne al suo concilio Lateranense
di cui s'ignora l'anno. 1060 Sassone giu-
dice e secondicero che intervenne all'atto
di Stefania vedova di Giorgio arcario col
monastero dis. Ciriaco, insieme ali'arca-
rio, al protoscrinario ed al i.° difensore.
In un istromento di Nicolò II si sottoscris-
se: » Ego Saxo Domini gratia secundi-
cerius sanctae apostolicae sedis interfui".
1086 Fenicio. 1 107 Leone con Fenicio
primicero dierono fine alla controversia
fra s. Cosmato in Mica aurea (di questa
voce nel voi. XLV, p. 189) e Obicione:
probabilmente fu sepolto in s. Paolo fuori
le mura. 1 rio Gregorio Dei gratia se-
cundicherius si legge in una carta. 1 1 53
Gregorio è mentovato in un atto ch'ebbe
luogo con Roberto i-.° difensore e abbate
di Grotlaferrata, alla presenza di Ana-
stasio IV e di molti cardinali : continua-
va ad essere secondicelo nel r 162, in cui
con altri giudici intervenne alla sentenza
pronunziata dal senato romano a favore
delle monache di s. Maria in via Lata o
s.Ciriaco, per la Colonna Traiana e at-
tinenze. 1191 Fenicio intervenne alla
concordia tra dette monache-per una tor-
re. 1 iq5 Oddone Pazzi secondicero è
PRI
mentovato* nella carta in cui i Caparro-
nis rifiutano a Celestino III la loro por-
zione suCivita Castellana. 12 17 Giovan-
ni già protoscrinario intervenne allo stru-
mento col quale l'abbadessa di s. Ciriaco
costituì Simeone in precettore della chie-
sa e spedale di s. Lorenzo de Obras se
cundicerii judicum. INel secolo XII era in
Roma la chiesa di s. Maria del Secondi-
cero: Sini baldo n'era arciprete nel 1 1 19,
e nella chiesa di s. Giovanni all'Isola si
sottoscrisse tra'principali del clero roma-
no, laudo et confirmo, alla lettera con cui
fu confermala l'elezione di Calisto li av-
venuta in Cluny, Panciroli e Martinelli
la crederono situata nel rione Ponte, ma
da una carta del 1243, riportata dal Ne-
ridi) si apprende che esisteva e confinava
colla chiesa di s. Maria in Gradellis, la
quale era poco lungi dal Seltizonio tra
il Colosseo e le chiese di s. Gregorio e di s.
Stefano Rotondo nel rione Monti. Nell'or-
dine romano di Cenciosi diceche avea-
110 per presbiterio, s. Maria de Gradella
6 denari, s. Mariae Secundicerii 6 de-
nari.
PRIMI o PRIMIS Giovanni, Cardi-
nale.T)\ Messina, vestì nel 1422 l'abito
cassinese in s. Giustina di Padova, dove
per la sua insigne pietà e scienza fu fat-
to abbate, passò poi in Roma al gover-
no del monastero di s. Paolo e due volte
fu presidente della congregazione, nella
quale per i5 anni fu ancora defìnilore.
Per quanto fece per pacificare re Alfon-
so d'Aragona con Renato d'Angiò pre-
tendente al regno di Napoli, per la quie-
te d'Italia, Eugenio IV ne ricompensò Io
zelo a' 16 dicembre 1 44^ creandolo car-
dinale prete di s. Sabina. Fondò in Ca-
tania l'università a vantaggio e decoro
di Sicilia, ed ottenne da detti re e Papa
amplissimi privilegi. Morì in Napoli nel
1 449> dopo 2 5 mesi di cardinalato, e fu
sepolto nella chiesa cassinese di s. Seve-
rino con iscrizione in versi, meritando un
illustre elogio nelle opere di s. Antoni-
no, dicendolo zelatore della religione, e
voi. I.V,
PRI fc>$
per prudenza, erudizione e saviezza co-
spicuo, essendosene servito il Papa ne-
gli affari più ardui della s. Sede.
PRIMlSCRINIOoPROTOSCRINA-
RIO. V. Archivisti dellachiesaromana
e Sgrinari.
PRIMNESIA; Sede vescovile della
Frigia Salutare sotto la metropoli di Sin-
nada, eretta nel IV secolo, indi chiama-
ta Prornisus. L'Orienschr. riporta 7 ve-
scovi, t. 1, p. 844-
PRIMOeFELICIANO (ss.), martiri;
Erano fratelli e vissero più. anni a Roma
nella pratica di tutte le opere buone, di-
stribuendo larghe limosine ai poveri , e
confortando nella persecuzione i confes-
sori di Gesù Cristo, ai quali prestavano
assiduamente servigio nelle prigioni. A-
vendo gl'idolatri domandata la loro mor-
te, Diocleziano e Massimiano Ercole cir-
ca il 286 ordinarono che fossero presi e
posti in carcere, e fattili crudelmentefla-
gellare li mandarono a Promoto giudice
di Nomento» Ivi furono insieme assogget-
tati a di verse torture, poscia separatamen-
te tormentati per indurli ad offrire in-
censo agl'idoli; ma nulla potè smuovere
la loro costanza e furono condannati a
perdere la testa, ciò che fu eseguito a'g
di giugno. I cristiani raccolsero i loro cor-
pi e li seppellirono presso Nomento. I no-
mi di questi due sauti sono registrati in
detto giorno negli antichi martirologi di
occidente e nel Sagramentariodi s. Gre-
gorio I il Grande; Verso l'anno 645» Papa
Teodoro I ordiuò che le loro reliquie fos-
sero trasportate a Roma e deposte nella
chiesa di s. Stefano sul monte Celio.
PRIMOLO (s.), martire. V. Monta-
no (s.).
PRINCIPATO, Principalus, Domi-
natus. Titolo del dominio e grado del
Principe {V.), ed esercizio del potere so-
vrano : per metafora vale, preminenza,
maggioranza, princeps focus* Principati
è anche nome di una delle gerarchie del
Coro degliangeli fP '.). Principati si chia-
marono i Feudi (F.). Per principato di-
i5
aa6 PRI
cesi lo sfato d'un Impero, di un Regno,
d' una Repubblica , d' un Granducato ,
d'un Ducato, d'un Margraviato (F '.) ec,
in fine d'una estensione di paese sotto la
dominazione di un capo istesso o di un
medesimo governo qualunque. Sagro
principato si dice il Pontificato (F.), sia
per l'augusta dignità spirituale e prima-
ziale che ha su tutta la Chiesa il Papa
(F,), sia pel dominio temporale che e-
sercita sulla Sovranità della s. Sede^F.).
I sovrani elevano al grado di principati
le signorie e possessioni per ricompensa
di servigi prestali dai possessori, o ad i-
stanza di questi, donde gliene deriva il
titolo e le prerogati ve principesche di No-
bile (F.) di primo rango.
PRINCIPE, Princeps, Dynasta.Que-
gli che gode il dominio e il grado del
Principato (F.), ed è il titolo onorifico
che generalmente si dà ad ognuno che
hastatoesignoria grande,dicendosi prin-
cipi i fratelli e nipoti del principe. Prin-
cipe ereditario si dice il primogenito o
l'erede presuntivo dello stato, degl' im-
peratori, de're e di altri sovrani cui deve
succedere, egualmente chiamandosi prin-
cipi semplicemente o con titoli di signo-
rie gli altri figli, fratelli o nipoti, ed an-
che duchi e conti. In Portogallo , nella
Spagna, in Parma (F.) tutti gì' indivi-
dui della famiglia reale hanno il titolo
A' Infante e d'Infanta (F.). Oltre quan-
to ho detto su questo titolo principesco
ai citati articoli, aggiungerò: che alcuni
credono provenire il nome dai romani o
dai greci che costumavano chiamare in-
funli i figli, henchè avanzati in età : al-
tri credono che in Ispagna sia derivalo il
nome d'infante dall'innocenza de'popo-
li, poiché non solo non debbono offen-
dere alcuno, ma seguire e mantenere la
giustizia , non che uhhidire al re come
gl'infanti. Principessa, Princeps Femina
seu Foemina, è la moglie ola vedova del
principe. Il Papa è il successore del prin-
cipe degli apostoli s. Pietro, principe so-
vrano de'dominii della s. Sede. Cancel-
PRI
Iteri, Meni, delle sagre Teste de' ss. Pie*
Irò e Paolo, parla d'una moneta coll'e-
pigrafe, Romani Principesj e s. Bernar-
do li acclamò gloriosi principes terrae.
1 cardinali sono i principi della s. romana
chiesa, e moltissimi vescovi, arcivescovi
ed abbati sino agli ultimi tempi furono
sovrani degli stati temporali col titolo di
principe, molli de'quali tuttora ci si de-
nominano. Rileva Macri , che ne' bassi
tempi si appellò Princeps monasterii il
superiore maggiore. Inoltre questo no-
me si prende qualche volta perii primo,
il principale , come si dissero i principi
delle tribù d'Israele, i principi de'sacer-
doti che servivano al tempio di Gerusa-
lemme, od i capi delle famiglie sacerdo-
tali de'medesimi israeliti, i quali denomi-
narono principe della sinagoga quello
che presiedeva alle loro assemblee reli-
giose. Osserva il cardinal de Luca, che il
titolo di principe presso gli ebrei, greci,
Ialini e altre nazioni per lungo tempo al-
tro non significò che capo, che primo, il
più degno nelle assemblee ed autore di
alcunacosa; in questo senso in epoche più
"vicine i più grandi ed illustri letterati ed
artisti sono stati chiamali per antonoma-
sia principi della lelteratura,deII'erudìzio-
ne, della poesia, della musica, del disegno,
della pittura, della scultura e così in al-
tre scienze ed arti belle: a Cavalieri pre-
sidenti DELLA. PONTIFICIA ACCADEMIA DI S.
Luca, dissi che hanno il titolo di prin-
cipe, il quale lo hanno pure altre acca-
demie. Nella milizia romana si appella-
vano principi i soldati della 2.a fila, più
validi e prodi nelle armi, seguitanti l'e-
sercito dopo la i.a fronte. E così nomi-
navano principe chi nella città era sopra
glialtri autorevole, ed occupavail i. "luo-
go, come il console, il dittatore e simili,
sebbene non assoluti signori delle altrui
sostanzee della vita, ma solo distinti nel-
le prerogative, negli ossequi e in altre
onorificenze. I romani avevano in uso di
chiamare principe del senato il Patrizia
( Fr.),c\ic soprastaudo agli altri per merito
PM
ed autorità, rappresentava il l." iti quel-
rntiguslo consesso. Giulio Cesare pare che
pel i .° assumesse il nome di principe, che
allora nulla più significava che il i.°fra i
cittadini. Indi A ugusto bramoso che i suoi
nipoti Caio e Lucio s'innamorassero della
virtù, voi le infiammar! i chiamandoli prin-
cipi della gioventù, titolo che poscia gli
imperatori diederoai loro figli, edaquelli
che adottavano per successori. In Italia,
incominciando dall'impero di Giustinia-
no I, mentre crescevano le novità per le
incursioni de'barbari, la dignità princi-
pesca si cube per titolo minore a quella
A' Imperatore e di Re {V), come d'ogni
altro che fosse sovrano e indipendente,
ma prossimo ad essi e superiore al Duca,
al Marchese, al Conte, e più tardi a\ Mar-
gravio, al Lord (f^.), ed a quegli altri
titolali o dignitari di cui trattai ai loro
articoli, ed a lutti quelli riguardanti l'e-
rudizione diplomatica ed araldica. Mol-
tissimi di quelli che godono questo ono-
revolissimo e nobilissimo titolo presso le
nazioni in cui è in uso, non posseggono al-
cun diritto sovrano, risolvendosi nel solo
nome principesco e in quello meramente
di appartenere alla più elevata classedei
Nobili (/'.), bensì godendo distinzioni e
prerogative secondo i luoghi e le consue-
tudini araldiche di precedenza.
Muratori, Dissertazioni sopra le anti-
chità italiane, dissert. 54-a tratta: Dei
principi e tiranni d! Italia. Dopo aver
egli descritto i popoli liberi d'Italia, rac-
conta come la maggior parte d'essi passò
sotto il dominio de'principi, oppure op-
pressi dai tiranni impararono ad ubbi-
dire, con riposar poi sotto il buon go-
verno di legittimi signori. L'Italia non fu
mai priva ili principi, da che l'invasero
le barbare nazioni. Muratori preude in
largo significalo il nome di principe, per
significar coloro, che non già portavano
il titolo d'imperatore o di re, ma pure e-
rano gran signori, e i primi maggioren-
ti, perchè comandavano a qualche po-
polo o reggevano qualche provincia od!-
P Pi I %ij
tàj sia per autorità ricevuta dal re, sia
proveniente dall'elezione del popolo, o
peraltro titolo legittimo usato dalle gen-
ti. Preso più strettamente questo nome,
anticamente conveniva ai soli imperato-
ri, reo signori, che non di pende vano dalla
superiorità di alcun signore temporale.
Sotto il dominio de're longobardi e fian-
chi, anzi anche sotto gl'imperatori di Ger-
mania, il ruolo di questi principi minori
era costituì lodai duchi diBenevento,Spo-
leto, Toscana e Friuli, de'quali parlai an-
che a Italia. Abbattuto il regno de'lon-
goliardi, i beneventani cominciarono ad
attribuirsi l'autocrazia o potere indipeu-
dente e assoluto; ma questa fu lungo tem-
po instabile, studiandosi gl'imperatori di
mantenere anche sopra quelle contrade
i loro diritti. Verso il 774 il duca Arigiso
Il prese il titolo di principe nel suo più
stretto significato, per essere considerato
qual supremo sovrano del ducato di Be-
nevento, non soggetto a Carlo Magno, il
quale colla depressione di Desiderio re
de'longobardi, s'era impadronito del ri-
manente del regno. Cosi i dominanti di
Salerno e Capua, nati più tardi, assun-
sero il titolo di principi, cioè di sovrani,
tuttoché i signori di Napoli restaronocon -
tenti del nome di duchi, maestri de'rni-
liti o generali della milizia o consoli, seb-
bene erano da annoverarsi tra i principi:
eletti questi ultimi dal popolo, da cui e
talvolta dagl'imperatori d'oriente conse-
guivano l'autorità. Non dissomiglianti fu-
rono una volta i Dogi{Pr.) di Venezia.
Inoltre ne' vecchi secoli nella classe dei
principi entravano anche i duchi, i mar-
chesi e conti, essendo per tali riguardati,
così purealcuui arcivescovi e vescovi, co-
me i potenti abbati, venendo chiamati
primiores regni, principes regni. Quello
cheavvenue in Italia si praticò parimenti
in Germania e in Francia (F.), chia-
mati regniprincipum. Ma di tanti antichi
duchi,inarchesiecontiprincipeschi,tran-
nele sovrane case di Modena e di Savoia,
e tranne i Colonna, gli Orsini, i Caeta-
22&x P R I
ni, gli Sforza-Cesarini e a\lv\ Baroni ro-
mani (al qualearticolo dissi che non pren-
devano investitura dai Papi pei feudi che
passavano per discendenza, onde enfati-
camente Cancellieri disse ne Possessi p.
162, che potrebbero meritamente chia-
marsi lauti regoli i baroni e principi ro-
mani) che conservano le reliquie delle lo-
ro già possenti famiglie, tutti sparirono
col decorrere i secoli.
Quanto alle città libere e come la loro
signoria passò in mano di principi o ti-
ranni ne'secoli addietro, la principal ca-
gione della mutazione di governo s'hada
attribuire al furore delle fazioni Guelfa e
Ghibellina (F.). Ad altre città fu imposto
il giogo o dal volere degl' imperatori, o
dalla potenza superiore delle vicinecittà
o de'principi confinanti; o puredall'indu-
stria o dalla prepotenza di qualche ambi-
zioso cittadino, talvolta col consenso, e
talvolta a dispetto degli altri concittadi-
ni. Non si devono però trattar da tiranni
senza veruna differenza tutti i principi,
come fecero alcuni con tutti quelli che si-
gnoreggiarono dopo il secolo XII, se pu-
re non usarono la voce nell'antichissimo
suo significato denotante i re e i regoli.
Se le città per le intestine ed ostinate di-
scordie e conflitti de'signorotti talvolta
elessero per capo, capitano, Podestà (F.)t
o signore qualche illustre personaggio,
questi con la prudenza unita al potere,
riuscirono a dominar gli animi e fecero
colle loro saggie provvidenze rifiorire le
città; seda Omero l'impero di molti non
fu creduto buono, preferendo il governo
monarchico, tanto più questo sidoveaa-
dottare da quellecittàsconcertatee piene
d'irreconciliabili fazioni o tirannelti,che
il principe o capo del popolo repressero
o pacificarono. Però avvenne, che o per
ineriti o per prepotenza quei capopopoli
o podestà o principi conservarono il po-
tere nella discendenza e formarono prin-
cipati fatti riconoscere e consolidare da-
gl'imperatori, divenendo così vicari im-
periali, o marchesi, conti o principi del-
PRI
V lmpero(F.), ùe'quaW trattò imbolilo-
tizia de'principi del sagro tornano impe-
ro. I tanti esempi si possono leggere negli
articoli Milano, Ferrara, Verona, Ra-
venna, Mantova, Padova, Pavia, Lucca,
Rimini, ForlÌjBologna, Urbino, Foligno,
Camerino, ec. , in molti de'quali furono
costretti i Papi accordare le città in vi-
cariato con investiture mediante annui
tributi e censi, onde poi ne'secoli XIV e
XV principalmente repressero molte u-
surpazioni. Quanto ai Feudi (F.), i Papi
regolarono il potere de'principi e baroni
dello stato pontificio colla Congregazio-
ne del Buon governo ( F,), colla Congre-
gazione della s. Consulta (F.), colla Con-
gregazione sopra i baroni dello stalo ec-
elesiastico. Talvolta i Comuni (V.) con-
servarono parte d'autorità e giurisdizio-
ne, dimodoché il principe non era che ca-
podel popolo, capitanodella milizia, am-
ministratore della pace e della guerra, e
godente parte delle regalie proprie della
sovranità. Non si può del tolto negare che
dopo il 1200 l'Italia producesse di non
pochi tiranni, che imposero il giogo della
servitù alle proprie città e perciò tiran-
nicamente ne cominciarono il dominio e
il principato, per la cieca cupidigia di re-
gnare a loro talento; e siccome trovaro-
no opposizione in chi difendeva la patria
libertà, insorsero crudelissime oppressio-
ni, sostenendosi nel procuratosi principa-
to colla forza, onde i miseri cittadini li
proclamarono per tiranni, e tali furono
anche tra congiunti, cui tolsero la vita per
soppiantarli nella signoria. Per più secoli
poi durò la razza di questi tirannetli, né
solamente nel la storia d'Italia, ma in quel-
la ancora delle altre nazioni, s'incontrn
alcuno di simili malvagi e prepotenti
uomini. Proprio di questi piccoli tiranni
era di suscitar guerra contro i men po-
tenti, e d'infestar le strade a guisa d'as-
sassini, talmente che non era mai sicuro
il passare per la loro giurisdizione. Quanto
più nobili o ricchi erano i pellegrini o
viandanti, tanto più grande era il loro
PRI
pericolo di essere imprigionati, e forzati
poscia a redimere la loro libertà con e-
sborso di molto oro. Coll'andar de'secoli
e nello stabilirsi i diversi sovrani princi-
pali cui è divisa l'Italia ed il resto d'Eu-
ropa, cessarono questi piccoli e infesti pre-
polenti.
Fra gli stali d'Italia in cui il numero dei
principi titolari è maggiore, debbonsi no-
minale quelli de'dominii pontifìcii e del
regno delle due Sicilie, e tra le città in
cui abbondano Roma e Napoli. Nel rea-
mcdelledue Sicilie ebbe origine dalle di-
verse dinastie che vi regnarono o prete-
sero il dominio, onde per le guerre tra
glisvevi,gli angioini egli aragonesi, o-
guuua delle parli rimeritò con soverchia
abbondanza di titoli i propri fautori ese-
guaci. In Roma derivò dagli antichi e po-
tenti baroni, alcuni de'quali ancora con
lustro fioriscono, anche per le disposizio-
ni di Fidecommesso (nel voi. XXVII, p.
2()o dissi che la prima primogenitura di
cui si ha notizia in Roma, l'istituì Luca
Massimo col titolo di marchesato, in Prof-
sedi, acquistato nel i 544)> non cne da di-
plomi imperiali in tempi che si rilascia-
vano con molta facilità e con troppi esle-
si privilegi e prerogative, ovvero per libe-
ralità de'Papi, particolarmente coi loro
Parenti(F.)y\ quali furono fregiati di tito-
li e onorificenze anche da altri monarchi,
come descrivo ne'moltissirai articoli delle
principali famiglie. Abusando i principi e
baroni romani delle principesche Frati'
clugie (F-), di tempo in tempoi Papi ne
dovettero frenare gli abusi e finirono con
abolirle, eziandio per togliere gli eccessi
derivali da quelle degli ambasciatori; a-
vendo Alessandro VII proibito loro il ti-
tolo di Altezza {F.)% che godono molti
principi di Germania, in uuo all'altro ti-
tolo di Serenissimo (F.). Loro proprio ti-
tolo è quello di Eccellenza ( V.), ed anche
di Don (F.)} e di Donna (F.) alle princi-
pesse; ma particolarmente del primoa'no-
stri giorni se ne fa un intemperante e ri-
dicolo abuso, in modo che la gerarchia e
PRI 229
prammatica civile, che sarebbe tanto uti -
le e impedirebbe molti gravi mali, è poco
distinta, come Dell'ostentante Lutto e nel
rovinosissimo Lusso (F.). Cancellieri,
Campane p. 184, dice ch'era privilegio
degli ambasciatori e de'principi teneresui
loro palazzi la Campanella ; il: simile dissi
a questo articolo, in uno all'uso chese ne
faceva. Molti sono gli articoli in cui di-
scorro delle prerogative antiche e odier-
ne de'principi, massime romani, come Pa-
lazzo, oltre la descrizione de' loro prin-
cipali palazzi che riportai a F 'alazzi diRo'
ma (F.), dicendo ancora delle loro gal-
leriedi superbi quadri, musei, biblioteche
e ville. De'funerali de'principi e princi-
pesse, comedi altri signori romani, parlai
nel voi. XXVI li, p. 6i, 63, 69, 7 1. A.
Famiglie nobili di Roma, a Nobile e No-
biltà, a Famigliare, ed ancora Famiglia
de'cardinali e Palafreniere, comein al-
tri relativi articoli, dissi moltecose riguar-
danti le famiglie principesche romane e
i loro famigliari, ed anche morali. Tut-
tora sogliono i Papi decorare mediante
breve apostolico qualche personaggio e
famiglia del titolo e prerogative di prin-
cipe, come di duca e altri, come praticò
Gregorio XVI;edaPio IX riportai quelli
da lui fatti, oltre la rinunzia de' Feudi
(al qual articolo vi sono nozioni appar-
tenenti ai principi romani) di quelli che
tuttora li possedevano; così a Pio Vili,
a Leone XII, a Pio VII, Di questo ulti-
mo e come notai altrove, si legge nel nu-
mero 25 del Diario di Roma 1 b* 1 6, di a-
ver elevato alla dignità di principe ro-
mano, mediante il consueto breve aposto-
lico^ tenente maresciallo austriaco conte
Nugent, al quale consegnò tal diploma
colle sue mani; avendo già rimarcato a
Carrozza (F.), che Pio VII fece ascen-
dere nella sua il detto principe. Riporta
Artaud, Storia di Leone XII, 1. 1, p. 106,
che conferì l'onorevole titolo di principe
romano per sé e suoi discendenti nell'or-
dine che piacesse al titolare di stabilire,
al visconte fratello del cardinal derilioni
a3o PR1
Tonitene, di cui e famiglia, comechè degli
antichi Chiaramonti, parlai anche a Pio
VII. A Camerlengo di s. Chiesa dichia-
rai, che dehhono prestare giuramento di
fedeltà alias. Sede a quel cardinale, i no-
delli principi, duchi, marchesi e conti,
«piando il titolo viene conferito per bre-
\e. Riporta il n.° 64^0 del Diario di Ro-
ma iy58.»> Il duca d. Giuseppe Grillo
si portò avanti il cardinal camerlengo a
prestare il giuramento di fedeltà come
principe romano, di poi in forma pub-
blica si presentò a'piedi di ClementeXIII,
dov'ebbe il trattamento da principe ro-
mano di i.° rango, ed in questa occasio-
ne fece mostra di sontuosa corte, carroz-
ze e bellissime livree; nello stesso giorno
dopo il pranzo fu alla visita del cardinal
decano e poscia visitò lutti i cardinali". E-
gualmente descrivendo le funzioni de'Pa-
pi e il loro possesso, ed altre pubbliche
e solenni comparse, dico quanto è relati-
vo ui principi romani e alle loro prece-
denze, delle quali parlai eziandio nel de-
scrivere il loro intervento alle Cavalcate
e Cappelle pontificie (V-), chiamati già
minoris polenliae ne ceremoriuxW, ne' voi.
Vili, p. 222, 224, ALI, p. 187 ed in al-
tri. Mei Ceremoniale stampato d'ordine
di Leone X, lib. 3, sect. 2, de ordine se-
dtndi in cappella, si assegna il luogo al
soglio pontificio pel senatore di Roma,
conservatori, ambasciatori e altri baro-
ni romani nel 2.0 e 3." grado del soglio;
ciò diesi conferma ne\Ceremoniale stam-
pato nel 1 56o, lib. 5, de incensatione al-
taris, ove si parla de' duchi minori. Al-
lorché i Papi nel recarsi alle cappelle e-
rano accompagnali a cavallo dal Princi-
pe assistente al soglio (f.), facevano al-
trettanto alcuni principi o baroni roma-
ni ; per cui osservando Clemente XI che
il duca Al, ilici (voi. ALI II, p. 3oo) noti
lasciava di corteggiarlo nelle funzioni del-
le cavalcate, portando anche seco a caval-
lo il suo figlio, nella cavalcata per la ss.
Annunziata deli 7 19 Io dichiarò princi-
pe di i.° rango, egli fece godere questa
PIÙ
grazia con ammetterlo all' Udienza (/".)
in quella occasione con la Spada (/'.)
e il cappello. Ne'possessi de'Papi inter-
veniva il baronaggio e nobiltà romana
risplendente per preziose e superbe vesti,
tempestate di gemme di gran valore, con
magnifiche collane d'oro, cavalcando ge-
nerosi ca vali i, e ci rconda la di stallieri , pa -
lafrenieri, paggi e lacchè elegantemente
vestiti, essendovi gara fra 'principi e altri
titolati per figurare e fare onore al Pa-
pa. Erano preceduti dai loro Gentiluo-
mini e Maestri di camera (F.) , ince-
dendo il baronaggio ordinariamente do-
po i Camerieri del Papa (F.) portatori
de'4 cappelli pontificali; talora, per le-
vare etichette, cavalcarono avanti la fa-
miglia pontificia o coi camerieri di spa-
da e cappa del Papa o coi loro Foriere
e Cavallerizzo, e più aulicamente coi Ca-
po-Rioni e Gonfaloniere del senato e po-
polo romano(F.):pub vedersi anche Mae-
stri di Strada, Paggio, Prefetto di Ro-
ma, Ingressi solenni in Roma, nel quale
dicendo di quello de cardinali, raccontò
de'genliluominiche vi mandavano i prin-
cipi, come ora fauno nella loro promozio-
ne alla porpora, oltre la visita personale
colle nobilissime consorti. Tale assisten-
za e intervento alle pontificie cappelle e
cavalcale terminò nel secolo passato, ed
ora oltre il Maestro del s. Ospizio, il Se-
nalore di Roma coi conservatori in rap-
presentanza del baronaggio e popolo ro-
mano, non intervengono alle funzioni pa-
pali altri nobili laici, ad eccezione del
Principe assistente al soglio pontificio
(F.)} che come il più degno prende luo-
go nel ripiano del trono. A Carrozza par-
lai dc'trcni de'cardinali principi, de'prin-
cipi assistenti al soglio, degli ambascia-
tori e de' principi romani, e del gran nu-
mero di carrozze che si videro in alcu-
ne solenni pompe o d'Ingressi in Roma
(F.\, ed anchedell'ombrellino che si por-
ta sulle carrozze e avanti i detti perso*
uaggi , anche nei funerali. A Cavalli ,
degli ornamenti d'oro usati dai cardi-
PRI
nali principi, dai principi assistenti al
soglio, dagli ambasciatori e dai principi
romani, nei finimenti de'medesirai, e di
quelli funebri simili, ancbe per le prin-
cipesse. A Baldacchino, insegna di di-
gnità principesca, notai che 1' usano in
sala e nella camera del trono, o d'udien-
za o d' etichetta , oltre gli ambasciatori
ed i principi assistenti al soglio, gli al-
tri principi romani ed alcuni marchesi.
Ad Ombrellino, altra insegna di distin-
zione principesca, ed eziandio di giuris-
dizione , riparlai meglio de' baldacchini
e loro uso che ne fanno i delti ambascia-
tori, principi assistenti al soglio, altri prin-
cipi e marchesi romani, come de'loro di-
versi colori, dichiarando altresì con più
precisione quanto riguarda i cavalli e car-
rozze, anche del magistrato municipale
di Roma per le ultime pontifìcie dispo-
sizioni. Tuttavolta e siccome argomento
che niuno in Roma trattò, almeno e per
quanto sia a mia cognizione, di tutto farò
più completa dichiarazione. Fra le pre-
rogative de'principi assistenti al soglio,
degli altri principi o duchi romani, dei
marchesi delti di baldacchino, oltre gli
ambasciatori, vi sono le seguenti sui bal-
dacchini e treni di carrozze e cavalli.
Quanto ai colori essi variano a seconda di
quelli adottati per tradizione o per qual-
che memoria illustre dalle rispettive fa-
miglie come colori gentilizi. Per cui molti
adoperano il colore rosso, altri il celeste,
qualcuno il verde anche per avvicinarsi
in certo modo alla tinta del precedente,
non essendovi propriamente una pram-
matica di uniformità, laonde riescono dif-
ficili le ricerche e la trattazione di que-
ste particolarità, per cui mi furono ri-
chieste come per l'argomento del Lullo
e altri non pochi. Osserverò che i Colon-
na per privilegio, oltre i baldacchini, usa-
no il colore rosso anche nelle seterie dei
finimenti e flocchi de'cavalli, i quali or-
nano con ciuffi come i cardinali (a que-
sti li concesse Urbano Vili), massime nel
treno del Colonnese principe assistente
PRI *3i
al soglio pontificio. Questa prerogativa
de'ciuffi e seterie di colore rosso, si vuole
derivata da s. Pio V, il quale nel 1572
elevando Paliano (^.)in principato, con
moto-proprio posto poi in forma di breve
da Paolo V, concesse ai Colonna tutte le
preminenze che godevano i principi mag-
giori, come gli altri grandi principi feu-
dataiide'dominii della Chiesa, cioè i du-
chi di Urbino, di Ferrara, di Parma e
Piacenza. Tutti gli altri comunemente
adoperano ne'baldacchini il colore rosso,
e negli ombrellini e seterie de'cavalli il
celeste, qualcuno il verde: altri usano bal-
dacchini, ombrellini e seterie de'cavalli,
tutto celeste o verde: i cuscini si fanno
del colore dell'ombrellino. A lcuni poi dei
uominati personaggi tengono il baldac-
chino solo in sala. 11 Baldacchino si alza
nella sala e nella camera detta del tro-
no. Insala il baldacchino è di panno con
trine e frangie di seta, ordinariamente
gialle o di altro colore proporzionato a
quello del medesimo. Simile al baldac-
chino è il dossello, eziandio nelle guar-
nizioni, nel cui mezzo è lo slemma gen-
tilizio. Innanzi e a ridosso del dossello si
eleva un bancone con copertone del me-
desimo panno ( o di pelle di corame o
altra specie colorate sulla tavola), egual-
mente colle dette trine e frangie. So-
pra alla tavola e accosto alla parete del
dossello si pone uno o due scalini o cas-
sette oblunghe (3 scalini usano alcuna
delle famiglie che s'imparentarono con
sovrani, come segno de'gradini del trono
reale, come la Doria, le quali famiglie
costumano in questi stemmi di non in-
quartale l'arme della moglie se non è di
stirpe sovrana), per custodire le torcia di
cera, le quali si pongono sul torciero (co-
me si fa pure nella sala del Papa, la qua-
le non ha baldacchino, e in quelle de'car-
dinali, nelle occasioni che vado a dire)
nelleseredi visite oconversazioni,o quan-
do è venuto un cardinale, un ambascia-
tore, un principe o simili personaggi. A-
vauti al tavolone molti per maggior de-
33i PRI
coro erigono una balaustrata di legno co-
lorata, che armonizzi col resto, he por-
tiere o tende delle porle, nel drappo tal-
volta sono più nobili del baldacchino, e-
guale essendo il colore, con guarnizioni
simili e stemma in mezzo. Nella stanza
chiamata del trono o dell'udienza, il bal-
dacchino e il dossello sono d'eleganti drap-
pi di damaschi o altri intessuli, talvolta
frammisti a oro, come d'oro o intarsiate
con seta sono le fiangie, le trine e altri
ornamenti. Nel centro del dossello si ap-
pende il quadro col ritratto del Papa re-
gnante (gli ambasciatori quello del pro-
prio sovrano, cornei nunzi all'estero quel-
lo del Papa). Rivolta al dossello è una se-
dia a bracciuoli coperta di seta o di vel-
luto, con dorature e altri ornati; gli scalini
o predelle non hanno luogo, ma un pic-
colo strato o tappeto si pone sotto la se-
dia. L'addobbo della camera nelle pareti
e nelle finestre, 'come il tappetodel pavi-
mento, deve armonizzare col baldacchi-
no edosselloanche nel colore, così le sup-
pellettili. Lunadoro, Relazione della cor-
te dì Roma (edizione del 1646) p. i38
dice: «Può e deve tenere il cardinale un
baldacchino di panno rosso ben ricamato
con sue armi in sala sopra la credenza,
et un altro baldacchino nell'anticamera;
l'hanno sempre usato tenerlo i cardinali
di nascita eminente. Come ancora i car-
dinali nati principi ne sogliono tener più
di due, et a'piedi de'baldacchini, che si
tengono per le stanze, vi va sempre un
bello strato di tappeto, o altro panno, et
sotto il baldacchino vi si tiene una sedia
voltala dove si siede, alla cascata di detto
baldacchino." L'ombrellino è di seta, tal-
volta damascata, con cordoni e fiocchi si-
mili frammisti a oro, con copertina di
tela del medesimo colore. Si appende in
sala da un lato e fuori del dossello: dalla
parte opposta si attacca un cuscino co-
perto dello stesso drappo o di panno, con
trine e frangi e come il baldacchino. L'om •
brellino si adopera nelle uscite di forma-
lità, i principi assistenti al soglio nel re-
PRI
carsi alle cappelle e funzioni pontificie,
portandosi innanzi da un servo (come si
pratica nella pompa funebre), ponendosi
sul cielo della carrozza nel destro lalo
della parte posteriore, cioè quando den-
tro la medesima è il principe. Le seterie
ed i fiocchi de'fìnimenti de'cavalli e le lo-
ro intrecciature, sono di seta frammiste
a oro, cioè ai cavalli della carrozza no-
bile, la quale pure si guarnisce con se-
terie e ornamenti d'oro relativi, pel tre-
no di formalità, ed i principi assistenti al
soglio l'usano nel recarsi a dette funzio-
ni, con altra di seguito e due nelle feste
o ricorrenze solenni, le quali carrozze di
corteggio tanto nelle seterie che nel la qua-
lità e guarnizioni devono distinguersi pro-
porzionatamente al grado. Prima gli am-
basciatori ed i principi usavano fiocchi
d'oro ai cavalli delle loro carrozze di eti-
chetta, cosi i principi romani: eccone ut)
esempio, che servirà pure per altre no-
tizie analoghe a questo articolo, e lo ri-
cavo dal n.° 6780 del Diario di Roma
del 1760. » Sua eccellenza il sig.rd. Fi-
lippo Orsini, martedì mattina all'effetto
di portarsi all'udienza della Santità di No-
stro Signore, partì dal palazzo regio in
piazza Farnese, ove dimora con l'Eni.0
Orsini suo genitore, ministro plenipoten-
ziario di S. M. il re delle due Sicilie, con
treno nobile nuovo di carrozze,fìocchi d'o-
ro, ombrello,e servitù in pomposa nuova
livrea di scarlatto rosso ben guarnita di
trina, e camisciuole gallonate d'argento,
e con suoi paggi in una delle carrozze di
seguito riccamente vestiti, e con tal de-
corosa comparsa si condusse al Quirina?
le, ove quasi contemporaneamente giun-
se ancora in altro treno nobile ilsig/ car-
dinale suo padre, secondo il giorno e l'ora
all'eminenza sua accordata, quale entra tu
all'udienza di Nostro Signore, essendosi
fermato in anticamera d'onore sua eccel-
lenza il sig.r duca di Gravina suo figlio,
fu poi fatto passare da mg.1' maestro di
camera nella camera segreta, e di lì, quan-
do la Santità Sua comandò, fu introdotto
PR1
covi ispada e cappello all'udienza di Sua
Santità, presentandolo Io stesso sig.r car-
dinale al Papa come nuovo duca di Gra-
vina ; rassegnandosi così alla Santità Sua
il sig.r duca fu accolto con atti di somma
clemenza, come pure il sig.rcardinalesuo
padre; e datogli Sua Santità il congedo
si condussero unitamente prima alla vi-
sita dell'Em.0 Rezzonico nipote di Nostro
Signore, indi a quella dell'Erri.0 Torreg-
giasi segretario di sialo, ne' loro rispetti-
vi appartamenti nello stesso palazzo Qui-
rinale, e trattenutisi qualche tempo iu
discorso coi suddetti porporati, si resti-
tuirono ciascuno coi loro treni di carroz-
ze, separatamente alla loro suddetta re-
sidenza in piazza Farnese. Come poi so-
gliono praticare i novelli principi dipor-
tarsi nel giorno stesso il dopo pranzo alla
-visita di s.Pietro in Vaticano, e dell'Era,
decano del s. collegio, vi andò l'eccellen-
za sua verso le ore 22 nella medesima
pubblica forma " indi ne'seguenti gior-
ni visitò tutti i cardinali. Altrettanto tut-
tora si pratica dai principi, duchi e altri
signori, quando succedono ai genitori, o
se mancanti di essi, quando sono dive-
Muli maggiori di età.
Diverse erudizioni sui principi anche
sovrani, si possono leggere nell'indicedel-
l'annalista Rinaldi: eccone alcune indi-
cazioni dedotte dalla storia. I principi dei
sacerdoti non aveano nel sinedrio prero-
gativa di luogo, né altro segno d'onore,
per prescrizione d'Erode. I principi sono
d'ordine inferiore ai sagri ministri (quan«
lo alle distinzioni del bacio del libro del-
X Evangelo o Messale, del bacio di Pace
della Messa , dell' Incensazione e altro che
la chiesa accorda ai principi, in questi e
iu altri articoli lo notai, come a Laico),
ed i cristiani devouo essere ubbidienti e
soggetti ai principi. Esempiodi modestia
cristiana die s. Atanasio nello scusaregli
errori de'principi. Quando procurano il
bene della religione sono prosperati da
Dio. I principi facilmente sono sospinti in
erroreedifliciliucnle si correggono. 1 peo-
PRI 233
cali loro contro i diritti ecclesiastici, dan-
no forza e vigore ai nemicijsono prospe-
rati quando perseguitano l'empietà. Il ti-
mor di Dio recò solo ai principi la feli-
cità, e l'oifesa di lui è la rovina loro. Deb-
bono venerare , non maltrattare le cose
ecclesiastiche. I principi malvagi furono
lasciali da Dio regnare, e lungamente pei
peccati degli uomini. Con l'ubbidienza e
venerazione verso la sede apostolica sta-
biliscono se stessi e lo stalo, facendo al
contrario si tirano addossoogui male:coin-
battendo la chiesa eoffendendola, distrug-
gono il proprio regno. Nell'emendazione
de' peccali de' fedeli si deve incominciar
dai principi, altrimenti vana torna ogni
fatica e mortificazione.Fu degna idea d'un
principe cristiano (così s. Luigi IX e al-
tri), s. Enrico imperatore: prima che si
ponesse a giudicare ed a trattare gli af«
fari del regno, faceva orazione e limosi-
ne. I principi facilmente dalla virtù pas-
sano al vizio. Manuello imperatore die e-
sempio di ottimo principe , annullando
con legge quello che avea malamente or-
dinato. Molte altre analoghe erudizioni
si possono leggere nelle Sluore del p. Me-
nochio. De'doveri de'principi, ed anche
de'sudditi, tenni proprosilo in più luoghi,
come a Re. De' donativi che i Papi so-
gliono fare ai principi, V. Rosa d'oro, Fa-
scie, Stocco e Berrettone; ed a Funerali
quelli che celebrano pei sovrani defunti.
II cardinal de Luca ci die : 77 principe
cristiano pratico , Roma 1680. Andrea
Mendo, Il principe perfetto, ed i mini-
stri adattali, documenti politici e morali
corredali d'emblemi, Roma 1816.
PRINCIPE assistente al soglio pon-
tificio, Stator proxirnus a solio Pontifi-
cis maximi, come lo chiama Morcelli. La
maggiore tra le dignità laicali che hanno
luogo nella cappella pontificia, ed in tut-
te le sagre funzioni che assiste e celebra
il Papa, oltre ai concistori pubblici , co-
me quello che in tutto il tempo della fun-
zione sta in piedi sopra il ripiano del Tro-
no (fy.) pontificio a destra del cardinale
2.34 P^1
i.° diacono che siede accanto al lato de-
stro del Papa, ricevendo dopo il gover-
natore come vice-camerlengo e prima de-
gli altri Prelati [V.) di fiocchetti sul tro-
no medesimo l'incensazione e la pace. Di
questo onorevolissimo posto ne dà la ra-
gione mistica Mucanzio, presso i Bollati-
disti, Ada ss. Jan. t. 7, p. 166, n.°438.
1 principi assistenti al soglio pontificio,
per privilegio perpetuo fino dal secolo
XVI sono i due nobilissimi capi delle ec-
celse e antichissime famiglie romane Co-
lonna e Orsini (F.) , che a vicenda uno
per volta adempiono allo splendido uffizio.
Talvolta i Papi compartirono questo o-
nore e il cospicuo grado di assistente al
soglio per concessione personale , anche
ad altri principi e insigni personaggi. An-
ticamente assistevano eziandio al trono
papale il Prefetto di Roma, gli Ambascia'
tori (F-.) ed altri Principi (^.), simulta-
neamente a questi due principi Colonna
e Orsini, detti per eccellenza principi as-
sistenti al soglio pontificio, uno de'quali
con un ambasciatore e standoli principe
alla sinistra del trono (perchè gli amba-
sciatori aveano la precedenza sui princi-
pi assistenti al soglio ) contemporanea-
mente somministravano al Papa le can-
dele e le palme benedette per la dispen-
sa e gli prestavano tutti quei distinti uf-
fizi che qui accennerò, avendone tratta-
to di tutti e colle particolarità che gli sono
proprie in tutti i relativi articoli e princi-
palmente a Cappelle pontificie. Lunado-
10, Relazione della corte di Roma (ediz.
del 1646), p.io4, dice che i cardinali do-
po avere resa sul ripiano del trono l'ub-
bidienza al Papa , salutano i due cardi-
nali diaconi assistenti , gli ambasciatori,
ed i principi del soglio, ciò che tuttora fan-
no, meno i secondi che non più assistono.
Riceve dal cursore apostolico l'intimo e
con i -elicili ila quando vi è, a tutte le cap-
pelle, solenni funzioni papali e concistori
pubblici. Qualora il Papa non intervie-
ne alla funzione, il prelato maestro di ca-
mera ne previene il principe, perchè se ne
PRI
astenga, intervenendo egli soltanto quan-
do il Pontefice la celebra o vi assiste, essen-
do il di lui uffizio specialmente addetto
alla sua augusta persona. Quando il prin-
cipe interviene si reca nella camera se-
greta contigua a quella ove risiede il Pa-
pa, e col Governatore di Roma (P.) lo
precede alla camera de' paramenti. Se la
funzione si celebra nelle chiese di Roma,
il principe si porta ad attendere il Papa
nelle sagrestie delle medesime; ma se il
Papa abita nel palazzo Vaticano e la fun-
zione ha luogo nella propinqua basilica,
il principe si reca nella delta camera se-
greta, alla quale dopo la funzione accom-
pagna il Papa, ciò praticando sempre con
quelle delle cappelle pontificie palatine
del palazzoche abita il Papa. Allorquan-
do i Papi si portavano in quattro di det-
techiese con Cavalcata (P.) solenne, ciò
che durò sino e inclusive a Pio VI, v'in-
terveniva il principe a cavallo col gover-
natore di Roma, servito da due paggi, dal
decano e dai suoi staffieri , seguiti dalla
croce papale e circondati dalla guardia
svizzera, dopo aver sostenuto al Papa la
staffa per montare sul suo cavallo e que-
sto guidato a mano sino alla metà delle
piazze Vaticana o Quirinale, subentran-
do poi a prendere le redini i conservato-
ri e priori de'caporioni, uffizio che eser-
citarono imperatori , re e altri sovrani,
come descrissi a Palafreniere; ed il car-
dinal vescovo di Selva Candida (di cui a
Porto) anticamente per sostenere la staf-
fa avea in dono i pontificii guanti. La car-
rozza del principe col maestro di came-
ra e il gentiluomoseguiva quelle del Papa.
Siccome questi dopo la funzione tornava
alla sua residenza in carrozza, il princi-
pe reslava in sua libertà. Se poi il Papa
in dette cavalcate solenni vi andava in
carrozza , questa precedevano a cavallo
il governatore e il principe. Prima sole-
vano i Papi portarsi alle funzioni delle
cappelle delle chiese di Roma in carroz-
za o in sedia scoperta con l'accompagna-
mento a cavallo del principe assistente
PR I
al soglio, di nitri principi e del magistra-
to romano. Questo accompagnamento a
cavallo del principe assistente ebbe luo-
go anche quando il Papa si recòsempli-
cernente a visitarequalche chiesa. Ne por-
terò due esempi. Leggo nel n.° ^43 del
Diario di Roma i 7 1 9, che Clemeute XI
dal Quirinale si portò in carrozza alla ba-
silica Vaticana per la cappella della Cat-
tedra , dopo la quale passò a visitare il
ss. Sagramento solennemente esposto in
s. Marcello, servito a cavallo dal conte-
stabile Colonna e conservatori del popo-
lo romano che aveano assistito al soglio.
E nel n.° 68 1 del Diario eli Roma 1 72 1 ,
che Innocenzo XIII per la festa di s. Ce-
cilia andò a visitarne la chiesa , accom-
pagnalo a cavallo dal duca di Polidichia-
rato principe assistente al soglio. Le altre
cavalcale in cui cavalcava il principe as-
sistente al soglio erano quelle del Pos-
sesso (/^.) del Papa, nelle quali rendeva
al capo della Chiesa il narralo omaggio,
nel montare a cavallo e nel condurre que-
sto per un tratto di strada, subentrando
i conservatoli pel resto della via.
Nella raccolta delle relazioni de Pos-
sessi che pubblicò Cancellieri, trovo per
la i.a volta l' intervento del principe nel
1 5 1 3 per quello di Leone X. Dopo il se-
natore, Principes de solio cum officiali-
bus honorariis , indi il duca d'Urbino pre-
fetto di Roma: in altra relazione sono e-
numerati Fabrizio Colonna e Giulio Or-
sini, avendo in mezzo Gio. Giordano Or-
sini, quindi i Savelli, i Conti e altri baro-
ni, come altri Orsini; dunque erano quei
principi che collettivamente assistevano
il trono, tranne il Colonneseche già era
insignito della singolare qualifica di prin-
cipe assistente oper dir meglio esercita-
va la sua assistenza nel ripiano del tro-
no, mentre gli altri ne occupavano i gra-
dini siccome toccai a Pbinciì'e. Nel posses-
so di Gregorio XIV deli 5go Michele Pe-
retti cavalcò avanti gli ambasciatori, do-
po i quali il Governatore, nel quale arti-
colo riportai più esempi del suo incede-
PRI a35
re cogli ambasciatori. Nel i6o5 per Leo-
ne XI cavalcò Virginio Orsini, seguito da-
gli ambasciatori. Ordinariamente i prin-
cipi assistenti ne' precedenti possessi era-
no andati cogli altri principi e baroni ro-
mani. Ed i nipoti de'Papi cavalcavano e-
gualmente innanzi o con gli ambasciato-
tori, essendo spesso Generali di s. Chie-
sa (^.). Neh623 pel possesso d'Urbano
VIII vi fu questione tra i conservatori di
Roma e d. Filippo Colonna, che i primi
volevano precedere-.il Papa decise in fa-
vore del principe assistente al soglio e lo
fece andare a sinistra del proprio nipote
d. Antonio Barberini, ma i conservatori
protestarono sul j'us della precedenza.
Narra Cancellieri ne Possessi, p. 202, che
la pretensione de'conservatori si fondava
per aver preceduto d. Virginio Orsini nel-
la cavalcata di Leone XI; ma d. Filippo
Colonna rispose che si servissero del lo-
ro privilegio con casa Orsini, ma non con
casa Colonna, che loro avea sempre pre-
ceduto , come nella cavalcata del gene-
rale Aldobrandini nel 1^95. Dipoi in quel-
la pel prefetto di Roma Barberini, d. Mar-
c'Antonio ebbe la mano diritta dall'Or-
sini. Altra grave controversia insorse sul-
la precedenza tra'priucipi e il Savelli am-
basciatore imperiale, nel possesso d'In-
nocenzo X , e lutti cavalcarono innanzi
al governatore, il quale sempre ebbe su
lutti la mano. In altra relazione le<™oche
DO
i principi e baroni romani cavalcarono
prima de'cubiculari del Papa, e che Sa-
velli andò alla sinistra del governatore,
essendo anche maresciallo di s. Chiesa
(/^.). Nel 1667 chiaramente si legge, che
per Clemente IX, il governatore proce-
deva in mezzo all'ambasciatore di Frauda
ed al contestabile Colonna. A Pbesbite-
rio raccontai che in questa funzione es-
sendo succeduta agli antichi presbiterii
la dispensa delle medaglie ai soli cardi-
nali e poi pai ticolarmenle agli altri, i Pa-
pi volleradistinguereil principe assisten-
te con farglielesomministrare subito ap-
pena distribuite al trono, a mezzo del te-
236 PRI
sonerò, così agli ambasciatori. Anche nella
cavalcata del possesso il principe del so-
glio era corteggiato dai suoi paggi, deca-
no e staffieri in ricche livree. Nel 1676
pel possesso di Innocenzo XI altra con-
troversia ebbe luogo sulla precedenza, non
volendo gli ambasciatori cavalcare col
principe, al modo riportato a Governa-
tore. Per Alessandro Vili dopo gli am-
basciatori cavalcarono il principe Ode-
scalchi generale di s. Chiesa, col conte-
stabile Colonna; dopo la funzione il Papa
ritornò al palazzo Quirinale egualmente
com'era andato in Lettiga (f^.), servito
dai principi del soglio, prelati, litolati e
cavalieri. Per Innocenzo XII neh 6q~i ca-
valcarono il contestabile Colonna, gli am-
basciatori e il governatore. Nel voi. I, p.
3oo eseg., trattando del posto degli am-
basciatori ne' possessi e cappelle, pallai
della precedenza che 1' ambasciatore di
Bologna voleva sul contestabile, di quel-
la di Marti nilz ambasciatore imperiale
che esigette in detto possesso sul princi-
pe medesimo, per cui il Papa ordinò al
Colonna che senza pregiudizio di sue ra-
gioni precedesse: dipoi Martinitz voleva
esigerla anche sul governatore, e non vol-
le dare la pace sul trono al contestabile
Colonna, col pretesto di essere feudatario
d'un sovrano della sua imperiale famiglia
austriaca; inoltre la pace fu pure negata
sotto Clemente XI dall' ambascialo!' ve-
neto e poi passata nel 1 709 da altro am-
basciatore imperiale, questioni che ripro-
dussi anche altrove, come nel voi. IX,
j). 36 1. E siccome per queste pretensio-
ni nel pontificato di Clemente XI cessa-
rono gli ambasciatori d'intervenire alle
funzioni ecappelle pontificie, ovesostene-
Aimo lo strascico della Fulda e del Man-
/o(/".) pontificio, e som ministra vano l'ac-
qua per la Lavanda delle mani(F.) al-
ternativamente col principe assistente al
soglio, a questo restò l'onore di essere il
solo laico sul ripiano del trono papale,
oltre il sorreggere Io strascico, e in sua
uiancauza suppliscono a sostenere lo stia-
P R l
scico il Senatore ed i Conservatori, e do-
po essi il Maestro del sagro ospizio (F.)',
il principe versa per ultimo, come il più
degno, t'acqua sulle pontificie mani. Les-
si d'un pontificale di Clemente XI, che
l'acqua alle mani la dierono, 1." l'amba-
sciatore di Ferrara, 2.0 il secondo conser-
vatore, 3.° il pri uio conservatore, 4-° l'am-
basciatore veneto, non essendo interve-
nuto il principe del soglio. Inoltre il prin-
cipe assistente al soglio cogli ambascia-
tori sosteneva l'asta del baldacchino, sot-
to il quale procedeva il Papa dopo l'aper-
tura della Porla santa (A.). Leggo nel
Diario mss. del ceremoniere di Clemen-
te XI mg.r Cassina , che nel vespero so-
lenne della festa di s. Pietro deh 707, es-
sendo intervenuto l'ambasciatore veneto
Nani, che si ricusava di dare la pace al
contestabile principe assistente al soglio,
per 1' abuso in ciò introdotto uel 1692
dal suo predecessore Contarmi e dal ce-
sareo Lieclrestciu, per cui la repubblica
aveagli inculcalo di nulla innovare; laon-
de e di consenso del Papa il principe si
collocò a sinistra del soglio restando solo
a diritta il veneto. Molli furono i discor-
si e ricorsi fatti col cardinal Otloboni (for-
se come protettore della cappella ponti-
eia, di cui nel voi. Vili, p. 37) e con d.
Orazio Albani fratello del Papa. Questi
si portò dal Cassina a domandargli se vi
erano esempi sull'assistenza al trono nel-
le due parli destra e sinistra, egli rispo-
se affermativamente, massime nelle fun-
zioni delle candeleedelle palme per som-
ministrarle al Papa , come dai seguenti.
Nel 1 656 l'ambasciatore di Venezia era
a destra e d. M, A. Colonna a sinistra col-
le palme. Nel 1 67 71'amba sciatore diFrau-
cia a destra e il principe a sinistra colle
palme, Ncllostesso modo colle candele si
praticò neh678, 1679, 1682, nel quale
auno eravi l'ambasciatore di Francia e
Lorenzo Colonna duca di Paliano. Nel
1695 l'ambasciatore veneto e il Colonna,
ih .° a destra, il 2.0 a sinistra, palma de-
UtlerunC, Ma ostinandosi il Nani di non
PR1
voler passare la pace al principe assisten-
te ni soglio, per le ulteriori istruzioni a-
vute dalla sua repubblica, uè convenen-
do a Clemente XI tollerare ulteriormente
siffatte pretensioni, non fece più invitare
alla cappella l'ambasciatore, terminando
così la cumulativa assistenza al trono de-
gli ambasciatori, coi principi assistenti al
soglio pontificio, che restò unicamente a
questi. Già lo stesso Papa non avea voluto
permettere nel suo possesso , che il duca
di Parma gli sostenesse la staffa eguidasse
il cavallo, ma si servì del contestabile Co-
lonna principe assistente al soglio, che da
allora in poi senza il concorso degli amba-
sciatori continuò a farealtrettantone'pos-
sessi dei seguenti pontificati sino e inclu-
sive a Pio VI che lo prese a cavallo, do-
po il quale incedendo i successori in car-
rozza a detta solenne pompa, il principe
assistente al soglio non vi ha luogo nel-
l'andata e ritorno, bensì si trova nel por-
tico della basilica Lateranense pel resto
della funzione. Ne' possessi di Clemente
XIII e Clemente XIV, il governatore di
Roma e il principe assistente al soglio li
accompagnarono a cavallo, benché quei
Papi nel ritorno andassero in carrozza.
Neil' ultimo possesso preso nel 1846 da
Pio IX, il principe Orsini assistente al so-
glio e senatore di Roma, ricevè da mg/
tesoriere due medaglie d' argento, dopo
che il Papa le avea date per presbiterio
ai cardinali. E per finirla colle cavalca-
te aggiungerò, che nel voi. XXlV,p.i47
rimarcai, che nel solenne ingresso di Cle-
mente Vili in Ferrala, fu preceduto dai
principi del soglio pontificio, cavalcando
dopo gli ambasciatori.
Ripeto, che tultociò che riguarda l'in-
tervento alle pontificie funzioni de'prin-
cipi assistenti al soglio pontifìcio, e quan-
to in esse esercitano nel servire il Ponte-
fice vestito degli abiti pontificali, con det-
taglio lo descrissi a Cappelle pontificie,
negli articoli citati ed altri, come a Ca-
nonizz azione ed in quelli analoghi. Nel-
le processioni e all'adorazione della croce
P R I 337
(dicuipurene'vol.XVHT,p.'239,XXXH,
p. 3o, avendo nel voi. XLI, p. 29 1 notato
un caso, in cui procedendo col governato-
re e maggiordomo, ebbe su quest'ultimo
la precedenza ), il principe assistente in-
cedeva col governatore di Roma a sini-
stra, ed al presente col prelatodi fiocchet-
ti Vice-camerlengo di s. Chiesa (/^.), ri-
cevendo dopo di questi l' incensazione e
la pace, e dalle mani del Papa e sul tro-
no riceve le candele, le ceneri, le palme, gli
Agnus Dei j\a comunione nelle solennità
di Pasqua e Natale pel 1 .° la riceve tra'no-
bili laici che visonoammessi,dopo i cardi-
nali diaconi. Egualmente ai luoghi ricor-
dati ho detto quando e come sostiene i
lembi dello strascico della falda e manto
dpi Pontefice (uffizio che esercitarono di-
versi sovrani), il quale comincia a sorreg-
gere quando il Papa dalla camera de'pa-
lamenti o sagrestie si porta in cappelle o
nelle chiese al luogo della funzione; non
che quando e come versa l'acqua sulle
pontificie mani genuflesso. Il Papa nella
funzione delle candele benedette ne ri-
ceve tre, due grandi ed una piccola, li
prefetto delle ceremonie ripone pel Pa-
pa una delle grandi, altra simile conse-
gna al principe assistente al soglio, il qua-
le la tiene accesa nella processione e nel-
la messa a' suoi tempi; dopo la quale la
lascia smorzata in un lato del trono, ove
si reca a prenderla un suo famigliare per-
chè rimane al principe. Il medesimo pre-
fetto consegna la candela piccola al ca-
meriere segreto coppiere, il quale la reg-
ge quando non la tiene il Papa, e poi gli
resta insieme al paramano. 1 tempi in cui
il Papa tiene questa candela piccola, so-
no quando incede in processione sulla
sedia gestatoria , e nella messa durante
la lettura dell'evangelo, e dall'elevazio-
ne sino dopo la comunione ; pe' quali
tempi il cameriere segreto coppiere la
consegna al cardinale i.°diacono che la
pone in mano al Papa. Nella funzione
e messa delle palme benedette, in tut-
to quanto si pratica lo stesso. Quando il
238
PR I
principe assistente alsoglionon intervie-
ne alte pontifìcie funzioni ninno occupa
il suo decoroso posto: lo strascico allora
lo sorreggono il senatore o il conservato-
re di Roma più antico, e dal proprio po-
sto; i medesimi in vece del principe as-
sistente, nelle funzioni delle candele e
delle palme sostengono quelle del Papa
e restano ad essi. Inoltre il principe as-
sistente al soglio, quando pei soli cardi-
nali la sera della vigilia di Natale si fa-
ceva la cantata e la cena nel palazzo a-
postolico, e quando nel medesimo s' im-
bandivano i pranzi (questi e quella de-
scritti ne'vol. Vili, p. 3oi e 3 i 5, IX, p.
i o4) nel giovedì e venerdì santo (per cui
Galletti lo paragona all'antico Primice-
rio della s. Sede, Vedi, anche nel prece-
dere il Papa quando non sostiene lo stra-
scico, poiché nel giorno di Pasqua pran-
zava con io cardinali nell'ultimo luogo
alla mensa pontificia), aveva la singolare
distinzione di esservi egli soltanto ammes-
so. Il principe assistente al soglio si reca
alle nominate funzioni pontificie con l'ac-
compagno delle così dette cappe nere gen-
tiluomo e maestro di camera, e con quel
treno nobile che indicai ne'vol. Vili, p.
23 i, X, p. 12 i, e meglio a Principe, ove
dico ancora del baldacchino che alza in
sala e nella camera del trono (al quale
articolo discorro pure della pompafune-
bre), ed altro, ricevendo gli onori mili-
tari dai quartieri delle milizie innanzi ai
quali passa. Con questo medesimo treno
principesco visita i nuovi cardinali, con
quelle particolarità che notai ne'vol. IX,
p. i 77, XV, p. 243 e altrove;avendo det-
to a Campanella, prerogativa de'principi,
che nel fare le visite ai nuovi cardinali i
principi assistenti al soglio, come gli am-
basciatori e nipoti del Papa , la campa-
nella del visitato doveva suonare nell'en-
trata e nella partenza. Quanto alle ve-
sti che indossa e l'abito antico tutto ne-
ro de'principi romani, semplice e nobile,
ed era eguale a quelli del Foriere mag-
giore e del Cavallerizzo maggiore del Va •
PRI
pa fino al 1846: ne riporta la figura Fa-
laschi, La gerarchia ecclesiastica,^, ii".
Esso si compone di calze di seta, calzoni
corti, gonnella , abito di corte o di città
come vogliam dire, corpetto, mantello
grandioso di seta e nelle solennità lista-
to di alti merletti pure neri; cappello, e
scarpe con fibbie; collare o bragiuole, e
manichetti di merletto bianco; spada al
fianco con impugnatura di acciaio. Nelle
Notizie di Roma i principi assistenti al
soglio sono riportati dopo mg.r vice-ca-
merlengo e prima degli altri prelati di
fiocchetti. Ora vado a parlare della ori-
gine degli attuali principi assistenti al so-
glio , le cui nobilissime famiglie godono
in perpetuo dell'onorificenza; e degli al-
tri che fecero i Papi , nelle persone sol-
tanto di alcuni personaggi, senza che la
prerogativa passasse alla loro famiglia.
Due sono stale sempre le famiglie no-
bilissime romane che hanno goduto il pri-
vilegio di assistere al soglio pontificio, la
Colonna e la Orsini ne' loro primogeni-
ti,in mancanza de'quali i secondogeniti,
i quali hanno portato il titolo di Prin-
cipi assistenti al soglio pontificio. Ripor-
ta Cancellieri ne Possessi, p.202,che nel-
lo Statuto di Roma si nomina prima la
casa Orsina che la Colonna, omnesex n-
traque domo Ursinorum , et Colomnen-
sium. Nel ceremoniale ove si prescrive
l'incontro dell'imperatore, si diceche ve-
nendo a Roma, il capo della casa Orsina
coi suoi parenti devonoincontrarlo a Pon-
te Molle, e il capo di casa Colonna a Vi-
terbo, come ebbe luogo nel i4?2 per Fe-
derico III, e lo notai nel voi. XXXV, p.
174. Per lo che sembra che la preceden-
za tra le due case dovesse averla la Or-
sina, ma la Colonna trovasi di avere as-
sistito prima di essa al trono papale nel-
la cappella palatina e altre pontificie (un-
zioni. Giulio II beneficòe s'ini[):irentòcoi
Colonna^ cogli Orsini, onde vuoisi da al-
cuno, che pel famoso trattato di pace col
quale pacificò le due potenti famiglie, al
modo narratoa quegli articoli, sia derivata
PRI
alla i /la singolare prerogativa di principe
assistente al soglio pontificio. Però comu-
nemente si crede che Giulio li abbia com -
partito questo onore ai Colonnesi fino dal
i5o3, mentre la detta concordia si sti-
pulò nel i5i i. In prova di che si legge
ne' Diari dei ceremoniere con temporaneo
Paride de Grassis, che a' i5 agosto i5o3
nella festa dell'Assunzione di Maria Ver-
gine, nella messa in s. Maria Maggiore,
Papa praesente, Prospero Colonna tam-
quam dux Trajectifu it in stala ducis idem
ante mazzeriis ad dexleram Papae, et
d. Constanti nus adsinislras. Ma deve es-
sere sbaglio di data,imperocchèallora vi-
veva Alessandro VI ed era infermo, mo-
rendo a' 18 o 19 agosto i5o4- *» P. Co-
llimila dux Trajecti etFundorum comes
in vig. Epiphaniae ad vesperas stelit in
gradibus solii supra senatorem,quod mul-
ti prima facie quasi improbarunt caere-
moniariis. Tamen memor, quod de anno
superiori jam stetisset Prosper in eo lo-
cum in die Assumplionis B. M.V. inec-
cles. s. M. M. posui eumdem,ut alio qui
positus fuerat, quoti card, de Medicis, qui
fuit postmodum Leo X, dixit verum es-
se, quod caeremoniarius dixerat, et bo-
num esse, quod fccerat. i5j4 diei 1 febr.
inanniversuriisJulii II, Prospei Columna
dux Trajecti comparuit infra missam, et
Papa jussit eum poni ad dexleram suam
subduce Bari, filioMediolani ducis. i5i6
dom. Adventus Prosper Columna stetit
in gradu solii sublimi apud Papam , sic
Papa volente , et jubenle. 1 5i 7 die pe-
nult. maii in vig. Pentecostes fuerunt ve-
sperae Papa praesente, qui mihi manda-
ci, ut honorem d. Prosper de Columna
ducem Trajecti, et petii, analiquid par-
ticulare placent, et remisit omnia mihi.
Sic ego feci, quod portare! caudam plu-
vialis , et in cappella esset stans ad de-
xleram solii, de senatore si veneri t, con-
currentis quod faceret , ut sibi placeret.
Ex Diar. Blas. de Caesena sub Hadriani
Vi. i52i die veneris 26 dee. in festo s.
Stephani lll.mus d. Ascanius Columna,
PRI a39
ut dux, habuit locum iu solio Papae. Sac-
Clem. VII i529diedom. i,mens.ang.
in cappella habita prò publicatione foe-
deris inter Papam , et imperatorem , ac
regem Ferdinandum Hungariae regem,
supervenit princeps d. Filiberlus Oran-
ges, qui stelit in solio , et apud eum A-
scanniti) Columma , qui dux Taleacotii,
inde sena toc, licetPapanoluisset,de Asca-
niodixi, quod alia sicstelit, et tuncacquie-
vit ". A Paolo III narrai che nel ponti-
ficale celebrato nel 1 536 alla presenza di
Carlo V , a questi gli levava e metteva
la corona Ascanio Colonna, ed il berret-
tino sotto la corona il marchese del Va-
sto. Nel voi. XLIX, p. 1 5 1, dichiarai che
Pio IV nel i56o favorendo Paolo Gior-
dano Orsini, con erigere in ducato Brac-
ciano (Z7".) e in marchesato Anguillaia,
feudi degli Orsini , questi in quell'anno
cominciarono ad assistere al soglio pon-
tifìcio senza pregiudizio dei Colonna; ed
in fatti il contemporaneo storico Rossi
riferisce che nel i568 die 12 funi» in ve~
speris Trinitatis, M. Ani. Columna dux
Taleacotii (di questo ducato parlai a Pe-
scina ) caudam pluvialis portavit } et in
cappella fuit in solio sibi debito, tamquant
principi de minoribus. Apprendo da Gal-
tico, Acta caerem., p. 395, che nel 1 585»
perla coronazione di Sisto V: In solio ste-
lerunt senator Urbis pritnus, deinde ora-
tor Galliae, oralor Venetiarum) i nipo-
ti del re di Giappone, d. Giacomo Bon-
compagno duca di Sora e generale della
Chiesa, il marchese di Soriano governa-
tore di Borgo, il marchese di Riano luo-
gotenente generale della Chiesa : in g'a-
dibus solii sederunt conservatores Urbis,
ed altri nobili giapponesi e altri baroni.
» Primi, qui tulerunt baldacchinum ad
aula ducali usque ad porticum s. Petri
fuerunt oratores , et nobiles majores de
solio. Secundi a porticu usque ad aliare
ss. Sacramenti in capellas. A ndreae fue-
runt nobiles barones. Tertii a capellas.
Andreae " a quella di s. Pietro ove do-
vea il Papa celebrare, furono i cavalieri
a4o PRI
di s. Pietro. Quarti, dopo la messa da det-
ta cappella di s. Pietro al luogo della co-
ronazione portarono le aste il senatore,
i conservatoli,! caporioni. Leggo in Rat-
ti, Della famiglia Sforza 1. 1 , p. 288, che
Gregorio XIII (egli sbaglia o per errore
di stampa in dire Gregorio XlV)avea
fatto assistente al soglio pontifìcio il pa-
rente Mario I Sforza conte di s. Fiora ,
luogotenente generale di s. Chiesa. Nella
messa solenne che il Papa celebrò nel Na-
tale 1 584 scrive Alaleona:» Adfuit ora tot*
regischristianissimi paratus (eli quel ve-
lo che si pone sulle spalle a chi versa l'ac-
qua sulle mani pontifìcie, voi* XXXVII,
p. 186), et orator Poloniae simililer pa-
ratus, gubernalor (forsedi Borgo, voi. VI,
p.6),et quatuor nobiles sedentes (bisogna
dire che prima sedessero, ora stando sem-
pre diritti, se pure non sedevano sui gra-
di o dopo come i conservatori , che sie-
dono sotto il senatore o sul gradino do-
po la predella dello stesso ripiano del tro-
no ove siede il senatore , mentre i prin-
cipi stanno sempre diritti sul ripiano) in
solio, qui dederunt aquarn manibus Pa-
pae. . . . Ponti fex quatuor lavit manus in
m'issa; primus fuit ut supra dixi qui de-
dit aquam manibus Papaejsecundus fuit
marchioRianijterliuslllmusMariusSfor-
tia; quartus orator Bononiae". Pag. 35 1
e 36o, che Sisto V nel 1 585 fece il pro-
nipote Michele Peretti, d'anni otto, assi-
slente al sogliopontifìcio, governatore di
Borgo, carica propria de'nipoli del Papa,
e poi capitano della sua guardia. Il cere-
pioniere Alaleona descrivendo la funzione
della2.'\lomenica dell'avvento 1 585 regi-
strò (Tempesti, Stor.di Sisto Vt p.8, dice
che l' Alaleona descrive nel Diario de 1 7
maggio 1 586, che Roma vide sedere in
parte presso l'augusto trono di Sisto V,
Michele Peretti): filmo D. Michael?. Pe-
rdio pronepotc Ponlifìcis,et Burgiguber-
nalore annorumoclo in solio. HPapal'a-
vea emancipato dalla podestà paterna.
Ratti aggiunge a p. 35g, che Sisto V nel
medesimo giorno 20 marzo 1 58q maritò
PRI
lesue pronipoti, Flavia a Virginio Orsini
duca di Bracciano, Orsina a M.Antonio
Colonna duca di Paliano {f^.). » Ad in-
tuito di queste nozze, tanto il Colonna
che l'Orsini (erano cugini e tenevano in
Roma la maggioranza e il i.° luogo fra
tutti i baroni romani) furono fatti assi-
fi tenti al soglio, e sembra che una tale o-
norifìcenza perpetuata in ambedue le fa-
miglie da quel tempo si abbia a ripetere,
e che alla medesima si debba riferire ciò
che racconta il Tempesti, che Sisto V per
togliere qualunque motivo di differenza
tra'due primari baroni romani, dichiarò
che precedesse chi avanzasse l'altro in etìi"
( aggiungerò col Tempesti, decretandoli
nel resto eguali). Altrettanto riporta No-
vaes nella Storia di Sisto Ir> e che dichia-
rò ambedue le famiglie con quelle de' Con-
ti e Savelli le più. illustri e più antiche di
Roma, e tra le principali d'Italia. 11 si-
mile riportai ne'vol. XIV, p. 292, XLIX,
p. 159 ed altrove. Dal medesimo Ratti, t.
i, p. 3oi e 3o3 abbiamo , che Paolo I
Sforza marchese di Proceno fu luogote-
nente generale di s. Chiesa sotto Grego-
rioXIV eInnocenzo IX, e come tale, per
testimonianza d'Alaleona, ne'due ponti-
ficati in tutte le funzioni venne annove-
rato tra gli assistenti al trono pontifìcio.
Come tale intervenne alla solenne caval-
cata che fece in Roma il duca di Monte
Marciano, dallo zio Gregorio XIV dichia-
rato generalissimo delle truppe ecclesia-
stiche contro gli ugonotti, nella qual fun-
zione il Papa benedì le bandiere e die al
duca il bastone del comando in s. Ma-
ria Maggiore alla presenza di 38 cardi-
nali; la 1 .'delle quali bandiere portò Pao-
lo , la 2.a Pietro Caetani comandante la
cavalleria. »»In sequela di questa sua de-
corosa carica, Paolo godette ancor l'ono-
re di essere principe assistente al soglio,
quale erasi similmente goduto dal di lui
fratello Mario ".
Alaleona nel descrivere l'ordine della
cavalcata pel possesso di Gregorio XV
nel 1621, racconta. » Jo. Geoigius Al-
PRI
dobrandinus, princeps Bassani, marilus
Excmae d. comilissae Hippolitae nepotis
Papae, quem Exc.mo d. Jo. Georgiurn Pa-
pa declaravit suum nepotera cum omni-
bus honoribus, et privilegiis nepolum Pa-
pae. Idcirco erit unus de stanlibus in so-
lio". V. Ludovisi famiglia. A questo arti-
colo dissi ancora che Nicola Ludovisi ni-
pote di Gregorio XV sposò d. Costanza
Pamphilj^V.) nipote d'Innocenzo X, il
quale lo dichiarò principe assistente al
soglio pontificio, generale della Marina e
galere pontificie. Bisogna dire che gli Or-
sini avessero intermesso l'assistenza al tro-
no pontificio) giacché Clemente XI di-
chiarò principe assistente al soglio d. Fi-
lippo Orsini duca di Gravina, edì Colon-
nesi gli contrastarono tale prerogativa.
Senza garantirlo, riporterò l'asserto da
Falaschi. » Nel secolo XVII si accese una
viva questione fra le due grandi famiglie
Colonna e Orsini, la quale fu finita me-
diante una transazione di perfetta alter-
nativa, approvata da Alessandro VII, Cle-
mente X e Benedetto XIII ". Nel 1721
a' 14 maggio Innocenzo XIII dichiarò con
breve apostolico principe assistente al so-
glio d. Carlo albani nipote del predeces-
sore Clemente XI, come leggo in Novaes
t.12, p. 3, e riportai nel voi. XIV, p.6 r.
Con l' autorità di tale storico nel voi.
XV1I, p. 80 narrai, che Innocenzo XIII
fece pure principe assistente al soglio il
proprio fratello d. GiuseppeLotario Con-
ti C7.)» mediante breve apostolico dei rq
novembre 1721, data o sbagliata ovve-
ro il breve fu spedito dopo l'esercizio del-
l' eccelso uffizio , perchè trovo ne' Pos-
sessi di Cancellieri, che Innocenzo XIII
prese possesso a' 16 di detto mese »ed a
sinistra di mg.r Ill.mo governatore caval-
còl'Ecc.mo ti. Giuseppe Lotario Copti du-
ca di Poli fratellodi N. S. dichiarato prin-
cipe del soglio". Il diarista contempora-
neo Cecconi, nella Roma sacra e moder-
na di Posteria, p. 7 io, riferisce che nella
coronazione di Benedetto XIII nel 1723
assisteva al soglio il contestabile Colon -
vol. i.v.
PRI i4»
na, il quale diede a lavare le mani al Pa-
pa "Stando in piedi i cardinali, i patriar-
chi, gli arcivescovi e vescovi, assistenti e
non assistenti al soglio , e inginocchioni
tutto il resto della prelatura, capi degli
ordini religiosi, e principi laici che hanno
luogo in cappella, come prescrive il ce*
remoniale romano (e lo dimostrai a La-
vanda delle mahi), nel lib. 3,cap. Quan-
do Papa lavat manus ".Pel possesso pre-
so a'24 settembre! 72-4) dice Cancellieri^
che il nipote d. Filippo Orsini duca di
Gravina, Princeps pontificio solio assi-
stens, i conservatorie priore de'caporio-
ni, stratoris officio functi sitnt, avendo il
duca condotto pel cordone il cavallo su
cui era montato il Papa , dal Quirinale
alla chiesa di s. Silvestro, ivi subentran-
do i primi due conservatori, reggendo le
staffe il terzo conservatore e il priore dei
capo-rioni, Osservò Novaes nella Storia
di Benedetto XIII , ed io nel voi. V, p.
ig, che il contestabile Colonna cedette a
questo Papa le sue ragioni, per le quali
dal pontificato di Clemente XI (e non co-
me disse Falaschi), contraslava al duca
di Gravina (forse perchè di altra linea,
per essersi estinta nel 1698 quella cui fu
fatta la concessione), mediante la conve-
nuta alternativa tra'principi e capi del-
le due illustri case, nella perpetua prero-
gativa dell'assistenza al trono pontificio.
Clemente XII eletto nel 1730 nell'anno
seguente con breve de'2 3 giugno (come
notai nel voi. XVII, p. 282, ed il Novaes
nel 1. 1 3, p. 1 5g), nominò il nipote d. Bar-
tolomeo Corsini principe assistente al so-
glio. Nelle poche funzioni che assistè quel
Papa quasi cieco, d. Bartolomeo talvolta
intervenne al trono insieme al contesta-
bile Colonna, come neh 731 alla cappel-
la della 2.' domenica dell'avvento ( n.°
2242 Diario di Roma)j nella 3.' vi fu il
solo contestabile, che fu purealla canta-
ta e cena della vigilia di Natale (n.i 2i4^>
2248); quindi perla Pasqua deli 733 (n.°
2447 ) assisterono al soglio il principe
Corsini ed il contestabile d. Fabrizio Co-
16
*4a PR\
lonna ; cantò la messa il cardinal sotto-
decano, checomunicò i soli cardinali dia-
coni. Benedetto XIV nel 1743 creò car-
dinale il principe assistente al soglio d.
Domenico Orsini, pronipote di Benedet-
to XIII; e nel 1747 accordò al contesta-
bile Colonna, come principe assistente al
soglio, che in occasione che si porli con
treno nobile o forma pubblica alle cap-
pelle e altre funzioni, gli vengano pre-
sentate le armi dai quartieri di Berna e
di Castel s. Angelo, non che dai palatini
corazze ecavalleggierì (cui successero le
Guardie nobili), come si può vedere nel
n.° 4659 del Diario di Roma. Divenuto
maggiore il duca di Gravina d. Filippo
Orsini figlio del suddetto cardinale, come
principe romano e assistente al soglio, nel
modo e con quella pompa che descrissi
a Principe, si portò a farsi riconoscere da
Clemente XIII, indi visitò la basilica Va-
ticana e il sagro collegio. Si legge nel n.°
6783 del Diario di Roma del 1760, che
avendo il duca supplicato il Papa a con-
cedergli la presentazione delle armi da
tutti i corpi di guardia della milizia pon-
tifìcia, come Benedetto XI V 1' avea ac-
cordata all'altro principe assistente al so-
glio , Clemente XIII con biglietto di se-
greteria di stato de' 19 dicembre l'esau-
dì, per quando avesse preso possesso del-
la sua nobilissima prerogativa , il quale
lo implorò il duca dallo stesso Papa con
permettergli intervenire ad una delle cap-
pelle delle ss. feste di Natale, a vendo quasi
esaurite le visite ai cardinali; laonde Cle-
mente XIII gli fece sapere pel prefetto
delle ceremonie che vi si recasse nella 2.*
festa, ed a tale effetto ricevè pure l'invito
dal cursore pontificio. Allora il duca si
recò a partecipare il tutto al suo illustre
collega contestabile Colonna, che si portò
a ringraziarne ilPapa. Quindi nel ^"6786
dello stesso Diario, nel pubblicarsi la ce-
lebrazione della cappella di s. Stefano, si
dice ancora: » In questa cappella si por»
tò per la 1.* volta ad assistere al soglio
pontificio come principe del medesimo,
PIÙ
sua eccellenza il sig. d. Filippo^Orsini du-
ca di Gravina, che vi andò col suo pom-
poso nobilissimo treno nuovo di carroz-
ze , con paggi in una di esse di seguito,
e con numerosa servitù in vaga e ricca
livrea; e fu onorata l'eccellenza sua, se-
condo la benigna concessione di sua San-
tità , della presentazione delle armi dalle
guardie de'cavalleggieri, corazze e solda-
ti rossi, nel passare avanti di esse. Oltre
di tale assistenza al soglio del sig.r duca,
ebbe anche sua Beatitudine quella de'si-
gnori conservatori e priore del popolo ro-
mano, del sig.r ambasciatore di Bologna
e del maestro del sagro ospizio, ciascuno
ai loro luoghi destinati ".Nella seguente
cappella fu al soglio d. Lorenzo Colonna
gran contestabile, giusta l'alternativa nel
porlarsialpontifìciosogliofra'suddettidue
principi. Nel n.° 68 1 9 del Diario di Ro'
mai 761 si dichiara, che Clemente XIII
avea nominato il proprio nipote d. Lo-
dovico Rezzonico principe assistente al
soglio, che assistè la 1 .a volta nel mattut-
ino delle tenebre del mercoledì santo ,
insieme all' altro principe Orsini. Dipoi
il Papa fece senatore di Boma l'altro ni-
pote d. Abbondio Bezzonico. Fino a tutto
il pontificatodi Pio Vii principi assisten-
ti al soglio a veano la parte di pane, ciam-
belle e vino dal palazzo apostolico, detta
panetn honoris, e venivano registrali fra i
signori graziosi della corte papale ; T a-
veano pure i cardinali, gli ambasciatori,
la prelatura e persino la regina vedova
di Polonia quando dimorò in Boma : di
queste parti trattai nel voi. L, p 2o5 e
206, ed i registri sono ne' ruoli dell'ar-
chivio del palazzo apostolico. In essi lessi
ne'ponlificali di Clemente XI II, Clemen-
te XIV e Pio VI i principi assistenti al
soglio, Bezzonico, Colonna e Orsini, ri-
cevere tali parti.-
Eletto nel 1800 a Venezia Pio VII,
essendo morto il principe Bezzonico, e
trovandosi il contestabile d. Filippo Co-
lonna avanzato in età, ivi si portò il se-
natore Bezzonico e domandò al Papa di
PRI
potere assistere al trono come il fratello,
ed il Papa lo dichiarò principe assisten-
te al soglio, continuando ad essere sena-
tore di Roma, onde come principe assi-
stente al soglio assistè in Venezia al pon-
tificale della coronazione. Per sua mor-
te Pio VIIneli8i4 fece senatore il mar-
chese Patrizi, e perchè non mancasse l'as-
sistenza al trono, essendo assente da Ro-
ma il principe Orsini e il contestabile più
vecchio (mori nel 1 8 1 6), per mezzo di bi -
ghetto del cardinal segretario di stato e
del n.°48 del Diario di Roma i 8 \/\ di-
chiarò: » S. E. il sig.r marchese Patrizi
senatore di Roma è stato autorizzato a
poter assistere al trono pontificio". Al-
la morte di questi Pio VII elesse sena-
tore il principe d. Tommaso Corsini nel
1 8 1 8, e con altro simile biglietto l'abili-
tò alla medesima assistenza, comefece per
la sua rinunzia col nuovo senatore prin-
cipe d. Emilio Altieri, al cui tempo il prin-
cipe d. Domenico Orsini (divenuto nel
1824 xvui duca di Gravina) alternati-
vamente assistette al trono, indi per mor-
te dell'Altieri nel 1 834 f*u ^atto senato-
re di Roma da Gregorio XVI. Però que-
sto Papa dichiarò con biglietto del car-
dinal segretario di stato a'primi due mae-
stri delle cereraonie, che d'allora in poi
il senatore non potesse più esercitare l'uf-
fizio di principe assistente al soglio, vo-
lendo che esclusivamente lo godessero i
capi delle famiglie Colonna e Orsini;
laonde il senatore tornò a sedere suli.°
gradino dopo la predella alla stessa par-
te destra del soglio. Tutto e meglio nar-
rai ne' voi. I, p. 288, Vili, p. 223. L'al-
ternativa fu ripristinata colla venuta in
Roma del principe d. Giovanni Colonna
che riassunse la prerogativa nel pontifi-
cale di Natale 1847, come riporta il n.°
io4 del Diario di Roma. Il regnante Pio
IX, volendo dare una solenne dimostra-
zione di stima e benevolenza a d. Alfon-
so d'Avalos marchese di Pescara e Va-
sto (di cui nel voi. LUI, p. 2 1 7), nel no-
vembre 1 85o con breve apostolico gli cou-
PRI 243
feri il titolo di principe assistente al so-
glio pontificio, aumentando cos\ le no-
bilissime prerogative gentilizie e perso-
nali, di cui è dovizioso questo eminente
personaggio. Delle glorie di sua celebre
famiglia discorro in più luoghi, come nei
voi. Ili, p. i5i, XXXV, p. 178 e seg.,
XLVII, p. 87, LII, p. 24, LUI, p. 78.
PRINCIPIO (s.), vescovo di Soissons.
Fratello di s. Remigio vescovo di Reims,
fu formato alla perfezione da maestri ch'e-
rano vissuti nel celebre monastero di Le-
rins. Governò santamente la sua diocesi
pel corso di molti anni , e mori sul co-
minciare del VI secolo. Le sue reliquie,
ch'erano state trasportate nella cattedra-
le di Soissons, furono bruciate dagli u-
gonotti nel secolo XVI: si conserva un di
lui braccio nella collegiata di s Amato a
Douai. Il martirologio romano nota la
sua festa ai 25 di settembre. S. Sidonio
Apollinare rende a lui e a s. Remigio la
più onorevole testimonianza.
PRIORATO. V. Priore.
PRIORE (s.), eremita. Originario di
Egitto, abbandonò in età giovanile la ca-
sa paterna e andò a porsi sotto la guida
di s. Antonio, di cui fu uno de'primi di-
scepoli. Fatti rapidi progressi nella perfe-
zione, chiese a s. Antonio il permesso di
menare vita eremitica, e pose sua stanza
nel deserto di Nitria, ove distaccalo dal
mondo e da sé stesso, visse nella morti-
ficazione , nutrendosi di solo pane e di
alcune olive. Dopo circa 5o anni da che
era uscito della sua patria, per comando
di s. Antonio andò a visitare sua sorella
cbe desiderava di vederlo: le parlò ad oc-
chi chiusi e non volle entrare neppure
in casa. Si mise poscia a far orazione, e
ritornò nella solitudine. Mori in età di
quasi 100 anni , alla fine del IV secolo.
Leggesi in Palladioche fu favorito del do-
no dei miracoli , ed è onorato dai' greci
il 1 7 di giugno.
PRIORE, Prior. Colui eh' è nell' uf-
fizio del Priorato o Prioratico (Magiste-
riunì, Praefeclura, Prioralus^o magi-
244 pRI
strale» (ìe'priori,<licendosi PrioHa o Pria-
rea la chiesa che ha cura d'anime, ed è
di mezzana dignità tra la Parrocchia e
la Pieve (F.). Così il Diz. della lingua
italiana. Il vocabolario latino chiama
Anlisles, Praeses, Prior, colui ch'è nel-
l'uffizio del prioratico: per dignità eccle-
siastica, cavalleresca, ec. Zaccaria, Ono-
masticon rituale,aì vocabolo Prior lo de-
finisce seu decanum canonicoruni, et gè-
nera tini collegiorum. Sebbene quelli che
hanno nomee autorità di priore nelle di-
verse denominazioni gli hodescritti, non-
dimeno qui dirò di quelli più meritevoli
di speciale menzione: i.° come dignità
ecclesiastica; 2. "corae carica odignità re-
golare; 3.° come magistrato civile quale
capo di magistratura municipale, aven-
do inoltre il priore molte corporazioni e
confraternite, Magisler sodalium, Prior
collegii : gli ospedali , ospizi e altri sta-
bilimenti benefici hanno il priore per gli
uomini, la priora per le donne. i.° Co-
medignità ecclesiastica la primaè il prio-
re de'cardinali diaconi di s. Chiesa, ossia
il primo cardinale dell'ordine de'diaconi
àeì Sagro Collegio [F.), detto pure Pri-
micerio , Arcidiacono della chiesa ro-
mana, Vicario del Papa(F.), Prior dia-
conorum, e Morcelli lo disse, Protodiae
cardinalis. Egli ha per insegna di digni-
tà lai*<?/7//tf (/^.),anchecome giudice del-
le pontificie processioni, ed a tale effet-
to nella Coronazione del Papa, dopo det-
ta Terza si pone all'egresso del presbite-
rio, in questa circostanza dicendo il Pro-
cedamus in pace il 2.0 cardinale diaco-
no che è subentrato a lui nell'assistenza
del Papa. Nella processione del Corpus
Domini (F.)} per esercitare lo stesso uf-
fizio si pone a sedere fuori del portone
degli svizzeri, al modo che riportai nel voi.
IX, p. 53 e 58. Del cardinal i.° diacono
ho diffusamente trattato negli articoli
Cardinalp, Diaconi cardinali, ed in tutti
quelli che lo riguardano, inclusivamente
a Preti caroin ali, in cui parlo del 1 ."car-
dinale dell'ordine de'prcti. Ivi parlai del
PRI
Prócedamus in pacej ed anche nel voi
VIII, p.264. Nel voi. VII, p. 3oo e 3o 1,
dissi che il cardinale 1 .° diacono nelle ca -
nonizzazioni invita gli astanti a pregare
colla forinola Orate j indi il cardinal
2.0 diacono dice , Levate : pronunzialo
dal Papa il decreto, il cardinal i.° diaco-
no pel primo invoca i santi canonizzali.
Nel. voi. XXXVIII, p. 292 parlai delle
formole pronunziate dai cardinali i.°e
2. diacono ne'concilii generali, con l'in-
tervento del Papa. Anticamente la scuo-
la de'pontificii Cantori [Vedi, e ne par-
lai anche a Primicerio e Precentore )
ebbe il priore, di cui tratta pure Chiap-
poni, Ada canonìz. p. 277: Prior scho-
lae cantorum quis fuerit. Fu celebre Del-
l' antichità il priore della basilica di s.
Lorenzo ad s. Sanctorum o Scale sante
{V.) , il quale dava il Possesso (F.) al
nuovo Papa della basilicale teranense, al-
lorché gli poneva in mano la Ferula (F.)
e le Chiavi (F.) delle Porte della chiesa
(F.) , indi gli cingeva la cintura da cui
pendevano 12 sigilli impressi in altrettan-
te pietre o Gemme preziose (F.); dipoi
nella funzione della Lavanda de' piedi
{F.) il Papa vi comprendeva questo prio-
re. A Pranzo notai, che il priore basili -
cario nel giorno di Pasqua era invitalo
a mensa dal Papa , il quale gli poneva
in bocca un pezzo d'agnello. Molte chie-
se particolarmente Collegiate (F.) eb-
bero ed hanno pure in Roma la digni-
tà del priore, come in s. Maria in via
Lata, al presente arcivescovo in parti-
bus, talvolta chiamala Preposto {F .). Di-
ce Piazza nella Gerarchia, p. 327 , che
sono istituite le prime dignità di prio-
re e altre nella chiesa, secondo il concilio
di Trento, sess. 24 de Reform. e. 12, ad
conservandam , et promovendam ecvh-
siasticam disciplinam. E perciò la loro
dignità si conosce dalla prelazione stes-
sa, che seco porta il nome. In molti ar-
ticoli di chiese cattedrali e altre ne par-
lo, come delle loro insegne e prerogative.
2.0 La Chiesa di s. Lorenzo fuori le
PIÙ
mura (F.) presso la quale è il pubblico
Cimiterlo di Roma (P-), una delle 5 pa-
triarcali , che Panvinio considerò come
tante cattedrali del Papa, fu abbazia car-
dinalizia, perchè ilsuo abbatecome quel-
lo di s. Paolo erano i primari e principa-
li abbati di Roma e per essere i medesi-
simi di frequente esaltati al cardinalato.
Questo abbate avea pure il titolo di prio-
re e nella Coronazione e Possesso (P*.)
del Papa cantava le Laudi (^.), ciò che
ora eseguisce il cardinal i.° diacono. La
prima basilica del cristianesimo o Chiesa
di s. Giovanni in Laterano (P^.), prima
che Bonifacio Vili vi togliesse i Canoni-
ci regolari Laleranensi (P '.), il loro capo
era il priore ( per uu tempo vi furono i
monaci di Monte Cassino, fedi), ed avea
giurisdizione eziandio sulla iusigne Chie-
sa di s. Giovanni a Porta Latina (J^-),
Io storico della quale a p. 292 riportò la
serie di que' celebri priori, cominciando
dal 1 i44* Dipoi la basilica ebbe un car-
dinale per arciprete, e la chiesa un car-
dinale titolare. Antichissimo è il titolo di
priore tra' Monaci e i Frati (P ".), detto
anche Superiore (P^^j come tra le Mo-
nache (/^.)la priora, chiamata pure Supe-
riora^.). Al presente chiamanti: priore
della gran certosa, il superiore generale
de' Certosini^.); priore generale, quello
degli agostiniani (P*-)j priore generale,
quello de' carmelitani calzati ; priore ge-
nerale, quello de' Servi di Maria detti
Servili {PT.). Anche negli ordini militari
ed equestri vi è il priore e il gran prio-
re, come il Gerosolimitano (Pr.), che ha
i gran -priori di Roma (che sono sempre
cardinali), del regno lombardo- veneto,
ec. cui hanno giurisdizione sul priorato.
Morcelli chiamò il i.°, Maglster Prlor
Urbanus ordinis Hierosoly marti j il 2.0
Ecjues major Melltensls maglsterium or-
dinlsui apud venetos. Anticamente mol-
te cattedrali erano governate dai monaci
che facevano da canonici, capo de' quali
era il priore. Nella storia d' Inghilterra
si legge, che l'officio d'arcidiacono d'una
P R I 245
chiesa cattedrale era annesso alla carica
di priore dei monastero. Si fa distinzione
del priore d' un Convento o Monastero
(/^.) di religiosi o priore claustrale , dal
priore conventuale. 11 priore claustrale è
quello che governa i religiosi nelle abba-
zie dipendenti da abbati s'ieao regolari o
commendatari, e chiamasi priore clau-
strale perchè ha la superioritàdel chiostro
o monastero. Il priore conventuale rego-
lare è quello che governa il monastero
come capo e i.° superiore, colla medesi-
ma autorità dell'abbate. 11 priore clau-
strale èamovibile ad nutum dell'abbate
regolare, ma non già del commendatario.
Il priore conveutualenonè amovibile che
per ragione e giusta la forma del diritto.
Dicesi priorato il Beneficio ecclesiastico
(P'.) del priore. Vi furouo priorati sem-
plici, priorati dignità con podestà di con-
ferire benefizi, e priorati-parrocchie uf-
flziati e assistiti in tuttociò che abbiso-
gnava dai canonici regolari di s. Agosti-
no e dipendenti dalle loro canoniche o
monasteri. I priorati in origine nella mag-
gior parte furono semplici possessioni di-
pendenti dall'abbazie, cui l'abbate man-
dava un numero di religiosi che l'ammi-
nistravano egli rendevano conto annual-
mente. Tali priorati si chiamarono anche
obbedienze e prepositure, ed il religioso
che soprastava agli altri si denominava
preposto o priore. Col cominciar del se-
colo XIII i religiosi mandati nelle posses-
sioni si vollero considerare indipendenti
e usufruttuari; aumentandosi l'abuso, fu-
rono considerali nel secolo seguente be-
nefìzi, ed ecco l'origine de'priorati sem-
plici. I priora ti- parrocchie, che di sem-
plici amministrazioni, eranoessi pure di-
ventati benefizi, non ebbero la medesima
origine: alcuni non erano parrocchie pri-
ma che appartenessero ai religiosi, altri lo
diventarono sotto i monasteri. Di questa
seconda specie di priorati-parrocchie in
principio era la cappella particolare del-
la possessione, che tra'cisterciensi, premo-
slratensi e altri si disse Grangia^.). I
246 PJM
sacerdoti religiosi celebravano la messa,
i conversi lavoravano le terre e adem-
pivano altre incombenze. In seguito fu
permessa al priore l'amministrazione dei
stranienti a quelli che abitavano nel ter-
ritorio della possessione, e poscia anche ai
dimoranti ne'luoghi convicini alla gran-
gia, laonde la maggior parte di tali cap-
pelle divennero chiese parrocchiali e fl-
uirono con altrettanti titoli perpetui di
benefizi ecclesiastici. Essendo priorati di- _
pendenti dogli abbati, per le tante esen-
zioni che loro furono accordate, l'abba-
te del monastero cui era soggetto il prio-
rato ne visitava le chiese, approvava i
confessori e ascoltava le confessioni del
popolo di sua giurisdizione; si riserbava
i casi, giudicava nelle cause matrimonia-
li, e dava lettere dimissoriali ai chierici
secolari per essere ordinati dai vescovi.
Passate le abbazie o canoniche in mano
di priori commendatati secolari, ne eser-
citarono le precedenti giurisdizioni, tran-
ne quelle annesse alta benedizione abba-
ziale.
3.° 11 priore uiunicipaleè il capo e pre-
sidente della magistratura del Comune
( V.\ una specie di Gonfaloniere {V?), poi-
ché meno il titolo, la diversità delle in-
segne e qualche particolare attribuzione,
nel resto esercita nel suo comune la princi-
pale giurisdizione civica e lo rappresenta.
In Roma fìnoali 84.7 vi fu l'antichissima
dignità municipale del nobile Priore dei
Capo-Rioni (A\) , che Mot-celli chiama,
Summo magislro regionum Urbis. L'isti-
tuzione del magistrato municipale deno-
minato priore vuoisi introdotta nel de-
clinar del secolo XII o meglio ne' pri-
mordi del XIII e sembra che i fiorentini
l'avessero pe'pritni. Leggo in Vettori,i<Yo-
rino d'oro, che si chiamò priorato e prio-
ratico il magistrato de'priori del popolo
fiorentino, ch'era il supremo nella repub-
blica di Firenze, cui fu sostituito il goti-
fulonicralo. L'ufficio de'priori fiorentini
si trova mentovalo nelle storie fin dal
i j.o\, come scrive l'Ammiralo, hb. 1, p.
FUI
67 , e divenne supremo magistrato pel
1 282, quando fu tolto via quello de'con-
soli; erano prima 6 e poi 8. Prevalendo
il parlitode'popolani contro i grandi, nel
i 2g3 vollero intitolarsi priori delle ar-
ti, benché taluni non l'esercitassero. Nel
i458 questi priori s'incominciarono a di-
re priori di libertà : la potente famiglia
deMedici produsse 1 00 priori circa. Trat-
tando Muratori de'magistrali delle città
libere d' Italia, conviene che i fiorentini
furono i primi a istituire la carica civi-
ca del priore, imperocché, egli dire, pel-
le frequenti e gravi differenze che insor-
gevano nelle magistrature de'consoli, nel
declinar del secolo XII fu eletto un pru-
dente personaggio estraneo pel governo
e amministrazione della giustizia, che fu
chiamato podestà; poscia furono introdot-
ti il capitano del popolo, e i tribuni della
plebe, de'quali parlai a Podestà e altro-
ve. Ma essendo frequenti i mutamenti del-
le forme governative ne' pubblici uffizi,
furono quindi istituiti i priori e poiigon-
falonieri della bandiera del popolo, che
loro era consegnata , introducendo i fio-
rentini per la 1 ." volta tale carica nel 1 2o,3;
ma con Vettori ne riportai anteriore l'i-
stituzione di molti auni. Piuttosto poco
sembra credibile quanto si asserisce sul-
l'istituzione del priore avanti il secolo XII.
L'Adami, patrio storico di VolsenooBol-
setta, parlando di quel civico magistrato,
dopo il gonfaloniere che Io disse equiva-
lere al prefetto delle città , paragone) la
potestà del 1 .° e 2.0 priore a quella con-
solare, scegliendosi dalle famiglie patrizie
nel pubblico consiglio, e crede che ivi fos-
sero introdotti nel secolo X. Che prima
de'gonfalonieii in moltissimi luoghi ven-
nero introdotti'! priori, parecchi esempi
ne riporta Col ucci nelle antichità picene.
Aggiungo con Muratori , che ai podestà
furono dati alcuni saggi uomini per as-
sistenti, che poi lo divennero de' priori,
senza il consiglio de'quali non poteva spe-
dirgliaftàri rilevanti, appellati perciò con-
siglieri , savi e più comunemente ansia*
PRI
ni. Da! Martorelli, storico patriod'Osimo,
si rileva che la città neh 177 incominciò
ad avere il podestà, più tardi il gonfa-
loniere, ed i priori ai quali furono dirette
molte lettere e brevi, anzi nel i4^4 dal
concilio di Basilea con questo titolo: Di-
lectis ecclesiae filiis Prioribus, populo, et
communitati civitatis Auximanae salu-
tali et omnipolentis Dei benedictionem.
I brevi sono di Eugenio IV del 1 4-4-3, di
Pio II, Sisto IV, Alessandro VI. Anche
Recanati ebbe per tempo i priori, poiché
leggo nel Martorelli una lettera d'Osimo
diretta al magistrato deli473: «Priores,
consilium, et Commune civitatis Recane-
ti. Magnifico domino Confabulerò, Prio-
ribus, Consilio et Communi ci vi tatis A uxi-
mi fratribus nostri* amatissimis salutem,
animum semper ad grata paraturi ". Il
Calcagni, Meni, di Recanati, p. 1 12, di-
scorre del magistrato de'priori o signori
della città che duravano nell'offizio due
mesi. Proponevano gli affari con l'assen-
so degli anziani o 4 nobili consiglieri. La
residenza era nel pubblico palazzo e ve-
sti vano abito senatorio di velluto nero nel-
l'inverno,di damasco nell'estate. Ne'tem-
pi antichi pranzavano nel medesimo pa-
lazzo a spese della città. Il i.° della ma'
gistratura comunale era il capo priore,
il 2.0 il dicitore o dittatore, gli altri prio-
retti, regolandosi la precedenza con l'età.
Apprendo da Borgia, Istoria di Fellemi,
p. 3o,5 , che avendo nel i5ii Giulio II
diretto alla città un breve conquesto ti-
tolo : Dilectis filiis Prioribus, et camera •
rio civitatis noslrae Vellilrarum, è cer-
ta prova che esisteva l'omonimo magi-
strato. Prima eravi il maestrato de'Nove
buoni uomini o de'Signori dei nove, co-
me in tanti altri luoghi. Quello de'prio-
ri, camerlengo, sindaco , due consiglieri
maggiori, 9 contestabili de' balestrieri, 2
pacieri, 9 consiglieri, 3 soprintendenti al
monte di pietà, ed il cancelliere, poco dif-
feriva dall'anteriore; perchè se l'antico
durava 6 mesi, i priori vennero eletti in
n.° di 3 per ogni bimestre con facoltà di
P R I 247
eleggere tutti gli altri consiglieri ediver-
si uffiziali. Questi priori furono chiamati
pure conservatori, con autorità di giudi-
ci ordinari nelle cause di danni dati e
dell*Occupazione de'terreni pubblici. Pa-
risi, Istruzioni per la segreteria, riportfi
varie lettere di priori municipali, come
de' priori di Perugia del i5g6 al Papa,
del priore e savi di Ravenna del 1 6 14>
del gonfaloniere e priori di Fano del
1621, de'priori di Fermo del 1623.
Dell'origine del governo municipale
delle città, castella, terre, ed altra specie
di comuni ne trattai a Comunità o Comu-
ne. Di quello parziale de'luoghi e de'lo-
ro civici magistrati ne parlai in moltis-
simi articoli de'luoghi stessi. In progres-
sodi tempo, stabiliti nello stato pontificio
i maestrati comunali con uffiziali di titolo
uniforme, comunemente si determinaro-
no il Gonfaloniere } il Priore, il Sindaco,
eleggendosi a queste onoranze pubbliche
i primari della città, comune o luogo, quel-
li che si distinguevano per senno , spe-
rienza negli affari e probità , per lo più
preferendosi i nobili e quelli d'illustri e
antiche famiglie, possidenti e altri idonei,
principalmente i benemeriti; qualità per
altro che non sempre si verificarono del
tutto, per la malizia delle passioni uma-
ne, e per legare cittadine e municipali,
nulla essendo perfetto tra gli uomini;giac-
chè il potere desta gelosia, ed è segno al-
la facile censura, massime degl'inscienti
e degl'indiscreti. Come sono ragguarde-
voli i gonfalonieri delle città , così sono
rispettabili i priori delle comuni rappre-
sentanti e capi del luogo e del popolo (co-
me nelle debite proporzioni lo sono i Sin-
daci, Fedi). Le quali cariche onorano e
nobilitano la persona e la famiglia, se già
non lo fossero, per la civica amministra-
zione cui presiedono , perchè ad essa fu •
rono chiamati per l'onorevole riputazio-
ne che godevano, dalla maggioranza dei
consiglieri e per l'approvazione che me-
ritarono dal governo pontificio, esercitan-
do autorità e giurisdizione; come doven-
^48 PRI
do fare gli onori del paese, curarne le reti-
dite,il decoro e incremento del comune,l'e-
secuzione degli statuti comunali,in somma
figurando il primo cittadino nella nobile
e autorevole rappresentanza di tutti* sul
quale di conseguenza naturale riverbera-
no i pregi e le prerogative patrie. Dissi a
Nobile che l'occupare i seggi delle prin-
cipali magistrature sempre recò lustro al-
la persona e alla famiglia, tanto più che i
corpi municipali aggregano alla loro no-
biltà e cittadinanza gli estranei in segno
di particolare considerazione. Dichiarai
pure che si diviene nobile anche per l'e-
sercizio delle onorarne pubbliche, del de-
curionato e cariche civili, colla gradua-
zione relativa; mentre tra le antichissime
nazioni reputatami nobili coloroche ve-
nivano distinti dalla pubblica fiducia della
comunità del popolo, in affidargli il loro
governamento. Fra' romani eziandio l'e-
sercizio delle magistrature edilizie, di cui
parlai in tanti articoli, onorando e nobi-
litando le persone, tramandavano inoltre
il titolo di nobile ai discendenti. Trovo
a proposito di riportare quanto nel cita-
to articolo indicai delColucci, tanto pro-
fondamente istruito delle prerogative co-
munali, e servirà per altri argomenti an-
cora. Nel Discorso istorico di Afonie Casi
siano, Terra del Piceno, di Scaramuccia,
a p. 60 questi riporta del celebre e poi
tente Carlo Malatesta, chesi era insignori •
to della medesima, la lettera che neh 4* 5
scrisse al magistrato comunale, con qtie*
sto titolo : Nobilibus,ct egregi is viris, Po-
testali, Prioriùus, et Communi Monlis s,
Mariae in Cassiano, Amicis carissimis,
Alla parola e titolo Nobilibus il Colucci
fece questa nota. «Osservo che al magi-
strato delle Terre (dicesi Terra per luo-
go, provincia, paese, regione, locus, regio;
nel senso nostro, per Castel murato, Op-
pidum. A Città dissi perchè la s. Sede
nelle bolle chiama paese e terra la città
quando non è vescovile) anche da perso-
ne graduate e in carica, com' era il Ma-
latesta nel secolo XV e prima e dopo au-
PRI
cora, come damigliaiadi tantidocumen-
ti apparisce, si dava comunemente il ti-
tolo di Nobili, nella stessa guisa che si
dava af magistrati delle Ciltà{F.). Cosa
che al presente cagionerebbe grande am-
mirazione presso taluni individui di qual-
che Città, dove si pensa che questo titolo
sia una privativa delle sole Città. Eppu-
re la condizione di esse Terre di que'tem-
pi era la stessa che quella de' tempi no-
stri ( pubblicò il voi. 28 delle Antichità
picene che contiene il Discorso nel «796,
morì nel 1809, lo celebrai nel voi. LII,
p. 2g5), e come oggi le Città sono distin-
te dalle Terre, così egualmente allora si
distinguevano, senza pregiudizio però dei
titoli che a ciascuna si competeva di no-
biltà rispettiva. E a dir vero qual sareb-
be mai la ragione, per cui si volesse ciò
contrastare alle Terre in concorrenza col-
le Città, e per cui le sole Città se ne vor-
rebbero stare con una tal privativa? Se
basta il solo titolo di Città la cosa ando-
rebbe in piano; ma questo a* mio credere
non porta seco una simile privativa as-
soluta, ma al più potrà essere rispettiva,
per cui la nobiltà delle Città avesse un
maggior pregio di onore proporzionato al
grado maggiore che le distingue sopra le
Terre, ma non mai tale da escludere un
tal grado minore competente alle Terre,
le quali si regolano colle proprie muni-
cipali leggi comesi regolano le Città;han-
no i magistrati distinti in gradi , hanno
questi i titoli di Gonfalonieri e di Prio-
ri, come le Città. Vestono colle insegne
simili a quelli della Città; escludono dal
i.° grado chi ha esercitato o esercita ar-
te meccanica, e prima di farlo ascendere
ad esso grado fanno che passi per gl'in-
fimi, come nelle Città; e quel che più in •
teressa, le Terre non riconoscono che la
dipendenza del principe sovrano, ch'è il
sommo romano Pontefice, e i supremi
tribunali da lui destinati nella città me-
tropoli dello stato (J7. Congregazione so-?
fra i baroni dello stato ecclesiastico,
Congregazione Fermana, Cpngregazionk
PRI
DEL BUON GOVERNO, CONGREGAZIONE DELLA
*. Consulta, Ponenti delle medesime), da
cui si manda i giusdicenti col titolo di Po-
destà odi Governatori {V.)i a quellegui-
se che ad alcuna delle Città si manda il
Prelato a governarle. Che se questi re-
spetlivi podestà governatori non prelati
dipendono dal prelato governatore 'della
città in cui questo risiede, ciò accade per
facilitare ai tribunali supremi il buon re-
golamento, e la spedizione degli affari ri-
spettivi, né può bastaread indurne a dan-
no di esse Terre la privativa di certi ti-
toli, che non si possono loro contendere.,
anche per la ragione del possesso in cui
troviamo essere slati da molti secoli in
qua. E per questo io credo certamente,
che ne' registri delle adunanze generali
della provincia, che si tengono di tempo
in tempo inLoreto colla presidenza dimg.r
go vernatoi e generale della Marca, coll'in-
tervenlo di un individuo perciascuna co-
munità, tanto delle Città che delle Ter-
re, a qualunque di essi soggetti o sia di
Terreo sia di Città, o sia nominalo in
comune, o sia nominalo particolarmente,
senza la menoma eccezione, e senza che i
deputati delle Città che vi sono, l'abbia-
no mai contrastato, si dà il titolo di No-
bilis Vir, che equivale all'italiano Nobil
Uomo ; i quali atti non già privati , ma
pubblici , quanto è pubblica 1' adunanza
stessa chiamata Congregazione generale
delia Marca, si stampano ogni volta esi
mandano ai supremi tribunali di Roma,
dai quali non si è mai veduto impedii'
questo che lalun altro crederebbe abuso
(altri ignoranza o adulazione per parte
di quello che dà questo giusto titolo, tot
che finalmente pel vitale riflesso, che seb-
bene ad alcuno aristarco o saccente non
credesse meritarlo la persona cui si dà,
sostengo che sempre lo si dovrà alla rap»
presentanza ) di titolo, nel tempo che è
un dovere, ed una conservazione di usan-
za più antica, autenticata da migliaia di
documenti. Sopra di questo punto scris»
se già un tempo una bellissima e alti et •
P R I 249
tanto erudita e dotta dissertazione il ce-
lebre e infelice insieme ab. Ruggieri, che
si conserva inedita presso l'ab. Fortuna-
to Benigni. Forse a suo tempo o questa
verrà inserita in uno de'miei volumi, o
io scriverò fondatamente e più a lungo su
di tale argomento, intorno a cui ho detto
così di corsa quel che basta per una no-
ta. Non lascio per altro di qui preveni-
re il cortese lettore , che per quanto io
credo doverosamente convenire alle Ter-
re della provincia nostra il titolo di No-
bile, non intendo per questo di sostenere,
che un tal genere di nobiltà dir si possa
nobiltà generosa suflìciente a provare le
qualità d'un soggetto per essere creduto
abile agli onori delle croci più insigni ca-
valleresche , o delle più nobili religioni
(cioè ordini equestri regolari). Perciò dis-
si da principio doversi considerare que-
sta nobiltà come rispettiva, e di quel gra-
do che si conviene ad una Terra in con-
fronto delle Città che sono per grado mag-
giori delle Terre, onde la nobiltà della Cit-
tà sarà più cospicua, ma non per questa
esclusiva di quella nobiltà chesi conviene
alle Terre fino al segno di pretendere che
ai primi cittadini di queste non si per-
metta di dare il titolo di Nobile, nel tem-
po che i primi cittadini delle Citlà abu-
sivamente si arrogano esi danno il tito-
lo di Eccellenza (f.) proprio solo dei
Principi (r.), come quello deW Illustris-
simo {P".} è stato sempre proprio dei pri-
mi cittadini ( ora poi che si dà quasi a
tutti e che è tanto degradato, molto più
sarà convenevole distinguere il Priore co-
munale nella sua onorifica rappresentan-
za di tutti gli ordini del Castello, Terra o
Paese o Comunità) sì delle Terre, che del-
le Città, dopo che cessò l'uso del titolo di
Messer (F.) ".
A Governatore riprodussi la nota de-
gli antichi governi dello stato ecclesiasti-
co ne' primi del secolo XVII. A Delega-
zioni e Legazioni riportai la divisione in
provincie sotto Pio VI coi presidi cardi-
nali, prelati, e governatori nominati dal-
2?0 PRI
Ja consulta; l'istituzione di Pio VII del-
le delegazioni, coi governatori nominali
per breve, e la classificazione delle pro-
vincie; il riparto più regolare del terri-
torio de' pontificii dominii effettuato da
Leone XII nel 1827, in uno alla relativa
divisione per podesterie, con disposizioni
sulle comunità: finalmente le disposizio-
ni emanate da Gregorio XVI sull'ordi-
namento amministrativo delle comunità
e provincie,con aumento del numero delle
delegazioni, facendo pubblicare nel 1 833
il riparto territoriale; soppresse i pode-
stà, ed accrebbe il numero de' governa-
tori laici sottola dipendenza del cardinal
segretario per gli affari di stato interni,
cui sottopose le comunità pur da lui rior-
ganizzate, insieme ai consigli comunita-
ti vi e provinciali, tutto potendosi vedere
nella Raccolta delle leggi voi. 6. Quanto
riguarda i Gonfalonieri, i Priori, i Sin-
daci, Io indicai a Gonfaioniere. Il re-
gnante Pio IX fece nuova divisione ter-
ritoriale e decretò la legge sui comuni
dello stato, nel declinar deli 85o, che bre-
vemente indicai nel voi. LIII,p. 229.
Quanto ai comuni furono classificali in
5 classi: i.a di quelli che hanno una popo-
lazione maggiore di 25,ooo abitanti; 2/
di quelli che hanno una popolazione mag-
giore di 10,000 e non eccedente Ì20,ooo;3.
di quelli che hanno una popolazione mag-
giore di 5,ooo e non superiore di 10,000;
4-a di quelli che hanno una popolazione
superioreaiijOooenon eccedente i 5,ooo;
5.'' di quelli che hanno una popolazione
non maggiore di 1,000 abitanti. I luoghi
aggregali si ritengono come frazioni di
un solo ed individuo comune : gli appo-
diati conservarono la propria esistenza ,
abbenchèdipendenti dal comune princi-
pale. Quanto alle rappresentanze muni-
cipali fu disposto. Ogni comune è rap-
presentato da un consiglio e da una ma-
gistratura municipale, Ilconsiglioècom-
posto di 36 individui ne' comuni di i.a
classe; di 3o in quelli della 2.*; di 24 in
quelli di 3.*; di 16 in quelli di 4-*; di io
PRI
in quell'idi 5." Un numero di consiglieri
stabilito in proporzione delledi verse clas-
si de' comuni è destinato alla magistra-
tura, la quale si compone: di un capo e
8 magistrati ne' comuni di i.' classe; di
un capo e 6 magistrati ne'coniuni di 2/
e di 3.' classe; di un capo e di 4 magi-
strati ne'comuni di 4-* classe; di un capo
e di due magistrati ne comuni di Sgelas-
se. Il solo capo della magistratura può
essere scello anche fuori del consiglio;
qualora sia scelto tra 'consiglieri, il di lui
posto viene rimpiazzato. Questi nelle cit-
tà si distingue col nome di Gonfalonie-
re, negli altri luoghi si chiama Prioreji
membri della magistratura si chiamano
anziani. Un Sindaco e due aggiunti rap-
presentano gli appodiati. I capi delle ma-
gistrature di Roma e Rologna portano il
nome di Senatori j i magistrati portano
quello di Conservatori. Fanno parte di
ogni consiglio con voto due deputati ec-
clesiastici nominati dall'ordinario, che
rappresentano il clero secolare e regola-
re ed i luoghi pii. Vi è un solo deputa-
to ecclesiastico ne'consigli de' comuni di
4-a e5.a classe. I capi delle magistrature
ed i sindaci si rinnovano al finire di cia-
scun triennio nel giorno di s. Lucia. Si
rinnovano in ogni triennio per metà i
consiglieri ed i magistrati : lai." voltacol
mezzo dell'estrazione a sorte, quindi per
turno di anzianità. Uno de'due deputati
ecclesiastici , e 1' unico deputato ne' con-
sigli di 4-a edi5." classe, come pure uno
dei due aggiunti negli appodiati, si rin-
novano nello stesso modo in ogni trien-
nio. Le funzioni de'consiglieri, del capo
e de'membri della magistratura, del sin-
daco e degli aggiunti sono totalmente
gratuite. L'autorità del governo provve-
de alla nomina de'capi e de'membri delle
magistrature,alla osservanza delle norme
opportune per la elezione de'consiglieri,
alla regolarità degli atti e della gestione,
ed ai bisogni straordinari de' comuni. I
capi delle magistrature nelle città o Gon-
falonieri sono nominali dui Papa : i ma-
FRI
gi si rati, i Priori, i Sindaci e gli aggiun-
ti dal delegato; tutti sulle terne proposte
da'consigli. Occorrendoal capo della ma-
gistratura per l'esercizio dellesue funzio-
ni 1' uso della forza pubblica, egli ne fa
la richiesta all'autorità governativa. Il
cardinal legato può destituire i membri
della magistratura, il sindaco, gli aggiun-
ti, i consiglieri, disciogliere il consiglio e
ordinarne la rinnovazione. La destituzio-
ne del capo della magistratura gonfalo-
niere e priore è riservata al Papa. 1 distin-
tivi e abiti decurionali de'priori e degli
anziani ordinariamente sono il rubbone
nero, con fascia e fiocchi , e berretta ; e
molti con que' pai ticolari distintivi pro-
pri de' privilegi che godono.
PRISCA (s.), vergine e martire. Dama
romana, battezzata da s. Pietro (F.), chia-
mata la protomartire delle donne nell'oc-
cidente, siccome s. Tecla lo è dell'orien-
te, come leggo in Piazza, Emerologio di
Roma p. 591. Dopo aver solìerto molti
tormenti per la fede di Gesù Cristo, fu
decapitata verso l'anno 275, al dire di
Butler. Le sue reliquie o meglio il suo
corpo si custodisce a Roma in un'antica
chiesa che porta il suo nome, e ch'è un
titolo cardinalizio. Z7. Chiesa di s. Prisca.
Ivi si vuole che fosse battezzata, ed ove
si crede che abitasse s. Paolo (^.), il
quale de' suoi parenti fa menzione nelle
epistole, secondo il citato Piazza. Essa è
nominata nel Sagramentario di s. Gre-
gorio 1 il Grande, e in quasi tutti i mar-
tirologi latini ai 18 di gennaio. Questa s.
Prisca fu confusa e chiamata col nome
di s. Priscilla moglie di s. Aquila, ambo
ebrei, onde vanno letti i citati articoli e
quanto dissi nel voi. XXI, p. 3j. Altra
s. Priscilla fu moglie e madre de'due ce-
lebri Pudenti che albergarono in Roma
s. Pietro, de'quali trattai in tanti luoghi,
come nel voi. L, p. 23o, ed abbiamo il
celebre cimiterio o catacomba di s. Pri-
scilla , di cui parlai ne' voi. X, p. 234,
XIII, p. 1 49 e r^° eu< altrove. Il critico
ed erudito annotatore di Butler avverte
PRI 2^1
della tradizione di Roma, la quale porta
che s. Pietro consagi ò un altare nella chie-
sa di s. Prisca, e vi battezzò in un'urna
di pietra ancora esistente. Crede proba-
bile che ivi fosse la casa d'Aquila e Pri-
scilla di cui parla s. Paolo, il quale chia-
ma anche col nome di Prisca l'ebrea Pri-
scilla, ed ivi da loro fu alloggiato: che i
greci celebrano l'uffizio di s. Aquila, co-
me d'un apostolo, a'4 luglio,ma nel mar-
tirologio romano agli 8 insieme alla fe-
sta di s. Priscilla, ed onorati nella chie-
sa di s. Prisca vergine e martire, di cui
sono con essa patroni titolari, veneran-
dosi parte delle loro reliquie sotto l'al-
tare maggiore. Ciò concorda col citato
Piazza, il quale a p. 463, parlando agli
8 luglio della festa de' ss. Aquila e Pri-
scilla li dice dall'Asia venuti in Roma, e
che presero casa o la fabbricarono sul-
l'Aventino, e quivi fecero amicizia con s.
Pietro , il quale ad una fonte detta di
Fauno diede il battesimo a molti. Con-
vertirono perciò la casa in chiesa, la qua-
le da essi prese il nomee il titolo. Cac-
ciati poi gli ebrei di Roma da Claudio
Cesare, andarono a Corinto, ove trovaro-
no s. Paolo e con esso si trattennero, di-
cendoli poi morti in Efeso, donde i mo-
naci greci portarono in detta chiesa i lo-
ro corpi in tempo degl'iconoclasti. E che
la loro chiesa, ove aveano abitato co'ss.
Pietro e Paolo, poi prese il nome di s.
Prisca : s. Pietro battezzando i fedeli, s.
Paolo lavorando con loro i padiglioni.
Anche il dotto Raoul-Rochette, Le ca-
tacombe di Romana p. 3g, parlando del-
la chiesa di s. Prisca, la chiama figlia di
senatore romano »che fu, come si crede,
battezzata da s. Pietro medesimo, ed è
venera ta siccome la 1 .' fra le donne a pa-
tire il martirio. Il corpo suo fu deposto
in un'urna che ha la forma d'un altare
antico. Questo sepolcro fu posto a Prisca
in mezzo alla sua propria camera, nel pa-
lazzo di suo padre, di cui si veggono an-
che oggidì le fondamenta sul monte A-
ventiuo". Lasciando io la questione, se
253 PIÙ
In chiesa di s. Prisca fosse la casa di que-
sta ode' ss. Aquila e Priscilla, e le altre
intricatissime sui loro nomi, mi limiterò
ad un opinamento sull'epoca della mor-
te di s. Prisca che Butler riporta ali an-
no 275 , che sarebbe anacronismo con
l'asserto di tanti scrittori, ciò facendo
siccome seguace del dottissimo e bene-
merito biografo de'santi. Pertanto osser-
vo, che nel 275 regnava Aureliano suc-
cessore di Claudio il Gotico che sembra
morto nel 270 , quindi gli scrittori del
martirio di s. Prisca o protraendolo di po-
chi anni o sbagliandone la data, invece
di riportarlo al tempo dell' imperatore
Claudio Cesare figlio di Druso che espul-
se gli ebrei da Roma, forse seguirono l'e-
poca di Claudio il Gotico o poco dopo,
come altri fecero con epoca anticipata di
s. Tolomeo promulgatore dell'evangelo
in Polimarzio (F.), che fiori sotto Clau-
dio il Gotico, non nell'impero di Claudio
Cesare. Mi conferma in questo sospetto
quanto il marchese Melchiorri descriven-
do la chiesa di s. Prisca dice di essa nella
Guida di Roma: » Sotto Claudio Goti-
co spenta col martirio s. Prisca, vi fu de-
positato il suo corpo".
PRISCA o PR1SNA. Sede vescovile di
Macedonia sotto la metropoli di Durazzo,
eretta nel V secolo. Il p. Bremond, Bull,
crd. praed. t. 2, p. 47°> 'a crede lo stesso
che derida o Ocrida{V^). Due vescovi
latini la governarono: Andrea morto nel
i4°4> e Giorgio Pandusio domenicano
eletto da Bonifacio IX nello stesso anno
a' 12 maggio. Oriens chr. t. 3, p. g54-
PR l SCI LLI A N I ST I , Priscillianistae.
Eretici discepoli di Priscilliano spagnuo-
lo, nobile, ricco, dotto, eloquente, auste-
ro ne'costumi e nel modo di vivere. Fu
istruito da Marco di .Melili, il quale dal-
l'Egitto passato nella Spagna vi avea o-
peralo molti prestigi e inganni di false ap-
parenze. Priscilliano non fu minore del
suo maestro, nò in i scienza magica, né in
ipocrisia. Sostenne i principali errori dei
Manichei e di Noeto maestro de'Noczia-
PRI
Ut (f.), e le abbominazionì de Gnostici
(P-). L'errore che sembra a lui proprio, è
di aver insegnato eh' è permesso di fare
de' falsi giuramenti pei pFopri interessi ;
e che gli uomini erano soggetti a stelle
fatali. A vendutitelo nel suo partito mol-
ti del popolo e alcuni vescovi, si fece or-
dinare vescovo d' Avila , quindi fu con-
dannato co' suoi segnaci nel concilio di
Saragozza (F.) del 38o. Si portò a Ro-
ma per giustificarsi con s. Damaso I; ma
questi non volle neppure ammetterlo al-
la sua presenza. Nel 385 fu eziandio con-
dannato co' suoi errori e seguaci da Pa-
_|)a s. Siricio e dal concilio di Bordeaux.
Essendosi appellato a Massimo, cheavea
usurpato l' impero e risiedeva a Treve-
ri, fu condannato alla decapitazione coi
suoi settari, ciò che fu eseguito. S. Leo-
ne I nel 447 s* applicò con energico ze-
lo ad abbattere il priscillianismo che re-
cava gravi danni, con lettera che scris-
se a s. Turribio vescovo d'Astorga, con-
fermando tutte le precedenti condanne,
che letta nel concilio di Braga del 563,
ed essendosi da questo prese le stesse de-
terminazioni , questi settari non tarda-
rono a sparire. Vedasi Gii- vesti , De hi-
storia priscillianistaruni disserlalio3 Ro-
mae 1750.
PRISCO, MALCO ed ALESSAN-
DRO (ss.), martiri. Vivevano santamen-
te ritirati nella campagna, presso Cesarea
in Palestina, allorché riaccesosi il fuoco
della persecuzione sotto l'impero di Va-
leriano, desiderando essi di dare il pro-
prio sangue per la fede, recaronsi a Ce-
sarea, ovesi presentarono spontaneamen-
te al governatore e gli dichiararono di
essere cristiani. Il loro generoso conle-
gno, che fece maravigliar tutti, accese di
furore il giudice, il quale ordinò all'istan-
te che fossero posti a diverse maniere di
tortura, e poi li condannò ad essere di-
vorali dalle bestie feroci. In questo modo
consumarono il loro martirio l'anno 260.
Questi tre santi sono nominati nel mar-
tirologio romano il giorno 28 di marzo.
PRI
PRISCO (s.), martire. Fu decapitato
a Toussi sulla Yonne, nella diocesi d'Au-
sérre, con molli altri cristiani. Si collo-
ca il suo martirio sotto Aureliano verso
l'anno 273, e se ne celebra la festa ai 26
di maggio. Cotto suo discepolo ne rac-
colse la testa ( V. s. Cotto ), che fu poi
miracolosamente scoperta da s. Germa-
no d' Auxerrej e posta in una chiesa da
esso fatta fabbricare. Si collocarono delle
relique di s. Prisco e di s. Cotto presso i
frati del 3." ordine Picpus a Parigi.
PRIULI Lorenzo, Cardinale. Vene-
to di senatoria stirpe, esercitò con deco-
ro splendide ambascerie per la sua re-
pubblica nelle primarie corti d'Europa,
fra le quali a Francesco I granduca di
Toscana, a Filippo II re di Spagna, a
Enrico III re di Francia, ed a Gregorio
XIII e Sisto V. Siccome istruito non me-
no nelle umane, che nelle divine lettere,
nel i5c)i fu eletto patriarca di Venezia.
Penetrato dal zelo per l'onore di Dio e
por la salute delle anime, si applicò con
sollecito fervore alla riforma del clero e
delle monache, nella quale opera diede
luminosi contrassegni di pietà, religio-
ne, prudenza e fermezza d'animo. Due
volte celebrò il sinodo, in cui promulgò
utilissimi decreti; assegnò stabile abita-
zione ai chierici del seminario, veglian-
do con indefessa cura sulla loro condot-
ta, sui costumi e sul progresso degli stu-
di. Pel suo raro merito e senza che nep-
pure lo immaginasse, Clemente Vili a'
5 giugno 1596 lo creò cardinale prete e
gl'invio la berretta cardinalizia per Al-
fonso Colonna, il quale fu alloggiato no-
bilmente dal cardinale e ben accollo dal
doge. La presentazione della berretta eb-
be luogo nella basilica patriarcale di 9.
Pietro di Castello il giorno 2 1 dello stes-
so mese, e poscia privatamente il cardi-
nale 91 recò a visitare il doge, che colla
signoria solennemente gli restituì la vi-
sita. Dipoi il cardinale formalmente si
portò in collegio con numeroso corteg-
gio e con tulli i prelati ch'erano in Ve-
PRI a53
nezia, incontrato a mezze 9cale dal do-
ge. Il cardinale donò all' ablegato 5oo
scudi e una collana del valore di i5o.
Tanto e meglio si può vedere in Parisi,
Istruzioni t. i, p. 233 e seg. Portatosi il
cardinale in Roma, gli fu conferita per
titolo la chiesa di s. Maria in Traspon-
tina. In Venezia giltò la prima pietra per
la chiesa de' teatini, abbellì la facciata
della patriarcale di scelti marmi, e trasfe-
rì in nobile altare le reliquie del b. poi
s. Lorenzo Giustiniani. Continuando il
suo pastorale ministero, tutto amorevole
pel gregge, passò al Signore ne'primidel
1600 e fu sepolto nella patriarcale con
breve iscrizione, lasciando memoria e ri-
putazione di personaggio di carattere gra-
ve e serio, fermo e costante nelle risolu-
zioni , esatto nei proprio dovere ed a-
mante della giustizia.
PRIULI Matteo, Cardinale. Figlio
di Antonio che fu poi doge di Venezia, fu
chiamato a Roma da Paolo V e fatto ca-
meriere d'onore, indi a' 19 settembre
1616 lo creò cardinale diacono e poi pre-
te di s. Girolamo degli Schiavoni, cam-
biato in seguito col. titolo di s. Marco.
Quantunque fosse d' un temperamento
satio e robusto, divenuto appena cardi-
nale, cominciò a dare in calli va disposi-
zione, per cui ridottosi a estrema debo-
lezza, uscì dal mondo nel 1624, d'anni
47, dopo essere intervenuto a due con-
clavi. Ebbe sepoltura nella sua titolare
presso l'altare maggiore, col solo nome
inciso a lettere maiuscole sopra la lapi-
de sepolcrale.
PRIULI Pietro, Cardinale. Nacque
in Venezia da senatoria famiglia e nipo-
te dal canto materno d'Alessandro VIII,
sotto Innocenzo XII si pose in prelatu-
ra e divenne presidente, indi chierico di
camera. Clemente XI a' 17 maggio 1706
lo creò cardinale diacono di s. Adriano,
per gratitudine alla memoria d'Alessan-
dro Vili, da cui avea ricevuto la porpo-
ra. Nel 1 708 contro sua voglia il Papa lo
promosse a vescovo di Bergamo, consa-
2?4 pR!
glandolo in s. Maria Maggiore. Gover-
nò quella chiesa 4 lustri, applicato inde-
fessamente a promuovere il cullo divino
e la salute delle anime, che efficacemen-
te procurava per mezzo dell'esercizio fre-
quente de' catechismi e della dottrina
cristiana , delle fervorose prediche , die
faceva egli slesso, e dell' assistenza con-
tinua e mai interrotta onde prestavasi a-
gli esami non meno de' confessori , che
degli ordinandi. Celebrò nel 1725 il si-
nodo diocesano in cui furono stabilite sa-
vissime leggi per la riforma de' costumi
e per la disciplina del clero. Ad esempio
degli antichi vescovi si spogliò di tutta
l'argenteria, compresa quella della cap-
pella domestica, per contribuire alle spe-
se della guerra contro i turchi. Genero-
so co' poveri, talvolta pagava le tasse per
le dispense matrimoniali per coloro che
vivendo nel peccato non aveano modo
onde supplirvi. Dimessa la diaconia pas-
sòall'ordine de'preti e al titolo di s. Mar-
co; e dopo essere intervenuto a due con-
clavi, chiuse con santa morte la lodevo-
le vita nel 1728 in Venezia, d'anni 5q.
Trasferito il corpo a Bergamo, fu sepol-
to nella cattedrale.
PR1ULI Luigi, Cardinale. Di sena-
toria famiglia veneta e nipote del cardi-
nal Basadonna per cauto di madre, in-
clinato fin dall'adolescenza allo stato ec-
clesiastico, fu provveduto d' insigni ab-
bazie e fatto da Alessandro Vili nel 1689
uditore di rota , in cui con fama di sin-
golare probità e giustizia perseverò qua-
si 5 lustri, onde in premio Clemente XI
a' 1 8 maggio 1 7 1 2 lo creò cardinale pre-
te di s. Marcello, donde ottenne il titolo
di s. Marco, venendo annoverato in di-
verse congregazioni cardinalizie. Nel voi.
XI, p. 1 3 riportai il ceremcuiiale col qua-
le Clemente XI formalmente creò cava-
liere aurato l'ambasciatore Duodo, con-
dotto in carrozza da questo cardinale.
Mot) in Roma nel 1720, d'anni 70, e fu
tumulato nella titolare in magnifico e son-
t uoso monuoiento/Jinato di statue scolpi-
Pili
te egregiamente, col suo busto espresso in
fino marmo, sotto cui leggesi onorevole
iscrizione. Con suobenefìco testamentodi-
spose generosamente di sua eredità- a fa-
vore de'suoi parenti o concittadini, per la
buona educazione della gioventù nobile,
da mantenersi in Roma in qualche colle-
gio, cioè di vitto e, di funzioni. Ne attribuì
la nomina al cardinale veneto e uditore di
rota prò tempore. Inoltre dispose, che in
mancanza di nobili parenti o nobili con-
cittadini da nominarsi a detti posti, le
rendile si erogassero in vantaggio, metà
alla fraternità di Venezia , metà all' O-
spizio della ss. Trinità de' pellegrini (lr.)
di Roma. .Ora questa n'è l'amministra-
trice , e siccome le rendite costituite in
luoghi di Monti sono diminuite, così per
due posti contribuisce mensilmente a o-
gnuno circa scudi quindici, de' quali il
Collegio dementino (Jr.')) che fu lo stabi-
lito a ricevere ideltigiovani,ora ne pren-
de pel vitto 1 1, restando al nobile alun-
no quasi scudi 4 per vestirsi e per tutte le
altre spese che sono alquanto superiori;
poiché spetta all'alunno fornirsi di letto,
mobilie, biancherie e altro, come se in-
fermo il curarsi, ec. In mancanza del car-
dinale veneto, occorre l'intervenzione del
Papa per effettuare le nomine, per le au-
torizzazioni necessarie.
PR1ULI Antonio Marino, Cardina-
le. Nobile veneziano, nacque a'2 5 agosto
1 707, e dedicatosi al servizio della Chie-
sa, dopo i relativi studi, fu ammesso nella
romana prelatura e da Clemente XII nul
concistoro de'ig dicembre 1 738 fu pre-
conizzato vescovo di Vicenza. Esercitan-
do lodevolmente tutti i doveri d'un ec-
cellente pastore, il suo concittadino Cle-
mente XI 1 1 nella 1 .a promozione del suo
pontificato, agli 11 settembre 1758 lo
creò cardinale dell'ordine de'preti. Nel
ii.° 6438 del Diario di Roma si legge che
l'ambasciatore della repubblica veneta,
con ricco treno e corteggio si portò dal
Papa a ringraziarlo anche per parte del
doge e signoria, dell'onore compartito a
PIÙ
questo patrizio veneto; e che Clemente
XIII spedi ablegato al cardinalecolla ber-
retta rossa no g.r Felice Savorgnano ve-
neto, suo cameriere segreto partecipan-
te.Portatosi il cardinaleinRoma nel i 7^9
per ringraziare di persona il Papa e ri-
cevere le insegne di sua dignità, aven-
dolo Clemente XIII dispensato dal fare
V Ingresso solenne in Roma (Z^.), da lui
gli fu imposto il cappello cardinaliziosab-
bato 2 giugno ( perchè il Papa essendo
indisposto non potè far la funzione a'3 1
maggiocomeavea stabilito)vigi!iadiPen-
tecoste, laonde a cagione del vespero so-
lenne eseguì nel dì seguente le visite del-
la basilica Vaticana e del cardinal deca-
no con gran corteggio. Essendo allora u-
so (come notai nel voi. IX, p. 1 8 1 e 3 1 2)
che i nuovi cardinali pel ricevimento del
cappello ornavano con maestosi abbel-
limenti le facciate de'palazzi ove abita-
vano, il cardinale alloggiando nel Pa-
lazzo Oitoboni Fiano ne die commissio-
ne all'architetto Giansimoni, che vi cor-
rispose con grandiosa macchina di nobi-
le disegno, e decorazioni di statue sim-
boleggianti le 4 Virtù, cardinali, la Po-
testà pontifìcia e la Clemenza, di colon-
ne, di pilastri, di animali in rilievo, di
pitture fra le quali la veneta -Repubblica
personificata, lo stemma gentilizio del
porporato, le Virtù teologali, la Giusti-
zia e la Pace. Campeggiava l'arme di Cle-
mente XI II ornatissima e con analoga
iscrizione, con laterali pitture a chiaro-
scuro esprimenti l'Idolatria abbattuta
dal Zelo; la Chiesa trionfante dell'ere-
sia, assistila dalla Fede e dalla Carila;
Roma presentata dalla Chiesa alla Fe-
de, colla Mansuetudine accanto che cal-
pesta le armi dell'antica potenza demen-
tili e rompe l'asta marziale, con a lato
il Tevere co 'suoi attributi. Tutta la mac-
china per 3 sere fu splendidamente il-
luminata, incominciandosi da quella di
Pentecoste, nelle quali nel palazzo si di-
spensarono decorosi rinfreschi alla nobil-
tà, rallegrando il popolo due orchestre
PRI a55
di suonatori; mentre l'ambasciatore ve-
neto nelle medesime sere illuminò a tor-
eie ed a fiaccole il Palazzo di s. Mar-
co. Di tutto ne riporta la descrizione il
n.° 654o del Diario di Roma. Quindi
il cardinale ricevè per titolo cardinalizio
la chiesa di s. Marco, e fu annoverato al-
le congregazioni del concilio, vescovi e
regolari, riti, indulgenze e sagre reliquie.
11 cardinale colle sue virtù e zelo vesco-
vile meritòdi essere dallo stesso Clemen-
te XIII a'6 aprile 1767 trasferito alla
sede di Padova, già governata nel car-
dinalato dal Papa. Mentre il cardinale
trovavasi in Treville, luogo di villeggia-
tura di sua nobilissima casa, a'26 otto-
bre 1772 fu colpito dalla morte, in età
di 65 anni, dopo essere intervenuto al
conclave per Clemente XIV. Trasportato
il cadavere in Padova, fu sepolto nella
cattedrale, lasciando di se onorevole me-
moria, per le belle quali là di cui era ador-
no. Di questa cospicua famiglia vi sarebbe
stato probabilmente un 6.°cardinale,se
non moriva nel fiore dell'età. Fu questi
il prelato Giovanni Priuli patrizio vene-
to, che nel 1 790 la sua repubblica no-
minò uditore di rota e fu l'ultimo. Eser-
citò l'uditorato sino ai primi del 1 798, in
cui fu invasa Roma dai francesi, onde fu
costretto ripatriare.Nel 1800 ripristina-
lo il governo pontificio tornò ad eserci-
tare il suo onorevole uffizio, quando col-
pito da penosissima malattia, ne morì
d'anni 38 nell'ottobre 180 i,venendotu-
mulalo nella chiesa di s. Marco con mar-
morea iscrizione. Fu pianto dalla ma-
dre, da due fratelli e da quanti ammi-
ravano in lui un vero ministro del Si-
gnore, pel tenore di vila esemplare che
modestamente menava, per cui si rese a
tutti amabile ed accettissimo.
PRI V ATO (s.), vescovo e martire. Era
vescovo del paese di Gevaudan in Fran-
cia, la cui sede vescovile al presente è a
Mende. E" probabile che risiedesse nel-
l'antica città di Anderita, la quale prese
poscia il nome di Gabaies; perciò s. Gre-
256 PRO
goi io di Tours Io chiama vescovo di Ga-
bales, e i suoi successori prendevano an-
cora questo titolo nell'876, né comincia-
rono ad essere chiamati \escovi di Men-
de se non nel secolo XI. Leggesi nella sua
■vita , che ritiravasi spesso in una grotta
jiosta sopra la cima d' un monte presso
Mende, e che ivi si deliziava tra l'orazio-
ne, le veglie e il digiuno. Mentre faticava
alla sua santificazione e a quella del suo
gregge, i germani fecero un'irruzione nel-
le Gallie , sotto la condotta del loro re
Croco. Questi barbari essendo entrati nel
Gevaudan , trovarono il santo nella sua
grotta, e lo uccisero a furia di percosse,
per avere rifiutato di sagrificare ai loro
idoli. S. Privato è nominato nei più an-
tichi martirologi il giorno 2 1 di agosto.
Secondo s. Gregorio di Tours ed altri,
esso viveva poco dopo la metà del HI se-
colo, al tempodegl'imperatori Valeriano
e Gallieno: altri locollocano nel V secolo.
PROBATA. Sede vescovile della me-
tropoli d'Adrianopoli in Tracia, eretta
nel IX secolo. Riporta un vescovo YO-
riens chr. t. 1, p. 1 1 85.
PROBIANO, Cardinale. Prete del ti-
tolo di s. Eusebio, vivente nel 4q4 sotto
s. Gelasio I.
PROBO (s.), martire. V. Taraco(s.).
PROCESSIONE, Processio, Suppli-
catto, Pompa. L'andare che fanno per
Io più gli ecclesiastici attorno in ordinan-
za, cantando salmi e altre orazioni in lo-
de di Dio, e perciò fu detta anche /Ve-
ghiera {f^-)- Altri la definiscono cammi-
no o marcia solenne del clero e del po-
polo che si fa nell'interno delle chiese,
rei anche fuori, cantando Inni, Salmi, Li-
tanie, ec. Zaccaria, Onomasticon ritua-
le : Processio et Processus, idem sunt, et
prirnum processus, et processio signi/i-
rat, incessimi militimi, populi, cleri, ad
locum aliquem ordinatim cunciis ; Itine
cum impevalores aliquo irent,puta in vil-
lani processione/il, ani processimi facere
dicebantur. Il p. Bernardo da Venezia
annotatore della Storia de' Sugl'amenti
PRO
diChardon, t. i,p. 333, opina: Che pro-
cessione anticamente chiamavasi non so-
lo quel giro che ora si fa, ma eziandio la
radunanza del popolo nella chiesa: in tal
senso l'adopraronos. Leone I, Epist. 82,
ad Diosc. episcj Ennodio in vit. s. Epi-
phan.; s. Girolamo nell' Epist. 22, sicco-
me esserva il Menard, m not.adSagram.
s. Greg. p. 177. Per altro anche nel no-
stro senso la processione è molto arili-
ca, poiché s. Ambrogio nel l'£/?w/. 29 de-
scrive i cristiani, che ordinati cantavano
per via. Spetta al vescovo l'indicare e re-
golare le processioni e le altre preghiere
pubbliche, come decise il conciliodiTren-
to, sess. 25, cap. 6, de Beform.j avendo
inoltre commendate quelle della ss. Eu-
caristia, in opposizione agli errori di Be-
rengario, WiclefTo, Calvino, Lutero e di
tutti i loro seguaci. L'osservanza o va-
riazione della disciplina appartiene alla
Congregazione de' riti (/^.), a ciò depu-
tata dal Papa. Nelle processioni pontifi-
cie, regolate dai Maestri delle ceremonie
pontificie^ .^xì e giudice il cardinalfV/o-
re (/z.) de' diaconi o 1 ,° diacono, per cui
in segno di giurisdizione usa in esse la
Ferula(E.)\ se è impotente o assente, con-
segna la ferula al 2.° che lo supplisce.
Nelle processioni si procede a coppia, due
a due, e denota, secondo Macri, la mis-
sione de'discepoli inviati da Cristo a pre-
dicare, citando s. Bernardo, in Semi, de
Purif. j altrettanto diceSarnelli. Aggi un-
geMacri,chei greci nelle processioni sem-
pre portano il libro de'santi Evangeli:
nella chiesa di Costantinopoli chi avea
l'ofiìzio di portarlo era detto Praejeclitf
Evangelio. Anticamente nella processio-
ne della benedizione delle palme che fa-
ceva il Papa, eravi pure il rito di por-
tare sopra feretro il testo del vangelo, e
lo notai nel voi. Vili, p. 282. Ruperto,
De Divin. off. cap. 8, dicecheanlicamen-
te in tutte le domeniche si faceva la pro-
cessione in memoria della resurrezione
di Cristo, nella quale il prelato o altro
superiore andava avanti a lutti gli ec-
PRO
cleslastici, i quali lo seguivano, in me-
moria degli apostoli e discepoli che se-
guirono Cristo risuscitato,che li avea pre-
ceduti nella Galilea, per cui il luogo do-
ve terminava la processione si diceva Ga-
lileac.Y)\ molte processioni particolari che
nelle chiese si fanno in memoria di qual-
che mistero, o altro, ne parlo ai loro luo-
ghi. Precedono le processioni i Manda-
tari, i Mazzieri, i Mansionari (antica-
mente pei Papi, i Maggiorenti^ Vedi, detti
stimulad, e altri nominati a Guardie, a
Cursori, ec), i chierici mazzieri o custodi
ostiari della chiesa, seguono le insegne
di Stendardi o Bandiere, la Croce asta-
ta, il Crocefisso (I ">), e le sagre Imma-
gini (^.)j accompagnate da Lumi {V.)i
mentre quelle delle basiliche di Roma so-
no pure precedute dal Campanello e dal
Padiglione (V.), non invece delle trom-
be e de'padiglioni campali secondo l'or-
dinanza militare cui marciarono gl'israe-
liti portando l'Arca, come vorrebbero
spiegare Macri (tuttavoltain alcune pro-
cessioni hanno luogo i suonatori di mu-
sicali strumenti) e Sa nielli, avendo detto
a Ombrellino o Baldacchino (fr.) quan-
to oltre la ss. Eucaristia^ può portare
processionalmentesottodiesso. Dellean-
tiche processioni che facevano i Papi alle
Basiliche^StazionieChiese di Roma{f/'.)i
come di quelle che oggi celebrano o as-
sistono, ampiamente ne feci la descrizio-
ne a Cappelle P0NTiFiciE,insieme alle pro-
cessioni delle candele o Purificazione^.),
dellePalme e del Corpus Dominij a Ca-
nonizzazione, negli altri loro articoli, ed
in quelli che poi ricorderò parlando del-
l'origine di diverse processioni e di quel-
le fatte per bisogni e pubbliche calami-
tà, o avvenimenti straordinari. A Letto
de paramenti (V.), che si erige nella Ca-
mera de' paramenti {V.\ ove il Papa si
veste degli abiti sagri, lo dissi derivato
dall'andare i Papi talvolta a piedi scalzi
nelle processioni, stazioni o altre sagre
funzioni, o semplicemente a piedi, onde
in diversi luoghi, a motivo delle lunghe
VOL. LV.
PRO a5?
distanze, per la loro avanzata età sole-
vano riposarsi, e anche fare la Lavanda
de1 piedi (V.), imbrattati di fango o di
polvere. Diverse pontificie processioni,ol-
tre quelle del Possesso, furono celebrate
con medaglie, così quelle d'Innocenzo X
per l'apertura della Porla santa (f7.), in
cui fu rappresentato in processione sotto
baldacchino; d'Alessandro VII figurato
sulla macchina (il i.°ad usarla), portato
in alto sotto baldacchino per la proces-
sione del Corpus Dominij di Clemente
XI in processione coli' immagine del ss.
Salvatore di Sancta Sane tortini, prece*
duto da padiglione; di BenedettoXI II con
processione per l'incominciamento del-
V Anno santo (V.), al quale articolo par-
lai delle principali processioni che si fe-
cero in ciascuno.
Secondo l'opinione piò comune le pro-
cessioni incominciarono presso i cristiani
quando gli antichi vescovi solevano cele-
brare il servigio divino non solamente
nella loro chiesa cattedrale, ma anche nel-
le altre chiese della città vescovile, prin-
cipalmente alle tombe de' Martiri {V!)
nel giorno delle loro feste dette Natale^
ovvero per la Traslazione delle loro Re-
liquie (V.), e v'incedevano col clero e po-
polo , ciò che pure si chiamò Stazione.
Così quando il vescovo doveva celebrare
nella chiesa cattedrale, il clero delle altre
chiese vi andava in processione col popolo
per assistere alla messa pontificale. Non
pare che le processioni colla ss. Eucari-
stia (Ir.) si facessero ne' primi tre secoli
della Chiesa, come tempi di persecuzio-
ne e in cui si tenevano nascoste le cose
sante; precauzione che fu altresì osserva-
ta nel principio del IV secolo, in cui fu
data pace alla Chiesa da Costantino, an-
che in riflesso de'molti ebrei egentili che
accedevano nelle sagre radunanze e tem-
pli de'cristiani, oltre l'intervento de' neo-
filie catecumeni, ai quali si occultavano
la piena conoscenza de'divini misteri, per
le prudentissime ragioni che dissi in più
luoghi, volute dalla disciplina deW'arca-
'7
258 PRO
ho, per cui alcuni protraggono ilpriucipio
delle processioni della ss. Eucaristia ver-
so il VII secolo circa, le solennissime per
la festa del Corpus Domini spettando al
secolo XIII come dirò. L'origine e l'uso
delle processioni si pretese erroneamen-
te da alcuni derivatodal gentilesimo, col-
le Lustrazioni ed Espiazioni (P.) super-
stiziose, nelle quali costumavano i pagani
far precedere un giramento, e l'andare
circondando uomini, città ecampagne che
si doveano purgare. I romani antichi fa-
cevano di queste processioni per ottenere
la pioggia, con portare dentro Roma la
pietra Manale che si conservava nel tem-
pio di Marte fuori di porta Capena, con
diverse ceremonie. Ripugna questa sup-
posta derivazione alla sana critica, e piut-
tosto come opina Marangoni, Delle cose
gentilesche e profane trasportate a uso det-
te chiese, p.97, le processioni ebhero origi-
ne dalla divina scrittura edall'evangelo.
Egli pertanto ritiene, che l'ordine di Dio
dato agli ebrei nell'accompagnare l'Ar-
ca, nel trasportarla da unluogoad un al-
tro, fu senza dubbio di processione , in
una delle quali Davide coll'arpa la pre-
cedeva cantando i suoi salmi. Già colla
medesima Arca sette volte erasi girato
intorno alle mura di Gerico. Similmen-
te solenne fu la processione fatta da Sa-
lomone nel portare l'Arca, H Tabernaco-
lo ed i vasi sagri nel tempio di Gerusa-
lemme {V.). Si può vedere il p. Meno-
chio, Stuore t. », p. 234: Alcuni riti de-
gli antichi ebrei appartenenti all'orazio-
ne pubblica e corrispondenti alle nostre
litanie e processioni. Modello poi delle
nostre processioni fu il solenne ingresso
di Gesù Cristo in detta città fra gli Ro-
sanna {Ir.), co' suoi discepoli, accompa-
gnato dalle turbe co'rami di Palma (A.)
e olivo; quindi l'uso delle processioni non
fu dedotto dai gentili, ma si ha per la tra-
dizione degli apostoli, parlandone Ter-
tulliano, lib. 1 , f/xor., e s. Basilio nella vi-
ta di s. Gregorio Taumaturgo, oltre mol -
ii antichi padri presso Baronio all'anno
PRO
58, lì." £ 1 2, in cui si dice ch'erano soliti i
fedeli di porgereaDio divote preghiere
andando in processione, e farsene men-
zione nel concilio di Laodicea del 1 V se •
colo. Inoltre Baronio all'anno 3q8 rife-
risce altra testimonianza sull' uso antico
delle processioni. Narra di s. Porfirio ve-
scovo di Gaza, che avendo gl'idolatri at-
tribuito alla sua venutala siccità che pa-
tiva il paese } i cristiani lo pregarono a
orare per impetrare da Dio la bramata
pioggia. II santo perciò ordinò il digiuno,
ed in chiesa la celebrazione delle vigilie
in continua orazione; indi fatto giorno,
preceduti dalla croce, recitando nel cam-
mino inni , andarono processionalmente
a pregare in due chiese, e poco dopo cad-
de dal cielo acqua abbondante. A Litania.
o Letama ne riportai i diversi significa-
ti, principalmente come Processioni e sup-
plicazioni pubbliche. A Litanie de'san-
ti parlai di queste, che si sogliono can-
tare nelle processioni. A s. Mamerto ve-
scovo di Vienna nel Delfìnato di comun
consenso si attribuisce nel 4^2 o dopo
l'istituzione o ripristinazione delle Lita-
nie minori delle Rotazioni (V.) , che il
concilio di Magonza e vari monumenti
chiamano Litania maggiore } come notò
Marlene, De amia, eccl. disciplina cap.
17, e ciò pel gran concorso di popolo a
preferenza di altre processioni;quindi nel
798 o 80 1 si adottarono nella chiesa ro-
mana da s. Leone III. Sono tre proces-
sioni che si celebrano ne'3giorni che pre-
cedono la festa dell' Ascensione. Le Ro-
gazioni o preghiere pubbliche furono or-
dinate dalla Chiesa in questa stagione co-
me tempo in cui d'ordinario si fa la guer-
ra, e nel quale i frutti della terra essen-
do ancora in fiore sono esposti a molti
pericoli, come dichiarò il concilio di Co-
lonia del i536. In Roma fu tralasciato
il digiuno , perchè non adattato alla le-
tizia del tempo pasquale,benchè coman-
dato dal concilio d' Orleans : nel secolo
XIII erano chiamate le Rogazioni, Jcju-
nium triduanum in vigilia Ascensioni* ,
PRO
e nel ceremouiale di Gregorio X si pre-
scriveva la sola astinenza dalle carni nei
primi due giorni., e nel 3.° poi il digiu-
no. Quello che fa la chiesa ambrosiana
dopo l'Ascensione è in compenso del di-
giuno ommessone'primi 3 giorni di Qua-
resima. Le Rogazionio processioni dun-
que furono stabilite per tutto il cristia-
nesimo, per V allontanamento dei divini
flagelli, e la conservazione de'frulti del-
la terra. Sarnelli, Leti. eccl. t. g, lett. 35:
Della istituzione delle Rogazioni o Lita-
nie minori, e di altre processioni. Le Li'
tanie maggiori (V.) furono ampliate e
propagate da s. Gregorio I del5c)0, e so-
no una processione solenne che si cele-
bra a'^5 aprile, dalla chiesa dis. Marco
alla basilica di s. Pietro. Nel medesimo
articolo dissi perchè fu detta Processio
septiformis, e parlai delle altre processio-
ni ordinate in Roma da s. Gregorio! per
la Pestilenza (P.), incui si portarono di-
verse prodigiose immagini della B. Ver-
gine, fra le quali si vuole ancora quella
ch'è nella chiesa de'ss. Domenico e Sisto
delle monache dell'ordine de' Predicato-
ri (V-). Dice Macri che la processione di
litanie maggiori fu chiamata Processio
nigra, perchè si ricoprivano le croci e gli
altari con veli neri. Qui noterò, che Ni-
colò V per implorare da Dio pace alla
Chiesa e tra'principi cristiani, n'%5 aprile
1 44^ con solenne processione dalla ba-
silica Vaticana, siccome abitava il conti-
guo palazzo, si recò a piedi alla Chiesa
di s. Marco, accompagnatodal s. collegio
e dalla corte, non che da tutti quelli che
sono obbligati intervenire alla Litania
maggiore j dichiarando con una costitu-
zione che per-avere invertito l'ordine an-
tico , per cui la processione dalla chiesa
di s. Marco si porla a quella dis. Pietro,
niun pregiudizio derivasse al rito, ed al-
la basilica e capitolo Vaticano.
Nel 663 portandosi in Roma l'impe-
ratore Costante, benché eretico monote-
lita, Papa s. Vitaliano l'incontrò proces-
sionalraente con tutto il clero e con som-
PRO a59
ma pompa, 6 miglia fuori della città, on-
de averlo favorevole a sé e alla Chiesa. V.
Ingressi solenni in Roma. Della celebre
processione ordinata da s. Leone IV in
R.oma , della immagine acheropita del
ss. Salvatore per la festa dell' Assunta ,
parlai ne' voi. IX , p. 83, XXXVII , p.
2o3, XLI, p. 195. Oltre le antichissime
accennate processioni della ss. Eucaristia,
ed oltre quella della messa de' Presantifì-
cati{fr.)Ae\ venerdì santo (la congrega-
zione de' riti proibì che in detta processio-
ne si portasse il calice entro una bara: ben-
sì permise la processione del Cristo morto,
come dissi di quella di Macerata nel voi.
XLI, p. 1 4 ; in alcuni luoghi era proibito
con scomunica l'interventoalle donne, co-
me leggo nel Suppl. al Gior.eccl. diRoma
17 91, p. i5), nel secolo XI o prima s'in-
cominciò quella di portarla nella dome-
nica delle Palme racchiusa in un' arca o
cassa con que'riti che riporta Chardon,
Storia de' Sagr. t. 1, p. 335 , dicendola
istituita per onorare il trionfale ingresso
del Salvatore in Gerusalemme seguito in
tal giorno. Inoltre descrive quella di Ro-
han, prima del mattutino, perchè antica-
mente la ceremonia s'incomincia vaa mez-
zanotte. Ivi fa menzione di altra antichis-
sima processione in memoria della Ri-
surrezione di Gesù Cristo, in Beauvais e
altri luoghi, con prendere nella mattina
di Pasqua solennemente il calice in cui
sta il Corpo del Signore, ove un fanciul-
lo fa da Angelo. Le più celebri proces-
sioni in tutta la chiesa cattolica sono quel-
le solennissime del ss. Sagramento, fat-
te nel giorno e durante tutta l'ottava del-
la festa del Corpus Domini. V. Corpo di
Cristo. Al fine di santamente regolare e
insieme accrescere ne'fedeli il culto di la-
tria interno , e l'esterno conseguente al
domma cattolico della presenza reale di
Gesù Cristo nell'eucaristico sagramento,
venne istituita da Urbano IV la solenne
festività del Corpus Domini. Dalla sua
celebrità e per la particolare venerazio-
ne per Gesù Sagrameotato , torna sem-
a6o PRO
prc lielissima e con spirituali vantaggi
pei fedeli; imperocchècollesolenni e pom-
pose ceremonie che accompagnano la pro-
cessione, mostra la Chiesa la vittoria ri-
portata su tutti gli eretici e gli errori vo-
mitati dalle esecrande loro bocche contro
1' Eucaristia, volendo eziandio in tal mo-
do la Chiesa riparare le irriverenze che
ne'sagri templi si commettono verso il Si-
gnore, a vista del più bel testimonio del
suo infinito amore per gli uomini, poiché
con un prodigio di affetto trovò la manie-
ra di restar fra noi corporalmente fino al
terminare de'secoli. Delle pubbliche e so-
lenni processioni colla ss. Eucaristia che
nelle festede'ss. Martiri specialmente eb-
bero luogo nellaChiesa verso il secolo VI F,
feci cenno di sopra: della pubblica esposi-
zione di essa, oltre quanto dissi a Euca-
ristia, V. QuARAisTOREesua processione,
ed Ostia. Come si celebra la festa e la
processionedel Corpus Domini dal Papa
in Roma ( il cui regolamento ogni volta
pubblica il cardinal vicario), diffusamen-
telonarraine'vol. IX, p. 43 e seg.,XVH,
p. 249, XLI, p. 29 r, XLIX,p. 2o3, in-
sieme alla descrizione di simili processio-
ni che si fanno con intervento del Papa
dalle basiliche Lateranense e Vaticana,
come si celebra assente o impotente il
Papa, ed in sede vacante. Ivi parlai al-
tresì dell'origine della festa e processio-
ne ordinate da Urbano IV , confermate
e ampliate da Clemente V, massime da
Giovanni XXII propagatore della pro-
cessione e promotore zelante della cele-
brazione della festa, per la quale alcuni
erano renitenti. Per l'origine della festa
si può ancora leggere la moderna ope-
ra del p. V. Decharopes liguorino : La
pih bella memoria della storia di Lie-
gi, ivi i845- Allorché i Papi si trovaro-
no a Castel Gandolfo (F '.) non manca-
rono d'ivi celebrare festa e processione,
mentre il s. collegio fece altrettanto in
Roma. Oltre quanto dissi nel voi. IX, p.
G3,se il Papa non interviene, aggiunge-
rò, che non si portano in processione le
PRO
mitre e i triregni; la croce papale si por-
ta dal suddiacono della cappella parato
in tonacella;si portano due soli candel-
lieri dagli accoliti della cappella, i quali
portano ancora gl'incensieri; il prete as-
sistente fa da diacono, il diacono da sud-
diacono. Interviene il maestro del sagro
ospizio, così il governatore o vice-camer-
lengo che suol precedere il Papa pel
buon ordine, ma incede dopo il Santissi-
mo coi prelati di fiocchetti. Non interven-
gono il principe assistente al soglio, ne il
senatore e conservatori di Roma, per cui
le aste del baldacchino le sostengono dai
pili dell' acqua santa fino all'altare del-
la Confessione quelli che ne sono soste-
nitori avanti il senato romano. I prelati
referendari pei primi e come intervenisse
il Papa devono portare le aste del bal-
dacchino : nel 1684 si ricusarono, e con
edificazione supplirono gli uditori di ro-
ta ed alcuni chierici di camera. Leguar-
die nobili e le altre palatine non inter-
vengono, per cui non ha luogo il cordo-
ne che le seconde sogliono tirare in mez-
zo alla chiesa di S.Pietro: gli svizzeri non
assumono corazza, altrettanto si pratica
ne'pontificali. Si rileva dal n.°4i del Dia-
rio di Roma 1 845, che sebbene Grego-
rio XVI non v' intervenne, vi mandò i
bussolanti^ i cappellani segreti, i came-
rieri di onore e segre ti, tanto secolari qua n-
to ecclesiastici. Nel secolo passato la pio-
cessione era assai più numerosa, per l'in-
tervento de' Vacabilisti (V.) ealtri di cui
feci cenno nel detto volume, p. 62, il cui
novero del 1 653 si legge in Cohellio, No-
titia card. p. 243. Inoltre in Roma le
basiliche e le chiese celebrano altre so-
lenni processioni, anche coli' intervento
delle Arciconfraternile e Confratcr/iile
(V.) , molte delle quali ivi e altrove fu-
rono istituite per accompagnare proces-
sionalmente il ss. Sagramento agl'infu-
mi, pure per Viatico (J7.), a vendo noia-
to nel voi. II, p. 3o5 cheqtiella della chie-
sa di s. Maria sopra Minerva si fa pre-
cedere dal Padiglione , come tenuta la
PRO
i." che venne istituita ad onore del ss. Sa -
gramento. Nel voi. IX, p.128, i33, 1 34
narrai come v' intervengono i cardinali,
eziandio a quelleche celebrano alcuni so-
dalizi, e delle due cappelleche celebrano
in onore della pubblica esposizione del
ss. Sagramento. Tra le processioni solen-
ni che pel Corpus Domini ban no luogo
nello stato ecclesiastico, meritano ricor-
darsi quelle di Bologna che in giro de-
cennale spettano di farsi ad ogni parroc-
chia urbana, e che col nome di Addobbi
di Bologna sono molto rinomate , con-
correndovi gli stranieri ad ammirarne la
magnificenza della pompa e la vaghezza
degli apparati. Questa solenne funzione
porge motivo al progressivo restauro e
abbellimento interno della città,dappoi-
chè i proprietari degli edifici per ove pas-
sa la processione con nobile gara gradata-
mente rendono più decorosa l'illustre Bo-
logna, oltre il perenne benefizio di dare
lavoro agli artisti. L'istituzione risale al
1 5(36 per opera del vescovo cardinal Pei'
leolli. Interrotta nelle politiche vicende
del fine del passato e principio del corren-
te secolo, l'odierno cardinal arcivescovo
Opizzoni la ristaili Ti , ed ebbe la soave
compiacenza di vedersi con plauso com-
piutamente ubbidito dall'amore de'suoi
figli bolognesi, onde dal 1816 al i845
già avea celebrato un trentennio, e tre
volte rinnovato il decennale turno, per
cui fu ivi pubblicato 1' importante opu-
scolo: La pompa decennale dell' Elica'
ristico Sacramento per la parrocchia me-
tropolitana di s. Pietro di Bologna, ed i
restauri massimi nel i845, Relazione di
Salvatore Mazzi. All' articolo Genzano
descrissi la processione del Corpus Do-
mini colla famosa infiorata.
Tra le processioni fatte colla massima
pompa nella traslazione delle reliquie in-
signi di principali santi, certamentee pel
complesso delle circostanze e per quanto
citai in vari articoli , va descritta quella
eseguita in Roma dal gran Pio II, col s.
collegio e gerarchia ecclesiastica e civile,
PRO 261
pel ricevimento della Testa dell'apostolo
s. Andrea, forse discepolo di s. Gio. Bat-
tista, 1 ,° discepolo di Gesù Cristo cui con-
dusse il fratello s. Pietro ( a questa bio-
grafia aggiunsi altre nozioni sul fratello
e se era maggiore d'età), ed il quale bat-
tezzò ambedue e fece suo vicario s. Pie-
tro, argomento che dovetti trattare in più
luoghi. Ed in fatti a Patrasso parlai del-
l'apostolato, martirio e crocefissione ivi
seguita di s. Andrea e di sua croce (del-
l'uso che ne fanno i cardinali nella Cel-
la, Vedi), per la quale fu istituito il co-
spicuo ordine del Town d'oro (Fedi: a
Russia e Scozia dico de'due ordini eque-
stri di s. Andreà)j de' luoghi ove si ve-
nerano le sue reliquie (inclusivamentea
quelle date da Pio li alla chiesa dell' 0-
spedale di s. Spirito), come di quelle che
vado a descrivere. Nel 1 4^3 occupata Co -
stantinopoli (V .) da Maometto II impe-
ratore de' turchi , coli' uccisione di Co-
stantino XII Paleologo ultimo impera-
tore de'greci, ebbe fine l'impero ài Orien-
te. I fratelli del Paleologo , Demetrio e
Tommaso Despoti (V.) del Peloponne-
so o Morea {V\ ad onta del sommo ze-
lo che poneva Nicolò V per indurre i
principi cristiani alla ricupera del gre-
co impero e degli sforzi fatti dal succes-
sore Calisto 111 per abbassare 1' orgo-
glio ottomano, vedendo impossibile riac-
quistare il perduto trono, ed avendo do-
vuto cedere Corinto, Patrasso ed altre
delle migliori città , Demetrio acquistò
delle possessioni , e si pose sotto la pro-
tezione de'lurchi; ma Tommaso fu co-
stretto dalle armi turchesche, colla mo-
glie e diversi nobili greci, a rifugiarsi nel-
l'isola di s. Maria vicino all'Epiro, por-
tando seco la preziosa Testa con altre
reliquie di s. Andrea, perchè temeva che
in Patrasso sarebbero profanate e distrut-
te. Diversi principi cristiani gli offrirono
grosse somme di denaro per possedere
un tanto tesoro, e Pio li come quello che
teneva rivolta la mente all'oriente e che
in cima de'suoi pensieri aveva di guer-
262 PRO
reggiare coi principi cristiani la crescen-
te potenza ottomana, con porsi alla testa
della crociata a salvamento del cristia-
nesimo, inviò a Tommaso ambasciatori
onde gliela concedesse, poiché da niuno
fuori che dal Papa si poteva convenien-
temente custodire, dovendo la lesta del
s. Apostolo riposare ove giacevano le ossa
del suo glorioso fratello, altrimenti sareb-
be caduto ncir indignazione del santo :
promise Tommaso di contentare Pio II, e
di portare il sagro capo egli slesso. Narra-
no, Leoni, Ancona illustrata, p. 227 , e
Peruzzi, Storia d' Ancona, p. 329, che
nel 1462 da Corfù approdò in Ancona il
despota (a' 16 novembre dice il 2.0) col-
la lesta di s. Andrea, quasi a titolo di
raccomandazione per ricuperare i suoi
dominii, e fu ricevuto dal cardinal Oliva
(/^.) speditoappositamentedal Papa qua-
le legato a latere per ricevere l' insigne
reliquia. Ambedue furono accolli degna-
mente dagli anconitani, e trattati splen-
didamente a pubbliche spese. Riconosci u
tasi dal cardinale l'autenticità della reli-
quia, da lui e dal principe fu con solen-
ne pompa di processione, accompagnala
dal clero, dal senato e dal popolo con fiac-
cole e doppieri, tra l'armonia de' sagri
cantici e il suono festoso delle campane,
alla chiesa di s. Onofrio fuori porta Ca-
po di Monte e quivi depositala alla pub-
blica venerazione. Lo stesso Pio li , che
ne' Commentari lib. 8 riporta la descri-
zione di questo racconto, dice chiaramen-
te che la s. Testa approdò in Ancona nel
1461 felicemente e non senza prodigio,
per le tante tempeste che in quell'anno
vi furono in mare. Intanto e come dissi
ne' voi. XVIII, p. 57,XLIX, p.2g4,Tom-
maso si portò in Roma , benignamente
accollo da Pioli che gli assegnò per a-
bitazione le case dell'ospedale di s. Spi-
rito e 3oo scudi il mese, cui i cardinali ne
aggiunsero 200, poscia in quaresima gli
donò la Rosa d'oro. D' ordine del Papa
il cardinal Oliva portò la s. Testa colla do-
vuta venerazione e pompa nella rocca di
PRO
Narni, in custodia di quel castellano 0 pre-
fetto e con molti lumi di continuo accesi;
indi passati alcuni mesi e terminate le
guerre coi Malatesta, il Papa inviò a Nar-
ni tre cardinali a prenderla e condurla
in Roma, capo de'quali era il celebre Bcs-
sarione (di cui anchenel voi. XXXIII, p.
58). Pieno di fervoroso zelo, Pio II vol-
le celebrare sì faustissima circostanza con
molti preparativi, ed a tale effello pub-
blicò per tutta Italia indulgenza di gene-
rale perdono, anche a tutti quelli che si
fossero trovati in Roma nel giorno del
ricevimento della s. Tesla. Abbiamo da
Cancellieri, Meni, delle Teste de' ss. Pie-
tro e Paolo, p. 33 , che voleva il Papa
per accrescer pompa alla splendidissima
processione, condurvi le medesime sacre
Teste, ma non si potè eseguire pel gran
peso de' busti che allora le contenevano
e altri impedimenti, come pel riflesso di
perdere qualche gemma di quelle che le
ornavano, onde si contentò di stabilire,
che quando in avvenire fosse occorso por-
tare iu processione la testa di s. Andrea,
nel dopo pranzo nella basilica Lateranen-
se si dovessero mostrare quelle de' prin-
cipi degli apostoli. Sulle leste de'principi
degli apostoli qui avvertirò con Cancel-
lieri, che prima del secolo XIV erano por-
tabili, avendo io notato nel voi. XXXII,
p. 260, che nella processione fatta a pie-
di nudi da Gregorio IX alla basilica Va-
ticana portandoegli il legnodella ss. Cro-
ce, si condussero le ss. Teste, le quali poi
il Papa mostrò ai popolo siili' ambone.
Egualmente in processione eransi porta-
te dal predecessore Onorio III alla basi-
lica Liberiana a piedi ignudi per la cro-
ciala di Terra santa. Nel voi. Vili , p.
3o5, coll'autorità dell' Ordine romano
XI Ideilo stesso Onorio III, narrai che nel
venerdì santo si estraevano dalla custo-
dia le ss. Teste per venerarle e baciarle.
Nel medesimo Ordine si apprende ancora
che per la festa dell'Esaltazione della cro-
ce il Papa faceva altra estrazione delle
ss. Tote, che consegnava ai cardinali col
PRO
legno della ss. Croce, per pollarsi in pro-
cessione alla vicina chiesa di s. Silvestro.
I cardinali deputati a prendere in Narni
la testa di s. Andrea, con ogni riverenza
arrivarono a Ponte Molle o Milvio^f.)
nella domenica delle Palme io aprile
1 4.62, la posero nella torre del ponte, re-
stando in custodia nella notte due arci-
vescovi. Nel dopo pranzo il Papa si recò
nel convento della Chiesa dis. Maria del
Popolo per essere più vicino nel di seguen-
te al gran ricevimento, pernottando nel
medesimo. A fronte del tempo minaccio-
sissimo , i tre cardinali legati incolumi
giunsero nella mattina seguente in delta
chiesa; quindi il Papa da loro preceduto
in magnifica cavalcata si recò al Ponte,
accompagnato da lutto il clero romano,
da'principi romani, dagli oratori dei prin-
cipi, dagli abbati, vescovi ecardinali, tut-
ti con palme in mano ricevute nel dì pre-
cedente (così nel voi. LI, p. 68), oltre una
immensa quantità di popolo. Presso il
Ponte erasi eretto un gran palco capace
di contenere Pontefice e clero, sorgendo
nel mezzo l'altare. Alla vicinanza di que-
sto luogo, ciascuno smontò da cavallo, ed
assunti gli abiti sagri bianchi e lemitrechi
ne avea l'uso, con ordine la processione e
cantando ascese una delle due scale del pal-
co, per l'altra salendo il cardinal Bessario-
ne in mezzo ai due colleghi, colla s. Testa
dentro urna, che depositò sull'altare, tra'
sagri cantici e innumerabili lumi. 11 car-
dinale aprì la custodia, e riconosciuti i si-
gilli , consegnò nelle mani del Papa con
religiose lagrime la testa di s. Andrea
apostolo; e Pio II tutto profondamente
commosso inginocchiatosi innanzi la re-
liquia pronunziò con tremula voce quel-
l'eloquente sermone che leggesi ne Coni-
mentari: Advenisti tandem sacratissi'
munì. Questa orazione fece lagrimar tut-
ti e invocare il patrocinio del s. Aposto-
lo. Il Papa baciato pel primo il veneran-
do Capo, lo die a baciare a tutto il clero
che lo circondava e disse un Oremus da
lui composto. Fatta da Pio II l'ostensio-
PRO a63
ne al popolo della reliquia, tra gli altis-
simi gridi di compunzionedegli spettatori,
intuonò il Te Deumt e poi l'inno, Primus
hic Jesum sequitur vocanlem, composto
per suo ordine dal vescovo d'Ancona A-
gapitoCenciRuslici romano, scese in mez-
zo ad una vasta siepe di lumi (trentami-
la torcie e candelotti dissi nel voi. VII ,
p. 2o5 , seguendo Cancellieri, Novaes e
altri ) , portando egli stesso 1' urna fino
alla città, accompagnato dal s. collegio,
prelatura e da tutti i summentovati con
palme nelle mani, secondo 1' ordine ge-
rarchico, ma stentatamente per l'indicibi-
le calca ( nel luogo ove si fermò il Papa
colla s. Testa, Giulio III eresse il bellis-
simo tempietto in onore del santo , per
quanto dissi nel voi. VII, p. 193 ). Ar-
rivato il Papa alla Porta Flaminia , fu
venerata la s. reliquia profondamente da
una porzione del clero romano che ivi
1' aspettava, ed entrato nella propinqua
chiesa di s. Maria del Popolo la depositò
sull'altare maggiore, lasciando custodi di-
versi vescovi, e passando egli a dormire
in una stanza contigua. Dirottissima piog-
gia cadde in tutta la notte, che afflisse il
Pontefice, romani e forestieri che in im-
menso numero da Italia e oltremonte e-
ransi recati per vedere questa solennità.
Non senza prodigio un sole brillante venne
a rallegrare il seguente mattino martedì
santo 12 aprile (pridie idus aprilis dice
Pio li, benché diversi scrittori dissero ai
1 3, altri ai 2 1 e ai 23). Giulivo il popolo
romano e vestito a festa, abbellì le strade
per cui dovea transitare la processione,
volendo in ogni modo onorare l'augusto
fratello del suo gran protettore, con fre-
schi e olezzanti fiori, drappi e altri orna-
menti, avendo congegnato rami d'alberi
a riparo del sole : in alcuni luoghi avea
eretto altari, ove ardevano lumi e profu-
mi; in altri i sagri cantici erano accom-
pagnati dal suono degl' istrumenti , con
fanciulli vestiti da angeli , ed ovunque
vedevasi effigiato il s. Apostolo. Le abi-
tazioni e le loggie de'grancli, come i bai-
264 PRO
coni, erano mirabilmente adornate, mas-
sime quelle de'cardinali decorate con va-
ghi disegni, fra'quali per isquisitezza di
gusto portò il vanto il vicecancelliere car-
dinal Borgia poi Alessandro VI : ivi l'oro
era profuso, con altre cose, orchestre ar-
moniose, parati eleganti e carmi in lode
del santo e di Pio II. In somma tutti gli
abitanti fecero a gara per fare omaggio
a tant'ospite. Ad onta che le strade fos-
sero fangose, il Papa per riverenza volle
che si procedesse a piedi; solo permise ai
cardinali e prelati più vecchi e malsani
di aspettarlo in s. Pietro, ma tranne un
cardinale e pochi prelati, tutti si assog-
gettarono al lungo e disagiato cammino.
Vi erano tutti i sacerdoti delle chiese di
Roma, portandole reliquie de'santi. An-
davano in isplendide veslimenta i citta-
dini romani , i conservatori, i caporioni
col priore e gli altri magistrati civici, gli
oratori de'principi esteri, i baroni romani
con ceri ardenti e palme secondo l'ordi-
ne del grado. Parte degli oratori e dei
baroni incedevano vicini a Pio II, por-
tando le aste del baldacchino. La pro-
cessione entrò nella basilica Vaticana ,
mentre il Papa ancora avea da uscire
dalla chiesa , percorrendo le vie di Ri?
pelta, Pantheon, s. Eustachio, via Papa?
le sino al palazzo Massimi, Campo di tia-
re, Cancelleria ( allora nel Palazzo Cer
sarini), Ponte s. Angelo e Borgo. Fu spet?
tacolo di commovimento generale e divo-
10 il giunger del Papa nella piazza Va-
ticana colla preziosa urna, e salita lanuor
va scala da lui fatta alla basilica, rivolto?
si alla moltitudine le mostrò la reliquia
e con essa tutti benedì. Entrato il Papa
nell' augusto tempio risplendente per la
copia della luminaria , tra il canto dei
tori eilsuonodegliorgani, furesolospet-
tacolo più toccante e sorprendente. Pio
11 depositò sull'altare papale che sovra-
ita la tomba di s. Pietro il prezioso Ca-
po del fratello, e permise che tutto il cie-
lo lo venerasse e baciasse. Allora il dot-
Ifnimo cardinal Bcssarione con nobile
PRO
facondia die termine alla funzione, di cui
Roma non più videe forse giammai po-
trà rivedere lasomigliante. A Ospizio del-
la ss. Trinità" de'pellegrini indicai l'e-
dicola o tempietto eretto da Pio 11 colla
statua di s. Andrea, nel luogo ove ricevè
la s. reliquia, ed accanto una piccola cap-
pella con indulgenza plenaria, luoghi che
s. Pio V concesse al sodalizio , onde pei
restauri che vi fece nel 1 566 e per la ca-
setta che propinqua vi costruì, dissi con
Nibby eretta la cappella da U'arcicon fra-
ternità ; Pio VII fece voltar la statua dal-
la parte del Ponte quando lo restaurò ,
sostituendo alla pesante cupola quella o-
dierna di lavagne a squamine. Pel di più,
come pel cinuiterio che pure accennai, ve-
dasi T importante opuscolo ( lodato nel
Suppl. al n.°6 i del Diario di Roma 1 847 ):
Solenne ricevimento della testa di s. An~
drea apostolo e cappella presso al Pon-
te Milvio a lui consagrata , narrazione
islorica di Egidio Fortini, Roma 1 847 e
1848. A Chiesa di s. Pietro in Vatica-
no raccontai, come Pio II collocò la te-
sta di s. Andrea nel ciborio e altare che
fabbricò in una cappella (dotata da Fran-
cesco Bandi ni Piccolomini, ed eretta da
Pio II con obbligo di messe), nella quale
fu sepolto, come lo furono il nipote Pio
III e Adriano VI; che Paolo V demolen-
do la cappella, le sculture furono traspor-r
tate nelle grotte Vaticane ne'luoghi che
indicai, i corpi di Pio 11 e Pio III nella
Chiesa di s. Andrea della Valle (f.),
quello di Adriano VI nella chiesa di s.
Maria dell' Anima (V.)j e perchè la s,
Testa fosse in luogo più sicuro, Paolo V
la collocò nella nicchia o pilone di s. E-
Iena (dal diroccamento della cappella ove
stava sino al collocamento ove trovasi, la
s. Testa, col Volto santo e la sagra Lan-
cia furono portate nell'archivio della ba-
silica e chiuse in una cassa di ferro con
3 chiavi, una delle quali la custodì il Pa-
pa : nel i656 la volle vedere Alessandro
VII colle altre nominate reliquie nella
nicchia ove gelosamente si conservano e
PRO
poi fu riportata al suo luogo ) ove si e-
spone la coltre de'ss. Martiri. Nella lette-
ra chei romani scrissero neh 522 a Adria-
no VI perchè dalla Spagna si portasse in
Roma, ov'era stato eletto benché assen-
te, per affrettarlo gli dissero, come leggo
in Cancellieri, Meni, p.35: Dimmi ti pn*
go,o santo Padre, che cosa più gloriosa,
più grata e più beata in questa vita pub
essere, che venerare e baciare le Teste dei
principi degli apostoli e capitani della
Chiesa, com'è di s. Pietro, di s. Paolo e
di s. Andrea? Questa triplice e inespri-
mibile consolazione , per mia gran ven-
tura provai. Imperocché, rinnovandosi
nel 1 84o le autentiche alle reliquie della
basilica Vaticana, il Pontefice Gregorio
XVI volle venerare nelle sue camere la
testa di s. Andrea. Gli fu portala nella
domenica di Passione a' 5 aprile dai ca-
nonici, e si degnò colle sue mani darme-
la a baciare, donandomi della bambagia
ch'era dentro nel cranio. Questo fu uno
de'più bei giorni memorabili di mia vi-
ta, fra 'quali devo celebrare quelli in cui
e per due diverse volte il medesimo be-
nigno Papa mi fece baciare nel luogostes-
so ove si custodiscono le reliquie maggio-
ri della ss. Croce, della s. Lancia e del
Volto santo. A cagione poi di grato ani-
mo verso 1' ottimo mg.r Antonio Rossi-
Vaccari prete assistentedella cappella pon-
tificia e canonico Lateranense , per suo
gentile invito mi die a baciare e fervoro-
samente ribaciare i principali tesori del-
l'alma Roma mia patria, intendo dire le
Teste de' ss. Pietro e Paolo, in occasione
di quanto rimarcai nel voi. LUI, p. 23 1,
A p. 195 e 196 deplorai il desolante ra-
pimento della Testa di s. Andrea nel mar-
zo 1848 (a' io si conobbe 1' esecrabile
rubamento), quanto si fece per rinvenir-
la» ciò che avvenuto ih.0 aprile, il Papa
Pio IX consolennissima processione dalla
chiesa di s. Andrea della Valle la restituì
«'dia basilica Vaticana, tutto descrivendo
la Gazzetta di Roma ne'n.i 54, 55, 56 e
57. AflJittissimi ilPapaetiUta, Romane!
PRO 265
tristissimo avvenimento, quando si seppe
che prodigiosamente erasi ritrovata l'in-
signe reliquia fuori di Porta s. Pancrazio,
coi sigilli intatti e l'argento liquefatto e
ammassato colle pietre preziose, il giubi-
lo fu universale come la luminaria, com-
presa la cupolae tempio Vaticano, suonan-
do per mezz'ora tutte le campane della
città, e si cantarono inni di ringraziamen-
to a Dio. Portatasi immediatamentealPa-
pa,tripudiante la espose nella sua cappella
segreta delQuirinale,ovenefece la legale
ricognizione alla presenza del s. collegio,
firmandosi l'atto da due protonotari a-
postolici. Nella mattina del 5 dal capito-
lo di s. Pietro fu trasportata processio-
nalmente nella chiesa di s. Andrea della
Valle, indi nelle ore pomeridiane seguì
il trasferimento nella basilica Vaticana
con solennissima processione. Procede-
va il clero regolare e secolare colle pro-
prie insegne, avendo ciascun individuo
un cereo acceso e cantando inni e sal-
mi. Dopo due accoliti cogl' incensieri ,
4 canonici vaticani in dalmatiche rosse
sostenevano l'elegante urna contenente
la testa di s. Andrea, intorno alla quale
incedevano 4 vescovi in piviale rosso e
mitra. Le aste del baldacchino che la ri-
copriva, erano sostenute dai camerieri se-
greti e di onore ecclesiastici. Ai lati pro-
cedevano ancora il senatore e conserva-
tori di Roma, ed i religiosi teatini in cot-
ta con torcie accese, facendo corona alla
reliquia stessa le guardie nobili, i mazzie-
ri pontificii e gli svizzeri, come al Papa
che in mozzetta e portando la torcia se-
guiva coi cardinali in cappe rosse egual-
mente con torcie. Queste tenevano anco-
ra i patriarchi, gli arcivescovi, i vescovi,
i collegi de'prelati, i camerieri segreti di
spada e cappa e altri; indi procedevano il
tenente generale della guardia civica con
un seguito di ufficialità d'ogni arma. Im-
menso fu il popolo accorso,a vendo il Papa
concesso indulgenza plenaria, ed essendo
sfarzosamente adornati i balconi e le fine-
stre. Giunta la sagra reliquia uella basilica
266 PRO
tli s. Pielro, e recitatesi le analoghe preci,
colla stessa il Papa benedì tutti. Nella se-
ra vi fu generale illuminazione, in uno
alla cupola e tempio Vaticano per invito
del senato romano. Colla stessa indulgen-
za fu nella basilica celebrato solenne tri-
duo in ringraziamento a Dio, ed in ono-
re del s. Apostolo, la cui testa fu ripor-
tata al suo luogo e munita di più forte
custodia.
A Lancia reliquia insigne, e ad In-
gressi solenni in Roma, descrissi come da
Ancona e per Narni con somma venera-
zione e solenni processioni fu portata in
Roma, e con quale splendidissima pro-
cessione, nella quale intervenne l'amba-
sciatore turco, Innocenzo Vili la collocò
nella basilica Vaticana. Processo e Pro-
cessione chiamavasi il Possesso (^.) che
prendono i Papi della basilica Lateranen •
se, nome che incominciò sotto Sisto IV,
perchè in questa solenne funzione, cogli
stessi abiti sagri che a veano servito per la
Consacrazione del Papa, in maestosa ca-
valcata si procedeva dalla basilica Vati-
cana alla Lateranense, colla ss. Eucari-
stia che precede i Papi ( P.), per ultima-
re alcune ceremonie: sulla ss. Eucaristia
si veda Chardon, Storia de' sacramenti
t. 1, p. 346. Giulio II del i5o3 fu ih.0 a
separare dalla funzione della Coronazio-
ne la processione 0 Possesso, sebbene an-
ch'egli lo prese in uno a quelli che caval-
carono in abiti sagri. Tultavolta fu il suc-
cessore Leone X che nel i5i3 per ulti-
mo prese possesso coi paramenti sagri ,
facendosi precedere dalla ss. Eucaristia,
laonde non avendo questa più. luogo nei
posteriori possessi, come neppure le ve-
sti sagre, e l'erezione degli altari eretti
da tutte le chiese nel passaggio della pro-
cessione, incensandosi da ognuna il Papa,
il possesso cessò d' essere propriamente
processione e divenne una solenne caval-
cala per la funzione della formalità col-
la basilica Lateranense loro cattedrale ,
per riguardo al vescovatodi Roma. Leg-
go in Torrigio, Grotte valicane p. 232
PRO
e 265, che Leone Xa'12 maggioi5i8,
pei gravi pericoli che sovrastavano all'I-
talia pei guerreschi movimenti che fa-
cevano i turchi, a piedi nudi col s. col-
legio e il clero romano processionalmen-
te si portò da s. Pietro a s. Maria sopra
Minerva, colla Testa di s. Andrea, colla
s. Lancia, colle ini magini di s.Maria Mag-
giore e di s. Maria in Portico, e con la
Testa di s. Gio. Ranista che si conserva
in s. Silvestro in Capite. Nelle strade fu-
rono eretti 1 5 altari ornati con molte in-
signi reliquie,ed ove di quando in quan-
do si posavano quelle della processione.
Il concorso fu così numeroso, che sem-
brò tutta Italia fosse concorsa in Roma.
Di altra processione di s. Pio V per lo
stesso grave motivo parlai nel voi. XVIII,
p. 70. Nel i5y6 per quell' epidemia che
ricordai nel voi. XIII, p. 2*>6, che afflis-
se la Germania, Francia, Spagna, Italia
e incrudelì aspramente negli stati di Ve-
nezia e Milano , Gregorio XIII oltre le
molte orazioni e limosine fatte per implo-
rare da Diomisericordia,andò processio-
nalmente a piedi scalzi con tutto il clero
e la corte dal Vaticano alla chiesa di s.
Maria del Popolo. Altre due solenni pro-
cessioni fece Gregorio XIII, nel 1 578 per
collocare nella basilica Vaticana l'imma-
gine della E». Vergine del Soccorso, nel-
l'altare detto della Madonna,ene\i5So
per riporvi in questo il corpo di s. Gre-
gorio Nazianzeno: ne trattai ne' voi. IV,
p. 3o6,XII, p. 260, XIV, p. 22. Sisto V
introdusse l'uso di pubblicarsi dal Papa
nel principio del pontificato uo Giubileo
straordinario con indulgenza plenaria ,
per implorare da Dio un salutare gover-
no della repubblica cristiana, con pro-
cessioni (eglilafece dalla chiesa d'Araceli
a quella di s. Maria Maggiore) che fino
a Pio VI (v'intervenne nel 1779 e fu di
penitenza per la inaudita siccità) celebra-
rono i Pontefici, con tutto il clero seco-
lare e regolare, col s. collegio e con tutti
quelli che hanno luogo nella cappella pa-
pale, compresi il principe assistente al so-
PRO
glio, il senato romano, gli ambasciatoli
delle città suddite. Ordinariamente la
processione partiva dalla Chiesa dis. Ma-
ria degli Angeli, traversava la Villa
Montallo ora Massimo, per abbreviare
la strada, e si recava nella Chiesa di s.
Maria Maggiore, essendo la Piazza di
Termini, ed i viali della villa coperti di
tende, come si pratica nella pontificia pro-
cessione del Corpus Domini, recitando
tutti le litanie de' santi, seguita dalle
guardie palatine, dalle milizie e dal po-
polo. Il Papa talvolta celebrava la mes-
sa nella detta cbiesa, ricevuto alla porta
dal cardinal litolare, che gli offriva l'a-
spersorio e poi gli somministrava il mari-
tile nelle lavande delle mani : alla pro-
cessione v'incedeva con mozzelta di la-
na, stola e camauro, con la corona e il li-
bro delle litanie e preci in mano, ed i car-
dinali con abito paonazzo. Alla metà del
cammino si staccava il cardinale arcipre-
te di s. Maria Maggiore, per ricevervi il
Pontefice, sulla porta dandogli a baciare
il Crocefisso, mentre il Papa era genu-
flesso sopra un cuscino, indi gli presen-
tava l'aspersorio e l'incensava tre volte,
Di tutte queste processioni, come di altre
che si fecero per pubbliche calamità, e
del ceremoniale, ne tenni proposito nei
voi. Vili, p. 2 1 o, XXXI, p. 1 26 e seg.
Di quelle che traversarono la detta villa
da Clemente IX nel 1667 all'ultima di
Pio VI nel 1779, ne riporta ancora le
notizie il principe Massimo: Notiziedella
villa Alassimo. Nel voi. XXV, p. 20, ed
a Pokte Rotto, parlai della magnifica
processione seguita sotto Clemente Vili,
coll'intervenlo del s. collegio, per la tras-
lazione de' corpi de' ss. Proto e Giacinto
nella chiesa di s. Giovanni de'fiorenlini.
Narra Adami, Osserv. per regolare 1/ co-
ro della cap. pont. p. 73, che Innocen-
zo XI nel 1678 per implorare dalla di-
vina pietà l'aiuto pei bisogni di s. Chiesa
e pace tra'principi cristiani, fece fare nel-
la 2.'1 festa di Pentecoste una solenne pro-
cessione di tutto il clero secolare e rego-
PRO 2G7
lare, dalla basilica Vaticana alla chiesa
di s. Spirito in Sassia, intervenendovi do-
po aver celebralo la messa nel coro dei
canonici, concedendo Indulgenza piena*
ria {V.) in forma di giubileo, e così se-
guitò ogni anno del suo pontificato, on-
de l'imitarono diversi de'suoi successo-
ri. In questa funzione il Papa celebrava
messa bassa alla presenza del s. collegio;
all'offertorio i cantori pontificii cantava-
no il mottetto Exullate Deo, a due cori,
del Palestrina, cioè dopoché il Papaavea
detto: Dominus vohiscum e 1' Oremus.
Si diceva ancora un altro mottetto nel-
l'Elevazione. Terminatala messa, i can-
tori si portavano all'altare papale, ov'e-
ra esposto il ss. Sagramento. Venuto il
Papa coi cardinali, due soprani davano
principio all'antifona: Sancta Maria, et
omnes sancti, e poi alle litanie maggio-
ri ; e dopo Sancta Maria ora prò nobis,
cominciavano i cantori a defilare due a
due appresso i camerieri segreti. Giun-
to il Papa alla chiesa di s. Spirito, i can-
tori terminavano Yv\\\a\oKyrie\Ir.), do-
po del quale il Papa intonava il Pater
noster. Seguiva il canto del salino, la re-
cita de' versetti che faceva il Papa, cui
rispondevano i cantori e in fine dell'ora-
zione rispondevano Amen. Detto da due
soprani il verso, Exaudiat nosec. R. Et
eustodìatnos ec.,il Papa diceva: \. Sit
nomen Domini benedictum. Rj. Ex hoc
mine, et usaue in saeculum. yty. Adjulo-
rium nostrum in nomine Domini. R>. Qui
jecil coelum, et terram, e data la bene-
dizione, i cantori rispondevano Amen,
terminandosi la funzione. Non interve-
nendo il Papa, il cardinale più degno fa-
ceva egual funzione. Clemente XI fece
molte processioni, con indulgenza plena-
ria, che riportai ne' voi. Vili , p. 21 r,
XXXI, p. 128, per tutli que'molivi che
ivi narrai. Le celebrò pure pei terremoti
del 1703 e 1 705 con abito di penitenza,
dalla chiesa dt s. Maria in Trastevere a
s. Pietro, ordinando quel digiuno nella
vigilia della Purificazione , e quel Te
2G8 PRO
Deurn dopo la messa della cappella pon-
tificia che tuttora si osserva, come indi-
cai nel voi. Vili, p. 267, e siccome il vo-
to della vigilia per Roma erasi termina-
to nel i8o3, Pio VII lo rinnovò in per-
petuo. Altra processione fece Clemente
XI alla basilica Vaticana, prima di con-
dannar le opere di Qttesnello. Altra nel
i 709 dalia chiesa della Minerva a s. Pie-
tro per l'occupazione di Cotnacchio, col-
l' immagine acheropila del ss. Salvato-
re, che fece esporre nella basilica per 8
giorni, dopoi quali con altra solenne pro-
cessione si portò alla basilica Laleranen-
se e dopo restituì la sagra immagine al
santuario delle Scale sanie. Chiapponi,
Ada canonìz., descrive alcune processio-
ni, Processìo seti supplicatici generalis,
di Clemente XI, quella per la canoniz-
zazione da lui celebrata; quelle cogli sten-
dardi, Vexdli, de' nuovi beali canoniz-
zali; quella a s. Spirito, in cui il cardinale
prete più anziano sulla porta della chie-
sa die a baciar la croce o Crocefisso al
Papa, presentò l'aspersorio e fece porre
l'incenso nell'incensiere per incensarlo
(inoltre il detto i.° prete suppliva pei ti-
tolari o altri cardinali superiori di chie-
se non presenti); quelle delle Litanie mag»
gioii e delle Litanie minori o legazio-
ni. Le processioni di Benedetto XIII le
notai a Giubilei, che cambiò il rito di
andare a s. Maria Maggiore, recandosi
dalla chiesa della Minerva del sud onli-
ne de'predicatori a quella de'fìlippini co-
me divotissiino di s.Filippo; lo variò pu-
re nella processione del Corpus Domini,
incui a piedi volle portare il Santissimo,
ad esempio di altri predecessori: nel 1 724
col rosario e appoggiato al suo baston-
cello, segui la solenne processione che per
la festa del ss. Rosario (T'.) celebrano i
domenicani nella chiesa di s. Maria so-
pra Minerva. Nel voi. LUI, p. 2 1 dichia-
rai la disposizione di Benedetto XIV per
celebrare solennemenle Voltavano de'ss.
Pietro e Paolo, la mattina dai Prelatizi7'.)
con cappelle, nelle ore pomeridiane dal-
PRO
le Confraternite {V '.)cou processioni nel-
le diverse chiese in cui sono le loro me-
morie : le processioni fatte alle mede-
sime nel 1844 'e descrive il n.° 5j del
Diario di Roma. Delle processioni fatte
da LeoneXII nell'anno santo senza^c^r-
pc(fr.)e coi soli Sandali (^.), ne parlai
nel voi. II, p. i43 e i44- Quelle fatte da
Gregorio XVI per la pestilenza del cho-
lera coll'immaginedi s. Maria Maggiore,
le notai nel voi. LII, p. 237 ; quelle di
Pio IX, al suo articolo. Sulle processioni
abbiamo : Nic. Sera ri i , De sacris eccl.
cath.processionibus , Coloniae 1607. Jac.
Gretsero, De calli, ecclesiae processioni'
bus et supplicationibus,\n«okla(ìi\ 1 734.
Nic. Sanderi, Accelariolum adSerarium,
Grelscrumque, De ri tu catholicarum pro-
cessionimi, Ipris 1640. Jacob. Eveillon,
De processionibus ecclcsiaslicisj Parisiis
1641 .Christ. Lupi, Dissert. ix de sacris
processionibus, Bruxellis 1690. Elide du
Pin, Bibl. eccl. scriptor. 1. 1 8, p. 1 35. Pro-
cessionale Anibrosianum, aliaque a Li-
perno in Bibl. theol. atipie Euchologium
Jac. Goari p. 770. Gisb. Voetius, t. 3,
Dito, select. p. 960, De variis proces-
sionimi generibus Menardus ad Sacra-
vientariuin Gregorii M. p. 1 77. M. Va-
tar, Des processions de l'Eglise, des leurs
antiqiiilez, ulilitez, et des manieres dey
bien assister, Paris 1705. Catalani, Ri-
tuali Roni.: Ritus eccl. rom. in processio-
nibus sacris, t. 2, p. i5o. Paoli M. Quar-
ti, Diga aelherea de processionibus ec-
clesiaslicis, de Lilaniis sanclorum, de sa-
cris benediclionibus , Venetiis 1 665 et
Coloniae 1672. Sarnclli, Lett. eccl. t. 5,
lett. 1 1 : Processioni sono come sagre spe-
dizioni : Che una confraternita debba a-
vere l'insegne diverse dalle allre. Sallu-
sti, Storia delle missioni t. 1, p. 8 1 e seg.:
Delle pubbliche processioni di Genova.
Diclich, Diz, sacro -liturgico : Delle pro-
cessioni e loro regole generali.
PROCESSO e MARTINI ANO (ss.),
martiri. Erano nel numero di quelli che
abbracciarono il cristianesimo per la pie-
PRO
dicazione di s. Pietro e di s. Paolo. Se-
condo 1' autore de' loro atti , essi erano
guardiani del carcere Mamertino , ove i
due apostoli gl'istruirono e battezzarono
mentre vi stavano rinchiusi. Anch' essi
suggellarono la loro fede col martirio, che
subirono sotto Nerone, non molto tempo
dopo dei gloriosi loro maestri. S. Grego-
rio I il Grande neh' omelia intorno alla
loro festa, che recitò in una chiesa ove ri-
posavano i loro corpi, dice che a quelle
tombe gli ammalati ricevevano la salute,
gli energumeni erano liberati, egli sper-
giuri tormentati da' demoni. Caduta in
rovina quella chiesa, il Papa Pasquale I
trasferì le reliquie dei due martiri in quel-
la di s. Pietro sul monte Vaticano. 11 lo-
ro nome si legge nei più antichi marti-
rologi, e sono onorati il giorno 2 di luglio.
A Chiesa di s. Pietro in Vaticano par-
lai della sontuosa cappella che ivi è loro
dedicata.
PROCLO (s.), arcivescovo di Costan-
tinopoli. Nacque a Costantinopoli ed an-
cora assai giovine fu fatto lettore di quella
chiesa. Si dedicò con ardore agli studi e
fu per qualche tempo discepolo di s. Gio.
Crisostomo, che Io unì a se in uflìzio di
segretario. Successivamente fu elevato al
diaconato e al sacerdozio. Sisinnio arci-
vescovo di Costantinopoli l'ordinò arci-
vescovo di Cizico metropoli dell'Ellespon-
to; ma questa ordinazione essendo stata
senza effetto per l'opposizione di que'di
Cizico , Proclo rimase a Costantinopoli,
dove si acquistò grande riputazione col-
le sue predicazioni. Eletto Nestorio alla
sede di Costantinopoli, cominciò sparge-
re a poco a poco i suoi errori, cui Pro-
clo non temè di combattere pubblicamen-
te in di lui presenza. Nestorio fu deposto
nel 43 1; gli successe Massimiano che mo-
rì tre anni dopo, ed allora fu eletto Proclo.
Governò con bontà e dolcezza, e visse in
perfetta unione col Papa, con s. Cirillo
d'Alessandria econ Giovannid' Antiochia.
I vescovi armeni lo consultarono circa la
dottrina e gli scritti di Teodoro vescovo
PRO 269
di Mopstiestia , e la risposta che diede
loro nel 436, è la più celebre delle sue o-
pere. Egli vi condanna la dottrina di cui
si trattava, come favoreggiante il nesto-
nanismo , e spiega quella della Chiesa
sopra l'Incarnazione, esortandogli arme-
ni a seguire la dottrina di s. Basilio e di
s. Gregorio Nazianzeno. Nel terremoto
che aftlisse diverse contrade dell'oriente
nel 44?> s- Proclo seguì i suoi diocesani,
che avendo abbandonato Costantinopoli,
erravano qua e là ne'campi; li consolava
ed esortavali ad implorare la divina mi-
sericordia, col ripetere il Trisagio (?'.).
Morì a'24 ottobre dello stesso anno 447>
nel qual giorno si celebra la sua festa ,
essendo nominato nei menologi de'greci
e nel calendario moscovita. Dalle opere
che ci restano di s. Proclo si vede che
i suoi lumi erano eguali al suo zelo. Le
sue lettere hanno per oggetto precipuo
le questioni che insorsero al suo tempo
sopra l'Incarnazione. Alcunedellesue o-
melie, che abbiamo in numerodi 20, so-
no un elogio della B. Vergine, e vi si pro-
va che le viene dato a giusta ragione il
titolo di Madre di Dio; le altre trattano
in gran parte dei misteri di Gesù Cristo,
e contengono delle istruzioni sulle prin-
cipali feste dell'anno. Gli orientali attri-
buiscono a s. Proclo V ultima revisione
della liturgia di s. Gio. Crisostomo o del-
la chiesa di Costantinopoli, e quella di s.
Giacomo o della chiesa di Gerusalemme.
PROCONSOLE. F. Pbomncia.
PROCOPIO (s.), martire in Palestina.
Nato in Gerusalemme, si ritirò a Belhsan
o Scitopoli, ove fu ordinato lettore ed e-
sorcista. Visse in una perfetta castità e
nella pratica delle più grandi austerità ,
cibandosi di solo pane ed acqua, e passa-
va anche due o tre giorni senza mangia-
re. Possedeva perfettamente la scienza dei
greci, ma era ancor più versato nella co-
gnizione dei libri santi , colla lettura e
meditazione de'quali nudriva e rafforza-
va l'anima sua. Giunti in Palestina gli
editti di Diocleziano contro i cristiani ,
270 P I o
nell'aprile del 3o3, s. Procopio fu il pri-
mo fedele di quella contrada che versò
il sangue per Gesù Cristo. Arrestato a
Belhsan e condotto a Cesarea con molti
altri cristiani^ fu da Paolino governato-
re della provincia condannalo ad essere
decapitato. S. Procopio è onorato dai gre-
ci col titolo di gran marlire,e\a sua fe-
sta si celebra il giorno 8 di luglio.
PROCOPIO, Cardinale. Prete del ti-
tolo di s. Ciriaco, fiori nel 743 sotto Pa-
pa s. Zaccaria.
PROCURATORI di Collegio del sa-
grò palazzo apostolico, Sacri palalii
apostolici causarum e collegio patroni.
JVJorcelli chiama il curiale o procuratore
di collegio, di palazzo in Roma, Palronus
decurialis sacri palatii; il procuratore,
iVoc-Mrafor.Collegioantichissimo, rispet-
tabile e illustre, composto di 24 indivi-
dui presi dal fiore de' difensori e procu-
ratori del sagro Tribunale della rota ro-
mana^.). Il seniore di essi ha il titolo di
decano. Gode molte e distinte prerogative
e privilegi, fra'quali la libertà di sceglie-
re esclusivamente fra' procuratori rotali,
quelli chegiudica meritevoli di rimpiazza-
re i posti vacanti; l'onored'intervenireedi
siedere nelle Cappelle pontificie, al quale
articolo riportai tuttociò che li riguarda
nelle sagre funzioni e processioni cui ce-
lebra o assiste il Papa, con abito decoroso
di cappa spiegata e nera (non paonazza
come si legge a p. 26 del Commentario
sulla processione del ss. Sagramento ),
che descrissi nel voi. Vili, p. 92, oltre
la fascia e berretta ecclesiastica. La cappa
fuori delle cappelle pontificie non si spie-
ga, ponendosi sulle spalle come una man-
tella, ciò i procuratori praticano nella fe-
sta di s. Michele, e in altri luoghi e circo-
stanze, come ne'loro funerali, ed in quel-
li degli uditori di rota cui intervengono,
ciò che notai nel voi. XXVIII, p. 68;
laonde si suol dire cappa rivolta, la cap-
pa non ispiegata. Sempre il collegio eb-
be impegno co'suoi suffragi di eleggere
procuratori rotali idonei e chiari per vii-
PRO
tu morali e religiose, nell'onesto eserci-
zio del loro nobile, importante e geloso
uffizio, ed insieme periti nella giurispru-
denza, onde riuscire decorosamente nel-
l'esperimento legale che si fa innanzi al
prelatodecanodcgli Vditoridi rola(fr.),
ed aumentare il lustro del ceto. A mag-
gior chiarezza delle mieerudite ricerche,
premetterò quanto del collegio scrisse
l'autore (Villetti nel 1781) della Pratica
della curia romana t opera ristampata
con osservazioni alle seguite variazioni
nel 1 8 1 5, t. 2, cap. 2 : Della sacra Rota.
» Questo tribunale della rota ha pure i
suoi curiali, che si chiamano Sacri pa-
latii apostolici causarum patroni, dei
quali però non è prefisso il numero, ma
si ammettono ad arbitrio del tribunale
previo examme avanti mg.r decano e due
de'curiali di collegio; e questa ammissio-
ne si fa ogni 5 o 6 anni. Questi soli cu-
riali così approvati, de'quali se ne stam-
pa l'elenco, possono scrivere nelle cause
che si trattano in rota. Dal ceto di que-
sti curiali se ne scelgono 24,iquali si chia-
mano Curiali di collegio, e godono gli
onori e prerogative che competono agli
avvocati. Hanno inoltre l'uso della fascia
e berretta, ed ascendono alle cariche di
commissario gerierale della r. camera e
di sostituti commissari per ohilum di da-
teria, presidente della segreteria de'mon-
ti (luoghi), e fiscale della rev. fabbrica
di s. Pietro in vigore di una costituzio-
ne di Clemente XIII, e questo numero
de'curiali di collegio, quando si trova
mancante, si riempie a scelta del collegio
medesimo. Gli avvocati possono scrivere
in questo tribunale, e chi vorrà mettersi
in avvocatura basterà che abbia il pri-
vilegio del dottorato, faccia un memo-
riale a mg.1' decano della rota, e se non
è del ceto de'curiali rotali, allora sotto-
scriverà una scrittura come curiale, ed
il giorno dell'informazione si presenti a
tutti gli uditori di rota, pregandoli a vo-
lergli permettere di esercitare l'avvoca-
tura". I curiali o procuratori rotali, ed
PRO
i procuratori di collegio intervengono a
quella pompa chiamala, Cavalcata de-
gli uditori della s. Rota romana (V.) ,
per la riapertura del tribunale, inceden-
dovi al modo che ivi descrissi, tanto del-
l'antiche cavalcate, insieme a quanto ora
praticasi. Del nobilissimo e gravissimo,
dignitoso e paterno officio di avvocalo,
di difensore, di patrocinatore, parlai in
molti articoli e particolarmente a Curia
romana, Avvocati concistoriali, Difen-
sori, Difensori della chiesa romana, Po-
vero, Giurisprudenza, Legge, Diritto,
Tribunali. Si chiama procuratore colui
il quale è incaricato della procura di un
altro, e che traila in suo nome, Actor:
neli835ein 7 voi. Carlo Chiappini pub-
blicò in Macerata, // Procura tote. Quin-
di procuratore ad negolia dicesi quello
cui si dà procura per trattare gli all'ari
0 negoziare: procuratore ad lites quegli
che ha procura per difendere le cause dei
clienti in giudizio, le cui funzionigli ven-
gono attribuite per decreto giudiziario.
Il procuratore ad lites, rappresentando i
clienti, è incaricalo e responsabile deci-
toli e documenti che gli sono affidati, di
stendere gli atli nelle debite forme per
la regolarità, l'ordine giudiziario,e di por-
re le liti in istalo da poter essere giudi-
cate. Può il procuratore ad lites difen-
dere le cause tanto verbalmente, che per
iscritto, purché ne sia espressamente au-
torizzalo, il chealtribuisceal procuratore
ad lites anche le funzioni di avvocato;
di modo che può patrocinare ogni que-
stione di diritto, o di formatila senza il
ministero dell'avvocato; ma questi non
può dispensarsi dal ministero del procu-
ratore ail lites perchè incaricato di rap-
presentare le parti esclusivamente a qua-
lunque altro. Vermiglioli, Lezioni di di-
ritto canonico t. 1, lez. 38 : Dei procu-
ratori, li dichiara differenti dagli avvo-
cati, mentre quelli non fanno che assi-
stere la persona e scrivono in diritto,
quando i procuratori sono quelli che as-
sumono in sé la causa e la mutano sulla
PPiO 271
norma della prassi giudiziaria, quando
sono procuratori alle liti, per cui i pro-
curatori altri sono quelli che vengono co-
stituiti pegli affari, altri alle liti, e questi
diconsi difensori j generalmente il pro-
curatore da Cicerone fu detto Sicario
dell'altrui diritto. Aggiunge, che secondo
l'antico diritto non poteva giudizialmen-
te agirsi che per sé stesso e in propria
persona e non per altri, mentre nessuno
ordinariamente poteva agire per altri,
perchè l'agire essendo atto civile e legit-
timo, questo richiede il principale, e sic-
come l'azione è un diritto di agire in giu-
dizio per a ver quello che si compete al pe-
tente, così essendo un altro chechiede non
chiederebbe per sé, ma per altri. Da que-
sta regola dice ch'erano eccetluate le cau-
se che riguardavano il popolo, la liber-
tà, la lutela, ed in forza della legge Osti-
lia pei furti che si commettevano contro
quelli ch'erano presso i nemici o assenti
pel pubblico servizio, per le quali perso-
ne ognuno che poteva stare in giudizio
poteva soltanto agire, attesa la difficoltà
che tulio il popolo potesse convocarsi a
trattar le loro cause, ed anche per que-
sto non distrarre da tante opere che ta-
ceva a pubblico vantaggio, pel comodo
d'agire per urgenza e per togliere la con-
fusione che ne sarebbe avvenuta. Quin-
di Vermiglioli passa a fare la dislinzio-
nesulle diverse specie de'procuratori, fra
i quali annovera gli apocrisari o Nunzi
(}'.), avvertendo però che il nunzio ese-
guisce soltanto e manifesta il semplice e
nudo fatto, come organo che annunzia
ed eslerna la volontà del committente.
Dichiara in fine, non convenire agli ec-
clesiastici fare da procuratori, per le ra-
gioni che si adducono dal 3.° concilio di
Cartagine, meno che pegli affari della
Chiesa, di misere persone e per loro stes-
si, se non avessero congruo patrimonio,
o ecclesiastico benefìcio bastante per de-
corosamente sostentarsi. Ecco il canone
del concilio: » Ut episcopi, et presby te-
ri , et diaconi , vel clerici non sint con-
272 PRO
ductores, neque procuratores privato-
rum, neque ullo turpi., vel inhonesto ne-
gotio victumquaerant quia respicere de-
bent quia scriptum est: Nemo militari
Deo implìcetse negotiis saecularibus " .
Potrà bensì l'ecclesiastico far l'avvocato
ne'tribunali ecclesiastici, scrivendo solo
in diritto. Delle diverse specie de'procu-
ratori eavvocali della curia romana trat-
tano ancora: Cohellio, Notilia Cardino.-
latus, etdepraecipuis romanaeaulae of-
ficialibus j Plettenberg, Notilia Congre-
gationum,el Tribunalium Curiaeroma-
naej Manzi, De advocatis, procuratori-
bus , defensor/bus età; Golini, Deprocu-
raloribusj Costantini, De officio procu-
ratoris fiscalis, del quale parlai a Fisco.
L'origine de'procuratori di collegio ri-
sale al pontificato d1 Innocenzo II [V.)
del 1 i3o, dicendosi nel breve apostoli-
co Superni: Nani ree. me. Innocentini
II, qui in liane apostolicam sederti an-
no Domini 1 i3o invitta assumptus est,
annuum stipendium, sivehonorariumju-
dicibus (F. Gitroicie il vol.XLVI,p. 1 1 3),
advocalis, vel patronis romanae Urbis,
de Camera sua constituisse traditur eo-
rum fide solemni j tiramento adstricta in
haec verba. «Ego etc. juro, quod ab bac
bora in antea piacila, vel negolia romano-
rum, in quibus advocalus ero, vel patro-
nns, romanos maliliose non impugnabo,
■vel defendam, sedpro conscientia a Deo
milii praestita secundum conslituliones,
et leges, ac bonos mores ea tractabo; et
postquam justitia de iisdem causisame
cognita fuerit, si requisitus fuero, judi-
cibus patefaciam; et eis in ipso judicio
assensum meum adliibebo; pretium ex-
inde non accipiam, uec per me, nec per
inlerpositam personam suscipi permit-
Udì; et si susceptum fuerit, postquam
sci vero, infra quindecim dies illud reddi
faciali) ; et patrocinium meum alieni ba-
lenìi causanti, si ab eorogatus fuero, ma-
Io studio non negabo". Questo giuramen-
to si prestava sotto Innocenzo II anebe
dai giudici e avvocali della corte roma-
PRO
ria; ne riporta l'intiera fòrmola Piazza,
Eusevologio romano,lval. 3,cap. 5, laon-
de riporterò quanto ommise il breve, do-
po la parola negabo. » Salvisbeneficiis,
quae babemus ab ecclesiis, vel aliis; et
exceptis sententiis valentibus duodecim
denarios quae gratis, et sine exceptione
nobisofferuntur; baec omnia observabo
bona fide, sine fraude, et malo ingeuio,
quamdiu Papa Innocentius, vel succes-
soribus suis centum libras valentem, de-
nariorum Papalium, nobis advocatis, et
judicibus annis singulis solvere perseve-
rabnnt ". In conferma ebe il collegio dei
procuratori ripete il suo principio da In-
nocenzo II, o almeno gli diede una specie
di forma di corporazione, leggo nel n. 1 1 9
dell'officiale Giornale, di Roma i 85o, ebe
il ceto de'procuratori di collegio volendo
felicitare il ritorno alla sua sede del re-
gnante/,/o/^L(F.),mg.vAngeloM.,, Van-
nini (attuale commissario generale della
rev. cani, ap.), decano del collegio, ac-
compagnato dagli altri componenti lo
slesso collegio, gli significò con acconce
parole i sentimenti di singoiar attacca-
mento verso la s. Sede onde il collegio dei
procuratori erasi sempre distinto, ram-
mentando la sua antiebissima istituzio-
ne, ed i benigni riguardi avuti da In-
nocenzo li. In pari tempo il prelato de-
cano partecipò al Papa come il collegio,
giusta il diritto ebe ne ba dalle sue co-
stituzioni, avesse nominati altri 8 a com-
pletare il numero di 24 di cui esso col-
legio si compone,avendo in vista di pre-
scegliere tra ''curiali rotali persone non
meno meritevoli per dottrina e onestà
che per provata fedeltà alla causa del Pa-
pato, onde la curia romana e segnata-
mente il collegio de' procuratori ebbe in
ogni tempo a segnalarsi. Il santo Padre
corrispose con parole amorevoli, e si de-
gnò mostrare gradimento. Nel citato bre-
ve, e come indicai nel voi. XIX, p. 3o e
33, inoltre è dello, che nel 1 54 8 Paolo
III per dimostrare l'animo suo alle be-
nemerenze del collegio, con lettera apo-
PRO
stolica in forma di breve, gli concesse luo-
go nelle cappelle pontificie e nelle pub-
bliche processioni, dopo gli avvocati con-
cistoriali. Qui noterò, che antichissimo
è simile intervento degli avvocati e per-
sone di curia, massime i curiali e giudici
palatini (anche alla Elezione de Papi),
alle pontifìcie funzioni, come descrissi nei
citati e altri articoli, avendo ricordato a
Curia gl'intervenliallecavalcatepei Pos-
sessi, ne'quali ricevevano il Presbiterio
(Z7.). Nel 1601 fu pubblicato in Roma
l' importante Trattato delle opere pie di
Roma, di Fanucci, sul quale io e chi mi
precedette studiammo. Nel cap. 3 del lib.
i : Del collegio de' procura lori delle cau-
se, si apprende. Che dopo gli uditori di
rota e notali del sagro palazzo, e gli av-
vocali concistoriali con bell'ordine fu po-
sto il collegio de' procuratori delle cau-
se, ordinato nel i 34o (in Avignone) da
Benedetto XII insieme con quello degli
avvocati concistoriali. Avere una bella
cappella sotto l'invocazione di s. Miche-
le arcangelo suo protettore {coelestìs fu-
stiliae ministri, dicono gli Stallila del col-
legio), nella Chiesa di s. Eustachio (F.)3
dal collegio fornita d'ornamenti e sagri
paramenti necessari, con cappellano che
continuamente vi celebra la messa. Nel-
la festa di s. Michele si cantava la messa
e il vespero solennemente e con musica,
avendo fatto un bell'apparato. Celebra-
vano ancora la festa di s. Lorenzo mar-
tire nella chiesa di s. Lorenzolo in Bor-
go {de'Scolopi, Fedi), a\\a quale interve-
nivano quasi tutti collegialmente. Avea-
no il luogo del loro collegio nella Riton-
da (o Chiesa di s. Maria ad Martyres
o Pantheon, Fedi)j e quando vacava l'ar-
cipretato della medesima, erano soliti a-
verneil giuspatronatoe la presentazione.
Morendo alcuno del collegio l'accompa-
gnavano alla sepoltura e dentro l'oliava
gli celebravano l'uffizio de'defunti,e nel-
la commemorazione di questi un anni-
versario generale per le anime de'colle-
ghi trapassati. Difendevano le cause e liti
VOL. tv.
PRO 273
de'poveri senza alcun premio,ma solo per
carità e per amor di Dio. In ciò teneva-
no quest'ordine. Imbossolavano le poliz-
ze coi nomi e cognomi de' collegiali, e
quello che ne usciva dovea prendere con
pietà, gran cura e diligenza la difesa di
quel povero che avea implorato il patro-
cinio. Qualora poi al povero fosse sospet-
to l'uscito a sorte o per qualche giusta
ragione non ne avesse piena fiducia, se
n'estraeva altro per contentarlo piena-
mente. Renazzi, Storia dell'università di
Roma voi. 4» P- 4°j come Fanucci riten-
ne l'originedi questo antico collegio con-
temporanea a quella degli avvocati con-
cistoriali: dovea dire piuttosto riordina-
mento, necessario dopo il trasferimento
della residenza del Papa e della curia in
Avignone (F.), ove rimase in 7 pontifi-
cati, restandone pi iva Roma dal i3o5al
1 3y7, perchè quando i Papi risiedeva-
no in Avignone, come formossi la ma-
tricola degli avvocati che soli potessero
in avvenire perorare in concistoro avanti
al Papa le cause contenziose, così egual-
mente la matricola si formò de'procura-
tori,aiqua!i soltanto fosse ivipermessodi
proporle e atlitarle. Afferma Renazzi che
questa è l'opinione d'alcuni, citando Ve-
stri III prax. e Fanucci, adottata dal car-
dinal de Luca, Relal. Rom. Cur. cap. 2,
Disc. 46, § v, n.° 106, che chiaramente
scrisse in Avignone e nel 1 34o da Bene-
detto XII avesse principio il collegio dei
Procuratori concistoriali jàoèslabilmen-
te eresse in collegio il ceto. Siccome però
in progresso non più le cause contenzio-
se (come notai a Concistoro e Congre-
gazioni cardinalizie, ma più tardi) agi-
ronsi nel. concistoro pontifìcio, ma ven-
nero dai Papi delegate a diversi ceti ec-
clesiastici, addetti al loro servizio, donde
provennero i tribunali degli uditori di
rota (lo credo e dimostrerò assai ante-
riore) e de Chierici di Camera (F.) apo-
stolica ; perciò non occorrendo ulterior-
mente nel concistoro l'opera de'procura-
tori, cessò a questi la primitiva denomi-
18
*74 PRO
nazione di concistoriali, e con quella in-
cominciarono essi a designarsi di Piocu-
ratori delle cause del sagro palazzo a-
postolico, cioè attitabili ne' tribunali eser-
centi nel dello palazzo la cognizione e de-
cisione delle cause contenziose, qual de-
nominazione ancora ritengono (stampò
l'opera nel i8o5).
Inoltre nel breve Superni si celebra
Paolo V deli6o5, il quale con breve ri-
portato da Costantini, Rot. Decis. 5 1 8,
n.° 45 (come quello che qual membro
di questo collegio copiosamente ne trat-
ta), rimarcando essere stalo costante uso,
in parità di circostanze, di preferire nelle
ammissioni i figli e nipoti di quelli che
furono al collegio già ascritti, nell* ap-
provare e confermare gli usi e gli Stallila,
the avea fatti rivedere al celebre prelato
Gio. Battista Coccino decano degli udi-
tori della romana rota , die più stabile
forma al collegio, che secondo l'espres-
sioni di Renazzi, essendo stalo sino allora
recettizio,\o rese numerario, delerm ina li-
do che iu avvenire fosse composto di 24
procuratori, scelti tra'procuratori appro-
vati dalla s. rota più abili e accredi tati per
onestà, costumatezza, probità e dottrina
nell'esercizio di aitila re e trattare le cau-
se del foro, dovendosi un riguardo alla
nobiltà de'uatali. Concesse Paolo V al col-
legio diversi privilegi, ed in segno delle
prerogative di poter patrocinare le cau-
te nel tribunale della rota, come di trat-
tare qualunque negozio, gli accordò la
Berretta (#\J ecclesiastica ed il mantel-
lo. Paolo V encomiò i titoli di lodevoli
benemerenze del collegio nel trattare i
pubblici negozi, la gratuita difesa e pa-
trocinio de'po veri, per cui si meritò dai
predecessori che dal loro celo si prendes-
te il Commissario generale della came-
ra ( V.\ Prelato (V.) di Manlellone, il
Prefetto per obititm (P.) della dateria ,
i Luogotenenti (V.) civili e del Tribuna'
le del Governo {P-), ed altri oflìci. Os-
serva ttenazzi che il collegio fiorì sempre
nella curia romana per soggetti che lo
PRO
hanno illustrato anche con opere legali
date alle stampe, come pure per le di-
gnità cui furono innalzati,eziandio avanti
Paolo V; imperocché nel i5gg era sla-
to sublimato alcardinalalo Domenico To-
sdii, ed io aggiungerò nella biografia che
lo si voleva acclamar Papa. Anche Re-
nazzi parla del privilegio di Paolo 111,
dell'intervento di due procuratori colle-
giali nelle cappelle papali, e dell'intiero
collegio nelle processioni e altre funzio-
ni pubbliche, procedendovi dopo gli av-
vocati concistoriali. Dice pure che il col-
legio godeva il gius di nominare l'arci-
preledella chiesa collegiata di s. Maria ad
Marlyres. Noterò che aulicamente il col-
legio officiava nella suddetta chiesa di s.
Lorenzolo, poi passò a quella di s. Maria
ad Marlyres: accantoa s. Lorenzolo vi è il
palazzo Serristori, sul quale il collegio go-
de annuo canone, dicesi per disposizione
del cardinal Armellini. L'Amydeno, De
pietale romana, pubblicata neh 625,par-
landò della caritatevole difesa de'poveri,
rende il seguente elogio ai procuratori di
collegio:» Praestaturetiam juxlacaussa-
rumdefensioabalio longe antiquiori Cu-
riaeProcuratorumins.Eustachiifundato
collegio, e quo pauperibusassigna tur pro-
curatores, qui eorum caussis adsint ini-
mo ipsum sacrae Rotae tribunal siquis
pauperem se ostenderit ne ob inopiam,
caussam, et ex ea jus oriens deserei e co-
gatur eidem procuratorem, etadvocalus
destinai, ac scriptum abactuario nullo
praemio exhibendas decernit." Leggo nel
Traclatus s. Rotae del decano della me-
desima Emerix, tit. 36: De Collegio pro-
curalorum causarum palatii apostolici,
che prima di Paolo V si componeva di
1 o, onde quel Papa l'aumentò a 2.4, do-
po che il decano Coccino rivide e corres-
se gli statuti. Che alla cavalcata e alle ese-
quie degli uditori di rota erano invitati
i procuratori di collegio, i quali per la
festa di s. Michele invitavano gli uditori
e gli avvocati concistoriali nella lorocap-
pella. Che nel 1676 insorse controversia
PRO
tra i procuratori collegiali e i procura-
tori rotali, circa lo scrivere nel tribuna-
Fé, ma sebbene composta dagli uditori
Taja e Visconti poi si rinnovò. Vedasi la
Decis. cor. Moline* 24 martiix 702, lam
super petilorio, quarn super possessorio.
Piazza nella Gerarchi a cardinalizia che
pubblicò nel 1 703 (oltre quanto analoga-
mente disse neìSanluario romano pub-
blicato nel 1675 a p. 326, e nell' Emerolo-
giostampatoneh7ig ap. 607) h p. 854
descrivendo i pregi della diaconia cardi-
nalizia di s. Eustachio, dice che ivi il col-
legio de' procuratori della s. rota aveva
il giuspatronato della cappella di s. Mi-
chele arcangelo, al quale celebrava con
solennità la festa della dedicazione a'29
settembre, come suo protettore e difen-
sore della chiesa, perchè gli si attribuisce
tenere le bilancie della giustizia de'meriti
e demeriti de'fedeli. In questa cappella
intervenivano gli uditori di rota, gli av-
vocati concistoriali e tutti gli avvocali e
curiali della curia romana, recitandovi
il sermone un alunno del collegio Naza-
reno degli scolopi. Anche Piazza crede
che la prima origine del collegio derivi
nel 1 34o da Benedetto XII, e che dopo
varie vicende riprese il suo antico lustro
e splendore per Paolo V, il quale sliman -
dolo molto utile al pubblico e di decoro
alla romana curia, gli die nuove regole
e statuti, e acciocché fosse più cospicuo
lo compose di 2.4scelti procuratori di ma-
tura età, di esemplari costumi, di lunga
sperienza legale, passando prima d'esse-
re ammessi a severo esame per scanda-
gliarne il merito. Quindi dover giurare
fedeltà alias. Sede, patrocinargralù ipo-
veri, vedove e pupilli, astenersi dal di-
fendere cause ingiuste, per cui il collegio
acquistò grandissimo credito, chiaman-
dolo seminario di pubblici manlenitori
della giustizia, strenui difensori delle leg-
gi civili e canoniche ; laonde alcuni fu-
rono elevati alla porpora cardinalizia, al-
la dignità vescovile, alla custodia del pa-
trimonio apostolico, alle prelature ed al-
PRO a75
le presidenze di tribunali e governi, men-
tre Mario Perusco fu promotore della fe-
de al concilio di balenino V. Dice anco-
raché il ven. Innocenzo XI ebbe in sì gran
stima la fedeltà, prudenza e rettitudine
de' procuratori di collegio, che ordinò
ad essi soli doversi affidar le cause più
gravi e più gelose, anche delle beatifica-
zioni e canonizzazioni, decreto che pun-
tualmente osservò la congregazione dei
riti. In fine che tra le sue prerogative il
collegio gode la precedenza a tutti gli al-
tri curiali, e che vennero ammessi quali
consultori nella congregazione di rifor-
ma, comechè tenuti oracoli nelle mate-
rie più ardue della romana curia.
Apprendo da Berniuo , // tribunale,
della s. Rota, Roma 1 7 1 7, p. 20 1, par-
lando della giudicatura del medesimo,
che le cause che si propongono nell'au-
ditorio e diconsi rotali, ad esclusione d'o -
gni altro, solo è permesso avanzarne la
procura a distinti e precisi procuratori
che parimenti diconsi rotali, da'quali è
formato un collegio, che si mantiene iu
tanta riputazione e onore, che in man-
canza d'alcuno di essi s'affollano i con-
correnti per riempirne il luogo. Da essi
poi si richiede un forte esame avanti il
decano della rota coll'assislenza de'più
anziani de'procuratori collegiali, con la
cui approvazione essi riportano un po-
tente attestato di soli poter essere am-
messi alla procura delle cause rotali. Pre-
gio non men decoroso a loro che rimar-
cabile al tribunale, al progetto delle cui
cause è scelto il fiore della curia roma-
na. A'25 dicembre i5o2 il cardinal Pic-
colomini diacono di s. Eustachio, il ca-
pitolo ed i canonici aveano concesso al
collegio de'procuratori l'uso della cap-
pella di s. Michele iu detta chiesa, per e-
sercitarvi le loro opere di pietà, celebrar-
vi la festa con dare due ducati d'oro al
capitolo se vi assisteva, eziandio con fa-
coltà di celebrare i funerali a que'pro-
curatori che si tumulavano nella sepol-
tura dui coll«gio fabbricata. Insorte rè-
276 PRO
plicate vertenze per l'ufficiatura, avendo
il collegio chiusa la cappella con ferrata,
non che pel l'istauro (riuscì maestosa e
vi fu eretto un bellissimo deposito di pie-
tre rare a mg.r Cavalieri segretario di pro-
paganda) e altra sepoltura, Benedetto
XIII imposto silenzio alle liti, rivocò la
concessione col moto-pi opvìoEssendoper
anche, de'26 marzo 1729, Bull. Rom.
t. i3, p. 3cji. Per dette controversie ri-
levo da Reuazzi che fino dal 1708 per
annuenza del collegio rettorale i procu-
ratori di collegio incominciarono a ce-
lebrare con nobile apparato la festa di s.
Michele nella chiesa dell' Università ro-
mana (P.), coll'intervento degli uditori
di rota, avvocati concistoriali e altri di-
stinti avvocati (si prosiegue tuttora, poi-
ché il n.° 226 del Giornale di Roma 1 85o
Io riporta, insieme ai nomi degli 8 nuo-
vi procuratori suindicati di recente am-
messi nel collegio), ai quali si fa la di-
stribuzione di mazzi di fiori finti; canta
la messa solenne il i.° custode della Bi-
blioteca Alessandrina, e dopo recita una
orazione latina in lode del s. Arcangelo
un alunno del Seminario Vaticano. Ol-
tre a ciò Renazzi rimarca checirca a tal
tempo deve anche il collegio aver otte-
nuto la facoltà di adunarsi in una delle
sale dell'università. Leggo nel p. Erra,
Storia della chiesa di s. Maria in Por-
tico di Campitela {P .), che i padri Chie-
rici regolari della Madredi Dio jtiel 1 738
concedettero al collegio de' procuratori
delle cause del s. palazzo apostolico la
cappella di s. Michele (la i.'a destra del-
l'ingresso della chiesa), la quale fino al
1728 era servita per passare dalla chie-
sa alla sagrestia vecchia e nel decennio
seguente era stata dedicata al ss. Croce-
fisso. Il collegio in parie l'ornò con iscel-
te pietre, ed il quadro di s. Michele (tra-
sportalo da s. Eustachio, come rileva-
no 'fili, Descriz. delle pitture j e Nibby,
Roma urli 838) al quale dedicò la cappel-
li, the è una delle bellissime opere del cav.
.Sebastiano Conca. Dice inoltre che con
PRO
buona musica vi facevano cantar due
messe l'anno, una pei defunti del colle-
gio,l'altra per mg/ProsperoTurchi com-
missario della camera; e con simile mes-
sa è suffragato ciascun procuratore in
morte, coll'assistenza del collegio a tut-
te. Qui hanno la loro sepoltura con que-
sta iscrizione: Colleg.S. P. A. — Caus. —
Patron. In questa cappella i detti religio-
si solevano rappresentare il Presepio. Cle-
mente XIII, già uditore di rota, amore-
vole con questo rispettabile collegio, do-
po aver fatto esaminare i riformati sta-
tuti dal collegio, li confermò con paiole
di lode e con compartire nuovi privilegi
e onori, aumentando il numero de'cospi-
cui impieghi legali da conferirsi privati-
vamente ai procuratori collegiali, e attri-
buendo loro di usare nelle funzioni e atti
pubblici la berretta già da Paolo V con-
cessa, e di cingere sulla veste talare una
fascia nera a contrassegno di distinzione
e di onore. Il Papa ciò fece col mento-
vato breve, Superni disposinone consi'
Hi, de'3o marzo 1 765, e v'inserì gli Sla-
ttila, stampandosi a parte in detto anno
cogli autori che trattano delle preroga-
tive del collegio. E' riportato pure da Re-
nazzi a p. 442 senza gli Slatina, e con
questi dal Bull. Rom. coni. t. 3, p. 108.
In questi statuti nel cap. 3 è stabilita la
forma dell'ammissione, da farsi nella sala
dell'università romana a pluralità di suf-
fragi decomponenti il collegio. Dopo se-
guita la elezione, si eleggono dal ceto stes-
so tra'seniori due esaminatori, quindi se
ne dà partecipazione al decano della rota
perchè stabilisca il giorno, onde avanti
di lui gli eletti subiscano l'esame di quel-
la decretale che debbono spiegare, pas-
sate le 24 ore dacché a loro è stata co-
municata, dovendo in giure quanto in
pratica rispondere a que' punti che agli
esaminatori e al decano della rota pia-
cerà proporre. Riusciti idonei, in altro
giornoalla presenza del collegio e del me-
desimo decano della rota, in ginocchio
fanno la professione e il giuramento: di
PRO
fedelmente per la giustizia e senza ter-
giversazioni difendere le cause, je di ricu-
sar quelle che sembrassero ingiuste, ve-
gliando poi all'esecuzione del promesso
i due deputati difensori. Il cap. i i.° trat-
ta del patrocinio de'poveri; il 12.0 che
possono scrivere e difendere le cause co-
me gli avvocati. Confermando dunque
Clemente XIII gli anteriori privilegi, e
nominatamente gl'impieghi che al col-
legio si conferivano per disposizione di
Paolo V e notati di sopra, in perpetuo
confermò pure quelli de' 3 procuratori o
sostituti della Camera apostolica (F.),
di fiscale della Congregazione della rev.
fabbrica di s. Pietro {V.) , di segretario
e amministratore de Luoghi di Monte
(V.). Renazzi che fece di comune ragio-
ne la sua Storia ne'primi del corrente se-
colo e quando mg.1' Nicola M.' Nicolai
(profondamente erudi lo nelle cosecame-
rali di cui ci die pregiate opere) fu fatto
commissario generale della camera, ce-
lebra i tanti pregi del collegio, si gloria
di avervi fatto parte il suo degno geni-
tore qual i.° sostituto commissario del-
la camera apostolica; e qual primario e
onorevolissimo collegio tra'procuratori
che trattano le cause nella curia roma-
na, ebbe sempre sopra di essi il diritto
di precedenza, in contraddittorio giudi-
zio solennemente comprovato, citando le
Rot. Decis. rjfì. e 773 cor. di Molin;
laonde avere il collegio sempre esatto e
godere tuttora in Roma la pubblica sti-
ma e i riguardi di tutti i tribunali della
curia romana, specialmente di quello del-
la rota nelle materie di pratica forense,
su cui nasca controversia, la quale suole
richiederei! voto del collegio: ed inoltre
l'esame pel notariato, il privato diritto
di esser scelti in curatori de'futuri ai fi-
decommissi o primogeniture chiamati,
oltre il godere parecchie lucrose e con-
siderabili cariche legali per antica con-
suetudine o concessione de'Papi annesse
al collegio. Continuando il collegio nella
generale estimazione, Leone XII con le
PRO 377
sue concessioni pose il suggello al com-
plesso di sì decorose e utili prerogative.
Primamente con l'onorevolissimo bre-
ve Magnimi quiddam,de'2. 1 giugno 1 82.5
e stampato , con ampli encomi esaltò il
collegio, rammentando i suoi pregi e le
grazie de'suoi predecessori,ripristinò l'in-
terrotto intervento alle cappelle pontifi-
cie con quelle vesti che nominai: » Ve-
ste cuculiata, qua utuntur s. concistoria-
lis aulae advocati, cum sola differenza,
quod loco saguli coloris violacei habeant
sagulum coloris nigri, quodque capu-
tium, loco mustellae albae, et serici ru-
bei, sit omni tempore serico nigro sub-
sulum; eaque vestis superponatur tuni-
cae panni nigri tempore hyemis, et se-
rici nigri tempore aestivo, ornatae, utso-
let, fascia cum floccis nigris". Stabili
che dovessero intervenire due procura-
tori nelle funzioni ordinarie, non meno
di 4 né più di 6 nelle solenni, dovendo
sedere e incedere nelle processioni dopo
i procuratori generali e il Confessore del-
la famiglia pontificia (F.). Conferman-
do tutti i privilegi goduti dal collegio per
ulterior premio alla sua dottrina, probi-
tà e diligenza. Finalmente col moto pro-
prio de' 2 1 dicembre 1828, del quale par-
lai a Congregazione delle acque (Nico-
lai, Presidenza delle strade e acque ne fa
menzione nel t. 2, p. 1 66 ; Fea nella Sto-
ria delle acque a p. 1 86), LeoneXII con-
ferì al collegio gl'importanti uffici di Fi-
scale delle Strade e di Fiscale delle Ac-
que, Fiscalis viarum, Fiscalis aquarum.
Il successore Pio Vili fece decidere
una questione insorta tra il rispettabile
decano della rota ed il collegio de' pro-
curatori, sull'antica prerogativa che ili."
gode d'un autorevole commendatizia nel-
la presentazione che suol fare al collegio
d'un curiale o procuratore rotale, nel ca-
so di concorso ai posti vacanti de' procu-
ratori del medesimo. Pertanto deputò
una congregazione di cardinali composta
degli eminentissimi Pacca, Dandini e Cri -
staldi, la quale dopo avere attentameli-
378 PRO
te esamiuate le ragioni addotte tarilo da
mg.r decano della rota , quanto dal de-
cano de'procuratori di collegio, decise ad
unanimità che la presentazione solita far-
si dali.° in caso di vacanze aperte nello
stesso collegio »-non può e non deve esse-
re considerata che come una commendati-
zia autorevole, e che essa non deve rigi-tai -
darsi come un diritto a cui non possa far-
si opposizione". Questa decisione fu ap-
provala dal Papa, e di suo ordine a' 16
agosto 1829 comunicata alle parti con-
tendenti dal segretario di stato cardinal
Albani, il quale scrisse inoltre al decano
de'procuratori : » Tanto si notifica, on-
de specialmente per la espressa sanzione
data dal santo Padre a questa decisione,
deliba colla medesima imporsi silenzio ad
ogni ulteriore reclamazione., e si passi
senz'altroa provvedere in conformità del-
la medesima tanto la vacanza attualmen-
te aperta nel collegio de'curiali, quanto
ogni altra che col decorso del tempo verrà
ad aprirsi". Il fatto del 1829 si rinnovò fra
mg/ decano della rota ed il collegio dei
procuratori nel 1 85o. Laonde il Papa Pio
IX, con dispaccio de'20 settembre della
prefettura de'sagri palazzi apostolici, or-
dinò :» che in vista delle particolari cir-
costanze avea disposto che l'installazione
de'nuovi curiali di collegio , senza nulla
innovare alle disposizioni preesistenti, do-
vesseaverluogoperqueslasola volta pres-
so lo stesso cardinal prefetto de'sagri pa-
lazzi apostolici " ed il giorno 27 settem-
bre i85o ebbe il suo pieno effètto. I mem-
bri del collegio col decano si leggono nel-
le annuali Notizie di Roma, nella cate-
goria Collegio de' Procuratori del s. Pa-
lazzo. Allorché sono eletti, -si pubblicano
nel giornale officiale di Roma, ed ai me-
morati esempi aggiungerò il n.° 72 del
Diario di Roma i829,ediln.° 17 dello
stesso Diario i844>,,endendo conto delle
sessioni perciò tenute nelP università ro-
mana presiedute dal decano o pro-deca-
no del medesimo.
PROCURATORI GENERALI DE-
PIIO
GLI' ORDINI RELIGIOSI, Procuralo-
res generales ordinimi. Religiosi che eser-
citano la ragguardevole carica e offizio di
trattare i negozi, gli affari e le cause dei
rispettivi Ordini religiosi o Congrega-
zioni di comunità {J^.), e de* loro indi-
vidui correligiosi o confratelli, in Roma
presso la s. Sede, nel le congregazioni car-
dinalizie, ne'tribunali ecclesiastici e altri.
L' offizio di procuratore generale è una
carica onorevole e distinta che talvolta
il superiore generale, ed ordinariamente
l'ordine o la congregazione conferisce ad
alcuno de' primari e sperimentati suoi in-
dividui per la fiducia che vi ripone, sce-
gliendo al delicato e laborioso incarico
quello di cui hanno prove di attività, dili-
genza, prudenza, e che fornito sia di quelle
cognizioni necessarie al trattamento de-
gli affari. Questa elezione ha luogo ne'ca-
pitoli generali per lo più ad triennium,
dopo il quale il definitorio generale con-
ferma gli attuali procuratori o ne elegge
altri. Talvolta i generali sogliono propor-
re ai capitoli e definitorii qualche reli-
gioso che credono opportuno. Siffatta di-
sciplina varia secondo le regole e costi-
tuzioni de'rispettìvi ordini e congregazio-
ni, essendovene anche ad setsennium. I
procuratori generali degli ordini e con-
gregazioni monastiche e quelli de' cano-
nici regolari sono anche abbati, e talvol-
ta eziandio abbati di governo de' mona-
steri e canoniche di Roma. In alcuni or-
dini vi è il vice procuratore generale, al-
meno per assenza o impotenza de'procu-
ratori, i quali sogliono avere un religio-
so compagno, oltre il converto. Anche
le monache nelle loro clausure hanno le
procuratrici, come le hanno alcune loro
congregazioni e denominate procurataci
generali. Destinato il procuratore gene-
rale al servizio di tutto I' ordine o con-
gregazione, è in conseguenza di tutte le
sue provincie, conventi, monasteri, col-
legi o case , il rappresentante del mede-
simo, quello che veglia al suo decoro, ai
suoi bisogni. L'origine de'procuratori gè-
PRO
nerali nella curia romana è antichissima,
come ho rimarcato negli articoli speciali
che li riguardano, ed incominciò in dif-
ferenti epoche, a seconda di quelle dell'i-
stituzione di sua corporazione, o de'loro
bisogni spirituali e temporali colla sede
apostolica, per ottenere dalla sua mater-
na benignità indulti, dispense, benepla-
citi, privilegi, indulgenze e altre grazie,
non che per rispondere del proprio or-
cline o congregazione. Anteriore o con-
temporanea all'origine de'procuratori ge-
nerali fu quella del Protettore [F.) de-
gli ordini e congregazioni religiose, nel
quale articolo pure parlo de'procuratori
generali. I procuratori generali dimora-
rono sempre ne' conventi , monasteri e
ospizi di Roma o de'luoghi ne'quali per
le vicende de'tempi si trasferì la romana
curia col Papa; quindi furono a Perugia,
Orvieto, Asisiy Filerbo, Anagni e pre-
cipuamente in Avignone, ove fecero re-
sidenza diversi Papi. Avvicinando i pro-
curatori generali i Pontefici, i cardinali,
la prelatura, poterono essere conosciuti t
ineriti di moltissimi, venendo impiegati
in gravissimi affari della Chiesa e fatti con-
sultori, esaminatori, vescovi e cardinali,
e qualcuno fu degno del sommo ponti-
ficalo, come Sisto IV, Sisto V e Grego-
rio XVI. Piacque alla s. Sede di qualifi-
care molti de'procuratori generali, massi •
me degli ordini Mendicanti (F.)t con dare
ad essi luogo nelle Cappelle ponti fìjcie{f' '.),
anche delle congregazioni monastiche o-
rientali, e con ammetterli a sermoneg-
giare e predicare nelle slesse cappelle in
tempo della messa solenne, cioè nelle do-
meniche dell'avvento e di quaresima, co-
me per altre ricorrenze, e con quelle pre-
cedenze che con diffusione descrissi al ci-
tato articolo. I procuratori godono ne'lo-
roordi ni e congregazioni distinzioni e pri -
vilegi, venendo eletti per quel tempo che
prescrivono le loro regole e costituzioni.
Ordinariamente i procuratori hanno pro-
prio sigillo , il quale andò sottoposto a
cambiamenti. In alcuni ordini regolari vi
PRO 27^
hanno de'procuratori delle missioni loro
affidale, delle quali parlai ai loro artico-
li. F. Religiosi e Religiose.
PRODIGIO. F. Miracolo.
PROFESSIONE DI FEDE, Projes-
sio F'idei, Sac'ramentum ex formula ca-
thoì cae professionis dicere. Dichiarazio-
ne. pubblica„ed in iscritto sulla credenza
della Fede (F.) Cattolica (F.) , o Con-
fessione /li fede (F.)j dichiarazione so-
lenne della propria credenza sulla reli-
gione, che anticamente si faceva innanzi
le reliquie de'martirio sull'ambone, co-
me dissi a Pulpito, sul quale ne'concilii
si pronunzia dal Papa e dagli altri , al
modo che descrissi nel voi. XV, p. i 74-
E antichissima, e nel libro Diurno (F.)
sono registrate le forinole delle profes-
sioni di fede fatte dai romani Pontefici.
F. Simbolo. Dichiara Derni no, Istoria di
tutte l'eresie, che la confessione o profes-
sione di fede spetta al Pontefice della me-
desima, il Papa, senza la cui approvazio-
ne, o consenso de'suoi legati, mai in tutti i
concili*! fu stabilita alcuna confessione o
professione di fede. Quella che il dottore
s. Basilio mandò a Giuliano apostata, era
concepita così : » Secundum immacula-
tam f idem chrislianorum , quam divini-
tus sumus sorliti , confiteor et polliceoi
credere in unum Deum Patrem omnipo-
tentem, Deum Patrem , Deum Filium ,
Deum Spiritimi sanclum unum Deum,
tria adoro et glorifico. Confiteor auteiu
incarnatati! Filii dispensationem, et Dei
genitricem s. Mariam qùae illuni secun-
dum cameni peperit. Suscipioautem,et
sanctos Apostolos, Prophetas et Marty-
res, et ad supplicalionem quae est a Deum
hos invoco, ut per eos, idestper jnterven-
tionetn eorum, propitius mi hi sit mise-
ricors Deus,etculparum mihi redemptio
fiat, et condonetur. Unde et characlere*
Imaginem eorum honoro et adoro. Prae-
cipue cum hoc traditimi a sanctis Apo-
stolis, et non prohibitum sit, quiu et in
omnibus ecclesiis nostris ostenditur de-
pictum ". Papa s. Ormisda del 5i4 *•
?.8o PRO
▼endo ricevuto dall'imperatore Anasta-
sio ambasciatori laici in negozio di reli-
gione e scoperti quali eretici, li rimandò
a Costantinopoli, notificando all'impera-
tore, che la nostra volontà si conosce più
dai fatti che dalle parole; ed acciocché
il cattivo esito del l'affare si attribuisse ai
raggiri dell'imperatore e non a lui, spe-
di in oriente molte lettere pei suoi legati
al medesimo, al vescovo, al clero e altri
personaggi, tutte ripiene di santo zelo, e
loro diede una nuova confessione di fede,
acciò la sottoscrivesse chi voleva comuni-
car colla s. Sede, tutto narrando il citato
Bernino, parlando di questa professione di
fede prescritta agli orientali. L' impera-
tore Giustino I fu ili. ° imperatore ad es-
sere incoronato nel 525 dal Papa che fu
s. Giovanni I , ma prima della benedi-
zione fece la professione di fede a voce
e in iscritto, rito che poi fu sempre pra-
ticato nella coronazione dell'Imperatore
(J7.), con formola che ivi riportai. Ve-
dasi Marlene , De anliq. eccl. ritib. lib.
2, cap. 9. Quando l'imperatore Giovan-
ni I Paleologo abiurò gli errori de'greci
a Urbano V, fece la professione di fede.
Giustiniano I nel 536 voleva obbligare
Papa s. Agapito I a comunicare con An-
timo vescovo eretico , al che vigorosa-
mente ricusandosi il Pontefice, a questi
I imperatore ravveduto trasmise la pro-
fessione di fede, di proprio pugno sotto-
scritta, che si legge in Labbé, Condì, t.
4, p. 1801. Papa s. Gregorio I nel 590,
dopo la sua elezione, nel la lettera che scris-
se ai patriarchi di oriente, inserì la sua
professione di fede, secondo la disciplina
d'allora, e confermò il decretato cle'con-
cilii di Pficea, Costantinopoli I., Efeso,
Calcedonia e quello di Costantinopoli
detto Quinto sinodo. V. Lettere apo-
stoliche , Giudizi di Dio, Giuramento,
Purgazione, in cui parlo delle diverse spe-
cie delle professioni di fede. Teodoro I
nel 648 scomunicò il patriarca Paolo ,
perchè ad onta della professione di fede
era tornato agli errori dc'monotcliti. Nar-
PRO
ra Torrigìo, Grotte Vaticane,^. 177, che
Felice arcivescovo di Ravenna, avendo
fatto in Roma la professione di fede con-
tro sua voglia , e di ciò accortosi Papa
Costantino, nel 713 la fece porre in i-
scrittura sull'altare di s. Pietro, dove mi-
racolosamente fu trovata quasi tutta bru-
ciata, laonde Felice pentitosi dell'errore
e fatta penitenza, divenne di vita santis-
sima. A Chiesa di s. Pietro in Vaticano,
parlando dell'aitare papale che sovrasta
la tomba del principe degli apostoli, ho
detto che avanti di esso gl'imperatori cat-
tolici si d'oriente che d'occidertte faceva-
no la professione di fede, ed i calunniati
dichiaravano la propria innocenza. Nel-
l'opuscolo, «Se al romano Pontefice con-
venga di abitare a s. Pietro , p. 44> os*
serva 1' Olstenio che nella basilica Vati-
cana il Papa nella sua consagrazione pre-
slava il giuramento sul corpo di s. Pie-
tro , de bene administrando Pontifica-
tu,con formola riportata nel Diurno cap.
9. Qui nel medesimo tempo il Pontefice
faceva la professione di fede, e ne man-
dava copia a' principi e patriarchi , po-
nendo l'originale sul corpo di s. Pietro,
come si ha dal cap. iodi detto libro. In-
di faceva la prima e solenne allocuzione
al popolo, pregando poi pel felice gover-
no della cristianità nel Pontificato (P.),
il che corrisponde- alle odierne Encicli-
che e Giubilei (^.). Si può eziandio ve-
dere Elezione de' sommi pontefici, ed E-
sclusiva.
Novaes nel t. 2 delle Dìssert. sulle vi-
te de' Papi, a p. 58 dice che nel VI se-
colo era in uso che i Pontefici dopo la
loro elezione facessero immantinente la
professione di fede , in cui confessavano
di tener la fede del concilio di Calcedo-
nia (P.) e degli altri concilii generali, e
poi l'inviavano alle altre chiese. Ciacco-
lilo afferma che Bonifacio Vili la fece
nella sua consagrazione; ma il Pagi lo
confuta nel Breviar. gesl. Rom. Pont., di-
cendola supposta, e che già i Pontefici da
gran tempo prima erano soliti di fai la,
PRO
com'è manifesto dalla solenne profes-
sione , eh' essi prestavano allorché eletti
Papi erano sul punto di consagrarsi , la
qual forinola viene riferita da Baronio,
Annoi, eccl. an. 869, n.° 5g, e da molte
altre pubblicate da Garnier nel libro
Diurno Rom. Pont.- Oltre di che s. Ge-
lasio I eletto nel 4g2J in una lettera pres-
so Labbé, Concil. t. 4> P- « '63, dice a-
pertamente : »Mos est romanae ecclesiae
sacerdoti noviterconstituto formam fidei
suae ad s. Ecclesiam prorogare". Di s. Gre-
gorio 1, allegato da Novaes, lo dissi diso-
pra. La stessa professione di fede, dopo la
loro canonica elezione, trasmettevano ai
sovrani,- chiamandola sinodica, non solo
per autenticare la legittima loro promo-
zione, ma anche per dare ad essi una re-
gola di credere , dovendo ai donimi del
romano Pontefice uniformarsi ogni prin-
cipe cattolico, ogni imperatore, ogni re,
come disse Venanzio Fortuna lo7 adJust.
lib., p. 3^1. Stima dunque il critico Pa-
gi che l'usanza di fare la professione di
fede, subito che il Papa è eletto, sia ces-
sata iu Urbano II del 1088, poiché dal-
la lettera circolare di sua elezione, pres-
so Mabillon, Mas. Ital. t. 1, par. 2, p.
4^, si legge: wConstat Urbanum II non
ernisisse fidei professionem , a romani*
Pontificibus emitti solitam , sed tantum
declarasse se in omnibus Gregorii VII ,
decessoris sui vestigiis inhaesurum". Sem-
bra però a Garnier, nelle note al citalo
libro Diurno cap. i, §§ 33 e 35, p. 170,
che tale uso cominciasse a cessare nel-
l'intervallo tra il pontificato di Bonifacio
"Vili, mentre il Ciacconio da questi lo fa
derivare, al concilio di Costanza. «Nana
Constantientes eam formulam velut an-
tiquitatam, aliquatenus revocare velie ad
usum visi sunt cum sess. 3g statuerunt,
qua formula summusPontifex, antequam
ipsius electio publicaretur , fidem suam
profiteretur". Vedasi Lambertini, De ca-
non, ss. lib. 8, cap. 12, n.° 3. Il p. Bec-
chetti, descrivendo nella Storia ecclesia-
stica i fasti del concilio di Costanza, tratta
PRO 281
eruditamente di questa professione di fe-
de, ed è di sentimento chei Papi comin-
ciassero a cessare di farla fino da Clemen-
te V, quando trasferì la residenza in A-
vignone,dove trascurarono questo uso
romano.
Al presente appena eletto il Papa sot-
toscrive le lettere di partecipazione di sua
esaltazione ai cardinali che non si reca-
rono al conclave, ed a tutti i sovrani, co-
me di Gregorio XVI dissi nel voi. XV ,
p.'3l7. Quindi nel i.° concistoro segreto
checonvoca, visi reca in pivialerossoemi-
tra d'oro (mentre agli altri segreti ince-
de colla falda, mozzetta e stola), ringra-
zia il sagro collegio di averlo elevato al
pontificato, poi giura formalmente di os-
servare le bolle e costituzioni apostoliche
o pontificie (le notai nelvol.XV, p. 24^
e 287 ed altrove), dopo la loro lettura, e
pronunzia la professione di fede. Tutto
dissi a Concistoro e articoli relativi, e no-
minatamente parlando di Gregorio XII F,
BenedettoXIII, Clemente XIV, Pio Vili,
Gregorio XVI. Nella schedula stampata
chedistribuisconoi cursori apostolici per
detto concistoro si dice (per quelle di Pio
Vili e di Gregorio XVI): » MoxSan-
ctitas sua, rebus consistorialibus abso-
lutis, inviolabilem nonnullarum praede-
cessorum suorum constitutionum obser-
vantiam promittet, atque jurabit ". Nel
voi. XV, p. 245 riportai come Gregorio
XVI prestò il giuramento di osservare le
costituzioni apostoliche , enumerando le
principali, ratificandolo col tatto degli e-
vangeli. Nel n.° 60 del Diario di Roma
1846 si legge come il regnante Pio IX
nel suo i.° concistoro espresse le più di-
stinte grazie al s. collegio con dotta ed
elegante allocuzione, cui rispose il cardi-
nal Macchi sotto decano in nome e per
parte de'suoi colleghi con analogo discor-
so. In fine il Papafece giusta il costume
la professione della fede, e prestò il giu-
ramentoallccoslituzioni apostoliche. An-
ticamente nei conclavi sisolevanodai car-
dinali formare, sottoscrivere e giurare
282 PRO
alcuni capitoli, perla buona amministra-
zione del pontificato e altro, quali rati-
fjcava l'eletto Papa : ne parlai inpiu luo-
ghi e ne' voi. XV, p. 280,284, 285, LI I,
p. 275 e 276. Inoltre a Presbiterio del
Papa dissi che questo già nel IX secolo
era solito di promettere il mantenimen-
to delle cose spirituali e temporali. Leg-
go in Riganti, De Prolonotariis, p. 3i,
che anticamente spettava ai notari della
s. Sede lo scrivere la professione di fede,
che i Papi facevano avanti la consagra -
zione , dopo di che i notari la sottoscri-
vevano per autenticità del seguito atto.
Inoltre i Papi rinnovano la professione di
fede prima di morire, ed a Penitenziere
maggiore notai che talvolta essi la lessero
per mancanza di forze nell'agonizzante
Pontefice. A Estrema unzione parlai di
quei Papi che la ricevettero due volte, e
che peraltreltante fecero la professione di
fede'. Il ven. Innocenzo XI toccò colla ma-
no la formola della professione di fede ,
in segno di piena adesione. Clemente XI
Ja fece sottoscrivere dal maggiordomo nel
timore che gli si volesse far firmare qual-
che carta in bene del cardinal nipote: glie-
l'avea presentata il prefetto de' ceremo-
nieri. Innocenzo XIII la sottoscrisse a te-
nore del costume. Egualmente volle sot-
toscriverla Benedetto XIV, dopo diche
segnò ancora il decreto di beatificazione
del ven. Francesco di Girolamo gesuita,
al dire di Novaes; leggo però nell'interes-
hanlissimo Mss. del successivo conclave,
che il decreto constare de virtutibus di
tal servo di Dio l'avea pubblicatone! gior-
no avanti, per cui uscì il motto : Infine
dilcxit eos. Più, che il Papa due volte si
comunicò per Viatico, ricevè l'estrema
unzione e fece la professione di fede, cioè
nel 1756 e nel 1758 epoca della morte.
Temendosi della vita di Clemente XIII,
dopo l'estrema unzione gli fu letta la for-
inola della professione di fede, ed egli la
sottoscrisse seguendo il costante costume
de' buoi predecessori , indi guarì. E per
non dire di altri, Pio VI avanti di rice-
PRO
vere il Viatico, alla presenza de'suoi fa-
migliari, avendo assunto i preti gli abiti
sacerdotali , fece leggere dal maestro di
camera la professione di fede cattolica ro-
mana, l'accompagnò coli' intelletto, indi
la confermò col porre una mano sul pro-
prio petto, l'altra sopra l'evangelo.
I cardinali prima di ricevere il cappello
cardinalizio, e nel giorno del loro ingres-
so in conclave giurano le medesime e al-
tre costituzioni apostoliche, e nella i," di
dette funzioni fanno ilgiuramento anche
di fedeltà alias. Sede ed al Papa, il qua-
le giuramento rinnovano in altre parti-
colari circostanze: lo si può vedere ne' voi.
IX, p. 177,184, i85, 25i,XVjp. 269,
XVI , p. 3oo e 3 io. II cardinale poi che
fuori di Roma riceve la Berretta cardi-
nalizia {V.)t deve prima fare il giura-
mento di fedeltà al Papa nelle mani del-
Yablegato apostolico, ed alla presenza di
persona costituita in ecclesiastica dignità,
come dissi a Ravenna, parlando del giura-
mento del cardinal Baluffi. Ogni cardinal
Camerlengo del s. Collegio (P.) presta
giuramento al Papa pel fedele esercizio del
suo uffizio. Benedetto XIV fece stampa-
re in Roma neh 755: Conslitutiones a-
postolicae et decreta consistorialia quae
furanlur, ac formula /tiramenti praesta-
ri solita a S. R. E. Cardinalibus, durn
ad cardinalalum promoventur. Il giura-
mento de'cardinalt viene da alcuni chia-
mato anche professione di fede, ed è un
trasunto delle bolle e costituzioni pon-
tificie e.dei decreti concistoriali che giu-
rano ; a me propriamente non pare, co-
me si potrà dedurre da' seguenti argo-
menti , non riguardanti dommi di fede.
Le bolle e costituzioni pontificie sono:
1 .* Admonet nos, di s. Pio V , in cui si
proibisce alienare e infeudare le città e
luoghi del dominio temporale e Sovra-
nità della s. romana chiesa. 2.* Roma-
nus Ponlifex, di Sisto V, sulla visita dei
sagri Limi ni ( prima anche quelle dello
stesso Papa sul tesoro da lui riposto in
Castel s. Angelo : Ad clavum, Anno su-
PRO
periore, Elsi nos). 3." Qtiac ab hac s.
Sede, d'Innocenzo IX, di estensione e con-
ferma della bolla di s. Pio V e delle np-
provazioni di Gregorio XIII , Sisto V e
Gregorio XIV. 4-* 4d Romani, di Cle-
mente Vili, confermatola di quelle di s.
Pio Ve Innocenzo IX. 5." Romanum de-
cet, di Gregorio XV, di applicazione al-
la congregazione depropagandafidejsuV
l'emolumento dell'anello cardinalizio. 6."
Ad Romani, di Urbano Vili, di confer-
ma alla bolla di Gregorio XV, su\Y ele-
zione de' Papi e suo ceremoniale. 7/ Mi-
li tantis ecclesiae,à' Innocenzo X, in fa-
vore del titolo, iusegne ed eguaglianza dei
cardinali. 8.a Inter caeteras,d\ Alessan-
dro VII, pel divieto di alienare i domimi
della Chiesa. g.a Romanum decet Poti-
tijlcem, d'Innocenzo XII, sul beneficare
con moderazione i parenti. I decreti con-
cistoriali sono : i .° Sanctissimus Domi-
nus, di Clemente Vili, declaratorio cir-
ca la disposizione di Gregorio XIV e re-
lativo alla bolla dis. PioV. 2.0 Cognitus,
di Urbano Vili , sulla devoluzione del
ducato d' Urbino. 3° Probe, di Alessan-
dro VII, suir incorporazione ai dominii
della s. Sede del ducato di Castro e del-
lo slato di Roiìciglione.
Paolo IV fu l'autore della professione
di fede che fanno i Fescovi {V.), nel pren-
dere possesso del vescovato; ed altrettan-
to voleva prescrivere ai Predicatori (!'.),
ai quali poi venne imposta. Pio IV colla
bolla In sacrosancla, de' i3 novembre
i564> Bull. Rom. t. 4j P«t- 2 y p. 201,
istituì la forinola e professione di fede da
recitarsi da qualunque persona, che fosse
promossaa qualsivoglia magistero di scuo-
le pubbliche, di università e arti libera-
li. Inoltre nello stesso giorno Pio IV col-
la bolla lnjunctum nobis, riportata a p.
204, prescrisse la forinola della professio-
ne di fede ortodossa da farsi dai provvisti
de'beneflzi ecclesiastici curati, cauonici, e
dalle dignità, come delle chiese abbazia-
li e monasteri nullius, ed altri luoghi di
ordini regolari e militari, inclusivamen-
PRO a83
te ai trasferimenti alle cattedrali, ezian-
dio esistenti nelle parti degl'infedeli; la
quale professione di fede, come dissi nel
voi. XV, p. 226, i nuovi vescovi la fan-
no in curia avanti' la Proposizione [V.)
del concistoro; se fuori di Roma, ai nun-
zi o a chi n'è deputato dalla s. Sede; se
presenti in curia, all' Uditore del Papa
(F.), con quelle avvertenze ivi notate e
oltre il giuramento, ivi parlandodi quello
edella professione di fede de'vescovi cardi -
nali. La forinola del giuramento di fedeltà
da prestarsi dai vescovi e da altri prelati
che sono tenuti a prestarlo, con qualche
variazione secondo la persona ed i casi, si
legge neWeDec retali 1. 2, tit.24, Dejurejti-
rando,c. 4 che incomincia: Ego N. Episco-
pio, Il concilio di Trento ricevette con ve-
nerazione il decreto di Pio IV, il quale fu
poi appio vaio colle bolle di Gregorio XIV
nel «591, di Urbano Vili uel 1627, di
Benedetto XIV nel 1740 e 1757. Sicco-
me pel decretato nel i63o da Urbano
Vili i cardinali doveano emettere la pro-
fessione di fede nelle mani di chi li con-
sagrava , furono dispensati dallo stesso
BenedeltoXIV, autorizzandoli a farla nel-
la propria cappella innanzi 1' immagine
del Crocefisso, prescrivendo che dovesse-
ro sottoscrivere la forinola in principio e
nel fine della stessa, per poi inserirsi nel
processo formatosopra lostatodellechie-
se , sia nelle promozioni, sia nelle trasla-
zionij essendo la professione di fede ne-
cessaria a tutti i vescovi ne'due casi, an-
zi indispensabile, giacché è per rationeec-
clesìae , non ratione personam. Sisto V
colla bolla Romanus Pontifex,\\ aggiun-
se il giuramento di fedeltà alla s. Sec\e ed
al Papa. Poscia Urbano Vili ordinò nel
1625, che nell'Italia ed isole adiacenti il
giurameli tosi debba fare insieme alla pro-
fessione di fede entro il termine di tre
mesi; in Germania, Ungheria, Francia e
Spagna dentro quattro mesi ; Polonia e
Portogallo nello spazio di cinque, e nel-
)' Indie orientali e occidentali entro tre
anni. I cardinali presenti incuria presta-
284 PR°
no il giuramento nelle mani del Papa al
fine del concistoro in cui sono preconiz-
zati: i cardinali assenti lo mandano in Ro-
ma e talvolta non lo prestano, non es-
sendo ai cardinali strettamente obbliga-
torio di prestarlo, dopo quello emesso pri-
ma di ricevere il cappello cardinalizio. A.
chi e come in Roma i vescovi fanno la
professione di fede lo dissi a Concistoro,
e precisamente nel voi. XV, p. 235. Ve-
dasi Rrocardo, Professio Fidei Catholi-
cae secundum veras verae fidei regulas
explicata , Venetiis 1760. Ferrari, Bi-
blioteca canonica, verbo Fidei profes-
sio, in cui enumera tutti quelli che devono
fare la professione di fede, incoraiuciando
dai battezzandi, giudici, medici, chirur-
ghi , confessori, ec. Anche in diversi or-
dini militari ed equestri, chi vi è ammes-
so deve fare la professione di fede : la for-
inola di quella de' ss. Maurizio e Lazza-
ro si legge nel Ceremoniale del mede-
simo ordine a p. 8. JNel Pontificale Ro-
inanimi : De consecral. electi episcopi, vi
è la formola del giuramento; e nell'Or-
bo ad Synoduni pure vi è la formola del
giuramento. Delle professioni di fede de-
gli orientali e degli acattolici o eterodos-
si ritornati alla fede cattolica, ne parlo ai
loro molti articoli. Delle strane diversità
di confessioni o professioni di fededei set-
tari ed eretici, egualmente parlo ai loro
articoli, come ad Augustana confessio-
ne, Confessione di fede, Interim, Lute-
rani , Protestanti. Vedasi I' opuscolo :
Cerimonie sagre o solenne professione di
fede al catlolicismo di Giacomo Lom-
broso, letterato israelita, nella chiesa dei
pp. Barnabiti di Moncalieri il dì 28 ot-
tobre 1 84-4--
PROFESSIONE RELIGIOSA, Pro-
fessio volorumj Professione solenne, Pro-
fessio solernnisjV rofessionedi 3 voti, Pro-
fessio ternaria^ Professione di 4voli , Pro-
fessio quaternaria: così Felici ntW'Ono-
masticarli romanum. Promessa pubblica
e solenne che fa un Religioso (Pr.) od li-
na Religiosa (f.) di osservare i 3 Foli
PRO
(Z7.) di povertà, di castità e ubbidienza,
ed altro a seconda dell'istituto, non che
la regola dell' ordine o congregazione che
abbracciò.
PROFETA, Propheta, Vales. Que-
gli cheantivede e annunzia il futuro, col-
la Profezia, Prophetia, Vaticinium, os-
sia quel che si predice: Profetessa, Pro-
phetissa, donna che profeta o profetiz-
za. Osserva Macri che Profeta, oltre il
significare quello che predice le cose fu-
ture, Videns, nel nuovo Testamento si è
*■* estesa a maggior significazione, partico-
larmente presso s. Paolo, dove significa
espositore che dichiara le cose oscure del-
la Scrittura, e di tali persone, uomini e
donne, ve n'era nella primitiva chiesa
tanta quantità, che fu necessitato 1' apo-
stolo a ridurli a qualche ordine e regola
nel parlare in pubblico. Agli ebrei fu det-
to: Prophetabunt filii veslri etfiliaeve-
slrae, e contano 7 profetesse. Se ne co-
noscono 6, l'altra è contro versa, cioè: Ma-
ria sorella di Mosè, Deboia che giudicò
gl'israeliti e combattè per es>i, Anna ma-
dre di Samuele, Abigail, Holda, Esther:
la 7-a chi dice le 4 ostetrici o levatrici del-
l'Egitto riunendole in una, chi vuole Sa-
ra, i più propendono per Giuditta. Pro-
fetesse de'gentili furono le Sibille. La
Scrittura chiama i profeti uomini di Dio,
angeli e inviati del Signore. La via or-
dinaria perla quale Iddio comunicavasi
ai profeti era l'ispirazione, illuminando
il loro spirito, ed eccitando la loro volon-
tà a pubblicare ciò eh' egli faceva loro
conoscere interiormente. E" in questo sen-
so che si ritengono profeti tutti gli au-
tori de'libri canonici. Dio si comunicò al-
tresì per mezzo di sogni e di visioni, co-
me a Giacobbe ed a s. Pietro; in una
nuvola come ad A bramo, a Giobbe ed
a Mosè, ed a quest'ultimo anche per mez-
zo d'una voce articolata nel roveto ar-
dente e sul Monte Sinai, ed a Samuele
mentre dormiva nel tempio. Degli Ora-
coli (F.) che Dio rese a mezzo dell' urini
e ihuininini feci paróla a Efod. A Giudea
PRO
riportai la cronologia de'profeti, cioè 4
maggiorinosi chiamati perchè le loro pro-
fezie sono più lunghe e più estese, !2 mi-
nori , e altri i5 che sogliono porsi nel
novero de'profeti ebrei: Baruch viene or-
dinariamente compreso con Geremia.
Nell'antico Testamento abbiamo gli scrit-
ti de'profeti maggiori e de'profeti mino-
ri: degli altri non è rimasto alcuno scrit-
to o almeno non giunse sino a noi. Nel
nuovo Testamento si rammentano altri
profeti, e sono celebri negli Atti degli a-
postoli le 4fig'ie vergini di Filippoevan-
gelista, le quali profetizzavano, oltre s.
Giovanni per la sua Apocalisse: nello
stesso nuovo Testamento si contano 3 al-
tre profetesse, la B. Vergine, s. Elisabet-
ta ed Anna figlia di Phanuele. I profeti
del nuovo Testamento sono di missione
straordinaria, come gli apostoli e gli e-
vangelisti. Secondo s. Agostino i profèti
erano i teologi, i dottori e le guide del
popolo ebreo nelle vie della salute. Essi
viveano d'ordinario separati dal popolo
nel ritiro alla campagna o fra comunità,
ove occupavansi co'loro discepoli nella
preghiera ,nello studio e nel travaglio ma-
nuale, in un modo però che non fosse in-
compatibile colla tranquillità richiesta
dal loro carattere. Le loro dimore fab-
bricate da essi medesimi erano semplicis-
sime. I loro abiti erano dimessi ed il lo-
ro cibo assai frugale. Benché tutti non
osservassero la continenza, non tenevano
donne nelle loro comunità, e scorgesi in
tutti i loro scritti la loro riservatezza a
riguardo del sesso. Molti vennero assai
maltrattati a motivo delle loro predizio-
ni: alcuni furono pure messi a morte in
modo crudele. La Chiesa gli onora, li no-
mina nelle litanie de'santi, legge le loro
profezie, e ne venera alcuni; ad altri fu-
rono erette delle chiese, e Macri dice che
si chiamò Propheteum tale chiesa, par-
lando delle reliquie di s. Samuele pro-
feta. In molle chiese vediamo le imma-
gini de'profeti o le rappresentazioni del-
le cose da loro profetizzale, massime quel-
PRO 285
le relative ai misteri della nostra s. reli-
gione. Nella basilica Lateranense, prima
chiesa del mondo, decorano la nave prin-
cipale, oltre le sta tue colossali de'i 2 Apo-
stoli, sopra di esse altrettanti quadri in
forma oVale dipinti a olio da abili artisti
rappresentanti ii2Profeli,secondoleloro
predizioni e con analoghe epigrafi, essen-
do fra ledette statue ed ovali egual nume-
ro di bassorilievi di stucco esprimenti fi-
gure dell'antico e nuovo Testamento. Si
vede il profeta Abdia in atto di ascoltare
la tromba del giudizio universale; Isaia
in atto di leggere il codice profetico su
cui è il nome di Maria, e sotto il piede
il motto della sua predizione; Michea che
predisse a Betlemme la nascila del Re-
dentore, figurala col presepio e la croce;
Joele sedente in atto di meditare la ve-
nuta dello Spirilo santo, simboleggiata
dalia colomba e dalle lingue di fuoco;
Giona assiso sopra un colle sotto albero
d'edera secco, colla balena alla sinistra
e l'Angelo in aria che rimette la spada
nel fodero, in segno del perdono dalo da
Dioa'penitenti niniviti; Osea con un fan-
ciullo a'piedi con chiodi, e alla destra il
Redentore col vessillo trionfale in segno
di sua risurrezione da lui predetta; Da-
niele tra due Angeli, uno de'quali gli ad-
dita la croce, l'altro accenna in terra due
leoni, dal lago de'quali uscì illeso, olire
la fascia del zodiaco per indicar il mese
di marzo, nella cui luna fu consumata la
passione di Gesù Cristo, da Daniele va-
ticinata; Barue colla croce sostenuta da
un Angelo e con tavola nelle mani in cui
scrisse la venuta del Figlio di Dio nel
mondo ; Geremia piangente, coll'Angelo
che gli tocca il ginocchio con verga, e gli
accenna in aria la pentola ardente in si-
gnificato dell'ira divina, ed in lontanan-
za Gerusalemme che rovina; Ezechiele
che vede la gloria di Dio, figurala nel
misterioso carrotiralo da 4 animali, che
indicano gli attributi de'4 evangelisti;
Amos pastore con alcune pecorelle e la
croce in alto colla luna e il sole eclissa-
?.S6 PUÒ
lo nell'ora in cui Cristo spirò; Nuhum
«edente, con Angelo che tiene la croce e
la palma, in segno del trionfo riportato
da Cristo sul peccato.
Si chiamano profezie gli scritti e le pre-
dizioni de'profeti, ed esse vennero sempre
considerate nella Chiesa come una delle
prove più costanti e più sensibili della
verità della religione cristiana. L'aposto-
lo s. Pietro avea per l'autorità delle pro-
fezie sì grande deferenza, che preferì le
parole de'profeti a quanto vedeva co' suoi
propri occhi; giacché dopo aver riferito
il gran miracolo della trasfigurazione di
Gesù Cristo,di cui fu testimonio, aggiun-
ge che noi ne abbiamo una certezza an-
cora maggiore della di vi uilà di Gesù Cri-
sto, del suo regno e della sua «loria ne-
gli scritti de'profeti. La ragione che ne
adduce si è che la conoscenza dell'avve-
nire non appartiene che a Dio, e che è
impossibile ch'essa pervenga (ino agli uo-
mini in altra maniera che per divina ispi-
razione. Cosi le parole de'profeti sono le
parole di Dio stesso. Egli è perciò che
Gesù Cristo nel vangelo, gli apostoli nel-
le loro epistole, ed i padri nelle apologie
che hanno fatte in difesa del cristianesi-
mo, particolarmente dimostrano che le
profezie de'profeti si verificarono collo
stabilimento della religione cristiana. Es-
si non potevano in fatti convincere gl'in-
creduli in un modo più efficace, e s. Ago-
stino osserva che i pagani non trovaro-
no nitro mezzo di resistere alla forza di
queste prove, se non che dicendo che le
profezie erano stale fatte dopo avvenute
le cose predette: ma il santo medesimo
dimostra in più luoghi la falsità di que-
sta obbiezione. Egli si appella alla testi-
monianza stessa degli ebrei, nemici di no-
stra religione, e prova colla loro stessa
confessione l'antichità delle nostre pro-
fezie, di cui essi medesimi furono i de-
positarli, e che vennero sin da principio
scritte nella loro lingua. La Chiesa ha
introdotto molle di queste profezie nei
suoi uffizi. Nel voi. Vili, p. 2.85 e 3o6
PRO
parlai delle Lamentazioni (/'.), o me-
stissimi cantici di Geremia, che si canta-
no negli uffizi delle tenebre della setti-
mana santa; e della profezia d'Osea che
si dice il venerdì santo: nel voi. JX, p.
5 parlai delle XII Lezioni^.) della scrit-
tura che sono dette profezie, dopo la be-
nedizione del Cereo; le quali profezie si
leggono senza titolo e sono tramezzate
da'eantici, tratti, orazioni, collette, che
tuttealltidorioalZ?rf/te.?i//ioJ ch'è la prin-
cipale funzione del sabbato santo, come
il i . e più necessario sagra mento. Nella
vigilia di Pentecoste dopo l'ora di nona
si leggono le 6 profezie, col l'ordine no-
tato nel messale romano, senza titolo e
senza candele accese sino al priuci pio del-
la messa, come nel sabbato santo, in fi-
ne delle quali si dicono le orazioni, sen-
za l'invito alla Preghiera (/^.), del Fle-
ctamus genita, per essere tempo pasqua-
le, come dichiarano i commentatori li-
turgici. Terminato il canto delle profe-
zie, dove vi è il Fonte battesimale, si os-
serva il prescritto dal messale, premesso
l'intiero titolo; non essendovi, finita l'ul-
tima profezia colla sua orazione, si can-
tano le Litanie de'santi. Nel voi. XXIV,
p. 223, ricordai l'uso di certe rappresen-
tanze di profeti con recite di profezie,
che si facevano in quelle feste, che poi la
Chiesa proibì. Amplissimo numero di va-
ticini e predizioni de* profeti raccolsero
Eusebio nel lib. i della Dimostrazione
evangelica, e l'autore dell'opera, De prò-
missionibus et praedictionibus Dei, par.
3, cap. 35; poscia altri fecero il simile,
come Uezio, in Dem. Ei'ang.j Wils in
Miscel. sacr.j ed il Fabricio, Salutari*
lux Evangelii toti orbi per divina m gra-
tiani exoriens. Ruperli Abbatis, Coni'
meniti riorum in prophetas et alia opera,
i 52y. Elarione, 1 dodici profeti minori ,
Foligno i/49- Antonino Barcellona, Pa-
rafrasi delle profezie de'profeti maggio-
ri, Isaia, Geremia, Ezechiele, Daniele:
Parafrasi delle profezie de' profeti mi-
nori: Osea, G ioide, Amos, Abdia, Gio-
PRO
na, Michea, JVahum, Alante, So fonia,
Aggeo, Zaccaria, Malachia, "Venezia
1 827. Navarro, Illustrazioni sui profeti
Ezechiele e Davide con il testo, Napoli
1 845. Heumann de Lehniun, Prophetie
avec nolespar Z?om>ero/., Bruxelles 1 846.
Cancellieri, Notizie sulla nascila del Re-
dentore, ap. 48 riporta un elenco di scrit-
tori sui profeti che la predissero coi loro
vaticini ; imperocché la venuta del Mes-
sia [V.) fu annunziata dai profeti e con
varie figure adombrata nel vecchio Te-
slamento, principalmente da Giacobbe,
Davide, Isaia, ec. Fu attribuito a Papa
s. Telesforo del 142 un libro di profe-
zie, che mss. si conservava in Venezia;
ma questo, secondo i critici, è opera di
nitro Telesforo romito del 1 386, come
attestano Wion, in Ligno Crucis, e Pos-
sevino, in Apparati!. Avvertirò poi con
Sarnelli, Leti. eccl. t. 7, lelt. 5i, come
alcuni limino slimato, che oltre a'sacer-
doti e re, si ungessero ancora i profeti,
fondandosi nelle parole del 3.° libro de'
Re, cap. 19, dove Dio 01 dina a Elia, che
unga redi Soria Azael, d'Israele Jehu, ed
Eliseo profeta; ma quella parola ungere
significa solamente designare e deputa-
re, come nel cap. 98 de' Giudici. E di fat-
to Elia non unse Azael, e Jehu fu unto
da altro profeta ; ne si trova nella Scrit-
tura che questa ceremonia di ungere si
facesse coi profeti.
Sono famose le profezie fatte sui roma-
ni Pontefici, per cui non posso tralascia-
re di riportarne qualche erudizione. A
s. Malachia {Tr. ) arcivescovo d'Armagli
furono attribuite volgarmente quelle pro-
fezie sui Papi che incominciano con Ce-
lestino Il del 1 143, mentre il preleso
autore morì nel 1 148. Il primo a pub-
blicarle fu il p. Arnoldo Wion benedet-
tino, Ligno vitae, lib. 2, cap. 4°, p. 3o,
il quale vivendo nel 1 595, cioè 447 anni
dopo s. Malachia, non dice da chi le ri-
cevette. Varie edizioni ne furono fatte,
correndo ognuno a questi libri sibillini,
cornea fogli caduti dal cielo. Fu il p. Me-
PRO 287
neslrier gesuita che nel 1689 levò la ma-
schera a tali imposlure,talmente che stol-
to sarebbe chi ora non le tenesse per quel
che sono, come dichiara Novaes nella StO'
ri-a de' Pontefici j sebbene nel t. 3, p. 4^
e seg. le riporta, per compiacere quelli
che si dilettano di simili profezie, con ap-
plicate una qualche stentata spiegazione
;id ognuna, che a dire il vero non può
essere più stiracchiata, laonde non lecre-
do convenienti di riproduzione. In fatti
presso i critici, ad onta della loro rino-
manza, queste sedicenti profezie presto
caddero in discredilo, onde i sensati le
disprezzano e non curano. Ebbero non-
dimeno tenaci difensori, per un malin-
teso spirito di pietà e di eccessiva credu-
lità,che li strascinòsenza badarealla pru-
dente critica. Oltre che Wion non sep-
pe rendere ragione da chi ricavasse que-
ste profezie, niuno scrittore a s. Malachia
coevo ne fa menzione, inclusivamente al
suo amicissimo s. Bernardo, il quale ne
scrisse la vita con molla diligenza. Inol-
tre in quesle profezie 8 antipapi si po-
sero tra'legil timi Pontefici, meno dueche
li qualifica per quel che furono,senza vo-
lere rimarcare i gravi sbagli cronologici,
mentre Dio non rivela le cose false, ed
è perciò che niun caso fecero di queste
fallaci profezie Baronio, Spondano, Bzo-
vio, Rainaldi e molti altri. Novaes slima
che sieno state composte nel 1 5go e fab-
bricate nel tempo del conclave in cui usci
eletto Gregorio XIV, dai partigiani del
cardinal Simoncelli (F.) di Orvieto, che
essi designarono colla profezia: De anti-
quitale Urbis. Quindi è ch'essendo faci-
le l'indovinar le cose passate, queste pro-
fezie dal suo principio fino a detto an-
no, cioè da Celestino II a Gregorio XIV,
facilmente si accomodano ai Papi suc-
cessivamente eletti; agli altri poi inco-
minciando da Gregorio XIV, siccome bi-
sognava indovinare il futuro, esse non si
possono applicare se non che con violen-
za e coti isforzo. Finora furono applicate
b 101 tra Papi e pseudo-pontefici; re
288 PRO
stano le seguenti: 102 Lumen in coelo.
io3 Jgnis ardens. io4 Religio depopu-
lata. 1 o5 Fides intrepida. 106 Pastor
angelicus. 1 07 Pastor et nauta. 1 08 Flos
fio rum. 109 De, medieUile luna. 1 io De
labore solis. 1 1 r Gloria olivae. 111 In
persectilione extrema s. r. ecclesiaesede-
bit Petrus (vedi Nome de'Papi) romanus
(in alcuni codici si legge secundus), qui
pascei oves in'multis tribulationìbus,qui-
bus transactis civilas Seplicollis dime-
tur, etjudex treme.ndusju.dica.bit (altri
leggono vindicabit) populum suum. A-
men. Se altro non vi fosse per doverle
credere una favola, basterebbe l'osser-
vare che per mezzo di esse noi non po-
tremmo più ignorare l'epoca della finedel
mondo, che Gesù Cristo espressamente
disse non avrebbero saputo mai i suoi ca-
ri apostoli , ne i seguaci suoi. Stando a
quesle volgari profezie di poco si potreb-
be sbagliare il tempo dell'estremo giu-
dizio, che da esse viene determinato. Ad
onta delle tante marchecherendonosup-
positi/.ie le dette profezie, tuttavia furo-
no pubblicate moltissime volte, trovan-
do in ogni tempo creduli che le ritenne-
ro per tali. Dopo il Wionchenel i5g5
le stampò in Venezia, abbiamo Girola-
mo Giannini domenicano, Vaticini del-
l'abbate Malachiaarcivescovo Armaca •
no, tradotti dal latino, Venezia 1601,
i65o, 1689. In questo anno si pubbli-
carono pure in Roma e in diversi altri
luoghi, come si ha daMassingam che l'in-
serì nel Florcleg. ss. Hiber., Parisiis 1 624.
Daniele G. Mollerò, Dissert. hist. de Ma-
lachia propheta pontificio, Altorf 1 706.
Profezia veridica di tutti i sommi Pon-
tefici (cioè da Celestino II) sino alla fi-
ne del mondo, fatta da s. Malachia, Ve-
nezia 1670, 1075, 172 1. Gio. Germano
cisterciense, Addizione apologelico-isto-
ritaalla predizione circa i romani Pon-
tefici ec, Napoli 1675. Profezia de' som-
mi Pont. rom. con illustrazioni e note,
Ferrara '794- fra i critici che le con-
futarono souo da preferirsi i ISolluudisli,
PRO
nel Propylaeo ad Act. ss. Maxi, par. 1 ,
append. 4- Francesco Carriere conven-
tuale, Hist. cronol, Pontificum rom. cum
praesignationefulurorum ex s. Malachia
Lugduni 1602, i663, 16945 Venezia
1697. Gio. Pietro Graffio, diretto da Sa-
muele Andrea, volle sostenere contro la
lodata opera di Carriere la verità delle
profezie: Disquìsilio hislor. de successio'
nibus Pont. Rom. secundum praenota-
tionum Malachiae hiberno adscriptam,
Marburgi 1677. Claudio Fr. Menestrier
gesuita celebre per la sua erudizione, fu
il più forte avversario di queste profezie:
Réfulalion des prophetiesfaussement al-
tribuées à s. Malachie sur les elcclions
des Papes, Paris 1689. Contro di lui e
il Carriere insorse il luterano Teodoro
Grugero: Commentano hist. de succes-
sione continua Pont. Rom. secundum va-
licinia Malachiae, a dubiis vindicata,
Wittebergae 1723. Angelo Gastaldi dot-
to barnabita confutò benissimo queste
profezie inventate dal capriccio d'un am-
bizioso, con dissertazione inserita nel t.
2 della Nuova raccolta degli opuscoli
scientifici, Venezia 1787.
Altre profezie sui Papi priucipalmen-
te, e si conobbero prima di quelle sedi-
centi di s. Malachia, sono del p. Gioac-
chino abbate della congregazione di Fio-
rì o Florense , e di Anselmo vescovo di
Marsico Nuovo (Pr.) , suo contempora-
neo, che furono pubblicate dopo Bonifa-
cio Vili. Del dotto e b.p. Gioacchino(f/.)
cisterciense, nato in Colico di Cosenza in
Calabria, fondatore di sua congregazio-
ne eabbate del monastero di Coraci, mor-
to prima deli2i5, e che visse ne'ponti-
ficati di Lucio III, Urbano 111, Gregorio
Vili, Clemente III, Celestino 111 e Inno-
cenzo III, colla noia di sue opere che sot-
topose al giudizio della Chiesa, parlai an-
che ne' voi. XI 11 , p. 217 , 2 18 , 2 19 ,
XXXVII, p. i54- Ivi dissi che tra le mol-
te grazie, di cui Dio volle arricchirlo, una
fu quella del dono della profezia , colla
«piale gli venne fallo di predire molte co-
PRO
se, e clie Innocenzo III condannò una
delle sue opere sulla ss. Trinità, ma fu
errore di mente, non di volontà : d'ordi-
ne di Clemente III scrisse sul commen-
to dell'Apocalisse. Tali profezie si conob-
bero neli25o, ePapebrocbio in Co nata
Chron. hist. dissert. 4f>P- 342> confutò
le 1 5 profezie da Nicolò III a Urbano VI>
le quali furono più volte pubblicate e so-
damente confutate in uno alle tante in-
terpretazioni die loro si diedero. Si dice
cbe furono opera del p. Gioacchino, o ese-
guite secondo lesuepredizioui,a!cuneem-
blematiclie figure di animali in mosaico
nel pavimento della chiesa di s. Marco in
Venezia, che si vogliono allusive alle ri-
voluzioni e guerre civili che successero
dopo di lui ; così pure le immagini de'ss.
Francesco e Domenico sopra l'arco della
porta del Tesoro, che si pretendono poste
per vaticinare gli ordini Francescano e
dei Predicatóri non ancora istituiti, seb*
bene vivessero i suddetti due santi che poi
li fondarono. Le accennate figure si crede
che fossero eseguite prima che venissero
alla luce le profezie, sulle quali tanto spe-
cularono i curiosi per indovinare la suc-
cessione dei Papi. In Venezia sembra che
le sue opere perla i .' volta fossero stampa-
te nel \5i<] apud Lazzarum de Soardis,
indi neh 5 19 per Simeonde Le vre, poscia
nel 1 5i<j in aedibusFrancisci Bindoni ac
Maphaei Pasini sodi i Exposilio magni
propheta ab. Joachim, etc. ; di queste e
altre edizioni tratta Tafuri, negli Opu-
scoli di Calogerà t. 24, p. 283, mentre
nel t. 33, p. 5o4 si ricordano le due se-
guenti j Vaticini ovvero profezie dell'ab*
Gioacchino e di Anselmo vescovo di Mor-
sico, con le immagini intagliate in rame
di correzione e vaghezza maggiore, che
gli altri finora stampatit per l'aiuto di
molti esemplari scritti a penna; e per le
pitture e disegni di varie immagini, ai
anali è aggiunta una ruota ed un oraco-
lo turchesco di grandissima considera-
zione , insieme colla prefazione di Pa-
squalino Regiselmo, Venezia 1 589. 1 va-
voi,, tv.
PRO 289
ticini dell'abbate Gioacchino e del vesco-
vo Anselmo furono ancora riprodotti nei
Vaticini ovvero predizioni d' uomini il-
lustri della successione de' sommi Ponte-
fici , comprese in sei ruote stampate in
ratnej colle dichiarazioni e annotazioni
di Girolamo Giovannini}Yenez\ai6oOi
Inoltre abbiamo: Gabriele Bari france-
scano , Vaticinia Joachimi ahbatis de
quindecim Ponlijìcibus 3 Venetiis i5g8.
Di alcuna di queste edizioni fece memo-
ria Cancellieri nelle Dissert. epistolari t
p. 81, parlando delle predizioni del giu-
dizio finale: dice che dagli autori che ci-
ta è stata abbastanza scoperta l'impostu-
ra delle profezie che girano sotto il no-
me del p. Gioacchino sopra i Pontefici
che seguiteranno a reggere la Chiesa, ma
bensì ad esso debbono attribuirsi altre o-
pere, dalle quali si credette predetto tut-
to quello eh' era per accadere a tempo
di lui, fino alla venuta dell'Anticristo e
alla fine del mondo ; e siccome molti
prestarono lede a queste predizioni , ri-
porta gli autori cbe trattarono dell'ar-
gomento , anche a p. 3y8. A Marcello
II dissi che dimostrò la falsità del presa-
gio sul diluvio universale, a tempo di Cle-
mente VII. Si possono vedere: Astrono-
mia, Divinazione, Indovino, Magia, Ma-
lefizio ed i relativi articoli. Il p. Meno-
chio, Sluoret. 3,p.5^:Dell'ab. Gioac-
chino e delle sue profezie de futuri Pon-
tefici, osserva che i creduli di e:?i sono si-
mili a quelli che con grande attenzione
consideravano le figure in basso rilievo
che sono nelle porte di bronzo della chie-
sa di s. Pietro, scioccamente persuasi che
ivi si contenessero gli stemmi o a I tri sim-
boli j co' quali oscuramente si mostrano
quelli che di mano in mano devono esse-
re assunti al pontificato.
A Palazzo Braschi, parlando delle
pasquinate o mordaci satire , ricordai i
divieti sulle satire, massime pei promo-
vendi al cardinalato e pontificato, come
delle scommesse che si facevano contro o
in favore d'alcun Papa sulle basi di pre-
'9
290 PRO
dizioni, tristi presagimenti, superstizioni o
fini venali, con deplorabili conseguenze.
Nelle biografie de' Papi ho parlato del-
le loro particolari predizioni al Pontifica-
to {Vedi) ove riportai qualche aneddo-
to sulla durata e riguardante i presagi)
di molti, come de'presagi infausti verifi-
cati. Neil' accennarli qui riuniti , ne ag-
giungerò alcun altro. Talvolta qualche
avvenimento fu permesso per particolari
disposizioni della divina provvidenza, la
quale, come vuole s. Giovanni Damasce-
uo, si serve alle volte delle cose naturali
per annunziare qualche evento, che quel-
le per se stesse non sono atte a significa-
re, come l'apparizione d'una colomba per
diversi Papi, lo sciame d'api che si posò
sulla Cella (Z^.) nell' elezione d'Urbano
Vili, la colomba su quella d'Innocenzo
X avanti la sua esaltazione, i quali vola-
tili facevano parte del loro stemma. Di-
ce l'autore della descrizione del conclave
d'Urbano Vili, che quel segno e altri si-
mili talora sono inviati da Dio, per di-
mostrare qual fosse la volontà sua intor-
no alla persona che si dovea eleggere,
come abbiamo di diversi santi vescovi ,
massimamente de'primi di Ravtnna(J'.),
e per darequalchelumeai sagri elettori,
nel mezzo della caligine de'privati inte-
ressi e dissensioni. A Epoca riportai al-
cune erudizioni sulle coincidenze di epo-
che memorande di alcuni Papi e cardi-
nali sui Giorni, ed anche gli antichi eb-
bero i giorni fasti e nefasti come toccai
a quell'articolo. De'buoni augurii tenni
proposito a Lettere epistolari, Natale,
Pasqua e relativi articoli. Nel 238 i sagri
elettori si mossero a crear Papa s. Fabia-
no perla colomba posatasi sul di lui ca-
po. Nel 5 1 4 1° divenne s. Ormisda, se-
condo la predizione di s. Cesario d' Ar-
les. Nel 5go ricusando la dignità s. Gre-
gorio I,scuoprì il nascondiglio una splen-
dente colomba. A' 19 aprile io54 mori
s. Leone IX a tenore di sua predizione.
Un religioso ebbe rivelazione del tempe-
stoso pontificalo di Pasquale 1 1 [F.).¥.\\-
genio HI predisse il pontificato ad Ales-
PRO
Sandro III; altrettanto fece s. Francesco
d' Asisi con Gregorio IX del 1277. Ad
Adriano V (Jr.), s. Filippo Beuizi pre-
disse il papato con presagio infausto, e la
breve durata. Nel 1277 coll'elezione di
JNicolòlII si verificò il vaticinio di S.Fran-
cesco , che sarebbe Protettore (V.) del-
l'ordine e Papa. Nel 1288 fu Papa Nico-
lò IV , mentre ancor giovinetto lo era
stato preconizzato dal b. Corrado Miglia-
ni d'Ascoli ancli'egli fanciullo, poiché ri-
verendolo sempre genuflesso, ed interro-
gatone rispose : Io glifo riverenza, per-
che gli vedo in mano le chiavi del regno
de' cieli, come riporta Cecconi, Storia di
Palestrina, p. 265. Nel 1 294 divenne Pa-
pa Bonifacio Vili per predizione del pre-
decessores. Celestino V. Nella coronazio-
ne di Clemente V in Lione (V.) accad-
dero gravi disgrazie, il Papa rovesciò dal
cavallo e la tiara cadde per terra: tutto fu
preso per presagio infausto e si verificò,
massime col trasporto della residenza pa-
pale in Avignone (F.). Nel i342 eletto
Clemente VI secondo il vaticinalo da Ste-
fano priore benedettino fin da quando era
monaco, lo compensò coli' arci vescovato
d'Arles, poi di Tolosa. L'abbate dis. Ger-
mano d'Auxerre Grimoardi, lagnandosi
coll'arcivescovo di Sens Guglielmo, che
lo aggravava con esigenze, questi gli dis-
se ironicamente: Vi vendicherete quan-
do sarete Papa. Senza essere cardinale
nel 1 362 col nome d' Urbano V vi fu crea-
to. Questi chiamò l'arcivescovo e gli di-
chiarò : Non intendo vendicarmi dell' ol-
traggio , di cui non vi sarete dimentica'
toj voglio all'opposto elevarvi in dignità.
Voi non avete che una semplice croce, ne
avrete finora due perchè vifo Patriarca
(Pr.) di Gerusalemme in partibus. L'ar-
civescovo nulla rispose, si ritirò confuso,
perchè spogliato in un punto delle sue
grosse rendile, che il Papa per altro gli
conservò, lasciandogli l'arcivescovato ad
istanza di Giovanni lire di Francia. Ur-
bano V ripristinò la dimora pontificia in
Roma, ma poi volendola riportare in A-
vignone, s. Brigida gli profetizzò la mor-
PRO
te, per rivelazione avuta dalla B. Vergi-
ne, ed ebbe subito effetto. Nell'elezione
e conclave per Urbano VI fu sinistro pre-
ludio del funesto e lungo scisma che poi
afflisse la Chiesa, il fulmine caduto nella
camera de'cardinali Ginevra e di Luna,
poscia antipapi Clemente VII e Benedet-
to XIII , percuotendo ancora le chiavi
insegne della Chiesa e traforando lo stem-
ma del defunto Gregorio XI. L'infelice
pontificato di Urbano VI fu accompagna-
to da sinistri presagi : egli cadde da ca-
vallo partendo da Perugia; un romito gli
annunziò la morte, e seguì di veleno per
profezia di s. Caterina. Delle diversepre-
dizioni al pontificato, alla durata ed alle
disgrazie di Eugenio IV ne feci parola a
quell'articolo. Il b. Nicolò Albergati pro-
fetizzò il papato a Nicolò V, che ne prese il
nome; glielo avea predetto anche Euge«
nioIV cui successe, dal capo del quale ca-
dendo la mitra si fermò sul suo. A Calisto
III (V.) predisse il triregno s. Vincenzo
Ferreri, per cui egli lo teneva tanto sicuro
(come nel voi. XV III, p. 55) che da cardi-
nale sottoscrisse il giuramento di far guer-
ra a'turchi col nome che poi prese, e perciò
fu il i ,° a formare la marina pontificia. A
Pio li riportai 5 prognostici di sua ele-
vazione: a Paolo II che prima lo zio Eu-
genio IV, e poi la Madonna glielo avvi-
sò in Loreto. Questi nell'imporre il cap-
pello a Rovere , lo disse successore e fu
Sisto IV, cui s. Giacomo della Marca a-
vea predettoledignitàdi generale degni-
noli , cardinale e Papa. Pio IH non ve-
dendo ardere la stoppa che si brucia nel-
la coronazione, lo prese per sinistro au-
gurio e visse 26 giorni. A Giulio II fece
la profezia s. Francesco di Paola. Narrai
a Paolo IV che alla madre fu progno-
sticalo Papa essendo nel suo ventre. Le
predizioni e coincidenze che precedettero
e accompagnarono 1' esaltazione di Pio
IV, a questo articolo le riportai. Nel voi.
XXI, p. 26 raccontai che s. Pio V volle
la conversione dell'ebreo, che nel profe-
targli il papato , diceva che allora si sa-
PRO 29T
l'ebbe battezzato. Gregorio XIII da car-
dinale fu mandato in Ispagna legato a
Filippo II, coi religiosi Peretti e Bonucci
per teologhi, ed i prelati Castagna e Al-
dobrandini : mentre erano a pranzo col
re, a questi uu facetodisse : Vostra mae-
stà si trova a desinare con tre Pappi, con
allusione alla pappa della mensa. Fatto
è che il cardinale divenne Papa, Peretti
Sisto V, Castagna Urbano VII, precisa-
mente uu dopo l'altro; Aldobrandini e Bo-
nucci furono cardinali. La morte di Gre-
gorio XIII giustificò il funesto preludio
fatto, quando gli cadde la mitra in con-
cistoro. Sisto V tenendo a pranzo il car-
dinal Castagna gli predisse il pontificato
e fu presago della vicina sua morte, cioè
quando trovate alcune pere guaste di den-
tro, il Papa con ischerzo disse, con allusio-
ne al suo cognome ed a quello del com-
mensale :I romani ormai abborriscono le
pere; presto avranno le castagne. Gli sue-
cesseimmediatamentecol nome di Urba-
no VII. A Gregorio XIV avea predettala
suprema dignità s. Filippo Neri. Furono
presagi felici al successore Innocenzo IX
la mitra del predecessore caduta sul pro-
prio capo , e che la sua cella trovossi e-
retta sul luogo del trono concistoriale. A
Clemente VI II presagirono il papato Pao-
lo IV e s. Filippo Neri, anzi questi pure
il nome. Inoltre questo santo e s. Maria
Maddalena lo vaticinarono a Leone XI;
s, Filippo vi aggiunse: durerete poco, e
visse 26 giorni. A Paolo V notai come
fu presagita l'esaltazione. A Gregorio XV
(V.) annunziarono il papato Gregorio
XIII, ed il maresciallo Lesdiquiries cal-
vinista, che al verificarsi promise la sua
conversione, come effettuò. A Innocenzo
X predisse il pontificato s. Felice da Can-
talice. Il termine della vita e indicante
l'annodi Alessandro VII, fu prognosti-
cato dall' autore di questa cianografica
precazione: oreMVs prò pontlflCe no-
stro aLeXanDro. Clemente IX nel crea-
re cardinale Altieri, stando a letto gra-
vemente infermo, gli disse che lo avreb-
292 PRO
he successo immediatamente , come si
■verificò co! nome di Clemente X. Fu pre-
so per prognostico infausto ad Alessan-
dro Vili, quando in concistoro gli cad-
de la mitra, e non tardò a verificarsi. A.
Benedetto XIII prognosticò il papato d.
Fabio Caracciolo; ed a Clemente XIV
fece altrettanto un suo correligioso ; ma
essendo caduto da cavallo nel possesso
furono fatti funesti presagi. A Pio VI no-
tai che non pare che il h. Leonardo gli
profetasse il triregno ; ad un curioso che
in Vienna gli domandò se la permanenza
sarebbe lunga, rispose : che sapeva d'es-
ser Papa, non Profeta. Della sua morte
n'ebbe presagi mento, perchè essendo vi-
cina la festa di s. Agostino, avea rimar-
cato che in essa 5 volte erasi inalalo gra-
vemente. Che fu. di cattivo augurio il
prendere il nome di VI, lo dichiarai nel
voi. XLVIJI, p. 90. A Pio VII predisse
il pontificato ed i sofferti penosi trava-
gli la propria madre monaca: il cardi-
nalato glielo aveà prognosticato l'abbate
Bocci cassi nese della stessa sua congrega-
tone; e nel giorno che terminò di vivere
Pio VI, una colomba entrò nella sua ca-
mera e vi si trattenne gran tempo. Cristia-
no Valer scrisse la Dissertazione intorno
i presagi di vita e dì morte , che accre-
sciuta da Tissot fu nel 1 783 stampata in
Padova. Chiuderò questo articolo Pro-
feta con alcuneerudizioni sull'antico pro-
verbio : Nemo prophela in patria sita.
Questo è applicabile principalmente ai
letterati, che talvolta in propria patria so-
no attraversati da occulte animosità, de-
rivanti o per rapporti d'origine, o d'in-
teressi di famiglia , o di controgenio, o
di scuola, odi condotta. Uno de'sagrifi-
cati fu il fiorentino dottissimo Benedet-
to Menzini, che dovendo espatriare tro-
vò in Roma nella regina Cristina una ge-
nerosa mecenate: fu allora che scrisse l'i-
nedito trattato, De invidia hominis lite-
rati, che subito si rese raro. Sul detto di
Gesù Ci i»to che : Nemo est prophela ac-
ceptus in patria ,c aitale di ciò sia la cau~
PRO
sa ? vedasi Menochio, Stuore, Centuria
6.', p. 2 5^. Hieronymus Sche ver, De con •
temptu prophelae in patria, stampato nel
1660. Giuseppe Lanzoni, Sopra l'intrin-
seca ragione del proverbio : Nessun prò-
feta alla sua patria è caro, Ragionamen-
to con prolusione latina di Celtrini : De
viris sapientibus patriae invisis, Ferrara
1729. V. Patria, Letterato.
PROFEZIA. V. Profeta.
PROFEZIE DE' PONTEFICI. V.
Profeta.
PROJETTIZIO, Cardinale. Dell'or-
dine de'preti, cardinale di s. Lorenzo nel
titolo di s. Damaso, fiorì nel pontificalo
di s. Gelasio I del 4<P.
PROMOTORE DELLA FEDE, Pro-
moter fidei. Morcelli lo chiama, Qttaesi-
ter de hoiwribits caelestium. Uffizio ec-
clesiastico ragguardevolissimo che sem-
pre si esercita da un Avvocalo concisto-
riale (de'quali anche a Difensori della
chiesa romana, e in tutti gli articoli che ri-
guardano questo cospicuo collegio), qua-
lificandolo il cardinal de Luca , Relal.
Rom. Cur. disc. 18, n.° i.\, e nel Car-
dinale pratico, p. 3 1 9, oppositore fisca-
le della s. cardinalizia Congregazione dei
riti(F.). Fu in passato l'onorevole ca-
rica sempre unila all'avvocato del Fisco
(V.)} avendo il medesimo officio, cioè di
sostenere e difenderei diritti della s. Chie-
sa, giacche il promotore della fede sostie-
ne la parte fiscale nelle cause di cano-
nizzazione, ossia prepara tutte le possi-
bili difficoltà in queste cause, essendo in-
teresse della Chiesa, che si accordino gli
onori degli altari a quelli soli, la morie
de* quali consti giuridicamente che sia
preziosa agli occhi di Dio ; ora essendo
affatto da detto importante uffizio dis-
giunta, né potendo essere riunita all' al-
tro avvocato concistoriale avvocato dei
Poveri {P'.), come dichiarai nei relativi
articoli. Leggo in Novaes, che Clemente
XI nel 17 08, a mg/ Prospero Bollini ar-
civescovo di Mira , avvocato del fisco e
promotore della fede, diede pcrcoadiu-
PRO
tore con futura successione l'avv." Lam-
bertini nell'officio di promotore della fe-
de, e mg.1* Bottini nipote di Prospero
nell'officio di avv.° fiscale, e così vennedi-
viso l'uno dall'altro. Quindi come pro-
motore della fedeLambertini per 20 anni
egregiamente esercitò l'uffizio (perchè os-
serva Cardella nella sua biografia, che ri-
tenne la carica quando fu fatto segretario
del concilio, donde nel 1728 fu elevato
al cardinalato) in uno all'avvocatura con-
cistoriale, e divenuto Benedetto XIV se
re gloriò nella costituzione che vado a
ricordare, avendo dichiarato, Raccolta
di Notificazioni, ti, p. 1 1 5, di aver con-
sumata la propria vita nelle sagre con-
gregazioni di Roma. Quindi Benedetto
XIV volendo dare all'illustre collegio, cui
avea appartenuto, un perpetuo pegno di
sua benevolenza ed estimazione, colla ce-
lebre costituzione Inter cospicuos, de'29
agosto 1744) nell'appiovarne e ampliar-
ne le prerogative, dichiarò espressamen-
te incompatibile 1' uffizio di promotore
della fede, chefa parte di tal collegio, con
quello di avvocato fiscale; e siccome al-
lora i due uffizi erano riuniti per specia-
le disposizione di Clemente XII in mg/
Luigi Valenti, ordinò che non si dovesse
estendere ad altri tal grazia; imperocché
già avea separato i due uffìzi Clemente
XI con breve de'7 aprile 1708, mentre
con altro de'3o aprile (714 avea stabi-
lito l'annuo assegno del promotore del-
la fede in scudi 3oo, togliendoli dall'asse-
gnamento dell'avvocato fiscale, e gli at-
tribuì la parte di pane, ciambelle e vi-
no dal Palazzo apostolico^.), come go-
devano gli altri avvocati concistoriali, ed
altri emolumenti; concessioni tutte che
Benedetto XIV confermò colla nomina-
ta costituzione. 11 promotore della fede
fa parte della s. congregazione de' Riti
(F.), ed interviene a tutte le congrega-
zioni che si adunano nel pontificio palaz-
zo, come quelle che si adunano nelle re-
sidenze de' cardinali ponenti, ed alle al-
tre particolari, interessando sempre che
PRO 295
vi sia chi rappresenti il fìsco. L' officio
del promotore della fede è antichissimo,
ni dire di Benedetto XVI, De canoniz.
lib. i,cap. 18: la 1.'. volta che se ne fe-
ce speciale menzione, fu sotto Leone X
nella causa della canonizzazione dell'ai-
lora beato, poi s. Lorenzo Giustinia-
ni. L' assessore di detta congregazione
è ancora sotto-promotore della fede : il
benemerito collettore dei decreti della
congregazione de' riti, mg.r Luigi Car-
dellini, fu il i.° ad esercitare questi due
onorevoli uffizi. Il sotto-promotore del-
la fede è antico e prima d'Innocenzo XI,
come lo appresi dal de Luca ne' luoghi
citati. Nella Relazione della corte di Ro*
ma di Lunadoro colle note di Zaccaria,
t. 2, p. 5j eio5, si paria delpregievolis-
simo uffizio di promotore della fede; «il
cui uffizio è di rispondere alle scritture,
che vengono proposte nella congregazio'
ne de'riti per la beatificazione di qualche
eroico e pio personaggio, di fare obbie-
zioni e di produrre più difficoltà, le quali
esser devono dichiarate e tolte di mezzo,
onde più sicuramente decidere si possa
de' veri meriti del servo del Signore che
si vuole beatificare o canonizzare ". A
Beatificazione parlai della parte che ne
ha il promotore della fede, nella proce-
dura dellecause de Beali e delle animaci-
versioni che fa alle medesime in ogni con-
gregazione, nelle quali propone eziandio
le più piccole difficoltà alle cause scritte
dagli avvocati che le trattano. Ne' Con'
astori pubblici {V.) il promotore s' inti-
ma a intervenirvi, ed è specificatamente
nominato nella schedala , così in quelle
de' concistori semipubblici. Nella pero-
razione che ne'concistori pubblici fanno
gli avvocati concistoriali , secondo il di-
sposto di Urbano Vili de' 27 gennaio
i63r (anche nella bolla Coelestis Hìe-
rusalem, degli 1 1 luglio 1 634, Bull. Roni.
t. 6, par. 1, p. 4 '2, Urbano Vili parla
del promotore della fede, il cui ulfizio con-
ferì a Cerri, poi cardinale), con quel me-
todo che notai altrove, per le cause dei
2*j4 PRO
venerabili servi di Dio, domandandone la
beatificazione al Papa, a questi il promo-
tore della fede fa la consueta protesta (ri-
cordata da Chiapponi , Ada canonizat.
p. 2 1 o) e istanza di fare osservare in ta-
le causa tutto ciò che è stabilito dalle co-
stituzioni apostoliche, di procedere nelle
solite formole e di rimettere la causa al-
la piena cognizione della congregazione
de' s. riti, per cui il Papa ad essa la ri-
mette con quella formula che riportai a-
gli analoghi luoghi, e nel voi. XV, p.2 1 8.
Al decreto poi che fa il Papa per la bea-
tificazione, vi è presente il promotore del-
la fede. A Canonizzazione, nel descrivere
come procede, narrai che il Papa nella
congregazione generale ascolta la prole-
sta emessa in iscritto dal promotore del-
la fede , cui spetta questo ufficio a guisa
di fisco, o il proporre le obbiezioni o l'as-
soluta sua adesione. Avanti che s'intimi
il Concistoro segreto (V.)s il promotore
della fede presenta a tutti i cardinali i
compendi della vita, virtù e miracoli dei
beati chesidevonocanonizzare,acciò pos-
sano ben ponderare il sentimento che do-
vranno dare tanto in detto concistoro, che
ne' Concistori semìpubblici (^-)- Indi nel
concistoro pubblico si fanno le perorazio-
ni dagli avvocati concistoriali, essendovi
presente il promotore della fede. Inter-
viene eziandio ne'concistori semipubbli-
ci e siede nel banco incontro al segreta-
rio de'riti, ed ivi si determinano le cano-
nizzazioni. In queste, come nelle beati-
ficazioni, il promotore della fede ed il sot-
to-promotore della fede, oltre i soliti e-
molumenti, immagini e vite dei beati o
santi, ricevono le loro reliquie ed un qua-
dro dipinto a olio di grande dimensione,
che rappresenta I' effigie di ciascuno; il
quale quadro i medesimi lo ricevono an-
che tieir introduzione della causa tanto
de' beati, che de' santi. Nel voi. VII, p.
3 1 3 notai che Benedetto XIV in una let-
tera a mg.r Veterani promotore della fe-
de, dichiarò non potersi canonizzare i fan-
ciulli e per quali moli vi,onde li partecipas-
PRO
se a chi ne facesse istanza. Al presenleso-
no: promotore della fede mg.vAnd rea M.a
Frattini prelato domestico, protonotario
apostolico partecipante e canonico Vati-
cano; sotto-promotore della fede e asses-
sore de'riti mg.r Pietro Minetti avvocato
concistoriale coadiutore e canonico di s.
Maria in via Lata. Il sotto-promotore del-
la fede sino al 1824 fu un aiutante di stu-
dio amovibile ad nulum del promotore.
Nella elezione che questi stesso ne face-
va, si stipulava un istromento alla pre-
senza degli avvocati concistoriali. Bene-
detto XIV, De canoniz. sancì, lib. 1 , cap.
1 8, n. 1 3, porta un solo esempio d'un sot-
to- promotore, che per breve di Benedet-
to XIII fu confermato advilam nella sua
carica. Pei meriti straordinari, di cui era
fornito mg.1' Gardellini sotto-promotore
della fede, fu fatto anche assessore della
congregazione de' sagri riti, e quindi da
Leone XII con moto-proprio de'3 mag-
gio 1824, in cui gli assegnò per coadiuto-
re mg. r Frattini encomiato, stabili quan-
to segue. «La carica dell' assessore della
congregazione de'sagri riti, di cui trovasi
in possesso mg.r Luigi Gardellini Nostro
cameriere segreto soprannumerario, sarà
permanente e perpetua. L'assessore ap-
parterrà alla classe degli ufiiziali della stes-
sa congregazione, prendendo luogo im-
mediatamente dopo il promotore della
fede, ed avrà il voto come gli altri con-
sultori. A detto assessorato andrà sempre
unito l'impiego di sotto-promotore della
fede; cosicché i soggetti, che da Noi e dai
Nostri successori verranno destinati nel-
le rispettive vacanze a coprire il posto di
assessore, conseguiranno simultaneamen-
te di pieno diritto e senza bisogno di nuo-
va nomina, o di altro qualunque atto o
dipendenza, ancor quello di sotto-promo-
tore, né potranno essere rimossi dall'imi'
piego che per autorità pontificia .... Af-
finché poi queste Nostre determinazioni
ottengano pienamente quei fini , che ci
siamo prefissi, ordiniamo, che secondo
l'antico sistema il sotto promotore tenga
PRO
studio nella propria abitazione per am-
mettervi que'giovani, che desiderano a-
bilitarsi a poter trattare come procura-
tori o come avvocati le cause de' servi di
Dio e le altre di competenza della con-
gregazione de'sagri riti; e che debba inol-
tre prestarsi nella sua qualifica di asses-
sore a ricevere in detto studio ancor quel-
li che desiderassero istruirsi nelle mate-
rie ceremoniali e liturgiche". L'assesso-
re poi, essendo sotto-promotore, deve as-
sistere come promotor fiscale in tutti i
processi apostolici che si fanno in Roma
nelle cause de' servi di Dio o beati , ed
anche ne'processi apostolici fuori di Ro-
ma, se vi è destinato dal promotore del-
la fede. Per altro in questi processi extra
xirbem rare volte interviene il sotto-pro-
motore, essendone impedito dalle varie
e molteplici cure del suo uffizio, e ordi-
nariamente il promotore in tali processi
si sceglie due sotto- promotori del luogo
stesso ove si fa il processo, unode'quali
è quasi costantemente il promotor fisca-
le della curia. E' poi ufficio del sotto-pro-
motore della fede di fare lo spoglio di lut-
ti i processi nelle cause che si propongo-
no, per compilare quindi i sommarii ob-
biezionali, se occorrono, e le opportune
annotazioni, le quali servono di base al
promotore della fede per fare lesueani-
inadversioni. Queste animadversioni ap-
partengono esclusivamente al promotore,
ed il sotto-promotore non deve far altro
che prepararne, per modo di dire, i ma-
teriali. Deveinoltre esaminare tutti i som-
marii, le informazioni e le scritture che si
propongono nelle cause de'servi di Dio o
beati, e porvi il Revisaj che anzi , rap-
porto ai sommarii, deve anche corregger-
ne le stampe, confrontandole coi proces-
si originali o altri documenti autentici.
Può inoltre comparire in alti avanti il
notaro, segretario e cardinali della con-
gregazione de'sagri riti per concordare i
dubbi e far tutt'altro che occorre a no-
me del promotore. Poi come assessore
deve esaminare tulti quei dubbi liturgici
PRO a95
che gli sì rimettono dalla congregazione
de'sagri riti; deve prestarsi alla revisione
di tulle le File de' servi di Dio che si
stampano in Roma, e di tutte le pie con-
siderazioni, meditazioni e preghiere che
ivi si vogliono stampare. In fine deve e-
saminare e porre il nihil oslat a tutte le
preghiere ed opere pie, per cui si brami
dalla s. Sede qualche indulgenza o ple-
naria o parziale ; ed essendo consultore
nato della Congregazione delle indulgen-
ze e sagre reliquie {F.j , deve fare pur
anco que'voti che da quest'altra congre-
gazione gli venissero commessi.
PROMOZIONI PONTIFICIE. Di-
cesi Promozione il conferire grado o di-
gnità ad alcuno, Promolio. Con questo
vocabolo nella Curia o Corte Romana
(F.) si qualificano le promozioni che fa
il Papa di Cardinali, Prelati (F.) e al-
tri, ordinariamente nel Concistoro, o per
Biglietto o per Breve (V.), alle cariche
o dignità cardinalizie, prelatizie e altre,
in servizio della s. Sede {F.)} o al go-
verno delle chiese, o per presiedere ai do-
mimi temporali della Sovranità pontifì-
cia, ovvero per far parte della Famiglia
pontificia (F.), e all'immediato servizio
del Pontefice, o per conferire distinzio-
ni e onorificenze. Ai rispettivi articoli ho
detto come sono promossi agli onori, al-
le dignità, alle cariche quelli che sono no-
minati a goderne, ed in moltissimi quan-
to devono fare dopo le loro promozioni.
A Carica, Dignità ecclesiastica, Gerar-
chia ecclesiastica, e ad altri corrispon-
denti articoli, notai come cautamente si
regolarono diversi Papi in conferirle, con
qualche sentenza per quelli che hanno la
debolezza di provocar la loro promozio-
ne. Sulla prerogativa della Nobiltà si può
vedere Nobile. A Pontificato trattai che
la bassa origine non è ad esso impedi-
mento. A Ordinazioni pontificie ripor-
tai quelle de'Papi de primi secoli che fe-
cero di vescovi, di preti e diaconi della
romana chiesa, i quali formavano il Pre-
sbiterio pontificio (F.)t o Sagro collegio
396 PRO
de'cardinali, rimarcando i tempi in cui
le fecero, ed il numero de'promossi in cia-
scuno de'3 ordini; alle quali ordinazio-
ni successero prima in determinale epo-
che, poi in qualunque tempo, le promo-
zioni cardinalizie: della disciplina e ce-
remoniale antico, come del successivo e
dell'odierno, trattai a Cardinali ed in di-
versi corrispondenti articoli e luoghi, pu-
re nel voi. XII, p. i34; dicendo anco-
ra, come a Cappello cardinalizio ed a
Concistoro, le particolarità usate nelle
promozioni de'principi di famiglie sovra-
ne, e dei festeggiamenti che hanno luo-
go in tutte le promozioni cardinalizie,
delle antiche avendone prodotto altro
esempio nel cardinal Antonio Priulì. In-
oltre a Cardinali notai le dignità ecari-
che che sono loro conferite, tutte avendo
speciali articoli. A Porpora trattai del-
la rinunzia o deposizione del cardinala-
to: ve' Diari di Roma del iy3i, numeri
2 1 43, 2 1 6 1 , 21 94, 22 1 2, si legge che
essendo partito da Roma il cardinal Co-
scia, famoso favorito di Benedetto XIII,
contro il divieto di Clemente XII, ven-
ne pubblicato e dichiarato incorso nelle
censure, sequestrati i suoi emolumenti e
benefìzi, venduta per conto della came-
ra apostolica la sua roba, pubblicata la
sospensione di qualunque giurisdizione
ed esazione, e rinnovate le intimazioni,
essendo decorsi i 6 mesi accordati per
presentarsi a rendere ragione delle in-
colpazioni. Al detto articolo Cardinali
§ IV e nelle biografie de'Pontefìci rile-
vai col numero delle loro promozioni,
quello de'cardinali che crearouo; rimar-
cando come i Papi procedono alle pro-
mozioni cardinalizie,, a quelle dette delle
corone, cioè ai promossi a preghiera e pre-
sentazione de'sovrani da Clemente V in
poi, e dell'alternativa di siffatte promo-
zioni introdotta e stabilita da Benedetto
XIV. A Concistoro, succeduto all'antico
Presbiterio }nn\W\ de'principali tenuti dai
Papi per promuovere e accrescere il cul-
to de' Beati colla Canonizzazione, fiscale
PRO
delle quali è il Promotore della fede (f.)}
per promuovere al cardinalato prelati e
altri meritevoli, come del loro numero
e relative erudizioni ; per promuovere al
governo delle chiese di tutto il mondo
cattolico,p7/nVzrc/i/j primati, arcivescO'
vi, vescovi ed abbati nulliusdioecesis. Ad
Avignone riportai cronologicamente tut-
te le promozioni cardinalizie cle'7 Papi
che vi fecero residenza; quelle anticardi-
naliziede'falsi PapiClemente VII eBener
detto XI 11 : a Basilea le promozioni anti-
cardinalizie dell' ultimo antipapa Felice
V. Nelle città e luoghi poi ove i Papi fece-
ro promozioni, non manco di notarlo. A
Cappello cardinalizio, Porpora, Cardi-
nali discorro della consuetudine di quel-
le promozioni che volgarmente si dicono
restituzione di cappello o diporpora, cioè
quando un Papa per grato animo eleva
al cardinalato un parente, o un individuo
di quell'ordine o congregazione, cui ap-
partenne quel Papa che Io promosse a
tanta altezza di grado. Ad Ozione, Car-
dinali, Prelato, ed altri simili articoli,
parlai sulle rispettive precedenze de'pro-
movendi ; e siccome negli articoli Gre-
gorio XVI e Pio IX riportai le loro pro-
mozioni cardinalizie con quell'ordine ge-
rarchico, con cui furono falle, possono
riuscire di esempi, mentre per la preco-
nizzazione de' vescovi ne trattai a Con-
cistoro, Ozione e altri articoli. Ad Or-
dine quanto riguarda i promovendi agli
ordini sagri, del luogo e del tempo in cui
si conferiscono gli ordini, e delle pene di
colorocheordinanoosonoordinati epro-
mossi contro le leggi ecclesiastiche, fatte
dalla Chiesa per l'idoneità de'promoven-
di agli ordini stessi, con quanto è neces-
sario subirsi e praticarsi dai promoven-
di. Il dotto vescovo Sarnelli, Lettere ec-
ci. 1. 1, Lett. 8 : Che i preti virtuosi e dot-
ti debbono essere tenuti in pregia dai loro,
prelati. Lett. 24: Che nelle promozioni
alle ecclesiastiche dignità, non al nasci-
mento, ma alla virtù edalla dottrina si
deve riguardare.
PRO
Novaes nella Storia ile Pontefici inco-
minciò a registrare le promozioni cardi-
nalizie con Calisto II del i i 19, avendo
prima di lui parlato di quella fatta in O-
simo nel io5g da Nicolò II, cui si può
aggiungere con Cordella, che Pasquale
Il del 1099 creò 81 cardinali. Questo
ultimo biografo de'cardinali incominciò
la compilazione delle biografìe de'cardi-
nali fioriti sotto ogni pontificato, da s.
Gelasio I del 493>e 'e proseguì a tutto
il pontificato di Benedetto XIV. Nel ri-
produrle con qualcbe rettificazione, ho
la compiacenza di avere riempita la no-
tabile lacuna dal 1 y58 a oggi, colle bio-
grafie de'cardinali che in questo mio Di-
zionario vado pubblicando, e tanto alle
biografie estratte daCardella,che in quel-
le di olia compilazione, non manco ri-
portale quanto è relativo all'epoca e al-
tro della promozione. Il novero delle pro-
mozioni falle in Concistoro, a questo ar-
ticolo (od alle biografie de'Papi) lo ripor-
tai, da Gregorio IX del 1227 finoe in-
clusi ve aquelledi Pio VII, notando l'epo-
che, i giorni e altre analoghe notizie, co-
me il numero de'cardinali delle promo-
zioni, cogli aneddoti, e rimarcando i car-
dinali divenuti Papi; laonde qui appres-
so noterò quanto credei meglio riserba-
re per questo articolo, in gran parte a-
vendovi già supplito colle riepilogazioni
fatte di sopra. Anticamente adunandosi
il concistoro 3 volte per ogni settimana,
e facendosi principalmente le promozio-
ni nelle Quattro tempora, spesso ebbero
luogo nel dì delle ceneri e ne'sabbati san-
ti. Come Clemente IV, Onorio IV del
1285 creò un solo cardinale. 11 fratello
Pandolfo Savelli loavea stimolato a pro-
muoverne degli altri, e per moltiplicare
i monumenti alla sua memoria ne'poste-
ri, e per beneficare qualcuno de'suoi con-
sanguinei; ma Onorio IV rispose costati-
temente: >» Monumenta, quae ab alio-
rumfactispendent,essefallacesatqueina-
nesraerces; ad romanam purpuram vi-
ros tantum bouosac doctos esse assumen-
PRO 297
dos ". Tanto notò Oldoino nelle Addi-
zioni a Ciacconio. Innocenzo VI nel gioì'*
no di Natale i35a creò cardinale il ni-
pote Alberti. Eugenio IV avendo creato
cardinali Parentucelli e Carvajal, men-
tre erano legati in Gerjnania,mandò loro
incontro fino a Porta del Popolo (V .)
i cappelli cardinalizi, perchè entrassero
in Roma più onorati. A Ingressi solen-
ni ijt Roma trattai del ceremoniale pei
cardinali che veni vano a prendere il Cap-
pello, ed a quest'articolo quello che per
distinzione i Papi mandarono a qualcu-
no contemporaneamente alla loro pro-
mozione. Nel Gattico, Aclacaerem. p. 87
e seg. è riportato il novero de' giorni, in
guì non si adunava il concistoro. Leone
X in una promozione creò 3 r cardinali.
Osserva Piazza nella Gerarchia cardi-
nalizia p. 358, che avendo il Papa pen-
sato di crearne 3o, e trovando di avere
dimenticato un personaggio di merito
grande, ve lo aggiunse, per cui ebbe ori-
gine il volgare motto: Chi fa trenta fa
trentuno. Fu il i.° a passare il numero
di 53 cardinali, essendo nel suo pontifi-
calo giunti al numero di 65 viventi, se-
condoPiazza. Tra 'cardinali LeoneXcom-
prese più d'una terza parte de' Protono-
tari apostolici, al quale articolo notai i
6 chierici di camera creali cardinali da
Alessandro Vili nel suo breve pontifi-
cato. Nel voi. IX, p. 287 parlai del nu-
mero di tali cardinali e di quello degli
altri Papi che ne crearono molti, inclu-r
sivamente a Pio VII che superò tutti,
perchè in 2 1 promozioni ne creò 98. Ri-
leva Ratti, Della famiglia Sforza, t. 1,
p. 399, che Gregorio XIII creò cardinale
Francesco Sforza con improvvisa promo-
zione, senza averne dato precedente av-
viso al s. collegio in altro concistoro, co-
me era costume, e dell'averla eseguita in
giorno di lunedì, quando fino allora co-
stantemente il venerdì era il giorno del-
le promozioni cardinalizie, come si rileva
dagli Atti concistoriali e dai Diari dei
maestri delle ceremonie. Rimarcai nei
398 PRO
menzionali articoli che nel i585 Sisto V
stabilì il numero de'cardiuali a 70, e che
fossero eletti da tutte le nazioni; e che le
promozioni cardinalizie si debbano fare
nel solo mese di dicembre in giorni di
Digiuno {V-), secondo l'antico costume
durato più di 600 anni, cioè nelle Quat-
tro tempora (f/.). Questa ultima dispo-
sizione non fu osservata, neppure dagli
immediati successori. Gregorio XIV con-
fermò il decretato di Pio IV sulle scom-
messe che si facevano nelle promozioni,
con tristi conseguenze: ne parlai nel voi.
L, p. 3oi. Nel breve pontificato di Leo-
ne XI non volle creare cardinale nem-
meno il nipote, ad onta degli stimoli che
ne ricevette. Paolo V in io promozioni
creò 60 cardinali, cioè 1 3 romani, 1 o sta-
tisti, 7 fiorentini, 5 napoletani e veneti,
9 spagnuoli e francesi, 6 lombardi, 5 ge-
novesi, 4 tedeschi e un savoiardo: fra'qua-
li io stali famigliari di sua casa Borghese
o suoi, 4 parenti, 3 domenicani e un con-
ventuale. Non badando ai natali, tenne
per fermo che le sole azioni distinguono
gli uomini, volendo premiare il solo me-
lilo. Avrà avuto presente la sentenza di
Minuzio: Omnes pari sorte nascimur, so-
la virlule distinguitnur. Su questo pro-
posito ricorderò che Sigismondo impe-
ratore preferiva nella sua corte i nobili
per virtù e per dottrina ai nobili per san-
gue, dicendo: »> Che gli uomini d'inge-
gno e di valore eccellenti hanno la loro
nobiltà dalla natura e da Dio; e gli altri
da' principi, che agli antenati de'medesi-
mi diedero titoli eslati". Si può aggiun-
gere il riflesso di Vasari, che riportai nel
voi. XXIII, p.2o3.
AvendoVannozzimanifestatocheGre-
gorio XV voleva promoverlo alla porpo-
ra, il Papa gli ordinò colla propria pen-
na di cassare il suo nome dalla nota dei
promovendi, come narrai nel voi. IX,p.
3o8,insiemcal nome che tra'promoven-
di fece segnare Alessandro Vili all'Alba*
ni, poi Clemente XI. In r) promozioni Ur-
bano Vili creò 78 cardinuli e altri 4 non
PRO
potè pubblicare. Dei primi, 5 furono re-
ligiosi, 7 promossi ad istanza de'sovra ni,
24 romani, io statisti e altrettanti fio-
rentini, 18 italiani, fra'quali 6 genovesi,
5 francesi, 4 spagnuoli, 2 tedeschi e un
polacco. Tra'medesimi 5 erano suoi pa-
renti, 12 stati famigliari, 7 de'quali in-
timi. Alessandro VII nel i.° concistoro
ripetè al s. collegio nel ringraziarlo quello
che gli avea detto nella sua promozione
al pontificato: » Che s. Francesco di Sa-
les insegna che l'uomo ecclesiastico nulla
deve cercare e nulla deve ricusare, e per-
ciò si era uniformato al volere de'cardi-
nali"(^. Rinunzia del pontificato). Nel
promuovere il nipote alla porpora, non
volle farlo solo comeaveano praticato i
predecessori coi loro; onde in una fece
due promozioni, il nipote lo proclamò
in principio del concistoro e nel fine 8
cardinali, fra'quali Paolucci che da 3o
anni era segretario del concilio edelPim-
munilà. Ad istanza di Cristina regina di
Svezia elevò Conti al cardinalato. Cle-
mente IX per quelle della madre del re
di Spagna fece il simile coti Portocarre-
ro; e siccome in questa promozione creò
ancora un cardinale a premura del redi
Francia, l'imperatore pretese che si do-
vesse fare anche quel personaggio da lui
nominato. Ma il Papa fece rispondere che
la s. Sede poteva procedere alla promo-
zione di tali cardinali senza mescolarvi
le convenienze di altri monarchi; altri-
menti Venezia, Portogallo e Polonia po-
tevano affacciare egual pretensione. In-
nocenzo XI in due promozioni creò 43
cardinali, per le quali si fece quel disli-
eo che riportai nel voi. VI, p. i53. Fra
essi 4 d'ano concittadini e 7 religiosi: non
curò le commendatizie de'principi quan-
do non erano degne di lui e di loro. In-
nocenzo XII solo dopo 4 <inni e 5 mesi
e benché di 80 anni, fece la prima pro-
mozione. Clemente XI promosse 70 al
cardinalato in ri concistori: nel creare
cardinale il b. Tonimasij che non voleva
accettare, gli addusse le medesime ragio-
PRO
ni che a lui avea portato per costringer-
lo a dare il suo consenso al pontificato
quando vi fu promosso. A Porpora ho
parlato di quelli che la rinunciarono. Il
s. collegio deputò due cardinali pei* rin-
graziar Clemente XI per la promozione
al cardinalato di Casini. Benedetto XIII
in 1 1 promozioni creò 29 cardinali, e vi
comprese 5 napoletani e beneventani, 7
religiosi, 4de'quali del suo ordine de'pre-
dicatori. In Giambattista Altieri restituì
la dignità che avea egli ricevuto dal suo
pro-zio Clemente X, mentre da 20 anni
eia chierico di camera, onde giunse alla
qualifica di loro decano. Clemente XII
lasciò un solo cappello vacante, perchè
in 1 5 promozioni creò 35cardinali, fra
i quali 8 connazionali toscani, 3 religiosi
e 2 parenti. Benedetto XIV in 7 promo-
zioni die al s. collegio 65 cardinali, niu-
110 de'quali divenne Papa, e si oppose al-
l'Esclusiva (^.), che la corte imperiale
pretendeva dare pure a I card i na la to. Do -
po lunga carriera promosse Serbelloni,
onde il cardinal Pacca si servì di questo
esempio per fare il confronto di que'pre-
lali che dopo pochi anni aspirano al car-
dinalato, comeaccennai nel voi. XLVI1I,
p. 1 63. Nelle biografie de'cardinali si può
vedere la diversità che passa tra il siste-
ma antico e l'odierno.
Clemente XII 1 in 7 promozioni fece
52 cardinali, cioè 9 romani, 1 5 statisti,
1 8 italiani, fra 'quali 3 genovesi, 4 con-
nazionali veneti, ed altrettanti milanesi
e napoletani, 3 toscani, 4 francesi, 2 te-
deschi ed unospagnuolo. Vi comprese 2
domenicani ed un conventuale, che fu il
successore Clemente XIV. Questi in ter*
rogato sevoleva accettare il pontificato,
cui era stato promosso, rispose: Non bi-
sogna ne desiderarlo, né ricusarlo. In 1 2
promozioni creò 17 cardinali, perchè ne
pubblicò uno o due per ciascuna. Pio VI
in 23 promozioni dièal s. collegio 73car-
(liliali; 3 divennero decani del s. collegio,
e tra questi il i.° e l'ultimo cardinale
che creò, Antonelli e Somaglia. Vi com-
p a o 29r)
prese 2 teatini, un camaldolese, un cassi -
nese, un domenicano e un barnabita. Fra'
7 3 ne promosse 1 4 che erano vescovi, 1 o
nunzi, 4 governatori di Roma, 2 uditori
generali della camera, 3 tesorieri gene-
rali, 4 maggiordomi e altrettanti mae-
stri di camera, il decano e ■ uditori di
rota, 3 decani de* chierici di camera, 2
commendatori di s. Spirito, un presiden-
te di Urbino, 2 segretari della congre-
gazione de' vescovi e regolari, ed altret-
tanti segretari di quelle del concilio e di
consulla, un segretario di propaganda
dopo aver esercitato la carica 18 anni,
2 uditori del Papa, un assessore del s.
offizio, un presidente d'Avignone, un vi-
celegato di Bologna. Da questa enume-
razionesi possono rilevare le cariche pre-
latizie che portavano ordinariamente al
cardinalato^ trannealcune eccezioni tut-
tora si osserva l'antica consuetudine. Pri-
ma eranvi quelle di fare in una promo-
zione i nunzi di i.° rango, così i decani
de'collegi prelatizi mentovati, così i se-
gretari delle indicate congregazioni car-
dinalizie, alle quali ormai può aggiun-
gersi quella degli all'ari ecclesiastici: al-
tre analoghe e speciali notizie di ogni ce-
lo le riportai ai loro individuali articoli.
Alcune sedi vescovili sono onorate per
consuetudine nel loro pastore della di-
gnità cardinalizia, nel modo e con quel-
le regole chedichiarai ai loro articoli, co-
me Lisbona, Toledo, Siviglia, Napoli,
Palermo, Capua, Lione, Reims ec: nello
stato papale, oltre li 6 vescovati subur-
bicari, gli arci vescovati di Benevento, Bo-
logna, Fermo, Ferrara, Ravenna, ed i
vescovati di Ancona, Jesi, Imola, Mon-
te Fiascone, Orvieto, Osimo e Cingoli,
Sinigaglia, Viterbo: tuttavolta vi sono
esempi che in alcuna delle nominate se-
di, in qualche vescovo ebbe interruzione
tal consuetudine. Dellepiomozioni di Pio
VII feci cenno di sopra e alla biografia;
solo noterò che nella promozione degli
8 marzo 1816, come Leone X, creò 3 r
cardinali, ma soli 21 né pubblicò, gli al-
3oo PRO
lii serbò in pel lo. Delle promozioni di
Leone XII (colla protesta che non vole-
va farle che eli meritevoli) e Pio Vili, ne
trattai alle loro biografie. Negli articoli
Gregorio XVI ePio IXcronoiogicamen-
te riportai le loro promozioni cardinali-
zie, di vescovi e abbati nullius, specifi-
cando, oltre l'epoca di ciascuna, il no-
me, cognome, patria e altro di ogni car-
dinale in altrettanti periodi: questo esat-
to dettaglio mi assolve dall'errore tipo-
grafico sul calcolo del complessivo nu-
mero de'cardinalidi Gregorio XVI, che
in vece di dire 74 f'u impresso 82 a tut-
to aprile 1 845.E siccome fra'74 v6 n'era-
no compresi 4 creati e riservati in petto
nel concistoro de' 2 i aprile 184^, av-
vertii che non erano pubblicati; così nel
rettificare l'errore numerico aggiungerò
t\i\c altri cardinali creati e riservati in
petto a'22 luglio i844; laonde sino a
quell'epoca il Papa Gregorio XVI avea
creato 76 cardinali, ma pubblicati soli
70. Dopo la stampa del volume che con-
tiene l'equivoco, e fino alla tanto pianta
sua morte, Gregorio XVI creò e pubbli-
cò con due altre promozioni i seguenti
porporati. Nel concistoro de'24 novem-
bre i845 pubblicò i due cardinali riser-
bati in petto nel 1 844i CIOe: Lorenzo Si~
monelli, nato in Roma e assessore del s.
ollizio, prete di s. Lorenzo in Pane e Per-
ria; Giacomo Piccolomini di Siena, de-
cano de'chierici di camera, diacono e poi
prete di s. Balbina. Nel medesimo con-
cistoro creò e si riserbò in petto un car-
dinale. Nella promozione o concistoro dei
19 gennaio 1846 creò e pubblicò cardi-
nali : Guglielmo Enrico de Carvalho di
Coimbra, patriarca di Lisbona, prete; Si-
sto Mario Sforza di Napoli e arcivesco-
vo della medesima, prete di s. Sabina j
Giuseppe Dernel di s. Flour, arcivescovo
d'Air, prete, morto a'5 luglio, 4 giorni
dopo il Papa. Laonde risulta da questi
calcoli che Gregorio XVI nelle sue nu-
merose promozioni cardinalizie creò 80
cardinali, de' quali ne pubblicò 7 5, la-
PRO
sciando alla sua morte due soli cappelli
vacanti, mentre avea creato e riservato
in petto 5 cardinali. Finalmente a com-
piere le memorate promozioni cardina-
lizie di Pio IX, poiché l'articolo giunge
a'28 dicembre i85i, epoca in cui rividi
gli stamponi, riporteròquella de' 1 5 mar-
zo i852, in cui creò e pubblicò cardina-
li; Domenico Lucciardi di Sarzana, già
patriarca e segretario del concilio, ora ve-
scovo di Sinigaglia, prete di s. Clemente;
Francesco Augusto Ferdinando Donnet
dell'arcidiocesi di Lione, arcivescovo di
Bordeaux, prete; Girolamo d'Andrea
di Napoli, arcivescovo in partibus e se-
gretario del concilio, prete di s. Agnese
fuori le mura; Carlo Luigi Monchini,
nato in Roma, arcivescovo in partibus e
già tesoriere generale, presidente della
commissione degli ospedali, pretedi s. O-
nofrio.
PROPAGANDA FIDE o Propaga-
zione della fede, Propagatio fide i, Chri-
stiana nomini propagando , Propagatio
nominis chrisliani. La propagazione e dif-
fusione della religione cattolica, secondo
il divino comando di Gesù Cristo fonda-
tore della sua chiesa, sublime argomen-
to che con diffusione ho trattato in lutti
que'molti articoli che lo riguardano. E'
conforto ai figli della vera chiesa il ve-
dere come anche a' giorni nostri questa
nostra madre dotata dal celeste suo Spo-
so di quella fecondità prodigiosa che l'ha
sempre contraddistinta dalle infelici set-
te da essa separate, adempiere il coman-
do fatto agli apostoli ed ai loro succes-
sori di andare per. tutto il mondo, di pre-
dicar l'evangelo a tutte le creature e di
istruire legenti, coi più ubertosi e splen-
didi successi che vado celebrando con re-
ligiosa soddisfazione e riverente ammi-
razione in tanti articoli. Propagata per
1' universo la religione cattolica , per le
insorte eresie e scismi, parti della malizia
del Demonio, i Papi spedirono sino dai
più antichi tempi missionari in varie re-
gioni a convertire i caduti, confermare i
PRO
fedeli , ed illuminare le popolazioni an-
cora idolatre. Imperocché appartiene ;il
Papa e alla Chiesa istruire sudditi e re,
ricchi e poveri, e le nazioni tutte, come
maestro universale, prerogativa tutta
propria dell'augusta cattedra di s. Pietro
su cui siede. L'apostolato universale del-
la propagazione della fede il sommo Pon-
tefice principalmente l'esercita con la be-
nemerita e veneranda cardinalizia Con-
gregazione de propaganda fide (F.), i-
slituita da Gregorio XV onde promuo-
vere la dilatazione del cristianesimo, per
le efficaci sollecitazioni del p. Girolamo
da Narni cappuccino e valente predica-
tore apostolico, e del p. Domenico di Ge-
sù Maria generale de'carmelilani scalzi,
religioso di molta pietà. La sagra congre-
gazione adempie la grande opera dell'al-
ta sua missione con tutti que' vasti mezzi
e ampia giurisdizione conferitale dai ze-
lanti Papi istitutori delle Missioni ponti-
ficie (^.), dei Missionari (F.), dei Fica-
riati apostolici (F.), delle Prefetture apo-
stoliche {Fi)y che tanto santamente e flo-
ridamente corrisposero all'aureo fine, e-
minentemente cooperandovi il clero se-
colare e precipuamente il regolare di tan-
ti illustri ordini e congregazioni , anche
di recenti istituzioni, come a cagione di
onore nominerò le congregazioni de Pie-
pus, de'Maristi, degli Oliali di Pinero-
lo, della Carità, non che l' Indigeno clero
(F.)} come la pia e prodigiosa opera del-
la Propagazione della fede, del quale i-
stituto nacque il primo pensiero in quel-
lo appunto delle missioni straniere per
supplire ai suoi bisogni, che Lione (F.)
fra tutte le città dellaFrancia avendo com-
preso meglio di ogni altra le miserie degli
infedeli, ne divenne la nudrice e la madre
della meravigliosa sua impresa, che tan-
te ubertose missioni fondò. Quest'opera
grandiosa fu suscitata dalla divina prov-
videnza per confortare la sua Chiesa com-
battuta fra noi, collo sviluppo meraviglio-
so delle missioni tra gl'infedeli. Immensi
aiuti riceve sempre la sagra congregazio-
PRO ' 3ot
ne di propaganda nel suo apostolico mi-
nistero dal suo Collegio Urbano (^.) t
dalla congregazione delle Missioni stra-
niere (F.), e dal seminario delle Missio-
ni straniere {F .), i cui alunni si resero be-
nemerentissimi della diluzione del salu-
tifero evangelo, perla gloria di Gesù Cri-
sto , per la salvezza eterna di tanti mi-
seri e per ridurre l'universo sotto un so-
lo ovile e un solo pastore. Il seminario
delle missioni straniere, da due secoli in
qua ha dato tanti missionari all' Indie,
tanti vescovi alla Chiesa, tanti martiri al
cielo, poiché la vocazione al ministero a-
postolico tra gì' infedeli, suppone la vo-
cazione al martirio. Nella sala del semi-
nario detta de' martiri riposano le ossa
venerande di tanti illustri campioni del-
la fede, che hanno ai nostri dì resa col
sangue testimonianza di amore a Gesù
Cristo. Ivi si trovano dipinti per mano
di testimoni oculari la storia de'loro sup-
plizi, e gl'istromenti del martirio, le fu-
ni, le catene, le canghe, vera scuola di
eroismo cristiano. Tra le quattro con-
gregazioni di preti missionari che sono
in Napoli, vi è quella de Propaganda fi-
de, fondata nel 1646 dal can. Carnevale,
coli' intendimento di educare e tenere
pronti a'cenni della congregazione di pro-
paganda di Roma sacerdoti da spedirsi
alla conversione degl'infedeli. In molti ar-
ticoli notai le istituzioni della propaga-
zione della fede, come in Londra ec, Que-
bec ec. Eziandio utili servigi rendono al-
le missioni le figlie o sorelle della Cari-
tà (F.)} istituite da s. Vincenzo de Paoli
fondatore della congregazione della Mis-
sione (F.)t con aiuti spirituali e corpora-
li a vantaggio de' sani , e singolarmente
degl'infermi. Ormai il nome di suore del-
laCarilà basta ovunque a indicare affet-
to di sorelle e di madri , vero conforto
della languente umanità , operose e sol-
lecite insegnatrici delle fanciulle.
Dell' opera della Propagazione della
fede parlai a Lione, ove fu fondata a' 3
maggio 1 822 con appio vazionedi PioVI 1,
3o2 PRO
comedel suo scopo per aumentare i mez-
zi alla sagra congregazione de propagati-
da fi.de , onde sempre più diffondere e
consolidare la religione cattolica tra gl'in-
fedeli ne' due mondi , avendo pur detto
del suo stupendo incremento e dell' im-
menso bene che fa. Pio VII, Leone XII,
Pio Vili e Gregorio XVI compartirono
e successivamente confermarono a lutti i
membri dell' associazione e contribuenti
limosino le seguenti indulgenze applica-
bili anclie alle anime del purgatorio. i.°
Indulgenza plenaria nel giorno dell' In-
venzione della Croce, anniversario della
fondazione della pia opera in Lione; al-
tra eguale nella festa di s. Francesco Sa-
verio protettore dell'associazione, e così
una volta il mese, lasciando il giorno al-
l'arbitrio dell'associato, purché abbia e-
gli in lutti i giorni del mese recitato il
Pater e X Ave nella mattina o nella sera
per la prosperità della pia opera, aggiun-
gendovi sempre l' invocazione : s. Fran-
cesco Saverio pregate per noije purché
somministri la limosina d'un bajocco la
settimana. Per 1' acquisto di tale indul-
genza è prescritto di confessarsi e comu-
nicarsi, di visitare divolamente la chiesa
parrocchiale, ove non esista la propria
della pia unione, pregando Dio per 1' e-
saltazione della Chiesa e secondo l'inten-
zione del Papa. Gli associati che per in-
fermità non possono prestarsi alla visita
della chiesa, lucrano tuttavia l'indulgen-
za , adempiendo còme possono agli altri
obblighi , seguendo il consiglio del con-
fessore. 2.° Indulgenza di i oo giorni tut-
te le volte che contrito di cuore 1' asso-
ciato reciterà le indicate preghiere, e da-
rà qualche limosina per la pia opera o
eserciterà qualche allodi religione o di
carila. In breve spazio di tempo l'opera
della propagazione della fede da Lione,
ove ebbe culla, si diramò in molte regio-
ni d' Europa e di altre parti. Gregorio
XVI assai la protesse , ed ebbe la com-
piacenza di vederla nel suo pontificato
dilatala e accresciuta. Nel settembre 1 838
PRO
fece in Roma a mezzo del cardinal vica-
rio dichiarare l'importanzadeH'istitulo e
inculcare l'associazione per l'accrescimeli •
to del numero de'missionari, non che del-
le risorse per le missioni tra tanti infeli-
ci popoli ancora seduti all' ombra della
morte; esaltando l'eccellenza della pia
associazione e la sua efficacia ad untine
così sublime. Il Papa fece espressamente
comandare che di questa opera si formas-
se un Consìglio centrale in Roma, unito
e nello stesso scopo e cogli stessi metodi
a quelli già preesistenti di Lione e di Pa-
rigi, sotto la presidenza del cardinal Bri-
gnole, venendo stabilita dal Papa la chie-
sa di s. Maria della Pace (ove ha pur se-
de la Pia unione di s. Paolo, f.), per ce-
lebrare le due annue funzioni prescritte
dall'istituto per lucrarvi l'indulgenza con-
cessa agli associati , invitando tutti » a
procurare con questo mezzo di certissima
riuscita, la salute di tante anime redente
col prezioso sangue di Gesù Cristo, e ri-
cordarsi ch'è promesso di aver salva l'ani-
ma propria a chi procura di salvar quelle
de'loro prossimi". A tale effetto subito si
formò il Consiglio centrale di F\oma. Il
metodo perascriveregli associati e racco-
gliere le oblazioni è semplicissimo. Di o-
gni decina uno ha l'incarico di riscuoter-
le dagli altri 9 ; il collettore di io asso-
ciazioni ne versa il prodotto tra le mani
d'un altro associato, che riunisce io simi-
li collette, ossia il prodotto di 100 asso-
ciazioni, per versarle in mano d'un 3.°,
il quale ha l'ingerenza di riunire 1 o som-
me dello stesso valore, cioè il contributo
di 1000 associali, riunione diesi appel-
la Chilarchia, diramandosi all' uopo le
opportune pagelle. Oltre quella di baj.
52 annui, ognuno può somministrare ai
collettori qualunque altra sovvenzione.
Nello stato pontifìcio tutte le somme rac-
colte si consegnano ai vescovi diocesani,
per farle versare nella cassa del consiglio
centrale di Roma. Questo e gli altri due
consigli distribuiscono di comune accor-
do e con l'intesa della sacra concregazio-
PRO
ne di propaganda le raccolte limosine al-
le diverse missioni, con imparzialità e in
proporzione de'loro bisogni. Il consiglio
centrale di Lione pubblica ogni anno in
varie lingue il prospetto di tulle le som-
me incassalee della loro erogazione, spe-
cificando le oblazioni riscosse in ciascuna
diocesi , non ebe i soccorsi trasmessi ad
ogni missione. Oltre il prospetto e fin dal
1827 stampa il ridetto consiglio lionese
di bimestre in bimestre , e in varie lin-
gue, un fascicolo intitolato : Annali del'
la propagazione della fede , contenente
le relazioni più importanti de'capi delle
missioni e de'missionari, onde giungano
alla conoscenza di tutti i progressi e sta-
to della fede cattolica ne'due emisferi (a
Dublino si stampano in inglese). I fasci-
coli vengono distribuiti gratuitamente ad
ogni collettore di io associazioni, ebe de-
ve farli circolare tra gli altri g associati,
restandone a lui la proprietà. Il consiglio
centrale di Roma eziandio pubblica que-
sto breve ragguaglio. Nel n.°i o5 del Dia-
rio di F\oniaiS3S, si legge come il Papa
per la congregazione di propaganda , in
vista de'benelizi recali alia religione dal-
l' opera della propagazione della fede di
Lione, mercè de'soccorsi pecuniari da lei
abbondali temente sommi nistra ti alle mis-
sioni straniere, spedì a quel consiglio cen-
trale in attestalo di gradimento una splen-
dida urna con entro riccamente vestito
il corpo del martire s.Esuperio. Si legge
ancora la descrizione della solenne pro-
cessione e del successivo festevole triduo
pel trasporto nella metropolitana delle s.
reliquie, con pompa ed entusiasmo reli-
gioso. Nel 1 839 in Roma nella detta chie-
sa di s. Maria della Pace, perlai.3 volta
si celebrò dalle thilarchie della propaga-
zione della tede la festa dell' Invenzione
della Croce. Di poi nella medesima chiesa
fu statuito di annunziare in ogni ultima
domenica del mese con discorso analogo
l'eccellenza di questa opera pia ai biso-
gni delle missioni, e ai grandi meriti di
coloro che sebbene con piccoli mezzi con-
PRO 3o3
corrono al gran mistero della Redenzio-
ne. Nel 184» fu pubblicata in Roma l'O-
razione sulla propagazione della fede,
dell'ab. Isaia Rossi di Salò. Nel preceden-
te anno Gregorio XVI pubblicò un'en-
ciclica, raccomandando a tutte le chiese
l'associazione della propagazione della
fede, per eccitare i fedeli a contribuir li-
mosine a questa pia istituzione, col quale
atlo la collocò fra le comuni istituzioni
religiose della cristianità: di più in ono-
re di essa fece coniare una bellissima me-
daglia monumentale, come già dissi nei
voi. XXXII, p. 3?.2,XLV, p. 24.6.' I chi-
liarchi del consiglio diocesano di Roma,
affine di suffragare le anime de'loro ze-
latori e consoci defunti, celebrarono in s.
Andrea della Valle solenne funerale, con
recita dell'ofGzio de' defunti, messa can-
tata e orazione necrologica, con indulgen-
za plenaria concessa da Gregorio XVI,
come si ha dal n.° 6 del Diario di Roma
i845. Quest'opera mirabile è stata lo-
data anche dall'episcopato che potente-
mente vi ha contribuito, eccitando i dio-
cesani all'associazione, e ne furono reli-
giosamente corrisposti, qualificandola la
più religiosa creazione de'tempi moder-
ni, pel fine sublime di strappar dal seno
dell'ignoranza e dalle tenebre dell'idola-
tria popoli selvaggi, nazioni intere, e re-
care la luce del vangelo in tutti i luoghi
della terra , che non ne sono ancora il-
luminati; perciò meritò d' essere racco-
mandata da tutti i vescovi, arricchita di
spirituali tesori e delle benedizioni dei
Papi, come del regnante Pio IX inclusi-
vamente alle limosine ingiunte per conse-
guire l'indulgenza nel giubileo del i852,
acciò vieppiù si stabilisca e propaghi per
renderne copiosi fruiti. Si può leggere di
mg.rPiervisani vescovo di Nocera la Let-
tera pastorale sulla sacra opera della
propagazione della fede, Roma 1 838. In-
oltre,come notai altrove, vi è l'istituzio-
ne Leopoldina stabilita pel medesimo og-
getto delle missioni , con imperiale per-
messo del monarca austriaco, nell'Austria
3o4 PRO
e in altri paesi vicini, la cui direzione ri-
siede in Vienna capitale dell'impelo, ed
]ia per presidente l'ai ci vescovo della me-
desima. £' questa un altro potentissimo
ausiliare dalla divina provvidenza ispi-
ralo a utililùdella propagazione della fe-
de con missioni straniere.
Quanto fece per la propagazione del-
la fede il servo di Dio d. Vincenzo Pal-
loni romano, lo dissi a Regina degli a-
rosTOLi , ove feci cenno della congrega-
zione e pia società dell'Apostolato catto-
lico da lui fondata, e di altre sue istitu-
zioni conducenti a tale santissimo fine.
Di recente in Milano si eresse un colle-
gio per le missioni estere, onde facilitare
al religioso zelo de'lombardi, non meno
generosi che intraprendenti, un tale apo-
stolato, fino allora reso da circostanze lo-
cali quasi inaccessibile. L'attuale zelan-
tissimo vescovo di Pavia mg. r Angelo Ra-
mazzotti della congregazione degli oblali
missionari di s. Carlo, ne h\ il promoto-
re e fondatore principale. Nel consiglio e
nell'opera venne coadiuvato da tutto l'e-
piscopato lombardo, ma principalmente
dall'odierno arcivescovo di Milano, che
da Savonno, dove nell'abitazione del ve-
scovo pavese il collegio ebbe principio ai
3o luglio i85o, lo trasportò nel 1 85 1 in
Mihino, cedendogli provvisoriamente il
locale e il santuario della 6. Vergine a
s. Calocero, onde in seno a quella insi-
gne e benefica capitale potesse più rapi-
damente sotto ogni rapporto prosperare.
Il cardinal Fransoni prefettodella s. con-
gregazione di propaganda fide, da cui u-
uicamenle dipende [' istituto , non solo
l'approvò e favorì, ma gli assegnò anco-
ra la diffìcile missione della Polinesia e
della Micronesia ne\V Oceania (/"''.), che
andava ad essere abbandonala come im-
praticabile. E già mediante lo zelo illu-
minalo e santo di chi vi assiste e preci-
puamente del sacerdote d. Giuseppe Ma-
rinoni,chiamato alla direzione di questa
pahia impresa dall' Ospizio apostolico di
s. Micliele di Roma, che da 1 2 anni dirige-
PRO
va e santificava come parroco, inviò fi-
no dui 1 6 marzo i852 sette missionari al-
la volta di quella perigliosa missione. Si
può vedere l'opuscolo : La partenza de
missionari lombardi per V Oceania _, M»-
lanoi852.
Della sterilità delle missioni de'prote-
slanli parlai altrove, ed a Missionari, a
Bibbia. Pure le loro entrale pervengono
a somme veramente incredibili. In una
statistica del 1 85 1 si rileva che le quattro
principali società di missioni in Inghil-
terra raccolseroespe9ero nello spazio d'un
me7zo secolo 275 milioni 1 Si può calco-
lare nella medesima somma il totale del-
l'entrata e della uscita delle altre società
in America e sul continente europeo. L'o-
pera delle sedicenti missioni evangeliche
assorbe ogni anno almeno dodici milioni,
e questa cifra tende all'aumento. Quat-
tro società trattano da se sole 1 438 mis-
sionari. Se tante enormi somme si sagri-
beano per propagare l'errore, cosa do-
vremmo far noi cattolici per propagar I;»
veiilà e rendere la salute eterna a tanti
milioni di vittime 1 Vero èperòchesilfat-
te aggregazioni protestanti, mentre pub-
blicano ampollose statistiche dei pregiu-
dizievoli libri diffusi e de' missionari spe-
diti, non ci danno la statistica delle con-
versioni ottenute collo spreco di tanti mi-
lioni I Osserva egregiamente il giornale
1' Armonia : » Se noi ci contentassimo
di chiedere loro un convertito-al cristia-
nesimo , e che ne abbia seguilo almeno
per qualche tempo i dettami, per ogni
milione di franchi che vi spesero, credia-
mo che sarebbero ancora imbarazzali a
soddisfarci. Con tanta potenza di mezzi,
con tanta alacrità e perseveranza di la-
voro, donde deriva tanta sterilità? Non è
forse perchè tutte le chiese , fuori della
cattolica romana, non sono le spose del
divino Redentore, ma le adultere da lui
ripudiate? £ questa sterilità tanto più si
fa notevole, quanto si mette a confronto
coll'abbondantissima messe che la chiesa
cattolica va raccogliendo di continuo coti
PR O
sì pochi mezzi a sua disposizione. D'al-
tra parte non sappiamo se debba riusci-
re più a vergogna, per l'indolenza di quei
cattolici che sono così ristretti nell' aiu-
tare , secondo loro potere , la diffusione
della vera fede , che hanno ricevuta in
dono da Dio , o a stimolo per quelli che
già vi cooperano secondo le loro circo-
stanze, vedere che tanti sforzi si fanno e
tanti denari sono sprecati per propinare
il veleno ". Nel Discorso pubblicato nel
i85r dal dotto arcivescovo di Nuova-
York mg.r Hugues, positivamente asse-
risce che 1' Inghilterra e gli Stali Uniti ,
ove trovasi, spesero milioni e milioni, spe-
dirono centinaia e migliaia di missionari
per propagare il protestantismo nelle re-
gioni idolatre, senza portare verun risul-
tato. Questa cattiva riuscita nella con-
versione de' pagani porge senza dubbio
nel protestantismo sintomi di decadimen-
to; mentre d'altra parie esso declina an-
che per le frequenti e numerose conver-
sioni de' protestanti alla vera fede, ces-
sando di far parte di una comunità con-
sistente in circa 5o milioni di persone ,
ed in vece entrando nella grande socie-
tà cattolica che conta più di 200 milio-
ni di persone, che unite in ispirilo di ca-
rità chinano tutte il capo al Pontefice e
padre che risiede nell' alma Roma. V.
Protestanti , Eretici, Scismatici, Reli-
gione.
PROPOSIZIONE CONCISTORIA-
LE, Proposito consistorialig. Memoria-
le 0 foglio stampato dalla tipografia del-
la rev. cam. apostolica o di propaganda,
e indirizzato ad ogni cardinale, contenen-
te la proposizione della chiesa da prov-
vedersi dal Papa nel concistoro segreto,
per cui si distribuisce alcuni giorni prima
di questo individualmente a tutti i car-
dinali dal sostituto del concistoro , per
mezzo de'procuratori, agenti o Spedizio
nieri di Dateria e di Cancelleria (/r.) dei
promovendi. Le chiese o benefizi mag-
giori detti concistoriali , ossiano quelle
chiese che si provvedono in concistoro ,
vol. tv.
PRO 3o5
sono le sedi patriarcali, arcivescovili, ve-
scovili , le abbazie o monasteri nullius
dioecesis, cioè le chiamate abbazie con-
cistoriali (di tutte le quali parlai ai loro
articoli, a Diocesi, Monasteri ec. ), che
sono vacanti o stanno per vacare per tras-
lazione : egualmente in concistoro si con-
feriscono le chiese situale nelle parti de-
gl'infedeli, o titoli in partibus, patriarca-
li, arcivescovili e vescovili, tranne quelli
che conferisce il Papa per breve pontifi-
cio, massime a mezzo della Congregazio-
ne de propaganda fide(V.), la quale ne
dà parte all' Uditore del Papa {tr.), co-
me segretario del concistoro. Raccontai a
Concistoro che Paolo IV istituì il Pre-
conio (A7.), ossia la proposizione che un
cardinale faceva in concistoro per prov-
vedere le chiese cattedrali e abbaziali , o
in partibus, sia al Papa perchè vi prov-
vedesse nel prossimo concistoro (pubbli-
candosi ne Diari di Roma, ora Giorna-
le di Roma, finché i cardinali proposero
le chiese, veniva specificato da chi era-
no stale preconizzate), sia al sagro colle-
gio per notificargli quali chiese sarebbe-
ro in esso conferite , acciocché intanto i
cardinali potessero osservare lo stato del-
le chiese medesime, perdarneal Papa nel
detto futuro concistoro il loro individua-
le parere; giacchèPio IV decretò che nou
potessero accordarsi le chiese e benefizi
concistoriali, senza il consenso di due parti
de'cardinali presenti. Che Gregorio XIII
per abbreviare la durata de' concistori,
allora frequenti e lunghissimi, perchè an-
cora Sisto V non a vea accresciuto il nu-
mero delle Congregazioni cardinalizie
(^.), e meglio stabilite le poche preesi-
stenti, ordinò che la memorata Proposi-
zione si stampasse e dispensasse col tito-
lo Propositio, ond' ebbero origine i fogli
delle Proposizioni concistoriali. Con que-
sto metodo i cardinali vedono nelle pro-
posizioni lo stato della chiesa residenzia-
le o titolare, per la morte o traslazione
di chi vaca o va a vacare, di chi è la no-
mina o presentazione o raccomandazione
20
3o6 PRO
o supplica (il Papa però nel dichiararci
vescovi e gli abbati nullius, non fa men-
zione della presentazione o nomina ) , le
qualità de'promovendi,in quali mani ab-
biano fatto il giuramento, secondochè so-
no presenti in curia oda essa assenti, co-
me e da chi ne sia stato fatto il proces-
so, per quindi darne in concistoro al Pa-
pa il loro libero e giusto voto , allorché
glielo richiede per ogni chiesa residen-
ziale o titolare, colla forinola: Quid vo-
bis videlur ? Sui diversi modi antichi e
forinole di provisione e decreti, cornee
da chi si proponevano le chiese in Con-
cistoro, a questo articolo ragionai, ed an-
che in altri relativi , riportando esempi
delle antiche e delle attuali forinole di
provisione e decreti, anche di monasteri
nullius; le quali prima da Pio VII e poi
da Gregorio XVI talvolta furono abbre-
viate pel gran numero delle cinese che
preconizzavano, cioè quantoallo stato di
ciascuna di dette chiese, il quale stato già
ogni cardinale l'avea letto nelle proposi-
zioni concistoriali che loro restano. Nel
medesimo articolo e precisamente nel voi.
XV, p. 2 25 e seg. riportai una Proposi-
zione tal qualecome si dispensa, colle va-
rianti e particolarità secondo i casi, per
darne una chiara cognizione; laonde da
essa si può vedere il contenuto di ciascu-
na proposizione concistoriale. Queste prò -
posizioni si compilano dal sostituto del
concistoro e dal notaro de processi ( dei
quali e del loro importante uffizio trattai
a Concistoro), cioè dal formale e giurato
processo dello stalo della chiesa ( per la
Venela ebbi l'onore di fare da testimo-
nio nel provvedersi dell'odierno patriar-
ca), e dal processo delle qualità del pro-
movendo (per quelle dell'attuale vescovo
di Verona ebbi l'onore di fare da testi-
monio): questi due ufficiali del concisto-
ro formano le proposizioui concistoria-
li, col li. i-nulo clic fanno di detti proces-
si; il sostituto lo rileva dai processi fur-
inali dai nunzi o da altri che delegò il
Papa, il notaio lo compone dai proces-
PRO
si da lui medesimo stesi. Questi trascin-
ìi o ristretti, dal sostituto, dopo avere
esaminati quelli del notaro ( perchè pel
pontificio breve di sua nomina gli appar-
tiene la revisione de'processi fatti lam in
curiam auam extra) si sottomettono al-
la revisione del prelato Uditore del Pa-
pa (come suo uditore perpetuo nelle ma-
terie concistoriali), dopo la cui approva-
zione il sostituto accorda V imprimatur
colla formola potcrit imprimij quindi si
stampano col nome di Proposizioni e in-
dividualmente Proposilio , che si distri-
buiscono a ciascun cardinale , e sono le
presenti proposizioni, mentre le antiche
erano più. lunghe e più dettagliate, come
rilevai dall'esame che ne feci. Nel mede-
simo articolo Concistoro dichiarai che
qualchegiorno innanzi il concistoro segre-
to , il prelato uditore consegna al Papa
tulle le proposizioni stampate, colla no-
ta corrispondente dei promovendi e del-
le chiese residenziali e titolari che deve
preconizzare in dello concistoro, insieme
al libretto mss. o fogli concistoriali con-
tenenti il compendio di tali proposizio-
ni, colle formole di provisione e il decre-
to che deve leggere il Papa al sagro col-
legio in concistoro (per cui tali fogli sono
denominati Parole del Papa ), dopo il
quale il libretto si ripone neh' archivio
che è in custodia del sostituto, restando
al Papa la nota colle proposizioni stam-
pate. Da queste proposizioni e in forza
della cedola concistoriale si formano e
spediscono le bolle apostoliche , per au-
torizzare i promovendi al possesso delle
chiese loro destinate. La cedola concisto-
riale si fa dalla segreteria <\e brevi in vir-
tù dell'attestato che rilascia il cardinale
vice Cancelliere pel registro che fa dei
decreti pronunziati dal Papa in concisto-
ro, del quale è notaio, per cui nel gior-
no avanti il concistoro il sostituto di que-
sto gli porta i fogli concistoriali o ristret-
ti delle preconizzazioni in uno ai detti de
cieli. Anche il cardinal Camerlengo del
s. collrg;o (F.) riceve nel giorno avanti
PRO
il concistoro dal sostituto del medesimo
i fogli concistoriali o ristretti delle pre-
conizzazioni uniti in libretto chiamato
delle Proposizioni , col quale confronta
le chiese che vengono proposte , indi fa
notare, registrare e sottoscrivere gli alti
concistoriali. Il Pontefice Gregorio XVI
si degnò donarmi tutta la collezione del-
le proposizioni concistoriali a lui distri-
buite nel cardinalato, e la collezione di
quelle del pontificato, in uno alle note che
ricevette dai prelati suoi uditori. Non so-
lo curai di proseguire diligentemente sì
preziosa collezione , ma mi riuscì avere
anche tutte quelle de' concistori che de-
scrissi a Pio IX, e da lui tenuti in Gae-
ta e Portici, le quali non sono certamen-
te comuni. Come notai a p. 235 del ci-
tato volume, colle più recenti proposizio-
ni concistoriali procedei alla descrizione
dello stato attuale delle chiese residen-
ziali e de'titoli in partibus.
PROPOSIZIONI CONDANNATE.
V. Bolle per condanna di errori, Con-
danne di errori in globo, congregazio-
ne dell' inquisizione o s. offizio, Con-
gregazione dell'indice, Inquisizione, In-
dice e gli articoli analoghi.
PROPOSIZIONI GALLICANE. Le
riportai nel voi. XXVI, p. 48 e seg. Inol-
tre si può vedere l'articolo Francia, par-
ticolarmentealle epoche $ Innocenzo XI,
Alessandro FUI, Innocenzo XIIj più
GALLU,ove tratto delia Chiesa gallica-
na, e riparlo delle quattro proposizioni
gallicane j Immunità ed altri relativi ar-
ticoli.
PROPOSIZIONI DI GIANSENIO.
Queste cinque proposizioni le produssi
nel voi. XXVII, p. 33 e seg. Si può ve-
dere Giansenismo e gli articoli che vi
hanno relazione.
PROSA. Ritmo o Inno (/^compo-
sto di versi senza misura, ma che han-
no un certo numero di sillabe con rime,
il quale si canta nella chiesa romana do-
po f Epistola , detto comunemente Se-
quenza, Sequentiao Juhìlatìo. Acquistò
PRO 3o7
il nome di Sequenza perchè seguila do-
po il Graduale e 1' Alleili] a. Fu detta
Prosa perchè non si osserva in essa la
legge del metro né della prosodia, cioè la
regola per le sillabe da pronunziarle bre-
vi o lunghe; mentre per prosa diciamo
pure il favellare sciolto, a distinzione dei
versi, prosa, or alio, oratio numeris so-
luta, soluta oratio. Il ritmo della prosa
si vuole inventato da Noterò o Notche-
ro abbate di s. Gallo, il quale scriveva
verso l'88o; ma egli dice nella prefazio-
ne del libro, in cui ne parla, che ne avea
veduto in un antifonario dell'abbazia di
Jumieges, la quale fu bruciata nell'84'
dai normanni. Altri ne fecero sul di lui
esempio, e ben tosto ve ne furono per
tutte le feste e per tutte le domeniche
dell'anno, eccettuatala seltuagesima fi-
no a Pasqua. Macri, Not. de'voc. eccl.,
in Prosa, dice che s. Nicolò I ordinò che
si cantasse nella messa. Osserva Bergier,
Diz.encicl., che le prose ad esempio di
Notchero composte da altri riuscirono
imperfette, ondesi lodarono i certosini ed
i cistercieusi per non aver messo le pro-
se ne'loro messali; e che in alcuna dio-
cesi vi è 1' uso di dire una prosa invece
d'un inno ne' secondi vesperi delle fesle
doppie. La chiesa romana non ne am-
mette che 4 principali: quella di Pasqua,
Victimae Paschalisj quella della Pen-
tecoste, Treni sancle Spirilusj quella del
Corpus Domini, Lauda Sionj quella che
si dice pei defunti, Dies irae. La i * è di
un autore sconosciuto. La 2." è attribui-
ta da Durando, lib. 4, e. 22, a Roberto
II re di Francia del 996; da Ecckardo
in Mabillon, Saec. V Bened. p. 1 8, ad In-
nocenzo III , per cui ne parlai nel voi.
XXXV, p. 216, ricordandone altra più
antica che si vuole del re e la quale dice-
vasi dai cluniacensi nel secolo XI; ed altri
credono più probabile che sia stata com-
posta da Ermanno Contratto che scrive-
va verso il 1040. La 3." a s. Tommaso
d'Aquino, sebbene altri ne credono auto-
re s. Bonaventura, come rilevai nel voi.
3o8 PRO
IX, p. 46- Della 4-" si fanno autori i ci-
tati a Dies ibae, e nel voi. XLV, p.a 1 5,
ove dissi pure quando s'incominciò a can-
tare ; ma la comune opinione è pei car-
dinal Latino Frangipane MalabrancaOr-
sini. Mg.r Alfieri , Ristaiti, del canto e
della musica, dice che il mettere la mo-
dulazione della prosa in falso bordone è
proprio snaturarla e farla divenire un
canto assai rozzo. Dichiara Le Bvun, Spie-
gaz, delle cerem. 1. 1, par. 2, n.° 6, che
dopo quel tempo furono composte alcu-
ne prose di uno stile più poetico e di un
maggior gusto delle antiche. La chiesa
ambrosiana di Milano non ha mai am-
messa alcuna sequenza, né graduali. Vi
sono bensì nell'uffizio qualche volta dei
responsori graduali, ma non consta che
a'tempi di s. Ambrogio fossero questi in
uso. Cantata l'epistola, in alcune giorna-
te i suddiaconi davano l'incenso nel co-
ro ai chierici ed ai laici, secondo l'ordi-
ne antico di Beroldo. La forma più an-
tica di Poesia [V.) cristiana è l' inno ec-
clesiastico latino che rimonta ai primi
tempi della Chiesa, ed in essi si distinse-
ro i ss. Ilario, Ambrogio e Agostino: delle
loro poesie sagre le più andarono smar-
rite o almeno non ci pervennero nella lo-
ro fórma originaria. La poesia ecclesia-
stica si distingue colla sua ingenua gran-
dezza e verità, col suono puro d'un cuo-
re credente e collo slancio sublime d'u-
no spirito sempre volto all' eternità. Si
dice la lingua latina morta da gran tem-
po, eppure queste sagre canzoni vivono
ancora, vengono cantate in tutto il mon-
do cattolico, con un mirabile prodigio e
colla durata dell'immortalità.
PROSPERO (s.), dottore della Chie-
sa, soprannominato A'Àquitaniu, per di-
stinguerlo da alcuni altri del medesimo
nome. Nacque in Aquitania nel 'jn'ì, se-
condo la più comune opinione , e si ap-
plicò non meno allo studio delle belle let-
tere , che alla intelligenza della s. Scrit-
tura. Ritirossi poscia in Provenza, e sem-
bra ch'egli fosse a Marsiglia allorché rice-
PRO
vette il libro Della correzione e della
grazia, di s. Agostino. Essendo stato que-
sto libro attaccato da alcuni ecclesiasti-
ci, come tendente a distruggere il libero
arbitrio , s. Prospero ad insinuazione di
Ilario, uomo pio e dotto, scrisse a s. A-
gostino per informarlo degli errori dei
preti di Marsiglia; e il santo dollore'per
confutarli ed istruirli compose i libri: Del-
la predestinazione de' santi, e Del dono
della perseveranza. Nonpertanto i semi-
pelagiani continuarono a difenderei loro
errori e a sollevarsi contro s. Agostino.
Prospero ed Ilario si recaronoa Roma per
far consapevole Celestino I di quanto era
accaduto, e quel Papa scrisse una lettera
dommatica diretta al vescovo di Marsiglia
ed ai vescovi vicini, nella quale combat-
teva i nemici della grazia e vi faceva gran
lodi alla dottrina di s. Agostino : questa
lettera fu scritta nel 43 i, dopo la morte
del santo vescovo d'Ippona. In quel tem-
po s. Prospero prese egli stesso la penna,
e compose il suo poema contro gl'ingra-
ti, cioè contro i semi-pelagiani , eh' è il
suo capolavoro, sì per l'eleganza, che per
la sostanza delle cose. Divenuto Papa nel
44° s- Leone I il Grande, invitò s. Pro-
spero a Roma, lo fece suo segretario, e
l'impiegò con successo nei più importanti
affari della Chiesa. S. Prospero distrusse
intieramente il pelagianismo che inco-
minciava sorgere nella capitale del cri-
stianesimo; e dice Fozio, che si dovette
al suo zelo, al suo sapere ed allesue con -
tinue fatiche l'intiera estirpazionedi que-
sta eresia. Divenne vescovo di Reggio di
Modena , che lo venera per principale
suo patrono. Non si sa l'anno della di lui
morte : dalla cronaca di Marcellino sem-
bra che vivesse ancora nel 463. Leggesi
il suo nome nel martirologio romano ai
7,5 di giugno. Delle opere dis. Prospero
furono fatte molte edizioni: quella pub-
blicata da Mangeant e da Le Brnn des
Mareltes a Parigi del i 7 r 1 , arricchita di
un indice amplissimo e di una vita del
santo tolta dalle Memorie di Tillemont,
PRO
contiene: le Lettere di s. Prospero e di I-
lario a s. Agostino ed a Ruffino, coi due
trattati del vescovo d'Ippona che servo-
no di risposta; il Poema contro gl'ingra-
ti succitato; V Epitaffio delle eresie di Ne-
storio e di Pelagio, con alcune brevi poe-
sie ; molte Risposte ai partigiani del pe-
lagianismo, e fra gli altri a Cassiano; una
parte del Commentario sui salmi, com-
pendiato da quello di s. Agostino; una
Raccolta di sentenze, tolte dalle opere di
quel s. dottore; finalmente una Cronaca
che termina coll'anno /\.55. Le altre o-
pere che fanno parte di questa edizione
non possono essere attribuite a s. Pro-
spero d'Aquitania. Esso compose altresì
un Ciclo Pasquale (F '.) di 84 anni, ma
non giunse fino a noi.
PROSPERO (s.), vescovo d'Orleans.
Contemporaneo di s. Prospero d'Aqui-
tania. Successe verso l'anno 4^4 sulla se-
de d'Orleansas. AnianOjCheaveaingran
venerazione. Alcuni scrittori lo hanno
preso, ma senza fondamento, per il ve-
scovo omonimo che assistette ai concilii
tenuti a Vaison e a Cai pentrasso nel seco-
lo V 1. S'ignora in quale anno morisse ; e-
glie però nominato nei martirologi a*2q
di luglio, ed anche in quello che porla
il nomedi s. Girolamo L'opinionedi quel-
li che gli attribuiscono il libro Della vo-
cazione dei gentili, non ha solido fonda-
mento.
PROSTAMA. Sede vescovile di Pisi-
dia sotto la metropoli d'Antiochia, eret-
ta nel IV secolo. Registra un vescovo
YOriens chr. t. I, p. io56.
PROTASIO(s.), martire, ^.ss. Ger-
vasio e Pbotasio.
PROTERIO(s.), patriarca d'Alessan-
dria. Fu ordinato prete da s. Cirillo pa-
triarca d'Alessandria, eilsuccessoreDio-
scoro lo elesse arciprete della stessa chie-
sa, per trarlo al partito d'Eutiche cui pro-
teggeva; ma egli rimase costantemente
fedele alla dottrina cattolica. Innalzato
a quella sede nel 4^2, i settatori di Dio-
scorogli mossero fiera persecuzione, e Ti-
PRO 3o9
moteo soprannominato Eluro, loro ca-
po, ottenne aforza di cabale d'essere pro-
clamato solo patriarca d'Alessandria, es-
sendosi fa Ito ordinare da due vescovi del-
la sua fazione. Avendolo l'imperatore non
molto dopo esiliato, gli eutichiani se ne
vendicarono con Proterio, e il loro furo-
re giunse a tale, che lo inseguirono sino
nel battisterio adiacente alla chiesa di s.
Quirino,ove barbaramente l'uccisero,nel
venerdì santo del 4^7 5 quindi ne stra-
scinarono il cadavere per Je vie, e ridot-
to in pezzi l'abbruciarono e ne disperse-
ro le ceneri al vento. I vescovi di Tra-
cia resero una gloriosa testimonianza al-
la memoria di s. Proterio in una lettera
che scrissero poco dopo la di lui morte
all'imperatore Leone, onorandolo come
martire. E menzionato nei calendari gre-
ci a'28 di febbraio.
PROTESTANTI, Protestanles. Que-
sto nome da principio si die ai discepoli
di Lutero, poscia ai seguaci di Calvino
ed a quelli della pretesa riforma d' In-
ghilterra o anglicana ; laonde si stabilì
l'uso di comprendere indifferentemente
sotto questo nome tutti i pretesi riforma-
li, i luterani, i calvinisti, gli anglicani e
le ahic sette nate tra essi, delle quali par-
lai sotto il loro nome particolare. Il pro-
testantismo fu l'opera delle umane pas-
sioni, non meritando affatto e sotto qua-
lunque aspetto questa nuova religione
il nome di riforma che le diedero i suoi
seguaci, come vittoriosamente dimostra-
rono un grandissimo numero di scritto-
ri cattolici. Il protestantismo agghiaccia
e perde tuttociò in cui il suo alito spi-
ra: il caltolicismo invece comunica la vi-
ta a tutto quello che tocca. Nel recente
Discorso dell'arcivescovo di Nuova York
mg.r Hugues, egli definisce il protestan-
tismo, ritenuto come un termine gene-
rale, nell'individuo che lo accetta, prima
di lutto protesta esplicitamente controia
chiesa cattolica, ed implicitamente con-
tro ogni autorità umana ; si attribuisce
quindi il diritto d' interpretare da sé la
3io PRO
Bibbia {V?) o s. Scrittura, e di ritenere
le opinioni che se ne formò, e la luce che
esse riflesselo nella sua mente, come re-
ligione di Cristo. Parlando della ineffi-
cace Propaganda (F,) del protestanti-
smo edel suo progressivo decadimento, il
quale notai in diversi articoli, enumera
circa 5o milioni di seguaci, mentre dà al
cattolicismo più di 200 milioni di fedeli,
secondo la comune opinione. Nel secolo
XVI la prelesa riforma figlia dell'orgo-
glio e della libidine la più sfrenata, na-
ta per lacerare la chiesa di Gesù Cristo,
fuori della quale non vi è salvezza del-
l' eterna salute, si ripartiva in tre gran-
di divisioni : la Luterana, la Calvinista,
l'Anglicana,fondate dai caporioni del pro-
testantismo.Lutero,Cal vino, Enrico Vili
già confutatore di Lutero; il i.° nella
Germania, il 2.0 nella Francia e nella
Svizzera, il 3.° ue\V Inghilterra. Nella em-
pietà delle dottrine e nella effeminatezza
de'costumi a niun altro eretico secondi,
tutti e tre colla schiera de'loro proseliti,
ribellatisi alla madie, che li avea rige-
nerati a salute, si dislaccarono ingrata-
mente dal suo seno. Da essi quindi co-
me da fonie principale ebbero origine
lutti i mali che da tre secoli miseramen-
te affliggono i sedicenti paesi riformati
d'Europa, e tutti gli altri per le conse-
guenze lagrimevoli che ne derivarono. Il
1 .°ad alzar la bandiera contro la chiesa
di Gesù Cristo fu l'apostata Martino Lu-
tero d'Eisleben nella Sassonia, che affi-
ne di procacciarsi miglior appoggio a pro-
pagare i suoi pestiferi errori, cominciò
dal solleticare i principi di Germania
coll'attribuir loro un dominio maggiore
sopra quello della Chiesa, e dichiarando*
li padroni assoluti d'impossessarsi de' pin-
gui beni ecclesiastici e delle sovranità an-
nesse, onde molli da piccoli principi di-
vennero potenti sovrani. Di più permise
loro il divorzio e la poligamia, insegnan-
do ai sacerdoti, ai religiosi, alle mona-
che eli' erano obbligati al matrimonio,
ed egli stesso ebbe l'impudenza di spo-
PRO
sarsi ad un'abbadessa,dopo avere assun-
to la qualità di ecclesiaste di Wittem-
berga , la quale città divenne il primo
centro de'teologi e delle eresie luterane.
Perciò grande fu il numero de'proseliti,
ed i principi lo sostennero colle armi; per
cui fu facile all'eresiarca, con una dot-
trina cosi favorevole alle depravate pas-
sioni e umane inclinazioni , diffonderla
con somma rapidità in tutta Germania,
nella Svizzera, Svezia, Norvegia, Dani-
marca (F.). Contemporaneo a Lutero fu
Giovanni Calvino francesedi Noyon,con-
tinualore dell'eresia luterana ; anzi supe-
rando lo stesso istitutore, insegnò l'orri-
bile proposizione : Che Dio ha creato la
maggior parte degli uomini apposita-
mente per dannarli. Calvino anch'esso a-
postata, dopo scorsi molti paesi, andò a
stabilire la sua cattedra in Ginevra, don-
de mandò in ogni parte i suoi discepoli
ad acquistar nuovi proseliti, diffonden-
do i suoi fatali errori in. Francia, nella
Svizzera, penetrando ancora in Italia.
In Ginevra Calvino, dopo aver fallo cac-
ciare i preti cattolici, assunse le qualità
di pastore di Ginevra. Gli effetti del cal-
vinismo furono orrendi , massime nella
Francia meridionale, per quanto di feroci
massacri, e con lunghe e accanite guerre
fecero gli Ugonotti (?'.), nulla rispar-
miando il loro fanatico furore. Poco ap-
presso alle eresie di Lutero e di Calvino
sopraggiuuse il re Enrico Villa strazia-
re la Chiesa di Cristo col tremendo sci-
sma d'Inghilterra (F.), perchè non se-
condato daClemente VII nel ripudiodel-
la moglie, per sposare la sua druda An •
na bolena, per la quale indegna passio-
ne si abbandonò perdutamente ad ogni
sorta di eccesso. Non volle più riconosce-
re l'autorità del supremo capo del la Chie-
sa, e si fece dichiarare forzatamente dal
parlamento e dal fanatico popolo capo
della chiesa anglicana riformata. L' ori-
gine puramente civile della chiesa angli-
cana fu stabilita per legge del parlamen-
to britannico nel 1 534; quindi dal sedi-
PRO
cente sinodo di Londra del 1^62 fu «sta-
bilita la confessione di fedeanglicana,che
insorsero a impugnare i Presbiteriani ed
i Puritani (P.). Al citato articolo enu-
merai le vittime di sua brutalità, de'suoi
capricci, avendo riempito il regnod'inau-
dite crudeltà. Da quel tempo in poi l'i-
sola della Brettagna, già chiamata Iso-
la de' santi, divenne il nido e il centro
di tutti gli errori, d'onde più tardi usci-
rono i maestri d' empietà che recarono
tante stragi in Europa especialmente al-
la Francia, sotto lo specioso nome di fi-
losofia. Questi sono i tre principali fon-
datori del superbo colosso del Protestan-
tismo, che tentava nel suo sterminato or-
goglio di scattolicizzare tutta l'Europa,
per quanto narrai a tutti quanti gli ar-
ticoli che lo riguardano. Nondimeno in
questo dichiarerò meglio 1' origine del
nome, parleròdel suo progressivo deca-
dimento, ricordando alcuni di que' re-
centi valorosi che ne combatterono gli er-
rori per illuminarlo al ravvedimento, co-
me per opporsi ai potenti tentativi di dif-
fonderlo nella cattolica Italia. Imperoc-
ché se si esamina questa religione prete-
sa riformata, sia negli autori che l'han-
no inventata, sia nei mezzi di cui si sono
serviti per stabilirla, sia negli effetti che
ne risultarono, porta essa in fronte tutti
i più chiari e visibili contrassegni di una
religione falsa e riprovata da Dio.
A Luterani feci la biografia di Lute-
ro, il più famoso novatore del secolo XVI
e malaugurato apostolo e sovvertitore
della florida Germania, descrivendo la
sua erronea dottrina colla quale misera-
mente avvelenò gran parte del cristia-
nesimOjCome delle tante sette che dai suoi
aberramenti derivarono: ivi diedi un cen-
no storico di loro false credenze e de'fre-
quenti mutamenti nella loro pretesa re-
ligione riformata, col novero degli stati
che le seguono, in uno ai protestanti E
^angelici (P.). Dilaniata Germania dalle
conseguenze della crescente eresia lute-
rana, nel 1 5i 1 si adunò la dieta A\Worms
PRO 3iì
(Z7.), ove si fecero molti decreti contro
Lutero e suoi settari. Nella dieta di Spi •
ra {V) del i526 fu accordata la libertà
di coscienza finoallacelebrazionedel con-
cilio. Nell'altra del 1 529, alla quale Cle-
mente VII spedì il suo nunzio, afìine di
conciliare gli animi de'luterani, che in-
gegnandosi di pescare nel torbido, si rin-
forzavano molto più colle perturbazioni
d'Europa, Ferdinando I fratello di Carlo
V imperatore stabilì (il decretosi legge
in Goldasti t. 3, p. 494)> co"a maggior
parte de'principi e delle città imperiali,
chesi osservasse il decreto imperiale pub-
blicato a Worms contro gli eretici, con
altre ordinazioni che arrestavano e fre-
na vanoi progressi dell'eresia. Ma i prin-
cipi infetti dal luteranismo, cioè Giovan-
ni elettore di Sassonia, Giorgio elettore
di Brandeburgo, Ernesto e Francesco
duchi di Luneburgo, Filippo landgravio
d'Assia e Wolfango principe d'Anhalt,
colle r4 città di Argentina, Norimber-
ga, Ulma, Costanza, Rutelingia, Wi'-se-
mio, Meminga, Lindo, Campaduno, Ail-
brun, Isnat, Wissemburg, Norlinda e s.
Gallo, tutti protestarono contro il decre-
to della dieta, appellandosi all'imperato-
re e al futuro concilio, per la quale pro-
testa acquistarono i luterani il nOme di
Protestanti, che un tempo dagli altri ere-
tici li distingueva. Questo nome, prima
particolare ai luterani, si rese poi comu-
ne a tutte le altre sette, le quali tutte a-
dottarono tale protesta contro un decreto
che le feriva tutte egualmente. Vedasi
Pallavicini, Hisl. cono. Tridenl., lib. 2,
cap. 18, e Thuauo, Hist. lib. 1, p. 85.
Quindi si può giudicaredei progressi che
avea fatti il luteranismo pochi anni do-
po la sua origine. Ma questa fu l'opera
della politica,anzichèdella religionejque-
sta lega protestante erasi non meno for-
mata contro la Chiesa cattolica, che con-
tro la suprema autorità dell'imperatore,
come narrai a Luterani, Germania e re-
lativi articoli. Nella dieta d'Augusta del
i53o i protestanti vi presentarono la lo-
3.2 PRO
io confessione di fede, che prese il nome
di Augustana confessione (/^.) , quale
Carlo V fece proscrivere dai deputali cat-
tolici che vi formavano la maggiorità. A
Confessione di fede (Pr.) parlai delle tan-
tespeciedi Professione di Fede (V .)3delle
diversesettede'prolestanti, di sovente da
Joro cambiale. Bossuet nella Storiadelle
variazioni delle chiese protestanti, dimo-
strò l'incostanza e lecontraddizioni di tut-
te queste confessioni di fede. A riparare
i gravi danni delle molteplici eresie, Pao-
lo Illstabilì la celebrazione del concilio
generale, a fronte delle contrarietà dei
principi tedeschi fautori delle medesime,
e si aprì in Trento (F.) nel 1 54-5 • In-
terrotto dalla peste e dubitando Carlo V
in tale intervallo di qualche sconvolgi-
mento, concepì il chimerico disegno di
pacificar Germania con conciliar la fede
colleresia, a mezzo di una formola di fe-
de che fosse interinalmente dottrinale re-
gola pei cattolici e protestanti, sino alla
decisione del concilio. Fatto comporre
questo mostruoso regolamento prowi-
sorio, col nome d'Interini {F.)} lo fece
pubblicare nel 1 548 nella dieta d'Augu-
sta. Disgustò lutto il cristianesimo e mol-
ti protestanti lo rigettarono, onde deri-
varono altre sette e guerre, venendo ri-
provato dalla s. Sede. Quindi nel i552
nella dieta di Passavia (ove per errore
tipografico fu impresso 1 522) si conchiu-
se il fumoso trattalo, chiamato la Pace
(/^.) religiosa, definito in Augusta nel
i555, che i protestanti riguardano co-
me la gran carta, il fondamento e il prin-
cipio delle loro libertà religiose. Nella
pace di Wesifalia (^-), conseguenza dei
famosi Congressi di Munstere di Osna-
bruch ( V.), per un nuovo sistema politico
e religioso d'Europa, fu concessa la li-
bertà di coscienza, ed il libero esercizio
della pretesa riforma protestante, ai prin-
cipi della quale comunione furono con-
cessi molti beni ecclesiastici, anche delle
molte sedi vescovili abolite, con egua-
glianza Ua'cattolici e protestanti, ad on-
PRO
ta delle proteste del pontificio nunzio,
condannandola Innocenzo X come per-
versa ed empia. Di altre paci e trattati
favorevoli ai protestanti, come degli al-
tri beni ecclesiastici con dominii sovrani
dati nel principio del corrente secolo ai
principi protestanti e altri, ad onta delle
energiche rimostranze di Pio VII, trattai
a Reo ali a, Germania, Luterani e altri ar-
ticoli; mentre a Concordati (altri li ripor-
to negli articoli degli stati coi quali furono
conchiusi) e Matrimonio riportai le pon-
tificie concessioni, per quei motivi che no-
tai a Pace, parlando dello spirito de'con-
cordati e delle cause che li determina-
rono.
Al focolare di PViltetnberga, donde si
propagava da Lutero e suoi discepoli la
pestilenza della supposta riforma, suc-
cesse Berlino; dappoiché avendo Alberto
gran maestro dell'ordine teutonico ab-
bracciato la confessione augustana, la
Prussia (P-), per la celebre università di
Berlino sua capitale, divenne come il nu-
cleo del protestantismo di Germania; in-
di Berlino per opera principalmente di
Federico li fu stabilito come un punto
principale del triangolo della strategica
protestante. Altro divenne Ginevra, ove
Cai vi no esercitò un assoluto potere,quan-
do Rousseau e compagni vi propagaro-
no il protestantismo e il filosofismo. Ter-
zo punto centrale del protestantismo di-
ventò Londra, dopo l'apostasia di Enri-
co Vili. Da questi Ire luoghi principal-
menle si diffuse e sostenne il piolestau-
tismo, per le caltedredi errore che vi fu-
rono erette, per le stampe corruttrici, pel
convegno de'protestanti più ardenti, on-
de rovesciare troni ed altari. In mezzo a
tante sciagure cagionate dai protestanti,
la divina provvidenza oppose l'intrepido
zelo e costanza de'Papi, e la cooperazio-
ne di tanti benemeriti vescovi e scrittori
ecclesiastici, che si fecero baluardo ine-
spugnabile onde resistere ai progressi del-
la sedicente riforma. Contro di questa per
mirabile disposizione della divina piov-
PRO
videnza suscitò s. Ignazio fondatore dei
Gesuiti (P.), per opporli ai pretesi rifor-
matori apostati contemporanei. Questi a-
postolici combattenti colla voce,col!a pen-
na ecoll'esempio fecero fronte al torrente
dell'eretica pravità, ed a compensare le
perdite della Chiesa le procacciarono altri
figli e nazioni nell'Asia enell'America, in
che furono eziandio benemeriti altri or-
dini religiosi, che la provvidenza di trat-
to in tratto pose a difesa e sostegno della
Chiesa; onde isterilito il protestantismo
dalla lunga lotta, trionfò più vigorosa e
più potente la religione cattolica, colle
immense nuove conquiste di questo stes-
so secolo, in cui il protestantismo rice-
vette colpi mortali. La luce della verità
da una parte nelle menti de'più profondi
pensatori anche protestanti, e la eman-
cipazione de'ealtolici d'Inghilterra nel
1829, fecero abiurare ad un gran nu-
mero gli errori della riforma protestan-
te, ed abbracciare con tenera edificazio-
ne il cattolicismo, cioè ai seguaci di Lu-
tero, Calvino ed Enrico Vili. Le tre città
del cosi detto triangolo protestante, pel
numero crescente de'cattolici e per l'ere-
zione delle chiese, vanno perdendo mol-
to dell'antica forza. Ginevra per la Sviz-
zera, Berlino per la Germania, Londra,
per l'Inghilterra (Ir-), non sono più il
centro esclusivo de'soli protestanti; non
sono più esclusive officine da cui si sten-
deva sopra l'Europa la fosca e pestifera
luce del protestantismo. Londra ormai
conta meglio che 200,000 cattolici, Gi-
nevra più di 1 1,000, ed in Berlino il suo
novero è in progressivo aumento, anche
per la tolleranza del governo e per la sti-
ma che ha il re pei cattolici. Inoltre Lon-
dra ti presenta il protestantismo che si
discioglie in un numero infinito di sette,
le quali non hanno forse più nulla di co-
mune fra di esse se nou l'avversione ere •
ditata dai primi padri della pretesa rifor-
ma contro la vera Religione {^-). Il movi-
mento religioso verso la chiesa cattolica
si scorge anche ne'protestauli d'America,
PRO 3i3
che appartengono alla setta degli episco-
pali, di cui parlai a Inghilterra. Questa
setta è figlia della chiesa anglicana, colla
quale conserva una specie d'unione, mal-
grado la separazione politica degli Stali
Uniti dall'Inghilterra. Il partito puseista
è in maggioranza tra'vescovi protestanti
d'America, ed i ministri americani tengo-
no vive relazioni colla scuola puseista di
Oxford: si cercano a gara de'lumi e degli
schiarimenti. I luterani alemanni si con-
servano in America come corpo distinto
da circa due secoli, in numero di circa
5oo,ooo,con un 600 loro ministri. L'u-
nità costante e mirabile nella chiesa cat-
tolica, governata dalla sapienza de'Papi,
giudici infallibili de'suoi domini, è un'ul-
teriore prova di crederla opera eli vinti;
tale unità si desidera ma non si osserva
nel protestantismo, benché egli conosca
essere l'unità di dottrina un mezzo sicu-
ro per la conservazione e durata, e ben-
ché abbia provato e fatto ogni sforzo per
ottenerla, non vi riuscì giammai, perchè
il principio su cui si fonda non influisce
né tende all'unione, ma conduce per ne-
cessità alle dissensioni, ai dispareri. L'u-
nità e fermezza della chiesa cattolica, e
la debolezza del protestantismo ben si
conobbe e confessò apertamente dai più
dotti e principali protestanti, avendo più
forza la lode in bocca de'uemici, sicco-
me proveniente da solenne convinzione.
Scrisse Lutero a Zuinglio: » Se lunga
sarà la durata del mondo, per le diverse
interpretazioni della Scrittura che al pre-
sente vanno in corso, sarà di nuovo ne-
cessario a conservare l'unità della fede,
di accogliere i decreti de'concilii, e rifug-
gire ad essi". Melantone dichiarò»» che
la monarchia del Papa varrebbe pur mol-
to per conservare fra si diverse nazioni
l'uniformità di dottrina". Calvino enco-
miando l'unità della Chiesa è costretto
confessarla ancor divina: » Iddio collocò
la sede del suo culto in mezzo alla terra,
a lei prepose un Pontefice unico, in cui
tutti riguardando viemmeglio conservai-
3.4 PRO
sero Panila". Tommaso Beza nella let-
tera ad Andrea Dudizio, parlando della
«uà setta, angosciosamente si esprime:
»» Anche me tormentarono que' pensieri
che tu descrivi: vedo che i nostri vanno
vagando ad ogni vento di dottrina, e tra-
sportati in alto ora piegano in questa,
ora in quell'altra parte. Potrai forse sa-
pere qual sia oggi la loro sentenza intor-
no alla religione; ma qual sia per esser
domani non potrai con certezza affermar-
lo. In qual capo di religione fra loro con-
vengono le chiese, che intimarono guer-
ra al sommo Pontefice? Se percorri da
capo a fondo tutte le cose, troverai che
affatto nulla si afferma da uno, che tosto
non sia taccialo dall'altro d'empietà ".
Finalmente, per non dire di altri molti,
il saggio e dotto Grozio, che alcuni vo-
gliono morto cattolico, ci disse altre ve-
lila. Nell'opera, Votimi prò paceEccle-
."f/V/c,esplicitamente protesta che le dispu-
te non finiranno giammai senza il prin-
cipato del Papa. In altra opera poi dice
i:he» i dommi della fede s'abbiano da de-
cidere colla tradizione ed autorità della
Chiesa, non già colla sola s. Scrittura".
Parecchi polemici hanno trionfalmente
dimostrato che la sola dottrina cattolica
influisce essenzialmente al progresso ci-
vile; mentre il protestantismo non pre-
sentando altro carattere che quello del-
l'incostanza ne'suoi insegnamenti, è as-
solutamente incapace di provvedere ai
bisogni del cuore umano, che lende o-
gnora al conseguimento del suo destino.
Inoltre il protestantismoco'suoiprincipii,
ben lungi dal giovare all'incivilimento,
ha tenuto ogni via di far ritornare i po-
poli agli antichi morali disordini, essen-
done prova gli scandali dati da Lutero,
da Enrico Vili e da quanti ne seguiro-
no leorine. A Itri polemici provarono,nel-
J'argomenlo sullo sviluppo esulleultime
Jasi del protestantismo, sua indole e na-
tura, che il suo variare perpetuo ed il
passare di assurdo in assurdo è un effet-
to naturale de'falsi principi! adessoine-
PRO
renti. Sulla dichiarazionede' principi pro-
testanti fatta a Pio VII sulla elezione dei
■vescovi, parlai nel voi. Llll,p. 166. V.
Cattolicismo, Chiesa, Eresia, Eretico,
Fede, Primato.
De la Forestci diede: Metodo d'istru-
zione per ricondurre i pretesi riformati
alla chiesa cattolica romana, Roma
1 825.Giuseppe Bruna ti: Notizia de' pro-
testanti convertiti alla religione catto-
lica dal 1794 al 1837, Milano 1837.
Lo stato attuale del protestantismo in
Inghilterra, e massime le opinioni che
esprime intorno alla regola di fede, fu
P argomento di quella dissertazione del
cardinal Wiseman che tra le sue opere
citai all'articolo Mellipotamo , già suo
titolo vescovile, donde Pio IX lo elevò al-
la metropolitana di TVestminster (V.),
nel ripristinare la gerarchia ecclesiastica
in Inghilterra, che accennai nel voi. LUI,
p. 228. Nel 1841 io Parigi venne stam-
pato: Tableau general des principales
conversions qui ont eu lieti panni les prò-
teslants, et autres religi orinai res depuis le
commencement du XIX siede. Nel 1842
in Barcellona il sacerdote spagnuolo Gia-
como Balmes pubblicò : Il protestantesi-
mo paragonato col cattolicismo ne' suoi
rapporti colla civiltà europea. Meritò la
traduzione in diverse lingue e gli encomi
dei compilatori degli annali delle scienze
religiose e della Civiltà cattolica, che ne
diedero un estratto: gli AnnalineWn serie
1 ,a t. 1 5, serie 2." t. 5 e 6; la Civiltà nel t.
6. H. Smith : Breve istoria della rifor-
ma protestante , principalmente del suo
nascere e progredimento in Inghilterra,
in una serie di conferenze, tenute dai piii
segnalati istorici protestanti de' tempi an-
dati e presenti, Londra 1 842. P. Giovan-
ni Perrone gesuita : Sul titolo di Chiesa
cattolica che si attribuiscono le comu-
nioni separale dalla Chiesa romana. Ap-
pendice alla dissert. sulla denominazio-
ne die la Chiesa cattolica dà alle co-
munioni da lei divise di eretiche e di sci-
smatiche. Annali serie i.' 1. 17, serie 2.
PRO
t. 8. Del medesimo : Esame della Pasto-
rale emanata dal sinodo della ehiesa e-
piscopale protestante negli Stati Uniti di
America, Roma 1 845. In questo anno il
d.r Guglielmo Binder di Wiirtemberg
protestante rientrò nel grembo della chie-
sa cattolica, già autore lodatissimo dell'o-
pera : Protestantismo nella sua interna
dissoluzione , con die scuoprì le piaghe
dell'eresia protestante. Egli imitò il suo
degno amicod.'Hurter, inelogiodelqua-
le pubblicò l'opuscolo : Federico Hurtery
il rigenerato. Di questo dotto storico fe-
ci anche io i dovuti encomi nel mio ar-
ticolo Innocenzo III, riportando in line
l'elenco di sue opere, anche riguardanti
il protestantismo svizzero. D. H. Carus:
Lettere a Emmanuele o immagini rap-
presentatrici del tempo pei protestanti e
i cattolici , Ausburgo i845. D.r F. A.
Staudenmaier: Essenza della Chiesa cat-
tolica esposta in relazione ai suoi avver-
sari, Friburgo di Drisgovia i845. Ivi nel
1846 del medesimo : Alla pace religio-
sa dell'avvenire, con una esposizione del -
l'essenza e dello sviluppo del protestan-
tesimo (Annali 2.* serie, t. 5). P. Agosti-
no Theiner : Storia del ritorno alla Chie-
sa cattolica delle case regnanti di Brun-
swick e di Sassonia, e del ristabilimen-
to del culto cattolico in quegli stali, con
altre conversioni, Napoli i85o. Del me-
desimo: Dell'introduzione del protestan-
tismo in Italia, tentala per le mene dei no-
velli banditori di errori nelle recenti con-
giunture di Roma , o sìa la Chiesa cat-
tolica dìfesacolla testimonianza de' pro-
testanti, Napoli i85o (Civiltà cattolica
t. 3; Annali 2.a serie, t. 9). Tra'5o mo-
tivi che indussero il duca di Brunswick
alla fede romana cattolica, vi furono : Che
la religione inventata daLutero e da Cal-
vino è un guazzabuglio di diverse antiche
dannate eresie. Che le vere no te della chie-
sa di Gesù. Cristo sono la sua unità, san-
tità, cattolicità ossia universalità, e l'ori-
gine apostolica: mentre nelle nuovamen-
te riformale, o piuttosto deformate dai
PRO 3ii
luterani e calvinisti non si ritrovano sif-
fatti caratteri. Che Cristo nell'inviare al-
la conquista del mondo pagano i suoi a-
postoli, diede loro facoltà di operare pro-
digi conforme alla sua promessa. Ma gli
autori delle sette non hanno mai fatto
alcun miracolo per autenticar la loro de-
stinazione, anzi non hanno potuto mai
risanare un cavallo storpialo. Cardinal
Gaetano Balufli : Intorno alla riforma,
ed ai tentativi per introdurla in Italia^ \-
molai85o (Giornale di Romai85o, n.°
125). A Pio IX notaiquantoqueslo Pon-
tefice declamò contro siffatti tentati vi. Nel
n.° 2 3 del Giornale Romano del 1848
si legge, avere Pio IX pronunziato que-
ste memorabili parole nell'occasione che
indicai nel voi. LUI, p. 200. m A' nostri
tempi .... si osa introdurre nell' Italia
tutta cattolica, e finanche nel centro del-
la cristianità, il protestantismo; e che co-
storo, se dall'una porte palesano i desi-
deri ardenti della Bastonatila italiana ,
vorrebbero dall'altra servirsi d'un mezzo
abbominevole che è fallo proprio per di-
struggerla ; e mentre la Germania, ani-
mata dallo stesso spirito, conosce che uà
gravissimo ostacolo per ottenere l'inten-
to consiste nella diversità della religione,
e i protestanti fanno progetti d' unione,
si vedono in Italia alcuni che con immen-
so scandalo religioso e con immenso dan-
no politico, pretendono d' introdurre il
pessimo seme dèlia separazione dall'uni -
là della fede, per ottenere V unità della
nazione. Ecco dove conduce 1' acceca-
mento delle passioni : pieghiamo Iddio
che diradi queste tenebre, e stiamo si-
curi delle divine promesse, che le porte
dell' inferno non prevarranno contro la
Chiesa ". A Posnania parlai dell' iniqua
e nuova confessione di fede di Ronge e
compagni, tra'quali insorse poi scisma, ed
ebbe origine la setta Protestante cattoli-
ca, divisione che desolò il protestantismo
alemanno, dicendo pure quanto contro
Ronge e seguaci operò Gregorio XVI, e
della riprovazione che ne fece Pio IX. P,
3i6 PRO
Gabr. M.a Bibbia, // proleslanlismo e la
moderna democrazia confrontali fra lo-
ro, Roma 1 85o (Civiltà t. 4)- Il protestan-
tismo e l'unità sociale,nel 1. 1 della Civil-
tà cattolica. Nel n.°5 dell' Osservatore ro-
mano dei i85a vi èunimportantearticdo
del giornale tedesco: Il Corrispondente
del nord delC Alemagna, organo della set-
ta luterana a Meckleuibourg, uno fra' più
ardenti avversari del cattolicismo al di là
dal Reno, il quale ora ha cambialo opinio-
ne e linguaggio, proclamando che la sola
Chiesa è l'arbitra legittima delle coscien-
ze, per cui una crisi salutare accenna ma-
nifestarsi nel protestantismo. Uditami
»Noi siamo luterani d'origine e di educa-
zione, e per vero non è una passione col-
pevole quella che ci mena ad allontanarci
dal luogo che ci vide nascere. Non abbia-
mo in vista separandoci, né un bene tem-
porale, né alcun personale interesse: ma
come potremmo noi rimanere più. a lun-
go in una chiesa in cui v' ha disunione,
debolezza, mine? Ora tal è la chiesa lu-
terana. Noi abbiamo la presunzione di
fondare la nostra fede sulla Bibbia e di
respingere chi la combatte: ma tutti con-
vengono che la Bibbia è un libro pieno
di oscurità e difficoltà . . . L' interpreta-
zione sicura, invariabile, quale possiede la
chiesa cattolica, manca ai luterani. Non
solo i nostri teologi disputano a diritto
od a rovescio sulla canonicità di tale o
tale altro libro, cancellando con un trat-
to di penna o un capitolo od un para-
grafo, ma cadono altresì in gravi dispa-
reri allorquando si tratta della spiegazio-
ne dique'brani stessi, de'quali hannocon-
fessata l'autenticità ...Questo è il caso no-
stro. Pullula in mozzo a noi un miscuglio
di opinioni contraddittorie die danno o-
rigine alle più tristi riflessioni. Noi ab-
biamo de'predica tori vecchi luterani, de-
gli ortodossi, de'pielisli, de' sopranuatu-
i alisti, de'razioualisti con tutte le mezze
tinte che impaslanogli uni agli altri. Nelle
t> tesse cattedre si odono esposto le più con-
traddittorie opinioni sulle più sacro sa n-
PRO
te cose. Ecco dove consiste il loro insegna-
mento. A chi possono dar fede le comu-
nità in mezzodì queste variazioni diame-
tralmente opposte sovra punti fondamen-
tali? ... La chiesa luterana non ci olire su
questo nò principio, uè decisione. Essa
ali opposto lascia i suoi ministri liberi di
decidere come meglio l'intendono; lesue
pecorelle libere di vagare in questo labe-
rinto di contraddizioni. Ma questo disac-
cordo si manifesta in tutto ciò che ha re-
lazione col cullo esteriore, non meno che
nell'insegnameulo teologico. In quasi tut-
te le comuni le cose liturgiche souo ab-
bandonate al capriccio individuale , del
pari che il vestiario de'dignitari della chie-
sa ... Povera ed umile serva del gover-
no, la chiesa luterana vive delle moleco-
le che cadono dalla tavola del suo padro-
ne. Ecco il quadro dell'interno della co-
munione luterana. La sua esistenza non
offre che disunione, fiacchezza, impoten-
za ... E' un tronco putrido che il primo
sbuffo della tempesta getterà a terra. Non
è delle nostre forze infondergli la vita, e
non ci terremo stretti a lui per non corre-
re con lui all'estrema ed inevitabile perdi-
zione. Noi vogliamo salvare il nostro cri-
stianesimo : noi andremo là ove la Chie-
sa sa quello che la Scrittura dice : ove la
Chiesa prescrive ciò che i suoi ministri
devono insegnare, ciòche i fedeli devono
apprendere: ove si sopravvede alla uni-
formità del culto : ove lutto è solenne,
eccelso, in armonia col cuore ecoll'ado-
razioue:ove un capo spirituale non si chi-
na innanzi alle potenze della terra , ma
solo innanzi a Dio: ove le comuni han-
no tuttora conservata la fede, la discipli-
na , i costumi religiosi : ove la Chiesa è
realmente edifica la su d'una rupe contro
la quale le porte dell'inferno non prevar-
ranno. Dispiacenti ci separiamo dalla ca-
sa de' nostri padri, ma pur ci separiamo.
Sorgete, andiamo a Roma ". Finirò col
dire : Che le armi de' protestanti contro
i cattolici sono calunnie, discorsi indecen-
ti , e sfacciale bugie, senza alcun solido
PR O
argomento, onde sostenere il loro assun-
to. Che lo scadimento del protestantismo
è generale. Che le vecchie sette sono ab-
bandonale per l'indifferentismo religio-
so, o per nuovi errori falsamente più se-
ducenti. Che la vera nostra religione rac-
coglie le membra sparse di quelle povere
sedicenti chiese,, che sbalzate qua e là da
ogni vento di erronee dottrine, senza ti-
mone, senza piloto, vanno più tosto o più
tardi a rompere contro lo scoglio della
fralezza , che è inseparabile da lutto ciò
che non si solleva al di sopra dell'uomo.
Il movimento poi religioso, che spinge
verso il catolicismo gli uomini sinceri e
illuminati della chiesa anglicana , è per
certo uno degli avvenimenti più segna-
lati di nostra portentosa epoca; imperoc-
ché vi ha contribuito \\Puseismo(V.). Il
ritorno alla fede cattolica continua in Ger-
mania. La chiesa vi gode finalmente, al-
meno in certe conlrade;di una parte dei
suoi diritti e de' suoi legittimi privilegi.
La voce dei missionari cattolici può far-
si ora sentire nella più gran parte della
Confederazione, e delle missioni di recen-
te fatte dai gesuiti e redentorisli toccherò
a Prussia.
PROTETTORE, Proteclor , Patro-
nus, Cuslos, Defensor, Parens, Pretese*,
Tutor, Propugnator. Quello che proteg-
ge, difensore del protetto, che tiene pro-
tezione di persone, luoghi, corporazioni,
ec, dicendosi protettorato, Patrocinami,
l'ufficio del protettore, ed anche Padro-
nato o Patronato [V.), nel quale artico-
lo dissi che tali nomi si davano ai protet-
tori delle Città, Comunità, e Collegi d 'ar-
ti o Università artistiche {f/-). A Patri-
zio narrai la divisione degli ordini della
città di Roma fatta dal suo fondatole Ro-
molo, in patrizi ed in cittadini o plebei;
quindi per unire i patrizi (detti anche in-
genui e divisi in majorum genlium , ed
altri minorimi, che cavandosi dalla plebe
divenivano senatori) coi cittadini con re-
ciproci legami , ordinò che ciascun ple-
beo eleggesse di proprio arbitrio un pa-
P R O 3 i 7
trizio a suo padrone o patrono o protet-
tore, di cui egli si chiamava perciò clien-
te, cliens, aderente o partigiano, cioè si
poneva sotto la sua protezione, e in ri-
compensa parteggiava con lui } onde la
protezione e l'aderenza fu detta cliente-
la, fides ,patrocinium, tutela . Indicai l'uf-
fìzio del padrone nel difendere il cliente,
e fare per esso tutto ciò che il padre o-
pera pei figli; come pure parlai de'dove-
ri del cliente verso il padrone o protet-
tore, in aiutarlo colle proprie forze e so-
stanze; che se il cliente moriva senza te-
stamento , il padrone diveniva legittimo
erede e tutore de' superstiti figli. Se ai
palloni mancava denaro per collocare
in matrimonio le loro figliuole, i clienti
vi concorrevano del proprio. Presi i pa-
troni in guerra, i clienti li riscattavano,
e trovandosi in Roma li corteggiavano.
Quindi è che fra gli uni e gli altri era una
corrispondenza così perfetta e inviolabile,
perchè fu creduta necessaria siffatta armo-
nia pel mantenimentodegli stati tra'mem-
bri più cospicui della repubblica romana.
Nelle famiglie progrediva la clientela con
egual sistema nella discendenza, e sempre
con tale religione, che agli ospiti ed ai con-
giunsi si preponevano i clienti e si conside-
ravano nel i ."grado dopo i pupilli, come
all'incontro i patroni erano dai clienti su-
bitodopoi! padre n qualunquealtroante-
posti. De'padroni e delle clientele tratta-
rono molti scrittori, fra'quali Aulo Gellio,
Noct. Attic. lib. 5, e. i 3, e il suo commen-
tatore Doìeto; Sigonio, De antiquo jure
Jtaliae lib. i ; Paolo Manuzio, De, Sena-
tu romano cap. i . Oltre le clientele pri-
vale istituite da Romolo, fra'patrizi ed i
plebei, come abbiamo da Plutarco lib. e
Antiquit.,x\e furono eziandio altre usate
dai greci , chiamando i difensori PatrO'
nos, vocabolo abbraccialo dai latini e pra-
ticato assai nelle lapidi. Molte di queste
clientele privale ebbero i primari di Ro-
ma nelle provincie, onde Giulio Cesare,
Bel. civil.hb. i, scrisse che Pompeo gran
profìtto traeva da quelle che avea nella
3i8 PRO
Spagna. Tra' romani furono ancora le
clientele pubbliche , colle quali qualche
onorato cittadino o cavaliere, Procura-
tore s , procurava in Roma i vantaggi di
alcuna città o repubblica forastiera e par-
ticolarmente nelle liti ; poiché Asconio ,
in Divinatione,dhse : Qui alterimi dcftn-
dit in judicio, Patronus dicilur si orator
est. Si apprende da Dionigi d'Alien nas-
se, Delle cose antiche di Roma, che le cit-
tà, le comunità ed i collegi delle artiche
si davano alla clientela de'cittadini roma-
ni più potenti, ch'erano tenuti di conto
e d' autorità in Roma, ivi aveano i loro
patroni, ai quali sovente rimetteva il se-
nato lecontroversiedellecillàe dellegen-
ti che aveano in clientela, e ne ratificava
le decisioni. Anche Appiano, Guerre ci'
vili, dice che ogni città avea in Roma il
patrono; reca le fòrmule col le quali le cit-
tà eleggevano i patroni, dove osserva, che
prendevano decreti per la loro elezione
e gl'incidevano in tavoledi rame, faceva-
no la tessera ospitale (di che a Ospizio e
altrove); mandavano talvolta i magistra-
ti in figura di legati al patrono, col mez-
IO de' quali lo pregavano a permettere
che fosse posta nella sua casa la tavola
col decreto di elezione, e che frequente-
mente innalzavano delle statue ai loro pa-
troni, come si ricava da Cicerone, da Pli-
nio, da Apuleio, dagli scrittori posteriori e
dai monumenti che ci restarono. 1 colle-
gi e corpi degli artieri non solo aveano i
loro patroni , ma talvolta un solo corpo
o arte avea più patroni, tra 'quali uno il
i , posto occupava per lo spazio di 5 an-
ni, e questo era chiamato quinquennale,
e chi era uscito di carica quinquennali'
zio : in molte iscrizioni se ne trova fre-
quente menzione. Leggo in Carli, Delle
antichità di Capodistria, eh' era princi-
pai cura d' ogni Colonia (F.) o città con-
federata (di cui anche a Prefettura), lo
scegliersi in Roma un patrono ovvero pro-
lettore che vi agisse gli affari suoi; onde
Marsiglia ebbe Pompeo e Cesare; Sira-
cusa M. Marcello; Bologna gli Anlouii ;
PRO
gli allobrogi Q. Fabio; Durazzo e Capua
Cicerone, cui aveano anche eretta una
statua dorata ; e così le altre tutte. Questi
patroni si acquistavano dalle città, parti-
colarmente dopo che aveano loro dato o-
spizio, come fecero 4 città d' Africa con
C. Silio, come si ricava da 4 tavolette di
bronzo illustrate dai Malfai, Ist. diplom.,
p. 38, nelle quali si legge che le città
lo elessero per patrono, esibendo esse a
lui la loro clientela , ed egli a loro la
sua protezione. Ogni città ordinariamen-
te eleggeva in Roma un protettore, pi-
solilo nella persona di qualche senato-
re, ed eglino si gloriavano delle cliente-
le delle città. Era officio del prolettore
il proteggere le città e i clienti in ogni
loro occorrenza , come di difenderli se
accusati , e di procurar loro quanto era
di maggior utile e onore. Aggiunge Car-
li, che se nel romano governo era neces-
sità e costume che ogni città e Munici-
pio (F.) avesse in Roma il suo protetto-
re, ragionevole cosa è il credere che l'I-
stria pure avesse il suo, essendo in lei e
municipi e colonie, ed in fatti avea in Ro-
ma per patroni i Crassi, già insigne fami-
glia popolare. Colucci, antichità picene
t. 6, p. 1 06, riporta quanto scrisse sui pa-
troni il conte Macinici li. Egli dice che
in due classi ne' tempi antichi si distin-
guevano! patroni o protettori delle città.
Furono que' della i/ distinti e primari
personaggi di Roma, che dalle città non
solo, ma anche dalle provincie e dalle stes-
se nazioni venivano eletti in protettori ;
così Svetonio in Augusto avverte che i
bolognesi erano allora sotto la protezio-
ne degli Antonii, «Antoniorum clientela
antiquitus erant ".Lo stesso autore par-
lando ili Tiberio riferisce : »Per Siciliani
quoque et Achajam jam circumductus, et
Lacedeoioniis publice,qui in tutela Clau-
diorum erant demandatus; " e Cicero-
ne nell'orazione per L. Siila, parlando dei
Pompeiani, che intorno a lui si vedeva»
no, dice : •» Ex hac frequenlia colonoruoi
houestiss'unoi •imi homiuum, qui si adsunt
PRO
(intelligere poleslis) laborant hunc Pa-
lionum , Defensorem , Custodenti illius
coloniae, si in oroni fortuna, atque omni
honori incoi umera habere non potue-
runt, in hoc tamen casu,quo afflictus ja-
cet, per vos tutari , conservarique cu-
piunt". L'altra classe dei protettori si co-
stituiva dai più ragguardevoli cittadini
della stessa città, che dopo a ver esercitate
nella propria patria le più cospicue ma-
gistrature , ed essere passati per tutti i
gradi di esse, erano dalla medesima a ca-
gione di onore eletti e denominati patro-
ni e protettori della slessa. Il medesimo
Colucci, Trej a illustrata, p. 4°, nell'af-
feimare in Romolo l'introduzionede'pro-
tettori e tutori de' plebei, aggiunge che
ancora ai coloni e confederati del popo-
lo romano diede facoltà di eleggersi un
patrono tra'cittadini romani, della cui o»
pera si potessero prevalere nelle occorren-
ze, oin Roma oaltrove; quindi parla di C.
C'a m u rio procuratore di Augusto e pro-
tettore del municipio di Tieia, al quale
i treiesi per decreto de'decurioni eresse-
ro nella di lui patria Altidio una statua
con lapide.
Anticamente i Papi dichiaravano pro-
tettori della chiesa romana il Patrìzio di
Roma (V .), V Imperatore (/'•), o altro so-
vrano, per cui conferivano all'imperato-
re i I ti tol odi Difensore della Chiesa o del-
la fede (V.)j ai quali articoli e ne'rela-
tivijComeGERMANU, Placito, ben dichia-
rai in che consistesse questo protettora-
to o avvocazia, che gli scrittori nemici o
poco favorevoli alla Sovranità pontificia
(F.), non poco alterarono a danno della
medesima, confondendo la podestà dele-
gata a loro dai Papi, con l'autorità che
pretesero attribuire agl'imperatori. Fino
all'estinzione dell'impero romano- ger-
manico, ne'primi del corrente secolo, gli
imperatori s'intitolavano avvocati della
s. Sede e della Chiesa, massime nelle al-
locuzioni che i loro rappresentanti face-
vano ai cardinali in Conclave, usando an-
che la frase di primo monarca della cri-
PRO 3 19
stìanità. Analoghe nozioni riportai a Cri-
stianissimo e Cattolico, titoli dati dai Pa-
pi ai sovrani di Francia e di Spagna. A
Difensori ragionai delle diverse specie
degli antichi difensore prolettori, visdo-
niini, tutori, avvocati, procuratori (di cui
nel voi. XIX, p. 4o), oltre altre denomi-
nazioni, che proteggevano le città, le chie-
se, i monasteri, le parrocchie, i roveri
(V')%\\ popolo; dissi della qualità de'loro
uffizi nel curare gl'interessi de'loro pro-
tetti, difendendoli col loro patrocinio dal-
le oppressioni, in giudizio e colle armi,
vegliando al mantenimento de'privilegi
e delle possessioni, massime nella sede va-
cante. Questi protettori, ad esempio di
quelli della repubblica romana, de'quali
parlai a Difensori, furono istituiti e de-
putati dai Papi, dai vescovi, dai concilii,
dagl'imperatori e altri principi, a tutela
e difesa delle chiese, dellecittà e delle per-
sone che ne abbisognavano se senza clien-
tela o protezione. Inoltre raccontai la dif-
ferente autorità di questi difensori patro-
ni, ordinariamente laici, che in seguito
molti di vennero eredi lari e feudatari del-
le chiese, e quindi terminarono per es-
sersi abusati del loro protettorato; onde
il concilio di Colonia del 1 3 1 o proibì ai
protettori de'dirilti delle chiese di nulla
esigere per le loro funzioni. I Papi po-
sero sotto la protezione della s. Sede (F.)
i Patrimoni, gli Stali tributari (^-), le
Chiese, le Diocesi, i Monasteri, gli Or-
dini religiosi, i Luoghi pii, e al tre corpo-
razioni, concedendo ['Esenzione e V Im-
munità {F.), con privilegi e prerogati-
ve. Egualmente molti sovrani accorda-
rono la loro protezione e privilegi a chie-
se, abbazie, città e corporazioni civili ed
ecclesiastiche. Ne'secoli XIII, XIV ese-
guenti ebbero origine le protettone dei
Cardinali {P.), presso il Papa e la sede
apostolica, di ordini religiosi, chiese e mo-
nasteri; di pie istituzioni, come di ospe-
dali, confraternite, conservatorii e altro;
di slati e nazioni, o regni e repubbliche,
di città, castelli e terre; di stabilimenti
320 PRO
d'istruzione, collegi, università, accade-
mie e persino della biblioteca Vaticana
e della cappella pontifìcia; alcuna delle
quali protettone talora i cardinali esalta-
ti al pontificato sogliono ritenere. 1 moti-
\i per cui furono istituite siffatte protet-
tone, si rileveranno nelle descrizioni par-
ziali che vado a farne, come delle loro pre-
rogative e autorità, oltrequantoaccennai
nel voi. IX, p. 286 sulle diverse protetto-
rie. Tutte queste e altre protettone, tran-
ne l'eccezioni che farò, si conferiscono dal
Papa per biglietto di segreteria di stato,
cuisieguela spedizione -del breve apostoli-
co, dopo l'accettazionedelcardinaleeletto
in protettore. Le protettone il Papa le
attribuisce ai cardinali, o per spontanea
volontà o ad istanza di chi ne brama la
protezione. Accettata la protettoria^ il car-
dinale ne prende possesso di persona se
in Roma, per procuratore se nello stato
papale o altrove, elevandosi il suo stem-
ma sulla porta principale delle chiese, ca-
se religiose, stabilimenti e palazzi muni-
cipali, nella principale sala de' quali luo-
ghi si suole collocare anche il suo ritrat-
to o dipinto o scolpito. Per le beneme-
renze di tanti cardinali protettori, in mol-
tissimi luoghi sono perpetuate le loro be-
neficenze con iscrizioni e busti marmo-
rei e con pitture. Il cardinal protettore
ne'bisogni dei protetti raccomanda al Pa-
pa od a chi si conviene le domande dei
medesimi, e secondo il suo zelo e potere
agisce a vantaggio di chi gode il suo pa-
trocinio, dei di cui effetti in un gran nu-
mero di articoli celebrai le tante memo-
rie, avendo notato in moltissime delle
loro biografie quali protettone ebbero :
il novero di quelle de' cardinali viventi
si legge nelle Notizie di Roma. Ordina-
riamente i cardinali che non risiedono
nello stato pontificio non hanno protet-
tone, ed alcuno che vi risiede ama d'es-
serne dispensato. Prima di parlare indi-
vidualmente delle nominate protettone
cardinalizie, dirò qualche cosa de'santi
protettori che il Papa ad istanza di so-
PRO
vrani, vescovi, nazioni, provincie, città e
ordini religiosi, accorda e assegna loro in
patrocinatori presso l'onnipotente Redei
re e Signore dei dominanti; essendo la
chiesa cattolica sotto la protezionedel suo
divino fondatore Gesù Cristo, i\e\\a Ma-
dre di Dio, la B. Vergine Maria, sine la-
be originali concepta, dell'arcangelo s.
Michele, equindi singolarmente de'prin-
cipi degli apostoli i ss. Pietro e Paolo.
11 cardinal de Luca, parlando della sa-
gra e cardinalizia Congregazione de' riti
(J7.^ avverte che nella medesima si tratta
delle protezioni delle città, provincie, re-
gni e nazioni, le quali vogliono eleggere
qualche santo per tutelare e protettore,
non potendo ciò fare senza licenza e ap-
provazione della sedeaposlolica ossia del
Papa, il quale procede col voto di tale
congregazione, come per assegnarne la
celebrazione della Festa (/^.), dell'uffizio
e della messa, e con quale rito. Deve no-
tarsi che i santi protettori, Coelestes Pa-
troni, sono di diverse specie, protettori
principali, comprotettori e protettori or-
dinari, secondo la condizione de'quali la
congregazione de'riti stabilisceil modo di
celebrarne le feste econ quali riti. Nel voi.
VII, p. 3 12 riportai come Urbano Vili
decretò che isoli santi canonizzati posso-
no darsi in prolettori di regni, città, ordi-
ni religiosi, ec. ; e che la festa di precetto
si osservasse pei soli protettori principali.
Nondimeno ivi riprodussi alcuni esempi
in contrario per ambedue i casi, per par-
ticolare indulto de'Pontefìci, e che anco
le sante possono essere protettrici prin-
cipali. Nel voi. XXXVI, p. 27 notai che
Innocenzo XI confermò l'elezione che i
vicari apostolici della Cina aveano fatta
di s. Giuseppe sposo della R. Vergine in
protettore delle loro missioni. Benedetto
XIII dichiarò prolettore degli scolari s.
Luigi Gonzaga della compagnia di Ge-
sù, la quale venera per protettore della
buona fama s. Giovanni Nepomuceno. In
moltissimi articoli di stati, regni, ordini
regolari e altre corporazioni, tratto dei
PRO
oro santi protettori, come delle solen-
nità e dimostrazioni festive che si fanno
in questa occasione, degne di particolare
menzione. Fino dai primi tempi le città
costumarono battere le loro monete col-
l'immagine del santo protettore e difen-
sore. A Reliquie notai con quanta gelosia
le custodiscono le città e i luoghi che le
posseggono. Pare che dal secolo XI II gli
ordini religiosi ad ogni lovoProvincia^.)
abbiano preso un santo per protettore. Di-
clich, Diz. sacro -liturgico, nell'articolo:
Patrono principale del luogo e titolare
d'una chiesa } dice che differiscono tra lo-
ro, poiché il patrono è quello che fu elet-
to primo dall'ordinario insieme col po-
polo, o perchè fu il i.° vescovo del luo-
go, o vi fu seppellito, o quai cittadino,
ovvero perchè sovvenne mirabilmente
alle necessità di quel popolo, o per altre
simili cause. Il titolare poi d'una chiesa
a quella spetta soltanto, sotto la cui in-
vocazione fu dedicata. Il patrono riguar-
da più. chiese, come preso a protettore
da molti cleri e da molti popoli in un so-
lo luogo abitanti, come in una città o in
una diocesi. Più, il titolare d'una chiesa
è un solo, o se sono più non si prendo-
no che sotto il nome d'un solo: al con-
trario vi possono essere più patroni d'un
luogo soltanto. Sì fa uffizio di rito dop-
pio di i .' classe con ottava tanto del pa-
trono principale, quanto del titolare di
una chiesa. Pernia congregazione de'riti
decretò: m i.° De Protectore principalis
civitatisdebet celebrari officium cum o-
ctava per civitatem et dioecesim sub ri-
tu duplici primae classis, tam apud sae-
culaies, quam 3pud regulares utriusque
sexus, sed isti sine octava. Debet fieri in
tota dioecesi officium cum octava Titu-
laris ecclesiae cathedralis, seu patroni :
i.° De Patrono,seuTitulari ecclesiae, de-
bet Meri officium sub ritu duplici primae
classis cum octava a clero ipsi adscripto,
etiamsi ecclesia non fu e ri t consecra ta, sed
tantum benedicta: 3.° Si festum pi-aedi-
VOL. LV.
PRO 32i
ctum erit de Patrono loci, etc. officium
c-ri t celebra ndiK» sub ritu secundae clas-
sis cum octava ab omnibus sacerdotibus
saecularibus ejusdem.Si vero festum etc.
eritTitulares tantum ecclesiae parochia-
lis, officium celebrandum erit sub ritu
primae classis cum octava, ab iis sacer-
dotibus tantum, qui addicti sunt servi-
tio i I li us parochialis, et non ab aliis". Se
siano più patroni o più titolari, il di lo-
ro offizio sarà doppio semplice, ma sen-
za ottava, perchè questa si concede al pa-
trono principale o titolare d'una chiesa
soltanto; anzi nemmeno la loro festa sa-
rà di i.a classe. La festa del detto patro-
no principale, ec. quantunque si escluda
fra le ottave di Pasqua e di Pentecoste
e nella settimana santa, ha luogo però
nell'ottava dell'Epifania, la quale esclu-
de tutte le altre feste di rito doppio. Nel
giorno poi 8.° dell'Epifania, se cade il
detto patrono, si trasferisce. Tanta è poi
la di lui solennità, che se cade in qual-
che vigilia, che si prescriva nel calenda-
rio con digiuno di precetto, non si fa al-
cuna commemorazione della vigilia nel-
l'uflizio; nella mensa però si deve digiu-
nare, purché non si anticipi il digiuno
nel giorno precedente. Questa solennità
ha i vesperi intieri, purché non concorra
colle feste di Gesù Cristo di i." classe o
della B. Vergine Assunta, ovvero della
dedicazione della propria chiesa. Le le-
zioni del i.° notturno saranno del co-
mune, quando non ve ne sieno di pro-
prie, e non mai de scriptum occurren-
te, ad majorem celebrilatem. Del patro-
no delle città si deve celebrare l'8.' dal
clero secolare, ma non dal regolare, giu-
sta i decreti de'riti. I patroni poi meno
principali d'un luogo o d'una chiesa si ce-
lebreranno sotto il rito di doppio mag-
giore senza 8.a; dovendosi attendere al
decreto de'riti: » Religiosi nontenentur
recitare dePatronis minusprincipalibus,
nisi sint descripti in calendario romano,
vel dictorurn religiosorum proprio."
21
322 PRO
Prole' tori degli ordini e congregazioni
religiose.
L'ordine Francescano (fr.)de'm ino-
ri fu ih. "ordine ch'ebbe a prolettore un
cardinale presso la s. Sede, e forse fu il
i.° ancora a godere questo vantaggio ,
non essendomi riuscito trovarealtre pro-
tettone cardinalizie avanti di questa. Nel
voi. XXVI, p. 5i e 57 dissi che Inno-
cenzo III ad istanza di s. Francesco d'A-
sisi deputò il nipote cardinale Ugolino
Conti in protettore del suo ordine ; al-
trettanto fece Onorio III che gli successe
nel 1216, mentre nel 1 227 per morte di
questi divenne Papa il cardinale col no-
me di Gregorio IX, secondo la predizione
di s. Francesco. Anche il Bercastel con-
viene in questo principio de' cardinali
protettori di ordini, St. del cristianesi-
mo t. i4, n.° 373. Egli riferisce che s.
Francesco ben informato che il suo or-
dine avea de'nemici in Roma, e riceven-
do le lagnanze di molti de' suoi confra-
telli sulla durezza di alcuni prelati a lo-
ro riguardo, prese la risoluzione di chie-
dere allo stesso Innocenzo III un protet-
tore pei fratelli presso il Papa. Il cardi-
nal Conti gli avea protestalo in termini
espressi di essere tutto suo: questi tor-
nato in Roma dalla sua legazione di To-
scana, impegnò non senza stento l'umile
Francesco a predicare alla presenza del-
lo zio Innocenzo III e del sagro collegio;
e l'eseguì prodigiosamente, per essersi di-
menticato quanto si era proposto, e con
tanta forza ed unzione,cheilPapae tut-
ta la corte ne restarono commossi, onde
il Papa ricolmò di carezze dopo il ser-
mone s. Francesco alla presenza del ni-
pote. Allora ilsantodissea Innocenzolll:
«Santo Padre, io sono confuso della tua
bontà per me e per i poveri nostri fra-
telli ; ma mi rimprovererei , come tolti
alla Chiesa, i momenti preziosi che noi in-
voleremmo al capo di essa, in mezzo agli
importanti affari di cui esso è aggrava-
to. Accordaci questo cardinale per trat-
tare i nostri interessi, sotto lu tua auto-
PRO
rità ". Acconsentì Innocenzo III alla do-
manda, e il cardinal Ugolino fu il 1 ."pro-
tettore de'frati minori, ad imitazione dei
quali la maggior parte degli altri ordini
si procurò colfandar del tempo de'car-
d inali protettori. Alessandro IV del 1 2 54
non volle dare protettore all'ordine fran-
cescano, riservando per sé questo officio,
lo che fece con molta utilità e consola-
zione dell'ordine. Nel 1279 essendo Pa-
pa Nicolò III, dice il p. Piatti, il capitolo
generale lo su pplicò che si degnasse essere
protettore o d'assegnargli un cardinale.
Rispose Nicolò HI ch'egli stesso voleva es-
sere il protettore (secondo la predizione di
s. Francesco); ma perchè la regola voleva
che un cardinale fosse pure prolettore,
vollesaperechi desideravano si nominas-
se, ed avendo inteso il cardinai Matteo
Rosso Orsini suo cugino, l'approvò ed a
lui rivolto gli disse: Fra tutte le grazie
e onori che noi vi potremmo fare, nin-
no stimiamo maggiore di questa prote-
zione che vi diamo di questo sagro or-
dine, quale sommamente vi raccoman-
diamo, acciò lo difendiate e con somma
cura proteggiate; sciogliendosi in lagrime
che commossero tutti. Ripresoli discor-
so soggiunse : Vi raccomandiamo que-
st'ordine, avvertendovi che non ha biso-
gno che v'intromettiate nel governo, per-
chè non mancano in esso uomini savi e
zelanti, che lo reggeranno come convie-
ne: officio vostro solamente sarà difen-
derlo nelle occasioni , e non permettere
che dai malevoli gli sia fatta ingiuria o
torto. Il 2.0 esempio che trovai sopra di
un protettore cardinale d'ordine religioso
fu nel 1298, quando Bonifacio Vili diede
la protettoria dell' ordine de' Guglielmiti
{V.) al cardinal Boccatniti (f.) o Bocca-
mazza. Gli stessi motivi che mossero s.
Francesco a domandare un proiettore
presso la s. Sede, determinarono questo e
gli altri ordini a tenere nella curia romana
o residenza papale un loro religioso Pro-
curatore generale {V-)- Nel 1 370 Grego-
rioXI moderò gli abusi de'cardinali pio-
P B O
lettori dell'ordine francescano, mediante
la bolla Cu nato s Christifideles. Si appren-
de da Tomassini, De vel. etnov. eccl. disc.
t. i,l.?., ci 1.4,0. 1 1, che Martino V proibì:
» ne prò ordinimi, religiosorumque, aut
personarum particularium protectione,
Cardinalis aliquid pecunia percipiant, e-
tiam a sponte ofTerenlibus". Il francesca-
no Sisto IV stabili i limiti di tal protezione
colla bolla Sancta Minorimi religio j fa-
cendo altrettanto il nipote Giulio II, col-
la costituzione Exponi. Abbiamo poi la
costituzione d' Innocenzo XII, cbe mo-
derò l'autorità de' cardinali protettori :
Chrisli/idelium, eleganti mclhodo, et or-
dine memoralas confirmat , declami ,
ampliai, et ad omnes regularium orili-
nes estendi lab omnibus cardinalibus prò-
tectoribus pracmanibus super habendas.
Riferisce il cardinal de Luca nel Cardi-
nal pratico cap. 1 5, in cui tratta de'car-
dinali protettori : » Nelle religioni così
dell'ordine monastico come del mendi-
cante si può dire cbe sia una cosa gene-
rale, cioè cbe ogni religione o congrega-
zione cbe sia separala dalle altre, benché
dell' istesso originario istituto , abbia il
suo cardinal prolettore. Ma nelle altre
degli ordini chericali e militari ( lo ba
l'ordine Gerosolimitano, fr.) l'uso pitico-
mune è in contrario che non l'abbiano.
E di queste protezioni non è proibita la
moltiplicità in un cardinale, ad arbitrio
del Papa. Regolarmente e di sua natura
questa protezione non dà giurisdizione o
prelatura nella religione; cbe però giu-
ridicamente il protettore non si può di-
re d'essa prelato o superiore , conforme
si dicono il generale, i provinciali e gli
altri superiori locali, consistendo princi-
palmente I' uffizio suo nel proteggere e
difendere appresso il Papa e nelle s. con-
gregazioni cardinalizie, e coi principi e
altri co' quali faccia di bisogno, le pre-
rogative e i privilegi della religione, e fa-
re il di più che riguardi il suo beneficio,
ed acciò non sia oppressa. Ma perchè il
Papa e le s. congregazioni , particola!' -
PRO
3^3
mente quella de'regolari, e gli altri su-
periori maggiori sogliono molto deferi-
re al cardinal protettore, ed a quello mol-
te cose ri mettere, ed anche appoggiargli
la presidenza de' Capitoli (A^.) e delle
congregazioni generali, quando seguono
in Roma, conforme per la più frequen-
te pratica suol seguire; ed anche i reli-
giosi sogliono fare il ricorso al medesi-
mo cardinal protettore, quando si stima-
no gravati dal generale o dagli altri su-
periori : quindi segue cbe la loro autori-
tà sia grande, però non è in tutte le re-
ligioni eguale, perchè inalcunesarà mag-
giore ed in altre sarà minore, secondo-
che porti l'introduzione dell'uso, ovve-
ro l'ampiezza maggiore o minore delle
facoltà, che dal Papa loro si diano. Ed
auche in gran parte ciò dipende dal ge-
nio di quel cardinale, imperocché in una
slessa religione la pratica frequentemen-
te dell'età nostra ha insegnato e tut-
tavia alla giornata insegna, che un pro-
tettore ( forse più lodevolmente) mollo
poco e quasi per nulla s'intrighi, eccet-
to in quel che riguardi la prolezione del-
la religione, ch'è propriamente l'uffizio
suo ; ed un altro suo predecessore o suc-
cessore voglia riconoscere come si por-
tano il cuoco, il canovaio e il portinaio,
non che i superiori locali o generali o pro-
vinciali; anzi intrigarsi ne'fatti de' reli-
giosi particolari tra essi, che però non è
materia capace d'una regola certa e ge-
nerale. Bensì che disponendosi lodevol-
mente per le costituzioni e decreti apo-
stolici, che le cause de'regolari non deb-
bano uscir fuori della propria religione,
ed i superiori, tra questi vanno compu-
tati la s. Congregazione de' regolari (P.),
ed anche il cardinal protettore, al quale,
conforme si è detto, molte cose si soglio-
no rimettere, ovvero commettere". Il p.
Menochio, Sluore t. 3, cent. 1 1, cap. 5 :
Consigli dati dal p. Girolamo Piatti al
cardinal Flaminio Piatti suo fratello ,
circa la prolezione delle religioni. Do-
po avere riportato quanto disse Nicolò III
3^4 PRO
al cardinal Matteo, il p. Piatti soggiun-
ge: »Le ragioni per le quali conviene che
i protettori appunto si governino con-
forme al sentimento di quel Papa, lai.a
è perchè essendo il corpo della religione
composto di superiori e di sudditi, la ra-
gione vuole che questo buon concerto
non s'interrompa o guasti , altrimenti si
scomporrebbe tutta la costruzione della
fabbrica, se chi non è superiore s'inge-
risse a comandare e ordinare nella reli-
gione. 2.a I cardinali per molto virtuosi
che sieno e prudenti, ad ogni modo non
essendo stati religiosi, non possono così
bene sapere quello che alla religione e a
quelli che in essa vivono sia spediente e
utile, ovvero al contrario inconveniente
e dannoso, quanto lo sanno e intendono
i prelati delle medesime religioni. 3.aNon
possono i cardinali protettori avere tan-
ta cognizione delle qualità de' soggetti
particolari, quanta ne hanno i superiori,
che con il lungo tratto intimamente li
hanno conosciuti. 4'" Grande inconve-
niente seguirebbe e danno alle religioni,
se i religiosi si accorgessero di poter a-
vere adito al protettore e col favore di
lui potersi sottrarre dall' ubbidienza e
correzione del suo prelato regolare, per-
chè così sarebbe indebolito il vigore del-
la disciplina, e sarebbe aperta una gran
porla alla rilassatezza dell'osservanza.
Non doversi dar facile ascolto alle dela-
zioni e querele senza ragione, lasciando
che i provinciali provvedano ai disordi-
ni, ed il generale o capitolo se riguardas-
se i provinciali; dovendo sempre il pro-
tettore lasciar che le cose procedano per
la via ordinaria, senza intromettersi e
turbare il governo de' prelati regolari.
Che se le cose fossero ridotte a non po-
tersi rimediare, allora si dovrebbe tro-
vare l'opportuno provvedimento con mo-
derazione e maniera, che tutto si regoli
e riformi conforme all'istituto dell'ordi-
ne, con scegliere dalla medesima religio-
ne i meritevoli per la riforma". V. Men-
dicatiti, Ordini religiosi, Disciplinare-
PRO
golare, Monaco, Monaca, Canonici re-
golari, Religiosi. Dice Novaes nella Sto-
ria di Giulio III, che questo Papa or-
dinò che i religiosi per essere promossi al
vescovato abbisognavano anche del con-
senso del protettore. Nel voi. Vili, p. 2i5
riportai che dopo l'elezione de'nuovi ge-
nerali, i cardinali protettori insieme ai
religiosi li portavano a baciare il piede
al Papa nella cappella pontificia e seden-
te in trono, i protettori prendendo il luo-
go in cui siede il cardinal i.° prete: ciò
avea luogo dopo la funzione , ed ordi-
nariamente dopo il canto del vespero.
Nel voi. IX, p. i 37 dissi che il cardinal
protettore degli Olivetani invita il s. col-
legio e Io riceve alla cappella cardina-
lizia di s. Francesca Romana; a p. i4r
che il cardinal protettore del collegio dei
conventuali di s. Bonaventura invita e
riceve i cardinali per la cappella cardi-
nalizia in onore di tal santo; a p.i46 che
il cardinal protettore delle monache e
Conservatorio dis. Caterina, per la cap-
pella cardinalizia per tal santa, invita e
riceve il sagro collegio. Pio VI fu protet-
tore dell'ordine de'predicatori. Pio VII
assunse le protettone della sua congre-
gazione cassinese, dell'ordine de'predica-
tori, della congregazione del ss. Reden-
tore, e del conservatorio e monache di
s. Dionigio alle 4 fontane.
Riporterò qualche esempio de' solenni
possessi presi dai cardinali protettori de-
gli ordini regolari o di qualche monaste-
ro di monache, che desumo dai Diaridi
Roma, onde rilevarne l'ordinario ceremo-
niale, e le variazioni secondo i luoghi e
gli ordini, le cui particolarità non sono
senza interesse, massime in argomento del
quale forse niuno si occupò. Nel n.° 1 1 5i
dell' anno 1786 si riporta la descrizione
del possesso preso dal cardinal Boncom-
pagni segretario distato,della protettoria
di tutto l'ordine de' Cappuccini (P .), con-
feritagli con Molo-proprio di PioVl. Por-
tatosi alla loro chiesa con nobile treno
(preceduto dai servitori a piedi coll'om-
PRO
brellino e ildecano alla portiera), si tro-
varono alla portiera della carrozza il p.
guardiano del convento coi segretari del
p. generale, e fra il suono della banda mi-
litare entrò in chiesa, ove ricevè l'asper-
sorio dal p. generale, che era alla testa
del definitorio generale e provinciale. Do-
po P adorazione del ss. Sagramento , il
cardinale por tossi in coro tutto nobilmen-
te parato con damaschi e velluti, con fran-
gieelrined'oro; ed assisosi sulla sedia sot-
to baldacchino, e lettosi dal maestro delle
ceremonie il breve con cui il Papa lo de-
putava protettore, ammise all' amplesso
il p. generale ed i superiori, al bacio del-
la porpora i chierici ed i laici, mentre si
sparavano salve di mortari (di questi spa-
li trovai diversi esempi ne' Diari, sia pel
possesso delle protettone, sia al giungere
del cardinal protettore nella chiesa ove
si solennizzava la festa). Indi il cardinale
fece un discorso latino ai religiosi, in cui
dimostrò il suo contento, perchè alla na-
turale propensione sua e di tutta la fami-
glia pei cappuccini, ora vedevasiaggiun -
to P aggradilo titolo di loro protettore,
confidando che nelle ardue incombenze
affidategli dal Papa , gli avrebbero colle
loro orazioni impetrala da Dio la neces-
saria assistenza. Rispose il p. generale, di-
mostrando l'obbligazione che professava
la povera religione de'cappuccini al Pa-
pa, per averle dato un si degno protet-
tore, e l'obbligazione che professava lo
stesso ordine al cardinal protettore per
aver accettato tal caritativo impiego. Di
poi il cardinale si portò alla cella del p.
generale, ove amàbilmente si trattenne al-
quanto con esso e coi primari dell'ordi-
ne; indi parti dal convento (si suole fare
un'abbondante limosina a' poveri). No-
terò, che nel n.° 117 del Giornale di
Roma, descrivendosi egual possesso del
cardinal Fornari , si aggiunge, che fu
cantato il Te Deum, e che il cardinale
diede la benedizione, visitando poi nel-
le celle i cappuccini infermi. Nei n.i 1272
e 1278 dell'anno 1787 si leggono le
PRO 325
relazioni de' possessi presi dal cardinal
Braschi nipote di Pio VI, delle protet-
tone della congregazione camaldolese e
di tutto l'ordine Francescano, attribui-
tegli dallo zio. Col treno di fiocchi e in a-
bito si condusse alla chiesa di s. Romualdo
de' Camaldolesi (F.), donde ascese al con •
tiguo ospizio, ricevuto dal p. ab. procu-
ratore generale alla testa de' superiori e
monaci della congregazione. Assiso in tro-
no con dossello e senza baldacchino, per
non potersi erigere nelle case de'regola-
ri, fu letta la bolla di destinazione al pro-
tettorato; indi il cardinale ricevè all'am-
plesso il p. procuratore, e al bacio della
mano gli altri. 11 p. ab. procuratore pre-
sentò al protettore un prezioso reliquia-
rio con entro un pezzo d'osso di s. Gre-
gorio I,ed un commentario della propria
congregazione,facendo dispensare un lau-
to rinfresco adattalo a) tempo quaresima-
le. Collo stesso treno il cardinale in altro
giorno si portò al conventodi s. Maria in
Araceli ( la chiesa ha il suo cardinal li-
tolare, nondimeno si rileverà da altri ca-
si che in altre simili i protettori degli or-
dini le visitarono) ricevuto dal p. procu-
ratore generale e dagli altri superiori e
religiosi del convento , ed accompagnato
nella biblioteca nobilmente fatta ornare
per uno speciale riguardo al nipote del
Pontefice, ed ivi accolto dal p. generale.
Si lesse il breve, il cardinal fece la con-
sueta allocuzione, ed ammise all'abbrac-
cio il p. generale e superiori dell'ordine,
ed al bacio della porpora gli altri religiosi.
Il p. guardiano del convento gli offrì una
mappa di fiori finti con l'immagine in se-
ta di s. Francesco, ed altro religioso una
lunga ed erudita iscrizione. Quindi il car-
dinale passò al convento de' ss. Cosma e
Damiano del Ttrz' ordine di s. France-
sco , ricevuto a suono di banda di stru-
menti dai superiori e religiosi. In una sa-
la vagamente apparata il cardinale si as-
sise nel trono; quindi fu letto il breve, e
pronunziata dal cardinale l'allocuzione,
rispose con altra il p. generale, che pie-
òj.u può
sento al cardinale le reliquie de'ss. Fran-
cesco, Cosma e Damiano, e fece servire il
rinfresco proporzionato al digiuno qua-
resimale. Nel u.°66 dell'annoi 8 16 si ri-
porta il possesso del cardinal Albani de-
stinato da Pio VII protettore dell'ordine
de Servì di Maria (f.). Alla porta della
chiesa di s. Marcello il p. vicario genera-
le ricevè il cardinale, coi religiosi anche
degli altri conventi dell'ordine esistenti in
Roma. Dopo breve orazione al ss. Sagra-
mento, il cardinale sali nella libreria del
propinquo convento nobilmente addob-
bata, ed ivi lettosi il breve del Papa e ri-
cevuti gli omaggi del p. vicario e religio-
si, il cardinale nell'allocuzione rammen-
tò con lodi la storia della fondazione e
progressi dell'ordine e degli uomini insi-
gni in esso fiutiti , ed in seguito mandò
ai religiosi un sontuoso presente di com-
mestibili da potersi godere da loro per
più giorni (ordinariamente si manda li-
na vitella e altro, secondo il numero dei
religiosi e la generosità del protettore ;
altri offrono qualche arredo o paramen-
to sagro). Nel n.°3o dell'annoi 838 è de-
scritto il formale possesso preso dal cardi •
nal Brignole,datodaGregorioXVIa pro-
tettore del 3.° ordine di s. Francesco. 11
cardinale fu ricevuto sulla porta della
chiesa de'ss. Cosma e Damiano dal p. ge-
nerale Conticelli coi religiosi del conven-
to. Venerato il ss. Sacramento, passò nel
convento, ove in una cappella inchinata
la Croce e assiso in sedia fece ad alta vo-
ce leggere dal maestro delle cereraonie
pontificie il breve; quindi ricevè all'am-
plesso il p. generale, al bacio dell'anello
il p. procuratore generale e i religiosi sa-
cerdoti, al bacio della porpora i laici. Di-
poi il p. generale diresse al cardinale pro-
tettore un breve discorso, esternando in
nome dell'ordine il gradimento perla ot-
tenuta grazia sovrana nella di lui perso-
na, cui raccomandò sé e l'ordine. Il cai-
dinalccon riposta desunta dalla s. Scrit-
tura commendò il regolare istituto, im-
pegnò gl'individui di esso alla piena ed
P lì O
esatta osservanza delle proprie regole e
costituzioni; animò i giovani studenti al-
la pietà e all'indefesso studio, onde porsi
in grado d'essere utili all'ordine, e alla
Chiesa nel sostenerla contro chi preten-
deva abbatterla, non che a giovarei pros-
simi. Vennein seguito cantalo il Te Deum
in ringraziamento al Signore, terminalo
il quale e col medesimo nobile treno il
cardinale si restituì alla propria residen-
za, accompagnaloalla porta delconvenlo
e alla carrozza dal p. generale, dal p. pro-
curatore generale e dagli altri religiosi.
Ne'seguenti Diari dì Roma dei 1 843 sono
riportati i possessi delle protettone con-
ferite da Gregorio XVI. Nel n.° i i quel-
la del cardinal Acton dell'ordine della
Penitenza (V.), che portatosi nella chie-
sa di s. Maria delle Grazie,dopo orato, a-
scese al trono, fece leggere il breve, ri-
cevè l'atto di ubbidienza dalla religiosa
famiglia, e cantatosi l'inno Ambrogiano
e le litanie Lauretane, il cardinale com-
parti la benedizione col ss.Sagramento.
Passato nel convento, il cardinale con pa-
terna e commovente allocuzione animò
i religiosi a corrispondere con zelo alla
loro vocazione e a promuovere sempre
più il decoro del loro santo istituto. Nel
n.° 12 vi è il possesso della protettoria
del cardinal Acton della congregazione
Cassìnese (Z7".), concessa dal Papa ad i-
stanza del p. ab. procuratore generale.
Il cardinale corteggiato da due prelati
in abito si portò nelle ore pomeridiane
al monastero di s. Calisto, ricevuto alla
porta dai monaci e dal p. ab. procura-
tore generale e abbate di governo dello
stesso monastero, ed accompagnato al-
l'aula capitolare ornata dignitosamente
con damaschi e con magnifico trono. In
esso il cardinale si assise per sentire la let-
tura del breve apostolico, in cui colle pa-
role più onorevoli e benigne era espres-
sa la pontificia adesione di porre sotto il
valevole patrocinio d' un porporato ri-
eolmo d'ogni virtù l'intero ordine bc-
uedelliuo cassi nese. Alla quale lettura le
PRO
ce seguilo l'allocuzione italiana del cardi-
nale, che commosse il cuore di tutti pel-
le espressioni tutte piene di dolcezza e di
spirito veramente evangelico; per le di-
mostrazioni di zelo in ogni cosa che po-
tesse influire allo splendore dell'ordine
monastico ; e per le savie considerazioni
dette con bello stile oratorio intorno alle
glorie del benemerito ordine. Il p. ab.
procuratore rese ossequiose azioni di gra-
zie al Papa per aver concesso un tanto
porporato a vigile protettore, e a questi
per essersi compiaciuto corrispondere ai
desideri dell'ordine. Indi egli e 3 altri p.
abbati furono dal cardinale ammessi al-
l'abbraccio, ed i monaci al bacio dell'a-
nello cardinalizio. Nel n.° 58 è descritto
il possesso del cardinal Corsi protettore
della congregazione de' Vallombrosani
(f^.). Il cardinale col seguito di 3 prelati si
portò al monastero di s. Prassede, rice-
vuto alla porteria dal p. ab. di governo
del monastero medesimo, e da altri ab-
bati, fra'quali il p. procuratore generale,
in uno alla monastica famiglia. Nel salo-
ne decorosamente parato e con trono, ove
si assise il cardinale, il p. priore lesse il
biglietto di nomina alla protettoria, ed a
nome della congregazione pel procurato-
re generale di essa indirizzò al porporato
paiole di comune esultanza e di amplis-
sime azioni di grazie. A queste il cardi-
nale rispose con senno e zelo , addimo-
strando il suo gradimento, ed animando
i religiosi vallombrosani a seguir gli esem-
pi di virtù e di applicazione ad ogni ge-
nere di studi, dati dai loro padri sotto il
vessillo del s. Istitutore. Ammise di poi
all'amplesso gli abbati, al bacio dell'anel-
lo i monaci., al bacio della porpora i con-
versi, terminando la ceremonia col pren-
dere dalle mani del p. ab. superiore il li-
bro della regola di s. Benedetto, colle co-
stituzioni di s. Gio. Gualberto istitutore
della congregazione. Indi calò nell'atti-
gua chiesa e comparti la benedizione col
Santissimo , esposto pel triduo di detto
santo. Nel u.° 76 dell'annoi 844 è ripor-
PRO 327
tato il possesso del cardinal Castracane,
della congregazione de' Canonici regolari
Lateranensi (V.) , a richiesta del defini-
torio generale concesso in protettore da
Gregorio XVI. Il cardinale in compagnia
di 3 prelati fu ricevuto alla porta della
canonica di s. Pietro iti Vincoli da tutta
la comunità religiosa, e passato nelle de-
corate stanze della procura generale, se-
dendo in trono , dopo la lettura del bi-
glietto di nomina della segreteria di sta-
to, recitò uà gravissimo discorso allusivo
alla circostanza e onorevole per la con-
gregazione. A questo fece dignitosa rispo-
sta il p. ab. vice- procuratore generale, che
descrivendo i benefizi recati al suo ordi-
ne dal defunto protettore , mostrava le
più vive speranze nella sapienza e nelle
ottime disposizioni del successore. Rice-
vuto il cardinale il consueto omaggio di
tutta la comunità, in altra sala, ov'erasi
eretto un altare , si cantò il Te Deuin,
dopo il quale il cardinal si trattenne be-
nignamente coi religiosi canonici regola-
ri, coi capi di vari ordini regolari e con
altre distinte persone, che si sogliono in-
vitare in queste solennità. Nel n.° 4o del-
l'anno 1847 s' riporta il solenne possesso
del cardinal Ostini perla protettoria del-
l'ordine Cisterciense[ V.)t per nomina del
regnante Pio IX. Con treno il cardinale
si portò nel monastero di s. Bernardo, ed
assiso in trono in ampia aula interna e
facendogli corona tutti i monaci, dopo il
consueto atto di fedele sudditanza, rivol-
se loro un affettuoso discorso, e per 1' a-
morechegli portava dichiarò che sempre
gli avrebbe protetti. Il p. ab. visitatore
maggiore,ringraziato il Papa pel benefizio
di aver concesso sì illustre protettore, lo-
dò questi e chea vrebbe certamente adem-
piuto a tutti que'sacri doveri, che sono gli
attributi necessari d'un sincero e operoso
proteggitore. Intuonatosi il Te Deum dal
p. ab. presidente generale, il cardinale con
tutti i monaci processionalmente reca-
ronsi alla vicina cappella, ed ivi il protet-
tore a tulli impartì la trina benedizione.
3*8 PRO
Anche le congregazioni e monasteri di
monache hanno il cardinal protettore ,
così i loro Conservatorii^.), presiedendo
alle elezioni delle abbadesse e superiore.
^'.Clausura e Religiosa. Pel possesso ri-
porterò esempi per quelli del monastero e
chiesa delle agostiniane monache dei ss.
Bambino Gesù ( V.) di Roma. Nel n.° i g3o
del Diario di Roma del i 793 si legge, che
avendo Pio VI fatto loro protettore il car-
dinal Zelada 3 questi in abito e treno si
condusse a detta chiesa, ove venerato Ge-
sù sagramentato, si pose poscia a sedere
sotto piccolo trono con dossello presso
l'altare maggiore, e lettosi il biglietto di
nomina, le monache due a due si porta-
rono a baciargli la mano, e le converse
la sagra porpora ; ciò fatto il cardinale
intuonò il Te Deum , ed in fine benedì
la comunità religiosa eil popolo accorso,
passando quindi nel monastero. Nel n.°
2060 dell'anno 1 794 il nuovo protettore
delle monache del monastero di Palesili -
na, cardinal Doria, deputò a prendere per
lui il possesso mg. r Graziosi vescovo d'A-
nastasiopoli, vicario generale di tal dio-
cesi, il quale celebrò la messa nella loro
chiesa di s. Andrea e poi intuouò il Te
Deum. Nel n.°i 16 dell'anno 1802 si di-
ce, che per morte del cardinal Zelada, Pio
VII die per protettore alle monachediRo-
ma il cardinalRoverella, il quale si portò a
prenderne il possesso formale, ricevuto
Milla porta della chiesa da mg.r Riganti e
dagli altri deputati del monastero. Dopo
avere orato avanti Gesù sagramentato, il
cardinale si trasferì all'altare maggiore,
ove postosi a sedere avanti il dossello, fu
letto il breve di nomina; indi ammiseal-
i'amplesso i deputati, al bacio della ma-
no le monache, al bacio del lembo della
porpora le converse, e poscia diresse al-
la comunità un ben concepito discorso.
Dopo aver inluonato il Te Deum, per la
sagrestia entrò nel monastero , ove pre-
murosamente volle informarsi degl'inte-
ressi del medesimo, e tornato a casa man-
dò in dono un gì ossopcsce ombrina euua
PRO
vitella mongana viva. Nella suddetta chie-
sa i cardinali prolettori hanno consagrati
diversi vescovi; tra' benefattori protetto-
ri di queste monache ricorderò Clemente
XII, che da cardinale n'era stato protet-
tore.
Protettori d'imperi, regni e nazioni.
Dice il Plato, De Cardinalis p. 370,
che leprotletoriede'regni sembrano con-
sàgrate dalla gerarchia celeste, di cui è
copia l'ecclesiastica : dappoiché abbiamo
da Daniele, io, e dall' Apocalisse, 2 e
3, che la Persia ha il suo Angelo protet-
tore {V. Coro degli Angeli, ove parlo di
s. Michele protettore primario della Chie-
sa e di diversi ordini religiosi, e de' ss.
Angeli da Dio posti a nostra custodia e
protezione); così Smirne e Laodicea era-
no protette dal proprio Angelo presso il
trono di Dio. Vari Papi econcilii rego-
larono il patrocinio de'cardinali sui re-
gni e nazioni presso la s. Sede e l'augusto
suo Capo, avendo un tempo fallo a gara
col tributo del Denaro di s. Pietro (f^.),
e col dichiarare i \ovo Slati tributari del-
la s. Sede (F.). Nel voi. IX, p. 284, di-
mostrando la sublimità della dignità del
cardinalato, vi compresi l'antica onore-
volissima e grave rappresentanza de'car-
dinali nell'essere richiesti dai sovrani,
dalle repubbliche e dai magistrati muni-
cipali per protettori presso il Papa e la
sede apostolica degl'imperi, di legni, di
stati, di città, quando i monarchi e le
nazioni invocavano il sommo Pontefice
arbitro ue'loro più grandi interessi, an-
che a patrocinio de' sudditi e de' popoli
pei loro bisogni, precipuamente di que-
gP individui che si recavauo nella curia
romana, cioè ove risiedeva il Papa. Sic-
come questa protezione riusciva potente
ed efficace, essendone insorti non pochi
abusi, dissi che Urbano VI del 1 378 vol-
le porvi un freno nelle provvisioni, pen-
sioni e doni che ricevevano i cardinali
protettori, talvolta con pregiudizio della
Chiesa e della giustizia, dai principi, dui-
P R O
le comunità, dalle persone ad cs.se appar-
tenenti. Ricordai che Martino V fin dal
1 4» 7 dichiarò la sua disapprovazione su
cjueste protettone, e poi proibì le protezio-
ni cardinalizie in favore de're e de'princi-
pi, acciò fossero liberi i cardinali nel servi-
re la chiesa romana e il Papa; che Alessan-
dro VIsu questo delicato punto rinnovò i
rigori de'predecessori, e che Leone X nel
concilio generale di Laterano V regolò
siffatte protettone cardinalizie di princi-
pi e comunità. L'influenza molte volte
pregiudizievole, per servire il sovrano del
di cui regno erano protettori, esercitata
ne Conclavi) per l'Elezione o Esclusiva
de' Papi, dai cardinali protettori, ed a
seconda delle istruzioni che aveano da
loro o dagli ambasciatori, si può osser-
varla in quegli articoli, segnatamente
quando riunirono la qualifica di amba-
sciatori col nome di ministri presso la s,
ifc/ede'medesimi monarchi. Artaud nel-
la Storia di Pio VII, t. i, p. 293, par-
lando della destinazione del cardinal
Fesch(F.) in ambasciatore della repub-
blica francese, per destinazione del nipote
Napoleone, dice ch'era forse questa la pri-
ma volta che la corte di Roma si affli"-
o
geva nel vedere un cardinale succedere a
Cacault ministro laico. Artaud tutto di-
volo di questo ultimo e informatissimo
di nostre cose, volle ignorare i tanti pre-
cedenti esempi, anche recenti di Francia
stessa. Aggiunge, che quanto al titolo di
ambasciatore la corte romana reclamò ,
sostenendo che nessun cardinale avea
preso giammai questo titolo, e facendo
osservare che mg.r Rochechoart vescovo,
ch'era ambasciatore in Roma nel 1761,
pubblicato cardinale a*2 3 novembre, ces-
sò d'essere ambasciatore e prese il titolo
di ministro plenipotenziario. Il governo
pontificio, dice Artaud, s'appoggiava ad
una decisione del concilio di Basilea, sess.
2 3, De qualit. cardinal.) che proibisce
ai cardinali di prendere il titolo di am-
basciatori, anche del loro proprio sovra-
no; si citava inoltre l'esempio del cardi-
VOL. LV.
PRO 329
nal d ' Eslouteville e del cardinal Borgia
de Montreal, e che Leone X avea con-
fermata questa determinazione : >» Gli
ambasciatori de'principi, creati cardinali,
cessino d' essere ambasciatori {?.), per-
chè diventano altrettante membra misti-
che del sommo Pontefice ". Di più l'Ar-
taud riporta il seguente dispaccio del se-
gretario di stato cardinal Consalvi. » Un
cardinale fa parte del sagro collegio; e
da questo procede che presso la Corte di
Roma {Jr.: osserva Artaud che mentre
Consalvi usava questa espressione, il car-
dinal Pacca nelle sue Memorie fa le me-
raviglie perchè i ministri esteri si giovino
della stessa espressione) non è permesso ad
un ambasciatore di spiegare il suo carat-
tere pubblico (con l'Ingresso solenne in
Roma, fr.) e d'ottenere una udienza pub-
blica dal santo Padre, se oltre alle lettere
di credito indirizzate al sommo Pontefi-
ce, egli non è latore delle lettere che l'ac-
creditano individualmente presso ciascun
cardinale, lettere che deve presentare
egli stesso in una visita pubblica di for-
malità al cardinal Decano {V.\ Ciò po-
stole un cardinale potesse prendere pub-
blicamente il titolo di ambasciatore, sa-
rebbe allora nella medesima persona e
nel medesimo punto l'attivo ed il passivo,
il che si oppone ad ogni regola. Il cere-
moniale de'pubblici ambasciatori è fissa-
to con una etichetta ed una regolarità
tali, che nel corpo diplomatico {V. Di-
plomazia) non ammettono eccezione al-
cuna. Queste regole non potrebbero più
osservarsi se fra'pubblici ambasciatori si
ritrovasse un cardinale ; poiché le regole
e le onorificenze dovute alla dignità car-
dinalizia sarebbero in contraddizionecon
quelle dovute alla rappresentanza di un
ambasciatore. Dietro questa riflessione il
cardinal Fesch non può essere che mini-
stro plenipotenziario". Conchiude Ar-
taud: » E questo in fatti era il titolo che
prendeva allora il cardinal Fabrizio Ruf-
fo j ed a' tempi del cardinale de Bernis
questo augusto abbassamento era stato
21*
33o PRO
spinto ancor più. in là, poiché quel car-
dinale si dava il solo titolo d' incaricato
degli affari di Francia". Trovai opportu-
no riportare qui questo importante docu-
mento, sia per i rapporti che vi furono
tra i cardinali protettori degli stati este-
ri, detti anche protettori delle corone, e
gli ambasciatori di queste, onde nelle loro
assenze o impotenze ne funsero le veci ;
sia per avvertenza che talvolta seguendo
gli storici qualificai col titolo di ambascia-
tori i cardinali, essendomi di frequente
avvenuto, come notò Artaud sul vocabolo
Corte di Roma, che mentre gli uni ne-
ganoun titolo, una qualificagli altri l'ac-
cordano, essendo del pari ambedue au-
torevoli. Osserva Parisi, Istruzioni, t. 2,
p. 1 5i, parlando della consuetudine col-
la quale i sovrani cattolici deputano in
Roma un cardinale col titolo di protet-
tore, che questi sogliono essere per lo più
nazionali, sebbene molti furono scelti
tra 'cardinali italiani e anche romani, co-
me i cardinali Scipione e Francesco Bor-
ghese che furono protettori dell'impero,
ed altri a'nostri tempi (1785). Talvolta
i cardinali protettori d' un regno ne fu-
rono anche i ministri plenipotenziari,
come lo fu delle due Sicilie il cardinal
Orsini, morto 11^1789, il quale per un
tempo fu contemporaneamente protet-
tore interino della corona di Francia. In
pari tempo un cardinale fu protettore di
regni e stati diversi, come il cardinal Al-
bani morto nel 1 834 , protettore della
oanone Auslriaca,e degli antichi e nuovi
slati del re di Sardegna, non che della
1 «pubblica di s. Marino. Al presente di
questa è protettore il cardinal Macchi, e
degli stati sardi il cardinal Lambruschini.
Qualche cardinale è protettore di alcu-
na congregazione religiosa, confraternita
o capitolo, ancorché non sieno nello stato
pontificio; come il cardinal Lambruschi-
ni che lo è della congregazione degli obla-
ti di Maria Vergine fondata in Pinero-
lo; il cardinal Brignole della confraternita
delle s. Stimmate in Firenze, dc'copiloli
PRO
della cattedrale di Brugnato e della in-
signe collegiata di Seslri, della chiesa col-
legiata di Porto Maurizio, del santuario
di Nostra Signora in s. Remo, della con-
gregazione de'preti missionari di s. Carlo
in Savona, del monastero delle monache
benedettine di Lapo diocesi di Fiesole ;
il cardinale Spinola è protettore del ca-
pitolo della cattedrale basilica di Parma:
altre simili protettone tiene in Firenze
e in Fiesole il cardinal Corsi, per non
dire di altri. Fino al declinar del secolo
passato aveano cardinali protettori V Im-
pero, gli stati Austriaci, Francia, Spa-
gna, Portogallo, due Sicilie, Sardegna,
Polonia, ec. : l' aveano ancora i regni a-
cattolici, ma a cagione de collegi o altri
stabilimenti nazionali. Talvolta i cardi-
nali furono protettori di qualche cantone
cattolico della Svizzera, ed il cardinal
Cappellai'!, poi Gregorio XVI, nel luglio
1 827 accettò di essere protettore di quel-
lo de'Grigioni. Dice Parisi, Istruzioni l.
2, p. 1 52, che i cardinali per le protetto-
rie delle corone solevano tenere un se-
gretario nazionale a parte, benché sotto
Innocenzo X il cardinal d'Este protettore
di Francia operò colla corte in maniera
che il suo proprio segretario servisse an-
che per gli affari della protettoria. An-
ticamente l'aveano pure altri regni, co-
me Inghilterra, Irlanda, Scozia3 ec. Di-
verse prerogative proprie de' cardinali
protettori delle corone V esercitano gli
ambasciatori ed i ministri diplomatici, sia
nelle chiese, ospedali e ospizi nazionali,
che in altro, come rimarcai in detti ar-
ticoli o in quelli degli stati e regni. Nel
voi. IX, p. i43 notai che per la cappella
cardinalizia di s. Luigi IX redi Francia,
il cardinal protettore della corona o il
cardinal ministro invitava e riceveva i
cardinali; in sua mancanza supplisce il
cardinal decano, ricevendo però insieme
all'ambasciatore o ministro. Ne' voi. I,p.
3o6, XLl,p. 290, dissi che i cardinali
protettori di Polonia e degli Armeni no-
minavano un individuo per fare da pel-
PRO
leprino o apostolo alla lavanda de' piedi
che fa loro il Papa nel giovedì santo, cui
poi imbandisce la mensa e serve, spet-
tando ora la nomina a quelli ivi notati.
Leggo ne'n.i 57ge58o de Diaridi Roma
dei 1721, che per morte di Clemente XI
e per parie de'sovrani delle loro corone
fecero al s. collegio le condoglianze i car-
dinali protettori , Gualtieri d'Inghilterra
(cioè pel re cattolico Giacomo HI resi-
dente in Roma) e incaricalo d'affari di
sua maestà Britannica, Conti di Porto-
gallo (sebbene le facesse anche l'ambascia-
tore de Mel|o), Albani di Polonia, Allann
comprotettore di Germania, de' regni, del-
le provincie e domimi ereditari di casa
d' Austria, e ministro dell'imperatore, qon
allocuzione che ivi si riporta. Dagli slessi
Diari di Roma rilevo che i cardinali pro-
lettori solevano presentare al Papa la pri-
ma volta il nuovo ambasciatore, con quel
ceremoniaie che riportai nella biogra-
fìa del cardinale Luigi Prudi, parlando
dell' ambasciatore di Venezia, tenendo-
si eguale ceremoniaie per altri amba-
sciatori, come per quello di Portogallo.
Nella Cronaca della venuta in Bologna
di Clemente VII e Carlo V } con note del
Giordani, a p. 99 e 1 08, si dice che per
asserzione con giuramento delle prodotte
testimonianze del cardinal Accolti protet-
tore di Spagna, in favore dell'imperato-
re Carlo V, Clemente VII ordinò in con-
cistoro, presenti i cardinali, la coronazio-
ne colla corona di ferro, che eseguì. Indi
nel pubblico concistoro tenuto a'?.!) feb-
braio i53o il cardinal Accolti nella sua
dignità di protettore della Spagna pre-
sentò nuova istanza, come avea fatto per
l'altra coronazione, acciocché fosse rico-
nosciuto Carlo V per legittima elezione
imperatore, allegando che per atti bene-
meriti del monarca dalla Santità sua non
solo gli fosse conceduta l'imperiai corona,
ma eziandio per le mani di sua Santità
venisse solennemente coronato. Dal Papa,
inteso il parere de'cardinali, fu determi-
nalo che nel modo richiesto s'iucoronas*
PRO 33i
se e lo effettuò. Inoltre i cardinali protet-
tori trattavano ne'concistori gli affari del-
le corone, massime prima che fossero isti-
tuite le Congregazioni cardinalizie (/'.)
da Sisto V (con che volle rimuovere e-
ziandio gli abusi de'cardinali protettori,
che toccai nel voi. XV, p. 216), e pro-
ponevano tutte le chiese cattedrali, mo-
nasteri nullius e benefìzi maggiori con-
cistoriali (che qualificai pure nel voi. XV,
p. 2 3o), che erano sotto le loro protetto -
rie, tanto elettivi, che a nomina o pre-
sentazione, e ne ricevevano emolumenti,
confermati da Sisto V e altri Papi. In as-
senza de'cardinali protettori delle corone,
il proporre in concistoro le loro chiese era
incombenza del cardinal Camerlengo del
s. Collegio^. ).Ma Clemente XI non po-
tendo tollerare che un cardinal prolet-
tore d'un regno o repubblica talvolta pro-
ponesse in concistoro un numero mag-
giore di vescovati e abbazie del Papa
stesso, incominciò a proporle lui; in che
fu imitalo da'successori. A tenore delle
disposizioni di Gregorio XI V e di Urba-
no VIII, i protettori facevano i processi
agli eletti, domandandone prima licenza
al Papa per supplica o verbalmente, in
ossequio della suprema di lui autorità,
trattandosi di doverli compilare in Roma.
Ma proponendo lo stesso Pontefice, i pro-
cessi li faceva l' Uditore del Papa, essen-
do regola generale di formarsi i processi
sempre avanti il ponente o relatore. Di
conseguenza con proporre il Papa tutte
le chiese cessò ne'prolettori eziandio l'in-
gerenza de'processi./^. Concistoro, Pro-
posizione, Chierici del s. collegio o na-
zionali, de'quali parlo pure nel voi. XV,
p. 237.
11 cardinal de Luca, nel Cardinale
pratico, cap. 1 5, n.°i6, ecco quanto dice
delle protettone de'cardinali. «L'officio
di protettori di regni e nazioni propria-
mente consiste nel promuovere in con-
cistoro (pubblicò l'opera avanti Clemen-
te XI ), ed altrove, dove abbisogna, ap-
presso il Papa, il s. collegio e altri, gì' in-
332 PRO
teressi e le prerogative di que' regni e
principati, de'quali s'ha la protezione; sì
che sono come una specie di promotori
ne' collegi, ovvero di ponenti ne' tribu-
nali, come più informali de' costumi, dei
privilegi e delle prerogative. E partico-
larmente per la più frequente pratica
consiste tale officio nel proporre nel con-
cistoro quelle chiese metropolitane, o
cattedrali, o monasteri, così di qua, co-
me di là da'monli, le quali si provvedo-
no a nomina o presentazione o postula-
zione di quel re o principe, o veramente
ad elezione o postulazione de' capitoli ;
sicché conforme nelle altre chiese, le
quali sono di libera provvisione del Papa,
dal medesimo a suo arbitrio in ciascuna
si deputano i cardinali perla proposizio-
ne, e questo è officio lìsso del protetto-
re di quel regno o principato. Come an-
cora officio di questi suol essere in pro-
muovere in nome del re o del regno la
Canonizzazione o Beatificazione ( P.) di
qualche servo di Dio nazionale, oche per
altro rispetto vi si abbia qualche parti-
colare divozione, con altre somiglianti
funzioni. Auzi in siffatta carica si soglio-
no occupar due cardinali, uno con quel-
la di protettore ordinario, e 1' altro con
quella di comprotettore, come un com-
pagno o sostituto del primo, le di cui veci
supplisca nel caso dell'assenza o di alcun
impedimento. Per que' cardinali nazio-
nali o in altro modo affezionati per tito-
li di gratitudine, e per altro rispello ai
re e principi, tale ufficio si deve eserci-
tare compatibilmente con quello del car-
dinale, che vuol dire di giudice o di con-
sigliere, come per una specie di pouente
ovvero di promotore, come sopra, non
già di parte interessata o veramente di
avvocato e procuratore di quella; sicché
le parli primarie e principali consistono
nella carica di cardinale, e questa di pro-
tettore è accessoria e consecutiva, ma non
già che 1' accessorio distrugga il princi-
pale, e che l'accidente tolga, ovvero im-
pedisca la sostanza". Finalmente il cai-
PRO
dinal de Luca, cap. 8., n.° 6, rammenta
a'cardinali i sagri obblighi della loro su-
blime dignità, i giuramenti o Professio-
ni di fede [V.) fatti, e quanto debbono
alla s. Sede e al supremo suo capo, onde
nel procurare i vantaggi de' principi e
nazioni, il loro patrocinio non deve per
nulla vulnerare i riguardi, che devono
avere sempre presenti alla loro duplice
e gelosa qualifica di assessori e consiglie-
ri del supremo giudice , eh' è il Papa ;
onde disdirebbe 1' uffizio di partigiano,
avvocato o procuratore delle parli.
Protettori di città, terre e castella.
Oltre quanto ho detto di sopra e nei
rispettivi articoli di città e comuni dello
stato pontifìcio sui cardinali prolettori,
anche questi sono assai antichi, mentre
notai pure come nelle occorrenze o per
fare omaggio al nuovo Papa le città e
comuni spedirono a Roma, o nel luogo
in cui risiedeva il Papa, oratori e amba-
sciatori, quasi tutte costumando avere in
Roma un procuratore o un agente che
tratti i loro affari. Bologna e Ferrara
(F.) tennero lungamente un ambascia-
tore residenziale in Roma, che interve-
niva alle Cappelle e Cavalcale pontificie
(J^.)con alternativa, e somministrava
l'acqua alle mani del Papa, come i Prin-
cipi assistenti al soglio (A\). Nella morte
de'Papi solevano fare le condoglianze al
sagro collegio, come ho letto ne' Diari di
Roniaj l'ultimo esempio fu per la mor-
te di Clemente XIV, tanto dell'amba-
sciatore di Bologna (la serie de'quali dal
1 554 al 179^ Sl 'egoe a P* '35 delle
Notizie della chiesa de ss. Gio. e Petro-
nio, di Cancellieri ), che del residente o
rappresentante di Ferrara, come allora
si chiamava. Dice Parisi, nelle Istruzio-
ni t. 2, p. 2g3, che quando una città o
alcune terre cospicue si determinano di
eleggere un cardinale protettore, fanno
prima esplorare dal loro agente se il cardi-
nale che si ha in vista sia in grado di accet-
tare la protettoria, e quindi annuendosi
PRO
propone in consiglio; che senza mettere
in forse una cosa patentemente utile, né
esporre la convenienza d' un porporato,
lo elegge per acclamazione, ancorché per
solennità maggiore si suole fare prece-
dere la formalità dello scrutinio, quindi
se ne dà avviso all'eletto, secondo l'esem-
pio di lettera che produce. Di tale ele-
zione si dà parte con altra lettera al car-
dinal segretario di stato o al cardinal ni-
pote, per sottometterla al Papa, ripor-
tando altre module per domande diver-
se. Si torna a scrivere ringraziamenti do-
po I' accettazione, ed annualmente per
la ricorrenza del s. Natale per felicitare
il protettore e sempre più raccomandare
alla sua protezione il comune. Nella bio-
grafia del cardinal Pelagrua dissi che
nel « 3 i i i holognesi l'elessero in prolet-
tore di Bologna. Un altro antico esem-
pio lo leggo in Acquacotta, Memorie di
Maidica p. 117, nelf elezione che fece
in di lei protettore del cardinal Giovan-
ni (Gaetano Orsini diacono) di s. Teodo-
ro, legato apostolico residente in Firen-
ze. Questi nel 1 326 accettò la tutela, prò-
tectoriatn et polest ariani communis ve-
stris, e ringraziò Maidica con lettera per
avergli fatto giungere la somma di 60
fiorini a titolo d'onorario, promettendole
in ogni incontro assistenza e favore. A
Podestà notai che furono eletti a questo
uffizio nel 1288 Nicolò IV da Ascoli, nel
1 299 Bonifacio Vili da Velletri. Del do-
no di valore mandato da Jesi al cardi-
nal s. Carlo Borromeo, quando nel i563
lo elesse a protettore, feci cenno nel voi.
XXXVI, p. 3oo. Questi doni ai protet-
tori sogliono farli diverse città tuttora,
mentre diverse città nella delta ricorren-
za della nascita del Redentore sogliono
offrire un saggio di qualche prodotto più
particolare del luogo; delle quali dimo-
strazioui parlai a Natale, Pasqua ed ar-
ticoli ivi citati. Può essere protettore an-
che il proprio vescovo; tali furono i car-
dinali Falzacappa di Albano , e Macchi
di Paleslrina. Talvolta vi è anche il com-
PRO 333
protettore; per lo più qualche cardina-
le concittadino, o ascritto alla nobiltà del
luogo. In occasione di queste protetto-
rie si fanno feste e dimostrazioni di gio-
ia; ciò che praticò Ferrara pel cardinal
Fransoni (delle sue beneficenze a Reca-
nati di cui è protettore , parlai a quel-
l'articolo) lo riportai nel voi. XXIV, p.
173 ; quello che praticò Gubbio pel car-
dinal Mattei, nel voi. XXXIII, p. i63.
In morte le città sogliono celebrare so-
lenni funerali ai loro amorevoli protet-
tori, come eseguì Pergola (/^.) con Gre-
gorio XVI, che da Papa ritenne la pro-
tettoria del capitolo e della città, assunta
da cardinale, avendola in più modi be-
neficata. Pio VII da Papa fu protettore
della provincia di Sabina. Talvolta i car-
dinali protettori prendono possesso di
persona, come fece il cardinal Tosti con
Gemano (F '.); tale altra deputano il ve-
scovo o altro prelato. Nel o.° 37 del Dia~
rio di RomaiSfò si legge, che mg.rPila
delegato di Prosinone si portò a Ponte-
corvo per prendere a nome del cardinal
Ferretti il formale possesso di protettore
della città, che Gregorio XVI annuendo
al voto unanime della popolazione con-
ferì tal protettoria al cardinale. Il pre-
lato fu perciò incontrato dal governatore
e dal magistrato municipale fuori della
città, e quindi ricevuto all'ingresso della
medesima dalle altre autorità civili e
militari e dai principali cittadini, al suo-
no della banda civica e con festivo con-
corso di numeroso popolo. Nel maggior
tempio vi fu messa solenne , con iscelta
musica vocale e istromentale: cantato il
Te Deum, fu data la benedizione col ss.
Sagramento. Mentre quindi fra il giubi-
lo del frequente popolo, giusta il costu-
me, si ergeva nel palazzo comunale lo
stemma gentilizio del cardinale, si elar-
givano limosine a' poveri. Il gonfalonie-
re con acconcie parole dichiarò il tripu-
dio della città per godere di un protet-
tore in personaggio così distinto, per a-
vaio la città ammirato quando vi esercitò
334 r R °
il sacro ministero del missionario, e per
averne sperimentato il patrocinio quan-
do era nunzio apostolico presso la real
corte di Napoli. All'imbrunir della sera
tutta la città si vide rischiarata da bril-
lante illuminazione, distinguendosi per la
ricchezza de' lumi e delle fiaccole il pro-
spetto del palazzo municipale. Fu final-
mente incendiata una macchina di fuochi
artifìziali ed innalzato un globo areosta-
lieo, mentre tra i concerti della banda e
tra'ripetuti colpi di ritortali udi vasi echeg-
giare il nomedel Papa edel cardinal pro-
tettore. Nel n.° 46delle Notizie del gior-
no i844» s* 'eSSe 'a descrizione del pos-
sesso del cardinal De Angelis qual pro-
tettore della città di Corneto, di cui era
slato vescovo, presoda mg.rMilesi-Piro-
ui-Ferretli, preside della provincia di Ci-
vitavecchia, delegato a questo atto. Egli
pertanto si trasferì in formalità alla re-
sidenza municipale, e fu alla porta rice-
vuto dall'autorità governativa e dal ma-
gistrato in abito decurionale. Asceso alle
camere del comune, si fece a rispondere
parole di tutta amorevolezza in nome del
cardinal protettore, a que' sentimenti di
gioia e di rispetto che il magistrato ci vi-
co gli esternava come interprete dell'in-
tera città, dichiarando che avrebbe inde-
lebilmente conservata la memoria di sì
bel giorno, come quello che li ricongiun-
geva al già amatissimo vescovo; intanto
che fra il suono de'sagri bronzi, lo spa-
io de' mortari ed i concerti della banda
civica, la popolazione applaudiva all' in-
nalzamento dello stemma del protetto-
re sulla facciata del palazzo municipale.
Quindi il prelato, insieme alle nominate
autorità , accompagnato dalla milizia e
dalla banda, si portò a piedi e in forma
pubblica alla cattedrale, dove ricevuto al-
la porta da) capitoloassislè alla messa so-
lenne checelebrò mg. rQuaglia allora udi-
tore di rota e cornetano, ed all'inno Airi-
hrosiano che venne eseguito dai cantan-
ti della cappella. Terminata la funzione,
il prelato ringraziò il clero, e dispensato
PRO
il magistrato dall' accompagnarlo, si re-
stituì in carrozza alla propria abitazione.
Nella sera fu elevato un globo apostati-
co di vaga forma, e generale fu l'illumi-
nazione, intervenendo il rappresentante
del protettore all'accademia vocale e i-
strumentale che si tenne nella sala della
filarmonica. Dal n.°6o, del Diario diRo-
via del i845 si apprende come la Terra
di Castel Bolognese avendo celebrato con
pubblici segni di gioia il giorno in cui il
il suo benefattore cardinal Zacchia fu in-
signito della porpora da Gregorio XVI,
quindi per averlo il Papa concesso a pro-
tettore, lo accolse nelle sue mura con o-
noie voli dimostrazioni. Mossero ad in-
contrarlo a Faenza le autorità civili ed
ecclesiastiche del luogo, e nel giorno sta-
bilito per le maggiori feste furono sov-
venuti i poveri con replicate limosino e
4 zitelle dotate; si cantò il Te Dcuni e
nella sera il cardinale si recò a Ila residen-
za comunaleonorevolmenle ricevuto, ve-
nendogli offerti alcuni componimenti poe-
tici, pregando il priore comunale, che ,
com' egli vi leggerebbe dentro espresso
con sincerità l'animo del popolo alla sua
protezione affidato, così quelli volesse a -
ver cari, ed esso popolo conservare nella
sua grazia mai sempre. Poiché il magi-
strato ebbe posto fine al suo dire, il car-
dinale proferì un discorso molto affettuo-
so, del quale eccone un cenno. Comin-
ciò con render grazie degli onori fattigli,
ed in particolar modo di averlo scelto a
protettore. Toccò appresso delle obbli-
gazioni che stringono un protettore, e di
quello insieme che i protetti devono fa-
re : che quanto è ufficio del primo cura-
re e difenderei vantaggi e i diritti de'se-
condi, altrettanto s' appartiene a questi
procacciare di meritarsi quelle cure con
la soggezione ed obbedienza alle leggi ,
alle autorità, al legittimo governo. Se-
guì dichiarando, che quantunque il no-
me datogli di concittadino veramente, se-
condo i natali, non gli conveniva, egli
tuttavia se ne compiaceva, ed avealo già-
PRO
to assai, per questa ragione, che non la
sola nascita, tna la dimora altresì e le re-
Iasioni d'interesse e di parentela , che si
hanno con un luogo, giustificano quel ti-
tolo : onde e come protettore, ecomecon-
cittadino terrebbe egli in ogni tempo e
con ogni studio l'animo rivolto al bene
di coloro, che gli si erano commessi dal
Papa. Volse in (ine la parola al magistra-
to, edi cuore lo confortò, che volesse con-
giungere sollecitamente le sue alle cure
di lui , e adoperare, qual buon padre di
famiglia, che sia conservata fra il diletto
popolo la concordia e la pace , senza di
che tornerebbe vano ogni intendimento
anche ottimo di chi regge. Il discorso fu
accolto con tali dimostrazioni di giubilo,
che più volte la sala echeggiò di unani-
mi e sincerissimi evviva. Nei citati arti-
coli sulle città e comuni, ed in quelli dei
magistrati municipali sonovi notizie sul
reggimento comunale, mentre a Priore
dissi della distinzione che vi ètra le città
e le terre, ma che ognuna ha la sua no-
biltà relativa, comecol titolo di nobili si
debbano distinguere i gonfalonieri ed i
priori municipali. Nonsolo i cardinali pro-
tettori vengono aggregali al patriziato e
nobiltà de'luoghi da loro protetti, ma tal-
volta si suole aggregarvi le loro famiglie,
come pure si costuma coi presidi gover-
nativi. Nelle città e nelle terre, diverse
chiese, monasteri, ospedali, accademie,
stabilimenti d'istruzione e di beneficen-
za, confraternite , ed altre corporazioni,
sogliono avere un cardinale per protet-
tore particolare, che alcuna volta è quel-
lo medesimo del comune. Il cardinal Gan-
ganelli essendo protettore del capitolo e
canonici della cattedrale di s. Angelo in
"Vado (della quale città il padre era sta-
to medico), delle confraternite degli A-
gonizzanti di Monte Falcone, e della Mi-
sericordia di foggio Mirteto, divenuto
Clemente XIV volle ritenerle. Pio VII
accettò la protettoria dell'arciconfrater-
nita di s. Maria degli Orti di Recanati. A
Perugia raccontai, come Gregorio XVI
PRO
335
si dichiarò protettore di quel sodalizio
della ss. Vergine Addolorata.
Proiettori di chiese, cappèlle, arcicon-
fr ate mite e confraternite, ospedali e
collegi.
Oltre quanto dissi di sopra sugli an-
tichi protettori e difensori delle chiese,
ed oltre ciò che notai sui cardinali pro-
tettori di chiese, sodalizi, stabilimenti di
beneficenza e d'istruzione, parlando dei
protettori di ordini religiosi e di religio-
se; di regni e nazioni, sia in Roma e nel-
lo stato pontificio, che fuori di questo;
come di città e terre, tutte queste specie
di protezioni, di cui vado a parlare, sono
antiche, e alcuna quanto le precedenti de-
scritte. II cardinal de Luca, nel Cardina-
le pratico, n.°4, riferisce: «Che altre spe-
cie di protettone de' cardinali sono quel-
le di alcune chiese, monasteri, ovvero
congregazioni e corporazioni ecclesiasti-
che, particolarmente dentro di Roma, co-
me per esempio sono le A rei confrater-
nite della ss. Annunziata, del ss. Croce-
fisso di s. Marcello, della ss. Trinità dei
pellegrini, del Gonfalone, de ss. Apostoli
(ne parlo anche a Povero), de' Catecu-
meni e Neofiti, delle due cappelle Sisti-
na e Paolina nella Chiesa di s. Maria
Maggiore, e simili, in qualche copia; ed
anche fuori di Roma vi è quella della s.
Casa di Loreto (^.), alla quale pare che
fra tutte sia dovuto il primo luogo, per
l'ampiezza della giurisdizione e moltitu-
dine de'sudditi. E questa specie è di di-
versa natura, perchè il cardinal prolet-
tore non solamente ha la soprintenden-
za del governo di quel luogo odi quella
università, come di essa capo e presiden-
te, ma ancora è come un prelato ordina-
rio colla piena giurisdizione e cognizio-
ne delle cause appartenenti a quel cor-
po o luogo, a guisa degli arcipreti delle
basiliche, con la privativa (a suo tempo
esisteva) ad ogni altro giudice o tribuna-
le, per quel che nelle opere legali si di-
scorre. Anzi alcuui di essi e particola!-
336 PRO
mente l'accennato della s. Casa di Lore-
to, sono come specie di vescovi e di or-
dinari coi sudditi, anche nella cura sa-
gramentale, oltre la giurisdizionale, con-
fórme più di proposito in occasione dica-
si seguiti di ciò si discorre nel Teatro sot-
to la materia della giurisdizione, cosi del
suddetto protettore della s. Casa, come
di quelli delle cappelle Sistina e Paolina
nella basilica di s. Maria Maggiore esi-
mili, non essendo materia capace d'una
regola certa e generale egualmente ap-
plicabile a tutti per lo diverso tenore dei
privilegi di maggiore o minore ampiez-
za;sicchè il lutto dipendedallecircostan-
ze del fatto e de'casi particolari, in quel
modo che segue negli arcipreti delle ba-
siliche e in alcuni cardinali titolari". Nel
voi. LII, p. 3o2 e articoli relativi parlai
(oltre della proteltoria della chiesa di s.
Salvatore e collegio Piceuo) delle 3 pro-
tettone istituite da Sisto V pel cardinale
più antico della Marca, del collegio Mon-
tallo di Bologna, del collegio di s. Bona-
ventura di Roma (della cappella cardi-
nalizia lo-toccai dicendo de'protettori de-
gli ordini), e della cappella Sistina nella
chiesa di s. Maria Maggiore; mentre a
Preti cardinali, dichiarai chi supplisce
in mancanza d'alcuno di detti cardinali.
Quanto alla cappella Paolina e Borghe-
siana si può vedere Chiesa di s. Marca
Maggiore, ed il voi. IX, p. gy, ove dico
perchè incombe al cardinal protettore
della medesima cantare la messa incap-
pella pontifìcia per la festa dell'Imma-
colata Concezione. Questo protettore lo
nomina il principe Borghese, ed è per lo
più un parente di sua nobilissima fami-
glia. Recandosi il Papa nella basilica a
celebrare le funzioni in essa e nella cap-
pella, all'ingresso della prima lo riceve il
cardinal arciprete, all'ingresso della se-
conda il cardinal protettore: l'ultimo e-
sempio si rileva dal n.° 7 1 del Giornale
di Roma\Sf)2t poiché nella cappella Pio
IX celebrò messa, nella basilica benecli
«>olennemeutc la grande nuova campa -
PRO
na rifusa, essendosi rotta quella rifusa e
benedetta da GregorioXVl. A suo luo-
go notai, che pel vespero solenne della fe-
sta della Madonna della Neve, l'invito dei
cardinali e il ricevimento lo fa il cardi-
nal arciprete, essendo funzione del capi-
tolo. Ne' voi. VIII,p. 37,XLI,p. 288 rac-
contai, che Sisto V stabilì meglio il car-
dinal protettore de' Cantori della cap-
pella pontifìcia) ne feci il novero e di-
chiarai che uel 1798 l'abolì Pio VI. Qui
noterò che nel palazzo apostolico avvi un
altro protettore, cioè della biblioteca Va-
ticana o sia il bibliotecario di s. Chiesa,
e lo notai pure nel voi. XLII, p. 241- Le
notizie sui protettori delle chiese sono i-
nerenti a quelli cui appartengono, come
ordini religiosi, monache, confraternite,
ospedali, ec, per cui alle loro categorie
ne tratto. Solo qui aggiungerò, che è an-
tico uso nelle feste o esposizioni solenni
del ss. Sagrameuto, di esporre nelle chie-
se il ritratto del Papa, e nelle chiese di
prolettone cardinalizie (o titolari o dia-
conie) anche quello del cardinal protet-
tore, il quale suole mandare due nobili
portiere col suo stemma, che si appendo-
no alle pareti. Nella Chiesa di s. Igna-
zio {y.)t nelle solennità tuttora si usano
le ricche portiere della casa principesca
Ludovisi,acui appartiene il cardinal La-
dovisi che l'edificò, essendovi sulla porta
principale il di lui stemma. Nelle chiese
nazionali si espone in dette festive circo-
stanze il ritratto del Papa e quello del
sovrano regnante; ma se il Papa vi ce-
lebra o assiste alla funzione, il secondo
non si espone. Per impedire che si espo-
nesse il ritratto de' pretendenti al duca-
to di Milano nella chiesa di s. Carlo al
Corso, Clemente XI die origine alla cap-
pella papale che vi si celebra, come rac-
contai nel voi. IX, p. 92, venendo riee •
vuto e accompagnato il EWpa dal cardi-
nale protettore del sodalizio. A Chiesa dei
ss. Celso e Giuliano resi ragione perchè
suole essere protettore della chiesa e del
capitolo il Papa; lo fu Pio VII comesi
PRO
riporta nelle Notizie di Roma, lo è il re-
gnante Pio JX. Leggo nel n.° 34 delle
Notizie del giorno i 847, che il Papa ac-
colse la deputazione del capitolo de'ss. Cel-
so e Giuliano di Roma, per ringraziar-
lod'essersi degnato ad esempio de' pre-
decessori accettarne la prolettoria. Del
cardinal protettore della Chiesa di s. A-
gnese in piazza Navona e sue dipenden-
ze, e dell'abbazia nullius di s. Martino,
che nomina il principe Doria-Pamphilj
ne parlai a Pamphilj famiglia, godendo
prerogative e giurisdizione.
L' A rciconfraternite e le Confraternite
hanno il cardinal protettore, che talvolta
è anche visitatore apostolico, e di sopra
in diversi luoghi ne feci cenno, massime
dicendodi quelli esistenti fuori di Roma.
Nel voi. IX, p. 128 pallai delle proces-
sioni cui intervengono i protettori. Lo-
nigo, Delle vesti purpuree p. 38, dice che
i cardinali protettori o commendatori,
nelle chiese e luoghi di loro protezione
o commende vestono del colore confor-
me al tempo e giorno corrente, colla cap-
pa paonazza, eccettuali i 3 giorni di Na-
tale, Pasqua e Pentecoste, e nell'8.a del
Corpus Domini alle processioni, messe e
▼esperi che si cantassero in dette protet-
tone o commende col ss. Sagramento e-
sposto sopra l'altare, perchè in tali gior-
ni e azioni potranno portare lecappe ros-
se. Nel voi. Vili, p. i5o notai che do-
po la cappella della ss. A nnunziata il car-
dinal protettore di quest' arci confrater-
nita sale al trono e siede nel luogo del
i.° prete, per assistere al Papa nell'am-
ruetlere al bacio del piede alcune delle
dotate dal sodalizio per monacarsi; a p.
12 1 che prima il cardinal protettore del-
la congregazione dell'Assunta de'nobili,
esistente nella chiesa del Gesù (di cui an-
che nel voi. XXX, p. 180), riceveva il s.
collegio e il Papa pel Te Deum nell'ul-
timo dì dell'anno; a p. i34che il mede-
simo protettore anticamente faceva l'in-
vito e riceveva i cardinali in delta chie-
sa, per la cappella cardinalizia di Quia-
PRO 337
quagesima; ed a p. i44 c^e •' cardinal
protettore dell' A rciconfraternita del ss.
Croce/isso, invita e riceve il s. collegio in s.
Marcello perla cappella cardinalizia. Del
cardinal protettore dell'arciconfra temila,
ospedale e Ospizio della ss. Trinità de'
pellegrini,vedas\ tale articolo, ove dico co-
me riceve il Papa quando c'interviene. I
cardinali protettori de'sodalizi chedistri-
buisconodoti,godono la nomina d'alcuna:
di queste confraternite trattoancheadU-
mvebsita artistiche. L' origine di questi
sodalizi risalendo al secolo XIII, ed attri-
buendosi la fondazione di quella del Gon-
falone (ne parlai anche nel voi. LI, p. 246)
al cardinal s. Bonaventura Fidanza.nesa-
rà stato anebe protettore; certo è che siffat-
ti cardinali protettori sono antichissimi.
JNel voi. XX, p. 249 riportai che Paolo V
ritenne nel pontificato la protettoci! del-
l' arciconfraternila della Dottrina Cri-
stiana, quale affidò poi al cardinal Fica-
rio ed a 'suoi successori. Il cardinal vicario
ed il cardinal prefetto della Congregazio-
ne di propaganda fide (/\)hannodiverse
protettone annesse alla carica. Clemente
XIV ritenne la protettori* che avea da
cardinale, della confraternita e universi-
tà di s. Barbara de librari. Gregorio X VI
fece altrettanto coli' ' Arciconfraternitadel
ss. Sagramento e di s. Maria della Ne-
ve (P '.), nominando vice protettore il
cardinal Polidori. Quanto alle ceremo-
nie del possesso di queste protettone, ec-
cone qualche esempio. Nel n.° 1 276 del
Diario di Roma dell'anno 1787 si leg-
ge, che il cardinal Antonio Doria in abito
e treno si portò all'oratorio dell'arcicon-
fra temila del ss.Crocefìsso vagamenteap-
parato pel suo possesso, essendo ricevuto
dai cavalieri deputati e fratellanza in sac-
co, e al suono di armoniosa sinfonia. Do-
po breve orazione, il cardinale si pose a
sedere sotto il trono, ove lettosi il pon-
tifìcio breve di Pio VII colla nomina di
visitatore e protettore, ammise all'am-
plesso i deputati, ed al bacio della por-
pora la fratellanza, terminando la fuu-
338 PRO
zione col canlo del Te Deum in musica.
Indi il cardinale passato in sagrestia, il
fratello guardiano con un complimento
gli presentò lo statuto del sodalizio no-
bilmente legato, ed un'elegante mappa
di fiori fìnti ; poscia il cardinale par l'i, la-
sciando ai poveri abbondante limosina.
Nel n.° 45 del Diario di Roma 1 840 si
dice che il cardinal Lambruschini, fatto
da Gregorio XVI protettore dell' Arci-
confraternita di s. Maria dell'orazione
e morie (di cui parlo ancora a Quaranta-
ore, per averle istituitein Roma), si portò
a prendere il possesso accompagnato da
3 prelati confrati, fra' quali mg.r Van-
nicelli governaloredi Roma. Fu ricevuto
alla porta della chiesa da mg.r Capacci-
ni governatore del sodai izio,dalducaTor-
Ionia e altri guardiani. Dopo avere orato
innanzi il ss. Sagramento solennemente
esposto, passò il cardinale nell'oratorio
decentemente addobbato e corredalo di
ben disposta illuminazione, venendo can-
tato nell'ingresso il versetto: Ecce Sa-
ccrdos magnus. Salito il cardinale sul
trono, il notaio del sodalizio lesse l'atto
del possesso, indi mg.r Capaccini in no-
me di tutta la pia corporazione gli rese
le grazie per l'onore compartitogli. Il car-
dinale rispose con modi amorevoli e di
sua piena soddisfazione,dichiarandosi del
sodalizio padre e fratello. Dopo di che gli
furono presentate da mg.1 Capaccini in
un bacile le chiavi, gli statuti e il cam-
panello, com'è di stile (crederei che la
presentazione delle chiavi fosse in segno
d'autorità, quella dello statuto perchè lo
faccia osservare, quella del campanello
perchè con questo s'imponesilenzió nelle
calorose discussioni e si chiamano i su-
balterni): il cardinale ammise all'abbrac-
cio i superiori, la fratellanza al bacio della
porpora, raenlre l'orchestra eseguiva ar-
moniose suonate. Alzatosi il cardinale in -
tuonò il Te Deum, che venne cantato da
scelta musica, terminato il quale si trat-
tenne graziosamente coi conflati, nella
sala delle congregazioni. Nel n.° 65 del
PUÒ
Diario di detto anno si descrive il posses-
so del cardinal Patrizi della Chiesa e ar-
ciconfi maternità di s. Maria de' Miracoli,
accompagnato da 3 prelati uditori di ro-
ta. Fu ricevuto alla porta della chiesa dal
prelato primicerio in mantelletla, e dai
guardiani vestiti di sacco. Salutato Gesù
sagramentato, ascese al trono in mezzo a
numerosa fratellanza, e dal segretario fu
Ietto l'atto del possesso, terminato il qua-
le s' intuonò l'inno Ambrosiano cantato
da scelta musica. Dopo ciò furono ras-
segnate al cardinale, da mg.r primicerio
e dal guardiano, io un bacile, le chiavi,
gli statuti e il campanello, a seconda del-
le regole statutarie, ammettendo in segui-
to il cardinale gli officiali maggiori al-
l'abbraccio, i sacerdoti al bacio della ma-
no, la fratellanza aquellodellasagra por-
pora. Indi il cardinale si recò nelP ora-
torio nobilmente ornato e illuminato, e
dal trono pronunziò un'allocuzione per
imprimere vieppiù nell'animo de' con-
frali la devozione alla B. Vergine, una
reliquia della quale gli fu presentata in-
sieme a un carme che prese ad argomen-
to il possesso; trattenendosi poscia al-
quanto in piacevole colloquio cogli uffi-
ciali. Nel n.° 9 del Diario di Roma 1 844
si riporta la relazione del possesso di pro-
tettore della chiesa e arciconfralernita
della ss. Trinità de'pellegrini,del cardi-
nal Brignole, con treno nobile e il corteg-
gio di 3 prelati. Fu ricevuto col suono
delle campane , da mg.1" primicerio in
mantelletla, dai guardiani e dalla fratel-
lanza nella chiesa riccamente addobbata e
rischiarata da molti ceri. Asceso il cardi-
nale sul dossello entro il presbiterio del-
l'altare maggiore, dopo avere adorato il
ss. Sagramento, il segretario del sodali-
zio lesse l'atto del possesso, il prelato pri-
micerio presentò al protettore le chiavi
e lo statuto, indi dopo il consueto omag-
gio, il priore dell'ospizio intuonò l'inno
Ambrosiano, proseguito dai cantanti, e
in fine il cardinale comparti a tutti la
triplice benedizione.
PRO
I Collega le Accadetine}\t Università
ff.j hanno cardinali protettori, ed il car-
dinal Cappellari, poi Gregorio XVI, fu
protettore dell' università di Macerala,
della quale era stato visitatore apostolico
prima del cardinalato. Nel n.° 8a5o del
Diario di Roma del 1 77 i si riporta il pos-
sesso preso dal cardinal Marefoschi co-
me protettore del regno d' Irlanda, nel
convento <\e francescani irlandesi di s.
Isidoro, come per quel luogo e collegio,
colle solite formalità. Nel n.°8286 dello
slesso anno vi è la descrizione del pos-
sesso della protettola del pontificio Col'
legio ClemenlìnOy del cardinale Borghe-
se, come più prossimo parente degli Al-
dobrandino perchè Clemente Vili di tal
famiglia lo fondò. 11 cardinale vi si recò
in fiocchi con nobile treno di carrozze,
ricevuto dal p. assistente generale de'so-
maschi che l'hanno in cura e rettore del
collegio, dagli altri padri e dai cavalieri
convittori, e passò nella stanza de'Pon-
tefici, cosi detta per ivi riceversi quelli
che onorano l'istituto, ove fu servito in
un alla sua corte nobile di copioso rin-
fresco. Indi si trasferì a visitare nella ma-
gnifica cappella il ss. Sagrauaenlo, don-
desi portò nella bella libreria, ove fu let-
ta la bolla di Clemente Vili riguardan-
te l'istituzione del protettore, e colle so-
lite formalità prese possesso della protet-
toria, recitando quel discorso che ripor-
ta il Parisi bibliotecario della casa Bor-
ghese, nelle Istruzioni t.2,p. 1 52, in cui
dichiarò il lodevole scopo che si propose
i I Papa fondatore nell'islituii e il collegio,
cioè per rendere i giovani nobili , colla
pietà e colla disciplina delle buone arti,
cittadini utili alla chiesa e allo stato, fine
che il glorioso istitutore conseguì per i
tanti eminenti personaggi che vi ricevet-
tero l'istruzione; the trovandosi perlai
bolla costituito protettore dell' insigne
collegio, e perciò obbligato di contribuire
a quell'eccellente fine per cui fu eretto, se
ne compiaceva per quanto poteva ridon-
dare a) pubblico bene, aggiungendo nuovi
PRO 33<j
stimoli all'ottima indole della nobile gio-
ventù , esortandola a corrispondere con
impegno alle saggiecure de'religiosi, pro-
mettendo zelo e impegno perchè il fonda-
tore sempre più sia corrisposto nel suo lo-
devole di visamento. Si deve avvertire, che
quando non vi sono parenti della casa Al-
dobrandino e lo stesso si dica della Bor-
ghese e di altre, i rispettivi patroni implo-
rano dal Papa il beneplacito e l'autoriz-
zazione di nominare un altro cardinale.
Finalmente avendo anche gli ospedali il
cardinal proiettore, e come dissi a Ospe-
dale di s. Spirito il cardinal Macchi, ri-
porterò poche parole del possesso preso
dal cardinal Braschi deW Ospedale di s.
Giacomo, che leggo nel n.° 1278 del Dia-
rio di Roma del 1787. Fu ricevuto alla
porta della chiesa dal prelato e cavalieri
deputati, adorò il ss. Sagramento, si assise
in ricco dossello, e fattasi lettura del bre-
ve, il cardinale ammise all' amplesso i
deputali, al bacio della mano i sacerdo-
ti, terminando la funzione col TeDeum
in iscelta musica. Passato il protettore nel
contiguo appartamento, gli fu presentato
il libro dello statuto ed una vaga map-
pa di fiori finti, e poscia si condusse a vi-
sitar l'ospedale, distribuendo colle pro-
prie mani due paoli a ciascun infermo o
inferma.
PROTO e GIACINTO (ss.), martiri.
Secondo l'epitaffio ch'è nelle opere di s.
Damaso, essi erano fratelli : Giacinto fu
il primo a combattere, ma Proto riportò
avanti di lui la corona del martirio. Ne-
gli atti di s. Eugenia leggesi ch'essi era-
no ambedue eunuchi di questa virtuosa
donna, e che soffrirono tutti tre sotto Va-
leriano nel 257; ma questa data non par
sicura, poiché si scorge dal calendario di
Liberio, che s. Bassilla, la quale fu pro-
babilmente compagna di s. Eugenia, patì
ai 22 settembre del 3o4 nella persecu-
zione di Diocleziano. La festa de'ss. Pro-
to e Giacinto trovasi ne'più antichi mar-
tirologi, ed è uotata agli 1 1 settembre
nel calendario di Liberio, in cui è detto
286038
34o PRO
ci/essa celebravasi alla loro toraba sulla
via Salaria nel cimitero di Bassilla. Pa-
pa s. Damaso I del 367 fece levar la ter-
ra che ingombrava il loro sepolcro, ed
in quel tempo fu ivi eretta una chiesa.
PRO
Nel i5qi Clemente Vili trasferì le re-
liquie de'due santi in Roma, e le depose
nella chiesa di s. Giovanni de' Fiorentini
con solenne Processione, come dissi pure
nel voi. XXV, p. 20.
FINE DEL VOLUME CINQUANTESIMOQUINTO.
Por P/f
BX 841 .1167 1840
SI1CR
doremi , Gaetano,
1802-1883.
Dizionario di erudizione
storico-ecclesiastica
AFK-9455 (awsk)